Life with Merlyn

di Sel Dolce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

Prologo

 

 

Il cielo non prometteva nulla di buono, le pesanti nuvole grigie coprivano prepotenti il caldo Sole di primavera, preannunciava pioggia, ma Merlyn aveva una strana sensazione che le faceva tremare le ossa fin da quando aveva aperto gli occhi quella mattina.

Sedeva fuori la sua abitazione, le gambe incrociate sotto la gonna, mentre con attenzione intrecciava dei fiori insieme per farci una piccola corona da regalare alla madre. Non era più una bambina, tra non molto tempo avrebbe compiuto sedici anni di vita e la madre l’avrebbe mandata a Camelot da suo zio Gaius per imparare a controllare le sue arti magiche. Questo però non toglieva il fatto che poteva ancora permettersi di intrecciare dei fiori per la madre, vederla sorridere divertita mentre sua figlia posava la corona floreale sulla sua testa scoccandole un bacio sulla guancia.

Poco più in là c’era Will che stava affilando un’accetta, pronto per andare a recuperare della legna da ardere per la sua famiglia e per Hunith e Merlyn. Era un caro amico, la ragazza non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma c’erano delle giornate in cui desiderava farlo levitare in aria e poi spedirlo dritto nel fiume.

«Hai finito di fare la bambina?» le domandò dandole una scherzosa gomitata, la maga fece illuminare gli occhi e Will si schiaffeggiò da solo «Nemmeno questo ti rende molto matura.» commentò toccandosi la guancia che lentamente si stava arrossando. Merlyn sorrise innocente «Ma io non ho fatto niente.» disse sbattendo civettuola le ciglia.

«Sei veramente una strega.» commentò il ragazzo tornando ad affilare l’ascia.

«Non una strega, ma una maga, ricordatelo.» lo corresse la fanciulla con tanto di linguaccia. C’era una bella differenza tra i due termini, anche se Will non voleva riconoscerlo, le streghe usavano la loro magia a scopi non tanto innocenti, mentre una maga la usava per il bene, principalmente.

«Qualsiasi cosa tu voglia credere, Merl.» borbottò il ragazzo alzandosi in piedi, il corpo posto in direzione della foresta.

Foresta da cui arrivarono a galoppo più cavalieri di Essetir. Cosa potevano farci dei cavalieri in un villaggio piccolo ed insignificante quanto Ealdor?

Will divenne visibilmente teso «Entra in casa, Merlyn.» le ordinò in fretta, cercando di nasconderla agli occhi degli uomini che si stavano avvicinando alla prima casa «Entra e non uscire finché non saranno andati via.» aggiunse spingendola dentro la piccola casa dove Hunith era in piedi vicino alla finestra, lo sguardo preoccupato.

Merlyn si mise vicino alla donna, guardando i cavalieri passare di casa in casa fino ad arrivare alla loro. Le due donne trattennero il respiro, le orecchie tese per udire cosa stessero dicendo a Will.

«Cerchiamo il medico del villaggio.» disse l’uomo senza scoprirsi il viso, la voce autorevole e una mano posata sull’elsa della spada, un chiaro segno di dominanza.

Will si rilassò visibilmente, se cercavano un medico non c’era nulla di male. Più volte era capitato che dei forestieri si ferissero ed entrassero ad Ealdor in cerca di un medico per curare delle ferite.

«Sì, abita qui.» rispose aprendo la porta rivelando le due donne. I quattro cavalieri smontarono da cavallo ed entrarono nella piccola casa, quasi accerchiando le sue abitanti.

«Per ordine di Sua Maestà il Re Cenred di Essetir le chiediamo di seguirci nella capitale, dove sono richiesti i suoi servigi.» disse il cavaliere che sembrava essere al comando del gruppo.

Hunith singhiozzò spaventata «Sono certa che avreste trovato un medico anche nella capitale, perché fare tutta questa strada?» domandò non riuscendo a tenere a freno la lingua, un piccolo vizio che aveva trasmesso anche a sua figlia.

«Sono gli ordini di Sua Maestà, donna.» sputò velenoso l’uomo afferrandola per il gomito, tirandola bruscamente verso di lui.

«Non toccare mia madre!» sbottò Merlyn mettendosi in mezzo, avvolgendo aggressivamente una mano intorno al polso dell’uomo cercando di far rilasciare sua madre.

L’uomo la colpì in viso, bruscamente, la ragazza era già consapevole che da lì a poche ore un terribile livido sarebbe comparso sulla guancia lesa.

Will le fu subito accanto, pentendosi di aver lasciato entrare quegli uomini, doveva aspettarselo che non avrebbero portato nulla di buono.

«Preparate le vostre cose, donna, partiamo immediatamente.» l’avvisò l’uomo prima di uscire dalla casa seguito dai suoi uomini.

Merlyn si rimise in piedi «Dannati.» sputò del sangue sul pavimento, un comportamento non certamente degno di una signorina, ma quello era l’ultimo dei suoi problemi in quel momento «Andrò io, madre, non vi preoccupate.» disse, chiaro che non c’era via di scampo. Se il Re aveva fatto fare tutta quella strada ai suoi uomini per un semplice medico voleva dire che le cose erano più complicate di quanto sembrassero e non poteva lasciare che la madre corresse qualche rischio.

«No, Merlyn, cercavano me.» si impose la donna prendendo le mani della figlia, non poteva permettere che sua figlia partisse con quegli uomini. Chissà cosa le avrebbero fatto, lei era ancora così giovane, ignara della crudeltà degli uomini. Hunith era vecchia, certamente nessun cavaliere avrebbe provato nulla con lei, invece Merlyn era una bella ragazza, graziosa nell’aspetto quanto potente era la sua magia.

«Cercavano un dottore, madre, e voi mi avete insegnato tutto quello che potevo imparare.» rispose con astuzia la ragazza prendendo il viso della madre tra le sue mani in un gesto rassicurante, dolce come poche volte. Non capitava spesso che litigassero o si ritrovassero in disaccordo, Merlyn era cresciuta con una madre amorevole, che non mancava mai di dimostrarle il bene che provava nei suoi confronti.

Non era stato facile crescere in un piccolo villaggio, i bambini perfidi che la chiamavano bastarda in quanto non aveva mai conosciuto suo padre e sua madre era rimasta incinta senza sposarsi. Erano crudeli, gli altri, ma Merlyn aveva imparato che loro non contavano nulla, non quando aveva sua madre e Will dalla sua parte.

«Andrò io e l’anno prossimo riuscirò ad andare da zio Gaius, te lo prometto.» la rassicurò baciandole la fronte, come solitamente faceva lei «Sono sicura che in un anno troveranno un medico migliore di me.» aggiunse sorridendo.

Hunith arricciò il naso contraria, ma sapeva che non aveva scelta «Ricordati di non rivelare a nessuno la tua magia, figlia mia, Re Cenred non deve assolutamente sapere di te.» le raccomandò con il cuore in gola, non voleva che sua figlia venisse arruolata nel piccolo esercito di maghi che il Re stava assemblando nella speranza di attaccare un giorno Camelot. Fortunatamente non era stato molto fortunato, da quando Re Uther Pendragon aveva iniziato a perseguitare chiunque praticasse tali arti nessuno ne aveva più fatto parola, anche fuori dal suo Regno, perché nessun posto era sicuro e Hunith lo sapeva bene. Strinse una mano intorno alla sua collana con il ciondolo in legno che il suo amato le aveva regalato tanti anni prima, ricordandosi la paura di quella notte di quando era dovuto fuggire di fretta alla notizia dell’arrivo dei cavalieri di Camelot, l’ultimo bacio disperato prima di scomparire per sempre nella foresta, lasciandola sola o così aveva creduto per poco.

Merlyn sorrise e prese la borsa di pelle che solitamente usava per andare alla ricerca di erbe, non aveva molto, solo pochi vestiti e dei fazzoletti da collo. Andò a cambiarsi optando per degli abiti da uomo per il viaggio, molto più comodi considerando che sicuramente l’avrebbero fatta camminare fino alla capitale, non avevano un cavallo in più. Legò i capelli dietro la nuca intrecciandoli come meglio poteva e li fermò con un nastro blu.

Will era ancora nella casa, non aveva detto una parola, ben consapevole che mettersi in mezzo alle due donne era inutile, non lo avrebbero mai ascoltato «Merlyn, fai attenzione.» le disse posandole una mano sulla spalla «Ricordati di scrivere qualche volta.» si raccomandò prima di lasciarla andare, senza sapere che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista. Senza sapere che Merlyn non sarebbe mai riuscita a scrivere una lettera da mandare a casa.

«Vi voglio bene.» disse la fanciulla prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciandosi dietro la sua famiglia e anche la sua libertà.

 

 

 

 

 

 

About the author and her ideas:

Oddio, quasi non ci credo, dopo più di un anno sono tornata a pubblicare, quasi non ci credo. Mi ci è voluta una pandemia per ricominciare a scrivere.

Prima di tutto, miei cari lettori, spero che stiate bene, che seguiate le regole e che le persone a voi più care godano di buona salute.

Quindi, la storia, non so bene come andrà, sono arrivata solamente a scrivere fino all’ottavo capitolo, ma non è nemmeno metà della storia che ho in mente.

Io amo fem!Merlin, okay? Spero che ci sia qualcuno qui con me che condivida questo amore. Non volevo fare una riscrittura del telefilm, di quelle ne ho lette tante e volevo provare qualcosa di nuovo. Almeno spero che sia nuovo e nessuno abbia letto nulla del genere.

Ricordo, tra l’altro, che la scrittura è un hobby in questo caso, quindi molto probabilmente nel corso della pubblicazione (penso un capitolo ogni due settimane, perché altrimenti non tengo il passo con lavoro e università) troverete molte incongruenze, errori grammaticali, sviste, forse anche parole inventate e situazioni altamente cringe, ma chi non adora un po’ di cringe?

Spero che questo prologo sia riuscito a catturare la vostra attenzione.

Un baci–, no niente baci, un abbrac–, no manco abbracci o Conte ci multa. Andiamo con un caloroso cordiale saluto.

Sel

 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno

 

 

Merlyn non era mai arrivata al cospetto del Re, appena entrati nella città era stata portata in un enorme edificio che a primo impatto non era riuscita ad identificare considerando che non era mai stata in una grande città, non aveva mai messo piede fuori da Ealdor.

Aveva camminato per sette lunghi giorni, i piedi le chiedevano pietà come mai prima in vita sua. Non avevano fatto molte pause lungo il cammino e nessuno dei cavalieri le avevano mai rivolto la parola. Non che lei non avesse fatto domande, era nella sua natura fare domande, aveva una curiosità immensa riguardo il mondo e viaggiando per la prima volta aveva incontrato più animali che non aveva mai visto in vita sua.

La portarono in una piccola stanza sudicia, c’era una donna all’interno e la guardò da testa a piedi «Non sai proprio tenerti le mani per te, Urian.» disse la donna guardandolo truce.

«Non è quello che pensi, l’ho solo colpita in viso.» disse il cavaliere scrollando le spalle incurante. Trovava la ragazza carina, aveva lunghi capelli neri, occhi azzurri quanto l’acqua si un lago in una giornata calda e la pelle bianca quanto la neve, ma sapeva che doveva portarla come medico, non come una concubina.

«Bene, mi sarebbe dispiaciuto mandarla con le altre.» asserì la donna prima di fare segno con le mani di andarsene. Il cavaliere si inchinò leggermente e uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Merlyn sola con la donna dai capelli biondi.

«Spogliati e infilati nella vasca da bagno.» le ordinò andando verso l’armadio e Merlyn aggrottò la fronte.

«Cos’è una vasca da bagno?» domandò senza utilizzare alcun titolo, ma la donna non sembrò curarsene.

«Quella.» indicò una grande tinozza di legno piena di acqua leggermente fumante, Merlyn vedendola aveva creduto fosse per il bucato. Ad Ealdor si lavavano con una pezza di stoffa e dell’acqua in un piccolo secchio, non aveva mai immaginato una cosa del genere.

Titubante si spogliò e si immerse nell’acqua piacevolmente calda, improvvisamente la stanchezza del viaggio sembrò scomparire e si concesse di chiudere gli occhi.

«Perché il Re ha mandato fino ad Ealdor per un medico?» domandò sentendo che la donna sarebbe stata più collaborativa dei cavalieri.

«L’ho suggerito io.» rispose la donna mentre tirava fuori dei vestiti dall’armadio «Ricordavo ci vivesse la sorella di un mio vecchio amico, ma hanno portato te.» borbottò più a sé stessa che alla fanciulla «Non temere, ora, non succederà nulla di grave.» aggiunse sorridendole per la prima volta.

Merlyn non era sicura di potersi sentire rassicurata, non aveva ancora ben capito cosa ci facesse in quel posto.

La donna iniziò a lavarle la schiena «Re Cenred ha costruito un’arena, ha sentito di una Regno al di fuori di Albion, a Sud, dove ci sono uomini che combattono tra di loro per intrattenere i nobili.» iniziò a spiegare «Una pratica antica che non viene più messa in pratica, io personalmente la reputo estremamente barbarica, ma non posso certo contraddire il Re.» sbuffò una risata e passò a pulire i lunghi capelli della giovane fanciulla, non sapeva bene il perché ma le ricordava qualcuno «Comunque, ha costruito un’arena, i prigionieri di guerra sono stati trasformati in gladiatori – gli uomini che combattono – e ovviamente avevamo bisogno di un medico per i feriti.» spiegò brevemente dandole finalmente la risposta che stava cercando fin da quando era partita.

«Oh.» disse confusa la maga, non voleva far parte di quel gioco del Re, curare persone che combattevano per la loro sopravvivenza per l’intrattenimento dei nobili. Aveva sempre sognato di aiutare gli altri, ma a Camelot, la città di cui sentiva sempre storie straordinarie da sua madre. Almeno le piaceva per come le era stata raccontata, sapeva che adesso le cose erano molto diverse, lei per prima rischiava di essere uccisa a causa della sua magia se solo avesse messo piede nella città, ma cos’è la vita senza un po’ di rischi?

La donna l’aiutò ad uscire dalla vasca e la fece asciugare con un panno morbido, successivamente la vestì in un abito semplice, blu con rifiniture argentee, le pettinò i capelli e fermò quelli ai lati con delle graziose spille. Merlyn era così stanca che si lasciò manovrare dalla donna, cullandosi dalle piacevoli sensazioni che stava provando, ma quando sentì un collare venirle agganciato sul collo si ridestò di scatto e osservo con orrore la sua figura nello specchio.

La donna le aveva appena messo un collare che sembrava essere d’oro «Cosa state facendo, levatemelo.» pretese guardandola dritto negli occhi.

«Non posso.» rispose la bionda aggiungendo una collana con una piccola pietra bianca. La stava vestendo come una nobile, ma Merlyn sentiva la sua magia formicolare, sembrava dirle di scappare prima che fosse troppo tardi.

«Senti, qua funziona in questo modo: chiunque lavori nell’arena è uno schiavo, ma ci sono tre tipi. Chi ha un collare d’oro ha più libertà, delle stanze private ed è soggetto ad una parziale protezione da parte del Re. Poi ci sono i gladiatori, loro hanno collari d’argento, dormono nelle camerate sotto l’arena. Infine, le donne con i collari di bronzo sono delle semplici schiave che servono anche da ricompensa per i gladiatori.» spiegò afferrandole il polso, obbligandola a guardarla «Io sono la tua Protettrice, ti è chiaro?» domandò con sguardo duro.

«Come posso riacquistare la mia libertà?» chiese la maga sentendosi un nodo alla gola, si ringraziò mentalmente per non aver permesso alla madre di andare. Poteva solo immaginare che non avrebbero trattato con la stessa cura una signora più anziana.

«Tu non puoi, mia cara.» disse la donna sedendosi su una lussuosa sedia ricoperta di velluto «Ma i gladiatori possono, devono solamente vincere gli incontri. Ogni incontro vinto Re Cenred segnerà sotto il nome del gladiatore il suo sigillo e quando riterrà che ve ne sono abbastanza l’uomo potrà andarsene come uomo libero.» la donna afferrò una mela dalla grande cesta di frutta fresca che vi era sul tavolo «Ma a te conviene rimanere qui, fanciulla, sarai trattata come una nobile fino a quando lo deciderò io. Ora dimmi il tuo nome.».

«Merlyn.» disse la fanciulla sentendosi a disagio, domandandosi cosa sarebbe potuto succedere se avesse provato a scappare. Sapevano dove abitava, non ci avrebbero messo molto a trovarla e se fosse scappata in un altro Regno avrebbero preso sicuramente sua madre. Non le importava essere trattata come una nobile, preferiva di gran lunga tornare nella sua semplice vita da campagna, raccogliere la legna con Will e mangiare avena con la madre alla fine del giorno. Poi c’era Camelot, suo zio Gaius la stava ormai aspettando da tempo, fin da quando sua madre anni prima era andata da lui in cerca di aiuto per capire come controllare i suoi poteri magici.

«Bene, Merlyn, non avere paura.» disse la donna versando del tea in due piccole tazze «Dovrai semplicemente lavorare, come una qualsiasi persona, l’unica differenza è che non potrai mai uscire dalla città.» aggiunse invitandola a sedersi davanti a lei con un cenno della testa.

La maga si sedé tenendo la schiena dritta, sentiva le dita formicolare, voleva solamente fuggire da quel posto e non farne mai più ritorno «Io… io dovevo andare a Camelot.» disse prendendo la tazza tra le mani, sentendone il piacevole torpore «Vede, mio zio Gaius…» la donna fece cadere la tazza a terra, facendo schizzare il tea bollente sulle povere gambe della ragazza, la quale non emise nemmeno un suono di dolore.

«Tu sei la figlia di Hunith?» domandò alzandosi in piedi, le mani ancora morbide nonostante l’età le presero il viso e Merlyn notò immediatamente l’espressione della donna addolcirsi ulteriormente.

«Sì, lei conosce mia madre?» chiese dubbiosa, sua madre non le aveva mai raccontato di amicizie al di fuori di Ealdor, non aveva potuto viaggiare molto, non quando era rimasta incita in giovane età di lei.

La donna annuì «Certo, cara, ma diciamo che era una conoscenza acquisita. Frequentavo più che altro tuo zio Gaius.» rivelò arrossendo timidamente e Merlyn rimase scandalizzata, non credeva che suo zio avesse mai avuto un interesse amoroso in vita sua.

La giovane si schiarì la gola a disagio «Quindi lei ha chiesto di mia madre per renderla una prigioniera, non credo che lo zio Gaius ne sarebbe stato molto felice.» disse in tono provocante, cercando di farla sentire in colpa e magari darle una via d’uscita da quell’incubo.

«Non è come pensi, Merlyn, volevo solo salvarla da quella povera vita che faceva, ma non sapevo si fosse sposata.» rispose la donna tornando a sedersi sulla sua sedia, il tea per terra completamente dimenticato.

La maga rimase in silenzio, non voleva certo dire a quella donna che in realtà lei era nata fuori dal matrimonio, i figli bastardi non erano mai apprezzati, né in un piccolo villaggio né in una grande città.

La donna sembrò cogliere il suo imbarazzo e decise che era arrivato il momento di lasciarla sola ad assimilare i cambiamenti della sua vita «Bene, queste sono le tue stanze private, domani mattina ti accompagnerò dai gladiatori. Dormi bene Merlyn.» le augurò avviandosi alla porta.

«Aspetti!» la chiamò la ragazza alzandosi a sua volta «Come vi chiamate?» domandò.

«Io sono Alice.».

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Capitolo due

 

 

Passò frettolosamente le mani sulla gonna del suo abito cercando di eliminare la polvere che si era accumulata stando sulle ginocchia sul pavimento delle celle. Aveva imparato che ad Alice non piaceva vederla con gli abiti sporchi, ma a Merlyn non importava più di tanto, se avesse dovuto mettersi per terra per salvare la vita ad un uomo lo avrebbe fatto.

«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore.» l’avvisò una guardia mentre stava mettendo via i suoi strumenti dopo aver ricucito una brutta ferita sulla gamba di un uomo.

«Arrivo subito, Sir Gilli.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo, non le piaceva particolarmente quel ragazzo. Era uno stregone, aveva visto più volte con i suoi occhi l’uomo usare la magia per fare scherzi spiacevoli ai poveri uomini che dovevano combattere per la loro libertà. Non per questo non lo aveva più volte aggredito puntandogli un dito al petto, definendolo un mostro e solamente il collare d’oro che aveva al collo l’aveva salvata dal venire frustata chissà quante volte.

Si girò verso l’uomo seduto a terra «Non alzarti se non strettamente necessario, mi raccomando.» disse prima di uscire dalla lurida cella, più volte aveva chiesto di poter pulire gli ambienti dedicati al soggiorno degli uomini, per renderli più salutari, ma Cedric – il responsabile dell’arena – le aveva riso in faccia, dicendo che meritavano di dormire con i ratti. Nulla era servito lamentarsi con Alice, nemmeno lei era riuscita a convincere l’uomo e il Re non aveva ritenuto utile sprecare le loro energie per dei semplici schiavi.

Camminò a passo svelto verso il suo studio medico, solitamente la prima tappa per i nuovi gladiatori.

Seduto sul tavolo di legno c’era un uomo dalle larghe spalle, Merlyn poteva già vedere diverse cicatrici sul petto dell’uomo ed arricciò il naso al chiaro odore di alcool che proveniva dal gladiatore.

«Cielo, devo essere finito in Paradiso se un angelo è venuto a trovarmi.» commentò l’uomo vedendola e la maga si chiese se non avesse sbattuto la testa. Nessuno l’aveva mai chiamata angelo e non poté fare a meno di arrossire.

«Nessun angelo, qui, gentile cavaliere, solo un medico.» rispose facendo un leggero inchino, non era mai stata molto propensa a seguire l’etichetta, ma dopo il primo mese passato in quell’arena aveva creduto che forse a quegli uomini avrebbe fatto piacere essere trattati come semplici esseri umani e non schiavi, destinati a rischiare la vita ogni giorno.

L’uomo rise e la ragazza notò i capelli incrostati di sangue, quindi il gladiatore aveva decisamente battuto la testa.

«Io sono Gwaine.» si presentò afferrandole una mano per baciarla e Merlyn si imbarazzò, nessun uomo l’aveva mai tratta in quel modo e dire che si sentisse lusingata era ben poco.

«E io sono Merlyn, il medico dell’arena.» si presentò a sua volta ritirando la mano, così da poter aprire la sua borsa con gli attrezzi, Gwaine aveva decisamente bisogno di più punti e doveva ripulirlo da tutto quel sangue.

L’uomo rimase in silenzio, toccandosi qualche volta il collare d’argento, ma non intralciò più del dovuto il lavoro della fanciulla. Forse per quella volta essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, non era poi finita così male. Gli era sembrato di capire che lì avrebbe avuto del cibo, un tetto sulla testa, un’affascinante dottoressa solamente al prezzo di vederlo combattere in un’arena. Se voleva essere modesto, e non lo era, non poteva chiedere di meglio: lui era un vero maestro della spada.

«Per l’occhio nero dovrà venire ogni giorno, così che possa metterle una tintura, fino a quando non sarà guarito.» la ragazza spezzò il silenzio e, oh, Gwaine era già innamorato follemente di quella voce, andare ogni giorno da lei non sarebbe stato per niente un problema.

«Può darmi del tu, my Lady.» disse galantemente scendendo dal tavolo, rimettendosi la maglia leggermente strappata.

«Solo se tu farai lo stesso.» rispose la ragazza sorridendo e l’uomo giurò di aver perso qualche battito.

«A presto, Merlyn.» la salutò andando verso la porta dove una guardia lo aspettava per portarlo in una delle celle.

«A presto, Gwaine.» disse facendo un ultimo piccolo inchino.

Non sapeva il perché, ma già sapeva che lei e quel gladiatore sarebbero diventati ottimi amici!

Alice si era rivelata una donna veramente deliziosa, non era mai stata scortese con Merlyn e spesso le insegnava nuove cose per migliorare le sue prestazioni da medico.

«Posso mandare delle lettere?» domandò la fanciulla versando il tea per la sua ospite. Era da un po’ che voleva porle quella domanda, non riusciva a non pensare a quanto fosse preoccupata sua madre senza aver sentito ancora sue notizie, in più voleva mandarne una a Gaius per avvisarlo di quello spiacevole evento che sembrava impedirle di raggiungerlo.

Alice scosse la testa «Nessuno schiavo può mandare lettere, cara, non possiamo permettere che notizie di questa arena giungono ad altri Regni.» spiegò utilizzando la magia per versarsi lo zucchero nella tazza. La donna era chiaramente una strega, non aveva mai fatto nulla per nasconderlo, e Merlyn si chiese se facesse parte di quel piccolo esercito che Cenred.

Da quando era arrivata aveva capito che in quell’arena c’erano più utilizzatori di magia di quanti ne avesse visti in vita sua e non tutti sembravano avere buone intenzioni. Merlyn tremava al pensiero di quello che avrebbero potuto fare, non poteva che preoccuparsi.

Non aveva avuto ancora il dispiacere di incontrare il Re, al contrario di Gwaine che era stato portato al suo cospetto dopo aver causato una rissa nelle camerate. Lo aveva descritto come un uomo viscido, con i capelli sporchi e che puzzava estremamente di vino, con i denti gialli e due occhi piccoli come un ratto. Alla sola descrizione la giovane maga rabbrividiva.

«Non potresti mandare tu parole a mio zio? Spiegargli la mia situazione?» chiese timidamente, non volendo spingere troppo la sua fortuna. Si sedé davanti alla donna facendo attenzione a non inciampare nel lungo vestito blu. Viveva costantemente nel panico di rovinare quegli abiti degni di una principessa, non voleva scoprire quali terribili conseguenze avrebbe portato un tale gesto.

La strega arrossì vistosamente, Merlyn notò con piacere che ogniqualvolta si nominasse l’uomo la sua Protettrice diventata dello stesso colore dei pomodori rivelando che c’erano chiaramente ancora dei sentimenti vivi per il vecchio medico di corte.

«Vedrò cosa posso fare.» le promise finendo il suo tea in un solo sorso, desiderosa di fuggire a quella conversazione che la stavano portando sul sentiero dei ricordi della sua giovinezza. Carezzò gentilmente la testa alla ragazza e uscì dalla stanza, lasciandola nuovamente sola.

La maga sorrise leggermente divertita, domandandosi se sarebbe mai riuscita a scappare e magari portare nuovamente Alice a Camelot per farla rincontrare con suo zio. Sapeva che doveva trovare del risentimento nei suoi confronti, infondo era solamente a causa sua se gli uomini di Cenred erano arrivati fino ad Ealdor, ma non poteva fare a meno di pensare che dietro ci fossero delle buone intenzioni.

Là era trattata con rispetto, non doveva lavorare sotto il Sole, portando pesi sulla schiena, le sue mani non erano mai state così morbide in vita sua. Alice voleva solamente toglierla dalla vita di campagna, credendola sola in quel piccolo villaggio.

La ragazza si tolse il vestito non con poca fatica, tutti quei lacci sulla schiena diventavano leggermente rognosi e finalmente comprendeva perché le nobili donne avessero bisogno di aiuto per vestirsi. Fortunatamente lei aveva la magia e con un solo scintillio degli occhi il vestito era stato sfilato e posato sul letto.

Indossò dei pantaloni e una tunica che aveva trovato nell’armadio e rimboccandosi le maniche afferrò il secchio d’acqua che era vicino al camino e una spazzola per pulire il pavimento. Merlyn proprio non riusciva a stare senza fare nulla, era contro la sua natura, e poi lo considerava un ottimo esercizio per esaurire le ultime forze prima di cadere in un sonno senza sogni.

Le prime notti che aveva passato in quella stanza la maga era stata tormentata da terribili sogni, aveva visto l’arena in fiamme, un drago sopra di essa che girava in cerchio e lei con gli abiti che stava indossando in quell’esatto momento.

La fanciulla scosse la testa, cercando di togliersi quelle immagini di mente e tronò a strofinare il pavimento.

Gwaine passò a Merlyn delle fasce, si era autoproclamato suo aiutante e la stava assistendo a dare il benvenuto ad un nuovo gladiatore.

«Non è molto grave, Sir.» commentò la fanciulla osservando il taglio sulla coscia dell’uomo. Bagno le fasce con dell’alcool, pronta a bendare la ferita.

«Non sono un cavaliere, my Lady.» rispose l’uomo stringendo i denti dal dolore. I cavalieri di Essetir erano stati piuttosto bruschi con la sua cattura, gli avevano tirato una freccia dritta sulla gamba, facendolo cadere da cavallo.

«E io non sono una Lady.» disse Merlyn facendo un gesto con la mano a Gwaine per avvicinarsi «Questa è la giusta pressione per fasciare una ferita, non talmente stretto come fai tu, rischi di bloccare la circolazione del sangue.» gli spiegò. Gwaine aveva provato più volte a darle una mano con i bendaggi, ma ci metteva sempre troppa forza e i poveri gladiatori venivano da lei in lacrime dicendole che non riuscivano più a sentirsi alcune parti del corpo.

«Come ti chiami, amico?» domandò l’uomo al nuovo arrivato, senza staccare gli occhi dalle agili mani di Merlyn.

«Lancelot. Lancelot du Lac.» rispose il ferito stringendo il lenzuolo che la ragazza aveva posato sul tavolo prima di farlo accomodare.

«Io sono Gwaine e questo angelo è Merlyn.» fece le presentazioni sorridendo apertamente. Gwaine era sicuro di poter riconoscere al primo sguardo una brava persona e questo Lancelot du Lac sembrava essere un uomo di tutto rispetto.

Merlyn finì il bendaggio e si allontanò per prendere un altro panno per pulire dal terriccio il viso dell’uomo «Non sono un angelo.» rispose ridendo, ormai si era abituata a Gwaine, la chiamava sempre in quel modo, ma non voleva che anche gli altri gladiatori prendessero il suo esempio.

L’uomo si portò la mano al petto, spalancando sorpreso la bocca «Merlyn, tu sei un angelo, senza di te saremmo tutti morti per delle infezioni.» disse prendendole la mano, facendole fare una giravolta e poi tirarla contro il suo petto. Le lasciò un tenero bacio sulla fronte, facendola arrossire «E poi non ho mai visto fanciulla bella quanto te, devi essere per forza una creatura celestiale.» mormorò in modo che solo lei potesse sentirlo.

Non voleva essere il solito uomo che ci provava con tutte, nella sua vita aveva avuto la sua larga dose di donne tra le sue lenzuola, ma Gwaine non aveva mai guardato il viso di una di esse sentendosi il cuore battere a mille. Merlyn era speciale e Gwaine avrebbe fatto del suo meglio per corteggiarla con il dovuto riguardo.

«Sono sicura che lo dici a tutte.» sbuffò la ragazza scansandolo spingendo il palmo della sua mano contro la guancia dell’uomo.

Lancelot si schiarì la gola, ricordando ai due della sua presenza «Sono sicuro che potreste essere realmente una creatura celestiale, my Lady.» concordò usando nuovamente il titolo nobiliare che Merlyn non possedeva realmente. Lei era una contadina di nascita, non importava quali vestiti indossasse, nemmeno la seta più pregiata avrebbe cambiato le sue origini.

«Meryln.» lo corresse gentilmente la fanciulla «Chiamami Merlyn.» aggiunse ignorando completamente il loro paragonarla ad un angelo.

Lancelot sorrise, forse si era appena fatto degli amici.

 La prima volta che aveva messo piede fuori dall’arena era stato in compagnia di Alice, si erano dirette al mercato per comprare della stoffa e Merlyn si era sentita soffocare per quanta gente c’era per le strade.

Tutti la guardavano incuriosita, adocchiando il suo collare d’oro, bisbigliando tra di loro, dicendo chissà quali mal dicerie. Si era sentita come una bestia condotta al mercato per essere venduta, con tutti gli occhi puntati su di lei. Aveva fatto del suo meglio per ignorarli, ma era semplicemente impossibile, soprattutto per la quantità di uomini che le si paravano davanti, guardandola da testa a piedi, facendo chissà quali peccaminosi pensieri.

«Buongiorno, Lady Merlyn.» la salutò la guardia del cancello Est con un breve inchino «Vi avviate al mercato?» domandò cortesemente iniziando a camminare al suo fianco, lasciando le atre tre guardie da sole a sorvegliare l’uscita dell’arena.

«Buongiorno a lei, Sir Keith.» salutò cortesemente la fanciulla con un cenno della testa, il cestino stretto tra le mani «Devo comprare della frutta per la mia Protettrice.» spiegò lasciandosi accompagnare fino al mercato. Sir Keith era un uomo gentile, lo aveva visto più volte insieme ad una delle sue figlie più piccole che gli portava del pane intorno all’ora di pranzo. Era un uomo dai sani principi e sembrava anche lui disprezzare l’idea dell’arena e di avere degli schiavi al suo interno.

Merlyn lo aveva conosciuto meglio quando sfortunatamente era finito sul suo tavolo con una ferita da coltello sulla spalla, un uomo aveva provato ad irrompere per cercare di salvare il proprio figlio che era stato catturato.

La ragazza non poteva che essere dispiaciuta per quel povero padre, anche lei spesso si ritrovava a pensare come sarebbe stato se qualcuno fosse arrivato a salvarla, ma non credeva che sua madre o Will si fossero resi conto della situazione, sicuramente avevano giustificato la mancanza di lettere da parte sua con la sua tendenza a dimenticarsi le cose.

«Mi permetta di accompagnarla. Lady Merlyn.» disse galantemente l’uomo, offrendole il braccio che la fanciulla accettò cortesemente. Non era male avere una guardia con lei, almeno avrebbe evitato di venire aggredita dai più poveri della città, che cercavano di strapparle dal collo quel collare in oro puro. Le era capitato ben tre volte e voleva candidamente evitare una quarta.

Passeggiarono tra i banchi del mercato con passo lento, non avendo nessuna fretta di tornare, Merlyn si prese il suo tempo per scegliere le mele più rosse e le fragole più piccole. Sir Keith al suo fianco fischiettava allegramente portando il cesto che la ragazza andava riempendo.

Quando tornarono al cancello Est si salutarono con un inchino e separarono le loro strade. Merlyn camminò lentamente tra i corridoi dell’arena, diretta verso le celle dei gladiatori.

Alice era una donna buona, lo aveva dimostrato più volte, per questo quando Merlyn le aveva chiesto se potesse comprare della frutta anche per i gladiatori non si era fatta alcuno scrupolo a darle qualche moneta in più.

«Ecco il mio angelo!» urlò Gwaine appena la vide attraversare la porta, attirando l’attenzione di tutti. In un attimo la fanciulla fu circondata da più di venti uomini a petto nudo.

«Ho portato della frutta.» annunciò sollevando il cesto di vimini. I gladiatori le fecero spazio, lasciandola tirare fuori la frutta e posarla su uno dei piatti che avevano lasciato sul lungo tavolo in legno. Merlyn vi posò con cura tutto quello che aveva acquistato, sperando che bastasse per tutti.

Quando gli uomini si avventarono affamati la ragazza venne spinta sempre più infondo alla stanza «Prego!» urlò infastidita di non aver ricevuto nemmeno un grazie, quegli uomini erano dei veri e propri barbari.

«Non ti offendere, Merlyn, non lo fanno con cattiveria.» al suo fianco si ritrovò Lancelot, un’espressione serena dipinta in volto «Gwaine ha ragione quando ti chiama angelo, nessuno avrebbe mai pensato di portarci della frutta fresca.» aggiunse dandole un’amichevole spinta con la spalla.

Merlyn arrossì e allungò una mano nella cesta, tirandone fuori una tra le mele più belle che aveva scelto «Tieni, rimanendo qui con me sicuramente non riusciresti ad arrivare al piatto prima che finiscano tutto.» disse dando all’uomo il frutto.

Lancelot si era rivelato un vero amico, non si comportava come Gwaine, era più nobile d’animo e scambiare due chiacchiere con lui non era mai un dispiacere. Le aveva raccontato che quando era stato catturato era diretto verso Camelot, nella speranza di diventare un cavaliere. Merlyn a sua volta gli aveva raccontato di suo zio e di come ora i loro sogni fossero stati infranti da quell’arena e del bruto Re Cenred.

«Grazie mille, Merlyn.» disse l’uomo piegandosi per donarle un tenero bacio sulla guancia, facendo arrossire ulteriormente la fanciulla.

La ragazza gli donò un sorriso, prima di congedarsi e tornare sui suoi passi, diretta da Alice.

Una cosa che Merlyn non si era aspettata era la possibilità di avere dei corteggiatori. Veri e propri uomini con mazzi di fiori che si presentavano alla sua porta, le offrivano un appuntamento a cena e facevano delle mosse strane con le sopracciglia.

Ad Ealdor nessuno l’aveva mai guardata se non per deriderla, i ragazzi più grandi provavano un particolare piacere nel prenderla in giro per le sue orecchie leggermente sporgenti ed appuntite. Fortunatamente aveva sempre avuto Will a coprirle le spalle.

«Mi dispiace, Sir, ma non credo che io non sia la persona giusta da corteggiare.» provò educatamente la ragazza tenendo la porta socchiusa, dall’altra parte vi era un uomo molto più anziano di lei, i denti talmente gialli e i capelli – o almeno i pochi che gli erano rimasti – completamente bianchi.

L’uomo corrugò la fronte, i fiori ancora tesi verso la porta stretti dalla sua mano grande e callosa «Non essere sciocca, Lady Merlin, un uomo sa sempre quello che vuole.» disse provando a spingersi all’interno della stanza «Non come voi donne che non avete mai le idee chiare, vi piace pavoneggiarvi, non riuscite mai a scegliere un uomo.» aggiunse lasciando cadere i fiori a terra, ora il viso rosso di rabbia e umiliazione per essere stato respinto «Preferite dormire con chiunque capiti, senza legarvi ad una persona sola, proprio come una p…» l’uomo venne tagliato dal rumori di passi che si avvicinavano velocemente e Merlyn ne approfittò per sbattere la porta con quanta più forza avesse, rischiando di amputare le dita dell’uomo.

Rimase con l’orecchio attaccato alla porta, pronta a sentire l’uomo allontanarsi, con l’aiuto della magia teneva la porta chiusa. Si sentì subito più al sicuro quando sentì la voce di Gilli dall’altra parte. Poteva non starle molto simpatico, ma almeno la trattava con il dovuto rispetto, soprattutto perché timido nei modi, ma non nello sguardo.

Sentì la guardia invitare il nobile ad uscire dall’arena, prima che i cancelli venissero chiusi per la notte e la fanciulla aspettò pazientemente che anche l’altro uomo se ne andasse per andare dalla sua Protettrice per la visita serale. La donna l’aiutava ad affinare le sue abilità di scrittura e lettura, per gentile richiesta della giovane che si sentiva arrugginita senza sua madre a guidarla.

Merlyn era stata fortunata ad avere almeno un genitore acculturato, non era da tutti i cittadini di campagna saper leggere e scrivere, forse nemmeno nelle grandi città tutti ne erano capaci. Hunith aveva avuto un’educazione eccezionale che però non le era servita molto nella vita, ma che si era imposta di tramandare alla figlia.

Un bussare secco alla sua porta fece roteare gli occhi alla maga, che riluttante aprì con un gentile sorriso sulle labbra «Sir Gilli.» salutò con una piccola reverenza.

«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore, richiede assistenza medica.» disse la guardia ricambiando il saluto cortese, invitandola con il braccio ad avviarsi verso l’infermeria. La maga lo fissò confusa, era atipico che portassero così tardi un gladiatore, ma non espresse nessun parere. Afferrò il mantello accanto alla porta e si fece scortare dalla guardia fino a destinazione.

Entrando individuò subito un uomo in piedi ad un angolo della stanza, puntò gli occhi dritti nei suoi e non staccò il contatto visivo «Grazie, Sir Gilli, può andare.» la fanciulla congedò la guardia senza neppure voltarsi, impegnata in quella gara di sguardi.

Appena la porta fu chiusa nessuno dei due si mosse, era chiaro che l’uomo non si fidasse per niente di lei e Merlyn non poteva certo non biasimarlo. Fino ad ora aveva avuto a che fare con uomini come Gwaine e Lancelot, abbastanza cordiali ed arrendevoli all’idea di essere rinchiusi.

Quando il rumore dei passi di Gilli svanì l’uomo si avventò sulla ragazza buttandola a terra. La bloccò ai fianchi con le proprie ginocchia e le puntò al collo uno degli attrezzi appuntiti che Merlyn usava per rimuovere i punti dai suoi pazienti.

Rimase impassibile, ma il cuore le batteva quanto un tamburo nel petto. Aveva ovviamente paura di morire, non quando non aveva compiuto nemmeno sedici estati e non aveva visto tutti i Regni. Aveva sempre desiderato viaggiare, essere un medico errante, ma una donna da sola in viaggio correva molti pericoli. Come quello che stava accadendo in quella stanza.

«Sono il medico dell’arena, Merlyn.» si presentò sentendo la lama toccare la gola con ogni parola. Nessuno dei due batteva ciglio e Merlyn si chiese se non avessero catturato un malato di mente.

«Dove sono?» domandò a denti stretti l’uomo chinandosi di più sul suo corpo, sibilando minaccioso e Merlyn lo guardò annoiata. Tutti le facevano quella domanda, iniziava a diventare particolarmente noioso.

«Siamo nel Regno di Essetir, nella capitale, e più precisamente all’interno della sua arena, amico.» rispose muovendo un braccio per cercare di mettersi più comoda, ma l’uomo lo percepì come un tentato attacco e le afferrò il polso, bloccando la sua mano a mezz’aria e Merlyn iniziava a sentire leggermente caldo.

Non era mai stata così vicina ad un uomo, più precisamente ad un uomo di una certa bellezza.

Aveva dei capelli dello stesso colore che ricordava la ragazza il tritico che coltivava ad Ealdor; gli occhi che stava fissando da quando era entrata avevano le iridi simili alle sue, forse di un celeste più tendente al blu. Nonostante il viso sporco di terra e sangue Merlyn poteva vedere la sua carnagione chiara, come se non avesse mai visto un giorno di lavoro sotto il Sole cocente dell’estate. Era un bell’uomo, non c’era molto da dire, Merlyn in quel periodo ne era circondata, ma nessuno aveva mai acceso il suo interesse.

«Io non sono tuo amico.» sbottò guardandola truce e oh, Merlyn perse immediatamente qualsiasi interesse. Non voleva certo cedere il suo cuore ad un uomo bruto ed antipatico come quello.

«Hai ragione, nessuno dei miei amici è uno stronzo quanto te.» rispose e senza alcun preavviso alzò il ginocchio, colpendolo dove i libri di anatomia le dicevano che avrebbe fatto male. L’uomo fece cadere l’arma e si spostò, portando le mani verso la parte lesa.

«Non puoi parlarmi così!» disse cercando di recuperare l’espressione minacciosa, ma Merlyn leggeva chiaramente il suo dolore attraverso gli occhi che l’uomo si ostinava a tenere fissi nei suoi.

La ragazza rise freddamente, veramente infastidita dal comportamento del gladiatore «Anche se non potessi lo farei comunque.» rispose suonando come una bambina.

«Potrei ucciderti adesso.» la minacciò riafferrando l’arma che Merlyn non aveva pensato di raccogliere e nascondere alle mani dell’uomo.

«Fallo.» lo sfidò allargando le braccia, ma le gambe tremavano leggermente, non voleva mostrarsi una codarda e voleva far capire a quel pallone gonfiato che lei era più dura di quanto pensasse.

L’uomo inarcò un sopracciglio, domandandosi perché quella donna non stesse urlando aiuto, sembrava piuttosto tranquilla e questo lo infastidiva particolarmente. Non era nella sua natura minacciare delle fanciulle, aveva un onore, ma mali estremi, estremi rimedi.

La guardò meglio, staccando per la prima volta lo sguardo dagli occhi della ragazza. Notò immediatamente il collare d’oro, chiaro segno che lei era in una posizione di potere superiore a lui. Era molto magra, sembrava mal nutrita, ma questo non rendeva il suo viso meno bello. I lunghi capelli neri le ricordavano una persona a casa, ma quelli del medico davanti a lui sembravano ad occhio e croce più lunghi e più lucenti. Il vestito bianco che stava indossando le dava un’aria quasi religiosa, poteva benissimo immaginarla in una delle vetrate delle Chiese della sua città Natale.

«Allora, hai paura?» lo sfidò con tono divertito, nascondendo le labbra piacevolmente rosse dietro una mano. L’uomo si chiese se quelle fossero il loro colore naturale o avesse usato qualche tintura.

«Non hai paura?» le domandò sentendosi insicuro per la prima volta in vita sua. Solitamente la gente non osava parlargli in quel modo, le donne non osavano incrociare il suo sguardo per l’imbarazzo.

Merlyn alzò le spalle e decise di sfilarsi il lungo mantello blu, alzandosi le mani dell’abito bianco per poter iniziare a lavorare su quel bruto. Stava già perdendo abbastanza tempo con quella scenetta «No, Sir, vorrei solo fare il mio lavoro e continuare con la mia serata.» rispose iniziando a spostarsi per la stanza come se l’uomo non l’avesse aggredita solo pochi minuti prima. Poteva perdonarglielo, anche lei avrebbe reagito allo stesso modo.

Lo invitò a sedersi con lo sguardo «Ora, vuole dirmi come si chiama?» domandò mentre estraeva dalla borsa l’alcool, ago e filo, pronta a cucire la spalla dell’uomo.

«Arthur.» rispose l’uomo rimanendo sull’attenti, pronto a scattare di nuovo nel caso la ragazza volesse infliggergli un colpo nell’occhio con l’ago «Mi chiamo Arthur, Lady Merlyn.» aggiunse sentendosi a disagio.

«Bene, Sir Arthur, può chiamarmi semplicemente Merlyn, non sono una nobile.» disse come suo solito, non le piaceva quel titolo, non lo sentiva suo.

Arthur sbuffò una risata, era ovvio che quella ragazza non potesse essere veramente una nobile, nessuna donna del suo rango si sarebbe comportata in quel modo. Non poteva aspettarsi altro dal Regno di quel barbaro di Cenred.

Appena suo padre si sarebbe accorto della sua scomparsa non c’era alcuna possibilità che quell’arena sarebbe rimasta in piedi, Camelot avrebbe conquistato Essetir.

Nessuno sembrava averlo riconosciuto come l’erede al trono di Camelot e poteva solamente giocarselo a suo favore.

«Ci sono altri quattro gladiatori che si chiamano Arthur, quindi d’ora in poi La chiamerò Testa di fagiolo.» disse la ragazza in tono serio, nonostante la grande sciocchezza che il principe avesse sentito.

L’uomo sbuffò infastidito «Faccia come vuole.» rispose “Tanto rimarrò qui solo qualche giorno” pensò soddisfatto, lasciandosi curare dall’affascinante medico.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre

 

 

I boccali pieni di birra si levarono in alto, seguito da un coro di auguri per la giovane donna che se ne stava in piedi sopra il tavolo, una mano stretta intorno alla bevanda mentre l’altra teneva un lembo del vestito per non inciampare mentre ballava.

Arthur sbuffò annoiato distogliendo lo sguardo, erano ormai passati tre mesi dal suo arrivo in quel posto e di suo padre e i cavalieri di Camelot non ve ne erano tracce, iniziava a perdere la speranza. In più si aggiungeva il medico che non faceva altro che sfidare la sua autorità, chiamandolo in modi indicibili e spesso e volentieri gli faceva male di proposito mentre disinfettava le sue ferite.

Tutti sembravano essere follemente affettuosi con quel piccolo demonio travestito da angelo, ma Arthur non si sarebbe fatto ingannare. Doveva ammettere anche di essere leggermente geloso dal fatto che Merlyn sembrava trattare tutti amorevolmente tranne che lui, quando glielo aveva fatto notare la fanciulla aveva riso e con voce divertita gli aveva detto «Nessuno di loro ha provato a tagliarmi la gola.» e, oh, Arthur storse il naso. Non pensava che quella ragazza potesse portare così tanto rancore per quel piccolo incidente.

«Non ti stai divertendo.» Lancelot lo distrasse dai suoi pensieri, facendogli riportare l’attenzione su Merlyn che ballava insieme a Gwaine cercando di non pestarsi i piedi a vicenda. Quei due erano completamente negati ed Arthur li immaginò alla sua corte, sicuramente Morgana avrebbe riso di cuore davanti a quella scena.

«Non capisco come facciate ad essere così felice, siamo tutti prigionieri.» e assolutamente non era arrabbiato per il fatto che dal suo arrivo avesse mangiato solo avena e quella poca frutta che Merlyn portava di tanti in tanto. Non era abituato a dormire su di un letto duro quanto la pietra, la sua schiena non sarebbe mai tornata come prima, ne era sicuro.

Lancelot annuì prendendo un lungo sorso dal suo calice «Trovo che sia inutile rimanere con il muso, quando potremmo morire domani, almeno potrò dire di essermi divertito l’ultimo giorno della mia vita.» disse prima di lasciarlo solo e tornare insieme agli altri uomini.

Il principe corrugò la fronte, dubitava che Lancelot sarebbe morto lì dentro, era un ottimo uomo di spada, più volte aveva rischiato di perdere contro di lui. Stessa cosa valeva per Gwaine, l’uomo combatteva per sopravvivere senza alcuna ombra di dubbio, il biondo credeva che un tempo fosse stato una sorta di mercenario.

Fortunatamente Re Cenred non lo aveva riconosciuto, anche grazie al fatto che non si erano mai incontrati prima, Arthur non osava immaginare cosa sarebbe potuto accadere se la verità sarebbe venuta a galla. Lo avrebbe ucciso senza esitazione, lasciando Camelot senza un erede al trono.

Dopo di lui era arrivato un uomo enorme, sembrava una montagna di muscoli e Arthur lo trovava piacevolmente silenzioso, non parlava mai per primo e il principe lo trovò un perfetto compagno di cella. L’unica che sembrava in grado di strappargli qualche parola di bocca era Merlyn, Arthur non faceva che sorprendersi, quella fanciulla poteva avere le stesse capacità di un’incantatrice.

Sentì gli uomini urlare nuovamente i loro auguri alla donna e nemmeno un minuto dopo qualcuno si sedé pesantemente al suo fianco.

«Dio mi salvi» disse Gwaine asciugandosi il sudore dalla fronte «solo lui sa quanto vorrei sposare quell’angelo.» concluse rubando di mano al principe la sua birra.

«Come ti permetti?!» urlò oltraggiato Arthur, ma prima che potesse riprendersi la sua bevanda l’altro gladiatore l’aveva già finita in un sol sorso.

L’uomo lo guardò divertito «Andiamo, principessa, non ti arrabbiare.» disse battendogli una mano sulla spalla «Sei l’unico con il muso, qua dentro.» gli fece notare indicando verso Merlyn e Lancelot che ballavano la bassedance in modo atroce.

Arthur distolse lo sguardo infastidito «Non so voi, ma io sono un prigioniero qui, non intendo sorridere finché non riavrò la mia libertà.» proclamò alzandosi dalla panca, cercando di andare a rifugiarsi nella sua cella. Ne aveva fin sopra i capelli di gladiatori che venivano a rimproverarlo per la sua faccia!

Peccato che quando era a solamente ad un passo dalla sua cella la sua mano venne afferrata da una decisamente più piccola e femminile. Una mano che aveva sentito più volte in quei mesi e che ogni volta riusciva a mandargli come una scarica di un fulmine giù per la schiena.

All’improvviso si ritrovò nel mezzo di una carola, una mano stretta in quella di Merlyn e l’altra stretta da un sorridente – ma sempre silenzioso – Parsifal.

«Sorridi, Artie!» urlò la donna decisamente ubriaca mentre inciampava sui suoi stessi piedi, rendendo i movimenti del cerchio scoordinati. Usava quel soprannome solamente quando sembrava non avercela con lui e ad Arthur non piaceva per niente. Nemmeno Morgana aveva mai avuto il coraggio di chiamarlo in quel modo atroce.

Finirono con il cadere per terra, Merlyn non aveva decisamente mai bevuto degli alcolici e la sua resistenza era praticamente a zero. Arthur si alzò velocemente, cercando di darsi del decoro, spazzolandosi i vestiti dalla polvere del pavimento.

«Festa finita! Riporto l’angelo nelle sue stanze.» annunciò Gwaine barcollando leggermente, pronto a prendere da terra la ragazza che si era addormentata – o forse era svenuta, ad Arthur non importava – ma il principe, uomo d’onore che aveva giurato sulla sua stessa vita di proteggere i suoi cittadini, non poteva lasciare che quell’uomo dai malsani principi accompagnasse una fanciulla nelle sue stanze.

Prima che Gwaine potesse metterle le mani su Merlyn, Arthur la prese tra le sue braccia, attento a non farle penzolare la testa all’indietro «Siete tutti troppo ubriachi, ci penso io.» disse e senza nemmeno aspettare una risposta bussò prepotentemente contro la pesante porta di legno che notte e giorno veniva sorvegliata da una guardia.

Odiava profondamente quella ragazzina.

Merlyn sorrise a disagio, era nell’infermeria e aveva due gladiatori feriti da guarire.

La nuova guardia, Sir Valiant, non faceva che cercare di catturare la sua attenzione, raccontandole aneddoti di sue grandi imprese per il Regno. A Merlyn non interessavano ed in più la distraevano dal suo lavoro.

Sfortunatamente Valiant era la nuova guarda assegnata agli spostamenti dei gladiatori tra l’infermeria e le celle. Nessuno dei gladiatori lo trovava particolarmente simpatico, uno degli Arthur ci aveva già litigato e Merlyn aveva constatato con orrore che Valiant lo avesse accoltellato alla gamba, lo squarcio aveva richiesto più di quattordici punti.

«Potremmo cenare insieme.» propose mentre con le dita sudice cercava di levarsi qualcosa tra i denti. Semplicemente rivoltante.

«Non credo sia appropriato, Sir Valiant.» rispose senza nemmeno guardarlo in faccia, preoccupandosi di pulire la ferita sul fianco destro di Lancelot. L’uomo era particolarmente silenzioso davanti alla guardia, non voleva certo dargli un pretesto per picchiarlo, anche perché Lancelot era sicuro che sarebbe riuscito a sconfiggerlo a mani nude. Quell’uomo era tutto fumo, forse come gladiatore non sarebbe durato nemmeno una settimana.

La guardia sputò a terra, un pezzo di carne cadde a terra ricoperto da saliva e Merlyn ne aveva viste di cose disgustose a quel punto della sua vita. Cercò di non vomitare ai modi barbarici dell’uomo e continuò il suo lavoro, percependo chiaramente sia Lancelot che Arthur irrigidirsi a quello spettacolo di bruta mascolinità.

«Non hai molta scelta, sei una schiava.» disse l’uomo avvicinandosi, Merlyn sentì il suo fiato caldo sul collo e una mano posarsi sopra la cintura che teneva alla vita con alcuni degli attrezzi che le servivano di più.

Scrollandoselo gentilmente di dosso fece un passo in avanti, ritrovandosi praticamente tra le gambe di Lancelot che non sembrava infastidito da tale vicinanza «Vorrei ricordale che ho pur sempre un collare d’oro, Sir Valiant, non di bronzo.» provò a dire in modo gentile, ma la voce le uscì più velenosa di quanto volesse e il cavaliere non ne sembrò contento.

L’afferrò bruscamente per un braccio e la tirò contro il suo corpo e, oh, Merlyn era semplicemente ripugnata da quello che sentiva spingere contro le sue natiche. Sfortunatamente in quei mesi come medico aveva visto più uomini soffrire di erezioni durante uno dei suoi interventi, ma Merlyn non ne era mai stata disgustata come in quel momento. Mentre per i gladiatori era una reazione non voluta dovuta alla stimolazione di zone erogene (Merlyn aveva avuto una lunga chiacchierata con Alice riguardo l’altro sesso e i pericoli che possono derivare da certi atti), Valiant invece era semplicemente disgustoso e le stava chiaramente dimostrando la sua dominanza attraverso il contatto fisico.

Quello che Merlyn non si aspettava era vedere con la coda dell’occhio Arthur alzarsi dal tavolo e caricare un pugno per colpire dritto sul naso la guardia, spedendola a terra.

«Arthur!» esclamò sorpresa, non si aspettava che l’uomo la difendesse, non quando fino a cinque minuti prima stavano litigando a gran voce, chiamandosi per nomi poco carini. L’uomo non aveva mai dimostrato una certa tolleranza nei suoi confronti, evitava sempre di guardarla e Merlyn credeva che la odiasse. Ma non era stata lei quella a puntargli un’arma al collo nei primi dieci secondi della loro conoscenza!

L’uomo la scansò senza troppe cerimonie, mandandola direttamente tra le braccia di Lancelot, prima di avventarsi nuovamente su Sir Valiant.

«Arthur fermati!» urlò cercando di andare a separare i due, ma Lancelot la bloccò «Potresti farti male.» disse semplicemente indicandole con gli occhi la furia con cui Arthur stava colpendo l’altro uomo, se avesse provato ad avvicinarsi molto probabilmente sarebbe finita per essere colpita da una gomitata.

Il principe di Camelot non aveva idea di cose gli fosse preso, all’inizio trovava divertente vedere Merlyn in difficoltà nel tentativo di rifiutare le avances della guardia senza insultarlo, ma poi quando aveva visto Valiant allungare le mani aveva semplicemente perso il controllo. Nessuno doveva permettersi di toccare una donzella senza il suo consenso, soprattutto non nel modo brusco e disgustoso attuato da Valiant.

Se qualcuno avesse fatto una mossa del genere su Morgana o qualsiasi altra donna a lui cara non avrebbe esitato a trafiggerlo con la sua spada, ma al momento ne era sprovvisto.

Non lo stava facendo per Merlyn in sé, ma più che altro per tutte le donne che subivano quel trattamento ingiusto. Ad Arthur non interessava assolutamente nulla di Merlyn.

«Fermati immediatamente, lo stai uccidendo!» l’urlo disperato della ragazza lo fece tornare alla realtà. Si fermò con il pugno alto in aria, il petto che si alzava ed abbassava velocemente, il fiato corso, le nocche sporche di sangue. Inclinò leggermente la testa e vide Merlyn con le lacrime agli occhi e desiderò non vederla mai più in quel modo.

Gli occhi lucidi avevano preso un colore incantevole, gli ricordavano il cielo limpido di Camelot in una giornata d’estate.

Dietro di lei Lancelot lo stava guardando preoccupato, non si sarebbe mai aspettato di vedere così tanta rabbia da Arthur, lo aveva creduto un uomo silenzioso, non incline alla violenza e certamente non un fan di Merlyn, tanto da arrivare a difenderla in quel modo.

«La pagherai!» urlò Valiant spingendo Arthur per terra. Alzandosi in piedi estrasse la spada dalla cintura e la puntò contro il cavaliere.

«No!» Merlyn si mise tra i due «Sir Valiant, lo perdoni.» chiese nascondendo il corpo di Arthur con il suo, guardò negli occhi della guardia in modo implorante.

Il gladiatore poteva essere antipatico, un pallone gonfiato, una testa di fagiolo e quant’altro, ma non meritava di morire a causa sua. Soprattutto non quando era già a metà strada per conquistare la sua libertà.

A Gwaine mancavano solamente dieci combattimenti prima di avere abbastanza sigilli per chiedere al Re di riavere la sua libertà, mentre a Lancelot ne mancavano venticinque. Merlyn era sicura che avrebbero potuto andarsene già molto tempo prima se non fosse arrivato Arthur, il quale aveva vinto ogni singolo combattimento a cui aveva partecipato.

Già due gladiatori avevano avuto la fortuna di tornare in libertà, ma era stato vietato loro di lasciare la città, Cenred aveva timore che andassero a raccontare al di fuori di Essetir dell’arena. Oliver e Paul – i due gladiatori liberi – erano stati assunti come cavalieri di Essetir, prendendo titolo nobiliare, ma avevano il divieto a rimettere piede nell’arena.

Valiant guardò la ragazza attraverso gli occhi mezzo chiusi per il dolore, quel gladiatore sapeva decisamente tirare pugni «Gli risparmierò la vita al costo di una cena.» decise e Merlyn non ci pensò nemmeno prima di accettare.

Arthur divenne rosso di rabbia, ma la mano di Lancelot sopra la sua bocca gli impedì di parlare.

Era tutta colpa sua.

Alice ansimò dal piacere masticando un pezzo della deliziosa carne che i servitori avevano portato nelle stanze di Sir Valiant.

Merlyn non era certo una stupida, sapeva perfettamente come manipolare la situazione ed Alice era stata più che felice di diventare sua complice.

La ragazza – che lei sia benedetta – si era presentata alla cena con Alice al seguito, scusandosi con il cavaliere dicendo che «La mia Protettrice mi ha imposto l’obbligo di portarla con me, spero non Vi dispiaccia.» e aveva fatto un sorriso che l’anziana donna era sicura avrebbe fatto cadere qualsiasi uomo ai suoi piedi. Ricordava ancora con malinconia i tempi in cui bastava sorridere per ricevere un bacio dal suo Gaius.

L’uomo non aveva aperto bocca per tutto il pasto, lasciando chiacchierare le due donne, le quali si stavano raccontando le rispettive giornate come se fossero amiche di vecchia data.

Era infastidito dalla presenza della vecchia, ma pensò che se si fosse mostrato accomodante forse un giorno gli avrebbe dato la benedizione per sposarla. Valiant non aveva mai visto una pelle tanto chiara e pure come quella della fanciulla e lui bramava avere quanto più di puro ci fosse al mondo, in più la sua giovane età non faceva che attirarlo.

Una donna inesperta a letto era una donna completamente alla sua mercé, Valiant avrebbe potuto insegnarle qualsiasi cosa sull’arte dell’amore senza che lei sapesse se fosse giusto o sbagliato. Non tutte le donne lo accontentavano nella richiesta di mettersi sulle ginocchia e portarlo al piacere con il solo ausilio della bocca, era più un atto che praticavano le donne nei bordelli, non le ragazze per bene.

«Credo che si sia fatto tardi, Sir Valiant.» annunciò Merlyn pulendosi le labbra con un fazzoletto di stoffa «Domani dobbiamo entrambi lavorare, credo sia ora di coricarsi.» aggiunse alzandosi da tavola seguita da Alice che rideva sotto i baffi all’espressione delusa dell’uomo.

«Spero in una seconda cena.» disse accompagnando le signore alla porta.

Merlyn annuì «In futuro.» promise, rimanendo sul vago.

Arthur camminava per la sua cella tenendosi la mano fasciata in quella sana, era preoccupato. Non aveva certo voluto che le cose andassero in quel modo, l’ultima cosa che voleva era sapere Merlyn a cena con quel bifolco.

Quando erano tornati dalla loro visita già tutti i gladiatori sapevano della sua rissa con Valiant ed era stato benvenuto con un coro di applausi, tutti contenti che finalmente qualcuno avesse dato una lezione alla guardia.

Lancelot non aveva aperto bocca, visibilmente arrabbiato con Arthur per il guaio in cui aveva cacciato Merlyn, ma non lo aveva detto a nessuno e il principe ne era grato. Solo Dio sapeva cosa gli avrebbero fatto se avessero saputo che per colpa sua la loro adorata Merlyn era con quel porco.

«Cosa ti turba, Arthur?» la voce di Parsifal lo spaventò, non era abituato a sentirlo parlare. All’inizio aveva immaginato una voce bassa e potente, ma al contrario era dolce, quasi un tono paterno.

«Ho fatto un casino e non sono pronto ad affrontare le conseguenze.» ammise mentre la sua fantasia gli faceva vedere immagini di Merlyn in lacrime per essere stata violata da Valiant, incolpando lui per l’accaduto. Gli si stringeva il cuore al solo pensiero. Cosa avrebbe fatto se Morgana fosse venuta da lui, deflorata contro la sua volontà?

Avrebbe ucciso quel bastardo, senza ombra di dubbio, a Camelot era il principe, gli bastava dire una cosa e tutti sarebbero scattati al suo ordine, ma lì era solamente un gladiatore e chissà quale sarebbe stata la sua punizione per aver ucciso una guardia. Non voleva scoprirlo.

Parsifal si rigirò nel letto, guardandolo in faccia «Le decisioni sbagliate fanno parte del nostro cammino e imparare a convivere con le conseguenze fanno parte della vita.» disse come se non stesse realmente parlando con lui, ma più che altro a sé stesso.

Arthur rimase in silenzio, decidendo che non era necessario condividere i suoi demoni con una persona che stava evidentemente combattendo già con i suoi.

Tornò sul suo letto e si forzò a dormire.

Merlyn fu chiamata al cospetto di Sua Maestà Re Cenred in persona. La ragazza tremava al solo pensiero, la lettera non diceva il motivo per cui il Re volesse vederla ed Alice non era riuscita ad avere nessuna notizia durante la sua visita a palazzo.

La prima cosa che pensò fu che avesse scoperto della sua magia, ma Merlyn era sempre stata molto attenta e l’aveva usata unicamente nelle sue stanze o nell’infermeria su paziente privi di sensi.

La libreria nelle sue stanze era stracolma di libri sulla magia, ma non li aveva portati lei lì, c’erano da prima del suo arrivo ed era sempre stata attenta a non spostarli per dare l’impressione che non li avesse toccati. Aveva addirittura spazzato per terra e buttato la polvere sui libri per dargli un senso di trascuratezza.

Forse Arthur l’aveva notata usare la magia per fargli riprendere il completo controllo della sua mano e l’aveva denunciata alle autorità, dato che gli stava molto antipatica non c’era nulla che lo avrebbe fermato dal raccontare il suo segreto.

«Potrebbe semplicemente voler incontrare la donna che salva i suoi giocattolini.» propose Gwaine rubandole un chicco d’uva dalle mani. Era giovedì, il giorno in cui andava al mercato per acquistare della frutta.

Lancelot annuì «Nessuno è mai morto sotto le tue mani e devo dire che il caso di Hector era piuttosto grave, non gli davo alcuna speranza di sopravvivenza.» disse facendola arrossire. Se solo sapessero che le sue qualità da medico erano in parte dovute anche alla magia…

«O forse vuole liberarti, ormai stiamo quasi da un anno in questo posto orribile.» provò Liam, uno dei primi gladiatori ad essere stato catturato, solamente poche settimane prima dell’arrivo di Merlyn. Non aveva avuto molta fortuna nei combattimenti, ne aveva vinti solamente sette e più volte la ragazza aveva assistito ai suoi crolli emotivi, mentre piangeva disperato arrendendosi a passare il resto dei suoi giorni in quel posto senza alcuna possibilità di andarsene.

Più gladiatori aveva perso già le speranze, chi aveva sperato in un familiare al soccorso, chi nel crollo dell’arena e chi di creare una breccia per fuggire. Merlyn stessa aveva sperato più volte di vedere Will arrivare e salvarla. Si sentiva soffocare tra quelle mura e nonostante si trovasse bene con tutti non poteva negare che Arthur la facesse sentire a disagio.

Si conoscevano ormai da sette mesi e si erano parlati ogni singolo giorno, non in termini d’amicizia, ma Merlyn poteva capire che anche l’uomo soffrisse particolarmente la sua situazione, al contrario di Gwaine che sembrava essere completamente a suo agio.

«Non ti capita sempre di avere cibo assicurato tre volte al giorno, Merlyn.» le aveva detto quando gli aveva chiesto perché non cercasse di andarsene, da quando gli mancavano solamente due sigilli, il gladiatore aveva iniziato a perdere di proposito. Ovviamente il vero motivo era che non voleva lasciare Merlyn, ma questo lei non aveva bisogno di saperlo.

La stessa cosa faceva Lancelot, il quale non se la sentiva di tornare alla sua vita e lasciare i primi amici che era riuscito a farsi.

«Magari vuole darti in pasto ad un drago.» scherzò Arthur, ben sapendo che l’ultimo drago al mondo era incatenato nelle segrete del suo castello.

Merlyn sorrise «Almeno così non dovrò più vedere la tua faccia da asino.» rispose con tanto di linguaccia, facendo ridere tutti i presenti.

Da quando Arthur era venuto a sapere che quella fatidica notte di settimane prima non era accaduto nulla, dell’ingegnoso piano della ragazza e il fatto che Valiant fosse stato trasferito a castello dopo le varie lamentele di Sir Keith sul suo conto, l’uomo si era sforzato di cercare di stringere amicizia con la donna.

«Ora devo andare, ci vediamo dopodomani!» salutò donando un bacio sulla guancia ad ogni singolo cavaliere. Si fermò davanti ad Arthur «Posso o scapperai come l’ultima volta?» domandò alzando le sopracciglia in modo divertente.

Arthur alzò gli occhi al cielo e si chinò leggermente da fare in modo che la ragazza arrivasse alla sua guancia «Non farti strane idee, adesso.» l’ammonì, ignorando completamente il suo cuore che sembrava voler uscire dalla cassa toracica.

Quella Merlyn doveva essere veramente un’incantatrice.

Alice le sistemò nuovamente una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio e le passo le mani sulla stoffa del vestito sulle spalle, eliminando qualsiasi increspatura.

«Ricordati di non guardarlo mai negli occhi, ai nobili non piace.» raccomandò guardandola un’ultima volta in modo ansioso. La ragazza aveva avuto un comportamento eccezionale fin dal suo arrivo, non aveva creato problemi come Alice aveva creduto ed era un ottimo medico a suo parere.

Merlyn annuì, sentiva le mani sudarle in maniera esagerata, non aveva mai avuto così paura in vita sua. Se la situazione si sarebbe fatta grave aveva già pianificato un piano di fuga. Aveva imparato un incantesimo capace di far crollare un intero muro e anche se non l’aveva mai esercitato aveva abbastanza confidenza da sapere che avrebbe funzionato.

La sua magia reagiva alle sue emozioni, da bambina quando si spaventava riusciva addirittura a rallentare il tempo per darle il tempo di scappare dalle malefiche farfalle che provavano a posarsi sul suo naso.

Sentirono il suono assordante delle trombe ed il suo nome venir annunciato, precedendo l’apertura delle pesanti ed altissime porte di legno. Merlyn si sistemò velocemente per l’ultima volta la gonna del vestito e si inchinò, mostrandosi per la prima volta al Re in un gesto di rispetto.

Quando ritenne che fosse passato abbastanza tempo tornò con la schiena ritta e camminò lentamente nella sala cercando di ignorare tutti gli sguardi dei nobili, mentre sussurravano tra loro, incuriositi anch’essi all’oscuro della sua convocazione.

Re Cenred era disgustoso come lo aveva descritto Gwaine e Merlyn arrivò abbastanza vicino da sentirne la puzza. Dio, sperava si lavasse prima di incontrare altri Re, altrimenti si spiegava perché nessuno volesse firmare trattati di alleanza o pace con Essetir.

Il loro Regno era in guerra fin da quando Merlyn aveva memoria, aveva vissuto guardando di nascosto dalla sua umile casa cavalieri combattere nei loro campi, fregandosene di rovinare il già povero raccolto del villaggio.

«Merlyn, così ti chiami?» domandò il Re alzandosi dal suo trono e la ragazza notò il buco sulla tunica. Ma quell’uomo aveva dei servitori che pensassero a renderlo presentabile?

«Sì, Eccellenza.» rispose mantenendo lo sguardo basso, azzardandosi a spiare solamente con l’angolo dell’occhio.

L’uomo le girò introno, dandole possibilità di sentire in maniera più forte il tanfo che proveniva dalla sua persona. Merlyn sarebbe stata fortunata se avesse concluso quella visita senza vomitare sulle scarpe del Re.

Essetir era un Regno povero, la morte del padre di Cenred era costata al popolo tutta la sua ricchezza. Il giovane Re aveva speso tutto il suo tesoro e le tasse dei cittadini per i suoi capricci e le sue inutili guerre, nella speranza di conquistare nuove terre, mentre invece ne perdeva solamente.

«Sei tu la causa del fiasco della mia arena.» disse il Re prendendole il mento tra l’indice e il pollice, aveva la pelle dura e Merlyn desiderò schiaffeggiare via la mano e suggerire a Cenred di lavarsi le mani, era sicura che adesso il suo mento fosse sporco di terriccio.

«My Lord?» domandò confusa, l’arena era tutto che un fiasco. Ogni giorno si riempiva di nobili che desiderava divertirsi vedendo uomini combattere.

Cenred tornò al suo trovo, sedendosi in modo scomposto e poco regale, Merlyn non poteva credere che il Regno in cui abitava fosse governato da un uomo del genere. Perfino Arthur sarebbe stato un Re migliore e la ragazza non sopportava l’uomo dai capelli dorati.

Non era riuscita a scoprire molto sul suo passato, Arthur si chiudeva subito in sé stesso appena provasse a fare conversazione su cosa usasse fare. Sicuramente era un bandito e se ne vergognava, le sue qualità da spadaccino non suggerivano per niente un passato da contadino.

«L’arena verrà distrutta e i suoi occupanti uccisi, sarà meglio che tu vada ad avvertire i tuoi amici.» disse muovendo la mano e delle guardie si apprestarono a condurre la ragazza fuori dalla Sala del Trono.

Merlyn doveva ancora processare bene le parole uscite dalla bocca di Cenred. Avrebbe ucciso tutti loro? Tra lei, i gladiatori e gli schiavi con il collare di bronzo si parlava di più di duecento persone. Sentì il respiro bloccarsi in gola, farsi irregolare. La vista divenne poco chiara, non riusciva più a definire i contorni degli oggetti e le gambe le tremavano.

Prima di svenire riconobbe la sagoma sfocata di Alice raggiungerla.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Capitolo quattro

 

 

«Ti prego, Alice, ti prego, un ultimo favore prima di sparire dalla tua vita.» implorò la ragazza stringendo le mani di quella che era stata la sua Protettrice per quasi un anno. Le aveva insegnato molto, le era molto grata, e sapeva di star mettendo la sua vita a rischio con quella richiesta, ma non poteva accettare l’idea di morire così giovane. Lei lo sapeva, infondo al cuore, che aveva un grande Destino davanti a sé.

La donna ricambiò la stretta «Non prometto nulla, Merlyn, ma credo che tu debba andare a parlare con i gladiatori.» le ricordò con gli occhi lucidi di lacrime non versate. La consapevolezza che quella dolce ragazza sarebbe potuta morire in meno di ventiquattro ore la tormentavano; come avrebbe pensato a Gaius senza ricordarsi della sua dolce nipote?

La fanciulla annuì e si asciugò il viso. Erano passato un paio di ore dal suo incontro con il Re e dopo aver perso i sensi era stata trasportata da dei cavalieri fino all’arena e nelle sue stanze. Alice le era stata accanto fino a quando non si era risvegliata e Merlyn negherà fino alla morte di essere svenuta dalla paura.

Si cambiò d’abito, indossando quello con cui era arrivata in quel posto, gli stracci di una contadina che non sapeva cosa volesse dire essere nobile. Si guardò allo specchio riconoscendosi per la prima volta dopo tanto tempo.

In quel momento, riflessa nello specchio, c’era Merlyn la figlia di Hunith, non Lady Merlyn medico dell’arena. Legò i capelli in cima alla testa, come quando andava a raccogliere il tritico, e prese un profondo respiro. Dare quella notizia a tutti quegli uomini a cui lei era tanto cara sarebbe stata dura, soprattutto essendo consapevole che Gwaine e Lancelot sarebbero potuti scappare a questa esecuzione di massa vincendo quei pochi incontri che mancavano loro.

Mentre camminava lentamente per l’arena, osservando per l’ultima volta quei corridoi, pensò che non poteva salvarli tutti. Non poteva salvarli nemmeno senza rivelare la sua magia, non aveva mai capito cosa ne pensassero i suoi amici di chi usasse le arti magiche, in tutto quel tempo non erano mai arrivati a parlare di tale cosa. Forse l’avrebbero odiata, ma non poteva lasciarli perire per mano di Cenred.

Avrebbe parlato con Gwaine, Lancelot e Parsifal, chiedendo loro se si fidassero di lei, se volevano fuggire a quella fine tremenda che aspettava loro il mattino seguente.

Arrivò alle celle e prese un profondo respiro, le tremavano le mani, era normale?

«Oh, guardate, Merlyn non è morta!» l’urlo di Sir Liam attirò l’attenzione di tutti e la fanciulla si sforzò di fare un piccolo sorriso come saluto. Rimase attaccata alla porta, non fidandosi a lasciare andare la maniglia per paura di cadere a terra.

Arthur la guardò da testa a piedi «Perché quei vestiti?» chiese alzando un sopracciglio. Non gli sembrava di averla mai vista con quegli abiti addosso, solitamente sfoggiava tessuti di buona qualità con ricami degni di una sartoria regale, quello sembrava essere fatto di stoffa economica e cucito a mano.

Merlyn si schiarì la gola «Domani…» iniziò, ma la voce le morì in gola, come poteva dire a quelle persone che sarebbero morte? Non era fatta per portare brutte notizie, quando il cane di Will era morto, invece di dirglielo si era inventata che suo zio Gaius lo aveva portato con lui a Camelot, sapendo che il suo amico adorava l’anziano signore.

Scosse leggermente la testa, decidendo che non era quello il momento per tornare sul sentiero dei ricordi «Domani Re Cenred chiuderà l’arena.» disse a bassa voce, sembrava incapace anche solo a parlare in un tono normale, ma il silenzio che regnava nella stanza permetteva a tutti di udirla.

Uno scoppio di gioia si dilagò tra i gladiatori, credendo in una libertà imminente, Gwaine sollevò la ragazza per aria, facendola girare mentre rideva spensierato «Fermi, fermi!» attirò nuovamente la loro attenzione «Non c’è nulla da gioire.» affermò guardando dispiaciuta Gwaine.

«Cosa intendi?» domandò gentilmente Parsifal facendo un passo avanti, lasciando andare Arthur, il quale si era ritrovato in uno stretto abbraccio con il compagno di cella.

La fanciulla si guardò le mani «Domani mattina, alle prima luci dell’alba, Re Cenred ucciderà tutti gli schiavi.» dichiarò finalmente guardando i gladiatori perdere il sorriso. Era come se il tempo si fosse fermato, nessuno si muoveva, la guardavano tutti sconcertati, increduli a quello che le loro orecchie avevano udito.

«Mi dispiace.» aggiunse lasciando cadere le prime lacrime, non voleva farsi vedere in quel modo, ma non c’erano speranze per loro tutti di uscire da lì incolumi. Lancelot la prese tra le sue braccia, nascondendole il viso contro il petto, carezzando dolcemente i suoi capelli mentre gli uomini come privi di forze si accasciavano sul pavimento.

Ai suoi singhiozzi si aggiunsero quegli dei gladiatori più giovani, terrorizzati all’idea della morte, mentre gli adulti si guardavano con consapevolezza negli occhi. Merlyn sentì una mano sul braccio e aprì gli occhi incontrando la figura di Gwaine che si unì all’abbraccio di Lancelot.

«Dovrei andare, domani sarà una giornata dura.» sussurrò asciugandosi il viso con la manica del vestito.

«Rimani qui, questa notte, nelle tue stanze non sei più protetta.» suggerì Parsifal non fidandosi delle guardie dell’arena. Aveva visto il modo in cui trattavano le schiave con i collari di bronzo e quella notte, con la sua esecuzione a solo poche ore, nulla vietava loro di ferire Merlyn. Non voleva che accadesse qualcosa alla ragazza, ormai la considerava una sorella, era stata l’unica a non forzarlo mai a parlare, al contrario di Gwaine che lo aveva tormentato per ore i primi giorni della sua permanenza.

La ragazza si guardò intorno, non aveva mai dormito in una stanza con un uomo, nemmeno con Will, non sapeva se potesse permetterselo. Cosa avrebbero detto di lei, il mattino seguente, vedendola uscire con i gladiatori dalle celle?

«Parsifal ha ragione.» intervenne Arthur, poche ore prima gli era sembrato di vedere Valiant camminare fuori dall’arena e non voleva rischiare che potesse avere cattive intenzioni dopo essere entrato in conoscenza della perdita del titolo della fanciulla «Potrai avere il mio letto.» aggiunse sentendosi particolarmente generoso quella sera. Se sarebbe morto alle prime luci dell’alba voleva essere ricordato dalla ragazza come un uomo gentile e cavaliere, non un arrogante senza maniere.

Merlyn arrossì, meravigliandosi di tutta quella gentilezza da parte degli uomini, aveva sempre creduto che l’altro sesso fosse un ammasso di maleducati che si credevano superiori alle donne, ma in quelle mura nessuno l’aveva mai fatta sentire in quel modo. Erano suoi amici, perfino Arthur.

Annuì non fidandosi ad usare la voce, troppo presa dalle varie emozioni che la stavano attraversando. Arthur le prese delicatamente una mano, guidandola nella sua cella «Riposati, Merlyn.» disse in un tono che non aveva mai sentito prima.

La fanciulla chiuse gli occhi annuendo, dimenticandosi di parlare della sua magia e del piano di fuga. Era semplicemente troppo stanca.

Il risveglio era stato traumatico, i cavalieri di Essetir erano entrati prepotentemente nelle celle buttando i gladiatori giù dai letti.

«Sembra che si siano divertiti per l’ultima notte.» rise uno degli uomini tirando in piedi un ancora addormentata Merlyn. Gwaine provò a raggiungerla, ma una guardia lo colpì allo stomaco mandandolo a terra «Sono anche protettivi!» rise notando tutti gli schiavi pronti ad attaccare per difendere l’onore della donna.

Le guardie tolsero a tutti i collari, lasciandoli cadere a terra. La maga si sentì molto più leggera e portò istintivamente le mani al collo. Anche i gladiatori fecero lo stesso.

«Ora! Mettetevi in fila e seguiteci, alla prima mossa sbagliata la ragazza muore.» il capo delle guardie, un uomo di nome Jarl, afferrò Merlyn e le puntò la spada alla gola, obbligando tutti i gladiatori a sottostare ai suoi voleri. La ragazza alzò gli occhi al cielo, stufa di essere usata come un oggetto da parte di quei bruti.

No, non si sarebbe mai sposata, se doveva diventare un oggetto da sfoggiare per suo marito avrebbe preferito maritarsi con un’altra donna e vivere nei limitari della foresta e morire in pace di vecchiaia.

Morire, che concetto spaventoso.

Merlyn spalancò gli occhi rendendosi conto che non aveva parlato ai suoi amici del suo piano. Avrebbe dovuto improvvisare, sperando che non decidessero di ucciderla loro.

Essetir poteva dare il benvenuto agli stregoni e le streghe, ma le persone normali rimanevano comunque sempre molto diffidenti nei loro confronti.

Camminarono in silenzio e la ragazza per la prima volta si ritrovò all’interno dello spazio che ospitava i combattimenti. Gli spalti erano pieni di nobili che gridarono gioiosi vedendo gli schiavi entrare.

Merlyn si guardò intorno, le donne che prima avevano collari di bronzo piangevano disperate, già accasciate a terra senza alcuna speranza, gli uomini cercavano di consolarle inutilmente e la maga poteva vedere benissimo le loro gambe tremare. Si girò verso i gladiatori e vide loro guardare verso lo spazio privato in cui il Re guardava tutti i combattimenti, ma di Cenred non c’era ancora traccia.

Le urla mischiati ai pianti disperati delle donne la mandarono in confusione. Fece un passo indietro, osservando meglio gli spalti nella ricerca dell’unica persona di cui aveva bisogno in quel momento. Osservò ogni singola faccia fino ad incontrare lo sguardo penetrante di Alice.

Mantenne in contatto visivo, facendole capire che l’aveva individuata, e l’anziana donna fece un cenno con la testa. Perfetto.

«Merlyn, stammi vicino.» disse Gwaine prendendola per un braccio, non gli piaceva quello che stava vedendo dall’altra parte dell’arena. Dietro alle sbarre di ferro nella parete opposta alla loro l’uomo aveva visto la chiara sagoma di un Wilddeoren.

A loro si unirono Lancelot, Parsifal e Arthur che crearono una cerchia intorno alla donna, come per volerla proteggere.  

L’arena ammutolì quando Cenred fece la sua comparsa, la donna notò con dispiacere che indossava gli stessi abiti sudici del giorno prima. Ugh, lei stessa non vedeva l’ora di farsi un bagno dopo averlo visto.

«Miei cari cittadini!» chiamò il Re «Siamo qui oggi per la pubblica esecuzione di questi schiavi.» disse indicando le persone sul campo di battaglia «Sono stati tutti una grande delusione, la loro lealtà per una povera donna ha corrotto i miei gladiatori.» continuò e, oh, a quanto pare era tutta colpa di Merlyn.

«Chi giurerà lealtà a me sarà risparmiato!» annunciò allargando le braccia «Chi desidera farlo può ritornare dentro.» indicò con il dito la porta ancora aperta dove delle guardie sostavano «Chi non ha cara la vita e preferisce seguire una misera sgualdrina può rimanere dove si trova e venire dato in pasto ai miei Wilddeoren.».

«Cos’è un Wilddeoren?» domandò Merlyn ad Arthur, il più vicino a lei. Istintivamente strinse il suo braccio e ne sentì i muscoli e wow, Merlyn, non era quello il momento da farsi impressionare dalla portata fisica dell’uomo. Insomma, in quel momento era letteralmente circondata da uomini con più muscoli che cervello.

«Sono degli enormi…» Arthur si bloccò vedendo la ragazza spalancare gli occhi spaventata «… piccoli ed adorabili ratti.» disse misurando con le mani quello che poteva sembrare un cucciolo di cane, ben sapendo che quelle bestie erano il quadruplo «E mangiano carne umana.» aggiunse mentre vedeva intorno a loro tutti gli schiavi dal collare di bronzo correre all’interno dell’arena per salvarsi, loro non erano mai stati a contatto con Merlyn come i gladiatori. Potevano trovarla una ragazza adorabile dai modi cortesi, ma non erano pronti a rischiare la vita per lei.

Alcuni gladiatori seguirono gli schiavi, lasciando sul campo solamente Merlyn, Lancelot, Gwaine, Parsifal, Arthur e Liam.

«Perché rimani qui?» chiese al biondo cercando di spingerlo verso gli altri. Poteva immaginare che gli altri non volessero lasciarla sola, ma Arthur non aveva alcun motivo per rinunciare alla sua vita per lei.

«Potrai anche essere un’idiota, Merlyn, ma c’è qualcosa in te che ancora non riesco a cogliere.» ammise, perché non riusciva nemmeno a concepire l’idea di rinunciare alla compagnia della donna. Era diventata una parte costante della sua vita, si era lentamente affezionato ai suoi sorrisi e desiderava passare il resto della sua vita con lei. In amicizia, ovviamente.

«Vi fidate di me?» domandò la maga guardando gli uomini, i quali sembravano più intenti ad osservare i Wilddeoren venire liberati «Vi fidate di me?!» urlò per attirare la loro attenzione. Meglio così, se fossero stati solamente loro sei avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere e fuggire. Non aveva creduto che Cenred avrebbe dato una possibilità agli altri di salvarsi, non lo aveva creduto così magnanimo.

Gwaine la spinse dietro la sua schiena, il primo Wilddeoren si stava avvicinando velocemente «Cos’hai in mente?» domandò alzando i pugni, non avevano armi con loro, si sarebbe dovuto accontentare delle sue mani.

Merlyn strappò la gonna del suo vestito, rivelando un paio di pantaloni «Dobbiamo correre all’interno della cella dei ratti.» disse mentre legava i capelli in modo che non le dessero fastidio.

«Tu sei pazza!» l’accusò Arthur guardandola da testa a piedi.

«Allora, vi fidate?» domandò Merlyn per l’ultima volta.

Gli uomini si guardarono, ma in quei mesi avevano imparato che se c’era una persona che poteva salvarli era proprio Merlyn. Annuirono tutti.

«Okay, allora contate fino a cinque e iniziamo a correre in direzioni diverse, così confonderemo quelle bestie. L’obbiettivo è entrare nella cella.» ricordò piegando le ginocchia pronta a correre.

Contarono fino a cinque e si separarono. Merlyn andò a destra, schivando per un pelo l’animale che si era fatto troppo vicino. Si avvicinò al bordo dell’arena mentre il pubblico esultava entusiasta per lo spettacolo, dandoli ormai per spacciati. La ragazza saltò su un barile e afferrò una delle sporgenze per le torce, salvandosi dal secondo Wilddeoren. Penzolò usando la forza delle braccia, spingendosi in avanti per atterrare di nuovo sul pavimento polveroso dell’arena.

Mancava poco più di una iarda per arrivare al cancello, ma mentre prima aveva dimostrato una grande abilità fisica finì con l’inciampare sui suo stessi piedi, sbattendo la testa. Sentì del sangue colarle dalla tempia, ma non aveva il tempo per controllare la profondità della ferita. Si alzò sui gomiti, vedendo Gwaine entrare nella cella, seguito da Parsifal.

Dannazione, sarebbe dovuta arrivare prima lei.

Non fece in tempo a mettersi in piedi che si sentì sollevare da terra e finì sopra la spalla di uno dei suoi amici. Aggiustandosi alla nuova e scomoda posizione riconobbe i capelli dorati di Arthur.

«Dobbiamo sbrigarci!» urlò vedendo Lancelot entrare a sua volta. Fortunatamente Arthur riuscì ad essere veloce ed agile nonostante avesse la ragazza sulla spalla. Arrivarono insieme a Liam e Merlyn saltò giù dalla spalla di Arthur.

«Allontanatevi!» avvertì guardandosi le spalle dove i Wilddeoren correvano verso di loro, attirati dall’odore del suo sangue. Alzò una mano e i suoi occhi si illuminarono dello stesso colore dell’oro caldo. Il muro davanti a loro esplose, lasciando una breccia abbastanza grande per farli passare. Gwaine fu il primo a riprendersi dallo shock e spinse gli altri verso il buco nel muro. Era perfetto per far passare degli umani, le bestie non sarebbero riuscite nemmeno ad infilarci metà corpo.

I sei fuggitivi si ritrovarono per strada «Da questa parte!» ordinò Merlyn iniziando a correre verso destra, dove la foresta iniziava. Gli uomini la seguirono senza fare domande, fidandosi ciecamente di lei. Almeno quattro di loro.

Merlyn aveva chiesto come ultimo favore ad Alice di procurarle almeno quattro cavalli e legarli nella foresta, nella radura dove andavano a raccogliere foglie di menta. In cenno che le aveva fatto mentre era nell’arena voleva dire che era riuscita ad esaudire la sua ultima richiesta.

Non aveva nascosto i suoi piani alla donna, le aveva rivelato la sua natura e l’aveva implorata di aiutarla. L’anziana le aveva accarezzato la testa e promesso che avrebbe fatto il possibile e le aveva insegnato un incantesimo.

«Continuate dritto, vi raggiungerò!» disse fermandosi all’improvviso.

Gwaine le prese la mano «Non essere sciocca, Merlyn, non posso lasciarti qua!» rispose cercando di tirarla verso di lui, ma la donna puntò i piedi.

«Saprò cavarmela, voi andate!» ordinò nuovamente e la ragazza fu grata a Lancelot che tirò via Gwaine e Parsifal se lo caricò sulla spalla ignorando le sue proteste.

Ormai era chiaro che Merlyn aveva le capacità per cavarsela da sola. Aveva distrutto un muro alzando solamente una mano.

La ragazza si girò verso la città ed alzò entrambe le mani. Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi, concentrandosi al massimo sulla magia più importante che avrebbe fatto in vita sua. Aveva una sola possibilità e avrebbe fatto meglio a non sprecarla.

Aprì gli occhi e pronunciò le parole che Alice le aveva insegnato. Sentì il tipico calore degli occhi di quando usava la magia e vide in lontananza i cittadini fuori le mura dell’arena cadere a terra addormentati.

Ce l’aveva fatta!

Riprese la sua corsa, anche se sapeva che nessuno la stava seguendo. Arrivò in tempo per vedere gli uomini salire a cavallo. Liam condivideva lo stallone nero con Lancelot, mentre gli altri tre erano occupati da Arthur, Gwaine e Parsifal.

Li raggiunse e sorrise «Siamo liberi!» esultò ignorando gli sguardi frenetici degli uomini, spaventati che qualche guardia fosse sulle loro tracce.

Per un’ultima volta fece un inchino «Potete andare, nessuno si ricorderà mai nella nostra permanenza in questo posto, nessuno verrà a cercarvi. Siete al sicuro.» li rassicurò sorridendo dolcemente.

«È stato un onore vivere quest’avventura con voi, miei signori.» salutò iniziando ad incamminarsi verso Est, dove si trovava Ealdor. O almeno credeva di stare andando ad Est, non ne era totalmente sicura.

«Merlyn, dove credi di andare?» le domandò Gwaine spingendo il cavallo a seguirla.

«A casa mia, Ealdor.» rispose indicando la foresta in una direzione molto vaga.

Lancelot si avvicinò insieme a Liam «Viaggiare da sola è pericoloso.» le ricordò.

Merlyn sbuffò «Perché sono una donna?» domandò e gli uomini annuirono in silenzio. La ragazza si arrabbiò «Certo, gli uomini possono viaggiare da soli, dormire nella foresta tranquillamente, ma se vuole farlo una donna è pericoloso?» chiese infastidita «L’unico pericolo per noi donne siete voi uomini ed invece di negare a noi la possibilità di viaggiare dovreste essere voi quelli rinchiusi, se non sapete controllare quello che avete nei pantaloni.» accusò indicando casualmente uno di loro.

Le sembrava di star parlando con Will, anche lui era sempre stato contrario alle donne che viaggiavano da sole, infatti nei loro piani originali sarebbe stato lui il responsabile di accompagnare Merlyn a Camelot.

Arthur rimase in silenzio. Davanti a lui c’era una strega. Una strega in carne ed ossa. Una strega che in quasi un anno di conoscenza non aveva mai usato la sua magia per liberarsi. Una strega attraente, gentile e con un cuore d’oro. Una strega che stava lasciando loro prendere i cavalli per tornare a casa, lasciandosi a piedi. Una strega che non aveva fatto male a nessuno.

Uther l’avrebbe uccisa seduta stante e avrebbe voluto che anche lui facesse lo stesso, ma Arthur non poteva portarsi a fare del male alla fanciulla. Avrebbe potuto lasciarli morire mangiati dai Wilddeoren e poi salvarsi da sola. No, lei aveva già pensato a salvare più persone, la presenza di quattro cavalli la diceva lunga.

Poteva essere una strega… buona?

«Non prenderla a male, Merlyn, ma una bella donna come te…» iniziò Gwaine toccandosi a disagio la testa, non trovando le parole giuste.

Merlyn arrossì, sempre modesta e ignara del perché gli uomini la trovassero attraente «Questa bella donna tornerà da sola a casa sua. Ora, ossequi.» disse girandosi offesa per riprendere il suo cammino.

I cinque uomini si guardarono, confusi dall’insistenza della ragazza ad andare da sola. Voleva forse dimostrare loro qualcosa?

Gwaine spronò nuovamente il cavallo, tagliandole la strada «Non ho un posto dove andare, posso venire con te?» domandò. Era vero, Merlyn ricordava chiaramente l’uomo raccontarle la sua via da nomade, la non appartenenza in un posto.

«Anch’io vorrei unirmi a voi.» si aggiunge Parsifal, rompendo il suo silenzio tipico.

Arthur li guardò sorpreso, veramente si fidavano ad andare in giro con una strega?

«Amerei vedere Ealdor.» si aggiunse Lancelot.

Merlyn li guardò confusa. Non avevano paura di lei? Sua madre le aveva sempre detto che le persone normali non avrebbero capito il suo dono, che si sarebbero spaventati e avrebbero cercato di farle del male. Poteva veramente fidarsi di loro? Finché il suo segreto era al sicuro sapeva che i suoi amici l’avrebbero protetta, ma adesso era semplicemente confusa.

«Io…» iniziò Liam schiarendosi la gola «… io in realtà vorrei andare a casa mia, nel Regno di Caerleon.» ammise. Gli mancava da morire la sua famiglia, voleva riabbracciare sua madre e rivedere suo fratello.

Lancelot smontò da cavallo «Buon viaggio, Liam.» lo salutò e il ragazzo, della stessa età di Merlyn, galoppò via dopo aver salutato e ringraziato la maga.

«Ah, lui può andare solo e io no?» domandò la ragazza incrociando le braccia al petto.

«Smettila di fare la bambina e inizia a darci indicazioni per il tuo villaggio.» fu Arthur a parlare, il quale passò accanto alla ragazza e senza nemmeno sforzarsi la sollevò fino a farla salire sul suo cavallo. Non un gesto cavalleresco, tantomeno principesco. Voleva darle una possibilità, ma alla prima magia per scopi malvagi l’avrebbe uccisa.

Gwaine invitò Lancelot sul suo cavallo, non gli dava fastidio l’idea di condividerlo, ma avrebbe certamente preferito avere Merlyn tra le sue braccia.

La ragazza guardò gli uomini sospirando arresa, era evidente che non l’avrebbero lasciata andare sola «Non avete paura di me?» chiese con voce piccola, ritirando la testa tra le spalle, come se volesse nascondersi. Arthur si sforzò a non pensare che fosse adorabile.

«Oh, Merlyn, ho visto cose più spaventose di una strega che non riesce nemmeno ad uccidere un coniglio.» rise Gwaine coinvolgendo anche gli altri. Era vero, la ragazza non sembrava per niente il tipo di persona da andare in giro con scopi malvagi, era innocua ed erano sicuri che molte delle loro ferite fossero guarite senza cicatrici grazie a lei.

«Non sono una strega.» borbottò e Arthur sbuffò infastidito dalla sfacciataggine nel negare l’ovvio «Sono una maga.» spiegò guardando male l’uomo alle sue spalle, aggiungendo volontariamente una gomitata tra le costole.

«Quale sarebbe la differenza?» domandò Parsifal, visibilmente più rilassato e con voglia di chiacchierare.

Merlyn si spostò cercando di mettersi comoda, ignorando le braccia di Arthur che le cingevano prepotentemente la vita «Una strega ha bisogno di imparare la magia, deve studiare degli incantesimi per praticarla, mentre una maga nasce così.» rispose ripetendo quello che le aveva detto Gaius quando qualche anno prima era venuto a trovarla. Gli aveva chiesto se fosse un mostro, ma lui l’aveva rassicurata che il suo era un dono, che era speciale e non doveva mai pensare a cose del genere. Ondeggiò con il bacino cercando di aggiustare il baricentro e togliere pressione dalla natica sinistra che iniziava a dolerle «Io non ho mai studiato la magia, quando voglio che qualcosa accada semplicemente accade.» aggiunse trovando finalmente pace, ignara del fatto che tutti quei movimenti avessero creato spiacevoli reazioni al suo compagno di cavallo.

Lancelot annuì «Effettivamente avevo sempre sentito streghe e stregoni parlare nella lingua della Vecchia Religione, ma tu non hai mai detto parola, ti si illuminavano solamente gli occhi.» disse toccandosi il mento, come se fossero mesi che ci pensasse.

«Tu lo sapevi?» domandò Gwaine girandosi verso l’altro uomo, sbalordito che se ne fosse accorto. Diamine, lui che la guardava spesso non se ne era mai reso conto.

Lancelot rise «Non è stata poi così attenta come pensava.» rispose alzando le spalle. L’aveva vista una sola volta, mentre aiutava Richard a sedersi sul tavolo con una spada conficcata nel femore. I suoi occhi si erano colorati della stessa intensità del miele e Richard sembrò subito meno in preda ai dolori «Se non abbiamo sentito particolare dolore alle nostre ferite in questi mesi è solo grazie alla magia.».

Merlyn rimase senza parole, non si aspettava che Lancelot fosse a conoscenza del suo segreto, era sempre stata cauta nell’usare la magia davanti ai gladiatori, ma c’erano state occasioni in cui per aiutare i suoi pazienti aveva dovuto dare uno strappo alla regola.

Il principe di Camelot si sentì a disagio, come poteva gli altri essere così accomodanti all’idea di viaggiare con una persona che a quanto pareva riusciva a praticare la magia senza averla mai studiata. Non che lui ci credesse, nessuno poteva nascere malvagio.

«Allora, queste indicazioni?» pretese Arthur volendo porre fine a quel discorso.

«Ad Est.» rispose la fanciulla e il principe alzò gli occhi al cielo «Che c’è?» domandò confusa.

Arthur fece girare il cavallo nella direzione opposta «È una fortuna che tu abbia quattro nobili cavalieri pronti a riportarti a casa. Da sola saresti finita a Camelot.» rispose ben riconoscendo la strada verso il suo Regno. Poteva abbandonarli e tornare a casa sua, ma qualcosa dentro di lui continuava a dirgli di rimanere con loro, di non abbandonarli.

Merlyn arrossì, l’orientamento non era mai stato il suo punto di forza.

I cinque si incamminarono senza sapere che quello era l’inizio di una nuova avventura.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Parsifal si sedette accanto a Gwaine mangiando la zuppa che Merlyn aveva preparato per loro quando si erano fermati per la notte.

«Dici che smetteranno presto?» domandò guardando la ragazza e Arthur litigare per chi dovesse fare il primo turno di guardia, chi affermando che per cavalleria toccasse a lui e chi che le donne potevano anche fare da guardia.

Gwaine prese un pezzo di carne di coniglio nel cucchiaio «Strano che ancora non si siano saltati addosso.» commentò aspramente l’uomo. Non era stupido come tutti credevano, certe cose le notava anche lui ed era chiaro che quei due fossero fatti l’uno per l’altra. Non che Arthur la meritasse, ovviamente, ma sapeva riconoscere quando una battaglia era già persa in partenza. Merlyn non l’aveva mai guardato come guardava la principessa.

Parsifal gli diede una pacca sulla spalla «Troverai la persona giusta anche tu.» lo rincuorò. Sapeva quanto fosse difficile vedere la persona amata provare forte sentimenti per un’altra persona, ma era così che andava la vita. Forse aspettava loro qualcosa di più grande.

«Credi che potremmo fermarci ad Ealdor?» domandò sorseggiando l’acqua che Lancelot aveva recuperato da un fiume poco lontano «Costruire una casa, una famiglia…» suggerì guardando distrattamente il fuoco.

L’uomo annuì silenziosamente, imitando l’amico «Non sembra essere male come idea.» rispose immaginandosi una tranquilla vita di campagna insieme ai suoi amici e la maga. Poteva vedersi piegato in un campo di tritico occupato con la raccolta.

«Sai cosa? Mi hai stufato!» urlò Merlyn alzando le braccia in aria, segno che Arthur le aveva fatto raggiungere il limite.

Il principe balzò indietro, temendo che la ragazza potesse attaccarlo con la magia. Erano al loro terzo giorno di viaggio e Arthur ancora non si fidava ciecamente della fanciulla, ma non poté non sentirsi un mostro vedendo l’espressione delusa ed addolorata di Merlyn al suo gesto.

La ragazza si girò con le lacrime agli occhi, offesa che potesse pensare che lo avrebbe ferito. Potevano non essere i migliori degli amici, ma lei non usava la magia per fare del male. Non quando non ce n’era bisogno.

«Andrò a lavarmi.» annunciò allontanandosi dal gruppo. Arthur la guardò farsi strada verso il fiume e non provò a fermarla.

Lancelot si avvicinò al principe pulendosi le mani dopo aver acceso il secondo fuoco per il loro piccolo accampamento. Non stava bene che Merlyn dormisse così vicino a loro, per questo avevano creato una specie di doppio campo.

«Non per offenderti, Arthur, ma che problema hai con la magia?» domandò posando una mano sulla spalla del biondo, stringendola in segno di solidarietà. Vedeva quanto fosse affranto per aver offeso la ragazza.

Arthur sospirò pesantemente «Forse non ve l’ho mai detto…» iniziò andando a sedersi vicino gli altri due uomini «… ma io vengo da Camelot. Là la magia non è molto apprezzata.» confessò senza rivelare tutte le storie che suo padre gli aveva raccontato, facendogli praticamente un lavaggio del cervello. Come aveva potuto giudicare la magia senza prima conoscerla? Si era fidato ciecamente di suo padre, ma ora vedeva che stava sbagliando.

Gwaine sputò a terra «Brutto posto, Camelot.» commentò aspramente «Uther è un mostro, non so quanti innocenti abbia ucciso.» aggiunse con espressione disgustata. Parsifal e Lancelot annuirono senza però esprimersi, non volendo offendere Arthur. Era pur sempre il suo Re.

Se solo avessero saputo che con loro c’era l’erede al trono di Camelot.

«Tranquillo, Arthur, pensavamo di fermarci ad Ealdor. Non dovrai tornare in quel posto, se non vorrai.» lo rassicurò Parsifal rendendo pubblici i loro piani di fermarsi e costruire una vita in quel posto.

Il principe trattenne il respiro. Poteva vedersi in una piccola casa, in un piccolo villaggio, con una moglie e dei figli. Si sarebbe potuto sposare per amore, sfuggendo ai tentativi del padre di maritarlo con la prima principessa che gli passasse davanti. Aveva sviluppato una cotta per la serva di Morgana, un’adorabile ragazza di nome Gwen, aveva pensato di scappare con lei per amore, ma adesso era tutto cambiato.

Prima non aveva conosciuto Merlyn.

«Non è male come idea.» commentò Lancelot stanco di girare senza meta per tutto quel tempo. Forse non era Destino che diventasse un cavaliere di Camelot, essere stato rapito per strada e finito in compagnia di quello strano gruppo doveva essere un segno.

«Già, non è per niente male.» concordò Arthur giocando con un pezzo di legno che aveva raccolto da terra. Sapeva che il suo dovere era succedere al padre, che doveva prendersi cura del suo Regno, che gli abitanti di Camelot contavano su di lui, ma in quell’anno che era stato lontano di casa e non lo avevano trovato molto probabilmente lo credevano morto. Poteva iniziare una nuova vita, doveva solamente rimanere con le persone con cui era in quel momento.

Merlyn tornò nella cerchia, aveva i capelli bagnati, segno che si fosse tuffata nel fiume per un veloce bagno, togliendosi gli spiacevoli odori che avevano accompagnato il loro viaggio fino a quel momento «Di cosa parlate?» domandò allungando le mani verso il fuoco.

«Del futuro.» rispose Gwaine.

Futuro. Che bella parola.

La freccia sfiorò la guancia di Merlyn tagliando la pelle. Accanto a lei Arthur e Lancelot la incoraggiavano a correre più veloce, come se fosse semplice.

Avevano perso i cavalli, dei banditi gli avevano spaventati e ora stavano scappando per salvarsi la pelle.

Merlyn aveva dovuto immaginare che la foresta di Merendra non era particolarmente accogliente per i viaggiatori, soprattutto se disarmati.

Abituata a nascondere i suoi poteri non aveva nemmeno pensato di usarli per stordirli e rubare i loro cavalli, aveva semplicemente seguito l’istinto e aveva iniziato a correre, imitata dagli altri.

«Se morirò voglio che sappiate che vi ho voluto bene!» urlò Gwaine cercando di non inciampare tra le varie radici che sollevavano il suolo.

Non era certo il momento ideale per pensare alla morte, erano riusciti a fuggire ad un’esecuzione ufficiale comandata da Re Cenred in persona, non potevano perire a causa delle frecce di qualche bandito.

«Insomma, Merlyn, fa qualcosa!» urlò Arthur constatando che l’unica che poteva salvarli in quel momento era proprio la ragazza. Come cavaliere non era molto utile, senza un’arma, avrebbe voluto proteggere la damigella in pericolo, ma i ruoli sembravano essersi invertiti.

La ragazza sembrò ricordarsi solo in quel momento che gli uomini sapessero della sua magia. Da quando avevano lasciato la capitale non ne aveva più fatto uso, non volendo spaventarli ed allontanarli.

Si fermò e girandosi alzò semplicemente una mano, facendo volare in aria i vari banditi che stavano inseguendo loro. Purtroppo, non si accorse che uno di loro aveva già scoccato una freccia, la quale la colpì dritta alla gamba. Merlyn perse l’equilibrio e cadde, ruzzolando giù per il pendio.

«Merlyn!» l’urlo spaventato di Arthur attirò l’attenzione degli altri uomini. I quattro gladiatori si precipitarono verso la figura priva di sensi della ragazza.

«Qualcuno di voi sa cosa fare?» domandò Parsifal che di arti mediche se ne intendeva ben poco. Gli uomini scossero la testa in segno di negazione, perfino Gwaine che si era proclamato l’assistente di Merlyn non sapeva dove mettere le mani, aveva passato più tempo a guardare il viso della ragazza che ascoltare realmente quello che gli stava spiegando.

«Si sta facendo buio, dobbiamo accamparci.» fece notare Lancelot guardando il cielo prendere sfumature arancioni, segno che da lì a pochi istanti sarebbero calate le tenebre e non potevano rimanere allo scoperto con la ragazza ferita.

Arthur si guardò intorno e balzò in piedi quando vide un uomo vicino ad un albero. Se avesse avuto una spada l’avrebbe brandita contro l’estraneo, pronto a proteggere i suoi amici, ma al momento era disarmato e spaventato.

Temeva che non potesse salvare la ragazza e non poteva permetterlo. Lei aveva salvato loro, il minimo che potevano fare era portarla a casa sua sana e salva.

L’uomo sembrava non avere armi su di lui, camminava lentamente, ma Arthur non poteva vedere bene quello che nascondeva sotto la pelliccia. Non era giovane, i capelli una volta completamente neri riportavano già lunghe striature bianche, così come la sua barba. Gli occhi stanchi stavano studiando la situazione davanti a lui e Arthur tornò sulle ginocchia per stringere Merlyn contro il suo petto, tenendole la testa in una mano.

«Seguitemi.» ordinò l’uomo e senza aspettare una risposta diede loro le spalle e si incamminò. Lancelot fece il primo passo per seguirlo, ma Parsifal gli afferrò un braccio «Non possiamo fidarci.» disse a bassa voce senza mollare la presa.

«Avete un’idea migliore?» domandò il più giovane guardando l’uomo allontanarsi sempre di più «Se avesse voluto ucciderci l’avrebbe fatto qui, senza portarci in un altro posto.» aggiunse facendogli notare che erano completamente senza difese e quindi bersagli facili.

Gwaine si passò una mano tra i capelli «E se volesse ucciderci e tenersi Merlyn?ۛ» domandò preoccupandosi come sempre per la fanciulla. Avrebbe dato la sua vita per non vederla mai più ferita, fisicamente o emotivamente.

«Dovremmo rischiare. Forse l’uomo sa come guarirla.» difese la sua tesi Lancelot e con premura sollevò Merlyn strappandola alle braccia di Arthur.

I tre uomini si guardarono, ma non c’era veramente nulla a cui pensare. Lancelot si era già incamminato e loro erano stati costretti a seguirlo.

«Se morirò a causa tua, Lancelot, il mio fantasma ti darà il tormento per il resto della tua vita.» minacciò Gwaine alzando la voce, sicuro che pure l’uomo misterioso lo sentisse.

Lancelot ringraziò l’uomo appena finì di fasciare la testa della loro amica.

Erano finiti in una caverna nascosta ai piedi delle montagne Feorre. L’uomo non aveva parlato, indicando solo con un dito di posare Merlyn su quello che era un letto fatto di pietra con sopra una coperta piuttosto grezza che non doveva essere piacevole a contatto con la pelle.

«Grazie, grazie mille.» disse l’uomo veramente grato di vedere già l’amica respirare meglio. L’uomo aveva preparato un impasto con delle erbe che Lancelot non aveva mai visto prima e lo aveva spalmato lungo la ferita sulla nuca della fanciulla. Aveva preparato anche una bevanda dal colore poco invitante e dall’odore rivoltante, ma Lancelot lo aveva aiutato a far bere tale miscuglio alla ragazza priva di sensi. La freccia che aveva conficcata nella gamba era stata tolta con un colpo secco e la ferita subito disinfettata con dell’alcool e cucita con mano abile. A Lancelot sembrava di vedere all’opera Merlyn.

«Domani potrete ripartire.» disse l’uomo con voce roca, segno che non parlava spesso.

Arthur rimase seduto vicino al fuoco, osservando attentamente ogni mossa dell’uomo. Che razza di persona poteva vivere in quel modo? Un uomo nascosto nella foresta non portava certo aria di buone notizie, forse era un ricercato e loro sarebbero finiti nei guai a causa sua.

«Come si chiama?» domandò cortesemente Parsifal mentre mangiava il pasto che l’uomo aveva gentilmente loro preparato. Non era buono quanto quello che preparava Merlyn, ma si sarebbero accontentati.

«Non credo sia affar vostro.» rispose l’uomo sedendosi accanto al letto e Gwaine arricciò il naso infastidito. Che intenzioni aveva l’eremita?

Lancelot si schiarì la gola «Volevamo solamente sapere il nome della persona da ringraziare.» provò ad intermediare, ben capendo la tensione che c’era tra l’uomo e gli altri tre gladiatori. Sicuramente Merlyn sarebbe riuscita a fare amicizia anche con un uomo scorbutico come quello, aveva semplicemente un dono per farsi amare da tutti, anche da chi era meglio tenersi alla larga.

«Il mio nome non serve per ringraziarmi.» ripeté l’uomo iniziando ad intagliare un pezzo di legno, chiaramente intenzionato a non spostarsi dal capezzale della ragazza. Le ricordava tremendamente una persona che aveva conosciuto molti anni addietro, anche se con il colore di capelli diverso. Sentiva la sua magia dirgli di rimanere al suo fianco e non lasciarla sola.

«Piuttosto» cominciò bruscamente senza togliere gli occhi dal pezzo di legno che stava intagliando «perché quattro uomini vagano per la foresta con una ragazzina?» domandò sottolineando la sua disapprovazione per il fatto che la donzella non sembrava aver visto più di sedici estati. Sembrava una bambina, con le guance ancora leggermente paffute come quelle dei neonati, anche se il corpo sembrava quello di una donna matura.

Arthur arrossì, chiaro che l’uomo stesse insinuando che stessero approfittando di Merlyn. Lui era un principe, non si sarebbe mai abbassato andando a letto con una semplice contadina, per di più una strega! No, si corresse, Merlyn era una maga, ben differente da una strega.

Gwaine non sembrò affatto offeso da tale insinuazione, in cuor suo desiderava poter rispondere all’uomo che Merlyn fosse sua moglie.

«Siamo in viaggio, verso Ealdor.» rispose Lancelot facendo venir voglia ad Arthur di schiaffarsi una mano sulla faccia. Come poteva essere così sciocco e rivelare ad un totale sconosciuto la loro destinazione?

Quei quattro sarebbero stati la sua rovina, ne era certo. Si fidavano troppo degli sconosciuti, come se volessero far amicizia con tutti, cosa praticamente impossibile. Anche se Merlyn era riuscita ad entrare nelle sue grazie e Parsifal era stato la sua persona preferita all’interno dell’arena questo non voleva dire che erano amici.

No, si sarebbero aiutati a vicenda, avrebbe lasciato il gruppo una volta arrivati ad Ealdor e sarebbe andato per conto suo in un altro posto, l’idea di tornare a Camelot nemmeno gli sfiorò la mente.

Perché avrebbe dovuto tornare in un posto dove non si sentiva libero? Suo padre aveva fatto del suo meglio per renderlo il più bravo dei cavalieri, addestrandolo fin dalla nascita ad uccidere, lo aveva reso l’uomo che era anche se Arthur avrebbe tanto voluto ricevere delle parole d’amore ogni tanto. Come poteva non aver mai sentito suo padre dire «Ti voglio bene.» nei suoi vent’anni di vita? Eppure, a Morgana lo diceva, quando tirava con l’arco e centrava il bersaglio la lodava, se lo faceva lui lo rimproverava dicendo che poteva fare meglio.

Non poteva tornare a Camelot, non si era mai sentito così bene, consapevole che ora era un uomo libero. Niente più impegni regali, non doveva più distruggersi per soddisfare il padre, non doveva più aver paura di fare la cosa sbagliata e venire giudicato da un Regno intero.

Era semplicemente Arthur, non più Arthur Pendragon. Un uomo che avrebbe trovato fortuna altrove, magari sarebbe riuscito ad arrivare ad un porto ed imbarcarsi per il Regno oltre il mare.

L’uomo si fermò, come sorpreso di sentire quel nome «Ealdor.» ripeté lentamente, come se portasse alla memoria dolorosi ricordi.

«Sa quanto manca per arrivarci?» chiese Gwaine sfilandosi gli stivali, se fossero dovuti rimanere lì tanto sarebbe valso mettersi comodi.

«Due giorni a piedi.» rispose l’uomo con sicurezza, come se sapesse esattamente dove il piccolo villaggio fosse «Ora dormite.» ordinò con voce burbera e nessuno degli uomini se la sentì di contraddirlo.

Arthur si sdraiò sul pavimento, ma non chiuse occhio, timoroso che potesse succedere qualcosa di brutto ai suoi compagni di viaggio.

Ascoltò in silenzio l’uomo tagliare il legno, fischiettando una canzone che gli sembrava di aver già ascoltato negli ultimi mesi. Era confortante, sapeva d’amore, e senza rendersene conto si addormentò, cullato dal fischiettare dell’eremita.

Merlyn si svegliò con un principio di mal di testa, sentiva come dei tamburi suonarle vicino le orecchie. Si toccò la fronte e sotto i polpastrelli percepì il tessuto di un bendaggio. Che Gwaine fosse stato capace di medicarla? Avrebbe scommesso tre monete di bronzo che buona parte delle sue spiegazioni non fossero state ascoltate.

Si mise a sedere con un po’ di fatica, non si sentiva particolarmente male, ma nemmeno abbastanza bene a saltare già da quel letto e riprendere il viaggio.

Vicino al suo fianco c’era un drago intagliato nel legno. Lo prese in mano studiandolo attentamente, era veramente incantevole e si domandò chi tra loro avesse talmente buone capacità da intagliare un oggetto del genere.

«Sei sveglia.» una voce a lei sconosciuta arrivò alle sue spalle, facendola spaventare, tanto che il piccolo drago le cadde dalle mani. Si girò trovandosi faccia a faccia con un uomo che non aveva mai visto prima. Non le sembrò una minaccia, altrimenti i suoi amici non sarebbero ancora vivi ed addormentati sul pavimento vicino a lei.

«Grazie.» disse, finalmente capendo a chi dovesse quella perfetta fasciatura alla testa e la ricucitura alla gamba, anche se non era stato magnanimo con i suoi pantaloni, aveva la coscia completamente scoperta e sicuramente non stava bene per una giovane fanciulla mostrare una parte così intima.

L’uomo scrollò le spalle, senza sapere cosa dire. Quella ragazza aveva gli stessi occhi della donna che un tempo aveva amato, lo stesso azzurro del mare in un giorno d’estate. Desiderò allungare la mano per carezzarle una guancia, ma si trattenne. Quella ragazza aveva dovuto già aver sofferto troppo, chissà cosa le avevano fatto quei quattro uomini.

«Come si chiama, Sir?» domandò la fanciulla sorridendo e oh, era il suo sorriso.

«Balinor.» rispose senza riuscire a frenarsi «Il tuo nome?» chiese in ritorno.

«Merlyn, Sir.» disse allungando una mano per stringergliela, in quel momento non poteva certo fare un inchino di cortesia, la sua gamba non l’avrebbe retta in piedi.

Balinor le strinse la mano, sentendo subito che la ragazza aveva dei poteri magici. Lo sentiva. Era come se la fanciulla fosse intrisa completamente dalla magia, il suo potere quasi al suo stesso livello. Si schiarì la gola, cercando di non suonare roco, non voleva far credere alla ragazza di essere un vero cavernicolo «Porti lo stesso nome del mio uccello preferito.» disse, cercando di creare una conversazione. Sentiva di voler parlare con lei per ore, come se fossero stati migliori amici.

Un tempo aveva avuto un migliore amico, ma quest’ultimo lo aveva tradito. Da quel momento non si era più fidato di nessuno in quel modo, per colpa sua aveva dovuto abbandonare la donna che amava.

La ragazza arrossì «Mia madre ha detto che mi ha chiamato così in onore dell’uomo che amava.» rivelò, Hunith non parlava spesso del padre che l’aveva lasciata sola, gravida e senza nessuno a cui chiedere aiuto, ma ogni volta che lo faceva Merlyn riusciva a leggere negli occhi della madre quanto lo avesse amato e come quei sentimenti non fossero morti con il tempo.

Balinor sentì la gola seccarsi, che potesse essere…?

«Come si chiama vostra madre, Merlyn?» domandò sentendo le mani tremargli. Che tutto quello fosse Destino? Che dopo tutti quegli anni di solitudine finalmente la sua vita in quella grotta fosse finita?

«Oh, sì, mia madre si chiama Hunith.» rispose guardando negli occhi l’uomo, domandandosi perché quella richiesta. Forse non aveva rivelato il nome di sua madre nemmeno ai suoi amici, riferendosi a lei solamente con il titolo genitoriale.

«E dimmi, Merlyn, è sposata?» Balinor sentiva il cuore battergli in gola. Che la sua amata avesse trovato marito e avesse dato vita alla fanciulla innanzi i suoi occhi?

Merlyn scosse la testa «No, io sono… sono una bastarda.» aveva odiato quel nome, l’aveva accompagnata per tutta la vita. Non meritava di essere chiamata in quel modo, tantomeno gli altri abitanti del villaggio avevano avuto il diritto di chiamare sua madre in modi peggiori.

Oh, quante volte aveva pianto da bambina pregando la madre di darle un padre, per non essere più una bastarda, per avere una persona da chiamare papà. Come aveva voluto che tutti gli altri bambini smettessero di trattarla male e spingerla nel fango, come aveva desiderato che gli adulti non dicessero ai loro figli di stare lontani da lei, che non ci si poteva fidare di una bastarda.

«Io… io ho amato una donna, un tempo.» rivelò Balinor «Sedici anni fa, ho amato Hunith con tutto il mio cuore.» ammise ricordandosi quanto gli avesse doluto il cuore quella notte, quando rubando un ultimo bacio alla sua amata era dovuto scappare per non farsi trovare. Erano passati sedici anni e le aveva dato la possibilità di costruisti una vita con un uomo rispettabile, uno che non avesse una condanna a morte sulla testa, ma a quanto pare aveva fatto un altro danno.

Davanti ai suoi occhi c’era sua figlia. Ora si spiegava quel senso di protezione, la sua magia che lo aveva attirato fuori dalla caverna fino a quella ragazzina priva di sensi. Si erano trovati e Balinor non sapeva assolutamente cosa volesse dire essere padre.

Merlyn spalancò gli occhi sorpresa. Non poteva essere, quell’uomo non poteva essere suo padre. Non che non volesse, l’uomo gli sembrava amabile, ma non poteva ignorare il senso di abbandono che provava.

Per tutta la sua vita lo aveva creduto morto, aveva voluto dargli una scusa per non essere mai tornato da lei, ma adesso era lì. Un uomo che viveva nascosto in una caverna nella foresta.

«Sei mio padre?» domandò con voce strozzata.

Balinor annuì, non c’erano più dubbi, Merlyn doveva essere sua figlia. Doveva essere nata qualche mese dopo la sua partenza e sapeva che Hunith non avrebbe mai amato così presto un altro uomo dopo di lui. Avrebbe potuto avere qualche dubbio se la ragazza fosse stata più giovane, ma aveva l’età esatta per essere sua.

Era forse da deboli piangere? Balinor non aveva mai amato esprimere le sue emozioni, era un Signore dei Draghi, non poteva permetterselo.

Sentì le mani di Merlyn avvolgerlo in un abbraccio e il viso bagnarsi delle sue lacrime. Era quello che si provava ad essere genitori? Balinor era senza parole, una grande paura nel cuore, la responsabilità che portava avere una figlia era enorme e Hunith aveva dovuto affrontare tutto da sola.

Ricambiò l’abbraccio stringendo le mani dietro la sua schiena, sentendosi nel posto giusto per la prima volta dopo anni.

«Levale le mani di dosso, vecchio porco!» l’urlo di Arthur rovinò il momento. Merlyn si sentì tirare via dall’abbraccio del padre e una fitta di dolore alla gamba le fece uscire un verso di dolore.

Balinor spalancò gli occhi, ricordandosi di quei quattro uomini che aveva trovato con la sua bambina. Non poteva credere che la sua adorata figlia fosse stata vittima della brutalità di quei manigoldi.

Alzò una mano, illuminando gli occhi di giallo e i gladiatori si ritrovarono in aria, come se qualcuno avesse afferrato loro per il collo.

«Voi!» urlò pieno di ira «Voi avete violentato mia figlia!» gravò facendoli sbattere contro la parete opposta della caverna.

Merlyn sbatté le palpebre confusa. Perché suo padre credeva che i suoi amici l’avessero violentata?

«Vostra figlia?!» domandò incredulo Gwaine cercando di riprendersi dalla botta presa in testa. Se Merlyn era gentile con la sua magia, certamente l’uomo amava andarci pesante.

«Padre, cosa andate dicendo?» domandò la fanciulla e Balinor sentì le farfalle nello stomaco, l’uso di quel titolo per la sua persona lo aveva fatto emozionare, non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui una persona lo avrebbe chiamato in quel modo.

«Merlyn! Ci spieghi cosa sta succedendo?» domandò Lancelot che certamente non avrebbe retto un altro incantesimo dell’uomo.

La ragazza si alzò a fatica, facendo attenzione a non posare troppo peso sulla gamba ferita «Lancelot, Gwaine, Parsifal, Arthur, questo è mio padre Balinor.» presentò indicando l’uomo che era ancora sulla posizione d’attacco «L’ho scoperto appena qualche attimo fa.» aggiunse sorridendo dolcemente al padre.

Si girò verso l’uomo «Padre, non so che idee tu abbia in testa, ma loro sono miei amici e non mi hanno mai fatto del male.» spiegò posando una mano sul braccio dell’uomo, invidiatolo ad abbassarla e rilasciare i quattro gladiatori.

«Come fai ad essere certa che sia tuo padre?» domandò Arthur per niente convinto, quell’uomo poteva essere un pervertito.

La maga gli sorrise «Lo sento.» rispose riferendosi chiaramente al legame magico che univa loro «E poi avrò conferma quando mia madre lo vedrà.» aggiunse «Perché tu verrai con noi ad Ealdor, vero?» domandò al padre guardandolo con gli occhi che Gwaine aveva definito più volte da cerbiatto. Era praticamente impossibile resisterle quando sbatteva le ciglia, le donne sapevano veramente cosa facesse diventare gli uomini deboli alle ginocchia.

Balinor annuì, incapace di negare qualsiasi cosa a sua figlia. Erano passati così tanti anni, forse Uther non lo stava più cercando, forse lo credeva morto e lui sarebbe potuto tornare ad Ealdor e sposare Hunith.

«Sei forse impazzita?» le chiese Arthur allontanandola dall’uomo «Non puoi invitare uno sconosciuto ad unirsi a noi.» la rimproverò abbassando la voce.

«Giù le mani da mia figlia!» tuonò Balinor spingendo via il principe, nessuno poteva permettersi di toccare la sua bambina.

«Cosa mi dice che non sei solo un uomo che vuole approfittarsi di lei?» domandò puntando un dito al petto di Balinor. Non avrebbe lasciato Merlyn nelle mani di un maniaco che credeva di farsi passare per suo padre. Quella ragazza aveva sicuramente un desiderio di morte.

«E cosa mi dice che voi quattro non vogliate farle del male?» accusò a sua volta Balinor quasi ringhiando.

«Ora basta!» urlò Merlyn infastidita «Siete tutti delle teste di rapa!» disse puntando il dito contro tutti loro «Non ho bisogno di un cavaliere che mi salvi, me la cavo benissimo da sola.» aggiunse alzandosi in piedi ed ignorando il dolore lancinante alla gamba uscì dalla caverna «E che nessuno mi segua!» ordinò girandosi verso di loro prima di scomparire alla loro vista.

Lancelot si toccò imbarazzato la nuca, Parsifal guardò insistentemente il pavimento e Gwaine fischiò sbalordito.

«Tu non mi piaci, ragazzino.» disse Balinor guardando male Arthur, era solamente colpa sua se sua figlia era uscita dalla caverna, mettendosi a rischio.

«E tu non piaci a me, vecchio maniaco.» rispose il principe stringendo i pugni lungo i fianchi. Merlyn era fuori, da sola, in una foresta infestata da banditi. Non che gli importasse, ma come ex principe di Camelot era nella sua natura dover portare a termine le sue missioni e in quel momento la missione era riportare la fanciulla sana e salva dalla madre.

Gwaine rise e si avvicinò a Parsifal «Certamente non si sta rabbonendo il suocero.» scherzò rubando un sorriso all’uomo.

Lancelot gli schiaffò una mano sulla bocca, notando come i due uomini si fossero girati di scatto verso di loro udendo le parole del castano. Nessuno dei due sembrava particolarmente contento.

«Dovremmo solo aspettare che torni.» disse Parsifal raccogliendo tutte le sue forze per non ridere ripensando alla battuta di Gwaine.

Tutti annuirono e si sederono, rimanendo in silente attesa.

«Tu mia figlia non la sfiori nemmeno con lo sguardo.» o almeno così fu prima che Balinor iniziò uno scontro verbale con Arthur, il quale dichiarò che non avrebbe voluto toccare Merlyn nemmeno con un palo.

Oh, Lancelot pregò che la maga tornasse presto.

«Stupidi, stupidi, stupidi!» gridò al vuoto camminando prepotentemente nella foresta ignorando la gamba dolorante. Non aveva tempo per provare dolore, solo rabbia.

Non le era per niente piaciuto il modo in cui avevano parlato di lei, come se non fosse presente per difendersi da sola. Se l’era cavata benissimo per sedici anni da sola con la madre, nessun uomo dalla sua parte se non Will, il quale per quanto fosse protettivo non aveva mai detto cose del genere.

Era una donna indipendente, poteva benissimo tornare ad Ealdor da sola e mollare tutti nella caverna.

Si guardò intorno, non doveva essere molto lontana da casa, riconosceva quei boschi, li aveva visti camminando con i cavalieri di Ealdor mentre la portavano alla capitale. Sentì dei passi alle sue spalle e sbuffò infastidita, domandandosi chi fosse venuto a cercarla, pronta ad arrabbiarsi e lanciarli qualche sorta di maleficio addosso.

Si girò posando le mani sui fianchi, come faceva sua madre quando doveva rimproverarla, ma si ritrovò davanti un uomo che non aveva mai visto prima. Non sembrava minaccioso, nei suoi abiti leggermente logori, il lungo bastone per aiutarsi a camminare e lo sguardo che luccicava di chissà quale felicità.

«Merlyn.» chiamò inchinandosi un poco in un saluto «Finalmente il momento è giunto.» aggiunse facendo un passo verso di lei, spaventando la ragazza.

«Come conosci il mio nome?» domandò alzando la mano in segno di difesa, pronta ad attaccare. Che il suo incantesimo non avesse funzionato ed egli fosse uno degli uomini di Cenred?

L’uomo sorrise «Io sono Taliesin ed il nostro incontro è stato scritto all’alba dei tempi.» rispose senza muoversi per non spaventare ulteriormente la ragazza. Oh, com’era giovane e piccola per un Destino così grande.

Merlyn lo guardò confusa, come poteva quell’uomo sapere che si sarebbero incontrati in quel posto? Fino ad un anno prima la maga non sapeva nemmeno sarebbe finita in quella foresta alla ricerca della via di casa.

«Cosa vuoi dire?» chiese abbassando leggermente la mano, sentiva nel cuore che Taliesin non l’avrebbe attaccata.

«Devo farti vedere un posto, prendimi la mano.» la invitò allungando il braccio verso di lei. Merlyn inarcò un sopracciglio, domandandosi se fosse veramente una buona idea alla fine dei conti. Forse sarebbe dovuta tornare indietro e avvertire i suoi amici e suo padre prima di seguire l’uomo «Non c’è tempo, Merlyn.» disse Taliesin come se le avesse letto la mente.

Oh, Merlyn aveva affrontato di peggio come rischiare di finire mangiata da dei ratti giganti, poteva prendersi il lusso di iniziare una nuova avventura. Afferrò la mano dell’uomo e si sentì come risucchiare da un forte vento.

Chiuse gli occhi senza mollare la presa, le orecchie le fischiavano in maniera esagerata, come se fosse a galoppo di un cavallo molto veloce. Si portò la mano libera alla bocca dello stomaco, sentiva una forte nausea dovuta sicuramente a quell’improvviso spostamento.

«Siamo arrivati.» annunciò l’uomo invitandola ad aprire gli occhi. Merlyn si guardò intorno sentendosi disorientata. Lei in quel posto non c’era mai stata, non riconosceva la vegetazione del posto, era come se fosse in un altro Regno.

«Dove siamo?» domandò lasciandogli la mano per sistemare i capelli che le erano finiti davanti al viso a causa del vento.

«La Valle dei Re Caduti, nel Regno di Camelot.» rispose l’uomo iniziando a camminare, sicuro che la ragazza lo avrebbe seguito.

«Perdonatemi, Taliesin, ma lei è forse impazzito?!» chiese sentendo il sangue gelarle nelle vene. Camelot era l’ultimo posto dove desiderava essere in quel momento, e se qualcuno avesse visto loro comparire dal nulla? Non voleva veramente ritrovarsi faccia a faccia con Re Uther e il Principe Arthur, sicuramente l’avrebbero data in pasto alle fiamme e lei era troppo giovane per morire.

Taliesin sorrise, ma non rispose, continuando a camminare silenziosamente.

Arthur si alzò in piedi «Basta, vado a cercarla.» annunciò afferrando una spada che Balinor teneva nella sua caverna. Era passato molto tempo da quando Merlyn era uscita e di lei non ve n’era ancora traccia. E se fosse stata catturata? Se l’avessero uccisa? No, Arthur non poteva permetterlo.

«Casomai l’unico che ha il diritto di cercarla sono io.» s’intromise Balinor alzandosi a sua volta, fronteggiando il ragazzino che gli stava dando particolarmente ai nervi. Non gli piaceva per niente, gli ricordava una sua vecchia conoscenza e non lo voleva vedere vicino a sua figlia.

Arthur rise amaramente «Il diritto l’hai perso quando l’hai abbandonata per sedici anni.» sbottò aspramente e per Balinor fu come sentire la lama della spada trapassargli lo stomaco.

«Tu non sai nulla della mia vita.» rispose afferrandolo per una spalla fino a sbatterlo sul muro umido della caverna. Arthur abbassò la spada, non volendo rischiare di trafiggerlo veramente, non fino a quando non correva un vero rischio. Non voleva finire nel libro nero di Merlyn uccidendo suo padre.

«E tu della mia.» disse il ragazzo alzando il mento come in segno di sfida a chi fosse il più orgoglioso.

Lancelot si avvicinò ai due mostrando le mani, non volendo rischiare di farsi attaccare «Possiamo calmarci?» domandò diplomaticamente stufo di sentirli bisticciare come bambini. Lancelot doveva trovarsi d’accordo su Gwaine sui sentimenti di Arthur, poteva aver finto per tutto quel tempo di non sopportarla, ma forse nessuno di loro era preoccupato per Merlyn quanto il biondo. Non era quello l’effetto dell’amore? Poteva vederli benissimo insieme, sarebbero stati una coppia scoppiettante, con i loro litigi inutili mentre si guardavano praticamente con occhi adoranti.

Anche lui aveva ceduto al fascino della fanciulla appena arrivato all’arena, credendola la donna dei suoi sogni. Era simpatica, coraggiosa, non aveva paura di sfidare le regole per farli stare bene, era stata la sua ancora durante tutto quel periodo infernale, Lancelot sarebbe impazzito senza di lei. Molto probabilmente non avrebbe nemmeno fatto amicizia con Gwaine se non fosse stato per lei.

Ma poi era arrivato Arthur e Lancelot non era stupido, gli aveva visti gli sguardi, le guance farsi rosse dall’imbarazzo, il loro stuzzicarsi continuamente. Era come vedere due bambini che si piacevano, ma che non sapevano esprimere i loro sentimenti.

Balinor lasciò la presa sulla spalla di Arthur e si allontanò dai ragazzi «Io non ho lasciato per mia volontà la madre di Merlyn.» disse stringendo i pugni sopra il piccolo tavolo che aveva intagliato lui stesso «Sono stato costretto.» aggiunse sentendo gli occhi pizzicargli. Se solo avesse saputo, avrebbe affrontato tutto l’esercito di Camelot per rimanere con la sua amata e sua figlia.

«Da chi?» domandò Parsifal interessandosi alla storia. Non era da tutti riuscire a vivere di propria volontà per così tanto tempo in una caverna, isolato dal mondo.

«Uther Pendragon.» rispose e nessuno sentì il fiato bloccarsi nella gola di Arthur Pendragon.

Taliesin le aveva curato la gamba con una semplice magia, sicuramente stanco di doverla aspettare a causa del suo zoppicare. Avevano i minuti contati e lui doveva portarla in un posto ben preciso.

«Sai qualcosa sul tuo Destino?» le domandò mentre si addentravano ulteriormente nella Valle.

Merlyn scosse la testa, nessuno era a conoscenza del proprio Destino. Ogni giorno era nuovo, la ragazza viveva la giornata, senza pensare con intensità al domani. Non voleva diventare ricca, sposare un nobile, cercare fortuna oltre mare, se Merlyn pensava al Destino pensava solamente a lei come medico, magari maritata con un buon uomo che di mestiere si occupava di coltivare il terreno o fabbricare ferri da cavallo.

Taliesin sorrise mestamente, attraversato chissà da quale pensiero e la fanciulla aggrottò la fronte «Tu sai qualcosa del mio Destino?» gli domandò sentendo il cuore batterle veloce nel petto.

L’uomo si bloccò all’entrata di una caverna «Siamo arrivati.» annunciò ed insieme entrarono.

Merlyn si guardò intorno, meravigliata da tale quantità di cristalli, meravigliandosi che non fosse stata già prosciugata da qualche nobile per crearci dei gioielli o venderli. L’uomo era un essere avido, distruggeva la natura per il suo bene materiale e Merlyn non sopportava tali atti.

«Questa è la Caverna di Cristallo, il luogo dove la magia è nata.» le disse indicandole i cristalli «Si può vedere il passato, il presente ed il futuro nei suoi cristalli.» spiegò spingendola dolcemente alla base della schiena per avvicinarsi ai cristalli «E tu, Merlyn, devi guardare dentro di essi per vedere il tuo Destino.» la spronò con tono solenne.

La ragazza si guardò intorno, non sentendosi particolarmente incline ad eseguire l’ordine del mago. Non doveva farlo per forza, se non voleva, vero? Merlyn non credeva che vedere nel futuro fosse un bene.

Se avesse visto qualcosa che non le fosse piaciuto? Se avesse cercato di cambiare il futuro rendendolo peggiore? Non era saggio sapere quello che verrà, nessuno poteva avere il privilegio di conoscere il proprio futuro.

«No.» rispose dando le spalle ai cristalli.

Taliesin aprì gli occhi sorpreso. No? Come poteva quella ragazza sottrarsi al suo Destino in quel modo? Aveva un compito preciso, tutti si aspettavano che compiesse il suo Destino e salvasse tutte le creature magiche di Albion.

«Io ti ringrazio per avermi mostrato questo posto, ma non ritengo sia saggio vedere cose c’è nel mio futuro.» spiegò addolcendo lo sguardo, sperando che l’uomo non si offendesse «Se qualcosa deve accadere, Taliesin, accadrà anche senza che io lo veda. Se è vero che il mio Destino è segnato saprò trovare la strada da sola e compierlo.» aggiunse sentendo il cuore farsi pesante. La curiosità la stava uccidendo, voleva veramente scoprire qualcosa sul suo avvenire.

Taliesin annuì «Sei molto saggia, Emrys.» disse prima di afferrarle una mano e Merlyn sentì nuovamente il vento, la nausea e quando aprì gli occhi era nuovamente nella foresta di Merendra.

Come l’aveva chiamata Taliesin?

Gwaine posò una mano sulla spalla di Balinor «Ho sempre creduto che Uther fosse un bastardo.» disse come per consolarlo. L’uomo aveva raccontato ai quattro ragazzi la sua fuga da Camelot, di come un tempo fosse stato un Lord e uno dei consiglieri più fidati di Uther. Spiegò loro l’inizio della Grande Epurazione, di come lo avesse ingannato per catturare l’ultimo drago rimasto in vita e di come fosse stato al sicuro per un paio di anni ad Ealdor, dandogli il tempo di innamorarsi di Hunith prima di apprendere che Uther non avesse posto fine alla sua caccia.

Arthur sentiva di poter vomitare per come si stesse sentendo male, suo padre aveva portato dolore a troppe persone, aveva privato un uomo di vivere in pace al di fuori di Camelot, dove non vigeva nessun banno sulla magia. Aveva privato Merlyn di un padre e Arthur non poteva immaginare una persona che lo meritasse di meno.

Merlyn era dolce, carismatica, a tratti irritante, ma il principe sapeva che se mai fosse finito in pericolo avrebbe affidato completamente la sua vita nelle mani della maga.

Non era la magia ad essere corrotta, gli stregoni non erano malvagi, l’unico male su quella Terra era Uther Pendragon con la sua ignoranza e il suo odio smisurato.

«Quindi senza la magia il Principe Arthur non esisterebbe?» domandò Parsifal dubbioso, incapace di capire come Uther avesse potuto sacrificare la vita della moglie per avere un erede. Sicuramente avrebbe potuto usare qualche nipote, se non ricordava male la Regina Ygraine aveva due fratelli.

Balinor annuì «Spero che quel bambino sappia la verità, un giorno.» commentò stancamente. Le leggende lo dicevano chiaramente, Arthur Pendragon era destinato a riunire Albion e far tornare la magia.

«Tu lo hai mai incontrato il principe?» domandò Gwaine all’unico gladiatore proveniente da Camelot.

Arthur scosse la testa «No, mai visto.» disse con voce roca, come se avesse paura che la sua voce potesse tradirlo.

«I tuoi genitori erano fanatici della Corona e ti hanno chiamato come il principe?» scherzò nuovamente Gwaine dandogli un’amichevole spallata.

Il principe riuscì a far uscire una risata lieve, chiaramente nervosa «Molti bambini sono stati chiamati come lui, nel corso degli anni.» rispose imbarazzandosi. Aveva sempre sentito una specie d’onore nel sapere che alcuni bambini fossero stati chiamati come lui per fargli omaggio, voleva essere un esempio positivo, ma ormai era tutto finito.

Come poteva rivelare la sua vera identità a quel gruppo che sembrava chiaramente odiare a pelle suo padre? Era già un miracolo che non ci fossero arrivati da soli, per la miseria.

La loro conversazione venne interrotta dal ritorno di Merlyn. Arthur sentì come se potesse tornare a respirare normalmente. Chissà se anche lei lo avrebbe odiato scoprendo la sua identità. La fanciulla era così buona, era riuscita perfino a perdonare Valiant di tutte le sue avances prepotenti ed indesiderate.

«Non c’è motivo per portare rancore, non quando la vita ha ancora così tanto da offrire.» gli aveva detto una sera, quando le aveva chiesto perché non fosse furente con la guardia che continuava a metterle le mani addosso. Arthur l’aveva guardata sbalordito, non riuscendo ad impedirsi di pensare che sarebbe stata un’ottima Regina per Camelot. Il suo Regno per troppo tempo aveva conosciuto solo la paura, la rabbia ed il rancore di Uther. Ma ora era troppo tardi, Arthur aveva deciso che non avrebbe fatto ritorno a casa sua.

«Stai bene?» le chiese Lancelot, premuroso e cavaliere come sempre, prendendole una mano per invitarla a sedersi sul letto.

Merlyn annuì, sorridendo sia con le labbra che con gli occhi «Sì, amici miei, sto bene.» rispose serenamente, soddisfatta di sé stessa e per come aveva resistito alla curiosità di guardare nei cristalli.

Balinor abbracciò la figlia «Vogliamo incamminarci?» le domandò premurosamente, sperando che non fosse più arrabbiata con lui.

«Va bene, ma vi avverto, alla prima litigata vi cucio la bocca a tutti.» minacciò con tono serio, anche se Parsifal dubitava fortemente che la ragazza potesse essere così meschina con loro.

Raccolsero i loro averi, riempirono delle borracce di pelle con l’acqua del fiume e partirono, il Sole di mezzogiorno ad illuminare il loro cammino.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Capitolo sei

 

 

«Voi aspettate qui, padre, prima devo parlare con madre, prepararla psicologicamente al vostro incontro.» disse Merlyn quando arrivarono ad Ealdor, potevano vedere i cittadini lavorare nei loro orticelli e lavare il bucato vicino al pozzo.

Non le sembrava vero di essere finalmente a casa, le sembrava un sogno. Non che amasse particolarmente i suoi abitanti, ma c’erano sua madre e Will.

«Voi venite con me, così vi presento subito.» aggiunse verso i quattro gladiatori.

Merlyn camminò sentendo il cuore batterle nelle orecchie per quanto era emozionata. Finalmente dopo un anno era a casa, poteva abbracciare le persone a lei care. Si girò verso il limitare del bosco dove Balinor era rimasto, obbedendo alla figlia, fidandosi ciecamente di lei.

«Sembra incantevole, qui.» commentò Gwaine indicando a Parifal la radura piena di fiori.

I contadini si fermarono, attirati dall’arrivo di quegli sconosciuti, ma riconobbero Merlyn all’istante dando via ad una serie di borbottii. Arthur non amava chi borbottava, le cameriere del palazzo non facevano altro che borbottare raccontando chissà quale vile bugia su uno dei nobili.

La ragazza li guidò fino ad una piccola casa, la più vicina al confine, sembrava quasi nascosta dagli altri edifici. Si fermò davanti la porta di legno ed alzò il pugno, ma non trovò il coraggio di bussare. E se sua madre si fosse fatta una nuova vita senza di lei? Se fosse stata lei l’unica causa della sua solitudine e con lei fuori dai piedi finalmente qualche uomo rispettabile si fosse proposto a lei? Oh, aveva visto come Mattew la guardava, quella vecchia volpe.

«Non bussi?» domandò Lancelot guardandola preoccupato.

«Ho paura che non voglia vedermi.» ammise la ragazza mordendosi il labbro inferiore. Aveva tutte le ragioni per esserlo, no? In un anno non aveva mai scritto alla povera donna, doveva averla fatta penare molto.

Arthur sbuffò «Scommetto quello che volete che appena tua madre ti vedrà scoppierà a piangere dalla felicità.» disse desiderando di poter essere sicuro in questo modo anche su suo padre. Il principe poteva immaginarsela la scena, se fosse tornato a casa suo padre lo avrebbe abbracciato solo per un secondo, ringraziato Dio per avere ancora un erede e lo avrebbe mandato dritto ad allenarsi con i suoi cavalieri. Non una lacrima.

Merlyn rimase immobile e Gwaine si prese la libertà di bussare al posto suo.

La porta si aprì rivelando una graziosa donna che non poteva avere più di trentacinque anni, segno che avesse dovuto avere Merlyn in giovane età. Aveva gli stessi occhi della ragazza, ma i capelli nascosti da un foulard verde erano di un castano chiaro, lasciando immaginare ai gladiatori che quelli li avesse ereditati da Balinor.

Come Arthur aveva predetto gli occhi della donna si riempirono di lacrime e strinse la figlia in un abbraccio che visto da fuori sembrava soffocante. La maga iniziò a piangere a sua volta stringendo compulsivamente le vesti della madre, contenta di essere nuovamente a casa.

Le due donne si staccarono e Hunith prese dolcemente il viso di Merlyn tra le mani «Credevo ti fosse successo qualcosa.» le disse con voce rotta d’emozione.

Merlyn annuì «Oh, madre, è stato un lungo anno lontano da casa.» ammise sentendo finalmente tutta quella tensione accumulata fin dal suo arrivo nella capitale fino a quel momento sparire. Era di nuovo al sicuro, era al sicuro e con dei nuovi amici.

«Merlyn!» alle loro spalle videro un ragazzo correre verso di loro agitando le braccia in modo ridicolo. La maga saltò sugli attenti e rise, facendo capire ai gladiatori che non stavano per affrontare una minaccia.

Will prese la fanciulla per la vita e la sollevò da terra facendola girare in aria e facendola ridere. Arthur si sforzò a non arrossire di gelosia, era ovvio che qualcuno la stesse aspettando a casa. Gwaine spostò lo sguardo infastidito, gli bastava vederla con Arthur, non c’era bisogno di aggiungere un nuovo pretendente al cuore della ragazza.

«Non una lettera in dodici mesi, Merlyn!» la sgridò il ragazzo posandola a terra, sembrava veramente furente ora che l’emozione del loro ritrovamento era scemato via.

«Forse è meglio se entriamo in casa, è una lunga storia.» disse la fanciulla guardando le due persone più importanti della sua vita.

Hunith annuì e fece spazio per far entrare i suoi ospiti «Su, entrate, non mordo.» sorrise verso i quattro gladiatori che non avevano ben capito se fossero stati invitati o meno.

«Grazie, my Lady.» Arthur fece un leggero inchino, cercando di conquistarsi la simpatia della donna.

La madre di Merlyn arrossì «Non sono una Lady, chiamatemi Hunith.» disse e agli uomini sembrò di sentire Merlyn stessa, erano le stesse parole che la donzella aveva usato in quella piccola infermeria nell’arena. Essere modesti era di famiglia.

Hunith corse fuori dalla sua piccola casa sentendo il respiro mancarle. Sua figlia non poteva averle mentito, la conosceva troppo bene.

Merlyn aveva ritrovato il suo Balinor, lo aveva riportato da lei. Per un attimo si dimenticò completamente che sua figlia avesse sofferto per lunghi mesi come una schiava in quell’arena. Doveva vederlo con i suoi occhi, doveva assicurarsi che fosse lui.

Attraversò il villaggio e attraversò la staccionata che lo limitava, quasi inciampò correndo verso la foresta dove Merlyn le aveva detto Balinor stesse aspettando. Lo vide, seduto contro un albero mentre intagliava del legno.

Era come lo ricordava, solamente con qualche capello bianco in più e gli occhi scavati dalla tristezza.

«Balinor.» lo chiamò sentendosi il cuore in gola.

L’uomo si girò verso di lei e si alzò in piedi, non fidandosi ad usare la voce, temendo che uscisse acuta.

«Balinor.» chiamò nuovamente la donna avvicinandosi all’uomo. Gli prese il volto tra le mani ignorando il pizzicore della barba, ignorando l’odore proveniente dai suoi vecchi vestiti. Lo guardò negli occhi leggendoci dentro. Hunith era sicura che i suoi sentimenti non fossero mai spariti, per anni aveva atteso il suo ritorno pregando che non avesse smesso di amarla.

«Sei bellissima.» riuscì a sussurrare l’eremita mentre con una mano tremante le accarezzava la guancia «Bella come il giorno in cui ti ho lasciata.» aggiunse facendo scendere lacrime che aveva trattenuto fin da quando aveva saputo che avrebbe rivisto l’amore della sua vita.

Hunith lo abbracciò «Oh, Balinor, non ho mai voluto tenerti all’oscuro di nostra figlia.» disse sentendosi tremendamente in colpa per non averlo mai cercato per dargli la notizia. Aveva saputo fin da subito che anche volendo il suo amato non si sarebbe fatto trovare, non quando pensava di metterla a rischio.

L’uomo scosse la testa «Hai fatto la scelta giusta, mia diletta.» rispose afferrandole dolcemente il mento «L’importante è che ora siamo di nuovo insieme, come una famiglia.» sussurrò amorevolmente prima di catturare le labbra della donna in un bacio casto che sapeva di felicità.

Hunith sorrise e gli prese la mano «Andiamo, nostra figlia ci aspetta.» gli disse iniziando a condurlo verso la loro casa. Era un nuovo inizio.

Will guardò i quattro uomini arricciando il naso infastidito, non gli piaceva l’idea che quei bruti avessero viaggiato con la sua migliore amica e che avessero deciso di piazzarsi ad Ealdor. Non gliela raccontavano giusta, soprattutto quello con i capelli lunghi che non faceva che guardare Merlyn mentre ravvivava il fuoco nel camino.

«Potremmo andare alla taverna e berci qualcosa.» propose alla ragazza, finalmente aveva l’età giusta per bere della birra. Era da un po’ che non ci andava lui stesso, da solo non era divertente e solitamente era Merlyn a riportarlo a casa sano e salvo.

La ragazza si pulì le mani sul vestito che sua madre le aveva prestato. Oltre quello che aveva strappato per rivelare i pantaloni, l’altro unico vestito era rimasto nell’arena, nell’armadio della sua stanza. Amava i pantaloni, li aveva sempre indossati per svolgere i suoi lavori nel campo, ma nel suo tempo libero preferiva i lunghi abiti. Amava il modo in cui la stoffa volava per aria mentre girava su sé stessa.

«Certo, il tempo di sistemare i miei amici e andiamo.» rispose iniziando a raccogliere delle coperte per creare i letti dei gladiatori. Casa sua era piccola, l’unica stanza da letto era della madre e ora la divideva con il padre, mentre Merlyn aveva sempre dormito sul pavimento nella stanza principale, vicino al camino per non morire di freddo.

Will sbuffò «Sicura che sia un bene farli dormire qui?» domandò come se gli uomini non potessero sentirlo.

La ragazza sbatté le ciglia confusa «E dove altrimenti?» chiese ben sapendo che nessuno dei loro vicini avrebbero accettato degli sconosciuti nelle loro case.

«Possono dormire nel mio fienile.» propose volendo mettere qualche iarda di distanza tra la sua migliore amica e quelle bestie.

Gwaine si alzò in piedi «Per quanto sia gentile la tua preoccupazione, William, vorrei saperne di più sulla taverna.» s’intromise ammiccando desideroso di sentire nuovamente il liquore scendergli giù per la gola. L’ultima volta che aveva bevuto era stato al compleanno di Merlyn, troppo tempo fa.

Merlyn arrossì «Oh, certo, che maleducata.» borbottò imbarazzata per essersi dimenticata le buone maniere «Volete unirvi a noi?» domandò indicando con un dito sé stessa e Will. Almeno avrebbero cambiato argomento, Merlyn non avrebbe lasciato i suoi amici dormire nel fienile insieme a delle mucche e cavalli.

Tutti annuirono, avevano veramente bisogno di rilassarsi un poco. Era stato un lungo anno per tutti e una birra se la meritavano.

Merlyn sorrise dolcemente «Bene, avverto madre e andiamo.» disse prima di scomparire nell’altra stanza per parlare con i genitori.

«Voi non mi piacete.» disse Will una volta soli «E farò di tutto per sbarazzarmi di voi.» aggiunse cercando di sembrare minaccioso.

Arthur trattenne a stento una risata, mentre Lancelot gli dava una gomitata e Parsifal tratteneva Gwaine dall’andare a dargli un pugno.

«Merlyn è mia.» disse facendo irrigidire Arthur. Non gli piaceva quel ragazzino, sembrava troppo possessivo nei confronti della ragazza e non era nemmeno il suo fidanzato! Dov’era stato per tutto quel tempo mentre Merlyn rischiava la sua vita nell’arena? Non aveva provato nemmeno ad andarla a cercare, altrimenti avrebbe saputo dove avevano tutti loro passato gli ultimi mesi.

Nessuno fece in tempo a rispondere che la fanciulla tornò nella stanza «Possiamo andare.» annunciò prendendo uno scialle per coprirsi le spalle, tirava un leggero vento all’esterno.

Uscirono dalla piccola casa e si incamminarono lungo la via principale, arrivando a quella che non sembrava minimamente una taverna, almeno per Gwaine che era abituato a ben altro. Arthur arricciò il naso, non somigliava nemmeno lontanamente al The Rising Sun.

Entrarono venendo accolti da un dolce torpore e il tipico odore di birra e sudore. Al centro della sala c’era un grande fuoco e Lancelot si chiese se fosse sicuro prima di notare un oculo per permettere al fumo di uscire.

C’erano molti giovani, coetanei di Merlyn e Will, più qualche anziano solo che si consolava della solitudine con un boccale stracolmo di birra.

La ragazza si sfilò lo scialle dalle spalle e lo legò alla vita. Si guardò intorno mordendosi il labbro, non le era mai piaciuto andare alla taverna, ma Will aveva tanto insistito in passato per andare insieme ed era quasi diventata una tradizione per lei accompagnarlo e fare in modo che tornasse tutto intero alla sua dimora.

«Voi trovate un posto per sederci, io andrò a prendere da bere.» disse la ragazza lasciando nuovamente i cinque ragazzi da soli, che in un attimo cambiarono espressione, guardandosi come cani pronti ad attaccare. Era ovvio che non sarebbero mai stati amici, Will aveva già giudicato tutti loro e avrebbe cercato di far allontanare Merlyn.

La maga si posò al bancone sorridendo alla signora Maud «Piacevole serata, vero?» domandò per fare un po’ di conversazione, ma la donna sbuffò infastidita «Cosa vuoi, Merlyn?» come poteva una persona far sembrare il suo nome un insulto?

La fanciulla arrossì, ricordandosi che non era come all’arena dove tutti le volevano bene, era già tanto ricevere una parola dagli abitanti del posto, fare conversazione era impossibile.

«Scommetto nessun alcolico per te.» la voce acuta e fastidiosa di Petronilla arrivò al suo lato destro.

«Non vorrai certo mettere a rischio il tuo bambino.» si aggiunse Bertrada bloccandola a sinistra.

Petronilla e Bertrada erano le altre uniche due ragazze ad avere la stessa età. Sua madre da bambina l’aveva spinta più volte ad andare a giocare con loro, ma Merlyn finiva sempre con il viso nel fango a causa loro. La odiavano senza un apparente motivo se non per quello di essere nata.

Rabbrividì ricordandosi di quando Petronilla le aveva tagliato i capelli con il coltellino del padre ed era andata vantandosene con gli altri bambini, solamente per dopo venir chiamata una bugiarda perché Merlyn era riuscita a farsi ricrescere i capelli nel giro di pochi secondi grazie alla magia. Da quel giorno la ragazza sembrava aver preso a cuore la missione di smascherare la sua vera natura.

Merlyn sorrise cercando di essere sempre gentile, come le aveva insegnato Hunith «Di cosa parlate?» domandò cortesemente lanciando un’occhiata alla sala per cercare i suoi amici. Se Will avesse visto le due ragazze vicino a lei si sarebbe avvicinato subito iniziando una lite e Merlyn non voleva assolutamente spiegare ai suoi nuovi amici che non era esattamente molto amata in quel posto.

Bertrada rise di cuore, alla maga sembrò sentire un capretto appena nato, ma evitò di commentare per non rischiare una rissa come l’ultima volta. Si erano tirate i capelli in maniera piuttosto violenta e la ragazza sembrava ancora portarne i segni, se quella mancanza di capelli sopra le orecchie non era naturale.

«Sei proprio la figlia di tua madre.» ed ecco che Merlyn non riuscì a trattenere il sospiro esasperato.

Si girò dando le spalle alla signora Maud trovandosi faccia a faccia con il bullo del villaggio, un ragazzone alto quanto Parsifal e muscoloso per tutto il legno che aveva tagliato nella sua breve vita.

«Stammi alla larga, Ranulf.» disse cercando di sfuggire ai suoi tre tormentatori. Se c’erano delle persone che non le mancavano ad Ealdor, erano proprio quei tre. Sembravano aver stretto un patto di sangue per renderle la vita difficile, quanto era stata contenta quando sua madre le aveva detto del suo futuro a Camelot, l’idea di liberarsi da quei bulli le aveva dato la forza di andare avanti e non fargli prendere fuoco con un semplice gesto della mano.

Ranulf sputò a terra, prendendole quasi lo stivale, e afferrò brutalmente il suo gomito, tirandola contro il suo corpo «Dimmi, Merlyn, hai aperto le gambe per tutti e quattro?» domandò sussurrandole velenoso nell’orecchio «Non sai chi sarà il padre del tuo bastardo e li hai portati tutti per vedere a chi somiglierà di più quella feccia a cui darai la vita?» la strattonò nuovamente mentre Petronilla e Bertrada ridevano veramente divertite, amando il mondo in cui loro fratello stesse umiliando la ragazza.

La maga cercò di liberarsi muovendo bruscamente il braccio «Non è affar tuo.» rispose rifiutandosi di dargli la soddisfazione di vederla offesa. Potevano fare tutte le supposizioni che volevano, anche perché non ci sarebbe mai stato nessun bambino e la voce sarebbe morta nel giro di pochi mesi.

L’uomo la spinse indietro, facendola finire contro il bancone. Merlyn sibilò di dolore toccandosi un fianco, aveva preso lo spigolo e dannazione se faceva male. Rubò dalle mani di Maud la caraffa di birra e senza alcuna esitazione la ruppe sulla testa del bullo, bagnandolo completamente e facendo urlare spaventate le sorelle.

«Brutta bastarda!» urlò pieno di collera Ranulf allungando le mani per prenderle il collo, chiaramente intenzionato a strangolarla come aveva già fatto in passato. Merlyn reagì d’istino e posando le mani sul bancone si diede la forza per sollevare le gambe e piantare i piedi contro lo stomaco del suo avversario, mandandolo a terra preso di sorpresa. Prima che l’uomo avesse il tempo di rialzarsi Merlyn balzò sul bancone e saltò afferrando il candelabro da soffitto.

Volò praticamente sopra Ranulf e atterrò su un tavolo occupato dagli anziani che si alzarono spaventati. Si girò per vedere l’uomo fumare di rabbia, rosso in viso umiliato per essere stato preso alla sprovvista da una ragazza che non doveva essere nemmeno metà del suo peso.

Merlyn saltò al tavolo successivo facendo cadere altri boccali di birra, ricevendo urla di protesta. Stava per raggiungere un altro tavolo quando si sentì afferrare per la vita.

Scalciò cercando di colpire come meglio poteva lo stomaco di Ranulf, ma questa volta non funzionò. Si ritrovarono in strada e l’uomo la lasciò cadere a terra sul terriccio bagnato, sporcandole il vestito «Sei veramente un idiota!» urlò arrabbiata. Quello era il vestito di sua madre!

Vide chiaramente i vari clienti della taverna appostarsi alle finestre per guardare quello che stava accadendo e per la prima volta Merlyn si chiese dove diamine fosse Will quando aveva bisogno di lui. Solitamente il suo migliore amico risultava un ottimo diversivo per quando doveva usare la magia, così da dare loro il tempo di darsela a gambe. In due non avevano metà della forza di qualsiasi ragazzo di Ealdor (Will incolpava sempre il fatto di aver preso più dalla madre che dal padre).

Si slegò lo scialle dalla vita e lo tenne in mano, Merlyn aveva imparato una cosa o due durante la sua permanenza all’arena, aveva osservato i gladiatori allenarsi ed Alice le aveva prestato un libro per studiare le regole dei combattimenti, c’erano molte figure e Merlyn pensò che potesse tornarle utile.

Dalla taverna uscì un altro ragazzo, il migliore amico di Ranulf, un altro uomo con tanti muscoli e zero cervello di nome Osbert.

La ragazza sbuffò «Così non è giusto.» commentò vedendo la situazione farsi peggiore ogni minuto. Se aveva creduto di poterne battere uno, ora avrebbe dovuto ricredersi.

Ranulf si scrocchiò le dita ridendo, imitato dal suo buffone personale che era Osbert «Non chiami il padre del bambino?» le domandò facendo ridere Petronilla e Bertrada che si erano sedute sui barili vicino la porta.

«Come fa se non sa chi è?» si aggiunse Osbert guardandola malignamente, lo sguardo puntato sul suo ventre piatto e decisamente libero da qualsiasi forma di vita che non fosse il pollo che sua madre aveva preparato per cena.

Merlyn alzò gli occhi al cielo «Non ho bisogno di un uomo per difendermi.» disse stringendo lo scialle nella mano tanto da far diventare le nocche bianche. Era stanca di essere considerata debole per il suo sesso, non aveva bisogno di essere difesa, poteva cavarsela da sola.

Certo, le batteva sempre forte il cuore quando Arthur diventava protettivo, ma era anche consapevole che Merlyn poteva atterrare chiunque solamente facendo illuminare gli occhi e alzare una mano.

Doveva scegliere solamente uno dei due, doveva essere veloce e poi darsela a gambe sperando che i suoi amici se la cavassero da soli dopo essersi accorti della sua scomparsa. Nascose leggermente il viso con i capelli, celando i suoi occhi agli avversari e un fulmine squarciò il cielo distraendoli.

Merlyn fu veloce, saltò addosso ad Osbert – il più basso tra i due – e gli passò lo scialle davanti alla gola, stringendo per togliergli l’aria. Peccato che non andò come aveva creduto.

Di fatti Osbert se la scrollò di dosso facilmente, facendola finire nuovamente a terra e Ranulf le fu sopra in un attimo.

«Sei decisamente la figlia di tua madre, bastarda.» le sussurrò nell’orecchio mentre cercava di tirarle sopra la gonna. Merlyn era abituata a quel genere di minacce, essendo cresciuta senza un padre per proteggerla dai malintenzionati i ragazzi avevano preso a dirle che l’avrebbero violentata, rovinata per qualsiasi uomo rispettabile. Le avevano detto che avrebbe fatto la fine della madre e che nessuno le avrebbe creduto se avesse cercato di denunciarli, perché loro erano tutti figli di coppie sposate e incapace di atti talmente riprovevoli.

La ragazza alzò il ginocchio, proprio come aveva fatto con Arthur molti mesi prima, e Ranulf si scansò portandosi le mani sulla parte lesa, chiamandola per nomi poco consoni.

Merlyn si alzò in piedi e lo guardò mentre si contorceva a terra «Ma falla finita, Ranulf, non ho colpito un bel niente.» lo provocò giocando dove faceva più male agli uomini. Will le aveva raccontato di come fosse un argomento piuttosto sensibile per loro e Merlyn aveva riso, chiedendosi perché facessero a gara per chi ce lo avesse più grosso.

Petronilla e Bertrada smisero di ridere ed accorsero dal fratello che piagnucolava poco virilmente, si vedeva che non aveva mai ricevuto colpi in un posto così delicato e Merlyn non c’era andata decisamente leggera. Voleva fargli male.

Osbert la prese per la vita e la sollevò da terra, facendole scappare un piccolo urlo spaventato, nel godersi la sua piccola vittoria contro il bullo si era dimenticata dell’altro avversario.

«Portiamola nel bosco.» propose Ranulf alzandosi dolorosamente da terra, il viso sporco e rosso di dolore – o forse imbarazzo – dall’essere stato visto in quello stato dalle sorelle e chi alle finestre.

Merlyn sorrise, se si fossero allontanati abbastanza avrebbe potuto usare nuovamente la magia per far cadere qualche ramo sulle loro teste e stordirli. Sicuramente Petronilla e Bertrada non avrebbero mai avuto il coraggio di entrare nel bosco di notte, troppo spaventate anche dalla loro stessa ombra.

Osbert posò la fanciulla sopra la spalla, posandole con nonchalance una mano sulle natiche.

«Hey!» esclamò oltraggiata, non aveva bisogno di sentirsi le sue mani su parti private del suo corpo, Valiant le era bastato e avanzato per tutta una vita.

«Lasciala immediatamente!» l’urlo di Will attirò i due energumeni che scoppiarono a ridere.

«Cosa credi di fare, Will?» domandò Ranulf che trovava pietoso quel contadino che non sarebbe riuscito a spaccare un ceppo intero di legna nemmeno se ne valesse della sua stessa vita.

Merlyn e Will erano solamente due sciocchi che non riuscivano ad adattarsi alle regole del loro piccolo villaggio. Più volte erano stati avvertiti nel non farsi vedere alla taverna, ma quei due zucconi continuavano a creare problemi.

«Tutto sotto controllo, Will, puoi tornare dentro.» disse Merlyn cercando di scollarsi dalla spalla di Osbert e riuscire a vedere il suo migliore amico per assicurarlo che non avrebbe corso alcun rischio.

Osbert si mosse bruscamente, facendole perdere l’equilibrio e le schiaffò prepotentemente la mano sulle natiche, ridendo fragorosamente con Ranulf e le sue sorelle.

Merlyn arrossì furiosamente, come si permetteva quell’orco di trattarla in quel modo? Lei era una ragazza per bene!

«Lasciala andare, subito.» oh, fantastico, Merlyn si coprì il volto con le mani, rifiutandosi di riconoscere la voce di Arthur e la consapevolezza che molto probabilmente insieme a lui c’erano Lancelot, Gwaine e Parsifal.

«Altrimenti, straniero?» domandò Ranulf con tono di sfida.

Merlyn non poteva vedere nulla, era posizionata con il viso verso il bosco, ma sentì chiaramente il primo pugno venire sferrato. Come per magia si ritrovò con il fondoschiena per terra e Will al suo fianco che l’aiutava ad allontanarsi dalla rissa.

Era decisamente poco onesto un combattimento quattro contro due, soprattutto considerando che i suoi amici avevano combattuto per un anno per sopravvivere, ma in quel momento non si sentì in grado di fare la moralista e si tenne bel lontana dall’intervenire.

Guardò meravigliata Gwaine colpire la faccia di Ranulf mentre Parsifal lo teneva immobile bloccandogli le braccia e il collo. Rimase senza parole nella precisione usata da Arthur per slogare il polso di Osbert mentre Lancelot nobile come sempre cercava di contenere i danni invitando i ragazzi a lasciar perdere, dichiarando che i due ne avevano prese abbastanza per servire loro da lezione per il futuro.

Ranulf si pulì il labbro sanguinante con il dorso della mano «Tenetevi la vostra puttana!» urlò indicando Merlyn e la ragazza sbuffò all’offesa poco originale, non era mai carino venire definita in quel modo, ma con il tempo aveva costruito una corazza.

Arthur agì d’istinto, sganciando un ultimo pugno mandando a terra privo di sensi il ragazzo. Posò prepotentemente un piede sul torace di Ranulf, come per tenerlo a terra nonostante fosse svenuto «Il prossimo che si azzarderà a chiamare Merlyn in quel modo ne pagherà le conseguenze.» disse guardando tutti i presenti che erano usciti dalla taverna per osservare la rissa.

Petronilla pianse disperata inginocchiandosi accanto al fratello «È sempre colpa tua, bastarda!» l’accusò mentre cercava di far rinvenire Ranulf dandogli piccoli schiaffi sulla guancia.

Merlyn si arrabbiò, desiderò tanto schiaffeggiare Petronilla, ma non voleva abbassarsi al suo livello.

Il tempo cambiò improvvisamente, i fulmini illuminarono il cielo e i tuoni spezzarono il silenzio. Nel giro di pochi secondi una fitta pioggia cadde su Ealdor facendo spaventare gli abitanti, i quali corsero al riparo all’interno della taverna, trascinando Ranulf, lasciando per strada solamente quello strano gruppo.

Arthur guardò il cielo, meravigliandosi dei poteri della ragazza, era chiaro che quella pioggia rispecchiasse l’umore della loro amica. Fino a quel momento l’aveva vista usare la magia solamente per fare del bene, ma quello che cos’era?

Certamente non stava facendo nel male a nessuno, ma era pericoloso.

Merlyn si alzò da terra, lo sguardo duro, arrabbiata per essere stata umiliata in quel modo. Non voleva che gli altri sapessero, non voleva che scoprissero quanto in realtà fosse brutta la sua vita con le continue prese in giro, gli insulti, le minacce.

«Andiamo a casa.» ordinò raccogliendo da terra lo scialle sporco. Senza aspettare una risposta si incamminò verso casa sua, dando per scontato che i ragazzi la stessero seguendo. Il tempo sembrava solo peggiorare e alle sue spalle Arthur dovette sforzarsi con tutta la sua buona volontà a non osservare quanto il vestito si stesse aderendo alle forme della ragazza.

Arrivarono alla porta, ma non entrarono.

«Sono arrabbiata con voi.» disse incrociando le braccia al petto, i lunghi capelli neri appiccicati al viso rosso.

Lancelot si scusò immediatamente, come era solito fare. Gwaine guardò le punte dei suoi stivali sentendosi un bambino rimproverato dalla madre, Parsifal arrossì di vergogna in quanto mai nessuna donna aveva portato collera nei suoi confronti.

Arthur schioccò la lingua contro il palato «E perché, di grazia?» domandò facendo un passo avanti «Senza di noi chissà in quale guaio saresti finita.» aggiunse indicandole gli abiti sporchi, la mente ferma all’immagine di Ranulf sopra di lei mentre cercava di sollevarle la gonna.

«Io non ho bisogno di qualcuno che mi difenda! Me la cavo da sola!» urlò mentre un fulmine squarciava il cielo notturno «Siamo sempre state io e mia madre, non ho bisogno di un uomo!» aggiunse stringendo i pugni per la rabbia, controllandosi dal fare del male a quel pallone gonfiato di Arthur «Stava andando tutto bene, finché non siete intervenuti.» commentò aspramente distogliendo lo sguardo dagli occhi furiosi del biondo.

Non voleva litigare con loro, erano appena arrivati a casa, ma non voleva nemmeno dare l’impressione che potessero intromettersi nella sua vita. Sapeva com’era ad Ealdor, aveva imparato a sopravvivere e in più le bastava Will. Aveva acconsentito a farli rimanere perché non voleva essere scortese, voleva dare loro una casa, un posto da sentire loro e adeguarsi al suo villaggio.

Il principe espirò fortemente dalle narici, non capiva veramente quale fosse il problema di Merlyn. Qualsiasi donzella in pericolo sarebbe stata lusingata di essere stata salvata da dei cavalieri. Da principe, qualsiasi donna avrebbe pagato oro per essere salvata da lui, gettandosi ai suoi piedi cercando di conquistare il suo cuore.

«Allora, la prossima volta lasceremo che ti picchino fino a lasciarti in fin di vita.» disse con rabbia, Merlyn sussultò nel riconoscere il tono che l’uomo usava i primi mesi della sua permanenza nell’arena. Non voleva tornare a quei tempi, credeva di essersi fatta un buon amico.

«Sarà meglio.» disse con un filo di voce «Se volete vivere in pace qui, ad Ealdor, è meglio che non vi facciate vedere con me e mia madre.» aggiunse prima di entrare in casa, lasciando gli uomini all’esterno.

Will sospirò pesantemente «Venite, vi porto nel fienile.» disse facendo segno con la mano di seguirlo.

Arthur rimase in piedi davanti la porta «Io rimango qui.» annunciò riparandosi sotto la piccola tettoia. Non voleva allontanarsi con il timore che Ranulf ed Osbert tornassero per finire il loro lavoro. Conosceva quel tipo di uomini, non l’avrebbero mai lasciata in pace, soprattutto ora che gli aveva umiliati.

Gwaine tornò sui suoi passi, raggiungendo il biondo «Rimango anch’io.» disse sedendosi a terra.

Lancelot e Parsifal si scambiarono un’occhiata e silenziosamente andarono ad unirsi agli altri gladiatori.

Will spalancò gli occhi sbalordito, non si aspettava che quei quattro tenessero così tanto alla sua migliore amica. Nemmeno lui avrebbe passato una notte sotto la pioggia dopo aver litigato con lei, ma credette che l’esperienza nell’arena avesse creato un legame speciale tra quei ragazzi.

Abbassò le spalle sconfitto «Allora buonanotte.» li salutò prima di avviarsi a casa sua.

Forse quei forestieri non erano poi così male.

Merlyn indossò i pantaloni marroni e la tunica rossa. Si sciolse i doni nei capelli passandoci le dita attraverso poi li legò in cima alla testa con una fascetta di cuoio.

Prese un foulard dal cassettone e se lo legò in testa. Prese il cesto in vimini e lo posò vicino alla porta di casa. Si piegò per infilare gli stivali, fuori dalla finestra vedeva le prime luci dell’alba.

Preferiva andare a raccogliere i suoi ortaggi prima che gli altri si svegliassero, così da evitare spiacevoli incontri e poter risparmiare alla madre il viaggio e la fatica.

Aprì la porta senza riuscire a trattenere un verso di sorpresa quando ai suoi piedi si ritrovò Arthur addormentato.

Si guardò alle spalle assicurandosi di non aver svegliato i genitori.

«Arthur, svegliati.» chiamò abbassandosi vicino l’uomo il quale aprì gli occhi lentamente, un sorriso beato sulle labbra come se avesse sognato o visto qualcosa di piacevole.

«Merlyn.» non fu assolutamente la sua voce roca a far arrossire Merlyn. Non che avesse pensato qualche volta a come sarebbe stato svegliarsi con il biondo accanto. No, proprio no.

Recuperando quel poco pudore che le era rimasto si schiarì la gola «Spostati, mi stai bloccando il passaggio.» gli disse cercando di sembrare veramente annoiata, ma non riuscì a trattenere un piccolo sorriso alla consapevolezza che l’uomo avesse dormito fuori la sua porta nonostante il modo in cui l’avesse trattato.

«Dove vai a quest’ora?» le domandò alzandosi in piedi, la sua schiena gridava vendetta, non aveva mai dormito così male in tutta la sua vita. Iniziava a sentire la mancanza del suo letto a Camelot. Oh, come gli sarebbe piaciuto tornare ad accomodarsi sul materasso più morbido di tutti i cinque Regni.

Merlyn chiuse la porta alle sue spalle osservando meravigliata gli altri gladiatori ancora dormienti ai lati della porta. Cercò di non ridere vedendo Parsifal stringere in un abbraccio un totalmente rilassato Gwaine. Erano così carini insieme, poteva vederli come ottimi amici. Se Gwaine parlava senza sosta, Parsifal era un ottimo ascoltatore.

«Vado a raccogliere del tritico.» rispose iniziando a camminare, lentamente, forse ondeggiando un poco. Nella capitale aveva visto più donne muoversi in quel modo mentre cercavano di catturare l’attenzione di una determinata guardia, cercando di sedurla. Arrossì nel rendersi conto che stesse provando a sedurre Arthur, Dio, non poteva aver avuto idea peggiore.

Quell’uomo non faceva per niente a caso suo, era un totale idiota, credeva di avere sempre ragione e aveva un serio complesso da martire. Perché quando succedeva qualcosa si proponeva sempre per sacrificarsi per primo? Merlyn non l’avrebbe mai capito. Teneva in maniera assurda al suo onore, ma di cosa si preoccupava un contadino che di onore ne aveva ben poco?

«Ieri sei stata ingiusta, Merlyn.» le disse Arthur camminando al suo fianco, guardandosi intorno come se avesse paura di venire attaccato da un momento all’altro.

«Non credo proprio.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo. Non cambiava assolutamente idea su quanto accaduto. Se i suoi amici non fossero intervenuti se la sarebbe cavata egregiamente da sola, con la sua magia.

Arthur alzò gli occhi al cielo, quella donna era veramente difficile. Pensò a Gwen, sempre dolce e gentile, mai un tono scortese e con gli occhi che sembravano illuminare una stanza. Gli occhi di Merlyn sarebbero stati capace di incendiare tutta Camelot con quanta energia e determinazione bruciavano nelle sue iridi, forse stavano bruciando anche il suo cuore, ma Arthur non l’avrebbe mai ammesso.

«Avresti preferito andare nel bosco con quei due?» domandò indispettito, un sopracciglio inarcato. Non poteva credere che una ragazza dall’aspetto dolce e fragile come Merlyn potesse essere così mal trattata dai suoi coetanei. Ricordò con vergogna il modo con cui aveva trattato il suo servo prima di partire, lanciandoli contro coltelli mentre spostava il bersaglio.

«Me la sarei cavata, Arthur, non sono totalmente indifesa.» rispose sospirando leggermente esasperata. Non voleva più tornare sull’argomento, non doveva spiegazioni a nessuno. Non era abituata ad avere persone che si preoccupassero per lei in quel modo, i suoi nuovi amici erano tremendamente protettivi.

Merlyn entrò nel campo di tritico sorridendo, le era mancato camminare in quel posto, il tritico che le arrivava fino alla vita. Alle prime luci dell’alba era uno spettacolo mozzafiato.

Prese la falcinella dalla cesta e costatò infastidita che aveva dimenticato gli anelli per proteggere la mano sinistra dalla lama. Attaccò la cote alla cintura dei pantaloni.

«Puoi occuparti tu dei mannelli?» gli domandò guardandolo curiosa.

Arthur arrossì e distolse lo sguardo, borbottò qualcosa che Merlyn non riuscì a capire.

«Come, scusa?» chiese iniziando a mietere il tritico, dovevano sbrigarsi se non volevano incontrare altri ragazzi. Merlyn non desiderava per niente far conoscere ad Arthur i suoi altri bulli.

«Non so di cosa stai parlando, non ho mai raccolto qualsiasi cosa.» disse vergognandosi. Il suo compito crescendo era stato imparare a guidare un Regno, seguire i passi di suo padre ed essere un leader per i suoi cavalieri.

Merlyn lo guardò meravigliata «Credevo che prima dell’arena tu fossi un contadino.» disse continuando il suo lavoro. Non c’era problema, gli avrebbe insegnato tutto, se fosse voluto rimanere ad Ealdor avrebbe dovuto imparare a raccogliere il suo tritico.

Il principe aggrottò la fronte, dava veramente l’idea di essere un contadino? Lui era un principe, aveva sangue blu nelle vene.

«No, ero un…» non poteva dirle un cavaliere, conoscendo il suo nome sarebbe arrivata alla sua vera identità del giro di poco tempo.

La ragazza sorrise «Non devi dirmelo per forza, puoi avere i tuoi segreti.» lo rassicurò, lei aveva vissuto tutta la vita con un segreto più grande di lei. Non poteva giudicare Arthur se non avesse voluto dirle cosa faceva a Camelot, forse era un ladro e se ne vergognava.

Merlyn gli insegnò tutto quello che sapeva, facendogli vedere nei minimi dettagli come il lavoro andasse svolto. Gli insegnò qualche trucco che aveva appreso negli anni, osservando la faccia concentrata dell’uomo, sembrava veramente intenzionato ad imparare.

Finito il lavoro si incamminarono nuovamente verso casa, Arthur si impose di portare il tritico non volendo affaticare ulteriormente la fanciulla.

Si fermarono in una piccola radura, Merlyn lo trascinò per un braccio e si sederono sul manto erboso.

«Abbiamo ancora tempo.» disse iniziando a raccogliere dei fiori, sembrava una bambina e Arthur non riuscì a trattenersi dal sorridere. Si sdraiò a terra, guardando il cielo limpido con espressione beata.

Gli piaceva Ealdor, anche se erano già finiti nei guai con gli abitanti locali. Non riusciva a concepire come qualcuno potesse odiare la loro Merlyn, l’essere più gentile sulla faccia di Albion. Certo, all’inizio il loro rapporto era stato leggermente turbolento, ma a forza di stare con lei perfino il principe di Camelot aveva imparato un minimo di umiltà e ad ascoltare il prossimo.

All’arena tutti sembravano infatuati della giovane medico, per i primi mesi si era chiesto come qualcuno potesse essere attratto da quella ragazzina dalla lingua lunga e biforcuta, ma con il tempo aveva capito. Non c’era persona più leale di Merlyn, si cacciava nei guai con una cadenza giornaliera, non perdeva mai occasione per portare ai gladiatori della frutta, era nobile d’animo e non aveva mai approfittato della sua posizione di prestigio.

Incrociò le braccia dietro la testa, attendendo pazientemente che la fanciulla finisse qualsiasi cosa stesse facendo. Una volta aveva portato Gwen per un pic–nic nel bosco, ma era stato imbarazzante, pieno di silenzi ricchi di disagio e vergogna, ma in quel momento Arthur si sentiva serafico, tranquillo, sentire i piccoli movimenti di Merlyn gli davano tranquillità e non importava che stessero in silenzio.

Si chiese come stesse Morgana, la ragazza gli era sembrata molto turbata il giorno della sua partenza, gli aveva chiesto di rimandare o come minimo portare qualche cavaliere con lui, ma l’aveva ignorata, dando la colpa ai suoi sogni che nell’ultimo periodo l’avevano scossa più del necessario. Che Morgana avesse predetto il suo rapimento?

Scosse la testa, era impossibile prevedere il futuro, nessuno ne era capace, forse era il suo sesto senso. Arthur stesso ne aveva uno, riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che non andava.

Si volse a destra, osservando Merlyn seduta a gambe incrociate mentre intrecciava insieme i diversi fiori. Poteva vedere un piccolo pezzo di lingua uscire tra le labbra rosee, lo faceva sempre quando era concentrata.

Si alzò il vento, facendo sorridere la fanciulla, i lunghi capelli neri che volavano in ogni direzione. Il fazzoletto da collo si alzò andando a coprirle la parte inferiore del viso, facendola ridere. Sembrava che il vento stesse giocando con lei, alzando da terra i fiori che aveva raccolto. Arthur non aveva mai visto nulla di talmente bello in vita sua.

«Che Dio abbia pietà.» mormorò sentendosi completamente incantato da quella vista. Aveva studiato gli Dei greci con il suo tutore, sembrava racchiudere il lei le qualità delle Dee Ecate e Demetra, con la stessa bellezza che caratterizzava Afrodite.

Mai aveva pensato ad una donna paragonandola a delle Dee, la cosa lo spaventò. Lui non poteva innamorarsi di Merlyn, non poteva costruire una vita con lei, non quando un giorno sarebbe dovuto tornare a Camelot, poteva permettersi un anno o poco più prima di tornare al castello e riprendere la sua vita come Arthur Pendragon.

Ci aveva pensato a lungo, quella notte, prima di addormentarsi, di cosa sarebbe stato il suo futuro. Suo padre aveva portato per troppo tempo terrore e discordia sulle sue terre e Arthur avrebbe posto fine a tutto questo. Voleva un Regno giusto, che seguisse dei processi, che non discriminasse. Lo doveva al suo popolo, non voleva che ci fossero altre Merlyn, spaventate a morte di mostrare il suo potere, non ci sarebbero stati altri Balinor, costretti a fuggire dalla donna amata perché perseguitati.

Voleva una Camelot migliore e l’avrebbe costruita imparando a vivere prima in un piccolo villaggio, imparando cosa veramente i suoi sudditi volessero, cosa affliggeva loro.

Si ritrovò il viso della fanciulla a pochi centimetri dal suo, arrossì furiosamente e scattò a sedersi. Aveva voluto baciarla, prenderla per la vita e farla sdraiare vicino a lui e venerala come il più devoto degli amanti.

«Questa è per te.» disse la maga posandogli sulla testa una corona di fiori. Arthur non si oppose, rimanendo completamente immobile. Non era molto mascolino andare in giro con una corona di fiori, Morgana aveva provato più volte a mettergliene una in testa, ma era sempre scappato non volendo farsi vedere con dei fiori in testa da nessuno. Lui era un leader, doveva dare l’esempio ai suoi sudditi e cavalieri, non credeva che Uther avesse mai avuto una corona floreale da sfoggiare.

Merlyn ne posò una anche sopra la sua testa e Arthur rimase senza fiato per un secondo. Sbatté più volte le palpebre, cercando di darsi un contegno e non farsi vedere così affascinato dalla fanciulla.

«Andiamo, tra poco si sveglieranno tutti.» disse la maga alzandosi in piedi, prendendo le altre corone florali che aveva intrecciato molto velocemente. I due si incamminarono nuovamente verso casa e Arthur non si sentì a disagio mentre vedeva alcune persone affacciarsi alle finestre per spiarli. L’uomo aggrottò la fronte, anche a Camelot non era mai piacevole vedere un bastardo, ma certamente non veniva trattato in quel modo barbaro. Nessuno sapeva cosa avesse portato una donna ad avere un figlio fuori dal matrimonio, poteva essere vittima di violenza carnale, aver perso il senno dopo aver bevuto troppo ed essere finita a letto con qualcuno, o come Hunith aveva amato una persona che poi se n’era andata. A Camelot tutti venivano trattati con rispetto per quanto si poteva, non c’erano bulli come Ranulf ed Osbert.

«Merlyn, mio splendore!» Gwaine balzò in piedi appena vide i due amici tornare. Andò loro incontro, aiutando Arthur a portare il tritico anche se non ne aveva veramente bisogno.

«Buongiorno, Gwaine.» rispose la fanciulla sorridendo, un piccolo cenno rispettoso del capo.

«Hai messo subito a lavoro la principessa, eh?» domandò cercando di non ridere senza controllo per la corona di fiori che stava portando.

Arthur sbuffò, Gwaine aveva iniziato a chiamarlo in quel modo perché durante le prime settimane della sua permanenza nell’arena non aveva fatto che lamentarsi di ogni cosa. Il letto troppo duro, il freddo, il cibo scadente, le armi mal affilate, il medico impertinente.

Merlyn fu veloce a mettere una corona di fiori anche sopra la sua testa, adorando come i lunghi capelli di Gwaine ondeggiassero tra i petali.

La ragazza doveva ammetterlo: le piaceva molto la sua nuova vita.

Hunith guardò dalla finestra la figlia parlare con i quattro uomini, seduti per terra, mentre affilavano delle spade.

Non erano dei ragazzi portatori di guai, poteva vederlo chiaramente, in più sembravano avere tutti a cuore quell’uragano di sua figlia. Per anni si era preoccupata che Merlyn non riuscisse a trovare degli amici, aveva temuto molto per lei, essere cresciuti con così poco amore che non provenisse dalla madre era stato duro.

Venne distratta da un bacio sul collo, che la fece arrossire, distogliendola dalla sua contemplazione dei ragazzi «Balinor, contegno.» sgridò l’amore della sua vita senza però riuscire ad evitare di sorridere. Per anni aveva pregato nel suo ritorno ed ora che era tra le sue braccia non poteva chiedere altro.

«Non credi che quei quattro stiano troppo vicini a nostra figlia?» domandò guardando anche lui oltre la piccola finestra, storcendo leggermente il naso.

Hunith rise divertita dalla gelosia dell’uomo, non si sarebbe mai immaginato Balinor così preoccupato per la reputazione di una fanciulla, non quando lui stesso l’aveva ingravidata al di fuori del matrimonio.

«Oh, amore mio, non devi crucciarti. Merlyn sa cavarsela perfettamente da sola. Infondo è la figlia di suo padre.» rispose baciandolo sulle labbra.

L’uomo grugnì infastidito, ma decise di lasciar cadere l’argomento. Ma se uno di quei barbari avesse provato ad allungare le mani su sua figlia sarebbe andato a Camelot a liberare il Drago e lo avrebbe portato ad Ealdor per sbranarli tutti.

Will mostrò loro le tre case abbandonate, appartenute ad anziani morti senza aver lasciato la proprietà a nessuno. Certamente non potevano continuare ad abitare con Merlyn e Hunith, ma non credeva nemmeno meritassero di rimanere in un fienile.

«Non sono in ottimo stato, ma sono sicuro riuscirete a sistemarle come più vi piace.» disse indicando una tettoia piuttosto mal ridotta. Le tre case erano delle stesse dimensioni e sembravano avere tutte lo stesso problema.

«Qualcuno dovrà convivere, però.» aggiunse guardando i quattro coetanei osservare estasiati le loro nuove dimore, incapaci di realizzare che avevano finalmente una casa.

Gwaine batté una mano sul petto di Parsifal «Io e te potremmo vivere insieme.» disse sorridendo, non gli dispiaceva per niente l’idea di abitare insieme all’altro uomo. Parsifal rimase senza parole, arrossendo leggermente, ma annuì sorridendo alla prospettiva di vivere insieme a quel tipetto molto particolare.

L’uomo più basso trascinò quello più muscoloso in una delle tre case, scegliendo quella più verso l’esterno che dava una bella visuale sul campo di tritico.

Lancelot ringraziò Will e si avviò in quella sulla destra, lasciando ad Arthur quella al centro.

«Non è poi così male.» commentò Merlyn entrando con Arthur nella sua.

Il biondo sbuffò togliendosi la giacca marrone con cui era partito da Camelot molti mesi prima. Era l’unico capo di buona qualità che aveva con lui e che era riuscito a non farsi rubare dalle guardie dell’arena.

La ragazza toccò il tavolo impolverato «Questo potresti spostarlo vicino al muro, così sembrerà che c’è più spazio, magari vicino al camino, per mangiare al caldo in inverno.» suggerì spostandosi per tutta la casa, suggerendo i vari cambiamenti da fare ed Arthur sorrise, pensando che avrebbe fatto qualsiasi cosa la ragazza volesse.

Quella casa era grande come le sue stanze a Camelot, ma non si era mai sentito così a casa come in quel momento, in un piccolo spazio con una sorridente Merlyn.

Afferrò la scopa vicino alla porta, aveva visto Morris pulire il pavimento milioni di volte, sicuramente ne era capace anche lui, non ci voleva poi chissà quale grande abilità se addirittura quell’impiastro del suo servitore c’era riuscito e veniva pagato per farlo.

«Be’, allora ti lascio. Cercate di non scordarvi di me, ora che avete una casa tutta vostra.» scherzò Merlyn sull’uscio, decidendo che aveva invaso per abbastanza tempo lo spazio dell’uomo.

«Come se fosse possibile, Merlyn.» rispose il principe guardandola negli occhi, sicuro che non sarebbe riuscito a durare nemmeno una settimana senza vederla.

La maga rise un’ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando il cavaliere solo a sistemare la casa.

Arthur tirò su le maniche della sua tunica rossa, c’era molto da fare.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


Capitolo sette

 

 

Gwaine tirò in aria la mela prima di riprenderla agilmente tra le mani. Era seduto sotto un albero in compagnia di Lancelot e Parsifal, godendosi la leggera brezza che benediva quel giorno d’estate.

«Secondo voi Merlyn si sposerebbe mai con me?» domandò guardando la ragazza aiutare Arthur a chiudere delle crepe che flagellavano la facciata della sua casa.

La ragazza nonostante fosse andava a trovare tutti loro tutti i giorni sembrava aiutare unicamente il biondo, senza nemmeno usare la magia. Gwaine non aveva mai trovato talmente attraente una ragazza sporca di terra.

Parsifal espirò fortemente dal naso, mentre Lancelot sorrise amaramente per il povero amico innamorato «Forse non sei proprio il suo tipo.» suggerì dolcemente cercando di non suonare troppo brusco.

«Dite che preferisce i biondi, con occhi del suo stesso colore e che sembrano completamente incapaci a vestirsi per conto proprio al mattino?» commentò notando che Arthur aveva la tunica a rovescio. Veramente, come poteva quel babbeo essere talmente abile con una spada?

Lancelot annuì, chiaro come il Sole che Merlyn provasse un certo affetto per l’uomo nonostante l’inizio della loro conoscenza non fosse partita con il piede giusto. I due sembravano completamente fatti l’uno per l’altra, come due facce della stessa moneta.

«Forse dovresti corteggiarla, sai, come fanno gli uomini con intenzioni serie.» suggerì Parsifal rubandogli la mela dalle mani per dargli un grande morso.

Gwaine sbuffò incrociando le braccia al petto, come un bambino «Balinor mi ucciderebbe senza pensarci due volte.» commentò ricordandosi gli sguardi omicida dell’uomo ogniqualvolta si avvicinasse troppo alla sua adorata figlia.

Quei due erano entrati subito in sintonia, come se non fossero stati sconosciuti per sedici lunghi anni, più volte aveva visto loro sgattaiolare di notte nel bosco per praticare la magia, osservati da una dolcissima Hunith che sembrava avere tutto quello di cui aveva bisogno davanti gli occhi. Non importava quanto poveri fossero materialmente, quella famiglia era la più felice che Gwaine avesse visto, sicuramente nemmeno una famiglia reale o di nobili era ricca d’amore come la loro.

«Non credo.» disse Lancelot piegando le braccia dietro la testa, sdraiandosi sul manto erboso pronto a farsi un sonnellino «Hunith deve avergli detto che Merlyn non ha bisogno di un padre protettivo.» spiegò ricordandosi della chiacchierata che aveva avuto con la donna mentre la aiutava a raccogliere la legna.

Il castano imitò l’amico, sdraiandosi a sua volta, lasciando solamente Parsifal seduto con la schiena contro il tronco «Allora forse ci proverò.» borbottò prima di chiudere gli occhi, le risate di Merlyn in lontananza a fargli da ninna nanna.

Parsifal sorrise tristamente «Provare non fa mai male.» disse guardando Arthur lanciare un bicchiere di legno contro Merlyn per averlo sporcato.

Gwaine non aveva poi così tante possibilità di successo.

Petronilla tirò i capelli di Merlyn facendola sibilare di dolore. Si era nascosta dietro ad un albero, aspettando che passasse.

«Non hai i tuoi cavalieri con te, bastarda?» domandò guardandosi intorno per assicurarsi che non arrivasse nessuno degli uomini che aveva portato ad Ealdor. Non stava bene per una ragazza come lei trovarsi in un luogo appartato con l’altro sesso, non voleva certamente finire come Hunith o quella poco di buono di sua figlia.

Non importava che il padre della bastarda fosse tornato, era pur sempre stata concepita al di fuori del matrimonio e nulla avrebbe cambiato quel fatto.

Merlyn prese un profondo respiro, rincuorandosi che almeno non c’era Ranulf con lei per darle il tormento «No, stavo andando a lavarmi, sai, una cosa che si fa da soli.» rispose suonando annoiata. Era stanca di tutti quegli attacchi, se prima aveva fatto del suo meglio per ignorare gli altri ragazzi del villaggio ed essi a loro volta la evitavano, ora sembrava che la cercassero in ogni angolo per insultarla. Forse portare i suoi amici ad Ealdor non era stata una mossa così intelligente.

“Manca poco, Merlyn, un altro paio di mesi e andrai da zio Gaius a Camelot” si disse ricordandosi di come la madre avesse nuovamente insistito per una sua partenza alla volta della Capitale del regno di Uther Pendragon, nonostante le proteste di Balinor e dei suoi amici.

Petronilla alzò il mento, in gesto di superiorità «Cos’hai da nascondere? Ti avranno visto tutti nuda mentre aprivi le gambe per loro.» commentò scrutandola dall’alto al basso come se si trovasse davanti una meretrice.

La maga arrossì imbarazzata all’immagine che si era creata nella sua mente, cercò di scacciare la figura di Arthur sopra di lei con il fiato pesante mentre lei gli graffiava la schiena. No, non poteva permettersi di pensare a lui in quel modo.

Certamente era migliorato in quei mesi, aveva addirittura imparato a cucinare il porridge per sé stesso e si era costruito una balestra per andare a caccia, regalando metà delle sue conquiste ad Hunith.

«Petronilla, sei forse gelosa?» le domandò facendo un passo verso di lei «Vorresti che uno dei miei amici aprisse le tue, di gambe?» sibilò con fare maligno, vedendo l’altra ragazza perdere colore sul viso per tale insinuazione.

Lo schiaffo che le arrivò era parzialmente meritato, non avrebbe mai dovuto abbassarsi a quel livello. Si toccò la guancia lasciando cadere a terra i vestiti puliti che aveva portato da indossare dopo essersi lavata.

«Me la pagherai per questo.» promise prima di scappare verso il villaggio, lasciando la maga da sola e dispiaciuta per quello che aveva detto.

Si piegò raccogliendo nuovamente i suoi vestiti e si incamminò verso la sorgente d’acqua dove si sarebbe lavata. Era un posto abbastanza nascosto, nessuno sembrava averlo mai trovato.

Si spogliò dei suoi abiti ed entrò in acqua, rabbrividendo, ed iniziò a nuotare verso la grotta, dove si sarebbe rilassata lontana da occhi indiscreti. Con poche bracciate si ritrovò nell’oscurità della grotta, vedeva ben poco, ma non aveva paura.

Si immerse fin sopra la testa, bagnando completamente i capelli, si passò le mani sul viso mentre si spostava sempre più verso l’interno. Quando era più giovane ci andava in compagnia di Will, si tuffavano con i loro sott’abiti e giocavano spingendosi a vicenda sotto la superfice dell’acqua. Crescendo avevano smesso, capendo che non stava più bene nonostante si vedessero unicamente come amici se non fratelli.

La solitudine le aveva permesso di immergersi completamente priva di vestiti, sentendosi un tutt’uno con la natura.

Si fermò quando sentì nuovamente il terreno sotto i piedi, segno che stava arrivando alla fine della grotta. Alzò la mano e sentì gli occhi farsi più caldi, segno che stavano cambiando colore, e la grotta si riempì di farfalle blu. Le vide volare intorno a lei prima di proseguire a destra, rivelando con estrema vergogna che c’era un’altra persona con lei.

Si piegò istintivamente, portando le braccia a coprirsi il petto mentre alzava le ginocchia per nascondere le pudende, lasciando sopra il livello dell’acqua solamente il viso.

A sua volta l’uomo si porto le mani davanti al suo organo riproduttore, lasciando perdere il tentativo di scacciare via le farfalle che sembravano essere attratte da lui.

«Merlyn cosa ci fai qui?» domandò vergognandosi per essere stato trovato senza vestiti dalla maga.

La ragazza scostò lo sguardo, cercando di dimenticare la vista che aveva avuto pochi secondi prima. Lo aveva visto numerose volte senza la tunica mentre lo medicava, ma vederlo completamente privo di vestiti era tutt’altra cosa. Sentì improvvisamente caldo nonostante l’acqua fredda e temette che potesse iniziare a bollire per la quantità di calore che stava emettendo.

«Quello che stai facendo tu, logicamente.» rispose dandogli completamente le spalle, senza sapere che grazie alla luce delle farfalle l’uomo poteva vedere chiaramente la sua schiena bianca con qualche neo e le sue natiche.

Arthur si strinse maggiormente le mani contro gli attributi, cercando di non far notare come qualcosa in lui si fosse risvegliato a tale visione. Si stava facendo caldo in quella grotta, vero?

Il principe si obbligò a chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. Non era la prima donna nuda che vedeva, ricordò quasi con ribrezzo quando dei cavalieri più grandi di lui, per festeggiare la sua entrata nell’età adolescenziale lo avevano portato in un bordello poco fuori Camelot, dandogli l’anonimato, ma il ragazzo si era rifiutato, declinando gentilmente l’offerta dei suoi uomini. Lui non avrebbe condiviso il letto con una donna qualsiasi, Morgana gli aveva letto molti romanzi che parlavano de vero amore e lui aveva iniziato a crederci. Si sarebbe sposato solo per amore e per anni non aveva fatto altro che sabotare incontri con principesse e nobili di prestigio.

«Tu esci, rivestiti e torna a casa, io aspetterò per darti il tempo.» disse dandole a sua volta le spalle, non fidandosi alla tentazione di dare una sbirciatina. Era pur sempre un uomo fatto di carne e desiderio per la donna amata.

No. Arthur scosse la testa, lui non amava Merlyn.

Gwaine era innamorato di lei, non poteva infrangere i sogni d’amore del suo amico. Arthur non aveva mai avuto amici prima, nessuno che gli parlasse con sincerità, che apprezzasse veramente la sua compagnia senza sentirsi in dovere dato la sua posizione di principe.

No, non poteva spezzare il cuore di Gwaine.

«Non parleremo mai di questo incidente, vero?» domandò la fanciulla sentendo la sua magia arrivare alla superfice, non si fidava del suo autocontrollo in quel momento, avrebbe potuto involontariamente attirare Arthur a lei e sarebbe stato molto imbarazzante.

«Ovviamente, Merlyn.» rispose l’uomo sentendo la sua buona volontà venire meno. Non capitava tutti i giorni di essere soli, lontani da tutti.

Sentì chiaramente il rumore di Merlyn nuotare via, precedentemente aveva creduto in un pesce e non si era preoccupato, ma quando aveva visto le farfalle aveva capito immediatamente che insieme a lui c’era la maga. Sarebbe stato anche peggio se al suo posto ci fosse stato Balinor, l’uomo sembrava odiarlo con tutto il cuore.

Prese un altro profondo respiro, Gwaine doveva darsi una mossa o lui non avrebbe più resistito.

Ranulf bussò con prepotenza alla porta di casa di Hunith, dietro di lei una Petronilla piangente.

Mezzo villaggio era stato attirato dalle urla dell’uomo, curiosi di sapere cos’altro avesse combinato la figlia degenere di Hunith.

La porta venne aperta rivelando un uomo alto, una folta barba e lo sguardo minaccioso. Gli abitanti di Ealdor ancora non si erano abituati a Balinor, i più anziani ancora ricordavano come fosse arrivato all’improvviso dopo la Grande Epurazione e come fosse scomparso durante un controllo dei cavalieri di Camelot, mentre i più giovani lo trovavano semplicemente spaventoso.

«Dov’è quella poco di buono di Merlyn?!» domandò il ragazzo cercando di non farsi intimidire, nessuno si permetteva di far piangere sua sorella a quel modo, era semplicemente inammissibile, soprattutto da quella ragazzina.

Balinor si spostò rivelando la fanciulla seduta a tavola mentre lavorava a maglia («Voglio fare dei maglioni per i miei amici, l’inverno si avvicina e loro non hanno gli abiti adatti.») completamente indisturbata dal fatto che alla sua porta ci fosse Ranulf e Petronilla.

Hunith guarda preoccupata sua figlia e suo marito – i due si erano finalmente sposati con una piccola cerimonia intima, gli unici ospiti il pastore, loro figlia e i suoi amici – non credeva che avrebbero resistito tanto prima di usare la loro magia per fare qualche dispetto a quel bruto di Ranulf.

«Vieni fuori, bastarda.» la chiamò non osando oltrepassare la porta di casa, leggermente timoroso che l’uomo lo picchiasse all’interno senza lasciargli via di fuga.

Balinor espirò dalle narici, infastidito a dir poco dal comportamento di quell’idiota, ma ben consapevole che doveva lasciare sua figlia cavarsela da sola e non immischiarsi, come Hunith gli aveva fatto notare più volte se l’erano cavata benissimo sedici anni senza di lui.

Merlyn posò infastidita il maglione che stava confezionando per Gwaine – della lana tinta di verde grazie alla ginestra dei carbonai – e si avvicinò all’uscio guardando criticamente Petronilla che continuava a singhiozzare rumorosamente.

«Cosa vuoi, Ranulf?» domandò invitando il padre a rientrare in casa, lasciandola sola a risolvere i suoi problemi.

«Hai dato della poco di buono a mia sorella!» l’accusò indicando la ragazza che si struggeva sulla spalla di Bertrada in maniera penosa e scenica.

«Non sa difendersi da sola, tua sorella?» chiese alzando un sopracciglio, come le aveva insegnato lo zio Gaius. Veramente, non capiva come certe persone potessero lasciare il compito ad altri di combattere le loro battaglie.

Ranulf chiuse la mano in un pugno, pronto a colpire il viso della ragazza «Io sono suo fratello, mi occupo io di lei, e quando avrà un marito ci penserà lui.» disse scandendo ogni singola parola, come se stesse parlando con qualcuno con problemi d’udito.

Merlyn sbuffò infastidita, questo concetto di proprietà della donna era veramente fastidioso. Chissà se nel futuro le donne avrebbero avuto più diritti.

«Allora se è una questione tra uomini, credo che tu debba aspettare che io mi sposi così potrai vedertela con mio marito.» rispose prima di sbattergli la porta in faccia, soddisfatta dall’espressione infastidita che aveva colto sul viso di Ranulf prima di vedere solamente il legno della porta.

Si girò verso il padre «Cosa?» domandò vedendolo sorridere con gli occhi lucidi.

Balinor si avvicinò, posando le mani sulle sue spalle «Dio, Merlyn, sei proprio mia figlia.» disse prima di scoppiare a ridere, orgoglioso di come la sua erede se la fosse cavata senza nemmeno alzare un dito. Con i ragazzi come Ranulf bastava usare la logica ed avere una buona padronanza delle parole per farli sembrare dei completi idioti.

Merlyn sorrise a sua volta, felice di aver dimostrato al padre di sapersela cavare egregiamente e che non doveva temere se da lì a poco sarebbe partita da sola per Camelot.

Tornarono a sedersi a tavola, Merlyn riprese il suo maglione mentre Balinor continuò ad intagliare il pezzo di legno che stava prendendo la forma di uno stemma.

Hunith rimase sulla porta della loro camera da letto, guardò con amore le due persone più importanti della sua vita, felice come non mai in vita sua.

Lancelot non era uno sciocco, notava anche i più piccoli dettagli.

Aveva notato fin da subito i poteri di Merlyn; aveva osservato Gwaine apprendendo un passato da nobile, il suo portamento la diceva lunga; aveva capito il segreto che Parsifal nascondeva con i suoi silenzi e gli sguardi frettolosi, ma soprattutto sapeva che era in compagnia del Principe Arthur Pendragon.

Non era stato difficile capirlo, le sue pretese, i comportamenti, il disgusto con cui guardava le celle e le lamentele sulla mancanza di un materasso. Poi lo aveva visto combattere, il modo con cui maneggiava la spada era sublime, solamente un uomo abile allenato fin da bambino poteva arrivare a tali livelli e forse lo aiutò anche il fatto che lui, in passato, lo aveva visto il principe di Camelot.

Lancelot aveva deciso di rimanere in silenzio, non volendo creare problemi nell’arena, voleva evitare che Cenred lo uccidesse. Aveva creduto che dopo la loro fuga sarebbe tornato a casa, ai suoi doveri, ma lo aveva visto sollevare Merlyn da terra e metterla a cavallo con lui, pronto a seguire tutti loro ad Ealdor.

Non sapeva esattamente cosa gli passasse per la testa, non poteva giudicare, forse anche lui avrebbe preferito rinunciare al trono per avere una vita normale, ma Lancelot credeva che la ragione principale fosse una certa maga dai capelli corvini.

L’amore faceva fare pazzie, sua madre glielo aveva detto quando era piccolo, e lui fino a quel momento non ci aveva creduto.

Si asciugò la fronte con la manica della tunica, lasciando cadere a terra l’accetta con cui stava tagliando la legna. Il caldo Sole di mezzogiorno brillava in cielo.

Si guardò intorno, sorridendo arreso nel vedere Gwaine ancora sdraiato sotto l’albero mentre Parsifal affilava una spada.

I quattro uomini erano riusciti a comprarsi a testa una spada, ad un prezzo stracciato da Will, e ogni mattina si allenavano. Merlyn aveva detto loro che spesso il villaggio veniva preso di mira da dei banditi, rubando loro i raccolti, e gli uomini non volevano farsi trovare fuori allenamento nel caso si finisse per combattere. Avrebbero difeso tutti i cittadini di Ealdor.

Arthur era davanti a casa sua, seduto sopra un ceppo, lo sguardo perso verso l’orizzonte. Non sembrava molto triste della sua vita, ma c’erano volte in cui Lancelot sapeva gli mancasse casa sua.

Si avvicinò al biondo, sedendosi a terra vicino a lui, guardando a sua volta i campi di tritico dove alcune ragazze stavano mietendo. Merlyn non c’era, continuava a preferire le ore prima dell’alba per quel lavoro.

«A cosa pensi?» gli domandò.

Arthur sospirò pesantemente «A casa mia.» rispose a voce bassa.

«Ti manca?» chiese strappando da terra un filo d’erba.

«No.» rispose Arthur sorprendendo Lancelot «Non mi manca, ma avevo delle responsabilità lì.» aggiunse sentendosi un groppo in gola.

Il castano annuì, sapendo perfettamente a quali responsabilità si stesse riferendo. Potevi togliere un principe dal suo Regno, ma non potevi togliere il Regno ed i suoi cittadini dal suo cuore.

«Ci sono notti in cui penso di tornarci.» iniziò Arthur sedendosi con la schiena dritta «Ma poi alle prime luce dell’alba arriva Merlyn e io mi dimentico di qualsiasi cosa.» ammise frustrato passandosi una mano tra i capelli. Non voleva innamorarsi di Merlyn, ma ogni giorno, quando lei bussava alla sua porta per farsi accompagnare al campo di tritico, il suo cuore batteva così forse e le sue gote si arrossavano pensando che tra tutti loro lei avesse scelto lui.

Per la prima volta in vita sua non era stato scelto da una fanciulla per il suo titolo, nessuno sapeva che in realtà lui fosse un principe, Merlyn non lo aveva mai trattato con rispetto, non aveva mai esitato a chiamarlo un idiota o testa di fagiolo, aveva imparato a conoscerlo per come lui era veramente. Se avesse saputo la verità, Arthur non poteva permettere di vedere lo sguardo deluso della maga, la consapevolezza che suo padre era colui che dava la caccia a qualsiasi persona con il suo stesso dono.

«Ne sei innamorato.» constatò Lancelot che aveva capito anche quella cosa tempo addietro.

«Sì.» ammise finalmente Arthur a sé stesso e all’amico «Ma Gwaine se ne è innamorato prima di me.» aggiunse guardando verso l’uomo addormentato.

Lancelot arricciò il naso, non sapendo realmente cosa dire, capiva che Arthur non volesse ferire il suo amico, ma era chiaro che Merlyn non provasse per Gwaine nulla che non andasse oltre l’amicizia profonda, quasi come fossero fratelli.

«Forse dovreste parlarne, voi due, capire cosa fare.» suggerì alzandosi in piedi, i suoi ceppi di legno che lo aspettavano.

Arthur annuì, dovevano decisamente parlare.

Hunith si asciugò le mani sul grembiule marrone, girandosi a guardare la figlia che stava riposando con un libro in mano seduta a terra. Aveva completato tutti i suoi doveri della giornata e Balinor era uscito per andare in escursione nella foresta, sentendo la mancanza della natura dopo anni di solitudine in quella grotta.

La donna prese una delle sedie di legno e si sedé davanti alla figlia, un dolce sorriso sul viso e un importante discorso da fare. Non se lo era aspettato, non aveva creduto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe dovuto fare quella chiacchierata con la figlia. Per anni aveva temuto che a causa del suo dono non avrebbe mai trovato l’amore, ma da quando era tornata a casa aveva osservato i quattro ragazzi, studiandoli attentamente cercando di capire quali fossero le loro intenzioni, e aveva appreso che erano tutti dei ragazzi per bene e che accettavano veramente sua figlia per quella che era. Soprattutto una determinata persona.

«Merlyn, posa il libro, per favore.» chiese gentilmente e la figlia chiuse il libro di medicina che Gaius le aveva regalato molti anni prima.

Hunith sorrise e non resistette all’allungare una mano per accarezzare il viso della ragazza, come se vedesse per la prima volta che bella donna fosse diventata. Le sembrava solamente ieri che si nascondeva dietro la sua gonna per la paura.

«Ditemi, madre.» sorrise a sua volta la maga, adorando sentire il suo tocco gentile sul viso.

«Vorrei parlati riguardo Arthur.» disse e non si sorprese nel vedere la figlia arrossire vistosamente, anche sulle punte delle orecchie «Cosa pensi di lui?» le domandò dolcemente guardandola negli occhi.

Merlyn mandò giù la saliva, sentendosi le mani tremare leggermente «Penso che sia un idiota.» disse per prima cosa, non riuscendo a trattenersi «Arrogante, a tratti veramente fastidioso, ma è veramente un uomo dal cuore d’oro.» continuò distogliendo lo sguardo da quello della madre.

La più anziana annuì, anche lei aveva creduto Balinor un arrogante la prima volta che l’aveva visto, abituato alla vita nobiliare le aveva fatto passare dei brutti momenti la prima settimana della sua permanenza nella sua umile dimora contadina, ma come Merlyn aveva saputo vedere oltre e si era innamorata, dando vita alla cosa più bella della sua vita.

«Ma non posso stare con lui, madre.» sospirò affranta la fanciulla.

«E perché, mia cara?» domandò Hunith inarcando un sopracciglio, proprio come suo fratello Gaius.

«Gwaine è innamorato di me, non voglio spezzargli il cuore.» rispose passandosi una mano tra i capelli, da mesi ormai aveva capito i sentimenti dell’amico, ma lei non era in grado di ricambiare, non quando il suo cuore apparteneva già ad Arthur.

Hunith rimase sorpresa, non credeva che sua figlia si fosse accorta dei sentimenti di Gwaine, non aveva mai fatto nulla che potesse lasciarlo intendere «E chi ci pensa al tuo, di cuore?» le chiese posandole una mano sul petto.

«Non ha importanza, madre, non voglio creare dissapori tra di loro.» disse imperativa, non avrebbe permesso alla loro amicizia di rovinarsi a causa di altri sentimenti.

La donna si alzò dalla sedia «L’amore non crea mai dissapori, figlia mia.» le disse prima di lasciarla nuovamente alla sua lettura.

Avrebbero avuto altre occasioni per parlare di matrimoni e nipoti.

Parsifal si svegliò di soprassalto portandosi una mano sul petto, cercando di calmare il cuore che gli batteva con la stessa velocità con cui correva un cavallo. Aveva il fiato corto, il viso ricoperto di sudore e sentiva ancora nelle orecchie le urla disperate che avevano accompagnato il suo sogno.

Guardò alla sua destra e vide Gwaine dormire indisturbato, una mano posata sullo stomaco mentre l’altro era piegato dietro la testa. Sembrava non aver sentito nulla e Parsifal ne fu grato, non aveva voglia di spiegare il perché dei suoi incubi.

Uscì di casa, guardando il cielo notturno pieno di stelle, chiedendosi se lassù ci fosse la persona che aveva amato con passione per lunghi anni. Estrasse da sotto la tunica una collana, non era né piccola né grande e all’interno del ciondolo teneva una foto. Era stato un suo regalo, poco prima di venire brutalmente separati, glielo aveva donato per festeggiare quattro anni della loro relazione. Era forse stato il giorno più bello della sua vita.

«Mi manchi.» sussurrò alla foto senza riuscire a trattenere le lacrime «Ogni giorno mi manchi, ma spero tu possa perdonarmi.» singhiozzò guardando verso l’interno della casa, i suoi occhi si posarono nuovamente su Gwaine «Credo di essermi innamorato di un altro.» sussurrò toccando con il dito la figura di quello che un tempo era stato l’amore della sua vita.

I corti capelli neri, gli occhi socchiusi, le labbra sottili, la completa mancanza di barba sul viso che lo faceva sembrare ancora un bambino.

«Perdonami, Bartholomew.» disse prima di chiudere nuovamente il ciondolo.

Il suo cuore aveva sofferto già abbastanza, non poteva permettersi di innamorarsi una volta ancora.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


Merlyn cadde di faccia, finendo con lo sbattere il viso contro le radici sporgenti di un albero.

Arthur si girò di scatto, visibilmente infastidito dal continuo far rumore della ragazza, la quale faceva scappare tutti gli animali che il principe stava cercando di uccidere per poter avere una cena decente.

«Faresti silenzio, Merlyn?!» le domandò raccogliendola da terra, assicurandosi che non si fosse fatta realmente male.

La ragazza si pulì i vestiti con le mani, ignorando completamente lo sguardo infastidito dell’uomo. Arthur le aveva chiesto di accompagnarlo per aiutarlo a portare le povere vittime a casa, in quanto tipicamente da solo doveva fare due viaggi.

«Non ti basta del porridge? Perché devi uccidere degli animali innocenti?» domandò chiese imbronciata. Nonostante apprezzasse le sue doti di cacciatore, chiara dimostranza di essere in grado di procurare del cibo per la sua famiglia, non condivideva la quantità di animali che uccideva. Bastava un cervo per sfamare tutti i suoi amici e anche Merlyn con la sua famiglia, quindi perché prendersela anche con dei poveri conigli?

Arthur le arruffò i capelli, iniziando a camminare «Abbiamo bisogno di mangiare anche della carne per mantenerci in forze, Merlyn, tu che sei medico lo dovresti sapere meglio di noi.» rispose cercando di ritrovare il cervo che era scappato dopo che la fanciulla era graziosamente caduta a terra facendo rumore.

La maga borbottò qualcosa che non riuscì a capire, il principe la ignorò. Continuarono a camminare sempre più verso l’interno della foresta, gli uccelli cantavano allegramente in cima agli alberi.

Sentì qualcosa muoversi alla sua destra, tra i cespugli alti. Merlyn guardò Arthur continuare a camminare in avanti, possibile che non l’avesse sentito? Lo lasciò andare, desiderosa di scoprire da sola cosa avesse fatto rumore, non era poi completamente indifesa.

Si ritrovò in una radura che non aveva mai visto prima nelle sue esplorazioni, c’erano fiori di qualsiasi specie e colore, delle farfalle volavano loro intorno. Sembrava essere in un posto completamente diverso da quello in cui si trovava prima, aveva un qualcosa di magico.

Posò a terra la sacca che conteneva le conquiste di Arthur e si avvicinò al centro della radura. Si guardò introno sentendo uno strano calore avvolgerla. Sentì qualcosa muoversi alle sue spalle, quando si girò si trovò davanti una creatura maestosa.

Sembrava un cavallo, aveva il manto bianco, la criniera sembrava fatta da fili d’oro, l’unica cosa strana era quel corno che faceva la sua bella figura sulla fronte dell’animale. Merlyn non aveva mai visto nulla del genere, era semplicemente esterrefatta.

Alzò lentamente una mano, desiderando con tutto il cuore poter toccare quella creatura mistica. Lo guardò dritto negli occhi, come per fargli capire che non era intenzionata a fargli alcun male.

Era proprio sul punto di toccarlo quando sentì il chiaro rumore di una freccia fendere l’aria, subito seguito dal tonfo dell’animale che cadeva a terra. La fanciulla si precipitò sulle ginocchia accanto al muso della vittima, toccandolo con mani tremanti, incapace di credere che qualcuno potesse essere stato in grado di fargli del male.

Merlyn odiava gli uomini e la caccia!

Sentì dei passi avvicinarsi e quando voltò lo sguardo vide che l’uomo senza cuore che aveva ucciso quella creatura era Arthur «Cos’hai fatto?» gli domandò con la voce spezzata dalle lacrime.

Il biondo la guardò di traverso, non sembrava minimamente disturbato dalla brutalità che aveva appena compiuto «Questo è un unicorno, Merlyn, non potevo lasciarmelo sfuggire.» le disse ben sapendo di quale animale si trattasse. Gaius gli aveva insegnato più cose sugli animali magici, lo aveva addestrato a distinguere i suoi rivali magici nella foresta, ovviamente dietro ordine di suo padre.

La fanciulla si alzò con rabbia «Non ne avevi alcun diritto.» sibilò stringendo i pugni «Sei solo un…» le parole le si bloccarono in gola, alle spalle di Arthur vi era un uomo. Non era molto giovane, i capelli erano bianchi, così come i suoi vestiti, nella mano destra teneva un lungo bastone e il suo sguardo era ricco di dolore.

«Cosa stai guardando?» le domandò il principe girandosi, ma l’uomo misterioso era scomparso.

«C’era qualcuno, proprio dietro di te, ma è scomparso.» rispose la maga asciugandosi le lacrime dal viso, non voleva dare ad Arthur l’impressione di essere una piagnucolona.

L’uomo la guardò inarcando un sopracciglio, per niente convinto dalle sue parole, ma decise di non dire nulla, al contrario si chinò a terra e osservò meravigliato il corno dell’animale pensando che avrebbe fatto una bella figura sul muro di casa sua.

Balinor afferrò il colletto della tunica di Arthur quando lo vide con il corno dell’unicorno in mano, mentre tornava con sua figlia dalla loro escursione nel bosco per fare provvista di carne.

«Gli unicorni sono creature mistiche e rare.» inveì con rabbia «La leggenda dice che la sfortuna colpisce chiunque ne uccida uno.» aggiunse sentendo la voglia di porre fine alla vita di quell’inutile ragazzino che non aveva alcun rispetto per le creature magiche.

Merlyn toccò gentilmente la mano del padre, facendogli mollare la presa, sentendosi preoccupata per quello che aveva appena detto. La sfortuna avrebbe colpito Arthur?

«Sciocchezze.» rispose il ragazzo, con un leggero nodo in gola, credeva che Balinor lo avrebbe ucciso con la magia o come minimo maledetto, ma finché aveva Merlyn dalla sua parte nulla di brutto gli sarebbe accaduto, giusto?

La ragazza gli diede un calcio sullo stinco, facendolo gemere di dolore, ma cercò di tenere la sua compostezza «Balinor, con tutto il rispetto, non credo che una tragedia si abbatterà su di me.» riformulò cercando di suonare più rispettoso, alla fine dei conti era sempre il padre della donna che ama– rispettava, lui aveva un profondo rispetto per Merlyn.

L’uomo respirò profondamente dal naso, cercando in sé la forza per non prendere a pugni quell’idiota «Se succederà qualcosa alla mia famiglia sarà solo colpa tua.» lo avvisò prima di dargli le spalle e tornare dentro casa, dove Hunith lo stava aspettando con un’espressione preoccupata sul volto.

Merlyn si mise le mani sui fianchi, chiaro segno che Arthur era nei guai, ma provò a sfuggire al suo sguardo «Spero per te che sarai contento.» gli disse prima avviarsi verso Gwaine che stava sdraiato sotto un albero insieme a Lancelot.

Arthur sospirò pesantemente, forse aveva combinato un bel guaio.

Merlyn si svegliò come al solito alle prime luci dell’alba, pronta ad andare a curare il suo tritico. Indossò un abito marrone, non era di ottima qualità, le cuciture erano evidenti a causa della sua scarsa abilità nel cucito, ma era abbastanza decente per esservi vista in giro. Infilò gli stivali con una mano già sulla maniglia della porta, il cesto di vimini accanto a lei.

Era sicura di trovare Arthur già all’ingresso del campo, come suo solito, unico tra i gladiatori che trovava piacere nell’alzarsi presto (Merlyn ovviamente non era a conoscenza del fatto che a Camelot il servitore di Arthur doveva impiegare una decina di minuti per convincerlo a svegliarsi).

Quando aprì la porta si ritrovò faccia a faccia con il pugno di Arthur, sicuramente in procinto di bussare. Aveva lo sguardo spaventato, le gote rosse come se avesse corso.

«Arthur, che ci fai qui?» domandò guardando all’esterno, assicurandosi che nessuno la vedesse far entrare il giovane a quell’ora inconsueta nella sua abitazione.

Il biondo si stava torturando le mani, inumidendosi le labbra in maniera nervosa «Devo parlare con Balinor.» le disse con un nodo alla bocca dello stomaco, timoroso di quello che sarebbe accaduto.

La maga posò il cesto sul tavolo, guardando l’uomo in modo preoccupato. Si avvicinò lentamente fino a prendere il suo viso tra le mani, invitandolo a guardarla negli occhi «Stai bene?» gli domandò veramente preoccupata, non lo aveva mai visto così, nemmeno quando aveva dato ai gladiatori la notizia che Re Cenred voleva tutti loro morti.

Una mano di Arthur si posò sulla sua, in un gesto intimo che fece arrossire la fanciulla, facendole desiderare di scontrare le sue labbra con quelle di Arthur in un bacio passionale, ma consapevole che non poteva permetterselo.

Merlyn era a conoscenza dei sentimenti di Gwaine e non voleva ferirlo, non baciando uno dei suoi amici.

«Chiama tuo padre, per favore.» sussurrò Arthur, gli occhi ora fissi sulle labbra rosa della ragazza. Desiderò afferrarla per i fianchi ed unire le loro bocche fino a toglierle il respiro e subito dopo buttarsi su un ginocchio solo e chiederla in moglie, ma non poteva.

La maga sembrò risvegliarsi e annuì, lasciandolo andare e bussò energicamente alla porta che divideva la parte principale della casa alla stanza dei suoi genitori.

«Padre, Arthur vuole parlarti.» disse a voce alta, facendosi sentire oltre la porta, rispettando la privacy dei due innamorati che dormivano nella stanza. Merlyn non voleva vedere assolutamente niente che avrebbe potuto traumatizzarla a vita.

Nemmeno due minuti dopo Hunith iniziava a preparare la colazione mentre i due giovani e Balinor erano seduti a tavola.

«Questa mattina sono andato come al solito all’entrata del campo per aspettare Merlyn.» cominciò il biondo «ma quando sono arrivato tutto il tritico era morto.» spiegò il perché del suo turbamento, sentiva il cervello scoppiargli per tutte le preoccupazioni. Aveva subito pensato alle parole di Balinor del giorno prima, sul fatto che avesse portato una maledizione su di lui a causa dell’unicorno.

L’uomo chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, ragionando sul fatto che sbraitare sul ragazzino non avrebbe risolto nulla e sembrava veramente preoccupato per quello che stava accadendo. In più sua figlia lo avrebbe sgridato se avesse picchiato o usato la magia sul suo amico.

Si pizzicò lo spazio tra le sopracciglia pensando a cosa potessero fare, le prime luci dell’alba avevano già illuminato la collina e gli abitanti di Ealdor si stanavo svegliando. Sarebbe scoppiato un panico generale alla vista del campo completamente morto.

«Devi andare nella foresta, Arthur, forse troverai delle risposte.» suggerì, non sapendo realmente cosa fare. Forse doveva tornare sul luogo del delitto «Da solo.» aggiunse, non volendo mettere a rischio l’incolumità di sua figlia.

Merlyn provò a contestare, voleva andare anche lei, non avrebbe lasciato Arthur andare da solo, ma quest’ultimo si alzò da tavola guardandola «Andrò da solo, così deve essere.» disse prima di salutare Hunith e scomparire oltre la porta.

«Oh, povero ragazzo, è molto turbato.» commentò la donna guardando dalla finestra il giovane andare verso la sua abitazione per armarsi di una spada nel caso di incontro con dei banditi «Forse avresti dovuto lasciare Merlyn andare con lui.» aggiunse posando un piatto di porridge davanti all’uomo, dandogli un lieve bacio sulla fronte.

«Lui è il responsabile, mia diletta, nostra figlia non centra niente.» disse il mago guardando la figlia che guardava oltre la piccola finestra, un’espressione preoccupata dipinta sul volto. Balinor conosceva quell’espressione, sospirò pensando che avrebbe fatto meglio ad iniziare ad accettare l’idea che Arthur presto o tardi sarebbe diventato parte della loro famiglia.

«Tu mi stai dicendo che Arthur ha ucciso un unicorno, tagliato il suo corno per appenderlo in casa e che Balinor pensa che il campo completamente distrutto sia a causa di una maledizione indirizzata a lui?» chiese Gwaine mente l’aiutava a portare due secchi da riempire con dell’acqua al pozzo.

Merlyn annuì «Spero che riesca a risolvere tutto questo, altrimenti i bambini moriranno, le nostre scorte sono già misere.» rispose osservando i vari abitanti di Ealdor correre nei loro fienili per controllare quelle che dovevano essere le loro riserve per l’inverno.

Lancelot aiutò la fanciulla a salire sulla pedana che circondava il pozzo, sempre il gentiluomo «Ma tu hai detto di aver visto un uomo nella foresta, che sia stato lui a lanciare la maledizione?» domandò passandole uno degli otto secchi che avevano portato.

La maga legò il secchio con un nodo ben stretto «Potrebbe essere, ma quando l’ho guardato non mi ha dato delle cattive sensazioni, sembrava solo addolorato per l’unicorno.» disse iniziando a calare il secchio «Forse è stato l’unicorno come ultimo atto a lanciare la maledizione, sai, per vendicare la sua morte.» aggiunse corrugando la fronte, il solo fare un’ipotesi del genere le sembrava sbagliato. Suo padre le aveva spiegato che gli unicorni erano gli animali più puri del mondo, quindi lanciare maledizioni non sembrava adeguato.

«Ormai è quasi il tramonto, ancora non è tornato.» commentò Parsifal guardando verso il bosco, dove molte ore prima era entrato Arthur. Tutti erano leggermente preoccupati per la salute del ragazzo, soprattutto Lancelot che temeva per l’incolumità del principe ereditario di Camelot.

Merlyn scosse leggermente la testa, come a scacciare via un brutto pensiero «Starà cercando ancora la soluzione al nostro problema.» disse sforzandosi di sorridere, non poteva farsi affliggere dalle preoccupazioni, non faceva bene a nessuno.

La ragazza sentì il secchio toccare il fondo del pozzo ed iniziò a tirare la corda sentendo stranamente la leggerezza che tipicamente non caratterizzava il recupero del secchio. Sicuramente lei non aveva messo su dei muscoli, perciò aggrottò la fronte veramente confusa.

Quando ritornò in possesso del secchio constatò che fosse vuoto. Aggrottò la fronte, non le era mai capitato di trovare il pozzo in secca. Si affacciò verso il bordo per dare uno sguardo all’interno, ma era talmente profondo che non riusciva a capire cosa ci fosse realmente sul fondo.

«Tutto okay, Merlyn?» le domandò Lancelot affiancandosi a lei, notando con espressione preoccupata il secchio completamente vuoto e macchiato di terra sul fondo.

La maga sospirò pesantemente «Credo che la maledizione ci abbia tolto anche l’acqua.» disse, comprendendo che Arthur doveva aver fallito. Guardò verso la foresta e alzò le maniche della sua tunica «Io vado a cercarlo.» dichiarò incamminandosi, ma venne sollevata da terra da Gwaine.

«Non se ne parla, non vai da sola nella foresta con una maledizione in corso.» disse con tono che non ammetteva repliche, qualsiasi ragazza sarebbe stata attratta da tale autorità, ma Merlyn non era come le altre.

«Prova a fermarmi.» e per magia le mani dell’uomo iniziarono a scottare, costringendolo a lasciare la presa sulla fanciulla, la quale non aspettò nemmeno un secondo prima di correre verso la foresta.

Gwaine si passò una mano tra i capelli «Diamine, quella ragazzina è troppo anche per me.» sospirò più divertito che infastidito, forse un carattere come quello di Arthur sarebbe stato migliore per lei.

Anhora guardò Arthur Pendragon fermarsi davanti a lui, la spada stretta tra le mani e uno sguardo degno del guerriero più valoroso di tutta Albion.

«Arthur Pendragon, ho un messaggio per voi.» disse l’uomo suonando misterioso, lo sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore «Sarai messo alla prova, dovrai dimostrare che il tuo cuore è puro, altrimenti le persone che hai più care moriranno a causa vostra.» spiegò facendo un passo in avanti, facendo scattare in automatico l’uomo in una posizione di difesa.

«Come sai chi sono io?» domandò il biondo ringraziando che Merlyn non fosse con lui, come avrebbe spiegato alla ragazza che lui era il figlio dell’uomo che uccideva tutti quelli come lei?

Anhora sorrise dolcemente «Io so molte cose, Pendragon.» rispose rimanendo enigmatico, percepiva la chiara frustrazione del giovane, ma non avrebbe rivelato altro. Il suo Destino doveva compiersi senza il suo aiuto nella giusta direzione.

Il ragazzo abbassò la spada, ricordandosi che adesso non credeva più che tutti gli stregoni fossero malvagi, Merlyn lo aveva aiutato ad imparare ad accettare il prossimo. Se non fosse finito in quell’arena molto probabilmente si sarebbe già scagliato contro l’uomo, pretendendo che ponesse fine a questa maledizione.

«In cosa consisterà questa prova?» chiese volendo farsi trovare preparato, non desiderava avere la morte degli abitati di Ealdor sulla coscienza. Soprattutto i suoi amici e Hunith (no, sinceramente di Balinor non gli interessava poi tanto, l’uomo lo odiava).

Il custode degli unicorni gli diede le spalle «Lo scoprirai a tempo debito, Arthur Pendragon, ora vai a trovare la tua amica, si è persa nella foresta.» gli suggerì percependo chiaramente Emrys aggirarsi senza meta tra gli alberi, alla ricerca della sua metà.

Arthur alzò gli occhi al cielo, era ovvio che l’uomo si riferisse a Merlyn, quella ragazzina non sapeva cosa volesse dire prendere degli ordini, se fossero stati a Camelot l’avrebbe spedita alla gogna in un batter d’occhio per tale insubordinazione.

Ritornò sui suoi passi, facendo attenzione a non farsi trovare impreparato da dei banditi, l’ultima volta era finito in un’arena per dodici lunghi mesi. Finalmente trovò la ragazza, sembrava un gatto impaurito mentre si guardava freneticamente intorno con le mani ad afferrarsi le braccia. Sapeva che le bastava solamente pensare ad un modo per difendersi e la sua magia avrebbe obbedito, ma non riusciva a reprimere dentro di sé quel bisogno di proteggerla, di farla sentire al sicuro, di guadagnarsi la sua totale fiducia e il suo amore.

Fece abbastanza rumore per avvertire la fanciulla del suo arrivo, così da non spaventarla e magari finire contro il tronco di un albero credendolo un bandito.

«Arthur, buon Dio, credevo di non trovarti più!» esclamò la fanciulla vedendolo arrivare e si gettò tra le sue braccia, sollevata di averlo trovato sano e salvo, senza nemmeno un graffio.

L’uomo arrossì leggermente, posando una mano sulla testa della ragazza in un gesto rassicurante «Non ti libererai così facilmente di me.» rispose posandole istintivamente un bacio sulla fronte, pentendosene subito dopo.

Merlyn arrossì a sua volta, per niente abituata ad avere un uomo che sembrava provare dei sentimenti per lei. Le piaceva essere in compagnia di Arthur, anche quando si comportava come una testa di fagiolo.

«Vieni, sarà meglio tornare a casa o Balinor avrà la mia testa.» borbottò il cavaliere prendendole la mano per guidarla fino ad Ealdor, sicuro che all’uomo non sarebbe piaciuta per niente la notizia che la sua adorata figlia era sola con lui in un luogo così appartato.

La maga lo seguì, sentiva il cuore batterle ad una velocità inadeguata, ma provò a controllare i suoi sentimenti ricordandosi che non poteva fare un tale torto a Gwaine «Hai trovato l’uomo che ho visto ieri?» chiese mentre i gufi iniziavano a bubolare e il cielo si faceva sempre più scuro.

Arthur annuì «Ha detto che verrò messo alla prova, l’unico modo per eliminare la maledizione è dimostrare che il mio cuore è puro.» riportò le parole del guardiano degli unicorni, chiedendosi se sarebbe stato all’altezza di tale compito. Il suo cuore non poteva essere puro, non quando stava mentendo a tutte quelle persone sulla sua vera identità, non quando aveva abbandonato il suo popolo per seguire una fanciulla di cui si era innamorato.

La ragazza annuì silenziosamente, chiedendosi quale prova avrebbe mai potuto porre l’uomo per dimostrare che Arthur fosse puro di cuore. Continuarono a camminare in silenzio, le loro mani ancora l’una nell’altra, nessuno dei due desideroso di lasciare andare la presa.

Era tutto così palese, eppure non riuscivano a vedere come l’altro ricambiava i suoi stessi sentimenti. Il loro sentimento di amicizia per Gwaine era forse più importante che quell’amore. Arthur non poteva illudere così Merlyn, sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe dovuto tornare a Camelot per succedere suo padre e la ragazza lo avrebbe odiato per sempre. Come poteva la figlia di Balinor amare un Pendragon, figlio dell’uomo che gli aveva rovinato la vita?

Arrivarono ad Ealdor che il Sole era completamente scomparso all’orizzonte, lasciando spazio ad un cielo incantevolmente blu ricco di stelle. Si avviarono verso casa di Arthur, per sedersi un attimo davanti al fuoco e parlare di Anhora, ma quando si avvicinarono sentirono chiaramente dei rumori provenire dall’interno.

Arthur istintivamente spinse Merlyn dietro di sé, proteggendola con il suo corpo, ed estrasse la spada. Lentamente aprì la porta e vide chiaramente un uomo rovistare tra le sue riserve di grano.

«Posa quello che hai in mano, ladro.» Merlyn non aveva mai sentito l’uomo usare un tono così autoritario, sembrava il comandante di un esercito o perfino un regnante.

L’uomo alzò le mani lasciando cadere a terra uno dei sacchi di grano che stava cercando di portare via, gli occhi lucidi di paura e Merlyn aggrottò le sopracciglia non riconoscendo l’uomo, non era certamente un abitante di Ealdor.

L’uomo deglutì rumorosamente, le mani che tremavano dalla paura «Scusatemi, non avevo nessuna cattiva intenzione nel rubare a lei e sua moglie.» disse facendo arrossire i due giovani, chiaramente a disagio per essere stati scambiati per una coppia sposata «Ma anch’io ho una famiglia, i miei due bambini non sopravviveranno, nel nostro villaggio si è abbattuta una maledizione, non cresce più il grano e non troviamo più acqua!» spiegò l’uomo cadendo sulle ginocchia, timoroso che l’uomo armato decidesse di ucciderlo.

Arthur abbassò la spada, non avrebbe ucciso un uomo per aver provato a sfamare la sua famiglia, forse lui avrebbe fatto la stessa identica cosa «Vai e non farti più vedere ad Ealdor.» concesse spostandosi dall’uscio, sempre attento però a coprire Merlyn con il suo corpo.

L’uomo si alzò di scatto, un sorriso sul viso, chiaramente contento di poter tornare a casa senza gravi conseguenze «Oh, grazie, grazie mille gentil uomo.» esordì incamminandosi verso la porta.

«Aspettate!» lo richiamò Arthur, ora vicino alla sua riserva di grano. Si chinò a raccogliere il sacco che l’uomo stava per rubare «Vedete di farvelo bastare per un bel po’.» disse passandogli il sacco sotto gli occhi stupidi di Merlyn, la ragazza non si sarebbe mai aspettata tale gesto da Arthur.

L’uomo si inchinò accentando il dono «Grazie, grazie mille, la sua gentilezza verrà ricompensata.» disse prima di correre nel cuore della notte verso la foresta, un sacco di grano tra le braccia.

Merlyn sorrise dolcemente ed afferrò una mano dell’uomo «Sei stato veramente gentile.» disse guardandolo negli occhi, un sorriso sulle labbra. Era così migliorato da quando l’aveva conosciuto, le prime settimane nell’arena sembrava essere un ragazzino viziato ed egoista, ma la stava facendo ricredere.

Il principe arrossì – la cosa iniziava ad infastidirlo, non era una femminuccia, lui – e distolse lo sguardo «Era la cosa giusta da fare.» rispose con tono solenne, lo avrebbe fatto anche per un suo suddito.

La maga alzò gli occhi al cielo e si mise in punta di piedi, lasciò un bacio sulla guancia dell’uomo prima di avvicinarsi alla porta «A domani, Arthur.» lo salutò stringendosi nella giacca marrone che la faceva sembrare più esile di quanto fosse.

«Buonanotte, Merlyn.» augurò il biondo sentendosi la guancia in fiamme. Quando la ragazza fu andata via si toccò il punto cocente e sorrise come un beota, forse aveva maledetto tutti uccidendo l’unicorno, ma Merlyn sarebbe rimasta sempre al suo fianco.

Lancelot amava svegliarsi al mattino con il suono degli uccelli che cantavano allegramente, era stata una cosa che più gli era mancata durante la sua permanenza nell’arena.

Ogni mattina si alzava di buon umore, ringraziando il Signore per avergli dato una casa e una specie di famiglia. Il suo sogno di diventare cavaliere di Camelot si era momentaneamente cancellato, soprattutto sapendo che a solo poche iarde da lui c’era il principe Arthur, fare un viaggio e chiedere udienza a Uther sarebbe stato inutile.

Osservava ogni mattina dalla piccola finestra Merlyn e il principe camminare così vicini da sfiorarsi le mani, le gote arrossate dall’imbarazzo e un tenero sorriso sulle labbra.

Oh, Lancelot era completamente esasperato da quella situazione, soprattutto con Gwaine che non si decideva ad andare a parlare con quei due e far capire loro che il suo interesse per Merlyn si era trasformato in un semplice sentimento di fratellanza, l’uomo aveva anche notato il consistente avvicinamento tra il gladiatore barbuto e Parsifal, anche se era molto ben nascosto.

Sapeva di non doversi immischiarsi negli affari altrui, suo padre gli aveva sempre detto di stare alla larga dalle questioni private degli uomini, soprattutto quelle d’amore, ma non riusciva a resistere alla tentazione di andare da Arthur e dirgli in parole chiare e concise che Merlyn lo amava e doveva sbrigarsi a dichiararsi, prima della sua partenza per Camelot.

Quando si affacciò quella mattina vide i due giovani camminare un po’ più lontani del solito e non in direzione della casa di Merlyn, ma verso il bosco. Lancelot inarcò un sopracciglio incuriosito, la ragazza non stava nemmeno indossando il suo solito abito da giorno, ma i vestiti che metteva quando doveva andarsi a mettere in qualche guaio in cui si richiedevano abiti adatti alla corsa. Quei due non gliela raccontavano giusta.

«Dio, ti prego, unisci quei due.» pregò sapendo che forse la sua preghiera non sarebbe stata accolta, soprattutto in quanto la credenza di Merlyn cadeva sulla Religione Antica, ma provare non guastava mai.

Sospirò un’ultima volta prima di andarsi a vestire, aveva anche lui delle commissioni da fare.

Merlyn inciampò sull’ennesimo ramo e Arthur le afferrò il braccio per sostenerla, alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertito «Sicura di vederci bene, forse dovrei prenderti un cane che ti guidi.» commentò facendo arrossire la fanciulla.

«Molto divertente Arthur, ma non ho bisogno di un povero cane per andare da nessuna parte.» rispose avvicinandosi a lui, i loro petti che si toccavano «Fortunatamente una volta a Camelot non dovrò più passare per i boschi, rimarrò con mio zio nel castello e arriverò al massimo nella parte bassa. Niente più foreste infestate di banditi per Merlyn.» affermò trionfante anche se il cuore le si strinse al pensiero di abbandonare i suoi amici ed il padre appena ritrovato. Hunith sapeva essere molto autoritaria quando voleva e nessuno era riuscito a farle cambiare idea, nemmeno Balinor che le aveva ricordato che essendo lui stesso un mago poteva insegnarle quello di cui aveva bisogno «Certo, così mi ritroverò nuovamente la casa in fiamme.» aveva risposto la donna facendo arrossire l’uomo, chiaro segno che c’era una storia dietro quella battuta, ma Merlyn non voleva indagare oltre. Un cambio di aria non le avrebbe fatto male, magari si sarebbe pure dimenticata di Arthur una volta lontano e lui si sarebbe potuto sposare tranquillamente con una fanciulla molto più bella ed aggraziata di lei, come Evelune, la figlia del fornaio. Oh, Merlyn come le invidiava i suoi lunghi capelli dorati, proprio come quelli di Arthur.

L’uomo sembrò incupirsi «Devi andare per forza? Camelot è pericolosa per la gente come te.» disse mordendosi il labbro inferiore, temeva per quello che avrebbe potuto capitarle se suo padre fosse mai venuto a sapere della sua natura, non credeva il suo cuore avrebbe retto alla notizia che la sua amata fosse stata data alle fiamme dal suo stesso padre.

«Saprò cavarmela, spero solo di non incontrare il Re o il Principe.» rispose la fanciulla «Sono sicura che il Prince Arhtur sia un borioso pieno di sé, che tratta i suoi servitori male e che uccida senza alcuna pietà tutti quelli come me. Una copia del padre, insomma.» aggiunse mentre riprendevano a camminare alla ricerca di Anhora per chiedergli se avessero passato la prova.

«Già, deve essere proprio così.» sussurrò l’uomo consapevole che quello che Merlyn aveva descritto era il Principe Arthur Pendragon di un anno fa, non aveva sbagliato su nulla. Era un borioso, trattava male i suoi servitori, tanto che doveva cambiarli a cadenza settimanale e le cose che aveva fatto ai campi druidi per ordine del padre… Dio, Arthur aveva ancora gli incubi su quelle battaglie.

Con la coda dell’occhio vide una figura muoversi tra gli alberi «Merlyn, da questa parte.» chiamò, ma quando si girò verso la ragazza notò che era scomparsa, molto probabilmente aveva continuato a camminare mentre osservava la figura muoversi tra le piante. Non poteva perdere tempo ed andare a cercarla, se quello che aveva visto fosse stato Anhora avrebbe dovuto seguirlo e subito.

Camminò seguendo la figura, allontanandosi notevolmente dal sentiero, fino a raggiungere una piccola radura. Sentì il sangue bollirgli nelle vene quando vide l’uomo della sera precedente seduto tra del cibo fresco e soprattutto senza alcuna famiglia da sfamare.

«Voi!» accusò brandendo la spada, il suo orgoglio ferito per essere stato preso in giro in quel modo «Come avete osato prendervi gioco di me?» domandò furibondo, completamente accecato dalla rabbia.

L’uomo rise, continuando ad intagliare un pezzo di legno «Siete veramente uno stolto, dare via così il vostro cibo al primo uomo con una storia lacrimevole.» commentò senza nemmeno guardarlo in faccia «Forse la prossima volta tornerò per prendermi vostra moglie.» aggiunse finalmente alzando lo sguardo, un sorriso malevolo dipinto in volto e Arthur sembrò iniziare a fumare dalle orecchie. Minacciare la sua persona era un conto, nella vita aveva rischiato numerose volte di finire nel mirino di qualche mal intenzionato, ma minacciare Merlyn era completamente fuori discussione.

L’uomo si alzò brandendo una spada, chiaramente intenzionato ad attaccare Arthur «Le dirò di come tu abbia supplicato di non farle del male, piangendo come il più ridicolo degli uomini, così saprà che suo marito era un codardo.» continuò a tormentarlo mentre giravano in cerchio, le spade puntate l’una contro l’altra.

Arthur non ci vide più dalla rabbia e caricò il colpo, fiondandosi a spada tratta verso il nemico, con l’unico obbiettivo di porre fine alla sua vita. Come poteva un semplice ladro permettersi di prendersi gioco di lui e minacciare Merlyn? Non avrebbe mai permesso che qualcosa accadesse alla fanciulla, a costo di ritrovarsi nuovamente, dopo tanto tempo, le mani sporche di sangue.

Il combattimento non durò molto, Arthur essendo l’abile spadaccino che era riuscì a spingere il suo avversario fino al tronco di un albero e poi porre fine alla sua vita. Si sentì soddisfatto, immaginò suo padre congratularsi con lui per aver fatto la cosa giusta. Aveva difeso il suo onore e la donna che amava, che male c’era in quello che aveva fatto?

Al suo fianco comparve Anhora, lo sguardo deluso e amareggiato, ma non minimamente sorpreso «Avete fallito.» disse semplicemente, le mani una dentro l’altra raccolte davanti al ventre, il cappuccio della veste che gli copriva parzialmente il viso «Hai condannato le persone che ti sono più care alla morte, Arthur Pendragon.» aggiunse con voce profonda, quasi profetica.

Arthur scosse la testa, incredulo «No, deve esserci un errore!» esclamò sentendo il cuore farsi a pezzi al solo pensiero che i suoi amici sarebbero morti a causa sua. Nessuno di loro se lo meritava, se qualcuno andava punito era unicamente lui.

Anhora scosse la testa «Hai ucciso un uomo innocente.» gli spiegò indicando il corpo esanime del ladro prima di farlo scomparire con uno schiocco di dita «Avresti potuto ignorarlo, continuare per la tua strada, ma hai ceduto alle sue provocazioni. Il tuo orgoglio ha avuto la meglio.» lo accusò con sguardo duro.

Il principe scosse nuovamente la testa, non riusciva a credere a quello che stava sentendo «Non potevo ignorarlo, non quando ha minacciato Merlyn.» spiegò sentendo il cuore battergli all’impazzata; forse si pentiva per aver ceduto alla provocazione di essere stato additato come un credulone, ma non si sarebbe mai pentito per aver difeso l’onore di Merlyn.

Il Guardiano degli Unicorni spalancò leggermente gli occhi, sapeva della leggenda, di come The Once and Future King ed Emrys fossero destinati a riunire Albion e governare riportando la pace tra le loro terre, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un risvolto amoroso nella loro relazione. Lui insieme agli altri anziani avevano interpretato la leggenda in modo che Emrys diventasse parte della Corte, non la futura Regina di Camelot. In tutta verità si erano aspettati un maschio, un uomo capace di avvicinarsi al Principe e guidarlo attraverso l’amicizia verso la retta via, ma il Destino imprevedibile aveva dato loro una donna.

Si schiarì la voce, cercando di non far notare quanto fosse in realtà sorpreso «Avete dimostrato che uccidereste un uomo per difendere l’orgoglio.» disse «Avete fallito la prova.» aggiunse nuovamente.

«I miei amici non hanno fatto nulla!» urlò frustrato abbandonando la spada a terra,

«Non ho causato io questa sofferenza.» ribadì Anhora con voce calma «Siete stato voi.» e scomparve lasciando il principe di Camelot solo.

Merlyn quasi non saltò nuovamente tra le braccia di Arthur quando lo vide emergere da una radura. Si era persa, come suo solito, e quando aveva notato che l’uomo non era più alle sue spalle si era spaventata, chiedendosi chissà quale cosa potesse essere successa all’amico.

«Arthur, grazie al cielo stai bene!» esclamò prendendogli una mano, ma notò immediatamente che c’era qualcosa che non andava. L’uomo teneva lo sguardo fisso a terra, il viso più pallido del normale, ma mano che tremava leggermente.

«Ho fallito.» le disse non capace di tenersi quella cosa dentro, non poteva mentire a Merlyn, non quando le conseguenze delle sue azioni avrebbero affetto anche lei.

La ragazza gli prese il volto tra le mani, i pollici che si muovevano leggermente come in una carezza «L’importante è che tu non sia ferito.» gli disse nonostante capisse la gravità della situazione.

Ealdor insieme ai suoi abitanti era destinata a morire, senza acqua e cibo, in aggiunta alla povertà generale del terreno che li circondava non c’era modo di sopravvivere alla maledizione.

Arthur posò le sue mani su quelle della fanciulla ed abbassò le palpebre, non aveva nemmeno il coraggio di guardarla e vedere il disappunto nei suoi occhi, sapeva di averla delusa e si sentì molto peggio di quando deludeva suo padre.

«Andiamo a casa, Arthur, troveremo una soluzione, te lo prometto.» sussurrò ancora più dolcemente, capiva perfettamente come si sentiva, non le interessava se aveva fallito la prova, l’importante per lei era che stesse bene e che nessuno l’avesse ferito.

Balinor dovette richiamare a sé tutto il suo controllo per non saltare oltre il tavolo e stingere la gola del ragazzino davanti a lui. L’idiota – sì, così Balinor chiamava tutti gli amici di sua figlia – aveva appena comunicato a tutti di aver fallito la prova e che erano praticamente tutti condannati a morte cerca per mancanza di acqua e cibo.

Hunith posò una mano sulla sua spalla, come a calmarlo, mentre con gli occhi guardava Merlyn stringere la mano di Arthur sotto il tavolo. Ancora non si era abituata all’idea che sua figlia fosse innamorata, era ancora così giovane, aveva avuto un anno difficile alle spalle, ma non poteva nemmeno negare che approvava Arthur. Era un ragazzo educato (quando voleva), il suo sguardo era quello di un uomo innamorato ogni volta che si posava sulla figura di sua figlia ed in più era un ottimo combattente e di quei tempi, con tutti quei banditi in giro, era rincuorante sapere che con sua figlia ci fosse una persona capace di aiutarla nel caso fosse finita nei guai.

Lancelot era tranquillo, non era il tipo da mettersi a peggiorare la situazione già critica di suo, ma certamente non si poteva dire lo stesso di Gwaine, il quale aveva iniziato a camminare avanti ed indietro per la casa di Meryln borbottando assurdità ed imprecando di tanto in tanto contro Arthur. Parsifal stava seduto tranquillo in un angolo, ma con lo sguardo seguiva il suo amico e cercava di catturare il suo sguardo per sussurrargli di stare calmo e sedersi accanto a lui.

«Troveremo una soluzione.» disse Merlyn sicura di quello che stava dicendo. Forse con la sua magia poteva riuscire a far ricrescere il tritico e trasportare grandi quantità di acqua per riuscire a distribuirne per tutti gli abitanti di Ealdor. C’era sempre una soluzione ad un problema, sua madre glielo diceva sempre.

Balinor sospirò pesantemente, sua figlia era un’incorreggibile ottimista, proprio come la madre «Merlyn, tesoro, non c’è nulla che possiamo fare, Arthur ha fallito la prova.» disse in tono dolce, lo usava solamente con le sue due ragazze, gli amori della sua vita.

La ragazza scosse la testa e si alzò in piedi «La troverò.» e senza dare il tempo a nessuno di dire parola corse fuori dalla piccola casa.

Balinor, Arthur e Gwaine si fiondarono sulla porta, ma vennero bloccati da Hunith, l’unica veramente consapevole del fatto che Merlyn in quello stato avrebbe colpito chiunque con la sua magia per quanto era nervosa. Troppe volte era capitato con Will per i suoi gusti, il ragazzo doveva aver avuto come minimo cinque concussioni gravi nell’arco della sua vita.

Lancelot scosse leggermente la testa e Parsifal sorrise ai bronci che misero su gli uomini «Ognuno a casa propria.» comandò Hunith brandendo a mo’ di spada il mestolo con cui stava preparando la cena.

Nessuno osò obbiettare, anche se lo scintillio negli occhi di Arthur e Gwaine fecero sospirare il povero Lancelot, il quale era sicuro sarebbe dovuto finire a fare da guardia a quei due idioti per evitare che scappassero. Batté una mano sul petto di Parsifal indicandogli con la testa il suo coinquilino e l’omone capì al volo, di fatti si diresse verso il castano e lo sollevò fino a buttarselo oltre la spalla, in modo che non potesse scappare. Lancelot si limitò a posare fermamente una mano sulla spalla di Arthur e salutando Hunith e Balinor uscirono di casa.

I quattro uomini si fermarono davanti casa di Lancelot, quella centrale, e si guardarono in silenzio per alcuni secondi.

«Merlyn sa cavarsela, non disperate.» provò a rincuorarli Parsifal prima di afferrare Gwaine per la spalla per guidarlo fino alla loro casa.

Lancelot guardò Arthur, il quale era concentrato a guardare verso il limitare della foresta, come se stesse pensando di fare uno scatto e correre via alla ricerca di Merlyn «Ti va se la aspettiamo insieme? Posso offrirti un pezzo di pane e del porridge per cena.» lo invitò Lancelot ben sapendo che non era assolutamente un tipo di cena degna del principe di Camelot, ma non aveva nulla di meglio da offrirgli.

Arthur scosse leggermente la testa, distogliendo lo sguardo dalla foresta «Certo, mi farebbe molto piacere.» rispose seguendolo dentro la sua abitazione. Non poteva fare nulla, poi, se si fosse avventurato nel bosco, Merlyn e Hunith non glielo avrebbero mai perdonato.

Gli stivali si erano decisamente rovinati, ogni passo sul terreno umido comportava al bagnarsi dei suoi calzettoni, appena tornata a casa si sarebbe accesa un bel fuoco per riscaldarsi.

«Anhora!» chiamò per quella che sembrava la centesima volta, doveva assolutamente parlargli, Arthur aveva fallito la prova, ma poteva dargli anche un’alta possibilità, lo avrebbe implorato.

«Anhora!» riprovò scendendo verso una radura, attenta a non scivolare rovinosamente a terra rischiando di rompersi qualche osso.

L’uomo apparve davanti a lei facendola sussultare «Mi cercavi?» domandò mantenendo un tono neutrale, la conoscenza che la donna davanti ai suoi occhi fosse Emrys non doveva in alcun modo influenzare il suo comportamento nei suoi confronti.

Merlyn lo guardò attentamente, l’uomo non sembrava pericoloso e non le dava alcuna brutta sensazione, sembrava solamente addolorato per la morte dell’unicorno.

«Sono qui per chiedervi di dare ad Arthur un’altra possibilità. Le persone stanno male, presto moriranno di fame.» disse sostenendo il suo sguardo «O ponete fine a questa maledizione.» aggiunse come alternativa.

«Non posso annullare la maledizione. Credetemi.» rispose l’uomo «Avete fede in Arthur?» domandò scrutandola nel profondo dei suoi occhi azzurri.

«Gli affiderei la mia vita.» rispose la fanciulla con la più completa sincerità. Arthur poteva averle anche puntato un coltello alla gola, ma sapeva che brav’uomo fosse, glielo dimostrava ogni giorno da quando erano scappati dall’Arena.

Anhora sembrò pensarci su, come se stesse per rifiutare la sua richiesta. Merlyn strinse i pugni fino a sentire le unghie aprirle leggermente la pelle dei palmi.

«Arthur deve recarsi al Labirinto di Gedref. Lì affronterà la prova finale.» concesse e Merlyn lo vide scomparire da davanti i suoi occhi prima di ricomparire alle sue spalle «Se dovesse fallire, non ci sarà più speranza. La maledizione distruggerà Ealdor e i villaggi vicini.» l’avvisò prima di andarsene definitivamente. Merlyn si guardò intorno, confusa, chiedendosi che tipo di test avrebbe dovuto affrontare il suo amico.

«Quindi, tu e Merlyn…» buttò lì Lancelot mentre sorseggiavano del tea serale, ancora in attesa del ritorno della fanciulla.

Arthur per poco non si strozzò in modo poco regale, suo padre lo avrebbe diseredato per un comportamento del genere «Io e Merlyn niente, Lance.» rispose rifiutandosi categoricamente di guardarlo in viso. Poteva mentire quanto voleva, le parole che uscivano dalla sua bocca erano completamente prive di sentimento, ma i suoi occhi avrebbero detto quello che la voce negava.

Il castano sorrise nascondendosi dietro il suo bicchiere «Insomma, ormai Merlyn è una donna, molto bella aggiungerei.» disse continuando a godersi il viso di Arthur andare in fiamme «Chi lo sa, forse quando sarà a Camelot un bravo uomo con un buon lavoro la sposerà, forse potrebbe riuscire a conquistare anche il principe di Camelot!» lo provocò ben sapendo che il principe era già più bello che andato per la dolce maga.

«Non dire sciocchezze, come se un principe potesse sposare una semplice contadina.» lui lo sapeva bene, la sua cotta per Gwen l’aveva messa in molti casini per quante volte Uther aveva rischiato di scoprirli. E Gwen era una semplice ragazza di Camelot, Merlyn invece era una maga, figlia di uno stregone esiliato e perseguitato dai cavalieri di Camelot. Oh, poteva immaginare le risate che si sarebbe fatta Morgana nel sapere che era innamorato perso per una maga, trovava sempre un particolare piacere nel vederlo soffrire ed imbarazzarsi.

Lance annuì «Ma ricordati che un principe poi alla fine diverrà re, allora potrà sposare chi vuole. Sarà lui la Legge, nessuno lo ostacolerà.» provò a suggerirgli mentre ravvivava il fuoco.

«Nessuno sano di mente chiederebbe ad una fanciulla come Merlyn di aspettarlo per anni, lei si merita molto di più che di un principe rammollito che non riesce a contrastare il volere di suo padre.» borbottò senza nemmeno rendersi conto che stava per far saltare la sua copertura con Lancelot, il solo pensiero che Merlyn potesse trovare marito a Camelot lo imbestialiva. Oh, sapeva benissimo cosa i suoi cavalieri cercavano in una donna, per lo più innamorati di Morgana, e Merlyn aveva le sue stesse caratteristiche! Lunghi capelli neri, pelle bianca e labbra rosee. Quello che Morgana non aveva era la dolcezza dei lineamenti, la gentilezza e l’altruismo di Merlyn.

«Sai, credo che se Merlyn si innamorasse veramente tanto del principe sarebbe disposta ad aspettare decenni per amarlo come merita. Lei è comprensiva, perdonerebbe tutto alla persona che ama.» provò ancora sentendosi un po’ Cupido, i suoi studi di letteratura greca che sua madre aveva insistito a fargli fare stavano dando i suoi frutti.

Arthur posò la tazza sul tavolino tra le due sedie «Ma non lo merita.» rispose passandosi una mano tra i capelli «Poi sono sicuro che Gwaine andrà con lei, talmente è innamorato.» aggiunse cercando di non essere geloso di uno dei suoi amici.

Lancelot tornò a sedersi accanto a lui «Sai, all’inizio pure io mi sono innamorato di Merlyn, come tutti d’altronde.» rise ricordandosi come tutti i gladiatori provavano ad attirare l’attenzione della bella guaritrice «Ma poi ho capito che non è fatta per me e sai chi altro l’ha capito? Gwaine.» aggiunse riprendendo la sua tazza, doveva finire il tea prima che diventasse troppo freddo «Anche perché nessuno di noi è mai riuscito a fare breccia nel suo cuore.».

Il principe guardò l’amico leggermente confuso, sapeva che gli altri gladiatori avevano una cotta per Merlyn, alcuni si ferivano a vicenda per andare nel suo studio, ma non si sarebbe mai aspettato che anche Lancelot fosse caduto nella rete di innamorati della fanciulla. Dio, Arthur era così frustrato, aveva concorrenza in ogni angolo! Poi aveva visto come la trattavano i ragazzi di Ealdor e non aveva potuto fare a meno di arrabbiarsi, Merlyn non meritava di essere trattata in quel modo e Will era indecifrabile, non riusciva a capire se provasse della semplice e profonda amicizia o amore per la maga.

«Gwaine non è più innamorato di lei?» domandò confuso. Eppure lo sentiva come le parlava, le smancerie, le provocazioni, sembrava essere intenzionato a renderla sua sposa ad ogni costo e lui non poteva mettersi in mezzo, non avrebbe mai tradito un amico anche se voleva dire perdere quella che poteva essere l’amore della sua vita.

Lancelot scosse la testa «No, Gwaine è un uomo che non si accontenta di una sola donna.» rispose ricordandogli gli innumerevoli racconti delle sue notti con giovani fanciulle cadute tra le sue braccia tra una taverna e l’altra. I suoi racconti erano molto dettagliati, Parsifal aveva dovuto più volte tappargli la bocca.

«L’altro giorno ti ho confessato in confidenza di essere innamorato di lei, vorrei che rimanesse comunque una cosa tra noi due.» disse il principe iniziando a sentire una certa pressione da parte dell’uomo.

«Certo, Arthur, sai che di me ti puoi fidare e…» stava per aggiungere che Merlyn era a sua volta innamorata di lui quando il biondo corse fuori dalla porta facendolo spaventare. Seguendolo lo vide andare verso Merlyn, quando la raggiunse le prese il volto tra le mani, spostandole i capelli dal viso, li vide guardarsi negli occhi fronte contro fronte, le mani di lei a stringerli le spalle, come due innamorati e Lancelot non poté fare a meno di scuotere la testa, quei due erano completamente irrecuperabili, qualcuno doveva dare loro una mano, al Diavolo quello che suo padre aveva detto sull’intromettersi.

 «No, tu non verrai.» disse Arthur alle prime luci dell’alba mentre si preparava per il suo viaggio, il labirinto di Gedref era nel suo regno, questo voleva dire che a cavallo ci avrebbe messo meno di mezza giornata, non era poi così lontano.

Merlyn lo stava aiutando a mettersi l’armatura, era meglio prevenire che curare in quanto non sapevano a quale prova stesse andando incontro.

«E se avessi bisogno di me? Posso aiutarti con la magia.» disse la fanciulla completamente in preda alla rabbia, non voleva assolutamente che l’uomo andasse da solo, non poteva fidarsi di Anhora.

Arthur le prese le mani tra le sue «Merlyn, ti prometto che tornerò a casa e la maledizione sarà spezzata, ma devo farlo da solo, è la mia prova, non la tua.» provò a farla ragionare e prima che il suo cervello potesse bloccare il comando portò le labbra sul dorso della mano della fanciulla, un gesto cavalleresco alla quale non era abituata.

Merlyn arrossì, ma cercò di non darlo a vedere, spostò lo sguardo, osservando fuori dalla piccola finestra Will tenere le redini del cavallo che Matthew aveva gentilmente concesso.

«Fino al tramonto, Arthur, poi verrò a cercarti, a costo di camminare per due giorni senza sosta.» gli disse sentendo che in quel momento non doveva trattarlo come suo solito, si era innamorata di lui ed era preoccupata, non poteva pensare anche a tenere su una recita sul non sopportarlo.

«Non ce ne sarà bisogno.» la rassicurò dandole un’impacciata pacca sulla spalla, ora più consapevole di Balinor che li guardava attraverso la porta socchiusa.

Arthur montò a cavallo e guardò nuovamente Merlyn «Sistemerò tutto, te lo prometto.» disse prima di spronare il cavallo e partire verso Gederf.

Hunith si avvicinò alla figlia e le posò le mai sulle spalle «Stai tranquilla, tesoro, Arthur saprà cavarsela.» la rassicurò mentre tutti gli abitanti di Ealdor spiavano quello strano gruppo da dietro le tende e le porte.

Merlyn annuì sorridendo alla madre, cercò di nascondere quanto in verità fosse preoccupata, guardò un’ultima volta alle sue spalle, cogliendo appena la figura di Arthur scomparire oltre la fitta foresta.

Gwaine entrò in casa di Merlyn tenendo tra le mani il maglione che aveva trovato a casa sua, era venuto a ringraziarla, ma nel piccolo salotto c’erano solamente Balinor e Hunith che parlavano amorevolmente tenendosi per mani.

Gwaine si sentì quasi a disagio, come se avesse beccato i suoi di genitori ad amoreggiare.

«Scusate l’intrusione, stavo cercando Merlyn.» disse mostrando il maglione verde che avrebbe sicuramente indossato durante l’inverno, se ci sarebbero arrivati, ovviamente.

Hunith inarcò un sopracciglio preoccupata «Ma come? Mi aveva detto che veniva da te e Parsifal per prendersi un tea.» disse alzandosi in piedi, correndo fuori dalla porta per andare a controllare una cosa.

Balinor si alzò a sua volta, senza sapere dove la sua amata si fosse diretta e guardò Gwaine, ma entrambi avevano un presentimento «Ha seguito Arthur, c’era da aspettarselo.» commentò Balinor incominciando a venire a patti con il fatto che la sua adorata figlia si fosse innamorata di quel biondo che più passava il tempo e più gli ricordava qualcuno, ma non aveva ancora capito chi.

«Sicuramente.» lo assecondò Gwaine senza sentirsi geloso per la prima volta, ormai la sua cotta era completamente passata, si era ritrovato a rivolgere le sue attenzioni su un’altra persona di recente.

Hunith tornò tenendosi le mani strette al petto «Uno dei cavalli non è più nella stalla, deve essere andata dietro ad Arthur.» avvisò informandoli di quello che i due uomini già ben sapevano.

«Non preoccuparti, mia diletta, nostra figlia sa come cavarsela.» la rincuorò Balinor stringendola tra le sue braccia. Poteva solo immaginare come si sentisse, in quell’ultimo anno aveva passato già fin troppo tempo lontana da Merlyn e tra poco avrebbe dovuta lasciarla andare per iniziare la sua vita a Camelot, era plausibile che volesse averla sempre con sé e soprattutto fuori dai guai.

Hunith annuì ricordandosi che Merlyn sapeva cavarsela da sola e sapeva anche che Arthur l’avrebbe protetta.

Merlyn vide in distanza Arthur entrare nel labirinto, visto dall’alto sembrava infinito, il pensiero di entrare e non saperne più come uscirne le attanagliò il cuore. In un posto del genere Anhora poteva aver messo chissà quale trappola.

Spronò il cavallo e si avvicinò all’entrata dove il cavallo di Matthew riposava tranquillo, in attesa del ritorno dell’uomo.

Il suo vestito non la aiutava, continuava ad impigliarsi con i piccoli rametti a terra. Non si era messa il suo tipico abbigliamento da viaggio per non destare sospetti, aveva avvertito i suoi genitori che sarebbe andata a casa di Gwaine e Parsifal, vederla uscire con abiti del genere avrebbe dato via le sue vere intenzioni.

Più camminava e più si sentiva nervosa, essere circondata da quelle alte siepi la stavano facendo impazzire, si sentiva nuovamente in trappola, come nell’Arena. Si fermò prendendo dei profondi respiri, si sentiva come se le mancasse l’aria, come se le siepi si sarebbero chiuse sopra di lei privandole della luce del Sole. Fece un balzo all’indietro quando davanti ai suoi occhi vide la figura di Cenred.

L’uomo era immobile, sul viso un sorriso maligno circondato dai neri capelli sporchi. Quando fece dei passi indietro la figura sembrò animarsi, venendole incontro.

Chiuse gli occhi mentre le spalle incontravano una siepe, segno che si trovava in un vicolo cieco. Quando li riaprì al posto di Cenred c’era Valiant, il quale si muoveva molto più veloce, le mani già protese verso di lei come se volesse prenderla e farle quello che aveva sempre desiderato.

«Merlyn.» la voce di Anhora la riportò alla realtà, davanti a lei non c’era nessuno, le siepi non si stavano chiudendo sopra di lei e il respiro sembrava esserle tornato. Si portò una mano sul cuore, come per calmarlo, promettendosi che una volta tornata a casa ne avrebbe parlato con la madre, sicura che avrebbe saputo come aiutarla.

Camminò ancora a vuoto, fino a girare trovandosi faccia a schiena con Anhora.

«Dicevate che Arthur avrebbe affrontato una prova e siete qui per tendergli una trappola.» lo accusò sentendosi bollire dalla rabbia, che le sue visioni fossero frutto della magia del Guardiano degli Unicorni? L’uomo si girò, rivelandosi tenere una spada tra le mani.

«La trappola non è per Arthur: è per te.» disse prima che le radici delle siepi la intrappolarono. L’ultima cosa che vide fu il volto di Anhora completamente privo di emozioni.

Sedere su quel piccolo ceppo di legno era forse la cosa più scomoda che aveva fatto in quegli ultimi mesi, senza contare le varie fughe e combattimenti. Stavano aspettando in religioso silenzio l’arrivo di Arthur, Merlyn ancora non aveva idea di quale sarebbe stata la prova.

Il suo vestito era completamente rovinato, la gonna era stata lacerata dalla pianta, il corpetto si era leggermente slacciato e aveva i capelli pieni di foglie e arruffati.

Non aveva mosso un muscolo da quando si era risvegliata in quel posto e Anhora aveva fatto lo stesso.

Il rumore del mare le riempiva le orecchie e pensò a quanto sarebbe stato bello potersi tuffare e nuotare spensierata, facendosi cullare da quelle dolci onde. Era la prima volta che vedeva il mare, sua madre le aveva raccontato di quando lei c’era stata da piccola, in uno dei viaggi con il padre, ma quello che aveva davanti ai suoi occhi batteva alla gran lunga qualsiasi racconto.

«Merlyn?» la voce di Arthur ruppe il filo dei suoi pensieri. Si girò a guardarlo e non poté evitare di notare quanto fosse arrabbiato nel vederla lì.

Arthur non era semplicemente arrabbiato, era a dir poco furioso. Davanti a sé aveva una Merlyn completamente in disordine, i vestiti ridotti ad uno straccio e gli occhi lucidi. Desiderò con tutto il cuore affondare la sua spada nel petto di Anhora, ma la violenza lo aveva messo nei guai precedentemente e non avrebbe fatto lo stesso errore.

«Mi dispiace.» disse la ragazza con un labbro tremante, ad Arthur gli fece letteralmente male al cuore vederla così, poteva percepire quanto fosse stressata la ragazza.

«Lasciala andare.» disse al vecchio «Affronterò la tua prova ma lei dev’essere liberata.» aggiunse cercando di darsi un tono.

«Questo non è possibile. Merlyn fa parte della vostra prova.» rispose Anohra «Sedetevi, per favore.» aggiunse indicandogli il ceppo di legno dalla parte opposta alla fanciulla.

Arthur esitò «Se voi non affrontate la prova, Ealdor verrà distrutta.» disse il Guardiano convincendo l’uomo a sedersi. Posò la spada sopra il tavolo in un gesto provocatorio e facile da afferrare nel caso lo stregone avesse provato ad attaccarli.

«Credo di averti detto di rimanere a casa, Merlyn.» le disse con tono duro, non gli piaceva per niente averla lì in quella situazione pericolosa, quale uomo avrebbe voluto che la donna che amava fosse in pericolo per colpa sua? Nessuno, ecco chi.

Merlyn non rispose, deglutendo a vuoto.

Arthur lasciò perdere e si rivolse ad Anhora «Cominciamo.».

«Ci sono due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l’altro un liquido innocuo. Il liquido di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno di voi potrà bere da un solo calice.» spiegò Angora indicando i due calici sul tavolo.

Arthur fece una faccia confusa «Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa proverebbe?» domandò più arrabbiato che confuso. Non voleva perdere tempo quando ad Ealdor le persone pativano la sete e la fame.

«Questo sta a voi deciderlo.» rispose enigmatico l’uomo «Se la supererete la maledizione verrà annullata.» aggiunse come ultima cosa.

Arthur e Merlyn si guardarono, ora più preoccupati, nessuno dei due si aspettava che la prova avrebbe comportato la morte di uno dei due.

«Pensiamoci bene, Arthur.» esordì la donna sistemandosi leggermente a disagio il corpetto, il quale lentamente si stava aprendo mettendo in mostra più clavicola di quanto fosse accettabile «Ognuno di noi può bere da solo un bicchiere, ma se io bevo per prima e non trovo il veleno allora tu morirai.» disse guardando i due calici.

Arthur provò con tutte le sue forse a non guardare la stoffa del corpetto aprirsi sempre di più, tra l’altro l’aveva già vista senza vestiti, quindi nulla di nuovo. Però era così difficile concentrarsi in quel modo «Esatto, ma potresti prendere anche quella con il veleno e morire.» la corresse.

«Di certo la tua vita vale più della mia.» borbottò la giovane credendo di non essere sentita.

«Non dire sciocchezze, Merlyn, senza di te sarei già morto, quindi dovrò essere io a bere il veleno.»

«Andiamo, Arthur, non essere sciocco. Tu sei un uomo, abile con la spada, potresti diventare un cavaliere e proteggere dei poveri cittadini per quello che ne so. Io invece sono solo una maga, la gente cerca la gente come me per darci fuoco, tanto vale morire avvelenata.»

«Merlyn, ascoltami chiaramente, tu non morirai. Sarà io a bere quel veleno, è la mia prova. Tu andrai a Camelot, diventerai un medico sotto la guida di Gaius e aiuterai un sacco di gente. Servi più tu al mondo che un uomo che maneggia una spada.»

«No, lo berrò io. Non potrei mai sopportare se qualcosa ti accadesse per colpa mia.»

«Lo stesso vale per me!»

Anhora iniziava a sentirsi leggermente di troppo, ma non poteva nemmeno intervenire. Si vedeva che erano giovani, sciocchi e innamorati. Si schiarì la voce, cercando di riportare all’attenzione il principe ed Emrys.

Merlyn lo fulminò con lo sguardo «Okay, qui ci vuole un po’ di logica, quindi il lavoro spetta a me.» disse offendendo il ragazzo, posò entrambe le mani sui colli dei calici e se li portò davanti.

«Un calice, una persona.» disse lentamente e sembrò illuminarsi «Certo! Ecco cosa dobbiamo fare.» esordì versando il contenuto di un calice nell’altro «Ora siamo sicuri che è avvelenato.» confermò orgogliosa di aver risolto il problema.

Arthur sentì il cuore battergli nelle orecchie, vedere le mani di Merlyn stringere il calice pieno di veleno lo fece preoccupare «Attenta!» urlò indicando dietro di lei, la fanciulla lasciò andare il calice per girarsi pronta ad usare la magia per bloccare qualsiasi creatura stesse per attaccare loro. Non vide nulla, alle sue spalle c0era solamente sabbia bianca e il mare. Tornado a guardare Arthur lo vide con il calice.

«No, Arthur, non puoi farlo! Lo berrò io!» urlò spaventata.

«Come se te lo permettessi.» rispose il principe sentendo per la prima volta in vita sua di star facendo la cosa giusta. Se davanti a lui ci fosse stato Morris gli avrebbe fatto bere tranquillamente da quel calice.

«Arthur, per favore.» ora Merlyn stava piangendo e Arthur sarebbe morto con quell’immagine impressa nella mentre.

«Sono felice che ci sia tu qui con me, colgo anche l’occasione per dirti che…» si bloccò, era giusto confessare il suo amore quando da lì a pochi secondi sarebbe morto? Dio, non l’aveva nemmeno mai baciata «… ti amo.» concluse bevendo tutto in un solo sorso. L’ultima cosa che sentì fu l’urlo straziante della ragazza.

Merlyn si alzò vedendo il corpo di Arthur cadere a terra.

«Arthur, ti prego, svegliati!» ormai stava piangendo «Non puoi dirmi di amarmi e poi morire, perché ti amo anch’io!» lo scosse con più forza «Cosa gli avete fatto?!» ora si rivolse contro il Guardiano degli Unicorni «Ti prego, ti scongiuro, fate qualcosa, non lasciatelo morire!» pregò asciugandosi le lacrime «Prendete la mia vita, non la sua, per favore!» supplicò alzandosi in piedi.

«Non posso fare nulla, questa era la prova di Arthur.» rispose Anhora «E non è morto: ha solo assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.» confessò in fine.

Merlyn lo guardò confuso, si asciugò il viso con le maniche del vestito «Cosa?» domando credendo si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.

«Un unicorno è puro di cuore. Se ne uccidi uno, devi fare ammenda provando che anche tu sei puro di cuore.» spiegò «Arthur avrebbe sacrificato la sua vita per salvare la tua. Ha dimostrato ciò che davvero c’è nel suo cuore.» si avvicinò a lei lentamente «La maledizione è annullata.» la informò prima di scomparire nuovamente, lasciandola sola.

Arthur aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu una luce accecante e poi tra tutta quella luce comparve il dolce viso di Merlyn «Sono in Paradiso?» chiese piuttosto sorpreso, non si aspettava certo di finire tra i Beati dopo tutte le persone che aveva ucciso nel nome di Camelot.

«No, testa di fagiolo, sei ancora tra i vivi.» rispose la fanciulla arrossendo, l’aveva scambiata per un angelo, poteva permettersi di imbarazzarsi.

Lo aiutò a sedersi e gli passò dell’acqua che Anhora aveva avuto la gentilezza di lasciare. Lo aiutò a bere, aspettando che fosse lui a parlare per primo, infondo aveva iniziato lui a dichiararsi.

Arthur si sentiva leggermente in imbarazzo, aveva confessato il suo amore perché in punto di morte, ora come avrebbe potuto guardarla in faccia senza sentirsi un verme? Non ci voleva un genio per capire che la ragazza non lo ricambiava, sicuramente le piacevano le persone gentili e belle come Lancelot. Cosa gli era saltato in mente, dannazione? Dichiararsi e ora vivere per l’umiliazione di essere rifiutato dalla ragazza più spettacolare che avesse mai conosciuto.

Merlyn sembrò vedere il cervello di Arthur lavorare tanto che mossa dalla tenerezza gli afferrò il viso e lo baciò. Fu un semplice bacio, a stampo, forse più violento di quanto volesse, ma era il suo primo bacio, non era esperta!

Arthur inizialmente fu preso molto alla sprovvista, non aveva idea di cosa stesse succedendo; poi capì che Merlyn lo stava baciando. Per davvero. Lo stava baciando.

«Ti amo anch’io.» sussurrò abbracciandolo, nascondendo il viso per non fargli vedere quanto fosse diventata rossa. Arthur ricambiò l’abbraccio, sentendo di poter toccare il cielo con un dito, ora sì che non sarebbe mai più tornato a Camelot, poteva già vedere la sua vita con lei ad Ealdor.

«Ti amo.» ripeté anche lui cercando nuovamente il suo viso per baciarla ancora e ancora. Voleva baciarla fino alla fine dei tempi, ma dovevano tornare a casa.

Quando si furono calmati i due si incamminarono nuovamente all’interno del labirinto tenendosi per mano.

Andava tutto bene.

Hunith sorrise battendo una mano sul petto dell’amato «Guarda là.» disse indicandogli i due ragazzi scendere da cavallo, i loro sguardi dicevano tutto, non c’erano bisogno di parole. Balinor sorrise sconfitto, non poteva certamente impedire a sua figlia di amare quel ragazzo, non avrebbe di certo fatto alcuna differenza la sua approvazione. Merlyn era ormai una donna matura, più mature di tutte le altre ragazze del villaggio e Balinor doveva semplicemente accettare il fatto che si sarebbe imparentato a quel ragazzino. Meglio Arthur che Gwaine, si disse.

«Forse presto ci sarà un matrimonio.» disse Hunith «Forse, e sentimi bene forse, se dovessero sposarsi potrei lasciar perdere l’idea di mandarla da Gaius e potrai insegnarle tu a controllare i suoi poteri. Poi dovresti anche raccontarle cos’è oltre ad una maga.» sussurrò la donna nonostante non ci fosse nessuno in casa oltre loro due.

Balinor annuì «Non credi che sia troppo presto per maritarla?» domandò quasi non dispiacendosi più all’idea di vederla partire per Camelot.

Hunith sorrise «Oh, andiamo, avevo la sua età quando ti ho conosciuto.» gli ricordò con gli occhi che brillavano al ricordo, non potrà mai scordare quella sera che lo ha ospitato in casa sua, si era innamorata a prima vista.

L’uomo la baciò, il ricordo vivo nel suo cuore, l’unica cosa che in quegli anni da eremita lo avevano tenuto sano con la mente.

«Il Destino guiderà loro.» concluse guardando sua figlia sorridere al biondo.

Arthur posò il corno sul terreno della radura «Scusami, non avrei mai dovuto ucciderti.» disse provando del vero rimorso. Anche se quella vicenda si era conclusa in modo molto più che positivo per lui si sentiva in dovere di fare ammenda.

Meryln aveva ragione, uccidere animali per puro divertimento era immorale, da quel giorno in poi si sarebbe dedicato alla caccia solamente con lo scopo di nutrirsi quel che bastava.

La ragazza gli prese una mano e gli sorrise, orgogliosa che l’uomo avesse capito il suo errore e che stesse cercando di onorare la creatura.

«Guarda.» la maga indicò dall’altra parte della radura, un unicorno li stava guardando.

«Quando colui che uccide l’unicorno dimostra di essere puro di cuore, l’unicorno vive di nuovo.» la voce di Anhora riempì la radura, ma l’uomo non si fece vedere.

Merlyn posò una mano sul cuore di Arthur «Sei stato bravo.» gli disse prima di mettersi in punta di piedi per dedicargli un dolce bacio all’angolo della bocca.

Il principe sorrise, sentendosi finalmente amato e nel posto giusto.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


Capitolo nove

 

 

Hunith osservò Merlyn saltare sulle spalle di Gwaine, usandolo a mo’ di cavallo, in una mano teneva un bastone di legno; dall’altra parte sulle spalle di Parsifal si prestava un divertito Lancelot. Alla donna sembrava di vedere quattro bambini giocare a fare i cavalieri.

Balinor socchiuse gli occhi, osservando attentamente dove le mani di Gwaine si posassero, gli bastava già vederla baciare Arthur ogni Santa mattina.

I due avevano ufficializzato il corteggiamento, Arthur aveva avuto anche la faccia tosta di chiedere la sua benedizione, come se non avesse già fatto tutto da solo. Balinor era stato costretto a dargliela, Hunith non glielo avrebbe perdonato se si fosse rifiutato. Merlyn d’altro canto sapeva scegliere le sue compagnie, la donna si fidava ciecamente di ogni sua decisione.

«La gente sta iniziando a parlare, Hunith.» la voce stridula ed altamente fastidiosa della signora Imogen – la madre di Ranulf, Petronilla e Bertrada – interruppe quello che era un piacevole silenzio riempito dalle risate dei giovani giocherelloni. Balinor voleva strozzarla, il più delle volte, i suoi figli erano una piaga per l’umanità e non facevano altro che parlare male della sua adorata Merlyn.

Hunith alzò lo sguardo dal vestito che stava cucendo, aveva scelto della stoffa verde che costava poco, ma di buona qualità «La gente parla sempre, Imogen.» rispose con un sorriso, per niente disturbata dalla sua arroganza, ormai dopo tutti quegli anni ci aveva fatto l’abitudine. Imogen era la pettegola del villaggio, sapeva gli affari di tutti e li diffondeva di casa in casa, era riuscita addirittura ad esasperare il buon Matthew.

«Di tua figlia, come al solito.» sbuffò la donna che aveva ben perso il conto di quante volte avesse sparlato di Merlyn.

Balinor si alzò in piedi, sovrastando la pettegola, non avrebbe di certo permesso a quella vipera di buttare fango sulla sua bambina. Imogen fece un passo indietro, spaventata da quell’uomo.

Hunith si alzò a sua volta, posò una mano sul braccio dell’amato «Cos’ha combinato, secondo te, questa volta?» le domandò leggermente esasperata, lei certamente non andava a lamentarsi da lei ogniqualvolta uno dei suoi figli le recavano disturbo.

Imogen sbuffò infastidita «La tua ragazza è una vera scostumata, parte e scompare per un anno, torna con cinque uomini e amoreggia con uno di loro, senza esserne maritata.» spiegò il problema, anche se il problema i due genitori non lo vedevano.

«Ma come, non amoreggiavate anche tu e Milo prima di maritarvi?» domandò fintamente confusa la donna, con tanto di mano posata sulla fronte come se cercasse di ricordare «E se non sbaglio ieri ho visto Bertrada baciarsi con Osbert.» aggiunse facendo sbiancare Imogen, la quale non aveva nessuna idea che la sua adorata figliola si frequentasse con il figlio del falegname. Si coprì la bocca inorridita, la sua Bertrada doveva sposare qualcuno di più ricco o come minimo più avvenente, come uno degli amici di Merlyn.

Senza nemmeno rispondere Imogen marciò via, diretta verso la figlia che stava raccogliendo il tritico. Da lì a pochi secondi sia Hunith che i ragazzi che stavano ancora giocando a fare i cavalieri sentirono la donna urlare a Bertrada mentre la tirava per un orecchio fuori dal campo, seguite da Petronilla. Balinor vide Osbert sbiancare, capendo che la loro relazione clandestina era stata messa allo scoperto. Il ragazzo lascò cadere a terra l’ascia e se la diede a gambe nel bosco, lasciandosi alle spalle il padre che gli intimava di tornare indietro.

Hunith sorrise soddisfatta, non le piaceva parlare degli affari altrui, ma quando ci voleva non poteva farci nulla «Così impara.» sussurrò sorridendo complice al compagno.

Balinor la guardò con occhi adoranti, non poteva credere di aver incontrato una donna del genere, così intelligente e gentile, e di aver messo al mondo una figlia come Merlyn. Era veramente l’uomo più fortunato del mondo.

«Non credi che Arthur dovrebbe veramente chiederle di sposarla?» domandò la donna, ora un po’ più preoccupata «Insomma, se le sue intenzioni fossero serie non dovrebbero esserci problemi.» aggiunse torturandosi le mani. Non stava cedendo alle cattiverie di Imogen, solamente non voleva che Merlyn soffrisse ancora a causa di quelle male lingue, poteva ricordare vividamente ogni volta che sua figlia era tornata a casa con gli occhi piene di lacrime perché i suoi coetanei l’avevano presa in giro.

L’uomo scosse la testa «Non c’è bisogno di afferrarli, sono ancora troppo giovani.» disse ben sapendo che non era la realtà. Se magari nei villaggi più rurali i matrimoni si festeggiavano ad una giovane età, nelle città molte fanciulle non si maritavano prima delle ventuno estati, e lui che era cresciuto a Camelot sapeva perfettamente di cosa stesse parlando.

Hunith annuì, lasciando cadere la conversazione, nessuno dei due si sarebbe intromesso nella relazione di Merlyn e Arthur.

Arthur posizionò la candela al centro del tavolo, aveva invitato Merlyn a cena da lui, senza pensare che effettivamente le avrebbe dovuto preparare la cena. In tutta la sua vita non aveva mai dovuto preoccuparsi di cucinare e fino a qualche giorno fa Hunith lo aveva come ospite perenne nella sua dimora per i pasti.

Guardò il pollo spennato che Lancelot gli aveva procurato, lo aveva comprato al mercato a Engerd. Non aveva la minima idea di cosa dovesse fare. Lo toccò sentendone la freddezza e la viscosità, non poteva credere che la cuoca di palazzo toccasse quella roba ogni giorno a mani nude.

Il Sole stava tramontando, aveva poco tempo per litigare con un pollo. Si infilò la giacca e andò a passo svelto a bussare a casa di Lancelot, ma non sembrava esserci nessuno. Sbuffò spazientito e andò a bussare a quella di Gwaine e Parsifal.

Ad aprirgli ci pensò Gwaine, tra le mani un boccale pieno di birra «Hey, principessa!» lo salutò tirandolo praticamente dentro casa, all’interno c’erano Parsifal e Lancelot «A cosa dobbiamo la visita? Credevo che questa sera avresti preparato la cena per la nostra cara Merlyn.» disse senza alcuna malizia o cattiveria nella voce.

Dopo la loro avventura nel labirinto di Gedref i due erano tornati a casa mano nella mano e nonostante avessero provato a tenere la loro relazione un segreto era molto difficile con degli amici impiccioni come loro. Arthur aveva deciso di parlare in privato con Gwaine, spiegargli come si sentiva e promettendogli che se lui non fosse stato d’accordo avrebbe lasciato Merlyn. Il castano era invece rimasto entusiasta all’idea che i suoi amici si fossero finalmente dichiarati, rassicurandolo che ormai vedeva Merlyn solo come una sorella minore.

Erano ormai passati due mesi da quel giorno e nel corso delle settimane non era cambiato poi tanto tra di loro, continuavano a battibeccare, si cacciavano nei guai, l’unica differenza era che adesso si scambiavano qualche bacio o si tenevano per mano. Arthur non si era mai sentito così innamorato prima di quel momento, aveva voluto bene a Gwen, ma non era paragonabile a quello che provava per Merlyn.

«Non so come cucinare il pollo.» ammise senza troppi giri di parole, non c’era tempo per perdersi in chiacchiere. La ragazza avrebbe bussato alla sua porta molto presto.

Parsifal trattenne una risata, chiedendosi come un uomo fatto e finito non sapesse cucinare la carne più semplice che c’era. Perfino Gwaine ne rimase sorpreso, non poté fare a meno di chiedersi che vita conducesse Arthur prima di finire nell’arena.

Lancelot si alzò dalla seggiola, poteva perfettamente comprendere che il Principe Arthur Pendragon non sapesse come prepararsi la cena, perennemente circondato da servitori «Ti aiuterò io.» dichiarò per venire letteralmente braccato da Gwaine, il quale aveva posato il suo boccale pur di non fargli fare un altro passo.

«No, no, no.» disse muovendo l’indice a destra e sinistra «Arthur, qua hai un’occasione imperdibile, ascoltami: cucinate insieme!» esordì con gli occhi che brillavano dall’emozione «Cucinate, si crea un’atmosfera romantica, tu ti metti dietro di lei mentre ti spiega come cucinare il pollo, le baci il collo e BAM! È perdutamente tua e dimenticherete la cena per fare cose molto più piacevoli ed interessanti.» spiegò cercando tra i suoi amici il consenso per quell’idea, ma nessuno dei tre sembrava comprendere il suo genio.

Arthur gli regalò un pugno, forte, sulla testa «Idiota, non sto cercando di toglierle la sua virtù!» esclamò offeso che si potesse pensare di lui in quel modo, era un nobile, sia di titolo che di animo. Non avrebbe mai portato Merlyn sulla strada del Diavolo per appagare i suoi desideri fisici. Si fermò a pensare se la differenza di religione potesse comportare un problema tra di loro, il principe era stato cresciuto credendo a un Dio unico, frequentando la chiesa di Camelot, mentre la fanciulla era appartenente all’Antica Religione. A lui non creava nessun turbamento, non era mai stato particolarmente credente, mentre alcuni dei suoi cavalieri partivano alla carica invocando il nome di Dio, Arthur combatteva nel nome dei cittadini di Camelot.

Lancelot trattenne una risata «Non ha tutti i torti.» disse mettendosi tra i due «Ovviamente non sull’ultima parte, quella è da evitare se non vuoi che Balinor ti dia alle fiamme, ma cucinare insieme potrebbe essere una buona idea.» si spiegò meglio notando lo sguardo scandalizzato del principe.

«Non voglio fare la figura di un incapace.» borbottò Arthur per niente entusiasta di mostrare alla donna amata di non essere capace di fare qualcosa.

Parsifal questa volta rise «Oh, andiamo Arthur, come se già non lo sapesse.» gli fece notare ricordandogli che ormai si conoscevano da molto tempo e che certamente Merlyn non lo aveva mai visto cucinare nulla.

«Su su, adesso vai a casa e aspetta la tua maga–amata!» Gwaine come lo aveva tirato dentro la casa lo spinse fuori.

Arthur sospirò pesantemente, che amici inutili che si era trovato.

«Andiamo, Will, non tenterà alla mia virtù.» rise Merlyn mentre si guardava al piccolo specchio, cercava di sistemarsi i capelli che non sembravano aver voglia di rimanere rinchiusi in ordine nella lunga treccia che sua madre si era offerta di farle in occasione dell’appuntamento.

Aveva indossato il suo abito migliore, l’unico senza toppe a coprire gli strappi. Glielo aveva confezionato la madre con della stoffa regalata dal padre. Era blu scuro, Hunith lo aveva decorato come meglio poteva con dei ricami in argento, Merlyn se ne era innamorata seduta stante. Era molto elegante, qualcosa che non avrebbe mai potuto indossare per la vita di tutti i giorni, ma la donna aveva ben pensato di farle qualcosa di speciale.

Will arricciò il naso, decisamente scettico «Be’, è difficile resisterti se ti agghindi così.» rispose indicandole la scollatura quadrata che metteva in bella mostra le sue parti femminili. Il ragazzo non l’aveva mai vista così bella, ma Merlyn durante la sua permanenza nell’arena aveva avuto più abiti di quel tipo, quindi era sicura che Arthur non sarebbe rimasto per niente sorpreso nel vederla così. L’aveva vista con della paglia tra i capelli, con dei pantaloni e anche completamente sporca di fango, Merlyn non aveva paura di mostrarsi il qualsiasi situazione.

Merlyn gli fece volare dritto sulla faccia la pezza con cui la madre puliva il secchio da mungitura, l’odore di latte ancora presente e sgradevole.

«Non mi sto agghindando.» disse pizzicandosi leggermente le guance per darle un po’ di rossore, aveva visto Evelune farlo più volte prima di imboscarsi con qualche ragazzo.

«Certo, è io sono innamorato di Ranful.» sbuffò il castano tirandole la treccia, distogliendola dal riflesso sullo specchio. Non aveva mai visto l’amica comportarsi in quel modo, nemmeno quando aveva avuto quell’assurda cotta per un uomo di passaggio che aveva cercato riparo ad Ealdor per un paio di settimane. Will doveva ammettere che almeno quella volta il candidato al suo cuore era molto più bello, il viandante aveva una fila di denti gialli e storti, ma Will si ricordò che Merlyn si innamorava delle anime, non dell’aspetto.

Il ragazzo aveva osservato a lungo quei quattro stranieri, erano così diversi l’uno dall’altro che si chiedeva come facessero ad andare d’accordo. Se poi avesse dovuto scegliere uno di loro per la sua migliore amica si sarebbe gettato su Lancelot, l’unico che sembrava avere veramente la testa sulle spalle. Non odiava Arthur, per carità, gli era completamente indifferente, ma lo aveva visto spesso guardare l’orizzonte, come se pensasse di scomparire nella notte e tornare alla sua vera casa.

Se quel biondo si fosse anche solo azzardato a mettere piede fuori da Ealdor con l’intenzione di abbandonare Merlyn lo avrebbe seguito solo per dargli un bel pugno dritto sul naso, con la speranza di romperglielo.

Merlyn era chiaramente e perdutamente innamorata, Will non poteva più nemmeno sperare di attirare la sua attenzione.

«Dio, Will, Ranful no!» rise la ragazza mentre afferrava il mantello, era pronta per uscire. Fortunatamente gli abitanti di Ealdor erano già rinchiusi nelle loro case a cenare, quindi nessuno si sarebbe accorto del suo piccolo viaggio in casa di Arthur. Due giovani innamorati in una casa da soli, che scandalo!

«Così mi ferisci, Merls, io ero pronto a dichiarargli il mio amore e tu ora hai seminato il seme del dubbio nel mio cuore!» il ragazzo si porto le mani sul cuore, l’espressione tremendamente offesa, come se Merlyn avesse insultato la persona che aveva più cara al mondo.

La maga fece scivolare la sedia da sotto l’amico, facendolo finire con il sedere a terra. Con un altro movimento della mano incantò le fiamme del camino per girare intorno al ragazzo «Ma no, Will, vedo quanto arde il tuo amore per lui.» disse sorridendo divertita. Le era mancato molto Will, quei mesi lontana da casa, senza il suo migliore amico, erano stati sopportabili solamente grazie a Gwaine e Lancelot, i primi che l’avevano fatta sentire a casa.

Fece tornare le fiamme al loro posto, per poco Will non prendeva fuoco «Quante volte Hunith ti ha detto di non giocare con il fuoco?» la richiamò Will che stava spegnendo un piccolo focolaio sulla manica della sua tunica.

Merlyn mise su un’espressione angelica e senza che Will potesse farle una ramanzina degna di sua madre uscì di casa, diretta da Artuhr.

Il principe di Camelot doveva aver veramente perso la testa. Quando era stato catturato, molti mesi prima, con sé non aveva nulla di valore ad eccezione di un piccolo oggetto che teneva in una piccola tasca nascosta nella sua giacca migliore. Fortunatamente non gliela avevano sequestrata, le guardie avevano controllato solamente se avesse delle armi addosso o delle monete.

Guardò il piccolo anello che aveva costudito con gelosia per tutta la sua vita. L’anello di sua madre, la regina Ygraine. Era fine, un cerchio d’oro con un rubino incastonato al centro. Non era particolarmente sfarzoso, niente in confronto a quelli delle altre regine, ma Gaius gli aveva raccontato spesso di come sua madre fosse una donna semplice, una regina che aveva più a cuore il benessere dei suoi sudditi che indossare gioielli e vestiti di lusso.

Si era promesso che avrebbe donato quell’anello solamente alla donna che amava con tutto il cuore, l’unica che avrebbe potuto avere l’onore di indossare un oggetto così importante. Non aveva mai pensato di darlo in dono a Gwen, il loro amore era stato breve e per niente intenso, giusto fievoli baci scambiati dietro colonne e scampagnate di pochi minuti al di fuori delle mura di Camelot.

No, Arthur non poteva nemmeno mettere in comparazione Merlyn con Gwen. Lei era molto di più, era unica. Ed era una maga, Arthur non si sarebbe mai immaginato che un giorno si sarebbe follemente perso per quello che suo padre aveva insegnato a odiare.

Si rigirò l’anello tra le mani, se avesse chiesto a Merlyn di sposarlo non sarebbe più potuto tornare a Camelot. Sposare Merlyn significava rinunciare a qualsiasi diritto al trono e qualsiasi possibilità di tornare alla vita agiata che aveva vissuto fino alla sua cattura.

Sposare Merlyn era la cosa giusta.

Per poco non fece cadere a terra l’anello quando sentì bussare alla porta. Si affrettò a nasconderlo nella tasca dei pantaloni, pronto ad essere tirato fuori nel momento giusto. Dio, Arthur si sentì uno stupido, ovviamente prima doveva chiedere il permesso a Balinor e Hunith! Sapeva come funzionava tra le persone comuni, quelle che non avevano un padre che gli lanciasse qualsiasi principessa tra le braccia e prendesse tutte le decisioni senza renderlo partecipe.

Aprì la porta e rimase piacevolmente sorpreso dal vedere Hunith e Balinor, tra le mani la donna teneva del pane fresco, l’odore riempì immediatamente la sua piccola abitazione.

«Siamo appena stati al forno, ho pensato di portarti qualcosa da accompagnare con le verdure e il pollo.» sorrise la donna, ben sapendo che il ragazzo era completamente sprovvisto di pane «Merlyn si sta ancora preparando, arriverà tra un po’.» rise ripensando all’agitazione della figlia per il suo vero e primo appuntamento ufficiale, solamente loro due, senza nessun’altro nei paraggi a prendersi gioco di loro.

Arthur sorrise a sua volta «Grazie mille, Hunith, voi siete un angelo.» usò la sua voce da principe, come se Hunith le avesse offerto Ealdor per estendere Camelot «Già che siete qui vorrei chiedervi una cosa…» aggiunse prima che potessero andarsene.

Balinor inarcò un sopracciglio, non era mai niente di buono quando quel moccioso doveva chiedere qualcosa. Aveva ucciso un altro unicorno? Aveva provocato un griffone? Era andato a punzecchiare un Anfac? Dei, voleva strozzarlo.

La donna gli sorrise incoraggiante, dal nervosismo poteva solo immaginare di cosa si trattasse.

«Ecco…» Arthur si grattò la nuca, completamente in imbarazzo. Come si chiedeva la mano di una fanciulla? Soprattutto, come si chiedeva la mano di una fanciulla al padre che non vedeva l’ora di farlo fuori?

«Per me va bene.» lo tolse dall’imbarazzo Hunith regalandogli un dolce sorriso materno, Arthur si chiese se anche sua madre sarebbe stata d’accordo.

Balinor prese un profondo respiro «Anche per me, ma se provi anche solo a farle versare una lacrima tu sei morto.» lo minacciò. Il ruolo di padre gli si addiceva, si sentiva quasi una persona migliore, e minacciare quel ragazzino gli provava particolare piacere, forse ora capiva perché tutti a corte si lamentassero dei suoceri.

«Oh, sono così emozionata!» esclamò Hunith battendo le mani in chiaro segno di felicità «Non vedo l’ora di cucirle l’abito cerimoniale.» aggiunse tirando il braccio di Balinor «Devo assolutamente mandare Lancelot a Camelot per comprare della stoffa e avvertire Gaius che Merlyn non andrà più da lui.» aggiunse più a sé stessa che ai due uomini.

«Ovviamente, mia diletta, incaricheremo Lancelot domani mattina per prima cosa.» la assecondò Balinor felice di vedere l’amata così emozionata.

Hunith prese le mani di Arthur «Hai qualche preferenza per il colore del vestito?» domandò gentilmente, mentre alcune persone avevano preso la tradizione cristiana dello sposarsi in bianco Hunith era decisamente contraria. Amava i vestiti colorati, qualcosa che emanasse gioia e non semplicità.

Arthur arrossì leggermente, stava veramente parlando di matrimonio con i suoi futuri suoceri «Rosso.» rispose d’istinto. Voleva battersi una scarpa sulla fronte, il rosso era un colore costoso, non c’era alcuna possibilità che potessero permetterselo.

«Rosso e oro, ottima scelta, Arthur!» esclamò nuovamente la donna, per nulla turbata dalla scelta del ragazzo. Aveva dei risparmi, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dare un minimo di dote per il matrimonio di Merlyn e aveva abbastanza per permettersi della stoffa di quel colore prezioso.

Balinor lo guardò sospetto, ma non disse nulla.

L’imbarazzo venne rotto dall’arrivo di Merlyn. Arthur rimase a bocca aperta, la fanciulla era semplicemente stupenda e la luce notturna delle stelle la facevano sembrare una dea.

«Merlyn, tesoro, stai benissimo.» disse Balinor con gli occhi lucidi dall’emozione «Quelli sono i colori della mia casata nobiliare.» aggiunse trattenendo un singhiozzo al ricordo della sua famiglia, della sua infanzia circondato da vesti blu e argento. Ricordò con rabbia Uther, il suo scherzare sul rendere i colori di Camelot il rosso e l’oro in quanto l’opposto della sua casata. Ci aveva riso su, se lo ricordava, gli aveva battuto una mano sulla spalla dicendogli che era una grande idea.

Merlyn arrossì «Sembrano i colori di Mercia.» commentò semplicemente, suo zio Gaius le aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere sui Regni.

Balinor sorrise «Sì, la nostra famiglia è originaria di Mercia, dopo ci siamo spostati a Camelot per varie questioni.» divagò senza raccontare di quella che era stata la sua amicizia con Uther, solo Hunith ne era a conoscenza, ai ragazzi nella caverna aveva raccontato solamente gli ultimi mesi della sua permanenza a Camelot e della sua fuga ad Ealdor, non era mai sceso in questioni personali.

«Andiamo, caro, lasciamoli soli.» lo richiamò Hunith facendo l’occhiolino alla figlia, doveva andarsene prima di rivelarle della proposta. Era così emozionata, sua figlia aveva trovato l’amore ed era a conoscenza della sua vera natura. Per anni aveva temuto che non avrebbe trovato l’amore a causa del suo segreto, aveva tremato all’idea di vederla sola e triste fino alla fine dei suoi giorni. Mai come in quel momento ringraziò l’arrivo dei cavalieri di Cenred che avevano reso l’incontro tra Merlyn e Arthur possibile, ma se era Destino sicuramente si sarebbero incontrati anche in altre circostanze, magari al mercato di Camelot.

Merlyn salutò imbarazzata i genitori prima di girarsi verso Arthur «Hey.» disse spostando una ciocca ribelle dietro l’orecchio. L’uomo sorrise dolcemente, abbassandosi abbastanza da donarle un bacio a fior di labbra.

Una volta entrati Merlyn tolse il mantello, posandolo sul piccolo gancio che lei stessa aveva montato vicino alla porta. La casa era perfetta, Arthur non aveva mai spostato nulla, l’arredamento era completamente opera della maga.

«Non c’è niente di pronto…» iniziò leggermente imbarazzato «ho pensato che sarebbe stato più, ehm, romantico cucinare insieme.» concluse con le guance che sembravano andare a fuoco. Non si era mai fatto trovare impreparato, solitamente George preparava tutto di quello che aveva bisogno, anche consegnare fiori alla fanciulla del momento.

«Oh, ma è un’idea fantastica!» esordì Merlyn veramente sollevata, già aveva pensato all’intossicazione alimentare che si sarebbe presa dopo la cena, Arthur era abile con la spada quanto era negato in cucina. Alzò leggermente le maniche del vestito e andò a prendere il grembiule bianco che aveva messo in uno dei cassetti dopo che Arthur le aveva esplicitamente detto che non si sarebbe mai messo un grembiule per cucinare del porridge.

Il principe si perse nel vederla lì, bellissima, in quell’aria domestica, pronta a preparare la cena insieme a lui. Immaginò il resto della sua vita così, magari con qualche bambino a fare loro compagnia. Ne volva a bizzeffe, tanti piccoli da addestrare nell’arte della spada e delle piccole da trattare come principesse. Non aveva mai pensato ad avere dei bambini, forse giusto uno per continuare il lignaggio dei Pendragon, con una donna che non amava, per assicurare a Camelot un erede.

Avevano appena messo il pollo sul fuoco quando Arthur si fece coraggio, era quello il momento, doveva assolutamente coglierlo. Si schiarì la gola, attirando l’attenzione di Merlyn che stava sistemando alla meglio il pollo al centro del fuoco, così da farlo cuocere uniformemente. Si mise in ginocchio, come Morgana gli aveva insegnato quando giocavano, la solita romantica.

Afferrò dalla tasca l’anello e mandò giù della saliva.

Merlyn lo guardò stranita, cosa ci faceva Arthur sul pavimento?

«Merlyn, tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò, completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male, qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo «Poi ti ho conosciuta veramente, ho capito che sei forse la persona più forte, coraggiosa e speciale che io abbia mai incontrato in vita mia. Quando siamo scappati dall’Arena e avevi intenzione di avventurarti per il bosco da sola ho veramente pensato che tu fossi pazza e con un desiderio di morte.» ricordò chiaramente anche la diffidenza nei suoi confronti «Poi abbiamo trovato tuo padre e non andiamo nemmeno d’accordo, per dirla tutta.» aggiunse come piccola parentesi «Ormai siamo a Ealdor da quasi un anno, ci conosciamo praticamente da due, e ho imparato a conoscerti a fondo. Non ti fai mettere in piedi in testa da nessuno, sei una grande lavoratrice, non ti scoraggi mai e hai il cuore più gentile che io abbia mai incontrato.» sì, era veramente passato tanto tempo da quando era lontano da casa, ma Camelot non gli mancava per niente, con tutti i suoi doveri e le persone false che lo circondavano «Al porto di Gederf ho bevuto del veleno per te, berrei del veleno per te in qualsiasi occasione, mi prenderei una spada dritta al cuore per te.» le prese la mano, notò che stava tremando leggermente «Perché ti amo.» disse mostrandole l’anello «Ti amo più di me stesso e so che siamo in una relazione romantica da solamente due mesi, ma so che il mio cuore può essere solo tuo.» prese un profondo respiro «Quindi ti chiedo: Merlyn vuoi rendermi l’uomo più felice su questa Terra e rendermi tuo marito?» domandò cercando di non oggettificarla, aveva sentito tante di quelle discussioni tra lei e Lancelot su come le formule matrimoniali fossero maschiliste. Merlyn non poteva essere suamia moglie – ma Arthur poteva essere suo.

La maga non guardò nemmeno l’anello per quanto era concentrata a guardare Arthur negli occhi, nessuno l’aveva mai guardata in quel modo.

«All’inizio pensavo che fossi un idiota.» rispose trattenendo le lacrime dell’emozione «Lo sei ancora, ma l’unica differenza è che ora ti amo.» rise allo sguardo offeso dell’uomo «Perciò sì, Arthur, ti renderò mio marito.» acconsentì fingendosi altezzosa, come se gli stesse facendo un favore.

Arthur si alzò per baciarla, il pollo completamente dimenticato tra le fiamme. Le prese il volto tra le mani, facendo scontrare le loro labbra in un bacio profondo, come mai prima d’ora. Le mani della ragazza gli circondarono le spalle, spingendolo contro di sé, in un piacevole invito a continuare.

La stanza si riempì di farfalle svolazzanti, blu e luminose come loro solito, ogni secondo in più che baciava Merlyn le farfalle aumentavano.

«Forse dovremmo fermarci.» suggerì l’uomo senza perdere il sorriso.

Merlyn annuì ed andò ad aprire la finestra, lasciando che le farfalle uscissero per librarsi nel cielo.

Quando si girò a guardare Arthur sentì nuovamente la sua magia spingere per creare nuove farfalle, ma si trattenne. Era immensamente felice, non si sarebbe mai aspettata di ricevere una proposta di matrimonio, non quando era cresciuta sentendosi dire che una bastarda come lei sarebbe morta sola.

Arthur le prese la mano sinistra e gentilmente infilò l’anello di Ygraine sul suo dito anulare «Era di mia madre.» disse sorridendo tristamente al suo ricordo.

Merlyn notò immediatamente che si trattava di vero oro, il fiato le si mozzò in gola. Arthur non parlava spesso del suo passato, lei non lo aveva mai spinto a farlo, ma quell’anello dava decisamente via l’informazione che appartenesse alla nobiltà. Chi altro avrebbe potuto permettersi un anello del genere? Dio, la pietra era vera? Aveva sul dito quello che valeva le stesse monete che lei non avrebbe guadagnato nemmeno lavorando fino alla fine della sua vita.

«Grazie, è stupendo.» si limitò a dire, ringraziandolo sinceramente, si sentiva come se saltando sarebbe arrivata a toccare il cielo e sentire la consistenza delle nuvole.

Arthur notò il suo sguardo indagatore, era ovvio che si facesse delle domande con un oggetto di valore del genere. La invitò a sedersi a tavola, mentre tirava fuori il pollo leggermente bruciato «Vengo da una famiglia nobile.» spiegò mentre tagliava la carne «Ero un cavaliere di Camelot.» aggiunse anche per spiegare le sue abilità da spadaccino «Ero in missione quando sono stato catturato.» disse sorridendo divertito al ricordo di come era stato stupido, era stato preso come un novellino alla prima missione, suo padre si vergognerebbe di lui.

Merlyn gli prese una mano, stringendola leggermente per fargli capire che non doveva parlare se non voleva. Il passato delle persone non doveva influenzare il loro presente. Merlyn lo amava, incondizionatamente.

«Non ho mai voluto tornare a Camelot, ma nemmeno fermarmi ad Ealdor.» ammise ripensando ai suoi piani di vagabondare per i regni, un po’ come aveva fatto Gwaine «Ma al solo pensiero di staccarmi da voi, da te, mi rattristavo. Non ho mai avuto dei veri amici, tanto meno una fanciulla abbastanza paziente da amarmi.» le baciò dolcemente la mano, Gwen era dolce e paziente, ma nemmeno lei era riuscita a sorvolare su alcuni suoi comportamenti. Ovviamente era cambiato, in meglio, ma era sicuro che anche se avesse incontrato Merlyn nei suoi veri panni lei si sarebbe innamorata comunque di lui.

«Non so se avrei sopportato vederti andare via, ormai mi ero affezionata.» ammise la maga «Poi mi hai fatta innamorare, quindi non potrai più andare da nessuna parte senza di me.» aggiunse sporgendosi oltre il tavolo, ignorando l’odore succulento del pollo, per dargli un bacio.

Amava la sua vita, avrebbe rinunciato a Camelot con piacere.

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


Capitolo dieci

 

 

Lancelot si guardò intorno leggermente ammaliato, Camelot era così diversa da come se la ricordava. Nella sua visita d’infanzia non aveva nemmeno notato l’enormità del castello, o i numerosi banchi nel mercato. Quando era venuto con suo padre, poco prima della sua morte, era rimasto affascinato solamente dai cavalieri che si allenavano a pochi passi da loro, mentre il padre contrattava con un mercante per vendergli la loro migliore lana.

Il popolo però non sembrava particolarmente felice, camminavano silenziosi, come se avessero paura che una sola parola sarebbe costata loro la vita.

Si avvicinò al mercante di stoffe, cercando la stoffa rossa che Hunith gli aveva chiesto di procurare per il matrimonio di Merlyn e Arthur. Non poteva credere che Arthur avesse fatto la proposta senza nemmeno prima chiedere consiglio a nessuno di loro, era completamente fuori dagli schemi. Come poteva il Principe di Camelot fare un’azione così avventata? Lancelot prevedeva già dei problemi per il futuro, se lo sentiva nel profondo del cuore che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, allora lì Balinor gli avrebbe staccato la testa dal collo.

Scelse la stoffa più bella ma abbastanza economica e del filo dorato per le ricamature. Il suo acquisto costò abbastanza da lasciarlo con qualche moneta da ripotare ad Hunith e Balinor.

Si avviò verso il castello, la lettera per Gaius stretta in mano. Non sapeva quanto fosse saggio per lui avventurarsi tra le mura del castello, tutti sembravano sull’attenti in una maniera preoccupante.

Si era decisamente perso, per la terza volta si ritrovò davanti la stessa scalinata che aveva già passato e non se la sentiva di fermare qualche guardia per chiedere delle informazioni. Correvano tutti, a palazzo, da una parte capì perché Arthur si stesse rifugiando nella tranquilla campagna.

Girando l’angolo andò a sbattere contro qualcuno, qualcuno che teneva una cesta piena di lenzuola, le quali caddero rovinosamente a terra.

«Vogliate perdonarmi, milady.» si affrettò a dire raccogliendo le pregiate lenzuola, vergognandosi per non essere stato attento.

«Oh, non sono una Lady.» rispose la fanciulla e quando Lancelot alzò lo sguardo per incontrare il suo rimase semplicemente fulminato. Non aveva mai visto tale bellezza racchiusa in due occhi. Si scordò di Merlyn e dell’amore che aveva provato per lei. Merlyn in confronto alla donna davanti ai suoi occhi passava decisamente in secondo piano e non lo diceva con cattiveria.

«Accettate le mie scuse ugualmente, Miss.» fece un breve inchino, imbarazzato.

«Non c’è bisogno che vi scusiate, my Lord.» rispose la fanciulla ricambiando l’inchino.

«Oh, ma io non sono un Lord.» Lancelot pronunciò quelle parole senza rendersi conto di aver mimato la graziosa donna, si sentì particolarmente stupido e non accadeva spesso una cosa del genere.

«Allora, io sono Gwen, voi siete?» la donna gli sorrise dolcemente, la pelle delle guance si macchiò di un leggero rossore, nascosto dal carnato caramello.

«Lancelot, al vostro servizio.» rispose porgendole la cesta con le lenzuola. Era veramente la peggior figura che avesse mai fatto, fortunatamente non c’era Gwaine a commentare, quell’uomo riusciva a rendere una situazione già imbarazzante di suo peggiore.

«È un piacere avervi conosciuto, non si vedono stranieri da tanto tempo qui a Camelot.» commentò coprendosi subito la bocca, come se avesse dato via un’informazione di importanza cruciale.

«Vogliate scusarmi.» aggiunse Gwen spostando il peso da un piede all’altro, decisamente a disagio «Sfortunatamente da quando il Principe Arthur è scomparso è raro che forestieri vengano in città, temono che possano essere convocati dinanzi a Re Uther per essere indagati sul rapimento del Principe.» spiegò ricordando amaramente la pazzia che colpì il loro Re quando le tracce del figlio si persero. Erano passati due anni, ma l’uomo non aveva ancora perso la speranza, finché non avrebbe avuto un corpo su cui piangere il Principe Ereditario Arthur Pendragon era in vita.

Lancelot si sentì in colpa, la gente soffriva la scomparsa del proprio principe e lui sapeva esattamente dove si trovasse. Non avrebbe mai e poi mai fatto la spia, non voleva che il sogno d’amore dei suoi due amici finisse in frantumi.

L’uomo si guardò intorno a disagio, non sapeva veramente cosa dire, non sapeva mentire, quindi decise di buttarsi su un altro argomento «Ho una lettera per Gaius, il medico di corte, sa dove posso trovarlo?» domandò facendo il suo migliore sorriso.

Gwen annuì con sicurezza «Sto andando da lui in questo momento, devo prendere una cosa per la mia Signora, se vuole posso portare anche la sua lettere.» si offrì con la sua tipica gentilezza.

Lancelot non sapeva se fidarsi o meno, non sapeva cosa Hunith avesse scritto nella lettera, magari qualcosa di compromettente su Merlyn e Arthur, ma era una donna intelligente, quindi consegnò la lettera alla donna «Se potete dirgli che è da parte di Hunith di Ealdor.» chiese gentilmente, senza dover andare dal medico sarebbe tornato prima del tramonto a Ealdor.

«Certamente.» rispose posando la lettera sopra le lenzuola nel cesto «A presto, Lancelot.» salutò impacciatamente, evitando di guardarlo.

«A presto, Gwen.» rispose inchinandosi un’altra volta. Allontanandosi da palazzo per andare a recuperare il cavallo di Matthew sentì il cuore dolergli. Forse un giorno sarebbe tornato e avrebbe cercato Gwen.

⸸⸸⸸

 

Petronilla girava intorno a Merlyn con fare predatorio, le due ragazze erano nel bosco, la maga era andata alla ricerca di fragole da spartire con i suoi amici nel tardo pomeriggio una volta tornato Lancelot.

Non si sentiva particolarmente intimidita, ma non voleva nemmeno avere guai. Ranulf sicuramente sarebbe venuto a sapere di qualsiasi litigata con la sorella e sarebbe andato dritto da lei con l’intenzione di picchiarla.

«Dimmi, bastarda, come hai fatto a convincere un uomo per bene a sposarti?» domandò fermandosi davanti a lei, aveva le mani posate sui fianchi, il busto leggermente sporto verso di lei, come se fosse pronta ad attaccarla.

«Vuoi dei consigli? Da sola non ce la fai?» le domandò imitando la sua posizione, a quel gioco potevano giocare in due.

Petronilla rise «Ma fammi il piacere!» urlò spaventando alcuni degli uccelli posati sugli alberi vicini «Io sono una donna rispettabile, con una buona famiglia, tu sei solo la figlia di due scostumati!» l’accusò avvicinandosi tanto che i loro nasi si sfiorarono.

Merlyn dovette resistere alla tentazione di spintonarla e farla cadere sul cespuglio di rovi, le sue spine le avrebbero sicuramente causato delle belle ferite. Fece un passo verso di lei, come a voler far incontrare finalmente le loro facce, ma Petronilla ne fece uno indietro, chiaramente spaventata.

«Però guarda un po’, quella che si sposa sono io, non tu.» sibilò stringendo i pugni, si era stancata di vivere in quel modo, con tutti che credevano le si potesse dire qualsiasi cattiveria. Forse avrebbe chiesto a Arthur di trasferirsi, magari in un piccolo villaggio nel Regno di Nemeth, aveva sentito che lì erano più aperti alla magia, forse avrebbe potuto trovare lavoro come curatrice utilizzando le sue doti magiche.

Petronilla arrossì fino alla base del collo «Per colpa di quella puttana di tua madre mia sorella è stata picchiata e messa in punizione. Mia madre era furente!» disse spingendola «Dovete sempre rovinarci la vita voi poco di buono!» aggiunse facendola cadere a terra. Merlyn si rialzò togliendo dai pantaloni una povera coccinella che era finita vittima del suo peso.

Senza indugiare ulteriormente la maga caricò contro la nemica e la spinse malamente sopra il cespuglio «Non ti azzardare ad insultare mia madre.» le disse puntandole contro il dito indice. Potevano chiamarla come volevano, farle gli scherzi e prenderla in giro, ma nessuno doveva azzardarsi a rivolgere cattiverie contro sua madre.

La ragazza urlò dolorante, cercò di alzarsi senza strappare i vestiti impigliati «Che tu sia maledetta!» imprecò contro la maga.

Merlyn sospirò pesantemente e raccolse il suo cesto, senza nemmeno rivolgerle parola tornò sui suoi passi fino a tornare a casa sua. Era triste, stanca, delusa e soprattutto senza fragole.

⸸⸸⸸

 

Gwaine saltò sopra le spalle di Parsifal «Okay, ora vai un po’ più a destra.» istruì cercando di afferrare un frutto dall’albero della signora Imogen. La donna era una vera arpia, non condivideva mai con nessuno le sue pere e Gwaine si era stancato delle mele.

«Riesci a fare un passo avanti?» domandò vedendo che gli mancava veramente poco per afferrare il frutto proibito. Parsifal si ritrovò con le ginocchia completamente attaccate alla staccionata di legno e guardò nervosamente verso la casa, la signora Imogen aveva già inseguito loro con un coltello alla mano quando avevano provato a prendere una delle sue insalate dall’orto dietro casa sua. Era certamente la donna più odiata di tutta Ealdor e loro degne sottoposte le figlie e il figlio.

Gwaine prese finalmente la pera, voleva urlare dalla gioia e sbatterla sulla faccia di Imogen per dimostrarle che nemmeno una staccionata più lontana dall’albero gli avrebbe fermati.

«Corri! Corri!» esclamò indicando Bertrada gridare alla madre di uscire per vedere dei ladri. Parsifal afferrò i polpacci dell’amico e si diede alla fuga. Fortunatamente Gwaine non pesava nulla in confronto ai suoi muscoli, quindi fu facile correre via con l’uomo sulle spalle. Non si fermò fino a quando non arrivarono davanti la porta di casa.

«E anche questa volta l’abbiamo scampata!» esultò il castano battendogli il cinque, quei due insieme erano una vera coppia di criminali.

«Forse dovremmo piantare noi il nostro orto.» propose l’altro decisamente stanco di tutte quelle corse per evitare di essere beccati e poi il lavoro duro toccava sempre a lui.

Gwaine lo guardò dubbioso «Io non so coltivare un orto.» gli fece presente muovendo le dita delle mani, decisamente ben curate e che non avevano mai arato un campo. C’erano segni di lotta, i calli per gli allenamenti con la spada, ma nulla che suggerisse l’umile arte della coltivazione.

Entrarono in casa sentendo in distanza le urla di Imogen sgridare la figlia dandole della bugiarda in quanto lei non aveva visto nessuno rubare le pere, quella povera ragazza stava vivendo veramente dei giorni d’Inferno e di Osbert non ce n’era l’ombra. Erano ormai passata una settimana da quando la loro storia era venuta a galla e nemmeno il padre era riuscito a ritrovarlo nella foresta. Arthur lo aveva dato per morto, Lancelot per disperso, a Gwaine non fregava nulla.

«Io so prendermi cura di un orto.» disse Parsifal arrossendo leggermente, sicuro che un uomo come Gwaine lo avrebbe preso in giro per una cosa del genere.

Il castano spalancò la bocca sorpreso «Ma è fantastico!» urlò afferrando il coinquilino per le spalle «Perché non me l’hai detto prima?!» domandò guardandolo negli occhi, luccicavano dall’emozione di tale notizia. Addio furti ed elemosina da parte di Hunith, potevano crescere la loro frutta!

«Io… ecco, credevo mi avreste preso in giro.» ammise ricordandosi dei suoi vecchi vicini. Lo avevano sempre guardato con disprezzo, sussurrando tra di loro ogniqualvolta uscisse. Parsifal odiava la gente che bisbigliava.

Gwaine sorrise «Ma no, tutti gli uomini dovrebbero essere come te!» esordì battendogli una mano sulla schiena mentre si dirigeva verso la porta di casa per andare a chiedere ad Arthur di prestargli degli attrezzi «Noi uomini non possiamo certo sempre dipendere dalle donne.» aggiunse con tanto di occhiolino e Parsifal non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo, anche perché era più preoccupato a calmare il suo cuore.

⸸⸸⸸

 

Balinor lo guardò senza sorridere. Non poteva sorridere. Quell’uomo si stava portando via sua figlia. La sua adorata figlia che conosceva da troppo poco tempo.

Arthur fece finta di non sentire lo sguardo omicida di Balinor su di sé, sorrise cordialmente ad Hunith quando gli passò una tazza di tea fumante. Essere da solo, senza Merlyn, lì dentro lo faceva sentire in pericolo.

Balinor lo aveva già più volte aggredito con la sua magia, così differente da quella della fanciulla, e i ricordi del loro primo incontro rendevano questa situazione ancora più imbarazzante. Si immaginò quello stesso incontro anche con Uther e Morgana, poteva quasi vedere la faccia disgustata del padre, seduto in quella piccola e modesta casa, e quello felice di Morgana, l’unica che lo ha sempre spronato a cercare il vero amore e non farsi incastrare in un matrimonio combinato.

«Esattamente, perché vorresti sposare mia figlia?» domandò ancora una volta l’uomo, per niente convinto delle intenzioni del giovane. Non poteva permettergli di prendersi gioco di Merlyn, la ragazza aveva già sofferto abbastanza.

Arthur deglutì a vuoto «Perché mi ha reso una persona migliore.» cominciò incoraggiato dal sorriso di Hunith, l’unica veramente felice della futura unione «Merlyn è la donna più coraggiosa e determinata che io abbia mai conosciuto. Non si è mai fatta problemi ad insultarmi o contestarmi.» aggiunse sentendosi un po’ come un bambino «Non mi dà retta, usa il suo cervello, nessuno può fermarla e…» si bloccò sorridendo «ed è l’onore più grande della mia vita poter essere amato da lei.» concluse arrossendo. Chi lo avrebbe mai detto che fosse un romanticone, lui, che era stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.

Ricordò alcune principesse che suo padre gli aveva presentato, completamente prive di personalità, sempre d’accordo con lui. Pensò a Gwen, la quale nonostante fosse determinata lo accontentava e spesso taceva sui suoi comportamenti scorretti. Sicuramente Merlyn, avesse dovuto conoscerla a Camelot, lo avrebbe trattato come suo solito, fregandosene del suo titolo.

Balinor si toccò la fronte, cercando di trovare qualche appiglio per impedire le nozze, ma il ragazzo sembrava totalmente sincero e sua figlia non faceva altro che sorridere da quando aveva ricevuto la proposta.

L’uomo si alzò in piedi, posando le mani a palmo aperto contro il tavolo. Piegò il busto in avanti avvicinandosi così ad Arthur «Falla piangere anche una sola volta e tu sei finito.» lo minacciò facendo illuminare gli occhi come se stesse per usare la magia. Hunith schiaffò una mano contro il braccio dell’amato «Come se tu non mi avessi fatto piangere.» gli ricordò mettendolo in imbarazzo, oh, solo lei ricordava tutte le lacrime versate dopo la sua fuga, moltiplicate dopo aver scoperto di portare il frutto del loro amore in grembo, ma aveva pianto anche prima, quando lui continuava a rifiutarla dicendole che non era una scelta saggia amare un fuggitivo.

Arthur si schiarì la gola «L’ultimo dei miei obbiettivi è farla piangere, credetemi.» disse sicuro di sé. Poche volte aveva visto Merlyn piangere, ma ogni singola volta si era sentito completamente impotente e si era ripromesso che non sarebbe accaduto mai più. Le uniche lacrime che sarebbero stata accettate sarebbero state quelle di gioia.

«Ho visto l’anello che le hai regalato.» commentò Balinor assottigliando lo sguardo «Oro vero, per di più con un rubino.» aggiunse in tono sospettoso. Quel ragazzo nascondeva un bel segreto, ma infondo chi non ne aveva uno?

Il biondo distolse lo sguardo «Un cimelio di famiglia, era della mia defunta madre.» rispose sperando che Balinor non connettesse i puntini e arrivasse alla conclusione che davanti ai suoi occhi c’era il Principe di Camelot.

Hunith gli posò una mano sulla spalla «Tua madre sarebbe fiera di te, Arthur, e sono sicura che Merlyn tratterà con il dovuto rispetto il tuo cimelio di famiglia.» lo rassicurò sorridendogli dolcemente e Arthur ricambiò. Huntih era una donna deliziosa, ora capiva da chi Merlyn avesse ereditato la dolcezza.

La porta venne spalancata dalla fanciulla, la quale teneva tra le mani il cesto di vimini vuoto, lo sguardo furioso e i vestiti sporchi di terra, segno che era caduta. Non salutò nemmeno, buttando a terra il cesto e chiudendosi dentro la stanza dei genitori, bloccò la porta con una sedia e si sedette per terra al muro opposto. Incrociò le gambe e le braccia, fissando con astio il pavimento. Petronilla l’aveva veramente fatta arrabbiare!

Sentì qualcuno bussare alla porta, ma decise di ignorare, era troppo arrabbiata e sentiva la sua magia sfuggirle di controllo. Chiunque fosse dall’altra parte sembrò non mollare, continuando a bussare e provando a spingere via la sedia da davanti la porta, ma senza impegnarsi veramente, cercando di darle la possibilità di alzarsi e aprire lei stessa.

Sentì la porta principale chiudersi, segno che dovevano averla lasciata da sola. Sospirò pesantemente e sentì le lacrime minacciare di colarle lungo il viso. Non voleva piangere per colpa di Petronilla, ma era ferita, la sua reputazione era stata denigrata troppe volte e lei stava cedendo alle cattiverie. Aveva paura che un giorno Arthur si sarebbe pentito della sua decisione di sposarla, che un giorno si sarebbe svegliato chiedendosi perché non avesse corteggiato una ragazza di buona famiglia come Evelune.

«Merlyn, apri la porta, per favore.» la voce di Arthur era dolce, non sembrava arrabbiato per il suo comportamento, anzi sembrava preoccupato.

«Voglio stare sola.» rispose con voce tremante, le mani strette in pugni serrati. Non doveva piangere, non doveva cedere e soprattutto Arthur non doveva vederla in quello stato. Sicuramente non voleva sposare una piagnucolona.

«Possiamo stare soli insieme, se vuoi.» propose l’uomo dall’altra parte. Il biondo posò la fronte contro la porta, cercando di usare le parole giuste. Quante volte aveva dovuto consolare Morgana dopo una litigata con il padre, a sue spese aveva imparato cosa dire e cosa non dire di fronte ad una donna arrabbiata. Ma quella non era una donna qualunque, non era Morgana, non era Gwen, era Merlyn, la donna che amava, la maga che gli aveva metaforicamente stregato il cuore. Voleva starle vicino, poterla rassicurare e attraversare con la spada chiunque avesse osato ridurla in quello stato. Ealdor era sicuramente un posto non adatto a loro, ma dubitava che Merlyn avrebbe lasciato sua madre e il padre da poco ritrovato, in più era pericoloso per lui viaggiare, i cavalieri di Camelot avrebbero potuto trovarlo e portarlo via.

Sentì la sedia venire spostata, poi la porta si aprì e Arthur incontrò il viso rosso dell’amata, ma nemmeno una lacrima macchiava il suo viso nonostante gli occhi lucidi. Stava per dirle qualcosa, ma la fanciulla gli afferrò il viso tra le mani, tirandolo verso il basso, fino a far scontrare le loro labbra e – Dio – Arthur adorava baciarla.

Le cinse la vita con le mani, facendo cozzare i loro corpi, voleva rimanere in quella posizione per tutta la vita, amava sentire il corpo caldo di Merlyn contro il suo, era come se tutte le torce di Camelot bruciassero nel suo stomaco. La maga portò le mani tra i suoi capelli, scompigliandoli, e afferrò le bionde ciocche quasi a fargli male.

Il principe di Camelot la trascinò fuori dalla stanza, solo per poi spingerla delicatamente contro il muro vicino la porta. Posò le mani sulle spalle della fanciulla, non fidandosi di sé stesso, solo Dio sapeva dove sarebbe andato a toccare se non avesse a cuore la reputazione della promessa sposa.

Merlyn non riusciva a fermarsi, era così disperata, voleva sentirsi amata come mai prima. Voleva trasmettere ad Arthur tutto l’amore che provava per lui, voleva sentirlo vicino ed eliminare le insinuazioni di Petronilla. Lasciò andare i capelli dell’amato e si aggrappò alle sue spalle, sentì i muscoli tesi sotto la stoffa della tunica e ricordò della cicatrice che lei stessa aveva cucito molto tempo fa, dopo uno dei numerosi combattimenti nell’arena.

Arthur si staccò riluttante, non voleva veramente, ma dovevano fermarsi prima di fare qualcosa di cui si sarebbero pentiti. Merlyn lo stava guardando con occhi languidi, qualsiasi cosa l’avesse scossa doveva averla lasciata senza energie, tanto che solamente grazie al muro alle sue spalle si reggeva ancora in piedi. Le carezzò il viso fermando la mano alla base del collo «Merl, dimmi cosa ti è accaduto.» lo chiese con un filo di voce, lo sguardo preoccupato, si sentiva anche lui esausto. Quella semplice interazione intima, ma molto intensa, sembrava avergli prosciugato tutte le energie.

La ragazza si morse il labbro gonfio per tutti quei baci e distolse lo sguardo, come poteva dirgli che Petronilla era riuscita a seminare in lei un dubbio: lei era veramente una poco di buono? Certamente non era come le altre, nessuna aveva mai indossato i pantaloni come lei, nessuna era mai stata lontana da casa, e certamente nessuna era mai tornata con cinque uomini per poi finire a sposarsi uno di loro.

Arthur le afferrò gentilmente il mento costringendola ad incontrare nuovamente il suo sguardo «Qualsiasi cosa ti abbiano detto, non crederci Merlyn. Tu sei in assoluto la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto, ringrazio di essere finito in quell’Inferno di arena ed averti conosciuto.» la rassicurò prima di sentire qualcuno sbattere prepotentemente contro la porta di casa di Merlyn.

La maga gli afferrò la mano, impedendogli di andare «Non ti preoccupare, sicuramente è per me.» disse ben sapendo che dall’altra parte c’erano le conseguenze dei suoi atti.

Quando aprì la porta vide Ranulf rosso di rabbia, Petronilla aveva ancora tra i capelli dei rovi e stava piangendo contro il petto della madre, mentre urlava che quell’arpia di Merlyn l’aveva aggredita nel bosco.

Ranulf afferrò la fanciulla per la giacca che stava indossando e la buttò a terra, fu tutto così veloce che nessuno riuscì a fermarlo e Merlyn cadde rovinosamente senza avere nemmeno il tempo per provare a frenare la discesa verso il suolo.

«Brutta bastarda!» Ranulf tirò indietro una gamba, ma questa volta fu troppo lento, l’elemento sorpresa era svanito e Arthur lo fermò afferrandolo, lo manovrò in modo di farlo cadere pesantemente e posò il piede sul collo senza mettere troppa pressione. Ranulf portò le mani intorno alla caviglia del principe, provando a sollevarlo, ma era praticamente impossibile.

Merlyn si alzò a sua volta, pulendosi il viso sporco con la manica della giacca «Arthur, lascia perdere, è un mio problema.» lo invitò gentilmente posandogli una mano tra le scapole, poteva vedere Ranful iniziare a boccheggiare in cerca d’aria.

Il principe ascoltò, rispettava le decisioni di Merlyn, ma non voleva dire che era d’accordo. Infatti tolse il piede, ma non si mosse di un millimetro, lo sguardo fisso sul nemico, pronto ad intervenire alla prima mossa sbagliata.

«Cosa vuoi questa volta, Ranulf? Tua sorella non sa fare altro che venire a piangere da te?» domandò a testa alta, poteva aver avuto un piccolo crollo, ma venire aggredita da quel cavernicolo le aveva fatto capire che non era lei il problema, erano gli abitanti di Ealdor a non andare bene, non lei.

Provocarlo non era certo la cosa giusta da fare, in più altre persone si erano avvicinati richiamati dalle urla e Merlyn non voleva dare per l’ennesima volta spettacolo.

«Piccola bastarda, che ne sai tu? Nessun uomo avrebbe mai il coraggio di difendere una disgraziata come te.» disse l’uomo chiaramente arrabbiato, ma Arthur lo trovò stupido. Si era forse dimenticato che fino ad un minuto prima era sotto il suo piede?

Merlyn sorrise dolcemente «Buona cosa allora che non ho bisogno di un uomo, non credi?» e ouch, Arthur quasi si sentì inutile. Era cresciuto con Morgana che gli ricordava ogni giorno che in un futuro avrebbe dovuto difendere a spada tratta la sua amata, essere il cavaliere in armatura splendente pronto a salvare la situazione, ed ora si ritrovava perdutamente innamorato di una donna che senza alcun dubbio sapeva prendersi cura di sé stessa.

Ranulf sputò a terra, proprio a pochi centimetri dagli stivali di Merlyn «Questa volta non la passerai liscia, Merlyn, questa volta completerò quello che non ho fatto anni fa.» la minacciò a denti stretti, lo disse a bassa voce, come se non volesse che gli altri sentissero.

«Provaci.» lo sfidò la fanciulla sostenendo lo sguardo, per niente intimorita dalle minacce di un bullo.

Petronilla si staccò dal petto della madre «Idiota, sfida a duello il suo promesso sposo!» suggerì con lacrime da coccodrillo.

Merlyn alzò gli occhi al cielo, non avrebbe mai permesso ad Arthur di combattere per lei, aveva già avuto la sua lunga serie di combattimenti nell’arena e dubitava Ranulf avesse anche una mezza possibilità contro di lui.

«Oggi, al tramonto.» offrì Arthur allungando la mano, come a sigillare un patto. Quando Ranulf la strinse il cavaliere strinse la presa, fino a farlo cadere in ginocchio dal dolore «E se vincerò non dovrai mai più nemmeno osare posare il tuo sguardo su Merlyn.» aggiunse con tono minaccioso.

«E se vincerò io» le parole uscirono a fatica dal bullo «mi scoperò quella puttana davanti i tuoi occhi.» bisbigliò facendosi udire solamente dal biondo. Arthur non cedette alla provocazione, ma il desiderio di dargli un pugno gli fece prudere la mano libera. Sarebbe stato ingiusto e scorretto duellare contro di lui dopo avergli rotto qualche dente e un occhio nero.

Merlyn sbuffò, ma non riuscì a non arrossire. Le sembrava di essere in una delle fiabe che sua madre le raccontava da piccola, quelle dove un principe combatteva per difendere l’onore dell’amata. Quando Imogen e figli scomparvero dalla loro vista la fanciulla si girò a guardare Arthur «Non dovevi.» disse sorridendo comunque, stranamente non era arrabbiata.

«Volevo.» rispose il principe cingendole le spalle con un braccio mentre la guidava a rientrare in casa «In più mi porterà enorme soddisfazione rompergli il naso con il pomolo.» aggiunse andando a prendere un panno per pulire il viso della fidanzata.

La maga scosse divertita la testa «Non fargli troppo male, o la nostra vita qua ad Ealdor peggiorerà.» disse ben sapendo di quanto fosse vendicativo il ragazzo.

Arthur annuì «A cosa si riferiva prima, quando ha parlato di finire cose che aveva iniziato anni fa?» domandò curioso. Sapeva che il passato di Merlyn non doveva essere stato facile, tutti quei mesi aveva sentito più storie su come i ragazzi della sua età l’avevano tratta crescendo e aveva quasi paura da quello che Ranulf aveva potuto intendere.

«Successe quando avevo solamente tredici estati» iniziò la fanciulla – «Ah, quindi quattro anni fa.» suggerì Arthur facendola ridere – «Provò a vendermi ad un viandante, sai, come…» non riusciva nemmeno a dire a parole quello che Ranulf aveva progettato per lei «Fortunatamente la mia magia intervenne quando l’uomo mi stava praticamente trascinando verso il suo cavallo, mia madre non era nemmeno in casa, era dalla signora Lovota per assisterla nel parto.» disse come se non fosse una cosa grave.

Arthur posò la pezza sul tavolo e le prese dolcemente il viso tra le mani «Merlyn, se tu un giorno vorrai andare via da qua ti basterà dirmelo, ti porterò il più lontano possibile.» le disse sentendosi il cuore stringersi. Com’era pericolosa la vita di campagna, lui che era cresciuto uomo e reale non aveva la più che ben minima idea di cosa volesse dire vivere quei tipi di pericoli. Quante volte aveva sentito povere madri pregare il grande re Uther Pendragon di aiutarle a riavere le loro povere figlie rapite nella notte da uomini che aveva più in comune con dei porci che altri uomini. Prima non aveva mai dato attenzione a quelle storie, ma sapere che una cosa del genere sarebbe potuta succedere a Merlyn gli spezzava il cuore.

Per un secondo desiderò tornare a Camelot per diventare re e poter proteggere tutte le fanciulle del mondo, difenderle da quegli uomini perversi, ma tornare a casa voleva dire lasciare Merlyn e non poteva. Ormai la sua vita era completamente di Merlyn, il futuro non esisteva se lei non era al suo fianco.

La maga si chinò a baciarlo, fu un semplice sfiorarsi di labbra «Non lascerò casa mia solo perché un gruppo di idioti mi ha ferita, non sono una che scappa.» rispose guardandolo dolcemente, veramente addolcita perché mai si sarebbe aspettata quel lato così romantico e preoccupato di Arthur.

Si baciarono ancora una volta, le mani strette e il cuore che batteva con il ritmo dell’amore.

⸸⸸⸸

 

Lancelot scese da cavallo che era ormai il tramonto e si sorprese nel non vedere nessuno nei campi a lavorare. Questa cosa certamente non prometteva nulla di buono, cosa c’era più importante del raccolto?

Vide Gwaine venirgli incontro «Sei arrivato giusto in tempo, Lance!» esclamò iniziando a tirarlo per un braccio, come un bambino che voleva mostrare alla mamma un disegno di cui andava fiero.

«Dove sono tutti?» domandò il castano cercando di non far cadere a terra le stoffe.

«Arthur sta per combattere contro Ranulf, sono tutti ad assistere!» disse con tono ovvio, come se Lancelot non fosse appena tornato da Camelot.

Trovarono i due innamorati al bordo di quell’arena improvvisata.

«Tieni, ho letto che di solito si fa così.» stava borbottando imbarazzata Merlyn mentre legava uno dei suoi fazzoletti al braccio di Arthur, il quale – lo avrebbe negato fino alla morte – stava arrossendo. No signore, i Pendragon non arrossivano, tantomeno si emozionavano per un semplice pezzo di stoffa.

Arthur baciò la mano di Merlyn «Se vincerò prometto di sposarti appena tua madre finirà di cucire il tuo abito, non posso aspettare un solo attimo in più.» sussurrò in modo che solo lei potesse sentirlo. Voleva sposarla, voleva renderla una donna degna di rispetto in quel piccolo villaggio, voleva che Ranulf smettesse di importunarla e minacciarla. Voleva essere suo marito ed amarla fino a quando avrebbe esalato l’ultimo respiro.

«Sono sicura che vincerai.» rispose la ragazza posandogli una mano contro il viso «Sto per sposare il miglior spadaccino di Albion, dopotutto.» aggiunse sapendo di dover lodare l’amato, altrimenti il suo ego ne avrebbe sofferto.

Arthur sorrise orgoglioso, lui era veramente il miglior spadaccino di tutte le terre, ma sentirselo dire dalla sua promessa sposa valeva più di quante volte avesse sentito il padre lodarlo (che erano veramente poche).

«Basta piccioncini.» intervenne Gwaine «Ora Arthur vai là e rompigli tutte le ossa.» lo incitò mentre Ranulf sembrava più pallido del solito e la spada che teneva in mano tremava leggermente.

Merlyn gli sorrise un’ultima volta, poi l’uomo si allontanò andando al centro dell’arena.

«Ma lo sa vero che subirà un’umiliazione troppo grande per lui?» domandò Lancelot con ancora le stoffe tra le mani.

Infatti, nemmeno a dieci secondi dall’inizio del combattimento la spada di Ranulf volò oltre l’arena, lasciandolo indifeso.

«Riprendila. Ti darò un’altra possibilità.» concesse Arthur, cavaliere fino al midollo.

Il contadino corse dalla sua arma e rosso di rabbia tornò a guardare il biondo. Caricò urlando pieno di rabbia, puntando dritto al cuore del principe, ma Arthur lo disarmò nuovamente.

«Hai un’ultima possibilità, Ranulf, ma se sceglierai di prendere nuovamente la spada, al prossimo colpo, vedrò bene di tagliarti delle dita; la tua altra opzione è di arrenderti e non guardare mai più nemmeno per un secondo della tua miserabile vita Merlyn.» gli concesse, facendosi udire da tutti i presenti, come se non avesse appena minacciato il ragazzo di farlo rimanere senza dita.

Balinor sorrise compiaciuto, quel ragazzino ci sapeva fare e sembrava veramente innamorato della sua Merlyn, forse lo aveva giudicato male.

Petronilla tremò, preoccupata per il fratello, quando lo vide chinarsi per raccogliere la spada – orgoglioso e stupido – dovette per forza intervenire, non voleva un fratello storpio «No! Fermo, è colpa mia.» ammise attirando l’attenzione di tutti «Sono andata io nel bosco a provocarla, me la sono cercata.» disse arrossendo fino alle punte delle orecchie. Mai in vita sua avrebbe creduto che un giorno avrebbe dovuto ammettere di aver provocato quella bastarda, ma voleva troppo bene a suo fratello per lasciarlo ferirsi per difendere il suo onore, non quando il suo opponente era decisamente più forte ed abile.

Arthur sorrise «Bene, ora scusati con la mia promessa sposa.» ordinò indicando Merlyn che a sua volta sorrideva soddisfatta che la verità fosse venuta a galla.

Petronilla fece una faccia disgustata «Mai!» urlò orgogliosa quanto il fratello, non si sarebbe mai abbassata a scusarsi con una persona come Merlyn, per lei era solamente una bastarda che non doveva nemmeno esistere.

Arthur scosse la testa e alzò la spada, pronto ad invitare Ranulf a raccogliere la sua, ma Merlyn gli mise una mano sul braccio «Non ho bisogno delle sue scuse, Arthur.» disse guardando i due fratelli «Ha vinto lui, Ranulf, vedi di tenere fede alla tua parola.» aggiunse semplicemente prima di prendere la mano dell’amato e portarlo via, lasciando gli altri abitanti di Ealdor a bisbigliare tra loro, mettendo in dubbio la reputazione di Petronilla.

«Peccato, avrei voluto vedere un po’ di sangue.» commentò Gwaine guardando Parsifal in cerca d’approvazione.

Merlyn scosse la testa, i suoi amici erano veramente incorreggibili. Raggiunsero i suoi genitori e Hunith abbracciò stretta al petto Arthur, ringraziandolo per aver difeso la sua bambina, mentre Balinor sussurrava alla fanciulla un incantesimo da usare per far venire a Petronilla una perdita precoce di capelli.

Il Sole stava tramontando alle loro spalle e Arthur guardò la sua promessa sposa pieno d’amore.

No, nessun Regno, nessun trono, assolutamente nulla lo avrebbe portato via da Merlyn.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo undici ***


Capitolo undici

Arthur non si era mai sentito così nervoso in vita sua, non quando suo padre lo aveva spinto ad entrare nel primo torneo, non quando era stato catturato dagli uomini di Cenred e nemmeno quando aveva visto Merlyn usare la magia per la prima volta.

Era arrivato il momento, stava per sposare la donna che amava, una cosa che non si sarebbe mai sognato due anni prima, ancora alla corte di Camelot, dove suo padre lo avrebbe svenduto alla prima principessa per creare un’alleanza. Morgana lo aveva sempre incitato ad opporsi, a convincerlo a sposarsi solamente per amore, ma Arthur ancora non sapeva cosa fosse l’amore. Non lo aveva scoperto fino a quando una maga era entrata nella sua vita e lo aveva metaforicamente stregato.

Gwaine gli batté una mano sulla spalla «Ricordati cosa ti ho detto ieri, principessa.» gli sussurrò facendogli l’occhiolino e il biondo arrossì. La notte prima delle sue nozze l’amico era sceso anche nei dettagli più particolari di come si facesse l’amore con una donna, dandogli consigli ed elencandogli una lunga lista di cose da non fare per non rendere la loro prima esperienza un fiasco totale. Lancelot si era limitato a dirgli che molto probabilmente non sarebbe nemmeno successo nulla quella sera, che certe cose prendevano tempo e che in nessun modo avrebbe dovuto mettere fretta a Merlyn. Parsifal non aveva detto nulla, rimanendo seduto nell’angolo della stanza, anche perché non aveva la minima idea di come si facesse l’amore con una donna, non aveva alcun consiglio da dare, limitandosi ad ascoltare Gwaine raccontare delle sue mille avventure, sentendo una strana stretta al cuore.

Balinor lo stava incenerendo con lo sguardo, passando di tanto in tanto portando dei fiori che Hunith aveva confezionato per decorare un piccolo percorso da far percorrere a Merlyn prima di arrivare dal suo futuro marito.

Il prete di Engerd era talmente anziano che rischiava di morire da un momento all’altro, ma Ealdor non era in possesso di un ufficiale religioso per celebrare le nozze cristiane, mentre quelle seguendo il rito dell’Antica Religione si sarebbero tenute al calar del Sole, sotto la guida di Balinor.

La cerimonia si sarebbe svolta dietro il fienile di Will, il ragazzo aveva messo a disposizione quello spazio per il matrimonio della sua migliore amica nonostante l’astio verso lo sposo e aveva aiutato nelle decorazioni come meglio poteva, cioè ripulendo lo spazio da qualsiasi traccia di sterco.

Non avevano invitato nessuno a partecipare, ma questo non aveva fermato alcuni curiosi – tra cui la signora Imogen – a fermarsi a pochi passi dal fienile, attendendo pazientemente l’arrivo della sposa. Bene o male erano tutti curiosi di vedere come la stramba del villaggio fosse riuscita ad accalappiarsi un uomo, alcuni – come Petronilla – nella speranza di vederla magari lasciata all’altare.

«Nervoso?» chiese Lancelot sistemandogli il mantello che Hunith gli aveva cucito con la stoffa avanzata del vestito di Merlyn, l’uomo dovette mordersi la lingua prima di dirgli che così somigliasse ad un cavaliere di Camelot.

«Io non sono mai nervoso.» rispose il principe con una goccia di sudore che andava formandosi sulla fronte, colpa del Sole! Insomma, stava per sposarsi, non stava per andare in guerra contro Nemeth.

Gwaine rise, meritandosi una gomitata da parte di Parsifal «Oh, andiamo, ieri stava per farsela nei pantaloni.» sussurrò difensivo facendo arrossire lo sposo.

«Arriva!» urlò Will correndo al suo posto e dando una spallata al prete per farlo svegliare. L’anziano aprì a malapena gli occhi, ma sembrò drizzare la schiena.

Arthur trattenne il respiro, le mani chiuse a pugno che sudavano, timoroso che Merlyn si accorgesse all’ultimo che forse lui non era l’uomo fatto per lei, che non meritava il suo amore. Merlyn si meritava di meglio e Arthur ne era convinto, si meritava qualcuno che non la stesse per sposare sotto mentite spoglie.

Quando comparve sottobraccio a Balinor il principe di Camelot sussurrò appena un «Che Dio abbia pietà.» perdendosi nella bellezza della sua sposa. Il rosso le donava particolarmente, poteva immaginarsela camminare lungo la navata della Sala Grande del suo palazzo, sempre diretta verso di lui, sempre bella da togliere il fiato. I lunghi capelli corvini erano lasciati sciolti lungo la schiena, i suoi boccoli naturali decorati con dei fiori bianchi raccolti quella mattina stessa. Tra le mani teneva delle rose bianche, Arthur gliele aveva mandate tramite Will dopo averle acquistate ad Engerd quando era andato a prendere il prete.

Balinor accompagnò la figlia fino alla fine, posando dolcemente la sua mano in quella di Arthur, un dolce sorriso che si tramutò in uno sguardo minaccioso quando incrociò gli occhi del ragazzo.

Il prete prese un profondo respiro, aprendo con mani tremanti la Bibbia.

Merlyn si fermò un attimo a guardare Arthur, le gote rosse per l’emozione. Stava indossando i suoi vestiti migliori con sopra il mantello che sua madre aveva cucito come regalo di nozze per l’uomo. Ripensò a quello che la madre le aveva detto la sera precedente ed arrossì ulteriormente al pensare a cosa sarebbe dovuto accadere quella notte nella loro casa. Non era più una bambina, aveva ormai diciott’anni e rispetto ad alcune sue coetanee era già indietro. Alcune ragazze già alla tenera età di quattordici anni erano state date in moglie ai ragazzi del villaggio, fino a quel momento le uniche ragazze in età matrimoniale rimaste nubili erano lei, Petronilla e Bertarda, e mentre Merlyn era sempre stata scartata per le sue stranezze le due sorelle erano semplicemente insopportabili per chiunque, tanto che alcuni ragazzi pur di non sposarle avevano cercato moglie nei villaggi vicini.

«E con questo io vi dichiaro marito e moglie.» dichiarò il prete a fine cerimonia, dimenticandosi di far dire ai due giovani sposi le loro promesse, la sua memoria non più quella di una volta.

Arthur soffocò una risata, pensando a Geoffrey di Monmouth che mai si sarebbe dimenticato un passo così importante.

«Potete scambiarvi gli anelli.» istruì l’anziano accentando da Lancelot la piccola scatola di legno dove i due sposi avevano lasciato gli anelli. Mentre Arthur aveva riposto l’anello della madre anche come fede nuziale non potendosi permettere una fede nuova, Merlyn con un piccolo aiuto della sua magia e delle conoscenze del padre era riuscita a creare un anello da una semplice pietra che all’apparenza sembrava veramente d’oro.

«Che Dio vi benedica.» borbottò il prete visibilmente stanco e di cattivo umore per aver dovuto tenere la cerimonia sotto il Sole. Andò a sedersi all’ombra, accettando un bicchiere d’acqua da parte di Will.

«Ufficialmente sposati.» sorrise la donna intrecciando le dita a quelle del marito.

«Per sempre tuo.» promise Arthur chinandosi quanto bastava per darle un bacio sulle labbra, il primo davanti ai loro amici e familiari.

Gwaine fischiò rumorosamente, invitandoli ad aspettare la notte, mentre Balinor sussurrava sconsolato all’amata come non fosse giusto che sua figlia si fosse già sposata.

Merlyn rise abbracciando il marito, la sua vita non poteva andare meglio.

⸸⸸⸸

Gwaine si sedé pesantemente tra Merlyn ed Arthur, separando per la prima volta durante la giornata la coppia «Amici miei, che emozione vedervi finalmente sposati!» esclamò buttando le braccia sulle spalle dei due «Ora ci mancano solo dei piccoli Merlyn ed Arthur in giro per Ealdor.» disse facendo l’occhiolino all’amico, il quale arrossì vistosamente.

Merlyn schiaffò via la mano del castano «Non credi sia presto per parlare di bambini?» gli domandò mentre pensava che assolutamente no, non voleva avere dei bambini, non quell’anno almeno. Aveva ancora tanto da fare e da vedere.

«Giusto, è ancora molto presto.» le diede ragione Arthur, non esattamente elettrizzato all’idea di concepire subito, avevano ancora molto tempo per farlo.

Gwaine sbuffò «Oh, andiamo, voglio un bambino con cui giocare.» provò mettendo il broncio.

Lancelot entrò in loro soccorso, trascinando via l’uomo «Chissà quanti figli hai già in giro per Albion, Gwaine, magari trovane uno e crescilo.» gli disse perché era impossibile che non ci fosse un piccolo Gwaine in giro chissà dove a chiedersi che fine avesse fatto suo padre.

«Non credevo mi sarei mai sposata.» ammise Merlyn posando la testa contro la spalla dell’uomo «Due anni fa credevo sarei finita a Camelot, avrei studiato come controllare la mia magia grazie a Gaius e chissà, forse sarei diventata medico di corte!» rise all’idea, c’erano bassissime possibilità che una donna diventasse medico di corte «Non ci saremmo mai incontrati.» aggiunse stringendosi ancora un po’ di più, ignorando lo sguardo degli abitanti di Ealdor che passavano davanti casa loro curiosi.

Arthur rise nervosamente, se Merlyn fosse finita a Camelot si sarebbero incontrati certamente e molto probabilmente Arthur l’avrebbe spedita nelle celle perché era sicuro al cento per cento che la ragazza gli avrebbe mancato di rispetto anche nei panni di principe.

«O forse avresti trovato un cavaliere di Camelot da sposare.» s’intromise Will con la bocca piena di pollo, ripulendo quello che era avanzato del loro pranzo di nozze.

«Certo, un uomo che mi avrebbe ucciso appena saputo della mia magia.» rise Merlyn «Non mi sarei mai innamorata di un cavaliere di Camelot, stanne sicuro.» aggiunse senza rendersi conto di come Arthur stesse diventando nervoso al suo fianco.

Will le lanciò un chicco di riso «Magari avresti conquistato il principe in persona.» scherzò mimando di infilarsi due dita in gola, Will odiava veramente con ogni fibra del suo essere i nobili.

Gwaine sembrò tornare all’accatto alla menzione del principe «Ho sentito dire che abbia rifiutato tutte le principesse di Albion, quello stupido, so per fonti certe che la principessa Mithian è veramente una gran bella donzella.» ammiccò facendo passare esasperato una mano sul viso a Lancelot.

«O magari voleva sposarsi per amore.» disse Arthur in modo brusco facendo scendere il silenzio.

Merlyn inarcò un sopracciglio, perché si stava prendendo la briga di difendere il principe di Camelot? Sapeva essere il suo regno d’origine, ma non si aspettava una tale fede alla Corona, non quando Uther perseguitava chiunque fosse magico e lui aveva appena sposato lei.

Lancelot si schiarì la gola «Sono d’accordo con Arthur, anche se la maggior parte dei reali si sposano per convenienza non vuol dire che qualcuno di loro non cerchi l’amore.» lo difese.

«Certo, vorrei proprio vedere se si innamorasse di una serva cosa direbbe il suo papino.» bofonchiò Will.

Merlyn sentiva la tensione crescere e decise di porre fine a quel discorso completamente fuori luogo. Perché mai stavano parlando del principe di Camelot, per la miseria?

«Ragazzi, non possiamo permetterci di parlare del principe di Camelot, nemmeno lo conosciamo.» disse non credendo sia giusto giudicare una persona senza conoscerla. La sua frase sembrò porre fine a quell’assurda conversazione, tornando su temi più leggeri.

Lancelot guardò Arthur preoccupato, un nuovo pallore sul viso del principe. Avrebbe voluto parlargli la sera prima, ma Gwaine non lo aveva lasciato nemmeno per un attimo da solo. Voleva provagli a dire che sapeva la verità e voleva invitarlo a rivelare la sua identità prima del matrimonio, perché nonostante i due si amassero per Lance non era giusto nei confronti di Merlyn lasciarla sposare un uomo che non conosceva veramente. Non metteva in dubbio i sentimenti di Arthur per la ragazza, ma non poteva fare a meno di pensare alle conseguenze di quelle bugie, perché un giorno la verità sarebbe venuta a galla.

Scosse la testa, forse, se la fortuna fosse stata dalla loro parte, nessuno avrebbe mai scoperto la verità.

⸸⸸⸸

La foresta era silenziosa quella sera mentre il gruppo si addentrava sempre di più al suo interno. Balinor guidava tutti tenendo una torcia in mano, dietro di lui la coppia di sposi ancora negli abiti di quella mattina, il lungo vestito di Merlyn tirato in su fino a scoprire le caviglie per evitare che si impigliasse tra i rami.

Arthur, da cavaliere qual era, era la persona che stava tenendo la stoffa dall’impigliarsi, lasciando che l’amata si concentrasse di più sul camminare data la sua risaputa sbadataggine e continue cadute a terra.

«Quanto manca ancora?» domandò Gwaine infondo alla fila, sopra le spalle di Parsifal come un bambino, aveva sonno, voleva andare a dormire sperando vivamente di non sentire le attività serale dei suoi vicini di casa.

«Poco.» rispose Balinor alzando gli occhi al cielo, spesso gli mancava la sua caverna e la solitudine, dopo anni era quasi un miracolo fosse riuscito a reintegrarsi – in parte – nella comunità.

Arrivarono ad una piccola radura, vicino ad una cascata di modeste dimensioni, Balinor e Merlyn percepirono immediatamente la presenza della magia nell’aria, le lucciole che illuminavano la zona sembrarono attratte dalle due persone magiche.

«Guardatela, ora ci manca solo che inizi a cantare con gli uccellini come una principessa.» scherzò Gwaine ricordandosi di una fiaba che sua madre usava raccontargli in gioventù. Lancelot cercò di trattenere una risata nel pensare che Merlyn effettivamente era diventata una principessa quella mattina, se mai un giorno Arthur avrebbe deciso di tornare a Camelot per prendere il trono come di suo diritto.

La ragazza sorrise, lasciando che le lucciole le girassero intorno posandosi sui fiori che ancora adornavano i suoi capelli.

Balinor sorrise dolcemente, era sempre un buon segno quando la natura e la magia si incontravano e lui sapeva che il Destino di sua figlia prima o poi si sarebbe compiuto, ma ancora non aveva avuto il coraggio di dire la verità né a lei né ad Hunith, preferendo godersi quegli anni.

L’ultimo dei Signori dei Draghi conosceva perfettamente la Profezia e non aveva alcun dubbio sul fatto che davanti a lui ci fosse Emrys, la più potente maga che avrebbe mai camminato su quella terra.

«Entrate in acqua ragazzi.» invitò i due sposi fermandosi appena ad un pelo dall’acqua.

Merlyn prese la mano di Arthur ed insieme entrarono arrivando in un punto dove alla ragazza l’acqua arrivava al ventre, mentre allo sposo poco sopra le ginocchia. Le lucciole continuarono a volare intorno alla coppia creando quasi un cerchio perfetto al loro lato, permettendo a quelli rimasti sulla riva di vederli.

«Io, Arthur, giuro sulla Triplice Dea di amarti ed onorati fino al mio ultimo respiro, prometto di esserti fedele, che ogni tuo problema diventerà anche un mio problema, che dedicherò ogni singolo attimo della mia vita a renderti la donna più felice di Albion. Sulla Triplice Dea prometto di sostenerti nei tuoi giorni peggiori, di proteggerti da chiunque provi a farti del male e di essere un marito di cui andare fiera.» dichiarò l’uomo a bassa voce, una celebrazione intima del loro amore che poteva essere udita solamente da loro due e la Dea.

Merlyn strinse la presa sulle sue mani, facendo un passo per stargli più vicino «Io, Merlyn, giuro davanti alla Triplice Dea di amarti ed onorarti fino a quando avrò fiato in corpo, prometto che non amerò mai nessuno se non te, che ogni tuo problema sarà un mio problema che risolveremo insieme, come moglie e marito. Prometto sulla Triplice Dea di rimanerti sempre accanto, proteggendoti con il Dono che mi è stato concesso. Giuro di essere solo tua.» pronunciò con le labbra che si muovevano appena, le guance rosse e il cuore che correva come un cavallo imbizzarrito.

Arthur sorrise dolcemente prendendole il viso tra le mani, avvicinandosi lentamente, e quando fu a pochi centimetri dalle labbra di sua moglie la trascinò di lato, facendoli cadere in acqua dove finalmente unì le loro labbra, proprio come Balinor aveva istruito di fare.

Risalirono bagnati dalla testa ai piedi, i fiori che erano intrappolati tra i capelli di Merlyn che galleggiavano liberatamene sulla superfice dell’acqua. Risero di cuore, stringendosi in un abbraccio, ora finalmente legati in entrambi i riti religiosi.

⸸⸸⸸

Merlyn entrò nella sua nuova casa stringendo la mano del marito, i loro vestiti ancora bagnati dalla loro cerimonia pagana.

Appena chiusa la porta alle loro spalle scese per un attimo un silenzio imbarazzante, il peso di quello che doveva accadere quella notte sulle loro spalle.

«Accendo il fuoco, tu… tu vai a mettere i tuoi abiti da notte.» disse l’uomo andando con solo due passi vicino al camino, dando le spalle alla moglie per non farle vedere il proprio rossore sulle guance.

Merlyn non se lo fece ripetere due volte ed entrò nella loro camera da letto dove quella mattina la madre aveva portato tutti i suoi averi. Trovò la sua camicia da notte nell’armadio e guardando nervosamente verso la porta cercò di cambiarsi in tempo record. Con la sua magia si asciugò i capelli e con estrema lentezza li intrecciò fino alla fine, creando una lunga treccia che le arrivava appena sotto la vita.

Uscì dalla stanza vedendo Arthur ancora intendo ad accendere il fuoco «Lascia, faccio io.» e con un solo movimento della mano nel camino comparvero delle fiamme che riscaldarono immediatamente la piccola stanza e già che c’era asciugò gli abiti del marito.

Arthur si girò a guardarla per ringraziarla, ma le parole gli morirono in gola vedendola nella semplice sottoveste bianca, a tratti quasi trasparente. Deglutì rumorosamente e cercò di concentrarsi sul viso della maga «Grazie, Merlyn.» riuscì a far uscire fuori.

La ragazza sorrise, andando a prendere la piccola teiera in rame per bollire dell’acqua per preparare del tea alla menta.

Guardò fuori dalla finestra e vide tutte le candele nelle case vicine spente, ormai tutti a letto a riposarsi per l’arrivo di un’altra giornata di lavoro nei campi.

Arthur rientrò nella stanza e le circondò la vita con un braccio, posando il mento contro la sua spalla «Ottima idea.» sussurrò guardando la donna versare il liquido bollente in due bicchieri.

«Ovvio che è un’ottima idea, non sono certo un asino come qualcuno.» rispose la ragazza girando appena la testa per dargli un bacio a fior di labbra.

I due neosposi consumarono il loro te seduti spalla a spalla, in silenzio, fino a quando Merlyn non decise di rompere il silenzio «Arthur, credo dovremmo parlare… di quello che deve succedere questa sera.» riuscì a dire cercando lo sguardo del marito. Voleva essere sincera ed affrontare l’argomento.

L’uomo annuì, posando la tazza sul tavolo «Hai ragione, dobbiamo parlarne.» confermò pensando a come, se fosse rimasto a Corte, la prima notte di nozze si sarebbe conclusa con lui che costretto avrebbe condiviso il letto con una donna che non amava, per non parlare del fatto che alcuni nobili avrebbero dovuto assistere per assicurarsi la consumazione del matrimonio. Arthur rabbrividiva al solo pensiero che i suoi genitori avessero dovuto fare l’amore per la prima volta sotto lo scrutinio di altre persone.

La ragazza annuì, stringendo le mani intorno alla tazza catturandone il calore «Io… io non credo di essere pronta a farlo questa notte.» ammise arrossendo imbarazzata per non riuscire a fare la prima cosa che ci si aspettava da una moglie «Non perché non ti ami, ma… non lo so, Arthur, è che non sarebbe naturale secondo me.» aggiunse guardandolo da sotto le ciglia «Tutti si aspettano che questa notte consumeremo il matrimonio e non…» Arthur le prese il bicchiere dalle mani e lo posò sul tavolo per poi intrecciare le loro dita.

«Non te la senti, Merlyn, e lo rispetto. Questa notte non deve succedere nulla se tu non vuoi.» la rassicurò carezzandole una guancia.

«Ma…» la ragazza voleva controbattere, dirgli che quello era praticamente uno dei primi doveri matrimoniali, che se lui avesse voluto avrebbe potuto sforzarsi e diventare una donna.

Arthur scosse la testa, interrompendola «“Ma” niente, Merlyn, quando saremo pronti accadrà, nessuno ci mette fretta.» la rassicurò abbracciandola.

La maga lo strinse fortemente, il cuore stracolmo di gioia per avere un marito che la comprendeva e la rispettava. Si sentiva la ragazza più fortunata del mondo in quel momento.

I due sposi si coricarono, condividendo per la prima volta lo stesso letto, addormentandosi abbracciati e felici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici ***


Capitolo dodici

 

La vita da sposati era fantastica, Merlyn non aveva mai creduto le sarebbe piaciuto così tanto addormentarsi e poi svegliarsi nello stesso letto con l’uomo che amava. La loro routine era la stessa, si alzavano presto per curare la loro porzione di campo, facevano colazione insieme ai suoi genitori e gli altri e nel pomeriggio mentre Arthur si allenava con Lancelot e Gwaine lei e Parsifal giocavano a dadi seduti sotto ad un albero.

Non avevano ancora consumato il matrimonio, preferendo passare le serate seduti vicino al fuoco a parlare, cercando di scoprire di più l’uno dell’altra, ma non avevano detto a nessuno di questa cosa, anche se Hunith sembrava essere a conoscenza della verità. Merlyn non era riuscita a tirare molte cose dal passato di Arthur, l’uomo era sempre piuttosto vago e non menzionava mai il nome del padre, la ragazza poteva intuire che non ci fosse un buon rapporto tra i due.

Merlyn posò il coltello con cui stava pelando le patate per andare a rispondere a chiunque stesse bussando insistentemente alla porta di casa sua. Arthur era uscito poco tempo prima per andare a prendere l’acqua al pozzo e, ben conoscendolo, sarebbe tornato con quattro secchi stracolmi solo per dimostrarle quanto fosse forte.

«Ah, finalmente!» esclamò la signora Imogen quando la fanciulla aprì la porta «Dov’è tuo marito?» le domandò scrutando tutto il perimetro della sua modesta casa alla ricerca dell’uomo.

Merlyn si frappose, impedendole di ficcanasare «Non qui, le serviva qualcosa?» chiese cercando di non cacciarla via in malo modo, sua madre le aveva insegnato ad essere sempre cortese con gli anziani.

Imogen tirò su il mento, con la tipica aria di superiorità che caratterizzava la sua famiglia «Ho bisogno che venga ad aiutarmi con un lavoro a casa, mi servono due forti braccia.» disse con tono pretenzioso.

Merlyn inarcò un sopracciglio, sapeva perfettamente che quella donna era solo in cerca di qualche chiacchiera da spargere tra tutti gli abitanti di Ealdor, aveva proprio come vizio quello di invitare un membro di una coppia appena sposata a casa sua per farsi i loro affari «Ranful ha due forti braccia.» le fece notare incrociando le braccia al petto, infastidita da quella violazione della sua privacy «Ma se crede che suo figlio sia un incapace ho un’opzione ancora migliore: chieda a Parsifal, lui sì che ha due forti braccia.» le suggerì indicando l’uomo che stava passeggiando insieme a Gwaine, silenzioso come al solito mentre l’amico lo stava riempendo di chiacchiere.

La donna la guardò male, borbottando qualcosa che la maga non riuscì a percepire, ma se ne andò e questo bastò.

La cena era il suo pasto preferito, perché erano solamente loro due e Merlyn stava sperimentando nuove ricette ben sapendo che Arthur sarebbe stato molto sincero sul giudizio, quando qualcosa non gli piaceva lo faceva sapere subito e Merlyn lo ignorava, perché se a lei piaceva lo avrebbero mangiato almeno una volta alla settimana.

Con un solo movimento della mano le fiamme nel camino si alzarono e la ragazza vi mise sopra il supporto la padella su cui avrebbe cucinato la carne di coniglio che suo marito aveva cacciato quella mattina.

Come aveva previsto Arthur entrò in casa portando quattro secchi d’acqua, un sorriso soddisfatto dipinto in volto.

«Sono a casa, moglie.» esordì andando a darle un bacio a fior di labbra.

Merlyn rise, ormai la chiamava sempre così nel privato «Bentornato, marito mio.» rispose circondandogli la vita con le braccia, guardandolo con occhi innamorati mentre lentamente si muovevano dondolandosi sul posto.

«Ho visto quella strega di Imogen allontanarsi da casa nostra, che voleva?» le domandò posando il mento sopra la nuca dell’amata, sentendo il dolce profumo di foglie di pino e d’amore.

«Impicciarsi, come suo solito.» rispose la maga stringendosi ancora di più, in cerca di quella sensazione d’affetto che solamente un abbraccio da parte di suo marito sapeva darle.

I due novelli sposi passarono il resto della serata da soli, cenarono in tranquillità e poi andarono a letto, addormentandosi abbracciati.

⸸⸸⸸

«Merlyn, figlia mia, va tutto bene?» Hunith e la maga erano sedute a ricamare sulla piccola panca attaccata al muro della casa della donna.

Merlyn inarcò un sopracciglio «Uhm? Cosa non dovrebbe andare bene?» le chiese mentre cercava di ricamare il suo nome su un fazzoletto. Tra pochi giorni Arthur, Lancelot e Gwaine sarebbero andati a Engerd per un piccolo torneo con un premio in denaro di pochi spiccioli, ma i tre uomini erano più interessati a mostrare le loro doti da spadaccini e vedere chi tra loro avrebbe vinto. Voleva dare come porta fortuna il fazzoletto con il suo nome a suo marito, ovviamente, come aveva imparato quando aveva studiato insieme ad Alice l’etichetta comportamentale nei tornei.

Hunith si fece un po’ più vicina, smettendo di ricamare la casacca che avrebbe donato a Balinor «Be’, è strano che una coppia sposata dopo più di una settimana non abbia ancora consumato il proprio matrimonio.» le fece notare parlando a bassa voce, non volendo farsi sentire da nessuno degli uomini intenti a tagliare legna.

Merlyn arrossì, non volendo parlare della sua vita intima con la madre «Va tutto bene, madre, è solo che non mi sento pronta.» borbottò arrossendo fino alle punte delle orecchie.

«Di cosa hai paura?» le domandò la madre prendendole la mano.

«Non ho paura, solo che…» si bloccò, diventando in qualche modo ancora più rossa in viso «…e se non gli piacessi senza vestiti? O se non sono capace e finisco con il fare una figuraccia?» le domandò sentendo tutte le sue insicurezze venire alla superficie. Ancora non si capacitava come un uomo come Arthur potesse essersi innamorato di lei, non capiva nemmeno come Gwaine avesse potuto avere una cotta per lei. Non era di una bellezza particolare come le Lady che aveva visto alla corte di Cenred e nemmeno graziosa come Evelune.

«Non dire sciocchezze, Merlyn, fare l’amore richiede due persone che si amano e che amano anche le imperfezioni l’uno dell’altra, ma per quello che vedo io posso assicurarti che Arthur ti adora e non smetterà di farlo, nemmeno dovesse crescerti un terzo occhio nel mezzo della fronte.» la rassicurò la donna ben sapendo di cosa stesse parlando, c’era passata anche lei, tutte le insicurezze che ti assalivano, la paura di non essere abbastanza bella e brava.

La figlia la guardò, non sicura di come rispondere. Sapeva quanto fosse importante consumare il matrimonio, ma non poteva fare a meno di chiedersi se Arthur avesse già avuto altre esperienze, pensò a Gwaine che non si vergognava di raccontare delle sue numerose conquiste.

«Ma tu come fai a saperlo, piuttosto? Mi si legge in faccia?» le chiese timorosa che anche quella megera di Imogen potesse capirlo.

Hunith sorrise tornando sul suo ricamo «Diciamo che i tuoi fianchi sono uguali a prima e non hai assolutamente l’espressione di una donna che ha scoperto i piaceri della vita matrimoniale.» concluse con un occhiolino.

La maga spalancò la bocca scandalizzata, mai si sarebbe immaginata di avere una conversazione simile con la madre.

Senza rispondere tornò al suo ricamo, ignorando la vocina nella testa che le diceva di scoprire di questi piaceri matrimoniali.

⸸⸸⸸

Will sbuffò per l’ennesima volta «Non potevi portarci tuo marito a cercare le fregole?» le chiese inciampando nell’ennesima radice.

«No, voglio passare del tempo con il mio migliore amico!» rispose la ragazza camminando quattro passi davanti a lui, era da mesi che non passavano del tempo da soli e le mancava.

Will grugnì roteando gli occhi «Potevamo rimanere nel mio fienile, allora.» disse facendo un salto per evitare l’ennesima radice.

Merlyn gli lanciò il cestino in vimini ancora vuoto «Qui ci divertiremo di più, poi cucinerò una torta e ci metterò sopra le fregole fresche, se mi aiuti potrei prenderne anche la metà.» propose ben conoscendo quanto fosse facile ottenere quello che voleva da Will offrendogli semplicemente del cibo.

Il ragazzo fece finta di pensarci su, con tanto di mano sul mento e un’espressione super pensierosa «Va bene, ma che sia l’ultima volta.» acconsentì, odiava veramente con tutto il cuore andare nel bosco a cercare della frutta, preferiva di gran lunga andarci con un’ascia per spaccare la legna.

Merlyn sorrise, girandosi a guardarlo e camminando all’indietro «Certo, William, giuro sulla testa di Petronilla che non ti trascinerò più nel bosco alla ricerca di fragole.» enunciò con tono solenne prima di inciampare rovinosamente a terra, facendo ridere il suo migliore amico.

La maga rimase seduta a terra, invitando Will a fare lo stesso, decidendo che potevano anche fermarsi per cinque minuti.

«Allora, Merlyn, com’è essere una donna sposata?» le chiese il ragazzo sedendosi al suo fianco, lasciando che la mora posasse la testa contro la sua spalla. Non aveva ancora avuto l’occasione di farsi raccontare nulla, Arthur e gli altri sempre presenti.

«Non molto diverso da prima, già passavamo tutte le giornate insieme, l’unica cosa che è cambiata è il letto in cui dormo.» rispose facendo comparire tra le mani una corona di fiori da mettere sulla testa, suo padre le stava insegnando nuovi incantesimi, ma la sua specialità rimanevano comunque le farfalle blu.

«Oh, immagino cosa facciate in quel letto.» scherzò il ragazzo alzando le sopracciglia in modo eloquente, dandole un paio di gomitate sul fianco. Non era certo nato ieri, sapeva perfettamente cosa facessero un uomo e una donna da soli, sia se sposati o meno. Lui per primo aveva già sperimentato i piaceri carnali, appena capito come fare, ma era un gentleman e non avrebbe mai rivelato l’identità della fanciulla con cui ancora condivideva raramente momenti d’intimità.

Merlyn lo schiaffeggiò leggermente sulla spalla, arrossendo «Oh, taci William, cosa ne vuoi sapere tu!» rispose non volendo dirgli la verità, non voleva che credesse che fossero una coppia strana. Per la Chiesa il loro matrimonio era ancora annullabile, considerando che non avevano consumato, e sapeva benissimo che Will era un gran chiacchierone e non voleva che si lasciasse scappare qualcosa che sarebbe arrivato alle orecchie della signora Imogen.

Il ragazzo rise, afferrando la ragazza obbligandola a piegare la testa per poi strofinare il pugno chiuso sulla sua nuca, scompigliandole i capelli mori legati in una semplice treccia.

Merlyn sorrise, era bello essere a casa.

⸸⸸⸸

«Dopo il torneo a Endger potremmo viaggiare un po’.» buttò lì la maga mentre cenavano, aveva voglia di vedere il mondo, voleva scoprire ogni singolo centimetro di Albion e fare nuove amicizie.

Arthur posò il cucchiaio di legno all’interno del piatto, dimenticandosi per un attimo del brodo «E dove vorresti andare?» le domandò sentendosi nervoso, timoroso che potesse desiderare di visitare Camelot, il suo Regno. Non voleva dirle di no, Dio potesse fulminarlo il giorno in cui non avrebbe esaudito un desiderio di sua moglie, ma non poteva nemmeno farle scoprire la sua vera identità.

Merlyn fu come colta di sorpresa, non credendo che sarebbe stato così facile, aveva già preparato una serie di argomentazioni per convincerlo «Oh, non so, pensavo magari verso Nemeth, lì sono più tolleranti con chi pratica la magia.» propose giocando con il pezzo di pollo che aveva ancora nel piatto, aspettandosi una risposta negativa.

Arthur rimase in silenzio, pensando a quanto fosse pericoloso mettersi in viaggio e rischiare di farsi vedere da chiunque avrebbe potuto riconoscerlo. Era una cosa estremamente stupida da fare, ma non voleva negare a Merlyn finalmente la possibilità di realizzare uno dei suoi sogni, lui per primo aveva già visto tutti i Regni e sapeva che sua moglie sarebbe impazzita di gioia nel vedere le bellezze che Albion offriva, Arthur doveva solamente tenere loro lontani dalle capitali e da possibili incontri con le famiglie reali.

«Certo, mi sembra un’ottima idea.» rispose infine sorridendo leggermente. L’urlo estasiato della donna e l’abbraccio che ricevette bastarono per fargli capire che aveva fatto la scelta giusta.

⸸⸸⸸

«Assolutamente no.» disse Balinor incrociando le braccia al petto, le narici del naso che si dilatavano ad ogni respiro pesante.

Merlyn alzò gli occhi al cielo, mettendo su un tenero broncio che intenerì Arthur, tanto che gli diede il folle coraggio di rispondere a tono al suo pericoloso e magico suocero.

«Non siamo venuti a chiedere il permesso, vi stavamo solamente lasciando sapere i nostri piani.» disse pronto ad essere scaraventato dall’altra parte della stanza. Tenne la testa alta, sfidando Balinor a controbattere. Erano una coppia sposata, potevano viaggiare insieme senza creare alcuno scandalo ed entrambi sapevano difendersi da banditi e malviventi.

Hunith rise, nascondendo la bocca dietro la mano, orgogliosa che suo genero sapesse tenere testa a quel brontolone del suo amato. La donna non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Arthur fosse perfetto per sua figlia, due teste calde che riuscivano sempre ad ottenere quello che desideravano.

«Senti, ragazzino, come padre di Merlyn ho voce in capitolo. Non voglio che mia figlia vada in giro per i Regni rischiando di essere messa al rogo.» disse l’uomo e Arthur vide indistintamente l’occhio della moglie tremare dal nervosismo. Sorrise soddisfatto, Balinor era appena finito in una ragnatela e Arthur era il ragno.

«Io credo che Merlyn non abbia bisogno dell’opinione di nessun uomo su cosa possa o non possa fare.» disse giocandosi perfettamente le sue carte. A corte aveva imparato molte cose nel vedere come i nobili trattavano le proprie mogli, come se fossero proprietà, e Morgana aveva sempre preso a cuore il compito di insegnarli che quello era assolutamente il modo peggiore di trattare una donna. Arthur prima di incontrare Merlyn aveva creduto che sarebbe finito in un matrimonio combinato con qualche principessa, senza alcun amore a legarli, e che quindi non gli sarebbe poi importato così tanto di quello che avrebbe desiderato sua moglie.

Merlyn gli prese la mano, stringendola appena, i suoi occhi brillavano divertiti e pieni d’amore «Padre, sono fuggita direttamente dalle grinfie di Re Cenred in persona, non credo che qualche bandito nelle foreste possa farmi qualcosa.» intervenne volendo rischiare che Balinor perdesse veramente la pazienza ed usasse la magia contro suo marito.

Hunith posò una mano sulla spalla dell’amato, cercando di farlo rilassare almeno un poco «Andiamo, amor mio, sono adulti e sposati, se volessero potrebbero anche direttamente trasferirsi in un altro villaggio.» disse ben sapendo che non poteva vedere sua figlia rimanere lì per sempre, non quando Ealdor le aveva dato troppo dolore in tutti quegli anni.

L’uomo sbuffò spazientito, ma mai si sarebbe permesso di andare contro l’amore della sua vita «Non è poi così adulta, mia adorata, ha solo diciassette anni.» le ricordò come se avesse veramente importanza. Se era abbastanza grande per sposarsi, allora lo era anche per viaggiare.

Merlyn si schiarì la gola «Ora dobbiamo andare, più tardi passeremo per il pranzo.» salutò trascinando il marito fuori dalla sua casa d’infanzia, senza aspettare una risposta dai genitori. Quando chiuse la porta alle loro spalle la ragazza afferrò il viso del marito e lo tirò verso il basso, facendo incontrare le loro labbra in un bacio frettoloso.

«Il modo in cui ti sei fatto valere con mio padre è stato… eccitante.» disse la donna mordendosi leggermente il labbro inferiore, sussurrando l’ultima parola. Arthur aveva sempre quest’aria autoritaria, come se fosse un cavaliere pronto a guidare un intero esercito in battaglia e Merlyn lo trovava estremamente affascinante e forse adorava di più il fatto che non riuscisse ad usare quel tipo di autorità su di lei, perché ogniqualvolta discutevano l’uomo sembrava pendere dalle sue labbra.

Arthur la guardò con uno sguardo divertito, non vedeva l’ora di litigare nuovamente con Balinor.

⸸⸸⸸

Gwaine era curioso di natura, quindi era ovvio che sapesse la verità su Arthur e Merlyn, cioè che ancora non avevano consumato il loro matrimonio. Era stato piuttosto petulante, con il povero Arthur, chiedendogli indeterminate volte come fosse non essere più vergine, fino al punto che il biondo era scoppiato e aveva vuotato il sacco.

Ora, Gwaine non era abituato a trattare situazioni delicate, non aveva mai dovuto veramente impegnarsi per ottenere quello che voleva, le damigelle si buttavano ai suoi piedi dopo un sorriso, ma voleva capire perché i suoi due migliori amici ancora non avevano consumato il loro amore.

«Non si sente pronta.» aveva bofonchiato Arthur mentre si riposavano dal loro allenamento seduti all’ombra di un albero, poco lontano da loro Lancelot e Parsifal che provavano a lanciare dei sassi sopra la superfice dell’acqua.

Gwaine annuì, non capendo veramente «Principessa, ascoltami, sicuramente sono solo insicurezze momentanee, ma vedi che appena inizierete…» venne bloccato dalla mano dell’altro cavaliere sulla bocca, fermando qualsiasi altra parola potesse uscire. Voleva rassicurarlo che stava tutto nell’iniziare e che poi il resto sarebbe arrivato naturalmente, che continuando così nessuno dei due sarebbe mai stato veramente pronto. Dovevano solo creare l’atmosfera giusta.

Merlyn arrivò insieme a Will, chinandosi per baciare le labbra di marito prima di salutare anche il pover’uomo che aveva ancora la bocca tappata.

«Stai cercando di soffocarlo?» domandò Will sedendosi vicino a Merlyn, uno sguardo preoccupato in volto. Non gli piaceva particolarmente Gwaine, ma era un ottimo compagno di bevute e desiderava veramente tanto che non glielo portassero via.

Arthur lo lasciò andare ed arrossì leggermente «Cos’avete raccolto?» domandò cambiando argomento vedendo il cesto che sua moglie teneva al suo fianco.

«Purtroppo abbiamo trovato solo alcune bacche e delle margherite, speravamo di raccogliere delle albicocche, ma qualcuno è arrivato prima di noi e ha lasciato solamente quelle acerbe.» disse leggermente delusa, aveva in mente di preparare un dolce per il viaggio per Endger per l’indomani.

«Le ho raccolte io.» la voce di Parsifal si fece sentire dal bordo del fiume, attirando l’attenzione dei quattro «Se passi più tardi posso dartene la metà.» offrì sorridendo gentilmente. L’uomo aveva una vera passione per il giardinaggio e la frutta, tanto che Gwaine aveva iniziato a recintare un piccolo orto sul retro della loro casa.

La maga sorrise «Sei gentilissimo, passerò più tardi, allora.» rispose alzandosi in piedi, invitando il suo migliore amico a fare lo stesso «Noi ora andiamo, ci vediamo prima del calar del Sole.» ricordò ai suoi amici che quando si allenavano sembravano perdere la concezione del tempo «Lancelot, sei il più responsabile, li affido a te.» aggiunse interpellando il suo buon amico, l’uomo era sempre più silenzioso in quell’ultimo periodo e Merlyn percepiva ci fosse qualcosa che non andava, ma ancora non riusciva a capire cosa.

Lancelot annuì, sorridendole galantemente, prima di tornare a lanciare i suoi sassolini. Aveva un dilemma morale, Lancelot, sinceramente indeciso se farsi avanti con Arthur sulla sua vera identità o continuare a fingere ignoranza e finire nei guai più tardi.

Gettò un altro sassolino piatto contro la superficie dell’acqua, riuscendo finalmente a farlo saltare per ben due volte prima di affondare.

 ⸸⸸⸸

Merlyn tirò fuori dalla sua cesta il fazzoletto che aveva ricamato e con cortesia lo porse al suo cavaliere, non riuscendo ad evitare di arrossire leggermente.

Non era la prima volta per Arthur, ovviamente, nei suoi anni di tornei aveva ricevuto molti favori, ma non ne aveva mai indossato uno sul campo di combattimento, se non raramente quelli donatogli da Morgana. Porse il braccio a sua moglie, osservandola divertito mentre legava il fazzoletto poco sopra il gomito, completamente rossa in volto.

Appena finì le prese il volto tra le mani per darle un bacio, attirando i fischi di altri cavalieri, ma non ci fece caso, l’anello al suo anulare che gli ricordava che gli era permesso baciare sua moglie in un luogo pubblico, nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Merlyn sorrise nel bacio, trattenendolo leggermente, ma il suono delle trombe che segnavano l’inizio del torneo dovettero per forza separarsi.

«Buona fortuna, Arthur.» augurò lasciandogli andare la mano.

Arthur sorrise beffardo «Non ho bisogno di fortuna, Merlyn, sono stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.» si lasciò sfuggire senza darci troppo peso. La donna rise alzando gli occhi al cielo, credendo di averlo già sentito dire dal marito.

Augurò buona fortuna anche agli altri amici ed uscì dall’aria dedicata ai cavalieri, andando a sedersi su un cubo di fieno che era stato messo a disposizione per gli spettatori. Ignorò gli sguardi curiosi di chi era intorno a lei, non abituati a vedere una donna indossare un paio di pantaloni. Cercò di non sentirsi a disagio, concentrandosi sul primo incontro.

Aveva visto numerose volte i suoi amici combattere nell’arena, sapeva perfettamente quale fosse il loro modo di combattere e si sentiva abbastanza sicura da poter scommettere cinque monete d’argento su suo marito.

⸸⸸⸸

«La tua è stata solamente fortuna, principessa.» borbottò Gwaine mentre Arthur sorrideva soddisfatto dopo aver ricevuto il premio dall’organizzatore del torneo «Ti avrei battuto ad occhi chiusi se non mi fossi lasciato distrarre da quella bellissima fanciulla.» continuò in sua difesa mentendo, perché la persona che lo aveva distratto non era assolutamente una bellissima fanciulla, ma quello non era un dato che gli altri dovevano sapere.

Merlyn alzò gli occhi al cielo, era da quando erano partiti che l’uomo si lamentava, il che rendeva l’ego del marito ancora più sproporzionato.

«Sono certa che ti concederà una rivincita.» disse girandosi a guardarlo come meglio poteva oltre la spalla di Arthur, i due condividevano un cavallo.

«Certo, così potrò batterti nuovamente!» rise il biondo sentendosi particolarmente fiero di sé stesso. Aveva combattuto in tornei molto più complicati e pericolosi, ma vedere Merlyn fare il tifo per lui ed esultare a gran voce per la sua vincita gli aveva dato un qualcosa in più.

Gwaine sbuffò e dovette mordersi la lingua prima di fare qualche battuta inappropriata sul matrimonio dei due, non tanto per Arthur ma in rispetto per Merlyn che non era stata altro che gentile con lui.

«Arthur, falla finita, così diventi odioso.» lo sgridò la moglie dandogli un colpo sul braccio. Certe volte si chiedeva veramente come potesse essersi innamorata proprio di lui tra tutti. Per un piccolo periodo aveva iniziato a sviluppare una cotta per Lancelot, ma poi Arthur era stato portato nell’arena e qualsiasi sentimento per l’altro uomo era come scomparso.

Lancelot si scambiò un’occhiata con Parsifal, quei tre erano veramente strani.

⸸⸸⸸

I due sposi stavano ballando lentamente nel salotto della loro casa, il camino che riscaldava l’ambiente. Era più un dondolarsi che un vero e proprio ballo, ma Merlyn si sentiva particolarmente in pace, con il viso posato contro il petto del marito, nel silenzio della loro casa.

L’indomani sarebbero partiti, nonostante le proteste di Balinor, per questo avevano deciso di dedicarsi una serata in intimità, anche per festeggiare la vincita di Arthur nel torneo.

Il principe aveva gli occhi chiusi, il mento posato sopra la testa della sua sposa in modo delicato, senza mettere davvero peso. Aveva le mani posate contro i suoi fianchi, sotto le dita la pelle bollente della donna lasciata scoperta dalla tunica che stava indossando. Lasciò un profondo respiro, ricordandosi di doversi controllare, che non poteva dare atto ai suoi istinti di sollevare Merlyn e portarla nella loro camera da letto per fare l’amore, questo perché la rispettava e voleva attendere che fosse lei la prima ad iniziare qualsiasi possibile intercorso.

Mai in vita sua si sarebbe aspettato di finire a vivere in campagna, in una casa più piccola delle sue camere a Camelot e con una maga per moglie, ma non poteva fare a meno di pensare che fosse perfetto. A cosa gli serviva un regno, l’oro, la servitù, quando poteva avere tra le braccia l’unica donna che avrebbe amato veramente? Non si sentiva più in colpa per aver tradito Camelot ed i suoi abitanti, per averli abbandonati, aveva scelto di essere egoista e vivere in quella bolla d’amore che sperava non sarebbe mai scoppiata.

«Ti amo.» sussurrò spostando le mani lungo la schiena della donna, carezzandola dolcemente.

Merlyn lo guardò sorridendo «Ti amo anch’io.» rispose intrecciando le mani dietro al collo dell’uomo, giocando leggermente con i capelli biondi del marito.

Arthur si piegò quel che bastava per baciarla, catturando le labbra in un bacio pieno di passione.

La maga gli andò incontro, schiudendo le labbra per poter approfondire, le dita ora incastrate tra i capelli biondi tirandoli leggermente. Senza nemmeno pensare saltò addosso al marito, allacciando le gambe intorno alla sua vita, ringraziando che stesse ancora indossando i pantaloni, sicuramente con un vestito le sarebbe stato quasi impossibile.

In quella nuova posizione Merlyn divenne la più alta, obbligandola a piegarsi leggermente per incontrare nuovamente le labbra del marito.

Arthur la tenne stringendo le mani sotto le cosce della moglie, era una presa ferrea, come se avesse paura che potesse scappare da un momento all’altro. Distrattamente notò con la coda dell’occhio delle piccole farfalle blu riempire la stanza.

«Qualcosa mi dice che sei felice.» sussurrò ad appena un centimetro dal viso della maga, sorridendo leggermente malizioso. Ormai ogniqualvolta vedeva delle farfalle blu non poteva fare a meno di sorridere, pensando alla sua adorabile moglie.

Merlyn arrossì e gli prese il volto tra le mani prima di dargli un veloce bacio, le farfalle che scomparivano lentamente «Camera da letto. Ora.» ordinò, una certa sicurezza nello sguardo che Arthur non osò nemmeno contestare.

⸸⸸⸸

Hunith guardò Balinor accigliata «Ne sei sicuro?» gli domandò con un leggero tremore nella voce.

L’uomo annuì «Mia diletta, non ci sono dubbi, per questo non possiamo lasciarla andare.» confermò prendendo la mano dell’amata, uno sguardo sinceramente dispiaciuto in volto.

La donna sospirò pesantemente, ma annuì.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici ***


Capitolo tredici

 

 

Merlyn aprì gli occhi venendo infastidita da un raggio di Sole che filtrava dalla piccola finestra della sua camera da letto. Istintivamente si strinse contro il marito e nascoste il viso contro il petto nudo dell’uomo, sorridendo beata a quel contatto pelle su pelle che aveva tanto temuto, ma che sapeva di non poterne più fare a meno.

La mano di Arthur si alzò e si posò contro la chioma scompigliata della moglie, un sorriso sulle labbra al ricordo di quella notte. Non era minimamente come se lo era aspettato, era stato decisamente meglio e non vedeva l’ora di rifarlo.

«Dobbiamo prepararci per andare.» mormorò l’uomo passandosi la mano libera contro il viso per darsi una svegliata. Era già decisamente indietro sulla loro tabella di marcia, ma ne era valsa la pena.

«Uhm, hai ragione.» rispose la donna mettendosi a sedere lasciando ad Arthur la gloriosa visione della schiena della moglie segnata da piccoli morsi che l’uomo si era permesso di lasciare in piccoli momenti di passione.

La prima volta era stato tutto estremamente dolce, entrambi impacciati ma volenterosi di capire i meccanismi; la seconda volta si erano divertiti di più, ridendo mentre scacciavano via farfalle; la terza volta Arthur si era lasciato andare un po’ di più e aveva ricoperto di baci l’intero corpo dell’amata, prima, durante e dopo.

«Chiudi gli occhi.» chiese Merlyn e il marito non provò nemmeno ad obbiettare, rispettando la richiesta della ragazza. Facendo un po’ di scena posò anche il braccio contro gli occhi, ridendo perché non c’era nulla che non avesse visto.

Non ci volle molto prima che la maga gli lanciasse contro la tunica rossa «Vestiti mentre preparo la colazione.» e se nel camminare Arthur notò un certo zoppicare non disse nulla.

Quando la raggiunse nell’altra stanza le avvolse i fianchi con le mani e posò un bacio sulla base del collo dell’amata «Buongiorno.» mormorò stringendo leggermente la presa, chiedendosi se potessero fare l’amore anche alla luce del giorno. Non era una cosa ben vista, era considerata un’attività esclusivamente notturna, ma adesso Arthur non poteva fare a meno di pensare a quanto volesse nuovamente amare Merlyn e sentirla singhiozzare il suo nome tra i gemiti di piacere.

«Buongiorno a te.» rispose la maga facendo aderire la schiena contro il petto di Arthur, decisamente di buon umore. Erano stati degli sciocchi ad aspettare tutto quel tempo, avrebbero dovuto farlo subito, ignorando le sue paure.

Qualcuno bussò alla loro porta e Merlyn fece cadere la spatola con cui stava girando fiocchi d’avena e latte. Non era decisamente presentabile, non si era ancora pettinata i capelli!

Vedendo il marito andare verso la porta usò la magia per dare ad entrambi una sistemata, chiunque fosse alla porta non doveva intuire cosa fosse successo quella notte.

«Oh, Arthur, fortunatamente siete ancora in casa.» la voce di Hunith era dolce come sempre, alle sue spalle Balinor aveva un’espressione tremendamente seria.

«Sì, abbiamo deciso alla fine di partire nel primo pomeriggio, non eravamo ancora del tutto pronti per partire questa mattina.» mentì l’uomo non volendo rivelare ai suoceri che avevano dormito stanchi dopo aver compiuto il suo dovere di marito, ripetutamente.

«Prego, entrate, stavamo giusto facendo colazione.» invitò i due adulti nella casa, lo sguardo di Balinor fisso su di lui in maniera poco rassicurante.

«Madre, padre, siete venuti a salutarci?» domandò Merlyn tirando fuori altri due piatti dalla credenza. Non le era piaciuta l’idea di partire avendo litigato con il padre, ma potevano rimediare in quel momento.

Hunith la guardò per un secondo prima di sorriderle come a dire so cosa avete fatto e Merlyn arrossì, chiedendosi cosa l’avesse data via. Era veramente così palese? Cosa le aveva detto l’altro giorno, una questione di fianchi?

Si girò di scatto, quasi bruciandosi con il tegame per evitare lo sguardo della madre «Accomodatevi, su.» invitò dividendo la colazione nei quattro piatti.

Una volta che furono tutti seduti Arthur sentì la tensione crescere ed istintivamente afferrò la mano della moglie sotto il tavolo. Non c’erano belle notizie in arrivo, lo capiva dallo sguardo corrucciato di Hunith.

«Merlyn non potete partire.» Balinor spezzò il silenzio e Arthur strinse la presa.

«Padre, per favore, non voglio andare avendo litigato. Non staremo via per molto tempo, lo prometto.» disse stranamente calma, perché infondo Balinor non poteva veramente impedirle di andare.

Hunith si pulì le labbra con il fazzoletto da tavola «Tesoro, lascia che tuo padre ti spieghi.» intervenne in favore dell’amato, uno sguardo troppo preoccupato che quasi spaventò la ragazza. Sua madre era sempre dalla sua parte, se anche lei voleva impedirle di andare c’era qualcosa di grave dietro.

«Okay, spiega.» sospirò mentre un braccio di Arthur le cingeva le spalle in modo protettivo.

Balinor posò la forchetta contro il piatto «Viaggiare a lungo è pericoloso per te, Merlyn, perché non conosci il tuo Destino. Non sai le cose a cui sei destinata.» iniziò l’uomo guardando Hunith in cerca di sostengo; la donna gli sorrise dolcemente «Perché tua madre ti avrà anche chiamata Merlyn, ma non è così che sei conosciuta tra la nostra gente.» si alzò in piedi e fece il giro del tavolo, inginocchiandosi davanti alla figlia «Perché tu sei Emrys, la maga più potente mai apparsa su questa terra. Tu sei molto più che la figlia di tuo padre. Sei la figlia della terra, del mare, del cielo. La magia è l’anima di questo mondo e tu sei nata da essa. Tu sei la magia in persona, Merlyn. Il tuo Destino è unire le terre di Albion con the Once and Future King* e riportare la magia su questo mondo.» rivelò quelle leggende che gli erano state raccontate fin da bambino. Mai si sarebbe aspettato che sua figlia fosse la potente maga della profezia.

Merlyn rimase in silenzio, chiedendosi che razza di scherzo fosse quello, ma poi si ricordò «Un uomo, Taliesin, mi ha chiamata con quel nome.» disse ricordandosi di quello scellerato che l’aveva portata nel territorio di Camelot per farle vedere una caverna «Nella Valle dei Re Caduti, mi voleva mostrare il mio Destino in una caverna, ma non sono voluta entrare.» spiegò chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta.

«Quando è successo?» domandò Arthur, non ricordava che Merlyn fosse mai scomparsa abbastanza tempo per andare a Camelot.

«Quando abbiamo incontrato mio padre, quando sono uscita da sola.» rispose ricordandosi come i due uomini più importanti della sua vita l’avessero fatta infuriare, accusandosi a vicenda di volerle fare del male.

«Hai fatto la cosa giusta, figlia mia, è pericoloso guardare nel futuro attraversi i cristalli.» disse Balinor prendendole la mano non occupata «Ma devi capire che è per questo che non posso lasciare che tu viaggia, più persone stanno cercando Emrys, chi con buone intenzioni e chi con cattive intenzioni. Il tuo potere, nelle mani sbagliate, può portare alla fine di ogni Regno.» le disse sperando che finalmente capisse la sua preoccupazione.

«Chi è the Once and Future King?» domandò invece la ragazza, chi era questo re che doveva trovare?

Hunith posò le mani sulle spalle dell’amato «Arthur Pendragon.» rivelò il nome tanto odiato da Balinor, il figlio dell’uomo che gli aveva rovinato la vita era anche colui che avrebbe liberato tutti i suoi simili.

Arthur si irrigidì, lui era chi? No, non poteva esserlo, non poteva essere questo mistico Re destinato a grandi cose. Arthur Pendragon aveva rinunciato al trono per sposare l’amore della sua vita, una donna che a quanto pareva era comunque destinato ad incontrare.

«Se è questo il mio Destino, il motivo dei miei poteri, allora perché non mi avete spedito a Camelot come pianificato tempo fa?» domandò la ragazza seriamente confusa. No, non poteva essere lei Emrys, doveva esserci un errore. Non la voleva questa responsabilità e come diamine avrebbe fatto ad aiutare un Pendragon dopo la sofferenza che aveva imposto alla sua famiglia?

Balinor si alzò in piedi «Volevo tenerlo un segreto, ma la storia sta cambiando e non per il verso giusto, il futuro è diventato incerto. Era Destino che tu andassi a Camelot, ma la tua partenza per la corte di Cenred ha modificato quello che dall’alba dei tempi era stato predetto.» disse iniziando a girare per la stanza visibilmente nervoso «Kilgharrah è riuscito a comunicare con me, avvertendomi del disastro che accadrà se non torni sulla giusta strada del tuo Destino.» era stata un’esperienza strana, quella di essere visitato nel sonno dal drago che lo odiava con tutto il suo cuore, ma c’era il futuro di Albion in gioco.

«Chi è Kilgharrah?» domandò Arthur non ricordandosi di aver visto forestieri ad Ealdor negli ultimi mesi.

«Il drago che soggiorna nelle segrete del castello di Camelot.» rispose lo stregone.

Merlyn si alzò in piedi, lasciando andare la mano del marito, tutte quelle informazioni le stavano facendo girare la testa «Tu parli con i draghi?» domandò toccandosi le tempie. Doveva essere una gioiosa mattina, perché stava andando tutto a rotoli?

«Sono un Signore dei Draghi e quando morirò tu sarai una Signora dei Draghi.» rivelò senza troppi giri di parole l’uomo.

Merlyn aveva studiato dei Signori dei Draghi mentre era con Alice, ma credeva non ce ne fossero più, sia di draghi che di Signori.

Fantastico, era Emrys ed una futura Signora dei Draghi, le mancava solamente diventare regina!

«Io…» le si fermò l’aria in gola «Io devo andare a schiarirmi le idee.» annunciò marciando fuori di casa.

No, non lo voleva quel Destino.

Voleva solamente rimanere con il suo Arthur.

Voleva viaggiare e magari un giorno mettere su famiglia.

Si addentrò nel bosco, inciampando di tanto in tanto nei rami. Dove stava andando? Non ne aveva la minima idea, voleva solo allontanarsi.

Ecco perché non aveva voluto vedere nei cristalli, per evitare di sentire l’enorme peso di un Destino che sapeva non essere giusto per lei. Non poteva lasciare suo marito e i suoi amici per andare a fare da guardiana ad un principe.

Chiuse le mani in due pugni e marciò giù per la foresta, sentiva gli uccelli cantare allegramente e degli animali muoversi tra il fogliame, completamente insensibili al tormento interiore della ragazza.

Sentiva tutto, sentiva la terra, l’acqua del fiume, il cielo. Sentiva la Terra respirare e ricordarle che lei era tutto quello, le parole del padre incise nella memoria.

Attraversò il fiume saltando da una pietra all’altra, la gonna del suo abito tirato sopra fino alle ginocchia. Voleva solamente allontanarsi, sentirsi libera per un’ultima volta prima di tornare e dover affrontare la dura verità e cioè che sarebbe dovuta partire per Camelot. Non poteva ignorare le parole del drago, dell’imminente disastro che gli attendeva; non poteva essere egoista ed infischiarsene, non era nella sua natura e sperò che Arthur avrebbe deciso di partire con lei e tornare nel suo vecchio Regno.

Sentì un urlo spezzare l’armonia degli uccelli, la voce di un uomo che implorava pietà. Istintivamente corse verso le voci ed inorridita si trovò davanti ad un uomo che stringeva al petto un bambino circondato da dei banditi.

«Hey, lasciateli stare!» urlò tirando una pietra. Non poteva usare la magia in quel momento, non quando non era strettamente necessario e non voleva spaventare il bambino.

Un uomo alto e robusto rise, le mani contro lo stomaco mentre i suoi compagni si univano creando un coro di risate meschine «E cosa pensa di fare, Miss?» le domandò brandendo la spada in modo scorretto, completamente indisturbato dalla presenza della giovane.

«Lasciate andare l’uomo ed il bambino, altrimenti…» lasciò la frase in sospeso, non sicura nemmeno lei di dove volesse andare a parare. Poteva spaventarli, magari far tremare la terra, ma prima doveva assicurarsi che le due vittime fossero abbastanza lontane.

«Ora sì che ho paura.» commentò uno degli uomini facendo ridere gli altri. Merlyn decise di porre fine alle distanze e cammino fino a ritrovarsi vicino all’uomo con il bambino.

«A quanto pare oggi abbiamo catturato due druidi ed una graziosa fanciulla.» disse l’uomo robusto alzando la spada contro di loro. Merlyn guardò il bambino e l’uomo, era perfetto! Se erano dei druidi sicuramente non sarebbero spaventati per i suoi poteri.

«Emrys, ti prego, salvaci.» la voce non arrivò alle sue orecchie, ma direttamente al suo cervello. Era chiaramente la voce del bambino e le stava chiedendo aiuto.

«Aprite la gabbia.» ordinò l’uomo sicuro di avere ormai la vittoria in pugno.

Merlyn alzò semplicemente una mano, attirando l’attenzione di tutti i presenti.

«Cosa credi di fare, ragazzina?» le domandò l’uomo facendo un passo verso di lei, ma appena si mosse gli occhi di Merlyn si illuminarono e tutti gli uomini volarono a terra. Dando così il tempo ai tre di iniziare a correre.

Sentirono chiaramente i banditi correre dietro di loro, imprecando pesantemente per essersi fatti sfuggire ben tre druidi.

Merlyn afferrò la mano del bambino ed incitò l’uomo a correre più veloce, non sapendo che erano già giorni che lo faceva ed era stanco. Arrivarono al fiume e Merlyn vide sull’altra sponda il marito insieme ai suoi amici.

«Arthur! Scappate!» urlò mentre prendeva tra le braccia il bambino stringendoselo al petto, pronta a saltare sulle pietre per raggiungere l’altra riva.

Nessuno degli uomini si mosse, estraendo le spade nell’udire le urla dei banditi farsi più vicine.

Con ancora il bambino tra le braccia Merlyn si mise accanto al marito, guardando preoccupata i banditi avvicinarsi alla riva del fiume. Non potevano portarli verso Ealdor, ma non potevano nemmeno rimanere lì.

«Non vogliamo problemi, gentleman, vogliamo solo quei due druidi e la ragazza.» disse l’uomo che doveva essere il leader.

«Non avrete né i druidi né mia moglie.» rispose Arthur sottolineando la natura della loro relazione.

«Meglio che torniate sui vostri passi!» urlò Gwaine battendo un gomito sul fianco di Parsifal, come ad incoraggiarlo a dire la sua.

«Andiamoce, non ne vale la pena.» disse uno degli uomini tirando per una spalla il loro leader, valutando le loro possibilità di vincita. Dall’altra parte c’era un uomo enorme che sicuramente avrebbe avuto la meglio su di loro e i suoi amici sembravano abbastanza bravi con una spada.

«Bravi, scappate!» urlò Gwaine ridendo, quando Arthur aveva chiesto loro di andare a cercare Merlyn insieme non si era aspettato di doverla salvare da un gruppo di banditi.

Arthur si girò verso la moglie, chiedendole se fosse forse impazzita nel lasciarsi inseguire in quel modo, ma la donna era già impegnata a parlare con l’uomo che stava toccando dolcemente la testa del bambino.

Nessuno si accorse della freccia dalla punta argentea comparire da dietro un albero e non se ne resero conto fino a quando l’uomo non cadde a terra, provocando un urlo spaventato da parte del bambino. Merlyn coprì il viso del bambino, spingendolo contro la spalla, le mani che tremavano mentre guardava dall’altra parte del fiume, pronta a fermare un’altra freccia con la sua magia.

«E–Emrys…» chiamò con quella poca voce che gli era rimasta «prenditi cura di Mordred, non lasciare che il suo Destino rimanga segnato.» esalò un ultimo respiro e Merlyn sentì gli occhi pizzicarle.

«Chi è Emrys?» chiese Gwaine chinandosi a chiudere gli occhi dell’uomo e posandovi sopra due monete.

«Il più potente mago che sia mai esistito, ho sentito le leggende.» rispose Lancelot, da piccolo nel suo villaggio aveva vissuto una famiglia di druidi e la signora amava raccontare la leggenda del grande Emrys, colui che avrebbe riportato la magia su Albion.

«Maga.» corresse Parsifal conoscendo un’altra versione della storia.

«Merlyn.» disse Arthur facendo scattare la testa di tutti.

La ragazza si era allontanata con il bambino ancora tra le braccia, stringendolo dolcemente mentre gli ripeteva che andava tutto bene, che sarebbe stato al sicuro.

«Certo che ti sei trovato una moglie importante.» fischiò Gwaine, quasi si pentiva di aver rinunciato a lei.

Arthur non gli rispose nemmeno, andando verso la moglie «Tutto bene?» chiese stupidamente e per la prima volta vide il volto del bambino, i suoi enormi occhi azzurri che gli ricordavano in qualche modo Merlyn, con gli stessi capelli corvini e la pelle pallida.

«Sì.» rispose Mordred stringendo tra le mani le maniche del vestito della donna. Era tra le braccia di Emrys, andava tutto bene, era insieme ad Emrys, un grandissimo onore.

Arthur fece un sorriso tirato e posò una mano sulla spalla della moglie «Tu stai bene?» le chiese dolcemente.

«Ha usato la parola Destino, Arthur.» rispose tremando leggermente. Sembrava che tutto stesse veramente per scendere in una catastrofe, proprio come Kilgharrah aveva predetto.

Il biondo l’abbracciò, circondando Merlyn e Morderd con le sue braccia. Non disse nulla, sapendo che in quel momento l’ultima cosa di cui la maga aveva bisogno erano altre parole.

⸸⸸⸸

Hunith pulì il viso del bambino e gli sorrise dolcemente mentre Balinor sedeva fuori insieme a Merlyn.

«Allora, dove stavate andando tu e tuo padre?» gli domandò la donna porgendogli del pane morbido.

Mordred guardò fuori dalla finestra, gli occhi fissi su Merlyn «Camelot, cercavamo Emrys.» rispose ricordandosi di come il padre gli avesse detto che avrebbero sistemato il suo Destino, che trovando Emrys sarebbero riusciti a salvarlo. Non era piacevole avere appena sei anni** e conoscere di essere destinato ad uccidere il Re più importante della storia.

«Oh, come mai la cercavate?» domandò leggermente preoccupata, i druidi erano persone pacifiche e veneravano Emrys, ma Hunith non poteva dimenticarsi che non tutti erano buoni e che anche dietro il viso più innocente poteva nascondersi un pericoloso personaggio.

Mordred non le rispose, mordendosi il labbro «Posso uscire?» chiese invece volendo tornare tra le braccia di Emrys.

La donna annuì, non voleva mettere pressioni al bambino. Lo accompagnò all’esterno e lo seguì con lo sguardo, osservò come si fermò davanti a Merlyn per poi essere preso in braccio e posato sulle sue gambe mentre continuava a parlare con il padre.

«Sembra che abbiate adottato un bambino.» stava dicendo Gwaine ad Arthur, i quattro uomini seduti sulla panca vicino all’entrata.

«Non possiamo certamente lasciarlo per strada.» rispose il biondo guardando la moglie lasciare il bambino giocare con il suo fazzoletto da collo, un sorriso leggermente intenerito mentre continuava a fare domande sul Destino al padre.

Non ne avevano veramente parlato, non c’era stato il tempo, ma Arthur sentiva che fosse la cosa giusta da fare e poteva vedere come la donna si fosse già affezionata a Mordred. Sembrava che tutto gli stesse suggerendo di rimanere ad Ealdor e poi magari andare a Camelot, anche se Arthur sapeva di non poterlo fare, non c’erano dubbi che l’avrebbero riconosciuto nonostante i due anni d’assenza.

Gwaine gli posò una mano sulla spalla, stringendola appena «Sarò uno zio perfetto, te lo prometto.» scherzò cercando di alleggerire l’atmosfera «Pasifal, dobbiamo buttare tutti gli oggetti pericolosi da casa nostra.» disse al coinquilino nonostante non avessero nulla di veramente pericoloso se non le loro spade.

«Potremmo insegnarli ad usare una spada.» suggerì Lancelot vedendo del potenziale nel ragazzino. Poteva anche saper usare la magia, ma essere un abile spadaccino portava sempre dei vantaggi.

La tranquillità della conversazione venne spezzata dalla signora Imogen che marciò fuori da casa sua e a passo svelto si diresse verso Merlyn e Balinor. Arthur si alzò di scatto, pronto a raggiungerli per evitare che potesse succedere qualcosa di spiacevole, dietro di lui i suoi amici e la suocera.

«… non prendiamo randagi, Merlyn, non possiamo permetterci un’altra bocca da sfamare con il poco grano che abbiamo!» stava urlando costringendo il bambino a coprirsi le orecchie, la voce stridula della donna troppo forte.

«Non credo siano affari del villaggio, Imogen.» rispose la ragazza rimanendo seduta con il bambino sulle gambe «Io e mio marito abbiamo deciso di prenderci cura di Mordred e non sarà una questione di grano a farci cambiare idea.» aggiunse posando una mano sulla spalla del padre per tranquillizzarlo.

Altri membri del villaggio si avvicinarono, incuriositi dal nuovo bambino.

«Non dire sciocchezze! Tua madre a malapena è riuscita a crescere te, poi sei tornata con ben altre cinque da sfamare e ora un bambino?» sputò velenosa la donna. Non le piacevano i forestieri, soprattutto quei due che continuavano a rubare la sua frutta «Sarai la rovina di Ealdor, Merlyn, te l’ho sempre detto!» urlò facendo arrossire la ragazza. Imogen l’aveva sempre trattata male, fin da quando aveva memoria, ma essere umiliata così davanti a suo padre, suo marito ed i suoi amici era troppo.

«La vera rovina di questo villaggio sei tu.» disse Arthur mettendosi tra la donna e la moglie, permettendole di ricomporsi «Se la tua famiglia non mangiasse come maiali la metà delle scorte di grano riusciremmo a sfamare anche mezza Essetir.» provocò facendo innervosire Ranulf, il quale si spinse tra la folla fino a finire faccia a faccia con Arthur.

«Tieni a freno la lingua, Arthur, non ti permetto di parlare così a mia madre.» disse, ma senza provare nulla di fisico, ancora umiliato per la perdita subita qualche mese prima.

«E io non permetto a nessuno di parlare in questo modo a mia moglie.» rispose il biondo incrociando le braccia al petto, gonfiando i muscoli in modo minaccioso «E non permetterò a nessuno di mettere in discussione la presenza di Mordred perché da oggi fa parte della nostra famiglia.» aggiunse sfidando chiunque a controbattere. Non gli interessava fare la figura del cattivo, del gradasso, era cresciuto sentendosi superiore a tutti e non si era mai fatto problemi nell’essere odiato.

Will annuì, non gli stava ancora interamente simpatico Arthur, ma poteva vedere che buon marito fosse per la sua migliore amica.

Petronilla e Bertrada nascoste dietro alla madre non dissero nulla nonostante la voglia di gettare cattiverie su Merlyn. Era impossibile che quella stramba fosse riuscita a sposarsi prima di loro, ora adottava anche un bambino!

«Qualcuno ha qualcosa da aggiungere?» domandò Parsifal assumendo un tono duro e wow, Gwaine dovette trattenersi dal girarsi a guardarlo e magari saltargli addosso. Erano ormai un paio di settimane che la vicinanza di Parsifal gli creava piacevoli sensazioni e se nel passato aveva giaciuto anche con uomini solamente a causa di mancanza di donne questo non voleva dire che doveva negarsi la possibilità di potersi innamorare di un uomo. Nessuno riusciva a sopportarlo come lui e non lo sgridava mai per le sue stramberie e idee folli, a Gwaine piaceva molto Parsifal, proprio per questo aveva deciso di andare a vivere con lui e non Lancelot.

Velocemente tutti si allontanarono, non volendo far innervosire ulteriormente quel gruppo di strani.

«Tranquillo, Mordred, nessuno ti manderà via.» lo rassicurò la ragazza sorridendogli dolcemente.

Il bambino annuì «Non ho paura, sono con te, Emrys.» le rispose guardandola dritta negli occhi, uno sguardo forse troppo serio per essere un bambino.

«Chiamami Merlyn, per favore.» disse carezzandogli la testa, non perché non le piacesse l’altro nome, ma se quello che suo padre diceva era vero e qualcuno la stava cercando per approfittarsi del suo potere era meglio tenere questa sua identità un segreto.

Mordred annuì e scese dalle gambe della ragazza andando a prendere la mano di Arthur, iniziando a trascinarlo verso il recinto dei maiali.

Balinor guardò il bambino allontanarsi con un peso sul cuore, sapeva perfettamente chi fosse, sapeva il suo ruolo nel Destino di sua figlia, ma non riusciva a trovare il coraggio per rivelare la verità. Era solamente un bambino, per la miseria, e Merlyn già lo adorava.

Kilgharrah gli aveva detto che il futuro come lo conoscevano si stava sgretolando, troppe cose erano cambiate dalla visione originale. Se il drago fosse stato lì gli avrebbe sicuramente suggerito di eliminare la minaccia, di lasciare il bambino morire ed evitare che compiesse il suo Destino.

Balinor si toccò la barba, pensieroso, Mordred era destinato ad uccidere Arthur Pendragon come Merlyn era destinato a proteggerlo, ma forse lasciando che i due rimanessero insieme sarebbero riusciti ad evitare quella fine. Forse Mordred poteva essere salvato da quel crudele futuro, ma forse poteva cambiare quello di Merlyn, poteva portare Emrys sulla cattiva strada, corromperla.

«Padre, tutto bene?» la voce della figlia lo riportò in sé.

Sospirò, decidendo di mentire, ancora una volta e nascondendo la verità «Sì, figlia mia, va tutto bene.».

⸸⸸⸸

Merlyn rimboccò le coperte a Mordred. Will era stato talmente gentile da portare tutti i vestiti che aveva indossato da bambino da poter regalare al figlio adottivo di Merlyn ed Arthur.

Arthur insieme a Lancelot aveva costruito un piccolo letto da poter mettere lungo il muro vicino alla cucina, abbastanza vicino al fuoco da poterlo tenere al caldo.

La maga stava indossando il suo abito da notte, una semplice tunica bianca lunga fino ai piedi, i capelli sciolti che le davano un aspetto etereo.

Si sedé sul bordo del letto «Mordred, puoi dirmi cosa è successo oggi?» gli domandò volendo accertarsi che il bambino avesse capito veramente che quella mattina suo padre era morto, che la sua vita sarebbe cambiata per sempre da quel momento.

«Io e mio padre stavamo scappando, Emrys ci ha salvati, ma mio padre è morto. Ora vivo con Emrys ed Arthur.» rispose il bambino corrugando la fronte. Non si era già dimenticato quello che era accaduto, non aveva la memoria corta!

Merlyn posò una mano sulla sua guancia «Va bene, ora puoi dormire. Buonanotte.» si chinò per dargli un bacio sulla fronte, rimboccandogli le coperte per un’ultima volta. Spense la candela sul tavolo, lasciando che l’oscurità scendesse nella stanza.

Si infilò sotto le coperte e si strinse contro il marito, lasciandosi abbracciare in completo silenzio.

«Abbiamo fatto la scelta giusta.» riuscì a sentire prima di cadere in un profondo sonno, stremata da quella giornata ricca di eventi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Non lo so, in italiano non mi piace

**Mordred nella serie tv ha undici anni nella sua prima apparizione, ma l’ho voluto più bambino in modo da potersi affezionare in maniera più materna a Merlyn

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici ***


Merlyn rise inseguendo Mordred nella piccola radura nel bosco dietro Ealdor, erano passate due settimane da quando il bambino era entrato nelle loro vite e la coppia si era già tremendamente affezionata.

Arthur seduto sul telo steso a terra, circondato dal pranzo che la moglie aveva preparato, guardava felice i due correre facendo qualche trucco con la magia, ridendo spensierati.

I primi giorni erano stati strani, Mordred non aveva parlato molto, attaccandosi alla gonna di Merlyn o alla mano di Arthur e guardando preoccupato verso qualsiasi abitante di Ealdor, temendo che potessero portarlo via, la signora Imogen gli lanciava ancora occhiatacce. Poi una mattina si era svegliato e si era intrufolato nel loro letto, mettendosi tra la coppia, e aveva iniziato a giocare con i capelli di Merlyn, incominciando la giornata con una serie di domande quasi infinita, la tipica parlantina e curiosità che ci si aspettava da un bambino.

«Arthur!» Morderd urlò il nome dell’uomo prima di saltargli addosso, dichiarando a Merlyn che aveva perso perché aveva raggiunto Arthur prima di lei.

Il principe sollevò il bambino in aria, facendolo ridere, per poi farlo sedere tra le sue gambe «Tieni, bevi.» disse passandogli un calice con dell’acqua all’interno mentre alla moglie passò del vino.

Merlyn si sedé al suo fianco, posando la testa contro la sua spalla, rilassandosi e godendosi la piacevole brezza della giornata, il Sole che le baciava la pelle del viso e del petto.

La questione Camelot e Arthur Pendragon era stata affrontata tre giorni dopo la rivelazione del suo Destino. Balinor le aveva consigliato di andare per evitare di modificare ancora di più il futuro, ma il drago non lo aveva ancora contattato per annunciargli l’imminente catastrofe. Arthur aveva contrariamente suggerito di rimanere ad Ealdor, continuare con la loro semplice vita, dicendole che se non avesse voluto non avrebbe dovuto portare il peso di Albion sulle spalle, soprattutto ora che avevano un bambino di cui prendersi cura. Era stata una cosa egoista da fare, ma Arthur non poteva lasciarla andare da sola, ma non poteva nemmeno andare con lei senza rivelare la sua vera identità.

Non poteva andare a Camelot a proteggere Arthur Pendragon se lo stesso era proprio lì al suo fianco.

«Emrys, puoi sbucciarmi la mela?» domandò il bambino prendendo il frutto dalla cesta in vimini.

Merlyn aveva più volte provato a ricordargli di chiamarla con il suo vero nome, ma il bambino sembrava essersi fissato con il suo nome profetico. Prese la mela dalle piccole mani di Mordred ed afferrò il coltello. Quando anche l’ultimo pezzo di buccia cadde sul fazzoletto che la donna aveva posato sopra le ginocchia tagliò la mela a metà e poi a piccoli spicchi per facilitare il bambino.

«Come si dice?» chiese Arthur quando Mordred prese una fetta dalle mani della maga.

«Grazie, Emrys.» sorrise il bambino guardando Arthur in cerca d’approvazione. Gli piaceva l’uomo, lo trattava bene ed era simpatico. La sera prima di andare a letto gli raccontava pure delle storie sui cavalieri e le loro imprese.

La donna portò uno spicchio di mela alla bocca del marito, facendogli l’occhiolino quando lasciò le punte delle dita stuzzicargli le labbra. Dopo la loro prima notte d’amore non erano più riusciti ad avere un momento d’intimità, più che altro spaventati di essere troppo rumorosi e poter svegliare Mordred. Non per questo non avevano passato le ultime settimane a provocarsi, rubandosi baci appassionati quando Mordred veniva letteralmente rapito da Gwaine per giocare, ma mai per abbastanza tempo.

Arthur le afferrò il polso senza rompere il contatto visivo, riportò le dita verso le sue labbra e ci soffiò sopra, ridendo dell’espressione scandalizzata della moglie. La vide arrossire e ritirare la mano contro il petto, lanciando uno sguardo preoccupato verso Mordred, chiedendosi se avesse visto quella scena non adatta ai minori.

Il bambino stava mangiando a piccoli morsi la fetta di mela mentre guardava concentrato il suo piede battere ritmicamente contro la gamba di Arthur.

Arthur si sporse per baciarla, facendo attenzione a non muovere Mordred, sorrise nel bacio, amava la vita che si stava costruendo.

⸸⸸⸸

Arthur tornò a casa quella sera portando della legna da ardere. Dopo l’allenamento con gli altri era andato nel bosco a tagliare qualche ceppo. L’inverno si stava avvicinando e voleva avere una buona scorta.

Era ufficialmente un mese che Mordred faceva parte della loro famiglia e Arthur era pronto a morire per difendere quel bambino.

Aprendo la porta trovò le due persone più importanti della sua vita seduti sul pavimento, tra loro delle fiamme danzavano prendendo forme di vari animali. Balinor aveva iniziato ad insegnare anche a Mordred come controllare la sua magia e Arthur aveva notato come l’uomo guardasse quasi con paura suo nipote adottivo.

Chiudendosi la porta alle spalle ricevette immediatamente un urlo estasiato da parte del bambino «Arthur, sei a casa!» e in meno di un secondo se lo ritrovò tra le gambe, il mento posato contro le sue ginocchia mentre guardava in alto.

Merlyn si alzò a sua volta «Oh, è così? Arriva Arthur e Merlyn non esiste più?» scherzò ben sapendo quanto il bambino amasse entrambi. Diede un veloce bacio al marito, togliendogli dalle mani la legna, così che potesse prendere imbraccio il bambino.

Ora, non fraintendetela, Merlyn aveva sempre trovato Arthur in qualche modo attraente. Non si era innamorata per il suo aspetto, ma di certo aiutava. Comunque, vederlo giocare con Mordred, scoprire quel suo lato paterno, aveva messo in profonda crisi la donna. Si era ritrovata più volte a toccarsi il ventre piatto, chiedendosi come sarebbe stato avere un figlio loro, per poi subito dopo arrossire furiosamente all’idea.

Con un Destino come il suo – e per quanto stesse cercando di ignorarlo – non poteva fare a meno di pensare che non era il momento giusto per rimanere incinta. Non che facessero l’amore, Mordred aveva praticamente fermato qualsiasi attività in camera da letto in quanto aveva preso il vizio di dormire con loro di tanto in tanto.

Prima o poi Camelot l’avrebbe accolta e sarebbe stato meglio senza un figlio di cui preoccuparsi dato che sembrava un lavoro molto pericoloso.

«Oh oh, qualcuno è gelosa.» disse Arthur posando Mordred sul suo braccio, sostenendolo con facilità al contrario della donna.

«Nooo» esclamò Mordred girandosi verso la maga «non essere gelosa, madre.» concluse tendendo le braccia verso Emrys.

I due adulti si bloccarono e il druido corrugò la fronte, perché lo stavano guardando in quel modo?

«Mordred, come mi hai chiamata?» domandò la donna lasciando perdere la legna vicino al camino. Sentiva il cuore nelle orecchie, non poteva credere a quello che aveva appena sentito.

Il druido ripensò alle sue parole ed arrossì, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Arthur. Dei, come si stava vergognando, aveva appena chiamato “madre” Emrys! Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi, sicuro che adesso lo avrebbero odiato. Sapeva perfettamente che Emrys non era sua madre, la sua vera mamma era morta durante un attacco al loro campo poco dopo la sua nascita, suo padre glielo aveva raccontato quando gli aveva chiesto dove fosse, notando come gli altri bambini avevano sia una mamma che un papà. Suo padre, il quale era morto solamente un mese fa e lo stava già sostituendo con il marito di Emrys, era veramente cattivo come il filidh aveva predetto.

Non voleva essere cacciato via, non aveva nessuno al mondo e aveva paura del suo Destino, voleva rimanere con Emrys ed aiutarla a creare Albion, non uccidere il re.

Merlyn lo prese dalle braccia di Arthur, rischiando quasi di farlo cadere, ma il marito l’aiutò «Hey, non piangere.» disse in tono dolce asciugandogli le lacrime con il polpastrello del pollice «Va bene se vuoi chiamarmi madre.» lo rassicurò guardando Arthur in cerca d’approvazione. Il biondo annuì fermamente, non gli sarebbe dispiaciuto nemmeno a lui essere chiamato “padre”.

«Veramente?» chiese in un singhiozzo il bambino, le piccole mani chiuse a pugno a sfregarsi gli occhi piangenti.

Merlyn annuì «Certo, Mordred! Infondo siamo i tuoi genitori.» rispose la ragazza dandogli un bacio sulla guancia.

«Vi voglio bene.» sospirò Arthur sentendo il cuore pieno d’amore, desiderando essere un padre migliore del suo, sapendo che insieme a Merlyn sarebbe riuscito anche nell’impossibile, anche essere un padre.

⸸⸸⸸

Hunith stava andando verso il fornaio per comprare del pane fresco, vicino a lei il piccolo Mordred si stava stringendo alla sua gonna con una presa ferrea, causandole qualche problema nel camminare, ma capiva la paura del bambino: i cittadini di Ealdor ancora non lo avevano accettato.

Sei mesi e il povero bambino non era riuscito a integrarsi nella comunità, ma non lo aveva fatto nemmeno Merlyn che era nata e cresciuta lì.

La figlia, insieme al marito, il padre ed i suoi amici, erano andati in missione: un grifone aveva iniziato a terrorizzare i villaggi vicini e in base alle conoscenze di Balinor la creatura poteva essere uccisa solamente grazie alla magia. Questo lasciava Hunith e Mordred da soli, ma non era certo la prima volta!

La donna adorava Mordred, soprattutto da quando aveva iniziato a chiamarla “nonna”. Più volte il bambino aveva dormito a casa sua, Hunith era andata in soccorso della figlia quando le aveva raccontato distrattamente di come la vita matrimoniale con Arthur fosse tornata in una situazione di stallo dopo l’arrivo del druido. Almeno una volta a settimana il bambino era ospite di Hunith e Balinor, ben sapendo che per qualsiasi cosa i genitori erano giusto a poche iarde di distanza. Mordred aveva conquistato anche il cuore di Balinor, alla fine l’uomo aveva raccontato della profezia all’amata e Hunith lo aveva rassicurato che non doveva preoccuparsi: Kilgharrah gli aveva detto che il futuro era cambiato e quindi forse anche il Destino del loro nipote.

«Hunith, come stai?» Matthew le sorrise cordialmente, l’unico ad essere riuscito a scambiare due parole in favore di sua figlia e Mordred.

«Bene, tu come stai?» chiese a sua volta posando una mano sulla testa del bambino, il quale quasi si stava nascondendo dietro le sue gambe, la presa sulla gonna più ferrea.

Matthew si chinò e prese dalla sua cesta un dolce «Bene.» rispose alla donna «Tieni, Mordred, ma non dirlo a tua madre.» sussurrò facendogli l’occhiolino, cercando una complicità con il bambino.

Il druido allungò la mano ed accettò il dolce «Grazie, Matthew.» disse ricordandosi come il padre gli avesse insegnato l’educazione. Si doveva sempre ringraziare, come quando la madre pettinava il padre al mattino e lui la ringraziava con un bacio.

L’uomo sorrise e si sentì abbastanza confidente dal potergli scompigliare giocosamente i capelli.

Il piccolo momento di pace venne interrotto dall’arrivo di Imogen, la quale a grandi passi si diresse verso di loro, il viso gonfio e rosso come sempre. Mordred deglutì spaventato, la donna lo terrorizzava e Emrys non era lì per proteggerlo!

«Ora diamo i dolci ai randagi?» chiese a Matthew facendogli alzare gli occhi al cielo, innervosito.

Hunith perse il sorriso «Mordred non è un randagio, è il figlio di Merlyn e Arthur.» disse cercando di mantenere un tono di voce adeguato.

Imogen sbuffò dal naso «Non mi sembra che tua figlia lo abbia partorito.» commentò con veleno, ogni giorno sembrava voler cercare una scusa per attaccare Merlyn.

«Non devi per forza partorire per avere un figlio.» rispose Hunith prendendo un profondo respiro «Fortunatamente viviamo in una società dove anche i meno fortunati possono trovare una nuova famiglia.» aggiunse difendendo il caso.

«O forse quella buona a nulla di tua figlia è sterile e ha rapito questo bambino. Non è brava nemmeno a farsi ingravidare, ma non avevo dubbi, con quei fianchi stretti e poca carne sulle ossa.» Imogen sorrise maligna e proprio quando Hunith stava per rifilarle un manrovescio la donna si piegò in due emettendo versi di dolore prima di vomitare sulle sue stesse scarpe.

Hunith guardò Mordred e vide appena il tipico bagliore giallo delle iridi scomparire, prova inconfutabile che aveva appena usato la magia per far sentire male Imogen.

Matthew imprecò e si avvicinò per posare una mano sulla spalla della donna, ma il vomito sembrava non volersi fermare «Dio ti sta punendo per tutte le cattiverie che dici.» commentò cercando con lo sguardo uno dei figli della donna per farla portare a casa.

«Forse noi dovremmo andare, non vorrei che Mordred si prendi questa influenza.» si scusò Hunith lasciando a Matthew il compito di occuparsi di Imogen. L’uomo annuì distrattamente, ora seriamente preoccupato per la donna che ancora non smetteva di vomitare.

Comprarono in fretta il pane e tornarono a casa.

«Quello che hai fatto è sbagliato, Mordred.» lo ammonì la donna facendolo sedere sul tavolo per poterlo guardare negli occhi. Solo Dio sapeva quante volte aveva avuto la stessa conversazione con Merlyn.

«Ma stava dicendo cattiverie su madre.» borbottò il bambino guardandosi le mani. Non gli piaceva essere sgridato, soprattutto quando non aveva fatto nulla di male!

Hunith sospirò pesantemente, chiedendosi se fosse tornata indietro nel tempo, quel bambino stava usando le stesse parole di Merlyn alla sua stessa età.

Spezzò un pezzo di pane e l’offrì al nipote «Ci sarà sempre gente che dirà cattiverie su chiunque di noi, Mordred, ma l’unica cosa che puoi fare è imparare ad ignorarle.» disse proprio come fece con sua figlia.

Erano anni che lei stessa subiva le malelingue di Ealdor, fin da quando si era scoperta la sua gravidanza extramatrimoniale, ma aveva imparato a conviverci e certamente non per questo si era mai fatta mettere i piedi in testa.

Il bambino annuì, l’espressione concentrata sul pane, capiva cosa Hunith gli stava dicendo, ma non credeva fosse giusto. Emrys non si meritava di essere trattata in quel modo! Lei era colei che avrebbe riportato la magia e avrebbe liberato la sua specie.

«Su, tesoro, finisci il pezzo di pane e iniziamo con la lezione.» lo esortò la donna andando a prendere della pergamena, un pennino e dell’inchiostro. Non c’erano possibilità che avrebbe lasciato il bambino crescere senza imparare le basi della scrittura e lettura. Potevano essere dei semplici contadini, ma fortunatamente la donna aveva avuto accesso ad un tutore durante la sua infanzia a Camelot e intendeva tramandare le sue conoscenze a tutti, poi adesso aveva anche l’aiuto di Balinor, l’uomo decisamente più acculturato di lei essendo cresciuto nobile.

Mordred mandò giù in un solo boccone il pane e scese dal tavolo, adorava imparare a scrivere e leggere!

⸸⸸⸸

«Non fare mai più una cosa del genere!» urlò Arthur prendendo il braccio della moglie, strattonandola leggermente. Non voleva considerarsi un uomo violento, non aveva mai alzato un dito su una donna che non fosse una strega intenzionato a fargli del male, ma sua moglie riusciva a mandarlo in tilt.

Immediatamente lasciò andare la presa, come se si fosse scottato, timoroso che la donna potesse odiarlo per quella sfuriata. Erano mesi che non litigavano, dal loro matrimonio a quel giorno non avevano discusso nemmeno una volta, vivendo una specie di sogno.

Merlyn si spolverò i pantaloni ricoperti di terra, era stata scaraventata a qualche metro di distanza dal grifone mentre cercava di allontanarlo dai suoi amici mentre Balinor lanciava l’incantesimo sulla spada di Lancelot.

«Non dirmi cosa fare.» rispose la donna guardandosi la tunica rovinata all’altezza del gomito, il quale stava sanguinando.

Arthur era rosso in viso, sia per la rabbia che per la paura nel vedere la donna amata venire lanciata in aria. Le aveva detto di non avvicinarsi, di rimanere a fianco a Balinor e lasciare a loro il compito di distrarre il grifone, ma come al solito non gli dava retta!

«Scusami, non volevo strattonarti.» sospirò l’uomo veramente dispiaciuto, Morgana lo avrebbe linciato se sarebbe venuta a sapere che aveva osato alzare le mani su sua moglie.

Merlyn gli sorrise, comprensiva «Non preoccuparti, non è come se non mi avessi puntato un’arma alla gola.» scherzò ricordando il loro primo incontro. Non si sentiva minacciata dal gesto di Arthur, sapeva benissimo riconoscere una relazione abusiva e certamente suo marito non era il tipo. Il suo era stato un gesto dettato dalla preoccupazione e non lo stava giustificando, ma poteva capirlo. Ricordò perfettamente il pugno che gli aveva dato quando aveva rischiato di morire combattendo contro un bandito, salvato per miracolo da Parsifal.

Arthur la baciò, prendendola per i fianchi e spingendola contro il suo corpo. La maga sorrise andando a stringere con le mani i capelli alla base della nuca del marito, tirandolo ancora più in basso per approfondire il bacio.

«Ragazzi, risparmiatevi per la notte!» urlò Gwaine ridendo, non erano molte le volte che la coppia si lasciava andare ad effusioni in pubblico, per questo doveva approfittare di ogni occasione per prenderli un po’ in giro.

Merlyn con un movimento della mano fece cadere a terra l’amico, animando una radice dell’albero al suo fianco.

«Andiamo, bambini, torniamo a casa.» comandò Balinor a gran voce, quasi rimpiangendo la sua caverna. Da quando era stato riportato nel mondo civile ne aveva vissute di avventure, sua figlia e suo marito sembravano attirare guai da tutte le parti. I loro amici poi non erano meglio, Gwaine era riuscito ad innervosire un fantasma, una povera donna che si aggirava sulle rive del lago dove era affogata, l’aveva talmente tanto infastidita che aveva deciso di maledirlo e Parsifal era dovuto andare in missione a recuperare un fiore magico per salvarlo.

«Come lei comanda, signore!» urlò Gwaine mettendosi in piedi, imitando un cavaliere.

Merlyn rise, ancora stretta nell’abbraccio del marito, amava la sua famiglia.

⸸⸸⸸

Osbert entrò a Camelot guardandosi intorno meravigliato. Non era stata una mossa intelligente scappare di casa, ma quando Hunith aveva rivelato il suo segreto ad Imogen avrebbe fatto di tutto per non essere incastrato in un matrimonio con Bertrada. Era solo un passatempo, la ragazza non era assolutamente materiale da matrimonio, ma sapeva che rimanendo ad Ealdor sarebbe stato costretto a prendersi le responsabilità delle sue azioni.

Fuggendo con nulla in mano si era ritrovato a vagare per le foreste, cercando asilo in vari villaggi, ma senza rimanere per troppo tempo in uno di essi per evitare di essere rintracciato. Alla fine si era unito a dei mercanti erranti, così da poter vivere in movimento ed avere un lavoro.

Non gli dispiaceva quella nuova vita, ormai era quasi un anno che era lontano da casa, ma non per questo si era dimenticato del viso di uno degli amici di Merlyn. La stessa faccia che lo stava guardando dal dipinto appeso all’ingresso del palazzo.

Davanti a lui c’era Arthur, quello che già doveva essere diventato il marito di Merlyn. Si girò verso una guardia mentre il suo capo parlava con il responsabile delle cucine di palazzo.

«Chi è quello?» domandò piuttosto bruscamente, un tremore nella voce al pensare che forse sarebbe riuscito a vendicarsi di quella bastarda.

La guardia seguì il suo sguardo e sospirò «Il principe Arthur, è scomparso da quasi tre anni.» rispose sentendo sulle spalle tutta la tensione di quegli anni sulle spalle, Re Uther aveva reso la vita di tutti un Inferno, oltre alla lotta contro la magia si era aggiunta la disperata ricerca del principe.

Osbert sorrise mostrando i denti gialli «Io so dov’è.» ammise facendo impallidire la guarda.

Il ragazzo nel giro di pochi minuti si ritrovò davanti a Uther in persona.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici ***


«Madre, posso andare da zio Lancelot?» chiese Mordred saltando da un piede all’altro guardando verso la porta. Lancelot gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato a cavalcare e lui non vedeva l’ora.

Merlyn gli fece segno di abbassare la voce, Arthur ancora addormentato nella camera da letto «Va bene, ricordagli di portarti a casa della nonna per l’ora di pranzo.» disse passandogli il mantello verde per coprirlo dal primo freddo autunnale.

Il bambino scese dalla sedia e l’abbracciò, ringraziandola per poi correre fuori dalla porta scordandosi di chiuderla alle sue spalle. La maga si alzò a chiuderla e guardò la sua fede ricordandosi che quel giorno lei ed Arthur festeggiavano un anno di matrimonio.

Si morse il labbro inferiore, un’idea che le ronzava in testa. Fuori il Sole stava già dando i primi raggi e la ragazza si era già presa cura della loro parte di campo. Fuori dalla finestra vide Mordred battersi il pugno con Lancelot, la maggior parte degli abitanti di Ealdor si stavano dirigendo verso il campo di tritico per iniziare la loro giornata di mietitura.

Per sicurezza fece un incantesimo per dare all’illusione per chiunque si avvicinasse alla finestra che i due sposi stessero seduti a leggere vicino al camino. Entrò nella camera da letto facendo piano, le tende erano ancora posizionate in modo da non far entrare nemmeno un raggio di luce.

Con movimenti calcolati si slacciò il vestito, facendolo cadere ai piedi, rimanendo con solamente la sottoveste addosso. Sfilò le scarpe e a piedi nudi si fece strada fino al letto, posando leggermente un ginocchio sul bordo del materasso.

Arthur si destò immediatamente, il suo allenamento militare gli aveva donato un sonno leggero, e per puro istinto afferrò Merlyn per scaraventarla sul letto e salirle sopra.

«Buongiorno a te.» rise la ragazza con un luccichio negli occhi che Arthur aveva imparato a conoscere bene. Il principe corrugò la fronte, era sicuro fosse già mattino, non avevano mai fatto nulla del genere con il Sole fuori.

«Buongiorno.» rispose l’uomo chinandosi a baciarla, una mano tra i lunghi capelli sciolti della moglie.

«Oggi è il nostro anniversario.» gli ricordò carezzandogli i pettorali nudi, cercando di essere sensuale. Ormai aveva acquistato una certa sicurezza nella camera da letto e non cercava più di nascondersi agli occhi del marito.

Arthur sorrise, pensando all’ultimo fantastico anno che avevano vissuto «Davvero? Il tempo è volato.» rispose tra un bacio e l’altro.

Merlyn annuì cercando di non gemere quando Arthur le prese un seno nella mano, la sottoveste l’unica barriera tra le loro pelli. Gli circondò le spalle con le braccia tirandolo verso il basso, cercando nuovamente le sue labbra.

L’uomo cercò di non schiacciarla, provando a sorreggersi solamente su un gomito mentre le tirava sopra la sottoveste, i suoi pantaloni decisamente più stretti del dovuto al solo pensiero di quello che lo aspettava.

Arthur adorava fare l’amore con Merlyn e non si pentì nemmeno per mezzo secondo di voler essere rimasto vergine fino alle nozze. Nella loro inesperienza avevano creato una solida base per la loro relazione intima, imparando lungo la via cosa e cosa non piacesse loro. Avevano sperimentato poco, Arthur aveva provato a prendere qualche suggerimento dai racconti di Gwaine, ma certe cose erano semplicemente troppo sconce da poter provare con sua moglie, era pur sempre un principe, non un animale.

Merlyn lo aiutò a sfilarsi la sottoveste, rimanendo nuda sotto di lui, e le sue mani corsero ai lacci dei pantaloni del marito, triando verso il basso sia l’indumento che l’intimo dell’uomo.

La maga si spinse a sedere, allontanando momentaneamente Arthur, voleva provare qualcosa di nuovo. Aveva recentemente letto un romanzo e un passaggio l’aveva leggermente fatta accaldare.

Spinse Arthur a sdraiarsi e gli sfilò completamente gli indumenti di dosso facendoli cadere a terra. Sentendosi spavalda si sedette sul bacino del marito facendo sfiorare le loro intimità. Il biondo gemette e le mani volarono ad afferrare i fianchi della moglie, fermandola.

Prese un profondo respiro e constatò con disappunto di non riuscire a vedere il viso della moglie.

«Possiamo accendere una candela?» domandò con voce rauca. Voleva vederla, voleva godersi quello spettacolo che era sua moglie. Tipicamente era lui ad avere le redini della situazione a letto, Merlyn nonostante il carattere fumantino e la completa dedizione nel voler violare le norme di genere, a letto era estremamente docile.

La stanza si illuminò alla luce di tre candele e Arthur dovette chiudere gli occhi e pensare a qualcosa di disgustoso per non venire in quell’esatto istante.

Improvvisamente Merlyn si fece timida, chiedendosi cosa diamine stesse facendo. Non stava bene ad una donna essere in quella posizione. Fece per scendere quando Arthur la bloccò nuovamente.

«Sei bellissima.» sussurrò allungando una mano verso la sua guancia, una dolce carezza che spezzava la natura lussuriosa del momento.

Merlyn arrossì fino alle punte delle orecchie, le mani posate contro i pettorali dell’uomo. Non rispose verbalmente, ma mosse il bacino in modo sperimentale, sentendo la sua intimità incontrare quella del marito.

Le mani sui suoi fianchi si strinsero di più e Merlyn lo prese come un invito a ripetere l’azione.

Arthur doveva essere in Paradiso.

⸸⸸⸸

Uther Pendragon arrivò con cinque cavalieri ad Ealdor, poco dietro di lui su un asino vi era il ragazzo che aveva giurato si sapere dove fosse suo figlio.

Il villaggio era poco fuori il confine di Camelot, ma ad Uther non interessava rischiare una guerra con Cenred. Finalmente avrebbe riabbracciato suo figlio!

«Dove?» chiese al ragazzo, stavano già perdendo abbastanza tempo. Non sembrava esserci nessuno in giro, sicuramente tutti impegnati nei campi. Doveva salvare suo figlio, liberarlo e uccidere chiunque avesse avuto il coraggio di detenerlo per tutto quel tempo lontano da casa.

«In quella casa, mio signore.» Osbert indicò la casa al limitare del villaggio. Il re non gli aveva dato nemmeno il tempo di raccontare tutta la storia, creandosi in testa l’idea che qualcuno l’avesse rapito e non che fosse entrato e rimasto di sua spontanea volontà ad Ealdor.

Uther smontò da cavallo e i cavalieri fecero lo stesso. Con sé aveva portato anche Sir Leon, l’unico di cui si fidasse veramente e sapeva che dopo essere stato salvato Arthur avrebbe avuto bisogno di un amico.

Estrasse la spada e si avvicinò silenziosamente all’abitazione, pronto a tagliare la gola a chiunque fosse all’interno. Sir Leon aprì la porta, rivelando un salotto vuoto, ma si potevano sentire dei versi provenire dietro l’unica porta presente all’interno.

Uther non perse tempo, andando a passo sicuro verso la porta di legno, aprendola con un calcio. Le orecchie dei presenti vennero immediatamente investite da un urlo femminile e gli uomini videro nella stanza poveramente illuminata una donna priva di vestiti che stava dando loro le spalle, la schiena e il fondoschiena coperti da una massa di capelli neri. Chiunque fosse sotto di lei agì con velocità nel coprire la ragazza con un lenzuolo, preservandone un minimo di dignità.

Sir Leon chiuse la porta, le gote rosse per quel poco che aveva visto. Tutti rimasero in silenzio e si guardarono confusi. Il Re uscì dall’abitazione per afferrare Osbert dalla tunica e sbatterlo contro la facciata della casa, dietro di lui i suoi cavalieri.

«Mi hai mentito!» ringhiò posando la punta della sua spada contro il mento del ragazzo. Voleva ucciderlo, gli aveva dato solamente false speranze e fatto perdere giorni importanti per la ricerca del figlio.

«Mio signore… io…» Osbert faceva fatica a respirare, le parole gli morivano in gola per la paura.

Dall’abitazione uscì un uomo che si stava infilando la tunica nei pantaloni «Chi diamine osa entrare in casa mia senza annunciarsi?» domandò furibondo solamente per sentire il colore scomparirgli dal viso. Improvvisamente si sentì male, davanti a lui c’era suo padre.

«Arthur!» esclamò l’uomo piantando la spada a terra, scordandosi completamente di Osbert.

Dietro di lui comparve una ragazza minuta, la quale quasi scompariva dietro la figura del figlio. Era rossa in viso, sicuramente imbarazzata per essere stata vista in uno stato indecoroso da quegli estranei.

«Arthur, figlio mio.» ripeté l’uomo e Merlyn lo guardò sorpresa. Arthur non aveva mai parlato di suo padre, ma non era certamente così che se lo era immaginato. Si vedeva chiaramente che fosse un nobile e i cavalieri di Camelot le stavano mettendo una certa ansia addosso. L’avrebbero uccisa solamente se avessero sospettato che usasse la magia, anche se erano fuori la loro giurisdizione.

Si nascose ancora un po’ dietro le spalle di Arthur, afferrandogli la tunica stringendola in un pugno, pronto a tirarlo indietro nel caso qualcuno avesse provato ad attaccarlo. Non che credesse che suo padre volesse fargli del male, ma la prudenza non era mai troppa.

«Come mi avete trovato?» domandò il principe sentendo un nodo alla gola. Guardò Sir Leon, il quale indicò con lo sguardo Osbert. Arthur sentì una rabbia immensa crescergli dentro, la sua vita era rovinata!

Uther si avvicinò sorridendo, allargando le braccia in un invito ad abbracciarlo, ma il ragazzo non si mosse.

«Arthur, che succede?» chiese Merlyn a voce abbastanza alta. Non le piaceva l’aria che era venuta a crearsi.

Un cavaliere alzò la spada «Attenta a come parli al principe, sgualdrina.» la rimproverò.

Merlyn lasciò andare la presa sulla tunica di Arthur facendo un passo indietro. Cosa? Il principe? Arthur era… Arthur Pendragon?

«Non ti permettere di parlare in questo modo a mia moglie!» rispose il principe fulminando con lo sguardo il cavaliere. Sir Leon spalancò la bocca sbalordito, mentre Uther strinse le labbra in una linea sottile, ovviamente disapprovava quello che aveva appena sentito.

«Non dire sciocchezze, Arthur, quella contadina non è tua moglie.» disse con tono duro, il suo tono da re che il figlio tanto odiava.

Merlyn si era fatta più lontana, lo sguardo perso nel guardare gli uomini discutere. Le aveva mentito, per tutto quel tempo, non le aveva mai detto la verità nonostante tutte le conversazioni avute sul suo Destino. Si era preso gioco di lei!

Un cavaliere l’afferrò per il gomito in modo da evitare che si potesse allontanare. La ragazza si guardò intorno, doveva avvertire il padre, se Uther l’avrebbe visto lo avrebbe ucciso!

«Mordred, tesoro, devi andare dal nonno e dirgli che Uther Pendragon è qui.» comunicò con il figlio. Non ricevette risposta, ma vide sua madre ed i suoi amici arrivare.

«Cosa succede?» chiese Gwaine fissando malamente l’uomo che tratteneva Merlyn.

«Una riunione di famiglia.» sputò velenosamente la ragazza. Arthur, il suo Arthur, era figlio dell’uomo che aveva causato tanto dolore ai suoi genitori, l’uomo che uccideva le persone come lei senza pietà.

Parsifal si irrigidì riconoscendo il regnante di Camelot, posò una mano sulla spalla di Gwaine e se lo tirò vicino, non volendo che si intromettesse e rischiasse di venire ferito.

Hunith raggiunse la figlia, prendendola una mano. Lo sguardo triste e addolorato per la sua Merlyn, ma anche con una leggera paura che avrebbero trovato Balinor e Mordred.

«Attenta a come parli.» l’ammonì nuovamente un cavaliere, non apprezzando il suo tono.

Uther guardò le due donne, avevano un qualcosa di familiare, ma non riusciva a comprendere veramente quella sensazione che gli fece formicolare la nuca.

«Arthur, raccogli le tue cose, torniamo a casa.» ordinò l’uomo.

«Non voglio tornare a Camelot, ho una vita qui, una famiglia.» disse indicando Merlyn.

Uther strinse il pomolo della sua spada, la sua pazienza stava arrivando al limite «Basta con queste fesserie, ti sei divertito con quella ragazza, ma è il momento di tornare a casa e sposare per davvero una principessa.» disse facendo cenno a due guardie di afferrare il figlio.

«No! Siamo sposati, non puoi dividere un’unione consacrata agli occhi di Dio.» protestò strattonandosi dalla presa dei cavalieri.

«Io posso! Sono il re di Camelot!» tuonò attirando l’attenzione degli altri abitanti di Ealdor.

Arthur fece per protestare nuovamente, ma la voce di Merlyn lo precedette «Tornatene a casa tua, Arthur Pendragon, perché tu non sei l’uomo che ho sposato.» sibilò con le lacrime agli occhi.

Uther sorrise compiaciuto ed ordinò che la ragazza venisse lasciata «Cosa vuoi in cambio del tuo silenzio, ragazza? Oro, terreni?» domandò ben sapendo che c’era sempre un prezzo. La ragazza poteva anche starlo lasciando andare, ma doveva pur volere qualcosa in cambio per non tornare mai più nelle loro vite.

Merlyn lo guardò confuso «Non voglio nulla.» rispose a denti stretti, evitando di guardare verso l’uomo che credeva di conoscere.

Il re non sembrò convinto «Da quanto tempo siete sposati?» domandò invece, doveva accertarsi di una cosa.

«Un anno oggi.» rispose la maga guardando brevemente la sua fede. La fede della madre di Arthur. La regina Ygreine. La moglie defunta di Uther. Un cimelio della famiglia Pendragon.

«E dimmi, ci sono possibilità che tu abbia in grembo un possibile bastardo?» domandò facendo arrossire la ragazza. Come si permetteva? Suo figlio non sarebbe stato un bastardo, lei era sposata! O almeno lo era, perché in quel momento si stava sfilando la fede.

Camminò fino a fermarsi davanti ad Arthur «No, nessuna possibilità.» rispose posandogli sul palmo della mano l’anello.

«Merlyn, per favore…» provò a dire, voleva scusarsi, dirle che i suoi sentimenti erano sinceri, che non aveva mentito su nulla che sul suo nome, ma la ragazza lo bloccò con una mano davanti al viso.

«Non dire mai più il mio nome.» disse con voce dura.

Uther sorrise soddisfatto «Bene, la questione è risolta, possiamo andare a casa. Mi racconterai cos’è successo strada facendo.» esordì battendo una mano sulla spalla del figlio, guardando la ragazza scomparire dentro la casa, le prime lacrime a bagnarle il viso.

«Padre, non voglio, sono felice qui.» protestò nuovamente il biondo, il cuore che andava frantumandosi, la mano chiusa a pugno stringendo l’anello della moglie.

«Arthur, la ragazza ti ha lasciato andare, ti odia.» gli ricordò con meschina gioia. Era stato più facile del previsto, chiunque si sarebbe approfittato di scoprire di essere sposata ad un principe, ma questa Merlyn doveva essere veramente una stupida se non aveva voluto nemmeno una ricompensa in oro per sparire dalle loro vite.

Il principe sentì la porta di casa sbattere, Merlyn aveva tra le braccia le sue cose e stava camminando via insieme ad Hunith. Lo stava lasciando veramente, avrebbe lasciato che suo padre lo portasse via.

Guardò Lancelot in cerca d’aiuto, ma il ragazzo scosse la testa, non potevano fare molto. Doveva tornare a Camelot, era quello il suo posto.

Arthur sospirò sconsolato.

«Promettimi che vi prenderete cura di lei.» chiese con un filo di voce al suo amico.

«Certo, Arthur, non lasceremo che le accada nulla.» promise Lancelot stringendogli la mano, sigillando un patto.

Il ragazzo entrò in casa a recuperare i suoi pochi averi e si fermo a scrivere due lettere, una per Merlyn e una per Mordred. Nascose in una credenza il sigillo di sua madre, un pezzo di pergamena in cui le spiegava che se mai fosse voluta venire a Camelot le sarebbe bastato mostrare l’oggetto per arrivare a lui.

Chiuse la porta sentendo un enorme peso sul cuore, la consapevolezza che quella mattina non aveva nemmeno salutato Mordred lo rattristiva.

Sarebbe tornato, avrebbe riconquistato Merlyn.

Montò a cavallo circondato dai cavalieri, in modo che non potesse scappare, sopra di loro il cielo era carico di nuvole.

Appena fuori Ealdor un temporale investì i viaggiatori e Arthur sapeva perfettamente che non era una semplice casualità.

Sua moglie stava soffrendo ed era colpa sua.

⸸⸸⸸

Merlyn faceva finta che tutto andasse bene. Era tornata a casa dei genitori e lei e Mordred condividevano un letto. Il bambino non faceva altro che chiedere che fine avesse fatto suo padre, confuso dalla sua mancanza, e Merlyn non aveva avuto il cuore di dirgli la verità, quindi si era inventata che Arthur era dovuto andare ad aiutare il re di Camelot per una missione molto importante e che non sapeva quando sarebbe tornato. Un giorno avrebbe dovuto dirgli di dimenticarselo, che molto probabilmente era morto.

Non aveva messo piede nella sua casa coniugale da quella ingiuriosa mattina, non voleva rivedere uno dei posti in cui aveva condiviso troppi momenti con Arthur Pendragon.

Balinor era andato su tutte le furie quando Hunith gli aveva raccontato cosa fosse successo, desiderando averlo tra le mani per poterlo strangolare, ma erano solo parole dette al vuoto.

Merlyn era seduta su un ceppo di legno, lo sguardo perso mentre Mordred giocava con la sua magia nel centro della radura.

Cercava di passare quanto più tempo poteva con il bambino cercando di non fargli sentire la mancanza di Arthur, avevano anche giocato con delle spade di legno una volta, ma Merlyn era decisamente negata.

«Madre, guarda!» richiamò la sua attenzione Mordred indicandole una farfalla blu. Merlyn gli sorrise sforzatamente «Sei bravissimo, tesoro.» si congratulò con un nodo alla gola.

Il druido rise e alzò nuovamente le mani, gli occhi si illuminarono d’oro e altre farfalle comparvero. Svolazzarono nell’aria fino a raggiungerla, posandosi tra i suoi capelli e sulla punta del naso.

Merlyn non riusciva più a creare farfalle, nonostante gli sforzi sembrava che quell’incantesimo involontario che aveva fatto per tutta la sua vita le fosse stato tolto.

Il bambino si sedette sulle sue gambe e posò la testa contro il suo petto, giocando con una ciocca dei capelli corvini della ragazza «Mi manca Arthur.» borbottò timido e Merlyn gli baciò la testa.

«Manca anche a me.» ammise prima di scoppiare a piangere, non era facile far finta che tutto andasse bene.

⸸⸸⸸

Morgana entrò nelle stanze del Principe Arthur senza bussare. Erano ormai due mesi che era a casa, ma sembrava che non ci fosse. La donna lo aveva trovato in uno stato pietoso, il contrario di quello che ci si aspetterebbe da una persona che tornava a casa dopo più di tre anni.

Uther non le aveva dato alcuna informazione, limitandosi a dirle di essere semplicemente grata che Arthur fosse tornato a casa, ma Sir Leon prendendo pietà nei suoi confronti le aveva raccontato nella più totale confidenza quello che era accaduto ad Ealdor.

La protetta del re non poteva credere alle sue orecchie, mai si sarebbe aspettata che Arthur riuscisse a conquistare una ragazza, tantomeno sposarne una e nascondere la sua vera identità! Ascoltò attentamente Leon riferirle le parole scambiate tra la coppia di sposi e la loro straziante separazione.

La stanza era buia, Morris le aveva detto che il principe si rifiutava di alzarsi dal letto e Uther stava permettendo ad Arthur di fare ancora per poco questi capricci. Si avvicinò alla finestra e tirò via le tende, alle sue spalle Gwen la imitò con quelle vicino al camino.

Sul letto Arthur era sdraiato con gli occhi aperti, chiaramente vigile, ma la sua carnagione non prometteva nulla di buono. Sembrava sul punto di morte e Morgana non poteva permettere che l’uomo perisse per la sua stupidità.

«Ora basta, Arthur, è il momento di tornare in piedi.» lo spronò tirando via le coperte. Mai si sarebbe aspettata di vedere Arthur struggersi per amore.

«Morgana, esci dalle mie stanze, per favore.» una delle cose che Morgana adorava di questo nuovo Arthur, però, erano le buone maniere. Merlyn – così Leon le aveva detto fosse il nome della sposa – doveva essere stata una buona influenza per lui.

La donna scosse la testa «Assolutamente no, devi uscire e farti vedere dal popolo, la gente è preoccupata per il loro principe.» disse andando verso l’armadio per tirarne fuori dei vestiti e gettarli sul letto «Ti aspetto all’ingresso, non farmi attendere molto.» disse scomparendo con Gwen, che silenziosa non aveva osato dire nemmeno una parola.

La fidata servitrice era stata messa al corrente della situazione e non provava altro che dolore per Arthur. I due avevano avuto una breve relazione, ma questa Merlyn doveva essere stata veramente speciale se Arthur aveva deciso di rinunciare al trono per stare con lei. Gwen aveva sempre ricevuto promesse vuote dall’uomo, un continuo “aspetta che diventi re”.

Morris si schiarì la gola «Se vogliamo procedere.» lo invitò sentendo le ginocchia tremargli. Da quando era tornato il principe non aveva alzato nemmeno una volta la voce contro di lui e non gli aveva nemmeno lanciato un calice addosso dopo aver fatto cadere qualcosa a terra. Era come se davanti a lui ci fosse completamente un’altra persona e Morris non si vergognava a dire che questo nuovo Arthur gli piaceva leggermente di più.

Arthur sospirò pesantemente, Morgana lo aveva messo con le spalle al muro e in quel momento non voleva perdere anche la sua amicizia. Si alzò dal letto ed afferrò i vestiti andando dietro il separé per cambiarsi. Vivere per conto suo per tre anni gli aveva insegnato a fare anche una cosa basilare come vestirsi senza l’aiuto di un servitore.

L’unica cosa che non riusciva però ancora a fare era pettinarsi decentemente. Ricordò con l’amaro in bocca Merlyn posizionarsi tra le sue gambe mentre passava il pettine tra i suoi capelli, sistemandoli poi con le dita, finendo con un bacio sulla fronte prima di iniziare la loro giornata.

Era ovvio che Merlyn gli mancasse da morire, sulla mano sinistra teneva ancora la fede che la ragazza gli aveva donato mentre l’anello di sua madre era chiuso nel cassetto della sua scrivania.

Ignorando gli sguardi sorpresi della servitù e dei nobili raggiunse l’ingresso dove Morgana lo stava aspettando.

Forse camminare tra il suo popolo lo avrebbe tirato su di morale.

⸸⸸⸸

Merlyn stava passeggiando nella foresta da sola, era una bella giornata e Mordred stava giocando con Lancelot e Gwaine, dandole la possibilità di potersi prendere del tempo per sé.

«Non sta bene girovagare da sola per i boschi.» la voce di Ranful era canzonatoria, il ragazzo aveva gradito molto vedere il suo matrimonio andare in frantumi.

«Non sta bene seguire ragazze nei boschi.» rispose continuando a camminare tranquillamente. Non aveva più quella scintilla dentro di lei, si sentiva un guscio vuoto, come se qualcosa mancasse o meglio qualcuno.

Il ragazzo le si affiancò, camminando insieme a lei «Ho una proposta per te.» le disse infilandosi le mani in tasca.

Merlyn inarcò un sopracciglio «Sentiamo.» lo spronò già pronta a rifiutare. Non faceva certamente affari con Ranful!

«Possiamo andare a letto insieme, di tanto in tanto. Non devi nemmeno più far finta di essere una verginella, sappiamo tutti che il principe Arthur ti ha scopata per bene.» disse l’uomo come se stesse parlando del clima «Così ci guadagno io e anche te. Lo sanno tutti che le donne hanno bisogno di una buona scopata di tanto in tanto per essere tenute in linea.» aggiunse sputando a terra come il rozzo qual era.

Merlyn si fermò guardando incredula Ranful «Non so cosa ti passi per la testa, idiota, ma non accetterò mai ad una proposta del genere.» rispose stringendo i pugni «Non sono un’adultera, purtroppo agli occhi di Dio» e della triplice Dea «sono ancora la moglie di Arthur.» aggiunse con rabbia. Era così frustrante! Non c’era modo di sciogliere quel matrimonio, i nomi erano giusti, il rapporto era stato consumato, solamente la morte di uno avrebbe liberato l’altro e Merlyn preferiva una vita di nubilato che la morte di Arthur.

«Nessuno lo deve sapere, bastarda.» sbuffò Ranful come se stesse parlando con una stupida «Non ti farebbe male una ripassatina.» le afferrò il braccio tirandosela contro.

Merlyn prese un profondo respiro sentendo l’odore dei pini intorno a loro «Mai e poi mai mi farei toccare da te. Sei disgustoso, un porco, hai cercato di vendermi, di violentarmi e ti aspetti che io accetti di andare a letto con te? Preferirei morire in questo istante che pensare anche solo per un secondo di permetterti di toccarmi.» disse liberando il braccio.

«Un giorno, Merlyn, ti pentirai di questa scelta.» la voce di Ranful si fece bassa, roca e minacciosa «Perché che tu lo voglia o no arriverà il giorno in cui ti prenderò e ti rovinerò per chiunque altro.» concluse circondandole il collo con la sua grande mano «Non sarai mai una moglie, ti dovrai accontentare di essere una concubina, come lo sei stata per il tuo caro principe Arthur. Farei anche attenzione a quel bastardo che chiami figlio, non vorrai gli accadesse qualcosa.» le ricordò con cattiveria.

La lasciò andare, scomparendo tra il fogliame. Merlyn si toccò il collo tremando, Ealdor non era più il posto adatto a lei.

⸸⸸⸸

Sir Leon si passò un panno sul viso sudato, non aveva avuto un allenamento così duro in anni. Arthur era tornato a condurre gli allenamenti e non ci stava andando leggero, scaricava tutte le sue forze contro i cavalieri e arrivata la sera era talmente stanco che cadeva in un sonno senza sogni.

L’uomo aveva capito cosa stesse facendo il principe e non poteva biasimarlo, poteva vedere nei suoi occhi come soffrisse. Gli mancava Merlyn, era palese, più volte lo aveva visto guardare la sua fede nuziale nostalgicamente. Erano passati solamente cinque mesi dal suo ritorno a casa, il re era tornato di buon umore, il popolo aveva ritrovato la speranza, ma Arthur era miserabile.

Uno dei cavalieri che era ad Ealdor una sera aveva provato a scherzare con lui, dicendogli che se avesse avuto voglia di andare a letto con una donna lo avrebbe portato in un bordello, che non doveva per forza sposarsi una contadina per avere un po’ d’azione. Quella battuta gli era costato un braccio, Arthur aveva spezzato l’osso in maniera impeccabile, ricordando al cavaliere che era stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.

«Oggi è il suo compleanno.» disse il principe guardando il cielo limpido sopra Camelot «Fa diciotto anni.» aggiunse strappando dell’erba da sotto le mani.

Leon rimase in silenzio, calcolando velocemente che i due si passavano cinque anni di differenza.

«Il suo primo compleanno lo abbiamo passato nell’arena, si era ubriacata e l’ho dovuta riportare nelle sue stanze, ancora la odiavo. Era così allegra nonostante fosse una prigioniera quanto noi gladiatori.» raccontò senza guardare l’amico, perdendosi nei ricordi «Per il suo diciassettesimo compleanno invece le avevo già fatto la proposta di matrimonio e l’ho portata a fare un picnic.» ripensò ai baci scambiati vicino al fiume, le tipiche farfalle blu che svolazzavano intorno a loro.

«Ti chiedi cosa stia facendo adesso.» constatò Leon passandogli dell’acqua, il Sole era forte e non voleva che il principe rimanesse disidratato.

Arthur sorrise tristemente «Sarà sicuramente insieme ai suoi genitori, Mordred e i nostri amici.» disse sentendo una fitta al cuore. Non erano più i suoi amici, nessuno di loro lo aveva aiutato a sfuggire dalle grinfie del padre, nessuno di loro aveva provato a seguirlo, ma lo capiva. Si sentivano traditi, aveva mentito per anni a tutti loro, era giustificabile.

«Chi è Mordred?» Leon non aveva mai sentito quel nome, conosceva Lancelot, Gwaine e Parsifal, li aveva pure visti quella sfortunata mattina.

Arthur rimase in silenzio, continuando a guardare il cielo, cercando di venere nelle poche nuvole il viso di Merlyn. La sognava ogni notte, certe volte erano ancora innamorati, altre volte lei urlava che lo odiava e che lo voleva morto.

«Mio figlio.» rispose facendo strozzare Leon con l’acqua «Lo abbiamo adottato dopo che il padre è stato ucciso nel bosco vicino ad Ealdor.» chiarì immediatamente prima che l’amico potesse svenire.

Il primo cavaliere di Camelot sorrise, gli sarebbe piaciuto incontrare quel bambino, solo l’espressione addolcita di Arthur poteva suggerire il bene che gli volesse ed essendo cresciuti insieme sapeva che l’amico non era solito affezionarsi. Leon e Morgana si trovavano in accordo quando constatavano che l’Arthur che conoscevano non esisteva più, c’era una versione più matura di lui.

«Quando sarai re» iniziò Leon con tono solenne «riavrai la tua famiglia.» perché nel suo cuore Leon sapeva già che Merlyn sarebbe stata la regina di Camelot. Credeva che la ragazza lo avrebbe perdonato se i loro sentimenti erano sinceri. Avendolo sposato legalmente avrebbe avuto ogni diritto nel seguire Arthur a Camelot e reclamare una nuova posizione sociale, approfittandosene, ma invece non aveva fatto nulla, ferita dalla bugia.

Arthur non rispose, era inutile fantasticare sul futuro.

⸸⸸⸸

Lancelot guardò preoccupato Merlyn, la ragazza stava tenendo stretto per una mano Mordred e continuava a guardarsi le spalle mentre si avviavano al mercato di Engerd. Erano un paio di giorni che sembrava continuamente sulle spine, come se si aspettasse che qualcuno saltasse fuori dal nulla per spaventarla.

Sapeva che gli ultimi mesi erano stati duri, che il “tradimento” di Arthur aveva segnato tutti nel cuore, ma Lancelot aveva la certezza che Uther non avrebbe mandato nessuno ad ucciderla o intimidirla; il re gli era sembrato piuttosto soddisfatto di come le cose erano andate, Merlyn non aveva opposto resistenza, aveva riconsegnato il cimelio di famiglia e aveva rinnegato il marito.

Mordred chiedeva di tanto in tanto quando Arthur sarebbe tornato e a turno tutti avevano dovuto mentire, sostenendo la storia che Merlyn aveva creato, non voleva raccontargli la verità per non spaventarlo. La famiglia Pendragon era l’incubo di qualsiasi persona che praticava la magia.

Poco lontano da loro un cerbiatto ruppe un bastoncino di legno e Merlyn sollevò il bambino da terra per stringerlo al petto, gli occhi illuminati d’oro pronta a scagliare un incantesimo. Era decisamente stressata e Lancelot non poteva più rimanere in silenzio.

«Merlyn, è successo qualcosa? Sembri spaventata.» domandò cortesemente. Il bambino gli aveva raccontato di come non avesse dormito bene in quegli ultimi giorni e se si addormentava si svegliava di soprassalto al primo rumore troppo forte.

La ragazza si guardò alle spalle e poi lasciò nuovamente a terra Mordred, la minaccia di Ranful ancora fresca nella mente. Non le interessava nulla se voleva fare del male a lei, poteva sopportarlo, ma il solo pensiero che qualcuno potesse mettere le mani sul suo bambino la mandava nel panico più totale. Avevano entrambi la magia, ma non potevano usarla liberamente senza pensare alle conseguenze. Ranful sarebbe corso immediatamente da Uther per farla uccidere, così da eliminare il problema di quella moglie troppo scomoda e contadina per sempre.

«Non è niente, Lance, giusto che questi boschi brulicano di banditi.» disse sorridendo al bambino che la guardava egualmente preoccupato.

«Se ci fosse padre ci difenderebbe lui!» declamò Mordred mimando delle mosse con una spada immaginaria.

Il cuore di Merlyn sembrò spezzarsi per la milionesima volta, ma si sforzò ad annuire «Dobbiamo accontentarci di zio Lancelot.» rispose facendo l’occhiolino, Mordred si lasciò sfuggire una risatina, Emrys era veramente divertente!

«Hey, sono un abilissimo spadaccino!» si difese il diretto interessato sollevando Mordred da terra e posandoselo sulle spalle così che Merlyn potesse camminare liberamente.

Il druido posò le mani paffute sulle guance dello zio dandogli dei piccoli colpi sentendo la barba pungergli i palmi «Ma mai quanto padre.» disse ponendo fine alla conversazione. Arthur era veramente il suo idolo, un eroe, e Merlyn non poteva fare a meno di pensare all’uomo che aveva amato a capo di un esercito che uccideva i pacifici druidi nelle loro stesse case.

Poteva veramente distruggere la figura che Mordred aveva di Arthur? Forse quando sarebbe stato più grande.

Merlyn guardò nuovamente alle sue spalle, assicurandosi che nessuno stesse seguendo loro.

⸸⸸⸸

Uther non era solito andare nelle stanze del figlio, spesso non lo vedeva per giornate intere, ma quella sera aveva bisogno di parlargli.

Lo aspettò in piedi vicino al camino, paziente che tornasse dagli allenamenti per poter discutere di un evento estremamente importante.

«Padre, cosa ci fate qui?» il tono di astio era palpabile, ma al re poco importava, suo figlio avrebbe imparato a convivere con quell’odio insensato che provava nei suoi confronti. Lo aveva salvato da una vita miserabile, Uther ancora non riusciva a capire come Arthur avesse potuto anche solo per un secondo pensare di rinunciare al trono per fare il contadino.

«Dobbiamo parlare della festa d’incoronazione, Arthur. Per i tuoi ventuno anni non eri qui per venire incoronato principe ereditario di Camelot. Rimedieremo tra due settimane.» annunciò con il solito tono che non ammetteva repliche.

Purtroppo, a corte si erano sparse voce dell’infelice matrimonio che suo figlio aveva contratto con la contadina, uno dei cavalieri non era riuscito a tenere la bocca chiusa e Uther aveva commissionato a Geoffrey di Monmouth di trovare un modo per annullare il matrimonio che non comportasse l’omicidio della ragazza. Gli era sembrata una ragazza per bene, che si era fatta ingannare da suo figlio e non aveva provato ad estorcergli nemmeno una moneta d’oro. Se fosse stata una nobile sarebbe anche riuscito ad accettarla, ma mai e poi mai Uther Pendragon avrebbe permesso a suo figlio di mischiarsi con la plebe, era già un miracolo che in un anno di matrimonio non avesse ingravidato la moglie.

Era diventato lo zimbello degli altri Regni, aveva anche ricevuto una lettera di congratulazioni da parte di re Lot per l’acquisizione della nuora. Le notizie volavano troppo in fretta e Geoffrey doveva assolutamente sbrigarsi a trovare una soluzione.

«Va bene.» rispose seccamente il ragazzo allargando le braccia in modo che Morris potesse togliergli l’armatura di dosso. Voleva lavarsi e andare a letto, ogni giorno senza Merlyn era pura agonia.

Uther sorrise soddisfatto per la docilità del figlio, si era aspettato delle proteste, come al solito, ma Arthur si stava rivelando più maturo.

⸸⸸⸸

Merlyn lasciò Mordred a casa di Gwaine e Parsifal, insieme a loro anche Lancelot e Will. Avevano dichiarato che per una notte a settimana Mordred meritava una notte tra soli uomini e la maga non si era opposta all’idea. Era più al sicuro con loro quattro che da sola con lei.

Passò davanti alla sua vecchia casa e si fermò. Guardò la porta come se si aspettasse che Arthur uscisse e le andasse incontro per baciarla, ma sapeva perfettamente dov’era il marito.

Aprì la porta e con un movimento della mano accese il camino, illuminando lo spazio che improvvisamente le sembrava più piccolo. Sul tavolo vide immediatamente le due lettere, una con il suo nome e l’altra con quello di Mordred. Se le infilò nella tasca del grembiule, le avrebbe lette a casa. Aprì la credenza per prendere quello che era rimasto quando vide uno strano oggetto con sotto un pezzo di pergamena.

Era un sigillo, un oggetto tremendamente importante e quell’idiota di Arthur lo aveva lasciato a lei. L’uomo aveva solamente due cose appartenenti alla madre e aveva donato entrambe a lei.

Era così stupido!

Non aveva dubbi che l’uomo l’avesse amata, non aveva mai messo in dubbio i loro sentimenti, ma la cosa che non riusciva ad accettare erano le bugie. Lo avrebbe sposato comunque, se le avesse detto di essere un Pendragon, lo avrebbe amato ugualmente perché un nome non definiva una persona.

Il Destino li voleva insieme, loro erano l’unica speranza per Albion e il ritorno della magia, ma adesso erano separati e Merlyn non desiderava altro che tornare tra le sue braccia. Era stata crudele con lui, rinnegando il loro matrimonio, sfilandosi la fede nuziale in quel modo.

Pensò a tutto quello a cui Arthur aveva rinunciato per rimanere con lei, a come avesse opposto resistenza dall’essere portato via.

Nascose il sigillo con le lettere e fece per andarsene, ma alla porta vide Ranful insieme ad Osbert. Il fiato le si bloccò in gola, una spiacevole sensazione le scese lungo la schiena.

I due uomini entrarono nella casa chiudendosi la porta alle spalle.

«Guarda chi abbiamo qua, la principessa di Camelot.» rise Osbert, il ragazzo aveva ricevuto una lauda ricompensa da parte di Uther e aveva deciso di rimanere ad Ealdor, pagando due monete d’oro la signora Imogen per non essere incastrato in un matrimonio con Bertrada.

«Sai, ho sempre voluto baciare una principessa.» commentò Ranful facendosi più vicino.

«Non mi trovavate disgustosa? Sono pur sempre la bastarda.» ricordò loro Merlyn, preferiva mille volte meglio quando volevano picchiarla che baciarla. Il solo pensiero le dava il voltastomaco. Ricordò con nostalgia il giorno in cui Arthur aveva sconfitto Ranful in combattimento obbligandolo a lasciarla in pace, ma ora senza la sua protezione era tornata alla mercé dei suoi bulli.

Osbert le prese un braccio tirandola verso di sé per poi spingerla contro Ranful, il quale fece lo stesso, iniziando un avanti ed indietro.

Le girava la testa, Merlyn usò un po’ di magia per far spostare Osbert, così che non potesse afferrarla. Finì con lo sbattere contro il tavolo, grata che quella sottospecie di tortura fosse finita.

Si portò una mano alla testa, vedeva la stanza girare.

«Allora, hai pensato alla mia proposta?» le domandò Ranful aprendo la porta della camera da letto dove le lenzuola erano ancora sfatte da quel giorno.

«Mai, Ranful, mai verrò a letto con te, soprattutto nel mio letto matrimoniale!» rispose la ragazza afferrando la caraffa di ceramica e lanciandola contro l’uomo. Come osava? Con quale coraggio le stava proponendo di deflorarla in quel letto?

Andò per afferrare la sedia in legno, ma Osbert la sollevò da terra impedendole di usare le braccia.

«Sei una pazza, Merlyn.» commentò Ranful raccogliendo da terra un coccio «Ma a noi piace, vero Osbert?» domandò all’amico facendogli segno di entrare nella camera da letto.

La ragazza venne lasciata contro il materasso, le lenzuola avevano ancora l’odore di Arthur.

«Non ti faremo niente, oggi, ma voglio darti un ultimatum: entro una settimana dovrai venire a bussare alla mia porta o il piccolo Mordred ne pagherà le conseguenze.» la minacciò puntandole la parte affilata del coccio contro.

Merlyn sbuffò una risata «Non lo sfiorerete nemmeno mio figlio.» rispose ben sapendo che era al sicuro. Se non era con lei era con qualcuno in grado di prendersi cura di lui «Non riuscirete mai ad estorcermi della mia dignità in questo modo. Perché te lo giuro su mia madre, Ranful, prova anche solo a pensare di fare del male a Mordred e ti ucciderò con le mie stesse mani.» lo minacciò a sua volta sentendosi nuovamente spavalda, l’odore di Arthur le stava ridando un po’ di forze.

Osbert rise «Sei così piccola, Merlyn, non faresti del male nemmeno ad un moscerino.» la derise l’uomo.

Prima che la donna potesse rispondere i due uomini uscirono lasciandola sola. Una volta calmata si sdraiò sul letto chiudendo le porte con la magia.

Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Non avrebbe ceduto alle minacce, non si sarebbe mai concessa ad un uomo che non fosse Arthur, tantomeno a qualcuno di disgustoso come Ranful. Prima che potesse decidere di alzarsi e tornare a casa si addormentò, il sonno disturbato da sogni tremendi.

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici ***


Merlyn era in piedi su delle scale. Intorno a lei era buio se non per delle torce. L’aria era fredda e la donna tremò. Aveva due direzioni tra cui scegliere: andare verso l’alto o scendere verso il basso da dove proveniva quell’aria gelida.

Afferrò una torcia dal muro e fece due gradini verso l’alto, poteva vedere la fine della scalinata ed un corridoio. Non sapeva con esattezza dov’era, ma era certa che quello non fosse il suo posto.

«Merlyn.» una voce la chiamò, immobilizzandola. Si guardò intorno, ma non c’era nessuno.

«Merlyn.» ripeté la voce che sembrava provenire proprio dal basso.

La maga non era stupida, sapeva di non dover andare verso delle voci, soprattutto quando non le era chiaro come fosse arrivata in quel posto. Fece un altro gradino verso l’alto, ma si arrestò quando udì passi pesanti provenire proprio da quella direzione.

Istintivamente si schiacciò contro la parete, tenendo la torcia in alto per dare l’impressione che fosse ancora attaccata al muro. I passi si fecero più vicini e proprio dal corridoio vide passare due guardie che portavano lo stemma di Camelot sul petto. Si portò una mano alla bocca per eliminare anche il suono del suo respiro, non voleva essere in quel posto e certamente non voleva essere trascinata al cospetto del re o, peggio ancora, Arthur.

«Merlyn.» la voce la chiamò nuovamente, un leggero tremore smosse la terra sotto i suoi piedi. Il tono era più autoritario, come se le stesse comandando di scendere per ascoltarlo.

Assicuratasi che le guardie fossero fuori portata si staccò dal muro, iniziando la discesa verso quelle che dovevano essere le segrete del castello. Era buio pesto, lì sotto e la torcia non aiutava molto. Sollevò con una mano la gonna del suo vestito, le mancava solamente inciampare e rompersi il cranio.

Iniziò a vedere una luce tenue infondo alla scalinata e la voce si fece più insistente. Fece di fretta gli ultimi gradini, il cuore che le batteva forte nel petto in un misto di paura ed eccitazione.

Davanti a lei si trovò una caverna enorme, fatta di stalattiti e stalagmiti, praticamente impossibile allontanarsi anche solo più di tre passi dalla porta ad arco che conduceva alle scale.

«C’è qualcuno?» domandò sentendo la sua voce tornarle indietro in un eco.

Improvvisamente davanti a lei cadde un’ombra enorme. Venne investita da una folata di vento e quando riaprì gli occhi davanti aveva un drago.

«Sono qui. Quanto sei piccola, per un Destino tanto grande.» pronunciò la voce che sentiva da prima. Il drago era bianco, le sue ali erano ripiegate contro il corpo, ma sapeva che dovevano essere molto grandi. Non sembrava minaccioso, per sé, ma Merlyn non poteva fare a meno di pensare che potesse mangiarla in un sol boccone.

«Come sai, Merlyn, il tuo dono ti è stato dato per una ragione.» annunciò il drago avvicinando il muso per poter guardare meglio Emrys «Arthur è the Once and Future King che riuscirà ad unire la terra di Albion.».

Merlyn sbuffò infastidita, non voleva parlare del marito in quel momento «Lo so chi è Arthur.» rispose guardandolo di traverso. Chissà se sarebbe stata una buona idea provare a cavalcare un drago.

«Ma dovrà guardarsi dai pericoli, dagli amici così come dai nemici.» la bestia la ignorò, continuando quello che sembrava un monologo.

«Non aiuterò l’uomo che mi ha spezzato il cuore.» disse battendo il piede a terra. Era così stupido anche solo pensare di rimanere a Camelot, voleva tornare a casa sua, prendere Mordred e fuggire nel Regno di Gawant, là erano più aperti alla magia.

«Nessuno di noi può scegliere il proprio destino, Merlyn.» parlò il drago guardandola divertito «E a nessuno di noi è permesso sfuggirgli.» continuò tornando a sedersi mettendo una notevole distanza tra loro.

La ragazza scosse la testa «No, Arthur non ha bisogno del mio aiuto, può farcela completamente da solo.» disse distogliendo lo sguardo. La vita di Arthur era veramente in pericolo? Poteva la sua rabbia e risentimento permettere che l’uomo che amava venisse ucciso?

«Giovane maga, avete già cambiato in modo irreparabile il futuro.» le disse il drago facendo uscire del fumo bianco dalle narici in modo minaccioso «Mordred, quel druido che chiami figlio, fin dall’alba dei tempi era stato destinato ad uccidere Arthur.» rivelò la bestia scavando la roccia sotto i suoi artigli «Ora le cose sono cambiate, ma nel futuro il tuo posto è comunque a Camelot, insieme ad Arthur.» iniziò a dispregiare le ali «Devi venire a Camelot, il giorno dell’incoronazione del Once and Future King si sta avvicinando e non finirà positivamente senza di te.» l’avvisò prima di spiccare il volo e scomparire in quell’immensa caverna.

«No! Aspetta!» ma il drago era già scomparso, sordo ai richiami della ragazza. Prima che potesse usare la sua magia si risvegliò nel suo letto, ad Ealdor, tra le braccia un Mordred dormiente.

Aveva il viso completamente sudato, fortunatamente era solo stato un incubo, Arthur non stava per morire.

Almeno sperava.

⸸⸸⸸

Morgana stava pranzando insieme ad Arthur nelle sue stanze. Non erano soliti farlo prima della scomparsa del principe, ma l’uomo aveva trovato in Morgana una buona amica e confidente.

«Sei nervoso per la tua incoronazione?» domandò la Lady osservando attentamente l’espressione di Arthur, era ovvio che non stesse bene, chiunque riusciva a capirlo, tranne Uther.

Arthur lasciò perdere la salsiccia con cui stava giocando «No.» rispose non nell’umore giusto per chiacchierare. Pensò a come il cibo fosse senza sapore, quella era spazzatura in confronto a cosa gli preparava Merlyn.

«Ho sentito che Uther farà arrivare Lady Helen per l’evento.» provò nuovamente, sapendo quando la famiglia reale amasse la voce della donna, non per niente era una delle più famose cantanti di tutta Albion.

«Fantastico.» commentò il principe prendendo un sorso di vino, pensando involontariamente a Gwaine e le loro gare di bevute alla taverna di Ealdor. Prima che venissero banditi, ovviamente.

Morgana si pulì le labbra con il fazzoletto di stoffa e si alzò, Gwen alle sue spalle si affrettò a raccogliere i piatti della sua signora «Quando avrai voglia di parlare sai dove trovarmi.» disse come saluto, senza curarsi di una risposta uscì dalle stanze del principe.

«Sta veramente male.» commentò Gwen dispiaciuta. Arthur non era una persona semplice da farsi piacere, lei che lo conosceva da una vita aveva fatto fatica ad accettarlo come un possibile amante, ma a volte le mancava quel principe arrogante che lottava per il bene del suo popolo.

«Segna le mie parole, Gwen, se entro la fine dell’anno le cose non cambieranno andrò direttamente io stessa ad Ealdor a recuperare questa Merlyn.» disse la Lady spazientita. Aveva sentito molte storie sulla donna, Arthur la dipingeva come una specie di angelo, sicuramente con la pazienza di una Santa se era riuscita a non ucciderlo in tre anni.

A costo di far infuriare Uther Pendragon.

⸸⸸⸸

Balinor si passò una mano sul viso, sua figlia gli aveva appena chiesto se fosse vero che la leggenda narrava del ruolo di Mordred nell’uccisione del futuro re di Camelot.

«Sì, Mordred è destinato ad uccidere Arthur.» rispose non vedendo il senso nel mentire ulteriormente.

Merlyn scosse la testa «No, non lo è più. Me l’ha detto un drago in sogno.» disse la maga stringendo i pugni sulle ginocchia «Mi ha anche detto che la vita di Arthur è in grave pericolo e che devo andare a Camelot.» aggiunse aspettandosi una sfuriata da parte del padre.

L’uomo voleva veramente impedirle di andare, ma se Kilgharrah aveva ragione la vita di suo genero era in pericolo e il futuro di tutta Albion con lui.

«Dovresti prepararti per metterti in viaggio, allora.» disse alla fine, incapace di ignorare la profezia. La Triplice Dea voleva Merlyn a Camelot e in un modo o nell’altro ci sarebbe finita.

«Non credo che Uther sarà felice di vedermi.» le fece notare la figlia, come se volesse una scusa per rimanere a casa ed ignorare ancora quell’enorme fardello che era il Destino.

«Non importa, sono sicuro troverai una soluzione.» rispose l’uomo sperando che magari il re nemmeno si ricordasse il viso di sua figlia.

Merlyn annuì silenziosamente «Porterò Mordred con me, ovviamente.» lo avvisò sapendo quanto il padre si fosse affezionato al bambino, ma non poteva abbandonarlo anche lei.

«Farai meglio a portarti anche i tuoi amici, Camelot non è sicura per te.» le consigliò Balinor alzandosi per abbracciarla. La stava letteralmente mandando nella tana del Diavolo, ma non c’erano scelte, se Kigharrah si era permesso di contattarla in sogno voleva dire che le cose si erano fatte più serie.

⸸⸸⸸

Lancelot non era un amante dell’idea, seriamente, ma la prospettiva di tornare a Camelot e magari vedere la bella Gwen non gli dispiaceva per niente.

Hunith aveva preparato loro del cibo per il viaggio, lasciandoli con una lettera per Gaius, e i cinque si erano incamminati alle prime luci del giorno.

Merlyn appena messo piede fuori da Ealdor era sembrata più serena, come se non si stesse dirigendo nel regno con il più alto tasso d’omicidi di persone magiche. La sua allegria, però, era piacevole dopo sette mesi di miseria. Mordred vicino a lei era elettrizzato all’idea di andare a Camelot dove sapeva esserci Arthur e il fatto che la madre sembrava molto più allegra non poteva che fargli piacere.

Lancelot si accostò alla ragazza mentre Gwaine inseguiva Mordred diverse iarde davanti a loro, l’uomo aveva sfidato il bambino in una corsa a chi sarebbe arrivato per prima alla fine del sentiero.

«Ti vedo più rilassata.» commentò aiutandola a sistemarsi l’enorme zaino che teneva sulle spalle con tutti i suoi averi. Non c’erano dubbi che sarebbero rimasti a Camelot per molto tempo.

La ragazza sorrise, uno dei primi sorrisi sinceri da quando Arthur era andato via «Sì, sono contenta di essermene andata da lì. Non sopportavo più gli sguardi della gente.» rispose tenendo d’occhio Gwaine e Parsifal che si stavano letteralmente lanciando Mordred facendolo ridere a crepapelle.

Lancelot non sembrò del tutto convinto «Non credevo che ti interessasse degli sguardi della gente.» disse cercando di suonare casuale.

Merlyn capì perfettamente cosa stava accadendo e ora che erano finalmente lontani sentì di potergli dire la verità, sicuramente l’uomo non sarebbe tornato indietro per tirare un pugno «Ranful ha minacciato di fare del male a Mordred.» si tenne sul vago, continuando a guardare i tre giocare.

L’uomo corrugò la fronte «Perché? Cosa voleva?» domandò non sicuro di voler saperlo veramente.

Merlyn arrossì e borbottò una risposta, improvvisamente i sassolini sul sentiero si fecero più interessanti.

«Come?» la invitò a ripetere, sperando che avesse capito male. Aveva promesso ad Arthur che avrebbe protetto Merlyn e non si era reso conto di cosa stava accadendo.

«Voleva che andassi a letto con lui.» ripeté evitando il contatto visivo con l’amico.

Lancelot si fermò, prendendo la mano della ragazza, obbligandola a girarsi verso di lui «Ti ha mai fatto del male?» le domandò seriamente preoccupato. Arthur lo avrebbe ucciso, una sola cosa gli aveva chiesto e non era riuscito a mantenere la promessa.

La maga scosse la testa «No, ovviamente non glielo avrei permesso.» disse toccandosi nervosamente i capelli. Che Lancelot pensasse avesse ceduto alle avances di Ranful?

«Se non fossimo già a metà strada giuro che tornerei indietro solo per dargli un pugno.» le disse stringendola in un abbraccio.

Merlyn ricambiò l’abbraccio, amava i suoi amici.

⸸⸸⸸

Gwen stava passeggiando per il mercato con una lista di oggetti da comprare, Morgana aveva bisogno di alcuni accessori per l’incoronazione di Arthur e l’aveva incaricata di fare gli acquisti in quanto occupata a non far cadere l’uomo nell’ennesima spirale depressiva.

Solo mezz’ora prima avevano avuto un’esecuzione, Thomas Collins era stato condannato a morte per aver usato la magia e l’aria in città era decisamente scontenta. A nessuno piaceva vedere una testa rotolare a terra.

Un bambino le finì contro, il viso pieno di lacrime mentre chiamava per la madre. Non lo aveva mai visto prima e le sembrava estremamente spaventato.

«Mi scusi, Miss.» disse tra i singhiozzi continuando a guardarsi intorno.

Gwen si piegò per essere alla sua stessa altezza, prese un fazzoletto dalla tasca del suo grembiule e asciugò il viso del bambino «Non c’è bisogno di piangere, ti aiuterò io a trovare tua madre. Puoi descrivermela?» gli chiese cercando tra la folla una faccia sconosciuta. Conosceva tutti i presenti, quindi poteva essere certa che la madre di questo tenero bambino non fosse nei paraggi.

Il bambino tirò su con il naso «Lei è bellissima.» iniziò facendo scappare una piccola risata a Gwen «Ha i capelli neri molto lunghi e indossa un vestito verde.» concluse come se avesse ristretto il cerchio. Un sacco di donne avevano lunghi capelli neri e indossavano vestiti verdi.

«Okay, dove l’hai vista l’ultima volta?» domandò iniziando a camminare verso la parte bassa.

Gli occhi del bambino si riempirono nuovamente di lacrime «Quando hanno tagliato la testa a quell’uomo.» pianse non rispondendo esattamente alla domanda della donna, ma dandole l’informazione che le serviva.

Stava per portarlo al piazzale quando la voce di una donna si fece sentire oltre il chiacchiericcio del mercato «Mordred!» Gwen vide una donna veramente bellissima camminare a passo veloce mentre si guardava intorno spaventata. Il bambino non aveva minimamente mentito nella descrizione, i suoi capelli erano lunghi, Gwen ne era quasi invidiosa.

Dio, Morgana sfigurava in confronto alla madre del bambino.

«Madre!» chiamò Mordred trascinando Gwen per la mano che ancora teneva con una presa ferrea.

La donna si buttò sulle ginocchia, stringendosi al petto il figlio, ignorando il fango che le stava macchiando il vestito. Gwen notò alle sue spalle un uomo enorme, sembrava anche piuttosto minaccioso.

«Dio, Mordred, mi sono spaventata a morte, per favore non allontanarti più da me.» disse baciandogli la fronte, le mani che ancora tremavano. La donna si rimise in piedi e guardò l’uomo alle sue spalle «Puoi cercare tu Gwaine e Lancelot? Voglio portare Mordred da mio zio per calmarlo.» gli disse indicando lo stato di totale panico negli occhi del bambino. Arrivare a Camelot e vedere immediatamente un’esecuzione non dava certo una buona impressione e prima che potesse coprire gli occhi di Mordred era già tardi, il boia aveva fatto calare l’ascia e spaventato il druido era scappato, dimenticandosi per un attimo di essere con Emrys.

Merlyn si girò nuovamente verso la donna che teneva ancora la mano di Mordred, doveva essere più grande di lei di un paio d’anni, l’espressione gentile ed amichevole «Grazie mille…» aspettò per il nome.

«Gwen.» offrì la serva allungando la mano per farsela stringere.

«Merlyn.» si presentò a sua volta la madre del bambino e Gwen emise uno squittio spaventandola.

«Scusate, non so cosa mi sia preso.» disse sentendo il bisogno di correre immediatamente dalla sua signora per dirle che Merlyn, Merlyn Pendragon, era a Camelot.

Merlyn sorrise in modo cordiale «Non vorrei essere scortese, ma abbiamo finito un lungo viaggio, mio figlio ha bisogno di riposarsi. Ma sono sicura che ci vedremo in giro.» salutò invitando il bambino a salutare la gentile signorina che l’aveva aiutato.

Gwen salutò a sua volta e tornò al suo compito prima di fermarsi sui suoi passi. Mordred era il figlio di Merlyn?!

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Gaius non sapeva cosa fare di una ragazza, tre uomini ed un bambino. Aveva solamente una stanza che era destinata a sua nipote, ma non poteva nemmeno lasciare che i tre uomini dormissero per strada.

Il medico di corte sapeva perfettamente la situazione della nipote, per questo era preoccupato oltre ogni limite. Temeva quello che Uther potesse farle vedendola a corte.

«Per l’amore del cielo, Merlyn, non attirare l’attenzione fino a quando non avrò parlato con il Re.» la pregò mentre le consegnava delle fiale da consegnare. La ragazza era a corte come apprendista e Gaius sarebbe andato a comunicarlo ad Uther, assicurandogli che non avrebbe dato alcun problema.

La ragazza alzò gli occhi al cielo «Non preoccuparti, Gaius, nessuno si renderà conto della mia presenza.» lo rassicurò mentre scompigliava giocosamente i capelli a Mordred. Il bambino sarebbe rimasto nelle stanze del medico per aiutarlo mentre i tre uomini sarebbero andati alla ricerca di un lavoro.

Era semplice, dovevano solamente evitare Arthur e non dare nell’occhio.

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Ecco, il problema di Merlyn era che non aveva imparato quando tenere la bocca chiusa. Quando aveva visto un povero ragazzo venire bullizzato da un gruppo di cavalieri non aveva potuto fare a meno di intervenire.

Aveva iniziato con una piccola serie d’insulti fino ad arrivare a provare a dare un pugno ad uno dei cavalieri. Quindi, con l’accusa di aver osato insultare e colpire un nobile, era stata prelevata con la forza da due guardie e buttata in una cella.

La compagnia non era male, l’ubriacone della cella accanto le aveva anche raccontato una storia divertente. L’unica cosa che temeva in quel momento era uscire da lì perché Gaius l’avrebbe uccisa senza alcuna pietà.

«Senti, dammi retta, non vale la pena passare la vita ad ubriacarsi. Quante volte vuoi finire qua dentro? Non è un bel posto, un ratto mi è appena passato sopra lo stivale.» stava dicendo la ragazza seduta contro le sbarre della cella «Quando uscirai, andrai dritto a casa e ti darai una bella pulita. Poi tornerai da quel fornaio che ti ha licenziato e prometterai di essere fino alla fine dei tuoi giorni sobrio.» continuò attirando l’attenzione di uno dei cavalieri che stava passando per di lì «E se mai dovesse passarti per la testa di toccare anche solo un altro goccio di birra pensa: “voglio veramente rovinarmi la vita?” e ti risponderai “no, ovvio che non voglio!”.» andò avanti facendo anche delle voci per imitare l’altro detenuto.

«Hai ragione.» rispose l’uomo avvicinandosi alle sbarre, sentendosi veramente ispirato dalle parole della ragazza.

Sir Leon si avvicinò alle celle ed impallidì nel vedere il viso della ragazza dietro le sbarre «Merlyn.» la chiamò sorpreso, non credeva ai suoi occhi!

La ragazza si girò a guardarlo, non riconoscendolo. Chi era e perché sapeva il suo nome?

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Gaius poteva considerarsi un amico di Uther, più volte negli anni alcuni eventi avevano portato i due uomini ad avvicinarsi.

Quando aveva chiesto udienza al Re quel pomeriggio era stato accolto con un sorriso, Uther felice che il giorno seguente avrebbe potuto finalmente coronare suo figlio come legittimo discendente al trono.

«Sire, mia nipote è arrivata in città.» iniziò unendo le mani davanti a sé, quasi dondolandosi nervosamente.

«Oh, la famosa nipote di cui parlavi anni fa.» rispose Uther firmando un documento passatogli da Geoffrey «Sono contento che alla fine sia riuscita a venire, Essetir non è certamente un Regno in cui si vive bene.» commentò sentendo una lieve gratificazione di aver tolto un suddito a Cenred. Più persone Camelot ospitava e più i suoi averi e le sue fortune aumentavano, un’apprendista medico di corte non gli faceva nemmeno male. Gaius non stava certo ringiovanendo e la nipote sembrava un’ottima alternativa.

Il medico si schiarì la gola, improvvisamente più nervoso del dovuto «Sire, mia nipote è Merlyn.» rivelò e quando il nome uscì dalle sue labbra vide il re fermarsi, la penna immobile sopra un altro documento, una goccia d’inchiostro che rischiava di cadere e macchiare la pergamena.

Uther ripose la penna nel calamaio, intorno a loro i nobili avevano iniziato a borbottare, tutti sapevano a chi appartenesse quel nome: alla moglie di Arthur. Geoffrey non aveva trovato nessun modo per invalidare il matrimonio e non poteva nemmeno far finta di nulla e far sposare il figlio con un’altra principessa. Tutti i cinque Regni sapevano di Principe Arthur e la contadina.

«Non è venuta in cerca di guai, vuole solo imparare il mestiere.» si affrettò a dire vedendo il viso di Uther farsi rosso di rabbia «Ha promesso che non proverà ad interagire con il Principe.» aggiunse riuscendo a calmare il re.

Il borbottio intorno a loro si fece più forte.

Le porte si aprirono e Gaius vide Sir Leon camminare a passo svelto verso di loro.

«Qualche problema?» domandò Uther, non gli piaceva vedere quell’espressione preoccupata sulla faccia del suo cavaliere, perché voleva solamente dire che c’erano guai in vista.

Leon fece un breve inchino «Maestà, ero di passaggio per le celle e ho riconosciuto una detenuta.» disse abbassando la voce, cercando di non farsi sentire dagli impiccioni intorno a loro «Sire, Merlyn è qui.» lo avvisò non tanto per fare la spia, ma con la speranza di poterla liberare. Era la moglie di Arthur, non poteva passare la notte in una cella!

Uther grugnì infastidito, guardò Gaius inarcando un sopracciglio «Fortunatamente non era in cerca di guai.» commentò prima di lasciare il tavolo e avviarsi verso le segrete, aveva una bella chiacchierata da fare.

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Morgana era affacciata alla finestra quando aveva visto una ragazza provare a sferrare un pugno ad uno dei cavalieri di Camelot. Aveva riso al tentativo, ma ammirava il coraggio della fanciulla.

Doveva raccontarlo ad Arthur, sicuramente lo avrebbe tirato su di morale, avrebbero riso insieme e magari sarebbero andati a parlare con la ragazza.

Gwen ancora non era tornata dal suo giro di commissioni; quindi, si avviò da sola verso le stanze del principe, salutando cortesemente le Lady che incontrava sul suo cammino. Erano tutte delle pettegole, ogniqualvolta la fermavano per scambiare due parole non facevano altro che chiedere come stesse Arthur e se si avessero notizie della contadina, arpie in attesa che arrivasse notizia di una miracolosa morte della povera ragazza.

Bussò alla porta per sentirsi mandare via, ma ignorò la voce ed entrò ugualmente, un sorriso allegro in volto «Non crederai mai a cosa ho visto.» annunciò afferrando una mela dal tavolo. Arthur era seduto alla sua scrivania a leggere dei documenti mentre Morris stava sistemando la stanza.

Il ragazzo non alzò nemmeno la testa, pensando che se l’avesse ignorata sarebbe andata via.

«C’era questa ragazza, giù in città, ovviamente non potevo sentire cosa stessero dicendo, ma ad un certo punto ha provato a dare un pugno ad uno dei cavalieri con cui stava parlando.» raccontò passandosi la mela da una mano all’altra «Sir Paul l’ha afferrata per un braccio e fatta mettere in ginocchio, peccato che non sia riuscita a colpirlo, non gli farebbe di certo male ricevere un pugno.» commentò pulendo la mela contro la manica del suo vestito. Morris annuì in accordo alle sue parole, a nessuno piaceva Sir Paul.

«Che idiota.» commentò Arthur finalmente incontrando lo sguardo di Morgana «Mi chiedo come una ragazza possa essere così stupida da sfidare un cavaliere di Camelot.» sbuffò una risata pensando per un attimo a Merlyn. La moglie sicuramente avrebbe fatto una cosa del genere, ricordò quasi con affettò la prima ginocchiata alle parti basse che aveva ricevuto quando si erano incontrati.

Morgana sorrise a sua volta, lo sapeva che quella storia lo avrebbe rallegrato!

«Cosa ha fatto Sir Paul per attirare l’ira di questa ragazza?» domandò poi, doveva sapere esattamente cos’era successo, non poteva permettere che uno dei suoi cavalieri andasse ad attaccare briga con innocenti fanciulle dalla scarsa pazienza.

«Stava lanciando dei pugnali al suo servitore, la ragazza non ne era particolarmente contenta e deve avergli detto qualcosa e Sir Paul l’ha spintonata, poi lei ha provato a dargli il famoso pugno, infine due guardie l’hanno portata via.» raccontò in breve quello che aveva visto.

Arthur annuì silenziosamente, pensando a come tre anni prima molto probabilmente avrebbe fatto una cosa del genere. Decise che Sir Paul aveva bisogno di una lezione, non poteva trattare il suo servo in quel modo.

Morris si permise di parlare, ormai non più tanto spaventato da Arthur «Ero lì vicino quando è successo.» disse ricordandosi perfettamente della ragazza «Sir Paul ha fatto delle battute di cattivo gusto, qualcosa sul camminare sulle ginocchia, e la ragazza ha provato a colpirlo.» aggiunse alla storia di Morgana.

Il principe sospirò, forte, doveva decisamente dare una lezione a Sir Paul. Solamente perché avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia nobile non voleva dire che potevano permettersi di dire certe cose alla servitù.

«Vedrò di ricordargli le buone maniere.» disse semplicemente, invitando con lo sguardo Morgana ad uscire. Aveva delle faccende da sbrigare, non poteva starsene lì a sentire storie su una fanciulla abbastanza sfrontata da provare ad aggredire un cavaliere nonostante le giuste motivazioni.

Morgana diede un morso alla mela e salutò il principe, aveva fatto la sua parte.

⸸⸸⸸

Merlyn si sentiva tremendamente piccola in quella stanza, circondata da nobili che la guardavano curiosi. Gaius al suo fianco non sembrava minimamente preoccupato e Sir Leon la stava ancora guardando come se avesse un fantasma davanti.

«Dimmi, Merlyn, perché sei qui?» domandò il Re seduto al trono, la maga se lo ricordava meno minaccioso, ma forse era il contesto ad essere cambiato e darle una percezione diversa.

«Sono venuta a studiare l’arte della medicina, Sire.» rispose mentre le mani sudavano. Non voleva vedere Arthur, non dopo essere finita in galera nelle prime cinque ore della sua permanenza a Camelot, ma soprattutto perché ancora non aveva preparato cosa dirgli.

Lo aveva perdonato? Ovvio, lo amava.

Gli avrebbe detto che lo aveva perdonato? No, non voleva immischiarsi nella sua vita ed impedirgli di sposare una principessa come gli aveva gentilmente ricordato Uther ad Ealdor.

«Sire, è lei la moglie del principe?» domandò un nobile guardandola da testa a piedi, uno sguardo non del tutto disgustato, ma nemmeno di approvazione.

Merlyn strabuzzò gli occhi, come facevano a saperlo?! Era sicura che il Re mai e poi mai avrebbe detto la verità su dove fosse finito il figlio negli ultimi tre anni, tantomeno della moglie plebea.

«No.» rispose la donna stringendo i pugni lungo i fianchi.

Uther la guardò male «Fai silenzio, nessuno ti ha interpellato.» l’ammonì per poi rivolgersi al nobile di cui non ricordava esattamente il nome «La ragazza è legalmente la moglie di Arthur, ma stiamo lavorando per sciogliere l’unione in un modo che non comprenda la morte della ragazza.» spiegò lanciando un’occhiataccia a Geoffrey, il quale alzò leggermente le spalle. Non c’erano modi, cosa poteva farci lui? Era nel giuramento stesso “finché morte non ci separi”, un matrimonio era fino alla morte e nemmeno un Re poteva cambiare la parola di Dio.

«Quindi non siete qui per reclamare il titolo di principessa di Camelot?» domandò un altro nobile. Merlyn tecnicamente e praticamente era la principessa di Camelot, nessuno poteva negarle il titolo.

«No, non sono qui per questo.» rispose corrugando la fronte, non sapeva il perché ma non credeva che sarebbe andata a finire così. Erano piuttosto tranquilli questi nobili, nessuno sembrava volerle tagliare la testa.

Uther strinse le labbra in una linea sottile, non gli piaceva il fatto che la ragazza era lì, ma non poteva nemmeno mandarla via dopo che buona parte della Corte sapeva della sua esistenza e del suo arrivo. In più non voleva ferire Gaius, il quale aveva sempre parlato con devozione della nipote.

Gaius era come famiglia per lui e un piccolo dettagli si insinuò nella mente del re: Gaius proveniva da una famiglia nobile, il che rendeva la figlia della sorella in qualche modo una nobile a sua volta. Merlyn non era una semplice contadina alla fine dei conti.

«Dimmi, sai leggere e scrivere?» domandò Uther attirando sguardi incuriositi. Un nobile rise, nascondendosi malamente dietro un colpo di tosse.

Che cosa assurda, una contadina che sapeva leggere e per di più scrivere.

«Certo, mia madre mi ha insegnato.» rispose la ragazza sempre più confusa, cercando aiuto in Gaius, il quale stava in silenzio aspettando chissà cosa.

«Va bene, puoi andare. Ma ti avverto, la prossima volta non sarò così gentile da farti uscire dalla cella.» l’avvertì il re facendo nascere un profondo chiacchiericcio mentre Gaius ringraziava la sua clemenza dei confronti della nipote.

Quando i due uscirono dalla sala Gaius tirò un profondo sospiro «È andata bene.» commentò sapendo perfettamente dove erano andati i pensieri del re. Lui stesso poteva essere un uomo semplice e privo di ricchezze, ma la sua famiglia era comunque nobile e tutti a Camelot ne erano a conoscenza. Avevano delle terre al confine con Nemeth, Hunith vi aveva rinunciato quando aveva deciso che la vita da Lady non faceva per lei e Gaius non aveva mai avuto la fortuna di sposarsi e lasciare detti terreni a dei possibili figli. Quindi, se Uther avrebbe riconosciuto Merlyn come parte della nobiltà, con il matrimonio avrebbe potuto inglobare quelle terre nel suo regno, espandendosi ancora di più. Non era molto, ma meglio di niente se il matrimonio era impossibile da annullare e nessuna principessa poteva sposare il principe.

«Non capisco cosa gli importi se so leggere e scrivere.» disse invece la ragazza mentre si incamminavano verso casa. Non le era piaciuta l’atmosfera dentro quella stanza e Uther sembrava tramare qualcosa.

Quando aprirono la porta delle stanze del medico trovarono Mordred e Parsifal incitare Lancelot e Gwaine che stavano avendo uno scontro a braccio di ferro, totalmente ignari che la ragazza era finita nelle carceri di Camelot.

«Madre!» Mordred corse verso la madre che lo prese tra le braccia, contenta di essere tornata a casa tutta intera, togliendo il brutto livido che le stava nascendo sul braccio dove quel pallone gonfiato di un cavaliere l’aveva afferrata.

Si misero a tavola, una minestra di pollo per riscaldare i loro stomachi.

Lancelot raccontò di aver trovato lavoro presso un maniscalco di nome Tom, fortunatamente durante la sua gioventù aveva fatto esperienza durante i suoi viaggi prima di essere catturato dagli uomini di Cenred.

Gwaine si vantò invece di aver battuto un uomo ad una gara di bevute alla taverna, dicendo di aver bevuto litri e litri di birra senza dover nemmeno pagare una moneta in quanto il perdente si era preso carico del conto.

Parsifal invece era riuscito a farsi assumere a palazzo come aiuto stalliere.

«A te com’è andata la giornata?» domandò Lancelot mentre tagliava con forchetta e coltello il pezzo di pollo troppo grande per Mordred.

Merlyn sorrise «Oh, niente di speciale. Ho consegnato i vari tonici e poi sono andata a fare un giro per il mercato.» mentì sfidando con lo sguardo lo zio a contraddirla. L’uomo rimase in silenzio, anche perché aveva detto la verità, semplicemente omettendo quello che era successo dopo il mercato.

I cinque ospiti entrarono nella piccola stanza e si prepararono per la notte. Mordred venne spogliato per essere poi infilato nella sua camicia da notte. Gli uomini si tolsero le tuniche rimanendo a petto nudo, sistemando a terra delle coperte per dormirci sopra. Merlyn invece allentò semplicemente i lacci del suo corsetto, non poteva certamente dormire in camicia da notte davanti a loro nonostante la profonda amicizia che li legava, ma in compenso si prese il letto insieme a Mordred.

Spense la candela augurando la buonanotte a tutti, domani sarebbe stata una lunga giornata.

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette ***


Arthur non poteva credere alle sue orecchie.

Merlyn, la sua Merlyn era a Camelot.

Il problema stava nel fatto che Merlyn era l’idiota che aveva provato a dare un pugno a Sir Paul ed aveva passato il pomeriggio in una cella, e se non fosse stato per Sir Leon ci avrebbe passato anche la notte.

«Devo vederla.» disse alzandosi da tavola, dimenticandosi della sua cena. Sir Leon era stato gentile ad informarlo, non avrebbe potuto dargli notizia migliore.

«Arthur, non credo sia una buona idea.» disse l’amico bloccandogli il passaggio «Ha provato a negare il vostro matrimonio quando Lord Ander ha chiesto se fosse lei tua moglie.» si permise di dargli del tu, lasciando i convenevoli per quando c’erano altre persone in giro e certamente Morris non avrebbe fatto la spia.

Arthur sentì il cuore spezzarsi, proprio come quel giorno «Oh.» riuscì semplicemente a dire.

Leon gli batté una mano sulla spalla «La vedrete domani, credo che ormai si sia già ritirata nelle sue stanze.» provò a consolarlo ben sapendo di star facendo un lavoro orribile. Non era bravo in quel genere di cose, poteva essere il terzo incomodo più famoso della storia per quanto gli riguardava.

Il principe annuì, aveva domani, Merlyn certamente non sarebbe scomparsa nella notte.

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Morgana non credeva alle sue orecchie, quello che le stava dicendo Gwen mentre la preparava per andare a letto era semplicemente incredibile.

«Merlyn è qui?» domandò per assicurarsi di aver sentito bene.

Gwen annuì slacciando il corsetto della sua signora, le mani che lavoravano abilmente «Sì, con lei anche un bambino, ma non credo sia veramente suo, era troppo grande.» aggiunse perché era impossibile che quello fosse il frutto dell’amore tra Merlyn ed Arthur, un bambino di tre anni non era così grande e non parlava bene come Mordred.

Morgana annuì, ben sapendo di chi stesse parlando, Arthur gli aveva parlato ovviamente di Mordred «Potresti descrivermela?» le domandò invece, voleva assicurarsi di una cosa.

«Oh, Morgana, è veramente bellissima.» iniziò la serva quasi sognante «Lunghi capelli neri, pelle bianca quanto la porcellana e due occhi limpidi come il cielo d’estate. Indossava un abito verde che le donava particolarmente.» descrisse ricordandosi perfettamente della ragazza e di come avesse pensato fosse più bella di Morgana in persona.

«Credo d’averla vista anch’io.» ammise la Lady sorridendo divertita. Ovvio, solamente Arthur poteva sposarsi una donna talmente coraggiosa da provare a dare un pugno ad un cavaliere.

Non vedeva l’ora arrivasse il mattino, voleva stuzzicare Arthur sull’idiota – parole sue, non di Morgana – che aveva combattuto Sir Paul.

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La mattina si stava svolgendo con tranquillità. Mordred era stato lavato e vestito, gli uomini avevano messo delle tuniche pulite e Merlyn aveva avuto un momento di privacy per cambiarsi dall’abito verde a quello bianco e celeste che sua madre le aveva confezionato prima di partire.

La colazione non era nulla di particolare, giusto della frutta e del porridge, proprio come ad Ealdor. Mordred come suo solito le aveva chiesto di tagliarli una mela e la ragazza aveva ormai imparato a farlo anche ad occhi chiusi.

«Io vado, Tom mi starà aspettando.» Lancelot fu il primo ad uscire, un sorriso in volto che diceva a Merlyn ci fosse qualcosa sotto.

Gaius passò a Merlyn una lista «Devi andare a comprare queste cose, Lady Helen arriverà tra poco per i festeggiamenti e devo prepararle un tonico per la voce.» le spiegò «E Mordred rimarrà qui con me, abbiamo tante cose da imparare noi due.» sorrise al bambino. Dato che Hunith non era con loro e Merlyn era troppo impegnata Gaius aveva deciso che ci avrebbe pensato lui ad insegnargli a leggere e scrivere, anche se aveva il presentimento che le cose molto presto sarebbero cambiate.

La donna si alzò da tavola dando un bacio sulla nuca del figlio «Mi sistemo i capelli e vado.» disse ritornando verso la camera dove c’era l’unico specchio. Si mise seduta sullo sgabello ed iniziò ad intrecciare i capelli, un lieve senso di nostalgia di quando Arthur aveva imparato l’arte dell’intreccio e di tanto in tanto si impuntava di volerle sistemare lui i capelli. Era faticoso, soprattutto quando i capelli erano così lunghi e non facevano altro che annodarsi, ma alla fine riuscì ad uscire dalla camera con due trecce in perfetto ordine.

Prese il cesto in vimini vicino alla porta e salutò tutti.

Era un nuovo giorno pieno di possibilità!

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Quando Morgana gli aveva chiesto di accompagnarla per il mercato per cercare un regalo non si era fatto molte domande, contento di uscire da palazzo per evitare di perdere il controllo e correre nelle stanze di Gaius per trovare Merlyn ed implorarle perdono.

Quello che non si aspettava era sentire la voce di Sir Paul chiedere a qualcuno come se la stesse cavando con il camminare sulle ginocchia.

«Andiamo, mi stai ignorando?» Sir Paul insistette a gran voce attirando l’attenzione di più persone, ma Arthur non riusciva a vederlo.

«Oh, mi scusi, non credevo che un asino sapesse parlare e che si stesse rivolgendo proprio a me.» la voce di Merlyn era la cosa più bella che Arthur aveva sentito in quei sette mesi.

«Attenta a come parli, ragazzina.» l’ammonì Sir Paul mentre qualcuno rideva e Arthur trascinò letteralmente Morgana per un braccio alla ricerca della moglie.

Merlyn incrociò le braccia al petto, facendo schioccare la lingua contro il palato «Io parlo come voglio a chi voglio.» disse sfidandolo con lo sguardo. Cosa estremamente stupida da fare, ma non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da un pallone gonfiato. Nell’arena non erano stati tutti gentili fin dall’inizio, quindi aveva dovuto imparare a rispondere a tono quando era necessario.

«Vuoi che ti dia una lezione?» domandò furibondo il cavaliere mentre si sfilava la cintura da brandire come frusta.

«Vuoi che te ne dia una io?» rispose Merlyn posando a terra la cesta ed alzando i pugni. Poteva combattere, non era indifesa, le sarebbe bastato un solo pensiero per far finire con il sedere a terra quello sbruffone, ma sfortunatamente Camelot non era il posto giusto per usare la sua magia.

Sir Paul alzò il braccio avvicinandosi alla ragazza. Avrebbe fatto vedere a tutti cosa succedeva se si osava insultare un nobile cavaliere come lui.

Con velocità portò in basso il braccio, si sentì il rumore della cintura che spezzava l’aria e poi l’impatto con la pelle di qualcuno.

Sir Paul impallidì visibilmente e lasciò andare con orrore la cintura. Davanti a lui Arthur Pendragon con un braccio alzato e il chiaro segno rosso del colpo che molto probabilmente sarebbe diventato viola nel giro di poche ore.

Aveva appena colpito il Principe, Sir Paul voleva morire.

«Sire, mi dispiace, non era mia intenzione colpirla.» si scusò mentre i suoi due amici erano già scappati chissà dove, lasciandolo solo ad affrontare il prossimo Re.

Improvvisamente Arthur gli sembrò più alto, più largo e i suoi occhi di una freddezza che non aveva mai visto prima.

«Scusami?! Come ti permetti a metterti in mezzo?» domandò la ragazza infischiandosene che quella era la prima interazione con Arthur dopo mesi. Non aveva bisogno di essere protetta da lui! Avrebbe preso il colpo e poi ne avrebbe sferrato uno, così che entrambi sarebbero tornati a casa con un livido.

Morgana rise nascondendosi dietro una signora, già adorava Merlyn.

Arthur sbatté le palpebre confuso, mentre Sir Paul spalancò la bocca oltraggiato «Attenta a come parli al Principe.» la sgridò andando a recuperare da terra la cintura, sicuramente dopo essere stato oltraggiato in quel modo non l’avrebbe difesa dal prossimo colpo.

«Oh, sparisci tu!» disse la ragazza lanciandogli una cipolla dal suo cesto «Non sono affari tuoi.» aggiunse ora guardando il principe con le mani sopra i fianchi, come faceva sempre quando era arrabbiata con lui o Mordred.

Dio, Arthur voleva baciarla e avrebbe accettato con piacere un pugno in cambio.

«Sire, mi prenderò cura io di questa donnaccia dalla bocca larga.» lo rassicurò Sir Paul sperando che l’insolenza della donna avesse fatto dimenticare al principe del colpo che aveva subito per mano sua.

Arthur gli tirò un pugno, dritto sul naso e i presenti sentirono chiaramente l’osso rompersi «Attento a come parli di mia moglie.» disse afferrandolo per il colletto della tunica mentre intorno a loro la gente iniziava a sussurrare solo ed unicamente Merlyn.

Sir Paul si portò le mani al naso, cercando di fermare il sangue e fece di tutto per non incontrare lo sguardo del principe «Mi dispiace, Sire, non sapevo che lei fosse sua moglie.» provò, non era colpa sua se la donna girava vestita come una serva. Ovviamente sapeva della famosa moglie contadina, ma nessuno lo aveva avvertito del suo arrivo a Camelot.

«Taci, brutto zoticone.» disse la ragazza raccogliendo le sue cose «Dovrebbero toglierti il tuo caro titolo nobiliare, perché di nobile non hai nulla.» commentò ignorando la gente che la guardava meravigliata. Non le piaceva tutta l’attenzione che stava ricevendo. Con la coda dell’occhio vide Lancelot alla porta di quello che doveva essere l’officina del maniscalco. Senza aspettare che Arthur potesse dirle anche solo una parola andò verso l’amico, il quale fece un breve cenno con la testa al principe come per dirgli che non doveva preoccuparsi e di prendersi cura del problema che aveva tra le mani.

Arthur sospirò sconfitto, lo odiava ancora «Forse ha ragione, sai? Sentiamo cosa avrà da dire mio padre, il re.» disse afferrandolo per il collo, trascinandolo verso palazzo dimenticandosi di Morgana tra la plebe.

La protetta del re sorrise, doveva fare proprio un bel regalo a Merlyn, in vita sua non aveva mai visto una persona tanto coraggiosa quanto stupida e doveva ammettere che era perfetta per Arthur, ora capiva perché il principe non fosse più il bullo che era prima di sparire.

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Merlyn non era solita impicciarsi, veramente, ma quella Lady Helen non le dava una buona sensazione. Cercò di levarsi quel pensiero dalla testa perché non era giusto accusare la prima persona davanti a lei di essere malvagia, erano solo le parole del drago che le davano il tormento. Quella era la sera della catastrofe, quella sera Arthur poteva essere assassinato e Merlyn non poteva fare a meno di essere preoccupata.

Lo aveva trattato malissimo, era vero, ma non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stato sexy quando riaprendo gli occhi, spaventata per il colpo che Sir Paul le stava sferrando, si era ritrovata protetta dal principe. Aveva sentito le farfalle nello stomaco e fortunatamente la sua magia non ne creò di vere. Non poteva negare che gli era mancato e molto probabilmente se l’avesse baciata lì in mezzo al mercato avrebbe ricambiato il bacio e poi gli avrebbe tirato un pugno.

«Mordred, per favore, cerca di rimanere fermo.» pregò il bambino che saltellava da una parte all’altra della loro piccola stanza mentre la donna cercava di sistemargli i capelli scompigliati dopo aver giocato alla lotta con Gwaine, l’unico a non essersi trovato un lavoro nemmeno quel giorno. Erano stati invitati tutti ad assistere all’incoronazione e Gaius aveva detto che sarebbe stato molto scortese non presenziare.

L’anziano medico aveva fatto presente dell’esistenza di Mordred ad Uther e l’uomo non ne era sembrato particolarmente turbato, ma nemmeno troppo contento. Gaius gli aveva detto che Merlyn aveva un cuore d’oro, proprio come il suo quando aveva accolto Morgana dopo la morte dei suoi genitori. Il re aveva dato il permesso a Gaius di parlare con il bambino della vera identità di Arthur e da quel momento Mordred non aveva fatto altro che dire che sua madre era una principessa.

Il druido sembrava essersi scordato della profezia, come buona parte della sua infanzia e della vita prima di Merlyn ed Arthur, una specie di meccanismo per proteggersi da quello che aveva subito e visto crescendo. L’amore di Merlyn ed Arthur era riuscito a fargli dimenticare dell’enorme peso del Destino che il filidh gli aveva dato.

«Possiamo rivedere padre, non sei contenta?» le chiese confuso. Sua madre amava taaanto suo padre, perché non stava saltando di gioia anche lei?

«Certo che sono contenta, tesoro.» rispose la donna facendolo sedere sul letto «Ma oggi non possiamo avvicinarci a lui perché deve fare una cosa molto importante e non possiamo distrarlo, capisci?» domandò guardandolo negli occhi, sarebbero rimasti in disparte, di lato, silenziosi osservatori di quella festa che non faceva altro che ricordare a Merlyn dell’enorme bugia su cui era stato costruito il suo matrimonio.

Mordred annuì giocando con i lacci del corsetto della madre, non riusciva proprio a stare fermo per l’emozione!

«E soprattutto nessuna magia, Mordred, va bene? Perché Re Uther, tuo… nonno, non ama la magia e potrebbe spaventarsi.» un brivido le scese lungo la schiena al pensiero che involontariamente si era imparentata con quel mostro.

Il bambino annuì ancora «Ho capito, madre.» disse prima di ricominciare a saltare per la stanza.

Merlyn si passò una mano sul viso, stremata. Una giornata di lavoro nei campi non era nulla in confronto. Aveva passato tutta la mattina a correre per la città per Gaius, non si era fermata nemmeno per pranzo e nel pomeriggio aveva dovuto pulire il serbatoio di sanguisughe del medico. La cosa che voleva di più in quel momento era dormire, ma il drago sembrava far tremare la terra sotto i suoi piedi ogniqualvolta chiudesse gli occhi.

Parsifal entrò nella stanza «Hai bisogno di una mano?» domandò vedendo lo stato della ragazza. Non era minimamente pronta per presenziare all’incoronazione e mancava pochissimo tempo.

«Potresti finire tu di sistemare Mordred?» gli chiese veramente grata che ci fossero i suoi amici ad aiutarla, non sapeva come avrebbe fatto senza di loro.

L’uomo annuì e prese tra le braccia il bambino che correva in cerchio, sollevandolo in aria dicendogli che zio Gwaine aveva una sorpresa per lui.

Merlyn andò verso l’armadio e di cattivo umore estrasse il vestito marrone che l’avrebbe fatta sicuramente mischiare con la servitù. Non voleva attirare l’attenzione più del dovuto, non quando ormai tutta Camelot sapeva che la moglie del Principe Arthur era in città ed insultava cavalieri.

Raccolse i capelli in uno chignon per praticità, nel caso fosse successo qualcosa non poteva stare a preoccuparsi di finire con i capelli impigliati come era accaduto quando avevano affrontato per la prima volta il griffone.

Gaius era già alla porta che aspettava «Andiamo, la cerimonia sta per iniziare.» invitò prendendo la mano di Mordred, il bambino sembrava non riuscire a camminare senza avere qualcuno vicino, forse impaurito per quello che aveva visto il giorno del loro arrivo. Merlyn prese un profondo respiro, sarebbe andato tutto bene e constatato che il drago le aveva mentito sarebbe andata via insieme al bambino.

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La cerimonia era noiosa, il momento più importante della sua vita ed Arthur non riusciva a seguire nemmeno una delle parole che suo padre stava dicendo, tantomeno quelle di Geoffrey.

All’angolo della stanza, poco lontano da lui, c’era Merlyn con Mordred vicino. La sua famiglia era lì e lui non era felice. Avrebbe preferito mille volte meglio essere ad Ealdor, seduti davanti al fuoco mentre Merlyn creava figure tra le fiamme raccontando una storia.

Recitò a memoria tutte le sue battute, senza distogliere lo sguardo dall’amata, desideroso di togliersi la corona dalla testa e andarle a prendere il viso tra le mani e baciarla fino a toglierle completamente il fiato. Non poteva, Uther lo stava guardando come se sapesse esattamente cosa stesse pensando, la mano ferma sul pomolo della sua spada in avvertimento. Camelot non poteva perdere il suo principe.

Morgana si congratulò al termine della cerimonia, offrendo il braccio per essere scortata verso il banchetto tenuto in onore del principe ereditario. La donna aveva visto Merlyn da più vicino e doveva dare ragione a Gwen, la ragazza era semplicemente incantevole, un viso angelico che nascondeva un carattere niente male.

Arthur vide Mordred farsi prendere in braccio da Parsifal, gli occhi chiusi chiaramente stanco. Era tardi, a quell’ora dovrebbe essere già a letto, Arthur sentì una profonda invidia nel cuore. Doveva essere lui quello a tenere il bambino tra le braccia, non Parsifal!

«Prego, diamo il benvenuto a Lady Helen!» concluse Uther l’ennesimo discorso della serata e Arthur grugnì roteando gli occhi, era stanco, voleva ritirarsi nelle sue stanze, non sentire la Lady cantare.

Forse era anche più stanco di quanto credesse perché improvvisamente sentì le palpebre farsi estremamente pesanti.

Merlyn dal suo angolo capì immediatamente cosa stesse accadendo, riusciva a riconoscere una magia, si tappò le orecchie osservando con orrore tutti i presenti accasciarsi a terra addormentati. La donna estrasse dalla manica del vestito un pugnale, la stanza buia e piena di ragnatele davano a tutto un aspetto spettrale.

La maga vide il candelabro appeso al soffitto e con la magia lo fece cadere proprio sopra Lady Helen. La corte e la servitù sembrò risvegliarsi e l’urlo di Uther che gridava alla stregoneria allarmò le guardie. Sotto al candelabro non vi era più Lady Helen, ma un’anziana signora che Merlyn aveva già visto in precedenza.

La donna con le ultime forze lanciò il pugnale contro Arthur e il silenzio venutosi a creare venne spezzato da un «No!» e il principe si sentì tirare fuori dalla traiettoria e finire a terra o precisamente sopra a qualcuno.

Merlyn respirò affannosamente, il familiare peso di Arthur su di lei le stava provocando emozioni non adatte alla situazione, e il fatto che le sarebbe bastato alzare anche solo leggermente il viso per baciarlo non aiutava.

Arthur venne sollevato da terra dal padre e il principe offrì galantemente la mano alla moglie, ma la maga rifiutò. Era ancora arrabbiata, va bene? Non da lasciarlo morire, ma abbastanza da non perdonarlo ancora.

«Hai salvato mio figlio.» constatò l’ovvietà il re «Meriti una ricompensa.» disse più a sé stesso che alla ragazza.

«Non c’è bisogno, Sire.» intervenne la donna spolverandosi il vestito dalle ragnatele «Già avere il permesso di continuare i miei studi presso Gaius è una ricompensa.» provò a ignorare il tocco di Arthur sul suo gomito, mentre si accertava che non si fosse fatta male.

Uther alzò una mano come per intimarle silenzio «Cittadini di Camelot!» richiamò l’attenzione su di sé «Oggi non festeggiamo solamente l’incoronazione di mio figlio, ma diamo anche il benvenuto nella famiglia reale a sua moglie, Principessa Merlyn.» annunciò facendo strabuzzare gli occhi alla ragazza, cosa diamine stava succedendo? Lei non era una principessa!

«Padre, cosa dite?» domandò Arthur chiaramente confuso quanto la moglie.

Uther batté una mano sulla spalla del figlio «Lady Merlyn non è una contadina come credevamo, ma è l’unica ereditaria della famiglia Caulbot e con la sua unione a mio figlio, Camelot conquista i terreni confinanti con Nemeth.» annunciò con soddisfazione. Ci aveva pensato tutta la notte, meglio pochi terreni che zero prospettive di matrimonio.

Merlyn inarcò un sopracciglio, Caulbot era il nome da nubile di sua madre, ma l’aveva perso anni fa, quando aveva rinnegato la sua famiglia per andare via e costruirsi una vita umile. Erano originari di Nemeth, la madre e Gaius si erano trasferiti a Camelot molti anni dopo in quanto a quel tempo Uther era in cerca di uno Stregone di Corte e Gaius era abile negli incantesimi. Se solo Uther sapesse che era figlia di Balinor Ambrosius, erede delle numerose terre che i diversi re si erano spartiti durante la Grande Epurazione.

«Credo ci sia un errore.» provò Merlyn guardando Gaius in cerca d’aiuto, era forse stata appena usata come matrimonio di convenienza? Se suo zio non fosse Gaius Uther non avrebbe mai riconosciuto le loro nozze.

Il re la guardò spazientito «Dovresti esserne felice, Merlyn.» l’ammonì come se fosse la peggiore delle ingrate «Ora sparite.» concluse scacciando i due sposi, doveva occuparsi di quell’enorme candelabro.

Morgana si avvicinò e allungò la mano verso la principessa «Un piacere, sono Lady Morgana.» si presentò inchinandosi un poco, riconoscendo che Merlyn era un gradino sopra di lei nella scala gerarchica.

«Merlyn.» rispose la ragazza ancora non capendo bene cosa stesse succedendo. Improvvisamente sentì qualcuno attaccarsi alle sue gambe e non dovette nemmeno guardare in basso per sapere che era Mordred.

La Lady sorrise al bambino sentendo come una connessione, una scintilla si era accesa quando i loro occhi si erano incrociati.

«Padre!» chiamò il bambino allungando le braccia verso Arthur, il principe nemmeno ci pensò e prese Mordred tra le braccia, ignorando vari nobili che iniziarono a parlare di come un bambino avesse appena chiamato “padre” il principe.

«Mi sei mancato tantissimo!» disse il druido nascondendo il viso nell’incavo del collo del padre, le mani che stringevano il mantello dell’uomo. Si sentiva finalmente completo e al sicuro.

«Anche tu, Mordred, non sai nemmeno quanto.» disse il biondo con voce spezzata, finalmente felice di poter avere il figlio con sé.

Merlyn sorrise tristemente, ma non poteva permettergli di rientrare in quel modo nella loro vita, non poteva ancora perdonarlo. A malincuore allungò le mani per far scendere Mordred, ignorando gli occhi da cucciolo, e indirizzandolo verso Lancelot.

Arthur non osò discutere, non voleva finire ancora di più nei guai.

«Non so cosa sia passato per la testa di tuo padre, ma non può decidere lui per me.» disse la maga alzando la testa per incontrare gli occhi dell’uomo. Era forse diventato più alto? «Io continuerò con la mia vita e tu con la tua.» disse ignorando la Lady e la sua serva che riconobbe come la donna che l’aveva aiutata a trovare Mordred.

«Merlyn, per favore.» provò il ragazzo trattenendosi dall’allungare una mano per toccarle una spalla. Le sembrava ancora più piccola di quando l’aveva lasciata, il viso più segnato, ma non minimamente meno bella.

Il fatto che Morgana non stesse ridendo aiutava, solitamente la donna non faceva altro che ridicolizzarlo. Gwen dietro di lei aveva un’espressione dispiaciuta.

Una donna che Arthur non riconosceva si avvicinò a loro, ma doveva essere parte dello staff di palazzo, dietro di lei altre due ragazze. Si inchinarono profondamente, lo sguardo rivolto verso il pavimento.

«Principessa Merlyn, siamo venute per prepararla per domani mattina.» disse la donna più anziana.

Morgana la conosceva, ovviamente, e anche Gwen. Era Miss Jody, la capo governante che si occupava dell’assegnazione della servitù per le ladies e dirigeva l’organizzazione degli eventi più importanti.

La maga inarcò un sopracciglio, non le piaceva essere chiamata principessa. Non voleva essere scortese, ma non poteva nemmeno accettare quella situazione. Lei non era la moglie di Arthur Pendragon, non era una principessa e tantomeno sarebbe andata con quelle donne che per quanto ne sapeva potevano ucciderla e buttarla in un fosso.

«Che succederà domani mattina?» domandò facendo un passo verso Arthur, completamente involontariamente, come in cerca di protezione da quelle sconosciute.

«Il matrimonio, principessa.» rispose Miss Jody ora confusa, nessuno aveva avvertito la ragazza? «Celebreremo nuovamente le vostre nozze, così che anche il popolo di Camelot possa assistere.» spiegò con tono insicuro vedendo il viso della ragazza farsi rosso.

«No.» Merlyn guardò Arthur sorpresa «Non ci saranno nessune nozze, domani.» disse il principe ignorando lo sguardo della moglie su di lui.

«Ma, Principe Arthur, vostro padre…» Miss Jody si fermò al movimento della mano dell’uomo.

«Parlerò io con mio padre, ma annullate tutto e soprattutto non infastidite più  Merlyn.» ordinò il principe, suo padre doveva essere uscito completamente fuori di testa se pensava che potesse decidere in quel modo della loro vita. Doveva farsi perdonare da Merlyn prima di poterle chiedere nuovamente di sposarlo e solamente dopo ci sarebbero state delle nozze.

Miss Jody non rispose, limitandosi ad inchinarsi di nuovo e andarsene con le due serve.

«Dio, Merlyn, sono veramente dispiaciuto…» l’uomo venne interrotto nuovamente.

«Arthur, lascia stare, devo andarmene comunque, devo mettere Mordred a letto.» disse lasciandolo lì con Morgana e Gwen.

La Lady gli posò una mano sulla spalla «Ti perdonerà, infondo ti ha appena salvato la vita.» lo rincuorò indicandogli il pugnale conficcato sulla sua sedia.

Il principe annuì, insomma, non lo aveva veramente lasciato morire e sapeva dell’enorme rischio che la donna aveva preso usando la magia davanti a suo padre. Guardò la sala piena di nobili che lo guardavano e decise di andarsene, era stanco anche lui. Uscì dalla sala sentendo un misto di emozioni, ma principalmente contento che suo padre avesse finalmente riconosciuto il suo matrimonio.

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Gaius cercò di calmare Merlyn, la ragazza appena messo Mordred a dormire era ritornata nella stanza principale e aveva iniziato a dare leggermente in escandescenza. Non le stava assolutamente bene quello che era accaduto, come poteva Uther fare un annuncio del genere? Merlyn non era una Lady, non aveva territori (erano di Gaius, per la miseria!) e principalmente non voleva essere associata in quel modo ad Arthur. Il drago aveva ragione, quella notte si sarebbe rivelata un disastro senza di lei, ma accettava il ruolo di protettrice, non di moglie.

«Merlyn, per favore, siediti e bevi questa bevanda.» la invitò Gwaine, era riuscito a rubare un’intera caraffa di idromele, sicuramente avrebbe rilassato la maga.

«No.» rispose la ragazza battendo il pugno chiuso sul tavolo «Credevo che qui sarebbe andata meglio, ma mi sbagliavo. È esattamente come Ealdor, la gente mi parla dietro come sempre e credono di poter prendere decisioni per me.» disse realmente risentita della  situazione. Perché non poteva avere un nuovo inizio senza drammi?

Merlyn prese la sua giacca marrone e se la infilò «Vado a schiarirmi le idee.» annunciò con un piede già fuori dalla porta. Scese le scale della torre ed arrivò nello spiazzale del castello. C’erano alcune guardie che camminavano, ma non le diedero tanto peso. Non sapeva esattamente dove stava andando, non aveva ancora avuto abbastanza tempo per esplorare il posto.

Il cielo era pieno di stelle, la Luna non era piena, ma incantevole come sempre. Merlyn prese delle scale che andavano verso l’alto sul lato del palazzo. Voleva vedere meglio le stelle, voleva sdraiarsi e guardare quei punti luminosi nel cielo senza dover pensare al suo Destino.

Quando arrivò in cima sembrò che qualcuno avesse avuto la sua stessa idea: sdraiato con lo sguardo rivolto verso l’alto c’era Arthur, un braccio sotto la testa per sorreggerlo.

La maga si avvicinò lentamente, finendo con il sedersi proprio vicino a lui. Erano soli, poteva permettersi anche per un attimo di abbassare la guardia.

«Mi dispiace.» disse l’uomo senza distogliere lo sguardo dal cielo.

Merlyn sbuffò una risata «Per cosa?» infondo era stata lei a trattarlo male e continuava a farlo. Arthur poteva aver nascosto la sua identità, ma non aveva mai finto i suoi sentimenti.

«Per averti mentito e per averti lasciato.» rispose l’uomo sedendosi. Indossava una tunica rossa con una profonda scollatura e Merlyn dovette sforzarsi per non guardare i suoi pettorali. Le mancava il tocco di suo marito? Ovviamente.

«Ti ho lasciato io.» gli ricordò mostrandogli la mano senza anello. La prima cosa che aveva notato al mercato era che Arthur indossava ancora la fede nuziale.

Il principe sorrise tristemente, ovvio che se lo ricordava, l’anello nel cassetto della sua scrivania glielo ricordava ogni giorno.

«Potrai mai perdonarmi?» le chiese prendendole la mano, stanco di trattenersi.

«Arthur, sai che ti amo.» iniziò la ragazza ricambiando la stretta «E che per il bene di Mordred faremo finta che vada tutto bene, ma ci vorrà molto tempo prima che le cose tornino veramente come prima.» rispose prima di alzarsi per andarsene. Fece per andarsene, ma cambiò idea all’ultimo secondo, chinandosi per dare un semplice bacio a stampo sulle labbra del marito.

«Non farti strane idee.» gli disse prima di andarsene veramente, lasciando un sorridente principe a guardare le stelle con una farfalla blu che gli svolazzava intorno.

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto ***


«Non voglio.» disse Merlyn guardando il Re negli occhi. Non aveva esattamente paura, ma non poteva fare a meno di sudare, i palmi delle sue mani stavano quasi gocciolando. Voleva tenere la testa attaccata al collo, ma anche dimostrare di non essere una persona che si faceva comandare.

Quando quella mattina era stata convocata nelle sue stanze aveva temuto che fosse per dirle che l’aveva vista usare la magia al banchetto, ma invece l’uomo le aveva ordinato di non porre resistenza al matrimonio e di iniziare a comportarsi come una persona appartenente alla famiglia reale.

«Come?» domandò il re posando i pugni sulla sua scrivania all’angolo della stanza.

Merlyn deglutì, improvvisamente la sua spavalderia si fece da parte «Con tutto il rispetto, Sire, ma non credo di poterlo fare.» provò con altre parole, il tono più gentile «Vorrei veramente continuare a vivere solamente come l’apprendista di Gaius. Forse, con ancora un po’ di tempo, riusciremo a trovare un modo per annullare il matrimonio, così che possa sposare una vera principessa e per quanto mi riguarda, quei territori appartenenti alla mia famiglia potete tenerli, io non ne ho bisogno.» spiegò dandogli quella piccola speranza di poter magari annullare il matrimonio, anche se sapeva fosse impossibile, a meno che…

«C’è qualcosa di strano in te, ragazza.» disse il Re quasi divertito «Sei estremamente stupida, chiunque al tuo posto si sarebbe approfittato della situazione, ma tu continui a rifiutare questa occasione.» pensò che quella sciocca gli stesse rendendo in parte tutto più semplice, magari un giorno sarebbe scomparsa e l’avrebbero potuta far passare per morta.

La maga incrociò le braccia davanti al petto, mordendosi la lingua per non insultare il re. Molto probabilmente aveva anche leggermente ragione su di lei, ma preferiva continuare una vita semplice ed avere un lavoro, senza farsi mantenere dalla famiglia reale.

«Ora, se non le dispiace, porterò me stessa e la mia stupidità a lavoro, Gaius ha molte commissioni per me.» salutò senza aspettare di essere dismessa uscì dalla stanza, lasciandosi alle spalle un veramente divertito re.

Uther non poteva fare a meno di pensare a come Merlyn gli ricordasse la sua amata Ygraine, ma sfortunatamente lei non era veramente una nobile, era cresciuta come contadina e lo sarebbe sempre stata nonostante lo status sociale di Gaius.

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Merlyn si fermò vicino alla piccola staccionata che divideva il piazzale del castello con la zona designata all’allenamento dei cavalieri. A qualche iarda di distanza poteva benissimo vedere molti uomini vestiti con cotte di maglia e tra loro un bambino che si stava allenando con il più importante dei cavalieri di Camelot.

Quella mattina Arthur si era presentato alla sua porta con un mazzo di fiori in mano e la richiesta di portare Mordred con lui agli allenamenti. Non aveva accennato minimamente al bacio della sera prima e per questo gliene era grata. Aveva accettato i fiori, sentendosi il cuore esplodere di gioia, e aveva dato il suo permesso alla condizione di portare con loro Gwaine e magari aiutarlo a trovare un lavoro.

Vicino a lei si fermò Gwen, tra le mani un cesto con la biancheria pulita di Lady Morgana «Ti godi lo spettacolo?» le domandò osservando a sua volta il principe far finta di venire buttato a terra dal colpo del figlio.

«Sono solo contenta di vedere Mordred così felice.» rispose cercando di non arrossire nel vedere il marito sorridere in quel modo. Non si era resa conto quanto gli mancasse il suo viso fino alla sera prima.

«È la prima volta che vedo il principe ridere da quando è tornato, era miserabile senza di voi.» rivelò la serva volendo fare un po’ da Cupido. Era ovvio che fossero fatti per stare insieme, Morgana le dava ragione e insieme si erano messi d’accordo per aiutare la coppia a tornare insieme e donare a Camelot i regnanti più innamorati della storia.

La maga la guardò sorpresa, per mesi aveva creduto che Arthur fosse tornato a casa e che fosse tornato a vivere la sua vita tranquillamente, che non avesse mai pensato a lei e la sua vita ad Ealdor.

Gwen notò immediatamente come la ragazza avesse cambiato espressione «Sono stati mesi difficili.» continuò mentre guardavano Gwaine rubare Mordred dalle braccia di Arthur e scappare, venendo inseguito dal principe «Le prime settimane non ha toccato cibo, richiedendo al padre di lasciarlo tornare indietro, ma il Re ha messo guardie alla sua porta e sotto la sua finestra fino a quando non ha giurato di non provare a scappare.» raccontò ricordando la quantità di guardie nel corridoio delle stanze del principe con il chiaro ordine di non lasciare il principe uscire da Camelot. Arthur la prima notte a casa aveva provato a rubare un cavallo dalle stalle per poter tornare ad Ealdor, ma era stato fermato da una guardia più fedele a Uther che ad Arthur.

«Perché mai sarebbe voluto scappare?» chiese la ragazza non riuscendo a credere che Arthur avrebbe preferito tornare ad Ealdor che essere un principe.

La serva si lasciò scappare una piccola risata, intenerita dall’innocenza di Merlyn, non  si rendeva veramente conto di quanto Arthur l’amasse «Voleva tornare da te.» disse l’ovvio adorando il modo in cui la più giovane arrossì ancora di più.

Merlyn non rispose, guardando verso Arthur. Si erano rivisti solamente da un giorno e già voleva tornare tra le sue braccia? No, non poteva essere così debole, in più aveva appena detto ad Uther che non sarebbe stata un problema. Il principe si mise Mordred sopra le spalle, completamente ignorando il fatto che doveva allenare i suoi uomini.

«Devo andare, ho molte cose da fare.» salutò la maga volendo allontanarsi da quello spettacolo troppo carino prima che perdesse ogni singolo briciolo di buona volontà.

Gwen la guardò andare via, passo svelto e punte delle orecchie adorabilmente rosse, quando tornò a guardare verso i cavalieri vide Arthur fare la stessa cosa, uno sguardo completamente innamorato sul volto.

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Merlyn cercò di infilarsi uno stivale saltellando per la sua camera. Doveva andare nel bosco per raccogliere delle erbe per Gaius e aveva optato per cambiarsi in un paio di pantaloni e una tunica bianca che le aveva gentilmente prestato Lancelot.

Non aveva avuto un attimo libero, dopo l’incontro con Uther era dovuta andare a consegnare le varie ampolle in giro per tutta Camelot, dopo aveva dato una mano ad un servitore a portare dei secchi d’acqua in una stanza di qualche nobile, poi si era occupata di portare Mordred dal tutore che il re aveva assunto in quanto Arthur aveva espresso il desiderio di dare al figlio un’educazione d’eccellenza e Gaius aveva supportato l’idea, ovviamente a lezione conclusa era dovuta andare a prenderlo dalla libreria reale e portarlo da Lancelot nell’officina del maniscalco, successivamente aveva aiutato Parsifal alle stalle usando la magia per calmare uno dei cavalli, dopo era andata nelle cucine per aiutare Gwen a pelare le patate e finalmente a metà giornata si era potuta sedere per poter mangiare del pane.

Quando credeva di potersi finalmente riposare un attimo Gaius le aveva fatto vedere un libro di erbe e le aveva mostrato quali andare a cercare. Era solamente il secondo giorno come sua apprendista e già non vedeva l’ora di smettere; credeva che avrebbe imparato a guarire le persone, non a riconoscere le foglie obcordate da quelle obovate.

«Madre, posso andare con Gwaine in città?» chiese il bambino mentre faceva fluttuare a posto per la loro camera le cose che la donna faceva cadere nel tentativo di vestirsi e mangiare e memorizzare le quattro piante che doveva cercare.

«Certo, tesoro, ma tornate prima del tramonto.» rispose usando la magia per legarsi i capelli, sicura che nessuno sarebbe entrato inannucciato nelle stanze di una signorina. Gwaine poteva essere un ottimo badante, Mordred si divertiva da morire insieme a lui, e in più era ancora l’unico senza un lavoro. Gli aveva fatto comunque promettere di non portare il bambino alla taverna che aveva adocchiato al loro ingresso a Camelot.

I fiori che Arthur le aveva dato quella mattina erano in un vaso sul comodino, la magia li stava proteggendo dall’appassire. La maga scompigliò i capelli al figlio e prendendo la borsa di cuoio uscì.

Camminò velocemente giù per le scale e poi attraverso la cittadella, ignorando gli sguardi curiosi. Sì, non era convenzionale per una signorina camminare indossando dei pantaloni se non per andare a caccia o in viaggio, ma Merlyn poteva considerarsi a caccia… di piante.

Gaius le aveva detto di uscire dalla città e andare ad Est, superare una grande roccia che sembrava una persona dormiente e gli uccelli dal petto rosso. Quelle erano le indicazioni più strane che avesse mai ricevuto e il fatto che il suo senso dell’orientamento fosse pari a zero non aiutava. Dov’era Est? Non ne aveva la minima idea. Decise di seguire il suo sesto senso e andò a destra senza rendersi conto di qualcuno che la stava seguendo.

Camminò fino a raggiungere gli alberi, più o meno venti minuti di camminata, e iniziò a cercare quella famosa roccia a forma di persona dormiente. Sentiva la sua magia vibrare nell’aria, felice di essere lontana da uno spazio chiuso come il castello.

Il Sole era ancora alto in cielo, il calore era piacevole, e sentiva in lontananza lo scrosciare dell’acqua. Non era più abituata a stare da sola, ma non per questo era meno piacevole, finalmente riusciva a sentire i suoi stessi pensieri senza la voce di Gwaine o Mordred nelle orecchie.

Intorno a lei non vedeva nessuna roccia, c’era solo terra e alberi, nessun uccello dal petto rosso, iniziò a pensare che Gaius l’avesse mandata nella foresta a morire per ordine di Uther.

«Oh, andiamo, non posso essermi persa.» borbottò guardandosi intorno, non riusciva nemmeno più a vedere il castello, si era addentrata troppo. Guardò l’albero che aveva a fianco e decise di fare una pazzia. Da piccola si era arrampicata numerose volte sugli alberi per scappare a Ranful e Osbert, qualche volta da qualche animale che voleva renderla la sua cena.

Arrivando in cima sarebbe riuscita a vedere meglio dove si trovava e magari individuare la strada di casa. Non voleva usare la magia per tutto e poi sentiva il bisogno di fare qualcosa che non fosse responsabile; negli ultimi tre anni le sembrava di essere invecchiata di quindici, la responsabilità che aveva preso con Mordred le aveva dato una nuova prospettiva di vita. In quel momento, però, era da sola e si sentiva una dodicenne.

Posò a terra la borsa e si alzò le maniche della tunica, uno dei rami dell’albero era abbastanza in basso. Poteva saltare e arrampicarsi da lì. Nonostante il ramo fosse ad un livello raggiungibile, Merlyn non aveva messo in conto quanto lei fosse bassa e che i suoi salti non superavano i dieci centimetri.

Fortunatamente un ramo era a terra, spezzato via dal vento o il peso di qualche animale e sembrava la cosa che le serviva in quel momento. Lo trascinò vicino all’albero di sua scelta e vi salì sopra, la stabilità era veramente precaria, ma voleva provare comunque.

Saltò sentendo il ramo rotolare via da sotto i suoi piedi, ma non arrivò nemmeno ad arrampicarsi in quanto il suo salto era stato un totale fiasco. Si preparò allo schianto contro il terreno, magari del dolore le avrebbe ridato del buon senso, ma qualcuno l’afferrò al volo.

Quando riaprì gli occhi si trovò faccia a faccia con un uomo che non conosceva e d’istinto spinse il palmo della mano contro il mento dell’uomo, costringendolo a lasciare la presa. Rimettendosi in piedi afferrando una pietra si allontanò abbastanza da poter guardare meglio il suo possibile aggressore.

Aveva dei capelli biondi tendenti al rame, piccoli ricci che arrivavano appena sotto le orecchie. Indossava una cotta di maglia e alla cintura aveva attaccata una spada.

«Ti darò cinque secondi per sparire dalla mia vista o giuro che ti sfregerò il viso.» minacciò la ragazza mostrandogli la pietra che teneva in mano. Era piuttosto appuntita, volendo poteva cavargli un occhio, ma in caso di necessità si sarebbe limitata a stordirlo con la magia, non aveva veramente il coraggio per sfregiare qualcuno.

L’uomo alzò le mani in segno di resa, non muovendosi minimamente, come se temesse seriamente di essere colpito da una ragazza venti centimetri più bassa di lui e cinquanta chili più leggera.

«Merlyn, non sono qui per farti del male. Sono un cavaliere di Camelot.» disse l’uomo tirando il mantello rosso da dietro la schiena per mostrarglielo «Ci siamo visti ad Ealdor e anche ieri, sono stato io a farti uscire di prigione.» le ricordò con un gentile sorriso.

La maga abbassò la pietra, guardandosi intorno, ovvio che si ricordava di Sir Leon, era stato solo un momento di panico se non aveva collegato il viso al nome.

«Arthur mi sta facendo seguire?» domandò invece leggermente infastidita, non aveva certo bisogno di qualcuno che le venisse dietro, non sarebbe scappata né rischiava di morire facendo il suo lavoro.

«Oh, no, assolutamente no.» negò l’uomo non volendo far finire il suo amico nei guai «Ti ho visto uscire dalla città e ho pensato che forse ti sarebbe servito un accompagnatore, questi boschi non sono sicuri.» aggiunse rivelando le sue vere intenzioni. Lui sapeva perfettamente che tipo di gente girava per i boschi e non voleva che la futura regina di Camelot finisse nei guai, anche perché Arthur l’avrebbe ucciso se fosse successo qualcosa a sua moglie.

Merlyn non sembrò totalmente convinta, lo sguardo che vagava ancora intorno a loro come se si aspettasse di vedere Arthur uscire da dietro un albero «Quando sono uscita dalla città…» iniziò avvicinandosi, la voce più bassa ed imbarazzata «…sono andata verso Est, vero?» domandò arrossendo. Leon era un cavaliere, sicuramente sapeva orientarsi.

«Uhm, no, siamo verso Ovest.» rispose indicandole il Sole.

«Dannazione!».

⸸⸸⸸

«Tua moglie è una vergogna, Arthur, non ho la minima idea di come tu possa essere stato talmente stupido da sposarla.» disse Uther mentre prendeva della frutta per concludere il pranzo, suo figlio e la sua protetta a tavola con lui «Osa parlarmi senza alcun rispetto, osa dirmi di no, e Lady Jane mi ha riferito che l’ha vista uscire da palazzo indossando dei pantaloni.» continuò mentre intorno a lui l’aria si faceva tremendamente tesa, tanto che i servitori iniziarono ad agitarsi e guardarsi tra loro «Fosse per me sarebbe già morta, non appartiene a questa Corte e…» venne interrotto dal rumore di una sedia che cadeva a terra. Alzò lo sguardo per vedere Arthur in piedi con i pugni chiusi posati sopra il tavolo, il suo cibo ancora interamente nel piatto.

«Non dire mai più una cosa del genere.» sibilò a denti stretti, la voglia di sferrare un pugno contro il padre «Non permetterò a nessuno di dire cattiverie su mia moglie.» disse tremando di rabbia «E se mai le succederà qualcosa sarà con te che me la prenderò.» minacciò prima di andare via, Morris alle sue spalle.

Uscì dalla sala e si avviò verso la torre dove soggiornava Gaius, voleva vedere Merlyn e Mordred. Doveva assicurarsi che nessuno stesse dando loro fastidio, voleva essere certo di non dover andare a spaccare un altro naso come aveva fatto con Sir Paul.

Non si aspettava di vedere Sir Leon e Merlyn camminare insieme, parlare come se fossero amici e improvvisamente gli sembrò di tornare indietro nell’arena, dove tutti si erano innamorati di lei. Che Leon la trovasse bella? Ovvio che la trovava bella, Merlyn era la ragazza più bella di tutti i Regni.

«… grazie per avermi afferrata prima che potessi farmi male e per avermi aiutato a trovare queste piante.» stava dicendo la maga con il suo solito tono cordiale facendo prendere un respiro ad Arthur, la ragazza non era interessata in Leon, fortunatamente.

«Dovere. Arthur non mi avrebbe mai perdonato se ti fosse successo qualcosa.» rispose il cavaliere inchinandosi. Aveva riportato la Principessa a casa, poteva tornare ai suoi compiti.

Arthur si avvicinò alla donna «Ciao.» la salutò sentendosi improvvisamente in imbarazzo.

«Oh, ciao Arthur.» rispose la maga sorridendogli, una piccola farfalla comparve alle sue spalle e svolazzò verso Arthur. Il Principe guardò l’insetto cercando di non sorridere compiaciuto.

«Non volevo origliare, ma ho sentito quello che hai detto a Sir Leon, volevo chiederti cosa fosse successo.» disse ignorando troppi convenevoli. Merlyn aveva una tunica bianca che le faceva risaltare i capelli neri, i pantaloni marroni erano macchiati di terra e i suoi stivali stavano lasciando alcune orme di fango. Non sembrava essere ferita, non aveva nemmeno un graffio in volto, quindi non doveva essere successo nulla di grave.

«Oh, mi ero persa nel bosco, volevo salire su un albero per cercare di vedere il castello, ma non riuscivo a saltare troppo in alto. Ho provato ad elevarmi con un ramo caduto, sfortunatamente non la mia idea migliore e stavo per schiantarmi a terra quando Sir Leon è stato così gentile dal salvarmi.» disse mentre camminavano insieme verso le sue stanze, Morris a pochi passi da loro «L’ho minacciato di sfregiargli il viso, perché non mi ricordavo chi fosse.» ammise imbarazzata «Credevo che lo avessi mandato tu a seguirmi, ma a quanto pare mi ha visto uscire dalla città e ha deciso di seguirmi di sua spontanea volontà perché aveva paura potesse succedermi qualcosa nel bosco. A me? Oh, Arthur, se solo sapesse.» gli disse sentendosi una ruota libera che viaggiava giù per una collina, non parlava così tanto con qualcuno da mesi, era bello riavere quello che considerava il suo migliore amico insieme a lei.

Arthur lanciò un’occhiata alle sue spalle, assicurandosi che Morris fosse abbastanza distante «Sono sicuro saresti riuscita a cavartela da sola, ma mi fa piacere sapere che uno dei cavalieri di Camelot si sia preoccupato per te, soprattutto dopo l’impressione che Sir Paul deve averti dato.» ammise veramente compiaciuto dal fatto che Leon fosse veramente un amico, non tutti avrebbero seguito Merlyn per accertarsi che non finisse in un fosso. Conosceva sua moglie e il suo senso dell’orientamento, non c’erano dubbi sul fatto che si sarebbe persa.

«Spero di non vedere più la sua brutta faccia.» rispose la maga al ricordo di Sir Paul e i suoi commenti poco cavallereschi.

«Tranquilla, nessuno lo vedrà mai più in città, l’ho spedito al confine con Elmet.» la rassicurò il marito mentre le apriva galantemente la porta per entrare nelle stanze di Gaius, si fermò girandosi a guardare Morris «Puoi andare a pulire le mie stanze, non avrò bisogno di te al momento.» gli disse non volendo farlo entrare, voleva che Merlyn e Mordred fossero liberi di usare la magia se avessero voluto.

Il servitore annuì e girò su sé stesso, pensando a come si era appena fatto tutte quelle scale solo per poi scenderle appena arrivato in cima.

Le stanze erano vuote, non c’era nessuno dei suoi amici, non c’era Mordred e nemmeno Gaius. Erano soli e Arthur si sentì improvvisamente nervoso.

Guardò Merlyn posare la borsa sul tavolo per poi andare a prendere un panno vicino al secchio d’acqua per pulirsi il viso arrossato dopo aver camminato sotto il Sole. Il principe rimase in piedi vicino alla porta, aspettando che la donna lo invitasse ad accomodarsi.

«Ho parlato con tuo padre, questa mattina.» iniziò la maga sedendosi sulle scale che portavano alla sua camera «Uomo simpaticissimo, veramente.» scherzò mentre andava sciogliendosi le trecce, doveva lavarsi i capelli, erano pieni di foglie e terra.

«Spero non ti abbia offesa.» riuscì a buttare fuori l’uomo mentre desiderava avvicinarsi alla moglie e passarle le mani tra i capelli, proprio come quella mattina ad Ealdor, prima che la loro vita venisse rovinata.

«No, tranquillo. Ha un po’ il vizio di credere di poter comandare la mia vita, e sono arrivata qui solamente l’altro ieri, ma tutto sommato è piacevole vedere la sua espressione oltraggiata ogni volta che gli dico di no.» rispose iniziando a passarsi il pettine tra i capelli, facendo leggermente fatica a causa della lunghezza.

Arthur desiderò avere il suo stesso coraggio, lui al contrario quasi non riusciva mai a dirgli di no, altrimenti non sarebbe mai tornato a casa.

«Se dovesse darti fastidio o minacciarti puoi venire da me, lo sai.» le disse avvicinandosi ulteriormente, forse in una mezz’ora sarebbe anche riuscito a posarle una mano sulla spalla.

Merlyn gli sorrise, gli occhi stanchi che però luccicavano allegri «Lo so.» rispose sentendo di non poter essere ancora meschina nei suoi confronti. Debole, debole, Merlyn era estremamente debole quando si parlava di Arthur, era sicura che non sarebbe riuscita a durare nemmeno il primo mese di questo passo.

«Ho pensato ad un cosa, però.» disse la giovane iniziando a torturarsi le mani, come faceva quando era nervosa «Ti ricordi l’incantesimo che ho fatto per cancellare la memoria alla Corte di Cenred?» domandò cercando di non incontrare lo sguardo del marito, sentendosi una persona orribile per quello che stava per proporre «Ho pensato di farlo di nuovo, ma in scala maggiore. Ho sentito che ormai tutti i Regni sanno di noi e vorrei rimediare. Non voglio che la tua reputazione sia rovinata a causa mia, nemmeno tu ti ricorderai di me e potrai andare e sposare una principessa di tuo piacimento…» venne interrotta dalle mani di Arthur che le presero il viso, costringendola a guardarlo.

«Non sono d’accordo.» iniziò con tono duro «E se pensi che io possa innamorarmi di un’altra persona di sbagli. Perché anche se dovessi dimenticarmi di te, sono certo che mi prenderei una bella cotta per l’apprendista del medico di corte e sicuramente proverò a conquistarti perché so che sei la mia anima gemella.» le disse in tono dolce, quasi un sussurro.

I loro visi si erano fatti più vicini e Merlyn iniziò a sentire caldo, qualcuno aveva acceso il fuoco? Dubitava che le parole di Arthur fossero vere, non c’erano possibilità che dopo aver avuto la memoria modificata il principe finisse nuovamente con l’innamorarsi di lei, era impossibile, seriamente!

«Ma tuo padre…» provò ad obbiettare.

«Merlyn, se tu lanci quell’incantesimo io mi innamorerò nuovamente di te.» disse l’uomo in tono definitivo e chiuse la distanza tra loro, dandole un bacio a stampo, come quello che lei gli aveva dato la sera prima.

Si guardarono negli occhi senza dire nulla, Arthur che aspettava una sfuriata da parte sua per essere stata baciata, Merlyn che si stava autoconvincendo a non saltare addosso al marito e portarlo nella sua stanza.

La porta si aprì e i due scattarono, dividendosi e mettendo tra loro uno spazio adeguato. Gaius guardò la coppia inarcando un sopracciglio, ma non commentò, non poteva certo fare una ramanzina ad una coppia sposata, non erano certo due scapestrati che rischiavano di creare scandalo.

«Sire.» salutò rivolgendosi al principe che se ne stava appoggiato contro il tavolo «Merlyn, ho bisogno che tu vada nella parte bassa a consegnare questo tonico.» disse alla nipote ignorando il suo verso esausto. Sapeva che la stava facendo correre e non le lasciava un attimo per respirare, ma pensava che le facesse bene tenere la mente occupata, soprattutto vedendo come al suo primo momento libero fosse finita in una stanza, da sola, con il principe. Avevano promesso ad Uther che non sarebbe stata un problema.

La ragazza si alzò sospirando, ma non disse nulla, semplicemente allungando la mano per farsi dare l’ampolla. Un po’ di aria non le avrebbe fatto male, infondo. Con un movimento della mano i suoi capelli vennero liberati da qualsiasi sporcizia e si intrecciarono per conto loro mentre la donna infilava l’ampolla nella tasca della giacca.

«Merlyn, non puoi usare la magia in questo modo!» la sgridò Gaius guardando per un attimo spaventato il principe prima di ricordarsi che lui sapeva, accettava ed amava quell’idiota di sua nipote.

La ragazza lo ignorò ed uscì dalle stanze del medico, lasciando i due uomini a guardarsi leggermente preoccupati. Camelot non era sicura per lei.

⸸⸸⸸

Lancelot amava lavorare con Tom e il fatto che sua figlia era l’incantevole Gwen era solo un motivo in più per non farsi licenziare.

L’uomo l’aveva mandato a palazzo per consegnare delle spade commissionate da vari cavalieri. Non si aspettava di incontrare Arthur nell’armeria, seduto sulla panca mentre affilava la sua spada completamente assorto nei suoi pensieri.

«Hey.» lo salutò posando le spade sul tavolo, voleva prendersi del tempo per riconnettersi con il suo migliore amico.

«Lancelot, ciao.» salutò il principe lasciando il panno contro la lama della spada. Fino a quel momento aveva avuto modo di parlare solamente con Gwaine e l’uomo non aveva fatto altro che raccontargli di come nei mesi della sua assenza da Ealdor nessuna creatura magica aveva provato ad ucciderli.

«Come stai?» chiese l’apprendista maniscalco sedendosi vicino al principe, voleva dirgli una cosa.

«Bene ora che siete qui, ma sicuramente starò meglio una volta dopo che Merlyn mi avrà perdonato.» rispose il biondo guardando l’amico, dopo aver lasciato le stanze di Gaius era stato convocato per un altro allenamento con i cavalieri in quanto quella mattina non avevano fatto realmente tanto considerando la presenza di Mordred.

Lancelot sorrise tristemente, poteva immaginare come stesse, infondo aveva passato sette mesi ad assicurarsi che Merlyn non cadesse in depressione.

«Merlyn ti ama, Arthur, non dubitarne mai.» disse Lancelot ben sapendo di cosa stesse parlando.

«Ha avuto problemi dopo che me ne sono andato?» chiese il principe con un nodo alla gola. Aveva provato a fare la stessa domanda a Gwaine, ma l’uomo aveva cambiato argomento raccontandogli di Will e di come avesse fatto partorire una mucca.

Lancelot sembrò esitare «Non l’ho saputo fino all’altro giorno, mentre camminavamo per raggiungere Camelot, ma a quanto pare Ranful ha provato a…» come poteva dirlo gentilmente? «…a minacciarla per farla andare a letto con lui.» concluse.

Arthur strinse i pugni sentendo l’improvvisa voglia di prendere un cavallo e galoppare fino ad Ealdor per uccidere il ragazzo «Non l’ha detto a nessuno fino a quando non eravate in viaggio?» domandò a denti stretti. Tipico di Merlyn, tenersi tutto dentro per non far preoccupare i suoi amici.

Lancelot annuì «Sì, ma l’ha detto solo a me. Ranful ha minacciato di fare del male a Mordred per convincerla, ma non ti ha mai tradito, se è quello che ti stai chiedendo.» lo rassicurò.

«È colpa mia.» disse il principe con una rabbia, aveva lasciato sua moglie e suo figlio indifesi contro le persone più meschine che aveva mai conosciuto.

«No.» lo rassicurò Lancelot alzandosi a sua volta «Dovevi tornare qui e sai che Merlyn sa cavarsela da sola.» provò a fargli vedere le cose come stavano. Uther avrebbe fatto cose imperdonabili se Arthur non fosse andato con lui, lo sapevano tutti.

Arthur si passò una mano tra i capelli, esausto dalla notizia «So che Merlyn sa cavarsela da sola, Lancelot, ma non per questo deve farlo. Io ho promesso di prendermi cura di lei, quando ci siamo sposati, era mio compito fare in modo che Ranful non potesse mai più farle del male.» gli ricordò buttando la sua spada a terra.

Arthur era un marito orribile e Lancelot glielo aveva appena confermato.

⸸⸸⸸

Gwen non era solita interessarsi al gossip di palazzo, spesso ignorava le voci di corridoio e non si fermava ad ascoltare le altre serve parlare dei loro padroni. Gwen non aveva mai detto una sola parola su Morgana e Morris non aveva mai detto nulla su Arthur, anche quando era ancora un ragazzino viziato che lo maltrattava. Un conto era essere il servitore di un qualsiasi nobile, un altro era essere al servizio della famiglia reale. Il servo di Uther veniva cambiato regolarmente, non teneva la stessa persona per più di due settimane di fila.

Quando la ragazza si era fermata per pulire le coperte di Morgana aveva sentito distintamente altre ragazze parlare ad alta voce di Merlyn. Gwen sapeva di doversi fare gli affari suoi, di non venire risucchiata nel vortice dei chiacchiericci.

«Il Principe Arthur potrebbe avere molto meglio.» stava dicendo una serva bionda.

«Vero, oggi l’ho vista uscire di città indossando dei pantaloni, per di più non era accompagnata, chissà chi è andata ad incontrare nei boschi.» disse un’altra mentre puliva dei piatti nella grande tinozza.

«Se al Principe piace tanto mischiarsi alla plebe poteva sposare me.» rise un’altra ragazza che stava pulendo il pavimento, l’ultima mansione prima di poter tornare a casa sua e dormire.

«Quella Merlyn non è nemmeno bella.» si aggiunse un’altra mentre stendeva i vestiti della sua signora.

«Oh, non dire fesserie, è più bella della Lady Morgana, solo che non sa comportarsi adeguatamente. Sappiamo tutti cosa ha combinato con Sir Paul.» intervenne la serva che puliva i piatti.

«La sua bellezza non può compensare la sua mancanza di galanteria. Arrivare a Camelot con tre uomini e un bambino, una svergognata.» riattaccò la serva bionda.

«Il bambino non è suo, lo hanno adottato lei e il Principe dopo averlo trovato nel bosco.» la difese la ragazza che puliva il pavimento.

Gwen corrugò la fronte chiedendosi come facessero le notizie a viaggiare così velocemente, lei sapeva determinate cose solamente perché Arthur stesso o Morgana gliele avevano dette.

«Io ho sentito dire che dorme nella stessa stanza con quei tre uomini.» si aggiunse una serva fermandosi dal pulire le finestre.

La serva bionda sbuffò una risata «Ovviamente, prima sposa un principe e poi va a letto con altri tre uomini.».

«Che ti aspettavi da una ragazza di campagna?».

«Chissà quante rotolate nel fieno si è fatta!».

«Forse andrà a letto anche con qualche altro nobile!».

«Oh, sicuramente lo farà!».

«Va bene, ora basta.» sbottò Gwen lasciando andare le coperte di Morgana nella tinozza «Non potete parlare in questo modo di Merlyn, non la conoscete nemmeno!» disse asciugandosi le mani sul grembiule «Vive qui da solamente due giorni e state già dicendo tutte queste cattiverie sul suo conto, avete mai parlato con lei?» domandò sentendo un fuoco dentro. Non era solita alzare la voce, ma Merlyn le piaceva e l’avrebbe difesa da queste malelingue.

«Uhm, no, non le ho mai parlato, ma sappiamo tutte che vuole solamente i suoi soldi.» rispose la serva che puliva le finestre.

«Se fosse così allora perché si opporrebbe ad ufficializzare le sue nozze qui a Camelot?» chiese Gwen facendo notare la mancanza di logica nel loro ragionamento. Se fosse stato vero quella mattina si sarebbe celebrato un matrimonio e Merlyn indosserebbe una tiara.

«Non può ufficializzare le nozze perché vuole continuare a dormire con gli altri tre uomini.» rispose in tono ovvio la serva bionda che sembrava essere lì solo per chiacchierare.

Gwen tremò di rabbia, conosceva Lancelot da due giorni ma sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa del genere, così come Parsifal e aveva qualche dubbio su Gwaine, ma era certa Merlyn fosse fedele ad Arthur.

«O forse perché non le piace essere sposata ad una persona che ha mentito sulla sua identità per tre anni.» rispose una serva che fino a quel momento era rimasta in silenzio, girata di spalle, a pulire il camino.

Un silenzio surreale cadde quando la ragazza si girò rivelandosi Merlyn, il viso sporco di cenere. La maga si era ritrovata a pulire il camino al posto di Morris in quanto il ragazzo era in ritardo con i suoi doveri serali per il Principe. Aveva provato a dirle che non ce n’era bisogno, che lo avrebbe fatto più tardi, ma Merlyn gli aveva assicurato che non le dispiaceva e che aveva ancora un po’ di tempo libero prima di dover andare a leggere una storia a Mordred.

«Lady Merlyn!» squittì spaventata la serva bionda portandosi le mani al petto «Non pensiamo veramente a quello che abbiamo detto.» provò a dire guardandosi intorno alla ricerca di sostegno, ma tutte le altre erano tornate a lavorare in silenzio.

Merlyn la guardò divertita, le ricordava in qualche modo Petronilla, quindi le sue parole non la toccavano minimamente.

«Non sono una Lady.» le ricordò sorridendo, il viso completamente nero a causa della fuliggine, evitò di aggiungere che secondo le loro chiacchiere il suo titolo esatto era Principessa Merlyn «Io ho finito di pulire, quindi credo che mi ritirerò per la notte, buonanotte ragazze.» salutò pulendosi le mani contro il suo vestito non avendo un panno vicino e non volendo passare tra quelle streghe per prenderne uno «Gwen, grazie.» aggiunse sorridendole, felice di aver trovato una vera amica.

La serva di Morgana sorrise, forse finalmente le altre ragazze avrebbero imparato a non sparlare della gente.

«Non sono una Lady.» le fece il verso la ragazza bionda «Dio, già la odio, spero che il Re si liberi di lei.».

No, Gwen aveva perso le speranze.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove ***


Due mesi a Camelot e Gwaine non aveva ancora trovato un lavoro, ma gli stava bene. Al mattino portava Mordred a vedere gli allenamenti, poi passava per le stalle a vedere Parsifal prendersi cura dei cavalli, per l’ora di pranzo tornava a casa e aiutava Gaius a preparare il pranzo e insieme aspettavano che tutti tornassero dai loro lavori e che Arthur riportasse Mordred.

Merlyn aveva ceduto il compito di portare il bambino dal tutore ad Arthur, i suoi impegni non le davano il tempo di farlo e voleva dare ad Arthur più tempo insieme a loro figlio.

Gwaine ne era quasi geloso, credeva di essere lui il badante di Mordred! Non aveva poi così tanto da fare, quindi dopo pranzo scendeva giù per la città fino ad arrivare alla taverna. Si era fatto un paio di amici e la moglie del proprietario della taverna gli offriva sempre gratis il primo boccale.

«Gwaine, per favore, non cacciarti nei guai, oggi arrivano i cavalieri per il torneo e non voglio venire a tirarti fuori di prigione.» gli disse Merlyn quella mattina, mentre facevano colazione.

Indossava una tunica blu e dei pantaloni marroni, i suoi vestiti chiusi nell’armadio e tirati fuori solamente per occasioni speciali. A nessun nobile di Camelot piaceva vedere la principessa vestirsi in quel modo, ma Arthur aveva messo in chiaro a tutti che Merlyn poteva vestirsi come preferiva, soprattutto se l’aiutava a svolgere meglio i suoi lavori.

«Merls, per favore, qui l’unica che è finita in carcere sei tu.» le ricordò l’uomo venendo appoggiato dagli altri, pure dal piccolo Mordred che riconosceva il fatto che sua madre si cacciava spesso nei guai.

La maga era finita ben quattro volte in una cella, più che altro sempre per mano di qualche cavaliere che non sapeva chi fosse veramente. Gaius o Sir Leon erano tipicamente le persone che si accorgevano della sua assenza e poi andavano a liberarla.

«Allora non prendere esempio da me.» sospirò la ragazza, aveva adottato Mordred e le dava meno preoccupazioni che un uomo adulto. Fortunatamente nei loro due mesi di permanenza nella capitale degli orrori per streghe e stregoni, né MerlynMordred erano stati scoperti a praticare la magia. Merlyn ringraziava la buona sorte, Arthur ringraziava la stupidità degli abitanti di Camelot.

Lancelot era piuttosto contento, la sua vita stava andando a gonfie vele e giusto la settimana prima era riuscito a dare un mazzo di fiori a Gwen e chiederle di fare una passeggiata insieme. Ci aveva messo tanto e ora non si sarebbe più tirato indietro, aveva anche la benedizione di Tom!

Parsifal non aveva fatto realmente amicizia, timido come suo solito, ma la compagnia di Gwaine riusciva a riempire qualsiasi vuoto. Ovviamente anche quella di Merlyn, Lancelot, Mordred, Arthur e Gaius, ma soprattutto di Gwaine.

Sentirono bussare alla porta e Merlyn si alzò per rispondere essendo l’unica ad aver finito di mangiare «Oh, ciao Arthur!» salutò sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

In quei due mesi non erano andati molto avanti con la loro relazione, Merlyn continuava a tirarsi indietro e Arthur continuava a seguirla, ma con rispetto. Si erano baciati altre volte, ovviamente, ma sempre e solo a stampo e come saluto prima di separarsi dopo una discussione. Alla fine Merlyn non aveva cancellato la memoria a nessuno, decidendo di convivere con gli sguardi omicida di Uther, le malelingue di palazzo e soprattutto per paura che Arthur smettesse di amarla, una cosa che forse veramente non riusciva a sopportare.

«Ciao Merlyn.» salutò entrando nelle stanze di Gaius, venendo immediatamente attaccato da Mordred che si slanciò per farsi prendere tra le braccia. Stava crescendo, indubbiamente, ma Arthur aveva i muscoli e la forza per tenerlo ancora.

«A cosa dobbiamo il piacere, principessa?» domandò Gwaine addentando la mela che Parsifal gli aveva passato.

«Sono venuto ad avvertire Merlyn che per la durata del torneo non ci saranno gli allenamenti e che le lezioni con il tutore sono ugualmente sospese.» informò desiderando chinarsi per baciare la moglie. Era leggermente nervoso, voleva fare bella figura, era sicuro che Morgana avrebbe invitato Merlyn a guardare il torneo e aveva paura di fare di non essere all’altezza. Sapeva di poter vincere, ovviamente avrebbe vinto, ma qualcosa poteva andare storto e rendersi ridicolo davanti l’amore della sua vita.

«Oh, be’, vorrà dire che Mordred potrà venire a consegnare con me i tonici dello zio Gaius.» rispose la maga corrugando la fronte. Non sarebbe stato facile andare in giro per tutta Camelot con Mordred dietro, il bambino aveva il vizio di allontanarsi e farle prendere degli spaventi.

Arthur si schiarì la voce «O potrebbe stare con me e Morris, fargli vedere come funziona il torneo, giuro che non si farà del male e che non toccherà nemmeno una spada.» le propose volendo veramente avere Mordred con sé per tutta la settimana.

Merlyn ci pensò, guardando verso Gaius che annuì lentamente, come per dirle che era una buona idea «Potreste portare con voi anche Gwaine? Non vorrei si sentisse solo, dato che ancora non ha trovato un lavoro.» domandò toccando il gomito del marito, sbattendo leggermente le ciglia, tutto completamente involontariamente. Forse qualche volta diventava gelosa, quando vedeva delle Lady parlare con lui, toccarlo senza il suo permesso, fare commenti non appropriati sulla sua virilità.

«Sì, con lo zio Gwaine ci divertiremo!» esclamò Mordred sfuggendo alla presa del padre per andare dall’uomo che sarebbe stato la sua compagnia mentre Arthur combatteva.

Arthur sorrise «Be’, sembra che le cose siano già state decise.» commentò guardando il figlio tirare per la tunica il povero Gwaine che guardò Parsifal in cerca d’aiuto.

La maga annuì «Be’, meglio che cominci il mio giro. Ci vediamo per pranzo.» salutò afferrando la sua borsa.

«Lavora troppo, quella ragazza.» commentò Gaius. Si era reso conto di essere stato troppo duro con lei all’inizio, Merlyn finiva sempre con il prendere altri lavori a palazzo per guadagnare qualche moneta in più, tornando spesso la sera distrutta e senza forze. Avevano provato a farle smettere di pulire nelle cucine la sera, ma Merlyn aveva sviluppato un’amicizia profonda con Gwen e quello era l’unico momento in cui potevano chiacchierare senza dover poi scappare per completare qualche mansione.

«Già.» sospirò Arthur sentendosi un verme. Poteva dare a Merlyn la vita di una principessa, permetterle di non alzare più nemmeno un dito, e invece spesso la trovava a dare una mano a Morris a pulire le sue stanze. La parte positiva era però il fatto che qualche volta, quando Morris andava a portare via i piatti sporchi della cena, Merlyn lo faceva sedere e gli pettinava i capelli, in completo silenzio, come ad Ealdor.

Si salutarono e ognuno cominciò la propria giornata, Arthur, Gwaine e Mordred diretti verso l’arena.

⸸⸸⸸

Gwen e Merlyn stavano camminando fianco a fianco verso la parte bassa della città quando videro una fila di cavalieri registrarsi per il torneo.

La serva di Lady Morgana stava andando a prendere della stoffa per cucire un abito per la cerimonia finale del torneo per la Lady – e in segreto ne avrebbe cucito uno per Merlyn per ordine della sua signora – mentre Merlyn stava consegnando le ultime ampolle della giornata prima di tornare a palazzo ed aiutare a preparare la Sala Grande per il banchetto di quella sera.

«Cavaliere Valiant delle Western Isles.» Merlyn si bloccò smettendo di parlare. Guardò verso il tavolo dove Sir Leon e Sir Bedivedere stavano segnando i nomi dei partecipanti e lì lo vide. Valiant era vestito di giallo, in mano uno scudo con disegnati tre serpenti, un sorriso sinistro dipinto in volto e a Merlyn mancò l’aria.

Sir Leon gli diede il benvenuto e per la prima volta dopo due anni Merlyn incontrò lo sguardo di Valiant. Il cavaliere si fermò a guardarla.

«Ci conosciamo?» le chiese in tono confuso.

«No, Sir.» rispose Merlyn sentendo il cuore batterle nelle orecchie come un tamburo «Mai visti prima.» aggiunse sperando che l’incantesimo non si spezzasse. Cosa diamine ci faceva Valiant a Camelot? Era un cavaliere di Cenred, non aveva ragione di essere in Camelot per di più mentendo sulla sua provenienza.

Valiant la guardò da testa a piedi, lo stesso guardo che aveva nell’arena, sembrava volerle saltare addosso e la cosa la metteva a disagio. Gwen si schiarì la gola altrettanto turbata dall’uomo.

«Spero di vederla nuovamente, Miss.» la salutò con uno sguardo poco rassicurante.

Merlyn guardò Gwen «Devo andare, ci vediamo questa sera.» le disse prima di correre a consegnare le ultime ampolle. Doveva assolutamente parlare con Arthur.

⸸⸸⸸

Mordred guardò il padre venire vestito nella sua armatura, seduto vicino a lui c’era Gwaine che sbuffava annoiato. Non gli era stato permesso partecipare in quanto solo i nobili erano ammessi e la cosa gli bruciava.

Morris si allontanò per andare a prendere dall’armeria la spada del padre quando sentì chiaramente che qualcosa non andava.

«Madre è spaventata.» disse allo zio Gwaine tirandogli la manica della tunica. Riusciva a sentire la paura di Emrys attraverso il loro legame, in più percepiva un tipo di magia oscura in città.

«Cosa?» domandò Gwaine non avendo afferrato cosa aveva detto il bambino, impegnato a criticare mentalmente i movimenti di polso di un cavaliere vestito di viola.

«Madre è spaventata, c’è qualcosa che le fa paura o qualcuno.» ripeté attirando l’attenzione del padre, il quale si inginocchiò davanti a lui con lo sguardo preoccupato.

«Ne sei sicuro, Mordred?» domandò non volendo veramente correre alla sua ricerca per poi fare la figura dell’idiota. Forse era solamente arrabbiata, le capitava spesso di incontrare qualcuno che la facesse innervosire durante il suo giro mattutino.

Il bambino annuì «Sta arrivando.» avvertì guardandosi intorno, poteva sentire la magia di Emrys farsi più vicina.

Arthur scattò in piedi, guardandosi intorno a sua volta, e nemmeno un minuto dopo vide la moglie camminare molto velocemente verso di loro, ma non stava correndo. Continuava a guardarsi le spalle, come se avesse paura di essere aggredita e questo fece preoccupare il Principe.

«Merlyn, va tutto bene?» le domandò andandole incontro.

La donna lo prese per le braccia, trascinandolo dentro la sua tenda e assicurandosi che non ci fosse nessuno lo abbracciò spaventata.

«Valiant è qui.» gli disse sentendo la sua stessa voce tremare. Certo, nell’arena aveva la protezione del suo collare d’oro e a Camelot poteva avere quella di Arthur, ma il principe non poteva essere con lei tutto il tempo e ora che c’era anche Mordred temeva che potesse diventare il suo bersaglio. Usare la magia era fuori questione, l’uomo sarebbe corso immediatamente dal Re per denunciarla.

«Cosa? Dove lo hai visto? Ti ha riconosciuto?» le domandò prendendole il viso tra le mani, gli si spezzava il cuore nel vedere la moglie così preoccupata e spaventata.

«Si è segnato per il torneo, si è fermato a parlarmi e, Dei, Arthur mi ha guardata in quel modo, come faceva nell’arena e…» si bloccò sentendo una strana sensazione attraversarle la schiena. C’era qualcosa che non andava e non era solo la presenza di Valiant a Camelot.

«C’è qualcosa che non va, Arthur, lo sento.» gli disse con gli occhi lucidi. Si sentiva in trappola, proprio come quando era stata obbligata ad accettare ad andare da lui a cena per salvare la vita di Arthur, ma qui non poteva salvarsi. Prima o poi l’avrebbe trovata da sola e sapeva già che era il tipo da allungare le mani.

Il principe le carezzò la testa e le baciò la fronte «Non ti succederà nulla, Merlyn, te lo prometto.» le disse usando il solito tono dolce che dedicava solamente a lei.

La ragazza posò la testa contro il petto dell’uomo, rimanendo leggermente delusa dal fatto che sentì solamente del freddo metallo e non il calore della sua pelle.

Vennero interrotti dallo schiarirsi di gola di Morris, il quale molto imbarazzato stava guardando in giro per la tenda, ma mai posò lo sguardo sulla coppia, dando loro il tempo di ricomporsi.

«Oh, ciao Morris, hai bisogno di una mano con qualcosa?» gli domandò la ragazza asciugandosi le lacrime con il palmo della mano.

«No, Merlyn, ma forse…» iniziò per suggerirle che magari Miss Jody aveva qualcosa per lei da fare prima di pranzo.

«Potresti sederti con Mordred e Gwaine, guardare i preparativi ed assistere alla cerimonia d’apertura.» le propose Arthur non volendo lasciarla andare via, sapere che Valiant era lì lo preoccupava perché ricordava perfettamente come usava avvicinarsi a lei in maniera disgustosa, ora aveva una seconda possibilità per rompergli il naso.

Merlyn sembrò incerta, non le piaceva l’idea di stare con le mani in mano, ma non voleva nemmeno rischiare di incontrare Valiant. Scosse la testa, doveva assicurarsi che Valiant non infastidisse nessun membro femminile dello staff.

«No, credo che andrò nelle cucine ad aiutare la cuoca con il banchetto di questa sera.» rispose staccandosi completamente da Arthur, ignorando la sua mano che cercò di raggiungerla nuovamente come per pregarla di rimanere.

I tre uscirono dalla tenda e a Merlyn si fermò il cuore quando vide Valiant parlare con Gwaine e Mordred.

«… smammare via.» stava intimando Gwaine decisamente di cattivo umore, anche se il cavaliere non si ricordava di lui non voleva dire che Gwaine avrebbe fatto finta di essere gentile.

«Attento a come parli, plebeo.» rispose Valiant facendo un passo avanti, la mano sul pomolo della spada in modo provocatorio. Mordred si nascose dietro le gambe dello zio, impaurito dall’uomo vestito di giallo e dalla magia che proveniva dal suo scudo.

«Abbiamo un problema qui?» domandò Arthur mettendosi tra i due, doveva essere quello a comportarsi in modo civile, era pur sempre un principe.

Sir Valiant raddrizzò la schiena, sorpreso di ritrovarsi davanti il Principe in persona, aveva visto un suo ritratto a palazzo, altrimenti non avrebbe avuto la minima idea di chi fosse «Principe Arthur, stavo chiedendo solamente cosa ci facesse un bambino qui e quest’uomo mi ha aggredito verbalmente.» spiegò con tono superiore, come se credesse che il principe sarebbe stato dalla sua parte.

Mordred andò dalla madre, nascondendosi dietro le sue gambe, spostando l’attenzione di Valiant da Gwaine alla donna. Le sorrise, leccandosi impercettibilmente le labbra, facendo passare nuovamente lo sguardo sul suo corpo.

«Non sta bene ad una signora indossare i pantaloni.» le fece notare senza aggiungere il suo vero pensiero, cioè che era più facile approfittarsi di una dama se indossava una gonna.

«Non deve interessarle cosa indosso.»  rispose la ragazza posando una mano sulla testa del figlio, tranquillizzandolo.

«Tieni a freno la lingua, serva.» sibilò Valiant facendo un passo verso di lei, pronto a darle uno schiaffo per insegnarle un po’ di buona educazione. Avevano ragione quanto dicevano che le ragazze più belle erano anche quelle più insubordinate e Valiant conosceva solo un metodo per domarle.

Arthur lo bloccò, Morris alle sue spalle si mise davanti a Merlyn, pronto a prendersi uno schiaffo per difendere la moglie del suo principe. Arthur sapeva che Morris era tante cose, ma non lo aveva mai creduto coraggioso, e quasi lo invidiava in quanto passava più tempo lui con Merlyn che il principe stesso.

«Non accettiamo questo tipo di comportamento qui.» lo ammonì Arthur con tono duro «A Camelot rispettiamo i servitori e non li colpiamo, soprattutto le dame.» sibilò dandogli una leggera spinta per farlo indietreggiare.

Valiant strinse le labbra in una linea sottile, non voleva mettersi il principe contro, non quando ancora nemmeno era iniziato il torneo, quindi si limitò ad inchinarsi e mormorare delle scuse.

Prima di andarsene lanciò un ultimo sguardo a Merlyn e tutti i presenti capirono che non prometteva nulla di buono.

Merlyn improvvisamente trovò l’opzione di rimanere con Arthur, Gwaine e Morris molto più sicura.

⸸⸸⸸

Lady Morgana adorava la presenza di Merlyn a palazzo, tutti sembravano essere diventati improvvisamente meno maleducati e Uther sembrava perennemente sul punto dal perdere le staffe e scoppiare.

«Oggi abbiamo incontrato un cavaliere molto strano.» stava raccontando Gwen mentre sistemava i fiori freschi in un vaso «Guardava Merlyn in modo strano, però.» commentò catturando ulteriormente l’attenzione della Lady «Temo che la sua bellezza sia una maledizione quando si parla di uomini.» sospirò sconsolata per l’amica, le era dispiaciuto vederla correre via in quel modo, quasi spaventata dalle avances del cavaliere.

«O semplicemente gli uomini sono disgustosi e non sanno cosa sia un minimo di decenza e guardano le donne come carne.» sbuffò Morgana ben sapendo di cosa stesse parlando. Odiava quando i nobili visitatori la fissavano in quel modo disgustoso.

Gwen annuì pensando a quanto fosse fortunata ad avere un vero gentleman come Lancelot a farle la corte.

«Dovremmo iniziare a prepararci per la cerimonia di inaugurazione, my lady.» suggerì Gwen andando verso l’armadio per prendere un vestito adatto per l’occasione.

Morgana annuì, desiderando poter partecipare a quello stupido torneo.

⸸⸸⸸

Gaius venne a recuperare i suoi ospiti per portarli alle tribune per poter vedere la cerimonia d’apertura, obbligando Merlyn a seguirlo quando si era rifiutata dichiarando che a Morris serviva compagnia.

La maga era stata fatta sedere vicino ad Uther in quanto membro della famiglia reale – nonostante negasse ancora di appartenervi – e la cosa la metteva molto a disagio. Non poteva usare la magia se era seduta vicino al Re e Mordred l’aveva avvertita sullo scudo di Valiant.

I cavalieri entrarono nell’arena mettendosi in fila, Merlyn cercò di non pensare a quanto fosse virile Arthur lì in mezzo, da sotto il mantello poteva vedere il fazzoletto legato al braccio. Glielo aveva dato poco prima che Gaius venisse a prenderla, dicendogli che nonostante fosse ancora arrabbiata gli dava il suo favore, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto perdonarlo e avrebbe potuto ricominciare a baciarlo ogni volta che voleva.

«Cavalieri» iniziò Uther alzandosi in piedi dal suo trono, Mordred accanto a lei si irrigidì, ancora spaventato dalla voce del nonno che gli ricordava l’uccisione di Thomas Collins «è con grande onore che vi do il benvenuto al torneo di Camelot. Nei prossimi tre giorni metterete alla prova il vostro coraggio e la destrezza di guerrieri.» annunciò guardando i vari cavalieri con un certo orgoglio «E, naturalmente, sfiderete il campione in carica, mio figlio, il Principe Arthur.» disse guardando il figlio posizionato in seconda fila. Quando era scomparso non aveva certamente tenuto dei stupidi tornei, quindi era ancora il campione in gara.

Merlyn notò Valiant girarsi a guardarlo e suo marito ricambiare lo sguardo, sembravano due cani randagi pronti a mordersi a vicenda.

«Solo uno può avere l’onore di essere coronato campione e costui riceverà in premio mille monete d’oro.» Merlyn strabuzzò gli occhi, mille monete d’oro per colpirsi con una spada? Dio, doveva veramente imparare ed iscriversi ad un torneo, con quella somma di denaro sarebbe riuscita a comprare della buona sfotta per cucire degli abiti invernali per Mordred e sé stessa. Non che Arthur non si fosse offerto di pagare per ogni loro necessità, ma Merlyn non era un’amante dell’idea di passare per un’approfittatrice, le serve ancora le parlavano male alle spalle e non voleva alimentare le loro chiacchiere.

«È in combattimento che si svela la vera natura di un cavaliere. Se è realmente un guerriero o un codardo. Il torneo abbia inizio!» dichiarò alzando un braccio in alto e i cavalieri si inchinarono prima di andare verso l’esterno dell’arena. Merlyn guardò Valiant fissarla per un secondo per poi passare a sorridere a Lady Morgana, l’uomo aveva veramente le idee chiare su che tipo di ragazze gli piacesse.

La maga si appuntò di dover parlare con Morgana appena finita la giornata, doveva avvertirla di che vile ed infima persona si trattava.

«Madre, un giorno combatterò anch’io?» domandò il bambino tirando la manica della tunica della donna per attirare la sua attenzione e prima che Merlyn potesse rispondere ci pensò Uther.

«Ovviamente, Mordred, quando sarai un cavaliere di Camelot potrai mostrare il tuo onore in combattimento.» disse sorridendogli. Il re non aveva nulla contro il bambino, in quei due mesi non gli aveva dato alcun fastidio ed il tutore gli aveva riferito che era sveglio e apprendeva in fretta. Era pronto a riconoscerlo come figlio adottivo di Arthur, ovviamente non come erede al trono nel caso i due avessero concepito un figlio legittimo, ma Merlyn gli rendeva le cose complicate continuando a rifiutarsi di sposare davanti la corte di Camelot suo figlio. Mai nella vita Uther si sarebbe aspettato di dover sperare che una semplice contadina si decidesse ad indossare l’anello che un tempo apparteneva a sua moglie.

Mordred annuì, contento, voleva essere come il padre e mostrare alla madre quanto fosse bravo sia con la magia che con una spada.

Merlyn gli sorrise, non volendo rovinargli l’umore, ed annuì. I due guardarono verso l’arena e videro Arthur infilarsi l’elmo pronto ad affrontare il suo nuovo avversario. La maga involontariamente creò una farfalla blu che nacque tra i rami di un albero lì vicino e svolazzò davanti al principe.

Arthur guardò verso gli spalti e sorrise facendo arrossire la moglie.

Merlyn odiava il fatto che la sua magia creasse quelle piccole creature dando via quanto fosse innamorata di Arthur, ma era incontrollabile e forse, sotto sotto, nemmeno le dispiaceva.

⸸⸸⸸

Merlyn stava morendo di noia e la colpa era tutta di Uther e forse anche di Morgana. Era stata costretta ad indossare un vestito che non andava bene al suo status sociale, troppo vistoso, e stare in piedi immobile per lei era quasi impossibile. C’era una lunga fila di cavalieri da salutare e Uther continuava a riferirsi a lei come Principessa Merlyn, moglie di Arthur. Non capiva veramente cosa ci facesse lì, a quell’ora sarebbe potuta essere nelle stalle ad aiutare Parsifal con Llamrei o con Gwaine a raccogliere erbe per Gaius. Dopo il suo incidente due mesi prima era stato decretato d’obbligo avere qualcuno che sapesse orientarsi con lei quando usciva dalla città, per evitare che si cacciasse nei guai e Gwaine era l’unico disponibile.

Morgana stava amando l’attenzione e Gwen vicino a lei sorrideva cordiale a tutti i cavalieri, inchinandosi quanto dovuto. Dopo il quarto cavaliere invece Merlyn aveva già perso la pazienza. Guardò Arthur, era dietro a quattro persone, mentre il prossimo era Valiant. Silenziosamente si allontanò, comunicando a Gwen una certa sete. Non voleva che quel viscido potesse avere una scusa per baciarle la mano, come avevano fatto tutti fino a quel momento.

«Vi ho visto combattere oggi. Avete uno stile molto aggressivo.» lo stava lodando Uther mentre Merlyn fingeva di essere interessata nel suo calice d’acqua gentilmente offerto da Morris. Forse non si sarebbe reso conto della sua presenza se avesse continuato a dargli le spalle, anche se era difficile considerando che in tutta la sala c’erano solamente tre donne.

«Come dice il mio Signore: perdere è un disonore.» disse il cavaliere facendo alzare gli occhi al cielo alla donna, era piuttosto sicura che Cenred non avesse mai detto una cosa del genere.

Uther annuì «Sono pienamente d’accordo.» disse posandogli una mano sulla spalla «Sir Valiant, posso presentarvi Lady Morgana, la mia figliastra e…» si bloccò notando la mancanza di Merlyn, ma decise di non dargli peso, la ragazza aveva una certa propensione per scomparire nei momenti meno opportuni.

Valiant si chinò a baciare la mano di Morgana e Merlyn vide Arthur fare una faccia disgustata, ovviamente non gli andava a genio che un viscido del genere stesse toccando quella che per lui era una sorella e il principe ringraziò nel vedere che Merlyn si era allontanata per bere.

Il modo in cui flirtarono fu disgustoso, Merlyn si sentì in imbarazzo e si chiese se anche lei ed Arthur suonassero in quel modo alle orecchie dei loro amici. 

Ad un angolo della stanza Gaius e Mordred stavano parlando con Geoffrey, Merlyn invidiava suo figlio, il quale non era stato obbligato a cambiarsi d’abito per partecipare a quel ridicolo ricevimento.

Merlyn tornò al suo posto giusto in tempo per il turno di Arthur, Valiant lontano e con le spalle verso di loro.

«Arthur.» disse Uther in tono freddo.

«Padre.» rispose in egual misura il ragazzo.

«Sono tutti affascinati da Sir Valiant.» lo stuzzicò Morgana ammiccando in direzione del cavaliere.

«Io no.» disse Merlyn arrossendo subito dopo «E credo che il Re debba spendere qualche parola in più per suo figlio. Ha complimentato Sir Valiant, potrebbe dire qualcosa anche per Arthur.» aggiunse guardando di traverso il Re, sfidandolo.

Uther si schiarì la gola, la ragazza riusciva a metterlo a disagio «Arthur non ha bisogno di sentirsi dire che è stato bravo.» provò a difendersi l’uomo.

«Non sono d’accordo.» rispose Merlyn «Quindi toccherà a me farlo: Arthur sei stato veramente bravo lì fuori, chiunque sarà il tuo avversario domani farà meglio a prepararsi per una sconfitta.» disse adorando il modo in cui Arthur le sorrise, leggermente imbarazzato, ma contento di avere il sostegno della moglie.

«Oh, Merlyn, così non c’è gusto, dovresti farlo ingelosire almeno un po’.» le disse Morgana mentre Uther era già passato al prossimo cavaliere.

La maga scosse la testa «Non credo sia giusto.» disse spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio «E ora che ho salutato l’unico cavaliere di cui veramente mi importava credo che andrò via.» aggiunse facendosi sentire da Uther. Era rimasta anche fin troppo, non poteva permettersi di rimanere a bighellonare. Con una lieve riverenza andò verso Mordred e Gaius per riprendersi il figlio e sparire prima che Valiant potesse vederla.

Arthur la guardò con occhi sognanti, sua moglie era veramente la migliore di tutte.

⸸⸸⸸

Il giorno seguente alle prime luci dell’alba Merlyn si alzò di buon umore. Dopo il banchetto per festeggiare l’inizio del torneo la maga si era ritrovata nuovamente a baciare Arthur nascosti dietro ad una statua anche se non avevano bisogno di nascondersi.

Il principe l’aveva riaccompagnata nelle sue stanze e aveva augurato la buonanotte a Mordred.

Morris le aveva chiesto di dargli una mano, il torneo era grande causa di stress per il povero servitore e la maga voleva aiutarlo. Gaius ancora non si era svegliato per preparare i tonici da consegnare, quindi pensò di andare nelle camere del Principe per vedere cosa poteva fare per aiutare il suo amico.

Quando entrò, senza bussare, vide Morris posare la colazione sul tavolo e Arthur ancora mezzo addormentato seduto sul bordo del letto. A petto nudo. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro ricordandosi che lì nella stanza c’era un’altra persona.

«Buongiorno!» salutò andando a prendere istintivamente il pettine dalla cassettiera. Suo marito aveva un nido di nodi in testa.

«Buongiorno Merlyn.» salutò Morris sistemando i piatti sul tavolo e posando le posate su un fazzoletto di stoffa.

«Buongiorno.» rispose più di cattivo umore il biondo, per niente una persona mattiniera, ma si lasciò sciogliere dal tocco della moglie mentre gli sistemava i capelli e desiderò poter ricambiare il favore, ma la donna era già pronta.

Stava indossando il suo abito celeste e bianco, Uther le aveva ricordato che almeno per il torneo avrebbe dovuto vestirsi in modo adeguato e Merlyn aveva accettato, stava comunque lavorando di meno e poteva permetterselo. Aveva legato i capelli in due trecce, decorate con qualche fiore di campo che Arthur le aveva regalato il giorno prima.

«Mi manca svegliarmi con te.» mormorò il principe circondandole la vita con le braccia, affondando il viso contro il ventre della donna. Le mancava tremendamente, soprattutto ora che era lì insieme a lui e non in un altro regno. Era sciocco pensare come la ragazza lo baciasse come minimo una volta a settimana ma continuava a rifiutarsi di tornare insieme a lui in maniera ufficiale, ma l’amava troppo e avrebbe accettato tutto.

«Come posso aiutarti, Morris?» domandò la maga ignorando la parlantina da mezzo addormentato del marito. Sapeva che lo stava torturando, baciandolo di tanto in tanto, ma non riusciva a resistergli, la sua magia le urlava di riprendersi l’altra metà della stessa moneta e lei cedeva. Mancava poco al suo punto di rottura e non sapeva se esserne felice o scontenta. Amava Arthur e in verità lo aveva già perdonato da mesi, ma non poteva lasciarglielo sapere.

«Potresti andare a prendere l’armatura dall’armeria? Tra poco si sveglieranno anche gli altri servitori e sarà difficile entrare lì.» le chiese ben sapendo di cosa stesse parlando. Durante l’ultimo torneo aveva dovuto prendere a gomitate altri servitori per raggiungere l’armatura del principe.

«Certo, nessun problema.» rispose staccando le braccia di Arthur dal suo corpo, tranquilla ben sapendo che Morris non sarebbe andato in giro a raccontare delle loro piccole effusioni.

Sentì Arthur lamentarsi ma lo ignorò, dovevano sbrigarsi se volevano renderlo presentabile ed in tempo per l’inizio della seconda giornata. Andò verso l’armeria, salutando Gwen incontrata lungo la via e Sir Leon che era di guardia tra il cortile del palazzo e la città.

Entrò nell’armeria e andò verso il fondo della stanza, Morris le aveva detto dove trovare l’armatura e voleva sbrigarsi. Stava giusto raccogliendo le parti quando sentì un sibilio simile a quello dei serpenti. Guardò a terra, temendo di venire morsa da quelle infide bestie, ma sul pavimento non c’era nulla che strisciasse. Sentì nuovamente quel rumore e decise di andare ad indagare.

Arrivò davanti allo scudo di Valiant, i tre serpenti intricati tra loro era uguali al giorno prima, ma uno di loro chiuse un occhio e Merlyn giurò di averlo visto. Mordred l’aveva avvisata che il cavaliere stava usando della magia oscura.

Allungò una mano per poter toccare il disegno, ma una spada le venne puntata al collo e fu costretta ad allontanarsi. Dall’altra parte della lama c’era Valiant, ancora nei suoi abiti da giorno, per niente pronto per il torneo. Con lui non c’era il suo servitore, quindi i due erano da soli, nell’armeria, ad un orario poco consono e Merlyn sapeva che sarebbe successo qualcosa di spiacevole.

«Posso esserti d’aiuto, Miss?» domandò senza abbassare l’arma, ma la maga vedeva già nello sguardo le sue intenzioni. Guardò verso la porta, chiedendosi se sarebbe riuscita a scappare.

«No, non serve.» rispose sentendo la voce uscirle rauca e leggermente tremante. Era la maga più potente a camminare su quella Terra e aveva paura di un semplice cavaliere «Stavo solo radunando l’armatura del principe.» spiegò facendo dei passi indietro verso il tavolo, la spada ancora puntata verso di lei. Voleva mettere distanza tra loro, ma Valiant le andò dietro, non credendo alle sue parole.

«Non mi piacciono le serve che non sanno tenere le mani al loro posto.» le disse l’uomo ora abbassando la spada, ma facendosi più vicino, intrappolando Merlyn tra il suo corpo ed il tavolo.

La maga provò ad allontanarsi, ma se anche solo avesse provato a spostarsi maggiormente indietro sarebbe finita sdraiata sopra il tavolo e quella non era una posizione in cui voleva essere.

«Nel mio Regno usiamo un modo molto pratico per disciplinare le serve come te.» le disse prendendole il braccio in una morsa dolorosa. La obbligò ad avvicinarsi a lui, Merlyn poteva sentire il suo fiato sul collo.

«Le chiedo di lasciarmi andare se non vuole passare dei guai.» rispose la ragazza ben sapendo di cosa stesse parlando. Aveva vissuto abbastanza alla corte di Cenred per sapere di cosa stesse parlando. Aveva dovuto medicare diverse volte le schiave dal collare di bronzo dopo essere state trattare in modo animalesco dalle guardie dell’arena e Valiant era il più aggressivo di tutti.

Chiuse gli occhi quando sentì l’erezione dell’uomo spingere contro la sua coscia. Così vicini non poteva utilizzare la magia, Valiant avrebbe visto sicuramente i suoi occhi cambiare colore.

«Non finché non avrò quello che voglio.» rispose il cavaliere iniziando a tirare verso l’alto la stoffa della gonna. Merlyn cercò di spingerlo via usando entrambe le mani contro le sue spalle, ma Valiant era indubbiamente più forte di lei.

Le mani dell’uomo andarono a slacciare il corsetto, la gonna del vestito ormai raggomitolata contro il ventre e Merlyn provò a dargli un calcio tra le gambe, ma era praticamente immobilizzata.

Valiant le baciò il collo, lasciando della saliva sulla sua pelle candida, le mani dell’uomo aprirono ulteriormente il corsetto ed andarono a prenderle un seno nel palmo della mano, stringendolo con forza. Lo sentì grugnire come un maiale e le prime lacrime iniziarono a scendere dagli occhi della maga mentre gli chiedeva di lasciarla andare.

Odiava quello che stava per fare, ma non aveva altre scelte: avrebbe urlato come una dama in pericolo.

«Guardie!» una voce che non era la sua urlò «Guardie, venite immediatamente!» Morgana era alla porta, uno sguardo furioso in volto.

Dietro di lei comparve Sir Leon insieme ad altre due guardie, allarmati dalle urla della figliastra del Re.

Valiant rimase immobile, le mani ancora sul seno della serva. Merlyn deglutì a vuoto cercando di non incontrare lo sguardo minaccioso dell’uomo.

Il cavaliere si sistemò il cavallo dei pantaloni, cercando di darsi un contegno, non voleva che Lady Morgana vedesse la sua eccitazione. Si girò sorridendo in modo cordiale, ancora troppo vicino a Merlyn per il gusto di tutti i presenti.

«Cosa succede qui?» domandò Sir Leon estraendo la sua spada, pronto a combattere il cavaliere che aveva osato mettere le mani sulla principessa.

«Una serva stava ficcanasando tra la mia roba, la stavo solamente punendo secondo i costumi del mio Regno.» provò a giustificarsi creando una smorfia disgustata sulla bocca di tutti i presenti.

Morgana entrò nell’armeria e con poca grazia spinse via Valiant per raggiungere Merlyn. L’aiutò a riallacciare il corsetto, posandole una mano sulla spalla per darle conforto «A Camelot non accettiamo questo tipo di comportamento.» disse la donna in tono velenoso «Soprattutto quando la vittima è la moglie del Principe Arthur.» aggiunse vedendo Valiant impallidire.

«No, non è possibile.» disse guardando gli altri cavalieri «Guardatela, è vestita come una serva!» urlò in sostegno del suo caso, ma Leon lo stava già afferrando per un braccio.

Merlyn si lasciò abbracciare da Morgana, nascondendo il viso contro il suo petto, mentre sentiva Valiant urlare oscenerie contro le tre guardie.

Chiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente stremata, ma sapeva di non poter lasciarsi completamente andare tra le braccia dell’amica. Doveva portare l’armatura ad Arthur e far finta di nulla.

«Vieni, Merlyn, ti accompagno nelle tue stanze.» la invitò Morgana prendendola sottobraccio, attenta che non cadesse a terra, poteva vedere le sue gambe tremare.

La maga guardò l’armatura sul tavolo «Devo portarla ad Arthur, il torneo sta per ricominciare.» le disse mentre cercava di eliminare la sensazione delle mani di Valiant su di lei.

«Oh, Merlyn, non credo che oggi competeranno.» rispose la Lady guardandola dolcemente «Sir Leon sta convocando il Re e la Corte per decidere cosa fare di Valiant in quanto ha appena cercato di abusare di un membro della famiglia reale.» le spiegò facendo impallidire ancora di più la maga.

«No, non voglio che Arthur lo sappia!» disse ricordandosi l’ultima volta che i due avevano avuto uno scontro, questa volta era certa che suo marito non si sarebbe trattenuto e aveva una spada, al contrario dai tempi dell’arena.

Morgana la guardò tristemente «Ti accompagno nelle tue stanze.» ripeté non sapendo cosa dirle. Era inevitabile che Arthur lo venisse a sapere, l’unica cosa che la Lady poteva fare era assicurarsi che arrivasse sana e salva a casa e che non dovesse assistere al processo.

Merlyn annuì, lasciandosi accompagnare lungo il cortile, per i corridoi e poi su per le scale della torre; intorno a loro il caos totale per la convocazione urgente della Corte. Quando entrarono nelle stanze di Gaius erano già vuote, sicuramente erano andati a vedere cosa fosse quel gran trambusto.

Morgana la fece sdraiare a letto e prese uno sgabello per sedersi vicino a lei, la schiena appoggiata contro il muro «Dormi, Merlyn, rimarrò con te tutto il tempo.» le disse prendendole la mano.

Era stata fortunata, Lady Morgana era andata nell’armeria dopo che Gwen le aveva detto di averla vista passare. Voleva parlarle per cercare di convincerla a prendersi gioco un po’ di Arthur, per farlo ingelosire in quanto adorava vedere il Principe perdere le staffe, ma mai si sarebbe aspettata di vederla tra le mani di un bruto. Lo stesso bruto che la sera prima aveva flirtato con lei e Morgana aveva pure pensato di donargli il suo favore!

Non le lasciò la mano nemmeno quando si addormentò.

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo venti ***


Arthur era furioso, quando Morris era entrato correndo nelle sue stanze per dirgli che il Re aveva convocato un’udienza con tutta la Corte ed i cavalieri partecipanti al torneo non si sarebbe mai aspettato di vedere Valiant in ginocchio al centro della sala con lo sguardo rivolto verso il basso.

Guardò verso Gaius e lo vide insieme a Lancelot, Gwaine, Parsifal e un ancora mezzo addormentato Mordred, l’unica a mancare era Merlyn. Guardò per tutta la sala, ma non la trovò, un’altra persona di cui notò l’assenza fu Morgana. Gwen era lì, ma della Lady non c’era l’ombra.

Uther lo chiamò con un gesto della mano, chiedendogli di avvicinarsi «Arthur, ti chiedo di mantenere contegno durante l’udienza e di non fare gesti avventati.» disse l’uomo ben sapendo che da lì a pochi secondi il figlio avrebbe perso le staffe e per una buona ragione.

Il principe annuì e riprese posto accanto al trono, in piedi, mentre guardava con astio Valiant. Si chiese cosa diamine avesse combinato per finire in quella situazione, ma in parte ne era grato, Mordred lo aveva avvertito che era pericoloso e che lo scudo emanava magia nera. Se fosse stato fortunato suo padre lo avrebbe condannato a morte.

«Cittadini di Camelot, siamo qui riuniti per dare giudizio a Sir Valiant, accusato di aver provato ad abusare di un membro della famiglia reale.» annunciò Uther alzandosi in piedi a sua volta.

Arthur fece scattare la testa verso il padre ed improvvisamente capì l’assenza di Morgana nella stanza. Era ovvio che quel viscido avrebbe provato a metterle le mani addosso! Desiderò poterlo trafiggere con la sua spada e vedere nei suoi occhi la vita abbandonarlo.

«Questa mattina, alle prime luci dell’alba, è stato sorpreso mentre cercava di imporsi con la forza sulla principessa Merlyn…» il re venne sommerso dalle voci della Corte, la ragazza poteva essere leggermente sgarbata e fuori dal comune, ma in qualche modo in quei due mesi era riuscita a conquistare buona parte della Corte e dei cavalieri con la sua gentilezza e modi di fare. Uther guardò con la coda dell’occhio il figlio perdere colore e stringere i pugni, per un attimo temette di doverlo fermare dallo scendere i pochi gradini che lo separavano da Valiant.

Arthur era furibondo! Guardò Parsifal prendere Mordred tra le braccia e portarlo fuori dalla Sala e gliene fu grato, non era sicuro di volere suo figlio presente quando avrebbe ucciso quel porco di Valiant.

«… e Lady Morgana ha prontamente allertato le guardie prima che potesse compiere un gesto immondo.» rassicurò la Corte, non ci sarebbero stati possibili bastardi, Valiant non era riuscito nel suo intento.

«Come vi dichiarate, Sir Valiant?» chiese il Re al cavaliere.

«Innocente.» dichiarò l’uomo con una faccia tosta senza eguali «La ragazza era vestita come una serva e stava ficcanasando tra la mia roba, mi sembrava giusto punirla.» si difese alzando finalmente lo sguardo, mostrando ad Arthur un vistoso occhio nero e un labbro spaccato. Non c’erano dubbi che qualcuno avesse avuto già modo di dare una lezione al cavaliere, ma non sembrava essere funzionata se quello che sentiva stava veramente uscendo dalla bocca di Valiant.

Uther assottigliò lo sguardo, chiedendosi come un combattente così bravo potesse anche essere un totale idiota «Quindi se non fosse stata la principessa Merlyn la sua vittima credi che l’avresti passata liscia?» domandò sentendo il sangue ribollire nelle vene. Tutti lo consideravano un uomo senza cuore per quanta facilità condannava la gente al rogo, ma c’era una bella differenza tra l’uso della magia e quel crimine carnale. Uther rispettava in qualche modo Merlyn e sapere che le era accaduta una cosa del genere mentre era ospite a casa sua gli faceva rabbia.

«A nessuno interessa di una serva.» grugnì l’uomo guardando Arthur negli occhi, come a volerlo provocare.

Il principe guardò il padre come ad avvertirlo che la sua pazienza era al limite e Uther lo comprese. Fosse successa una cosa del genere a Ygraine l’uomo sarebbe già esanime a terra.

Alzò una mano per porre fine al chiacchiericcio «Valiant, io ti condanno a morte. Domani mattina, alle prime luci dell’alba la tua testa verrà recisa dal tuo corpo tramite il colpo di un’ascia.» declarò ricevendo versi d’approvazione dai presenti «Sir Leon, puoi portarlo nella sua cella.» diede un segnale al cavaliere con la mano e l’uomo obbedì immediatamente.

Sir Leon non era tipicamente un uomo violento, ma non era riuscito a trattenersi dallo sferrare un pugno al detenuto prima di portarlo davanti al Re. Sicuramente una volta chiuso nella cella avrebbe dato il via libera a chiunque avesse voluto dire la sua al cavaliere, sicuro che anche il principe avrebbe colto l’occasione per vendicare la donna amata.

«Il torneo riprenderà domani dopo l’esecuzione.» annunciò come ultima cosa il Re prima di andarsene e ritirarsi nelle sue stanze.

Arthur non c’era più quando si girò per salutarlo.

⸸⸸⸸

Morgana non era solita rimanere seduta a far nulla, per di più in silenzio; perciò, quando sentì la mano di Merlyn scivolare dalla sua uscì dalla stanza per attendere l’imminente arrivo di Arthur.

L’udienza non sarebbe dovuta durare molto, Valiant era colpevole e per di più era stato colto nell’atto, non c’erano dubbi che Uther lo avrebbe condannato a morte.

I primi ad arrivare furono Parsifal e Mordred, il bambino era ancora mezzo addormentato, ma quando vide Morgana sembrò rallegrarsi. Scese dalle braccia dell’uomo e andò a sedersi vicino alla Lady «Come mai sei qui?» le domandò posando il mento contro il braccio della donna, guardandola curioso con i suoi grandi occhi azzurri.

«Stavo facendo compagnia a tua madre, si è appena addormentata quindi dovremmo fare piano.» gli rispose posandosi l’indice davanti alle labbra come ad intimargli di fare silenzio.

Mordred si coprì la bocca con le mani ed annuì, non voleva disturbare la madre, sapeva quanto fosse stanca, sempre a correre e svolgere mansioni. Qualche volta gli mancava la vita ad Ealdor, quando Emrys aveva più tempo per stare con lui, ma a Camelot c’era anche suo padre e gli piaceva imparare nuovi incantesimi con Gaius.

«Come sta?» chiese Parsifal a voce bassa e Morgana si sorprendeva ogni volta nel sentire la voce gentile di quell’uomo gigante.

«Un po’ scossa, ma sono sicura si riprenderà.» rispose mordendosi l’interno della guancia. Era stato piuttosto spaventoso, visto da fuori, e Morgana poteva solo immaginare come poteva essere viverlo in prima persona.

«Dormite tutti in quella stanza?» chiese la Lady inarcando un sopracciglio, credeva che ormai i ragazzi potessero permettersi una piccola casa nella parte bassa della città.

Parsifal annuì «Finché Gwaine non trova un lavoro non possiamo veramente permetterci molto, in più aiutiamo Merlyn con Mordred e stando tutti insieme è più facile.» spiegò mentre il bambino iniziò a giocare con i capelli della donna, gli ricordavano quelli della madre, ma più morbidi.

La porta si aprì nuovamente e la stanza improvvisamente si fece più piccola. Morgana doveva veramente aiutarli a trovare una nuova sistemazione, era impossibile per loro stare tutti lì dentro.

Gaius si sedette davanti a Morgana, uno sguardo preoccupato in volto, mentre Lancelot e Gwaine si appoggiarono contro la parete, le braccia incrociate al petto ed entrambi di pessimo umore. Arthur sembrò passare con la stessa velocità di un cavallo al galoppo, Morgana lo vide per un secondo prima che entrasse nella stanza di Merlyn e si chiudesse la porta alle spalle.

«Sentenza?» domandò la Lady volendo sapere cosa avesse deciso il Re, coprì le orecchie a Mordred, non voleva che il bambino sentisse di quelle brutte cose.

«Condannato a morte, domani mattina all’alba.» rispose Gwaine facendo spazio a Morris e Gwen, i due erano arrivati insieme, decidendo che i loro padroni potevano aver bisogno di loro, anche se Morris dubitava avrebbe rivisto Arthur molto presto.

Morgana annuì, solitamente era contraria a quel genere di sentenze, ma Valiant la meritava tutta. Poteva essere chiunque nell’armeria quella mattina, le si strinse il cuore al pensiero che al posto di Merlyn sarebbe potuta esserci la sua cara Gwen.

La Lady si alzò, sentendosi improvvisamente di troppo «Bene, penso che tornerò nelle mie stanze.» disse salutando Mordred con una carezza sulla testa. «E credo che voi dobbiate andare a lavoro.» disse ai due uomini che erano sicuramente già in ritardo.

Lancelot e Parsifal annuirono e salutarono a loro volta. Certamente non potevano fare molto e Arthur era con Merlyn, quindi non avevano nulla da fare.

Parsifal richiamò l’attenzione di Gwaine toccandogli la spalla «Vuoi venire con me?» gli chiese ben sapendo che lasciarlo lì non era una buona idea «Possiamo portare Mordred e fargli fare un giro su un pony.» propose sorridendogli, non voleva lasciarlo da solo, sapeva quanto l’uomo tenesse a Merlyn e non voleva che prendesse decisioni avventate e finisse in carcere con Valiant.

Gaius si alzò a sua volta, prendendo la borsa pronta per le consegne «Io dovrò fare il giro di Merlyn. Non cacciatevi nei guai.» salutò andando via.

Gwaine lasciò andare un profondo respiro per calmarsi ed annuì, voleva stare con Parsifal e Mordred, solo Dio sapeva cosa avrebbe combinato rimanendo da solo.

«Andiamo, campione, oggi imparerai a cavalcare.» incitò il bambino che era totalmente ignaro di quello che stava accadendo. Aveva sentito la paura di Emrys quella mattina, svegliandosi, ma la donna la sera prima gli aveva detto di non preoccuparsi, che qualche volta le capitava di sentire delle forti emozioni ma non voleva dire che era in pericolo, quindi non ci aveva dato molto peso. Prese la mano di Gwaine e lo seguì fuori dalle stanze di Gaius, non vedeva l’ora di salire sopra un pony.

Morris rimase da solo all’interno della stanza e si guardò intorno, Arthur molto probabilmente non sarebbe uscito per delle ore, quindi prese la scopa dall’angolo della stanza ed iniziò a spazzare.

⸸⸸⸸

Merlyn si svegliò con un forte dolore alla testa, come se avesse preso una botta con una spranga di ferro. Si portò le mani sulla fronte, imprecando a bassa voce. Aprì un occhio e vide che fuori dalla finestra era già buio e si spaventò, alzandosi a sedere e pentendosene subito dopo.

«Hey, fai piano.» la voce di Arthur sembrò alleggerire il suo mal di testa, le sue mani la guidarono a sdraiarsi nuovamente.

«Ho dormito tutto il giorno?» chiese passandosi una mano sul volto, per essersi appena svegliata si sentiva stremata, come se avesse corso per tutta Camelot. Poi si ricordò, il cuore le salì in gola e portò le mani al petto, dove Valiant l’aveva afferrata con prepotenza mentre le baciava il collo.

I mobili intorno a loro iniziarono a tremare e Arthur guardò spaventato la porta. Lì fuori c’era Morris e non aveva intenzione di fargli sapere dei poteri della moglie.

«Va tutto bene, Merlyn, non potrà mai più farti del male.» la rassicurò prendendole la mano, cercando di calmarla.

«Mi odi?» domandò invece la ragazza guardandolo negli occhi attraverso le lacrime. Non c’erano dubbi che ora l’avrebbe odiata, aveva lasciato che Valiant la toccasse in quel modo intimo che doveva essere riservato solamente a lui.

Arthur corrugò la fronte «Cosa? No, Merlyn, non potrei mai odiarti!» le disse prendendole il viso tra le mani, asciugando le lacrime con i polpastrelli dei pollici. Voleva baciarla, ma sapeva che quello non era il momento adatto.

La maga si lasciò scappare un singhiozzo, il petto le tremò scosso dalle lacrime «Ma Valiant…» provò a dire, ma Arthur le posò un dito contro le labbra e tipicamente avrebbe provato a morderglielo, ma in quel momento era quasi grata che non dovesse finire quella frase.

«Merlyn, niente di tutto questo è colpa tua, va bene?» la rassicurò sedendosi vicino a lei sul piccolo letto che non doveva essere affatto comodo per due persone «Né per quello che ti ha fatto Valiant né per quello che hai dovuto subire a causa di Ranful.» le disse lasciando che posasse la testa contro il suo petto, la sentì irrigidirsi sotto il suo tocco al nome del ragazzo che l’aveva tormentata per tutta la vita «La colpa è solo mia per non essere stato in grado di difenderti.» ora stava piangendo anche lui, il cuore che soffriva per aver lasciato che quelle cose orribili accadessero a sua moglie «Puoi perdonarmi?» le domandò stringendosi ancora di più nell’abbraccio. Doveva sentirglielo dire, doveva sapere che Merlyn lo perdonava per non averla protetta come meritava.

La maga annuì contro il suo petto «Non è colpa tua Arthur.» gli disse stringendo nei pugni il materiale della tunica dell’uomo «Non è colpa di nessuno se nel mondo ci sono persone orribili come Ranful e Valiant.» aggiunse in un sussurro.

I due amanti rimasero abbracciati, ne avevano entrambi bisogno.

⸸⸸⸸

Il giorno successivo Merlyn fece finta di nulla, alzandosi presto per prepararsi alla sua giornata. Arthur alla fine si era dovuto ritirare nelle sue stanze, lasciando che Mordred e i tre uomini potessero andare a dormire.

Indossò il suo vestito verde, il corsetto marrone legato con doppio nodo, ai piedi i suoi stivali, preferiti alle scarpe eleganti che le aveva donato Morgana per gli eventi del torneo. Uscì dalla stanza senza far rumore, lasciando i suoi compagni di stanza dormire fino al sorgere del Sole.

Gaius era già in piedi, come se la stesse aspettando. La invitò a sedersi vicino a lui, sulle gambe teneva un grande libro che doveva essere molto vecchio dallo stato giallognolo delle pagine.

«Credo che tu abbia bisogno di questo libro, è l’unico che sono riuscito a salvare dalla Grande Epurazione.» le disse passandole il libro «Ci sono incantesimi che ti aiuteranno in situazioni di pericolo e altro che potrà aiutarti nel tuo Destino.» le sorrise posandole una mano sulla spalla, stringendo appena.

Merlyn sfogliò meravigliata il libro, non poteva credere di avere tutto quel sapere tra le mani, nemmeno Balinor aveva un grimorio «Grazie, Gaius, lo terrò al sicuro e imparerò ogni singolo incantesimo.» promise con la stessa emozione di una bambina, gli eventi della giornata prima spinti in un angolo remoto della sua memoria.

Il medico le sorrise, contento di vederla così felice. Le preparò una colazione ricca, coinvolgendola in più chiacchiere, tutto per tenerla lontana da quello che stava accadendo proprio fuori dalle mura. Arthur gli aveva chiesto gentilmente di non permettere a Merlyn di assistere.

Mentre Merlyn rideva ad una storia di Gaius su Lady Percival, Arthur accese il fuoco per eliminare per sempre dall’esistenza il corpo privo di testa di Valiant, la testa stessa e gli oggetti personali del cavaliere. Il principe vide i serpenti sullo scudo di Valiant battere più volte l’occhio, imprigionati e destinati a morire.

⸸⸸⸸

Uther invitò Merlyn a sedersi al suo fianco, Mordred si era seduto tra Morgana e Gwen. La salutò cordialmente, chiedendole come stesse, ma non perdendo troppo tempo.

La ragazza era quasi grata che nessuno le stesse dando fastidio su quanto accaduto il giorno prima, sembrava esserci un comune accordo tra tutti di non nominare il cavaliere e l’esecuzione di quella mattina.

Sir Leon era stato incaricato di accompagnarla ovunque durante la durata del torneo, non volendo rischiare che un altro cavaliere si sentisse particolarmente coraggioso da tentare una bravata del genere. A Merlyn non dispiaceva la compagnia dell’uomo, ma non la lasciava sola un attimo e la donna aveva veramente bisogno dei suoi spazi, soprattutto per praticare la magia.

Uther aveva messo Sir Leon al servizio della nuora sapendo di affidarla in buone mani e sapeva che Arthur si fidava ciecamente dell’uomo, quindi era la persona adatta al compito.

Guardarono i vari incontri applaudendo quando consono e Merlyn sorrise al marito quando venne annunciata la sua vittoria, destinandolo allo scontro finale del giorno dopo contro Sir Ewan.

Mordred e Merlyn andarono alla tenda dell’uomo per congratularsi, Leon a pochi passi da loro che chiacchierava con Gwaine.

Morris stava togliendo l’armatura all’uomo, in completo silenzio, entrambi provati dalla lunga giornata. La maga sapeva esattamente quello che Gaius aveva fatto quel mattino ed in parte gliene era grata, vedere un’altra esecuzione e sapere che era per colpa sua non l’avrebbe aiutata. Non credeva fosse necessario ucciderlo, se fosse stata lei a decidere lo avrebbe condannato ad una vita nelle celle di Camelot e quando aveva espresso la sua idea a Morgana, la Lady le aveva detto che gli uomini come Valiant meritavano la morte e che non doveva sentirsi in colpa.

«Abbiamo forse davanti il prossimo vincitore del torneo?» chiese Merlyn guardando Mordred, il quale annuì, suo padre sapeva combattere veramente bene e non c’erano dubbi che avrebbe vinto!

«Non è ancora detto, Sir Ewan è un abile spadaccino.» provò a fingere modestia, sapeva benissimo di avere la vittoria in pugno.

Merlyn alzò gli occhi al cielo, vedendo l’ego del marito gonfiarsi oltre ogni misura e prese il posto di Morris nello sfilargli la cotta di maglia «Sono sicura che Morgana amerà essere la tua accompagnatrice per il banchetto.» gli disse ben sapendo che il vincitore avrebbe avuto l’onore di accompagnare Lady Morgana alla festa.

Arthur inarcò un sopracciglio «Nel caso dovessi vincere» iniziò facendo ridere la donna, sicura della sua vittoria «vorresti farmi l’onore di essere la mia dama per la serata?» le domandò perché non aveva per niente voglia di passare una serata con Morgana quando aveva sua moglie lì.

La maga gli posò una mano sul petto, come a mettere distanza «Anche se volessi non ho un abito adatto.» rifiutò gentilmente. L’abito che aveva usato durante la prima serata del torneo era stato polverizzato da un piccolo incidente nelle sue stanze, aveva provato a togliere una macchia con un incantesimo e aveva sbagliato solamente una lettera portando ad un disastroso risultato.

«Capisco.» disse facendo scoccare la lingua contro il palato, un piano già in mente. Arthur sarebbe andato o con Merlyn o da solo.

⸸⸸⸸

Gwaine non era solito raccontare la sua storia, preferiva tenere nascosto il suo passato per ben ovvi motivi, ma in quel caso sembrava l’occasione di sfruttare il suo albero genealogico, era una buona causa.

Bussò alle stanze di Arthur verso sera, sapendo che Morris era appena andato via per portare nelle cucine i piatti della cena.

«Avanti.» la voce di Arthur era stanca, ma non scortese.

Gwaine entrò nelle stanze e senza troppi convenevoli si sedé a tavola e rubando una mela dalla cesta di frutta disse semplicemente «Voglio diventare un cavaliere di Camelot.».

Arthur lo guardò stupito, per mesi aveva cercato di fargli trovare un lavoro e ora se ne usciva con questa richiesta «Solo un nobile può diventare un cavaliere.» recitò la prima regola dei cavalieri di Camelot, ma sapeva che non era giusta. I suoi amici sarebbero stati degli ottimi cavalieri, forse un giorno, quando suo padre sarebbe morto…

«Allora è una fortuna che lo sono.» rispose l’uomo tirando dalla tasca della giacca un foglio. Arthur lo prese confuso, aspettandosi qualche volgarità, ma invece tra le mani teneva il sigillo della casata dei Green, famiglia nobiliare del regno di Gwynedd.

«Non posso credere che tu sia un nobile.» mormorò più a sé stesso che all’amico. Non credeva fosse un falso, anche perché non poteva averlo preparato in così poco tempo non sapendo nemmeno della regola.

Gwaine posò i piedi sul tavolo «Non mi piace considerarmi tale.» rispose addentando la mela «Ma per proteggere Merlyn e tutte le cittadine di Camelot sono disposto ad uscire allo scoperto.» spiegò rivelando le sue vere intenzioni.

L’uomo aveva parlato con Merlyn, ovviamente, e capiva quanto la perenne presenza di Leon potesse essere d’intralcio con i suoi studi di magia in aggiunta alla paura che Mordred potesse fare qualche incantesimo involontariamente ed essere scoperto. Gwaine era arrivato alla conclusione che Sir Leon non poteva essere la guardia prefissata alla ragazza per ogni evento con numerosi sconosciuti, quindi doveva essere lui per una volta in vita sua a fare un sacrificio.

«Ne parlerò con mio padre domani, ma non credo ci saranno problemi.» disse il principe ancora incredulo alla notizia. Gwaine non aveva mai dato l’impressione di essere cresciuto tra la nobiltà. Il modo in cui parlava, in cui si poneva, gli aveva sempre dato l’idea di un contadino che aveva imparato ad usare una spada e che si credeva un gran mangiatore di donne.

Gwaine si alzò offrendogli una mano da stringere «Grazie, Arthur.» disse sinceramente grato al principe.

«No, grazie a te, Gwaine.» rispose il biondo, perché non c’era forse uomo di cui poteva fidarsi di più per prendersi cura di sua moglie quando non poteva usare la magia e lui non era presente.

I due uomini si separarono con una promessa nel cuore: Merlyn non avrebbe mai più subito una cosa del genere.

⸸⸸⸸

Morris saltò dalla gioia quando vide Sir Ewan cadere a terra, decretando la fine del combattimento. Vicino a lui Merlyn fece lo stesso, urlando a gran voce il nome del marito, dietro di loro un imbarazzato Sir Leon cercò di far abbassare loro la voce.

Uther scese dalla sua posizione e consegnò il premio in denaro al figlio, urlando orgoglioso il nome del vincitore. Arthur alzò la spada verso il cielo, godendosi gli applausi e le urla estasiate per la sua vincita.

Uscì dall’arena venendo immediatamente investito dall’abbraccio della moglie «Non avevo dubbi!» gli urlò praticamente nell’orecchio mentre lo costringeva a piegarsi per farsi abbracciare, la differenza d’altezza era quasi comica agli occhi degli spettatori.

Arthur ricambiò l’abbraccio, un sorriso dipinto in volto orgoglioso della sua vittoria e della felicità della moglie. Merlyn sembrava stare bene, non aveva nemmeno più accennato all’episodio con Valiant, e Gaius gli aveva detto che poteva essere un buon segno come un cattivo segno, solo il tempo avrebbe detto loro come la ragazza avrebbe processato il trauma.

«Lascialo respirare!» urlò Parsifal arrivando con tutto il loro gruppo di amici. Lancelot stava tenendo la mano di Gwen, tra i capelli la fanciulla aveva un fiore viola che le era stato donato dal suo corteggiatore. Morgana teneva la mano di Mordred e discuteva con Gwaine su come fosse ingiusto che le donne non potessero partecipare.

Merlyn si staccò arrossendo, ma rimase vicino all’uomo, poteva sentire il calore del suo corpo appena dietro di lei «Non lo stavo soffocando!» si difese mettendo le mani sui fianchi.

«Avrei giurato di aver visto il principe diventare viola per la mancanza d’aria.» si aggiunse Gaius adorando prendersi gioco della nipote.

Merlyn si imbronciò, ma non rispose alle provocazioni, era semplicemente contenta che Arthur avesse vinto.

«Ora andiamo, non c’è tempo per bighellonare, dobbiamo dare un’occhiata alla spalla di Sir Ewan.» Giaus rapì letteralmente la ragazza per portarla nella tenda dove il cavaliere stava già aspettando il medico di corte per essere curato. Arthur non c’era andato leggero, senza ombra di dubbio, ma nemmeno aveva usato una violenza eccessiva come aveva fatto Valiant il primo giorno.

Mordred tirò il mantello del padre e gli mostrò il pollice in su, segnale che voleva dire solamente una cosa: il suo regalo era stato recapitato.

⸸⸸⸸

Morgana e Gwen sentirono bussare alla porta e senza nemmeno girarsi sapevano esattamente di chi si trattasse.

Arthur la sera precedente aveva chiesto alla donna più grande se avesse un vestito che non le andasse più da poter donare a Merlyn in quanto non c’era il tempo materiale per fargliene confezionare uno dalla sarta di corte. La donna aveva riso, dicendogli che era uno sciocco se pensava fosse una buona idea regalare un abito usato. Gwen si era offerta di passare la notte a cucirne uno, così che potesse essere pronto entro la fine del torneo. La serva era stata poi incaricata di consegnare l’abito a Mordred e Morgana, i quali lo avrebbero portato nella stanza di Merlyn.

«Avanti.» invitò seduta davanti allo specchio mentre Gwen le sistemava i capelli.

Merlyn entrò nella stanza, tra le mani teneva una scatola e sembrava leggermente a disagio «Vi disturbo?» domandò notando come la Lady si stesse preparando per il grande evento.

«Certo che no, Merlyn.» rispose Morgana guardandola dal riflesso dello specchio «Hai bisogno di qualcosa?» chiese cordialmente guardando Gwen cercare di nascondere un sorriso.

«Credo che Arthur mi abbia regalato un vestito.» iniziò la maga posando la scatola sul letto della Lady, aprendo il coperchio per rivelare un favoloso abito rosso. Morgana guardò stupita il vestito e poi Gwen, non aveva mai visto nulla di così semplice ma allo stesso tempo elegante «Ma non credo sia adeguato presentarmi alla festa indossando questo, sembra cucito per essere indossato da una principessa.» spiegò in cerca d’aiuto. Non voleva offendere Arthur, ma non voleva nemmeno dare l’impressione che stesse accettando un ruolo sociale che non era il suo.

«Merlyn, tu sei una principessa.» le ricordò divertita Gwen. Adorava la ragazza, ma proprio non riusciva a capirla. Lei ed Arthur si amavano alla follia e avevano anche la fortuna di non avere Uther contro. Cioè, il Re non era proprio felice dell’unione, ma non aveva provato ad assassinarla, cosa che Gwen sapeva non sarebbe successa nel suo caso.

«Gwen ha ragione.» concordò Morgana tirando fuori il vestito per vederlo meglio. Era semplicemente favoloso ed in più era dei colori della famiglia Pendragon.

Merlyn non sembrò convinta, poteva già sentire le altre serve sparlarle dietro, continuava a definirsi una di loro, ma alla fine dei conti per loro lei sarebbe sempre e solo stata la moglie del principe.

«Puoi prepararti qui, se vuoi, sono sicura che Gwen potrà darti una mano.» le propose Morgana notando la particolare allacciatura sul retro del vestito, praticamente impossibile da legare da sola e dubitava che Mordred ne sarebbe stato capace.

«Certo! Ho già in testa un’idea per i capelli.» esclamò contenta la donna, Merlyn non le aveva mai permesso di sistemarle i lunghissimi capelli e Gwen moriva dalla voglia di farglieli, aveva molto potenziale e lei lo avrebbe sfruttato tutto.

La maga non fece nemmeno in tempo a rispondere che venne guidata dietro al separé. Si tolse il vestito verde rimanendo con la sottoveste e chiese a Gwen di passarle l’abito.

«Dovresti togliere anche quella, veramente.» le disse la serva mostrando la scollatura sulla schiena del vestito. Non era inusuale indossare un abito senza la sottoveste, le Lady lo facevano di continuo quando indossavano abiti rivelanti e Merlyn non ne indossava una quando portava i pantaloni in quanto poco pratico.

Una volta vestita la ragazza venne fatta sedere davanti allo specchio e mentre Gwen iniziò a pettinarle i capelli Morgana pensò bene di prenderle il viso per truccarlo. Merlyn non aveva mai messo in vita sua del trucco, non che potesse permetterselo, e per un attimo temette di sembrare ridicola.

La Lady colorò le labbra dell’amica con la radice di noce e le pizzicò le guance per renderle rosse. Da delle terre lontane aveva ricevuto in dono una polvere che prendeva il nome di kohl, usata grazie ad un bastoncino di feltro Morgana disegnò una linea sopra le ciglia di Merlyn donandole profondità allo sguardo.

Quando il Sole scomparì completamente dall’orizzonte le tre donne uscirono dalle stanze di Morgana per dirigersi alla festa. Merlyn non si sentiva completamente a suo agio, ma il riflesso nello specchio le era piaciuto, anche se le ricordava vagamente i suoi momenti con Alice nell’arena.

«Tu devi attendere qui.» le disse Morgana fermandola di lato alla porta «Devi fare la tua entrata con il vincitore.» le ricordò facendole l’occhiolino prima di entrare seguita da Gwen nella sala.

La ragazza rimase ferma, salutando con una mano Sir Leon che era di guardia alla porta insieme a Sir Bedivere. Si guardò intorno, attendendo pazientemente che Arthur arrivasse. Non avevano parlato molto di quello che era successo con Valiant, Merlyn non gli aveva raccontato nei dettagli dove l’uomo l’avesse toccata come non aveva nemmeno raccontato di Ranful e Osbert che l’avevano aggredita in casa loro. Gli aveva assicurato che stava bene, che non doveva preoccuparsi e che ci voleva di più per spaventarla, ma la verità era ben diversa.

Sapeva senz’ombra di dubbio che nel futuro, ogni singolo evento che avrebbe comportato l’arrivo di numerosi sconosciuti a Camelot l’avrebbe resa nervosa e paranoica. Aveva rischiato molto con Valiant, salvata per miracolo da Morgana e non ci teneva a ripetere l’esperienza.

«Che Dio abbia pietà.» sentì Arthur alle sue spalle, la voce spezzata dall’emozione, e quando si girò a guardarlo vide solamente uno sguardo di pura ammirazione ed amore. La maga arrossì, le sembrava di rivivere il giorno del suo matrimonio, lo sguardo di Arthur era lo stesso.

L’uomo le offrì il braccio e Merlyn accettò, all’interno della sala udirono Uther annunciare il loro ingresso.

«Do a voi il vincitore, il Principe Arthur accompagnato dalla Principessa Merlyn.» la coppia venne investita da un coro d’applausi e la maga cercò quasi di nascondersi, per niente abituata all’attenzione.

Uther si avvicinò a loro e guardò da testa a piedi la moglie del figlio, annuendo soddisfatto «Finalmente ti presenti come una donna del tuo status sociale.» le disse facendo innervosire Arthur, ricevendo un «Padre.» d’ammonizione.

«Chissà, forse sarà anche l’ultima volta. Al prossimo evento potrei venire con i pantaloni.» rispose la maga inarcando un sopracciglio, vogliosa di innervosire il re. Sapeva che se non fosse sposata ad Arthur sarebbe già stata bandita da Camelot o uccisa, come sapeva ovviamente che non si sarebbe mai permessa di parlargli in quel modo senza la protezione del suo matrimonio. Era leggermente ipocrito il suo modo di comportarsi, ma non riusciva a farne a meno.

Uther si accigliò, pronto a dire una cattiveria, ma un nobile si avvicinò per congratularsi con Arthur, obbligandolo a rimandare giù il veleno.

La coppia si allontanò ancora sottobraccio, ricambiando i saluti dei nobili che continuavano a congratularsi con il principe, riuscirono a raggiungere Morgana e Gwen solamente una decina di minuti dopo.

«Sono quasi invidiosa, Arthur, tua moglie è la dama più bella della festa.» commentò la protetta del re facendo arrossire ulteriormente la maga. Non poteva essere la più bella, non lo era nemmeno ad Ealdor! Ricordò quasi con invidia i capelli biondi di Evelune, i suoi modi di fare così gentili, non per niente era la ragazza più ambita del villaggio.

Arthur rise posando una mano sul fianco della maga «Mia moglie è la dama più bella di Albion.» rispose facendo alzare gli occhi al cielo a Lancelot che era lì vicino a Gwen.

«La state facendo arrossire, Sire.» gli fece notare la serva divertita al contrario del suo corteggiatore. C’era un qualcosa di estremamente intrattenente nel vedere quei due girarsi intorno senza alcun motivo.

Merlyn cercò di darsi una sistemata e per fuggire dalle grinfie di Morgana chiese «Mi concedi il piacere di questo ballo?» porgendogli la mano in modo galante, ribaltando i ruoli.

Arthur le prese la mano, iniziando a guidarla verso gli altri invitati danzanti «Con piacere.».

Morgana guardò Lancelot incredula, aveva appena sentito una dama invitare un uomo a ballare? Dov’era finita la galanteria cavalleresca?

Lancelot alzò le spalle «Sono fatti così.» disse semplicemente mentre offriva la sua mano a Gwen, la servitù poteva ballare in un angolo e non voleva perdere l’occasione di poter stringere la donna tra le braccia.

La protetta del re rimase sola, leggermente divertita ma anche triste. Non vedeva l’ora anche lei di trovare l’amore.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno ***


In due settimane le cose erano cambiate notevolmente. Per cominciare Merlyn non doveva più dividere la stanza con tre uomini ed un bambino ed in relazione a questa informazione veniva la notizia dell’investimento a cavaliere di Gwaine.

All’uomo era stata data una stanza tutta per sé a palazzo, poco lontana dalla torre del medico di corte, e l’uomo aveva pensato bene di portarsi dietro Parsifal e Lancelot dichiarando che «Uther non può decidere chi dorme nelle mie stanze.» infrangendo già una dozzina di regole.

Questo lasciava Merlyn e Mordred da soli insieme a Gaius e in tre si stava decisamente meglio. Il bambino aveva più spazio per giocare e quando nessuno lo guardava scappava via per andare nelle stanze di Morgana per giocare con la donna.

«Credo che si stia affezionando più a lei che a me.» borbottò Merlyn quasi gelosa mentre il marito le passava una mano sulla schiena in gesto consolatorio guardando il figlio passeggiare con la Lady per i giardini di palazzo.

«Forse si sente solo, infondo sei sempre in giro a lavorare.» le disse cercando di non suonare offensivo. Merlyn era una donna fantastica e la sua dedizione al lavoro era ammirevole, soprattutto quando poteva permettersi il lusso di passare le giornate a passeggiare come Morgana.

La maga sospirò pesantemente scostandosi dalla finestra. Si era fermata nelle camere di Arthur per dare una mano a Morris, ma il ragazzo non aveva molto da fare e quindi si era concessa un attimo per guardare suo figlio venirle rapito in quel modo dalla dolce Morgana.

«Andiamo, Merlyn, non prenderla a male.» provò il principe abbracciandola da dietro, il mento posato sopra la sua testa. Da dopo il torneo le cose non erano cambiate molto, c’erano ancora i baci occasionali, ma Merlyn continuava a dirgli che doveva aspettare, che una bugia lunga tre anni non poteva essere perdonata nel giro di due mesi.

«Non ci sto rimanendo male, Arthur, è solo che mi manca la vita che avevamo ad Ealdor.» ammise finalmente. Non voleva suonare ingrata, amava poter essere nuovamente con il marito, ma la semplice vita di campagna era più sicura per un bambino druido e poco importava se nessuno nel villaggio sembrava sopportare loro. Ripensò alla vita prima che Arthur venisse prelevato con la forza da casa loro, quando era tutto fantasticamente perfetto e quel fastidioso Destino sembrava lontano e poco importante. Per un attimo desiderò tornare ancora indietro, quando litigavano nell’infermeria dell’arena. Tutto era meglio che Camelot, il posto brulicava di pericoli e Merlyn non conosceva riposo dall’arrivo nella città.

La presa di Arthur si fece leggermente più stretta «Lo so, Merlyn, manca anche a me.» le disse piano facendola girare per incontrare i suoi occhi limpidi «E se me lo chiederai scapperò con te e Mordred in questo esatto istante. Fuggiremo su una nave per raggiungere Laigin e mio padre non ci troverà mai.» giurò prendendole il viso tra le mani. Era pronto a lasciare nuovamente tutto per stare con lei, qualsiasi cosa pur di tornare alla vita che avevano condiviso prima che Osbert rovinasse il loro sogno.

Merlyn gli sorrise tristemente «Non possiamo sfuggire al nostro Destino, Arthur, lo sai bene.» gli disse toccandogli a sua volta una guancia, adorando il modo in cui il marito si poggiò al suo palmo «E non potrei mai chiedere una cosa talmente egoista, la tua gente ti ama, sei destinato a diventare un grande re, il più valoroso e giusto di tutti i tempi.» aggiunse alzandosi in punta di piedi per baciarlo, ma questa volta invece di un semplice tocco di labbra voleva approfondire, voleva sapere nuovamente cosa si provasse ad essere baciata veramente, voleva sentire le loro lingue incontrarsi, voleva…

«Sire, Merlyn è con voi?» la voce di Gaius oltre la porta interruppe il loro momento, facendoli fermare ad appena un centimetro tra le loro labbra.

I due innamorati si separarono riluttanti, ricomponendosi un minimo e Merlyn si allontanò, fingendo di pulire il tavolo che era già stato pulito da Morris prima di andare a riportare i piatti nelle cucine.

«Avanti.» invitò il principe sedendosi alla sua scrivania, fingendo di star leggendo un documento che teneva involontariamente al contrario.

Gaius li guardò sospettoso, ma non disse nulla «Sire, ho bisogno di Merlyn.» disse guardando la ragazza evitare il suo sguardo.

Arthur sembrò quasi volergli dire di no, quella mattina sembrava andare così bene e Merlyn gli sembrava più amorevole del solito «Certo, Gaius.» rispose alzandosi per raggiungerlo alla porta, così da poter vedere da vicino Merlyn prima che se ne andasse «Porterò io Mordred dal tutore, non preoccuparti.» le disse ricevendo in cambio un sorriso.

«A presto.» lo salutò mentre Gaius la esortava a seguirlo.

«A presto.» rispose l’uomo guardandola andare via con sguardo sognante. Sì, poteva vedersi fuggire insieme alla sua famiglia oltre il mare per raggiungere la Western Isle e visitare i suoi otto regni, infondo era quello il loro piano, viaggiare e scoprire posti nuovi.

«Ti prego, mi farai vomitare.» la voce di Gwaine spezzò il momento, l’uomo era stato assegnato di guardia alle sue stanze, il ruolo di guardia personale di Merlyn era riservato esclusivamente agli eventi portanti di stranieri da tutta Albion.

Sir Leon non poteva negare che quei due fossero estremamente drammatici, ma anche vomitevolmente innamorati. Tra i cavalieri erano state aperte le scommesse su quanto tempo ci avrebbero messo i due a tornare insieme e sposarsi davanti alla Corte e Gwen aveva riferito loro che anche tra la servitù c’era una scommessa del genere.

«Gwaine, non costringermi a mandarti nuovamente a pulire le stalle.» minacciò il principe quasi pentendosi di aver nominato cavaliere l’amico. L’uomo era un vero incubo, la cuoca era arrivata da lui personalmente per lamentarsi dei furti nella sua cucina che avvenivano per mano del cavaliere.

Gwaine ghignò, l’idea di andare alle stalle non gli dispiaceva minimamente, avrebbe potuto vedere e chiacchierare con Parsifal!

«Oh, principessa, non prendertela con me se la tua sposa ancora non ti ha perdonato.» rise adorando il modo in cui Arthur arrossì, era umiliante per il principe sapere che tutta Camelot era a conoscenza dei suoi problemi matrimoniali, ma anche grato che capissero veramente la situazione. Chi mai avrebbe perdonato un uomo che aveva mentito sulla propria identità?

«Stalle. Subito.» sibilò prima di chiudere la porta delle sue stanze. Gwaine lo faceva letteralmente impazzire.

⸸⸸⸸

Gaius l’aveva portata in una via nella parte bassa della città, a terra c’era sdraiato un uomo che non sembrava stare bene.

«Non hai paura?» gli chiese quando lo vide toccare il polso dell’uomo.

«Di cosa?» Gaius si girò a guardarla con quell’espressione che sembrava darle della stupida.

«Di prendere lo stesso male che ha colpito questo uomo.» spiegò rimanendo a debita distanza. Aveva visto molti malati in vita sua, ma quello che aveva davanti aveva la pelle praticamente cerule.

«Sono medico di Corte, è il mio lavoro.» rispose tornando a rivolgere la sua attenzione sull’uomo «E quando non ci sarò più sarà il tuo lavoro.» le ricordò mentre rigirava il corpo.

Merlyn fece un altro passo indietro, spaventata: gli occhi dell’uomo erano completamente bianchi ed il viso era ricoperto da venature blu. La maga si affrettò a rubare una coperta appesa lì vicino, dovevano immediatamente coprire il corpo.

«Brava, nessuno deve vederlo.» la lodò Gaius aiutandola a sistemare il lenzuolo sopra l’uomo.

La donna si guardò intorno ed individuò quello di cui avevano bisogno: un carretto. Si avvicinò all’oggetto chiedendo al padrone se potesse prenderlo in prestito, indicando distrattamente verso il cadavere a pochi metri da loro. L’uomo si inchinò immediatamente «Certo, Principessa, è un onore poterle essere d’aiuto.» le rispose tenendo lo sguardo a terra.

«Uhm, non c’è bisogno, potete chiamarmi Merlyn.» disse mentre prendeva una delle stanghe per trascinare l’oggetto verso Gaius.

«Lasciate che vi aiuti.» provò l’uomo vedendo la donna faticare a trascinare il carretto.

Merlyn gli sorrise «Oh, no, non c’è bisogno. Dovreste continuare a fare affari, una donna sta ispezionando i vostri prodotti.» gli fece notare indicando il suo banco di spezie dove più persone stavano annusando incuriosite le polveri.

Gaius e Merlyn riuscirono a sollevare il corpo esanime dell’uomo sul carretto non con poca fatica.

«La prossima volta ci portiamo dietro qualcuno che abbia veramente dei muscoli.» scherzò mentre iniziarono a condurre il carretto verso il castello.

«O magari puoi allenarti tu.» la prese in giro l’anziano, donne con muscoli erano praticamente introvabili. Nemmeno Morgana che aveva avuto un allenamento da spadaccina aveva sviluppato muscoli come quelli di Arthur o perfino quelli di Morris, sviluppatosi secchio dopo secchio pieno d’acqua trasportato per le scale del castello.

Erano quasi arrivati a destinazione quando sentirono una voce ben famigliare richiamare la loro attenzione.

«Cosa state facendo?» chiese Gwen guardando incuriosita il carretto. Tra le mani teneva un piccolo mazzo di fiori.

Merlyn quasi non inciampò nell’andare verso il retro del carretto per nascondere a Gwen la macabra verità su quello che trasportavano «Niente d’importante, stiamo solamente trasportando cose.» rispose cercando di non suonare troppo nervosa.

La serva non sembrò del tutto convinta e Merlyn deviò la sua attenzione «Lance ti ha regalato dei fiori?» le chiese aspettandosi un gesto del genere dall’amico. Lancelot era un gran romantico ed era totalmente perso per Gwen, poco ci mancava che le scrivesse una poesia. Merlyn non aveva da lamentarsi, Arthur le portava sporadicamente dei fiori e le ricordava quasi ogni giorno che l’amava.

«Oh, no, li ho raccolti per Lady Morgana.» rispose la serva sorridendo dolcemente pensando alla sua signora «Ne vorresti uno?» le chiese quasi in imbarazzo per non aver pensato anche all’amica.

Merlyn accettò di buon cuore il fiore e lo mise dietro l’orecchio in quanto le mani le sarebbero servite.

«Il viola ti dona.» offrì la serva sorridendole, intorno a loro la gente continuava a passare e la maga poteva sentire lo sguardo di Gaius su di lei.

«Grazie, Gwen.» rispose la ragazza «Ci vediamo dopo.» salutò iniziando a spingere il carretto da dietro, Gaius che teneva ancora una stanga.

«A dopo.» rispose Gwen guardando i due andare via.

⸸⸸⸸

Merlyn non rimase a lungo con Gaius per ispezionare il corpo del povero cittadino di Camelot, aveva promesso a Elaine che avrebbe pulito lei il camino della cucina dopo la colazione.

Fortunatamente Gaius l’aveva lasciata andare, dichiarando che non poteva fare molto se non sapevano di cosa si trattasse.

Così, praticamente dentro al camino, sporca di fuliggine dalla testa ai piedi, non si aspettava di sentire il proprio nome chiamato a gran voce. Per istinto entrò maggiormente dentro il grande camino, mettendosi in piedi per raggiungere ancora più in alto le pareti della canna fumaria che necessitava di eguale pulizia. Chiunque la stesse cercando poteva aspettare.

«È nel camino, Sire.» sentì una spia dire e in quel momento Merlyn sapeva che sarebbe stata costretta ad uscire allo scoperto ed affrontare chiunque la stesse cercando.

Appena uscita dal camino si trovò faccia a faccia con Arthur «Oh, Arthur, che sorpresa trovarti qui.» disse cercando di pulirsi le mani prima di accettare l’aiuto del marito per scendere.

«Non mi piace vederti lavorare nelle cucine, Merlyn.» le ricordò il principe cercando di lavare via la fuliggine dal viso della moglie. L’amava, ovviamente, e rispettava le sue decisioni, ma la maggior parte delle volte che la vedeva era sporca e la cosa non gli andava a genio. Nemmeno quando erano semplici contadini di Ealdor l’aveva vista in quello stato vergognoso.

«Qualcuno deve pur pulire il camino, Arthur.» rispose la donna mentre veniva condotta fuori dalle cucine, senza nemmeno rendersene conto talmente concentrata nel guardare gli occhi del marito.

Arthur strinse le labbra e si guardò intorno, assicurandosi che fossero da soli «Gaius ci ha detto del corpo che avete trovato questa mattina.» le disse mentre cercava ancora di pulirla «Un altro uomo è morto, a palazzo, mio padre e Gaius sospettano sia opera della magia.» le spiegò guardando accigliato il fiore che la ragazza aveva dietro l’orecchio: lui non le aveva mai regalato dei fiori viola! «Mio padre vuole che aiuti Gaius per trovare una cura, ma ti prego, non ti avvicinare troppo alle vittime.» la pregò prendendole il viso quasi pulito tra le mani «Non so cosa farei se ti succedesse qualcosa.» sussurrò come se fosse un segreto.

Merlyn gli prese le mani tra le sue «Arthur, non devi preoccuparti per me.» disse sorridendo appena, intenerita dalla preoccupazione del marito nei suoi confronti «E se è veramente magia riusciremo a risolvere il problema, insieme.» promise mettendosi sulla punta dei piedi per baciargli una guancia.

«Ora devo andare, mio padre vuole che trovi lo stregone e devo perlustrare ogni casa di Camelot.» le disse sorridendo leggermente per quell’innocente bacio; era sulla giusta strada del perdono, se lo sentiva.

La maga annuì, capiva che Arthur aveva un dovere verso suo padre e che doveva eseguire i suoi ordini, ma era certa che anche se avesse trovato uno stregone non l’avrebbe ucciso perché ora sapeva la verità: che non tutta la magia era malvagia.

⸸⸸⸸

Merlyn non era brava a mantenere le promesse, evidentemente non era nella sua natura tenersi fuori dai guai, quindi mentre camminava per la città con Gaius e vide un uomo in fin di vita non riuscì a non chinarsi vicino a lui per provare a dargli conforto.

«Gaius, è ancora vivo.» gli fece notare quasi implorante, doveva esserci qualcosa che potevano fare!

«Non possiamo fare nulla per lui.» rispose il medico di corte senza alcuna compassione nella voce, freddo quanto il ghiaccio.

Merlyn scosse la testa «Almeno proviamoci.» provò a convincerlo mentre l’uomo le afferrò la tunica per tirarla ancora più vicino a lui, le labbra che si muovevano ma senza emettere alcun suono.

Improvvisamente si sentì tirare da dietro, distanziandola dall’uomo che respirava a malapena.

«Sire, mi dispiace…» iniziò Gaius notando lo sguardo leggermente furibondo del principe. Gli aveva promesso che avrebbe protetto Merlyn e non aveva fatto un buon lavoro.

Arthur non era solito arrabbiarsi con la moglie, forse in tre anni non avevano mai veramente litigato, ma vederla così vicina ad un malato, sconsiderata delle conseguenze delle sue azioni, gli fece venire voglia di urlarle contro e rinchiuderla nelle sue stanze, al sicuro, lontana da quella peste che sembrava essersi già presa mezza città.

Eppure Arthur era diventato un uomo che non alzava la voce, un tempo non si sarebbe fatto problemi ad urlarle contro, Morgana gli diceva spesso che l’amore cambiava le persone e lui ne era la prova.

«Merlyn, cosa ti avevo chiesto?» le domandò con voce calma, cercando di non far notare il lieve tic all’occhio. Avevano già ricercato metà delle case e nessuno sembrava ospitare uno stregone malvagio.

«Di non avvicinarmi agli ammalati, ma quest’uomo è ancora vivo, possiamo aiutarlo!» insistette la ragazza indicando l’uomo che ancora boccheggiava cercando di dire qualcosa.

«Se non sappiamo che male è, come possiamo curarlo?» le chiese Gaius non vedendo logica nella nipote.

«Con la magia.» rispose la giovane maga quasi stupidamente. Arthur le posò una mano sulle labbra, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno l’avesse sentita. Solamente sua moglie poteva essere talmente sconsiderata da nominare la magia durante una caccia allo stregone!

«Merlyn.» la voce del marito era furiosa e Gaius per un attimo temette di ritrovarsi fra le mani due amanti in lite «Non dire nemmeno per scherzo una cosa del genere!» l’ammonì ignorando lo sguardo ferito della moglie «Non costringermi a rinchiuderti in qualche stanza in attesa che passi questa maledizione.» le disse ora con tono stanco.

La maga si allontanò bruscamente dall’uomo «Non puoi ordinarmi cosa fare, Arthur.» gli disse risentita «E soprattutto non puoi prendermi e rinchiudermi in qualche torre come una principessa che ha bisogno di protezione.» aggiunse alludendo a Morgana, la Lady era stata confinata nelle sue stanze da Uther, impaurito che potesse succedere qualcosa alla sua protetta.

Arthur divenne rosso in volto, arrabbiato « Merlyn, voglio solo proteggerti!» disse con il cuore che batteva all’impazzata, intorno a loro i cavalieri di Camelot continuavano la ricerca «Non potrei sopportare di perderti, è questo che vuoi sentirti dire? Che farei di tutto per saperti al sicuro? Che mi farei anche odiare da te pur che tu possa vivere un altro giorno?» le domandò completamente estraniando Gaius dalla scena «Come pensi che potrei vivere un giorno senza di te? Come puoi mettere la tua vita in pericolo in questo modo quando c’è Mordred che ci aspetta a casa?» le ricordò afferrandole un braccio senza alcuna traccia di violenza, era un tocco leggero, amorevole, quasi disperato come le sue parole.

Gaius si sentì improvvisamente di troppo, a disagio per essere spettatore di quella confessione d’amore, per di più con un uomo morente ai loro piedi.

«Nemmeno io voglio perderti!» rispose con la stessa veemenza la ragazza «Credi che per me sia facile sapere che posso fare qualcosa per aiutare tutta questa gente, ma per colpa di tuo padre non posso?» gli chiese cercando di trattenere le lacrime. Amava Arthur, con tutto il suo cuore, ma non poteva accettare l’idea che lasciasse morire tutta quella gente solo per proteggere lei.

Il principe se la tirò ancora più vicino, i loro petti si incontravano ad ogni respiro «Farei morire l’intero Regno per saperti al sicuro.» le disse a bassa voce, sincero. Amava Camelot e i suoi cittadini, ma Merlyn era tutta la sua vita, senza di lei non aveva ragione di esistere, senza di lei ogni respiro sarebbe stato inutile.

«Merlyn, Sire, credo che dobbiate separarvi.» intervenne Gaius prendendo la nipote per le spalle per mettere una distanza socialmente accettabile tra i due «E che dobbiate calmarvi.» aggiunse notando le gote arrossate degli sposi. Non aveva visto tutta quella passione in decenni, quei due erano veramente destinati per stare insieme, con o senza profezia.

«Sire, con il vostro permesso.» disse l’anziano iniziando a trascinare Merlyn verso il castello. Lasciarono il principe da solo, lo sguardo distrutto, e il medico si avvicinò quanto bastava per sussurrare alla nipote «Tranquilla, Merlyn, la scienza ci aiuterà a trovare una soluzione.» ignorando delle piccole lacrime che scapparono dai suoi occhi.

La maga annuì, non del tutto convinta, mentre nel cuore aveva un turbine d’emozioni che non sapeva spiegarsi. Le parole di Arthur erano quelle di un uomo innamorato e lei pensò di non meritarsele.

⸸⸸⸸

La scienza non serviva a nulla! Merlyn guardò Gaius cercare di identificare il contenuto dello stomaco della vittima. La magia si combatteva con la magia, non c’erano altre possibilità.

Mordred era stato spedito da Morgana dopo aver finito la lezione con il tutore, Uther in persona lo era andato a prendere dalla biblioteca e portato nelle stanze della Lady. Merlyn si era arrabbiata, ovviamente, quell’uomo non aveva voce in capitolo sugli spostamenti di suo figlio, ma sapeva che in quel momento le loro stanze era il posto più pericoloso dove essere.

Merlyn e Gaius stavano discutendo sul fatto che la magia non fosse né buona né cattiva quando la porta delle loro stanze si aprì di colpo e delle guardie entrarono insieme ad Arthur.

«Scusaci Gaius, stiamo cercando in ogni abitazione.» disse il principe mentre le guardie cominciarono a girare alla ricerca.

«Cosa cercate?» domandò stupidamente l’uomo.

«Lo stregone.» rispose Arthur tenendosi strettamente sull’uso del maschile, non volendo nemmeno mettere tra le possibilità che ci fosse una donna dietro, così da non poter far ricadere l’attenzione su Merlyn.

«Perché dovrebbe essere qui?» domandò giustamente l’uomo.

«Perquisiamo ogni casa.» disse il principe notando il nervosismo di Merlyn nel suo girarsi e guardarsi intorno.

«Non abbiamo nulla da nascondere, potete cercare tranquillamente.» sospirò il medico sussultando alle maniere brusche dei cavalieri.

Merlyn gli afferrò il braccio quando vide Sir Bernard andare verso la porta della sua camera e Gaius tremò per un breve istante. Sapeva benissimo cosa c’era lì dentro e se lo avessero trovato né lui né Merlyn ne sarebbero usciti vivi.

«Sir Bernard!» chiamò Arthur bloccando l’uomo «Cosa credete di fare?» domandò andando a chiudere la porta leggermente aperta.

«Dobbiamo controllare ogni stanza, Sire.» rispose il cavaliere leggermente confuso sul perché il principe lo stesse bloccando.

«Non permetterò a nessuno di entrare nelle stanze di mia moglie, condurrò io stesso la ricerca all’interno.» disse con tono duro, non gli piaceva l’idea che qualcuno mettesse le mani tra le cose di Merlyn e Mordred, soprattutto quando sapeva cosa nascondevano.

Sir Bernard fece un passo indietro «Mi scusi, Sire, non sapevo fossero le stanze della principessa.» si scusò sinceramente. Anche le stanze di Lady Morgana erano state perquisite esclusivamente dal principe, quindi non vedeva cosa ci fosse di strano nel lasciarglielo fare anche per le stanze di Lady Merlyn. Quello che Sir Bernard ancora non riusciva a capire, però, era come la principessa non avesse una stanza degna del suo status, nonostante il rifiuto di risposare il principe davanti alla Corte.

Merlyn si lasciò scappare un sospiro e seguì Arthur all’interno della sua stanza, dove la prima cosa che si poteva notare era il grimorio posato a terra vicino al letto.

«Grazie.» gli disse raccogliendo il libro per andare a nasconderlo dentro il cassetto con la sua biancheria intima.

Arthur le prese un polso e se la tirò contro, baciandola per la prima volta di sua iniziativa, sentendo il bisogno di avere le sue labbra dopo la litigata di prima. L’amava da impazzire e si sarebbe fatto mettere al rogo lui stesso pur di salvarla.

Merlyn ricambiò, sentendosi come quella mattina, affamata per un vero bacio. Le mani andarono ad allacciarsi dietro il collo del marito, tirandolo ancora di più verso di lei, separando le labbra per far incontrare le loro lingue dopo nove mesi di lontananza. Era magico come se lo ricordava, il suo corpo venne scosso dal puro desiderio di poter rimparare a conoscere il corpo del marito, voleva sentire la sua pelle nuda sotto le mani, voleva poter fare nuovamente l’amore con lui.

Arthur la sollevò da terra, completamente perso nel momento, dimenticandosi della peste e delle persone ad una porta di distanza, una piccola farfalla blu iniziò a volare per la stanza. Posò le mani con i palmi aperti sotto le natiche della moglie, quasi piangendo dalla gioia per avere il permesso di farlo nuovamente. Gwaine non aveva ragione quasi su niente, ma quando si trattava d’amore riusciva a dire cose sensate, come quando lo aveva avvertito che quando avrebbe potuto riavere Merlyn sarebbe stato mille volte meglio di quando erano ad Ealdor.

La maga strinse le gambe intorno al suo bacino, stringendolo in una morsa micidiale, il viso che sembrava volersi fondere con quello dell’amato. Merlyn era affamata, era disposta a sotterrare l’ascia di guerra pur di riavere tutto questo.

Quando la mano di Arthur si insinuò tra i loro corpi e andò a prendere un seno della moglie la magia si spezzò e Merlyn si allontanò quasi scottata, facendosi posare a terra e ritirandosi verso il muro tenendo le braccia a coprire il petto.

Per un attimo le era sembrato di tornare nell’armeria insieme a Valiant, il ricordo di quella mattina ancora impresso nella sua memoria. Aveva cercato di far finta che non fosse accaduto nulla, che andava tutto bene, ma quel momento con Arthur le aveva appena dimostrato che non aveva completamente superato la cosa.

«S–scusami.» borbottò la giovane continuando a stringersi le braccia al petto, terrorizzata dal ricordo, la farfalla blu prese fuoco e scomparì in cenere «Io…» provò a giustificarsi, ma un nodo alla gola le bloccò le parole.

Arthur capì, senza bisogno di giustificazioni, anche se Merlyn non gli aveva raccontato nei dettagli cosa era accaduto Morgana aveva fatto da sostituta, descrivendo tutto quello che aveva visto e il principe sapeva con certezza che Valiant aveva osato posare la sua sudicia mano sul seno della moglie.

«Tranquilla, Merlyn, nessuno ti farà del male.» la rassicurò tenendo le distanze, dimostrandole che non c’era nulla di cui aver paura, che Arthur era un uomo nobile che non si sarebbe mai e poi mai imposto su di lei.

Certamente non si aspettava di venire abbracciato, la tunica rossa che indossava venire macchiata dalle lacrime della moglie «Scusami.» disse ancora, il viso nascosto mentre cercava di capire come potesse essere così stupida.

Valiant era morto, non poteva farle del male, come aveva potuto scambiare il dolce tocco di Arthur per quello del suo violentatore?

Arthur ricambiò l’abbraccio, lasciando che si sfogasse, non certamente offeso per quello che era accaduto. Gaius era stato sincero con lui e lo aveva avvertito di una possibilità del genere, la psiche lavorava in maniera misteriosa e solamente il tempo sarebbe riuscito a curare quella ferita morale che la ragazza si portava dentro. Arthur doveva solamente essere lì ed amarla.

Sentirono bussare alla porta, costringendo i due a separarsi.

«Stai bene?» le chiese asciugandole una lacrima con un dito.

Merlyn annuì, ancora confusa per la sua stessa reazione, ma non voleva far preoccupare ulteriormente il marito.

Uscirono insieme e tutti guardarono straniti la coppia, il principe aveva un’espressione seria in volto e la donna stava chiaramente piangendo, ma nessuno poteva nemmeno immaginare il perché.

«Quanto ci vorrà per trovare una cura?» chiese Arthur lasciando andare la mano di Merlyn per tornare dai suoi uomini, le labbra arrossate per i baci.

«Dipende da quante interruzioni subirò» rispose Gaius volendo puntare sul sarcasmo. L’uomo si era messo vicino a Merlyn, una mano sulla spalla come forma di conforto, uno sguardo leggermente adirato nei confronti del principe.

Merlyn era una ragazza particolare, forse fin troppo combinaguai, ma Gaius non avrebbe permesso a nessuno di farla piangere mentre era sotto la sua protezione.

Quando gli uomini lasciarono le stanze il medico fece sedere la nipote su una sedia «Vuoi parlarne?» domandò porgendole un fazzoletto di stoffa per soffiarsi il naso.

La maga scosse la testa, non aveva particolare voglia di raccontare allo zio cosa stesse succedendo nella sua stanza, era a dir poco scandaloso nonostante fossero sposati, ma apprezzò ugualmente la preoccupazione.

«Dobbiamo trovare una cura.» disse semplicemente dopo essersi pulita il viso «Mettiamoci a lavoro.» aggiunse mentre nella sua testa aveva un’altra idea.

La scienza non sarebbe servita a nulla, la vera risposta era nel grimorio.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue ***


Arthur non era particolarmente affezionato a suo padre, l’uomo non lo aveva mai trattato in modo particolare, non come Arthur trattava Mordred. Il fatto che poi lo aveva portato via da Ealdor e minacciato più volte di fare del male a sua moglie non lo rendeva più amabile.

Il re sapeva mentire bene, era riuscito a far credere a tutti che Merlyn gli stesse “simpatica”, ma Arthur riusciva benissimo a vedere oltre quella bugia.

«Abbiamo perquisito l’intera città.» lo avvisò entrando nella sala dedicata agli incontri del Consiglio.

«Niente?» chiese l’uomo con espressione preoccupata.

Arthur lo guardò quasi con pietà «Non saprei dove altro cercare.» rispose sentendo il peso delle sue decisioni sulle spalle. Merlyn aveva ragione quando diceva che poteva curare quella malattia con la sua magia, ma non avrebbe mai messo la sua vita in pericolo.

Uther si passò una mano sul volto «Voglio che imponi il coprifuoco.» ordinò dandogli le spalle «Nessuno sarà in strada dopo il grande rintocco.» aggiunse continuando a muoversi verso il suo trono «E isola la città bassa.» decretò girandosi a guardarlo.

Arthur aggrottò la fronte «Perché?» chiese onestamente confuso.

Il padre lo guardò come se fosse uno sciocco «È lì il maggior numero di vittime.» spiegò come se fosse ovvio «Isolandola impediremo che il morbo si diffonda.» continuò iniziando a dirigersi all’uscita laterale della sala, doveva parlare con delle persone.

Il principe non rimase in silenzio, per anni aveva eseguito gli ordini senza mai obbiettare, ma ora era diverso «E le persone che ci vivono?».

«Pensi che non l’abbia considerato?» gli chiese guardandolo con un pizzico di astio, come se lo avesse accusato di qualcosa di non veritiero «Che altro posso fare, Arthur? Devo proteggere gli altri abitanti.» gli spiegò con voce fintamente spezzata.

Arthur non aveva voglia di litigare, non voleva alzare la voce contro il padre e dirgli che stava sbagliando, sarebbe stato lui stesso a trovare la soluzione prima che altri innocenti perissero a causa di quella peste.

Fece un piccolo inchino e incominciò ad incamminarsi verso l’uscita quando la voce del padre lo richiamò.

«Dì a Gaius di tenere lontana tua moglie dai malati.» ordinò ancora «Non vorrei le succedesse qualcosa e che te la prendessi come me.» aggiunse quasi canzonatorio. Quando Merlyn era stata attaccata da Valiant, Arthur aveva avuto un’enorme discussione con il padre sulla sicurezza di quegli eventi, dicendogli che da quel giorno in poi non si sarebbe mai più dovuta ripetere una situazione del genere.

Il principe annuì, sapeva esattamente cosa dovesse fare.

⸸⸸⸸

Merlyn e Gaius avevano appena capito che la malattia si trasmetteva attraverso l’acqua quando Arthur entrò nelle stanze da solo, un’espressione preoccupata in volto.

«Mio padre ha ordinato di non lasciare Merlyn vicino alle vittime.» disse vedendo la moglie proprio impegnata a coprire la Lady con il lenzuolo bianco.

Alzò una mano quando vide la donna alzarsi in piedi e posare le mani sui fianchi «E so che non può ordinarti di fare nulla e tantomeno posso io, quindi sono qui per sapere come procedono le ricerche.» si affrettò a dire prima che gli si potesse scatenare contro la furia dell’amata. Ancora non avevano parlato del giorno precedente, era un argomento delicato che avrebbero affrontato dopo aver eradicato il morbo.

«Abbiamo capito che la malattia si diffonde attraverso l’acqua, Sire.» rispose Gaius con poche parole.

Arthur annuì «E ora che faremo?» domandò guardando la moglie.

Merlyn alzò le spalle, non aveva la minima idea di cosa fare, in più le mancava Mordred, né a lei né ad Arthur era concesso entrare nelle stanze di Lady Morgana in quanto soggetti a rischio per l’elevato numero di contatti con i moribondi.

«Andremo a controllare alla sorgente.» rispose Gaius alzandosi per prendere la sua borsa e passarla a Merlyn «Se vuole venire con noi.» aggiunse in invito al Principe guardandolo da sotto il cipiglio severo.

«Certo.» rispose Arthur, mai al mondo avrebbe lasciato Merlyn andare in un posto pericoloso come quello da sola o con un povero vecchio.

Arrivarono fuori le mura di Camelot, una piccola porta chiusa da una catena impediva ad altri di entrare nella fonte d’acqua della città. Gaius aprì il lucchetto con la chiave che si erano fatti consegnare da Miss Jody, responsabile di palazzo.

Merlyn accese la torcia e guardò giù per le scale, vedendo solamente un tunnel nero «Spero non ci siano ratti.» borbottò accettando la mano di Arthur per iniziare a scendere i gradini, dietro di loro un abbandonato Gaius al quale serviva seriamente una mano.

Arrivarono alla fonte ed il medico di corte ordinò alla ragazza di prendere l’acqua in una fiala. La ragazza obbedì senza lamentarsi, immergendo la fiala sotto il livello dell’acqua contaminata.

«Ora possiamo andare, la esamineremo al laboratorio.» disse l’anziano ancora confidente nel metodo scientifico che fino a quel momento si era rivelato prettamente inutile.

Stavano giusto andandosene quando un’orribile creatura uscì fuori dall’acqua e Arthur non perse tempo ad estrarre la propria spada, pronto a difendere i due. La creatura però non attaccò, com’era emersa ritornò immediatamente nelle acque e Merlyn quasi non se la fece sotto.

«Sto per vomitare.» disse portandosi le mani allo stomaco. Aveva visto molte cose disgustose, ma quella creatura era un vero abominio e pensare che aveva bevuto dell’acqua dove quell’essere nuotava indisturbato non le stava facendo bene allo stomaco.

Arthur le circondò le spalle con un braccio, chinandosi per chiederle se avesse veramente bisogno di rigettare.

La maga scosse la testa, sorridendogli timidamente, il cuore in subbuglio per l’attenzione e l’amore che suo marito le dimostrava.

Gaius alzò gli occhi al cielo, chiedendosi come fosse finito a fare da terzo incomodo alla coppia e capì finalmente cose intendeva Gwaine quando gli raccontava di come fosse imbarazzante vederli girare intorno a sé stessi mentre erano ad Ealdor. La prossima volta avrebbe portato anche Gwaine con loro!

Tornarono di fretta nella sua torre, chiudendosi la porta alle spalle e Merlyn andò immediatamente a prendere il grimorio per portarlo nella stanza principale.

Gaius individuò piuttosto velocemente la creatura «Era un Afanc.» annunciò alla coppia «Un mostro fatto di argilla evocato solo dal più potente degli stregoni.» lesse spiegando ai due di cosa si trattasse.

Arthur inarcò un sopracciglio «Credevo che Merlyn fosse la maga più potente a camminare sulla terra.» disse non credendo nemmeno per un secondo che fosse opera della moglie.

«Merlyn non è l’unica ad usare la magia, Sire, in giro ci sono abili stregoni nonostante mia nipote sia la più potente.» spiegò l’uomo togliendosi gli occhiali da lettura «Ora dobbiamo solamente scoprire come sconfiggerlo.» sussurrò guardando verso i suoi libri, sapeva di avere la soluzione da qualche parte.

«Devo andare, adesso; appena scoprite come fare venite a cercarmi.» disse a mo’ di saluto, il Sole era alto in cielo e voleva dire che tra poco sarebbe toccato a lui prendere nuovamente il comando della ricerca allo stregone da Sir Leon.

La maga lo guardò quasi sconsolata, quella piccola avventura gli aveva ricordato molto i tempi di Ealdor e voleva che non finisse.

Gaius le posò una mano sulla spalla «Muoviamoci.» la esortò. Prima avrebbero trovato la soluzione e prima avrebbe potuto rivedere i suoi amici e stare con Arthur.

⸸⸸⸸

Gwaine era nelle sue stanze insieme a Parsifal e Lancelot, non vedevano Merlyn e Arthur da due giorni e la cosa non piaceva a nessuno. Sapevano quanto questa malattia fosse pericolosa, ma non era permesso loro avvicinarsi ai due in quanto i più soggetti a poter spargere la malattia.

«Chissà se stanno bene.» sospirò Lancelot, il più preoccupato dei tre, perfino Gwen non aveva più visto Merlyn nelle cucine a lavorare e le era stato impedito di attendere a Lady Morgana in quanto proveniente dalla parte bassa della città.

Gwaine addentò la sua mela, completamente indisturbato dalla situazione, aveva visto Arthur quella mattina andare verso la torre del medico di corte, e non aveva un aspetto malato, quindi confidava che tutti loro stessero bene «Se Merlyn stesse male sono sicuro che vedremmo Uther saltare dalla gioia.» rispose ben sapendo quanto il re odiasse la ragazza. Si poteva notare da come la guardava, anche se delle volte sembrava veramente divertito dalla ragazza e una strana espressione gli compariva sul volto.

«Tyr mi ha detto che ha visto tutti e tre uscire dalla città, questa mattina.» offrì Parsifal seduto sul pavimento mentre cercava di ricucire la tunica che Gwaine aveva strappato durante gli allenamenti. Non gli dispiaceva sistemare le cose dell’amico, in un certo modo gli ricordava della sua vita prima dell’arena, quando viveva ancora con Bartholomew.

«Non ci posso credere che ci stanno tagliando fuori in questo modo.» disse il cavaliere rigirandosi sullo stomaco sul letto per guardare Parsifal usare con maestranza ago e filo «Un tempo eravamo noi tutti insieme a sconfiggere mostri, ora ci tagliano fuori in favore di Gaius.» si lamentò come un bambino, per niente contento di essere escluso. Era diventato un cavaliere per proteggere Merlyn e ora gli impedivano di vederla!

Lancelot gli tirò contro un cuscino, incredulo che fosse addirittura geloso di un anziano medico, nonché zio di Merlyn.

«Con la fortuna che hai rischieresti di prenderti il morbo.» gli fece notare il maniscalco ricordandogli vagamente la bacca velenosa che aveva mangiato costringendo Parsifal a cercare un fiore curativo che cresceva solamente sulle scogliere di Tir Mor.

«O forse sei tu che hai paura di prendere il male.» rilanciò il cuscino il cavaliere ricordandosi perfettamente l’episodio e mai in vita sua voleva sentirsi in quel modo, per un attimo aveva creduto di morire e l’unica cosa che aveva volto fare era…no, non voleva nemmeno pensarci.

Parsifal si alzò, mettendosi tra i due così che non potessero continuare a stuzzicarsi «Finitela, tutti e due.» ordinò puntando l’ago contro Gwaine e poi Lancelot.

«Solo perché me lo stai chiedendo così gentilmente.» rispose sarcastico Gwaine incrociando le braccia al petto, non riusciva proprio a capire come potessero starsene lì, così tranquilli, mentre i loro amici rischiavano la vita!

Tornò a sdraiarsi e fu solo per puro caso che la sua testa finì sopra le gambe di Parsifal.

⸸⸸⸸

Merlyn sapeva esattamente a chi rivolgersi per trovare la risposta, ma l’idea di girare da sola a quell’ora della notte non le piaceva particolarmente. Il grimorio non aveva aiutato per niente a capire come sconfiggere la creatura, ne parlava solo in modo descrittivo senza offrire alcuna soluzione.

Facendo attenzione a non farsi scoprire dalle guardie ad infrangere il coprifuoco la maga sgusciò lungo i corridoi di palazzo fino a raggiungere le stanze di Arthur. Entrò senza bussare, aspettando di trovarlo addormentato, ma l’uomo era in piedi vicino alla sua scrivania, una mano posata su della pergamena, intento a leggere, mentre l’altra era incastrata tra i capelli, come se da un momento all’altro avrebbe iniziato a tirarseli.

«Oh, bene, sei sveglio.» disse chiudendosi la porta alle spalle.

Arthur la guardò stanco, vedere il suo popolo soffrire faceva soffrire anche lui «Merlyn, non è appropriato che tu sia nelle mie stanze a quest’ora, la gente potrebbe pensare male e c’è anche il coprifuoco.» le ricordò con voce stanca, esausto per le ricerche inutili quando conosceva la vera fonte del problema.

La maga arrossì «Lo so.» disse a voce bassa, come se avesse paura che qualcuno potesse sentirla da fuori la porta «Ma devo andare da una parte e ho…» si bloccò, non credendo nemmeno lei a quello che stava per dire «…paura ad andare da sola.» concluse senza guardare verso il marito, imbarazzata.

Non aveva propriamente paura, sapeva che in quel momento non c’era nessuna persona che avrebbe provato a farle del male, ma non riusciva a togliersi dalla testa l’incontro con Valiant.

Arthur sembrò svegliarsi di colpo, in pochi secondi coprì la distanza che lo separava dalla ragazza «Certo, ti accompagno.» la rassicurò contento che fosse venuta da lui. Poteva chiedere a chiunque dei loro amici, ma aveva scelto lui!

Facendo attenzione a non essere visti riuscirono ad intrufolarsi fino alle segrete e Merlyn prese la mano di Arthur mentre scendevano i gradini che portavano alla grotta del drago.

«Kilgharrah!» chiamò a pochi passi dal precipizio, il principe ad un passo dietro di lei.

«Benvenuta.» la voce profonda del drago rimbombò per tutta la grotta e poterono sentire il rumore delle catene avvicinarsi insieme al vento creato dallo sbattere delle ali.

«Il ritorno della grande maga.» disse posandosi sulla sua roccia «E del Once and Future King.» aggiunse notando l’uomo alle sue spalle.

Arthur sapeva del drago, suo padre amava vantarsi con lui di come lo avesse intrappolato, ma non lo aveva mai visto e non se lo aspettava così grande. Se avesse voluto avrebbe potuto mangiare entrambi senza nemmeno aprire completamente la bocca.

«Devo sapere come sconfiggere un Afanc.» disse la ragazza senza troppi giri di parole.

«Sì, immagino ti serva saperlo.» rispose Kilgharrah avvicinando il viso a lei, gli occhi socchiusi e con una luce che non piaceva per niente ad Arthur. Quel drago non gliela raccontava giusta.

«Mi aiuterai?» chiese la maga speranzosa, la creatura era la sua ultima risorsa.

Kilgharrah si allontanò guardando entrambi gli umani con un ghigno divertito «Affidati agli elementi che sono al tuo comando.» disse notando compiaciuto le espressioni confuse dei due.

«Agli elementi?» chiese Arthur molto confuso mentre Merlyn chiedeva di dirle in modo esplicito cosa fare.

«Non puoi fare da sola. Tu sei soltanto una faccia della medaglia.» le spiegò il drago «Arthur è l’altra.» aggiunse creando ancora più confusione.

«Io non capisco.» disse il principe volendo scaricare la sua frustrazione sul drago che sembrava tutto fuorché utile.

Merlyn si passò una mano sul viso, stanca «Dicci solamente cosa dobbiamo fare.» disse con tono supplichevole, un piccolo cerchio alla testa che andava formandosi.

Kilgharrah si alzò dispiegando le ali, uno sguardo divertito mentre prendeva il volo «L’ho fatto!» ebbe il coraggio di dire prima di volare via, lasciando le due facce della medaglia da sole.

Arthur guardò la moglie molto confuso, insicuro se farle notare o meno l’inutilità estrema del drago.

«La prossima volta che ti dico di voler scendere qua giù fermami, è inutile parlare con quel lucertolone!» urlò sperando che il drago la sentisse. Era veramente insopportabile, l’aveva portata via dalla sua tranquilla vita ad Ealdor per poi non darle una mano nel momento del bisogno! Incommentabile, veramente, Merlyn voleva imparare qualche maledizione solo per lanciarla sul drago.

Il principe le circondò le spalle con un braccio, un sorriso incerto sul volto mentre la guidava verso l’uscita della caverna «Sono sicuro che riusciremo a trovare una soluzione.» la rassicurò mentendo spudoratamente.

Tornarono nelle stanze del principe, ormai era notte fonda e la stanchezza della giornata si faceva sentire sempre più prepotente. La maga sbadigliò rumorosamente sedendosi a tavola, i gomiti posati sul tavolo mentre i palmi delle mani erano piene della sua faccia. Doveva aspettare il cambio delle guardie prima che potesse andare nella torre.

Arthur si tolse la tunica, pronto per andare a letto, ma prima voleva chiarire delle cose.

«Scusami, per ieri, nelle tue stanze.» si scusò nuovamente ricordandosi tristemente dell’espressione impaurita della ragazza dopo che aveva provato a toccarle il petto.

Merlyn si girò a guardarlo, gli occhi scesero per un secondo verso il basso, a guardare i pettorali definiti dell’uomo prima di tornare sul suo viso «Non c’è nulla di cui scusarsi.» rispose cercando di sopprimere uno sbadiglio.

«Invece sì.» rispose l’uomo andando verso il camino per gettare altro legno tra le fiamme, dando le spalle alla ragazza «Era mio compito proteggerti da qualsiasi male di questo mondo e ho fallito.» disse guardando le fiamme danzare «E non riuscirò mai a farmi perdonare da te, tra l’aver mentito sulla mia identità e aver lasciato che Valiant arrivasse a te ben sapendo quanto fosse pericoloso.» continuò gettando altra legna, in modo che la fiamma durasse fino al mattino «Ieri non volevo metterti a disagio toccandoti in quel modo, anzi, sono stato un totale cafone nel non chiedere il tuo consenso prima di provare qualsiasi cosa.» sospirò pesantemente, sperando di sentire la moglie perdonarlo per davvero e poter tornare alla loro relazione di prima. Voleva sentirsi nuovamente come appena sposato, voleva sposarla davanti agli occhi di tutti e riempirla di regali degni di una futura regina «Merlyn, per favore…» si bloccò, la ragazza si era addormentata con la testa contro il tavolo, l’espressione corrucciata anche nel sonno.

Arthur sorrise dolcemente, avvicinandosi per poterla prendere tra le braccia e portarla sul suo letto. La sollevò con facilità, adorando il modo in cui la moglie allacciò quasi automaticamente le braccia intorno al suo collo.

Ad Ealdor più volte l’aveva dovuta portare a letto, addormentata vicino a Mordred mentre gli raccontava una storia.

La posò sopra le lenzuola ed andò a toglierle gli stivali. Slacciò appena il doppio nodo dei pantaloni per permetterle di dormire meglio, non provò a sfilarle la tunica, sicuro che sotto non c’era nulla a coprire le sue nudità e nonostante avesse già visto tutto non voleva che il mattino dopo si sentisse a disagio per essere stata vista senza il suo consenso.

Infine la coprì con la pesante coperta rossa, riparandola dal freddo della notte. Si chinò per donarle un bacio sulla fronte, sentendo il cuore riempirsi come sempre d’amore alla vista della moglie.

Andò a recuperare una tunica per poter dormire sul pavimento, seduto contro la struttura del suo letto. Aveva dormito in posti ben peggiori, si ricordò mentre buttava un cuscino a terra per il suo fondoschiena.

Chiuse gli occhi, cullato dal respiro regolare della moglie, per quella notte non esisteva nessun Afanc.

⸸⸸⸸

Morris adorava Meryln, era come la sua migliore amica, e non si vergognava di ammettere che aveva una tremenda cotta per lei, come buona parte della servitù maschile di palazzo. La ragazza era di una bellezza spettacolare, se prima Morris aveva creduto Lady Morgana la donna più bella del Regno, Merlyn le aveva certamente rubato il titolo.

Il ragazzo ovviamente non avrebbe fatto nulla per i suoi sentimenti, così come tutti gli altri, perché chiunque con un paio d’occhi era in grado di vedere quanto la ragazza e il principe fossero disgustamente innamorati l’uno dell’altra.

 Quella mattina, però, non si aspettava di entrare nelle stanze del principe e vederlo seduto a terra, la testa piegata in avanti chiaramente addormentato. Morris inarcò un sopracciglio, perché diamine l’uomo stava dormento seduto? In tutta la sua carriera da servitore non aveva mai visto un nobile addormentarsi in quel modo, era una cosa che si aspettava da uno stalliere.

Posò il vassoio sul tavolo, già sorridendo sapendo che tra poco sarebbe arrivata Merlyn per dargli una mano. Non ne aveva veramente bisogno, ma se non gli faceva bene agli occhi vedere quella ragazza sorridergli!

Aprì le tende, lasciando che il Sole illuminasse le stanze «Sire, un nuovo giorno è arrivato!» annunciò facendo scattare in piedi il principe, una mano sul pugnale che teneva vicino al letto in caso di possibili assassinei.

Quello che Morris non si aspettava era vedere Merlyn svegliarsi e sedersi tranquillamente sul letto. Aveva i capelli che sembravano un nido d’uccelli, come se avesse passato tutta la notte a rigirarsi o… oh, Morris arrossì.

Ovviamente la coppia poteva ingaggiare in attività matrimoniali, erano sposati! Non c’era da urlare allo scandalo, era nei loro diritti poter passare la notte a fare l’amore e magari donare un erede a Camelot.

«Scusatemi, non sapevo che…» si bloccò, insicuro su cosa dire.

Merlyn si passò i pugni chiusi sugli occhi, cercando di svegliarsi e Morris dovette distogliere lo sguardo dal quanto fosse ancora più desiderabile in quello stato. Il servo prese un profondo respiro, cercando di darsi una calmata e di non immaginare la coppia reale fare l’amore, mentre Arthur molto sbrigativamente tirava le tende da letto, oscurandogli la vista sulla ragazza.

«Morris, puoi andare, hai la mattina libera.» gli disse praticamente trascinandolo verso la porta, imbarazzato per essersi fatto trovare con una donna nel letto, poco importava che fosse sua moglie!

Il servitore non osò nemmeno ribattere, doveva assolutamente tornare a casa sua e occuparsi della reazione che il suo corpo aveva avuto nell’immaginare Merlyn fare l’amore con il principe.

⸸⸸⸸

Dopo aver fatto una piuttosto imbarazzante colazione la coppia si divise. Arthur diretto verso la sala dove avrebbe trovato il padre, mentre Merlyn sarebbe nuovamente andata a cercare consiglio da Gaius.

L’uomo era già in piedi e stava studiando ancora una delle ampolle con l’acqua inquinata.

«Gaius, hai qualche libro sugli elementi?» chiese mentre aveva già le mani impegnate a cercare tra i vari volumi presenti nella stanza.

«Quasi in tutti.» rispose l’uomo «Lo studio degli elementi è il cuore del processo scientifico.» spiegò ricordandole una delle prime lezioni che avevano tenuto per il suo apprendistato, quasi deluso dalla scarsa memoria della nipote.

«Ieri sera ho parlato con il drago, mi ha detto che gli elementi mi aiuteranno a sconfiggere la creatura.» spiegò la maga lasciando perdere i libri.

Gaius la guardò per un secondo, non parlavano spesso del drago, ma l’uomo le aveva suggerito di starne alla larga, consiglio che evidentemente era stato ignorato «L’Afanc è una creatura fatta di terra e acqua, due dei quattro elementi base.» rispose sicuro di essere stato più utile del drago.

«Questo ci lascia con fuoco e l’aria!» esclamò la maga alzandosi in piedi, doveva immediatamente andare alla sorgente! Salutò velocemente lo zio prima di correre fuori dalle stanze, ma a metà strada si ricordò dell’altra cosa che Kilgharrah le aveva detto: aveva bisogno di Arthur, l’altra faccia della moneta.

Velocemente ritornò sui suoi passi e andò a scontrarsi con niente di meno che Gwaine.

«Merls, che piacere vederti, mi è mancato il tuo dolce viso.» disse l’uomo sorridendole sincero.

La maga gli sorrise a sua volta «Se il mio piano riuscirà da domani potremmo ricominciare a vederci tutti i giorni!» disse prendendogli una mano per trascinarlo insieme a lei, meglio in tre che in due.

Insieme trovarono Arthur nelle sue stanze e Merlyn non usò molte parole, al contrario gli ordinò solamente di seguirla e Arthur lo fece, ricevendo una battuta sull’essere un cane addomesticato da parte di Gwaine, ma lo ignorò.

I tre insieme si ritrovarono nuovamente alla porta che portava alla sorgente dell’acqua per Camelot. Gwaine e Arthur accesero le torce e insieme iniziarono a scendere la lunga gradinata con Merlyn posizionata tra di loro.

Arrivarono alla fonte e Arthur si affacciò per cercare di attirare la creatura fuori dall’acqua, ma non sembrava esserci nulla. Corrugò la fronte, confuso, il giorno prima era lì, non era possibile che fosse andato via di sua spontanea volontà.

«Attento a non innamorarti del tuo riflesso.» gli disse Gwaine non essendo proprio a conoscenza di quello che stavano cercando. Aveva ciecamente seguito Merlyn, come sempre, senza fare domande e felice di poter far parte di un’avventura come ai vecchi tempi. Ah, come lo avrebbe sbattuto sulle facce di Lancelot e Parsifal!

Merlyn si avvicinò al marito e prima di poter essere fermata infilò una mano nell’acqua, sperando di spaventare la bestia, ma non successe nulla «Strano.» commentò proprio quando sentirono Gwaine esclamare sorpreso e spaventato.

Alle loro spalle c’era l’Afanc e sembrava più grande del giorno precedente. I tre si separarono, bloccando le tre diverse uscite per intrappolare la creatura. L’Afanc aprì la bocca, rivelando diverse file di denti aguzzi e urlò muovendosi verso Gwaine.

«Usa la torcia!» gli ordinò Merlyn e il cavaliere usò la fiamma per allontanare il mostro argilloso.

Gwaine continuò a sbandierare la torcia contro il mostro fino a metterlo con le spalle al muro mentre Arthur si posizionava davanti a Merlyn in attesa di ordini.

«Pronto?» gli domandò mentre pensava all’incantesimo da usare, il marito annuì, era pronto a porre fine a quella pandemia che aveva colpito il suo popolo.

Usando la magia richiamò l’aria che viaggiava tra i tunnel e la fece incontrare con la fiamma della torcia di Arthur.

«Gwaine, spostati!» ordinò il principe guardando la fiamma avvicinarsi pericolosamente verso il loro amico.

Il cavaliere nemmeno si girò a guardare, fidandosi ciecamente dell’avvertimento, e con poca grazia si buttò a terra di lato, osservando meravigliato e disgustato la creatura venire data alle fiamme.

Quando l’Afanc divenne solamente poltiglia fangosa i tre si riunirono per un abbraccio vittorioso.

«Mi mancava questa adrenalina.» commentò il cavaliere con il cuore che batteva a mille. Non vedeva l’ora di tornare nelle sue stanze e raccontare tutto a Parsifal.

Merlyn rise, contenta che quella maledizione fosse finita. Improvvisamente sentirono il rumore dell’acqua e si girarono verso la sorgente. Arthur non seppe come, ma dalla fonte venne come sputato fuori un guscio rotto, finendogli perfettamente tra le mani.

La maga lo guardò, osservando immediatamente i simboli sopra di esso «Forse dovremmo portarlo da Gaius.» disse confusa. Perché mai l’acqua avrebbe dovuto darle quella cosa? Non aveva senso, ma d’altronde tutta la sua vita sembrava un romanzo dalla trama confusa e impossibile.

Arthur annuì, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, sembrava un messaggio, come se i guai fossero appena iniziati.

⸸⸸⸸

Gaius non voleva turbare il re, ma quando Merlyn gli aveva portato quel guscio sapeva esattamente chi avesse tentato di porre fine a Camelot ed era suo dovere avvertire Uther.

Dirlo a Merlyn risultò ancora più difficile, la ragazza era sorridente, contenta di poter riavere il figlio tra le braccia dopo averlo dovuto lasciare con Morgana per ben quattro giorni.

L’anziano sapeva di dover avvertire la nipote, conosceva bene Nimueh e sapeva che avrebbe attaccato di nuovo e aveva bisogno di sapere che Merlyn sarebbe stata attenta e pronta a difendersi.

«Tranquillo, Gaius, sono pronta a proteggere Camelot da chiunque.» lo rassicurò mentre giocava con i capelli di Mordred.

Era pronta, chiunque fosse questa Nimueh non avrebbe mai vinto contro di lei.

 

 

 

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