Soul Traces

di Skylar098
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap 0 - Prologue ***
Capitolo 2: *** Cap 1 - ***
Capitolo 3: *** Cap 2 - ***
Capitolo 4: *** Cap 3 - ***



Capitolo 1
*** cap 0 - Prologue ***


Il cielo notturno pullulava di tremolanti luci bianche e la grande luna piena faceva da lanterna a quella vastità oscura, illuminando la fredda superficie terrestre, contornata dal suo alone arcobaleno quasi impercettibile.
Aveva sentito dire che quella sua veste dai colori soffusi, fosse presagio di pioggia.
In effetti alcune nuvole grigio cupo si stavano avvicinando minacciosamente nella sua direzione, ma non ci fece troppo caso. Era ansioso. Continuava a camminare avanti e indietro per la sua umile dimora dei muri bianco latte. Ogni tanto aumentava il passo, come se così il tempo, per placarlo, decidesse di scorrere più veloce.
L'appuntamento era alle 20 in punto eppure lui era agitato già da ore.
« Si sta facendo tardi » disse avvicinandosi all'armadietto in cui teneva il suo equipaggiamento.
Prese la Black Ashes, la sua compagna di battaglie affilata e la infilò nel fodero legato alla cintura intorno la sua vita.
Scese quindi frettolosamente le scale, senza badare a dove mettesse i piedi, così facendo in un baleno si ritrovò all'aperto, sotto i fiochi raggi della luna.
Lì fuori trovò Skylar ad aspettarlo; se ne stava con la schiena poggiata al muro e le braccia conserte, teneva gli occhi chiusi e con la testa rivolta verso l'alto, si beava del fresco vento che accarezzava le ciocche dorate della sua chioma.
« Ehi Skylar non credevo di trovarti qua » disse Alaric avvicinandosi.
Skylar aprì gli occhi e si girò verso di lui con un'espressione tesa.
« Beh non riuscivo a stare fermo, così sono uscito a fare quattro passi »
In quell'istante Alaric sentì una fragrante sensazione di calma attraversare il suo corpo.
Succedeva ogni volta che si trovava con Skylar; ogni ansia, ogni paura, ogni male svaniva.
Lui era l'incarnazione della luce ai suoi occhi.
Non sapeva con esattezza nemmeno lui il perché, ma quando Skylar era al suo fianco, lui si sentiva invincibile.
« Nemmeno io riuscivo a stare fermo per l'ansia quindi sono sceso in anticipo, eppure ora mi sento tranquillo d'un tratto »
E pensare che si conoscevano da solo sei mesi.
« Quindi stiamo proprio partendo vero? » chiese Skylar con lo sguardo rivolto verso il basso, come se qualcosa lo turbasse.
« Dai non preoccuparti, vedrai che torneremo giusto un po ammaccati e stanchi, come sempre » rispose Alaric, poggiando la mano sulla sua spalla. Qualcosa non andava però, Skylar stava tremando. A quel punto, con entrambe le mani strinse le sue spalle e lo scosse leggermente, mettendosi di fronte a lui. Lo guardò dritto negli occhi e percepì in quelle profonde iridi viola, un terrore mai visto prima.
« Scusami Alaric, non voglio farti preoccupare, ma ho questa brutta sensazione che mi logora da tutto il giorno. Credevo che vedendoti mi sarei distratto come sempre e invece appena ti ho visto, la sensazione si è fatta ancora più vivida e ho paura Alaric, ho una paura maledetta »
Skylar aveva pronunciato quelle parole senza nemmeno avere avuto il coraggio di guardarlo in faccia.
Alaric strinse la presa sulle sue spalle e mantenendo la calma, provò a tranquillizzarlo.
« Ehi guardami » disse con tono fermo, di chi sa quello che sta per dire.
« Qualunque cosa ti preoccupi, qualunque sia la tua paura, noi la affronteremo insieme. Siamo o no il duo più forte? »
Si lasciò sfuggire un sorriso, sperando di aver sollevato a sufficienza il proprio compagno.
Skylar lo guardò con occhi lucidi che sembravano voler liberare lacrime su lacrime, ma che mai uscirono. Annuì invece e mostrò a sua volta un lieve sorriso, senza aggiungere alcuna parola.
Sono sicuro che le mie parole lo abbiano raggiunto pensò, ma allora perché sembrava che Skylar non avesse cambiato la sua espressione preoccupata.
Probabilmente quel presentimento sovrastava di gran lunga le sue parole.
Alaric non sapeva come rimediare, non l'aveva mai visto in quello stato. Tolse le mani dalle spalle dall'altro e le incrociò sul petto.
« Senti Skylar...questa sensazione, vuoi dirmela? » domandò preferendo arrivare direttamente al punto per risolvere il problema alla svelta. La missione alla quale dovevano partecipare, era di vitale importanza e non era permessa la minima distrazione.
« Nemmeno io lo so con certezza, ma ho paura che questa non sia la solita missione Alaric, sento come se ci fosse un tremendo pericolo che incombe sulle nostre spalle, qualcosa di fin troppo grande da abbattere con le nostre sole forze »
Alaric iniziò a preoccuparsi seriamente
« Ma che stai dicendo Skylar? Noi- » non ebbe la possibilità di finire la frase, poiché fu interrotto bruscamente da Skylar che con la sua voce acuta, l'aveva sovrastato.
« Ho paura che possa accaderti qualcosa a causa mia, capisci?! »
In quel momento Alaric gli avrebbe dato volentieri uno schiaffo, se non fosse per il fatto che nutriva un profondo rispetto per il suo compagno. Strinse i pugni e serrò la mascella.
« Che ti prende? Sono mesi che combattiamo fianco a fianco, uscendone sempre vittoriosi e ora vieni a dirmi che non ce la possiamo fare? E soprattutto per quale motivo ti stai addossando un peso simile tutto da solo? Mi prendi in giro? » sbraitò prendendo Skylar per il colletto del suo mantello e tirandolo verso di sé.
« Come potrebbe mai accadermi qualcosa a causa tua? Siamo un duo e dobbiamo comportarci come tali. Quello che succede è colpa di entrambi, non provare a darti colpe che non hai »
Skylar continuava a guardare il corvino con occhi spalancati, sorpreso ma allo stesso tempo scosso dalla reazione di Alaric, non alzava mai la voce, non in quel modo almeno.
Quando Alaric si accorse di aver esagerato, sospirò lasciando che il tessuto della veste scivolasse via dalle sue dita e si ricompose, mostrando il sorriso più sincero che riuscì a tirare fuori in quella situazione.
« Se proprio hai paura che possa accadermi qualcosa, pensa solo a proteggermi e a guardarmi le spalle, come hai sempre fatto »
Ora sembrava proprio che Skylar fosse sul punto di piangere, ma non lo fece nemmeno questa volta.
« Hai ragione...scusami se ho dubitato di noi anche solo per un attimo, ora mi sento meglio, grazie Alaric. » quelle furono le sue ultime parole prima che il resto del gruppo li raggiungesse.
Alaric non ebbe modo di rispondergli, ma non importava, a lui bastava che il suo amico si fosse calmato.
« Com'è che oggi siete puntuali? » scherzò Vyron avvicinandosi ai due, affiancato da Ayden.
« Ehi guarda che io arrivo sempre in anticipo, è Skylar che arriva sempre in ritardo! » disse accusando il proprio compagno, puntandogli il dito contro.
« Ma che dici non è vero! » esclamò con aria offesa Skylar, facendo ridere i presenti e in un attimo tornò la solita atmosfera leggera e piacevole.
« Sono contento che siate così tranquilli, è importante rilassarsi prima di una missione, ma una volta iniziata, bisogna essere concentrati e non abbassare la guardia » si pronunciò infine il capo, mettendo tutti in riga.
« Sapete già cosa vi attende là fuori, per cui non devo dirvi nulla se non di fare attenzione come sempre, di guardarvi le spalle a vicenda e soprattutto di non separarvi mai. Lo sapete che da soli è impossibile sconfiggere un demone. » le sue parole assumevano un tono tanto incisivo e deciso, quanto preoccupato mentre parlava.
« Lo sappiamo capo sta tranquillo, io e Vyron spazzeremo via chiunque ci intralci la strada, vero Vyron? » disse Ayden vantandosi, dando una forte pacca sulla schiena del compagno.
« Non montarti la testa, io e Skylar siamo la coppia migliore » lo contraddisse Alaric.
« Ah sì? Beh facciamo una gara, chi intrappola più demoni vince » lo sfidò Ayden.
« Ci sto » rispose il minore con un sorrisetto soddisfatto stampato sul viso.
« Non appena avete finito questa gara infantile, direi che possiamo partire» disse sospirando Vyron, tirando via il suo compagno per l'orecchio.
« Ahi ahi mi fai male, ho capito » si lamentò Ayden seguendo gli altri, lanciando un'ultima occhiata ad Aylack, che rimase in piedi davanti l'entrata dell'Arc Genesis osservando le figure dei propri sottoposti allontanarsi e farsi sempre più sfocate.
« Buona fortuna ragazzi »
Quello stesso giorno, erano apparsi dai loro scanner, vari segnali di presenze demoniache nel distretto 141, nella lontana periferia della loro città.
« Mi raccomando ragazzi restate uniti, ci stiamo avvicinando » li avvertì Vyron che come sempre faceva da capogruppo; lui credeva di non avere abbastanza carisma e che Ayden fosse più adatto, ma tutti consideravano lui come tale quindi ormai si era abituato ad esserlo.
« Peccato che Blane non sia venuto con noi » osservò poi Alaric guardandosi intorno.
« Da quello che so siamo un po a corto di personale e ha dovuto accompagnare un'altra squadra, ci raggiungerà più tardi » spiegò Ayden fermandosi al segnale di Vyron.
Tutti e quattro si nascosero dietro le mura di un palazzo malandato e studiarono i dintorni in silenzio.
« Strano eppure dovrebbe esserci un bel gruppetto » disse Skylar insospettito, alzando istintivamente lo sguardo notando alcune figure gettarsi dal tetto dell'edificio sotto il quale si stavano nascondendo.
« Dall'alto! » urlò mentre tre demoni piovvero dal cielo silenziosi e leggeri, come fiocchi di neve sopra le loro teste.
« Tre contro quattro, che fate ci sottovalutate? » li schernì Ayden estraendo le sue daggers of sin, delle lame affilate che percorrevano l'intera lunghezza delle sue braccia.
Con un leggero e rapido movimento Alaric portò una mano sul fodero e fece lo stesso con la sua spada color pece. La impugnò con forza prima di essere attaccato da uno dei demoni; bloccò con un tonfo secco il suo agguato e lo respinse colpendolo successivamente all'addome con un fendente verticale. Demoni di quel basso livello non potevano certo competere con un gruppo oramai esperto come il loro. Erano sicuramente di ultima generazione.
Il corpo del demone cadde in ginocchio e solo dopo che Skylar gli diede il colpo di grazia, rilasciò quel piccolo frammento di anima corrotta che caratterizzava ognuna di quelle creature.
Un piccolo brandello di luce color celeste volteggiava ora nell'aria e prima che potesse trovare il successivo ospite da corrompere, fu imprigionato nella clessidra antidemone che Alaric gli puntò contro.
« E fuori uno » annuì Skylar guardando il proprio compagno.
« Mi spiace per te Alaric, ma abbiamo vinto noi! » disse Ayden rinchiudendo l'ultimo demone nella sua clessidra.
« Non è ancora detta l'ultima parola, potrebbero arrivarne altri » sviò il discorso il corvino sbuffando.
« Il radar ne aveva segnalati solamente tre da queste parti e a quanto pare non hanno nemmeno fatto vittime, direi che il nostro lavoro è finito qui » alzò le spalle Ayden, era chiaro che Alaric non volesse accettare la sua sconfitta.
Quello fu l'ultimo momento in cui i quattro ragazzi poterono permettersi di scherzare, avevano commesso il grave errore di abbassare la guardia, bastò un istante.
« AYDEN! » l'urlo straziante di Vyron rimbombò lungo le deserte vie del centoquarantunesimo e subito dopo si percepì un botto assordante.
Alcune macerie caddero alle loro spalle e la causa del loro crollo fu proprio Ayden.
Chiaramente era stato scaraventato al muro da un demone, ma non avevano idea da dove fosse arrivato, sapevano solo che era lì da un istante e aveva già messo fuori gioco Ayden, lanciandolo con una forza sovrumana contro l'edificio, come fosse stato una pallina da baseball.
« Bene bene bene, cosa abbiamo qui » la voce sibilante del demone fece tremare l'intera squadra, che si pietrificò all'istante alla sua vista.
I suoi occhi color smeraldo scrutavano con fare divertito le sue vittime. Le sue iridi erano ristrette a tal punto da sembrare quelle di una bestia e le macchie violacee che le circondavano, davano l'idea di aver inquinato quel verde puro, nello stesso modo in cui i demoni avevano inquinato il mondo.
« Cosa diavolo hai fatto ad Ayden?! » urlò Vyron stringendo i pugni e in un attimo non riuscì più a trattenere la rabbia che tanto lo aveva investito.
Si gettò contro il demone che non sembrò affatto turbato da quell'attacco, lo dimostrò restando al suo posto, immobile, ad aspettare che l'ira di Vyron si scagliasse su di lui, scelta a dir poco sbagliata, quel demone stava sorridendo.
« No fermo Vyron! » urlò Alaric, ma era già troppo tardi quando si rese conto che stavano reggendo esattamente il suo gioco. Questo infatti, con la mano sinistra, bloccò la lama e con una lieve stretta la spezzò in due. Alcuni detriti rigarono il viso di Vyron e le ferite cominciarono a colorare di rosso la sua pelle.
Vyron spalancò gli occhi, sorpreso dalla facilità con la quale aveva distrutto la sua arma.
Nel frattempo Skylar era corso verso il corpo di Ayden, abbandonato a terra sanguinante. Sembrava abbastanza grave, lo si capiva dall'espressione che Skylar fece non appena lo vide. Alaric lesse la gravità della situazione dal volto del suo compagno e si paralizzò.
La paura lo travolse e lo cementò sul posto, i suoi muscoli si irrigidirono e le gambe iniziarono a tremargli. Quel demone lo terrorizzava a tal punto.
Quella creatura tanto temibile, quanto inquietante, prese Vyron per il collo e lo tirò su con una leggerezza spropositata.
Fu allora che il respiro di Alaric si fece sempre più pesante, tutto ciò che lo circondava appariva sfocato davanti ai suoi occhi.
Il demone strinse la presa intorno l'esile collo del giovane che si dimenò emettendo soffocati lamenti. Portò le sue mani su quella della creatura per cercare di allentare la presa, invano.
Quella belva era troppo forte e non sembrava cedere di un millimetro.
« Muoviti Alaric!» continuava a ripetersi il corvino davanti quella scena, impotente, totalmente schiacciato dalla paura.
Soltanto quanto Vyron lasciò la presa e fece scivolare le braccia lungo i fianchi svenuto, si mosse. Strinse l'elsa della sua spada e caricò il demone, un altro errore fatale dettato dal sentimento che è solito evitare in un combattimento nel quale non si conosce il proprio avversario, ma Alaric era disperato e doveva togliere Vyron dalle grinfie di quel demone o sarebbe morto davanti i suoi occhi. Era pronto a scagliare il suo attacco con tutte le forze, finché il cosiddetto demone non spostò il corpo di Vyron nella traiettoria della sua spada. Accadde tutto troppo in fretta, Alaric non ebbe modo di pensare, se avesse continuato l'attacco, avrebbe ferito o peggio ancora, ucciso il suo amico, l'unica cosa che poteva fare era lasciare l'arma e gettarsi contro il proprio amico di peso per sottrarlo dalla morsa del demone.
Non ci pensò due volte, lasciò cadere la spada a terra e si gettò su Vyron, abbracciandolo per evitare che urtasse direttamente il suolo e si facesse ulteriormente male. In compenso Alaric sbatté così forte la schiena, da fargli mancare il respiro, poco importò però davanti al salvataggio del suo compagno.
Il demone li guardò rotolare via sorpreso e iniziò a ridere.
« Voi umani siete così divertenti »
Di nuovo quella voce orripilante, l'ennesimo brivido passò lungo la schiena del corvino, che nel frattempo pregava Vyron di svegliarsi, senza però ricevere risposta dal maggiore privo di sensi.
« È davvero una gran bella spada » osservò il demone, raccogliendo la spada di Alaric da terra avvicinandosi ai due.
Alaric strinse il corpo di Vyron tra le sue braccia, come per proteggerlo da quell'essere raccapricciante.
« È così bella che mi viene voglia di provarla » disse con uno squallido sorriso stampato sul viso.
Da vicino incuteva ancora più terrore.
Alaric capì di essere spacciato quando incontrò gli occhi del demone; lo fissava proprio come un predatore avrebbe fissato la sua preda.
Questo tirò su la spada e con un fendente lacerò l'aria.
È la fine pensò Alaric strizzando gli occhi, aspettando che la lama raggiungesse la sua carne.
« È veramente leggera, si maneggia una meraviglia »
Possibile che le parole di quel demone gli rimbombassero nella mente persino da morto? Alaric aprì gli occhi, tastando il proprio corpo alla ricerca di una ferita che non c'era.
« Non avere paura di me, non avevo intenzione di farti del male » sorrise il demone.
« Non ho paura di te » mentì.
« Sei più pallido dei miei candidi capelli, non mentire, non ne ricaveresti nulla » lo contraddisse gentilmente la creatura.
« Si può sapere che vuoi da me? » rispose non usando certo la stessa gentilezza.
« Niente » sorrise divertito il demone.
Nel frattempo Alaric tremava come una foglia, ma gli era difficile capire se fosse più per la rabbia o per la paura. Poi avvenne un piccolo miracolo. Riconobbe una voce familiare chiamare il suo nome in lontananza e in men che non si dica, un bianco mantello gli sfrecciò davanti, fermandosi possente di fronte ai suoi occhi. Alaric avrebbe riconosciuto quel manto color neve persino ad occhi chiusi.
Skylar..
Il biondo si girò a guardarlo ansimante e sussurrò alcune parole: « Per fortuna ho fatto in tempo… » poi alzando la voce riprese fiato e aggiunse: « Ho sistemato Ayden in un posto sicuro »
Nella mano destra teneva la sua bellissima spada bianca e la stringeva talmente forte che si potevano vedere le sue vene serpeggiare tremanti sotto la sua pelle.
« Uh ce ne sono altri, la cosa si fa interessante »
Skylar sentendosi minacciato da quella creatura, indietreggiò di qualche centimetro e si abbassò leggermente mettendosi in posizione di guardia.
« Mi piace il tuo sguardo piccoletto » constatò il demone rivolgendosi a Skylar.
« Alaric perché quel demone ha la tua spada? » chiese preoccupato, ignorando totalmente le parole della creatura davanti a sé.
« È un po complicato da spiegare, era la mia unica opzione in quel momento » e quello bastò per Skylar, non gli servivano i dettagli, doveva solo disarmarlo e far tornare la spada al suo proprietario.
« Dunque ora che vogliamo fare? » domandò il demone giocherellando con la spada di Alaric.
« Ci lascerai andare? » chiese ingenuamente Skylar.
« Potrei anche farlo, ma ho intenzione di divertirmi e giocare un po con voi »
Si passò la spada sulla mano, accarezzandola delicatamente, poi guardò Skylar passandosi la lingua tra i denti affilati.
Quel demone era troppo forte per loro, non ce l'avrebbero mai fatta in due, dovevano assolutamente scappare.
« Insomma quali sono le tue intenzioni, vuoi solo giocare con la ciotola del cibo eh? » iniziò a perdere la pazienza Skylar. Sembrava un ragazzo debole vista la sua costituzione, ma in realtà Alaric lo considerava il più forte della squadra, nonostante fosse il più giovane.
« Skylar eh? È proprio un bel nome, si adatta al tuo visetto » gli fece un complimento il demone, rendendolo ancora più nervoso.
«Tu devi essere Alaric invece » continuò osservando il ragazzo dai capelli neri e gli occhi verde chiaro, stringere ancora Vyron a terra.
« Ho sentito i vostri nomi mentre vi parlavate, ma che maleducato che sono, io non mi sono nemmeno presentato.
Il mio nome è Shura, piacere di fare la vostra conoscenza piccoli umani » esordì il demone, presentandosi sotto il nome di Shura.
« Sai cosa mi importa del tuo nome, tanto non ci farai tornare vivi per raccontarlo a qualcuno » rispose scettico Skylar.
« Cos'è tutto questo astio, dovreste ringraziarmi per non avervi ridotto nello stesso stato vegetativo dei vostri compagni, siete proprio divertenti »
« Noi divertenti? » intervenne Alaric.
« Di sicuro non dobbiamo ringraziarti per avere quasi ucciso i nostri amici» rispose con un'ironia pungente.
« Ah siete anche ingrati, ma mi state facendo divertire da morire. Vediamo come cambia il gioco se elimino un'altra pedina »
Con un movimento disumano, quasi impossibile da percepire ad occhio nudo, squarciò l'aria con la spada, incrociandosi con quella dalla lama bianca di Skylar, posta precedentemente in orizzontale per parare il colpo, giusto in tempo.
La resistenza di Skylar fu minima davanti alla mole e la potenza del demone e il suo corpo fu scaraventato contro il muro che distava qualche metro dietro le spalle di Alaric.
« Lo dicevo che questa spada è meravigliosa, ho avuto modo di provarla sul serio » sorrise soddisfatto Shura.
« SKYLAR! » Urlò Alaric sconvolto.
« Sei un essere schifoso.. » disse stringendo i denti, con tutta la rabbia che aveva in corpo, poggiando Vyron a terra e alzandosi finalmente in piedi.
« Ti sei divertito anche troppo ad insozzare la mia spada, ora restituiscimela »
Estrasse i due pugnali che teneva rispettivamente nelle cinghie legate alla coscia e alla caviglia e li impugnò così forte, da far scricchiolare i loro manici.
Oramai la rabbia aveva preso il controllo delle sue emozioni, la paura non lo ostacolava più.
Shura si fece una grassa risata.
« Fatti sotto »
Alaric sapeva di non avere speranze e che probabilmente sarebbe morto lì, ma preferiva morire combattendo, piuttosto che farsi ammazzare così da un lurido demone e senza avergli dato almeno un po di filo da torcere.
Portò i pugnali all'altezza del viso e si lanciò all'attacco. Come diversivo, col destro mirò ad una parte vitale come l'addome, mentre col sinistro puntò al braccio. Il suo vero obiettivo, era quello di riprendersi la spada e combattere con quella. Purtroppo anche una tale strategia non poteva funzionare contro una creatura di quel calibro. Questa infatti, con due mosse, era riuscita a disarmarlo senza dargli nemmeno la possibilità di accorgersene e si ritrovò la propria spada puntata al collo.
« Hai fegato ragazzo, peccato che con quei moncherini non potevi fare di meglio. Mi sono divertito come non accadeva da anni, ti ringrazio, spero di poter trovare giocattoli altrettanto divertenti in futuro » confessò portando la lama color pece verso il cielo.
« Che ne dici invece di lasciarci vivi e di incontrarci un'altra volta per combattere ad armi pari? » quello fu l'ultimo disperato tentativo di sopravvivere a quella situazione tanto deprimente.
« È una bella idea sai? » sembrò pensarci il demone e per un attimo Alaric ci credette, poi sentì un botto e ci fu il buio totale. Quando riaprì gli occhi, sembrò essere passata un'eternità. In realtà era passato solo qualche secondo e davanti a sé, ritrovò Skylar. Quel botto che aveva sentito, era dovuto alla spinta che Skylar gli aveva inferto per proteggerlo, levandolo così dalla traiettoria dell'attacco. Questa volta era riuscito a bloccare il colpo di Shura con successo, ma la spada di Alaric sembrava pesare quintali sopra la sua e la resistenza che si stava creando tra le due lame, era fin troppo brusca. In più che Skylar tentava di spingerlo indietro con tutto le forze che gli restavano in corpo. Aveva il braccio sinistro e la testa ancora sanguinanti per il forte impatto che aveva subito contro il muro. Però benché avesse quelle ferite, continuò a digrignare i denti e a far sanguinare le gengive nel tentavo di resistere alla forza del demone.
Nonostante la sua presenza lo tranquillizzasse in qualsiasi situazione, Alaric non riuscì questa volta a sostituire quella terribile sensazione che si fece spazio nella sua mente.
Ora capiva di cosa parlava Skylar. Avrebbe dovuto dargli retta invece di fare lo sbruffone, eppure voleva solamente vederlo sorridere.
In quell'istante sapeva benissimo cosa stava accadendo tra le due lame; la forza esercitata dalla sua spada, era nettamente superiore a quella di Skylar e se lui avesse continuato a fare leva sulla sua, presto si sarebbe spezzata.
Non fece nemmeno in tempo ad avvertirlo.
La lama di Skylar si frantumò in grosse scaglie color latte, mentre la sua proseguì il suo cammino obliquo direttamente sul corpo del suo amico. Il sangue zampillò dalla ferita, macchiando il candido manto che indossava, il suolo e la spada di Alaric, oramai non più così nera.
Cadde tra le sue braccia svenuto e Alaric urlò con le lacrime agli occhi. Le sue mani erano premute sul petto di Skylar, con l'intenzione di alleviare almeno un po l'emorragia ed erano ormai completamente ricoperte del suo sangue.
« Skylar... Skylar! » continuava a ripetere come un ossesso, in preda ad un isterismo incontrollato.
« È tutta colpa mia...» pianse a dirotto il corvino stringendo il tessuto rosso sotto le sue mani.
« Esatto è tutta colpa tua, fino alla fine non hai fatto nulla se non farti proteggere dal tuo amico, patetico » disse con tono annoiato Shura.
Quei giocattoli non erano più di suo gradimento.
« Sei stato tu ad ucciderlo » continuò mettendo il dito nella piaga.
« Sta zitto! Non parlarne come se fosse già morto » urlò disperato Alaric.
Non poteva dar torto a Shura, perché aveva ragione, solo non voleva sentirselo dire.
« Sai Skylar.. » sussurrò al suo amico.
« Il demone ha ragione, però tu non preoccuparti, tra poco finirà tutto e ti porterò a casa »
Dopo quelle ultime parole, lo adagiò delicatamente a terra, raccolse ciò che era rimasto della spada del suo amico e la impugnò a testa bassa.
« Sei penoso, non mi diverti più » disse Shura deluso puntandogli la spada contro.
« Alla fine io cosa ho fatto per Skylar? Non l'ho nemmeno ascoltato quando serviva, pensavo solo a me stesso. Forse credevo che facendolo sorridere, avrei espiato quell'orribile persona quale sono e mi ero convinto di fare del bene per lui. La sua predizione era impeccabile e io l'ho sprecata. Se solo l'avessi ascoltato, niente di questo sarebbe accaduto. Quindi forse mi merito di morire qui. »
Quel giorno Alaric perse il suo migliore amico e per poco, la sua stessa vita.

 

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Capitolo 2
*** Cap 1 - ***


« Ci siamo. » furono le parole del capo scienziato davanti quella tanto attesa soluzione.
Stava conducendo quell'esperimento oramai da anni. Era finalmente vicino alla piena realizzazione del suo sogno: un corpo perfetto, un corpo immortale in grado di rigenerarsi all'infinito e di non invecchiare mai.
« I parametri sembrano essere nella norma, potrebbe funzionare » questa volta fu il suo fidato sottoposto a prendere parola.
Le menti che insieme avevano deciso di mettere in atto quell'esperimento utopico erano essenzialmente due, il resto era personale dedito scelto con cura.
« Parametri vitali? »
« Stabili » rispose quest'ultimo controllando lo schermo.
« Ci siamo, ci siamo » continuava a ripetere eccitato.
Il suo collega gli poggiò una mano sulla spalla sorridendo.
« Ti vedo più euforico del solito »
« Questa è la volta buona me lo sento, finalmente ce l'abbiamo fatta » gli rispose con entusiasmo.
Il loro cammino era stato piuttosto lungo e ricco di ostacoli, avevano fallito ancora e ancora prima di allora, ma ne era valsa la pena, avrebbero sconfitto la morte.
« Procedi » ordinò quindi al suo inferiore.
Il soggetto sottoposto al test era rinchiuso dentro una capsula di vetro ricolma d'acqua e il suo povero corpo martoriato era attraversato da una moltitudine di tubi, ma in fondo a nessuno importava del suo stato, così come a nessuno interessava quante fossero state le vittime prima di lui.
L'unica cosa davvero rilevante, erano i risultati.
Chi fosse la cavia, quanta fosse la sofferenza da patire, a nessuno pesava una cosa simile.
« Qualcosa non va, un valore è calato all'improvviso » urlò uno dei dipendenti dall'altra parte del laboratorio.
Fu allora che lo scienziato si irrigidì visibilmente.
Non poteva succedere proprio ora, ci erano arrivati, avevano raggiunto la soluzione.
Corse alla postazione del suo sottoposto e lo scansò nervosamente.
« Dammi qua » comandò mettendo le mani sul macchinario, armeggiando impaziente tra gli schermi
« Non possiamo fermarci proprio ora, fate risalire questo dannato valore » disse sbattendo il pugno sul congegno.
Il corpo della povera vittima nel frattempo, galleggiava quasi del tutto privo di coscienza e coi suoi occhi spenti osservava da dietro il vetro, gli scienziati lavorare come delle formiche. Sarebbe mai uscito da lì?
« Signore temo sia impossibile » rispose con timore uno degli addetti e l'unica cosa che ricevette fu uno sguardo truce e minaccioso da parte del suo superiore.
« Non importa, procedete uguale »
Quella fu l'ultima decisione, l'ultima parola dettata dal superiore assoluto.
« Sei sicuro? » domandò il suo collega con un'espressione preoccupata scolpita sul volto.
Persino per lui stava esagerando.
Doveva semplicemente accettarlo e andare avanti come avevano sempre fatto.
Nulla però lo smosse, sembrava talmente determinato da sfiorare l'ossessione.
Quel suo attaccamento malsano, non giovava alla ricerca e questo il suo collega l'aveva iniziato a capire troppo tardi.
La cavia iniziò a dimenarsi dentro la capsula, un ultimo tentativo disperato di ribellarsi a quel crudele destino, fino all'ultimo respiro avrebbe lottato, l'ultimo pizzico di anima che gli era rimasto in corpo continuava a crederci, prima o poi sarebbe finito tutto, prima o poi avrebbe avuto giustizia, prima o poi avrebbe avuto la sua vendetta.
« Lo stiamo perdendo »
Quelle parole non raggiunsero nemmeno lo scienziato che con un sorriso sadico si avvicinò nuovamente alle attrezzature e alzò tutti gli interruttori alla massima potenza.
« No fermo che fai, così rischi di far saltare tutto!» persino il suo collega in pari, la fatidica seconda mente dietro a quell'esperimento aveva capito che era ora di fermarsi.
La porta del laboratorio si spalancò all'improvviso, creando un silenzio tombale all'intero della stanza.
« Cosa state facendo qui dentro? » la voce fuoricampo richiamò l'attenzione dei due scienziati che si voltarono verso l'entrata.
Loro lo conoscevano e lui conosceva loro.
Erano colleghi da una vita, ma lui non era stato messo al corrente di quel loro esperimento così folle, non l'avrebbe sicuramente sostenuto.
« Lo sapevo che stavate tramando qualcosa, spegnete tutto » ordinò come se avesse avuto un qualche diritto per farlo.
L'acqua all'interno della capsula iniziò a bollire e il vetro si incrinò pericolosamente.
« Ormai è tardi.. » sussurrò il collega osservando impotente quella scena.
Ci volle poco prima che il vetro esplodesse insieme alla cavia al suo interno.
Acqua mista al colore del suo sangue bagnò l'intero laboratorio e tutti i suoi macchinari, i detriti schizzati con forza, ferirono lievemente alcuni dipendenti che non erano riusciti a ripararsi in tempo.
« Cosa diavolo avete fatto » il tono accusatorio dell'ultimo arrivato fece crescere dentro ad uno dei suoi colleghi un senso di colpa prima sconosciuto.
Avevano davvero esagerato.
Alzò gli occhi verso ciò che era rimasto della capsula e fu accecato da un bagliore anomalo.
« Cos'è quello? » domandò indicando la luce.
Non fecero nemmeno in tempo a voltarsi che qualcosa di ignoto li investì e fece esplodere l'intera stanza.
Dopo quell'incidente, degli scienziati non si ebbe più alcuna notizia e il laboratorio fu sequestrato e chiuso per sempre.
L'arroganza dell'essere umano era arrivata a tal punto, sacrificare vittime innocenti per prolungare la propria vita, andando così contro le leggi della natura stessa.
Ecco cosa si otteneva giocando a fare dio, quello che avvenne dopo fu l'assaggio di una vera e propria punizione divina, scesa violentemente sulla terra per combattere la piaga degli esseri umani.




***





« Vieni corri Ayden, voglio farti vedere una cosa! »
Urlò il piccolo Vyron lungo il campo fiorito seguito dal suo migliore amico.
Era una bellissima giornata tipicamente primaverile, il sole sorgeva alto sopra le montagne e il vento sfiorava delicatamente i capelli dei due ragazzi in cima alla collina.
Come sempre ad ogni primavera per quell'occasione, si arrampicavano fin lassù per vedere il ciliegio che avevano piantato anni prima.
« Guarda, stanno sbocciando i primi petali! » urlò euforico Vyron indicando i fiori rosa adornare i rami semispogli dell'arbusto. Ayden si avvicinò mostrando un lieve sorriso davanti quella meraviglia.
« Tra qualche anno magari potremmo persino mangiare delle squisite ciliegie. » continuò Vyron stringendo i pugni davanti il viso con entusiasmo.
« Basta che non te le mangi tutte tu » lo provocò il piccolo Ayden.
« Cosa staresti insinuando » lo guardò minaccioso l'altro.
« È che di solito finisci tutto quello che trovi » lo schernì facendogli la linguaccia.
« Ripetilo! » urlò Vyron inseguendo Ayden che nel frattempo se l'era data a gambe.
Riuscì a raggiungerlo quasi subito e si tuffò sul suo esile corpo, facendolo cadere a terra. Insieme rotolarono giù dalla collina e le loro risate riecheggiarono lungo l'intera valle.
« Vyron, Ayden, venite a tavola che è pronto! » li richiamò da lontano la signora Cadogan.
I due si guardarono in silenzio e tornarono a ridere.
« I nostri genitori ci uccideranno se ci presentiamo così a tavola » Disse Vyron lasciandosi sfuggire una risatina, mentre si ripuliva la maglietta dal polline e il terriccio che l'avevano macchiata.
« Credo di avere delle foglie tra i capelli » sbuffò Ayden.
I suoi capelli erano abbastanza lunghi e selvaggi da arrivare all'altezza della spalla ed erano di un castano più scuro rispetto a quelli di Vyron tendenti al nocciola.
« Aspetta ora te le tolgo io »
Si avvicinò e con delicatezza tolse tutte le erbacce incastrate tra le ciocche del minore.
« Fatto » Disse sfoggiando un sorrisetto soddisfatto mentre scompigliava i suoi capelli.
« Ehi! » si scostò Ayden mettendo le mani sopra la testa per proteggersi, facendo ridere l'altro.
Ayden e Vyron si conoscevano sin dalla nascita; la famiglia Cadogan e la famiglia Knox erano in buoni rapporti da tantissimi anni e spesso si riunivano per mangiare insieme, non solo per occasioni speciali.
Vivevano ai piedi di una piccola valle e le loro case erano praticamente comunicanti, per cui era impossibile che i due non giocassero insieme.
Erano migliori amici da quattordici anni e insieme ai loro genitori formavano una sorta famiglia unica, tant'è che Vyron si riferiva ai genitori di Ayden con l'appellativo di "zii".
Erano come due fratelli.
« Dai andiamo a cambiarci o si arrabbieranno »
Vyron porse quindi la mano ad Ayden, che era rimasto ancora a terra e lo aiutò a rialzarsi.
Insieme tornarono a casa e si cambiarono, pronti per abbuffarsi delle pietanze preparate dalla signora Cadogan.
La mamma di Vyron era una vera regina della cucina, Ayden aveva sempre invidiato quella sua qualità, ma in fondo anche sua madre ne aveva altrettante.
Dopo essersi lavati le mani entrambi si lanciarono una sguardo di sfida.
« Facciamo che per chi arriva ultimo, niente bis? » domandò Vyron e Ayden non fece nemmeno in tempo ad annuire, che entrambi erano partiti di corsa verso il tavolo.
Ogni volta finiva così.
Facevano a gara per qualsiasi cosa, erano in costante competizione tra di loro, soprattutto Ayden che non sapeva perdere.
Era il più piccolo tra i due, giusto di due mesi e questa cosa per quanto irrilevante potesse sembrare, lo faceva sentire sempre inferiore.
« Tanto vinco io! » urlò Ayden sorpassando l'altro, schivando i membri della sua famiglia, avvicinandosi sempre di più al tavolo.
« Non te lo permetterò » rispose Vyron facendo uno scatto, raggiungendo per primo la sedia.
Si sedette in fretta rischiando di cadere, ma ne era valsa la pena, aveva vinto.
« Non è giusto » sbuffò Ayden decelerando sconcertato.
Mise il muso offeso e si sedette al suo fianco.
« Dai non prendertela Ayden, ti do un po della mia parte » scherzò Vyron tirandogli una guancia per ottenere un sorriso da parte dell'altro.
Vyron era sempre stato un bambino gioioso e spensierato al contrario di Ayden che aveva sempre avuto un carattere piuttosto difficile.
Forse era proprio per quello che si prendevano molto, l'uno completava le diversità dell'altro.
« Su ragazzi, adesso basta con le gare, mangiamo»
La madre di Vyron poggiò i piatti a tavola e si sedette per ultima.
Prese poi con una mano quella del marito e con l'altra, la mano della madre di Ayden, che fece lo stesso col proprio marito, creando così una catena. Ogni volta, prima di iniziare un pasto, facevano tutti insieme una piccola preghiera unendo le proprie mani.
Ayden era sempre piuttosto restio ed era Vyron ogni qual volta a tirargli su la mano e a stringergliela sopra il tavolo.
« Bene ora potete cominciare » li invitò a mangiare la signora Cadogan e i due non se lo fecero ripetere nuovamente. Si armarono di forchetta e coltello e si fiondarono sul piatto.
« Chi finisce per primo non lava i piatti » lo sfidò nuovamente Vyron e Ayden quasi si soffocò per accettare.
« Piano ragazzi » li riprese il padre di Ayden, che venne totalmente ignorato dai due.
Se si trattava di mangiare Ayden non poteva perdere e lo dimostrò finendo per primo. Poggiò le posate sul piatto e alzò le braccia in segno di vittoria.
« Ahhh uffa tocca sempre a me lavare i piatti » sbuffò Vyron dando un leggero pugno sulla spalla del minore.
« Un giorno ti batterò » disse con determinazione.
« Aspetterò quel giorno, ma nel frattempo ti vedrò lavare un sacco di piatti »
Quella battuta fece ridere tutti i presenti, compreso Vyron che a differenza di Ayden non se la prendeva per quelle cose.
Nonostante il carattere difficile, Vyron ammirava davvero tanto il suo amico, forse proprio per quel carattere così forte che lo delineava.
Probabilmente Ayden nemmeno se ne rendeva conto, ma spiccava particolarmente sopra gli altri e nonostante ciò, era convinto di vivere nell'ombra di Vyron, quando in realtà era l'esatto contrario.
« Zia, Ayden può dormire da me stasera? »
Le loro case erano comunicanti, ma ognuna di esse aveva pur sempre la propria porta che le separava.
« Certo che sì » rispose la signora Knox, mostrando un sorriso al piccolo Vyron.
« Evviva, allora inizio a sparecchiare, così poi lavo i piatti e preparo il letto per Ayden »
Si alzò dalla sedia e tolse i primi piatti dal tavolo, seguito da Ayden che lo aiutò.
« Che bravi bambini » li incitò il padre di Vyron incrociando le braccia al petto sorridendo. Tolsero la tovaglia per ultima e lasciarono i loro genitori a fare le loro solite chiacchiere da adulti.
Vyron tornò in cucina dove Ayden lo stava aspettando poggiato con la schiena sul muro.
« Sei contento di passare la notte con me? » chiese Vyron legandosi il grembiule sopra i vestiti per non bagnarsi.
« Lo sai come finisce poi, che ti racconto qualche storia paurosa e tu non dormi più »
« Non è vero! »
« L'ultima volta mi hai chiesto di accompagnarti in bagno » continuò Ayden divertito.
Vyron mise il broncio e iniziò a lavare i piatti.
« Dai scherzavo »
Vyron non si era offeso veramente, ma si divertiva a vedere Ayden sforzarsi di chiedere scusa o di rimediare.
Aprì il rubinetto e dopo essersi bagnato le mani, schizzò il minore.
« Ehi che fai? » indietreggiò Ayden proteggendosi dalle gocce d'acqua.
« Mi vendico.» rispose Vyron divertito.
« Ragazzi non sporcate la cucina o vi costringo a pulirla tutta » disse la signora Cadogan entrando dalla porta della cucina.
I due si irrigidirono sul posto e misero la mano sulla fronte, imitando i soldati.
« Sissignora » risposero all'unisono.
« Non preoccuparti Vyron, ci penso io qua, tu vai a preparare il letto per Ayden » ordinò dolcemente accarezzando i capelli del proprio figlio.
« Sì mamma »
« Ti sei salvato stavolta » disse Ayden dando una leggera gomitata al proprio amico.
Insieme entrarono nella camera di Vyron, come sempre impeccabilmente ordinata e pulita.
« Vieni aiutami a tirare giù il materasso »
Ayden si avvicinò osservando ancora un po la stanza e diede una mano a Vyron col materasso che sembrava pesare quintali.
« Ma cosa ci hai messo qui dentro, non è normale che pesi così tanto »
« Forse sei tu che sei deboluccio »
« Ma se sei tu che hai chiesto una mano per spostarlo »
Ci fu un attimo di silenzio prima che Vyron rispondesse.
« Dannazione hai sempre tu l'ultima parola »
Buttarono finalmente il materasso a terra e lo spostarono vicino al letto di Vyron.
Non era la prima volta che dormivano insieme, avevano passato spesso notti insonni a raccontarsi storie o a parlare di qualsiasi cosa.
Erano passate settimane dall'ultima volta e Vyron ne aveva sentito particolarmente nostalgia.
Stavano crescendo, presto avrebbero raggiunto la maturità e quella paura di separarsi da Ayden, di prendere strade diverse e perdersi per sempre, iniziava a crescere inesorabilmente dentro di lui.
« Hai già pensato a cosa raccontare stasera? » domandò scacciando quel pensiero cupo dalla sua mente.
« Forse, ma non chiedermi di accompagnarti da qualche parte dopo » lo prese in giro Ayden sedendosi sul letto di Vyron.
« Che simpaticone » gli fece la linguaccia il maggiore mentre avvolgeva il materasso con il lenzuolo.
« Non fa freddo, quindi basterà questa per la notte »  disse lanciando la coperta addosso a Ayden, coprendolo da capo a piedi.
Vyron si piegò in due dalle risate vedendo la figura del proprio amico nascosta sotto la coperta, poteva benissimo immaginare l'espressione di Ayden da lì sotto.
« Ragazzi non fate troppo rumore, soprattutto tu Ayden vedi di non infastidire i genitori di Vyron e comportati bene » lo riprese sua madre rimanendo sulla soglia della porta.
« Non preoccuparti zia, Ayden non darà fastidio »
mostrò un sorriso innocente mentre toglieva la coperta di dosso al suo amico.
« Mi fido allora, ci vediamo domani mattina »
« A domani mamma » rispose Ayden seguito da Vyron.
Il pomeriggio passò in fretta e si fece buio piuttosto presto.
« Tua mamma cosa fa per cena? » domandò curioso Ayden leccandosi i baffi al pensiero.
« Non saprei, tanto qualsiasi cosa fa le riesce bene »
« come darti torto » sbuffò Ayden.
« Comunque tra poco lo scopriremo, senti che profumino » osservò il maggiore alzandosi dal letto dirigendosi quindi verso la cucina, seguito da Ayden.
« Ah piccole pesti che fate qui, non è ancora pronta la cena » li rimproverò gioconda la madre alle prese coi fornelli.
« Non siamo venuti a rubare nulla, solo a vedere che c'è per cena » spiegò assumendo un tono innocente Vyron.
« Certo come no, fuori di qui, tra poco vi chiamo »
Disse cacciandoli via con la padella sulle mani e i due se la diedero a gambe ridendo lungo il corridoio. Circa una decina di minuti dopo la cena era davvero pronta. Vyron provò nuovamente a battere sul tempo Ayden, ma perse miserabilmente ancora una volta.
Insieme sparecchiarono a fine pasto e corsero in cameretta pronti per la lunga nottata che li attendeva.
La madre di Vyron entrò giusto per dargli la buonanotte, dopodiché spense le luci e i due si trovarono finalmente al buio.
« Tanto non credo dormiremo » rise il maggiore accendendo la lampadina sul comodino, creando l'atmosfera perfetta per una nottata da storie terrificanti.
Per quanto Vyron fosse spaventato da quelle storie, adorava il modo in cui Ayden le raccontava, diventava tutt'altra persona, le sue interpretazioni erano davvero divertenti.
Erano nel pieno della notte quando Ayden iniziò la sua recita.
« C'era una volta un mostro che viveva nella valle incantata.. »
Assunse un tono di voce basso e inquietante mentre la narrava. Vyron ascoltava in silenzio teso ma eccitato allo stesso tempo. L'inventiva di Ayden era davvero senza limiti e ogni volta rimaneva stupito dalla fantasia che ci metteva per creare quelle storie.
«...Quando all'improvviso-» Ayden si bloccò di colpo dopo aver sentito un rumore proveniente da fuori la porta.
« Hai sentito anche tu? » domandò.
Vyron non ci cascò, non di nuovo, ormai lo conosceva voleva solo mettergli più paura.
« Dai smettila Ayden, lo sai che mi fanno paura queste cose » lo rimproverò il maggiore dandogli una leggera spinta.
« Non sto scherzando, ho sentito veramente un rumore »
Il volto di Ayden era chiaramente inquieto e per quanto bravo fosse a recitare, era impensabile che arrivasse a quel punto pur di spaventare Vyron.
« Dici davvero?... M-magari è solo papà che si è alzato per andare in bagno » provò ad autoconvincersi Vyron.
« Hai ragione non ci pensavo...guardati ti sei spaventato a morte »
Ayden non riuscì a trattenersi e rise fin troppo rumorosamente.
« Stai zitto o ci sentiranno » gli lanciò il cuscino Vyron, diventando completamente rosso in volto per l'imbarazzo.
Un rumore più forte rimbombò per i corridoi di casa Cadogan ed entrambi smiserò bruscamente di ridere.
« Non credo tuo padre faccia tutto questo rumore per andare in bagno...» osservò Ayden alzandosi e avvicinandosi lentamente alla porta.
« No Ayden non andare..» lo pregò il maggiore.
« Shhhh » e con il dito posato sulle labbra Ayden gli fece cenno di fare silenzio. Aprì con cautela la porta ed uscì lungo il corridoio, poggiando i piedi sul pavimento con estrema leggerezza, in modo da non far percepire i propri passi.
C'era un silenzio assordante, nonostante ciò pareva quasi di percepire l'eco della botta precedente. Era buio pesto ed era difficile persino vedere dove stesse mettendo i piedi.
Arrivato alla sala riuscì a riconoscere almeno le sagome dei mobili, grazie alla luce dei raggi lunari che attraversavano i fori delle tapparelle, illuminando quel poco la casa.
Con l'ultimo passo pestò qualcosa di strano, qualcosa di diverso dal solito parquet.
Iniziò a percepire uno strano calore sotto il piede e una sostanza liquida bagnò la sua pelle.
Che fosse caduta dell'acqua?
Ayden si avvicinò pian piano all'interruttore, ma una figura al centro della stanza lo fece paralizzare all'istante.
Era entrato qualcuno dentro casa? Impossibile, sarà stato il padre di Vyron.
Quelli erano i pensieri che occupavano la mente del piccolo Ayden, che nel frattempo aveva ripreso a camminare lentamente verso quell'uomo. Il rumore dei passi bagnati sotto i suoi piedi era fin troppo forte per non essere udito in quel silenzio tombale. Prima di poter aprire bocca, Ayden inciampò su qualcosa di morbido a terra, perse l'equilibrio e cadde contro il muro, proprio vicino all'interruttore.
Accese immediatamente la luce e non appena la figura si fece nitida davanti i suoi occhi, Ayden riconobbe quell'uomo.
« P-papà? Che ci fai qui? » domandò Ayden confuso prima di notare le sue mani ricoperte di una strana sostanza rossa.
Persino sui suoi vestiti e anche sul viso ne aveva qualche macchia.
Ayden si guardò attorno: l'intera stanza era ricoperta di schizzi scarlatti, i mobili, i muri, persino il pavimento e proprio lì, sul pavimento dove lui era inciampato poco prima, c'era la madre di Vyron ricoperta da quello stesso colore e poco più in là, c'era suo marito.
Rosso.
Rosso ovunque.
« Papà cosa vuol dire? Che hai fatto? » domandò in preda ad un tremore incontrollato.
Era sangue quello?
Le ginocchia di Ayden cedettero.
I genitori di Vyron erano morti?
Guardò il volto oramai inespressivo della dolce signora Cadogan, il ricordo del suo sorriso improvvisamente così lontano.
Li aveva uccisi suo padre?
« Ho dovuto farlo, anche la mamma...» sussurrò con voce apparentemente dispiaciuta, ma la sua espressione diceva tutt'altro, sembrava compiaciuto.
« La mamma...? »
Ayden sentì una forte stretta allo stomaco e un conato di vomito gli salì lungo l'esofago.
« Sì Ayden, da bravo adesso tocca a te » disse avvicinandosi pericolosamente al proprio figlio con uno sguardo privo di ogni senso di umanità, tremendamente spietato. Quello non era suo padre, non poteva essere lui.
« Stammi lontano! » urlò Ayden prima di correre verso la cameretta di Vyron e chiudersi la porta alle spalle.
Vyron scattò in piedi alla vista del proprio amico.
« Ayden che succede?..»
Le lacrime sgorgavano incessanti lungo le guance del minore, facendo spaventare a morte il povero Vyron che corse verso di lui preoccupato.
« Che hai visto...perché stai così? » lo tempestò di domande, senza ricevere alcuna riposta. Ayden non riusciva a calmarsi, tanto meno a respirare, era sotto shock. Vyron provò quindi ad aprire la porta e a vedere coi suoi occhi, ma la mano di Ayden si fiondò sul braccio del maggiore e strinse con forza il suo minuto polso. Scosse la testa nervosamente, non riuscendo a mettere insieme due parole per la paura.
« Ayden mi stai spaventando.. »
Vyron poteva sentire attraverso quella stretta quanto in realtà il corpo di Ayden tremasse.
« Dobbiamo andarcene Vyron..subito » furono le uniche cose che riuscì a dire, prima che l'ennesimo conato lo facesse piegare in due.
Vyron poggiò una mano sulla schiena del minore, la preoccupazione dipinta sul suo volto era piuttosto smoderata.
« Vuoi andare in bagno Ayden? » domandò carezzandogli la schiena.
Ayden scosse nuovamente la testa cercando di regolarizzare il respiro, si tirò su lentamente e guardò negli occhi Vyron.
Come faceva a spiegargli la situazione? Non poteva dirgli che i suoi genitori erano morti e che la causa era stata proprio suo padre, tantomeno poteva semplicemente scappare senza dirgli la verità, non sarebbe stato giusto.
« Vyron è successa una cosa terribile, dobbiamo andarcene o moriremo anche noi...»
Vyron serrò i suoi occhi turchesi totalmente smarrito.
« Di che parli Ayden, moriremo? »
« C'è qualcuno in casa, dobbiamo andarcene subito » disse tirando per il braccio il maggiore, che però si liberò immediatamente dalla sua presa.
« Se c'è qualcuno in casa devo avvertire i miei genitori, dobbiamo chiamare aiuto.. »
Ayden singhiozzò rumorosamente, non aveva mai smesso di piangere da quando aveva messo piede nella cameretta di Vyron, come poteva smettere dopo quello che aveva visto e adesso dover dire al suo migliore amico che la sua famiglia era morta, era fin troppo doloroso per lui.
« Vyron i tuoi genitori non ci sono più...» disse scivolando a terra stringendosi una mano al petto.
« Nemmeno la mamma...nessuno, non c'è più nessuno »
Vyron indietreggiò frastornato.
« Cosa significa Ayden...? »
La porta della camera fu buttata giù con una forza sovrumana, colpendo in pieno Vyron che finì inevitabilmente sotto i suoi detriti.
Ayden alzò la testa trovandosi nuovamente suo padre di fronte.
« Ti prego no...» pianse strisciando il più lontano possibile.
« Vyron alzati » lo pregò disperato.
La giornata era iniziata benissimo, lui e Vyron avevano visto insieme il ciliegio che avevano piantato da bambini, le loro famiglie si erano riunite per il pranzo, avevano gareggiato e scherzato tutto il giorno, avevano persino avuto l'idea di dormire insieme dopo tanto, quindi com'era finito tutto in quel modo?
« Papà perché ti comporti così? » gli urlò contro Ayden, le lacrime rigavano le sue guance ancora una volta.
« Tu volevi bene alla mamma, alla famiglia di Vyron... Allora perché? »
Ayden si alzò in piedi volendo compiere l'ultimo gesto disperato per far ragionare suo padre.
Gli si gettò contro e lo prese a pugni sullo stomaco.
« Perché papà, perché? » continuò imperterrito, prima di essere preso per il colletto ed essere staccato bruscamente da terra. Lo tirò su, sempre più su, fino a portarlo all'altezza del proprio viso. Ayden poteva così guardare dritto negli occhi il proprio genitore, tuttavia non riconobbe affatto suo padre in quelle iridi così impietose. Si dimenò istericamente per liberarsi dalla sua presa e solo dopo averlo morso al braccio, questo lo lasciò andare inevitabilmente. Si affrettò quindi a raggiungere il corpo di Vyron steso a terra sotto i detriti di legno, lo tirò su mettendoselo in spalla e corse più velocemente possibile fuori di casa. Non appena fu fuori, non poté che notare la figura di sua madre sulla soglia della porta di casa Knox, stesa in una pozza di sangue. Probabilmente aveva provato a fuggire e lui l'aveva uccisa prima che raggiungesse l'uscita.
Ayden lanciò un urlo carico di frustrazione, stringendo le gambe di Vyron intorno alla sua vita. Non poteva fermarsi proprio ora, almeno Vyron doveva salvarlo.
Le urla strazianti di Ayden svegliarono il maggiore giusto in tempo per fargli vedere quella scena.
« Ayden tua madre..»
Ayden strinse i denti facendo scricchiolare la mascella e continuò a correre, fin quando non notò una figura in lontananza correre altrettanto verso di loro.
« Ayden cosa sta succedendo? » domandò Vyron ancora confuso, tenendosi la testa dolorante per il forte impatto di prima. Ayden lo fece scendere e si fermò per riprendere fiato.
Nel frattempo quella sagoma precedentemente sfocata dalla distanza, Ii aveva raggiunti e aveva mostrato chiaramente i suoi lineamenti.
Era una ragazzo alto dai capelli rossi, probabilmente sulla ventina ed era armato. Si chinò verso i due ragazzini col fiatone.
« State bene? »
I suoi occhi color acquamarina brillavano sotto i raggi della luna e donarono ad Ayden una speranza che non credeva avrebbe ottenuto.
Si fiondò sul ragazzo abbracciandolo con forza.
Poggiò la testa contro il suo addome e strinse le braccia dietro la sua schiena.
Il ragazzo poggiò la spada a terra e strinse Ayden tra le sue braccia.
« Deve essere stata dura.. » sussurrò accarezzando i capelli di Ayden. Nel frattempo Vyron singhiozzava cercando di metabolizzare la situazione che ancora non gli era del tutto chiara.
« Io mi chiamo Aylack, sono venuto qui per portarvi in salvo. Cos'è successo, riesci a dirmelo? » domandò non appena Ayden si staccò da lui asciungandosi le lacrime.
« Non lo so, mio padre è impazzito...ha ucciso la mamma e i genitori di Vyron »
Vyron si paralizzò subito dopo aver udito quelle parole.
« Aspetta Ayden che stai dicendo? Tuo padre ha ucciso i miei genitori? »
« Quello non è più suo padre » lo interruppe bruscamente, temendo che i due iniziassero a litigare pesantemente.
« Quello ragazzi miei è un demone » disse poggiando entrambe la mani sulle spalle dei due, indicando la sagoma del padre di Ayden avvicinarsi sempre di più, vestito da un'aura oscura.
« Un cosa? » domandò Ayden sospettando di aver capito male
« Un demone, una creatura malvagia che si è impossessata del corpo di tuo padre e sta spargendo sangue ovunque » spiegò brevemente, prendendo la spada che aveva lasciato a terra.
« Voi allontanatevi il più possibile, io combatterò l'impurità » disse mettendosi di fronte ai due ragazzi.
« Vuoi dire che lo ucciderai? » domandò Ayden senza girarci intorno. Aylack annuì in silenzio e corse verso quello che una volta era suo padre.
Ayden abbassò lo sguardo e si voltò verso il suo amico.
« Vyron dobbiamo andare..»
« Devo tornare dai miei genitori » sussurrò con le lacrime agli occhi.
« Vyron...loro non ci sono più » disse allungando una mano verso il maggiore che però gliela allontanò con uno schiaffo.
« E per colpa di chi? » sbraitò Vyron.
« Ti sembra il momento di litigare? Ti prego » lo supplicò il minore.
« Tuo padre mi ha portato via tutto »
Quelle parole ferirono profondamente Ayden e scatenarono in lui una reazione poco piacevole.
Colpì infatti la guancia di Vyron con un sonoro schiaffo.
« Perché credi che io non abbia perso tutto? Mia madre è morta e ora mio padre farà la stessa fine e per cosa? Per essere stato preso di mira da un demone? E tu sei qui a lamentarti e a dare la colpa agli altri, ma non sei l'unico che sta soffrendo. Tu non hai visto quello che ho visto io, non hai idea del peso e del dolore che sto provando in questo momento.
E poi non ti ha portato via tutto, ci sono ancora io qui con te Vyron..non ti ho salvato per vederti morire » pronunciò quelle ultime parole trattenendo a stento le lacrime.
Al contrario Vyron aveva dato sfogo alla sua frustrazione e pianse a dirotto, gettandosi tra le braccia di Ayden. Se non ci fossero stati l'uno per l'altro, probabilmente non avrebbero mai superato quel giorno.
Nel frattempo Aylack si era fiondato contro il demone e non ebbe gran difficoltà a tenergli testa, d'altronde aveva appena preso possesso di quel corpo, gli serviva tempo per instaurarsi del tutto e guadagnare potere.
« Non ti vergogni, prendere possesso di un padre di famiglia e sterminarli tutti, che razza di creatura sei? » si adirò Aylack colpendolo finalmente con un fendente dritto alla gola. Il demone si accasciò a terra e rilasciò un frammento luminoso dal suo corpo.
Aylack lo intrappolò dentro un oggetto simile ad una clessidra composta da piccoli ingranaggi.
Tirò un sospiro di sollievo riponendo con cautela il piccolo congegno nel taschino della giacca, risistemò la spada nel fodero e tornò indietro, lì dove aveva lasciato i due ragazzini. Li trovò ancora lì, seduti a terra uno vicino all'altro. Ayden si alzò in piedi per primo vedendo Aylack tornare indietro illeso e gli corse incontro seguito poi da Vyron.
« È finita » disse Aylack inginocchiandosi a terra, accogliendo i due in un caloroso abbraccio.
Li strinse a sé, avvicinando affettuosamente le loro teste alla sua fronte. Si staccò dall'abbraccio poco dopo e portò le sue mani sulle spalle dei ragazzi. Li guardò dritti negli occhi, con una nota di pentimento.
« Mi dispiace non essere arrivato in tempo... » disse stringendo la presa sui loro indumenti.
« Però posso darvi una nuova casa e una nuova famiglia se solo voi lo voleste. Non posso certo lasciarvi da soli e non me la sento di consegnarvi ad un orfanotrofio, non sapendo che vivreste con l'incubo di trovarvi un demone nel dormitorio. Posso portarvi nell'agenzia dove lavoro e tenervi al sicuro »
Ayden e Vyron si guardarono e annuirono.
« Dove lavori tu si uccidono i demoni? » domandò con una nota di innocenza Vyron.
« Si certo noi- » Aylack non riuscì nemmeno a concludere la frase.
«Allora vogliamo venire, ti prego insegnaci » si inchinò Ayden e Vyron lo imitò, lasciando di stucco il maggiore.
« Siete sicuri? Io non sono nessuno per impedire le vostre scelte, ma è un cammino piuttosto difficile e pericoloso da intraprendere »
« Non importa, l'hai detto tu stesso che non abbiamo più nessun posto dove andare, se vuoi accoglierci è come minimo dovere nostro, fare la nostra parte e sinceramente l'idea di uccidere queste dannate creature è l'unica cosa che mi fa andare avanti » strinse rabbioso i pugni Ayden.
Aylack lo osservò per qualche secondo prima di dargli una leggera pacca sulla fronte.
« Non va bene ragionare così, se la pensi così non durerai molto nell'agenzia. La vendetta non è mai la via giusta, la strada migliore da seguire la hai al tuo fianco » disse indicando Vyron.
« Lui deve essere l'unica cosa che ti fa andare avanti, è la persona più cara che ti è rimasta, l'unica, piuttosto che alla vendetta pensa a proteggerla. »
Ayden guardò Vyron con le lacrime agli occhi e annuì in silenzio.
« Lo stesso vale per te, dovete proteggervi a vicenda perché d'ora in avanti non lo farà nessun altro.»
Questa volta si era riferito a Vyron.
La vendetta era un sentimento triste e vuoto, un impeto che mandava avanti il solo corpo per pura inerzia, non c'era nulla che desse veramente un senso alla vita in quell'impulso irrazionale.
Si finiva sempre per essere trascinati in un'infinita spirale di odio e rabbia repressa e una volta compiuta, lasciava solamente una scia di rammarico e frustrazione dietro di sé.
Ogni singolo individuo che abbia portato a termine la propria vendetta, non ha mai risolto nulla alla fine, non si è mai ritenuto soddisfatto, non ha mai messo il proprio animo in pace.
Combattere per proteggere qualcuno era ad un livello nettamente superiore, al contrario della vendetta, era qualcosa di puro e soddisfacente.
« Se avete capito, allora posso portarvi con me. Per quanto riguarda le vostre famiglie se ne occuperà l'agenzia, avranno una degna sepoltura e voi potrete fargli visita in qualsiasi momento vogliate, lo so che è triste da dire, ma è la dura realtà e bisogna imparare a conviverci »
Ayden e Vyron non dissero nulla, si limitarono ad annuire silenziosamente. Avrebbero voluto dire addio ai loro genitori, ma non gli era stato possibile, era successo tutto così in fretta. Fino a qualche ora prima erano seduti al tavolo a ridere tutti insieme e adesso erano rimasti da soli.
Avevano deciso però di rimboccarsi le maniche e combattere purché un destino del genere non dovesse ripetersi per nessun altro.
« I vostri nomi, non me li avete detti »
I due si scambiarono un ultimo sguardo prima di rispondere.
« Io mi chiamo Ayden »
« Io Vyron »
Aylack li osservò intenerito e si fece sfuggire un sorriso.
« Due nomi davvero belli. Bene Ayden e Vyron, benvenuti nell'Arc Genesis » li battezzò Aylack poggiando la mano sulle loro teste prima di accompagnarli verso la stazione, dove avrebbero preso il treno diretto verso la sede dell'agenzia.

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Capitolo 3
*** Cap 2 - ***


Il viaggio in treno non sarebbe durato a lungo, la sede dell’Arc Genesis distava solo mezz’ora dal loro distretto e proprio per quel motivo, Aylack era arrivato in tempo se non altro per salvare i due ragazzi.

Lo sferragliare monotono delle ruote sui binari faceva da eco all’interno della silente cabina. Ayden guardava fuori dal finestrino taciturno, mentre Vyron teneva le mani strette tra le ginocchia nel tentativo di trattenere le lacrime. Aveva pianto silenziosamente tutto il tragitto e gli occhi gli bruciavano tremendamente, ma non poteva farne a meno, i suoi genitori se n’erano andati, non li avrebbe mai più rivisti, non avrebbe mai più messo sotto i denti le leccornie preparate da sua madre, né avrebbe giocato con suo padre. La sua spensieratezza era andata in frantumi. Quattordici anni della sua vita letteralmente spazzati via in un solo istante.

« Inizia a intravedersi » indicò Aylack cercando di attirare l’attenzione dei due, portandola quindi verso l’edificio che si affacciava timidamente appena fuori dalla galleria. Niente di troppo vistoso eppure dimostrava la sua imponenza in mezzo a quella vasta vegetazione che lo circondava.

Aylack tirò fuori dalla tasca una carta rossa dai contorni blu e la infilò in una stretta serratura al lato delle porte. La fermata davanti l’Arc Genesis era riservata solamente ai titolari di quella carta, nessun altro ne conosceva l’esistenza; i normali passeggeri viaggiavano totalmente ignari di quella sosta in più. Vyron aveva finalmente alzato gli occhi e insieme ad Ayden, stava osservando sorpreso il complesso. Il treno rallentò e Aylack fece cenno ai due di alzarsi. Ayden stacco le mani, che precedentemente vi aveva appoggiato, dal vetro e si avvicinò al maggiore seguito da Vyron e, quando le porte si aprirono, scesero i gradini della carrozza con cautela.

« Quindi è da qui che sei venuto » osservò Ayden alzando lo sguardo verso il ragazzo dai capelli rossi.

« Esattamente. Stiamo cercando di creare una rete piuttosto vasta che sia in grado di ricoprire l’intera città, che si espanda maggiormente nei sotterranei, ma anche in superficie come in questo caso. » spiegò brevemente.

« Così da poter raggiungere facilmente ogni parte della città giusto? » notò Ayden. Aylack non rimase sorpreso dalla sua perspicacia, in fondo si vedeva chiaramente che era un ragazzo sveglio.

« Indovinato. »

« E da quanto ci state lavorando? »

« Da un anno, stiamo facendo progressi anche se purtroppo non abbiamo molti materiali e personale a disposizione »

Nel frattempo Vyron era rimasto indietro e camminava lentamente appresso le loro ombre, intento ad osservare il paesaggio con occhi spenti.

Ascoltava i discorsi tra Ayden e Aylack e non sapeva se continuare a rimanere nella sua bolla o se prendervi parte. Voleva chiedere cosa fossero i demoni, da dove venissero, perché se l’erano presa proprio con le loro famiglie, ma le parole gli morivano in gola prima ancora di poter aprire bocca. Ammirava Ayden dal profondo del suo cuore per questo. Non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare il peso che si portava dentro dopo lo scenario al quale aveva dovuto prendere parte, eppure non lo dava a vedere nemmeno per un secondo, mentre lui se ne stava a piagnucolare in disparte. Non tutti erano uguali, non tutti erano capaci a nascondere le proprie emozioni; anche lui voleva essere così, voleva almeno alleggerire il fardello di Ayden, non essere uno in più e gravare sulle sue spalle. Era più grande in fondo, doveva iniziare a prendersi le sue responsabilità. Strinse i pugni, alzò lo sguardo deciso, allungò il passo e raggiunse gli altri due.

« Quindi voi uccidete i demoni » sapeva che quella domanda era fin troppo pesante e diretta, ma voleva sapere, voleva sapere se anche lui avrebbe potuto ucciderli.

« Purtroppo non esiste un modo per ucciderli »

I due ragazzi si fermarono di colpo ed ebbero la medesima reazione.

« Come non esiste modo e allora tu come hai fatto? » domandò Ayden alzando la voce. Aylack si grattò la nuca guardando i due e tirò fuori dal taschino la clessidra sigillante.

« Questa serve ad intrappolarli, è l’unica cosa in grado di fermarli e questa cosa brillante che vedete al suo interno, non è altro che l’essenza stessa dei demoni »

Ayden e Vyron si avvicinarono cautamente per osservare meglio.

« Perché intrappolarli? E com’è possibile che non muoiano? » questa volta aveva preso nervosamente parola Vyron; il solo stare davanti quella cosa che aveva ucciso la sua famiglia lo faceva uscire di senno.

« Vedi, le abbiamo provate tutte, ma l’unica cosa che abbiamo sempre ottenuto è stata la morte dei contenitori, ovvero dei corpi posseduti e mai del demone possessore, anzi vi dirò di più. Una volta ucciso il corpo, questo frammento d’anima passa ad un altro contenitore...quindi l’unico modo per fermarli è intrappolarli prima che prendano possesso di qualcun altro. » spiegò rimettendo al suo posto il congegno e accarezzando la chioma color nocciola del maggiore. Poteva ben capire il suo astio e la sua frustrazione davanti l’essere che gli aveva portato via tutto.

« Capisco » disse abbassando lo sguardo.

« Ma tu come sai tutte queste cose insomma, come ne sei venuto a conoscenza? » domandò Ayden.

Aylack si gelò sul posto dopo quella domanda, ma si ricompose tanto rapidamente da non permettere loro di accorgersene.

« Storia lunga, ve la racconterò man mano che crescerete nell’agenzia. Tutte le persone che lavorano in questo posto hanno avuto un incontro ravvicinato con un demone o almeno quasi tutte, proprio come voi. » disse raggiungendo l’entrata.

« Ma anche tu sei cresciuto qui? »

« Veramente io- » Aylack fu interrotto dalla voce di un ragazzo che stava correndo nella loro direzione.

« Capo è sano e salvo, meno male. Com’è andata? »

Vyron e Ayden seguirono con gli occhi il tipo tutto sudato e a prima vista indaffarato, fin quando non si fermò davanti a loro. Si voltarono a guardare Aylack solo dopo aver sentito la parola “capo.”

« C-capo? » urlarono all’unisono. Aylack si grattò la nuca imbarazzato.

« Ehm sì, in realtà io sarei il capo dell’Arc Genesis » ammise sorridendo con leggerezza. I due rimasero pietrificati sul posto.

« E questi due? » domandò il ragazzo.

« Ah Kyle loro sono i ragazzi che sono riuscito a salvare, da oggi in poi faranno parte della squadra, per cui trattali bene e non li viziare »

Il ragazzo di nome Kyle, apparentemente giovane si abbassò verso i due e li soffocò in un abbraccio melodrammatico.

« Ahhh deve essere stata dura per voi, ma non preoccupatevi ci penseremo noi a voi. » disse con le lacrime agli occhi, mentre Aylack poggiò una mano sulla fronte sospirando esasperato.

« Ragazzi lui è Kyle, si occupa soprattutto di ricerche nel campo demoniaco e ha spesso a che fare con le scartoffie, per cui non è il tipo che scende sul campo di battaglia. » presentò quindi il suo sottoposto che non mollò però la presa dai due.

« Mi stai soffocando» si lamentò Ayden e fu allora che il capo prese per il colletto del camice Kyle e lo allontanò.

« Lasciali respirare almeno » Kyle si sistemò gli occhiali che portava sul naso e li osservò attentamente.

« Quanti anni avete? »

« 14 » rispose Vyron che fu stretto nuovamente da un abbraccio soffocante.

« Siete così giovani e innocenti, non è giusto » si lamentò iniziando a piangere. Vyron gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo debolmente.

« Comunque sarà un piacere avervi qui, il mio nome è Kyle ma questo già lo sapete » si presentò di persona questa volta, lasciando andare il minore.

« Il mio nome è Vyron, lui è Ayden » rispose.

« Kyle, non avevi da fare qualcosa tu? » li interruppe Aylack, facendo passare un brivido lungo la schiena del suo sottoposto che si fece improvvisamente serio.

« Sì capo, vado subito. Ragazzi è stato un piacere, spero di vedervi al più presto e che vi troverete bene qui. » disse correndo via come una lepre. I due rivolsero nuovamente lo sguardo verso Aylack che sembrava piuttosto stanco.

« Scusatelo, Kyle diventa davvero euforico con i nuovi arrivati, è il suo modo di dare affetto »

Ayden strinse i pugni e con le lacrime agli occhi si inchinò verso il maggiore, prendendolo del tutto alla sprovvista.

« Quindi tu saresti il capo e saresti sceso sul campo di battaglia da solo per salvare noi? » Aylack indietreggiò confuso dal comportamento del minore.

« Aspetta Ayden io-»

« Sei venuto di persona e hai rischiato la tua vita indubbiamente molto più importante della nostra visto il progetto che stai portando avanti, non hai mandato alcun sottoposto a morire o a fare il lavoro per te » aggiunse Vyron inchinandosi a sua volta con delicatezza.

« Per questo vogliamo stare con te, vogliamo aiutarti, vogliamo combattere, vogliamo morire per la tua causa. Ti prego insegnaci. » urlò Ayden facendo girare tutti i presenti nella hall, mentre Vyron strinse i pugni. Aylack sentì una forte stretta al cuore, avrebbe voluto vuotare il sacco e dire tutta la verità a quei ragazzi, perché una fiducia e un’ammirazione tale lui non se le meritava.

« Ragazzi alzatevi. » disse debolmente poggiando le mani sulle loro spalle.

« Io non sono un vostro genitore, non posso impedirvi di fare quello che volete e per questo non vi intralcerò. Se questo è ciò che volete, sarò onorato di farvi da maestro e da capo. »

« Grazie infinite » dalle parole di Vyron traboccava talmente tanta gratitudine, purezza e ingenuità da smuovere profondamente Aylack.

« I nuovi arrivati hanno già messo su lo spettacolino? » una voce fuori campo proveniente dall’alto attirò l’attenzione di Ayden e Vyron. Dalle scale che portavano al piano superiore, un ragazzo dai capelli biondi sfumati di marrone sulle punte, saltò atterrando con un ginocchio sul pavimento, creando un’entrata di scena senza precedenti.

« Prima o poi te le romperai quelle ginocchia » sospirò Aylack.

« Beh in quel caso basterà bloccarle con un pezzo di ferro e tornano come nuove » ammiccò il ragazzo avvicinandosi. Portava un paio di occhialetti da lavoro sopra il capo e una camicia bianca macchiata d’olio.

« Piacere mi chiamo Hiram » disse giocondo allungando la mano. Aveva due grandi occhi turchesi e sembrava avere più o meno la loro età.

« Piacere » risposero i due presentandosi.

« Lui è il nostro piccolo ingegnere, ha un anno più di voi, ma vanta di essere già un genio, costruisce congegni strabilianti sin da quando era piccolo » mentre Aylack lo presentava, Hiram gonfiò il petto e si pavoneggiò con aria superiore; chiaramente ricevere quei complimenti dal capo era un gran onore. Doveva nutrire proprio una gran stima nei suoi confronti.

« Qualsiasi equipaggiamento o congegno vi serva chiedete pure a me » disse incrociando le braccia al petto.

« Grazie mille » rispose Vyron sorridendo.

« Di niente, è un piacere. Allora ci si si becca in giro, vado a finire i dispositivi antidemone » li salutò Hiram subito dopo, abbassando gli occhialetti.

« Si ma vedi di riposare ogni tanto. » si raccomandò Aylack.

« Sì capo » rispose superficialmente correndo lungo le scale.

« Sembrate tutti così indaffarati, eppure allo stesso tempo energetici e come dire, felici. » notò Ayden. Sia Kyle che Hiram sembravano persone piuttosto allegre.

« Vedi, Hiram non lo direbbe mai, ma ha vissuto un’infanzia piuttosto orribile. La sua capacità di creare macchinari e congegni è stata sfruttata dai suoi genitori; provenendo da una famiglia piuttosto povera, l’unico modo per fare qualche soldo in più era vendere e pubblicizzare le sue invenzioni. Sinceramente non mi ha mai rivelato il perché fosse stato abbandonato, so solo che io lo trovai per caso l’anno scorso in un vicolo del ventunesimo distretto emaciato e tutto sporco, mentre cercava materiali per concludere la sua piccola invenzione. Non potevo lasciarlo lì. Ammetto che da una parte non mi sarei fatto carico di un ragazzino che non conoscevo, avevo a mala pena una squadra che appoggiasse il mio progetto, ma la sua abilità nel creare congegni poteva essermi utile, in più che lasciar morire un talento simile, sarebbe stato un vero spreco. »

« Quindi anche lui ha avuto un destino crudele...» commentò tristemente Vyron.

« Su adesso non pensateci, venite con me, vi mostro l’interno dell’Arc Genesis.» disse dando una dolce pacca sulla spalla del maggiore. Iniziò così il giro turistico. Non era un complesso tanto grande, c’era il piano inferiore per lo più occupato dai dipendenti responsabili del reparto ricerca e i piani superiori dove risiedevano gli alloggi, la sala d’addestramento, la stanza dove venivano create le armi e i vari archivi. Sicuramente nascondeva anche stanze segrete che Aylack non gli aveva mostrato, ma a loro non doveva importare.

« In pratica voi vivete qui dentro » osservò Ayden.

« Esattamente e se vorrete questa sarà anche la vostra casa »

« Certo che sì ormai è deciso »

Casa” quella parola scaldò il cuore dei due giovani, ma allo stesso tempo li rese profondamente malinconici.

« Adesso è tardi, sarete stanchi e vorrete rimanere da soli immagino...se avete bisogno di me, mi trovate nella stanza in fondo al corridoio, questa è la vostra camera. » disse aprendo la porta alla sua sinistra ed accendendo la luce.

« Vorrei poter fare di più, ma non credo che niente allevi il vostro dolore »

« Non preoccuparti per noi, staremo bene » rispose mostrando un sorriso falso, mentre con la mano spingeva dolcemente la schiena di Vyron verso l’entrata.

« Grazie » sussurrò chiudendo poi la porta, lasciando Aylack di fuori interdetto. Poteva immaginare la sofferenza che i ragazzi si sarebbero portati dentro per tutta la vita, ma almeno non erano soli, potevano appoggiarsi l’uno all’altro ed affrontare insieme la perdita.

Si allontanò dalla stanza mettendo le mani in tasca e tirò fuori la clessidra contenente il frammento demoniaco.

« Devo metterla al sicuro » disse stringendola tra le mani.

Vyron si sedette quieto sulla superficie del morbido letto, mentre Ayden osservava distrattamente le decorazioni della stanza.

« Avresti mai immaginato di finire in un posto simile? » domandò ironico il maggiore.

« No...Io vorrei solamente che questo fosse un incubo e che domani ci svegliassimo nella tua stanza, lì dove dovremmo essere..» rispose il minore voltandosi verso Vyron che aveva già iniziato a piangere. Ayden si avvicinò all’amico, si sedette al suo fianco, gli accarezzò la schiena e iniziò a piangere silenziosamente anche lui.

Quella notte piansero talmente tanto da addormentarsi abbracciati sullo stesso letto. Non avrebbero mai immaginato che la loro vita sarebbe cambiata così drasticamente. Dal giorno seguente avrebbero iniziato il loro percorso verso una strada piuttosto pericolosa, si sarebbero impegnati al massimo pur di completare il loro addestramento e diventare dei membri dell’Arc Genesis a tutti gli effetti.

 

« Ma buongiorno!» la voce di Kyle rimbombò per tutta la stanza, facendo svegliare di botto i due ragazzi. Ayden cadde dal letto, mentre Vyron si stropicciò gli occhi infastidito.

« Aylack mi ha chiesto di controllare come stavate ed eccomi qua, ta dan!»

Ayden si grattò il capo ancora confuso ed assonnato e si alzò da terra.

« C’era veramente bisogno di fare tutto questo rumore?»

« Hai ragione, perdonami, mi sono fatto trasportare dall’euforia. Volevo solo avvisarvi che le giornate in questo posto sono piuttosto frenetiche, siamo pochi e dobbiamo adoperarci al meglio possibile con ciò che abbiamo. Nonostante questo, l’organizzazione è impeccabile. Per esempio i combattenti si allenano nella sala addestramento dalle 9 in poi. »

Sapeva che con quell’informazione avrebbe attirato palesemente la loro attenzione.

Ayden e Vyron si scambiarono un’occhiata.

« Che ore sono?! » domandarono all’unisono.

« Le nove meno dieci, a quest’ora saranno già tutti pronti. » disse sbadigliando. Vyron si fiondò dal letto e corse verso la porta preceduto da Ayden.

« Ah ah, dove andate voi due senza fare colazione? » li bloccò per il colletto Aylack che nel frattempo stava passando per il corridoio.

« Ma tra poco iniziano gli addestramenti, non faremo mai in tempo! » si lamentò Ayden. Aylack si girò verso Kyle e capì.

« Lo rimanderemo di mezz’ora, ma voi mangiate, non potete fare sforzi senza mettere nulla nello stomaco. Forza scendete le scale, Kyle vi mostrerà le cucine. »

Non se lo fecero ripetere un’altra volta e corsero via lasciando i due finalmente da soli.

« L’addestramento comincia alle 9.30. Quindi sei stato tu a motivarli in questo modo, complimenti » lo lodò il capo, poggiando una mano sulla spalla del collega.

« Hanno bisogno di svagarsi e sfogarsi dopo ciò che hanno passato e se questo è quello che vogliono, tanto vale motivarli al meglio possibile »

Aylack sorrise e fece scivolare la mano dalla spalla di Kyle.

« Grazie per tutto quello che fai, ti aspetto nella sala addestramento » disse allontanandosi e facendogli un cenno con la mano. Kyle si inchinò leggermente e raggiunse i due ragazzi al piano inferiore. Mostrò loro le cucine e le sale dove si riunivano spesso i dipendenti per mangiare e insieme consumarono la colazione.

« Mangiate pure con calma, l’addestramento è rimandato » li rassicurò il maggiore.

« Oh ma guarda un po chi c’è, posso unirmi a voi? » disse il ragazzo biondo prima di sedersi al loro tavolo.

« Hiram!» lo salutò Kyle stropicciandogli i capelli.

« Sì sono io, sono io, lasciami andare dai mi rovini i capelli così » si lamentò scherzosamente il minore.

« Beh come mai già in piedi, credevo sareste stati tutto il tempo sotto le coperte a piangervi addosso »

Kyle gli lanciò un’occhiata di dissenso e Hiram si scusò alzando le spalle.

« Da oggi prenderanno parte agli allenamenti per diventare combattenti »

« Ah buona fortuna, con Aylack come insegnante vi arrenderete dopo un minuto » rise il maggiore.

« Adesso basta » disse Ayden alzandosi dal tavolo nervosamente.

« Non so cosa tu abbia passato da piccolo e quale peso ti porti dietro, ma questo non ti da il diritto di ridere sulle disgrazie e gli sforzi degli altri. Andiamo Vyron » disse incitando l’amico ad allontanarsi con lui. Quel suo comportamento menefreghista lo aveva innervosito notevolmente.

« Scusalo, Ayden è piuttosto irascibile e dopo ciò che ha passato è peggiorato » si scusò Vyron prima di alzarsi dalla sedia.

« Non capisco perché dovresti scusarti per conto suo e perché tu debba stargli dietro come un cagnolino » disse incrociando le braccia dietro il collo.

« Hiram, smettila » lo riprese Kyle.

« Voi andate, io vi raggiungo subito » aggiunse deciso a fare la ramanzina ad Hiram per il suo pessimo comportamento nei confronti dei nuovi arrivati.

Quindi era quella l’impressione che dava, appariva come un cagnolino che andava dietro al proprio amico. Davvero patetico.

« Ma chi si crede di essere » sbraitò Ayden. Vyron lo guardò impassibile. Qual era il suo ruolo? Da quando era successa quella tragedia lui non era stato in grado di fare niente. Ayden l’aveva salvato, aveva sopportato la perdita dei propri cari ed era riuscito a lasciarseli alla spalle per salvare il proprio amico, gli aveva dato conforto la notte prima mentre piangeva e l’avrebbe fatto all’infinito, di questo ne era certo.

« Io invece cosa ho fatto per lui? » sussurrò torturandosi le mani.

« Hai detto qualcosa? » domandò Ayden voltandosi verso l’amico che fece cenno di no col capo.

« Eccomi ragazzi, scusate »

« Quell’Hiram, la prossima volta lo prendo a pugni »

« Ayden ti prego di scusarlo, Hiram ha un caratteraccio, ma sono sicuro non si sia reso conto del peso delle sue parole » provò a difenderlo Kyle.

« A me non sembra che-»

« Lascia perdere andiamo » lo interruppe Vyron mostrandogli le spalle. Ayden lo guardò sorpreso e seguì il suo consiglio sbuffando. Kyle li osservò silenzioso e notò della tensione tra i due, una tensione sottile, quasi impercettibile che presto sarebbe degenerata in qualcosa di ben più grande o almeno era quello che si sentiva.

« Eccoci arrivati » proferì col solito entusiasmo aprendo la porta della stanza, lasciando che i due entrassero.

« Benvenuti » li accolse Aylack al centro della sala, mentre un vociare non indifferente cresceva da dietro le sue spalle, lì dove un gruppo di ragazzi stava aspettando l’arrivo dei nuovi arrivati.

« Loro sono i ragazzi che alleno, d’ora in avanti saranno i vostri aiutanti e vi faranno da guida, correggeranno i vostri errori se necessario e cercheranno di eliminare le vostre lacune, ma soprattutto vi insegneranno il lavoro di squadra, l’elemento fondamentale della nostra agenzia. »

« Ma quindi capo tu non gli insegnerai niente, dobbiamo fare tutto noi?» una voce fuori dal coro si fece avanti, facendo ridere i presenti.

« Logan mi aspetto più rispetto da parte tua, sono pur sempre il capo »

il giovane ragazzo dai capelli bordeaux si grattò la nuca imbarazzato e tornò in silenzio.

« Questo screanzato qua si chiama Logan, lui punta a diventare un seeker » chiarì Aylack scompigliandogli i capelli.

« Seeker? » domandò Vyron.

« Sono quelli che vanno sul campo a raccogliere informazioni sui demoni, che li studiano da vicino per capirne i punti deboli, che rischiano tanto quanto i combattenti se non di più; inoltre è in merito ai loro studi che si è scoperto il modo per neutralizzare i demoni » spiegò fiero Logan.

A Vyron si illuminarono gli occhi, non tanto per la spiegazione, quanto per il ruolo stesso del seeker, poiché era stato proprio grazie a loro se i demoni non erano più così infallibili.

« Fantastico » esclamò esterrefatto.

« Lo so!» rispose Logan entusiasta.

« Si ma senza gli ingegneri, i ricercatori sono piuttosto inutili. »

Ancora una volta quella voce. Con la spalla appoggiata alla porta e con le braccia conserte, Hiram aveva preso parte al discorso.

« Ah Hiram, fastidioso come sempre »

« La verità brucia, ma in fondo è così. Se anche voi scopriste i punti deboli dei demoni chi è che poi mette in atto i metodi per farli fuori? Chi è che costruisce e fabbrica i congegni per fermarli? »

Hiram non aveva torto, ma il modo in cui lo aveva detto era piuttosto altezzoso e seccante.

« Sarà anche vero, ma se nessuno raccoglie le informazioni per voi, non potete fare assolutamente niente da soli » controbatté Logan inquieto.

« Adesso finitela » li riprese Aylack.

« L’Arc Genesis si fonda sulle radici di ogni categoria che la compone. Senza i seeker non sapremmo nemmeno da dove iniziare contro quelle creature, senza i combattenti chi sarebbe così coraggioso da affrontarle, senza gli ingegneri e gli scienziati con quali armi e materiali li potremmo eliminare, senza gli healer saremmo costantemente a corto di personale e ne morirebbe altrettanto. Nessuno è migliore di nessun altro, cosi come tutti sono indispensabili, non mi pare il caso di discutere su una cosa simile, soprattutto davanti ai nuovi arrivati. » la lezione del capo fece calare il silenzio all’interno della sala.

« Se non segui gli allenamenti, torna nel tuo laboratorio Hiram » e così fece. Uscì sbattendo la porta.

« Bene direi che possiamo cominciare » sospirò Aylack stressato.

« Posso sapere i vostri nomi? » domandò Logan avvicinandosi ai due ragazzi.

« Io sono Ayden, lui è Vyron » rispose il minore.

« Avete sentito il discorso del capo? Riesce sempre a far sembrare incredibile qualsiasi ruolo. Voi avete già scelto la categoria alla quale farete parte? »

Vyron e Ayden si guardarono e risposero all’unisono.

« Combattenti » Logan spalancò gli occhi prima di scoppiare in una fragorosa risata.

« Ragazzi abbiamo due intraprendenti e coraggiosi combattenti, vedete di stare attenti, potrebbero essere pericolosi! » disse mettendo in guardia i propri compagni.

« Benvenuti nell’Arc Genesis»

Per lo meno qualcuno di simpatico pensò Ayden riferendosi al personaggio di Hiram che non era ancora riuscito ad individuare. Nonostante quel caratteraccio così sgradevole e turbolento, non sembrava una brutta persona, probabilmente era solo uno scudo che si era creato col tempo.

« Prima lezione di oggi, il combattimento corpo a corpo. Non è molto utile poiché i demoni hanno una forza sovrumana, affrontarli a mani nude equivale ad un suicidio ed è proprio per questo noi usiamo armi potenziate. Logan puoi mostrargli la tua se vuoi » lo invitò a farsi avanti il capo.

Il ragazzo non se lo fece ripetere nuovamente ed estrasse due pugnali dalla lama corta ed all’apparenza esageratamente affilata dalla cinta.

« Non essendo un combattente Logan non ha bisogno di un addestramento duro come quello dei combattenti, né ha bisogno di armi portentose, ma qualcosa per difendersi è pur sempre necessario. »

« Vedete questa piccola fiala sul manico? » continuò Logan.

« Ora è piena e finché lo sarà sprigionerà una forza capace di tenere testa ai demoni, non chiedetemi come, è un progetto nato dal genio dell’Arc Genesis, sviluppato dalla collaborazione tra scienziati e ingegneri supervisionato dai seeker e provato dai combattenti.

La sinergia tra le divisioni dell’agenzia è qualcosa di stupefacente e questo è ciò che può creare » disse prima di sferrare un fendente contro il muro provocando un ingente danno sulla parete.

« Chiaramente non posso esagerare o il capo mi lincia...» disse sentendosi lo sguardo minaccioso di Aylack puntato addosso.

« Più tardi riparerai il danno che hai provocato. Detto questo, una volta data la dimostrazione di ciò che possiamo fare vi sentite più tranquilli? Ricordate che non siamo impotenti, non più, possiamo difenderci e combattere il male, non dovrete più veder morire i vostri cari senza avere la possibilità di opporvi e vincere. Non sempre ne uscirete vittoriosi, ma se non altro ne uscirete da eroi e protettori. »

Ayden strinse i pugni e sorrise amaramente a quelle parole. Finalmente non sarebbe più stato un debole, una preda facile per i demoni, avrebbe difeso chi più gli era caro senza dover stare a guardare.

« Ayden tu ti allenerai con Logan, io penso a Vyron, poi faremo a cambio. Affronterete diverse persone, con diversi stili ed esperienza, così da abituarvi a combattere con qualsiasi schema di battaglia. Per ora allenatevi sulla difesa e sulle schivate, dopodiché passeremo all’attacco »

La scelta di iniziare da Vyron, Kyle l’aveva ben intuita.

Vyron si sarebbe sicuramente rivelato l’anello debole del gruppo, era troppo instabile. Ayden poteva avere i suoi attacchi di rabbia, ma Vyron era imprevedibile, un libro chiuso da un lucchetto la cui chiave era smarrita chissà dove. Quel tipo di persone erano piuttosto pericolose, ma Kyle si augurò che lui non fosse uno di quei casi, ci sperava davvero.

« Fammi vedere cosa sai fare » lo sfidò Logan, lanciandogli una spada in legno che Ayden afferrò al volo.

« Non sottovalutarmi »

Non sembrava aver perso tutto quello a cui teneva solo qualche giorno prima, era talmente concentrato sul suo nuovo obiettivo da riuscire a non pensarci, d’altronde doveva andare avanti, piangere le persone oramai perdute non aveva senso, ma ricordarle e vendicarle lo aveva, così come proteggerne di nuove.

Nel frattempo dall’altro lato della stanza, Aylack aveva porto la stessa spada a Vyron che l’aveva presa tra le mani e ne stava accarezzando il legno levigato.

« Sei pronto? Te la senti?» domandò perplesso da quella sua calma apparente ed agghiacciante. Vyron annuì e Aylack sospirò.

« Bene perché non ho intenzione di andarci piano »

Kyle si fidava di Aylack e dei suoi metodi, ma aveva paura che Vyron si sarebbe spezzato, che non avrebbe retto quel ritmo e quel tipo di allenamento. Aylack colpì con forza la spada del minore che fece una gran fatica a reggere il contraccolpo.

« Devi imparare a leggere i movimenti del tuo avversario, devi imparare a misurare la sua forza » disse sferrando il secondo colpo, questa volta talmente forte da far cadere la spada dalle mani di Vyron. Il colpo assestato ebbe un rinculo parecchio violento e procurò una lesione minore al polso dell’allievo. Vyron raccolse la spada massaggiandosi il polso e tornò sulla difensiva. Aylack eseguì lo stesso movimento per la terza volta e a quel punto Vyron decise di schivarlo; se non riusciva a parare poteva sempre scansarsi.

« Ottima idea, ma non puoi schivare tutto » disse attaccando ancora. Era veloce, dannatamente veloce, era impossibile leggere le sue mosse, tanto meno intuirne la direzione. Vyron scampò anche il secondo attacco e provò a contrattaccare.

Aylack lo disarmò con un fendente rivolto dal basso verso l’alto e fece volare la spada lontana dal suo proprietario.

« Riprova » disse puntandogli la spada davanti la fronte. Vyron si asciugò il sudore sotto il mento e si affrettò a recuperare il pezzo di legno.

« Lezione numero uno: ricorda che i demoni non ti danno una seconda possibilità, una volta persa la tua arma, sei morto. »

Aylack gli si scagliò nuovamente addosso dosando leggermente il colpo successivo; con grande sorpresa Vyron era riuscito a notarlo e provò quindi a pararlo, poggiando una mano sulla lama lignea per aiutarsi. Finalmente riuscì a proteggersi e a rimanere in equilibrio.

« Regola numero due: i demoni giocano sporco » disse allungando un calcio sul fianco del ragazzo, che a stento bloccò col gomito e cadde a terra col fiatone.

« Regola numero tre-» Aylack fu interrotto dalla mano di Vyron che aveva afferrato la sua spada e gli si era fiondato addosso.

« Adesso basta con queste regole » disse spazientito mirando col ginocchio alle costole del capo. Aylack rimase piacevolmente sorpreso da quella mossa, non se l’aspettava, ma di certo non bastava per assestargli un colpo.

Infatti si spostò evitando il colpo e ne diede uno di rimando al giovane facendolo accasciare a terra.

« Regola numero tre: i demoni non hanno pietà. Che tu sia un bambino, che tu soffra, che tu abbia perso tutto, a loro non interessa. Non farti sopraffare dalle emozioni o finirai male. »

In quello stesso istante l’allenamento collettivo si fermò davanti quella scena, Ayden per primo corse verso il proprio amico.

« Vyron stai bene? » Aylack gli bloccò la strada mettendogli la spada davanti.

« Torna al tuo allenamento Ayden » ordinò freddamente Aylack.

« Sto bene, fa come dice » rispose Vyron reggendosi lo stomaco e tirandosi su.

« Non è niente, non fa poi così male » mentì. Ci era andato giù pesante, ma in fondo l’aveva avvertito. Ayden gli credette e tornò alla sua postazione.

« Forse ho esagerato » ammise Aylack.

« No, va bene così, colpiscimi quante volte sono necessarie per imparare. Non voglio più dover pesare sulle spalle di Ayden »

Aylack sorrise e porse una mano al giovane per aiutarlo ad alzarsi.

« Così mi piaci »

Il fatto che Vyron avesse confessato qualcosa di sua spontanea volontà, esponendosi e non rimanendo chiuso da quel lucchetto tanto pesante che si era imposto, lo aveva reso un po meno pericoloso.

« Se non so cosa pensi, non posso aiutarti »

Vyron voltò lo sguardo verso terra e quasi si pentì di essersi scoperto.

« Ce la fai a continuare? »

« Certo »

« Ragazzi fermatevi tutti e cambiamo coppie » disse facendo l’occhiolino al giovane.

« Ma io voglio imparare con te »

« Non preoccuparti di questo, Logan ti aiuterà parecchio »

Tutti i presenti si fermarono al comando del capo e fecero una piccola pausa. Ayden si avvicinò a Vyron per chiedergli come stava, ma la risposta che ricevette fu la stessa di prima “sto bene.”

« Logan è davvero forte e pensare che non vuole nemmeno fare il combattente » spiegò Ayden.

« Se posso darti un consiglio, colpiscilo alle gambe, credo sia il suo punto debole » suggerì il minore. L’aveva studiato per bene durante l’allenamento, ma non era riuscito a mettere in atto la sua tattica.

« Invece Aylack? » domandò curioso.

« Non ne ha, non ha punti deboli »

« Non è possibile, tutti hanno un punto debole, tutto sta nel trovarlo »

« Se lo dici tu..»

Ayden guardò l’amico preoccupato. Sapeva che non stava bene, nessuno lo sarebbe stato dopo aver perso la propria famiglia, ma Vyron sembrava diverso.

« Vyron sicuro che vada tutto bene? »

« Se me lo chiedi un’altra volta ti do un pugno » rispose con lo sguardo freddo rivolto verso terra. Era cambiato, probabilmente in lui si era risvegliata una parte che Ayden non aveva mai visto dopo quell’accaduto. Sembrava quasi si fossero scambiati.

« Su forza ricominciamo » intimò Aylack a gran voce.

Ayden non fece nemmeno in tempo a rispondergli che Vyron si era già alzato ed era andato via. Il minore rimase interdetto con la mano a mezz’aria.

« Credo stia passando un momento difficile, non insistere troppo »

Questa volta il capo si era avvicinato a lui dopo aver notato la tensione tra i due.

« Vorrei poter fare qualcosa per lui, in fondo lui c’è sempre stato per me » Aylack lo guardò confuso, poi scoppiò a ridere.

« Non ci credo, siete proprio due idioti » commentò.

« Ma come ti permetti » si imbarazzò Ayden non capendo la reazione del maggiore.

« Voi due dovete fare una bella chiacchierata dopo »

Su quello certamente concordava, ma l’avrebbe fatto solo dopo aver dato filo da torcere al capo in persona.

« Vyron tutto okay? Aylack non c’è andato leggero vero? » domandò Logan non appena il ragazzo gli si presentò davanti.

« È davvero forte » rispose stringendo l’elsa al pensiero.

« Beh io non sono da meno, vediamo se resisti ai miei di attacchi » lo provocò prima di corrergli incontro.

« Ho detto che prima devi imparare a difenderti » lo riprese Aylack buttandolo a terra. Ayden era coperto di sudore, la maglietta ne era impregnata e il parquet era diventato leggermente scivoloso, ma lui non si arrendeva. Continuava ad attaccare Aylack in cerca di un punto debole.

« La miglior difesa è l’attacco » rispose Ayden riprendendo fiato.

« Ma quanto sei testardo »

« Sono pur sempre un toro » rispose prima di avventarsi nuovamente sul maggiore.

« Niente male » commentò Logan. La difesa di Vyron era ben salda e Logan non era forte come Aylack, i suoi attacchi non erano minimamente paragonabili.

« Sei in gamba, ma io mi alleno da un anno in più di te » disse facendo uno scatto sulla sua destra, pronto a colpirlo sulla spalla. Vyron fece a mala pena in tempo a schivarlo e indietreggiò di qualche passo.

« Continua così » lo incitò il maggiore mirando stavolta alla gamba. Vyron riuscì a pararlo a fatica e subito dopo si trovò a doverne schivare un altro vicino al proprio viso. Lo stava portando allo stremo, presto non avrebbe più retto.

Dall’altra parte della sala invece Ayden continuava a cadere e a rialzarsi dopo ogni contrattacco.

« Se prima non impari a difenderti, non riuscirai nemmeno a sfiorarmi un capello » lo riprese Aylack prima di attaccarlo con un fendente orizzontale alto. Quel tipo di attacco doveva pararlo per forza, altrimenti si sarebbe fatto male. Ayden l’aveva intuito, ma aveva studiato un metodo per contrastarlo e aveva in mente di metterlo in atto, se non fosse che un piccolo incidente rovinò i suoi piani. Mise il piede sul punto scivoloso del pavimento e perse l’equilibrio. Aylack non riuscì a fermare il suo attacco nemmeno volendo e la conseguenza non fu molto piacevole. Ayden ricevette il colpo in piena tempia. Il rumore del legno sull’osso del cranio rimbombò per tutta la sala e solo dopo qualche istante le prime gocce di sangue macchiarono la lama e caddero sul pavimento, già abbastanza bagnato.

« Ti ho preso » disse Ayden sorridendo, con la spada puntata sul viso di Aylack.

« Tu sei matto » lo rimproverò Aylack, sorpreso e al contempo spaventato. L’aveva preso in pieno e l’aveva ferito, poteva persino rimanerci secco con un tale colpo. Vyron aveva sentito la botta e come tutti si era girato verso i due. Avrebbe voluto corrergli incontro, chiedergli come stava, ma qualcosa lo bloccava. Cos’era quell’improvviso rifiuto nei suoi confronti?

« Datemi qualcosa per tamponare, Ayden stai bene? » domandò preoccupato Aylack.

« Sto bene, sto bene, mi sento solo un po stordito »

« Meno male, perdonami non sono riuscito a fermare il colpo »

« Non fa niente perché io ho vinto »

Aylack sorrise passandogli il panno.

« Sì ma a quale prezzo? »

« Non importa, basta vincere » rispose poggiando l’asciugamano sulla tempia, voltandosi verso Vyron che lo stava guardando coi suoi occhi turchesi e preoccupati da lontano.

« Per oggi direi che possiamo fermarci, continueremo domani, andate a riposarvi » li congedò il capo, rimanendo solo con Logan e i nuovi arrivati.

« Hai preso una bella botta Ayden, mi raccomando stenditi e riposa » suggerì premuroso Logan.

« Senz’altro » rispose questo lanciando alcune occhiate al proprio amico che era fin troppo silenzioso.

« Capo io li accompagno nella loro stanza, in caso Ayden non si sentisse bene »

« Certo fai pure » acconsentì lui iniziando a raccogliere e mettere al loro posto gli asciugamani e le spade rimaste a terra.

« È stata una giornata impegnativa, spero abbia contribuito a distrarvi e a farvi sfogare » prese parola il maggiore lungo il corridoio. Ayden si girò a guardarlo e Logan fece un piccolo cenno con la testa.

« Sì ho sentito quello che vi è successo...»

« Non preoccuparti, non c’è nulla che tu possa dire per cui non sforzarti » si intromise Vyron, aprendo la porta della stanza oramai davanti a loro ed entrandovi.

« In effetti è difficile poter trovare le parole giuste, spero solo riuscirete a trovare conforto all’interno dell’agenzia » disse timidamente il giovane dai capelli rossi.

« Grazie mille Logan, ci vediamo domani » lo salutò Ayden chiudendo la porta.

« A domani » rispose lui.

Vyron si buttò sul letto senza proferir parola, mentre Ayden si chiuse in bagno a sciacquare la ferita. Il comportamento di Vyron non lo preoccupava più, al contrario lo stava facendo innervosire, tant’è che una volta disinfettato l’ematoma aveva intenzione di scambiarci qualche parola, ma quando uscì dal bagno, Vyron già dormiva. Ayden lasciò perdere nuovamente e si addormentò anche lui. Si risvegliò solo qualche ora dopo, trovando il letto davanti a sé vuoto.

« E ora dov’è andato? » si domandò alzandosi di fretta dal giaciglio. Percorse l’intero corridoio fin quando non arrivò davanti la sala addestramento. La porta era accostata e da dentro proveniva un fragore non indifferente, più precisamente il rumore di una spada che si frantuma contro qualcosa.

« Vyron cosa stai facendo? » domandò Ayden entrando.

Vyron alzò la testa sorpreso di vederlo e cercò di riprendere fiato.

« Lasciami stare, mi sto allenando »

« Da solo? » domandò il minore avvicinandosi.

« Sì »

« Perché non mi hai detto niente? »

« Perché c’era bisogno che te lo dicessi? » controbatté Vyron, irritando Ayden.

« Mi dici cos’hai? Perché ti comporti così adesso? »

« Così come? » domandò ignorandolo, continuando ad allenarsi.

« Mi prendi in giro Vyron? Hai trattato male Logan, hai risposto male a me diverse volte, non ti sei preoccupato quando mi sono fatto male, invece io sono corso appena Aylack ti ha colpito » sputò di getto il ragazzo dai capelli castano rossicci.

« Quindi? » continuò esercitandosi. A quel punto Ayden prese l’arma per la lama, la bloccò in aria e gliela strappò dalle mani.

« Mi stai stancando, cosa ti è successo, perché assumi questo comportamento nei miei confronti, stai forse cercando di allontanarmi? » chiese scagliando la spada a terra. Ci aveva preso in pieno e lo capì dall’espressione che fece l’amico.

« È così quindi che stanno le cose, ho capito » disse Ayden prima di sferrare un pugno al maggiore.

« Ayden sei impazzito? » domandò Vyron poggiando una mano sulla guancia dolorante.

« Ho capito che vuoi fare, vuoi mandare tutto a rotoli, vuoi fare l’eroe della situazione che si allena giorno e notte per diventare il più forte di tutti, beh mi dispiace rovinarti questa aspirazione, ma l’eroe che vuoi fare te a fine storia muore »

« E tu cosa ne sai eh? Tu sei già l’eroe di questa storia, hai già salvato qualcuno » rispose acidamente il maggiore. Ayden rimase sorpreso dalla sua risposta. Quindi Vyron era geloso o si sentiva semplicemente inferiore?

« Aspetta di cosa parli? »

« Ayden io non voglio vivere nella tua ombra »

« È ironico il fatto che io abbia pensato questa cosa per una vita intera. Ma non è questo quello che volevi dirmi, non è forse vero? C’è dell’altro »

Vyron si morse il labbro e si voltò da un’altra parte.

« Parla Vyron o ti costringo io »

« Non voglio essere solo un peso » sussurrò.

« Non ho capito, parla più forte »

« Non voglio essere solo un peso! » alzò la voce Vyron e subito dopo un potente ceffone gli arrivò sulla guancia già dolente. Le lacrime scesero inconsciamente dal viso del maggiore, non tanto per il dolore fisico, quanto per quello emotivo.

« Si può sapere di cosa parli? »

« Parlo del fatto che non voglio tu debba proteggermi a vita, anche io voglio proteggerti, voglio potermi sdebitare per quello che hai fatto per me»

« Tutto qua? E per questo motivo vuoi evitarmi e trattare male tutti quelli che ti stanno attorno, ma cos’hai in quella testa? »

« Tu hai parlato di punti deboli prima; è chiaro che io sia il tuo e tu sia il mio, se ci separiamo potremmo pensare più lucidamente ed evitare di essere sopraffatti dalle emozioni. Tu saresti morto pur di portarmi fuori da quella casa non è vero? »

« Tu non avresti fatto lo stesso? »

Quella domanda lo spiazzò, non ci aveva mai pensato, ma probabilmente l’avrebbe fatto.

« Non sai che dire perché è così anche per te no? E quindi? Vuoi buttare via anni di amicizia per questo tuo pensiero egoistico? Dopo tutto quello che abbiamo passato? »

« Se il mio è egoismo allora il tuo cos’è? Voler per forza che io continui la mia strada con te, cosa significa per te? »

« Ma se tu hai detto che vuoi proteggermi, come puoi farlo da lontano? »

« Che dici dovremmo fermarli?» domandò Kyle.

« No lasciali stare, è cosi che si risolvono le questioni in sospeso e così che si rafforzano i legami » rispose Aylack facendo cenno a Kyle di allontanarsi dalla porta. Le loro urla li avevano richiamati davanti la sala d’addestramento ed era già da qualche minuto che controllavano insieme la situazione.

« Ma se tutti mi vedono come un cagnolino alle tue calcagna io come dovrei fare? Non sono riuscito a muovere un muscolo quando hanno ucciso i nostri genitori, ti ho persino incolpato e ho maledetto la tua famiglia per aver portato via la mia, cos’altro ho fatto di buono per te? Sono solo un peso e io non voglio esserlo. Voglio tu percorra la tua strada e i tuoi obiettivi senza dover pensare a raccogliermi ogni volta e a mia volta io continuerò per la mia e se ne avrò occasione mi sdebiterò con te salvandoti la vita »

« Ma ti senti? » sbraitò infine Ayden prendendo per il colletto Vyron, strattonandolo con violenza.

« Io ho giurato di proteggerti, sei l’unica cosa che mi è rimasta e dovrei lasciarti andare così? Mi spiace ma non mi scollerai facilmente. Se ti senti così inutile e inferiore perché non me l’hai detto prima? Almeno ti avrei dato uno schiaffo come si deve, ti avrei fatto ragionare e avremmo evitato questa scenata inutile. Ascoltami Vyron tu non sei il cagnolino di nessuno, non sei inutile, tanto meno inferiore, ho sempre nutrito un’enorme stima nei tuoi confronti, non ti rendi nemmeno conto del potenziale che hai, così come non hai idea di quanto tu mi abbia aiutato anche solo nelle cose più piccole e quotidiane, sei il migliore amico che potessi chiedere Vyron, non lo dico per dire » solo a quel punto lasciò la presa dalla maglietta del maggiore.

« Ma guarda un po, io sono il maggiore e devo farmi fare la ramanzina da quello più piccolo » disse Vyron prima di buttarsi a terra ed iniziare a ridere.

« Sono davvero un pessimo esempio e un pessimo amico, però sono felice tu mi abbia schiaffeggiato a quel modo. Avevo paura di perdere anche te e ho creduto che allontanandoti avrei risolto la questione senza soffrire, che stupido ed egoista. Devo confessarti che dopo la perdita dei miei mi sento perso, spero di non far mai pesare questa cosa su dite » confessò alzando lo sguardo verso il soffitto.

« Non credere che io mi senta in modo diverso, ma la affronteremo insieme, d’accordo? Ora che ne dici di allenarci un po insieme? » propose Ayden allungando la mano verso il maggiore.

« Ci sto » sorrise Vyron afferrando la mano del suo migliore amico.

Quella sera la passarono ad allenarsi duramente insieme e anche quella seguente e quella dopo ancora, costantemente supervisionati da Aylack. Subirono una crescita pazzesca, sorpassarono molti dei presenti, persino Logan dovette arrendersi davanti alla loro bravura, in fondo il loro allenamento era ben più focalizzato sul combattimento e ora a tre anni di distanza da quel giorno, i due ragazzi si preparavano alla loro prima missione. A 17 anni ormai compiuti erano finalmente pronti a diventare parte integrante dell’Arc Genesis.

« Ricordatevi di rimanere uniti, non separatevi per nulla al mondo, sapete qual è la regola numero uno »

« Mai affrontare un demone da soli » risposero i due all’unisono.

« Bravi » li congratulò Aylack carezzando loro la testa.

I tre si trovavano ora all’interno dei sotterranei, sul treno diretto verso l’orfanotrofio del distretto 4. A quanto pare un segnale demoniaco si era accesso proprio all’interno della struttura e i membri dell’Arc Genesis si stavano dirigendo in quel luogo il più in fretta possibile.

« Ci sono dei bambini lì dentro » disse Vyron stringendo i pugni sotto il mento.

« Stiamo per arrivare » cercò di tranquillizzarlo Ayden, ma in verità era palesemente nervoso anche lui. La loro prima missione già si palesava piuttosto difficile davanti ai loro occhi.

« Dobbiamo salvarne il più possibile, appena entrati nell’edificio la prima cosa da fare è portare in salvo i bambini. Voi vi occuperete di questo, mentre io e gli altri daremo la caccia al demone e lo sigilleremo. »

Nonostante i due fremevano dalla voglia di combattere quelle creature, non aprirono assolutamente bocca, la cosa più importante era salvare la vita di quei bambini, non la loro vendetta. Scesero finalmente dal treno e si diressero verso l’orfanotrofio. Le fiamme si intravedevano già da lontano ed uscivano serpeggianti dalla finestra dell’ultimo piano.

« Andiamo Vyron! » urlò Ayden accelerando ed entrando nell’edificio sfondando la porta. L’aria era ancora respirabile e l’incendio era circoscritto al piano superiore.

« Possiamo farcela » disse Vyron correndo all’interno della struttura, incontrando un gruppo di orfani nascosti sotto le scale.

« Bambini non potete rimanere qui è pericoloso » disse inginocchiandosi.

« Siamo venuti a mettervi in salvo »

Un tremendo boato fece tremare il complesso fino alle fondamenta. Le scale oscillarono pericolosamente e alcune travi di legno caddero dal soffitto. Vyron si gettò sui bambini per proteggerli e fu colpito in pieno sulle spalle da una di esse. Il dolore fu immediato, ma nulla di insopportabile. L’adrenalina che pompava nelle sue vene, l’avrebbe tenuto in piedi anche se l’intera casa gli fosse crollata addosso.

« Uscite di qui forza! » urlò mandando i bambini verso Ayden.

« Forza bambini uscite! Vyron stai bene? » domandò accompagnando i bambini fuori dalla porta. Vyron alzò il pollice e scostò le travi.

« Ce ne saranno altrettanti nelle camere, io vado intanto, raggiungimi non appena li avrai accompagnati alla stazione »

Ayden annuì e corse all’esterno insieme agli orfani.

« Vyron ce ne sono altri da questa parte! » urlò Aylack dall’altro lato dell’edificio. Vyron ne raccolse il più possibile, mentre la casa continuava a tremare sotto gli attacchi del demone. Fortunatamente non era un numero eccessivo quello degli orfani e con l’aiuto di Ayden e gli altri, riuscirono a scortarli fuori tutti in poco tempo.

« Tutti i bambini al piano terra sono fuori, ora dobbiamo pensare a-»

Una bambina prese Ayden per la manica e lo tirò debolmente.

« Alaric » disse con un filo di voce.

« Alaric è ancora lì dentro »

« Anche Shane manca all’appello » aggiunse un ragazzino più grande rispetto agli altri.

« Li ho visti sgattaiolare al piano superiore prima che scoppiasse l’incendio »

« Dannazione » imprecò Ayden.

« Puoi occuparti tu degli altri? » domandò al ragazzo poggiando le mani sulle sue spalle.

« Conta pure su di me, ma riportali qui vivi ti prego » lo supplicò l’orfano.

Ayden annuì e insieme a Vyron tornarono all’orfanotrofio.

« Non ho visto alcun adulto, sicuramente il demone ne ha preso possesso »

« Potrebbe essere come dici Vyron, io spero solamente che Aylack abbia già messo in salvo i bambini che mancano all’appello »

 

« Scappa Alaric, non so quanto posso trattenerlo. Scappa ti prego! »

Alaric rimase immobile davanti quelle suppliche, impotente davanti quelle fiamme che consumavano il proprio amico.

« Ti supplico vattene...»

« No non voglio, non voglio perdere anche te » urlò tornando finalmente in sé.

« Allora uccidimi ti prego. » sussurrò con un sorriso sulle labbra. Quella fu l’ultima frase che sentì prima che un vortice di fiamme riempisse l’intera stanza facendo scoppiare i vetri delle finestre, l’ultima supplica prima di essere preso in braccio ed essere portato via da Ayden e Vyron, l’ultima volta che vide in faccia il suo migliore amico.

« No lasciatemi, Shane ti prego! » urlò allungando la mano, mentre Aylack entrò nella stanza con la spada tra le mani.

« Non posso crederci...è solo un ragazzino » strinse i denti Aylack.

« Ma non posso permettere che tu vada in giro a causare la morte di persone innocenti, per cui il tuo percorso termina qui e adesso »

Alaric si dimenò tra le braccia di Ayden, ma non riuscì a liberarsi. Non poteva fare niente, poteva solo guardare e fu proprio in quell’ennesimo istante di impotenza che in lui crebbe uno smisurato desiderio di potere. Voleva il potere per salvare il suo migliore amico e l’avrebbe ottenuto con qualsiasi mezzo fosse stato necessario.

« Ti salverò, per cui sopravvivi » urlò prima di essere trascinato via, riuscendo a raggiungere l’ultimo briciolo di animo umano rimasto a Shane.

 

 

 

Non mi farò mai uccidere da nessuno che non sia tu. Io ti aspetterò Alaric.

 

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Capitolo 4
*** Cap 3 - ***


« Dai Alaric vieni! » lo invitò il ragazzo tirandolo per il braccio.

« Perché mi hai svegliato così presto? » domandò con voce roca, mentre si stropicciava l’occhio assonnato.

« È una sorpresa, seguimi » sussurrò Shane strattonandolo delicatamente verso il piano superiore. Lo accompagnò per le scale fin quando non arrivarono davanti la porta in fondo al corridoio.

« Pronto? »

Alaric annuì debolmente prima che l’amico spalancasse l’uscio e mostrasse lui l’interno della stanza.

« Tanti auguri fratellone! »

Una pioggia di coriandoli inondò la sala cadendo leggera sopra la testa del festeggiato. Una frotta di marmocchi giocondi si fiondò sul maggiore e lo spinse verso il tavolo situato al centro della stanza, lì dove ad aspettarlo, c’era una grande torta al cioccolato, la sua preferita.

« Cosa significa tutto quest-»

« Tieni!» lo interruppe Shane, tirandogli su la mano; su di essa posò una scatolina e gliela spinse sul petto.

Alaric lo guardò, poi spostò gli occhi sulla scatola chiusa da un fiocchetto scarlatto.

« Dai aprilo » lo sollecitò l’amico.

« Ma Shane non dovevi »

« Tu aprilo »

Alaric sfilò delicatamente il nastrino di tessuto rosso, mentre un piccolo sorriso prese vita sul suo volto. Tolse quindi il coperchio, mettendo in mostra ciò che era custodito all’interno dell’esile scrigno ovvero un piccolo quadrifoglio intagliato in legno e dipinto a mano.

« Spero ti piaccia, è un portafortuna » rivelò nel mentre Shane, fiero del proprio lavoro. Alaric lo tirò su con delicatezza e lo osservò in silenzio.

« È bellissimo, Shane ti ringrazio infinitamente » disse quasi commosso.

« Nah non c’è di che, è giusto una piccolezza » rispose Shane, incrociando le braccia dietro il capo.

« E invece ha un valore inestimabile per me » sottolineò Alaric stringendolo tra le sue morbide mani, facendo arrossire l’amico.

« Adesso non esageriamo, piuttosto ora viene la parte migliore, la torta! » disse troncando il discorso, spingendo dietro la schiena il proprio amico. Finiva sempre per fare l’evasivo in quelle situazioni, ma ad Alaric non dispiaceva, conosceva fin troppo bene i suoi atteggiamenti, d’altronde erano migliori amici.

Quando il piccolo Alaric era finito in orfanotrofio all’età di soli 8 anni, dopo aver perso entrambi i genitori, lui c’era già. Non ci volle molto prima che i due legassero e non passava giorno in cui non si aiutassero a vicenda. I primi tempi furono piuttosto difficili per Alaric; perdere i genitori in quel modo era stato uno shock tremendo per lui e probabilmente senza la presenza di Shane non avrebbe resistito molto in quel mondo di solitudine e dolore, in fondo Alaric non era forte.

« La prima fetta la voglio io! » urlò sonoramente uno dei bambini.

« No io! » una voce ancor più squillante sovrastò quella del fanciullo precedente.

« No no no, la prima fetta è di Alaric, il compleanno è il suo, non fate storie » li riprese Shane, accompagnando la sua negazione col dito indice prima di poggiare le mani sui fianchi. Lui ed Alaric erano i più grandi del gruppo, per cui si occupavano spesso anche dell’educazione dei più piccoli.

« Shane non essere pignolo, a me non serve mica il primo pezzo. Ecco tieni » disse porgendo una piccola porzione verso il bambino che per primo aveva chiesto.

« Eh? Io non sono pignolo, sei tu che li vizi troppo »

Il giovincello ringraziò Alaric e rivolse invece una linguaccia verso Shane.

« Ma brutta peste se ti prendo »

« Dai lascialo stare » se la rise il corvino mentre affettava il dolce, offrendone poi una fetta all’amico.

« Hai ragione, la colpa non è sua...» si interruppe sospirando per prendere il piatto sulle proprie mani.

« Ma tua! » urlò spalmandogli la torta direttamente sul viso. Scaglie di cioccolato decorarono il volto del festeggiato mentre il riso dei bambini riempì la sala; Shane per primo era piegato in due dalle risate e si era dovuto appoggiare al tavolo per non cadere, la sua sghignazzata rumorosa e festosa come sempre. Alaric fu contagiato da quell’ilarità e non poté fare a meno di prenderne parte, leccandosi il cioccolato tra le labbra sorridenti. Fu allora che il tempo sembrò fermarsi davanti i suoi occhi per un istante; si guardò intorno e nella sua sfortuna e dolore, riconobbe la gioia che tanto gli era mancata. La sua famiglia non c’era più eppure non gli mancava così tanto; non poteva dire di averla sostituita, bensì di averne trovata una nuova di altrettanto valore.

« Non pensare che te la faccia passare liscia » rispose quindi all’attacco il corvino, spiattellando la cioccolata sulla guancia dell’amico, trasformando la sua festa di compleanno in una lotta a suon di torte in faccia.

« Ehi voi! » la voce della direttrice fece calare il silenzio all’interno dell’orfanotrofio.

« Shane, Alaric, voi due dovreste dare il buon esempio a questi bambini, guardate che disastro, pulite tutto immediatamente e voi altri in camera vostra su, la festa è finita » disse con tono autoritario, lontano però dall’essere malevolo.

« Sissignora » urlarono drizzandosi sul posto. Shane fece fatica a rimanere serio vicino al proprio amico ricoperto di cioccolato e quando la donna si allontanò per accompagnare i bambini a letto, il maggiore diede una gomitata ad Alaric scoppiando a ridere.

« Ti prego vai a sciacquarti la faccia Alaric, altrimenti rischio di morire per le troppe risate »

Alaric gli rispose con una smorfia e corse in bagno, mentre Shane prendeva lo straccio per scrostare il cioccolato da terra. Ogni giorno ne combinava una, era davvero un pasticcione, non per niente portava la nomina di “giullare dell’orfanotrofio”. Tuttavia non era sempre stato così, Alaric non dimenticò mai la crisi che Shane ebbe l’anno precedente, tanto meno quelle avvenute ancora più addietro. Ricordava come nel cuore della notte fu svegliato brutalmente dalle sue urla, ricordava la direttrice tenerlo per le braccia, mentre lui era in preda ad un attacco di rabbia, panico, dolore, non sapeva nemmeno lui a cosa fosse dovuto, Shane non gliene aveva mai parlato ed evitava costantemente l’argomento, faceva sempre finta che non fosse successo nulla, ma ad Alaric era rimasto ben impresso quell’episodio e gli sarebbe piaciuto affrontare quel discorso prima o poi.

« Ci sei caduto in bagno? » urlò Shane per farsi sentire dall’amico che perso tra i suoi pensieri si era dilungato fin troppo.

« Perdonami, credo la torta mi abbia fatto male » rispose Alaric raggiungendolo con la mano premuta sullo stomaco.

Shane alzò un sopracciglio poggiandosi sullo straccio.

« Ma se l’unica cosa che ha mangiato è stata la tua faccia »

« Hahah..effettivamente » Alaric era decisamente pessimo a mentire.

« Non preoccuparti, ormai ho finito, d’altronde ho creato io questo scompiglio » disse dandogli un colpetto sulla spalla.

« Sarà per la prossima volta »

« Scusa Shane.. » disse abbassando lo sguardo.

« Eh no! » replicò prendendo le guance del corvino strizzandole con forza.

« Niente musi lunghi, oggi è il tuo compleanno, non devi fare assolutamente niente, se non sorridere. Se vuoi fare qualcosa tieni, metti a posto questo e andiamo un po in giardino » disse passandogli l’arnese per pulire. Alaric annuì e dopo aver sistemato l’attrezzo lo seguì all’esterno. Fuori era appena mattino e la fioca luce del sole scaldava i fili d’erba, sciogliendo la rugiada che silenziosa vi si era appoggiata durante la notte.

« Ti sei coperto per bene? A quest’ora è freddo » si premurò Shane osservando l’amico indossare una sciarpa verde acqua sopra la sua giubba azzurra.

« Lo sai che sono freddoloso, non preoccuparti » rispose Alaric, soffiando l’aria gelida all’interno della sua stola.

« Non per niente sei nato in piena estate »

« Infatti » rispose sedendosi sul muretto vicino al suo migliore amico.

« Però oggi è una bella giornata, quindi vedrai che tra un po avrai il tuo caldo estivo »

« Effettivamente quest’anno è freddo per essere luglio.. »

« Beh in questa parte del mondo l’estate è già più fredda del solito, ma tra poco il sole splenderà in cielo, per cui su col morale e poi stasera ho una cosa importante da dirti per cui non voglio tu sia triste fino ad allora »

Alaric si voltò a guardarlo con sospetto.

« Perché proprio stasera? Non puoi dirmela ora? » domandò ansioso.

« No mi dispiace, la notte porta consiglio, dicevano..almeno credo »

« Uff, aspetterò allora » si arrese quindi, nascondendo la preoccupazione che all’improvviso l’aveva avvolto.

Non voglio tu sia triste fino ad allora cosa intendeva esattamente?

« Ragazzi rientrate che è freddo » la direttrice li richiamò dalla finestra.

Shane saltò giù dal muretto e rientrò per primo, aspettando Alaric sulla porta. Quest’ultimo lo raggiunse titubante e si chiuse l’uscio alle spalle, posò la giacca sull’appendiabiti e sciolse il nodo della sciarpa, mentre Shane tornava in camera. Alaric era piuttosto pensieroso, quelle parole lo stavano tormentando più di quanto avesse immaginato, ma forse si stava preoccupando troppo, doveva solamente godersi il compleanno come gli aveva suggerito l’amico.

« Shane guarda qua » lo chiamò Alaric da lontano.

« Mi sono permesso di apportare una modifica al tuo portafortuna prima e l’ho reso una spilla, così posso sempre portarlo con me e tenerlo in bella vista!» spiegò entusiasta mostrando il suo operato.

« Ah, ma- » Shane tentò di nascondere il suo imbarazzo invano.

« Ottima idea, tutti devono vedere quanto sono bravo a creare cose » disse poggiando le mani sui fianchi atteggiandosi.

« Vero, sembra tu abbia talento per queste cose » annuì il corvino.

« Beh in qualcosa dovrò pur essere bravo » si vantò il maggiore. A differenza di Alaric, che nel lavoro manuale non era granché nonostante l’impegno, Shane era un vero portento.

« Prima o poi mi insegnerai qualche trucchetto » lo punzecchiò Alaric.

« Eh no caro, un mago non rivela mai i suoi trucchi »

« Ma tu non sei un mago! » sbuffò il minore facendo ridere di gusto Shane.

« Ehi Alaric! Buon compleanno » li interruppe uno dei bambini che appena lo vide gli saltò addosso.

« Stamattina non sono riuscito a svegliarmi perdonami, volevo esserci anche io per la sorpresa » si lamentò il piccolo.

« Non preoccuparti, lo so che sei un dormiglione » lo rassicurò Alaric scompigliandogli dolcemente i capelli.

« E questa cos’è? » domandò curioso osservando la spilla.

« È bellissima, posso toccarla? » domandò allungando la mano.

« Certo che puoi è il regalo di Sha- »

Un sonoro schiaffo interruppe la frase di Alaric che si girò sconvolto verso Shane, i suoi occhi azzurri coperti dalle ciocche rossicce.

« Non toccarla, potresti rovinarla » disse a bassa voce, mentre il bambino si teneva la mano arrossata con le lacrime agli occhi.

« Shane ma che ti prende?! » lo rimproverò l’amico, massaggiando la mano del minore.

« Niente io...scusami » disse voltandogli le spalle, allontanandosi dai due a denti stretti.

« Shane mi fa paura Alaric, ogni volta che c’è lui, è difficile per noi avvicinarti, non sei mica suo! » confessò il fanciullo tirando su col naso. Alaric spalancò gli occhi di fronte quell’asserzione, rimanendo pietrificato sul posto per qualche secondo.

« Ma no, vedrai che non è così, Alaric o è di tutti o non è di nessuno » disse mostrandogli un sorriso prima di dargli un lieve bacio sulla mano.

« Adesso ci parlo io con Shane e risolviamo tutto, okay? » lo consolò poggiando una mano sulla sua testa. Il giovincello annuì e corse in camera sua, lasciando Alaric nei suoi pensieri.

Quindi è così che i bambini vedono Shane?

Fu proprio allora, nella totale solitudine, nel silenzio più assoluto, che si accorse di quanto in realtà quelle parole fossero vere. Shane in compagnia di Alaric era una persona totalmente diversa, con gli altri invece era sempre in competizione e non permetteva mai loro di stare troppo vicino al suo amico. Magari non lo faceva apposta, magari era fatto così, ma tutto ciò però lo spaventava; lui voleva bene a tutti, non avrebbe permesso una disparità simile a discapito dei più piccoli, non voleva avessero paura del suo migliore amico e non voleva che Shane rimanesse legato solamente a lui; voleva che fosse una grande famiglia unita, famiglia che ognuno di loro aveva perso.

« Shane apri la porta » lo pregò Alaric fuori dal suo dormitorio, bussando ripetutamente sul legno.

« Non sono arrabbiato, però mi devi delle risposte » continuò, ma l’unica cosa che ricevette in cambio, fu il silenzio.

« Io...volevo solo passare il mio compleanno insieme a te e gli altri » pronunciò infine con tono di resa, lasciando cadere la mano lungo il fianco.

Seduto a terra, con la schiena poggiata sul letto e la testa nascosta tra le ginocchia, Shane si stava maledicendo per aver mostrato nuovamente quella parte di sé che tanto odiava. Lacrime salate rigarono il viso del ragazzo non appena le parole del suo migliore amico lo raggiunsero; avrebbe tanto voluto risolvere la questione in quello stesso istante, ma non in quelle condizioni, si vergognava troppo, non era in grado di guardarlo negli occhi. Alaric si allontanò quindi abbattuto e Shane alzò il capo udendo i suoi passi farsi sempre più lontani.

« Ma perché proprio a me….perché proprio a me doveva succedere? » si lamentò sbattendo la testa contro il materasso, strizzando gli occhi frustrato. Proprio lui aveva rovinato la giornata ad Alaric, lo stesso che l’aveva pregato di sorridere unicamente durante quell’occasione annuale. Era stanco di deludere le persone a lui care, stanco di vivere in quel modo, non era giusto che proprio a lui fosse capitata una cosa del genere, non era giusto. Affogato tra i pensieri, Shane rimase chiuso nella sua stanza tutto il giorno, non uscì né per il pranzo, né per la cena, mentre Alaric guardava la sedia al suo fianco tristemente vuota e silenziosa.

La fine della giornata si avvicinò impellente; il sole calò dietro le montagne affrettandosi a lasciare posto alla luna per fare compagnia alle stelle. Shane non si era dimenticato che quella sera avrebbe dovuto parlare ad Alaric di quella cosa importante, ci aveva rimuginato tutto il giorno, non era uscito dalla sua stanza anche per quello. Solitamente i due si davano appuntamento sul tetto dell’orfanotrofio, là dove erano sicuri che nessuno li avrebbe cercati e disturbati. Non fu infatti un caso trovare Alaric, seduto sulle gelide tegole della tettoia, già ad aspettarlo sotto il cielo stellato. Shane spalancò gli occhi sorpreso e si avvicinò all’amico che con premura, l’aveva invitato a sedersi al suo fianco. Il giovane si sedette in silenzio e voltò lo sguardo verso Alaric, intento ad osservare la volta celeste.

« Non trovi che il cielo faccia paura? Così immenso e lontano, così irraggiungibile, solitario e silenzioso. »

L’aveva detto senza staccare i suoi occhi verdi dal vuoto cosmico e Shane si trovò quasi costretto a girarsi per osservare lo stesso soggetto.

« La mia paura più grande è rimanere solo, non credo potrei mai intraprendere un viaggio simile »

« Perché stai pensando allo spazio ora? » prese finalmente parola Shane.

« Beh perché ho paura che andando avanti di questo passo la nostra amicizia diventerà proprio come lo spazio; fredda, lontana e ricca di silenzi»

« Ti prego Alaric...» Shane sentì un fortissimo dolore al petto, così forte da fargli mancare il fiato. Posò una mano sul torace e strinse la maglia con forza, subito dopo impallidì violentemente e iniziò a respirare a gran fatica.

« Shane? » si allarmò Alaric, alzandosi in piedi.

« Credo...di avere un attacco di panico » disse tra un respiro e l’altro, mentre la sensazione di soffocamento l’assaliva e le palpitazioni aumentavano.

« Respira, cerca di respirare, vado a chiamare la direttrice aspetta! » strepitò altrettanto in panico Alaric, ma Shane allungò una mano e prese in tempo un lembo della sua giacca.

« No ti prego non lasciarmi solo.. »

« Sarà per un istante »

« Per favore… » supplicò con affanno. Alaric non sapeva come agire, chiamare un adulto era sicuramente la cosa migliore da fare, ma come poteva lasciare Shane in quello stato? Lui non era in grado di aiutarlo, anzi era ugualmente scosso e aveva paura che la sua ansia lo contagiasse aggravando ancor di più la situazione.

« Rimani qui, non te ne andare » sussurrò stringendo debolmente la giubba del corvino, piegato in avanti con la testa rivolta verso il basso e i capelli rossicci che coprivano il suo volto sofferente. Alaric strinse i denti e si inginocchiò verso l’amico.

« Va bene non vado da nessuna parte.. » lo rassicurò carezzandogli la schiena.

Pian piano la stretta al petto si fece più leggera e il respiro più regolare. I due rimasero in quella posizione per una decina di minuti fin quando Shane non riuscì a tirar su il viso.

« Credo che il peggio sia passato » confessò asciugando il sudore sulla fronte.

« Mi dispiace Shane è stata colpa di quello che ho detto vero? » domandò pentito il corvino e l’altro annuì silenzioso.

« Ma non fa nulla, d’altronde me lo merito per averti rovinato la giornata »

« Figurati se quello che hai passato è paragonabile ad uno stupido compleanno » si innervosì Alaric, aggrottando le sopracciglia. Una risatina beffarda sfuggì dalle labbra di Shane.

« Ironico come volessi parlarti dei miei problemi e si siano palesati con così tanta arroganza per tutto il giorno »

« Quindi era di questo che volevi parlarmi stasera »

« Perspicace. Penserai che sono un gran egoista a parlarti di una cosa così pesante durante il tuo compleanno, ma volevo tu lo sapessi...so quanto avresti voluto saperlo già da tempo, quindi in questo giorno speciale ho deciso di aprirmi con te »

Alaric guardò Shane perplesso, felice di quella notizia, ma anche preoccupato della gravità della questione.

« Non sei egoista Shane, non mi importa quando dici le cose, basta che me le dici, visto il peso che ti porti dentro »

Shane mostrò un sorriso sincero prima di alzarsi in piedi ed iniziare a camminare lungo la tettoia.

« Tutto è iniziato quando ero piccolo. Non ho mai avuto autocontrollo, nemmeno in tenera età quando ho quasi dato fuoco alla mia casa o quando ho ucciso il gatto o fatto del male ai miei genitori. Ho queste crisi, questi scatti dove la mia mente non ragiona più, dove il mio corpo prende il sopravvento e divento violento…i miei genitori erano terrorizzati da quello che sarei potuto diventare e mi hanno abbandonato in questo orfanotrofio all’età di soli sette anni. La direttrice mi ha accettato solo dopo avermi sottoposto a dei test ed ha deciso che non poteva lasciarmi in mezzo ad una strada dopotutto. » si interruppe per saltare da una tegola all'altra evitando di mettere il piede sopra quella già frantumata e pericolante. Si voltò poi verso l’amico dando le spalle alla luna.

« Alaric io soffro di una rarissima ed incurabile malattia al cervello, che pian piano brucerà la mia coscienza e lascerà spazio solamente alla rabbia e alla violenza. Quello che hai visto oggi era solo un assaggio, ogni tanto riesco a controllarmi e a minimizzare la cosa con un semplice schiaffo, ma

quanto durerà? Io sono stanco, non voglio essere di nuovo abbandonato, perché non ho mai fatto nulla di male, non intenzionalmente, non ho chiesto io di venire al mondo in questo modo, quindi perché? » fece una breve pausa per riprendere fiato.

« Immagino anche tu vorrai andartene ora che lo sai vero? » alzò la voce sbraitando e subito dopo Alaric lo avvolse in un caloroso abbraccio.

« Mi dispiace Shane...mi dispiace tanto » disse tra le lacrime che inevitabilmente erano scese a causa di quella rivelazione, ma Shane lo scansò violentemente.

« Non voglio la tua compassione Alaric, non voglio essere compatito, non voglio farti pena, voglio risposte »

Nonostante la sua reazione avversa, Alaric evitò qualsiasi comportamento altrettanto brusco, non voleva Shane si sentisse minacciato, voleva solo aiutarlo e urlargli contro o schiaffeggiarlo per farlo tornare alla realtà, non sarebbero state le soluzioni migliori.

« Shane ascoltami, perché mai dovrei abbandonarti per una cosa simile? Non è proprio in questi momenti che ci si sostiene ancor di più? Non tanto perché provo pena per te, ma in quanto tuo migliore amico ho il dovere e la necessità di starti accanto »

« E allora perché non è stato così con i miei? È facile parlare così Alaric e lo sarà fin quando non ti farò male, perché te ne farò, è sicuro »

« Perché sembri così sicuro di quello che dici? Quanti anni sono che ci conosciamo? Sono sette anni Shane, sette. In sette anni non hai mai alzato un dito contro di me, perché mai dovresti farlo in futuro? » ribatté Alaric con calma. Shane sembrò pensarci, ma non rese le cose così facili al minore.

« Perché andrà solo peggiorando, non esiste possibilità di un miglioramento, per cui arriverà quel giorno e io ti deluderò, perderò tutto di nuovo, ti guarderò andar via perché in fondo me lo merito, sono un mostro »

« Adesso smettila. Stai rendendo difficile anche a me rimanere calmo. Smettila di fasciarti la testa prima del tempo, di prevedere un futuro totalmente incerto e concentrati sul presente, perché io ora ci sono, sono qui e non me ne vado. Non farò come i tuoi genitori perché io ho già perso tutto una volta, non butterò all’aria la mia seconda occasione per un ostacolo nel cammino Shane, loro non hanno avuto quel coraggio, ma io sì e se dovesse succedere che avrai una delle tue crisi io ci sarò, io ti fermerò, io ti aiuterò, io resterò in ogni caso »

Gli occhi di Shane diventarono lucidi d’un tratto e poco a poco, la rabbia si trasformò in sollievo.

« Dovrei crederti sulla parola Alaric? Sono convinto che finché non ti farò del male, sarà facile per te fare questi sermoni, ma dopo? Dimmi perché tu saresti diverso dai miei genitori e perché faresti tutto questo per me »

Alaric si asciugò le lacrime con il gomito e lasciò spazio ad un sorriso genuino, mentre la brezza notturna scompigliava le sue ciocche corvine.

« Perché sei il mio migliore amico e l’unica famiglia che mi sia rimasta »

Shane rimase spiazzato dalla sua risposta, avrebbe pianto se solo fosse stato in grado di farlo. Scoppiò invece in una fragorosa risata.

« Te ne esci sempre con queste frasi toccanti tu, dovresti scrivere un romanzo » lo prese in giro.

« Ma tu guarda questo come si diverte a rovinarmi i momenti, ti perdono solamente perché sei tornato in te, sono felice tu ti sia tolto finalmente questo peso di dosso »

« Tutto grazie a te » rispose sincero alzando il pugno, Alaric fece lo stesso unendo il suo con quello di Shane.

« Al dopo penseremo poi, per ora vivi il presente insieme a me e gli altri »

« Non credo gli altri mi vedano sotto una buona luce...» confessò grattandosi la nuca. Se n’era accorto già da un po di quanto i minori ne avessero timore.

« Invece ti sbagli, sai per molti sei un esempio, ho visto Rick cercare di imitarti nei lavori manuali, Albert provare a fare battute che facciano ridere tutti come fai tu e Nana essere gentile nei confronti degli altri proprio come tu fai con me. Forse sono un po intimoriti è vero, ma basterà fargli capire la situazione e capiranno vedrai »

« Tu dici? » domandò speranzoso Shane.

« Io dico di sì, sono bambini ma non sono stupidi »

« A differenza di qualcuno »

Alaric alzò gli occhi al cielo ridendo.

« Sai che ti conosco, è inutile che nascondi le tue vere emozioni dietro al sarcasmo e alle battute spiritose. L’unica cosa che non mi va giù è che tu abbia taciuto per ben sette anni e ti sia portato questa cosa dentro così a lungo »

« Mi dispiace averti fatto preoccupare a lungo »

« Non fa nulla, l’importante è che ora tu stia meglio »

« Sono davvero fortunato ad averti conosciuto Alaric »

« Adesso sono io quello che dovrebbe fare qualche battutina fastidiosa » lo stuzzicò il minore.

« Per una volta che ero serio..» Sbuffò Shane.

« Anche io lo sono, davvero » ricambiò Alaric con un sorriso.

Shane trovava difficile che qualcuno pensasse una cosa simile riguardo una persona tanto problematica, ma sapeva che di Alaric poteva fidarsi, per cui non ribatté e si godé in silenzio quella profonda considerazione nei suoi confronti.

« Si è fatto tardi, forse è meglio rientrare » suggerì il minore, seguito dal maggiore che gli diede ragione. Rincasarono dunque e si salutarono sulla soglia dei loro dormitori fin quando non chiusero le rispettive porte e si diedero la buonanotte.

Alaric si buttò sul letto esausto e nascose il viso sul cuscino mentre le lacrime iniziarono a sgorgare incessanti dai suoi occhi. Ora il petto faceva male a lui, ma non era un attacco di panico, era un dolore diverso. Il suo migliore amico aveva una malattia incurabile che prima o poi l’avrebbe portato via da lui, sarebbe rimasto ancora una volta da solo e più di quello, lo faceva star male quel pensiero tanto egoista. Shane soffriva da anni e avrebbe sofferto a lungo ancora e lui pensava solamente di rimanere solo. Poteva essere legittimo quanto voleva, no non se ne convinse nemmeno, si odiava e basta per quei pensieri, ma non voleva stare male, non più, proprio ora che aveva ritrovato la sua famiglia. Avrebbe voluto urlare, ma si limitò a piangere trattenendo tutto dentro, con la gola che gli bruciava e le mani che gli tremavano. Il giorno seguente si svegliò con gli occhi rossi e sperò che nessuno facesse domande a riguardo, non gli piaceva mentire.

« Buongiorno Alaric » lo salutarono i bambini già a tavola.

« Buongiorno a voi » rispose, notando come prima cosa Shane inchinato davanti a Charles, il bambino al quale aveva fatto male il giorno prima.

« Perdonami per ieri non volevo! » urlò ripetutamente, attirando l’attenzione della direttrice che si avvicinò minacciosa.

« Che succede qui? » domandò con le mani sui fianchi. Shane tirò su il capo frettolosamente, pronto a raccontare la verità, ma fu inaspettatamente interrotto dal bambino che prese parola prima di lui.

« Niente Shane ha rotto uno dei miei giocattoli, ma non l’ha fatto apposta!»

Shane spalancò gli occhi incredulo, mentre Charles gli fece cenno col dito di fare silenzio; dall’altro lato della stanza Alaric alzò le spalle sorridendo come per dire “Te l’avevo detto”

« Se è tutto a posto allora non urlare, forza la colazione è pronta » lo riprese la donna. Charles corse al suo posto, mentre Alaric raggiunse il proprio amico.

« Non ti sembra vero eh »

« Secondo me lo hai minacciato tu Alaric, non si spiega altrimenti »

« Ma tu sei matto, non minaccerei mai nessuno »

« Allora lo hai corrotto con qualche favore e un po di caramelle »

« Dai Shane smettila, non ti costa molto ammettere che questo è il gesto che farebbe un fratello che ti vuole bene »

Shane spalancò gli occhi perplesso; effettivamente non aveva mai pensato che qualcuno oltre Alaric potesse considerarlo tale.

« Adesso andiamo o la direttrice si arrabbierà » lo invitò Alaric e Shane lo seguì taciturno. Consumarono in silenzio il loro pasto circondati dal riso dei minori e quando arrivò il momento di sparecchiare, Shane stava ancora pensando a quelle parole. Cercò di metabolizzare la cosa il più in fretta possibile in quanto doveva badare ad altro durante quella giornata, non poteva certo distrarsi. Aveva deciso di organizzare una seconda festa per Alaric o meglio, aveva intenzione di fargli passare una giornata diversa dal solito dato che quella precedente non erano stati affatto insieme. Corse quindi in soffitta dove teneva i suoi attrezzi per lavorare il legno e sistemò due vecchi tavoli uno vicino all’altro; vi posò quindi sopra diversi strumenti e travi di legno. Poggiò le mani sui fianchi osservando la postazione in ordine e sorrise soddisfatto; ora mancava solamente il protagonista. Scese le scale frettolosamente e trovò Alaric proprio alla fine di esse; sembrava pensieroso. - « Shane..»

Lo prese per un braccio e senza dire nulla lo tirò per la scalinata con sé.

« Ta dan! » urlò allargando le braccia per indicare il suo operato. Alaric guardò Shane e poi gli attrezzi poggiati sui due tavoli.

« Mi avevi chiesto di insegnarti qualche trucchetto no? Bene è arrivato quel giorno » disse spostando la sedia facendo cenno al minore di avvicinarsi e mettersi comodo.

« Poi volevo recuperare in qualche modo la giornata di ieri..» aggiunse abbassando lo sguardo pentito.

« Non devi recuperare assolutamente nulla » rispose Alaric con un sorriso sincero sulle labbra. Probabilmente in un’altra occasione avrebbe dimostrato più entusiasmo, ma in quell’istante non riuscì proprio e mantenne una reazione più pacata e controllata. Si accostò agli attrezzi e prese posizione sul tavolo di destra. Shane lo raggiunse subito dopo rimanendo alla sua sinistra.

« Anche io voglio farti un portafortuna » esordì Alaric carezzando il legno con un dito.

« Uno a forma di infinito che rappresenti il nostro legame, che faccia di noi un per sempre » disse alzando lo sguardo verso Shane. Quest’ultimo sentì il bisogno impellente di piangere e stringere Alaric tra le sue braccia, ma frenò quel gesto sul nascere e lo sostituì con una risatina.

« Non ti merito proprio io » sussurrò tenendo lo sguardo basso.

« Non si tratta di merito » continuò Alaric. Inevitabilmente qualcosa si era spezzato dentro di lui ed ora sentiva il bisogno di colmare quel pezzo mancante con qualcosa di materiale, qualcosa che mantenesse vivo quel sogno, quel desiderio.

E di cosa? Avrebbe voluto chiedere il maggiore, ma evitò la domanda per paura della risposta, quindi si sedette al fianco del corvino in silenzio passandogli lo scalpello appuntito con un sorrisetto sul volto.

« Prima di tutto, fammi vedere come lavori solitamente, così che io possa darti qualche consiglio a riguardo » lo invitò Shane lasciando fare al più piccolo.

« Ovviamente lavorerai solo con scalpelli, lime e raspe, non ti farò mettere mano a cose più pericolose, per fare un piccolo portafortuna basta poco » spiegò come un maestrino col dito puntato verso l’alto.

Alaric strinse lo strumento tra le proprie mani e scelse il tocco di legno più minuto per iniziare. All’orfanotrofio i bambini venivano educati anche attraverso stimoli di vario genere, la sezione creativa era piuttosto sviluppata, tra pittura, lavorazione di ceramica e legno gli orfani potevano imparare velocemente le attività più fantasiose e di manifattura più divertenti, piuttosto utili nella vita di tutti i giorni e pensate appositamente per regalargli una base lavorativa in un futuro fuori dall’orfanotrofio.

« Ahhhh sono proprio negato! » si lamentò Alaric sbattendo il terzo ciocco di legno distrutto completamente senza alcun risultato, mentre Shane se la rideva sotto i baffi.

« Hai un tocco più delicato di quanto credi, ma non sai come sfruttarlo » sostenne il maggiore prendendo la mano di Alaric con la sua, guidandolo nei movimenti.

« Non devi pensare al legno come qualcosa di duro che va tagliato con forza, il legno si leviga, così » con una passata rapida eppure leggera, recise uno strato di legno netto e preciso, senza alcuna fatica. Alaric osservò stupito il suo operato e in men che non si dica, ogni malessere cominciò ad appianarsi.

« Chiaramente vanno usati anche gli strumenti giusti, la raspa ha una texture più grossa rispetto ad una lima e serve per interventi più massivi, mentre la lima serve per le rifiniture più delicate » illustrò poi con cura le diversità degli utensili, sperando di donare qualche consiglio utile al minore.

« Adesso riprova » lo invitò Shane, lasciando la presa dalla sua soffice mano per farlo tentare da solo. Ci volle un pomeriggio intero perché Alaric ottenesse una parvenza di risultato positivo.

« Mi fanno male la mani » esordì esausto Alaric, posando la piccola sagoma di legno guadagnata con gran fatica, sul tavolinetto.

« Vedi che piano piano ci stai prendendo mano, con un po di pratica potresti addirittura superarmi » ammise Shane con le braccia conserte, quasi invidioso.

« Eravamo così presi che si è fatta già notte, tra poco ci chiameranno per la cena » sbuffò il corvino pulendosi la maglietta dai trucioli di legno.

Shane si affacciò dalla finestra della soffitta ed osservò il cielo cupo sopra le loro teste. Quel grigiore infausto risvegliò un sentimento di angoscia dentro di lui poiché ai suoi occhi quelle nuvole non sembravano portare solamente pioggia e temporali, ma l’oscurità stessa dentro di loro.

« Questo tempo non mi piace per nulla...» commentò visibilmente a disagio il giovane stringendosi nelle spalle preso da un improvviso brivido di freddo. Alaric giocherellò con la minuta forma lignea prima di voltarsi verso il maggiore.

« Non ricordavo avessi paura dei temporali »

« No, non è questo Alaric, c’è qualcos'altro » rispose facendo preoccupare l’altro.

« Che succ- » Alaric fece giusto in tempo ad alzarsi dalla sedia quando la vetrata alle spalle di Shane scoppiò rumorosamente facendo tremare l’intera struttura.

« Bambini mettetevi al riparo! » urlò la direttrice raccogliendo quanti più infanti possibili sotto la sua ala protettiva.

« Un incendio! C’è un incendio! » urlò uno dei piccoli, correndo con le lacrime agli occhi verso la donna. Il fumo inondò serpeggiante la sala principale rendendo l’aria sempre più difficile da respirare.

« Possibile che un fulmine abbia colpito la casa? » domandò a se stessa la direttrice incredula e totalmente impreparata ad un'emergenza simile. Quante possibilità c’erano che succedesse una cosa simile?

« Bambini ho bisogno che mi stiate vicini e che contiate quanti siete; fate l’appello di chi manca, ne siete in grado? » domandò col tono più rassicurante che riuscì a tirar fuori da quella situazione disperata.

 

 

« Shane! » tossì violentemente Alaric dopo aver urlato il suo nome. Il fitto fumo rese difficile non solo la respirazione, ma anche la visibilità ed Alaric non riusciva ad inquadrare la figura del proprio amico all’interno della soffitta, tanto più che alcune fiamme avevano preso a corrodere la parete in legno appena intorno alle finestre frantumate.

« Shane rispondimi ti prego! » continuò strisciando sul pavimento, lì dove il fumo non era ancora troppo denso.

« Alaric...» la flebile voce del maggiore raggiunse debolmente le sue orecchie ed Alaric corse immediatamente verso il corpo dell’amico riverso a terra.

« Shane sei ferito? » domandò terribilmente preoccupato.

« C’è qualcosa di strano in me...» sussurrò in un lamento, prima di contorcersi dal dolore allarmando l’amico già abbastanza sull’orlo del panico.

« Devo portarti fuori di qui! » provò a tirarlo per il braccio Alaric, ma Shane lo ritirò in fretta, facendo cadere all’indietro il minore.

« No Alaric…non avvicinarti » lo avvisò con tono dolente.

« È uno dei tuoi attacchi? » domandò rimettendosi in ginocchio di fronte il proprio amico.

« Perché se lo è, non preoccuparti sono qui con te, non ti lascio solo »

Il vento entrò impetuoso dalla finestra rotta, alzando le fiamme al loro fianco; l’aria sempre più rarefatta ed asfissiante iniziò ad provocare i primi effetti negativi sui loro esili corpicini.

« Permettimi di aiutarti Shane, non mi farai male »

« No tu non capisci… »

« Sei tu a non capire! » alzò la voce il corvino stringendo il polso del ragazzo sofferente.

« Se non usciamo di qui moriremo, ora non ha importanza nient’altro! »

Shane spintonò Alaric lontano da sé e si alzò in piedi con le lacrime agli occhi.

« Credo ci sia qualcos’altro dentro di me, sento la rabbia scorrere nelle mie vene, sento l’impellente desiderio di farti male, di spazzare via questo posto ed uccidere tutti, voglio vendetta, ho sete di sangue »

Alaric tremò di fronte l’aura torbida emanata da quell’essere che non riconobbe più come suo amico d’infanzia, sembrava come posseduto.

« Shane che stai dicendo...» una risata mista al terrore uscì tremolante dalle labbra del corvino, mentre indietreggiava strisciando a terra.

Le iridi color ghiaccio di Shane scintillavano in mezzo alla foschia, mentre le sue pupille, ristrette a tal punto da essere considerate inumane, lo guardavano dall’alto al basso.

« Ti prego vattene… non so cosa mi stia succedendo, ma non riuscirò a tenere a bada questo assurdo istinto omicida per un altro secondo » la sua voce quasi storpiata in un sussurro malefico, era diventata irriconoscibile, mentre le fiamme si ergevano lungo le travi di legno. Non ci volle molto prima che danzassero al fianco del proprio amico, serpeggiando ardenti vicino la sua pallida pelle.

« Non voglio perdere anche te, perché deve succedere tutto questo, non è giusto, volevo solo tu rimanessi al mio fianco per sempre » le rimostranze di Alaric portarono a galla per l’ultimo istante un barlume di coscienza nel volto di Shane.

« Ti prego Alaric….scappa »

« Non voglio...» un singhiozzo incessante gli impedì di aggiungere altro; le fiamme, il calore bollente, il fumo che inquinava i suoi polmoni, nulla aveva importanza davanti la perdita della sua famiglia.

« Allora uccidimi e rendimi libero »

La voce del corvino pronta ad uscire sotto forma di grido, fu mozzata dallo strattone di un ragazzo dagli occhi color smeraldo che lo tirò a sé per allontanarlo dal vortice di fuoco che si era formato attorno il proprio amico.

« Ayden aiutami!» urlò Vyron richiamando l’attenzione del compagno basito di fronte quella visione raccapricciante, per aiutarlo a tenere fermo il piccolo Alaric.

« Lasciatemi andare! » urlò dimenandosi con tutte le forze.

« Ci penso io voi portatelo via » la voce del capo comunicò a sangue freddo il suo ultimo ordine e i due sottoposti lo eseguirono senza pensarci due volte.

« Shane io tornerò per te, tornerò e ti salverò, per cui non morire! » quello fu l’ultimo desiderio di Alaric prima di essere trascinato via dalla stanza, lasciando a chi di competenza il lavoro sporco; solo Aylack era in grado di caricarsi di quella responsabilità.

« Vi prego lasciatemi aiutare, lì dentro c’è il mio migliore amico » le suppliche strazianti del ragazzino furono una pugnalata al cuore per i due giovani che si scambiarono uno sguardo addolorato.

« Mi dispiace piccolo, non possiamo fare nient’altro per lui, né tu, né noi, ci penserà il nostro tutore a donargli la pace che si merita » rispose Ayden stringendo i denti. Aveva rivisto se stesso in quel ragazzo, quell’espressione era tale e quale alla sua di fronte la perdita della sua famiglia. Vyron strinse tra le braccia il corpicino del minore e lo portò di corsa al piano inferiore, schivando le fiamme.

« Dannazione l’uscita è bloccata a causa delle travi di legno crollate dal soffitto! » urlò il ragazzo, coprendosi il viso per non respirare il fumo, avvolgendo Alaric nel suo corto mantello per impedirgli di inalarne altrettanto.

« Ci penso io, sta indietro » lo superò Ayden, facendo leva sulle travi per liberare l’uscita.

« Ayden, le tue mani!» si preoccupò Vyron, tossendo appena, ma in poco tempo il compagno aveva già liberato una via di fuga per entrambi; non c’era tempo per preoccuparsi di qualche ustione. Una volta fuori, Vyron si voltò verso la struttura emaciata dalla fiamme e strinse a sé il ragazzo.

« Spero che Aylack riesca ad uscire sano e salvo » le sue parole erano un sussurro irrilevante di fronte il pianto di Alaric che aveva iniziato a prenderlo a pugni sul petto.

« Vi prego, fermatelo, non portatemi via Shane, è l’unica cosa che ho »

Vyron poggiò a terra il corvino e lo bloccò per i polsi, prima di abbracciarlo.

« Lo so che è dura, lo so, anche noi abbiamo la nostra famiglia lì dentro in pericolo, ma vedrai che andrà tutto bene, il tuo amico starà solo meglio dopo, fidati, l’hai visto anche tu il suo sguardo, pregava di essere salvato. Puoi prendermi a pugni quanto vuoi se vuoi sfogare la tua rabbia, ma non posso farti entrare lì dentro, il tuo amico non vorrebbe tu vedessi cos’è diventato, non vorrebbe tu assistessi ad una scena tanto pietosa...mi dispiace » disse poggiando una mano dietro il capo del minore.

« mi dispiace..» ripeté con un filo di voce stringendo il corpo tremolante di Alaric tra le sue braccia, facendo cenno ad Ayden di precederlo.

« Mi dispiace tanto non poter fare altro per te…ti prego di perdonarmi » in quei tre anni di riflessione ed allenamenti Vyron era maturato davvero molto eppure quell’esperienza non bastò a trovare le parole giuste da dire davanti quella situazione, probabilmente non esistevano nemmeno.

« Dai andiamo, gli altri bambini ti stanno aspettando preoccupati » lo invitò staccandosi dall’abbraccio allungando una mano verso di lui.

Alaric non poté che arrendersi, in cuor suo sperò di poter salvare Shane con le sue mani, ma il futuro non sembrava serbare più un posto per lui, la sua strada finiva lì a quanto pare, quel maledetto giorno di luglio.

« Ayden fammi vedere » lo rimproverò Vyron, avvicinandosi al compagno, tirandogli su il polso per scoprire le bruciature sul palmo della sua mano. Vyron lo squadrò con il broncio ed Ayden ritirò frettolosamente il braccio, guardando dall’altra parte.

« Non preoccuparti per me, porta il ragazzo dagli altri piuttosto e sta con lui, è fin troppo scosso, queste ferite potrebbero solo creargli ulteriori disagi »

« Non pensare che non torni indietro appena l’ho portato in sicurezza dagli altri, dobbiamo rivedere i tuoi metodi pericolosi »

Ayden non rispose, anzi puntò lo sguardo verso la sagoma dai capelli rossi che era finalmente riuscita ad uscire da quell’inferno.

« Capo! » si irrigidì, prima di correre verso di lui. Vyron rimase indietro, stringendo per mano Alaric palesemente turbato. Il ragazzo era tornato da solo, di Shane non ce n’era traccia. Ayden allungò una mano verso il maggiore che scosse la testa silenzioso, come per rifiutare le sue preoccupazioni e rivolgerne altrettante al piccolo orfano. Aylack si accucciò verso di lui e gli porse una spilla a forma di quadrifoglio appena arsa su un lato.

« Ho trovato questa..penso ti sia caduta »

Alaric tastò il proprio corpo in cerca del prezioso regalo di Shane e solo allora realizzò che non lo aveva più addosso. Lo prese tra le mani prima di scoppiare nuovamente tra le lacrime. Il giovane leader gli lasciò una carezza tra i capelli e si alzò nuovamente in piedi.

« Voi state bene? »

« Noi stiamo bene, non preoccuparti, tu piuttosto sei riuscito a catturare il demone? » Aylack strinse i pugni e serrò la mascella prima di scuotere debolmente il capo in segno di diniego.

« Ne parleremo poi » disse semplicemente, non voleva coinvolgere oltre i bambini di quell’orfanotrofio.

« Meno male Alaric! » la direttrice si fiondò dal corvino stringendolo tra le sue paffute e forti braccia, sgorgando lacrime di gioia dal proprio viso.

« Signora so che forse non è il momento, ma vorremmo chiederle di trattenere questo ragazzo per alcuni accertamenti, è possibile? Nel frattempo vi cercheremo una dimora in cui stare, visto che questa è impraticabile »

Il tono gentile e pacato di Aylack rassicurò la donna che annuì senza indugio.

« E Shane? » la sua domanda legittima mise però in difficoltà il giovane comandante.

« Le faremo sapere a tempo debito ogni cosa..»

« Ma voi chi siete? »

« Persone che vogliono aiutare » rispose sorridendo.

« Dammi qua » ordinò con premura Vyron oramai lontano dalla presenza degli altri. Dalla borsa degli attrezzi attaccata alla cintura, tirò fuori un paio di bende pulite ed una crema disinfettante. Ayden sbuffò allungando la mano verso il compagno.

« Brucia… » si lamentò mentre Vyron massaggiava delicatamente la pelle ustionata con le sue dita.

« Non lamentarti, potevi stare più attento » lo ammonì l’amico, passando infine la benda intorno la bruciatura, stringendola con premura evitando di fare troppa pressione e quindi provocargli dolore.

« Non c’era tempo Vyron, un sacrificio come questo non valeva nulla di fronte le nostre vite. »

« Lo so, lo so »

« Ragazzi è ora di tornare » li interruppe Aylack avvicinandosi ai due.

« Cosa ne sarà dei bambini? » domandò Ayden con un’espressione preoccupata.

« Abbiamo già provveduto ad affidargli un luogo sicuro dove restare, per quanto riguarda Alaric, il ragazzo che ha assistito alla trasmutazione del proprio amico, pensavo di portarlo con noi..»

Vyron e Ayden si scambiarono uno sguardo di assenso prima di prendere parola.

« Credo sia la scelta migliore, non può più vivere normalmente dopo aver visto la vera essenza di un demone e il cambiamento che crea nel corpo umano » confutò il ragazzo dai capelli rossicci voltandosi verso il corvino in lontananza.

« Inoltre penso dovremmo trattenerlo anche per fargli delle domande»

« Ma è crudele » contestò Vyron stringendo i pugni.

« Lo so… ma dobbiamo capire bene com’è andata, a voi non ho potuto rivolgere alcuna domanda perché il padre di Ayden era già posseduto nel momento in cui è stato trovato, invece mi sembra di aver intuito che in questo caso, il ragazzo abbia assistito direttamente alla trasformazione….

purtroppo ci servono tutti i dati possibili, se non siamo spietati anche noi, non riusciremo mai a battere queste creature » concluse Aylack abbassando lo sguardo.

« Purtroppo non sono riuscito a fermare il demone...è riuscito a scappare »

« Cosa?! » i due alzarono la voce all’unisono.

« Non dite nulla ad Alaric, non deve saperlo, se lo sapesse non si darebbe pace e finirebbe corrotto dal desiderio di volerlo salvare a tutti i costi »

« Non è quello che farebbe una persona normale per il proprio amico? » replicò Ayden confuso dalla scelta del leader.

« Sì ma… non è forse meglio che viva col pensiero del suo amico libero dal dolore? »

« E se in un futuro gli si presentasse davanti? Cosa accadrebbe? » la domanda di Vyron fece calare il silenzio tra i tre.

« Farò sì che non succeda e se fosse inevitabile, allora mi prenderò le mie responsabilità ed affronterò la questione, ma fino ad allora non una parola, okay? »

Era chiaro che i due non condividessero quella scelta, insomma se Vyron fosse sparito, Ayden avrebbe voluto sapere dove fosse, non avrebbe accettato il silenzio e viceversa per Vyron nei confronti di Ayden; capirono però che era per il bene del ragazzo ed evitarono di controbattere ulteriormente.

Alaric si vide costretto a salutare gli altri bambini con la promessa che sarebbe tornato a trovarli non appena sarebbe stato meglio, le sue parole vuote dietro un sorriso totalmente falso. Fu spaventosamente facile per lui voltare le spalle a quei visi tristi e disperati che chiamarono il suo nome ripetute volte, senza mai essere degnati di uno sguardo.

« Coraggio, ti accompagno » sorrise Vyron poggiando una mano sulla schiena del corvino, spingendolo delicatamente verso le porte del treno. Entrarono insieme, seguiti dagli altri e presero posto vicino al finestrino.

Il mezzo partì immediatamente dopo, abbandonando quella stazione deserta in mezzo al nulla, verso la sede dell’Arc Genesis.

« Io mi chiamo Vyron e lui è Ayden » disse indicando il proprio amico con un gesto semplice eppure ricco di amore. Alaric poteva percepire il legame tra quei due seppur li avesse incontrati da qualche ora.

« Tu sei Alaric vero? » domandò con delicatezza, mentre Ayden al suo fianco teneva le braccia incrociate e i suoi occhi viola puntati sul minore.

Quel doloroso viaggio l’avevano intrapreso anche loro tre anni prima, su quello stesso treno.

« Vuoi sapere chi siamo vero? » interruppe l’amico, passando al dunque.

« Quello che tu hai visto non era il tuo amico, ma un demone »

« Ayden!» lo riprese il compagno venendo però totalmente ignorato.

« Un demone? » prese finalmente parola il più piccolo.

« Esattamente, una creatura infima che si impossessa del corpo di una persona per portare caos e distruzione. Vedi, noi li combattiamo e salviamo persone come te dai loro attacchi, per quanto possibile »

Alaric ascoltò quelle parole nemmeno troppo scettico, in fondo aveva visto con i suoi occhi l’espressione orripilante manifestarsi sul volto del proprio amico.

« Quindi se io divento come voi, posso evitare che succedano cose simili a qualcun altro? » domandò frustrato stringendo il tessuto dei pantaloni tra le dita.

« Non dico che si possa impedire il peggio, ma se non altro potrai salvare le persone in difficoltà e liberare le vittime dal male stesso, perché in queste occasioni siamo soli al mondo, nessuno crederebbe al delirio di qualcuno che dice di aver visto un demone. »

« Allora voglio essere come voi » disse alzando finalmente i suoi occhi verde smeraldo.

« Guarda che non si torna più indietro, non potrai più vedere ciò che resta della tua famiglia, sarà una dura vita di allenamenti e sopravvivenza, sicuro di poter reggere? » domandò Ayden con sguardo intimidatorio e serio, come per mettere alla prova la determinazione dell’altro.

« Non importa, non potrei vederli comunque, non così. Io…voglio diventare qualcuno che sia in grado di proteggerli, che possa evitare loro un mondo come quello che io ho visto, è questa l’unica cosa che posso fare ora. Non voglio mai più dover vedere qualcuno soffrire tanto come Shane senza poter fare nulla; ho vissuto la mia breve vita rimanendo costantemente impotente di fronte cose più grandi di me, ma forse è tempo che io prenda in mano la situazione. »

« Va bene così Alaric, sei stato bravissimo » sorrise Vyron posando una mano sopra i suoi soffici capelli neri.

« Se prenderai questa decisione non sarai solo, ci saremo io e tutti gli altri ad aiutarti e supportarti, ricordatelo sempre » aggiunse carezzando debolmente la sua chioma ribelle.

« Anche voi avete perso qualcuno prima di arrivare qui? »

Ayden guardò il ragazzo con un’espressione nostalgica.

« Proprio così, abbiamo preso la tua stessa decisione tre anni fa, passando su questo stesso treno, ciò che tu stai passando ora »

Alaric abbassò lo sguardo trattenendo le lacrime e con tutto il coraggio che gli era rimasto in corpo, pronunciò le sue parole decisive.

« Allora ho deciso…io diventerò uno di voi, costi quel che costi »

Quello fu l’inizio della storia di Alaric, di come entrò nell’Arc Genesis ed insieme ai suoi compagni, sbaragliò l’offensiva dei demoni, salvando centinaia di vite.

 

 

 

 

 

 

 

 

« Ragazzi sbrigatevi, dobbiamo dare il benvenuto al nuovo arrivato! » le urla del corvino furono accompagnate dal lamento del collega più grande che gli si fiondò addosso, stritolandolo sotto il suo braccio.

« Ma come sei euforico di prima mattina Alaric, sarà che sono troppo vecchio per queste cose »

« Ma quale vecchio che hai solo due anni più di me Ayden » contestò Alaric ridendo, liberandosi facilmente dalla sua morsa amichevole.

« Lascialo perdere Alaric, è solo molto timido ed ha paura di non andare a genio alle persone che non conosce » la voce fuori campo di Vyron portò il riso sul volto del minore che nel frattempo si stava allacciando le scarpe.

« Senti da che pulpito, Vyron è meglio se taci »

« Io invece sono emozionato, ho sentito dire che è molto forte e dato che a noi manca personale, lo hanno trasferito nella nostra unità »

« Sì? Io ho sentito una cosa diversa invece »

Ayden costrinse gli altri due a drizzare le orecchie ed a convergere intorno a lui per ascoltare attentamente le informazioni in suo possesso.

« Beh che c’è? …Mah in ogni caso, ho saputo da uno della sezione esterna che il trasferito ha un pessimo carattere e che quindi, non riuscendo a stare in armonia col resto del gruppo, l’hanno cacciato via »

« Non è un po brutale? » domandò Vyron corrugando la fronte in un’espressione di disapprovazione.

« Beh non saprei...potrebbe essersi rivelato indisciplinato nei loro confronti, tanto da metterli a disagio e mandarlo via.. »

« Non importa, noi lo accoglieremo comunque a braccia aperte giusto? »

« Giusto » rispose Vyron sorridendo.

L’entusiasmo di Alaric era da sempre contagioso, persino Ayden si vedeva costretto ad arrendersi di fronte la sua euforia, anche quando sbuffava non lo faceva con tedio o malizia, era semplicemente il suo modo di apprezzare quel carattere tanto gioioso.

I tre ragazzi scesero finalmente al piano inferiore per incontrare la star tanto discussa e quando i loro sguardi si incrociarono col visetto angelico di un biondino dalle vesti bianche, rimasero palesemente a bocca asciutta.

« Saresti tu il nuovo arrivato? » domandò Alaric avvicinandosi al ragazzo dagli occhi color glicine.

« Sì… » rispose lui leggermente a disagio.

« Benvenuto, mi chiamo Alaric! » disse prendendogli la mano e stringendola in segno di amicizia.

« Loro sono i miei colleghi più grandi, Vyron e Ayden »

« Piacere.. » rispose timidamente il nuovo arrivato.

« Ma come, non aveva un caratteracc- » Ayden fu interrotto dal pestone sul piede del compagno come invito ad azzittirlo.

« È un piacere averti con noi...»

« Skylar, mi chiamo Skylar » si presentò infine dando un nome al proprio volto.

 

 

 

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