A True Raven Story: la pietra filosofale

di The_Real_W
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: L'espresso per Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il primo incontro ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Arrivo al castello ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Lo Smistamento ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5:La Dama Grigia ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il cane a tre teste ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Frustrazioni ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Emozioni represse ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Doveri da Prefetto ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Interessi particolori ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Nell'ufficio del preside ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Halloween ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Legami ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: Bloccare un troll di montagna ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: Il giorno di Natale ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Il potere dello specchio ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: Rientro ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: Sviluppi inaspettati ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19: Conseguenze ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20: Gli esami di fine anno ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21: È questa sera ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22: Le prove ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23: Pericolo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: L'espresso per Hogwarts ***


Il binario nove e tre quarti, dapprima silenzioso, iniziava a riempirsi del vociare di studenti e genitori. La partenza era fissata per le undici in punto, ma mancava ancora mezz'ora ed Eija guardava fuori dal finestrino con la testa sostenuta dal braccio sinistro infossato nel sedile foderato in morbida pelle nera, gli occhi spenti, persi nel vuoto, annoiati e la gamba destra che oscillava avanti e indietro picchiettando contro il suo baule infilato sotto al sedile, ma senza toccare per terra.

Toc. Toc.

Era stato Albus Silente, un vecchio mago con una lunga barba argentea, gli occhiali a mezza luna e il naso adunco, ad accompagnarlo al binario; gli aveva consegnato la scatola nera rettangolare in cui era riposta la sua bacchetta magica, acquistata molti mesi avanti, e lo aveva salutato. Eija lo aveva guardato sparire via in un istante. La smaterializzazione (come l'aveva chiamata Silente) lo affascinava, nonostante il giorno in cui era stato portato a Diagon Alley, proprio lo stesso giorno in cui aveva scoperto di essere un mago, fosse stato male dopo averla provata sulla sua pelle; tuttavia il vecchio mago gli aveva fatto i complimenti per non aver vomitato, cosa che sembrava succedere a molti la prima volta. Silente gli aveva spiegato che la materializzazione era uno dei "mezzi di trasporto" principali dei maghi insieme alle passaporte, ai manici di scopa e alla polvere volante (il cui nome può trarre in inganno dal momento che si usa per muoversi fra i camini della metropolvere e non per volare effettivamente), inoltre erano in programma dei corsi per apprendere la materializzazione durante il sesto anno in modo che quando tutti avessero compiuto diciassette anni, età in cui eri riconosciuto come adulto nel mondo magico, sarebbero stati in grado di eseguirla correttamente e ottenere la licenza dal Ministero della Magia, ovvero l'istituzione che si occupava di controllare il mondo magico inglese guidata dal Ministro Cornelius Caramel: l'uomo da cui era andato Silente e il motivo per cui era arrivato al binario così tanto in anticipo.

Toc. Toc.

Nell'attesa di partire aveva finito di leggere per la terza volta il libro Storia di Hogwarts che ora gli riposava in grembo chiuso mentre il ragazzo guardava fuori dal finestrino. La fiumana di persone sul binario gli ricordava la giornata di "visita" all'orfanotrofio in cui tutti dovevano essere perfetti per l'arrivo dell'orda di potenziali genitori e donatori volontari. Gli era sempre sembrata una sfilata di un circo o di uno zoo in cui i turisti guardavano non animali, bensì bambini lavati a forza con l'acqua fredda, vestiti con abiti vecchi di almeno un decennio, truccati rigorosamente dalla direttrice per nascondere il pallore della leggera malnutrizione e soprattutto fermi immobili, in riga, senza parlare, senza giocare, senza quasi respirare per tutto il tempo in cui i cosiddetti "adulti" bevevano, ridevano e si stravaccavano sulle poltroncine in velluto preparate apposta per l'occasione. Eija odiava l'orfanotrofio e, quando Silente gli aveva detto che sarebbe andato in una scuola di magia per nove mesi all'anno per i successivi sette anni, per la prima volta in vita sua aveva provato gioia, sollievo e liberazione. Poco male che sarebbe dovuto tornare per l'estate e che non avrebbe evitato la giornata di "visita" anche l'anno prossimo, nove mesi lontano da quello schifo di posto erano il massimo. Un luogo nuovo... nessuno che lo conosceva... magari sarebbe riuscito a farsi anche un amico. E poi, poteva usare la magia!

Toc. Toc.

Nella sua memoria c'erano dei ricordi strani: una volta, per esempio, stava leggendo un libro che era stato dimenticato su uno dei tavoli del refettorio durante il suo turno di pulizia e alcuni bambini più grandi avevano iniziato a fargli i dispetti. Fin dalla nascita Eija aveva un udito molto sviluppato e non sopportava i rumori forti. I bulli lo sapevano e la loro attività preferita era diventata urlargli nelle orecchie a tradimento. Per quanto Eija fosse un ragazzino paziente, quello era davvero troppo da sopportare e la rabbia cresceva dentro di lui, una rabbia che proveniva dal basso, dalle viscere. Quel giorno lo avevano già tormentato più del solito, il silenzio era l'unica cosa che desiderava... e la ottenne. Tutti i ragazzini avevano improvvisamente perso la voce: le loro bocche si aprivano, ma non usciva alcun suono. Nel refettorio era calato il silenzio.

Toc. Toc.

Dopo questo e una piccola serie di altri avvenimenti strani non stupisce che aveva creduto subito al professor Silente, la sua voglia di uscire da quel buco di orfanotrofio era così grande che aveva chiesto di essere portato a comprare il materiale scolastico il giorno stesso. Il vecchio mago lo aveva sorpreso acconsentendo e i due si erano smaterializzati insieme. Girarono tutta Diagon Alley e comprarono anche la bacchetta che il professore aveva cortesemente custodito per lui fino al giorno della partenza per motivi di sicurezza e per non rischiare che altri la rompessero credendolo un giocattolo.

Toc.

Il signor Olivander gli era sembrato un tipo curioso, i due si erano fissati negli occhi per un lungo tempo prima che Silente richiamasse la sua attenzione. Il venditore di bacchette sembrava molto sorpreso dal gioco di sguardi a suo dire insolito per un ragazzino di 11 anni, ma aveva proceduto alle misurazioni senza perdere altro tempo e dopo molti tentativi aveva trovato la bacchetta giusta: legno di Faggio e crine di unicorno, 9.1 pollici, sorprendentemente flessibile.

Toc.

Eija l'aveva riconosciuta per lo strano calore che dal braccio si era diffuso in tutto il suo corpo, era una sensazione strana e indescrivibile, se l'avesse tradotta in parole, non sarebbe stata molto diversa dalla frase: "Prendimi, mi fido di te".

Toc.

Mise da parte il libro e si alzò in piedi stiracchiandosi, poi aprì il baule in fretta e ne estrasse la scatola che conteneva la bacchetta. Aveva letto più volte tutti i libri del primo anno nei mesi passati e ricordava a memoria gli incanti e i movimenti da compiere per ogni incantesimo, così come gli effetti e i vari dettagli secondari; puntò la bacchetta contro al sedile di fronte e fece due bei respiri profondi. Nel mondo magico c'era una legge che vietava l'utilizzo della magia da parte dei minori di diciassette anni al di fuori del territorio scolastico di cui facevano parte anche l'espresso e il binario nove e tre quarti. Chi infrangeva la legge rischiava l'espulsione dalla scuola di magia e stregoneria, ma Eija aveva letto Storia di Hogwarts ed era a conoscenza delle regole, pertanto era sicuro di poter provare tutti gli incantesimi che voleva, quante volte voleva.

"Lumos" sussurrò.

La punta della sua bacchetta emise una luce azzurrina debole, ma sostenuta. Era come se un sesto senso rimasto sopito dentro di lui per undici anni fosse tornato a funzionare, appena scoperto, ma famigliare, lo sentiva suo e l'intensità della luce aumentava man mano che manteneva la magia attiva. Prima che la luce attirasse l'attenzione delle persone fuori, però, la spense mormorando "Nox" e decise di passare all'incanto di levitazione puntando la bacchetta contro il coperchio della scatola nera appoggiata sul sedile di fronte. Le indicazioni del libro di testo erano molto precise, infatti recitava: agitare e flettere il polso mentre si pronuncia l'incantesimo.

"Wingardium Leviosa!"

Il coperchio non si mosse di un millimetro.

Ripassò nella sua mente tutte le istruzioni e riprovò, ma la scatola rimase ferma. Eija era perplesso: il movimento era giusto, lo aveva eseguito esattamente come era descritto, senza errori.

Forse lo sto dicendo sbagliato.

Pensò.

Provò a variare la posizione degli accenti diverse volte, e diede spazio ad almeno due tentativi per ogni variazione. Non ci volle molto per trovare la combinazione corretta e non appena ebbe eseguito l'incantesimo, il coperchio della scatola cominciò a vibrare e lentamente a sollevarsi dal sedile di qualche centimetro, per poi ricadere di colpo a causa della perdita di concentrazione data dalla sorpresa.

Devo imparare a controllare meglio la discesa.

Pensò con un mezzo sorriso sul volto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il primo incontro ***


Mentre tentava di far salire la scatola fino al portabagagli superiore, la porta dello scompartimento si aprì e un ragazzo dal faccione tondo con un rospo in mano entrò: aveva gli occhi tutti gonfi e arrossati dal pianto.

"È libero questo posto?" chiese con voce tremante.

A causa della distrazione il coperchio era caduto sul sedile ed era rimbalzato per terra.

"Sì, è libero" rispose Eija.

Il ragazzo trascinò nello scompartimento il suo baule, lo incastrò sotto al sedile e si accasciò su di esso esausto e con il respiro affaticato.

"Stai bene?"

"Sì, sto bene. Mi chiamo Neville Paciock"

"Io sono Eija Tarakovi"

"Stavi facendo incantesimi?"

"Sì, stavo provando l'incantesimo di levitazione: è nel programma del primo anno" spiegò Eija.

"E ci sei riuscito?" domandò incredulo Neville.

In tutta risposta Eija puntò la bacchetta verso il coperchio nero che stava ancora a terra e pronunciò l'incantesimo. L'oggetto si alzò piano piano in aria e il ragazzo lo prese al volo. Neville batté le mani meravigliato mentre il rospo riposava tranquillo sulle sue gambe, sembrava che ogni traccia di tristezza fosse svanita dal suo viso.

"Vuoi provare anche tu?" chiese Eija passandosi una mano nei riccioli neri, imbarazzato.

"Oh no, io non ne sarei capace. Spero di fare bene in classe così mia nonna non mi tirerà le orecchie. Sai, all'inizio lei e gli altri miei parenti credevano che non fossi un mago."

"Ma se tu non fossi un mago non saresti qui, no?"

"Infatti l'hanno capito quando mio zio Algie mi ha gettato dal secondo piano e non mi sono fatto niente."

"... tuo zio ti ha gettato dal secondo piano?" Eija era sbalordito.

"Avevo otto anni, non è stato molto bello, avevo molta paura."

Non sapendo cosa dire, Eija lasciò continuare Neville. Si immaginò un mago con le fattezze di Albus Silente che lo sollevava e lo lasciava cadere giù dal tetto dell'orfanotrofio, ma scartò subito l'idea. Il preside gli era sembrato una persona educata e tranquilla, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non poteva essere quella la normalità nel mondo magico.

"In realtà la cosa che vorrei di più è essere smistato in Grifondoro, però non sono molto coraggioso e quindi non so se mi prenderanno. Non so nemmeno cosa bisogna fare per essere scelti".

Eija si sedette di nuovo sul sedile e mise via la bacchetta con cura.

"Tu sei cresciuto con la magia?" domandò curioso cambiando discorso.

"Vivo con mia nonna, lei è una strega"

"Quindi saprai tante cose riguardo alla scuola e agli incantesimi"

"In realtà non so molto. Conosco un po' di maghi famosi, ma non ho mai fatto magie. Non ci è permesso"

"Fino al compimento dei diciassette anni"

"Esatto" annuì Neville. "Di solito quando compi undici anni, arriva la lettera per Hogwarts e studi lì la magia. Perché me lo chiedi? Sei figlio di babbani?"

Dopo un attimo di silenzio Eija rispose "...non lo so"

"Non lo sai? Com'è possibile?" chiese raddrizzandosi sul sedile.

"Io vivevo in un orfanotrofio"

Neville lo fissò come se avesse detto qualcosa in un'altra lingua.

"Un... cosa?"

"Non sai cos'è un orfanotrofio?"

Il ragazzino scosse la testa.

"È un posto in cui vivono i bambini che non hanno i genitori o altri parenti" spiegò Eija.

"E vivete lì da soli?"

"No, siamo sempre controllati e ci fanno fare ogni genere di lavori: lavare, cucinare, sistemare e poi ci mettono in punizione senza motivo"

"Sembra molto brutto"

"Fidati, lo è"

"E non usano la magia?"

"No, è un orfanotrofio... babbano da quello che ho capito"

Il treno lanciò un fischio e iniziò a muoversi mentre in lontananza una campana suonava undici rintocchi. Neville afferrò il suo rospo che stava per cadere causa dello scossone della partenza.

"Quindi hai ricevuto la lettera il giorno del tuo compleanno?" chiese Eija.

"Sì. Tu no?"

"No, un paio di settimane dopo il mio compleanno è venuto il professor Silente a consegnarmela di persona e mi ha anche portato a Diagon Alley a comprare tutto il materiale scolastico"

Neville rimase a bocca aperta.

"Hai incontrato Albus Silente?"

"Sì, mi ha spiegato lui che ero un mago e che sarei venuto a Hogwarts. Se non avesse parlato lui con la direttrice, non mi avrebbero mai fatto uscire dall'orfanotrofio"

Sarebbe stata una bugia dire che non aveva colto l'importanza della figura del preside nella comunità magica, infatti quando era stato a Diagon Alley, sebbene ci fossero poche persone per strada, moltissimi avevano riconosciuto e fermato il vecchio mago per salutarlo, per fargli i complimenti sui suoi successi lavorativi o ancora per chiedere come si stessero comportando i figli a Hogwarts. Silente aveva degnato tutti di un sorriso e di una buona parola, ma Eija aveva capito che avrebbe preferito non essere disturbato.

"Silente è un mago famosissimo, per mia nonna è il più grande mago del mondo. In passato ha sconfitto Grindelwald in duello ed è l'unico di cui Tu-Sai-Chi ha mai avuto paura" disse Neville agitando le mani.

"Entrambi i nomi sono nel libro di storia della magia che ho letto, cosa mi sai dire di loro?" "Erano maghi oscuri e malvagi: su Grindelwald non so molto, ma Tu-Sai-Chi è caduto da poco. Mia nonna mi ha raccontato come è andata"

Eija si sporse in avanti attento.

"Tu-Sai-Chi aveva messo su un esercito di maghi e creature oscure e aveva dichiarato guerra al mondo magico, però una sera di dieci anni fa era andato a uccidere i Potter, una famiglia che l'aveva sfidato molte volte e che aveva un figlio piccolo chiamato Harry. Riuscì ad ammazzare i genitori, ma quando usò la maledizione che uccide sul bambino, successe l'impensabile"

"Il bambino è sopravvissuto"

"Esatto. E Tu-Sai-Chi è scomparso"

"Anche Harry Potter è in un libro che ho letto. È l'unico che è riuscito a sopravvivere a quella maledizione, giusto?"

"Sì. Tutti lo conoscono, addirittura c'è chi scrive racconti per bambini su di lui"

"Senti Neville, in tutti i libri che ho letto quel mago oscuro viene sempre chiamato Tu-Sai-Chi, Signore Oscuro o Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ma qual è il suo nome? Perché nessuno vuole dirlo?"

"Perché la gente ha paura, per questo non vogliono dire il suo nome. Come dice mia nonna, la guerra è finita solo dieci anni fa e i ricordi sono ancora vivi nella mente delle persone".

"Ho capito. Raccontami di più."

 

Continuarono a parlare per molto tempo ed era quasi la mezza quando furono interrotti dalla porta dello scompartimento che si apriva e dalla faccia di una donna sorridente.

"Qualcosa dal carrello, cari?"

Eija non aveva soldi con sé e scosse la testa. Silente gli aveva detto che la scuola copriva i costi del materiale e dell'alloggio, al ragazzo era sembrato molto strano: era abituato a vedere gli adulti girare attorno ai soldi come le api attorno ai fiori. Una volta all'orfanotrofio un signore corpulento aveva esclamato "I soldi sono il motore del mondo!" e aveva tirato una risata così grassa e fragorosa che il solo ripensarci gli faceva accapponare la pelle. Anche la direttrice li ammoniva di continuo sul non toccare niente che non fosse in refettorio o nelle camere da letto perché se un bambino avesse rotto qualcosa di valore, come un soprammobile o un vaso da fiori azzurro, lei avrebbe dovuto pagare per ricomprarla e si lamentava sempre su come non ci fossero mai abbastanza fondi per mandare avanti la baracca; quando poi il suo ufficio e il suo alloggio erano quasi lussuosi. Il piccolo Tarakovi aveva capito nei primi anni di vita che i soldi controllavano le persone molto più di quanto fossero le persone a controllare i soldi, ma quando aveva provato a chiedere spiegazioni al professore, questo gli era sembrato vago.

Storia moderna della Magia non era nel programma di Hogwarts e Silente gli aveva regalato quel libro dopo aver visto che ne stava leggendo la copertina al Ghirigoro: il negozio di libri più fornito di Diagon Alley. A ricevere un trattamento di favore simile, si era sentito a disagio, ma non aveva insistito ancora perché sentiva che il vecchio mago non gli avrebbe dato una risposta.

Abituato a stare a stomaco vuoto, il carrello stracolmo di dolciumi non gli faceva tanta gola, anche perché quelle pochissime volte che aveva mangiato dei pasticcini non gli erano piaciuti per niente. Neville, d'altro canto, era perso a guardare la montagna di dolci con gli occhi che brillavano e alla fine prese un pacchetto di caramelle.

"Cosa sono?" gli domandò Eija dopo che l'amico ebbe pagato.

Lui se ne mise in bocca una.

"Gelatine Tuttigusti+1. Sono gelatine a tutti i gusti, ma proprio tutti i gusti. Ci sono quelli classici tipo fragola, cioccolato e ci sono anche quelli più strani come..."

Improvvisamente strabuzzò gli occhi.

"Vomito" sibilò a denti stretti. "Mi sento male!"

In un attimo si alzò in piedi, afferrò il suo rospo, inciampò e sparì barcollando fuori dallo scompartimento; la porta si richiuse dietro di lui a rallentatore. Eija guardò il pacchetto rimasto aperto, un po' del contenuto era fuoriuscito e le gelatine si erano sparpagliate sul sedile vuoto.

Io quelle non le mangio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Arrivo al castello ***


Neville era un ragazzo simpatico e un chiacchierone. Aveva raccontato che sua nonna Augusta gli metteva molta pressione perché voleva vedere il nipote finire nella stessa casa del resto della famiglia (a quanto pare quasi tutti i Paciock erano Grifondoro da qualche generazione), ma Eija non aveva capito l'importanza di entrare in una casa specifica. Avendo letto Storia di Hogwarts, conosceva le quattro case e sapeva anche le qualità esaltate da ciascuna di essa, eppure, ragionandoci sopra, non si sentiva né ambizioso, né intelligente e anche il coraggio e la lealtà erano un'incognita dal momento che non aveva mai avuto un vero obiettivo da raggiungere o delle persone con delle aspettative nei suoi confronti. In orfanotrofio non c'era molto da fare e non aveva nessun amico: i bambini erano tutti frignoni o pestiferi, non gli piaceva nessuno e agli altri non piaceva lui. Gli adulti non erano poi tanto diversi: non lo trattavano da persona, ma da essere inferiore. Se provavi a parlare con loro, ti ignoravano oppure ti rispondevano con frasi sbrigative tipo "sei un bambino, che ne vuoi sapere" o anche "quando sarai più grande capirai". Se non avesse trovato una specie di passaggio segreto (uno spazio angusto fra due pareti portanti, residuo di un architettura antica e accessibile dalla bocca di un montacarichi in disuso) che portava alla piccola biblioteca privata della direttrice dell'orfanotrofio, sarebbe stato quasi impossibile sopravvivere per tutto quel tempo. A pensarci bene, Neville poteva essere il suo primo amico: avevano chiacchierato fino a quel momento, si era trovato bene e non si era sentito giudicato né con lo sguardo, né con le parole. Sarebbe stato bello finire nella stessa casa, già si vedeva insieme a lui a ridere, giocare, scherzare e se avessero avuto problemi con le lezioni, si sarebbero aiutati a vicenda, così poi avrebbero avuto più tempo libero da passare insieme; tuttavia in nessun libro che aveva letto era scritto come avveniva la selezione delle case. Aveva immaginato che avrebbero fatto delle domande o che avrebbero organizzato una piccola prova da superare, non credeva che avrebbero lasciato usare la bacchetta visto che si andava apposta a scuola per imparare a fare magie. Magari era tutto molto più semplice e li avrebbero fatti scegliere... Mentre rimuginava, iniziava a sentirsi un po' nervoso.

 

Era passato diverso tempo e Neville non era tornato. Eija aveva indossato l'uniforme e ora batteva il dito su Storia moderna della Magia mentre ripercorreva uno dei suoi passaggi preferiti. Si stava preoccupando ed era indeciso se uscire a cercarlo, dopotutto il suo baule e le sue strane caramelle erano ancora lì, quindi sarebbe tornato prima o poi. Il sole era quasi calato e le luci interne allo scompartimento erano accese da diversi minuti quando la porta si aprì rivelando una ragazzina che non aveva mai visto: aveva i capelli folti e bruni e i denti davanti un po' grandi, dietro di lei c'era il povero Neville in lacrime.

"Neville!" esclamò non appena lo vide. "Dov'eri finito? Mi stavo preoccupando!"

Notò che non aveva più il rospo tra le mani.

"Hai perso il tuo rospo?"

Lui tirò su col naso.

"Sì, Oscar scappa sempre. Oggi è la terza volta che succede"

"Mi dispiace... ho letto che le creature magiche sono molto intelligenti, forse è rimasto sul treno" disse Eija.

"È esattamente quello che ho detto anche io quando ci siamo incontrati. Una volta arrivati a Hogwarts, potremo chiedere a un professore di aiutarci." puntualizzò la ragazzina.

"Hai aiutato tu a cercarlo?"

"Sì, abbiamo guardato in tutte le carrozze e abbiamo chiesto anche ai prefetti, ma non lo abbiamo trovato. Stavi leggendo Storia moderna della Magia?" chiese con interesse indicando il libro che Eija teneva in mano.

"Lo rileggevo per passare il tempo. L'hai letto anche tu?"

"Sì, due volte per la precisione, ma non solo quello. I libri di testo del primo anno li ho memorizzati tutti e ho letto molte cose sul mondo magico, visto che Hogwarts è una scuola prestigiosa, volevo arrivare preparata." poi si rivolse a Neville "Dovresti cambiarti ora, non dovrebbe mancare molto. Comunque io sono Hermione Granger"

"Eija Tarakovi"

I due si strinsero la mano.

"Sai già in che casa vorresti andare? Da quello che ho sentito Grifondoro e Corvonero sono le migliori e le materie che mi ispirano di più sono Trasfigurazione e Incantesimi." disse la ragazza.

"Incantesimi sembra molto interessante. Poco fa ho provato l'incantesimo di levitazione e quello illuminante e mi sono riusciti entrambi."

"Anche io ho provato degli incantesimi prima e anche a me sono riusciti tutti."

Eija era rimasto piacevolmente stupito da Hermione. Non aveva mai conosciuto nessuno così tanto vivace, sveglio e loquace, e per di più che parlasse con lui. Sarebbe andato avanti a chiacchierare, ma si accorse degli occhi supplichevoli di Neville che li fissavano pronti a scoppiare di nuovo in lacrime.

"Ti andrebbe di continuare a parlare dopo che Neville si è cambiato?"

La ragazza rimase un attimo spiazzata.

"Sì. Andrò a chiedere al macchinista quanto manca e poi ritornerò qui. A dopo" uscì e chiuse la porta dello scompartimento.

Eija aiutò Neville a infilarsi l'uniforme e riuscì in qualche modo a calmarlo, non doveva essere facile per lui quella situazione proprio il primo giorno di scuola. Eija non aveva mai avuto animali e non ne aveva presi a Diagon Alley in quanto nella lettera era indicato che non erano obbligatori e Silente gli aveva assicurato che avrebbe potuto usare uno dei gufi della scuola, se avesse avuto bisogno di spedire delle lettere. Stavano giusto parlando del sistema postale dei maghi quando Hermione si unì a loro. La ragazza era cresciuta con i babbani, come Eija, per cui anche lei non sapeva praticamente nulla del mondo magico, se non quello che aveva letto nei libri e a giudicare dalla quantità di informazioni che stava fornendo, ne aveva letti davvero tanti. La meraviglia di Eija cresceva più andavano avanti a parlare, non si era mai sentito così bene in vita sua e quando una voce dall'altoparlante annunciò l'arrivo previsto in cinque minuti, si sentì un po' triste che quel bel momento era quasi finito.

Il sole era completamente tramontato e oltre al cono di luce giallo acceso dei lampioni ai lati del binario non si vedeva a un palmo di naso. Una volta scesi dal treno senza bagagli (come da istruzioni della voce sul treno) finirono in mezzo alla folla di studenti e rimasero disorientati.

"Primo anno! Primo anno!" chiamò una voce profonda.

Il proprietario di quella voce lasciò tutti e tre senza parole: era un uomo alto più di tre metri con il faccione barbuto e le mani grosse quasi quanto uno di loro. Intorno a lui erano raggruppati un gruppo di ragazzi tutti dall'espressione un po' persa come la loro, dovevano essere del primo anno. Appena furono radunati tutti, il gigante, che a giudicare dallo scambio che aveva avuto con un ragazzo dai capelli neri poco più avanti si chiamava Hagrid, li fece incamminare per un sentiero buio e stretto ripetendo spesso di muoversi in fila indiana, non spingersi a vicenda e guardare dove si mettevano i piedi. Dopo diversi minuti che camminavano nel buio, le piante si diradarono e si aprì la vista sul lago e tutti rimasero senza parole di fronte a quella vista mozzafiato. Il castello era un'enorme sagoma nera che oscurava una porzione di cielo notturno e le uniche luci provenivano dalla luna, parzialmente coperta dalle nuvole, e le finestre del castello che si riflettevano tremolati sullo specchio d'acqua nera come la pece. Sulla riva del lago erano state ormeggiate delle barche e Hagrid mentre agitava la lanterna che teneva in mano, li invitò a salirci sopra. Eija fece per salire nella barca in cui si erano seduti Hermione, Neville e altri due ragazzi, ma il gigante lo fermò.

"Solo quattro per battello, non di più"

Con un gesto della mano salutò i due e si avviò verso un'altra barca. Poco lontano ce n'era una con un posto libero: era occupata da altri due biondini, un maschio e una femmina, e un ragazzo piuttosto grosso che gli ricordava tanto la figura di un giocatore di rugby che aveva visto in un libro all'orfanotrofio. Quando salì a bordo, il biondino fece per dire qualcosa, ma la ragazza lo interruppe subito.

"Ti ho già detto che con quel maiale di Goyle io non mi siedo. Se proprio vuoi starci appiccicato, trovati un'altra barca!" esclamò acida.

Il ragazzo lanciò un'occhiataccia prima a lei, poi a Eija e si voltò a fissare il castello borbottando qualcosa fra sé e sé. Le barche cominciarono a muoversi trascinate da una forza invisibile, l'unico suono era quello dell'acqua che veniva sferzata perché tutti quanti erano in silenzio a fissare meravigliati il castello che diventava sempre più grande.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Lo Smistamento ***


Tutto quello che accadde dai piedi del castello fu un’escalation di gioia, meraviglia e sorpresa. Prima Hagrid che trova in una delle barche Oscar, il rospo di Neville, e glielo restituisce, poi la salita verso il portone di ingresso, poi ancora l’incontro con la professoressa Minerva McGranitt e il suo discorso introduttivo sulle Case, i fantasmi che erano sbucati da una parete e infine la Sala Grande: un’enorme stanza con cinque lunghe tavolate di cui quattro parallele fra loro, disposte per il lungo verso l'entrata, piene di ragazzi in uniforme e l’ultima posizionata sul fondo vicino alle finestre in orizzontale, alla quale erano seduti gli insegnanti. Tutta la sala era illuminata da decine e decine di candele fluttuanti e, alzando lo sguardo, il soffitto era la replica esatta del cielo nero esterno, Eija lo sapeva perché lo aveva letto in Storia di Hogwarts e, mentre ammirava quello spettacolo, non mancò di sorridere al commento di Hermione che sembrava leggergli nel pensiero. La professoressa McGranitt, che li stava guidando, li fece disporre al centro della sala, appoggiò uno sgabello per terra e vi pose sopra un vecchissimo cappello grigio pieno di toppe e cuciture. Nella sala calò subito il silenzio e il cappello, con grande sorpresa di tutti i nuovi arrivati, cominciò a contorcersi su se stesso; uno strappo si aprì a formare una specie di bocca e iniziò cantare.

 

 

La canzone del cappello parlava delle quattro Case e delle varie caratteristiche di ognuna, inoltre chiariva una volta per tutte il mistero dietro alla cerimonia dello Smistamento: avrebbero dovuto indossare il cappello e lui avrebbe guardato nelle loro teste per decidere in quale Casa mandarli. Molti studenti sospirarono di sollievo dopo che il cappello finì di cantare, mentre quelli seduti ai tavoli scoppiarono in un applauso fragoroso ed Eija si portò le mani alle orecchie nel vano tentativo di sopprimere il mal di testa.

 

“Stai bene?” gli sussurrò Hermione intanto che l’applauso calava di intensità.

 

Lui annuì.

 

La McGranitt srotolò una pergamena e cominciò a leggere i loro nomi in ordine alfabetico. Dopo il primo applauso (sopportabile, ma comunque fastidioso per il suo udito) si era capito che la cerimonia aveva uno svolgimento semplice: a turno veniva chiamato uno studente che si andava a sedere sullo sgabello e la strega gli appoggiava il cappello sulla testa, poi, una volta che questo aveva gridato il nome della Casa, lo studente sarebbe andato a sedersi al tavolo corrispondente, quello in cui gli studenti applaudivano. Hannah Abbot, la prima della lista, e Susan Bones, la seconda, finirono entrambe in Tassorosso, Hermione, dopo diverso tempo sotto al cappello, venne messa in Grifondoro e i due biondini con cui aveva condiviso la barca, Daphne Greengrass e Draco Malfoy, finirono a Serpeverde. Anche Neville andò a Grifondoro e poi la professoressa chiamò un nome che fece riempire la sala di mormorii: Harry Potter, il ragazzo che compariva nel libro, lo stesso ragazzo che era sopravvissuto alla maledizione che uccide.

 

“GRIFONDORO!” aveva urlato il cappello parlante dopo un lungo silenzio e l’esplosione proveniente dal tavolo di sinistra fece venire a Eija un bel capogiro. Ebbe giusto il tempo di riprendersi che la McGranitt annunciò il suo nome.

 

“Tarakovi Eija”

 

Avanzò a passo lento fino allo sgabello, ora si sentiva molto più nervoso di quando un ragazzino con i capelli rossi, che doveva ancora essere smistato, aveva ipotizzato che la cerimonia sarebbe stata una prova molto dolorosa da superare. Eija non gli aveva creduto nemmeno per un momento, anche perché il professor Silente gli aveva parlato della scuola e aveva intuito che non gli avrebbero fatto affrontare situazioni pericolose, ma non poteva fare a meno di sentire l’ansia e la paura. Era quel misto di sensazioni che avvertiva quando era messo alla prova durante le lezioni in orfanotrofio o quando sgattaiolava nella biblioteca di nascosto, e poi il mal di testa non aiutava affatto a mantenere la calma. Per di più, entrambi i suoi amici erano finiti nella stessa Casa e dopo i momenti che aveva passato con loro, voleva finire anche lui a Grifondoro. Quando si sedette sullo sgabello tremava come una foglia, la sua mente saltava da un pensiero all’altro, da un’emozione all’altra in un vortice senza fine e il suo respiro si faceva sempre più affannato. La strega non fece nemmeno in tempo ad appoggiare il cappello sui suoi larghi ricci neri che questo urlò.

 

“CORVONERO!”

 

Non reagì immediatamente al grido del cappello, né all'applauso proveniente da uno dei tavoli nella sala e nemmeno alla leggera fitta alle tempie. Il suo sguardo scattò verso Hermione e Neville che stavano chiacchierando con gli altri ragazzi del loro tavolo e poi alla McGranitt.

 

“Non hai sentito il cappello?” disse severa. “Sei stato assegnato a Corvonero, sbrigati ad andare al tavolo.” comandò.

 

Eija si alzò come in trance, tutta la paura era svanita e aveva lasciato posto a uno strano vuoto vagamente familiare, ma molto spiacevole. Mosse qualche passo incerto verso il secondo tavolo da destra, gli altri studenti lo stavano aspettando. Un ragazzo con un leggero accenno di barba gli strinse la mano e lo indirizzò verso uno dei posti liberi. Quando si sedette, avvertì la contrazione dello stomaco e gli occhi puntarono di nuovo ai due ragazzini al tavolo di Grifondoro. Sentì un'ondata di consapevolezza assalirgli le viscere, non aveva avuto nemmeno il tempo di parlare, aveva fatto tutto il cappello. Sentimenti che credeva di aver dimenticato iniziarono a riaffiorare dentro di lui, fra tutti un terribile senso di impotenza, incredulità e abbandono. Nemmeno un'occasione, non aveva avuto nemmeno un'occasione. Da qualche parte dentro di lui però, la cosa non lo sorprendeva: niente amici a cui essere leale, niente obiettivi a cui ambire e non era coraggioso... allora perché farsi tante aspettative?

Mentre si chiudeva in sé stesso a pensare, lo smistamento era terminato e Silente si era alzato in piedi per fare il suo discorso seguito dal silenzio generale. Le parole che il preside pronunciò lo destarono dal suo abisso interiore, il suo tono calmo e leggero lo aiutò a distrarsi e quando il cibo comparve nei piatti dal nulla, non riuscì a trattenere l’appetito e iniziò a mangiare di gusto. Era così concentrato sul cibo che si era dimenticato di essere seduto insieme ad altre persone e alla fine del banchetto era pieno come un uovo. Mai nella sua vita aveva mangiato così tanto, l’orfanotrofio l’aveva abituato ad accontentarsi di un pasto al giorno, a pranzo e a cena davano il minimo indispensabile uguale per tutti e non erano rare le punizioni con annesso digiuno. Era pure insolito che passasse tanto tempo senza che Eija stesso venisse punito dalla direttrice, quella donna provava piacere nel vederlo soffrire. Quando annunciava le sue punizioni si preoccupava sempre di farlo davanti a più persone possibile, con il tono di voce più alto e disgustato che riusciva e soprattutto non muoveva mai un dito quando erano gli altri bambini a prenderlo di mira. Sin da piccolo aveva imparato come evitare situazioni scomode, ma dentro di lui c’era sempre una parte debole, una parte estremamente fragile che rischiava di rompersi ogni volta che veniva umiliato in quel modo e quando guardava di tanto in tanto il tavolo di Grifondoro si sentiva proprio come se fosse appena stato punito. Voleva parlare con il cappello, voleva capire perché era andata così, perché si vergognava così tanto di essere finito a Corvonero e perché si sentiva così tanto deluso da sé stesso. Forse, se avesse chiesto alla McGranitt o a Silente, loro gli avrebbero permesso di cambiare casa, ma la sua mente scacciò immediatamente quel pensiero. La professoressa li aveva avvertiti prima dello Smistamento: “Per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia” aveva detto, quindi non c’era niente che potesse fare. Per i successivi sette anni quella sarebbe stata la sua Casa, che gli fosse piaciuto oppure no.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5:La Dama Grigia ***


Spostarsi per il castello non era facile, oltre a memorizzare i percorsi, bisognava anche tenere conto del movimento delle scale e del carattere delle porte, alcune non si aprivano nemmeno se le supplicavi, e in tutto ciò era altamente consigliato evitare Pix il poltergeist che si divertiva a mettere nei guai tutti gli studenti che gli capitavano a tiro. Eija aveva quasi perso il gruppo dei Corvonero del primo anno perché si era fermato a osservare uno dei tanti quadri infissi sulle pareti, anche in orfanotrofio c'erano dei quadri, ma questi mostravano un'immagine ferma e soprattutto non parlavano; di primo acchito preferiva quelli di Hogwarts: erano più divertenti e simpatici. Il prefetto che li stava accompagnando alla sala comune aveva consigliato, in caso di smarrimento, di chiedere proprio ai ritratti le indicazioni e non aveva mancato di far notare a tutti il corridoio del terzo piano che Silente aveva detto essere vietato "...a tutti quelli che non desiderano una fine dolorosa". Salirono ogni possibile rampa di scale fino a raggiungere l'ala ovest del castello, poi presero una scala a chiocciola che saliva ripidamente lungo la torre più alta e arrivarono davanti a una porta liscia in legno antico, lucida e senza né maniglie, né serrature, l'unica cosa che sporgeva era un batacchio in bronzo a forma di corvo.

"Per entrare nella sala comune dovrete rispondere all'indovinello posto dal corvo" disse il prefetto avvicinandosi alla porta. "Se sbagliate o se non sapete rispondere, dovrete aspettare che un altro Corvonero arrivi e lo risolva per voi. Per far parlare il corvo è necessario bussare"

Picchiò le nocche contro il legno e subito dopo il batacchio prese vita e gracchiò: "Quante possibilità hai di rispondere correttamente a questa domanda?"

Un bisbiglio generale percorse gli studenti del primo anno, mentre il prefetto li guardava. Si capiva che li avrebbe lasciati rispondere senza intervenire, era una sorta di iniziazione, dovevano abituarsi a pensare in fretta.

"Una sola?" provò una ragazza incerta, ma il corvo non si mosse.

"Una per ogni persona che si trova qui" disse un ragazzino un po' meno titubante, ma anche questa volta il corvo rimase in silenzio.

Sono confuso, questa domanda... aspetta un momento, non ha fatto nessuna domanda!

"Fai la domanda e avrai la risposta" tentò Eija e l'intuizione che aveva avuto si rivelò vincente.

"Esatto!" rispose il corvo.

La porta si aprì rivelando una sala ampia e circolare dal soffitto a cupola con tante finestre ad arco a cui erano appesi drappi di seta blu e bronzo, il soffitto e la moquette blu notte avevano lo stesso tema stellato e alle pareti c'erano moltissime librerie traboccanti di libri. In una nicchia a lato dell'ingresso stava una statua in marmo levigato che raffigurava una donna molto bella con un diadema in testa e da parte a questa c'era un'altra porta, più piccola, che portava ai dormitori. Il prefetto spiegò le regole della sala comune e consigliò caldamente a tutti di andare a dormire presto prima di lasciarli liberi. Eija iniziò a camminare per la sala comune, avere la possibilità di esplorare un posto nuovo e sapere che il suo baule con dentro i vestiti, i libri e tutto il materiale scolastico era già stato sistemato nel suo dormitorio accanto al suo letto lo aveva tranquillizzato un pochino, ma si sentiva ancora addosso tutta la tristezza dello Smistamento. Fece passare il dito sui libri delle librerie, ne sfogliò alcuni, erano tutti molto interessanti e si annotò mentalmente di leggerli il prima possibile, poi iniziò a osservare tutto quello che aveva intorno e alla fine i suoi occhi si posarono sulla statua. Si avvicinò alla base e iniziò a squadrarla dalla testa ai piedi, la donna sembrava restituirgli lo sguardo con un mezzo sorriso canzonatorio sul volto. Sulla testa era stato scolpito una specie di cerchietto sul quale Eija notò una scritta, provò sia ad allontanarsi, sia a salire sul piedistallo, ma a causa dell'altezza e dell'angolazione non riuscì a leggerla. Aveva appena iniziato a pensare a come arrivare lì sopra quando una voce triste proprio accanto a lui lo colse di sorpresa.

"È bella, non è vero?"

Eija si voltò e vide il fantasma di una donna che assomigliava terribilmente alla statua, ma che aveva un'aria triste e rassegnata; tutto, dai suoi capelli al vestito, era di un grigio spento.

"Penso di sì..." rispose insicuro. "Vi assomigliate moltissimo, non è che tu..."

"No, non sono io" lo interruppe il fantasma.

"Oh, capisco. Be', allora mi sarebbe piaciuto conoscerla"

"Perché?" chiese guardandolo in volto.

"Perché sono stato assegnato a questa Casa e non so il motivo. Priscilla Corvonero ha fatto l'incantesimo al Cappello Parlante insieme agli altri tre fondatori, quindi lei saprebbe rispondermi"

"Quindi hai capito che la statua raffigura Priscilla. Perché non volevi essere smistato in Corvonero?"

"Perché per la prima volta ho conosciuto degli amici e avrei voluto stare con loro, sono finiti entrambi a Grifondoro."

"Lo Smistamento non è una prova, non dipende da te. Il Cappello Parlante ti guarda dentro e a seconda di quello che vede, decide. Se ti ha visto in questa Casa, vuol dire che appartieni a questa Casa."

Eija tacque per un momento.

"Come ti chiami?" chiese al fantasma.

"Helena" rispose.

"Piacere di conoscerti, Helena. Io mi chiamo Eija"

Entrambi guardarono la statua in silenzio per qualche minuto.

"Helena, sai dirmi che cos'è quella cosa che la statua ha in testa?" domandò, ma se ne pentì quando vide i suoi occhi passare velocemente alla paura e poi alla rabbia.

"Se non vuoi dirmelo, va bene lo stesso. Ero solo curioso, scusami se ti ho fatto arrabbiare"

"Quello è il diadema perduto di Corvonero" rispose Helena dopo qualche secondo. "Un oggetto che secondo la leggenda, rende molto più intelligente il portatore"

"Diadema perduto?"

"Apparteneva a Priscilla Corvonero, ma dopo la sua morte nessuno ne ha saputo più nulla"

"E che cosa c'è scritto sul diadema, purtroppo non riesco a leggere fin lassù"

"C'è scritto il motto di Priscilla Corvonero: 'Un ingegno smisurato per un mago è un dono grato' "

"Ho letto Storia di Hogwarts, e di lei si parla come di una strega molto intelligente; tra questo, il motto e la leggenda del diadema, non stupisce che abbia fondato la casa proprio su questa virtù. Perché non ti piace parlare del diadema?"

"Molti studenti sono venuti a tormentarmi nel corso degli anni per avere notizie su dove si trovava, volevano tutti usarlo per i loro scopi, si erano lasciati tutti oscurare il giudizio dalla leggenda e dall'avidità" le parole di Helena erano piene di disgusto.

"E perché venivano da te?" insistette.

"Uno dei motivi è che sono il fantasma della Casa di Corvonero, l'altro... dovresti arrivarci."

Eija guardò Helena, poi la statua, poi di nuovo Helena.

"Sei una sua parente? Venivano da te perché pensavano tu sapessi del diadema, e lo pensavano perché sei un fantasma, quindi sei vissuta molto tempo fa, e perché sei imparentata con Priscilla... a pensarci bene non deve essere stato facile, mi dispiace. Ma se sei così triste qui e gli studenti ti tormentano, perché resti? Non saresti più felice altrove?"

Helena scosse la testa.

"Noi fantasmi rispondiamo a regole diverse da voi viventi, il desiderio che ci ha impedito di passare oltre è il nostro eterno esistere e sebbene possiamo provare emozioni proprio come voi, non saremo mai propriamente qualcosa di diverso da quello stato"

"Non credo di capire..."

"Sei un giovane Corvonero, hai tempo per far maturare la tua mente"

"Grazie, sei molto gentile"

Il fantasma si mise davanti a lui e lo fissò dritto negli occhi.

"Lascia che ti dia un consiglio che non ho potuto dare a chi è venuto prima di te: anche coltivare legami al di fuori della Casa di appartenenza è una prova dell'ingegno richiesto da Corvonero. Pensaci, ti auguro una buona notte" e se andò.

Eija rimase solo davanti alla statua e dopo uno sbadiglio, decise di salire ai dormitori. Gli aveva fatto bene parlare con Helena e si sentiva molto meglio, tuttavia non si era accorto delle occhiate e dei bisbigli degli altri studenti più grandi nella sala comune. Alcuni avevano sentito frammenti del loro discorso, altri avevano solo visto da lontano, ma di certo il fatto che un ragazzo del primo anno avesse parlato con la sfuggente Dama Grigia, il fantasma di Corvonero, non era passato inosservato.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Il cane a tre teste ***


Dallo Smistamento erano passate due settimane e nel complesso Eija era soddisfatto. I suoi insegnanti preferiti erano il professor Vitious di Incantesimi, nonché capo della sua casa, e la professoressa McGranitt di Trasfigurazione. Il programma di Difesa contro le Arti Oscure era molto interessante, ma il professor Raptor con il suo balbettare continuo, smorzava parecchio l’entusiasmo, in più la classe puzzava d’aglio. Erbologia invece era il contrario, la professoressa Sprite era un'ottima insegnante, era l'alunno a trovare la materia noiosa. In queste ultime due classi, il biondino con cui aveva condiviso la barca, Draco Malfoy, gli aveva rivolto diversi commenti poco gentili, ma Eija lo aveva ignorato, non voleva avere a che fare con dei prepotenti anche a Hogwarts. Per Pozioni non provava né piacere, né dispiacere, gli riusciva bene e il professor Piton non aveva avuto nulla da ridire nei suoi confronti. Lo stesso però non valeva per gli altri studenti: in quattro lezioni Corvonero aveva perso circa dieci punti e i loro compagni, i Tassorosso, molti di più. La parte pratica delle lezioni consisteva nel preparare una pozione in coppia ed Eija era finito con Lisa Turpin, una ragazza della sua stessa Casa. I due non avevano parlato molto, però la ragazza gli rivolgeva sempre un sorriso grato quando lui la aiutava a seguire le istruzioni complesse senza commettere errori. Sebbene le lezioni di Astronomia il Giovedì a mezzanotte e di Volo su una scopa il Venerdì pomeriggio lo avevano affascinato molto, Storia della Magia si era rivelata una delusione: il professor Rüf, l’unico insegnante fantasma del castello, spiegava in modo monotono e ripetitivo e spesso faceva anche confusione fra gli stessi eventi di cui parlava, se non si fosse seduto vicino a Hermione, avrebbe rischiato di addormentarsi come molti altri. Il primo giorno di scuola, dopo le lezioni, i due si erano incontrati nei corridoi del terzo piano cercando la biblioteca, che da quel momento era diventata il loro “punto di ritrovo”, senza considerare la Sala Grande e le aule delle lezioni che avevano in comune. Infatti, oltre a Storia della Magia e Incantesimi, i Corvonero e i Grifondoro condividevano anche Trasfigurazione. La McGranitt li metteva costantemente in guardia sui pericoli della materia e le sue lezioni erano sempre divise fra teoria e pratica, tuttavia Neville non se la cavava molto bene e avrebbe sicuramente combinato dei disastri, se non si fosse lasciato aiutare da Eija che al contrario non aveva problemi. La professoressa ovviamente si era accorta della cosa e oltre a fargli i complimenti, gli aveva anche dato tre punti per la maturità dimostrata. Anche il suo rapporto con gli altri Corvonero non era male: i suoi compagni di dormitorio, Micheal Corner, Terry Boot e Anthony Goldstein, avevano stretto amicizia fra di loro sin dai primi giorni di scuola e prima di andare a dormire, o durante le lezioni, scambiavano sempre due chiacchiere con lui. Il trio era energico, simpatico e molto affiatato, ma Eija non poteva fare a meno di sentirsi un po’ fuori luogo quando stava in loro compagnia, anche se non lo dava a vedere.

 

Sabato mattina si era svegliato presto e dopo aver fatto colazione, era stato fermato nella Sala d’Ingresso dal fantasma di Grifondoro, Sir Nicholas de Mimsy-Porpington, che aveva sentito delle voci sulla sua conversazione con la Dama Grigia e voleva saperne di più. Eija gli aveva raccontato tutto e un passo dopo l’altro si era ritrovato a girare per il castello mentre Sir Nicholas gli spiegava l’interminabile genealogia dei fantasmi presenti a Hogwarts.

“Helena non parla mai con gli studenti” disse Sir Nicholas attraversando una vecchia colonna in marmo.

“Me l’ha detto, è perché in molti l’hanno tormentata con la leggenda del Diadema perduto” confermò Eija

“A proposito di tormenti, nel castello c'è anche il fantasma di Mirtilla Warren che è apparso più o meno cinquant'anni fa, se la memoria non mi inganna; il senso del tempo inizia a sbiadire quando sei eterno… Sta quasi sempre nel bagno delle ragazze al secondo piano, molti la chiamano, in modo poco educato se mi permetti, con l'epiteto ‘malcontenta’ e sebbene sia alquanto triste e pianga spesso, non mi sembra una buona ragione per dare nomignoli dispregiativi!”

“Nemmeno a me piacciono i nomignoli… ne ha uno anche lei, Sir Nicholas?” chiese Eija curioso.

Il fantasma sospirò: “Devo confessare di sì, a causa della decapitazione riuscita male che mi portato alla morte, la testa mi è rimasta attaccata al collo con un centimetro di pelle. E tutti mi chiamano Nick-quasi-senza-testa” poi si afferrò la testa con la mano trasparente e se la staccò dal collo mostrando quanto detto ed Eija sgranò gli occhi dallo stupore.

“Ahimè! Anche gli altri fantasmi mi prendono in giro per questo”

“Mi dispiace, so come ci si sente a essere presi in giro, non è una bella cosa”

“Non prendertela, ormai ci ho fatto l’abitudine, sono secoli che mi chiamano Nick.”

In quel momento sbucò da dietro un angolo un affannatissimo Neville e non appena vide il suo amico, i suoi occhi si illuminarono e gli corse incontro.

“Eija, eccoti! Ti stavo cercando, devo parlarti”

“Ciao Neville, dammi solo un momento” rispose Eija colto alla sprovvista. “Sir Nicholas la ringrazio per la chiacchierata, mi piacerebbe continuare in un altro momento”

“Ma certo, ragazzo, sono sempre disponibile. Ho tutta l’eternità, dopotutto” e così dicendo fluttuò via.

“Cos’è successo? Non dirmi che sei finito di nuovo in infermeria durante l'ora di Pozioni” scherzò Eija non appena furono rimasti soli.

Il Grifondoro arrossì lievemente.

“Sì, sono finito in infermeria, ma non con Piton” balbettò imbarazzato. “È successo durante la lezione di Volo. Sono caduto dalla scopa e mi sono rotto il polso... ma non volevo parlarti di questo”

Si sedettero sul muretto del porticato che recintava il cortile interno a prendere un po’ di aria fresca.

“Mentre Madama Bumb mi portava in infermeria, Malfoy voleva rubarmi la Ricordella che mi aveva regalato mia nonna...”

“La Ricordella è quell’oggetto che ti ricorda quando hai dimenticato qualcosa, vero?” lo interruppe Eija.

“Sì, esatto.” disse estraendola dalla tasca.

Era una palla di vetro trasparente fredda al tatto e piena di fumo bianco. Eija la prese per osservarla da vicino.

“Se ti scordi qualcosa, il fumo all’interno diventa tutto rosso. Io sono sempre smemorato e mia nonna me ne ha mandata una via gufo. Comunque, Malfoy voleva rubarla e Harry Potter me l'ha recuperata, è persino venuto in infermeria a restituirmela. Purtroppo, però, ho sentito che verrà espulso perché è salito sulla scopa mentre la professoressa non c'era e la McGranitt l'ha beccato”

“Addirittura espulso?” domandò Eija incredulo restituendo la Ricordella all’amico.

“Sì” rispose Neville tristemente. “Mi stava simpatico, non mi tratta male come gli altri, anche se sono un pasticcione. Però è strano che non l’abbiano ancora mandato via”

“Ma sei sicuro che l’abbiano davvero espulso?”

“Madama Bumb aveva detto di sì… Ma non è finita!” proseguì Neville. “Quando sono uscito dall'infermeria era tardi, non sono riuscito a tornare nella Sala Comune e mi sono addormentato sulle scale, e a un certo punto...”

“In che senso ti sei addormentato sulle scale?” esclamò Eija sgranando gli occhi. “Avresti dovuto chiamare un insegnante!”

“No, no, ascoltami” ribatté il suo amico abbassando la voce e controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi. “Sono stato svegliato da Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione, stavano andando nella sala dei trofei per fare un duello con Malfoy, ma abbiamo incontrato Gazza e la sua gatta, così siamo scappati”

“Ron Weasley è il ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini?” domandò Eija anche lui a bassa voce e Neville annuì, stava iniziando a tremare.

“Ci siamo nascosti dietro una porta e dentro alla stanza c'era un gigantesco cane nero a tre teste! Prima che potesse mangiarci però siamo scappati e siamo tornati alla Sala Comune senza neanche guardarci indietro. Hermione ha detto che c'era una botola sotto alle zampe del cane e che quello dove eravamo finiti era il terzo piano, quello in cui Silente ha detto di non andare! Non ho mai avuto tanta paura in vita mia! Ma una cosa è certa, non metterò mai più piede al terzo piano. Però tu non devi dirlo a nessuno, non voglio che gli altri finiscano nei guai”

Eija era senza parole, un gigantesco cane a tre teste che faceva la guardia a una botola. Un’inconsapevole brivido d’eccitazione iniziò a pervaderlo dalla testa ai piedi, il mistero lo intrigava e voleva scoprire subito cos’era quella creatura e cosa si nascondeva sotto ai suoi piedi. Rassicurò Neville sul fatto che non avrebbe fatto la spia agli insegnanti e mentre i due continuavano a chiacchierare, si era fatto venire in mente un piano d’azione: innanzitutto doveva parlare con Hermione e vedere di combinare qualche ricerca sui cani a tre teste, cosa facile visto che molto probabilmente si sarebbero incontrati in biblioteca quello stesso pomeriggio, e poi doveva trovare un modo per parlare con Harry Potter, la storia dell’espulsione non lo aveva convinto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Frustrazioni ***


Tra portarsi avanti con il programma di Incantesimi e Trasfigurazione e la ricerca sulle creature magiche, Eija aveva passato tutto il pomeriggio in biblioteca. Dopo tanti libri sfogliati però, aveva trovato solo una menzione dei cani a tre teste: erano chiamati "Cerberi", erano creature molto pericolose e rare e avevano ispirato numerose leggende anche nel mondo dei babbani. Aveva chiesto a Madama Pince, la bibliotecaria, dove poteva trovare più informazioni, ma lei lo aveva liquidato in fretta negandogli l’accesso ai libri perché “quelli del primo anno non dovrebbero mettere il naso in faccende pericolose dopo due settimane che sono a Hogwarts”. Al ragazzo non era piaciuto il tono della risposta, ma non aveva pensato di cercare i testi per conto suo date le dimensioni della biblioteca e la rarità dell’argomento. Però gli venne un’idea: all'orfanotrofio aveva letto qualcosa sui miti greci e ricordava che il cane a tre teste Cerbero era la guardia degli inferi, se la mitologia babbana era stata influenzata da quelle creature, forse anche quella del mondo magico lo era stata. Se avesse trovato dei libri di mitologia magica, forse avrebbe scoperto qualcosa. Infatti, borbottando contro la bibliotecaria sottovoce, aveva cominciato a passare in rassegna tutte le librerie vicine al suo tavolo e mezz’ora dopo, una pila di dieci libri era pronta per essere sfogliata. Si era immerso così profondamente nella lettura che si destò solo quando sentì la campanella di Madama Pince che annunciava il coprifuoco notturno. Contro ogni aspettativa non aveva trovato nulla ed Hermione non si era fatta viva, il suo umore era molto calato rispetto alla mattina, quando aveva parlato con Neville. Era così frustrato e nervoso che non rimase nemmeno a chiacchierare con i suoi compagni di dormitorio e si infilò sotto le coperte esausto. Non dormì bene e il giorno dopo, quando riprese le sue ricerche sui Cerberi, il suo umore non migliorò, infatti, nonostante avesse letto rapidamente una quindicina di libri, non aveva trovato nulla di utile, e della sua amica non c’era nemmeno l’ombra. Non restava che parlare con Hermione in Sala Grande, eppure passò tutto il tempo del pranzo a guardarla dal tavolo di Corvonero sentendo l'ansia crescere nel suo stomaco. Perché era così difficile? Bastava alzarsi e camminare fino al tavolo, lo aveva già fatto altre volte. Con un piccolo barlume di coraggio, si alzò e iniziò a muovere qualche passo verso l’amica, per poi venire bloccato da tre studenti del primo anno. Con estremo disappunto riconobbe il biondino, Draco Malfoy, e uno dei due energumeni alle sue spalle, Vincent Tiger, mentre l’altro lo aveva visto gironzolare con gli altri Serpeverde, ma non ricordava il nome. Gli pareva che fosse quel Goyle di cui aveva sentito parlare il primo giorno sulla barca.

Ora capisco perché quella ragazza non voleva starci vicino, questo tipo è disgustoso. Ma quello sulla sua spalla è muco?

“Posso aiutarvi?” Chiese Eija con evidente scocciatura.

“Fissi spesso il tavolo di Grifondoro” disse malizioso Draco guardandolo negli occhi. “C’è qualcuno che ti piace? Magari è quel buono a nulla di Paciock, è incredibile che sia figlio di maghi con un talento quasi inesistente...”

“È per questo che mi hai fermato? Per insultare Neville?” Commentò Eija sprezzante.

“Oppure” continuò Malfoy come se non avesse sentito nulla “è qualcun altro, quella Granger per esempio”

I due ragazzi alle sue spalle cominciarono a sghignazzare e a Eija non sfuggì l’accento disgustoso mentre pronunciava il nome dell’amica, il sorriso stampato sul suo volto gli faceva venire il voltastomaco.

“Sì, dev’essere la Granger” riprese Draco. “Non è già successo diverse volte che sei andato a parlarle? Non dirmi che ti sei preso una cotta!”

“Malfoy… lo sai che siamo nella Sala Grande, vero? Ti conviene darti una calmata”

“Ma noi stiamo solo parlando, non è vero ragazzi?”

Tiger e Goyle facevano fatica a trattenersi mentre il capo del trio diventava sempre più irritante e il suo ghigno si allargava sempre di più.

“Tarakovi è un nome che non ho mai sentito dire a mio padre, sei figlio di babbani dunque. Non trovi anche tu che due figli di babbani ‘so-tutto-io’ sono proprio fatti l’uno per l’altra?”

I versi di Tiger e Goyle iniziavano ad attirare l’attenzione di alcuni studenti non più intenti a cenare e chiacchierare ed Eija capì che era il momento di andarsene, passò oltre ai tre per proseguire verso il tavolo di Grifondoro, ma notò subito che Hermione non era più lì.

“Non ti ha aspettato?” disse Malfoy viscido, coperto dal chiacchiericcio della sala.

“Le persone con cui sono amico non sono affari tuoi!” sibilò Eija a denti stretti per poi andarsene dalla Sala Grande seguito dalle risate dei tre Serpeverde.

 

Chiuse la copertina di scatto, niente. Trenta libri sfogliati e non aveva trovato niente. La sua ricerca era un buco nell’acqua. Nei miti dei maghi non c’era traccia dei Cerberi, i libri della biblioteca erano sparpagliati negli scaffali senza un criterio e Madama Pince si era rifiutata di aiutarlo di nuovo. Eija era seduto al solito tavolo della biblioteca e si teneva la testa fra le mani cercando di ordinare i pensieri, tuttavia il fallimento della giornata non era l'unica cosa che lo demoralizzava, anche lo scambio che aveva avuto con Malfoy gli aveva dato parecchio da pensare. Il colpo più pesante al suo umore però lo aveva dato Hermione che non era venuta in biblioteca neanche quel pomeriggio. Era stanco e la fatica della giornata iniziava ad avere la meglio su di lui.

“Ehi, tutto bene?” sussurrò una voce limpida. “Sei rimasto immobile in quella posizione per più di mezz'ora, problemi con i compiti?”

Aprì gli occhi e lentamente si voltò verso la voce. Era stata una ragazza con i capelli lunghi e ricci a parlare, la spilla sulla divisa indicava che era un prefetto e la cravatta blu che apparteneva a Corvonero, la sua faccia poi gli era famigliare e per un momento gli sembrò di vedere preoccupazione nei suoi occhi.

“Non proprio” rispose al sussurro. “Madama Pince non mi vuole dare i libri in cui si parla dei Cerberi, quindi sto cercando di risalire a dei miti magici per trovare qualche informazione”

“I Cerberi? Come ‘Cerbero’ guardiano degli inferi? Il cane a tre teste?” chiese sorpresa.

“Sì proprio lui, quello dei miti greci… sei anche tu, figlia di babbani?” chiese titubante.

La ragazza aveva uno sguardo sorpreso e ammirato, mentre osservava il mucchio di libri sul tavolo organizzato in pile ordinate.

“Sì, lo sono. Anche se sono al quinto anno, non sapevo che i cani a tre teste esistessero veramente e non ho scelto Cura delle Creature Magiche quindi non ti so aiutare nello specifico, però conosco il mito greco in cui se ne parla. Come mai ti interessa?”

“Ecco… mi serve per aiutare un'amica con una ricerca. Comunque, io sono Eija Tarakovi del primo anno”

“Penelope Light, prefetto del quinto” si strinsero la mano.

Penelope gli raccontò che Orfeo per recuperare la sua amata e defunta Euridice era sceso negli inferi e aveva ammaliato tutti quelli che aveva incontrato con la lira, tra cui anche il guardiano degli inferi Cerbero che allo scoccare delle prime note si era addormentato. Al termine del racconto, Penelope si offrì di chiedere i libri a Madama Pince al suo posto, ma Eija la dissuase: aveva insistito abbastanza con la bibliotecaria, non voleva che la ragazza finisse nei guai per colpa sua; aveva l’impressione che quella donna fosse molto più sveglia di quanto non desse a vedere. Siccome erano le sei passate e la stanchezza si faceva sentire, decise di andare in Sala Grande per la cena, tuttavia il suo ritrovato buon umore finì quando Malfoy, Tiger e Goyle gli si pararono davanti per la seconda volta quel giorno.

“Cosa volete ancora? Vorrei andare a mangiare” disse Eija nervoso.

Il corridoio in cui stavano era deserto.

“Oh per quello c'è tempo, perché non vieni prima a farti un giro con noi? Vorrei continuare il discorso di oggi a pranzo”

“Io invece no” rispose secco. “Lasciatemi passare”

“Tiger e Goyle sanno essere molto convincenti” disse Draco sorridendo.

Al cenno della mano di Malfoy, i due iniziarono a muoversi verso di Eija che avvertì un brivido freddo di paura lungo la schiena, Tiger e Goyle erano davvero enormi per la loro età e superavano il Corvonero sia in altezza, sia in larghezza.

“Che state facendo?” chiese con voce acuta arretrando ed estraendo la bacchetta dal mantello.

“Cosa pensi di fare con quella? Sei un nato babbano e non conosci di certo più incantesimi di me. Comunque, dopo che Tiger e Goyle ti avranno preso, non ti servirà a niente” disse Malfoy tra sé e sé.

Il ragazzo chiamato Goyle si stava facendo pericolosamente vicino ed Eija avvertiva molta pressione alle ginocchia mentre arretrava un passo dopo l’altro. Nel momento in cui toccò il freddo muro di pietra del castello però, qualcosa nella sua testa si accese e reagì.

“R-Rictusempra!”

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Emozioni represse ***


Fin dal suo arrivo a Hogwarts Eija aveva capito di essere portato per Incantesimi. Siccome quelli del primo anno gli riuscivano tutti, il Mercoledì pomeriggio di quella settimana era andato nello studio di Vitious e gli aveva chiesto se poteva cominciare a studiare il programma dell’anno successivo per conto suo. Il professore aveva acconsentito con grande entusiasmo solo dopo che Eija gli aveva mostrato tutti gli incantesimi che era in grado di eseguire, intervallati da un sorso di tè, dolciumi vari e qualche discussione teorica che si era rivelata molto stimolante. Quella sera era tornato nella sala comune con una pila di libri più alta di lui e non riuscendo a contenere l’eccitazione, si era messo subito a sfogliarli. Tra le novità lo avevano colpito in particolare i duelli di magia, competizioni fra maghi il cui obiettivo è mettere al tappeto l’avversario solo con l’uso della bacchetta, e nei due giorni successivi aveva cominciato a praticare alcuni incantesimi basici di attacco e difesa sui cuscini del dormitorio mentre era da solo. Molti gli erano riusciti al primo colpo e dopo un po’ di pratica, anche se i risultati non erano perfetti, Eija era soddisfatto: usare la magia lo faceva sentire libero e lo divertiva tanto, soprattutto la parte di sperimentazione. Tuttavia non avrebbe potuto immaginare che avrebbe usato quegli incantesimi contro qualcuno già alla seconda settimana di scuola. Questa volta usare la magia non era stato piacevole, non si era sentito felice o divertito. Stava infrangendo le regole, ma il suo era stato un riflesso condizionato dalla paura di essere aggredito e l’incantesimo che aveva lanciato, “Rictusempra”, era pensato per allontanare l’avversario o bloccarlo attraverso la sensazione di solletico; non per danneggiarlo o ferirlo. Infatti Goyle si era ritrovato catapultato indietro ai piedi di Draco mentre l'altro scagnozzo si era fermato, incerto sul da farsi.

“Non avvicinatevi” disse Eija pallido in volto e con la voce tremante.

Si sentiva in trappola e un rivolo di sudore freddo gli scivolò dalla fronte, passando per il collo, fino alla schiena, scatenando una reazione a catena di brividi poco piacevoli. Tiger annusando la paura nella sua voce, mosse qualche passo in avanti, ma un secondo incantesimo, identico al primo, lo fece finire contro Goyle che nel frattempo si stava rialzando, facendo cozzare le loro teste e mandandoli entrambi con il sedere sul pavimento. Adesso Malfoy non sorrideva più: le sue sopracciglia erano aggrottate e la sua bocca era contorta in una strana espressione. I loro occhi si incrociarono ed Eija capì: le cose non stavano andando come Draco aveva previsto e ora che gli aveva mostrato che era in grado di difendersi, era sbiancato mentre con le mani cercava disperatamente la sua bacchetta nelle pieghe del mantello. Eija avvertì il cambio di temperatura a partire dalla pancia, non era più spaventato, non voleva più scappare via, poteva difendersi, poteva usare la magia. Era arrivato il suo turno. In pochi istanti l’istinto aveva preso possesso del suo corpo e una scarica di adrenalina lo stava portando verso il Serpeverde. Il tremore era sparito, in compenso però il battito del cuore iniziava a rimbombargli nelle orecchie. Odiava chi si atteggiava a superiore, prendeva in giro e aggrediva gli altri per divertimento. In orfanotrofio ne aveva viste e subite di tutti i colori, ma ne aveva avuto abbastanza. L’espressione di Draco si stava trasformando man mano la distanza tra i due si accorciava, le sue guardie del corpo erano fuori gioco e le sue mani cercavano invano la bacchetta nascosta in qualche tasca interna della divisa, un posto che non doveva essere molto adatto allo scopo. I suoi spasmi cessarono solo quando il Corvonero fu di fronte a lui, la sua bacchetta tesa, puntata dritta in mezzo ai suoi occhi; deglutì. Eija si sentiva come in un sogno in cui tutto avveniva al rallentatore, come se quello che stesse accadendo non fosse reale, come se non fossero state sue le gambe che avevano compiuto quei passi, come se non fosse il suo braccio quello che era proiettato in avanti con la bacchetta in mano. Malfoy sudava, poteva contare le gocce di sudore sul suo collo, poteva annusare la sua voglia di scappare e poi…

Respira!

Le sue pupille si dilatarono e gli occhi si spalancarono mentre annaspava in cerca di ossigeno. Il suo corpo era pesante, ma sentiva che a poco a poco stava riacquistando il controllo dei suoi muscoli e dei suoi nervi.

Ho perso… il controllo…

“Che cosa sta succedendo qui?” esclamò all’improvviso una voce familiare.

Eija voltò la testa di scatto e vide Hermione che si dirigeva verso di loro a passi misurati. Si sentì mancare, stava puntando la bacchetta contro qualcuno, stava infrangendo le regole, e lei lo aveva visto. Per la terza volta quel giorno ebbe paura: Hermione non era contenta, lo si capiva a vista d’occhio.

Penserà che sia stato io! Non potremo più essere amici...

Colto nel suo massimo momento di vulnerabilità, Eija sentì qualcosa rompersi dentro di lui. Il flusso di sangue abbandonò la testa in favore delle gambe e dopo un ultimo sguardo alla ragazza, si girò e corse via dalla parte opposta. L’eco dei suoi passi gli rimbombava in testa insieme ad una folla immensa di pensieri e intanto correva.

Mi ha visto! Perché? Non è giusto. Non è colpa mia! Non sarà più mia amica...

La rabbia e la tristezza si mescolavano e lentamente una calda lacrima cadde dall'occhio destro seguita a ruota da molte altre. Superò la Sala Grande in cui la cena stava per essere servita, non incrociò lo sguardo preoccupato di Penelope, non vide la coppia di fantasmi che parlavano tra di loro, non sentì i rumori delle scale mentre le saliva una dopo l’altra, non si curò della gatta del custode che scrutava con i suoi occhi gialli il corridoio nel quale stava passando. Le lacrime non si fermavano e fu solo alla base della torre di Corvonero che decise di fermarsi, non voleva che gli altri lo vedessero in quello stato. Non voleva che gli altri della sua Casa lo vedessero piangere.

Devo nascondermi...

Alla destra dell’ingresso della torre c’era un arazzo con un motivo a colori scuri e ingrigito dal tempo, ogni tanto i bordi ricamati fluttuavano appena come se ci fossero degli spifferi provenienti dalla parete dietro. Cercando di contenere le emozioni, e con una briciola di curiosità che emergeva dal marasma nella sua mente, Eija lo spostò e con sua grande sorpresa vi trovò un piccolo passaggio nascosto, ma illuminato. Percorse il cunicolo trattenendo i singhiozzi e sbucò in un loculo finestrato non troppo spazioso, ma abbastanza grande da contenere tre persone in piedi, da cui si poteva vedere una buona parte del cortile frontale del castello e della Foresta Proibita. Il sole era quasi tramontato e in lontananza rimanevano le ultime reminiscenze di luce rossa che si rifrangevano contro le nuvole. L'intero cortile era buio, gli alberi erano ombre scure e massicce che popolavano la terra e la luna iniziava a fare capolino da dietro una collina. I colori del cielo passavano gradualmente dal rosso luminoso, che andava piano piano a svanire, al blu scuro, al bianco sottile riflesso dal satellite, uno spettacolo che Eija sentì penetrare dentro di sé, dentro al suo cuore. Senza più freni inibitori, si accasciò contro al vetro della finestra e scoppiò a piangere. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva pianto, in orfanotrofio era meglio non piangere, altrimenti rischiavi di essere trattato peggio, di essere messo in punizione e umiliato di fronte a tutti. Lo aveva sperimentato sulla sua pelle e non gli era piaciuto affatto. Ma c’erano altre ragioni per cui non gli piaceva piangere: era come se tutti i suoi pensieri venissero relegati in un angolino della sua mente per lasciare spazio ad un tumulto incontrollabile di spasmi, singhiozzi e lacrime. Da una parte lo viveva come spettatore, ma dall’altra sentiva tutto il dolore e tutto il peso dell’emotività e ogni volta lo schiacciavano e lo sfinivano. Questa volta erano rabbia e tristezza. Malfoy non lo lasciava in pace, non aveva più incontrato Hermione in biblioteca e si sentiva trascurato, la bibliotecaria sembrava avercela con lui, il cappello non l’aveva messo in Grifondoro e poi, Hermione era arrabbiata. L’aveva visto puntare la bacchetta contro Draco.

Ma che stavo facendo? Perché l’ho attaccato? Non sono cattivo, vero? Non voglio essere cattivo! Mi dispiace! Non l’ho fatto apposta! Non è colpa mia. Sapevo di infrangere le regole, ma mi dovevo difendere… non gli ho fatto male… non volevo...

Per la prima volta in vita sua aveva degli amici e nel giro di due settimane ne aveva già perso uno. Non valeva niente, se non era capace di non causare problemi, allora Hermione faceva bene a non essere sua amica. Sarebbe rimasta arrabbiata con lui per sempre, aveva rovinato tutto. Le lacrime non si fermavano e dall’angolino della mente in cui era relegato, sentiva che non sarebbe finita presto. Aveva davanti a se una lunga notte, una notte di lacrime, lamenti e singhiozzi. Con un ultimo pensiero pregò che nessuno si accorgesse di lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Doveri da Prefetto ***


“Parliamo?” domandò una voce misurata e familiare.

Eija sollevò gli occhi stanchi e arrossati dal libro che stava leggendo per mettere a fuoco il suo interlocutore e annuì lentamente alla vista di Penelope. La ragazza aveva richiamato a sé una sedia con un colpo di bacchetta e si era posizionata dalla parte opposta del tavolo, facendosi largo con scioltezza fra le pile di libri che lo occupavano.

“Ho saputo da Vitious che sei molto portato per Incantesimi” cominciò lei.

“Mi ha dato il permesso di studiare il programma degli anni successivi” rispose Eija annuendo. Penelope si portò una mano alla bocca, divertita.

“Cosa c’è da ridere?”

“Non dovevi chiedere il permesso, potevi farlo per conto tuo prendendo i libri in prestito dalla biblioteca”

Tutto quello che uscì dalla bocca di Eija fu un “Oh...” che causò una leggera risatina in Penelope.

“Hogwarts non ha regole così stringenti riguardo l’apprendimento, tuttavia ti sconsiglio di farlo con Tasfigurazione e Pozioni, sono materie più rischiose” questa volta il suo tono era più serio.

“Lo so, la McGranitt e Piton ce lo ricordano sempre”

“A proposito di Pozioni, ieri è venuta a parlarmi Lisa Turpin, una tua compagna”

L’umore del ragazzino calò di colpo.

“Si è accorta che qualcosa non andava ed era un po’ preoccupata: mi ha detto che eri distratto a lezione e che hai rischiato di sbagliare diverse volte l’aggiunta degli ingredienti”

“È stato solo un caso” si difese Eija sottovoce.

“Non credo proprio” rispose severa. “Da quello che vedo non te la passi bene, mi sembri triste, abbattuto e...”

“Questo lo so” la interruppe il ragazzino, punto nell’orgoglio. “Non serve che giri il coltello...”

“Non è sufficiente” ribatté immediatamente Penelope secca, interrompendo a sua volta.

“Che cosa?” chiese confuso.

“Non è sapere cosa si sta provando che fa la differenza”

“Ma ho letto un libro in cui si diceva che il primo passo per superare le difficoltà è riconoscere quali emozioni si hanno dentro”

“Non fraintendermi, non sto dicendo che hai torto” precisò la ragazza.

“E allora che cosa significa: ‘non è sufficiente’?”

“Significa che il metodo che stai usando non funziona”

“L’ho sempre usato ed è andata bene, perché non dovrebbe funzionare?” sbottò Eija.

“Perché altrimenti non saresti corso via piangendo l’altra sera e la confusione che hai ora in testa sarebbe sparita”

Le parole colpirono Eija come dei pugnali e qualcosa nella voce imperativa, ma precisa di Penelope gli fece capire che la ragazza aveva ragione. Era rimasto spiazzato.

“Se vuoi prendere consapevolezza, non basta che tu lo sappia nella tua testa, lo devi dire con la tua voce. Avanti, prova” si sporse sul tavolo, fissando il suo sguardo su di lui. Dopo un attimo di esitazione Eija rispose sottovoce.

“Sono triste...” non la stava guardando negli occhi.

“Dillo a me”

“Perché?” questa volta il tono era più forte.

“Perché” rispose Penelope la cui voce si era fatto più dolce, da sorella maggiore, mentre gli appoggiava una mano sull’avambraccio. “Io sono qui per ascoltarti”

In quel momento tutte le difese del ragazzo crollarono e le lacrime iniziarono a rigargli le guance ancora una volta.

“Va bene. Io...”

“Si?”

“Mi sento m-molto triste, arrabbiato e confuso”

“Lo vedo, come mai? È successo qualcosa?”

Eija le raccontò tutto mentre piangeva e singhiozzava, le raccontò dei bulli all’orfanotrofio che lo prendevano di mira, degli amici che si era fatto a Hogwarts, di Draco Malfoy che lo aveva attaccato insieme a Tiger e Goyle, di come si era difeso e di Hermione. Era convinto che la Grifondoro fosse arrabbiata con lui, quindi l’aveva evitata sia durante le lezioni, sia in biblioteca, sia in Sala Grande per paura di avere un confronto diretto. Quando ebbe finito le parole, anche le lacrime cessarono.

“Ti senti meglio?” chiese Penelope comprensiva.

“Sì” rispose Eija. “Grazie, ne aveva bisogno”

“Prendersi cura degli altri studenti è il compito di noi prefetti, soprattutto quelli del primo anno. Però siete tantissimi e abbiamo anche altri doveri, oltre a dover pensare alle lezioni”

“Dev’essere difficile...”

“Dipende dai momenti, però penso di star facendo un buon lavoro” rispose con orgoglio.

“È la seconda volta che mi aiuti, grazie davvero”

“Quando ho ricevuto la nomina a inizio anno” disse toccandosi la spilla. “Insieme agli altri prefetti sono andata nell’ufficio del preside, da quello che ho capito è una specie di tradizione. A un certo punto, il professor Silente ha detto che per eseguire al meglio il compito assegnato bisognava tenere in mente una frase”

“Quale?” chiese Eija curioso.

“Un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, a chi lo richiederà”

Il Corvonero rimase a pensare qualche momento.

“Io non ho chiesto aiuto...” la sua voce era ancora tremante, ma più tranquilla.

“Ho visto che ti serviva. Quando ti ho incrociato l’altra sera, mi sono un po’ preoccupata”

“Mi dispiace, non me ne sono reso conto”

“Tranquillo, adesso è tutto a posto”

“In realtà ci sarebbe ancora una cosa” sussurrò sfregandosi nervosamente le mani

“Che cosa?”

“Mi piacerebbe rimediare con Hermione? Vorrei davvero tornare a essere suo amico”

“Ebbene, per prima cosa mi accerterei che sia davvero arrabbiata con te”

“E come potrebbe non esserlo?” disse Eija abbattuto.

“Te l’ha detto lei?” incalzò Penelope.

“Be’… no”

“Quello che le persone dicono è importante, lascia che siano loro a dirti quello che provano e non il contrario”

“Mi sembra un ottimo consiglio questo… anche se mi sento molto insicuro”

“È normale sentirsi insicuri di fronte a qualcosa che non ci è mai successo o che ci spaventa, per fortuna esiste un consiglio anche per situazioni come questa” il suo volto si aprì in un sorriso. “La sincerità con sé stessi e gli altri è la migliore strategia. Se sei sincero, la verità non ti può ferire”

Eija era senza parole. Aveva senso. Era così ovvio, ma allo stesso tempo significativo e semplice. Descriveva perfettamente la strada da prendere e più di ogni altra cosa, era logico ed efficace. La suo mente era molto più libera ora.

“Mi piace questo consiglio”

“Sono contenta, viene dai miei genitori babbani. Spero ti possa aiutare” Tutto a un tratto i suoi occhi si illuminarono. “Perché non lo fai ora?”

“Che cosa?” domandò Eija interdetto.

“Fare pace con la tua amica Hermione”

“O-ora? Ma non so dov’è”

Penelope puntò il dito alle spalle di Eija che si voltò di scatto a guardare. In mezzo a due librerie c’era proprio Hermione in piedi, con una borsa enorme a tracolla piena di libri e uno sguardo tremendamente insicuro che li fissava. Le guance del Corvonero si accesero.

“Quindi ha sentito tutto” disse imbarazzato.

“In realtà no” rispose Penelope. “Prima di sedermi al tavolo ho fatto un incantesimo per coprire le nostre voci, altrimenti pensi che Madama Pince ci avrebbe lasciato parlare?”

Eija arrossì ancora di più: si era completamente scordato della bibliotecaria.

“Stai tranquillo, questa volta ci ho pensato io. L’incantesimo durerà ancora un po’, quindi buona fortuna con la tua amica”

La ragazza si alzò e si diresse verso Hermione, le sussurrò qualcosa all’orecchio e con un occhiolino salutò Eija, prima di sparire dietro una delle tante librerie. Hermione si avvicinò a passo lento al tavolo.

“Posso sedermi?” chiese titubante.

“Sì certo” rispose Eija sorpreso.

Liberò lo spazio dalla pila dei libri che aveva già esaminato mentre Hermione appoggiava la sua pesantissima borsa e si sedeva nel posto occupato in precedenza da Penelope. Fra i due scese un silenzio imbarazzate.

“Cosa stavi leggendo?” chiese la ragazzina sbirciando curiosa le colonne di libri sul tavolo.

“Stavo facendo qualche ricerca sulla musica” rispose piano piano Eija. “La direttrice del mio orfanotrofio suonava il violino e mi piacerebbe imparare a suonare uno strumento, però ho visto che non insegnano nulla fino al terzo anno”

Il volto della ragazzina si illuminò subito.

“Ah sì, ho letto anche io di quel corso. Da quello che ho capito non fa parte del programma principale di Hogwarts e non è detto che ci sia un professore. Ho letto anche che gli studenti che si iscrivono spesso sono pochi anche perché esistono incantesimi per far suonare gli strumenti da soli, ma sono molto avanzati. Perché non chiedi a Vitious? Da quello che so, è lui che si occupa di quel corso quest’anno”

Eija arrossì e borbottò qualcosa tra sé e sé prima di rispondere all’amica. “Gli ho già chiesto di studiare il programma avanzato di Incantesimi la settimana scorsa”

“Bisognava chiedere?” Hermione sussultò allarmata.

“No, no, non serviva” la tranquillizzò Eija. “Me lo ha detto prima Penelope, non è contro le regole farlo da soli...” Il cuore di Eija iniziò a battere forte. “Hermione” disse tremante cercando di guardarla negli occhi, ma senza successo. “N-non sei arrabbiata con me, vero?” il volume della sua voce scendeva ad ogni parola.

Gli occhi della ragazzina si allargarono di colpo. “No, non sono arrabbiata con te! Perché dovrei essere arrabbiata con te?” rispose facendo tirare a Eija un sospiro di sollievo.

“Quindi siamo ancora amici?”

Questa volta fu il turno di Hermione ad arrossire. “Lo siamo?” chiese insicura.

Eija rimase colpito da quello frase. Non aveva mai visto l’amica così fragile e impreparata. “Sì… credo. Se vuoi?”

“Sì!” esclamò lei immediatamente.

“Bene, ehm… fantastico!” disse Eija sorridendo imbarazzato. “Cosa devi studiare oggi?”

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Interessi particolori ***


Quel Venerdì mattina Eija si era svegliato presto ed era sceso a fare colazione in Sala Grande insieme all’ennesimo libro sugli strumenti musicali. Durante i giorni di conflitto emotivo, aveva trovato rifugio e distrazione nello scoprire il rapporto tra il mondo magico e la musica e si era riacceso il suo vecchio interesse. Per i ragazzi dell’orfanotrofio non era un segreto che la direttrice suonasse il violino, spesso si chiudeva per ore e ore nel suo ufficio a provare e non permetteva nemmeno alle altre attendenti di disturbarla. Nelle ore di istruzione, come le chiamava lei, oltre a imparare a leggere e scrivere, ai più grandi venivano insegnate obbligatoriamente la matematica, la storia e la musica. Di quest’ultima si occupava proprio la direttrice e puntualmente nessuno voleva mai partecipare, il motivo era semplice: il silenzio. La direttrice pretendeva il silenzio assoluto sia mentre spiegava, sia durante gli ascolti e a ogni lezione almeno un ragazzino veniva punito per aver disturbato. A Eija la direttrice non piaceva, ma aveva notato che quando parlava di musica, il suo tono si ammorbidiva, diventava appassionato e siccome non interagiva con nessuno, era anche molto più sopportabile, addirittura piacevole da ascoltare e i pezzi che faceva sentire erano molto belli. Eija si immergeva nei suoi pensieri con una guida che lo stimolava a immaginare: fantasie, ricordi, pensieri quotidiani e riflessioni. Ascoltare la musica era uno dei pochi momenti in cui sfogava parte della sua emotività, senza però darlo a vedere agli altri bambini che si inventavano ogni strategia per rompere il silenzio e farla franca; la maggior parte delle volte senza successo. Per Eija gli ascolti erano un momento speciale, tanto quanto il tempo passato “illegalmente” nella biblioteca privata della direttrice. Pur non essendo grande come quella di Hogwarts, c’erano diverse sezioni composte da due o tre scaffali, una per ogni lettera dell’alfabeto. Eija non arrivava a prendere i libri dalle sezioni in alto, ma non aveva problemi a leggere quelli vicino a terra, tra cui c’erano i libri sulla musica. Dopo qualche anno ne aveva letti molti e sapeva i nomi di tutti gli strumenti dell’orchestra, i nomi di grandi compositori del passato, come leggere le note, parecchi fatti storici e tante nozioni di teoria musicale. Tuttavia non fu sorpreso quando nei libri dei maghi ritrovò poco nulla di quanto aveva letto all’orfanotrofio, la ricerca sui Cerberi gli aveva insegnato che i maghi non si curavano dei sistemi babbani e non li riportavano nemmeno. Afferrò una fetta di pane tostato dal suo piatto e girò pagina, contemplando se fosse stato il caso di disturbare ancora una volta il professor Vitious.

“Buongiorno Eija” disse Lisa sedendosi accanto a lui sbadigliando e prendendo un piatto vuoto.

“Buongiorno Lisa” rispose Eija timidamente, cercando di nascondersi dietro alle pagine del libro. Non si era ancora scusato per il suo comportamento a Pozioni la settimana passata.

“Cosa stai leggendo?”

Strumenti musicali e incantesimi per farli suonare armoniosamente

“Vuoi imparare a suonare qualcosa?” domandò stupita mentre si riempiva il piatto di cibo.

“Mi piacerebbe ma non so se è il caso di disturbare Vitious”

“Secondo me, ti preoccupi troppo. Però mi fa piacere vedere che stai meglio oggi, se non ti dispiace, raggiungo le mie amiche” disse alzandosi.

“No, vai pure” rispose Eija imbarazzato.

“Ci vediamo a Pozioni” lo salutò lei. Con la coda dell’occhio, la vide sedersi fra due ragazze di Corvonero del loro anno di cui non ricordava i nomi e sospirò. Stava per ricominciare a leggere quando sentì ridacchiare alla sua sinistra. Si voltò e vide Terry e Micheal, i suoi compagni di dormitorio, guardarlo come se avessero appena assistito a qualcosa di molto divertente. Eija si sentì nuovamente avvampare.

“Cosa ho fatto?”

I due ragazzini scoppiarono a ridere.

“Ti piace?” chiese Terry. Eija lo guardò senza capire.

“Che cosa?”

“Intendo, ti piace la Turpin?” precisò Terry.

“Cosa vuol dire che mi piace?” Alla sua domanda entrambi i ragazzi smisero di ridere.

“Davvero non lo sai?” provò Micheal.

“Ehm… no” rispose Eija confuso. “Dovrei?”

Terry e Micheal si guardarono increduli e poi scrollarono le spalle.

“Lascia perdere. Cosa fai oggi dopo le lezioni?” disse Terry rassegnato.

“Vado in biblioteca per studiare e poi vorrei fare un po’ di pratica con Incantesimi stasera”

“Ti dispiace se mi unisco anche io? All’ultima lezione mi sono distratto e non ho capito niente” chiese Micheal con la bocca piena di bacon.

“È perché perdi tempo con quello stupido Sparaciocco o come si chiama!” lo rimbeccò Anthony Goldstein dalla parte opposta del tavolo. Micheal gli fece la linguaccia.

“Si chiama Sparaschiocco, Anthony, e ti piacerebbe se solo lo volessi provare” lo rimbeccò Terry. “Voglio unirmi anche io, posso?” aggiunse rivolto a Eija.

“Sì, va bene. A questo punto facciamo nella sala Comune, ho letto che...”

“Guardate!” esclamò Anthony interrompendolo e indicando il soffitto da cui uno stormo di gufi scendeva a consegnare la posta. Eija non si era ancora abituato a vedere tutti quegli uccelli insieme e ogni volta rimaneva a bocca aperta. Gli sarebbe piaciuto avere un gufo tutto per lui, ma era cosciente che non poteva permetterselo: il suo patrimonio ammontava a zero galeoni, zero falci e zero scellini e considerando che la direttrice dell’orfanotrofio non gli avrebbe dato nemmeno una moneta babbana, non ne avrebbe posseduto uno per molto tempo. Tuttavia, quello che aveva attirato l’attenzione di Anthony, era uno strano pacco lungo e sottile, sorretto da sei grossi barbagianni che si stava posando sul tavolo di Grifondoro.

“Quello che l’ha ricevuto non è Harry Potter?” borbottò Terry non appena il pacco venne afferrato dalle mani di un ragazzino con i capelli neri spettinati.

“Harry Potter? Ma non era stato espulso?” domandò Eija.

“Anche io lo avevo sentito, alla fine era solo una voce” rispose Anthony.

“Cosa pensate che ci sia lì dentro?” li interruppe Micheal con gli occhi curiosi.

“A me ricorda un manico di scopa” rispose Terry.

“Effettivamente ci assomiglia, ma perché qualcuno dovrebbe mandare un manico di scopa a Harry Potter?” disse Anthony poco convinto mentre finiva il suo succo di zucca.

“Non l’avrà comprato? Gli studenti del primo anno non possono avere un manico di scopa!” esclamò Terry indignato.

“Nessuno degli insegnanti sembra voler andare a ritirarglielo però” commentò Eija dopo una rapida occhiata al tavolo degli insegnanti. Anzi, il professor Silente e la professoressa McGranitt stavano sorridendo e si godevano la scena. La sala Grande era diventata un mormorio unico delle voci dei curiosi e solo dopo che Harry e un ragazzino con i capelli rossi, che Eija non riconobbe, furono usciti che tutto tornò alla normalità.

“E quindi?” chiese Micheal impaziente.

“Non ne ho idea” rispose definitivo Eija alzandosi e sistemando il libro sotto al braccio. “Vado in biblioteca, ci vediamo a lezione più tardi”

Uscì dalla Sala Grande e fece per raggiungere le scale che portavano al terzo piano, ma già dalla sala d’ingresso sentì la voce acuta familiare del professor Vitious.

“La professoressa McGranitt mi ha raccontato sulle circostanze speciali, Potter. E che modello è?”

“Una Nimbus Duemila, signore. Ed è proprio a Malfoy che lo devo” rispose quello che suppose fosse Harry Potter prima di sparire con il suo amico rosso su per le scale. Eija vide che accanto al professore c’era anche Draco Malfoy che aveva un’espressione poco contenta e confusa.

“Buongiorno professore” lo salutò Eija.

“Oh! Buongiorno signor Tarakovi, come procedono gli incantesimi del secondo anno?” rispose Vitious mentre Malfoy se ne andava per la sua strada scortato come sempre da Tiger e Goyle senza degnarlo di uno sguardo.

“Stanno andando bene, credo”

“Bene! Quando li avrai padroneggiati tutti, vieni nel mio ufficio”

“Sì, lo farò” Eija annuì. “Posso chiederle una cosa, professore? A proposito del corso di musica”

“Hai sentito parlare del corso dunque, mi pare che lei sia qualche anno in anticipo per parteciparvi però” Vitious sfoggiava il suo sorriso caratteristico e gentile.

“Sì… non intendevo… cioè, lo so, non era questo che volevo chiederle...” balbettò Eija interdetto. “Mi chiedevo se fosse possibile imparare a suonare uno strumento, senza togliere impegno allo studio... nel tempo libero ecco”

Il sorriso del piccolo professore si illuminò ancora di più. “Ma certo che si può, è sufficiente l’approvazione del preside, come ogni attività al di fuori del programma. Se non ricordo male hai un po’ di tempo stamattina, vuoi che andiamo subito?”

Eija annuì e seguì Vitious su per le scale fino al secondo piano dove si fermarono davanti alle statue di pietra, molto massicce di due Gargoyle.

“Caramella Mou” squittì Vitious e i due guardiani spostarono per lasciarli passare.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Nell'ufficio del preside ***


“Eija! Filius!” li accolse Albus Silente con un largo sorriso. “Accomodatevi”

Seguendo il gesto ampio della sua mano, una paio di sedie si posarono dolcemente sul tappeto di fronte alla grande scrivania in legno, su cui il preside stava passando in rassegna numerosi rotoli di pergamena. Eija seguì l’esempio di Vitious e si sedette, ma non prima di aver dato una rapida sbirciata e aver individuato su uno dei documenti il timbro ufficiale del Ministero della Magia e una firma che suppose essere del Ministro di cui conosceva solo il nome: Cornelius Caramel.

“Ho delle squisite caramelle al limone, prendetene una” disse Silente indicando una ciotola bianca con delle strisce rosse, contenente una manciata di piccole palline incartate di verde della dimensione di un unghia. Sia Eija che il professore di Incantesimi ne presero una e la mangiarono. Eija non era abituato ai dolci e la trovò un po’ nauseante, ma si astenne dal farlo presente.

“Hai ragione Albus!” esclamò invece Vitious su di giri. “Queste superano di gran lunga le ultime che hai ordinato, dovremo usarle per la festa di Halloween”

“Mi è bastato dare qualche suggerimento ad Ambrosius Flume, lui sa che ho un debole per i dolci. Glielo farò presente domani, devo passare da Madama Rosmerta ai Tre Manici di Scopa” rispose Silente lisciandosi la lunga barba argentea con fare sereno.

Mentre i due professori chiacchieravano, Eija non riusciva a smettere di guardare in giro per l’ufficio: era disseminato di oggetti magici di ogni tipo, forma, colore e dimensione, alcuni appoggiati su tavolini dalle gambe sottili, altri sistemati ordinatamente su scaffali alle pareti. Dietro alla scrivania c’era un trespolo di pietra su cui se ne stava appollaiato un uccello dal piumaggio scarlatto, aveva un’aria fiera e i suoi piccoli occhi neri sembravano scrutarti nell’anima. Alle spalle del volatile, sopra a una libreria, c’era il cappello parlante, immobile e tutto rattoppato come la prima volta che lo aveva visto in Sala Grande, e sulla parete erano appesi decine e decine di quadri ognuno dei quali raffigurava un mago o una strega con abiti via via sempre più antichi. Eija aveva letto Storia di Hogwarts e sapeva che quelli erano i ritratti di tutti i presidi a partire da Godric Grifondoro fino ad Armando Dippet che aveva lasciato il posto a Silente. Dopo aver scovato il primo preside fra tutti quei ritratti, che sembrò rispondere al suo sguardo con un occhiolino, la sua attenzione si spostò sotto al cappello parlante. Lì infatti c’era una strana trottola in vetro tutta colorata che girava lentamente ed emetteva una debole luce a intermittenza.

“Quello è uno Spioscopio” disse il preside notando cosa lo aveva catturato. “È un detector oscuro, serve per segnalare quando sono presenti dei maghi con cattive intenzioni nelle vicinanze”

“Sembra uno dei giocattoli che si trovano all’orfanotrofio” disse Eija.

“È pensato per mascherarsi dai babbani in caso di smarrimento” spiegò Silente.

“Ma se lo... Spioscopio gira, vuol dire che c’è davvero qualcuno con cattive intenzioni nelle vicinanze?”

“Normalmente sarebbe così, ma quello Spioscopio in particolare sembra impazzito: è dall’inizio dell’anno che gira e fischia a più non posso, ho dovuto persino lanciare un incantesimo insonorizzante per avere un po’ di pace”

“Quindi è rotto...” si lamentò Eija deluso.

“Temo di sì, alla prima occasione devo farlo sostituire…” Silente si prese qualche momento per fissare lo Spioscopio prima di ricominciare a parlare. “Veniamo a noi, a cosa devo questa visita inaspettata?”

“Il signor Tarakovi vorrebbe imparare a suonare uno strumento musicale nel suo tempo libero, Albus” squittì prontamente Vitious “Siamo qui perché ci serve la tua autorizzazione”

“Ah sì, è vero Eija?”

“Sì professore, è così”

“Bene, trovo che la musica sia un ottimo interesse da coltivare. Sai già quale strumento ti piacerebbe imparare?”

“Sì… ci ho pensato e vorrei suonare il flauto dolce. Ho letto che è uno dei più semplici da cui cominciare”

“Ottimo! Allora approvo la tua scelta, se Filius garantisce che non rimarrai indietro con lo studio, ti sarà permesso suonare uno strumento”

“Ma certo! Garantisco io per Tarakovi” affermò Vitious deciso.

“Molto bene, allora puoi accompagnarlo a prendere il suo flauto” concluse Silente sorridendo da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. “Abbiate una buona giornata”

Eija seguì Vitious fuori dall’ufficio di Silente e lungo i corridoi, fino ad arrivare in un aula molto ampia con i banchi appoggiati contro le pareti e decine e decine di strumenti musicali. Ce n’erano di noti, come i corni in un angolo sotto alla finestra e le arpe sul pavimento, ma la maggior parte Eija non li aveva mai visti. Rimase per qualche secondo a fissare uno strano sacco pieno di buchi dal quale sporgevano diverse canne rigide simile a una cornamusa, prima di raggiungere il professore nella zona riservata ai flauti. Avrebbe sfogato la sua curiosità più tardi.

“Ecco, questi sono tutti i flauti che abbiamo a Hogwarts. Scegli pure quello che preferisci”

Nel punto indicato da Vitious erano raggruppati una decina di flauti dolci, tutti diversi: il più piccolo era lungo quanto il dito mignolo del professore, mentre il più grande se appoggiato per terra gli sarebbe arrivato al torace. Tutti gli strumenti avevano un design unico, erano tutti molto più colorati delle figure che aveva visto nei libri all’orfanotrofio e gli piacevano tutti. Tuttavia uno in particolare catturò la sua attenzione: era un po’ più lungo di un flauto dolce soprano ed era decorato di blu azzurro e bianco, con un motivo che ricordava le onde del mare. Lo strumento era il più anonimo e semplice del gruppo, eppure a Eija non era sfuggito. Forse gli ricordava un’immagine in qualche libro che aveva letto, oppure era il fatto che non aveva mai visto il mare ad attirarlo.

“Professore posso avere quel flauto?” chiese indicando lo strumento. “Quello azzurro, lì dietro a quello grosso e viola”

Vitious lo prese fra le mani osservandolo con occhi nostalgici, ma senza rispondere.

“Qualcosa non va, professore?”

“Signor Tarakovi… Questo flauto non è originario del castello. Era di una studentessa di Corvonero molto brillante, ormai più di dieci anni sono passati... lo portava sempre con sé e quando lo suonava, solo le persone a cui aveva dato il permesso potevano sentire” rispose Vitious lentamente. “Purtroppo non ho più avuto sue notizie dopo il diploma, ma un giorno il suo flauto è comparso qui, in questa stanza, così l’ho preso e l’ho portato nel mio ufficio per esaminarlo”

“E ha scoperto qualcosa?” domandò Eija.

“No, come molti altri ho provato a suonarlo, ma nessuno è mai riuscito a emettere una singola nota. Lo provi pure se lo desidera, ma se fossi in lei, non ci spererei troppo”

Eija prese il flauto tra le mani. Non era né freddo, né caldo, ma liscio e piacevole al tatto. Sistemò le dita sopra ai buchi in modo da chiuderli tutti e otto e avvicinò le labbra alla bocca del flauto. Una nota bassa echeggiò per l'aula, era molto più forte di quanto si aspettasse e smise subito di soffiare. Vitious era rimasto a bocca aperta.

“Professore ha sentito? Sono stato io?”

“Sì... Sì, signor Tarakovi! Splendido! Curioso però, mi permette?” disse estraendo la bacchetta.

Eija lasciò che il professore esaminasse il flauto colpendolo delicatamente con la bacchetta in punti diversi.

“L'incantesimo è ancora intatto” disse dopo qualche minuto. Aveva lo sguardo fisso sullo strumento. Poi, come se fosse stato colpito da una rivelazione inaspettata, guardò Eija. La sorpresa era palese sul suo volto.

“C'è qualche problema, professore?” provò Eija che iniziava a sentirsi a disagio.

“Oh no, certo che no, il flauto è in ottime condizioni... Be' non è importante” esclamò tornando gioioso ed energico come al solito. “Ti spiego come funziona l’incantesimo che c’è sopra. Solo le persone a cui darai il permesso potranno sentirti suonare, io posso sentirlo perché ho avuto il permesso dal precedente proprietario e non mi è stato revocato” ridacchiò fra sé e sé. “Le creature magiche fanno eccezione però, loro potranno sentirti sempre”

Vitious gli diede un libro di spartiti per principianti ed Eija rimase spiazzato nello scoprire che il modo di scrivere la musica dei maghi era lo stesso che aveva imparato dai libri babbani. Il professore aveva spiegato che per questione di comodità e siccome non molti maghi si occupavano di musica, non era mai stato preso in considerazione cambiare sistema, inoltre per gli incantesimi era sufficiente conoscere le voci dei vari strumenti e fare pratica per metterle insieme, quindi nessun mago era incoraggiato a leggere la musica. Non che a Eija dispiacesse: stesso sistema di scrittura significava che avrebbe cominciato a suonare subito dopo aver imparato le note dello strumento.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Halloween ***


Le settimane successive furono molto intense per Eija, ma anche molto soddisfacenti. In classe era uno degli studenti migliori: rispondeva correttamente alle domande dei professori, prendeva ottimi voti, faceva guadagnare punti alla sua Casa, si impegnava nelle parti pratiche, a eccezione di Erbologia, e aiutava chi era in difficoltà. Quando non era occupato a fare lezione, girava per il castello con Neville e studiava in biblioteca con Hermione. Portarsi avanti con il programma era diventata un'abitudine e nonostante i compiti giornalieri, si avanzava sempre del tempo per imparare cose nuove sul mondo magico. Le serate invece le passava nel loculo segreto o nella sala Comune a suonare il flauto e a esercitarsi in Incantesimi. Terry, Micheal, Lisa e alcuni studenti che non conosceva gli avevano chiesto spiegazioni riguardo allo strumento, incuriositi dal fatto che non emetteva suono. Eija aveva mostrato il meccanismo a tutti quelli che glielo avevano chiesto, salvo poi ritirare il permesso per non disturbarli nelle loro attività di studio notturne. Solo a Hermione, Neville e Penelope lo aveva lasciato, ai primi due perché non dava fastidio, alla seconda perché apprezzava un po' di sottofondo durante le letture e i compiti da svolgere. Aveva anche scoperto che il fantasma di Helena Corvonero poteva sentirlo e che quando suonava nella sala Comune, si affacciava sempre da un angolino per assistere, anche se non rimaneva mai abbastanza a lungo da scambiare due parole. Eija la capiva e non cercava mai di imporre al fantasma la sua presenza, il che sembrava funzionare, se avesse dovuto tirare a indovinare, Helena lo aveva preso in simpatia, per quanto possa manifestarsi la simpatia in un fantasma per lo più apatico, schivo, nostalgico e pieno di sensi di colpa. Sarebbero state settimane perfette se solo Draco Malfoy avesse smesso di dargli fastidio ogni volta che avevano lezione insieme ai Serpeverde e se solo Pix si fosse divertito a lanciare palline scintillanti in faccia agli studenti da un'altra parte. Una volta Eija e Neville si erano ritrovati immersi fino al ginocchio in quelle palline infernali e il Corvonero ne aveva rubata una per esaminarla, ma con suo grande disappunto aveva scoperto che, oltre a emettere una luce scintillante e ipnotica quando sollecitata da potere magico, non facevano nient'altro. Erano inutili e fastidiose.

 

La lezione di Incantesimi del giorno di Halloween era finita ed Eija stava chiacchierando con Neville mentre sistemava le sue cose nella borsa, prima di scendere in Sala Grande per il pranzo. Neville era su di giri perché il professore lo aveva premiato con cinque punti per essere riuscito a sollevare la sua piuma di qualche centimetro, dopo un'intera ora di tentativi andati a vuoto.

"Ancora non ci credo, quando lo verrà a sapere mia nonna..."

"Dovresti scriverle subito dopo pranzo, allora"

"Grazie, Eija. Se non fosse stato per te, non ce l'avrei mai fatta"

"Signor Tarakovi, posso rubarle un momento?" domandò Vitious interrompendo la discussione con il suo solito tono arzillo.

"Sì professore" rispose Eija, facendo segno a Neville che lo avrebbe raggiunto dopo. Ormai la classe si era svuotata ed erano rimasti solo loro due.

"Allora, come sta andando con il flauto?" chiese il piccolo professore sedendosi su uno dei banchi.

"Bene, non sto avendo difficoltà con il libro che mi ha dato, però mi ci vorrà un po' per finirlo"

"Ma certo, prenditi pure tutto il tempo che vuoi, senza fretta" disse lui con un largo sorriso. "Ho visto che hai dato una mano a Paciock, il tuo comportamento è stato ammirevole, direi che dieci punti a Corvonero sono il minimo"

"Grazie" ridacchiò Eija imbarazzato. "Cerco sempre di aiutare i miei amici"

"È una buona cosa. Spero che continuerai su questa strada, puoi andare"

Quel piccolo scambio però gli aveva riportato alla mente un dubbio.

"Professore, posso farle una domanda?"

"Ma certo!" rispose Vitious con un largo sorriso.

"Se il movimento della bacchetta è corretto e la pronuncia dell'incantesimo è quella giusta, è possibile che non funzioni comunque?"

"È una domanda complicata" rispose subito il professore. "Potrei dirti che dipende se l'esecutore è un mago oppure un babbano, ma non credo sia la risposta che stai cercando."

Eija si sedette, attento.

"Molti teorici della magia tengono in considerazione la volontà dell'esecutore di ottenere un determinato effetto dall'incantesimo, ne consegue che il movimento della bacchetta e la pronuncia di determinate parole risultano processi secondari rispetto al figurarsi nella mente l'obiettivo della magia stessa: più è nitida la tua percezione del risultato, più l'incantesimo riesce. Per esempio, se vuoi far levitare una piuma, in linea di principio potresti puntare la bacchetta verso la piuma e dire semplicemente 'alzati', l'importante è che tu tenga bene a mente l'immagine della piuma che levita. Riesci a seguirmi?"

"Sì, la seguo"

"Bene, chi sostiene questa teoria ha in parte ragione, avrai modo di affrontarlo al sesto anno quando ti cimenterai negli incantesimi non verbali. Tuttavia l'esperienza insegna che suddetti incantesimi sono estremamente difficili da realizzare rispetto alle controparti verbali e solo i maghi più abili, quelli che riescono a raggiungere un alto livello di concentrazione, possono eseguirli correttamente"

"Quindi il professor Silente, quando eravamo nel suo ufficio, ha usato un incantesimo non verbale per portarci le sedie?"

Il professore scoppiò a ridere.

"Ah, non proprio, quella era una cosa diversa. Il professor Silente è un mago che fa utilizzo di magia senza bacchetta e proprio per questo la volontà di cui abbiamo parlato prima gioca un ruolo ancora più importante. La magia senza bacchetta però è una pratica che solo i maghi più potenti ed esperti possono permettersi, non è una cosa che può essere insegnata agli studenti di Hogwarts, soprattutto se al primo anno"

Eija si mise un attimo a riflettere. "E se si volesse ottenere quell'effetto, per esempio con la levitazione, cosa può impedire all'incantesimo di funzionare?"

"Ti stai riferendo al signor Paciock e delle sue difficoltà ehm... pratiche, vero?"

Eija arrossì leggermente. "C'è qualcosa che non capisco, ma non so cos'è. Oggi ha ripetuto per decine di volte il movimento e la pronuncia senza sbagliare niente, eppure..."

"La piuma non si sollevava" concluse il professore. "Vedi, non sono un esperto in quel campo signor Tarakovi, ma ho la sensazione che il problema di Paciock risieda nella sua bacchetta"

"Nella bacchetta?" domandò Eija stupito. "Come?"

"È la bacchetta che sceglie il mago" disse Vitious. "Tutti lo sanno, ma solo pochi capiscono cosa significa per davvero"

"Quindi se la bacchetta non ti sceglie, non si lascia usare?"

"La fabbricazione delle bacchette si tramanda di maestro in allievo da secoli, ci sono pochi libri in merito, ma sono sicuro che troverai qualcosa di utile nella biblioteca. Prima di andare però, devi sapere che nel mondo magico la bacchetta è un argomento molto delicato per un mago. Una bacchetta non è solo uno strumento, ma è anche una sorta di compagna per la vita. Se fossi in te, non ne parlerei con troppa disinvoltura con altri"

Eija era senza parole e annuì, poi uscì dall'aula. Le parole di Vitious lo tormentarono per tutto il pranzo, da una parte voleva aiutare Neville, ma dall’altra non voleva metterlo a disagio, o peggio offenderlo, voleva che rimanesse suo amico e non gli sembrava il caso di disturbare la sua felicità per la lezione di quel giorno. Fu solo quel pomeriggio a Trasfigurazione che riemerse dai suoi pensieri quando non vide Hermione da nessuna parte, il che lo fece preoccupare. Hermione non avrebbe mai saltato una lezione: era una studentessa modello, la migliore del loro anno secondo Eija. Adorava imparare cose nuove ed era molto rigida sul seguire le regole. Se non era venuta a lezione, voleva dire che era successo qualcosa. Tuttavia né Neville, né la professoressa McGranitt sapevano che fine avesse fatto, quindi Eija decise di andarla a cercare una volta terminate le lezioni del pomeriggio. Controllò la biblioteca, dove avrebbero dovuto incontrarsi, e tutte le aule dedicate allo studio in comune fra le Case, cercò nella sala d'ingresso e nel parco esterno, ma niente. Hermione sembrava sparita nel nulla. Era buio ormai e stava pensando di chiedere aiuto ai fantasmi, quando intravide una coppia di teste dai capelli rossi intrufolarsi furtivamente in un corridoio che portava alla Sala Grande. Eija non ricordava i loro nomi, ma gli sembrava che facessero parte della casa di Grifondoro, erano i due gemelli che dopo il banchetto d'inizio anno, avevano cantato l'inno della scuola con tono da marcia funebre. Erano stati gli ultimi a finire e avevano trattenuto tutti per cinque buoni minuti, mentre Silente dirigeva la melodia con la bacchetta a mo' di direttore d'orchestra, sempre con il sorriso. Valutando che non aveva nulla da perdere, decise di seguirli e li chiamò ad alta voce.

"Ehi, aspettate!"

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: Legami ***


I due ragazzi si fermarono di scatto e si voltarono, per un attimo la loro espressione era colpevole, come se fossero stati colti con le mani nei sacco, ma non appena videro Eija si rilassarono e i loro visi divennero sorridenti.

"George, qualcuno ci ha anticipati"

"Non credevo che i ragazzini fossero così svegli al giorno d'oggi, Fred"

"Dovremo dire addio ai nostri sogni di gloria!"

"E pensare che ci eravamo preparati così tanto..."

Eija assistette allo scambio attonito. Da vicino si era accorto che i due gemelli erano un paio di spanne più alti di lui, probabilmente andavano al terzo o al quarto anno, e sembravano identici in tutto e per tutto.

"Vi eravate impegnati per cosa?" chiese.

"Ecco" cominciò il ragazzo a sinistra, che doveva essere Fred. "Volevamo fare uno scherzo a tutti quanti, questa sera, alla festa di Halloween e pensavamo di sgattaiolare in Sala Grande per i preparativi"

"Ma siccome ci hai beccato, prometti di non fare la spia" continuò quello di destra, che si chiamava George. "Altrimenti rovinerai tutto il divertimento!"

"Ehm... non potete entrare in Sala Grande. Ci sono passato prima e il professor Silente, il professor Vitious e la professoressa McGranitt stanno preparando la festa, non credo vi permetterebbero di fare qualcosa"

"Oh che disdetta!" esclamò George mettendosi in una posa dall'esagerata drammaticità prima di scoppiare a ridere insieme al gemello. "Grazie dell'avvertimento, ma lo sappiamo già"

"Fargliela sotto il naso è proprio la parte divertente. Come ti chiami?"

"Eija Tarakovi, sono di Corvonero e al primo anno"

"Tanto piacere Eija, io sono Fred Weasley"

"E io sono George Weasley"

"Entrambi Grifondoro"

"Entrambi al terzo anno"

"Cosa possiamo fare per te?"

"I-io... sto cercando una mia amica" disse Eija. Non era sicuro che l'avrebbero aiutato, d'altronde erano al terzo anno, magari non la conoscevano nemmeno. "Anche lei è di Grifondoro, ma non è venuta a lezione e non l'ho vista per tutto il pomeriggio. Dovevamo vederci in biblioteca..."

"Come si chiama la tua amica?" chiese Fred lanciando un'occhiata di sottecchi al fratello.

"Hermione Granger, ha i capelli ricci, folti e castani, è alta qualche centimetro più di me ed è molto intelligente, sa un sacco di cose e legge moltissimo. Potreste averla vista con un libro nella sala comune e poi..."

"Ehi frena, frena, abbiamo capito. Che ne dici George, ci pensiamo noi?"

"Certo! In cambio però, prometti di non dire nulla sullo scherzo, va bene?"

"Se la McGranitt ci becca anche questa volta, siamo fregati!"

"Va bene" rispose Eija.

"Ottimo, girati dall'altra parte per favore" annunciò Fred.

"Perché?"

"Perché un mago non rivela mai i suoi segreti, ma puoi stare tranquillo, abbiamo un metodo infallibile al cento percento per trovare chiunque e ci vorrà solo un secondo" lo rassicurò George.

Eija si voltò poco convinto. Poteva sentire i distintamente i bisbiglii dei due gemelli grazie al suo udito fino. Tuttavia capì solo che stavano armeggiando con qualcosa tipo pergamena, perché le due frasi che sentì pronunciare non ebbero il minimo senso. Perché avrebbero dovuto fare un giuramento? E che voleva dire "fatto il misfatto"?

"La tua amica si trova al bagno delle ragazze al primo piano" annunciò Fred richiamando la sua attenzione.

"Grazie" rispose Eija. Ormai aveva deciso di fidarsi, nel caso peggiore sarebbe tornato in biblioteca e l'avrebbe aspettata lì.

"Non dimenticarti dell'accordo, però" ribadì George.

"Sì, grazie davvero" rispose affrettandosi verso la sala di ingresso, non notando i sorrisetti perfettamente identici sulle facce dei due gemelli.

Eija non perse tempo e si fiondò sulle scale. In poco tempo raggiunse il bagno, la porta era aperta e poteva sentire un debole lamento provenire da uno dei gabinetti, come dei sighiozzi soffocati.

"Hermione?" chiamò varcando la soglia. Il bagno era deserto a eccezione di loro due.

"Eija?" rispose la ragazza con voce rotta.

"Sono io... cos'è successo?"

"È il bagno delle ragazze questo"

"Lo so" ribatté Eija imbarazzato. "Ti ho cercata dappertutto, non sei venuta a Trasfigurazione"

Silenzio.

"Hermione?" Provò di nuovo.

"Cosa c'è?"

"Non vuoi venire alla festa?"

"No" rispose secca.

"Possiamo andare in biblioteca, studiamo insieme come al solito, se vuoi"

Silenzio.

Eija era senza idee. Il suo obiettivo era stato trovarla, ma non si era chiesto come agire dopo. Davanti a quella porta del gabinetto chiusa, aveva l'impressione che Hermione non volesse nemmeno parlargli. Eppure stava piangendo, quindi era triste, aveva la voce stanca e tremolante, le era sicuramente successo qualcosa di brutto. Lui voleva aiutarla, ma non sapeva come. Iniziava a sentirsi agitato e nervoso, aveva bisogno di calmarsi e schiarire la mente e conosceva un solo modo per farlo alla svelta. Si sedette per terra, estrasse il flauto dalla borsa, chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e cominciò a suonare. Nel libro che gli aveva dato Vitious c'era una melodia particolare: aveva un carattere triste e malinconico, tipica della tonalità minore in cui era scritta ed era composta da molte note lunghe con pochi passaggi, ma molto significativi. Era la sua preferita, l'aveva imparata a memoria una sera nel suo loculo mentre osservava la luna. Non era difficile, ma richiedeva attenzione e controllo soprattutto nell'emissione, gli piacevano le note quando uscivano pulite e per ottenerle serviva uniformità e decisione nel respiro. Quando gli riusciva bene, iniziava a perdersi nelle sequenze melodiche ed era investito dalla forza dalle emozioni che venivano evocate, sempre, non importava quante volte la ripetesse. Ci volle poco affinché entrasse dentro la musica anche quella volta e con i sensi distratti, non si accorse della porta del cubicolo che si apriva piano piano e della ragazzina che con le guance arrossate e rigate dalle lacrime si avvicinava e lo guardava rapita, in piedi.

Quando le note finirono il loro terzo ciclo, Eija aprì gli occhi. Mentre il silenzio riprendeva possesso del bagno, si sentiva calmo, più sereno e più pronto ad affrontare la situazione.

"Eija..." sussurrò Hermione con le lacrime che continuavano a scorrere. La voce era tremolante e insicura, carica di paura e fragilità. "Siamo amici, vero?"

Il ragazzo non esitò. "Sì" rispose, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Prima che potesse aggiungere altro o alzarsi, si ritrovò Hermione in grembo, di nuovo singhiozzante. Aveva afferrato i lembi della sua divisa e li stringeva tra le mani, come se avesse avuto paura che da lì a un attimo sarebbe scappato via. L'impatto emotivo del gesto spiazzò Eija e per diversi momenti rimase lì, paralizzato, incapace di fare qualsiasi cosa. A poco a poco però l'empatia prese il sopravvento e la abbracciò delicatamente.

Conforto, ha bisogno di conforto. Perché?

La risposta emerse dalla sua mente, semplice e piena di significato, come ogni risposta emotiva sincera dovrebbe essere.

Lei è come me. Anche lei è sola, anche lei non ha mai avuto amici. Siamo uguali.

Rimasero fermi in quella posizione per un po'. Fu Hermione la prima a rompere il contatto, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e sistemandosi i capelli ancora più scompigliati del solito.

"Puoi suonare ancora?" chiese sedendosi per bene di fronte a lui.

Eija annuì e ricominciò a suonare il flauto.

Tra una nota e l'altra le emozioni passavano via rapide e indolori, tra un pezzo e qualche frase non erano più seduti sul pavimento del bagno delle ragazze al primo piano, a poco a poco cominciarono a parlare e continuarono per un tempo molto lungo, ma che a loro sembrò volare via in un istante. Vennero riportati alla realtà dalla fame.

"Potremmo andare in Sala Grande, anche se arriviamo un po' in ritardo nessuno avrà da ridire" propose Eija.

Hermione non sembrava molto convinta, ma fece un respiro profondo per calmarsi. "Va bene, andremo alla festa, ma prima suoni un ultimo pezzo"

Eija sorrise e annuì, si portò il flauto alla bocca e iniziò una melodia, ma subito dopo le prime note si bloccò.

"Che succede?" chiese Hermione stupita.

"Shhh!" disse Eija portandosi un dito alle labbra e tendendo l'orecchio. Quelli che lo avevano fermato erano dei tonfi che diventavano sempre più forti. Passi, era rumore di passi che si avvicinavano, ma chi poteva avere dei passi così pesanti? La persona più grossa che aveva mai visto era Hagrid, ma nemmeno lui avrebbe fatto suoni del genere. E poi perché Hagrid avrebbe dovuto trovarsi al primo piano, quando la festa si teneva in Sala Grande? Spostò lo sguardo su Hermione e capì che li aveva sentiti anche lei. All'improvviso un odore sgradevole costrinse entrambi a tapparsi il naso e un grido che non aveva nulla di umano li fece indietreggiare fino agli specchi opposti alla porta, paralizzati dalla paura. Eija si portò le mani alle orecchie, quel rumore gli aveva lacerato i timpani e iniziava ad avvertire la sensazione familiare e fastidiosa dei capogiri. Qualunque cosa o creatura fosse comunque, non erano al sicuro.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: Bloccare un troll di montagna ***


Un tonfo dopo l'altro, un mostro enorme apparve all'ingresso del bagno. Aveva la pelle di un color grigio granito e il corpo bitorzoluto come un sasso, toccava quasi il soffitto con il suo piccolo cranio e reggeva una grossa, pesante clava in legno che strisciava per terra per via delle braccia troppo lunghe.

"È un t-troll di mo-montagna" gli sussurrò Hermione spaventata, all'orecchio.

"Deve essere stato attirato dalla musica" rispose Eija debolmente. "Come si ferma un troll di montagna?" chiese spaventato.

"Immagino che n-non siano abituati alla luce..."

Mentre il troll varcava la soglia del bagno, Eija iniziò a passare in rassegna tutti gli incantesimi che conosceva. Le varianti più forti dell'incantesimo illuminante non li avrebbero aiutati a guadagnare più di qualche secondo, per poi ritrovarsi con un troll cieco e infuriato che bloccava loro la strada, e non era in grado di usare incantesimi offensivi potenti, anche se da quel poco che sapeva sui troll di montagna, risultavano essere parecchio resistenti alla magia. Tuttavia poteva provare a rallentarlo facendogli perdere l'equilibrio, facendolo cadere e immobilizzandolo. Conosceva una maledizione adatta al proposito, ma lo spazio della stanza era poco e il mostro da solo ne occupava almeno metà, se fosse caduto, sarebbe stato meglio non rimanere schiacciati sotto di lui. Era una fortuna che non li avesse ancora notati, potevano sgattaiolare fuori muovendosi lentamente, aggirandolo. Fu proprio quando stava per muovere il primo passo che la porta del bagno si chiuse di colpo e la serratura scattò. Eija impallidì, adesso erano in trappola. Anche il troll aveva sentito il rumore alle sue spalle e si era girato per cercarne la fonte, Eija ne aveva approfittato per estrarre la bacchetta. Purtroppo il troll non rimase distratto a lungo e si voltò nuovamente per ispezionare la stanza. Accadde tutto in un momento, gli occhi del mostro incontrarono quelli terrorizzati di Eija e la tensione raggiunse il punto di non ritorno. Lanciando grugniti all'impazzata, il troll avanzò verso di loro agitando la pesante clava. Hermione squittì terrorizzata e si strinse dietro al Corvonero che sudava freddo mentre prendeva la mira.

"Locomotor mortis!" gridò e la maledizione colpì le gambe corte e tozze del mostro che si legarono insieme con uno schiocco facendogli perdere l'equilibrio. Tuttavia Eija non ebbe tempo di esultare, il bagno era piccolo e l'attacco del troll non si era arrestato. Con un rumore assordante la metà dei cubicoli presenti si disintegrò al passaggio della clava, mandando detriti ovunque. Un pezzo di gabinetto volò dritto contro Eija, colpendolo nell'addome e mozzandogli il respiro, mentre il resto del suo corpo veniva imbrattato da polvere, schegge e calcinacci. Per poco non svenne, le gambe però cedettero e cadde a terra rannicchiato su sé stesso. Per un lungo istante, non sentì più nulla; non il grido disperato di Hermione, non il grugnito del troll che con la sola forza bruta aveva rotto la maledizione delle Pastoie e si stava rimettendo in piedi. Percepiva solo un dolore intenso e la mancanza di ossigeno nei suoi polmoni. Quando riuscì nuovamente a respirare, si accorse che nel bagno erano entrati altri due ragazzini a fronteggiare il mostro. Il primo aveva i capelli neri e spettinati e stava aggrappato sulla sua testa, il secondo dai capelli rossi stava più indietro con la bacchetta alzata. Si sentì trascinare e con la coda dell'occhio vide Hermione che lo aveva sollevato di peso e cercava di portarlo lontano dalla sua clava che si stava agitando in ogni direzione, ma che gli sfuggì dalle mani quando il rosso lanciò un incantesimo.

"Wingardium Leviosa!"

L'altro ragazzino fece appena in tempo ad atterrare sul pavimento che l'effetto di levitazione terminò, facendo cozzare la clava con la testa del troll che perse i sensi e cadde a terra con un sonoro tonfo.

"È... Morto?" chiese Hermione.

"Non credo" rispose quello dai capelli neri che nel frattempo cercava di ripulire la sua bacchetta da una sostanza verdognola e grigiastra. "Penso sia finito KO"

Gli ha infilato la bacchetta nel naso?

Pensò Eija, mentre annaspava in cerca di ossigeno. In quel momento però entrarono di fila la professoressa McGranitt, il professor Piton e il professor Raptor. La strega li guardò furente.

"Ma che diavolo pensavate di fare? Avete corso il rischio di finire ammazzati? Perché non eravate nei dormitori? E che cos'è successo a Tarakovi?"

Eija provò a rispondere, ma un attacco violento di tosse lo costrinse a fermarsi e a cercare nuovamente ossigeno.

"La prego professoressa McGranitt... erano venuti a cercare me" disse Hermione.

"Signorina Granger!"

"Ero andata in cerca del mostro perché... pensavo di essere in grado di affrontarlo da sola... perché... avevo letto tutto sui troll di montagna. Se non mi avessero trovata, sarei morta, Eija è arrivato per primo ha immobilizzato il troll e mi ha fatto da scudo dai detriti, poi sono arrivati loro due. Harry gli ha messo la bacchetta nel naso e Ron lo ha steso con un colpo della sua stessa clava"

I due Grifondoro annuirono.

"Be'... in questo caso... Signorina Granger! Per questo tuo atto incosciente a Grifondoro verranno tolti cinque punti. Voi tre invece, ritenetevi fortunati. Non molti allievi del primo anno possono vantare di aver steso un troll di montagna. Vincete dieci punti a Grifondoro e cinque punti a Corvonero. Ora portate immediatamente il signor Tarakovi in infermeria e fatevi dare una controllata, poi tutti nei rispettivi dormitori. Il professor Silente ne sarà informato"

Harry e Hermione sollevarono Eija esausto per le braccia e lo portarono fuori seguiti a ruota da Ron. Camminavano a passo lento in un silenzio imbarazzante.

"Grazie" disse Eija a cui a poco a poco stavano tornando le forze. "Siete arrivati giusto in tempo"

"Se non ci fossi stato tu, saremmo arrivati tardi" rispose Harry.

"Quindi voi siete Harry Potter e Ron Weasley, finalmente vi conosco di persona. Ho sentito parlare di voi due da Neville e Hermione"

"Quindi tu sei l'amico di Neville!" esclamò Ron. "Ci ha parlato di te, ha detto che sei molto bravo in Incantesimi"

"Come ti chiami?" domandò Harry.

"Eija Tarakovi, sono di Corvonero"

"Cosa ti è successo? Quando siamo arrivati eri svenuto" disse Ron.

Eija fece una smorfia. "Avevo bloccato il troll, ma sono stato colpito da un pezzo di qualcosa alla pancia... dov'è la mia bacchetta?" chiese a Hermione.

"Qui dentro, ho recuperato la tua borsa prima di uscire e ci ho messo dentro anche il flauto" rispose lei mostrando la borsa che teneva a tracolla. Eija le sorrise grato e si rivolse a Harry.

"Sei stato preso nella squadra di Quidditch di Grifondoro?"

"Come fai a saperlo?" domandò lui colto di sopresa. "Te l'ha detto Hermione?"

"Non me l'ha detto lei, l'ho capito da solo... più o meno" rispose Eija.

"Come?" fece Harry incredulo.

"Hai ricevuto un manico di scopa a inizio anno invece di essere espulso e ho sentito Vitious parlare delle tue circostanze speciali. Ho immaginato che poteva c'entrare il quidditch, ma non ne ero sicuro"

"Non farai la spia al Corvonero?" domandò Ron preoccupato, mentre Eija lo guardava senza capire.

"Fare la spia su cosa?"

"Il fatto che Harry sia il nuovo Cercatore di Grifondoro dovrebbe essere un segreto" intervenne Hermione.

"Oh! Allora non lo dirò a nessuno"

Arrivarono in infermeria e furono subito accolti da Madama Chips. La strega doveva essere già stata informata della vicenda appena accaduta, perché mentre li visitava, non si risparmiò la ramanzina su quanto fossero stati incoscienti, sulla loro inesperienza, sul fatto che avrebbero dovuto trovarsi alla festa in Sala Grande e sul ringraziare il cielo per esserne usciti senza nemmeno un graffio. Alla fine furono tutti liberi di andare a eccezione di Eija, a cui venne ordinato di passare la notte lì. Harry e Ron lo salutarono promettendo di conoscersi meglio il giorno dopo e precedettero Hermione fuori dall'infermeria.

"Ti aspettiamo lì" le disse Harry.

La ragazza annuì e si voltò verso Eija che stava osservando il suo pigiama, comparso magicamente sul cuscino del letto, con espressione mogia.

"Stai bene?"

Lui sospirò avvilito. "Sì, sto bene. È solo che... è successo tutto così in fretta, io..." per un momento sostenne il suo sguardo e fece un passo esitante verso l'amica per poi fermarsi e spostare gli occhi al pavimento. "Se non fosse stato per Harry e Ron... se non fosse stato per il mio flauto..."

"Non è vero!" esclamò Hermione mettendogli una mano sulla spalla. "Se non ci fossi stato tu, a quest'ora non sarei qui. Non è colpa tua, quindi... grazie"

Eija sentì un sentimento nuovo crescere dentro di lui, era apprezzato, era voluto, era importante per qualcuno. Le emozioni gli stringevano la gola in un nodo, ma non riuscì a trattenere un mezzo sorriso. Lentamente prese la mano di Hermione e solo due parole, quelle giuste, quelle sincere, gli uscirono piano piano dalla bocca.

"Be'... siamo amici"

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: Il giorno di Natale ***


Le vacanze erano iniziate e la maggior parte degli studenti era tornata a casa dalle famiglie. Anziché stare da solo nella Sala Comune, Eija avrebbe preferito passare il tempo con Harry e Ron, che erano gli unici amici rimasti al castello, ma non li aveva trovati da nessuna parte, quindi si era rassegnato a trascorrere quei giorni facendo ricerche in biblioteca e suonando sul suo letto. Per la prima volta da quando era arrivato a Hogwarts percepiva la solitudine ed esercitarsi con la magia gli drenava le energie molto in fretta. La mattina del giorno di Natale, quando trovò un mucchietto di pacchettini ai piedi del letto, scoppiò in lacrime. Aveva letto tante cose sul Natale e sapeva che era una festa celebrata quasi in tutto il mondo, ma non l'aveva mai festeggiato per davvero. La direttrice dell'orfanotrofio faceva portare un alberello addobbato, alto sì e no mezzo metro, in un angolino del refettorio, a cui era proibito avvicinarsi, e cerchiava la data sul calendario nell'area di ingresso con un pennarello rosso. Per i bambini però era un giorno identico agli altri.

Eija era combattuto. Ricevere dei regali lo aveva reso felice, qualcuno gli aveva dedicato del tempo, ma la consapevolezza che lui non ne aveva fatti a sua volta lo faceva stare male e il fatto che non poteva ricambiare lo faceva sentire peggio. Mentre le lacrime bagnavano le lenzuola, si vergognò di sé, della sua situazione, della sua ignoranza e della sua incapacità. Nella sua mente riecheggiò la frase sui soldi che aveva sentito tempo prima all'orfanotrofio e rimase a fissare i regali al bordo del letto, in silenzio. Quando si sentì più calmo, allungò una mano tremolante e afferrò il pacchetto più vicino. Era piccolo e morbido, incartato di azzurro con le pieghe precise e simmetriche. Attaccato a un cordino color bronzo c'era un biglietto, anch'esso azzurro:

Con questi eviterai di prendere freddo mentre suoni, Buon Natale!

Lisa

Eija aprì il regalo, facendo attenzione a non strappare la carta e scoprì un paio di guanti blu, con lo stemma di Corvonero in bronzo ricamato sui lati corrispondenti al dorso delle mani. Le punte delle dita erano scoperte per permettergli di chiudere i buchi del flauto più facilmente e il tessuto era liscio e piacevole al tatto. Lisa si era dimostrata sempre disponibile con lui, in più lavoravano bene insieme sia a Pozioni, sia in altre materie. Non era raro che si aiutassero a vicenda con compiti o discutessero di magia la sera nella sala Comune. Eija aveva conosciuto le sue amiche, ma non aveva legato molto con loro. Era la stessa situazione che capitava con i suoi compagni di dormitorio, non si sentiva mai davvero parte del gruppo.

Strinse forte i guanti a sé.

 

Si sforzò di scendere in Sala Grande all'ora di pranzo e rimase a bocca aperta vedendo la quantità di cibo che troneggiava sull'unica tavolata presente. C'erano salsicce, tacchini, patate al forno, piselli al burro, salse di ogni colore e molto, molto altro. Rimase a fissare la scena meravigliato e solo dopo diversi secondi, e una piccola fitta alle orecchie, si accorse dei petardi magici disposti qua e là, che venivano fatti esplodere dagli studenti. Con un sospiro rassegnato estrasse dalla borsa un paraorecchie nero imbottito e lo indossò prima di raggiungere Harry e Ron che lo stavano salutando dal lato sinistro del tavolo. Quando si sedette, a stento riusciva a vedere il professor Silente, che sfoggiava una cuffia a fiori invece del solito cappello a punta da mago, perché coperto dalla montagna di tacchini arrosto.

"Dove siete stati? Vi ho cercato dappertutto"

"Avevamo la Sala Comune vuota" rispose Ron senza cogliere il tono piccato, con la bocca piena.

Eija borbottò qualcosa che suonava come "potevate avvertirmi" e cominciò a riempirsi il piatto.

"È per i petardi?" chiese Harry indicando il paraorecchie.

"Sì. Non sai che mal di testa... Spero proprio che non si ripeta quello che è successo alla partita di quidditch"

"Mi dispiace che tu sia stato male" ammise Harry ed Eija sentì un po' del suo malumore sciogliersi.

"Non è stata colpa tua, alla prossima partita sarò lì a fare il tifo per te"

"La prossima la giochiamo contro i Tassorosso, sarà una passeggiata!" esclamò Ron contento. "Fred e George dicono che sono la squadra più scarsa della scuola"

"Ehi Ron... è normale ricevere dei regali a Natale, vero?" domandò Eija cercando di reprimere tutto il disagio che sentiva dentro.

"Normale? Certo che è normale, è la parte migliore del Natale!"

"Anche io stamattina ho trovato dei regali ai piedi del mio letto" aggiunse Harry entusiasta.

"Ma... io ecco... non ne ho fatti a nessuno" il tono della voce di Eija diminuiva a ogni parola e la faccia gli divenne tutta rossa dalla vergogna.

"In realtà nemmeno io ne ho fatti" continuò Harry tentando di consolarlo. "È tutto nuovo qui a Hogwarts, non saprei nemmeno dove andarli a comprare"

Eija sospirò rammaricato.

"Ehi, non preoccuparti" intervenne Ron. "Mamma dice sempre che è il pensiero che conta. Ti va di giocare a scacchi?"

"Che gioco è?" chiese curioso.

"È come scacchi dei babbani, ma molto più bello" rispose Ron.

"Non ho mai giocato a scacchi dei babbani"

"Ti spiego io le regole, così possiamo fare un sacco di partite fra di noi"

"Ron è troppo bravo. Abbiamo giocato tutto ieri, ma non ho vinto nemmeno una volta"

 

Quella notte Eija si era girato e rigirato nel letto, nella speranza di prendere sonno, ma non ebbe successo e in preda alla frustrazione, era uscito dal dormitorio e aveva cominciato a girovagare per il castello silenzioso. Camminare gli aveva dato un po' di sollievo dal suo tormento triste e malinconico, nonostante sapesse di star infrangendo le regole e che rischiava di finire nei guai. A un certo punto si infilò in un'aula abbandonata, piena di ragnatele e decise di suonare il flauto. Si sedette al centro della stanza e chiuse gli occhi, isolando tutto il mondo fuori dalla propria testa per trovare la concentrazione. Tuttavia quel momento di pace non durò a lungo. Mentre finiva una melodia che aveva imparato a memoria dal libro per flautisti intermedi che gli aveva dato il professor Vitious a fine Novembre, quasi gridò dallo spavento quando sentì chiamare il suo nome, ma davanti a sé non vide nessuno.

"Chi c'è?" domandò incerto.

Dal nulla la testa di Harry comparve fluttuando facendogli sfuggire un grido strozzato.

"Harry! Ma cosa diavolo... mi hai fatto prendere un colpo" sussurrò. "Perché vedo solo la tua testa?"

"È un mantello dell'invisibilità, lo metti e diventi invisibile. Era di mio padre, l'ho trovato insieme ai regali di Natale stamattina, ma non so chi me l'ha mandato. Sul biglietto c'era solo scritto di usarlo bene"

Eija si riprese dallo stupore "Lo stavi usando per cercare informazioni su Nicholas Flamel nel reparto proibito senza essere scoperto da Gazza?"

"Sì, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Però poi ho trovato dell'altro, lo devi vedere"

I due si strinsero sotto al mantello e sparirono alla vista.

"Stavo per tornare alla sala comune, quando ho sentito che stavi suonando" disse Harry. "È così che ti ho trovato. Perché sei in giro anche tu?"

"Non riuscivo a dormire" rispose evasivo Eija.

"Capita anche a me di stare sveglio la notte. Ancora non riesco a credere di essere a Hogwarts"

"Sì, sembra impossibile. A volte mi chiedo se non sia tutto un sogno..."

Si lasciò guidare fino a un'altra aula abbandonata. I banchi erano stati spinti contro le pareti e impilati uno sopra l'altro, al centro c'era un grande specchio dall'aria antica e misteriosa, alla cui cima vi era incisa la scritta: erouc li amotlov li ottelfirnon. Harry si tolse il mantello e si mise davanti allo specchio.

"Guarda, c'è la mia famiglia lì!"

"La tua famiglia? Ma non erano morti?"

Avanzò per guardare anche lui nello specchio, ma vide solo il riflesso del suo amico.

"Harry, io vedo solo te" disse Eija confuso.

"Ma come? Loro sono qui, proprio accanto a me nello specchio"

"Fai provare me per favore"

Si scambiarono di posto, Eija guardò dentro allo specchio e strabuzzò gli occhi. Il suo riflesso era al centro ed era avvolto in un abbraccio da Neville, Hermione, Harry, poi Lisa, Terry e Ron. Ai lati, un po' in disparte rispetto agli altri, c'erano Penelope, intenta a leggere un libro e che ogni tanto sbirciava la scena di sottecchi, e il professor Silente con il suo naso adunco, gli occhiali a mezza luna e la barba bianca. Sopra di loro, infine, stavano due adulti che riconobbe all'istante. L'uomo sulla destra non era molto alto, aveva i capelli neri e ricci più stretti dei suoi, la barba corta, gli occhi azzurri e l'aria di chi la sapeva lunga, mentre la donna aveva capelli scuri e lisci in contrasto con la pelle pallida, gli occhi verde scuro e il sorriso più gentile del mondo. Erano i suoi genitori.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: Il potere dello specchio ***


Eija rimase a fissare lo specchio attonito. Perché vedeva i suoi genitori e i suoi amici? Harry era nello specchio, ma era anche accanto a lui qualche metro più a sinistra, e cosa significava l'abbraccio? Alzò lo sguardo alla scritta e i pezzi del puzzle andarono al loro posto.

"Harry, io non vedo la tua famiglia" disse piano. "Vedo tutti i miei amici e anche i miei genitori"

"Ma i tuoi genitori... cioè, non sono..." cominciò Harry insicuro.

"In realtà non so che fine hanno fatto" rispose Eija scuotendo la testa. "So che mi hanno abbandonato in un orfanotrofio undici anni fa, proprio a Natale. Ho un flash di quel giorno: il volto di mia mamma in lacrime e l'espressione cupa di mio padre. Ricordo le loro facce e il senso di abbandono che provai a vederli andare via"

"Mi dispiace molto" Harry era rimasto colpito dalla rivelazione dell'amico.

"Alla direttrice non importava niente di me già da allora perché non si preoccupò nemmeno di segnare la mia data di nascita, ma mi piace pensare che il mio compleanno sia oggi. È il primo giorno di cui ho ricordi... Quando il professor Silente mi ha portato la lettera, ho avuto la conferma di avere undici anni perché tutti i maghi iniziano Hogwarts a undici anni"

"È stato Silente a portarti la lettera? A me l'ha data Hagrid, ma prima ne erano arrivate tantissime, i gufi avevano riempito il giardino. I miei zii, i Dursely, non volevano che le aprissi e hanno portato me e mio cugino Dudley molto lontano, fino a una catapecchia su uno scoglio"

Eija guardò il suo amico con occhi nuovi. "Com'è vivere con i tuoi zii?" chiese.

"In realtà non mi trattano bene: mi tenevano in uno sgabuzzino sotto le scale finché non sono arrivate le lettere e poi mi fanno preparare la colazione, lavare i piatti, pulire i pavimenti e sistemare il giardino. Mio cugino e i suoi amici non fanno che prendersela con me, sia a casa, sia a scuola e poi, odiano la magia. Mi avevano persino detto che i miei genitori erano morti in un incidente d'auto"

"So come ci si sente a essere presi di mira, non è bello. Hai detto che la lettera te l'ha data Hagrid, è il guardiacaccia, giusto? Quello che ci ha guidato attraverso il lago il primo giorno"

"Sì, è lui!" confermò Harry. "Dobbiamo andare alla sua capanna qualche volta, così vi conoscete"

"Mi piacerebbe molto"

"E tu cosa mi dici dell'orfanotrofio? Da come ne parli non sembra un bel posto"

"Non lo è, per niente. Lo odio, se il professor Silente non mi avesse portato via da lì, me ne sarei andato io... prima o poi. Anche io devo fare un sacco di faccende e veniamo puniti per la minima cosa"

"Nemmeno a me piace stare con i miei zii, però sono gli unici parenti che ho e mi lasciano stare da loro. A volte non so cosa dovrei pensare"

Eija lasciò il posto all'amico davanti allo specchio. "Però adesso siamo a Hogwarts" ammise sorridendo.

"Hai ragione" concluse Harry pensieroso, poi allungò una mano a toccare il suo riflesso. "Dici che mostra le persone che non ci sono più? I tuoi genitori sarebbero morti..."

Eija scosse la testa.

"Ci sei anche tu lì dentro e mi pare che tu non sia morto, né gli altri"

"Io? Chi vedi di preciso lì dentro?" domandò curioso.

"Be'... ci siete tu, Ron, Neville, Hermione, alcuni miei amici di Corvonero, i miei genitori e il professor Silente" esitò un attimo. "Mi state tutti abbracciando"

"Che cosa significa?"

"Cosa succede se metti una scritta davanti a uno specchio?" rispose Eija sorridendo.

Harry rimase a pensare qualche secondo. "Appare al contrario!" esclamò infine.

"Esatto! Quindi cosa c'è scritto lì veramente?"

"Non rifletto il volto ma il cuore" lesse strizzando gli occhi. "Ci fa... vedere quello che vogliamo?"

"Sì, ho letto che il cuore è considerato l'organo della volontà, quindi ci mostra i nostri desideri"

"Quindi solo io posso vedere la mia famiglia" constatò Harry triste.

"C'è di più" continuò Eija. "Se quello che vedi è il tuo cuore, allora lo specchio ti aiuta a conoscere te stesso. Ho anche letto che conoscersi è il primo passo per diventare quello che vogliamo, per poi... andare avanti, credo" chiuse un attimo gli occhi cercando di ricordare le parole del libro, ma rinunciò subito. La sua testa era un tumulto di pensieri confusi e ingarbugliati, aveva bisogno di rilassarsi e ordinarli.

"Posso suonare il flauto?" chiese.

Harry annuì e si sedette davanti allo specchio fissando rapito il suo contenuto. I due ragazzini rimasero nella stanza per un po', senza parlare, ma vicini. Nessuno dei due voleva tornare a dormire quella notte e quando si sentirono stanchi e provati per la carenza di sonno, si diedero appuntamento la notte successiva sempre lì, davanti allo specchio. Eija venne accompagnato con il mantello dell'invisibilità alla base della torre di Corvonero e così per le notti seguenti: dalla torre allo specchio e dallo specchio alla torre. Entrambi beneficiavano di quei momenti di compagnia silenziosa, Harry poteva contare su una presenza amica in un momento di profonda nostalgia ed Eija non sentiva più la solitudine che lo aveva perseguitato prima di Natale. Avevano provato a portarci anche Ron, ma lui aveva perso interesse subito per lo specchio e se ne era tornato a letto. Il Corvonero passava la maggior parte del tempo a suonare e la sua mente si svuotava da tutti i pensieri inutili. Si sentiva più libero e ordinato, riusciva a pensare e riflettere senza fatica. Tuttavia quella notte le cose non andarono come le precedenti.

"Allora... di nuovo qui, voi due?"

Il suono del flauto si interruppe ed entrambi i ragazzini si voltarono di scatto per guardarsi alle spalle. Su uno dei banchi vicino al muro era seduto nient'altri che Albus Silente. I due dovevano essergli passati accanto senza vederlo.

"Noi..." cominciò Harry. "Noi non la abbiamo vista, signore"

"Strano: essere invisibili rende miopi!" osservò Silente con un largo sorriso, per poi scivolare giù dal banco e andarsi a sedere a terra in mezzo ai due. "Harry, tu, come centinaia di altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello Specchio delle Brame"

"Quindi è quello il suo nome! Ho fatto qualche ricerca in biblioteca, ma non ho trovato nulla" intervenne Eija.

"Purtroppo quello specchio non è così noto al pubblico. Pensa, ha riposato nel castello per decenni prima che lo scoprissi per caso... ma non è della genealogia dello specchio che volevo parlarvi. Anzi, mi complimento con te per l'ottimo spirito di osservazione, hai scoperto la sua funzione da solo" disse Silente.

"E lei come lo sa...?" domandò Eija.

"Non mi serve un mantello per diventare invisibile" rispose il preside con dolcezza. "Anche se, per essere precisi, lo specchio mostra ciò che desideriamo più profondamente e più irresistibilmente in cuor nostro, né di più né di meno. Harry, tu non hai mai conosciuto i tuoi genitori e ti vedi circondato da tutta la famiglia. Tu, Eija, non hai mai avuto legami affettivi e ti vedi abbracciato da tutte le persone con cui hai stretto amicizia. Ronald Weasley, che è sempre vissuto all'ombra dei suoi fratelli, si vede come il migliore di tutti. E, come hai detto tu Eija, lo specchio ci mostra solo quello che abbiamo dentro, che bramiamo di più, ma non è la verità, né tanto meno conoscenza. Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi, o che hanno perso il senno perché non sapevano se quello che veniva mostrato era reale o anche solo possibile"

Silente fece un sospiro.

"Domani lo Specchio delle Brame verrà portato in una nuova dimora e io vi chiedo di non cercarlo mai più. Se mai vi ci imbatterete di nuovo però, sarete preparati. Ricordate: non serve a nulla rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non utilizzate quel meraviglioso mantello per tornare a letto?"

"Signore, posso farle una domanda?" chiese Harry alzandosi in piedi.

"Certo! Me ne hai appena fatta una! Comunque puoi anche farmene un'altra"

"Lei che cosa vede, quando si guarda nello specchio?"

"Io? Mi vedo con un paio di grossi calzini di lana"

Sia Harry, sia Eija lo guardarono increduli.

"I calzini non bastano mai" disse Silente. "È passato un altro Natale e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri" ridacchiò fra sé e sé. "Vuoi farmi anche tu una domanda, Eija?"

"Io... no, signore" rispose il Corvonero debolmente.

"Se mai vorrai farmene, non esitare a cercarmi. Anche se essere preside è impegnativo, sono sempre disponibile per i miei studenti quando hanno bisogno. Ora andate a letto"

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Capitolo 17
*** Capitolo 17: Rientro ***


Nemmeno con la ripresa delle lezioni scoprirono qualcosa su Nicholas Flamel. La quantità spropositata di libri già consultati li faceva sentire stanchi e l'intera biblioteca ancora da setacciare li scoraggiava. Nonostante il mantello dell'invisibilità di Harry, il reparto proibito non aveva dato i frutti sperati e a poco, a poco i compiti e lo studio avevano assorbito tutto il loro tempo. Eija sfogava la frustrazione esercitandosi negli incantesimi ogni volta che poteva, a ogni pausa tra un'attività e l'altra estraeva la bacchetta e sparava una decina di incantesimi in rapida successione, annotando poi su un rotolo di pergamena l'effetto ottenuto ed eventuali variazioni sperimentate. Fare pratica con la magia era un'ottima distrazione dall'enorme mole di letture che portava a termine ogni giorno, infatti non c'era voluto molto prima che gli altri del gruppo iniziassero a seguire il suo esempio, anche in previsione degli esami. A Eija piaceva definirlo il suo "gruppo", anche se non era del tutto vero. Lui ed Hermione passavano la maggior parte dei pomeriggi in biblioteca ai quali si univano a volte Harry e Ron e altre volte Neville. Il trio di Grifondoro voleva mantenere il segreto riguardo alle loro ricerche ed Eija aveva deciso di rispettare la volontà di Neville di "non avere più a che fare con il cane a tre teste", quindi si univano con lui solo per fare i compiti. Altre volte ancora succedeva che Eija e Neville si prendessero una pausa insieme per chiacchierare e girare un po' per il castello. Da quando tutti gli studenti erano tornati, l'umore di Eija era migliorato. Ogni giorno aveva sempre qualcosa da fare e ogni sera suonava e studiava insieme a Lisa e i suoi compagni di dormitorio. Si stava lentamente abituando alla routine di Hogwarts, ma non si era dimenticato dei regali ricevuti a Natale e aveva ringraziato tutti quelli che gliene avevano fatto uno, ovvero Neville, Lisa, Hermione, Penelope e il professor Silente. Si era fatto una lista con i loro nomi e delle idee per ricambiare in futuro e si era anche annotato di cercare un modo per racimolare qualche Falce. Era talmente preso da tutto quanto, che la scoperta della pietra filosofale lo prese alla sprovvista. Quel giorno Neville aveva chiesto aiuto a Eija per i compiti di Pozioni e si erano dati appuntamento quella sera stessa in biblioteca. Tuttavia Neville non si era presentato ed Eija dopo una breve attesa, era uscito per cercarlo, trovandolo in un corridoio lì vicino, circondato da Malfoy e il suo solito gruppo di prepotenti mentre saltellava via a piedi uniti colpito chiaramente da una maledizione della Pastoia. Le risate meschine dei Serpeverde lo fecero arrabbiare parecchio e per dare il tempo all'amico di scappare, ingaggio il gruppo con la bacchetta. Data la superiorità numerica, i bulletti non lo presero sul serio, ma dopo i primi incantesimi, capirono subito di non avere nessuna possibilità e se la diedero a gambe. Il tutto era durato meno di cinque minuti, ma era servito allo scopo e Neville non era più in vista. Solo il giorno dopo Eija seppe che era riuscito a tornare alla Sala Comune di Grifondoro e che grazie a lui, Harry si era ricordato di aver già visto il nome di Nicholas Flamel nella figurina delle cioccorane di Albus Silente, in cui l'alchimista veniva menzionato come amico e collega. A quel punto a Hermione era servito un attimo per trovare il libro giusto e avevano scoperto che Nicholas Flamel era famoso per aver creato la pietra filosofale, un oggetto alchemico capace di trasformare qualsiasi metallo in oro e di produrre l'elisir di lunga vita che se bevuto, avrebbe reso immortali, infatti il suddetto alchimista aveva la bellezza di seicentosessantacinque anni e sua moglie Peronella seicentocinquantotto.

Altro che diadema che aumenta l'intelligenza, quell'uomo deve avere una conoscenza e una saggezza senza pari. Seicentosessantacinque anni... Vuol dire che aveva già inventato la pietra filosofale quando è stata scoperta l'America e deve aver assistito a tantissimi avvenimenti storici! Però forse il mondo magico le ha vissute diversamente da quello babbano, mi piacerebbe incontrarlo, parlargli...

Si era ritrovato spesso a fantasticare su Flamel, tanto che Hermione lo aveva più volte riportato alla realtà mentre studiavano e complottavano. Erano tutti d'accordo che Piton stava cercando di rubare la pietra, anche se non avevano la minima idea sul perché, ma nonostante le loro preoccupazioni e i viaggi mentali su quello che sarebbe potuto accadere, non successe nulla e arrivò il giorno della quarta partita del campionato di quidditch: Grifondoro contro Tassorosso.

Lo sport dei maghi non era l'interesse principale di Eija che aveva seguito la classifica più per curiosità, che per spirito competitivo. Dopo la sconfitta di Serpeverde ai primi di Novembre, Corvonero aveva battuto di poco i Tassorosso, con grande gioia di Terry, Micheal e Anthony che avevano tenuto sveglio Eija fino a tarda notte, troppo eccitati per andare a dormire o starsene tranquilli per i fatti loro, e a Gennaio sempre Corvonero aveva perso malamente da Serpeverde. Se Grifondoro avesse vinto, sarebbe diventata la prima nella classifica del quidditch e, a seconda del punteggio, avrebbe raggiunto Serpeverde nei punti della Coppa delle Case. Quindi quella giornata non sarebbe stata né calma, né pacata, né tantomeno silenziosa.

Eija indossava i paraorecchie che gli aveva dato Vitious per attenuare il rumore ed era seduto in tribuna fra Hermione e Neville. Ron, dall'altro lato della ragazza, si stava lamentando in continuazione: era chiaramente preoccupato per Harry. A suo dire, Piton era diventato l'arbitro della partita proprio per ostacolare i Grifondoro e impedire loro di vincere, tuttavia l'aria del professore di Pozioni era particolarmente inviperita e la cosa non sfuggì a nessuno degli spettatori.

"Non gli ho mai visto in faccia un'espressione tanto feroce" confessò Ron. "Ehi, guarda, partono. Ahi!"

Qualcuno gli aveva dato una botta alla nuca. Era stato Malfoy che si era seduto proprio nei sedili dietro di loro e accompagnato immancabilmente da Tiger e Goyle.

"Uh, Weasley, scusa tanto, non ti avevo visto" disse sorridendo malignamente. "Mi chiedo quanto a lungo starà in sella Potter questa volta. Si accettano scommesse! Tu che ne dici Weasley?"

Ron però era concentrato sul gioco, così come gli altri ragazzini. Piton aveva appena dato un rigore ai Tassorosso e Harry stava sorvolando il campo, scrutandolo in ogni direzione in cerca del Boccino d'Oro.

"Sai come penso che facciano, per scegliere chi gioca per il Grifondoro?" continuò imperterrito Malfoy mentre Piton assegnava un altro rigore ai Tassorosso. "Scelgono quelli che gli fanno pena. E infatti ci gioca Potter, che non ha i genitori , ci giocano i Weasley, che non hanno il becco di un quattrino... anche tu dovresti far parte della squadra, Paciock, visto che non hai di cervello"

"Non ascoltarlo Neville, ti sta solo provocando" intervenne Eija spazientito vedendo che il suo amico si era fatto paonazzo in viso.

"Io ne valgo dodici come te, Malfoy" balbettò Neville fissando il Serpeverde dritto negli occhi, che scoppiò a ridere insieme agli altri due.

"Cantagliele Neville" lo incitò Ron.

"Ehi, Paciock, se il tuo cervello valesse tanto oro quanto pesa, saresti più povero dei Weasley... ed è tutto dire!"

Eija notò la mano di Ron contrarsi in un pugno e il respiro di Neville accelerare, il che non gli piacque per nulla.

"Ragazzi, concentratevi sul gioco non vale la pena di..."

"Ron!" esclamò Hermione all'improvviso. "Harry...!"

"Eh? Che cosa? Dove?"

Harry si era appena lanciato in picchiata, seguito con il fiato sospeso da tutto il pubblico. Hermione era balzata in piedi.

"Sei fortunato Weasley: Potter deve aver visto una monetina caduta in terra!" fece Malfoy.

Ron non resistette più e scattò addosso a Malfoy, scaraventandolo a terra. Neville fece per dargli manforte, ma Goyle si mise in mezzo alzando i pugni. Tutti e cinque finirono sotto ai sedili ad azzuffarsi e nella colluttazione qualcuno colpì Eija facendogli volare via il paraorecchie, lasciandolo indifeso contro l'esultanza dei Grifondoro, che proprio in quel momento esplose perché Harry Potter aveva catturato il Boccino d'Oro in appena cinque minuti, infrangendo ogni record della scuola. Hermione non si accorse subito dello stato dell'amico, troppo euforica per la vittoria lampo e troppo impegnata ad abbracciare Calì Patil, ma quando lo vide a terra raggomitolato su se stesso, le mani premute contro le orecchie e l'espressione contorta in una smorfia di dolore, quasi lo portò giù dalle tribune di peso.

"Stai bene?" chiese mentre lo accompagnava in infermeria, tenendolo per un braccio. Eija sentì un'altra fitta alle tempie.

"Sì, ma parla piano, per favore" sussurrò debolmente.

"Dovresti davvero fare qualcosa per il tuo udito, non è normale che sia così sensibile"

"Ne ho già parlato con Madama Chips, mi ha detto che uno dei miei genitori, o dei miei nonni lo aveva e me l'ha passato, però non sono riusciti a risalire a nessuno, sembra che sia una problema raro anche nel mondo magico. L'unico rimedio è il paraorecchie, avrei dovuto pensare a un incantesimo per tenerlo fisso in testa"

La ragazza sorrise.

"Dopo farò una ricerca in biblioteca, promesso" sussurrò.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18: Sviluppi inaspettati ***


Eija si sentiva immerso in una bolla in cui ogni minimo rumore era amplificato a dismisura, persino il respiro di Neville, addormentato nel letto alla sua sinistra, o lo sfregamento prodotto con le lenzuola per girarsi, gli dava fastidio. L'unica attività che non gli procurava dolorose fitte alle tempie era pensare e l'infermeria era vuota e silenziosa. Fece un respiro profondo e iniziò ripercorrere gli eventi della giornata. A ogni partita di quidditch di Grifondoro, qualcosa era andato storto e lui era finito in infermeria. Questa volta era stata colpa di Malfoy, addirittura coinvolgere i suoi amici in una rissa! Sentì nella sua testa la voce di Anthony Goldstein maledire l'impulsività dei Grifondoro e non poté che dargli in parte ragione, anche se Neville era timido e impacciato, Ron parlava troppo ed Harry non era certo un tipo riflessivo. Solo Hermione faceva eccezione, lei ed Eija si assomigliavano in molti aspetti, anche se la ragazza aveva molto più spirito di iniziativa e molta più energia. Chissà perché il Cappello Parlante l'aveva messa in Grifondoro, si sarebbe trovata molto bene a Corvonero e avrebbero passato molto più tempo insieme...

Quando aprì gli occhi, notò che il suo udito era tornato come prima. Si tirò su a sedere, la luce soffusa delle candele illuminava appena l'infermeria sempre deserta, a eccezione di Hermione che era seduta su una sedia, immersa nella lettura di un tomo enorme dall'aria antica, curva sulle pagine, mentre si faceva luce con la bacchetta.

"Sono sveglio" sussurrò all'amica per non spaventarla. "Che cosa leggi?"

"Alchimia avanzata" rispose lei piano, dandogli un'occhiata veloce di conferma per poi tornare sulle pagine. "Vorrei trovare più informazioni sulla pietra filosofale. Stai meglio ora?"

"Sì, sto bene. La testa non mi fa più male" disse Eija osservando Neville alla sua sinistra, sembrava profondamente addormentato. "È già passata l'ora di cena?"

"È finita poco fa, manca circa un'ora al coprifuoco. Hai fame? Vado a chiamare Madama Chips?"

"Posso aspettare" rispose prima di spostare l'attenzione sull'amica. "È successo qualcosa? Sembri preoccupata"

Hermione strinse forte la copertina del libro tra le dita. "Io e Ron abbiamo parlato con Harry" sussurrò tesa "Ha visto Piton minacciare Raptor nella foresta proibita dopo la partita, vuole usarlo per passare Fuffi"

"E rubare la pietra filosofale" concluse Eija riflettendo. "Però la pietra sarà sicuramente protetta da molti incantesimi che nemmeno conosciamo. Noi siamo solo al primo anno, se anche il professor Raptor lo aiuta, noi cosa possiamo fare?"

"Ma Raptor non ha ceduto" intervenne Hermione chiudendo il libro "Per il momento vogliamo tenerlo d'occhio a lezione, dobbiamo stare attenti e anticipare Piton"

"Va bene, starò attento, ma che facciamo se alla fine Raptor cede?"

"In quel caso dovremo avvertire i professori" rispose lei.

"Silente" suggerì Eija. "È amico di Nicholas Flamel. Se la pietra filosofale è qui a Hogwarts, è perché si sono messi d'accordo per nasconderla qui. Lui saprà cosa fare"

"Harry ci ha detto che è venuto alla partita, per questo Piton era furioso!" esclamò Hermione appoggiandosi allo schienale della sedia. "Credi che Silente si sia accorto che qualcuno vuole rubare la pietra?"

"Non lo so..."

"O forse era lì solo per evitare che un altro studente rischiasse di cadere dalla scopa?"

"Però non c'era alla partita tra Tassorosso e Corvonero, avevo controllato tutte le tribune per trovarvi e sedermi con voi. Forse pensa che Harry sia in pericolo"

"Sì, ha senso. Harry aveva rischiato la vita nell'altra partita per colpa di Piton"

"E se andassimo ora da Silente a dirgli tutto?" propose Eija pensieroso.

"Ma non abbiamo prove, non ci crederà mai. Siamo solo al primo anno..."

"Forse hai ragione" ci fu un attimo di silenzio "Quindi aspettiamo?"

"Sì, aspettiamo" concluse Hermione. "Vado a chiamare Madama Pince, hai bisogno di mangiare adesso"

Eija annuì.

 

Le settimane seguenti furono molto intense. Il professor Raptor non aveva dato segni di cedimento alle minacce di Piton e l'attenzione di tutto il gruppo era stata assorbita dalle montagne di compiti e dai ripassi per gli esami. Ogni giorno Eija ed Hermione si facevano domande a vicenda su tutte le materie, fra i due si era creata una piacevole sinergia; purtroppo la stessa laboriosità non era condivisa da Harry, Ron e Neville, che avrebbero preferito passare il loro tempo ovunque, tranne che sui libri, soprattutto quando le giornate iniziavano farsi più calde, dopo le vacanze di Pasqua. Eija svolgeva il ruolo di mediatore del gruppo. Non era raro che si creasse un battibecco tra Hermione e Ron, e allora bisognava calmare le acque. La maggior parte delle volte ci riusciva e alla fine il gruppo funzionava bene, si sentiva soddisfatto e contento.

Quella sera però Eija era arrabbiato. I suoi migliori amici non gli avevano detto del drago nella capanna di Hagrid e lui non l'aveva presa bene. Se ne era accorto solo dopo che Ron era finito in infermeria, quando il piccolo "Norberto" lo aveva morso con i suoi dentini velenosi. Il trio gli aveva chiesto di aiutarli a portare il drago in cima alla torre più alta del castello, ovvero la torre di Corvonero, quella stessa notte a mezzanotte, dove alcuni amici del fratello di Ron, Charlie Weasley, sarebbero venuti a prenderlo per trasportarlo in un allevamento sicuro e legale in Romania. Tutti e tre gli avevano chiesto immediatamente scusa e forse era per quello che aveva acconsentito, non si sentiva di lasciarli da soli, dopo che erano venuti a chiedergli aiuto e sembravano pentiti. Ormai erano passate diverse ore e la rabbia si era trasformata in tristezza e delusione. Dopotutto erano già complici per la pietra filosofale, sapeva mantenere un segreto. E poi, avrebbe tanto voluto vederlo un drago... Tutte le domande e le emozioni gli frullavano nella testa, ma la faccenda era già complicata senza tutta quella confusione. Infatti, oltre a muoversi nel castello di notte, trasportare un drago in una cassa sotto al mantello dell'invisibilità ed evitare Gazza e i professori di ronda, bisognava fare attenzione anche a quell'impiccione fastidioso di Draco Malfoy che era venuto a conoscenza del drago e dell'intero piano. Eija era sicuro che si sarebbe presentato e aveva avuto un'idea: Malfoy sapeva dove avrebbero portato il drago, quindi sarebbe dovuto passare vicino all'ingresso della torre di Corvonero per coglierli sul fatto, proprio dove stava il loculo che aveva scoperto a inizio anno, nascosto dietro a un arazzo. Eija si era appostato lì dietro, a controllare la situazione. Come previsto, non appena finirono i rintocchi della mezzanotte, il Serpeverde comparve lungo il corridoio. Da come camminava, intuì che non era un esperto nel muoversi furtivamente in giro per il castello.

Probabilmente non ha mai avuto bisogno di infrangere le regole, o di sgattaiolare fuori dal letto la notte... "mio padre" di qua, "mio padre" di là...

Pensò con un miscuglio di emozioni che andavano dal fastidio, all'invidia, mentre estraeva il flauto, toglieva il permesso di sentirlo al professor Vitious, annotandosi mentalmente di ridarglielo la mattina seguente, e cominciava a suonare. Harry ed Hermione lo avrebbero riconosciuto dalla musica, avrebbero capito che era meglio restare nascosti. Non dovette suonare a lungo però, perché la McGranitt comparve all'improvviso andando a sbattere proprio contro Malfoy. A nulla valsero le sue scuse, la professoressa lo trascinò giù per le scale tenendolo per l'orecchio, aveva l'aria proprio infuriata.

"Malfoy si è beccato una punizione! Sono così contenta che mi metterei a cantare!" esclamò Hermione euforica, non appena uscirono all'aria aperta, ansimando per la fatica.

"Evita" le consigliò Harry con il fiato corto.

Ma nonostante portare la cassa su per le strette scale a chiocciola si era rivelata un'impresa, nulla impedì a Hermione di improvvisare una specie di balletto, trascinando e sballottando Eija a destra e a sinistra ridendo. Alla fine il povero Corvonero crollò a terra stremato per riprendere fiato, l'attività fisica non era il suo forte, ma almeno un po' dell'allegria degli altri due lo aveva contagiato ed era contento che quel bulletto di Malfoy era finito nei guai, gli stava proprio bene. Dopo circa dieci minuti di attesa, gli amici di Charlie Weasley arrivarono e animarono ancor di più la cima della torre. A differenza di Harry ed Hermione, Eija si tenne un po' in disparte e non interagì molto, però ascoltò attentamente e trovò molto affascinanti le storie sui draghi. Era curioso e la curiosità è difficilmente frenabile, avrebbe sicuramente fatto delle ricerche in biblioteca su quelle creature. Tuttavia non si era ancora ripreso del tutto da quella giornata, aveva bisogno del tempo per pensare, per riordinare la mente. Dopo che la torre tornò silenziosa e aver dato la buonanotte ai due Grifondoro, decise di rimanere all'aperto ancora un po', da lassù si vedeva il cielo molto meglio, rispetto a quando lo guardava dal suo loculo. Era nero pece, ma pieno di piccoli puntini bianchi molto luminosi che creavano forme indefinite e magnifiche. Siccome studiava Astronomia, Eija sapeva riconoscere alcune costellazioni e i pianeti visibili a occhio nudo, tuttavia lo spettacolo complessivo del cielo stellato aveva tutta un'altra bellezza. Si vedeva persino la sottile striscia bianca che percorreva il cielo, il segno della galassia in cui erano immersi, la Via Lattea. Eija l'aveva vista diverse volte a lezione, ma la professoressa non condivideva il suo stesso entusiasmo. Era incredibile come i maghi riuscivano a ignorare subito qualsiasi cosa, non appena usciva dal loro ramo di studi tradizionale, soprattutto quando quel campo era molto studiato dai babbani. Dai libri che aveva letto, sapeva che erano riusciti ad arrivare sulla Luna, chissà se anche i maghi...

"Una notte perfetta per guardare il cielo, non trovi Eija?" disse la voce calma e pacata del professor Silente dietro di lui.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19: Conseguenze ***


"Professore... Sì, è una notte bellissima. Mi piace guardare le stelle" disse Eija voltandosi.

"Anche a me" ammise Silente. "È un peccato che molti maghi abbiano una visione così ristretta dell'astronomia, per me si perdono la vera bellezza, come questo cielo stellato"

"Capisco quello che vuole dire: ho dovuto insistere molto con la professoressa Sinistra per farmi dire della Via Lattea, non era molto contenta di parlarne"

"Non a tutti piace guadare oltre, certe volte accontentarsi è una scelta ragionevole" ribatté Silente. "E poi, bisogna dire che l'utilità dell'Astronomia, per i maghi e le streghe, non va oltre quello che si può vedere con il telescopio"

Eija osservò il vecchio mago. Nonostante l'ora, non sembrava stanco e se ne stava lì a fissarlo, sorridendo dietro i suoi occhiali a mezzaluna e la barba argentea. Non ci mise molto a intuire qual era la ragione della sua presenza in cima alla torre.

"Quindi lei sapeva..." borbottò imbarazzato. "Del drago, di Hagrid... e sapeva che lo avremmo consegnato agli amici di Charlie Weasley" i blocchi di pietra squadrati che componevano il pavimento erano diventati improvvisamente molto interessanti. "Ma certo che lo sapeva: lei è il preside. Sono riusciti a entrare nel territorio di Hogwarts proprio perché lei glielo ha permesso. Se lei fosse stato contrario, non avrebbero superato le protezioni del castello..." a poco a poco alzò lo sguardo. "Ma se lei sapeva, allora perché... Oh!"

Silente si era chinato per terra e stava raccogliendo con delicatezza un mantello scuro. Lo piegò con cura e se lo mise sull'avambraccio. A Eija ricordò il disegno di un cameriere francese che aveva visto in uno dei libri all'orfanotrofio, non fosse stato per il vestito da mago e la barba; tuttavia riconobbe subito l'oggetto e fu assalito da un brutto presentimento.

"Quello è il mantello dell'invisibilità di Harry Potter, signore. Se l'ha lasciato qui, significa che lui ed Hermione rischiano di finire nei guai"

"Temo che Mastro Gazza abbia già trovato il signor Potter e la signorina Granger ai piedi della torre" intervenne Silente scuotendo appena la testa.

"Capisco... Immagino che sarò punito anche io"

"Sebbene tu sia fuori dal letto oltre al coprifuoco, non sono venuto qui con l'intenzione di punirvi, i tuoi amici sono stati solo sfortunati ad andarsene prima del mio arrivo. Ma mi pareva che tu avessi una domanda per me, dico bene?"

"Sì professore" confermò Eija. "Se lei era a conoscenza del drago, perché non ci ha detto niente?"

"Perché nessuno di voi è venuto da me" rispose subito Silente. "Il signor Potter, il signor Weasley e la signorina Granger, per quanto armati delle più nobili intenzioni, erano così impegnati ad aiutare Hagrid, che si sono dimenticati di poter chiedere aiuto. Non avrei mai cacciato Hagrid solo per un piccolo cucciolo di drago. So perfettamente che desidera da molto tempo di allevare una di quelle creature"

Le parole di Silente fecero breccia nella testa di Eija. Parlarne con il preside era la scelta più ovvia, avrebbe risolto tutto senza mettere nei guai nessuno, anche perché, in fondo, non era successo nulla di serio.

"Mi sarei assicurato che il drago venisse consegnato a persone di fiducia e non sarebbe stato necessario per nessuno studente trovarsi fuori dal proprio dormitorio, anche se devo ammettere che contattare il giovane Weasley è stata una mossa molto saggia" Mentre parlava, Silente si era seduto sulla merlatura, che faceva da parapetto alla torre e aveva alzato lo sguardo verso le stelle. "Vedi Eija, sono le scelte che fanno la differenza. Avete scelto di prendervi la responsabilità del drago, di non curarvi delle figure di autorità. Sebbene io non condivida il modo in cui avete agito, non posso fare altro che assecondare la vostra scelta. Privarvi delle conseguenze vorrebbe dire non darvi l'occasione per crescere, capisci cosa voglio dire?"

"No, professore" ammise Eija dopo averci pensato.

"Magari è un po' presto. Non ti ci arrovellare troppo" disse con un sorriso.

"Quindi anche io ho fatto una scelta, quando ho deciso di aiutare i miei amici a portare qua su il drago"

"Esatto, anche se non mi sembri molto felice di averlo fatto"

Eija arrossì. "È che all'inizio non mi avevano detto del drago, me lo hanno tenuto nascosto fino a oggi pomeriggio. Mi sono sentito, come dire..."

"Tradito?"

"Sì, esatto"

Silente lo guardò dritto negli occhi. "Mi pare di capire che ti trovi di nuovo davanti a una scelta. Puoi lasciarli andare per la loro strada oppure puoi perdonarli e ricostruire la fiducia che hai perso nei loro confronti"

"Ma come faccio a scegliere?" chiese Eija dubbioso.

"Devi valutare" esclamò il preside. "Hanno fatto qualcosa di così grave? Vale la pena di perdere del tutto la fiducia che hai in loro? L'hanno fatto per farti un dispetto?"

"I-io..." borbottò Eija infine.

"Pensaci, non devi scegliere subito. Le scelte raramente sono facili, forse ti ci vorrà un po' di tempo per organizzare le idee"

"Secondo lei, che cosa dovrei fare?" chiese ancora titubante.

Silente non si scompose, tuttavia rimase qualche momento a riflettere. "Se vuoi il mio parere, dall'esterno, non volevano farti un torto e forse non volevano che la situazione si complicasse ancora di più. Tieni anche conto che quando hanno avuto bisogno, sono venuti da te e non sono andati da un insegnante"

Eija non riusciva a fare ordine mentale. Da una parte aveva emozioni contrastanti che lottavano fra di loro, emozioni relative ai suoi amici, a quanto aveva appena detto Silente e a come si era sentito quel pomeriggio. Dall'altra c'erano le scelte. Ormai non poteva più evitare di vedere le scelte sue e delle altre persone nei suoi ricordi: quando era andato a cercare Hermione ad Halloween, quando aveva accettato Neville nello scompartimento, tutte le volte che la direttrice lo aveva messo in punizione, quando il professor Silente lo aveva portato a Diagon Alley, quando sgattaiolava fuori dal letto di notte all'orfanotrofio per andare a leggere...

"Professore!" esclamò Eija all'improvviso. "Ora mi sono ricordato, lei... quando siamo andati a Diagon Alley mi ha comprato un libro in più!" disse sconcertato. "Storia di Hogwarts non era nella lista dei libri del primo anno, me ne sono accorto solo alcune settimane fa perché non avevo più controllato la lettera. Perché lo ha fatto? E perché non mi ha detto niente?"

"E così te ne sei accorto" confermò Silente ridacchiando. "È vero, ti ho preso Storia di Hogwarts dal Ghirigoro e te l'ho fatto passare per un libro del primo anno. Volevo solo regalarti qualche libro in più, eri così curioso davanti a tutti quegli scaffali..."

Eija era senza parole. Tutta la confusione nella sua testa era sparita, era rimasto solo il vuoto mentre guardava Silente. "Perché?" chiese sussurrando. "Perché continua a farmi dei regali? A Diagon Alley, a Natale... Perché mi tratta così... bene?"

Il vecchio mago si inginocchiò, gli mise una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi. Rimasero lì per dei lunghi momenti, finché dagli occhi di Eija iniziarono a scivolare delle calde lacrime. Nessun lamento, nessun grido, solo lacrime. Lacrime per un sentimento mai provato prima. Lacrime per un calore nuovo nel cuore.

 

La mattina dopo passando vicino alle gigantesche clessidre che segnavano i punteggi della Coppa delle Case, vide che Grifondoro aveva perso tutto il vantaggio accumulato ed era finita all'ultimo posto della classifica. Aveva avuto da Silente la conferma che Harry ed Hermione erano finiti nei guai, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbero stati puniti così duramente. Quando entrò nella Sala Grande, capì che la situazione era peggiore di quello che aveva immaginato. Le facce dei due compagni di casa erano pallide e colpevoli, ognuno guardava il suo piatto, vuoto. Anche Ron e Neville erano nella stessa situazione e a vederli così, a Eija gli si strinse qualcosa nello stomaco. Spostò lo sguardo sul tavolo di Corvonero, dove Lisa era impegnata in una discussione animata con il suo solito gruppetto di amiche, mentre i suoi compagni di dormitorio stavano probabilmente discutendo sul campionato di quidditch, a giudicare dalla pessima imitazione del lancio di una pluffa che Terry aveva effettuato con un bignè alla panna, sporcando tutta la faccia di Anthony, e con Micheal che rideva a crepapelle. Nessuno dei tre si era accorto che Penelope stava lanciando loro occhiatacce dall'altra parte del tavolo e probabilmente avrebbe fatto loro una ramanzina entro la fine della colazione. Eija era combattuto, qualcosa dentro di lui però era convinto che era arrivato il momento: doveva scegliere. Lisa e gli altri erano già a loro agio, avevano amici con cui passavano l'intera giornata, ma Eija no. Eija era diventato amico di Neville ed Hermione, e successivamente anche di Harry e Ron, ed erano stati insieme per tante settimane. Valeva la pena di lasciare andare tutto per la faccenda del drago?

Fece un bel respiro e si incamminò verso il tavolo di Grifondoro.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20: Gli esami di fine anno ***


Giugno era alle porte e le sessioni di ripasso organizzate da Hermione si facevano sempre più lunghe e intense. A circa una settimana dalla fine delle lezioni, Harry aveva fermato Eija appena fuori dalla biblioteca e gli aveva riportato una conversazione origliata poco prima: Raptor aveva ceduto a Piton, quindi il momento in cui avrebbero rubato la pietra filosofale era vicino. Eija non aveva un buon presentimento: sin da quando gli avevano raccontato quello che era successo nella Foresta Proibita, in cui Harry era dovuto andare insieme a Hermione, Malfoy e Neville per essere stati scoperti a girare nei corridoi di notte, la sera in cui avevano portato Norberto in cima alla torre, un sentimento di inquietudine lo perseguitava sempre quando scendeva nei sotterranei per l'ora di Pozioni, ma poteva essere anche un'impressione data dall'impazienza di Piton di togliere punti sia a Corvonero, sia a Tassorosso per avvantaggiare Sepreverde nella Coppa delle Case.

"Perché non vai da Silente? Lui saprà sicuramente cosa fare" disse Eija nervoso.

"Gliel'ho già detto io" aggiunse Hermione.

"Non abbiamo prove!" esclamò Harry "Anzi, dicendoglielo rischiamo solo di attirare l'attenzione di Piton e allora sì che per noi è finita"

"Ma Harry, stiamo parlando di Vol... Tu-Sai-Chi. Ho capito che vuole vendicarsi per la sconfitta di dieci anni fa, ma non è un pericolo solo per te, lo è per tutti! Può entrare nel castello in qualsiasi momento" continuò Eija.

"No, è troppo debole, ha bisogno del sangue di unicorno per sopravvivere e ha bisogno che Piton rubi la pietra per lui, così potrà bere l'elisir di lunga vita"

"La smettete di dire sempre le stesse cose?" intervenne Ron infastidito. "Non è possibile che facciate sempre la stessa discussione ogni cinque minuti"

"E quindi che facciamo?" chiese Eija con un sospiro.

"Per il momento niente, ma quando Piton farà la sua mossa, noi saremo pronti. E se servirà affrontare Voldemort, lo faremo" rispose Harry mentre Ron sobbalzava leggermente.

"E poi abbiamo questioni più urgenti al momento" disse Hermione tesa.

"Ovvero?" chiese Ron sorpreso "Cosa c'è di peggio di Tu-Sai-Chi appena fuori dalla porta?"

"Intende gli esami" spiegò Eija massaggiandosi una tempia "Se Piton vuole rubare la pietra lo farà sicuramente dopo gli esami. È pur sempre un insegnante e quindi sarà impegnato in queste ultime settimane, quindi dovremmo avere un po' di tempo"

"Voi due insieme siete un incubo..." borbottò Ron sottovoce.

 

I giorni degli esami furono pesanti per tutti. Per cominciare faceva molto caldo, soprattutto nell'aula degli scritti, e la tensione iniziava a farsi sentire anche all'interno del gruppo. Harry era tormentato dagli incubi e non riusciva a dormire la notte, era ossessionato dalla pietra filosofale, Hermione era costantemente appresso ai libri, borbottava tra sé e sé tutto il programma a memoria e faceva lunghe sessioni di domande e risposte con Eija, che cercava di mediare fra tutti quanti, ma iniziava ad accusare la stanchezza, Ron era nervoso e si accendeva subito quando Hermione lo rimproverava per non stare ripassando, creando battibecchi a non finire. Eija aveva a che fare anche con il pessimismo cronico di Neville e doveva ripetergli costantemente parole di incoraggiamento, altrimenti il povero Grifondoro si saebbe rintanato in un angolino a piangere. Le prove pratiche però furono più sopportabili, a eccezione di Pozioni. Sia la McGranitt che Vitious riuscivano a mettere gli studenti a loro agio, ma Piton era come un segugio e controllava ogni minimo movimento, ogni piccolissima azione. Eija era riuscito a portare a termine la Pozione Dimenticante senza problemi, però il comportamento del professore non gli era piaciuto e se ne era lamentato con Lisa, che condivideva appieno il suo fastidio. Una volta terminato anche lo scritto di Storia della Magia, l'ultimo esame di quell'anno, tutti gli studenti uscirono all'aperto compresi Eija e Neville che iniziarono a passeggiare lungo il lago. Il sole era alto nel cielo e il tepore di fine primavera era estremamente piacevole.

"È andata malissimo" si lamentò Neville sconsolato.

"Non essere pessimista, secondo me lo hai passato. Hanno detto quando escono i risultati?"

"Entro qualche giorno, al massimo all'inizio della settimana prossima. Ma tanto tu sarai stato il migliore"

Eija scoppiò a ridere. "Come potrei fare meglio di Hermione? Non credo di prendere 'E' in tutte le materie" tuttavia la faccia di Neville rimase affranta. "Scommetto che hai preso un voto più alto del mio in Erbologia" insistette Eija. "A me nemmeno piace, non credo di aver fatto bene"

"Non penso proprio, faccio pasticci ovunque" rispose Neville sempre più a terra.

Proprio in quel momento i due ragazzi videro il trio di Grifondoro correre verso la capanna di Hagrid, Harry aveva una faccia allarmata, come se fosse successo qualcosa di grave.

"Vi caccerete di nuovo nei guai" disse Neville definitivo, tirando su con il naso. "Vi toglieranno un sacco di punti e finirete in punizione, anche tu Eija"

"Mi dispiace che per avvertici di Malfoy, sia stato punito anche tu. Non ti meritavi di andare nella Foresta Proibita"

Neville scosse la testa. "Che cosa state combinando questa volta? Riguarda il cane a tre teste al terzo piano, vero?"

"Sì" ammise Eija. "Abbiamo quasi risolto il mistero, ma la situazione è molto pericolosa"

"E allora perché vai con loro?" esclamò Neville arrabbiato. "Stanne fuori, non farti coinvolgere! Non voglio che tu finisca nei guai, non voglio che tu venga espulso!"

Eija fissò il suo amico negli occhi senza parole. "Grazie" disse infine. "Grazie di preoccuparti per me" sorrise. "Però non posso certo lasciarli da soli..."

Neville annuì a testa bassa ed Eija gli mise una mano sulla spalla di conforto.

"Se credi che sia meglio fermarli, dovresti dirglielo. Cos'è che ti dice sempre Ron?"

"Che devo farmi valere?"

"Esatto. Come un vero Grifondoro"

"Non prendermi in giro" ribatté Neville abbozzando un sorriso. "Se li aiuti tu... staranno bene"

"Grazie della fiducia"

Eija non perse tempo e si fiondò verso la capanna del guardiacaccia, ma quando arrivò, i suoi amici se ne erano già andati. Hagrid era seduto fuori dalla porta, intento a sgusciare dei piselli in un barile, aveva le sopracciglia aggrottate e borbottava qualcosa fra sé e sé. Anche da seduto era comunque grosso e imponente, Eija ebbe un brivido mentre si avvicinava.

"Ciao Hagrid" disse cercando di non tremare dalla paura. "Mi chiamo Eija, sono un amico si Harry, Ron e Hermione"

Il gigante lo squadrò un momento e poi la sua faccia si aprì in un sorriso.

"Oh ciao! Mi hanno parlato di te: sei il ragazzino sveglio e che li aiuta sempre. Finalmente ti conosco di persona!" disse ridendo. Poi si piegò in avanti verso di lui. "Grazie per avermi aiutato con... quella faccenda... il drago insomma" disse a bassa voce ed Eija non poté che sorridere a sua volta.

"Nessun problema, davvero. Tuttavia ho bisogno di farti una domanda"

"Chiedi pure, sarò felice di aiutarti io questa volta!"

"Sai come sono quei tre, sempre dietro a ogni mistero... Forse non lo sai, ma mi hanno raccontato delle varie cose che sono successe: il furto alla Gringott, Fuffi il cane a tre teste, l'uovo di drago, la pietra filosofale..."

"Ehi aspetta!" lo interruppe Hagrid "Quella è una faccenda segreta..." aggiunse a bassa voce.

"Lo so" confermò Eija anche lui a bassa voce. "Me l'hanno detta perché sono loro amico" fece un respiro profondo. "Penso che potrebbero cacciarsi nei guai, se non faccio qualcosa. Quindi vorrei sapere quello che hai detto loro poco fa, per favore"

Il gigante non rispose ed Eija sapeva che doveva riuscire a convincerlo, non poteva permettere che quei tre lo lasciassero fuori dai giochi un'altra volta.

"Se la questione diventasse pericolosa, posso convincerli ad andare dal professor Silente, così non correranno rischi. Loro si fidano di me, Hagrid"

Nominare il preside era il bottone corretto da premere, perché a poco, a poco, l'espressione di Hagrid si sciolse e riprese a parlare. "... e va bene! Te lo dico, ma tu prometti di non andare a raccontarlo in giro"

Eija annuì.

"Mi hanno chiesto se, quando ho incontrato il tizio che mi ha dato l'uovo di Norberto, gli avessi parlato di Fuffi e io gli ho detto di sì, e che lui si era fatto curioso. Dopotutto non capita tutti i giorni di avere a che fare con un cane a tre teste. Poi ho detto che quando si suona della musica, Fuffi va a dormire come un angioletto e loro sono scappati di corsa verso il castello"

Ma certo! Hagrid vuole un drago, Piton si presenta con un uovo di drago e glielo dà in cambio di informazioni su Fuffi. Quindi sono andati al castello per avvisare Silente che qualcuno sa come aggirare il cane a tre teste e scendere nella botola.

Dedusse Eija rapidamente. "Grazie davvero Hagrid, sei stato molto d'aiuto"

"Non voglio che si caccino nei guai di nuovo. Stacci attento tu, va bene?" disse Hagrid convinto. "E vienimi a trovare ogni tanto con gli altri, vi offrirò una tazza di tè"

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Capitolo 21
*** Capitolo 21: È questa sera ***


"Professor Vitious" salutò Eija avvicinandosi all'aula professori.

"Tarakovi, capiti a proposito, hai visto la signorina Granger? Mi hanno detto che mi stava cercando" chiese il professore di Incantesimi. Si trovava al centro del corridoio e si guardava intorno con l'aria confusa.

"Hermione? No, non l'ho incontrata, non ho visto nessuno mentre venivo qui. Comunque, signore, ora che gli esami sono finiti, vorrei vedere il professor Silente. Potrebbe darmi la parola d'ordine per far spostare il gargoyle?"

"Purtroppo non è possibile vedere il preside al momento" spiegò Vitious. "Ha ricevuto un gufo dal Ministero della Magia e si è dovuto recare lì con urgenza, sarà di ritorno domani"

"Capisco, allora aspetterò domani, grazie"

Eija superò il piccolo professore e riprese a camminare per il corridoio riflettendo. L'assenza di Silente era l'occasione perfetta per Piton di rubare la Pietra Filosofale, una coincidenza così perfetta che Eija iniziava a vederci qualcosa di strano, tuttavia si destò subito dai suoi pensieri quando sentì Vitious parlare di nuovo.

"Minerva, tutto bene? Che cosa è successo?"

"Filius, poco fa ho trovato Potter e Weasley al terzo piano davanti alla porta del corridoio!" rispose la McGranitt a bassa voce, ma agitata. "E poco prima, insieme alla signorina Ganger, mi avevano chiesto di parlare con Albus: hanno scoperto della Pietra Filosofale e credono che qualcuno voglia rubarla"

Ringraziando il suo udito, che per una volta era dalla sua parte e non gli procurava atroci mal di testa, Eija svoltò l'angolo e rimase in ascolto. Anche se i professori avessero bisbigliato, non gli sarebbe sfuggita nemmeno una parola.

"Cosa?" esclamò Vitious allarmato. "Come hanno fatto?"

"Non lo so! Spero che non combinino nulla di incosciente di nuovo"

"Tarakovi è appena venuto a chiedermi di parlare con Silente, credi che anche lui lo sappia? Stanno sempre insieme, dopotutto..."

La conversazione venne troncata di netto quando i due varcarono la soglia dell'aula professori, la porta doveva essere stata incantata per bloccare i suoni e non permettere agli studenti curiosi di origliare le conversazioni degli insegnanti. Non potendo fare altro, Eija prese la strada per la sala comune di Corvonero. Aveva bisogno di parlare con i suoi amici e l'unico modo era aspettare la cena, quando tutti sarebbero stati in Sala Grande.

Hanno parlato con la McGranitt, quindi anche loro sanno di Silente e hanno capito che stasera Piton ruberà la pietra. Ma se la McGranitt ha beccato Harry e Ron al terzo piano... Ho capito, in qualche modo hanno provato ad anticipalo! E in più non mi hanno detto niente, giuro che se lo fanno di nuovo... Non importa, almeno possiamo agire, per fortuna che abbiamo tenuto d'occhio Raptor, se non l'avessimo fatto a quest'ora... Un attimo! Raptor?

Qualcosa non tornava e riguardava proprio il coinvolgimento del professor Raptor. Eija ripercorse tutti gli eventi che avevano avuto a che fare con la pietra filosofale a Hogwarts, ma ne uscì ancora più confuso.

Piton ha cercato di passare Fuffi ad Halloween, ma non c'è riuscito. Piton ha minacciato Raptor alla seconda partita di quidditch di Grifondoro per farsi aiutare a rubare la pietra. Piton ha scoperto come passare Fuffi raggirando Hagrid dopo le vacanze di Pasqua. E infine Raptor ha accettato di aiutare Piton una settimana e mezzo fa... Ma questo non ha alcun senso!

Si accorse di avere il respiro affannoso, aveva fatto le ultime rampe di scale quasi di corsa, senza accorgersene, preso dall'adrenalina; si appoggiò al corrimano tremante per lo sforzo.

Se Piton sa come passare Fuffi, allora a cosa gli serve Raptor? Per superare le altre protezioni? Ma come fa a conoscerle se non le ha mai viste? Che abbia coinvolto gli altri insegnanti? Allora perché si ostina a volere l'aiuto di Raptor? Piton... che cosa sta succedendo veramente?

 

 

Quella notte...

"...tornare indietro, non vi darò torto. Potete anche prendervi il mantello, tanto io non ne ho più bisogno"

Eija aprì gli occhi. Aveva sentito la voce di Harry, per quanto sussurrata, provenire da molto vicino, più precisamente da qualche metro alla sua destra, davanti alla porta del corridoio del terzo piano. Sbirciò dal suo nascondiglio, ma non vide nessuno; dovevano essere sotto al mantello dell'invisibilità.

"Non fare lo scemo" sentì dire a Ron.

"Veniamo con te" aggiunse Hermione.

"Lo state facendo di nuovo" disse Eija uscendo fuori.

"Eija!" esclamò Ron uscendo da sotto al mantello. "Ci hai fatto venire..." ma fu zittito da una gomitata di Hermione.

"Parla piano" sibilò la ragazza. "Cosa ci fai qui, Eija?"

"Potrei farvi la stessa domanda" ribatté sfregandosi un occhio e sbadigliando.

"È pericoloso" intervenne Harry. "Devo impedire che Voldemort..."

"Perché non mi avete detto niente in Sala Grande?" lo interruppe Eija secco. "Abbiamo indagato insieme per settimane, se non avessi capito che sareste venuti qui questa sera..."

"Credevamo non ci avresti lasciato andare, anche Neville prima ha provato a fermarci" provò a spiegare Hermione.

"Quindi vado bene solo per fare stupide ricerche in biblioteca, vero? Quando le cose si fanno serie, meglio tagliarmi fuori, proprio come con il drago!"

"Eri tu che dicevi sempre di andare da Silente! È da quando abbiamo lasciato Norberto a Charlie che non fai altro che ripeterlo" ribadì Harry fulminandolo con gli occhi.

Eija iniziò a tremare dalla rabbia. "È perché non sono un Grifondoro?" chiese a denti stretti. "Pensavi che avrei fatto la spia come Malfoy? Credevo fossimo amici!"

"Lo siamo!" lo rassicurò Hermione mettendosi in mezzo ai due. "Tu sei nostro amico, non è vero Harry?"

Harry stava per ribattere, ma il miagolio acuto di un gatto, o meglio di una gatta, ricordò a tutto il gruppo che erano al piano proibito, fuori dal letto, di notte. Eija non disprezzava le creature magiche, pur non avendo un particolare interesse per il loro studio, ma quell'animale era diverso e ogni volta che lo incrociava, quando si spostava nei corridoi, alla vista del suo corpo scheletrico, del suo pelo grigio polvere e dei suoi grandi e vispi occhi gialli, che scrutavano gli studenti uno a uno, o all'udire il suo verso stridente e arcigno, un brivido freddo gli scendeva lungo la schiena e sentiva l'impellente necessità di svoltare l'angolo.

Tutti e quattro si fiondarono dentro al corridoio.

"Per le mutande di Merlino, non di nuovo Mrs. Purr!" esclamò Ron esasperato chiudendo di scatto la porta alle sue spalle, ma si maledisse subito quando gli arrivò alle orecchie il brontolio sordo del cane. Eija non si aspettava una bestia così grossa e rimase paralizzato dalla paura: aveva tre teste enormi, zampe imponenti, sei occhi e le zanne grosse quasi quanto lui da cui colavano funi di saliva. Il mostro aveva iniziato a ringhiare contro di loro e stava avanzando un passo alla volta con aria minacciosa. Harry tirò fuori dal mantello un piccolo flauto in legno e ci soffiò dentro. Il suono era simile al verso delle civette e Fuffi iniziò a barcollare già dalla prima nota, alla terza era crollato a terra addormentato. Mentre Harry continuava a suonare, gli altri tre si erano avvicinati alla botola.

"Che cosa sono quelli?" chiese Hermione indicando dei frammenti dorati poco distanti.

"Sembrano i resti di un arpa" provò Eija dopo averli osservati un attimo.

"Deve averla lasciata qui Piton per tenere buono Fuffi" rispose Ron. "Pensiamo alla botola ora"

"Prima bisogna spostare quella" disse il Corvonero estraendo la bacchetta e puntandola contro la grossa zampa nera del cane che bloccava loro l'accesso.

"Zampa locomotor!"

L'incantesimo funzionò, ma data la grandezza dell'oggetto e il suo peso, gli ci vollero cinque tentativi per liberare del tutto la botola e permettere a Ron di tirare l'anello e aprirla.

"Cosa vedi?" chiese Hermione ansiosa.

"Niente, solo buio... non c'è modo di scendere, dovremo saltare giù"

Harry fece un cenno al gruppo e indicò se stesso, Eija colse al volo e iniziò a suonare il suo flauto, permettendogli di parlare senza svegliare Fuffi.

"Andrò io"

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Capitolo 22
*** Capitolo 22: Le prove ***


"Ma sei proprio sicuro?" chiese Ron. "Non so neanche quanto è profonda la buca"

Harry non lo ascoltò e si calò attraverso l'imboccatura, fino a quando non rimase appeso solo per le punte delle dita. "Se mi succede qualcosa, non venitemi dietro. Andate dritti filati alla voliera dei gufi e mandate Edvige da Silente. Siamo intesi?"

"D'accordo" fece Ron e gli altri due annuirono.

"Ci vediamo tra un attimo, o almeno spero"

E Harry mollò la presa. Trascorsero lunghi secondi in cui si sentiva solo la musica di Eija. Ron ed Hermione fissavano il buco con il fiato sospeso, finché...

"Tutto a posto!" sentirono Harry gridare da là sotto. "Si atterra sul morbido, potete saltare!"

Ron non ci pensò due volte e sparì in un istante, seguito subito da Hermione. Eija fu l'ultimo, si avvicinò lentamente alla botola, cercando di trattenere la paura, smise di suonare e si lanciò nel vuoto. L'ultima cosa che sentì prima che l'oscurità lo inghiottisse fu il latrato di Fuffi che si era svegliato.

"Che cos'è questa roba?" esclamò Ron dopo aver toccato il fondo "È morbida e... un po' viscida"

"Ahi!" gridarono in coro Eija ed Hermione.

"Mi sei atterrato sopra" si lamentò lei. "Spostati!"

"Scusa, non si vede niente" rispose lui a fatica.

"Sembra una specie di pianta. Immagino sia stata messa qui per attutire la caduta" disse Harry.

"Dobbiamo trovarci metri e metri sottoterra, al di sotto della scuola" osservò Hermione dopo essersi levata Eija si dosso.

"È stata proprio una bella fortuna che ci fosse questa pianta" commentò Ron allegro.

"Fortuna?" Strillò Hermione. "Non credo proprio!"

Mentre parlavano, la pianta aveva iniziato ad avvolgere dei tentacoli, formati dai suoi stessi rami e foglie, attorno ai loro arti. La ragazza era riuscita a spostarsi in tempo, ma gli altri tre non erano stati altrettanto rapidi.

"State fermi! Io lo so che cos'è questa: è il Tranello del Diavolo!"

Ma Harry e Ron si stavano già divincolando come matti per evitare i tentacoli della pianta, Eija invece era stato meno fortunato e si era rannicchiato su se stesso, portando le braccia attorno al collo per evitare di essere soffocato, ma aveva sottovalutato la forza della pianta e cominciava a sentire dolore in tutto il corpo sotto la pressione di quei rami infernali.

"MA SEI DIVENTATA MATTA?" urlò Ron a un certo punto. "SEI UNA STREGA, SÌ O NO?"

Subito dopo Eija avvertì un forte calore provenire dalla sua sinistra e la stretta della pianta si allentò di colpo, facendolo cadere sul duro pavimento di pietra ansimante e dolorante; Hermione lo aiutò a rimettersi in piedi.

"Fortuna che a lezione di Erbologia stai sempre attenta, Hermione" disse Harry asciugandosi il sudore dalla fronte.

"Già" aggiunse Ron tra la risata e l'indignazione.. "E fortuna che Hermione non perde mai la testa in situazioni di emergenza... 'Non c'è legna!'... ma insomma!"

"Grazie" sussurrò Eija all'amica.

"Da questa parte" fece Harry indicando l'unica via d'uscita: un passaggio fra due pareti di pietra muschiata, abbastanza illuminato da vedere dove mettevano i piedi, ma di cui non si scorgeva la fine e da cui proveniva solo il rumore di un lieve gocciolio di acqua.

"Stai bene?" chiese Hermione a Eija, che aveva ancora il respiro affannato.

"Sì" rispose lui. "È andata bene alla fine, anche se mi chiedo come abbia fatto Piton a passare il Tranello del Diavolo senza dargli fuoco"

"Magari è stato rapido come Hermione e l'ha evitato" rispose Harry.

"Forse..." rispose pensieroso.

"A proposito di Piton" intervenne Ron. "Come facevi a sapere che avrebbe provato a rubare la pietra oggi?"

"Ho saputo da Vitious che Silente non era a Hogwarts, poi ho sentito che la McGranitt vi aveva trovato al terzo piano, quindi ho capito che volevate scendere nella botola e dopo la cena sono andato lì ad aspettarvi"

"Ma noi non ti abbiamo visto davanti alla porta" disse Harry.

"Mi ero nascosto dietro un'a..." Eija smise di parlare. "Lo sentite anche voi?"

"Che cosa?" domandò Harry.

"Sento un fruscio... come una specie di battito d'ali"

Si misero tutti in ascolto. "Sì, lo sento anche io" fece Ron poco dopo.

Man mano che avanzavano, al fruscio si unì anche un tintinnio metallico e quando arrivarono in fondo al passaggio si ritrovarono in un'alta camera molto illuminata e dal soffitto a volta. Era piena di creature simili a uccellini dei più disparati colori scintillanti, che svolazzavano di qua e di là. Sul lato opposto c'era un grande portone di legno massiccio.

"Pensate che quegli uccelli ci attaccheranno se attraversiamo la camera?" disse Ron.

"Non sono uccelli" lo corresse Eija. "Sono chiavi, guardate bene. Sono chiavi con le ali"

"Allora questo vuol dire che..." esclamò Harry scrutando la stanza. "Ma certo! Dobbiamo usare quei manici di scopa appoggiati al muro e trovare la chiave giusta che apre il portone!"

"Ma sono centinaia, come faremo a trovare quella giusta?" ribatté Hermione.

"Se esaminiamo la serratura, potremmo capire che tipo di chiave ci serve" fece Ron iniziando ad attraversare la stanza. Nessuna delle chiavi sembrò notare la sua presenza.

"Ci serve una grossa chiave di vecchio tipo... probabilmente d'argento come la maniglia"

Harry prese una scopa e si alzò in volo. Grazie alla sua abilità da Cercatore, in meno di un minuto aveva già individuato la chiave descritta da Ron, ma siccome questa sfuggiva via velocissima, fu necessario che coordinasse gli altri tre per intrappolarla e bloccarle le vie di fuga. Una volta catturata, Harry la infilò nella serratura senza tanti complimenti.

"Pronti?" chiese Harry. Tutti annuirono e lui aprì il portone.

La camera successiva si illuminò non appena varcarono la soglia. Si trovavano sul bordo di una gigantesca scacchiera, dietro ai pezzi neri, tutti molto più alti di loro, scolpiti nella pietra e privi di volto. I bianchi erano dalla parte opposta, e ancora più in là stava la porta che avrebbe permesso loro di andare avanti. La scena era stupefacente, ma un brivido di paura li percorse da capo a piedi.

"E adesso, che cosa facciamo?" sussurrò Harry.

"Ma è chiaro, no?" rispose Ron. "Dobbiamo giocare e attraversare la stanza fino ad arrivare dall'altra parte"

"E come facciamo?" chiese Hermione nervosa.

"Dovremmo prendere il posto di alcuni pezzi mancanti" notò Eija. "Però cosa succede se veniamo mangiati? Guardate la scacchiera: è piena di detriti, sembra che qualcuno abbia giocato prima di noi, sarà stato Piton..."

Ron andò a parlare con il cavallo nero ed ebbe le conferme della sua idea.

"Qui bisogna pensarci bene" disse. "Bisogna scegliere con attenzione"

"Il pezzo più sicuro è il re perché non viene toccato fino alla fine. Mentre non è il caso di impersonare dei pedoni, troppo esposti. Quindi restano..."

"Torre, cavallo e alfiere" concluse Ron. "Harry andrà al posto del re, Eija al posto dell'alfiere ed Hermione al posto della torre. Io farò il cavallo"

I pezzi li sentirono e i quattro nominati dal rosso uscirono dalla scacchiera per lasciare loro il posto. I bianchi fecero la prima mossa e la partita cominciò. Ron era il migliore a scacchi e dirigeva le mosse dei neri che si spostavano seguendo i suoi ordini, Eija provava ad aiutare, cercando dei punti deboli nella strategia, ma Ron se la stava cavando bene da solo. Ogni volta che perdevano un pezzo però, i bianchi lo distruggevano sul posto, riducendolo in polvere; erano spietati e tutti e quattro i ragazzini erano terrorizzati dall'idea che in ogni momento potesse toccare a loro. Grazie alla bravura di Ron però, riuscirono a sopravvivere illesi fino a quando la regina bianca si girò proprio verso di lui.

"Oh no..." sussurrò Eija spaventato.

"Sì... è l'unico modo. Devo lasciarmi mangiare" disse Ron rassegnato.

"NO!" esclamarono contrariati gli altri due.

"Ma a scacchi è così! Bisogna sapere quando sacrificare dei pezzi. Quando lei mi mangerà, voi sarete liberi di fare scacco matto"

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Capitolo 23
*** Capitolo 23: Pericolo ***


"È l'unico modo! Volete fermare Piton, oppure no?"

"Ron..."

"Se non ci sbrighiamo, quello ruba la Pietra! Io vado" disse Ron muovendosi nella casella designata. La regina bianca gli diede una botta in testa così forte che il ragazzo crollò per terra con un tonfo secco; fu trascinato a lato della scacchiera. Con il cuore in gola, Eija seguì la strategia dell'amico spostandosi di tre caselle in diagonale a sinistra e dichiarando lo scacco matto. Il re bianco, come previsto, si tolse la corona e la lanciò ai suoi piedi, dopodiché tutti i pezzi bianchi si aprirono, rivelando la strada per la porta in fondo alla stanza. I tre ragazzi si precipitarono nel corridoio successivo, il sacrificio di Ron li aveva svegliati, come una doccia fredda. Non c'era un solo minuto da perdere.

"E se Ron..."

"Andrà tutto bene" disse Harry. "Secondo voi, che cos'altro ci manca?"

"Be', Sprite il suo tiro ce l'ha giocato con il Tranello del Diavolo... A stregare le chiavi è stato senz'altro Vitious..."

"I pezzi degli scacchi vivi sono opera della McGranitt e il cane a tre teste era di Hagrid" completò Eija.

"Ci mancano solo gli incantesimi di Piton e di Raptor"

In fondo al corridoio c'era un'altra porta, si avvicinarono con cautela e Harry la aprì. Furono subito invasi da un odore nauseabondo che li costrinse a coprirsi il naso, e con gli occhi pieni di lacrime videro steso lì per terra un troll di montagna ancora più grosso di quello che avevano affrontato il giorno di Halloween. Aveva un bernoccolo sanguinante sulla testa e il suo corpo giaceva inerte, occupando la piccola stanza circolare da parete a parete.

"Meno male che non abbiamo dovuto vedercela con questo" mormorò Harry mentre scavalcavano le sue zampe massicce. "Venite, qui dentro non si respira"

Il passaggio successivo era più piccolo degli altri e la porta sembrava molto più resistente. La aprirono intimoriti, ma davanti a loro si presentò un semplice tavolo su cui erano allineate sette bottiglie dalla forma diversa. Quando varcarono la soglia però, presero fuoco immediatamente sia l'accesso alla stanza successiva, oltre al tavolo, sia la via alle loro spalle per tornare indietro: uno con fiamme nere, l'altra con fiamme viola.

"Questa è di Piton, ne sono sicuro. Che cosa dobbiamo fare?" chiese Harry.

"Guarda!" Hermione afferrò un rotolo di pergamena ingiallito posato sul tavolo, lo lesse ad alta voce, dopodiché sorrise e si lasciò sfuggire un gran sospiro di sollievo.

"Un indovinello!" esclamò Eija stupito.

"Per la precisione si tratta di una sciarada, ma è geniale! Ci sono tanti grandi maghi che non hanno un briciolo di logica: loro sì che resterebbero bloccati qui in eterno"

"E anche noi, vero?" fece Harry rassegnato.

"Certo che no" disse Hermione. "Su questa carta c'è scritto tutto quel che ci serve sapere. Sette bottiglie: tre contengono veleno, due..."

"Risolto" mormorò Eija. "Quella più piccola ci farà andare avanti, mentre quella lì grossa a destra ci farà tornare indietro"

Gli altri due lo guardarono sorpresi. Hermione rilesse più e più volte il foglio controllando le varie boccette. "Sì, è vero. Come hai fatto a risolverlo così in fretta?"

"Stavo guardando le pozioni mentre leggevi" rispose Eija imbarazzato passandosi nervosamente l'indice fra i ricci.

"C'è un problema" intervenne Harry. "Nella fiala piccola è rimasto un solo sorso di pozione, è abbastanza solo per uno di noi"

"Un altro segno che Piton è già passato di qui"

"Bevete voi da quella grossa" decise Harry. "No, Hermione, sta' a sentire... tornate da Ron e poi acchiappate le scope nella stanza delle chiavi volanti, con quelle riuscirete a uscire dalla botola ed evitare Fuffi"

"Poi andiamo alla guferia e avvisiamo Silente" concluse Eija.

"Ma Harry..." li interruppe Hermione. "Cosa farai se dall'altra parte con Piton c'è Tu-Sai-Chi?"

"Be'... ho avuto fortuna una volta, non è vero?" disse picchiettando un dito sulla cicatrice a forma di saetta che aveva in fronte. "Potrei averla di nuovo."

Hermione non resistette e gli gettò le braccia al collo.

"Ma Hermione!"

"Harry tu sei un mago bravissimo, lo sai?"

"Non quanto te!"

"Io!" esclamò lei. "Ma figurati: soltanto libri e... un po' di furbizia! Ma ci sono cose più importanti di questo, come l'amicizia o..."

"Sei molto coraggioso... scusami per prima" fece Eija abbassando lo sguardo.

"No, avevi ragione. Non ce l'avrei fatta senza il vostro aiuto" ammise Harry sorridendo.

"Grazie Harry. Ti prego, stai attento"

Harry prese la fiala e la buttò giù tutta d'un fiato, il suo volto si contorse in una smorfia strana, ma la determinazione negli occhi rimase immutata.

"Buona fortuna... e fa attenzione!" gli augurò Hermione mentre lui attraversava le fiamme nere. "Eija, sono così in ansia..."

"Anch'io, ma ora dobbiamo tornare da Ron"

Presero un sorso a testa dalla bottiglia panciuta. A differenza di quella piccola era completamente piena, e anche dopo che ebbero bevuto entrambi il livello della pozione non scese sotto la metà. Un brivido percorse la schiena di Eija mentre la pozione gli scorreva nella gola.

"Sembra di bere ghiaccio!" commentò Hermione.

"È vero, e il sapore è orribile!"

"Forza, attraversiamo le fiamme prima che l'effetto svanisca"

Nonostante Eija si aspettasse che il fuoco magico non lo avrebbe scottato o bruciato, camminarci attraverso fu comunque un'esperienza incredibile: le lingue di fuoco gli accarezzavano i vestiti, la pelle e i capelli come se lo stessero analizzando, ma la sensazione che provava non era di dolore, bensì di leggero solletico. Al loro arrivo l'odore nauseabondo tornò a impregnare loro le narici e le fiamme viola si spensero, tuttavia non ebbero tempo di ragionare sul meccanismo della stanza perché si accorsero subito che la situazione era diversa da quella che avevano lasciato poco prima. Il troll infatti non era più steso a terra, ma era rannicchiato su sé stesso e si stava lentamente rimettendo in piedi, bloccando l'accesso alla sala della scacchiera con la sua stazza.

"Oh no, non di nuovo!" esclamò Eija pallido portandosi una mano allo stomaco.

"Torniamo indietro nella sala delle pozioni!" comandò Hermione afferrandolo per il braccio e trascinandolo con sé oltre la porta resistente mentre il mostro, che si era accorto della loro presenza, emetteva una serie di grugniti poco amichevoli nella loro direzione. Il fuoco viola e il fuoco nero si riaccesero subito dopo il loro passaggio e i loro timpani vennero lacerati dall'urlo di dolore del troll che, per inseguirli, si era scottato con le fiamme magiche, ma non era riuscito a superarle.

"Dobbiamo pensare a qualcosa e in fretta" disse Hermione camminando avanti e indietro.

"I troll di montagna non sono abituati alla luce del sole" ripeté Eija tra sé e sé.

"E la loro pelle è molto resistente, l'ultima volta Ron ha avuto fortuna a colpirlo in testa e mandarlo a nanna in quel modo"

"Questo Troll non ha nemmeno la clava con sé... però ho un'idea!" propose Eija tutto a un tratto convinto. "Tu usi l'incantesimo Lumos Solem per accecarlo e mentre è distratto, io cerco di fargli perdere l'equilibrio. Una volta che è a terra possiamo immobilizzargli le gambe e aggirarlo"

"Con la maledizione della Pastoia, come a Halloween"

"Sì, anche se sarebbe meglio usare la versione 'total body' "

"Va bene" accettò Hermione.

Un altro sorso di pozione, un altro brivido freddo lungo la schiena ed erano di nuovo faccia a faccia con il mostro, che si era rintanato il più lontano possibile dalle fiamme e si stava leccando la mano destra coperta di ustioni.

"Lumos Solem!" esclamò Hermione e il troll venne investito in pieno dalla forte luce.

Eija si stava già spostando di lato per cogliere il mostro alla sprovvista, tuttavia si accorse che l'incantesimo non stava avendo l'effetto sperato, infatti quello si era alzato di scatto e si stava avvicinando sempre di più a Hermione, costeggiando la parete e non accennando minimamente a fermarsi. Grazie alla forte luce riuscì a vedere distintamente la faccia del troll: il bernoccolo era ancora lì sulla fronte, tuttavia i suoi occhi erano chiusi, protetti dalle palpebre incollate dal sangue verdognolo rappreso, ormai secco, fuoriuscito dalla ferita.

È cieco! Si muove nella direzione in cui sente i suoni!

 

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