Fate loves the fearless

di littlegiulyy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bound ***
Capitolo 2: *** Bardack ***
Capitolo 3: *** Be careful ***
Capitolo 4: *** Exchange ***
Capitolo 5: *** Foreign lands ***
Capitolo 6: *** Identity revealed ***
Capitolo 7: *** Burning fire ***
Capitolo 8: *** Kapthos ***
Capitolo 9: *** On the path to escape ***
Capitolo 10: *** Feelings wheel ***
Capitolo 11: *** Nameck ***
Capitolo 12: *** Stop calling me Terrestrial ***
Capitolo 13: *** Letting your guard down ***
Capitolo 14: *** Lose control ***
Capitolo 15: *** Drop the masks ***



Capitolo 1
*** Bound ***


Ho sempre pensato che il personaggio di Bra fosse poco approfondito e troppo superficiale, considerando le personalità forti dei suoi genitori; quindi ho deciso di dare vita a questa storia, provando ad immaginare i suoi pensieri e le sue sensazioni.
E' la prima volta che scrivo qualcosa su di lei, nonostante sia un personaggio che mi ha sempre affascinato molto perchè ritengo abbia molto da offrire, spero quindi che la storia vi piaccia e che non vi annoi.

Buona lettura!


Il segreto della felicità è la libertà. Il segreto della libertà è il coraggio.
(Tucidide)


CAPITOLO 1 "Bound"

 
Nonostante fossero le dieci di sera, il vento bollente di luglio soffiava lentamente all’interno della stanza, rendendole ancora più difficile concentrarsi sui libri di meccanica applicata alle macchine, aperto davanti ai suoi occhi ormai da quelle che le sembravano interminabili ore.
L’esame che avrebbe avuto tra qualche giorno sarebbe stato decisivo per la sua laurea ormai sempre più vicina, ma la sua testa in quel momento reclamava pietà ed una pausa non meritata. 
Si maledì mentalmente per aver scelto di intraprendere la stessa strada di sua madre e di suo fratello; ma del resto… quando sei l’erede di una delle multinazionali più importanti del pianeta che altra scelta potresti avere?

Nessuna, se non fare quello che tutti si aspettano che tu faccia.

Sospirò rassegnata abbandonando la testa sulla scrivania, mentre una folata di calura estiva la investì ancora facendola boccheggiare dal caldo.
La presidenza della Capsula Corporation era già destinata a suo fratello Trunks, lei al massimo avrebbe ricoperto qualche ruolo marginale nel direttivo, o magari sarebbe stata messa a capo di qualche sede distaccata dell’azienda… un posto per cui molte persone avrebbero ucciso probabilmente, ma quando sei Bra Brief questo non è abbastanza.

Non era mai abbastanza.

Da quando era nata la sua vita era stata pianificata nei minimi dettagli, e lei aveva sempre seguito diligentemente la strada che era stata pre disegnata per lei, senza uno sgarro.
Asilo privato, le migliori scuole, i migliori professori, i migliori laboratori, e adesso la migliore università di ingegneria meccanica del mondo.
Aveva sempre avuto tutto, qualsiasi cosa avesse desiderato lei l’aveva avuta.

Aveva tutto… eccetto la libertà di scelta.

Non aveva mai fatto troppa difficoltà nell’apprendere la matematica e la fisica, i numeri non erano mai stati un problema per lei nonostante le importasse più della moda e delle feste che dello studio. Probabilmente aveva ereditato il gene scientifico da sua madre, eppure adesso studiare quei mattoni stava diventando sempre più difficile, sempre più pesante.
Non era sicura di volere quello dalla sua vita; adesso che si stava avvicinando il traguardo non era più certa di voler diventare ciò che aveva sempre programmato di diventare.

O quello che avevano programmato che lei diventasse…

La suoneria del telefono la distolse improvvisamente dai suoi pensieri ripetitivi, riportandola alla realtà.
Afferrò svogliatamente il telefono ed osservò il display illuminato senza troppo interesse. Il nome della sua migliore amica spiccava in centro allo schermo, ormai da svariati secondi.
Tentennò per un attimo, indecisa se rispondere o meno, quando la voce fastidiosa di suo fratello raggiunse distintamente le sue orecchie, nonostante provenisse dalla stanza affianco alla sua e ci fosse una parete e ben due porte a dividere i locali.
“Bra accidenti! Vuoi rispondere al telefono? Sto cercando di lavorare, piantala di fare sempre rumore, è già abbastanza difficile senza che la tua suoneria mi distragga ogni dieci minuti! Avrai ricevuto non so quante telefonate in una sola sera” urlò esasperato Trunks, urtando decisamente i nervi della turchina.
Sospirò stringendo i denti e cercando di mantenere il controllo ormai precario, ma decise di non controbattere.
Premette il tasto verde e si portò il telefono all’orecchio per rispondere.
“Pan!" salutò la sua amica "stavo studiando…” disse senza troppo entusiasmo nella sua voce.
“Oh scusa Bra, sono le 10 di sera… non pensavo stessi studiando, fa un caldo oggi!” si lamentò la ragazza.
“Si muore… ho un esame tra qualche giorno che devo assolutamente passare” spiegò svogliatamente la turchina appoggiando la schiena allo schienale della sedia e massaggiandosi gli occhi ormai stanchi.
“Trunks è a casa?”
“Si, sta lavorando…”
“Passo da voi a darvi un saluto allora!” esclamò subito entusiasta Pan dall’altra parte del telefono.
Bra sbuffò “si certo, come no… vieni proprio per salutare me…” commentò ironica alzando gli occhi al cielo “basta Pan, devi dire a mio fratello che sei innamorata di lui… che ne so, invitalo ad uscire!” aggiunse scocciata. La sua migliore amica era innamorata di suo fratello da quando erano nate, eppure dopo quansi vent'anni lui non sapeva ancora niente. 
Trunks era da sempre circondato da mille ragazze diverse; il suo fascino tenembroso ed il suo carisma avevano il potere di attirare chiunque, soprattutto la piccola di casa Son. Era stanca di vedere Pan piangere ogni volta che lo vedevano con un’altra; quando erano più piccole si era anche divertita a seguire loscamente Trunks e Goten insieme alla sua migliore amica di sempre… ma adesso aveva vent'anni anni, Pan era andata anche nello spazio con Trunks e non aveva concluso un bel niente ed adesso aveva problemi più grossi a cui pensare.
Tipo cosa farne della sua perfetta e patetica vita…
“Shhhh Bra! Stai zitta, potrebbe sentirti!” urlò la corvina, quasi rompendole un timpano. Allontanò il telefono dall’orecchio strizzando gli occhi, facendo un bel respiro per mantenere il controllo.
Per fortuna in questo aveva preso da suo padre.
“Non mi sente” disse risoluta “adesso devo andare… ho già perso abbastanza tempo”
“Cos’hai?” le chiese d’impeto Pan.
“Niente…”
“Non mentire, sei la mia migliore amica e ti conosco da quando sono nata… è qualche giorno che sei strana” indagò la ragazza “cosa ti prende?” chiese curiosa.
Bra sospirò per l’ennesima volta quella sera “pensieri…” si limitò a dire giocherellando nervosa con la penna davanti a lei. 
“Vuoi condividerli?”
"No"
"C'entra zio Goten?"
"Per Dende, no!" esclamò la turchina. Gettò la testa all'indietro, esasperata per il terzo grado dell'amica. 
Goten Son e l'ennesima ragazza insulsa con cui stava erano l'ultimo dei suoi problemi in quel momento. 
“Mi sono rotta le palle Pan!” esclamò d’istinto, rendendosi conto solo dopo di aver parlato troppo, quindi cercò di rimediare “sono sotto pressione con l’università, il prossimo esame è molto grosso…” disse vaga sperando che la sua amica non facesse domande.
“Ho capito… ma non devi preoccuparti, hai studiato un sacco e vai sempre bene” cercò di rassicurarla Pan "ma sei sicura sia solo questo?" indagò ulteriormente la ragazza. 
Bra conosceva bene la sua amica, e sapeva anche quanto avesse ereditato il suo sesto senso spiccato da Chichi. Pan era in grado di capire se c'era qualcosa che non andava nell'arco di cento metri, proprio come sua nonna. 
“Si certo…” disse a bassa voce pensierosa “adesso devo andare, ci sentiamo”  tagliò corto.
Chiuse la telefonata rapidamente con un movimento del dito, prima che la sua amica potesse aggiungere qualcos’altro. Fissò per un istante lo schermo e, dopo aver lanciato il telefono sul letto, fece ricadere la sua testa sulla scrivania rassegnata.
Avrebbe voluto mandare tutto al diavolo ed andarsene. Dove non lo sapeva neanche lei, ma qualsiasi posto lontano dalla lì sarebbe stato meglio. 
Si alzò di scatto, decisa a chiudere tutti i libri per quella sera.
Era troppo stanca per continuare a studiare, di certo non avrebbe combinato niente, se non perdere tempo.
Si diresse verso la cucina, alla ricerca di qualcosa di fresco da bere. Quel caldo la stava facendo decisamente impazzire e la sua reclusione per gli esami non giovava alla situazione.
Varcò la soglia della cucina, sorprendendo i suoi genitori vicino ai fornelli a parlare vicini, molto vicini. Suo padre si allontanò immediatamente da sua madre con uno scatto sovrumano a cui era abituata, ristabilendo subito le distanze tra di loro per non destare sospetti.
Bra trattenne un sorrisetto divertito, ma non riuscì proprio a trattenersi dal prenderli in giro “di che stavate parlando? Eravate dolcissimi…” li canzonò avvicinandosi al frigo.
“Non dovresti studiare mocciosa?” le chiese suo padre, cercando inutilmente di cambiare discorso.
“Oh si è proprio quello che stavo facendo papà…” disse aprendo il frigo e prendendo la bottiglia di thé freddo “ma poi mi è venuta sete, quindi sono scesa per prendermi qualcosa da bere e ho trovato te e la mamma a flirtare” aggiunse maliziosa osservando i suoi genitori.
L’imbarazzo di suo padre fu evidente “non stavamo flirtando” disse a denti stretti, ma prima che potesse aggiungere qualcos’altro la risata cristallina di sua madre spezzò l’aria.
“Ci hai colti in flagrante Bra…” commentò Bulma ancora ridendo “allora… come procede lo studio?” le chiese poi tornando seria, ma senza che l’ombra di un sorriso sparisse dal suo volto ancora bellissimo.
Bra sbuffò bevendo un sorso di thé “bene…” commentò incupendosi improvvisamente.
Dettaglio che a Vegeta non fuggì.
“Sei pronta per l’esame di meccanica applicata alle macchine? Ricordo ancora quando l’ho dato io…”
“Quindi tipo un secolo fa…” la prese in giro Vegeta sfacciatamente, facendo scoppiare a ridere di gusto Bra, ma scatenando l’ira di Bulma.
“Come ti permetti scimmione!” urlò la donna “è grazie a quell’esame se sono riuscita a costruire la navicella con cui siamo arrivati su Namek!” ricordò al marito.
“Si e avresti fatto meglio a non venire… ma impicciona come sei ovviamente non ti sei tirata indietro” la canzonò Vegeta incrociando le braccia al petto e bevendo un sorso della bevanda fresca che aveva nel bicchiere.
“Se non fossi venuta io, né Crilin né Goahn avrebbero mai trovato quelle sfere!”
“Ma sei tu che hai dato la sfera a Zarbon… se non ricordo male” disse con un ghigno il Principe dei Sayan.
Bra guardò incuriosita i suoi genitori interessata al discorso e si sistemò meglio sulla sedia.
“Non ci avete mai raccontato nei dettagli cos’è successo su Namek…” commentò sempre più curiosa “chi era Zarbon? State parlando delle sfere del drago di Namek?” chiese intenzionata a saperne di più.
Era sempre stata affascinata dalle avventure che i suoi genitori avevano affrontato da giovani. Aveva sempre desiderato anche lei lanciarsi in qualche avventura sconosciuta, viaggiare nello spazio o vedere altri pianeti.
E invece, quando ce n’era stata l’opportunità, la scelta era ricaduta ovviamente ancora una volta su suo fratello, e la sua migliore amica era anche riuscita ad intrufolarsi nella navicella al posto di suo zio.
L’unica ad essere stata lasciata fuori da tutto quello era stata ancora una volta lei.
La figlia del Principe dei Sayan non aveva mai combattuto contro nessuno, nè aveva mai sfoderato la sua forza. Sempre che ce l'avesse...
Per un istante si chiese che opinione potesse avere suo padre di lei, ma decise di seppellire quel pensiero.
“Zarbon era uno dei soldati di Freezer…” le spiegò sua madre, ma suo padre decise di tagliare corto “non sono affari che ti riguardando Bra” disse secco, chiudendo ogni possibilità di conoscere qualcosa in più sul passato dei suoi genitori, come tendeva a fare ogni volta che faceva qualche domanda in più.
 Aveva sentito molti racconti su ciò che era successo su Namek molti anni prima, ma tutti sempre molto vaghi o riferiti solo ad alcuni avvenimenti. Nessuno sembrava voler riportare a galla i ricordi di quell'avventura, che a detta di suo fratello doveva essere stata davvero epica!
“Uffa… perché non posso mai sapere niente” si lamentò la ragazza abbandonando la schiena contro lo schienale.
Odiava essere tagliata fuori dai discorsi, soprattutto quando le interessavano.
“Sai che tuo padre non ama parlare dei quasi trent’anni che ha passato nello spazio Bra…” le disse dolcemente sua madre appoggiandole una mano sulla spalla di conforto.
Per tutta risposta, suo padre farfugliò qualcosa sotto voce ed uscì dalla cucina lasciandole da sole. Rimasero in silenzio per qualche attimo, poi la ragazza decise di parlare.
“Perché non mi raccontate mai niente?” sbuffò Bra scocciata, fissando ancora il punto in cui era sparito suo padre pochi istanti prima.
“Non è che tu non possa sapere niente… semplicemente alcuni argomenti per Vegeta sono off limits, lo sai…” le disse Bulma sedendosi sulla sedia affianco a lei.
“Ma vi siete conosciuti su Namek, perché dovrebbe essere un argomento off limits?” chiese la ragazza senza comprendere. Notò lo sguardo di sua madre vagare per la stanza, alla ricerca di un appiglio, quindi decise di proseguire “Trunks sa molte più cose sul vostro passato, tutto quello che avete fatto io lo so dai racconti di Trunks e Goten… che a loro volta l'hanno saputo da altri!” aggiunse stizzita “credete che io sia ancora una bambina, ma ho vent'anni anni mamma… smettetela di trattarmi come una sciocca” esclamò alzandosi in piedi seriamente intenzionata a tornarsene in camera sua.
Forse era meglio rimanerci.
Ultimamente le davano fastidio tutti.
"Mi sono stancata di questa vita monotona" sbottò sottovoce, ma sua madre sentì perfettamente le sue parole.
"Di cosa stai parlando Bra?"
La ragazza si voltò verso Bulma, guardandola seriamente "sono stanca di essere sempre lasciata fuori da tutto" ammise sincera, incamminandosi nuovamente verso l'uscita, ma quando arrivò alla soglia della cucina, la voce di sua madre la costrinse a fermarsi.
“Non crediamo che tu sia una bambina Bra…” disse Bulma alzandosi in piedi a sua volta “vedi… tu hai conosciuto tuo padre in una fase matura della sua vita, ma per arrivare ad essere quello che è oggi ci ha messo tanto e ha fatto tanta fatica…” ammise sincera la donna, guadagnandosi la sua completa attenzione “quando Trunks era piccolo ha avuto modo di conoscere in parte quello che era tuo padre prima…  non è stato facile, per questo lui sa cose  che a te non abbiamo raccontato”
“Quindi non mi raccontate niente perché continui ad avere una bella opinione di papà?” chiese scettica incrociando le braccia al petto.
Bulma si morse il labbro incerta “in un certo senso…” ammise guardando la figlia.
Bra guardò gli occhi della donna farsi sempre più lucidi e per un attimo i sensi di colpa la invasero.
Non aveva intenzione di affondare il coltello nella piaga portando alla memoria vecchi ricordi, ma per una volta avrebbe voluto essere resa partecipe del mondo a cui apparteneva, ma che non le era mai stato mostrato.
Conosceva poco del passato di suo padre e delle sue origini.
Origini che, in fin dei conti, erano anche le sue. 
“Buonanotte mamma…” si limitò a dire, uscendo velocemente dalla cucina.
“Ricordati che domani io, tuo padre e Trunks andremo sui monti Paoz dai Son!” le ricordò sua madre, ma decise di non fermarsi e proseguire su per le scale.
Era la figlia della donna più geniale dell’Universo e di uno dei guerrieri più forte di tutte le galassie, i suoi amici erano tutti straordinari con poteri fuori dal comune… e lei?
Quella sensazione che ormai aveva appiccicata addosso, la sensazione di essere ordinaria non accennava a staccarsi da lei da qualche giorno.

Insoddisfazione. Questo era quello che provava.

Entrò nel bagno chiudendosi la porta a chiave alle spalle e si guardò allo specchio analizzandosi.
Tutto intorno a lei le sembrava così maledettamente ordinario, anche il suo stesso riflesso allo specchio.
Come poteva essere nata lei da due persone così straordinarie?
Suo fratello Trunks incarnava alla perfezione il figlio di Bulma e Vegeta. Era geniale ed acuto in ogni ambito, fortissimo, carismatico e coraggioso in battaglia… e lei? Lei cos’era?
Fissò i suoi occhi cristallini per interminabili minuti meditabonda, finché un’idea non le passò per la testa.
Aprì il primo cassetto sotto il lavandino e prese delle forbici. Afferrò i suoi capelli, lunghi ormai fino alla parte bassa della schiena, che spesso erano oggetto di complimenti. Con un gesto deciso, tagliò gran parte della sua chioma azzurra, appena sopra alle spalle, sentendosi improvvisamente più leggera.
Fissò il suo riflesso nello specchio, osservando le onde corte sfiorare le spalle. Sorrise soddisfatta, con un ghigno che la rese uguale in tutto e per tutto a suo padre, per quanto lei non riuscisse a vedere la somiglianza.
Un taglio di capelli non avrebbe certo cambiato le cose, ma si ripromise che il giorno seguente qualcosa sarebbe cambiato, anche se non sapeva ancora cosa.
Si spogliò totalmente ed entrò in doccia abbandonandosi sotto il getto di acqua bollente. Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo, cercando di liberarsi da tutti i pensieri che opprimevano la sua testa.
Rimase ferma sotto il getto di acqua per svariati minuti, forse quasi un’ora, quando decise di uscire ed andare a letto.
Per quella sera era abbastanza.
Uscì dalla doccia ed indossò i soliti pantaloncini corti ed il top che usava per dormire ogni notte.
In pochi minuti, era già distesa nel letto e finalmente chiuse gli occhi, decisa a diventare finalmente ciò che era destinata ad essere, ma ignara di ciò che la stava aspettando.


Note autore:
Per comprendere meglio la storia ci sono delle precisazioni da fare:
-La storia è ambientata più o meno al termine del GT, ma Goku non è mai andato via con il drago Shenron e la pace è tornata sulla Terra.
-Le età non coincidono a quelle originali: Bra ha vent'anni anni, Pan ha diciannove anni, Trunks ne ha circa ventisette, mentre Goten ne ha ventisei.
-Pan è innamorata di Trunks, ma tra di loro non è mai successo niente. Tra Bra e Goten non c'è niente, ma qualche anno prima c'è stato un innocente bacio tra di loro. 
 

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Capitolo 2
*** Bardack ***


CAPITOLO 2 "Bardack"

Le prime luci del mattino la svegliarono repentinamente, costringendola a voltarsi goffamente verso il muro ed a coprirsi il viso con l'angolo del cuscino su cui non era appoggiata.
Nella rabbia e frustrazione del momento, doveva essersi dimenticata di chiudere le finestre la sera prima.
Sbuffò ancora con gli occhi chiusi. Si sentiva tremendamente stanca, nonostante dovesse ancora aprire gli occhi, mentre un lieve mal di testa non faceva altro che infastidirla ulteriromente.
Sperava vivamente in una giornata migliore della precedente, anche se il risveglio non era stato dei migliori.
I suoi e suo fratello dovevano essere già partiti per i monti Paoz, aveva sentito distintamente il rumore del motore accendersi qualche minuto prima che si svegliasse del tutto… questo voleva dire che finalmente era sola in casa e lo sarebbe stata almeno fino a sera.
In realtà le dispiaceva non partecipare ad una delle riunioni dei guerrieri della Terra, dopotutto era molto tempo che non vedeva molti di loro. Era dispiaciuta, è vero, ma non appena pensò al fatto che avrebbe dovuto stare tutto il giorno in compagnia del giovane di casa Son, si rese conto di aver preso la decisione migliore.
Era già abbastanza di malumore senza che Goten incidesse negativamente sul suo stato d'animo precario, come faceva quasi ogni volta che lo vedeva.
Proprio per questo motivo, con la scusa di dover studiar per l’esame imminente, era riuscita a rifilare una scusa ai suoi genitori, evitando bellamente il ritrovo organizzato per il cinquantesimo compleanno di Chichi. Era certa che Pan non vedesse l’ora di fare una sana scazzottata tra pari, e proprio per questo non avrebbe avuto molto senso andare.
Sarebbe finita come sempre… tutti si sarebbero sfidati a vicenda, lei sarebbe morta di noia guardandoli.
Rotolò supina mugugnando per la stanchezza, rendendosi conto di quanto fosse decisamente poco intenzionata ad alzarsi dal letto.
Guardò svogliatamente l’orario sul suo telefono.
Le 7.30 del mattino, altri cinque minuti se li sarebbe potuti permettere.
Richiuse gli occhi rilassando ulteriormente i muscoli delle gambe, mentre delle immagini confuse fecero capolino nella sua mente e la fecero sprofondare in uno stato di dormiveglia. Stava giusto per riaddormentarsi, quando un rumore improvviso al piano inferiore la fece sobbalzare nel letto spaventata.
Scattò in piedi con un velocità sovrumana, concentrandosi per rilevare la presenza di auree sconosciute in casa.
Nonostante non fosse una grande guerriera, suo padre le aveva insegnato qualcosa per difendersi e soprattutto a riconoscere le auree di chi la circondava. Non ci avrebbe messo molto a capire di chi si trattasse.
Si concentrò attentamente, ma sul momento pensò di sbagliarsi.
Tre auree molto potenti erano al piano inferiore, più precisamente all’interno della cucina, ma erano tre auree troppo particolari per appartenere a dei terrestri, ma diverse anche da quelle Sayan.
Doveva essersi sbagliata, stava sicuramente sbagliando qualcosa.
Si concentrò nuovamente, ma le auree che continuava ad avvertire al piano inferiore non cambiarono di una virgola e si avvicinavano sempre di più alla sua stanza.
Si guardò intorno agitata, senza sapere cosa fare.
Cercò con gli occhi il suo telefono, per avvisare immediatamente i suoi genitori di quella visita sospetta, ma nella confusione della sua camera non lo riuscì a trovare.
Si maledì mentalmente per essere così disordinata, mentre i rumori di passi cadenzati si fecero chiari nelle sue orecchie, rendendo sempre più concreta quella sensazione di pericolo che sentiva nello stomaco da quando aveva avvertito le auree di quei tre sconosciuti in casa sua.
Erano vicini, molto vicini.
“Dev’essere in quella stanza” disse una voce maschile sconosciuta infondo al corridoio, ma che riuscì ad udire molto chiaramente.
Saettò d'istinto verso la porta e la chiuse, dando velocemente due giri di chiave e pregando che servisse a qualcosa.
Perché suo padre e suo fratello non c’erano proprio quando aveva bisogno di loro?
I passi si fecero sempre più vicini alla porta e lei indietreggiò d’istinto ma, quando pensò che avrebbero aperto la porta, cessò ogni rumore.
Rimase in attesa, trattenendo il respiro. 
L’unico rumore che poteva sentire proveniva dalla finestra, più precisamente dalla strada, dove continuavano a passare veicoli indisturbati. Trattenne il fiato con lo stomaco in gola, in attesa che succedesse qualcosa.
Il suo cuore martellava furioso nel petto, mentre i suoi occhi non si staccavano dalla porta davanti a lei. L’unica cosa che sentiva, era il ticchettio regolare dell’orologio appeso alla parete.
Prima che potesse rendersene conto, una forza improvvisa la scaraventò contro il muro, facendola impattare con forza sulla parete per poi crollare per terra sbattendo la testa sul pavimento.
Aprì gli occhi con difficoltà, osservando la porta divelta per terra affianco a lei.
Immediatamente, tre paia di scarpe entrarono nel suo campo visivo e, prima che potesse compiere qualsiasi movimento, una pressione sulla sua testa sempre più dolorosa la costrinse a restare distesa, impedendole così di vedere bene i suoi aggressori. Gemette dal dolore, ma cercò di controllare le sue emozioni.
“chi siete, perché siete in casa mia?” disse ad alta voce, cercando di trattenere le lacrime per il dolore ed iniziando a dimenarsi per liberarsi da quella presa dolorosissima.
Delle risate sguaiate riempirono le sue orecchie, facendola innervosire ancora di più.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a muoversi neanche di un millimetro.
“Stai buona mocciosa o ti spezzo il collo” disse secco uno degli uomini.
Un brivido le percorse la schiena quando la sua mente registrò le parole del suo aggressore. 
“Gunder lasciala libera, tanto non può scappare” commentò un altro, trattenendo un risolino.
La pressione sulla sua testa sparì improvvisamente, alleviando immediatamente il dolore lancinante che aveva provato fino a quel momento. Tirò un sospirò di sollievo, trascinandosi seduta per terra con difficoltà ma cercando di allontanarsi il più possibile dai tre. Appoggiò la schiena al bordo del letto, raccogliendo le ginocchia contro il petto come per proteggersi, e finalmente alzò lo sguardo ancora dolorante sui tre aguzzini in piedi davanti a lei.
Restò di stucco non appena li vide, rendendosi conto immediatamente di non avere a che fare con tre terrestri. I suoi occhi continuarono a vagare sui tre per qualche minuto, studiando ogni dettaglio in silenzio.
Gli uomini davanti a lei avevano le fattezze terrestri ma, uno aveva la pelle di una tonalità bluastra decisamente assente nel fenotipo terrestre, un altro aveva degli occhi felini che lo rendevano simile in tutto e per tutto ad una specie di gatto, ed infine poggiò lo sguardo su colui che aveva dato l’ordine di lasciarla andare. Doveva essere un ragazzo non molto più grande di lei; la sua pelle era ambrata, ma i suoi capelli erano bianchi come la neve ed i suoi occhi azzurri come il ghiaccio. Si ritrovò assurdamente a pensare che, nonostante le sue fattezze decisamente fuori dall’ordinario, era molto bello.
Indossavano delle armature che non aveva mai visto; simili a quelle Sayan, ma diverse in alcuni dettagli e che fasciavano perfettamente i loro muscoli massicci e ben definiti. Chiunque li avesse visti, avrebbe compreso all’istante di avere a che fare con dei brutti ceffi, dato il loro aspetto non di certo rassicurante. 
Dovevano essere dei guerrieri.
Dei guerrieri alieni.
Deglutì nervosa continuando ad osservarli in silenzio, finché quello con la pelle bluastra e che le aveva quasi rotto la testa, decise di parlare.
“Adesso che facciamo?” chiese rivolto al ragazzo con i capelli bianchi, ma i suoi occhi di ghiaccio erano totalmente incatenati sulla figura della ragazza per terra.
“La ragazzina verrà via con noi” disse con tono risoluto quello che le sembrò essere il capo dei tre.
“Potete scordarvelo!” sbottò Bra urlando d'istinto “chi diavolo siete e cosa ci fate in camera mia?” chiese alzandosi in piedi di scatto per fronteggiarli "non appena arriveranno mio padre e mio fratello non ci metteranno tanto a farvela pagare..." li minacciò sicura di sé. 
Il ragazzo con i capelli bianchi scoppiò a riderle in faccia, prima ancora che finisse di parlare.
“Ha fegato la ragazzina… molto bene, sarà più divertente” disse con un ghigno “Gunder, Lyard prendetela… non abbiamo tempo da perdere” aggiunse uscendo dalla stanza, non prima di averla squadrata da testa a piedi.
Bra fissò il punto in cui era sparito il ragazzo, spostando subito dopo lo sguardo sui due alieni che la fissavano con un sorrisetto. Indietreggiò d’istinto, ma una presa ferrea le bloccò immediatamente il braccio.
“Andiamo, siamo un po’ di fretta…” disse l’altro alieno con un sorrisetto poco rassicurante.
Bra non ci pensò due volte, con uno scatto cercò di tirare un pungo con la mano libera all’alieno, ma lo parò senza difficoltà. Decise quindi di provare a tirargli un calcio, ma anche questo venne parato senza alcuna difficoltà. Non c'erano dubbi, erano sicuramente dei guerrieri.
Ripartì all’attacco con un altro pugno che centrò perfettamente la mascella, facendogli voltare il viso dall’altra parte; con uno strattone si liberò dalla presa dell’uomo e con un balzo indietro ristabilì le distanze mettendosi in posizione di difesa, sotto lo sguardo stupito del suo aggressore.
Se avrebbe dovuto combattere, lo avrebbe fatto.
I due alieni la guardarono sorpresi, scambiandosi un’occhiata.
“Molto bene… vuoi giocare ragazzina? Non ti piacerà” disse divertito uno dei duo uomini.
Con uno scatto si gettarono su di lei contemporaneamente, ma inizialmente riuscì a parare tutti i loro colpi. Sfruttò la sua velocità per sfuggire ai loro attacchi, ma più passava il tempo più si sentiva stanca.
Sapeva di dover resistere il più possibile, sicuramente suo padre e Goku si erano già resi conto che ci fosse qualcosa che non andava quindi avrebbe solo dovuto tenere botta per un po’.
Giusto il tempo perché loro arrivassero.
Improvvisamente, un pugno centrò in pieno il suo viso, facendole sentire distintamente uno scricchiolio a livello del naso e facendole perdere l'equilibrio. Nella caduta impattò violentemente contro lo spigolo della scrivania e crollò per terra. Gemette di dolore passandosi una mano sul labbro e la pelle del dorso della sua mano si sporcò di sangue… doveva essersi rotta il labbro inferiore.
recuperando le forze, scattò di nuovo in piedi cercando di fronteggiare i due uomini, ma si rese conto immediatamente che avevano fatto solo finta di combattere poco prima non appena ripresero a combattere; la loro forza era nettamente superiore alla sua.
Incassò numerosi colpi in tutto il corpo, tra calci e pugni, crollando pesantemente per terra quasi incosciente. Sentì distintamente il sapore ferroso del sangue in bocca e si chiese se fosse sangue del labbro o se le avessero rotto anche il naso.
Strinse i denti incassando tutti i colpi inferti dai due alieni e, quando finalmente i colpi contro il suo corpo cessarono, Bra non riuscì a muoversi.
Ogni parte del suo corpo le doleva come mai prima di allora, impedendole qualsiasi movimento.
Restò riversa per terra per qualche minuto, cercando la forza di girarsi per respirare meglio. Se si fosse girata, sarebeb riuscita ad espandere meglio il torace e più ossigeno avrebbe raggiunto il suo cervello. 
Con uno sforzo non indifferente, si mise supina restando distesa per terra, mentre iniziò a tossire convulsivamente. Non era neanche certa di avere ancora tutte le ossa a posto, e sulla sua maglietta riuscì ad intravedere una chiazza rossa allargarsi sempre di più.
“Basta così, l’abbiamo ridotta male… Yoshi non sarà contento” disse con tono di rimprovero uno dei due, ma la sua voce arrivò molto ovattata alle orecchie di Bra.
Cercò di tenere gli occhi aperti, ma le palpebre erano sempre più pesanti e restare sveglia le fu sempre più difficile.
Doveva resistere, suo padre sarebbe venuto a salvarla e anche Trunks, ne era certa.
“Fanculo anche a Yoshi, la prossima volta invece che andarsene ci pensa lui al prigioniero allora”
La mente di Bra elaborò quest’ultima frase, rendendosi conto che l'avevano appena definita prigioniera. Incapace di restare ancora coscente, si abbandonò al buio totale del suo destino.
 

Ancora prima di aprire gli occhi, dei dolori lancinanti invasero tutto il suo corpo facendola quasi piangere. Gemette di dolore senza capire cosa le stesse succedendo, ma non appena aprì gli occhi si ricordò tutto ciò che era successo prima che perdesse conoscenza.
I ricordi dell’aggressione le tornarono in mente vividi investendola in pieno, mentre la paura di essere in mano a degli alieni sconosciuti la invase totalmente.
Spalancò gli occhi impaurita, rendendosi conto di non trovarsi più in camera sua, ma in una stanza che non aveva mai visto prima, con delle pareti metalliche e su una brandina decisamente poco comoda. Guardò in direzione della porta, metallica anch’essa, con una piccola apertura nella parte superiore.
Quel posto aveva tutta l’aria di essere una cella.
Cercò di mettersi a sedere nel letto, stringendo i denti per il dolore, e dopo qualche minuto di fatica finalmente ci riuscì. Abbandonò la schiena contro la parete gelida, e si rese conto solo in quel momento di indossare solamente il reggiseno; la sua maglietta era sparita.
Il suo cuore iniziò a martellare forte nel petto, non riuscendo a dare spiegazioni logiche e plausibili a tutto quello che stava succedendo. 
Si guardò intorno alla ricerca di quel pezzo di stoffa che le apparteneva, ma non trovò niente.
Le uniche cose presenti in quella cella erano lei e quell’imitazione di letto su cui era stata sistemata da qualcuno.
Dove si trovava?
Cosa le avrebbero fatto?
Chi erano quegli uomini e cosa volevano da lei?
Sbuffò sbattendo un paio di volte la testa contro il muro disperata.
Era nella merda, questa volta sul serio.
L’unica possibilità di fuga che aveva era che suo padre e gli altri localizzassero la sua aura, non aveva altre soluzioni. Avrebbe dovuto allenarsi di più quando ne aveva avuto l’occasione, adesso forse non sarebbe stata in quella situazione.
Colta da un attacco d’ira, scagliò un pugno contro la parete, gemendo immediatamente per il dolore alla mano già ferita e fasciata da qualcuno mentre era incosciente.
“Cazzo!” imprecò ad alta voce trattenendo le lacrime che minacciavano di scendere dai suoi occhi.
“Smettila, sei già abbastanza debilitata”
Una voce risoluta al di là della porta attirò la sua attenzione e, prima che potesse dire qualcosa, la porta della cella si aprì rivelando la figura del ragazzo con i capelli bianchi che aveva visto in camera sua.
Il suo cuore perse un battito e trattenne il respiro non appena riconobbe uno dei suoi aggressori. Il ragazzo fece un passo entrando dentro la cella, e lei raccolse svelta le ginocchia al petto in posizione di difesa. 
Si studiarono per qualche istante in silenzio, poi, la turchina, raccogliendo tutto il suo coraggio, si decisa a parlare. 
“Chi siete? Cosa volete da me?” chiese cercando di nascondere la paura nella sua voce.
Mai mostrarsi debole con il nemico, almeno questo lo aveva imparato.
Il ragazzo la guardò, soffermandosi sul suo corpo per un istante di troppo.
“Con il tempo risponderemo a tutte le tue domande… finché siamo in viaggio riposati” le disse satono “sei debole per essere una Sayan” aggiunse guardandola meglio. 
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa.
“Sai che sono una Sayan?" domandò stupita, registrando poi il senso della sua frase iniziale.
"In viaggio per dove?” indagò poi sempre più confusa.
“Per il pianeta Kaphtos…”
Il cuore di Bra fece un balzo nel petto “che cosa?” urlò fuori di sé “Vuoi farmi credere che siamo nello spazio?”
“Guarda tu stessa” disse il ragazzo, indicando una piccola tenda affianco al letto che non aveva notato prima. Guardò tentennante la tenda, non certa di voler vedere davvero cosa ci fosse oltre.
Non si fidava di quel ragazzo, non si fidava di ciò che le diceva.
La scostò lentamente e, quando guardò fuori, per poco non svenne di nuovo.
L’immenso ed infinito spazio nero si propagava fuori dall’oblò in cui stava guardando, illuminato solo da qualche stella di passaggio ogni tanto. Dovevano viaggiare ad una velocità molto elevata, perché i pianeti intorno a loro sfrecciavano veloci sparendo in poco tempo alla sua vista per lasciare spazio ad altri pianeti di altri colori. I suoi occhi registrarono sfumature di colori che mai prima di allora aveva potuto osservare, certa di non poter vedere uno spettacolo simile sulla Terra.
Continuò a guardare fuori calamitata da ciò che i suoi occhi azzurri stavano osservando increduli.
Non poteva crederci.
Non poteva credere di essere davvero nello spazio.
“In che galassia siamo?” chiese a bassa voce senza distogliere lo sguardo dall’oblò.
“Non più nella via Lattea” disse vago il soldato.
Quelle cinque parole demolirono all’istante ogni sua speranza di salvezza, facendole comprendere quanto fosse ormai fuori dalla portata di tutti i suoi amici, anche di suo padre. 
Nessuno l'avrebbe ritrovata in quel punto remoto dello spazio.
Continuò a guardare fuori in silenzio, quel nero che sembrava ricoprire ed ingurgitare tutto ciò che aveva intorno; lo stesso spazio in cui suo padre aveva trascorso quasi trent’anni della sua vita, lo stesso spazio in cui sua madre aveva viaggiato con i suoi amici per salvare la Terra.
Aveva desiderato così tante volte di poter vedere con i suoi occhi quell’immensa vastità buia che adesso era davanti a lei, separata solo dal vetro… ma adesso avrebbe solo voluto essere a casa sua, sulla Terra.
“Cosa volete da me?” chiese tornando a guardare l’alieno nella cella.
“Questo te lo diremo più avanti, come ti ho già detto. Non amo ripetermi. Nel frattempo starai qui zitta e buona…” disse secco il ragazzo “non farti venire in mente strane idee, o quello che ti hanno fatto Gunder e Lyard sarà stato solo un avvertimento in confronto” la minacciò facendo un passo verso di lei.
“E perché cosa dovrei fare secondo te? Sentiamo… sono chiusa in questa cella, come potrei combinare qualcosa” ribatté d’istinto la ragazza.
“Non voglio neanche sentire la tua voce fastidiosa” disse alterato l’alieno “da quando ti sei risvegliata non hai fatto altro che lamentarti terrestre”
“Mi avete pestata a sangue, cosa ti aspettavi? Che vi dicessi grazie?” rispose innervosita guardandolo male, ormai totalmente priva di freni inibitori. 
La rabbia dentro di lei per la perdita di ogni speranza stava montando sempre di più, oscurando ogni briciolo di buon senso che le era rimasto. 
Il ragazzo stava per ribattere a tono, quando improvvisamente una risata nuova, ma decisamente piacevole, invase le sue orecchie. Sentì chiaramente dei passi fuori dalla stanza in cui si trovavano, ed in pochi istanti entrò nella cella un altro ragazzo.
Lo guardò attentamente, cercando di cogliere i suoi tratti nonostante fosse quasi buio in quella dannata cella.
Sembrava avere più o meno l’età di Trunks ed i suoi lineamenti erano innegabilmente perfetti.
Nonostante la penombra, riuscì a notare la sua pelle leggermente ambrata e gli occhi neri come la notte, proprio come i capelli. Due cerchietti d’oro adornavano i suoi lobi scintillando al buio ed anche lui indossava la stessa armatura che aveva già visto addosso agli altri rapitori, fasciando perfettamente il corpo massiccio e muscoloso. Il suono della sua risata cristallina fu stranamente rilassante per le sue orecchie, nonostante il contesto in cui si trovasse, ma la sua apparizione la rese ancora più inquieta.
“Ha verve la ragazzina…” commentò soddisfatto il nuovo arrivato, guardandola con un ghigno “direi che ti tiene testa Yoshi” aggiunse sprezzante abbassando gli occhi sul suo corpo scoperto.
Bra si sentì improvvisamente a disagio e si coprì il petto raccogliendo meglio le gambe contro il torace.
Aveva avuto al fortuna di ereditare le forme prosperose da sua madre e con il passare del tempo erano diventate sempre più evidenti. Doveva ammettere di essere fortunata, ma spesso le causavano non pochi disagi ed imbarazzi, soprattutto adesso che si trovava mezza nuda davanti a due alieni sconosciuti.
“E tu chi sei?” gli chiese sempre con tono diffidente, senza pensare alle conseguenze.
Il ragazzo ampliò il suo ghigno “qui le domande le facciamo noi” sentenziò deciso.
Bra lo guardò meglio e poté giurare che quel ragazzo fosse dannatamente famigliare.
Lo osservò meglio, cercando di capire se l’avesse mai visto prima di allora.
“Ci siamo già visti?” gli chiese prendendolo in contropiede.
“Sei sorda forse?” sbottò il ragazzo alzando la voce “adesso mettiti a letto e dormi, almeno non ci martellerai con le tue domande...”
“Guarda che siete stati voi a venire qui” gli ricordò la ragazza con tono di sfida, ma in un attimo, rima che potesse rendersene conto, una presa ferrea le afferrò la gola bloccandola contro il muro.
Spalancò gli occhi per la sorpresa e per lo spavento, mentre le sue mani volarono d'istinto sui polsi che le tenevano stretta la gola in una morsa che le toglieva il respiro.
“Non… non respiro…” farfugliò boccheggiando alla ricerca di aria, ma la presa non accennò a diminuire.
Non avrebbe dovuto osare tanto, avrebbe dovuto tagliarsi un pezzo di lingua, come spesso le avevano consigliato di fare. 
“Prima regola devi stare zitta, seconda regola non controbattere… siamo intesi?” le intimò lo sconosciuto a pochi centimetri di distanza “se rispetterai le regole arriverai a destinazione viva e senza qualche osso spezzato, altrimenti...” aggiunse a denti stretti.
Un brivido percorse la sua schiena, perdendosi in quegli occhi che non riuscì a vedere bene a causa del buio nella stanza. Annuì velocemente con il cuore in gola, facendo segno di aver capito e pregando che la lasciasse andare. Finalmente mollò la presa sul suo collo, ed il sangue tornò ad irrorare il suo cervello.
Tossì vistosamente e recuperò un po’ di ossigeno, appoggiandosi poi di nuovo contro muro dietro di lei sfinita.
Se l’era vista brutta, nessuno aveva mai osato tanto nei suoi confronti o era sempre stato fermato prima. Adesso non c’era nessuno che le avrebbe coperto le spalle, tutto dipendeva da lei.
Non aveva idea di chi fossero, ne del perché l’avessero rapita.
Che fossero dei nemici di suo padre di quando ancora faceva parte dell’esercito di Freezer? O forse la stavano usando come esca per qualcosa?
Mille domande le affollavano la testa, senza alcuna risposta.
Voleva solo tornare a casa. Voleva tornare a casa viva.
“Ho contattato Klion… sa che abbiamo la ragazza… vuole parlarti” disse il ragazzo misterioso a Yoshi, riattirando l'attenzione su di lui.
L’alieno con i capelli bianchi annuì “vado subito… pensaci tu a lei Bardack” disse incamminandosi verso la porta, dopo aver assistito a tutta la scena in silenzio.
Bardack.
La mente di Bra registrò quel nome, e poté giurare di averlo già sentito… solo non ricordava dove.
“Tsk… una fortuna dietro l’altra” commentò sprezzante il ragazzo poco prima che Yoshi uscisse dalla cella. L’alieno si fermò di colpo, voltandosi verso di loro e guardò con un sorriso il suo compagno.
“Dopotutto… è la tua principessa, non la mia” commentò con un sorriso, prima di andarsene e sparire nel corridoio ridacchiando sommessamente.
Gli occhi di Bra volarono increduli sul ragazzo davanti a sé, e con uno sforzo non da poco si alzò in piedi avvicinandosi a lui per guardarlo meglio, per accertarsi di aver inteso bene l’ultima frase che Yoshi aveva rivolto a questo Bardack.
Il ragazzo la osservò e per un attimo si convinse che l'avrebbe strangolata di nuovo, ma non lo fece.
Bra analizzò la sua vita, trovando la conferma che cercava.
Il ragazzo aveva la coda, il ragazzo era un Sayan.
Si portò una mano alla bocca per coprire la sua sorpresa, mentre gli occhi del ragazzo la guardavano collerici. Non riusciva a capire niente di quella storia, ne tanto meno cosa volessero da lei, ma l’idea di avere un vero e proprio Sayan davanti a sé la elettrizzava.
“Sei un Sayan!” esclamò stupefatta “com’è possibile? Il pianeta Vegeta è stato distrutto quando mio padre era piccolo… quanti anni hai?” gli chiese senza ricordare ciò che era successo poco prima.
Quando vide la mano del Sayan scattare verso di lei per l’ennesima ripercussione fisica, con un balzo evitò al presa, guadagnandosi uno sguardo sorpreso da parte del ragazzo che restò in silenzio per un istante.
Si studiarono a vicenda nel buio, analizzando ogni particolare dell'altro.
Come poteva esistere un altro Sayan? Come potevano non saperne niente?
“Sei libero di non rispondermi… per adesso” disse risoluta, notando perfettamente come i pugni stretti del ragazzo dimostrassero la sua collera interiore.
Era certa che stesse facendo un grande sforzo per non ucciderla seduta stante, ma decise di osare nuovamente “ma almeno puoi dirmi che fine hanno fatto i miei vestiti?” gli chiese cambiando totalmente discorso e lasciandolo di stucco per la seconda volta nel giro di tre minuti.
Bardack la guardò fuori di sé “tu… tu sei…” farfugliò scuotendo la testa “ma da dove vieni fuori?!” aggiunse incredulo. La ragazza trattenne un sorriso di soddisfazione e rimase in silenzio, in attesa di una risposta.
“Ti ho tolto io la maglietta e l’ho buttata… il nostro medico doveva medicarti una ferita sulla pancia… si era strappato… quel coso” disse indicando la sua pancia scoperta, ma evitando accuratamente di guardarla.
Bra abbassò lo sguardo per capire a cosa si riferisse, rendendosi conto che stava parlando del suo piercing sull’ombelico.
Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire e per fortuna il ragazzo riempì quel silenzio imbarazzante.
“Lì ci sono dei vestiti che ti puoi mettere. Dormi e non farti sentire. Giuro che non voglio sentire neanche una mosca volare qui dentro” la redarguì serio “quando arriveremo su Kapthos ti spiegheremo perché sei qui” concluse.
“Va bene…” disse confusa la ragazza "
Il Sayan la guardò un’ultima volta, e per un attimo le sembrò che le stesse per dire qualcosa, ma non lo fece. Si voltò e si diresse verso l’uscita a grandi passi, lasciandola da sola con i suoi pensieri.
Quando si richiuse la porta alle spalle con un sonoro colpo, Bra si lasciò cadere nel letto esausta, ripercorrendo con la mente tutto quello che era successo.
Com'era possibile che un Sayan fosse ancora vivo?
Il pianeta Vegeta era stato distrutto molto tempo prima da quello che le avevano sempre raccontato e quel ragazzo doveva avere al massimo l'età di suo fratello. C’era sicuramente qualcosa sotto, ma non riusciva a capire cosa.
Avrebbe potuto giurare di aver già sentito quel nome ma, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a ricordare dove.
Si distese nel letto tenendosi con una mano il fianco ancora dolorante dopo le percosse ricevute e fissò il soffitto bianco intensamente meditabonda.
Quegli uomini non si erano fatti scrupoli a metterle le mani addosso, avrebbe dovuto fare attenzione.
Non poteva fidarsi di nessuno lì, se non di sé stessa.
Ma cosa potevano volere da lei?
Doveva trovare il modo per fuggire.

 

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Capitolo 3
*** Be careful ***


CAPITOLO 3 "Be careful"

Un botto improvviso la fece svegliare di soprassalto destandola dal suo sonno agitato. Scattò subito seduta nel letto, con il cuore palpitante per lo spavento; doveva essere successo qualcosa nel corriodio fuori dalla sua stanza, a giudicare dalla confusione che avvertiva distintamente.
Numerosi voci discutevano animatamente non molto distanti dalla sua porta, ma non riuscì a cogliere niente di ciò che si stavano dicendo e le poche parole che comprese non dovevano appartenere alla sua lingua.
Doveva essere successo qualcosa.  Qualcosa di non programmato.
Immediatamente la sua mente volò a suo padre ed agli altri componenti della squadra Z, ma prima che potesse fare qualcosa la porta della sua cella si aprì si scatto.
Un fascio di luce illuminò la cella buia, costringendola a strizzare gli occhi per il fastidio, ma riuscì lo stesso a riconoscere distintamente la figura di quello che doveva essere Yoshi. Entrò senza tante cerimonie, dirigendosi a passo sicuro verso di lei apparentemente agitato. Lo fissò confusa, senza capire cosa stesse succedendo fuori da quella stanza, quando il ragazzo ruppe il silenzio creatosi nella cella.
“Sbrigati, devi venire con me” disse frettolosamente. La prese per un braccio malamente e la tirò giù dal letto prima che potesse dire qualcosa. Afferrò in fretta la maglietta ancora piegata sulla sedia e gliela porse distrattamente.
“Vestiti veloce, dobbiamo andare via da qui” aggiunse risoluto.
Bra fissò confusa la maglietta, indecisa se fare quello che l’alieno le stava dicendo di fare.
Che fossero arrivati a salvarla? Non poteva giocarsi quell’occasione.
“Dove dobbiamo andare?” indagò incerta guardando il ragazzo, che le sembrò decisamente agitato.
“Tu seguimi e stai zitta, fai come ti dico” le ordinò secco.
“Sono venuti per me vero? Sono venuti a salvarmi” affermò quasi soddisfatta, assaporando l’aria preoccupata dell’alieno davanti a lei. Era certa che nessuno l'avrebbe mai abbandonata alla deriva nello spazio, sicuramente suo padre ed i suoi amici si erano già accorti da un pezzo del suo rapimento e con la tecnologia avanzata di sua madre non ci avrebbero messo molto a rintracciarla.
Yoshi la prese improvvisamente per un polso e la tirò verso di sé senza alcuna delicatezza, velocemente la guardò negli occhi, con uno sguardo che le provocò uno spiacevole brivido lungo la schiena. La ragazza trattenne il respirò quando si trovò a pochi centimetri di distanza da lui, ma attese che rispondesse alla sua domanda.
“Sono venuti per te, ma non sono venuti a salvarti” disse sottovoce con un ghigno.
Bra spalancò gli occhi incredula, mentre le sue speranze si infrangevano per la seconda volta in meno di dieci ore.
Quei botti che aveva sentito… non era una lotta per la sua libertà.
“Se ti prendono ti uccidono, quindi adesso tu verrai con me e farai come ti dico” le intimò soffiando sulle sue labbra e continuando a fissarla negli occhi. Quando l'alieno fu certo che non avrebbe opposto resistenza, strinse la presa sui suoi polsi e la trascinò fuori dalla cella con lui senza darle possibilità di controbattere.
Non appena furono nel corridoio, Bra si guardò intorno confusa, analizzando ogni dettaglio dell’ambiente estraneo mentre si lasciava strattonare verso una direzione ignota dall’alieno.
Dovevano trovarsi in una navicella molto grande, il corridoio metallico proseguiva per svariati metri e loro lo stavano percorrendo tutto. Un’esplosione alle loro spalle la fece sussultare e Yoshi aumentò ancora di più il passo, tirandosela dietro.
“Sbrigati” farfugliò a denti stretti, strattonandola malamente.
“Va bene, ma non farmi male” disse la ragazza cercando di stare dietro al passo veloce dell’alieno.
Gettò un’occhiata alle loro spalle, ma non vide nessuno.
Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, chi poteva essere venuto per lei ma non per salvarla?
Una fitta improvvisa al fianco al costrinse a rallentare, ma strinse i denti e continuò a trascinarsi dietro all’alieno cercando di rimanere al passo.
Non aveva idea se fosse la cosa giusta da fare seguire il suo rapitore, ma in quel momento le sembrò l’unica cosa da fare. Delle continue esplosioni inseguivano la loro avanzata nel corridoio, non lasciandole altra scelta se non proseguire.
“Non ce la faccio” si lamentò la ragazza a denti sempre più stretti per il dolore.
“Manca poco” disse svelto l’alieno, senza curarsi troppo del suo stato.
Un giramento di testa le fece perdere appena l’equilibrio, ma riuscì a restare in piedi ed a proseguire dietro di lui quasi correndo ormai. Qualche minuto dopo, finalmente raggiunsero una stanza che sembrava in tutto e per tutto una rampa di lancio, e che a quanto pare era la loro meta.
Due navicelle erano sistemate sulla rampa di decollo e sembravano essere pronte all’uso.
“Che cosa significa?” chiese preoccupata guardando il ragazzo affianco a lei.
“Significa che dobbiamo andarcene da qui, e anche alla svelta mocciosa”
Una voce alle sue spalle raggiunse le sue orecchie, facendola voltare istintivamente verso il suo interlocutore.
Bardack entrò nella stanza a passo veloce e si avvicinò a quelli che sembravano essere dei comandi, iniziando subito a digitare velocemente ed abilmente qualcosa sul pannello davanti a lui. Si soffermò per qualche istante sul suo portamente,c he sembrava essere decisamente regale per quanto fosse un guerriero. 
“Cosa sta succedendo?”
“Non ti avevo detto di non fare più domande?” l’ammonì il ragazzo senza voltarsi verso di lei, ma alla fine le rispose. “Dobbiamo andarcene” ripeté solamente, senza darle altre informazioni.
“Io non vado da nessuna parte con voi” disse convinta Bra, liberandosi dalla presa di Yoshi con uno strattone.
Le navicelle si attivarono improvvisamente, aprendo i portelloni ed attirando la sua attenzione. Le analizzò frettolosamente, notando immediatamente le diverse dimensioni; una delle due era decisamente più grande dell’altra, potendo ospitare più passeggeri, mentre una era davvero molto piccola, forse per due o tre persone al massimo.
La mente di Bra elaborò una serie di calcoli immediati, cercando una via di fuga.
Forse il cambio di mezzo le avrebbe dato una chance in più di fuggire, nonostante conoscesse ben poco di coordinate spaziali e di tecnologie aliene. Con una di quelle navicelle sarebbe potuta tornare sulla Terra, le sarebbe bastato soltanto capire il loro funzionamento e come sfuggire dalla scorta degli alieni.
Gettò un'occhiata veloce ai comandi sulla quale stava cincionando il ragazzo di spalle, soffermandosi per un istante sulla sua schiena muscolosa. Scivolò con lo sguardo sulla tastiera che stava utilizzando per digitare dei codici criptati su un display apparso davanti alla sua testa, ma il suo sguardo continuava a restare incollato sulle dita del guerriero che si muovevano veloci, cercando di capire cosa stesse facendo... e soprattutto come. 
“Non pensare di scappare” l’ammonì Bardack finalmente voltandosi verso di lei “e non farmi perdere la pazienza mocciosa, non sono qui per farti da balia… se provi a scappare ti ammazzo”
Bra finalmente poté vederlo alla luce e per un attimo rimase spiazzata, senza neanche sentire le minacce che le aveva rivolto il ragazzo.
Il buio della cella aveva decisamente nascosto la bellezza aliena del soldato Sayan, ma adesso che la luce lo aveva illuminato non era certa di riuscire a nascondere lo stupore persa nel suo sguardo scuro come la notte. 
Era probabilmente il ragazzo più bello che avesse mai visto, e di ragazzi belli ne aveva visti a palate.
“Prigioniera con voi o prigioniera con loro… che differenza fa?” lo punzecchiò la ragazza, ipotizzando per un attimo di correre verso l’uscita e scappare verso l’ignoto. Dopotutto, come poteva fidarsi dei suoi rapitori? Come poteva essere sicura che sarebbe finita in mani peggiori di quelle dei suoi aguzzini?
Magari avrebbe trovato davvero salvezza e libertà…
Ma le parole del ragazzo smorzarono immediatamente la sua idea.
“Loro ti uccideranno, a noi servi viva… a te la scelta” disse con un sorriso beffardo.
Bra lo fissò negli occhi, per niente intenzionata ad abbassare lo sguardo e decisamente innervosita dal ghigno dipinto sul volto del guerriero. Era alle strette, e non poteva fare niente per uscire da quella situazione in quel momento. 
Era fregata. 
Non era certa che le sue parole fossero vere. Nessuno le dava la certezza che, dopo aver portato a termine il loro piano, non l’avrebbero uccisa; tuttavia in quel momento non le restava altra scelta se non quella di andare con loro.
Stava solo posticipando la sua morte?
Potrebbe essere.
L’ennesima esplosione attirò la loro attenzione, questa volta era decisamente più vicina. 
Yoshi e Bradack si scambiarono un’occhiata e l’alieno dai capelli bianchi parlò “tu vai con lei… io vado ad aiutare Gunter e Lyard, ci vediamo su Kapthos tra tre giorni... sai quello che devi fare” disse risoluto.
“Vi serve aiuto, non posso lasciarvi qui” ribatté il Sayan stringendo i pugni.
“E’ più importante che la ragazza arrivi a destinazione, ci serve, lo sai”
Bra ascoltò attentamente il discorso dei due ragazzi, ma non riuscì a tirare le fila ancora una volta.
Si passò confusa una mano tra i capelli incrostati di sangue, ormai corti sopra le spalle… era tutto così assurdo.
Era piombata in qualcosa più grande di lei.
L’ennesima fitta al fianco la costrinse a piegarsi leggermente, mentre avvertì le voci ovattate dei due ragazzi ancora parlottare tra di loro. Distratta dagli eventi, fino a quel momento il dolore era passato in secondo piano, ma le sembrò farsi sempre più intenso. Cercò di restare lucida, ma il dolore che provava era davvero troppo forte.
Fece un bel respiro cercando di calmarsi, e si appoggiò con una mano alla spalliera di una poltrona vicino a lei per sorreggersi.
L’ennesima esplosione attirò la loro attenzione e Yoshi si voltò verso il corridoio.
“Tra tre giorni, su Kapthos” ripeté al Sayan, prima di incamminarsi proprio verso la direzione da cui provenivano le esplosioni lasciandoli da soli nella stanza dei comandi.
Bra strinse i denti e guardò il ragazzo rimasto con lei, intento ad osservare il punto in cui era sparito il compagno.
Le sembrava così sbagliato andare con lui, eppure non aveva altra scelta.
Non era certa che le avrebbero risparmiato la vita, non era certa che qualcuno sarebbe andato a salvarla questa volta. Questa volta era da sola, ed ancora una volta non era libera di scegliere.
Sospirò chiudendo per un istante gli occhi, per poi riaprirli subito ed incatenare il suo sguardo azzurro negli occhi neri del Sayan davanti a lei che la fissavano ormai da qualche istante di troppo.
Il ragazzo si avvicinò a lei e l’afferrò per un polso in una morsa dolorosa “andiamo, non abbiamo più tempo” disse spingendola verso la navicella più piccola senza alcuna delicatezza.
Rimase in silenzio, lasciandosi trasportare annebbiata dalla sua presa ma, dopo solo due passi, la stanza intorno a lei girò vorticosamente e l’ennesima fitta al fianco la costrinse a bloccarsi. Un gemito di dolore uscì dalle sue labbra e perse l’equilibrio sentendo al forza mancare alle sue gambe. Non riuscendo più a far fronte al dolore, si abbandonò al vuoto, rilassando finalmente tutti i suoi muscoli indolenziti e la testa pesante. Chiuse gli occhi pronta a sentire l’impatto duro con il suolo ma, prima che potesse toccare per terra, due braccia forti la sostennero senza alcun preavviso.
Aprì gli occhi sorpresa, mentre una smorfia di dolore attraversava il suo viso, cercando di mettere a fuoco lo sguardo attento del ragazzo davanti a lei.
“Cos’hai?” indagò sospettoso senza lasciarla andare.
“Io… non lo so” disse debolmente “ho malissimo al fianco” aggiunse stringendo i denti per il dolore.
Vide lo sguardo del ragazzo scendere veloce sul suo addome e, tenendola per la vita con un braccio, l’altra mano scivolò cauta a scoprirle la pancia per analizzare il punto in cui sentiva dolore. Distolse lo sguardo imbarazzata, sentendo improvvisamente una sensazione di calore sulle sue guance ma cercò di non farci caso.
Dopo qualche istante, il Sayan riabbassò la maglietta e, improvvisamente, la sollevò di peso incamminandosi velocemente verso la navicella.
“Mettimi giù!” urlò Bra cercando di reagire, ma le sue forze ormai erano quasi a zero.
“Sei ferita, hai bisogno di qualcuno che ti curi” disse solamente entrando nella navicella. La sistemò su un sedile alla bene meglio e, dopo averla fissata con delle cinture di sicurezza, si avvicinò al pannello di controllo iniziando a digitare velocemente dei tasti. Il portellone in un attimo si richiuse davanti a loro e si sentì immediatamente comprimere da una forza incredibile contro il sedile, senza rendersi conto di quello che le stava succedendo intorno.
Il rombo del motore e dei propulsori raggiunse le sue orecchie piuttosto ovattato, ma cercò di restare cosciente mentre osservava la loro navicella venire espulsa dalla nave madre. Si stavano allontanando, la sua speranza di fuga si stava allontanando e stava diventando sempre più remota.
In pochi minuti, la loro capsula iniziò a viaggiare veloce nello spazio, diretta verso il pianeta Kapthos, lontano dalla confusone che si era creata nella astronave, facendo piombare finalmente intorno a loro il silenzio del cosmo.
Bra osservò il profilo del ragazzo, intento ad osservare la vasta distesa nera davanti ai loro occhi al di là del vetro decisamente pensieroso. L’espressione contratta che aveva in viso rendeva palpabile la sua agitazione interiore, nonostante cercasse di mantenere la sua maschera glaciale.
Bra si ritrovò a pensare che il suo portamento ed il suo modo di fare dovevano essere in tutto e per tutto quelli Sayan; la somiglianza con i modi burberi di suo padre ed il cipiglio indurito che non accennava mai ad ammorbidire dovevano essere un tratto caratteristico della sua razza, e ai suoi occhi rendevano il giovane davanti a lei ancora più affascinante.
Scosse la testa come per cancellare i pensieri che avevano riempito la sua testa, come poteva pensare delle assurdità del genere? Non aveva avuto un briciolo di riguardo nei suoi confronti da quando lo aveva conosciuto e l’aveva più volte minacciata di morte… era forse questa la riverenza che avrebbe portato alla sua Principessa se il pianeta Vegeta-sei fosse stato ancora al suo antico splendore? O forse era solo considerata un ibrido senza alcuna importanza?
Bardack si voltò improvvisamente verso di lei, appoggiando il suo sguardo nero sulla sua figura. Bra distolse in fretta lo sguardo imbarazzata, cercando di mascherare il suo interesse, ma il ragazzo se ne accorse.
“Cos’hai da guardare mocciosa? Stai sempre a fissare” ringhiò guardandola sprezzante.
Si avvicinò a lei lentamente, con passo cadenzato, mentre il cuore della ragazza iniziò a battere un po’ più forte per essere stata colta il flagrante. Cercò inutilmente di nascondere il suo imbarazzo, rispondendo con l’unica arma che aveva contro il guerriero… la lingua.
“Non di certo perché sei un bello spettacolo” ripose acida cercando di mascherare il suo disagio.
Il Sayan la fissò per un attimo sorpreso, scoppiando poi in una fragorosa risata capace di farla sentire ancora più patetica di quanto già non si sentisse.
“Perché tu pensi di esserlo? Non ti guardi allo specchio da un po’” rispose con un ghigno.
Bra desiderò sprofondare, sentendosi improvvisamente a disagio come mai prima di allora. Girò il volto dall’altra parte, cercando di nascondere il suo colorito che era sicura fosse diventato più rosato, mentre un calore conosciuto invadeva ancora una volta le sue guance. Era la prima volta che un ragazzo le diceva una cosa del genere e il non potersi specchiare da nessuna parte non giovava di sicuro alla situazione. 
Bardack osservò attentamente il profilo in realtà perfetto della ragazza davanti a lui, constatando ancora una volta quanto fosse magretta per essere una Sayan, la figlia del Principe Vegeta oltretutto.
Non riusciva proprio a capire come il loro Principe avesse potuto giurare fedeltà ad una terrestre; per i Sayan c’era una sola donna nella propria vita, e quando veniva scelta sarebbe stata l’unica per sempre.
Quando un Sayan decideva di legarsi, il legame era per sempre.
Cosa poteva aver trovato di così particolare e fuori dal comune il Principe Vegeta in una donna terrestre? I terrestri gli sembravano così pateticamente deboli e senza alcuna forza fisica, privi di senso di sopportazione e anche piuttosto fastidiosi… eppure il loro Principe aveva deciso di stabilirsi proprio su quel pianeta, legandosi addirittura ad uno degli abitanti di quel sasso pieno di verde ed acqua.
Continuò ad osservare la ragazza davanti a lui, non trovandoci niente di così eclatante in quell’esserino magro ed imbarazzato sul sedile. Non riusciva proprio a capire come quella ragazzina sciocca e priva di forza fisica potesse essere la sua Principessa… di certo non l’avrebbe mai riconosciuta come tale.
“Adesso sei tu che mi fissi o sbaglio?”
La voce strafottente della ragazza arrivò alle sue orecchie come un petardo, facendolo scattare in un istante. In un millesimo di secondo le fu addosso, avvolgendo il suo collo delicato e magro tra le mani senza alcuno sforzo; la ragazza avrebbe dovuto capire chi comandava e avrebbe dovuto capire di non potersi prendere tutte le libertà che voleva.
Strinse un po’ di più la presa, osservando gli occhi cristallini della ragazza restare troppo fieri per i suoi gusti.
"Sto solo constatando quanto tu sia insulsa" ringhiò sotto voce.
A Bra scappò un risolino, ma tornò subito seria "e allora lasciami andare" tentò guardandolo con fierezza. 
Sostenne il suo sguardo per svariati secondi, finché una fitta di dolore non al costrinse a strizzare gli occhi. 
“Sto cercando di capire cosa tu abbia, ci servi” le disse gelido il Saiyan, non sapendo spiegare neanche lui perché le stesse rispondendo in realtà.
Bra tossì un paio di volte, cercando di recuperare un po’ di ossigeno “non ci vuole un genio, probabilmente ho qualche lesione interna” farfugliò con difficoltà, ma senza abbassare lo sguardo.
Portò le sue mani sottili sulle mani del Saiyan, in un tentativo disperato di fargli mollare la sua presa, ma la morsa non accennò ad attenuarsi minimamente.
Bra non poteva saperlo, ma dentro al ragazzo per un istante, proprio nel momento in cui aveva avvertito la pelle delicata e morbida delle mani della ragazza sulla sua, era scattato qualcosa. Qualcosa che lo aveva innervosito ancora di più.
“Ti prego… non respiro” lo implorò la ragazza, ma non diede segno di averla sentita.
“Sei anche un medico oltre che sciocca e saccente?” le chiese ironico, stringendo un po’ di più la presa.
“No… non è il mio campo” disse tossendo “ma non vedo lesioni esterne, mi gira la testa perché probabilmente la mia pressione è sotto i piedi e avverto delle palpitazioni…” aggiunse con difficoltà, dimostrando la sua abilità logica “devo avere un sanguinamento interno attivo non visibile, probabilmente qualche organo è stato danneggiato quando i tuoi amici mi hanno pestata e la mia pressione si sta abbassando sempre di più per la perdita ematica” aggiunse concludendo il cerchio del suo ragionamento.
Il ragazzo la osservò per un istante di troppo e per un attimo le sembrò quasi sorpreso.
“Proprio come ho detto prima…” sussurrò avvicinandosi un po’ di più a lei, e la ragazza trattenne il fiato in attesa di non sapeva neanche lei che cosa.
“… sei dannatamente saccente” commentò con un ghigno il ragazzo a pochi centimetri dalle sue labbra. Improvvisamente, mollò la presa sulla sua gola senza alcun preavviso, dandole una lieve spinta all’indietro e facendo sbattere la sua testa contro lo schienale morbido del sedile.
“E tu sei uno scimmione rozzo e violento” ribatté innervosita massaggiandosi la testa dolorante.
“Stai zitta se ci tieni alla pelle” disse a denti stretti il Sayan riportando lo sguardo sullo spazio davanti a loro e prendendo posto sul sedile affianco al suo “devo riposare le orecchie, non ne posso più della tua voce acuta e fastidiosa” aggiunse socchiudendo gli occhi.
La ragazza lo guardò basita, non riuscendo a capacitarsi di come facesse ad essere così sprezzante ed acido nei suoi confronti, senza neanche conoscerla. Ormai era palese che non potesse farle del male, lei gli serviva inq ualche modo, anche se nons apeva ancora ne come ne perchè. 
Lo osservò meglio, seduto affianco a lei; il suo volto rilassato non tradiva alcun nervosismo, era come se si fosse isolato dall’ambiente interno alla navicella, come se si fosse isolato da lei.
Nessuno poteva far finta che Bra Brief non esistesse.
“Sei proprio uno stronzo” commentò secca incrociando le braccia al petto imbronciata.
Nonostante i recenti avvenimenti l’avessero resa meno sopita grazie all’adrenalina del momento, i suoi sensi si stavano ovattando sempre di più e se ne rese conto quando per un attimo il suo campo visivo divenne totalmente nero. Si ancorò d’istinto al poggiolo del sedile, affondando le unghie laccate di nero nella pelle morbida che rivestiva la seduta. Un forte senso di nausea la invase, rendendo la sua testa sempre più pesante ed il dolore al fianco sempre più acuto.
“Che ti prende?” la voce del ragazzo arrivò lontana, troppo lontana, e lentamente sentì le sue forze venire meno.
Si chiese come avesse fatto a capire che c’era qualcosa che non andava, probabilmente doveva avere un aspetto davvero terribile, ma se ne fregò altamente.
“Credo di dover vomitare” disse chiudendo gli occhi quasi disperata.
Il Sayan sbuffò alzandosi in piedi di scatto “non vicino a me mocciosa, lì c’è il bagno” disse svogliatamente indicandole una porta poco distante da lei. Ma era certa che non sarebbe riuscita a fare due passi in fila neanche se le avessero detto che sarebbe stata libera se lo avesse fatto, quindi non si mosse di un millimetro.
Sospirò esausta, incapace di rispondere al ragazzo, ma la sua voce ovattata e fastidiosamente piacevole raggiunse ancora una volta le sue orecchie.
“Hai un’aura che fa schifo…” commentò meditabondo osservandola attentamente.
Bra lo guardò per un istante, cogliendo tutto il suo disprezzo nel suo sguardo.
Per la prima volta in vita sua si sentì totalmente insignificante davanti a qualcuno, per la prima volta nella sua vita si rese conto di come avesse nelle sue vene probabilmente più sangue terrestre che Sayan, nonostante tutti le avessero sempre detto che era la copia di suo padre caratterialmente. Era debole, era debole come una terrestre e nello spazio non avrebbe avuto vita lunga così, ne era consapevole. Non aveva idea di cosa l’aspettava, non aveva idea di cosa avrebbe trovato a destinazione, ma doveva cercare di resistere o sarebbe morta ancora prima di arrivare alla meta.
Odiava farsi vedere in quello stato, e odiava ancora di più essere vista in quello stato da quel Sayan che non faceva altro che giudicarla con lo sguardo. Il disprezzo che provava per lei era tangibile in ogni parole che le aveva rivolto, lasciandole uno spiacevole amaro in bocca che le dava ancora più fastidio.
“Vai a farti fottere” disse a denti stretti sganciando le cinture di sicurezza che la tenevano ancorata al sedile. Si alzò in piedi di scatto, cercando appoggiò contro il sedile, sotto lo sguardo incuriosito del ragazzo che seguì decisamente divertito ogni sua mossa. Guardando un’ultima volta il ghigno dipinto sul volto del Sayan, cercò di fare qualche passo verso il bagno, ma dopo poco meno di due metri, le sue gambe tremarono prive di forza e tutto intorno a lei si fece buio.
Stanca di lottare, stanca di sentirsi non abbastanza, stanca di tutto, si lasciò andare, abbandonandosi nel vuoto e sperando di perdere i sensi prima dell’impatto con il gelido metallo sotto i suoi piedi.
Uno spostamento d’aria affianco a lei ed un calore sconosciuto intorno alle spalle, fu l’ultima cosa che avvertì poco prima di diventare incosciente.  

Ciao a tutti! Spero che il terzo capitolo vi piaccia... che ne pensate? 



 

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Capitolo 4
*** Exchange ***


CAPITOLO 4 "Exchange"

Lentamente i suoi sensi iniziarono ad acuirsi sempre di più, ed un ovattato ma fastidioso bip risuonò martellante nella sua testa ritmicamente. Un lieve flusso d’aria nel naso le donava un po' di sollievo, rendendo il suo respiro più fisiologico e meno doloroso e permettendo così la totale espansione della cassa toracica.
Assaporare con soddisfazione la sensazione di respirare aria pulita non era mai stato così bello ma, prima ancora che aprisse gli occhi, un dolore lancinante invase ogni parte del suo corpo, riscuotendola da quel leggero torpore in cui si trovava. Raccimolando tutte le sue forze, provò a muovere il braccio destro, ma si rese conto immediatamente di non riuscire a muovere neanche le dita della mano. Possibile che un gesto così semplice le richiedesse tutta quella fatica?
Si sentiva incredibilmente fiacca. Fiacca e dolorante.
La sensazione di morbido sotto di lei le fece intuire di trovarsi su un letto probabilmente, ma, sempre tenendo ben chiusi gli occhi, un odore più asettico e decisamente diverso da quello di casa sua e delle sue lenzuola invase le sue narici. Restando al buio delle sue palpebre, cercò di ripercorrere con la mente tutto ciò che era successo nelle ultime ore, ricordando improvvisamente di trovarsi su una navicella nello spazio, e diretta chissà dove.
Non aveva alcun motivo per restare calma in quella situazione precaria, anzi, avrebbe avuto tutti i motivi del mondo per essere preoccupata e dare di matto, com’era solita fare molto spesso; tuttavia, il suo cuore era leggero ed il suo diaframma stranamente rilassato. La rabbia che aveva corso nelle sue vene poco prima che perdesse conoscenza, adesso sembrava svanita e lasciava spazio ad uno strano senso di serenità che non provava da molto tempo.
Non riusciva proprio a capire cosa le stesse prendendo, ma improvvisamente non le importava più niente del suo rapimento, della sua vita perfetta ma che riteneva troppo ordinaria, del suo piano di fuga per tornare a casa e dello sguardo di disprezzo che le aveva rivolto il misterioso Sayan.
Un senso di pace rendeva il suo riposo decisamente pacifico, come non accadeva da molto tempo. Sarebbe stato tutto perfetto e stranamente pacificio, ma un rumore incessante in sotto fondo stonava con il suo senso di quiete interiore e questo la costrinse a rinvenire totalmente, facendola tornare alla realtà.
Aprì gli occhi lentamente, con difficoltà, ed una luce bianca investì i suoi occhi chiari costringendola a richiuderli subito gemendo di dolore. Riprovò con cautela, aprendo prima un occhio e poi l’altro, abituando gradualmente le sue iridi chiare alla luce bianca prodotta dai neon della stanza.
Sbattè un paio di volte le palpebre, ed i contorni dell’ambiente intorno a lei si fecero sempre più definiti, riuscendo finalmente a vedere distintamente il posto in cui si trovava.
Analizzò attentamente ogni dettaglio intorno a lei, registrando abilmente qualsiasi cosa vedessero i suoi occhi.
Doveva trovarsi in una specie di ospedale, a giudicare dall’arredo dell’ambiente. Le pareti bianche metalliche le confermarono di essere ancora nello spazio, lontano dalla Terra. Nessuno sul suo pianeta si sarebbe mai sognato di costruire un ospedale con delle pareti totalmente d'acciaio e soprattutto la tecnologia presenta era estremamente diversa da quella che era solita vedere fin da quando era bambina.
Numerosi dispositivi medici erano appesi sui muri ed una serie di medicinali tra siringhe, fiale e pastiglie erano sistemati ordinatamente su uno scaffale davanti al suo letto. Una luce bianca da sala operatoria illuminava un lettino in centro alla stanza, lontano da lei, e finalmente riuscì ad individuare da dove provenisse quel fastidiosissimo suono che continuava a martellarle il cervello incessantemente. Il bip che sentiva da quando si era risvegliata, non era altro che l’allarme del monitor a cui era stata attaccata, che segnalava il suo risveglio e l’evidente variazione dei suoi parametri vitali.
Sospirò richiudendo gli occhi, rilassando nuovamente i muscoli doloranti di tutto il corpo.
Aveva capito di essere in una specie di ambulatorio, ma non aveva idea di dove si trovasse, se fosse ancora su una navicella o se si trovasse su un pianeta, ne aveva idea in quale galassia fosse.
Sommato a tutta la confusione nella sua testa, adesso aveva talmente tanto dolore in ogni parte del suo corpo che, anche solo l’ipotesi di una fuga in quel momento, le sembrava molto remota.
“Si è risvegliata”
Una voce sconosciuta attirò la sua attenzione, facendole voltare la testa per capire chi avesse parlato.
Un alieno dalla pelle ambrata ed una barba molto lunga, mai visto prima di allora, se ne stava in piedi fermo sulla soglia della stanza, accanto ad un altro alieno con sembianze simili alle sue.
Li osservò meglio e per un attimo si chiese mentalmente chi fossero, ma il camice che indossavano le tolse ogni dubbio; dovevano essere dei medici, o quello che si avvicinava di più a dei medici nel posto in cui si trovava.
“Vai ad avvisare Bardack” disse uno dei due alieni all’altro “vorrà sicuramente vederla ed assicurarsi che sia viva” aggiunse guardandola molto attentamente.
Bra non distolse lo sguardo da loro e vide uno dei due uscire dalla stanza rapidamente, sparendo così dalla sua vista. Rimase in silenzio per un attimo, in attesa che l’alieno sulla porta dicesse qualcosa, ma non arrivò alcun suono a riempire l’aria pesante che si respirava nella stanza. Forse avrebbe potuto chiedere a lui qualche informazioni sulle coordinate del posto in cui si trovava, giusto per sapere dov’era finita e soprattutto chi l’aveva portata lì.
Aveva ricordi piuttosto confusi, ma ricordava quasi tutto.
Provò a muovere un braccio per spostarsi quelle che dovevano essere delle cannule nasali, ma il dolore al braccio la bloccò immediatamente, facendole scappare un lamento di dolore.
“Sei ancora troppo debole, non fare sforzi” disse l’alieno avanzando verso di lei improvvisamente. Si avvicinò al suo letto, osservando attentamente il monitor appeso affianco a lei in silenzio, mentre la mente di Bra iniziò a vagare nuovamente con la mente sulle loro parole.
Come ci era arrivata lì? Era stato quel Sayan a soccorrerla?
“Cosa mi è successo?” chiese debolmente, schiarendosi la voce ancora impastata.
“Emorragia interna, hai avuto una parziale lacerazione della milza” disse l’alieno portando gli occhi su di lei “sei stata fortunata… la rottura della milza avviene in due tempi, ti abbiamo presa appena in tempo… per fortuna Bradack ti ha portata subito qui” le spiegò guardandola negli occhi. Poi, le tolse le cannule nasali per l’ossigeno, liberandola finalmente da qualche filo.
“L’ossigeno non ti serve più” le disse continuando ad osservarla attentamente.
In altre circostanze si sarebbe innervosita se qualcuno l’avesse guardata così tanto, decisamente più del dovuto, ma da quando si era risvegliata si sentiva incredibilmente serena e pacifica, come non le era mai successo.
“Cosa mi avete dato?” indagò, convinta che fosse l’effetto di qualche medicinale alieno che le avevano somministrato. La testa era troppo leggera e lei era stranamente tranquilla.
“Qualche sedativo ed abbiamo dovuto darti anche dei potenti analgesici per tenerti buona… qualche ora e sarai come prima, il sangue Sayan nelle tue vene aiuta di certo, brucia tutto rapidamente. Siete ossi duri voi Sayan”
Bra sussultò alle parole dell’uomo, rendendosi conto che era la prima volta che le veniva rivolta una frase del genere.
Il suo sangue Sayan
le aveva salvato al vita probabilmente.
“Dove ci troviamo?” chiese debolmente, ma consapevole di poter estorcere qualche informazione utile a quell’alieno che si stava rivelando particolarmente collaborante.
“Sul pianeta Darkans signorina… eravate diretti verso Kapthos, ma Bardack ha deviato verso di noi avendo capito subito la gravità della situazione” le spiegò dettagliatamente.
Bra ascoltò le parole dell’uomo, cercando di registrare tutto.
Non aveva idea di dove si trovasse il pianeta Darkans, ne tanto meno il pianeta Kapthos. Lo spazio per lei era totalmente sconosciuto, ma l’idea di aver già visto così tante forme aliene in meno di ventiquattro ore in un certo senso la emozionava. Si guardò intorno, considerando il fatto che probabilmente era la prima terrestre a vedere tutte quelle apparecchiature extraterrestri.
Mezza terrestre, le ricordò la sua voce interiore.
“Quindi mi ha portata qui… Bardack?” chiese curiosa, riportando la sua attenzione sul medico davanti a lei.
L’alieno annuì “si, il generale ti ha salvato la vita” confermò serio.
“Generale?” ripeté confusa senza capire.
“Dalle analisi che abbiamo svolto dovrebbe avere all’incirca vent’anni… giusto?” le chiese l’alieno, non rispondendo alla sua domanda. Bra annuì guardandolo confusa, senza riuscire a comprendere cosa c’entrasse in quel momento la sua età.
“Avete intenzione di tenermi attaccata a questo monitor ancora molto?” chiese sbuffando “questo suono mi fa venire mal di testa…” aggiunse seccata.
I suoi nervi erano a pezzi, quasi quanto il suo corpo, e quel suono incessante e ritmico non faceva altro che renderla ancora più nervosa, stimolando il suo apparato sensorio continuamente.
L’alieno aprì la bocca per rispondere, ma qualcosa che catturò il suo sguardo sulla porta lo fece ammutolire all’istante.
La ragazza si voltò per capire cosa avesse catturato la sua attenzione, e comprese immediatamente di cosa si trattasse, o meglio, di chi si trattasse.
Il medico fece un passo indietro restando in silenzio, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo ancora fermo sulla soglia dell’infermeria ed improvvisamente dritto come una bacchetta.
“Generale…” esclamò sorpreso abbassando lo sguardo intimorito “la ragazza si è svegliata, abbiamo fatto come ha richiesto” dichiarò, prima di congedarsi velocemente, dando l’idea di voler scappare da quella presenza minacciosa e inquietante che era all’ingresso.
Gli occhi di Bardack seguirono attenti i movimenti del medico in silenzio e, quando uscì dalla stanza lasciandoli soli, abbassò a sorpresa il suo sguardo scuro e fissò il pavimento davanti a lui meditabondo, senza dire una parola.
Bra, senza rendersene conto, si soffermò sulla sua espressione pensierosa, chiedendosi a cosa stesse pensando; non riusciva proprio a capire perché l’avesse salvata, ne tanto meno perché l’avessero rapita. Mille incognite si sfidavano tra loro nella sua testa senza darle un attimo di tregua, nonostante una buona dose di sedativo fosseancora in circolo, a giudicare dal senso di leggerezza che provava in tutto il corpo.
Non aveva mai provato alcuna droga, sua madre era sempre stata molto severa al riguardo, ma in quel preciso istante ringraziò qualsiasi cosa le avessero fatto in vena, perché un dolore come quello che aveva provato non l’aveva mai avvertito prima.
Restò in silenzio senza sapere cosa dire, in attesa che il ragazzo parlasse e spezzasse il silenzio creatosi da quando l’alieno era uscito dalla camera.
Bardack fece un passo per entrare nella stanza e ne approfittò per guardarlo meglio, finalmente illuminato da una luce artificiale che le avrebbe permesso di analizzare meglio la figura davanti a lei. Quando aveva avuto modo di vederlo in precedenza, il dolore le offuscava la mente e lo sguardo, non permettendole di captare tutti quei dettagli che in quel momento la sua mente stava registrando d’istinto, senza volersi fermare.
I suoi occhi azzurri scesero rapidi sul corpo del guerriero, notando immediatamente i muscoli ben definiti e che avevano tutta l’aria di essere decisamente solidi. Risalì il suo corpo con lo sguardo con cautela, studiando ogni elemento dell’alieno davanti a lei, raggiungendo infine il suo volto.
Improvvisamente, quasi le avessero tolto un velo dagli occhi, si rese conto di avere davanti a sé una molto simile copia di Goku, ma con molti anni in meno ed un viso decisamente più giovane.
“Per la miseria…” le sfuggì sotto voce per la sorpresa, mentre i suoi occhi continuavano a fissarlo intensamente. Cercò di nascondere il più possibile la sua sorpresa, restando in religioso silenzio, ma la somiglianza con l’amico di famiglia e padre dei due Son era tangibile a chilometri di distanza.
“Bardack…” sussurrò pensierosa, cercando di ricordare dove avesse già sentito quel nome. Si rese conto immediatamente di aver parlato forse troppo a voce alta, quindi serrò le labbra immediatamente, pregando che il guerriero non l’avesse sentita. Non era mai stata una paurosa, ma dovette ammettere a sé stessa di aver perso tutto il suo coraggio per la paura di ricevere altre ripercussioni fisiche. Non era certa di poter sopportare altre lesioni in quel momento; nonostante il suo sangue Sayan l’avrebbe sicuramente mantenuta in vita ancora una volta, le sue condizioni erano ancora troppo precarie.
Dimenticava sempre che i guerrieri Sayan erano nati per combattere e, per quanto non si sentisse una di loro, in parte lo era, tanto quanto suo fratello Trunks.
Sospirò rasserenata rendendosi conto che il ragazzo sembrava talmente assorto nei suoi pensieri che non doveva averla sentita pronunciare il suo nome, quindi si decise a parlare.
“Suppongo di doverti ringraziare” disse accigliata guardandolo, spezzando il silenzio che vigeva nella stanza.
Gli occhi scuri del ragazzo finalmente si alzarono su di lei, permettendole di osservarli meglio.
I suoi occhi.
Erano così decisi e fermi, tanto da farla sprofondare nel loro innaturale nero che si estendeva in tutta l’iride.
Occhi neri, tipico dei Saiyan da quello che le aveva sempre detto suo padre, ma in quel nero ci si sarebbe potuta perdere da quanto le sembrò profondo.
“Non ringraziarmi…” disse serio “tra qualche giorno non lo vorrai aver fatto” aggiunse incrociando le braccia al petto continuando a guardarla.  
Un battito si perse nel suo piccolo torace, mentre il suo cuore iniziò a martellare preoccupato alle sue parole.
“Cosa intendi dire?”
“Ti ho salvato la vita solo perché ci servi viva, altrimenti ti avrei lasciata morire” ammise sincero, senza avere la minima decenza di mentire.
Bra osservò bieca il ragazzo, ma la sua tonalità le fece capire che stava dicendo il vero.
Trattenne un sorriso rassegnato, se non avessero avuto bisogno di lei probabilmente sarebbe già morta.
Lasciata alla deriva nello spazio aperto.
Quando un soffio di aria condizionata la raggiunse in sordina, un brivido percorse la sua schiena nuda, lasciata scoperta dal camice che le avevano messo addosso probabilmente dopo averla medicata.
Se era vero quello che diceva, doveva capire a cosa sarebbe andata incontro.
“Perché vi servo viva?” indagò senza distogliere lo sguardo da quello del ragazzo, decisa più che mai ad andare in fondo a quella storia.
Se voleva fuggire, doveva conoscere il più possibile dei piani dei suoi rapitori.
Per un attimo le sembrò di vederlo tentennare, ma con uno scatto sovrumano annullò la distanza tra loro prendendola alla sprovvista, e si fermò a poco meno di un metro dal suo letto. Il suo sguardo scuro ed inespressivo era illeggibile, sembrava privo di pensieri e sensazioni, e lei non riusciva proprio a comprendere le emozioni del giovane alieno davanti a lei, rendendolo ancora più criptico.
“Quando arriveremo su Kapthos ti consegneremo al suo sovrano e poi lui farà di te ciò che vorrà” disse atono, come se le stesse comunicando i programmi del giorno.
Per un istante le mancò il fiato e con uno scatto si mise a sedere nel letto per guardarlo meglio.
“Perché proprio io?” chiese confusa senza capire il senso di tutto quello “lavori per il sovrano di Kapthos quindi?”
Il ragazzo sembrò tentennare per un istante nella risposta, ma alla fine un ghigno si stampò sul suo volto facendola rabbrividire.
“Un prigioniero per un prigioniero, questo è l’accordo che abbiamo con il sovrano… e a lui serve una Principessa” disse mostrando una linea di denti bianchi perfettamente allineati.
Bra per un attimo pensò di non aver sentito bene.
“Come scusa?!” disse sconcertata “barattate la mia vita con quella di un altro prigioniero? E avete preso me solo perché io sarei una… principessa?” chiese sempre più allibita.
Ma dov’era finita? Nel Medioevo?!
Bardack non rispose, si limitò ad osservarla con un ghigno sempre più soddisfatto, facendole saltare definitivamente i nervi ormai tesi da troppo. Scattò in piedi per fronteggiarlo, definitivamente fuori di sé.
“Credi davvero che ve lo lascerò fare? Credi davvero che vi permetterò di barattarmi con un’altra persona? Sei fuori strada” sentenziò alzando la voce di varie tonalità “io non vado da nessuna parte!” urlò infine guardandolo stralunata.
Il guerriero continuò ad osservarla con le braccia incrociate al petto, sempre più divertito.
I suoi occhi analizzarono le gote della ragazza arrossate per la rabbia, e per un istante desiderò metterla al suo posto nell’unico modo che conosceva, la violenza. Tuttavia, era consapevole che il sovrano di Kapthos non avrebbe mai accettato lo scambio se non avesse trovato la ragazza abbastanza bella, quindi decise di preservare il suo bel faccino.
“E smettila di ridere come un idiota, io non intendo fare ciò che volete voi” urlò ulteriormente la ragazza, dandogli uno spintone istintivamente e facendolo arretrare di qualche centimetro.
Bardack si lanciò colpire deliberatamente, guardando stupito la ragazza mentre il suo ghigno sparì repentinamente dal suo viso, sostituito immediatamente da uno sguardo cupo e tetro.
Nessuno aveva mai osato tanto nei suoi confronti, e chi lo aveva fatto non aveva fatto una bella fine.
Dopo tante urla, il silenzio piombò nella stanza,  incrementando il volume dei pensieri nella testa di Bra.
Si rese immediatamente conto dell’errore commesso e fece un passo indietro d’istinto, ma non abbassò lo sguardo, decisa più che mai su ciò che aveva detto.
Se pensavano che si sarebbe lasciata barattare come un pacco regalo si sbagliavano di grosso, avrebbe trovato una via d’uscita e avrebbe dovuto trovarla in fretta.
“Sei solo fortunata che mi servi illesa, dannata ragazzina...” disse a bassa voce facendo un passo verso di lei, e Bra indietreggiò d’istinto nuovamente, ma senza abbassare lo sguardo.
“Non farò quello che volete, mai” disse decisa trattenendo il fiato.
“Lo farai eccome invece… o te ne pentirai amaramente” la minacciò il ragazzo avvicinandosi ulteriormente a lei, ma questa volta la turchina non indietreggiò.
“Pensi che la mia vita valga meno di quella di qualcun altro?” chiese guardandolo con disprezzo “e sentiamo… chi varrebbe la mia vita?” indagò analizzando lo sguardo del ragazzo davanti a sé. Per un attimo, giurò di aver visto un guizzo nei suoi occhi scuri, ma non poteva esserne certa.
Attese in silenzio che le rispondesse, ma Bardack non sembrò intenzionato a farlo.
“Io non sono una principessa” disse improvvisamente, più a sé stessa che al suo interlocutore “non lo sono e non lo sarò mai, quindi se il sovrano di questo pianeta chissà dove nello spazio ha bisogno di una principessa… beh non faccio al caso suo” concluse seria.
Lo guardò per un istante, distogliendo poi lo sguardo da quegli occhi fastidiosamente neri.
Lo odiava.
Si sedette nuovamente sul letto lentamente, incrociando le braccia al petto e fissando lo sguardo sui suoi piedi meditabonda.
Una principessa… quante sciocchezze.
Suo padre era il Principe dei Sayan, è vero, ma che importanza poteva avere possedere un titolo nobiliare quando non avevi più un popolo su cui regnare? Nessuna.
 Inoltre era convinta che, usare il suo titolo per usarla come merce di scambio, sarebbe stato un affronto peggiore che rinnegare il suo titolo e suo padre sarebbe stato sicuramente d’accordo con lei.
“Che tu lo voglia o no, dentro alle tue vene scorre il sangue di Re Vegeta, lo stesso sangue che scorre nelle vene del Principe Vegeta…” disse improvvisamente il ragazzo, ancora in piedi davanti a lei.
Alzò lo sguardo ascoltando le sue parole, riportata alla realtà dal tono duro del soldato.
“Solo sei ore fa stavi per morire, adesso ti sei alzata come se niente fosse e sei riuscita a colpirmi… il sangue Saiyan nelle tue vene ti ha permesso di diventare più forte dopo essere stata ridotta in fin di vita” aggiunse catturando completamente la sua attenzione.
Bardack aveva ragione.
Si era alzata dal letto e non aveva sentito alcun dolore.
“A me non importa chi tu sia o cosa faccia, a me interessa solo concludere l’accordo” concluse infine guardandola serio.
Bra sostenne il suo sguardo, potendo giurare di aver visto una strana luce nei suoi occhi.
“Perché il sovrano di quel pianeta vuole una principessa?” chiese atona.
“Non lo so, ma ha qualcosa che è mio, ed intendo riprendermelo” concluse il ragazzo con fermezza.
Bra non disse niente, abbassando lo sguardo sul pavimento davanti a lei. Fissò le sue unghie laccate di nero; forse una volta su Kapthos avrebbe avuto più chance di fuggire; non aveva idea di che pianeta fosse, ne di che tecnologie potessero essere dotati, ma pregò con tutta sé stessa che avessero delle navicelle.
Quella era la sua ultima speranza, fuggire una volta arrivata su Kapthos.
“Alyne verrà a darti una mano per vestirti” disse improvvisamente il guerriero. La guardò per un istante, ma non appena incrociò il suo sguardo cristallino, si voltò e si diresse verso l’uscita della stanza rapidamente.
Bra fissò confusa la sua schiena, mentre si allontanava sempre di più.
“Aspetta un attimo… e Alyne chi sarebbe?” urlò prima che sparisse al di là della porta, ma nessuna risposta raggiunse le sue orecchie.

Ciao! Spero che il capitolo vi sia piaciuto...
La storia si sta evolvendo sempre di più; chi sarà questo misterioso prigioniero con cui vogliono scambiare Bra? E perchè il sovrano ha bisogno proprio di lei?
Fatemi sapere che ne pensate, i feedback sono sempre molti apprezzati.
Grazie a tutti i lettori.

 

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Capitolo 5
*** Foreign lands ***


CAPITOLO 5 "Foreign lands"

Pianeta Terra


Bulma mordicchiava ormai da ore l’unghia del pollice nervosamente, sorreggendosi stancamente il mento con l’altra mano.
Non poteva essere vero, non potevano aver rapito la sua Bra.
Ormai da mesi era sempre a casa, sempre.
Più volte aveva rinnovato il laboratorio della Cpasule Corporation, proprio per renderlo adatto al lavoro da casa, potendo così finalmente stare vicina ai suoi figli e non disertare il suo dovere di madre che molto spesso l'aveva tenuta lontana da loro tutto il giorno. 
Non che fosse mai stata una madre assente, anzi, ma dopotutto era una delle donne in carriera più impegnate del mondo e questo comportava un certo grado di responsabilità e di dovere nei confronti dei suoi dipendenti.
Da quando aveva lasciato la direzione dell’azienda a Trunks, aveva passato le sue giornate a dilettarsi in frivolezze in casa sua, gustandosi finalmente quei giorni di meritato riposo dopo anni passati a lavorare. Non aveva abbandonato il suo lavoro di scienziata, quello non avrebbe mai potuto farlo; ma adesso finalmente poteva dedicarsi totalmente ai progetti più interessanti e più folli partoriti dalla sua brillante mente, senza dover sottostare alle leggi implicite del mercato che richiedeva annualmente nuovi prodotti che le portassero un numero illimitato di vendite e delle entrate monetarie da paura.
Erano mesi ormai che stava a casa tutti i giorni, mesi.
E per qualche strano scherzo del destino, proprio l’unico giorno in cui si era assentata per qualche ora con Trunks e Vegeta, qualcuno era piombato in casa loro rapendo sua figlia. 
Sapeva bene quanto i suoi pensieri fossero irrazionali, ma i sensi di colpa non accennavano a scivolarle di dosso. 
Riportò lo sguardo sullo schermo del computer accesso davanti a lei, e come risvegliata improvvisamente, riprese a digitare codici identificativi con una velocità quasi sovrumana.
Era così intenta in ciò che stava facendo che non si accorse di una presenza silenziosa che si avvicinava sempre di più a lei alle sue spalle.
Solo quando fu abbastanza vicino, Vegeta ruppe il silenzio nella stanza.
“Ho trovato il punto, a nord di città dell’Ovest… sono arrivati con una navicella piuttosto grande, a giudicare dal cratere nel terreno che hanno creato nell’atterraggio… non era di certo una monoposto”
Bulma sussultò spaventata portandosi una mano al petto, poi si girò tirando un sospiro di sollievo quando vide il volto del marito.
“Vegeta… sei tornato finalmente” disse a bassa voce guardando il Saiyan.
Quando avevano scoperto del rapimento di Bra, Vegeta aveva dato di matto ed aveva setacciato tutta la Terra più volte nel giro di poche ore. L'aveva cercata in ogni posto, tutti loro avevano guardato in ogni singolo e remoto luogo sulla faccia della Terra, ma di Bra neanche l’ombra, ne tanto meno della sua aura.
C’era un’unica apiegazione logica a tutto quello, ma che la sua mente ripudiava… la loro secondogenita non si trovava più sulla Terra.
Il suo cervello si martoriava da ore riflettendo su quale sasso alieno si potesse trovare sua figlia, ma tutta quella storia sembrava essere senza soluzione; ogni loro ricerca, un buco nell’acqua.
Una morsa al cuore le provocò un dolore al petto; il solo pensiero della sua bambina nello spazio la terrorizzava a morte, ma avrebbe fatto ogni tentativo possibile per riportarla a casa e scoprire dove si trovasse.
Non l’avrebbe abbandonata, mai.
“Dove sei stato?” chiese preoccupata notando il volto livido di rabbia del marito davanti a lei.
Il silenzio riempì ancora una volta la stanza, ma l’aria intorno a loro iniziò a vibrare visibilmente. Gli oggetti sulla scrivania tentennarono impazziti improvvisamente, cadendo fuori dai bordi del tavolo ed impattando sul pavimento, finché un pugno secco di Vegeta non ruppe in mille pezzi il tavolo affianco a loro.
Guardò impaurita i pezzi frantumati di ciò che restava del tavolo che usava per costruire i suoi progetti, riportando poi lo sguardo sul Saiyan, ponendogli una richiesta implicita, alla quale seguì la risposta che la sua mente ed il suo cuore avevano desiderato sentire.
“Non mi fermerò Bulma, ti giuro che la riporterò a casa, andrò a cercarla anche in tutte le galassie se fosse necessario” disse risoluto, riacquistando la sua solita freddezza e calma apparente.
Ma Bulma conosceva bene Vegeta, e conosceva anche l’inferno che si stava scatenando dentro di lei.
L’idea di non essere riuscito a proteggere sua figlia lo stava divorando dentro, logorando i suoi nervi lentamente ogni ora. Ogni minuto che passava, la sua frustrazione incrementava sempre di più.
“Lo so Vegeta” disse solamente la donna, riportando poi lo sguardo stanco sulla luce blu dello schermo davanti a lei “sto cercando di rilevare qualsiasi movimento al di fuori dell’orbita terrestre… sto cercando di utilizzare i dati dei satelliti artificiali, in modo da individuare il punto preciso in cui hanno oltrepassato l’atmosfera terrestre per individuare almeno la direzione in cui sono andati…” spiegò a voce alta, dando finalmente voce ai suoi progetti che aveva tenuto nascosti a tutti.
Vegeta aveva setacciato tutta la Terra aiutato da Goku, Gohan, Trunks, Goten e la piccola Pan e tutti gli altri membri della squadra Z. Tutti si erano fiondati fuori alla sua ricerca, non appena avevano avvertito l’aura di Bra farsi più evidente ed estremamente vicina a tre presenze che di terrestre avevano ben poco, da quello che le aveva detto Junior. Chichi, Videl e 18 avevano cercato di starle accanto, ma lei si era rinchiusa nel suo laboratorio, elaborando immediatamente un suo pianto, rigorosamente basato sulla logica e la fisica.
Non se ne sarebbe rimasta con le mani in mano, sarebbe tornata di nuovo anche su Nameck per riportare sua figlia a casa.
Alzò lo sguardo incontrando gli occhi di suo marito, folli come non li vedeva da tanto tempo.
Come biasimarlo...
Si alzò lentamente sospirando, e si avvicinò a lui fronteggiandolo.
“Chi può essere stato Vegeta? Chi potrebbe volere qualcosa da nostra figlia?” chiese preoccupata cercando di trattenere le lacrime che non aveva versato fino a quel momento.
Aveva cercato di farsi vedere forte, sempre, da tutti.
Eppure adesso, davanti all’uomo con cui aveva condiviso ogni gioia ed ogni dolore negli ultimi venticinque anni, non riuscì più a trattenersi, scoppiando in un pianto disperato che non riuscì a bloccare. Si portò una mano sul viso per coprire il volto dalla vergogna, ma d’istinto Vegeta allungò le braccia e la strinse avvicinandola al suo petto, stringendola in un abbraccio che si riservavano solo in privato.
Bulma afferrò la battle suite del Saiyan per sorreggersi, aggrappandosi ancora una volta a lui ed affondando il viso nell’incavo del suo collo scossa dai tremiti del pianto.
“Giuro su dio che chiunque sia stato la pagherà cara, la riporterò a casa” disse sotto voce Vegeta, sentendo finalmente i singhiozzi della moglie farsi sempre più diradati. Abbracciare quella donna era da sempre stato il suo antistress, la sua valvola di sfogo, il suo acchiappasogni... eppure in quel momento niente dentro di lui sembrava essersi calmato.
Ci aveva messo anni per dire addio allo spazio, ci aveva messo anni per compiere quel definitivo passaggio che aveva sancito sacrificandosi per la sua famiglia anni prima. Si era illuso di poter cancellare le sue azioni compiute in passato, ma il passato era tornato, prendendosi l'unica cosa che simboleggiasse il suo cambiamento.
Sua figlia, Bra.
L'unico simbolo del nuovo sentimento che albergava nel suo cuore, e che mai avrebbe detto fosse possibile, l'amore. 
Bra era la parte migliore di lui.
E lo spazio era tornato a reclamare un pezzo del suo cuore. 

Rimasero abbracciati per qualche minuto, in silenzio, finché non sciolsero l’abbraccio e tornarono a guardarsi negli occhi.
“Nostra figlia è da sola nello spazio Vegeta, in balia di chissà chi… sono terrorizzata” ammise sincera asciugandosi definitivamente le lacrime. Il volto dell’uomo si indurì vistosamente, e strinse i pugni fino a quasi farsi sanguinare le mani.
“Cosa possono volere da una ragazza di vent’anni?” chiese amareggiata la donna alzando lo sguardo al cielo.
Vegeta osservò meditabondo la donna, ma alla fine decise di dare voce ai suoi pensieri.
“Mi sono fatto molti nemici nello spazio negli anni… ho passato quasi trent’anni della mia vita girando per le galassie distruggendo pianeti e sterminando intere popolazioni… ero un mercenario Bulma, lo sai bene, ci sono molte persone che potrebbero voler vendicarsi” ammise sincero. La donna si morse il labbro inquieta, senza distogliere lo sguardo da quello scuro e cupo del marito.
“Pensi che lo stiano facendo per vendetta?”
“Dimentichi sempre una cosa… Bra è la principessa dei Sayan”
Bulma trattenne il fiato, riflettendo sulle parole dell’uomo.
Vegeta aveva ragione, molte persone ce l’avevano con lui e molti avrebbero potuto organizzare una vendetta colpendo la sua famiglia.
Ma perché dopo tutti questi anni?
Vegeta non girava più nello spazio da ormai più di venticinque anni, perché aspettare tutto questo tempo?
Pregò tacitamente che non le avessero fatto niente, senza rivelare i suoi timori al marito. Sapeva bene quanto poteva essere spietato il mondo alieno, lo aveva imparato a sue spese su Nameck; e l’idea che sua figlia adesso fosse in balia di chissà quale razza aliena ed in un pianeta magari a infiniti anni luce da loro la spaventava a morte. Bra era una ragazza forte, aveva ereditato buona parte di entrambi i loro caratteri, ma il cosmo sapeva essere crudele ed implacabile e lei adesso era da sola.
Nessuno di loro avrebbe potuto proteggerla.
“Mamma, papà…”
La voce di Trunks interruppe il loro dialogo, attirando la loro attenzione.
Il ragazzo scese rapido le scale del laboratorio, seguito fedelmente da Goten, e si avvicinò ai genitori accennando un debole sorriso. Distolse subito lo sguardo imbarazzato, notando la vicinanza tra i suoi genitori, ma si affrettò ad esprimere ciò che aveva da dire con così tanta urgenza.
“Goku ha avuto una splendida idea…” esclamò sorridente “recupereremo le sfere del drago e chiederemo di riportare Bra sulla Terra” sentenziò soddisfatto, ma il suo entusiasmo fu ben presto placato.
“Dimentichi una cosa Trunks…” disse Vegeta seriamente “la giurisdizione del Drago Shenron si limita alla Terra… se Bra si trova su un altro pianeta non potrà fare niente”
Il sorriso sul volto del ragazzo si spense all’istante, facendolo sprofondare in una terribile inquietudine.
Non ci aveva pensato, ma suo padre aveva ragione.
Se Bra si trovava su un altro pianeta, fatto quasi certo a questo punto, il Drago Shenronn non avrebbe potuto fare niente.
“Potremmo chiedergli di rivelarci la sua posizione allora” propose Goten, attirando l’attenzione di tutti.
Rimasero in silenzio meditabondi per qualche istante, finché la voce di Vegeta non spezzò l’aria.
“Ed una volta scoperta la sua posizione partirò immediatamente per andare a prenderla” sentenziò approvando indirettamente la proposta del giovane Son.
Bulma lo guardò preoccupata “mettiamo insieme tutte le sfere allora…” disse flebilmente dando una lieve carezza sulla guancia del figlio “vieni Trunks, vi do il radar”
Mentre la donna si avvicinava ad un cassetto, estraendone il radar cerca sfere, Vegeta si concentrò su Goten, attirando la sua attenzione.
“Avvisa tuo padre che a breve dovremo fare un giro nello spazio” disse risoluto.
Goten annuì, ma prima che potesse dire qualcosa la voce di Trunks si intromise nel discorso.
“Verrò anche io papà… chi ha rapito Bra la pagherà cara”
“Ovviamente ci sarò anche io… dove va Trunks vado io, questa volta non intendo svignarmela” disse Goten guadagnandosi un cenno di assenso dal migliore amico “e penso proprio che anche mia nipote vorrà venire con noi”
“Più siamo meglio è” disse con un sorriso il lilla, ringraziando mentalmente la famiglia Son.
Trunks sapeva bene quanto Goten ci tenesse a sua sorella, anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma per lei avrebbe fatto di tutto. Si scambiarono un’occhiata d'intesa, e Trunks si ripromise di mettere in chiaro qualche questione appena usciti da quella stanza. Il suo migliore amico da quando sua sorella era sprita sembrava fuori di sé, e per la gioia di Goku, finalmente volenteroso di battersi e lottare. Non aveva mai capito che sentimenti legassero Goten e Bra, ma lo avrebbe scoperto.  
“Andiamo allora… raduniamo le sfere e andiamo a riprenderci Bra”

Pianeta Darkans 

Erano già passate un paio d’ore da quando il generale Bardack le aveva fatto visita, e nessuno si era ancora fatto vedere.
Continuava a fissare incessantemente la porta a pochi metri da lei, estremamente tentata di aprirla ed uscire da quella stanza metallica e gelida in cui stava per marcire.
Non aveva idea di cosa ci fosse fuori, ne tantomeno di chi avrebbe potuto incontrare, eppure la sua voce interiore non faceva altro che ricordarle che avrebbe potuto trovare la libertà fuori da lì.
Se fosse stata abbastanza veloce, sarebbe riuscita a raggiungere una navicella ed a scappare, o almeno avrebbe capito cosa ci faceva lì e chi erano tutte quelle persone che aveva visto.
Non aveva idea del perché fosse su quel pianeta, ne in quale dannata galassia si trovasse, il suo unico pensiero adesso era fuggire da lì.
Si alzò in piedi lentamente, verificando se le sue gambe riuscissero a sorreggere il suo peso oppure no.
Non sembrò esserci alcun problema, i suoi muscoli erano flessibili e le gambe solide e ferme, come se niente fosse mai successo. Si rese conto improvvisamente di sentirsi decisamente meglio e più in forze, rispetto a solo qualche ora prima, riuscendo addirittura a camminare senza problemi. Consapevole di dover ringraziare il sangue trasmessole da suo padre, trattenne un sorriso. 
Era come se non fosse mai successo niente.
Si guardò intorno svelta alla ricerca di qualcosa da indossare per uscire da lì. Di sicuro se fosse uscita solo con un lenzuolo addosso avrebbe attirato l’attenzione, e lei in quel momento doveva cercare di mimetizzarsi il più possibile. Doveva passare inosservata.  
Girò intorno alla stanza un paio di volte, guardando all’interno di tutti gli armadietti ed i cassetti; trovò svariati oggetti della quale non conosceva l’utilizzo, ma non aveva tempo adesso di mettersi a studiare oggettistica aliena.
Doveva uscire da lì.
Improvvisamente i suoi occhi catturarono un camice bianco appeso ad un gancio, proprio dietro alla scrivania nell’angolo della stanza.
Sorrise soddisfatta dirigendosi veloce verso il camice; con quello sarebbe probabilmente potuta passare abbastanza inosservata, o almeno così sperava. Lo tolse dall’appendino e lo indossò subito, chiudendo tutti i bottoni fino in fondo, in modo che il suo corpo e le sue linee sinuose si vedessero il meno possibile. Non aveva idea di dove andare, ma una volta fuori da lì avrebbe improvvisato, pregando che il suo Kami l'assistesse. 
Sospirò avvicinandosi alla porta e, aprendola lentamente, infilò fuori il naso per assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Il corridoio bianco sembrava essere deserto, solo qualche rumore proveniva da due sale poco distanti dalla sua, ma dovevano essere abbastanza lontani da permetterle di uscire da lì. Uscì cautamente dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle e stando attenta a non far rumore. Se avesse trovato qualcuno, era certa che il suo palco sarebbe caduto.
Non aveva idea di che lingua parlassero su quel pianeta, non aveva idea di che aspetto avessero ne tanto meno di che usanze avessero. Sarebbe stata scoperta subito, all’istante, e allora sì che quel Saiyan fuori di testa gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Rabbrividii all’idea di subire ancora una volta quel genere di punizione e ripromise a sé stessa che non avrebbe più permesso a nessuno di toccarla, neanche con un dito. Non c’erano più suo fratello e suo padre a coprirle le spalle, se la sarebbe dovuta vedere da sola adesso…
Un rumore infondo al corridoio attirò la sua attenzione, costringendola ad incamminarsi verso la parte opposta.
Camminò svelta, guardandosi intorno lesta, mentre dentro di lei pregava di non trovare nessuno. Continuò a camminare per svariati metri, cercando di capire dove fosse diretta e cercando di seminare quei passi che sentiva ritmicamente dietro di lei.
Sembrava tutto uguale lì dentro, sembrava un labirinto.
Si fermò per un istante, cercando di capire dove fosse finita, ma intorno a lei c’era sempre lo stesso metallo bianco che vedeva ormai da svariati minuti, senza alcuna differenza.
Che fosse stato creato appositamente quel labirinto per non permettere ai prigionieri di scappare?
Alzò gli occhi al cielo imprecando contro qualsiasi divinità esistesse su quel pianeta e, quando sentì i passi farsi sempre più vicini a lei, istintivamente fece la prima cosa che le venne in mente ed aprì una porta poco distante. Si infilò rapida dentro al locale, senza neanche premurarsi di controllare se ci fosse qualcuno, e richiuse subito la porta alle spalle, calando nel buio totale della stanza. Appoggiò la schiena contro il muro, trattenendo il respiro per non farsi sentire in attesa che i passi nel corridoio diventassero più lontani.
Continuava a chiedersi come avesse fatto a finire in una cosa del genere lei, proprio lei che era sempre stata tagliata fuori da tutto, adesso si ritrovava in un casino più grande di lei.
Quando finalmente i passi furono distintamente più lontani da quella stanza, sospirò rassegnata e fece un passo in avanti per staccarsi dalla porta, quando improvvisamente si accesero tutte le luci. Sobbalzò dallo spavento e si guardò intorno preoccupata per capire chi l’avesse scoperta, ma si rese conto subito di essere da sola nella stanza.
Non c’era nessuno.
Avanzò ulteriormente guardandosi intorno e cercando di capire dove fosse finita. Probabilmente, dei sensori regolavano l’accensione delle luci e con il suo movimento aveva azionato l’illuminazione. Intorno a lei, una serie di scaffali raccoglievano numerosissimi libri e volumi di ogni genere ed, al centro della stanza, un tavolo molto lungo ricoperto da carte riempiva l’ambiente.
Si avvicinò cauta ad uno scaffale, cercando di capire di che libri si trattassero.
Nessuno di quei caratteri le sembrò conosciuto, doveva trattarsi di un’altra lingua, una lingua aliena.
Senza pensarci, prese tra le sue mani un libro ingiallito dal tempo e, soffiandoci sopra, lo spolverò dalla polvere che si era depositata sopra ad esso con gli anni. Sfogliò rapida le pagine, percorrendo con gli occhi quelle righe scritte in caratteri sconosciuti.
Un brivido di emozione l’attraversò quando si rese conto che stava sfogliando un libro alieno, scritto in una lingua che nessun terrestre poteva aver mai visto probabilmente. Continuò ad osservare le pagine macchiate dall’inchiostro incantata, come se avesse trovato il più prezioso dei tesori.
Rimise a posto il libro, avvicinandosi rapida al tavolo al centro della stanza e curiosa gettò subito lo sguardo sulle carte appoggiate disordinatamente sulla tavola, riconoscendo immediatamente delle cartine intergalattiche.
Afferrò con rapidità la prima che le capitò sotto tiro e l’analizzò attentamente.
Non riconobbe nessuno dei pianeti di cui riuscì a leggere il nome, ma uno tra tutti spiccò attirando la sua attenzione immediatamente.
“Darkans…” sussurrò sottovoce sfiorando con l’unghia laccata di nero il piccolo puntino segnato al centro della cartina.
Quello era il pianeta su cui si trovava, il centro di una galassia che non aveva neanche mai sentito nominare, in chissà quale punto remoto del cosmo.
Riappoggiò la cartina sospirando ed  analizzò le altre carte presenti sul tavolo.
Sembravano essere burocrazia di qualche organo di quel pianeta; doveva essere finita in qualche ufficio o sede di ritrovo.  Nessuno di quei fogli era scritto nella sua lingua, quindi non riusciva a comprendere cosa ci fosse scritto. Improvvisamente però, un foglio tra tutti attirò la sua attenzione, riconoscendo una formula che aveva studiato più volte.
“Tu devi essere Bra…”
Una voce la destò dai suoi pensieri, facendola sobbalzare per lo spavento.
Si voltò terrorizzata, rendendosi conto di essere stata scoperta, ma non appena si voltò rimase spiazzata osservando la figura in piedi sulla soglia della porta. Una ragazza decisamente molto bella la stava fissando attentamente, con un sorriso divertito stampato in faccia. R
imase muta in attesa che la sconosciuta le dicesse qualcosa, mentre il suo cuore minacciò di uscirle dal petto per l’agitazione.
Cosa le avrebbe fatto? E come faceva a conoscerla?
“Allora? Sei Bra?” le chiese nuovamente ridacchiando appena ed incrociando le braccia al petto. La fissò in attesa di una risposta, ma gli occhi di Bra vagarono sulla sua figura studiandola.
La sua pelle più scura del normale ed i capelli bianchi come la neve le lasciarono intendere che doveva appartenere alla stessa razza di Yoshi, il ragazzo che l’aveva rapita in casa sua. Tuttavia, a differenza degli altri alieni, non indossava ne armatura ne camice bianco, ma un leggero vestito in seta bianca lungo fino ai piedi. Le sue forme abbondati messe in risalto dal vestito scollato la rendevano ancora più bella; non sembrava pericolosa, ma qualcosa le diceva di non fidarsi di lei.
Dopotutto… non aveva idea di chi fosse.
“Si, sono io… come fai a sapere chi sono?” chiese seria la turchina, cercando di nascondere la sua tensione.
Una risatina scappò dalla ragazza davanti a lei “ci sono poche ragazze con i tuoi colori su Darknas…” disse semplicemente. Sciolse le braccia e fece un passo verso di lei, ma Bra arretrò istintivamente.
“Calmati, voi Saiyan siete sempre tutti sulla difensiva…” commentò divertita guardandola, poi riprese ad avvicinarsi a lei “io sono Alyne” aggiunse poi guardandola meglio senza smettere di sorridere.
Bra si sentì infastidita dal suo sguardo di ghiaccio puntato sul suo corpo, sembrava quasi la stesse analizzano, e probabilmente era proprio così, ma cercò di non darci peso.
“Ah sei tu quindi quella di cui parlava Bardack” disse incrociando le braccia al petto. Gli occhi dell’aliena volarono nei suoi ed un ghigno furbo si dipinse sul suo volto.
“Bardack…” ripeté divertita “il generale non si fa chiamare da tutti per nome…” aggiunse poi sorridendole maliziosa.
Bra alzò gli occhi al cielo “beh non gli ho di certo chiesto come chiamarlo… e se si aspetta che lo chiami ‘generale’ od in qualsiasi altro modo lo chiamiate su questo pianeta… beh può stare fresco” rispose stizzita.
Alyne rise divertita “hai un bel caratterino… sei focosa, come quasi tutti i Saiyan” disse guardandola “allora chiamalo come vuoi, ma stai attenta a farlo in sua presenza”
“Se ne può andare al diavolo anche lui per quanto mi riguarda” sentenziò acida, riportando poi lo sguardo sui fogli sul tavolo, intenzionata a chiudere il discorso. L’aliena la guardò sorpresa, ma prima che potesse aprire bocca, Bra parlò nuovamente.
“Cosa sono questi?” chiese prendendo in mano i fogli sul tavolo “non conosco la vostra lingua, ma queste sono formule per calcolare la trazione richiesta, la velocità di stallo, la massima efficienza di un motore e… il cono di mach!” esclamò sorpresa continuando a leggere.
Alyne la guardò sorpresa, avvicinandosi a lei per guardare le carte che stava decifrando.
“Il cono di mach?” ripeté confusa gettando un’occhiata alle carte.
“Il rapporto tra la velocità di un oggetto in moto in un fluido e la velocità del suono nel fluido considerato!” esclamò la turchina, come se fosse ovvio conoscere ciò di cui stava parlando. Spostò lo sguardo sull’aliena, comprendendo all’istante la sua confusione.
“Non sai di cosa sto parlando?” le chiese riportando lo sguardo sulle carte sotto le loro mani.
Alyne scosse la testa “no… non me ne intendo di aerodinamica…” disse alzando lo sguardo su Bra “ma tu evidentemente sì… conosci queste cose?”
Bra la guardò per un istante, indecisa se dirle la verità, ma alla fine si lasciò andare. Non avrebbe cambiato poi molto la sua situazione se avesse detto qualcosa su di lei ad una sconosciuta.
“Studio questo sulla Terra, mia madre è una delle scienziate più geniali del pianeta…” disse a bassa voce richiudendo i fogli sotto le sue mani “presumo siano progetti per nuove navicelle…”
“Esatto, da quello che so stanno progettando una navicella con velocità supersonica per una spedizione, la più veloce che sia mai stata costruita… ma i fondi devono arrivare da Kapthos”
“Quindi è per questo che Bardack vuole barattarmi con il sovrano di Kapthos… una Principessa per del denaro…” commentò alzando lo sguardo, collegando finalmente i pezzi di un puzzle che la vedevano come protagonista.
L’aliena annuì e, prima che potesse dire qualcosa, Bra parlò nuovamente.
“Quindi scambierà la mia vita per avere un motore più veloce sotto al culo?” sbottò scuotendo la testa incredula.
Erano alieni, era certa che non potessero avere i suoi stessi principi etici, ma una vita era sempre una vita, e barattarla per avere del denaro le sembrava davvero squallido e deontologicamente sbagliato.
“E una donna” disse improvvisamente Alyne, catturando la sua attenzione completamente.
“Cosa?” chiese confusa, notando come il sorriso di Alyne si fosse fatto più malizioso ma al tempo stesso teso. Probabilmente era consapevole di aver parlato troppo, e Bra non le avrebbe mai permesso di tirarsi fuori indenne da quel discorso finché non avrebbe saputo ogni particolare.
“Lady Kale” disse a bassa voce “si trova su Kapthos, l’unica donna che il generale Bardack abbia mai amato” le rivelò cercando di trattenere un sorriso.
Come un lampo a ciel sereno, improvvisamente la mente si Bra si illuminò, comprendendo all’istante perché il ragazzo ci tenesse così tanto a compiere quello scambio.
“E lei… chi è?” indagò falsamente disinteressata.
La curiosità di conoscere l’identità della ragazza che valeva la sua vita era molto alta, ma non voleva mostrare troppo interesse in un affare che di fatto non avrebbe dovuto importarle. Ciò che importava a lei era che sarebbe stata consegnata al sovrano di un pianeta di cui non aveva neanche idea di come fosse fatto. Era totalmente all’oscuro di come si sarebbe evoluta la sua vita e di quello che sarebbe successo e solo una parola continuava a ruotarle nella testa ininterrottamente…
Fuga.
Sarebbe scappata non appena ne avrebbe avuto la possibilità. 

“Kale…” disse l’aliena attirando la sua attenzione “anche lei è una guerriera, ed anche piuttosto forte…” spiegò sedendosi su una delle sedie intorno al tavolo. Bra prese posto al suo fianco, appoggiando il mento sulla mano in attesa che proseguisse il racconto.
“E’ stata presa dal sovrano di Kapthos durante una spedizione di conquista… il generale ed i membri della sua squadra non pensavano che i Kaphosiani fossero così forti, quindi li hanno colti di sorpresa…” raccontò.
“Quindi questa Kale è stata rapita? E quanto tempo fa?” indagò curiosa Bra.
“Circa sette mesi fa…” disse visibilmente amareggiata Alyne e, notando lo sguardo stranito della turchina, si affrettò a parlare “Kale è una ragazza molto timida e mite, ma in guerra sa essere implacabile… eppure è una ragazza gentile e sempre molto rispettosa nei confronti di tutti… il generale deve riportarla a casa”
Bra osservò l’aliena pensierosa.
La stavano usando come merce di scambio per riavere indietro una di loro, una del gruppo. E se questa Kale era davvero la compagna del generale Bardack, era ovvio che sarebbero scesi a qualsiasi compromesso per riportarla da loro. Avrebbe dovuto odiarli, avrebbe voluto provare rancore nei loro confronti per averla rapita e per aver deciso di usarla come merce di scambio…
Ma, adesso, tutta la rabbia provata fino a poco prima e la frustrazione erano scemate via, lasciando spazio soltanto ad un sentimento di comprensione e disagio per i suoi stessi pensieri. 
Finalmente aveva compreso.
I suoi rapitori stavano agendo nel giusto dal loro punto di vista, e come biasimarli?
Una di loro era stata presa in ostaggio su un altro pianeta e sapeva bene quanto le leggi dello spazio potessero essere  crudeli. Volevano solo riportarla a casa, riportarla da loro, proprio come i suoi amici avrebbero fatto e come probabilmente stavano cercando di fare. 
Chi non lo avrebbe fatto al loro posto?
“Adesso andiamo Principessa… ho parlato anche fin troppo, devo prepararla per l’incontro con il sovrano di Kapthos…” disse a bassa voce Alyne, alzandosi in piedi. Bra rimase immobile, con gli occhi ancora puntati sulle cartine sotto di lei aperte sul tavolo.
“Non chiamarmi Principessa” sussurrò scuotendo la testa.
“Ma è il suo titolo ed è ciò che le spetta”
Bra strinse i pugni, affondando le unghie lunghe nei palmi delle mani “non voglio un titolo se questo fa si che io possa essere usata come merce di scambio” disse a senti stretti. Si alzò di scatto, fronteggiando l’aliena che rimase in silenzio a guardarla attentamente.
“Adesso andiamo, fammi vedere questo maledetto vestito che dovrò indossare...” concluse amareggiata e rassegnata, consapevole di dover posticipare la sua fuga.
Alyne la condusse velocemente all’interno di una stanza decorata in modo elegante e decisamente regale. Le preparò la vasca da bagno, facendola immergere in un acqua bollente piena di profumi ed aromi speziati che non aveva mai sentito prima, ma che si avvicinavano molto alla vaniglia ed al pauchuli. Si lavò i capelli ed il corpo accuratamente, finalmente lavando via il sangue incrostato che sporcava la sua pelle e facendo risplendere i suoi capelli turchini.
Una volta uscita dalla vasca, l’aliena la aiutò ad indossare il vestito che era stato scelto per lei, le stese un velo di trucco sul volto e raccolse i suoi capelli con uno chignon basso fissato da una treccia. Le sistemò addosso dei gioielli visibilmente preziosi, toccandola delicatamente, quasi fosse una bambola.
Una bambola che stavano per regalare. 
“Questi orecchini sono diamanti che provengono dal pianeta Nyriois” le spiegò Alyne “sono tra le pietre più preziose di questa galassia… e la pietra blu che portate al collo viene da Yadrat” aggiunse.
Bra sospirò, continuando a fissare il vuoto davanti a lei e lasciandosi agghindare per il suo scambio.
La stavano vestendo e sistemando come una vera principessa, sistemando qualsiasi cosa senza che lei alzasse un dito. Indossava i gioielli più preziosi, uno dei vestiti più belli che avesse mai visto, e tutto sembrava essere a sua disposizione; improvvisamente, tutto ciò che aveva sempre sognato le sembrò assurdamente superficiale e di poca importanza adesso. Tutta quella riverenza le sembrava così falsa da farle venire la nausea e per tutto il tempo restò in silenzio, cercando di ingoiare quella rabbia che minacciava di esplodere dentro di lei. 
Tra qualche ora, la sua vita sarebbe cambiata e pregava dentro di lei che qualcuno venisse a salvarla.

Ciao a tutti! 
Tra qualche giorno partirò per le vacanze, quindi non so se riuscirò ad aggiornare prima con il sesto capitolo. 
Per questo quinto capitolo ho lavorato un po' di fantastia e, se tra di voi ci fosse qualche esperto di fisica e matematica, mi perdoni se ho scritto qualcosa di insensato o errato. L'ambito della fisica non è il mio, quindi potrei aver scritto grosse fesserie! Per il resto... ho deciso di assumere anche il punto di vista di altri personaggi, quindi vedere come si sviluppano anche le cose sulla Terra e per tutti gli altri personaggi, che ne pensate?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate! Aspetto una vostra recensione

 

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Capitolo 6
*** Identity revealed ***


Ciao a tutti! Come promesso, sono tornata dalle vacanze e ho aggiornato. 
Spero che il sesto capitolo mi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona lettura!

CAPITOLO 6 "Identity revealed"


“Bardack… tra qualche ora partiremo per Kapthos” annunciò Yoshi entrando nella stanza in cui solitamente discutevano ed organizzavano i loro piani. L'alieno si sitemò affianco al Saiyan e lo guardò per capire se avesse recepito il messaggio.
Il ragazzo annuì apparentemente disinteressato, ma dentro di lui il suo cuore fremeva per partire alla volta di quel pianeta roseo e riprendersi ciò che era suo. Aveva passato la sua vita a risolvere le cose con la lotta, mentre adesso si ritrovava a dover trattare con diplomazia se non voleva vedere la sua donna fare una brutta fine. Forse era questo che intendeva suo padre quando gli diceva di non legarsi a nessuno, che i legami sono una debolezza. Eppure, alla fine anche lui si era legato a sua madre, nonostante lo negasse anche a sè stesso. Dopotutto, nessun Saiyan avrebbe mai ammesso di avere una debolezza. 
L’idea che Kala fosse nelle mani dei Kapthosiani lo torturava ormai da mesi incessantemente, rischiando di farlo impazzire giorno dopo giorno. Era conosciuto per il suo notevole autocontrollo ed il suo sangue freddo, ma non avrebbe resistito un giorno di più sapendola lontana e prigioniera in condizioni di cui non era a conoscenza e che neanche voleva immaginare. Sapeva bene quanto le leggi dello spazio potessero essere distruttive, soprattutto nei confronti del sesso femminile.
Il suo sonno dopo mesi passati dal rapimento della sua compagna non era ancora regolare, e la mancanza di sonno gli rendeva ancora più difficile controllare i nervi a fior di pelle.
Non appena il Sovrano gli avrebbe riconsegnato Kala ed il denaro che gli aveva promesso, gli avrebbe consegnato la principessina terrestre, liberandosi di quella palla al piede che era la loro chiave per la libertà.
Non riusciva proprio a capire perchè il Sovrano di quel pianeta desiderasse proprio la Principessa dei Saiyan; probabilmente per aggiungere un trofeo alla sua raccolta di principesse/schiave che accoglieva nell’harem del suo palazzo reale, ma questo non era un suo problema. Non poteva negare che, quando aveva scoperto che esisteva a tutti gli effetti una principessa dei Sayan dopo mesi di ricerche, aveva esultato dentro di sè, consapevole di poter riportare a casa Kala.
Sapeva bene che suo padre, se fosse stato ancora vivo, gli avrebbe detto che non poteva disonorare il suo popolo barattando la loro principessa per una donna, neanche Saiyan per giunta; ma a lui non importava. Suo padre era morto molti anni prima, lui era rimasto da solo ed era cresciuto senza i rigidi crismi Saiyan, ma Kala era sempre rimasta al suo fianco e con lei aveva condiviso la maggior parte della sua vita. Non sarebbe stato un disonore per lui abbandonare quella ragazzina dai colori impensabili su Kapthos; dopotutto… una mezza terrestre non sarebbe mai stata la sua principessa e per lui non era altro che una sconosciuta trovata su un pianeta quasiasi della via Lattea. 
“Tra poco riavremo Kala con noi” lo rassicurò Yoshi al suo fianco, dandogli una veloce pacca sulla spalla. Si conoscevano da anni ormai, erano cresciuti insieme, e Yoshi sapeva riconoscere l'animo turbato di Bardack. 
Il Saiyan lo guardò per un istante, riportando la sua attenzione sulle coordinate spaziali sotto i loro occhi.
“Occhi aperti quando saremo su Kapthos…” disse solamente, guadagnandosi l’attenzione dell’amico.
“Credi che vogliano prenderci in giro?”
“Non credo… ma la prudenza non è mai abbastanza…” disse sotto voce “perché credi voglia la Principessa dei Sayan?” chiese poi all’alieno, voltandosi a guardarlo.
“Non ne ho idea” ammise Yoshi “spero solo che non ci crei problemi… quella ragazzina sembra tutto fuorché la Principessa del popolo della guerra” aggiunse scuotendo la testa.
“E’ debole, fragile, maldestra e si lamenta continuamente” commentò Bardack serrando le labbra “prima o poi mi farà saltare i nervi se non la sganciamo in fretta su Kapthos”
“Non possiamo perdere il controllo con lei… hai visto come l’hanno ridotta Gunder e Lyard”
Bardack ghignò sommessamente “e quella dovrebbe essere la mia principessa…” commentò sprezzante “mio padre si rivolterebbe nella fossa che gli hanno scavato se vedesse in mano a chi siamo finiti”
Le parole di suo padre gli tornarono in mente, ricordando benissimo ciò che gli aveva sempre raccontato sul Principe Vegeta. Il loro sovrano era dotato di una forza fuori dal normale, fin da quando era bambino. Si aspettava che anche la sua erede fosse così, ma dopotutto era anche una mezza terrestre, un ibrido…
Una voce melliflua lo distolse dai suoi pensieri, riportandolo alla realtà.
“Generale…” disse Alyne fermandosi sulla porta.
Il ragazzo guardò torvo l’aliena, invitandola tacitamente a parlare.
“Come avevate richiesto… ho preparato la ragazza per l’incontro con il Sovrano di Kapthos…”
“Benissimo, falla entrare, dobbiamo mettere in chiaro un paio di cose prima di partire” disse risoluto, riportando il suo sguardo sulle carte appoggiate sul tavolo “non dovrà giocare brutti scherzi o giuro che l’ammazzerò con le mie mani”
Continuava a fissare la firma del Re sul foglio, che sanciva il loro accordo di scambio.
Mancava così poco…
“Signori… la Principessa dei Saiyan” annunciò Alyne, spostandosi di lato per far passare la ragazza che si nascondeva alle sue spalle. L’aliena guardò la turchina dietro di lei, e si rese immediatamente conto che Bra non era per niente intenzionata ad entrare all’interno della sala. Si avvicinò quindi prendendola per un polso e le diede una spintarella all’interno senza lasciarle altra scelta.
“Non essere timida, sei bellissima” le disse sotto voce “una vera Principessa” aggiunse facendole l’occhiolino.
Bra la guardò confusa, sentendosi per la prima volta in vita sua totalmente a disagio agghindata in quel modo assurdo.
Facendo un bel respiro, entrò nella stanza.
In un attimo, gli sguardi di tutti i presenti furono calamitati dalla sua figura non appena varcò la soglia, facendo improvvisamente ammutolire l’intera stanza.
Yoshi, intento a discutere con Bardack degli ultimi preparativi, si interruppe improvvisamente, incollando il suo sguardo sulla ragazza davanti a loro. Il Saiyan, rendendosi conto un attimo dopo dello stupore del suo interlocutore, si voltò seguendo la direzione del suo sguardo e per un attimo restò spiazzato anche lui, sentendosi come se gli avessero tirato addosso una secchiata di acqua ghiacciata.
La ragazza in piedi davanti a loro, non aveva niente a che vedere con la ragazzina sporca di sangue e malridotta che aveva visto solo qualche ora prima. La ragazza in piedi davanti a loro, era probabilmente la ragazza più bella che i suoi occhi avessero mai visto; e di pianeti ne aveva girati a migliaia.
L’abito argentato fasciava perfettamente le sue forme prosperose e piene, avvolgendole il petto in un corpetto stretto e la gonna si allargava ampia arrivando a sfiorare leggera il pavimento. I capelli raccolti mettevano in risalto i suoi lineamenti dolci ed il suo naso leggermente all’insù, ma quello che lo colpì più di tutto furono i suoi occhi. Quel celeste che mai prima di allora aveva visto, spiccava nel suo volto, illuminando la sua figura e tutto ciò che stava intorno a lei. Osservò le sue labbra, piene e carnose dipinte di rosso, arricciarsi dubbiose , mentre i suoi occhi cristallini vagarono preoccupati per la stanza.
La ragazza che aveva visto solo qualche ora prima, sembrava essere scomparsa, lasciando spazio alla donna più bella che i suoi occhi avessero mai visto.
La sua pelle nivea sembrava  maledettamente liscia e per un istante il suo sguardo fu calamitato dal corpetto pieno e riempito alla perfezione dalle rotondità della ragazza.
“Allora comandante?  Ho fatto un bel lavoro?”
La voce maliziosa di Alyne raggiunse le sue orecchie, distogliendolo per l’ennesima volta dai suoi assurdi pensieri di cui si stupì lui stesso.
Deglutì svelto, cercando di mascherare la sua sorpresa e si schiarì la voce “può andare…” farfugliò imbarazzato, riportando all’istante gli occhi sui fogli ed appoggiando le mani sul tavolo. Avvertì distintamente lo sguardo azzurro della ragazza bruciare il suo corpo, ma non alzò la testa, sentendosi per la prima volta in vita sua in imbarazzo davanti ad una donna.
“Un ottimo lavoro direi…” commentò Yoshi al suo fianco, senza staccare invece gli occhi dalla ragazza “hai superato te stessa questa volta”
“La base era molto buona…” commentò divertita Alyne “non ci è voluto poi molto… l’avete ridotta piuttosto male sulla Terra, quando è arrivata qui era irriconoscibile”
“Sono stati Gunder e Lyard… sono due selvaggi, cosa ti aspettavi”
Bra alzò gli occhi al cielo sbuffando sonoramente “nel caso non ve ne foste accorti sono qui… non serve che parliate come se io non ci fossi” commentò stizzita.
“Molto bene terrestre… visto che sei qui ne approfitterò per mettere in chiaro un paio di cose” disse Yoshi avvicinandosi a lei, ma Bra non arretrò neanche di un centimetro “quando saremo su Kapthos non dovrai fare passi falsi o sarà l’ultima cosa che farai” la minacciò con un ghigno.
“Non mi ucciderete, vi servo viva” replicò sicura di sé, trattenendo un sorriso soddisfatto quando vide il volto livido di rabbia dell’alieno davanti a lei.
“Viva, ma non illesa” precisò Yoshi guardandola torvo. La sua mano rossastra catturò rapida una ciocca di capelli azzurri sfuggita dall’acconciatura e si avvicinò a lei ulteriormente, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso.
Bra si ritrovò a pensare che, dopotutto, non era poi così alto, dato che poteva tenere i suoi occhi fissi in quelli dell’alieno. Un brivido di timore le percorse la spina dorsale, ma cercò di mascherare la sua preoccupazione e sostenne il suo sguardo con fierezza.
“E sarebbe un vero peccato rovinare una bellezza come la tua” disse a bassa voce l’alieno, sfiorando languidamente la sua spalla scoperta con la sua mano, arrivando poi ad afferrarle il mento con decisione.
Con uno scatto fulmineo, Bra schiaffeggiò la mano dell’uomo, indietreggiando di un passo e ristabilendo le distanze tra di loro.
“Non toccarmi senza il mio consenso” esclamò guardandolo disgustata.
Una risata divertita scappò all’alieno, che si avvicinò nuovamente a lei baldanzoso “altrimenti cosa fai?” la stuzzicò “mi prendi a pugni?” chiese ironico avvicinandosi ulteriormente.
“Yoshi smettila” lo richiamò Alyne, ma il ragazzo non sembrò sentire alcuna voce al di fuori della sua e continuò ad avvicinarsi alla turchina invadendo ampiamente il suo spazio intimo. Bra, con una spinta ben dosata, lo allontanò di colpo da lei, spintonandolo lontano dal suo corpo.
“Ti ho detto di starmi lontano” sbottò alzando la voce.
“Così è ancora più divertente… principessa” commentò scoppiando a ridere, ed in un millesimo di secondo le fu addosso afferrandola per la vita e trascinandola contro il muro.
La sua schiena magra e nuda impattò rovinosamente con la parete in muratura, facendola gemere di dolore. In un attimo, le braccia di Yoshi la intrappolarono tra il suo corpo ed il muro, impedendole ogni via di fuga e ridacchiò divertito. Si guardarono negli occhi per un istante, mentre il loro respiro soffiava irregolare l’uno contro il volto dell’altro, ed improvvisamente il ragazzo cessò di ridere.
Si studiarono a vicenda, sostenendo entrambi lo sguardo e senza mai abbassarlo.
Le mani di Yoshi tremarono impercettibilmente per un istante contro il muro, mentre gli occhi di Bra continuavano ad essere fissi nei suoi.
“I tuoi occhi sono dello stesso colore del mare di Howan” sussurrò lievemente il ragazzo, senza farsi sentire dalle persone intorno a loro. Bra lo guardò spiazzata, mentre una strana sensazione di leggerezza invase il suo stomaco. Cosa diavolo le prendeva?
“Non so cosa sia Howan” farfugliò confusa senza distogliere lo sguardo.
“Uno dei pianeti più belli che abbia mai visto” affermò il ragazzo a bassa voce, con un sussurrò che riuscì ad udire solo Bra. I loro occhi incatenati, si osservavano attentamente, improvvisamente interessati.
Poi, tutto d’un tratto, così com’era iniziata, l’atmosfera strana e frizzantina che si era creata tra di loro venne spezzata improvvisamente.
“Basta così” sentenziò duramente Bardack spostando Yoshi con un braccio, senza alcuna difficoltà.
Presa com’era dagli occhi di ghiaccio dell’alieno davanti a lei, Bra non si era neanche resa conto che il Saiyan si fosse avvicinato a loro.
Lo guardò il per un istante, sentendosi improvvisamente in imbarazzo per ciò che era appena successo ed evitando accuratamente di guardare l’altro alieno al suo fianco.
 Non poteva negare di aver notato Yoshi fin da quando erano entrati in camera sua ormai giorni fa, dopotutto, era innegabilmente un bel ragazzo e non era mai stata una santa.
“Vai a controllare che le navicelle siano pronte” ordinò Bardack a Yoshi, con un tono improvvisamente più indurito del solito. Yoshi annuì senza guardarla, e sparì fuori dalla stanza in fretta senza dire una parola sotto lo sguardo attento della turchina che, solo per un millesimo di secondo, sperò si girasse di nuovo per poter incrociare il suo sguardo; ma questo non avvenne.
Bra si voltò confusa Alyne poco distante da loro, ma l’aliena aveva lo sguardo basso.
Sembrava… triste si ritrovò a pensare Bra guardandola meglio. Avrebbe riconosciuto quello sguardo tra un milione; lo stesso sguardo che aveva avuto lei stessa numerose volte in passato osservando Goten gioire per una sua nuova conquista, che puntualmente non era lei.
Prima che potesse dire qualcosa, la voce di Bardack la riportò alla realtà, costringendo il suo sguardo su di lui.
“Tu vieni con me” disse perentorio e, senza aggiungere una parola, il Saiyan si incamminò verso la porta, fermandosi a qualche metro da lei non appena si accorse che la ragazza non lo stava seguendo.
“Sei sorda forse? Muoviti” disse scocciato. Con uno scatto sovrumano, l’afferrò senza delicatezza per un braccio prima che lei potesse anche solo accorgersi del suo avvicinamento e la trascinò fuori dalla stanza nel corridoio che aveva percorso poco prima con Alyne.
“Dove stiamo andando?” indagò preoccupata, fissando la schiena muscolosa del ragazzo davanti a lei.
Osservandolo meglio, notò uno strano simbolo tatuato sul suo braccio e, facendo ulteriore attenzione, notò svariati disegni tatuati sul suo corpo scolpito. Uno in particolare attirò la sua attenzione, proprio dietro al collo muscoloso, doveva essere un simbolo alieno, perché non lo aveva mai visto prima.
“Devo darti una cosa” disse frettoloso, tagliando il discorso.
Bra si lasciò trascinare dal ragazzo in mille corridoi diversi, perdendo il senso dell’orientamento definitivamente, finché non si fermarono davanti ad una parta. La turchina osservò la porta in legno chiusa davanti a loro, chiedendosi cosa ci fosse lì dentro; ma non dovette aspettare molto, perché Bardack aprì la porta e la spinse dentro senza troppa grazia e liberandola finalmente da quella morsa dolorosa sul braccio.
“Che modi…” commentò Bra massaggiandosi il polso, ma poi il suo sguardo fu calamitato dalla stanza in cui si trovava, comprendendo all’istante dove si trovasse.
Un letto matrimoniale addossato alla parete , ornato da lenzuola bianche, era totalmente sfatto, quasi qualcuno ci avesse fatto una lotta lì dentro. Numerose armature come quelle che indossava il ragazzo erano sparpagliate nella stanza disordinatamente, ma una in particolare attirò la sua attenzione.
Quella non era come le altre, quella davanti ai suoi occhi era una battle suite Saiyan, proprio come quella che suo padre ormai indossava solo in battaglia.
Si avvicinò immediatamente a quell’armatura sistemata, a differenza delle altre, ordinatamente su un piedistallo. La osservò attentamente, era logora e sporca, doveva sicuramente essere già stata usata.
Allungò la mano per sfiorare quel tessuto che conosceva bene al tatto, ma la voce di Bardack la bloccò.
“Non toccarla”
Ritirò la mano immediatamente, voltandosi verso il ragazzo confusa “perché mi hai portato in questa camera?” indagò sospettosa.
“Questa è la mia stanza” precisò il comandante, e Bra si ritrovò ad indietreggiare d’istinto preoccupata. Bardack alzò gli occhi al cielo, senza perdere il suo cipiglio duro “non preoccuparti, non ti toccherei neanche con un dito stanne certa” precisò distogliendo lo sguardo dalla figura della ragazza.
Bra si accigliò, sentendosi improvvisamente offesa da quella frase ma in un certo senso anche sollevata.
“Eppure per salvarmi la vita mi hai toccata” lo stuzzicò la ragazza, iniziando a camminare in tondo per analizzare la stanza in ogni suo dettaglio. Era ordinata, ma con pochi ornamenti e soprammobili; gli effetti personali del ragazzo dovevano essere davvero pochi lì dentro…
“Sono stato costretto, se no saresti morta…” disse solamente “e mi servi viva” aggiunse acido.
Bra si voltò di scatto verso di lui “per riavere Kale” sbottò d’istinto, rendendosi conto subito dopo di aver parlato troppo. Prima che potesse anche solo pensare qualcosa da dire per rimediare al suo errore, una morsa dolorosa intrappolò il suo collo rendendole difficile la respirazione.
“Tu cosa ne sai di Kale?” chiese a denti stretti il Saiyan, materializzandosi a pochi centimetri di distanza dal suo viso. Il suo fiato caldo ed agitato soffiò sulla sua pelle nivea, mentre il rilascio di cortisolo dentro di lei aumentò vertiginosamente a causa dell’adrenalina liberata.
Cercò di mantenere la calma, nonostante la sua situazione sfavorevole e la vicinanza con il Saiyan non le rendesse la cosa molto facile ed attuabile.
“Non pensi che sia mio diritto sapere perché tu hai deciso di rovinare la mia vita per rendere migliore la tua?” disse solamente la ragazza, guardandolo fisso negli occhi con una nota di rabbia malcelata.
Per un attimo ci lesse un velo di incertezza, ma sicuramente doveva esserselo immaginata.
“Sei una prigioniera, i prigionieri non hanno diritti”
“Si, ma sono anche una persona e come tale invece ho dei diritti, almeno sulla Terra… per le persone civili funziona così, ma dopottutto… sembrate solo dei selvaggi” precisò continuando a sostenere il suo sguardo cupo, e Bardack allentò leggermente la presa, preso in contropiede. Attese qualche minuto in silenzio e, proprio quando le stava per scappare un sorriso vittorioso, la voce del Saiyan spense ogni sua soddisfazione.
“Tuo padre, tuo fratello ed i tuoi amici… non farebbero di tutto per riaverti con loro?” le chiese serio il ragazzo, cercando di analizzare le sfumature azzurre delle iridi della ragazza.
Bra rimase in silenzio per un istante.
Sì, aveva ragione, avrebbero fatto di tutto per riportarla lì da loro, ma non avrebbero mai gettato in pasto qualcun altro al suo posto.
“Loro non scenderebbero a compromessi andando a discapito di qualcun altro” affermò decisa.
Un ghigno si dipinse sullo sguardo del ragazzo, mentre la sua mano si sistemò avvolgendo meglio il collo magro della ragazza. Un brivido percorse rapido la schiena di Bra non appena il calore della mano di Bardack venne registrato dal suo cervello.
Tipica caratteristica Saiyan.
La pelle calda.
Proprio come quella di Goten.

“Ne sei così sicura?” le chiese beffeggiandola con lo sguardo “dopotutto, se la figlia di uno dei mercenari più spietati dello spazio… venticinque anni passati sulla Terra giocando a fare il padre di famiglia non ne cancellano di certo trenta passati a sterminare intere popolazioni e pianeti…” aggiunse beffardo.
Lo sguardo di Bra si incupì improvvisamente, non appena si rese conto del fatto che nessuno le aveva mai sbattuto in faccia quella verità scomoda che spesso tendeva, o preferiva, dimenticare su suo padre.
“Non può cambiare il passato, ma non è più quella persona” rispose mascherando la sua incertezza.
Non che suo padre le avesse mai dato modo di dubitare di lui, era certa avrebbe fatto di tutto per la sua famiglia ed i suoi amici e lo aveva dimostrato più volte in battaglia; tuttavia, un tarlo fastidioso si stava insinuando nella sua testa.
“Le persone non cambiano ragazzina” sussurrò il ragazzo quasi sulle sue labbra, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi celesti. Bra deglutì con il collo sollevato per la differenza di altezza, persa in quello sguardo cupo, mentre il suo cervello rifiutava le sue parole. Il profumo muschiato del ragazzo invase le sue narici, ed il suo cervello lo catalizzò come decisamente buono.
Bardack era serio, rigido e sempre di un autocontrollo quasi fastidioso, ma forse era proprio che gli donava un fascino che non aveva mai trovato in nessun altro ragazzo terrestre.
Il suo essere così Saiyan.
Si chiese per un istante se fosse a tutti gli effetti un Saiyan puro, ma ogni caratteristica sembrava uguale a quella di suo padre e Goku, gli unici Saiyan puri che conoscesse.
“Mi chiamo Bra” precisò stizzita dopo qualche attimo di silenzio.
Si osservarono attentamente, mentre la presa ferrea sul collo della ragazza non accennava ad allentarsi. Bra si ritrovò a pensare che, se non fosse stato per il suo sangue Saiyan, quella morsa intorno al suo collo sarebbe stata decisamente dolorosa e probabilmente il giorno seguente i segni sarebbero stati visibili.
“Non mi interessa come ti chiami” disse serio il ragazzo continuano a fronteggiarla sicuro di sé.
La turchina osservò le iridi totalmente nere del ragazzo, senza leggervi alcuna emozione. Il buio sembrava essersi originato nei suoi occhi ed il suo sguardo turchino cadde involontariamente sulle labbra un po’ più in basso. Analizzò attentamente ogni particolare del volto del ragazzo, per la prima volta così vicino a lei, inebriata dal suo profumo maschile e confusa dalle sue parole.
Aveva ragione, probabilmente anche i suoi amici avrebbero fatto di tutto per riportarla indietro. Poteva metterci la mano sul fuoco che non avrebbero agito nel medesimo modo? No, non poteva.
“E’ importante per te questa Kala?” gli chiese prendendolo ancora una  volta in contropiede. Non riusciva a capire neanche lei perché le interessasse così tanto saperlo, ma l’idea che un guerriero facesse tutto questo per una donna, la sua donna, era affascinante e tremendamente ammirevole. Se solo non fosse andato tutto a suo discapito, ovvio. Offuscata dalla situazione, aveva dimenticato per un istante di essere sull’orlo del baratro e, per quanto fosse degno di ammirazione il gesto che voleva compiere il ragazzo, non si sarebbe fatta scarificare come un agnello.
“Si, lo è” affermò sorprendendola il ragazzo.
Lo fissò stupita, metabolizzando la sua risposta che non credeva avrebbe ricevuto.
Forse era questo il vero amore, quello che lei non aveva ancora mai conosciuto?
“La ami?”
“Fatti gli affari tuoi, abbiamo già parlato abbastanza”
Bra portò le mani su quelle del ragazzo, invitandolo delicatamente a mollare la presa sul suo collo, mentre poteva sentire ancora distintamente il suo fiato caldo sulle labbra, e per un attimò giurò di aver sentito un tremolio sulle sue mani non appena lo aveva toccato.  Incredibilmente, Bardack si lasciò guidare dalle mani della ragazza e finalmente mollò la presa riportando le braccia lungo i fianchi.
La turchina si massaggiò piano il collo, attenta a non premere sulle zone dolenti.
“Allora dammi quello che devi darmi e fammi uscire da qui” disse risoluta, senza staccare il suo sguardo da quello del ragazzo.
Per un attimo, le sembrò di leggere un momento di esitazione nel suo sguardo scuro, ma pochi secondi dopo il Saiyan si allontanò rapidamente da lei.
Sospirò attenta a non farsi sentire, cercando di ristabilire il suo autocontrollo.
Era tutto così assurdo che non sapeva neanche da dove iniziare per mettere in ordine i suoi pensieri confusi. Quello che era certo era che avrebbe dovuto escogitare un piano entro breve, o sarebbe finita in mano al sovrano di Kapthos.
Vide il ragazzo frugare dentro un cassetto della scrivania; poi, con un oggetto che non riuscì a vedere subito, si avvicinò a lei. Quando fu a solo pochi passi da lei, si fermò e le porse ciò che aveva in mano.
Bra guardò la catenina che pendeva dalle mani di Bardack, cercando di capire cosa fosse.
Era una collana, questo era ovvio, ma perché la stava dando proprio a lei?
Senza distogliere lo sguardo dal medaglione, allungò il braccio e lo prese tra le sue mani, rigirandolo un paio di volte per osservarlo meglio. Il medaglione di forma circolare, aveva inciso un grande sole che occupava tutta la superficie del ciondolo. Una catena in oro permetteva di agganciarlo al collo e quando lo voltò, sul retro lesse una frase scritta in caratteri diversi da quelli che conosceva.
Una lingua aliena probabilmente.
Alzò lo sguardo interrogativa sul ragazzo davanti a lei, che nel frattempo la stava osservando in silenzio.
“Cos’è questo?” chiese alzando la collana.
“Il tuo certificato di autenticità”
Bra lo guardò senza capire “cosa vuol dire?”
“Quello dà la certezza che tu sia un membro della famiglia reale”
“Come può una collana dare la certezza che io sia la Principessa dei Saiyan?” chiese scettica rigirando il medaglione tra le sue mani. Sfiorò con l’unghia laccata le parole incise sul retro, per poi tornare ad analizzare attentamente il sole inciso sulla parte anteriore.
“Quella collana ce l’aveva al collo Re Vegeta, tuo nonno, quando è stato ucciso da Freezer. Il sole è il simbolo della casata regnante del pianeta Vegeta ed ogni sovrano ha un medaglione che attesta la sua discendenza reale” le spiegò serio il ragazzo guardandola, ma gli occhi di Bra erano incollati sul medaglione tra le sue mani ed un brivido percorse la sua schiena quando, ascoltando le parole di Bardack, si rese conto di avere tra le mani una collana indossata dal suo stesso nonno molti anni prima, quando ancora era in vita.
Il primo cimelio di famiglia che poteva vedere.
Perso nello spazio da ormai quasi sessant'anni. 
Nessuno le aveva mai parlato dei suoi nonni paterni, nessuno le aveva mai parlato del passato di suo padre dettagliatamente, tanto meno suo padre. C’erano certi argomenti offlimits, e non si potevano tirare fuori. Uno di questi, era proprio Re Vegeta ed il periodo che suo padre aveva passato come mercenario al servizio di Freezer; le poche cose che sapeva, le aveva sapute da sua madre.
“Questo medaglione era di mio… nonno?” chiese quasi  incredula.
“Si” confermò il Saiyan “e può essere indossato solo da chi ha sangue reale, quindi se lo indossi il Re di Kapthos avrà la certezza che tu sia chi dici di essere”
Le mani di Bra saettarono in alto e indossò la collana mettendola al collo. Si sistemò i capelli azzurri facendoli uscire dalla catenina ed osservò ancora una volta il medaglione sotto lo sguardo attento del ragazzo.
Aveva custodito per anni quel medaglione, e adesso vederlo al collo di quella ragazzina, per quanto non la considerasse la sua principessa, gli fece provare qualcosa dentro.
Lui non aveva mai visto il pianeta Vegeta, ma suo padre gli aveva inculcato il rispetto per la famiglia reale.
Era certo che quella fragile e bellissima ragazzina che aveva davanti a lui non sarebbe mai riuscita ad incarnare una vera Principessa dei Saiyan, ma il suo sangue era pur sempre reale e grazie a questo avrebbe potuto riavere Kala.
“Come fai ad avercelo?” chiese improvvisamente la ragazza riportando lo sguardo su di lui.
Bardack non era certo di voler rispondere, ma alla fine lo fece.
“Me l’ha dato molto tempo fa mio padre”
“E come faceva ad avercelo lui?”
“Gli è stato dato dal Re in persona poco prima che morisse”
“E perché il Re l’avrebbe dato proprio a lui?”
Bardack guardò serio la turchina davanti a lui, maledicendo per un attimo la sua fastidiosa curiosità. Odiava riportare la mente al passato, odiava ricordare suo padre e parlare delle sue origini.
“Quanto sei ficcanaso, adesso dobbiamo andare” disse freddo incamminandosi verso la porta, ma la voce di Bra lo fece fermare nuovamente.
“Questo medaglione è mio, o meglio, sarebbe spettato a mio padre suppongo… credo di avere il diritto di sapere perché l’hai avuto tu per così tanto tempo”
Si voltò nuovamente verso la ragazza poco distante da lui, ed i suoi occhi si persero per un millesimo di secondo sulle sue curve perfette. Era assurdo come la sua curiosità e l’insistenza con cui lo martoriava alla fine lo faceva cedere, nessuno ci era mai riuscito, ma quella ragazzina sembrava avere uno strano ascendente su di lui. E questo lo faceva incazzare ancora di più.
Strinse i pugni cercando di sfogare un po’ del suo nervosismo.
“Il Re aveva incaricato mio padre di consegnarlo a Vegeta, tuo padre, quando sarebbe stato pronto”
La mente di Bra elaborò in fretta le parole del ragazzo, ed improvvisamente, collegando numerose informazioni ricevute negli anni,  comprese chi fosse in realtà il Saiyan davanti a lei e tutto tornava perfettamente.
Ricordava bene un racconto di sua madre, di molto tempo prima.
Suo padre ed altri tre Saiyan si erano salvati dall’esplosione del pianeta Vegeta, con cui suo padre aveva condiviso quasi trent’anni della sua vita vagando per lo spazio. Il primo di loro ad essere giunto sulla Terra era il fratello di Goku… il figlio di Bardack.
No, non poteva essere...
“Tuo... tuo padre… era…” farfugliò Bra impacciata tirando i fili dei suoi ragionamenti, ma prima che potesse concludere la frase, Bardack confermò la sua teoria.
“Radish, il fratello di quello che voi chiamate Goku” 

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Capitolo 7
*** Burning fire ***


CAPITOLO 7 "Burning fire"

Bra deglutì rumorosamente , cercando di soffocare quel senso improvviso di ansia che non accennava a chetarsi dentro di lei e che rischiava minacciosamente di uscire mostrandosi al suo interlocutore.
Aveva sentito numerosi racconti riguardanti Radish, il fratello biologico di Goku; ricordi di sua madre, momenti vissuti da Gohan quando era stato rapito da quello che avrebbe dovuto essere suo zio, le sensazioni di Crilin all’arrivo dei Saiyan sulla Terra… e nessuno di loro gliene aveva mai parlato descrivendolo con qualità di cui andare fieri.
Radish, uno dei Saiyan che aveva affiancato suo padre in numerose missioni molti anni prima, era sempre stato dipinto come un uomo burbero e spietato, che non si era fatto remore nel rapire e quasi uccidere Gohan, allora ancora un bambino di solo pochi anni. Perfino Goku non parlava volentieri di suo fratello; infatti, quando raramente era saltato fuori il discorso, aveva tergiversato con battute inutili e piuttosto superficiali, o si era allontanato con qualche scusa seguito rapidamente da suo padre.
Non sapeva molto riguardo quel guerriero Saiyan che era cresciuto con suo padre nello spazio, nessuno di loro sapeva molto sul suo conto in realtà, eccezione fatta per suo padre ovvio; ma che il Principe dei Saiyan parlasse e raccontasse aneddoti sui suoi anni passati al servizio di Freezer era cosa più unica che rara. E adesso, lei, a distanza di quasi venticinque anni dalla sua morte, si ritrovava dispersa in una galassia remota dello spazio in compagnia del figlio di Radish e con ben poche informazioni al riguardo.
Si chiese per un istante chi potesse essere la madre del ragazzo davanti a lei... forse si era unito ad un’aliena proprio come aveva fatto suo padre una volta stabilitosi sulla Terra? E suo padre come poteva non saperne niente? Bardack doveva avere all’incirca l’età di Trunks e Radish era morto prima ancora che suo padre giungesse sulla Terra, com’era possibile allora che suo padre fosse all’oscuro dell’esistenza del ragazzo in piedi davanti a lei?
Continuò a crogiolarsi nelle sue elucubrazioni in silenzio, per svariati motivi, finché la voce del ragazzo non spezzò il silenzio riportandola alla realtà aliena in cui era piombata ormai da giorni.
“Adesso vai fuori da qui” le disse perentorio.
Che volesse chiudere il discorso era lampante, ma Bra non accennò a schiodarsi dal posto in cui si era fossilizzata. Continuò a scrutare attentamente il ragazzo davanti a lei, non capacitandosi del fatto che, in fin dei conti, non fosse altro che il nipote di Goku, il cugino di Goten e Gohan, il figlio di Radish, un Saiyan proprio come tutti loro.
Ed, improvvisamente, i suoi occhi lo videro sotto una luce diversa.
Stava impazzendo forse? Probabile.
“Sei sorda forse? Esci da qui” disse alzando la voce, ma Bra non si mosse ancora.
Con un passo ampio, il ragazzo si avvicinò pericolosamente a lei e, afferrandola malamente per un braccio, le strappò un gemito di dolore.
“Ti ho detto di uscire da qui” le intimò a pochi centimetri dal viso “non ho più voglia di torturarmi con la tua presenza, quindi vattene abbiamo già parlato abbastanza per i miei gusti” aggiunse a denti stretti.
La turchina continuò ad osservarlo in silenzio, non capacitandosi dei suoi sbalzi d’umore che facevano decisamente concorrenza ai suoi... e lei era conosciuta per essere lunatica.
Eppure aveva trovato qualcuno peggio di lei.
“Calmati scimmione, non fai altro che darmi ordini” rispose stizzita strattonando il braccio per liberarsi dalla presa del ragazzo, e ci riuscì. Abbandonò il braccio lungo il fianco, sostenendo lo sguardo scuro del Saiyan.
Avrebbe voluto fargli mille domande, ecco perchè non riusciva a schiodarsi dal suo posto, ma era abbastanza sveglia per capire che il Saiyan non avrebbe tollerato un suo interrogatorio. 
“Qui la gente mi porta rispetto e fa ciò che dico io” disse improvvisamente Bardack “perché tu non lo fai? Non mi temi forse?” le chiese avvicinandosi ulteriormente a lei, ma senza toccarla.
Silenzioso, rapido, letale, affascinante.
La mente di Bra elaborò rapidamente questi concetti trovandosi quasi inconsapevolmente ad attribuirli al ragazzo a pochi centimetri da lei.
Si, stava decisamente impazzendo.
Una scossa elettrica attraversò il suo corpo facendola sussultare, e si reseconto immediatamente di non essersela immaginata.
Bardack stava letteralmente emanando elettricità, a poco meno di un metro da lei.
Era nervoso, ed il suo nervosismo era palpabile nell’aria.
E la sua forza spirituale anche. 
La sua aura continuava ad oscillare impazzita, colta da improvvisa irritabilità. 
Cercò di trattenere un ghigno divertito per non fargli saltare definitivamente i nervi, ma il sangue ereditato da suo padre non le permise di trattenersi come si era ripromessa di fare vista la situazione di svantaggio in cui si trovava.
“Calmati, non serve scatenare una tempesta elettromagnetica” commentò stuzzicandolo “non capisco perché tu ti stia scaldando tanto…”
“Perché non sopporto chi non fa quello che dico”
“Siamo in due allora” rispose secca la ragazza incrociando le braccia al petto.
Il ragazzo la guardò basito per un istante. 
“Sei dannatamente arrogante… cerca di essere più credibile ragazzina, perché solo vedendoti il Re di Kapthos non crederà mai che tu sia la Principessa dei Sayan” commentò stuzzicandola. Aveva intuito benissimo quanto le desse fastidio non essere considerata adatta per ricoprire la figura della Principessa dei Saiyan, ed in cuor suo sapeva essere vero, quindi colpiva sempre al suo punto debole. 
Era così dannatamente strategico.
Ma prevedibile. 
Per un attimo, un prurito invase i palmi della turchina e cercò invano di soffocarlo affondando le unghie nella carne delle sue mani. Il fastidio che provò sentendo quell’affermazione le causò un balzo allo stomaco, registrando all’istante l’insulto che le era stato rivolto.
“E perché no scusa?” sbottò irritata abboccando alla provocazione.
“Sei debole, non sai combattere e…”
“Chi te l’ha detto che non so combattere?”
“Gunder e Lyard ti hanno quasi massacrata sulla Terra” commentò con un ghigno il ragazzo.
Bra non ci vide più.
“E tu saresti forte? Non hai forse permesso che rapissero questa Kale a cui tieni tanto?” sbottò ad alta voce accecata dalla rabbia, ma si rese conto immediatamente di aver commesso un grande errore. Sciolse le braccia la petto e fissò attentamente il ragazzo davanti a lei, cercando di analizzare la sua espressione.
L’avrebbe uccisa, ne era certa.
“Come hai detto scusa?”
La voce del Saiyan la raggiunse come un sussurro, pronunciato su un soffio d’aria che raggiunge il suo orecchio velocemente e come una lama tagliente. Quel tono non prometteva niente di buono.
Bra deglutì cercando di mascherare la sua paura, ma non avrebbe ritirato ciò che aveva detto; dopotutto, lo pensava davvero.
“Io sarò anche debole, ma se fossi forte proteggerei le persone che amo anche a costo della vita” ripeté seria, senza la minima intenzione a dargliela vinta questa volta.
La frustrazione per il rapimento, il nervosismo per la sua situazione precaria con quegli alieni, i giorni passati lontana da casa… aveva soffocato tutto per giorni, ma adesso la bomba era esplosa, scagliando ogni pezzo in giro.
Non aveva mai avuto una elevata forza fisica, ma la sua lingua sapeva essere più tagliente di una lama e lei ne era consapevole. 
Non riusciva più a controllarsi.
“Vai tanto in giro elogiandoti e dicendo a tutti quanto tu sia forte, pretendi che tutti ti trattino con riverenza, come se fossi il loro comandante o generale o quello che accidenti sei per loro… ma alla fine, alla fine di tutto… la donna che ami non sei riuscito a tenertela stretta e questo dimostra a tutti la tua reale potenza” esplose quasi urlando.
Quando finì di parlare, prese finalmente aria, rendendosi conto di aver trattenuto il respiro per tutta la durata dello sfogo; poi, guardò lo sguardo torvo del ragazzo davanti a lei metabolizzando tutto ciò che era appena uscito dalla sua maledetta boccaccia ereditata da sua madre. Per un istante, pensò davvero che l’avrebbe fatta fuori in un attimo, ma con sua sorpresa il Saiyan rimase in silenzio guardandola come si guarda una preda prima di ucciderla.
L’ennesimo brivido percorse la sua schiena, donandole un senso di inquietudine ormai perenne, poi rimase in attesa della risposta del ragazzo che sapeva non avrebbe tardato ad arrivare.
“Ti ho osservata sai…” disse dopo innumerevoli minuti in silenzio “ti ho osservata prima di venire sulla Terra, ti abbiamo seguita per giorni, abbiamo studiato la tua patetica vita da viziata, il tuo mondo rosa sotto una campana di vetro in cui vivi…” aggiunse a bassa voce.
Un brivido percorse la schiena di Bra sentendo la voce del ragazzo farsi più bassa e più cupa, provando per la prima volta davanti a lui davvero paura. Improvvisamente, prima che se ne potesse rendere conto, una morsa dolorosa afferrò il suo collo stringendolo, mentre una mano bloccò la sua mascella tenendola stretta. Aprì la bocca cercando un po’ di ossigeno, ma uscì solo un gemito di dolore dalle sue labbra, poi si perse nel buio degli occhi a meno di dieci centimetri da lei.
“Tu non sai un cazzo di me, non devi permetterti di parlare mai più di me ne di nominare Kale” soffiò il ragazzo sulle sue labbra aumentando la presa sulla sua mascella “credi di essere superiore a me per quale motivo esattamente? Da quando ti abbiamo rapita non hai fatto altro che fare ciò che vuoi, muovendoti liberamente e parlando con chi vuoi, ma sappi che io ti ho osservata. Ogni singolo minuto, ogni momento in cui pensavi di farla franca io ti vedevo. Non puoi scappare, puoi solo piegarti e tacere” le intimò guardandola negli occhi e finalmente ghignò soddisfatto leggendo la vera paura nelle sue iridi azzurre. B
ra sentì distintamente i suoi occhi bruciare e la vista appannarsi, ma fece di tutto per trattenere le lacrime che minacciavano di scendere copiose dai suoi occhi, poi il ragazzo continuò affondando il coltello nella piaga.
“Fino ad ora ti abbiamo anche trattata fin troppo bene qui, ma aspetta di andare su Kapthos. Con questo bel visino e la tua scarsa forza fisica non potrai fare altro che la puttana” concluse ghignando ed aumentando la presa sulla mascella della turchina.
Bra strinse i denti, sentendo bene la rabbia montare dentro di lei.
Improvvisamente, alle ultime parole del ragazzo, una scarica elettrica attraversò il braccio della ragazza e liberandosi dalla sua presa gli tirò un sonoro ceffone che andò a segno, facendogli voltare la guancia dall’altra parte con violenza.
Bardack rimase girato per qualche istante sorpreso, mentre Bra continuava a guardarlo quasi incredula per ciò che aveva appena fatto, ma allo stesso tempo rabbiosa.
Nessuno le aveva mai detto cose del genere, nessuno poteva permettersi di dirle cose del genere.
Sentì gli occhi bruciare terribilmente e, quando il Saiyan si voltò verso di lei guardandola per la prima volta con interesse, una lacrima solitaria rigò il suo viso. Tuttavia, non abbassò lo sguardo, ma lo guardò con ancora più rabbia se possibile e strinse le labbra in una smorfia di nervoso.
Non gli avrebbe permesso di ledere la sua dignità.
“Prova a dire un’altra volta ciò che hai detto… e giuro che un ceffone sarà il minimo che avrai” gli intimò a denti stretti guardandolo in cagnesco. Bardack rimase in silenzio guardandola attentamente come si studia un nemico appena sopraggiunto in campo di battaglia.
Non si aspettava una simile reazione da parte sua, ne tanto meno che riuscisse a liberarsi dalla sua presa.
Aveva scaricato il suo ki improvvisamente, innalzandolo e liberando una forza tenuta nascosta. Che avesse una bella parlatina l'aveva capito fin dall'inizio, ma non si sarebbe aspettato di certo che riuscisse a liberarsi dalla sua presa.
Forse, si ritrovò a pensare, quella ragazzina aveva più fuoco dentro di quanto pensasse.
“Perché sei ancora qui?” le chiese atono, sfoggiando poi un ghigno sadico.
Non era abituato a perdere, ne in guerra ne tantomeno uno scontro verbale.
Bra lo fissò sconcertata, incredula e sul punto di esplodere un’altra volta ma, consapevole che non sarebbe stata graziata questa volta, decise di sfogare la sua rabbia sui palmi delle sue mani.
“Fottiti” sentenziò a denti stretti, prima di voltarsi ed uscire dalla stanza di fretta, lasciando solo e piacevolmente sorpreso il guerriero.

Pianeta Terra

Trunks e Goten sorvolavano la zona segnalata dal radar ormai da ore, ma stranamente quel giorno la geolocalizzazione della sfera che avrebbero dovuto trovare sembrava essere estremamente imprecisa.
Solo altre due sfere e avrebbero potuto invocare il Drago, potendo finalmente conoscere l’esatta posizione nello spazio di Bra.
Il lilla si voltò verso il suo migliore amico, scrutando attentamente il suo volto cupo e pensieroso.
Sapeva bene quando Goten tenesse a sua sorella e, nonostante ne lui ne Pan avessero mai capito cosa fosse successo tra quei due, da quando Bra era stata rapita il giovane Son sembrava fuori di sé. Decise di dover scoprire qualcosa...
“Mi chiedo ancora come abbiano fatto a decollare dalla Terra in così poco tempo, come abbiamo fatto a non arrivare in tempo per fermarli?” chiese ad alta voce, attirando l’attenzione di Goten.
Il moro lo guardò per un istante, riportando poi lo sguardo davanti a sé serio.
“Non faccio altro che pensare che, se non fosse stato per me, Bra sarebbe venuta con voi sui monti Paoz e non l’avrebbero rapita…” ammise sincero, esternando finalmente i suoi pensieri che lo torturavano da giorni.
Goten si sentiva in colpa, estremamente in colpa. Sapeva bene che la turchina non era andata con la sua famiglia per evitarlo, per non vederlo; e come biasimarla?  
“Si può sapere cos’è successo tra voi due?” chiese finalmente Trunks continuando a fissare l’amico, per niente intenzionato questa volta a lasciar cadere il discorso. Goten lo guardò per un istante, poi volse lo sguardo all'orizzonte. Non era certo di volerne parlare con Trunks; nonostante si dicessero tutto da quando erano nati, Bra era pur sempre la sorella minore del suo migliore amico e lui era stato uno stronzo con lei nonostante non fosse assolutamente sua intenzione. 
“Sono un coglione” affermò il moro continuando a guardare dritto davanti a sé, poi finalmente rivolse nuovamente lo sguardo verso il giovane Brief incrociando il suo sguardo cristallino ed estremamente corrucciato come quello del padre.
Rabbrividì per un attimo al pensiero che Vegeta venisse a sapere tutto, ma decise di proseguire.
“Qualche settimana fa, dopo la festa che avete dato alla Capsule Corporation per il compleanno di Crilin… ecco poco prima di andare via l’ho baciata” ammise analizzando attentamente la reazione dell’amico.
Trunks lo fissò confuso, bloccando improvvisamente la sua avanzata e restando sospeso nell’aria a vuoto.
“Tu cosa?!” sbottò sorpreso con occhi sbarrati.
Sua sorella aveva una cotta per il suo migliore amico da quando erano piccoli, ne era ben consapevole; ma mai avrebbe immaginato che Goten potesse farsela con sua sorella. L’idea del suo migliore amico e di sua sorella insieme lo disturbava parecchio, soprattutto conoscendo la lunga lista di conquiste nel passato di Goten ed il carattere orgoglioso e focoso di sua sorella che non era di certo una santa; una relazione tra quei due sarebbe stata semplicemente una bomba ad orologeria, decisamente destinata a non finire bene.  
Quei due si sarebbero strappati i capelli a vicenda probabilmente, o sua sorella avrebbe fatto fuori Goten prima di subito se mai si fossero messi insieme… in ogni caso non era quello il punto adesso.
“E quindi? Poi cos’è successo?” indagò fluttuando nell’aria fermo sul posto.
Goten deglutì, poi decise di proseguire con il racconto “il giorno dopo sono uscito con Valese… io non volevo tradirla Trunks, ma Valese è la mia ragazza! Ho sbagliato tutto, non dovevo baciare Bra prima di parlare con Valese… sai che per quanto sia coglione non sono uno stronzo, non avrei mai voluto tradire la mia ragazza, ma Bra…” si interruppe per un istante, abbassando lo sguardo preoccupato quando vide distintamente la rabbia negli occhi di Trunks; ma ormai era fatta, non poteva più tornare indietro.
“Bra è una bomba!” esclamò alzando la voce “è una calamita per me, lo sai, non sono riuscito a starle lontano…" ammise imbarazzato "il giorno dopo sono uscito con Valese e lei ci ha visti… era arrabbiatissima, ha quasi scatenato un terremoto e poi è scappata via prima che potessi spiegarle le cose come stavano” concluse riportando lo sguardo imbarazzato in quello azzurro del suo migliore amico.
Si sentiva già una merda per ciò che era successo, ed il fatto che la ragazza in questione fosse la piccola sorellina del suo migliore amico lo faceva sentire ancora peggio.
Il fatto che la ragazza in questione fosse Bra lo faceva sentire ancora peggio…
Prima che potesse aggiungere qualcos’altro, improvvisamente un colpo ben assestato sulla mascella lo sbalzò indietro, facendolo volare per una decina di metri nel vuoto.
Ripreso dalla sorpresa iniziale, riacquistò il controllo dei suoi movimenti e bloccò la caduta libera. Un dolore impressionate al volto lo costrinse a portarsi la mano sulla guancia, cercando di alleviare il dolore con un lieve massaggio sulla mascella.
Questa volta Trunks aveva picchiato duro.
Il lilla si materializzò a qualche metro di distanza da lui, ma Goten non si mise neanche in guardia, si limitò ad osservarlo in silenzio mentre si massaggiava la mascella.
“Me lo sono meritato” disse solamente “mi prenderei a pugni da solo”
“Prega che mio padre non lo venga mai a sapere” disse a denti stretti il lilla.
“Forse Vegeta farebbe bene ad uccidermi, se non fosse per me Bra sarebbe ancora qui” disse sconsolato riportando il braccio lungo i fianchi.
Vedendo l’amico così affranto, Trunks si avvicinò a lui e gli diede una pacca sulla spalla, scatenando la curiosità del giovane Son.
“Non sei arrabbiato con me?”
“Non è colpa tua, avrebbero trovato un’altra occasione per rapirla…” disse Trunks afflitto “ma ciò non toglie che ti vorrei prendere a pugni per esserti fatto mia sorella e per il casino che hai creato”
“Tu ti sei fatto mia nipote” ribatté Goten alzando gli occhi al cielo.
“Ma è diverso!” esclamò il lilla “io sto insieme a Pan, non le farei mai del male… tu Goten l’hai fatta soffrire”
“Non era mia intenzione Trunks, lo sai bene…”
“Questo lo so… adesso non perdiamo altro tempo, dobbiamo assolutamente trovare le ultime due sfere”
 
 Pianeta Darkans

Bra si torturava le dita nervosamente orai da ore, seduta sul letto nella stanza che le era stata assegnata, in attesa del suo destino incerto. Continuava a ripensare alla conversazione avuta poco prima con Bardack e ad osservare incessantemente il medaglione appeso al suo collo, analizzandolo e studiandolo in ogni suo minimo particolare.
Suo padre non le aveva mai parlato molto dei suoi genitori, non sapeva molto sul loro conto, se non il loro ruolo come regnanti sul pianeta Vegeta- Sei. Era affascinata ed incuriosita da quel gioiello che molto tempo prima era appartenuto al sovrano; avvertiva uno strano legame con quella collana ma non riusciva a capire la natura di questo filo che sembrava collegarla ad essa.
Sfiorò con le dita l’incisione in caratteri alieni sul retro.
Le sarebbe piaciuto sapere cosa c’era scritto…
Improvvisamente la porta si aprì attirando la sua attenzione e cogliendola di sorpresa; scattò in piedi svelta ed infilò frettolosamente il medaglione al collo facendo finta di non averci dato troppa importanza.
La figura di Alyne comparve sulla porta, richiudendola subito dopo dietro di sé.
Bra tirò un sospiro di sollievo “Alyne sei tu… pensavo fosse ancora quel Saiyan maleducato” commentò a denti stretti, am rassicurata dall'arrivo della ragazza. Colse un guizzo di sorpresa negli occhi dell’aliena, che poi si fissarono sulla sua figura.
C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, ma Bra non riuscì a cogliere da cosa fosse dovuto.
“Se fossi in te farei attenzione a nominare con così tanta leggerezza il generale…” commentò l’aliena, decisamente più fredda rispetto al solito. Iniziò a trafficare con degli oggetti in un cassetto poco distante da lei e Bra la osservò attentamente, cercando di capire cosa stesse facendo.
“Che si arrabbiasse quello scimmione troglodita, non è un mio problema” rispose stizzita incrociando le braccia al petto.
Non sopportava quell’aria di riverenza che tutti sembravano avere nei confronti di quel ragazzo decisamente insopportabile. I Saiyan erano conosciuti per non essere molto affabili, suo padre stesso era tendenzialmente di poche parole e scontroso, ma nessuno dei suoi amici sulla Terra aveva mai mostrato un atteggiamento così sgarbato nei suoi confronti.
“Invece lo è…” disse l’aliena continuando a trabattare con qualcosa nei cassetti, senza guardarla “se il generale si arrabbiasse ti assicuro che non ti farebbe piacere… non è conosciuto per i suoi modi delicati di risolvere le cose, e non si farebbe alcun problema a spezzarti qualche arto come punizione” concluse seria.
Bra la squadrò curiosa.
“Sembra che tu ne sappia qualcosa…” disse sciogliendo le braccia e riportandole lungo i fianchi “lo conosci bene?” indagò curiosa.
“Conosco Bardack da quando era un bambino, l’ho visto crescere ed io sono cresciuta con lui sul pianeta Minkols”
“Minkols…” ripeté sempre più incuriosita la turchina “allora è da lì che provieni… e dove si trova? In quale galassia?”
“Adesso non è il momento di parlare di questo… sono venuta per avvisarti che tra poco partirai con il generale per il pianeta Kapthos”
Bra accusò il colpo restando in silenzio, riflettendo sulle parole dell’aliena davanti a lei.
Tra poco sarebbe stata abbandonata su un pianeta sperduto senza nessuno, usata come merce di scambio per ricatti alieni; i giorni erano passati, e nessuno era venuto a prenderla. Nessuno si era fatto vivo,e la speranza iniziale di veder arrivare suo padre a salvarla era diventata sempre più offuscata e confusa.
Sospirò lasciandosi cadere sul letto.
Se fino a poco prima era certa che sarebbe fuggita, adesso la sua idea stava diventando solo speranza…
Una speranza fin troppo remota.
“Addio Principessa dei Saiyan… non penso ci rivedremo mai più” disse l’aliena finalmente guardandola.
Bra scorse ancora una volta una sfumatura strana nello sguardo della ragazza, ma non se la sentì di indagare. 
Era stanca, stanca di tutto. 
“Voglio tornare a casa” disse seria guardandola negli occhi, e l’aliena la guardò priva di espressione.
“Non penso vedrai più la Terra”
“Non penso vedrai più la Terra”
La voce di Alyne continuò per qualche istante a rimbombare nella sua testa ed i suoi occhi scesero automaticamente ad osservare la gonna ampia del vestito che le avevano fatto indossare.
Il corpetto pieno di lustrini argentati e la gonna in tulle bianco la fasciavano perfettamente, ricordando tristemente e vagamente un vestito nuziale.
Senza aggiungere altro, Alyne uscì dalla stanza chiudendo la porta alle spalle e senza udire un sussurro della turchina lanciato nell’aria a bassa voce.
“Io non ne sarei così sicura…”
 

Le sbarre davanti ai suoi occhi si aprirono, rivelando la figura di Bardack in tutto il suo fascino guerriero.
I suoi occhi cerulei notarono immediatamente l’armatura diversa da quella che gli aveva sempre visto indossare; sembrava essere nuova, quasi più elegante e regale rispetto a quella che aveva potuto vedergli addosso durante i giorni precedenti su Darkans. L’armatura gli fasciava perfettamente il corpo, lasciando scoperti alcuni tatuaggi che aveva già notato sulla pelle del suo aguzzino qualche ora prima.
Lo guardò rancorosa, sbuffando e pronta all'ennesimo duello.
“Siamo arrivati, stiamo per atterrare su Kapthos” annunciò il ragazzo entrando dentro la cella.
Bra si alzò in piedi, lisciando con le mani le pieghe sulla gonna del suo vestito.
“Non serviva chiudermi in una cella per il viaggio… almeno gli ultimi istanti della mia libertà avreste potuto farmeli passare senza vedere solo delle sbarre davanti ai miei occhi” commentò stizzita alzando lo sguardo su di lui.
Bardack la osservò cupo per un istante poi, senza che se ne rendesse conto, annullò la distanza tra di loro fermandosi a pochi centimetri da lei e sovrastandola con la sua altezza e la possenza del suo corpo.
L’istinto di Bra la fece arretrare con un passo indietro, ma non trovò via di scampo dietro di lei.
I suoi occhi neri scrutarono a lungo lo sguardo cristallino della ragazza che, nonostante avesse deglutito timorosa quando si era resa conto di quella ravvicinata distanza improvvisamente, aveva mascherato molto bene la sua incertezza e la sua paura, suscitando una fastidiosa scarica elettrica nei muscoli del guerriero. Si osservarono silenziosi, poi, senza alcun motivo le labbra del Saiyan si incurvarono in un ghigno che non aveva niente a che vedere con un sorriso.
“Hai detto addio alla tua libertà da quando hai staccato i tuoi piedi dal suolo terrestre” le rispose di rimando ghignando e godendosi il volto livido di rabbia della turchina davanti a lui.
Bra d’istinto strinse i pugni per non reagire alla provocazione ed alla rabbia che montava dentro di lei come un cavallo impazzito. Se fosse stata certa di fargli davvero del male, lo avrebbe sicuramente preso a pugni senza alcuna pietà. Per ore. Incessantemente.
“Vai a farti fottere” disse a denti stretti guardandolo con disprezzo.
Il ragazzo ridacchiò divertito ed una sua mano volò a sistemarle un ciuffo di capelli azzurri sfuggito dall’acconciatura impeccabile. La ragazza si irrigidì non appena avvertì il suo tocco bollente sulla sua pelle rinfrescata dall’aria condizionata, ma continuò a guardarlo con rancore senza mostrare le sue emozioni.
Lo odiava, lo odiava con tutta sé stessa e pregò Dende di darle un briciolo della forza di suo padre o di Trunks per potergliela far pagare amaramente.
Non aveva mezzi per combatterlo, se non la sua lingua.
“Datti una regolata ragazzina, questo non è il linguaggio consono ad una Principessa” la prese in giro sistemandole il ciuffo ribelle dietro l’orecchio, con una delicatezza quasi fastidiosa e decisamente falsa.
Il suo punto debole, di nuovo. 
“Potrei sfoderarlo davanti al sovrano di Kapthos, magari ci ripenserebbe e si renderebbe conto che non sono chi cerca” rispose con aria di sfida sostenendo il suo sguardo.
“Provaci e non arriverai a vedere l’alba di domani ragazzina… anche se non sono comunque certo ci arriverai” ridacchiò tranquillo senza staccare la mano dai suoi capelli.
Bra stava per rispondere ma, improvvisamente, degli scossoni della navicella le fecero perdere l’equilibrio sbalzandola contro la parete metallica. La sua schiena nuda impatto violentemente contro il muro, strappandole un gemito di dolore. Senza che se ne rendesse conto, venne travolta dal corpo del Saiyan che invano cercava di tenersi in equilibrio, senza alcun risultato. Tutto intorno a loro tremava impazzito, ed il suo sguardo volò svelto fuori dall’oblò della navicella per capire cosa stesse succedendo.
I suoi occhi catturarono delle scie luminose che non riuscì a catalogare come un fenomeno da lei conosciuto, quindi cercò invano un appiglio intorno a lei ma senza successo.
Uno scossone più forte degli altri la fece impattare nuovamente contro il muro e facendole perdere definitivamente il controllo sulle sue gambe già instabili ma, prima che cadesse per terra, una presa salda intorno alla sua vita la trattenne evitandole una caduta rovinosa.
Chiuse gli occhi spaventata, che fossero incappati in una sorta di tempesta elettromagnetica?
Non era certa dei limiti di quella navicella aliena; dopotutto, lei conosceva solo la meccanica delle capusle costruite da sua madre e da suo nonno. Non aveva la minima idea di quanto potesse essere affidabile la tecnologia di quegli alieni, ma pregò con tutta sé stessa di non morire lì, in quel punto sperduto dell’universo, ormai vicini al pianeta Kapthos. Avrebbe quasi preferito finire nelle mani di quel popolo sconosciuto a cui volevano affidarla, piuttosto che morire in quel momento.
Poi, improvvisamente, così come erano iniziate, le scosse ed il rombo fuori dalla navicella cessarono, lasciando spazio ad un silenzio surreale nella cella.
Restò con gli occhi chiusi ancora qualche istante, cercando di regolarizzare il respiro tachipnoico.
Non era mai stata amante dei viaggi nello spazio, proprio per questo le numerose volte che sua madre glielo aveva proposto per poterle mostrare sul campo ciò che apprendeva solo dai libri, lei aveva declinato inventando cose da fare ed impegni inesistenti.
Forse, si ritrovò a pensare, avrebbe fatto bene ad accettare.
Alla fine, constatando la fermezza del pavimento sotto ai suoi piedi, decise di aprire gli occhi.
L’imbarazzo prese subito il sopravvento sulla paura nel momento in cui si rese conto che, nella confusione di quelle turbolenze generate da chi sa che cosa, Bardack aveva perso l’equilibrio proprio come lei, finendo per schiacciarla tra il suo corpo massiccio e caldo e la parete metallica della capsula sulla quale stavano viaggiando. Il suo braccio muscoloso e solido intorno alla sua vita la stava sostenendo da ormai innumerevoli minuti ed i suoi occhi neri illeggibili erano puntati nei suoi. Poté sentire distintamente i muscoli ben definiti del ragazzo aderire perfettamente alle sue forme, e per un attimo provò l'impulso di aderire meglio al suo corpo caldo. 
Avvertì un calore conosciuto invadere le sue guance non appena questo pensiero invase la sua mente, e pregò mentalmente che il Saiyan non se ne accorgesse. Il suo fiato caldo soffiava regolare sulle sue labbra nonostante la differenza di altezza, e Bra si chiese come facesse ad essere così tranquillo dopo un evento del genere.
La sua presa salda ma delicata intorno alla sua vita non accennò ad allentarsi, ne tanto meno a lasciarla libera, tuttavia si ritrovò a pensare che, a differenza delle altre volte che l’aveva toccata, quella era la prima volta che non le procurava alcun dolore, risultando quasi piacevole e rassicurante la sua stretta. Come poteva l'Universo aver unito un corpo così bello ed affascinante da poter appartenere al Dio della guerra, ad una personalità altrettanto arrogante e presuntuosa? 
Sbatté le palpebre un paio di volte nel momento in cui si rese conto dei suoi pensieri assurdi, come per scacciare via l’idea che le era balzata nella testa solo per un millesimo di secondo. Probabilmente doveva aver sbattuto la testa. 
“Co… cosa… cos’è stato?” balbettò sotto voce, constatando quanto la sua voce fosse roca sotto e incerta.
“Tempesta elettromagnetica… il pianeta Kapthos è protetto da una atmosfera magnetica, è difficile attraversarla, ma una volta passata non ci sono più problemi… è un pianeta molto ospitale per chi lo conosce bene” le spiegò senza allontanarsi di un centimetro da lei.
“Ah…” disse ancora intontita.
Quella era forse la prima volta che le spiegava qualcosa senza il timbro alterato nella sua voce.
Si rese improvvisamente conto di avere anche le mani attaccate alle sue spalle, probabilmente aveva cercato appiglio su di lui durante le turbolenze. Un brivido percorse la sua schiena, arrivando fino al basso ventre sentendo i suoi muscoli perfettamente tesi e tonici sul suo corpo. Mollò subito la presa come se si fosse scottata con il fuoco, allontanando le sue mani dalla pelle calda del ragazzo. Guardò in giro imbarazzata ma, quando tornò a guardarlo, incontrò nuovamente i suoi occhi neri.
Non sembrava per niente intenzionato a spostare il suo sguardo, era totalmente catturato da lei.
Il profumo dolce di Bra invase le narici del Saiyan, innescando una strana sensazione all’altezza del suo stomaco.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a staccare il suo braccio dalla sottile ed insulsa vita di quella ragazzina che aveva tra le mani. I suoi occhi azzurri gli ricordavano quella distesa immensa di acqua che aveva visto sulla Terra, quell’insignificante pianeta disperso nella via Lattea su cui aveva deciso di mettere radici il loro Principe anni prima; eppure, proprio come i luoghi sorvolati su quel sassolino minuscolo, degli occhi come quelli della ragazza poté giurare di non averli mai visti da nessuna parte.
In nessuna galassia, in nessun universo.
Una strana vibrazione attraversò tutto il suo corpo, e l’impulso di annullare la distanza tra loro per assaggiare quelle labbra rosee che non facevano altro che insultarlo lo invase facendolo sprofondare in uno stato emotivo mai provato prima, complici forse le forme abbondanti della ragazza compresse sul suo torace. Sentì distintamente un calore strano invadere il suo volto quando lo sguardo della ragazza continuò a sostenere il suo, come nessuno aveva mai fatto prima.
Era la prima volta che si sentiva attratto da una donna da quando aveva iniziato a fare sul serio con Kale, probabilmente complice la sua lunga astinenza durante il periodo di assenza della sua compagna.
Improvvisamente, il suono del metallo piegato sotto la forza della sua mano appoggiata sulla parete lo destò riportandolo alla realtà repentinamente. Con uno scattò mollò la presa sulla ragazza e si allontanò da lei ristabilendo le distanze totalmente confuso.
Cosa gli prendeva?
Da quando delle forme al punto giusto gli facevano quell’effetto?
“Do… dobbiamo andare, tra cinque minuti ti voglio nella sala comandi” disse incerto cercando di mascherare la sua confusione interiore.
Bra lo guardò vuota, come se le avessero appena fatto qualche oppioide in vena.
Il ragazzo non aggiunse niente, né si assicurò che avesse capito, ma si defilò velocemente uscendo dalla cella e cercando di mettere più metri possibili tra di loro.

Ciao a tutti! 
Sono finalmente riuscita ad aggiornare con il settimo capitolo, decisamente intenso e carico dal punto di vista emotivo eh? Che ne pensate? Ve l'aspettavate questa scintilla tra la nostra Bra ed il giovane Saiyan? ;)
Ci tengo a precisare ed a ribadire che, per questioni di trama, le età dei personaggi non rispettano le differenze di età reali dell'anime. Bra quindi non ha molta differenza di età con Bardack, che ha all'incirca 25 anni. 
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, che fa sempre mooolto piacere, e grazie infinite a chi ha commentato i precedenti capitoli.


 

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Capitolo 8
*** Kapthos ***


CAPITOLO 8 "Kapthos"

Trattenne il respiro osservando il portone in ferro battuto che si innalzava fino al soffitto davanti ai suoi occhi. Si respirava un'aria strana in quel palazzo, un'aria di regalità e formalità che non le era mai stata così tangibile sulla Terra. Non era neanche certa esistessero ancora dei posti così sul suo pianeta, posti che le ricordavano una realtà medievale ormai superata dalla tecnologia. 
Quel posto le ricordava vagamente il palazzo del Supremo, ampio ed elegante, ma allo stesso tempo minimale, senza alcun decoro di troppo.
Consapevole che a qualche metro da lei, dietro a quell’ingresso monumentale, il sovrano di Kapthos la stesse aspettando per avere il pagamento dell’accordo sancito con il Saiyan, un brivido le percorse la spina dorsale e l'improvvisa consapevolezza di essere finita nei guai la pervase. Per giorni era stata distratta dalla confusione del rapimento, senza considerare a cosa stesse realmente andando incontro; adesso che il suo futuro era palpabile nell'aria austera di quel palazzo, si rese conto di non avere più alternative se non quella di ababndonarsi al suo destino sconosciuto. 
Fissò la schiena di Bardack, in piedi davanti a lei ed affiancato da Yoshi. Da quando la navicella aveva attraversato quella tempesta elettromagnetica, non l’aveva più guardata in faccia, evitandola come se non esistesse. Non riusciva a capire cosa fosse successo, ma per tutto il resto del viaggio non le aveva più rivolto la parola, neanche per impartirle qualche ordine o minaccia come era solito fare.
Yoshi si voltò per un attimo verso di lei, incontrando il suo sguardo e leggendo la preoccupazione negli occhi cristallini della turchina. Per un istante, le sembrò intenzionato a volerle dire qualcosa, ma un’occhiata rapida di Bardack lo fece tacere prima che potesse parlare e rigirò al testa guardando davanti a sé, spezzando definitivamente il loro contatto visivo.
Per un breve istante si era illusa che il ragazzo potesse in qualche modo rassicurarla o darle qualche speranza di fuga, ma ovviamente non fu così. Ormai era troppo tardi per tirarsi indietro e non glielo avrebbero mai permesso, sarebbe dovuta andare fino in fondo e avrebbe dovuto escogitare qualcosa non appena i suoi aguzzini se ne sarebbero andati.
Forse non sarebbe stato così male su quel pianeta, forse gli abitanti di quel posto sarebbero stati più benevoli dei suoi rapitori…
Bra sospirò rassegnata, consapevole che ormai nessuno sarebbe venuto a salvarla.
Si sentiva in attesa di qualcosa, ma neanche lei sapeva cosa.
Il portone si aprì e la mano del generale volò fulminea intorno al suo polso in una stretta ferrea, prima che potesse accorgersene. Un brivido percorse rapido la sua schiena al contatto caldo con la pelle del Saiyan, ma cercò di non farci caso, decidendo di catalogarlo come un brivido di paura. Si, era decisamente preoccupata...
Bardack la trascinò al suo fianco con uno strattone, guardandola negli occhi, e Bra attese in silenzio che le dicesse qualcosa, senza sapere cosa aspettarsi. Si osservarono attentamente a vicenda, senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altra.
“Fai qualche brutto scherzo, e giuro che ti ammazzo con le mie mani” le disse sotto voce a denti stretti.
La turchina sostenne in silenzio il suo sguardo, decisa a non rispondere; poi, un sussurro raggiunse flebile le sue orecchie.
"Addio Principessa"
Udì distintamente il tono duro di Bardack raggiungere le sue orecchie, e venne spinta all’interno del salone senza riuscire a controllare i suoi movimenti. Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò a percorrere una navata breve, ma allo stesso tempo infinita.
Si guardò intorno analizzando il salone regale in cui si trovava. Ogni ornamento sembrava essere d’oro o di qualche lega metallica molto simile. Il soffitto alto rendeva ancora più austera quella sala, e dei lampadari di cristallo illuminavano la stanza rendendo l'ambiente ancora più elegante. Poi, il suo sguardo fu calamitato dall’essere giallognolo e assolutamente alieno che sedeva su quello che aveva tutta l'aria di essere un trono, e la corona in oro giallo costellata da pietre preziose le confermò che il Re fosse proprio lui.
Deglutì silenziosa continuando a camminare; al suo fianco, Bardack e Yoshi avanzavano sicuri e decisi.
Una volta raggiunto solo qualche metro di distanza dal trono, si fermarono.
Solo quando smise di camminare, Bra si rese conto che il suo cuore pulsava martellante, minacciando di uscire dal suo petto.
Aveva paura, aveva una fottuta paura.
Adesso cosa sarebbe successo?
“La Principessa dei Saiyan…” esordì ad alta voce Bardack. Il ragazzo fece un passo avanti “adesso consegnaci Kale e chiudiamo questa storia una volta per tutte” aggiunse impaziente. 
Il sovrano rimase in silenzio per qualche istante, poi si alzò in piedi osservando attentamente Bra.
“I Saiyan hanno capelli neri ed occhi scuri se non vado errato…” commentò guardandola con un sorriso che non aveva niente di rassicurante “per quanto questa graziosa fanciulla che mi avete portato sia bellissima… non è la Principessa che sto cercando”
“E’ lei” confermo Yoshi prendendo in mano la situazione.
“Non mi piace essere preso in giro…”
“E’ la figlia del Principe Vegeta e di una terrestre… per questo i suoi colori non sono quelli di un Saiyan” si intromise Bardack “adesso… mantieni la parola” concluse stringendo i pugni nervoso. Il sovrano ridacchiò divertito, rivolgendo il suo sguardo nuovamente su Bra.
“Un ibrido… ma è fantastico” commentò con voce stridula battendo le mani “ho sentito dire che gli ibridi tra Saiyan e Terrestri siano ancora più forti dei Saiyan puri…” aggiunse facendo un passo verso la ragazza per guardarla più da vicino.
“Perché non ci mostri qualcosa?” le chiese infine con sguardo esaltato.
Bra deglutì nervosamente e tremò impercettibilmente, ma mascherò abilmente il suo timore.
Rimase in silenzio, osservando seria l’alieno davanti a lei.
Non sapeva combattere, ne si era mai allenata in tutta la sua vita. La forza di cui parlavano ce l’aveva suo fratello, Goten, Pan… non lei di certo. Se non avesse atteso i desideri di quell'alieno cosa le sarebbe successo?
“Suvvia non essere timida” insistette l’alieno davanti a lei avvicinandosi ulteriormente.
Bra arretrò d’istinto, ma la mano di Yoshi le bloccò la schiena impedendole di allontanarsi.
“Provatemi che è lei la ragazza che sto cercando” disse serio il Re.
Prima che Bra potesse fare qualcosa, Bardack si avvicinò a lei sicuro e, senza incrociare il suo sguardo cristallino rivolto su di lui ma evitandolo abilmente, afferrò malamente la collana al suo collo, mostrando all’alieno il medaglione che aveva indossato qualche ora prima.
Un momento di silenzio invase la stanza, e Bra trattenne il respiro. 
Quella era la prova che lei era chi dicevano fosse.
Quella era la prova che l’avrebbe ancorata su quel pianeta nella mani di quel regnante alieno.

Fissò risentita il Saiyan che aveva ancora tra le sue mani il medaglione e, con uno scatto, gli spostò malamente la mano dalla sua collana. Gli occhi scuri del ragazzo si posarono finalmente su di lei, ma i suoi occhi azzurri lo fissarono rancorosi. 
La stavano trattando come un oggetto, forse anche peggio, per raggiungere i loro scopi...
Poi, improvvisamente, il sovrano scoppiò a ridere esaltato, tornando a sedersi subito sul suo trono.
“Ma è fantastico… è proprio lei!” commentò compiaciuto guardandola “ragazzina tu sarai la chiave per la mia ascesa al potere…” aggiunse con un ghigno. Bra lo guardò confusa, senza capire a cosa si stesse riferendo.
Come poteva essere lei la chiave di tutto? E la chiave di cosa poi?
C’era qualcosa di strano in tutta quella storia; perché avevano voluto proprio lei su quel pianeta sperduto, anni luce dalla Terra?
“Guardie! Prendetela e portatela nella cella” urlò ad alta voce, con ancora lo spettrodi un sorriso sul volto.
In un attimo, furono accerchiati da numerosi alieni con lo stesso aspetto del loro sovrano.
Il Saiyan si parò d’istinto davanti alla ragazza, impedendone la vista al Re alieno, e Yoshi fece lo stesso dopo un cenno di Bardack.
“Prima ci consegnerai Kale” disse deciso Bardack, ma il sovrano scoppiò a ridere nuovamente.
“E perché dovrei Saiyan? Non mi sembra sia qui…” ridacchiò coprendosi la bocca falsamente “adesso potete andare... per quanto forti siate, siete sempre due contro tutte le mie guardie, non avete speranze. Mi piacerebbe rispettare l'accordo, ma la vostra amica… ah si, mi sembra di averla spedita su qualche pianeta di cui non ricordo il nome giusto qualche giorno fa” concluse con un ghigno. 
Bardack tremò di rabbia per un istante, scaricando una scarica elettrica a terra.
“Dimmi dove si trova” urlò furioso “o giuro che faccio saltare in aria questo pianeta e tutti i suoi abitanti”
La terra iniziò a tremare impercettibilmente, ma i piedi già instabili di Bra lo avvertirono immediatamente. Guardò il ragazzo poco più avanti di lei, avvertendo perfettamente la sua aura oscillare pericolosamente; il suo volto era ormai livido dalla rabbia ed i suoi muscoli tesi pronti a scattare alla minima provocazione. Ancora una minima alterazione e sarebbe esploso. 
Non sarebbe stata una buona idea fare qualcosa in quel momento, tutto era a sfavore dei suoi aguzzini.
“Non credo lo farai Saiyan” affermò sicuro il sovrano “a meno che tu non voglia uccidere anche la vostra compagna che abbiamo gentilmente preso in affidamento, dato che non sai dove si trovi… la vostra unica possibilità è andarvene ed attendere che io mi rifaccia vivo" disse pacatamente "se nona vrò più bsiogno dei vostri servigi, sarò lieto di ridarvi la vostra amica"
Improvvisamente, prima che se ne rendessero conto, Bradack scattò in avanti cercando di colpire il Re alieno, ma nello stesso istante tutte le guardie si gettarono contro di loro cercando di prendere Bra e fermando l'avanzata del ragazzo. Yoshi spinse rapidamente la ragazza di lato e riuscì ad evitare che la prendessero, iniziando a lottare agilmente con cinque guardie.
Lo sguardo cristallino della ragazza volò veloce sulla figura di Bardack, intento a combattere contro le restanti guardie per raggiungere il Re seduto sul trono. Quest’ultimo invece, seduto beatamente, osservava compiaciuto la battaglia davanti ai suoi occhi, come se si stesse godendo il migliore degli spettacoli. Il Saiyan si muoveva fluido e rapido, faceva quasi difficoltà a seguire i suoi spostamenti con lo sguardo. I suoi movimenti erano veloci e precisi, i suoi colpi potenti e impeccabili. Non l’aveva mai visto lottare davvero prima di allora, ma si ritrovò a pensare che il ragazzo fosse davvero implacabile. Uno dopo l’altro, tutte le guardie accorse per proteggere il loro sovrano venivano messe fuori gioco, perendo sotto i suoi colpi.
Si guardò intorno spaesata e, improvvisamente, un’idea attraversò la sua mente fulminea.
Tutti erano concentrati sullo scontro, nessuno si sarebbe accorto se fosse scappata.
Quello era il suo momento di fuggire.
Si voltò svelta cercando di defilarsi senza essere vista; iniziò a correre verso il portone in mezzo alla confusione della lotta ed ai boati dei colpi scagliati dai guerrieri intorno a lei ma, prima che potesse raggiungere la metà del salone, un colpo di energia bloccò la sua avanzata.
“Tu non te ne andrai da qui Principessa” disse il sovrano con un ghigno, gettandosi su di lei per prenderla. Prima che potesse raggiungerla però, una stretta ferrea che il suo corpo riconobbe all’istante afferrò i suoi fianchi, trascinandola qualche metro lontana dal Re alieno ed impedendogli di prenderla. 
La turchina guardò il suo salvatore sorpresa e trattenne il respiro guardando gli occhi cupi del Saiyan davanti a lei. Rimase in silenzio in attesa di una sfuriata ma, con sua grande sorpresa, non le disse niente. Aprì la bocca per ringraziarlo ma, prima che potesse dire qualcosa, il ragazzo si voltò dandole le spalle, fronteggiando il Re a pochi metri davanti a loro.
"Non prenderai anche lei... non rovinerai altre persone" esclamò Bardack rabbioso.
"Dammela Saiyan e nessuno si farà male"
"Non commetterò altri rapimenti o massacri per te, non scenderò più a compromessi" sbottò il ragazzo guardandolo con odio. Scaricò a terra un'altra scossa elettrica, che attraversò anche il corpo di Bra facendole provare le sue stesse sensazioni. 
"Sei uno sciocco, non uscirete vivi da quì... e anche se fosse non ritroverete la vostra amica. Dammi la ragazza!"
Il silenzio regnò sovrano per qualche istante, rotto solo dai gemiti di lotta di Yoshi e delle guardie che combattevano a qualche metro da loro, sospesi nell'aria. Improvvisamente, prima che se ne rendesse conto, una forza la spinse all'indietro, facendo impattare la sua schiena contro la parete gelida di marmo. 
“Vai a farti fottere” esclamò Bardack bloccandola tra il muro ed il suo corpo, ma facendole da scudo contro il sovrano.
Bra fissò la sua schiena tirando un sospiro di sollievo, sentendosi improvvisamente e stranamente rincuorata dalla presenza del Saiyan tra lei e quell’alieno. Pensò di aver compreso male, ma il ragazzo non sembrava intenzionato a lasciarla nelle mani di quell'alieno. 
Bardack si lanciò sull’alieno giallognolo, iniziando a lottare contro di lui a pieno ritmo. Ogni suo colpo veniva parato, ma con il passare dei minuti Bra notò come i movimenti del Re diventassero sempre più lenti ed affaticati.
Si stava stancando…
 Yoshi, ancora vicino al trono, combatteva contro altri alieni e sembrava essere in vantaggio rispetto a loro; ma, improvvisamente, ne comparvero altri che si lanciarono subito in direzione sua e di Bardack.
“Prendete la ragazza!” urlò uno di loro agli altri, palesando immediatamente le loro intenzioni.  
Bra guardò spaventata il Saiyan sospeso in aria davanti a lei, intendo a combattere contro il Re di Kapthos. Yoshi, impegnato nel combattimento, si era accorto dell’arrivo di altri soldati, ma non poteva muoversi dalla sua posizione.
Se fosse rimasta lì, l’avrebbero presa sicuramente.
La ragazza trattenne il respiro, guardando i soldati alieni scagliarsi verso di lei. I loro movimenti rapidi si susseguivano velocemente; l’avrebbero raggiunta in pochi istanti.
Nessuno avrebbe potuto aiutarla.
Nessuno sarebbe venuto a salvarla.

Ancora una volta era da sola, era solo lei.
Da quando era stata rapita non aveva fatto grandi cose, non si era neanche ribellata come si deve. Aveva semplicemente accettato; accettato il suo destino rassegnandosi, come il peggiore dei perdenti. E la cosa che più le rodeva dentro era che ne era perfettamente consapevole. Cosa avrebbero pensato i suoi genitori vedendola lì, in balia degli eventi, ad attendere che qualcuno la salvasse?
Quando il primo di loro allungò il braccio per afferrarla, successe tutto così in fretta che non si rese conto di quello che stava facendo. Scattò di lato a velocità sovrumana, facendo impattare contro il muro l’alieno che aveva cercato di prenderla. Afferrò d’istinto il secondo alieno per il collo dell’armatura e lo scaraventò contro il muro, facendogli sbattere la testa e facendogli perdere conoscenza.
Non ebbe tempo di pensare a quello che stava facendo perché, mentre un terzo cercava di colpirla, con un balzò saettò in aria alzandosi la gonna del vestito ed atterrò ruotando su sé stessa, colpendo precisamente un altro alieno e con un bugnò atterrò anche il soldato che aveva appena evitato. Una scarica di energia attraversò il suo corpo, facendole vibrare i muscoli nel suo corpo.
La stessa scarica che l'aveva attraversata poco prima quando Bardack aveva innalzato il suo Ki.
Negli anni, osservando suo fratello e suo padre lottare nel giardino di casa e nella Gravity Room, aveva registrato accuratamente le loro mosse ed i loro movimenti,studiandoli e memorizzandoli dettagliatamente.
Adesso, li stava soltanto riproducendo.
Riprese a lottare incessantemente, atterrando tutti li alieni uno dopo l’altro, come non aveva mai fatto prima. Agiva senza pensare, faceva mosse mai fatte prima, ed uno per uno i suoi avversari venivano messi fuori gioco. L'impeto della lotta non le permise di pensare razionalmente a ciò che stava facendo e, liberando totalmente la sua mente, lottò finalmente senza pensieri come non le succedeva da giorni ormai. Quando anche l’ultimo dei soldati ricadde svenuto sul pavimento, si voltò per osservare ciò che stava accadendo intorno a lei. Gli alieni di guardia erano stati messi tutti fuori gioco da lei e Yoshi, mentre il sovrano del pianeta Kapthos giaceva per terra incosciente vicino al suo trono.
Yoshi e Bardack, a pochi metri da lei, la guardavano in silenzio stupiti.
Li osservò a sua volta in silenzio, cercando di regolarizzare il respiro affannoso per lo sforzo e cercando in particolare lo sguardo cupo del Saiyan. Ma, non appena i loro occhi si incrociarono, Bardack volse lo sguardo altrove.
“Ma che… ci sai fare terrestre” farfugliò Yoshi confuso ma, prima che potessero dire qualcosa, degli altri soldati sopraggiunsero nella sala, sparpagliandosi rapidi lungo tutto il perimetro della stanza e circondandoli in un attimo.
“Andiamo via da qui” disse serio Bardack guardandosi intorno, poi finalmente si voltò a guardarla. 
“Anche tu” precisò il ragazzo “ma dobbiamo scoprire dove tengono Kale prima”
Il cuore di Bra perse un balzo, rendendosi conto improvvisamente che non l’avrebbero lasciata lì.
Se fossero riusciti a recuperare Kale senza lasciarla su Kapthos, lei sarebbe potuta tornare a casa.
Sorrise felice, nonostante fossero accerchiati da numerosi soldati. Un sorriso che aveva più l’aria di un ghigno, e che la rese uguale a suo padre per un istante, si dipinse sul suo volto e l'emozione dentro di lei le provocò una scarica di adrenalina.
“Facciamoli fuori e scopriamo dov’è Kale allora” disse Yoshi mettendosi in posizione di difesa.
I ragazzi guardarono Bra, in tacita attesa di un suo assenso e la ragazza lì fissò stupita. 
Negli anni passati avevano combattuto molti nemici sulla Terra, ma lei non aveva mai preso parte a nessuna delle battaglie. Aveva passato gli anni della sua infanzia ad essere esclusa dalle riunioni della squadra Z quando c’era qualche nemico in arrivo sulla Terra, restando poi a casa con sua madre e Chichi in attesa del ritorno di tutti i guerrieri che avevano combattuto le guerre che poi tutti avrebbero ricordato.
Prima era stata troppo piccola per partecipare, poi era diventata inadatta alla lotta e poco interessata a detta di tutti.
Se avessero dovuto scegliere tra lei e Pan, avrebbero sicuramente scelto l’aiuto della sua migliore amica. E così era stato infine; e quando Pan e Trunks erano partiti per lo spazio, lei era rimasta da sola. Si era sentita una sciocca per aver sempre avuto paura dello spazio, per aver paura di quell’immensa distesa scura e sconosciuta in cui suo padre aveva passato quasi trent’anni della sua vita, gli anni più oscuri della sua vita. La sua paura l'aveva esclusa. Si era sentita tagliata fuori da quello che in fin dei conti era il suo mondo per nascita.
Per anni aveva ascoltato le avventure dei suoi amici, sognando un giorno di poter viverne una anche lei e, alla fine, in un modo piuttosto contorto e decisamente diverso da quello che si aspettava, forse la sua avventura alla fine era arrivata. Forse aveva trovato il modo di raggiungerla, anche se non era stato quello più piacevole e aspettato.
Aveva desiderato per anni di poter prendere parte ad una battaglia affianco ai guerrieri protettori della Terra… e adesso si ritrovava a dover combattere affianco a due guerrieri alieni. Inizialmente l’avevano rapita e adesso, accumunati da un unico scopo anche se mossi da diverse motivazioni, l'avevano difesa e le stavano proponendo una tacita alleanza per uscire vivi da quel pianeta.
Improvvisamente, in qualche assurdo modo, Bra si sentì per la prima volta nella sua vita parte di una squadra.
Una squadra strana ed improvvisata, ma pur sempre una squadra.

Senza dire una parola, si sfilò il vestito sotto lo sguardo sorpreso dei ragazzi.
Yoshi e Bardack la osservarono per un istante, incapaci di spostare lo sguardo da quel corpo perfetto, coperto solo da una leggera sottoveste che non lasciava molto spazio all’immaginazione sull’intimo della ragazza. Poi, riacquistato un minimo di contegno, spostarono lo sguardo altrove imbarazzati.
“Non riesco a muovermi con questa cosa addosso” spiegò la ragazza, riattirando i loro sguardi su di lei.
“Sono pronta” confermò poi accennando un sorriso.
Si scambiarono un segno d’intesa e, prima di lanciarsi nella battaglia, incrociò lo sguardo scuro di Bardack.
Non era certa di doverlo ringraziare per aver deciso di portarla con loro e non lasciarla lì su Kapthos, probabilmente lo stava facendo per convenienza… era pur sempre un’alleata in più. Ma decise di accantonare quel pensiero in quell’istante e di dedicarsi alla prima battaglia della sua vita per salvarsi la pelle e tornare a casa.
Lì non era la figlia di Bulma e Vegeta.
Non era la sorella di Trunks.
Adesso, in quel pianeta in un punto remoto dello spazio, era Bra.

Ciao a tutti! Spero che l'ottavo capitolo vi sia piaciuto!
Alla fine il Re di Kapthos non ha rispettato il patto e non ha consegnato Kale, ma a sorpresa Bardack e Yoshi hanno deciso di infischiarsene e di proteggere Bra, per poi cercare di salavre Kale. Quale sarà il loro piano adesso? Riusciranno a scappare da Kapthos?
Sono fiera della mia Bra che finalmente ha trovato un suo posto nel mondo, per il momento.
Fatemi sapere cosa ne pensate e lasciatemi una recensione!
A presto 

 

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Capitolo 9
*** On the path to escape ***


CAPITOLO 9 "On the path to escape"

Correvano svelti senza indugiare verso l’uscita, lasciandosi alle spalle quel salone infernale in cui erano piombati qualche ora prima e da cui erano riusciti ad uscire quasi per miracolo.
Il sovrano di Kapthos sembrava aver allertato l’intero esercito del pianeta, mettendoli in serie difficoltà nel loro piano di fuga.
Non era nelle corde del generale Bardack la fuga, ne tanto meno in quelle del suo fedele cugino Yoshi, ma il momento non aveva permesso altra via d'uscita, costringendoli quindi ad una fuga per salvarsi e per salvare con loro anche la neoprincipessa dei Saiyan. 
Per quanto i loro poteri li rendessero forti, gli abitanti di Kapthos erano in grado di manipolare gli stati emotivi delle persone ed avevano una buona padronanza tecnologica. Questo gli aveva permesso di costruirsi delle armi in grado di ledere anche la dura pelle Saiyan, causandogli ferite profonde e potenzialmente letali. Per la prima volta, Bardack si ritrovava in una guerra che non era certo di poter vincere; senza considerare il fatto che Kale era ancora nelle loro mani.
Se non se ne fossero andati da lì alla svelta, non era certo sarebbe andato tutto bene questa volta.
Si trovarono improvvisamente ad un bivio e si fermarono di colpo indecisi sul da farsi.
Quale dei due corridoi avrebbero dovuto imboccare per non finire dritti tra le braccia dei soldati kapthosiani?
“Dove andiamo?” chiese Bra ancora con il fiatone per la corsa, voltandosi a guardare il generale.
Bardack fissava meditabondo quelle due gallerie che si dirmavano davanti ai loro occhi, visibilmente incerto sul da farsi. 
“Non lo so… ma voglio andarmene da questo posto del cazzo” sbottò Yoshi guardando esasperato a sua volta davanti a loro.
Bra sospirò esausta, non era abituata a tutta quell’attività fisica e si ripromise di iniziare ad allenarsi davvero.
Le sarebbe sicuramente tornato utile, adesso ne era certa…
Sulla base di quale idea logica e razionale si poteva prendere una decisione che aveva il cinquanta percento di possibilità in ogni caso? 
“Andiamo a destra” disse improvvisamente Bardack.
Yoshi e Bra lo guardarono incerti.
“Ne sei sicuro?” chiese la ragazza guardandolo attentamente ed analizzando il suo profilo tirato.
Il ragazzo annuì “si, fidatevi… sento lo stesso odore di quando siamo arrivati… odore di aria aperta, dell’atmosfera di Kapthos”
Bra lo guardò stranita e decisamente poco convinta.
Se avessero preso la via sbagliata, solo Dende sapeva dove li avrebbe condotti.
“I Saiyan hanno i sensi più sviluppati” le ricordò allora il ragazzo, intuendo la sua incertezza nello sguardo “non mi possono fregare con questi giochetti” aggiunse serio.
“Allora sbrighiamoci, non voglio passare un attimo di più in questo posto” commentò Yoshi incamminandosi svelto nel corridoio di destra. Bardack e Bra si scambiarono uno sguardo rapido, poi seguirono il ragazzo già a qualche metro da loro. Quando si ritrovarono fianco a fianco, Bardack di fece in parte indicando l'ingresso del corriodio alla ragazza per farla passare prima di lui.
Bra lo guardò, sorpresa per un attimo dal suo gesto quasi imputabile ad un'inaspettata galanteria, affrettandosi subito dopo a seguire il suo invito e si incammino davanti a lui, dietro a Yoshi.
Camminarono veloci, cercando di fare meno rumore possibile e di non attirare l’attenzione.
“Prima… quando quel soldato ha manipolato la tua mente… cos’hai visto?” indagò curiosa la turchina guardando Yoshi.
Aveva visto molto bene l’istante in cui il soldato aveva preso di mira il ragazzo; per qualche istante era rimasto pietrificato, rischiando anche di essere colpito. Non aveva idea di cosa il kapthosiano gli avesse mostrato, ma di sicuro non era stato niente di piacevole.
Yoshi non si fermò e continuò a camminare in silenzio, rispondendole solo dopo qualche attimo di troppo.
“Niente…”
“Oh andiamo… da quando ti ha fatto il lavaggio del cervello sembri fuori di te” sbottò permettendosi una libertà di parola che mai aveva osato da quando era stata rapita. Si rese conto subito dopo aver pronunciato quelle parole di aver forse esagerato, ma non arrivò alcuna minaccia alle sue orecchie. 
Decisamente inaspettato. 
“Non tutti hanno un passato roseo come il tuo, Principessa” si intromise Bardack, sottolineando la nota ironica nell’appellativo regale con cui l’aveva chiamata.
“Perché, pensi che la mia vita sia perfetta?” gli chiese di rimando scettica.
“Non è così?” le rispose con un ghigno il Saiyan.
La turchina sbuffò restando in silenzio.
Non conosceva il passato dei due alieni con cui stava cercando di scappare da Kapthos, ma era certa che non fossero effettivamente sereni e rosei come il suo.
Tendenzialmente non faceva altro che lamentarsi della sua vita e di tutto ciò che la sua geniale madre le aveva permesso di avere con la sua reputazione, ma in fin dei conti adesso si era resa conto di non aver mai apprezzato abbastanza tutta la fortuna che aveva avuto forse. In vent'anni si era concentrata su frivolezze prive di importanza; non aveva mai concentrato la sua attenzione su qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo. Non le sembrava di aver mai fatto niente di sua spontanea volontà; ma non perchè le fosse stato imposto, semplicemente perchè non era mai stata abbastanza decisa da capire cosa volesse nella sua vita.
Aveva studiato ingegneria perchè era ciò che sembrava più sensato fare nella sua posizione.
Si concentrava su vestiti, uscite e ragazzi perchè era quello che sembrava più appropriato per l'immagine di una giovane erditiera.
Non aveva mai combattuto ne aveva mai deciso di allenarsi, perchè era ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato da lei.
L'unico passo fuori da quadro già predisignato per lei era stato innamorarsi di Goten Son, il migliore amico di suo fratello e figlio del rivale numero uno di suo padre, e poi baciarlo, poco prima che venisse rapita dai due alieni venuti dallo spazio.
Alieni... proprio come lei in parte. 
Per un istante, per la prima volta nella sua vita, una domanda le rimbombò in testa come un fastidioso boomerang.
Chi era Bra Brief realmente?
Tutto ciò che sembrava appartenerle adesso sembrava stesse scivolando dalle sue mani come sottili granelli di sabbia. 
Non sentiva di appartenere ad un posto preciso nel mondo; o meglio, nel cosmo.
Le sue fondamenta della realtà e le sue convizioni, se prima di quell'assurdo viaggio scricchiolavano rumorosamente, adesso erano state ufficialmente abbattute e demolite.
“Ho visto il mio paese d’origine…” disse improvvisamente Yoshi, attirando la loro attenzione e distogliendola dai suoi pensieri.
La turchina tornò a guardare il ragazzo. 
“E?” lo incalzò Bra, sempre più curiosa e guadagnandosi un’occhiataccia da parte del Saiyan.
“Alyne” disse l’alieno continuando a camminare al fianco di Bardack.
Bra fissò la sua schiena confusa “Alyne?”
“Io e Alyne veniamo dallo stesso pianeta… ci conosciamo da quando siamo piccoli” le spiegò “il nostro popolo è stato ridotto in schiavitù da Freezer per molti anni, poi quando finalmente è stato eliminato su Nameck siamo riusciti a liberarci…”
Bra rimase in silenzio, mentre la sua mente iniziò ad elaborare le informazioni appena ricevute, ed il ragazzo proseguì.
“Per un sacco di anni abbiamo dovuto sottostare alle angherie degli uomini dell’Imperatore del gelo, abbiamo cercato di ribellarci ma non è andata a buon fine…  i miei genitori sono morti nella ribellione appena dopo due settimane dalla mia nascita”
A Bra si mosse qualcosa nello stomaco e per un attimo una sensazione di nausea la investì in pieno all’idea che quel ragazzo, fosse rimasto solo così presto.
“Poi un giorno, uno dei soldati al servizio di Freezer è atterrato sul nostro pianeta in fin di vita. Inizialmente avevamo paura di lui… ma mia zia, che mi aveva preso con sé dopo la morte dei miei genitori, lo curò ed una volta guarito si misero insieme. Appena un anno dopo l’arrivo di quel Saiyan è nato un bambino…” disse con tono malizioso accennando un sorriso e voltandosi leggermente verso Bardack, ma riportò lo sguardo dritto davanti a sé immediatamente.
A Bra non ci volle molto per capire e la sua mente collegò il tutto in un attimo.
“Eri tu!” esclamò sorpresa indicando il Saiyan e fermandosi di colpo nel corridoio.
“Eri tu quel bambino ed il soldato Saiyan era Radish…” affermò incredula guardandolo.
“Sbrigati… non ti fermare” disse Bardack afferrandola malamente per il braccio per spingerla avanti, senza rispondere a nessuna delle sue affermazioni. Il ragazzo non le sembrò particolarmente volenteroso di affrontare quel discorso, per niente.
“Ma com’è possibile? Radish è morto sulla Terra…” disse incredula riportando lo sguardo su Yoshi.
“E’ riuscito a decollare dalla Terra per miracolo” le spiegò l’alieno, che invece sembrava intenzionato a darle tutte le risposte che voleva e di cui aveva bisogno.
“Si è stabilito sul nostro pianeta… con mia zia, Bardack e me, continuando a lavorare per Freezer per racimolare un po’ di soldi e non essere presi di mira dai soldati del suo esercito… i Saiyan incutevano da sempre molto timore all’interno delle forze di Freezer e Cold, e lavorare al diretto servizio del Principe distruttore Vegeta aveva sicuramente accresciuto il suo nome”
Bra sorvolò volontariamente sull'ultima frase, cercando di non dare attenzione a quella sensazione strana alla bocca dello stomaco che le aveva provocato sentendo suo padre essere nominato come Principe distruttore.
“Quindi siete cugini” disse improvvisamente la ragazza.
“Si… ma è come se fossimo fratelli” affermò Yoshi con un sorriso, provocando un grunito da parte del ragazzo al suo fianco.
Bra rimase in silenzio, riflettendo su ancora su tutto ciò che aveva appena scoperto.
“Tsk…” sbuffò Bardack.
“Oh andiamo… perché sei così scontroso?” gli chiese d’istinto al turchina “stiamo solo parlando…” aggiunse scocciata mettendo le mani sui fianchi.
“Perché non abbiamo ancora scoperto dove si trovi Kale ed io non intendo andarmene finché non avrò saputo le esatte coordinate della sua posizione” affermò secco il ragazzo, con un tono che non ammetteva repliche.
I sensi di colpa investirono in pieno Bra all'istante.
Presa dalla concitazione del momento e distratta dalle nuove scoperte fatte, si era dimenticata della ragazza che avrebbero dovuto riportare a casa.
“Mi… mi dispiace hai ragione…”
“Muoviamo il culo e troviamola”
Bra camminò in silenzio, riflettendo ancora una voltà sulla lealtà dimostrata dal generale nei confronti di quella che doveva essere la sua donna. Pochi uomini avrebbero attraversato lo spazio rischiando la loro vita per una donna, e lui era uno di questi.
Questo poteva dire solo una cosa... per quanto il cuore del Saiyan sembrasse essere fatto di puro ghiaccio, era in grado di provare un sentimento così grande e pericoloso come l'amore.
Quando il silenzio iniziò a rimbombarle nelle orecchie, cercò di spezzare l’aria tagliente che si era creata.
“Quindi… Radish è ancora vivo?” chiese sotto voce, fissando le spalle dei ragazzi davanti a lei.
Improvvisamente, il Saiyan si fermò di colpo, facendola andare a sbattere contro la sua schiena d’acciaio.
“Ahi…” si lamentò massaggiandosi la fronte “stai più attento!” lo ammonì guardandolo storta, ma si rese conto subito del suo sguardo estremamente più cupo e serio del solito.
La sua mente volò rapida alla domanda che aveva fatto poco prima, rendendosi subito conto di aver commesso un errore.
Perché non stava mai zitta? La parlantina l’aveva sicuramente ereditata da sua madre, suo padre glielo diceva sempre.
“No, mio padre è morto” disse il ragazzo a denti stretti, poi si voltò e riprese a camminare “muoviamoci se vogliamo uscire vivi da qui, ci stiamo mettendo troppo tempo” aggiunse aumentando il ritmo del passo.
Bra non se lo fece ripetere due volte, riprese a camminare in silenzio meditabonda.
Avrebbe voluto sapere di più, ma non era il caso di indagare in quel momento.
Camminarono veloci per interminabili minuti, finché una porta lasciata socchiusa attirò la sua attenzione. Senza che i suoi compagni se ne accorgessero, si fermò buttando un occhio dentro e quello che vide fu sensazionale.
Un brivido percorse la sua schiena nel momento in cui si rese conto di essere probabilmente nel posto giusto.
Quella, aveva tutta l’aria di essere il centro da cui controllavano ogni partenza dal pianeta.
“Ragazzi…” li chiamò facendoli fermare “qui” disse facendo un cenno con la testa alla porta.
Entrò senza farselo ripetere due volte; la stanza era vuota e non sembrava esserci alcun meccanismo di allarme azionato per eventuali intrusi.
Via libera.
Si avvicinò ad una fila di computer perfettamente allineati e si guardò intorno.
Quello doveva essere anche una sorta di centro di raccolta dati.
Numerosi computer in funzione avevano attivo un sistema di localizzazione delle navicelle decollate dal pianeta ed un radar sembrava segnalare ogni persona che il sovrano a quanto pare voleva tenere sotto controllo.
Sembrava quasi fatto apposta ma… erano dannatamente finiti nel posto giusto.
“Cos’è questo posto?” chiese Yoshi guardandosi intorno spaesato.
“La nostra carta per scoprire dove si trova Kale” rispose la ragazza avvicinandosi sicura ad uno dei computer.
I due alieni la guardarono curiosi, avvicinandosi a loro volta e fermandosi alle sue spalle.
“Come pensi di fare? Nessuno di noi se ne intende molto di tecnologia… non siamo scienziati, noi siamo guerrieri” disse Yoshi fissando poco convinto il computer davanti a lei.
Bra si voltò guardandoli per un istante, poi si mordicchiò il pollice nervosa.
“Beh… voi siete guerrieri…” disse incerta “io credo di essere entrambi, o per lo meno, lo sarò tra poco” disse accennando un sorriso imbarazzato. Si voltò nuovamente verso il computer e prese posto sulla sedia della postazione.
Prima che uno dei due ragazzi potesse dire qualcosa, iniziò a digitare velocemente dei tasti sotto il loro sguardo sorpreso ed incuriosito.
“Ma cosa…” farfugliò Yoshi, ma venne interrotto immediatamente.
“Aspetta… zitto” disse la turchina totalmente immersa nel suo lavoro; non voleva distrazioni.
Continuò a digitare tasti senza sosta, mentre leggeva e traduceva codici che nessuno di loro aveva mai visto.
Sembrava essere terribilmente sicura di ciò che stava facendo, si ritrovò a pensare il Saiyan alle sue spalle, guardando attentamente quelle dita sottili e magre muoversi veloci sulla tastiera del computer.
Poi, improvvisamente, con un bip apparve una zona spaziale sullo schermo, ed un puntino luminoso al centro segnalava una posizione. A Bra bastò cliccare su quel pallino giallo per far comparire due serie di numeri davanti ai loro occhi.
Rimasero in silenzio per qualche istante, finchè Bra sorrise soddisfatta.
“Cosa… cosa sono quei numeri?” chiese Bardack incerto, conoscendo già la risposta.
Bra si voltò sulla sedia guardandoli felice “le coordinate che cercavate…” disse “è l’esatta posizione di Kale”
I due ragazzi spalancarono gli occhi fissando lo schermo sconvolti, non poteva essere vero.
“Ne sei sicura?” le chiese Bardack.
La turchina annuì, prendendo un foglio ed una penna per annotarsi le coordinate. Scrisse frettolosa i numeri di cui avevano bisogno e poi richiuse la schermata sul computer alzandosi in piedi.
“Si, ne sono sicura… io non conosco queste coordinate spaziali, conosco ben poche galassie rispetto a voi, quindi adesso tocca a voi due…” disse porgendogli il foglietto.
Bardack lo prese dalle sue mani guardandola negli occhi confuso.
Come aveva fatto ad usare quella tecnologia aliena avanzata senza conoscerla e soprattutto trovando proprio ciò di cui avevano bisogno?
“Come… come hai fatto?” chiese Yoshi dando voce ai pensieri del Saiyan.
“Mi sto per laureare in ingegneria… sulla Terra… non so come si chiami per voi o come possa essere definita”
“Sei una scienziata?” chiese sorpreso.
“Non ancora…” disse frettolosa la ragazza alzandosi in piedi “adesso andiamo prima che ci scoprano, dobbiamo uscire da qui senza farci uccidere”
Yoshi annuì e si incamminò svelto verso l’uscita della stanza.
Bra incrociò lo sguardo di Bardack, rimasto in silenzio fino a quel momento e per un istante accennò un sorriso al ragazzo, che subito abbassò lo sguardo quasi imbarazzato. Bra lo guardò più attentamente, cercando di seppellire quel sorrisetto che minacciava di sorgere spontaneo sul suo viso alla vista del ragazzo, per la prima volta visibilmente impacciato.
Da quando si erano conosciuti era stato un perfetto stronzo con lei, ma adesso aveva capito.
Non era realmente cattivo, era mosso dalla voglia di trovare Kale e nel suo animo c’era qualcosa di buono ne era convinta.
La dimostrazione era che l’avrebbe portata via da lì, lontana da Kapthos.
Quando furono da soli nella stanza, Bardack alzò lo sguardo su di lei nuovamente.
“Suppongo di doverti ringraziare” disse atono alzando il foglietto in aria.
Bra trattenne un sorriso “non serve, so che per te sarebbe troppo…”
“Non sei così inutile come pensavo ragazzina…”
“Ah no? Quale onore…” commentò sarcastica alzando gli occhi al cielo “la prossima volta che ti faccio un favore… sai, potresti essere più carino o evitare di parlarmi se questo è il tuo ringraziamento” aggiunse secca incrociando le braccia al petto.
Aveva parlato troppo presto…
Sospirò rassegnata e si incamminò verso l’uscita della stanza. Non appena superò il ragazzo, una presa inaspettatamente delicata bloccò il suo polso costringendola a fermarsi. Si voltò guardando interrogativa la mano del ragazzo intorno al suo polso magro. Bardack la fissò negli occhi facendo un passo avanti e riducendo ulteriormente la distanza tra di loro, costringendola ad alzare i suoi occhi.
Il respiro caldo del Saiyan si scontrò con le sue labbra ed improvvisamente si sentì in imbarazzo, tanto da essere costretta ad abbassare lo sguardo e guardare altrove. Fissò il pavimento di marmo sotto i suoi piedi, ma la mano del ragazzo andò ad intrappolare sicura il suo mento, costringendola ad alzare lo sguardo ed incrociando i suoi occhi scuri.
Rimase in silenzio spiazzata, in attesa della sua prossima mossa.
“Grazie” disse sotto voce, e per la prima volta sentì una nota morbida nel suo tono, che non gli aveva mai sentito prima.
Avvertì distintamente le sue guance farsi sempre più calde, ma non distolse lo sguardo dal suo.
“Non c’è di che… a patto che mi riportiate sulla Terra” rispose la ragazza guardandolo negli occhi.
Le sembrò pensieroso per qualche istante, ma alla fine le rispose.
“Il pianeta su cui si trova Kale non è molto distante da qui…”
“Sei riuscito già ad individuare la posizione del pianeta che si trova a quella coordinate?” gli chiese sorpresa.
Bardack annuì, confermando il suo sospetto.
“Conosco molto bene questa galassia… se ti riportassimo sulla Terra e poi tornassimo indietro ci metteremmo minimo due settimane… non appena daranno l’allarme della nostra fuga da qui, sposteranno sicuramente Kale” le spiegò pacatamente.
Bra intuì all’istante la sua domanda implicita, apprezzando in realtà che non gliel’avesse fatta a voce alta dandole così il tempo di riflettere. Se avessero riportato a casa lei, non erano certi che avrebbero trovato Kale al loro ritorno, e sarebbero stati punto a capo.
Sospirò rassegnata… dopotutto qualche giorno non avrebbe fatto la differenza.
“E va bene… allora dopo aver trovato Kale mi porterete sulla Terra”
Il ragazzo sorrise per la prima volta da quando si erano conosciuti e Bra rimase a fissarlo imbambolata per qualche istante.
Il suo volto finalmente rilassato e privo di quell’espressione tirata che si portava sempre a presso, era decisamente bello e per un istante le ricordò tristemente Goten. Avere la copia giovane del padre del ragazzo di cui era innamorata da anni davanti a sé non era facile. Per la prima volta, da quando era stata rapita sulla Terra, ripensò a ciò che era successo qualche giorno prima che venissero a prenderla.
Goten l’aveva baciata e il giorno dopo era tornato da Valese.
Sarebbe sempre rimasta la sorellina di Trunks, niente di più.
“Tutto bene?” le chiese Bardack, notando il suo repentino cambio di espressione.
“Si…” farfugliò poco convincente “adesso andiamo, dobbiamo uscire da qui” concluse affrettandosi ad uscire dalla stanza ed accertandosi di essere seguita dal Saiyan.

Ciao a tutti!
Sono tornata dopo un bel po' di tempo in cui non ho aggiornato... dovete scusarmi, ma è stato un periodo davvero pieno. 
Bra ha iniziato a scoprire qualcosa sul passato dei due alieni ed al tempo stesso ha iniziato a mettere in dubbio sè stessa. L'aiuterà a capire cosa e soprattutto chi vorrà essere nella sua vita?
Finalmente abbiamo scoperto qualcosa sulle origini di Bardack e su come è venuto al mondo. Questo fa di lui un mezzosangue, proprio come Bra. Bardack non è così duro come si pensava, o forse ci sono ancora troppe cose che la nostra giovane Brief dovrà scoprire... a breve, pubblicherò un'altro capitolo e la storia entrerà sempre di più nel vivo!
Se vi va, lasciate una recenezione e fatemi sapere cosa ne pensate!
Buon anno a tutti :)

 

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Capitolo 10
*** Feelings wheel ***


CAPITOLO 10 "Feelings wheel"

Fissò lo spazio scuro davanti a lei, priva di espressione, continuando a perdersi nei meandri dei suoi lugubri pensieri.
Erano in viaggio ormai da ore.
Tutto quel tempo passato privo di azione, e di qualsiasi altro stimolo di ogni genere,  continuava a sembrarle infinitamente lungo e noioso, senza passare mai. Più guardava il suo orologio terrestre, ancora saldo sul suo polso e stranamente intatto, più le lancette sembravano essere inchiodate nello stesso punto, senza avanzare mai sul quadrante.
Voleva distrarsi. Voleva dimenticarsi di Goten, voleva mettere da parte tutto quello che aveva lasciato sulla Terra da giorni. Il susseguirsi di avvenimenti assurdi degli ultimi giorni le avevano tenuto la mente impegnata… ma adesso sembrava tornare tutto a galla e se avesse continuato a corrodersi il fegato avrebbe finito per affogarci dentro.
Si lascio andare totalmente sul sedile, raccogliendo le ginocchia al petto ed avvolgendole con le braccia.
Avrebbe voluto crearsi uno scudo contro la miriade di pensieri che la tormentavano, ma non poteva.
Abbandonò la fronte sulle ginocchia, sospirando rassegnata.
“Non hai una bella cera ragazzina”
La voce di Bardack la destò improvvisamente, facendole alzare la testa di scatto ocn un sussulto.
Si voltò verso la porta d’ingresso della sala comandi e, quando lo vide avanzare verso di lei, riportò lo sguardo davanti a sé. Continuò a fissare lo spazio aperto fuori dal finestrino davanti ai suoi occhi, senza guardarlo.
Era stanca.
“Sei venuto a controllare che non metta mani sui comandi?” chiese gettando un’occhiata al sedile al suo fianco, dove il ragazzo aveva appena preso posto sistemandosi comodamente.
Bardack ridacchiò sommessamente, e Bra si rese conto di non averlo mai visto ridere prima di allora.
Lo guardò meglio, sembrava rilassato ed i suoi lineamenti sempre corrucciati erano per la prima volta distesi.
“Mi è passato per la testa lo ammetto…” ammise divertito “ma non sono venuto qui per questo” aggiunse guardandola per un istante di troppo.
“E perché sei qui allora? Tu e Yoshi dovreste allenarvi…”
“Yoshi è andato a dormire, dovremo essere riposati quando arriveremo, non sappiamo cosa ci aspetti”
“E quindi hai deciso di venire a disturbare me?” gli chiese la ragazza con un ghigno.
“Sono venuto ad assicurarmi che tu riesca a combattere” disse il ragazzo aprendo uno stipetto davanti a lui tirandone fuori una bottiglia di vetro chiara. Aprì la bottiglia di qualcosa che aveva tutta l’aria di essere molto alcolico e ne bevve un sorso.
Bra lo osservò sorpresa.
“E quello cos’è?” gli chiesecuriosa indicando la bottiglia.
Gli occhi scuri del Saiyan la guardarono per un istante, per poi tornare a concentrarsi sullo spazio nero che scorreva veloce davanti a loro. Solo qualche stella di passaggio illuminava sporadicamente l'ambiente. 
“Estratti di Alaykapas, una pianta che cresce solo sulle montagne del pianeta Klipsoysas”
"Suppongo nons ia nel sistema solare..." disse vaga la ragazza.
Bardack accenò un ghigno divertito.
"Esattamente"
"L'hai presa tu?" indagò sempre più curiosa.
"L'ultima volta che siamo stati lì"
"Ed è alcolica?"
Bardack ridacchiò sommessamente, bevendo un altro sorso.
"Molto"
“Non dovresti bere prima di una battaglia”
Bardack la guardò accigliato. 
“Noi Saiyan bruciamo in fretta l’alcol, dovresti saperlo” affermò divertito il ragazzo.
La ragazza rimase in silenzio.
Lei non aveva mai retto troppo bene l'acol in realtà, a differenza di Pan che sembrava poter bere ettolitri di alcolici senza alcuna ripercussione sul suo stato mentale.
“Allora… me lo dici che cos’hai?” chiese Bardack sorseggiando tranquillamente la bevanda. 
Bra si voltò verso di lui, guardandolo definitivamente.
“Da quando parliamo così tanto? E soprattutto… da quanto ti importa di quello che penso? Fino a qualche ora fa volevi consegnarmi al sovrano di Kapthos senza troppi problemi” disse secca mettendosi subito sulle difensive.
“Da quando siamo diventati alleati” le rispose tranquillamente il ragazzo.
Si guardarono a vicenda.
“Da quando abbiamo scoperto dove si trova Kale sei diverso…” disse improvvisamente la turchina “eri più cupo, teso… eri uno stronzo, mentre adesso sembri quasi normale”
“Io sono sempre stronzo terrestre...” ridacchiò sempre più divertito, poi divenne serio di colpo.
La ragazza comprese che la frase non era terminata e attese in silenzio guardandolo.
Per quanto cercasse di capirlo, quel ragazzo restava un’incognita per lei.
Se per un attimo si illudeva di averci capito qualcosa, l’attimo dopo qualcosa le dimostrava il contrario, abbattendo le sue convinzioni.
Lo guardò in silenzio, estremamente curiosa di ciò che le avrebbe detto.
“L’idea di poter riavere Kale con noi…” lasciò in sospeso la frase, ma Bra intuì alla perfezione quello che voleva dire.
Era felice perché avrebbe rivisto la sua compagna, era dannatamente felice e glielo si leggeva in faccia.
Non aveva mai visto prima di allora il Saiyan così simile ad un ragazzo normale; era un alieno dopotutto, un alieno superdotato e con poteri sovrumani, con un'educazione totalmente diversa rispetto a quella che avevano ricevuto lei ed i suoi amici sulla Terra da quando erano nati. Ma, adesso, il suo aguzzino le sembrava così… umano.
Un uomo che l’avrebbe cercata in tutto lo spazio, smuovendo mari e monti pur di riaverla con sè.
Questo era quello che avrebbe voluto, proprio come Bardack aveva fatto per Kale. E invece Goten alla prima occasione era tornato da quell’oca giuliva senza alcuna remora, il giorno dopo averla baciata.
Sospirò chiudendo gli occhi e sbattendo piano la testa sul sedile dietro di lei.
Goten Son sarebbe stata la sua rovina. Lo aveva capito quando, a soli tre anni, le aveva aggiustato la sua bicicletta rotta da Trunks e lei l’aveva inconsapevolmente proclamato suo salvatore nella sua sciocca testa immatura.
“Chi c’è che ti aspetta… sulla Terra?” le chiese improvvisamente il ragazzo, attirando la sua attenzione.
Bra riaprì gli occhi e lo fissò per qualche istante, indecisa sulla risposta.
I suoi genitori, suo fratello, Pan, i suoi amici… loro la stavano aspettando sulla Terra.
Ma la domanda del Saiyan non si riferiva a loro, era ovvio.
Sospirò rassegnata e con uno scatto in avanti gli prese la bottiglia dalle mani prima che potesse dirle qualcosa. 
Sapeva che se avesse voluto avrebbe potuto impedirglielo facilmente, dopotutto era molto più veloce di lei, ma non accadde. Il ragazzo la lasciò fare, seguendo attentamente i suoi movimenti.
Se la portò alla bocca, bevendone un lungo sorso.
L’alcolico le bruciò la gola non appena iniziò ad ingoiare in apnea, poi si staccò dalla bottiglia riporgendola al ragazzo e buttando giù tutto il contenuto che aveva immagazzinato nella bocca.
Bardack la osservò accigliato, riprendendo tra le sue mani la bottiglia.
“Vacci piano ragazzina… questa non è per tutti” l’ammonì osservando il quantitativo bevuto dalla ragazza.
"Non è male" commentò Bra con voce roca, cercando ancora di riprendersi dal fortissimo gusto alcolico che le aveva lasciato in bocca quella bevanda aliena. 
“Ci vai giù pesante… ne deduco che tu voglia dimenticare chi ti aspetta sulla Terra” aggiunse il Saiyan con un ghigno.
Bra lo maledì mentalmente, ma non diede libero sfogo ai suoi pensieri.
Si asciugò con il dorso della mano una gocciolina ribella sfuggita dalle sue labbra e sospirò per l’ennesima volta nell’arco degli ultimi dieci minuti.
“Non c’è nessuno che mi aspetta sulla Terra… e smettila di chiamarmi ragazzina” disse indispettita.
Avvolse il suo corpo infreddolito tra le braccia, cercando di scaldarsi almeno un po’.
Da quando si era tolta il vestito per combattere meglio, era rimasta solo con una sottoveste a coprirla e l’aria condizionata sparata a manetta lì dentro non migliorava di certo la situazione.
Il Saiyan la guardò divertito, bevendo un altro sorso dalla bottiglia.
“E allora chi è che ti causa tutti questi pensieri?” le chiese strafottente fissandola con un ghigno.
La turchina lo guardò per un istante, poi volse lo sguardo davanti a sé per sfuggire a quella domanda.
Ovviamente fu tutto inutile.
“Si vede lontano un miglio che pensi a qualcuno… lui chi è?” insistette il ragazzo.
“Il tuo dannatissimo cugino che deve andare a farsi fottere” esplose la turchina ad alta voce, liberandosi finalmente di un peso che aveva tenuto dentro di sé per settimane. 
Improvvisamente, si sentì decisamente più leggera.
Non aveva parlato con nessuno di quello che era successo con Goten, neanche con Pan. Il primo a cui diceva una cosa del genere ad alta voce era il ragazzo seduto affianco a lei.
In poche parole ad uno poco più che sconosciuto.
Bardack la guardò allibito e decisamente sorpreso.
“Che cosa? Mio… mio cugino?” chiese confuso.
Bra sospirò sistemandosi sul sedile.
“Goten Son, il figlio minore di Goku… o quello che voi chiamate Kakaroth insomma” disse frettolosa.
“Cioè aspetta vai piano, tu stai con mio… cugino?” chiese il ragazzo quasi incredulo. Un guizzo strano nel suo sguardo attirò l’attenzione di Bra, ma venne subito mascherato dal solito sguardo cupo.
“Non stiamo insieme” precisò subito la ragazza.
“Quindi fate solo sesso”
Bra sbatté qualche volta le palpebre imbarazzata, presa decisamente in contro piede dalla schiettezza del ragazzo. 
“E’ capitato solo qualche volta...” ammise la ragazza “ma adesso non voglio parlarne, ne adesso ne mai” aggiunse alzandosi in piedi e stiracchiandosi, palesemente per sfuggire a quel discorso scomodo.
A forza di stare ore seduta storta, un dolore fastidioso le aveva invaso tutta la zona lombare.
“Quindi tu vorresti che non fosse una cosa sporadica…”
Bra si voltò verso il ragazzo e sospirò, appoggiandosi al poggiolo del sedile per mettersi comoda.
Bardack non aveva intenzione di chiudere quì il discorso, questo era chiaro. 
“Perché dovrebbe esserlo?” chiese la ragazza a voce alta guardandosi intorno “insomma… sta con una da anni … perché non potrebbe fare coppia fissa con me” aggiunse incrociando le braccia al petto improvvisamente imbarazzata.
Si rese conto di aver tirato fuori tutti i suoi pensieri che cercava di seppellire da mesi inutilmente, così facilmente che si stupì lei stessa.
“Tipico” commentò il Saiyan portandosi la bottiglia alle labbra.
Bra lo guardò scettica.
“Cosa?!”
“Voi donne siete così… volete sempre tutto serio, che ci sia impegno, che l’uomo viva per voi…” ridacchiò ironico “siamo Saiyan, la prima cosa nella nostra testa è la guerra, nient’altro” aggiunse tornando serio e improvvisamente pensieroso.
“Tu stai vagando per lo spazio alla ricerca di una donna, non mi sembra che il tuo primo pensiero sia la guerra” gli fece notare la ragazza accigliata incrociando le braccia al petto.
Bardack si voltò verso di lei per guardarla meglio e bevve un altro sorso dalla bottiglia, restando in silenzio.
Colpito e affondato.
Bra sorrise soddisfatta di aver centrato il punto e, dopo essersi riseduta, tornò a guardare lo spazio che si estendeva davanti ai suoi occhi dietro al vetro mordicchiandosi il labbro inferiore meditabonda.
La sua cotta per Goten Son ormai bruciava da troppo tempo, avrebbe fatto meglio a lasciar perdere tutto, lo sapeva bene, eppure era così difficile lasciarlo andare…
“Sei una Principessa” disse improvvisamente il Saiyan affianco a lei, spezzando il silenzio innaturale dello spazio e facendole riportare il suo sguardo cristallino su di lui.
“Cosa c’entra?” farfugliò confusa.
“Tu sei una principessa, noi apparteniamo alla terza classe”
Bra lo guardò accigliata, senza comprendere a pieno il suo discorso.
“Non so di cosa tu stia parlando”
“Ci sono delle gerarchie che vanno rispettate”
“So di queste gerarchie ma… per la miseria, il pianeta Vegeta è stato distrutto ormai quasi trent’anni fa, non credo proprio che Goten non si voglia impegnare con me per differenza di classe” disse enfatizzando le ultime parole con ironia.
Il ragazzo bevve un altro sorso dalla bottiglia, tornando a guardare lo spazio.
“Non ti potrebbe toccare neanche con un dito” disse a bassa voce, quasi senza poter essere udito; ma Bra sentì benissimo ciò che aveva detto.
La ragazza lo fissò per qualche istante, cercando di comprendere la stranezza del suo tono in quell’affermazione, ma non riuscì a coglierci niente di sensato.
“Se pensi che io badi a queste cose ti sbagli di grosso” disse convinta “sono cresciuta come una terrestre, non mi interessano i miei titoli alieni” disse alzando gli occhi al soffitto per un attimo.
“Sta tutto nel modo in cui ti poni” commentò il ragazzo affondando nella poltrona e mettendosi comodo.
Bra lo guardò meglio; non aveva mai parlato così liberamente con nessuno, forse neanche con  Pan.
Forse il punto di vista di una persona che era certa non le avrebbe detto solo ciò che voleva sentirsi dire era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
“Cosa intendi?”
“Sei altezzosa, arrogante, polemica e dannatamente saccente… sei quasi fastidiosa a volte” disse tranquillo bevendo un sorso dalla bottiglia, senza distogliere lo sguardo dallo spazio davanti a loro.
Bra lo fissò sorpresa, senza aspettarsi minimamente delle parole simili e soprattutto così prive di filtri.
Certo, sapeva di non essere la persona più umile sulla faccia della terra, questo doveva ammetterlo; probabilmente aveva anche ereditato buona parte dell’altezzosità di suo padre e l’arte della polemica da sua madre,  ma non era di certo arrogante, polemica e saccente.Tanto meno fastidiosa…o almeno così sperava.
Analizzò l’espressione beata sul visto di Bardack, come se si fosse tolto un sassolino molto fastidioso dalla scarpa.
La sala comandi era buia ed il profilo del ragazzo era illuminato solo dalla luce fioca di qualche stella di passaggio, ma la sua espressione soddisfatta era palpabile anche con una luce irrisoria e quasi assente.
“Come scusa?” chiese incredula, ma il ragazzo non rispose e si limitò a piegare le labbra in un ghigno, sempre tenendo lo sguardo ben lontano dalla sua figura.
“Se fossi altezzosa, arrogante, polemica e saccente non sarei qui a darvi una mano” rispose stizzita.
“Non ci stai dando una mano, hai solo acconsentito a fare qualcosa che tanto avremmo fatto in ogni caso, anche se non avessi voluto... non potevi fare in altro modo” disse il ragazzo, alludendo al fatto che avesse acconsentito a cercare prima Kale e poi riportarla sulla Terra.
“Mi sono battuta con voi!” gli fece notare la ragazza.
“Perché non avevi altra scelta” ribatté il ragazzo senza guardarla.
La sua attenzione, sembrava essere calamitata dallo spazio davanti a loro.
“Ho trovato io le coordinate di Kale”
“Non sono le azioni che facciamo costretti che dicono chi siamo… sono le azioni che compiamo quando siamo davanti ad una scelta. Ci sono scelte giuste e scelte sbagliate. Tu non scegli mai, tu ti lasci trasportare dove ti costringono gli altri ad andare, in balia degli eventi, lasci che siano le persone intorno a scegliere per te… non hai controllo sulla tua vita, ne tantomeno sulle tue azioni perché ti fa comodo non scegliere”
“Si può sapere cos’hai contro di me?” sbottò la ragazza alzandosi in piedi e piazzandosi davanti al sedile del ragazzo affinché la guardasse negli occhi, poi continuò il suo sfogo.
“Qualsiasi cosa io faccia non va bene… non ho scelto io di essere qui, ne tantomeno di costringerti a stare in mia presenza… se sono così fastidiosa perché sei qui?” gli chiese sbottando dalla rabbia.
Bardack finalmente la guardò, in silenzio.
I suoi occhi scuri analizzarono inevitabilmente le sue forme pronunciate, ben poco nascoste dalla sottoveste attillata che indossava. Risalì con lo sguardo il corpo perfetto della terrestre davanti a lui, poi finalmente raggiunse i suoi occhi cristallini. Il suo profumo vanigliato, in qualche strano modo, stuzzicava il suo olfatto come nessun odore percepito prima di allora.
“Non lo so” ammise.
Bra rimase in silenzio per qualche istante, cercando di tirare le fila di quell’assurda situazione.
Fece un bel respiro profondo, poi parlò.
“Se dobbiamo collaborare, non possiamo odiarci”
“Io non ti odio” rispose il ragazzo “credo solo che tu sia una viziata che non apprezza le fortune che ha avuto, ma che altri avrebbero desiderato più di ogni altra cosa”
Bra rimase di sasso, cercando di comprendere il significato delle parole del Saiyan.
“Cosa intendi dire?” chiese spiazzata.
“Sono mesi che ti osserviamo… abbiamo dovuto progettare il tuo rapimento nei minimi particolari. Ti abbiamo seguita, studiata ed analizzata” disse continuando a guardarla dal basso, seduto comodamente sul sedile dei comandi, rivelando finalmente com'era nato il loro piano fin dal principio.
“Sei scontenta della tua vita perfetta, non fai altro che lamentarti della tua condizione fortunata e vivi immersa nelle futilità terrestri… se avessi passato anche solo un giorno dell’adolescenza di tuo padre e di tutti noi non saresti così ingrata”
Bra lo fissò spiazzata, rimuginando sulle sue parole.
Nessuno le aveva mai sbattuto in faccia questa verità che in cuor suo sapeva essere tale, e doveva ammettere che il fatto che fosse stato proprio questo Sayan a farlo le dava oltremodo fastidio, ma sapeva di essere dalla parte del torto.
Non si era mai posta alcuna domanda sulle vite altrui, non aveva mai pensato a cosa potesse voler dire crescere senza dei genitori o su un altro pianeta lontano anni luce dal tuo pianeta di origine. Non si era mai posta molte domande, aveva solo focalizzato la sua attenzione su sé stessa, senza curarsi delle sue fortune.
Università, vestiti, amiche, feste.
Questi erano i suoi pensieri, mentre da qualche parte nello spazio c’era chi lottava tutti i giorni per la propria vita.
Forse era proprio per questa sua superficialità che Goten non l’aveva ritenuta una valida alternativa a Valese?
Forse era proprio per questa sua superficialità che i suoi genitori la tenevano ancora in una bolla di sapone?
Lei non aveva mai preso una scelta, le sue azioni erano sempre state dettate dalla costrizione del momento, senza permetterle una vera decisione presa di sua volontà. Tutto questo era vero, e ci era voluto un alieno che l’aveva rapita nello spazio per farle aprire gli occhi sull’inettitudine della sua vita.
“Hai ragione” disse dopo interminabili minuti di silenzio.
D’istinto sfilò di nuovo la bottiglia dalle mani del ragazzo e buttò giù lunghi sorsi di quella bevanda aliena, nella speranza che placasse il suo animo inquieto. Chiuse gli occhi cercando di controllare il bruciore in gola provocato dall’alcol probabilmente quasi puro, finché il suo stomaco riuscì ad accogliere più contenuto possibile.
Appoggiò la bottiglia sui comandi con violenza, cercando di ingoiare anche tutti i sensi di colpa che si erano scatenati in lei e la consapevolezza di non aver combinato poi molto in tutti quegli anni.
“Vado a riposare” disse a denti stretti staccandosi dai comandi e incamminandosi verso la porta della cabina “è meglio che riposi se voglio rendermi utile” aggiunse a bassa voce.
Adesso, aveva bisogno di stare da sola.
“Bra”
Una cosa banale come il suo nome proprio, la fece immobilizzare all’istante, ormai a pochi passi dalla porta per uscire. Il suo nome di battesimo, pronunciato da quelle labbra lineari e perfette che mai prima di allora l’avevano chiamata con così tanta confidenza, l’avevano paralizzata, senza alcuna motivazione sensata.
Sentì dei movimenti alle sue spalle, ed intuì che il Saiyan doveva essersi alzato dal sedile dei comandi.
Avvertì distintamente i suoi passi sul metallo della capsula avvicinarsi sempre di più a lei, finché i suoi occhi incollati al pavimento non registrarono nel campo visivo i piedi del ragazzo.
Rimase immobile per qualche istante, lo sguardo fisso sul pavimento, poi si decise ad alzare gli occhi ed incrociò le perle nere del guerriero in piedi davanti a lei. Così simili a quelle dei suoi amici sulla Terra ed a quelli di suo padre che per un attimo un brivido leggero percorse la sua schiena nel riconoscere quello sguardo fiero e deciso, ma allo stesso tempo quasi confortante e familiare. 
“Non credevo di aver colpito il bersaglio” ridacchiò il ragazzo cercando di sdrammatizzare la situazione, ma il volto della ragazza rimase teso e serio.
“Credevo fossi solo stronzo” disse improvvisamente, facendo tornare serio a sua volta anche il ragazzo “invece dicevi solo la verità” proseguì guardandolo e lasciandolo spiazzato per un istante, poi continuò.
“Mi hai solo ripetuto più volte la verità che non volevo vedere e… hai ragione! Sono una ragazzina viziata, che non ha idea di cosa accada al di fuori delle sue mura di casa” aggiunse amaramente.
Sentì distintamente gli occhi bruciare ed abbassò lo sguardo imbarazzata.
Bardack la guardò sorpreso, non aspettandosi minimamente quello sfogo e soprattutto che gli desse ragione in ciò che aveva detto. Avevano battibeccato parecchie volte da quando l’avevano prelevata dalla Terra, ma mai prima di allora la turchina gli aveva dato ragione.
Analizzò il viso dell’azzurra cercando di capire le sue emozioni, ma la ragazza cercò di nascondersi dal suo sguardo fissando il pavimento metallico sotto i loro piedi.
Fece un passo in avanti senza alcun ripensamento, afferrando il mento della ragazza deciso e sollevandolo per guardarla meglio, complice probabilmente anche l’eccessivo alcolico che aveva bevuto poco prima e che stava iniziando a inibire i suoi freni inibitori.
Bra sussultò al suo tocco caldo ed inaspettato, constatando la forza che il Saiyan emanava anche solo con un gesto così piccolo e limitato.
Bardack si chiese mentalmente cosa stesse facendo, perché avesse sentito il bisogno di guardare meglio il volto della ragazza; ma quando i suoi occhi registrarono delle lacrime che inaspettatamente colmavano gli occhi azzurri davanti a lui, restò totalmente spiazzato.
Cosa le prendeva adesso?
Perché stava piangendo?

“Lasciami…” farfugliò la ragazza con voce rotta dal pianto e cercando di divincolarsi per nascondersi dal suo sguardo. Piangere davanti a lui, era ancora peggio se unito alla considerazione che aveva di lei il Saiyan.
La presa del ragazzo non accennò a diminuire, ma la trattenne in modo saldo ma senza farle male. Le sue dita bollenti e ruvide restarono sulla sua pelle, facendo scaldare a sua volta anche le guance della turchina.
“Non piangere” le intimò serio il ragazzo “i Saiyan non piangono” aggiunse continuando a guardarla.
Bra trattenne il respiro, constatando il fatto che non la stesse prendendo in giro, per la prima volta.
Per un istante, la fermezza nella sua voce le aveva ricordato quella di suo padre.
“Avevi ragione” disse solamente guardandolo a sua volta.
“Se vuoi iniziare a far migliorare le cose non risolverai i tuoi problemi di certo piangendo”
Bra lo guardò stralunata; Bardack aveva ragione, piangere non l’avrebbe portata a niente.
L’avrebbe solo resa ancora più viziata e debole di quanto non fosse già.
“Invece che piangere, cerca una soluzione” le disse duramente avvicinandosi a lei e restando a soli pochi centimetri di distanza da lei “cerca una soluzione ed agisci… come hai fatto su Kapthos” aggiunse a bassa voce.
“Non so cos’ho fatto su Katphos” ammise sincera.
“Hai tirato fuori il tuo sangue Saiyan”
“Ho passato una vita a scappare ed a essere salvata… ho agito senza pensare”
 “Non sei scappata questa volta, non hai permesso che nessun altro ti salvasse. Hai fatto tutto da sola… una scelta obbligata anche questa, ma meno delle altre di sicuro” aggiunse guadagnandosi un’occhiata brillante a parte della ragazza.
Rimasero in silenzio per qualche istante, guardandosi negli occhi.
Era la prima volta che riuscivano ad avere un dialogo che non sfociasse in una lite o in qualche insulto.
Era la prima volta che Bra si sentiva compresa a fondo, ed era la prima volta che riusciva a parlare così liberamente di cose che neanche lei era mai riuscita a tirare fuori da sé stessa.
Il ragazzo davanti a lei era una continua incognita; proprio quando credeva di averlo compreso almeno in piccolissima parte, il Saiyan rivelava altri lati di sé che non immaginava.
Non si aspettava di certo da parte sua un dialogo così civile e quasi rassicurante, ma doveva ammettere di essere rimasta piacevolmente sorpresa.
Bardack in fin dei conti, sembrava un ragazzo normale, quando calava la sua maschera di indifferenza e durezza che si portava appresso. Per quale motivo poi?
I loro volti si avvicinarono sempre di più, senza che nessuno dei due se ne rendesse conto o avesse la capacità mentale di fermarsi. L’alcol bevuto poco prima offuscava le loro menti, rendendo tutto più onirico e poco razionale e la voglia senza precedenti e totalmente inspiegabile che avevano entrambi di annullare la distanza tra di loro era come un fiammifero acceso, che ormai non riusciva più a spegnersi.
Si avvicinarono sempre di più e, proprio quando Bra poté avvertire distintamente il respiro caldo del ragazzo sulle sue labbra e qualcosa vibrò nel suo stomaco per l'emozione, un rumore alle sue spalle la fece scattare come una molla.
In un millesimo di secondo Bardack si allontanò da lei, lasciando la sua presa intorno al mento e sulla vita della ragazza, dove aveva appoggiato la mano senza neanche rendersene conto. Bra invece, restò immobile fissandolo imbarazzata come mai prima di allora; poi, distolse lo sguardo a disagio.
Cosa stava per succedere?
Yoshi li guardò per qualche istante sospettoso, avvertendo l’aria pesante che si era creata lì dentro.
“Ho interrotto qualcosa?” indagò con ancora la mano sulla maniglia del portellone.
I ragazzi restarono in silenzio, mentre gli occhi di Yoshi cercarono una risposta sincera in quelli di Bardack.
“Credevo volessi dormire” disse Bardack guardandolo inespressivo.
“Credevo stessi dormendo anche tu, generale…” rispose di rimando il ragazzo, sottolineando quasi con aria di sfida l’appellativo formale con cui aveva appena chiamato il suo stesso cugino.
Bardack si irrigidì appena, intuendo ben poco rispetto nel nominare il suo grado, ma troppa ironia per i suoi gusti.
“Avevo voglia di bermi un bicchiere” rispose atono “ma non credo di doverti delle spiegazioni” aggiunse.
Le labbra di Yoshi si piegarono in un ghigno infastidito.
“Certo che no”
Bra seguì lo scambio di battute interessata, ma senza comprendere fino infondo la conversazione implicita che i due ragazza stavano avendo proprio sotto il suo naso.
Era palese ci fosse qualcosa tra le righe, ma non riuscì a comprendere niente.
“Credo andrò a dormire adesso” disse improvvisamente la ragazza, spezzando quell’intenso scambio di sguardi dei ragazzi, che non sembravano accennare a voler smettere.
“Vieni, ti accompagno alla tua stanza” disse immediatamente Yoshi spostandosi e facendole segno di entrare nel corridoio, poi alzò lo sguardo su Bardack e si osservarono per qualche istante in silenzio.
“Generale…” lo salutò Yoshi, in modo visibilmente costretto.
Bardack lo guardò per un istante, poi si voltò senza salutarli per riprendere tra le mani la sua bottiglia e si accasciò sul sedile davanti ai comandi, riprendendo a bere mentre i suoi occhi si perdevano nello spazio nero.

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Capitolo 11
*** Nameck ***


CAPITOLO 11 "Nameck"

Ebbe la stessa sensazione di quando stai dormendo e ti sembra di cadere nel vuoto.
Quell’attimo fuggente che ti fa sobbalzare lo stomaco come se ci fosse un vuoto d’aria quando sei in volo; questa volta però, sembrò durare decisamente più del dovuto. Afferrò appena in tempo la testiera del letto legandosi saldamente ad essa, quando un rumore assordate iniziò a provenire dall’esterno della capsula sulla quale stavano viaggiando. Il chiaro rombo dei motori si fece sempre più forte.
Una forza improvvisa la scagliò verso il soffitto della navicella, ma restando ben salda al letto non si spostò più di tanto, riuscendo così ad evitare un brutto impatto con il soffitto dell'astronave.
Gettò un’occhiata fuori dal piccolo oblò presente nella sua stanza, e fuori vide solo una scia luminosa che sembrava correre nello spazio insieme a loro, avvolgendo tutta la loro navicella.
Le ci volle un attimo per comprendere che stavano atterrando.
Ma dove?
Da quello che le risultava non erano ancora in prossimità delle coordinate di localizzazione di Kale, quindi dove stavano atterrando se al termine del loro viaggio mancavano ancora un paio di giorni?
Restò attaccata saldamente alla testiera del letto, quando improvvisamente, dopo svariati minuti passati in assenza di gravità e con una forza di accelerazione che la spingeva con potenza verso il soffitto facendola fluttuare nell’aria della stanza, un impatto meno duro del previsto le lasciò intendere che l’atterraggio doveva essere stato completato. Senza alcun preavviso, ricadde malamente sul materasso, sentendo le sue membra dure come l’acciaio e pesanti come sassi.
Cosa diavolo succedeva?
Cercò di tirarsi su dal letto, ma fu più difficile del previsto.
Che quell’atterraggio avesse in qualche modo danneggiato il suo organismo? Poco probabile.
Probabilmente si trovavano su un pianeta con una forza di gravità decisamente superiore a quella terrestre.
Dopo svariati minuti di tentativi, riuscì ad alzarsi, non senza fatica. Raggiunse lo specchio ancorato alla parete e guardò il suo riflesso.
Aveva deciso di indossare quella strana armatura che le avevano dato in assenza di altri vestiti; di certo non avrebbe potuto aggirarsi per lo spazio con solo una sottoveste addosso.
Analizzò i dettagli dell’armatura, molto simile a quella che indossava suo padre una volta, e che negli ultimi anni avevamesso  da parte ma a volte rispolverava ancora. Non era infatti infrequente trovarlo ad ammirare silenziosamente i suoi vecchi cimeli di guerra, soprattutto un vecchio e rovinato paio di guanti bianchi, che più volte si era chiesta da dove provenissero e più volte aveva provato a porre la domanda a lui stesso o a sua madre, senza ovviamente ricevere risposta da nessuno dei due.
Tuttavia, la tenuta da battaglia che aveva indossato, per quanto fosse simile all'armaura Sayan, era anche decisamente diversa da quella che apparteneva a suo padre. La sua, era sicuramente un modello femminile.
La parte inferiore presentava una gonna corta con uno spacco, che andava a coprire un paio di culotte che permettevano movimenti agili senza mostrare le proprie grazie. La parte superiore invece, presentava un corpetto rigido proprio come quello della versione maschile, ma il supporto per il seno andava ad evidenziare le sue forme già prosperose ed era tenuto ben adeso alla pelle da due spalline. Per quanto fosse aderente quell’armatura, doveva ammettere che fosse assurdamente comoda ed elastica in realtà.
Doveva essere fatta con qualche materiale alieno, sicuramente non disponibile sulla Terra.
Analizzò nuovamente la sua figura nello specchio.
Le stava bene, era innegabile, ma aveva più pelle scoperta che coperta e, mostrare le sue curve in modo così spudorato, per la prima volta in vita sua la metteva un po’ a disagio.
Si chiese a chi dovesse appartenere quell’armatura.
Era su una navicella con due uomini, di sicuro non apparteneva a loro.
Forse era di Kale…
Si sentì terribilmente a disagio non appena la sua mente ipotizzò potesse appartenere all’aliena che stavano cercando, poiché la sua testa l’associò automaticamente alla figura del generale presente sulla sua stessa navicella. Non si sentiva certamente a suo agio con gli indumenti di un’altra donna, ma del resto non aveva scelta, se non quella di indossare qualcosa che non le apparteneva.
Si legò i capelli ormai corti in due trecce, sistemandole e fermandole poi sulla parte alta della testa.
Tagliarsi i capelli le era costato parecchio, ma in fin dei conti doveva ammettere di aver preso una decisione paradossalmente azzeccata, visti gli avvenimenti immediatamente successivi.
Un rumore proveniente dalla porta attirò la sua attenzione, qualcuno aveva bussato.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, la porta si aprì lentamente, rivelando la figura di Yoshi perfettamente impeccabile nella sua armatura da battaglia. Il suo viso era privo di quell’aria stanca che gli aveva visto addosso qualche ora prima.
“Sei riuscita a riposare?” le chiese entrando nella stanza, non prima di essersi assicurato di poter entrare con lo sguardo.
Bra annuì, tornando a guardare il suo riflesso nello specchio.
“Ti sta bene” ridacchiò il ragazzo osservandola ed avvicinandosi a lei “ero convinto ti sarebbe andata bene, avete la stessa taglia...” aggiunse senza distogliere lo sguardo dalle sue forme.
Non appena se ne accorse, Bra si voltò incrociando le braccia al petto per nascondere le sue linee.
“Di chi è?” gli chiese curiosa.
“Non di chi pensi tu”
Bra rimase interdetta dalla risposta, a chi si riferiva? Aveva forse intuito i suoi pensieri su Kale?
“Cosa?” farfugliò confusa.
“Non appartiene a Kale” disse confermando i suoi pensieri “è di Alyne…”
“Alyne combatte?” chiese stupita.
“Certo…” rispose ridacchiando ed avvicinandosi all’oblò della cabina per guardare fuori.
“E perché non è venuta con noi?”
“Era giusto che non fosse così”
Bra rifletté sulla risposta volutamente vaga; aveva intuito ci fosse qualcosa tra Alyne e Yoshi, ma non aveva avuto modo di indagare ne di scoprire niente sul loro conto. Non aveva neanche idea che la ragazza che solo un paio di giorni prima l’aveva aiutata a prepararsi fosse una guerriera, non sapeva niente su di loro.
Su nessuno di loro.
“Cosa c’è tra di voi?” chiese curiosa sedendosi sul letto.
“Niente”
“Tu menti”
Yoshi la guardò divertito, soffocando una risata ed abbassò lo sguardo.
“Hai ragione…” disse incrociando le braccia al petto “ma non so cosa ci sia tra di noi” ammise poi sincero.
“In che senso?”
“Non abbiamo mai definito niente”
“E a te va bene così?”
“Sono un guerriero, lei anche. Non ho tempo per queste sciocchezze”
“Non sono sciocchezze se hanno ripercussioni sul tuo umore” gli fece presente la ragazza.
Yoshi rialzò gli occhi per guardarla meglio, ammettendo a sé stesso che dopotutto la ragazza aveva ragione.
“E’ più comodo non definire niente” aggiunse la turchina “ma a volte un po’ di chiarezza fa bene, è quello che serve”
“Nell’ultimo anno… da quando Kale è stata rapita, è cambiato tutto”
“In che senso?” chiese Bra sistemandosi sul letto.
Il ragazzo rimase in silenzio, non intenzionato evidentemente a darle una risposta.
La turchina sospirò, portando il suo sguardo cristallino fuori dall’oblò ed ammirando in silenzio quel panorama alieno così diverso da quello terrestre. L’erba blu ed il cielo verde le incutevano una sensazione strana; paradossalmente, era come guardare fuori dalla finestra di casa sua ma i colori sembravano essere stati invertiti da uno scherzo della natura.
“Dove siamo?” chiese curiosa a Yoshi “non può essere il pianeta su cui si trova Kale, ci abbiamo messo troppo poco…” aggiunse riflessiva.
“Infatti… ci siamo fermati qui per fare rifornimento. Essendo partiti tempestivamente da Kapthos non siamo riusciti a ricaricare abbastanza la navicella per fare tutto il viaggio senza interruzioni”
“E dove siamo?” chiese guardando sempre fuori dalla finestra. Un brivido di emozione attraversò le sue membra quando si rese conto di aver toccato già tre suoli alieni in meno di una settimana.
“Nameck”
Si voltò guardando estasiata il giovane alieno, credendo di non aver sentito bene.
“Cosa scusa?” chiese incredula.
“Pianeta Nameck” ripeté il ragazzo, senza riuscire a comprendere l’espressione della turchina.
Bra rivolse immediatamente il suo sguardo fuori dall’oblò, facendo un balzo per attaccarsi contro il vetro ed analizzare meglio l’ambiente lì fuori. Sentiva uno strano svolazzare nella sua pancia, mentre le sue dita tremavano emozionate contro il vetro del finestrino.
Per anni aveva udito racconti di quello che era successo su quel pianeta; lontano anni luce dalla Terra, così lontano che sembrava essere quasi immaginario. Il pianeta che aveva donato un nuovo supremo alla Terra, il pianeta su cui era stato finalmente sconfitto Freezer, il pianeta su cui suo padre era morto e poi risorto, il pianeta del primo leggendario Super Sayan.
Il pianeta su cui si erano conosciuti i suoi genitori e dove suo padre aveva iniziato a collaborare con i terrestri, ignaro che poi lo avrebbe continuato a fare per tutto il resto della sua vita. Il pianeta su cui si era avverata la leggenda. 
Quel pianeta era forse il centro di tutto, il punto di partenza di tutto; e lei era capitata lì.
Il destino l’aveva portata lì.
“Io devo uscire da qui” disse improvvisamente scendendo dal letto con un balzo. Si diresse vero la porta senza aggiungere altro, sotto lo sguardo incuriosito di Yoshi. Il ragazzo, senza farselo ripetere due volte, la seguì in silenzio, studiando attentamente il suo strano comportamento ma senza fermarla.
Percorsero veloci i corridoi della capsula, senza dire una parola.
La mente di Bra era concentrata su quello che avrebbe trovato lì fuori, oltre quelle pareti metalliche.
L’aria avrebbe avuto un altro profumo? C’erano altre forme di vita oltre ai namecciani?
Inserì il codice per l’apertura del portellone rapidamente, senza attendere un attimo di più.
“E tu come sai il codice di apertura?” chiese sorpreso Yoshi affiancandola.
L’azzurra scrollò le spalle, senza guardarlo.
“Ho visto quello che avete inserito quando siamo ripartiti”
“E te lo ricordi?”
“Mi sembra il minimo”
Il portellone si aprì e, senza aggiungere altro, la ragazza si alzò in volo di pochi centimetri, uscendo dalla navicella ed appoggiando finalmente i suoi piedi sul terreno del tanto menzionato pianeta Nameck.
Il sole scaldò subito la sua pelle, ma un’arietta fresca che soffiava da ovest non faceva risentire del caldo.
Sembrava quasi una primavera.
Che ci fossero le stagioni anche su Nameck?
Si guardò intorno emozionata, studiando ed analizzando ogni elemento diverso da quello che era abituata a guardare, scoprendo nuovi dettagli e colori che non aveva mai visto prima di allora.
Era in un altro mondo.
Era lontana anni luce dal suo pianeta, ma l’emozione che provava nel toccare lo stesso terreno che anni prima aveva visto la dura battaglia contro Freezer, faceva vibrare ogni sua fibra.
“Cosa ci fai fuori dalla navicella?”
Il tono duro e di rimprovero di Bardack raggiunse le sue orecchie, destandola dalla sua fase contemplatoria dell’ambiente circostante. Si voltò verso di lui, in piedi alle sue spalle, ancora con lo sguardo vacuo.
“Volevo vedere con i miei occhi il pianeta Nameck” spiegò pacata riprendendo a guardarsi intorno.
“Non puoi scendere senza il mio permesso” sentenziò il ragazzo facendo un passo avanti “adesso vieni, torna dentro” aggiunse prendendola malamente per un braccio e tirandola verso di lui. Bra si oppose e con uno strattone si liberò facilmente dalla sua presa.
Il Sayan la guardò stupito.
“Non faccio niente di male qui, voglio solo vedere questo posto” spiegò alterata.
“E’ pericoloso, non sei abituata a viaggiare nello spazio”
“Nameck è uno dei pianeti più tranquilli dello spazio!”
“E tu che ne sai?”
“Ne so abbastanza per essere certa di questo”
“Può succedere di tutto… se ci facessero un’imboscata non sarebbe più così sicuro. Considerando che stiamo scappando dal sovrano di Kapthos, sarebbe meglio tenere gli occhi aperti” rispose rigido il ragazzo. 
“Se ci facessero un’imboscata io combatterei” rispose sicura guardandolo negli occhi “come ho già fatto” aggiunse seria. Il ragazzo la guardò in silenzio, sostenendo il suo sguardo duramente.
Poi, improvvisamente, le sue labbra si piegarono nell’abbozzo di un sorriso divertito.
“E cosa ti fa pensare che non ci saresti d’intralcio?” le chiese con aria di sfida.
Bra lo guardò per un istante quasi pensierosa; poi, senza alcun preavviso, improvvisamente mosse fulminea il braccio destro, affondando con forza un pugno in pieno viso al ragazzo. Bardack, colto di sorpresa, venne sbalzato via di un paio di metri accusando il colpo, senza però perdere l’equilibrio ed immobilizzandosi sul posto.
Un silenzio tagliente invase l’aria intorno a loro, riempiendosi solo del cinguettio di qualche uccello alieno.
Dopo la sorpresa iniziale, Bardack si portò una mano sulla guancia calda appena colpita, guardando sconcertato la ragazza in piedi davanti a lui. Lo stupore sul suo volto era palpabile, mentre l'aria venne rotta dalla risata di Yoshi. 
“Ma sei impazzita?” ringhiò rabbioso Bardack stringendo i pugni per la rabbia.
“Ti devo dimostrare ancora di essere in grado di sapermela cavare da sola?” rispose saccente la turchina.
Prima che potesse aggiungere altro, il Saiyan con uno scatto fulmineo le fu addosso. Una presa ferrea le bloccò il braccio destro, mentre con l’altra mano avvolse il suo collo.
“Non osare mai più colpirmi ragazzina, sono stato chiaro?” le disse a bassa voce a pochi centimetri di distanza dal suo volto. Bra fissò intensamente gli occhi neri come la pece del ragazzo che sembrava estremamente serio, ma non abbassò lo sguardo.
“E tu non mettere più in dubbio la mia utilità” rispose con voce strozzata dalla presa che stringeva la sua trachea, ma nonostante tutto con tono fermo e deciso. "Se dobbiamo essere una squadra, dobbiamo esserlo sempre. Non sono più vostra prigioniera, sono qui per mia volontà. Abbiamo un patto” aggiunse continuando a sostenere il suo sguardo irato.
Bardack rimase in silenzio, ma la sua presa si fece un po’ più forte intorno al suo collo niveo.
Bra poteva sentirlo.
Sentiva perfettamente la sua energia spirituale farsi sempre più altalenante, sempre meno sotto controllo. Sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Le lune di quel ragazzo lo rendevano davvero instabile.
E pericoloso…
E affascinante...
Si maledì mentalmente per quello che aveva appena pensato e se ne pentì immediatamente. 
La turchina sospirò, rendendosi conto di non poter continuare a discutere con lui per ogni piccola cosa.
Erano alleati, dovevano iniziare a comportarsi come tali.
Alzò lentamente una mano, avvolgendo delicatamente la mano del ragazzo ancora stretta intorno al suo collo e distogliendo lo sguardo per l’imbarazzo del suo stesso gesto.
Nel momento in cui lo toccò, la sua mente registrò quella familiare sensazione di calore che prima non aveva avvertito. La mano del ragazzo era stranamente liscia per essere la mano di un soldato, ma poteva sentire distintamente sotto le sue dita un paio di cicatrici sul dorso della sua mano.
Tornò a guardarlo negli occhi, ma non vide più rabbia e nervosismo come poco prima; adesso poteva vedere solo… disorientamento.
“Credevo fossimo dalla stessa parte...” disse a bassa voce la ragazza, senza però ricevere risposta. “Lasciami…” aggiunse stringendo lievemente la mano del ragazzo e cercando di allontanarla dal suo collo. Senza alcun preavviso, la mano del Saiyan si lasciò guidare dalla sua senza opporre resistenza, facendole finalmente respirare di nuovo l’aria fresca di Nameck. Gli occhi neri nel ragazzo seguirono attentamente gli occhi cristallini della ragazza, senza distogliere mai l’attenzione da lei.
In quel preciso istante, un extrasistole smosse il cuore di Bra senza alcuna motivazione.
I suoi occhi si abbassarono, scappando da quelli del Saiyan e correndo sulle loro mani ancora unite all’altezza del loro bacino. La pelle ambrata del ragazzo contrastava la sua pelle nivea e di porcellana.
Prima che potesse dire qualcosa, il Saiyan allontanò di scatto la sua mano, riportandola lungo i fianchi a distanza di sicurezza dalla sua.
Restò per un attimo con la mano ancora sospesa in aria continuando ad osservarla confusa.
Si sentiva strana. Perché si sentiva strana?
“Non osare colpirmi mai più” disse secco il ragazzo spezzando il silenzio.
Gli occhi di Bra guizzarono di nuovo nei suoi.
“Siamo alleati, ma non permetterti mai più un gesto simile” aggiunse pulendosi un rivolo di sangue dal labbro che le aveva quasi rotto la ragazza con il suo colpo.
Quando Bra se ne rese conto, un senso di colpa la invase.
“Scusami” disse d’istinto, rendendosi conto solo dopo che probabilmente non c’era cosa peggiore da dire ad un guerriero.
Il Saiyan la guardò allucinato.
“Ti stai scusando?”
“Non volevo farti male, volevo solo dimostrarti che anche io posso essere utile! Non so combattere molto, è vero, ma ho la forza di un Saiyan” disse convinta “lascia che ti medichi almeno…” aggiunse allungando la mano verso il volto del ragazzo, ma Bardack si allontanò rapido scostando la sua mano.
“Non ho bisogno del tuo aiuto”
“Non serve che fai il sostenuto adesso, lascia che ti medichi il labbro, continui a perdere sangue”
“Sono un Saiyan, si rimarginerà presto” disse svelto “adesso torna nella navicella e chiudiamola qui”
“Non torno lì dentro, voglio vedere Nameck” ribatté sicura.
Il ragazzo la guardò sconcertato.
“Non sono stato chiaro forse?” chiese alterato.
“Voglio solo vedere il pianeta Nameck” ammise finalmente pacata , ed il ragazzo la guardò incuriosito.
“I miei genitori si sono conosciuti su questo pianeta… Goku, tuo zio, ha sconfitto Freezer qui. Questo posto è stato il teatro della maggior parte dei racconti della mia infanzia…” spiegò sincera “ho sempre sognato di vederlo con i miei occhi, ed il destino mi ha portata qui” concluse quasi imbarazzata da ciò che aveva appena detto, rendendosi conto di quanto sembrasse una richiesta infantile.
Bardack rimase in silenzio per qualche istante, continuando a guardarla senza distogliere lo sguardo. Quando la certezza che non le avrebbe risposto attraversò la sua mente, finalmente parlò.
“Tsk... terrestri" borbottò sottovoce, poi proseguì "devo parlare con il grande saggio namecciano, se vuoi vedere questo posto vieni con me, almeno non sarai da sola ed eviteremo che tu possa combinare qualche casino o che tu ti faccia rapire o ammazzare” concluse apparentemente disinteressato.
Bra non riuscì a trattenere un sorriso, illuminando il suo volto dopo molto tempo.
“Grazie” disse emozionata “prometto che non ti sarò d’intralcio”
“Lo spero” bofonchiò il Saiyan dandole le spalle e guardando l’orizzonte davanti a loro.
“Non volevo colpirti prima…” si giustificò la turchina “ma sono cresciuta in mezzo ai Saiyan, so che voi risolvete le cose così…” aggiunse abbassando il tono di voce.
Bardack si rivoltò verso di lei accigliato, ma senza riuscire a trattenere un sorrisetto compiaciuto.
“Picchi forte ragazzina… forse con un po’ di allenamento ci potresti essere davvero utile”
Il commento del Saiyan aleggiò nell’aria per qualche istante prima che la mente di Bra potesse registrare il complimento indiretto che le aveva fatto.
Da quando era nata, nessuno aveva mai creduto che sarebbe potuta essere utile in un combattimento.
“Dato che siamo alleati…” borbottò insicura “che ne dici se la smettessi di chiamarmi ragazzina ed iniziassi a chiamarmi almeno per nome?” propose fissando lo sguardo nel suo.
Gli occhi neri del Saiyan la squadrarono attentamente, ma lei non abbassò lo sguardo.
“Si potrebbe fare” concluse il ragazzo.
Bra trattenne un sorriso, cercando di mascherarlo abilmente grazie all’autocontrollo che aveva sicuramente ereditato da suo padre.
“Adesso andiamo, dobbiamo ripartire al più presto” disse il ragazzo alzandosi in volo a qualche metro da terra. Bra non se lo fece ripetere due volte; si alzò in aria aleggiando elegantemente e lo raggiunse.
“Yoshi non viene?” chiese la ragazza gettando uno sguardo verso la navicella.
“No, deve procurare il carburante per proseguire il viaggio”
Senza aggiungere altro, il Saiyan saettò nel cielo in un direzione ben precisa. Bra, senza attendere oltre, spiccò il volo nella stessa direzione più veloce che poteva.

Ciao a tutti!
Dopo un anno esatto sono tornata ad aggiornare questa fanfiction. Sono consapevole di essere assolutamente imperdonabile, ma spero potrete perdonarmi lo stesso per apprezzare al meglio questo nuovo capitolo :)
I nostri amici sono sbarcati sul pianeta Nameck, in cerca di viveri e carburante. Cosa troveranno nel pianeta che ha visto la leggenda diventare realtà molti anni prima? 
Non so se ci sarà ancora qualcuno ch emi segue ma, se così dovesse essere, attendo impaziente le vostre recensioni.

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Capitolo 12
*** Stop calling me Terrestrial ***


Capitolo 12 "Stop calling me Terrestrial"

Atterrarono davanti ad una piccola struttura a cupola dipinta di giallo chiaro, molto simile alla struttura di casa Son.
Intorno a loro si estendevano chilometri e chilometri di distese dal colorito verdastro ed azzurrognolo, senza l’ombra di nessun’altra costruzione nel raggio di miglia. Erano totalmente dispersi nel nulla,in una galassia lontana, su un pianeta alieno.
Non sembrava esserci nessun namecciano nei dintorni; non avevano incontrato nessuno da quando si erano alzati in volo per raggiungere il punto prefissato da Bardack. Neanche l’ombra di una città, di un viallggio o di qualcosa che potesse far supporre la presenza di qualche forma di vita sul pianeta. Solo quella casetta singola persa tra i monti e le colline azzurre.
“Siamo arrivati” sentenziò Bardack incamminandosi verso la modesta porta della struttura e senza apsettarla.
Bra lo seguì in silenzio, fermandosi al suo fianco davanti all’ingresso. Il Saiyan bussò alla porta, restando in attesa davanti a quella tavola di legno che se avesse voluto avrebbe potuto tranquillamente buttare giù solo con un mignolo.
Lo guardò sorpresa.
Da quello che le avevano sempre raccontato, non era usanza Saiyan giungere in un luogo e chiedere il permesso di entrare, ne tanto meno attendere, elegantemente e con pazienza, in piedi a braccia conserte davanti ad una sottile porta in legno, che qualcuno aprisse.
Era evidente che Bardack fosse stato educato e cresciuto come un Saiyan, ma allo stesso tempo l’altra sua metà aliena temprava e levigava gli spigoli duri del suo carattere e della cultura suo popolo di origine. Che poi era anche il suo. 
I suoi occhi azzurri analizzarono attentamente la figura del generale, soffermandosi particolarmente sul suo profilo perfetto. Il naso piccolo lievemente all’insù, adornato da un piccolo anellino tale e quale ad un piercing,  addolciva i suoi tratti tesi e sempre sull'attenti. Una fascetta rossa legata saldamente sulla fronte teneva alti i ciuffi di capelli che altrimenti avrebbero coperto la sua fronte spaziosa, facendolo sudare più del dovuto. Le labbra serrate e apparentemente morbide, rispettavano ogni proporzione del suo volto, esprimendo visibilmente la sua impazienza. Il suo sguardo azzurro, ma Saiyan, riuscì a catturare delle piccole goccioline che imperlavano le sue tempie. In effetti faceva piuttosto caldo su Nameck; dovevano esserci all’incirca 30 gradi sotto quel sole cocente ed alieno, se non di più.
“Fa caldo qui…” commentò spezzando il silenzio e guardandosi intorno curiosa.
“Nameck in questo periodo è molto vicino al pianeta Phatos, il Sole di questa galassia per capirci…” rispose atono il ragazzo, senza muoversi neanche di un millimetro. Se Bra non avesse visto le sue labbra muoversi, avrebbe giurato non fosse stato lui a parlare.
La ragazza guardò il cielo curiosa, cercando di scorgere quel pianeta che le era appena stato nominato, ma non riuscì a vedere niente.
Si voltò ricontrollando il cielo alle sue spalle, ma ancora niente.
Tornò a fissare la porta davanti a loro, ancora chiusa.
“Ci apriranno mai?” chiese guardandolo dubbiosa, ma il ragazzo non si schiodò dalla sua posizione.
“Stanno facendo il riconoscimento”
“Il riconoscimento?” ripetè senza capire.
“Sì, prima di farci entrare… devono assicurarsi che non siamo ex mercenari di Freezer” spiegò il ragazzo “i nostri geni Saiyan li fanno dubitare…” aggiunse con un sorriso bieco e divertito.
Quando stava per rispondere, la serratura fece uno scatto improvvisamente e la porta davanti a loro si aprì. Uno scricchiolio inquietante accompagnò l’apertura del portone, rivelando una figura che Bra riconobbe all’istante. Il namecciano davanti a lei era assolutamente uguale in ogni dettaglio a Junior ed al suo Supremo, Dende.
“Per la miseria!” imprecò sbalordita “è uguale a Dende” proseguì senza riuscire a restare zitta.
Bardack le lanciò un’occhiataccia e lei intuì all’istante di aver parlato troppo.
Si morse un labbro nervosa, distogliendo gli occhi dallo sguardo di accusa del generale affianco a lei.
Ne avrebbe mai combinata una giusta?
“Scusatela… non sa quello che dice” disse subito Bardack “non siamo qui per reclamare niente” aggiunse subito dopo “ci servirebbe solo del carburante e mi piacerebbe scambiare due parole con l’Anziano Saggio”
Bardack ed il namecciano si scrutarono a vicenda, in silenzio, analizzandosi in ogni dettaglio.
Bra notò immediatamente come l’atteggiamento fiero, e quasi arrogante, del suo compagno di viaggio non avesse assolutamente messo in difficoltà l’alieno davanti a loro. Il namecciano sembrava sereno.
“Perché due Saiyan vogliono parlare con il nostro Saggio?” chiese serio spezzando il silenzio.
Bra aprì la bocca per specificare la sua metà terrestre, ma un’occhiataccia di Bardack la fece tacere all’istante.
“Ho delle questioni da porgli” si affrettò a dire il Saiyan affianco a lei “niente che comporti una guerra”
“I Saiyan non sono mai stati graditi su Nameck” disse acido “non credo faremo un eccezione neanche questa volta” aggiunse guardando con sfida il ragazzo. Bra avvertì distintamente l’aura di Bardack oscillare pericolosamente.
Se avesse avuto uno scoppio d’ira, di sicuro non lo avrebbero mai ricevuti. Doveva mantenere il controllo.
Decise di intervenire.
“Non vogliamo niente da voi” disse rapida, beccandosi un’altra occhiataccia da parte di Bardack. Ricambiò lo sguardo, cercando di fargli capire di fidarsi di lei, ma il volto del ragazzo rimase teso. 
“Vorremmo solo parlare con il vostro Saggio… potrebbe aiutarci” proseguì la ragazza “stiamo cercando una ragazza, Kale. E’ la compagna del mio amico…” aggiunse, rendendosi conto che il suo tono si era quasi incrinato nel pronunciare l’ultima frase, ma decise di non farci caso.
Sospirò amareggiata.
“Non vogliamo fare niente di male” aggiunse abbassando il tono di voce.
Gli occhi del namecciano si spostarono dalla figura del ragazzo a quella di Bra, ancora in piedi affianco a lui con le braccia conserte. I suoi occhi la scrutarono attentamente, studiandola silenziosamente dopo il suo monologo.  La ragazza non abbassò lo sguardo, ma ricambiò l’occhiata di interesse dell’alieno.
“Hai un aspetto familiare…” decretò il namecciano continuando a guardarla.
Bra sollevò le sopracciglia sorpresa “non credo proprio di averti mai visto” disse immediatamente “vengo dalla Terra” specificò subito dopo. Bardack la fulminò con lo sguardo all’istante.
In un attimo, il volto dell’alieno davanti a loro cambiò totalmente espressione.
“Dalla Terra!” esclamò subito il namecciano quasi saltando dall’emozione “sei una terrestre?” le chiese con impeto. Bra lo guardò sorpresa da tutto quell’entusiasmo.
“Si…” farfugliò confusa.
“Com’è possibile? Avverto il sangue Saiyan nelle tue vene” disse il namecciano prendendole una mano rapidamente. Prima che Bra potesse ritrarla, l’alieno l’afferrò trattenendola ed improvvisamente tutto divenne buio intorno a lei. L’unica cosa che poteva vedere era la figura del namecciano ancora in piedi davanti a lei, con la sua mano stretta nella sua e i suoi occhi fissi nel suo sguardo cristallino.
Non c’era nessun altro intorno a loro, era sola. Dov’era finito Bardack?
Il suo cuore iniziò a battere tachicardico per l’agitazione. 
Era sola. 
Cercò di muoversi, ma non riuscì a muovere di un centimetro neanche un muscolo del suo corpo.
Sembrava paralizzata.
Cosa stava succedendo?
Proprio quando l’agitazione stava iniziando a montarle dentro, improvvisamente tutto tornò come prima ed in un attimo fu i nuovo su Nameck. Il sole cocente sopra la sua testa che riscaldava la sua pelle, Bardack in piedi al suo fianco e l’alieno con la mano ancora stretta nella sua. Alla visione del suo compagno di viaggio ancora lì, affianco a lei, il suo cuore si calmò rapidamente sentendosi sicuro, tornando ad una frequenza normale. Spalancò la bocca sorpresa senza capire cosa fosse appena successo ma, prima che potesse chiedere spiegazioni, il namecciano parlò di nuovo. 
“Per tutti i Supremi di ogni pianeta…” esclamò l’alieno lasciando la presa sulla sua mano “sei la figlia della signora Bulma e del Principe dei Saiyan Vegeta!” balbettò spalancando la bocca sconcertato.
Bra lo guardò totalmente confusa, come poteva saperlo? Come li conosceva?
“Vostro padre ha compiuto una strage molti anni fa su questo pianeta” decretò il namecciano serio.
Bra deglutì nervosa, metabolizzando quello che aveva appena sentito.
Suo padre non era un santo, questo lo sapeva bene. Tuttavia, quella verità scomoda le scombussolò lo stomaco inaspettatamente e più di quanto immaginasse. Venne invasa da una lieve sensazione di nausea, che le provocò un cerchio alla testa. 
Il passato nello spazio di suo padre era oscuro, questo lo sapeva; ma i suoi genitori e tutti i loro amici si erano sempre riguardati bene dal raccontarle le gesta di suo padre quando era ancora giovane. Per salvaguardare probabilmente la considerazione che aveva di lui, alla fine l’aveva tenuta all’oscuro di tutto, facendole sbattere in faccia la verità da uno sconosciuto. 
“In un villaggio qui vicino… ha distrutto tutto. Raso al suolo tutto, ogni casa, uomini, donne e bambini. Senza distinzioni” raccontò il namecciano con tono piatto.
Fu come una bomba che esplode sotto acqua.
Una miriade di emozioni si liberarono nel petto della ragazza, ma cercò abilmente di nasconderlo agli occhi dei due presenti. L’idea che suo padre avesse compiuto un vero e proprio massacro non riusciva neanche ad essere realmente elaborata dalla sua testa. Suo padre era stato un assassino. Aveva militato nelle schiere di Freezer per trent'anni e aveva tolto molte vite, questo lo aveva sempre saputo, eppure non se n'era mai preoccupata. Così lontana da quella realtà che le sembrava quasi finta da quanto assurda fosse, aveva deciso di catalogare tutto come un brutto incubo. Ma non era un incubo, era verità.
Deglutì nervosa, cercando di buttare giù la bile che minacciava di risalire il suo esofago. 
Non poteva farsi vedere fragile in quel contesto; non adesso che aveva quasi conquistato un briciolo di rispetto soprattutto da parte del Saiyan affianco a lei. Il suo sguardo nero era fisso su di lei, da ormai svariati minuti.
Se voleva sopravvivere nello spazio, doveva reagire.
“Le gesta di mio padre non sono le mie” sentenziò cercando di mostrarsi decisa “non posso essere giudicata per quello che ha fatto mio padre ormai quasi trent’anni fa” aggiunse guardandolo negli occhi.
Il volto del namecciano si rilassò improvvisamente.
“Questo è vero… ma i genitori sono coloro che ci danno gli insegnamenti per tutta la vita. Gettano le radici per l’albero che crescerà. Tuo padre ti ha trasmesso un grosso fardello da portare in testa, la corona Saiyan è pesante…” disse a bassa voce “tuttavia… considerando la tua metà terrestre, ritengo che tu abbia ricevuto insegnamenti etici e sani principi. Tua madre, la signora Bulma, ci ha aiutati molto. Ci ha ospitati in casa sua quando non sapevamo dove andare, ha rimesso insieme le sette sfere del drago e ha fatto rinascere Neo Nameck…” aggiunse con uno strano luccichio negli occhi “mi stupisce che abbia deciso di unirsi indissolubilmente ad un Saiyan come Vegeta, ma se lei ha visto del buono in lui voglio fidarmi…” sentenziò pensiroso.
Il silenzio aleggiò nell’aria intorno a lei, mentre i presenti metabolizzavano ancora sulle parole appena pronunciate. Poi, inaspettatamente, il namecciano si fece da parte e indicò l’entrata.
“Venite, vi porterò dall’Anziano Saggio. Mi fiderò di voi…” decretò.
Bardack guardò sorpreso la ragazza, ma Bra evitò accuratamente il suo sguardo.
Senza pensarci due volte, per fuggire allo sguardo indagatore del Saiyan, Bra entrò nella piccola casa a forma di cupola e si incamminò dietro al namecciano. Il ragazzo la metteva terribilmente in soggezione, e lei non riusciva a capirne il perchè.
Bradack la seguì immediatamente, senza perderla di vista. Camminarono per qualche minuto in silenzio, finché non raggiunsero una scala che portava ad un piano interrato. Bra guardò scettica la piccola scala in legno, ma non aveva altra scelta, scese seguendo l’alieno. Bardack, affiancandola felino, si abbassò sul suo orecchio per non farsi sentire.
“Cos’è questa storia che tua madre ha aiutato i namecciani?” le chiese curioso.
Bra scosse la testa “niente… cose successe trent’anni fa” tagliò corto continuando a camminare.
La morsa nello stomaco stringeva sempre di più.
Le rivelazioni su suo padre avevano decisamente cancellato nella sua testa le gesta memorabili di sua madre.
Guardò davanti a sé catturando la schiena dell’alieno davanti a lei.
Non aveva idea di cosa dovessero discutere Bardack e l’Anziano Saggio, ma lei era sempre più curiosa di scoprire tutto quello che non le avevano mai raccontato.
 

Uscire di nuovo all’aria aperta fu come riemergere dall’acqua e respirare di nuovo.
Inspirò a pieni polmoni l’aria frizzantina di Nameck, cercando di metabolizzare tutto quello che aveva appena sentito.
Quando vide Bardack al suo fianco, non esitò a parlare.
“Potevi dirmelo che non stavi cercando solo Kale” esordì stizzita. Bardack assottigliò gli occhi.
“Kale è la priorità” stabilì serio.
“Si lo è…” confermò la ragazza “ma prima che la rapissero stavate cercando qualcosa” aggiunse incrociando le braccia al petto.
Se doveva far parte del piano, doveva essere resa partecipe totalmente.
Bardack la guardò seriamente.
“Non credo sia importante adesso” disse voltandosi per andarsene, ma la mano di Bra volò rapida sul suo avambraccio, costringendolo a voltarsi di nuovo verso di lei. Abbassarono lo sguardo sul punto di contatto nello stesso momento. Dopo un attimo di esitazione, Bardack spostò il braccio liberandosi rapidamente dalla presa delicata della Principessa.
“Io credo di sì invece!” decretò seria. Si guardarono intensamente per qualche istante, poi Bra parlò di nuovo.
“Cos’è questa storia dell’anello di Rosicheena?” indagò curiosa.
Per un attimo, Bardack le sembrò quasi nervoso.
“Niente che ti interessi” tagliò corto il ragazzo “ritroveremo Kale e poi ti riporteremo sulla Terra”
“Perché ho la sensazione che non andrà così?” sbuffò la ragazza mettendo le mani sui fianchi “non so cosa ci fosse in ballo prima di tutta questa storia, ma so per certo che mi stavate cercando ancor prima che rapissero Kale” aggiunse pensierosa “è intuile mentire, generale” disse accentuando il tono acido sul grado del ragazzo davanti a lei.
Bardack si avvicinò pericolosamente al suo viso per essere più persuasivo, ma ormai Bra non aveva più paura di lui.
“Come ti sto dicendo da settimane ormai… non sono affari che ti riguardano ragazzina” ringhiò a denti stretti. 
“Io credo proprio di sì”
“Dovresti smetterla di ficcare il naso in cose che non ti riguardano”
“E tu allora potevi evitare di portarmi qui con te, mi hai messa in mezzo tu!”
“Sei stata tu a voler venire”
“E per fortuna! Sto scoprendo troppi altarini per i miei gusti…”
“Non c’è niente che tu debba sapere. Ritrovata Kale, tu tornerai sulla Terra e finalmente mi sarò liberato di un grande peso”
“E credi di risolvere tutto così? Lo hai detto tu stesso all’Anziano Saggio, ormai non puoi più tornare indietro. Vuoi spiegarmi di cosa stiamo parlando?”
Il ragazzo la guardò con astio.
“Pensa prima a risolvere quello che hai nella tua testa, poi forse potrò valutare di spiegarti qualcosa” commentò sprezzate il ragazzo appoggiandole un dito sulla fronte. Bra scostò malamente la sua mano, allontanandolo da lei.
“Di cosa stai parlando” sputò fuori innervosita e sul volto del Saiyan si dipinse un ghigno.
“Ti turba così tanto che tuo padre abbia fatto il mercenario per trent’anni della sua vita?”
Bra spalancò gli occhi punta sul vivo.
“Non dire fesserie, conosco bene il passato di mio padre”
“Ho visto la tua faccia quando l’Anziano Saggio ha ricordato il suo sterminio e tutte le sue memorabili gesta…tuo padre era un assassino intergalattico,così come il mio. Prima te lo metti in testa meglio sarà per te...” disse con un ghigno il ragazzo “se prima avessi potuto vomitare, lo avresti fatto” aggiunse ridacchiando con cattiveria.
Bra lo spintonò nervosa.
“Smettila”
“Perché? Non avevi detto di conoscere bene il passato del tuo paparino?” la prese in giro il Saiyan. Bra, ormai alla fine della sua pazienza e stanca delle sue prese in giro gratuite, d’istinto sganciò un pugno che lo colpì dritto sulla guancia destra, facendogli girare il volto dalla parte opposta. Bardack rimase immobile per qualche istante decisamente sorpreso, poi tornò a guardare la ragazza davanti a lui portandosi una mano sulla guancia traumatizzata. La guardò allibito, schiudendo le labbra per la sorpresa. 
“Picchi duro Principessa” ridacchiò con un ghigno “devo averti fatto proprio incazzare se ti sei scomodata a tanto” aggiunse massaggiandosi la guancia arrossata.
I nervi di Bra vibrarono come le corde di un violino.
“Perché devi essere sempre così stronzo?” gli chiese frustrata. Senza aggiungere altro, si voltò ed iniziò a camminare senza una meta precisa. Il ragazzo la seguì con lo sguardo, accennando un sorriso.
“Dove hai intenzione di andare?” le chiese alzando il tono di voce affinché la sua domanda raggiungesse le regali orecchie della ragazza. Bra non si voltò ma borbottò un “lontano da te” che il Saiyan udì benissimo.
Bardack dovette trattenere una risata.
“Stai andando nella direzione sbagliata. La nostra navicella è dalla parte opposta”
Bra si bloccò improvvisamente, voltandosi di scatto.
“Si può sapere perché qualsiasi cosa faccia non va mai bene?” urlò mettendo le mani sui fianchi “tieniti pure i tuoi segreti del cavolo, ma smettila di trattarmi così. Smettila di essere così stronzo, smettila di mettermi alla prova” aggiunse esasperata.
Bardack sollevò le sopracciglia.
“Non serve scaldarsi così tanto” commentò atono.
“Disse colui che non appena fai qualcosa cerca di strangolarti” lo prese in giro la ragazza alzando gli occhi al cielo "forse dovresti fare un corso sul controllo dei nervi"
"E tu dovresti parlare con qualcuno che ti aiuti a superare i tuoi traumi infantili nei confronti delle azioni di tuo padre" la prese in giro tastando un punto dolente. Bra lo guardò in cagnesco. 
"Se non mi reputi degna di fare questo viaggio con voi, allora scaricatemi subito sulla Terra, mi fareste solo un favore”
Bradack scoppiò a ridere.
"Ci ho pensato diverse volte, ma ormai siamo qui. La Terra è troppo lontana"
Bra si sentì ferita dalle sue parole.
Da quando era stata rapita, non aveva fatto altro che cercare di guadagnarsi il rispetto del Saiyan davanti a lei. 
"Vi aspetterò su Nameck" stabilì risentita. Bardack la guardò accigliato.
"Non dire sciocchezze"
"Non sto scherzando, vi aspetterò qui" rispose incrociando le braccia al petto.
“Frena, stai facendo tutto da sola” l’ammonì il ragazzo.
“Allora perché non mi vuoi dire di cosa stava parlando l’Anziano Saggio? Stavate cercando un anello e pensavate ce l’avessi io… perché?” chiese Bra. Lo guardò attentamente, in attesa di una risposta.
“Pensavamo ce l'avessi tu perché apparteneva alla regina, tua nonna”
“Che cosa?” chiese confusa Bra. Bradack sospirò rassegnato.
“Rosicheena era tua nonna, la regina Rosicheena. La leggenda racconta che ogni regina Saiyan possedesse un anello, che si tramandava di generazione in generazione, in grado di controllare in qualche modo gli animi di tutti i presenti” raccontò privo di espressione “il sovrano di Kapthos, prima di volere te in carne ed ossa come merce di scambio, voleva l’anello di Rosicheena. Così ti abbiamo trovata… cercando l’anello della famiglia Vegeta, perso da sessant’anni nello spazio. Quando ha scoperto che esisteva una Principessa dei Saiyan, il Re di Kapthos ha deciso di voler te e non l'anello”
Bra rimase in silenzio, meditando sulle parole del ragazzo.
Fissò quei fili d’erba azzurri sotto le suole delle sue scarpe, ammirandone il colore alieno.
Non aveva mai sentito parlare di questo anello, ne tantomeno di sua nonna in realtà. Suo padre non gliene aveva mai parlato; ma del resto, suo padre non le aveva raccontato molte cose del suo passato. Come poteva pretendere che le raccontasse una delle loro leggende se non voleva mai nominare i suoi regali nonni? Ricordava ancora quando da piccola aveva erroneamente chiesto a Vegata informazioni sui suoi sconosciuti nonni. Suo padre era sparito per un giorno intero senza dire una parola.
Non era facile avere a che fare con il Principe dei Saiyan, ne tantomeno esserne la figlia. Per quanto potesse volerle bene, e lei questo lo sapeva, restava sempre un uomo difficile da avvicinare, ma soprattutto pieno di segreti. Era convinta che neanche sua madre conoscesse proprio tutto in realtà. Sicuramente molte delle sue avventure non gliele avrebbe mai raccontate.  
Probabilmente non avrebbe mai compreso fino infondo quello che c’era nell’animo di suo padre, perchè non aveva idea di quello che aveva dovuto passare per diventare la persona che era oggi. Il suo papà. 
Da quando era stata rapita, aveva aperto gli occhi su molti aspetti che prima aveva sempre ignorato. Era facile guardare solo sè stessi e la propria vita, era facile non preoccuparsi di nessuno al di fuori di sè, era facile tenersi lontana dall'azione e vivere la parte migliore dei due mondi. Ma esisteva anche l'altro lato della medaglia e stava iniziando a capirlo. 
Aveva vissuto la sua vita terrestre fino a quel momento; adesso era arrivato il momento di scoprire la vita Saiyan. 
“Adesso possiamo andare? Ti sei calmata?” le chiese Bardack avvicinandosi a lei.
“L’Anziano Saggio ha detto che gli abitanti di Kapthos sono molto forti…” rifletté a voce alta la ragazza.
“E lo sono, l’hai visto tu stessa”
Bra alzò lo sguardo catturando gli occhi neri del ragazzo davanti a sé.
La sua corporatura massiccia e ben allenata la sovrastava. Lo scollo dell’armatura rivelava quello strano disegno tatuato sul suo collo, che ogni volta catturava il suo sguardo curioso.
Avrebbe tanto voluto chiedergli cosa significasse, ma era certa che il ragazzo non avrebbe mai risposto.
L’anellino sul suo naso scintillò alla luce del sole, mentre i suoi occhi neri restarono incatenati nei suoi, in attesa di qualcosa.
Lui sapeva che qualcosa frullava nella testa della ragazza.
“Allenami” disse improvvisamente la ragazza, spezzando il silenzio surreale che si era creato.
Bardack aprì la bocca senza celare la sua sorpresa per la prima volta.
“Che cosa?” chiese, convinto di non aver capito bene.
“Allenami” ripeté convinta.
“Io non credo che…”
“Non posso affidarmi al mio istinto se il mio avversario è forte, temibile e sa combattere” decretò la ragazza “non sono mai stata allenata. Tutto quello che so fare, è semplicemente il mio istinto Saiyan che mi dice cosa e come farlo. Ho bisogno di qualcuno che mi alleni, che mi insegni le tecniche di combattimento… non posso lottare in modo casuale. Finirei solo per farmi mandare al tappeto”
Bardack la guardò meditabondo.
La ragazza non aveva tutti i torti. Gli abitanti di Kapthos erano combattenti valorosi e temibili; non poteva affidarsi esclusivamente al suo istinto Saiyan.
“Se tu e Yoshi sareste impegnati a combattere, non potrete aiutarmi” aggiunse Bra cercando di convincerlo.
“E va bene” accettò il ragazzo “ma dovrai ascoltarmi e non mettere in dubbio quello che dico” aggiunse immediatamente “parliamoci chiaro terrestre… senon dovessi vedere subito risultati chiudiamo tutto subito. Non ho tempo da perdere”
Lo sguardo di Bra si illuminò immediatamente.
“Grazie, non te ne pentirai, lo prometto”
“Adesso andiamo, iniziamo subito” disse svelto “ci vorrà qualche ora perché Yoshi recuperi tutto il carburante necessario per il viaggio. Inizieremo adesso”
"Ti chiedo solo una cosa..." mormorò la ragazza guadagnandosi lo sguardo incuriosito del generale.
"Dimmi"
"Non chiamarmi più terrestre"

 

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Capitolo 13
*** Letting your guard down ***


Capitolo 13 "Letting you guard down"

Dopo averla fatta sudare per ore tirando calci e pugni all’aria per "imparare la tecnica che le mancava”, come sosteneva il Saiyan, Bra crollò per terra sfinita. Si abbandonò sull’erba azzurrina del pianeta Nameck, boccheggiando e cercando di riprendere fiato. Si sentiva come se le fosse passato sopra un trattore, o forse in quel caso sarebbe stata addirittura meglio.
Fece un profondo inspirio, rilasciando poi tutta l’aria che aveva incamerato nei polmoni.
L’allenamento era duro, e le sembrava che non fosse poi così fruttuoso.
“Non abbiamo finito, alzati” la richiamò Bardack, ma Bra non si mosse di un centimetro.
“Facciamo cinque minuti di pauda, dai... sono distrutta” ammise sospirando “e poi... non mi sembrano molto utili questi allenamenti sinceramente” aggiunse guardandolo scettica. Bardack sollevò il sopracciglio destro visibilmente innervosito.
“Non saranno mai utili se non ci metti impegno” rispose duro “per te è solo un gioco questo?”
“Non è un gioco… ma non mi sono mai allenata in tutta la mia vita, faccio fatica a tenere questi ritmi”
“Questi ritmi sono solo il livello base di un allenamento Saiyan” precisò il ragazzo stringendo i pugni “se non te la senti puoi andartene quando vuoi, nessuno ti obbliga a combattere. Per me puoi anche stare chiusa nella navicella finché io e Yoshi recuperiamo Kale. Non saresti di sicuro la carta vincente della guerra in ogni caso…”
Bra lo guardò in cagnesco, ferita dalle sue parole e sentendo la rabbia montarle dentro come un uragano.
Sapeva bene di non essere la carta vincente di quella battaglia, ma sapeva anche di poter dare una mano. Dopotutto, per quando scoordinata potesse essere, era pur sempre una Saiyan anche lei. Qualche gene della guerra doveva averglielo trasmesso suo padre.
“Mi sto impegnando invece” rispose alterata, ma cercando di mantenere un contegno affinché il Saiyan non la scaricasse.
Il ragazzo scoppiò a ridere malignamente.
“A me non sembra… ma se ti stai impegnando così, siamo messi male”
Bra abbassò lo sguardo in imbarazzo. Sapeva di non essere così brava nel combattimento come Trunks o come Pan o come Goten, ma loro avevano combattuto fin da piccoli, erano stati addestrati a questo. Proprio come Bardack. Per lei i suoi genitori avevano altri progetti; la lotta non era mai stata contemplata per il suo futuro.
Si guardò la mano sporca di terra.
Delle sue unghie perfette restava ben poco. Delle microlesioni costellavano i palmi delle sue mani ed in qualche punto usciva anche qualche piccola goccia di sangue. Le sue mani erano bel lontane dalla perfezione di qualche mese prima, eppure non le importava.
Se fosse riuscita a colpire il ragazzo anche solo una volta, avrebbe vinto lei.
Strinse i denti e, con molta fatica, si rialzò in piedi.
Il Saiyan la seguì con lo sguardo, in attesa della sua prossima mossa.
Non gliel’avrebbe mai data vinta così.
“Riproviamoci” disse sicura mettendosi in posizione.
Le labbra del Saiyan si piegarono in un ghigno soddisfatto, poi aprì le braccia.
“Sono qui, fatti sotto”
Bardack non poteva negare di essere piacevolmente sorpreso dalla tenacia che stava dimostrando la ragazzina. Quando l’avevano prelevata dalla Terra, mai avrebbe pensato di combattere al suo fianco. Lentamente lo spazio la stava levigando, smussando gli spigoli di debolezza che aveva quando l’avevano incontrata. Lo spazio non era un posto per tutti; c'era chi non sarebbe sopravvissuto neanche un minuto al di fuori dell'esosfera del proprio pianeta, ma lei ce la stava incredibilmente facendo. 
Forse, si ritrovò a pensare, tutto quel concentrato di debolezza non era neanche colpa della ragazzina. Sulla Terra era stata protetta per anni in una bolla di vetro, tenuta a debita distanza da tutti i problemi e tutte le guerre che avevano affrontato i guerrieri Z.
L’avevano tenuta lontana dall’azione, mettendo a dormire il suo lato Saiyan.
Bra si lanciò all’attacco cercando di colpirlo, ma ogni suo colpo veniva abilmente parato senza troppa fatica. Ogni calcio ed ogni pugno sembrava che Bardack sapesse come fermarlo. Provò con una testata allora, ma riuscì a fermare anche quella. Riprovò prendendolo alla sprovvista con una ginocchiata, ma anche quella non andò a buon fine. Il ragazzo davanti a lei sembrava assolutamente irraggiungibile, e quel ghigno soddisfatto sul suo viso non accennava a sparire.
Si bloccò con il fiatone, continuano a mantenere la posizione della lotta.
“Si può sapere cosa ti fa tanto ridere?” domandò scettica.
“Mi stai dando soddisfazioni ragazzina” ridacchiò con arroganza, ma lasciandola a bocca aperta. Il ragazzo proseguì “non credevo fossi capace di questo, non stai andando male”
“Non riesco a colpirti” ammise cercando di riprendere fiato.
“Riprovaci” disse serio il ragazzo “non mollare, controlla il tuo respiro”
Bra annuì e, dopo qualche istante per la ripresa, ci riprovò. Ancora una volta, nessun colpo andò a segno.
“Perché non ci riesco!” urlò esasperata.
“Perché ci stai mettendo troppa testa, lasciati guidare anche dal tuo istinto”
“Non sto pensando a quello che faccio”
“Invece sì. Stai ripetendo tutte le sequenze che ti ho insegnato, precisamente nell’ordine in cui le hai imparate. Ogni mossa, ogni movimento è perfettamente calcolato”
“La fisica funziona così” rispose la ragazza sollevando le spalle. Per tutta la vita, lei si era occupata di fisica, matematica e astronomia. Il suo modo di ragionare era quello, era tutto programmato nei minimi dettagli. Era tutto calcolato.
“Dimenticati tutto. La lotta è un equilibrio perfetto tra cervello e cuore. Non devi farti prendere dalle emozioni, ma non devi neanche usare troppa razionalità”
Bra sollevò le sopracciglia sorpresa.
Bardack probabilmente aveva ragione.
Decise di riprovarci. Eliminò dalla mente tutti i pensieri futili e, una volta racimolata tutta la sua concentrazione, si scagliò sul ragazzo liberando una raffica di colpi. Si alzarono in aria senza rendersene conto, mentre la ragazza continuava ad attaccarlo furiosa. Bardack riuscì a parare tutti i suoi colpi ma, improvvisamente, il Saiyan decise di reagire e rispose. Il suo pugno saettò veloce nello stomaco di Bra, affondando nella sua pancia piatta e facendola gemere di dolore.
Questo di certo non se lo aspettava.
L’altra mano del ragazzo si mosse rapida per colpirla di nuovo ma, prima che potesse farlo, Bra d’istinto parò il colpo con una ginocchiata, impedendogli di farle di nuovo male ed allontanandolo dal suo corpo.
Si fermarono sospendendo il loro combattimento, ma restarono sospesi in aria fissandosi a vicenda.
Bardack la guardò sorpreso.
 Sì, quella ragazza si stava rivelando molto sorprendente. Ogni volta che credeva di averla capita, qualcosa gli faceva cambiare idea. Sembrava piccola e umana, sembrava terribilmente terrestre, ma dentro di lei aveva l’animo Saiyan, su questo non c’era dubbio.
“Sull’attacco dobbiamo ancora lavorarci…” disse il ragazzo “ma direi che con la difesa ci siamo” aggiunse con un accenno di sorriso. Bra, ancora con il fiatone per lo sforzo fatto, sorrise soddisfatta senza trattenersi e si godette quello spettacolo unico.
Il sorriso del generale era un evento estremamente raro, ne era consapevole. 
“Adesso andiamo a mangiare qualcosa” disse Bardack “dopo continueremo. Ci fermeremo su Nameck ventiquattro ore, hai un giorno di tempo per imparare a combattere come si deve” aggiunse guardandola seriamente. Poi, senza aggiungere altro, si alzò nell’aria pronto ad allontanarsi da quel luogo.
“Ventiquattro ore?” chiese sorpresa Bra “ma è pochissimo!”
“Abbiamo i tempi contati… sarà meglio che tu ti metta d’impegno”



Girò su sé stesse e tirò l’ennesimo calcio al vento, cercando di controllare il suo baricentro e restare in equilibrio. Colpì la mano del ragazzo centrando in pieno il suo palmo, ma il suo piede sinistro tremò invisibilmente sul terreno. Riuscì abilmente a non sbilanciarsi, tornando a guardare con il fiatone il Saiyan.
“Ne abbiamo ancora per molto?” gli chiese annaspando “sono ore che mi fai tirare calci a vuoto…”
“Finché non imparerai ad avere il pieno controllo del tuo corpo non andremo avanti” disse serio “prima di tutto in un combattimento devi capire dov’è il tuo baricentro. L’equilibrio è tutto. Riesco a parare i tuoi colpi perché non sono ne precisi e equilibrati”
“Ma non sono caduta, ne mi sono sbilanciata!” protestò Bra.
Prima che potesse aggiungere altrò, Bardack parlò “di nuovo, avanti” la spronò facendole segno di attaccare. Bra sospirò e, riacquistando il controllo, girò su sé stessa tirando un altro calcio che c’entrò in pieno il ragazzo. Sorrise soddisfatta non appena il suo piede impattò sulla mano del Saiyan ma, prima che potesse accorgersene, il piede del ragazzo si insinuò rapidamente tra le gambe mettendola in difficoltà.
Stronzo, pensò tra sé e sé la ragazza.  
Non riuscendo più a mantenere l’equilibrio, la sua caviglia magra tremolò e in un attimo ricadde pesantemente per terra. Gemette di dolore quando il suo fondoschiena impattò con il suolo.
“Ehi! Non è corretto!” si lamentò massaggiandosi il polso dolorante.
“Non abbiamo mai stabilito delle regole”
“Avevi detto che dovevo attaccare io…”
“Impegnati di più! Se avessi seguito il tuo baricentro non saresti caduta” osservò il ragazzo “credi che in guerra gliene freghi qualcosa a qualcuno di quello che è corretto o non è corretto?”
Bra lo guardò ancora dolorante; in fin dei conti aveva ragione.
Fece un bel respiro e si rialzò in piedi.
“Ok, riproviamoci” disse mettendosi in posizione. Si guardarono intensamente, con aria di sfida.
Bra questa volta era decisa a riuscire nel suo intento. Ormai si stava allenando da ore, non era possibile non fare progressi. Doveva dimostrare di potercela fare; voleva far sparire quel sorrisetto dal volto del ragazzo.
Tirò l’ennesimo calcio, ma la mano di Bardack afferrò rapida la sua caviglia intrappolandole la gamba. Bra trattenne il respiro tendendo tutti i muscoli. Non perse l’equilibrio, ne cadde per terra, ma non riuscì a liberarsi dalla morsa ferrea del Saiyan. Si guardarono.
“Non sei caduta, è già qualcosa…” commentò annuendo “però non sei riuscita a liberarti. Il tuo avversario ti farebbe fuori se ti avesse così in pugno” aggiunse con un ghigno. Lasciò la presa sulla sua caviglia e tornarono a guardarsi attentamente uno davanti all’altro.
“Ok, riproviamoci” disse il ragazzo e Bra annuì convinta.
La tensione era palpabile nell’aria.
Bra cercò di ripassare mentalmente tutti i consigli ricevuti fino a quel momento e si mise in posizione di combattimento. Girò nuovamente su sé stessa e gli assestò un calcio decisamente forte. Tuttavia, nonostante la potenza del suo colpo, la mano del ragazzo afferrò ancora la sua caviglia abilmente e Bra perse l’equilibrio.
“Contrai i muscoli Bra, dannazione!” esclamò spazientito mollando bruscamente la sua caviglia e spingendola. Bra ricadde per terra, sbattendo la testa sul terreno erboso di Nameck.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo.
“Ti faranno il culo se combatterai così” commentò il ragazzo scuotendo la testa “forse sarebbe meglio se tu restassi nella navicella quando arriveremo a destinazione”
Bra lo guardò bieca.
“Se ti aspetti che stia fuori dall’azione te lo puoi scordare”
“Così finirai per farti ammazzare”
Dopo quell’ultima frase, si rialzò in piedi guardandolo con aria di sfida.
Non si era mai allenata era vero. Non aveva mai combattuto come aveva fatto Pan, non era mai stata allenata da nessuno, non aveva mai partecipato ad un torneo, ne aveva mai preso lezioni di lotta.
Ma era pur sempre la Principessa dei Saiyan, non si sarebbe tirata indietro così.
“Non mi tirerò indietro proprio adesso” disse sicura di sé. Bardack la guardò per qualche istante meditabondo, poi cercò di parlare ma venne subito interrotto dalla ragazza.
“Rifacciamolo” disse la turchina concentrandosi. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, poi annuì poco convinto.
Il silenzio riempì lo spazio tra di loro per qualche istante poi, Bra girò su sé stessa e calciò con tutta la forza che aveva in corpo. Tirò tutti i muscoli, cercando di avere pieno controllo su ogni parte del suo corpo ma, come gli altri tentativi, Bardack parò il suo colpo con facilità ed afferrò la sua caviglia bloccandole la gamba. Sollevò le sopracciglia guardandola con superiorità.
Aveva fallito, ancora una volta.
Alla visione del suo sguardo e di quel ghigno di consapevolezza che si era dipinto sul suo volto, una rabbia sconosciuta montò dentro nell’animo della ragazza. Il sangue le ribollì nelle vene ed improvvisamente agì d’istinto.
Tirò la gamba verso di sé, portandosi dietro anche il ragazzo che non mollò la presa. I loro corpi si scontrarono e Bra avvolse la vita del Saiyan con la sua gamba bloccandolo. La mano di Bardack, scivolò d’istinto sulla sua coscia lasciata nuda dall’armatura che indossava e per un attimo restò quasi pietrificato. Il palmo della sua mano risalì la sua pelle nivea e liscia, percorrendo tutta la sua gamba.
Il Saiyan deglutì nervoso, cercando di tenere fissa la sua mente sulla lotta, ma era dannatamente difficile con un corpo come quello della ragazzina sotto le sue mani. La sua gamba snella ma allenata era fissa intorno al suo bacino e la sua mano non accennava a spostarsi dalla sua pelle nivea.  A pochi centimetri di distanza, si guardarono negli occhi ed i loro respiri si scontrarono sulle loro labbra.
Il profumo vanigliato di Bra entrò nelle sue narici facendogli perdere inaspettatamente la bussola.
La guardò confuso e preso in contro piede poi, prima che potesse rendersene conto, Bra decise di approfittare del momento di confusione del ragazzo. Si diede uno slancio e con l’altra gamba libera intrappolò il corpo di Bardack. Usando la forza di gravità ed una presa ferrea intorno al suo corpo muscoloso, si buttò verso terra con una capovolta, trascinandosi dietro anche il corpo del Saiyan.
Impattarono per terra con forza, ma Bra ignorò il dolore ed approfittò della spinta data dalla caduta.
Fece fare un giro completo al ragazzo, che si ritrovò inaspettatamente bloccato con la schiena contro il terreno di Nameck e la Principessa dei Saiyan su di lui, pronto a colpirlo con il pugno alto.
Bardack la guardò senza parole, restando fermo immobile sotto il suo corpo.
La sua mente non riusciva ad elaborare se fosse più sorpreso da quello che aveva appena fatto la ragazza, o se il suo cervello non riuscisse a connettere per l’estrema vicinanza con lei.
“Allora? Dicevamo Generale?” chiese Bra con il fiatone, mentre cercava di controllare il suo cuore tachicardico e di trattenere un sorriso soddisfatto. La faccia sconvolta di Bardack era tutto quello che aveva sempre desiderato vedere da quando lo aveva conosciuto.
“E questo cos’era?” le chiese il ragazzo continuando a fissarla.
Bra ridacchiò “istinto Saiyan, suppongo” rispose senza più riuscire a trattenere un sorriso.
“Togliti quell’espressione dalla faccia” disse il ragazzo cercando di essere serio. Bra poté giurare di aver quasi visto un’espressione di soddisfazione sul suo volto, ma decise di non farglielo notare. Si sarebbe goduta quel raro momento finché poteva.
“Mi hai solo colto alla sprovvista, non me lo aspettavo da te” cercò di giustificarsi il Saiyan.
“Ma l’effetto sorpresa direi che ha fatto il suo dovere” rispose continuando a guardarlo “hai poca fiducia nelle mie abilità” aggiunse senza trattenere un ghigno soddisfatto. Bardack restò in silenzio, guardandola con sguardo vacuo e piuttosto spaesato.
Improvvisamente, Bra realizzò di avere le mani calde del ragazzo ancora strette intorno ai suoi fianchi nudi e le gambe intorno al suo corpo, ancora bloccato al suolo sotto di lei. Sentì le guance farsi più calde per la posizione ambigua.
Si guardarono intensamente negli occhi.
Forse non si sarebbe spostata da lì.
Una brezza fresca le mosse i capelli che aveva raccolto prima di iniziare a combattere, ma la sua attenzione era totalmente catturata dal calore sui suoi fianchi. Il torace del generale si alzava e si abbassava a ritmo regolare; il suo respiro si regolarizzò a sua volta, adattandosi alla frequenza respiratoria del ragazzo sotto di lei. Improvvisamente, le mani di Bardack inaspettatamente scesero lentamente sulle sue cosce scoperte con una delicatezza che mai si sarebbe aspettata da lui.
Bra trattenne il respiro, senza staccare lo sguardo da quello del ragazzo, che per la prima volta non riuscì a decifrare.
“Questa volta te lo concedo” spezzò il silenzio il Saiyan “mi hai sorpreso” ammise. In un millesimo di secondo, Bardack alzò il busto facendola scivolare leggermente più giù e si mise seduto sull’erba. Bra restò seduta su di lui, avvolgendo istintivamente i suoi fianchi con le gambe e le sue mani bollenti ancora sulle sue cosce. Presa in contro piede, per non perdere l’equilibrio le sue braccia saettarono intorno al collo del ragazzo per sostenersi, ritrovandosi quasi abbracciati.
Si studiarono a vicenda, ormai divisi solo da un paio di centimetri.
“E non è la prima volta…” sussurrò sotto voce la turchina.
“No, è vero” farfugliò il ragazzo.
Bardack abbassò lo sguardo per qualche istante, analizzando il corpo paradisiaco della ragazza stretta a lui. Aveva girato tante galassie nella sua breve vita, ma non aveva mai visto un essere più bello di quella che sarebbe dovuta essere la sua Principessa ma che aveva ripudiato fin dall’inizio. I geni Saiyan rendevano il suo corpo tonico ed il suo animo focoso, ma i suoi geni terresti le donavano una bellezza eterea.
Ma lui non poteva toccarla.
Non poteva toccarla per troppi motivi.
Era una Principessa e lui una terza classe, ma soprattutto… Kale lo stava aspettando.

Tornarono a guardarsi negli occhi.
Bra poté avvertire distintamente il respiro caldo del ragazzo sulle sue labbra.
Tutto sembrò fermarsi intorno a loro. Il silenzio, rotto solo dai loro respiri, aleggiava intorno a loro. Non c’era più nessuno nelle loro teste, non esisteva più niente. Ogni guerra e battaglia, ogni preoccupazione ed indecisione, ogni fragilità ed ogni debolezza sparirono all’istante, lasciando spazio solo a loro.
Improvvisamente, senza alcun preavviso, Il Saiyan annullò la distanza tra di loro e si avventò sulle sue labbra morbide e piene con foga, lasciandola totalmente senza respiro.
Bra restò immobile per qualche istante, totalmente presa alla sprovvista.
L’alieno che l’aveva rapita, l’alieno che voleva usarla come merce di scambio per riavere la sua donna, l’alieno che l’aveva denigrata da quando l’aveva prelevata dalla Terra, che l'aveva più volte minacciata di morte e che la considerava solo una ragazzina debole, arrogante e viziata, l’alieno che in fin dei conti era alieno tanto quanto lei e che alla fine le somigliava più di quanto pensasse, adesso la stava baciando.
Quando si rese conto di quello che stava succedendo, chiuse gli occhi e si abbandonò a quel bacio inaspettato. Il suo cuore batteva tachicardico, mentre qualcosa mai provato prima aleggiò nel suo stomaco come se fossero farfalle.
Com’era possibile che stesse succedendo davvero?
La mano del ragazzo scivolò sulla sua schiena, risalendola tutta delicatamente fino ad arrivare alla sua nuca che intrappolò per tenerla ferma. Bra strinse le braccia intorno al collo del Saiyan e cercò la lingua del ragazzo, che non ci mise molto a trovare. Si baciarono con foga per svariati minuti, come se le loro bocche fossero l’unica fonte di ossigeno in quel momento e Bra si sentiva proprio così.
Finalmente Bra respirava di nuovo.
Dopo mesi passati ad annaspare nella sua insicurezza e nel suo cuore infranto, improvvisamente si sentiva rinascere. Il rifiuto di Goten l’aveva resa l’ombra di sé stessa. L’aveva resa cupa e triste, aggettivi che non erano mai stati associati al suo nome. Aveva bisogno di allontanarsi da tutti per ritrovarsi, o forse per conoscersi davvero per la prima volta e brillare. Lontana da tutti, sarebbe riuscita a splendere. Eppure, non avrebbe mai pensato di doversi allontanare addirittura dal pianeta Terra per respirare di nuovo.
Le labbra di quell’alieno venuto dallo spazio per rapirla erano improvvisamente diventate la sua fonte di ossigeno. Su un pianeta anni luce dala Terra, avvinghiata alle labbra di un guerriero Saiyan, riusciva a respirare di nuovo. Quella sensazione di ansia continua che sentiva era sparita in un attimo. Le sue labbra avevano espresso motivazioni che nessuno le aveva mai dato.
La sua mano scivolò sulla guancia bronzea del ragazzo, accarezzandolo delicatamente ma con passione. In risposta, le mani del Saiyan iniziarono a vagare sul suo corpo, assaporando ogni centimetro della sua pelle lasciata scoperta dall’armatura che indossava. Le labbra del ragazzo si staccarono per un attimo dalle sue e si gettarono avide sul suo collo, ma senza farle del male. La delicatezza con cui la toccava la sconvolgeva. Mai si sarebbe aspettata un tale riguardo dal Saiyan, ma si dovette ricredere.
Chiuse gli occhi abbandonandosi ai suoi baci ma dopo poco le labbra di Bardack tornarono fameliche sulle sue. Si baciarono per un tempo che non riuscì neanche a stabilire, totalmente persa su quel pianeta sperduto in una galassia remota, finché il ragazzo non decise improvvisamente di staccarsi da lei.
Si guardarono intensamente, a poco meno di un paio di centimetri di distanza l’uno dall’altra.
L’unico rumore che spezzava il silenzio soprannaturale di Nameck erano i loro respiri tachipnoici.
Gli occhi azzurri di Bra si persero in quelle pozze nere davanti a lei, che non facevano altro che guardarla come se fosse la cosa più incredibile del mondo. In quell’istante, si rese conto di non essere mai stata guardata così. Il volto del ragazzo, per la prima volta realmente rilassato, era la cosa più bella che avesse mai visto. Il suo cipiglio duro non sparì di certo, ma la serenità interiore era palpabile nella sua espressione. Aprì la bocca per dire qualcosa ma, prima che potesse farlo, gli occhi del ragazzo saettarono verso un punto imprecisato alle sue spalle, mutando immediatamente la sua espressione.
“Cosa succede?” chiese preoccupata Bra. I suoi sensi non erano così in allerta quando era insieme a lui.
“Yoshi” farfugliò il ragazzo. Prima che potesse rendersene conto, con velocità aliena la trascinò in piedi insieme a lui e si allontanò dal suo corpo in un millesimo di secondo. Non fece neanche in tempo a rendersi conto di quel repentino cambio di posizione che Yoshi atterrò vicino a loro.
Un ciuffo di capelli turchini si mosse, ancora sventolato dal cambio repentino di posizione.
Yoshi li guardò entrambi con l’accenno di un sorriso.
“Allora… come procedono gli allenamenti?” chiese guardando prima Bardack e poi Bra. La ragazza rimase immobile, ancora con un’espressione sconvolta dipinta in faccia. La sua mente confusa e su di giri non riusciva ancora ad elaborare quello che era appena successo, ma per fortuna Bardack ebbe la prontezza di rispondere anche per lei.
“Sta migliorando…” disse vago “ma siamo ancora all’inizio” aggiunse subito dopo evitando di guardarla.
Yoshi invece la guardò con interesse.
“A giudicare dalla tua faccia… ci state dando dentro!” disse con un ghigno e dandole un buffetto sulla guanci arrossata dall’imbarazzo. Bra spalancò gli occhi credendo di non aver capito bene.
“Cosa?!” farfugliò a disagio. Yoshi sollevò le sopracciglia curioso, senza comprendere la reazione decisamente strana della ragazza.
“Mi sembri stanca…” si limitò a dire “non andarci troppo pesante con lei generale” aggiunse poi voltandosi verso il ragazzo “non credo abbiano tutta questa resistenza i terrestri”
“E’ per metà Saiyan” la difese Bardack per la prima volta da quando si era aggregata a quei due alieni “saprà sopportare i miei allenamenti” aggiunse prima che Yoshi potesse dire qualcos’altro. Bra notò come il ragazzo evitasse accuratamente di guardarla e di incrociare il suo sguardo.
Come doveva interpretare quello che era successo poco prima tra di loro?
“Ho recuperato quasi tutto il carburante che ci serviva” ruppe il silenzio Yoshi “circa sei ore e potremo ripartire... domani a quest’ora sbarcheremo sul pianeta in cui è prigioniera Kale e potremo riaverla con noi” aggiunse soddisfatto guardando Bardack. Il Saiyan, udendo il nome della ragazza che stavano cercando ormai da mesi, tese visibilmente tutti i muscoli del suo corpo. Le sembrò improvvisamente più pallido del solito.
Deglutì nervoso.
“Ottimo” si limitò a dire guardando lontano da loro. Gli occhi di Bra, calamitati dal ragazzo, notarono la sua reazione in ogni minimo dettaglio. Ma cosa stava provando davvero il ragazzo?
Ansia? Tensione? Agitazione? Si era pentito di quello che era appena successo?
“Continuate pure il vostro allenamento… quando saremo pronti per la partenza vi verrò ad avvisare” disse Yoshi guardando Bardack, poi assottigliò lo sguardo per guardarlo meglio “stai bene? Hai una brutta cera” disse avvicinandosi a lui. Il Saiyan scattò sull’attenti, girando la testa dall’altra parte per nascondere il suo stato d’animo.
“Sto benissimo” si limitò a dire “fatti gli affari tuoi”
Yoshi lo guardò accigliato. Si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla spalla, piegandosi poi sul suo orecchio per non farsi sentire.
“Ti conosco da quando sei nato, c’è qualcosa che non va” insistette Yoshi a bassa voce, ma Bra udì perfettamente.  Bardack si voltò fulminandolo con lo sguardo.
“Pensaci tu a lei per un’ora, devo fare una cosa” disse vago.
“E il carburante?”
Bra cercò di intromettersi nel discorso “io non sono sicura che…”
“Farete quello che dico io” tuonò il Saiyan “Yoshi occupati di lei per un’ora, devo fare una cosa” ripeté con tono che non ammetteva nessuna discussione.
Bra deglutì nervosa. Gli sbalzi d’umore del ragazzo iniziavano a farle girare la testa.
“Come vuoi, generale” disse Yoshi facendo un passo indietro risentito. Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, Bardack spiccò il volo senza preavviso e sparì nel cielo di Nameck in pochi istanti lasciandoli da soli come due manichini.
Bra guardò spaesata il punto in cui il ragazzo era sparito nel cielo.
Cos’era appena successo? Bardack era scappato davvero?
“Si può sapere cos’ho detto di male?” sbottò Yoshi voltandosi verso di lei “non ho detto niente, ne ho portato brutte notizie! Ma non l’ho mai visto così nervoso…” aggiunse aprendo le braccia esasperato.
“Non… non saprei” balbettò Bra distogliendo lo sguardo dal ragazzo.
Sperò con tutta sé stessa che il suo sbalzo d’umore non fosse correlato a quello che era successo qualche minuto prima, ma in cuor suo sapeva bene che molto probabilmente era proprio così.
“E’ successo qualcosa?” le chiese Yoshi prendendola in contro piede.
Lo sguardo cristallino di Bra saettò in quello si Yoshi “no!” negò immediatamente cercando di essere più convincente possibile “prima che tu arrivassi era normalissimo…” mentì abilmente.
“Forse è solo nervoso perché siamo così vicini a riavere Kale con noi…” pensò a voce alta “Bardack non aspetta altro da mesi. Ha girato decine di galassie per cercarla…” aggiunse poi guardandola.
Bra accusò il colpo in silenzio, cercando di controllare la sua mimica facciale.
“Ci tiene molto a lei…” si limitò a dire accennando un sorriso tirato.
“Si, è così da sempre” confermò Yoshi “sono inseparabili da quando sono bambini. Kale è l’unica che riesce davvero a superare la barriera che Bardack si è costruito intorno a lui dopo la morte di suo padre”
“Dopo la morte di suo padre?” indagò curiosa la ragazza.
Yoshi annuì.
“Prima non era così. Prima non era così sostenuto, così nervoso, così freddo. Dopo la morte di suo padre è stato promosso al grado di generale, prendendo il posto di Radish… non ho mai capito se gli importi davvero così tanto del suo ruolo, o se semplicemente lo faccia per tenere alto l’onore di suo padre”
Bra restò in silenzio.
C’erano tante cose che non conosceva del ragazzo che aveva baciato qualche minuto prima. Era all’oscuro del suo passato ma adesso aveva un’ottima occasione per saperne qualcosa di più.
“Quanto tempo fa è morto Radish?” indagò curiosa.
“Circa cinque anni fa…” raccontò l’alieno, evidentemente in vena di chiacchierare con lei quel giorno “è morto in missione… su Kapthos. L’hanno fatto fuori poco dopo l’atterraggio sul pianeta” aggiunse lanciandole uno sguardo d’intesa. Bra intuì all’istante il rancore che Bardack provava nei confronti di quel pianeta e del suo sovrano, ed improvvisamente le fu tutto più chiaro.
“Non lo sapevo…” ammise Bra.
“Non potevi saperlo. Bardack non parla mai di sé stesso con gli altri” disse sedendosi per terra all’ombra di un albero “non ne parla con nessuno, se non con Kale. Con lei si è sempre aperto” aggiunse, ignorando la sensazione provocata nel cuore della Principessa. Lo stomaco di Bra si chiuse in una morsa dolorosa.
In cosa si era andata a cacciare?
Era successo tutto così in fretta che non ci aveva più capito niente, ma era stato il Saiyan ad iniziare.
L’aveva baciata lui.
Sì, ma lei erano giorni che si faceva strane idee su quel ragazzo.
“Allora… che ne dici di riprendere l’allenamento?” propose Yoshi. Bra annuì scrollandosi la terra che si era appiccicata sulle sue gambe nude e si sistemò la piccola coda alta che si era fatta sulla testa.
“Dove eravate rimasti tu e Bardack?” le chiese il ragazzo rimettendosi in piedi.
Bra arrossì senza alcun controllo. Voltò immediatamente la faccia verso destra per non farsi vedere, cercando di ignorare totalmente dov’erano realmente rimasti prima che Yoshi arrivasse.
“Che ti prende?” le chiese Yoshi incuriosito avvicinandosi a lei.
“Ni… niente” balbettò Bra fuggendo dal suo sguardo indagatore, ma l’alieno afferrò il suo mento e la costrinse a guardarlo. I suoi occhi dorati analizzarono attentamente il volto della ragazza, rilevando immediatamente un rossore insolito sulle sue gote.
“Non si direbbe, sei tutta rossa”
“Ho solo caldo”
Yoshi la guardò attentamente, poi lasciò la presa intorno al suo viso.
Sospirò.
“Non so cosa mi stiate nascondendo tu e Bardack, ma so che c’è qualcosa. Siete troppo strani entrambi oggi” disse alzando il mento. Bra restò impassibile, celando la miriade di emozioni che stava provando in quel momento. Non poteva raccontare a Yoshi quello che era appena successo. Non poteva raccontarlo a nessuno, ma aveva bisogno di parlare con Bardack prima possibile.
“Adesso alleniamoci…” disse frettolosa cambiando argomento “devo allenarmi”

Ciao a tutti! 
Eeeeeeeeeee tutti sapevano che prima o poi sarebbe successo! Bardack e Bra si sono baciati, ve lo aspettavate? 
La passione alla fine ha avuto la meglio, ma Bardack è impegnato e stanno andando proprio nella tana dei leoni per recuperare Kale. Cosa succederà secondo voi adesso? Che consgeuenze avrà il loro bacio?
Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto, 
Littlegiulyy

 

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Capitolo 14
*** Lose control ***


Capitolo 14 "Lose control"

Bardack atterrò vicino a loro dopo qualche ora.
Aveva volontariamente prolungato la sua fuga, restando lontano dal luogo da cui era decollato per svariate ore.
Adesso, aveva bisogno di riordinare i pensieri che confondevano la sua testa comenon gli era mai successo in passato.
Bra lo fissò intensamente in attesa di un suo sguardo che non arrivò, mentre il suo cuore iniziò a battere tachicardico nel petto.
“Bentornato!” esordì Yoshi riprendendo fiato “hai fatto un bel lavoro con la ragazzina, complimenti! Mi ha tenuto testa…” aggiunse facendo l’occhiolino a Bra.
“Puoi andare, adesso ci penso io” tagliò corto il Saiyan avvicinandosi a loro “trova quello che ci serve per il viaggio, dobbiamo partire al più presto” aggiunse atono. 
“Novità?” indagò l’alieno, ma Bardack scosse la testa.
“Nessuna”
Dopo un cenno del capo ma piuttosto stranito dal comportamento dell'amico, Yoshi spiccò il volo senza aggiungere una parola, sparendo nel cielo come una saetta e lasciandoli finalmente soli dopo quello che era successo.
Bra restò in silenzio guardandolo nervosa, in attesa che il Saiyan parlasse. Aspettò qualche minuto in religioso silenzio, ma il ragazzo non sembrava intenzionato a dire una parola ed il suo sguardo era intento ad osservare qualcosa molto distante dalla sua figura.
Deglutì nervosa.
“Io credo che…” esordì la ragazza, ma venne interrotta dal Saiyan.
“Riprendiamo l’allenamento”
“Non credi che dovremmo parlare di quello che è successo?”
“Non è successo niente”
Bra lo guardò a bocca aperta.
Allora era questo che aveva intenzione di fare? Negare tutto?
“Mi hai baciata tu!” sbottò innervosita avvicinandosi a lui “mi hai baciata tu, vuoi negarlo adesso?”
“Faremo come se non fosse mai successo niente” rispose atono il ragazzo.
Il suo sguardo vuoto non faceva presagire niente di buono.
“Ma è successo” insistette Bra. Gli occhi furiosi di Bardack volarono nei suoi, costringendola a guardarlo.
“E’ stato un errore” tuonò senza ammettere repliche “non dovevamo farlo”
“Adesso che Yoshi ti ha ricordato che hai una ragazza che ti aspetta i sensi di colpa ti divorano?” lo stuzzicò la ragazza incrociando le braccia al petto “oppure ti vergogni di aver baciato una debole terrestre?”
Il ragazzo restò in silenzio stringendo i pugni per cercare di controllare la rabbia.
“Non sai quello che dici, stai zitta” borbottò a denti stretti.
“So perfettamente quello che dico” disse la ragazza avvicinandosi e fermandosi a pochi passi da lui “potevi pensarci prima. Cosa accidenti pensavi di fare?” chiese ormai priva di freni inibitori. 
“Niente, non pensavo di fare niente”
“Complimenti, la tua ragazza è stata rapita e tu baci un’altra” commentò risentita per quello che aveva detto.
L’orgoglio lo aveva sicuramente ereditato da suo padre e la sua linguaccia da sua madre.

Il ragazzo restò in silenzio, ma delle scosse elettriche improvvise attraversarono il suo corpo. Si rese conto immediatamente di aver esagerato, quindi cercò di tamponare.
“E’ così facile per te fare finta che non sia successo niente?” rincarò la dose.
Bardack al guardò negli occhi così intensamente che la zittì solo con lo sguardo. Improvvisamente, Bra sentì sgretolarsi la terra sotto i suoi piedi, comprendendo all’istante quello sguardo che aveva già visto in passato.
Si era pentito.
Si era pentito di averla baciata.

“Tra me e te non è mai successo niente, è stato un errore” disse serio “osa dire a qualcuno quello che è successo e giuro che ti ammazzo con le mie mani. Questa volta non scherzo” la minacciò rabbioso e Bra indietreggiò d’istinto, stringendo le braccia al petto intimorita.
Nelle ultime settimane non aveva mai avuto paura del ragazzo che adesso si trovava davanti a lei. Eppure, in quel preciso istante, si pentì di aver solo pensato di potersi avvicinare a lui.
Era stata una sciocca. Accecata dal suo bell’aspetto, si era dimenticata quanto maligno potesse essere.
“Veditela da sola per il tuo allenamento, io ho altro a cui pensare” sentenziò aspro, più deciso che mai ad allontanarsi nuovamente da quel posto “se ti dovessero ammazzare mi farebbero solo un favore, non mi interessa”
Bra lo guardò allibita, incredula che il ragazzo potesse davvero pensare quello che stava dicendo. 
“Non capisco proprio cosa io ti abbia fatto per…”
“Niente, non hai fatto assolutamente niente” tagliò corto il ragazzo “ma non me ne frega niente di te”
Colpita e affondata.
“Non posso combattere se non mi alleni” gli fece presente.
Il ragazzo la guardò con un ghigno “non sono affari che mi riguardano”
Prima che potesse rispondergli, il Saiyan spiccò il volò senza alcun preavviso, lasciandola da sola in mezzo alle colline di Nameck a fissare il punto nel cielo in cui era sparito. Bra osservò il cielo a bocca aperta, senza riuscire a metabolizzare quello che era appena successo.
Non pretendeva niente da lui, ma di certo non si arebbe aspettata un menefreghismo così elevato nei confronti della sua vita. Se non l'avesse allenata, sarebbe stata sicuramente in netto svantaggio in un ipotetico scontro futuro. 
“Vai al diavolo” sbottò rabbiosa tirando un calcio all’albero vicino a lei. Il piccolo tronco venne sradicato dalla sua potenza, finendo scaraventato a svariati metri di distanza da lei. Fissò sconcertata l’albero lontano ormai da lei.
Le era già capitato di rompere qualche oggetto presa dalla furia del momento, ma non aveva mai sradicato nessun albero con un misero calcio ben assestato. La sua potenza era cresciuta a dismisura.
Sospirò esausta. 
Non riusciva proprio a capire cosa stesse passando per la testa del Saiyan. Che fosse confuso era ovvio, che si sentisse il colpa anche. Ma perché reagire così? Perché prendersela con lei? Aveva dato inizio lui a tutto e adesso lei ne pagava le conseguenze.
Si passò una mano tra i capelli corti esasperata.
Con tutto quello che poteva succedere, quella era la cosa più improbabile a cui avesse mai pensato.
No, non gliel’avrebbe fatta passare liscia. E del resto non potevano affrontare una guerra senza spalleggiarsi a vicenda. Doveva chiarire il prima possibile la questione con Bardack o ne avrebbe risentito la loro battaglia.
Spiccò il volò verso la loro navicella, convinta di trovarlo lì.
Volando verso la loro capsula, cercò l’aura del Saiyan nel pianeta ed ebbe la conferma che si trovasse proprio nella sua meta. Yoshi era ben lontano da lì, quindi avrebbero potuto parlare in tranquillità. Accelerò il volo, atterrando poco dopo ai piedi della loro navicella.
Digitò il codice che lei stessa aveva impostato ed entrò quasi come una furia. Senza fermarsi un attimo, si diresse immediatamente nella sala comandi, dove trovò il ragazzo intento a sfogliare delle vecchie carte ingiallite sul tavolo.
Non appena varcò la porta, gli occhi del Saiyan saettarono sulla sua figura indurendo subito i suoi lineamenti.
“Non sono stato chiaro forse? Non ti voglio avere tra i piedi”
“Adesso mi starai a sentire” esordì a voce alta entrando nella sala comandi e prendendolo alla sprovvista con la sua decisione ed intraprendenza, quindi decise di proseguire in fretta prima che la fermasse cavalcando l'onda della sorpresa.
“Se vuoi dimenticare quello che è successo per me è ok” disse apparentemente sicura, ma dentro di sé una morsa allo stomaco le lasciò intendere che non era davvero quello che voleva.
Ma questi erano dettagli, adesso non era importante.
“So che l’unica cosa che hai in testa adesso è riportare a casa Kale” proseguì facendo un bel respiro “ed io sono qui per aiutarvi. Non mi tagliare fuori da questo, ormai sono con voi e non posso tornare indietro”
Bardack assottigliò gli occhi.
“Perché ti dovrei credere? Perché dovresti voler combattere al nostro fianco?”
“Te l’ho già detto, non ho niente da perdere. Io vi aiuterò e voi in cambio mi riporterete sulla Terra”
Le labbra del ragazzo si piegarono in un ghigno e si alzò in piedi.
“Io credo che tu stia cercando di dimostrare qualcosa a qualcuno” disse pungente.
Bra sussultò colta in flagrante.
“Non so di cosa tu stia parlando”
“Tu vuoi dimostrare ai tuoi amici terrestri di saper sopravvivere nello spazio, di esserne capace anche tu. Stai facendo tutto questo per metterti alla prova, per vedere se davvero ce la fai da sola…”
Il silenzio invase la stanza, lasciando aleggiare le parole del Saiyan nell’aria.
Bra sospirò e si appoggiò con la schiena alla parete.
“Hai ragione forse, in parte” ammise incrociando le braccia al petto “ma in fin dei conti, a te cosa importa?”
“Assolutamente niente”
Si guardarono intensamente negli occhi. 
“Non voglio dimostrare niente a nessuno Bardack. L’unica persona a cui voglio dimostrare qualcosa è me stessa” ammise seria “ho superato la fase in cui compiacere tutti”
Il ragazzo la guardò pensieroso, ma non ribatté.
“Aiutami a diventare una guerriera ed io aiuterò voi”
“Ma devi starmi lontana” precisò immediatamente.
“Per la miseria!” sbottò la ragazza avvicinandosi a lui” si può sapere che ti prende? Mi stai trattando come se ti fossi saltata addosso! Ti ricordo che sei stato tu a baciarmi, nonostante tu abbia una ragazza che ti sta aspettando e che stai cercando di salvare da mesi” disse guardandolo negli occhi. Lesse improvvisamente incertezza nel suo sguardo, poi tornò quello di sempre.
“Kale è la priorità in questo momento”
Bra lo guardò negli occhi.
“La ami o no?” gli chiese in contro piede.
Gli occhi di Bardack saettarono sulla parete affianco a loro, sfuggendo dal suo sguardo cristallino.
“Che domande fai” borbottò imbarazzato ed improvvisamente nervoso.
Colpito e affondato.
“Rispondi. La ami o no?” chiese la ragazza avvicinandosi ulteriormente a lui.
“Certo che la amo” rispose d’istinto, e Bra si avvicinò ancora un po’ di più a lui. Ormai solo pochi centimetri li separavano, poteva sentire di nuovo il suo respiro sulle sue labbra, nonostante la differenza di altezza.
Non voleva mettersi tra di loro. Non era giusto, lo sapeva. Eppure quel ragazzo era diventato in poco tempo una calamita per lei.   
“Il tuo cuore batte un po’ troppo forte” gli fece notare la ragazza abbassando il tono di voce.
“Io amo Kale” ripeté Bardack facendo un altro passo in avanti e accorciando ancora di più la distanza tra di loro.
Bra trattenne il respiro, consapevole di giocare con il fuoco.
Si sarebbe fatta male, di nuovo. Questa volta molto di più.
Improvvisamente, il Saiyan sospirò amareggiato.
“Ma tu…” farfugliò confuso e con sguardo fuori di sé “non so cosa mi prenda, ma tu…” ripeté di nuovo avvicinandosi ancora di più a lei ed il cuore di Bra iniziò a battere sempre più forte. La mano calda del ragazzo intrappolò il suo mento, alzandole il viso verso il suo e costringendola a guardarlo negli occhi. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono, Bra si sentì morire in quell’istante.
Non lo aveva mai visto così. Sembrava un’altra persona.
L’arroganza e la superiorità del generale che aveva conosciuto erano sparite, lasciando spazio ad un ragazzo confuso e dannatamente bello.
“Tu sei diversa… tu sei…” farfugliò fuori di sé. Gli occhi di Bra erano incatenati nei suoi, in attesa che terminasse la frase che aveva sulla punta della lingua. E desiderava con tutta sé stessa ascoltare quello che aveva da dirle. 
“Sei dannatamente arrogante, viziata, orgogliosa, acida, debole e disdegni tutte le fortune che hai avuto. Sei la persona più fastidiosa con cui io abbia mai avuto a che fare. Hai una lingua capace di mordere, ma la fragilità di un insetto. Hai la tenacia di un super saiyan, ma sei viziata come una principessa” sbottò sulla sua faccia a pochi centimetri da lei  “non riesco a capire perché tu mi faccia sentire così…” aggiunse quasi esasperato “così…”
Bra spalancò gli occhi per la sorpresa.
“Così come?”
“Così perso”
Il silenzio aleggiò nell’aria.
L’unico pensiero che vorticava furiosamente nella testa di Bra in quel momento, era la voglia di annullare di nuovo quella distanza tra di loro. Nessuno l’aveva mai calamitata come il ragazzo che adesso la teneva in pugno, nessuno l’aveva mai compresa così bene come quello sconosciuto su una navicella persa nello spazio più remoto, nessuno aveva mai creduto così tanto in lei da accettare di allenarla. Nessuno. Ma lui sì.
Cercò di annullare la distanza tra di loro, ma il ragazzo si retrasse ed abbassò il volto. Bardack appoggiò la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi ed inspirando forte il suo profumo vanigliato, senza mollare la presa intorno al suo viso, ma rendendola improvvisamente più delicata. Bra fissò gli occhi chiusi del ragazzo e poi analizzò la sua pelle bronzea priva di imperfezioni.
Quell’anellino decorativo sul suo naso scintillava a pochi millimetri dai suoi occhi, facendole desiderare sempre di più il contatto.
“Non possiamo” sussurrò Bardack cercando di controllare il respiro ormai affannoso “non posso” ripeté scuotendo la testa visibilmente in conflitto con sé stesso. Bra rimase immobile trattenendo il respiro a sua volta.
Non si era mai sentita così.
Così com’era iniziato, quel momento surreale terminò e il Saiyan mollò la presa intorno al suo viso ristabilendo le distanze tra di loro. Bra sentì il suo equilibrio farsi più precario non appena il corpo del ragazzo si allontanò da lei, ma cercò di restare in piedi più confusa che mai.
Si guardarono intensamente e totalmente scombussolati entrambi.
“Perché?” chiese Bra cercando di capire, ma Bardack non rispose.
“Vai a riposare un paio di ore, poi riprenderemo l’allenamento” decretò atono.
Bra lo guardò un’ultima volta ma, carica di emozioni contrastanti e totalmente spaesata da ciò che era appena successo, non se la sentì di replicare ed uscì dalla stanza in fretta cercando di fuggire dalle sue stesse emozioni riflesse negli occhi del Saiyan.
 

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Capitolo 15
*** Drop the masks ***


Ciao a tutti. Lo so, sono tornata dopo troppo tempo e probabilmente molti di voi non mi seguiranno più, ma non potevo di certo abbandonare Bardack, Bra e Yoshi pronti a gettarsi nell'avventura! Dopo innumerevoli mesi mi è tornata l'ispirazione e, nonostante io stia portando avanti un progetto probabilmente più maturo a livello di trama e di scrittura (se voleste darci un'occhiata sto parlando del mio racconto "Il peso della corona") non abbandonerò questa storia, ve lo prometto! Se ci siete ancora battete un colpo e fatemi sapere cosa ne pensate.

Capitolo 15 "Drop the masks"

Se ne stava distesa sulla brandina che le era stata assegnata da ormai da mezz’ora abbondante, mentre il suo sguardo cristallino era fisso sul soffitto metallico alla ricerca di un po’ di pace interiore che non sembrava riuscire a trovare in nessun modo.
Cercava disperatamente di prendere sonno e dormire un po’. Era quello che ci voleva prima di una battaglia, era quello che ripeteva sempre suo suo padre prima di ogni guerra per difendere la Terra, ma in quel momento i pensieri che aleggiavano nella sua non le permettevano di abbandonarsi al mondo dei sogni con la leggerezza richiesta. 
Erano ripartiti in direzione del pianeta Phark da poco meno di un’ora e ci avrebbero messo un altro giorno e mezzo di viaggio per raggiungerlo. Il tempo sembrava non passare mai su quella capsula ed i recenti avvenimenti non giovavano sicuramente alla sua situazione di insonnia. Tutto quello che era successo negli ultimi giorni sembrava quasi impossibile. Eppure era successo davvero. 
Bardack aveva accettato di allenarla ancora.
Si erano allenati, le aveva insegnato molte cose che le sarebbero tornate utili in battaglia, ne era certa. Le aveva mostrato tutto quello che avrebbe potuto imparare in sole sei ore di allenamento, ma in quel momento la sua testa era catapultata su altri pensieri.
La sensazione di inquietudine che sentiva dentro di lei non accennava ad abbandonarla, ma lei sapeva bene che non era imputabile alla guerra che stavano per affrontare. La battaglia a cui stavano andando incontro non la spaventava così tanto, la consapevolezza di avere al suo fianco due guerrieri come Yoshi e Bardack la rassicuravano e stava iniziando a diventare piuttosto sprezzante nei confronti del pericolo da quando era stata rapita da quei due ragazzi che alla fine erano diventati suoi alleati. 
Quello che davvero la turbava aveva un nome ed un corpo.
Sospirò maledicendosi per i suoi stessi pensieri. Chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso cercando disperatamente di allontanare la miriade di pensieri che la tormentavano ormai da ore. Riprese a ripetere dentro di sé le frasi che ormai si ripeteva da ore. 
Avevano deciso di fare finta di niente.
Quello che era successo era stato un errore.
Stavano andando su Phark per recuperare la compagna di Bardack e lei si sarebbe dovuta fare da parte.
Si sarebbe dovuta fare da parte? Non era mai entrata nella vita del Saiyan, lo conosceva a malapena.
Avrebbe dovuto fare finta di niente, doveva cancellare tutto, come se non fosse mai successo niente. Doveva cancellare quel ragazzo dalla sua testa. Non ci sarebbe mai stato niente tra di loro.
Appartenevano a pianeti diversi. Appartenevano a realtà diverse. Avevano vite diverse.
Ma erano entrambi Saiyan.
No, doveva cancellarlo, era la cosa giusta da fare e lei lo sapeva. I suoi genitori le avevano sempre insegnato a seguire la ragione, a fare ciò che era giusto fare, a seguire quello che l’etica diceva di fare.
Allora perché si sentiva così?
Perché si sentiva come se si stesse lasciando scivolare tra le dita una delle cose più belle della sua vita?
Sospirò di nuovo e si voltò su un fianco.
Se glielo avessero detto mesi fa, non ci avrebbe mai creduto.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla sua porta attirando la sua attenzione. Guardò l’orologio confusa, erano partiti solo da un’ora ed aveva salutato i suoi compagni di viaggio poco meno di un’ora prima.
Chi poteva essere?
Erano solo in tre su quella capsula, quindi le possibilità non erano poi molte.
Prima che potesse dire qualcosa, la porta si aprì piano, rivelando inaspettatamente la figura imponente di Bardack.
Il suo cuore iniziò a battere tachicardico e subito si mise a sedere nel letto con uno scatto. Lo guardò sorpresa, non aspettandosi minimamente una sua visita in quel momento ed analizzò il suo volto cupo. 
“Cosa…” balbettò coprendosi con la coperta “cosa ci fai qui?” chiese cercando di coprirsi. Odiava dormire vestita, era sempre stata molto calorosa ed aveva la brutta abitudine di dormire solo con una leggera canotta. Si era ripromessa più volte di perdere quell’abitudine viaggiando con due uomini, ma per concedersi un po’ di relax prima della battaglia aveva deciso di dormire comoda.
“Ti serve una mano con i comandi? C’è qualcosa che non va nelle coordinate che ho inserito?” chiese preoccupata “ se ho sbagliato qualcosa mi dispiace! Sono molto stanca, non dormo bene da settimane… qualche svista la possono fare tutti” disse mettendo le mani avanti prima che il ragazzo facesse una delle sue scenate d’ira che era solito fare.
Eppure, questa volta la voce del Saiyan non arrivò alle sue orecchie.
Restò fermo, appoggiato allo stipite della porta guardandola. Aprì un paio di volte la bocca, cercando visibilmente di parlare e risponderle, ma le parole gli morirono in gola.
Bra lo guardò meglio.
Indossava solo la parte inferiore della battle suite. Sopra, indossava solo una maglietta blu che componeva l’under suite. Per la prima volta, il suo cipiglio sempre teso e sull’attenti era più morbido. Non trasmetteva nervosismo ed arroganza, ma semplicemente ed inaspettatamente imbarazzo e confusione.
Entrò nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle. Si appoggiò con la schiena contro la porta, continuando a guardarla in silenzio e Bra si tirò un po’ più su la coperta in imbarazzo.
Quando arrivò a pensare che non avrebbe spiaccicato parola, finalmente parlò.
“Scusami, non volevo disturbarti” disse con voce stranamente tremante.
Bra lo guardò confusa.
“Figurati, non stavo neanche dormendo… te l’ho detto, sono settimane che non riesco a dormire”
“Probabilmente stai solo facendo fatica a prendere i ritmi dello spazio. Sulla Terra avete un ritmo sonno-veglia ben definito, qui come puoi vedere non funziona così. Non c’è un’alternanza giorno-notte ben preciso” spiegò calmo. Bra annuì, dimostrando di aver recepito le sue parole ma intuendo anche che in qualche modo stesse cercando di sviare il discorso da quello che voleva realmente dirle. 
“Quindi dormite quando siete stanchi e state svegli quando non avete sonno?” chiese sorridendo.
Bardack accennò un sorriso divertito “nello spazio sì, diciamo di sì. Sul mio pianeta di origine ovviamente esistono il giorno e la notte” spiegò pacato “posso darti delle gocce per dormire, ti aiuteranno”
“Se mi possono essere utili le accetto molto volentieri. La deprivazione di sonno mi sta facendo diventare isterica” ridacchiò imbarazzata. Bardack ridacchiò a sua volta, ma tornò serio subito dopo.
Il silenzio aleggiò nella stanza, portando con sé l’imbarazzo di entrambi.
“Mi dispiace per quello che è successo” esordì improvvisamente il ragazzo “non avrei dovuto farlo, non è giusto. Io sto con Kale da anni e probabilmente la sua lontananza mi ha giocato un brutto scherzo” spiegò.
Bra incassò il colpo, ma del resto lo sapeva già.
“Certo…” farfugliò abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Non sono come mio cugino Bra” disse improvvisamente il ragazzo, e la turchina subito tornò a guardarlo, incitandolo con lo sguardo a proseguire.
“Non sono come mio cugino” ripeté convinto “mi dispiace per quello che ho fatto. Ho seguito il mio istinto, non ho pensato alle conseguenze delle mie azioni. I legami sul mio pianeta sono diversi dai vostri. Esistono legami senza impegno, ma una volta che un uomo sceglie la sua compagna è per sempre” spiegò guardandola seriamente negli occhi “ho scelto Kale anni fa. Per una serie di motivi che non starò qui a spiegarti, ma ci tengo a precisare che per quanto possa sembrare scorbutico, stronzo, inaffidabile, arrogante e tutti gli altri aggettivi che mi hai sempre affibbiato, sono un uomo d’onore e di parola”
Bra sospirò e lo guardò negli occhi stringendo le coperte tra le mani.
Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Bardack le sembrava un comunissimo ragazzo. Non c’erano più alieni, guerre, battaglie, lotte e rapimenti, ma solo un ragazzo che le stava dicendo quanto amasse la sua compagna. E lei doveva accettarlo. 
Comprendeva perfettamente il discorso del Saiyan, e non poteva di certo fargliene una colpa. Era un ragazzo affidabile e serio, non avrebbe mai potuto fargliene una colpa. Era tutto ciò che avrebbe desiderato lei, ma apparteneva già ad un’altra.
“Lo capisco…” ammise sincera “non te ne faccio una colpa. E’ ammirevole quello che mi stai dicendo” aggiunse annuendo pensierosa.
“Ti chiedo di non farne mai parola con nessuno. Lasciamoci tutto alle spalle, facciamo finta che non sia mai successo niente” disse il ragazzo implorandola con lo sguardo. Bra quasi non lo riconobbe in quel momento, apparentemente fragile e preoccupato.
I sensi di colpa lo stavano divorando dall'interno, era evidente. 
Bra non riuscì a sostenere il suo sguardo, quindi si voltò verso destra per ammirare la scrivania sistemata ai piedi del suo letto.
Non riusciva a capire perché si sentisse così ferita dalle sue parole, eppure si sentiva proprio così. Non ce l’aveva con lui, ma una sensazione di tristezza che conosceva bene la investì come un uragano.
“Va bene” disse infine tornando a guardarlo “faremo come se non fosse mai successo niente” aggiunse seria “ti ringrazio per avermi insegnato a combattere. Devo fare ancora molta strada, ma sono sicura che le basi adesso siano solide. Sei stato il primo che ha accettato di farlo, senza preoccuparsi di farmi male”
“Nessuno impara a volare senza farsi male” rispose il ragazzo. Bra non riuscì a trattenere un sorriso.
“Hai scommesso su di me, nessuno lo aveva mai fatto”
Il ragazzo si limitò ad un sorriso poco accennato. 
“Ti aiuterò a riprenderti la tua compagna” disse sicura e Bradack la guardò ancora in silenzio per qualche istante.
“Ti riporterò sulla Terra quando sarà finito tutto questo” rispose solamente.
“E’ quello che ho chiesto fin dal principio”
“Lo so”
“Perché ci tieni così tanto a riportarmi sul mio pianeta?”
Il silenzio invase di nuovo la cabina ed leggiò pesante tra di loro. 
C'era qualcosa nell'aria, ma Bra non riuscì a comprenderne la natura. 
“Perchè se ti vedessi tutti i giorni non riuscirei a sopportarlo”
Dopo aver sganciato questa bomba, senza aggiungere altro il ragazzo si voltò ed uscì di fretta dalla stanza, lasciandola sola con una miriade di pensieri ed il cuore impazzito nel suo petto.

***

Uscì dalla doccia ed iniziò ad asciugarsi i capelli con quella specie di phone che aveva in dotazione la loro navicella. Si stupì non poco della tecnologia avanzata che possedevano. In pochi minuti infatti, i suoi capelli erano asciutti come se avesse fatto la sauna.
Si rivestì in fretta e si guardò allo specchio.
I capelli corti erano cresciuti poco. Decise di raccoglierli in due piccole treccine che li avrebbero resi più mossi di quanto ce li avesse normalmente, poi si guardò allo specchio. Le occhiaie erano sparite dopo qualche ora di sonno ma adesso non sapeva come impegnare il tempo. La somiglianza con sua madre si stava facendo sempre più evidente, soprattutto nelle sue forme.
Era lontana da casa da quasi due mesi, eppure nessuno l’aveva cercata. Credeva che suo padre avrebbe trovato il modo di riportarla sulla terra, o che la mente geniale di sua madre avesse elaborato qualcosa per mettersi in contatto con lei, eppure in due mesi non aveva ricevuto alcuna notizia dalla Terra.
Sospirò ed appoggiò le mani sul bordo del lavandino.
Nessuno si era fatto sentire, ma neanche lei si era preoccupata molto di quello che avrebbero pensato a casa della sua scomparsa. Probabilmente erano tutti indaffarati nelle sue ricerche, mentre lei cercava di ritrovarsi, o probabilmente di scoprirsi, nello spazio più remoto.
Improvvisamente, ebbe un’idea.
Si diresse verso la sala dei comandi, assicurandosi che in giro non ci fosse Bardack. Non voleva più saperne niente e prima se lo sarebbe dimenticato meglio sarebbe stato per tutti. Adesso doveva pensare ad altro.
Entrò nella stanza e trovò Yoshi seduto comodamente davanti all’oblò ad ammirare lo spazio aperto.
“Bra!” la salutò sentendola arrivare “hai dormito un po’?”
“Insomma” rispose la ragazza avvicinandosi a lui “non molto” aggiunse pensierosa.
“Troppi pensieri per la testa?” le chiese lanciandole uno sguardo decisamente strano.
Bra annuì, senza aggiungere altro.
“Le prime battaglie non ti rendono mai sereno” disse il ragazzo “non ricordo precisamente le mie, ma ricordo che me la stavo facendo sotto” ridacchiò sereno.
“Non è per la battaglia” disse, ma si pentì subito dopo.
“E per cosa allora?”
“Niente… altre cose” rispose vaga sedendosi sulla poltrona affianco a lui “e tu? Come stai?” gli chiese cercando di cambiare discorso prima di addentrarsi nelle sabbie mobili.
“Sono felice” rispose Yoshi con un sorriso “sono felice di rivedere Kale! La conoscerai, è fantastica”
“Che bello! Non vedo l’ora” disse con un sorriso tirato.
“Ti piacerà. E’ forte, combattiva, tenace, sempre sicura di quello che fa, una combattente nata e ovviamente bellissima!” disse il ragazzo con entusiasmo. Bra sprofondò nella sedia, maledicendosi per essersi addentrata anche in quel discorso.
La ragazza di Bardack era semplicemente perfetta.
Era tutto ciò che non era lei.
Era tutto ciò che il generale cercava nella sua compagna.
Bra sospirò amareggiata, lasciandosi sprofondare nella poltrona mentre fissava lo spazio aperto davanti a lei. 
“Cos’era questo?” indagò curioso Yoshi voltandosi a guardarla.
“Questo cosa?” chiese senza capire.
“Questo sospiro”
“Niente, sono solo stanca”
“E’ da un po’ che ti vedo strana… sei sicura che vada tutto bene? Ogni volta che nomino Kale sembra che stia nominando un fantasma” commentò guardandola stranito.
“E non è un po’ così?” rispose la ragazza cercando di cambiare argomento “non vedo l’ora di conoscere questa famosa Kale, ormai me ne avrai parlato mille volte” aggiunse simulando entusiasmo, che però non convinse il ragazzo. Yoshi assottigliò gli occhi e la guardò meglio.
“Devo chiederti una cosa” esordì improvvisamente la turchina.
“Dimmi”
“Vorrei contattare i miei genitori” sputò fuori “voglio avvisarli che sto bene e tranquillizzarli… dio solo sa cosa potrebbero combinare quei due solo per riportarmi a casa”
Yoshi spalancò gli occhi guardandola pensieroso.
“Non farò niente, lo giuro” aggiunse Bra alzando le mani in segno di resa “non avrei alcun interesse”
“Mi prometti di non creare casini? Ma soprattutto di non tradirci, non abbiamo tempo adesso per combattere contro i guerrieri  Z” disse scuotendo la testa esasperato.
Bra trattenne una risata.
“Tranquillo, nessuno farà niente. Voglio solo avvisarli che va tutto bene. Recupereremo Kale e poi mi riporterete sulla Terra”
“Fai quello che devi fare, io chiuderò un occhio” disse il ragazzo facendole l’occhiolino “però non dirlo a Bardack, mi ucciderebbe” aggiunse immediatamente.
“Tranquillo, puoi fidarti di me. Grazie”
Il ragazzo le appoggiò una mano sulla spalla, poi distese le gambe appoggiando i piedi sui comandi e si voltò dall’altra parte per lasciarle un po’ di privacy.
“Ti dispiace se resto qui? Puoi metterti le cuffie se vuoi”
Bra scrollò le spalle e iniziò a digitare dei tasti sui comandi davanti a lei. Non era certa di riuscirci. Del resto sapeva come connettere varie trasmissioni sul suolo terrestre appoggiandosi ai satelliti della Terra, non era certa che nello spazio aperto funzionasse nello stesso modo.
Si arrovellò per qualche minuto tra codici e tasti del computer, osservata silenziosamente e di nascosto da Yoshi.
Ne lui ne Bardack si aspettavano che quella ragazzina avesse una mente così brillante.
Cliccò l’ultimo tasto e finalmente un forte suono indicò l’inizio della trasmissione radio verso il pianeta Terra.
“Dovrei esserci…” disse a bassa voce la ragazza guardando lo schermo meditabonda. Dopo qualche minuto di attesa, passato con le mani incrociate davanti al computer dei comandi a torturarsi le unghie nervosamente, il suono cessò e un attimo di silenzio invase la stanza. Guardò senza capire lo schermo, ma improvvisamente una voce familiare riempì l’abitacolo.
“Pronto? Bra? Bra sei tu tesoro? Pronto?”
La voce di sua madre raggiunse le orecchie con al forza di una bomba. Il cuore le tremò di emozione quando udì per la prima volta dopo due mesi la voce della sua geniale madre.
Sopraffatta dagli eventi, si era dimenticata di essere via da così tanto tempo.
“Mamma…” farfugliò sorridendo “sono io, sono Bra”
“Per Dende! Sei proprio tu!” esclamò Bulma con voce rotta dal pianto “come stai? Dove sei?” chiese subito impaziente “si può sapere cos’è successo?”
Bra sospirò.
“Sono stata… prelevata da dei ragazzi alieni, mettiamola così” disse trattenendo una risata e lanciando un’occhiata a Yoshi al suo fianco. Il ragazzo le tirò un’amichevole pacca sulla spalla e lei gli fece la linguaccia silenziosamente, poi riprese a parlare.
“Non ti preoccupare, io sto bene” si affrettò a dire “non so precisamente dove siamo, siamo in viaggio nello spazio adesso mamma” aggiunse tornando a guardare fuori dall’oblò davanti ai suoi occhi.
Il buio pesto dello spazio aperto era illuminato solo da qualche piccola stella di passaggio, ancora nessun pianeta in vista sulla loro traiettoria.
“Ma cosa vuol dire?” chiese preoccupata sua madre “ti hanno fatto del male? Chi sono e cosa vogliono da te?” indagò sempre più agitata.
“Non ti preoccupare, io sto bene e non mi hanno fatto del male. Sarebbe una storia troppo lunga da raccontare mamma… tra un mese circa tornerò sulla Terra e ti spiegherò tutto”
“Non se ne parla, tuo padre verrà a riprenderti subito”
“No!” ribatté immediatamente la ragazza “dovete starne fuori” aggiunse seria.  Yoshi si voltò per un istante, colpito dal cambiamento di tono della ragazza.
“Ma cosa ti prende? Sei impazzita tesoro?” le chiese apprensiva sua madre “so bene cosa voglia dire stare lì fuori per mesi, si finisce con il perdere la cognizione del tempo e della realtà, ma tu devi tornare a casa”
“Tu non sai niente!” ribatté infervorata la ragazza “chi te lo dice che io me la stia passando male mamma?”
“Santo cielo! Bra non puoi restare nello spazio, è pericoloso, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Non sei forte, non sai combattere e poi… si può sapere con chi sei? Aspetta, c’è tuo padre che vuole parlarti”
Bra sospirò senza dire niente, ferita dalle parole di sua madre.
“Bra” tuonò Vegeta dall’altra parte della trasmissione.
“Ciao papà”
“Dimmi dove sei. Ti vengo a prendere”
“No” disse frettolosa “tornerò a casa tra un mese circa, non dovete preoccuparvi”
“Non dire sciocchezze. Non sopravvivrai tanto a lungo nello spazio. E’ già un miracolo che tu sia viva” disse risoluto “dimmi dove sei e soprattutto con chi sei”
Bra strinse i pugni appoggiati sulla console dei comandi e trattenne il respiro per non mandare a quel paese il suo regale padre. Come sempre, credevano che non se la sarebbe riuscita a cavare da sola.
Era certa che, se fosse stato Trunks, Goten o Pan al suo posto, nessuno avrebbe obiettato.
“So badare a me stessa” rispose con voce tremante per la rabbia.
Inspirò ed espirò, cercando di tranquillizzarsi.
“Non fare la bambina, questo non è un gioco Bra” disse serio suo padre “lo spazio è pericoloso, rischi la vita ogni giorno che passi lì”
“Trunks è stato nello spazio per un anno”
“Per Trunks era diverso. Lui è forte, sa combattere, sa cavarsela da solo ed era con Kakaroth”
“Sono felice di sentire che come sempre credete molto in me e nelle mie capacità” rispose alterata “non vi preoccupate, sono al sicuro. Ci vediamo tra un mese” concluse secca, pronta con il dito ad interrompere la conversazione con i suoi genitori.
Sapeva di aver sbagliato, non avrebbe dovuto contattarli.
“Bra non ti azzardare a…”
“E non impegnatevi a risalire alla nostra posizione da questa chiamata, non ci riuscireste. Ho criptato il segnale. Ciao mamma, ciao papà, ci si vede sulla Terra quando mi andrà di tornare” concluse e, prima che Vegeta potesse aggiungere altro,  schiacciò il pulsante che chiuse la conversazione con il pianeta Terra.
Strinse i pugni arrabbiata con il mondo, i suoi occhi erano ancora fissi sui tasti dei comandi.
I suoi genitori non capivano, ma soprattutto non LA capivano.
Nonostante fossero anni luce lontani da lei, continuavano a volerla tenere sotto una campana di vetro, nonostante fosse lampante ormai che non sarebbe più potuto essere così. Ormai la bolla di sapone in cui l’avevano tenuta chiusa per anni era scoppiata. Non potevano più dirle ciò che era giusto e ciò che era sbagliato; adesso toccava a lei scoprirlo, da sola, senza l’aiuto e la protezione di nessuno.
“Non te la prendere, è normale che i genitori siano protettivi” disse Yoshi spezzando il silenzio.
“Tu non capisci”
“Oh… capisco meglio di quanto credi, fidati” disse roteando sulla ruote della poltrona e voltandosi a guardarla “è tipico dei genitori preoccuparsi per i figli. Credo sia qualcosa che inizia nel momento esatto in cui vieni messo al mondo…” aggiunse pensieroso.
“Pensano che io non ce la faccia, pensano che io sia debole, pensano sempre che io abbia bisogno del loro aiuto” sbottò alterata. Il sangue le fluì alla testa repentinamente e, per la prima volta nella sua vita, avrebbe voluto spaccare ogni cosa intorno a lei.
Stava perdendo le staffe.
“Mio padre ha vissuto nello spazio per trent’anni… perché io non dovrei farcela?”
Yoshi ridacchiò “tuo padre era il peggior mercenario che si potesse incontrare nello spazio Bra, il killer perfetto” ammise serenamente.
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa, voltandosi a guardarlo.
“Non era lui a dover avere paura dello spazio” aggiunse l’alieno “erano tutti gli altri ad aver paura di lui. Non lo biasimo se è preoccupato per te, non sei di certo stata cresciuta come una Saiyan”
“Neanche Bardack mi sembra sia stato cresciuto proprio come un Saiyan, eppure non mi sembra uno sprovveduto” ribatté la turchina.
“Bardack viaggia nello spazio da quando è un bambino, proprio come me. Sappiamo bene come comportarci e chi possiamo sfidare… a volte non è bravo colui che attacca, ma colui che sa fare un passo indietro. Tu questo devi ancora impararlo” disse il ragazzo con un sorriso.
Non era certa che fosse la filosofia adatta per affrontare lo spazio.
Non aveva mai sentito suo padre pronunciare quelle parole.
L’attacco è la miglior difesa, questo era quello che aveva sempre sostenuto Vegeta.
“Non credo proprio che mio padre sia sopravvissuto nello spazio per anni facendo un passo indietro
“Ah no?” chiese ironico l’alieno con un ghigno “e come pensi che sia sopravvissuto alla schiavitù di Freezer? Sfidandolo ad ogni mancanza di rispetto?” si sporse in avanti con il busto, avvicinandosi a lei.
Bra rimase in silenzio, meditando sulle parole di Yoshi. Non aveva tutti i torti, non ci aveva mai pensato.
Non si era mai fermata a riflettere fino infondo a quello che aveva passato suo padre nella sua adolescenza.
“Quando tuo padre ha sfidato Freezer, è stato ucciso” decretò Yoshi “e questo lo sa tutto lo spazio” aggiunse riappoggiando la schiena sul sedile. Bra rimase in silenzio, ammutolita.
“Nessuno è imbattibile Bra” proseguì il ragazzo “prima te ne renderai conto, prima imparerai a vivere qui” disse indicando con l’indice lo spazio aperto davanti a lei “lascia stare i tuoi genitori, sono anni luce lontani da te in questo momento. Non farti turbare da chi non ti può raggiungere adesso. Non tutti sono fatti per questo, devi solo capire se questo è ciò che fa per te” aggiunse alzandosi in piedi.
Si guardarono per qualche istante.
“Come faccio a capire se questo è quello che fa per me?”
Yoshi le sorrise amichevole e le diede una pacca sulla spalla dolcemente “guardati allo specchio, tu che ne pensi?”
Senza aggiungere altro, il ragazzo si dileguò dalla sala comandi lasciandola da sola, immersa nei suoi pensieri. Fissò lo spazio buio davanti ai suoi occhi; quel quadro così surreale la incantava ogni volta.
Nel giro di due mesi la sua vita era stata stravolta, niente era più come prima.
Nonostante l’avessero rapita, aveva imparato ad apprezzare la presenza dei due alieni in viaggio con lei. In quei mesi aveva potuto scorgerne sfaccettature diverse rispetto a quelle che cercavano di mostrare al mondo intero. Non erano due mercenari in giro per lo spazio come volevano far credere, c’era molto di più dietro quelle maschere di indifferenza ed arroganza che si erano dipinti in volto dalla prima volta che avevano messo piede in casa sua. E proprio loro alla fine, avevano saputo guardare oltre la sua maschera.
La sua maschera costruita negli anni con impegno e senza rendersene conto, si era sgretolata lentamente in quei giorni passati nello spazio, facendola finalmente respirare di nuovo. Le avevano dato l’opportunità di dimostrare chi fosse davvero, le avevano dato il beneficio del dubbio.
Non si erano limitati a proteggerla, l’avevano lanciata nella fossa dei leoni ed era riuscita ad uscirne.
Ci sarebbe riuscita di nuovo anche nella prossima battaglia?
Chiuse gli occhi inspirando profondamente.
Il profumo di Bardack aleggiava ancora nell’aria nella sala comandi, poteva sentirlo distintamente.
Una scossa elettrica attraversò il suo corpo prepotentemente mandandola su di giri.
Nonostante avesse cercato di dimenticare quello che era successo il giorno prima, la sua testa non faceva che pensarci. Aveva evitato di dormire proprio per non pensarci, consapevole del fatto che la sua mente non avrebbe fatto altro che vorticare pericolosamente intorno a quel ricordo.
Non ci sarebbe ricaduta com’era successo con Goten.
Solo al pensiero dello storico amico di suo fratello Trunks, un moto di nervosismo si fece strada in lei, riportandole alla mente tutto ciò che era successo poco prima che venisse catapultata nello spazio.
“Datti una calmata, stai innervosendo tutti i presenti nella navicella”
La voce ferma e decisa di Bardack raggiunse inaspettatamente le sue orecchie. Sussultò sorpresa e si voltò verso la porta alle sue spalle riaprendo gli occhi. Il ragazzo se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto, mentre i suoi occhi scuri l’analizzavano silenziosamente.
“Ma se non siete neanche nella mia stessa stanza?”
“Il tuo nervosismo si percepisce in ogni angolo. Se imparassi ad avvertire decentemente le auree degli altri te ne renderesti conto anche tu” rispose atono il ragazzo restando fermo.
Bra lo guardò per qualche istante pronta a ribattere, ma le parole le morirono in gola.
Badack aveva ragione. Da quando erano decollati da Nameck non era riuscita a rilassarsi neanche un minuto, rendendo probabilmente la vita difficile anche a lui e Yoshi che captavano perfettamente ogni sua vibrazione d’umore.
“Hai ragione, mi dispiace” borbottò sedendosi sulla poltrona davanti ai comandi.
Bardack fissò la schiena della ragazza per qualche istante in silenzio. Poi, mosso dalla curiosità, si mosse in avanti entrando nella stanza e raggiungendola. Si appoggiò al tavolo dando le spalle all’oblò davanti a lei per poterla guardare meglio e, tenendo ben strette le braccia incrociate al petto, la guardò silenzioso.
Bra iniziò a mangiucchiarsi nervosamente l’unghia del pollice destro, evitando accuratamente di guardarlo.
Aveva paura.
Aveva paura che, se lo avesse guardato, sarebbe riuscito a leggerle dentro.
Il primo a spezzare il silenzio creatosi, fu proprio Bardack.
“Cosa ti prende?”
“Niente”
“Cazzate”
“Va tutto bene”
“Io non direi”
“Cosa vuoi saperne tu?” sbottò stizzita voltandosi a guardarlo e Bardack rimase in silenzio guardandola seriamente. Si sentì a disagio, analizzata da quegli occhi neri che sembravano non staccarsi mai dal suo viso. La stava studiando da quando era entrato nella stanza e lei non aveva fatto altro che perdere le staffe, dandogli la dimostrazione di quanto fosse suscettibile e confermando la sua tesi.
Non aveva autocontrollo, questa era la sua debolezza più grande.
“Mi dispiace” disse sotto voce distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo.
“E’ già la seconda volta che lo dici nell’arco di cinque minuti”
Lo sguardo di Bra restò fermo fuori dall’oblò e sospirò.
La telefonata con i suoi genitori l’aveva scossa più di quanto credesse e tutti i dubbi ed i pensieri che erano scaturiti dopo non avevano di certo migliorato la situazione. La presenza del Saiyan poi, peggiorava il tutto.
Bardack si spostò in silenzio e prese posto sulla poltrona affianco a lei, occupata fino a poco prima da Yoshi. Si slegò la fascetta che ostentava quasi tutti i giorni legata sulla fronte e si strofinò il viso con vigore, come se dovesse risvegliarsi da un sonno profondo. Dopo qualche istante, sospirò e abbassò lo sguardo sulla fascetta ben stretta tra le sue mani.
Bra lo guardò attentamente, seguendo con gli occhi ogni suo mossa.
C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento quella sera.
“Hai paura per la battaglia?” le chiese il ragazzo con tono stranamente comprensivo.
“Anche” rispose Bra raccogliendo le ginocchia al petto.
“Non devi aver paura, la prima battaglia non è mai semplice da affrontare, soprattutto quando quello che c’è in ballo è molto importante”
“Quello che c’è in ballo è importante per voi” rispose stizzita, ma se ne pentì subito dopo. Saettò con lo sguardo verso il ragazzo, convinta si sarebbe arrabbiato non poco per la sua affermazione. Tuttavia, inaspettatamente, Bardack continuò a fissare la fascetta tra le sue mani, totalmente privo di espressione.
“Lo sai anche tu che non è così” disse pacato “noi stiamo facendo tutto questo per riavere Kale con noi, ma tu sei nervosa perché dovrai dimostrare chi sei senza l’aiuto di nessuno questa volta” aggiunse continuando a rigirarsi quella fascetta tra le dita, c’entrando in pieno il punto ancora una volta.
A volte era come se Bardack riuscisse a leggerle dentro. Come se quel ragazzo venuto dallo spazio fosse in grado di capirla, anche meglio di quanto si conoscesse lei.
 Bra si chiese perché fosse così importante quel pezzo di stoffa che continuava a tenere con sé come se fosse il più prezioso dei gioielli, ma si rispose che probabilmente era un regalo fattogli da Kale.
“Allora? Cos’è successo?” incalzò il ragazzo.
“Te l’ho detto… niente”
“So che non è solo per la battaglia”
“Come fai a saperlo?” chiese la turchina decidendo di abbassare le difese.
“Perché lo sento” rispose come se fosse la cosa più scontata del mondo “sei troppo turbata per essere solo preoccupata per una battaglia” aggiunse con il cenno di un sorriso.
Come se lui capisse tutto, e probabilmente era proprio così.
Bra trattenne il fiato. Non era certa fosse la cosa giusta da fare, ma decise di dire la verità.
“Ho contattato i miei genitori” ammise guardandolo preoccupata per la sua reazione. Restò in silenzio, fissandolo in attesa di qualcosa. Qualcosa che non arrivò.
Bardack finalmente distolse lo sguardo dalla sua fascetta, voltandosi a guardarla sorpreso. Per un attimo, restò interdetta dal suo sguardo confuso e sorpreso al tempo stesso.
“Come hai fatto?”
“Beh… ho usato altri pianeti come satelliti per l trasmissione e… e poi beh è stato… semplice” balbettò guardandosi intorno nervosa. Attendeva una reazione esplosiva che continuava a tardare.
Il ragazzo tornò semplicemente a guardare la fascetta tra le sue mani, stranamente rilassato e le sue labbra accennarono un sorrisetto a cui Bra non riuscì a dare spiegazione.
“Perchè ridi adesso?” chiese la ragazza.
Gli occhi del Saiyan saettarono nei suoi “te l’ho già detto, ogni giorno che passa sei una sorpresa”
Bra sentì le sue guance farsi sempre più calde. Pregò che il ragazzo non notasse il suo rossore che sicuramente aveva colorato le sue gote.
“Da dove viene quella fascetta?” chiese cercando di cambiare discorso.
Non riusciva a capire perché, nonostante le continuasse a dire che tra loro non ci sarebbe mai stato niente, Bardack continuasse a metterla in difficoltà. Le sue lune continuavano a cambiare, facendole girare la testa.
“Questa fascetta apparteneva a mio nonno, Bardack, da cui ho ereditato il nome” rispose, e fu solo in quel momento che finalmente alzò lo sguardo per guardarla negli occhi.
“Mio padre era in missione con il Principe Vegeta quando il pianeta Vegeta è esploso, per questo si sono salvati… ma credo sia una storia che conosci già. Poco prima di partire in missione, mio nonno ha dato questa a mio padre e insieme a questa gli ha consegnato il medaglione che tu porti al collo. Mio padre, prima di partire per Kapthos, dove è stato fatto fuori, ha deciso di consegnarmi tutto. Probabilmente sapeva che non sarebbe tornato vivo da quel pianeta, questa volta se lo sentiva… in tutti gli anni che l’ho visto partire, mai prima di allora si era lasciato andare in saluti affettuosi come quel giorno. Quando mi ha dato la fascetta di mio nonno ed il medaglione della casata reale, ho capito che non lo avrei più rivisto”
Si fermò per un istante e distolse lo sguardo dal suo.
“Era come se mi avesse passato il testimone…” sussurrò perso nei ricordi.
Bra poté giurare di aver visto gli occhi del generale diventare sempre più lucidi.
“Mi dispiace” mormorò, senza riuscire a celare lo stupore. Bardack non era solito aprirsi con nessuno, glielo aveva confermato anche Yoshi. Eppure, in quel preciso momento, le sembrò un ragazzo normalissimo.
“Mi ha fatto promettere che, se mai avessi trovato Vegeta ed una sua ipotetica famiglia, io l’avrei servita e onorata come avevano fatto lui e mio nonno in passato e che non avrei mai dovuto avere punti deboli. Perché i punti deboli sono quelli che ti fanno perire in battaglia, sono quelli che causano il fallimento” proseguì tornando a guardarla “quando ti ho incontrata, credevo fossi una sciocca ragazzina debole ed arrogante, frivola e priva di amor proprio. Poi ti abbiamo rapita, sei venuta con noi nello spazio, sei venuta con noi su Kapthos, hai combattuto con noi, ti ho allenata…” sospirò “non ho onorato la promessa che ho fatto a mio padre prima che partisse…”
Bra trattenne il respiro.
“Non devi sentirti in obbligo di trattarmi bene perché l’hai promesso a tuo padre” disse subito la ragazza.
“Non è questo il punto Bra!” sbottò il ragazzo voltandosi a guardarla e Bra sussultò sorpresa dall’irruenza della risposta. 
“E qual è allora?” chiese senza capire.
“Non credevo di avere un punto debole” disse serio “ma da quando ti ho incontrata ho capito che il mio punto debole sei tu”
Silenzio. Il silenzio aleggiò nella stanza.
Si guardarono negli occhi.
Bra non capiva. Si stava sforzando di capire, ma non riusciva proprio a capire cosa stesse dicendo il ragazzo davanti a lei. Per un istante dubitò quasi che fosse il vero Bardack quello davanti a lei.
Definitivamente senza maschere e barriere, aveva calato tutte le sue difese davanti a lei.
“Ti ho allenata perché ho deciso di credere in te” disse improvvisamente il ragazzo ed una scossa elettrica attraversò tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi, scuotendola come niente aveva mai fatto prima di allora.
Spalancò la bocca sorpresa.
Lui credeva in lei.
L’ultima persona che credeva glielo avrebbe mai detto, aveva appena pronunciato la frase che aveva sempre desiderato sentire da parte delle persone intono a lei.
Bra sentì gli occhi inumidirsi, ma combatté contro sé stessa per non piangere davanti agli occhi del generale. Non voleva mostrarsi debole, nonostante le avesse detto tutto ciò che aveva sempre desiderato sentirsi dire e, sentirselo dire da un guerriero della sua portata, sentirselo dire proprio da lui, la faceva sentire come se fosse in mezzo ad un tornado di emozioni.
“Perché?” balbettò la ragazza ancora scossa.
Bardack fissò lo spazio davanti a sé, illuminato dalla luce fioca artificiale delle luci notturne della cabina.
“Mio padre mi ha sempre detto che niente è come appare in realtà” disse atono “tutti indossiamo una maschera che nasconde chi siamo davvero. E’ nella natura umana farlo, è una sorta di meccanismo di protezione che ci permette di mostrare agli altri solo ciò che ci va di mostrare”
“Come un velo di Maya, direbbe Schopenhauer…” disse pensierosa la ragazza.
“Chi?”
Bra scosse la testa e trattenne un sorriso quando si ricordò di parlare con un extraterrestre. Eppure, in quel momento, si sentiva così a suo agio da non realizzare bene dove si trovasse.
“Nessuno…”
Per quanto tempo aveva vissuto cercando esclusivamente di compiacere i suoi genitori e le persone intorno a lei? Bei voti a scuola, seguire le regole del galateo, essere sempre perfetta ed impeccabile come sua madre, l’Università di ingegneria ed un giorno un posto sicuro nella Capsule Corporation. Tutta la sua vita aveva sempre ruotato intorno al dimostrare a che famiglia apparteneva, ma si era dimenticata che i suoi genitori non erano mai stati intenzionati a volere questo per lei.
Suo padre le aveva insegnato a non aver paura del proprio passato, che le persone possono sempre cambiare, ad attaccare per non essere attaccati, a prendere di petto la vita e a non dubitare mai di sé stessa. Sua madre le aveva insegnato a dire sempre ciò che pensava, a disinnescare quando era il momento di farlo, ad usare la logica e la razionalità anche nei momenti difficili e soprattutto a non aver mai paura e timore di niente. I suoi genitori, in ventitre anni, le avevano dato una miriade di lezioni che non aveva mai recepito realmente. Solo adesso, anni luce distante dalla Terra e dispersa nello spazio in compagnia di un ragazzo sorprendente, si rendeva conto di tutto quello che avevano cercato di mostrarle da quando era nata, ma lei aveva preferito indossare una maschera per stare più comoda.
“Cala la maschera e dimostra chi sei davvero, dopo non avrai più paura e sarai la compagna di te stessa”
Bra lo guardò a bocca aperta, meditando sulle sue parole.
Mai si sarebbe aspettata di affrontare un discorso di tale spessore con il Saiyan che l’aveva rapita due mesi prima. Due mesi di viaggio le avevano aperto gli occhi, sul mondo intorno a lei e sulle persone intorno a lei. Due mesi lontana dall’influenza terrestre le avevano fatto capire che, il posto che lei chiamava casa ma che sentiva stretto, in realtà lo sentiva stretto solo a causa di sé stessa.
Il generale si alzò in piedi dirigendosi verso la porta e  Bra lo seguì con lo sguardo. Quando fu sul punto di uscire dalla stanza, Bra parlò.
“Bardack”
Il ragazzo si fermò e si voltò a guardarla.
“Nessuno mi ha mai aiutata come hai fatto tu, nonostante tutto” disse trattenendo il fiato.
Il Saiyan la guardò e sospirò, appoggiandosi allo stipite della porta. La fissò per qualche istante in silenzio, probabilmente cercando le parole giuste da dire mentre gli occhi cristallini della ragazza lo tenevano inchiodato lì.
La verità era che non si era mai aperto così con nessuno, se non con Kale.
Eppure con Bra gli risultava spontaneo e più forte di sé.
“Quando scenderemo da questa navicella tutto tornerà come prima” esordì visibilmente in difficoltà “tu tornerai ad essere una debole terrestre che ha deciso di aiutarci ed io tornerò ad essere un generale” aggiunse socchiudendo gli occhi per interrompere quel contatto visivo che lo stava logorando “io non posso Bra, non posso” rispose alla sua supplica silenziosa “quando scenderemo da qui, tutto questo non sarà mai successo” concluse. Dopo averla guardata un’ultima volta, si voltò e la lasciò lì, al centro della sala comandi.
Bra trattenne il respiro ancora per qualche istante, poi espirò esalando tutta la tensione del momento.
Dai suoi occhi cristallini, iniziarono a sgorgare lacrimoni incontrollabili.

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