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Il cielo non prometteva nulla di buono, le
pesanti nuvole grigie coprivano prepotenti il caldo Sole di primavera,
preannunciava pioggia, ma Merlyn aveva una strana
sensazione che le faceva tremare le ossa fin da quando aveva aperto gli occhi
quella mattina.
Sedeva fuori la sua abitazione, le gambe
incrociate sotto la gonna, mentre con attenzione intrecciava dei fiori insieme
per farci una piccola corona da regalare alla madre. Non era più una bambina,
tra non molto tempo avrebbe compiuto sedici anni di vita e la madre l’avrebbe
mandata a Camelot da suo zio Gaius per imparare a
controllare le sue arti magiche. Questo però non toglieva il fatto che poteva
ancora permettersi di intrecciare dei fiori per la madre, vederla sorridere
divertita mentre sua figlia posava la corona floreale sulla sua testa
scoccandole un bacio sulla guancia.
Poco più in là c’era Will che stava
affilando un’accetta, pronto per andare a recuperare della legna da ardere per
la sua famiglia e per Hunith e Merlyn.
Era un caro amico, la ragazza non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma c’erano
delle giornate in cui desiderava farlo levitare in aria e poi spedirlo dritto
nel fiume.
«Hai finito di fare la bambina?» le
domandò dandole una scherzosa gomitata, la maga fece illuminare gli occhi e
Will si schiaffeggiò da solo «Nemmeno questo ti rende molto matura.» commentò toccandosi
la guancia che lentamente si stava arrossando. Merlyn
sorrise innocente «Ma io non ho fatto niente.» disse sbattendo civettuola le
ciglia.
«Sei veramente una strega.» commentò il
ragazzo tornando ad affilare l’ascia.
«Non una strega, ma una maga,
ricordatelo.» lo corresse la fanciulla con tanto di linguaccia. C’era una bella
differenza tra i due termini, anche se Will non voleva riconoscerlo, le streghe
usavano la loro magia a scopi non tanto innocenti, mentre una maga la usava per
il bene, principalmente.
«Qualsiasi cosa tu voglia credere, Merl.» borbottò il ragazzo alzandosi in piedi, il corpo
posto in direzione della foresta.
Foresta da cui arrivarono a galoppo più
cavalieri di Essetir. Cosa potevano farci dei
cavalieri in un villaggio piccolo ed insignificante quanto Ealdor?
Will divenne visibilmente teso «Entra in
casa, Merlyn.» le ordinò in fretta, cercando di
nasconderla agli occhi degli uomini che si stavano avvicinando alla prima casa
«Entra e non uscire finché non saranno andati via.» aggiunse spingendola dentro
la piccola casa dove Hunith era in piedi vicino alla
finestra, lo sguardo preoccupato.
Merlyn si mise vicino
alla donna, guardando i cavalieri passare di casa in casa fino ad arrivare alla
loro. Le due donne trattennero il respiro, le orecchie tese per udire cosa stessero
dicendo a Will.
«Cerchiamo il medico del villaggio.» disse
l’uomo senza scoprirsi il viso, la voce autorevole e una mano posata sull’elsa
della spada, un chiaro segno di dominanza.
Will si rilassò visibilmente, se cercavano un medico non c’era nulla di male. Più volte era
capitato che dei forestieri si ferissero ed entrassero ad Ealdor
in cerca di un medico per curare delle ferite.
«Sì, abita qui.» rispose aprendo la porta
rivelando le due donne. I quattro cavalieri smontarono da cavallo ed entrarono
nella piccola casa, quasi accerchiando le sue abitanti.
«Per ordine di Sua Maestà il Re Cenred di Essetir le chiediamo di
seguirci nella capitale, dove sono richiesti i suoi servigi.» disse il
cavaliere che sembrava essere al comando del gruppo.
Hunith singhiozzò
spaventata «Sono certa che avreste trovato un medico anche nella capitale,
perché fare tutta questa strada?» domandò non riuscendo a tenere a freno la
lingua, un piccolo vizio che aveva trasmesso anche a sua figlia.
«Sono gli ordini di Sua Maestà, donna.»
sputò velenoso l’uomo afferrandola per il gomito, tirandola bruscamente verso
di lui.
«Non toccare mia madre!» sbottò Merlyn mettendosi in mezzo, avvolgendo aggressivamente una
mano intorno al polso dell’uomo cercando di far rilasciare sua madre.
L’uomo la colpì in viso, bruscamente, la
ragazza era già consapevole che da lì a poche ore un terribile livido sarebbe
comparso sulla guancia lesa.
Will le fu subito accanto, pentendosi di
aver lasciato entrare quegli uomini, doveva aspettarselo che non avrebbero
portato nulla di buono.
«Preparate le vostre cose, donna, partiamo
immediatamente.» l’avvisò l’uomo prima di uscire dalla casa seguito dai suoi
uomini.
Merlyn si rimise in
piedi «Dannati.» sputò del sangue sul pavimento, un comportamento non certamente
degno di una signorina, ma quello era l’ultimo dei suoi problemi in quel
momento «Andrò io, madre, non vi preoccupate.» disse, chiaro che non c’era via
di scampo. Se il Re aveva fatto fare tutta quella strada ai suoi uomini per un
semplice medico voleva dire che le cose erano più complicate di quanto
sembrassero e non poteva lasciare che la madre corresse qualche rischio.
«No, Merlyn,
cercavano me.» si impose la donna prendendo le mani della figlia, non poteva
permettere che sua figlia partisse con quegli uomini. Chissà cosa le avrebbero
fatto, lei era ancora così giovane, ignara della crudeltà degli uomini. Hunith era vecchia, certamente nessun cavaliere avrebbe
provato nulla con lei, invece Merlyn era una bella
ragazza, graziosa nell’aspetto quanto potente era la sua magia.
«Cercavano un dottore, madre, e voi mi
avete insegnato tutto quello che potevo imparare.» rispose con astuzia la
ragazza prendendo il viso della madre tra le sue mani in un gesto rassicurante,
dolce come poche volte. Non capitava spesso che litigassero o si ritrovassero
in disaccordo, Merlyn era cresciuta con una madre
amorevole, che non mancava mai di dimostrarle il bene che provava nei suoi
confronti.
Non era stato facile crescere in un
piccolo villaggio, i bambini perfidi che la chiamavano bastarda in
quanto non aveva mai conosciuto suo padre e sua madre era rimasta incinta senza
sposarsi. Erano crudeli, gli altri, ma Merlyn aveva
imparato che loro non contavano nulla, non quando aveva sua madre e Will dalla
sua parte.
«Andrò io e l’anno prossimo riuscirò ad
andare da zio Gaius, te lo prometto.» la rassicurò
baciandole la fronte, come solitamente faceva lei «Sono sicura che in un anno
troveranno un medico migliore di me.» aggiunse sorridendo.
Hunith arricciò il naso
contraria, ma sapeva che non aveva scelta «Ricordati di non rivelare a nessuno
la tua magia, figlia mia, Re Cenred non deve
assolutamente sapere di te.» le raccomandò con il cuore in gola, non voleva che
sua figlia venisse arruolata nel piccolo esercito di maghi che il Re stava
assemblando nella speranza di attaccare un giorno Camelot. Fortunatamente non
era stato molto fortunato, da quando Re Uther Pendragon
aveva iniziato a perseguitare chiunque praticasse tali arti nessuno ne aveva
più fatto parola, anche fuori dal suo Regno, perché nessun posto era sicuro e Hunith lo sapeva bene. Strinse una mano intorno alla sua
collana con il ciondolo in legno che il suo amato le aveva regalato tanti anni
prima, ricordandosi la paura di quella notte di quando era dovuto fuggire di
fretta alla notizia dell’arrivo dei cavalieri di Camelot, l’ultimo bacio
disperato prima di scomparire per sempre nella foresta, lasciandola sola o così
aveva creduto per poco.
Merlyn sorrise e prese
la borsa di pelle che solitamente usava per andare alla ricerca di erbe, non
aveva molto, solo pochi vestiti e dei fazzoletti da collo. Andò a cambiarsi
optando per degli abiti da uomo per il viaggio, molto più comodi considerando
che sicuramente l’avrebbero fatta camminare fino alla capitale, non avevano un
cavallo in più. Legò i capelli dietro la nuca intrecciandoli come meglio poteva
e li fermò con un nastro blu.
Will era ancora nella casa, non aveva
detto una parola, ben consapevole che mettersi in mezzo alle due donne era
inutile, non lo avrebbero mai ascoltato «Merlyn, fai
attenzione.» le disse posandole una mano sulla spalla «Ricordati di scrivere
qualche volta.» si raccomandò prima di lasciarla andare, senza sapere che
quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista. Senza sapere che Merlyn non sarebbe mai riuscita a scrivere una lettera da
mandare a casa.
«Vi voglio bene.» disse la fanciulla prima
di chiudersi la porta alle spalle, lasciandosi dietro la sua famiglia e anche
la sua libertà.
About the author and her
ideas:
Oddio,
quasi non ci credo, dopo più di un anno sono tornata a pubblicare, quasi non ci
credo. Mi ci è voluta una pandemia per ricominciare a scrivere.
Prima
di tutto, miei cari lettori, spero che stiate bene, che seguiate le regole e
che le persone a voi più care godano di buona salute.
Quindi,
la storia, non so bene come andrà, sono arrivata solamente a scrivere fino all’ottavo
capitolo, ma non è nemmeno metà della storia che ho in mente.
Io amo fem!Merlin, okay? Spero che ci sia
qualcuno qui con me che condivida questo amore. Non volevo fare una riscrittura
del telefilm, di quelle ne ho lette tante e volevo provare qualcosa di nuovo. Almeno
spero che sia nuovo e nessuno abbia letto nulla del genere.
Ricordo,
tra l’altro, che la scrittura è un hobby in questo caso, quindi molto
probabilmente nel corso della pubblicazione (penso un capitolo ogni due
settimane, perché altrimenti non tengo il passo con lavoro e università)
troverete molte incongruenze, errori grammaticali, sviste, forse anche parole
inventate e situazioni altamente cringe, ma
chi non adora un po’ di cringe?
Spero
che questo prologo sia riuscito a catturare la vostra attenzione.
Un baci–, no
niente baci, un abbrac–, no manco abbracci o Conte ci
multa. Andiamo con un caloroso cordiale saluto.
Merlyn
non era mai arrivata al cospetto del Re, appena entrati nella città era stata
portata in un enorme edificio che a primo impatto non era riuscita ad identificare considerando che non era mai stata in una
grande città, non aveva mai messo piede fuori da Ealdor.
Aveva
camminato per sette lunghi giorni, i piedi le chiedevano pietà come mai prima
in vita sua. Non avevano fatto molte pause lungo il cammino e nessuno dei
cavalieri le avevano mai rivolto la parola. Non che lei non avesse fatto
domande, era nella sua natura fare domande, aveva una curiosità immensa
riguardo il mondo e viaggiando per la prima volta aveva incontrato più animali
che non aveva mai visto in vita sua.
La
portarono in una piccola stanza sudicia, c’era una donna all’interno e la
guardò da testa a piedi «Non sai proprio tenerti le mani per te, Urian.» disse
la donna guardandolo truce.
«Non è
quello che pensi, l’ho solo colpita in viso.» disse il cavaliere scrollando le
spalle incurante. Trovava la ragazza carina, aveva lunghi capelli neri, occhi
azzurri quanto l’acqua si un lago in una giornata calda e la pelle bianca
quanto la neve, ma sapeva che doveva portarla come medico, non come una
concubina.
«Bene, mi
sarebbe dispiaciuto mandarla con le altre.» asserì la donna prima di fare segno
con le mani di andarsene. Il cavaliere si inchinò leggermente e uscì
chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Merlyn sola con la donna dai capelli
biondi.
«Spogliati
e infilati nella vasca da bagno.» le ordinò andando verso l’armadio e Merlyn
aggrottò la fronte.
«Cos’è
una vasca da bagno?» domandò senza utilizzare alcun titolo, ma la donna non
sembrò curarsene.
«Quella.»
indicò una grande tinozza di legno piena di acqua leggermente fumante, Merlyn vedendola
aveva creduto fosse per il bucato. Ad Ealdor si lavavano con una pezza di
stoffa e dell’acqua in un piccolo secchio, non aveva mai immaginato una cosa
del genere.
Titubante
si spogliò e si immerse nell’acqua piacevolmente calda, improvvisamente la
stanchezza del viaggio sembrò scomparire e si concesse di chiudere gli occhi.
«Perché
il Re ha mandato fino ad Ealdor per un medico?» domandò sentendo che la donna
sarebbe stata più collaborativa dei cavalieri.
«L’ho
suggerito io.» rispose la donna mentre tirava fuori dei vestiti dall’armadio
«Ricordavo ci vivesse la sorella di un mio vecchio amico, ma hanno portato te.»
borbottò più a sé stessa che alla fanciulla «Non temere, ora, non succederà
nulla di grave.» aggiunse sorridendole per la prima volta.
Merlyn
non era sicura di potersi sentire rassicurata, non aveva ancora ben capito cosa
ci facesse in quel posto.
La donna
iniziò a lavarle la schiena «Re Cenred ha costruito un’arena, ha sentito di una
Regno al di fuori di Albion, a Sud, dove ci sono uomini che combattono tra di
loro per intrattenere i nobili.» iniziò a spiegare «Una pratica antica che non
viene più messa in pratica, io personalmente la reputo estremamente barbarica,
ma non posso certo contraddire il Re.» sbuffò una risata e passò a pulire i
lunghi capelli della giovane fanciulla, non sapeva bene il perché ma le
ricordava qualcuno «Comunque, ha costruito un’arena, i prigionieri di guerra
sono stati trasformati in gladiatori – gli uomini che combattono – e ovviamente
avevamo bisogno di un medico per i feriti.» spiegò brevemente dandole
finalmente la risposta che stava cercando fin da quando era partita.
«Oh.»
disse confusa la maga, non voleva far parte di quel gioco del Re, curare
persone che combattevano per la loro sopravvivenza per l’intrattenimento dei
nobili. Aveva sempre sognato di aiutare gli altri, ma a Camelot, la città di
cui sentiva sempre storie straordinarie da sua madre. Almeno le piaceva per
come le era stata raccontata, sapeva che adesso le cose erano molto diverse,
lei per prima rischiava di essere uccisa a causa della sua magia se solo avesse
messo piede nella città, ma cos’è la vita senza un po’ di rischi?
La donna
l’aiutò ad uscire dalla vasca e la fece asciugare con un panno morbido,
successivamente la vestì in un abito semplice, blu con rifiniture argentee, le
pettinò i capelli e fermò quelli ai lati con delle graziose spille. Merlyn era
così stanca che si lasciò manovrare dalla donna, cullandosi dalle piacevoli
sensazioni che stava provando, ma quando sentì un collare venirle agganciato
sul collo si ridestò di scatto e osservo con orrore la sua figura nello
specchio.
La donna
le aveva appena messo un collare che sembrava essere d’oro «Cosa state facendo,
levatemelo.» pretese guardandola dritto negli occhi.
«Non
posso.» rispose la bionda aggiungendo una collana con una piccola pietra
bianca. La stava vestendo come una nobile, ma Merlyn sentiva la sua magia
formicolare, sembrava dirle di scappare prima che fosse troppo tardi.
«Senti,
qua funziona in questo modo: chiunque lavori nell’arena è uno schiavo, ma ci
sono tre tipi. Chi ha un collare d’oro ha più libertà, delle stanze private ed
è soggetto ad una parziale protezione da parte del Re. Poi ci sono i
gladiatori, loro hanno collari d’argento, dormono nelle camerate sotto l’arena.
Infine, le donne con i collari di bronzo sono delle semplici schiave che
servono anche da ricompensa per i gladiatori.» spiegò afferrandole il polso,
obbligandola a guardarla «Io sono la tua Protettrice, ti è chiaro?» domandò con
sguardo duro.
«Come
posso riacquistare la mia libertà?» chiese la maga sentendosi un nodo alla
gola, si ringraziò mentalmente per non aver permesso alla madre di andare.
Poteva solo immaginare che non avrebbero trattato con la stessa cura una
signora più anziana.
«Tu non
puoi, mia cara.» disse la donna sedendosi su una lussuosa sedia ricoperta di
velluto «Ma i gladiatori possono, devono solamente vincere gli incontri. Ogni
incontro vinto Re Cenred segnerà sotto il nome del gladiatore il suo sigillo e
quando riterrà che ve ne sono abbastanza l’uomo potrà andarsene come uomo
libero.» la donna afferrò una mela dalla grande cesta di frutta fresca che vi
era sul tavolo «Ma a te conviene rimanere qui, fanciulla, sarai trattata come
una nobile fino a quando lo deciderò io. Ora dimmi il tuo nome.».
«Merlyn.»
disse la fanciulla sentendosi a disagio, domandandosi cosa sarebbe potuto
succedere se avesse provato a scappare. Sapevano dove abitava, non ci avrebbero
messo molto a trovarla e se fosse scappata in un altro Regno avrebbero preso
sicuramente sua madre. Non le importava essere trattata come una nobile,
preferiva di gran lunga tornare nella sua semplice vita da campagna, raccogliere
la legna con Will e mangiare avena con la madre alla fine del giorno. Poi c’era
Camelot, suo zio Gaius la stava ormai aspettando da tempo, fin da quando sua
madre anni prima era andata da lui in cerca di aiuto per capire come
controllare i suoi poteri magici.
«Bene,
Merlyn, non avere paura.» disse la donna versando del tea in due piccole tazze «Dovrai
semplicemente lavorare, come una qualsiasi persona, l’unica differenza è che
non potrai mai uscire dalla città.» aggiunse invitandola a sedersi davanti a
lei con un cenno della testa.
La maga
si sedé tenendo la schiena dritta, sentiva le dita formicolare, voleva
solamente fuggire da quel posto e non farne mai più ritorno «Io… io dovevo
andare a Camelot.» disse prendendo la tazza tra le mani, sentendone il
piacevole torpore «Vede, mio zio Gaius…» la donna fece cadere la tazza a terra,
facendo schizzare il tea bollente sulle povere gambe della ragazza, la quale
non emise nemmeno un suono di dolore.
«Tu sei
la figlia di Hunith?» domandò alzandosi in piedi, le mani ancora morbide
nonostante l’età le presero il viso e Merlyn notò immediatamente l’espressione
della donna addolcirsi ulteriormente.
«Sì, lei
conosce mia madre?» chiese dubbiosa, sua madre non le aveva mai raccontato di
amicizie al di fuori di Ealdor, non aveva potuto viaggiare molto, non quando
era rimasta incita in giovane età di lei.
La donna
annuì «Certo, cara, ma diciamo che era una conoscenza acquisita. Frequentavo
più che altro tuo zio Gaius.» rivelò arrossendo timidamente e Merlyn rimase scandalizzata,
non credeva che suo zio avesse mai avuto un interesse amoroso in vita sua.
La
giovane si schiarì la gola a disagio «Quindi lei ha chiesto di mia madre per
renderla una prigioniera, non credo che lo zio Gaius ne sarebbe stato molto
felice.» disse in tono provocante, cercando di farla sentire in colpa e magari
darle una via d’uscita da quell’incubo.
«Non è
come pensi, Merlyn, volevo solo salvarla da quella povera vita che faceva, ma
non sapevo si fosse sposata.» rispose la donna tornando a sedersi sulla sua
sedia, il tea per terra completamente dimenticato.
La maga
rimase in silenzio, non voleva certo dire a quella donna che in realtà lei era
nata fuori dal matrimonio, i figli bastardi non erano mai apprezzati, né in un
piccolo villaggio né in una grande città.
La donna
sembrò cogliere il suo imbarazzo e decise che era arrivato il momento di
lasciarla sola ad assimilare i cambiamenti della sua vita «Bene, queste sono le
tue stanze private, domani mattina ti accompagnerò dai gladiatori. Dormi bene
Merlyn.» le augurò avviandosi alla porta.
«Aspetti!»
la chiamò la ragazza alzandosi a sua volta «Come vi chiamate?» domandò.
Passò
frettolosamente le mani sulla gonna del suo abito cercando di eliminare la
polvere che si era accumulata stando sulle ginocchia sul pavimento delle celle.
Aveva imparato che ad Alice non piaceva vederla con gli abiti sporchi, ma a Merlyn non importava più di tanto, se avesse dovuto
mettersi per terra per salvare la vita ad un uomo lo avrebbe fatto.
«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore.» l’avvisò una
guardia mentre stava mettendo via i suoi strumenti dopo aver ricucito una
brutta ferita sulla gamba di un uomo.
«Arrivo
subito, Sir Gilli.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo, non le
piaceva particolarmente quel ragazzo. Era uno stregone, aveva visto più volte
con i suoi occhi l’uomo usare la magia per fare scherzi spiacevoli ai poveri
uomini che dovevano combattere per la loro libertà. Non per questo non lo aveva
più volte aggredito puntandogli un dito al petto, definendolo un mostro e solamente
il collare d’oro che aveva al collo l’aveva salvata dal venire frustata chissà
quante volte.
Si girò
verso l’uomo seduto a terra «Non alzarti se non strettamente necessario, mi
raccomando.» disse prima di uscire dalla lurida cella, più volte aveva chiesto
di poter pulire gli ambienti dedicati al soggiorno degli uomini, per renderli
più salutari, ma Cedric – il responsabile dell’arena – le aveva riso in faccia,
dicendo che meritavano di dormire con i ratti. Nulla era servito lamentarsi con
Alice, nemmeno lei era riuscita a convincere l’uomo e il Re non aveva ritenuto
utile sprecare le loro energie per dei semplici schiavi.
Camminò a
passo svelto verso il suo studio medico, solitamente la prima tappa per i nuovi
gladiatori.
Seduto
sul tavolo di legno c’era un uomo dalle larghe spalle, Merlyn
poteva già vedere diverse cicatrici sul petto dell’uomo ed arricciò il naso al
chiaro odore di alcool che proveniva dal gladiatore.
«Cielo,
devo essere finito in Paradiso se un angelo è venuto a trovarmi.» commentò
l’uomo vedendola e la maga si chiese se non avesse sbattuto la testa. Nessuno
l’aveva mai chiamata angelo e non poté fare a meno di arrossire.
«Nessun
angelo, qui, gentile cavaliere, solo un medico.» rispose facendo un leggero
inchino, non era mai stata molto propensa a seguire l’etichetta, ma dopo il
primo mese passato in quell’arena aveva creduto che forse a quegli uomini
avrebbe fatto piacere essere trattati come semplici esseri umani e non schiavi,
destinati a rischiare la vita ogni giorno.
L’uomo rise
e la ragazza notò i capelli incrostati di sangue, quindi il gladiatore aveva
decisamente battuto la testa.
«Io sono Gwaine.» si presentò afferrandole una mano per baciarla e Merlyn si imbarazzò, nessun uomo l’aveva mai tratta in quel
modo e dire che si sentisse lusingata era ben poco.
«E io
sono Merlyn, il medico dell’arena.» si presentò a sua
volta ritirando la mano, così da poter aprire la sua borsa con gli attrezzi, Gwaine aveva decisamente bisogno di più punti e doveva
ripulirlo da tutto quel sangue.
L’uomo
rimase in silenzio, toccandosi qualche volta il collare d’argento, ma non
intralciò più del dovuto il lavoro della fanciulla. Forse per quella volta
essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, non era poi finita così
male. Gli era sembrato di capire che lì avrebbe avuto del cibo, un tetto sulla
testa, un’affascinante dottoressa solamente al prezzo di vederlo combattere in
un’arena. Se voleva essere modesto, e non lo era, non poteva chiedere di
meglio: lui era un vero maestro della spada.
«Per
l’occhio nero dovrà venire ogni giorno, così che possa metterle una tintura,
fino a quando non sarà guarito.» la ragazza spezzò il silenzio e, oh, Gwaine era già innamorato follemente di quella voce, andare
ogni giorno da lei non sarebbe stato per niente un problema.
«Può
darmi del tu, my Lady.» disse galantemente scendendo
dal tavolo, rimettendosi la maglia leggermente strappata.
«Solo se tu
farai lo stesso.» rispose la ragazza sorridendo e l’uomo giurò di aver perso
qualche battito.
«A
presto, Merlyn.» la salutò andando verso la porta
dove una guardia lo aspettava per portarlo in una delle celle.
«A
presto, Gwaine.» disse facendo un ultimo piccolo
inchino.
Non
sapeva il perché, ma già sapeva che lei e quel gladiatore sarebbero diventati
ottimi amici!
Alice si
era rivelata una donna veramente deliziosa, non era mai stata scortese con Merlyn e spesso le insegnava nuove cose per migliorare le
sue prestazioni da medico.
«Posso
mandare delle lettere?» domandò la fanciulla versando il tea per la sua ospite.
Era da un po’ che voleva porle quella domanda, non riusciva a non pensare a
quanto fosse preoccupata sua madre senza aver sentito ancora sue notizie, in
più voleva mandarne una a Gaius per avvisarlo di
quello spiacevole evento che sembrava impedirle di raggiungerlo.
Alice
scosse la testa «Nessuno schiavo può mandare lettere, cara, non possiamo
permettere che notizie di questa arena giungono ad altri Regni.» spiegò utilizzando
la magia per versarsi lo zucchero nella tazza. La donna era chiaramente una
strega, non aveva mai fatto nulla per nasconderlo, e Merlyn
si chiese se facesse parte di quel piccolo esercito che Cenred.
Da quando
era arrivata aveva capito che in quell’arena c’erano più utilizzatori di magia
di quanti ne avesse visti in vita sua e non tutti sembravano avere buone
intenzioni. Merlyn tremava al pensiero di quello che
avrebbero potuto fare, non poteva che preoccuparsi.
Non aveva
avuto ancora il dispiacere di incontrare il Re, al contrario di Gwaine che era stato portato al suo cospetto dopo aver
causato una rissa nelle camerate. Lo aveva descritto come un uomo viscido, con
i capelli sporchi e che puzzava estremamente di vino, con i denti gialli e due
occhi piccoli come un ratto. Alla sola descrizione la giovane maga rabbrividiva.
«Non potresti
mandare tu parole a mio zio? Spiegargli la mia situazione?» chiese timidamente,
non volendo spingere troppo la sua fortuna. Si sedé davanti alla donna facendo
attenzione a non inciampare nel lungo vestito blu. Viveva costantemente nel
panico di rovinare quegli abiti degni di una principessa, non voleva scoprire
quali terribili conseguenze avrebbe portato un tale gesto.
La strega
arrossì vistosamente, Merlyn notò con piacere che
ogniqualvolta si nominasse l’uomo la sua Protettrice diventata dello stesso
colore dei pomodori rivelando che c’erano chiaramente ancora dei sentimenti
vivi per il vecchio medico di corte.
«Vedrò
cosa posso fare.» le promise finendo il suo tea in un solo sorso, desiderosa di
fuggire a quella conversazione che la stavano portando sul sentiero dei ricordi
della sua giovinezza. Carezzò gentilmente la testa alla ragazza e uscì dalla
stanza, lasciandola nuovamente sola.
La maga sorrise
leggermente divertita, domandandosi se sarebbe mai riuscita a scappare e magari
portare nuovamente Alice a Camelot per farla rincontrare con suo zio. Sapeva
che doveva trovare del risentimento nei suoi confronti, infondo era solamente a
causa sua se gli uomini di Cenred erano arrivati fino
ad Ealdor, ma non poteva fare a meno di pensare che
dietro ci fossero delle buone intenzioni.
Là era
trattata con rispetto, non doveva lavorare sotto il Sole, portando pesi sulla
schiena, le sue mani non erano mai state così morbide in vita sua. Alice voleva
solamente toglierla dalla vita di campagna, credendola sola in quel piccolo
villaggio.
La
ragazza si tolse il vestito non con poca fatica, tutti quei lacci sulla schiena
diventavano leggermente rognosi e finalmente comprendeva perché le nobili donne
avessero bisogno di aiuto per vestirsi. Fortunatamente lei aveva la magia e con
un solo scintillio degli occhi il vestito era stato sfilato e posato sul letto.
Indossò
dei pantaloni e una tunica che aveva trovato nell’armadio e rimboccandosi le
maniche afferrò il secchio d’acqua che era vicino al camino e una spazzola per
pulire il pavimento. Merlyn proprio non riusciva a
stare senza fare nulla, era contro la sua natura, e poi lo considerava un
ottimo esercizio per esaurire le ultime forze prima di cadere in un sonno senza
sogni.
Le prime
notti che aveva passato in quella stanza la maga era stata tormentata da
terribili sogni, aveva visto l’arena in fiamme, un drago sopra di essa che
girava in cerchio e lei con gli abiti che stava indossando in quell’esatto
momento.
La
fanciulla scosse la testa, cercando di togliersi quelle immagini di mente e tronò
a strofinare il pavimento.
Gwaine passò a Merlyn delle fasce, si era autoproclamato suo aiutante e la
stava assistendo a dare il benvenuto ad un nuovo gladiatore.
«Non è
molto grave, Sir.» commentò la fanciulla osservando il taglio sulla coscia dell’uomo.
Bagno le fasce con dell’alcool, pronta a bendare la ferita.
«Non sono
un cavaliere, my Lady.» rispose l’uomo stringendo i
denti dal dolore. I cavalieri di Essetir erano stati
piuttosto bruschi con la sua cattura, gli avevano tirato una freccia dritta
sulla gamba, facendolo cadere da cavallo.
«E io non
sono una Lady.» disse Merlyn facendo un gesto con la
mano a Gwaine per avvicinarsi «Questa è la giusta
pressione per fasciare una ferita, non talmente stretto come fai tu, rischi di
bloccare la circolazione del sangue.» gli spiegò. Gwaine
aveva provato più volte a darle una mano con i bendaggi, ma ci metteva sempre
troppa forza e i poveri gladiatori venivano da lei in lacrime dicendole che non
riuscivano più a sentirsi alcune parti del corpo.
«Come ti
chiami, amico?» domandò l’uomo al nuovo arrivato, senza staccare gli occhi
dalle agili mani di Merlyn.
«Lancelot.
Lancelot duLac.» rispose il
ferito stringendo il lenzuolo che la ragazza aveva posato sul tavolo prima di
farlo accomodare.
«Io sono Gwaine e questo angelo è Merlyn.»
fece le presentazioni sorridendo apertamente. Gwaine
era sicuro di poter riconoscere al primo sguardo una brava persona e questo
Lancelot duLac sembrava
essere un uomo di tutto rispetto.
Merlyn finì il
bendaggio e si allontanò per prendere un altro panno per pulire dal terriccio
il viso dell’uomo «Non sono un angelo.» rispose ridendo, ormai si era abituata a
Gwaine, la chiamava sempre in quel modo, ma non
voleva che anche gli altri gladiatori prendessero il suo esempio.
L’uomo si
portò la mano al petto, spalancando sorpreso la bocca «Merlyn,
tu sei un angelo, senza di te saremmo tutti morti per delle infezioni.» disse
prendendole la mano, facendole fare una giravolta e poi tirarla contro il suo
petto. Le lasciò un tenero bacio sulla fronte, facendola arrossire «E poi non
ho mai visto fanciulla bella quanto te, devi essere per forza una creatura
celestiale.» mormorò in modo che solo lei potesse sentirlo.
Non
voleva essere il solito uomo che ci provava con tutte, nella sua vita aveva
avuto la sua larga dose di donne tra le sue lenzuola, ma Gwaine
non aveva mai guardato il viso di una di esse sentendosi il cuore battere a
mille. Merlyn era speciale e Gwaine
avrebbe fatto del suo meglio per corteggiarla con il dovuto riguardo.
«Sono
sicura che lo dici a tutte.» sbuffò la ragazza scansandolo spingendo il palmo
della sua mano contro la guancia dell’uomo.
Lancelot
si schiarì la gola, ricordando ai due della sua presenza «Sono sicuro che potreste
essere realmente una creatura celestiale, my Lady.»
concordò usando nuovamente il titolo nobiliare che Merlyn
non possedeva realmente. Lei era una contadina di nascita, non importava quali
vestiti indossasse, nemmeno la seta più pregiata avrebbe cambiato le sue
origini.
«Meryln.» lo corresse gentilmente la fanciulla «Chiamami Merlyn.» aggiunse ignorando completamente il loro
paragonarla ad un angelo.
Lancelot sorrise, forse si era appena fatto degli amici.
La prima volta che aveva messo piede fuori
dall’arena era stato in compagnia di Alice, si erano dirette al mercato per
comprare della stoffa e Merlyn si era sentita
soffocare per quanta gente c’era per le strade.
Tutti la
guardavano incuriosita, adocchiando il suo collare d’oro, bisbigliando tra di
loro, dicendo chissà quali mal dicerie. Si era sentita come una bestia condotta
al mercato per essere venduta, con tutti gli occhi puntati su di lei. Aveva
fatto del suo meglio per ignorarli, ma era semplicemente impossibile,
soprattutto per la quantità di uomini che le si paravano davanti, guardandola
da testa a piedi, facendo chissà quali peccaminosi pensieri.
«Buongiorno,
Lady Merlyn.» la salutò la guardia del cancello Est
con un breve inchino «Vi avviate al mercato?» domandò cortesemente iniziando a
camminare al suo fianco, lasciando le atre tre guardie da sole a sorvegliare
l’uscita dell’arena.
«Buongiorno
a lei, Sir Keith.» salutò cortesemente la fanciulla con un cenno della testa,
il cestino stretto tra le mani «Devo comprare della frutta per la mia
Protettrice.» spiegò lasciandosi accompagnare fino al mercato. Sir Keith era un
uomo gentile, lo aveva visto più volte insieme ad una delle sue figlie più
piccole che gli portava del pane intorno all’ora di pranzo. Era un uomo dai
sani principi e sembrava anche lui disprezzare l’idea dell’arena e di avere
degli schiavi al suo interno.
Merlyn lo aveva
conosciuto meglio quando sfortunatamente era finito sul suo tavolo con una
ferita da coltello sulla spalla, un uomo aveva provato ad irrompere per cercare
di salvare il proprio figlio che era stato catturato.
La
ragazza non poteva che essere dispiaciuta per quel povero padre, anche lei
spesso si ritrovava a pensare come sarebbe stato se qualcuno fosse arrivato a
salvarla, ma non credeva che sua madre o Will si fossero resi conto della
situazione, sicuramente avevano giustificato la mancanza di lettere da parte
sua con la sua tendenza a dimenticarsi le cose.
«Mi
permetta di accompagnarla. Lady Merlyn.» disse
galantemente l’uomo, offrendole il braccio che la fanciulla accettò
cortesemente. Non era male avere una guardia con lei, almeno avrebbe evitato di
venire aggredita dai più poveri della città, che cercavano di strapparle dal
collo quel collare in oro puro. Le era capitato ben tre volte e voleva
candidamente evitare una quarta.
Passeggiarono
tra i banchi del mercato con passo lento, non avendo nessuna fretta di tornare,
Merlyn si prese il suo tempo per scegliere le mele
più rosse e le fragole più piccole. Sir Keith al suo fianco fischiettava
allegramente portando il cesto che la ragazza andava riempendo.
Quando
tornarono al cancello Est si salutarono con un inchino e separarono le loro
strade. Merlyn camminò lentamente tra i corridoi
dell’arena, diretta verso le celle dei gladiatori.
Alice era
una donna buona, lo aveva dimostrato più volte, per questo quando Merlyn le aveva chiesto se potesse comprare della frutta
anche per i gladiatori non si era fatta alcuno scrupolo a darle qualche moneta
in più.
«Ecco il
mio angelo!» urlò Gwaine appena la vide attraversare
la porta, attirando l’attenzione di tutti. In un attimo la fanciulla fu circondata
da più di venti uomini a petto nudo.
«Ho
portato della frutta.» annunciò sollevando il cesto di vimini. I gladiatori le
fecero spazio, lasciandola tirare fuori la frutta e posarla su uno dei piatti
che avevano lasciato sul lungo tavolo in legno. Merlyn
vi posò con cura tutto quello che aveva acquistato, sperando che bastasse per
tutti.
Quando
gli uomini si avventarono affamati la ragazza venne spinta sempre più infondo
alla stanza «Prego!» urlò infastidita di non aver ricevuto nemmeno un grazie,
quegli uomini erano dei veri e propri barbari.
«Non ti
offendere, Merlyn, non lo fanno con cattiveria.» al
suo fianco si ritrovò Lancelot, un’espressione serena dipinta in volto «Gwaine ha ragione quando ti chiama angelo, nessuno avrebbe
mai pensato di portarci della frutta fresca.» aggiunse dandole un’amichevole
spinta con la spalla.
Merlyn arrossì e
allungò una mano nella cesta, tirandone fuori una tra le mele più belle che
aveva scelto «Tieni, rimanendo qui con me sicuramente non riusciresti ad
arrivare al piatto prima che finiscano tutto.» disse dando all’uomo il frutto.
Lancelot
si era rivelato un vero amico, non si comportava come Gwaine,
era più nobile d’animo e scambiare due chiacchiere con lui non era mai un
dispiacere. Le aveva raccontato che quando era stato catturato era diretto
verso Camelot, nella speranza di diventare un cavaliere. Merlyn
a sua volta gli aveva raccontato di suo zio e di come ora i loro sogni fossero
stati infranti da quell’arena e del bruto Re Cenred.
«Grazie
mille, Merlyn.» disse l’uomo piegandosi per donarle
un tenero bacio sulla guancia, facendo arrossire ulteriormente la fanciulla.
La ragazza gli donò un sorriso, prima di congedarsi e
tornare sui suoi passi, diretta da Alice.
Una cosa
che Merlyn non si era aspettata era la possibilità di
avere dei corteggiatori. Veri e propri uomini con mazzi di fiori che si
presentavano alla sua porta, le offrivano un appuntamento a cena e facevano
delle mosse strane con le sopracciglia.
Ad Ealdor nessuno l’aveva mai guardata se non per deriderla, i
ragazzi più grandi provavano un particolare piacere nel prenderla in giro per
le sue orecchie leggermente sporgenti ed appuntite. Fortunatamente aveva sempre
avuto Will a coprirle le spalle.
«Mi
dispiace, Sir, ma non credo che io non sia la persona giusta da corteggiare.»
provò educatamente la ragazza tenendo la porta socchiusa, dall’altra parte vi
era un uomo molto più anziano di lei, i denti talmente gialli e i capelli – o
almeno i pochi che gli erano rimasti – completamente bianchi.
L’uomo
corrugò la fronte, i fiori ancora tesi verso la porta stretti dalla sua mano grande
e callosa «Non essere sciocca, Lady Merlin, un uomo sa sempre quello che
vuole.» disse provando a spingersi all’interno della stanza «Non come voi donne
che non avete mai le idee chiare, vi piace pavoneggiarvi, non riuscite mai a
scegliere un uomo.» aggiunse lasciando cadere i fiori a terra, ora il viso
rosso di rabbia e umiliazione per essere stato respinto «Preferite dormire con
chiunque capiti, senza legarvi ad una persona sola, proprio come una p…» l’uomo
venne tagliato dal rumori di passi che si avvicinavano velocemente e Merlyn ne approfittò per sbattere la porta con quanta più
forza avesse, rischiando di amputare le dita dell’uomo.
Rimase
con l’orecchio attaccato alla porta, pronta a sentire l’uomo allontanarsi, con
l’aiuto della magia teneva la porta chiusa. Si sentì subito più al sicuro quando
sentì la voce di Gilli dall’altra parte. Poteva non starle molto simpatico, ma
almeno la trattava con il dovuto rispetto, soprattutto perché timido nei modi,
ma non nello sguardo.
Sentì la
guardia invitare il nobile ad uscire dall’arena, prima che i cancelli venissero
chiusi per la notte e la fanciulla aspettò pazientemente che anche l’altro uomo
se ne andasse per andare dalla sua Protettrice per la visita serale. La donna
l’aiutava ad affinare le sue abilità di scrittura e lettura, per gentile richiesta
della giovane che si sentiva arrugginita senza sua madre a guidarla.
Merlyn era
stata fortunata ad avere almeno un genitore acculturato, non era da tutti i
cittadini di campagna saper leggere e scrivere, forse nemmeno nelle grandi
città tutti ne erano capaci. Hunith aveva avuto
un’educazione eccezionale che però non le era servita molto nella vita, ma che
si era imposta di tramandare alla figlia.
Un
bussare secco alla sua porta fece roteare gli occhi alla maga, che riluttante
aprì con un gentile sorriso sulle labbra «Sir Gilli.» salutò con una piccola
reverenza.
«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore, richiede assistenza
medica.» disse la guardia ricambiando il saluto cortese, invitandola con il
braccio ad avviarsi verso l’infermeria. La maga lo fissò confusa, era atipico
che portassero così tardi un gladiatore, ma non espresse nessun parere. Afferrò
il mantello accanto alla porta e si fece scortare dalla guardia fino a
destinazione.
Entrando
individuò subito un uomo in piedi ad un angolo della stanza, puntò gli occhi
dritti nei suoi e non staccò il contatto visivo «Grazie, Sir Gilli, può
andare.» la fanciulla congedò la guardia senza neppure voltarsi, impegnata in
quella gara di sguardi.
Appena la
porta fu chiusa nessuno dei due si mosse, era chiaro che l’uomo non si fidasse
per niente di lei e Merlyn non poteva certo non
biasimarlo. Fino ad ora aveva avuto a che fare con uomini come Gwaine e Lancelot, abbastanza cordiali ed arrendevoli
all’idea di essere rinchiusi.
Quando il
rumore dei passi di Gilli svanì l’uomo si avventò sulla ragazza buttandola a
terra. La bloccò ai fianchi con le proprie ginocchia e le puntò al collo uno
degli attrezzi appuntiti che Merlyn usava per rimuovere
i punti dai suoi pazienti.
Rimase
impassibile, ma il cuore le batteva quanto un tamburo nel petto. Aveva
ovviamente paura di morire, non quando non aveva compiuto nemmeno sedici estati
e non aveva visto tutti i Regni. Aveva sempre desiderato viaggiare, essere un
medico errante, ma una donna da sola in viaggio correva molti pericoli. Come
quello che stava accadendo in quella stanza.
«Sono il
medico dell’arena, Merlyn.» si presentò sentendo la
lama toccare la gola con ogni parola. Nessuno dei due batteva ciglio e Merlyn si chiese se non avessero catturato un malato di
mente.
«Dove
sono?» domandò a denti stretti l’uomo chinandosi di più sul suo corpo,
sibilando minaccioso e Merlyn lo guardò annoiata. Tutti
le facevano quella domanda, iniziava a diventare particolarmente noioso.
«Siamo
nel Regno di Essetir, nella capitale, e più
precisamente all’interno della sua arena, amico.» rispose muovendo un braccio
per cercare di mettersi più comoda, ma l’uomo lo percepì come un tentato
attacco e le afferrò il polso, bloccando la sua mano a mezz’aria e Merlyn iniziava a sentire leggermente caldo.
Non era
mai stata così vicina ad un uomo, più precisamente ad un uomo di una certa
bellezza.
Aveva dei
capelli dello stesso colore che ricordava la ragazza il tritico che coltivava
ad Ealdor; gli occhi che stava fissando da quando era
entrata avevano le iridi simili alle sue, forse di un celeste più tendente al
blu. Nonostante il viso sporco di terra e sangue Merlyn
poteva vedere la sua carnagione chiara, come se non avesse mai visto un giorno
di lavoro sotto il Sole cocente dell’estate. Era un bell’uomo, non c’era molto
da dire, Merlyn in quel periodo ne era circondata, ma
nessuno aveva mai acceso il suo interesse.
«Io non
sono tuo amico.» sbottò guardandola truce e oh, Merlyn
perse immediatamente qualsiasi interesse. Non voleva certo cedere il suo cuore
ad un uomo bruto ed antipatico come quello.
«Hai
ragione, nessuno dei miei amici è uno stronzo quanto te.» rispose e
senza alcun preavviso alzò il ginocchio, colpendolo dove i libri di anatomia le
dicevano che avrebbe fatto male. L’uomo fece cadere l’arma e si spostò,
portando le mani verso la parte lesa.
«Non puoi
parlarmi così!» disse cercando di recuperare l’espressione minacciosa, ma Merlyn leggeva chiaramente il suo dolore attraverso gli
occhi che l’uomo si ostinava a tenere fissi nei suoi.
La
ragazza rise freddamente, veramente infastidita dal comportamento del
gladiatore «Anche se non potessi lo farei comunque.» rispose suonando come una
bambina.
«Potrei
ucciderti adesso.» la minacciò riafferrando l’arma che Merlyn
non aveva pensato di raccogliere e nascondere alle mani dell’uomo.
«Fallo.»
lo sfidò allargando le braccia, ma le gambe tremavano leggermente, non voleva
mostrarsi una codarda e voleva far capire a quel pallone gonfiato che lei era
più dura di quanto pensasse.
L’uomo
inarcò un sopracciglio, domandandosi perché quella donna non stesse urlando
aiuto, sembrava piuttosto tranquilla e questo lo infastidiva particolarmente.
Non era nella sua natura minacciare delle fanciulle, aveva un onore, ma mali
estremi, estremi rimedi.
La guardò
meglio, staccando per la prima volta lo sguardo dagli occhi della ragazza. Notò
immediatamente il collare d’oro, chiaro segno che lei era in una posizione di
potere superiore a lui. Era molto magra, sembrava mal nutrita, ma questo non
rendeva il suo viso meno bello. I lunghi capelli neri le ricordavano una
persona a casa, ma quelli del medico davanti a lui sembravano ad occhio e croce
più lunghi e più lucenti. Il vestito bianco che stava indossando le dava
un’aria quasi religiosa, poteva benissimo immaginarla in una delle vetrate
delle Chiese della sua città Natale.
«Allora,
hai paura?» lo sfidò con tono divertito, nascondendo le labbra piacevolmente
rosse dietro una mano. L’uomo si chiese se quelle fossero il loro colore
naturale o avesse usato qualche tintura.
«Non hai
paura?» le domandò sentendosi insicuro per la prima volta in vita sua.
Solitamente la gente non osava parlargli in quel modo, le donne non osavano
incrociare il suo sguardo per l’imbarazzo.
Merlyn alzò le
spalle e decise di sfilarsi il lungo mantello blu, alzandosi le mani dell’abito
bianco per poter iniziare a lavorare su quel bruto. Stava già perdendo
abbastanza tempo con quella scenetta «No, Sir, vorrei solo fare il mio lavoro e
continuare con la mia serata.» rispose iniziando a spostarsi per la stanza come
se l’uomo non l’avesse aggredita solo pochi minuti prima. Poteva
perdonarglielo, anche lei avrebbe reagito allo stesso modo.
Lo invitò
a sedersi con lo sguardo «Ora, vuole dirmi come si chiama?» domandò mentre
estraeva dalla borsa l’alcool, ago e filo, pronta a cucire la spalla dell’uomo.
«Arthur.»
rispose l’uomo rimanendo sull’attenti, pronto a scattare di nuovo nel caso la
ragazza volesse infliggergli un colpo nell’occhio con l’ago «Mi chiamo Arthur,
Lady Merlyn.» aggiunse sentendosi a disagio.
«Bene,
Sir Arthur, può chiamarmi semplicemente Merlyn, non
sono una nobile.» disse come suo solito, non le piaceva quel titolo, non lo
sentiva suo.
Arthur
sbuffò una risata, era ovvio che quella ragazza non potesse essere veramente
una nobile, nessuna donna del suo rango si sarebbe comportata in quel modo. Non
poteva aspettarsi altro dal Regno di quel barbaro di Cenred.
Appena
suo padre si sarebbe accorto della sua scomparsa non c’era alcuna possibilità
che quell’arena sarebbe rimasta in piedi, Camelot avrebbe conquistato Essetir.
Nessuno
sembrava averlo riconosciuto come l’erede al trono di Camelot e poteva
solamente giocarselo a suo favore.
«Ci sono
altri quattro gladiatori che si chiamano Arthur, quindi d’ora in poi La
chiamerò Testa di fagiolo.» disse la ragazza in tono serio, nonostante la
grande sciocchezza che il principe avesse sentito.
L’uomo
sbuffò infastidito «Faccia come vuole.» rispose “Tanto rimarrò qui solo qualche
giorno” pensò soddisfatto, lasciandosi curare dall’affascinante medico.
I boccali
pieni di birra si levarono in alto, seguito da un coro di auguri per la giovane
donna che se ne stava in piedi sopra il tavolo, una mano stretta intorno alla
bevanda mentre l’altra teneva un lembo del vestito per non inciampare mentre
ballava.
Arthur
sbuffò annoiato distogliendo lo sguardo, erano ormai passati tre mesi dal suo
arrivo in quel posto e di suo padre e i cavalieri di Camelot non ve ne erano
tracce, iniziava a perdere la speranza. In più si aggiungeva il medico che non
faceva altro che sfidare la sua autorità, chiamandolo in modi indicibili e
spesso e volentieri gli faceva male di proposito mentre disinfettava le sue
ferite.
Tutti
sembravano essere follemente affettuosi con quel piccolo demonio travestito da
angelo, ma Arthur non si sarebbe fatto ingannare. Doveva ammettere anche di
essere leggermente geloso dal fatto che Merlyn
sembrava trattare tutti amorevolmente tranne che lui, quando glielo aveva fatto
notare la fanciulla aveva riso e con voce divertita gli aveva detto «Nessuno di
loro ha provato a tagliarmi la gola.» e, oh, Arthur storse il naso. Non pensava
che quella ragazza potesse portare così tanto rancore per quel piccolo incidente.
«Non ti
stai divertendo.» Lancelot lo distrasse dai suoi pensieri, facendogli riportare
l’attenzione su Merlyn che ballava insieme a Gwaine cercando di non pestarsi i piedi a vicenda. Quei due
erano completamente negati ed Arthur li immaginò alla sua corte, sicuramente
Morgana avrebbe riso di cuore davanti a quella scena.
«Non
capisco come facciate ad essere così felice, siamo tutti prigionieri.» e
assolutamente non era arrabbiato per il fatto che dal suo arrivo avesse
mangiato solo avena e quella poca frutta che Merlyn
portava di tanti in tanto. Non era abituato a dormire su di un letto duro
quanto la pietra, la sua schiena non sarebbe mai tornata come prima, ne era
sicuro.
Lancelot
annuì prendendo un lungo sorso dal suo calice «Trovo che sia inutile rimanere
con il muso, quando potremmo morire domani, almeno potrò dire di essermi
divertito l’ultimo giorno della mia vita.» disse prima di lasciarlo solo e
tornare insieme agli altri uomini.
Il
principe corrugò la fronte, dubitava che Lancelot sarebbe morto lì dentro, era
un ottimo uomo di spada, più volte aveva rischiato di perdere contro di lui.
Stessa cosa valeva per Gwaine, l’uomo combatteva per
sopravvivere senza alcuna ombra di dubbio, il biondo credeva che un tempo fosse
stato una sorta di mercenario.
Fortunatamente
Re Cenred non lo aveva riconosciuto, anche grazie al
fatto che non si erano mai incontrati prima, Arthur non osava immaginare cosa
sarebbe potuto accadere se la verità sarebbe venuta a galla. Lo avrebbe ucciso
senza esitazione, lasciando Camelot senza un erede al trono.
Dopo di
lui era arrivato un uomo enorme, sembrava una montagna di muscoli e
Arthur lo trovava piacevolmente silenzioso, non parlava mai per primo e il
principe lo trovò un perfetto compagno di cella. L’unica che sembrava in grado
di strappargli qualche parola di bocca era Merlyn,
Arthur non faceva che sorprendersi, quella fanciulla poteva avere le stesse
capacità di un’incantatrice.
Sentì gli
uomini urlare nuovamente i loro auguri alla donna e nemmeno un minuto dopo
qualcuno si sedé pesantemente al suo fianco.
«Dio mi
salvi» disse Gwaine asciugandosi il sudore dalla
fronte «solo lui sa quanto vorrei sposare quell’angelo.» concluse rubando di
mano al principe la sua birra.
«Come ti
permetti?!» urlò oltraggiato Arthur, ma prima che potesse riprendersi la sua
bevanda l’altro gladiatore l’aveva già finita in un sol sorso.
L’uomo lo
guardò divertito «Andiamo, principessa, non ti arrabbiare.» disse
battendogli una mano sulla spalla «Sei l’unico con il muso, qua dentro.» gli
fece notare indicando verso Merlyn e Lancelot che
ballavano la bassedance in modo atroce.
Arthur
distolse lo sguardo infastidito «Non so voi, ma io sono un prigioniero qui, non
intendo sorridere finché non riavrò la mia libertà.» proclamò alzandosi dalla
panca, cercando di andare a rifugiarsi nella sua cella. Ne aveva fin sopra i
capelli di gladiatori che venivano a rimproverarlo per la sua faccia!
Peccato che
quando era a solamente ad un passo dalla sua cella la sua mano venne afferrata
da una decisamente più piccola e femminile. Una mano che aveva sentito più
volte in quei mesi e che ogni volta riusciva a mandargli come una scarica di un
fulmine giù per la schiena.
All’improvviso
si ritrovò nel mezzo di una carola, una mano stretta in quella di Merlyn e l’altra stretta da un sorridente – ma sempre
silenzioso – Parsifal.
«Sorridi,
Artie!» urlò la donna decisamente ubriaca mentre
inciampava sui suoi stessi piedi, rendendo i movimenti del cerchio scoordinati.
Usava quel soprannome solamente quando sembrava non avercela con lui e ad
Arthur non piaceva per niente. Nemmeno Morgana aveva mai avuto il coraggio di
chiamarlo in quel modo atroce.
Finirono
con il cadere per terra, Merlyn non aveva decisamente
mai bevuto degli alcolici e la sua resistenza era praticamente a zero. Arthur
si alzò velocemente, cercando di darsi del decoro, spazzolandosi i vestiti
dalla polvere del pavimento.
«Festa
finita! Riporto l’angelo nelle sue stanze.» annunciò Gwaine
barcollando leggermente, pronto a prendere da terra la ragazza che si era
addormentata – o forse era svenuta, ad Arthur non importava – ma il principe,
uomo d’onore che aveva giurato sulla sua stessa vita di proteggere i suoi
cittadini, non poteva lasciare che quell’uomo dai malsani principi
accompagnasse una fanciulla nelle sue stanze.
Prima che
Gwaine potesse metterle le mani su Merlyn, Arthur la prese tra le sue braccia, attento a non
farle penzolare la testa all’indietro «Siete tutti troppo ubriachi, ci penso
io.» disse e senza nemmeno aspettare una risposta bussò prepotentemente contro
la pesante porta di legno che notte e giorno veniva sorvegliata da una guardia.
Odiava profondamente quella ragazzina.
Merlyn sorrise
a disagio, era nell’infermeria e aveva due gladiatori feriti da guarire.
La nuova
guardia, Sir Valiant, non faceva che cercare di
catturare la sua attenzione, raccontandole aneddoti di sue grandi imprese per
il Regno. A Merlyn non interessavano ed in più la
distraevano dal suo lavoro.
Sfortunatamente
Valiant era la nuova guarda assegnata agli
spostamenti dei gladiatori tra l’infermeria e le celle. Nessuno dei gladiatori
lo trovava particolarmente simpatico, uno degli Arthur ci aveva già litigato e Merlyn aveva constatato con orrore che Valiant
lo avesse accoltellato alla gamba, lo squarcio aveva richiesto più di
quattordici punti.
«Potremmo
cenare insieme.» propose mentre con le dita sudice cercava di levarsi qualcosa
tra i denti. Semplicemente rivoltante.
«Non
credo sia appropriato, Sir Valiant.» rispose senza
nemmeno guardarlo in faccia, preoccupandosi di pulire la ferita sul fianco
destro di Lancelot. L’uomo era particolarmente silenzioso davanti alla guardia,
non voleva certo dargli un pretesto per picchiarlo, anche perché Lancelot era
sicuro che sarebbe riuscito a sconfiggerlo a mani nude. Quell’uomo era tutto
fumo, forse come gladiatore non sarebbe durato nemmeno una settimana.
La guardia
sputò a terra, un pezzo di carne cadde a terra ricoperto da saliva e Merlyn ne aveva viste di cose disgustose a quel punto della
sua vita. Cercò di non vomitare ai modi barbarici dell’uomo e continuò il suo
lavoro, percependo chiaramente sia Lancelot che Arthur irrigidirsi a quello
spettacolo di bruta mascolinità.
«Non hai
molta scelta, sei una schiava.» disse l’uomo avvicinandosi, Merlyn
sentì il suo fiato caldo sul collo e una mano posarsi sopra la cintura che
teneva alla vita con alcuni degli attrezzi che le servivano di più.
Scrollandoselo
gentilmente di dosso fece un passo in avanti, ritrovandosi praticamente tra le
gambe di Lancelot che non sembrava infastidito da tale vicinanza «Vorrei
ricordale che ho pur sempre un collare d’oro, Sir Valiant,
non di bronzo.» provò a dire in modo gentile, ma la voce le uscì più velenosa
di quanto volesse e il cavaliere non ne sembrò contento.
L’afferrò
bruscamente per un braccio e la tirò contro il suo corpo e, oh, Merlyn era semplicemente ripugnata da quello che sentiva
spingere contro le sue natiche. Sfortunatamente in quei mesi come medico aveva
visto più uomini soffrire di erezioni durante uno dei suoi interventi, ma Merlyn non ne era mai stata disgustata come in quel
momento. Mentre per i gladiatori era una reazione non voluta dovuta alla
stimolazione di zone erogene (Merlyn aveva avuto una
lunga chiacchierata con Alice riguardo l’altro sesso e i pericoli che possono
derivare da certi atti), Valiant invece era
semplicemente disgustoso e le stava chiaramente dimostrando la sua dominanza
attraverso il contatto fisico.
Quello
che Merlyn non si aspettava era vedere con la coda
dell’occhio Arthur alzarsi dal tavolo e caricare un pugno per colpire dritto
sul naso la guardia, spedendola a terra.
«Arthur!»
esclamò sorpresa, non si aspettava che l’uomo la difendesse, non quando fino a
cinque minuti prima stavano litigando a gran voce, chiamandosi per nomi poco
carini. L’uomo non aveva mai dimostrato una certa tolleranza nei suoi
confronti, evitava sempre di guardarla e Merlyn
credeva che la odiasse. Ma non era stata lei quella a puntargli un’arma al
collo nei primi dieci secondi della loro conoscenza!
L’uomo la
scansò senza troppe cerimonie, mandandola direttamente tra le braccia di
Lancelot, prima di avventarsi nuovamente su Sir Valiant.
«Arthur
fermati!» urlò cercando di andare a separare i due, ma Lancelot la bloccò
«Potresti farti male.» disse semplicemente indicandole con gli occhi la furia
con cui Arthur stava colpendo l’altro uomo, se avesse provato ad avvicinarsi
molto probabilmente sarebbe finita per essere colpita da una gomitata.
Il
principe di Camelot non aveva idea di cose gli fosse preso, all’inizio trovava
divertente vedere Merlyn in difficoltà nel tentativo
di rifiutare le avances della guardia senza insultarlo, ma poi quando aveva
visto Valiant allungare le mani aveva semplicemente
perso il controllo. Nessuno doveva permettersi di toccare una donzella senza il
suo consenso, soprattutto non nel modo brusco e disgustoso attuato da Valiant.
Se
qualcuno avesse fatto una mossa del genere su Morgana o qualsiasi altra donna a
lui cara non avrebbe esitato a trafiggerlo con la sua spada, ma al momento ne
era sprovvisto.
Non lo
stava facendo per Merlyn in sé, ma più che altro per
tutte le donne che subivano quel trattamento ingiusto. Ad Arthur non
interessava assolutamente nulla di Merlyn.
«Fermati
immediatamente, lo stai uccidendo!» l’urlo disperato della ragazza lo fece
tornare alla realtà. Si fermò con il pugno alto in aria, il petto che si alzava
ed abbassava velocemente, il fiato corso, le nocche sporche di sangue. Inclinò
leggermente la testa e vide Merlyn con le lacrime
agli occhi e desiderò non vederla mai più in quel modo.
Gli occhi
lucidi avevano preso un colore incantevole, gli ricordavano il cielo limpido di
Camelot in una giornata d’estate.
Dietro di
lei Lancelot lo stava guardando preoccupato, non si sarebbe mai aspettato di
vedere così tanta rabbia da Arthur, lo aveva creduto un uomo silenzioso, non
incline alla violenza e certamente non un fan di Merlyn,
tanto da arrivare a difenderla in quel modo.
«La
pagherai!» urlò Valiant spingendo Arthur per terra.
Alzandosi in piedi estrasse la spada dalla cintura e la puntò contro il
cavaliere.
«No!» Merlyn si mise tra i due «Sir Valiant,
lo perdoni.» chiese nascondendo il corpo di Arthur con il suo, guardò negli
occhi della guardia in modo implorante.
Il
gladiatore poteva essere antipatico, un pallone gonfiato, una testa di fagiolo
e quant’altro, ma non meritava di morire a causa sua. Soprattutto non quando
era già a metà strada per conquistare la sua libertà.
A Gwaine mancavano solamente dieci combattimenti prima di
avere abbastanza sigilli per chiedere al Re di riavere la sua libertà, mentre a
Lancelot ne mancavano venticinque. Merlyn era sicura
che avrebbero potuto andarsene già molto tempo prima se non fosse arrivato
Arthur, il quale aveva vinto ogni singolo combattimento a cui aveva
partecipato.
Già due
gladiatori avevano avuto la fortuna di tornare in libertà, ma era stato vietato
loro di lasciare la città, Cenred aveva timore che
andassero a raccontare al di fuori di Essetir
dell’arena. Oliver e Paul – i due gladiatori liberi – erano stati assunti come
cavalieri di Essetir, prendendo titolo nobiliare, ma
avevano il divieto a rimettere piede nell’arena.
Valiant guardò
la ragazza attraverso gli occhi mezzo chiusi per il dolore, quel gladiatore
sapeva decisamente tirare pugni «Gli risparmierò la vita al costo di una cena.»
decise e Merlyn non ci pensò nemmeno prima di
accettare.
Arthur
divenne rosso di rabbia, ma la mano di Lancelot sopra la sua bocca gli impedì
di parlare.
Era tutta colpa sua.
Alice ansimò
dal piacere masticando un pezzo della deliziosa carne che i servitori avevano
portato nelle stanze di Sir Valiant.
Merlyn non era
certo una stupida, sapeva perfettamente come manipolare la situazione ed Alice
era stata più che felice di diventare sua complice.
La
ragazza – che lei sia benedetta – si era presentata alla cena con Alice al
seguito, scusandosi con il cavaliere dicendo che «La mia Protettrice mi ha
imposto l’obbligo di portarla con me, spero non Vi dispiaccia.» e aveva fatto
un sorriso che l’anziana donna era sicura avrebbe fatto cadere qualsiasi uomo
ai suoi piedi. Ricordava ancora con malinconia i tempi in cui bastava sorridere
per ricevere un bacio dal suo Gaius.
L’uomo
non aveva aperto bocca per tutto il pasto, lasciando chiacchierare le due
donne, le quali si stavano raccontando le rispettive giornate come se fossero
amiche di vecchia data.
Era
infastidito dalla presenza della vecchia, ma pensò che se si fosse mostrato
accomodante forse un giorno gli avrebbe dato la benedizione per sposarla. Valiant non aveva mai visto una pelle tanto chiara e pure
come quella della fanciulla e lui bramava avere quanto più di puro ci fosse al
mondo, in più la sua giovane età non faceva che attirarlo.
Una donna
inesperta a letto era una donna completamente alla sua mercé, Valiant avrebbe potuto insegnarle qualsiasi cosa sull’arte
dell’amore senza che lei sapesse se fosse giusto o sbagliato. Non tutte le
donne lo accontentavano nella richiesta di mettersi sulle ginocchia e portarlo
al piacere con il solo ausilio della bocca, era più un atto che praticavano le
donne nei bordelli, non le ragazze per bene.
«Credo
che si sia fatto tardi, Sir Valiant.» annunciò Merlyn pulendosi le labbra con un fazzoletto di stoffa
«Domani dobbiamo entrambi lavorare, credo sia ora di coricarsi.» aggiunse
alzandosi da tavola seguita da Alice che rideva sotto i baffi all’espressione
delusa dell’uomo.
«Spero in
una seconda cena.» disse accompagnando le signore alla porta.
Merlyn
annuì «In futuro.» promise, rimanendo sul vago.
Arthur
camminava per la sua cella tenendosi la mano fasciata in quella sana, era
preoccupato. Non aveva certo voluto che le cose andassero in quel modo,
l’ultima cosa che voleva era sapere Merlyn a cena con
quel bifolco.
Quando
erano tornati dalla loro visita già tutti i gladiatori sapevano della sua rissa
con Valiant ed era stato benvenuto con un coro di
applausi, tutti contenti che finalmente qualcuno avesse dato una lezione alla
guardia.
Lancelot
non aveva aperto bocca, visibilmente arrabbiato con Arthur per il guaio in cui
aveva cacciato Merlyn, ma non lo aveva detto a
nessuno e il principe ne era grato. Solo Dio sapeva cosa gli avrebbero fatto se
avessero saputo che per colpa sua la loro adorata Merlyn
era con quel porco.
«Cosa ti
turba, Arthur?» la voce di Parsifal lo spaventò, non era abituato a sentirlo
parlare. All’inizio aveva immaginato una voce bassa e potente, ma al contrario
era dolce, quasi un tono paterno.
«Ho fatto
un casino e non sono pronto ad affrontare le conseguenze.» ammise mentre la sua
fantasia gli faceva vedere immagini di Merlyn in
lacrime per essere stata violata da Valiant,
incolpando lui per l’accaduto. Gli si stringeva il cuore al solo pensiero. Cosa
avrebbe fatto se Morgana fosse venuta da lui, deflorata contro la sua volontà?
Avrebbe
ucciso quel bastardo, senza ombra di dubbio, a Camelot era il principe, gli
bastava dire una cosa e tutti sarebbero scattati al suo ordine, ma lì era
solamente un gladiatore e chissà quale sarebbe stata la sua punizione per aver
ucciso una guardia. Non voleva scoprirlo.
Parsifal
si rigirò nel letto, guardandolo in faccia «Le decisioni sbagliate fanno parte
del nostro cammino e imparare a convivere con le conseguenze fanno parte della
vita.» disse come se non stesse realmente parlando con lui, ma più che altro a
sé stesso.
Arthur
rimase in silenzio, decidendo che non era necessario condividere i suoi demoni
con una persona che stava evidentemente combattendo già con i suoi.
Tornò sul suo letto e si forzò a dormire.
Merlyn fu
chiamata al cospetto di Sua Maestà Re Cenred in
persona. La ragazza tremava al solo pensiero, la lettera non diceva il motivo
per cui il Re volesse vederla ed Alice non era riuscita ad avere nessuna
notizia durante la sua visita a palazzo.
La prima
cosa che pensò fu che avesse scoperto della sua magia, ma Merlyn
era sempre stata molto attenta e l’aveva usata unicamente nelle sue stanze o
nell’infermeria su paziente privi di sensi.
La
libreria nelle sue stanze era stracolma di libri sulla magia, ma non li aveva
portati lei lì, c’erano da prima del suo arrivo ed era sempre stata attenta a
non spostarli per dare l’impressione che non li avesse toccati. Aveva
addirittura spazzato per terra e buttato la polvere sui libri per dargli un
senso di trascuratezza.
Forse
Arthur l’aveva notata usare la magia per fargli riprendere il completo
controllo della sua mano e l’aveva denunciata alle autorità, dato che gli stava
molto antipatica non c’era nulla che lo avrebbe fermato dal raccontare il suo
segreto.
«Potrebbe
semplicemente voler incontrare la donna che salva i suoi giocattolini.» propose
Gwaine rubandole un chicco d’uva dalle mani. Era
giovedì, il giorno in cui andava al mercato per acquistare della frutta.
Lancelot
annuì «Nessuno è mai morto sotto le tue mani e devo dire che il caso di Hector
era piuttosto grave, non gli davo alcuna speranza di sopravvivenza.» disse
facendola arrossire. Se solo sapessero che le sue qualità da medico erano in
parte dovute anche alla magia…
«O forse
vuole liberarti, ormai stiamo quasi da un anno in questo posto orribile.» provò
Liam, uno dei primi gladiatori ad essere stato catturato, solamente poche
settimane prima dell’arrivo di Merlyn. Non aveva
avuto molta fortuna nei combattimenti, ne aveva vinti solamente sette e più volte
la ragazza aveva assistito ai suoi crolli emotivi, mentre piangeva disperato
arrendendosi a passare il resto dei suoi giorni in quel posto senza alcuna
possibilità di andarsene.
Più
gladiatori aveva perso già le speranze, chi aveva sperato in un familiare al
soccorso, chi nel crollo dell’arena e chi di creare una breccia per fuggire. Merlyn stessa aveva sperato più volte di vedere Will
arrivare e salvarla. Si sentiva soffocare tra quelle mura e nonostante si
trovasse bene con tutti non poteva negare che Arthur la facesse sentire a
disagio.
Si
conoscevano ormai da sette mesi e si erano parlati ogni singolo giorno, non in
termini d’amicizia, ma Merlyn poteva capire che anche
l’uomo soffrisse particolarmente la sua situazione, al contrario di Gwaine che sembrava essere completamente a suo agio.
«Non ti
capita sempre di avere cibo assicurato tre volte al giorno, Merlyn.»
le aveva detto quando gli aveva chiesto perché non cercasse di andarsene, da
quando gli mancavano solamente due sigilli, il gladiatore aveva iniziato a
perdere di proposito. Ovviamente il vero motivo era che non voleva lasciare Merlyn, ma questo lei non aveva bisogno di saperlo.
La stessa
cosa faceva Lancelot, il quale non se la sentiva di tornare alla sua vita e
lasciare i primi amici che era riuscito a farsi.
«Magari
vuole darti in pasto ad un drago.» scherzò Arthur, ben sapendo che l’ultimo
drago al mondo era incatenato nelle segrete del suo castello.
Merlyn sorrise
«Almeno così non dovrò più vedere la tua faccia da asino.» rispose con tanto di
linguaccia, facendo ridere tutti i presenti.
Da quando
Arthur era venuto a sapere che quella fatidica notte di settimane prima non era
accaduto nulla, dell’ingegnoso piano della ragazza e il fatto che Valiant fosse stato trasferito a castello dopo le varie
lamentele di Sir Keith sul suo conto, l’uomo si era sforzato di cercare di
stringere amicizia con la donna.
«Ora devo
andare, ci vediamo dopodomani!» salutò donando un bacio sulla guancia ad ogni
singolo cavaliere. Si fermò davanti ad Arthur «Posso o scapperai come l’ultima
volta?» domandò alzando le sopracciglia in modo divertente.
Arthur
alzò gli occhi al cielo e si chinò leggermente da fare in modo che la ragazza
arrivasse alla sua guancia «Non farti strane idee, adesso.» l’ammonì, ignorando
completamente il suo cuore che sembrava voler uscire dalla cassa toracica.
Quella Merlyn doveva essere
veramente un’incantatrice.
Alice le
sistemò nuovamente una ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio e le passo le
mani sulla stoffa del vestito sulle spalle, eliminando qualsiasi increspatura.
«Ricordati
di non guardarlo mai negli occhi, ai nobili non piace.» raccomandò guardandola
un’ultima volta in modo ansioso. La ragazza aveva avuto un comportamento
eccezionale fin dal suo arrivo, non aveva creato problemi come Alice aveva
creduto ed era un ottimo medico a suo parere.
Merlyn annuì,
sentiva le mani sudarle in maniera esagerata, non aveva mai avuto così paura in
vita sua. Se la situazione si sarebbe fatta grave aveva già pianificato un
piano di fuga. Aveva imparato un incantesimo capace di far crollare un intero
muro e anche se non l’aveva mai esercitato aveva abbastanza confidenza da
sapere che avrebbe funzionato.
La sua
magia reagiva alle sue emozioni, da bambina quando si spaventava riusciva
addirittura a rallentare il tempo per darle il tempo di scappare dalle
malefiche farfalle che provavano a posarsi sul suo naso.
Sentirono
il suono assordante delle trombe ed il suo nome venir annunciato, precedendo
l’apertura delle pesanti ed altissime porte di legno. Merlyn
si sistemò velocemente per l’ultima volta la gonna del vestito e si inchinò,
mostrandosi per la prima volta al Re in un gesto di rispetto.
Quando
ritenne che fosse passato abbastanza tempo tornò con la schiena ritta e camminò
lentamente nella sala cercando di ignorare tutti gli sguardi dei nobili, mentre
sussurravano tra loro, incuriositi anch’essi all’oscuro della sua convocazione.
Re Cenred era disgustoso come lo aveva descritto Gwaine e Merlyn arrivò abbastanza
vicino da sentirne la puzza. Dio, sperava si lavasse prima di incontrare altri
Re, altrimenti si spiegava perché nessuno volesse firmare trattati di alleanza
o pace con Essetir.
Il loro
Regno era in guerra fin da quando Merlyn aveva
memoria, aveva vissuto guardando di nascosto dalla sua umile casa cavalieri
combattere nei loro campi, fregandosene di rovinare il già povero raccolto del
villaggio.
«Merlyn, così ti chiami?» domandò il Re alzandosi dal suo
trono e la ragazza notò il buco sulla tunica. Ma quell’uomo aveva dei servitori
che pensassero a renderlo presentabile?
«Sì,
Eccellenza.» rispose mantenendo lo sguardo basso, azzardandosi a spiare
solamente con l’angolo dell’occhio.
L’uomo le
girò introno, dandole possibilità di sentire in maniera più forte il tanfo che
proveniva dalla sua persona. Merlyn sarebbe stata
fortunata se avesse concluso quella visita senza vomitare sulle scarpe del Re.
Essetir era un
Regno povero, la morte del padre di Cenred era
costata al popolo tutta la sua ricchezza. Il giovane Re aveva speso tutto il
suo tesoro e le tasse dei cittadini per i suoi capricci e le sue inutili guerre,
nella speranza di conquistare nuove terre, mentre invece ne perdeva solamente.
«Sei tu
la causa del fiasco della mia arena.» disse il Re prendendole il mento tra
l’indice e il pollice, aveva la pelle dura e Merlyn
desiderò schiaffeggiare via la mano e suggerire a Cenred
di lavarsi le mani, era sicura che adesso il suo mento fosse sporco di terriccio.
«My
Lord?» domandò confusa, l’arena era tutto che un fiasco. Ogni giorno si
riempiva di nobili che desiderava divertirsi vedendo uomini combattere.
Cenred tornò al
suo trovo, sedendosi in modo scomposto e poco regale, Merlyn
non poteva credere che il Regno in cui abitava fosse governato da un uomo del
genere. Perfino Arthur sarebbe stato un Re migliore e la ragazza non sopportava
l’uomo dai capelli dorati.
Non era
riuscita a scoprire molto sul suo passato, Arthur si chiudeva subito in sé
stesso appena provasse a fare conversazione su cosa usasse fare. Sicuramente
era un bandito e se ne vergognava, le sue qualità da spadaccino non suggerivano
per niente un passato da contadino.
«L’arena
verrà distrutta e i suoi occupanti uccisi, sarà meglio che tu vada ad avvertire
i tuoi amici.» disse muovendo la mano e delle guardie si apprestarono a
condurre la ragazza fuori dalla Sala del Trono.
Merlyn doveva
ancora processare bene le parole uscite dalla bocca di Cenred.
Avrebbe ucciso tutti loro? Tra lei, i gladiatori e gli schiavi con il collare
di bronzo si parlava di più di duecento persone. Sentì il respiro bloccarsi in
gola, farsi irregolare. La vista divenne poco chiara, non riusciva più a
definire i contorni degli oggetti e le gambe le tremavano.
Prima di
svenire riconobbe la sagoma sfocata di Alice raggiungerla.
«Ti
prego, Alice, ti prego, un ultimo favore prima di sparire dalla tua vita.»
implorò la ragazza stringendo le mani di quella che era stata la sua
Protettrice per quasi un anno. Le aveva insegnato molto, le era molto grata, e
sapeva di star mettendo la sua vita a rischio con quella richiesta, ma non
poteva accettare l’idea di morire così giovane. Lei lo sapeva, infondo al
cuore, che aveva un grande Destino davanti a sé.
La donna
ricambiò la stretta «Non prometto nulla, Merlyn, ma credo che tu debba andare a
parlare con i gladiatori.» le ricordò con gli occhi lucidi di lacrime non
versate. La consapevolezza che quella dolce ragazza sarebbe potuta morire in
meno di ventiquattro ore la tormentavano; come avrebbe pensato a Gaius senza
ricordarsi della sua dolce nipote?
La
fanciulla annuì e si asciugò il viso. Erano passato un paio di ore dal suo
incontro con il Re e dopo aver perso i sensi era stata trasportata da dei
cavalieri fino all’arena e nelle sue stanze. Alice le era stata accanto fino a
quando non si era risvegliata e Merlyn negherà fino alla morte di essere
svenuta dalla paura.
Si cambiò
d’abito, indossando quello con cui era arrivata in quel posto, gli stracci di
una contadina che non sapeva cosa volesse dire essere nobile. Si guardò allo
specchio riconoscendosi per la prima volta dopo tanto tempo.
In quel
momento, riflessa nello specchio, c’era Merlyn la figlia di Hunith, non Lady
Merlyn medico dell’arena. Legò i capelli in cima alla testa, come quando andava
a raccogliere il tritico, e prese un profondo respiro. Dare quella notizia a tutti
quegli uomini a cui lei era tanto cara sarebbe stata dura, soprattutto essendo
consapevole che Gwaine e Lancelot sarebbero potuti scappare a questa esecuzione
di massa vincendo quei pochi incontri che mancavano loro.
Mentre
camminava lentamente per l’arena, osservando per l’ultima volta quei corridoi,
pensò che non poteva salvarli tutti. Non poteva salvarli nemmeno senza rivelare
la sua magia, non aveva mai capito cosa ne pensassero i suoi amici di chi
usasse le arti magiche, in tutto quel tempo non erano mai arrivati a parlare di
tale cosa. Forse l’avrebbero odiata, ma non poteva lasciarli perire per mano di
Cenred.
Avrebbe
parlato con Gwaine, Lancelot e Parsifal, chiedendo loro se si fidassero di lei,
se volevano fuggire a quella fine tremenda che aspettava loro il mattino
seguente.
Arrivò
alle celle e prese un profondo respiro, le tremavano le mani, era normale?
«Oh,
guardate, Merlyn non è morta!» l’urlo di Sir Liam attirò l’attenzione di tutti
e la fanciulla si sforzò di fare un piccolo sorriso come saluto. Rimase
attaccata alla porta, non fidandosi a lasciare andare la maniglia per paura di
cadere a terra.
Arthur la
guardò da testa a piedi «Perché quei vestiti?» chiese alzando un sopracciglio.
Non gli sembrava di averla mai vista con quegli abiti addosso, solitamente
sfoggiava tessuti di buona qualità con ricami degni di una sartoria regale,
quello sembrava essere fatto di stoffa economica e cucito a mano.
Merlyn si
schiarì la gola «Domani…» iniziò, ma la voce le morì in gola, come poteva dire
a quelle persone che sarebbero morte? Non era fatta per portare brutte notizie,
quando il cane di Will era morto, invece di dirglielo si era inventata che suo
zio Gaius lo aveva portato con lui a Camelot, sapendo che il suo amico adorava
l’anziano signore.
Scosse
leggermente la testa, decidendo che non era quello il momento per tornare sul
sentiero dei ricordi «Domani Re Cenred chiuderà l’arena.» disse a bassa voce,
sembrava incapace anche solo a parlare in un tono normale, ma il silenzio che
regnava nella stanza permetteva a tutti di udirla.
Uno
scoppio di gioia si dilagò tra i gladiatori, credendo in una libertà imminente,
Gwaine sollevò la ragazza per aria, facendola girare mentre rideva spensierato
«Fermi, fermi!» attirò nuovamente la loro attenzione «Non c’è nulla da gioire.»
affermò guardando dispiaciuta Gwaine.
«Cosa
intendi?» domandò gentilmente Parsifal facendo un passo avanti, lasciando
andare Arthur, il quale si era ritrovato in uno stretto abbraccio con il
compagno di cella.
La
fanciulla si guardò le mani «Domani mattina, alle prima luci dell’alba, Re
Cenred ucciderà tutti gli schiavi.» dichiarò finalmente guardando i gladiatori
perdere il sorriso. Era come se il tempo si fosse fermato, nessuno si muoveva,
la guardavano tutti sconcertati, increduli a quello che le loro orecchie
avevano udito.
«Mi
dispiace.» aggiunse lasciando cadere le prime lacrime, non voleva farsi vedere
in quel modo, ma non c’erano speranze per loro tutti di uscire da lì incolumi.
Lancelot la prese tra le sue braccia, nascondendole il viso contro il petto,
carezzando dolcemente i suoi capelli mentre gli uomini come privi di forze si
accasciavano sul pavimento.
Ai suoi
singhiozzi si aggiunsero quegli dei gladiatori più giovani, terrorizzati
all’idea della morte, mentre gli adulti si guardavano con consapevolezza negli
occhi. Merlyn sentì una mano sul braccio e aprì gli occhi incontrando la figura
di Gwaine che si unì all’abbraccio di Lancelot.
«Dovrei
andare, domani sarà una giornata dura.» sussurrò asciugandosi il viso con la
manica del vestito.
«Rimani
qui, questa notte, nelle tue stanze non sei più protetta.» suggerì Parsifal non
fidandosi delle guardie dell’arena. Aveva visto il modo in cui trattavano le
schiave con i collari di bronzo e quella notte, con la sua esecuzione a solo poche
ore, nulla vietava loro di ferire Merlyn. Non voleva che accadesse qualcosa
alla ragazza, ormai la considerava una sorella, era stata l’unica a non
forzarlo mai a parlare, al contrario di Gwaine che lo aveva tormentato per ore
i primi giorni della sua permanenza.
La
ragazza si guardò intorno, non aveva mai dormito in una stanza con un uomo,
nemmeno con Will, non sapeva se potesse permetterselo. Cosa avrebbero detto di
lei, il mattino seguente, vedendola uscire con i gladiatori dalle celle?
«Parsifal
ha ragione.» intervenne Arthur, poche ore prima gli era sembrato di vedere
Valiant camminare fuori dall’arena e non voleva rischiare che potesse avere
cattive intenzioni dopo essere entrato in conoscenza della perdita del titolo
della fanciulla «Potrai avere il mio letto.» aggiunse sentendosi
particolarmente generoso quella sera. Se sarebbe morto alle prime luci
dell’alba voleva essere ricordato dalla ragazza come un uomo gentile e
cavaliere, non un arrogante senza maniere.
Merlyn
arrossì, meravigliandosi di tutta quella gentilezza da parte degli uomini,
aveva sempre creduto che l’altro sesso fosse un ammasso di maleducati che si credevano
superiori alle donne, ma in quelle mura nessuno l’aveva mai fatta sentire in
quel modo. Erano suoi amici, perfino Arthur.
Annuì non
fidandosi ad usare la voce, troppo presa dalle varie emozioni che la stavano
attraversando. Arthur le prese delicatamente una mano, guidandola nella sua
cella «Riposati, Merlyn.» disse in un tono che non aveva mai sentito prima.
La fanciulla chiuse gli occhi annuendo, dimenticandosi di
parlare della sua magia e del piano di fuga. Era semplicemente troppo stanca.
Il
risveglio era stato traumatico, i cavalieri di Essetir erano entrati
prepotentemente nelle celle buttando i gladiatori giù dai letti.
«Sembra
che si siano divertiti per l’ultima notte.» rise uno degli uomini tirando in
piedi un ancora addormentata Merlyn. Gwaine provò a raggiungerla, ma una
guardia lo colpì allo stomaco mandandolo a terra «Sono anche protettivi!» rise
notando tutti gli schiavi pronti ad attaccare per difendere l’onore della donna.
Le
guardie tolsero a tutti i collari, lasciandoli cadere a terra. La maga si sentì
molto più leggera e portò istintivamente le mani al collo. Anche i gladiatori
fecero lo stesso.
«Ora!
Mettetevi in fila e seguiteci, alla prima mossa sbagliata la ragazza muore.» il
capo delle guardie, un uomo di nome Jarl, afferrò Merlyn e le puntò la spada
alla gola, obbligando tutti i gladiatori a sottostare ai suoi voleri. La
ragazza alzò gli occhi al cielo, stufa di essere usata come un oggetto da parte
di quei bruti.
No, non
si sarebbe mai sposata, se doveva diventare un oggetto da sfoggiare per suo
marito avrebbe preferito maritarsi con un’altra donna e vivere nei limitari
della foresta e morire in pace di vecchiaia.
Morire,
che concetto spaventoso.
Merlyn
spalancò gli occhi rendendosi conto che non aveva parlato ai suoi amici del suo
piano. Avrebbe dovuto improvvisare, sperando che non decidessero di ucciderla
loro.
Essetir
poteva dare il benvenuto agli stregoni e le streghe, ma le persone normali
rimanevano comunque sempre molto diffidenti nei loro confronti.
Camminarono
in silenzio e la ragazza per la prima volta si ritrovò all’interno dello spazio
che ospitava i combattimenti. Gli spalti erano pieni di nobili che gridarono
gioiosi vedendo gli schiavi entrare.
Merlyn si
guardò intorno, le donne che prima avevano collari di bronzo piangevano
disperate, già accasciate a terra senza alcuna speranza, gli uomini cercavano
di consolarle inutilmente e la maga poteva vedere benissimo le loro gambe
tremare. Si girò verso i gladiatori e vide loro guardare verso lo spazio
privato in cui il Re guardava tutti i combattimenti, ma di Cenred non c’era
ancora traccia.
Le urla
mischiati ai pianti disperati delle donne la mandarono in confusione. Fece un
passo indietro, osservando meglio gli spalti nella ricerca dell’unica persona
di cui aveva bisogno in quel momento. Osservò ogni singola faccia fino ad
incontrare lo sguardo penetrante di Alice.
Mantenne
in contatto visivo, facendole capire che l’aveva individuata, e l’anziana donna
fece un cenno con la testa. Perfetto.
«Merlyn,
stammi vicino.» disse Gwaine prendendola per un braccio, non gli piaceva quello
che stava vedendo dall’altra parte dell’arena. Dietro alle sbarre di ferro
nella parete opposta alla loro l’uomo aveva visto la chiara sagoma di un Wilddeoren.
A loro si
unirono Lancelot, Parsifal e Arthur che crearono una cerchia intorno alla
donna, come per volerla proteggere.
L’arena
ammutolì quando Cenred fece la sua comparsa, la donna notò con dispiacere che
indossava gli stessi abiti sudici del giorno prima. Ugh, lei stessa non vedeva
l’ora di farsi un bagno dopo averlo visto.
«Miei
cari cittadini!» chiamò il Re «Siamo qui oggi per la pubblica esecuzione di
questi schiavi.» disse indicando le persone sul campo di battaglia «Sono stati
tutti una grande delusione, la loro lealtà per una povera donna ha corrotto i
miei gladiatori.» continuò e, oh, a quanto pare era tutta colpa di Merlyn.
«Chi
giurerà lealtà a me sarà risparmiato!» annunciò allargando le braccia «Chi
desidera farlo può ritornare dentro.» indicò con il dito la porta ancora aperta
dove delle guardie sostavano «Chi non ha cara la vita e preferisce seguire una
misera sgualdrina può rimanere dove si trova e venire dato in pasto ai miei
Wilddeoren.».
«Cos’è un
Wilddeoren?» domandò Merlyn ad Arthur, il più vicino a lei. Istintivamente strinse
il suo braccio e ne sentì i muscoli e wow, Merlyn, non era quello il momento da
farsi impressionare dalla portata fisica dell’uomo. Insomma, in quel momento
era letteralmente circondata da uomini con più muscoli che cervello.
«Sono
degli enormi…» Arthur si bloccò vedendo la ragazza spalancare gli occhi
spaventata «… piccoli ed adorabili ratti.» disse misurando con le mani quello che
poteva sembrare un cucciolo di cane, ben sapendo che quelle bestie erano il
quadruplo «E mangiano carne umana.» aggiunse mentre vedeva intorno a loro tutti
gli schiavi dal collare di bronzo correre all’interno dell’arena per salvarsi,
loro non erano mai stati a contatto con Merlyn come i gladiatori. Potevano
trovarla una ragazza adorabile dai modi cortesi, ma non erano pronti a
rischiare la vita per lei.
Alcuni
gladiatori seguirono gli schiavi, lasciando sul campo solamente Merlyn,
Lancelot, Gwaine, Parsifal, Arthur e Liam.
«Perché
rimani qui?» chiese al biondo cercando di spingerlo verso gli altri. Poteva
immaginare che gli altri non volessero lasciarla sola, ma Arthur non aveva
alcun motivo per rinunciare alla sua vita per lei.
«Potrai
anche essere un’idiota, Merlyn, ma c’è qualcosa in te che ancora non riesco a
cogliere.» ammise, perché non riusciva nemmeno a concepire l’idea di rinunciare
alla compagnia della donna. Era diventata una parte costante della sua vita, si
era lentamente affezionato ai suoi sorrisi e desiderava passare il resto della
sua vita con lei. In amicizia, ovviamente.
«Vi
fidate di me?» domandò la maga guardando gli uomini, i quali sembravano più
intenti ad osservare i Wilddeoren venire liberati «Vi fidate di me?!» urlò per
attirare la loro attenzione. Meglio così, se fossero stati solamente loro sei
avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere e fuggire. Non aveva creduto
che Cenred avrebbe dato una possibilità agli altri di salvarsi, non lo aveva
creduto così magnanimo.
Gwaine la
spinse dietro la sua schiena, il primo Wilddeoren si stava avvicinando
velocemente «Cos’hai in mente?» domandò alzando i pugni, non avevano armi con
loro, si sarebbe dovuto accontentare delle sue mani.
Merlyn
strappò la gonna del suo vestito, rivelando un paio di pantaloni «Dobbiamo
correre all’interno della cella dei ratti.» disse mentre legava i capelli in
modo che non le dessero fastidio.
«Tu sei
pazza!» l’accusò Arthur guardandola da testa a piedi.
«Allora,
vi fidate?» domandò Merlyn per l’ultima volta.
Gli
uomini si guardarono, ma in quei mesi avevano imparato che se c’era una persona
che poteva salvarli era proprio Merlyn. Annuirono tutti.
«Okay,
allora contate fino a cinque e iniziamo a correre in direzioni diverse, così
confonderemo quelle bestie. L’obbiettivo è entrare nella cella.» ricordò
piegando le ginocchia pronta a correre.
Contarono
fino a cinque e si separarono. Merlyn andò a destra, schivando per un pelo
l’animale che si era fatto troppo vicino. Si avvicinò al bordo dell’arena mentre
il pubblico esultava entusiasta per lo spettacolo, dandoli ormai per spacciati.
La ragazza saltò su un barile e afferrò una delle sporgenze per le torce,
salvandosi dal secondo Wilddeoren. Penzolò usando la forza delle braccia,
spingendosi in avanti per atterrare di nuovo sul pavimento polveroso
dell’arena.
Mancava poco
più di una iarda per arrivare al cancello, ma mentre prima aveva dimostrato una
grande abilità fisica finì con l’inciampare sui suo stessi piedi, sbattendo la
testa. Sentì del sangue colarle dalla tempia, ma non aveva il tempo per controllare
la profondità della ferita. Si alzò sui gomiti, vedendo Gwaine entrare nella
cella, seguito da Parsifal.
Dannazione,
sarebbe dovuta arrivare prima lei.
Non fece
in tempo a mettersi in piedi che si sentì sollevare da terra e finì sopra la
spalla di uno dei suoi amici. Aggiustandosi alla nuova e scomoda posizione
riconobbe i capelli dorati di Arthur.
«Dobbiamo
sbrigarci!» urlò vedendo Lancelot entrare a sua volta. Fortunatamente Arthur
riuscì ad essere veloce ed agile nonostante avesse la ragazza sulla spalla.
Arrivarono insieme a Liam e Merlyn saltò giù dalla spalla di Arthur.
«Allontanatevi!»
avvertì guardandosi le spalle dove i Wilddeoren correvano verso di loro,
attirati dall’odore del suo sangue. Alzò una mano e i suoi occhi si
illuminarono dello stesso colore dell’oro caldo. Il muro davanti a loro
esplose, lasciando una breccia abbastanza grande per farli passare. Gwaine fu
il primo a riprendersi dallo shock e spinse gli altri verso il buco nel muro.
Era perfetto per far passare degli umani, le bestie non sarebbero riuscite
nemmeno ad infilarci metà corpo.
I sei
fuggitivi si ritrovarono per strada «Da questa parte!» ordinò Merlyn iniziando
a correre verso destra, dove la foresta iniziava. Gli uomini la seguirono senza
fare domande, fidandosi ciecamente di lei. Almeno quattro di loro.
Merlyn aveva
chiesto come ultimo favore ad Alice di procurarle almeno quattro cavalli e
legarli nella foresta, nella radura dove andavano a raccogliere foglie di menta.
In cenno che le aveva fatto mentre era nell’arena voleva dire che era riuscita
ad esaudire la sua ultima richiesta.
Non aveva
nascosto i suoi piani alla donna, le aveva rivelato la sua natura e l’aveva
implorata di aiutarla. L’anziana le aveva accarezzato la testa e promesso che
avrebbe fatto il possibile e le aveva insegnato un incantesimo.
«Continuate
dritto, vi raggiungerò!» disse fermandosi all’improvviso.
Gwaine le
prese la mano «Non essere sciocca, Merlyn, non posso lasciarti qua!» rispose
cercando di tirarla verso di lui, ma la donna puntò i piedi.
«Saprò
cavarmela, voi andate!» ordinò nuovamente e la ragazza fu grata a Lancelot che
tirò via Gwaine e Parsifal se lo caricò sulla spalla ignorando le sue proteste.
Ormai era
chiaro che Merlyn aveva le capacità per cavarsela da sola. Aveva distrutto un
muro alzando solamente una mano.
La
ragazza si girò verso la città ed alzò entrambe le mani. Prese un profondo
respiro e chiuse gli occhi, concentrandosi al massimo sulla magia più importante
che avrebbe fatto in vita sua. Aveva una sola possibilità e avrebbe fatto
meglio a non sprecarla.
Aprì gli
occhi e pronunciò le parole che Alice le aveva insegnato. Sentì il tipico
calore degli occhi di quando usava la magia e vide in lontananza i cittadini
fuori le mura dell’arena cadere a terra addormentati.
Ce
l’aveva fatta!
Riprese
la sua corsa, anche se sapeva che nessuno la stava seguendo. Arrivò in tempo
per vedere gli uomini salire a cavallo. Liam condivideva lo stallone nero con
Lancelot, mentre gli altri tre erano occupati da Arthur, Gwaine e Parsifal.
Li
raggiunse e sorrise «Siamo liberi!» esultò ignorando gli sguardi frenetici
degli uomini, spaventati che qualche guardia fosse sulle loro tracce.
Per
un’ultima volta fece un inchino «Potete andare, nessuno si ricorderà mai nella
nostra permanenza in questo posto, nessuno verrà a cercarvi. Siete al sicuro.» li
rassicurò sorridendo dolcemente.
«È stato
un onore vivere quest’avventura con voi, miei signori.» salutò iniziando ad
incamminarsi verso Est, dove si trovava Ealdor. O almeno credeva di stare
andando ad Est, non ne era totalmente sicura.
«Merlyn,
dove credi di andare?» le domandò Gwaine spingendo il cavallo a seguirla.
«A casa
mia, Ealdor.» rispose indicando la foresta in una direzione molto vaga.
Lancelot
si avvicinò insieme a Liam «Viaggiare da sola è pericoloso.» le ricordò.
Merlyn
sbuffò «Perché sono una donna?» domandò e gli uomini annuirono in silenzio. La
ragazza si arrabbiò «Certo, gli uomini possono viaggiare da soli, dormire nella
foresta tranquillamente, ma se vuole farlo una donna è pericoloso?» chiese
infastidita «L’unico pericolo per noi donne siete voi uomini ed invece di
negare a noi la possibilità di viaggiare dovreste essere voi quelli rinchiusi,
se non sapete controllare quello che avete nei pantaloni.» accusò indicando
casualmente uno di loro.
Le
sembrava di star parlando con Will, anche lui era sempre stato contrario alle
donne che viaggiavano da sole, infatti nei loro piani originali sarebbe stato
lui il responsabile di accompagnare Merlyn a Camelot.
Arthur
rimase in silenzio. Davanti a lui c’era una strega. Una strega in carne ed
ossa. Una strega che in quasi un anno di conoscenza non aveva mai usato la sua
magia per liberarsi. Una strega attraente, gentile e con un cuore d’oro. Una
strega che stava lasciando loro prendere i cavalli per tornare a casa,
lasciandosi a piedi. Una strega che non aveva fatto male a nessuno.
Uther
l’avrebbe uccisa seduta stante e avrebbe voluto che anche lui facesse lo
stesso, ma Arthur non poteva portarsi a fare del male alla fanciulla. Avrebbe
potuto lasciarli morire mangiati dai Wilddeoren e poi salvarsi da sola. No, lei
aveva già pensato a salvare più persone, la presenza di quattro cavalli la
diceva lunga.
Poteva
essere una strega… buona?
«Non
prenderla a male, Merlyn, ma una bella donna come te…» iniziò Gwaine toccandosi
a disagio la testa, non trovando le parole giuste.
Merlyn
arrossì, sempre modesta e ignara del perché gli uomini la trovassero attraente
«Questa bella donna tornerà dasola a casa sua. Ora,
ossequi.» disse girandosi offesa per riprendere il suo cammino.
I cinque
uomini si guardarono, confusi dall’insistenza della ragazza ad andare da sola.
Voleva forse dimostrare loro qualcosa?
Gwaine
spronò nuovamente il cavallo, tagliandole la strada «Non ho un posto dove
andare, posso venire con te?» domandò. Era vero, Merlyn ricordava chiaramente
l’uomo raccontarle la sua via da nomade, la non appartenenza in un posto.
«Anch’io
vorrei unirmi a voi.» si aggiunge Parsifal, rompendo il suo silenzio tipico.
Arthur li
guardò sorpreso, veramente si fidavano ad andare in giro con una strega?
«Amerei
vedere Ealdor.» si aggiunse Lancelot.
Merlyn li
guardò confusa. Non avevano paura di lei? Sua madre le aveva sempre detto che
le persone normali non avrebbero capito il suo dono, che si sarebbero
spaventati e avrebbero cercato di farle del male. Poteva veramente fidarsi di
loro? Finché il suo segreto era al sicuro sapeva che i suoi amici l’avrebbero
protetta, ma adesso era semplicemente confusa.
«Io…»
iniziò Liam schiarendosi la gola «… io in realtà vorrei andare a casa mia, nel
Regno di Caerleon.» ammise. Gli mancava da morire la sua famiglia, voleva
riabbracciare sua madre e rivedere suo fratello.
Lancelot
smontò da cavallo «Buon viaggio, Liam.» lo salutò e il ragazzo, della stessa
età di Merlyn, galoppò via dopo aver salutato e ringraziato la maga.
«Ah, lui
può andare solo e io no?» domandò la ragazza incrociando le braccia al petto.
«Smettila
di fare la bambina e inizia a darci indicazioni per il tuo villaggio.» fu
Arthur a parlare, il quale passò accanto alla ragazza e senza nemmeno sforzarsi
la sollevò fino a farla salire sul suo cavallo. Non un gesto cavalleresco,
tantomeno principesco. Voleva darle una possibilità, ma alla prima magia per
scopi malvagi l’avrebbe uccisa.
Gwaine
invitò Lancelot sul suo cavallo, non gli dava fastidio l’idea di condividerlo,
ma avrebbe certamente preferito avere Merlyn tra le sue braccia.
La
ragazza guardò gli uomini sospirando arresa, era evidente che non l’avrebbero
lasciata andare sola «Non avete paura di me?» chiese con voce piccola,
ritirando la testa tra le spalle, come se volesse nascondersi. Arthur si sforzò
a non pensare che fosse adorabile.
«Oh,
Merlyn, ho visto cose più spaventose di una strega che non riesce nemmeno ad
uccidere un coniglio.» rise Gwaine coinvolgendo anche gli altri. Era vero, la
ragazza non sembrava per niente il tipo di persona da andare in giro con scopi
malvagi, era innocua ed erano sicuri che molte delle loro ferite fossero
guarite senza cicatrici grazie a lei.
«Non sono
una strega.» borbottò e Arthur sbuffò infastidito dalla sfacciataggine nel
negare l’ovvio «Sono una maga.» spiegò guardando male l’uomo alle sue spalle,
aggiungendo volontariamente una gomitata tra le costole.
«Quale
sarebbe la differenza?» domandò Parsifal, visibilmente più rilassato e con
voglia di chiacchierare.
Merlyn si
spostò cercando di mettersi comoda, ignorando le braccia di Arthur che le
cingevano prepotentemente la vita «Una strega ha bisogno di imparare la magia,
deve studiare degli incantesimi per praticarla, mentre una maga nasce così.»
rispose ripetendo quello che le aveva detto Gaius quando qualche anno prima era
venuto a trovarla. Gli aveva chiesto se fosse un mostro, ma lui l’aveva
rassicurata che il suo era un dono, che era speciale e non doveva mai pensare a
cose del genere. Ondeggiò con il bacino cercando di aggiustare il baricentro e
togliere pressione dalla natica sinistra che iniziava a dolerle «Io non ho mai
studiato la magia, quando voglio che qualcosa accada semplicemente accade.»
aggiunse trovando finalmente pace, ignara del fatto che tutti quei movimenti
avessero creato spiacevoli reazioni al suo compagno di cavallo.
Lancelot
annuì «Effettivamente avevo sempre sentito streghe e stregoni parlare nella
lingua della Vecchia Religione, ma tu non hai mai detto parola, ti si
illuminavano solamente gli occhi.» disse toccandosi il mento, come se fossero
mesi che ci pensasse.
«Tu lo
sapevi?» domandò Gwaine girandosi verso l’altro uomo, sbalordito che se ne
fosse accorto. Diamine, lui che la guardava spesso non se ne era mai reso
conto.
Lancelot
rise «Non è stata poi così attenta come pensava.» rispose alzando le spalle. L’aveva
vista una sola volta, mentre aiutava Richard a sedersi sul tavolo con una spada
conficcata nel femore. I suoi occhi si erano colorati della stessa intensità
del miele e Richard sembrò subito meno in preda ai dolori «Se non abbiamo
sentito particolare dolore alle nostre ferite in questi mesi è solo grazie alla
magia.».
Merlyn
rimase senza parole, non si aspettava che Lancelot fosse a conoscenza del suo
segreto, era sempre stata cauta nell’usare la magia davanti ai gladiatori, ma
c’erano state occasioni in cui per aiutare i suoi pazienti aveva dovuto dare
uno strappo alla regola.
Il
principe di Camelot si sentì a disagio, come poteva gli altri essere così
accomodanti all’idea di viaggiare con una persona che a quanto pareva riusciva
a praticare la magia senza averla mai studiata. Non che lui ci credesse,
nessuno poteva nascere malvagio.
«Allora,
queste indicazioni?» pretese Arthur volendo porre fine a quel discorso.
«Ad Est.»
rispose la fanciulla e il principe alzò gli occhi al cielo «Che c’è?» domandò
confusa.
Arthur
fece girare il cavallo nella direzione opposta «È una fortuna che tu abbia
quattro nobili cavalieri pronti a riportarti a casa. Da sola saresti finita a
Camelot.» rispose ben riconoscendo la strada verso il suo Regno. Poteva
abbandonarli e tornare a casa sua, ma qualcosa dentro di lui continuava a
dirgli di rimanere con loro, di non abbandonarli.
Merlyn arrossì,
l’orientamento non era mai stato il suo punto di forza.
I cinque
si incamminarono senza sapere che quello era l’inizio di una nuova avventura.
Parsifal
si sedette accanto a Gwaine mangiando la zuppa che Merlyn aveva preparato per
loro quando si erano fermati per la notte.
«Dici che
smetteranno presto?» domandò guardando la ragazza e Arthur litigare per chi
dovesse fare il primo turno di guardia, chi affermando che per cavalleria
toccasse a lui e chi che le donne potevano anche fare da guardia.
Gwaine prese
un pezzo di carne di coniglio nel cucchiaio «Strano che ancora non si siano
saltati addosso.» commentò aspramente l’uomo. Non era stupido come tutti
credevano, certe cose le notava anche lui ed era chiaro che quei due fossero
fatti l’uno per l’altra. Non che Arthur la meritasse, ovviamente, ma sapeva
riconoscere quando una battaglia era già persa in partenza. Merlyn non l’aveva
mai guardato come guardava la principessa.
Parsifal
gli diede una pacca sulla spalla «Troverai la persona giusta anche tu.» lo
rincuorò. Sapeva quanto fosse difficile vedere la persona amata provare forte
sentimenti per un’altra persona, ma era così che andava la vita. Forse aspettava
loro qualcosa di più grande.
«Credi
che potremmo fermarci ad Ealdor?» domandò sorseggiando l’acqua che Lancelot
aveva recuperato da un fiume poco lontano «Costruire una casa, una famiglia…»
suggerì guardando distrattamente il fuoco.
L’uomo
annuì silenziosamente, imitando l’amico «Non sembra essere male come idea.»
rispose immaginandosi una tranquilla vita di campagna insieme ai suoi amici e
la maga. Poteva vedersi piegato in un campo di tritico occupato con la raccolta.
«Sai
cosa? Mi hai stufato!» urlò Merlyn alzando le braccia in aria, segno che Arthur
le aveva fatto raggiungere il limite.
Il
principe balzò indietro, temendo che la ragazza potesse attaccarlo con la
magia. Erano al loro terzo giorno di viaggio e Arthur ancora non si fidava
ciecamente della fanciulla, ma non poté non sentirsi un mostro vedendo
l’espressione delusa ed addolorata di Merlyn al suo gesto.
La
ragazza si girò con le lacrime agli occhi, offesa che potesse pensare che lo
avrebbe ferito. Potevano non essere i migliori degli amici, ma lei non usava la
magia per fare del male. Non quando non ce n’era bisogno.
«Andrò a
lavarmi.» annunciò allontanandosi dal gruppo. Arthur la guardò farsi strada
verso il fiume e non provò a fermarla.
Lancelot
si avvicinò al principe pulendosi le mani dopo aver acceso il secondo fuoco per
il loro piccolo accampamento. Non stava bene che Merlyn dormisse così vicino a
loro, per questo avevano creato una specie di doppio campo.
«Non per
offenderti, Arthur, ma che problema hai con la magia?» domandò posando una mano
sulla spalla del biondo, stringendola in segno di solidarietà. Vedeva quanto
fosse affranto per aver offeso la ragazza.
Arthur
sospirò pesantemente «Forse non ve l’ho mai detto…» iniziò andando a sedersi
vicino gli altri due uomini «… ma io vengo da Camelot. Là la magia non è molto
apprezzata.» confessò senza rivelare tutte le storie che suo padre gli aveva
raccontato, facendogli praticamente un lavaggio del cervello. Come aveva potuto
giudicare la magia senza prima conoscerla? Si era fidato ciecamente di suo
padre, ma ora vedeva che stava sbagliando.
Gwaine
sputò a terra «Brutto posto, Camelot.» commentò aspramente «Uther è un mostro,
non so quanti innocenti abbia ucciso.» aggiunse con espressione disgustata.
Parsifal e Lancelot annuirono senza però esprimersi, non volendo offendere
Arthur. Era pur sempre il suo Re.
Se solo
avessero saputo che con loro c’era l’erede al trono di Camelot.
«Tranquillo,
Arthur, pensavamo di fermarci ad Ealdor. Non dovrai tornare in quel posto, se
non vorrai.» lo rassicurò Parsifal rendendo pubblici i loro piani di fermarsi e
costruire una vita in quel posto.
Il
principe trattenne il respiro. Poteva vedersi in una piccola casa, in un
piccolo villaggio, con una moglie e dei figli. Si sarebbe potuto sposare per
amore, sfuggendo ai tentativi del padre di maritarlo con la prima principessa
che gli passasse davanti. Aveva sviluppato una cotta per la serva di Morgana,
un’adorabile ragazza di nome Gwen, aveva pensato di scappare con lei per amore,
ma adesso era tutto cambiato.
Prima non
aveva conosciuto Merlyn.
«Non è
male come idea.» commentò Lancelot stanco di girare senza meta per tutto quel
tempo. Forse non era Destino che diventasse un cavaliere di Camelot, essere
stato rapito per strada e finito in compagnia di quello strano gruppo doveva
essere un segno.
«Già, non
è per niente male.» concordò Arthur giocando con un pezzo di legno che aveva
raccolto da terra. Sapeva che il suo dovere era succedere al padre, che doveva prendersi
cura del suo Regno, che gli abitanti di Camelot contavano su di lui, ma in
quell’anno che era stato lontano di casa e non lo avevano trovato molto
probabilmente lo credevano morto. Poteva iniziare una nuova vita, doveva
solamente rimanere con le persone con cui era in quel momento.
Merlyn
tornò nella cerchia, aveva i capelli bagnati, segno che si fosse tuffata nel
fiume per un veloce bagno, togliendosi gli spiacevoli odori che avevano
accompagnato il loro viaggio fino a quel momento «Di cosa parlate?» domandò allungando
le mani verso il fuoco.
«Del
futuro.» rispose Gwaine.
Futuro. Che bella parola.
La
freccia sfiorò la guancia di Merlyn tagliando la pelle. Accanto a lei Arthur e
Lancelot la incoraggiavano a correre più veloce, come se fosse semplice.
Avevano
perso i cavalli, dei banditi gli avevano spaventati e ora stavano scappando per
salvarsi la pelle.
Merlyn
aveva dovuto immaginare che la foresta di Merendra non era particolarmente
accogliente per i viaggiatori, soprattutto se disarmati.
Abituata
a nascondere i suoi poteri non aveva nemmeno pensato di usarli per stordirli e
rubare i loro cavalli, aveva semplicemente seguito l’istinto e aveva iniziato a
correre, imitata dagli altri.
«Se morirò
voglio che sappiate che vi ho voluto bene!» urlò Gwaine cercando di non
inciampare tra le varie radici che sollevavano il suolo.
Non era
certo il momento ideale per pensare alla morte, erano riusciti a fuggire ad
un’esecuzione ufficiale comandata da Re Cenred in persona, non potevano perire
a causa delle frecce di qualche bandito.
«Insomma,
Merlyn, fa qualcosa!» urlò Arthur constatando che l’unica che poteva salvarli
in quel momento era proprio la ragazza. Come cavaliere non era molto utile,
senza un’arma, avrebbe voluto proteggere la damigella in pericolo, ma i ruoli
sembravano essersi invertiti.
La
ragazza sembrò ricordarsi solo in quel momento che gli uomini sapessero della
sua magia. Da quando avevano lasciato la capitale non ne aveva più fatto uso, non
volendo spaventarli ed allontanarli.
Si fermò
e girandosi alzò semplicemente una mano, facendo volare in aria i vari banditi
che stavano inseguendo loro. Purtroppo, non si accorse che uno di loro aveva
già scoccato una freccia, la quale la colpì dritta alla gamba. Merlyn perse
l’equilibrio e cadde, ruzzolando giù per il pendio.
«Merlyn!»
l’urlo spaventato di Arthur attirò l’attenzione degli altri uomini. I quattro
gladiatori si precipitarono verso la figura priva di sensi della ragazza.
«Qualcuno
di voi sa cosa fare?» domandò Parsifal che di arti mediche se ne intendeva ben
poco. Gli uomini scossero la testa in segno di negazione, perfino Gwaine che si
era proclamato l’assistente di Merlyn non sapeva dove mettere le mani, aveva
passato più tempo a guardare il viso della ragazza che ascoltare realmente
quello che gli stava spiegando.
«Si sta
facendo buio, dobbiamo accamparci.» fece notare Lancelot guardando il cielo
prendere sfumature arancioni, segno che da lì a pochi istanti sarebbero calate
le tenebre e non potevano rimanere allo scoperto con la ragazza ferita.
Arthur si
guardò intorno e balzò in piedi quando vide un uomo vicino ad un albero. Se
avesse avuto una spada l’avrebbe brandita contro l’estraneo, pronto a
proteggere i suoi amici, ma al momento era disarmato e spaventato.
Temeva
che non potesse salvare la ragazza e non poteva permetterlo. Lei aveva salvato
loro, il minimo che potevano fare era portarla a casa sua sana e salva.
L’uomo
sembrava non avere armi su di lui, camminava lentamente, ma Arthur non poteva
vedere bene quello che nascondeva sotto la pelliccia. Non era giovane, i
capelli una volta completamente neri riportavano già lunghe striature bianche,
così come la sua barba. Gli occhi stanchi stavano studiando la situazione
davanti a lui e Arthur tornò sulle ginocchia per stringere Merlyn contro il suo
petto, tenendole la testa in una mano.
«Seguitemi.»
ordinò l’uomo e senza aspettare una risposta diede loro le spalle e si
incamminò. Lancelot fece il primo passo per seguirlo, ma Parsifal gli afferrò
un braccio «Non possiamo fidarci.» disse a bassa voce senza mollare la presa.
«Avete
un’idea migliore?» domandò il più giovane guardando l’uomo allontanarsi sempre
di più «Se avesse voluto ucciderci l’avrebbe fatto qui, senza portarci in un
altro posto.» aggiunse facendogli notare che erano completamente senza difese e
quindi bersagli facili.
Gwaine si
passò una mano tra i capelli «E se volesse ucciderci e tenersi Merlyn?ۛ»
domandò preoccupandosi come sempre per la fanciulla. Avrebbe dato la sua vita
per non vederla mai più ferita, fisicamente o emotivamente.
«Dovremmo
rischiare. Forse l’uomo sa come guarirla.» difese la sua tesi Lancelot e con
premura sollevò Merlyn strappandola alle braccia di Arthur.
I tre
uomini si guardarono, ma non c’era veramente nulla a cui pensare. Lancelot si
era già incamminato e loro erano stati costretti a seguirlo.
«Se morirò a causa tua, Lancelot, il mio fantasma ti darà
il tormento per il resto della tua vita.» minacciò Gwaine alzando la voce,
sicuro che pure l’uomo misterioso lo sentisse.
Lancelot
ringraziò l’uomo appena finì di fasciare la testa della loro amica.
Erano
finiti in una caverna nascosta ai piedi delle montagne Feorre. L’uomo non aveva
parlato, indicando solo con un dito di posare Merlyn su quello che era un letto
fatto di pietra con sopra una coperta piuttosto grezza che non doveva essere
piacevole a contatto con la pelle.
«Grazie,
grazie mille.» disse l’uomo veramente grato di vedere già l’amica respirare
meglio. L’uomo aveva preparato un impasto con delle erbe che Lancelot non aveva
mai visto prima e lo aveva spalmato lungo la ferita sulla nuca della fanciulla.
Aveva preparato anche una bevanda dal colore poco invitante e dall’odore rivoltante,
ma Lancelot lo aveva aiutato a far bere tale miscuglio alla ragazza priva di
sensi. La freccia che aveva conficcata nella gamba era stata tolta con un colpo
secco e la ferita subito disinfettata con dell’alcool e cucita con mano abile.
A Lancelot sembrava di vedere all’opera Merlyn.
«Domani
potrete ripartire.» disse l’uomo con voce roca, segno che non parlava spesso.
Arthur
rimase seduto vicino al fuoco, osservando attentamente ogni mossa dell’uomo. Che
razza di persona poteva vivere in quel modo? Un uomo nascosto nella foresta non
portava certo aria di buone notizie, forse era un ricercato e loro sarebbero
finiti nei guai a causa sua.
«Come si
chiama?» domandò cortesemente Parsifal mentre mangiava il pasto che l’uomo
aveva gentilmente loro preparato. Non era buono quanto quello che preparava
Merlyn, ma si sarebbero accontentati.
«Non
credo sia affar vostro.» rispose l’uomo sedendosi accanto al letto e Gwaine
arricciò il naso infastidito. Che intenzioni aveva l’eremita?
Lancelot
si schiarì la gola «Volevamo solamente sapere il nome della persona da
ringraziare.» provò ad intermediare, ben capendo la tensione che c’era tra
l’uomo e gli altri tre gladiatori. Sicuramente Merlyn sarebbe riuscita a fare
amicizia anche con un uomo scorbutico come quello, aveva semplicemente un dono
per farsi amare da tutti, anche da chi era meglio tenersi alla larga.
«Il mio
nome non serve per ringraziarmi.» ripeté l’uomo iniziando ad intagliare un
pezzo di legno, chiaramente intenzionato a non spostarsi dal capezzale della
ragazza. Le ricordava tremendamente una persona che aveva conosciuto molti anni
addietro, anche se con il colore di capelli diverso. Sentiva la sua magia
dirgli di rimanere al suo fianco e non lasciarla sola.
«Piuttosto»
cominciò bruscamente senza togliere gli occhi dal pezzo di legno che stava
intagliando «perché quattro uomini vagano per la foresta con una ragazzina?»
domandò sottolineando la sua disapprovazione per il fatto che la donzella non
sembrava aver visto più di sedici estati. Sembrava una bambina, con le guance
ancora leggermente paffute come quelle dei neonati, anche se il corpo sembrava
quello di una donna matura.
Arthur
arrossì, chiaro che l’uomo stesse insinuando che stessero approfittando di
Merlyn. Lui era un principe, non si sarebbe mai abbassato andando a letto con
una semplice contadina, per di più una strega! No, si corresse, Merlyn era una
maga, ben differente da una strega.
Gwaine
non sembrò affatto offeso da tale insinuazione, in cuor suo desiderava poter
rispondere all’uomo che Merlyn fosse sua moglie.
«Siamo in
viaggio, verso Ealdor.» rispose Lancelot facendo venir voglia ad Arthur di
schiaffarsi una mano sulla faccia. Come poteva essere così sciocco e rivelare
ad un totale sconosciuto la loro destinazione?
Quei
quattro sarebbero stati la sua rovina, ne era certo. Si fidavano troppo degli
sconosciuti, come se volessero far amicizia con tutti, cosa praticamente
impossibile. Anche se Merlyn era riuscita ad entrare nelle sue grazie e
Parsifal era stato la sua persona preferita all’interno dell’arena questo non
voleva dire che erano amici.
No, si
sarebbero aiutati a vicenda, avrebbe lasciato il gruppo una volta arrivati ad
Ealdor e sarebbe andato per conto suo in un altro posto, l’idea di tornare a
Camelot nemmeno gli sfiorò la mente.
Perché
avrebbe dovuto tornare in un posto dove non si sentiva libero? Suo padre aveva
fatto del suo meglio per renderlo il più bravo dei cavalieri, addestrandolo fin
dalla nascita ad uccidere, lo aveva reso l’uomo che era anche se Arthur avrebbe
tanto voluto ricevere delle parole d’amore ogni tanto. Come poteva non aver mai
sentito suo padre dire «Ti voglio bene.» nei suoi vent’anni di vita? Eppure, a
Morgana lo diceva, quando tirava con l’arco e centrava il bersaglio la lodava,
se lo faceva lui lo rimproverava dicendo che poteva fare meglio.
Non
poteva tornare a Camelot, non si era mai sentito così bene, consapevole che ora
era un uomo libero. Niente più impegni regali, non doveva più distruggersi per
soddisfare il padre, non doveva più aver paura di fare la cosa sbagliata e
venire giudicato da un Regno intero.
Era
semplicemente Arthur, non più Arthur Pendragon. Un uomo che avrebbe trovato
fortuna altrove, magari sarebbe riuscito ad arrivare ad un porto ed imbarcarsi
per il Regno oltre il mare.
L’uomo si
fermò, come sorpreso di sentire quel nome «Ealdor.» ripeté lentamente, come se
portasse alla memoria dolorosi ricordi.
«Sa
quanto manca per arrivarci?» chiese Gwaine sfilandosi gli stivali, se fossero
dovuti rimanere lì tanto sarebbe valso mettersi comodi.
«Due giorni
a piedi.» rispose l’uomo con sicurezza, come se sapesse esattamente dove il
piccolo villaggio fosse «Ora dormite.» ordinò con voce burbera e nessuno degli
uomini se la sentì di contraddirlo.
Arthur si
sdraiò sul pavimento, ma non chiuse occhio, timoroso che potesse succedere
qualcosa di brutto ai suoi compagni di viaggio.
Ascoltò in silenzio l’uomo tagliare il legno,
fischiettando una canzone che gli sembrava di aver già ascoltato negli ultimi
mesi. Era confortante, sapeva d’amore, e senza rendersene conto si addormentò,
cullato dal fischiettare dell’eremita.
Merlyn si
svegliò con un principio di mal di testa, sentiva come dei tamburi suonarle
vicino le orecchie. Si toccò la fronte e sotto i polpastrelli percepì il
tessuto di un bendaggio. Che Gwaine fosse stato capace di medicarla? Avrebbe
scommesso tre monete di bronzo che buona parte delle sue spiegazioni non
fossero state ascoltate.
Si mise a
sedere con un po’ di fatica, non si sentiva particolarmente male, ma nemmeno
abbastanza bene a saltare già da quel letto e riprendere il viaggio.
Vicino al
suo fianco c’era un drago intagliato nel legno. Lo prese in mano studiandolo
attentamente, era veramente incantevole e si domandò chi tra loro avesse talmente
buone capacità da intagliare un oggetto del genere.
«Sei
sveglia.» una voce a lei sconosciuta arrivò alle sue spalle, facendola
spaventare, tanto che il piccolo drago le cadde dalle mani. Si girò trovandosi
faccia a faccia con un uomo che non aveva mai visto prima. Non le sembrò una
minaccia, altrimenti i suoi amici non sarebbero ancora vivi ed addormentati sul
pavimento vicino a lei.
«Grazie.»
disse, finalmente capendo a chi dovesse quella perfetta fasciatura alla testa e
la ricucitura alla gamba, anche se non era stato magnanimo con i suoi
pantaloni, aveva la coscia completamente scoperta e sicuramente non stava bene
per una giovane fanciulla mostrare una parte così intima.
L’uomo
scrollò le spalle, senza sapere cosa dire. Quella ragazza aveva gli stessi
occhi della donna che un tempo aveva amato, lo stesso azzurro del mare in un
giorno d’estate. Desiderò allungare la mano per carezzarle una guancia, ma si
trattenne. Quella ragazza aveva dovuto già aver sofferto troppo, chissà cosa le
avevano fatto quei quattro uomini.
«Come si
chiama, Sir?» domandò la fanciulla sorridendo e oh, era il suo sorriso.
«Balinor.»
rispose senza riuscire a frenarsi «Il tuo nome?» chiese in ritorno.
«Merlyn,
Sir.» disse allungando una mano per stringergliela, in quel momento non poteva
certo fare un inchino di cortesia, la sua gamba non l’avrebbe retta in piedi.
Balinor
le strinse la mano, sentendo subito che la ragazza aveva dei poteri magici. Lo
sentiva. Era come se la fanciulla fosse intrisa completamente dalla magia, il
suo potere quasi al suo stesso livello. Si schiarì la gola, cercando di non
suonare roco, non voleva far credere alla ragazza di essere un vero cavernicolo
«Porti lo stesso nome del mio uccello preferito.» disse, cercando di creare una
conversazione. Sentiva di voler parlare con lei per ore, come se fossero stati
migliori amici.
Un tempo
aveva avuto un migliore amico, ma quest’ultimo lo aveva tradito. Da quel
momento non si era più fidato di nessuno in quel modo, per colpa sua aveva
dovuto abbandonare la donna che amava.
La
ragazza arrossì «Mia madre ha detto che mi ha chiamato così in onore dell’uomo
che amava.» rivelò, Hunith non parlava spesso del padre che l’aveva lasciata
sola, gravida e senza nessuno a cui chiedere aiuto, ma ogni volta che lo faceva
Merlyn riusciva a leggere negli occhi della madre quanto lo avesse amato e come
quei sentimenti non fossero morti con il tempo.
Balinor
sentì la gola seccarsi, che potesse essere…?
«Come si
chiama vostra madre, Merlyn?» domandò sentendo le mani tremargli. Che tutto
quello fosse Destino? Che dopo tutti quegli anni di solitudine finalmente la
sua vita in quella grotta fosse finita?
«Oh, sì,
mia madre si chiama Hunith.» rispose guardando negli occhi l’uomo, domandandosi
perché quella richiesta. Forse non aveva rivelato il nome di sua madre nemmeno
ai suoi amici, riferendosi a lei solamente con il titolo genitoriale.
«E dimmi,
Merlyn, è sposata?» Balinor sentiva il cuore battergli in gola. Che la sua
amata avesse trovato marito e avesse dato vita alla fanciulla innanzi i suoi
occhi?
Merlyn
scosse la testa «No, io sono… sono una bastarda.» aveva odiato quel
nome, l’aveva accompagnata per tutta la vita. Non meritava di essere chiamata
in quel modo, tantomeno gli altri abitanti del villaggio avevano avuto il
diritto di chiamare sua madre in modi peggiori.
Oh,
quante volte aveva pianto da bambina pregando la madre di darle un padre, per
non essere più una bastarda, per avere una persona da chiamare papà. Come aveva
voluto che tutti gli altri bambini smettessero di trattarla male e spingerla
nel fango, come aveva desiderato che gli adulti non dicessero ai loro figli di
stare lontani da lei, che non ci si poteva fidare di una bastarda.
«Io… io
ho amato una donna, un tempo.» rivelò Balinor «Sedici anni fa, ho amato Hunith
con tutto il mio cuore.» ammise ricordandosi quanto gli avesse doluto il cuore
quella notte, quando rubando un ultimo bacio alla sua amata era dovuto scappare
per non farsi trovare. Erano passati sedici anni e le aveva dato la possibilità
di costruisti una vita con un uomo rispettabile, uno che non avesse una
condanna a morte sulla testa, ma a quanto pare aveva fatto un altro danno.
Davanti
ai suoi occhi c’era sua figlia. Ora si spiegava quel senso di protezione, la
sua magia che lo aveva attirato fuori dalla caverna fino a quella ragazzina
priva di sensi. Si erano trovati e Balinor non sapeva assolutamente cosa
volesse dire essere padre.
Merlyn
spalancò gli occhi sorpresa. Non poteva essere, quell’uomo non poteva essere
suo padre. Non che non volesse, l’uomo gli sembrava amabile, ma non poteva
ignorare il senso di abbandono che provava.
Per tutta
la sua vita lo aveva creduto morto, aveva voluto dargli una scusa per non
essere mai tornato da lei, ma adesso era lì. Un uomo che viveva nascosto in una
caverna nella foresta.
«Sei mio
padre?» domandò con voce strozzata.
Balinor
annuì, non c’erano più dubbi, Merlyn doveva essere sua figlia. Doveva essere
nata qualche mese dopo la sua partenza e sapeva che Hunith non avrebbe mai
amato così presto un altro uomo dopo di lui. Avrebbe potuto avere qualche
dubbio se la ragazza fosse stata più giovane, ma aveva l’età esatta per essere
sua.
Era forse
da deboli piangere? Balinor non aveva mai amato esprimere le sue emozioni, era
un Signore dei Draghi, non poteva permetterselo.
Sentì le
mani di Merlyn avvolgerlo in un abbraccio e il viso bagnarsi delle sue lacrime.
Era quello che si provava ad essere genitori? Balinor era senza parole, una
grande paura nel cuore, la responsabilità che portava avere una figlia era
enorme e Hunith aveva dovuto affrontare tutto da sola.
Ricambiò
l’abbraccio stringendo le mani dietro la sua schiena, sentendosi nel posto
giusto per la prima volta dopo anni.
«Levale
le mani di dosso, vecchio porco!» l’urlo di Arthur rovinò il momento. Merlyn si
sentì tirare via dall’abbraccio del padre e una fitta di dolore alla gamba le
fece uscire un verso di dolore.
Balinor
spalancò gli occhi, ricordandosi di quei quattro uomini che aveva trovato con
la sua bambina. Non poteva credere che la sua adorata figlia fosse stata
vittima della brutalità di quei manigoldi.
Alzò una
mano, illuminando gli occhi di giallo e i gladiatori si ritrovarono in aria,
come se qualcuno avesse afferrato loro per il collo.
«Voi!»
urlò pieno di ira «Voi avete violentato mia figlia!» gravò facendoli sbattere
contro la parete opposta della caverna.
Merlyn
sbatté le palpebre confusa. Perché suo padre credeva che i suoi amici
l’avessero violentata?
«Vostra
figlia?!» domandò incredulo Gwaine cercando di riprendersi dalla botta presa in
testa. Se Merlyn era gentile con la sua magia, certamente l’uomo amava andarci
pesante.
«Padre,
cosa andate dicendo?» domandò la fanciulla e Balinor sentì le farfalle nello
stomaco, l’uso di quel titolo per la sua persona lo aveva fatto emozionare, non
avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui una persona lo
avrebbe chiamato in quel modo.
«Merlyn!
Ci spieghi cosa sta succedendo?» domandò Lancelot che certamente non avrebbe
retto un altro incantesimo dell’uomo.
La
ragazza si alzò a fatica, facendo attenzione a non posare troppo peso sulla
gamba ferita «Lancelot, Gwaine, Parsifal, Arthur, questo è mio padre Balinor.»
presentò indicando l’uomo che era ancora sulla posizione d’attacco «L’ho
scoperto appena qualche attimo fa.» aggiunse sorridendo dolcemente al padre.
Si girò
verso l’uomo «Padre, non so che idee tu abbia in testa, ma loro sono miei amici
e non mi hanno mai fatto del male.» spiegò posando una mano sul braccio
dell’uomo, invidiatolo ad abbassarla e rilasciare i quattro gladiatori.
«Come fai
ad essere certa che sia tuo padre?» domandò Arthur per niente convinto,
quell’uomo poteva essere un pervertito.
La maga
gli sorrise «Lo sento.» rispose riferendosi chiaramente al legame magico che
univa loro «E poi avrò conferma quando mia madre lo vedrà.» aggiunse «Perché tu
verrai con noi ad Ealdor, vero?» domandò al padre guardandolo con gli occhi che
Gwaine aveva definito più volte da cerbiatto. Era praticamente impossibile
resisterle quando sbatteva le ciglia, le donne sapevano veramente cosa facesse
diventare gli uomini deboli alle ginocchia.
Balinor
annuì, incapace di negare qualsiasi cosa a sua figlia. Erano passati così tanti
anni, forse Uther non lo stava più cercando, forse lo credeva morto e lui
sarebbe potuto tornare ad Ealdor e sposare Hunith.
«Sei
forse impazzita?» le chiese Arthur allontanandola dall’uomo «Non puoi invitare
uno sconosciuto ad unirsi a noi.» la rimproverò abbassando la voce.
«Giù le
mani da mia figlia!» tuonò Balinor spingendo via il principe, nessuno poteva
permettersi di toccare la sua bambina.
«Cosa mi dice
che non sei solo un uomo che vuole approfittarsi di lei?» domandò puntando un
dito al petto di Balinor. Non avrebbe lasciato Merlyn nelle mani di un maniaco
che credeva di farsi passare per suo padre. Quella ragazza aveva sicuramente un
desiderio di morte.
«E cosa
mi dice che voi quattro non vogliate farle del male?» accusò a sua volta
Balinor quasi ringhiando.
«Ora
basta!» urlò Merlyn infastidita «Siete tutti delle teste di rapa!» disse
puntando il dito contro tutti loro «Non ho bisogno di un cavaliere che mi
salvi, me la cavo benissimo da sola.» aggiunse alzandosi in piedi ed ignorando
il dolore lancinante alla gamba uscì dalla caverna «E che nessuno mi segua!»
ordinò girandosi verso di loro prima di scomparire alla loro vista.
Lancelot
si toccò imbarazzato la nuca, Parsifal guardò insistentemente il pavimento e
Gwaine fischiò sbalordito.
«Tu non
mi piaci, ragazzino.» disse Balinor guardando male Arthur, era solamente colpa
sua se sua figlia era uscita dalla caverna, mettendosi a rischio.
«E tu non
piaci a me, vecchio maniaco.» rispose il principe stringendo i pugni lungo i
fianchi. Merlyn era fuori, da sola, in una foresta infestata da banditi. Non
che gli importasse, ma come ex principe di Camelot era nella sua natura dover
portare a termine le sue missioni e in quel momento la missione era riportare
la fanciulla sana e salva dalla madre.
Gwaine
rise e si avvicinò a Parsifal «Certamente non si sta rabbonendo il suocero.»
scherzò rubando un sorriso all’uomo.
Lancelot gli
schiaffò una mano sulla bocca, notando come i due uomini si fossero girati di
scatto verso di loro udendo le parole del castano. Nessuno dei due sembrava
particolarmente contento.
«Dovremmo
solo aspettare che torni.» disse Parsifal raccogliendo tutte le sue forze per
non ridere ripensando alla battuta di Gwaine.
Tutti
annuirono e si sederono, rimanendo in silente attesa.
«Tu mia
figlia non la sfiori nemmeno con lo sguardo.» o almeno così fu prima che
Balinor iniziò uno scontro verbale con Arthur, il quale dichiarò che non
avrebbe voluto toccare Merlyn nemmeno con un palo.
Oh, Lancelot pregò che la maga tornasse presto.
«Stupidi,
stupidi, stupidi!» gridò al vuoto camminando prepotentemente nella foresta ignorando
la gamba dolorante. Non aveva tempo per provare dolore, solo rabbia.
Non le
era per niente piaciuto il modo in cui avevano parlato di lei, come se non
fosse presente per difendersi da sola. Se l’era cavata benissimo per sedici
anni da sola con la madre, nessun uomo dalla sua parte se non Will, il quale
per quanto fosse protettivo non aveva mai detto cose del genere.
Era una
donna indipendente, poteva benissimo tornare ad Ealdor da sola e mollare tutti
nella caverna.
Si guardò
intorno, non doveva essere molto lontana da casa, riconosceva quei boschi, li
aveva visti camminando con i cavalieri di Ealdor mentre la portavano alla
capitale. Sentì dei passi alle sue spalle e sbuffò infastidita, domandandosi
chi fosse venuto a cercarla, pronta ad arrabbiarsi e lanciarli qualche sorta di
maleficio addosso.
Si girò
posando le mani sui fianchi, come faceva sua madre quando doveva rimproverarla,
ma si ritrovò davanti un uomo che non aveva mai visto prima. Non sembrava
minaccioso, nei suoi abiti leggermente logori, il lungo bastone per aiutarsi a
camminare e lo sguardo che luccicava di chissà quale felicità.
«Merlyn.»
chiamò inchinandosi un poco in un saluto «Finalmente il momento è giunto.» aggiunse
facendo un passo verso di lei, spaventando la ragazza.
«Come
conosci il mio nome?» domandò alzando la mano in segno di difesa, pronta ad attaccare.
Che il suo incantesimo non avesse funzionato ed egli fosse uno degli uomini di
Cenred?
L’uomo
sorrise «Io sono Taliesin ed il nostro incontro è stato scritto all’alba dei
tempi.» rispose senza muoversi per non spaventare ulteriormente la ragazza. Oh,
com’era giovane e piccola per un Destino così grande.
Merlyn lo
guardò confusa, come poteva quell’uomo sapere che si sarebbero incontrati in
quel posto? Fino ad un anno prima la maga non sapeva nemmeno sarebbe finita in
quella foresta alla ricerca della via di casa.
«Cosa
vuoi dire?» chiese abbassando leggermente la mano, sentiva nel cuore che Taliesin
non l’avrebbe attaccata.
«Devo
farti vedere un posto, prendimi la mano.» la invitò allungando il braccio verso
di lei. Merlyn inarcò un sopracciglio, domandandosi se fosse veramente una
buona idea alla fine dei conti. Forse sarebbe dovuta tornare indietro e
avvertire i suoi amici e suo padre prima di seguire l’uomo «Non c’è tempo,
Merlyn.» disse Taliesin come se le avesse letto la mente.
Oh,
Merlyn aveva affrontato di peggio come rischiare di finire mangiata da dei
ratti giganti, poteva prendersi il lusso di iniziare una nuova avventura.
Afferrò la mano dell’uomo e si sentì come risucchiare da un forte vento.
Chiuse
gli occhi senza mollare la presa, le orecchie le fischiavano in maniera
esagerata, come se fosse a galoppo di un cavallo molto veloce. Si portò la mano
libera alla bocca dello stomaco, sentiva una forte nausea dovuta sicuramente a
quell’improvviso spostamento.
«Siamo
arrivati.» annunciò l’uomo invitandola ad aprire gli occhi. Merlyn si guardò
intorno sentendosi disorientata. Lei in quel posto non c’era mai stata, non
riconosceva la vegetazione del posto, era come se fosse in un altro Regno.
«Dove
siamo?» domandò lasciandogli la mano per sistemare i capelli che le erano
finiti davanti al viso a causa del vento.
«La Valle
dei Re Caduti, nel Regno di Camelot.» rispose l’uomo iniziando a camminare,
sicuro che la ragazza lo avrebbe seguito.
«Perdonatemi,
Taliesin, ma lei è forse impazzito?!» chiese sentendo il sangue gelarle nelle
vene. Camelot era l’ultimo posto dove desiderava essere in quel momento, e se
qualcuno avesse visto loro comparire dal nulla? Non voleva veramente ritrovarsi
faccia a faccia con Re Uther e il Principe Arthur, sicuramente l’avrebbero data
in pasto alle fiamme e lei era troppo giovane per morire.
Taliesin sorrise, ma non rispose, continuando a camminare
silenziosamente.
Arthur si
alzò in piedi «Basta, vado a cercarla.» annunciò afferrando una spada che
Balinor teneva nella sua caverna. Era passato molto tempo da quando Merlyn era
uscita e di lei non ve n’era ancora traccia. E se fosse stata catturata? Se
l’avessero uccisa? No, Arthur non poteva permetterlo.
«Casomai
l’unico che ha il diritto di cercarla sono io.» s’intromise Balinor alzandosi a
sua volta, fronteggiando il ragazzino che gli stava dando particolarmente ai
nervi. Non gli piaceva per niente, gli ricordava una sua vecchia conoscenza e
non lo voleva vedere vicino a sua figlia.
Arthur
rise amaramente «Il diritto l’hai perso quando l’hai abbandonata per sedici
anni.» sbottò aspramente e per Balinor fu come sentire la lama della spada
trapassargli lo stomaco.
«Tu non
sai nulla della mia vita.» rispose afferrandolo per una spalla fino a sbatterlo
sul muro umido della caverna. Arthur abbassò la spada, non volendo rischiare di
trafiggerlo veramente, non fino a quando non correva un vero rischio. Non
voleva finire nel libro nero di Merlyn uccidendo suo padre.
«E tu
della mia.» disse il ragazzo alzando il mento come in segno di sfida a chi
fosse il più orgoglioso.
Lancelot
si avvicinò ai due mostrando le mani, non volendo rischiare di farsi attaccare
«Possiamo calmarci?» domandò diplomaticamente stufo di sentirli bisticciare
come bambini. Lancelot doveva trovarsi d’accordo su Gwaine sui sentimenti di
Arthur, poteva aver finto per tutto quel tempo di non sopportarla, ma forse
nessuno di loro era preoccupato per Merlyn quanto il biondo. Non era quello
l’effetto dell’amore? Poteva vederli benissimo insieme, sarebbero stati una
coppia scoppiettante, con i loro litigi inutili mentre si guardavano
praticamente con occhi adoranti.
Anche lui
aveva ceduto al fascino della fanciulla appena arrivato all’arena, credendola
la donna dei suoi sogni. Era simpatica, coraggiosa, non aveva paura di sfidare
le regole per farli stare bene, era stata la sua ancora durante tutto quel
periodo infernale, Lancelot sarebbe impazzito senza di lei. Molto probabilmente
non avrebbe nemmeno fatto amicizia con Gwaine se non fosse stato per lei.
Ma poi
era arrivato Arthur e Lancelot non era stupido, gli aveva visti gli sguardi, le
guance farsi rosse dall’imbarazzo, il loro stuzzicarsi continuamente. Era come
vedere due bambini che si piacevano, ma che non sapevano esprimere i loro
sentimenti.
Balinor
lasciò la presa sulla spalla di Arthur e si allontanò dai ragazzi «Io non ho
lasciato per mia volontà la madre di Merlyn.» disse stringendo i pugni sopra il
piccolo tavolo che aveva intagliato lui stesso «Sono stato costretto.» aggiunse
sentendo gli occhi pizzicargli. Se solo avesse saputo, avrebbe affrontato tutto
l’esercito di Camelot per rimanere con la sua amata e sua figlia.
«Da chi?»
domandò Parsifal interessandosi alla storia. Non era da tutti riuscire a vivere
di propria volontà per così tanto tempo in una caverna, isolato dal mondo.
«Uther Pendragon.» rispose e nessuno sentì il fiato
bloccarsi nella gola di Arthur Pendragon.
Taliesin
le aveva curato la gamba con una semplice magia, sicuramente stanco di doverla aspettare
a causa del suo zoppicare. Avevano i minuti contati e lui doveva portarla in un
posto ben preciso.
«Sai
qualcosa sul tuo Destino?» le domandò mentre si addentravano ulteriormente
nella Valle.
Merlyn
scosse la testa, nessuno era a conoscenza del proprio Destino. Ogni giorno era
nuovo, la ragazza viveva la giornata, senza pensare con intensità al domani.
Non voleva diventare ricca, sposare un nobile, cercare fortuna oltre mare, se
Merlyn pensava al Destino pensava solamente a lei come medico, magari maritata
con un buon uomo che di mestiere si occupava di coltivare il terreno o
fabbricare ferri da cavallo.
Taliesin
sorrise mestamente, attraversato chissà da quale pensiero e la fanciulla
aggrottò la fronte «Tu sai qualcosa del mio Destino?» gli domandò sentendo il
cuore batterle veloce nel petto.
L’uomo si
bloccò all’entrata di una caverna «Siamo arrivati.» annunciò ed insieme
entrarono.
Merlyn si
guardò intorno, meravigliata da tale quantità di cristalli, meravigliandosi che
non fosse stata già prosciugata da qualche nobile per crearci dei gioielli o
venderli. L’uomo era un essere avido, distruggeva la natura per il suo bene
materiale e Merlyn non sopportava tali atti.
«Questa è
la Caverna di Cristallo, il luogo dove la magia è nata.» le disse
indicandole i cristalli «Si può vedere il passato, il presente ed il futuro nei
suoi cristalli.» spiegò spingendola dolcemente alla base della schiena per
avvicinarsi ai cristalli «E tu, Merlyn, devi guardare dentro di essi per vedere
il tuo Destino.» la spronò con tono solenne.
La
ragazza si guardò intorno, non sentendosi particolarmente incline ad eseguire
l’ordine del mago. Non doveva farlo per forza, se non voleva, vero? Merlyn non
credeva che vedere nel futuro fosse un bene.
Se avesse
visto qualcosa che non le fosse piaciuto? Se avesse cercato di cambiare il
futuro rendendolo peggiore? Non era saggio sapere quello che verrà, nessuno
poteva avere il privilegio di conoscere il proprio futuro.
«No.»
rispose dando le spalle ai cristalli.
Taliesin aprì
gli occhi sorpreso. No? Come poteva quella ragazza sottrarsi al suo Destino in
quel modo? Aveva un compito preciso, tutti si aspettavano che compiesse il suo
Destino e salvasse tutte le creature magiche di Albion.
«Io ti
ringrazio per avermi mostrato questo posto, ma non ritengo sia saggio vedere
cose c’è nel mio futuro.» spiegò addolcendo lo sguardo, sperando che l’uomo non
si offendesse «Se qualcosa deve accadere, Taliesin, accadrà anche senza che io
lo veda. Se è vero che il mio Destino è segnato saprò trovare la strada da sola
e compierlo.» aggiunse sentendo il cuore farsi pesante. La curiosità la stava
uccidendo, voleva veramente scoprire qualcosa sul suo avvenire.
Taliesin
annuì «Sei molto saggia, Emrys.» disse prima di afferrarle una mano e Merlyn
sentì nuovamente il vento, la nausea e quando aprì gli occhi era nuovamente
nella foresta di Merendra.
Come l’aveva chiamata Taliesin?
Gwaine
posò una mano sulla spalla di Balinor «Ho sempre creduto che Uther fosse un
bastardo.» disse come per consolarlo. L’uomo aveva raccontato ai quattro
ragazzi la sua fuga da Camelot, di come un tempo fosse stato un Lord e uno dei
consiglieri più fidati di Uther. Spiegò loro l’inizio della Grande Epurazione,
di come lo avesse ingannato per catturare l’ultimo drago rimasto in vita e di
come fosse stato al sicuro per un paio di anni ad Ealdor, dandogli il tempo di
innamorarsi di Hunith prima di apprendere che Uther non avesse posto fine alla
sua caccia.
Arthur
sentiva di poter vomitare per come si stesse sentendo male, suo padre aveva
portato dolore a troppe persone, aveva privato un uomo di vivere in pace al di
fuori di Camelot, dove non vigeva nessun banno sulla magia. Aveva privato
Merlyn di un padre e Arthur non poteva immaginare una persona che lo meritasse
di meno.
Merlyn
era dolce, carismatica, a tratti irritante, ma il principe sapeva che se mai
fosse finito in pericolo avrebbe affidato completamente la sua vita nelle mani
della maga.
Non era
la magia ad essere corrotta, gli stregoni non erano malvagi, l’unico male su
quella Terra era Uther Pendragon con la sua ignoranza e il suo odio smisurato.
«Quindi
senza la magia il Principe Arthur non esisterebbe?» domandò Parsifal dubbioso,
incapace di capire come Uther avesse potuto sacrificare la vita della moglie
per avere un erede. Sicuramente avrebbe potuto usare qualche nipote, se non
ricordava male la Regina Ygraine aveva due fratelli.
Balinor
annuì «Spero che quel bambino sappia la verità, un giorno.» commentò
stancamente. Le leggende lo dicevano chiaramente, Arthur Pendragon era
destinato a riunire Albion e far tornare la magia.
«Tu lo
hai mai incontrato il principe?» domandò Gwaine all’unico gladiatore
proveniente da Camelot.
Arthur scosse
la testa «No, mai visto.» disse con voce roca, come se avesse paura che la sua
voce potesse tradirlo.
«I tuoi
genitori erano fanatici della Corona e ti hanno chiamato come il principe?»
scherzò nuovamente Gwaine dandogli un’amichevole spallata.
Il
principe riuscì a far uscire una risata lieve, chiaramente nervosa «Molti
bambini sono stati chiamati come lui, nel corso degli anni.» rispose
imbarazzandosi. Aveva sempre sentito una specie d’onore nel sapere che alcuni
bambini fossero stati chiamati come lui per fargli omaggio, voleva essere un
esempio positivo, ma ormai era tutto finito.
Come
poteva rivelare la sua vera identità a quel gruppo che sembrava chiaramente
odiare a pelle suo padre? Era già un miracolo che non ci fossero arrivati da
soli, per la miseria.
La loro
conversazione venne interrotta dal ritorno di Merlyn. Arthur sentì come se
potesse tornare a respirare normalmente. Chissà se anche lei lo avrebbe odiato
scoprendo la sua identità. La fanciulla era così buona, era riuscita perfino a
perdonare Valiant di tutte le sue avances prepotenti ed indesiderate.
«Non c’è
motivo per portare rancore, non quando la vita ha ancora così tanto da
offrire.» gli aveva detto una sera, quando le aveva chiesto perché non fosse
furente con la guardia che continuava a metterle le mani addosso. Arthur l’aveva
guardata sbalordito, non riuscendo ad impedirsi di pensare che sarebbe stata
un’ottima Regina per Camelot. Il suo Regno per troppo tempo aveva conosciuto
solo la paura, la rabbia ed il rancore di Uther. Ma ora era troppo tardi,
Arthur aveva deciso che non avrebbe fatto ritorno a casa sua.
«Stai
bene?» le chiese Lancelot, premuroso e cavaliere come sempre, prendendole una
mano per invitarla a sedersi sul letto.
Merlyn
annuì, sorridendo sia con le labbra che con gli occhi «Sì, amici miei, sto
bene.» rispose serenamente, soddisfatta di sé stessa e per come aveva resistito
alla curiosità di guardare nei cristalli.
Balinor
abbracciò la figlia «Vogliamo incamminarci?» le domandò premurosamente,
sperando che non fosse più arrabbiata con lui.
«Va bene,
ma vi avverto, alla prima litigata vi cucio la bocca a tutti.» minacciò con
tono serio, anche se Parsifal dubitava fortemente che la ragazza potesse essere
così meschina con loro.
Raccolsero
i loro averi, riempirono delle borracce di pelle con l’acqua del fiume e
partirono, il Sole di mezzogiorno ad illuminare il loro cammino.
«Voi
aspettate qui, padre, prima devo parlare con madre, prepararla psicologicamente
al vostro incontro.» disse Merlyn quando arrivarono ad Ealdor, potevano vedere
i cittadini lavorare nei loro orticelli e lavare il bucato vicino al pozzo.
Non le
sembrava vero di essere finalmente a casa, le sembrava un sogno. Non che amasse
particolarmente i suoi abitanti, ma c’erano sua madre e Will.
«Voi
venite con me, così vi presento subito.» aggiunse verso i quattro gladiatori.
Merlyn
camminò sentendo il cuore batterle nelle orecchie per quanto era emozionata.
Finalmente dopo un anno era a casa, poteva abbracciare le persone a lei care.
Si girò verso il limitare del bosco dove Balinor era rimasto, obbedendo alla
figlia, fidandosi ciecamente di lei.
«Sembra
incantevole, qui.» commentò Gwaine indicando a Parifal la radura piena di fiori.
I
contadini si fermarono, attirati dall’arrivo di quegli sconosciuti, ma
riconobbero Merlyn all’istante dando via ad una serie di borbottii. Arthur non
amava chi borbottava, le cameriere del palazzo non facevano altro che
borbottare raccontando chissà quale vile bugia su uno dei nobili.
La
ragazza li guidò fino ad una piccola casa, la più vicina al confine, sembrava
quasi nascosta dagli altri edifici. Si fermò davanti la porta di legno ed alzò
il pugno, ma non trovò il coraggio di bussare. E se sua madre si fosse fatta
una nuova vita senza di lei? Se fosse stata lei l’unica causa della sua
solitudine e con lei fuori dai piedi finalmente qualche uomo rispettabile si
fosse proposto a lei? Oh, aveva visto come Mattew la guardava, quella vecchia
volpe.
«Ho paura
che non voglia vedermi.» ammise la ragazza mordendosi il labbro inferiore.
Aveva tutte le ragioni per esserlo, no? In un anno non aveva mai scritto alla
povera donna, doveva averla fatta penare molto.
Arthur
sbuffò «Scommetto quello che volete che appena tua madre ti vedrà scoppierà a
piangere dalla felicità.» disse desiderando di poter essere sicuro in questo
modo anche su suo padre. Il principe poteva immaginarsela la scena, se fosse
tornato a casa suo padre lo avrebbe abbracciato solo per un secondo, ringraziato
Dio per avere ancora un erede e lo avrebbe mandato dritto ad allenarsi con i
suoi cavalieri. Non una lacrima.
Merlyn
rimase immobile e Gwaine si prese la libertà di bussare al posto suo.
La porta
si aprì rivelando una graziosa donna che non poteva avere più di trentacinque
anni, segno che avesse dovuto avere Merlyn in giovane età. Aveva gli stessi
occhi della ragazza, ma i capelli nascosti da un foulard verde erano di un
castano chiaro, lasciando immaginare ai gladiatori che quelli li avesse ereditati
da Balinor.
Come
Arthur aveva predetto gli occhi della donna si riempirono di lacrime e strinse
la figlia in un abbraccio che visto da fuori sembrava soffocante. La maga
iniziò a piangere a sua volta stringendo compulsivamente le vesti della madre,
contenta di essere nuovamente a casa.
Le due
donne si staccarono e Hunith prese dolcemente il viso di Merlyn tra le mani
«Credevo ti fosse successo qualcosa.» le disse con voce rotta d’emozione.
Merlyn
annuì «Oh, madre, è stato un lungo anno lontano da casa.» ammise sentendo
finalmente tutta quella tensione accumulata fin dal suo arrivo nella capitale
fino a quel momento sparire. Era di nuovo al sicuro, era al sicuro e con dei
nuovi amici.
«Merlyn!»
alle loro spalle videro un ragazzo correre verso di loro agitando le braccia in
modo ridicolo. La maga saltò sugli attenti e rise, facendo capire ai gladiatori
che non stavano per affrontare una minaccia.
Will
prese la fanciulla per la vita e la sollevò da terra facendola girare in aria e
facendola ridere. Arthur si sforzò a non arrossire di gelosia, era ovvio che
qualcuno la stesse aspettando a casa. Gwaine spostò lo sguardo infastidito, gli
bastava vederla con Arthur, non c’era bisogno di aggiungere un nuovo
pretendente al cuore della ragazza.
«Non una
lettera in dodici mesi, Merlyn!» la sgridò il ragazzo posandola a terra,
sembrava veramente furente ora che l’emozione del loro ritrovamento era scemato
via.
«Forse è
meglio se entriamo in casa, è una lunga storia.» disse la fanciulla guardando
le due persone più importanti della sua vita.
Hunith
annuì e fece spazio per far entrare i suoi ospiti «Su, entrate, non mordo.»
sorrise verso i quattro gladiatori che non avevano ben capito se fossero stati
invitati o meno.
«Grazie,
my Lady.» Arthur fece un leggero inchino, cercando di conquistarsi la simpatia
della donna.
La madre di Merlyn arrossì «Non sono una Lady, chiamatemi
Hunith.» disse e agli uomini sembrò di sentire Merlyn stessa, erano le stesse
parole che la donzella aveva usato in quella piccola infermeria nell’arena.
Essere modesti era di famiglia.
Hunith
corse fuori dalla sua piccola casa sentendo il respiro mancarle. Sua figlia non
poteva averle mentito, la conosceva troppo bene.
Merlyn
aveva ritrovato il suo Balinor, lo aveva riportato da lei. Per un attimo si
dimenticò completamente che sua figlia avesse sofferto per lunghi mesi come una
schiava in quell’arena. Doveva vederlo con i suoi occhi, doveva assicurarsi che
fosse lui.
Attraversò
il villaggio e attraversò la staccionata che lo limitava, quasi inciampò correndo
verso la foresta dove Merlyn le aveva detto Balinor stesse aspettando. Lo vide,
seduto contro un albero mentre intagliava del legno.
Era come
lo ricordava, solamente con qualche capello bianco in più e gli occhi scavati dalla
tristezza.
«Balinor.»
lo chiamò sentendosi il cuore in gola.
L’uomo si
girò verso di lei e si alzò in piedi, non fidandosi ad usare la voce, temendo
che uscisse acuta.
«Balinor.»
chiamò nuovamente la donna avvicinandosi all’uomo. Gli prese il volto tra le
mani ignorando il pizzicore della barba, ignorando l’odore proveniente dai suoi
vecchi vestiti. Lo guardò negli occhi leggendoci dentro. Hunith era sicura che
i suoi sentimenti non fossero mai spariti, per anni aveva atteso il suo ritorno
pregando che non avesse smesso di amarla.
«Sei
bellissima.» riuscì a sussurrare l’eremita mentre con una mano tremante le
accarezzava la guancia «Bella come il giorno in cui ti ho lasciata.» aggiunse
facendo scendere lacrime che aveva trattenuto fin da quando aveva saputo che
avrebbe rivisto l’amore della sua vita.
Hunith lo
abbracciò «Oh, Balinor, non ho mai voluto tenerti all’oscuro di nostra figlia.»
disse sentendosi tremendamente in colpa per non averlo mai cercato per dargli
la notizia. Aveva saputo fin da subito che anche volendo il suo amato non si
sarebbe fatto trovare, non quando pensava di metterla a rischio.
L’uomo
scosse la testa «Hai fatto la scelta giusta, mia diletta.» rispose afferrandole
dolcemente il mento «L’importante è che ora siamo di nuovo insieme, come una
famiglia.» sussurrò amorevolmente prima di catturare le labbra della donna in
un bacio casto che sapeva di felicità.
Hunith sorrise e gli prese la mano «Andiamo, nostra
figlia ci aspetta.» gli disse iniziando a condurlo verso la loro casa. Era un
nuovo inizio.
Will
guardò i quattro uomini arricciando il naso infastidito, non gli piaceva l’idea
che quei bruti avessero viaggiato con la sua migliore amica e che avessero
deciso di piazzarsi ad Ealdor. Non gliela raccontavano giusta, soprattutto
quello con i capelli lunghi che non faceva che guardare Merlyn mentre ravvivava
il fuoco nel camino.
«Potremmo
andare alla taverna e berci qualcosa.» propose alla ragazza, finalmente aveva
l’età giusta per bere della birra. Era da un po’ che non ci andava lui stesso,
da solo non era divertente e solitamente era Merlyn a riportarlo a casa sano e
salvo.
La
ragazza si pulì le mani sul vestito che sua madre le aveva prestato. Oltre
quello che aveva strappato per rivelare i pantaloni, l’altro unico vestito era
rimasto nell’arena, nell’armadio della sua stanza. Amava i pantaloni, li aveva
sempre indossati per svolgere i suoi lavori nel campo, ma nel suo tempo libero
preferiva i lunghi abiti. Amava il modo in cui la stoffa volava per aria mentre
girava su sé stessa.
«Certo,
il tempo di sistemare i miei amici e andiamo.» rispose iniziando a raccogliere delle
coperte per creare i letti dei gladiatori. Casa sua era piccola, l’unica stanza
da letto era della madre e ora la divideva con il padre, mentre Merlyn aveva
sempre dormito sul pavimento nella stanza principale, vicino al camino per non
morire di freddo.
Will
sbuffò «Sicura che sia un bene farli dormire qui?» domandò come se gli uomini
non potessero sentirlo.
La
ragazza sbatté le ciglia confusa «E dove altrimenti?» chiese ben sapendo che
nessuno dei loro vicini avrebbero accettato degli sconosciuti nelle loro case.
«Possono
dormire nel mio fienile.» propose volendo mettere qualche iarda di distanza tra
la sua migliore amica e quelle bestie.
Gwaine si
alzò in piedi «Per quanto sia gentile la tua preoccupazione, William,
vorrei saperne di più sulla taverna.» s’intromise ammiccando desideroso di
sentire nuovamente il liquore scendergli giù per la gola. L’ultima volta che
aveva bevuto era stato al compleanno di Merlyn, troppo tempo fa.
Merlyn
arrossì «Oh, certo, che maleducata.» borbottò imbarazzata per essersi
dimenticata le buone maniere «Volete unirvi a noi?» domandò indicando con un
dito sé stessa e Will. Almeno avrebbero cambiato argomento, Merlyn non avrebbe
lasciato i suoi amici dormire nel fienile insieme a delle mucche e cavalli.
Tutti
annuirono, avevano veramente bisogno di rilassarsi un poco. Era stato un lungo
anno per tutti e una birra se la meritavano.
Merlyn
sorrise dolcemente «Bene, avverto madre e andiamo.» disse prima di scomparire
nell’altra stanza per parlare con i genitori.
«Voi non
mi piacete.» disse Will una volta soli «E farò di tutto per sbarazzarmi di
voi.» aggiunse cercando di sembrare minaccioso.
Arthur
trattenne a stento una risata, mentre Lancelot gli dava una gomitata e Parsifal
tratteneva Gwaine dall’andare a dargli un pugno.
«Merlyn è
mia.» disse facendo irrigidire Arthur. Non gli piaceva quel ragazzino, sembrava
troppo possessivo nei confronti della ragazza e non era nemmeno il suo fidanzato!
Dov’era stato per tutto quel tempo mentre Merlyn rischiava la sua vita
nell’arena? Non aveva provato nemmeno ad andarla a cercare, altrimenti avrebbe
saputo dove avevano tutti loro passato gli ultimi mesi.
Nessuno
fece in tempo a rispondere che la fanciulla tornò nella stanza «Possiamo
andare.» annunciò prendendo uno scialle per coprirsi le spalle, tirava un
leggero vento all’esterno.
Uscirono
dalla piccola casa e si incamminarono lungo la via principale, arrivando a
quella che non sembrava minimamente una taverna, almeno per Gwaine che era
abituato a ben altro. Arthur arricciò il naso, non somigliava nemmeno
lontanamente al The Rising Sun.
Entrarono
venendo accolti da un dolce torpore e il tipico odore di birra e sudore. Al
centro della sala c’era un grande fuoco e Lancelot si chiese se fosse sicuro
prima di notare un oculo per permettere al fumo di uscire.
C’erano
molti giovani, coetanei di Merlyn e Will, più qualche anziano solo che si
consolava della solitudine con un boccale stracolmo di birra.
La
ragazza si sfilò lo scialle dalle spalle e lo legò alla vita. Si guardò intorno
mordendosi il labbro, non le era mai piaciuto andare alla taverna, ma Will aveva
tanto insistito in passato per andare insieme ed era quasi diventata una
tradizione per lei accompagnarlo e fare in modo che tornasse tutto intero alla
sua dimora.
«Voi
trovate un posto per sederci, io andrò a prendere da bere.» disse la ragazza
lasciando nuovamente i cinque ragazzi da soli, che in un attimo cambiarono
espressione, guardandosi come cani pronti ad attaccare. Era ovvio che non
sarebbero mai stati amici, Will aveva già giudicato tutti loro e avrebbe
cercato di far allontanare Merlyn.
La maga
si posò al bancone sorridendo alla signora Maud «Piacevole serata, vero?»
domandò per fare un po’ di conversazione, ma la donna sbuffò infastidita «Cosa
vuoi, Merlyn?» come poteva una persona far sembrare il suo nome un
insulto?
La
fanciulla arrossì, ricordandosi che non era come all’arena dove tutti le
volevano bene, era già tanto ricevere una parola dagli abitanti del posto, fare
conversazione era impossibile.
«Scommetto
nessun alcolico per te.» la voce acuta e fastidiosa di Petronilla arrivò al suo
lato destro.
«Non
vorrai certo mettere a rischio il tuo bambino.» si aggiunse Bertrada
bloccandola a sinistra.
Petronilla
e Bertrada erano le altre uniche due ragazze ad avere la stessa età. Sua madre
da bambina l’aveva spinta più volte ad andare a giocare con loro, ma Merlyn
finiva sempre con il viso nel fango a causa loro. La odiavano senza un
apparente motivo se non per quello di essere nata.
Rabbrividì
ricordandosi di quando Petronilla le aveva tagliato i capelli con il coltellino
del padre ed era andata vantandosene con gli altri bambini, solamente per dopo
venir chiamata una bugiarda perché Merlyn era riuscita a farsi ricrescere i
capelli nel giro di pochi secondi grazie alla magia. Da quel giorno la ragazza
sembrava aver preso a cuore la missione di smascherare la sua vera natura.
Merlyn
sorrise cercando di essere sempre gentile, come le aveva insegnato Hunith «Di
cosa parlate?» domandò cortesemente lanciando un’occhiata alla sala per cercare
i suoi amici. Se Will avesse visto le due ragazze vicino a lei si sarebbe
avvicinato subito iniziando una lite e Merlyn non voleva assolutamente spiegare
ai suoi nuovi amici che non era esattamente molto amata in quel posto.
Bertrada
rise di cuore, alla maga sembrò sentire un capretto appena nato, ma evitò di
commentare per non rischiare una rissa come l’ultima volta. Si erano tirate i
capelli in maniera piuttosto violenta e la ragazza sembrava ancora portarne i
segni, se quella mancanza di capelli sopra le orecchie non era naturale.
«Sei
proprio la figlia di tua madre.» ed ecco che Merlyn non riuscì a trattenere il
sospiro esasperato.
Si girò
dando le spalle alla signora Maud trovandosi faccia a faccia con il bullo del
villaggio, un ragazzone alto quanto Parsifal e muscoloso per tutto il legno che
aveva tagliato nella sua breve vita.
«Stammi
alla larga, Ranulf.» disse cercando di sfuggire ai suoi tre tormentatori. Se
c’erano delle persone che non le mancavano ad Ealdor, erano proprio quei tre.
Sembravano aver stretto un patto di sangue per renderle la vita difficile,
quanto era stata contenta quando sua madre le aveva detto del suo futuro a
Camelot, l’idea di liberarsi da quei bulli le aveva dato la forza di andare
avanti e non fargli prendere fuoco con un semplice gesto della mano.
Ranulf
sputò a terra, prendendole quasi lo stivale, e afferrò brutalmente il suo
gomito, tirandola contro il suo corpo «Dimmi, Merlyn, hai aperto le gambe per
tutti e quattro?» domandò sussurrandole velenoso nell’orecchio «Non sai chi
sarà il padre del tuo bastardo e li hai portati tutti per vedere a chi
somiglierà di più quella feccia a cui darai la vita?» la strattonò nuovamente
mentre Petronilla e Bertrada ridevano veramente divertite, amando il mondo in
cui loro fratello stesse umiliando la ragazza.
La maga
cercò di liberarsi muovendo bruscamente il braccio «Non è affar tuo.» rispose
rifiutandosi di dargli la soddisfazione di vederla offesa. Potevano fare tutte
le supposizioni che volevano, anche perché non ci sarebbe mai stato nessun
bambino e la voce sarebbe morta nel giro di pochi mesi.
L’uomo la
spinse indietro, facendola finire contro il bancone. Merlyn sibilò di dolore
toccandosi un fianco, aveva preso lo spigolo e dannazione se faceva male. Rubò
dalle mani di Maud la caraffa di birra e senza alcuna esitazione la ruppe sulla
testa del bullo, bagnandolo completamente e facendo urlare spaventate le
sorelle.
«Brutta
bastarda!» urlò pieno di collera Ranulf allungando le mani per prenderle il
collo, chiaramente intenzionato a strangolarla come aveva già fatto in passato.
Merlyn reagì d’istino e posando le mani sul bancone si diede la forza per
sollevare le gambe e piantare i piedi contro lo stomaco del suo avversario,
mandandolo a terra preso di sorpresa. Prima che l’uomo avesse il tempo di
rialzarsi Merlyn balzò sul bancone e saltò afferrando il candelabro da soffitto.
Volò praticamente
sopra Ranulf e atterrò su un tavolo occupato dagli anziani che si alzarono
spaventati. Si girò per vedere l’uomo fumare di rabbia, rosso in viso umiliato
per essere stato preso alla sprovvista da una ragazza che non doveva essere
nemmeno metà del suo peso.
Merlyn
saltò al tavolo successivo facendo cadere altri boccali di birra, ricevendo
urla di protesta. Stava per raggiungere un altro tavolo quando si sentì
afferrare per la vita.
Scalciò
cercando di colpire come meglio poteva lo stomaco di Ranulf, ma questa volta
non funzionò. Si ritrovarono in strada e l’uomo la lasciò cadere a terra sul
terriccio bagnato, sporcandole il vestito «Sei veramente un idiota!» urlò
arrabbiata. Quello era il vestito di sua madre!
Vide
chiaramente i vari clienti della taverna appostarsi alle finestre per guardare
quello che stava accadendo e per la prima volta Merlyn si chiese dove diamine
fosse Will quando aveva bisogno di lui. Solitamente il suo migliore amico
risultava un ottimo diversivo per quando doveva usare la magia, così da dare
loro il tempo di darsela a gambe. In due non avevano metà della forza di
qualsiasi ragazzo di Ealdor (Will incolpava sempre il fatto di aver preso più
dalla madre che dal padre).
Si slegò
lo scialle dalla vita e lo tenne in mano, Merlyn aveva imparato una cosa o due
durante la sua permanenza all’arena, aveva osservato i gladiatori allenarsi ed
Alice le aveva prestato un libro per studiare le regole dei combattimenti,
c’erano molte figure e Merlyn pensò che potesse tornarle utile.
Dalla
taverna uscì un altro ragazzo, il migliore amico di Ranulf, un altro uomo con
tanti muscoli e zero cervello di nome Osbert.
La
ragazza sbuffò «Così non è giusto.» commentò vedendo la situazione farsi peggiore
ogni minuto. Se aveva creduto di poterne battere uno, ora avrebbe dovuto
ricredersi.
Ranulf si
scrocchiò le dita ridendo, imitato dal suo buffone personale che era Osbert
«Non chiami il padre del bambino?» le domandò facendo ridere Petronilla e Bertrada
che si erano sedute sui barili vicino la porta.
«Come fa
se non sa chi è?» si aggiunse Osbert guardandola malignamente, lo sguardo
puntato sul suo ventre piatto e decisamente libero da qualsiasi forma di vita
che non fosse il pollo che sua madre aveva preparato per cena.
Merlyn
alzò gli occhi al cielo «Non ho bisogno di un uomo per difendermi.» disse
stringendo lo scialle nella mano tanto da far diventare le nocche bianche. Era
stanca di essere considerata debole per il suo sesso, non aveva bisogno di
essere difesa, poteva cavarsela da sola.
Certo, le
batteva sempre forte il cuore quando Arthur diventava protettivo, ma era anche
consapevole che Merlyn poteva atterrare chiunque solamente facendo illuminare
gli occhi e alzare una mano.
Doveva
scegliere solamente uno dei due, doveva essere veloce e poi darsela a gambe
sperando che i suoi amici se la cavassero da soli dopo essersi accorti della
sua scomparsa. Nascose leggermente il viso con i capelli, celando i suoi occhi
agli avversari e un fulmine squarciò il cielo distraendoli.
Merlyn fu
veloce, saltò addosso ad Osbert – il più basso tra i due – e gli passò lo
scialle davanti alla gola, stringendo per togliergli l’aria. Peccato che non
andò come aveva creduto.
Di fatti
Osbert se la scrollò di dosso facilmente, facendola finire nuovamente a terra e
Ranulf le fu sopra in un attimo.
«Sei decisamente
la figlia di tua madre, bastarda.» le sussurrò nell’orecchio mentre cercava di
tirarle sopra la gonna. Merlyn era abituata a quel genere di minacce, essendo
cresciuta senza un padre per proteggerla dai malintenzionati i ragazzi avevano
preso a dirle che l’avrebbero violentata, rovinata per qualsiasi uomo
rispettabile. Le avevano detto che avrebbe fatto la fine della madre e che
nessuno le avrebbe creduto se avesse cercato di denunciarli, perché loro erano
tutti figli di coppie sposate e incapace di atti talmente riprovevoli.
La
ragazza alzò il ginocchio, proprio come aveva fatto con Arthur molti mesi prima,
e Ranulf si scansò portandosi le mani sulla parte lesa, chiamandola per nomi
poco consoni.
Merlyn si
alzò in piedi e lo guardò mentre si contorceva a terra «Ma falla finita, Ranulf,
non ho colpito un bel niente.» lo provocò giocando dove faceva più male agli
uomini. Will le aveva raccontato di come fosse un argomento piuttosto sensibile
per loro e Merlyn aveva riso, chiedendosi perché facessero a gara per chi ce lo
avesse più grosso.
Petronilla
e Bertrada smisero di ridere ed accorsero dal fratello che piagnucolava poco
virilmente, si vedeva che non aveva mai ricevuto colpi in un posto così
delicato e Merlyn non c’era andata decisamente leggera. Voleva fargli male.
Osbert la
prese per la vita e la sollevò da terra, facendole scappare un piccolo urlo
spaventato, nel godersi la sua piccola vittoria contro il bullo si era
dimenticata dell’altro avversario.
«Portiamola
nel bosco.» propose Ranulf alzandosi dolorosamente da terra, il viso sporco e
rosso di dolore – o forse imbarazzo – dall’essere stato visto in quello stato
dalle sorelle e chi alle finestre.
Merlyn
sorrise, se si fossero allontanati abbastanza avrebbe potuto usare nuovamente
la magia per far cadere qualche ramo sulle loro teste e stordirli. Sicuramente
Petronilla e Bertrada non avrebbero mai avuto il coraggio di entrare nel bosco
di notte, troppo spaventate anche dalla loro stessa ombra.
Osbert
posò la fanciulla sopra la spalla, posandole con nonchalance una mano
sulle natiche.
«Hey!»
esclamò oltraggiata, non aveva bisogno di sentirsi le sue mani su parti private
del suo corpo, Valiant le era bastato e avanzato per tutta una vita.
«Lasciala
immediatamente!» l’urlo di Will attirò i due energumeni che scoppiarono a
ridere.
«Cosa
credi di fare, Will?» domandò Ranulf che trovava pietoso quel contadino che non
sarebbe riuscito a spaccare un ceppo intero di legna nemmeno se ne valesse
della sua stessa vita.
Merlyn e
Will erano solamente due sciocchi che non riuscivano ad adattarsi alle regole
del loro piccolo villaggio. Più volte erano stati avvertiti nel non farsi
vedere alla taverna, ma quei due zucconi continuavano a creare problemi.
«Tutto
sotto controllo, Will, puoi tornare dentro.» disse Merlyn cercando di scollarsi
dalla spalla di Osbert e riuscire a vedere il suo migliore amico per
assicurarlo che non avrebbe corso alcun rischio.
Osbert si
mosse bruscamente, facendole perdere l’equilibrio e le schiaffò prepotentemente
la mano sulle natiche, ridendo fragorosamente con Ranulf e le sue sorelle.
Merlyn
arrossì furiosamente, come si permetteva quell’orco di trattarla in quel modo?
Lei era una ragazza per bene!
«Lasciala
andare, subito.» oh, fantastico, Merlyn si coprì il volto con le mani,
rifiutandosi di riconoscere la voce di Arthur e la consapevolezza che molto
probabilmente insieme a lui c’erano Lancelot, Gwaine e Parsifal.
«Altrimenti,
straniero?» domandò Ranulf con tono di sfida.
Merlyn
non poteva vedere nulla, era posizionata con il viso verso il bosco, ma sentì
chiaramente il primo pugno venire sferrato. Come per magia si ritrovò con il
fondoschiena per terra e Will al suo fianco che l’aiutava ad allontanarsi dalla
rissa.
Era
decisamente poco onesto un combattimento quattro contro due, soprattutto
considerando che i suoi amici avevano combattuto per un anno per sopravvivere,
ma in quel momento non si sentì in grado di fare la moralista e si tenne bel
lontana dall’intervenire.
Guardò
meravigliata Gwaine colpire la faccia di Ranulf mentre Parsifal lo teneva
immobile bloccandogli le braccia e il collo. Rimase senza parole nella
precisione usata da Arthur per slogare il polso di Osbert mentre Lancelot
nobile come sempre cercava di contenere i danni invitando i ragazzi a lasciar
perdere, dichiarando che i due ne avevano prese abbastanza per servire loro da
lezione per il futuro.
Ranulf si
pulì il labbro sanguinante con il dorso della mano «Tenetevi la vostra
puttana!» urlò indicando Merlyn e la ragazza sbuffò all’offesa poco originale,
non era mai carino venire definita in quel modo, ma con il tempo aveva costruito
una corazza.
Arthur
agì d’istinto, sganciando un ultimo pugno mandando a terra privo di sensi il
ragazzo. Posò prepotentemente un piede sul torace di Ranulf, come per tenerlo a
terra nonostante fosse svenuto «Il prossimo che si azzarderà a chiamare Merlyn
in quel modo ne pagherà le conseguenze.» disse guardando tutti i presenti che
erano usciti dalla taverna per osservare la rissa.
Petronilla
pianse disperata inginocchiandosi accanto al fratello «È sempre colpa tua, bastarda!»
l’accusò mentre cercava di far rinvenire Ranulf dandogli piccoli schiaffi sulla
guancia.
Merlyn si
arrabbiò, desiderò tanto schiaffeggiare Petronilla, ma non voleva abbassarsi al
suo livello.
Il tempo
cambiò improvvisamente, i fulmini illuminarono il cielo e i tuoni spezzarono il
silenzio. Nel giro di pochi secondi una fitta pioggia cadde su Ealdor facendo
spaventare gli abitanti, i quali corsero al riparo all’interno della taverna,
trascinando Ranulf, lasciando per strada solamente quello strano gruppo.
Arthur
guardò il cielo, meravigliandosi dei poteri della ragazza, era chiaro che
quella pioggia rispecchiasse l’umore della loro amica. Fino a quel momento
l’aveva vista usare la magia solamente per fare del bene, ma quello che
cos’era?
Certamente
non stava facendo nel male a nessuno, ma era pericoloso.
Merlyn si
alzò da terra, lo sguardo duro, arrabbiata per essere stata umiliata in quel
modo. Non voleva che gli altri sapessero, non voleva che scoprissero quanto in
realtà fosse brutta la sua vita con le continue prese in giro, gli insulti, le
minacce.
«Andiamo
a casa.» ordinò raccogliendo da terra lo scialle sporco. Senza aspettare una
risposta si incamminò verso casa sua, dando per scontato che i ragazzi la
stessero seguendo. Il tempo sembrava solo peggiorare e alle sue spalle Arthur
dovette sforzarsi con tutta la sua buona volontà a non osservare quanto il
vestito si stesse aderendo alle forme della ragazza.
Arrivarono
alla porta, ma non entrarono.
«Sono
arrabbiata con voi.» disse incrociando le braccia al petto, i lunghi capelli
neri appiccicati al viso rosso.
Lancelot
si scusò immediatamente, come era solito fare. Gwaine guardò le punte dei suoi
stivali sentendosi un bambino rimproverato dalla madre, Parsifal arrossì di
vergogna in quanto mai nessuna donna aveva portato collera nei suoi confronti.
Arthur schioccò
la lingua contro il palato «E perché, di grazia?» domandò facendo un passo
avanti «Senza di noi chissà in quale guaio saresti finita.» aggiunse
indicandole gli abiti sporchi, la mente ferma all’immagine di Ranulf sopra di
lei mentre cercava di sollevarle la gonna.
«Io non
ho bisogno di qualcuno che mi difenda! Me la cavo da sola!» urlò mentre un
fulmine squarciava il cielo notturno «Siamo sempre state io e mia madre, non ho
bisogno di un uomo!» aggiunse stringendo i pugni per la rabbia, controllandosi
dal fare del male a quel pallone gonfiato di Arthur «Stava andando tutto bene,
finché non siete intervenuti.» commentò aspramente distogliendo lo sguardo
dagli occhi furiosi del biondo.
Non
voleva litigare con loro, erano appena arrivati a casa, ma non voleva nemmeno
dare l’impressione che potessero intromettersi nella sua vita. Sapeva com’era
ad Ealdor, aveva imparato a sopravvivere e in più le bastava Will. Aveva
acconsentito a farli rimanere perché non voleva essere scortese, voleva dare
loro una casa, un posto da sentire loro e adeguarsi al suo villaggio.
Il
principe espirò fortemente dalle narici, non capiva veramente quale fosse il
problema di Merlyn. Qualsiasi donzella in pericolo sarebbe stata lusingata di
essere stata salvata da dei cavalieri. Da principe, qualsiasi donna avrebbe
pagato oro per essere salvata da lui, gettandosi ai suoi piedi cercando di
conquistare il suo cuore.
«Allora,
la prossima volta lasceremo che ti picchino fino a lasciarti in fin di vita.»
disse con rabbia, Merlyn sussultò nel riconoscere il tono che l’uomo usava i
primi mesi della sua permanenza nell’arena. Non voleva tornare a quei tempi,
credeva di essersi fatta un buon amico.
«Sarà
meglio.» disse con un filo di voce «Se volete vivere in pace qui, ad Ealdor, è
meglio che non vi facciate vedere con me e mia madre.» aggiunse prima di
entrare in casa, lasciando gli uomini all’esterno.
Will
sospirò pesantemente «Venite, vi porto nel fienile.» disse facendo segno con la
mano di seguirlo.
Arthur
rimase in piedi davanti la porta «Io rimango qui.» annunciò riparandosi sotto
la piccola tettoia. Non voleva allontanarsi con il timore che Ranulf ed Osbert
tornassero per finire il loro lavoro. Conosceva quel tipo di uomini, non
l’avrebbero mai lasciata in pace, soprattutto ora che gli aveva umiliati.
Gwaine
tornò sui suoi passi, raggiungendo il biondo «Rimango anch’io.» disse sedendosi
a terra.
Lancelot
e Parsifal si scambiarono un’occhiata e silenziosamente andarono ad unirsi agli
altri gladiatori.
Will
spalancò gli occhi sbalordito, non si aspettava che quei quattro tenessero così
tanto alla sua migliore amica. Nemmeno lui avrebbe passato una notte sotto la
pioggia dopo aver litigato con lei, ma credette che l’esperienza nell’arena avesse
creato un legame speciale tra quei ragazzi.
Abbassò
le spalle sconfitto «Allora buonanotte.» li salutò prima di avviarsi a casa
sua.
Forse quei forestieri non erano poi così male.
Merlyn
indossò i pantaloni marroni e la tunica rossa. Si sciolse i doni nei capelli
passandoci le dita attraverso poi li legò in cima alla testa con una fascetta
di cuoio.
Prese un
foulard dal cassettone e se lo legò in testa. Prese il cesto in vimini e lo
posò vicino alla porta di casa. Si piegò per infilare gli stivali, fuori dalla
finestra vedeva le prime luci dell’alba.
Preferiva
andare a raccogliere i suoi ortaggi prima che gli altri si svegliassero, così da
evitare spiacevoli incontri e poter risparmiare alla madre il viaggio e la
fatica.
Aprì la
porta senza riuscire a trattenere un verso di sorpresa quando ai suoi piedi si
ritrovò Arthur addormentato.
Si guardò
alle spalle assicurandosi di non aver svegliato i genitori.
«Arthur,
svegliati.» chiamò abbassandosi vicino l’uomo il quale aprì gli occhi
lentamente, un sorriso beato sulle labbra come se avesse sognato o visto
qualcosa di piacevole.
«Merlyn.»
non fu assolutamente la sua voce roca a far arrossire Merlyn. Non che avesse
pensato qualche volta a come sarebbe stato svegliarsi con il biondo accanto.
No, proprio no.
Recuperando
quel poco pudore che le era rimasto si schiarì la gola «Spostati, mi stai
bloccando il passaggio.» gli disse cercando di sembrare veramente annoiata, ma non
riuscì a trattenere un piccolo sorriso alla consapevolezza che l’uomo avesse
dormito fuori la sua porta nonostante il modo in cui l’avesse trattato.
«Dove vai
a quest’ora?» le domandò alzandosi in piedi, la sua schiena gridava vendetta,
non aveva mai dormito così male in tutta la sua vita. Iniziava a sentire la
mancanza del suo letto a Camelot. Oh, come gli sarebbe piaciuto tornare ad
accomodarsi sul materasso più morbido di tutti i cinque Regni.
Merlyn
chiuse la porta alle sue spalle osservando meravigliata gli altri gladiatori
ancora dormienti ai lati della porta. Cercò di non ridere vedendo Parsifal
stringere in un abbraccio un totalmente rilassato Gwaine. Erano così carini
insieme, poteva vederli come ottimi amici. Se Gwaine parlava senza sosta,
Parsifal era un ottimo ascoltatore.
«Vado a
raccogliere del tritico.» rispose iniziando a camminare, lentamente, forse
ondeggiando un poco. Nella capitale aveva visto più donne muoversi in quel modo
mentre cercavano di catturare l’attenzione di una determinata guardia, cercando
di sedurla. Arrossì nel rendersi conto che stesse provando a sedurre Arthur,
Dio, non poteva aver avuto idea peggiore.
Quell’uomo
non faceva per niente a caso suo, era un totale idiota, credeva di avere sempre
ragione e aveva un serio complesso da martire. Perché quando succedeva qualcosa
si proponeva sempre per sacrificarsi per primo? Merlyn non l’avrebbe mai
capito. Teneva in maniera assurda al suo onore, ma di cosa si preoccupava un
contadino che di onore ne aveva ben poco?
«Ieri sei
stata ingiusta, Merlyn.» le disse Arthur camminando al suo fianco, guardandosi
intorno come se avesse paura di venire attaccato da un momento all’altro.
«Non
credo proprio.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo. Non cambiava
assolutamente idea su quanto accaduto. Se i suoi amici non fossero intervenuti
se la sarebbe cavata egregiamente da sola, con la sua magia.
Arthur
alzò gli occhi al cielo, quella donna era veramente difficile. Pensò a Gwen,
sempre dolce e gentile, mai un tono scortese e con gli occhi che sembravano
illuminare una stanza. Gli occhi di Merlyn sarebbero stati capace di incendiare
tutta Camelot con quanta energia e determinazione bruciavano nelle sue iridi,
forse stavano bruciando anche il suo cuore, ma Arthur non l’avrebbe mai
ammesso.
«Avresti
preferito andare nel bosco con quei due?» domandò indispettito, un sopracciglio
inarcato. Non poteva credere che una ragazza dall’aspetto dolce e fragile come
Merlyn potesse essere così mal trattata dai suoi coetanei. Ricordò con vergogna
il modo con cui aveva trattato il suo servo prima di partire, lanciandoli
contro coltelli mentre spostava il bersaglio.
«Me la
sarei cavata, Arthur, non sono totalmente indifesa.» rispose sospirando
leggermente esasperata. Non voleva più tornare sull’argomento, non doveva
spiegazioni a nessuno. Non era abituata ad avere persone che si preoccupassero
per lei in quel modo, i suoi nuovi amici erano tremendamente protettivi.
Merlyn
entrò nel campo di tritico sorridendo, le era mancato camminare in quel posto,
il tritico che le arrivava fino alla vita. Alle prime luci dell’alba era uno
spettacolo mozzafiato.
Prese la falcinella
dalla cesta e costatò infastidita che aveva dimenticato gli anelli per
proteggere la mano sinistra dalla lama. Attaccò la cote alla cintura dei
pantaloni.
«Puoi
occuparti tu dei mannelli?» gli domandò guardandolo curiosa.
Arthur
arrossì e distolse lo sguardo, borbottò qualcosa che Merlyn non riuscì a
capire.
«Come,
scusa?» chiese iniziando a mietere il tritico, dovevano sbrigarsi se non
volevano incontrare altri ragazzi. Merlyn non desiderava per niente far
conoscere ad Arthur i suoi altri bulli.
«Non so
di cosa stai parlando, non ho mai raccolto qualsiasi cosa.» disse
vergognandosi. Il suo compito crescendo era stato imparare a guidare un Regno,
seguire i passi di suo padre ed essere un leader per i suoi cavalieri.
Merlyn lo
guardò meravigliata «Credevo che prima dell’arena tu fossi un contadino.» disse
continuando il suo lavoro. Non c’era problema, gli avrebbe insegnato tutto, se fosse
voluto rimanere ad Ealdor avrebbe dovuto imparare a raccogliere il suo tritico.
Il
principe aggrottò la fronte, dava veramente l’idea di essere un contadino? Lui
era un principe, aveva sangue blu nelle vene.
«No, ero
un…» non poteva dirle un cavaliere, conoscendo il suo nome sarebbe arrivata
alla sua vera identità del giro di poco tempo.
La
ragazza sorrise «Non devi dirmelo per forza, puoi avere i tuoi segreti.» lo
rassicurò, lei aveva vissuto tutta la vita con un segreto più grande di lei.
Non poteva giudicare Arthur se non avesse voluto dirle cosa faceva a Camelot,
forse era un ladro e se ne vergognava.
Merlyn
gli insegnò tutto quello che sapeva, facendogli vedere nei minimi dettagli come
il lavoro andasse svolto. Gli insegnò qualche trucco che aveva appreso negli
anni, osservando la faccia concentrata dell’uomo, sembrava veramente intenzionato
ad imparare.
Finito il
lavoro si incamminarono nuovamente verso casa, Arthur si impose di portare il
tritico non volendo affaticare ulteriormente la fanciulla.
Si
fermarono in una piccola radura, Merlyn lo trascinò per un braccio e si sederono
sul manto erboso.
«Abbiamo
ancora tempo.» disse iniziando a raccogliere dei fiori, sembrava una bambina e
Arthur non riuscì a trattenersi dal sorridere. Si sdraiò a terra, guardando il
cielo limpido con espressione beata.
Gli
piaceva Ealdor, anche se erano già finiti nei guai con gli abitanti locali. Non
riusciva a concepire come qualcuno potesse odiare la loro Merlyn, l’essere più
gentile sulla faccia di Albion. Certo, all’inizio il loro rapporto era stato
leggermente turbolento, ma a forza di stare con lei perfino il principe di
Camelot aveva imparato un minimo di umiltà e ad ascoltare il prossimo.
All’arena
tutti sembravano infatuati della giovane medico, per i primi mesi si era
chiesto come qualcuno potesse essere attratto da quella ragazzina dalla lingua
lunga e biforcuta, ma con il tempo aveva capito. Non c’era persona più leale di
Merlyn, si cacciava nei guai con una cadenza giornaliera, non perdeva mai
occasione per portare ai gladiatori della frutta, era nobile d’animo e non
aveva mai approfittato della sua posizione di prestigio.
Incrociò
le braccia dietro la testa, attendendo pazientemente che la fanciulla finisse
qualsiasi cosa stesse facendo. Una volta aveva portato Gwen per un pic–nic nel
bosco, ma era stato imbarazzante, pieno di silenzi ricchi di disagio e
vergogna, ma in quel momento Arthur si sentiva serafico, tranquillo, sentire i
piccoli movimenti di Merlyn gli davano tranquillità e non importava che
stessero in silenzio.
Si chiese
come stesse Morgana, la ragazza gli era sembrata molto turbata il giorno della
sua partenza, gli aveva chiesto di rimandare o come minimo portare qualche
cavaliere con lui, ma l’aveva ignorata, dando la colpa ai suoi sogni che
nell’ultimo periodo l’avevano scossa più del necessario. Che Morgana avesse
predetto il suo rapimento?
Scosse la
testa, era impossibile prevedere il futuro, nessuno ne era capace, forse era il
suo sesto senso. Arthur stesso ne aveva uno, riusciva sempre a capire quando
c’era qualcosa che non andava.
Si volse
a destra, osservando Merlyn seduta a gambe incrociate mentre intrecciava
insieme i diversi fiori. Poteva vedere un piccolo pezzo di lingua uscire tra le
labbra rosee, lo faceva sempre quando era concentrata.
Si alzò
il vento, facendo sorridere la fanciulla, i lunghi capelli neri che volavano in
ogni direzione. Il fazzoletto da collo si alzò andando a coprirle la parte
inferiore del viso, facendola ridere. Sembrava che il vento stesse giocando con
lei, alzando da terra i fiori che aveva raccolto. Arthur non aveva mai visto
nulla di talmente bello in vita sua.
«Che Dio
abbia pietà.» mormorò sentendosi completamente incantato da quella vista. Aveva
studiato gli Dei greci con il suo tutore, sembrava racchiudere il lei le qualità
delle Dee Ecate e Demetra, con la stessa bellezza che caratterizzava Afrodite.
Mai aveva
pensato ad una donna paragonandola a delle Dee, la cosa lo spaventò. Lui non
poteva innamorarsi di Merlyn, non poteva costruire una vita con lei, non quando
un giorno sarebbe dovuto tornare a Camelot, poteva permettersi un anno o poco
più prima di tornare al castello e riprendere la sua vita come Arthur Pendragon.
Ci aveva
pensato a lungo, quella notte, prima di addormentarsi, di cosa sarebbe stato il
suo futuro. Suo padre aveva portato per troppo tempo terrore e discordia sulle
sue terre e Arthur avrebbe posto fine a tutto questo. Voleva un Regno giusto,
che seguisse dei processi, che non discriminasse. Lo doveva al suo popolo, non
voleva che ci fossero altre Merlyn, spaventate a morte di mostrare il suo
potere, non ci sarebbero stati altri Balinor, costretti a fuggire dalla donna
amata perché perseguitati.
Voleva
una Camelot migliore e l’avrebbe costruita imparando a vivere prima in un
piccolo villaggio, imparando cosa veramente i suoi sudditi volessero, cosa
affliggeva loro.
Si
ritrovò il viso della fanciulla a pochi centimetri dal suo, arrossì
furiosamente e scattò a sedersi. Aveva voluto baciarla, prenderla per la vita e
farla sdraiare vicino a lui e venerala come il più devoto degli amanti.
«Questa è
per te.» disse la maga posandogli sulla testa una corona di fiori. Arthur non
si oppose, rimanendo completamente immobile. Non era molto mascolino andare in
giro con una corona di fiori, Morgana aveva provato più volte a mettergliene
una in testa, ma era sempre scappato non volendo farsi vedere con dei fiori in
testa da nessuno. Lui era un leader, doveva dare l’esempio ai suoi sudditi e
cavalieri, non credeva che Uther avesse mai avuto una corona floreale da
sfoggiare.
Merlyn ne
posò una anche sopra la sua testa e Arthur rimase senza fiato per un secondo. Sbatté
più volte le palpebre, cercando di darsi un contegno e non farsi vedere così
affascinato dalla fanciulla.
«Andiamo,
tra poco si sveglieranno tutti.» disse la maga alzandosi in piedi, prendendo le
altre corone florali che aveva intrecciato molto velocemente. I due si incamminarono
nuovamente verso casa e Arthur non si sentì a disagio mentre vedeva alcune
persone affacciarsi alle finestre per spiarli. L’uomo aggrottò la fronte, anche
a Camelot non era mai piacevole vedere un bastardo, ma certamente non veniva
trattato in quel modo barbaro. Nessuno sapeva cosa avesse portato una donna ad
avere un figlio fuori dal matrimonio, poteva essere vittima di violenza
carnale, aver perso il senno dopo aver bevuto troppo ed essere finita a letto
con qualcuno, o come Hunith aveva amato una persona che poi se n’era andata. A
Camelot tutti venivano trattati con rispetto per quanto si poteva, non c’erano
bulli come Ranulf ed Osbert.
«Merlyn,
mio splendore!» Gwaine balzò in piedi appena vide i due amici tornare. Andò
loro incontro, aiutando Arthur a portare il tritico anche se non ne aveva
veramente bisogno.
«Buongiorno,
Gwaine.» rispose la fanciulla sorridendo, un piccolo cenno rispettoso del capo.
«Hai
messo subito a lavoro la principessa, eh?» domandò cercando di non ridere senza
controllo per la corona di fiori che stava portando.
Arthur
sbuffò, Gwaine aveva iniziato a chiamarlo in quel modo perché durante le prime
settimane della sua permanenza nell’arena non aveva fatto che lamentarsi di
ogni cosa. Il letto troppo duro, il freddo, il cibo scadente, le armi mal
affilate, il medico impertinente.
Merlyn fu
veloce a mettere una corona di fiori anche sopra la sua testa, adorando come i
lunghi capelli di Gwaine ondeggiassero tra i petali.
La ragazza doveva ammetterlo: le piaceva molto la sua
nuova vita.
Hunith
guardò dalla finestra la figlia parlare con i quattro uomini, seduti per terra,
mentre affilavano delle spade.
Non erano
dei ragazzi portatori di guai, poteva vederlo chiaramente, in più sembravano
avere tutti a cuore quell’uragano di sua figlia. Per anni si era preoccupata
che Merlyn non riuscisse a trovare degli amici, aveva temuto molto per lei,
essere cresciuti con così poco amore che non provenisse dalla madre era stato
duro.
Venne
distratta da un bacio sul collo, che la fece arrossire, distogliendola dalla
sua contemplazione dei ragazzi «Balinor, contegno.» sgridò l’amore della sua
vita senza però riuscire ad evitare di sorridere. Per anni aveva pregato nel
suo ritorno ed ora che era tra le sue braccia non poteva chiedere altro.
«Non
credi che quei quattro stiano troppo vicini a nostra figlia?» domandò
guardando anche lui oltre la piccola finestra, storcendo leggermente il naso.
Hunith
rise divertita dalla gelosia dell’uomo, non si sarebbe mai immaginato Balinor
così preoccupato per la reputazione di una fanciulla, non quando lui stesso
l’aveva ingravidata al di fuori del matrimonio.
«Oh,
amore mio, non devi crucciarti. Merlyn sa cavarsela perfettamente da sola.
Infondo è la figlia di suo padre.» rispose baciandolo sulle labbra.
L’uomo grugnì infastidito, ma decise di lasciar cadere
l’argomento. Ma se uno di quei barbari avesse provato ad allungare le mani su
sua figlia sarebbe andato a Camelot a liberare il Drago e lo avrebbe portato ad
Ealdor per sbranarli tutti.
Will
mostrò loro le tre case abbandonate, appartenute ad anziani morti senza aver
lasciato la proprietà a nessuno. Certamente non potevano continuare ad abitare
con Merlyn e Hunith, ma non credeva nemmeno meritassero di rimanere in un
fienile.
«Non sono
in ottimo stato, ma sono sicuro riuscirete a sistemarle come più vi piace.»
disse indicando una tettoia piuttosto mal ridotta. Le tre case erano delle
stesse dimensioni e sembravano avere tutte lo stesso problema.
«Qualcuno
dovrà convivere, però.» aggiunse guardando i quattro coetanei osservare
estasiati le loro nuove dimore, incapaci di realizzare che avevano finalmente
una casa.
Gwaine
batté una mano sul petto di Parsifal «Io e te potremmo vivere insieme.» disse
sorridendo, non gli dispiaceva per niente l’idea di abitare insieme all’altro
uomo. Parsifal rimase senza parole, arrossendo leggermente, ma annuì sorridendo
alla prospettiva di vivere insieme a quel tipetto molto particolare.
L’uomo
più basso trascinò quello più muscoloso in una delle tre case, scegliendo
quella più verso l’esterno che dava una bella visuale sul campo di tritico.
Lancelot ringraziò
Will e si avviò in quella sulla destra, lasciando ad Arthur quella al centro.
«Non è
poi così male.» commentò Merlyn entrando con Arthur nella sua.
Il biondo
sbuffò togliendosi la giacca marrone con cui era partito da Camelot molti mesi
prima. Era l’unico capo di buona qualità che aveva con lui e che era riuscito a
non farsi rubare dalle guardie dell’arena.
La
ragazza toccò il tavolo impolverato «Questo potresti spostarlo vicino al muro,
così sembrerà che c’è più spazio, magari vicino al camino, per mangiare al
caldo in inverno.» suggerì spostandosi per tutta la casa, suggerendo i vari
cambiamenti da fare ed Arthur sorrise, pensando che avrebbe fatto qualsiasi
cosa la ragazza volesse.
Quella
casa era grande come le sue stanze a Camelot, ma non si era mai sentito così a casa
come in quel momento, in un piccolo spazio con una sorridente Merlyn.
Afferrò
la scopa vicino alla porta, aveva visto Morris pulire il pavimento milioni di
volte, sicuramente ne era capace anche lui, non ci voleva poi chissà quale
grande abilità se addirittura quell’impiastro del suo servitore c’era riuscito
e veniva pagato per farlo.
«Be’,
allora ti lascio. Cercate di non scordarvi di me, ora che avete una casa tutta
vostra.» scherzò Merlyn sull’uscio, decidendo che aveva invaso per abbastanza
tempo lo spazio dell’uomo.
«Come se
fosse possibile, Merlyn.» rispose il principe guardandola negli occhi, sicuro
che non sarebbe riuscito a durare nemmeno una settimana senza vederla.
La maga
rise un’ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando il cavaliere
solo a sistemare la casa.
Arthur
tirò su le maniche della sua tunica rossa, c’era molto da fare.
Gwaine
tirò in aria la mela prima di riprenderla agilmente tra le mani. Era seduto
sotto un albero in compagnia di Lancelot e Parsifal, godendosi la leggera
brezza che benediva quel giorno d’estate.
«Secondo
voi Merlyn si sposerebbe mai con me?» domandò guardando la ragazza aiutare
Arthur a chiudere delle crepe che flagellavano la facciata della sua casa.
La
ragazza nonostante fosse andava a trovare tutti loro tutti i giorni sembrava
aiutare unicamente il biondo, senza nemmeno usare la magia. Gwaine non aveva
mai trovato talmente attraente una ragazza sporca di terra.
Parsifal
espirò fortemente dal naso, mentre Lancelot sorrise amaramente per il povero
amico innamorato «Forse non sei proprio il suo tipo.» suggerì dolcemente cercando
di non suonare troppo brusco.
«Dite che
preferisce i biondi, con occhi del suo stesso colore e che sembrano completamente
incapaci a vestirsi per conto proprio al mattino?» commentò notando che Arthur
aveva la tunica a rovescio. Veramente, come poteva quel babbeo essere talmente
abile con una spada?
Lancelot
annuì, chiaro come il Sole che Merlyn provasse un certo affetto per l’uomo nonostante
l’inizio della loro conoscenza non fosse partita con il piede giusto. I due
sembravano completamente fatti l’uno per l’altra, come due facce della stessa
moneta.
«Forse
dovresti corteggiarla, sai, come fanno gli uomini con intenzioni serie.»
suggerì Parsifal rubandogli la mela dalle mani per dargli un grande morso.
Gwaine
sbuffò incrociando le braccia al petto, come un bambino «Balinor mi ucciderebbe
senza pensarci due volte.» commentò ricordandosi gli sguardi omicida dell’uomo ogniqualvolta
si avvicinasse troppo alla sua adorata figlia.
Quei due
erano entrati subito in sintonia, come se non fossero stati sconosciuti per sedici
lunghi anni, più volte aveva visto loro sgattaiolare di notte nel bosco per
praticare la magia, osservati da una dolcissima Hunith che sembrava avere tutto
quello di cui aveva bisogno davanti gli occhi. Non importava quanto poveri
fossero materialmente, quella famiglia era la più felice che Gwaine avesse
visto, sicuramente nemmeno una famiglia reale o di nobili era ricca d’amore
come la loro.
«Non
credo.» disse Lancelot piegando le braccia dietro la testa, sdraiandosi sul
manto erboso pronto a farsi un sonnellino «Hunith deve avergli detto che Merlyn
non ha bisogno di un padre protettivo.» spiegò ricordandosi della chiacchierata
che aveva avuto con la donna mentre la aiutava a raccogliere la legna.
Il
castano imitò l’amico, sdraiandosi a sua volta, lasciando solamente Parsifal
seduto con la schiena contro il tronco «Allora forse ci proverò.» borbottò
prima di chiudere gli occhi, le risate di Merlyn in lontananza a fargli da
ninna nanna.
Parsifal
sorrise tristamente «Provare non fa mai male.» disse guardando Arthur lanciare
un bicchiere di legno contro Merlyn per averlo sporcato.
Gwaine non aveva poi così tante possibilità di successo.
Petronilla
tirò i capelli di Merlyn facendola sibilare di dolore. Si era nascosta dietro
ad un albero, aspettando che passasse.
«Non hai
i tuoi cavalieri con te, bastarda?» domandò guardandosi intorno per assicurarsi
che non arrivasse nessuno degli uomini che aveva portato ad Ealdor. Non stava
bene per una ragazza come lei trovarsi in un luogo appartato con l’altro sesso,
non voleva certamente finire come Hunith o quella poco di buono di sua figlia.
Non importava
che il padre della bastarda fosse tornato, era pur sempre stata concepita al di
fuori del matrimonio e nulla avrebbe cambiato quel fatto.
Merlyn
prese un profondo respiro, rincuorandosi che almeno non c’era Ranulf con lei
per darle il tormento «No, stavo andando a lavarmi, sai, una cosa che si fa da
soli.» rispose suonando annoiata. Era stanca di tutti quegli attacchi, se prima
aveva fatto del suo meglio per ignorare gli altri ragazzi del villaggio ed essi
a loro volta la evitavano, ora sembrava che la cercassero in ogni angolo per
insultarla. Forse portare i suoi amici ad Ealdor non era stata una mossa così
intelligente.
“Manca
poco, Merlyn, un altro paio di mesi e andrai da zio Gaius a Camelot” si disse
ricordandosi di come la madre avesse nuovamente insistito per una sua partenza
alla volta della Capitale del regno di Uther Pendragon, nonostante le proteste
di Balinor e dei suoi amici.
Petronilla
alzò il mento, in gesto di superiorità «Cos’hai da nascondere? Ti avranno visto
tutti nuda mentre aprivi le gambe per loro.» commentò scrutandola dall’alto al
basso come se si trovasse davanti una meretrice.
La maga
arrossì imbarazzata all’immagine che si era creata nella sua mente, cercò di
scacciare la figura di Arthur sopra di lei con il fiato pesante mentre lei gli
graffiava la schiena. No, non poteva permettersi di pensare a lui in quel modo.
Certamente
era migliorato in quei mesi, aveva addirittura imparato a cucinare il porridge
per sé stesso e si era costruito una balestra per andare a caccia, regalando
metà delle sue conquiste ad Hunith.
«Petronilla,
sei forse gelosa?» le domandò facendo un passo verso di lei «Vorresti che uno
dei miei amici aprisse le tue, di gambe?» sibilò con fare maligno, vedendo
l’altra ragazza perdere colore sul viso per tale insinuazione.
Lo
schiaffo che le arrivò era parzialmente meritato, non avrebbe mai dovuto
abbassarsi a quel livello. Si toccò la guancia lasciando cadere a terra i
vestiti puliti che aveva portato da indossare dopo essersi lavata.
«Me la
pagherai per questo.» promise prima di scappare verso il villaggio, lasciando
la maga da sola e dispiaciuta per quello che aveva detto.
Si piegò
raccogliendo nuovamente i suoi vestiti e si incamminò verso la sorgente d’acqua
dove si sarebbe lavata. Era un posto abbastanza nascosto, nessuno sembrava
averlo mai trovato.
Si
spogliò dei suoi abiti ed entrò in acqua, rabbrividendo, ed iniziò a nuotare
verso la grotta, dove si sarebbe rilassata lontana da occhi indiscreti. Con
poche bracciate si ritrovò nell’oscurità della grotta, vedeva ben poco, ma non
aveva paura.
Si
immerse fin sopra la testa, bagnando completamente i capelli, si passò le mani
sul viso mentre si spostava sempre più verso l’interno. Quando era più giovane
ci andava in compagnia di Will, si tuffavano con i loro sott’abiti e giocavano spingendosi
a vicenda sotto la superfice dell’acqua. Crescendo avevano smesso, capendo che
non stava più bene nonostante si vedessero unicamente come amici se non
fratelli.
La
solitudine le aveva permesso di immergersi completamente priva di vestiti,
sentendosi un tutt’uno con la natura.
Si fermò
quando sentì nuovamente il terreno sotto i piedi, segno che stava arrivando
alla fine della grotta. Alzò la mano e sentì gli occhi farsi più caldi, segno
che stavano cambiando colore, e la grotta si riempì di farfalle blu. Le vide
volare intorno a lei prima di proseguire a destra, rivelando con estrema
vergogna che c’era un’altra persona con lei.
Si piegò
istintivamente, portando le braccia a coprirsi il petto mentre alzava le
ginocchia per nascondere le pudende, lasciando sopra il livello dell’acqua
solamente il viso.
A sua
volta l’uomo si porto le mani davanti al suo organo riproduttore, lasciando
perdere il tentativo di scacciare via le farfalle che sembravano essere
attratte da lui.
«Merlyn
cosa ci fai qui?» domandò vergognandosi per essere stato trovato senza vestiti
dalla maga.
La
ragazza scostò lo sguardo, cercando di dimenticare la vista che aveva avuto
pochi secondi prima. Lo aveva visto numerose volte senza la tunica mentre lo
medicava, ma vederlo completamente privo di vestiti era tutt’altra cosa. Sentì
improvvisamente caldo nonostante l’acqua fredda e temette che potesse iniziare
a bollire per la quantità di calore che stava emettendo.
«Quello
che stai facendo tu, logicamente.» rispose dandogli completamente le spalle,
senza sapere che grazie alla luce delle farfalle l’uomo poteva vedere
chiaramente la sua schiena bianca con qualche neo e le sue natiche.
Arthur si
strinse maggiormente le mani contro gli attributi, cercando di non far notare
come qualcosa in lui si fosse risvegliato a tale visione. Si stava facendo
caldo in quella grotta, vero?
Il
principe si obbligò a chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. Non
era la prima donna nuda che vedeva, ricordò quasi con ribrezzo quando dei
cavalieri più grandi di lui, per festeggiare la sua entrata nell’età
adolescenziale lo avevano portato in un bordello poco fuori Camelot, dandogli
l’anonimato, ma il ragazzo si era rifiutato, declinando gentilmente l’offerta
dei suoi uomini. Lui non avrebbe condiviso il letto con una donna qualsiasi, Morgana
gli aveva letto molti romanzi che parlavano de vero amore e lui aveva iniziato
a crederci. Si sarebbe sposato solo per amore e per anni non aveva fatto altro
che sabotare incontri con principesse e nobili di prestigio.
«Tu esci,
rivestiti e torna a casa, io aspetterò per darti il tempo.» disse dandole a sua
volta le spalle, non fidandosi alla tentazione di dare una sbirciatina. Era pur
sempre un uomo fatto di carne e desiderio per la donna amata.
No. Arthur scosse la testa, lui non amava Merlyn.
Gwaine
era innamorato di lei, non poteva infrangere i sogni d’amore del suo amico.
Arthur non aveva mai avuto amici prima, nessuno che gli parlasse con sincerità,
che apprezzasse veramente la sua compagnia senza sentirsi in dovere dato la sua
posizione di principe.
No, non
poteva spezzare il cuore di Gwaine.
«Non
parleremo mai di questo incidente, vero?» domandò la fanciulla sentendo la sua
magia arrivare alla superfice, non si fidava del suo autocontrollo in quel
momento, avrebbe potuto involontariamente attirare Arthur a lei e sarebbe stato
molto imbarazzante.
«Ovviamente,
Merlyn.» rispose l’uomo sentendo la sua buona volontà venire meno. Non capitava
tutti i giorni di essere soli, lontani da tutti.
Sentì
chiaramente il rumore di Merlyn nuotare via, precedentemente aveva creduto in
un pesce e non si era preoccupato, ma quando aveva visto le farfalle aveva
capito immediatamente che insieme a lui c’era la maga. Sarebbe stato anche
peggio se al suo posto ci fosse stato Balinor, l’uomo sembrava odiarlo con
tutto il cuore.
Prese un altro profondo respiro, Gwaine doveva darsi una
mossa o lui non avrebbe più resistito.
Ranulf
bussò con prepotenza alla porta di casa di Hunith, dietro di lei una Petronilla
piangente.
Mezzo
villaggio era stato attirato dalle urla dell’uomo, curiosi di sapere cos’altro
avesse combinato la figlia degenere di Hunith.
La porta
venne aperta rivelando un uomo alto, una folta barba e lo sguardo minaccioso.
Gli abitanti di Ealdor ancora non si erano abituati a Balinor, i più anziani
ancora ricordavano come fosse arrivato all’improvviso dopo la Grande Epurazione
e come fosse scomparso durante un controllo dei cavalieri di Camelot, mentre i
più giovani lo trovavano semplicemente spaventoso.
«Dov’è
quella poco di buono di Merlyn?!» domandò il ragazzo cercando di non farsi
intimidire, nessuno si permetteva di far piangere sua sorella a quel modo, era
semplicemente inammissibile, soprattutto da quella ragazzina.
Balinor si
spostò rivelando la fanciulla seduta a tavola mentre lavorava a maglia («Voglio
fare dei maglioni per i miei amici, l’inverno si avvicina e loro non hanno gli
abiti adatti.») completamente indisturbata dal fatto che alla sua porta ci
fosse Ranulf e Petronilla.
Hunith guarda
preoccupata sua figlia e suo marito – i due si erano finalmente sposati con una
piccola cerimonia intima, gli unici ospiti il pastore, loro figlia e i suoi
amici – non credeva che avrebbero resistito tanto prima di usare la loro magia
per fare qualche dispetto a quel bruto di Ranulf.
«Vieni
fuori, bastarda.» la chiamò non osando oltrepassare la porta di casa,
leggermente timoroso che l’uomo lo picchiasse all’interno senza lasciargli via
di fuga.
Balinor espirò
dalle narici, infastidito a dir poco dal comportamento di quell’idiota, ma ben
consapevole che doveva lasciare sua figlia cavarsela da sola e non
immischiarsi, come Hunith gli aveva fatto notare più volte se l’erano cavata
benissimo sedici anni senza di lui.
Merlyn
posò infastidita il maglione che stava confezionando per Gwaine – della lana
tinta di verde grazie alla ginestra dei carbonai – e si avvicinò all’uscio guardando
criticamente Petronilla che continuava a singhiozzare rumorosamente.
«Cosa
vuoi, Ranulf?» domandò invitando il padre a rientrare in casa, lasciandola sola
a risolvere i suoi problemi.
«Hai dato
della poco di buono a mia sorella!» l’accusò indicando la ragazza che si
struggeva sulla spalla di Bertrada in maniera penosa e scenica.
«Non sa
difendersi da sola, tua sorella?» chiese alzando un sopracciglio, come le aveva
insegnato lo zio Gaius. Veramente, non capiva come certe persone potessero
lasciare il compito ad altri di combattere le loro battaglie.
Ranulf
chiuse la mano in un pugno, pronto a colpire il viso della ragazza «Io sono suo
fratello, mi occupo io di lei, e quando avrà un marito ci penserà lui.» disse
scandendo ogni singola parola, come se stesse parlando con qualcuno con
problemi d’udito.
Merlyn
sbuffò infastidita, questo concetto di proprietà della donna era veramente
fastidioso. Chissà se nel futuro le donne avrebbero avuto più diritti.
«Allora
se è una questione tra uomini, credo che tu debba aspettare che io mi sposi
così potrai vedertela con mio marito.» rispose prima di sbattergli la porta in
faccia, soddisfatta dall’espressione infastidita che aveva colto sul viso di
Ranulf prima di vedere solamente il legno della porta.
Si girò
verso il padre «Cosa?» domandò vedendolo sorridere con gli occhi lucidi.
Balinor
si avvicinò, posando le mani sulle sue spalle «Dio, Merlyn, sei proprio mia
figlia.» disse prima di scoppiare a ridere, orgoglioso di come la sua erede se
la fosse cavata senza nemmeno alzare un dito. Con i ragazzi come Ranulf bastava
usare la logica ed avere una buona padronanza delle parole per farli sembrare
dei completi idioti.
Merlyn
sorrise a sua volta, felice di aver dimostrato al padre di sapersela cavare
egregiamente e che non doveva temere se da lì a poco sarebbe partita da sola
per Camelot.
Tornarono
a sedersi a tavola, Merlyn riprese il suo maglione mentre Balinor continuò ad
intagliare il pezzo di legno che stava prendendo la forma di uno stemma.
Hunith rimase sulla porta della loro camera da letto,
guardò con amore le due persone più importanti della sua vita, felice come non
mai in vita sua.
Lancelot
non era uno sciocco, notava anche i più piccoli dettagli.
Aveva
notato fin da subito i poteri di Merlyn; aveva osservato Gwaine apprendendo un
passato da nobile, il suo portamento la diceva lunga; aveva capito il segreto
che Parsifal nascondeva con i suoi silenzi e gli sguardi frettolosi, ma
soprattutto sapeva che era in compagnia del Principe Arthur Pendragon.
Non era
stato difficile capirlo, le sue pretese, i comportamenti, il disgusto con cui
guardava le celle e le lamentele sulla mancanza di un materasso. Poi lo aveva
visto combattere, il modo con cui maneggiava la spada era sublime, solamente un
uomo abile allenato fin da bambino poteva arrivare a tali livelli e forse lo
aiutò anche il fatto che lui, in passato, lo aveva visto il principe di
Camelot.
Lancelot
aveva deciso di rimanere in silenzio, non volendo creare problemi nell’arena,
voleva evitare che Cenred lo uccidesse. Aveva creduto che dopo la loro fuga
sarebbe tornato a casa, ai suoi doveri, ma lo aveva visto sollevare Merlyn da
terra e metterla a cavallo con lui, pronto a seguire tutti loro ad Ealdor.
Non
sapeva esattamente cosa gli passasse per la testa, non poteva giudicare, forse anche
lui avrebbe preferito rinunciare al trono per avere una vita normale, ma
Lancelot credeva che la ragione principale fosse una certa maga dai capelli
corvini.
L’amore
faceva fare pazzie, sua madre glielo aveva detto quando era piccolo, e lui fino
a quel momento non ci aveva creduto.
Si
asciugò la fronte con la manica della tunica, lasciando cadere a terra
l’accetta con cui stava tagliando la legna. Il caldo Sole di mezzogiorno brillava
in cielo.
Si guardò
intorno, sorridendo arreso nel vedere Gwaine ancora sdraiato sotto l’albero
mentre Parsifal affilava una spada.
I quattro
uomini erano riusciti a comprarsi a testa una spada, ad un prezzo stracciato da
Will, e ogni mattina si allenavano. Merlyn aveva detto loro che spesso il
villaggio veniva preso di mira da dei banditi, rubando loro i raccolti, e gli
uomini non volevano farsi trovare fuori allenamento nel caso si finisse per
combattere. Avrebbero difeso tutti i cittadini di Ealdor.
Arthur
era davanti a casa sua, seduto sopra un ceppo, lo sguardo perso verso
l’orizzonte. Non sembrava molto triste della sua vita, ma c’erano volte in cui
Lancelot sapeva gli mancasse casa sua.
Si
avvicinò al biondo, sedendosi a terra vicino a lui, guardando a sua volta i
campi di tritico dove alcune ragazze stavano mietendo. Merlyn non c’era,
continuava a preferire le ore prima dell’alba per quel lavoro.
«A cosa
pensi?» gli domandò.
Arthur
sospirò pesantemente «A casa mia.» rispose a voce bassa.
«Ti
manca?» chiese strappando da terra un filo d’erba.
«No.»
rispose Arthur sorprendendo Lancelot «Non mi manca, ma avevo delle
responsabilità lì.» aggiunse sentendosi un groppo in gola.
Il
castano annuì, sapendo perfettamente a quali responsabilità si stesse riferendo.
Potevi togliere un principe dal suo Regno, ma non potevi togliere il Regno ed i
suoi cittadini dal suo cuore.
«Ci sono
notti in cui penso di tornarci.» iniziò Arthur sedendosi con la schiena dritta
«Ma poi alle prime luce dell’alba arriva Merlyn e io mi dimentico di qualsiasi
cosa.» ammise frustrato passandosi una mano tra i capelli. Non voleva
innamorarsi di Merlyn, ma ogni giorno, quando lei bussava alla sua porta per
farsi accompagnare al campo di tritico, il suo cuore batteva così forse e le
sue gote si arrossavano pensando che tra tutti loro lei avesse scelto lui.
Per la
prima volta in vita sua non era stato scelto da una fanciulla per il suo
titolo, nessuno sapeva che in realtà lui fosse un principe, Merlyn non lo aveva
mai trattato con rispetto, non aveva mai esitato a chiamarlo un idiota o testa
di fagiolo, aveva imparato a conoscerlo per come lui era veramente. Se avesse
saputo la verità, Arthur non poteva permettere di vedere lo sguardo deluso
della maga, la consapevolezza che suo padre era colui che dava la caccia a
qualsiasi persona con il suo stesso dono.
«Ne sei
innamorato.» constatò Lancelot che aveva capito anche quella cosa tempo
addietro.
«Sì.»
ammise finalmente Arthur a sé stesso e all’amico «Ma Gwaine se ne è innamorato
prima di me.» aggiunse guardando verso l’uomo addormentato.
Lancelot
arricciò il naso, non sapendo realmente cosa dire, capiva che Arthur non
volesse ferire il suo amico, ma era chiaro che Merlyn non provasse per Gwaine
nulla che non andasse oltre l’amicizia profonda, quasi come fossero fratelli.
«Forse
dovreste parlarne, voi due, capire cosa fare.» suggerì alzandosi in piedi, i
suoi ceppi di legno che lo aspettavano.
Arthur annuì, dovevano decisamente parlare.
Hunith si
asciugò le mani sul grembiule marrone, girandosi a guardare la figlia che stava
riposando con un libro in mano seduta a terra. Aveva completato tutti i suoi
doveri della giornata e Balinor era uscito per andare in escursione nella
foresta, sentendo la mancanza della natura dopo anni di solitudine in quella
grotta.
La donna
prese una delle sedie di legno e si sedé davanti alla figlia, un dolce sorriso
sul viso e un importante discorso da fare. Non se lo era aspettato, non aveva
creduto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe dovuto fare quella
chiacchierata con la figlia. Per anni aveva temuto che a causa del suo dono non
avrebbe mai trovato l’amore, ma da quando era tornata a casa aveva osservato i
quattro ragazzi, studiandoli attentamente cercando di capire quali fossero le
loro intenzioni, e aveva appreso che erano tutti dei ragazzi per bene e che
accettavano veramente sua figlia per quella che era. Soprattutto una
determinata persona.
«Merlyn,
posa il libro, per favore.» chiese gentilmente e la figlia chiuse il libro di
medicina che Gaius le aveva regalato molti anni prima.
Hunith
sorrise e non resistette all’allungare una mano per accarezzare il viso della
ragazza, come se vedesse per la prima volta che bella donna fosse diventata. Le
sembrava solamente ieri che si nascondeva dietro la sua gonna per la paura.
«Ditemi,
madre.» sorrise a sua volta la maga, adorando sentire il suo tocco gentile sul
viso.
«Vorrei
parlati riguardo Arthur.» disse e non si sorprese nel vedere la figlia
arrossire vistosamente, anche sulle punte delle orecchie «Cosa pensi di lui?»
le domandò dolcemente guardandola negli occhi.
Merlyn
mandò giù la saliva, sentendosi le mani tremare leggermente «Penso che sia un
idiota.» disse per prima cosa, non riuscendo a trattenersi «Arrogante, a tratti
veramente fastidioso, ma è veramente un uomo dal cuore d’oro.» continuò
distogliendo lo sguardo da quello della madre.
La più
anziana annuì, anche lei aveva creduto Balinor un arrogante la prima volta che
l’aveva visto, abituato alla vita nobiliare le aveva fatto passare dei brutti
momenti la prima settimana della sua permanenza nella sua umile dimora
contadina, ma come Merlyn aveva saputo vedere oltre e si era innamorata, dando
vita alla cosa più bella della sua vita.
«Ma non
posso stare con lui, madre.» sospirò affranta la fanciulla.
«E perché,
mia cara?» domandò Hunith inarcando un sopracciglio, proprio come suo fratello
Gaius.
«Gwaine è
innamorato di me, non voglio spezzargli il cuore.» rispose passandosi una mano
tra i capelli, da mesi ormai aveva capito i sentimenti dell’amico, ma lei non era
in grado di ricambiare, non quando il suo cuore apparteneva già ad Arthur.
Hunith
rimase sorpresa, non credeva che sua figlia si fosse accorta dei sentimenti di
Gwaine, non aveva mai fatto nulla che potesse lasciarlo intendere «E chi ci
pensa al tuo, di cuore?» le chiese posandole una mano sul petto.
«Non ha
importanza, madre, non voglio creare dissapori tra di loro.» disse imperativa,
non avrebbe permesso alla loro amicizia di rovinarsi a causa di altri
sentimenti.
La donna
si alzò dalla sedia «L’amore non crea mai dissapori, figlia mia.» le disse
prima di lasciarla nuovamente alla sua lettura.
Avrebbero avuto altre occasioni per parlare di matrimoni
e nipoti.
Parsifal
si svegliò di soprassalto portandosi una mano sul petto, cercando di calmare il
cuore che gli batteva con la stessa velocità con cui correva un cavallo. Aveva
il fiato corto, il viso ricoperto di sudore e sentiva ancora nelle orecchie le
urla disperate che avevano accompagnato il suo sogno.
Guardò
alla sua destra e vide Gwaine dormire indisturbato, una mano posata sullo
stomaco mentre l’altro era piegato dietro la testa. Sembrava non aver sentito
nulla e Parsifal ne fu grato, non aveva voglia di spiegare il perché dei suoi
incubi.
Uscì di
casa, guardando il cielo notturno pieno di stelle, chiedendosi se lassù ci
fosse la persona che aveva amato con passione per lunghi anni. Estrasse da
sotto la tunica una collana, non era né piccola né grande e all’interno del
ciondolo teneva una foto. Era stato un suo regalo, poco prima di venire
brutalmente separati, glielo aveva donato per festeggiare quattro anni della
loro relazione. Era forse stato il giorno più bello della sua vita.
«Mi
manchi.» sussurrò alla foto senza riuscire a trattenere le lacrime «Ogni giorno
mi manchi, ma spero tu possa perdonarmi.» singhiozzò guardando verso l’interno
della casa, i suoi occhi si posarono nuovamente su Gwaine «Credo di essermi
innamorato di un altro.» sussurrò toccando con il dito la figura di quello che
un tempo era stato l’amore della sua vita.
I corti
capelli neri, gli occhi socchiusi, le labbra sottili, la completa mancanza di
barba sul viso che lo faceva sembrare ancora un bambino.
«Perdonami,
Bartholomew.» disse prima di chiudere nuovamente il ciondolo.
Il suo
cuore aveva sofferto già abbastanza, non poteva permettersi di innamorarsi una
volta ancora.
Merlyn
cadde di faccia, finendo con lo sbattere il viso contro le radici sporgenti di
un albero.
Arthur si
girò di scatto, visibilmente infastidito dal continuo far rumore della ragazza,
la quale faceva scappare tutti gli animali che il principe stava cercando di
uccidere per poter avere una cena decente.
«Faresti
silenzio, Merlyn?!» le domandò raccogliendola da terra, assicurandosi che non
si fosse fatta realmente male.
La
ragazza si pulì i vestiti con le mani, ignorando completamente lo sguardo
infastidito dell’uomo. Arthur le aveva chiesto di accompagnarlo per aiutarlo a
portare le povere vittime a casa, in quanto tipicamente da solo doveva fare
due viaggi.
«Non ti
basta del porridge? Perché devi uccidere degli animali innocenti?» domandò
chiese imbronciata. Nonostante apprezzasse le sue doti di cacciatore, chiara
dimostranza di essere in grado di procurare del cibo per la sua famiglia, non
condivideva la quantità di animali che uccideva. Bastava un cervo per sfamare
tutti i suoi amici e anche Merlyn con la sua famiglia, quindi perché
prendersela anche con dei poveri conigli?
Arthur le
arruffò i capelli, iniziando a camminare «Abbiamo bisogno di mangiare anche
della carne per mantenerci in forze, Merlyn, tu che sei medico lo dovresti
sapere meglio di noi.» rispose cercando di ritrovare il cervo che era scappato
dopo che la fanciulla era graziosamente caduta a terra facendo rumore.
La maga
borbottò qualcosa che non riuscì a capire, il principe la ignorò. Continuarono
a camminare sempre più verso l’interno della foresta, gli uccelli cantavano
allegramente in cima agli alberi.
Sentì
qualcosa muoversi alla sua destra, tra i cespugli alti. Merlyn guardò Arthur
continuare a camminare in avanti, possibile che non l’avesse sentito? Lo lasciò
andare, desiderosa di scoprire da sola cosa avesse fatto rumore, non era poi
completamente indifesa.
Si
ritrovò in una radura che non aveva mai visto prima nelle sue esplorazioni,
c’erano fiori di qualsiasi specie e colore, delle farfalle volavano loro
intorno. Sembrava essere in un posto completamente diverso da quello in cui si
trovava prima, aveva un qualcosa di magico.
Posò a
terra la sacca che conteneva le conquiste di Arthur e si avvicinò al centro
della radura. Si guardò introno sentendo uno strano calore avvolgerla. Sentì
qualcosa muoversi alle sue spalle, quando si girò si trovò davanti una creatura
maestosa.
Sembrava
un cavallo, aveva il manto bianco, la criniera sembrava fatta da fili d’oro,
l’unica cosa strana era quel corno che faceva la sua bella figura sulla fronte
dell’animale. Merlyn non aveva mai visto nulla del genere, era semplicemente
esterrefatta.
Alzò
lentamente una mano, desiderando con tutto il cuore poter toccare quella
creatura mistica. Lo guardò dritto negli occhi, come per fargli capire che non
era intenzionata a fargli alcun male.
Era
proprio sul punto di toccarlo quando sentì il chiaro rumore di una freccia
fendere l’aria, subito seguito dal tonfo dell’animale che cadeva a terra. La
fanciulla si precipitò sulle ginocchia accanto al muso della vittima,
toccandolo con mani tremanti, incapace di credere che qualcuno potesse essere
stato in grado di fargli del male.
Merlyn
odiava gli uomini e la caccia!
Sentì dei
passi avvicinarsi e quando voltò lo sguardo vide che l’uomo senza cuore che
aveva ucciso quella creatura era Arthur «Cos’hai fatto?» gli domandò con la voce
spezzata dalle lacrime.
Il biondo
la guardò di traverso, non sembrava minimamente disturbato dalla brutalità che
aveva appena compiuto «Questo è un unicorno, Merlyn, non potevo lasciarmelo
sfuggire.» le disse ben sapendo di quale animale si trattasse. Gaius gli aveva insegnato più cose sugli animali magici, lo
aveva addestrato a distinguere i suoi rivali magici nella foresta, ovviamente
dietro ordine di suo padre.
La
fanciulla si alzò con rabbia «Non ne avevi alcun diritto.» sibilò stringendo i
pugni «Sei solo un…» le parole le si bloccarono in gola, alle spalle di Arthur
vi era un uomo. Non era molto giovane, i capelli erano bianchi, così come i
suoi vestiti, nella mano destra teneva un lungo bastone e il suo sguardo era
ricco di dolore.
«Cosa
stai guardando?» le domandò il principe girandosi, ma l’uomo misterioso era
scomparso.
«C’era
qualcuno, proprio dietro di te, ma è scomparso.» rispose la maga asciugandosi
le lacrime dal viso, non voleva dare ad Arthur l’impressione di essere una
piagnucolona.
L’uomo la guardò inarcando un sopracciglio, per niente
convinto dalle sue parole, ma decise di non dire nulla, al contrario si chinò a
terra e osservò meravigliato il corno dell’animale pensando che avrebbe fatto
una bella figura sul muro di casa sua.
Balinor afferrò
il colletto della tunica di Arthur quando lo vide con il corno dell’unicorno in
mano, mentre tornava con sua figlia dalla loro escursione nel bosco per fare
provvista di carne.
«Gli
unicorni sono creature mistiche e rare.» inveì con rabbia «La leggenda dice che
la sfortuna colpisce chiunque ne uccida uno.» aggiunse sentendo la voglia di
porre fine alla vita di quell’inutile ragazzino che non aveva alcun rispetto
per le creature magiche.
Merlyn
toccò gentilmente la mano del padre, facendogli mollare la presa, sentendosi
preoccupata per quello che aveva appena detto. La sfortuna avrebbe colpito
Arthur?
«Sciocchezze.»
rispose il ragazzo, con un leggero nodo in gola, credeva che Balinor lo avrebbe
ucciso con la magia o come minimo maledetto, ma finché aveva Merlyn dalla sua
parte nulla di brutto gli sarebbe accaduto, giusto?
La
ragazza gli diede un calcio sullo stinco, facendolo gemere di dolore, ma cercò
di tenere la sua compostezza «Balinor, con tutto il rispetto, non credo che una
tragedia si abbatterà su di me.» riformulò cercando di suonare più rispettoso,
alla fine dei conti era sempre il padre della donna che ama– rispettava, lui
aveva un profondo rispetto per Merlyn.
L’uomo
respirò profondamente dal naso, cercando in sé la forza per non prendere a
pugni quell’idiota «Se succederà qualcosa alla mia famiglia sarà solo colpa
tua.» lo avvisò prima di dargli le spalle e tornare dentro casa, dove Hunith lo
stava aspettando con un’espressione preoccupata sul volto.
Merlyn si
mise le mani sui fianchi, chiaro segno che Arthur era nei guai, ma provò a
sfuggire al suo sguardo «Spero per te che sarai contento.» gli disse prima
avviarsi verso Gwaine che stava sdraiato sotto un albero insieme a Lancelot.
Arthur sospirò pesantemente, forse aveva combinato un bel
guaio.
Merlyn si
svegliò come al solito alle prime luci dell’alba, pronta ad andare a curare il
suo tritico. Indossò un abito marrone, non era di ottima qualità, le cuciture
erano evidenti a causa della sua scarsa abilità nel cucito, ma era abbastanza decente
per esservi vista in giro. Infilò gli stivali con una mano già sulla maniglia
della porta, il cesto di vimini accanto a lei.
Era
sicura di trovare Arthur già all’ingresso del campo, come suo solito, unico tra
i gladiatori che trovava piacere nell’alzarsi presto (Merlyn ovviamente non era
a conoscenza del fatto che a Camelot il servitore di Arthur doveva impiegare
una decina di minuti per convincerlo a svegliarsi).
Quando
aprì la porta si ritrovò faccia a faccia con il pugno di Arthur, sicuramente in
procinto di bussare. Aveva lo sguardo spaventato, le gote rosse come se avesse
corso.
«Arthur,
che ci fai qui?» domandò guardando all’esterno, assicurandosi che nessuno la
vedesse far entrare il giovane a quell’ora inconsueta nella sua abitazione.
Il biondo
si stava torturando le mani, inumidendosi le labbra in maniera nervosa «Devo
parlare con Balinor.» le disse con un nodo alla bocca dello stomaco, timoroso
di quello che sarebbe accaduto.
La maga
posò il cesto sul tavolo, guardando l’uomo in modo preoccupato. Si avvicinò
lentamente fino a prendere il suo viso tra le mani, invitandolo a guardarla
negli occhi «Stai bene?» gli domandò veramente preoccupata, non lo aveva mai
visto così, nemmeno quando aveva dato ai gladiatori la notizia che Re Cenred
voleva tutti loro morti.
Una mano
di Arthur si posò sulla sua, in un gesto intimo che fece arrossire la
fanciulla, facendole desiderare di scontrare le sue labbra con quelle di Arthur
in un bacio passionale, ma consapevole che non poteva permetterselo.
Merlyn era
a conoscenza dei sentimenti di Gwaine e non voleva ferirlo, non baciando uno
dei suoi amici.
«Chiama
tuo padre, per favore.» sussurrò Arthur, gli occhi ora fissi sulle labbra rosa
della ragazza. Desiderò afferrarla per i fianchi ed unire le loro bocche fino a
toglierle il respiro e subito dopo buttarsi su un ginocchio solo e chiederla in
moglie, ma non poteva.
La maga
sembrò risvegliarsi e annuì, lasciandolo andare e bussò energicamente alla
porta che divideva la parte principale della casa alla stanza dei suoi
genitori.
«Padre,
Arthur vuole parlarti.» disse a voce alta, facendosi sentire oltre la porta,
rispettando la privacy dei due innamorati che dormivano nella stanza. Merlyn
non voleva vedere assolutamente niente che avrebbe potuto traumatizzarla a vita.
Nemmeno
due minuti dopo Hunith iniziava a preparare la colazione mentre i due giovani e
Balinor erano seduti a tavola.
«Questa
mattina sono andato come al solito all’entrata del campo per aspettare Merlyn.»
cominciò il biondo «ma quando sono arrivato tutto il tritico era morto.» spiegò
il perché del suo turbamento, sentiva il cervello scoppiargli per tutte le
preoccupazioni. Aveva subito pensato alle parole di Balinor del giorno prima,
sul fatto che avesse portato una maledizione su di lui a causa dell’unicorno.
L’uomo
chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, ragionando sul fatto che
sbraitare sul ragazzino non avrebbe risolto nulla e sembrava veramente
preoccupato per quello che stava accadendo. In più sua figlia lo avrebbe
sgridato se avesse picchiato o usato la magia sul suo amico.
Si
pizzicò lo spazio tra le sopracciglia pensando a cosa potessero fare, le prime
luci dell’alba avevano già illuminato la collina e gli abitanti di Ealdor si
stanavo svegliando. Sarebbe scoppiato un panico generale alla vista del campo
completamente morto.
«Devi
andare nella foresta, Arthur, forse troverai delle risposte.» suggerì, non
sapendo realmente cosa fare. Forse doveva tornare sul luogo del delitto «Da
solo.» aggiunse, non volendo mettere a rischio l’incolumità di sua figlia.
Merlyn
provò a contestare, voleva andare anche lei, non avrebbe lasciato Arthur andare
da solo, ma quest’ultimo si alzò da tavola guardandola «Andrò da solo, così
deve essere.» disse prima di salutare Hunith e scomparire oltre la porta.
«Oh,
povero ragazzo, è molto turbato.» commentò la donna guardando dalla finestra il
giovane andare verso la sua abitazione per armarsi di una spada nel caso di
incontro con dei banditi «Forse avresti dovuto lasciare Merlyn andare con lui.»
aggiunse posando un piatto di porridge davanti all’uomo, dandogli un lieve
bacio sulla fronte.
«Lui è il responsabile, mia diletta, nostra figlia non
centra niente.» disse il mago guardando la figlia che guardava oltre la piccola
finestra, un’espressione preoccupata dipinta sul volto. Balinor conosceva
quell’espressione, sospirò pensando che avrebbe fatto meglio ad iniziare ad
accettare l’idea che Arthur presto o tardi sarebbe diventato parte della loro
famiglia.
«Tu mi
stai dicendo che Arthur ha ucciso un unicorno, tagliato il suo corno per
appenderlo in casa e che Balinor pensa che il campo completamente distrutto sia
a causa di una maledizione indirizzata a lui?» chiese Gwaine mente l’aiutava a
portare due secchi da riempire con dell’acqua al pozzo.
Merlyn
annuì «Spero che riesca a risolvere tutto questo, altrimenti i bambini
moriranno, le nostre scorte sono già misere.» rispose osservando i vari
abitanti di Ealdor correre nei loro fienili per controllare quelle che dovevano
essere le loro riserve per l’inverno.
Lancelot
aiutò la fanciulla a salire sulla pedana che circondava il pozzo, sempre il
gentiluomo «Ma tu hai detto di aver visto un uomo nella foresta, che sia stato
lui a lanciare la maledizione?» domandò passandole uno degli otto secchi che
avevano portato.
La maga
legò il secchio con un nodo ben stretto «Potrebbe essere, ma quando l’ho
guardato non mi ha dato delle cattive sensazioni, sembrava solo addolorato per
l’unicorno.» disse iniziando a calare il secchio «Forse è stato l’unicorno come
ultimo atto a lanciare la maledizione, sai, per vendicare la sua morte.»
aggiunse corrugando la fronte, il solo fare un’ipotesi del genere le sembrava
sbagliato. Suo padre le aveva spiegato che gli unicorni erano gli animali più
puri del mondo, quindi lanciare maledizioni non sembrava adeguato.
«Ormai è
quasi il tramonto, ancora non è tornato.» commentò Parsifal guardando verso il
bosco, dove molte ore prima era entrato Arthur. Tutti erano leggermente
preoccupati per la salute del ragazzo, soprattutto Lancelot che temeva per
l’incolumità del principe ereditario di Camelot.
Merlyn
scosse leggermente la testa, come a scacciare via un brutto pensiero «Starà
cercando ancora la soluzione al nostro problema.» disse sforzandosi di
sorridere, non poteva farsi affliggere dalle preoccupazioni, non faceva bene a
nessuno.
La
ragazza sentì il secchio toccare il fondo del pozzo ed iniziò a tirare la corda
sentendo stranamente la leggerezza che tipicamente non caratterizzava il
recupero del secchio. Sicuramente lei non aveva messo su dei muscoli, perciò
aggrottò la fronte veramente confusa.
Quando
ritornò in possesso del secchio constatò che fosse vuoto. Aggrottò la fronte,
non le era mai capitato di trovare il pozzo in secca. Si affacciò verso il
bordo per dare uno sguardo all’interno, ma era talmente profondo che non
riusciva a capire cosa ci fosse realmente sul fondo.
«Tutto
okay, Merlyn?» le domandò Lancelot affiancandosi a lei, notando con espressione
preoccupata il secchio completamente vuoto e macchiato di terra sul fondo.
La maga sospirò
pesantemente «Credo che la maledizione ci abbia tolto anche l’acqua.» disse,
comprendendo che Arthur doveva aver fallito. Guardò verso la foresta e alzò le
maniche della sua tunica «Io vado a cercarlo.» dichiarò incamminandosi, ma
venne sollevata da terra da Gwaine.
«Non se
ne parla, non vai da sola nella foresta con una maledizione in corso.» disse
con tono che non ammetteva repliche, qualsiasi ragazza sarebbe stata attratta
da tale autorità, ma Merlyn non era come le altre.
«Prova a
fermarmi.» e per magia le mani dell’uomo iniziarono a scottare, costringendolo
a lasciare la presa sulla fanciulla, la quale non aspettò nemmeno un secondo
prima di correre verso la foresta.
Gwaine si passò una mano tra i capelli «Diamine, quella
ragazzina è troppo anche per me.» sospirò più divertito che infastidito, forse
un carattere come quello di Arthur sarebbe stato migliore per lei.
Anhora guardò
Arthur Pendragon fermarsi davanti a lui, la spada stretta tra le mani e uno
sguardo degno del guerriero più valoroso di tutta Albion.
«Arthur
Pendragon, ho un messaggio per voi.» disse l’uomo suonando misterioso, lo
sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore «Sarai messo alla prova, dovrai
dimostrare che il tuo cuore è puro, altrimenti le persone che hai più care moriranno
a causa vostra.» spiegò facendo un passo in avanti, facendo scattare in
automatico l’uomo in una posizione di difesa.
«Come sai
chi sono io?» domandò il biondo ringraziando che Merlyn non fosse con lui, come
avrebbe spiegato alla ragazza che lui era il figlio dell’uomo che uccideva
tutti quelli come lei?
Anhora sorrise
dolcemente «Io so molte cose, Pendragon.» rispose rimanendo enigmatico,
percepiva la chiara frustrazione del giovane, ma non avrebbe rivelato altro. Il
suo Destino doveva compiersi senza il suo aiuto nella giusta direzione.
Il
ragazzo abbassò la spada, ricordandosi che adesso non credeva più che tutti gli
stregoni fossero malvagi, Merlyn lo aveva aiutato ad imparare ad accettare il
prossimo. Se non fosse finito in quell’arena molto probabilmente si sarebbe già
scagliato contro l’uomo, pretendendo che ponesse fine a questa maledizione.
«In cosa
consisterà questa prova?» chiese volendo farsi trovare preparato, non
desiderava avere la morte degli abitati di Ealdor sulla coscienza. Soprattutto
i suoi amici e Hunith (no, sinceramente di Balinor non gli interessava poi
tanto, l’uomo lo odiava).
Il
custode degli unicorni gli diede le spalle «Lo scoprirai a tempo debito, Arthur
Pendragon, ora vai a trovare la tua amica, si è persa nella foresta.» gli
suggerì percependo chiaramente Emrys aggirarsi senza meta tra gli alberi, alla
ricerca della sua metà.
Arthur
alzò gli occhi al cielo, era ovvio che l’uomo si riferisse a Merlyn, quella
ragazzina non sapeva cosa volesse dire prendere degli ordini, se fossero stati
a Camelot l’avrebbe spedita alla gogna in un batter d’occhio per tale
insubordinazione.
Ritornò
sui suoi passi, facendo attenzione a non farsi trovare impreparato da dei
banditi, l’ultima volta era finito in un’arena per dodici lunghi mesi.
Finalmente trovò la ragazza, sembrava un gatto impaurito mentre si guardava
freneticamente intorno con le mani ad afferrarsi le braccia. Sapeva che le
bastava solamente pensare ad un modo per difendersi e la sua magia avrebbe
obbedito, ma non riusciva a reprimere dentro di sé quel bisogno di proteggerla,
di farla sentire al sicuro, di guadagnarsi la sua totale fiducia e il suo
amore.
Fece
abbastanza rumore per avvertire la fanciulla del suo arrivo, così da non
spaventarla e magari finire contro il tronco di un albero credendolo un
bandito.
«Arthur,
buon Dio, credevo di non trovarti più!» esclamò la fanciulla vedendolo arrivare
e si gettò tra le sue braccia, sollevata di averlo trovato sano e salvo, senza
nemmeno un graffio.
L’uomo
arrossì leggermente, posando una mano sulla testa della ragazza in un gesto
rassicurante «Non ti libererai così facilmente di me.» rispose posandole
istintivamente un bacio sulla fronte, pentendosene subito dopo.
Merlyn
arrossì a sua volta, per niente abituata ad avere un uomo che sembrava provare
dei sentimenti per lei. Le piaceva essere in compagnia di Arthur, anche quando
si comportava come una testa di fagiolo.
«Vieni,
sarà meglio tornare a casa o Balinor avrà la mia testa.» borbottò il cavaliere
prendendole la mano per guidarla fino ad Ealdor, sicuro che all’uomo non
sarebbe piaciuta per niente la notizia che la sua adorata figlia era sola con
lui in un luogo così appartato.
La maga
lo seguì, sentiva il cuore batterle ad una velocità inadeguata, ma provò a
controllare i suoi sentimenti ricordandosi che non poteva fare un tale torto a
Gwaine «Hai trovato l’uomo che ho visto ieri?» chiese mentre i gufi iniziavano
a bubolare e il cielo si faceva sempre più scuro.
Arthur
annuì «Ha detto che verrò messo alla prova, l’unico modo per eliminare la
maledizione è dimostrare che il mio cuore è puro.» riportò le parole del
guardiano degli unicorni, chiedendosi se sarebbe stato all’altezza di tale
compito. Il suo cuore non poteva essere puro, non quando stava mentendo a tutte
quelle persone sulla sua vera identità, non quando aveva abbandonato il suo
popolo per seguire una fanciulla di cui si era innamorato.
La
ragazza annuì silenziosamente, chiedendosi quale prova avrebbe mai potuto porre
l’uomo per dimostrare che Arthur fosse puro di cuore. Continuarono a camminare
in silenzio, le loro mani ancora l’una nell’altra, nessuno dei due desideroso
di lasciare andare la presa.
Era tutto
così palese, eppure non riuscivano a vedere come l’altro ricambiava i suoi
stessi sentimenti. Il loro sentimento di amicizia per Gwaine era forse più
importante che quell’amore. Arthur non poteva illudere così Merlyn, sarebbe
arrivato il giorno in cui sarebbe dovuto tornare a Camelot per succedere suo
padre e la ragazza lo avrebbe odiato per sempre. Come poteva la figlia di
Balinor amare un Pendragon, figlio dell’uomo che gli aveva rovinato la vita?
Arrivarono
ad Ealdor che il Sole era completamente scomparso all’orizzonte, lasciando
spazio ad un cielo incantevolmente blu ricco di stelle. Si avviarono verso casa
di Arthur, per sedersi un attimo davanti al fuoco e parlare di Anhora, ma quando si avvicinarono sentirono chiaramente dei
rumori provenire dall’interno.
Arthur
istintivamente spinse Merlyn dietro di sé, proteggendola con il suo corpo, ed
estrasse la spada. Lentamente aprì la porta e vide chiaramente un uomo
rovistare tra le sue riserve di grano.
«Posa
quello che hai in mano, ladro.» Merlyn non aveva mai sentito l’uomo
usare un tono così autoritario, sembrava il comandante di un esercito o perfino
un regnante.
L’uomo
alzò le mani lasciando cadere a terra uno dei sacchi di grano che stava
cercando di portare via, gli occhi lucidi di paura e Merlyn aggrottò le
sopracciglia non riconoscendo l’uomo, non era certamente un abitante di Ealdor.
L’uomo
deglutì rumorosamente, le mani che tremavano dalla paura «Scusatemi, non avevo
nessuna cattiva intenzione nel rubare a lei e sua moglie.» disse facendo
arrossire i due giovani, chiaramente a disagio per essere stati scambiati per
una coppia sposata «Ma anch’io ho una famiglia, i miei due bambini non
sopravviveranno, nel nostro villaggio si è abbattuta una maledizione, non
cresce più il grano e non troviamo più acqua!» spiegò l’uomo cadendo sulle
ginocchia, timoroso che l’uomo armato decidesse di ucciderlo.
Arthur
abbassò la spada, non avrebbe ucciso un uomo per aver provato a sfamare la sua
famiglia, forse lui avrebbe fatto la stessa identica cosa «Vai e non farti più
vedere ad Ealdor.» concesse spostandosi dall’uscio, sempre attento però a
coprire Merlyn con il suo corpo.
L’uomo si
alzò di scatto, un sorriso sul viso, chiaramente contento di poter tornare a
casa senza gravi conseguenze «Oh, grazie, grazie mille gentil uomo.» esordì incamminandosi
verso la porta.
«Aspettate!»
lo richiamò Arthur, ora vicino alla sua riserva di grano. Si chinò a
raccogliere il sacco che l’uomo stava per rubare «Vedete di farvelo bastare per
un bel po’.» disse passandogli il sacco sotto gli occhi stupidi di Merlyn, la
ragazza non si sarebbe mai aspettata tale gesto da Arthur.
L’uomo si
inchinò accentando il dono «Grazie, grazie mille, la sua gentilezza verrà
ricompensata.» disse prima di correre nel cuore della notte verso la foresta,
un sacco di grano tra le braccia.
Merlyn
sorrise dolcemente ed afferrò una mano dell’uomo «Sei stato veramente gentile.»
disse guardandolo negli occhi, un sorriso sulle labbra. Era così migliorato da
quando l’aveva conosciuto, le prime settimane nell’arena sembrava essere un
ragazzino viziato ed egoista, ma la stava facendo ricredere.
Il
principe arrossì – la cosa iniziava ad infastidirlo, non era una femminuccia,
lui – e distolse lo sguardo «Era la cosa giusta da fare.» rispose con tono
solenne, lo avrebbe fatto anche per un suo suddito.
La maga
alzò gli occhi al cielo e si mise in punta di piedi, lasciò un bacio sulla
guancia dell’uomo prima di avvicinarsi alla porta «A domani, Arthur.» lo salutò
stringendosi nella giacca marrone che la faceva sembrare più esile di quanto
fosse.
«Buonanotte, Merlyn.» augurò il biondo sentendosi la
guancia in fiamme. Quando la ragazza fu andata via si toccò il punto cocente e
sorrise come un beota, forse aveva maledetto tutti uccidendo l’unicorno, ma
Merlyn sarebbe rimasta sempre al suo fianco.
Lancelot
amava svegliarsi al mattino con il suono degli uccelli che cantavano
allegramente, era stata una cosa che più gli era mancata durante la sua
permanenza nell’arena.
Ogni
mattina si alzava di buon umore, ringraziando il Signore per avergli dato una
casa e una specie di famiglia. Il suo sogno di diventare cavaliere di Camelot
si era momentaneamente cancellato, soprattutto sapendo che a solo poche iarde
da lui c’era il principe Arthur, fare un viaggio e chiedere udienza a Uther
sarebbe stato inutile.
Osservava
ogni mattina dalla piccola finestra Merlyn e il principe camminare così vicini
da sfiorarsi le mani, le gote arrossate dall’imbarazzo e un tenero sorriso
sulle labbra.
Oh,
Lancelot era completamente esasperato da quella situazione, soprattutto con
Gwaine che non si decideva ad andare a parlare con quei due e far capire loro
che il suo interesse per Merlyn si era trasformato in un semplice sentimento di
fratellanza, l’uomo aveva anche notato il consistente avvicinamento tra il
gladiatore barbuto e Parsifal, anche se era molto ben nascosto.
Sapeva di
non doversi immischiarsi negli affari altrui, suo padre gli aveva sempre detto
di stare alla larga dalle questioni private degli uomini, soprattutto quelle
d’amore, ma non riusciva a resistere alla tentazione di andare da Arthur e
dirgli in parole chiare e concise che Merlyn lo amava e doveva sbrigarsi a
dichiararsi, prima della sua partenza per Camelot.
Quando si
affacciò quella mattina vide i due giovani camminare un po’ più lontani del
solito e non in direzione della casa di Merlyn, ma verso il bosco. Lancelot
inarcò un sopracciglio incuriosito, la ragazza non stava nemmeno indossando il
suo solito abito da giorno, ma i vestiti che metteva quando doveva andarsi a
mettere in qualche guaio in cui si richiedevano abiti adatti alla corsa. Quei
due non gliela raccontavano giusta.
«Dio, ti
prego, unisci quei due.» pregò sapendo che forse la sua preghiera non sarebbe
stata accolta, soprattutto in quanto la credenza di Merlyn cadeva sulla
Religione Antica, ma provare non guastava mai.
Sospirò un’ultima volta prima di andarsi a vestire, aveva
anche lui delle commissioni da fare.
Merlyn
inciampò sull’ennesimo ramo e Arthur le afferrò il braccio per sostenerla, alzò
gli occhi al cielo e sbuffò divertito «Sicura di vederci bene, forse dovrei
prenderti un cane che ti guidi.» commentò facendo arrossire la fanciulla.
«Molto
divertente Arthur, ma non ho bisogno di un povero cane per andare da nessuna
parte.» rispose avvicinandosi a lui, i loro petti che si toccavano
«Fortunatamente una volta a Camelot non dovrò più passare per i boschi, rimarrò
con mio zio nel castello e arriverò al massimo nella parte bassa. Niente più
foreste infestate di banditi per Merlyn.» affermò trionfante anche se il cuore
le si strinse al pensiero di abbandonare i suoi amici ed il padre appena
ritrovato. Hunith sapeva essere molto autoritaria quando voleva e nessuno era
riuscito a farle cambiare idea, nemmeno Balinor che le aveva ricordato che
essendo lui stesso un mago poteva insegnarle quello di cui aveva bisogno
«Certo, così mi ritroverò nuovamente la casa in fiamme.» aveva risposto la
donna facendo arrossire l’uomo, chiaro segno che c’era una storia dietro quella
battuta, ma Merlyn non voleva indagare oltre. Un cambio di aria non le avrebbe
fatto male, magari si sarebbe pure dimenticata di Arthur una volta lontano e
lui si sarebbe potuto sposare tranquillamente con una fanciulla molto più bella
ed aggraziata di lei, come Evelune, la figlia del
fornaio. Oh, Merlyn come le invidiava i suoi lunghi capelli dorati, proprio
come quelli di Arthur.
L’uomo
sembrò incupirsi «Devi andare per forza? Camelot è pericolosa per la gente come
te.» disse mordendosi il labbro inferiore, temeva per quello che avrebbe potuto
capitarle se suo padre fosse mai venuto a sapere della sua natura, non credeva
il suo cuore avrebbe retto alla notizia che la sua amata fosse stata data alle
fiamme dal suo stesso padre.
«Saprò
cavarmela, spero solo di non incontrare il Re o il Principe.» rispose la
fanciulla «Sono sicura che il Prince Arhtur sia un
borioso pieno di sé, che tratta i suoi servitori male e che uccida senza alcuna
pietà tutti quelli come me. Una copia del padre, insomma.» aggiunse mentre
riprendevano a camminare alla ricerca di Anhora per
chiedergli se avessero passato la prova.
«Già,
deve essere proprio così.» sussurrò l’uomo consapevole che quello che Merlyn
aveva descritto era il Principe Arthur Pendragon di un anno fa, non aveva
sbagliato su nulla. Era un borioso, trattava male i suoi servitori, tanto che
doveva cambiarli a cadenza settimanale e le cose che aveva fatto ai campi
druidi per ordine del padre… Dio, Arthur aveva ancora gli incubi su quelle
battaglie.
Con la
coda dell’occhio vide una figura muoversi tra gli alberi «Merlyn, da questa
parte.» chiamò, ma quando si girò verso la ragazza notò che era scomparsa,
molto probabilmente aveva continuato a camminare mentre osservava la figura
muoversi tra le piante. Non poteva perdere tempo ed andare a cercarla, se
quello che aveva visto fosse stato Anhora avrebbe
dovuto seguirlo e subito.
Camminò
seguendo la figura, allontanandosi notevolmente dal sentiero, fino a
raggiungere una piccola radura. Sentì il sangue bollirgli nelle vene quando
vide l’uomo della sera precedente seduto tra del cibo fresco e soprattutto
senza alcuna famiglia da sfamare.
«Voi!»
accusò brandendo la spada, il suo orgoglio ferito per essere stato preso in
giro in quel modo «Come avete osato prendervi gioco di me?» domandò furibondo,
completamente accecato dalla rabbia.
L’uomo
rise, continuando ad intagliare un pezzo di legno «Siete veramente uno stolto,
dare via così il vostro cibo al primo uomo con una storia lacrimevole.»
commentò senza nemmeno guardarlo in faccia «Forse la prossima volta tornerò per
prendermi vostra moglie.» aggiunse finalmente alzando lo sguardo, un sorriso
malevolo dipinto in volto e Arthur sembrò iniziare a fumare dalle orecchie.
Minacciare la sua persona era un conto, nella vita aveva rischiato numerose
volte di finire nel mirino di qualche mal intenzionato, ma minacciare Merlyn
era completamente fuori discussione.
L’uomo si
alzò brandendo una spada, chiaramente intenzionato ad attaccare Arthur «Le dirò
di come tu abbia supplicato di non farle del male, piangendo come il più
ridicolo degli uomini, così saprà che suo marito era un codardo.» continuò a
tormentarlo mentre giravano in cerchio, le spade puntate l’una contro l’altra.
Arthur
non ci vide più dalla rabbia e caricò il colpo, fiondandosi a spada tratta
verso il nemico, con l’unico obbiettivo di porre fine alla sua vita. Come
poteva un semplice ladro permettersi di prendersi gioco di lui e minacciare
Merlyn? Non avrebbe mai permesso che qualcosa accadesse alla fanciulla, a costo
di ritrovarsi nuovamente, dopo tanto tempo, le mani sporche di sangue.
Il
combattimento non durò molto, Arthur essendo l’abile spadaccino che era riuscì
a spingere il suo avversario fino al tronco di un albero e poi porre fine alla
sua vita. Si sentì soddisfatto, immaginò suo padre congratularsi con lui per
aver fatto la cosa giusta. Aveva difeso il suo onore e la donna che
amava, che male c’era in quello che aveva fatto?
Al suo
fianco comparve Anhora, lo sguardo deluso e
amareggiato, ma non minimamente sorpreso «Avete fallito.» disse semplicemente,
le mani una dentro l’altra raccolte davanti al ventre, il cappuccio della veste
che gli copriva parzialmente il viso «Hai condannato le persone che ti sono più
care alla morte, Arthur Pendragon.» aggiunse con voce profonda, quasi
profetica.
Arthur
scosse la testa, incredulo «No, deve esserci un errore!» esclamò sentendo il
cuore farsi a pezzi al solo pensiero che i suoi amici sarebbero morti a causa
sua. Nessuno di loro se lo meritava, se qualcuno andava punito era unicamente
lui.
Anhora scosse
la testa «Hai ucciso un uomo innocente.» gli spiegò indicando il corpo esanime
del ladro prima di farlo scomparire con uno schiocco di dita «Avresti potuto
ignorarlo, continuare per la tua strada, ma hai ceduto alle sue provocazioni.
Il tuo orgoglio ha avuto la meglio.» lo accusò con sguardo duro.
Il
principe scosse nuovamente la testa, non riusciva a credere a quello che stava
sentendo «Non potevo ignorarlo, non quando ha minacciato Merlyn.» spiegò
sentendo il cuore battergli all’impazzata; forse si pentiva per aver ceduto
alla provocazione di essere stato additato come un credulone, ma non si sarebbe
mai pentito per aver difeso l’onore di Merlyn.
Il
Guardiano degli Unicorni spalancò leggermente gli occhi, sapeva della leggenda,
di come The Once and Future King ed Emrys fossero destinati a riunire
Albion e governare riportando la pace tra le loro terre, ma nessuno si sarebbe
mai aspettato un risvolto amoroso nella loro relazione. Lui insieme agli altri
anziani avevano interpretato la leggenda in modo che Emrys diventasse parte
della Corte, non la futura Regina di Camelot. In tutta verità si erano
aspettati un maschio, un uomo capace di avvicinarsi al Principe e guidarlo
attraverso l’amicizia verso la retta via, ma il Destino imprevedibile aveva
dato loro una donna.
Si
schiarì la voce, cercando di non far notare quanto fosse in realtà sorpreso «Avete
dimostrato che uccidereste un uomo per difendere l’orgoglio.» disse «Avete
fallito la prova.» aggiunse nuovamente.
«I miei
amici non hanno fatto nulla!» urlò frustrato abbandonando la spada a terra,
«Non ho causato io questa sofferenza.» ribadì Anhora con voce calma «Siete stato voi.» e scomparve
lasciando il principe di Camelot solo.
Merlyn
quasi non saltò nuovamente tra le braccia di Arthur quando lo vide emergere da
una radura. Si era persa, come suo solito, e quando aveva notato che l’uomo non
era più alle sue spalle si era spaventata, chiedendosi chissà quale cosa
potesse essere successa all’amico.
«Arthur,
grazie al cielo stai bene!» esclamò prendendogli una mano, ma notò
immediatamente che c’era qualcosa che non andava. L’uomo teneva lo sguardo
fisso a terra, il viso più pallido del normale, ma mano che tremava
leggermente.
«Ho
fallito.» le disse non capace di tenersi quella cosa dentro, non poteva mentire
a Merlyn, non quando le conseguenze delle sue azioni avrebbero affetto anche
lei.
La
ragazza gli prese il volto tra le mani, i pollici che si muovevano leggermente
come in una carezza «L’importante è che tu non sia ferito.» gli disse
nonostante capisse la gravità della situazione.
Ealdor
insieme ai suoi abitanti era destinata a morire, senza acqua e cibo, in
aggiunta alla povertà generale del terreno che li circondava non c’era modo di
sopravvivere alla maledizione.
Arthur
posò le sue mani su quelle della fanciulla ed abbassò le palpebre, non aveva
nemmeno il coraggio di guardarla e vedere il disappunto nei suoi occhi, sapeva
di averla delusa e si sentì molto peggio di quando deludeva suo padre.
«Andiamo a casa, Arthur, troveremo una soluzione, te lo
prometto.» sussurrò ancora più dolcemente, capiva perfettamente come si sentiva,
non le interessava se aveva fallito la prova, l’importante per lei era che
stesse bene e che nessuno l’avesse ferito.
Balinor
dovette richiamare a sé tutto il suo controllo per non saltare oltre il tavolo
e stingere la gola del ragazzino davanti a lui. L’idiota – sì, così Balinor
chiamava tutti gli amici di sua figlia – aveva appena comunicato a tutti di
aver fallito la prova e che erano praticamente tutti condannati a morte cerca
per mancanza di acqua e cibo.
Hunith
posò una mano sulla sua spalla, come a calmarlo, mentre con gli occhi guardava
Merlyn stringere la mano di Arthur sotto il tavolo. Ancora non si era abituata
all’idea che sua figlia fosse innamorata, era ancora così giovane, aveva avuto
un anno difficile alle spalle, ma non poteva nemmeno negare che approvava
Arthur. Era un ragazzo educato (quando voleva), il suo sguardo era quello di un
uomo innamorato ogni volta che si posava sulla figura di sua figlia ed in più
era un ottimo combattente e di quei tempi, con tutti quei banditi in giro, era
rincuorante sapere che con sua figlia ci fosse una persona capace di aiutarla
nel caso fosse finita nei guai.
Lancelot
era tranquillo, non era il tipo da mettersi a peggiorare la situazione già
critica di suo, ma certamente non si poteva dire lo stesso di Gwaine, il quale
aveva iniziato a camminare avanti ed indietro per la casa di Meryln borbottando assurdità ed imprecando di tanto in
tanto contro Arthur. Parsifal stava seduto tranquillo in un angolo, ma con lo
sguardo seguiva il suo amico e cercava di catturare il suo sguardo per
sussurrargli di stare calmo e sedersi accanto a lui.
«Troveremo
una soluzione.» disse Merlyn sicura di quello che stava dicendo. Forse con la
sua magia poteva riuscire a far ricrescere il tritico e trasportare grandi
quantità di acqua per riuscire a distribuirne per tutti gli abitanti di Ealdor.
C’era sempre una soluzione ad un problema, sua madre glielo diceva sempre.
Balinor
sospirò pesantemente, sua figlia era un’incorreggibile ottimista, proprio come
la madre «Merlyn, tesoro, non c’è nulla che possiamo fare, Arthur ha fallito la
prova.» disse in tono dolce, lo usava solamente con le sue due ragazze, gli
amori della sua vita.
La
ragazza scosse la testa e si alzò in piedi «La troverò.» e senza dare il tempo
a nessuno di dire parola corse fuori dalla piccola casa.
Balinor,
Arthur e Gwaine si fiondarono sulla porta, ma vennero bloccati da Hunith,
l’unica veramente consapevole del fatto che Merlyn in quello stato avrebbe
colpito chiunque con la sua magia per quanto era nervosa. Troppe volte era
capitato con Will per i suoi gusti, il ragazzo doveva aver avuto come minimo
cinque concussioni gravi nell’arco della sua vita.
Lancelot
scosse leggermente la testa e Parsifal sorrise ai bronci che misero su gli
uomini «Ognuno a casa propria.» comandò Hunith brandendo a mo’ di spada il
mestolo con cui stava preparando la cena.
Nessuno
osò obbiettare, anche se lo scintillio negli occhi di Arthur e Gwaine fecero
sospirare il povero Lancelot, il quale era sicuro sarebbe dovuto finire a fare
da guardia a quei due idioti per evitare che scappassero. Batté una mano sul
petto di Parsifal indicandogli con la testa il suo coinquilino e l’omone capì
al volo, di fatti si diresse verso il castano e lo sollevò fino a buttarselo
oltre la spalla, in modo che non potesse scappare. Lancelot si limitò a posare
fermamente una mano sulla spalla di Arthur e salutando Hunith e Balinor
uscirono di casa.
I quattro
uomini si fermarono davanti casa di Lancelot, quella centrale, e si guardarono
in silenzio per alcuni secondi.
«Merlyn
sa cavarsela, non disperate.» provò a rincuorarli Parsifal prima di afferrare
Gwaine per la spalla per guidarlo fino alla loro casa.
Lancelot
guardò Arthur, il quale era concentrato a guardare verso il limitare della
foresta, come se stesse pensando di fare uno scatto e correre via alla ricerca
di Merlyn «Ti va se la aspettiamo insieme? Posso offrirti un pezzo di pane e
del porridge per cena.» lo invitò Lancelot ben sapendo che non era
assolutamente un tipo di cena degna del principe di Camelot, ma non aveva nulla
di meglio da offrirgli.
Arthur scosse leggermente la testa, distogliendo lo
sguardo dalla foresta «Certo, mi farebbe molto piacere.» rispose seguendolo
dentro la sua abitazione. Non poteva fare nulla, poi, se si fosse avventurato
nel bosco, Merlyn e Hunith non glielo avrebbero mai perdonato.
Gli
stivali si erano decisamente rovinati, ogni passo sul terreno umido comportava
al bagnarsi dei suoi calzettoni, appena tornata a casa si sarebbe accesa un bel
fuoco per riscaldarsi.
«Anhora!» chiamò per quella che sembrava la centesima volta,
doveva assolutamente parlargli, Arthur aveva fallito la prova, ma poteva dargli
anche un’alta possibilità, lo avrebbe implorato.
«Anhora!» riprovò scendendo verso una radura, attenta a non
scivolare rovinosamente a terra rischiando di rompersi qualche osso.
L’uomo
apparve davanti a lei facendola sussultare «Mi cercavi?» domandò mantenendo un
tono neutrale, la conoscenza che la donna davanti ai suoi occhi fosse Emrys non
doveva in alcun modo influenzare il suo comportamento nei suoi confronti.
Merlyn lo
guardò attentamente, l’uomo non sembrava pericoloso e non le dava alcuna brutta
sensazione, sembrava solamente addolorato per la morte dell’unicorno.
«Sono qui
per chiedervi di dare ad Arthur un’altra possibilità. Le persone stanno male,
presto moriranno di fame.» disse sostenendo il suo sguardo «O ponete fine a
questa maledizione.» aggiunse come alternativa.
«Non
posso annullare la maledizione. Credetemi.» rispose l’uomo «Avete fede in
Arthur?» domandò scrutandola nel profondo dei suoi occhi azzurri.
«Gli
affiderei la mia vita.» rispose la fanciulla con la più completa sincerità.
Arthur poteva averle anche puntato un coltello alla gola, ma sapeva che
brav’uomo fosse, glielo dimostrava ogni giorno da quando erano scappati
dall’Arena.
Anhora sembrò
pensarci su, come se stesse per rifiutare la sua richiesta. Merlyn strinse i
pugni fino a sentire le unghie aprirle leggermente la pelle dei palmi.
«Arthur deve recarsi al Labirinto di Gedref.
Lì affronterà la prova finale.» concesse e Merlyn lo vide scomparire da davanti
i suoi occhi prima di ricomparire alle sue spalle «Se dovesse
fallire, non ci sarà più speranza. La maledizione distruggerà Ealdor e i
villaggi vicini.» l’avvisò prima di andarsene definitivamente. Merlyn si guardò
intorno, confusa, chiedendosi che tipo di test avrebbe dovuto affrontare il suo
amico.
«Quindi,
tu e Merlyn…» buttò lì Lancelot mentre sorseggiavano del tea serale, ancora in
attesa del ritorno della fanciulla.
Arthur
per poco non si strozzò in modo poco regale, suo padre lo avrebbe diseredato
per un comportamento del genere «Io e Merlyn niente, Lance.» rispose
rifiutandosi categoricamente di guardarlo in viso. Poteva mentire quanto
voleva, le parole che uscivano dalla sua bocca erano completamente prive di
sentimento, ma i suoi occhi avrebbero detto quello che la voce negava.
Il
castano sorrise nascondendosi dietro il suo bicchiere «Insomma, ormai Merlyn è
una donna, molto bella aggiungerei.» disse continuando a godersi il viso di
Arthur andare in fiamme «Chi lo sa, forse quando sarà a Camelot un bravo uomo
con un buon lavoro la sposerà, forse potrebbe riuscire a conquistare anche il
principe di Camelot!» lo provocò ben sapendo che il principe era già più bello
che andato per la dolce maga.
«Non dire
sciocchezze, come se un principe potesse sposare una semplice contadina.» lui lo
sapeva bene, la sua cotta per Gwen l’aveva messa in molti casini per quante
volte Uther aveva rischiato di scoprirli. E Gwen era una semplice ragazza di
Camelot, Merlyn invece era una maga, figlia di uno stregone esiliato e
perseguitato dai cavalieri di Camelot. Oh, poteva immaginare le risate che si
sarebbe fatta Morgana nel sapere che era innamorato perso per una maga, trovava
sempre un particolare piacere nel vederlo soffrire ed imbarazzarsi.
Lance
annuì «Ma ricordati che un principe poi alla fine diverrà re, allora potrà
sposare chi vuole. Sarà lui la Legge, nessuno lo ostacolerà.» provò a
suggerirgli mentre ravvivava il fuoco.
«Nessuno
sano di mente chiederebbe ad una fanciulla come Merlyn di aspettarlo per anni,
lei si merita molto di più che di un principe rammollito che non riesce a
contrastare il volere di suo padre.» borbottò senza nemmeno rendersi conto che
stava per far saltare la sua copertura con Lancelot, il solo pensiero che
Merlyn potesse trovare marito a Camelot lo imbestialiva. Oh, sapeva benissimo
cosa i suoi cavalieri cercavano in una donna, per lo più innamorati di Morgana,
e Merlyn aveva le sue stesse caratteristiche! Lunghi capelli neri, pelle bianca
e labbra rosee. Quello che Morgana non aveva era la dolcezza dei lineamenti, la
gentilezza e l’altruismo di Merlyn.
«Sai,
credo che se Merlyn si innamorasse veramente tanto del principe sarebbe
disposta ad aspettare decenni per amarlo come merita. Lei è comprensiva,
perdonerebbe tutto alla persona che ama.» provò ancora sentendosi un po’ Cupido,
i suoi studi di letteratura greca che sua madre aveva insistito a fargli fare
stavano dando i suoi frutti.
Arthur
posò la tazza sul tavolino tra le due sedie «Ma non lo merita.» rispose
passandosi una mano tra i capelli «Poi sono sicuro che Gwaine andrà con lei,
talmente è innamorato.» aggiunse cercando di non essere geloso di uno dei suoi
amici.
Lancelot
tornò a sedersi accanto a lui «Sai, all’inizio pure io mi sono innamorato di
Merlyn, come tutti d’altronde.» rise ricordandosi come tutti i gladiatori
provavano ad attirare l’attenzione della bella guaritrice «Ma poi ho capito che
non è fatta per me e sai chi altro l’ha capito? Gwaine.» aggiunse riprendendo
la sua tazza, doveva finire il tea prima che diventasse troppo freddo «Anche
perché nessuno di noi è mai riuscito a fare breccia nel suo cuore.».
Il
principe guardò l’amico leggermente confuso, sapeva che gli altri gladiatori
avevano una cotta per Merlyn, alcuni si ferivano a vicenda per andare nel suo studio,
ma non si sarebbe mai aspettato che anche Lancelot fosse caduto nella rete di
innamorati della fanciulla. Dio, Arthur era così frustrato, aveva concorrenza
in ogni angolo! Poi aveva visto come la trattavano i ragazzi di Ealdor e non
aveva potuto fare a meno di arrabbiarsi, Merlyn non meritava di essere trattata
in quel modo e Will era indecifrabile, non riusciva a capire se provasse della
semplice e profonda amicizia o amore per la maga.
«Gwaine
non è più innamorato di lei?» domandò confuso. Eppure
lo sentiva come le parlava, le smancerie, le provocazioni, sembrava essere
intenzionato a renderla sua sposa ad ogni costo e lui non poteva mettersi in
mezzo, non avrebbe mai tradito un amico anche se voleva dire perdere quella che
poteva essere l’amore della sua vita.
Lancelot
scosse la testa «No, Gwaine è un uomo che non si accontenta di una sola donna.»
rispose ricordandogli gli innumerevoli racconti delle sue notti con giovani
fanciulle cadute tra le sue braccia tra una taverna e l’altra. I suoi racconti
erano molto dettagliati, Parsifal aveva dovuto più volte tappargli la bocca.
«L’altro
giorno ti ho confessato in confidenza di essere innamorato di lei, vorrei che
rimanesse comunque una cosa tra noi due.» disse il principe iniziando a sentire
una certa pressione da parte dell’uomo.
«Certo, Arthur, sai che di me ti puoi fidare e…» stava
per aggiungere che Merlyn era a sua volta innamorata di lui quando il biondo
corse fuori dalla porta facendolo spaventare. Seguendolo lo vide andare verso
Merlyn, quando la raggiunse le prese il volto tra le mani, spostandole i
capelli dal viso, li vide guardarsi negli occhi fronte contro fronte, le mani
di lei a stringerli le spalle, come due innamorati e Lancelot non poté fare a
meno di scuotere la testa, quei due erano completamente irrecuperabili, qualcuno
doveva dare loro una mano, al Diavolo quello che suo padre aveva detto
sull’intromettersi.
«No, tu non verrai.» disse Arthur alle prime
luci dell’alba mentre si preparava per il suo viaggio, il labirinto di Gedref era nel suo regno, questo voleva dire che a cavallo
ci avrebbe messo meno di mezza giornata, non era poi così lontano.
Merlyn lo
stava aiutando a mettersi l’armatura, era meglio prevenire che curare in quanto
non sapevano a quale prova stesse andando incontro.
«E se
avessi bisogno di me? Posso aiutarti con la magia.» disse la fanciulla
completamente in preda alla rabbia, non voleva assolutamente che l’uomo andasse
da solo, non poteva fidarsi di Anhora.
Arthur le
prese le mani tra le sue «Merlyn, ti prometto che tornerò a casa e la maledizione
sarà spezzata, ma devo farlo da solo, è la mia prova, non la tua.» provò
a farla ragionare e prima che il suo cervello potesse bloccare il comando portò
le labbra sul dorso della mano della fanciulla, un gesto cavalleresco alla
quale non era abituata.
Merlyn
arrossì, ma cercò di non darlo a vedere, spostò lo sguardo, osservando fuori
dalla piccola finestra Will tenere le redini del cavallo che Matthew aveva
gentilmente concesso.
«Fino al
tramonto, Arthur, poi verrò a cercarti, a costo di camminare per due giorni
senza sosta.» gli disse sentendo che in quel momento non doveva trattarlo come
suo solito, si era innamorata di lui ed era preoccupata, non poteva pensare
anche a tenere su una recita sul non sopportarlo.
«Non ce
ne sarà bisogno.» la rassicurò dandole un’impacciata pacca sulla spalla, ora
più consapevole di Balinor che li guardava attraverso la porta socchiusa.
Arthur
montò a cavallo e guardò nuovamente Merlyn «Sistemerò tutto, te lo prometto.»
disse prima di spronare il cavallo e partire verso Gederf.
Hunith si
avvicinò alla figlia e le posò le mai sulle spalle «Stai tranquilla, tesoro,
Arthur saprà cavarsela.» la rassicurò mentre tutti gli abitanti di Ealdor
spiavano quello strano gruppo da dietro le tende e le porte.
Merlyn annuì sorridendo alla madre, cercò di nascondere
quanto in verità fosse preoccupata, guardò un’ultima volta alle sue spalle,
cogliendo appena la figura di Arthur scomparire oltre la fitta foresta.
Gwaine
entrò in casa di Merlyn tenendo tra le mani il maglione che aveva trovato a
casa sua, era venuto a ringraziarla, ma nel piccolo salotto c’erano solamente
Balinor e Hunith che parlavano amorevolmente tenendosi per mani.
Gwaine si
sentì quasi a disagio, come se avesse beccato i suoi di genitori ad
amoreggiare.
«Scusate
l’intrusione, stavo cercando Merlyn.» disse mostrando il maglione verde che
avrebbe sicuramente indossato durante l’inverno, se ci sarebbero arrivati,
ovviamente.
Hunith
inarcò un sopracciglio preoccupata «Ma come? Mi aveva detto che veniva da te e
Parsifal per prendersi un tea.» disse alzandosi in piedi, correndo fuori dalla
porta per andare a controllare una cosa.
Balinor
si alzò a sua volta, senza sapere dove la sua amata si fosse diretta e guardò
Gwaine, ma entrambi avevano un presentimento «Ha seguito Arthur, c’era da
aspettarselo.» commentò Balinor incominciando a venire a patti con il fatto che
la sua adorata figlia si fosse innamorata di quel biondo che più passava il
tempo e più gli ricordava qualcuno, ma non aveva ancora capito chi.
«Sicuramente.»
lo assecondò Gwaine senza sentirsi geloso per la prima volta, ormai la sua
cotta era completamente passata, si era ritrovato a rivolgere le sue attenzioni
su un’altra persona di recente.
Hunith
tornò tenendosi le mani strette al petto «Uno dei cavalli non è più nella
stalla, deve essere andata dietro ad Arthur.» avvisò informandoli di quello che
i due uomini già ben sapevano.
«Non
preoccuparti, mia diletta, nostra figlia sa come cavarsela.» la rincuorò
Balinor stringendola tra le sue braccia. Poteva solo immaginare come si
sentisse, in quell’ultimo anno aveva passato già fin troppo tempo lontana da
Merlyn e tra poco avrebbe dovuta lasciarla andare per iniziare la sua vita a
Camelot, era plausibile che volesse averla sempre con sé e soprattutto fuori
dai guai.
Hunith annuì ricordandosi che Merlyn sapeva cavarsela da
sola e sapeva anche che Arthur l’avrebbe protetta.
Merlyn
vide in distanza Arthur entrare nel labirinto, visto dall’alto sembrava
infinito, il pensiero di entrare e non saperne più come uscirne le attanagliò
il cuore. In un posto del genere Anhora poteva aver
messo chissà quale trappola.
Spronò il
cavallo e si avvicinò all’entrata dove il cavallo di Matthew riposava
tranquillo, in attesa del ritorno dell’uomo.
Il suo
vestito non la aiutava, continuava ad impigliarsi con i piccoli rametti a
terra. Non si era messa il suo tipico abbigliamento da viaggio per non destare
sospetti, aveva avvertito i suoi genitori che sarebbe andata a casa di Gwaine e
Parsifal, vederla uscire con abiti del genere avrebbe dato via le sue vere
intenzioni.
Più
camminava e più si sentiva nervosa, essere circondata da quelle alte siepi la
stavano facendo impazzire, si sentiva nuovamente in trappola, come nell’Arena.
Si fermò prendendo dei profondi respiri, si sentiva come se le mancasse l’aria,
come se le siepi si sarebbero chiuse sopra di lei privandole della luce del
Sole. Fece un balzo all’indietro quando davanti ai suoi occhi vide la figura di
Cenred.
L’uomo
era immobile, sul viso un sorriso maligno circondato dai neri capelli sporchi.
Quando fece dei passi indietro la figura sembrò animarsi, venendole incontro.
Chiuse
gli occhi mentre le spalle incontravano una siepe, segno che si trovava in un
vicolo cieco. Quando li riaprì al posto di Cenred c’era Valiant,
il quale si muoveva molto più veloce, le mani già protese verso di lei come se
volesse prenderla e farle quello che aveva sempre desiderato.
«Merlyn.»
la voce di Anhora la riportò alla realtà, davanti a
lei non c’era nessuno, le siepi non si stavano chiudendo sopra di lei e il
respiro sembrava esserle tornato. Si portò una mano sul cuore, come per
calmarlo, promettendosi che una volta tornata a casa ne avrebbe parlato con la
madre, sicura che avrebbe saputo come aiutarla.
Camminò
ancora a vuoto, fino a girare trovandosi faccia a schiena con Anhora.
«Dicevate
che Arthur avrebbe affrontato una prova e siete qui per tendergli una
trappola.» lo accusò sentendosi bollire dalla rabbia, che le sue visioni
fossero frutto della magia del Guardiano degli Unicorni? L’uomo si girò,
rivelandosi tenere una spada tra le mani.
«La trappola non è per Arthur: è per te.» disse prima che
le radici delle siepi la intrappolarono. L’ultima cosa che vide fu il volto di Anhora completamente privo di emozioni.
Sedere su
quel piccolo ceppo di legno era forse la cosa più scomoda che aveva fatto in
quegli ultimi mesi, senza contare le varie fughe e combattimenti. Stavano
aspettando in religioso silenzio l’arrivo di Arthur, Merlyn ancora non aveva
idea di quale sarebbe stata la prova.
Il suo
vestito era completamente rovinato, la gonna era stata lacerata dalla pianta,
il corpetto si era leggermente slacciato e aveva i capelli pieni di foglie e
arruffati.
Non aveva
mosso un muscolo da quando si era risvegliata in quel posto e Anhora aveva fatto lo stesso.
Il rumore
del mare le riempiva le orecchie e pensò a quanto sarebbe stato bello potersi
tuffare e nuotare spensierata, facendosi cullare da quelle dolci onde. Era la
prima volta che vedeva il mare, sua madre le aveva raccontato di quando lei
c’era stata da piccola, in uno dei viaggi con il padre, ma quello che aveva
davanti ai suoi occhi batteva alla gran lunga qualsiasi racconto.
«Merlyn?»
la voce di Arthur ruppe il filo dei suoi pensieri. Si girò a guardarlo e non poté
evitare di notare quanto fosse arrabbiato nel vederla lì.
Arthur
non era semplicemente arrabbiato, era a dir poco furioso. Davanti a sé aveva
una Merlyn completamente in disordine, i vestiti ridotti ad uno straccio e gli
occhi lucidi. Desiderò con tutto il cuore affondare la sua spada nel petto di Anhora, ma la violenza lo aveva messo nei guai
precedentemente e non avrebbe fatto lo stesso errore.
«Mi
dispiace.» disse la ragazza con un labbro tremante, ad Arthur gli fece
letteralmente male al cuore vederla così, poteva percepire quanto fosse
stressata la ragazza.
«Lasciala
andare.» disse al vecchio «Affronterò la tua prova ma lei dev’essere liberata.»
aggiunse cercando di darsi un tono.
«Questo
non è possibile. Merlyn fa parte della vostra prova.» rispose Anohra «Sedetevi, per favore.» aggiunse indicandogli il
ceppo di legno dalla parte opposta alla fanciulla.
Arthur
esitò «Se voi non affrontate la prova, Ealdor verrà distrutta.» disse il
Guardiano convincendo l’uomo a sedersi. Posò la spada sopra il tavolo in un
gesto provocatorio e facile da afferrare nel caso lo stregone avesse provato ad
attaccarli.
«Credo di
averti detto di rimanere a casa, Merlyn.» le disse con tono duro, non gli
piaceva per niente averla lì in quella situazione pericolosa, quale uomo
avrebbe voluto che la donna che amava fosse in pericolo per colpa sua? Nessuno,
ecco chi.
Merlyn
non rispose, deglutendo a vuoto.
Arthur
lasciò perdere e si rivolse ad Anhora «Cominciamo.».
«Ci sono
due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l’altro un
liquido innocuo. Il liquido di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno
di voi potrà bere da un solo calice.» spiegò Angora indicando i due calici sul
tavolo.
Arthur
fece una faccia confusa «Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa
proverebbe?» domandò più arrabbiato che confuso. Non voleva perdere tempo
quando ad Ealdor le persone pativano la sete e la fame.
«Questo
sta a voi deciderlo.» rispose enigmatico l’uomo «Se la supererete la maledizione
verrà annullata.» aggiunse come ultima cosa.
Arthur e
Merlyn si guardarono, ora più preoccupati, nessuno dei due si aspettava che la
prova avrebbe comportato la morte di uno dei due.
«Pensiamoci
bene, Arthur.» esordì la donna sistemandosi leggermente a disagio il corpetto,
il quale lentamente si stava aprendo mettendo in mostra più clavicola di quanto
fosse accettabile «Ognuno di noi può bere da solo un bicchiere, ma se io bevo
per prima e non trovo il veleno allora tu morirai.» disse guardando i due
calici.
Arthur
provò con tutte le sue forse a non guardare la stoffa del corpetto aprirsi
sempre di più, tra l’altro l’aveva già vista senza vestiti, quindi nulla di
nuovo. Però era così difficile concentrarsi in quel modo «Esatto, ma potresti
prendere anche quella con il veleno e morire.» la corresse.
«Di certo
la tua vita vale più della mia.» borbottò la giovane credendo di non essere
sentita.
«Non dire
sciocchezze, Merlyn, senza di te sarei già morto, quindi dovrò essere io a bere
il veleno.»
«Andiamo,
Arthur, non essere sciocco. Tu sei un uomo, abile con la spada, potresti
diventare un cavaliere e proteggere dei poveri cittadini per quello che ne so.
Io invece sono solo una maga, la gente cerca la gente come me per darci fuoco,
tanto vale morire avvelenata.»
«Merlyn,
ascoltami chiaramente, tu non morirai. Sarà io a bere quel veleno, è la mia
prova. Tu andrai a Camelot, diventerai un medico sotto la guida di Gaius e aiuterai un sacco di gente. Servi più tu al mondo
che un uomo che maneggia una spada.»
«No, lo
berrò io. Non potrei mai sopportare se qualcosa ti accadesse per colpa mia.»
«Lo
stesso vale per me!»
Anhora iniziava
a sentirsi leggermente di troppo, ma non poteva nemmeno intervenire. Si vedeva
che erano giovani, sciocchi e innamorati. Si schiarì la voce, cercando di
riportare all’attenzione il principe ed Emrys.
Merlyn lo
fulminò con lo sguardo «Okay, qui ci vuole un po’ di logica, quindi il lavoro
spetta a me.» disse offendendo il ragazzo, posò entrambe le mani sui colli dei
calici e se li portò davanti.
«Un
calice, una persona.» disse lentamente e sembrò illuminarsi «Certo! Ecco cosa
dobbiamo fare.» esordì versando il contenuto di un calice nell’altro «Ora siamo
sicuri che è avvelenato.» confermò orgogliosa di aver risolto il problema.
Arthur
sentì il cuore battergli nelle orecchie, vedere le mani di Merlyn stringere il
calice pieno di veleno lo fece preoccupare «Attenta!» urlò indicando dietro di
lei, la fanciulla lasciò andare il calice per girarsi pronta ad usare la magia
per bloccare qualsiasi creatura stesse per attaccare loro. Non vide nulla, alle
sue spalle c0era solamente sabbia bianca e il mare. Tornado a guardare Arthur
lo vide con il calice.
«No,
Arthur, non puoi farlo! Lo berrò io!» urlò spaventata.
«Come se
te lo permettessi.» rispose il principe sentendo per la prima volta in vita sua
di star facendo la cosa giusta. Se davanti a lui ci fosse stato Morris gli
avrebbe fatto bere tranquillamente da quel calice.
«Arthur,
per favore.» ora Merlyn stava piangendo e Arthur sarebbe morto con
quell’immagine impressa nella mentre.
«Sono
felice che ci sia tu qui con me, colgo anche l’occasione per dirti che…» si
bloccò, era giusto confessare il suo amore quando da lì a pochi secondi sarebbe
morto? Dio, non l’aveva nemmeno mai baciata «… ti amo.» concluse bevendo tutto
in un solo sorso. L’ultima cosa che sentì fu l’urlo straziante della ragazza.
Merlyn si
alzò vedendo il corpo di Arthur cadere a terra.
«Arthur,
ti prego, svegliati!» ormai stava piangendo «Non puoi dirmi di amarmi e poi
morire, perché ti amo anch’io!» lo scosse con più forza «Cosa gli avete
fatto?!» ora si rivolse contro il Guardiano degli Unicorni «Ti prego, ti
scongiuro, fate qualcosa, non lasciatelo morire!» pregò asciugandosi le lacrime
«Prendete la mia vita, non la sua, per favore!» supplicò alzandosi in piedi.
«Non
posso fare nulla, questa era la prova di Arthur.» rispose Anhora
«E non è morto: ha solo assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.» confessò in
fine.
Merlyn lo
guardò confuso, si asciugò il viso con le maniche del vestito «Cosa?» domando
credendo si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.
«Un unicorno è puro di cuore. Se ne uccidi uno, devi fare
ammenda provando che anche tu sei puro di cuore.» spiegò «Arthur avrebbe
sacrificato la sua vita per salvare la tua. Ha dimostrato ciò che davvero c’è
nel suo cuore.» si avvicinò a lei lentamente «La maledizione è annullata.» la
informò prima di scomparire nuovamente, lasciandola sola.
Arthur
aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu una luce accecante e poi tra tutta
quella luce comparve il dolce viso di Merlyn «Sono in Paradiso?» chiese
piuttosto sorpreso, non si aspettava certo di finire tra i Beati dopo tutte le
persone che aveva ucciso nel nome di Camelot.
«No,
testa di fagiolo, sei ancora tra i vivi.» rispose la fanciulla arrossendo,
l’aveva scambiata per un angelo, poteva permettersi di imbarazzarsi.
Lo aiutò
a sedersi e gli passò dell’acqua che Anhora aveva
avuto la gentilezza di lasciare. Lo aiutò a bere, aspettando che fosse lui a
parlare per primo, infondo aveva iniziato lui a dichiararsi.
Arthur si
sentiva leggermente in imbarazzo, aveva confessato il suo amore perché in punto
di morte, ora come avrebbe potuto guardarla in faccia senza sentirsi un
verme? Non ci voleva un genio per capire che la ragazza non lo ricambiava,
sicuramente le piacevano le persone gentili e belle come Lancelot. Cosa gli era
saltato in mente, dannazione? Dichiararsi e ora vivere per l’umiliazione di
essere rifiutato dalla ragazza più spettacolare che avesse mai conosciuto.
Merlyn
sembrò vedere il cervello di Arthur lavorare tanto che mossa dalla tenerezza
gli afferrò il viso e lo baciò. Fu un semplice bacio, a stampo, forse più
violento di quanto volesse, ma era il suo primo bacio, non era esperta!
Arthur
inizialmente fu preso molto alla sprovvista, non aveva idea di cosa stesse
succedendo; poi capì che Merlyn lo stava baciando. Per davvero. Lo stava
baciando.
«Ti amo
anch’io.» sussurrò abbracciandolo, nascondendo il viso per non fargli vedere
quanto fosse diventata rossa. Arthur ricambiò l’abbraccio, sentendo di poter
toccare il cielo con un dito, ora sì che non sarebbe mai più tornato a Camelot,
poteva già vedere la sua vita con lei ad Ealdor.
«Ti amo.»
ripeté anche lui cercando nuovamente il suo viso per baciarla ancora e ancora.
Voleva baciarla fino alla fine dei tempi, ma dovevano tornare a casa.
Quando si
furono calmati i due si incamminarono nuovamente all’interno del labirinto
tenendosi per mano.
Andava tutto bene.
Hunith
sorrise battendo una mano sul petto dell’amato «Guarda là.» disse indicandogli
i due ragazzi scendere da cavallo, i loro sguardi dicevano tutto, non c’erano
bisogno di parole. Balinor sorrise sconfitto, non poteva certamente impedire a
sua figlia di amare quel ragazzo, non avrebbe di certo fatto alcuna differenza
la sua approvazione. Merlyn era ormai una donna matura, più mature di tutte le
altre ragazze del villaggio e Balinor doveva semplicemente accettare il fatto
che si sarebbe imparentato a quel ragazzino. Meglio Arthur che Gwaine, si
disse.
«Forse
presto ci sarà un matrimonio.» disse Hunith «Forse, e sentimi bene forse,
se dovessero sposarsi potrei lasciar perdere l’idea di mandarla da Gaius e potrai insegnarle tu a controllare i suoi poteri.
Poi dovresti anche raccontarle cos’è oltre ad una maga.» sussurrò la donna
nonostante non ci fosse nessuno in casa oltre loro due.
Balinor
annuì «Non credi che sia troppo presto per maritarla?» domandò quasi non
dispiacendosi più all’idea di vederla partire per Camelot.
Hunith
sorrise «Oh, andiamo, avevo la sua età quando ti ho conosciuto.» gli ricordò
con gli occhi che brillavano al ricordo, non potrà mai scordare quella sera che
lo ha ospitato in casa sua, si era innamorata a prima vista.
L’uomo la
baciò, il ricordo vivo nel suo cuore, l’unica cosa che in quegli anni da
eremita lo avevano tenuto sano con la mente.
«Il Destino guiderà loro.» concluse guardando sua figlia sorridere
al biondo.
Arthur
posò il corno sul terreno della radura «Scusami, non avrei mai dovuto
ucciderti.» disse provando del vero rimorso. Anche se quella vicenda si era
conclusa in modo molto più che positivo per lui si sentiva in dovere di fare
ammenda.
Meryln aveva
ragione, uccidere animali per puro divertimento era immorale, da quel giorno in
poi si sarebbe dedicato alla caccia solamente con lo scopo di nutrirsi quel che
bastava.
La
ragazza gli prese una mano e gli sorrise, orgogliosa che l’uomo avesse capito
il suo errore e che stesse cercando di onorare la creatura.
«Guarda.»
la maga indicò dall’altra parte della radura, un unicorno li stava guardando.
«Quando
colui che uccide l’unicorno dimostra di essere puro di cuore, l’unicorno vive
di nuovo.» la voce di Anhora riempì la radura, ma
l’uomo non si fece vedere.
Merlyn
posò una mano sul cuore di Arthur «Sei stato bravo.» gli disse prima di
mettersi in punta di piedi per dedicargli un dolce bacio all’angolo della
bocca.
Il
principe sorrise, sentendosi finalmente amato e nel posto giusto.
Hunith
osservò Merlyn saltare sulle spalle di Gwaine, usandolo a mo’ di cavallo, in
una mano teneva un bastone di legno; dall’altra parte sulle spalle di Parsifal
si prestava un divertito Lancelot. Alla donna sembrava di vedere quattro
bambini giocare a fare i cavalieri.
Balinor
socchiuse gli occhi, osservando attentamente dove le mani di Gwaine si
posassero, gli bastava già vederla baciare Arthur ogni Santa mattina.
I due
avevano ufficializzato il corteggiamento, Arthur aveva avuto anche la faccia
tosta di chiedere la sua benedizione, come se non avesse già fatto tutto da
solo. Balinor era stato costretto a dargliela, Hunith non glielo avrebbe
perdonato se si fosse rifiutato. Merlyn d’altro canto sapeva scegliere le sue
compagnie, la donna si fidava ciecamente di ogni sua decisione.
«La gente
sta iniziando a parlare, Hunith.» la voce stridula ed altamente fastidiosa
della signora Imogen – la madre di Ranulf, Petronilla e Bertrada – interruppe
quello che era un piacevole silenzio riempito dalle risate dei giovani
giocherelloni. Balinor voleva strozzarla, il più delle volte, i suoi figli
erano una piaga per l’umanità e non facevano altro che parlare male della sua
adorata Merlyn.
Hunith
alzò lo sguardo dal vestito che stava cucendo, aveva scelto della stoffa verde
che costava poco, ma di buona qualità «La gente parla sempre, Imogen.» rispose
con un sorriso, per niente disturbata dalla sua arroganza, ormai dopo tutti
quegli anni ci aveva fatto l’abitudine. Imogen era la pettegola del villaggio,
sapeva gli affari di tutti e li diffondeva di casa in casa, era riuscita
addirittura ad esasperare il buon Matthew.
«Di tua
figlia, come al solito.» sbuffò la donna che aveva ben perso il conto di quante
volte avesse sparlato di Merlyn.
Balinor
si alzò in piedi, sovrastando la pettegola, non avrebbe di certo permesso a
quella vipera di buttare fango sulla sua bambina. Imogen fece un passo
indietro, spaventata da quell’uomo.
Hunith si
alzò a sua volta, posò una mano sul braccio dell’amato «Cos’ha combinato,
secondo te, questa volta?» le domandò leggermente esasperata, lei certamente
non andava a lamentarsi da lei ogniqualvolta uno dei suoi figli le recavano
disturbo.
Imogen
sbuffò infastidita «La tua ragazza è una vera scostumata, parte e scompare per
un anno, torna con cinque uomini e amoreggia con uno di loro, senza esserne
maritata.» spiegò il problema, anche se il problema i due genitori non lo
vedevano.
«Ma come,
non amoreggiavate anche tu e Milo prima di maritarvi?» domandò fintamente
confusa la donna, con tanto di mano posata sulla fronte come se cercasse di
ricordare «E se non sbaglio ieri ho visto Bertrada baciarsi con Osbert.»
aggiunse facendo sbiancare Imogen, la quale non aveva nessuna idea che la sua
adorata figliola si frequentasse con il figlio del falegname. Si coprì la bocca
inorridita, la sua Bertrada doveva sposare qualcuno di più ricco o come minimo
più avvenente, come uno degli amici di Merlyn.
Senza
nemmeno rispondere Imogen marciò via, diretta verso la figlia che stava
raccogliendo il tritico. Da lì a pochi secondi sia Hunith che i ragazzi che
stavano ancora giocando a fare i cavalieri sentirono la donna urlare a Bertrada
mentre la tirava per un orecchio fuori dal campo, seguite da Petronilla.
Balinor vide Osbert sbiancare, capendo che la loro relazione clandestina era
stata messa allo scoperto. Il ragazzo lascò cadere a terra l’ascia e se la
diede a gambe nel bosco, lasciandosi alle spalle il padre che gli intimava di
tornare indietro.
Hunith
sorrise soddisfatta, non le piaceva parlare degli affari altrui, ma quando ci
voleva non poteva farci nulla «Così impara.» sussurrò sorridendo complice al
compagno.
Balinor
la guardò con occhi adoranti, non poteva credere di aver incontrato una donna
del genere, così intelligente e gentile, e di aver messo al mondo una figlia
come Merlyn. Era veramente l’uomo più fortunato del mondo.
«Non
credi che Arthur dovrebbe veramente chiederle di sposarla?» domandò la donna,
ora un po’ più preoccupata «Insomma, se le sue intenzioni fossero serie non
dovrebbero esserci problemi.» aggiunse torturandosi le mani. Non stava cedendo
alle cattiverie di Imogen, solamente non voleva che Merlyn soffrisse ancora a
causa di quelle male lingue, poteva ricordare vividamente ogni volta che sua
figlia era tornata a casa con gli occhi piene di lacrime perché i suoi coetanei
l’avevano presa in giro.
L’uomo
scosse la testa «Non c’è bisogno di afferrarli, sono ancora troppo giovani.»
disse ben sapendo che non era la realtà. Se magari nei villaggi più rurali i
matrimoni si festeggiavano ad una giovane età, nelle città molte fanciulle non
si maritavano prima delle ventuno estati, e lui che era cresciuto a Camelot
sapeva perfettamente di cosa stesse parlando.
Hunith annuì, lasciando cadere la conversazione, nessuno
dei due si sarebbe intromesso nella relazione di Merlyn e Arthur.
Arthur
posizionò la candela al centro del tavolo, aveva invitato Merlyn a cena da lui,
senza pensare che effettivamente le avrebbe dovuto preparare la cena. In tutta
la sua vita non aveva mai dovuto preoccuparsi di cucinare e fino a qualche
giorno fa Hunith lo aveva come ospite perenne nella sua dimora per i pasti.
Guardò il
pollo spennato che Lancelot gli aveva procurato, lo aveva comprato al mercato a
Engerd. Non aveva la minima idea di cosa dovesse fare. Lo toccò sentendone la
freddezza e la viscosità, non poteva credere che la cuoca di palazzo toccasse
quella roba ogni giorno a mani nude.
Il Sole
stava tramontando, aveva poco tempo per litigare con un pollo. Si infilò la
giacca e andò a passo svelto a bussare a casa di Lancelot, ma non sembrava
esserci nessuno. Sbuffò spazientito e andò a bussare a quella di Gwaine e
Parsifal.
Ad
aprirgli ci pensò Gwaine, tra le mani un boccale pieno di birra «Hey,
principessa!» lo salutò tirandolo praticamente dentro casa, all’interno c’erano
Parsifal e Lancelot «A cosa dobbiamo la visita? Credevo che questa sera avresti
preparato la cena per la nostra cara Merlyn.» disse senza alcuna malizia o
cattiveria nella voce.
Dopo la
loro avventura nel labirinto di Gedref i due erano tornati a casa mano nella
mano e nonostante avessero provato a tenere la loro relazione un segreto era
molto difficile con degli amici impiccioni come loro. Arthur aveva deciso di
parlare in privato con Gwaine, spiegargli come si sentiva e promettendogli che
se lui non fosse stato d’accordo avrebbe lasciato Merlyn. Il castano era invece
rimasto entusiasta all’idea che i suoi amici si fossero finalmente dichiarati,
rassicurandolo che ormai vedeva Merlyn solo come una sorella minore.
Erano
ormai passati due mesi da quel giorno e nel corso delle settimane non era
cambiato poi tanto tra di loro, continuavano a battibeccare, si cacciavano nei
guai, l’unica differenza era che adesso si scambiavano qualche bacio o si
tenevano per mano. Arthur non si era mai sentito così innamorato prima di quel
momento, aveva voluto bene a Gwen, ma non era paragonabile a quello che provava
per Merlyn.
«Non so
come cucinare il pollo.» ammise senza troppi giri di parole, non c’era tempo
per perdersi in chiacchiere. La ragazza avrebbe bussato alla sua porta molto
presto.
Parsifal
trattenne una risata, chiedendosi come un uomo fatto e finito non sapesse
cucinare la carne più semplice che c’era. Perfino Gwaine ne rimase sorpreso,
non poté fare a meno di chiedersi che vita conducesse Arthur prima di finire
nell’arena.
Lancelot
si alzò dalla seggiola, poteva perfettamente comprendere che il Principe Arthur
Pendragon non sapesse come prepararsi la cena, perennemente circondato da
servitori «Ti aiuterò io.» dichiarò per venire letteralmente braccato da
Gwaine, il quale aveva posato il suo boccale pur di non fargli fare un altro
passo.
«No, no,
no.» disse muovendo l’indice a destra e sinistra «Arthur, qua hai un’occasione
imperdibile, ascoltami: cucinate insieme!» esordì con gli occhi che brillavano
dall’emozione «Cucinate, si crea un’atmosfera romantica, tu ti metti dietro di
lei mentre ti spiega come cucinare il pollo, le baci il collo e BAM! È
perdutamente tua e dimenticherete la cena per fare cose molto più
piacevoli ed interessanti.» spiegò cercando tra i suoi amici il consenso per
quell’idea, ma nessuno dei tre sembrava comprendere il suo genio.
Arthur
gli regalò un pugno, forte, sulla testa «Idiota, non sto cercando di
toglierle la sua virtù!» esclamò offeso che si potesse pensare di lui in quel
modo, era un nobile, sia di titolo che di animo. Non avrebbe mai portato Merlyn
sulla strada del Diavolo per appagare i suoi desideri fisici. Si fermò a
pensare se la differenza di religione potesse comportare un problema tra di
loro, il principe era stato cresciuto credendo a un Dio unico, frequentando la
chiesa di Camelot, mentre la fanciulla era appartenente all’Antica Religione. A
lui non creava nessun turbamento, non era mai stato particolarmente credente, mentre
alcuni dei suoi cavalieri partivano alla carica invocando il nome di Dio,
Arthur combatteva nel nome dei cittadini di Camelot.
Lancelot
trattenne una risata «Non ha tutti i torti.» disse mettendosi tra i due
«Ovviamente non sull’ultima parte, quella è da evitare se non vuoi che Balinor
ti dia alle fiamme, ma cucinare insieme potrebbe essere una buona idea.» si
spiegò meglio notando lo sguardo scandalizzato del principe.
«Non
voglio fare la figura di un incapace.» borbottò Arthur per niente entusiasta di
mostrare alla donna amata di non essere capace di fare qualcosa.
Parsifal
questa volta rise «Oh, andiamo Arthur, come se già non lo sapesse.» gli fece
notare ricordandogli che ormai si conoscevano da molto tempo e che certamente
Merlyn non lo aveva mai visto cucinare nulla.
«Su su,
adesso vai a casa e aspetta la tua maga–amata!» Gwaine come lo aveva tirato
dentro la casa lo spinse fuori.
Arthur sospirò pesantemente, che amici inutili che
si era trovato.
«Andiamo,
Will, non tenterà alla mia virtù.» rise Merlyn mentre si guardava al piccolo
specchio, cercava di sistemarsi i capelli che non sembravano aver voglia di
rimanere rinchiusi in ordine nella lunga treccia che sua madre si era offerta
di farle in occasione dell’appuntamento.
Aveva
indossato il suo abito migliore, l’unico senza toppe a coprire gli strappi.
Glielo aveva confezionato la madre con della stoffa regalata dal padre. Era blu
scuro, Hunith lo aveva decorato come meglio poteva con dei ricami in argento,
Merlyn se ne era innamorata seduta stante. Era molto elegante, qualcosa che non
avrebbe mai potuto indossare per la vita di tutti i giorni, ma la donna aveva
ben pensato di farle qualcosa di speciale.
Will
arricciò il naso, decisamente scettico «Be’, è difficile resisterti se ti
agghindi così.» rispose indicandole la scollatura quadrata che metteva in bella
mostra le sue parti femminili. Il ragazzo non l’aveva mai vista così bella, ma
Merlyn durante la sua permanenza nell’arena aveva avuto più abiti di quel tipo,
quindi era sicura che Arthur non sarebbe rimasto per niente sorpreso nel
vederla così. L’aveva vista con della paglia tra i capelli, con dei pantaloni e
anche completamente sporca di fango, Merlyn non aveva paura di mostrarsi il
qualsiasi situazione.
Merlyn
gli fece volare dritto sulla faccia la pezza con cui la madre puliva il secchio
da mungitura, l’odore di latte ancora presente e sgradevole.
«Non mi
sto agghindando.» disse pizzicandosi leggermente le guance per darle un po’ di
rossore, aveva visto Evelune farlo più volte prima di imboscarsi con qualche
ragazzo.
«Certo, è
io sono innamorato di Ranful.» sbuffò il castano tirandole la treccia,
distogliendola dal riflesso sullo specchio. Non aveva mai visto l’amica
comportarsi in quel modo, nemmeno quando aveva avuto quell’assurda cotta per un
uomo di passaggio che aveva cercato riparo ad Ealdor per un paio di settimane.
Will doveva ammettere che almeno quella volta il candidato al suo cuore era
molto più bello, il viandante aveva una fila di denti gialli e storti, ma Will
si ricordò che Merlyn si innamorava delle anime, non dell’aspetto.
Il
ragazzo aveva osservato a lungo quei quattro stranieri, erano così diversi
l’uno dall’altro che si chiedeva come facessero ad andare d’accordo. Se poi
avesse dovuto scegliere uno di loro per la sua migliore amica si sarebbe
gettato su Lancelot, l’unico che sembrava avere veramente la testa sulle
spalle. Non odiava Arthur, per carità, gli era completamente indifferente, ma
lo aveva visto spesso guardare l’orizzonte, come se pensasse di scomparire
nella notte e tornare alla sua vera casa.
Se quel
biondo si fosse anche solo azzardato a mettere piede fuori da Ealdor con
l’intenzione di abbandonare Merlyn lo avrebbe seguito solo per dargli un bel
pugno dritto sul naso, con la speranza di romperglielo.
Merlyn
era chiaramente e perdutamente innamorata, Will non poteva più nemmeno sperare
di attirare la sua attenzione.
«Dio,
Will, Ranful no!» rise la ragazza mentre afferrava il mantello, era pronta per
uscire. Fortunatamente gli abitanti di Ealdor erano già rinchiusi nelle loro
case a cenare, quindi nessuno si sarebbe accorto del suo piccolo viaggio in
casa di Arthur. Due giovani innamorati in una casa da soli, che scandalo!
«Così mi
ferisci, Merls, io ero pronto a dichiarargli il mio amore e tu ora hai seminato
il seme del dubbio nel mio cuore!» il ragazzo si porto le mani sul cuore,
l’espressione tremendamente offesa, come se Merlyn avesse insultato la persona
che aveva più cara al mondo.
La maga fece
scivolare la sedia da sotto l’amico, facendolo finire con il sedere a terra.
Con un altro movimento della mano incantò le fiamme del camino per girare
intorno al ragazzo «Ma no, Will, vedo quanto arde il tuo amore per lui.»
disse sorridendo divertita. Le era mancato molto Will, quei mesi lontana da
casa, senza il suo migliore amico, erano stati sopportabili solamente grazie a
Gwaine e Lancelot, i primi che l’avevano fatta sentire a casa.
Fece
tornare le fiamme al loro posto, per poco Will non prendeva fuoco «Quante volte
Hunith ti ha detto di non giocare con il fuoco?» la richiamò Will che stava
spegnendo un piccolo focolaio sulla manica della sua tunica.
Merlyn mise su un’espressione angelica e senza che Will
potesse farle una ramanzina degna di sua madre uscì di casa, diretta da Artuhr.
Il
principe di Camelot doveva aver veramente perso la testa. Quando era stato
catturato, molti mesi prima, con sé non aveva nulla di valore ad eccezione di
un piccolo oggetto che teneva in una piccola tasca nascosta nella sua giacca
migliore. Fortunatamente non gliela avevano sequestrata, le guardie avevano
controllato solamente se avesse delle armi addosso o delle monete.
Guardò il
piccolo anello che aveva costudito con gelosia per tutta la sua vita. L’anello
di sua madre, la regina Ygraine. Era fine, un cerchio d’oro con un rubino
incastonato al centro. Non era particolarmente sfarzoso, niente in confronto a
quelli delle altre regine, ma Gaius gli aveva raccontato spesso di come sua
madre fosse una donna semplice, una regina che aveva più a cuore il benessere
dei suoi sudditi che indossare gioielli e vestiti di lusso.
Si era
promesso che avrebbe donato quell’anello solamente alla donna che amava con
tutto il cuore, l’unica che avrebbe potuto avere l’onore di indossare un
oggetto così importante. Non aveva mai pensato di darlo in dono a Gwen, il loro
amore era stato breve e per niente intenso, giusto fievoli baci scambiati
dietro colonne e scampagnate di pochi minuti al di fuori delle mura di Camelot.
No,
Arthur non poteva nemmeno mettere in comparazione Merlyn con Gwen. Lei era
molto di più, era unica. Ed era una maga, Arthur non si sarebbe mai immaginato
che un giorno si sarebbe follemente perso per quello che suo padre aveva
insegnato a odiare.
Si rigirò
l’anello tra le mani, se avesse chiesto a Merlyn di sposarlo non sarebbe più
potuto tornare a Camelot. Sposare Merlyn significava rinunciare a qualsiasi
diritto al trono e qualsiasi possibilità di tornare alla vita agiata che aveva
vissuto fino alla sua cattura.
Sposare
Merlyn era la cosa giusta.
Per poco
non fece cadere a terra l’anello quando sentì bussare alla porta. Si affrettò a
nasconderlo nella tasca dei pantaloni, pronto ad essere tirato fuori nel
momento giusto. Dio, Arthur si sentì uno stupido, ovviamente prima doveva
chiedere il permesso a Balinor e Hunith! Sapeva come funzionava tra le persone
comuni, quelle che non avevano un padre che gli lanciasse qualsiasi principessa
tra le braccia e prendesse tutte le decisioni senza renderlo partecipe.
Aprì la
porta e rimase piacevolmente sorpreso dal vedere Hunith e Balinor, tra le mani
la donna teneva del pane fresco, l’odore riempì immediatamente la sua piccola
abitazione.
«Siamo
appena stati al forno, ho pensato di portarti qualcosa da accompagnare con le
verdure e il pollo.» sorrise la donna, ben sapendo che il ragazzo era
completamente sprovvisto di pane «Merlyn si sta ancora preparando, arriverà tra
un po’.» rise ripensando all’agitazione della figlia per il suo vero e primo
appuntamento ufficiale, solamente loro due, senza nessun’altro nei paraggi a
prendersi gioco di loro.
Arthur
sorrise a sua volta «Grazie mille, Hunith, voi siete un angelo.» usò la sua
voce da principe, come se Hunith le avesse offerto Ealdor per estendere Camelot
«Già che siete qui vorrei chiedervi una cosa…» aggiunse prima che potessero
andarsene.
Balinor
inarcò un sopracciglio, non era mai niente di buono quando quel moccioso doveva
chiedere qualcosa. Aveva ucciso un altro unicorno? Aveva provocato un griffone?
Era andato a punzecchiare un Anfac? Dei, voleva strozzarlo.
La donna
gli sorrise incoraggiante, dal nervosismo poteva solo immaginare di cosa si
trattasse.
«Ecco…»
Arthur si grattò la nuca, completamente in imbarazzo. Come si chiedeva la mano
di una fanciulla? Soprattutto, come si chiedeva la mano di una fanciulla al
padre che non vedeva l’ora di farlo fuori?
«Per me
va bene.» lo tolse dall’imbarazzo Hunith regalandogli un dolce sorriso materno,
Arthur si chiese se anche sua madre sarebbe stata d’accordo.
Balinor prese
un profondo respiro «Anche per me, ma se provi anche solo a farle versare una
lacrima tu sei morto.» lo minacciò. Il ruolo di padre gli si addiceva,
si sentiva quasi una persona migliore, e minacciare quel ragazzino gli provava
particolare piacere, forse ora capiva perché tutti a corte si lamentassero dei
suoceri.
«Oh, sono
così emozionata!» esclamò Hunith battendo le mani in chiaro segno di felicità
«Non vedo l’ora di cucirle l’abito cerimoniale.» aggiunse tirando il braccio di
Balinor «Devo assolutamente mandare Lancelot a Camelot per comprare della
stoffa e avvertire Gaius che Merlyn non andrà più da lui.» aggiunse più a sé
stessa che ai due uomini.
«Ovviamente,
mia diletta, incaricheremo Lancelot domani mattina per prima cosa.» la
assecondò Balinor felice di vedere l’amata così emozionata.
Hunith
prese le mani di Arthur «Hai qualche preferenza per il colore del vestito?»
domandò gentilmente, mentre alcune persone avevano preso la tradizione
cristiana dello sposarsi in bianco Hunith era decisamente contraria. Amava i
vestiti colorati, qualcosa che emanasse gioia e non semplicità.
Arthur
arrossì leggermente, stava veramente parlando di matrimonio con i suoi futuri
suoceri «Rosso.» rispose d’istinto. Voleva battersi una scarpa sulla fronte, il
rosso era un colore costoso, non c’era alcuna possibilità che potessero
permetterselo.
«Rosso e
oro, ottima scelta, Arthur!» esclamò nuovamente la donna, per nulla turbata
dalla scelta del ragazzo. Aveva dei risparmi, sapeva che prima o poi avrebbe
dovuto dare un minimo di dote per il matrimonio di Merlyn e aveva abbastanza
per permettersi della stoffa di quel colore prezioso.
Balinor
lo guardò sospetto, ma non disse nulla.
L’imbarazzo
venne rotto dall’arrivo di Merlyn. Arthur rimase a bocca aperta, la fanciulla
era semplicemente stupenda e la luce notturna delle stelle la facevano sembrare
una dea.
«Merlyn,
tesoro, stai benissimo.» disse Balinor con gli occhi lucidi dall’emozione
«Quelli sono i colori della mia casata nobiliare.» aggiunse trattenendo un
singhiozzo al ricordo della sua famiglia, della sua infanzia circondato da
vesti blu e argento. Ricordò con rabbia Uther, il suo scherzare sul rendere i
colori di Camelot il rosso e l’oro in quanto l’opposto della sua casata. Ci
aveva riso su, se lo ricordava, gli aveva battuto una mano sulla spalla
dicendogli che era una grande idea.
Merlyn
arrossì «Sembrano i colori di Mercia.» commentò semplicemente, suo zio Gaius le
aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere sui Regni.
Balinor sorrise
«Sì, la nostra famiglia è originaria di Mercia, dopo ci siamo spostati a
Camelot per varie questioni.» divagò senza raccontare di quella che era stata
la sua amicizia con Uther, solo Hunith ne era a conoscenza, ai ragazzi nella
caverna aveva raccontato solamente gli ultimi mesi della sua permanenza a
Camelot e della sua fuga ad Ealdor, non era mai sceso in questioni personali.
«Andiamo,
caro, lasciamoli soli.» lo richiamò Hunith facendo l’occhiolino alla figlia,
doveva andarsene prima di rivelarle della proposta. Era così emozionata, sua
figlia aveva trovato l’amore ed era a conoscenza della sua vera natura. Per
anni aveva temuto che non avrebbe trovato l’amore a causa del suo segreto,
aveva tremato all’idea di vederla sola e triste fino alla fine dei suoi giorni.
Mai come in quel momento ringraziò l’arrivo dei cavalieri di Cenred che avevano
reso l’incontro tra Merlyn e Arthur possibile, ma se era Destino sicuramente si
sarebbero incontrati anche in altre circostanze, magari al mercato di Camelot.
Merlyn
salutò imbarazzata i genitori prima di girarsi verso Arthur «Hey.» disse
spostando una ciocca ribelle dietro l’orecchio. L’uomo sorrise dolcemente,
abbassandosi abbastanza da donarle un bacio a fior di labbra.
Una volta
entrati Merlyn tolse il mantello, posandolo sul piccolo gancio che lei stessa
aveva montato vicino alla porta. La casa era perfetta, Arthur non aveva mai
spostato nulla, l’arredamento era completamente opera della maga.
«Non c’è
niente di pronto…» iniziò leggermente imbarazzato «ho pensato che sarebbe stato
più, ehm, romantico cucinare insieme.» concluse con le guance che
sembravano andare a fuoco. Non si era mai fatto trovare impreparato, solitamente
George preparava tutto di quello che aveva bisogno, anche consegnare fiori alla
fanciulla del momento.
«Oh, ma è
un’idea fantastica!» esordì Merlyn veramente sollevata, già aveva pensato
all’intossicazione alimentare che si sarebbe presa dopo la cena, Arthur era
abile con la spada quanto era negato in cucina. Alzò leggermente le maniche del
vestito e andò a prendere il grembiule bianco che aveva messo in uno dei
cassetti dopo che Arthur le aveva esplicitamente detto che non si sarebbe mai
messo un grembiule per cucinare del porridge.
Il
principe si perse nel vederla lì, bellissima, in quell’aria domestica, pronta a
preparare la cena insieme a lui. Immaginò il resto della sua vita così, magari
con qualche bambino a fare loro compagnia. Ne volva a bizzeffe, tanti piccoli
da addestrare nell’arte della spada e delle piccole da trattare come
principesse. Non aveva mai pensato ad avere dei bambini, forse giusto uno per
continuare il lignaggio dei Pendragon, con una donna che non amava, per
assicurare a Camelot un erede.
Avevano
appena messo il pollo sul fuoco quando Arthur si fece coraggio, era quello il
momento, doveva assolutamente coglierlo. Si schiarì la gola, attirando
l’attenzione di Merlyn che stava sistemando alla meglio il pollo al centro del
fuoco, così da farlo cuocere uniformemente. Si mise in ginocchio, come Morgana
gli aveva insegnato quando giocavano, la solita romantica.
Afferrò
dalla tasca l’anello e mandò giù della saliva.
Merlyn lo
guardò stranita, cosa ci faceva Arthur sul pavimento?
«Merlyn,
tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò,
completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un
discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e
tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non
dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male,
qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso
istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo
cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur
pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo «Poi ti
ho conosciuta veramente, ho capito che sei forse la persona più forte,
coraggiosa e speciale che io abbia mai incontrato in vita mia. Quando siamo
scappati dall’Arena e avevi intenzione di avventurarti per il bosco da sola ho
veramente pensato che tu fossi pazza e con un desiderio di morte.» ricordò
chiaramente anche la diffidenza nei suoi confronti «Poi abbiamo trovato tuo
padre e non andiamo nemmeno d’accordo, per dirla tutta.» aggiunse come piccola
parentesi «Ormai siamo a Ealdor da quasi un anno, ci conosciamo praticamente da
due, e ho imparato a conoscerti a fondo. Non ti fai mettere in piedi in testa
da nessuno, sei una grande lavoratrice, non ti scoraggi mai e hai il cuore più
gentile che io abbia mai incontrato.» sì, era veramente passato tanto tempo da
quando era lontano da casa, ma Camelot non gli mancava per niente, con tutti i
suoi doveri e le persone false che lo circondavano «Al porto di Gederf ho
bevuto del veleno per te, berrei del veleno per te in qualsiasi occasione, mi
prenderei una spada dritta al cuore per te.» le prese la mano, notò che stava
tremando leggermente «Perché ti amo.» disse mostrandole l’anello «Ti amo più di
me stesso e so che siamo in una relazione romantica da solamente due mesi, ma
so che il mio cuore può essere solo tuo.» prese un profondo respiro «Quindi ti
chiedo: Merlyn vuoi rendermi l’uomo più felice su questa Terra e rendermi tuo
marito?» domandò cercando di non oggettificarla, aveva sentito tante di quelle
discussioni tra lei e Lancelot su come le formule matrimoniali fossero
maschiliste. Merlyn non poteva essere sua – mia moglie – ma
Arthur poteva essere suo.
La maga
non guardò nemmeno l’anello per quanto era concentrata a guardare Arthur negli
occhi, nessuno l’aveva mai guardata in quel modo.
«All’inizio
pensavo che fossi un idiota.» rispose trattenendo le lacrime dell’emozione «Lo
sei ancora, ma l’unica differenza è che ora ti amo.» rise allo sguardo offeso
dell’uomo «Perciò sì, Arthur, ti renderò mio marito.» acconsentì fingendosi
altezzosa, come se gli stesse facendo un favore.
Arthur si
alzò per baciarla, il pollo completamente dimenticato tra le fiamme. Le prese
il volto tra le mani, facendo scontrare le loro labbra in un bacio profondo,
come mai prima d’ora. Le mani della ragazza gli circondarono le spalle, spingendolo
contro di sé, in un piacevole invito a continuare.
La stanza
si riempì di farfalle svolazzanti, blu e luminose come loro solito, ogni
secondo in più che baciava Merlyn le farfalle aumentavano.
«Forse
dovremmo fermarci.» suggerì l’uomo senza perdere il sorriso.
Merlyn
annuì ed andò ad aprire la finestra, lasciando che le farfalle uscissero per
librarsi nel cielo.
Quando si
girò a guardare Arthur sentì nuovamente la sua magia spingere per creare nuove
farfalle, ma si trattenne. Era immensamente felice, non si sarebbe mai
aspettata di ricevere una proposta di matrimonio, non quando era cresciuta
sentendosi dire che una bastarda come lei sarebbe morta sola.
Arthur le
prese la mano sinistra e gentilmente infilò l’anello di Ygraine sul suo dito
anulare «Era di mia madre.» disse sorridendo tristamente al suo ricordo.
Merlyn
notò immediatamente che si trattava di vero oro, il fiato le si mozzò in gola.
Arthur non parlava spesso del suo passato, lei non lo aveva mai spinto a farlo,
ma quell’anello dava decisamente via l’informazione che appartenesse alla
nobiltà. Chi altro avrebbe potuto permettersi un anello del genere? Dio, la
pietra era vera? Aveva sul dito quello che valeva le stesse monete che lei non
avrebbe guadagnato nemmeno lavorando fino alla fine della sua vita.
«Grazie,
è stupendo.» si limitò a dire, ringraziandolo sinceramente, si sentiva come se
saltando sarebbe arrivata a toccare il cielo e sentire la consistenza delle
nuvole.
Arthur
notò il suo sguardo indagatore, era ovvio che si facesse delle domande con un
oggetto di valore del genere. La invitò a sedersi a tavola, mentre tirava fuori
il pollo leggermente bruciato «Vengo da una famiglia nobile.» spiegò mentre
tagliava la carne «Ero un cavaliere di Camelot.» aggiunse anche per spiegare le
sue abilità da spadaccino «Ero in missione quando sono stato catturato.» disse
sorridendo divertito al ricordo di come era stato stupido, era stato preso come
un novellino alla prima missione, suo padre si vergognerebbe di lui.
Merlyn
gli prese una mano, stringendola leggermente per fargli capire che non doveva
parlare se non voleva. Il passato delle persone non doveva influenzare il loro
presente. Merlyn lo amava, incondizionatamente.
«Non ho
mai voluto tornare a Camelot, ma nemmeno fermarmi ad Ealdor.» ammise ripensando
ai suoi piani di vagabondare per i regni, un po’ come aveva fatto Gwaine «Ma al
solo pensiero di staccarmi da voi, da te, mi rattristavo. Non ho mai
avuto dei veri amici, tanto meno una fanciulla abbastanza paziente da amarmi.»
le baciò dolcemente la mano, Gwen era dolce e paziente, ma nemmeno lei era
riuscita a sorvolare su alcuni suoi comportamenti. Ovviamente era cambiato, in
meglio, ma era sicuro che anche se avesse incontrato Merlyn nei suoi veri panni
lei si sarebbe innamorata comunque di lui.
«Non so
se avrei sopportato vederti andare via, ormai mi ero affezionata.» ammise la
maga «Poi mi hai fatta innamorare, quindi non potrai più andare da nessuna
parte senza di me.» aggiunse sporgendosi oltre il tavolo, ignorando l’odore
succulento del pollo, per dargli un bacio.
Amava la
sua vita, avrebbe rinunciato a Camelot con piacere.
Lancelot
si guardò intorno leggermente ammaliato, Camelot era così diversa da come se la
ricordava. Nella sua visita d’infanzia non aveva nemmeno notato l’enormità del
castello, o i numerosi banchi nel mercato. Quando era venuto con suo padre,
poco prima della sua morte, era rimasto affascinato solamente dai cavalieri che
si allenavano a pochi passi da loro, mentre il padre contrattava con un
mercante per vendergli la loro migliore lana.
Il popolo
però non sembrava particolarmente felice, camminavano silenziosi, come se
avessero paura che una sola parola sarebbe costata loro la vita.
Si
avvicinò al mercante di stoffe, cercando la stoffa rossa che Hunith gli aveva
chiesto di procurare per il matrimonio di Merlyn e Arthur. Non poteva credere
che Arthur avesse fatto la proposta senza nemmeno prima chiedere consiglio a
nessuno di loro, era completamente fuori dagli schemi. Come poteva il Principe
di Camelot fare un’azione così avventata? Lancelot prevedeva già dei problemi
per il futuro, se lo sentiva nel profondo del cuore che prima o poi la verità
sarebbe venuta a galla, allora lì Balinor gli avrebbe staccato la testa dal
collo.
Scelse la
stoffa più bella ma abbastanza economica e del filo dorato per le ricamature.
Il suo acquisto costò abbastanza da lasciarlo con qualche moneta da ripotare ad
Hunith e Balinor.
Si avviò
verso il castello, la lettera per Gaius stretta in mano. Non sapeva quanto
fosse saggio per lui avventurarsi tra le mura del castello, tutti sembravano
sull’attenti in una maniera preoccupante.
Si era
decisamente perso, per la terza volta si ritrovò davanti la stessa scalinata
che aveva già passato e non se la sentiva di fermare qualche guardia per
chiedere delle informazioni. Correvano tutti, a palazzo, da una parte capì
perché Arthur si stesse rifugiando nella tranquilla campagna.
Girando
l’angolo andò a sbattere contro qualcuno, qualcuno che teneva una cesta piena
di lenzuola, le quali caddero rovinosamente a terra.
«Vogliate
perdonarmi, milady.» si affrettò a dire raccogliendo le pregiate lenzuola,
vergognandosi per non essere stato attento.
«Oh, non
sono una Lady.» rispose la fanciulla e quando Lancelot alzò lo sguardo per
incontrare il suo rimase semplicemente fulminato. Non aveva mai visto tale
bellezza racchiusa in due occhi. Si scordò di Merlyn e dell’amore che aveva
provato per lei. Merlyn in confronto alla donna davanti ai suoi occhi passava
decisamente in secondo piano e non lo diceva con cattiveria.
«Accettate
le mie scuse ugualmente, Miss.» fece un breve inchino, imbarazzato.
«Non c’è
bisogno che vi scusiate, my Lord.» rispose la fanciulla ricambiando l’inchino.
«Oh, ma
io non sono un Lord.» Lancelot pronunciò quelle parole senza rendersi conto di
aver mimato la graziosa donna, si sentì particolarmente stupido e non accadeva
spesso una cosa del genere.
«Allora,
io sono Gwen, voi siete?» la donna gli sorrise dolcemente, la pelle delle
guance si macchiò di un leggero rossore, nascosto dal carnato caramello.
«Lancelot,
al vostro servizio.» rispose porgendole la cesta con le lenzuola. Era veramente
la peggior figura che avesse mai fatto, fortunatamente non c’era Gwaine a
commentare, quell’uomo riusciva a rendere una situazione già imbarazzante di
suo peggiore.
«È un
piacere avervi conosciuto, non si vedono stranieri da tanto tempo qui a
Camelot.» commentò coprendosi subito la bocca, come se avesse dato via
un’informazione di importanza cruciale.
«Vogliate
scusarmi.» aggiunse Gwen spostando il peso da un piede all’altro, decisamente a
disagio «Sfortunatamente da quando il Principe Arthur è scomparso è raro che
forestieri vengano in città, temono che possano essere convocati dinanzi a Re
Uther per essere indagati sul rapimento del Principe.» spiegò ricordando
amaramente la pazzia che colpì il loro Re quando le tracce del figlio si
persero. Erano passati due anni, ma l’uomo non aveva ancora perso la speranza,
finché non avrebbe avuto un corpo su cui piangere il Principe Ereditario Arthur
Pendragon era in vita.
Lancelot
si sentì in colpa, la gente soffriva la scomparsa del proprio principe e lui
sapeva esattamente dove si trovasse. Non avrebbe mai e poi mai fatto la spia,
non voleva che il sogno d’amore dei suoi due amici finisse in frantumi.
L’uomo si
guardò intorno a disagio, non sapeva veramente cosa dire, non sapeva mentire,
quindi decise di buttarsi su un altro argomento «Ho una lettera per Gaius, il
medico di corte, sa dove posso trovarlo?» domandò facendo il suo migliore
sorriso.
Gwen
annuì con sicurezza «Sto andando da lui in questo momento, devo prendere una
cosa per la mia Signora, se vuole posso portare anche la sua lettere.» si offrì
con la sua tipica gentilezza.
Lancelot
non sapeva se fidarsi o meno, non sapeva cosa Hunith avesse scritto nella
lettera, magari qualcosa di compromettente su Merlyn e Arthur, ma era una donna
intelligente, quindi consegnò la lettera alla donna «Se potete dirgli che è da
parte di Hunith di Ealdor.» chiese gentilmente, senza dover andare dal medico
sarebbe tornato prima del tramonto a Ealdor.
«Certamente.»
rispose posando la lettera sopra le lenzuola nel cesto «A presto, Lancelot.»
salutò impacciatamente, evitando di guardarlo.
«A presto, Gwen.» rispose inchinandosi un’altra volta.
Allontanandosi da palazzo per andare a recuperare il cavallo di Matthew sentì
il cuore dolergli. Forse un giorno sarebbe tornato e avrebbe cercato Gwen.
⸸⸸⸸
Petronilla
girava intorno a Merlyn con fare predatorio, le due ragazze erano nel bosco, la
maga era andata alla ricerca di fragole da spartire con i suoi amici nel tardo
pomeriggio una volta tornato Lancelot.
Non si
sentiva particolarmente intimidita, ma non voleva nemmeno avere guai. Ranulf
sicuramente sarebbe venuto a sapere di qualsiasi litigata con la sorella e
sarebbe andato dritto da lei con l’intenzione di picchiarla.
«Dimmi, bastarda,
come hai fatto a convincere un uomo per bene a sposarti?» domandò fermandosi
davanti a lei, aveva le mani posate sui fianchi, il busto leggermente sporto
verso di lei, come se fosse pronta ad attaccarla.
«Vuoi dei
consigli? Da sola non ce la fai?» le domandò imitando la sua posizione, a quel
gioco potevano giocare in due.
Petronilla
rise «Ma fammi il piacere!» urlò spaventando alcuni degli uccelli posati sugli
alberi vicini «Io sono una donna rispettabile, con una buona famiglia, tu sei
solo la figlia di due scostumati!» l’accusò avvicinandosi tanto che i loro nasi
si sfiorarono.
Merlyn
dovette resistere alla tentazione di spintonarla e farla cadere sul cespuglio
di rovi, le sue spine le avrebbero sicuramente causato delle belle ferite. Fece
un passo verso di lei, come a voler far incontrare finalmente le loro facce, ma
Petronilla ne fece uno indietro, chiaramente spaventata.
«Però
guarda un po’, quella che si sposa sono io, non tu.» sibilò stringendo i pugni,
si era stancata di vivere in quel modo, con tutti che credevano le si potesse
dire qualsiasi cattiveria. Forse avrebbe chiesto a Arthur di trasferirsi,
magari in un piccolo villaggio nel Regno di Nemeth, aveva sentito che lì erano
più aperti alla magia, forse avrebbe potuto trovare lavoro come curatrice
utilizzando le sue doti magiche.
Petronilla
arrossì fino alla base del collo «Per colpa di quella puttana di tua
madre mia sorella è stata picchiata e messa in punizione. Mia madre era
furente!» disse spingendola «Dovete sempre rovinarci la vita voi poco di
buono!» aggiunse facendola cadere a terra. Merlyn si rialzò togliendo dai
pantaloni una povera coccinella che era finita vittima del suo peso.
Senza
indugiare ulteriormente la maga caricò contro la nemica e la spinse malamente
sopra il cespuglio «Non ti azzardare ad insultare mia madre.» le disse
puntandole contro il dito indice. Potevano chiamarla come volevano, farle gli
scherzi e prenderla in giro, ma nessuno doveva azzardarsi a rivolgere
cattiverie contro sua madre.
La
ragazza urlò dolorante, cercò di alzarsi senza strappare i vestiti impigliati
«Che tu sia maledetta!» imprecò contro la maga.
Merlyn sospirò pesantemente e raccolse il suo cesto,
senza nemmeno rivolgerle parola tornò sui suoi passi fino a tornare a casa sua.
Era triste, stanca, delusa e soprattutto senza fragole.
⸸⸸⸸
Gwaine
saltò sopra le spalle di Parsifal «Okay, ora vai un po’ più a destra.» istruì
cercando di afferrare un frutto dall’albero della signora Imogen. La donna era
una vera arpia, non condivideva mai con nessuno le sue pere e Gwaine si era
stancato delle mele.
«Riesci a
fare un passo avanti?» domandò vedendo che gli mancava veramente poco per
afferrare il frutto proibito. Parsifal si ritrovò con le ginocchia
completamente attaccate alla staccionata di legno e guardò nervosamente verso
la casa, la signora Imogen aveva già inseguito loro con un coltello alla mano
quando avevano provato a prendere una delle sue insalate dall’orto dietro casa
sua. Era certamente la donna più odiata di tutta Ealdor e loro degne sottoposte
le figlie e il figlio.
Gwaine
prese finalmente la pera, voleva urlare dalla gioia e sbatterla sulla faccia di
Imogen per dimostrarle che nemmeno una staccionata più lontana dall’albero gli
avrebbe fermati.
«Corri!
Corri!» esclamò indicando Bertrada gridare alla madre di uscire per vedere dei
ladri. Parsifal afferrò i polpacci dell’amico e si diede alla fuga.
Fortunatamente Gwaine non pesava nulla in confronto ai suoi muscoli, quindi fu
facile correre via con l’uomo sulle spalle. Non si fermò fino a quando non
arrivarono davanti la porta di casa.
«E anche
questa volta l’abbiamo scampata!» esultò il castano battendogli il cinque, quei
due insieme erano una vera coppia di criminali.
«Forse
dovremmo piantare noi il nostro orto.» propose l’altro decisamente stanco di
tutte quelle corse per evitare di essere beccati e poi il lavoro duro toccava
sempre a lui.
Gwaine lo
guardò dubbioso «Io non so coltivare un orto.» gli fece presente muovendo le
dita delle mani, decisamente ben curate e che non avevano mai arato un campo.
C’erano segni di lotta, i calli per gli allenamenti con la spada, ma nulla che
suggerisse l’umile arte della coltivazione.
Entrarono
in casa sentendo in distanza le urla di Imogen sgridare la figlia dandole della
bugiarda in quanto lei non aveva visto nessuno rubare le pere, quella povera
ragazza stava vivendo veramente dei giorni d’Inferno e di Osbert non ce n’era
l’ombra. Erano ormai passata una settimana da quando la loro storia era venuta
a galla e nemmeno il padre era riuscito a ritrovarlo nella foresta. Arthur lo
aveva dato per morto, Lancelot per disperso, a Gwaine non fregava nulla.
«Io so
prendermi cura di un orto.» disse Parsifal arrossendo leggermente, sicuro che
un uomo come Gwaine lo avrebbe preso in giro per una cosa del genere.
Il
castano spalancò la bocca sorpreso «Ma è fantastico!» urlò afferrando il
coinquilino per le spalle «Perché non me l’hai detto prima?!» domandò
guardandolo negli occhi, luccicavano dall’emozione di tale notizia. Addio furti
ed elemosina da parte di Hunith, potevano crescere la loro frutta!
«Io…
ecco, credevo mi avreste preso in giro.» ammise ricordandosi dei suoi vecchi
vicini. Lo avevano sempre guardato con disprezzo, sussurrando tra di loro
ogniqualvolta uscisse. Parsifal odiava la gente che bisbigliava.
Gwaine sorrise «Ma no, tutti gli uomini dovrebbero essere
come te!» esordì battendogli una mano sulla schiena mentre si dirigeva verso la
porta di casa per andare a chiedere ad Arthur di prestargli degli attrezzi «Noi
uomini non possiamo certo sempre dipendere dalle donne.» aggiunse con tanto di
occhiolino e Parsifal non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo, anche
perché era più preoccupato a calmare il suo cuore.
⸸⸸⸸
Balinor
lo guardò senza sorridere. Non poteva sorridere. Quell’uomo si stava portando
via sua figlia. La sua adorata figlia che conosceva da troppo poco tempo.
Arthur
fece finta di non sentire lo sguardo omicida di Balinor su di sé, sorrise
cordialmente ad Hunith quando gli passò una tazza di tea fumante. Essere da
solo, senza Merlyn, lì dentro lo faceva sentire in pericolo.
Balinor
lo aveva già più volte aggredito con la sua magia, così differente da quella
della fanciulla, e i ricordi del loro primo incontro rendevano questa
situazione ancora più imbarazzante. Si immaginò quello stesso incontro anche
con Uther e Morgana, poteva quasi vedere la faccia disgustata del padre, seduto
in quella piccola e modesta casa, e quello felice di Morgana, l’unica che lo ha
sempre spronato a cercare il vero amore e non farsi incastrare in un matrimonio
combinato.
«Esattamente,
perché vorresti sposare mia figlia?» domandò ancora una volta l’uomo, per
niente convinto delle intenzioni del giovane. Non poteva permettergli di
prendersi gioco di Merlyn, la ragazza aveva già sofferto abbastanza.
Arthur
deglutì a vuoto «Perché mi ha reso una persona migliore.» cominciò incoraggiato
dal sorriso di Hunith, l’unica veramente felice della futura unione «Merlyn è
la donna più coraggiosa e determinata che io abbia mai conosciuto. Non si è mai
fatta problemi ad insultarmi o contestarmi.» aggiunse sentendosi un po’ come un
bambino «Non mi dà retta, usa il suo cervello, nessuno può fermarla e…» si
bloccò sorridendo «ed è l’onore più grande della mia vita poter essere amato da
lei.» concluse arrossendo. Chi lo avrebbe mai detto che fosse un romanticone,
lui, che era stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.
Ricordò
alcune principesse che suo padre gli aveva presentato, completamente prive di
personalità, sempre d’accordo con lui. Pensò a Gwen, la quale nonostante fosse
determinata lo accontentava e spesso taceva sui suoi comportamenti scorretti.
Sicuramente Merlyn, avesse dovuto conoscerla a Camelot, lo avrebbe trattato
come suo solito, fregandosene del suo titolo.
Balinor
si toccò la fronte, cercando di trovare qualche appiglio per impedire le nozze,
ma il ragazzo sembrava totalmente sincero e sua figlia non faceva altro che
sorridere da quando aveva ricevuto la proposta.
L’uomo si
alzò in piedi, posando le mani a palmo aperto contro il tavolo. Piegò il busto
in avanti avvicinandosi così ad Arthur «Falla piangere anche una sola volta e
tu sei finito.» lo minacciò facendo illuminare gli occhi come se stesse per
usare la magia. Hunith schiaffò una mano contro il braccio dell’amato «Come se
tu non mi avessi fatto piangere.» gli ricordò mettendolo in imbarazzo, oh, solo
lei ricordava tutte le lacrime versate dopo la sua fuga, moltiplicate dopo aver
scoperto di portare il frutto del loro amore in grembo, ma aveva pianto anche
prima, quando lui continuava a rifiutarla dicendole che non era una scelta
saggia amare un fuggitivo.
Arthur si
schiarì la gola «L’ultimo dei miei obbiettivi è farla piangere, credetemi.»
disse sicuro di sé. Poche volte aveva visto Merlyn piangere, ma ogni singola
volta si era sentito completamente impotente e si era ripromesso che non
sarebbe accaduto mai più. Le uniche lacrime che sarebbero stata accettate
sarebbero state quelle di gioia.
«Ho visto
l’anello che le hai regalato.» commentò Balinor assottigliando lo sguardo «Oro
vero, per di più con un rubino.» aggiunse in tono sospettoso. Quel ragazzo
nascondeva un bel segreto, ma infondo chi non ne aveva uno?
Il biondo
distolse lo sguardo «Un cimelio di famiglia, era della mia defunta madre.»
rispose sperando che Balinor non connettesse i puntini e arrivasse alla
conclusione che davanti ai suoi occhi c’era il Principe di Camelot.
Hunith
gli posò una mano sulla spalla «Tua madre sarebbe fiera di te, Arthur, e sono
sicura che Merlyn tratterà con il dovuto rispetto il tuo cimelio di famiglia.»
lo rassicurò sorridendogli dolcemente e Arthur ricambiò. Huntih era una donna
deliziosa, ora capiva da chi Merlyn avesse ereditato la dolcezza.
La porta
venne spalancata dalla fanciulla, la quale teneva tra le mani il cesto di
vimini vuoto, lo sguardo furioso e i vestiti sporchi di terra, segno che era
caduta. Non salutò nemmeno, buttando a terra il cesto e chiudendosi dentro la
stanza dei genitori, bloccò la porta con una sedia e si sedette per terra al
muro opposto. Incrociò le gambe e le braccia, fissando con astio il pavimento.
Petronilla l’aveva veramente fatta arrabbiare!
Sentì
qualcuno bussare alla porta, ma decise di ignorare, era troppo arrabbiata e
sentiva la sua magia sfuggirle di controllo. Chiunque fosse dall’altra parte
sembrò non mollare, continuando a bussare e provando a spingere via la sedia da
davanti la porta, ma senza impegnarsi veramente, cercando di darle la
possibilità di alzarsi e aprire lei stessa.
Sentì la
porta principale chiudersi, segno che dovevano averla lasciata da sola. Sospirò
pesantemente e sentì le lacrime minacciare di colarle lungo il viso. Non voleva
piangere per colpa di Petronilla, ma era ferita, la sua reputazione era stata
denigrata troppe volte e lei stava cedendo alle cattiverie. Aveva paura che un
giorno Arthur si sarebbe pentito della sua decisione di sposarla, che un giorno
si sarebbe svegliato chiedendosi perché non avesse corteggiato una ragazza di
buona famiglia come Evelune.
«Merlyn,
apri la porta, per favore.» la voce di Arthur era dolce, non sembrava
arrabbiato per il suo comportamento, anzi sembrava preoccupato.
«Voglio
stare sola.» rispose con voce tremante, le mani strette in pugni serrati. Non
doveva piangere, non doveva cedere e soprattutto Arthur non doveva vederla in
quello stato. Sicuramente non voleva sposare una piagnucolona.
«Possiamo
stare soli insieme, se vuoi.» propose l’uomo dall’altra parte. Il biondo posò
la fronte contro la porta, cercando di usare le parole giuste. Quante volte
aveva dovuto consolare Morgana dopo una litigata con il padre, a sue spese
aveva imparato cosa dire e cosa non dire di fronte ad una donna arrabbiata. Ma
quella non era una donna qualunque, non era Morgana, non era Gwen, era Merlyn,
la donna che amava, la maga che gli aveva metaforicamente stregato il cuore.
Voleva starle vicino, poterla rassicurare e attraversare con la spada chiunque
avesse osato ridurla in quello stato. Ealdor era sicuramente un posto non
adatto a loro, ma dubitava che Merlyn avrebbe lasciato sua madre e il padre da
poco ritrovato, in più era pericoloso per lui viaggiare, i cavalieri di Camelot
avrebbero potuto trovarlo e portarlo via.
Sentì la
sedia venire spostata, poi la porta si aprì e Arthur incontrò il viso rosso
dell’amata, ma nemmeno una lacrima macchiava il suo viso nonostante gli occhi
lucidi. Stava per dirle qualcosa, ma la fanciulla gli afferrò il viso tra le
mani, tirandolo verso il basso, fino a far scontrare le loro labbra e – Dio –
Arthur adorava baciarla.
Le cinse
la vita con le mani, facendo cozzare i loro corpi, voleva rimanere in quella
posizione per tutta la vita, amava sentire il corpo caldo di Merlyn
contro il suo, era come se tutte le torce di Camelot bruciassero nel suo
stomaco. La maga portò le mani tra i suoi capelli, scompigliandoli, e afferrò
le bionde ciocche quasi a fargli male.
Il
principe di Camelot la trascinò fuori dalla stanza, solo per poi spingerla
delicatamente contro il muro vicino la porta. Posò le mani sulle spalle della
fanciulla, non fidandosi di sé stesso, solo Dio sapeva dove sarebbe andato a
toccare se non avesse a cuore la reputazione della promessa sposa.
Merlyn
non riusciva a fermarsi, era così disperata, voleva sentirsi amata come
mai prima. Voleva trasmettere ad Arthur tutto l’amore che provava per lui,
voleva sentirlo vicino ed eliminare le insinuazioni di Petronilla. Lasciò
andare i capelli dell’amato e si aggrappò alle sue spalle, sentì i muscoli tesi
sotto la stoffa della tunica e ricordò della cicatrice che lei stessa aveva
cucito molto tempo fa, dopo uno dei numerosi combattimenti nell’arena.
Arthur si
staccò riluttante, non voleva veramente, ma dovevano fermarsi prima di fare
qualcosa di cui si sarebbero pentiti. Merlyn lo stava guardando con occhi languidi,
qualsiasi cosa l’avesse scossa doveva averla lasciata senza energie, tanto che
solamente grazie al muro alle sue spalle si reggeva ancora in piedi. Le carezzò
il viso fermando la mano alla base del collo «Merl, dimmi cosa ti è accaduto.»
lo chiese con un filo di voce, lo sguardo preoccupato, si sentiva anche lui
esausto. Quella semplice interazione intima, ma molto intensa, sembrava avergli
prosciugato tutte le energie.
La
ragazza si morse il labbro gonfio per tutti quei baci e distolse lo sguardo, come
poteva dirgli che Petronilla era riuscita a seminare in lei un dubbio: lei era
veramente una poco di buono? Certamente non era come le altre, nessuna aveva
mai indossato i pantaloni come lei, nessuna era mai stata lontana da casa, e
certamente nessuna era mai tornata con cinque uomini per poi finire a sposarsi
uno di loro.
Arthur le
afferrò gentilmente il mento costringendola ad incontrare nuovamente il suo
sguardo «Qualsiasi cosa ti abbiano detto, non crederci Merlyn. Tu sei in
assoluto la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto, ringrazio di
essere finito in quell’Inferno di arena ed averti conosciuto.» la rassicurò
prima di sentire qualcuno sbattere prepotentemente contro la porta di casa di
Merlyn.
La maga
gli afferrò la mano, impedendogli di andare «Non ti preoccupare, sicuramente è
per me.» disse ben sapendo che dall’altra parte c’erano le conseguenze dei suoi
atti.
Quando
aprì la porta vide Ranulf rosso di rabbia, Petronilla aveva ancora tra i
capelli dei rovi e stava piangendo contro il petto della madre, mentre urlava
che quell’arpia di Merlyn l’aveva aggredita nel bosco.
Ranulf
afferrò la fanciulla per la giacca che stava indossando e la buttò a terra, fu
tutto così veloce che nessuno riuscì a fermarlo e Merlyn cadde rovinosamente senza
avere nemmeno il tempo per provare a frenare la discesa verso il suolo.
«Brutta
bastarda!» Ranulf tirò indietro una gamba, ma questa volta fu troppo lento,
l’elemento sorpresa era svanito e Arthur lo fermò afferrandolo, lo manovrò in
modo di farlo cadere pesantemente e posò il piede sul collo senza mettere
troppa pressione. Ranulf portò le mani intorno alla caviglia del principe,
provando a sollevarlo, ma era praticamente impossibile.
Merlyn si
alzò a sua volta, pulendosi il viso sporco con la manica della giacca «Arthur,
lascia perdere, è un mio problema.» lo invitò gentilmente posandogli una mano
tra le scapole, poteva vedere Ranful iniziare a boccheggiare in cerca d’aria.
Il
principe ascoltò, rispettava le decisioni di Merlyn, ma non voleva dire che era
d’accordo. Infatti tolse il piede, ma non si mosse di un millimetro, lo sguardo
fisso sul nemico, pronto ad intervenire alla prima mossa sbagliata.
«Cosa
vuoi questa volta, Ranulf? Tua sorella non sa fare altro che venire a piangere
da te?» domandò a testa alta, poteva aver avuto un piccolo crollo, ma venire
aggredita da quel cavernicolo le aveva fatto capire che non era lei il
problema, erano gli abitanti di Ealdor a non andare bene, non lei.
Provocarlo
non era certo la cosa giusta da fare, in più altre persone si erano avvicinati
richiamati dalle urla e Merlyn non voleva dare per l’ennesima volta spettacolo.
«Piccola
bastarda, che ne sai tu? Nessun uomo avrebbe mai il coraggio di difendere una
disgraziata come te.» disse l’uomo chiaramente arrabbiato, ma Arthur lo trovò
stupido. Si era forse dimenticato che fino ad un minuto prima era sotto il suo
piede?
Merlyn
sorrise dolcemente «Buona cosa allora che non ho bisogno di un uomo, non
credi?» e ouch, Arthur quasi si sentì inutile. Era cresciuto con Morgana che
gli ricordava ogni giorno che in un futuro avrebbe dovuto difendere a spada
tratta la sua amata, essere il cavaliere in armatura splendente pronto a
salvare la situazione, ed ora si ritrovava perdutamente innamorato di una donna
che senza alcun dubbio sapeva prendersi cura di sé stessa.
Ranulf
sputò a terra, proprio a pochi centimetri dagli stivali di Merlyn «Questa volta
non la passerai liscia, Merlyn, questa volta completerò quello che non ho fatto
anni fa.» la minacciò a denti stretti, lo disse a bassa voce, come se non
volesse che gli altri sentissero.
«Provaci.»
lo sfidò la fanciulla sostenendo lo sguardo, per niente intimorita dalle
minacce di un bullo.
Petronilla
si staccò dal petto della madre «Idiota, sfida a duello il suo promesso sposo!»
suggerì con lacrime da coccodrillo.
Merlyn
alzò gli occhi al cielo, non avrebbe mai permesso ad Arthur di combattere per
lei, aveva già avuto la sua lunga serie di combattimenti nell’arena e dubitava
Ranulf avesse anche una mezza possibilità contro di lui.
«Oggi, al
tramonto.» offrì Arthur allungando la mano, come a sigillare un patto. Quando
Ranulf la strinse il cavaliere strinse la presa, fino a farlo cadere in
ginocchio dal dolore «E se vincerò non dovrai mai più nemmeno osare posare il
tuo sguardo su Merlyn.» aggiunse con tono minaccioso.
«E se
vincerò io» le parole uscirono a fatica dal bullo «mi scoperò quella puttana
davanti i tuoi occhi.» bisbigliò facendosi udire solamente dal biondo. Arthur
non cedette alla provocazione, ma il desiderio di dargli un pugno gli fece
prudere la mano libera. Sarebbe stato ingiusto e scorretto duellare contro di
lui dopo avergli rotto qualche dente e un occhio nero.
Merlyn
sbuffò, ma non riuscì a non arrossire. Le sembrava di essere in una delle fiabe
che sua madre le raccontava da piccola, quelle dove un principe combatteva per
difendere l’onore dell’amata. Quando Imogen e figli scomparvero dalla loro
vista la fanciulla si girò a guardare Arthur «Non dovevi.» disse sorridendo
comunque, stranamente non era arrabbiata.
«Volevo.»
rispose il principe cingendole le spalle con un braccio mentre la guidava a
rientrare in casa «In più mi porterà enorme soddisfazione rompergli il naso con
il pomolo.» aggiunse andando a prendere un panno per pulire il viso della
fidanzata.
La maga scosse
divertita la testa «Non fargli troppo male, o la nostra vita qua ad Ealdor
peggiorerà.» disse ben sapendo di quanto fosse vendicativo il ragazzo.
Arthur
annuì «A cosa si riferiva prima, quando ha parlato di finire cose che aveva
iniziato anni fa?» domandò curioso. Sapeva che il passato di Merlyn non doveva
essere stato facile, tutti quei mesi aveva sentito più storie su come i ragazzi
della sua età l’avevano tratta crescendo e aveva quasi paura da quello che
Ranulf aveva potuto intendere.
«Successe
quando avevo solamente tredici estati» iniziò la fanciulla – «Ah, quindi
quattro anni fa.» suggerì Arthur facendola ridere – «Provò a vendermi ad un
viandante, sai, come…» non riusciva nemmeno a dire a parole quello che Ranulf
aveva progettato per lei «Fortunatamente la mia magia intervenne quando l’uomo
mi stava praticamente trascinando verso il suo cavallo, mia madre non era
nemmeno in casa, era dalla signora Lovota per assisterla nel parto.» disse come
se non fosse una cosa grave.
Arthur
posò la pezza sul tavolo e le prese dolcemente il viso tra le mani «Merlyn, se
tu un giorno vorrai andare via da qua ti basterà dirmelo, ti porterò il più
lontano possibile.» le disse sentendosi il cuore stringersi. Com’era pericolosa
la vita di campagna, lui che era cresciuto uomo e reale non aveva la più che
ben minima idea di cosa volesse dire vivere quei tipi di pericoli. Quante volte
aveva sentito povere madri pregare il grande re Uther Pendragon di aiutarle a
riavere le loro povere figlie rapite nella notte da uomini che aveva più in
comune con dei porci che altri uomini. Prima non aveva mai dato attenzione a
quelle storie, ma sapere che una cosa del genere sarebbe potuta succedere a
Merlyn gli spezzava il cuore.
Per un
secondo desiderò tornare a Camelot per diventare re e poter proteggere tutte le
fanciulle del mondo, difenderle da quegli uomini perversi, ma tornare a casa
voleva dire lasciare Merlyn e non poteva. Ormai la sua vita era completamente
di Merlyn, il futuro non esisteva se lei non era al suo fianco.
La maga
si chinò a baciarlo, fu un semplice sfiorarsi di labbra «Non lascerò casa mia
solo perché un gruppo di idioti mi ha ferita, non sono una che scappa.» rispose
guardandolo dolcemente, veramente addolcita perché mai si sarebbe aspettata
quel lato così romantico e preoccupato di Arthur.
Si baciarono ancora una volta, le mani strette e il cuore
che batteva con il ritmo dell’amore.
⸸⸸⸸
Lancelot
scese da cavallo che era ormai il tramonto e si sorprese nel non vedere nessuno
nei campi a lavorare. Questa cosa certamente non prometteva nulla di buono,
cosa c’era più importante del raccolto?
Vide
Gwaine venirgli incontro «Sei arrivato giusto in tempo, Lance!» esclamò
iniziando a tirarlo per un braccio, come un bambino che voleva mostrare alla
mamma un disegno di cui andava fiero.
«Dove
sono tutti?» domandò il castano cercando di non far cadere a terra le stoffe.
«Arthur
sta per combattere contro Ranulf, sono tutti ad assistere!» disse con tono
ovvio, come se Lancelot non fosse appena tornato da Camelot.
Trovarono
i due innamorati al bordo di quell’arena improvvisata.
«Tieni,
ho letto che di solito si fa così.» stava borbottando imbarazzata Merlyn mentre
legava uno dei suoi fazzoletti al braccio di Arthur, il quale – lo avrebbe
negato fino alla morte – stava arrossendo. No signore, i Pendragon non
arrossivano, tantomeno si emozionavano per un semplice pezzo di stoffa.
Arthur
baciò la mano di Merlyn «Se vincerò prometto di sposarti appena tua madre
finirà di cucire il tuo abito, non posso aspettare un solo attimo in più.» sussurrò
in modo che solo lei potesse sentirlo. Voleva sposarla, voleva renderla una
donna degna di rispetto in quel piccolo villaggio, voleva che Ranulf smettesse
di importunarla e minacciarla. Voleva essere suo marito ed amarla fino a quando
avrebbe esalato l’ultimo respiro.
«Sono
sicura che vincerai.» rispose la ragazza posandogli una mano contro il viso
«Sto per sposare il miglior spadaccino di Albion, dopotutto.» aggiunse sapendo
di dover lodare l’amato, altrimenti il suo ego ne avrebbe sofferto.
Arthur
sorrise orgoglioso, lui era veramente il miglior spadaccino di tutte le terre,
ma sentirselo dire dalla sua promessa sposa valeva più di quante volte avesse
sentito il padre lodarlo (che erano veramente poche).
«Basta
piccioncini.» intervenne Gwaine «Ora Arthur vai là e rompigli tutte le ossa.»
lo incitò mentre Ranulf sembrava più pallido del solito e la spada che teneva
in mano tremava leggermente.
Merlyn
gli sorrise un’ultima volta, poi l’uomo si allontanò andando al centro
dell’arena.
«Ma lo sa
vero che subirà un’umiliazione troppo grande per lui?» domandò Lancelot con
ancora le stoffe tra le mani.
Infatti,
nemmeno a dieci secondi dall’inizio del combattimento la spada di Ranulf volò
oltre l’arena, lasciandolo indifeso.
«Riprendila.
Ti darò un’altra possibilità.» concesse Arthur, cavaliere fino al midollo.
Il
contadino corse dalla sua arma e rosso di rabbia tornò a guardare il biondo.
Caricò urlando pieno di rabbia, puntando dritto al cuore del principe, ma
Arthur lo disarmò nuovamente.
«Hai
un’ultima possibilità, Ranulf, ma se sceglierai di prendere nuovamente la
spada, al prossimo colpo, vedrò bene di tagliarti delle dita; la tua altra opzione
è di arrenderti e non guardare mai più nemmeno per un secondo della tua
miserabile vita Merlyn.» gli concesse, facendosi udire da tutti i presenti,
come se non avesse appena minacciato il ragazzo di farlo rimanere senza dita.
Balinor
sorrise compiaciuto, quel ragazzino ci sapeva fare e sembrava veramente
innamorato della sua Merlyn, forse lo aveva giudicato male.
Petronilla
tremò, preoccupata per il fratello, quando lo vide chinarsi per raccogliere la
spada – orgoglioso e stupido – dovette per forza intervenire, non voleva un
fratello storpio «No! Fermo, è colpa mia.» ammise attirando l’attenzione di
tutti «Sono andata io nel bosco a provocarla, me la sono cercata.» disse
arrossendo fino alle punte delle orecchie. Mai in vita sua avrebbe creduto che
un giorno avrebbe dovuto ammettere di aver provocato quella bastarda, ma
voleva troppo bene a suo fratello per lasciarlo ferirsi per difendere il suo
onore, non quando il suo opponente era decisamente più forte ed abile.
Arthur
sorrise «Bene, ora scusati con la mia promessa sposa.» ordinò indicando Merlyn
che a sua volta sorrideva soddisfatta che la verità fosse venuta a galla.
Petronilla
fece una faccia disgustata «Mai!» urlò orgogliosa quanto il fratello, non si
sarebbe mai abbassata a scusarsi con una persona come Merlyn, per lei era
solamente una bastarda che non doveva nemmeno esistere.
Arthur
scosse la testa e alzò la spada, pronto ad invitare Ranulf a raccogliere la sua,
ma Merlyn gli mise una mano sul braccio «Non ho bisogno delle sue scuse,
Arthur.» disse guardando i due fratelli «Ha vinto lui, Ranulf, vedi di tenere
fede alla tua parola.» aggiunse semplicemente prima di prendere la mano
dell’amato e portarlo via, lasciando gli altri abitanti di Ealdor a bisbigliare
tra loro, mettendo in dubbio la reputazione di Petronilla.
«Peccato,
avrei voluto vedere un po’ di sangue.» commentò Gwaine guardando Parsifal in
cerca d’approvazione.
Merlyn
scosse la testa, i suoi amici erano veramente incorreggibili. Raggiunsero i
suoi genitori e Hunith abbracciò stretta al petto Arthur, ringraziandolo per
aver difeso la sua bambina, mentre Balinor sussurrava alla fanciulla un
incantesimo da usare per far venire a Petronilla una perdita precoce di
capelli.
Il Sole
stava tramontando alle loro spalle e Arthur guardò la sua promessa sposa pieno
d’amore.
No,
nessun Regno, nessun trono, assolutamente nulla lo avrebbe portato via da
Merlyn.
Arthur non si era mai sentito così nervoso in vita sua, non quando
suo padre lo aveva spinto ad entrare nel primo torneo, non quando era stato
catturato dagli uomini di Cenred e nemmeno quando aveva visto Merlyn usare la
magia per la prima volta.
Era arrivato il momento, stava per sposare la donna che amava, una
cosa che non si sarebbe mai sognato due anni prima, ancora alla corte di
Camelot, dove suo padre lo avrebbe svenduto alla prima principessa per creare
un’alleanza. Morgana lo aveva sempre incitato ad opporsi, a convincerlo a
sposarsi solamente per amore, ma Arthur ancora non sapeva cosa fosse l’amore.
Non lo aveva scoperto fino a quando una maga era entrata nella sua vita e lo
aveva metaforicamente stregato.
Gwaine gli batté una mano sulla spalla «Ricordati cosa ti ho detto
ieri, principessa.» gli sussurrò facendogli l’occhiolino e il biondo arrossì.
La notte prima delle sue nozze l’amico era sceso anche nei dettagli più
particolari di come si facesse l’amore con una donna, dandogli consigli ed elencandogli
una lunga lista di cose da non fare per non rendere la loro prima esperienza un
fiasco totale. Lancelot si era limitato a dirgli che molto probabilmente non
sarebbe nemmeno successo nulla quella sera, che certe cose prendevano tempo e
che in nessun modo avrebbe dovuto mettere fretta a Merlyn. Parsifal non aveva
detto nulla, rimanendo seduto nell’angolo della stanza, anche perché non aveva
la minima idea di come si facesse l’amore con una donna, non aveva alcun
consiglio da dare, limitandosi ad ascoltare Gwaine raccontare delle sue mille
avventure, sentendo una strana stretta al cuore.
Balinor lo stava incenerendo con lo sguardo, passando di tanto in
tanto portando dei fiori che Hunith aveva confezionato per decorare un piccolo
percorso da far percorrere a Merlyn prima di arrivare dal suo futuro marito.
Il prete di Engerd era talmente anziano
che rischiava di morire da un momento all’altro, ma Ealdor non era in possesso
di un ufficiale religioso per celebrare le nozze cristiane, mentre quelle
seguendo il rito dell’Antica Religione si sarebbero tenute al calar del Sole,
sotto la guida di Balinor.
La cerimonia si sarebbe svolta dietro il fienile di Will, il
ragazzo aveva messo a disposizione quello spazio per il matrimonio della sua
migliore amica nonostante l’astio verso lo sposo e aveva aiutato nelle
decorazioni come meglio poteva, cioè ripulendo lo spazio da qualsiasi traccia
di sterco.
Non avevano invitato nessuno a partecipare, ma questo non aveva
fermato alcuni curiosi – tra cui la signora Imogen – a fermarsi a pochi passi
dal fienile, attendendo pazientemente l’arrivo della sposa. Bene o male erano
tutti curiosi di vedere come la stramba del villaggio fosse riuscita ad
accalappiarsi un uomo, alcuni – come Petronilla – nella speranza di vederla
magari lasciata all’altare.
«Nervoso?» chiese Lancelot sistemandogli il mantello che Hunith
gli aveva cucito con la stoffa avanzata del vestito di Merlyn, l’uomo dovette
mordersi la lingua prima di dirgli che così somigliasse ad un cavaliere di
Camelot.
«Io non sono mai nervoso.» rispose il principe con una goccia di
sudore che andava formandosi sulla fronte, colpa del Sole! Insomma, stava per
sposarsi, non stava per andare in guerra contro Nemeth.
Gwaine rise, meritandosi una gomitata da parte di Parsifal «Oh, andiamo,
ieri stava per farsela nei pantaloni.» sussurrò difensivo facendo arrossire lo
sposo.
«Arriva!» urlò Will correndo al suo posto e dando una spallata al
prete per farlo svegliare. L’anziano aprì a malapena gli occhi, ma sembrò
drizzare la schiena.
Arthur trattenne il respiro, le mani chiuse a pugno che sudavano,
timoroso che Merlyn si accorgesse all’ultimo che forse lui non era l’uomo fatto
per lei, che non meritava il suo amore. Merlyn si meritava di meglio e Arthur
ne era convinto, si meritava qualcuno che non la stesse per sposare sotto
mentite spoglie.
Quando comparve sottobraccio a Balinor il principe di Camelot
sussurrò appena un «Che Dio abbia pietà.» perdendosi nella bellezza della sua
sposa. Il rosso le donava particolarmente, poteva immaginarsela camminare lungo
la navata della Sala Grande del suo palazzo, sempre diretta verso di lui,
sempre bella da togliere il fiato. I lunghi capelli corvini erano lasciati
sciolti lungo la schiena, i suoi boccoli naturali decorati con dei fiori
bianchi raccolti quella mattina stessa. Tra le mani teneva delle rose bianche,
Arthur gliele aveva mandate tramite Will dopo averle acquistate ad Engerd quando era andato a prendere il prete.
Balinor accompagnò la figlia fino alla fine, posando dolcemente la
sua mano in quella di Arthur, un dolce sorriso che si tramutò in uno sguardo
minaccioso quando incrociò gli occhi del ragazzo.
Il prete prese un profondo respiro, aprendo con mani tremanti la
Bibbia.
Merlyn si fermò un attimo a guardare Arthur, le gote rosse per l’emozione.
Stava indossando i suoi vestiti migliori con sopra il mantello che sua madre
aveva cucito come regalo di nozze per l’uomo. Ripensò a quello che la madre le
aveva detto la sera precedente ed arrossì ulteriormente al pensare a cosa
sarebbe dovuto accadere quella notte nella loro casa. Non era più una bambina,
aveva ormai diciott’anni e rispetto ad alcune sue coetanee era già indietro.
Alcune ragazze già alla tenera età di quattordici anni erano state date in
moglie ai ragazzi del villaggio, fino a quel momento le uniche ragazze in età
matrimoniale rimaste nubili erano lei, Petronilla e Bertarda,
e mentre Merlyn era sempre stata scartata per le sue stranezze le due sorelle
erano semplicemente insopportabili per chiunque, tanto che alcuni ragazzi pur
di non sposarle avevano cercato moglie nei villaggi vicini.
«E con questo io vi dichiaro marito e moglie.» dichiarò il prete a
fine cerimonia, dimenticandosi di far dire ai due giovani sposi le loro
promesse, la sua memoria non più quella di una volta.
Arthur soffocò una risata, pensando a Geoffrey di Monmouth che mai
si sarebbe dimenticato un passo così importante.
«Potete scambiarvi gli anelli.» istruì l’anziano accentando da
Lancelot la piccola scatola di legno dove i due sposi avevano lasciato gli
anelli. Mentre Arthur aveva riposto l’anello della madre anche come fede
nuziale non potendosi permettere una fede nuova, Merlyn con un piccolo aiuto
della sua magia e delle conoscenze del padre era riuscita a creare un anello da
una semplice pietra che all’apparenza sembrava veramente d’oro.
«Che Dio vi benedica.» borbottò il prete visibilmente stanco e di
cattivo umore per aver dovuto tenere la cerimonia sotto il Sole. Andò a sedersi
all’ombra, accettando un bicchiere d’acqua da parte di Will.
«Ufficialmente sposati.» sorrise la donna intrecciando le dita a
quelle del marito.
«Per sempre tuo.» promise Arthur chinandosi quanto bastava per
darle un bacio sulle labbra, il primo davanti ai loro amici e familiari.
Gwaine fischiò rumorosamente, invitandoli ad aspettare la notte,
mentre Balinor sussurrava sconsolato all’amata come non fosse giusto che sua
figlia si fosse già sposata.
Merlyn rise abbracciando il marito, la sua vita non poteva andare
meglio.
⸸⸸⸸
Gwaine si sedé pesantemente tra Merlyn ed Arthur, separando per la
prima volta durante la giornata la coppia «Amici miei, che emozione vedervi
finalmente sposati!» esclamò buttando le braccia sulle spalle dei due «Ora ci
mancano solo dei piccoli Merlyn ed Arthur in giro per Ealdor.» disse facendo
l’occhiolino all’amico, il quale arrossì vistosamente.
Merlyn schiaffò via la mano del castano «Non credi sia presto per
parlare di bambini?» gli domandò mentre pensava che assolutamente no, non
voleva avere dei bambini, non quell’anno almeno. Aveva ancora tanto da fare e da
vedere.
«Giusto, è ancora molto presto.» le diede ragione Arthur, non
esattamente elettrizzato all’idea di concepire subito, avevano ancora molto
tempo per farlo.
Gwaine sbuffò «Oh, andiamo, voglio un bambino con cui giocare.»
provò mettendo il broncio.
Lancelot entrò in loro soccorso, trascinando via l’uomo «Chissà
quanti figli hai già in giro per Albion, Gwaine, magari trovane uno e
crescilo.» gli disse perché era impossibile che non ci fosse un piccolo Gwaine
in giro chissà dove a chiedersi che fine avesse fatto suo padre.
«Non credevo mi sarei mai sposata.» ammise Merlyn posando la testa
contro la spalla dell’uomo «Due anni fa credevo sarei finita a Camelot, avrei
studiato come controllare la mia magia grazie a Gaius
e chissà, forse sarei diventata medico di corte!» rise all’idea, c’erano
bassissime possibilità che una donna diventasse medico di corte «Non ci saremmo
mai incontrati.» aggiunse stringendosi ancora un po’ di più, ignorando lo
sguardo degli abitanti di Ealdor che passavano davanti casa loro curiosi.
Arthur rise nervosamente, se Merlyn fosse finita a Camelot si
sarebbero incontrati certamente e molto probabilmente Arthur l’avrebbe spedita nelle
celle perché era sicuro al cento per cento che la ragazza gli avrebbe mancato
di rispetto anche nei panni di principe.
«O forse avresti trovato un cavaliere di Camelot da sposare.»
s’intromise Will con la bocca piena di pollo, ripulendo quello che era avanzato
del loro pranzo di nozze.
«Certo, un uomo che mi avrebbe ucciso appena saputo della mia
magia.» rise Merlyn «Non mi sarei mai innamorata di un cavaliere di Camelot,
stanne sicuro.» aggiunse senza rendersi conto di come Arthur stesse diventando
nervoso al suo fianco.
Will le lanciò un chicco di riso «Magari avresti conquistato il
principe in persona.» scherzò mimando di infilarsi due dita in gola, Will
odiava veramente con ogni fibra del suo essere i nobili.
Gwaine sembrò tornare all’accatto alla menzione del principe «Ho
sentito dire che abbia rifiutato tutte le principesse di Albion, quello
stupido, so per fonti certe che la principessa Mithian
è veramente una gran bella donzella.» ammiccò facendo passare esasperato una
mano sul viso a Lancelot.
«O magari voleva sposarsi per amore.» disse Arthur in modo brusco
facendo scendere il silenzio.
Merlyn inarcò un sopracciglio, perché si stava prendendo la briga
di difendere il principe di Camelot? Sapeva essere il suo regno d’origine, ma
non si aspettava una tale fede alla Corona, non quando Uther perseguitava
chiunque fosse magico e lui aveva appena sposato lei.
Lancelot si schiarì la gola «Sono d’accordo con Arthur, anche se
la maggior parte dei reali si sposano per convenienza non vuol dire che
qualcuno di loro non cerchi l’amore.» lo difese.
«Certo, vorrei proprio vedere se si innamorasse di una serva cosa
direbbe il suo papino.» bofonchiò Will.
Merlyn sentiva la tensione crescere e decise di porre fine a quel
discorso completamente fuori luogo. Perché mai stavano parlando del principe di
Camelot, per la miseria?
«Ragazzi, non possiamo permetterci di parlare del principe di
Camelot, nemmeno lo conosciamo.» disse non credendo sia giusto giudicare una
persona senza conoscerla. La sua frase sembrò porre fine a quell’assurda
conversazione, tornando su temi più leggeri.
Lancelot guardò Arthur preoccupato, un nuovo pallore sul viso del
principe. Avrebbe voluto parlargli la sera prima, ma Gwaine non lo aveva
lasciato nemmeno per un attimo da solo. Voleva provagli a dire che sapeva la
verità e voleva invitarlo a rivelare la sua identità prima del matrimonio,
perché nonostante i due si amassero per Lance non era giusto nei confronti di
Merlyn lasciarla sposare un uomo che non conosceva veramente. Non metteva in
dubbio i sentimenti di Arthur per la ragazza, ma non poteva fare a meno di
pensare alle conseguenze di quelle bugie, perché un giorno la verità sarebbe
venuta a galla.
Scosse la testa, forse, se la fortuna fosse stata dalla loro
parte, nessuno avrebbe mai scoperto la verità.
⸸⸸⸸
La foresta era silenziosa quella sera mentre il gruppo si
addentrava sempre di più al suo interno. Balinor guidava tutti tenendo una
torcia in mano, dietro di lui la coppia di sposi ancora negli abiti di quella
mattina, il lungo vestito di Merlyn tirato in su fino a scoprire le caviglie
per evitare che si impigliasse tra i rami.
Arthur, da cavaliere qual era, era la persona che stava tenendo la
stoffa dall’impigliarsi, lasciando che l’amata si concentrasse di più sul
camminare data la sua risaputa sbadataggine e continue cadute a terra.
«Quanto manca ancora?» domandò Gwaine infondo alla fila, sopra le
spalle di Parsifal come un bambino, aveva sonno, voleva andare a dormire
sperando vivamente di non sentire le attività serale dei suoi vicini di casa.
«Poco.» rispose Balinor alzando gli occhi al cielo, spesso gli
mancava la sua caverna e la solitudine, dopo anni era quasi un miracolo fosse
riuscito a reintegrarsi – in parte – nella comunità.
Arrivarono ad una piccola radura, vicino ad una cascata di modeste
dimensioni, Balinor e Merlyn percepirono immediatamente la presenza della magia
nell’aria, le lucciole che illuminavano la zona sembrarono attratte dalle due
persone magiche.
«Guardatela, ora ci manca solo che inizi a cantare con gli
uccellini come una principessa.» scherzò Gwaine ricordandosi di una fiaba che
sua madre usava raccontargli in gioventù. Lancelot cercò di trattenere una
risata nel pensare che Merlyn effettivamente era diventata una principessa
quella mattina, se mai un giorno Arthur avrebbe deciso di tornare a Camelot per
prendere il trono come di suo diritto.
La ragazza sorrise, lasciando che le lucciole le girassero intorno
posandosi sui fiori che ancora adornavano i suoi capelli.
Balinor sorrise dolcemente, era sempre un buon segno quando la
natura e la magia si incontravano e lui sapeva che il Destino di sua figlia
prima o poi si sarebbe compiuto, ma ancora non aveva avuto il coraggio di dire
la verità né a lei né ad Hunith, preferendo godersi quegli anni.
L’ultimo dei Signori dei Draghi conosceva perfettamente la
Profezia e non aveva alcun dubbio sul fatto che davanti a lui ci fosse Emrys,
la più potente maga che avrebbe mai camminato su quella terra.
«Entrate in acqua ragazzi.» invitò i due sposi fermandosi appena
ad un pelo dall’acqua.
Merlyn prese la mano di Arthur ed insieme entrarono arrivando in
un punto dove alla ragazza l’acqua arrivava al ventre, mentre allo sposo poco
sopra le ginocchia. Le lucciole continuarono a volare intorno alla coppia
creando quasi un cerchio perfetto al loro lato, permettendo a quelli rimasti
sulla riva di vederli.
«Io, Arthur, giuro sulla Triplice Dea di amarti ed onorati fino al
mio ultimo respiro, prometto di esserti fedele, che ogni tuo problema diventerà
anche un mio problema, che dedicherò ogni singolo attimo della mia vita a renderti
la donna più felice di Albion. Sulla Triplice Dea prometto di sostenerti nei
tuoi giorni peggiori, di proteggerti da chiunque provi a farti del male e di
essere un marito di cui andare fiera.» dichiarò l’uomo a bassa voce, una
celebrazione intima del loro amore che poteva essere udita solamente da loro
due e la Dea.
Merlyn strinse la presa sulle sue mani, facendo un passo per
stargli più vicino «Io, Merlyn, giuro davanti alla Triplice Dea di amarti ed
onorarti fino a quando avrò fiato in corpo, prometto che non amerò mai nessuno
se non te, che ogni tuo problema sarà un mio problema che risolveremo insieme,
come moglie e marito. Prometto sulla Triplice Dea di rimanerti sempre accanto,
proteggendoti con il Dono che mi è stato concesso. Giuro di essere solo tua.»
pronunciò con le labbra che si muovevano appena, le guance rosse e il cuore che
correva come un cavallo imbizzarrito.
Arthur sorrise dolcemente prendendole il viso tra le mani,
avvicinandosi lentamente, e quando fu a pochi centimetri dalle labbra di sua
moglie la trascinò di lato, facendoli cadere in acqua dove finalmente unì le
loro labbra, proprio come Balinor aveva istruito di fare.
Risalirono bagnati dalla testa ai piedi, i fiori che erano
intrappolati tra i capelli di Merlyn che galleggiavano liberatamene sulla
superfice dell’acqua. Risero di cuore, stringendosi in un abbraccio, ora
finalmente legati in entrambi i riti religiosi.
⸸⸸⸸
Merlyn entrò nella sua nuova casa stringendo la mano del marito, i
loro vestiti ancora bagnati dalla loro cerimonia pagana.
Appena chiusa la porta alle loro spalle scese per un attimo un
silenzio imbarazzante, il peso di quello che doveva accadere quella notte sulle
loro spalle.
«Accendo il fuoco, tu… tu vai a mettere i tuoi abiti da notte.»
disse l’uomo andando con solo due passi vicino al camino, dando le spalle alla
moglie per non farle vedere il proprio rossore sulle guance.
Merlyn non se lo fece ripetere due volte ed entrò nella loro camera
da letto dove quella mattina la madre aveva portato tutti i suoi averi. Trovò
la sua camicia da notte nell’armadio e guardando nervosamente verso la porta
cercò di cambiarsi in tempo record. Con la sua magia si asciugò i capelli e con
estrema lentezza li intrecciò fino alla fine, creando una lunga treccia
che le arrivava appena sotto la vita.
Uscì dalla stanza vedendo Arthur ancora intendo ad accendere il
fuoco «Lascia, faccio io.» e con un solo movimento della mano nel camino
comparvero delle fiamme che riscaldarono immediatamente la piccola stanza e già
che c’era asciugò gli abiti del marito.
Arthur si girò a guardarla per ringraziarla, ma le parole gli
morirono in gola vedendola nella semplice sottoveste bianca, a tratti quasi
trasparente. Deglutì rumorosamente e cercò di concentrarsi sul viso della maga
«Grazie, Merlyn.» riuscì a far uscire fuori.
La ragazza sorrise, andando a prendere la piccola teiera in rame
per bollire dell’acqua per preparare del tea alla menta.
Guardò fuori dalla finestra e vide tutte le candele nelle case
vicine spente, ormai tutti a letto a riposarsi per l’arrivo di un’altra
giornata di lavoro nei campi.
Arthur rientrò nella stanza e le circondò la vita con un braccio,
posando il mento contro la sua spalla «Ottima idea.» sussurrò guardando la
donna versare il liquido bollente in due bicchieri.
«Ovvio che è un’ottima idea, non sono certo un asino come qualcuno.»
rispose la ragazza girando appena la testa per dargli un bacio a fior di
labbra.
I due neosposi consumarono il loro te seduti spalla a spalla, in
silenzio, fino a quando Merlyn non decise di rompere il silenzio «Arthur, credo
dovremmo parlare… di quello che deve succedere questa sera.» riuscì a dire
cercando lo sguardo del marito. Voleva essere sincera ed affrontare
l’argomento.
L’uomo annuì, posando la tazza sul tavolo «Hai ragione, dobbiamo parlarne.»
confermò pensando a come, se fosse rimasto a Corte, la prima notte di nozze si
sarebbe conclusa con lui che costretto avrebbe condiviso il letto con una donna
che non amava, per non parlare del fatto che alcuni nobili avrebbero dovuto
assistere per assicurarsi la consumazione del matrimonio. Arthur rabbrividiva
al solo pensiero che i suoi genitori avessero dovuto fare l’amore per la prima
volta sotto lo scrutinio di altre persone.
La ragazza annuì, stringendo le mani intorno alla tazza catturandone
il calore «Io… io non credo di essere pronta a farlo questa notte.» ammise
arrossendo imbarazzata per non riuscire a fare la prima cosa che ci si
aspettava da una moglie «Non perché non ti ami, ma… non lo so, Arthur, è che
non sarebbe naturale secondo me.» aggiunse guardandolo da sotto le ciglia
«Tutti si aspettano che questa notte consumeremo il matrimonio e non…» Arthur
le prese il bicchiere dalle mani e lo posò sul tavolo per poi intrecciare le
loro dita.
«Non te la senti, Merlyn, e lo rispetto. Questa notte non deve
succedere nulla se tu non vuoi.» la rassicurò carezzandole una guancia.
«Ma…» la ragazza voleva controbattere, dirgli che quello era
praticamente uno dei primi doveri matrimoniali, che se lui avesse voluto
avrebbe potuto sforzarsi e diventare una donna.
Arthur scosse la testa, interrompendola «“Ma” niente, Merlyn,
quando saremo pronti accadrà, nessuno ci mette fretta.» la rassicurò
abbracciandola.
La maga lo strinse fortemente, il cuore stracolmo di gioia per
avere un marito che la comprendeva e la rispettava. Si sentiva la ragazza più
fortunata del mondo in quel momento.
I due sposi si coricarono, condividendo per la prima volta lo
stesso letto, addormentandosi abbracciati e felici.
La vita da sposati era fantastica, Merlyn non aveva mai
creduto le sarebbe piaciuto così tanto addormentarsi e poi svegliarsi nello
stesso letto con l’uomo che amava. La loro routine era la stessa, si alzavano
presto per curare la loro porzione di campo, facevano colazione insieme ai suoi
genitori e gli altri e nel pomeriggio mentre Arthur si allenava con Lancelot e
Gwaine lei e Parsifal giocavano a dadi seduti sotto ad un albero.
Non avevano ancora consumato il matrimonio, preferendo
passare le serate seduti vicino al fuoco a parlare, cercando di scoprire di più
l’uno dell’altra, ma non avevano detto a nessuno di questa cosa, anche se
Hunith sembrava essere a conoscenza della verità. Merlyn non era riuscita a
tirare molte cose dal passato di Arthur, l’uomo era sempre piuttosto vago e non
menzionava mai il nome del padre, la ragazza poteva intuire che non ci fosse un
buon rapporto tra i due.
Merlyn posò il coltello con cui stava pelando le patate per
andare a rispondere a chiunque stesse bussando insistentemente alla porta di
casa sua. Arthur era uscito poco tempo prima per andare a prendere l’acqua al
pozzo e, ben conoscendolo, sarebbe tornato con quattro secchi stracolmi solo
per dimostrarle quanto fosse forte.
«Ah, finalmente!» esclamò la signora Imogen quando la
fanciulla aprì la porta «Dov’è tuo marito?» le domandò scrutando tutto il
perimetro della sua modesta casa alla ricerca dell’uomo.
Merlyn si frappose, impedendole di ficcanasare «Non qui, le
serviva qualcosa?» chiese cercando di non cacciarla via in malo modo, sua madre
le aveva insegnato ad essere sempre cortese con gli anziani.
Imogen tirò su il mento, con la tipica aria di superiorità
che caratterizzava la sua famiglia «Ho bisogno che venga ad aiutarmi con un
lavoro a casa, mi servono due forti braccia.» disse con tono pretenzioso.
Merlyn inarcò un sopracciglio, sapeva perfettamente che
quella donna era solo in cerca di qualche chiacchiera da spargere tra tutti gli
abitanti di Ealdor, aveva proprio come vizio quello di invitare un membro di
una coppia appena sposata a casa sua per farsi i loro affari «Ranful ha due forti braccia.» le fece notare incrociando le
braccia al petto, infastidita da quella violazione della sua privacy «Ma se
crede che suo figlio sia un incapace ho un’opzione ancora migliore: chieda a
Parsifal, lui sì che ha due forti braccia.» le suggerì indicando l’uomo che
stava passeggiando insieme a Gwaine, silenzioso come al solito mentre l’amico
lo stava riempendo di chiacchiere.
La donna la guardò male, borbottando qualcosa che la maga
non riuscì a percepire, ma se ne andò e questo bastò.
La cena era il suo pasto preferito, perché erano solamente
loro due e Merlyn stava sperimentando nuove ricette ben sapendo che Arthur
sarebbe stato molto sincero sul giudizio, quando qualcosa non gli piaceva lo
faceva sapere subito e Merlyn lo ignorava, perché se a lei piaceva lo avrebbero
mangiato almeno una volta alla settimana.
Con un solo movimento della mano le fiamme nel camino si
alzarono e la ragazza vi mise sopra il supporto la padella su cui avrebbe
cucinato la carne di coniglio che suo marito aveva cacciato quella mattina.
Come aveva previsto Arthur entrò in casa portando quattro
secchi d’acqua, un sorriso soddisfatto dipinto in volto.
«Sono a casa, moglie.» esordì andando a darle un bacio a
fior di labbra.
Merlyn rise, ormai la chiamava sempre così nel privato
«Bentornato, marito mio.» rispose circondandogli la vita con le braccia,
guardandolo con occhi innamorati mentre lentamente si muovevano dondolandosi
sul posto.
«Ho visto quella strega di Imogen allontanarsi da casa
nostra, che voleva?» le domandò posando il mento sopra la nuca dell’amata,
sentendo il dolce profumo di foglie di pino e d’amore.
«Impicciarsi, come suo solito.» rispose la maga stringendosi
ancora di più, in cerca di quella sensazione d’affetto che solamente un abbraccio
da parte di suo marito sapeva darle.
I due novelli sposi passarono il resto della serata da soli,
cenarono in tranquillità e poi andarono a letto, addormentandosi abbracciati.
⸸⸸⸸
«Merlyn, figlia mia, va tutto bene?» Hunith e la maga erano
sedute a ricamare sulla piccola panca attaccata al muro della casa della donna.
Merlyn inarcò un sopracciglio «Uhm? Cosa non dovrebbe andare
bene?» le chiese mentre cercava di ricamare il suo nome su un fazzoletto. Tra
pochi giorni Arthur, Lancelot e Gwaine sarebbero andati a Engerd
per un piccolo torneo con un premio in denaro di pochi spiccioli, ma i tre
uomini erano più interessati a mostrare le loro doti da spadaccini e vedere chi
tra loro avrebbe vinto. Voleva dare come porta fortuna il fazzoletto con il suo
nome a suo marito, ovviamente, come aveva imparato quando aveva studiato
insieme ad Alice l’etichetta comportamentale nei tornei.
Hunith si fece un po’ più vicina, smettendo di ricamare la
casacca che avrebbe donato a Balinor «Be’, è strano che una coppia sposata dopo
più di una settimana non abbia ancora consumato il proprio matrimonio.» le fece
notare parlando a bassa voce, non volendo farsi sentire da nessuno degli uomini
intenti a tagliare legna.
Merlyn arrossì, non volendo parlare della sua vita intima
con la madre «Va tutto bene, madre, è solo che non mi sento pronta.» borbottò
arrossendo fino alle punte delle orecchie.
«Di cosa hai paura?» le domandò la madre prendendole la
mano.
«Non ho paura, solo che…» si bloccò, diventando in qualche
modo ancora più rossa in viso «…e se non gli piacessi senza vestiti? O se non
sono capace e finisco con il fare una figuraccia?» le domandò sentendo tutte le
sue insicurezze venire alla superficie. Ancora non si capacitava come un uomo
come Arthur potesse essersi innamorato di lei, non capiva nemmeno come Gwaine
avesse potuto avere una cotta per lei. Non era di una bellezza particolare come
le Lady che aveva visto alla corte di Cenred e nemmeno graziosa come Evelune.
«Non dire sciocchezze, Merlyn, fare l’amore richiede due
persone che si amano e che amano anche le imperfezioni l’uno dell’altra, ma per
quello che vedo io posso assicurarti che Arthur ti adora e non smetterà di
farlo, nemmeno dovesse crescerti un terzo occhio nel mezzo della fronte.» la
rassicurò la donna ben sapendo di cosa stesse parlando, c’era passata anche
lei, tutte le insicurezze che ti assalivano, la paura di non essere abbastanza
bella e brava.
La figlia la guardò, non sicura di come rispondere. Sapeva
quanto fosse importante consumare il matrimonio, ma non poteva fare a meno di
chiedersi se Arthur avesse già avuto altre esperienze, pensò a Gwaine che non
si vergognava di raccontare delle sue numerose conquiste.
«Ma tu come fai a saperlo, piuttosto? Mi si legge in
faccia?» le chiese timorosa che anche quella megera di Imogen potesse capirlo.
Hunith sorrise tornando sul suo ricamo «Diciamo che i tuoi
fianchi sono uguali a prima e non hai assolutamente l’espressione di una donna
che ha scoperto i piaceri della vita matrimoniale.» concluse con un
occhiolino.
La maga spalancò la bocca scandalizzata, mai si sarebbe
immaginata di avere una conversazione simile con la madre.
Senza rispondere tornò al suo ricamo, ignorando la vocina
nella testa che le diceva di scoprire di questi piaceri matrimoniali.
⸸⸸⸸
Will sbuffò per l’ennesima volta «Non potevi portarci tuo
marito a cercare le fregole?» le chiese inciampando nell’ennesima radice.
«No, voglio passare del tempo con il mio migliore amico!»
rispose la ragazza camminando quattro passi davanti a lui, era da mesi che non
passavano del tempo da soli e le mancava.
Will grugnì roteando gli occhi «Potevamo rimanere nel mio
fienile, allora.» disse facendo un salto per evitare l’ennesima radice.
Merlyn gli lanciò il cestino in vimini ancora vuoto «Qui ci
divertiremo di più, poi cucinerò una torta e ci metterò sopra le fregole
fresche, se mi aiuti potrei prenderne anche la metà.» propose ben conoscendo
quanto fosse facile ottenere quello che voleva da Will offrendogli
semplicemente del cibo.
Il ragazzo fece finta di pensarci su, con tanto di mano sul
mento e un’espressione super pensierosa «Va bene, ma che sia l’ultima volta.»
acconsentì, odiava veramente con tutto il cuore andare nel bosco a cercare
della frutta, preferiva di gran lunga andarci con un’ascia per spaccare la
legna.
Merlyn sorrise, girandosi a guardarlo e camminando
all’indietro «Certo, William, giuro sulla testa di Petronilla che non ti
trascinerò più nel bosco alla ricerca di fragole.» enunciò con tono solenne
prima di inciampare rovinosamente a terra, facendo ridere il suo migliore
amico.
La maga rimase seduta a terra, invitando Will a fare lo
stesso, decidendo che potevano anche fermarsi per cinque minuti.
«Allora, Merlyn, com’è essere una donna sposata?» le chiese
il ragazzo sedendosi al suo fianco, lasciando che la mora posasse la testa
contro la sua spalla. Non aveva ancora avuto l’occasione di farsi raccontare
nulla, Arthur e gli altri sempre presenti.
«Non molto diverso da prima, già passavamo tutte le giornate
insieme, l’unica cosa che è cambiata è il letto in cui dormo.» rispose facendo
comparire tra le mani una corona di fiori da mettere sulla testa, suo padre le
stava insegnando nuovi incantesimi, ma la sua specialità rimanevano comunque le
farfalle blu.
«Oh, immagino cosa facciate in quel letto.» scherzò il
ragazzo alzando le sopracciglia in modo eloquente, dandole un paio di gomitate
sul fianco. Non era certo nato ieri, sapeva perfettamente cosa facessero un
uomo e una donna da soli, sia se sposati o meno. Lui per primo aveva già
sperimentato i piaceri carnali, appena capito come fare, ma era un gentleman e
non avrebbe mai rivelato l’identità della fanciulla con cui ancora condivideva
raramente momenti d’intimità.
Merlyn lo schiaffeggiò leggermente sulla spalla, arrossendo
«Oh, taci William, cosa ne vuoi sapere tu!» rispose non volendo dirgli la
verità, non voleva che credesse che fossero una coppia strana. Per la Chiesa il
loro matrimonio era ancora annullabile, considerando che non avevano consumato,
e sapeva benissimo che Will era un gran chiacchierone e non voleva che si
lasciasse scappare qualcosa che sarebbe arrivato alle orecchie della signora
Imogen.
Il ragazzo rise, afferrando la ragazza obbligandola a
piegare la testa per poi strofinare il pugno chiuso sulla sua nuca,
scompigliandole i capelli mori legati in una semplice treccia.
Merlyn sorrise, era bello essere a casa.
⸸⸸⸸
«Dopo il torneo a Endger potremmo
viaggiare un po’.» buttò lì la maga mentre cenavano, aveva voglia di vedere il
mondo, voleva scoprire ogni singolo centimetro di Albion e fare nuove amicizie.
Arthur posò il cucchiaio di legno all’interno del piatto,
dimenticandosi per un attimo del brodo «E dove vorresti andare?» le domandò
sentendosi nervoso, timoroso che potesse desiderare di visitare Camelot, il suo
Regno. Non voleva dirle di no, Dio potesse fulminarlo il giorno in cui non
avrebbe esaudito un desiderio di sua moglie, ma non poteva nemmeno farle
scoprire la sua vera identità.
Merlyn fu come colta di sorpresa, non credendo che sarebbe
stato così facile, aveva già preparato una serie di argomentazioni per
convincerlo «Oh, non so, pensavo magari verso Nemeth,
lì sono più tolleranti con chi pratica la magia.» propose giocando con il pezzo
di pollo che aveva ancora nel piatto, aspettandosi una risposta negativa.
Arthur rimase in silenzio, pensando a quanto fosse
pericoloso mettersi in viaggio e rischiare di farsi vedere da chiunque avrebbe
potuto riconoscerlo. Era una cosa estremamente stupida da fare, ma non voleva
negare a Merlyn finalmente la possibilità di realizzare uno dei suoi sogni, lui
per primo aveva già visto tutti i Regni e sapeva che sua moglie sarebbe
impazzita di gioia nel vedere le bellezze che Albion offriva, Arthur doveva
solamente tenere loro lontani dalle capitali e da possibili incontri con le
famiglie reali.
«Certo, mi sembra un’ottima idea.» rispose infine sorridendo
leggermente. L’urlo estasiato della donna e l’abbraccio che ricevette bastarono
per fargli capire che aveva fatto la scelta giusta.
⸸⸸⸸
«Assolutamente no.» disse Balinor incrociando le braccia al
petto, le narici del naso che si dilatavano ad ogni respiro pesante.
Merlyn alzò gli occhi al cielo, mettendo su un tenero
broncio che intenerì Arthur, tanto che gli diede il folle coraggio di
rispondere a tono al suo pericoloso e magico suocero.
«Non siamo venuti a chiedere il permesso, vi stavamo
solamente lasciando sapere i nostri piani.» disse pronto ad essere scaraventato
dall’altra parte della stanza. Tenne la testa alta, sfidando Balinor a
controbattere. Erano una coppia sposata, potevano viaggiare insieme senza
creare alcuno scandalo ed entrambi sapevano difendersi da banditi e malviventi.
Hunith rise, nascondendo la bocca dietro la mano, orgogliosa
che suo genero sapesse tenere testa a quel brontolone del suo amato. La donna
non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Arthur fosse perfetto per sua figlia,
due teste calde che riuscivano sempre ad ottenere quello che desideravano.
«Senti, ragazzino, come padre di Merlyn ho voce in capitolo.
Non voglio che mia figlia vada in giro per i Regni rischiando di essere messa
al rogo.» disse l’uomo e Arthur vide indistintamente l’occhio della moglie
tremare dal nervosismo. Sorrise soddisfatto, Balinor era appena finito in una
ragnatela e Arthur era il ragno.
«Io credo che Merlyn non abbia bisogno dell’opinione di
nessun uomo su cosa possa o non possa fare.» disse giocandosi perfettamente le
sue carte. A corte aveva imparato molte cose nel vedere come i nobili
trattavano le proprie mogli, come se fossero proprietà, e Morgana aveva sempre
preso a cuore il compito di insegnarli che quello era assolutamente il modo
peggiore di trattare una donna. Arthur prima di incontrare Merlyn aveva creduto
che sarebbe finito in un matrimonio combinato con qualche principessa, senza
alcun amore a legarli, e che quindi non gli sarebbe poi importato così tanto di
quello che avrebbe desiderato sua moglie.
Merlyn gli prese la mano, stringendola appena, i suoi occhi
brillavano divertiti e pieni d’amore «Padre, sono fuggita direttamente dalle
grinfie di Re Cenred in persona, non credo che qualche bandito nelle foreste
possa farmi qualcosa.» intervenne volendo rischiare che Balinor perdesse
veramente la pazienza ed usasse la magia contro suo marito.
Hunith posò una mano sulla spalla dell’amato, cercando di
farlo rilassare almeno un poco «Andiamo, amor mio, sono adulti e sposati, se
volessero potrebbero anche direttamente trasferirsi in un altro villaggio.»
disse ben sapendo che non poteva vedere sua figlia rimanere lì per sempre, non
quando Ealdor le aveva dato troppo dolore in tutti quegli anni.
L’uomo sbuffò spazientito, ma mai si sarebbe permesso di
andare contro l’amore della sua vita «Non è poi così adulta, mia adorata, ha
solo diciassette anni.» le ricordò come se avesse veramente importanza. Se era
abbastanza grande per sposarsi, allora lo era anche per viaggiare.
Merlyn si schiarì la gola «Ora dobbiamo andare, più tardi
passeremo per il pranzo.» salutò trascinando il marito fuori dalla sua casa
d’infanzia, senza aspettare una risposta dai genitori. Quando chiuse la porta
alle loro spalle la ragazza afferrò il viso del marito e lo tirò verso il
basso, facendo incontrare le loro labbra in un bacio frettoloso.
«Il modo in cui ti sei fatto valere con mio padre è stato… eccitante.»
disse la donna mordendosi leggermente il labbro inferiore, sussurrando l’ultima
parola. Arthur aveva sempre quest’aria autoritaria, come se fosse un cavaliere
pronto a guidare un intero esercito in battaglia e Merlyn lo trovava estremamente
affascinante e forse adorava di più il fatto che non riuscisse ad usare quel
tipo di autorità su di lei, perché ogniqualvolta discutevano l’uomo sembrava
pendere dalle sue labbra.
Arthur la guardò con uno sguardo divertito, non vedeva l’ora
di litigare nuovamente con Balinor.
⸸⸸⸸
Gwaine era curioso di natura, quindi era ovvio che sapesse
la verità su Arthur e Merlyn, cioè che ancora non avevano consumato il loro
matrimonio. Era stato piuttosto petulante, con il povero Arthur, chiedendogli
indeterminate volte come fosse non essere più vergine, fino al punto che il
biondo era scoppiato e aveva vuotato il sacco.
Ora, Gwaine non era abituato a trattare situazioni delicate,
non aveva mai dovuto veramente impegnarsi per ottenere quello che voleva, le damigelle
si buttavano ai suoi piedi dopo un sorriso, ma voleva capire perché i suoi due
migliori amici ancora non avevano consumato il loro amore.
«Non si sente pronta.» aveva bofonchiato Arthur mentre si
riposavano dal loro allenamento seduti all’ombra di un albero, poco lontano da
loro Lancelot e Parsifal che provavano a lanciare dei sassi sopra la superfice
dell’acqua.
Gwaine annuì, non capendo veramente «Principessa, ascoltami,
sicuramente sono solo insicurezze momentanee, ma vedi che appena inizierete…»
venne bloccato dalla mano dell’altro cavaliere sulla bocca, fermando qualsiasi
altra parola potesse uscire. Voleva rassicurarlo che stava tutto nell’iniziare
e che poi il resto sarebbe arrivato naturalmente, che continuando così nessuno
dei due sarebbe mai stato veramente pronto. Dovevano solo creare l’atmosfera
giusta.
Merlyn arrivò insieme a Will, chinandosi per baciare le
labbra di marito prima di salutare anche il pover’uomo che aveva ancora la
bocca tappata.
«Stai cercando di soffocarlo?» domandò Will sedendosi vicino
a Merlyn, uno sguardo preoccupato in volto. Non gli piaceva particolarmente
Gwaine, ma era un ottimo compagno di bevute e desiderava veramente tanto che
non glielo portassero via.
Arthur lo lasciò andare ed arrossì leggermente «Cos’avete raccolto?»
domandò cambiando argomento vedendo il cesto che sua moglie teneva al suo
fianco.
«Purtroppo abbiamo trovato solo alcune bacche e delle
margherite, speravamo di raccogliere delle albicocche, ma qualcuno è arrivato
prima di noi e ha lasciato solamente quelle acerbe.» disse leggermente delusa,
aveva in mente di preparare un dolce per il viaggio per Endger
per l’indomani.
«Le ho raccolte io.» la voce di Parsifal si fece sentire dal
bordo del fiume, attirando l’attenzione dei quattro «Se passi più tardi posso
dartene la metà.» offrì sorridendo gentilmente. L’uomo aveva una vera passione
per il giardinaggio e la frutta, tanto che Gwaine aveva iniziato a recintare un
piccolo orto sul retro della loro casa.
La maga sorrise «Sei gentilissimo, passerò più tardi,
allora.» rispose alzandosi in piedi, invitando il suo migliore amico a fare lo
stesso «Noi ora andiamo, ci vediamo prima del calar del Sole.» ricordò ai suoi
amici che quando si allenavano sembravano perdere la concezione del tempo
«Lancelot, sei il più responsabile, li affido a te.» aggiunse interpellando il
suo buon amico, l’uomo era sempre più silenzioso in quell’ultimo periodo e
Merlyn percepiva ci fosse qualcosa che non andava, ma ancora non riusciva a
capire cosa.
Lancelot annuì, sorridendole galantemente, prima di tornare
a lanciare i suoi sassolini. Aveva un dilemma morale, Lancelot, sinceramente
indeciso se farsi avanti con Arthur sulla sua vera identità o continuare a
fingere ignoranza e finire nei guai più tardi.
Gettò un altro sassolino piatto contro la superficie
dell’acqua, riuscendo finalmente a farlo saltare per ben due volte prima di
affondare.
⸸⸸⸸
Merlyn tirò fuori dalla sua cesta il fazzoletto che aveva
ricamato e con cortesia lo porse al suo cavaliere, non riuscendo ad evitare di
arrossire leggermente.
Non era la prima volta per Arthur, ovviamente, nei suoi anni
di tornei aveva ricevuto molti favori, ma non ne aveva mai indossato uno sul
campo di combattimento, se non raramente quelli donatogli da Morgana. Porse il
braccio a sua moglie, osservandola divertito mentre legava il fazzoletto poco
sopra il gomito, completamente rossa in volto.
Appena finì le prese il volto tra le mani per darle un
bacio, attirando i fischi di altri cavalieri, ma non ci fece caso, l’anello al
suo anulare che gli ricordava che gli era permesso baciare sua moglie in
un luogo pubblico, nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Merlyn sorrise nel
bacio, trattenendolo leggermente, ma il suono delle trombe che segnavano
l’inizio del torneo dovettero per forza separarsi.
«Buona fortuna, Arthur.» augurò lasciandogli andare la mano.
Arthur sorrise beffardo «Non ho bisogno di fortuna, Merlyn,
sono stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.» si lasciò sfuggire senza
darci troppo peso. La donna rise alzando gli occhi al cielo, credendo di averlo
già sentito dire dal marito.
Augurò buona fortuna anche agli altri amici ed uscì
dall’aria dedicata ai cavalieri, andando a sedersi su un cubo di fieno che era
stato messo a disposizione per gli spettatori. Ignorò gli sguardi curiosi di
chi era intorno a lei, non abituati a vedere una donna indossare un paio di
pantaloni. Cercò di non sentirsi a disagio, concentrandosi sul primo incontro.
Aveva visto numerose volte i suoi amici combattere
nell’arena, sapeva perfettamente quale fosse il loro modo di combattere e si
sentiva abbastanza sicura da poter scommettere cinque monete d’argento su suo
marito.
⸸⸸⸸
«La tua è stata solamente fortuna, principessa.» borbottò
Gwaine mentre Arthur sorrideva soddisfatto dopo aver ricevuto il premio
dall’organizzatore del torneo «Ti avrei battuto ad occhi chiusi se non mi fossi
lasciato distrarre da quella bellissima fanciulla.» continuò in sua difesa
mentendo, perché la persona che lo aveva distratto non era assolutamente una
bellissima fanciulla, ma quello non era un dato che gli altri dovevano sapere.
Merlyn alzò gli occhi al cielo, era da quando erano partiti
che l’uomo si lamentava, il che rendeva l’ego del marito ancora più
sproporzionato.
«Sono certa che ti concederà una rivincita.» disse girandosi
a guardarlo come meglio poteva oltre la spalla di Arthur, i due condividevano
un cavallo.
«Certo, così potrò batterti nuovamente!» rise il biondo
sentendosi particolarmente fiero di sé stesso. Aveva combattuto in tornei molto
più complicati e pericolosi, ma vedere Merlyn fare il tifo per lui ed esultare
a gran voce per la sua vincita gli aveva dato un qualcosa in più.
Gwaine sbuffò e dovette mordersi la lingua prima di fare
qualche battuta inappropriata sul matrimonio dei due, non tanto per Arthur ma
in rispetto per Merlyn che non era stata altro che gentile con lui.
«Arthur, falla finita, così diventi odioso.» lo sgridò la
moglie dandogli un colpo sul braccio. Certe volte si chiedeva veramente come
potesse essersi innamorata proprio di lui tra tutti. Per un piccolo periodo
aveva iniziato a sviluppare una cotta per Lancelot, ma poi Arthur era stato
portato nell’arena e qualsiasi sentimento per l’altro uomo era come scomparso.
Lancelot si scambiò un’occhiata con Parsifal, quei tre erano
veramente strani.
⸸⸸⸸
I due sposi stavano ballando lentamente nel salotto della
loro casa, il camino che riscaldava l’ambiente. Era più un dondolarsi che un
vero e proprio ballo, ma Merlyn si sentiva particolarmente in pace, con il viso
posato contro il petto del marito, nel silenzio della loro casa.
L’indomani sarebbero partiti, nonostante le proteste di
Balinor, per questo avevano deciso di dedicarsi una serata in intimità, anche
per festeggiare la vincita di Arthur nel torneo.
Il principe aveva gli occhi chiusi, il mento posato sopra la
testa della sua sposa in modo delicato, senza mettere davvero peso. Aveva le
mani posate contro i suoi fianchi, sotto le dita la pelle bollente della donna
lasciata scoperta dalla tunica che stava indossando. Lasciò un profondo
respiro, ricordandosi di doversi controllare, che non poteva dare atto ai suoi
istinti di sollevare Merlyn e portarla nella loro camera da letto per fare
l’amore, questo perché la rispettava e voleva attendere che fosse lei la prima
ad iniziare qualsiasi possibile intercorso.
Mai in vita sua si sarebbe aspettato di finire a vivere in
campagna, in una casa più piccola delle sue camere a Camelot e con una maga per
moglie, ma non poteva fare a meno di pensare che fosse perfetto. A cosa gli
serviva un regno, l’oro, la servitù, quando poteva avere tra le braccia l’unica
donna che avrebbe amato veramente? Non si sentiva più in colpa per aver tradito
Camelot ed i suoi abitanti, per averli abbandonati, aveva scelto di essere
egoista e vivere in quella bolla d’amore che sperava non sarebbe mai scoppiata.
«Ti amo.» sussurrò spostando le mani lungo la schiena della
donna, carezzandola dolcemente.
Merlyn lo guardò sorridendo «Ti amo anch’io.» rispose
intrecciando le mani dietro al collo dell’uomo, giocando leggermente con i
capelli biondi del marito.
Arthur si piegò quel che bastava per baciarla, catturando le
labbra in un bacio pieno di passione.
La maga gli andò incontro, schiudendo le labbra per poter
approfondire, le dita ora incastrate tra i capelli biondi tirandoli
leggermente. Senza nemmeno pensare saltò addosso al marito, allacciando le
gambe intorno alla sua vita, ringraziando che stesse ancora indossando i
pantaloni, sicuramente con un vestito le sarebbe stato quasi impossibile.
In quella nuova posizione Merlyn divenne la più alta,
obbligandola a piegarsi leggermente per incontrare nuovamente le labbra del
marito.
Arthur la tenne stringendo le mani sotto le cosce della
moglie, era una presa ferrea, come se avesse paura che potesse scappare da un
momento all’altro. Distrattamente notò con la coda dell’occhio delle piccole
farfalle blu riempire la stanza.
«Qualcosa mi dice che sei felice.» sussurrò ad appena un
centimetro dal viso della maga, sorridendo leggermente malizioso. Ormai
ogniqualvolta vedeva delle farfalle blu non poteva fare a meno di sorridere,
pensando alla sua adorabile moglie.
Merlyn arrossì e gli prese il volto tra le mani prima di
dargli un veloce bacio, le farfalle che scomparivano lentamente «Camera da
letto. Ora.» ordinò, una certa sicurezza nello sguardo che Arthur non osò
nemmeno contestare.
⸸⸸⸸
Hunith guardò Balinor accigliata «Ne sei sicuro?» gli
domandò con un leggero tremore nella voce.
L’uomo annuì «Mia diletta, non ci sono dubbi, per questo non
possiamo lasciarla andare.» confermò prendendo la mano dell’amata, uno sguardo
sinceramente dispiaciuto in volto.
Merlyn aprì gli occhi venendo infastidita da un raggio di
Sole che filtrava dalla piccola finestra della sua camera da letto.
Istintivamente si strinse contro il marito e nascoste il viso contro il petto
nudo dell’uomo, sorridendo beata a quel contatto pelle su pelle che aveva tanto
temuto, ma che sapeva di non poterne più fare a meno.
La mano di Arthur si alzò e si posò contro la chioma
scompigliata della moglie, un sorriso sulle labbra al ricordo di quella notte.
Non era minimamente come se lo era aspettato, era stato decisamente meglio e
non vedeva l’ora di rifarlo.
«Dobbiamo prepararci per andare.» mormorò l’uomo passandosi
la mano libera contro il viso per darsi una svegliata. Era già decisamente
indietro sulla loro tabella di marcia, ma ne era valsa la pena.
«Uhm, hai ragione.» rispose la donna mettendosi a sedere
lasciando ad Arthur la gloriosa visione della schiena della moglie segnata da
piccoli morsi che l’uomo si era permesso di lasciare in piccoli momenti di
passione.
La prima volta era stato tutto estremamente dolce, entrambi
impacciati ma volenterosi di capire i meccanismi; la seconda volta si erano
divertiti di più, ridendo mentre scacciavano via farfalle; la terza volta
Arthur si era lasciato andare un po’ di più e aveva ricoperto di baci l’intero
corpo dell’amata, prima, durante e dopo.
«Chiudi gli occhi.» chiese Merlyn e il marito non provò
nemmeno ad obbiettare, rispettando la richiesta della ragazza. Facendo un po’
di scena posò anche il braccio contro gli occhi, ridendo perché non c’era nulla
che non avesse visto.
Non ci volle molto prima che la maga gli lanciasse contro la
tunica rossa «Vestiti mentre preparo la colazione.» e se nel camminare Arthur
notò un certo zoppicare non disse nulla.
Quando la raggiunse nell’altra stanza le avvolse i fianchi
con le mani e posò un bacio sulla base del collo dell’amata «Buongiorno.»
mormorò stringendo leggermente la presa, chiedendosi se potessero fare l’amore
anche alla luce del giorno. Non era una cosa ben vista, era considerata
un’attività esclusivamente notturna, ma adesso Arthur non poteva fare a meno di
pensare a quanto volesse nuovamente amare Merlyn e sentirla singhiozzare il suo
nome tra i gemiti di piacere.
«Buongiorno a te.» rispose la maga facendo aderire la
schiena contro il petto di Arthur, decisamente di buon umore. Erano stati degli
sciocchi ad aspettare tutto quel tempo, avrebbero dovuto farlo subito,
ignorando le sue paure.
Qualcuno bussò alla loro porta e Merlyn fece cadere la
spatola con cui stava girando fiocchi d’avena e latte. Non era decisamente
presentabile, non si era ancora pettinata i capelli!
Vedendo il marito andare verso la porta usò la magia per
dare ad entrambi una sistemata, chiunque fosse alla porta non doveva intuire
cosa fosse successo quella notte.
«Oh, Arthur, fortunatamente siete ancora in casa.» la voce
di Hunith era dolce come sempre, alle sue spalle Balinor aveva un’espressione
tremendamente seria.
«Sì, abbiamo deciso alla fine di partire nel primo
pomeriggio, non eravamo ancora del tutto pronti per partire questa mattina.»
mentì l’uomo non volendo rivelare ai suoceri che avevano dormito stanchi dopo aver
compiuto il suo dovere di marito, ripetutamente.
«Prego, entrate, stavamo giusto facendo colazione.» invitò i
due adulti nella casa, lo sguardo di Balinor fisso su di lui in maniera poco
rassicurante.
«Madre, padre, siete venuti a salutarci?» domandò Merlyn
tirando fuori altri due piatti dalla credenza. Non le era piaciuta l’idea di
partire avendo litigato con il padre, ma potevano rimediare in quel momento.
Hunith la guardò per un secondo prima di sorriderle come a
dire so cosa avete fatto e Merlyn arrossì, chiedendosi cosa l’avesse
data via. Era veramente così palese? Cosa le aveva detto l’altro giorno, una
questione di fianchi?
Si girò di scatto, quasi bruciandosi con il tegame per
evitare lo sguardo della madre «Accomodatevi, su.» invitò dividendo la
colazione nei quattro piatti.
Una volta che furono tutti seduti Arthur sentì la tensione
crescere ed istintivamente afferrò la mano della moglie sotto il tavolo. Non
c’erano belle notizie in arrivo, lo capiva dallo sguardo corrucciato di Hunith.
«Merlyn non potete partire.» Balinor spezzò il silenzio e
Arthur strinse la presa.
«Padre, per favore, non voglio andare avendo litigato. Non
staremo via per molto tempo, lo prometto.» disse stranamente calma, perché
infondo Balinor non poteva veramente impedirle di andare.
Hunith si pulì le labbra con il fazzoletto da tavola
«Tesoro, lascia che tuo padre ti spieghi.» intervenne in favore dell’amato, uno
sguardo troppo preoccupato che quasi spaventò la ragazza. Sua madre era sempre
dalla sua parte, se anche lei voleva impedirle di andare c’era qualcosa di
grave dietro.
«Okay, spiega.» sospirò mentre un braccio di Arthur le
cingeva le spalle in modo protettivo.
Balinor posò la forchetta contro il piatto «Viaggiare a
lungo è pericoloso per te, Merlyn, perché non conosci il tuo Destino. Non sai
le cose a cui sei destinata.» iniziò l’uomo guardando Hunith in cerca di
sostengo; la donna gli sorrise dolcemente «Perché tua madre ti avrà anche
chiamata Merlyn, ma non è così che sei conosciuta tra la nostra gente.» si alzò
in piedi e fece il giro del tavolo, inginocchiandosi davanti alla figlia
«Perché tu sei Emrys, la maga più potente mai apparsa su questa terra. Tu sei molto
più che la figlia di tuo padre. Sei la figlia della terra, del mare, del cielo.
La magia è l’anima di questo mondo e tu sei nata da essa. Tu sei la magia in
persona, Merlyn. Il tuo Destino è unire le terre di Albion con the Once and
Future King* e riportare la magia su questo mondo.» rivelò quelle leggende
che gli erano state raccontate fin da bambino. Mai si sarebbe aspettato che sua
figlia fosse la potente maga della profezia.
Merlyn rimase in silenzio, chiedendosi che razza di scherzo
fosse quello, ma poi si ricordò «Un uomo, Taliesin, mi ha chiamata con quel
nome.» disse ricordandosi di quello scellerato che l’aveva portata nel
territorio di Camelot per farle vedere una caverna «Nella Valle dei Re Caduti,
mi voleva mostrare il mio Destino in una caverna, ma non sono voluta entrare.»
spiegò chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta.
«Quando è successo?» domandò Arthur, non ricordava che
Merlyn fosse mai scomparsa abbastanza tempo per andare a Camelot.
«Quando abbiamo incontrato mio padre, quando sono uscita da
sola.» rispose ricordandosi come i due uomini più importanti della sua vita
l’avessero fatta infuriare, accusandosi a vicenda di volerle fare del male.
«Hai fatto la cosa giusta, figlia mia, è pericoloso guardare
nel futuro attraversi i cristalli.» disse Balinor prendendole la mano non
occupata «Ma devi capire che è per questo che non posso lasciare che tu
viaggia, più persone stanno cercando Emrys, chi con buone intenzioni e chi con
cattive intenzioni. Il tuo potere, nelle mani sbagliate, può portare alla fine
di ogni Regno.» le disse sperando che finalmente capisse la sua preoccupazione.
«Chi è the Once and Future King?» domandò invece la ragazza,
chi era questo re che doveva trovare?
Hunith posò le mani sulle spalle dell’amato «Arthur
Pendragon.» rivelò il nome tanto odiato da Balinor, il figlio dell’uomo che gli
aveva rovinato la vita era anche colui che avrebbe liberato tutti i suoi
simili.
Arthur si irrigidì, lui era chi? No, non poteva esserlo, non
poteva essere questo mistico Re destinato a grandi cose. Arthur Pendragon aveva
rinunciato al trono per sposare l’amore della sua vita, una donna che a quanto
pareva era comunque destinato ad incontrare.
«Se è questo il mio Destino, il motivo dei miei poteri,
allora perché non mi avete spedito a Camelot come pianificato tempo fa?»
domandò la ragazza seriamente confusa. No, non poteva essere lei Emrys, doveva
esserci un errore. Non la voleva questa responsabilità e come diamine avrebbe
fatto ad aiutare un Pendragon dopo la sofferenza che aveva imposto alla sua
famiglia?
Balinor si alzò in piedi «Volevo tenerlo un segreto, ma la
storia sta cambiando e non per il verso giusto, il futuro è diventato incerto.
Era Destino che tu andassi a Camelot, ma la tua partenza per la corte di Cenred
ha modificato quello che dall’alba dei tempi era stato predetto.» disse
iniziando a girare per la stanza visibilmente nervoso «Kilgharrah è riuscito a
comunicare con me, avvertendomi del disastro che accadrà se non torni sulla
giusta strada del tuo Destino.» era stata un’esperienza strana, quella di
essere visitato nel sonno dal drago che lo odiava con tutto il suo cuore, ma
c’era il futuro di Albion in gioco.
«Chi è Kilgharrah?» domandò Arthur non ricordandosi di aver
visto forestieri ad Ealdor negli ultimi mesi.
«Il drago che soggiorna nelle segrete del castello di Camelot.»
rispose lo stregone.
Merlyn si alzò in piedi, lasciando andare la mano del
marito, tutte quelle informazioni le stavano facendo girare la testa «Tu parli
con i draghi?» domandò toccandosi le tempie. Doveva essere una gioiosa mattina,
perché stava andando tutto a rotoli?
«Sono un Signore dei Draghi e quando morirò tu sarai una
Signora dei Draghi.» rivelò senza troppi giri di parole l’uomo.
Merlyn aveva studiato dei Signori dei Draghi mentre era con
Alice, ma credeva non ce ne fossero più, sia di draghi che di Signori.
Fantastico, era Emrys ed una futura Signora dei Draghi, le
mancava solamente diventare regina!
«Io…» le si fermò l’aria in gola «Io devo andare a
schiarirmi le idee.» annunciò marciando fuori di casa.
No, non lo voleva quel Destino.
Voleva solamente rimanere con il suo Arthur.
Voleva viaggiare e magari un giorno mettere su famiglia.
Si addentrò nel bosco, inciampando di tanto in tanto nei
rami. Dove stava andando? Non ne aveva la minima idea, voleva solo
allontanarsi.
Ecco perché non aveva voluto vedere nei cristalli, per
evitare di sentire l’enorme peso di un Destino che sapeva non essere giusto per
lei. Non poteva lasciare suo marito e i suoi amici per andare a fare da
guardiana ad un principe.
Chiuse le mani in due pugni e marciò giù per la foresta,
sentiva gli uccelli cantare allegramente e degli animali muoversi tra il
fogliame, completamente insensibili al tormento interiore della ragazza.
Sentiva tutto, sentiva la terra, l’acqua del fiume, il
cielo. Sentiva la Terra respirare e ricordarle che lei era tutto quello, le
parole del padre incise nella memoria.
Attraversò il fiume saltando da una pietra all’altra, la
gonna del suo abito tirato sopra fino alle ginocchia. Voleva solamente
allontanarsi, sentirsi libera per un’ultima volta prima di tornare e dover
affrontare la dura verità e cioè che sarebbe dovuta partire per Camelot. Non
poteva ignorare le parole del drago, dell’imminente disastro che gli attendeva;
non poteva essere egoista ed infischiarsene, non era nella sua natura e sperò
che Arthur avrebbe deciso di partire con lei e tornare nel suo vecchio Regno.
Sentì un urlo spezzare l’armonia degli uccelli, la voce di
un uomo che implorava pietà. Istintivamente corse verso le voci ed inorridita
si trovò davanti ad un uomo che stringeva al petto un bambino circondato da dei
banditi.
«Hey, lasciateli stare!» urlò tirando una pietra. Non poteva
usare la magia in quel momento, non quando non era strettamente necessario e
non voleva spaventare il bambino.
Un uomo alto e robusto rise, le mani contro lo stomaco
mentre i suoi compagni si univano creando un coro di risate meschine «E cosa
pensa di fare, Miss?» le domandò brandendo la spada in modo scorretto,
completamente indisturbato dalla presenza della giovane.
«Lasciate andare l’uomo ed il bambino, altrimenti…» lasciò
la frase in sospeso, non sicura nemmeno lei di dove volesse andare a parare.
Poteva spaventarli, magari far tremare la terra, ma prima doveva assicurarsi
che le due vittime fossero abbastanza lontane.
«Ora sì che ho paura.» commentò uno degli uomini facendo
ridere gli altri. Merlyn decise di porre fine alle distanze e cammino fino a
ritrovarsi vicino all’uomo con il bambino.
«A quanto pare oggi abbiamo catturato due druidi ed una
graziosa fanciulla.» disse l’uomo robusto alzando la spada contro di loro.
Merlyn guardò il bambino e l’uomo, era perfetto! Se erano dei druidi
sicuramente non sarebbero spaventati per i suoi poteri.
«Emrys, ti prego, salvaci.» la voce non arrivò alle
sue orecchie, ma direttamente al suo cervello. Era chiaramente la voce del
bambino e le stava chiedendo aiuto.
«Aprite la gabbia.» ordinò l’uomo sicuro di avere ormai la
vittoria in pugno.
Merlyn alzò semplicemente una mano, attirando l’attenzione
di tutti i presenti.
«Cosa credi di fare, ragazzina?» le domandò l’uomo facendo
un passo verso di lei, ma appena si mosse gli occhi di Merlyn si illuminarono e
tutti gli uomini volarono a terra. Dando così il tempo ai tre di iniziare a
correre.
Sentirono chiaramente i banditi correre dietro di loro,
imprecando pesantemente per essersi fatti sfuggire ben tre druidi.
Merlyn afferrò la mano del bambino ed incitò l’uomo a
correre più veloce, non sapendo che erano già giorni che lo faceva ed era
stanco. Arrivarono al fiume e Merlyn vide sull’altra sponda il marito insieme
ai suoi amici.
«Arthur! Scappate!» urlò mentre prendeva tra le braccia il
bambino stringendoselo al petto, pronta a saltare sulle pietre per raggiungere
l’altra riva.
Nessuno degli uomini si mosse, estraendo le spade nell’udire
le urla dei banditi farsi più vicine.
Con ancora il bambino tra le braccia Merlyn si mise accanto
al marito, guardando preoccupata i banditi avvicinarsi alla riva del fiume. Non
potevano portarli verso Ealdor, ma non potevano nemmeno rimanere lì.
«Non vogliamo problemi, gentleman, vogliamo solo quei due
druidi e la ragazza.» disse l’uomo che doveva essere il leader.
«Non avrete né i druidi né mia moglie.» rispose Arthur
sottolineando la natura della loro relazione.
«Meglio che torniate sui vostri passi!» urlò Gwaine battendo
un gomito sul fianco di Parsifal, come ad incoraggiarlo a dire la sua.
«Andiamoce, non ne vale la pena.» disse uno degli uomini
tirando per una spalla il loro leader, valutando le loro possibilità di
vincita. Dall’altra parte c’era un uomo enorme che sicuramente avrebbe avuto la
meglio su di loro e i suoi amici sembravano abbastanza bravi con una spada.
«Bravi, scappate!» urlò Gwaine ridendo, quando Arthur aveva
chiesto loro di andare a cercare Merlyn insieme non si era aspettato di doverla
salvare da un gruppo di banditi.
Arthur si girò verso la moglie, chiedendole se fosse forse
impazzita nel lasciarsi inseguire in quel modo, ma la donna era già impegnata a
parlare con l’uomo che stava toccando dolcemente la testa del bambino.
Nessuno si accorse della freccia dalla punta argentea
comparire da dietro un albero e non se ne resero conto fino a quando l’uomo non
cadde a terra, provocando un urlo spaventato da parte del bambino. Merlyn coprì
il viso del bambino, spingendolo contro la spalla, le mani che tremavano mentre
guardava dall’altra parte del fiume, pronta a fermare un’altra freccia con la
sua magia.
«E–Emrys…» chiamò con quella poca voce che gli era rimasta
«prenditi cura di Mordred, non lasciare che il suo Destino rimanga segnato.»
esalò un ultimo respiro e Merlyn sentì gli occhi pizzicarle.
«Chi è Emrys?» chiese Gwaine chinandosi a chiudere gli occhi
dell’uomo e posandovi sopra due monete.
«Il più potente mago che sia mai esistito, ho sentito le leggende.»
rispose Lancelot, da piccolo nel suo villaggio aveva vissuto una famiglia di
druidi e la signora amava raccontare la leggenda del grande Emrys, colui che
avrebbe riportato la magia su Albion.
«Maga.» corresse Parsifal conoscendo un’altra versione della
storia.
«Merlyn.» disse Arthur facendo scattare la testa di tutti.
La ragazza si era allontanata con il bambino ancora tra le
braccia, stringendolo dolcemente mentre gli ripeteva che andava tutto bene, che
sarebbe stato al sicuro.
«Certo che ti sei trovato una moglie importante.» fischiò
Gwaine, quasi si pentiva di aver rinunciato a lei.
Arthur non gli rispose nemmeno, andando verso la moglie
«Tutto bene?» chiese stupidamente e per la prima volta vide il volto del
bambino, i suoi enormi occhi azzurri che gli ricordavano in qualche modo
Merlyn, con gli stessi capelli corvini e la pelle pallida.
«Sì.» rispose Mordred stringendo tra le mani le maniche del
vestito della donna. Era tra le braccia di Emrys, andava tutto bene, era
insieme ad Emrys, un grandissimo onore.
Arthur fece un sorriso tirato e posò una mano sulla spalla
della moglie «Tu stai bene?» le chiese dolcemente.
«Ha usato la parola Destino, Arthur.» rispose tremando
leggermente. Sembrava che tutto stesse veramente per scendere in una
catastrofe, proprio come Kilgharrah aveva predetto.
Il biondo l’abbracciò, circondando Merlyn e Morderd con le
sue braccia. Non disse nulla, sapendo che in quel momento l’ultima cosa di cui
la maga aveva bisogno erano altre parole.
⸸⸸⸸
Hunith pulì il viso del bambino e gli sorrise dolcemente
mentre Balinor sedeva fuori insieme a Merlyn.
«Allora, dove stavate andando tu e tuo padre?» gli domandò
la donna porgendogli del pane morbido.
Mordred guardò fuori dalla finestra, gli occhi fissi su
Merlyn «Camelot, cercavamo Emrys.» rispose ricordandosi di come il padre gli
avesse detto che avrebbero sistemato il suo Destino, che trovando Emrys
sarebbero riusciti a salvarlo. Non era piacevole avere appena sei anni** e
conoscere di essere destinato ad uccidere il Re più importante della storia.
«Oh, come mai la cercavate?» domandò leggermente
preoccupata, i druidi erano persone pacifiche e veneravano Emrys, ma Hunith non
poteva dimenticarsi che non tutti erano buoni e che anche dietro il viso più
innocente poteva nascondersi un pericoloso personaggio.
Mordred non le rispose, mordendosi il labbro «Posso uscire?»
chiese invece volendo tornare tra le braccia di Emrys.
La donna annuì, non voleva mettere pressioni al bambino. Lo
accompagnò all’esterno e lo seguì con lo sguardo, osservò come si fermò davanti
a Merlyn per poi essere preso in braccio e posato sulle sue gambe mentre
continuava a parlare con il padre.
«Sembra che abbiate adottato un bambino.» stava dicendo
Gwaine ad Arthur, i quattro uomini seduti sulla panca vicino all’entrata.
«Non possiamo certamente lasciarlo per strada.» rispose il
biondo guardando la moglie lasciare il bambino giocare con il suo fazzoletto da
collo, un sorriso leggermente intenerito mentre continuava a fare domande sul
Destino al padre.
Non ne avevano veramente parlato, non c’era stato il tempo,
ma Arthur sentiva che fosse la cosa giusta da fare e poteva vedere come la
donna si fosse già affezionata a Mordred. Sembrava che tutto gli stesse
suggerendo di rimanere ad Ealdor e poi magari andare a Camelot, anche se Arthur
sapeva di non poterlo fare, non c’erano dubbi che l’avrebbero riconosciuto
nonostante i due anni d’assenza.
Gwaine gli posò una mano sulla spalla, stringendola appena
«Sarò uno zio perfetto, te lo prometto.» scherzò cercando di alleggerire
l’atmosfera «Pasifal, dobbiamo buttare tutti gli oggetti pericolosi da casa
nostra.» disse al coinquilino nonostante non avessero nulla di veramente
pericoloso se non le loro spade.
«Potremmo insegnarli ad usare una spada.» suggerì Lancelot
vedendo del potenziale nel ragazzino. Poteva anche saper usare la magia, ma
essere un abile spadaccino portava sempre dei vantaggi.
La tranquillità della conversazione venne spezzata dalla
signora Imogen che marciò fuori da casa sua e a passo svelto si diresse verso
Merlyn e Balinor. Arthur si alzò di scatto, pronto a raggiungerli per evitare
che potesse succedere qualcosa di spiacevole, dietro di lui i suoi amici e la
suocera.
«… non prendiamo randagi, Merlyn, non possiamo permetterci
un’altra bocca da sfamare con il poco grano che abbiamo!» stava urlando
costringendo il bambino a coprirsi le orecchie, la voce stridula della donna
troppo forte.
«Non credo siano affari del villaggio, Imogen.» rispose la
ragazza rimanendo seduta con il bambino sulle gambe «Io e mio marito abbiamo
deciso di prenderci cura di Mordred e non sarà una questione di grano a farci
cambiare idea.» aggiunse posando una mano sulla spalla del padre per
tranquillizzarlo.
Altri membri del villaggio si avvicinarono, incuriositi dal
nuovo bambino.
«Non dire sciocchezze! Tua madre a malapena è riuscita a
crescere te, poi sei tornata con ben altre cinque da sfamare e ora un bambino?»
sputò velenosa la donna. Non le piacevano i forestieri, soprattutto quei due
che continuavano a rubare la sua frutta «Sarai la rovina di Ealdor, Merlyn, te
l’ho sempre detto!» urlò facendo arrossire la ragazza. Imogen l’aveva sempre
trattata male, fin da quando aveva memoria, ma essere umiliata così davanti a
suo padre, suo marito ed i suoi amici era troppo.
«La vera rovina di questo villaggio sei tu.» disse Arthur
mettendosi tra la donna e la moglie, permettendole di ricomporsi «Se la tua
famiglia non mangiasse come maiali la metà delle scorte di grano riusciremmo a
sfamare anche mezza Essetir.» provocò facendo innervosire Ranulf, il quale si
spinse tra la folla fino a finire faccia a faccia con Arthur.
«Tieni a freno la lingua, Arthur, non ti permetto di parlare
così a mia madre.» disse, ma senza provare nulla di fisico, ancora umiliato per
la perdita subita qualche mese prima.
«E io non permetto a nessuno di parlare in questo modo a mia
moglie.» rispose il biondo incrociando le braccia al petto, gonfiando i
muscoli in modo minaccioso «E non permetterò a nessuno di mettere in
discussione la presenza di Mordred perché da oggi fa parte della nostra
famiglia.» aggiunse sfidando chiunque a controbattere. Non gli interessava fare
la figura del cattivo, del gradasso, era cresciuto sentendosi superiore a tutti
e non si era mai fatto problemi nell’essere odiato.
Will annuì, non gli stava ancora interamente simpatico
Arthur, ma poteva vedere che buon marito fosse per la sua migliore amica.
Petronilla e Bertrada nascoste dietro alla madre non dissero
nulla nonostante la voglia di gettare cattiverie su Merlyn. Era impossibile che
quella stramba fosse riuscita a sposarsi prima di loro, ora adottava anche un
bambino!
«Qualcuno ha qualcosa da aggiungere?» domandò Parsifal
assumendo un tono duro e wow, Gwaine dovette trattenersi dal girarsi a
guardarlo e magari saltargli addosso. Erano ormai un paio di settimane che la
vicinanza di Parsifal gli creava piacevoli sensazioni e se nel passato aveva
giaciuto anche con uomini solamente a causa di mancanza di donne questo non
voleva dire che doveva negarsi la possibilità di potersi innamorare di un uomo.
Nessuno riusciva a sopportarlo come lui e non lo sgridava mai per le sue
stramberie e idee folli, a Gwaine piaceva molto Parsifal, proprio per questo
aveva deciso di andare a vivere con lui e non Lancelot.
Velocemente tutti si allontanarono, non volendo far
innervosire ulteriormente quel gruppo di strani.
«Tranquillo, Mordred, nessuno ti manderà via.» lo rassicurò
la ragazza sorridendogli dolcemente.
Il bambino annuì «Non ho paura, sono con te, Emrys.» le
rispose guardandola dritta negli occhi, uno sguardo forse troppo serio per
essere un bambino.
«Chiamami Merlyn, per favore.» disse carezzandogli la testa,
non perché non le piacesse l’altro nome, ma se quello che suo padre diceva era
vero e qualcuno la stava cercando per approfittarsi del suo potere era meglio
tenere questa sua identità un segreto.
Mordred annuì e scese dalle gambe della ragazza andando a
prendere la mano di Arthur, iniziando a trascinarlo verso il recinto dei
maiali.
Balinor guardò il bambino allontanarsi con un peso sul cuore,
sapeva perfettamente chi fosse, sapeva il suo ruolo nel Destino di sua figlia,
ma non riusciva a trovare il coraggio per rivelare la verità. Era solamente un
bambino, per la miseria, e Merlyn già lo adorava.
Kilgharrah gli aveva detto che il futuro come lo conoscevano
si stava sgretolando, troppe cose erano cambiate dalla visione originale. Se il
drago fosse stato lì gli avrebbe sicuramente suggerito di eliminare la
minaccia, di lasciare il bambino morire ed evitare che compiesse il suo
Destino.
Balinor si toccò la barba, pensieroso, Mordred era destinato
ad uccidere Arthur Pendragon come Merlyn era destinato a proteggerlo, ma forse
lasciando che i due rimanessero insieme sarebbero riusciti ad evitare quella
fine. Forse Mordred poteva essere salvato da quel crudele futuro, ma forse
poteva cambiare quello di Merlyn, poteva portare Emrys sulla cattiva strada,
corromperla.
«Padre, tutto bene?» la voce della figlia lo riportò in sé.
Sospirò, decidendo di mentire, ancora una volta e
nascondendo la verità «Sì, figlia mia, va tutto bene.».
⸸⸸⸸
Merlyn rimboccò le coperte a Mordred. Will era stato
talmente gentile da portare tutti i vestiti che aveva indossato da bambino da
poter regalare al figlio adottivo di Merlyn ed Arthur.
Arthur insieme a Lancelot aveva costruito un piccolo letto
da poter mettere lungo il muro vicino alla cucina, abbastanza vicino al fuoco
da poterlo tenere al caldo.
La maga stava indossando il suo abito da notte, una semplice
tunica bianca lunga fino ai piedi, i capelli sciolti che le davano un aspetto
etereo.
Si sedé sul bordo del letto «Mordred, puoi dirmi cosa è
successo oggi?» gli domandò volendo accertarsi che il bambino avesse capito
veramente che quella mattina suo padre era morto, che la sua vita sarebbe
cambiata per sempre da quel momento.
«Io e mio padre stavamo scappando, Emrys ci ha salvati, ma
mio padre è morto. Ora vivo con Emrys ed Arthur.» rispose il bambino corrugando
la fronte. Non si era già dimenticato quello che era accaduto, non aveva la
memoria corta!
Merlyn posò una mano sulla sua guancia «Va bene, ora puoi
dormire. Buonanotte.» si chinò per dargli un bacio sulla fronte, rimboccandogli
le coperte per un’ultima volta. Spense la candela sul tavolo, lasciando che l’oscurità
scendesse nella stanza.
Si infilò sotto le coperte e si strinse contro il marito,
lasciandosi abbracciare in completo silenzio.
«Abbiamo fatto la scelta giusta.» riuscì a sentire prima di
cadere in un profondo sonno, stremata da quella giornata ricca di eventi.
*Non lo so, in italiano non mi piace
**Mordred nella serie tv ha undici anni nella sua prima
apparizione, ma l’ho voluto più bambino in modo da potersi affezionare in
maniera più materna a Merlyn
Merlyn rise inseguendo Mordred nella piccola radura nel
bosco dietro Ealdor, erano passate due settimane da quando il bambino era
entrato nelle loro vite e la coppia si era già tremendamente affezionata.
Arthur seduto sul telo steso a terra, circondato dal pranzo
che la moglie aveva preparato, guardava felice i due correre facendo qualche
trucco con la magia, ridendo spensierati.
I primi giorni erano stati strani, Mordred non aveva parlato
molto, attaccandosi alla gonna di Merlyn o alla mano di Arthur e guardando
preoccupato verso qualsiasi abitante di Ealdor, temendo che potessero portarlo
via, la signora Imogen gli lanciava ancora occhiatacce. Poi una mattina si era
svegliato e si era intrufolato nel loro letto, mettendosi tra la coppia, e aveva
iniziato a giocare con i capelli di Merlyn, incominciando la giornata con una
serie di domande quasi infinita, la tipica parlantina e curiosità che ci si
aspettava da un bambino.
«Arthur!» Morderd urlò il nome dell’uomo prima di saltargli
addosso, dichiarando a Merlyn che aveva perso perché aveva raggiunto Arthur
prima di lei.
Il principe sollevò il bambino in aria, facendolo ridere,
per poi farlo sedere tra le sue gambe «Tieni, bevi.» disse passandogli un
calice con dell’acqua all’interno mentre alla moglie passò del vino.
Merlyn si sedé al suo fianco, posando la testa contro la sua
spalla, rilassandosi e godendosi la piacevole brezza della giornata, il Sole
che le baciava la pelle del viso e del petto.
La questione Camelot e Arthur Pendragon era stata affrontata
tre giorni dopo la rivelazione del suo Destino. Balinor le aveva consigliato di
andare per evitare di modificare ancora di più il futuro, ma il drago non lo
aveva ancora contattato per annunciargli l’imminente catastrofe. Arthur aveva
contrariamente suggerito di rimanere ad Ealdor, continuare con la loro semplice
vita, dicendole che se non avesse voluto non avrebbe dovuto portare il peso di
Albion sulle spalle, soprattutto ora che avevano un bambino di cui prendersi
cura. Era stata una cosa egoista da fare, ma Arthur non poteva lasciarla andare
da sola, ma non poteva nemmeno andare con lei senza rivelare la sua vera
identità.
Non poteva andare a Camelot a proteggere Arthur Pendragon se
lo stesso era proprio lì al suo fianco.
«Emrys, puoi sbucciarmi la mela?» domandò il bambino
prendendo il frutto dalla cesta in vimini.
Merlyn aveva più volte provato a ricordargli di chiamarla
con il suo vero nome, ma il bambino sembrava essersi fissato con il suo nome
profetico. Prese la mela dalle piccole mani di Mordred ed afferrò il coltello.
Quando anche l’ultimo pezzo di buccia cadde sul fazzoletto che la donna aveva
posato sopra le ginocchia tagliò la mela a metà e poi a piccoli spicchi per
facilitare il bambino.
«Come si dice?» chiese Arthur quando Mordred prese una fetta
dalle mani della maga.
«Grazie, Emrys.» sorrise il bambino guardando Arthur in
cerca d’approvazione. Gli piaceva l’uomo, lo trattava bene ed era simpatico. La
sera prima di andare a letto gli raccontava pure delle storie sui cavalieri e
le loro imprese.
La donna portò uno spicchio di mela alla bocca del marito,
facendogli l’occhiolino quando lasciò le punte delle dita stuzzicargli le
labbra. Dopo la loro prima notte d’amore non erano più riusciti ad avere un
momento d’intimità, più che altro spaventati di essere troppo rumorosi e poter
svegliare Mordred. Non per questo non avevano passato le ultime settimane a
provocarsi, rubandosi baci appassionati quando Mordred veniva letteralmente
rapito da Gwaine per giocare, ma mai per abbastanza tempo.
Arthur le afferrò il polso senza rompere il contatto visivo,
riportò le dita verso le sue labbra e ci soffiò sopra, ridendo dell’espressione
scandalizzata della moglie. La vide arrossire e ritirare la mano contro il
petto, lanciando uno sguardo preoccupato verso Mordred, chiedendosi se avesse
visto quella scena non adatta ai minori.
Il bambino stava mangiando a piccoli morsi la fetta di mela
mentre guardava concentrato il suo piede battere ritmicamente contro la gamba
di Arthur.
Arthur si sporse per baciarla, facendo attenzione a non
muovere Mordred, sorrise nel bacio, amava la vita che si stava costruendo.
⸸⸸⸸
Arthur tornò a casa quella sera portando della legna da
ardere. Dopo l’allenamento con gli altri era andato nel bosco a tagliare
qualche ceppo. L’inverno si stava avvicinando e voleva avere una buona scorta.
Era ufficialmente un mese che Mordred faceva parte della
loro famiglia e Arthur era pronto a morire per difendere quel bambino.
Aprendo la porta trovò le due persone più importanti della
sua vita seduti sul pavimento, tra loro delle fiamme danzavano prendendo forme di
vari animali. Balinor aveva iniziato ad insegnare anche a Mordred come
controllare la sua magia e Arthur aveva notato come l’uomo guardasse quasi con
paura suo nipote adottivo.
Chiudendosi la porta alle spalle ricevette immediatamente un
urlo estasiato da parte del bambino «Arthur, sei a casa!» e in meno di un
secondo se lo ritrovò tra le gambe, il mento posato contro le sue ginocchia
mentre guardava in alto.
Merlyn si alzò a sua volta «Oh, è così? Arriva Arthur e
Merlyn non esiste più?» scherzò ben sapendo quanto il bambino amasse entrambi.
Diede un veloce bacio al marito, togliendogli dalle mani la legna, così che
potesse prendere imbraccio il bambino.
Ora, non fraintendetela, Merlyn aveva sempre trovato Arthur
in qualche modo attraente. Non si era innamorata per il suo aspetto, ma di
certo aiutava. Comunque, vederlo giocare con Mordred, scoprire quel suo lato
paterno, aveva messo in profonda crisi la donna. Si era ritrovata più volte a
toccarsi il ventre piatto, chiedendosi come sarebbe stato avere un figlio loro,
per poi subito dopo arrossire furiosamente all’idea.
Con un Destino come il suo – e per quanto stesse cercando di
ignorarlo – non poteva fare a meno di pensare che non era il momento giusto per
rimanere incinta. Non che facessero l’amore, Mordred aveva praticamente fermato
qualsiasi attività in camera da letto in quanto aveva preso il vizio di dormire
con loro di tanto in tanto.
Prima o poi Camelot l’avrebbe accolta e sarebbe stato meglio
senza un figlio di cui preoccuparsi dato che sembrava un lavoro molto
pericoloso.
«Oh oh, qualcuno è gelosa.» disse Arthur posando Mordred sul
suo braccio, sostenendolo con facilità al contrario della donna.
«Nooo» esclamò Mordred girandosi verso la maga «non essere
gelosa, madre.» concluse tendendo le braccia verso Emrys.
I due adulti si bloccarono e il druido corrugò la fronte,
perché lo stavano guardando in quel modo?
«Mordred, come mi hai chiamata?» domandò la donna lasciando
perdere la legna vicino al camino. Sentiva il cuore nelle orecchie, non poteva
credere a quello che aveva appena sentito.
Il druido ripensò alle sue parole ed arrossì, nascondendo il
viso nell’incavo del collo di Arthur. Dei, come si stava vergognando, aveva appena
chiamato “madre” Emrys! Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi, sicuro che
adesso lo avrebbero odiato. Sapeva perfettamente che Emrys non era sua madre,
la sua vera mamma era morta durante un attacco al loro campo poco dopo la sua
nascita, suo padre glielo aveva raccontato quando gli aveva chiesto dove fosse,
notando come gli altri bambini avevano sia una mamma che un papà. Suo padre, il
quale era morto solamente un mese fa e lo stava già sostituendo con il marito
di Emrys, era veramente cattivo come il filidh aveva predetto.
Non voleva essere cacciato via, non aveva nessuno al mondo e
aveva paura del suo Destino, voleva rimanere con Emrys ed aiutarla a creare
Albion, non uccidere il re.
Merlyn lo prese dalle braccia di Arthur, rischiando quasi di
farlo cadere, ma il marito l’aiutò «Hey, non piangere.» disse in tono dolce
asciugandogli le lacrime con il polpastrello del pollice «Va bene se vuoi
chiamarmi madre.» lo rassicurò guardando Arthur in cerca d’approvazione. Il
biondo annuì fermamente, non gli sarebbe dispiaciuto nemmeno a lui essere
chiamato “padre”.
«Veramente?» chiese in un singhiozzo il bambino, le piccole
mani chiuse a pugno a sfregarsi gli occhi piangenti.
Merlyn annuì «Certo, Mordred! Infondo siamo i tuoi
genitori.» rispose la ragazza dandogli un bacio sulla guancia.
«Vi voglio bene.» sospirò Arthur sentendo il cuore pieno
d’amore, desiderando essere un padre migliore del suo, sapendo che insieme a
Merlyn sarebbe riuscito anche nell’impossibile, anche essere un padre.
⸸⸸⸸
Hunith stava andando verso il fornaio per comprare del pane
fresco, vicino a lei il piccolo Mordred si stava stringendo alla sua gonna con
una presa ferrea, causandole qualche problema nel camminare, ma capiva la paura
del bambino: i cittadini di Ealdor ancora non lo avevano accettato.
Sei mesi e il povero bambino non era riuscito a integrarsi
nella comunità, ma non lo aveva fatto nemmeno Merlyn che era nata e cresciuta
lì.
La figlia, insieme al marito, il padre ed i suoi amici,
erano andati in missione: un grifone aveva iniziato a terrorizzare i villaggi
vicini e in base alle conoscenze di Balinor la creatura poteva essere uccisa
solamente grazie alla magia. Questo lasciava Hunith e Mordred da soli, ma non
era certo la prima volta!
La donna adorava Mordred, soprattutto da quando aveva
iniziato a chiamarla “nonna”. Più volte il bambino aveva dormito a casa sua,
Hunith era andata in soccorso della figlia quando le aveva raccontato
distrattamente di come la vita matrimoniale con Arthur fosse tornata in una
situazione di stallo dopo l’arrivo del druido. Almeno una volta a settimana il
bambino era ospite di Hunith e Balinor, ben sapendo che per qualsiasi cosa i
genitori erano giusto a poche iarde di distanza. Mordred aveva conquistato
anche il cuore di Balinor, alla fine l’uomo aveva raccontato della profezia
all’amata e Hunith lo aveva rassicurato che non doveva preoccuparsi: Kilgharrah
gli aveva detto che il futuro era cambiato e quindi forse anche il Destino del
loro nipote.
«Hunith, come stai?» Matthew le sorrise cordialmente,
l’unico ad essere riuscito a scambiare due parole in favore di sua figlia e
Mordred.
«Bene, tu come stai?» chiese a sua volta posando una mano
sulla testa del bambino, il quale quasi si stava nascondendo dietro le sue
gambe, la presa sulla gonna più ferrea.
Matthew si chinò e prese dalla sua cesta un dolce «Bene.»
rispose alla donna «Tieni, Mordred, ma non dirlo a tua madre.» sussurrò
facendogli l’occhiolino, cercando una complicità con il bambino.
Il druido allungò la mano ed accettò il dolce «Grazie,
Matthew.» disse ricordandosi come il padre gli avesse insegnato l’educazione.
Si doveva sempre ringraziare, come quando la madre pettinava il padre al
mattino e lui la ringraziava con un bacio.
L’uomo sorrise e si sentì abbastanza confidente dal potergli
scompigliare giocosamente i capelli.
Il piccolo momento di pace venne interrotto dall’arrivo di
Imogen, la quale a grandi passi si diresse verso di loro, il viso gonfio e
rosso come sempre. Mordred deglutì spaventato, la donna lo terrorizzava e Emrys
non era lì per proteggerlo!
«Ora diamo i dolci ai randagi?» chiese a Matthew facendogli
alzare gli occhi al cielo, innervosito.
Hunith perse il sorriso «Mordred non è un randagio, è il
figlio di Merlyn e Arthur.» disse cercando di mantenere un tono di voce
adeguato.
Imogen sbuffò dal naso «Non mi sembra che tua figlia lo
abbia partorito.» commentò con veleno, ogni giorno sembrava voler cercare una
scusa per attaccare Merlyn.
«Non devi per forza partorire per avere un figlio.» rispose
Hunith prendendo un profondo respiro «Fortunatamente viviamo in una società
dove anche i meno fortunati possono trovare una nuova famiglia.» aggiunse
difendendo il caso.
«O forse quella buona a nulla di tua figlia è sterile e ha
rapito questo bambino. Non è brava nemmeno a farsi ingravidare, ma non avevo
dubbi, con quei fianchi stretti e poca carne sulle ossa.» Imogen sorrise
maligna e proprio quando Hunith stava per rifilarle un manrovescio la donna si
piegò in due emettendo versi di dolore prima di vomitare sulle sue stesse
scarpe.
Hunith guardò Mordred e vide appena il tipico bagliore
giallo delle iridi scomparire, prova inconfutabile che aveva appena usato la
magia per far sentire male Imogen.
Matthew imprecò e si avvicinò per posare una mano sulla
spalla della donna, ma il vomito sembrava non volersi fermare «Dio ti sta
punendo per tutte le cattiverie che dici.» commentò cercando con lo sguardo uno
dei figli della donna per farla portare a casa.
«Forse noi dovremmo andare, non vorrei che Mordred si prendi
questa influenza.» si scusò Hunith lasciando a Matthew il compito di occuparsi
di Imogen. L’uomo annuì distrattamente, ora seriamente preoccupato per la donna
che ancora non smetteva di vomitare.
Comprarono in fretta il pane e tornarono a casa.
«Quello che hai fatto è sbagliato, Mordred.» lo ammonì la
donna facendolo sedere sul tavolo per poterlo guardare negli occhi. Solo Dio
sapeva quante volte aveva avuto la stessa conversazione con Merlyn.
«Ma stava dicendo cattiverie su madre.» borbottò il bambino
guardandosi le mani. Non gli piaceva essere sgridato, soprattutto quando non
aveva fatto nulla di male!
Hunith sospirò pesantemente, chiedendosi se fosse tornata
indietro nel tempo, quel bambino stava usando le stesse parole di Merlyn alla
sua stessa età.
Spezzò un pezzo di pane e l’offrì al nipote «Ci sarà sempre
gente che dirà cattiverie su chiunque di noi, Mordred, ma l’unica cosa che puoi
fare è imparare ad ignorarle.» disse proprio come fece con sua figlia.
Erano anni che lei stessa subiva le malelingue di Ealdor,
fin da quando si era scoperta la sua gravidanza extramatrimoniale, ma aveva
imparato a conviverci e certamente non per questo si era mai fatta mettere i
piedi in testa.
Il bambino annuì, l’espressione concentrata sul pane, capiva
cosa Hunith gli stava dicendo, ma non credeva fosse giusto. Emrys non si
meritava di essere trattata in quel modo! Lei era colei che avrebbe riportato
la magia e avrebbe liberato la sua specie.
«Su, tesoro, finisci il pezzo di pane e iniziamo con la
lezione.» lo esortò la donna andando a prendere della pergamena, un pennino e
dell’inchiostro. Non c’erano possibilità che avrebbe lasciato il bambino
crescere senza imparare le basi della scrittura e lettura. Potevano essere dei
semplici contadini, ma fortunatamente la donna aveva avuto accesso ad un tutore
durante la sua infanzia a Camelot e intendeva tramandare le sue conoscenze a
tutti, poi adesso aveva anche l’aiuto di Balinor, l’uomo decisamente più
acculturato di lei essendo cresciuto nobile.
Mordred mandò giù in un solo boccone il pane e scese dal
tavolo, adorava imparare a scrivere e leggere!
⸸⸸⸸
«Non fare mai più una cosa del genere!» urlò Arthur
prendendo il braccio della moglie, strattonandola leggermente. Non voleva
considerarsi un uomo violento, non aveva mai alzato un dito su una donna che
non fosse una strega intenzionato a fargli del male, ma sua moglie riusciva a
mandarlo in tilt.
Immediatamente lasciò andare la presa, come se si fosse
scottato, timoroso che la donna potesse odiarlo per quella sfuriata. Erano mesi
che non litigavano, dal loro matrimonio a quel giorno non avevano discusso
nemmeno una volta, vivendo una specie di sogno.
Merlyn si spolverò i pantaloni ricoperti di terra, era stata
scaraventata a qualche metro di distanza dal grifone mentre cercava di allontanarlo
dai suoi amici mentre Balinor lanciava l’incantesimo sulla spada di Lancelot.
«Non dirmi cosa fare.» rispose la donna guardandosi la
tunica rovinata all’altezza del gomito, il quale stava sanguinando.
Arthur era rosso in viso, sia per la rabbia che per la paura
nel vedere la donna amata venire lanciata in aria. Le aveva detto di non
avvicinarsi, di rimanere a fianco a Balinor e lasciare a loro il compito di
distrarre il grifone, ma come al solito non gli dava retta!
«Scusami, non volevo strattonarti.» sospirò l’uomo veramente
dispiaciuto, Morgana lo avrebbe linciato se sarebbe venuta a sapere che aveva
osato alzare le mani su sua moglie.
Merlyn gli sorrise, comprensiva «Non preoccuparti, non è
come se non mi avessi puntato un’arma alla gola.» scherzò ricordando il loro
primo incontro. Non si sentiva minacciata dal gesto di Arthur, sapeva benissimo
riconoscere una relazione abusiva e certamente suo marito non era il tipo. Il
suo era stato un gesto dettato dalla preoccupazione e non lo stava giustificando,
ma poteva capirlo. Ricordò perfettamente il pugno che gli aveva dato quando aveva
rischiato di morire combattendo contro un bandito, salvato per miracolo da
Parsifal.
Arthur la baciò, prendendola per i fianchi e spingendola
contro il suo corpo. La maga sorrise andando a stringere con le mani i capelli
alla base della nuca del marito, tirandolo ancora più in basso per approfondire
il bacio.
«Ragazzi, risparmiatevi per la notte!» urlò Gwaine ridendo,
non erano molte le volte che la coppia si lasciava andare ad effusioni in
pubblico, per questo doveva approfittare di ogni occasione per prenderli un po’
in giro.
Merlyn con un movimento della mano fece cadere a terra
l’amico, animando una radice dell’albero al suo fianco.
«Andiamo, bambini, torniamo a casa.» comandò Balinor
a gran voce, quasi rimpiangendo la sua caverna. Da quando era stato riportato
nel mondo civile ne aveva vissute di avventure, sua figlia e suo marito
sembravano attirare guai da tutte le parti. I loro amici poi non erano meglio,
Gwaine era riuscito ad innervosire un fantasma, una povera donna che si
aggirava sulle rive del lago dove era affogata, l’aveva talmente tanto
infastidita che aveva deciso di maledirlo e Parsifal era dovuto andare in
missione a recuperare un fiore magico per salvarlo.
«Come lei comanda, signore!» urlò Gwaine mettendosi in
piedi, imitando un cavaliere.
Merlyn rise, ancora stretta nell’abbraccio del marito, amava
la sua famiglia.
⸸⸸⸸
Osbert entrò a Camelot guardandosi intorno meravigliato. Non
era stata una mossa intelligente scappare di casa, ma quando Hunith aveva
rivelato il suo segreto ad Imogen avrebbe fatto di tutto per non essere
incastrato in un matrimonio con Bertrada. Era solo un passatempo, la ragazza
non era assolutamente materiale da matrimonio, ma sapeva che rimanendo ad
Ealdor sarebbe stato costretto a prendersi le responsabilità delle sue azioni.
Fuggendo con nulla in mano si era ritrovato a vagare per le
foreste, cercando asilo in vari villaggi, ma senza rimanere per troppo tempo in
uno di essi per evitare di essere rintracciato. Alla fine si era unito a dei
mercanti erranti, così da poter vivere in movimento ed avere un lavoro.
Non gli dispiaceva quella nuova vita, ormai era quasi un
anno che era lontano da casa, ma non per questo si era dimenticato del viso di
uno degli amici di Merlyn. La stessa faccia che lo stava guardando dal dipinto
appeso all’ingresso del palazzo.
Davanti a lui c’era Arthur, quello che già doveva essere
diventato il marito di Merlyn. Si girò verso una guardia mentre il suo capo
parlava con il responsabile delle cucine di palazzo.
«Chi è quello?» domandò piuttosto bruscamente, un tremore
nella voce al pensare che forse sarebbe riuscito a vendicarsi di quella bastarda.
La guardia seguì il suo sguardo e sospirò «Il principe
Arthur, è scomparso da quasi tre anni.» rispose sentendo sulle spalle tutta la
tensione di quegli anni sulle spalle, Re Uther aveva reso la vita di tutti un
Inferno, oltre alla lotta contro la magia si era aggiunta la disperata ricerca
del principe.
Osbert sorrise mostrando i denti gialli «Io so dov’è.»
ammise facendo impallidire la guarda.
Il ragazzo nel giro di pochi minuti si ritrovò davanti a
Uther in persona.
«Madre, posso andare da zio Lancelot?» chiese Mordred
saltando da un piede all’altro guardando verso la porta. Lancelot gli aveva
promesso che gli avrebbe insegnato a cavalcare e lui non vedeva l’ora.
Merlyn gli fece segno di abbassare la voce, Arthur ancora
addormentato nella camera da letto «Va bene, ricordagli di portarti a casa
della nonna per l’ora di pranzo.» disse passandogli il mantello verde per
coprirlo dal primo freddo autunnale.
Il bambino scese dalla sedia e l’abbracciò, ringraziandola
per poi correre fuori dalla porta scordandosi di chiuderla alle sue spalle. La
maga si alzò a chiuderla e guardò la sua fede ricordandosi che quel giorno lei
ed Arthur festeggiavano un anno di matrimonio.
Si morse il labbro inferiore, un’idea che le ronzava in
testa. Fuori il Sole stava già dando i primi raggi e la ragazza si era già
presa cura della loro parte di campo. Fuori dalla finestra vide Mordred
battersi il pugno con Lancelot, la maggior parte degli abitanti di Ealdor si
stavano dirigendo verso il campo di tritico per iniziare la loro giornata di
mietitura.
Per sicurezza fece un incantesimo per dare all’illusione per
chiunque si avvicinasse alla finestra che i due sposi stessero seduti a leggere
vicino al camino. Entrò nella camera da letto facendo piano, le tende erano
ancora posizionate in modo da non far entrare nemmeno un raggio di luce.
Con movimenti calcolati si slacciò il vestito, facendolo
cadere ai piedi, rimanendo con solamente la sottoveste addosso. Sfilò le scarpe
e a piedi nudi si fece strada fino al letto, posando leggermente un ginocchio
sul bordo del materasso.
Arthur si destò immediatamente, il suo allenamento militare
gli aveva donato un sonno leggero, e per puro istinto afferrò Merlyn per
scaraventarla sul letto e salirle sopra.
«Buongiorno a te.» rise la ragazza con un luccichio negli
occhi che Arthur aveva imparato a conoscere bene. Il principe corrugò la
fronte, era sicuro fosse già mattino, non avevano mai fatto nulla del genere
con il Sole fuori.
«Buongiorno.» rispose l’uomo chinandosi a baciarla, una mano
tra i lunghi capelli sciolti della moglie.
«Oggi è il nostro anniversario.» gli ricordò carezzandogli i
pettorali nudi, cercando di essere sensuale. Ormai aveva acquistato una certa
sicurezza nella camera da letto e non cercava più di nascondersi agli occhi del
marito.
Arthur sorrise, pensando all’ultimo fantastico anno che
avevano vissuto «Davvero? Il tempo è volato.» rispose tra un bacio e l’altro.
Merlyn annuì cercando di non gemere quando Arthur le prese
un seno nella mano, la sottoveste l’unica barriera tra le loro pelli. Gli circondò
le spalle con le braccia tirandolo verso il basso, cercando nuovamente le sue
labbra.
L’uomo cercò di non schiacciarla, provando a sorreggersi
solamente su un gomito mentre le tirava sopra la sottoveste, i suoi pantaloni
decisamente più stretti del dovuto al solo pensiero di quello che lo aspettava.
Arthur adorava fare l’amore con Merlyn e non si pentì
nemmeno per mezzo secondo di voler essere rimasto vergine fino alle nozze.
Nella loro inesperienza avevano creato una solida base per la loro relazione intima,
imparando lungo la via cosa e cosa non piacesse loro. Avevano sperimentato poco,
Arthur aveva provato a prendere qualche suggerimento dai racconti di Gwaine, ma
certe cose erano semplicemente troppo sconce da poter provare con sua moglie,
era pur sempre un principe, non un animale.
Merlyn lo aiutò a sfilarsi la sottoveste, rimanendo nuda
sotto di lui, e le sue mani corsero ai lacci dei pantaloni del marito, triando
verso il basso sia l’indumento che l’intimo dell’uomo.
La maga si spinse a sedere, allontanando momentaneamente
Arthur, voleva provare qualcosa di nuovo. Aveva recentemente letto un romanzo e
un passaggio l’aveva leggermente fatta accaldare.
Spinse Arthur a sdraiarsi e gli sfilò completamente gli
indumenti di dosso facendoli cadere a terra. Sentendosi spavalda si sedette sul
bacino del marito facendo sfiorare le loro intimità. Il biondo gemette e le
mani volarono ad afferrare i fianchi della moglie, fermandola.
Prese un profondo respiro e constatò con disappunto di non
riuscire a vedere il viso della moglie.
«Possiamo accendere una candela?» domandò con voce rauca.
Voleva vederla, voleva godersi quello spettacolo che era sua moglie.
Tipicamente era lui ad avere le redini della situazione a letto, Merlyn
nonostante il carattere fumantino e la completa dedizione nel voler violare le
norme di genere, a letto era estremamente docile.
La stanza si illuminò alla luce di tre candele e Arthur
dovette chiudere gli occhi e pensare a qualcosa di disgustoso per non venire in
quell’esatto istante.
Improvvisamente Merlyn si fece timida, chiedendosi cosa
diamine stesse facendo. Non stava bene ad una donna essere in quella posizione.
Fece per scendere quando Arthur la bloccò nuovamente.
«Sei bellissima.» sussurrò allungando una mano verso la sua
guancia, una dolce carezza che spezzava la natura lussuriosa del momento.
Merlyn arrossì fino alle punte delle orecchie, le mani
posate contro i pettorali dell’uomo. Non rispose verbalmente, ma mosse il
bacino in modo sperimentale, sentendo la sua intimità incontrare quella del
marito.
Le mani sui suoi fianchi si strinsero di più e Merlyn lo
prese come un invito a ripetere l’azione.
Arthur doveva essere in Paradiso.
⸸⸸⸸
Uther Pendragon arrivò con cinque cavalieri ad Ealdor, poco
dietro di lui su un asino vi era il ragazzo che aveva giurato si sapere dove
fosse suo figlio.
Il villaggio era poco fuori il confine di Camelot, ma ad
Uther non interessava rischiare una guerra con Cenred. Finalmente avrebbe
riabbracciato suo figlio!
«Dove?» chiese al ragazzo, stavano già perdendo abbastanza
tempo. Non sembrava esserci nessuno in giro, sicuramente tutti impegnati nei
campi. Doveva salvare suo figlio, liberarlo e uccidere chiunque avesse avuto il
coraggio di detenerlo per tutto quel tempo lontano da casa.
«In quella casa, mio signore.» Osbert indicò la casa al
limitare del villaggio. Il re non gli aveva dato nemmeno il tempo di raccontare
tutta la storia, creandosi in testa l’idea che qualcuno l’avesse rapito e non
che fosse entrato e rimasto di sua spontanea volontà ad Ealdor.
Uther smontò da cavallo e i cavalieri fecero lo stesso. Con
sé aveva portato anche Sir Leon, l’unico di cui si fidasse veramente e sapeva
che dopo essere stato salvato Arthur avrebbe avuto bisogno di un amico.
Estrasse la spada e si avvicinò silenziosamente
all’abitazione, pronto a tagliare la gola a chiunque fosse all’interno. Sir
Leon aprì la porta, rivelando un salotto vuoto, ma si potevano sentire dei
versi provenire dietro l’unica porta presente all’interno.
Uther non perse tempo, andando a passo sicuro verso la porta
di legno, aprendola con un calcio. Le orecchie dei presenti vennero
immediatamente investite da un urlo femminile e gli uomini videro nella stanza
poveramente illuminata una donna priva di vestiti che stava dando loro le
spalle, la schiena e il fondoschiena coperti da una massa di capelli neri.
Chiunque fosse sotto di lei agì con velocità nel coprire la ragazza con un
lenzuolo, preservandone un minimo di dignità.
Sir Leon chiuse la porta, le gote rosse per quel poco che
aveva visto. Tutti rimasero in silenzio e si guardarono confusi. Il Re uscì
dall’abitazione per afferrare Osbert dalla tunica e sbatterlo contro la
facciata della casa, dietro di lui i suoi cavalieri.
«Mi hai mentito!» ringhiò posando la punta della sua spada
contro il mento del ragazzo. Voleva ucciderlo, gli aveva dato solamente false
speranze e fatto perdere giorni importanti per la ricerca del figlio.
«Mio signore… io…» Osbert faceva fatica a respirare, le
parole gli morivano in gola per la paura.
Dall’abitazione uscì un uomo che si stava infilando la
tunica nei pantaloni «Chi diamine osa entrare in casa mia senza annunciarsi?»
domandò furibondo solamente per sentire il colore scomparirgli dal viso.
Improvvisamente si sentì male, davanti a lui c’era suo padre.
«Arthur!» esclamò l’uomo piantando la spada a terra,
scordandosi completamente di Osbert.
Dietro di lui comparve una ragazza minuta, la quale quasi
scompariva dietro la figura del figlio. Era rossa in viso, sicuramente
imbarazzata per essere stata vista in uno stato indecoroso da quegli estranei.
«Arthur, figlio mio.» ripeté l’uomo e Merlyn lo guardò
sorpresa. Arthur non aveva mai parlato di suo padre, ma non era certamente così
che se lo era immaginato. Si vedeva chiaramente che fosse un nobile e i
cavalieri di Camelot le stavano mettendo una certa ansia addosso. L’avrebbero
uccisa solamente se avessero sospettato che usasse la magia, anche se erano
fuori la loro giurisdizione.
Si nascose ancora un po’ dietro le spalle di Arthur,
afferrandogli la tunica stringendola in un pugno, pronto a tirarlo indietro nel
caso qualcuno avesse provato ad attaccarlo. Non che credesse che suo padre
volesse fargli del male, ma la prudenza non era mai troppa.
«Come mi avete trovato?» domandò il principe sentendo un
nodo alla gola. Guardò Sir Leon, il quale indicò con lo sguardo Osbert. Arthur
sentì una rabbia immensa crescergli dentro, la sua vita era rovinata!
Uther si avvicinò sorridendo, allargando le braccia in un
invito ad abbracciarlo, ma il ragazzo non si mosse.
«Arthur, che succede?» chiese Merlyn a voce abbastanza alta.
Non le piaceva l’aria che era venuta a crearsi.
Un cavaliere alzò la spada «Attenta a come parli al
principe, sgualdrina.» la rimproverò.
Merlyn lasciò andare la presa sulla tunica di Arthur facendo
un passo indietro. Cosa? Il principe? Arthur era… Arthur Pendragon?
«Non ti permettere di parlare in questo modo a mia moglie!»
rispose il principe fulminando con lo sguardo il cavaliere. Sir Leon spalancò
la bocca sbalordito, mentre Uther strinse le labbra in una linea sottile,
ovviamente disapprovava quello che aveva appena sentito.
«Non dire sciocchezze, Arthur, quella contadina non è tua
moglie.» disse con tono duro, il suo tono da re che il figlio tanto odiava.
Merlyn si era fatta più lontana, lo sguardo perso nel guardare
gli uomini discutere. Le aveva mentito, per tutto quel tempo, non le aveva mai
detto la verità nonostante tutte le conversazioni avute sul suo Destino. Si era
preso gioco di lei!
Un cavaliere l’afferrò per il gomito in modo da evitare che
si potesse allontanare. La ragazza si guardò intorno, doveva avvertire il
padre, se Uther l’avrebbe visto lo avrebbe ucciso!
«Mordred, tesoro, devi andare dal nonno e dirgli che
Uther Pendragon è qui.» comunicò con il figlio. Non ricevette risposta, ma
vide sua madre ed i suoi amici arrivare.
«Cosa succede?» chiese Gwaine fissando malamente l’uomo che
tratteneva Merlyn.
«Una riunione di famiglia.» sputò velenosamente la ragazza.
Arthur, il suo Arthur, era figlio dell’uomo che aveva causato tanto dolore ai
suoi genitori, l’uomo che uccideva le persone come lei senza pietà.
Parsifal si irrigidì riconoscendo il regnante di Camelot,
posò una mano sulla spalla di Gwaine e se lo tirò vicino, non volendo che si intromettesse
e rischiasse di venire ferito.
Hunith raggiunse la figlia, prendendola una mano. Lo sguardo
triste e addolorato per la sua Merlyn, ma anche con una leggera paura che
avrebbero trovato Balinor e Mordred.
«Attenta a come parli.» l’ammonì nuovamente un cavaliere,
non apprezzando il suo tono.
Uther guardò le due donne, avevano un qualcosa di familiare,
ma non riusciva a comprendere veramente quella sensazione che gli fece
formicolare la nuca.
«Arthur, raccogli le tue cose, torniamo a casa.» ordinò
l’uomo.
«Non voglio tornare a Camelot, ho una vita qui, una
famiglia.» disse indicando Merlyn.
Uther strinse il pomolo della sua spada, la sua pazienza
stava arrivando al limite «Basta con queste fesserie, ti sei divertito con
quella ragazza, ma è il momento di tornare a casa e sposare per davvero una
principessa.» disse facendo cenno a due guardie di afferrare il figlio.
«No! Siamo sposati, non puoi dividere un’unione consacrata
agli occhi di Dio.» protestò strattonandosi dalla presa dei cavalieri.
«Io posso! Sono il re di Camelot!» tuonò attirando
l’attenzione degli altri abitanti di Ealdor.
Arthur fece per protestare nuovamente, ma la voce di Merlyn
lo precedette «Tornatene a casa tua, Arthur Pendragon, perché tu non sei
l’uomo che ho sposato.» sibilò con le lacrime agli occhi.
Uther sorrise compiaciuto ed ordinò che la ragazza venisse
lasciata «Cosa vuoi in cambio del tuo silenzio, ragazza? Oro, terreni?» domandò
ben sapendo che c’era sempre un prezzo. La ragazza poteva anche starlo
lasciando andare, ma doveva pur volere qualcosa in cambio per non tornare mai
più nelle loro vite.
Merlyn lo guardò confuso «Non voglio nulla.» rispose a denti
stretti, evitando di guardare verso l’uomo che credeva di conoscere.
Il re non sembrò convinto «Da quanto tempo siete sposati?»
domandò invece, doveva accertarsi di una cosa.
«Un anno oggi.» rispose la maga guardando brevemente la sua
fede. La fede della madre di Arthur. La regina Ygreine. La moglie defunta di
Uther. Un cimelio della famiglia Pendragon.
«E dimmi, ci sono possibilità che tu abbia in grembo un possibile
bastardo?» domandò facendo arrossire la ragazza. Come si permetteva? Suo
figlio non sarebbe stato un bastardo, lei era sposata! O almeno lo era, perché
in quel momento si stava sfilando la fede.
Camminò fino a fermarsi davanti ad Arthur «No, nessuna
possibilità.» rispose posandogli sul palmo della mano l’anello.
«Merlyn, per favore…» provò a dire, voleva scusarsi, dirle
che i suoi sentimenti erano sinceri, che non aveva mentito su nulla che sul suo
nome, ma la ragazza lo bloccò con una mano davanti al viso.
«Non dire mai più il mio nome.» disse con voce dura.
Uther sorrise soddisfatto «Bene, la questione è risolta,
possiamo andare a casa. Mi racconterai cos’è successo strada facendo.» esordì
battendo una mano sulla spalla del figlio, guardando la ragazza scomparire
dentro la casa, le prime lacrime a bagnarle il viso.
«Padre, non voglio, sono felice qui.» protestò nuovamente il
biondo, il cuore che andava frantumandosi, la mano chiusa a pugno stringendo
l’anello della moglie.
«Arthur, la ragazza ti ha lasciato andare, ti odia.»
gli ricordò con meschina gioia. Era stato più facile del previsto, chiunque si
sarebbe approfittato di scoprire di essere sposata ad un principe, ma questa
Merlyn doveva essere veramente una stupida se non aveva voluto nemmeno una
ricompensa in oro per sparire dalle loro vite.
Il principe sentì la porta di casa sbattere, Merlyn aveva
tra le braccia le sue cose e stava camminando via insieme ad Hunith. Lo stava
lasciando veramente, avrebbe lasciato che suo padre lo portasse via.
Guardò Lancelot in cerca d’aiuto, ma il ragazzo scosse la
testa, non potevano fare molto. Doveva tornare a Camelot, era quello il suo
posto.
Arthur sospirò sconsolato.
«Promettimi che vi prenderete cura di lei.» chiese con un
filo di voce al suo amico.
«Certo, Arthur, non lasceremo che le accada nulla.» promise
Lancelot stringendogli la mano, sigillando un patto.
Il ragazzo entrò in casa a recuperare i suoi pochi averi e
si fermo a scrivere due lettere, una per Merlyn e una per Mordred. Nascose in
una credenza il sigillo di sua madre, un pezzo di pergamena in cui le spiegava
che se mai fosse voluta venire a Camelot le sarebbe bastato mostrare l’oggetto
per arrivare a lui.
Chiuse la porta sentendo un enorme peso sul cuore, la
consapevolezza che quella mattina non aveva nemmeno salutato Mordred lo
rattristiva.
Sarebbe tornato, avrebbe riconquistato Merlyn.
Montò a cavallo circondato dai cavalieri, in modo che non
potesse scappare, sopra di loro il cielo era carico di nuvole.
Appena fuori Ealdor un temporale investì i viaggiatori e
Arthur sapeva perfettamente che non era una semplice casualità.
Sua moglie stava soffrendo ed era colpa sua.
⸸⸸⸸
Merlyn faceva finta che tutto andasse bene. Era tornata a
casa dei genitori e lei e Mordred condividevano un letto. Il bambino non faceva
altro che chiedere che fine avesse fatto suo padre, confuso dalla sua mancanza,
e Merlyn non aveva avuto il cuore di dirgli la verità, quindi si era inventata
che Arthur era dovuto andare ad aiutare il re di Camelot per una missione molto
importante e che non sapeva quando sarebbe tornato. Un giorno avrebbe dovuto
dirgli di dimenticarselo, che molto probabilmente era morto.
Non aveva messo piede nella sua casa coniugale da quella
ingiuriosa mattina, non voleva rivedere uno dei posti in cui aveva condiviso troppi
momenti con Arthur Pendragon.
Balinor era andato su tutte le furie quando Hunith gli aveva
raccontato cosa fosse successo, desiderando averlo tra le mani per poterlo
strangolare, ma erano solo parole dette al vuoto.
Merlyn era seduta su un ceppo di legno, lo sguardo perso
mentre Mordred giocava con la sua magia nel centro della radura.
Cercava di passare quanto più tempo poteva con il bambino
cercando di non fargli sentire la mancanza di Arthur, avevano anche giocato con
delle spade di legno una volta, ma Merlyn era decisamente negata.
«Madre, guarda!» richiamò la sua attenzione Mordred
indicandole una farfalla blu. Merlyn gli sorrise sforzatamente «Sei bravissimo,
tesoro.» si congratulò con un nodo alla gola.
Il druido rise e alzò nuovamente le mani, gli occhi si
illuminarono d’oro e altre farfalle comparvero. Svolazzarono nell’aria fino a
raggiungerla, posandosi tra i suoi capelli e sulla punta del naso.
Merlyn non riusciva più a creare farfalle, nonostante gli
sforzi sembrava che quell’incantesimo involontario che aveva fatto per tutta la
sua vita le fosse stato tolto.
Il bambino si sedette sulle sue gambe e posò la testa contro
il suo petto, giocando con una ciocca dei capelli corvini della ragazza «Mi
manca Arthur.» borbottò timido e Merlyn gli baciò la testa.
«Manca anche a me.» ammise prima di scoppiare a piangere,
non era facile far finta che tutto andasse bene.
⸸⸸⸸
Morgana entrò nelle stanze del Principe Arthur senza
bussare. Erano ormai due mesi che era a casa, ma sembrava che non ci fosse. La
donna lo aveva trovato in uno stato pietoso, il contrario di quello che ci si aspetterebbe
da una persona che tornava a casa dopo più di tre anni.
Uther non le aveva dato alcuna informazione, limitandosi a
dirle di essere semplicemente grata che Arthur fosse tornato a casa, ma Sir
Leon prendendo pietà nei suoi confronti le aveva raccontato nella più totale
confidenza quello che era accaduto ad Ealdor.
La protetta del re non poteva credere alle sue orecchie, mai
si sarebbe aspettata che Arthur riuscisse a conquistare una ragazza, tantomeno
sposarne una e nascondere la sua vera identità! Ascoltò attentamente Leon
riferirle le parole scambiate tra la coppia di sposi e la loro straziante
separazione.
La stanza era buia, Morris le aveva detto che il principe si
rifiutava di alzarsi dal letto e Uther stava permettendo ad Arthur di fare
ancora per poco questi capricci. Si avvicinò alla finestra e tirò via le tende,
alle sue spalle Gwen la imitò con quelle vicino al camino.
Sul letto Arthur era sdraiato con gli occhi aperti,
chiaramente vigile, ma la sua carnagione non prometteva nulla di buono.
Sembrava sul punto di morte e Morgana non poteva permettere che l’uomo perisse
per la sua stupidità.
«Ora basta, Arthur, è il momento di tornare in piedi.» lo
spronò tirando via le coperte. Mai si sarebbe aspettata di vedere Arthur
struggersi per amore.
«Morgana, esci dalle mie stanze, per favore.» una delle cose
che Morgana adorava di questo nuovo Arthur, però, erano le buone maniere.
Merlyn – così Leon le aveva detto fosse il nome della sposa – doveva essere
stata una buona influenza per lui.
La donna scosse la testa «Assolutamente no, devi uscire e
farti vedere dal popolo, la gente è preoccupata per il loro principe.» disse
andando verso l’armadio per tirarne fuori dei vestiti e gettarli sul letto «Ti
aspetto all’ingresso, non farmi attendere molto.» disse scomparendo con Gwen,
che silenziosa non aveva osato dire nemmeno una parola.
La fidata servitrice era stata messa al corrente della
situazione e non provava altro che dolore per Arthur. I due avevano avuto una
breve relazione, ma questa Merlyn doveva essere stata veramente speciale se
Arthur aveva deciso di rinunciare al trono per stare con lei. Gwen aveva sempre
ricevuto promesse vuote dall’uomo, un continuo “aspetta che diventi re”.
Morris si schiarì la gola «Se vogliamo procedere.» lo invitò
sentendo le ginocchia tremargli. Da quando era tornato il principe non aveva
alzato nemmeno una volta la voce contro di lui e non gli aveva nemmeno lanciato
un calice addosso dopo aver fatto cadere qualcosa a terra. Era come se davanti
a lui ci fosse completamente un’altra persona e Morris non si vergognava a dire
che questo nuovo Arthur gli piaceva leggermente di più.
Arthur sospirò pesantemente, Morgana lo aveva messo con le
spalle al muro e in quel momento non voleva perdere anche la sua amicizia. Si
alzò dal letto ed afferrò i vestiti andando dietro il separé per cambiarsi.
Vivere per conto suo per tre anni gli aveva insegnato a fare anche una cosa
basilare come vestirsi senza l’aiuto di un servitore.
L’unica cosa che non riusciva però ancora a fare era
pettinarsi decentemente. Ricordò con l’amaro in bocca Merlyn posizionarsi tra
le sue gambe mentre passava il pettine tra i suoi capelli, sistemandoli poi con
le dita, finendo con un bacio sulla fronte prima di iniziare la loro giornata.
Era ovvio che Merlyn gli mancasse da morire, sulla mano
sinistra teneva ancora la fede che la ragazza gli aveva donato mentre l’anello
di sua madre era chiuso nel cassetto della sua scrivania.
Ignorando gli sguardi sorpresi della servitù e dei nobili
raggiunse l’ingresso dove Morgana lo stava aspettando.
Forse camminare tra il suo popolo lo avrebbe tirato su di
morale.
⸸⸸⸸
Merlyn stava passeggiando nella foresta da sola, era una
bella giornata e Mordred stava giocando con Lancelot e Gwaine, dandole la
possibilità di potersi prendere del tempo per sé.
«Non sta bene girovagare da sola per i boschi.» la voce di
Ranful era canzonatoria, il ragazzo aveva gradito molto vedere il suo
matrimonio andare in frantumi.
«Non sta bene seguire ragazze nei boschi.» rispose
continuando a camminare tranquillamente. Non aveva più quella scintilla dentro
di lei, si sentiva un guscio vuoto, come se qualcosa mancasse o meglio
qualcuno.
Il ragazzo le si affiancò, camminando insieme a lei «Ho una
proposta per te.» le disse infilandosi le mani in tasca.
Merlyn inarcò un sopracciglio «Sentiamo.» lo spronò già
pronta a rifiutare. Non faceva certamente affari con Ranful!
«Possiamo andare a letto insieme, di tanto in tanto. Non
devi nemmeno più far finta di essere una verginella, sappiamo tutti che il
principe Arthur ti ha scopata per bene.» disse l’uomo come se stesse parlando
del clima «Così ci guadagno io e anche te. Lo sanno tutti che le donne hanno
bisogno di una buona scopata di tanto in tanto per essere tenute in linea.»
aggiunse sputando a terra come il rozzo qual era.
Merlyn si fermò guardando incredula Ranful «Non so cosa ti
passi per la testa, idiota, ma non accetterò mai ad una proposta del genere.»
rispose stringendo i pugni «Non sono un’adultera, purtroppo agli occhi
di Dio» e della triplice Dea «sono ancora la moglie di Arthur.» aggiunse
con rabbia. Era così frustrante! Non c’era modo di sciogliere quel matrimonio,
i nomi erano giusti, il rapporto era stato consumato, solamente la morte di uno
avrebbe liberato l’altro e Merlyn preferiva una vita di nubilato che la morte
di Arthur.
«Nessuno lo deve sapere, bastarda.» sbuffò Ranful
come se stesse parlando con una stupida «Non ti farebbe male una ripassatina.»
le afferrò il braccio tirandosela contro.
Merlyn prese un profondo respiro sentendo l’odore dei pini
intorno a loro «Mai e poi mai mi farei toccare da te. Sei disgustoso, un porco,
hai cercato di vendermi, di violentarmi e ti aspetti che io accetti di andare a
letto con te? Preferirei morire in questo istante che pensare anche solo per un
secondo di permetterti di toccarmi.» disse liberando il braccio.
«Un giorno, Merlyn, ti pentirai di questa scelta.» la voce
di Ranful si fece bassa, roca e minacciosa «Perché che tu lo voglia o no
arriverà il giorno in cui ti prenderò e ti rovinerò per chiunque altro.»
concluse circondandole il collo con la sua grande mano «Non sarai mai una
moglie, ti dovrai accontentare di essere una concubina, come lo sei stata per
il tuo caro principe Arthur. Farei anche attenzione a quel bastardo che chiami
figlio, non vorrai gli accadesse qualcosa.» le ricordò con cattiveria.
La lasciò andare, scomparendo tra il fogliame. Merlyn si
toccò il collo tremando, Ealdor non era più il posto adatto a lei.
⸸⸸⸸
Sir Leon si passò un panno sul viso sudato, non aveva avuto
un allenamento così duro in anni. Arthur era tornato a condurre gli allenamenti
e non ci stava andando leggero, scaricava tutte le sue forze contro i cavalieri
e arrivata la sera era talmente stanco che cadeva in un sonno senza sogni.
L’uomo aveva capito cosa stesse facendo il principe e non
poteva biasimarlo, poteva vedere nei suoi occhi come soffrisse. Gli mancava
Merlyn, era palese, più volte lo aveva visto guardare la sua fede nuziale
nostalgicamente. Erano passati solamente cinque mesi dal suo ritorno a casa, il
re era tornato di buon umore, il popolo aveva ritrovato la speranza, ma Arthur
era miserabile.
Uno dei cavalieri che era ad Ealdor una sera aveva provato a
scherzare con lui, dicendogli che se avesse avuto voglia di andare a letto con
una donna lo avrebbe portato in un bordello, che non doveva per forza sposarsi
una contadina per avere un po’ d’azione. Quella battuta gli era costato un
braccio, Arthur aveva spezzato l’osso in maniera impeccabile, ricordando al
cavaliere che era stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.
«Oggi è il suo compleanno.» disse il principe guardando il
cielo limpido sopra Camelot «Fa diciotto anni.» aggiunse strappando dell’erba
da sotto le mani.
Leon rimase in silenzio, calcolando velocemente che i due si
passavano cinque anni di differenza.
«Il suo primo compleanno lo abbiamo passato nell’arena, si
era ubriacata e l’ho dovuta riportare nelle sue stanze, ancora la odiavo. Era
così allegra nonostante fosse una prigioniera quanto noi gladiatori.» raccontò
senza guardare l’amico, perdendosi nei ricordi «Per il suo diciassettesimo
compleanno invece le avevo già fatto la proposta di matrimonio e l’ho portata a
fare un picnic.» ripensò ai baci scambiati vicino al fiume, le tipiche farfalle
blu che svolazzavano intorno a loro.
«Ti chiedi cosa stia facendo adesso.» constatò Leon
passandogli dell’acqua, il Sole era forte e non voleva che il principe
rimanesse disidratato.
Arthur sorrise tristemente «Sarà sicuramente insieme ai suoi
genitori, Mordred e i nostri amici.» disse sentendo una fitta al cuore. Non
erano più i suoi amici, nessuno di loro lo aveva aiutato a sfuggire dalle
grinfie del padre, nessuno di loro aveva provato a seguirlo, ma lo capiva. Si
sentivano traditi, aveva mentito per anni a tutti loro, era giustificabile.
«Chi è Mordred?» Leon non aveva mai sentito quel nome,
conosceva Lancelot, Gwaine e Parsifal, li aveva pure visti quella sfortunata
mattina.
Arthur rimase in silenzio, continuando a guardare il cielo,
cercando di venere nelle poche nuvole il viso di Merlyn. La sognava ogni notte,
certe volte erano ancora innamorati, altre volte lei urlava che lo odiava e che
lo voleva morto.
«Mio figlio.» rispose facendo strozzare Leon con l’acqua «Lo
abbiamo adottato dopo che il padre è stato ucciso nel bosco vicino ad Ealdor.»
chiarì immediatamente prima che l’amico potesse svenire.
Il primo cavaliere di Camelot sorrise, gli sarebbe piaciuto
incontrare quel bambino, solo l’espressione addolcita di Arthur poteva
suggerire il bene che gli volesse ed essendo cresciuti insieme sapeva che
l’amico non era solito affezionarsi. Leon e Morgana si trovavano in accordo quando
constatavano che l’Arthur che conoscevano non esisteva più, c’era una versione
più matura di lui.
«Quando sarai re» iniziò Leon con tono solenne «riavrai la
tua famiglia.» perché nel suo cuore Leon sapeva già che Merlyn sarebbe stata la
regina di Camelot. Credeva che la ragazza lo avrebbe perdonato se i loro
sentimenti erano sinceri. Avendolo sposato legalmente avrebbe avuto ogni
diritto nel seguire Arthur a Camelot e reclamare una nuova posizione sociale,
approfittandosene, ma invece non aveva fatto nulla, ferita dalla bugia.
Arthur non rispose, era inutile fantasticare sul futuro.
⸸⸸⸸
Lancelot guardò preoccupato Merlyn, la ragazza stava tenendo
stretto per una mano Mordred e continuava a guardarsi le spalle mentre si
avviavano al mercato di Engerd. Erano un paio di giorni che sembrava
continuamente sulle spine, come se si aspettasse che qualcuno saltasse fuori
dal nulla per spaventarla.
Sapeva che gli ultimi mesi erano stati duri, che il
“tradimento” di Arthur aveva segnato tutti nel cuore, ma Lancelot aveva la
certezza che Uther non avrebbe mandato nessuno ad ucciderla o intimidirla; il
re gli era sembrato piuttosto soddisfatto di come le cose erano andate, Merlyn
non aveva opposto resistenza, aveva riconsegnato il cimelio di famiglia e aveva
rinnegato il marito.
Mordred chiedeva di tanto in tanto quando Arthur sarebbe
tornato e a turno tutti avevano dovuto mentire, sostenendo la storia che Merlyn
aveva creato, non voleva raccontargli la verità per non spaventarlo. La
famiglia Pendragon era l’incubo di qualsiasi persona che praticava la magia.
Poco lontano da loro un cerbiatto ruppe un bastoncino di
legno e Merlyn sollevò il bambino da terra per stringerlo al petto, gli occhi
illuminati d’oro pronta a scagliare un incantesimo. Era decisamente stressata e
Lancelot non poteva più rimanere in silenzio.
«Merlyn, è successo qualcosa? Sembri spaventata.» domandò
cortesemente. Il bambino gli aveva raccontato di come non avesse dormito bene
in quegli ultimi giorni e se si addormentava si svegliava di soprassalto al
primo rumore troppo forte.
La ragazza si guardò alle spalle e poi lasciò nuovamente a
terra Mordred, la minaccia di Ranful ancora fresca nella mente. Non le
interessava nulla se voleva fare del male a lei, poteva sopportarlo, ma il solo
pensiero che qualcuno potesse mettere le mani sul suo bambino la mandava nel
panico più totale. Avevano entrambi la magia, ma non potevano usarla
liberamente senza pensare alle conseguenze. Ranful sarebbe corso immediatamente
da Uther per farla uccidere, così da eliminare il problema di quella moglie
troppo scomoda e contadina per sempre.
«Non è niente, Lance, giusto che questi boschi brulicano di
banditi.» disse sorridendo al bambino che la guardava egualmente preoccupato.
«Se ci fosse padre ci difenderebbe lui!» declamò Mordred
mimando delle mosse con una spada immaginaria.
Il cuore di Merlyn sembrò spezzarsi per la milionesima volta,
ma si sforzò ad annuire «Dobbiamo accontentarci di zio Lancelot.» rispose
facendo l’occhiolino, Mordred si lasciò sfuggire una risatina, Emrys era
veramente divertente!
«Hey, sono un abilissimo spadaccino!» si difese il diretto
interessato sollevando Mordred da terra e posandoselo sulle spalle così che
Merlyn potesse camminare liberamente.
Il druido posò le mani paffute sulle guance dello zio
dandogli dei piccoli colpi sentendo la barba pungergli i palmi «Ma mai quanto
padre.» disse ponendo fine alla conversazione. Arthur era veramente il suo
idolo, un eroe, e Merlyn non poteva fare a meno di pensare all’uomo che aveva
amato a capo di un esercito che uccideva i pacifici druidi nelle loro stesse
case.
Poteva veramente distruggere la figura che Mordred aveva di
Arthur? Forse quando sarebbe stato più grande.
Merlyn guardò nuovamente alle sue spalle, assicurandosi che
nessuno stesse seguendo loro.
⸸⸸⸸
Uther non era solito andare nelle stanze del figlio, spesso
non lo vedeva per giornate intere, ma quella sera aveva bisogno di parlargli.
Lo aspettò in piedi vicino al camino, paziente che tornasse
dagli allenamenti per poter discutere di un evento estremamente importante.
«Padre, cosa ci fate qui?» il tono di astio era palpabile,
ma al re poco importava, suo figlio avrebbe imparato a convivere con quell’odio
insensato che provava nei suoi confronti. Lo aveva salvato da una vita
miserabile, Uther ancora non riusciva a capire come Arthur avesse potuto anche
solo per un secondo pensare di rinunciare al trono per fare il contadino.
«Dobbiamo parlare della festa d’incoronazione, Arthur. Per i
tuoi ventuno anni non eri qui per venire incoronato principe ereditario di
Camelot. Rimedieremo tra due settimane.» annunciò con il solito tono che non
ammetteva repliche.
Purtroppo, a corte si erano sparse voce dell’infelice
matrimonio che suo figlio aveva contratto con la contadina, uno dei cavalieri
non era riuscito a tenere la bocca chiusa e Uther aveva commissionato a
Geoffrey di Monmouth di trovare un modo per annullare il matrimonio che non
comportasse l’omicidio della ragazza. Gli era sembrata una ragazza per bene,
che si era fatta ingannare da suo figlio e non aveva provato ad estorcergli
nemmeno una moneta d’oro. Se fosse stata una nobile sarebbe anche riuscito ad
accettarla, ma mai e poi mai Uther Pendragon avrebbe permesso a suo figlio di
mischiarsi con la plebe, era già un miracolo che in un anno di matrimonio non
avesse ingravidato la moglie.
Era diventato lo zimbello degli altri Regni, aveva anche
ricevuto una lettera di congratulazioni da parte di re Lot per l’acquisizione
della nuora. Le notizie volavano troppo in fretta e Geoffrey doveva
assolutamente sbrigarsi a trovare una soluzione.
«Va bene.» rispose seccamente il ragazzo allargando le
braccia in modo che Morris potesse togliergli l’armatura di dosso. Voleva
lavarsi e andare a letto, ogni giorno senza Merlyn era pura agonia.
Uther sorrise soddisfatto per la docilità del figlio, si era
aspettato delle proteste, come al solito, ma Arthur si stava rivelando più
maturo.
⸸⸸⸸
Merlyn lasciò Mordred a casa di Gwaine e Parsifal, insieme a
loro anche Lancelot e Will. Avevano dichiarato che per una notte a settimana
Mordred meritava una notte tra soli uomini e la maga non si era opposta
all’idea. Era più al sicuro con loro quattro che da sola con lei.
Passò davanti alla sua vecchia casa e si fermò. Guardò la
porta come se si aspettasse che Arthur uscisse e le andasse incontro per
baciarla, ma sapeva perfettamente dov’era il marito.
Aprì la porta e con un movimento della mano accese il
camino, illuminando lo spazio che improvvisamente le sembrava più piccolo. Sul
tavolo vide immediatamente le due lettere, una con il suo nome e l’altra con
quello di Mordred. Se le infilò nella tasca del grembiule, le avrebbe lette a
casa. Aprì la credenza per prendere quello che era rimasto quando vide uno
strano oggetto con sotto un pezzo di pergamena.
Era un sigillo, un oggetto tremendamente importante e
quell’idiota di Arthur lo aveva lasciato a lei. L’uomo aveva solamente due cose
appartenenti alla madre e aveva donato entrambe a lei.
Era così stupido!
Non aveva dubbi che l’uomo l’avesse amata, non aveva mai
messo in dubbio i loro sentimenti, ma la cosa che non riusciva ad accettare
erano le bugie. Lo avrebbe sposato comunque, se le avesse detto di essere un
Pendragon, lo avrebbe amato ugualmente perché un nome non definiva una persona.
Il Destino li voleva insieme, loro erano l’unica speranza
per Albion e il ritorno della magia, ma adesso erano separati e Merlyn non
desiderava altro che tornare tra le sue braccia. Era stata crudele con lui,
rinnegando il loro matrimonio, sfilandosi la fede nuziale in quel modo.
Pensò a tutto quello a cui Arthur aveva rinunciato per
rimanere con lei, a come avesse opposto resistenza dall’essere portato via.
Nascose il sigillo con le lettere e fece per andarsene, ma
alla porta vide Ranful insieme ad Osbert. Il fiato le si bloccò in gola, una
spiacevole sensazione le scese lungo la schiena.
I due uomini entrarono nella casa chiudendosi la porta alle
spalle.
«Guarda chi abbiamo qua, la principessa di Camelot.» rise
Osbert, il ragazzo aveva ricevuto una lauda ricompensa da parte di Uther e
aveva deciso di rimanere ad Ealdor, pagando due monete d’oro la signora Imogen
per non essere incastrato in un matrimonio con Bertrada.
«Sai, ho sempre voluto baciare una principessa.» commentò
Ranful facendosi più vicino.
«Non mi trovavate disgustosa? Sono pur sempre la bastarda.»
ricordò loro Merlyn, preferiva mille volte meglio quando volevano picchiarla
che baciarla. Il solo pensiero le dava il voltastomaco. Ricordò con nostalgia
il giorno in cui Arthur aveva sconfitto Ranful in combattimento obbligandolo a
lasciarla in pace, ma ora senza la sua protezione era tornata alla mercé dei
suoi bulli.
Osbert le prese un braccio tirandola verso di sé per poi
spingerla contro Ranful, il quale fece lo stesso, iniziando un avanti ed
indietro.
Le girava la testa, Merlyn usò un po’ di magia per far
spostare Osbert, così che non potesse afferrarla. Finì con lo sbattere contro
il tavolo, grata che quella sottospecie di tortura fosse finita.
Si portò una mano alla testa, vedeva la stanza girare.
«Allora, hai pensato alla mia proposta?» le domandò Ranful
aprendo la porta della camera da letto dove le lenzuola erano ancora sfatte da
quel giorno.
«Mai, Ranful, mai verrò a letto con te, soprattutto nel mio
letto matrimoniale!» rispose la ragazza afferrando la caraffa di ceramica e
lanciandola contro l’uomo. Come osava? Con quale coraggio le stava proponendo
di deflorarla in quel letto?
Andò per afferrare la sedia in legno, ma Osbert la sollevò
da terra impedendole di usare le braccia.
«Sei una pazza, Merlyn.» commentò Ranful raccogliendo da
terra un coccio «Ma a noi piace, vero Osbert?» domandò all’amico facendogli
segno di entrare nella camera da letto.
La ragazza venne lasciata contro il materasso, le lenzuola
avevano ancora l’odore di Arthur.
«Non ti faremo niente, oggi, ma voglio darti un
ultimatum: entro una settimana dovrai venire a bussare alla mia porta o il
piccolo Mordred ne pagherà le conseguenze.» la minacciò puntandole la parte
affilata del coccio contro.
Merlyn sbuffò una risata «Non lo sfiorerete nemmeno mio
figlio.» rispose ben sapendo che era al sicuro. Se non era con lei era con
qualcuno in grado di prendersi cura di lui «Non riuscirete mai ad estorcermi
della mia dignità in questo modo. Perché te lo giuro su mia madre, Ranful,
prova anche solo a pensare di fare del male a Mordred e ti ucciderò con le mie
stesse mani.» lo minacciò a sua volta sentendosi nuovamente spavalda, l’odore
di Arthur le stava ridando un po’ di forze.
Osbert rise «Sei così piccola, Merlyn, non faresti del male
nemmeno ad un moscerino.» la derise l’uomo.
Prima che la donna potesse rispondere i due uomini uscirono
lasciandola sola. Una volta calmata si sdraiò sul letto chiudendo le porte con
la magia.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Non avrebbe ceduto
alle minacce, non si sarebbe mai concessa ad un uomo che non fosse Arthur,
tantomeno a qualcuno di disgustoso come Ranful. Prima che potesse decidere di
alzarsi e tornare a casa si addormentò, il sonno disturbato da sogni tremendi.
Merlyn era in piedi su delle
scale. Intorno a lei era buio se non per delle torce. L’aria era fredda e la
donna tremò. Aveva due direzioni tra cui scegliere: andare verso l’alto o
scendere verso il basso da dove proveniva quell’aria gelida.
Afferrò una torcia dal muro e fece due gradini verso l’alto,
poteva vedere la fine della scalinata ed un corridoio. Non sapeva con esattezza
dov’era, ma era certa che quello non fosse il suo posto.
«Merlyn.» una voce la
chiamò, immobilizzandola. Si guardò intorno, ma non c’era nessuno.
«Merlyn.» ripeté la voce
che sembrava provenire proprio dal basso.
La maga non era stupida, sapeva di non dover andare verso
delle voci, soprattutto quando non le era chiaro come fosse arrivata in quel
posto. Fece un altro gradino verso l’alto, ma si arrestò quando udì passi
pesanti provenire proprio da quella direzione.
Istintivamente si schiacciò contro la parete, tenendo la
torcia in alto per dare l’impressione che fosse ancora attaccata al muro. I
passi si fecero più vicini e proprio dal corridoio vide passare due guardie che
portavano lo stemma di Camelot sul petto. Si portò una mano alla bocca per eliminare
anche il suono del suo respiro, non voleva essere in quel posto e certamente
non voleva essere trascinata al cospetto del re o, peggio ancora, Arthur.
«Merlyn.» la voce la chiamò
nuovamente, un leggero tremore smosse la terra sotto i suoi piedi. Il tono era
più autoritario, come se le stesse comandando di scendere per ascoltarlo.
Assicuratasi che le guardie fossero fuori portata si staccò
dal muro, iniziando la discesa verso quelle che dovevano essere le segrete del
castello. Era buio pesto, lì sotto e la torcia non aiutava molto. Sollevò con
una mano la gonna del suo vestito, le mancava solamente inciampare e rompersi
il cranio.
Iniziò a vedere una luce tenue infondo alla scalinata e la
voce si fece più insistente. Fece di fretta gli ultimi gradini, il cuore che le
batteva forte nel petto in un misto di paura ed eccitazione.
Davanti a lei si trovò una caverna enorme, fatta di
stalattiti e stalagmiti, praticamente impossibile allontanarsi anche solo più
di tre passi dalla porta ad arco che conduceva alle scale.
«C’è qualcuno?» domandò sentendo la sua voce tornarle
indietro in un eco.
Improvvisamente davanti a lei cadde un’ombra enorme.
Venne investita da una folata di vento e quando riaprì gli occhi davanti aveva
un drago.
«Sono qui. Quanto sei piccola, per un Destino tanto grande.»
pronunciò la voce che sentiva da prima. Il drago era bianco, le sue ali erano
ripiegate contro il corpo, ma sapeva che dovevano essere molto grandi. Non
sembrava minaccioso, per sé, ma Merlyn non poteva
fare a meno di pensare che potesse mangiarla in un sol boccone.
«Come sai, Merlyn, il tuo dono ti
è stato dato per una ragione.» annunciò il drago avvicinando il muso per poter
guardare meglio Emrys «Arthur è the Once and
Future King che riuscirà ad unire la terra di Albion.».
Merlyn sbuffò infastidita, non
voleva parlare del marito in quel momento «Lo so chi è Arthur.» rispose
guardandolo di traverso. Chissà se sarebbe stata una buona idea provare a
cavalcare un drago.
«Ma dovrà guardarsi dai pericoli, dagli amici così come dai
nemici.» la bestia la ignorò, continuando quello che sembrava un monologo.
«Non aiuterò l’uomo che mi ha spezzato il cuore.» disse
battendo il piede a terra. Era così stupido anche solo pensare di rimanere a
Camelot, voleva tornare a casa sua, prendere Mordred
e fuggire nel Regno di Gawant, là erano più aperti
alla magia.
«Nessuno di noi può scegliere il proprio destino, Merlyn.» parlò il drago guardandola divertito «E a nessuno
di noi è permesso sfuggirgli.» continuò tornando a sedersi mettendo una notevole
distanza tra loro.
La ragazza scosse la testa «No, Arthur non ha bisogno del
mio aiuto, può farcela completamente da solo.» disse distogliendo lo sguardo.
La vita di Arthur era veramente in pericolo? Poteva la sua rabbia e
risentimento permettere che l’uomo che amava venisse ucciso?
«Giovane maga, avete già cambiato in modo irreparabile il
futuro.» le disse il drago facendo uscire del fumo bianco dalle narici in modo
minaccioso «Mordred, quel druido che chiami figlio,
fin dall’alba dei tempi era stato destinato ad uccidere Arthur.» rivelò la
bestia scavando la roccia sotto i suoi artigli «Ora le cose sono cambiate, ma
nel futuro il tuo posto è comunque a Camelot, insieme ad Arthur.» iniziò a
dispregiare le ali «Devi venire a Camelot, il giorno dell’incoronazione del Once
and Future King si sta avvicinando e non finirà positivamente senza di te.»
l’avvisò prima di spiccare il volo e scomparire in quell’immensa caverna.
«No! Aspetta!» ma il drago era già scomparso, sordo ai
richiami della ragazza. Prima che potesse usare la sua magia si risvegliò nel
suo letto, ad Ealdor, tra le braccia un Mordred dormiente.
Aveva il viso completamente sudato, fortunatamente era solo
stato un incubo, Arthur non stava per morire.
Almeno sperava.
⸸⸸⸸
Morgana stava pranzando insieme ad Arthur nelle sue stanze.
Non erano soliti farlo prima della scomparsa del principe, ma l’uomo aveva
trovato in Morgana una buona amica e confidente.
«Sei nervoso per la tua incoronazione?» domandò la Lady
osservando attentamente l’espressione di Arthur, era ovvio che non stesse bene,
chiunque riusciva a capirlo, tranne Uther.
Arthur lasciò perdere la salsiccia con cui stava giocando
«No.» rispose non nell’umore giusto per chiacchierare. Pensò a come il cibo
fosse senza sapore, quella era spazzatura in confronto a cosa gli preparava Merlyn.
«Ho sentito che Uther farà arrivare Lady Helen per
l’evento.» provò nuovamente, sapendo quando la famiglia reale amasse la voce
della donna, non per niente era una delle più famose cantanti di tutta Albion.
«Fantastico.» commentò il principe prendendo un sorso di
vino, pensando involontariamente a Gwaine e le loro
gare di bevute alla taverna di Ealdor. Prima che
venissero banditi, ovviamente.
Morgana si pulì le labbra con il fazzoletto di stoffa e si
alzò, Gwen alle sue spalle si affrettò a raccogliere i piatti della sua signora
«Quando avrai voglia di parlare sai dove trovarmi.» disse come saluto, senza
curarsi di una risposta uscì dalle stanze del principe.
«Sta veramente male.» commentò Gwen dispiaciuta. Arthur non
era una persona semplice da farsi piacere, lei che lo conosceva da una vita
aveva fatto fatica ad accettarlo come un possibile amante, ma a volte le
mancava quel principe arrogante che lottava per il bene del suo popolo.
«Segna le mie parole, Gwen, se entro la fine dell’anno le
cose non cambieranno andrò direttamente io stessa ad Ealdor
a recuperare questa Merlyn.» disse la Lady
spazientita. Aveva sentito molte storie sulla donna, Arthur la dipingeva come
una specie di angelo, sicuramente con la pazienza di una Santa se era riuscita
a non ucciderlo in tre anni.
A costo di far infuriare Uther Pendragon.
⸸⸸⸸
Balinor si passò una mano sul
viso, sua figlia gli aveva appena chiesto se fosse vero che la leggenda narrava
del ruolo di Mordred nell’uccisione del futuro re di
Camelot.
«Sì, Mordred è destinato ad
uccidere Arthur.» rispose non vedendo il senso nel mentire ulteriormente.
Merlyn scosse la testa «No, non lo
è più. Me l’ha detto un drago in sogno.» disse la maga stringendo i pugni sulle
ginocchia «Mi ha anche detto che la vita di Arthur è in grave pericolo e che
devo andare a Camelot.» aggiunse aspettandosi una sfuriata da parte del padre.
L’uomo voleva veramente impedirle di andare, ma se Kilgharrah aveva ragione la vita di suo genero era in
pericolo e il futuro di tutta Albion con lui.
«Dovresti prepararti per metterti in viaggio, allora.» disse
alla fine, incapace di ignorare la profezia. La Triplice Dea voleva Merlyn a Camelot e in un modo o nell’altro ci sarebbe
finita.
«Non credo che Uther sarà felice di vedermi.» le fece notare
la figlia, come se volesse una scusa per rimanere a casa ed ignorare ancora
quell’enorme fardello che era il Destino.
«Non importa, sono sicuro troverai una soluzione.» rispose
l’uomo sperando che magari il re nemmeno si ricordasse il viso di sua figlia.
Merlyn annuì silenziosamente
«Porterò Mordred con me, ovviamente.» lo avvisò
sapendo quanto il padre si fosse affezionato al bambino, ma non poteva abbandonarlo
anche lei.
«Farai meglio a portarti anche i tuoi amici, Camelot non è
sicura per te.» le consigliò Balinor alzandosi per
abbracciarla. La stava letteralmente mandando nella tana del Diavolo, ma non
c’erano scelte, se Kigharrahsi era
permesso di contattarla in sogno voleva dire che le cose si erano fatte
più serie.
⸸⸸⸸
Lancelot non era un amante dell’idea, seriamente, ma la
prospettiva di tornare a Camelot e magari vedere la bella Gwen non gli
dispiaceva per niente.
Hunith aveva preparato loro del cibo
per il viaggio, lasciandoli con una lettera per Gaius,
e i cinque si erano incamminati alle prime luci del giorno.
Merlyn appena messo piede fuori da
Ealdor era sembrata più serena, come se non si stesse
dirigendo nel regno con il più alto tasso d’omicidi di persone magiche. La sua
allegria, però, era piacevole dopo sette mesi di miseria. Mordred
vicino a lei era elettrizzato all’idea di andare a Camelot dove sapeva esserci
Arthur e il fatto che la madre sembrava molto più allegra non poteva che fargli
piacere.
Lancelot si accostò alla ragazza mentre Gwaine
inseguiva Mordred diverse iarde davanti a loro,
l’uomo aveva sfidato il bambino in una corsa a chi sarebbe arrivato per prima
alla fine del sentiero.
«Ti vedo più rilassata.» commentò aiutandola a sistemarsi
l’enorme zaino che teneva sulle spalle con tutti i suoi averi. Non c’erano
dubbi che sarebbero rimasti a Camelot per molto tempo.
La ragazza sorrise, uno dei primi sorrisi sinceri da quando
Arthur era andato via «Sì, sono contenta di essermene andata da lì. Non
sopportavo più gli sguardi della gente.» rispose tenendo d’occhio Gwaine e Parsifal che si stavano letteralmente lanciando Mordred facendolo ridere a crepapelle.
Lancelot non sembrò del tutto convinto «Non credevo che ti
interessasse degli sguardi della gente.» disse cercando di suonare casuale.
Merlyn capì perfettamente cosa stava accadendo e ora che erano finalmente lontani sentì di
potergli dire la verità, sicuramente l’uomo non sarebbe tornato indietro per
tirare un pugno «Ranful ha minacciato di fare del
male a Mordred.» si tenne sul vago, continuando a
guardare i tre giocare.
L’uomo corrugò la fronte «Perché? Cosa voleva?» domandò non
sicuro di voler saperlo veramente.
Merlyn arrossì e borbottò una
risposta, improvvisamente i sassolini sul sentiero si fecero più interessanti.
«Come?» la invitò a ripetere, sperando che avesse capito
male. Aveva promesso ad Arthur che avrebbe protetto Merlyn
e non si era reso conto di cosa stava accadendo.
«Voleva che andassi a letto con lui.» ripeté evitando il
contatto visivo con l’amico.
Lancelot si fermò, prendendo la mano della ragazza,
obbligandola a girarsi verso di lui «Ti ha mai fatto del male?» le domandò
seriamente preoccupato. Arthur lo avrebbe ucciso, una sola cosa gli aveva
chiesto e non era riuscito a mantenere la promessa.
La maga scosse la testa «No, ovviamente non glielo avrei
permesso.» disse toccandosi nervosamente i capelli. Che Lancelot pensasse
avesse ceduto alle avances di Ranful?
«Se non fossimo già a metà strada giuro che tornerei
indietro solo per dargli un pugno.» le disse stringendola in un abbraccio.
Merlyn ricambiò l’abbraccio, amava
i suoi amici.
⸸⸸⸸
Gwen stava passeggiando per il mercato con una lista di
oggetti da comprare, Morgana aveva bisogno di alcuni accessori per
l’incoronazione di Arthur e l’aveva incaricata di fare gli acquisti in quanto
occupata a non far cadere l’uomo nell’ennesima spirale depressiva.
Solo mezz’ora prima avevano avuto un’esecuzione, Thomas
Collins era stato condannato a morte per aver usato la magia e l’aria in città
era decisamente scontenta. A nessuno piaceva vedere una testa rotolare a terra.
Un bambino le finì contro, il viso pieno di lacrime mentre
chiamava per la madre. Non lo aveva mai visto prima e le sembrava estremamente
spaventato.
«Mi scusi, Miss.» disse tra i singhiozzi continuando a
guardarsi intorno.
Gwen si piegò per essere alla sua stessa altezza, prese un
fazzoletto dalla tasca del suo grembiule e asciugò il viso del bambino «Non c’è
bisogno di piangere, ti aiuterò io a trovare tua madre. Puoi descrivermela?»
gli chiese cercando tra la folla una faccia sconosciuta. Conosceva tutti i
presenti, quindi poteva essere certa che la madre di questo tenero bambino non
fosse nei paraggi.
Il bambino tirò su con il naso «Lei è bellissima.» iniziò
facendo scappare una piccola risata a Gwen «Ha i capelli neri molto
lunghi e indossa un vestito verde.» concluse come se avesse ristretto il
cerchio. Un sacco di donne avevano lunghi capelli neri e indossavano vestiti
verdi.
«Okay, dove l’hai vista l’ultima volta?» domandò iniziando a
camminare verso la parte bassa.
Gli occhi del bambino si riempirono nuovamente di lacrime «Quando
hanno tagliato la testa a quell’uomo.» pianse non rispondendo esattamente alla
domanda della donna, ma dandole l’informazione che le serviva.
Stava per portarlo al piazzale quando la voce di una donna
si fece sentire oltre il chiacchiericcio del mercato «Mordred!»
Gwen vide una donna veramente bellissima camminare a passo veloce mentre si
guardava intorno spaventata. Il bambino non aveva minimamente mentito nella
descrizione, i suoi capelli erano lunghi, Gwen ne era quasi invidiosa.
Dio, Morgana sfigurava in confronto alla madre del bambino.
«Madre!» chiamò Mordred
trascinando Gwen per la mano che ancora teneva con una presa ferrea.
La donna si buttò sulle ginocchia, stringendosi al petto il
figlio, ignorando il fango che le stava macchiando il vestito. Gwen notò alle
sue spalle un uomo enorme, sembrava anche piuttosto minaccioso.
«Dio, Mordred, mi sono spaventata
a morte, per favore non allontanarti più da me.» disse baciandogli la fronte,
le mani che ancora tremavano. La donna si rimise in piedi e guardò l’uomo alle
sue spalle «Puoi cercare tu Gwaine e Lancelot? Voglio
portare Mordred da mio zio per calmarlo.» gli disse
indicando lo stato di totale panico negli occhi del bambino. Arrivare a Camelot
e vedere immediatamente un’esecuzione non dava certo una buona impressione e
prima che potesse coprire gli occhi di Mordred era
già tardi, il boia aveva fatto calare l’ascia e spaventato il druido era
scappato, dimenticandosi per un attimo di essere con Emrys.
Merlyn si girò nuovamente verso la
donna che teneva ancora la mano di Mordred, doveva
essere più grande di lei di un paio d’anni, l’espressione gentile ed amichevole
«Grazie mille…» aspettò per il nome.
«Gwen.» offrì la serva allungando la mano per farsela
stringere.
«Merlyn.» si presentò a sua volta
la madre del bambino e Gwen emise uno squittio spaventandola.
«Scusate, non so cosa mi sia preso.» disse sentendo il
bisogno di correre immediatamente dalla sua signora per dirle che Merlyn, Merlyn
Pendragon, era a Camelot.
Merlyn sorrise in modo cordiale
«Non vorrei essere scortese, ma abbiamo finito un lungo viaggio, mio figlio ha
bisogno di riposarsi. Ma sono sicura che ci vedremo in giro.» salutò invitando
il bambino a salutare la gentile signorina che l’aveva aiutato.
Gwen salutò a sua volta e tornò al suo compito prima di
fermarsi sui suoi passi. Mordred era il
figlio di Merlyn?!
⸸⸸⸸
Gaius non sapeva cosa fare di una
ragazza, tre uomini ed un bambino. Aveva solamente una stanza che era destinata
a sua nipote, ma non poteva nemmeno lasciare che i tre uomini dormissero per
strada.
Il medico di corte sapeva perfettamente la situazione della
nipote, per questo era preoccupato oltre ogni limite. Temeva quello che Uther
potesse farle vedendola a corte.
«Per l’amore del cielo, Merlyn,
non attirare l’attenzione fino a quando non avrò parlato con il Re.» la pregò
mentre le consegnava delle fiale da consegnare. La ragazza era a corte come
apprendista e Gaius sarebbe andato a comunicarlo ad
Uther, assicurandogli che non avrebbe dato alcun problema.
La ragazza alzò gli occhi al cielo «Non preoccuparti, Gaius, nessuno si renderà conto della mia presenza.» lo rassicurò
mentre scompigliava giocosamente i capelli a Mordred.
Il bambino sarebbe rimasto nelle stanze del medico per aiutarlo mentre i tre
uomini sarebbero andati alla ricerca di un lavoro.
Era semplice, dovevano solamente evitare Arthur e non dare
nell’occhio.
⸸⸸⸸
Ecco, il problema di Merlyn era
che non aveva imparato quando tenere la bocca chiusa. Quando aveva visto un
povero ragazzo venire bullizzato da un gruppo di cavalieri non aveva potuto
fare a meno di intervenire.
Aveva iniziato con una piccola serie d’insulti fino ad
arrivare a provare a dare un pugno ad uno dei cavalieri. Quindi, con
l’accusa di aver osato insultare e colpire un nobile, era stata
prelevata con la forza da due guardie e buttata in una cella.
La compagnia non era male, l’ubriacone della cella accanto
le aveva anche raccontato una storia divertente. L’unica cosa che temeva in
quel momento era uscire da lì perché Gaius l’avrebbe
uccisa senza alcuna pietà.
«Senti, dammi retta, non vale la pena passare la vita ad
ubriacarsi. Quante volte vuoi finire qua dentro? Non è un bel posto, un ratto
mi è appena passato sopra lo stivale.» stava dicendo la ragazza seduta contro
le sbarre della cella «Quando uscirai, andrai dritto a casa e ti darai una
bella pulita. Poi tornerai da quel fornaio che ti ha licenziato e prometterai
di essere fino alla fine dei tuoi giorni sobrio.» continuò attirando
l’attenzione di uno dei cavalieri che stava passando per di lì «E se mai
dovesse passarti per la testa di toccare anche solo un altro goccio di birra
pensa: “voglio veramente rovinarmi la vita?” e ti risponderai “no, ovvio che
non voglio!”.» andò avanti facendo anche delle voci per imitare l’altro
detenuto.
«Hai ragione.» rispose l’uomo avvicinandosi alle sbarre,
sentendosi veramente ispirato dalle parole della ragazza.
Sir Leon si avvicinò alle celle ed impallidì nel vedere il
viso della ragazza dietro le sbarre «Merlyn.» la
chiamò sorpreso, non credeva ai suoi occhi!
La ragazza si girò a guardarlo, non riconoscendolo. Chi era
e perché sapeva il suo nome?
⸸⸸⸸
Gaius poteva considerarsi un amico
di Uther, più volte negli anni alcuni eventi avevano portato i due uomini ad
avvicinarsi.
Quando aveva chiesto udienza al Re quel pomeriggio era stato
accolto con un sorriso, Uther felice che il giorno seguente avrebbe potuto
finalmente coronare suo figlio come legittimo discendente al trono.
«Sire, mia nipote è arrivata in città.» iniziò unendo le
mani davanti a sé, quasi dondolandosi nervosamente.
«Oh, la famosa nipote di cui parlavi anni fa.» rispose Uther
firmando un documento passatogli da Geoffrey «Sono contento che alla fine sia
riuscita a venire, Essetir non è certamente un Regno
in cui si vive bene.» commentò sentendo una lieve gratificazione di aver tolto
un suddito a Cenred. Più persone Camelot ospitava e
più i suoi averi e le sue fortune aumentavano, un’apprendista medico di corte
non gli faceva nemmeno male. Gaius non stava certo
ringiovanendo e la nipote sembrava un’ottima alternativa.
Il medico si schiarì la gola, improvvisamente più nervoso
del dovuto «Sire, mia nipote è Merlyn.» rivelò e
quando il nome uscì dalle sue labbra vide il re fermarsi, la penna immobile
sopra un altro documento, una goccia d’inchiostro che rischiava di cadere e
macchiare la pergamena.
Uther ripose la penna nel calamaio, intorno a loro i nobili
avevano iniziato a borbottare, tutti sapevano a chi appartenesse quel nome:
alla moglie di Arthur. Geoffrey non aveva trovato nessun modo per invalidare il
matrimonio e non poteva nemmeno far finta di nulla e far sposare il figlio con
un’altra principessa. Tutti i cinque Regni sapevano di Principe Arthur e la
contadina.
«Non è venuta in cerca di guai, vuole solo imparare il
mestiere.» si affrettò a dire vedendo il viso di Uther farsi rosso di rabbia
«Ha promesso che non proverà ad interagire con il Principe.» aggiunse riuscendo
a calmare il re.
Il borbottio intorno a loro si fece più forte.
Le porte si aprirono e Gaius vide
Sir Leon camminare a passo svelto verso di loro.
«Qualche problema?» domandò Uther, non gli piaceva vedere
quell’espressione preoccupata sulla faccia del suo cavaliere, perché voleva
solamente dire che c’erano guai in vista.
Leon fece un breve inchino «Maestà, ero di passaggio per le
celle e ho riconosciuto una detenuta.» disse abbassando la voce, cercando di
non farsi sentire dagli impiccioni intorno a loro «Sire, Merlyn
è qui.» lo avvisò non tanto per fare la spia, ma con la speranza di poterla
liberare. Era la moglie di Arthur, non poteva passare la notte in una cella!
Uther grugnì infastidito, guardò Gaius
inarcando un sopracciglio «Fortunatamente non era in cerca di guai.» commentò
prima di lasciare il tavolo e avviarsi verso le segrete, aveva una bella
chiacchierata da fare.
⸸⸸⸸
Morgana era affacciata alla finestra quando aveva visto una
ragazza provare a sferrare un pugno ad uno dei cavalieri di Camelot. Aveva riso
al tentativo, ma ammirava il coraggio della fanciulla.
Doveva raccontarlo ad Arthur, sicuramente lo avrebbe tirato
su di morale, avrebbero riso insieme e magari sarebbero andati a parlare con la
ragazza.
Gwen ancora non era tornata dal suo giro di commissioni;
quindi, si avviò da sola verso le stanze del principe, salutando cortesemente
le Lady che incontrava sul suo cammino. Erano tutte delle pettegole,
ogniqualvolta la fermavano per scambiare due parole non facevano altro che
chiedere come stesse Arthur e se si avessero notizie della contadina, arpie in
attesa che arrivasse notizia di una miracolosa morte della povera ragazza.
Bussò alla porta per sentirsi mandare via, ma ignorò la voce
ed entrò ugualmente, un sorriso allegro in volto «Non crederai mai a cosa ho
visto.» annunciò afferrando una mela dal tavolo. Arthur era seduto alla sua
scrivania a leggere dei documenti mentre Morris stava sistemando la stanza.
Il ragazzo non alzò nemmeno la testa, pensando che se
l’avesse ignorata sarebbe andata via.
«C’era questa ragazza, giù in città, ovviamente non potevo
sentire cosa stessero dicendo, ma ad un certo punto ha provato a dare un pugno
ad uno dei cavalieri con cui stava parlando.» raccontò passandosi la mela da
una mano all’altra «Sir Paul l’ha afferrata per un braccio e fatta mettere in
ginocchio, peccato che non sia riuscita a colpirlo,
non gli farebbe di certo male ricevere un pugno.» commentò pulendo la mela
contro la manica del suo vestito. Morris annuì in accordo alle sue parole, a
nessuno piaceva Sir Paul.
«Che idiota.» commentò Arthur finalmente incontrando lo
sguardo di Morgana «Mi chiedo come una ragazza possa essere così stupida
da sfidare un cavaliere di Camelot.» sbuffò una risata pensando per un attimo a
Merlyn. La moglie sicuramente avrebbe fatto una cosa
del genere, ricordò quasi con affettò la prima ginocchiata alle parti basse che
aveva ricevuto quando si erano incontrati.
Morgana sorrise a sua volta, lo sapeva che quella storia lo
avrebbe rallegrato!
«Cosa ha fatto Sir Paul per attirare l’ira di questa
ragazza?» domandò poi, doveva sapere esattamente cos’era successo, non poteva
permettere che uno dei suoi cavalieri andasse ad attaccare briga con innocenti
fanciulle dalla scarsa pazienza.
«Stava lanciando dei pugnali al suo servitore, la ragazza
non ne era particolarmente contenta e deve avergli detto qualcosa e Sir Paul
l’ha spintonata, poi lei ha provato a dargli il famoso pugno, infine due
guardie l’hanno portata via.» raccontò in breve quello che aveva visto.
Arthur annuì silenziosamente, pensando a come tre anni prima
molto probabilmente avrebbe fatto una cosa del genere. Decise che Sir Paul
aveva bisogno di una lezione, non poteva trattare il suo servo in quel modo.
Morris si permise di parlare, ormai non più tanto spaventato
da Arthur «Ero lì vicino quando è successo.» disse ricordandosi perfettamente
della ragazza «Sir Paul ha fatto delle battute di cattivo gusto, qualcosa sul
camminare sulle ginocchia, e la ragazza ha provato a colpirlo.» aggiunse alla
storia di Morgana.
Il principe sospirò, forte, doveva decisamente dare una
lezione a Sir Paul. Solamente perché avevano avuto la fortuna di nascere in una
famiglia nobile non voleva dire che potevano permettersi di dire certe cose
alla servitù.
«Vedrò di ricordargli le buone maniere.» disse
semplicemente, invitando con lo sguardo Morgana ad uscire. Aveva delle faccende
da sbrigare, non poteva starsene lì a sentire storie su una fanciulla
abbastanza sfrontata da provare ad aggredire un cavaliere nonostante le giuste
motivazioni.
Morgana diede un morso alla mela e salutò il principe, aveva
fatto la sua parte.
⸸⸸⸸
Merlyn si sentiva tremendamente
piccola in quella stanza, circondata da nobili che la guardavano curiosi. Gaius al suo fianco non sembrava minimamente preoccupato e
Sir Leon la stava ancora guardando come se avesse un fantasma davanti.
«Dimmi, Merlyn, perché sei qui?»
domandò il Re seduto al trono, la maga se lo ricordava meno minaccioso, ma
forse era il contesto ad essere cambiato e darle una percezione diversa.
«Sono venuta a studiare l’arte della medicina, Sire.»
rispose mentre le mani sudavano. Non voleva vedere Arthur, non dopo essere
finita in galera nelle prime cinque ore della sua permanenza a Camelot, ma
soprattutto perché ancora non aveva preparato cosa dirgli.
Lo aveva perdonato? Ovvio, lo amava.
Gli avrebbe detto che lo aveva perdonato? No, non voleva
immischiarsi nella sua vita ed impedirgli di sposare una principessa come gli
aveva gentilmente ricordato Uther ad Ealdor.
«Sire, è lei la moglie del principe?» domandò un nobile
guardandola da testa a piedi, uno sguardo non del tutto disgustato, ma nemmeno
di approvazione.
Merlyn strabuzzò gli occhi, come
facevano a saperlo?! Era sicura che il Re mai e poi mai avrebbe detto la verità
su dove fosse finito il figlio negli ultimi tre anni, tantomeno della moglie plebea.
«No.» rispose la donna stringendo i pugni lungo i fianchi.
Uther la guardò male «Fai silenzio, nessuno ti ha
interpellato.» l’ammonì per poi rivolgersi al nobile di cui non ricordava
esattamente il nome «La ragazza è legalmente la moglie di Arthur, ma
stiamo lavorando per sciogliere l’unione in un modo che non comprenda la morte
della ragazza.» spiegò lanciando un’occhiataccia a Geoffrey, il quale alzò
leggermente le spalle. Non c’erano modi, cosa poteva farci lui? Era nel
giuramento stesso “finché morte non ci separi”, un matrimonio era fino alla
morte e nemmeno un Re poteva cambiare la parola di Dio.
«Quindi non siete qui per reclamare il titolo di principessa
di Camelot?» domandò un altro nobile. Merlyn
tecnicamente e praticamente era la principessa di Camelot, nessuno poteva
negarle il titolo.
«No, non sono qui per questo.» rispose corrugando la fronte,
non sapeva il perché ma non credeva che sarebbe andata a finire così. Erano
piuttosto tranquilli questi nobili, nessuno sembrava volerle tagliare la testa.
Uther strinse le labbra in una linea sottile, non gli
piaceva il fatto che la ragazza era lì, ma non poteva nemmeno mandarla via dopo
che buona parte della Corte sapeva della sua esistenza e del suo arrivo. In più
non voleva ferire Gaius, il quale aveva sempre
parlato con devozione della nipote.
Gaius era come famiglia per lui e
un piccolo dettagli si insinuò nella mente del re: Gaius
proveniva da una famiglia nobile, il che rendeva la figlia della sorella in
qualche modo una nobile a sua volta. Merlyn non era
una semplice contadina alla fine dei conti.
«Dimmi, sai leggere e scrivere?» domandò Uther attirando
sguardi incuriositi. Un nobile rise, nascondendosi malamente dietro un colpo di
tosse.
Che cosa assurda, una contadina che sapeva leggere e per di
più scrivere.
«Certo, mia madre mi ha insegnato.» rispose la ragazza
sempre più confusa, cercando aiuto in Gaius, il quale
stava in silenzio aspettando chissà cosa.
«Va bene, puoi andare. Ma ti avverto, la prossima volta non
sarò così gentile da farti uscire dalla cella.» l’avvertì il re facendo nascere
un profondo chiacchiericcio mentre Gaius ringraziava
la sua clemenza dei confronti della nipote.
Quando i due uscirono dalla sala Gaius
tirò un profondo sospiro «È andata bene.» commentò sapendo perfettamente dove
erano andati i pensieri del re. Lui stesso poteva essere un uomo semplice e
privo di ricchezze, ma la sua famiglia era comunque nobile e tutti a Camelot ne
erano a conoscenza. Avevano delle terre al confine con Nemeth,
Hunith vi aveva rinunciato quando aveva deciso che la
vita da Lady non faceva per lei e Gaius non aveva mai
avuto la fortuna di sposarsi e lasciare detti terreni a dei possibili figli.
Quindi, se Uther avrebbe riconosciuto Merlyn come
parte della nobiltà, con il matrimonio avrebbe potuto inglobare quelle terre
nel suo regno, espandendosi ancora di più. Non era molto, ma meglio di niente
se il matrimonio era impossibile da annullare e nessuna principessa poteva
sposare il principe.
«Non capisco cosa gli importi se so leggere e scrivere.»
disse invece la ragazza mentre si incamminavano verso casa. Non le era piaciuta
l’atmosfera dentro quella stanza e Uther sembrava tramare qualcosa.
Quando aprirono la porta delle stanze del medico trovarono Mordred e Parsifal incitare Lancelot e Gwaine
che stavano avendo uno scontro a braccio di ferro, totalmente ignari che la
ragazza era finita nelle carceri di Camelot.
«Madre!» Mordred corse verso la
madre che lo prese tra le braccia, contenta di essere tornata a casa tutta
intera, togliendo il brutto livido che le stava nascendo sul braccio dove quel
pallone gonfiato di un cavaliere l’aveva afferrata.
Si misero a tavola, una minestra di pollo per riscaldare i
loro stomachi.
Lancelot raccontò di aver trovato lavoro presso un
maniscalco di nome Tom, fortunatamente durante la sua gioventù aveva fatto
esperienza durante i suoi viaggi prima di essere catturato dagli uomini di Cenred.
Gwaine si vantò invece di aver
battuto un uomo ad una gara di bevute alla taverna, dicendo di aver bevuto
litri e litri di birra senza dover nemmeno pagare una moneta in quanto il
perdente si era preso carico del conto.
Parsifal invece era riuscito a farsi assumere a palazzo come
aiuto stalliere.
«A te com’è andata la giornata?» domandò Lancelot mentre
tagliava con forchetta e coltello il pezzo di pollo troppo grande per Mordred.
Merlyn sorrise «Oh, niente di
speciale. Ho consegnato i vari tonici e poi sono andata a fare un giro per il
mercato.» mentì sfidando con lo sguardo lo zio a contraddirla. L’uomo rimase in
silenzio, anche perché aveva detto la verità, semplicemente omettendo quello
che era successo dopo il mercato.
I cinque ospiti entrarono nella piccola stanza e si
prepararono per la notte. Mordred venne spogliato per
essere poi infilato nella sua camicia da notte. Gli uomini si tolsero le
tuniche rimanendo a petto nudo, sistemando a terra delle coperte per dormirci
sopra. Merlyn invece allentò semplicemente i lacci
del suo corsetto, non poteva certamente dormire in camicia da notte davanti a
loro nonostante la profonda amicizia che li legava, ma in compenso si prese il
letto insieme a Mordred.
Spense la candela augurando la buonanotte a tutti, domani
sarebbe stata una lunga giornata.
Il problema stava nel fatto che Merlyn era l’idiota che
aveva provato a dare un pugno a Sir Paul ed aveva passato il pomeriggio in una
cella, e se non fosse stato per Sir Leon ci avrebbe passato anche la notte.
«Devo vederla.» disse alzandosi da tavola, dimenticandosi
della sua cena. Sir Leon era stato gentile ad informarlo, non avrebbe potuto
dargli notizia migliore.
«Arthur, non credo sia una buona idea.» disse l’amico bloccandogli
il passaggio «Ha provato a negare il vostro matrimonio quando Lord Ander ha
chiesto se fosse lei tua moglie.» si permise di dargli del tu, lasciando i
convenevoli per quando c’erano altre persone in giro e certamente Morris non
avrebbe fatto la spia.
Arthur sentì il cuore spezzarsi, proprio come quel giorno
«Oh.» riuscì semplicemente a dire.
Leon gli batté una mano sulla spalla «La vedrete domani,
credo che ormai si sia già ritirata nelle sue stanze.» provò a consolarlo ben
sapendo di star facendo un lavoro orribile. Non era bravo in quel genere di
cose, poteva essere il terzo incomodo più famoso della storia per quanto gli
riguardava.
Il principe annuì, aveva domani, Merlyn certamente non
sarebbe scomparsa nella notte.
⸸⸸⸸
Morgana non credeva alle sue orecchie, quello che le stava
dicendo Gwen mentre la preparava per andare a letto era semplicemente
incredibile.
«Merlyn è qui?» domandò per assicurarsi di aver sentito
bene.
Gwen annuì slacciando il corsetto della sua signora, le mani
che lavoravano abilmente «Sì, con lei anche un bambino, ma non credo sia
veramente suo, era troppo grande.» aggiunse perché era impossibile che quello
fosse il frutto dell’amore tra Merlyn ed Arthur, un bambino di tre anni non era
così grande e non parlava bene come Mordred.
Morgana annuì, ben sapendo di chi stesse parlando, Arthur
gli aveva parlato ovviamente di Mordred «Potresti descrivermela?» le domandò
invece, voleva assicurarsi di una cosa.
«Oh, Morgana, è veramente bellissima.» iniziò la serva quasi
sognante «Lunghi capelli neri, pelle bianca quanto la porcellana e due occhi
limpidi come il cielo d’estate. Indossava un abito verde che le donava
particolarmente.» descrisse ricordandosi perfettamente della ragazza e di come
avesse pensato fosse più bella di Morgana in persona.
«Credo d’averla vista anch’io.» ammise la Lady sorridendo
divertita. Ovvio, solamente Arthur poteva sposarsi una donna talmente
coraggiosa da provare a dare un pugno ad un cavaliere.
Non vedeva l’ora arrivasse il mattino, voleva stuzzicare
Arthur sull’idiota – parole sue, non di Morgana – che aveva combattuto
Sir Paul.
⸸⸸⸸
La mattina si stava svolgendo con tranquillità. Mordred era
stato lavato e vestito, gli uomini avevano messo delle tuniche pulite e Merlyn
aveva avuto un momento di privacy per cambiarsi dall’abito verde a quello
bianco e celeste che sua madre le aveva confezionato prima di partire.
La colazione non era nulla di particolare, giusto della
frutta e del porridge, proprio come ad Ealdor. Mordred come suo solito le aveva
chiesto di tagliarli una mela e la ragazza aveva ormai imparato a farlo anche
ad occhi chiusi.
«Io vado, Tom mi starà aspettando.» Lancelot fu il primo ad
uscire, un sorriso in volto che diceva a Merlyn ci fosse qualcosa sotto.
Gaius passò a Merlyn una lista «Devi andare a comprare
queste cose, Lady Helen arriverà tra poco per i festeggiamenti e devo
prepararle un tonico per la voce.» le spiegò «E Mordred rimarrà qui con me,
abbiamo tante cose da imparare noi due.» sorrise al bambino. Dato che Hunith
non era con loro e Merlyn era troppo impegnata Gaius aveva deciso che ci
avrebbe pensato lui ad insegnargli a leggere e scrivere, anche se aveva il
presentimento che le cose molto presto sarebbero cambiate.
La donna si alzò da tavola dando un bacio sulla nuca del
figlio «Mi sistemo i capelli e vado.» disse ritornando verso la camera dove
c’era l’unico specchio. Si mise seduta sullo sgabello ed iniziò ad intrecciare
i capelli, un lieve senso di nostalgia di quando Arthur aveva imparato l’arte
dell’intreccio e di tanto in tanto si impuntava di volerle sistemare lui i
capelli. Era faticoso, soprattutto quando i capelli erano così lunghi e non
facevano altro che annodarsi, ma alla fine riuscì ad uscire dalla camera con
due trecce in perfetto ordine.
Prese il cesto in vimini vicino alla porta e salutò tutti.
Era un nuovo giorno pieno di possibilità!
⸸⸸⸸
Quando Morgana gli aveva chiesto di accompagnarla per il
mercato per cercare un regalo non si era fatto molte domande, contento di
uscire da palazzo per evitare di perdere il controllo e correre nelle stanze di
Gaius per trovare Merlyn ed implorarle perdono.
Quello che non si aspettava era sentire la voce di Sir Paul
chiedere a qualcuno come se la stesse cavando con il camminare sulle ginocchia.
«Andiamo, mi stai ignorando?» Sir Paul insistette a gran
voce attirando l’attenzione di più persone, ma Arthur non riusciva a vederlo.
«Oh, mi scusi, non credevo che un asino sapesse parlare e
che si stesse rivolgendo proprio a me.» la voce di Merlyn era la cosa più bella
che Arthur aveva sentito in quei sette mesi.
«Attenta a come parli, ragazzina.» l’ammonì Sir Paul mentre
qualcuno rideva e Arthur trascinò letteralmente Morgana per un braccio alla
ricerca della moglie.
Merlyn incrociò le braccia al petto, facendo schioccare la
lingua contro il palato «Io parlo come voglio a chi voglio.» disse sfidandolo
con lo sguardo. Cosa estremamente stupida da fare, ma non si sarebbe fatta
mettere i piedi in testa da un pallone gonfiato. Nell’arena non erano stati
tutti gentili fin dall’inizio, quindi aveva dovuto imparare a rispondere a tono
quando era necessario.
«Vuoi che ti dia una lezione?» domandò furibondo il
cavaliere mentre si sfilava la cintura da brandire come frusta.
«Vuoi che te ne dia una io?» rispose Merlyn posando a terra
la cesta ed alzando i pugni. Poteva combattere, non era indifesa, le sarebbe
bastato un solo pensiero per far finire con il sedere a terra quello sbruffone,
ma sfortunatamente Camelot non era il posto giusto per usare la sua magia.
Sir Paul alzò il braccio avvicinandosi alla ragazza. Avrebbe
fatto vedere a tutti cosa succedeva se si osava insultare un nobile cavaliere
come lui.
Con velocità portò in basso il braccio, si sentì il rumore
della cintura che spezzava l’aria e poi l’impatto con la pelle di qualcuno.
Sir Paul impallidì visibilmente e lasciò andare con orrore
la cintura. Davanti a lui Arthur Pendragon con un braccio alzato e il chiaro
segno rosso del colpo che molto probabilmente sarebbe diventato viola nel giro
di poche ore.
Aveva appena colpito il Principe, Sir Paul voleva morire.
«Sire, mi dispiace, non era mia intenzione colpirla.» si
scusò mentre i suoi due amici erano già scappati chissà dove, lasciandolo solo
ad affrontare il prossimo Re.
Improvvisamente Arthur gli sembrò più alto, più largo e i
suoi occhi di una freddezza che non aveva mai visto prima.
«Scusami?! Come ti permetti a metterti in mezzo?» domandò la
ragazza infischiandosene che quella era la prima interazione con Arthur dopo
mesi. Non aveva bisogno di essere protetta da lui! Avrebbe preso il colpo e poi
ne avrebbe sferrato uno, così che entrambi sarebbero tornati a casa con un
livido.
Morgana rise nascondendosi dietro una signora, già adorava
Merlyn.
Arthur sbatté le palpebre confuso, mentre Sir Paul spalancò
la bocca oltraggiato «Attenta a come parli al Principe.» la sgridò andando a
recuperare da terra la cintura, sicuramente dopo essere stato oltraggiato in
quel modo non l’avrebbe difesa dal prossimo colpo.
«Oh, sparisci tu!» disse la ragazza lanciandogli una cipolla
dal suo cesto «Non sono affari tuoi.» aggiunse ora guardando il principe con le
mani sopra i fianchi, come faceva sempre quando era arrabbiata con lui o
Mordred.
Dio, Arthur voleva baciarla e avrebbe accettato con piacere
un pugno in cambio.
«Sire, mi prenderò cura io di questa donnaccia dalla bocca
larga.» lo rassicurò Sir Paul sperando che l’insolenza della donna avesse fatto
dimenticare al principe del colpo che aveva subito per mano sua.
Arthur gli tirò un pugno, dritto sul naso e i presenti
sentirono chiaramente l’osso rompersi «Attento a come parli di mia moglie.»
disse afferrandolo per il colletto della tunica mentre intorno a loro la gente
iniziava a sussurrare solo ed unicamente Merlyn.
Sir Paul si portò le mani al naso, cercando di fermare il
sangue e fece di tutto per non incontrare lo sguardo del principe «Mi dispiace,
Sire, non sapevo che lei fosse sua moglie.» provò, non era colpa sua se la
donna girava vestita come una serva. Ovviamente sapeva della famosa moglie
contadina, ma nessuno lo aveva avvertito del suo arrivo a Camelot.
«Taci, brutto zoticone.» disse la ragazza raccogliendo le
sue cose «Dovrebbero toglierti il tuo caro titolo nobiliare, perché di nobile
non hai nulla.» commentò ignorando la gente che la guardava meravigliata. Non
le piaceva tutta l’attenzione che stava ricevendo. Con la coda dell’occhio vide
Lancelot alla porta di quello che doveva essere l’officina del maniscalco.
Senza aspettare che Arthur potesse dirle anche solo una parola andò verso
l’amico, il quale fece un breve cenno con la testa al principe come per dirgli
che non doveva preoccuparsi e di prendersi cura del problema che aveva tra le
mani.
Arthur sospirò sconfitto, lo odiava ancora «Forse ha
ragione, sai? Sentiamo cosa avrà da dire mio padre, il re.» disse
afferrandolo per il collo, trascinandolo verso palazzo dimenticandosi di
Morgana tra la plebe.
La protetta del re sorrise, doveva fare proprio un bel
regalo a Merlyn, in vita sua non aveva mai visto una persona tanto coraggiosa
quanto stupida e doveva ammettere che era perfetta per Arthur, ora capiva
perché il principe non fosse più il bullo che era prima di sparire.
⸸⸸⸸
Merlyn non era solita impicciarsi, veramente, ma quella Lady
Helen non le dava una buona sensazione. Cercò di levarsi quel pensiero dalla
testa perché non era giusto accusare la prima persona davanti a lei di essere
malvagia, erano solo le parole del drago che le davano il tormento. Quella era
la sera della catastrofe, quella sera Arthur poteva essere assassinato e Merlyn
non poteva fare a meno di essere preoccupata.
Lo aveva trattato malissimo, era vero, ma non poteva fare a
meno di pensare a quanto fosse stato sexy quando riaprendo gli occhi,
spaventata per il colpo che Sir Paul le stava sferrando, si era ritrovata
protetta dal principe. Aveva sentito le farfalle nello stomaco e fortunatamente
la sua magia non ne creò di vere. Non poteva negare che gli era mancato e molto
probabilmente se l’avesse baciata lì in mezzo al mercato avrebbe ricambiato il
bacio e poi gli avrebbe tirato un pugno.
«Mordred, per favore, cerca di rimanere fermo.» pregò il bambino
che saltellava da una parte all’altra della loro piccola stanza mentre la donna
cercava di sistemargli i capelli scompigliati dopo aver giocato alla lotta con
Gwaine, l’unico a non essersi trovato un lavoro nemmeno quel giorno. Erano
stati invitati tutti ad assistere all’incoronazione e Gaius aveva detto che
sarebbe stato molto scortese non presenziare.
L’anziano medico aveva fatto presente dell’esistenza di
Mordred ad Uther e l’uomo non ne era sembrato particolarmente turbato, ma
nemmeno troppo contento. Gaius gli aveva detto che Merlyn aveva un cuore d’oro,
proprio come il suo quando aveva accolto Morgana dopo la morte dei suoi
genitori. Il re aveva dato il permesso a Gaius di parlare con il bambino della
vera identità di Arthur e da quel momento Mordred non aveva fatto altro che
dire che sua madre era una principessa.
Il druido sembrava essersi scordato della profezia, come
buona parte della sua infanzia e della vita prima di Merlyn ed Arthur, una
specie di meccanismo per proteggersi da quello che aveva subito e visto
crescendo. L’amore di Merlyn ed Arthur era riuscito a fargli dimenticare
dell’enorme peso del Destino che il filidh gli aveva dato.
«Possiamo rivedere padre, non sei contenta?» le chiese
confuso. Sua madre amava taaanto suo padre, perché non stava saltando di
gioia anche lei?
«Certo che sono contenta, tesoro.» rispose la donna facendolo
sedere sul letto «Ma oggi non possiamo avvicinarci a lui perché deve fare una
cosa molto importante e non possiamo distrarlo, capisci?» domandò
guardandolo negli occhi, sarebbero rimasti in disparte, di lato, silenziosi
osservatori di quella festa che non faceva altro che ricordare a Merlyn
dell’enorme bugia su cui era stato costruito il suo matrimonio.
Mordred annuì giocando con i lacci del corsetto della madre,
non riusciva proprio a stare fermo per l’emozione!
«E soprattutto nessuna magia, Mordred, va bene? Perché Re
Uther, tuo… nonno, non ama la magia e potrebbe spaventarsi.» un brivido
le scese lungo la schiena al pensiero che involontariamente si era imparentata
con quel mostro.
Il bambino annuì ancora «Ho capito, madre.» disse prima di
ricominciare a saltare per la stanza.
Merlyn si passò una mano sul viso, stremata. Una giornata di
lavoro nei campi non era nulla in confronto. Aveva passato tutta la mattina a
correre per la città per Gaius, non si era fermata nemmeno per pranzo e nel
pomeriggio aveva dovuto pulire il serbatoio di sanguisughe del medico. La cosa
che voleva di più in quel momento era dormire, ma il drago sembrava far tremare
la terra sotto i suoi piedi ogniqualvolta chiudesse gli occhi.
Parsifal entrò nella stanza «Hai bisogno di una mano?»
domandò vedendo lo stato della ragazza. Non era minimamente pronta per presenziare
all’incoronazione e mancava pochissimo tempo.
«Potresti finire tu di sistemare Mordred?» gli chiese
veramente grata che ci fossero i suoi amici ad aiutarla, non sapeva come
avrebbe fatto senza di loro.
L’uomo annuì e prese tra le braccia il bambino che correva
in cerchio, sollevandolo in aria dicendogli che zio Gwaine aveva una sorpresa
per lui.
Merlyn andò verso l’armadio e di cattivo umore estrasse il
vestito marrone che l’avrebbe fatta sicuramente mischiare con la servitù. Non
voleva attirare l’attenzione più del dovuto, non quando ormai tutta Camelot
sapeva che la moglie del Principe Arthur era in città ed insultava cavalieri.
Raccolse i capelli in uno chignon per praticità, nel caso
fosse successo qualcosa non poteva stare a preoccuparsi di finire con i capelli
impigliati come era accaduto quando avevano affrontato per la prima volta il
griffone.
Gaius era già alla porta che aspettava «Andiamo, la
cerimonia sta per iniziare.» invitò prendendo la mano di Mordred, il bambino
sembrava non riuscire a camminare senza avere qualcuno vicino, forse impaurito
per quello che aveva visto il giorno del loro arrivo. Merlyn prese un profondo
respiro, sarebbe andato tutto bene e constatato che il drago le aveva mentito
sarebbe andata via insieme al bambino.
⸸⸸⸸
La cerimonia era noiosa, il momento più importante della sua
vita ed Arthur non riusciva a seguire nemmeno una delle parole che suo padre
stava dicendo, tantomeno quelle di Geoffrey.
All’angolo della stanza, poco lontano da lui, c’era Merlyn
con Mordred vicino. La sua famiglia era lì e lui non era felice. Avrebbe
preferito mille volte meglio essere ad Ealdor, seduti davanti al fuoco mentre
Merlyn creava figure tra le fiamme raccontando una storia.
Recitò a memoria tutte le sue battute, senza distogliere lo
sguardo dall’amata, desideroso di togliersi la corona dalla testa e andarle a
prendere il viso tra le mani e baciarla fino a toglierle completamente il
fiato. Non poteva, Uther lo stava guardando come se sapesse esattamente cosa
stesse pensando, la mano ferma sul pomolo della sua spada in avvertimento.
Camelot non poteva perdere il suo principe.
Morgana si congratulò al termine della cerimonia, offrendo
il braccio per essere scortata verso il banchetto tenuto in onore del principe
ereditario. La donna aveva visto Merlyn da più vicino e doveva dare ragione a
Gwen, la ragazza era semplicemente incantevole, un viso angelico che nascondeva
un carattere niente male.
Arthur vide Mordred farsi prendere in braccio da Parsifal,
gli occhi chiusi chiaramente stanco. Era tardi, a quell’ora dovrebbe essere già
a letto, Arthur sentì una profonda invidia nel cuore. Doveva essere lui quello
a tenere il bambino tra le braccia, non Parsifal!
«Prego, diamo il benvenuto a Lady Helen!» concluse Uther
l’ennesimo discorso della serata e Arthur grugnì roteando gli occhi, era
stanco, voleva ritirarsi nelle sue stanze, non sentire la Lady cantare.
Forse era anche più stanco di quanto credesse perché
improvvisamente sentì le palpebre farsi estremamente pesanti.
Merlyn dal suo angolo capì immediatamente cosa stesse
accadendo, riusciva a riconoscere una magia, si tappò le orecchie osservando
con orrore tutti i presenti accasciarsi a terra addormentati. La donna estrasse
dalla manica del vestito un pugnale, la stanza buia e piena di ragnatele davano
a tutto un aspetto spettrale.
La maga vide il candelabro appeso al soffitto e con la magia
lo fece cadere proprio sopra Lady Helen. La corte e la servitù sembrò risvegliarsi
e l’urlo di Uther che gridava alla stregoneria allarmò le guardie. Sotto al
candelabro non vi era più Lady Helen, ma un’anziana signora che Merlyn aveva
già visto in precedenza.
La donna con le ultime forze lanciò il pugnale contro Arthur
e il silenzio venutosi a creare venne spezzato da un «No!» e il principe si
sentì tirare fuori dalla traiettoria e finire a terra o precisamente sopra a
qualcuno.
Merlyn respirò affannosamente, il familiare peso di Arthur
su di lei le stava provocando emozioni non adatte alla situazione, e il fatto
che le sarebbe bastato alzare anche solo leggermente il viso per baciarlo non
aiutava.
Arthur venne sollevato da terra dal padre e il principe
offrì galantemente la mano alla moglie, ma la maga rifiutò. Era ancora
arrabbiata, va bene? Non da lasciarlo morire, ma abbastanza da non perdonarlo
ancora.
«Hai salvato mio figlio.» constatò l’ovvietà il re «Meriti
una ricompensa.» disse più a sé stesso che alla ragazza.
«Non c’è bisogno, Sire.» intervenne la donna spolverandosi
il vestito dalle ragnatele «Già avere il permesso di continuare i miei studi
presso Gaius è una ricompensa.» provò a ignorare il tocco di Arthur sul suo
gomito, mentre si accertava che non si fosse fatta male.
Uther alzò una mano come per intimarle silenzio «Cittadini
di Camelot!» richiamò l’attenzione su di sé «Oggi non festeggiamo solamente
l’incoronazione di mio figlio, ma diamo anche il benvenuto nella famiglia reale
a sua moglie, Principessa Merlyn.» annunciò facendo strabuzzare gli occhi alla
ragazza, cosa diamine stava succedendo? Lei non era una principessa!
«Padre, cosa dite?» domandò Arthur chiaramente confuso
quanto la moglie.
Uther batté una mano sulla spalla del figlio «Lady Merlyn
non è una contadina come credevamo, ma è l’unica ereditaria della famiglia
Caulbot e con la sua unione a mio figlio, Camelot conquista i terreni
confinanti con Nemeth.» annunciò con soddisfazione. Ci aveva pensato tutta la
notte, meglio pochi terreni che zero prospettive di matrimonio.
Merlyn inarcò un sopracciglio, Caulbot era il nome da nubile
di sua madre, ma l’aveva perso anni fa, quando aveva rinnegato la sua famiglia
per andare via e costruirsi una vita umile. Erano originari di Nemeth, la madre
e Gaius si erano trasferiti a Camelot molti anni dopo in quanto a quel tempo
Uther era in cerca di uno Stregone di Corte e Gaius era abile negli incantesimi.
Se solo Uther sapesse che era figlia di Balinor Ambrosius, erede delle numerose
terre che i diversi re si erano spartiti durante la Grande Epurazione.
«Credo ci sia un errore.» provò Merlyn guardando Gaius in cerca d’aiuto,
era forse stata appena usata come matrimonio di convenienza? Se suo zio non
fosse Gaius Uther non avrebbe mai riconosciuto le loro nozze.
Il re la guardò spazientito «Dovresti esserne felice, Merlyn.» l’ammonì
come se fosse la peggiore delle ingrate «Ora sparite.» concluse scacciando i
due sposi, doveva occuparsi di quell’enorme candelabro.
Morgana si avvicinò e allungò la mano verso la principessa «Un piacere,
sono Lady Morgana.» si presentò inchinandosi un poco, riconoscendo che Merlyn
era un gradino sopra di lei nella scala gerarchica.
«Merlyn.» rispose la ragazza ancora non capendo bene cosa stesse
succedendo. Improvvisamente sentì qualcuno attaccarsi alle sue gambe e non
dovette nemmeno guardare in basso per sapere che era Mordred.
La Lady sorrise al bambino sentendo come una connessione, una scintilla
si era accesa quando i loro occhi si erano incrociati.
«Padre!» chiamò il bambino allungando le braccia verso Arthur, il
principe nemmeno ci pensò e prese Mordred tra le braccia, ignorando vari nobili
che iniziarono a parlare di come un bambino avesse appena chiamato “padre” il
principe.
«Mi sei mancato tantissimo!» disse il druido nascondendo il viso
nell’incavo del collo del padre, le mani che stringevano il mantello dell’uomo.
Si sentiva finalmente completo e al sicuro.
«Anche tu, Mordred, non sai nemmeno quanto.» disse il biondo con voce
spezzata, finalmente felice di poter avere il figlio con sé.
Merlyn sorrise tristemente, ma non poteva permettergli di rientrare in
quel modo nella loro vita, non poteva ancora perdonarlo. A malincuore allungò
le mani per far scendere Mordred, ignorando gli occhi da cucciolo, e
indirizzandolo verso Lancelot.
Arthur non osò discutere, non voleva finire ancora di più nei guai.
«Non so cosa sia passato per la testa di tuo padre, ma non può decidere
lui per me.» disse la maga alzando la testa per incontrare gli occhi dell’uomo.
Era forse diventato più alto? «Io continuerò con la mia vita e tu con la tua.»
disse ignorando la Lady e la sua serva che riconobbe come la donna che l’aveva
aiutata a trovare Mordred.
«Merlyn, per favore.» provò il ragazzo trattenendosi dall’allungare una
mano per toccarle una spalla. Le sembrava ancora più piccola di quando l’aveva
lasciata, il viso più segnato, ma non minimamente meno bella.
Il fatto che Morgana non stesse ridendo aiutava, solitamente la donna
non faceva altro che ridicolizzarlo. Gwen dietro di lei aveva un’espressione
dispiaciuta.
Una donna che Arthur non riconosceva si avvicinò a loro, ma doveva
essere parte dello staff di palazzo, dietro di lei altre due ragazze. Si
inchinarono profondamente, lo sguardo rivolto verso il pavimento.
«Principessa Merlyn, siamo venute per prepararla per domani mattina.»
disse la donna più anziana.
Morgana la conosceva, ovviamente, e anche Gwen. Era Miss Jody, la capo
governante che si occupava dell’assegnazione della servitù per le ladies e
dirigeva l’organizzazione degli eventi più importanti.
La maga inarcò un sopracciglio, non le piaceva essere chiamata principessa.
Non voleva essere scortese, ma non poteva nemmeno accettare quella situazione.
Lei non era la moglie di Arthur Pendragon, non era una principessa e tantomeno
sarebbe andata con quelle donne che per quanto ne sapeva potevano ucciderla e
buttarla in un fosso.
«Che succederà domani mattina?» domandò facendo un passo verso Arthur,
completamente involontariamente, come in cerca di protezione da quelle
sconosciute.
«Il matrimonio, principessa.» rispose Miss Jody ora confusa, nessuno
aveva avvertito la ragazza? «Celebreremo nuovamente le vostre nozze, così che
anche il popolo di Camelot possa assistere.» spiegò con tono insicuro vedendo
il viso della ragazza farsi rosso.
«No.» Merlyn guardò Arthur sorpresa «Non ci saranno nessune nozze, domani.»
disse il principe ignorando lo sguardo della moglie su di lui.
«Ma, Principe Arthur, vostro padre…» Miss Jody si fermò al movimento
della mano dell’uomo.
«Parlerò io con mio padre, ma annullate tutto e soprattutto non
infastidite più Merlyn.» ordinò il
principe, suo padre doveva essere uscito completamente fuori di testa se
pensava che potesse decidere in quel modo della loro vita. Doveva farsi
perdonare da Merlyn prima di poterle chiedere nuovamente di sposarlo e
solamente dopo ci sarebbero state delle nozze.
Miss Jody non rispose, limitandosi ad inchinarsi di nuovo e andarsene
con le due serve.
«Dio, Merlyn, sono veramente dispiaciuto…» l’uomo venne interrotto
nuovamente.
«Arthur, lascia stare, devo andarmene comunque, devo mettere Mordred a
letto.» disse lasciandolo lì con Morgana e Gwen.
La Lady gli posò una mano sulla spalla «Ti perdonerà, infondo ti ha
appena salvato la vita.» lo rincuorò indicandogli il pugnale conficcato sulla
sua sedia.
Il principe annuì, insomma, non lo aveva veramente lasciato morire e
sapeva dell’enorme rischio che la donna aveva preso usando la magia davanti
a suo padre. Guardò la sala piena di nobili che lo guardavano e decise di
andarsene, era stanco anche lui. Uscì dalla sala sentendo un misto di emozioni,
ma principalmente contento che suo padre avesse finalmente riconosciuto il suo
matrimonio.
⸸⸸⸸
Gaius cercò di calmare Merlyn, la ragazza appena messo Mordred
a dormire era ritornata nella stanza principale e aveva iniziato a dare
leggermente in escandescenza. Non le stava assolutamente bene quello che era
accaduto, come poteva Uther fare un annuncio del genere? Merlyn non era una
Lady, non aveva territori (erano di Gaius, per la miseria!) e principalmente
non voleva essere associata in quel modo ad Arthur. Il drago aveva ragione,
quella notte si sarebbe rivelata un disastro senza di lei, ma accettava il
ruolo di protettrice, non di moglie.
«Merlyn, per favore, siediti e bevi questa bevanda.» la
invitò Gwaine, era riuscito a rubare un’intera caraffa di idromele, sicuramente
avrebbe rilassato la maga.
«No.» rispose la ragazza battendo il pugno chiuso sul tavolo
«Credevo che qui sarebbe andata meglio, ma mi sbagliavo. È esattamente come
Ealdor, la gente mi parla dietro come sempre e credono di poter prendere
decisioni per me.» disse realmente risentita dellasituazione. Perché non poteva avere un nuovo inizio
senza drammi?
Merlyn prese la sua giacca marrone e se la infilò «Vado a
schiarirmi le idee.» annunciò con un piede già fuori dalla porta. Scese le
scale della torre ed arrivò nello spiazzale del castello. C’erano alcune
guardie che camminavano, ma non le diedero tanto peso. Non sapeva esattamente
dove stava andando, non aveva ancora avuto abbastanza tempo per esplorare il
posto.
Il cielo era pieno di stelle, la Luna non era piena, ma
incantevole come sempre. Merlyn prese delle scale che andavano verso l’alto sul
lato del palazzo. Voleva vedere meglio le stelle, voleva sdraiarsi e guardare
quei punti luminosi nel cielo senza dover pensare al suo Destino.
Quando arrivò in cima sembrò che qualcuno avesse avuto la
sua stessa idea: sdraiato con lo sguardo rivolto verso l’alto c’era Arthur, un
braccio sotto la testa per sorreggerlo.
La maga si avvicinò lentamente, finendo con il sedersi
proprio vicino a lui. Erano soli, poteva permettersi anche per un attimo di
abbassare la guardia.
«Mi dispiace.» disse l’uomo senza distogliere lo sguardo dal
cielo.
Merlyn sbuffò una risata «Per cosa?» infondo era stata lei a
trattarlo male e continuava a farlo. Arthur poteva aver nascosto la sua
identità, ma non aveva mai finto i suoi sentimenti.
«Per averti mentito e per averti lasciato.» rispose l’uomo
sedendosi. Indossava una tunica rossa con una profonda scollatura e Merlyn
dovette sforzarsi per non guardare i suoi pettorali. Le mancava il tocco di suo
marito? Ovviamente.
«Ti ho lasciato io.» gli ricordò mostrandogli la mano senza anello.
La prima cosa che aveva notato al mercato era che Arthur indossava ancora la
fede nuziale.
Il principe sorrise tristemente, ovvio che se lo ricordava,
l’anello nel cassetto della sua scrivania glielo ricordava ogni giorno.
«Potrai mai perdonarmi?» le chiese prendendole la mano,
stanco di trattenersi.
«Arthur, sai che ti amo.» iniziò la ragazza ricambiando la
stretta «E che per il bene di Mordred faremo finta che vada tutto bene, ma ci
vorrà molto tempo prima che le cose tornino veramente come prima.» rispose prima
di alzarsi per andarsene. Fece per andarsene, ma cambiò idea all’ultimo
secondo, chinandosi per dare un semplice bacio a stampo sulle labbra del
marito.
«Non farti strane idee.» gli disse prima di andarsene
veramente, lasciando un sorridente principe a guardare le stelle con una
farfalla blu che gli svolazzava intorno.
«Non voglio.» disse Merlyn
guardando il Re negli occhi. Non aveva esattamente paura, ma non poteva fare a
meno di sudare, i palmi delle sue mani stavano quasi gocciolando. Voleva tenere
la testa attaccata al collo, ma anche dimostrare di non essere una persona che
si faceva comandare.
Quando quella mattina era stata convocata nelle sue stanze
aveva temuto che fosse per dirle che l’aveva vista usare la magia al banchetto,
ma invece l’uomo le aveva ordinato di non porre resistenza al matrimonio
e di iniziare a comportarsi come una persona appartenente alla famiglia reale.
«Come?» domandò il re posando i pugni sulla sua scrivania
all’angolo della stanza.
Merlyn deglutì, improvvisamente la
sua spavalderia si fece da parte «Con tutto il rispetto, Sire, ma non credo di
poterlo fare.» provò con altre parole, il tono più gentile «Vorrei veramente
continuare a vivere solamente come l’apprendista di Gaius.
Forse, con ancora un po’ di tempo, riusciremo a trovare un modo per annullare
il matrimonio, così che possa sposare una vera principessa e per quanto
mi riguarda, quei territori appartenenti alla mia famiglia potete tenerli, io
non ne ho bisogno.» spiegò dandogli quella piccola speranza di poter magari
annullare il matrimonio, anche se sapeva fosse impossibile, a meno che…
«C’è qualcosa di strano in te, ragazza.» disse il Re quasi
divertito «Sei estremamente stupida, chiunque al tuo posto si sarebbe
approfittato della situazione, ma tu continui a rifiutare questa occasione.»
pensò che quella sciocca gli stesse rendendo in parte tutto più semplice,
magari un giorno sarebbe scomparsa e l’avrebbero potuta far passare per morta.
La maga incrociò le braccia davanti al petto, mordendosi la
lingua per non insultare il re. Molto probabilmente aveva anche leggermente
ragione su di lei, ma preferiva continuare una vita semplice ed avere un
lavoro, senza farsi mantenere dalla famiglia reale.
«Ora, se non le dispiace, porterò me stessa e la mia
stupidità a lavoro, Gaius ha molte commissioni per
me.» salutò senza aspettare di essere dismessa uscì dalla stanza, lasciandosi
alle spalle un veramente divertito re.
Uther non poteva fare a meno di pensare a come Merlyn gli ricordasse la sua amata Ygraine,
ma sfortunatamente lei non era veramente una nobile, era cresciuta come
contadina e lo sarebbe sempre stata nonostante lo status sociale di Gaius.
⸸⸸⸸
Merlyn si fermò vicino alla
piccola staccionata che divideva il piazzale del castello con la zona designata
all’allenamento dei cavalieri. A qualche iarda di distanza poteva benissimo
vedere molti uomini vestiti con cotte di maglia e tra loro un bambino che si
stava allenando con il più importante dei cavalieri di Camelot.
Quella mattina Arthur si era presentato alla sua porta con
un mazzo di fiori in mano e la richiesta di portare Mordred
con lui agli allenamenti. Non aveva accennato minimamente al bacio della sera
prima e per questo gliene era grata. Aveva accettato i fiori, sentendosi il
cuore esplodere di gioia, e aveva dato il suo permesso alla condizione di
portare con loro Gwaine e magari aiutarlo a trovare
un lavoro.
Vicino a lei si fermò Gwen, tra le mani un cesto con la
biancheria pulita di Lady Morgana «Ti godi lo spettacolo?» le domandò
osservando a sua volta il principe far finta di venire buttato a terra dal
colpo del figlio.
«Sono solo contenta di vedere Mordred
così felice.» rispose cercando di non arrossire nel vedere il marito sorridere
in quel modo. Non si era resa conto quanto gli mancasse il suo viso fino alla
sera prima.
«È la prima volta che vedo il principe ridere da quando è
tornato, era miserabile senza di voi.» rivelò la serva volendo fare un po’ da
Cupido. Era ovvio che fossero fatti per stare insieme, Morgana le dava ragione e
insieme si erano messi d’accordo per aiutare la coppia a tornare insieme e
donare a Camelot i regnanti più innamorati della storia.
La maga la guardò sorpresa, per mesi aveva creduto che
Arthur fosse tornato a casa e che fosse tornato a vivere la sua vita
tranquillamente, che non avesse mai pensato a lei e la sua vita ad Ealdor.
Gwen notò immediatamente come la ragazza avesse cambiato
espressione «Sono stati mesi difficili.» continuò mentre guardavano Gwaine rubare Mordred dalle
braccia di Arthur e scappare, venendo inseguito dal principe «Le prime
settimane non ha toccato cibo, richiedendo al padre di lasciarlo tornare
indietro, ma il Re ha messo guardie alla sua porta e sotto la sua finestra fino
a quando non ha giurato di non provare a scappare.» raccontò ricordando la
quantità di guardie nel corridoio delle stanze del principe con il chiaro
ordine di non lasciare il principe uscire da Camelot. Arthur la prima notte a
casa aveva provato a rubare un cavallo dalle stalle per poter tornare ad Ealdor, ma era stato fermato da una guardia più fedele a
Uther che ad Arthur.
«Perché mai sarebbe voluto scappare?» chiese la ragazza non
riuscendo a credere che Arthur avrebbe preferito tornare ad Ealdor
che essere un principe.
La serva si lasciò scappare una piccola risata, intenerita
dall’innocenza di Merlyn, nonsi rendeva veramente conto di quanto Arthur
l’amasse «Voleva tornare da te.» disse l’ovvio adorando il modo in cui la più
giovane arrossì ancora di più.
Merlyn non rispose, guardando
verso Arthur. Si erano rivisti solamente da un giorno e già voleva tornare tra
le sue braccia? No, non poteva essere così debole, in più aveva appena detto ad
Uther che non sarebbe stata un problema. Il principe si mise Mordred sopra le spalle, completamente ignorando il fatto
che doveva allenare i suoi uomini.
«Devo andare, ho molte cose da fare.» salutò la maga volendo
allontanarsi da quello spettacolo troppo carino prima che perdesse ogni
singolo briciolo di buona volontà.
Gwen la guardò andare via, passo svelto e punte delle
orecchie adorabilmente rosse, quando tornò a guardare verso i cavalieri vide
Arthur fare la stessa cosa, uno sguardo completamente innamorato sul volto.
⸸⸸⸸
Merlyn cercò di infilarsi uno
stivale saltellando per la sua camera. Doveva andare nel bosco per raccogliere
delle erbe per Gaius e aveva optato per cambiarsi in
un paio di pantaloni e una tunica bianca che le aveva gentilmente prestato
Lancelot.
Non aveva avuto un attimo libero, dopo l’incontro con Uther
era dovuta andare a consegnare le varie ampolle in giro per tutta Camelot, dopo
aveva dato una mano ad un servitore a portare dei secchi d’acqua in una stanza
di qualche nobile, poi si era occupata di portare Mordred
dal tutore che il re aveva assunto in quanto Arthur aveva espresso il desiderio
di dare al figlio un’educazione d’eccellenza e Gaius
aveva supportato lidea, ovviamente a lezione conclusa era dovuta andare a
prenderlo dalla libreria reale e portarlo da Lancelot nell’officina del
maniscalco, successivamente aveva aiutato Parsifal alle stalle usando la magia
per calmare uno dei cavalli, dopo era andata nelle cucine per aiutare Gwen a
pelare le patate e finalmente a metà giornata si era potuta sedere per poter
mangiare del pane.
Quando credeva di potersi finalmente riposare un attimo Gaius le aveva fatto vedere un libro di erbe e le aveva
mostrato quali andare a cercare. Era solamente il secondo giorno come sua
apprendista e già non vedeva l’ora di smettere; credeva che avrebbe imparato a
guarire le persone, non a riconoscere le foglie obcordate da quelle obovate.
«Madre, posso andare con Gwaine in
città?» chiese il bambino mentre faceva fluttuare a posto per la loro camera le
cose che la donna faceva cadere nel tentativo di vestirsi e mangiare e
memorizzare le quattro piante che doveva cercare.
«Certo, tesoro, ma tornate prima del tramonto.» rispose
usando la magia per legarsi i capelli, sicura che nessuno sarebbe entrato inannucciato nelle stanze di una signorina. Gwaine poteva essere un ottimo badante, Mordred
si divertiva da morire insieme a lui, e in più era ancora l’unico senza un
lavoro. Gli aveva fatto comunque promettere di non portare il bambino alla
taverna che aveva adocchiato al loro ingresso a Camelot.
I fiori che Arthur le aveva dato quella mattina erano in un
vaso sul comodino, la magia li stava proteggendo dall’appassire. La maga
scompigliò i capelli al figlio e prendendo la borsa di cuoio uscì.
Camminò velocemente giù per le scale e poi attraverso la
cittadella, ignorando gli sguardi curiosi. Sì, non era convenzionale per una
signorina camminare indossando dei pantaloni se non per andare a caccia o in
viaggio, ma Merlyn poteva considerarsi a caccia… di
piante.
Gaius le aveva detto di uscire
dalla città e andare ad Est, superare una grande roccia che sembrava una
persona dormiente e gli uccelli dal petto rosso. Quelle erano le indicazioni
più strane che avesse mai ricevuto e il fatto che il suo senso
dell’orientamento fosse pari a zero non aiutava. Dov’era Est? Non ne aveva la
minima idea. Decise di seguire il suo sesto senso e andò a destra senza
rendersi conto di qualcuno che la stava seguendo.
Camminò fino a raggiungere gli alberi, più o meno venti
minuti di camminata, e iniziò a cercare quella famosa roccia a forma di persona
dormiente. Sentiva la sua magia vibrare nell’aria, felice di essere lontana da
uno spazio chiuso come il castello.
Il Sole era ancora alto in cielo, il calore era piacevole, e
sentiva in lontananza lo scrosciare dell’acqua. Non era più abituata a stare da
sola, ma non per questo era meno piacevole, finalmente riusciva a sentire i
suoi stessi pensieri senza la voce di Gwaine o Mordred nelle orecchie.
Intorno a lei non vedeva nessuna roccia, c’era solo terra e alberi,
nessun uccello dal petto rosso, iniziò a pensare che Gaius
l’avesse mandata nella foresta a morire per ordine di Uther.
«Oh, andiamo, non posso essermi persa.» borbottò guardandosi
intorno, non riusciva nemmeno più a vedere il castello, si era addentrata
troppo. Guardò l’albero che aveva a fianco e decise di fare una pazzia. Da
piccola si era arrampicata numerose volte sugli alberi per scappare a Ranful e Osbert, qualche volta da qualche animale che
voleva renderla la sua cena.
Arrivando in cima sarebbe riuscita a vedere meglio dove si
trovava e magari individuare la strada di casa. Non voleva usare la magia per
tutto e poi sentiva il bisogno di fare qualcosa che non fosse responsabile;
negli ultimi tre anni le sembrava di essere invecchiata di quindici, la
responsabilità che aveva preso con Mordred le aveva
dato una nuova prospettiva di vita. In quel momento, però, era da sola e si
sentiva una dodicenne.
Posò a terra la borsa e si alzò le maniche della tunica, uno
dei rami dell’albero era abbastanza in basso. Poteva saltare e arrampicarsi da
lì. Nonostante il ramo fosse ad un livello raggiungibile, Merlyn
non aveva messo in conto quanto lei fosse bassa e che i suoi salti non
superavano i dieci centimetri.
Fortunatamente un ramo era a terra, spezzato via dal vento o
il peso di qualche animale e sembrava la cosa che le serviva in quel momento.
Lo trascinò vicino all’albero di sua scelta e vi salì sopra, la stabilità era
veramente precaria, ma voleva provare comunque.
Saltò sentendo il ramo rotolare via da sotto i suoi piedi,
ma non arrivò nemmeno ad arrampicarsi in quanto il suo salto era stato un
totale fiasco. Si preparò allo schianto contro il terreno, magari del dolore le
avrebbe ridato del buon senso, ma qualcuno l’afferrò al volo.
Quando riaprì gli occhi si trovò faccia a faccia con un uomo
che non conosceva e d’istinto spinse il palmo della mano contro il mento
dell’uomo, costringendolo a lasciare la presa. Rimettendosi in piedi afferrando
una pietra si allontanò abbastanza da poter guardare meglio il suo possibile
aggressore.
Aveva dei capelli biondi tendenti al rame, piccoli ricci che
arrivavano appena sotto le orecchie. Indossava una cotta di maglia e alla
cintura aveva attaccata una spada.
«Ti darò cinque secondi per sparire dalla mia vista o giuro
che ti sfregerò il viso.» minacciò la ragazza mostrandogli la pietra che teneva
in mano. Era piuttosto appuntita, volendo poteva cavargli un occhio, ma in caso
di necessità si sarebbe limitata a stordirlo con la magia, non aveva veramente
il coraggio per sfregiare qualcuno.
L’uomo alzò le mani in segno di resa, non muovendosi
minimamente, come se temesse seriamente di essere colpito da una ragazza venti
centimetri più bassa di lui e cinquanta chili più leggera.
«Merlyn, non sono qui per farti
del male. Sono un cavaliere di Camelot.» disse l’uomo tirando il mantello rosso
da dietro la schiena per mostrarglielo «Ci siamo visti ad Ealdor
e anche ieri, sono stato io a farti uscire di prigione.» le ricordò con un
gentile sorriso.
La maga abbassò la pietra, guardandosi intorno, ovvio che si
ricordava di Sir Leon, era stato solo un momento di panico se non aveva
collegato il viso al nome.
«Arthur mi sta facendo seguire?» domandò invece leggermente
infastidita, non aveva certo bisogno di qualcuno che le venisse dietro, non
sarebbe scappata né rischiava di morire facendo il suo lavoro.
«Oh, no, assolutamente no.» negò l’uomo non volendo far
finire il suo amico nei guai «Ti ho visto uscire dalla città e ho pensato che
forse ti sarebbe servito un accompagnatore, questi boschi non sono sicuri.»
aggiunse rivelando le sue vere intenzioni. Lui sapeva perfettamente che tipo di
gente girava per i boschi e non voleva che la futura regina di Camelot finisse
nei guai, anche perché Arthur l’avrebbe ucciso se fosse successo qualcosa a sua
moglie.
Merlyn non sembrò totalmente
convinta, lo sguardo che vagava ancora intorno a loro come se si aspettasse di
vedere Arthur uscire da dietro un albero «Quando sono uscita dalla città…» iniziò
avvicinandosi, la voce più bassa ed imbarazzata «…sono andata verso Est, vero?»
domandò arrossendo. Leon era un cavaliere, sicuramente sapeva orientarsi.
«Uhm, no, siamo verso Ovest.» rispose indicandole il Sole.
«Dannazione!».
⸸⸸⸸
«Tua moglie è una vergogna, Arthur, non ho la minima idea di
come tu possa essere stato talmente stupido da sposarla.» disse Uther
mentre prendeva della frutta per concludere il pranzo, suo figlio e la sua
protetta a tavola con lui «Osa parlarmi senza alcun rispetto, osa dirmi di
no, e Lady Jane mi ha riferito che l’ha vista uscire da palazzo indossando
dei pantaloni.» continuò mentre intorno a lui l’aria si faceva tremendamente
tesa, tanto che i servitori iniziarono ad agitarsi e guardarsi tra loro «Fosse
per me sarebbe già morta, non appartiene a questa Corte e…» venne interrotto
dal rumore di una sedia che cadeva a terra. Alzò lo sguardo per vedere Arthur
in piedi con i pugni chiusi posati sopra il tavolo, il suo cibo ancora
interamente nel piatto.
«Non dire mai più una cosa del genere.» sibilò a denti
stretti, la voglia di sferrare un pugno contro il padre «Non permetterò a
nessuno di dire cattiverie su mia moglie.» disse tremando di rabbia «E se mai
le succederà qualcosa sarà con te che me la prenderò.» minacciò prima di
andare via, Morris alle sue spalle.
Uscì dalla sala e si avviò verso la torre dove soggiornava Gaius, voleva vedere Merlyn e Mordred. Doveva assicurarsi che nessuno stesse dando loro
fastidio, voleva essere certo di non dover andare a spaccare un altro naso come
aveva fatto con Sir Paul.
Non si aspettava di vedere Sir Leon e Merlyn
camminare insieme, parlare come se fossero amici e improvvisamente gli sembrò
di tornare indietro nell’arena, dove tutti si erano innamorati di lei.
Che Leon la trovasse bella? Ovvio che la trovava bella, Merlyn
era la ragazza più bella di tutti i Regni.
«… grazie per avermi afferrata prima che potessi farmi male
e per avermi aiutato a trovare queste piante.» stava dicendo la maga con il suo
solito tono cordiale facendo prendere un respiro ad Arthur, la ragazza non era
interessata in Leon, fortunatamente.
«Dovere. Arthur non mi avrebbe mai perdonato se ti fosse
successo qualcosa.» rispose il cavaliere inchinandosi. Aveva riportato la
Principessa a casa, poteva tornare ai suoi compiti.
Arthur si avvicinò alla donna «Ciao.» la salutò sentendosi
improvvisamente in imbarazzo.
«Oh, ciao Arthur.» rispose la maga sorridendogli, una
piccola farfalla comparve alle sue spalle e svolazzò verso Arthur. Il Principe
guardò l’insetto cercando di non sorridere compiaciuto.
«Non volevo origliare, ma ho sentito quello che hai detto a
Sir Leon, volevo chiederti cosa fosse successo.» disse ignorando troppi
convenevoli. Merlyn aveva una tunica bianca che le
faceva risaltare i capelli neri, i pantaloni marroni erano macchiati di terra e
i suoi stivali stavano lasciando alcune orme di fango. Non sembrava essere
ferita, non aveva nemmeno un graffio in volto, quindi
non doveva essere successo nulla di grave.
«Oh, mi ero persa nel bosco, volevo salire su un albero per
cercare di vedere il castello, ma non riuscivo a saltare troppo in alto. Ho
provato ad elevarmi con un ramo caduto, sfortunatamente non la mia idea
migliore e stavo per schiantarmi a terra quando Sir Leon è stato così gentile
dal salvarmi.» disse mentre camminavano insieme verso le sue stanze, Morris a
pochi passi da loro «L’ho minacciato di sfregiargli il viso, perché non mi
ricordavo chi fosse.» ammise imbarazzata «Credevo che lo avessi mandato tu a
seguirmi, ma a quanto pare mi ha visto uscire dalla città e ha deciso di seguirmi
di sua spontanea volontà perché aveva paura potesse succedermi qualcosa nel
bosco. A me? Oh, Arthur, se solo sapesse.» gli disse sentendosi una ruota
libera che viaggiava giù per una collina, non parlava così tanto con qualcuno
da mesi, era bello riavere quello che considerava il suo migliore amico insieme
a lei.
Arthur lanciò un’occhiata alle sue spalle, assicurandosi che
Morris fosse abbastanza distante «Sono sicuro saresti riuscita a cavartela da
sola, ma mi fa piacere sapere che uno dei cavalieri di Camelot si sia
preoccupato per te, soprattutto dopo l’impressione che Sir Paul deve averti
dato.» ammise veramente compiaciuto dal fatto che Leon fosse veramente un
amico, non tutti avrebbero seguito Merlyn per
accertarsi che non finisse in un fosso. Conosceva sua moglie e il suo senso
dell’orientamento, non c’erano dubbi sul fatto che si sarebbe persa.
«Spero di non vedere più la sua brutta faccia.» rispose la
maga al ricordo di Sir Paul e i suoi commenti poco cavallereschi.
«Tranquilla, nessuno lo vedrà mai più in città, l’ho spedito
al confine con Elmet.» la rassicurò il marito mentre
le apriva galantemente la porta per entrare nelle stanze di Gaius,
si fermò girandosi a guardare Morris «Puoi andare a pulire le mie stanze, non
avrò bisogno di te al momento.» gli disse non volendo farlo entrare, voleva che
Merlyn e Mordred fossero
liberi di usare la magia se avessero voluto.
Il servitore annuì e girò su sé stesso, pensando a come si
era appena fatto tutte quelle scale solo per poi scenderle appena arrivato in
cima.
Le stanze erano vuote, non c’era nessuno dei suoi amici, non
c’era Mordred e nemmeno Gaius.
Erano soli e Arthur si sentì improvvisamente nervoso.
Guardò Merlyn posare la borsa sul
tavolo per poi andare a prendere un panno vicino al secchio d’acqua per pulirsi
il viso arrossato dopo aver camminato sotto il Sole. Il principe rimase in
piedi vicino alla porta, aspettando che la donna lo invitasse ad accomodarsi.
«Ho parlato con tuo padre, questa mattina.» iniziò la maga
sedendosi sulle scale che portavano alla sua camera «Uomo simpaticissimo,
veramente.» scherzò mentre andava sciogliendosi le trecce, doveva lavarsi i
capelli, erano pieni di foglie e terra.
«Spero non ti abbia offesa.» riuscì a buttare fuori l’uomo
mentre desiderava avvicinarsi alla moglie e passarle le mani tra i capelli,
proprio come quella mattina ad Ealdor, prima che la
loro vita venisse rovinata.
«No, tranquillo. Ha un po’ il vizio di credere di poter
comandare la mia vita, e sono arrivata qui solamente l’altro ieri, ma tutto
sommato è piacevole vedere la sua espressione oltraggiata ogni volta che gli
dico di no.» rispose iniziando a passarsi il pettine tra i capelli, facendo
leggermente fatica a causa della lunghezza.
Arthur desiderò avere il suo stesso coraggio, lui al
contrario quasi non riusciva mai a dirgli di no, altrimenti non sarebbe mai
tornato a casa.
«Se dovesse darti fastidio o minacciarti puoi venire da me,
lo sai.» le disse avvicinandosi ulteriormente, forse in una mezz’ora sarebbe
anche riuscito a posarle una mano sulla spalla.
Merlyn gli sorrise, gli occhi
stanchi che però luccicavano allegri «Lo so.» rispose sentendo di non poter
essere ancora meschina nei suoi confronti. Debole, debole, Merlyn
era estremamente debole quando si parlava di Arthur, era sicura che non sarebbe
riuscita a durare nemmeno il primo mese di questo passo.
«Ho pensato ad un cosa, però.» disse la giovane iniziando a
torturarsi le mani, come faceva quando era nervosa «Ti ricordi l’incantesimo
che ho fatto per cancellare la memoria alla Corte di Cenred?»
domandò cercando di non incontrare lo sguardo del marito, sentendosi una
persona orribile per quello che stava per proporre «Ho pensato di farlo di
nuovo, ma in scala maggiore. Ho sentito che ormai tutti i Regni sanno di noi
e vorrei rimediare. Non voglio che la tua reputazione sia rovinata a causa mia,
nemmeno tu ti ricorderai di me e potrai andare e sposare una principessa di tuo
piacimento…» venne interrotta dalle mani di Arthur che le presero il viso,
costringendola a guardarlo.
«Non sono d’accordo.» iniziò con tono duro «E se pensi che
io possa innamorarmi di un’altra persona di sbagli. Perché anche se dovessi
dimenticarmi di te, sono certo che mi prenderei una bella cotta per
l’apprendista del medico di corte e sicuramente proverò a conquistarti
perché so che sei la mia anima gemella.» le disse in tono dolce, quasi un
sussurro.
I loro visi si erano fatti più vicini e Merlyn
iniziò a sentire caldo, qualcuno aveva acceso il fuoco? Dubitava che le parole
di Arthur fossero vere, non c’erano possibilità che dopo aver avuto la memoria
modificata il principe finisse nuovamente con l’innamorarsi di lei, era
impossibile, seriamente!
«Ma tuo padre…» provò ad obbiettare.
«Merlyn, se tu lanci
quell’incantesimo io mi innamorerò nuovamente di te.» disse l’uomo in tono
definitivo e chiuse la distanza tra loro, dandole un bacio a stampo, come
quello che lei gli aveva dato la sera prima.
Si guardarono negli occhi senza dire nulla, Arthur che
aspettava una sfuriata da parte sua per essere stata baciata, Merlyn che si stava autoconvincendo a non saltare addosso
al marito e portarlo nella sua stanza.
La porta si aprì e i due scattarono, dividendosi e mettendo
tra loro uno spazio adeguato. Gaius guardò la coppia
inarcando un sopracciglio, ma non commentò, non poteva certo fare una ramanzina
ad una coppia sposata, non erano certo due scapestrati che rischiavano di
creare scandalo.
«Sire.» salutò rivolgendosi al principe che se ne stava
appoggiato contro il tavolo «Merlyn, ho bisogno che
tu vada nella parte bassa a consegnare questo tonico.» disse alla nipote
ignorando il suo verso esausto. Sapeva che la stava facendo correre e non le
lasciava un attimo per respirare, ma pensava che le facesse bene tenere la
mente occupata, soprattutto vedendo come al suo primo momento libero fosse
finita in una stanza, da sola, con il principe. Avevano promesso ad Uther che
non sarebbe stata un problema.
La ragazza si alzò sospirando, ma non disse nulla,
semplicemente allungando la mano per farsi dare l’ampolla. Un po’ di aria non
le avrebbe fatto male, infondo. Con un movimento della mano i suoi capelli
vennero liberati da qualsiasi sporcizia e si intrecciarono per conto loro
mentre la donna infilava l’ampolla nella tasca della giacca.
«Merlyn, non puoi usare la magia
in questo modo!» la sgridò Gaius guardando per un
attimo spaventato il principe prima di ricordarsi che lui sapeva, accettava ed
amava quell’idiota di sua nipote.
La ragazza lo ignorò ed uscì dalle stanze del medico,
lasciando i due uomini a guardarsi leggermente preoccupati. Camelot non era
sicura per lei.
⸸⸸⸸
Lancelot amava lavorare con Tom e il fatto che sua figlia era
l’incantevole Gwen era solo un motivo in più per non farsi licenziare.
L’uomo l’aveva mandato a palazzo per consegnare delle spade
commissionate da vari cavalieri. Non si aspettava di incontrare Arthur
nell’armeria, seduto sulla panca mentre affilava la sua spada completamente
assorto nei suoi pensieri.
«Hey.» lo salutò posando le spade sul tavolo, voleva
prendersi del tempo per riconnettersi con il suo migliore amico.
«Lancelot, ciao.» salutò il principe lasciando il panno
contro la lama della spada. Fino a quel momento aveva avuto modo di parlare
solamente con Gwaine e l’uomo non aveva fatto altro
che raccontargli di come nei mesi della sua assenza da Ealdor
nessuna creatura magica aveva provato ad ucciderli.
«Come stai?» chiese l’apprendista maniscalco sedendosi
vicino al principe, voleva dirgli una cosa.
«Bene ora che siete qui, ma sicuramente starò meglio una
volta dopo che Merlyn mi avrà perdonato.» rispose il
biondo guardando l’amico, dopo aver lasciato le stanze di Gaius
era stato convocato per un altro allenamento con i cavalieri in quanto quella
mattina non avevano fatto realmente tanto considerando la presenza di Mordred.
Lancelot sorrise tristemente, poteva immaginare come stesse,
infondo aveva passato sette mesi ad assicurarsi che Merlyn
non cadesse in depressione.
«Merlyn ti ama, Arthur, non
dubitarne mai.» disse Lancelot ben sapendo di cosa stesse parlando.
«Ha avuto problemi dopo che me ne sono andato?» chiese il
principe con un nodo alla gola. Aveva provato a fare la stessa domanda a Gwaine, ma l’uomo aveva cambiato argomento raccontandogli
di Will e di come avesse fatto partorire una mucca.
Lancelot sembrò esitare «Non l’ho saputo fino all’altro
giorno, mentre camminavamo per raggiungere Camelot, ma a quanto pare Ranful ha provato a…» come poteva dirlo gentilmente? «…a minacciarla
per farla andare a letto con lui.» concluse.
Arthur strinse i pugni sentendo l’improvvisa voglia di
prendere un cavallo e galoppare fino ad Ealdor per uccidere
il ragazzo «Non l’ha detto a nessuno fino a quando non eravate in viaggio?»
domandò a denti stretti. Tipico di Merlyn, tenersi
tutto dentro per non far preoccupare i suoi amici.
Lancelot annuì «Sì, ma l’ha detto solo a me. Ranful ha minacciato di fare del male a Mordred
per convincerla, ma non ti ha mai tradito, se è quello che ti stai chiedendo.»
lo rassicurò.
«È colpa mia.» disse il principe con una rabbia, aveva
lasciato sua moglie e suo figlio indifesi contro le persone più meschine che
aveva mai conosciuto.
«No.» lo rassicurò Lancelot alzandosi a sua volta «Dovevi
tornare qui e sai che Merlyn sa cavarsela da sola.»
provò a fargli vedere le cose come stavano. Uther avrebbe fatto cose
imperdonabili se Arthur non fosse andato con lui, lo sapevano tutti.
Arthur si passò una mano tra i capelli, esausto dalla
notizia «So che Merlyn sa cavarsela da sola,
Lancelot, ma non per questo deve farlo. Io ho promesso di prendermi cura
di lei, quando ci siamo sposati, era mio compito fare in modo che Ranful non potesse mai più farle del male.» gli ricordò
buttando la sua spada a terra.
Arthur era un marito orribile e Lancelot glielo aveva appena
confermato.
⸸⸸⸸
Gwen non era solita interessarsi al gossip
di palazzo, spesso ignorava le voci di corridoio e non si fermava ad ascoltare
le altre serve parlare dei loro padroni. Gwen non aveva mai detto una sola
parola su Morgana e Morris non aveva mai detto nulla su Arthur, anche quando
era ancora un ragazzino viziato che lo maltrattava. Un conto era essere il
servitore di un qualsiasi nobile, un altro era essere al servizio della
famiglia reale. Il servo di Uther veniva cambiato regolarmente, non teneva la
stessa persona per più di due settimane di fila.
Quando la ragazza si era fermata per pulire le coperte di
Morgana aveva sentito distintamente altre ragazze parlare ad alta voce di Merlyn. Gwen sapeva di doversi fare gli affari suoi, di non
venire risucchiata nel vortice dei chiacchiericci.
«Il Principe Arthur potrebbe avere molto meglio.» stava
dicendo una serva bionda.
«Vero, oggi l’ho vista uscire di città indossando dei pantaloni,
per di più non era accompagnata, chissà chi è andata ad incontrare nei boschi.»
disse un’altra mentre puliva dei piatti nella grande tinozza.
«Se al Principe piace tanto mischiarsi alla plebe poteva
sposare me.» rise un’altra ragazza che stava pulendo il pavimento, l’ultima
mansione prima di poter tornare a casa sua e dormire.
«Quella Merlyn non è nemmeno
bella.» si aggiunse un’altra mentre stendeva i vestiti della sua signora.
«Oh, non dire fesserie, è più bella della Lady Morgana, solo
che non sa comportarsi adeguatamente. Sappiamo tutti cosa ha combinato con Sir
Paul.» intervenne la serva che puliva i piatti.
«La sua bellezza non può compensare la sua mancanza di
galanteria. Arrivare a Camelot con tre uomini e un bambino, una svergognata.»
riattaccò la serva bionda.
«Il bambino non è suo, lo hanno adottato lei e il Principe
dopo averlo trovato nel bosco.» la difese la ragazza che puliva il pavimento.
Gwen corrugò la fronte chiedendosi come facessero le notizie
a viaggiare così velocemente, lei sapeva determinate cose solamente perché
Arthur stesso o Morgana gliele avevano dette.
«Io ho sentito dire che dorme nella stessa stanza con quei
tre uomini.» si aggiunse una serva fermandosi dal pulire le finestre.
La serva bionda sbuffò una risata «Ovviamente, prima sposa
un principe e poi va a letto con altri tre uomini.».
«Che ti aspettavi da una ragazza di campagna?».
«Chissà quante rotolate nel fieno si è fatta!».
«Forse andrà a letto anche con qualche altro nobile!».
«Oh, sicuramente lo farà!».
«Va bene, ora basta.» sbottò Gwen lasciando andare le coperte
di Morgana nella tinozza «Non potete parlare in questo modo di Merlyn, non la conoscete nemmeno!» disse asciugandosi le
mani sul grembiule «Vive qui da solamente due giorni e state già dicendo tutte
queste cattiverie sul suo conto, avete mai parlato con lei?» domandò sentendo
un fuoco dentro. Non era solita alzare la voce, ma Merlyn
le piaceva e l’avrebbe difesa da queste malelingue.
«Uhm, no, non le ho mai parlato, ma sappiamo tutte che vuole
solamente i suoi soldi.» rispose la serva che puliva le finestre.
«Se fosse così allora perché si opporrebbe ad ufficializzare
le sue nozze qui a Camelot?» chiese Gwen facendo notare la mancanza di logica
nel loro ragionamento. Se fosse stato vero quella mattina si sarebbe celebrato
un matrimonio e Merlyn indosserebbe una tiara.
«Non può ufficializzare le nozze perché vuole continuare a
dormire con gli altri tre uomini.» rispose in tono ovvio la serva bionda che
sembrava essere lì solo per chiacchierare.
Gwen tremò di rabbia, conosceva Lancelot da due giorni ma
sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa del genere, così come Parsifal e
aveva qualche dubbio su Gwaine, ma era certa Merlyn fosse fedele ad Arthur.
«O forse perché non le piace essere sposata ad una persona
che ha mentito sulla sua identità per tre anni.» rispose una serva che fino a
quel momento era rimasta in silenzio, girata di spalle, a pulire il camino.
Un silenzio surreale cadde quando la ragazza si girò
rivelandosi Merlyn, il viso sporco di cenere. La maga
si era ritrovata a pulire il camino al posto di Morris in quanto il ragazzo era
in ritardo con i suoi doveri serali per il Principe. Aveva provato a dirle che
non ce n’era bisogno, che lo avrebbe fatto più tardi, ma Merlyn
gli aveva assicurato che non le dispiaceva e che aveva ancora un po’ di tempo
libero prima di dover andare a leggere una storia a Mordred.
«Lady Merlyn!» squittì spaventata
la serva bionda portandosi le mani al petto «Non pensiamo veramente a quello
che abbiamo detto.» provò a dire guardandosi intorno alla ricerca di sostegno,
ma tutte le altre erano tornate a lavorare in silenzio.
Merlyn la guardò divertita, le
ricordava in qualche modo Petronilla, quindi le sue
parole non la toccavano minimamente.
«Non sono una Lady.» le ricordò sorridendo, il viso
completamente nero a causa della fuliggine, evitò di aggiungere che secondo le
loro chiacchiere il suo titolo esatto era Principessa Merlyn
«Io ho finito di pulire, quindi credo che mi ritirerò
per la notte, buonanotte ragazze.» salutò pulendosi le mani contro il suo
vestito non avendo un panno vicino e non volendo passare tra quelle streghe
per prenderne uno «Gwen, grazie.» aggiunse sorridendole, felice di aver trovato
una vera amica.
La serva di Morgana sorrise, forse finalmente le altre
ragazze avrebbero imparato a non sparlare della gente.
«Non sono una Lady.» le fece il verso la ragazza
bionda «Dio, già la odio, spero che il Re si liberi di lei.».
Due mesi a Camelot e Gwaine non
aveva ancora trovato un lavoro, ma gli stava bene. Al mattino portava Mordred a vedere gli allenamenti, poi passava per le stalle
a vedere Parsifal prendersi cura dei cavalli, per l’ora di pranzo tornava a
casa e aiutava Gaius a preparare il pranzo e insieme
aspettavano che tutti tornassero dai loro lavori e che Arthur riportasse Mordred.
Merlyn aveva ceduto il compito di
portare il bambino dal tutore ad Arthur, i suoi impegni non le davano il tempo
di farlo e voleva dare ad Arthur più tempo insieme a loro figlio.
Gwaine ne era quasi geloso,
credeva di essere lui il badante di Mordred! Non
aveva poi così tanto da fare, quindi dopo pranzo scendeva giù per la città fino
ad arrivare alla taverna. Si era fatto un paio di amici e la moglie del
proprietario della taverna gli offriva sempre gratis il primo boccale.
«Gwaine, per favore, non cacciarti
nei guai, oggi arrivano i cavalieri per il torneo e non voglio venire a tirarti
fuori di prigione.» gli disse Merlyn quella mattina,
mentre facevano colazione.
Indossava una tunica blu e dei pantaloni marroni, i suoi
vestiti chiusi nell’armadio e tirati fuori solamente per occasioni speciali. A
nessun nobile di Camelot piaceva vedere la principessa vestirsi in quel modo,
ma Arthur aveva messo in chiaro a tutti che Merlyn
poteva vestirsi come preferiva, soprattutto se l’aiutava a svolgere meglio i suoi
lavori.
«Merls, per favore, qui l’unica
che è finita in carcere sei tu.» le ricordò l’uomo venendo appoggiato dagli
altri, pure dal piccolo Mordred che riconosceva il
fatto che sua madre si cacciava spesso nei guai.
La maga era finita ben quattro volte in una cella, più che
altro sempre per mano di qualche cavaliere che non sapeva chi fosse veramente. Gaius o Sir Leon erano tipicamente le persone che si
accorgevano della sua assenza e poi andavano a liberarla.
«Allora non prendere esempio da me.» sospirò la ragazza,
aveva adottato Mordred e le dava meno preoccupazioni
che un uomo adulto. Fortunatamente nei loro due mesi di permanenza nella
capitale degli orrori per streghe e stregoni, né Merlyn
né Mordred erano stati scoperti a praticare la magia.
Merlyn ringraziava la buona sorte, Arthur ringraziava
la stupidità degli abitanti di Camelot.
Lancelot era piuttosto contento, la sua vita stava andando a
gonfie vele e giusto la settimana prima era riuscito a dare un mazzo di fiori a
Gwen e chiederle di fare una passeggiata insieme. Ci aveva messo tanto e ora
non si sarebbe più tirato indietro, aveva anche la benedizione di Tom!
Parsifal non aveva fatto realmente amicizia, timido come suo
solito, ma la compagnia di Gwaine riusciva a riempire
qualsiasi vuoto. Ovviamente anche quella di Merlyn,
Lancelot, Mordred, Arthur e Gaius,
ma soprattutto di Gwaine.
Sentirono bussare alla porta e Merlyn
si alzò per rispondere essendo l’unica ad aver finito di mangiare «Oh, ciao
Arthur!» salutò sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
In quei due mesi non erano andati molto avanti con la loro
relazione, Merlyn continuava a tirarsi indietro e
Arthur continuava a seguirla, ma con rispetto. Si erano baciati altre volte,
ovviamente, ma sempre e solo a stampo e come saluto prima di separarsi dopo una
discussione. Alla fine Merlyn non aveva cancellato la
memoria a nessuno, decidendo di convivere con gli sguardi omicida di Uther, le
malelingue di palazzo e soprattutto per paura che Arthur smettesse di amarla,
una cosa che forse veramente non riusciva a sopportare.
«Ciao Merlyn.» salutò entrando
nelle stanze di Gaius, venendo immediatamente
attaccato da Mordred che si slanciò per farsi
prendere tra le braccia. Stava crescendo, indubbiamente, ma Arthur aveva i
muscoli e la forza per tenerlo ancora.
«A cosa dobbiamo il piacere, principessa?» domandò Gwaine addentando la mela che Parsifal gli aveva passato.
«Sono venuto ad avvertire Merlyn
che per la durata del torneo non ci saranno gli allenamenti e che le lezioni
con il tutore sono ugualmente sospese.» informò desiderando chinarsi per
baciare la moglie. Era leggermente nervoso, voleva fare bella figura, era
sicuro che Morgana avrebbe invitato Merlyn a guardare
il torneo e aveva paura di fare di non essere all’altezza. Sapeva di poter
vincere, ovviamente avrebbe vinto, ma qualcosa poteva andare storto e rendersi
ridicolo davanti l’amore della sua vita.
«Oh, be’, vorrà dire che Mordred
potrà venire a consegnare con me i tonici dello zio Gaius.»
rispose la maga corrugando la fronte. Non sarebbe stato facile andare in giro
per tutta Camelot con Mordred dietro, il bambino
aveva il vizio di allontanarsi e farle prendere degli spaventi.
Arthur si schiarì la voce «O potrebbe stare con me e Morris,
fargli vedere come funziona il torneo, giuro che non si farà del male e che non
toccherà nemmeno una spada.» le propose volendo veramente avere Mordred con sé per tutta la settimana.
Merlyn ci pensò, guardando verso Gaius che annuì lentamente, come per dirle che era una
buona idea «Potreste portare con voi anche Gwaine?
Non vorrei si sentisse solo, dato che ancora non ha trovato un lavoro.»
domandò toccando il gomito del marito, sbattendo leggermente le ciglia, tutto
completamente involontariamente. Forse qualche volta diventava gelosa, quando
vedeva delle Lady parlare con lui, toccarlo senza il suo permesso, fare
commenti non appropriati sulla sua virilità.
«Sì, con lo zio Gwaine ci
divertiremo!» esclamò Mordred sfuggendo alla presa
del padre per andare dall’uomo che sarebbe stato la sua compagnia mentre Arthur
combatteva.
Arthur sorrise «Be’, sembra che le cose siano già state
decise.» commentò guardando il figlio tirare per la tunica il povero Gwaine che guardò Parsifal in cerca d’aiuto.
La maga annuì «Be’, meglio che cominci il mio giro. Ci vediamo
per pranzo.» salutò afferrando la sua borsa.
«Lavora troppo, quella ragazza.» commentò Gaius. Si era reso conto di essere stato troppo duro con
lei all’inizio, Merlyn finiva sempre con il prendere
altri lavori a palazzo per guadagnare qualche moneta in più, tornando spesso la
sera distrutta e senza forze. Avevano provato a farle smettere di pulire nelle
cucine la sera, ma Merlyn aveva sviluppato
un’amicizia profonda con Gwen e quello era l’unico momento in cui potevano
chiacchierare senza dover poi scappare per completare qualche mansione.
«Già.» sospirò Arthur sentendosi un verme. Poteva dare a Merlyn la vita di una principessa, permetterle di non
alzare più nemmeno un dito, e invece spesso la trovava a dare una mano a Morris
a pulire le sue stanze. La parte positiva era però il fatto che qualche volta,
quando Morris andava a portare via i piatti sporchi della cena, Merlyn lo faceva sedere e gli pettinava i capelli, in
completo silenzio, come ad Ealdor.
Si salutarono e ognuno cominciò la propria giornata, Arthur,
Gwaine e Mordred diretti
verso l’arena.
⸸⸸⸸
Gwen e Merlyn stavano camminando
fianco a fianco verso la parte bassa della città quando videro una fila di
cavalieri registrarsi per il torneo.
La serva di Lady Morgana stava andando a prendere della
stoffa per cucire un abito per la cerimonia finale del torneo per la Lady – e
in segreto ne avrebbe cucito uno per Merlyn per ordine
della sua signora – mentre Merlyn stava consegnando
le ultime ampolle della giornata prima di tornare a palazzo ed aiutare a
preparare la Sala Grande per il banchetto di quella sera.
«Cavaliere
Valiant delle Western Isles.»Merlyn si bloccò smettendo di parlare. Guardò
verso il tavolo dove Sir Leon e Sir Bedivedere
stavano segnando i nomi dei partecipanti e lì lo vide. Valiant
era vestito di giallo, in mano uno scudo con disegnati tre serpenti, un sorriso
sinistro dipinto in volto e a Merlyn mancò l’aria.
Sir Leon gli diede il benvenuto e per la prima volta dopo
due anni Merlyn incontrò lo sguardo di Valiant. Il cavaliere si fermò a guardarla.
«Ci conosciamo?» le chiese in tono confuso.
«No, Sir.» rispose Merlyn sentendo
il cuore batterle nelle orecchie come un tamburo «Mai visti prima.» aggiunse
sperando che l’incantesimo non si spezzasse. Cosa diamine ci faceva Valiant a Camelot? Era un cavaliere di Cenred,
non aveva ragione di essere in Camelot per di più mentendo sulla sua
provenienza.
Valiant la guardò da testa a
piedi, lo stesso guardo che aveva nell’arena, sembrava volerle saltare addosso
e la cosa la metteva a disagio. Gwen si schiarì la gola altrettanto turbata
dall’uomo.
«Spero di vederla nuovamente, Miss.» la salutò con uno
sguardo poco rassicurante.
Merlyn guardò Gwen «Devo andare,
ci vediamo questa sera.» le disse prima di correre a consegnare le ultime
ampolle. Doveva assolutamente parlare con Arthur.
⸸⸸⸸
Mordred guardò il padre venire
vestito nella sua armatura, seduto vicino a lui c’era Gwaine
che sbuffava annoiato. Non gli era stato permesso partecipare in quanto solo i
nobili erano ammessi e la cosa gli bruciava.
Morris si allontanò per andare a prendere dall’armeria la
spada del padre quando sentì chiaramente che qualcosa non andava.
«Madre è spaventata.» disse allo zio Gwaine
tirandogli la manica della tunica. Riusciva a sentire la paura di Emrys attraverso il loro legame, in più percepiva un tipo
di magia oscura in città.
«Cosa?» domandò Gwaine non avendo
afferrato cosa aveva detto il bambino, impegnato a criticare mentalmente i
movimenti di polso di un cavaliere vestito di viola.
«Madre è spaventata, c’è qualcosa che le fa paura o
qualcuno.» ripeté attirando l’attenzione del padre, il quale si inginocchiò
davanti a lui con lo sguardo preoccupato.
«Ne sei sicuro, Mordred?» domandò
non volendo veramente correre alla sua ricerca per poi fare la figura
dell’idiota. Forse era solamente arrabbiata, le capitava spesso di incontrare
qualcuno che la facesse innervosire durante il suo giro mattutino.
Il bambino annuì «Sta arrivando.» avvertì guardandosi
intorno, poteva sentire la magia di Emrys farsi più
vicina.
Arthur scattò in piedi, guardandosi intorno a sua volta, e
nemmeno un minuto dopo vide la moglie camminare molto velocemente verso di
loro, ma non stava correndo. Continuava a guardarsi le spalle, come se avesse
paura di essere aggredita e questo fece preoccupare il Principe.
«Merlyn, va tutto bene?» le
domandò andandole incontro.
La donna lo prese per le braccia, trascinandolo dentro la
sua tenda e assicurandosi che non ci fosse nessuno lo abbracciò spaventata.
«Valiant è qui.» gli disse
sentendo la sua stessa voce tremare. Certo, nell’arena aveva la protezione del
suo collare d’oro e a Camelot poteva avere quella di Arthur, ma il principe non
poteva essere con lei tutto il tempo e ora che c’era anche Mordred
temeva che potesse diventare il suo bersaglio. Usare la magia era fuori
questione, l’uomo sarebbe corso immediatamente dal Re per denunciarla.
«Cosa? Dove lo hai visto? Ti ha riconosciuto?» le domandò
prendendole il viso tra le mani, gli si spezzava il cuore nel vedere la moglie
così preoccupata e spaventata.
«Si è segnato per il torneo, si è fermato a parlarmi e, Dei,
Arthur mi ha guardata in quel modo, come faceva nell’arena e…» si bloccò
sentendo una strana sensazione attraversarle la schiena. C’era qualcosa che non
andava e non era solo la presenza di Valiant a
Camelot.
«C’è qualcosa che non va, Arthur, lo sento.» gli disse con
gli occhi lucidi. Si sentiva in trappola, proprio come quando era stata
obbligata ad accettare ad andare da lui a cena per salvare la vita di Arthur,
ma qui non poteva salvarsi. Prima o poi l’avrebbe trovata da sola e sapeva già
che era il tipo da allungare le mani.
Il principe le carezzò la testa e le baciò la fronte «Non ti
succederà nulla, Merlyn, te lo prometto.» le disse usando
il solito tono dolce che dedicava solamente a lei.
La ragazza posò la testa contro il petto dell’uomo, rimanendo
leggermente delusa dal fatto che sentì solamente del freddo metallo e non il
calore della sua pelle.
Vennero interrotti dallo schiarirsi di gola di Morris, il
quale molto imbarazzato stava guardando in giro per la tenda, ma mai posò lo
sguardo sulla coppia, dando loro il tempo di ricomporsi.
«Oh, ciao Morris, hai bisogno di una mano con qualcosa?» gli
domandò la ragazza asciugandosi le lacrime con il palmo della mano.
«No, Merlyn, ma forse…» iniziò per
suggerirle che magari Miss Jody aveva qualcosa per lei da fare prima di pranzo.
«Potresti sederti con Mordred e Gwaine, guardare i preparativi ed assistere alla cerimonia
d’apertura.» le propose Arthur non volendo lasciarla andare via, sapere che Valiant era lì lo preoccupava perché ricordava perfettamente
come usava avvicinarsi a lei in maniera disgustosa, ora aveva una seconda
possibilità per rompergli il naso.
Merlyn sembrò incerta, non le
piaceva l’idea di stare con le mani in mano, ma non voleva nemmeno rischiare di
incontrare Valiant. Scosse la testa, doveva
assicurarsi che Valiant non infastidisse nessun
membro femminile dello staff.
«No, credo che andrò nelle cucine ad aiutare la cuoca con il
banchetto di questa sera.» rispose staccandosi completamente da Arthur,
ignorando la sua mano che cercò di raggiungerla nuovamente come per pregarla di
rimanere.
I tre uscirono dalla tenda e a Merlyn
si fermò il cuore quando vide Valiant parlare con Gwaine e Mordred.
«… smammare via.» stava intimando Gwaine
decisamente di cattivo umore, anche se il cavaliere non si ricordava di lui non
voleva dire che Gwaine avrebbe fatto finta di essere
gentile.
«Attento a come parli, plebeo.» rispose Valiant
facendo un passo avanti, la mano sul pomolo della spada in modo provocatorio. Mordred si nascose dietro le gambe dello zio, impaurito
dall’uomo vestito di giallo e dalla magia che proveniva dal suo scudo.
«Abbiamo un problema qui?» domandò Arthur mettendosi tra i
due, doveva essere quello a comportarsi in modo civile, era pur sempre un
principe.
Sir Valiant raddrizzò la schiena,
sorpreso di ritrovarsi davanti il Principe in persona, aveva visto un suo
ritratto a palazzo, altrimenti non avrebbe avuto la minima idea di chi fosse
«Principe Arthur, stavo chiedendo solamente cosa ci facesse un bambino qui e
quest’uomo mi ha aggredito verbalmente.» spiegò con tono superiore, come se
credesse che il principe sarebbe stato dalla sua parte.
Mordred andò dalla madre,
nascondendosi dietro le sue gambe, spostando l’attenzione di Valiant da Gwaine alla donna. Le
sorrise, leccandosi impercettibilmente le labbra, facendo passare nuovamente lo
sguardo sul suo corpo.
«Non sta bene ad una signora indossare i pantaloni.» le fece
notare senza aggiungere il suo vero pensiero, cioè che era più facile
approfittarsi di una dama se indossava una gonna.
«Non deve interessarle cosa indosso.»rispose la ragazza posando una mano sulla
testa del figlio, tranquillizzandolo.
«Tieni a freno la lingua, serva.» sibilò Valiant
facendo un passo verso di lei, pronto a darle uno schiaffo per insegnarle un
po’ di buona educazione. Avevano ragione quanto dicevano che le ragazze più
belle erano anche quelle più insubordinate e Valiant
conosceva solo un metodo per domarle.
Arthur lo bloccò, Morris alle sue spalle si mise davanti a Merlyn, pronto a prendersi uno schiaffo per difendere la
moglie del suo principe. Arthur sapeva che Morris era tante cose, ma non lo
aveva mai creduto coraggioso, e quasi lo invidiava in quanto passava più tempo
lui con Merlyn che il principe stesso.
«Non accettiamo questo tipo di comportamento qui.» lo ammonì
Arthur con tono duro «A Camelot rispettiamo i servitori e non li colpiamo,
soprattutto le dame.» sibilò dandogli una leggera spinta per farlo
indietreggiare.
Valiant strinse le labbra in una
linea sottile, non voleva mettersi il principe contro, non quando ancora
nemmeno era iniziato il torneo, quindi si limitò ad
inchinarsi e mormorare delle scuse.
Prima di andarsene lanciò un ultimo sguardo a Merlyn e tutti i presenti capirono che non prometteva nulla
di buono.
Merlyn improvvisamente trovò
l’opzione di rimanere con Arthur, Gwaine e Morris
molto più sicura.
⸸⸸⸸
Lady Morgana adorava la presenza di Merlyn
a palazzo, tutti sembravano essere diventati improvvisamente meno maleducati e
Uther sembrava perennemente sul punto dal perdere le staffe e scoppiare.
«Oggi abbiamo incontrato un cavaliere molto strano.» stava
raccontando Gwen mentre sistemava i fiori freschi in un vaso «Guardava Merlyn in modo strano, però.» commentò catturando
ulteriormente l’attenzione della Lady «Temo che la sua bellezza sia una
maledizione quando si parla di uomini.» sospirò sconsolata per l’amica, le era
dispiaciuto vederla correre via in quel modo, quasi spaventata dalle avances del
cavaliere.
«O semplicemente gli uomini sono disgustosi e non sanno cosa
sia un minimo di decenza e guardano le donne come carne.» sbuffò Morgana ben
sapendo di cosa stesse parlando. Odiava quando i nobili visitatori la fissavano
in quel modo disgustoso.
Gwen annuì pensando a quanto fosse fortunata ad avere un
vero gentleman come Lancelot a farle la corte.
«Dovremmo iniziare a prepararci per la cerimonia di
inaugurazione, my lady.» suggerì Gwen andando verso
l’armadio per prendere un vestito adatto per l’occasione.
Morgana annuì, desiderando poter partecipare a quello
stupido torneo.
⸸⸸⸸
Gaius venne a recuperare i suoi
ospiti per portarli alle tribune per poter vedere la cerimonia d’apertura,
obbligando Merlyn a seguirlo quando si era rifiutata
dichiarando che a Morris serviva compagnia.
La maga era stata fatta sedere vicino ad Uther in quanto
membro della famiglia reale – nonostante negasse ancora di appartenervi – e la
cosa la metteva molto a disagio. Non poteva usare la magia se era seduta vicino al Re e Mordred l’aveva
avvertita sullo scudo di Valiant.
I cavalieri entrarono nell’arena mettendosi in fila, Merlyn cercò di non pensare a quanto fosse virile
Arthur lì in mezzo, da sotto il mantello poteva vedere il fazzoletto legato al
braccio. Glielo aveva dato poco prima che Gaius
venisse a prenderla, dicendogli che nonostante fosse ancora arrabbiata gli dava
il suo favore, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto perdonarlo e avrebbe
potuto ricominciare a baciarlo ogni volta che voleva.
«Cavalieri» iniziò Uther alzandosi in piedi dal suo trono, Mordred accanto a lei si irrigidì, ancora spaventato dalla
voce del nonno che gli ricordava l’uccisione di Thomas Collins «è con grande
onore che vi do il benvenuto al torneo di Camelot. Nei prossimi tre giorni
metterete alla prova il vostro coraggio e la destrezza di guerrieri.» annunciò
guardando i vari cavalieri con un certo orgoglio «E, naturalmente, sfiderete il
campione in carica, mio figlio, il Principe Arthur.» disse guardando il figlio
posizionato in seconda fila. Quando era scomparso non aveva certamente tenuto dei stupidi tornei, quindi era ancora il campione in gara.
Merlyn notò Valiant
girarsi a guardarlo e suo marito ricambiare lo sguardo, sembravano due cani
randagi pronti a mordersi a vicenda.
«Solo uno può avere l’onore di essere coronato campione e
costui riceverà in premio mille monete d’oro.» Merlyn
strabuzzò gli occhi, mille monete d’oro per colpirsi con una spada? Dio, doveva
veramente imparare ed iscriversi ad un torneo, con quella somma di denaro
sarebbe riuscita a comprare della buona sfotta per cucire degli abiti invernali
per Mordred e sé stessa. Non che Arthur non si fosse
offerto di pagare per ogni loro necessità, ma Merlyn
non era un’amante dell’idea di passare per un’approfittatrice, le serve ancora
le parlavano male alle spalle e non voleva alimentare le loro chiacchiere.
«È in combattimento che si svela la vera natura di un
cavaliere. Se è realmente un guerriero o un codardo. Il torneo abbia inizio!»
dichiarò alzando un braccio in alto e i cavalieri si inchinarono prima di
andare verso l’esterno dell’arena. Merlyn guardò Valiant fissarla per un secondo per poi passare a sorridere
a Lady Morgana, l’uomo aveva veramente le idee chiare su che tipo di ragazze
gli piacesse.
La maga si appuntò di dover parlare con Morgana appena
finita la giornata, doveva avvertirla di che vile ed infima persona si
trattava.
«Madre, un giorno combatterò anch’io?» domandò il bambino
tirando la manica della tunica della donna per attirare la sua attenzione e
prima che Merlyn potesse rispondere ci pensò Uther.
«Ovviamente, Mordred, quando sarai
un cavaliere di Camelot potrai mostrare il tuo onore in combattimento.» disse
sorridendogli. Il re non aveva nulla contro il bambino, in quei due mesi non
gli aveva dato alcun fastidio ed il tutore gli aveva riferito che era sveglio e
apprendeva in fretta. Era pronto a riconoscerlo come figlio adottivo di Arthur,
ovviamente non come erede al trono nel caso i due avessero concepito un figlio
legittimo, ma Merlyn gli rendeva le cose complicate
continuando a rifiutarsi di sposare davanti la corte di Camelot suo figlio. Mai
nella vita Uther si sarebbe aspettato di dover sperare che una semplice
contadina si decidesse ad indossare l’anello che un tempo apparteneva a sua
moglie.
Mordred annuì, contento, voleva
essere come il padre e mostrare alla madre quanto fosse bravo sia con la magia
che con una spada.
Merlyn gli sorrise, non volendo
rovinargli l’umore, ed annuì. I due guardarono verso l’arena e videro Arthur
infilarsi l’elmo pronto ad affrontare il suo nuovo avversario. La maga
involontariamente creò una farfalla blu che nacque tra i rami di un albero lì
vicino e svolazzò davanti al principe.
Arthur guardò verso gli spalti e sorrise facendo arrossire
la moglie.
Merlyn odiava il fatto che la sua
magia creasse quelle piccole creature dando via quanto fosse innamorata di
Arthur, ma era incontrollabile e forse, sotto sotto, nemmeno le dispiaceva.
⸸⸸⸸
Merlyn stava morendo di noia e la
colpa era tutta di Uther e forse anche di Morgana. Era stata costretta ad
indossare un vestito che non andava bene al suo status sociale, troppo vistoso,
e stare in piedi immobile per lei era quasi impossibile. C’era una lunga fila
di cavalieri da salutare e Uther continuava a riferirsi a lei come Principessa Merlyn, moglie di Arthur. Non capiva veramente cosa ci
facesse lì, a quell’ora sarebbe potuta essere nelle stalle ad aiutare Parsifal
con Llamrei o con Gwaine a
raccogliere erbe per Gaius. Dopo il suo incidente due
mesi prima era stato decretato d’obbligo avere qualcuno che sapesse orientarsi
con lei quando usciva dalla città, per evitare che si cacciasse nei guai e Gwaine era l’unico disponibile.
Morgana stava amando l’attenzione e Gwen vicino a lei
sorrideva cordiale a tutti i cavalieri, inchinandosi quanto dovuto. Dopo il
quarto cavaliere invece Merlyn aveva già perso la
pazienza. Guardò Arthur, era dietro a quattro persone, mentre il prossimo era Valiant. Silenziosamente si allontanò, comunicando a Gwen
una certa sete. Non voleva che quel viscido potesse avere una scusa per
baciarle la mano, come avevano fatto tutti fino a quel momento.
«Vi ho visto combattere oggi. Avete uno stile molto
aggressivo.» lo stava lodando Uther mentre Merlyn
fingeva di essere interessata nel suo calice d’acqua gentilmente offerto da
Morris. Forse non si sarebbe reso conto della sua presenza se avesse continuato
a dargli le spalle, anche se era difficile considerando che in tutta la sala
c’erano solamente tre donne.
«Come dice il mio Signore: perdere è un disonore.» disse il
cavaliere facendo alzare gli occhi al cielo alla donna, era piuttosto sicura
che Cenred non avesse mai detto una cosa del genere.
Uther annuì «Sono pienamente d’accordo.» disse posandogli
una mano sulla spalla «Sir Valiant, posso presentarvi
Lady Morgana, la mia figliastra e…» si bloccò notando la mancanza di Merlyn, ma decise di non dargli peso, la ragazza aveva una
certa propensione per scomparire nei momenti meno opportuni.
Valiant si chinò a baciare la mano
di Morgana e Merlyn vide Arthur fare una faccia
disgustata, ovviamente non gli andava a genio che un viscido del genere stesse
toccando quella che per lui era una sorella e il principe ringraziò nel vedere
che Merlyn si era allontanata per bere.
Il modo in cui flirtarono fu disgustoso, Merlyn
si sentì in imbarazzo e si chiese se anche lei ed Arthur suonassero in quel
modo alle orecchie dei loro amici.
Ad un angolo della stanza Gaius e Mordred stavano parlando con Geoffrey, Merlyn
invidiava suo figlio, il quale non era stato obbligato a cambiarsi d’abito per
partecipare a quel ridicolo ricevimento.
Merlyn tornò al suo posto giusto
in tempo per il turno di Arthur, Valiant lontano e
con le spalle verso di loro.
«Arthur.» disse Uther in tono freddo.
«Padre.» rispose in egual misura il ragazzo.
«Sono tutti affascinati da Sir Valiant.»
lo stuzzicò Morgana ammiccando in direzione del cavaliere.
«Io no.» disse Merlyn arrossendo
subito dopo «E credo che il Re debba spendere qualche parola in più per suo
figlio. Ha complimentato Sir Valiant, potrebbe
dire qualcosa anche per Arthur.» aggiunse guardando di traverso il Re,
sfidandolo.
Uther si schiarì la gola, la ragazza riusciva a metterlo a
disagio «Arthur non ha bisogno di sentirsi dire che è stato bravo.» provò a
difendersi l’uomo.
«Non sono d’accordo.» rispose Merlyn
«Quindi toccherà a me farlo: Arthur sei stato veramente bravo lì fuori,
chiunque sarà il tuo avversario domani farà meglio a prepararsi per una
sconfitta.» disse adorando il modo in cui Arthur le sorrise, leggermente
imbarazzato, ma contento di avere il sostegno della moglie.
«Oh, Merlyn, così non c’è gusto,
dovresti farlo ingelosire almeno un po’.» le disse Morgana mentre Uther era già
passato al prossimo cavaliere.
La maga scosse la testa «Non credo sia giusto.» disse
spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio «E ora che ho salutato
l’unico cavaliere di cui veramente mi importava credo che andrò via.» aggiunse
facendosi sentire da Uther. Era rimasta anche fin troppo, non poteva
permettersi di rimanere a bighellonare. Con una lieve riverenza andò verso Mordred e Gaius per riprendersi
il figlio e sparire prima che Valiant potesse
vederla.
Arthur la guardò con occhi sognanti, sua moglie era
veramente la migliore di tutte.
⸸⸸⸸
Il giorno seguente alle prime luci dell’alba Merlyn si alzò di buon umore. Dopo il banchetto per
festeggiare l’inizio del torneo la maga si era ritrovata nuovamente a baciare
Arthur nascosti dietro ad una statua anche se non avevano bisogno di
nascondersi.
Il principe l’aveva riaccompagnata nelle sue stanze e aveva
augurato la buonanotte a Mordred.
Morris le aveva chiesto di dargli una mano, il torneo era
grande causa di stress per il povero servitore e la maga voleva aiutarlo. Gaius ancora non si era svegliato per preparare i tonici da
consegnare, quindi pensò di andare nelle camere del
Principe per vedere cosa poteva fare per aiutare il suo amico.
Quando entrò, senza bussare, vide Morris posare la colazione
sul tavolo e Arthur ancora mezzo addormentato seduto sul bordo del letto. A
petto nudo. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro ricordandosi che lì
nella stanza c’era un’altra persona.
«Buongiorno!» salutò andando a prendere istintivamente il
pettine dalla cassettiera. Suo marito aveva un nido di nodi in testa.
«Buongiorno Merlyn.» salutò Morris
sistemando i piatti sul tavolo e posando le posate su un fazzoletto di stoffa.
«Buongiorno.» rispose più di cattivo umore il biondo, per
niente una persona mattiniera, ma si lasciò sciogliere dal tocco della moglie
mentre gli sistemava i capelli e desiderò poter ricambiare il favore, ma la
donna era già pronta.
Stava indossando il suo abito celeste e bianco, Uther le
aveva ricordato che almeno per il torneo avrebbe dovuto vestirsi in modo
adeguato e Merlyn aveva accettato, stava comunque
lavorando di meno e poteva permetterselo. Aveva legato i capelli in due trecce,
decorate con qualche fiore di campo che Arthur le aveva regalato il giorno
prima.
«Mi manca svegliarmi con te.» mormorò il principe
circondandole la vita con le braccia, affondando il viso contro il ventre della
donna. Le mancava tremendamente, soprattutto ora che era lì insieme a lui e non
in un altro regno. Era sciocco pensare come la ragazza lo baciasse come minimo
una volta a settimana ma continuava a rifiutarsi di tornare insieme a lui in
maniera ufficiale, ma l’amava troppo e avrebbe accettato tutto.
«Come posso aiutarti, Morris?» domandò la maga ignorando la
parlantina da mezzo addormentato del marito. Sapeva che lo stava torturando,
baciandolo di tanto in tanto, ma non riusciva a resistergli, la sua magia le
urlava di riprendersi l’altra metà della stessa moneta e lei cedeva. Mancava
poco al suo punto di rottura e non sapeva se esserne felice o scontenta. Amava
Arthur e in verità lo aveva già perdonato da mesi, ma non poteva lasciarglielo
sapere.
«Potresti andare a prendere l’armatura dall’armeria? Tra
poco si sveglieranno anche gli altri servitori e sarà difficile entrare lì.» le
chiese ben sapendo di cosa stesse parlando. Durante l’ultimo torneo aveva
dovuto prendere a gomitate altri servitori per raggiungere l’armatura del
principe.
«Certo, nessun problema.» rispose staccando le braccia di
Arthur dal suo corpo, tranquilla ben sapendo che Morris non sarebbe andato in
giro a raccontare delle loro piccole effusioni.
Sentì Arthur lamentarsi ma lo ignorò, dovevano sbrigarsi se
volevano renderlo presentabile ed in tempo per l’inizio della seconda giornata.
Andò verso l’armeria, salutando Gwen incontrata lungo la via e Sir Leon che era
di guardia tra il cortile del palazzo e la città.
Entrò nell’armeria e andò verso il fondo della stanza,
Morris le aveva detto dove trovare l’armatura e voleva sbrigarsi. Stava giusto
raccogliendo le parti quando sentì un sibilio simile
a quello dei serpenti. Guardò a terra, temendo di venire morsa da quelle infide
bestie, ma sul pavimento non c’era nulla che strisciasse. Sentì nuovamente quel
rumore e decise di andare ad indagare.
Arrivò davanti allo scudo di Valiant,
i tre serpenti intricati tra loro era uguali al giorno prima, ma uno di loro
chiuse un occhio e Merlyn giurò di averlo visto. Mordred l’aveva avvisata che il cavaliere stava usando
della magia oscura.
Allungò una mano per poter toccare il disegno, ma una spada
le venne puntata al collo e fu costretta ad allontanarsi. Dall’altra parte
della lama c’era Valiant, ancora nei suoi abiti da
giorno, per niente pronto per il torneo. Con lui non c’era il suo servitore,
quindi i due erano da soli, nell’armeria, ad un orario poco consono e Merlyn sapeva che sarebbe successo qualcosa di spiacevole.
«Posso esserti d’aiuto, Miss?» domandò senza abbassare
l’arma, ma la maga vedeva già nello sguardo le sue intenzioni. Guardò verso la
porta, chiedendosi se sarebbe riuscita a scappare.
«No, non serve.» rispose sentendo la voce uscirle rauca e
leggermente tremante. Era la maga più potente a camminare su quella Terra e
aveva paura di un semplice cavaliere «Stavo solo radunando l’armatura del
principe.» spiegò facendo dei passi indietro verso il tavolo, la spada ancora
puntata verso di lei. Voleva mettere distanza tra loro, ma Valiant
le andò dietro, non credendo alle sue parole.
«Non mi piacciono le serve che non sanno tenere le mani al
loro posto.» le disse l’uomo ora abbassando la spada, ma facendosi più vicino,
intrappolando Merlyn tra il suo corpo ed il tavolo.
La maga provò ad allontanarsi, ma se anche solo avesse
provato a spostarsi maggiormente indietro sarebbe finita sdraiata sopra il
tavolo e quella non era una posizione in cui voleva essere.
«Nel mio Regno usiamo un modo molto pratico per disciplinare
le serve come te.» le disse prendendole il braccio in una morsa dolorosa. La
obbligò ad avvicinarsi a lui, Merlyn poteva sentire
il suo fiato sul collo.
«Le chiedo di lasciarmi andare se non vuole passare dei
guai.» rispose la ragazza ben sapendo di cosa stesse parlando. Aveva vissuto
abbastanza alla corte di Cenred per sapere di cosa
stesse parlando. Aveva dovuto medicare diverse volte le schiave dal collare di
bronzo dopo essere state trattare in modo animalesco dalle guardie dell’arena e
Valiant era il più aggressivo di tutti.
Chiuse gli occhi quando sentì l’erezione dell’uomo spingere
contro la sua coscia. Così vicini non poteva utilizzare la magia, Valiant avrebbe visto sicuramente i suoi occhi cambiare
colore.
«Non finché non avrò quello che voglio.» rispose il
cavaliere iniziando a tirare verso l’alto la stoffa della gonna. Merlyn cercò di spingerlo via usando entrambe le mani
contro le sue spalle, ma Valiant era indubbiamente
più forte di lei.
Le mani dell’uomo andarono a slacciare il corsetto, la gonna
del vestito ormai raggomitolata contro il ventre e Merlyn
provò a dargli un calcio tra le gambe, ma era praticamente immobilizzata.
Valiant le baciò il collo,
lasciando della saliva sulla sua pelle candida, le mani dell’uomo aprirono
ulteriormente il corsetto ed andarono a prenderle un seno nel palmo della mano,
stringendolo con forza. Lo sentì grugnire come un maiale e le prime lacrime
iniziarono a scendere dagli occhi della maga mentre gli chiedeva di lasciarla
andare.
Odiava quello che stava per fare, ma non aveva altre scelte:
avrebbe urlato come una dama in pericolo.
«Guardie!» una voce che non era la sua urlò «Guardie, venite
immediatamente!» Morgana era alla porta, uno sguardo furioso in volto.
Dietro di lei comparve Sir Leon insieme ad altre due
guardie, allarmati dalle urla della figliastra del Re.
Valiant rimase immobile, le mani
ancora sul seno della serva. Merlyn deglutì a vuoto
cercando di non incontrare lo sguardo minaccioso dell’uomo.
Il cavaliere si sistemò il cavallo dei pantaloni, cercando
di darsi un contegno, non voleva che Lady Morgana vedesse la sua eccitazione.
Si girò sorridendo in modo cordiale, ancora troppo vicino a Merlyn
per il gusto di tutti i presenti.
«Cosa succede qui?» domandò Sir Leon estraendo la sua spada,
pronto a combattere il cavaliere che aveva osato mettere le mani sulla
principessa.
«Una serva stava ficcanasando tra la mia roba, la stavo
solamente punendo secondo i costumi del mio Regno.» provò a giustificarsi
creando una smorfia disgustata sulla bocca di tutti i presenti.
Morgana entrò nell’armeria e con poca grazia spinse via Valiant per raggiungere Merlyn.
L’aiutò a riallacciare il corsetto, posandole una mano sulla spalla per darle
conforto «A Camelot non accettiamo questo tipo di comportamento.» disse la
donna in tono velenoso «Soprattutto quando la vittima è la moglie del Principe
Arthur.» aggiunse vedendo Valiant impallidire.
«No, non è possibile.» disse guardando gli altri cavalieri
«Guardatela, è vestita come una serva!» urlò in sostegno del suo caso, ma Leon
lo stava già afferrando per un braccio.
Merlyn si lasciò abbracciare da
Morgana, nascondendo il viso contro il suo petto, mentre sentiva Valiant urlare oscenerie contro
le tre guardie.
Chiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente stremata, ma
sapeva di non poter lasciarsi completamente andare tra le braccia dell’amica.
Doveva portare l’armatura ad Arthur e far finta di nulla.
«Vieni, Merlyn, ti accompagno
nelle tue stanze.» la invitò Morgana prendendola sottobraccio, attenta che non
cadesse a terra, poteva vedere le sue gambe tremare.
La maga guardò l’armatura sul tavolo «Devo portarla ad
Arthur, il torneo sta per ricominciare.» le disse mentre cercava di eliminare
la sensazione delle mani di Valiant su di lei.
«Oh, Merlyn, non credo che oggi
competeranno.» rispose la Lady guardandola dolcemente «Sir Leon sta convocando
il Re e la Corte per decidere cosa fare di Valiant in
quanto ha appena cercato di abusare di un membro della famiglia reale.» le
spiegò facendo impallidire ancora di più la maga.
«No, non voglio che Arthur lo sappia!» disse ricordandosi
l’ultima volta che i due avevano avuto uno scontro, questa volta era certa che
suo marito non si sarebbe trattenuto e aveva una spada, al contrario dai tempi
dell’arena.
Morgana la guardò tristemente «Ti accompagno nelle tue
stanze.» ripeté non sapendo cosa dirle. Era inevitabile che Arthur lo venisse a
sapere, l’unica cosa che la Lady poteva fare era assicurarsi che arrivasse sana
e salva a casa e che non dovesse assistere al processo.
Merlyn annuì, lasciandosi
accompagnare lungo il cortile, per i corridoi e poi su per le scale della
torre; intorno a loro il caos totale per la convocazione urgente della Corte.
Quando entrarono nelle stanze di Gaius erano già
vuote, sicuramente erano andati a vedere cosa fosse quel gran trambusto.
Morgana la fece sdraiare a letto e prese uno sgabello per
sedersi vicino a lei, la schiena appoggiata contro il muro «Dormi, Merlyn, rimarrò con te tutto il tempo.» le disse
prendendole la mano.
Era stata fortunata, Lady Morgana era andata nell’armeria
dopo che Gwen le aveva detto di averla vista passare. Voleva parlarle per
cercare di convincerla a prendersi gioco un po’ di Arthur, per farlo ingelosire
in quanto adorava vedere il Principe perdere le staffe, ma mai si sarebbe
aspettata di vederla tra le mani di un bruto. Lo stesso bruto che la sera prima
aveva flirtato con lei e Morgana aveva pure pensato di donargli il suo favore!
Non le lasciò la mano nemmeno quando si addormentò.
Arthur era furioso, quando Morris era entrato correndo nelle
sue stanze per dirgli che il Re aveva convocato un’udienza con tutta la Corte
ed i cavalieri partecipanti al torneo non si sarebbe mai aspettato di vedere
Valiant in ginocchio al centro della sala con lo sguardo rivolto verso il
basso.
Guardò verso Gaius e lo vide insieme a Lancelot, Gwaine,
Parsifal e un ancora mezzo addormentato Mordred, l’unica a mancare era Merlyn.
Guardò per tutta la sala, ma non la trovò, un’altra persona di cui notò
l’assenza fu Morgana. Gwen era lì, ma della Lady non c’era l’ombra.
Uther lo chiamò con un gesto della mano, chiedendogli di
avvicinarsi «Arthur, ti chiedo di mantenere contegno durante l’udienza e di non
fare gesti avventati.» disse l’uomo ben sapendo che da lì a pochi secondi il
figlio avrebbe perso le staffe e per una buona ragione.
Il principe annuì e riprese posto accanto al trono, in
piedi, mentre guardava con astio Valiant. Si chiese cosa diamine avesse
combinato per finire in quella situazione, ma in parte ne era grato, Mordred lo
aveva avvertito che era pericoloso e che lo scudo emanava magia nera. Se fosse
stato fortunato suo padre lo avrebbe condannato a morte.
«Cittadini di Camelot, siamo qui riuniti per dare giudizio a
Sir Valiant, accusato di aver provato ad abusare di un membro della famiglia
reale.» annunciò Uther alzandosi in piedi a sua volta.
Arthur fece scattare la testa verso il padre ed
improvvisamente capì l’assenza di Morgana nella stanza. Era ovvio che quel
viscido avrebbe provato a metterle le mani addosso! Desiderò poterlo trafiggere
con la sua spada e vedere nei suoi occhi la vita abbandonarlo.
«Questa mattina, alle prime luci dell’alba, è stato sorpreso
mentre cercava di imporsi con la forza sulla principessa Merlyn…» il re venne
sommerso dalle voci della Corte, la ragazza poteva essere leggermente sgarbata
e fuori dal comune, ma in qualche modo in quei due mesi era riuscita a
conquistare buona parte della Corte e dei cavalieri con la sua gentilezza e
modi di fare. Uther guardò con la coda dell’occhio il figlio perdere colore e
stringere i pugni, per un attimo temette di doverlo fermare dallo scendere i
pochi gradini che lo separavano da Valiant.
Arthur era furibondo! Guardò Parsifal prendere Mordred tra
le braccia e portarlo fuori dalla Sala e gliene fu grato, non era sicuro di
volere suo figlio presente quando avrebbe ucciso quel porco di Valiant.
«… e Lady Morgana ha prontamente allertato le guardie prima
che potesse compiere un gesto immondo.» rassicurò la Corte, non ci sarebbero
stati possibili bastardi, Valiant non era riuscito nel suo intento.
«Come vi dichiarate, Sir Valiant?» chiese il Re al
cavaliere.
«Innocente.» dichiarò l’uomo con una faccia tosta senza
eguali «La ragazza era vestita come una serva e stava ficcanasando tra la mia
roba, mi sembrava giusto punirla.» si difese alzando finalmente lo sguardo,
mostrando ad Arthur un vistoso occhio nero e un labbro spaccato. Non c’erano
dubbi che qualcuno avesse avuto già modo di dare una lezione al cavaliere, ma
non sembrava essere funzionata se quello che sentiva stava veramente uscendo
dalla bocca di Valiant.
Uther assottigliò lo sguardo, chiedendosi come un
combattente così bravo potesse anche essere un totale idiota «Quindi se non
fosse stata la principessa Merlyn la sua vittima credi che l’avresti passata
liscia?» domandò sentendo il sangue ribollire nelle vene. Tutti lo
consideravano un uomo senza cuore per quanta facilità condannava la gente al
rogo, ma c’era una bella differenza tra l’uso della magia e quel crimine carnale.
Uther rispettava in qualche modo Merlyn e sapere che le era accaduta una cosa
del genere mentre era ospite a casa sua gli faceva rabbia.
«A nessuno interessa di una serva.» grugnì l’uomo guardando
Arthur negli occhi, come a volerlo provocare.
Il principe guardò il padre come ad avvertirlo che la sua
pazienza era al limite e Uther lo comprese. Fosse successa una cosa del genere a
Ygraine l’uomo sarebbe già esanime a terra.
Alzò una mano per porre fine al chiacchiericcio «Valiant, io
ti condanno a morte. Domani mattina, alle prime luci dell’alba la tua testa
verrà recisa dal tuo corpo tramite il colpo di un’ascia.» declarò ricevendo
versi d’approvazione dai presenti «Sir Leon, puoi portarlo nella sua cella.»
diede un segnale al cavaliere con la mano e l’uomo obbedì immediatamente.
Sir Leon non era tipicamente un uomo violento, ma non era
riuscito a trattenersi dallo sferrare un pugno al detenuto prima di portarlo
davanti al Re. Sicuramente una volta chiuso nella cella avrebbe dato il via
libera a chiunque avesse voluto dire la sua al cavaliere, sicuro che anche il
principe avrebbe colto l’occasione per vendicare la donna amata.
«Il torneo riprenderà domani dopo l’esecuzione.» annunciò
come ultima cosa il Re prima di andarsene e ritirarsi nelle sue stanze.
Arthur non c’era più quando si girò per salutarlo.
⸸⸸⸸
Morgana non era solita rimanere seduta a far nulla, per di
più in silenzio; perciò, quando sentì la mano di Merlyn scivolare dalla sua
uscì dalla stanza per attendere l’imminente arrivo di Arthur.
L’udienza non sarebbe dovuta durare molto, Valiant era
colpevole e per di più era stato colto nell’atto, non c’erano dubbi che Uther
lo avrebbe condannato a morte.
I primi ad arrivare furono Parsifal e Mordred, il bambino
era ancora mezzo addormentato, ma quando vide Morgana sembrò rallegrarsi. Scese
dalle braccia dell’uomo e andò a sedersi vicino alla Lady «Come mai sei qui?»
le domandò posando il mento contro il braccio della donna, guardandola curioso
con i suoi grandi occhi azzurri.
«Stavo facendo compagnia a tua madre, si è appena
addormentata quindi dovremmo fare piano.» gli rispose posandosi l’indice
davanti alle labbra come ad intimargli di fare silenzio.
Mordred si coprì la bocca con le mani ed annuì, non voleva
disturbare la madre, sapeva quanto fosse stanca, sempre a correre e svolgere
mansioni. Qualche volta gli mancava la vita ad Ealdor, quando Emrys aveva più
tempo per stare con lui, ma a Camelot c’era anche suo padre e gli piaceva
imparare nuovi incantesimi con Gaius.
«Come sta?» chiese Parsifal a voce bassa e Morgana si
sorprendeva ogni volta nel sentire la voce gentile di quell’uomo gigante.
«Un po’ scossa, ma sono sicura si riprenderà.» rispose
mordendosi l’interno della guancia. Era stato piuttosto spaventoso, visto da
fuori, e Morgana poteva solo immaginare come poteva essere viverlo in prima
persona.
«Dormite tutti in quella stanza?» chiese la Lady inarcando
un sopracciglio, credeva che ormai i ragazzi potessero permettersi una piccola
casa nella parte bassa della città.
Parsifal annuì «Finché Gwaine non trova un lavoro non
possiamo veramente permetterci molto, in più aiutiamo Merlyn con Mordred e
stando tutti insieme è più facile.» spiegò mentre il bambino iniziò a giocare
con i capelli della donna, gli ricordavano quelli della madre, ma più morbidi.
La porta si aprì nuovamente e la stanza improvvisamente si
fece più piccola. Morgana doveva veramente aiutarli a trovare una nuova
sistemazione, era impossibile per loro stare tutti lì dentro.
Gaius si sedette davanti a Morgana, uno sguardo preoccupato
in volto, mentre Lancelot e Gwaine si appoggiarono contro la parete, le braccia
incrociate al petto ed entrambi di pessimo umore. Arthur sembrò passare con la
stessa velocità di un cavallo al galoppo, Morgana lo vide per un secondo prima
che entrasse nella stanza di Merlyn e si chiudesse la porta alle spalle.
«Sentenza?» domandò la Lady volendo sapere cosa avesse
deciso il Re, coprì le orecchie a Mordred, non voleva che il bambino sentisse
di quelle brutte cose.
«Condannato a morte, domani mattina all’alba.» rispose
Gwaine facendo spazio a Morris e Gwen, i due erano arrivati insieme, decidendo
che i loro padroni potevano aver bisogno di loro, anche se Morris dubitava
avrebbe rivisto Arthur molto presto.
Morgana annuì, solitamente era contraria a quel genere di
sentenze, ma Valiant la meritava tutta. Poteva essere chiunque nell’armeria
quella mattina, le si strinse il cuore al pensiero che al posto di Merlyn
sarebbe potuta esserci la sua cara Gwen.
La Lady si alzò, sentendosi improvvisamente di troppo «Bene,
penso che tornerò nelle mie stanze.» disse salutando Mordred con una carezza
sulla testa. «E credo che voi dobbiate andare a
lavoro.» disse ai due uomini che erano sicuramente già in ritardo.
Lancelot e Parsifal annuirono e salutarono a loro volta.
Certamente non potevano fare molto e Arthur era con Merlyn, quindi non avevano
nulla da fare.
Parsifal richiamò l’attenzione di Gwaine toccandogli la
spalla «Vuoi venire con me?» gli chiese ben sapendo che lasciarlo lì non era
una buona idea «Possiamo portare Mordred e fargli fare un giro su un pony.»
propose sorridendogli, non voleva lasciarlo da solo, sapeva quanto l’uomo
tenesse a Merlyn e non voleva che prendesse decisioni avventate e finisse in
carcere con Valiant.
Gaius si alzò a sua volta, prendendo la borsa pronta per le
consegne «Io dovrò fare il giro di Merlyn. Non cacciatevi nei guai.» salutò
andando via.
Gwaine lasciò andare un profondo respiro per calmarsi ed
annuì, voleva stare con Parsifal e Mordred, solo Dio sapeva cosa avrebbe
combinato rimanendo da solo.
«Andiamo, campione, oggi imparerai a cavalcare.» incitò il
bambino che era totalmente ignaro di quello che stava accadendo. Aveva sentito
la paura di Emrys quella mattina, svegliandosi, ma la donna la sera prima gli
aveva detto di non preoccuparsi, che qualche volta le capitava di sentire delle
forti emozioni ma non voleva dire che era in pericolo, quindi
non ci aveva dato molto peso. Prese la mano di Gwaine e lo seguì fuori dalle
stanze di Gaius, non vedeva l’ora di salire sopra un pony.
Morris rimase da solo all’interno della stanza e si guardò
intorno, Arthur molto probabilmente non sarebbe uscito per delle ore, quindi prese la scopa dall’angolo della stanza ed
iniziò a spazzare.
⸸⸸⸸
Merlyn si svegliò con un forte dolore alla testa, come se
avesse preso una botta con una spranga di ferro. Si portò le mani sulla fronte,
imprecando a bassa voce. Aprì un occhio e vide che fuori dalla finestra era già
buio e si spaventò, alzandosi a sedere e pentendosene subito dopo.
«Hey, fai piano.» la voce di Arthur sembrò alleggerire il
suo mal di testa, le sue mani la guidarono a sdraiarsi nuovamente.
«Ho dormito tutto il giorno?» chiese passandosi una mano sul
volto, per essersi appena svegliata si sentiva stremata, come se avesse corso
per tutta Camelot. Poi si ricordò, il cuore le salì in gola e portò le mani al
petto, dove Valiant l’aveva afferrata con prepotenza mentre le baciava il
collo.
I mobili intorno a loro iniziarono a tremare e Arthur guardò
spaventato la porta. Lì fuori c’era Morris e non aveva intenzione di fargli
sapere dei poteri della moglie.
«Va tutto bene, Merlyn, non potrà mai più farti del male.»
la rassicurò prendendole la mano, cercando di calmarla.
«Mi odi?» domandò invece la ragazza guardandolo negli occhi
attraverso le lacrime. Non c’erano dubbi che ora l’avrebbe odiata, aveva
lasciato che Valiant la toccasse in quel modo intimo che doveva essere
riservato solamente a lui.
Arthur corrugò la fronte «Cosa? No, Merlyn, non potrei mai
odiarti!» le disse prendendole il viso tra le mani, asciugando le lacrime con i
polpastrelli dei pollici. Voleva baciarla, ma sapeva che quello non era il
momento adatto.
La maga si lasciò scappare un singhiozzo, il petto le tremò
scosso dalle lacrime «Ma Valiant…» provò a dire, ma Arthur le posò un dito
contro le labbra e tipicamente avrebbe provato a morderglielo, ma in quel
momento era quasi grata che non dovesse finire quella frase.
«Merlyn, niente di tutto questo è colpa tua, va bene?» la
rassicurò sedendosi vicino a lei sul piccolo letto che non doveva essere
affatto comodo per due persone «Né per quello che ti ha fatto Valiant né per
quello che hai dovuto subire a causa di Ranful.» le disse lasciando che posasse
la testa contro il suo petto, la sentì irrigidirsi sotto il suo tocco al nome
del ragazzo che l’aveva tormentata per tutta la vita «La colpa è solo mia
per non essere stato in grado di difenderti.» ora stava piangendo anche lui, il
cuore che soffriva per aver lasciato che quelle cose orribili accadessero a sua
moglie «Puoi perdonarmi?» le domandò stringendosi ancora di più nell’abbraccio.
Doveva sentirglielo dire, doveva sapere che Merlyn lo perdonava per non averla
protetta come meritava.
La maga annuì contro il suo petto «Non è colpa tua Arthur.»
gli disse stringendo nei pugni il materiale della tunica dell’uomo «Non è colpa
di nessuno se nel mondo ci sono persone orribili come Ranful e Valiant.»
aggiunse in un sussurro.
I due amanti rimasero abbracciati, ne avevano entrambi
bisogno.
⸸⸸⸸
Il giorno successivo Merlyn fece finta di nulla, alzandosi
presto per prepararsi alla sua giornata. Arthur alla fine si era dovuto
ritirare nelle sue stanze, lasciando che Mordred e i tre uomini potessero
andare a dormire.
Indossò il suo vestito verde, il corsetto marrone legato con
doppio nodo, ai piedi i suoi stivali, preferiti alle scarpe eleganti che le
aveva donato Morgana per gli eventi del torneo. Uscì dalla stanza senza far
rumore, lasciando i suoi compagni di stanza dormire fino al sorgere del Sole.
Gaius era già in piedi, come se la stesse aspettando. La
invitò a sedersi vicino a lui, sulle gambe teneva un grande libro che doveva
essere molto vecchio dallo stato giallognolo delle pagine.
«Credo che tu abbia bisogno di questo libro, è l’unico che
sono riuscito a salvare dalla Grande Epurazione.» le disse passandole il libro
«Ci sono incantesimi che ti aiuteranno in situazioni di pericolo e altro che
potrà aiutarti nel tuo Destino.» le sorrise posandole una mano sulla
spalla, stringendo appena.
Merlyn sfogliò meravigliata il libro, non poteva credere di
avere tutto quel sapere tra le mani, nemmeno Balinor aveva un grimorio «Grazie,
Gaius, lo terrò al sicuro e imparerò ogni singolo incantesimo.» promise con la
stessa emozione di una bambina, gli eventi della giornata prima spinti in un
angolo remoto della sua memoria.
Il medico le sorrise, contento di vederla così felice. Le
preparò una colazione ricca, coinvolgendola in più chiacchiere, tutto per
tenerla lontana da quello che stava accadendo proprio fuori dalle mura. Arthur
gli aveva chiesto gentilmente di non permettere a Merlyn di assistere.
Mentre Merlyn rideva ad una storia di Gaius su Lady
Percival, Arthur accese il fuoco per eliminare per sempre dall’esistenza il
corpo privo di testa di Valiant, la testa stessa e gli oggetti personali del
cavaliere. Il principe vide i serpenti sullo scudo di Valiant battere più volte
l’occhio, imprigionati e destinati a morire.
⸸⸸⸸
Uther invitò Merlyn a sedersi al suo fianco, Mordred si era
seduto tra Morgana e Gwen. La salutò cordialmente, chiedendole come stesse, ma
non perdendo troppo tempo.
La ragazza era quasi grata che nessuno le stesse dando
fastidio su quanto accaduto il giorno prima, sembrava esserci un comune accordo
tra tutti di non nominare il cavaliere e l’esecuzione di quella mattina.
Sir Leon era stato incaricato di accompagnarla ovunque
durante la durata del torneo, non volendo rischiare che un altro cavaliere si
sentisse particolarmente coraggioso da tentare una bravata del genere. A Merlyn
non dispiaceva la compagnia dell’uomo, ma non la lasciava sola un attimo e la
donna aveva veramente bisogno dei suoi spazi, soprattutto per praticare la
magia.
Uther aveva messo Sir Leon al servizio della nuora sapendo
di affidarla in buone mani e sapeva che Arthur si fidava ciecamente dell’uomo, quindi era la persona adatta al compito.
Guardarono i vari incontri applaudendo quando consono e
Merlyn sorrise al marito quando venne annunciata la sua vittoria, destinandolo
allo scontro finale del giorno dopo contro Sir Ewan.
Mordred e Merlyn andarono alla tenda dell’uomo per
congratularsi, Leon a pochi passi da loro che chiacchierava con Gwaine.
Morris stava togliendo l’armatura all’uomo, in completo
silenzio, entrambi provati dalla lunga giornata. La maga sapeva esattamente
quello che Gaius aveva fatto quel mattino ed in parte gliene era grata, vedere
un’altra esecuzione e sapere che era per colpa sua non l’avrebbe aiutata. Non
credeva fosse necessario ucciderlo, se fosse stata lei a decidere lo avrebbe
condannato ad una vita nelle celle di Camelot e quando aveva espresso la sua
idea a Morgana, la Lady le aveva detto che gli uomini come Valiant meritavano la
morte e che non doveva sentirsi in colpa.
«Abbiamo forse davanti il prossimo vincitore del torneo?»
chiese Merlyn guardando Mordred, il quale annuì, suo padre sapeva combattere
veramente bene e non c’erano dubbi che avrebbe vinto!
«Non è ancora detto, Sir Ewan è un abile spadaccino.» provò
a fingere modestia, sapeva benissimo di avere la vittoria in pugno.
Merlyn alzò gli occhi al cielo, vedendo l’ego del marito
gonfiarsi oltre ogni misura e prese il posto di Morris nello sfilargli la cotta
di maglia «Sono sicura che Morgana amerà essere la tua accompagnatrice per il
banchetto.» gli disse ben sapendo che il vincitore avrebbe avuto l’onore
di accompagnare Lady Morgana alla festa.
Arthur inarcò un sopracciglio «Nel caso dovessi vincere»
iniziò facendo ridere la donna, sicura della sua vittoria «vorresti farmi
l’onore di essere la mia dama per la serata?» le domandò perché non aveva per
niente voglia di passare una serata con Morgana quando aveva sua moglie lì.
La maga gli posò una mano sul petto, come a mettere distanza
«Anche se volessi non ho un abito adatto.» rifiutò gentilmente. L’abito che
aveva usato durante la prima serata del torneo era stato polverizzato da un
piccolo incidente nelle sue stanze, aveva provato a togliere una macchia con un
incantesimo e aveva sbagliato solamente una lettera portando ad un disastroso
risultato.
«Capisco.» disse facendo scoccare la lingua contro il
palato, un piano già in mente. Arthur sarebbe andato o con Merlyn o da solo.
⸸⸸⸸
Gwaine non era solito raccontare la sua storia, preferiva
tenere nascosto il suo passato per ben ovvi motivi, ma in quel caso sembrava
l’occasione di sfruttare il suo albero genealogico, era una buona causa.
Bussò alle stanze di Arthur verso sera, sapendo che Morris
era appena andato via per portare nelle cucine i piatti della cena.
«Avanti.» la voce di Arthur era stanca, ma non scortese.
Gwaine entrò nelle stanze e senza troppi convenevoli si sedé
a tavola e rubando una mela dalla cesta di frutta disse semplicemente «Voglio
diventare un cavaliere di Camelot.».
Arthur lo guardò stupito, per mesi aveva cercato di fargli
trovare un lavoro e ora se ne usciva con questa richiesta «Solo un nobile può
diventare un cavaliere.» recitò la prima regola dei cavalieri di Camelot, ma
sapeva che non era giusta. I suoi amici sarebbero stati degli ottimi cavalieri,
forse un giorno, quando suo padre sarebbe morto…
«Allora è una fortuna che lo sono.» rispose l’uomo tirando
dalla tasca della giacca un foglio. Arthur lo prese confuso, aspettandosi
qualche volgarità, ma invece tra le mani teneva il sigillo della casata dei
Green, famiglia nobiliare del regno di Gwynedd.
«Non posso credere che tu sia un nobile.» mormorò più a sé
stesso che all’amico. Non credeva fosse un falso, anche perché non poteva
averlo preparato in così poco tempo non sapendo nemmeno della regola.
Gwaine posò i piedi sul tavolo «Non mi piace considerarmi
tale.» rispose addentando la mela «Ma per proteggere Merlyn e tutte le
cittadine di Camelot sono disposto ad uscire allo scoperto.» spiegò rivelando
le sue vere intenzioni.
L’uomo aveva parlato con Merlyn, ovviamente, e capiva quanto
la perenne presenza di Leon potesse essere d’intralcio con i suoi studi di
magia in aggiunta alla paura che Mordred potesse fare qualche incantesimo
involontariamente ed essere scoperto. Gwaine era arrivato alla conclusione che
Sir Leon non poteva essere la guardia prefissata alla ragazza per ogni evento
con numerosi sconosciuti, quindi doveva essere lui per
una volta in vita sua a fare un sacrificio.
«Ne parlerò con mio padre domani, ma non credo ci saranno
problemi.» disse il principe ancora incredulo alla notizia. Gwaine non aveva
mai dato l’impressione di essere cresciuto tra la nobiltà. Il modo in cui
parlava, in cui si poneva, gli aveva sempre dato l’idea di un contadino che
aveva imparato ad usare una spada e che si credeva un gran mangiatore di donne.
Gwaine si alzò offrendogli una mano da stringere «Grazie,
Arthur.» disse sinceramente grato al principe.
«No, grazie a te, Gwaine.» rispose il biondo, perché non
c’era forse uomo di cui poteva fidarsi di più per prendersi cura di sua moglie
quando non poteva usare la magia e lui non era presente.
I due uomini si separarono con una promessa nel cuore:
Merlyn non avrebbe mai più subito una cosa del genere.
⸸⸸⸸
Morris saltò dalla gioia quando vide Sir Ewan cadere a
terra, decretando la fine del combattimento. Vicino a lui Merlyn fece lo
stesso, urlando a gran voce il nome del marito, dietro di loro un imbarazzato
Sir Leon cercò di far abbassare loro la voce.
Uther scese dalla sua posizione e consegnò il premio in
denaro al figlio, urlando orgoglioso il nome del vincitore. Arthur alzò la
spada verso il cielo, godendosi gli applausi e le urla estasiate per la sua
vincita.
Uscì dall’arena venendo immediatamente investito
dall’abbraccio della moglie «Non avevo dubbi!» gli urlò praticamente
nell’orecchio mentre lo costringeva a piegarsi per farsi abbracciare, la
differenza d’altezza era quasi comica agli occhi degli spettatori.
Arthur ricambiò l’abbraccio, un sorriso dipinto in volto
orgoglioso della sua vittoria e della felicità della moglie. Merlyn sembrava
stare bene, non aveva nemmeno più accennato all’episodio con Valiant, e Gaius
gli aveva detto che poteva essere un buon segno come un cattivo segno, solo il
tempo avrebbe detto loro come la ragazza avrebbe processato il trauma.
«Lascialo respirare!» urlò Parsifal arrivando con tutto il
loro gruppo di amici. Lancelot stava tenendo la mano di Gwen, tra i capelli la
fanciulla aveva un fiore viola che le era stato donato dal suo corteggiatore.
Morgana teneva la mano di Mordred e discuteva con Gwaine su come fosse ingiusto
che le donne non potessero partecipare.
Merlyn si staccò arrossendo, ma rimase vicino all’uomo,
poteva sentire il calore del suo corpo appena dietro di lei «Non lo stavo
soffocando!» si difese mettendo le mani sui fianchi.
«Avrei giurato di aver visto il principe diventare viola per
la mancanza d’aria.» si aggiunse Gaius adorando prendersi gioco della nipote.
Merlyn si imbronciò, ma non rispose alle provocazioni, era
semplicemente contenta che Arthur avesse vinto.
«Ora andiamo, non c’è tempo per bighellonare, dobbiamo dare
un’occhiata alla spalla di Sir Ewan.» Giaus rapì letteralmente la ragazza per
portarla nella tenda dove il cavaliere stava già aspettando il medico di corte
per essere curato. Arthur non c’era andato leggero, senza ombra di dubbio, ma
nemmeno aveva usato una violenza eccessiva come aveva fatto Valiant il primo
giorno.
Mordred tirò il mantello del padre e gli mostrò il pollice
in su, segnale che voleva dire solamente una cosa: il suo regalo era stato
recapitato.
⸸⸸⸸
Morgana e Gwen sentirono bussare alla porta e senza nemmeno
girarsi sapevano esattamente di chi si trattasse.
Arthur la sera precedente aveva chiesto alla donna più
grande se avesse un vestito che non le andasse più da poter donare a Merlyn in
quanto non c’era il tempo materiale per fargliene confezionare uno dalla sarta
di corte. La donna aveva riso, dicendogli che era uno sciocco se pensava fosse
una buona idea regalare un abito usato. Gwen si era offerta di passare la notte
a cucirne uno, così che potesse essere pronto entro la fine del torneo. La
serva era stata poi incaricata di consegnare l’abito a Mordred e Morgana, i
quali lo avrebbero portato nella stanza di Merlyn.
«Avanti.» invitò seduta davanti allo specchio mentre Gwen le
sistemava i capelli.
Merlyn entrò nella stanza, tra le mani teneva una scatola e
sembrava leggermente a disagio «Vi disturbo?» domandò notando come la Lady si
stesse preparando per il grande evento.
«Certo che no, Merlyn.» rispose Morgana guardandola dal
riflesso dello specchio «Hai bisogno di qualcosa?» chiese cordialmente guardando
Gwen cercare di nascondere un sorriso.
«Credo che Arthur mi abbia regalato un vestito.» iniziò la
maga posando la scatola sul letto della Lady, aprendo il coperchio per rivelare
un favoloso abito rosso. Morgana guardò stupita il vestito e poi Gwen, non
aveva mai visto nulla di così semplice ma allo stesso tempo elegante «Ma non credo
sia adeguato presentarmi alla festa indossando questo, sembra cucito per essere
indossato da una principessa.» spiegò in cerca d’aiuto. Non voleva offendere
Arthur, ma non voleva nemmeno dare l’impressione che stesse accettando un ruolo
sociale che non era il suo.
«Merlyn, tu sei una principessa.» le ricordò divertita Gwen.
Adorava la ragazza, ma proprio non riusciva a capirla. Lei ed Arthur si amavano
alla follia e avevano anche la fortuna di non avere Uther contro. Cioè, il Re
non era proprio felice dell’unione, ma non aveva provato ad assassinarla, cosa
che Gwen sapeva non sarebbe successa nel suo caso.
«Gwen ha ragione.» concordò Morgana tirando fuori il vestito
per vederlo meglio. Era semplicemente favoloso ed in più era dei colori della
famiglia Pendragon.
Merlyn non sembrò convinta, poteva già sentire le altre
serve sparlarle dietro, continuava a definirsi una di loro, ma alla fine dei
conti per loro lei sarebbe sempre e solo stata la moglie del principe.
«Puoi prepararti qui, se vuoi, sono sicura che Gwen potrà
darti una mano.» le propose Morgana notando la particolare allacciatura sul
retro del vestito, praticamente impossibile da legare da sola e dubitava che Mordred
ne sarebbe stato capace.
«Certo! Ho già in testa un’idea per i capelli.» esclamò
contenta la donna, Merlyn non le aveva mai permesso di sistemarle i lunghissimi
capelli e Gwen moriva dalla voglia di farglieli, aveva molto potenziale
e lei lo avrebbe sfruttato tutto.
La maga non fece nemmeno in tempo a rispondere che venne
guidata dietro al separé. Si tolse il vestito verde rimanendo con la sottoveste
e chiese a Gwen di passarle l’abito.
«Dovresti togliere anche quella, veramente.» le disse la
serva mostrando la scollatura sulla schiena del vestito. Non era inusuale
indossare un abito senza la sottoveste, le Lady lo facevano di continuo quando
indossavano abiti rivelanti e Merlyn non ne indossava una quando portava i
pantaloni in quanto poco pratico.
Una volta vestita la ragazza venne fatta sedere davanti allo
specchio e mentre Gwen iniziò a pettinarle i capelli Morgana pensò bene di
prenderle il viso per truccarlo. Merlyn non aveva mai messo in vita sua del
trucco, non che potesse permetterselo, e per un attimo temette di sembrare
ridicola.
La Lady colorò le labbra dell’amica con la radice di noce e
le pizzicò le guance per renderle rosse. Da delle terre lontane aveva ricevuto
in dono una polvere che prendeva il nome di kohl, usata grazie ad un
bastoncino di feltro Morgana disegnò una linea sopra le ciglia di Merlyn donandole
profondità allo sguardo.
Quando il Sole scomparì completamente dall’orizzonte le tre
donne uscirono dalle stanze di Morgana per dirigersi alla festa. Merlyn non si
sentiva completamente a suo agio, ma il riflesso nello specchio le era
piaciuto, anche se le ricordava vagamente i suoi momenti con Alice nell’arena.
«Tu devi attendere qui.» le disse Morgana fermandola di lato
alla porta «Devi fare la tua entrata con il vincitore.» le ricordò facendole
l’occhiolino prima di entrare seguita da Gwen nella sala.
La ragazza rimase ferma, salutando con una mano Sir Leon che
era di guardia alla porta insieme a Sir Bedivere. Si guardò intorno, attendendo
pazientemente che Arthur arrivasse. Non avevano parlato molto di quello che era
successo con Valiant, Merlyn non gli aveva raccontato nei dettagli dove l’uomo
l’avesse toccata come non aveva nemmeno raccontato di Ranful e Osbert che
l’avevano aggredita in casa loro. Gli aveva assicurato che stava bene,
che non doveva preoccuparsi e che ci voleva di più per spaventarla, ma la
verità era ben diversa.
Sapeva senz’ombra di dubbio che nel futuro, ogni singolo
evento che avrebbe comportato l’arrivo di numerosi sconosciuti a Camelot
l’avrebbe resa nervosa e paranoica. Aveva rischiato molto con Valiant, salvata
per miracolo da Morgana e non ci teneva a ripetere l’esperienza.
«Che Dio abbia pietà.» sentì Arthur alle sue spalle, la voce
spezzata dall’emozione, e quando si girò a guardarlo vide solamente uno sguardo
di pura ammirazione ed amore. La maga arrossì, le sembrava di rivivere il
giorno del suo matrimonio, lo sguardo di Arthur era lo stesso.
L’uomo le offrì il braccio e Merlyn accettò, all’interno
della sala udirono Uther annunciare il loro ingresso.
«Do a voi il vincitore, il Principe Arthur accompagnato
dalla Principessa Merlyn.» la coppia venne investita da un coro d’applausi e la
maga cercò quasi di nascondersi, per niente abituata all’attenzione.
Uther si avvicinò a loro e guardò da testa a piedi la moglie
del figlio, annuendo soddisfatto «Finalmente ti presenti come una donna del tuo
status sociale.» le disse facendo innervosire Arthur, ricevendo un «Padre.»
d’ammonizione.
«Chissà, forse sarà anche l’ultima volta. Al prossimo evento
potrei venire con i pantaloni.» rispose la maga inarcando un sopracciglio, vogliosa
di innervosire il re. Sapeva che se non fosse sposata ad Arthur sarebbe già
stata bandita da Camelot o uccisa, come sapeva ovviamente che non si sarebbe
mai permessa di parlargli in quel modo senza la protezione del suo matrimonio.
Era leggermente ipocrito il suo modo di comportarsi, ma non riusciva a farne a
meno.
Uther si accigliò, pronto a dire una cattiveria, ma un
nobile si avvicinò per congratularsi con Arthur, obbligandolo a rimandare giù
il veleno.
La coppia si allontanò ancora sottobraccio, ricambiando i
saluti dei nobili che continuavano a congratularsi con il principe, riuscirono
a raggiungere Morgana e Gwen solamente una decina di minuti dopo.
«Sono quasi invidiosa, Arthur, tua moglie è la dama più
bella della festa.» commentò la protetta del re facendo arrossire ulteriormente
la maga. Non poteva essere la più bella, non lo era nemmeno ad Ealdor! Ricordò
quasi con invidia i capelli biondi di Evelune, i suoi modi di fare così
gentili, non per niente era la ragazza più ambita del villaggio.
Arthur rise posando una mano sul fianco della maga «Mia
moglie è la dama più bella di Albion.» rispose facendo alzare gli occhi al
cielo a Lancelot che era lì vicino a Gwen.
«La state facendo arrossire, Sire.» gli fece notare la serva
divertita al contrario del suo corteggiatore. C’era un qualcosa di estremamente
intrattenente nel vedere quei due girarsi intorno senza alcun motivo.
Merlyn cercò di darsi una sistemata e per fuggire dalle
grinfie di Morgana chiese «Mi concedi il piacere di questo ballo?» porgendogli
la mano in modo galante, ribaltando i ruoli.
Arthur le prese la mano, iniziando a guidarla verso gli
altri invitati danzanti «Con piacere.».
Morgana guardò Lancelot incredula, aveva appena sentito una
dama invitare un uomo a ballare? Dov’era finita la galanteria cavalleresca?
Lancelot alzò le spalle «Sono fatti così.» disse
semplicemente mentre offriva la sua mano a Gwen, la servitù poteva ballare in
un angolo e non voleva perdere l’occasione di poter stringere la donna tra le
braccia.
La protetta del re rimase sola, leggermente divertita ma
anche triste. Non vedeva l’ora anche lei di trovare l’amore.
In due settimane le cose erano cambiate notevolmente. Per
cominciare Merlyn non doveva più dividere la stanza
con tre uomini ed un bambino ed in relazione a questa informazione veniva la
notizia dell’investimento a cavaliere di Gwaine.
All’uomo era stata data una stanza tutta per sé a palazzo,
poco lontana dalla torre del medico di corte, e l’uomo aveva pensato bene di
portarsi dietro Parsifal e Lancelot dichiarando che «Uther non può decidere chi
dorme nelle mie stanze.» infrangendo già una dozzina di regole.
Questo lasciava Merlyn e Mordred da soli insieme a Gaius e
in tre si stava decisamente meglio. Il bambino aveva più spazio per giocare e
quando nessuno lo guardava scappava via per andare nelle stanze di Morgana per
giocare con la donna.
«Credo che si stia affezionando più a lei che a me.»
borbottò Merlyn quasi gelosa mentre il marito le
passava una mano sulla schiena in gesto consolatorio guardando il figlio
passeggiare con la Lady per i giardini di palazzo.
«Forse si sente solo, infondo sei sempre in giro a
lavorare.» le disse cercando di non suonare offensivo. Merlyn
era una donna fantastica e la sua dedizione al lavoro era ammirevole,
soprattutto quando poteva permettersi il lusso di passare le giornate a
passeggiare come Morgana.
La maga sospirò pesantemente scostandosi dalla finestra. Si
era fermata nelle camere di Arthur per dare una mano a Morris, ma il ragazzo
non aveva molto da fare e quindi si era concessa un attimo per guardare suo
figlio venirle rapito in quel modo dalla dolce Morgana.
«Andiamo, Merlyn, non prenderla a
male.» provò il principe abbracciandola da dietro, il mento posato sopra la sua
testa. Da dopo il torneo le cose non erano cambiate molto, c’erano ancora i
baci occasionali, ma Merlyn continuava a dirgli che
doveva aspettare, che una bugia lunga tre anni non poteva essere perdonata nel
giro di due mesi.
«Non ci sto rimanendo male, Arthur, è solo che mi manca la
vita che avevamo ad Ealdor.» ammise finalmente. Non
voleva suonare ingrata, amava poter essere nuovamente con il marito, ma la
semplice vita di campagna era più sicura per un bambino druido e poco importava
se nessuno nel villaggio sembrava sopportare loro. Ripensò alla vita prima che
Arthur venisse prelevato con la forza da casa loro, quando era tutto
fantasticamente perfetto e quel fastidioso Destino sembrava lontano e poco
importante. Per un attimo desiderò tornare ancora indietro, quando litigavano
nell’infermeria dell’arena. Tutto era meglio che Camelot, il posto brulicava di
pericoli e Merlyn non conosceva riposo dall’arrivo
nella città.
La presa di Arthur si fece leggermente più stretta «Lo so, Merlyn, manca anche a me.» le disse piano facendola girare
per incontrare i suoi occhi limpidi «E se me lo chiederai scapperò con te e Mordred in questo esatto istante. Fuggiremo su una nave per
raggiungere Laigin e mio padre non ci troverà mai.»
giurò prendendole il viso tra le mani. Era pronto a lasciare nuovamente tutto
per stare con lei, qualsiasi cosa pur di tornare alla vita che avevano
condiviso prima che Osbert rovinasse il loro sogno.
Merlyn gli sorrise tristemente
«Non possiamo sfuggire al nostro Destino, Arthur, lo sai bene.» gli disse
toccandogli a sua volta una guancia, adorando il modo in cui il marito si
poggiò al suo palmo «E non potrei mai chiedere una cosa talmente egoista, la
tua gente ti ama, sei destinato a diventare un grande re, il più valoroso e
giusto di tutti i tempi.» aggiunse alzandosi in punta di piedi per baciarlo, ma
questa volta invece di un semplice tocco di labbra voleva approfondire, voleva
sapere nuovamente cosa si provasse ad essere baciata veramente, voleva sentire
le loro lingue incontrarsi, voleva…
«Sire, Merlyn è con voi?» la voce
di Gaius oltre la porta interruppe il loro momento,
facendoli fermare ad appena un centimetro tra le loro labbra.
I due innamorati si separarono riluttanti, ricomponendosi un
minimo e Merlyn si allontanò, fingendo di pulire il
tavolo che era già stato pulito da Morris prima di andare a riportare i piatti
nelle cucine.
«Avanti.» invitò il principe sedendosi alla sua scrivania,
fingendo di star leggendo un documento che teneva involontariamente al
contrario.
Gaius li guardò sospettoso, ma non
disse nulla «Sire, ho bisogno di Merlyn.» disse
guardando la ragazza evitare il suo sguardo.
Arthur sembrò quasi volergli dire di no, quella mattina
sembrava andare così bene e Merlyn gli sembrava più
amorevole del solito «Certo, Gaius.» rispose
alzandosi per raggiungerlo alla porta, così da poter vedere da vicino Merlyn prima che se ne andasse «Porterò io Mordred dal tutore, non preoccuparti.» le disse ricevendo
in cambio un sorriso.
«A presto.» lo salutò mentre Gaius
la esortava a seguirlo.
«A presto.» rispose l’uomo guardandola andare via con
sguardo sognante. Sì, poteva vedersi fuggire insieme alla sua famiglia oltre il
mare per raggiungere la Western Isle e visitare i
suoi otto regni, infondo era quello il loro piano, viaggiare e scoprire posti
nuovi.
«Ti prego, mi farai vomitare.» la voce di Gwaine spezzò il momento, l’uomo era stato assegnato di
guardia alle sue stanze, il ruolo di guardia personale di Merlyn
era riservato esclusivamente agli eventi portanti di stranieri da tutta Albion.
Sir Leon non poteva negare che quei due fossero estremamente
drammatici, ma anche vomitevolmente innamorati. Tra i cavalieri erano state
aperte le scommesse su quanto tempo ci avrebbero messo i due a tornare insieme
e sposarsi davanti alla Corte e Gwen aveva riferito loro che anche tra la
servitù c’era una scommessa del genere.
«Gwaine, non costringermi a
mandarti nuovamente a pulire le stalle.» minacciò il principe quasi pentendosi
di aver nominato cavaliere l’amico. L’uomo era un vero incubo, la cuoca era
arrivata da lui personalmente per lamentarsi dei furti nella sua cucina che
avvenivano per mano del cavaliere.
Gwaine ghignò, l’idea di andare
alle stalle non gli dispiaceva minimamente, avrebbe potuto vedere e chiacchierare
con Parsifal!
«Oh, principessa, non prendertela con me se la tua sposa
ancora non ti ha perdonato.» rise adorando il modo in cui Arthur arrossì, era
umiliante per il principe sapere che tutta Camelot era a conoscenza dei suoi
problemi matrimoniali, ma anche grato che capissero veramente la situazione.
Chi mai avrebbe perdonato un uomo che aveva mentito sulla propria identità?
«Stalle. Subito.» sibilò prima di chiudere la porta delle
sue stanze. Gwaine lo faceva letteralmente impazzire.
⸸⸸⸸
Gaius l’aveva portata in una via
nella parte bassa della città, a terra c’era sdraiato un uomo che non sembrava
stare bene.
«Non hai paura?» gli chiese quando lo vide toccare il polso
dell’uomo.
«Di cosa?» Gaius si girò a
guardarla con quell’espressione che sembrava darle della stupida.
«Di prendere lo stesso male che ha colpito questo uomo.»
spiegò rimanendo a debita distanza. Aveva visto molti malati in vita sua, ma
quello che aveva davanti aveva la pelle praticamente cerule.
«Sono medico di Corte, è il mio lavoro.» rispose tornando a
rivolgere la sua attenzione sull’uomo «E quando non ci sarò più sarà il tuo
lavoro.» le ricordò mentre rigirava il corpo.
Merlyn fece un altro passo
indietro, spaventata: gli occhi dell’uomo erano completamente bianchi ed il
viso era ricoperto da venature blu. La maga si affrettò a rubare una coperta
appesa lì vicino, dovevano immediatamente coprire il corpo.
«Brava, nessuno deve vederlo.» la lodò Gaius
aiutandola a sistemare il lenzuolo sopra l’uomo.
La donna si guardò intorno ed individuò quello di cui
avevano bisogno: un carretto. Si avvicinò all’oggetto chiedendo al padrone se
potesse prenderlo in prestito, indicando distrattamente verso il cadavere a
pochi metri da loro. L’uomo si inchinò immediatamente «Certo, Principessa, è un
onore poterle essere d’aiuto.» le rispose tenendo lo sguardo a terra.
«Uhm, non c’è bisogno, potete chiamarmi Merlyn.»
disse mentre prendeva una delle stanghe per trascinare l’oggetto verso Gaius.
«Lasciate che vi aiuti.» provò l’uomo vedendo la donna
faticare a trascinare il carretto.
Merlyn gli sorrise «Oh, no, non
c’è bisogno. Dovreste continuare a fare affari, una donna sta ispezionando i
vostri prodotti.» gli fece notare indicando il suo banco di spezie dove più
persone stavano annusando incuriosite le polveri.
Gaius e Merlyn
riuscirono a sollevare il corpo esanime dell’uomo sul carretto non con poca
fatica.
«La prossima volta ci portiamo dietro qualcuno che abbia
veramente dei muscoli.» scherzò mentre iniziarono a condurre il carretto verso
il castello.
«O magari puoi allenarti tu.» la prese in giro l’anziano,
donne con muscoli erano praticamente introvabili. Nemmeno Morgana che aveva
avuto un allenamento da spadaccina aveva sviluppato muscoli come quelli di
Arthur o perfino quelli di Morris, sviluppatosi secchio dopo secchio pieno
d’acqua trasportato per le scale del castello.
Erano quasi arrivati a destinazione quando sentirono una
voce ben famigliare richiamare la loro attenzione.
«Cosa state facendo?» chiese Gwen guardando incuriosita il
carretto. Tra le mani teneva un piccolo mazzo di fiori.
Merlyn quasi non inciampò
nell’andare verso il retro del carretto per nascondere a Gwen la macabra verità
su quello che trasportavano «Niente d’importante, stiamo solamente trasportando
cose.» rispose cercando di non suonare troppo nervosa.
La serva non sembrò del tutto convinta e Merlyn
deviò la sua attenzione «Lance ti ha regalato dei fiori?» le chiese
aspettandosi un gesto del genere dall’amico. Lancelot era un gran romantico ed
era totalmente perso per Gwen, poco ci mancava che le scrivesse una poesia. Merlyn non aveva da lamentarsi, Arthur le portava
sporadicamente dei fiori e le ricordava quasi ogni giorno che l’amava.
«Oh, no, li ho raccolti per Lady Morgana.» rispose la serva
sorridendo dolcemente pensando alla sua signora «Ne vorresti uno?» le chiese
quasi in imbarazzo per non aver pensato anche all’amica.
Merlyn accettò di buon cuore il
fiore e lo mise dietro l’orecchio in quanto le mani le sarebbero servite.
«Il viola ti dona.» offrì la serva sorridendole, intorno a
loro la gente continuava a passare e la maga poteva sentire lo sguardo di Gaius su di lei.
«Grazie, Gwen.» rispose la ragazza «Ci vediamo dopo.» salutò
iniziando a spingere il carretto da dietro, Gaius che
teneva ancora una stanga.
«A dopo.» rispose Gwen guardando i due andare via.
⸸⸸⸸
Merlyn non rimase a lungo con Gaius per ispezionare il corpo del povero cittadino di
Camelot, aveva promesso a Elaine che avrebbe pulito lei il camino della cucina dopo
la colazione.
Fortunatamente Gaius l’aveva
lasciata andare, dichiarando che non poteva fare molto se non sapevano di cosa
si trattasse.
Così, praticamente dentro al camino, sporca di fuliggine
dalla testa ai piedi, non si aspettava di sentire il proprio nome chiamato a
gran voce. Per istinto entrò maggiormente dentro il grande camino, mettendosi
in piedi per raggiungere ancora più in alto le pareti della canna fumaria che
necessitava di eguale pulizia. Chiunque la stesse cercando poteva aspettare.
«È nel camino, Sire.» sentì una spia dire e in quel
momento Merlyn sapeva che sarebbe stata costretta ad
uscire allo scoperto ed affrontare chiunque la stesse cercando.
Appena uscita dal camino si trovò faccia a faccia con Arthur
«Oh, Arthur, che sorpresa trovarti qui.» disse cercando di pulirsi le mani
prima di accettare l’aiuto del marito per scendere.
«Non mi piace vederti lavorare nelle cucine, Merlyn.» le ricordò il principe cercando di lavare via la
fuliggine dal viso della moglie. L’amava, ovviamente, e rispettava le sue
decisioni, ma la maggior parte delle volte che la vedeva era sporca e la cosa
non gli andava a genio. Nemmeno quando erano semplici contadini di Ealdor l’aveva vista in quello stato vergognoso.
«Qualcuno deve pur pulire il camino, Arthur.» rispose la
donna mentre veniva condotta fuori dalle cucine, senza nemmeno rendersene conto
talmente concentrata nel guardare gli occhi del marito.
Arthur strinse le labbra e si guardò intorno, assicurandosi
che fossero da soli «Gaius ci ha detto del corpo che
avete trovato questa mattina.» le disse mentre cercava ancora di pulirla «Un
altro uomo è morto, a palazzo, mio padre e Gaius
sospettano sia opera della magia.» le spiegò guardando accigliato il fiore che
la ragazza aveva dietro l’orecchio: lui non le aveva mai regalato dei fiori
viola! «Mio padre vuole che aiuti Gaius per trovare
una cura, ma ti prego, non ti avvicinare troppo alle vittime.» la pregò
prendendole il viso quasi pulito tra le mani «Non so cosa farei se ti
succedesse qualcosa.» sussurrò come se fosse un segreto.
Merlyn gli prese le mani tra le
sue «Arthur, non devi preoccuparti per me.» disse sorridendo appena, intenerita
dalla preoccupazione del marito nei suoi confronti «E se è veramente magia
riusciremo a risolvere il problema, insieme.» promise mettendosi sulla punta
dei piedi per baciargli una guancia.
«Ora devo andare, mio padre vuole che trovi lo stregone e
devo perlustrare ogni casa di Camelot.» le disse sorridendo leggermente per
quell’innocente bacio; era sulla giusta strada del perdono, se lo sentiva.
La maga annuì, capiva che Arthur aveva un dovere verso suo
padre e che doveva eseguire i suoi ordini, ma era certa che anche se avesse
trovato uno stregone non l’avrebbe ucciso perché ora sapeva la verità: che non
tutta la magia era malvagia.
⸸⸸⸸
Merlyn non era brava a mantenere
le promesse, evidentemente non era nella sua natura tenersi fuori dai guai, quindi mentre camminava per la città con Gaius e vide un uomo in fin di vita non riuscì a non
chinarsi vicino a lui per provare a dargli conforto.
«Gaius, è ancora vivo.» gli fece
notare quasi implorante, doveva esserci qualcosa che potevano fare!
«Non possiamo fare nulla per lui.» rispose il medico di
corte senza alcuna compassione nella voce, freddo quanto il ghiaccio.
Merlyn scosse la testa «Almeno
proviamoci.» provò a convincerlo mentre l’uomo le afferrò la tunica per tirarla
ancora più vicino a lui, le labbra che si muovevano ma senza emettere alcun
suono.
Improvvisamente si sentì tirare da dietro, distanziandola
dall’uomo che respirava a malapena.
«Sire, mi dispiace…» iniziò Gaius
notando lo sguardo leggermente furibondo del principe. Gli aveva promesso che
avrebbe protetto Merlyn e non aveva fatto un buon
lavoro.
Arthur non era solito arrabbiarsi con la moglie, forse in
tre anni non avevano mai veramente litigato, ma vederla così vicina ad un
malato, sconsiderata delle conseguenze delle sue azioni, gli fece venire voglia
di urlarle contro e rinchiuderla nelle sue stanze, al sicuro, lontana da quella
peste che sembrava essersi già presa mezza città.
Eppure Arthur era diventato un uomo che non alzava la voce,
un tempo non si sarebbe fatto problemi ad urlarle contro, Morgana gli diceva
spesso che l’amore cambiava le persone e lui ne era la prova.
«Merlyn, cosa ti avevo chiesto?»
le domandò con voce calma, cercando di non far notare il lieve tic all’occhio.
Avevano già ricercato metà delle case e nessuno sembrava ospitare uno stregone
malvagio.
«Di non avvicinarmi agli ammalati, ma quest’uomo è ancora
vivo, possiamo aiutarlo!» insistette la ragazza indicando l’uomo che ancora
boccheggiava cercando di dire qualcosa.
«Se non sappiamo che male è, come possiamo curarlo?» le
chiese Gaius non vedendo logica nella nipote.
«Con la magia.» rispose la giovane maga quasi stupidamente.
Arthur le posò una mano sulle labbra, guardandosi intorno per assicurarsi che
nessuno l’avesse sentita. Solamente sua moglie poteva essere talmente
sconsiderata da nominare la magia durante una caccia allo stregone!
«Merlyn.» la voce del marito era
furiosa e Gaius per un attimo temette di ritrovarsi
fra le mani due amanti in lite «Non dire nemmeno per scherzo una cosa del
genere!» l’ammonì ignorando lo sguardo ferito della moglie «Non costringermi a
rinchiuderti in qualche stanza in attesa che passi questa maledizione.» le
disse ora con tono stanco.
La maga si allontanò bruscamente dall’uomo «Non puoi
ordinarmi cosa fare, Arthur.» gli disse risentita «E soprattutto non puoi
prendermi e rinchiudermi in qualche torre come una principessa che ha bisogno
di protezione.» aggiunse alludendo a Morgana, la Lady era stata confinata nelle
sue stanze da Uther, impaurito che potesse succedere qualcosa alla sua
protetta.
Arthur divenne rosso in volto, arrabbiato « Merlyn, voglio solo proteggerti!» disse con il cuore che
batteva all’impazzata, intorno a loro i cavalieri di Camelot continuavano la
ricerca «Non potrei sopportare di perderti, è questo che vuoi sentirti dire?
Che farei di tutto per saperti al sicuro? Che mi farei anche odiare da te pur
che tu possa vivere un altro giorno?» le domandò completamente estraniando Gaius dalla scena «Come pensi che potrei vivere un giorno
senza di te? Come puoi mettere la tua vita in pericolo in questo modo quando
c’è Mordred che ci aspetta a casa?» le ricordò
afferrandole un braccio senza alcuna traccia di violenza, era un tocco leggero,
amorevole, quasi disperato come le sue parole.
Gaius si sentì improvvisamente di
troppo, a disagio per essere spettatore di quella confessione d’amore, per di
più con un uomo morente ai loro piedi.
«Nemmeno io voglio perderti!» rispose con la stessa veemenza
la ragazza «Credi che per me sia facile sapere che posso fare qualcosa per
aiutare tutta questa gente, ma per colpa di tuo padre non posso?» gli
chiese cercando di trattenere le lacrime. Amava Arthur, con tutto il suo cuore,
ma non poteva accettare l’idea che lasciasse morire tutta quella gente solo per
proteggere lei.
Il principe se la tirò ancora più vicino, i loro petti si
incontravano ad ogni respiro «Farei morire l’intero Regno per saperti al
sicuro.» le disse a bassa voce, sincero. Amava Camelot e i suoi cittadini, ma Merlyn era tutta la sua vita, senza di lei non aveva ragione
di esistere, senza di lei ogni respiro sarebbe stato inutile.
«Merlyn, Sire, credo che dobbiate
separarvi.» intervenne Gaius prendendo la nipote per
le spalle per mettere una distanza socialmente accettabile tra i due «E che
dobbiate calmarvi.» aggiunse notando le gote arrossate degli sposi. Non aveva
visto tutta quella passione in decenni, quei due erano veramente destinati per
stare insieme, con o senza profezia.
«Sire, con il vostro permesso.» disse l’anziano iniziando a
trascinare Merlyn verso il castello. Lasciarono il
principe da solo, lo sguardo distrutto, e il medico si avvicinò quanto bastava
per sussurrare alla nipote «Tranquilla, Merlyn, la
scienza ci aiuterà a trovare una soluzione.» ignorando delle piccole lacrime
che scapparono dai suoi occhi.
La maga annuì, non del tutto convinta, mentre nel cuore
aveva un turbine d’emozioni che non sapeva spiegarsi. Le parole di Arthur erano
quelle di un uomo innamorato e lei pensò di non meritarsele.
⸸⸸⸸
La scienza non serviva a nulla! Merlyn
guardò Gaius cercare di identificare il contenuto
dello stomaco della vittima. La magia si combatteva con la magia, non c’erano
altre possibilità.
Mordred era stato spedito da
Morgana dopo aver finito la lezione con il tutore, Uther in persona lo era
andato a prendere dalla biblioteca e portato nelle stanze della Lady. Merlyn si era arrabbiata, ovviamente, quell’uomo non aveva
voce in capitolo sugli spostamenti di suo figlio, ma sapeva che in quel momento
le loro stanze era il posto più pericoloso dove essere.
Merlyn e Gaius
stavano discutendo sul fatto che la magia non fosse né buona né cattiva quando
la porta delle loro stanze si aprì di colpo e delle guardie entrarono insieme
ad Arthur.
«Scusaci Gaius, stiamo cercando in
ogni abitazione.» disse il principe mentre le guardie cominciarono a girare
alla ricerca.
«Cosa cercate?» domandò stupidamente l’uomo.
«Lo stregone.» rispose Arthur tenendosi strettamente
sull’uso del maschile, non volendo nemmeno mettere tra le possibilità che ci
fosse una donna dietro, così da non poter far ricadere l’attenzione su Merlyn.
«Perché dovrebbe essere qui?» domandò giustamente l’uomo.
«Perquisiamo ogni casa.» disse il principe notando il
nervosismo di Merlyn nel suo girarsi e guardarsi
intorno.
«Non abbiamo nulla da nascondere, potete cercare
tranquillamente.» sospirò il medico sussultando alle maniere brusche dei
cavalieri.
Merlyn gli afferrò il braccio
quando vide Sir Bernard andare verso la porta della sua camera e Gaius tremò per un breve istante. Sapeva benissimo cosa
c’era lì dentro e se lo avessero trovato né lui né Merlyn
ne sarebbero usciti vivi.
«Sir Bernard!» chiamò Arthur bloccando l’uomo «Cosa credete
di fare?» domandò andando a chiudere la porta leggermente aperta.
«Dobbiamo controllare ogni stanza, Sire.» rispose il
cavaliere leggermente confuso sul perché il principe lo stesse bloccando.
«Non permetterò a nessuno di entrare nelle stanze di mia
moglie, condurrò io stesso la ricerca all’interno.» disse con tono duro, non
gli piaceva l’idea che qualcuno mettesse le mani tra le cose di Merlyn e Mordred, soprattutto
quando sapeva cosa nascondevano.
Sir Bernard fece un passo indietro «Mi scusi, Sire, non
sapevo fossero le stanze della principessa.» si scusò sinceramente. Anche le
stanze di Lady Morgana erano state perquisite esclusivamente dal principe,
quindi non vedeva cosa ci fosse di strano nel lasciarglielo fare anche per le
stanze di Lady Merlyn. Quello che Sir Bernard ancora
non riusciva a capire, però, era come la principessa non avesse una stanza
degna del suo status, nonostante il rifiuto di risposare il principe davanti
alla Corte.
Merlyn si lasciò scappare un
sospiro e seguì Arthur all’interno della sua stanza, dove la prima cosa che si
poteva notare era il grimorio posato a terra vicino al letto.
«Grazie.» gli disse raccogliendo il libro per andare a
nasconderlo dentro il cassetto con la sua biancheria intima.
Arthur le prese un polso e se la tirò contro, baciandola per
la prima volta di sua iniziativa, sentendo il bisogno di avere le sue labbra
dopo la litigata di prima. L’amava da impazzire e si sarebbe fatto mettere al
rogo lui stesso pur di salvarla.
Merlyn ricambiò, sentendosi come
quella mattina, affamata per un vero bacio. Le mani andarono ad
allacciarsi dietro il collo del marito, tirandolo ancora di più verso di lei,
separando le labbra per far incontrare le loro lingue dopo nove mesi di
lontananza. Era magico come se lo ricordava, il suo corpo venne scosso dal puro
desiderio di poter rimparare a conoscere il corpo del marito, voleva sentire la
sua pelle nuda sotto le mani, voleva poter fare nuovamente l’amore con lui.
Arthur la sollevò da terra, completamente perso nel momento,
dimenticandosi della peste e delle persone ad una porta di distanza, una
piccola farfalla blu iniziò a volare per la stanza. Posò le mani con i palmi
aperti sotto le natiche della moglie, quasi piangendo dalla gioia per avere il
permesso di farlo nuovamente. Gwaine non aveva
ragione quasi su niente, ma quando si trattava d’amore riusciva a dire cose
sensate, come quando lo aveva avvertito che quando avrebbe potuto riavere Merlyn sarebbe stato mille volte meglio di quando erano ad Ealdor.
La maga strinse le gambe intorno al suo bacino, stringendolo
in una morsa micidiale, il viso che sembrava volersi fondere con quello
dell’amato. Merlyn era affamata, era disposta
a sotterrare l’ascia di guerra pur di riavere tutto questo.
Quando la mano di Arthur si insinuò tra i loro corpi e andò
a prendere un seno della moglie la magia si spezzò e Merlyn
si allontanò quasi scottata, facendosi posare a terra e ritirandosi verso il
muro tenendo le braccia a coprire il petto.
Per un attimo le era sembrato di tornare nell’armeria
insieme a Valiant, il ricordo di quella mattina
ancora impresso nella sua memoria. Aveva cercato di far finta che non fosse
accaduto nulla, che andava tutto bene, ma quel momento con Arthur le aveva
appena dimostrato che non aveva completamente superato la cosa.
«S–scusami.» borbottò la giovane continuando a stringersi le
braccia al petto, terrorizzata dal ricordo, la farfalla blu prese fuoco e
scomparì in cenere «Io…» provò a giustificarsi, ma un nodo alla gola le bloccò
le parole.
Arthur capì, senza bisogno di giustificazioni, anche se Merlyn non gli aveva raccontato nei dettagli cosa era
accaduto Morgana aveva fatto da sostituta, descrivendo tutto quello che aveva
visto e il principe sapeva con certezza che Valiant
aveva osato posare la sua sudicia mano sul seno della moglie.
«Tranquilla, Merlyn, nessuno ti
farà del male.» la rassicurò tenendo le distanze, dimostrandole che non c’era
nulla di cui aver paura, che Arthur era un uomo nobile che non si sarebbe mai e
poi mai imposto su di lei.
Certamente non si aspettava di venire abbracciato, la tunica
rossa che indossava venire macchiata dalle lacrime della moglie «Scusami.»
disse ancora, il viso nascosto mentre cercava di capire come potesse essere
così stupida.
Valiant era morto, non poteva
farle del male, come aveva potuto scambiare il dolce tocco di Arthur per quello
del suo violentatore?
Arthur ricambiò l’abbraccio, lasciando che si sfogasse, non
certamente offeso per quello che era accaduto. Gaius
era stato sincero con lui e lo aveva avvertito di una possibilità del genere,
la psiche lavorava in maniera misteriosa e solamente il tempo sarebbe riuscito
a curare quella ferita morale che la ragazza si portava dentro. Arthur doveva
solamente essere lì ed amarla.
Sentirono bussare alla porta, costringendo i due a
separarsi.
«Stai bene?» le chiese asciugandole una lacrima con un dito.
Merlyn annuì, ancora confusa per
la sua stessa reazione, ma non voleva far preoccupare ulteriormente il marito.
Uscirono insieme e tutti guardarono straniti la coppia, il
principe aveva un’espressione seria in volto e la donna stava chiaramente
piangendo, ma nessuno poteva nemmeno immaginare il perché.
«Quanto ci vorrà per trovare una cura?» chiese Arthur
lasciando andare la mano di Merlyn per tornare dai
suoi uomini, le labbra arrossate per i baci.
«Dipende da quante interruzioni subirò» rispose Gaius volendo puntare sul sarcasmo. L’uomo si era messo
vicino a Merlyn, una mano sulla spalla come forma di
conforto, uno sguardo leggermente adirato nei confronti del principe.
Merlyn era una ragazza
particolare, forse fin troppo combinaguai, ma Gaius
non avrebbe permesso a nessuno di farla piangere mentre era sotto la sua
protezione.
Quando gli uomini lasciarono le stanze il medico fece sedere
la nipote su una sedia «Vuoi parlarne?» domandò porgendole un fazzoletto di
stoffa per soffiarsi il naso.
La maga scosse la testa, non aveva particolare voglia di
raccontare allo zio cosa stesse succedendo nella sua stanza, era a dir poco
scandaloso nonostante fossero sposati, ma apprezzò ugualmente la
preoccupazione.
«Dobbiamo trovare una cura.» disse semplicemente dopo
essersi pulita il viso «Mettiamoci a lavoro.» aggiunse mentre nella sua testa
aveva un’altra idea.
La scienza non sarebbe servita a nulla, la vera risposta era
nel grimorio.
Arthur non era particolarmente affezionato a suo padre, l’uomo
non lo aveva mai trattato in modo particolare, non come Arthur trattava Mordred. Il fatto che poi lo aveva portato via da Ealdor e minacciato più volte di fare del male a sua moglie
non lo rendeva più amabile.
Il re sapeva mentire bene, era riuscito a far credere a
tutti che Merlyn gli stesse “simpatica”, ma Arthur
riusciva benissimo a vedere oltre quella bugia.
«Abbiamo perquisito l’intera città.» lo avvisò entrando
nella sala dedicata agli incontri del Consiglio.
«Niente?» chiese l’uomo con espressione preoccupata.
Arthur lo guardò quasi con pietà «Non saprei dove altro
cercare.» rispose sentendo il peso delle sue decisioni sulle spalle. Merlyn aveva ragione quando diceva che poteva curare quella
malattia con la sua magia, ma non avrebbe mai messo la sua vita in pericolo.
Uther si passò una mano sul volto «Voglio che imponi il
coprifuoco.» ordinò dandogli le spalle «Nessuno sarà in strada dopo il grande
rintocco.» aggiunse continuando a muoversi verso il suo trono «E isola la città
bassa.» decretò girandosi a guardarlo.
Arthur aggrottò la fronte «Perché?» chiese onestamente
confuso.
Il padre lo guardò come se fosse uno sciocco «È lì il
maggior numero di vittime.» spiegò come se fosse ovvio «Isolandola impediremo
che il morbo si diffonda.» continuò iniziando a dirigersi all’uscita laterale
della sala, doveva parlare con delle persone.
Il principe non rimase in silenzio, per anni aveva eseguito
gli ordini senza mai obbiettare, ma ora era diverso «E le persone che ci
vivono?».
«Pensi che non l’abbia considerato?» gli chiese guardandolo
con un pizzico di astio, come se lo avesse accusato di qualcosa di non
veritiero «Che altro posso fare, Arthur? Devo proteggere gli altri abitanti.»
gli spiegò con voce fintamente spezzata.
Arthur non aveva voglia di litigare, non voleva alzare la
voce contro il padre e dirgli che stava sbagliando, sarebbe stato lui stesso a
trovare la soluzione prima che altri innocenti perissero a causa di quella
peste.
Fece un piccolo inchino e incominciò ad incamminarsi verso
l’uscita quando la voce del padre lo richiamò.
«Dì a Gaius di tenere lontana tua
moglie dai malati.» ordinò ancora «Non vorrei le succedesse qualcosa e che te
la prendessi come me.» aggiunse quasi canzonatorio. Quando Merlyn
era stata attaccata da Valiant, Arthur aveva avuto
un’enorme discussione con il padre sulla sicurezza di quegli eventi, dicendogli
che da quel giorno in poi non si sarebbe mai più dovuta ripetere una situazione
del genere.
Il principe annuì, sapeva esattamente cosa dovesse fare.
⸸⸸⸸
Merlyn e Gaius
avevano appena capito che la malattia si trasmetteva attraverso l’acqua quando
Arthur entrò nelle stanze da solo, un’espressione preoccupata in volto.
«Mio padre ha ordinato di non lasciare Merlyn
vicino alle vittime.» disse vedendo la moglie proprio impegnata a coprire la
Lady con il lenzuolo bianco.
Alzò una mano quando vide la donna alzarsi in piedi e posare
le mani sui fianchi «E so che non può ordinarti di fare nulla e tantomeno posso
io, quindi sono qui per sapere come procedono le ricerche.» si affrettò a dire
prima che gli si potesse scatenare contro la furia dell’amata. Ancora non
avevano parlato del giorno precedente, era un argomento delicato che avrebbero
affrontato dopo aver eradicato il morbo.
«Abbiamo capito che la malattia si diffonde attraverso
l’acqua, Sire.» rispose Gaius con poche parole.
Arthur annuì «E ora che faremo?» domandò guardando la
moglie.
Merlyn alzò le spalle, non aveva
la minima idea di cosa fare, in più le mancava Mordred,
né a lei né ad Arthur era concesso entrare nelle stanze di Lady Morgana in
quanto soggetti a rischio per l’elevato numero di contatti con i moribondi.
«Andremo a controllare alla sorgente.» rispose Gaius alzandosi per prendere la sua borsa e passarla a Merlyn «Se vuole venire con noi.» aggiunse in invito al
Principe guardandolo da sotto il cipiglio severo.
«Certo.» rispose Arthur, mai al mondo avrebbe lasciato Merlyn andare in un posto pericoloso come quello da sola o
con un povero vecchio.
Arrivarono fuori le mura di Camelot, una piccola porta
chiusa da una catena impediva ad altri di entrare nella fonte d’acqua della
città. Gaius aprì il lucchetto con la chiave che si
erano fatti consegnare da Miss Jody, responsabile di palazzo.
Merlyn accese la torcia e guardò
giù per le scale, vedendo solamente un tunnel nero «Spero non ci siano ratti.»
borbottò accettando la mano di Arthur per iniziare a scendere i gradini, dietro
di loro un abbandonato Gaius al quale serviva
seriamente una mano.
Arrivarono alla fonte ed il medico di corte ordinò alla
ragazza di prendere l’acqua in una fiala. La ragazza obbedì senza lamentarsi,
immergendo la fiala sotto il livello dell’acqua contaminata.
«Ora possiamo andare, la esamineremo al laboratorio.» disse
l’anziano ancora confidente nel metodo scientifico che fino a quel momento si
era rivelato prettamente inutile.
Stavano giusto andandosene quando un’orribile creatura uscì
fuori dall’acqua e Arthur non perse tempo ad estrarre la propria spada, pronto
a difendere i due. La creatura però non attaccò, com’era emersa ritornò
immediatamente nelle acque e Merlyn quasi non se la
fece sotto.
«Sto per vomitare.» disse portandosi le mani allo stomaco.
Aveva visto molte cose disgustose, ma quella creatura era un vero abominio e
pensare che aveva bevuto dell’acqua dove quell’essere nuotava indisturbato non
le stava facendo bene allo stomaco.
Arthur le circondò le spalle con un braccio, chinandosi per
chiederle se avesse veramente bisogno di rigettare.
La maga scosse la testa, sorridendogli timidamente, il cuore
in subbuglio per l’attenzione e l’amore che suo marito le dimostrava.
Gaius alzò gli occhi al cielo,
chiedendosi come fosse finito a fare da terzo incomodo alla coppia e capì
finalmente cose intendeva Gwaine quando gli
raccontava di come fosse imbarazzante vederli girare intorno a sé stessi mentre
erano ad Ealdor. La prossima volta avrebbe portato
anche Gwaine con loro!
Tornarono di fretta nella sua torre, chiudendosi la porta
alle spalle e Merlyn andò immediatamente a prendere
il grimorio per portarlo nella stanza principale.
Gaius individuò piuttosto
velocemente la creatura «Era un Afanc.» annunciò alla
coppia «Un mostro fatto di argilla evocato solo dal più potente degli
stregoni.» lesse spiegando ai due di cosa si trattasse.
Arthur inarcò un sopracciglio «Credevo che Merlyn fosse la maga più potente a camminare sulla terra.»
disse non credendo nemmeno per un secondo che fosse opera della moglie.
«Merlyn non è l’unica ad usare la
magia, Sire, in giro ci sono abili stregoni nonostante mia nipote sia la più
potente.» spiegò l’uomo togliendosi gli occhiali da lettura «Ora dobbiamo
solamente scoprire come sconfiggerlo.» sussurrò guardando verso i suoi libri,
sapeva di avere la soluzione da qualche parte.
«Devo andare, adesso; appena scoprite come fare venite a
cercarmi.» disse a mo’ di saluto, il Sole era alto in cielo e voleva dire che
tra poco sarebbe toccato a lui prendere nuovamente il comando della ricerca
allo stregone da Sir Leon.
La maga lo guardò quasi sconsolata, quella piccola avventura
gli aveva ricordato molto i tempi di Ealdor e voleva
che non finisse.
Gaius le posò una mano sulla
spalla «Muoviamoci.» la esortò. Prima avrebbero trovato la soluzione e prima
avrebbe potuto rivedere i suoi amici e stare con Arthur.
⸸⸸⸸
Gwaine era nelle sue stanze
insieme a Parsifal e Lancelot, non vedevano Merlyn e
Arthur da due giorni e la cosa non piaceva a nessuno. Sapevano quanto questa
malattia fosse pericolosa, ma non era permesso loro avvicinarsi ai due in
quanto i più soggetti a poter spargere la malattia.
«Chissà se stanno bene.» sospirò Lancelot, il più
preoccupato dei tre, perfino Gwen non aveva più visto Merlyn
nelle cucine a lavorare e le era stato impedito di attendere a Lady Morgana in
quanto proveniente dalla parte bassa della città.
Gwaine addentò la sua mela,
completamente indisturbato dalla situazione, aveva visto Arthur quella mattina
andare verso la torre del medico di corte, e non aveva un aspetto malato, quindi confidava che tutti loro stessero bene «Se Merlyn stesse male sono sicuro che vedremmo Uther saltare
dalla gioia.» rispose ben sapendo quanto il re odiasse la ragazza. Si poteva
notare da come la guardava, anche se delle volte sembrava veramente divertito
dalla ragazza e una strana espressione gli compariva sul volto.
«Tyr mi ha detto che ha visto
tutti e tre uscire dalla città, questa mattina.» offrì Parsifal seduto sul pavimento
mentre cercava di ricucire la tunica che Gwaine aveva
strappato durante gli allenamenti. Non gli dispiaceva sistemare le cose
dell’amico, in un certo modo gli ricordava della sua vita prima dell’arena,
quando viveva ancora con Bartholomew.
«Non ci posso credere che ci stanno tagliando fuori in
questo modo.» disse il cavaliere rigirandosi sullo stomaco sul letto per
guardare Parsifal usare con maestranza ago e filo «Un tempo eravamo noi tutti insieme
a sconfiggere mostri, ora ci tagliano fuori in favore di Gaius.»
si lamentò come un bambino, per niente contento di essere escluso. Era
diventato un cavaliere per proteggere Merlyn e ora
gli impedivano di vederla!
Lancelot gli tirò contro un cuscino, incredulo che fosse
addirittura geloso di un anziano medico, nonché zio di Merlyn.
«Con la fortuna che hai rischieresti di prenderti il morbo.»
gli fece notare il maniscalco ricordandogli vagamente la bacca velenosa che
aveva mangiato costringendo Parsifal a cercare un fiore curativo che cresceva
solamente sulle scogliere di Tir Mor.
«O forse sei tu che hai paura di prendere il male.» rilanciò
il cuscino il cavaliere ricordandosi perfettamente l’episodio e mai in vita sua
voleva sentirsi in quel modo, per un attimo aveva creduto di morire e l’unica
cosa che aveva volto fare era…no, non voleva nemmeno pensarci.
Parsifal si alzò, mettendosi tra i due così che non
potessero continuare a stuzzicarsi «Finitela, tutti e due.» ordinò puntando
l’ago contro Gwaine e poi Lancelot.
«Solo perché me lo stai chiedendo così gentilmente.» rispose
sarcastico Gwaine incrociando le braccia al petto,
non riusciva proprio a capire come potessero starsene lì, così tranquilli,
mentre i loro amici rischiavano la vita!
Tornò a sdraiarsi e fu solo per puro caso che la sua testa
finì sopra le gambe di Parsifal.
⸸⸸⸸
Merlyn sapeva esattamente a chi
rivolgersi per trovare la risposta, ma l’idea di girare da sola a quell’ora
della notte non le piaceva particolarmente. Il grimorio non aveva aiutato per
niente a capire come sconfiggere la creatura, ne parlava solo in modo
descrittivo senza offrire alcuna soluzione.
Facendo attenzione a non farsi scoprire dalle guardie ad
infrangere il coprifuoco la maga sgusciò lungo i corridoi di palazzo fino a
raggiungere le stanze di Arthur. Entrò senza bussare, aspettando di trovarlo
addormentato, ma l’uomo era in piedi vicino alla sua scrivania, una mano posata
su della pergamena, intento a leggere, mentre l’altra era incastrata tra i
capelli, come se da un momento all’altro avrebbe iniziato a tirarseli.
«Oh, bene, sei sveglio.» disse chiudendosi la porta alle
spalle.
Arthur la guardò stanco, vedere il suo popolo soffrire
faceva soffrire anche lui «Merlyn, non è appropriato
che tu sia nelle mie stanze a quest’ora, la gente potrebbe pensare male e c’è
anche il coprifuoco.» le ricordò con voce stanca, esausto per le ricerche
inutili quando conosceva la vera fonte del problema.
La maga arrossì «Lo so.» disse a voce bassa, come se avesse
paura che qualcuno potesse sentirla da fuori la porta «Ma devo andare da una
parte e ho…» si bloccò, non credendo nemmeno lei a quello che stava per dire
«…paura ad andare da sola.» concluse senza guardare verso il marito,
imbarazzata.
Non aveva propriamente paura, sapeva che in quel momento non
c’era nessuna persona che avrebbe provato a farle del male, ma non riusciva a
togliersi dalla testa l’incontro con Valiant.
Arthur sembrò svegliarsi di colpo, in pochi secondi coprì la
distanza che lo separava dalla ragazza «Certo, ti accompagno.» la rassicurò
contento che fosse venuta da lui. Poteva chiedere a chiunque dei loro amici, ma
aveva scelto lui!
Facendo attenzione a non essere visti riuscirono ad
intrufolarsi fino alle segrete e Merlyn prese la mano
di Arthur mentre scendevano i gradini che portavano alla grotta del drago.
«Kilgharrah!» chiamò a pochi passi
dal precipizio, il principe ad un passo dietro di lei.
«Benvenuta.» la voce profonda del drago rimbombò per tutta
la grotta e poterono sentire il rumore delle catene avvicinarsi insieme al
vento creato dallo sbattere delle ali.
«Il ritorno della grande maga.» disse posandosi sulla sua
roccia «E del Once and Future King.» aggiunse notando l’uomo alle sue
spalle.
Arthur sapeva del drago, suo padre amava vantarsi con lui di
come lo avesse intrappolato, ma non lo aveva mai visto e non se lo aspettava
così grande. Se avesse voluto avrebbe potuto mangiare entrambi senza
nemmeno aprire completamente la bocca.
«Devo sapere come sconfiggere un Afanc.»
disse la ragazza senza troppi giri di parole.
«Sì, immagino ti serva saperlo.» rispose Kilgharrah
avvicinando il viso a lei, gli occhi socchiusi e con una luce che non piaceva
per niente ad Arthur. Quel drago non gliela raccontava giusta.
«Mi aiuterai?» chiese la maga speranzosa, la creatura era la
sua ultima risorsa.
Kilgharrah si allontanò guardando
entrambi gli umani con un ghigno divertito «Affidati agli elementi che sono al
tuo comando.» disse notando compiaciuto le espressioni confuse dei due.
«Agli elementi?» chiese Arthur molto confuso mentre Merlyn chiedeva di dirle in modo esplicito cosa fare.
«Non puoi fare da sola. Tu sei soltanto una faccia della
medaglia.» le spiegò il drago «Arthur è l’altra.» aggiunse creando ancora più
confusione.
«Io non capisco.» disse il principe volendo scaricare la sua
frustrazione sul drago che sembrava tutto fuorché utile.
Merlyn si passò una mano sul viso,
stanca «Dicci solamente cosa dobbiamo fare.» disse con tono supplichevole, un
piccolo cerchio alla testa che andava formandosi.
Kilgharrah si alzò dispiegando le
ali, uno sguardo divertito mentre prendeva il volo «L’ho fatto!» ebbe il
coraggio di dire prima di volare via, lasciando le due facce della medaglia da
sole.
Arthur guardò la moglie molto confuso, insicuro se farle
notare o meno l’inutilità estrema del drago.
«La prossima volta che ti dico di voler scendere qua giù
fermami, è inutile parlare con quel lucertolone!» urlò sperando che il
drago la sentisse. Era veramente insopportabile, l’aveva portata via dalla sua
tranquilla vita ad Ealdor per poi non darle una mano
nel momento del bisogno! Incommentabile, veramente, Merlyn
voleva imparare qualche maledizione solo per lanciarla sul drago.
Il principe le circondò le spalle con un braccio, un sorriso
incerto sul volto mentre la guidava verso l’uscita della caverna «Sono sicuro
che riusciremo a trovare una soluzione.» la rassicurò mentendo spudoratamente.
Tornarono nelle stanze del principe, ormai era notte fonda e
la stanchezza della giornata si faceva sentire sempre più prepotente. La maga
sbadigliò rumorosamente sedendosi a tavola, i gomiti posati sul tavolo mentre i
palmi delle mani erano piene della sua faccia. Doveva aspettare il cambio delle
guardie prima che potesse andare nella torre.
Arthur si tolse la tunica, pronto per andare a letto, ma
prima voleva chiarire delle cose.
«Scusami, per ieri, nelle tue stanze.» si scusò nuovamente ricordandosi
tristemente dell’espressione impaurita della ragazza dopo che aveva provato a
toccarle il petto.
Merlyn si girò a guardarlo, gli
occhi scesero per un secondo verso il basso, a guardare i pettorali definiti
dell’uomo prima di tornare sul suo viso «Non c’è nulla di cui scusarsi.»
rispose cercando di sopprimere uno sbadiglio.
«Invece sì.» rispose l’uomo andando verso il camino per
gettare altro legno tra le fiamme, dando le spalle alla ragazza «Era mio
compito proteggerti da qualsiasi male di questo mondo e ho fallito.» disse
guardando le fiamme danzare «E non riuscirò mai a farmi perdonare da te, tra
l’aver mentito sulla mia identità e aver lasciato che Valiant
arrivasse a te ben sapendo quanto fosse pericoloso.» continuò gettando altra
legna, in modo che la fiamma durasse fino al mattino «Ieri non volevo metterti
a disagio toccandoti in quel modo, anzi, sono stato un totale cafone nel non
chiedere il tuo consenso prima di provare qualsiasi cosa.» sospirò
pesantemente, sperando di sentire la moglie perdonarlo per davvero e poter
tornare alla loro relazione di prima. Voleva sentirsi nuovamente come appena
sposato, voleva sposarla davanti agli occhi di tutti e riempirla di regali
degni di una futura regina «Merlyn, per favore…» si
bloccò, la ragazza si era addormentata con la testa contro il tavolo,
l’espressione corrucciata anche nel sonno.
Arthur sorrise dolcemente, avvicinandosi per poterla
prendere tra le braccia e portarla sul suo letto. La sollevò con facilità,
adorando il modo in cui la moglie allacciò quasi automaticamente le braccia
intorno al suo collo.
Ad Ealdor più volte l’aveva dovuta
portare a letto, addormentata vicino a Mordred mentre
gli raccontava una storia.
La posò sopra le lenzuola ed andò a toglierle gli stivali.
Slacciò appena il doppio nodo dei pantaloni per permetterle di dormire meglio,
non provò a sfilarle la tunica, sicuro che sotto non c’era nulla a coprire le
sue nudità e nonostante avesse già visto tutto non voleva che il mattino
dopo si sentisse a disagio per essere stata vista senza il suo consenso.
Infine la coprì con la pesante coperta rossa, riparandola
dal freddo della notte. Si chinò per donarle un bacio sulla fronte, sentendo il
cuore riempirsi come sempre d’amore alla vista della moglie.
Andò a recuperare una tunica per poter dormire sul
pavimento, seduto contro la struttura del suo letto. Aveva dormito in posti ben
peggiori, si ricordò mentre buttava un cuscino a terra per il suo fondoschiena.
Chiuse gli occhi, cullato dal respiro regolare della moglie,
per quella notte non esisteva nessun Afanc.
⸸⸸⸸
Morris adorava Meryln, era come la
sua migliore amica, e non si vergognava di ammettere che aveva una tremenda
cotta per lei, come buona parte della servitù maschile di palazzo. La ragazza
era di una bellezza spettacolare, se prima Morris aveva creduto Lady Morgana la
donna più bella del Regno, Merlyn le aveva certamente
rubato il titolo.
Il ragazzo ovviamente non avrebbe fatto nulla per i suoi
sentimenti, così come tutti gli altri, perché chiunque con un paio d’occhi era
in grado di vedere quanto la ragazza e il principe fossero disgustamenteinnamorati l’uno dell’altra.
Quella mattina, però,
non si aspettava di entrare nelle stanze del principe e vederlo seduto a terra,
la testa piegata in avanti chiaramente addormentato. Morris inarcò un
sopracciglio, perché diamine l’uomo stava dormento seduto? In tutta la sua
carriera da servitore non aveva mai visto un nobile addormentarsi in quel modo,
era una cosa che si aspettava da uno stalliere.
Posò il vassoio sul tavolo, già sorridendo sapendo che tra
poco sarebbe arrivata Merlyn per dargli una mano. Non
ne aveva veramente bisogno, ma se non gli faceva bene agli occhi vedere quella
ragazza sorridergli!
Aprì le tende, lasciando che il Sole illuminasse le stanze
«Sire, un nuovo giorno è arrivato!» annunciò facendo scattare in piedi il
principe, una mano sul pugnale che teneva vicino al letto in caso di possibili assassinei.
Quello che Morris non si aspettava era vedere Merlyn svegliarsi e sedersi tranquillamente sul letto.
Aveva i capelli che sembravano un nido d’uccelli, come se avesse passato tutta
la notte a rigirarsi o… oh, Morris arrossì.
Ovviamente la coppia poteva ingaggiare in attività
matrimoniali, erano sposati! Non c’era da urlare allo scandalo, era nei loro
diritti poter passare la notte a fare l’amore e magari donare un erede a
Camelot.
«Scusatemi, non sapevo che…» si bloccò, insicuro su cosa
dire.
Merlyn si passò i pugni chiusi
sugli occhi, cercando di svegliarsi e Morris dovette distogliere lo sguardo dal
quanto fosse ancora più desiderabile in quello stato. Il servo prese un
profondo respiro, cercando di darsi una calmata e di non immaginare la coppia
reale fare l’amore, mentre Arthur molto sbrigativamente tirava le tende da
letto, oscurandogli la vista sulla ragazza.
«Morris, puoi andare, hai la mattina libera.» gli disse
praticamente trascinandolo verso la porta, imbarazzato per essersi fatto
trovare con una donna nel letto, poco importava che fosse sua moglie!
Il servitore non osò nemmeno ribattere, doveva assolutamente
tornare a casa sua e occuparsi della reazione che il suo corpo aveva avuto
nell’immaginare Merlyn fare l’amore con il principe.
⸸⸸⸸
Dopo aver fatto una piuttosto imbarazzante colazione la
coppia si divise. Arthur diretto verso la sala dove avrebbe trovato il padre,
mentre Merlyn sarebbe nuovamente andata a cercare
consiglio da Gaius.
L’uomo era già in piedi e stava studiando ancora una delle
ampolle con l’acqua inquinata.
«Gaius, hai qualche libro sugli
elementi?» chiese mentre aveva già le mani impegnate a cercare tra i vari
volumi presenti nella stanza.
«Quasi in tutti.» rispose l’uomo «Lo studio degli elementi è
il cuore del processo scientifico.» spiegò ricordandole una delle prime lezioni
che avevano tenuto per il suo apprendistato, quasi deluso dalla scarsa memoria
della nipote.
«Ieri sera ho parlato con il drago, mi ha detto che gli
elementi mi aiuteranno a sconfiggere la creatura.» spiegò la maga lasciando
perdere i libri.
Gaius la guardò per un secondo,
non parlavano spesso del drago, ma l’uomo le aveva suggerito di starne alla
larga, consiglio che evidentemente era stato ignorato «L’Afanc
è una creatura fatta di terra e acqua, due dei quattro elementi base.» rispose
sicuro di essere stato più utile del drago.
«Questo ci lascia con fuoco e l’aria!» esclamò la maga
alzandosi in piedi, doveva immediatamente andare alla sorgente! Salutò
velocemente lo zio prima di correre fuori dalle stanze, ma a metà strada si
ricordò dell’altra cosa che Kilgharrah le aveva
detto: aveva bisogno di Arthur, l’altra faccia della moneta.
Velocemente ritornò sui suoi passi e andò a scontrarsi con
niente di meno che Gwaine.
«Merls, che piacere vederti, mi è
mancato il tuo dolce viso.» disse l’uomo sorridendole sincero.
La maga gli sorrise a sua volta «Se il mio piano riuscirà da
domani potremmo ricominciare a vederci tutti i giorni!» disse prendendogli una
mano per trascinarlo insieme a lei, meglio in tre che in due.
Insieme trovarono Arthur nelle sue stanze e Merlyn non usò molte parole, al contrario gli ordinò
solamente di seguirla e Arthur lo fece, ricevendo una battuta sull’essere un
cane addomesticato da parte di Gwaine, ma lo ignorò.
I tre insieme si ritrovarono nuovamente alla porta che
portava alla sorgente dell’acqua per Camelot. Gwaine
e Arthur accesero le torce e insieme iniziarono a scendere la lunga gradinata
con Merlyn posizionata tra di loro.
Arrivarono alla fonte e Arthur si affacciò per cercare di
attirare la creatura fuori dall’acqua, ma non sembrava esserci nulla. Corrugò
la fronte, confuso, il giorno prima era lì, non era possibile che fosse andato
via di sua spontanea volontà.
«Attento a non innamorarti del tuo riflesso.» gli disse Gwaine non essendo proprio a conoscenza di quello che
stavano cercando. Aveva ciecamente seguito Merlyn,
come sempre, senza fare domande e felice di poter far parte di un’avventura
come ai vecchi tempi. Ah, come lo avrebbe sbattuto sulle facce di Lancelot e
Parsifal!
Merlyn si avvicinò al marito e
prima di poter essere fermata infilò una mano nell’acqua, sperando di
spaventare la bestia, ma non successe nulla «Strano.» commentò proprio quando
sentirono Gwaine esclamare sorpreso e spaventato.
Alle loro spalle c’era l’Afanc e
sembrava più grande del giorno precedente. I tre si separarono, bloccando le
tre diverse uscite per intrappolare la creatura. L’Afanc
aprì la bocca, rivelando diverse file di denti aguzzi e urlò muovendosi verso Gwaine.
«Usa la torcia!» gli ordinò Merlyn
e il cavaliere usò la fiamma per allontanare il mostro argilloso.
Gwaine continuò a sbandierare la
torcia contro il mostro fino a metterlo con le spalle al muro mentre Arthur si
posizionava davanti a Merlyn in attesa di ordini.
«Pronto?» gli domandò mentre pensava all’incantesimo da
usare, il marito annuì, era pronto a porre fine a quella pandemia che aveva
colpito il suo popolo.
Usando la magia richiamò l’aria che viaggiava tra i tunnel e
la fece incontrare con la fiamma della torcia di Arthur.
«Gwaine, spostati!» ordinò il
principe guardando la fiamma avvicinarsi pericolosamente verso il loro amico.
Il cavaliere nemmeno si girò a guardare, fidandosi
ciecamente dell’avvertimento, e con poca grazia si buttò a terra di lato,
osservando meravigliato e disgustato la creatura venire data alle fiamme.
Quando l’Afanc divenne solamente
poltiglia fangosa i tre si riunirono per un abbraccio vittorioso.
«Mi mancava questa adrenalina.» commentò il cavaliere con il
cuore che batteva a mille. Non vedeva l’ora di tornare nelle sue stanze e
raccontare tutto a Parsifal.
Merlyn rise, contenta che quella
maledizione fosse finita. Improvvisamente sentirono il rumore dell’acqua e si
girarono verso la sorgente. Arthur non seppe come, ma dalla fonte venne come
sputato fuori un guscio rotto, finendogli perfettamente tra le mani.
La maga lo guardò, osservando immediatamente i simboli sopra
di esso «Forse dovremmo portarlo da Gaius.» disse
confusa. Perché mai l’acqua avrebbe dovuto darle quella cosa? Non aveva senso,
ma d’altronde tutta la sua vita sembrava un romanzo dalla trama confusa e
impossibile.
Arthur annuì, sentendo una strana sensazione alla bocca
dello stomaco, sembrava un messaggio, come se i guai fossero appena iniziati.
⸸⸸⸸
Gaius non voleva turbare il re, ma
quando Merlyn gli aveva portato quel guscio sapeva
esattamente chi avesse tentato di porre fine a Camelot ed era suo dovere
avvertire Uther.
Dirlo a Merlyn risultò ancora più
difficile, la ragazza era sorridente, contenta di poter riavere il figlio tra
le braccia dopo averlo dovuto lasciare con Morgana per ben quattro giorni.
L’anziano sapeva di dover avvertire la nipote, conosceva
bene Nimueh e sapeva che avrebbe attaccato di nuovo e
aveva bisogno di sapere che Merlyn sarebbe stata
attenta e pronta a difendersi.
«Tranquillo, Gaius, sono pronta a
proteggere Camelot da chiunque.» lo rassicurò mentre giocava con i capelli di Mordred.
Era pronta, chiunque fosse questa Nimueh
non avrebbe mai vinto contro di lei.