Avior, Quattro Principesse

di CedroContento
(/viewuser.php?uid=1118047)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tabita ***
Capitolo 2: *** La carrozza ***
Capitolo 3: *** I briganti ***
Capitolo 4: *** Karl ***
Capitolo 5: *** Cheyenne ***
Capitolo 6: *** Il giardino segreto ***
Capitolo 7: *** Il bacio ***
Capitolo 8: *** Le Udienze ***
Capitolo 9: *** L'asino ***
Capitolo 10: *** La storia di Emil ***
Capitolo 11: *** La bilbioteca ***
Capitolo 12: *** Il ballo ***
Capitolo 13: *** Il rinfresco ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Extra ***
Capitolo 16: *** Eltanin, Castello di neve ***



Capitolo 1
*** Tabita ***


Trovate la versione più recente, revisionata e corretta qui: https://www.wattpad.com/1219951873-avior-quattro-principesse

 



Capitolo 1

Tabita

Un chiassoso stormo di uccellini si levò improvvisamente in volo con un gran frastuono in quella mattinata soleggiata di fine luglio.
Alzò la testa per osservarli allontanarsi nel cielo terso. Oscar, dal canto suo invece, continuò brucare incurante il fieno dalla balla a cui era appoggiata, sbattendo soddisfatto qua e là la morbida coda bionda.
Dopo quella breve distrazione l’unico rumore tornò ad essere l’incessante frinire delle cicale e Astoria, la principessa di Tabita, tornò a volgere la sua attenzione allo spesso foglio di carta che stringeva tra le mani. Passò distrattamente le dita sulla cera blu e oro del sigillo Reale.
Quella mattina era riuscita ad infilarsi nello studio del padre e prendere la missiva arrivata due settimane prima da un messo proveniente da Avior. In realtà non era la prima volta che si impossessava in gran segreto di quella lettera, avrebbe tranquillamente potuto recitarla a memoria ormai. Per quanto la rileggesse però il contenuto non cambiava.
Sospirò sconfortata e alzò il viso verso la chioma delle betulle; ondeggiavano scosse da un leggero venticello, piacevole sulla pelle in quella giornata che si prospettava decisamente torrida. Quasi ora di pranzo, era il momento di tornare.
Chiuse gli occhi e si concesse ancora un momento prima di incamminarsi sulla via del ritorno, chissà per quanto tempo ancora avrebbe potuto godersi quella libertà.

“Ma guarda guarda Tara, pare proprio che ci sia una facile preda da derubare. Ha tutta l’aria di essere qualcuno d’importante,” constatò furbescamente una giovane voce dall’alto, cogliendo per un istante di sorpresa la principessa.
“Importante dici? Con quei capelli?” rispose una seconda voce femminile, limpida e familiare.
“Ehi!” si raddrizzò piccata Astoria, rimuovendo dalla chioma bruna una spiga di grano che le pizzicava la testa, facendo così sghignazzare ancora più forte i gemelli intenti a guardarla affacciati a pancia in giù da sopra la balla di fieno.
“E voi due furbetti non dovreste essere a lavoro a quest’ora?” chiese, senza riuscire a reprimere un sorriso d’affetto.
“Ci stiamo concedendo una meritata pausa,” rispose Albert.
“La quarta questa mattina,” aggiunse Tara, ammiccando complice al fratello. “Fa davvero troppo caldo,” sospirò poi, lasciandosi scivolare accanto ad Astoria.
La ragazza cominciò a raccogliere in una coda alta i folti capelli rossi fiammanti nel tentativo di liberare la pelle della nuca.
L’attenzione della principessa venne immediatamente attratta dai nuovi lividi violacei che ricoprivano le braccia scoperte dell’amica, quando anche Albert si avvicinò constatò, con un nodo in petto, che anche lui aveva un occhio nero. Segni di un’altra lite con il capofamiglia.
La gente di Tabita era gente semplice, contadini che lavoravano la propria terra e si impicciavano poco o nulla di politica, ancor meno degli affari dei regni circostanti; ma questo non significava che fossero tutte brave persone.
Il padre dei gemelli, in particolare, era un uomo facilmente incline alla violenza, soprattutto sotto il suo tetto. Spesso Astoria si era offerta di intervenire, sarebbe bastata una parola del Re, suo padre, per aiutare due tra i suoi più cari amici, ma i gemelli si erano sempre rifiutati con ostinazione.
Odiava sentirsi così impotente, temeva che un giorno quelle liti avrebbero avuto conseguenze drammatiche, ogni volta pregava la Dea perché non accadesse una tragedia. Non poteva ignorare la volontà dei fratelli però, questo lo sapeva bene, non l’avrebbero mai perdonata.
“Cos’hai lì?” chiese Tara, sbirciando curiosa la lettera ancora aperta in grembo alla principessa.
“Niente di importante.” Rispose quella vaga, abbassando lo sguardo cercando di celare i suoi pensieri, ben consapevole che Albert e Tara preferivano evitare di parlare di ciò che accadeva in casa loro.
“A me non sembra proprio niente d’importante” constatò il ragazzo appropriandosi rapido del foglio. Astoria agitò in vano le braccia per aria nel tentativo di fermarlo, ma lui era già riuscito a sistemarsi fuori dalla sua portata.
Astoria e Tara osservarono divertite un Albert accigliato cercare di decodificare il contenuto della lettera.
“Ah, dà qua!” esclamò dopo qualche minuto Tara, strappando impaziente il foglio di mano al fratello con un salto. “Se tu fossi stato attento con il maestro adesso sapresti cosa c’è scritto, asino!” lo canzonò, concentrandosi a sua volta per leggere.
“Ma questa viene da Avior!” aggiunse poco dopo Tara, sgranando sorpresa gli occhi in direzione della principessa. “Devi sposare il re!”
“Cosa?!” le fece eco il gemello.
“Non proprio…” rispose Astoria arrendendosi all’idea di dover vuotare il sacco. “Il re di Avior cerca moglie, vuole conoscermi, o meglio: vuole conoscere ogni giovane in età da marito proveniente dai Cinque Regni,” recitò solennemente a memoria ai due giovani contadini che la guardavano in attesa, sempre più increduli.
“Ma… questo vuol dire che te ne devi andare” ne concluse Albert.
Astoria annuì tristemente lasciandosi cadere tra l’erba alta e soffice. I due gemelli, che ormai avevano perso del tutto il loro brio, la imitarono.
“Beh, e tu dì che non vuoi!” decise Tara dopo averci riflettuto qualche istante.
“Non hanno chiesto la mia opinione Tara,” sorrise la principessa mesta “Non è importante ciò che voglio.” Disse, pensando già a quanto le sarebbero mancati quei due pigroni.
“È una cosa stupida. È assurdo, non possono costringerti a sposarlo se non vuoi,” decise Albert.
“È una principessa zuccone, siamo solo noi quelli che se n’erano dimenticati” ribatté Tara.

Accompagnata dai gemelli Astoria condusse Oscar fuori dal campo in cui si era rintanata, fino alla via principale: un ampio viale sterrato fiancheggiato per tutto il suo corso da alti e folti platani; veniva usato quasi unicamente dai contadini del posto per andare e venire dai campi.
Tabita, il reame di Astoria, era principalmente composto da quello: campi.
Campi che si estendevano per chilometri a perdita d'occhio, interrotti soltanto da qualche luminoso boschetto.
Spingendosi più ad est, fino alla costa, le coltivazioni lasciavano posto ad un susseguirsi di prati incolti in cui brucavano daini selvatici, e a profumate pinete, fino a raggiungere le dorate spiagge sabbiose che scorrevano da nord a sud, lungo i confini del regno. Oltre, solo il mare.
Qualche volta Astoria si era spinta fino alle spiagge durante le sue cavalcate solitarie, non distavano infatti più di un'ora e mezza di cavallo da palazzo. Lì immergeva i piedi nell'acqua limpida e, se era sicura di essere sola e la giornata era particolarmente calda, toglieva l'abito e si immergeva completamente in acqua per nuotare.
“Promettimi che farai di tutto per essere del tutto sgradevole, così ti rispedirà al mittente” la salutò Tara, stringendola forte in un abbraccio che le fece salire le lacrime agli occhi.
“Sì, non lavarti per tutto il tempo,” le consigliò Albert abbracciandola a sua volta, facendola ridere nonostante l’amarezza.
“Farò il possibile, promesso,” rispose Astoria, mentre Tara borbottava un inconfondibile idiota ad indirizzo del fratello.
La principessa di Tabita montò in sella. Dopo qualche metro non resistette alla tentazione di voltarsi in direzione degli amici di sempre, i due agitarono scompostamente le braccia per salutarla. Le sarebbero decisamente mancati, si chiese se avrebbe avuto modo di rivederli almeno una volta ancora.

Nonostante cominciasse a farsi tardi Astoria cavalcò senza fretta, godendosi la familiare aria di campagna. Il paesaggio era un susseguirsi di campi di girasoli, granturco, pomodori, angurie, patate; quelle terre rifornivano non solo il suo regno ma anche quelli confinanti, ad Avior andava una buona parte di raccolto.
A Tabita c’erano solo piccoli paesini in cui tutti conoscevano tutti. Era solo al confine con Avior, nel nord ovest del regno, che si potevano trovare le città più grandi, tra cui Mira, la capitale. Era lì che il padre di Astoria si recava spesso, assentandosi anche per lunghi periodi.
La principessa non aveva mai visto quelle o altre zone del regno; il Re di Tabita, infatti, aveva preferito che la moglie con i quattro figli vivesse più vicino alla costa, dove la vita era più tranquilla e l'aria, a suo dire, più salubre. Non che Astoria se ne rammaricasse, amava le sue terre, amava la sua indipendenza, aveva tutto ciò che le serviva per essere felice.
Oscar, allegro, imboccò al trotto il grande vialone che conduceva all'entrata principale. Fu lì che Astoria tirò improvvisamente le redini, cogliendo di sorpresa il destriero che sbuffò sonoramente, contrariato da quella scocciatura.
Astoria non fece caso alle proteste del cavallo, era occupata a guardare intontita la fine del vialone, incapace di rimettersi in marcia.
Il cuore prese a batterle inquieto nel petto.
Un’elegante carrozza, con lo stemma reale di Avior, era parcheggiata all'ingresso.



Angolino dell’autrice:
Bentrovati cari lettori!
Questa storia, che è la prima che io abbia mai scritto, è nata da un sogno. Ho sognato praticamente tutta la trama, i protagonisti, più diversi personaggi (alcuni dei quali sono rimasti fuori perché anche se avevano senso nel sogno non ne avevano poi fuori) e quando mi sono svegliata il suo ricordo, e anche le emozioni che mi ha lasciato addosso, sono rimasti vividissimi e ho potuto buttare giù il tutto.
Avevo cominciato una revisione completa qualche tempo fa (e questo è il motivo per cui il primo capitolo vi sembrerà diverso rispetto tutto il resto e anche quello per cui due dei personaggi scompaiono nel nulla nei capitoli successivi, non riesco più a recuperare la versione precedente) ma ho recentemente cambiato idea e deciso di lasciarlo postato così com’è.
Ho messo mano più volte al testo nel corso di quest’anno, corretto tutto man mano che imparavo nuove cose, ma credo di essere arrivata al punto di non poter più continuare semplicemente a rattoppare.
Il secondo motivo è che sono comunque molto soddisfatta di questo mio primo piccolo capolavoro, rimango affezionata a questa storia nonostante tutti i sui difetti e strafalcioni, non potrei mai cancellare il tutto.
Detto questo, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno già letto, listato, per le recensioni e l’affetto che mi avete mostrato (rebefiore00, che è stata la primissima a recensirmi, a SkyFair, a Valethebest92, la prima a ricordarmi). Senza di voi forse avrei smesso di scrivere un istante dopo aver cominciato, sappiate che vi sono molto grata e che il cuore mi si scalda ancora ogni volta che vedo che la storia rimane tra le preferite o le ricordate di qualcuno, quando vedo che c’è un nuovo lettore <3 Grazie a tutti voi, spero che questo messaggio in qualche modo vi raggiunga.

Cedro

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La carrozza ***


 



Capitolo 2

La carrozza

Astoria era infine riuscita a riprendersi dallo stupore e rimettersi in marcia. Generalmente si occupava lei stessa di Oscar, ma quel giorno lo affidò allo stalliere, ansiosa di sapere cosa la attendesse in casa, tra l'altro se sua madre avesse saputo che si era attardata con il cavallo al posto di andare lì subito l'avrebbe tormentata per ore.
Entrando fu accolta dal maggiordomo “Vostra madre ha chiesto di mandarvi subito da lei non appena foste arrivata lady Astoria” le annunciò.
“Lo immaginavo” sospirò lei alzando gli occhi al cielo, sorridendo poi all’uomo con aria complice.
Da quando era arrivata quella maledetta lettera sua madre era diventata una pazza euforica. Aveva cominciato col valutare attentamente tutto il guardaroba della figlia, disfandosi dei vestiti vecchi e commissionandone di nuovi, insoddisfatta e ansiosa perché temeva di non avere tempo a sufficienza. Apriva e richiudeva l'armadio come se il contenuto magicamente di volta in volta potesse cambiare. “Se solo ci avessero avvisati prima, non è neanche lontanamente un guardaroba abbastanza elegante! Dovremo farci andare bene quel che c'è” diceva poi più a sé stessa che alla figlia. “Astoria cara stai su dritta!” aggiungeva poi ogni tanto a sorpresa. Dal guardaroba era passata agli articoli da toeletta, allo stato dei bauli da viaggio, che erano nuovi e solo un po’ impolverati visto che Astoria non era mai stata da nessuna parte. Poi, con grande frustrazione di Astoria, era passata alla figlia stessa.
Si raccomandava ogni minuto di camminare con grazia, mangiare come un uccellino, non girare mai per casa con un ricciolo fuori posto, sforzo non da poco considerando quanto fosse ribelle la chioma della figlia, sedersi in maniera composta e così via. “Non essere impertinente Astoria!” la apostrofava poi quando Astoria le rispondeva con una battuta o con tono ironico, facendo ridere i fratelli, quando questi erano presenti. Insomma non mancava mai occasione per consigliarle come si comporta una vera principessa.
La madre di Astoria era duchessa di Piautos, reame che si trovava al confine nord del regno, prima di diventare regina spostando il re di Tabita. Era sempre stata insofferente alla vita in una terra di contadini, che considerava estremamente noiosa rispetto alla vita frizzante che conduceva da ragazza nel suo regno natio. Adorava Astoria, dopotutto era la sua unica figlia femmina, considerava l'invito a corte come la sua grande occasione di fuggire e vivere un po’ di “vita vera nel mondo vero” come diceva lei.
Astoria si incamminò verso l'ampia scalinata diretta in camera sua, quando si ricordò della lettera che aveva ancora con sé. Si fermò e, senza voltarsi, camminò a ritroso fino al maggiordomo per porgendogli poi la lettera che non avrebbe avuto tempo di rimettere al suo posto senza essere vista in mezzo al trambusto causato dall'arrivo della carrozza da Avior. Il maggiordomo in risposta le sorrise divertito.
“Grazie principessa” disse con aria eccessivamente solenne, senza fare domande. Astoria seppe che aveva capito e che la lettera sarebbe tornata al suo posto con discrezione.
Con un cenno di ringraziamento della testa tornò sui suoi passi. Trovò la Regina di Tabita in camera sua come previsto, era intenta in mezzo a un grande trambusto a preparare i bagagli di Astoria aiutata da due povere cameriere a cui continuava a dare indicazioni, indicazioni talvolta contrastanti a giudicare dall’aria smarrita delle povere mal capitate.
“Eccoti finalmente! È arrivata una carrozza dalla corte di Avior Astoria hai visto com'è bella?! Forza forza datti una pulita e cambiati, puzzi di stalla dove sei andata ad infilarti? Tuo padre ti aspetta in biblioteca, Gwineth vai ad avvisare la nostra ospite che verrà ricevuta tra mezz'ora, no Tori non quel vestito prendi questo tesoro” disse tutto d’un fiato dall’epicentro di quell’uragano di seta, organza e tulle.
Le mise in mano in mano uno dei vestiti che aveva fatto fare più recentemente, per spingerla poi dietro il paravento dove una la cameriera rimasta la aiutò a svestirsi e cambiarsi.

Venti minuti dopo Astoria, pulita e profumata, aprì la porta della biblioteca dove trovò suo padre che l'aspettava seduto su una poltrona accanto al caminetto spento, intento ad esaminare alcuni documenti. Gli si fece incontro per ricevere un bacio affettuoso sulla fronte e prese posto accanto a lui.
“Hanno mandato una carrozza a prenderti” disse il Re di Tabita alzando lo sguardo accigliato dal foglio che aveva in mano, dandole ora tutta la sua attenzione “Con tanto di scorta e cameriera personale che rimarrà al tuo servizio tutto il tempo in cui rimarrai a corte” disse guardandola pensoso, non ricevendo risposta dalla figlia proseguì. “Tua madre vuole che tu parta domani mattina”.
Astoria sussultò.
“Le ho detto che mi sembra precipitoso, ma lei sostiene che siamo i più distanti da Avior, le altre...” fece una pausa cercando la parola giusta “...aspiranti ormai saranno già partite da un pezzo e tua madre non vuole che tu ne esca svantaggiata”.
Svantaggiata, Astoria si sentì improvvisamente la concorrente di una grottesca competizione.
Rimasero qualche minuto in silenzio, entrambi assorti nei propri pensieri, finché un sommesso bussare li riscosse.
Il maggiordomo chiese il permesso di far entrare la cameriera proveniente da Avior.
“Prego entrate Anna” disse cortesemente il padre di Astoria alzandosi alla giovane donna che entrò seguendo il maggiordomo.
Era bionda e dalla corporatura minuta, sembrava avere solo un paio di anni più di Astoria. La principessa ne studiò il viso dolce, il sorriso educato, la trovò graziosa.
Anna si inchinò elegantemente “Maestà” disse con voce delicata.
Il padre di Astoria si informò su come era andato il viaggio e poi proseguì “Come anticipato, Astoria, Anna da questo momento sarà la tua cameriera personale, per ordine di Re Karl in persona...”.
“Ma non ne ho bisogno, non vi offendete Anna, ma mi sono sempre arrangiata” lo interruppe la figlia.
Il Re di Tabita scosse la testa “Non si tratta solo di vestirsi Astoria. Anna ti istruirà sugli usi di Avior, ti consiglierà cosa indossare a seconda delle occasioni, ti dirà chi sono i nobili più importanti presenti a corte...insomma cose di questo genere suppongo” concluse facendo un gesto impaziente con la mano, senza perdere il caratteristico tono cortese e paziente.
Astoria annuì senza convinzione, ma si sforzò di rivolgere un sorriso conciliante alla cameriera. “Anna è un vero piacere conoscervi, spero che potremmo diventare amiche” le si avvicinò per prendere le mani della ragazza tra le sue, in segno di amicizia.
Il gesto dovette cogliere di sorpresa Anna che arrossì violentemente, evidentemente non era abituata ad essere oggetto di tanta confidenza da parte di una nobile, ma sorrise a sua volta “Lo spero anch'io mia signora” rispose alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I briganti ***



 
Capitolo 3

Briganti

Partirono il mattino dopo di buon’ora. Prima di prendere posto con Anna all'interno della carrozza, Astoria sbirciò le due guardie che avevano il compito di scortarle, due uomini alti dallo sguardo serio e il portamento fiero, le uniformi e gli elmi luccicavano al primo sole del mattino che faceva capolino ad est. Al fianco portavano una lunga spada ciascuno, notò anche due balestre fissate alle selle dei loro destrieri, la principessa si chiese se avessero mai avuto bisogno realmente di farne uso.
Mentre la carrozza trainata dai cavalli si avviava lungo il vialone d'ingresso del palazzo, Astoria si sporse per dare un ultimo sguardo a casa, cercando di non pensare che per la prima volta avrebbe dormito sotto un tetto diverso quella notte e così sarebbe stato per molte notti successive.
Avior distava diverse centinaia di chilometri da Tabita, avrebbero viaggiato per circa cinque giorni e sostato in locande già predefinite lungo la via, il Re di Avior aveva organizzato meticolosamente ogni cosa fin nel più piccolo dettaglio.
Astoria pensierosa guardò sfilare, senza vederle realmente, le campagne e gli occasionali viandanti che si facevano sempre più numerosi via via che si avvicinavano ai confini nord del regno.
“Non temete a corte avrete di che distrarvi per non sentire troppo la nostalgia di casa” la voce delicata di Anna spezzò il silenzio e il turbine di pensieri che affollavano la mente della principessa.
Astoria sorrise accogliendo grata il diversivo che la distolse dalle sue preoccupazioni. Per ingannare il tempo presero a fare conversazione. Astoria scoprì così di Anna che veniva da Imai, le terre del sud ovest, e che era colta perché la sua famiglia aveva potuto permettersi di mandarla a scuola, aveva letto tanti libri e lo faceva ogni volta che ne aveva l'occasione, cosa che aveva in comune con Astoria.
Anna le chiese invece di raccontarle di Tabita, era affascinata dalle pianure che si estendevano a perdita d'occhio e la mancanza di qualsiasi cosa somigliasse ad una città.
“È molto diverso il regno di Avior?” le chiese Astoria.
“Beh ci sono più boschi e molto più fitti di questi, prati verdi a non finire e all'orizzonte si scorgono le montagne” rispose Anna “e il clima è decisamente più mite” aggiunse poi ridendo imbarazzata e tamponandosi la fronte sudata con un fazzoletto.
“E cosa mi dite di Re Karl, lo avete mai visto?” indagò la principessa, in fin dei conti era curiosa di sapere di più riguardo l’uomo che aveva il potere di disporre così facilmente delle sue sorti.
Anna prese un momento prima di rispondere. “Sì in realtà l'ho conosciuto, ha scelto lui personalmente ciascuna cameriera personale di ogni principessa, ho dovuto sostenere un colloquio con lui” aggiunse muovendosi a disagio sul sedile. “Se dovessi definirlo vi direi che è un uomo molto serio, dicono fosse diverso prima di partire per la guerra nelle terre del nord e che le battaglie lo abbiano segnato profondamente, ma questo non vi so dire se sia vero o meno” aggiunse poi lentamente ponderando ogni parola.
Astoria tornò a volgere lo sguardo fuori dal finestrino, tacendo qualche istante e cercando di dipingere con la fantasia i tratti dell’uomo più potente di Avior e di tutti e Cinque i Regni.
Circa dieci anni prima si era conclusa una lunga guerra contro l'Eltanin, un vasto territorio che si trovava ai confini settentrionali di Avior. La guerra era cominciata sotto il regno del bisnonno di Re Karl e suo padre, scomparso due anni prima, l'aveva conclusa vittoriosamente. Il perché fosse scoppiata nessuno pareva ricordarlo, ogni documento riguardante quella questione pareva fosse sfortunatamente andato distrutto durante il conflitto.
Le battaglie si erano combattute quasi totalmente nelle terre dell'Eltanin che, ancora a distanza di un decennio dalla fine degli scontri, non riuscivano a rialzarsi, in alcune zone di quel vasto regno vigevano situazioni di estrema povertà. I prigionieri di guerra erano stati ridotti in schiavitù nel regno di Avior e nei Cinque Regni, la stessa sorte si sarebbe tramandata ai loro discendenti.
A Tabita non c'erano molti schiavi, quelli che si erano spinti fino alle coste erano stati impiegati nei campi, dove il lavoro non mancava mai, tutto sommato non conducevano una vita molto diversa dal tabitiano medio.
Durante gli ultimi anni di guerra e quando si era poi conclusa, Astoria era ancora una bambina, non ne sapeva quindi molto in realtà, lo confessò ad Anna.
“Non vi preoccupate principessa, Re Karl ha pensato bene di organizzare alcune lezioni con un precettore, non sarete del tutto impreparata”.
Astoria tacque qualche minuto registrando mentalmente le informazioni, cercando in realtà anche l’ardire per porre alla cameriera la domanda riguardante ciò che in realtà avrebbe voluto sapere fin dall'inizio e a cui Anna non aveva fatto cenno “E ditemi, è un bel uomo?” arrossì, vergognandosi un po’ per la superficialità di quel quesito, ma la curiosità aveva avuto la meglio.
Anna la guardò divertita non riuscendo a trattenere un sorriso smaliziato “È bello sì, ha stregato molte dame di corte” rispose ammiccando “E aspettate di vedere il fratello, il principe Nicolas, lui ha sicuramente rubato il mio di cuore!” sospirò la cameriera contagiando Astoria con la sua ilarità.
La principessa si trovò tutto sommato molto a suo agio con Anna, forse quello poteva essere l’inizio di una bella amicizia, ogni amico sincero ad Avior sarebbe stato prezioso.

Passarono così i primi due giorni di viaggio. Quando giunsero al confine tra i regni, Astoria vide per la prima volta nella sua vita alte vette stagliarsi all'orizzonte contro il cielo limpido “Le montagne!” esclamò affacciandosi dal finestrino, se l’avesse vista sua madre le sarebbe venuto un attacco isterico.
Una delle due guardie che cavalcava lì accanto non riuscì a reprimere un sorriso sentendo l'entusiasmo quasi infantile nella voce della principessa “Si mia signora, la catena montuosa che vedete fa da confine ai nostri due regni, le attraverseremo passando un valico tra le montagne, così potrete vederle ancora più da vicino. Poi riscenderemo a valle sulle pianure di Avior e lì sosteremo durante la notte”.
“Ma è meraviglioso!” Astoria non riuscì più a distogliere lo sguardo dai monti che si avvicinavano. Il terzo giorno di viaggio stava per concludersi, come predetto dal cavaliere attraversarono il valico, si trovavano ora nelle terre di Avior. Risalendo tra le montagne la temperatura scese, Astoria cominciò a sentire freddo, ma Anna non era impreparata, avendo già fatto la stessa strada all'andata e le porse un soprabito.
Calò la notte, le due donne si erano appisolate cullate dall'ondeggiare della vettura, quando d’improvviso furono svegliate da un forte scossone. Le urla dei soldati le raggiunsero dall'esterno, udirono il cocchiere schioccare le fruste lanciando i cavalli al galoppo.
Astoria non fu abbastanza veloce da trovare un appiglio stabile, si ritrovò sballottata qua e là, batté diverse volte la testa sul soffitto. Anna difronte a lei urlò spaventata colta di sorpresa da tutto quel trambusto. Ci fu un'altra forte scossa, l'abitacolo si inclinò sulla parte posteriore destra, le due caddero l'una sull'altra nella direzione dove, avrebbero scoperto poi, una delle ruote aveva ceduto e si era staccata. In fine la vettura rallentò lentamente la propria folle corsa fino a fermarsi del tutto.
Il cocchiere balzò giù dal suo sedile e una volta controllati i cavalli, la sua testa fece capolino dal finestrino per assicurarsi che non fossero ferite. Criptico e perentorio ordinò loro di stare accucciate sul pavimento, in silenzio se possibile, Astoria non protestò, allarmata vide che aveva impugnato una balestra e si teneva pronto a colpire. “Anna state bene?” sussurrò cercando di tirarsi su come meglio poteva disobbedendo in parte alle raccomandazioni del cocchiere.
“Credo di sì, a parte il grande spavento, voi?” le arrivò la voce di Anna dall’oscurità.
“Sto bene, ma vorrei tanto sapere che succede”.
Rimasero un tempo che non avrebbero saputo quantificare sedute sul pavimento rivestito in blu e oro della diligenza. Astoria si massaggiò la testa, era sicura che le sarebbe spuntato un bel bernoccolo lì dove aveva battuto. Ad un tratto parve loro di udire degli zoccoli che si avvicinavano.
“Fate silenzio e rimanete nascoste come meglio potete” si raccomandò ancora una volta il cocchiere che puntava ora davanti a sé la sua arma, ma si rilassò riconoscendo nei due cavalieri che si avvicinavano gli uomini della scorta reale.
Incespicando nelle gonne scesero dalla carrozza per constatare che un masso aveva frantumato una delle ruote posteriori, i cui resti erano ora sparsi lungo la scia lasciata dal corpo centrale della vettura. Aveva strisciato per diversi metri fino a dove si era poi fermata. “Ditemi cosa è accaduto?” chiese quindi Astoria.
“Briganti mia signora, volevano prendere d'assalto la diligenza, ne abbiamo abbattuti tre e gli altri si sono dati alla fuga, non credo torneranno ma non è saggio rimanere qui”.
La principessa si voltò a guardare la carrozza ammaccata e senza una ruota, non sarebbero andati da nessuna parte con quella.
“La locanda non dista più molto, andremo fin lì cavalcando, però in questo modo non potremo portare con noi il vostro bagaglio”.
“Oh non pensiamoci, non importa del bagaglio!” rispose lei, non avrebbe mai messo a repentaglio la sicurezza di nessuno per qualche vestito.
Giunsero alla locanda che ormai era notte inoltrata. Il mattino seguente quando Astoria si svegliò scoprì che il locandiere aveva organizzato una spedizione per recuperare i suoi bauli.
“Non manca nulla mia signora, per fortuna erano ben fissati, non si sono neanche aperti!” constatò Anna sollevata da una buona notizia “Ma il locandiere dice che la carrozza non è messa bene, ci vorranno giorni per sistemarla” aggiunse poi cupa.
Si trovavano ora appiedati, Avior distava ancora due giorni di viaggio. Il locandiere propose loro di prendere una delle sue carrozze, non erano certo regali come quello su cui avevano viaggiato sino a quel momento ma poteva fare al caso loro. Il locandiere era un brav'uomo, ma per quanto onesto aveva intuito che Astoria doveva essere una dama di un certo rango avendo visto il mezzo su cui viaggiava e a giudicare dal suo seguito anche, sarebbe stato stupido non cercare di trarre vantaggio da quell’avvenimento, era pur sempre un uomo d’affari. Sperava dentro di sé che a corte si venisse a conoscenza della sua cortesia e che il gesto lo avrebbe ben ricompensato, dal Re in persona magari.
Accettarono la proposta dell'uomo e poterono proseguire sulla loro strada. I due giorni seguenti passarono senza altri spiacevoli incidenti, avevano accumulato però un po’ di ritardo sulla tabella di marcia che non riuscirono a recuperare.
“Dovremmo esserci, guardate mia signora” Anna indicò con un dito fuori dal finestrino. Astoria non si fece pregare e cacciò fuori la testa, incurante dell'aria che le scompigliava la bella acconciatura che le aveva fatto la sua cameriera. Trattenne il fiato dallo stupore e sorrise raggiante.
All'orizzonte davanti a lei cominciava ad intravedersi, sempre meglio via via che si avvicinavano, un maestoso palazzo che neanche nei suoi sogni più fantasiosi avrebbe potuto immaginare.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Karl ***



 

Capitolo 4

Karl

Scartoffie. Da quella mattina era letteralmente sommerso dalle scartoffie, non vedeva il piano della scrivania tanti erano i documenti accumulati che aspettavano di essere esaminati, bollati, firmati...
Posò il verbale che aveva in mano e si massaggiò la fronte con le dita, inutile continuare gli si incrociavano gli occhi.
Era ormai quasi il tramonto, il suo stomaco brontolò, aveva saltato il pranzo anche quel giorno. Si alzò e andò alla grande finestra aperta del suo studio da dove entrava la dolce luce del tardo pomeriggio, l'aria cominciava a tingersi di rosa. Ancora, il suo pensiero andò alla principessa di Tabita, di lei non c'era nessuna traccia, né del suo seguito. Contrariato pensò che avrebbe dovuto giungere lì la sera prima o al più tardi quel mattino ma nulla, detestava quando le cose non andavano secondo i suoi piani.
La principessa Astoria era l'ultima a mancare, ormai le altre dame erano giunte da più di una settimana e lui aveva già trascorso almeno mezza giornata con ognuna di loro, forse era proprio questo il motivo per cui era rimasto tanto indietro con i suoi compiti pensò scocciato, non aveva proprio voglia di perdere tempo con quella faccenda del matrimonio.
Qualcuno bussò interrompendo il filo dei suoi pensieri “Avanti...”.
Una giovane guardia si inchinò “Maestà è arrivata la carrozza da Tabita” disse il giovane zelante dai capelli rossicci.
“Era ora, avvisatemi quando arriverà ai cancelli”.
“In realtà Altezza...” esitò il ragazzo.
“Si?” disse volgendosi infine verso di lui con le sopracciglia alzate, incalzandolo a finire di dirgli ciò che doveva, la guardia esitò ancora, il giovane era nuovo.
“Si trova già all'entrata della dependance” riuscì a dire velocemente tutto d’un fiato, il Re si erse in tutta la sua statura.
“Come sarebbe a dire?! E perché diavolo non mi avete avvisato prima?!”
Karl si diresse con passo svelto e deciso alla porta e poi fuori, la guardia cercò di tenergli dietro, il Re era alto e ogni suo passo corrispondeva ad almeno due dei suoi.
“Non avevano riconosciuto la carrozza mio signore, si sono accorti solo all'ultimo di chi si trattava...” cercò di spiegargli arrancandogli alle spalle.
“Non riconoscete più una delle carrozze di corte quando le vedete?” non aspettò la risposta perché la guardia era ormai rimasta troppo indietro.
Aveva voluto accogliere personalmente ogni principessa al suo arrivo, in segno di rispetto non solo verso di loro ma soprattutto verso le loro famiglie, non essere riuscito nel suo intento proprio all'ultimo lo riempì di fastidio. Una volta all'aria aperta l'aria fresca lo rinvigorì dopo tanto tempo chiuso nel suo studio.
Si diresse verso l'edificio secondario che lui stesso aveva deciso di adibire interamente al soggiorno delle principesse, anche se non mancavano certo eleganti stanze nell'immenso blocco principale del palazzo, in realtà lì avrebbe potuto dedicare loro un'intera ala volendo. L'edificio secondario generalmente veniva utilizzato per ospiti meno importanti e, nonostante non si potesse certo dire una sistemazione modesta, non poteva competere con lo sfarzo di corte. Karl aveva voluto mettere subito alla prova le giovani aristocratiche. Alloggiandole lì voleva vedere di che pasta erano fatte, era curioso di sapere se qualcuna si sarebbe sentita oltraggiata e se in quel caso avrebbe avuto il coraggio di lamentarsi per la sistemazione o se al contrario in realtà non importasse loro poi molto. Proprio quando cominciava a chiedersi se il suo intento non fosse stato troppo palese, la principessa Iris di Errai era caduta nel tranello. Iris infatti non faceva certo mistero di essere molto contrariata di essere stata sistemata in “quella stalla per domestici” come l’aveva definita in una giornata in cui era particolarmente nervosa, una delle tante, visto che lo ripeteva in continuazione a corte, ma quando lui un pomeriggio passeggiando le aveva chiesto come si trovava lei non aveva certo avuto il coraggio di lamentarsi davanti a lui e questo aveva detto molto al Re di Avior di lei.
Giunse al grande portone di legno della dependance che in quel momento era spalancato sull'ampio atrio per permettere ai domestici di scaricare le valigie della principessa. Suo fratello che evidentemente era nei paraggi lo aveva preceduto e ora lo guardava avvicinarsi sorridendo.
Karl vide la carrozza e ora capiva perché era passata inosservata, quella era decisamente più semplice e modesta di quelle di corte, si chiese che fine avesse fatto quella che era partita da lì quasi due settimane prima.
Si avvicinò a Nicolas che lo guardava ancora sorridendo, anzi ora sembrava proprio si stesse trattenendo dallo scoppiare a ridere “Beh?! Dov'è?!” gli chiese già spazientito dalla piega che aveva preso la serata.
“Ci sei appena passato accanto” rispose Nicolas a bassa voce e non riuscì proprio più a soffocare la risata, almeno ebbe il buon senso di essere discreto.
Karl si girò perplesso nella direzione da cui era venuto, non aveva proprio notato la giovane donna dai lunghi capelli castani che in quel momento si stava rivolgendo al cocchiere pronto a ripartire, eppure era vero ci era passato proprio vicino.
Astoria indossava abiti così poco vistosi che per poco non l'aveva scambiata per una ragazza di servizio.
“Ha detto di volerlo ringraziare” gli spiegò il fratello, che almeno aveva smesso di ridere di lui.
“Ringraziare? E per cosa?” quello in risposta alzò le spalle ma prima che potesse aggiungere altro videro che il cocchiere stava infine ripartendo e Astoria girandosi sussultò per la sorpresa quando si accorse della presenza di Karl.
Si ricompose subito e lo salutò inchinandosi aggraziatamente “Vostra Altezza” disse con voce dolce una volta che si fu avvicinata. Karl si inchinò a sua volta senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.
Due caldi occhi scuri incorniciati da lunghe ciglia nere lo guardavano in attesa che dicesse qualcosa, ma instupidito riusciva a pensare solo una cosa. Era spettinata.
La povera Anna in realtà aveva cercato di sistemare come meglio poteva i capelli della principessa, una volta riuscita a convincerla a tornare a sedersi, ma quelli non ne volevano sapere e ora delicati riccioli sfuggivano da tutte le parti. Non aveva per niente l'aspetto che ci si aspettava dovesse avere una donna del suo rango.
Alla fine almeno una di loro lo aveva spiazzato, se positivamente o negativamente era ancora da decidersi.
Karl si ricompose “Benvenuta principessa Astoria. Sono contento siate infine riuscita ad arrivare. Com' è andato il viaggio?” le chiese con gentilezza.
Astoria fece un piccolo sospiro pensando a quanto era accaduto e a come scegliere le parole giuste “È stato molto avventuroso devo dire!” rivelò alla fine con un sorriso che le illuminò il viso. “Siamo stati assaliti da alcuni malviventi” aggiunse poi vedendo l'espressione perplessa dei due uomini.
“Malviventi! Pensa te! Vi sarete spaventata…” Nicolas era entusiasta, era chiaramente molto divertito dall'arrivo di Astoria, durante le formalità generalmente si annoiava a morte.
Karl gli scoccò un'occhiataccia, ma prima che avesse modo di intervenire Astoria rispose.
“In realtà non li ho neanche visti, quasi non abbiamo avuto tempo di spaventarci che già i cavalieri che ci accompagnavano li avevano sconfitti! E anche il cocchiere, anche lui è stato molto coraggioso, per questo tenevo a salutarlo e ringraziarlo” raccontò. “I vostri uomini sono veramente valorosi e premurosi, dovete esserne fiero” aggiunse poi guardando Karl che la ascoltava con le sopracciglia aggrottate intento a valutare ciò che aveva appena sentito, non ovviamente riguardo le sue guardie di cui si fidava ciecamente, ma riguardo a quell'agguato. Cercò però di sorridere quando Astoria lo guardò “Ed è così. Ma sarete stanca dopo tutte queste emozioni, congediamoci Nicolas lasciamo che la principessa si sistemi e si riposi. Buona serata lady Astoria è un piacere avervi conosciuta e avervi qui” fece per baciarle la mano ma Nicolas si frapponendosi tra loro.
“Si anche per me! Appena ne avremo l'occasione voglio sapere i dettagli della vostra disavventura!” si intromise il fratello del Re facendole il baciamano per primo, e facendo ridere Astoria con la sua spigliatezza.
Appena furono abbastanza lontani Nicolas non perse tempo a metterlo a parte delle sue impressioni “La adoro! Ed è pure graziosa, sei proprio fregato!”.
Karl lo guardò storto con la coda dell'occhio, mentre un sorriso però gli arrivò alle labbra, non sarebbe mai riuscito ad avere un discorso serio con suo fratello “Diciamo pure che è bella...” concesse.
“Bella sì, ma non quanto Diana. Diana è la più splendida, divina, dolce dama che io abbia mai visto!” lo interruppe Nicolas fingendo di struggersi per amore. Karl scosse la testa rassegnato.
“Buffone” commentò accelerando l'andatura, Nicolas aveva gambe lunghe quanto le sue quindi non ebbe difficoltà a tenere il passo. “Voglio vedere immediatamente la scorta di lady Astoria, devo vederci chiaro” spiegò “Hanno assaltato una carrozza reale nonostante le mie guardie ben armate, o sono briganti folli per attirare la mia attenzione in questo modo o non sono semplici briganti, non avranno veramente pensato che la corona lasci correre un simile affronto e trovo difficile immaginare che non abbiano notato lo stemma reale” disse con la mente che cercava di elaborare l’accaduto, Nicolas fattosi serio annuì “Ah e ovviamente devo vedere Anna” toccò a Nicolas ora scuotere la testa.
“Non è così che si fa però!”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cheyenne ***



 
Capitolo 5

Cheyenne

Astoria era affacciata al balconcino della sua stanza. Era piccola ma tutto sommato accogliente. Si stava godendo l'aria fresca della sera, fuori si era fatto scuro e non distingueva molto del panorama, le sembrava di intravedere un giardino e sentiva il frusciare degli alberi ma avrebbe dovuto aspettare il mattino dopo per scoprire cosa le riservasse la vista.
Pensava al suo incontro di poco prima con Re Karl. Anna aveva avuto ragione quando aveva detto che era bello: alto, spalle larghe, capelli scuri e folte sopracciglia sotto cui facevano capolino due penetranti e intelligenti occhi chiari.
Sbadigliò, cominciava a sentire la stanchezza del viaggio e si accorse che anche Anna, intenta a sistemare le sue cose, spesso si rigirava senza meta o tornava su suoi passi cercando di ricordare cosa voleva fare “Anna vi spiace finire domani? Mi sento stanca vorrei riposare, e poi ormai quel che serve fino a domani mattina è sistemato, andate a riposare anche voi”.
Anna non obbiettò, la guardo anzi con gratitudine, prima di andarsene però si assicurò ancora una volta che ad Astoria non mancasse nulla, poi uscì augurandole la buonanotte.
La cameriera era uscita da meno di un minuto, quando qualcuno bussò alla porta. Senza che Astoria avesse il tempo di aprire bocca la porta si aprì e una testa ricoperta da morbidi boccoli biondi si affacciò nella stanza. “Credevo non se ne sarebbe più andata!” cinguettò la ragazza che si era appena infilata nella sua camera e ora richiudeva furtivamente la porta alle sue spalle per poi buttarsi sul grande letto a baldacchino e da lì osservarla.
“Mmmh non riesco a inquadrarvi” deliberò dopo qualche secondo “Ma spero siate più simpatica delle altre due, Iris è una smorfiosa malefica mentre Diana...beh credo non averla mai sentita parlare ancora e poi sta sempre rintanata nella sua stanza”.
Astoria si chiese se la ragazza si aspettasse veramente che lei sapesse di chi parlasse o ancor meglio chi fosse lei, intanto quella aveva preso a girare qua e là e a frugare senza troppi scrupoli fra le sue cose. “Se posso permettermi… voi chi dovreste essere?”
La ragazza si girò verso di lei stupita, spalancando le braccia disse “Sono Cheyenne! Non mi verrete a dire che non avete indagato sulla concorrenza?! Ah cielo siete un tesoro!” si mise a ridere di gusto. “Beh io so tutto di voi Astoria, e magari indagando ancora più a fondo potremmo scoprire anche di essere parenti chi lo sa, vostra madre è duchessa di Piautos no?”.
Cheyenne era la principessa di Piautos scoprì poi Astoria.
L’esuberante principessa decise di prenderla in simpatia, se non altro in nome della loro ipotetica parentela. Ma Astoria dovette ammettere che si rivelò un'amica preziosa nei giorni seguenti, senza lei a farle da guida sarebbe stata persa.
Cheyenne effettivamente sapeva veramente tutto di tutti, parlava un sacco e non sempre era necessario che Astoria intervenisse nelle conversazioni per farla felice. All'apparenza poteva sembrare una ragazza vivace e frivola ma nascondeva una grande intelligenza e perspicacia.
Le raccontò che Iris aveva un carattere terribile, stava antipatica pure al Re e lui non l'avrebbe mai sposata lo sapevano tutti, solo Iris pareva ignorare la cosa “Si crede chissà chi solo perché la sua famiglia è la più ricca dei Cinque Regni…o quasi” commentò.
Di Diana le disse che proveniva dal regno di Ain e che sua nonna aveva origini eltaniane e la cosa a corte dava fastidio a qualche nobile che sosteneva che il Re non avrebbe neanche dovuto prendere in considerazione un matrimonio con lei per quel motivo “Se non fosse così bella, ci farà sfigurare sempre Astoria! Perfino il principe Nicolas la guarda hai visto?!” disse sbuffando una volta Cheyenne mentre passeggiavano nel parco. Astoria aveva incrociato un paio di volte Diana alla dependance e doveva convenire che era veramente bella come una dea: slanciata, con lunghi capelli neri lisci come seta, occhi verdi e la pelle ambrata.
Di Re Karl invece in quei giorni non ebbero più notizia, Cheyenne era stata la seconda a giungere a corte dopo Iris e aveva passato un paio di pomeriggi insieme a lui a passeggiare nei giardini “É così noioso Astoria, barboso…” le confessò sofferente una volta. Astoria venne investita da un'ondata di nostalgia di casa, Cheyenne nei modi le ricordava proprio la madre, le venne il sospetto che non fossero veramente imparentate “É rimasto serio tutto il tempo, quasi non ha spiccicato parola!” le raccontò Cheyenne imbronciata. Astoria però pensò che la scarsa loquacità del Re poteva dipendere dal fatto che Cheyenne non smettesse mai di parlare ed era quindi molto difficile intervenire nei suoi discorsi.
“Suppongo che però questa sera a cena lo rivedremo, anzi sarà il caso di cominciare a rientrare altrimenti ci toccherà prepararci in fretta e furia e a me proprio non va”.
Era agosto, Astoria e Cheyenne passavano molto tempo a passeggiare nei vasti parchi che circondavano la reggia, al riparo dal sole caldo all'ombra degli alberi, come facevano anche molti altri nobili di corte. In questo modo Astoria ebbe modo di fare diverse nuove conoscenze, più o meno gradite. Quando invece Cheyenne aveva qualche altro impegno, la principessa di Piautos infatti aveva un’agenda molto più fitta di quella di Astoria per quanto riguardava gli eventi mondani, la principessa di Tabita ne approfittava per andare nell'enorme biblioteca del palazzo, non era molto frequentata, a nessuno andava di chiudersi lì dentro con quelle belle giornate, lì era sicura di trovare un po’di quiete.
Girarono su se stesse nel vialone per tornare da dove erano venute, all'improvviso però un cespuglio si mise a tremare alla loro sinistra e un giovane uomo spuntò tra le foglie e i rami dell'arbusto “Victor ma cosa ci fate lì!?” rise Cheyenne avvicinandosi al nobile dai ridenti occhi azzurri, aiutandolo a sgrovigliarsi da un ramoscello che gli tratteneva la giacca.
“Ah Cheyenne sei un angelo e, lasciamelo dire, oggi sei ancora più splendida del solito! Mi nascondevo da lord Timothy comunque, è appena passato, sai non credo di essergli tanto simpatico...” disse lisciandosi gli indumenti con le mani e rimuovendo qualche fogliolina.
“Non avrà qualcosa a che fare col fatto che ti abbia scoperto in atteggiamenti intimi...con sua moglie!?” lo canzonò lei, i due si guardarono con affetto ridendo.
“Astoria!” esclamò poi Victor accorgendosi di lei “Anche voi siete meravigliosa, inutile dirlo. Non è giusto che quel musone del Re abbia a disposizione tante bellezze ed è ancora più oltraggioso il fatto che non ne approfitti!”
Re Karl non era un grande simpatizzante di lord Victor, e il sentimento era reciproco, questo dipendeva dal fatto che quello aveva l'abitudine di sedurre le mogli dei nobili, anche se non lo aveva cacciato formalmente, gli aveva chiaramente fatto capire che la sua presenza era poco gradita a palazzo. Eppure Cheyenne era sicura del fatto che fossero stati amici un tempo.
Fecero ritorno nelle proprie stanze scortate da Victor che le intrattenne con la sua incrollabile allegria lungo il tragitto.

Per la cena di quella sera Anna consigliò ad Astoria di indossare un vestito giallo pastello che le lasciava scoperte le spalle e le acconciò i capelli in un morbido semi raccolto. Mentre le sistemava i capelli le spiegò come si sarebbe svolta la serata. “Vi riunirete in uno dei saloni più piccoli del secondo piano, non tutti quelli che vedrete lì ceneranno insieme a voi, non è una cena particolarmente importante ci saranno pochi ospiti, una volta lì sarà il Re a decidere quando vi metterete a tavola, quando aprono la sala da pranzo aspettate che uno dei valletti vi indichi dove sedervi mi raccomando” le ricordò ancora.
Fatto tesoro delle ultime raccomandazioni, Astoria si diresse a palazzo.

Il salone da ricevimento del secondo piano veniva usato per i ricevimenti più intimi. Le pareti dorate della stanza erano adornate da candelabri e grandi specchi appesi uno difronte all'altro, si riflettevano all'infinito creando l'illusione che la stanza fosse immensa, dall'alto soffitto a volta decorato da intarsi pendeva un brillante lampadario di cristallo che si rifletteva sul pavimento di parquet tirato a lucido. Ampie porte finestre davano su un terrazzo affacciato sul lungo vialone fiancheggiato dai cipressi e la grande fontana dell'ingresso principale.
Astoria individuò Cheyenne che parlava con il marchese Gustavo e il figlio maggiore di quest'ultimo. Gustavo era un aristocratico schietto e allegro, che aveva passato ormai la mezz'età da un pezzo, aveva un grosso pancione e un viso cordiale, quando il padre di Re Karl era ancora in vita erano grandi amici, e Karl stesso lo teneva in grande considerazione, per questo era praticamente sempre presente agli eventi di corte. Aveva tre figli: due maschi ormai grandi e una figlia appena adolescente, Greta, che però quella sera non aveva portato con sé. Astoria si unì volentieri a quella compagnia.
Conversavano ormai da quasi mezz'ora quando Astoria sentì una voce alle sue spalle che la fece sussultare. “Perdonatemi posso rubarvi Astoria per qualche minuto?” riconobbe la voce del Re.
Si voltò timidamente a guardare il bel volto che le sorrideva educatamente.
“Dovete maestà dovete! Guardate com'è bella questa sera, merita tutte le vostre attenzioni!” tuonò il marchese giovialmente, facendo voltare nella loro direzione i presenti. Cheyenne le fece un occhiolino d'incoraggiamento mentre Re Karl la conduceva in un angolo un po’ più appartato del salone dove avrebbero potuto conversare tranquillamente, nel farlo le sfiorò appena la vita e Astoria a quel tocco appena accennato sentì lo stomaco che si aggrovigliava.
“Come state, vi siete ambientata bene qui a corte?” cominciò col chiederle Karl, fissandola impudentemente negli occhi senza distogliere lo sguardo.
Astoria ebbe la sensazione che la stesse studiando. In soggezione fece per rispondere, ma qualcosa alle spalle del Re la distrasse. Un ometto tutto nervoso aveva preso a seguirli, e cercava ora in ogni modo di farsi notare dal sovrano che però continuava a dargli ostinatamente le spalle. Sospirò e con amarezza disse “Un po’ mi spiace dovervelo dire proprio ora che avete trovato un momento per me ma...c'è un signore dietro di voi che cerca disperatamente di parlarvi credo” ammise rassegnata.
Karl si accigliò, guardò contrariato con la coda dell'occhio nella direzione del disturbatore “Si me ne sono accorto, ma sono io che non desidero parlare con lui, voglio parlare con voi. Venite” le sussurrò con aria complice.
Erano vicini ad una delle porte che davano sul terrazzo e Karl la sospinse fuori e si richiuse la porta alle spalle “Ecco, ora non ci darà più noia!”
Astoria sorrise del suo tono soddisfatto.
“Quindi ditemi, vi siete sistemata bene, sono di vostro gradimento gli alloggi?” riprese lui da dove erano stati interrotti.
“Sono accoglienti sì, dal balcone ho una vista meravigliosa sui giardini, in realtà però se ne intravede uno che passeggiando non sono proprio riuscita a trovare, il che è un peccato perché sembra così bello” disse Astoria appoggiandosi di spalle alla balaustra di pietra.
“Non lo avete trovato perché è un giardino segreto, solo poche persone possono accedervi. Era mia madre a prendersene cura” le rivelò Karl dopo qualche istante di silenzio, tradendo una punta di malinconia nella voce, avvicinandosi a sua volta al parapetto.
“Mi dispiace non intendevo intristirvi” disse lei sinceramente dispiaciuta di leggergli quel sentimento negli occhi.
“Affatto...anzi mi fa piacere venga ancora apprezzato. Visto che prima mi avete fatto delicatamente notare che vi ho trascurata, ed è vero” alzò una mano per fermare Astoria che aveva aperto la bocca per giustificarlo “domani pomeriggio vi porterò a vederlo, se vi fa piacere ovviamente”.
“Mi farebbe piacere” rispose lei regalandogli un sorriso raggiante.
“Allora è deciso” sentenziò lui soddisfatto guardandola ancora una vota a lungo, assorto, facendole battere inconsapevolmente il cuore irrequieto nel petto.
Improvvisamente Astoria fu del tutto consapevole di quanto fossero vicini. Per un attimo che durò meno di un battito di ciglia lo sguardo di lui passò dagli occhi alle labbra di Astoria...
“Ah ecco dove vi siete nascosti!” il principe Nicolas spalancò teatralmente la porta finestra spezzando la magia, si unì a loro sul balcone, non accorgendosi di aver appena interrotto qualcosa. Astoria si rese conto di aver trattenuto il fiato fino a quel momento, cercò di riprendere a respirare normalmente.
Nicolas non era solo, dietro di lui spuntarono due dame, una delle quali, riconobbe Astoria, era la principessa Iris, non aveva ancora mai parlato con lei, Cheyenne la evitava come la peste. Iris le sorrise forzatamente rivelando ad Astoria che aveva qualcosa di verde incastrato tra gli incisivi superiori, probabilmente aveva masticato delle foglioline di menta per rinfrescare l'alito.
Approfittando del fatto che Karl e Nicolas fossero momentaneamente impegnati in una conversazione che non le riguardava, Astoria cercò di avvisare Iris a gesti, ma quella non capì, la guardò con aria allo stesso tempo incerta e sprezzante.
“Beh io sto morendo di fame! Che ne dici fratellone ci mettiamo a tavola?” Nicolas aveva alzato il volume della voce, rivolgendosi ora di nuovo anche alle signore.
“Certamente. Astoria prego” concesse Karl, porgendole il braccio.
Inaspettatamente poi si rivolse ad Iris, senza però degnarla di uno sguardo. “Ah Iris, credo che Astoria stesse cercando di farvi capire che avete qualcosa tra i denti” disse con noncuranza.
Astoria, colta alla sprovvista, strinse involontariamente il braccio di Karl per non perdere l'equilibrio, intenta a gesticolare non aveva notato che il Re non l'aveva persa d'occhio un istante.
Camminò a testa bassa, il volto in fiamme, avrebbe voluto sprofondare per l'imbarazzo. Alzò lo sguardo quanto bastava per vedere Iris lanciarle un'occhiata furente, se il suo sguardo avesse potuto lanciare fiamme l'avrebbe incenerita all'istante.
Karl, ignaro o indifferente, la scortò fino alla sala da pranzo, come aveva detto Anna era adiacente al salone. Non ebbe bisogno di aspettare che un valletto le indicasse dove sedersi perché Karl stesso la fece accomodare nella parte centrale della tavolata, lì si congedò per prendere posto a capotavola.
Con sollievo notò che Iris sedeva ad un estremo del tavolo, non casualmente all'altra estremità rispetto al Re, abbastanza lontana da permettere ad Astoria di sottrarsi al suo sguardo carico d'odio, e fu ancora più sollevata quando il marchese Gustavo sedette accanto a lei, con un sonoro sbuffo, increspando la tovaglia davanti a sé col suo pancione. Astoria contò diciassette coperti.
La tregua durò poco. Lo sguardo le cadde sulle posate, notò delle pinze somiglianti a quelle per schiacciare i gusci delle noci, si chiese a cosa servissero e la risposta le arrivò spietatamente alla seconda portata, aragoste. A Tabita non erano soliti mangiare aragoste, Anna doveva ignorarlo altrimenti l'avrebbe sicuramente avvisata. Astoria guardò afflitta l'enorme crostaceo nel suo piatto non sapendo di preciso dove e come cominciare ad affrontarlo. Intorno a lei gli altri commensali avevano cominciato ad utilizzare le pinze per frantumare il guscio dell'animale e la sala riecheggiò di innumerevoli e sinistri crack crack che scoraggiarono ancora di più il suo appetito.
“Principessa Astoria cosa succede, non vi hanno mai servito l'aragosta per variare dalle solite patate e cavoli?!” le arrivò una voce velenosa alla sua destra, Iris non aveva perso tempo per vendicarsi e ora ridacchiava soddisfatta della sua battuta, ma nessun altro rise con lei perché ognuno teneva discretamente d'occhio Re Karl e lui era serissimo.
Cheyenne, poco distante, fulminò Iris con lo sguardo e le fece il verso accompagnandolo ad una linguaccia impertinente, il tutto ovviamente, non sfuggì alla principessa di Errai.
“Questo violerà sicuramente ogni regola del galateo ma, che mi venga un colpo, se serve a salvare una damigella in difficoltà mi perdonerete! Forza!” esclamò con il suo allegro vocione il marchese al suo fianco e dicendo questo scambiò il proprio piatto, dove aveva appena finito di pulire l'aragosta e separato la polpa pronta per essere mangiata, con quello di Astoria.
Lei si commosse per questo gesto e gli sussurrò un affettuoso “Grazie, siete il mio eroe” sorridendo sollevata.
Gustavo di rimando le fece l'occhiolino “Ci siamo passati tutti”.
Fecero per brindare alla loro ma non ebbero il tempo di far tintinnare i calici che il Re dal suo posto volle aggregarsi, si alzò sollevò il suo bicchiere e pronunciò con scherzosa solennità.
“Brindo alla vostra Gustavo, a voi e alle vostre coraggiose gesta cortesi che non temono neanche le regole più rigide del galateo, siete un esempio di valore per tutti noi, questo però ve lo dico sinceramente” aggiunse infine più serio sorridendo.
“Bravo ben detto!” balzò su Nicolas al suo fianco, guadagnandosi così un’occhiata in tralice dal fratello, alzando a sua volta il calice verso il marchese.
Questo gradì lo scherzo e rise di cuore, conosceva quei due fin da quando erano bambini e sapeva che non c'era ipocrisia o scherno nelle loro parole. Karl era affezionato a Gustavo e quella sera la stima che provava nei confronti di quel uomo crebbe ancora di più, così come l'interesse per quella dolce ragazza che in quel momento gli sedeva a fianco.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il giardino segreto ***



 
 
Capitolo 6

Il giardino segreto

La mattina seguente Astoria e Cheyenne si fecero servire la colazione all'ombra del portico che si affacciava sul giardino interno della dependance. Aveva piovuto durante la notte ma ora Astoria vedeva con sollievo che il cielo si stava schiarendo e che si prospettava una giornata bella e soleggiata.
“Hai l'aria di una che ha bisogno di un'altra bella tazza di thè! Calmati Astoria, sei un fascio di nervi, ti farai venire le rughe!” la rimproverò Cheyenne versandole l’ennesima tazza di thè della mattinata, cercando in vano di calmare l’agitazione della principessa di Tabita in vista del suo primo appuntamento.
Astoria le aveva raccontato tutto della conversazione sul balcone della sera prima e dell'appuntamento di quel pomeriggio.
“Non immaginavo ti piacesse sul serio” le confessò Cheyenne guardandola con tenerezza. “Oddio spero lui ricambi sarebbe così romantico!” batté entusiasta le mani con gli occhi che sorridevano sinceri, possibile che a lei invece non interessasse proprio per niente si chiese Astoria.
Finirono di mangiare, ma stare sedute all'aperto era così piacevole che si attardarono per parecchio tempo, e forse sarebbero rimaste lì pigramente sedute tutta la mattina se dall'atrio non fossero giunti degli strilli frustrati e carichi di rabbia.
Astoria e Cheyenne si lanciarono uno sguardo d'intesa. Un secondo dopo balzarono contemporaneamente in piedi per fiondarsi ai piedi dell’ampia scalinata dell’ingresso.
Gli urli provenivano dalla stanza di Iris, sembrava la stesse ribaltando. Diversi oggetti buttati fuori dalla porta aperta volarono in corridoio e oltre il pianerottolo, giù dalla balconata. Perfino Diana uscì dalla sua stanza e guardò interrogativa prima nella direzione della camera di Iris e poi verso di loro, che con i nasi all'insù assistevano alla scena tra il perplesso e il divertito. Una povera cameriera spaventata corse fuori dalla stanza, scese giù per le scale tutta trafelata per poi lanciarsi all'esterno in cerca di aiuto. Astoria la seguì confusa con lo sguardo finché un odore acre non le arrivò al naso, non tardò a capire il perché di tanta agitazione. Un denso fumo nero stava cominciando ad invadere i corridoi, Iris aveva appiccato un incendio.
Due stallieri di passaggio sul piazzale accorsero alle richieste di soccorso della malcapitata domestica, diedero l'allarme e subito accorsero un mucchio di domestici carichi di secchi d'acqua, sacchi di sabbia e spesse coperte.
Nella confusione generale un valletto condusse Astoria e Cheyenne fuori, Diana fece la sua comparsa qualche secondo dopo, scortata dalla sua immancabile cameriera personale. Rimasero nel piazzale, cercando di non essere d'intralcio ai soccorsi.
Se inizialmente l’esaurimento nervoso di Iris era sembrato buffo, ora turbate si ritrovarono a pregare che non ci fossero conseguenze drammatiche a quello sfogo di rabbia.
In lontananza Astoria distinse la figura esile di Anna correre verso di loro, tenendo alzata la gonna perché non la intralciasse. “Cosa succede mia signora?” le chiese cercando di placare il fiatone.
Astoria non ebbe tempo di spiegarle perché Cheyenne si intromise “Diteci piuttosto voi Anna, dov'eravate?” le chiese sospettosa.
Astoria si chiese il perché di quella domanda ma fu distratta da quel pensiero.
Giusto in quel momento uscì Iris, trattenuta per le braccia da due forti domestici, ancora in preda al suo attacco d'ira.
Quella fu l'ultima volta che Astoria la vide, entro l'ora di pranzo sarebbe partita per fare ritorno a Errai, ma del suo burrascoso congedo si sarebbe parlato per molti mesi a venire a corte.
Più tardi pranzando scoprirono che Re Karl si era infine deciso a darle il benservito.
“Fuori una” commentò Cheyenne tetra, ammiccando poi maliziosamente in direzione di Astoria “E rimasero solo in tre” cantilenò.

Astoria avrebbe dovuto incontrarsi con Re Karl alle tre. Ma le tre arrivarono e passarono senza che lui l'avesse mandata a chiamare.
Astoria misurava a grandi passi la stanza in cui era stata sistemata in attesa che venisse ripristinato l'accesso alla sua dopo l'incendio. Anna era stata rapida a lavarla per togliere l'odore di fumo che le aveva impregnato i capelli e i vestiti, era riuscita a fare miracoli, ma forse la sua fatica era stata totalmente inutile, il Re era in ritardo di quasi due ore ormai e Astoria pensò mesta che il suo appuntamento fosse sfumato. Bussarono alla porta, ancora immersa in questi pensieri andò ad aprire.
Karl, le braccia incrociate dietro la schiena, si guardava intorno interessato sul pianerottolo “Sapete, credo di non essere mai stato in questa zona della dependance”.
Astoria, interdetta, trovò difficile trovare la presenza mentale anche solo per togliere la mano ancora appoggiata alla maniglia. Ormai non si era più aspettata di vederlo quel giorno, di sicuro non si era aspettata di vederlo bussare alla sua porta.
“Scusate il mio ritardo Astoria, mi farò perdonare ve lo prometto” disse il Re prendendole la mano con un inchino. “Siete pronta?” le chiese scrutando divertito l’effetto sortito dalla sua improvvisata.
Uscirono diretti ai giardini di corte, una volta lì Karl le spiegò che aveva avuto una mattinata impegnativa e non era riuscito a sbrogliarsi prima dai suoi impegni.
“Ma ho sentito che anche voi avete avuto una mattinata ricca di emozioni” commentò mentre passeggiavano sull’ampio viale sterrato.
“Una mattinata incandescente azzarderei” rispose Astoria mentre l’ombra di un sorriso le passava sul viso. “Non avevo mai visto qualcuno perdere la testa a quel modo, è stato inquietante” aggiunse poi più seria.
“Spero non decidiate di prendere spunto da questa vicenda dovessimo mai trovarci in disaccordo” si augurò il sovrano.
Astoria finse di valutare seriamente l’evenienza “Questa è una promessa che non posso farvi” decise poi, guardando orgogliosa innanzi a sé, strappando una risata divertita al Re.
“Allora non mi troverete impreparato” le promise.
Astoria però aveva bisogno di dar voce ad un dubbio che si era insinuato nella sua testa “La vostra decisione ha a che fare con quel che è successo ieri sera?” chiese incerta.
Karl aggrottò le sopracciglia, come faceva sempre quando pensava aveva registrato Astoria. “Volete sapere se l'ho fatto per voi?” le chiese impertinente, ma non aspettò una risposta. “In parte sì, definiamola pure l'ultima goccia se volete. Non voglio che qualcuno pensi di potersi permettere di mortificarvi, soprattutto davanti a me, senza conseguenze” concluse.
Astoria a quelle parole non seppe che rispondere, doveva sentirsi lusingata o Karl avrebbe agito nello stesso modo anche per Diana, o per Cheyenne? Ma questo non si permise di chiederglielo.
Si erano fermati e ora Karl stava dritto difronte a lei con un'espressione solenne, senza distogliere lo sguardo dal suo viso incuriosito tirò fuori dalla tasca una bella chiave riccamente ornata e gliela mostrò.
“Siete pronta per esplorare il giardino misterioso?” Astoria sorrise e annuì decisa.
Karl si avvicinò ad un muro ricoperto di edera, la scostò rivelando uno stretto cancello ben camuffato. Astoria era passata per di là molte volte passeggiando con Cheyenne senza mai notare nulla, nessun indizio che tradisse la presenza di quel passaggio. A meno di non averlo visto dalle finestre del palazzo, difficilmente qualcuno avrebbe potuto indovinare che il parco celasse un giardino nascosto, e quel giardino era magnifico come Astoria aveva intuito vedendolo dal suo balcone.
Ovunque si girasse sbocciavano cespugli carichi di rose di ogni colore: rosa, gialle, color pesca, bianche dai riflessi gialli cangianti… Bianchi cespugli di gelsomini in fiore si arrampicavano a formare verdi arcate e inebriavano l'aria con il loro dolce profumo. Enormi cespugli di ortensie, carichi di grossi fiori bianchi, viola e rosa spuntavano a lato dei sentieri che si intrufolavano in ogni angolo del giardino. Delicati alberelli di lillà e alte betulle creavano piacevoli zone ombreggiate dove trovare ristoro nelle giornate calde, infine un piccolo stagno pieno di ninfee galleggianti popolato da qualche ranocchio e aggraziate libellule rinfrescava con le sue acque placide l’aria.
Astoria rimase stregata da quel posto, e in quel tripudio di fiori non aveva ancora notato le piccole sculture, fontanelle e panchine che si inserivano armoniosamente nell'ambiente. Karl la osservò divertito sfrecciare da un cespuglio fiorito, alla statuina di un putto alato, senza sapere più dove rigirarsi o cosa ammirare.
Passeggiarono lungo un serpeggiante sentierino che copriva tutto il perimetro del giardino, decisero che non sarebbe stato poi tanto grave se si fossero sporcati d'erba e si accomodarono sulla riva dello stagno tra i morbidi fili d'erba e i trifogli.
Lì rimasero a lungo parlando del più e del meno. Karl le raccontò aneddoti della sua infanzia, alcuni legati a quel giardino, la principessa gli parlò di Tabita, non riuscendo a celare la nostalgia che le incrinava la voce.
“Allora fatemi capire, devo cominciare ad ingelosirmi di questo Oscar che nominate in continuazione?” le chiese Karl nel bel mezzo di un racconto riguardante una scampagnata al mare.
“Può essere...è biondo, fiero e addirittura più alto di voi!” fece lei furbescamente “Ed è un cavallo, questo quasi dimenticavo di dirvelo, ma non credo sia poi così rilevante”
“Di sicuro però quest'informazione spiega la sua passione per le zollette di zucchero a cui avete accennato” ne concluse lui.
Ormai il sole cominciava a tramontare, Astoria si era già accorta che la luce era cambiata ma desiderava che quell'incontro non finisse mai.
Karl però la aiutò a rialzarsi dicendo “Faremo tardi a cena se non ci affrettiamo” la sbirciò sottecchi prima di proseguire “Per fortuna saremo solo noi due così almeno potremo risparmiarci il cambio d' abito, non ci vedrà comunque nessuno” dicendo questo esaminò con aria critica le vivaci macchie verdi d'erba che avevano macchiato i suoi pantaloni e l'abito di Astoria, per poi sollevare lo sguardo ridente per incontrare quello nuovamente meravigliato della principessa.
“Beh non guardatemi così perché credete abbia tardato?! E poi vi avevo detto che mi sarei fatto perdonare” si addolcì percependo la gioia di Astoria alla prospettiva che la serata non fosse finita e si scoprì felice a sua volta.
Karl le spiegò che aveva cercato di sbrigare tutti i suoi oneri in mattinata, in modo da avere il resto della giornata a disposizione unicamente per lei, ma gli avvenimenti di quella mattina nonché l'organizzazione della cena stessa lo avevano fatto tardare. Da quando l'aveva aiutata a tirarsi su da terra le teneva la mano e continuò a stringerla saldamente nella sua fino a quando non varcarono il cancello del giardino.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il bacio ***



 

Capitolo 7

Il bacio

Presero posto a tavola e la gioia che Astoria aveva provato fino a quel momento per un attimo si incrinò.
Karl la guardò ridendo sotto i baffi per lo sguardo sconsolato che stava rivolgendo alle posate ai lati dei piatti. Non una ma ben due pinze brillavano argentate accanto al piatto e altrettante forchettine a due rebbi erano adagiate dall'altra insieme alle posate più tradizionali, si prospettava una cena lunga e complicata.
“Dopo ieri sera ho pensato che vi avrebbe aiutata in futuro sapere come affrontare i cibi più impegnativi che potrebbe capitarvi di incontrare sulle nostre tavole, stasera ci serviranno solo quelli, così non sarete più colta in fallo”.
“Un pensiero premuroso” rispose la principessa sarcastica.
“Non ringraziatemi, è un dovere” rispose lui fingendo di non cogliere il tono.
La cena cominciò con degli innocui crostini al caviale, per rincuorarla Karl aveva incaricato il maggiordomo che li serviva di assicurarsi che il bicchiere di Astoria fosse sempre pieno di vino. Vedendo arrivare delle ostriche come secondo antipasto Astoria sospirò di sollievo, quelle le aveva mangiate anche altre volte. Il sapore del mare le esplose in bocca mangiandole, riportandola mentalmente sulle spiagge di Tabita.
“Sapete, dicono siano afrodisiache” commentò Karl con malizioso sott’inteso.
“Infatti sembrate molto più attraente ora” scappò ad Astoria di bocca con troppa confidenza, il primo bicchiere di vino bevuto praticamente a stomaco vuoto si faceva sentire.
“Perché prima no?” indagò Karl divertito.
“Beh ovviamente...eravate attraente anche prima, cioè siete attraente...” strinse le labbra imbarazzata e si costrinse a tacere prima di mettersi ulteriormente in imbarazzo.
“No vi prego continuate… ora voglio sentire le vostre giustificazioni” insistette il Re ridendo.
Poi fu la volta di una strana zuppa che mandava un odore terribile.
“È un piatto tipico di Ain. Non fatevi ingannare il sapore è ancora peggio dell'odore” disse Karl con una smorfia “Questa non dobbiamo mangiarla per davvero almeno per stasera” dicendo questo fece segno al maggiordomo di portarla via.
Arrivò poi un risotto, e almeno ebbero qualcosa di serio con cui riempire lo stomaco per non ubriacarsi, seguito dalle lumache, e Astoria capì a cosa serviva una delle due pinze.
“No, non posso” disse guardando le chioccioline nel piatto, Karl non insistette e neanche lui ne mangiò.
E tornò così la maledetta aragosta. Come la sera precedente Astoria non se la sentiva proprio di mettersi a frantumarla brutalmente.
“Guardate meglio” la invitò Karl, allora notò che questa volta l'aragosta era già stata tagliata e lei non doveva fare altro che scavare con la forchettina a due denti per estrarre la polpa “In futuro ve la serviranno così, ho dato istruzioni precise” disse il Re ammiccando.
Non rimasero che i dolci. Astoria si vide portare una cupola di fine cioccolato, indecisa sul da farsi guardò Karl “Aspettate” disse lui lacunosamente.
Arrivò il maggiordomo che versò da un bricchetto del cioccolato caldo sulla mezza sfera nel piatto della principessa, questo si sciolse rivelando al suo interno una mousse di cioccolato bianco adornata da frutti di bosco. Astoria sorrise entusiasta dello spettacolo e lo riguardò attentamente ripetersi sul dolce di Karl. L'ultima portata fu un fresco tiramisù.
“Questo non sembra complicato da mangiare” constatò Astoria chiedendosi dove fosse l’inganno.
“No infatti è qui perché ne vado matto”.
Sorprendentemente sazi e un po’ brilli si alzarono da tavola. Si erano attardati tanto che ormai era quasi mezzanotte, passeggiarono al chiaro di luna facendo ritorno all'edificio secondario. Fu infine ora di congedarsi.
“È stato un pomeriggio bellissimo, grazie mi sono divertita” disse Astoria sincera.
“Sono felice di sentirvelo dire, anch'io sono stato bene” dicendo questo il Re le prese la mano e indugiò. Karl si rese finalmente conto di quanto gli piacesse Astoria, sentì il forte desiderio di baciarla, ma lo represse, non voleva essere precipitoso. Si costrinse quindi a darle la buonanotte, aspettò che avesse attraversato il portone e nel buio si allontanò per far ritorno a palazzo.
Astoria si era appena richiusa la porta alle spalle quando una mano le tappò la bocca. La paura si impadronì di lei mentre un corpo forte la spingeva con la schiena contro la porta, immobilizzandola. Nell'oscurità dell'atrio non riusciva a distinguere chi fosse, sentiva il proprio cuore martellare furiosamente. I suoi occhi lentamente si abituarono all’oscurità e con sorpresa riconobbe Victor. L’uomo si stava premendo un indice sulla bocca, gli occhi sorridenti, finalmente Astoria capì che non era realmente in pericolo. Victor non voleva aggredirla, solo evitare che urlasse di sorpresa svegliando tutti. Finalmente cominciò ad allentare la pressione del suo corpo che ancora la schiacciava, anche Astoria si rilassò riprendendosi dallo spavento, ma Victor non si spostò del tutto.
Piano abbassò la mano che le copriva la bocca, indugiò con il pollice accarezzandole il labbro superiore e prima che Astoria avesse tempo di rendersene conto la stava baciando. Colta nuovamente alla sprovvista Astoria ci mise qualche secondo a trovare la presenza mentale di spingerlo lontano da sé, quando lo fece Victor si lasciò respingere senza opporre resistenza. Astoria era così arrabbiata che non trovò niente di pungente da dirgli.
Lui le diede un buffetto “Siete proprio sprecata per quello lì Astoria” le sussurrò sensuale e beffardo all'orecchio, aprì la porta e sparì senza aggiungere altro.

La colazione sotto al portico era ormai diventata una routine quotidiana per Astoria e Cheyenne. Astoria quella mattina, più che voler raccontare come era andato il suo appuntamento del pomeriggio prima, sentiva l'urgente bisogno di confidare all'amica quel che era successo al suo ritorno.
Prese un grande sorso di thè prima di cominciare a dirle “Ieri sera quando sono tornata nell'atrio c'era Victor...”
“Sshht!” la zittì improvvisamente Cheyenne, le guance della principessa di Piautos si arrossarono tutto d'un tratto. Cominciò a guardarsi intorno nervosa per assicurarsi che nessuno le stesse ascoltando, ma erano completamente sole.
“Non qui Astoria parleremo dopo te lo prometto” disse agitata, gesticolando animatamente. Pietrificata Astoria si rese conto di come stavano le cose. Victor era nella dependance perché stava uscendo di nascosto dalla stanza di Cheyenne, le occhiate nervose che le lanciava e l'imbarazzo non le lasciarono dubbi. Ma la cosa peggiore fu il pensiero di quello che per poco la principessa di Tabita non le aveva confessato.
Proprio in quel momento arrivò Anna con dei messaggi da palazzo per entrambe le principesse.
Astoria ancora sconvolta guardava le lettere che aveva in mano senza riuscire a decifrarle, le passò ad Anna che lesse “Ah la settimana prossima siete invitate tutte e tre a presenziare alle Udienze Reali e quest'altra vediamo...domani cominceranno le lezioni con il precettore”.
Anna le aveva detto che il Re le aveva organizzate durante il viaggio verso palazzo, nel turbine degli eventi Astoria se n'era completamente dimenticata.
“Bene! Astoria che ne dici di sgranchirci un po’ le gambe?!” cinguettò allegra Cheyenne lanciandole uno sguardo allusivo.

“C'è stata attrazione fin da subito Astoria, mi sono perdutamente innamorata di lui, nonostante sia un mascalzone questo lo so...”
Passeggiavano nel parco, erano passate davanti al cancello di cui i più ignoravano l'esistenza, i dolci ricordi della sera prima che evocava fecero sorridere Astoria facendole dimenticare per un momento i suoi guai.
“E cosa farai ora?” chiese preoccupata all’amica “Non lo so, in ogni caso era chiaro fin da subito che con Re Karl non avrebbe funzionato quindi almeno da quel punto di vista non ho rimpianti”.
Astoria decise che avrebbe taciuto il bacio almeno per il momento, Cheyenne era già abbastanza nei guai così e non aveva senso amareggiarla ulteriormente, dentro si sentì una traditrice.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Le Udienze ***



 
Capitolo 8

Le Udienze

Karl era furibondo. Mandò gambe all' aria una poltrona con un grido rabbioso. Irato, si diresse alla finestra aperta e si appoggiò al davanzale. Ansimante cercò di riprendere il controllo. Victor. Karl lo aveva conosciuto quando erano partiti per la guerra nelle terre del nord. Victor era un ragazzo vispo e divertente, divennero presto amici affiatati, fianco a fianco in ogni battaglia. Nelle città di Eltanin le donne subivano il loro fascino, erano belli, forti inarrestabili e le conquiste in ogni campo non mancavano. Fu allora che Karl si invaghì seriamente di un'eltaniana. Tiana, era bellissima. Victor era lì quando l'aveva conosciuta, era a conoscenza dei suoi sentimenti ma se la portò a letto lo stesso. In seguito ci furono degli scontri, la città ne uscì devastata e della ragazza persero ogni traccia. Karl incapace di perdonarlo, ferito nell'orgoglio, aveva interrotto l'amicizia.
E ora lo aveva fatto di nuovo, quel bastardo aveva messo le mani su ciò che era suo. Le guardie avevano l'ordine di arrestarlo a vista e portarlo immediatamente da lui, ma Victor non era uno sprovveduto e Karl era sicuro che non lo avrebbe rivisto tanto in fretta. Il fatto che Astoria lo avesse respinto non gli era di alcun conforto, continuava a pensare che se non si fosse fatto troppi scrupoli a baciarla, lui per primo lì fuori, lei non avrebbe incrociato la strada di Victor nel momento sbagliato. Da Cheyenne invece non si era aspettato niente di meno, la sua sorte non lo riguardava più da un pezzo.
Rimandò le decisioni sulle principesse a quando sarebbe stato più lucido. Ma Victor no, lui l'avrebbe pagata subito.

Astoria e Diana rientrarono dalla seconda lezione con il precettore. Le lezioni di storia, geografia ed economia di Avior erano noiose, Astoria le ascoltava appena, distratta dai suoi pensieri e anche Diana non pareva particolarmente interessata ma educata com'era almeno fingeva attenzione. Cheyenne si era data malata, da due giorni non usciva quasi più dalla dependance.
Era passata una settimana dall'ultima volta che avevano visto Victor quella fatidica sera, e ora lui pareva essersi volatilizzato. I primi giorni passeggiavano sperando di scorgerlo da lontano o vederlo spuntare da qualche aiuola, ma poi la speranza di incrociarlo era pian piano svanita e Cheyenne si era fatta sopraffare dalla preoccupazione. Non voleva credere che lui fosse sparito di proposito dopo averla usata, cosa che però Astoria senza dirlo a Cheyenne non escludeva conoscendo la fama del soggetto, era convinta gli fosse successo qualcosa.
L'indomani si sarebbero tenute le Udienze Reali. Astoria non faceva altro che pensare a Karl. La confortò il pensiero che almeno lo avrebbe rivisto. Come Victor anche lui non si era più fatto vivo, la cosa le causava un gran dispiacere perché se fosse dipeso da lei avrebbero passato insieme ogni minuto, ma se lui non la cercava poteva voler dire che non provava lo stesso per lei. Si chiese sa il loro affiatamento alla fine non fosse solo frutto della sua immaginazione.

Le udienze avevano luogo ogni due mesi, Re Karl concedeva un breve colloquio a chiunque si presentasse al suo cospetto nella sala del trono. Gli aristocratici più importanti non avevano bisogno di mischiarsi alla plebe ovviamente, loro potevano richiedere un'udienza privata quando ne necessitavano, al massimo si presentava qualche barone. Re Karl l'anno prima aveva esteso le udienze anche agli schiavi, di quelli però raramente qualcuno si presentava. La decisione era stata accolta in modo impopolare a corte, in prima linea contro questa decisione c'era il duca Fernand. Cheyenne lo aveva indicato ad Astoria nei corridoi di palazzo, un uomo asciutto, i capelli grigi dall'attaccatura alta, il viso ispido e occhi stretti e taglienti “Evitalo se puoi” le aveva sussurrato l'amica incrociandolo.
La sala del trono era un lungo salone al primo piano del palazzo, due massicce colonne in marmo chiaro ne fiancheggiavano l'entrata. I pavimenti dello stesso materiale, ma di diversi colori e le fantasie geometriche, riflettevano come specchi. Due file di seggi in legno scuro adibiti a segretari e consiglieri, erano posti lungo le pareti e creavano un corridoio centrale che conduceva ad un soppalco dove era poggiato il trono del Re, il soffitto sopra di esso sormontato da un'alta cupola affrescata. Dietro al trono torreggiavano imponenti vetrate colorate che creavano un meraviglioso gioco di luci. In disparte, alla base sinistra del soppalco, erano state preparate due eleganti poltroncine imbottite per Astoria e Diana, Cheyenne ancora una volta fingeva di essere indisposta.
Astoria prese posto e uno dopo l'altro si fecero avanti contadini più o meno benestanti, commercianti, braccianti, domestici. Chiedevano l'intervento del Re in piccole grandi questioni giuridiche, risoluzione di liti, rimedio contro un'ingiustizia subita, alcuni si presentarono invece solo per omaggiarlo con doni. Karl si rivolgeva con rispetto a tutti in egual modo e se non poteva pronunciarsi subito, delegava, appuntava promettendo di occuparsene quanto prima. Astoria lo guardava sempre più ammirata, sempre più avvinta da quel senso di potere che emanava.
Si fece avanti un uomo prestante, Astoria percepì della tensione nella sala, capì dal suo abbigliamento e dalle occhiate a lui rivolte che doveva essere uno schiavo eltaniano. L'uomo raccontò di essere stato congedato dal suo proprietario, ma questi aveva rifiutato di liberare insieme a lui la moglie e gli impediva di vederla sostenendo che fosse una sua proprietà.
“Ma è terribile!” le parole uscirono ad Astoria involontariamente, neanche tanto forte ma riecheggiarono nella sala del trono silenziosa, che a tradimento amplificò la sua voce. Karl si voltò nella sua direzione corrucciato.
Diana accanto a lei scosse la testa discretamente, non aggiungere altro voleva dirle, ma era troppo tardi. Karl si era alzato e le faceva cenno di raggiungerlo. Astoria percepì che quello non era un invito, era un ordine.
Si fece avanti sentendosi piccola come non le era mai capitato. Il Re di Avior si ergeva in tutta la sua altezza, autoritario. La principessa non immaginava che in realtà il solo guardarla lo riempiva di irrequieta sofferenza.
“Ditemi, Astoria, cosa vi pare tanto terribile?” strinse i denti cercando di mantenere i nervi saldi davanti a lei, così bella anche a disagio. Ma dentro di sé, per quanto irrazionale fosse quell’idea, non riusciva a non incolparla per essersi fatta baciare da Victor.
“Beh, quest'uomo non ha neanche il diritto di vivere con la sua stessa moglie, non vi sembra ingiusto? Perché non lascia andare anche lei?” chiese la principessa.
“Perderebbe dei soldi, gli schiavi hanno un costo Astoria”.
“E allora perché non dargli almeno la possibilità di risarcirlo?”
Karl rise amaro, quel sorriso freddo non arrivò agli occhi “Siete ingenua” aggrottò le sopracciglia voltandosi verso l'uomo “Perché vi ha...come avete detto...congedato? Siete un uomo forte e ben nutrito vedo, schiavi come voi si pagano cari”.
L'uomo evidentemente non si aspettava una domanda del genere e incespicò nelle sue stesse parole prima di riuscire a dire che avevano avuto un conflitto di opinioni.
“Si lo immagino” disse assorto Karl riducendo gli occhi a due fessure mentre studiava l’eltaniano. “Bene, di norma vi avrei detto che non posso fare niente per voi, ma visto che la questione sta tanto a cuore alla mia adorata Astoria manderò qualcuno a parlare con il vostro vecchio proprietario” sentenziò.
“Intanto spero che troviate di vostro gradimento le nostre celle, non ci sono troppi topi” aggiunse secco.
Fece un cenno a due guardie che condussero via l'uomo stupito dalla piega che aveva preso la situazione, presto prese ad urlare e dimenarsi, ma Astoria che assisteva pietrificata non sentì quello che diceva perché ormai era stato trascinato fuori.
Immobile non riusciva ancora a dare un senso a quello che aveva visto, perché lo aveva fatto arrestare? Karl le parlò un’ultima volta “Tornate al vostro posto Astoria. E in silenzio questa volta se vi riesce” ordinò perentorio.
Astoria tacque ferita, ma non tornò al proprio posto. Karl che ancora reggeva il suo sguardo, vide lo smarrimento lasciare posto alla determinazione.
Lo guardò orgogliosa, gli voltò le spalle, percorse il salone decisa e se ne andò. Si era sbagliata completamente riguardo quell'uomo, pensò amaramente lasciandosi alle spalle la sala gremita di nobili che sussurravano la loro disapprovazione.

Astoria tornò alla dependance. Prima di andare nelle sue stanze però pensò di avvisare Cheyenne che era rientrata in anticipo. Bussò.
“Chi è?” chiese la voce della principessa di Piautos, tesa.
“Sono Astoria”.
Sentì la chiave scattare nella serratura e l’amica aprì uno spiraglio nella porta.
“Sei sola? Entra!” la tirò nella stanza richiudendo la porta a chiave. Astoria trovò la stanza sottosopra.
I bauli aperti sul pavimento, gli eleganti vestiti e la raffinata biancheria ammucchiati sul letto, colorate cappelliere sparse qua e là e gli articoli da toeletta profumati raggruppati su un divanetto.
Cheyenne intanto la guardava con aria colpevole, in piedi, in mezzo a tutto quel disordine. “Ti avrei lasciato una lettera” disse a mo’ di scusa alzando le spalle triste.
“Torni a casa?” le chiese.
Cheyenne esitò “No, vado con Victor” disse senza guardarla riprendendo a fare le valigie.
Astoria spalancò la bocca dalla sorpresa, ma Cheyenne, che non se ne accorse, di rimando le sorrise radiosa “É tornato a prendermi! Non può più stare ad Avior, così abbiamo deciso di fuggire insieme, non è romantico?!” le racconto raggiante ed emozionata.
“Come sarebbe che non può più stare ad Avior, non ti ha detto perché?” chiese Astoria incredula.
“Non ce n'è stato il tempo, ha detto che è una lunga storia, ma me la racconterà. Oh lo amo così tanto Astoria! Ha detto che viaggeremo, possiamo andare dove più ci va. Io non posso più marcire qui o a Piautos, voglio vivere un'avventura!”
“Cheyenne pensaci un momento...” qualcuno bussò.
“Sono io” disse piano la voce di Victor dall'altra parte della porta. Cheyenne si fiondò ad aprirgli.
“Bentrovata Astoria!” disse pimpante il fuggiasco inchinandosi. “Cheyenne non abbiamo più molto tempo temo”
“Ci sono quasi” rispose lei, mentre Victor trascinava fuori con sé due pesanti bauli.
Astoria non poteva più tacere, non poteva lasciare partire l'amica con Victor senza che sapesse come stavano le cose “Cheyenne… io ti devo dire una cosa…” cominciò.
“No. Non devi dirmi niente” rispose Cheyenne impegnata ad ammucchiare disordinatamente le ultime cose in una valigia “Non voglio che tu mi dica niente” si raddrizzò e finalmente la guardò. “Lo so che non è perfetto, non m'importa...lo amo e starò con lui ad ogni prezzo” disse Cheyenne calma e risoluta.
L’amica si avvicinò e la abbracciò, profumava di pulito.
“Non andartene” le chiese senza troppa speranza.
“Non posso più stare qui. E non dovresti neanche tu Astoria. Questo posto è velenoso, ci sono inganni dietro ogni angolo” all'improvviso però Cheyenne si sciolse dall'abbraccio. Astoria vide che guardava la porta.
Victor non l'aveva richiusa uscendo con i bauli e ora la cameriera personale di Cheyenne stava in piedi con un'espressione sconcertata sull'uscio.
“No ...” sussurrò la principessa di Piautos. La cameriera si voltò e corse lungo il pianerottolo, giù per le scale.
“Che ti dicevo… quelle dannate cameriere!” si affrettò a chiudere i bauli senza più curarsi di ciò che sarebbe rimasto fuori.
“Astoria stai attenta, loro...” fu interrotta da Victor che in un lampo entrò, prese gli ultimi bagagli e disse “Dobbiamo andare mia cara, tra poco avremo compagnia!” Cheyenne strinse rapidamente un'ultima volta Astoria “Addio, ti scriverò appena potrò promesso”.
Astoria, scossa, la seguì fino al portone dove Victor, camuffato da cocchiere, era pronto a partire. Perché stava accadendo tutto così in fretta?
“Addio Astoria, bada a non farti bistrattare troppo dal nostro amico” le disse Victor facendole l'occhiolino.
Astoria in mezzo al piazzale, guardò il calesse allontanarsi. Cheyenne si girò un'ultima volta agitando la mano, ma lei fu incapace di muoversi per rispondere al gesto. Sentì il cuore pesante e le lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi. Si sentì sola più che mai.
Quando la cameriera riuscì ad avvisare Karl, ancora impegnato con le Udienze, era passata ormai più di un'ora dalla fuga dei due amanti, non li presero più.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'asino ***



 

Capitolo 9

L'asino

Dopo la partenza di Cheyenne, avvenuta ormai cinque giorni prima, Karl aveva deciso di spostare finalmente Astoria e Diana in due alloggi nel blocco principale del palazzo.
Anna precedette la principessa all'interno della sua nuova sistemazione e si mise subito a lavoro per sistemare le sue cose.
La stanza era dominata dai colori scuri che rendevano l'atmosfera calda e avvolgente. Astoria vide sulla parete sinistra un ampio letto a baldacchino in mogano, appoggiato alle pareti color prugna. Alla sua destra, un divanetto e due poltrone erano sistemati davanti ad un grande caminetto, sopra il quale era appeso un bellissimo dipinto dai colori pastello raffigurante una donna di cui non si poteva distinguere il viso, nascosto dalla folta chioma rossa, intenta a leggere seduta elegantemente a terra in mezzo ad un prato fiorito.
Astoria si avvicinò alle tende che occupavano quasi interamente la parete centrale della camera. Le spalancò scoprendo così una grande porta finestra che si apriva su un ampio balcone. Vide un biglietto incastrato sulla maniglia, lo prese e aprì la porta. Il balcone era riparato da un portico. Sull'arcata si arrampicava una pianta di glicine da cui pendevano grappoli di profumatissimi fiori viola pallido, incorniciando il panorama. Da lì si godeva di una vista d'eccezione sul giardino segreto. Astoria aprì il biglietto, lesse una grafia fine e ordinata So che apprezzerete, vostro Karl”.
Astoria si appoggiò alla balaustra, confusa più che mai. La partenza di Cheyenne l'aveva lasciata piena di amarezza e malinconia. La sua presenza allegra aveva riempito fino a quel momento le giornate, l'aveva distratta dalla nostalgia di casa, era stata per lei un punto di riferimento saldo. In quelle brevi settimane trascorse insieme, le due si erano affezionate molto, Astoria non aveva sorelle e non aveva mai avuto un'amica, Cheyenne era diventata quello per lei. E poi c'era Karl.
Astoria si rigirò ancora una volta il biglietto tra le mani chiedendosi cosa rappresentasse quel gesto. Ripensò a com'era stato freddo quel giorno nella sala del trono. Astoria aveva sperato che l'avrebbe cercata per darle una spiegazione, ma lui non l'aveva fatto, la ignorava di nuovo e ora era assolutamente convinta che quella serata trascorsa con lui fosse stata una stupida illusione.
“Ho preparato qualche vestito adatto alla cena di questa sera tra cui potete scegliere. Sarà un po’ più formale del solito” la voce di Anna la raggiunse all'esterno.
“Oh che vista magnifica!” esclamò affacciandosi a sua volta al delizioso balconcino. Astoria le sorrise triste, almeno aveva ancora lei di cui fidarsi.

Quella sera a cena nell'aria regnava una tensione quasi palpabile.
Karl, taciturno ancora più del solito, lanciava occhiate furtive ad Astoria. Non aveva ancora trovato la forza di rivolgerle parola. Lei non sapeva lui fosse al corrente del bacio di Victor, quindi non poteva parlarle sinceramente senza scoprire le sue carte.
Astoria invece quasi non aveva alzato la testa dal piatto, neanche quando avevano servito le ostriche, che invece avevano risvegliato in Karl un dolce ricordo. La vedeva triste, avrebbe voluto scacciare quel sentimento, ma probabilmente, stupidamente, aveva peggiorato la situazione, accecato com'era dalla gelosia.
Intanto il duca Fernand stava dicendo la sua proprio sull'episodio dello schiavo eltaniano alle Udienze. “Con che faccia tosta...presentarsi a quel modo...ma quella è gente sudicia. Hanno il sangue marcio! Ha fatto bene a separarli, quelli non dovrebbero riprodursi, i loro figli dovremmo annegarli già da piccoli, come si fa con i cani”.
Diana sedeva accanto a Karl e Nicolas. Generalmente la principessa di Ain era così aggraziata, ma ora le sfuggirono le posate di mano. Tintinnarono nel piatto e quel rumore parve spezzare un incantesimo. Nicolas guardò Diana. L'espressione gli si indurì vedendola turbata, era pur sempre di un ramo della sua famiglia che parlava il duca, tra l'altro la giovane principessa era molto affezionata alla nonna materna. Diana composta e a modo nascondeva bene i propri sentimenti, difficilmente chi non la conosceva avrebbe potuto leggere il suo dispiacere, ma il suo stato d’animo non sfuggì al principe. I due fratelli si guardarono con intesa, meglio far tacere quell'uomo.
Ma Karl non ebbe tempo di formulare nessun piano.
“Siete un brutto vecchio asino ignorante! Voi mi disgustate, siete…siete abbominevole!” Astoria era balzata in piedi battendo furiosa le mani sul tavolo, mentre guardava con astio il duca Fernand.
Colto alla sprovvista il nobile, la fissò allibito, gli occhi sgranati, che presto si ridussero a due fessure. Scese il silenzio sulla tavolata.
Karl per un attimo ammirò Astoria, in piedi accesa dalla rabbia, splendidamente determinata. Rapida la consapevolezza di a chi stesse rivolgendo l'impropero lo mise in allarme. “Astoria!” urlò con voce alterata, balzando in piedi e battendo i pugni sul tavolo a sua volta.
Così facendo, fece sobbalzare la povera Diana, ma lei fu prontamente soccorsa da Nicolas che rassicurante le strinse una mano.
Karl non se ne accorse, lui e Astoria erano entrambi in piedi. I due si fronteggiavano, gli occhi fiammeggianti puntati l'uno in quelli dell'altra, entrambi fieri e caparbi. “Scusatevi immediatamente” le intimò con voce tuonante.
“No, non lo farò, penso ogni parola” fece lei di rimando, cocciuta.
“Badate bene a voi Astoria” la minacciò velatamente.
“Altrimenti?” lo sfidò lei.
Karl trattenne il fiato per la rabbia, Astoria vide la sua mascella contrarsi “Fuori… con voi farò i conti più tardi” le ringhiò a denti stretti.
Astoria non aggiunse altro, stizzita spinse indietro la sedia e lasciò la sala, senza abbassare lo sguardo dal viso incollerito del Re.
Il resto della cena nessuno osò più aprire bocca, perfino Nicolas tacque, ma certo non per timore verso il fratello, come valeva per il resto dei commensali. Se non fosse intervenuta Astoria pensava, forse si sarebbe comportato allo stesso modo anche lui.

Finito di cenare si spostarono nel salottino. Karl, solo in disparte, non venne disturbato.
Era arrabbiato, ma non con Astoria, con sé stesso. Lei aveva commesso un grave errore rivolgendosi al duca in quel modo, quell'uomo non era tipo da dimenticare un affronto del genere, era vendicativo, Karl lo aveva già imparato a proprie spese. Come se non bastasse già una volta Astoria era stata una vittima inconsapevole di uno dei suoi complotti. Karl sperò con tutto sé stesso che il duca ritenesse che essere cacciata dal Re da tavola a quel modo potesse essere una punizione sufficiente, ma ne dubitava. Mentalmente si ripromise di far controllare Fernand, ma soprattutto Astoria, da uno dei suoi. Forse il conte Alexandro con la sua presenza discreta, poteva fare al caso suo.
Diana si avvicinò, facendogli cosa gradita, voleva parlarle.
“Principessa Diana. Sono veramente dispiaciuto, avrei dovuto intervenire io fin dall'inizio” disse genuinamente rammaricato.
Lei lo guardò con sguardo dolce “Non datevi pena” rispose delicata.
Tacquero entrambi qualche minuto poi lei aggiunse “Lo ha chiamato veramente vecchio asino ignorante” constatò portandosi una mano alla bocca, per trattenersi, senza alcun successo, dal ridere al ricordo di Astoria che insultava coraggiosa il duca.
“Non me lo ricordate vi prego...” rispose Karl. Frustrato si massaggiò la fronte, ma rise suo malgrado, contagiato dall'ilarità di Diana che rideva ora cristallina. Astoria lo avrebbe mandato fuori di testa lo sapeva.
“Sono contento di vedere che ci siamo rilassati!” sopraggiunse Nicolas. “State bene Diana?” chiese prendendole le mani e guardandola premuroso, questa volta a Karl il gesto non sfuggì.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La storia di Emil ***



 
Capitolo 10

La storia di Emil

Il giorno seguente Astoria esitò davanti alla porta dell'ufficio. Il Re l'aveva mandata a chiamare. Ora, lì davanti, cercava di raccogliere tutta la forza necessaria per costringersi ad entrare e affrontarlo. Una delle due guardie se ne accorse.
“Fa questo effetto a tutti” le sussurrò simpaticamente il giovane dai capelli rossi che bucavano da sotto l’elmo, fraintendendo il suo stato d’animo.
Dalle guardie ci si aspettava che stessero dignitosamente composte, al loro posto, ma soprattutto in silenzio, di fatti il suo collega lo fulminò facendo spegnere il sorriso sul viso del ragazzo. Astoria sorrise mentre lo guardava grata della solidarietà. Bussò.
Karl non era solo nel grande ufficio. In piedi accanto a lui, davanti all'enorme scrivania ingombra di pile di documenti, c'era un uomo anziano dai grossi baffi bianchi e l'aria cordiale, molto più basso del Re.
“Astoria, venite avanti” la invitò Karl educatamente “Voglio presentarvi il barone Benton”.
“È un piacere barone” disse Astoria abbassando il capo aggraziata.
“L'onore è mio principessa” rispose questi chinando il busto, sembrava terribilmente fuori posto con i suoi indumenti ordinati ma semplici in mezzo a tutto quello sfarzo che lo circondava. Ad Astoria ricordò uno degli aristocratici di Tabita.
“Il barone qui presente è l'ex proprietario dello schiavo della causa di cui vi siete fatta paladina. Ho pensato di mettervi a parte dei recenti sviluppi” spiegò Karl con una punta di acidità, rispondendo finalmente alle domande che Astoria si stava facendo mentalmente. “Barone, se non vi spiace ripetervi vi pregherei di raccontare alla principessa ciò che avete detto a me” pregò l’ospite.
“Certamente Maestà. Si, lo schiavo di cui parliamo si chiama Emil, lui è… ecco un uomo, posso dire violento?” cominciò a raccontare lentamente il barone, lo sguardo basso intento a ricordare gli eventi. “Sono stato informato che era stato con un'altra delle serve al mio servizio, Carla si chiama. Quando l'ho saputo ho pensato di farli sposare, mi sembrava terribilmente inappropriato non farlo, ma ho sbagliato chiaramente” si rattristò “Dopo che si erano sposati Carla ha trovato il coraggio di venire da me. Mi disse che Emil l'aveva presa con la forza, continuava a farlo e la picchiava come se non bastasse. Non potevo tollerarlo, poi ovviamente c'erano stati anche altri episodi dove Emil… beh sì… ha quasi ucciso un uomo a mani nude. Ecco io... così ho pensato di mandarlo via e di vietargli di mettere piede sulle mie terre, ora me ne rammarico molto, avrei dovuto io per primo rivolgermi a voi Maestà” disse rivolto ora nuovamente al Re “Mai avrei pensato che Emil si sarebbe spinto a tanto” concluse. Karl annuì serio.
“É la verità?” chiese Astoria con un filo di voce.
Il barone chinò il capo “Se desiderate conoscere Carla mi sono fatto accompagnare da lei”.
“Non credo sarà necessario barone Benton, vi ringrazio” disse Karl leggendo sul viso di Astoria che gli credeva.
“E se posso permettermi, che ne è di Emil maestà?” chiese Benton.
“È stato giustiziato stamattina” rispose secco il Re.
Il barone annuì, sinceramente rattristato per l'intera vicenda e per come si era conclusa.
Ad Astoria invece parve di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Quel sentimento dovette essere palese perché Karl le si avvicinò cingendole premurosamente le spalle, la fece sedere.
“Barone, vi chiedo di lasciarci soli, ma con voi vorrei parlare ancora una volta d'affari più tardi se non vi spiace”.
“Certamente maestà, grazie” il barone chinò ancora una volta il capo e uscì, lasciandoli soli.
“Mi dispiace” mormorò Karl inginocchiandosi difronte a lei.
“Avevate ragione a dire che sono ingenua, ho commesso un terribile errore” quasi sussurrò a testa bassa. Il pensiero rivolto a quella povera donna, che se fosse dipeso da lei sarebbe tornata dal suo carnefice, e a quello stesso che ora riposava nella tomba. “Come lo sapevate?” gli chiese.
Karl le posò una mano sotto il mento e le alzò il viso costringendola a guardarlo “Solo un'intuizione”.
Lasciò scivolare dolcemente la mano lungo la sua guancia accarezzandola e si permise di lasciarsi avvolgere dalla profondità di quegli occhioni lucidi, non aggiunse più niente. Sentì impellente la voglia di stringerla a sé, baciarla e dirle che andava tutto bene, ma ancora una volta la ricacciò. Si alzò preferendo mettere la scrivania tra loro. Aveva un'altra questione da affrontare.
“A proposito di errori...” cominciò a dire più duramente.
“Non intendo scusarmi per quel che ho detto al duca” lo anticipò lei con la tristezza, e forse anche altro, che le incrinava la voce, evitava accuratamente di guardarlo.
“Non spetta a voi, Astoria, mettere al proprio posto i miei ospiti. Il re qui fino a prova contraria sono ancora io!” disse lui con crescente enfasi.
“Ma avete sentito cosa diceva e avete visto Diana! Perché non siete intervenuto voi allora?” chiese Astoria infiammandosi.
“Non sempre un re può permettersi di dire ciò che pensa! E poi non me ne avete dato il tempo”
“Però siete stato veloce a buttare me fuori!” fece lei.
“Dio siete così testarda!” ringhiò. Possibile non riuscissero a parlare senza che finisse in discussione?
“Sapete cosa c'è comincio a capire perché Iris volesse dare fuoco a questo posto!” concluse la principessa.
Detto questo si diresse alla porta, non sarebbe più riuscita a trattenere oltre le lacrime e non era intenzionata a piangere davanti a quell'uomo.
“Io non vi ho autorizzata ad uscire!” Astoria in risposta sbatté la porta, mentre Karl si lasciò cadere sulla sedia emettendo un urlo frustrato.

Dopo pochi minuti qualcuno bussò e Nicolas entrò senza aspettare “Ho incrociato Astoria. É andata bene vedo...”
Karl gli scoccò un'occhiataccia “Dimmi” disse solo sospirando al limite della pazienza.
“Abbiamo notizie del nostro adorato duca Fernand”
Karl si raddrizzò sullo scranno, nuovamente lucido “Altri assalti sulle strade?”
Nicolas annuì “Due. Ma ora si dedica anche ad attaccare le fattorie”.
“Non si accontenta più solo di rendere insicure le strade ma anche le case. Prendi più uomini, voglio che l'esercito setacci il regno e non abbiano pietà per nessun delinquente. Il duca e i suoi soci si pentiranno di non aver investito meglio i propri soldi” disse il Re accigliato.
“Perché non lo arrestiamo e basta? Ormai lo sappiamo che li paga lui”
“Non lo farò senza prove schiaccianti lo sai”.
Nicolas sospirò e si buttò su una delle poltroncine poggiando gli stivali sporchi di fango sulla scrivania, con disappunto di Karl.
“Allora vuoi parlarne?”
“No” rispose secco Karl senza alzare la testa dal suo lavoro.
Nicolas rise, era estremamente divertito dai problemi di cuore del fratello.

Astoria si diresse ai giardini. Una volta lontana dallo sguardo penetrante di Karl era riuscita a ricacciare indietro le lacrime, ma ora non voleva tornare in stanza, aveva bisogno di camminare per sfogare i nervi. Rimpianse di non avere Oscar lì con sé, una cavalcata lontano da palazzo, più lontana possibile da lui, era quello che le sarebbe servito. Eppure c'era stato quell'attimo in cui il cuore le si era fermato. Oltre che con la mano, si era sentita accarezzata anche dai suoi occhi, il bisogno di sentirlo più vicino era stato quasi doloroso.
Amareggiata, si ritrovò a vagare senza meta nella bella giornata soleggiata, il pensiero rivolto alla sua famiglia, a Cheyenne. Non si accorse di essere seguita.
Fu avvicinata dal conte Alexandro, un giovane uomo slanciato che qualche volta si intratteneva con lei e Cheyenne, Astoria non era proprio in vena di fare conversazione ma la compagnia del conte dai modi eleganti e pacati la rasserenarono distraendola dai suoi pensieri cupi. Nonostante non lo conoscesse così bene, finì col confidargli di essere di malumore e di aver voglia di fuggire.
“Beh allora dovremmo andare alle stalle, avranno sicuramente due cavalli da prestarci”. Astoria accolse volentieri l'invito, infondo era ciò che più voleva in quel momento.
Il conte fece sellare due cavalli e uscirono sulle verdi radure circostanti. Astoria mandò a galoppo il suo cavallo. Permise al vento di soffiare via dalla mente le preoccupazioni.
Seguirono il corso di un fiumiciattolo fino ad un sentiero costeggiato da castagni e alberi di noce, lì procedettero a passo più lento. Le chiome degli alberi cominciavano a tingersi d'arancione e i primi ricci di castagne cadevano fragorosamente al suolo, l'aria mite e il piacevole venticello che spettinava Astoria, erano quelli di settembre che bussava alle porte.
Rincuorata dalla cavalcata e dalla piacevole e discreta compagnia di Alexandro, si sentì rigenerata, ma quando aprì la porta della sua stanza i pensieri che si era premurata di relegare in un angolo della sua mente tornarono irrompenti.
Due dozzine di secchi pieni d'acqua invadevano la stanza. Dopotutto l'aveva avvertita che non sarebbe stato impreparato.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La bilbioteca ***



 

Capitolo 11

La biblioteca

Fuori infuriava un temporale. Complice la giornata piovosa, Astoria sdraiata sul letto, aveva finito entrambi i libri presi in prestito in biblioteca.
Teneva la finestra spalancata. Fuori udiva i rombi dei tuoni, il ticchettare della pioggia, il frusciare delle chiome degli alberi al vento. I temporali la rilassavano. Si alzò stiracchiandosi, decise di andare a prendere nuove letture, almeno avrebbe ingannato il resto del tempo per quel giorno. Si ripromise di evitare racconti troppo romantici però, non era assolutamente in vena.
Varcò la pesante porta di legno finemente intagliata della biblioteca. Lo scrittoio dietro al quale sedeva solitamente Alfred, il bibliotecario, era vuoto. Astoria decise di portare con sé i due volumi da restituire e consegnarglieli dopo. Non osò lasciarli lì, Alfred era molto puntiglioso riguardo i suoi libri, voleva sapere precisamente cosa usciva e cosa entrava. Lo storico bibliotecario di corte teneva un accurato registro, su cui annotava scrupolosamente ogni prestito.
La principessa si inoltrò tra le migliaia e migliaia di volumi stipati sugli imponenti scaffali di legno che raggiungevano il soffitto. Disseminate qua e là, lunghe scale a pioli scorrevoli permettevano di raggiungere anche i libri più in alto. Le grandi librerie erano divise a metà altezza da una balconata che correva lungo tutto il perimetro della biblioteca.
Fu proprio su una di quelle che un uomo attirò l'attenzione di Astoria. Si bloccò.
Karl se ne stava seduto leggendo assorto. La schiena appoggiata alla ringhiera e le lunghe gambe distese davanti a sé, liberatosi della giacca l'aveva appoggiata sul corrimano.
Quel giorno Astoria avrebbe dovuto incontrarlo, lui l'aveva invitata, ma lei, indispettita dalla beffa dei secchi, gli aveva mandato a dire che un'improvvisa umidità nella sua stanza le aveva fatto venire male alle ossa e che quindi era indisposta.
Ora Karl concentrato sulla sua lettura non l'aveva vista. Astoria approfittò di quell’attimo per fermarsi ad osservarlo. Non lo aveva mai visto tanto rilassato, solitamente così composto, ora sedeva disordinatamente sul pavimento.
Senza perdere altro tempo, prima che fosse troppo tardi, Astoria decise di defilarsi, ma sfortunatamente quando si girò si ritrovò davanti Alfred che la guardava da sopra gli occhiali “Ah principessa, avete trattato bene i miei libri?”
L’anziano bibliotecario aveva parlato piano, ma in quella biblioteca si sarebbe potuto udire cadere uno spillo.
Senza troppe speranze Astoria si girò verso la balconata. Karl appoggiato alla ringhiera la guardava sorridendo irriverente e in un attimo li raggiunse.
“Alfred vi spiace?” chiese tendendo la mano verso i libri che aveva letto Astoria e di cui il bibliotecario si era velocemente riappropriato.
Il Re fece il tutto senza distogliere lo sguardo compiaciuto per la piega che aveva preso la giornata dal volto della principessa gabbata. “Grazie” disse restituendoglieli dopo averli esaminati, congedando Alfred, il quale si allontanò zoppicando.
“Come vanno le ossa?” chiese impertinente il Re.
Astoria lo freddò con un'occhiata “Se avessi saputo che eravate qui sarei rimasta alla larga” disse piccata.
Involontariamente lo sguardo le cadde sul suo petto muscoloso, la giacca era rimasta sulla ringhiera e Karl era rimasto con la sola camicia, leggermente aperta sul torace. Astoria sentì il calore salirle al viso, sperò con tutta sé stessa di non essere arrossita, se Karl se ne accorse non lo diede a vedere.
“Vengo qui qualche volta quando voglio essere lasciato in pace, Alfred mantiene il mio segreto” le confidò “E si dà il caso che oggi avessi un pomeriggio libero, non capita spesso che qualcuno mi dia buca” disse allusivo.
“Ve lo siete meritato”.
Il Re la guardò a lungo senza rispondere prima di dire “Mi piacerebbe consigliarvi un libro, venite” si avviò senza aspettare la risposta.
Le fece strada lungo i corridoi che si insinuavano ora più larghi poi più stretti in ogni angolo della biblioteca. Arrivarono alla sezione in cui erano conservati i libri di storie per bambini. Karl andò sicuro verso il volume che voleva, doveva averlo preso spesso a giudicare dalla precisione con cui lo individuò. Astoria lesse il titolo del racconto che le porse. Lo Hobbit, andata e ritorno. Alzò lo sguardo su di lui, intendendo dire qualcosa, ma il modo in cui la stava guardando le fece dimenticare cosa.
“Perché siete arrossita prima?” le chiese a tradimento.
Com'era successo sul balcone, ormai settimane prima, non si era resa conto di quanto si fossero avvicinati, attratti irrimediabilmente l'uno dall'altra. Ma questa volta Astoria non represse il suo istinto, si issò sulle punte dei piedi colmando la distanza tra loro e posò le labbra sulle sue.
Karl si riprese quasi istantaneamente dalla sorpresa. Afferratole il viso tra le mani forti la baciò con prepotenza, sempre più intensamente, procurandole scosse di piacere che le invasero tutto il corpo. Le sue labbra morbide si schiusero e la sua lingua cercò quella di lei, mentre i loro corpi si stringevano ancora un po’.
Si baciarono a lungo, assaporandosi. Si fermarono solo una volta rimasti senza fiato, le bocche che ancora si sfioravano, bisognose, respirando all'unisono.
Accarezzandola Karl indietreggiò, ma ancora la guardava, incapace di nascondere il desiderio che gli si leggeva negli occhi traditori. La baciò ancora, avidamente, spingendola con le spalle contro una libreria. Le sue mani le sfiorarono il petto e a quel contatto estraneo sul corpo ad Astoria sfuggì un gemito. Si sarebbe fatta fare di tutto da lui in quel momento.
Ma poi Karl si fermò “Se non me ne vado Astoria, non rispondo più di me stesso” le disse sulle labbra con voce roca.
Quando la principessa, incapace di articolare anche una sola parola annuì, Karl si voltò e sparì tra gli scaffali.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il ballo ***



 


Capitolo 12

Il ballo

Karl era nella sua stanza. Teneva in mano una lettera e una cartolina, indeciso sul da farsi.
Guardò la cartolina, una bella raffigurazione dei porti di Piautos che mostrava grandi galeoni dalle vele bianche in mezzo al mare blu e un cielo azzurro punteggiato di candide nuvole come sfondo. Era da parte di Cheyenne così come la lettera.
Ovviamente non erano indirizzate a lui, erano per Astoria, ma lui intercettava tutta la corrispondenza della principessa. Fino a quel momento non c'era stato nulla di irregolare, solo lettere dalla famiglia, quella che stringeva ora però non gli piaceva.
Cheyenne scriveva che era arrivata ai porti di Piautos, con Victor, e intendevano imbarcarsi per veleggiare a est. Karl non fu dispiaciuto di sapere questo, se Victor se ne andava dalle sue terre non poteva che essere una buona notizia, ma era un'altra informazione che Karl non poteva permettere arrivasse ad Astoria, non ora che era riuscito a riavvicinarsi a lei.
Aveva sottovalutato Cheyenne. La principessa di Piautos aveva capito quasi fin da subito che Karl le teneva d'occhio, ancora prima che partissero da casa, tramite le cameriere personali.
Con scadenza regolare avevano il compito di recarsi da lui personalmente a riferirgli qualsiasi cosa, anche le informazioni che potevano sembrare più inutili e banali.
Aveva funzionato alla grande con Iris. Di quella di Diana avrebbe potuto fare anche a meno tanto era tranquilla la principessa di Ain, si era trovata nel posto giusto la sera del bacio di Victor però. Cheyenne invece, non si era mai fidata della sua, la teneva a distanza, ora Karl sapeva anche perché.
Con Astoria invece il piano era andato ben oltre le sue più rosee aspettative, le due avevano legato e Astoria si confidava spesso con Anna.
L'unica pecca del piano era che Anna col tempo aveva cominciato ad affezionarsi alla principessa, ora si faceva scrupoli a tradirla, Karl non poteva biasimarla, si era lui stesso innamorato di Astoria. Ma Anna non poteva sottrarsi al suo compito, avrebbe voluto dire disubbidire al Re. Però che fare ora con la lettera per Astoria?
Non fargliela avere sarebbe stato continuare ad ingannarla, e lui desiderava essere più che mai sincero con lei, invece consegnargliela avrebbe voluto dire farla soffrire e soprattutto, pensò egoisticamente Karl, lei lo avrebbe odiato e lui non poteva sopportare quest'idea.
Aveva deciso, infilò la lettera infondo alla sua scrivania, Astoria avrebbe ricevuto solo la cartolina, e con un po’ di fortuna non avrebbe mai scoperto niente.
Il Re si fermò, la mano ancora sulla maniglia del cassetto. Ci aveva ripensato, ritirò fuori la lettera. La bruciò con una candela gettandola poi nel caminetto spento.

Dopo il loro incontro in biblioteca, Astoria e Karl, avevano passato le giornate seguenti insieme, per quanto concedessero gli impegni di entrambi a corte.
Non passò molto però che il Re dovette assentarsi qualche giorno da palazzo.
Astoria in ogni caso era felice, aveva ritrovato quell'uomo che aveva conosciuto all'inizio. Forse anche di più perché, quando erano sicuri di non essere visti, lui la baciava appassionatamente.
Però un paio di volte capitò anche che Karl vedesse Diana e allora Astoria diventava nervosa e irrequieta. Forse si illudeva di essere speciale e intanto Karl baciava in quel modo anche Diana? Il solo pensiero le ribaltava lo stomaco.
“Ma no, secondo me semplicemente non vuole mancare di rispetto a Diana palesando da subito che preferisce voi, e non gli riesce neanche molto bene se me lo permettete” le disse Anna. “Comunque questa sera al ballo dovreste indossare il vestito che vi ha mandato vostra madre, vi starà un incanto e vedrete che il Re Diana non la vedrà affatto!”
“Anna senza di te sarei persa!”.
La principessa guardò grata la sua affezionata cameriera, mentre ridevano complici, senza di lei sarebbe stato tutto molto più difficile.

Il ritorno di Karl era stata la scusa ottima per organizzare un ballo, visto che era passato molto dall'ultimo.
All'entrata della sala da ballo Astoria incontrò il marchese Gustavo con la figlia più piccola Greta. “Ah siete bellissima Astoria” le disse Greta che non cercava mai di nascondere minimamente la venerazione per Astoria.
“È vero siete incantevole! Avanti fateci una piroetta!” esclamò pimpante Gustavo che sembrava già un po’ brillo.
Astoria li fece contenti e fece volteggiare l'ampia gonna blu zaffiro finemente ornata, sua madre aveva sempre avuto gusti impeccabili nel sceglierle i vestiti.
Entrarono nel grande salone, Astoria non aveva ancora mai avuto occasione di vederlo, ne aveva trovato le porte sempre chiuse.
Vi si accedeva tramite una bianca scalinata di marmo su cui svettavano candelabri dorati, come erano dorate le pareti e i tre giganteschi lampadari carichi di candele che pendevano dal soffitto.
Su un lato della sala si aprivano una serie di grandi finestre alcune davano su terrazzi immersi nel verde. Dall'altra, esattamente di fronte, venivano riflesse da altrettanti specchi divisi da colonne dalla superficie liscia. Il soffitto affrescato ritraeva angeli intenti a suonare o adagiati su morbide bianche nuvole sullo sfondo azzurro del cielo.
La principessa si guardò intorno in quello splendore cercando di trovare Karl, che però pareva non fosse ancora arrivato.
Ad aprire la serata c'era uno spettacolo circense che aveva organizzato Diana in onore del Re, cosa che dette ad Astoria una punta di fastidio, lei non avrebbe saputo neanche da dove cominciare per fare una cosa del genere si rammaricò. Ma la magia dell'esibizione la distrasse da questi pensieri.
In un variopinto ed esuberante spettacolo, acrobati dagli abiti sgargianti, fachiri, leggiadre ballerine mostrarono il loro talenti.
Gustavo rimase indietro, lasciando che Astoria e Greta si spostassero in prima fila.
Sotto i loro occhi sgranati uno sputafuoco fece il giocoliere con delle torce accese, quando finì di rotearle ne portò una alle labbra ed emise una fiammata ardente dalla bocca come fosse un drago, entusiasmando Astoria e Greta che applaudirono con infantile meraviglia.
Quando il fuoco si dissolse e lo spettacolo volse al termine, Astoria finalmente individuò Karl che, palesemente molto lusingato dal dono, ringraziava Diana. Elegantemente le si inchinò, baciandole la mano.
“Non avrete veramente pensato di essere la favorita della corsa” le disse una voce tagliente.
Si voltò di scatto, accanto a lei era comparso il duca Fernand “Beveteci su. E valutate se non sia il caso di tornare nella vostra fattoria” rise senza allegria porgendole una flûte colma di champagne.
Astoria guardò l'uomo dallo sguardo infido non riuscendo a mascherare la propria antipatia.
“Grazie duca, avevo proprio la gola secca” il conte Alexandro tolse di mano il bicchiere al duca Fernand prima che Astoria avesse il tempo di prenderlo o rifiutarlo.
“Conte Alexandro, mi sembra di vedervi dietro ogni angolo ultimamente” disse gelido il duca.
“Non lo sapete? Marchese Alexandro se non vi spiace” il duca Fernand fece un verso sprezzante e se ne andò, lanciando a entrambi un ultimo sguardo carico di disprezzo.
“Grazie Alexandro, io non dovrei proprio parlare con quell'uomo” disse Astoria ricordando tutte le volte che Karl le aveva raccomandato di non trovarsi più nella sua stessa stanza.
“Dovere” rispose il marchese chinando elegantemente il capo.
“Alexandro datemi quel bicchiere, vado a svuotarlo prima che qualcuno se lo beva per davvero” disse a gran voce il marchese Gustavo spuntato dalla folla.
“Marchese Alexandro questa sì che è una bella notizia, però mi sembra di non vedervi molto contento stasera” notò la principessa.
“In effetti sono amareggiato. Ma non voglio annoiarvi” disse educato Alexandro.
“Non siate sciocco, io ho annoiato per bene voi giusto la settimana scorsa”
Il marchese le sorrise ricordando la loro cavalcata. Le raccontò che suo fratello aveva commesso qualche imprudenza nei regni a sud dei Cinque Regni, era finito imprigionato e ora Alexandro cercava il modo di aiutarlo.
“Ma ne avete parlato al Re? Potrà sicuramente darvi una mano” cercò di essergli di conforto Astoria.
“Il re lo sa, e per quanto gli sarà possibile vi aiuterà marchese” disse una voce alle spalle di Astoria.
Riconoscendola la principessa si voltò, non riuscendo a trattenere un sorriso di felicità a cui lui rispose discretamente, volgendo poi l'attenzione al marchese.
“Vi ringrazio maestà” disse Alexandro al Re con un breve inchino.
“Astoria se avete voglia io devo aprire le danze, vorrei farlo con voi” le propose Karl.
“Aiuterai veramente il cont… cioè il marchese?” gli chiese dopo che si furono congedati, mentre Karl la conduceva al centro del salone.
“Ci proverò. Gli sono debitore di più di un favore”.
La folla si aprì tra gli applausi per far loro posto e un valzer cominciò a suonare.
Dopo un breve inchino Karl le cinse la vita e presero a volteggiare per la sala da ballo. Astoria sentì la pelle bruciare sotto il suo tocco.
“Ho una gran voglia di sentirti dire che ti sei ingelosita prima” le confessò lui vanitoso dopo un po’.
“Possibile non ti sfugga mai nulla?!” gli rispose lei infastidita, un po’ dal suo autocompiacimento, un po’ perché era stata colta sul fatto.
“È difficile, soprattutto se ti riguarda. Hai finito il libro?” chiese curioso.
“Lo sto rileggendo” rispose lei sorridendo radiosa. “La prima volta l'ho letto così velocemente che mi è sembrato di non averlo apprezzato, ma era così avvincente che non riuscivo a fermarmi!”
“Era quello che speravo” rise Karl “Mi sei mancata” le sussurrò poi a tradimento ma con infinita dolcezza.
La musica cessò e cominciò un nuovo brano. Intorno a loro altre coppie avevano preso a danzare e ora c'era chi cambiava dama o cavaliere ma Karl non si mosse, la strinse ancora di più e riprese a condurre senza staccare lo sguardo da lei.
Ormai erano molto più vicini di quanto non consentissero le buone maniere, ma parve loro di essere soli in quella stanza.
Astoria si lasciò coccolare dai suoi occhi grigi, ricordando con un magone i loro baci e desiderandone altri. Così come l’intera corte in quel momento, i dubbi e la gelosia sparirono.

Astoria stesa sul letto il mattino seguente si rigirava tra le mani la cartolina di Cheyenne Saluti da Piautos, con affetto Cheyenne diceva solo questo.
Astoria sospirò, le mancava l'amica. Ma la cartolina almeno era bella con quelle navi, le pareva quasi di sentire l'odore dell'aria salmastra e lo stridio dei gabbiani. Però era delicata, Astoria la usava come segnalibro e già cominciava a spiegazzarsi ai quattro angoli, lasciando intravedere gli strati sovrapposti di carta. Astoria giocherellò distrattamente con uno dei bordi del cartoncino, chiedendosi dove l'avrebbero condotta i viaggi di Cheyenne, quando la metà posteriore della cartolina si staccò da quella frontale. L'aveva rotta pensò sentendosi in colpa. Se la rigirò tra le mani e balzò a sedere sul letto.
Non era rotta, era stata incollata e sui due pezzi interni del cartoncino Astoria riconobbe la scrittura aggraziata di Cheyenne.

Cara Astoria, devo essere breve non ho molto spazio. Se hai ricevuto la lettera ignora pure questo messaggio, ma se non l'hai ricevuta probabilmente controllano la tua posta e in quel caso spero che questo scritto ti raggiunga.
Io e Victor stiamo bene, siamo al porto di Piautos e a breve ci imbarcheremo diretti a oriente, non so quando riuscirò a scriverti di nuovo. Spero tu stia bene, fai attenzione e non fidarti di nessuno a corte, ad eccezione di Gustavo, spero di non sbagliare. E non fidarti di Anna, è agli ordini diretti del re e gli riferisce ogni cosa fin da quando avete lasciato Tabita,, fai valere l'avvertimento per ogni singolo domestico. Numererò ogni lettera così saprai se ne mancano. Con affetto Cheyenne

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il rinfresco ***



 

Capitolo 13

Il rinfresco

Astoria, seduta sul letto, fissava ancora intontita la cartolina divisa in due. Il cuore pesante, le sembrò che i muri volessero crollarle addosso. L'aveva riletta ormai tre volte, incapace di credere a ciò che diceva. Ma perché mai Cheyenne avrebbe dovuto mentire?
La principessa sentì bussare, aveva già idea di chi fosse. Si rese conto di aver temuto quel momento tutto il tempo. Eppure le doveva delle spiegazioni. Chiuse gli occhi prendendo un profondo respiro e si preparò mentalmente ad affrontare Anna.
“Buongiorno!” il sorriso si spense sul grazioso volto della cameriera quando vide l'espressione terrea di Astoria. “Cosa succede?” le chiese allarmata.
“É la domanda che volevo farti io” le disse Astoria gelida.
Anna non era stupida, capì subito cosa alludesse la principessa, ma non seppe che dire, esitò a lungo. “Non mi ha lasciato scelta” disse quasi in un sussurro poi guardando il pavimento.
“Si che l'avevi, potevi dirmelo!” disse Astoria con gli occhi lucidi sull'orlo del pianto, la rabbia per essere stata ingannata cominciava a pervaderla, ma non era su Anna che voleva dirigerla, perché una piccola parte di lei lo sapeva che diceva il vero.
“Va via!” le disse solo, con tono che non ammetteva repliche. E Anna ubbidì.
Astoria non si lasciò tempo per riflettere, asciugò le sue lacrime, si vestì in fretta e andò a cercare Karl.
Neanche mezz’ora dopo Astoria arrivò davanti alla porta dell’ufficio del Re. Bussò nervosamente ma dall’interno non giunse risposta né alcun rumore.
“Sua maestà è in giardino mia signora” disse a bassa voce la giovane guardia della volta prima. Questa volta era solo, quindi almeno si risparmiò di essere ripreso.
Astoria lo ringraziò e uscì. Vagò a lungo per i giardini alla ricerca del Re ma non lo trovò. Pensò che forse nel frattempo lui fosse tornato a palazzo, poi le venne un'idea.
Si avvicinò al muro d'edera e la scostò, il cancello del giardino segreto era aperto.

Quella mattina Karl aveva deciso di vedere Diana, aveva preso la sua decisione, non aveva senso continuare quella farsa. Come se non bastasse poi, c'era stato quello che aveva visto la sera prima al ballo, Nicolas e Diana sul terrazzo. Come poteva ignorare oltre il trasporto con cui si guardavano? Anche se non ci fosse stata Astoria, Karl non avrebbe mai potuto sposarla, si rese conto di saperlo già da un po’, non poteva fare una cosa del genere a suo fratello.
Incontrò la principessa di Ain nel giardino segreto, lì avrebbero potuto parlare lontani da orecchie indiscrete.
Camminavano sul tappeto erboso in mezzo alle rose che ora cominciavano a sfiorire.
“Ovviamente Diana, io nutro un profondo affetto e rispetto per voi, potete rimanere tutto il tempo che desiderate” stava dicendo Karl, camminando con le mani dietro la schiena. “Soprattutto se avete voglia di passare ancora del tempo con mio fratello” aggiunse a tradimento, sbirciando la reazione di Diana.
“Non è successo niente ve lo giuro!” si giustificò allarmata lei, arrossendo come un peperone.
“Si, lo so vi credo. Però dalla vostra reazione posso dedurre che lui sia corrisposto?” rise divertito il Re.
Diana tacque sempre più imbarazzata, Karl lo prese per un sì.
“Allora rimanete Diana. E per quanto mi riguarda avete la mia benedizione” disse prendendole le mani e sorridendole incoraggiante.
Il rossore non svanì dalle guance della principessa di Ain, ma si rilassò e rispose al sorriso incerta. Inaspettatamente Karl vide il suo volto adombrarsi.
Lo sguardo di Diana era stato catturato da qualcosa alle sue spalle, presto un'espressione mortificata le si dipinse in volto, spingendo anche il Re a voltarsi, giusto in tempo per vedere Astoria allontanarsi in tutta fretta.
“Beh cosa aspettate muovetevi!” lo riscosse Diana, vedendo che Karl era rimasto a guardare immobile il punto in cui la principessa di Tabita era sparita pochi secondi prima. Non se lo fece ripetere.
“Astoria fermati!” urlò alle sue spalle, cercando di raggiungerla sull’ampio viale sterrato, costeggiato da ordiate siepi perfettamente squadrate.
Astoria non diede segno di averlo sentito, ma ormai era quasi riuscito a raggiungerla. A grandi passi la superò e le si parò davanti, afferrandole le braccia per arrestare la sua corsa. Fu con una fitta al cuore che si accorse che piangeva.
“Astoria non fraintendere ciò che hai visto” la pregò.
“A me sembrava abbastanza chiaro ciò che ho visto!” evitando di guardarlo.
“No invece, Astoria è te che amo!”
“Si ma io non ti credo! Non hai fatto che mentire, so tutto di Anna...mi sento così stupida!” disse la principessa scuotendo il capo, cogliendo Karl alla sprovvista.
“Chi te lo ha detto?” chiese.
“Ti preoccupi di come l'ho scoperto?! Preoccupati del fatto che tu non me lo hai detto, mi hai ingannata!”
“É stato prima di conoscerti meglio Astoria...” la implorò.
“E poi?” chiese lei, puntando finalmente gli occhi carichi di lacrime e rancore addosso al Re.
“E poi temevo di arrivare a questo” rispose lui, senza riuscire a sostenere quello sguardo, non trovò più giustificazioni. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta che qualcuno era riuscito a farlo sentire così.
“Torna da Diana” lo lapidò Astoria. Questa volta non cercò di fermarla.

Per approfittare delle ultime giornate dal clima gradevole e la meravigliosa atmosfera autunnale che cominciava ad avvolgere il parco, venne organizzato un rinfresco all'aperto, in uno dei grandi prati attorno a palazzo.
Erano stati allestiti numerosi gazebo bianchi, ognuno ospitava ora tavoli imbanditi con ogni prelibatezza, salottini, tavoli da gioco o zone per rinfrescarsi.
Valletti in livrea giravano con vassoi colmi di calici di champagne e tartine. Era stato anche preparato un piccolo palco rialzato dal quale diversi musicisti intrattenevano gli ospiti, dove ora Nicolas aveva preso possesso del pianoforte e si esibiva con Diana.
La principessa di Ain cantava come un usignolo, con occhi solo per il suo principe. I due si guardavano con tale intensità, da essere totalmente dimentichi del mondo circostante. Fu quando Nicolas pretese di cominciare duettare che la magia si ruppe. Diana scoppiò a ridere, Nicolas era un bravissimo pianista, ma era stonato come una campana.
Astoria, che generalmente avrebbe apprezzato non poco una giornata di quel tipo, li guardava da lontano. In disparte non desiderava parlare con nessuno, nei suoi pensieri accarezzava l'idea di tornare a Tabita.
Poco prima, nella sua stanza, Anna si era presentata chiedendole se volesse aiuto per prepararsi. Negli ultimi due giorni, da quando Astoria aveva scoperto l'intrigo, Anna si era testardamente presentata per svolgere i suoi compiti più volte al giorno, nonostante Astoria la cacciasse ogni volta in malo modo. Presto la caparbietà della principessa dovette cedere a favore di quella ancora più ferrea della sua cameriera, così quella mattina aveva lasciato che la aiutasse.
“Non gli dirai più una sola parola promettimelo” fece giurare al riflesso di Anna, mentre sapientemente dominava la sua chioma ribelle.
“Sarò muta come una tomba d'ora in poi” rispose la domestica, con un piccolo sorriso di sollievo che le si faceva strada sul viso grazioso.

Astoria decise che ne aveva abbastanza per quella giornata, non sarebbe più stata in grado di fingere un altro sorriso o di rispondere con forzata cortesia a nessun altro nobile. Si incamminò tra la folla per tornare in stanza.
Mentre cercava di evitare che i tacchi affondassero nel morbido terreno tappezzato di erbetta, decise di fermarsi ancora una volta al buffet dei dolci, niente poteva consolarla meglio di un po’ di cioccolata pensò. Ma fù lì che si imbatté nel duca Fernand.
Sembrava avesse alzato troppo il gomito.
Decisa ad ignorarlo, Astoria non lo guardò neanche, ma si premurò di servirsi in fretta.
“Per piacere lasciatemi”. Ad Astoria arrivò la voce tesa di una delle cameriere che faceva avanti e indietro dalla cucina per rifornire i vassoi.
Voltandosi discretamente vide che il duca le teneva il braccio serrato in una morsa e cercava di avvicinarla, pretendendo un bacio. Erano soli ad eccezione di un giovane valletto che guardava la scena atterrito, non sapendo bene come comportarsi.
“Lasciatela!” gli intimò la principessa di Tabita, frapponendosi tra i due, senza esitazione.
La malcapitata cameriera svelta si dileguò appena il duca allentò la presa.
“Ah la nostra damigella senza paura! Quando imparerete a stare al vostro posto?” chiese Fernand, avvicinandosi barcollante, più di quanto stesse bene, ad Astoria.
Alla principessa, arrivò una folata nauseante di alito carico d'alcool, che le fece storcere il naso, ma fiera mantenne la sua posizione.
“Voi siete solo un meschino prepotente!” gli sibilò a denti stretti.
Più fulmineo di quanto ci si sarebbe aspettati, considerando la poca lucidità, il duca afferrò un coltello dal tavolo e lo puntò alla gola di Astoria.
“Piccola insolente che non sei altro. Ripetilo se hai il coraggio” le ringhiò a un centimetro dal naso.
“Cosa credete di fare?!”
In un lampo Karl si lanciò sul duca e lo sollevò violento per la collottola, facendogli penzolare i piedi. Il Re si portò il viso del duca a livello del suo e lo fissò con il volto alterato da una collera feroce.
“Non azzardatevi mai più neanche a guardarla” gli ringhiò con tutta la rabbia e il disprezzo che aveva in corpo.
Il duca, che ancora cercava di capire cosa fosse successo, non ebbe nemmeno il tempo di rispondere.
“Siete in arresto” dichiarò Karl, facendo al contempo segno a due guardie che intanto erano accorse, richiamate dal trambusto.
Ormai il Re aveva tutte le prove che gli servivano per fare in modo che quell'uomo non uscisse più di prigione, non aveva dovuto far altro che aspettare un pretesto per arrestarlo.
Il duca fu portato via in mezzo allo stupore generale. Il prigioniero trovò la presenza mentale necessaria per non dire una parola, cercò di non tradirsi o aggravare la propria posizione. Di certo non sapeva delle prove in mano al Re ed era convinto che l'avrebbe fatta franca, progettando di vendicarsi in seguito. Fu giustiziato due mesi dopo a seguito di un equo processo.
Karl si girò, ancora alterato verso la principessa di Tabita.
“Si può sapere cos'è successo?” le si rivolse, con un tono un po’ più severo di quanto non intendesse.
Guardandola lesse subito sul volto della principessa che lei non avrebbe proferito parola. Consapevole di questo, il Re allora si rivolse al valletto, che nel corso dell’intera vicenda non aveva abbandonato la propria postazione.
“Tu, parla!” ordinò indicandolo.
Il valletto incerto e in evidente soggezione raccontò l'accaduto. Quando il domestico ebbe terminato, Karl, senza render conto a nessuno, afferrò Astoria per un braccio e la condusse senza convenevoli all'interno del palazzo.

Il Re si infilò nel primo salottino utile che trovò. Chiuse a chiave la porta e finalmente lasciò la presa, ancora salda su Astoria. Ancora travolto dall'adrenalina non riusciva a stare fermo, prese a misurare ad ampi passi la stanza.
“Quante volte te l'ho ripetuto?!” cominciò a riprenderla, arrabbiato, ma quando si voltò i rimproveri gli morirono in gola.
Astoria singhiozzava silenziosamente, guardando il pavimento.
“Così mi uccidi” mormorò Karl affrettandosi a stringerla delicatamente a sé, lasciandole la possibilità di respingerlo se voleva.
Astoria però non lo allontanò, si lasciò avvolgere dal suo corpo forte, senza opporre resistenza e pianse tutte le sue lacrime, rannicchiata contro il suo petto.
Karl affondò il viso nei suoi capelli inspirandone il profumo.
“Perdonami” le sussurrò. “Ho bisogno disperato del tuo perdono”
Le diede un bacio sulla tempia scostandola appena, per guardarla, senza sciogliere l'abbraccio “Ti sei spaventata”.
Non era una domanda, ma Astoria scosse la testa.
“Il coltello era da burro, non aveva neanche la punta” riuscì a dire calmandosi poco per volta.
“E allora perché piangi?”
“Non indovini? Non ce la faccio più ad affrontarti, a discutere ancora, non ne ho più la forza”
Karl la guardò dall’alto e se Astoria avesse alzato lo sguardo, avrebbe visto riflesso nei suoi occhi tutto l'amore che provava per lei.
“Ho visto Nicolas e Diana” confessò poi lei con gli occhi scuri ancora lucidi dal pianto. Karl tacque.
“Ti amo” le disse solamente dopo un po’.
Finalmente, a quelle parole, Astoria alzò il viso verso di lui.
“Ti amo, voglio sposarti e non accetterò un no come risposta” ripeté lui, asciugandole le lacrime con i pollici e posandole un bacio delicato sulle labbra, stringendola forte a sé. Non l'avrebbe mai più lasciata andare.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Epilogo ***




Epilogo

Il Re e la Regina di Avior rientrarono nelle loro stanze. “La gente di Eltanin è libera, la guerra è finita da un pezzo se ne facciano una ragione!” stava brontolando Karl.
Almeno per una volta non era stata la moglie a farlo innervosire.
“C'è posta per te sul tavolino” aggiunse poi, mentre si liberava della giacca e dei pesanti stivali, per mettersi comodo.
Astoria si avvicinò al tavolo e prese in mano la busta. Era di Cheyenne.
La Regina di Avior dispiegò la lettera e controllò il numero. Quattro, non ne mancavano. Era stranamente breve e per un attimo registrò qualcosa di strano nella scrittura di Cheyenne, sembrava avesse scritto in fretta. “Auch!” sussultò guardandosi la pancia, dove un bozzo stava scomparendo. La lettera le sfuggì di mano e planò leggera sul pavimento.
“Oh no...” sospirò guardandola sconsolata, adesso avrebbe dovuto chinarsi.
“Lascia, la prendo io” Karl lasciò stare i discorsi di politica e si avvicinò per avvolgere amorevolmente le mani sul pancione. “A giudicare da come scalcia è femmina e ha il tuo caratteraccio!” commentò incapace di non sorridere, guardandola felice come non mai.
Astoria rise “Il mio sarebbe un caratteraccio?! Ma da che pulpito!” era felice anche lei come non lo era mai stata, felice e terrorizzata insieme.
“Adesso venite qua a stendervi voi due, è ora che riposiate un po’” disse premuroso Karl.
Si dimenticarono del foglio che giaceva sul pavimento.

 

Angolino dell'autrice:
E così siamo arrivati alla fine, non ho molto da aggiungere a quanto già detto nella nota iniziale. 
I due capitoli che seguono, "La strega e la prima notte" e "Eltanin Castello di neve", sono rispettivamente un capitolo extra scritto in occasione di un contest di halloween e il primo capitolo del sequel che avevo in mente di scrivere, in cui viene raccontato cosa accade a Cheyenne dopo la fuga con Victor. Avevo buttato giù qualche capitolo ma poi ho accantonato il progetto per dedicarmi ad altro e ora posso dire che non penso di proseguire.
Ringrazio infinitamente tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui, siete il mio carburante <3 
A presto ^^
Cedro

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo Extra ***


Nota: Questo capitolo si colloca tra l’ultimo capitolo e l’epilogo.

 

 
 
La strega e la prima notte

 
 
Astoria, affacciata al balcone della sua stanza, si lasciò avvolgere dagli ultimi raggi di sole caldi della stagione. Le chiome delle betulle, che vedeva stagliarsi sul cielo limpido nel vasto giardino di corte, danzavano impetuose sferzate dal vento freddo tipico delle giornate di metà ottobre. Vento, che oltre a far vorticare in delicati turbinii le foglie degli alberi variopinte, faceva cadere le castagne dagli alberi, pensò stizzita la principessa, massaggiandosi il bernoccolo che si era guadagnata il giorno prima, mentre con Karl, Nicolas e Diana passeggiava per raccogliere quei piccoli deliziosi frutti bruni.
L’intenzione era quella di passare il raro pomeriggio libero da impegni dei regnanti di Avior, a passeggiare lungo il viale costeggiato dai castagni, che serpeggiava nei boschi, poco fuori dalle mura del palazzo.
Quella sera i due fratelli vollero occuparsi personalmente di cuocere le caldarroste, così avevano deciso di congedare praticamente tutta la servitù e guadagnare così ancora più intimità.
“Voglio farlo ogni mese!” aveva sentenziato Nicolas, seduto scompostamente sul pavimento, davanti al caminetto accesso, alle prese con una castagna che non aveva nessuna intenzione di farsi sbucciare. “Il pomeriggio in famiglia” precisò lanciando infine spazientito il frutto, ancora avvolto dalla fine peluria che non era riuscito a staccare, tra i gusci vuoti.
“È vero giornate del genere dovrebbero diventare un’abitudine” concordò Karl, “era una vita che non mi sentivo così spensierato” aggiunse piano, accompagnando al sussurro una delicata carezza ad Astoria, la sua futura sposa.
Lo sguardo che le regalò le fece sciogliere il cuore. Non sopportava l’idea di pensare a quanto doveva essersi sentito solo Karl in tutti quegli anni, mentre lei si era sempre crogiolata nell’amore, che ingenuamente considerava scontato, della sua famiglia.
Mentre fuori, complici le giornate che andavano accorciandosi, già si faceva buio, i quattro davanti al caminetto rimasero fino a tardi a conversare allegri, sorseggiando succo di mela caldo aromatizzato alla cannella e, grazie a Nicolas, corretto con un’eccessiva dose di rum.
Astoria pensò che nonostante fosse lì solo da pochi mesi, era già affezionata ai componenti di quella nuova giovane famiglia.
 
Un sommesso bussare la riportò al presente “Avanti” disse indovinando già chi fosse.
“Mia signora, la carrozza è pronta” disse Anna, la sua cameriera personale. “Vi aiuto a mettervi un cappotto più caldo” aggiunse, senza riuscire a celare la tensione nella voce.
“Hai mangiato dei mandarini Anna?” le chiese la principessa, avvertendone su di lei l’ombra dell’aroma, che bastò a infastidirle la lingua. “Perché non mi hai detto che già ci sono?! Ne voglio una ciotola piena, anzi un secchio!”
Anna la guardò con rimprovero rifiutandosi di cadere nel tranello del cambio argomento. “Ci sono anche già i cachi se è per questo” disse secca. “Ma non cercate di imbrogliarmi, io continuo a non credere affatto sia una buona idea” aggiunse infatti la donna bionda e minuta, mentre sceglieva l’indumento adatto nell’immenso guardaroba della principessa di Tabita.
“Lo so Anna, ma cosa faresti al mio posto?” sospirò Astoria, ancora indecisa se attuare veramente il suo folle piano “Non voglio deluderlo…” ammise guardandosi i piedi.
Anna annuì, ne avevano già parlato così tanto, e quell’idea alla fine l’aveva suggerita proprio lei, prima di pentirsi amaramente di averlo fatto. “Allora andiamo” decise prima che avessero tempo di ripensarci ancora una volta.
Astoria aveva confidato tutto ad Anna di quanto era accaduto la sera di diversi giorni prima.
Quella confidenza non era assolutamente appropriata, ma la principessa aveva sentito il gran bisogno di esternare i suoi timori con qualcuno, e di Anna, nonostante tutto ciò che era successo, ora sentiva di potersi fidare. Ad esclusione di Diana poi, era anche l’unica giovane donna di cui era strettamente amica, e nonostante avesse legato molto con la principessa di Ain negli ultimi tempi, era fuori discussione parlare con lei di certe cose.
La colpa dei suoi guai era, ovviamente ancora una volta, Karl.
Astoria gettò uno sguardo distratto al passaggio segreto celato da un arazzo, ad uno degli angoli della stanza. Il passaggio segreto che metteva in comunicazione la sua camera nientemeno che con quella del Re di Avior. Karl ovviamente era stato a conoscenza dell’esistenza di quella via fin da subito, anzi, le aveva assegnato quella stanza proprio nella speranza che un giorno sarebbe arrivato il momento di servirsene, cosa ora che faceva praticamente ogni sera. Come sempre il Re si era rivelato uno stratega lungimirante, pensò Astoria infastidita. Ogni tanto era così pieno di sé, così sicuro che alla fine lei avrebbe accettato di sposarlo.
 
Quasi una settimana prima Astoria, in quella stessa stanza, leggeva adagiata comodamente sui morbidi cuscini davanti al caminetto accesso. Le fiamme vivaci lanciavano nella camera rasserenanti bagliori aranciati. Karl era impegnato in un Consiglio con i Lord fino a tardi, ormai non si aspettava più di vederlo, quando un cigolio l’aveva fatta sobbalzare. “Scusami non volevo spaventarti” disse piano Karl facendo capolino da dietro la pesante stoffa.
Nonostante alle nozze mancassero ancora diversi mesi, i due innamorati si stavano abituando a passare le serate insieme, alla ricerca di un po’ di intimità, difficile da trovare per il Re di Avior e la sua futura Regina. Karl però cominciava a perdere l’abitudine di bussare per annunciarsi.
Astoria alzò la testa per ricevere un bacio dal futuro marito.
“Astoria…” le sussurrò sulle labbra.
“Sì?” chiese lei completamente avvinta.
“Non hai la vestaglia…e questa camicia da notte è trasparente” disse distogliendo forzatamente lo sguardo dalle forme seducenti della principessa.
Astoria arrossì e si ritrasse “Perché dovresti avvisare prima di entrare” lo rimproverò alzandosi per prendere la vestaglia che giaceva abbandonata sul letto.
Ma la sua mano, fermata da quella del Re, non arrivò a toccarne la raffinata stoffa.
Karl, gli occhi accesi dalla passione, le si avvicinò per accarezzare le forme che si intravedevano sotto la veste semitrasparente e impalpabile.
“Vorrei sapessi cosa vorrei farti” le disse con voce roca prima di attirarla a sé e baciarla prepotente. In pochi istanti si ritrovò distesa sul letto, Karl tra le sue gambe, la camicia da notte tirata sopra i fianchi.
“Karl…fermati” mugugnò mentre lui le baciava il collo annebbiandole la mente. “Karl!” ripeté con più convinzione quado lui fece scivolare la mano sulla sua femminilità, trovandola umida.
“Voglio farti provare una cosa” le mormorò suadente. “Non farò niente che non dovremmo, promesso…ti fidi di me?” chiese guardandola negli occhi, i suoi ardenti di desiderio.
Astoria annuì, aveva già capito da tempo che quello sguardo accattivante avrebbe sempre avuto la meglio sulla sua volontà.
Karl mantenne la promessa, con le dita e con la bocca le fece toccare il cielo con un dito, lasciando intatta la sua virtù.
 
Nei giorni seguenti Astoria aveva cercato di non dar vedere al Re quanto quella notte l’avesse turbata.
Ovviamente aveva pensato spesso a ciò che sarebbe successo la prima notte di nozze, ma lei e Karl erano sempre stati attratti l’uno dall’altra, c’era la chimica necessaria tra loro. Quello che turbò la principessa fu una questione di cui non sapeva avrebbe dovuto preoccuparsi.
Karl le aveva mostrato di conoscere molto meglio di lei il suo corpo di donna, le aveva fatto provare quella nuova sensazione inebriante, sapeva esattamente come e dove toccarla per farle perdere la testa. Ma lei? Astoria non solo si rendeva conto di non conoscere sé stessa, ma non aveva neanche la più vaga idea di come funzionasse il corpo di un uomo, come avrebbe fatto a soddisfarlo?
Questa preoccupazione le fece perdere il sonno, l’idea di rivelarsi una delusione per il Re la tormentò per i giorni successivi.
Infine aveva deciso di confidarsi con Anna, ma neanche la cameriera non era mai stata con un uomo, e tanto meno Diana, le cui nozze con Nicolas erano ancora lontane. L’unica che avrebbe potuto aiutarla era Cheyenne, ma l’amica a quest’ora, per quanto ne sapesse la principessa di Tabita, era dall’altra parte del mondo, con Victor.
L’idea era venuta ad Anna. Un giorno, mentre rientrava da una passeggiata con un cesto pieno di noci profumate, sul viale usato dai domestici già ingombro di foglie secche che scricchiolavano sotto gli stivaletti, aveva incrociato una cortigiana che lasciava il palazzo dall’uscita di servizio. Vederla non l’aveva sconvolta particolarmente, non era inusuale scorgerne qualche d’una chiamata a corte per intrattenere qualche nobile, ma l’incontro le suggerì la soluzione al problema della sua signora.
“Dovrei ingaggiare una prostituta per farmi spiegare come funziona?” chiese Astoria incredula in un primo momento. La sola idea di assumere una donna di facili costumi per qualche ora, per farsi istruire sui modi di appagare un uomo, sembrava ridicola, oltre che inappropriata, senza ombra di dubbio. Eppure, più ci pensava e più sembrava la cosa più logica da fare. Una cortigiana sarebbe stata discreta e di sicuro dalla sua avrebbe avuto l’esperienza.
“Ma non possiamo incontrarla qui Anna, Karl lo verrebbe a sapere di sicuro, mi vergognerei da morire, no…”
Possiamo?” la interruppe la cameriera sgranando gli occhi.
“Beh non ti aspetterai che io la veda da sola! Non se ne parla tu starai con me! E poi non sei curiosa anche tu?”
Anna rispose che sì, effettivamente era curiosa anche lei. Ma se non potevano tenere quell’incontro a palazzo l’unica altra soluzione era recarsi in città, alla casa di piacere, forse lei poteva indagare e organizzarle un incontro in gran segreto grazie a qualche aggancio.
E così aveva fatto, l’appuntamento venne organizzato per quel pomeriggio.
 
Astoria studiò l’ingresso di quell’edificio tutto sommato anonimo. Il vialetto d’accesso era curato, addobbato con piccole zucche ornamentali e pannocchie secche, un omaggio alla romantica atmosfera autunnale e alla imminente Festa del Raccolto che sanciva la chiusura della stagione.
Improvvisamente la giornata si adombrò, Astoria guardò rapidamente in direzione dei lontani picchi incappucciati dalle prime nevicate, su cui notò con delusione, si stavano radunando scure nuvole cariche di pioggia. Si prospettava una serata piovosa, se non temporalesca, come preannunciò il rombo lontano di un tuono.
Avevano appena varcato il cancelletto d’ingresso che improvvisamente Anna esclamò “Attenta!”
Astoria saltò all’indietro colta alla sprovvista. Ebbe appena il tempo di vedere un’ombra scura sfrecciare davanti a lei.
“Un gatto nero ci ha tagliato la strada” le sussurrò la cameriera “è un brutto presagio…andiamo via…” la pregò, sempre più in apprensione.
La principessa le lanciò un’occhiata di biasimo “Anna non è il momento per queste sciocche superstizioni!” la rimproverò “E poi io non credo a queste cose, sono tutte stupidaggini” disse più per convincere sé stessa che l’amica.
Salendo i tre bassi gradini d’entrata ammirò la bellissima ghirlanda di foglie secche dai colori vivaci appesa al portone, facendosi l’appunto mentale di chiedere di confezionarne di simili anche per il palazzo. Anna invece si strinse nel cappotto, l’aria si stava facendo fredda e umida, la giornata era diventata grigia.
La cameriera la guardò per chiedere tacitamente conferma di voler andare fino in fondo. Al piccolo cenno d’assenso che le rivolse la sua signora sospirò sconsolata e bussò con il pesante battacchio, dall’originale forma di pipistrello.
La porta si aprì cigolando dopo pochi secondi, non c’era nessuno ad accogliere le due dame, solo il vuoto scuro dell’atrio.
Anna scosse la testa, ora decisamente spaventata, sempre più tentata di tornare sui suoi passi. Astoria la ignorò e varcò la soglia.
L’interno dell’abitazione era elegante e pulito, notò nella penombra. Le finestre erano coperte da spesse tende scarlatte, a tutela della riservatezza della clientela, immaginò. Su un tavolino tondo in centro alla stanza, in un bellissimo vaso di porcellana azzurra, dominava una stupenda composizione di fiori secchi, spighe di grano e alchechengi. L’ambiente era così curato che per poco la principessa non credette di essere nel posto sbagliato, almeno fino a quando le sue orecchie non captarono i rumori ovattati provenire dalle stanze della casa.
Le due giovani si guardarono, arrossendo per l’imbarazzo.
Gridolini, risate divertite, gemiti e urla di estasi rompevano il silenzio. Sempre più a disagio le due cominciarono a chiedersi cosa avrebbero dovuto fare, si sarebbero azzardate a bussare ad una delle porte che si affacciavano sul corridoio?
Proprio quando la principessa stava per chiedere ad Anna con chi avrebbero dovuto incontrarsi, una voce le raggiunse dall’alto della curva scalinata in mogano che svettava sulla stanza.
“Vi stavo aspettando” disse una voce carezzevole.
In cima alle scale una donna, non più giovane, ma ugualmente bellissima, sorrideva serafica. Indossava un morbido vestito di velluto verde sul corpo snello, due pendenti color smeraldo incorniciavano il viso candido senza ombra di una ruga. I capelli biondi legati in un basso e morbido chignon, fermato sulla nuca da un fermaglio dorato.
“Prego, se volete raggiungermi” disse poggiando aggraziatamente una mano ingioiellata al corrimano lucido.
Astoria ed Anna si fecero coraggio e presero a salire lente i gradini rivestiti da un tappeto orientale dello stesso colore delle tende.
Tutto accadde in fretta.
Astoria aveva quasi raggiunto la sommità delle scale quando lo sguardo le cadde sulla lunga ombra della donna che si allungava verso di lei sui gradini alla luce tremolante delle candele.
Anche ripensandoci in futuro, Astoria ne era assolutamente certa, la donna non si era mossa di un millimetro, ma la sua ombra sì. La pozza nera si allungò rapida verso le caviglie della principessa. Due mani affusolate, con unghie lunghe come artigli affilati, sfrecciarono sul pavimento per afferrarle le gambe.
Astoria balzò indietro nel tentativo di sottrarsi alla presa, che però non si serrò su di lei. Se Anna non l’avesse prontamente sorretta sarebbe sicuramente ruzzolata giù per la gradinata.
Una volta recuperato l’equilibrio la principessa vide che l’ombra si era volatilizzata. Guardinga, alzò lo sguardo sulla donna. Il sorriso che inizialmente le era sembrato cordiale, ora appariva sinistro, come lo strano bagliore che attraversò i suoi occhi verde intenso.
Senza commenti o alcun segno di stupore per l’accaduto, la padrona di casa fece loro strada in un salottino al primo piano. Astoria, il cuore che martellava inquietamente nel petto, si costrinse a seguirla, convincendosi che la strana sensazione che la avvolgeva, così come l’illusione che aveva avuto sulle scale, fossero solo frutto della suggestione.
“Ero proprio curiosa di conoscervi principessa” disse la donna placidamente, una volta che ebbero preso posto in un caldo salottino, piacevolmente profumato da incensi, che sorprendentemente non risultavano essere fastidiosi.
Astoria e Anna si lanciarono un’occhiata preoccupata, avevano messo particolare cura nel mantenere l’anonimato.
La donna rise frizzante “Non temete siete state abbastanza attente!” concesse captando il loro pensiero. “Ma io so molte cose” aggiunse seria “È uno dei vantaggi di gestire un bordello. I miei clienti chiacchierano molto. Soprattutto le signore”.
Le giovani, la cui presenza in quel posto si faceva sempre più equivoca, sgranarono gli occhi interdette, facendo sorridere la padrona di casa.
“Non vi stupite, anche alle donne piace cercare piacere. E da me ognuno trova ciò che cerca. Non amo fare distinzioni tra i sessi. Tantomeno giudicare i gusti altrui” spiegò divertita versando loro un profumato infuso di arancia, mela e anice stellato, che fumava invitante nelle raffinate tazzine bianche e dorate.  
“Quindi voi non siete una…una…” azzardò Astoria.
“Una prostituta? No, io sono la maîtresse mia cara, madama Elena, anche se in città adorano chiamarmi La Strega, pettegoli che non sono altro” proseguì con un cenno spazientito della mano, palesemente contraria a quell’appellativo. “Ma veniamo al motivo per cui siete qui, principessa di Tabita”. Improvvisamente madama Elena si fece seria e scura in volto, così come la luce nell’intera stanza.
“Non è molto scaltra la futura Regina facendosi vedere in un posto del genere. Questa volta vi è andata bene, nessuno lo saprà, ma dovete imparare ad essere più cauta, non lo avete forse già imparato?” la mise in guardia.
La Strega fissò i suoi penetranti occhi verdi in quelli della giovane. Astoria incapace di abbassare lo sguardo, nonostante avesse tanto voluto, cercò di capire cosa in quella stanza potesse riflettersi in quel modo negli occhi della maîtresse, ma anche guardandosi intorno non avrebbe trovato la fonte di quel bagliore. Quella luce verde, quella fiamma ardente color smeraldo sembrava provenire dal più profondo della sua anima.
Astoria, nonostante la temperatura gradevole, sentì un brivido gelido correrlo lungo la schiena. Per quale motivo gli abitanti di quella città le avevano attribuito quel soprannome? Astoria pensò che non fosse stato scelto a caso.
“Quanto è disposta a darmi in cambio la futura Regina di Avior e dei Cinque Regni per il mio aiuto?” proseguì suadente madama Elena “Quanto profondo è il desiderio di rendere contento il Re, tuo marito, quando verrà il momento? Quanto profonda è la tua devozione?” indagò senza aspettarsi realmente una risposta.
La principessa ebbe la sensazione che in realtà la Strega la stesse cercando da sé, frugando nella sua mente. Cercò la forza di volontà per distogliere lo sguardo. Ghermita da quagli occhi inquisitori, non la trovò.
Il cigolio provocato dall’ondeggiare di uno sportellino alla finestra ruppe l’incantesimo, liberando Astoria dalla forza invisibile che non era sicura di aver solo immaginato. Con la coda dell’occhio intravide un’ombra sfrecciare nella stanza.
“Ah mia piccola Nur” cinguettò madama Elena, celando nuovamente la sua natura sinistra, tornando ad indossare la maschera di accattivante maîtresse. “Dove ti eri cacciata?” chiese sdolcinatamente, accarezzando un curato micio nero dal pelo lucente. Quello, dopo essersi strofinato sulle gambe della proprietaria, corse ad acciambellarsi su una morbida poltrona accanto al fuoco.
Astoria guardò quel gatto, indovinando fosse quello che poco prima le aveva tagliato la strada. Bizzarramente l’animale la guardò di rimando, con i suoi occhi diversi, uno ambrato e l’altro verde. La guardava fisso negli occhi. Quella situazione si faceva sempre più singolare.
“Allora non perdiamo altro tempo!” decretò allegra la padrona di casa, mentre la stanza sembrò rischiararsi nuovamente, senza apparente motivo. Si alzò ed estrasse un libro da uno dei cassetti di un comò, tinteggiato di viola e arancione, su cui erano incise strane rune.
“Abbiamo un argomento da affrontare, non vi lascerò andare via senza ciò per cui siete venute” disse ammiccando maliziosamente.
Nell’ora seguente, madama Elena, come promesso, spiegò alla principessa tutto ciò che voleva sapere. La Strega, padrona dell’argomento, gestì sapientemente la lezione, senza diventare mai volgare o particolarmente imbarazzante. Mentre conversavano, l’atmosfera si rilassò, perfino Anna fece qualche domanda. La principessa si chiese se forse la sua fervida immaginazione avesse viaggiato troppo. Continuò a rimanere in guardia, non di fidava affatto di quella donna.
“Dobbiamo concludere qui temo. Siamo attese al piano inferiore” concluse madama Elena.
“Vi ringrazio infinitamente madama Elena, siete la mia salvatrice” disse la principessa, ricordando finalmente le buone maniere.
“Quando avrete bisogno mi troverete qui, per questo e altro ancora” disse la Strega, sott’intendendo cose che la principessa, almeno per il momento, non poteva capire.
“Meglio non far aspettare il Re, diventa irritabile quando pensa di star perdendo tempo” esclamò incomprensibilmente la maîtresse.
“Il Re?” ripeté Astoria perplessa.
 
Karl, tenendo compostamente le mani dietro la schiena, batteva spazientito un piede sul pavimento. Aspettava solo da pochi minuti che madama Elena si degnasse di palesarsi, già troppi per i suoi gusti.
“Karl! Cosa ci fai qui?” la voce di Astoria gli arrivò dalla balconata.
“Cosa ci faccio io qui?” ribatté scocciato, mentre la sua amata scendeva le scale. “Sono venuto a prendere la mia promessa sposa!” esclamò.
“Come sapevi dov’ero?” chiese lei sospettosa, ma per niente stupita.
“Ti ho fatta seguire!” rivelò il Re “Credevi veramente ti lasciassi andare in giro senza scorta? Sei sempre seguita Astoria, è per la tua sicurezza. Ma mai avrei pensato di doverti venire a ripescare in un posto del genere, parola mia!” disse senza darle il tempo di lamentarsi per quella violazione della privacy.
“Maestà, è tanto che non vi vedo” madama Elena li interruppe.
Astoria notò sorpresa che la maîtresse non fece nessun cenno di riverenza nei confronti del sovrano, come invece consuetamente faceva chiunque, a meno che non si trattasse di lei, Nicolas o Diana.
“Avrei fatto volentieri a meno Elena credetemi. Infatti ora tolgo il disturbo” disse il Re lapidario, accompagnando a quel saluto un’occhiata gelida.
La Strega ne sostenne lo sguardo senza timore, sorridendo anzi impertinente, quasi in segno di sfida. Lo studiò a lungo prima di dire “Ricorda la promessa Karl. Io ho onorato la mia parte dell’accordo” disse altera ed enigmatica.
Astoria percepì Karl, accanto a sé, irrigidirsi. In risposta a quello strano promemoria si limitò ad annuire con un rapido cenno con la testa. Senza aggiungere altro, la cinse protettivo, non le diede tempo di congedarsi educatamente. Spiccio, fece per andarsene.
Non raggiunsero la porta che Elena parlò ancora una volta “E dì a Nicolas che almeno lui potrebbe passare a trovarmi ogni tanto!”
Karl serrò la mascella “Addio zia Elena” rispose.
Arrivederci” lo corresse la Strega.
 
Zia Elena?! Quella è tua zia?!” chiese Astoria a Karl, una volta che ebbero fatto ritorno nelle sue camere.
Non avevano parlato durante il viaggio di ritorno in carrozza.
Karl, schivo e taciturno, aveva guardato quasi tutto il tempo fuori dal finestrino. Appariva così turbato che Astoria, nonostante il timore che il Re potesse essere arrabbiato con lei, aveva allungato una mano cercando la sua. Quando Karl la strinse e forzò un sorriso, capì che i suoi timori erano fondati, qualcosa non andava.
“Di cosa parlava? A quale accordo si riferiva?” indagò la principessa cautamente.
Karl, restio, non la guardava, ma Astoria notò i suoi occhi indugiare sul ritratto appeso sopra al caminetto, la donna dai folti capelli rossi, sulla cui identità la principessa spesso si era interrogata.
“Karl…” lo sollecitò.
“Te lo spiegherò a tempo debito, te lo prometto. Ma Astoria, voglio che tu stia lontana da Elena!”
“Ma perché?” non che Astoria avesse alcuna intenzione di tornare in quella bizzarra casa di piacere in realtà. “Come mai la chiamano La Strega?” incalzò.
Ma Karl si limitò a scuotere la testa, non avrebbe ottenuto alcuna risposta da lui quel giorno. “Devi fidarti di me” tagliò corto il Re.
“Fidarmi… ancora una volta chiedi la mia fiducia, ma ancora nascondi segreti!” esclamò avvilita Astoria. “Come posso fidarmi se non sei sincero con me?” aggiunse.
“Mi vuoi spiegare perché eri lì?” le chiese lui eludendo la sua domanda.
Astoria arrossì, l’intenzione del Re di sviare la conversazione riuscì alla perfezione. “Io…è per l’altra sera” ammise imbarazzata.
Karl la guardò perplesso.
“L’altra sera quando…” cercò di spiegarsi Astoria guardando allusivamente il letto “io volevo sapere come funziona quando un uomo e una donna stanno insieme” riuscì a racimolare.
“Non osare ridere di me!” esclamò infiammandosi quando vide che Karl aveva abbassato il viso, nel tentativo di nascondere un sorriso divertito.
“Non rido di te Astoria” la corresse. “Sono sollevato, pensavo che…non importa. É questo?” disse cingendole la vita.
Astoria stizzita voltò la testa.
“Cosa volevi sapere dimmi amore mio?” le chiese prendendole il mento tra le lunghe dita e guardandola in adorazione.
“È che io non ne so niente, tu invece, è evidente che sei già stato con una donna!” con ogni probabilità diverse donne, ma la principessa non volle pensarci.
“Perché non ne hai parlato con me?” le chiese.
“Non lo so. Mi vergognavo immagino” tra le sue braccia Astoria si sentì una stupida. Naturalmente anche lei avrebbe dovuto essere sincera con Karl fin da subito, dirgli dei suoi timori.
“Astoria” cominciò col dirle Karl teneramente “tu mi fai già impazzire così, non hai bisogno di sapere nulla di più. Quando sarà il momento ti insegnerò tutto io” le promise prima di baciarla dolcemente.
“E dovrai applicarti, le lezioni pratiche saranno tante, lunghe…” le sussurrò all’orecchio, intrigante, solleticandole il collo e strappandole suo malgrado una risata.
“Ti amo” quelle parole, dopo quell’insolito, inquietante pomeriggio suonarono più dolci che mai alle orecchie della principessa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Eltanin, Castello di neve ***



 
Eltanin, Castello di Neve

 
Cheyenne si sporse dal parapetto sulla punta del veliero che la stava riportando a casa, a Piautos. Diversi metri sotto di lei, dove la prua della nave infrangeva l’acqua del mare sollevando bianchi spruzzi, osservava emergere fugacemente delle pinne grigie. Nonostante la tristezza che le albergava nel cuore da qualche giorno, sorrise quando finalmente uno dei delfini che giocavano con le onde si decise a fare un salto.
Due braccia forti la cinsero alle spalle, riconobbe il tocco di Victor. Le baciò il collo.
“Attenta a non cadere giù, non mi si addirebbe il titolo di vedovo sono ancora troppo giovane” le disse giocherellando affettuosamente con un ricciolo biondo che il forte vento di scirocco le aveva strappato dall’acconciatura.
“Stai meglio?” le chiese poi serio girandola verso di sé.
Cheyenne annuì mesta, trovando conforto nello sguardo adorante che le riservava suo marito. Cominciava a capacitarsi del fatto che i suoi genitori fossero morti. Mentre lei era lontana a rincorrere il suo sogno di viaggiare per il mondo con il suo grande amore, la varicella se li era portati via entrambi.
Ricordò l’ultima volta che li aveva visti. Era piombata improvvisamente a Piautos, in fuga da Re Karl. Suo padre li aveva nascosti senza esitare un attimo e aveva organizzato poi in gran segreto la loro fuga a oriente. I genitori di Cheyenne avevano avuto un un’unica richiesta, che lei e Victor si sposassero, il resto aveva detto il Re di Piautos lo avrebbe risolto lui. Amava così tanto la sua unica figlia che avrebbe fatto di tutto per lei.
E così avevano fatto, un matrimonio veloce prima di imbarcarsi non più in fuga ma per un’inaspettata luna di miele.
Per mesi avevano vagato senza meta per le esotiche terre al di là del mare, per Cheyenne era stato come vivere in un bellissimo sogno ad occhi aperti. Avevano sostato a lungo in una grande e caotica città costiera, famosa per la sua immensa biblioteca. Erano alloggiati in un palazzo che svettava candido da un altipiano sui tetti e i bazar della città da una e delimitato dal vuoto al di sopra di una parete a strapiombo sul mare cristallino dall’altra.
Una volta che si furono stufati di esplorare la città e i suoi dintorni, si erano congedati dai loro ospiti e viaggiato a bordo di grandi pachidermi seguendo il corso verdeggiante del fiume. Si erano poi addentrati nell’entroterra, lì avevano visto la giungla che nascondeva antiche rovine di tempi remoti.
Avevano raggiunto un’altra costa isolata, questa volta sabbiosa e lì erano rimasti per settimane quasi soli, a godersi le bianche spiagge selvagge punteggiate di palme, senza preoccuparsi troppo di cosa sarebbe stato il domani.
Tornati alla civiltà un messo si era messo in contatto con Cheyenne, disse di essere sulle loro tracce da settimane. Fu così che apprese la triste notizia. Il re e la regina di Piautos erano deceduti. Cheyenne era figlia unica, doveva tornare e prendere il posto che le spettava per diritto di nascita. Il destino da cui aveva voluto fuggire con tutta sé stessa l’aveva rincorsa e raggiunta.
Aveva esitato a lungo ma alla fine Victor l’aveva persuasa a prendersi le sue responsabilità e tornare. Si era stupota di sentire quelle parole proprio da lui, anche perché tornare avrebbe voluto dire affrontare il Re di Avior. Victor e Cheyenne gli avevano giocato un colpo basso e Re Karl non era tipo da perdonare un simile affronto. Ma Victor le promise che le sarebbe rimasto accanto ad ogni costo. “E poi visto che sono tuo marito questo fa di me il Re di Piautos, non posso farmi scappare l’occasione di sbatterlo sotto il naso di quel musone!” le aveva detto dandosi scherzosamente un mucchio di arie nel tentativo di strapparle almeno un sorriso.
Una volta che Cheyenne era riuscita ad elaborare il primo impatto della notizia, avevano raggiunto rapidamente le coste occidentali e si erano imbarcati il più rapidamente possibile per tornare a Piautos.
Il capitano che avevano ingaggiato, il signor Gerson, era un uomo di mezza età dall’incrollabile buonumore, promise loro che sarebbero arrivati a destinazione in un battibaleno.
“Si vedono delle vele laggiù” disse Cheyenne riemergendo dai suoi pensieri guardando l’orizzonte limpido davanti a loro.
“Si le vedo anch’io, perfino in mezzo al mare non si riesce a stare soli…” Cheyenne avvertì il corpo di Victor irrigidirsi. D’un tratto la trascinò verso la cabina riservata loro a poppa della nave.
“Victor ma che ti prende?” protestò Cheyenne, le faceva male al braccio a forza di stringere.
Tutto intorno a loro l’equipaggio della nave era in fermento. Cheyenne non si era resa conto dell’agitazione che era andata via via crescendo.
“Ma che succede?” chiese allarmata a Victor.
“Vele nere, sono pirati” rispose lui serio come non lo aveva mai visto.
“Pirati? Credevo non esistessero davvero!”
Victor non rispose, la spinse in cabina e chiuse la porta dietro di sé. Si avviò deciso verso il baule in cui era custodita la sua spada che dopo aver scrupolosamente ispezionato controllandone il filo, rinfoderò e prese ad assicurarsi al fianco con una cinta.
“Cosa pensi di fare?” gli chiese Cheyenne augurandosi che non intendesse veramente affrontare i bucanieri, sperava che Gerson avrebbe semplicemente fatto in modo di aggirarli.
Victor non rispose e tirò fuori due pugnali, ne infilò uno in uno stivale e mise il secondo in mano a Cheyenne, che lo guardò stupita e sempre più spaventata dalla sua aria grave. “Se servirà non esitare a usarlo” le fece promettere guardandola intensamente con i suoi occhi chiari.
La preoccupazione che Cheyenne gli lesse in volto non gli piacque per niente, Victor non avrebbe preso così seriamente la situazione se non fosse stata preoccupante. “Rimani qui” lo pregò.
Victor le sorrise teso, prima di uscire le diede un lungo e dolce bacio “Chiuditi dentro e non aprire per nessun motivo. E stai lontana delle finestre” aggiunse guardando distrattamente l’ampia vetrata che si affacciava sull’estremità posteriore della nave.
“Ti amo” le disse.
“Così mi spaventi Victor…” lui cercò di forzare un tono rassicurante che non la ingannò neanche lontanamente.
“Sarà tutto finito prima che tu te ne renda conto” la baciò ancora una volta cercando di trovare la forza di uscire, si separò a forza dalle braccia di Cheyenne e lasciò la cabina, prima che potesse avere il tempo di pensare ancora.
Cheyenne rimase a lungo rannicchiata a terra, in tensione, sull’orlo delle lacrime. Cercò di distrarre la mente concentrandosi sulle decorazioni del raffinato tappeto rosso, che occupava buona parte del pavimento in legno della stanza. A pugni chiusi stringeva convulsamente il pugnale che le aveva dato Victor.
D’un tratto sentì un forte botto, non aveva mai sentito un fragore del genere. Quasi immediatamente dopo, il legno della nave vibrò scricchiolando sinistramente. Diversi botti seguirono il primo, e ad ogni colpo la nave tremava. Cheyenne si strinse ancora di più le gambe al petto mentre fuori cominciò a sentire il riecheggiare di forti grida. Tese le orecchie cercando di capire cosa stesse succedendo nel trambusto esterno, quando con un fracasso terribile la parete di poppa esplose portandosi via tutta la vetrata.
Cheyenne si buttò ai piedi della porta, coprendosi con le mani per proteggersi dalle schegge di legno e vetro che le piovvero addosso.
Dove prima c’era la parte posteriore dell’imbarcazione, dominava ora un enorme squarcio, si apriva sul mare blu agitato da violente onde causate dal rollio della nave scossa dal bombardamento. Cheyenne decise che quella poteva essere una buona motivazione per uscire dalla cabina.
Spaventata come non lo era mai stata, aprì la porta e corse verso il parapetto che si affacciava sul ponte della nave. Lì stava infuriando una violenta battaglia.
Uno scuro vascello dalle vele nere si era affiancato al loro e la ciurma aveva fatto irruzione sul loro, alla conquista dell’imbarcazione e del suo carico. Cheyenne fu raggiunta dall’odore nauseante del sangue, che invadeva in ampie pozze il ponte della nave, il frastuono dell’acciaio e le grida erano assordanti.
Si aggrappò forte alla ringhiera quando dopo l’ennesimo botto la nave rollò ancora violentemente. Udì il legno della nave incrinarsi, se fosse andata avanti così sarebbero affondati. Guardò in direzione della nave pirata, le esplosioni capì, erano causate da massicci cilindri di metallo affacciati da aperture sulla sua fiancata, lanciavano verso di loro pesanti palle di metallo, grandi più della testa di un uomo, Cheyenne non aveva mai visto un’arma simile ma non si fermò a studiarla nei dettagli.
Cercò di individuare Victor in mezzo alla ressa “Victor!” urlò quando lo vide. Aveva appena abbattuto un avversario. Victor si girò verso di lei estraendo la spada dal corpo del nemico con un movimento fluido.
“Cheyenne…” un’espressione di sgomento gli si dipinse in volto.
Victor abbassò la testa sul suo stesso ventre, da dove ora spuntava la punta di una sciabola, macchiata di rosso.
“NO!” urlò Cheyenne con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Victor cadeva in ginocchio.
Cheyenne si fiondò nella sua direzione, incurante della battaglia che imperversava attorno a lei e del pericolo che correva di essere colpita a sua volta, nessuno ostacolò la sua corsa disperata. Si buttò a terra accanto a Victor, giusto in tempo per vedere un’ultima volta i suoi bellissimi occhi azzurri, sempre pieni di allegria e amore diventare vacui.
Il vestito le si inzuppò del suo sangue mentre gli stringeva il volto tra le mani incredula, l’ombra dell’ultimo sorriso triste che le aveva regalato indugiava ancora sulle sue labbra, il sorriso che l’aveva fatta innamorare e che ora non arrivava agli occhi che fissavano vitrei il cielo limpido ed indifferente.
“No no…” Cheyenne cullando la testa di Victor non riusciva a dare un senso a quello che stava succedendo “Victor andiamo devi alzarti” disse con la voce soffocata dal pianto che non riusciva più a controllare, mentre la consapevolezza che la vita aveva abbandonato il corpo del suo amato, si faceva strada spietatamente nella sua mente. Cheyenne perse la cognizione di tutto ciò che aveva intorno, non udì più il clangore delle spade, le urla terrorizzate dei marinai mischiate a quelle dei pirati che li stavano trucidando barbaramente, non udì la voce del capitano che le urlava di nascondersi sotto coperta.
Fu riportata brutalmente alla realtà da un pugno che le arrivò violentemente in volto facendole perdere l’equilibrio.
Si ritrovò stesa a terra. Vide arrivare un altro colpo, ebbe l’istinto di proteggersi con le braccia ma prima che potesse alzarle un altro pugno si abbatté sul suo viso, seguito da un altro. “Perdonatemi principessa perdonatemi…” diceva piangendo il suo aggressore mentre infieriva su di lei con nuove percosse, quasi volesse sfigurarla. Cheyenne sapeva a chi apparteneva quella voce, era la voce di Gerson.
Confusa non vide più nulla, il suo bel viso era ormai una maschera di sangue ma sentì appena il dolore, con le sue ultime forze si trascinò verso il punto in cui sapeva esserci Victor. Andò a tentoni finché non trovò il suo corpo che stava diventando freddo. Si accasciò su di lui, sentì un dolore straziante invaderla quando realizzò che, nonostante avesse il viso appoggiato sul suo petto, non percepiva più il cuore battere al suo interno. Senza riuscire a respirare gli si aggrappò con tutta sé stessa, annaspò in cerca d’aria e finalmente i polmoni si liberarono in un grido di dolore.
Pianse finché l’oblio che la chiamava la raggiunse, il suo ultimo pensiero fu il desiderio che la stessa sorte del suo amato si abbattesse prima possibile anche su di lei, facendo smettere quella sofferenza.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3926529