Akuma

di Ciarax
(/viewuser.php?uid=843645)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 - Casa ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 - Normalità ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 - Rimorso ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 - Famiglia ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 - Scommessa ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 - Seconda prova ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 - Casa ***


CAPITOLO 1 - CASA
 
            L’intera foresta era tranquilla, solo un’ombra stonava con il paesaggio tutt’attorno. Si muoveva rapida e furtiva, saltando di ramo in ramo ad una velocità sovrumana, tra zone rade, piccole radure e zone di fitta boscaglia. Il sole filtrava quel tanto che bastava da illuminare il sottobosco, rigoglioso e verde.
Il cinguettio degli uccelli si interruppe d’improvviso, quasi avvertissero il pericolo imminente. Fruscii e colpi secchi di rami spezzati si diffusero in quel silenzio opprimente.
La figura continuava a scappare spaventata da qualcosa, non perdeva tempo, nonostante l’evidente sforzo fisico al quale continuava a sottoporre il corpo sciupato e malridotto. Era da due giorni che correva senza sosta, ormai era allo stremo delle forze.
Continuava a ripetersi di non dover mollare ora che la meta era vicina.

            Come se qualche Kami avesse ascoltato le sue parole, tra le fronde degli alberi riuscì a scorgere per qualche attimo i volti in pietra degli Hokage. Ciò le diede una scarica d’adrenalina non indifferente, distraendola però da ciò che le accadeva intorno.
Mentre si preparava a compiere un altro balzo su un ramo, mise il piede in fallo, finendo col precipitare a terra con un tonfo. Il dolore alle articolazioni si fece sentire più forte di prima mentre tentava di rialzarsi facendo leva sui gomiti.
Tutto inutile.

            Si limitò allora a strisciare di qualche metro, arrancando per la fatica verso un albero, su cui poggiò la schiena malandata. Sapeva di non poter perdere minuti preziosi, Konoha era a pochi passi da lei ed era della vitale importanza tornare a casa tutta d’un pezzo.
Chiuse gli occhi per un istante respirando a fondo. Riuscì a percepire fugaci spostamenti di chakra a qualche centinaio di metri di distanza, molto probabilmente erano sicuri di catturarla viste le condizioni gravi in cui versava.
Perse per qualche attimo contatto con la realtà, tenendo la mente completamente staccata da tutti e cinque i sensi. In un gesto automatico si morse pesantemente la lingua fino a farla sanguinare nel tentativo di rimanere vigile, alcuni suoni seppur ovattati iniziarono a raggiungere le sue orecchie. Riconobbe i rumori di una battaglia probabilmente a pochi metri di distanza da lei.

            Con una lentezza estenuante poggiò le mani sulla corteccia dell’albero dietro di lei e facendo forza con le braccia tentò di tirarsi su. Mantenne gli occhi chiusi, concentrandosi su ciò che veniva percepito dal suo udito ancora non perfettamente funzionante. La situazione ancora non le era molto chiara, pochi attimi prima aveva percepito dei gridolini infantili probabilmente bambini, e due voci più adulte e mature che conversavano. Non riuscì a seguire il loro discorso anche se qualcosa gli suggeriva che una delle voci gli era familiare, anche se in quel momento tutto ciò che avvertiva era una scarica di dolore dopo l'altra lungo le gambe. Strinse le mani talmente tanto da ferirsele con la corteccia su cui stava trovando un minimo di sostegno.
Si avvertirono improvvisamente rumori di armi metalliche cozzare tra loro con una violenza spaventosa, alcune urla che misero ancora più in allerta la kunoichi e il silenzio che scese rapidamente attorno a lei. La ragazza avverti pochi attimi dopo la gamba sinistra cedere facendole perdere l'equilibrio e la flebile presa lungo l'albero, sbilanciandosi in avanti venne prontamente afferrata da qualcuno che ebbe la premura di poggiarla delicatamente a terra.
 ...
            Erano in cammino solo da alcune ore ma il biondino era impaziente di tornare a casa per gustarsi una bella ciotola di ramen; perciò, decise opportunamente di accelerare fin troppo il passo. I due compagni, maestro compreso, non ne furono granché entusiasti ma decisero di assecondarlo desiderosi di tornare al villaggio il prima possibile. L'albino che capitanava il piccolo team di Genin era sicuramente il più provato dalla missione conclusa da poco, lo scontro con un ninja temibile come Zabuza non era certo in programma e l'uso prolungato dello Sharingan lo avevano logorato fisicamente. L'unica cosa che voleva in quel momento era tornare al villaggio il prima possibile in modo da potersi godere un po' di meritato riposo, e se avesse avuto un po' di tempo libero avrebbe anche finito di leggere il suo libro preferito, che aveva lasciato stare per la troppa stanchezza.
            Durante il ritorno a casa non aveva smesso un attimo di tenere la guardia alzata, dopo quella rocambolesca avventura non aveva più intenzione di farsi cogliere impreparato. Solo qualche volta si era fermato ad osservare quel piccolo gruppo sotto la sua custodia, erano appena diventati ninja e avevano già combattuto contro un nukenin di grado S, ciò non avrebbe fatto altro che fortificarli. Sperò segretamente che il futuro non avrebbe smorzato troppo in fretta quella loro innocenza infantile che lo metteva di buon umore.
            Kakashi fu riportato bruscamente alla realtà quando avvertì alcuni rumori nel fitto del bosco, pericolosamente vicini. Scartò immediatamente l'idea di un'azione avventata potendosi trattare anche di un semplice animale, il suo istinto però gli suggerì che qualcosa si stava avvicinando. Soppesò per un attimo la situazione finendo col concludere che avrebbe aspettato il momento opportuno prima di compiere qualunque azione, non era nello stato ottimale per poter intraprendere un altro scontro diretto e non voleva mettere di nuovo in pericolo la vita dei suoi allievi. Tese l'orecchio e si concentrò alla ricerca di un possibile attacco che non arrivò mai, fu colto anzi dalla sorpresa quando avvertì un improvviso tonfo a pochi metri da loro.
            Con un ordine fermò immediatamente i ragazzi davanti a lui che si girarono confusi, stavano per domandargli cosa stesse succedendo ma Kakashi li bloccò con un gesto della mano, facendogli cenno di fare silenzio. La prima a capire la situazione fu Sakura che tremò impercettibilmente, il secondo fu l'Uchiha che portò la mano lungo la tasca legata alla gamba, pronto a combattere. L'unico che non colse immediatamente il pericolo fu il giovane Naruto che, nonostante ciò, rimase saggiamente in silenzio, ripromettendosi di farla pagare al maestro Kakashi per aver smorzato il suo entusiasmo.
            «Rimanete un attimo qui e tenete gli occhi aperti» si raccomandò il Jonin aspettando un cenno da parte dei tre prima di sparire in un baleno.
Decise di occuparsi personalmente della faccenda rinunciando ad evocare Pakkun o uno dei suoi cani ninja, avrebbe risolto in fretta quel piccolo inconveniente. Si spostò saltando di ramo in ramo nella direzione da cui aveva sentito provenire il rumore, si fermò quando notò una figura accasciata sotto un albero. Afferrò d'istinto un kunai pronto al combattimento, ma osservando meglio notò che lo sconosciuto aveva indosso la divisa da Anbu. Avvicinandosi di qualche metro Kakashi scoprì che si trattava di una donna, i capelli raccolti in una coda e le forme sotto la divisa gli erano sfuggite in un primo momento. Rimase ad osservare la maschera a forma di lupo che portava sul viso, graffiata in più punti e coperta parzialmente da alcune ciocche che le cadevano davanti.

            La ninja sembrava svenuta ma non riuscì ad avvicinarsi ulteriormente che evitò per un soffio un kunai che andò a piantarsi a pochi centimetri dal viso dell'Anbu. Il Jonin allarmato si voltò indietro e vide un piccolo gruppo di ninja avvicinarsi in fretta e furia. Avevano le uniformi e il copri fronte del villaggio del Suono, dettaglio che lo mise ancor più in guardia. Il piccolo gruppo nemico composto da poco più di cinque membri si fermò a distanza di pochi metri dal ninja della Foglia. Per un attimo furono indecisi su come proseguire, avendo ricevuto solo l'ordine di uccidere l'Anbu ma non si sarebbero fatti alcun problema a spargere altro sangue.
            «Togliti di mezzo» urlò un uomo sulla quarantina che era probabilmente il capo del gruppetto.
Il copia-ninja non si mosse ed osservò i loro movimenti, non gli parevano ninja alle prime armi ma neanche una reale minaccia per un ninja del suo calibro; tuttavia, si ritrovò costretto a difendere la kunoichi ancora priva di conoscenza.

            «Andatevene. Siete nella Nazione del Fuoco, tornatevene a casa» disse senza una particolare alterazione della voce ma già pronto a scoprire lo Sharingan. Alcuni ninja del Suono impallidirono visibilmente non appena realizzarono chi avessero davanti, Kakashi sperò che la sua notorietà li convincesse a cambiare i propri piani. Tuttavia le sue speranze svanirono quando avvertì un piccolo gemito alle proprie spalle seguito da impercettibili movimenti. Il gruppo non perse tempo e ridusse drasticamente la distanza che li separava dai ninja della Foglia con i kunai sfoderati e pronti. Kakashi intervenne tempestivamente e bloccò la loro avanzata con alcuni kunai accuratamente lanciati in modo da ferire le gambe dei nemici, alcuni di questi finirono col cadere goffamente a terra con una gamba fuori uso mentre due di loro erano ancora in piedi.
Eseguì rapidamente i sigilli ed evocò una sua copia in modo da occuparsi di un nemico alla volta. I due Kakashi si separano di poco ed ingaggiarono un combattimento ravvicinato contro i due del Suono ancora in piedi, l'albino notò che erano gli unici in grado di tenergli quasi testa essendo visibilmente più forti rispetto ai loro compagni.
  Tuttavia non aveva alcuna intenzione di prolungare ancora per molto la battaglia, ma quando si stava preparando per sferrare un'altra tecnica entrambi i Kakashi vennero colpiti e sotto lo sguardo attonito degli uomini del Suono sparirono sotto una nuvola di fumo.
            «Ma dov'è andato?» sbraitò il ragazzo più giovane. Il capo del gruppetto strinse la mascella dalla rabbia, si stavano facendo sopraffare da un semplice ninja e per di più di un villaggio nemico. L'uomo non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno che avvertì la terra sotto i propri piedi tremare violentemente, due mani sbucarono dal terreno e afferrandolo per le caviglie lo trascinarono nel suolo fino a far comparire solo la testa. Anche l'altro ragazzo fu sopraffatto dalla Decapitazione Sotterranea e non ebbe il tempo di difendersi.
            In pochi minuti anche gli altri tre ninja finirono fuori gioco, Kakashi quasi si sorprese che in pochissimo tempo li avesse già sistemati. L'albino sospirò e alzandosi venne colto di sorpresa quando udì alcuni rumori dietro di lui, si girò di scatto ma con sua sorpresa il rumore proveniva dall'Anbu che a quanto pare aveva ripreso conoscenza e tentava di alzarsi in piedi. Osservò le sue gambe tremare sotto l'evidente sforzo fisico e le dita delle mani che si stringevano convulsamente attorno alla corteccia fino a ferirsi. Il petto si alzava e abbassava in modo irregolare, respirava a fatica e non ci mise molto a cadere sotto il proprio peso.
Kakashi l’afferrò con uno scatto raggiungendola in meno di un secondo, delicatamente poi la poggiò con la schiena contro l’albero accertandosi che non avesse problemi nella respirazione.
Si allontanò di qualche passo e si accovacciò, fissando quella maschera dalle sembianze lupine, ammaccata e distrutta in poi punti.       

            La ragazza avvertì un groppo in gola che le provocò qualche colpo di tosse, ancora frastornata fece qualche respiro profondo tentando di riprendere le forze in modo da tornare il prima possibile a casa. Stancamente aprì gli occhi e quasi le venne un colpo quando si accorse di essere osservata da qualcuno, in un primo momento aveva pensato che fosse uno dei suoi inseguitori ma poi si accorse che indossava la divisa della Foglia. Rimasero a fissarsi qualche attimo finché l’occhio non le cadde sulla chioma albina e spettinata del ninja. L’Anbu tentò di muovere le gambe ma benne sopraffatta da un dolore lancinante lungo le articolazioni, che le fece emettere un gemito soffocato.
            «Meglio che non ti muovi, potresti avere alcune ossa rotte» disse Kakashi non appena si udirono degli schiamazzi poco distanti.
La ragazza annui mentre osservò poco al di sopra della spalla del ninja un gruppetto di Genin sui dodici anni, tutti e tre avevano uno sguardo allarmato e una volta notata la straniera due di loro afferrarono prontamente un kunai. Il Jonin si voltò e una volta alzatosi li fece tranquillizzare anche se con scarsi risultati, specialmente per un certo biondino che continuava a rivolgere uno sguardo di diffidenza verso la kunoichi. Non aveva ricordi molto felici degli Anbu.

            «Sakura hai delle bende?» domandò d’improvviso Kakashi mentre rivolgeva uno sguardo veloce alle ferite della ragazza.
Sakura rimase per un secondo pensierosa per poi abilmente aprire lo zaino che aveva dietro la schiena, tirando fuori in pochi attimi una manciata di bende arrotolate e cerotti. Il copia ninja non perse tempo e afferrando ciò che Sakura gli porse iniziò a fasciarle le mani in modo da fermare il sangue che ancora usciva dalle ferite recenti; si dedicò poi a quelle che ad un’occhiata più attenta gli sembrarono ferite più gravi, il tessuto dei pantaloni strappato in più punti rivelava parecchie escoriazioni e la gamba sinistra in particolare sembrava quella messa peggio, con una vistosa chiazza scura all’altezza del polpaccio che aveva attraversato anche le protezioni della divisa da Anbu.

            Kakashi non si arrischiò a dare uno sguardo più approfondito poiché temeva il rischio di peggiorare quella che gli sembrava un’emorragia ancora in corso, decise pertanto di rimediare un ramo abbastanza dritto e di fissarlo con qualche laccio lungo la gamba della castana facendogli poi cenno di non provare ad alzarsi.
            «Per il resto delle ferite dovrai aspettare fino a Konoha, più di così non possiamo fare. Al momento rischiamo solamente di peggiorare la situazione» gli disse in tono pacato guardandola tramite le fessure che la maschera aveva all’altezza degli occhi.
L’Anbu fece un cenno d’assenso e nell’arco di pochi secondi si ritrovò sulla schiena dell’albino. Dopo essersi assicurato di non arrecarle ulteriore dolore, Kakashi disse ai ragazzi di riprendere la marcia per quelle poche centinaia di metri che li separavano dal Villaggio della Foglia.

            L’arrivo al villaggio fu meno tranquillo di quanto non si fosse aspettato, appena il trio giunse alle porte del villaggio un annoiato Kotetsu gli fece un cenno di saluto prima di notare la figura apparentemente svenuta che era poggiata sulla schiena del Jonin. Diede perciò uno strattone all’amico appisolato al suo fianco prima di saltare con un balzo oltre il bancone delle registrazioni per chi entrava e uscita da Konoha, Izumo dapprima confuso corse dietro al compagno senza dar credito ai tre giovani Genin e a Kakashi.
            «Ehi, Kakashi!» esclamò Kotetsu agitando in aria il braccio per attirare la sua attenzione.
Kakashi fermatosi per un attimo salutò cordiale entrambi i chunin adesso fermi davanti a lui, che fissavano insistentemente la ragazza che si trovava sulla sua schiena. L’albino voltò per un attimo la testa dietro di lui, percependo il respirare lento dell’Anbu si tranquillizzò un poco e rivolse la sua attenzione ai piccoli Genin che aspettavano poco pazienti dietro di lui.

            «Sakura, Naruto, Sasuke potete anche andare a casa. Questa missione non è stata semplice, andate a riposarvi» disse loro mentre l’Uchiha gli rivolse un cenno prima di incamminarsi, Naruto che fino a pochi secondi prima guardava in cagnesco l’Anbu se ne andò contento come una pasqua, pronto a rifocillarsi con una dozzina di ciotole di ramen. Per ultima rimase Sakura che guardò titubante la ragazza svenuta e rivolse uno sguardo preoccupato al proprio maestro.
            «Tranquilla Sakura, di lei me ne occupo io» la tranquillizzò Kakashi, vedendola sorridere e salutarlo con un gesto della mano.
Izumo e Kotetsu invece che erano rimasti ad osservare la katana che la ragazza incosciente portava sulla schiena, non appena notarono la sua maschera sbarrarono gli occhi dallo stupore.

            «Dove l’hai trovata?» domandarono entrambi ancora stupiti di rivedere un volto –o in questo caso maschera- conosciuta.
            «A mezzo chilometro da qui. Era inseguita da alcuni ninja del Suono, ora meglio che la porti in ospedale penso abbia ferite gravi» rispose conciso il Jonin prima di girarsi e incamminarsi verso la struttura ospedaliera di Konoha.
            «Kakashi non preoccuparti, ci possiamo pensare noi. Abbiamo appena finito il turno qui per cui non ci sarebbero problemi, sono sicuro che anche tu non vedi l’ora di andare a riposarti un po’» lo fermò Izumo poggiandogli una mano sopra la spalla e, dopo un piccolo cenno di assenso, si prodigò per caricarsi sulle spalle l’Anbu, ben attento alla gamba steccata.
            I due ragazzi sparirono in poco tempo e lasciando il Kakashi solo con i suoi pensieri, nonostante quell’imprevisto gli avesse dato parecchio da pensare al momento la sua maggiore urgenza era quella di concedersi un po’ di riposo. Dopo lo sforzo causato dall’utilizzo prolungato dello Sharingan e la battaglia fuori programma di poco tempo prima sentiva il corpo sull’orlo del cedimento, mentre si avviava per le strade di Konoha pensò di andare a fare rapporto all’Hokage l’indomani.



--- Note ---
Penso che sarò il più breve possibile, prima long fic in assoluto che pubblico e deve essere a causa di un colpo di testa se ho deciso di metterla qui visto che sono anni che è in cantiere questa storia. Ho una lentezza nello scrivere i capitoli che ha dell'epicità.
Spero che questo capitolo introduttivo non sia stato noioso e possa aver attirato la vostra curiosità, è un po' un mix tra esperimento e cose magari già viste ma è una storia a cui tengo molto e ho pensato valesse la pena mettermi in gioco.
Un clan con una storia alquanto discutibile e una coppia di fratelli che non si vede da anni, tutto ciò che rimane di una famiglia distrutta fin nelle ossa.
Sono curiosa di sapere che ne pensate!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap. 2 - Normalità ***


CAPITOLO 2 - NORMALITÀ
 
            Dopo essere rimasta in uno stato di dormi veglia per quasi due giorni, la castana socchiuse leggermente gli occhi tentando di adattarsi alla forte luce del Sole che filtrava dalla finestra. Ancora confusa e frastornata, tentò per un attimo di capire dove si trovasse; i primi suoni che le giunsero all’orecchio furono il costante bip di una macchina che monitorava il battito cardiaco e un leggero chiacchiericcio al di là della stanza candida.
            Una volta che gli occhi si furono adattati, la kunoichi scorse ai piedi del letto un’infermiera che era intenta a controllare una cartellina, non appena incrocio il suo sguardo, sorrise ed uscì socchiudendo la porta. Pur non avendo immediatamente chiara la situazione si rilassò vedendo il profilo del monte degli Hokage attraverso la finestra; nella mezz’ora che passò in completo silenzio tentò di ricordare come ci fosse finita in quel letto d’ospedale con la gamba sinistra ingessata fino al ginocchio, ripensandoci però le vennero in mente solo brevi flash di una battaglia a cui lei aveva assistito pressoché impotente viste le serie ferite che aveva riportato. Spostò lo sguardo dalla finestra all’interno della stanza facendo scorrere gli occhi lungo le pareti candide, non vi era quasi nulla di più acceso del tenue azzurro pastello delle lenzuola. Nonostante una tenda che separava a metà la stanza, dedusse che dovesse essere sola non percependo alcun movimento dall’altra parte.
            Il tempo passato da sola immersa nei suoi pensieri le sembrò durare un’eternità; tornò con i piedi per terra solo quando un medico fece capolino dalla porta. L’uomo entrò con calma e le rivolse un sorriso gentile mentre si avvicinava al bordo del letto, afferrò la cartella medica e vi dedicò un paio di secondi di attenzione.
            «Sai dove ti trovi?» le domandò con lo sguardo ancora rivolto sul foglio.
La ragazza spostò lo sguardo dalla finestra fino ad incontrare la figura di mezz’età del medico in camice. Aprì la bocca ma non riuscì ad emettere alcun suono finendo col tossire a causa della gola secca, sentiva un urgente bisogno di bere.

            «Si… sono a Konoha» mormorò raucamente. Il dottore annuì per poi passare qualche minuto a visitare le varie ferite e contusioni che la kunoichi sembrava aver riportato. Le fece qualche domanda sul come si fosse procurata quelle ferite e come avrebbe dovuto medicarle una volta dimessa. Poco prima di andarsene poi la avvisò che aveva una visita.
La ragazza alzò la testa dubbiosa osservando un ragazzo poco più giovane di lei che entrava con passo leggermente incerto.

            «Hikaru! Se non venivo di persona non vi avrei mai creduto» esclamò il ragazzo sorridendo gentile.
I capelli scuri raccolti in una coda e la cicatrice lungo il naso fecero scattare un pensiero nella mente della mora che sorrise a sua volta.

            «È bello rivederti Iruka» rispose a mezza voce.
            «Non posso proprio dire lo stesso di te. Quasi una settimana in coma… mi è venuto quasi un colpo quando mi avevano detto che la tua squadra aveva fatto ritorno» ammise in un sospiro, poggiandosi al muro vicino la finestra.
            Una settimana in coma, non si aspettava una notizia del genere; si chiese se i suoi vecchi compagni di team fossero al corrente del suo ritorno, avvertiva una pesante nostalgia di loro e del suo maestro. Ripensandoci, Iruka era sicuramente l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere, non che non andassero d'accordo, semplicemente aveva inconsciamente sperato di vedere il suo dolce fratellino.
Il moro attirò l’attenzione della ragazza con un sospiro, allontanandosi dalla finestra poggiò sulla sedia vicino il letto un borsone che aveva tenuto per tutto il tempo in spalla.

            «Prima che me ne dimentichi questo è per te. Yoshi me lo ha dato poco prima che venissi qui» disse avvicinandosi alla porta pronto ad andarsene.
            «Come sta?» chiese d’impulso Hikaru non appena ebbe udito quel nome.
Iruka la guardò per un attimo, uno sguardo che non l’aiutò molto a capire cosa stesse passando per la testa dell’amico.

            «Sta… bene. È un bravo ragazzo e ha la testa apposto, ma al momento credo abbia i nervi a fior di pelle» ammise mestamente il chunin distogliendo lo sguardo e alludendo al lungo periodo di assenza.
            Hikaru annuì pensierosa mentre il silenzio calò nella stanza. Pochi minuti dopo il chunin si congedò con un saluto, lasciando la kunoichi nelle mani delle infermiere. Fu dimessa in tarda mattinata con una spessa fasciatura lungo la gamba sinistra e un paio di stampelle per aiutarla negli spostamenti.
Non le sembrava vero, ancora non riusciva a credere di essere arrivata viva all’interno del villaggio. Una volta stata dimessa, rimase per qualche minuto a fissare la porta a vetri che conduceva fuori dall’ospedale. Represse il groppo che iniziava a sentire nascere in gola, afferrò più saldamente le stampelle e con passo incerto si avviò verso l’uscita.
Istintivamente fu costretta a socchiudere gli occhi a causa del caldo sole primaverile che iniziava a battere forte a quell’ora del giorno. I primi suoni che udì furono un gran vociare di adulti e bambini.

            Rimase per qualche secondo ad osservare tutto il villaggio che non le sembrava poi tanto cambiato da quando se n’era andata. Notò che alcuni edifici erano molto più recenti, ma nel complesso le sembrava essere rimasto tutto uguale.
Con la coda dell’occhio una figura abbastanza alta catturò la sua attenzione; l’uomo dal volto parzialmente coperto da una maschera alzò lo sguardo verso di lei, ripose il libro che teneva tra le mani nella tascapane e si avviò nella sua direzione.

            «Hey» sussurrò l’albino alzando la mano in segno di saluto.
Hikaru rimase per un attimo in silenzio fissando quel ninja che non sembrava essere cambiato molto nel corso degli anni.

            «Hey…» rispose lei leggermente incerta guardando la buffa chioma albina che le aveva sempre strappato un sorriso.
            «Hai fame? È quasi ora di pranzo, se ti va potremmo andare da Teuchi» propose Kakashi mettendo le mani in tasca e iniziando ad incamminarsi, si fermò solo per qualche attimo per permettere alla kunoichi di affiancarlo.
            Camminarono per qualche minuto in completo silenzio, Hikaru procedeva a passo incerto sorretta dalle stampelle completamente immersa nei propri pensieri; osservava incantata tutto il villaggio, ogni antro, ogni vicolo, tutto attirava la sua attenzione. Riconosceva parecchi di quei luoghi che notava con piacere essere rimasti immutati, mentre in altri c’era qualcosa di diverso e a volte completamente nuovo.
Kakashi ogni tanto le rivolgeva occhiate divertite quando si girava per controllare che la ragazza gli fosse ancora vicino, la osservava alzare lo sguardo ad ogni piccolo rumore con il volto assorto nel perdersi in quei futili dettagli. Qualche espressione di stupore e dei piccoli sorrisi incerti che le accentuavano i lineamenti delicati, lo facevano sorridere da sotto la maschera.
Il Jonin sentiva il cuore stranamente leggero, vederla in piedi e in salute lo aveva rincuorato poiché da quando era stata ricoverata incosciente, un fastidioso senso di pesantezza gli gravava sul petto.
Avevano camminato per qualche minuto in completo silenzio, non sentendo la necessità di rompere quel delicato equilibrio creatosi.

            «È così raro vederti in compagnia di qualcuno?» domandò curiosamente Hikaru, dopo essersi sentita più di uno sguardo puntato addosso da quando era in compagnia del copia ninja. Vide Kakashi scrollare di poco le spalle.
            «In compagnia di una donna si» rispose poi noncurante, generando una piccola risata divertita nella ragazza dietro di lui.
            «Con i libri che leggi farai la fine di…» la parola le morì in gola, facendo girare di poco l’albino che non aveva più avvertito i passi della kunoichi dietro di lui.
            Con la coda dell’occhio, Kakashi notò due ninja con gli inconfondibili occhi del clan Hyuga fissare con insistenza la ragazza poco dietro di lui. Hikaru non appena notò i due uomini avvertì il fiato morirle in gola, non conosceva direttamente quei due ma sapeva che erano membri del clan Hyuga. Il groppo che sentiva in gola andò via via a raggelare ogni singolo arto del suo corpo; non poté fare a meno di rimanere incatenata in quello sguardo gelido che non le trasmetteva altro che il vuoto.
Non facevano trasparire alcuna emozione, semplicemente le fissavano con insistenza l’occhio destro: l’unica caratteristica che accomunava Hikaru a quel clan.

            L’attenzione della ragazza venne distolta da una mano posatale delicatamente sulla spalla destra, Kakashi le fece un cenno e lentamente continuarono a camminare lungo la strada. Il silenzio tra i due continuò finché non venne interrotto da alcune urla provenienti da una stradina alla loro destra, entrambi fecero appena in tempo a spostarsi che una chioma bionda li sorpassò come un fulmine finendo però con l’inciampare in una delle stampelle di Hikaru. Il ragazzo rimase inerme a terra, per poi alzarsi in tutta fretta puntando un dito contro la ragazza.
            «Dannazione, fai attenzione a dove metti quei cosi! Sono let…» il biondo non finì la frase che riconobbe in un secondo chi aveva di fronte.
            «Capitano!» esclamò poi il giovane sorpreso, stringendo Hikaru in un abbraccio improvviso e inaspettato.
            «Piano Kohaku, sono ancora convalescente» disse sorridendo la ragazza e dando una leggera pacca sulla spalla del giovane ANBU.
            «L’Hokage mi aveva avvertito che eri ritornata, ma non pensavo ci avresti messo così poco tempo. Voglio sapere cos’è successo!» disse poi, eccitato all’idea di sapere l’esito di quella missione.
            «Mi daresti anche modo di nascondermi per qualche ora da mia madre, credo mi stia cercando in tutto il villaggio» aggiunse poco dopo, guardandosi intorno con circospezione.
La kunoichi sorrise il più giovane membro della sua squadra rimanere spaventanto dall’ira del genitore.

            «Non posso dirti nulla mi spiace. Devo prima fare rapporto all’Hokage, conosci la procedura» si scusò lei abbassando di poco la testa.
Il ragazzo parve rattristarsi alla notizia, ma riprese rapidamente il sorriso e l’entusiasmo di poco prima.

            «Uffa! Allora andiamo a mangiare qualcosa, ho una voglia matta di Takoyaki» esclamò sorridente prima di voltarsi ed accorgersi di Kakashi dietro di lui.
Il ninja era rimasto ad osservare con una punta di divertimento la scena senza dare segno della propria presenza, aveva squadrato in pochi secondi il giovane ANBU riconoscendolo come un membro della squadra di Hikaru. Era giovane ma piuttosto in gamba, lo aveva incrociato diverse volte anni prima quando era ancora un novizio in quella squadra.
Appena accortosi di Kakashi il giovane sbiancò.

            «N-non l’avevo vista maestro Kakashi, mi dispiace da morire! Non volevo mancarle di rispetto» si scusò frettolosamente Kohaku grattandosi la testa con fare nervoso.
L’agitazione del ragazzo fece sorridere Hikaru che, conoscendo Kakashi, sapeva bene quanto non gli dispiacesse in realtà passare inosservato in molte occasioni.
Il copia ninja liquidò con tranquillità e una scrollata di spalle la questione di cui non gli importava minimamente; Kohaku dunque decise di lasciare da soli i due Jonin e andarsene con qualche suo amico; perciò, si girò verso il suo capitano e si congedò con un sorriso.

            «Non intendevo disturbare il tuo appuntamento, capitano. Tolgo immediatamente il disturbo» salutò il biondo con un veloce inchino per poi dissolversi e sparire tra le strade del villaggio.
                        Hikaru rimase per un attimo senza parole, non aspettandosi una reazione tanto concitata da parte del ragazzo; non fu tanto per il commento in sé, ma per la naturalezza con cui lo disse che le fece strabuzzare gli occhi per qualche secondo.
Kakashi d’altra parte, pur sorridendo alla spontanea ingenuità del ragazzo si sorprese di provare una piacevole sensazione dopo aver udito quell’innocente frase. In effetti, non gli dispiaceva affatto tornare a passare qualche ora con una vecchia conoscenza, il cui stomaco aveva deciso di protestare ferocemente dopo il lungo periodo di digiuno.

            «Scusa…» mormorò Hikaru distogliendo lo sguardo imbarazzata.
Kakashi rise per qualche secondo prima di tranquillizzarla, insieme poi, si diressero verso l’Ichiraku che cominciava a riempirsi di gente. Il locale non era ancora del tutto pieno, ma non essendo molto grande non ci mise molto tempo a diffondersi un allegro chiacchiericcio; una volta seduti al bancone, Hikaru lasciò vagare lo sguardo sui volti delle persone presenti. Ne riconobbe molti, alcuni li riconobbe a stento a causa degli anni passati.

            Da quando si erano incontrati fuori dall’ospedale Kakashi non aveva parlato molto, lasciando la kunoichi esplorare e dandole il tempo di riadattarsi ad una vita più tranquilla; pur senza parlare molto il copia ninja passò diversi minuti ad osservarla nei minimi dettagli.
Il naso regolare, solcato per metà da una vecchia cicatrice che percorreva la guancia sinistra, si arricciava leggermente quando percepiva odori intensi o il buon profumo della cucina di Teuchi; lo sguardo che passava da un punto all’altro del locale e che si illuminava quando riconosceva qualcosa a lei familiare.
Ordinarono entrambi due ciotole di ramen, nonostante il tepore del Sole fosse presente le temperature erano ancora abbastanza basse.

            «Ho davvero voglia di dango» sospirò Hikaru ringraziando poi la mora che le stava porgendo una ciotola fumante di ramen.
            «Se vuoi ne possiamo prendere un po’ più tardi» propose Kakashi di rimando aspettando qualche minuto affinché il cibo si raffreddasse.
            «Come sono quei ragazzi?» chiese dopo un po’ la ragazza alzando lo sguardo su un gruppo di giovani Genin poco distanti da loro.
Non pensava che Kakashi sarebbe finito con l’essere maestro di un team, con il carattere e le aspettative che aveva, quei ragazzini dovevano essere davvero in gamba.

            «Sono giovani e inesperti» rispose inizialmente lui senza alzare lo sguardo nella sua direzione, «però hanno talento ed imparano in fretta, in un modo o nell’altro» concluse poi con una nota di soddisfazione e orgoglio nella voce. Hikaru annuì prima di tornare a finire il proprio pasto.
Passarono una decina di minuto in silenzio e una volta finito si accorsero che il via vai di ninja era molto diminuito.

            «Non penso di avere più voglia di dango, sono completamente piena» disse con un sorriso la mora mentre poggiava le bacchette all’interno della ciotola.
Kakashi concordò osservandola un attimo mentre si fermò a fissare un punto alle sue spalle come incantata. L’albino segui il suo sguardo e vide tre ragazzi poco meno che ventenni entrare nell’Ichiraku. Una ragazza dai capelli scuri raccolti in due code basse che discuteva con uno dei due ragazzi, il terzo invece li osservava divertito. Aveva corti capelli scuri dai riflessi ramati e fissava i due amici litigare con i suoi occhi scarlatti.

            Hikaru rimase ad osservare il ragazzo per qualche attimo, rimasta subito attratta da quei corti capelli mossi, finché anche lui non incrociò per caso il suo sguardo.
Il sorriso sul viso del giovane andò via via scemando fin quando i due amici che erano con lui, accortisi del suo silenzio, seguirono con la testa l’oggetto del suo interesse. Squadrarono per qualche attimo l’ANBU per poi virare la loro attenzione all’amico e sussurrargli qualcosa.
Nell’arco di pochi secondi alcune urla provenienti dall’Ichiraku si diffusero nell’aria mentre i passanti videro qualcuno uscire mentre evitata con difficoltà i colpi di kunai inferti da un giovane ragazzo.

            La kunoichi non ebbe molto tempo per ragionare che si ritrovò istintivamente ad evitare un kunai diretto alla sua spalla, balzò in piedi tenendosi saldamente ad una stampella in modo da non perdere totalmente l’equilibrio. I colpi che il giovane continuava a mandare non avevano intento omicida ed erano molto lenti e prevedibili; ad un certo punto però, distrattasi per un attimo non vide il ragazzo che gli si lanciò addosso facendo finire entrambi per terra.
Hikaru gemette a causa della fitta alla schiena e alla gamba infortunata, tentò di reggersi sui gomiti ma senza successo; qualcosa di pesante gli gravava sul petto tremando impercettibilmente. Sbatté per un attimo le palpebre prima di abbassare lo sguardo e passare delicatamente la mano sinistra sopra quella corta e morbida chioma ramata. La kunoichi mosse delicatamente la mano sopra la testa del ragazzo che aveva il viso premuto sul petto di lei mentre le stringeva febbrilmente la maglietta.

            «Perché non ti sei fatta sentire?» singhiozzò debolmente con una nota di rabbia che andava sfumando nella tristezza.
            «Mi dispiace di aver rotto la promessa, piccolo» si scusò docilmente lei mentre smetteva di accarezzargli i capelli.
La scena venne osservata da Kakashi che non si era mosso minimamente da dove era seduto e, molto più sbalorditi, i due compagni di squadra di Yoshi che osservavano senza parole la sua reazione.
Non avevano avuto il tempo di chiedergli cosa stesse succedendo che era sparito in un battito di ciglia.
Kakashi d’altra parte si era aspettato una reazione del genere, in un certo senso di ritrovò a comprendere se non quasi a giustificarlo; rimase tuttavia attento che non esagerasse con l’aggravare la salute ancora cagionevole di Hikaru.
Yoshi ascoltò quelle parole con il cuore colmo di nostalgia, gli era mancata terribilmente e si era lasciato andare alle emozioni del momento che lo avevano sopraffatto una volta vista l'ANBU.

            Dopo qualche battito di cuore alzò la testa per incrociare quello sguardo uguale si suoi. Sentiva gli occhi pungere, sapeva di essere prossimo alle lacrime ma non gli importava, voleva rivedere il suo viso da anni. Ed eccola li infatti, nonostante l’occhio destro fosse come quello degli Hyuga, il sinistro era come i suoi: scarlatti e pieni di lacrime.
La ninja aveva un'espressione dolce, come una madre a cui sono mancati i figli per troppo tempo. Rimasero molto a guardarsi negli occhi senza parlare, Yoshi non l'aveva ancora completamente perdonata poiché la sua lunga assenza si era purtroppo fatta sentire.
Il ragazzo abbassò lo sguardo ma senza alzarsi dal corpo della sorella.

            «Non ti sei fatta sentire per tre anni. Ti credevo morta» mormorò Yoshi con una nota di rabbia nella voce.
Quella frase strinse il cuore a Hikaru che, pur non aspettandosi un saluto caloroso, non pensava di aver procurato un tale risentimento al suo fratellino.

            «Abbiamo avuto dei problemi, non potevo comunicare con nessuno. Era una situazione delicata, Yoshi» tentò di giustificarsi debolmente lei, che non poté fermare il fratello dall’alzarsi di malo modo e mormorare contrito. «Gli ANBU sono sempre venuti prima per te»
Hikaru non tentò nemmeno di ribattere, lasciandolo andare via rapidamente seguito dai suoi compagni di squadra che le rivolsero uno sguardo dispiaciuto.
Pochi secondi dopo che Kakashi le porse una mano e l’aiuto ad alzarsi, Hikaru di pulì i vestiti dalla polvere e accettò di buon grado la seconda stampella.

            «Vedrai che gli passerà, è solo scombussolato dal tuo ritorno» la rassicurò Kakashi, ben sapendo che ogni tentativo di rassicurazione sarebbe stato più che inutile. Non poté tuttavia rimanere impassibile a guardare, sapeva che la ragazza non meritava un trattamento simile soprattutto dopo essere stata dimessa da poco.
            «Penso… penso tu abbia ragione» mormorò lei assorta nei propri pensieri mentre rivolse uno sguardo rattristato in direzione dell’albino.
Kakashi, non ben consapevole di cosa lo spinse, si avvicinò e la strinse in un abbraccio veloce; la kunoichi poggio la testa sul suo petto con un sospiro, in qualche modo avrebbe ripreso i rapporti col fratello.

            I due decisero di passare il resto del pomeriggio passeggiando con calma per il villaggio; passarono per alcuni vicoli in cui entrambi avevano passato del tempo con i loro amici quando erano più piccoli.
Parlarono del più e del meno con Hikaru che poneva domande sinceramente interessate sul team 7, Kakashi vi rispose in modo diretto e non indagò a sua volta sugli eventi degli ultimi anni, ben conoscendo il silenzio che gli ANBU devono seguire riguardo le missioni.

            La sera arrivò in fretta ed entrambi su accorsero di aver passato dopo molto tempo una piacevole e serena giornata.
            «Grazie di tutto, davvero»» gli disse Hikaru d'un tratto tenendo lo sguardo diretto sulle fronde di un albero sopra di loro, che si muoveva al ritmo leggero del vento.
Kakashi sorrise da sotto la maschera ricordando tutte le volte in cui, dovendo ringraziare qualcuno, la ragazza aveva sempre distolto lo sguardo. Le osservò il viso e gli occhi che lasciavano trasparire la gentilezza che la caratterizzava nei modi, quindi lui spostò lo sguardo nella sua direzione, rimasti a fissarsi per qualche battito di ciglia prima di sorridere entrambi divertiti.

            «Credo sia ora di tornare a casa, se vuoi ti accompagno» si stiracchiò pigramente il Jonin, pronto a tornare a casa.
Hikaru negò sorridendo, «Se non si è spostata, credo di essere in grado di tornare da sola. E poi, se conosco ancora un po' Yoshi sono sicura sarà crollato dal sonno saltando la cena» rispose lei divertita prima di salutare con la mano il ninja e avviarsi verso casa.

            Kakashi la salutò di rimando, rimase poi a osservare il tramonto per qualche minuto nel tentativo di razionalizzare i sentimenti contrastanti che sembravano essergli nati nel petto da una settimana a quella parte.
Scosse la testa e sospirò, piegando poi le labbra in un sorriso; si diede dello stupido per averlo realizzato con tanto ritardo.


--- Note ---
Dovrò sbrigarmi a scrivere gli altri capitoli prima di finire quei pochi che avevo già pronti, se mai mi deciderò di finirla con il procrastinare all'infinito.
Tornando alla storia spero che vi stia piacendo, almeno ora che i personaggi iniziano a prendere un po' di forma muovendosi anche all'interno del villaggio. I primi capitoli potrebbero essere alquanto lenti ma con il casino di sottotrame era quasi inevitabile, muoversi in un ambiente quasi del tutto nuovo è più dura di quanto pensassi ma in qualche modo questa storia avrà una fine e verrà conclusa, penso in un massimo di venti capitoli o giù di lì.
Come sempre, alla prossima settimana!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap. 3 - Rimorso ***


CAPITOLO 3 - RIMORSO
 


            «Grazie per il rapporto dettagliato, Hikaru» disse l’anziano mentre inspirava dalla pipa.
            «Ho fatto solo il mio dovere signore» l’ANBU si mise sull’attenti.
            Iniziava ad avvertire un fastidioso bruciore lungo la gamba fasciata, dopo essersi rifiutata di usare entrambe le stampelle ora rimaneva immobile ed eretta come una statua di pietra. Aveva passato l’ultima ora a riportare minuziosamente tutto ciò che era successo nelle ultime settimane quando i contatti con Konoha si erano interrotti e la situazione era degenerata.
L’Hokage rimase sovrappensiero per qualche secondo prima di alzarsi e volgere la propria attenzione all’enorme vetrata che dava uno stupendo panorama su tutta Konoha, in pieno fermento.

            «Puoi andare ora. Per il momento verrai sospesa dagli ANBU fino a che non avremmo chiarito ed accertato cos’è successo. Non appena sarai pronta a tornare attivamente in servizio vedremo il da farsi» espirò pacatamente lasciando che una nuvola di fumo bianco uscisse dalle sue labbra.
            La ragazza annuì prima di congedarsi e dirigersi verso l’uscita della stanza. Ad attenderla fuori vi erano Izumo e Kotetsu che non appena la videro l’assillarono di domande. I due chunin l’avevano svegliata la mattina dopo il giorno del suo ritorno in casa dopo aver lasciato l’ospedale, bussarono delicatamente alla porta d’ingresso ma per l’orecchio attento di Hikaru la presenza dei due non era affatto sfuggita. L’avevano poi diligentemente accompagnata verso il palazzo dell’Hokage, sommergendola anche allora di domande; fino a mattina inoltrata rimasero lì ad aspettare che la loro ex compagna di team finisse il rapporto per il Capo villaggio.
            «È andato tutto bene, quindi?» domandò Izumo mentre tutti e tre si dirigevano verso la strada principale.
            La ragazza annui per poi aggiungere, «Per il momento sono sospesa dagli ANBU, credo che una volta guarita tornerò come semplice Jonin per qualche tempo» indicò poi un piccolo negozio di dango.
Kotetsu rise, divertito dalla situazione.

            «Dovresti essere preoccupata per il tuo posto negli ANBU e invece pensi a mangiarti una ciotola di dango» sorrise il chunin.
            «Sono preoccupata, ma l’Hokage sta facendo il suo dovere. Ciò che è successo è stata colpa mia e non posso nascondermi dalle mie responsabilità»
I tre quindi si fermarono per qualche minuto mettendo dei fumanti dango sotto i denti, Izumo e Kotetsu passarono una decina di minuti a battibeccare su chi avesse il diritto di mangiare l’ultima porzione. Nella discussione, tuttavia, non notarono Hikaru che aveva abilmente sottratto dal piatto l’oggetto della contesa dei due ragazzi e solamente la risata di quest’ultima li distrasse lasciandoli increduli a fissarla mentre dopo qualche secondo offrì loro parte dello spiedino.
            Il sole quel giorno era particolarmente forte e il caldo torrido dell’estate sembrava farsi sentire prima del tempo, il cielo terso e di un azzurro intenso rendeva quella giornata particolarmente piacevole; gli abitanti del villaggio affollavano le strade di Konoha, anche se a quell’ora del giorno le vie erano quasi totalmente deserte. Non vi era tuttavia molta tranquillità, i ragazzi sarebbero usciti a breve dall’Accademia e quelli che l’avevano saltata ancora giocavano indisturbati nel parco vicino la scuola.
In quella pace di fine primavera Hikaru si congedò da entrambi i ragazzi dopo qualche minuto aver ripreso a camminare tutti e tre insieme.

            «Dove devi andare? Sei stata dimessa da poco, dovresti solamente pensare a riposarti» la ammonì pensieroso Kotetsu mentre Izumo annuiva complice.
            «Devo andare in un posto e poi a casa per dare a Yoshi questi Tayaki» rispose mentre si sistemava la sacca che portava a tracolla sulla spalla.
Poggiò il peso sopra la stampella stretta nel braccio sinistro, la stanchezza di quella mattinata cominciava a farle dolere la gamba chiusa nella spessa ingessatura.
            «Vedrai che con Yoshi si sistemerà tutto, è solamente arrabbiato. Sono sicuro che tornerà a sorriderti come al solito, dagli qualche giorno» la rassicurò poi Kotetsu dandole una leggera pacca sulla spalla.

            «Ha ragione, non ha mai tenuto il muso dopo aver mangiato dei Tayaki» aggiunse Izumo con un sorriso e rivolgendole uno sguardo gentile.
La ragazza si strinse nelle spalle mentre in cuor suo sperava vivamente che i suoi amici avessero ragione. Sapeva benissimo che non sarebbero bastati dei semplici biscotti per rimediare ad anni di trascuratezza, ma sperava che potessero almeno rappresentare un inizio. Non avrebbe accettato di subire un’altra perdita.
            «Lo spero anch’io, ora però è meglio che vada. Ci vediamo più tardi» si congedò Hikaru con un sorriso entrando poi nel negozio di fiori della signora Yamanaka, sotto lo sguardo leggermente dubbioso dei due chunin.
            Una volta entrata il naso della Jonin venne sommerso da un’infinita varietà di profumi, lasciò vagare lo sguardo nel luminoso e piccolo negozio pieno, per tre pareti, da una grande quantità di fiori.
            «Arrivo subito» una voce dai tratti infantili attirò la sua attenzione e spostò lo sguardo alla figura che emerse pochi secondi dopo da dietro un grande bancone.
Una ragazzina dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta ed un’espressione seria sotto degli occhi chiarissimi. La bionda le rivolse uno sguardo indagatore, squadrandola da capo a piedi distendendo poi l’espressione in un sorriso educato.
            «Come posso aiutarti?» le chiese poi gentilmente mentre osservava Hikaru rapita da alcuni mazzi di fiori primaverili dai petali vivaci e dal profumo delicato.
            «Avrei… bisogno di un mazzo di fiori» rispose cautamente Hikaru mentre ispezionava tutte quelle piante alla ricerca del suo obbiettivo.
La commessa annuì mentre aspettava indicazioni per iniziare a comporre il mazzo. Qualche secondo più tardi il volto della castana si illuminò indicando un piccolo gruppo di fiori dai colori brillanti e dalla tonalità calda con un’innumerevole quantità di petali che andava a formare una caratteristica forma sferica.
            «Zinnie…» domandò perplessa la ragazzina mentre si sporgeva sulle punte dei piedi e afferrava tre o quattro di quei fiori, scegliendole accuratamente tra le tonalità del giallo e di un arancione brillante.

            «Sono i preferiti della mia sorellina» rispose Hikaru mentre un sorriso dolce e nostalgico le addolciva i tratti del viso.
La bionda le rivolse un’occhiata gentile e rimase sorpresa dal notare come l’occhio destro della ragazza avesse un ben noto colore perlaceo.

            «Mi chiedevo se avessi anche delle Anemoni» chiese poi Hikaru osservando il mazzo di Zinnie che teneva in mano la ragazzina.
In pochi minuti il mazzo fu completato, il profumo delicato e primaverile che emanava rilassò Hikaru.
Mentre il sole continuava lentamente il suo tragitto, ancora altro nel cielo illuminava le strade del villaggio. I bambini, ora usciti dall’Accademia, giocavano correndo e urlando per le vie e i vicini parchi; dai negozi aperti, invece, c’era un via vai di civili e ninja che conversavano sereni.
            Hikaru si ritrovò ad inspirare a pieni polmoni più di una volta mentre procedeva a passo cadenzato contraendo il volto in una impercettibile smorfia di dolore quando poggiava con troppo vigore la gamba offesa; quell’aria di tranquillità e spensieratezza che la rilassava, le permetteva di pensare senza pressioni e di liberare la mente dalle preoccupazioni.

            Alcuni dubbi, tuttavia, continuavano a tormentarla come un pensiero ossessivo, continuava a rivolgere la sua attenzione al fratello e a come aveva sofferto per la sua trascuratezza e lontananza; erano sempre stati molto legati e nel tempo la figura della sorella era diventata per Yoshi come una figura materna. Il litigio del giorno prima le aveva lasciato un pesante senso di turbamento che l’aveva portata a temere che il loro rapporto fosse stato irrimediabilmente compromesso, non sarebbe rimasta però immobile ad osservare come ciò che rimaneva della sua famiglia finiva per sgretolarsi del tutto.
            Arrivata nei pressi delle mura di Konoha si fermò e con un sospiro entrò, leggermente incerta, nel cimitero del villaggio. Il luogo era disposto su un’enorme distesa erbosa accuratamente tagliata mentre, disposti regolarmente e su letti paralleli, rettangolari blocchi di marmo bianco spiccavano sopra il verde intenso dell’erba fresca.
Continuando a camminare Hikaru osservò come la maggior parte di quelle tombe fosse veramente ben tenuta; oltre la metà aveva piccoli mazzi di fiori delle più svariate tipologie, molti dei quali curati regolarmente. Si perse per qualche attimo nell’osservare alcune famiglie pregare, alcuni bambini poi parlavano a ruota libera con un tenero sorriso ad illuminargli i volti dai tratti infantili. Il silenzio e la calma di quel luogo le piacevano, l’aiutavano a pensare ed in qualche modo a rassicurarla.
Una volta raggiunta la metà dell’immenso cimitero si fermò, lasciò vagare per un attimo lo sguardo e poi si diresse verso due lapidi ingrigite dal tempo, con riportati la sola data di nascita e morte e il nome di chi vi riposava. La tomba di destra, tuttavia, presentava un piccolo fiore leggermente inaridito dal sole, poggiato ai piedi della lastra marmorea.

            Con difficoltà Hikaru riuscì a mettere il mazzo di fiori che aveva in mano nel piccolo vaso posto a metà tra le due tombe.
            «Ti ho portato i tuoi fiori preferiti, Ya-chan» mormorò, accarezzando con la punta delle dita i morbidi e colorati petali delle Zinnie. «spero che almeno tu non sia arrabbiata con me, Yoshi ti avrà tenuto molta più compagnia in questi anni» sospirò in un sorriso amaro ripensando all’abitudine di andare a trovare almeno una volta al mese il padre e la sorella minore, non poteva fare a meno di pensare che se quel giorno fosse rimasta a casa, forse, le avrebbe salvato la vita.
            «Penso di aver deluso le tue aspettative, padre» sussurrò mentre sentiva gli occhi inumidirsi. La voce iniziava ad uscirle frammentaria dalla gola. «non ho protetto Ayaka quando avrei dovuto. Sono stata così tanto lontana da casa che Yoshi è cresciuto senza rendermene conto ed ora non mi può quasi vedere…» la voce le morì in gola quando i muscoli le si irrigidirono istintivamente percependo uno strano rumore alle proprie spalle.
            Quando era arrivata pochi minuti prima non aveva visto nessuno nel raggio di metri; dunque, escluse si potesse trattare di persone in visita ai propri cari. Con un movimento fulmineo poggiò il peso sulla stampella nella mano sinistra, estraendo con l’altra mano dure shuriken dalla tasca che portava dietro la schiena e li lanciò in direzione del possibile pericolo.
Un kunai prontamente estratto deviò i due shuriken lanciati da Hikaru scontrandosi a mezz’aria con uno schiocco metallico.
Una chioma argentea attirò subito lo sguardo della ninja che si era piegata con il busto in avanti a causa di una fitta proveniente dalla gamba infortunata.

            «Non pensavo di aver fatto così tanto rumore» ammise divertito il Jonin mentre rinfoderava il proprio kunai, pigramente poggiato lungo il muro di cinta a protezione di Konoha.
            «Mi hai spaventata. Non c’era nessuno nei dintorni fino ad ora, non era mia intenzione. Scusami» tentò di giustificarsi Hikaru mentre rilassava a poco a poco i muscoli ancora dolenti per lo sforzo improvviso.
Kakashi negò con la testa.

            «Non c’è problema tranquilla. Ti ho vista e volevo sapere cosa ci facessi qui a quest’ora» spiegò semplicemente chiudendo il libro che stava leggendo ed incontrando lo sguardo curioso di Hikaru.
Si accorse poi, con un certo piacere, che gli occhi di lei non era tanto cambiati dall’ultima volta, così come i suoi modi di fare; ancora vispa e attenta a seguire con attenzione ogni movimento del copia ninja anche se, da quando era tornata, Kakashi l’aveva sorpresa molto più spesso del solito assorta nei propri pensieri.

            Hikaru distolse quasi immediatamente lo sguardo, posandolo poi in basso verso la propria sinistra.
Stava pensando a qualcosa di spiacevole, pensò Kakashi. Aveva anche corrugato di poco la fronte rendendo ancora più grave ed austera l’espressione solita che le caratterizzava gli occhi. Colmando la poca distanza tra di loro, Kakashi le spostò delicatamente una ciocca dietro l’orecchio scoprendo così l’espressione improvvisamente sorpresa di lei al gesto inaspettato.

            «Dovresti pensare a riposarti anziché girare come una trottola per il villaggio» le disse Kakashi sorridendo leggermente da sotto la maschera.
            «Sono stata dall’Hokage per fare rapporto sulla missione… e per l’interrogatorio» rispose lei rivolgendo uno sguardo ai fiori che aveva portato, si diresse poi verso l’uscita seguita poco dopo da Kakashi.
            Kakashi aveva saputo il giorno prima da Ibiki Morino stesso riguardo l’interrogatorio che sarebbe avvenuto il giorno dopo. L’albino aveva notato che per quanto Ibiki fosse considerato uno dei Jonin speciali più temibili della Foglia, erano alquanto infondate le voci che lo definivano un torturatore e un ninja senza scrupoli o valori alcuni; tuttavia, col nemico non andava di mano leggera.
Il biondo teneva al villaggio così come teneva a tutti i suoi abitanti.

            «Pensi che ci abbia tradito?» gli domandò Kakashi mentre osservava, dalla ringhiera del terrazzo nella quale si trovavano, il Sole che tramontava all’orizzonte.
Morino si passò una mano sulla testa coperta dal copri fronte mentre rifletteva.

            «Il consiglio mette sotto pressione l’Hokage da parecchio tempo, non mi sorprende la sua scelta. Tuttavia, se chiedi il mio parere, non penso che lei abbia potuto tradirci così. Abbiamo passato oltre tre anni nella stessa squadra ed è uno degli ANBU più leali alla Foglia che abbia mai conosciuto, non ho alcun piacere nel sottoporla ad una simile tortura dopo essere appena tornata da una missione di livello S» disse poi in tono grave mentre dava voce ai propri pensieri.
            Ibiki aveva saputo del suo ritorno solamente qualche ora prima, nel tardo pomeriggio quando era stato convocato dall’Hokage con il preciso ordine di interrogarla la mattina dopo al sorgere del Sole. Da leale ninja qual era non aveva mosso obiezioni ma comprese rapidamente che in caso di cattivo esito Hikaru sarebbe dovuta poi passare nelle mani di Inoichi Yamanaka.
            «Spero solamente che domani la faccenda si risolva in fretta e che non sia necessario l’intervento di Inoichi. Sai quanto possono essere devastanti e dolorose le sue incursioni mentali» spiegò prima di rivolgere uno sguardo indagatore a Kakashi di fianco a lui.
            «Quantomeno vacci leggero con lei»
            «È un abitante di Konoha, non un nemico» concluse Ibiki prima di sparire in una nuvola di fumo.
            «Sei ancora in pensiero per Yoshi, non è vero?» chiese Kakashi mentre seguiva Hikaru che era diretta verso casa.
La ragazza annuì socchiudendo per un attimo gli occhi.

            «Come posso non essere in pensiero per lui? È veramente cresciuto, ho fatto quasi fatica a riconoscerlo. Dovrò ringraziare il maestro Inoichi per tutto» rispose lei mentre apriva la porta di casa e con attenzione si sfilava i sandali.
Kakashi fece altrettanto, lasciando i propri all’ingresso e accettando l’invito che Hikaru le aveva rivolto con un cenno del capo.

            «Non penso che dovresti preoccuparti così tanto, è solamente scosso dal tuo ritorno. Dovete solo chiarirvi» tentò di consolarla Kakashi mentre osservava distrattamente la casa.
L’entrata non era molto grande, il pavimento in legno scuro contrastava con le pareti chiare, portando di fronte al piccolo soggiorno e prima ancora le scale per il piano superiore, chiuse al momento dalla parete scorrevole e decorata con carta di riso finemente decorata.

            Hikaru annuì mentre dandogli le spalle fece scorrere lo shoji opposto all’entrata, rivelando così un luminoso soggiorno. Il tatami scuro sostituì il pavimento in legno mentre, una volta entrato, Kakashi posò lo sguardo sull’arredamento più moderno ma molto minimalista.
            «Credo sia il caso che vada» disse per un attimo il copia ninja prima di vedere Hikaru abbandonare la sacca che portava sulla schiena e la stampella ce la sosteneva lungo uno dei divani prima di sedervisi con un sospiro di sollievo. Alzò lo sguardo verso Kakashi, osservandolo con espressione serena.
                        «Hai un allenamento con quei ragazzi più tardi?» domandò Hikaru mentre si stiracchiava pigramente, rivolse poi una fugace occhiata ad una delle foto poste alla sua sinistra sopra un mobile in legno.
            «Diciamo di sì, durante l’ultima missione sono migliorati molto. Ho bisogno di vedere se sono pronti per gli esami di selezione dei chunin» le rispose mentre si diresse verso le foto, prendendo tra le mani una di quelle che ritraeva un’interra famiglia sorridente.
            Vi erano raffigurati due bambini al centro della foto, la più grande era una bambina di poco meno di una decina d’anni che teneva in braccio un bambino di almeno un paio d’anni che rideva gioiosamente. Entrambi avevano la stessa scura tonalità ramata di capelli. Dietro di loro due adulti che guardavano i due piccoli, la donna che teneva una mano sopra la pancia messa in evidenza dal leggero kimono legato alto in vita, osservava con gli occhi scarlatti e dal taglio severo ed allungato i due bambini mentre un sorriso gli ammorbidiva i tratti affilati del viso.
Kakashi notò come entrambi i bambini somigliassero in modo incredibile al padre dai corti capelli scuri e mossi; il più piccolo dei quattro poi aveva gli sessi lineamenti gentili del viso dell’uomo più grande.

            «Yoshi sembra la fotocopia di nostro padre. Avresti dovuto vederlo, gli si illuminava il viso ogni volta che tornava a casa. A volte potevi sentirlo squittire dalla gioia» disse Hikaru con un sorriso sereno.
            «Anche tu gli somigli parecchio, soprattutto nel carattere» le rispose Kakashi posando la foto e poggiandosi alla parete, ripensò alle poche volte che aveva visto quel ninja di Kiri dagli occhi perlacei da bambino.
            «L’unica cosa che ho preso da papà è questa disgrazia di Byakugan» affermò lei tagliente mentre passava una mano sopra la vecchia cicatrice che le solcava la guancia sinistra fermandosi sul ponte del naso. «sai, penso di aver davvero dedicato troppo tempo negli ANBU. Lo sai come funzionano le missioni, possono durare mesi o anni se le cose vanno male. A volte i chiedo se non avessi fatto meglio mollare…»
            «Credi davvero che mollando tutto avresti risolto qualcosa? Ciò che è successo non poteva probabilmente essere evitato in alcun modo» le rispose fermamente Kakashi.
Hikaru annuì titubante.

            «Lo so, ma continuo a pensare che con qualcun’altro alla guida del team forse nessuno sarebbe morto. Qualcuno aveva avvertito Ororchimaru della nostra presenza e siamo stati battuti sul tempo, tra di loro c’è un ninja molto abile nelle arti mediche e non escludo anche di veleni» riportò sommariamente la kunoichi attenta a non scendere troppo nei dettagli.
Kakashi notò come iniziasse a mostrare segni di stanchezza, aveva sbagliato più di una volta mentre tentava di rimanere vigile.
All’improvviso la ragazza parve risvegliarsi di colpo.

            «Me ne sono completamente dimenticata, l’ora di pranzo è passata da un pezzo ed è quasi ora di cena. Ancora non hai mangiato vero? Scusami, non volevo essere scortese» gli disse distrattamente alzandosi in piedi per raggiungere la cucina.
Kakashi sorrise per un attimo, si staccò dalla parete e fece per seguirla nell’altra stanza.

            «Non ti preoccupare ho…» l’Hatake venne interrotto dal brontolio del proprio stomaco.
Hikaru scoppiò in una risata divertita, si tolse poi il copri fronte e la benda che portava sotto di esso poggiando entrambi, accuratamente ripiegati, sopra il tavolino basso posto al centro della stanza.
Kakashi spostò lo sguardo sopra la fronte di lei che riportava il marchio maledetto del clan Hyuga. La osservò legarsi i capelli scuri e lunghi fino al seno in una coda bassa e disordinata.

            «Il tuo stomaco non mi sembra d’accordo. Dammi cinque minuti, vedo se c’è ancora qualcosa… Dovrebbero ancora esserci alcuni Takoyaki di ieri» afferrando saldamente la stampella Hikaru raggiunse in pochi passi la cucina attraversando la sala da pranzo.
            Le ultime due stanze erano collegate da una porta scorrevole lasciata sempre aperta dando così l’idea di uno spazio ancora più ampio. Anche se la parete che dava sul piccolo giardino era leggermente socchiusa, i raggi del Sole che era prossimo al tramonto battevano sulla carta di riso andando a illuminare in modo leggero la stanza.
Kakashi rimase ad osservarla mentre Hikaru si muoveva da una parte all’altra della cucina, finché non si ritrovò impedita nel raggiungere dei piatti in uno dei ripiani più alti.

            «Lascia che ti dia almeno una mano» provò poi Kakashi avvicinandosi alle spalle della ragazza che continuava a maledire silenziosamente l’ingessatura della gamba, in condizioni normali non avrebbe avuto problemi nell’allungarsi in quel modo.
            «Ho solo una gamba ingessata, le mani funzionano ancora benissimo» gli rispose prontamente lei per poi avvertire qualcosa di caldo poggiato dietro la sua schiena mentre delle mani più grandi delle sue afferrarono facilmente un paio di piatti, poggiandoli poi sopra il ripiano della cucina. I due rimasero per qualche secondo immobili, Hikaru avvertiva il calore del respiro di Kakashi nell’incavo del collo mentre le sue mani erano ancora su quelle di lei.
Hikaru si girò lentamente incrociando lo sguardo nell’unico occhio visibile dell’Hatake che la sovrastava di una ventina di centimetri.

            «Kakashi…» sussurrò non appena il ninja le spostò dietro l’orecchio alcune ciocche di capelli sfuggiti dalla sua coda.
Kakashi si staccò poi da lei di qualche passo, Hikaru abbassò la testa nel tentativo di calmare i battiti del cuore che le martellava violentemente nel petto.

            «Sai…» riprese lei non appena riuscì a respirare a pieni polmoni, «credo che per quanto consideri gli ANBU la mia seconda famiglia, ho bisogno di una pausa. Rimanere qui al villaggio come Jonin è ciò di cui ho bisogno, specialmente in questo momento» passò uno dei piatti con sopra alcuni Takoyaki ripieni nelle mani di Kakashi.
            «Hai parlato con l’Hokage stamattina?»
La ragazza annuì.

            «Ho fatto rapporto qualche ora fa, l’interrogatorio con Ibiki è durato parecchie ore e mi ha sfiancato» rispose lei stiracchiandosi languidamente.
            «È andato tutto bene…» disse Kakashi suonando più come un’affermazione che come una vera e propria domanda.
            «Conosci i suoi metodi tanto quanto me, e da come la metti credo tu sappia anche com’è andata. O sbaglio?» domandò retorica Hikaru.
            «In effetti» rispose lui mantenendosi sul vago mentre finiva in pochi minuti ciò che aveva nel piatto nel momento in cui la ragazza sorrise leggermente, girandosi poi posò il piatto vuoto all’interno del lavandino.
            «Ancora non penso di avertelo detto, ma grazie di avermi soccorsa. Con la gamba fratturata non avrei avuto grandi possibilità di farcela» sospirò. «Dovrò ringraziarti come si deve… spero se ne presenti l’occasione» aggiunse infine Hikaru.
Kakashi sorrise leggermente prima di rassicurarla che non era necessario, aveva semplicemente fatto il suo dovere.
Non avrebbe sopportato un’altra perdita importante, aggiunse poco dopo mentalmente.

            I due si salutarono poco dopo sulla soglia della porta di casa Akuma, Hikaru chiuse la porta poggiandovisi poco dopo con la fronte. Quella giornata l’aveva a dir poco stremata, nonostante le ore trascorse con Kakashi le avessero lasciato il cuore più leggero e sereno, continuava ad avvertire che qualcosa non andava. Qualcosa era fuori posto, non avrebbe saputo dire cosa con assoluta certezza ma quel pensiero fisso la continuava a tormentare da quando era tornata.
            Hikaru sospirò passandosi una mano tra i capelli e ripensano a ciò che era successo pochi minuti prima sentì le guance accaldarsi leggermente; un sorriso appena accennato e si diresse verso la cucina, si fermò bruscamente avvertendo la porta alle sue spalle aprirsi in modo lento. Yoshi entrò con calma dentro casa dopo aver salutato i propri compagni di squadra; uscito abbastanza presto quella mattina, non aveva avuto molto tempo per mangiare e rientrando a casa verso l’ora di cena avvertì un pesante buco nello stomaco.
Una volta tolti i sandali incrociò lo sguardo di Hikaru che gli rivolse un sorriso materno.

            «Ciao…» sussurrò lui mentre ricordava la litigata a senso unico avvenuta qualche giorno prima, ancora non avevano avuto modo di chiarirsi.
            «Ciao Yoshi» gli rispose accentuando ancora di più il sorriso mentre zoppicante si diresse verso la cucina.




--- Note ---
Sono in un ritardo abissale nell'aggiornamento quando speravo quasi inconsciamente di riuscire a finire gli altri capitoli perché questo in effetti era l'ultimo che avevo pronto... ma indovina, indovinello?
Non ho minimamente toccato il quarto capitolo, o meglio... nella mia testa è tutto pronto... nella pratica, beh, la mia pigrizia ha vinto.
Spero in ogni caso di non rimanere indietro e che questo mi stimoli a sbrigarmi nello scrivere perché sono curiosa di sapere cosa ne pensate della storia.
Ammetto che questo non è dei capitoli più allegri, ma fidatevi che non è neanche lontanamente il più triste, spero che i personaggi stiano prendendo forma anche nella vostra testa così come li vedo io... vivi.
Yoshi qui non è molto presente ma i due fratelli si stanno vicendevolmente evitando per qualche giorno, anche se vivendo nella stessa casa non mi sembra molto facile la cosa; venendo alla famiglia invece so di aver dato magari un brutto colpo con la piccola Ayaka, spiegherò tutto a tempo debito.
Non mancate di farmi sapere cosa ne pensate, anche con qualche parolina!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap. 4 - Famiglia ***


CAPITOLO 4 - FAMIGLIA
 
          «Da quanto ho sentito le squadre di Genin di quest’anno sembrano molto promettenti, eh sensei?» domandò Hikaru rivolgendo uno sguardo curioso ad Inoichi Yamanaka che era appena uscito dal Palazzo dell’Hokage assieme ad altri Jonin.
Dopo l’annuncio dell’inizio a breve degli esami di selezione dei Chunin, i Jonin che avrebbero presenziato nella supervisione delle prove erano stati chiamati per una riunione straordinaria, e così lo erano stati gli Anbu ad eccezione di Hikaru che ancora non era rientrata in servizio fino a nuovo ordine.
La donna era poggiata lungo il muro dell’edificio e una volta incrociato Inoichi si affiancò a lui muovendosi sulle stampelle che ancora portava come supporto, dopo aver tolto finalmente gran parte dell’ingessatura proprio quella mattina, sostituita da una più confortevole seppur spessa fasciatura.
          «Di certo posso dire che ce ne sono alcuni molto interessanti» le rispose l’uomo con un sorriso mentre rallentò di poco l’andatura per rendere più agevole ad Hikaru la camminata.
Inoichi durante la camminata squadrò l’ex allieva con più attenzione, non l’aveva dato a vedere ma era stato abbastanza sorpreso di vederla lì ad aspettarlo come se niente fosse. L’ultima volta che l’aveva vista erano stati parecchi anni prima e in quei dieci giorni dal suo rientro aveva solo avuto sue notizie da Izumo e Kotetsu che, particolarmente esaltati, non avevano esitato ad avvertirlo del ritorno dell’Anbu.
Era rimasto piacevolmente sorpreso vedendo quanto fosse cresciuta quasi dimenticando come anche solo tre anni facessero la differenza sui giovani: i capelli molto più lunghi dell’ultima volta in cui l’aveva vista, il fisico ancora tonico e slanciato e il volto ancora affilato in una maschera di austerità che veniva mitigato dallo sguardo dolce che sembrava non sparire mai.
Si, era decisamente felice di riavere di nuovo la sua allieva al villaggio.
          «Piuttosto -interruppe dolcemente Hikaru il filo dei suoi pensieri, -Yoshi come se l’è cavata in questo periodo?» domandò con una punta di amarezza e curiosità nella voce.
          «Il ragazzo è in gamba ma un po’ troppo testardo e avventato. Ha imparato molto in fretta ed è diventato chunin facilmente, non ha mai dato problemi» riassunse brevemente Inoichi rivolgendole uno sguardo bonario alla vista del volto dell’allieva persa in un’espressione nostalgica.
Quel tempo di pausa forzato la stava mettendo di fronte a problemi a cui non pensava avrebbe mai dovuto far fronte, occupare il tempo con degli allenamenti per recuperare la mobilità non sarebbe stato un brutto piano e un’occasione imperdibile per provare a ricucire quel poco che poteva dei rapporti col fratello Yoshi. Una ghiotta opportunità per aiutarlo negli allenamenti adatti ad un membro del proprio clan, visto che le circostanze non avevano girato a loro favore e Yoshi si era ritrovato quasi del tutto estraneo a quella che era la sua origine.
          «Come va col ragazzo?» fu la volta dello Yamanaka di porre una domanda, mentre aspettava paziente una risposta che sembrava pesare fortemente sul petto di Hikaru.
La castana sospirò passandosi una mano fra i capelli legati in una coda bassa, si fermò sistemandosi meglio la sacca che portava a tracolla e gettò lo sguardo verso il cielo azzurro e limpido sopra le loro teste mentre gli schiamazzi dei bambini che giocavano riempivano le strade e i vicoli.
          «Non penso mi abbia ancora perdonato, -ammise stancamente, -e non penso lo farà molto presto ma non posso fargliene una colpa. Ha tutto il diritto di essere arrabbiato con me e dopo la sfuriata che mi ha fatto il giorno che mi avevano dimessa si è calmato molto. Mi sta evitando e ci parliamo lo stretto necessario» disse poi riprendendo lentamente la camminata.
          «Non sono mai stata brava nei discorsi»
Inoichi scoppiò in una risata che fece aggrottare la fronte ad Hikaru che lo guardò perplesso di fronte a quello scoppio improvviso di ilarità.
          «Ti credo, ti credo. Anzi, ricordo anche quando Izumo e Kotetsu riuscirono a farti perdere la pazienza, non avevi mai parlato tanto in una volta sola -raccontò il Jonin con un sorriso ricordando una delle prime missioni che furono assegnate a quel team sgangherato, -recuperare dei gatti all’interno del villaggio di certo non era un grande divertimento per un chunin ma eri molto piccola e di certo i felini non sono mai stati i tuoi animali preferiti. Con quella sfuriata dopo il loro scherzo era stata terribile, li avevi fatti impallidire dalla paura»
Hikaru accennò un sorriso al ricordo di quella giornata, quando il trio aveva dovuto passare l’intera giornata a recuperare gatti su gatti in ogni angolo, albero, tetto e vicolo del villaggio. All’ultimo della giornata Izumo e Kotetsu ebbero la grande idea di giocarle uno scherzo visto che non gli andava giù come una ragazza della loro stessa età fosse già chunin mentre loro si erano diplomati a Genin da poco tempo.
Anche se dopo quella volta i tre strinsero amicizia molto velocemente, rimanendo uniti in qualsiasi situazione.
          «Ad ogni modo, non preoccuparti. Yoshi è una testa calda ma è solo preoccupato di vederti sparire di nuovo. Dagli qualche giorno e vedrai che tornerete a parlarvi serenamente» la rassicurò il biondo poggiandole una mano sulla spalla e fermandosi di fronte al negozio di fiori della moglie.
I due si diressero all’interno del locale e una volta dentro vennero accolti da un insieme di piacevoli odori dei colorati fiori primaverili che adornavano due delle pareti del negozio, illuminato a giorno dall’enorme vetrata che occupava gran parte di una terza parete.
Con una rapida occhiata, Inoichi notò come ancora non ci fosse nessuno nel negozio e facendo accomodare Hikaru le rivolse un’occhiata grave e un tono fattosi improvvisamente serio, «C’è una cosa importante di cui ti devo informare»
Hikaru lo guardò per un attimo spaesata da quel cambio repentino ma annuì seriamente prima di sbarrare gli occhi a quello che avrebbe sentito di lì a poco.
          «Alcuni membri del clan Akuma sono venuti qui al villaggio un paio di mesi fa»
L’Anbu mancò un paio di respiri sentendo un improvviso gelo nel petto che le impediva di far espandere correttamente i polmoni, scuotendo leggermente la testa si liberò in fretta, o meglio mise da parte per il momento, quell’orribile sensazione angosciosa che le stava provocando un terribile presentimento.
          «Che cosa… perché sono venuti? Yoshi ne sa qualcosa?» sputò fuori in un secondo, agitata com’era da quella notizia improvvisa.
Inoichi scosse la testa.
          «Yoshi non ne sa niente, -la tranquillizzò immediatamente il biondo, -ma non so il perché preciso della loro visita. So che sono venuti per parlare con il capoclan degli Hyuga ma non ho idea del motivo e così come sono venuti, sono spariti in un attimo»
          «Non ci sono litigi con gli Hyuga da oramai decenni a quanto ne so» mormorò mestamente Hikaru dopo aver ripreso un po’ della calma perduta, tornando a ragionare più lucidamente.
Inoichi non fece in tempo a replicare che il campanello all’entrata del negozio risuonò allegramente attirando l’attenzione dei due ninja, girandosi i due videro una giovanissima ragazzina che con aria annoiata entrò nel negozio.
          «Ciao papà -salutò cordiale la ragazzina che condivideva gli stessi capelli chiari del capoclan degli Yamanaka, -e tu? Sei quella della settimana scorsa vero?» domandò poi leggermente confusa da quella presenza inaspettata.
          «Un po’ di educazione Ino» la riprese esasperato Inoichi passandosi una mano sul volto, evidentemente abituato a quella mancanza di ogni formalità verso quelli più grandi.
Hikaru accennò un sorriso prima di annuire ad Ino che sorrise di rimando, sistemandosi i lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta.
          «Allora, sono piaciuti alla tua sorellina quei fiori?» domandò allora incuriosita la dodicenne che non pensava un attimo a quello che diceva.
Quella domanda fece sgranare leggermente gli occhi all’uomo che, incerto se intervenire o meno, osservò Hikaru soppesare per un secondo la domanda prima di risponderle.
          «Sono sempre stati i suoi preferiti» rispose Hikaru.
          «Come si chiama?» incalzò nuovamente la Yamanaka che ora era estremamente incuriosita da quella giovane donna che non aveva mai visto al villaggio.
          «Ayaka» fu la risposta cordiale di Hikaru che non si scompose più di tanto a quella curiosità molto spinta, anzi accennò un sorriso nostalgico ripensando alla sorellina e a come adorasse qualsiasi cosa avesse dei colori accesi.
Ino sorrise soddisfatta, «Si, un nome azzeccato»
“Fiore variopinto” era il significato del nome Ayaka, e anche lì Hikaru annuì più che d’accordo con quella ragazzina alquanto risoluta.
Ino poi si congedò velocemente dai due, stanca dopo un intensivo allenamento con il proprio team lasciando di nuovo il padre e Hikaru da soli a conversare.
          «Forse è meglio che vada anch’io» disse l’Anbu con un sorriso di scuse e salutando Inoichi con un gesto della mano mentre si rimetteva in cammino sulla strada principale del villaggio.
Il sole ancora alto che lasciava presagire un bel pomeriggio in vista, senza nessuna nuvola a dare un po’ di ristoro da quel caldo che iniziava a farsi sentire in piena primavera.
          Hikaru camminò per qualche minuto e si fermò solo quando si sentì richiamata da una voce familiare, girò la testa e rimase sorpresa di vedere Iruka fare capolino da chiosco di ramen di Teuchi. Ricambiò il saluto e si avvicinò al giovane insegnante dell’Accademia.
          «Finalmente ti vedo in piedi» esclamò gioviale Iruka che l’ultima volta che aveva visto l’amica era stato più di una settimana prima, dopo aver saputo che era ritornata e si era svegliata dal ricovero d’emergenza.
          «Beh si, rimanere in ospedale non era nei miei piani» scherzò la donna mentre si sistemava meglio sulle due stampelle che ancora portava come supporto per non forzare troppo la gamba in via di guarigione.
I due chiacchierarono del più e del meno per qualche tempo, senza accorgersi di quanto avessero da raccontarsi. Un barlume di normalità a cui l’Anbu iniziava ad affacciarsi con timidezza, la vicinanza degli affetti, il sostegno e la certezza del non essere soli ad affrontare il futuro erano acqua fresca sulle ferite emotive procurate dalle sue perenni incertezze; l’insicurezza che veniva placata temporaneamente dalla loro presenza e che ritornavano come un predatore in agguato non appena avesse fatto ritorno a quei suoi pensieri insistenti.
          Il tranquillo ritmo di quella amichevole conversazione venne interrotto bruscamente dall’apparizione improvvisa di un membro degli Anbu che senza battere proferire parola diede un messaggio ad Hikaru prima di scomparire in uno sbuffo di fumo così come era apparso, sotto lo sguardo allibito di Iruka che rivolse all’amica un’espressione preoccupata.
          «Tutto bene?» domandò cautamente notando come il volto della kunoichi si irrigidì d’un tratto, lo sguardo eterocromatico fisso su quelle poche parole che non davano affatto l’impressione di dare buone notizie.
Hikaru ci mise qualche secondo a registrare ciò che vi era scritto, distogliendo lo sguardo dal pezzo di carta e riponendolo nella tasca dei pantaloni scuri, un sospiro lasciò le sue labbra mentre tornava ad assumere una posizione più rilassata come liberatasi in un attimo di tutta quella rigidità accumulata.
          Una voce squillante all’interno del locale sembrò richiamare a gran voce il povero Iruka, che aveva uno sguardo esasperato dall’insistenza e soprattutto dall’interruzione di quella conversazione, «maestro Iruka dove va??»
          «Eccomi Naruto, eccomi!» esclamò di rimando il moro borbottando sottovoce come fosse finito in trappola con il ragazzino che tanto richiedeva le sue attenzioni.
La scenetta fece sorridere Hikaru anche se lo sguardo irritato di Iruka le fece soffocare un risolino per nulla adatto a quello sguardo crucciato, scuotendo la testa gli batté qualche leggera pacca sulla spalla e lo spinse delicatamente all’interno del locale, seguendolo a ruota ed evitando di fatto di rispondere alla sua domanda.
          «Aveva intenzione di lasciarmi qui da solo?» si lamentò una testolina bionda alquanto indignata, gli occhi azzurri puntati sulla figura del ninja che affiancava Hikaru.
Naruto spostò l’attenzione del suo ex insegnante a quello della donna e per un attimo il suo volto divenne una maschera di confusione prima di sorridere maliziosamente.
          «Se era con una ragazza poteva anche dirmelo, sa? Non mi offendo» scherzò con una risata il ragazzino facendo diventare la faccia di Iruka completamente bollente per l’imbarazzo.

          «Naruto ma che stupidaggini vai dicendo!» esclamò in preda all’imbarazzo Iruka distogliendo lo sguardo dal giovane Genin e da Hikaru che intanto era impegnata a trattenere una risata divertita, «e tu non dargli corda!» si rivolse poi esasperato verso l’amica che non la smetteva di sorridere per quanto era esilarante la sua espressione disperata mista ad un imbarazzo crescente.
          I tre ci misero qualche minuto a placare le risate ma una volta riusciti Hikaru e Iruka tornarono a conversare tranquillamente mentre Naruto, irritato dalle poche attenzioni e divorato dalla curiosità seguiva indispettito il dialogo tra i due ninja. Non era sicuro di chi fosse quella donna spuntata dal nulla accanto al maestro Iruka ma era quasi certo di averla vista da qualche parte, fosse anche solo di sfuggita, e soprattutto era incuriosito da che tipo di ninja potesse essere visto che non sembrava avere alcuna caratteristica particolare, tutt’altro.
Hikaru smise di parlare, sentendosi osservata e rivolse la propria attenzione al giovane Naruto che colto in fallo girò la testa di scatto.

          «C’è qualcosa che non va?» domandò allora cordiale la kunoichi divertita da quell’atteggiamento che troppo gli ricordava il fratello Yoshi.
          «Chi sei?» domandò di rimando Naruto senza troppi peli sulla lingua e sorbendosi una sgridata da Iruka per la maleducazione.
          «Non mi sono presentata, eh» sospirò più a sé stessa prima di rivolgersi al dodicenne, «Mi chiamo Hikaru Akuma. Piacere di conoscerti Naruto»
          «Come sai il mio nome?» esclamò sbigottito il ragazzo, colto di sorpresa.
          «È raro non sapere il tuo nome al villaggio con tutti i tuoi scherzi» commentò Iruka intromettendosi nella conversazione e facendo sbuffare Naruto, rimbeccato per l’ennesima volta delle sue scorribande infantili.
Hikaru nonostante le gravi condizioni in cui era stata portata al villaggio ricordava il momento in cui era stata trovata da Kakashi e ricordava anche i tre giovani Genin al suo seguito. Quella testolina bionda non gli aveva certo dato l’idea di un ragazzino tanto scalmanato ed entusiasta, ricordando in particolare quando era ancora un neonato che ne approfittava sempre per balbettare cose incomprensibili.
Neanche il tempo di pensarci che gli altri due membri del Team 7 fecero la loro comparsa, Sakura e Sasuke si diressero senza troppi preamboli da Naruto, entrambi con un’espressione non molto felice.

          «Ecco dov’eri testa quadra» disse l’Uchiha monocorde mentre raggiungeva assieme alla compagna il trio.
          «Naruto,» lo richiamò all’attenzione Sakura, «dobbiamo andare. Il maestro Kakashi ci vuole per un allenamento speciale»
          «Un altro? Ma siamo tornati solo da una settimana!»
          «Avanti non fare storie e andiamo» questa volta fu l’Uchiha a lamentarsi, detestava perdere tempo in quel modo per stare dietro al testardo compagno di team.
Naruto si imbronciò a quel tono di voce e gonfiando le guance girò la testa di lato, indispettito, per nulla intenzionato a muoversi di un passo.
Hikaru rimase per un attimo divertita da quella scenetta comica e quella piccola scaramuccia le ricordò quando i suoi compagni del Team 5, Izumo e Kotetsu, litigassero ogni volta per decidere chi dei due avesse vinto l’ennesima sfida e ogni volta toccava alla ragazza decretare la vittoria di uno dei due anche se spesso arrivavano in parità.

          «Ti sei ripresa?» domandò gentilmente Sakura affiancando Hikaru mentre Naruto e Sasuke avevamo l’ennesimo battibecco sotto lo sguardo di Iruka che tentava di fermarli in ogni modo.
Hikaru abbassò lo sguardo nella sua direzione e rimase sorpresa dallo sguardo gentile che aveva quella ragazzina a malapena adolescente, i lunghi e curati capelli rosa che le sfioravano il viso ancora pieno della dolcezza dell’infanzia e non ancora maturato.

          «Sto molto meglio» annuì la kunoichi con un sorriso di ringraziamento.
Finalmente i due giovani smisero di litigare e raggiungerò Sakura senza degnarsi di uno sguardo.

          «Andiamo» disse Sasuke finalmente libero di poter andare a quell’allenamento fuori programma di cui non aveva la minima voglia di partecipare ma che sembrava essere particolarmente importante.
          «E aspetta, Teme» lo richiamò Naruto di malo modo e beccandosi un’occhiata di sbieco per nulla tranquilla da parte dell’Uchiha che preferì non replicare.
Naruto si fermò davanti la figura di Hikaru e attirò la sua attenzione con la sua voce squillante e piena di energia, «Te vieni con noi, vero?»
Hikaru alzò un sopracciglio a quella domanda inaspettata senza sapere cosa il ragazzo avesse in mente per l’esattezza.
In quel momento Naruto si era ricordato della kunoichi e vista la poca simpatia che aveva sempre nutrito per gli Anbu, si sorprese nello scoprire che lei sembrasse così affabile e gentile. Nonostante tutto era incuriosito a dir poco da Hikaru e senza pensarci due volte decise di approfittarne.

          Con uno scatto sfilò una delle stampelle della donna da sotto la sua presa, facendole mancare l’equilibrio per qualche attimo, seguito a ruota da Sakura e Sasuke che lo inseguirono richiamandolo a gran voce.
Iruka si scusò velocemente prima di buttarsi anche lui nel suo inseguimento, forse nel tentativo di recuperare quella stupida stampella e Hikaru rimase lì da sola, scuotendo la testa divertita e rassegnata da quel cambio improvviso di programma.
Anche se assomigliava parecchio al suo fratellino, neanche Yoshi era mai stato così imprevedibile.

          Per la prima volta da quando il team sette era stato formato i ragazzi rimasero stupiti del loro maestro, Kakashi si fece trovare sul campo di addestramento in orario, anzi con largo anticipo e li aspettava poggiato pigramente sotto un albero, al riparo dalla calura di quella giornata serena. Il copia ninja, disturbato dagli schiamazzi sempre più forti alzò la testa interrompendo la lettura e puntò l’unico occhio visibile sulle figure in lontananza dei suoi tre allievi: Naruto che ancora correva e Sakura e Sasuke che lo seguivano poco più indietro, i tre raggiunsero Kakashi in pochi secondi, affannati e decisamente stanchi.
          «Naruto posso sapere cosa dovresti farci con quella?» domandò incuriosito Kakashi riferendosi alla stampella che il biondo ancora teneva tra le mani.
Naruto non fece in tempo a recuperare fiato e rispondere che un vigoroso pugno della compagna lo stese di nuovo, «Tu… razza di stupido…» disse tra un respiro e l’altro cercando di riprendere fiato.
          «Oh andiamo, Sakura! Non sarebbe mai venuta sennò!» si lamentò il ragazzo che impallidì guardando l’amica con i nervi a fior di pelle e sul punto di scatenare un inferno.
          «E come pensi che possa arrivare fin qui se gli hai preso una delle stampelle che l’aiutano a camminare?» esclamò con una calma gelida la dodicenne.
Kakashi rimase per un attimo sbigottito da tutta quell’esplosione di energia nonostante sembrasse palese il fiato corto che avevano tutti e tre, accennò un sorriso a quella scenetta e adocchiando quello che Naruto teneva in mano richiamò l’attenzione del giovane trio con qualche colpo di tosse.
I tre Genin si ammutolirono e riprendendo un po’ di compostezza aspettarono che Kakashi parlasse.
          «Naruto, -lo richiamò nuovamente all’attenzione il copia ninja mentre i tre giovani avvertirono un leggero movimento alla loro spalle, -esistono modi e modi per chiedere qualcosa…»
          «E rubare una stampella non mi sembra il metodo più efficace, tu non credi?» Kakashi venne interrotto da una voce che sovrastava i quattro ninja, facendo alzare loro la testa.
Su uno dei rami ad un paio di metri d’altezza c’era Hikaru, seduta comodamente con la schiena poggiata contro la corteccia del tronco che li guardava con un sorrisetto soddisfatto. Sotto lo stupore dei tre giovani Genin, la kunoichi aveva raggiunto Kakashi giusto qualche minuto prima dell’arrivo dei tre e perciò decise di aspettarli al fresco di quell’albero e al riparo dalla vista di quegli scalmanati ragazzini.
          «Ma come…» Naruto era senza parole, aveva capito che quella donna era un’Anbu ma non pensava che in quella situazione sarebbe stata tanto agile da non solo raggiungerli ma addirittura anticiparli, mentre li osservava divertita da sopra le loro teste.
L’urlo di Sakura fece uscire di forza il biondo dai suoi pensieri mentre vide la compagna di team arretrare con uno scatto arpionandosi al braccio di Sasuke che aveva tirato fuori un kunai, Naruto girò la testa e rimase impietrito alla vista di quello che all’inizio gli sembrò una versione fin troppo cresciuta di Akamaru, un enorme canide che raggiungeva senza problemi l’altezza del metro e dieci, raggiungendo senza problemi l'altezza del petto dei tre giovani ninja che erano paralizzati dalla paura.
          A poca distanza da loro quello che era senza ombra di dubbio un lupo li fissava, l’espressione austera e gli occhi ambrati che li fissavano guardinghi e fieri. L’animale rimase lì immobile per qualche secondo prima di muovere qualche passo e raggiungere con poche e misurate falcate il biondo che era completamente impallidito, bloccato dalla paura e dalla sensazione di impotenza dinanzi ad una creatura tanto fiera e posata nel comportamento.
Gli occhi azzurri di Naruto rimasero incatenati a quelli del lupo che avvicinò cautamente il muso e diede una lenta annusata al volto del ragazzino che sbarrò gli occhi dalla paura, trattenne il respiro per qualche attimo fin quando non sentì un qualcosa di umido raschiare leggermente la sua guancia. Aprì timidamente un occhio e si sorprese dal modo in cui quell’enorme animale lo stava ora leccando delicatamente sulla guancia mentre gli faceva il solletico con il naso umido, il lupo smise quasi subito e con un gesto rapido afferrò la stampella tra le zanne e si allontanò come se niente fosse dai tre Genin.
          Hikaru che osservò divertita la scena scese con un gesto atletico e senza troppe difficoltà dal ramo, prendendo la stampella che l’enorme lupo gli offrì senza fiatare ricevendo qualche ringraziamento; una volta assestatasi poi sulle proprie gambe poi rivolse la sua attenzione al biondo che non si era più mosso da quando era stato avvicinato dall’animale.
          «Grazie per avermi riportato la stampella, Naruto -disse con una punta di divertimento nella voce, -sembri stare simpatico a Shiro» aggiunse poi indicando con un cenno del capo il lupo che sedette di fianco a lei.
Naruto sbuffò alla velata seppur innocente presa in giro e imbronciato osservò con attenzione Shiro, le enormi dimensioni erano impressionanti e incutevano facilmente timore, gli occhi ambrati che guardavano con dolcezza la Kunoichi accanto a lui e il pelo folto e candido come la neve che lo ricopriva fino alla punta della lunga e morbida coda. L’unica nota di colore era la bandana che il lupo portava al collo, chiusa con un nodo e con sulla schiena riportato un loto bianco stilizzato a cinque petali sulla stoffa rosso cremisi.
          «Come stavo dicendo, -disse Kakashi rivolgendo uno sguardo annoiato in direzione di Hikaru che sorrise a mo’ di scuse passandosi una mano dietro la nuca, -tra poche settimane inizierà il torneo di selezione dei Chunin e anche se siete tornati da poco da una missione di livello B non c’è tempo da perdere la fiacca. Per questo faremo un allenamento extra, vediamo se questa volta sarete in grado di collaborare» spiegò, tirando fuori dalla tasca una coppia di campanellini e agitandoli leggermente.
Kakashi sorrise da sotto la maschera, seriamente incuriosito di vedere come se la sarebbero cavata i suoi allievi in una delle prove che fallirono miseramente al loro primo incontro.
 


---Note---
Non ci crederete ma sono ancora viva, forse non particolarmente reattiva nei confronti della vita ma sono abbastanza sicura di essere viva.
Allora, ho pensato di mettere un freno ai miei standad impossibili e quindi ho trocato questo quarto capitolo qui, dove giaceva abbandonato da ormai settimane visto che mi stavo rendendo conto di quanto sarebbe venuto lungo altrimenti... Vi dico solo di immaginarvi questo come a malapena un quarto del capitolo originariamente previsto... e visto che il quarto e il quinto nella mia sclaetta hanno pressoché la stessa lunghezza, credo verrano fuori almeno altri tre capitoli in più rispetto al previsto.
Per fortuna non sto avendo un ennesimo blocco nello scrivere come capita spesso purtoppo, ma mi sto dedicando un po' ad altro... sono tornata alla mia passione per i libri sui carpazia di Christine Feehan e niente, sono ammaliata dal tipo di vampiro o creatura soprannaturale che quella donna ha inventato.
Vorrei davvero un compagno per la vita. Sarebbe una bella sensazione immagino, ahah.
Comunque, smettendola di divagare, non prometto un costante aggiornamento, ma non penso neanche di far passare altri quattro mesi di vuoto.
Il prossimo capitolo mi stuzzica particolarmente quini spero possa incentivarmi a completarlo almeno per la fine di Aprile, speriamo bene... ma in caso questo non avvenisse, auguro una buona Pasqua a tutti!
Anche due paroline sarebbero davvero gradite, anche scomode visto l'enorme ritardo in fondo so di meritarmele ahah.


Ciarax

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap. 5 - Scommessa ***


CAPITOLO 5 – SCOMMESSA
 
            «Pensi di avere la vittoria facile?» lo stuzzicò a bassa voce Hikaru poggiando entrambe le stampelle lungo il tronco di un albero.
Kakashi le rivolse solo un’occhiata prima di sospirare, Naruto era già fin troppo entusiasta a quell’idea spuntata fuori dal nulla ed era abbastanza sicuro che anche Sakura e Sasuke avrebbero fatto di tutto per evitare un altro allenamento di squadra come quello della prima volta. Guardò la gamba fasciata di Hikaru e soppesò se fosse veramente il caso di accettare quella scommessa, non parlando solo di semplice svantaggio fisico in quella situazione, odiava anche la possibilità di causarle involontariamente ulteriore dolore visto le condizioni in cui l’aveva trovata quando stavano tornando dall’ultima missione.
            Shiro mugolò qualcosa prima di inumidire il dorso della mano di Hikaru col naso e andare a sedersi silenziosamente vicino i tre Genin, ancora un po’ intimiditi dall’imponenza di quel lupo ninja. Alla fine, non ci sarebbe stato verso di costringerli a fare quella dannata prova dei campanelli e si arrese.
            Quando Kakashi riportò l’attenzione su Hikaru si accorse che al suo posto non c’era nulla, assottigliò lo sguardo e girò completamente quando sentì un fischio provenire dalle sue spalle. Scartò di striscio un kunai con una bomba carta legata all’estremità che causò una piccola esplosione e un lieve trambusto.
            Il copia ninja saltò agilmente fuori dalla cupola di fumo che si era creata, atterrando un paio di metri più indietro. Dovette scartare lateralmente non appena mise i piedi a terra per evitare secondo kunai.
            «Se continui così, la vittoria sarà sicuramente troppo facile» sogghignò Kakashi, zittito da un calcio diretto al volto e che parò per poco con il braccio destro.
            Hikaru era comparsa all’improvviso al suo fianco e usando la gamba danneggiata come perno, diresse un calcio laterale a Kakashi che venne scaraventato indietro grazie alla tecnica dell’Alabarda di terra in grado di rendere il corpo della kunoichi molto più resistente negli scontri fisici. Il corpo di Kakashi, appena sbalzato all’indietro, scomparve in una nuvola di fumo non appena la schiena fece contatto con il terreno lasciando solo un tronco al suo posto.
            Nelle tecniche di elusione era sempre stato un maestro e Hikaru dovette rapidamente rifare i conti con questa sua abilità, si guardò rapidamente intorno senza alcun desiderio di attivare il Byakugan e sentendo una vibrazione sotto i suoi piedi non fece in tempo ad evitarlo. Due mani le afferrarono entrambe le caviglie, facendole contrarre il volto in una smorfia di dolore a causa della pressione sulla gamba offesa e abbassando la testa vide le braccia spuntare dal terreno sotto i suoi piedi.
            «Farmi battere in questo modo non è da me» commentò Kakashi a bassa voce, di modo che solo Hikaru lo potesse sentire, dopo averla costretta alla tecnica della Decapitazione sotterranea che la lasciò solamente con la testa al di fuori del terreno.
            «Non sei l’unico bravo con i giochetti, te lo ricordi?» la voce proveniva alle sue spalle e Kakashi percepì in quel momento una seconda fonte di chakra dietro di lui. Girando a malapena la testa venne scaraventato a terra dal corpo di Hikaru che lo teneva a terra con tutto il peso sul suo stomaco.
            Lo sguardo divertito e la cicatrice leggermente deformata sulla guancia sinistra a causa delle labbra distese in un sorriso mentre Kakashi vide con la coda dell’occhio il corpo di Hikaru, che aveva bloccato qualche istante prima, liquefarsi in un ammasso di lava bollente e fluida.
In quel momento le voci entusiaste di Sakura e Naruto non li raggiungevano, solo rumori in lontananza tra loro due.
            Kakashi sentì come la presa di Hikaru non era affatto ferrea e ne approfittò per dare un colpo di reni e ribaltare la situazione, attendo a non gravarle sulla gamba offesa e sorridendo da sotto la maschera.
            «Forse avresti dovuto farti aiutare da Shiro» le sussurrò a pochi centimetri dall’orecchio.
            «Avrei avuto un vantaggio… quando tu non avresti comunque usato lo Sharingan» rispose semplicemente lei con lo stesso tono di voce, beandosi per un attimo del calore che le procurava la sua vicinanza.
            «Volevi perdere?»
Hikaru accennò un mezzo sorriso prima di sgattaiolare via dalla sua presa e riprendere le stampelle con cui aveva camminato fino a quel momento.

            Era pomeriggio inoltrato quando Hikaru rientrò finalmente a casa, togliendo i sandali con un sospiro di piacere e per dare finalmente una tregua ai muscoli stremati. Nella pace della casa raggiunse la cucina e afferrò qualcosa da mangiare nel frigo mentre sentì distrattamente alcuni colpi attutiti disturbare quella quiete e provenire dalla stanza accanto.
La stanza degli allenamenti era in disuso da parecchio e lei ancora non ci aveva messo piede da quando era tornata, preferendo di gran lunga gli allenamenti nel piccolo giardino sul retro.
            I colpi si interruppero quando Hikaru decise di dare un’occhiata agli allenamenti di Yoshi, facendo scorrere gli shoji venne accolta dal disordine più totale. Dove solo una piccola parte dell’enorme sala era stata risparmiata dal caos di attrezzi e vecchi scatoloni, l’unica parte abbastanza pulita e grande a sufficienza per permettere qualche allenamento non troppo movimentato.
            Yoshi era lì, accovacciato a gambe incrociate a terra, il volto contratto e un’enorme bacinella quasi completamente vuota di fronte a sé. Talmente concentrato su quella tecnica su cui si allenava da giorni che non sentì alcun rumore provenire dalle altre aree della casa, venendo inevitabilmente distratto quando sentì gli shoji della stanza d’allenamento scorrere.
Hikaru era lì in piedi che lo osservava in silenzio e soffocando un sorriso quando, una volta persa la concentrazione, la sfera d’acqua che aveva formato si sciolse ricadendo nella bacinella e bagnandolo per la maggior parte.
            Rivolse un’occhiata truce alla sorella prima di sospirare e alzarsi, prese un asciugamano che aveva di fianco a sé e se lo poggiò sulla spalla prima di passare di fianco a Hikaru.
            «Con la gamba ancora in quelle condizioni non dovresti sforzarti tanto»
Hikaru seguì il fratello minore in cucina dove prese una bicchiere d’acqua, sedendosi stancamente su una sedia.
            «E tu non dovresti perdere la concentrazione per così poco, il maestro Inoichi ha grande fiducia per insegnarti la Sensisfera d’acqua. È una tecnica molto utile» replicò lei semplicemente.
«Sei tu quella che… ehi!» protestò Yoshi quando Hikaru prese l’asciugamano dalle sue spalle e poggiandolo con poca delicatezza sulla testa del ragazzo.
            Senza ascoltare le sue proteste Hikaru sfregò con energia l’asciugamano e con una bassa risata divertita ammirò quei corti capelli ramati, sparati in ogni direzione a causa della frizione con il tessuto. Messo da parte l’asciugamano prese a districare quei capelli mossi con più attenzione, passando le dita tra le ciocche umide e sentendo Yoshi rilassarsi leggermente sotto al suo tocco.
            «Inoichi sensei è severo con te, ma perché sa che sei un ninja in gamba. Gli chiesi di darti una mano con gli allenamenti quando mi avevi detto di avere il chakra dell’acqua, qualche mese prima – lasciò per un attimo la frase in sospeso, fermando le dita sui capelli del fratello, -Mi ha detto però che hai parecchia propensione per le armi e c’è una cosa che non ho avuto il tempo di darti per la tua promozione a chunin… potrebbe esserti molto utile con gli allenamenti»
            Yoshi seguì curiosamente la sorella di nuovo nella stanza degli allenamenti e aiutando la sorella a farsi strada in quel cumulo di scatoloni e disordine, i due finirono verso il fondo della sala. Quella sorta di ripostiglio dove erano conservati vecchi rotoli su rotoli del clan, ammucchiati ma comunque gelosamente conservati in scatole chiuse e al sicuro dall’umidità, altri scatoloni aperti invece contenevano indumenti decisamente più sgualciti e vissuti, molto più pesanti di quelli che portavano adesso e con il fiore di loto del clan orgogliosamente mostrato sul retro.
            «Cosa stai cercando?» domandò finalmente Yoshi quando vide Hikaru borbottare confusa prima di fiondarsi su uno specifico angolo del ripostiglio.
Tra il marasma di armi da allenamento, gettando da parte le stampelle che la aiutavano a camminare, tirò fuori due lame.
            «Queste erano per te, papà ha sempre avuto intuito e ha capito subito che una Kusanagi come la mia non sarebbe stata adatta» disse Hikaru a bassa voce porgendogli le due Kodachi.
Yoshi le ispezionò con trepidazione, estraendo le due lame di poco meno di una cinquantina di centimetri dalle loro custodie. L’impugnatura era perfettamente adatta alla sua mano e notò come sull’estremità finale era rappresentato finemente il fiore di loto stilizzato sullo sfondo cremisi, stesso colore della fascia che sia lui che Hikaru portavano in vita. Le lame erano perfettamente integre, avevano solo bisogno di una profonda e accurata pulita.
            «Ma pensavo che la tua fosse…»
            Hikaru annuì, «E lo è. Le tue Kodachi hanno avuto la precedenza per ovvie ragioni, -disse grattandosi la fronte coperta da alcune ciocche che lasciavano intravedere il marchio, -prima che venissimo qui a Konoha. Sono state anche un regalo dei nostri cugini per te»
Quando i due tornarono poi in soggiorno Hikaru prese la propria Kusanagi, molto più consumata sia nel fodero che nell’impugnatura, fasciato in parte per nascondere il simbolo del clan visto che la utilizzava anche quando era un Anbu.
            «Le lame sono più resistenti e con un po’ di pratica puoi anche infonderle del tuo chakra. Farne di questo tipo fuori dal clan è difficile, utilizzano l’abilità innata della Fusione per lavorare il metallo e anche volendo è quasi impossibile avere gli stessi risultati» anche se c’era amarezza nelle sue parole, lo sguardo orgoglioso mentre guardava i riflessi della sua Kusanagi era impossibile da ignorare.
            In effetti, l’abilità manuale del clan Akuma, anche se non propriamente rinomata vista la loro chiusura agli estranei, era particolarmente utile tra i membri stessi. Le armi che venivano regalate ai nuovi ninja erano su misura per ogni membro, gelosamente custodite e date come segno di crescita.
Un momento in cui venivano rafforzati i legami familiari e si tramandavano le conoscenze vecchie di generazioni.
            «Sai come usarle però?» la domanda di Yoshi era innocente, e visto che anche dimostrando una propensione per il combattimento con le armi quelle erano tutto un altro paio di maniche.
            Aveva percepito chiaramente in quelle parole che c’era qualcosa di cui lui era all’oscuro o che semplicemente non aveva avuto la possibilità di venire a conoscenza, ma quelle due Kodachi erano evidentemente un regalo a cui Hikaru teneva in modo particolare e ricordava ancora chiaramente la maestria con cui lei si muoveva con la sua Kusanagi. Anche se era stata l’arma del padre e quindi non destinata a lei, la sorella aveva imparato a farne un’estensione del suo corpo.
            Hikaru ridacchiò a quella domanda spuntata dal nulla, annuendo ripose nel fodero la propria Kusanagi.
            «Non appena saranno finiti gli esami di selezione dei chunin» ripromise prima di vedere Yoshi corrucciarsi leggermente.
            «Non dirmi che hai ripreso già servizio»
            «Quest’anno i Genin sono tanti, darò una mano a sorvegliare assieme a Izumo e Kotetsu» mentì parzialmente, vedendo il volto di Yoshi distendersi leggermente, rilassatosi a quella notizia.
            Hikaru si sentì in colpa per la necessità di nascondere la verità al fratello minore, ma non voleva incrinare definitivamente il timido segnale di ripresa del loro rapporto. Sarebbe rimasta al villaggio ancora per parecchio tempo, quello era un ordine diretto dell’Hokage al quale non poteva sottrarsi e anche se a malincuore, fu sollevata dal dover solo presenziare per la sicurezza del capovillaggio.
            «Stai attenta con quella gamba» le ricordò il fratello a bassa voce, gli occhi fissi sulle due Kodachi che stringeva in mano, evitando il suo sguardo.
            «Sempre attenta per tornare da te» mormorò lei vedendo la testa del fratello scattare nella sua direzione a quella frase. Anche se il momento era serio, il piccolo sorriso di Hikaru bastò a rassicurarlo, ricordando come dicesse quella frase ogni volta che lui era preoccupato per lei.
            Gli occhi cremisi di Yoshi erano pieni di preoccupazione ma anche di sollievo nei suoi confronti e Hikaru ricambiò lo stesso sguardo con un sorriso tranquillo, intimamente contenta di come fosse ancora in grado di tranquillizzarlo con quelle poche parole.
            Era inutile perdere tempo in mille scuse e promesse quando lui era piccolo, si attaccava a lei come un koala e non la lasciava andare mai fuori casa se non c’era lui a tenerla d’occhio. Quella frase era stata l’unica soluzione che aveva scoperto, che le permetteva di tranquillizzare il fratello abbastanza da non farlo piangere e da rassicurarlo sulla sua salute.
Quando la conversazione avuta quella mattina con Inoichi però le ritornò alla mente, sperò che sarebbe stata in grado di mantenere quella promessa nei tempi a venire.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap. 6 - Seconda prova ***


CAPITOLO 6 – SECONDA PROVA
 
            «Sicura di non aver esagerato?» le domandò Kotetsu non appena finì la prima prova. Assieme a Izumo erano appena usciti dall’aula dove si era tenuta la prima prova degli esami di selezione dei chunin e chiacchierando tra loro si erano subito accorti della figura che li aspettava in corridoio.
            Chiusa nella divisa da Anbu che la fasciava da capo a piedi, Hikaru era in piedi di fronte a loro, senza alcuna fasciatura o stampella per aiutare la gamba ancora in via di guarigione. Non la vedevano da un paio di giorni ma anche grazie alla sua guarigione rapida dubitavano che sarebbe stata in grado di poter rimettersi in servizio tanto presto, men che meno negli Anbu visto quanto era successo al ritorno dalla sua ultima missione.
Quel piccolo dettaglio era sfuggito ad entrambi, oppure lei l’aveva semplicemente taciuto per non farli preoccupare eccessivamente. Non sarebbe stata la prima volta che una cosa del genere accadesse.
Hikaru sorrise da sotto la maschera, «Sto bene… non preoccupatevi per me»
            «Questa l’ho già sentita fin troppe volte» borbottò Kotetsu beccandosi una gomitata dall’amico che lo zittì sul colpo.
La prima prova era andata avanti tutta la mattina e Hikaru aveva ripreso servizio il giorno stesso, girando nei dintorni solamente nel tentativo di scaricare la tensione accumulata da quando si era svegliata. Gli aspiranti chunin quell’anno sembravano provenire da ogni villaggio ninja, ed erano anche parecchi, nonostante i genin di Konoha rimanessero la maggioranza.
            «Chi sono gli esaminatori?»
            «Ibiki Morino e Anko, rispettivamente per la prima e la seconda prova» spiegò Izumo notando l’espressione corrucciata di Hikaru.
            «Il capo della squadra interrogatori come esaminatore per una banda di genin…» borbottò tra sé e sé Hikaru, ricordando il non esattamente piacevole ultimo incontro avuto con il suo vecchio insegnante quando entrò negli Anbu da adolescente. Sapeva bene come stesse solo facendo il suo lavoro ma non poté nascondere il moto di stizza natogli istintivamente in quel momento.
            «Io non mi preoccuperei però, -intervenne Kotetsu sbilanciandosi con le mani dietro la nuca, rilassato, -questi ragazzi sono in gamba. Tra di loro ci sono delle belle teste calde»

            Finché non fosse iniziata la terza prova, Hikaru aveva parecchio tempo libero, non dovendo sostare accanto all’Hokage per la sua protezione. L’Anbu si diresse quindi verso il luogo dove si sarebbe tenuta la seconda prova, e sapendo già chi fosse stato designato come esaminatore, non perse tempo e accelerò l’andatura.
            «Sembra che qualcuno si sia fatto male- sospirò Anko sentendo delle urla provenire dal folto della foresta, mentre la donna se ne stava in piedi di fronte la recinzione, -e sembra anche che qualcuno si sia perso il suo sacco di pulci» aggiunse poco dopo.
Aveva notato immediatamente l’imponente figura di Shiro a meno di un paio di metri dalle sue spalle ma non era affatto spaventata. Si girò ricambiando il suo sguardo fiero, nient’affatto intimorita. Le zanne candide del lupo furono messe in bella mostra in un ringhio silenzioso, un gelido avvertimento che non fece altro che scatenare il divertimento in Anko.
            «Quest’anno gli esaminatori sono stati scelti in modo mirato, eh Anko?» domandò Hikaru comparendo di fianco a Shiro che si ricompose rapidamente, anche se continuò a scagliare occhiate gelide nei confronti dell’esaminatrice. Non aveva decisamente gradito quell’appellativo offensivo.
            Anko sorrise, ghignò osservando l’Anbu di fronte a sé, o meglio la sua maschera. Avvolta nella divisa monocromatica degli Anbu, i capelli erano raccolti in una coda bassa e alcune ciocche scure ricadevano sul viso, coperti i connotati da una maschera dalle sembianze lupine. Un pezzo della parte inferiore era mancante, spizzato senza rimedio e lasciando intravedere una piccola porzione del mento, mentre nella fessura dell’occhio sinistro c’era una piccola crepa che finiva sulla guancia. Come quella machera si tenesse ancora insieme era un mistero per Anko, specialmente dopo aver notato la frattura peggiore, una crepa che si estendeva dalla sommità della maschera, raggiungeva frastagliatamente la fessura dell’occhio destro e poi proseguiva fino alla parte inferiore destra della maschera.
Se già la divisa e Shiro non erano abbastanza intimidatori, la maschera ridotta in quelle condizioni non faceva altro che aumentare quell’impressione.
            «Posso dire lo stesso degli Anbu assegnati all’Hokage per la sua sicurezza» replicò lei sarcasticamente, sentendo un sorriso nascere da sotto la maschera dell’Anbu.
            «Qui non mi sembra ci siano problemi»
            Anko aggrottò la fronte, sospettosa, «Dovrebbero essercene?» chiese con una punta di irritazione quando non sentì alcuna risposta.
Hikaru rimase immobile di fronte alla kunoichi, non rispose e sperò che intuisse la gravità della situazione. Shiro era particolarmente agitato da quando i due avevano deciso di raggiungere la sede della seconda prova, il lupo aveva riconosciuto un odore familiare ma non ne era completamente certo. Sembrava camuffato o alterato da qualcos’altro.
Senza certezza non occorreva allertare inutilmente gli Anbu o gli esaminatori della prova.
Anko serrò la mascella portandosi la mano a coprire istintivamente il marchio che era inciso sopra la sua spalla sinistra, sentendolo improvvisamente pulsare come se avesse ripreso vita.
            «L’odore è qui in giro. Fai attenzione, Anko» si raccomandò semplicemente Hikaru prima di sparire in un battito di ciglia assieme a Shiro, lasciando Anko da sola a rimuginare su quel presagio di sventura parecchio pesante.
Un paio d’ore erano passate rapidamente, perlustrando il perimetro diverse volte ma senza successo. Shiro iniziava ad irritarsi quando sembrava finalmente trovare l’odore, che tanto lo stava facendo impazzire, seguendolo per una decina di metri e poi sentendolo sparire nel nulla. Anche se inizialmente Hikaru pensò come potesse essere plausibile una tale confusione, forse dovuta alla presenza di alcuni ninja del villaggio del suono, che probabilmente si mescolavano a quello che stavano seguendo.
Fu nell’ultimo tentativo che qualcosa cambiò.
Shiro si immobilizzò come una statua, alzò repentinamente la testa e scoprì i denti minaccioso.
            «Shiro, cosa c’è?» domandò Hikaru improvvisamente sull’attenti mentre vide il compagno rivolgergli un’occhiata nient’affatto rassicurante prima di guidarla verso il punto di suo interesse.
Aveva trovato l’odore, ma c’era anche odore di sangue.
I due si affrettarono a raggiungere il luogo da dove proveniva l’odore di sangue e l’Anbu si sorprese di trovare lì anche Izumo e Kotetsu, seguiti da un terzo jonin.
            «Izumo, Kotetsu» i due ninja si girarono in tempo per vedere l’agile figura di Hikaru atterrare al loro fianco, con Shiro silenziosamente al suo seguito nonostante le dimensioni imponenti e il peso paragonabile a quello di un uomo adulto.
Il terzo jonin rimase per un attimo sbigottito da quella apparizione improvvisa ma in quel momento il problema era ben altro.
            «Questo è un pessimo contrattempo, purtroppo è un guaio. Dobbiamo avvisare l’esaminatrice» esclamò Kotetsu gravemente, rivolgendosi al jonin dietro di lui che sparì in una nuvola di fumo.
Hikaru strinse i pugni osservando i tre cadaveri stesi a terra mentre Shiro li annusò e mugolò qualcosa, confermando le sue paure. La loro provenienza dal Paese dell’Erba era indubbia, l’abbigliamento del villaggio del Suono e il copri fronte non lasciavano spazio ad interpretazioni o fraintendimenti.
Che quello fosse il pessimo presagio delle conseguenze fallimentari della sua missione durata quasi tre anni, sperò di non doverlo mai scoprire.
            Anko non ci mise molto ad arrivare e rivolse uno sguardo grave a chi era presente prima di concentrarsi sui tre cadaveri che avevano di fronte.
            «Provengono dal villaggio dell’erba. Credo siano venuti per partecipare all’esame di selezione dei chunin ma…» Kotetsu non finì la frase, già chiaro dove voleva arrivare.
            «Non hanno più le facce» constatò semplicemente la jonin, serrando la mascella a quello spettacolo macabro. Non solo dovevano occuparsi di tre omicidi all’interno delle mura del villaggio in pieno svolgimento degli esami, ma erano anche morti in circostanze altamente sospette.
Hikaru avanzò di qualche passo poggiando la mano sulla spalla di Anko e attirando la sua attenzione, «Anko… non ne ho la certezza ma potrebbe trattarsi di Orochimaru… o almeno uno dei ninja del villaggio del Suono. Abbiamo già sentito questo odore in missione» seguì il mugolio di Shiro come a concordare.
            «Voglio le foto che vi hanno presentato quando si sono iscritti!» ordinò con uno scatto l’esaminatrice, come ricordatasi di un dettaglio importante.
Le tre foto che aveva in quel momento tra le mani le fecero sgranare gli occhi dallo stupore. Riconosceva in particolare il volto di uno di quei ninja quando se l’era ritrovato a pochi centimetri dal volto, senza neanche percepirlo ma quella sensazione di gelo che le aveva attraversato le ossa era sempre la stessa.
Il marchio sulla sua spalla prese a pulsare in modo doloroso.
            «Andate immediatamente dal Terzo Hokage e informatelo di quello che è successo, poi passate dagli Anbu e chiedete di mandare due squadre alla foresta della morte. Io li precedo e vedo di scoprire tutto quello che posso» ordinò bruscamente, colta dall’urgenza di stroncare sul nascere qualsiasi piano di Orochimaru prima che fosse troppo tardi.
            «Izumo, Kotetsu voi sbrigatevi ad avvertire l’Hokage. Agli Anbu ci penso io -esclamò Hikaru scambiando un cenno d’assenso con i due chunin prima di rivolgersi ad Anko che era immobile e fremeva di rabbia, -Non fare pazzie, Anko»
            «Cosa c’è, Kohaku?»
            La voce di Hikaru era risuonata leggera in mezzo alla boscaglia della foresta della morte, mentre i due vi si addentravano saltando di ramo in ramo. Al suo fianco Kohaku che la seguiva senza problemi mentre si muovevano nel fitto della foresta in piena notte, parecchie ore dopo che era stato lanciato l’allarme della presenza di Orochimaru.
Una sola squadra in servizio, e non c’era tempo per richiamare tutti, dunque, si sarebbero dovuti muovere con cautela. Gli Anbu presenti si erano divisi in coppie per scandagliare il prima possibile l’intera area perimetrale della foresta e il suo interno, una rastrellatura completa che avrebbe dovuto prevenire qualsiasi fuga il Senin avesse in mente.
            «Sei sicura che sia Orochimaru? Perché avrebbe dovuto rischiare di venire fino a qui, specialmente con tutta la sicurezza del villaggio in un momento come questo» il giovane Yamanaka era sinceramente confuso e non capiva perché dopo aver speso tre anni in quella missione, Orochimaru avesse deciso di venire direttamente nel suo vecchio villaggio.
Gli sembrava la stessa ingenuità di un bambino alle prese con i suoi primi kunai, un movimento sbagliato e si sarebbe fatto male sicuramente. Perché rischiare in questo modo?
            «Shiro è con Anko adesso, ha sentito il suo odore in più punti. È un ninja traditore di livello S, non puoi aspettarti che ogni sua mossa sia prevedibile. Deve averlo attirato qualcosa»
O qualcuno, si morse il labbro Hikaru, accelerando impercettibilmente il passo e invitando la fitta di dolore provenire dalla gamba ancora non completamente guarita.
...
            Anko era debole, debilitata dallo scontro avuto prima con Orochimaru e in cui era a malapena riuscita a trattenere il lupo di Hikaru. Shiro ora era al suo fianco e si era offerto silenziosamente come supporto, raggiungendole tranquillamente la vita in altezza, silenzioso mentre i due avevano raggiunto con fatica una pianura e si erano fermati a ridosso di due enormi speroni rocciosi.
Scivolò con un gemito a terra ma non fece in tempo a rilassare i muscoli che un basso ringhio di Shiro attirò la sua attenzione: il lupo aveva la testa girata nel fitto del bosco, scopriva i denti minaccioso mentre le orecchie erano appiattite all’indietro.
            Tre enormi tigri stavano lentamente uscendo dal fitto della boscaglia, ruggendo apertamente mentre superavano in dimensioni sia Shiro che, ovviamente, Anko, coperta dal lupo che si era messo davanti in sua protezione.
Il ringhio di Shiro risuonò contro quelle tigri che avevano circondato i due, pronte a balzare ma fermatesi all’improvviso.
            «Certo… che voi delle forze speciali ce ne avete messo di tempo per arrivare» gemette Anko, tenendosi saldamente la spalla sinistra, il volto contorto in una maschera di dolore.
I due Anbu si avvicinarono in fretta, dopo aver paralizzato quei tre enormi felini. Shiro premette leggermente il muso contro la guancia di Anko quando provò a rialzarsi con l’aiuto di Hikaru, passandole una mano sulle spalle mentre l’altra la teneva per i fianchi.
            «Ehi, stai bene?» domandò preoccupato Kohaku, la voce giovanile attutita dalla maschera coperta parzialmente da alcune ciocche bionde.
            «Il segno si sta gonfiando» commentò semplicemente Hikaru, che annuì quando Shiro mugolò qualcosa, mettendola al corrente di quello che era successo.
Serrò le labbra in una linea sottile mentre scandagliava col Byakugan tutta la zona circostante. Aveva trovato immediatamente molti dei genin che partecipavano agli esami, e nel complesso erano tutti vivi, nessuna vittima.
Alcune coppie di Anbu erano ancora occupati a rastrellare il resto della foresta ma non sembrava esserci nulla fuori posto, neanche in quel modo riusciva a trovare la presenza di Orochimaru.
            «Dobbiamo avvisare immediatamente il Terzo Hokage, Capitano!» esclamò Kohaku improvvisamente allarmato, prima di venire freddato da Anko.
            «No, dovete andare subito alla Torre centrale»
            «Ma Orochimaru è qui al villaggio, dobbiamo dare l’allarme» replicò l’Anbu come se fosse un’assurdità quello che aveva appena sentito.
Hikaru assottiglio lo sguardo sulla kunoichi che aveva di fianco, «Anko, cos’hai in mente? Non è il momento di pensare alla seconda prova, la salvaguardia del villaggio ha la priorità»
            Anko scosse la testa, insistente, «Si, questo lo so ma fate per favore come vi ho chiesto. Portate il Terzo Hokage alla Torre centrale e vi spiegherò tutto»
Ci fu un momento di silenzio ma prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa Hikaru abbassò leggermente la testa, sconfitta. Sospirò e aiutò Anko a salire sopra Shiro in modo da non farla spossare ancora di più, sotto le proteste silenziose del lupo che mal gradiva chiunque non fosse la sua compagna di battaglie.
            Una volta assicuratasi che Anko non rischiasse di cadere, Hikaru si rivolse a Kohaku.
            «Avvisa immediatamente il Terzo Hokage e precedimi alla Torre centrale. Io mi occupo di arrivarci con Anko»
Qualsiasi protesta potesse nascere, morì nella gola del giovane Kohaku che rassegnato annuì, scomparendo in uno sbuffo di fumo e lasciando le due kunoichi da sole.
            «Hai parecchio da spiegare» disse Hikaru scoccando un’occhiata di sbieco ad Anko, mentre lei e Shiro sparirono in un secondo da quella radura, diretti verso la Torre centrale.
L’unico pensiero che attraversò la mente dell’Akuma fu l’insolita sfortuna che non la mollava mai. L’ironia del primo giorno di ripresa di servizio, rovinata dal ritorno dell’obiettivo della vecchia missione dall’esito fallimentare.
Qualcuno doveva decisamente avere un pessimo senso dell’umorismo.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3928170