Minacce tra ‘titani’

di kamy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Minacce tra ‘titani’ ***
Capitolo 2: *** Il Taki shushi viene ricostruito ***
Capitolo 3: *** La forza di un pugno ***
Capitolo 4: *** Una madre ‘inquietante’ ***



Capitolo 1
*** Minacce tra ‘titani’ ***


Minacce tra ‘titani’

 

Ubbirov si portò il sigaro alle labbra e lo inspirò, sentendo il sapore del tabacco.

“Non credo che il principe restituirà la giovane Anya alla Russia. La tua ‘famiglia’ cosa pensi che farà?” gli domandò Danilo.

Ubbirov si appoggiò al bancone, la luce delle lampade elettriche si rifletteva sulla sua testa. Guarda i numerosi clienti del Taki’s sushi. Con la coda dell’occhio guardava in strada, le innumerevoli luci di Tokyo creavano una cacofonia di colori, che si rifletteva nei suoi occhiali da sole.

“Li andrà a cercare? Tu li aiuterai? Tornerai a fare il boss?” lo incalzò Danilo.

“Perché sei venuto qui, Scoglio?” domandò il russo. Controllò che le cameriere, vestite da maid, si allontanassero dalla cucina con vassoi colmi di sushi.

“Dovevo parlarti. Sono preoccupato che possa scoppiare una guerra tra la famiglia Vongola e quella Ubbirov.

So che ti hanno scacciato e ti hanno privato del tuo posto. Potresti usare tutto questo a tuo vantaggio per vendicarti, senza dover riprendere il tuo posto ed i tuoi doveri” spiegò Scoglio. Si accese una sigaretta e se la portò alle labbra.

Ubbirov espirò pesantemente.

“Quella spegnila prima di entrare nella zona non fumatori, la gente non sa che è al veleno e non provoca fumo passivo” disse lapidario.

Scoglio si massaggiò il collo, sfiorando i capelli biondi.

“Non hai ancora risposto a niente.

Ti piace così tanto servire tutti questa gente ‘normale’? Fare il primo russo di colore della storia a servire sushi?” lo interrogò Danilo.

“Mulatto, per essere corretti” rispose Ubbirov, roteando gli occhi dietro le spesse lenti scure. Poggiò i gomiti sul bancone con forza, sporgendosi di fianco alla cassa e assottigliò le labbra.

Pochemuchka, ricordati le regole della mafia.

Non mi sto alterando facendoti secco solo perché il nostro comune ‘boss’ non approverebbe. La mia rosa rossa ha uno strano e morboso attaccamento ad entrambi, ed ai nostri complimenti”. Aggiunse, con tono lapidario.

Scoglio si calò di più il capello sul viso, entrambi sfiorarono la fondina dove tenevano la pistola con la mano.

“Tsuyoshi-sama, il nostro comune faro, non approverebbe una guerra tra i suoi ‘amici’.

Però rinfrescami il significato dell’appellativo che mi hai dato” sussurrò con voce sibilante.

“Nella mia lingua è associabile a qualcuno che domanda troppo” disse Ubbirov.

Scoglio notò che dietro il bancone era appoggiato un grosso bazuca lucidato.

< Non è uno di quelli di Giannini, è un’arma in tutto e per tutto. Spero vivamente per lui che non usi il negozio del nostro adorato per strani traffici > pensò.

Fece roteare la sigaretta tra le dita, rispondendo: “Se siamo alleati, dobbiamo anche coordinarci. Se non capisci questo e mi scambi per un semplice delatore, allora abbiamo un problema”.

Ubbirov fece un mezzo ghigno.

“Farò quello che vorrà la rosa dalle foglie di menta e le spine taglienti.

Se è tempo che io torni boss, per salvare la perla del suo Nono, lo farò. Se dovrò combattere anche.

Non temere, calerò sulla mia famiglia come le tormente di neve, spazzando via le mele marce. Non ci sarà bisogno di una guerra” giurò.

“Ci conto, allora” disse Danilo. Spense la sigaretta sotto la scarpa e si allontanò.

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Capitolo 2
*** Il Taki shushi viene ricostruito ***


“Questa storia partecipa alla Parole Intraducibili Challenge indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”.

Prompt: 17. Cynefin. Dal gallese: luogo in cui ci si sente a casa.

 

Il Taki shushi viene ricostruito

 

Il vento faceva ondeggiare la tendina rossa appesa sopra la porta di legno del Taki’s sushi, e sfiorava le alte bottiglie di saké posate all’esterno su uno dei davanzali delle finestre.

Appesa a un’altra finestra c’era una bambolina della pioggia, con legato un bigliettino colorato della buona sorte.

Il simbolo del negozio era riportato sia su un’insegna di legno che su delle lanterne di carta.

All’interno del locale si sentivano urla ilari, scoppi di risa, applausi e gli accordi di qualcuno che suonava la chitarra.
Tsuoyoshi guardava la porta con gli occhi liquidi, rigido. La porta scorrevole si aprì e Takeshi si affacciò.

< In gallese il luogo in cui ci si sente a casa si dice ‘cynefin’. Quando questa parola mi venne insegnata, per me non aveva significato > pensò Tsuyoshi.

“Papà. Non entri?” domandò Takeshi, guardando il padre con aria interrogativa.

“Devo dire che è sorprendente. Non sembra successo niente” esalò Tsuyoshi.

Eh eh. Xanxus ha ricostruito tutto esattamente com’era prima. Gli ho descritto tuttoooo minuziosamente” spiegò il ragazzino. Un sorriso sul volto e gli occhi chiusi.

“Vengo ora da Tokyo. Mi hanno detto…”. Iniziò il padre.

“Mi hanno preso al liceo e ho passato le selezioni al terzo posto. Sì, lo so. Esistono internet e le email, papà” disse Takeshi, afferrando il genitore per il braccio. Lo trasse dentro e chiuse la porta alle spalle di entrambi.

L’interno odorava di sushi e sakè.

“Ho preparato del tofu, ma… Mi sa che ho sbagliato qualcosa con il riso. Sapeva di cetrioli e…”. Iniziò Taki.

Il padre si rimboccò le maniche.

“Fai cucinare me. Tu prendi le ordinazioni” ordinò, facendosi largo tra i clienti.

< Sì! Sono riuscito a giocare sulla forza dell’abitudine.

O avrebbe pensato inconsciamente che Manuel non avrebbe voluto vederlo in cucina e non ce l’avrebbe mai fatta a tornare a cucinare. Questo posto è la sua vita, non può perderlo.

Penso morirebbe senza poter più fare il sushi > pensò Takeshi. “Subito, papà” trillò, correndo verso un taccuino e una penna. Aveva un grembiule legato intorno alla vita e la mazza da baseball legata sulle spalle accanto ad una spada.

“Kusakabe mi ha telefonato e mi ha detto che volevi iscriverti al club di nuoto. Quando ho pagato la prima retta della scuola, grazie ai soldi di Xanxus, ho provveduto anche a quello” spiegò Tsuyoshi, sistemandosi dietro il bancone di legno.

Eeeeh? Nuoto?” piagnucolò Takeshi.

“Non volevi?” chiese Tsuyoshi, iniziando a pulire un salmone.

“N-no, papà, va bene” mentì il ragazzino. Padre e figlio alzavano la voce per sovrastare il rumore circostante.

In alto, vicino al soffitto, volò un reggiseno, mentre si udivano i versi di alcune scimmie che correvano sotto i tavoli.

< Kusakabe me la paga. Mi ha fregato.

Anche se… potrei usare la cosa a mio vantaggio. Potrei dire a Sasagawa senpai che non lascerò il nuoto solo se lui riprenderà a fare kendo.

Tanto non lo lascerei comunque, non farei una cosa simile a papà. Ha pagato la rata, magari ci spera io lo faccia. Però questo senpai non lo sa e fare kendo lo riavvicinerebbe a Kyòya e gli farebbe anche bene > pensò Takeshi, annuendo tra sé e sé.

Tsuyoshi accarezzò il bancone, chiuse gli occhi ed inspirò.

< Ora, invece, lo so. Questo posto è la mia casa e non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo > si disse.

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Capitolo 3
*** La forza di un pugno ***


La forza di un pugno

 

Aoba afferrò il pugno di Ryohei e scosse il capo.

“Ha ragione ‘mia madre Lussuria’ all’infinito. Non sei proprio capace a tirarli” borbottò.

Sasagawa schioccò la lingua sul palato.

“Se volevo ribadito questo, andavo da ‘sensei’ all’Estremo. Io voglio una soluzione!” gridò.

Aoba assottigliò gli occhi e rispose: “Se continui semplicemente ad allenarti non ce la farai mai. Non ti ricordi mai le regole all’Infinito. Devi concentrarti, trovare un modo per renderli tuoi”.

Ryohei chiuse gli occhi.

< … E se immaginassi di tenere una spada >. Si allontanò di un passo, chiuse il pugno, ma lasciandolo socchiuse e colpì.

L’onda d’urto piegò il lampione davanti a lui.

“Ecco, sì! Ecco quello che aveva visto papà in te! Ce l’abbiamo fatta, In the end!” gridò Aoba, saltellando sul posto.

Sììììì!” gridò Ryohei, spalanco gli occhi. Saltellò sul posto, Aoba lo abbracciò, trascinandolo. Scoppiarono entrambi a ridere, mentre Sasagawa lo abbracciava a sua volta.

< Per la prima volta penso di potercela fare! Riuscirò a vincere la cintura dei campioni!

Sarà libero! > pensò.

Koyo sciolse l’abbraccio. “Ok, non dobbiamo adagiarci sugli allori. Abbiamo ancora molta strada da fare, e soprattutto trasformare la tua innata capacità a dare calci, in un gioco di gambe decente”.

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Capitolo 4
*** Una madre ‘inquietante’ ***


Squalo sa essere veramente inquietante quando vuole.
Questa storia partecipa al Juke-Box dei Prompt di Writer’s Wing.
Prompt: Who do you need
Who do you love,
When you come undone?
(DuranDuran, Come Undone, 1991)
Scritta sentendo: Duran Duran - Come Undone (Official Music Video); https://www.youtube.com/watch?v=Epj84QVw2rc.

Una madre ‘inquietante’

 

“Mukuro, esci da quell’armadio. So che tu e il tuo gemello siete lì dentro” disse Squalo, sciogliendosi il laccio viola che gli teneva legati i lunghi capelli argentei in una treccia.

La porta dell’armadio si socchiuse, facendo sbattere l’anta.

Vooooi! Uscite subito da lì!” ordinò Squalo.

Due paia di occhi, di cui due rossi e due blu, lo fissarono dall’oscurità.

Squalo era seduto accanto ad una gigantesca vasca, al cui interno nuotava Alo, dimenando la coda pigramente.

Il fondale era decorato da delle alghe rosso sangue e pietruzze argentee.

Kufufufu. Perché dovremmo fidarci di qualcuno che dice di essersi tagliato da solo la mano?” domandò Mukuro.

Kufufufu. Di una Pioggia, per di più” trillò Dokuro.

“Perché vi siete infilati nel suo armadio. Ecco perché!

Uscite subito da lì, marmocchi. Non si spiano le ‘madri’” abbaiò Squalo.

Mukuro e Dokuro uscirono dall’armadio e lo raggiunsero, sedendosi per terra accanto alla sua sedia patronale davanti alla specchiera.

“Ti sei dato della madre da solo. Io mi ritengo soddisfatto” disse Dokuro.

“Ti stai cambiando per Xanxus? Ti truccherai?” domandò Mukuro.

Squalo si guardò nel riflesso e rabbrividì.

“Io non mi trucco per nessuno, nemmeno per il Boss” ringhiò.

 

Anya si premette le mani davanti alla bocca, i capelli argentei le ricadevano davanti al viso. Sotto di lei c’era un peluche, Squalo si aggrappò alla zampa di quest’ultimo che s’intravedeva sotto la sorellina e guardò fuori.

Entrambi i bambini videro Skull seduto davanti allo specchio. L’arcobaleno si spogliò, lasciando cadere la tuta e il casco da motociclista.

Il suo corpo cambiò, mentre tornava adulto, si sfilò la parrucca e la lasciò cadere a terra.

Si ripulì il viso dal trucco e prese una crema, se la passò sui capelli, lasciando che tornassero biondi.

Afferrò il rossetto ed iniziò a passarselo sulle labbra, s’infilò delle ciglia finte e si truccò da donna.

Si alzò in piedi e raggiunse l’armadio, lo aprì e ne trasse un vestito rosso fuoco da sera.

 

“Hai problemi con chi si trucca?” domandò Dokuro, battendo le palpebre.

Squalo negò, in una pioggia di capelli argentei.

Voiiii! Assolutamente no. Anzi, Lussuria dovrebbe farlo sempre. Ho problemi con chi lo fa per gli altri e non per se stesso. Per chi odia pizzi e merletti, velleità e trucchi, ma se ne fa carico per accontentare le persone che ama.

L’amore va ricambiato, sempre. Se solo uno si dà completamente è possesso, è schiavitù.

Odio tutto questo” ringhiò.

Mukuro gli posò la testa sul ginocchio e gli strinse la gamba.

“Un discorso da vera regina” disse.

“Xanxus sarebbe fiero di te”. Aggiunse Dokuro, abbracciandogli l’altra gamba.

Squalo si sganciò la spada, posandola sul ripiano di legno del mobiletto, ed accarezzò le teste di entrambi, scompigliandogli i capelli ad ananas.

“Voglio solo che voi non facciate mai questi errori. BakaBoss non vuole che ci succeda niente, mai. Vuole solo vederci felici e liberi” sussurrò.

“Papà, distruggerà…”. Iniziò Dokuro.

“… la mafia”. Completò Mukuro.

Kufufufufu” risero insieme.

Squalo ghignò, mostrando i denti aguzzi da Squalo.

“Lasciategli fare la sua scalata e vedrete, questo mondo tremerà, piccoli miei. Dobbiamo solo avere pazienza ed ogni torto verrà pagata tra sangue e fiamme” giurò.

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