Winchester adventures

di Darlene_
(/viewuser.php?uid=985327)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prima volta che incontrarono Bobby Singer ***
Capitolo 2: *** Christmas Time ***
Capitolo 3: *** Te... quila! ***
Capitolo 4: *** Daddy wasn't at home ***
Capitolo 5: *** Appuntamento a Staford ***
Capitolo 6: *** Is he dying? ***



Capitolo 1
*** La prima volta che incontrarono Bobby Singer ***



Personaggi: Sam e Dean Winchester, Bobby Singer
Parole: 1300
Weechest


 
Prompt: A ha una malattia esantematica, personaggio B l’ha già avuta e decide di stargli vicino + moomins





La prima volta che incontrarono Bobby Singer 


 
 
 
Aveva conosciuto John Winchester qualche anno prima, in un bar non troppo raccomandabile di Kansas City ed era stato lieto di condividere con lui tutti i segreti per diventare un buon cacciatore, eppure l’altro non gli aveva nemmeno confidato di avere dei figli. Proprio per questo motivo quando, una sera di gennaio, l’ex Marine si presentò alla sua porta con due marmocchi, Bobby non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi per la sorpresa. Lo invitò ad entrare per un bicchiere, ma rifiutò cortesemente spiegando che finalmente Occhi Gialli aveva lasciato una serie di indizi e doveva ripartire subito per battere la pista mentre era ancora calda, però gli domandò di ospitare i suoi figli perché il minore era malato e nel motel in cui li aveva sistemati erano scappati appena in tempo dai servizi sociali. Il più anziano si passò una mano sulla fronte, sistemandosi la visiera del cappello e annuì stancamente anche se ogni fibra di lui lo esortava a chiuder loro la porta in faccia perché era pieno di lavoro e dei bambini erano solo una rogna di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Alla fine la convivenza con loro risultò migliore del previsto: una volta sistemati i letti nella stanza degli ospiti, il più piccolo accettò di buon grado di mettersi sotto le coperte e il maggiore lo seguì in cucina con passo marziale e senza assillarlo con le tipiche domande dei mocciosi appena scaricati dal padre. Se fosse dipeso da lui avrebbe ordinato del cibo nel fast food più vicino, ma concluse che non era sano per dei bambini, perciò decise di mettersi ai fornelli per la prima volta da quando era rimasto vedovo e tentò di preparare dei toast. Quando l’ennesima fetta di pane bruciò con uno sfrigolio, il ragazzino abbandonò la sedia su cui era rimasto appollaiato per tutto quel tempo e gli tolse la padella dalle mani, spiegando che era sempre lui a preparare i pasti per Sam. Lieto di non dover avvicinarsi nuovamente ai fornelli, Bobby gli fece spazio e cominciò a preparare un vassoio con un bicchiere di latte e della frutta. Dean tagliò i bordi del panino e lo depositò sul tovagliolo con un sorriso soddisfatto, domandandogli se anche lui desiderasse qualcosa per cena. Il cacciatore scosse la testa, mentre una stretta al cuore gli ricordò che quel marmocchio era troppo piccolo per avere un’espressione così adulta sul viso.
“Quanti anni avete tu e tuo fratello?”
Il bambino sollevò la testa e rispose che lui ne aveva otto, Sammy quattro ed aggiunse: “Non si preoccupi, signor Bobby, non le daremo fastidio.”
Troppo piccoli per starsene da soli in un motel considerò, rivalutando improvvisamente John. Per quale motivo costringere i suoi figli a seguirlo nella sua personalissima crociata? Aveva perso la moglie, certo, ma aveva due splendidi marmocchi e stava rovinando loro la vita senza nemmeno rendersene conto.
“Signore, posso portare io la cena a mio fratello?” La voce di Dean lo riscosse dai suoi pensieri e annuì distrattamente. “Fai pure, ma smettila di chiamarmi signore.” Gli posò una mano sulla spalla con fare amichevole e disse: “Sono solo Bobby.” Il bambino lo osservò per un istante prima di correre verso le scale. Prima che salisse l’ultimo gradino il cacciatore si ricordò della malattia del minore, perciò si fece giurare dal maggiore che lui aveva già avuto la varicella. Ottenuta una risposta affermativa lo lasciò andare e si versò del liquore nel bicchiere.
 
“Smettila di grattare, Sammy.” Dean era seduto sul letto del fratello, tra loro il vassoio con la cena. Il più piccolo si lamentò e il maggiore lo strinse in un abbraccio sussurrandogli qualcosa che Bobby, poggiato contro lo stipite della porta, non riuscì a comprendere. Decise che non era il caso di dar loro la buonanotte e tornò con passo felpato verso il soggiorno. Ricordava vagamente che sua moglie aveva acquistato dei libri per bambini nella speranza di convincerlo ad averne almeno uno; dovevano essere rimasti chiusi in qualche scatolone in soffitta, ma sapeva che era giunto il momento di regalarli a qualcuno che ne avrebbe fatto un uso migliore.
 
“Sei malato anche tu?” Domandò Sam con la voce impastata dal sonno. Dean cercava di non grattarsi, ma il prurito era sempre più intenso e pareva che il suo intero corpo fosse stato preso di mira da un branco di pulci impazzite.
“Sto bene e se non la smetti di fare domande dico a Bobby di metterti a dormire fuori, nella cuccia del cane.”
Cane. La parola magica da non citare in presenza del minore perché i suoi occhi verdi si spalancarono, colmi di meraviglia e cominciò a chiedere se l’amico di papà gli avrebbe permesso di accarezzarlo e se poteva portarlo a spasso e giocare con lui. Dean si maledisse per la sua disattenzione e fu costretto a promettergli che avrebbero domandato a Bobby il giorno seguente, ma quasi che il solo nominarlo lo avesse evocato, il cacciatore si presentò alla loro porta con un sorriso sincero e un plico di libri sotto al braccio.
“Come mai non siete ancora addormentati? Non me ne intendo molto, però credo che i bambini dovrebbero andare a dormire entro una certa ora.” Non voleva essere severo con i marmocchi, ma non poteva certo permettere loro di vegliare fino al mattino seguente.
“Non abbiamo sonno e Dean continua a grattarsi anche se dice a me di non farlo!” Il maggiore tirò una gomitata al fratello, appuntandosi mentalmente di redarguirlo una volta rimasti soli.
Bobby li studiò per qualche istante, quindi esortò il più grande a levarsi la maglietta. Dean provò ad opporre resistenza, spiegando che stava bene, ma l’altro non se la bevve e afferrò un lembo della t shirt stinta per esaminare la schiena, coperta di bolle rossastre.
“E così tu hai avuto la varicella.” Sbuffò perché l’unica cosa peggiore di doversi occupare di un marmocchio malato era averne addirittura due. Prese la polvere contro il prurito e cosparse la pelle candida del maggiore, quindi gli intimò di mettersi a letto.
“Mi spiace signor Bobby, forse era morbillo…” Tutta la sua spavalderia sembrava essere svanita, la testa chinata in segno di sottomissione. “La prego non ci cacci via mio fratello, è malato e ha bisogno di stare al caldo, io posso andare in un motel…”
“Diamine, sono un burbero bevitore di whisky, non un bastardo senza cuore.” I Winchester sollevarono gli occhi, speranzosi. “John vi ha lasciati qui e ci resterete fino a quando lui non sarà di ritorno, ma promettetemi che non mi racconterete altre balle.” Si pentì un po’ del linguaggio colorito, poco adatto a dei bambini, ma era sicuro che in quel modo avrebbero recepito meglio il messaggio. Indicò i libri e spiegò loro che una volta appartenevano a qualcuno, ma che da quel momento sarebbero stati loro e avrebbero potuto leggerne uno prima di dormire. 
“Puoi farlo tu?” Dean gli diede una gomitata, scusandosi per la sfrontatezza del fratello, ma Bobby li esortò a lasciargli uno spazio sul letto e aprì un volume. I protagonisti erano degli strani ippopotami bianchi di cui lui non aveva mai sentito parlare, ma i bambini parvero soddisfatti e si addormentarono con il viso premuto contro il suo petto. Lesse fino alla fine, anche se ormai l’unico spettatore era un ragno che tesseva ritmicamente la sua tela. Indeciso se spegnere o meno la luce, chiuse gli occhi anche lui e cadde in un sonno profondo e senza incubi per la prima volta da anni.
 
Bobby Singer non aveva mai voluto figli perché sosteneva di non essere adatto al ruolo del padre, ma in una fredda notte di gennaio aveva ricevuto un regalo inaspettato: due bambini da amare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Christmas Time ***


Personaggi: Sam e Dean Winchester 
Rating: verde 
Parole: 316
 



 Christmas Time 



 
 
Dean non disubbidiva mai al padre. Non lo faceva per paura di ricevere una ramanzina, perché temeva che potesse accadere qualcosa al suo fratellino e per un milione di altri motivi, ma la vigilia di Natale di 1989 decise di ignorare le avvertenze di John e portare Sam a pattinare.
L’aria era fredda e si era assicurato che il fratellino indossasse la sciarpa ed i guanti prima di uscire: nulla sarebbe andato storto.
Eppure solo un paio di ore più tardi i Winchester si ritrovarono seduti sul divano del motel, con il televisore sintonizzato su uno dei tanti film su Babbo Natale e la cassetta del pronto soccorso poggiata sul tavolino. Il maggiore non riusciva a credere di aver rovinato quello che avrebbe dovuto essere, per suo fratello, il miglior pomeriggio delle vacanze natalizie. D’altra parte, il piccolo Sam pareva più preoccupato per le ferite di Dean che per aver dovuto abbandonare la pista così in fretta.
“Ti fa male?” Chiese il bambino, mettendo un cerotto sullo zigomo tagliato del maggiore, che scosse la testa.
“Mi dispiace, Sammy.” Gli rispose con voce mesta.
Il minore prese un rotolo di garza e cominciò ad avvolgere alla belle meglio il braccio dell’altro.
“Non è colpa tua se sei caduto.”
“Quindi non sei arrabbiato?”
Con la lingua sul labbro superiore e un’aria concentrata sul viso, Sam disse: “No e nemmeno Teddy lo è.” Un cenno del capo fece capire a Dean che si riferiva all’orso di peluche che lui gli aveva regalato l’anno precedente. Prese un pezzo di nastro adesivo e lo usò per fissare la benda. “Devi tenerla, altrimenti non guarisci. Guarda che anche Teddy ti controlla.”
Dean annuì con un sorriso, felice che suo fratello non sapesse che aveva avuto ferite peggiori.
Si strinsero l’uno all’altro, con una coperta sulle spalle, mentre sullo schermo del televisore Babbo Natale scendeva dalla slitta con un sacco pieno di doni.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Te... quila! ***


Flash challenge
Pasqua 2020
Gruppo h/c

 
 
Prompt :
Cos’hai bevuto?
Te…
Tè?
Tequila
 

Fandom:
Supernatural
 
Teen!Dean, Kid!Sam



Te... quila!







 
“Dean?”
La voce pareva provenire da un altro mondo e i colpi alla porta martelli nella sua testa. Il ragazzo strinse le nocche intorno alla tazza del gabinetto, sperando che Bobby lo lasciasse in pace. All’ennesimo conato di vomito, il cacciatore spalancò la porta.
“Che diavolo sta succedendo?” Brontolò accovacciandosi accanto al giovane Winchester. Gli posò una mano sulla schiena, massaggiandogliela. “Cos’hai? Un’indigestione?”
Dean scosse la testa, asciugandosi la bocca dalle gocce di saliva che erano rimaste sulle labbra. In quel preciso istante Bobby si ricordò che la sera precedente il ragazzo era uscito con una sua compagna di scuola, perciò gli domandò cosa avesse bevuto.
“Solo te…” Un conato di vomito lo fece piegare in due, rigettando qualche goccia di bile nel gabinetto.
Il cacciatore scosse la testa, dicendo: “Sono vecchio, ma non stupido, non hai sicuramente orinato del te.”
“Tequila.” Nel momento in cui disse quel nome si vergognò di essere stato ritrovato in quello stato e si concentrò su una piccola crepa formatasi sulla candida ceramica della tazza.
“Idiota.” Gli rispose Bobby, pulendogli la faccia sudata con un asciugamano bagnato. Lo prese in braccio e lo portò a letto, dove gli tolse i vestiti sporchi e lo infilò sotto le coperte. Sam, che fino a quel momento aveva dormito beatamente, si svegliò.
“Dean sta male?” La voce impastata dal sonno lasciava trapelare la sua preoccupazione, ma l’uomo scosse la testa, lasciandogli un bacio sulla fronte.
“Si è solo divertito troppo ieri sera. Adesso dormi.” Chiuse la porta, restando per qualche istante immobile, indeciso se tornare nella camera ed attendere che il bambino riprendesse sonno. Udì i piccoli piedi di Sam percorrere lo spazio che lo divideva dal fratello e la rete del letto scricchiolare.
Il giovane Winchester non aveva capito cosa fosse successo al maggiore, ma per sicurezza avrebbe dormito con lui.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Daddy wasn't at home ***


Personaggi: Sam e Dean Winchester 
Parole: 430
Teenchester 
 


Daddy wasn't at home 


 

“Dobbiamo andare in ospedale.”
“No Sammy, hai sentito quello che ha detto papà, tra poco ci porterà delle medicine.” Dean era steso sul letto di quell’anonimo motel, la gamba avvolta da garze ormai zuppe di sangue che sporcavano anche il lenzuolo sotto di lui. Suo fratello stava cercando, invano, di convincerlo ad andare al pronto soccorso. Entrambi sapevano che con una ferita del genere i paramedici si sarebbero subito insospettiti e ciò di cui proprio non avevano bisogno erano di dare nell’occhio.
Sam rivoltò l’intera camera alla ricerca di qualcosa per aiutare il maggiore, ma ogni singolo cassetto era vuoto. Nel frattempo borbottava tra sé, inveendo contro il padre che continuava a trattarli come soldati e non come adolescenti qualunque. Si maledisse per non essere stato accanto a Dean durante quella caccia, avrebbe dovuto essere al suo fianco anzi che chino su un compito in classe di algebra.
“Sam?” La voce di Dean era poco più che un sussurro, ma il ragazzo gli fu subito accanto. Tastò la sua fronte con dolcezza, constatando che la temperatura si era ancora alzata.
“Dannazione!” Sprofondò su una sedia, coprendosi il volto con le mani, non sapeva cosa fare!
Il maggiore allungò un braccio verso di lui, dandogli una piccola pacca sulla spalla.
“Non ti preoccupare per me, sto bene, è solo un graffio.”
“No che non stai bene! La tua ferita è infetta e molto probabilmente la febbre è salita alle stelle. Tu sei qui, e nostro padre chissà quando tornerà! Come fai a fidarti ancora di lui? Ti lascerebbe morire pur di non far saltare la sua copertura!” Dopo quello sfogo si alzò, sapeva che non avrebbe dovuto alzare la voce, non in quel momento, ma aveva sedici anni e non era in grado di tenere i nervi saldi in situazioni del genere. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno, sperando che quello fosse solo un incubo, ma si impose di restare vigile e trovare una soluzione. Corse in bagno e inumidì degli asciugamani, quindi tornò nuovamente da suo fratello.
Si avvicinò al suo capezzale, sedendosi sul materasso.
“Dean?”
La risposta fu quello che poteva sembrare un grugnito, ma più probabilmente era solo un gemito soffocato. Pose le pezze bagnate su quella fronte ormai bollente, pregando che la temperatura si abbassasse. Restò accanto al maggiore per tutta la notte, continuando a cambiare gli asciugamani e sussurrandogli parole di conforto. Nei rari momenti in cui Dean riprendeva conoscenza stringeva la mano di Sam, come per accertarsi della sua presenza, ma anche senza quella stretta suo fratello non si sarebbe mai allontanato da lui. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Appuntamento a Staford ***


Storia scritta per la
Anonimus speed feel challenge gruppo hurt comfort

Personaggi: Sam e Dean Winchester 
Pre-serie
Stanford era 

Parole: 406

 
 
Appuntamento a Stanford

 
 

Aveva sognato spesso di rivedere suo fratello, ma di certo non avrebbe immaginato che il loro incontro sarebbe avvenuto in un ospedale di Stanford, eppure non appena un’infermiera del pronto soccorso lo aveva chiamato, Dean aveva abbandonato in fretta e furia Minneapolis lasciando il caso ad un altro cacciatore.
Ora si trovavano uno di fronte all’altro ed era strano accorgersi del fatto che Sam non era cambiato negli ultimi dieci mesi; forse i capelli erano un po’ più lunghi e il viso pallido a causa della polmonite, ma era sempre lui con i suoi occhi da cerbiatto e l’aria di chi non si pentiva delle proprie scelte.
“Come mai sei qui?” Nessun preambolo, né affetto nella sua voce resa roca dalla malattia e per Dean, che aveva sperato in un caloroso abbraccio fu un colpo al cuore. Si avvicinò al letto con un sorriso tirato sul viso, gli occhi che tradivano la sua preoccupazione.
“Sono ancora il tuo contatto di emergenza. Mi hanno chiamato dall’ospedale quando sei stato ricoverato e sono corso qui.” Tra tutte le parole che avrebbe voluto dire quelle sembravano così stupide ed insignificanti.
Sam allungò una mano verso quella del fratello, che però si scostò per evitare il contatto. “Scusa.” Il tono con cui lo disse fece pensare a Dean che non si stesse riferendo alla chiamata, eppure non ebbe il coraggio di approfondire l’argomento.
Il maggiore posò la borsa che aveva tenuto tra le mani fino a quel momento, estraendo degli indumenti. L’altro riconobbe che si trattavano dei suoi abiti, abbandonati la notte in cui, sbattendo la porta dell’ennesimo motel, aveva detto addio alla sua famiglia.
Notando lo sguardo di sorpresa, Dean ci tenette a precisare che avrebbe voluto buttarli, ma li aveva conservati pensando che un giorno avrebbero potuto essere utili. Aiutò il fratello ad indossarli e a percorrere il tratto che li divideva dal parcheggio. Un paio di giorni a letto e la polmonite avevano reso Sam più debole e anche quei pochi passi lo stancarono. Si afflosciò sul sedile dell’Impala, rendendosi conto che l’odore della pelle misto a dopobarba gli era mancato più di quanto volesse ammettere.
“E adesso?” Chiese titubante, non avendo idea di quali potessero essere le intenzioni del maggiore.
“Adesso ti porto a casa.” Rispose Dean mettendo in moto e Sam capì che non si riferiva alla piccola stanza da collegiale, ma ad un motel dove il fratello lo avrebbe rimesso in sesto, nonostante tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Is he dying? ***


Personaggi: Sam e Dean Winchester 
Prompt: trauma cranico 
 

Is he dying?

 

 
Uomo.

Trauma cranico.

Pressione in calo.

Lei non può entrare.

Sammy.

Le parole si confondono tra loro in una cacofonia di suoni indistinti. Vorrebbe poter metterle in modalità silenzioso perché il dolore alla testa è già abbastanza fastidioso senza sentire quelle urla.
Le luci sfarfallano, o forse è lui che non riesce a tenere sempre gli occhi aperti, ma sa che i neon sono troppo forti e c’è qualcosa di sbagliato in lui altrimenti non avrebbe l’impressione di muoversi anche se sa di essere completamente immobile. Qualcuno gli posa una maschera dell’ossigeno sul viso e il suo istinto cerca di convincerlo a levarla perché non ne ha bisogno: lui sta bene, sì sta bene. Non ricorda del tutto ciò che è accaduto nell’ultima ora, ma sa che riguarda una caccia. Un ruguru o forse un vampiro? Non importa, Dean se ne sarà occupato.
Dean.
Dov’è Dean?
Sussurra il suo nome e sente una mano premergli sulla spalla. Non riesce a vederlo, eppure sa che è lui perché sente l’odore del suo dopobarba e finalmente si calma. Lascia che la sofferenza pervada il suo corpo e non cerca di combatterlo: suo fratello lo salverà anche questa volta.

Sam. Sammy! Sam resta con me.
 
Quando si sveglia il dolore alla testa è leggermente diminuito anche se ad esso si è sommato un senso di nausea che non si placa e la gola è così secca che potrebbe quasi fingere di essersi appena risvegliato nel deserto. Dean sta dormendo, accasciato su una sedia di plastica, il capo reclinato all’indietro. Basta toccargli un ginocchio affinché si svegli. Pare sollevato e Sam può solo immaginare la paura che ha provato nelle ultime ventiquattro ore, perciò sorride e lo rassicura: perché finché sono insieme va tutto bene, anche se uno dei due ha un trauma cranico e il mostro che stavano cacciando è scappato.
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3928578