La Paura della città.

di 8iside8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01.Qualcosa di rilevante ***
Capitolo 2: *** 02.Ricordati chi sei. ***
Capitolo 3: *** 03.Devi estrargli il cuore. ***
Capitolo 4: *** 04.Deimos ***



Capitolo 1
*** 01.Qualcosa di rilevante ***


«Killian, prendi il latte domattina?» 
Emma era in cucina a preparare la cena. Faceva a pezzetti le verdure da buttare in padella. Killian la guardava rapito. La maglia rosa antico non le nascondeva la pancia, che iniziava ad arrotondarsi. Il viso era luminoso anche quando era stanca e, dietro quegli occhi verdi, c'era la gioia costante di sapere che una vita stava crescendo in lei.  
«Certo, amore.» le rispose avvicinandosi a lei e baciandola sulla guancia. Prese i piatti e iniziò ad apparecchiare. Le lanciava sguardi di sfuggita.  
«Cosa c'è?» gli chiese lei sorridendo. Amava quel sorriso, sembrava che non gli bastasse mai.  
«Niente, ti guardavo.» rispose lui sereno.  
«Cosa?» s'informò Emma.  
«La meravigliosa donna che amo. Non mi stanco mai di guardarti.» Killian si era fermato e i suoi occhi penetrarono quelli della moglie.  
«Mi abituerò prima o poi a queste lusinghe.» rise. Che bella risata.  
«Spero di no, Swan.» era arrivato vicino a lei, che lo guardò lasciandosi avvolgere dalle sue braccia «Il mio punto forte nel nostro amore è di metterti in imbarazzo con dei complimenti sparsi nella giornata. Non voglio smettere di sorprenderti, perché è bello vederti sorridere mentre arrossisci.» 
Lei si allungò e lo baciò dolcemente, poi si bloccò spalancando gli occhi. Prese la mano di Uncino e la posò sulla pancia. Lui sorrise emozionato.  
«Era... Lei? Sta...» chiese Killian col fiato corto.  
«Sì. Sa che sono col suo papà e che ne sono felice.» disse lei, riprendendo a baciarlo.  
La porta di casa si aprì ed entrò Henry.  
«Ciao mamma, ciao Killian.» salutò sorridendo.  
«Ciao ragazzino. Come va?» chiese Emma riprendendo a tagliare l'ultima zucchina.  
Henry posò lo zaino di scuola per terra e andò ad aiutare Killian ad apparecchiare.  
«Oggi abbiamo fatto un incontro per capire il nostro futuro. Orientamento scolastico e lavorativo, insomma.» spiegò mettendo le forchette che gli passava il patrigno.  
«Cosa pensi di fare dopo la scuola?» chiese sua madre che buttava le verdure nella padella.  
«Non lo so. Hanno detto che dobbiamo pensare a cosa sappiamo fare bene e collocarlo nel lavoro più simile.» fece spallucce «Tuttavia, non credo di avere delle capacità applicabili al mondo del lavoro. Sono l'Autore di un libro di favole. Non è una cosa da mettere nel curriculum.» 
Emma girava le verdure con il mestolo di legno e lo guardava.  
«Henry, sei più che un semplice ragazzino. Sei una persona di buon cuore, ti piace aiutare il prossimo... Insomma, hai preso molto dai nonni. Credo che ci sia più di un lavoro che ti permette di farlo.» disse saggia la sua mamma bionda.  
Lui sorrise e annuì.  
«Potresti aiutare la gente, come faceva quel tipo in televisione ieri sera.» propose Uncino.  
«Quello era Sherlock Holmes...» rise Henry «Non so se sono tanto sveglio, ma penserò meglio a come applicare le mie doti altruistiche.»  
 
Mangiarono chiacchierando dei lavori dei tempi di Killian e quelli di quel mondo. Risero e si divertirono anche dopo guardando "Star wars", perché Uncino era curioso e faceva un sacco di domande. Henry cercava di dare al pirata una cultura cinematografica decente, mostrandogli ogni volta che poteva dei grandi classici del cinema NERD.  
Killian teneva la mano sulla pancia di Emma e lei sorrideva felice di vedere suo marito e suo figlio andare d'accordo.  
 
Nella biblioteca chiusa, uno scaffale tremava. Un libro faceva tremare gli altri. Era con una copertina color caffè e sembrava spingersi da solo verso la libertà. Un tonfo e la libreria smise di tremare. Il libro era a terra, aperto su una pagina che raffigurava una guerra antica e lontana. Il volume prese a brillare di luce rossa e si levò in aria. Quando tutto era tornato buio, un uomo, vestito solo di una tunica rosso sangue, era in piedi e si guardava attorno, spaesato. Aveva lunghi capelli neri e occhi castani che sembravano fiamme purpuree. Mosse le dita e non era più in biblioteca, ma davanti alla sua porta. Un corvo gracchiò ai suoi piedi e aveva un piccolo oggetto legato alla zampa. L'uomo gli porse il braccio e il volatile vi saltò sopra. Prese il pacchettino dal corvo, che volò via gracchiando ancora.  
Aperto il piccolo involucro trovò una pozione nera in una minuscola ampolla. Lui la stappò e la bevve, senza esitare. Il suo corpo vibrò tutto e spalancò gli occhi, sussurrando solo una parola.  
«No.» 
 
Emma si era alzata e le sembrava che il mondo fosse magnifico. Erano diverse settimane che si sentiva felice, non le era mai capitato prima. Aveva avuto un meraviglioso lieto fine e un altrettanto lieto inizio.  
Killian la raggiunse in salotto, dove lei era a coccolata sul divano a bere un te.  
«Buongiorno, amore.» le lasciò un bacio sulla pancia e andò e versarsi del caffè.  
«Buongiorno.» aveva risposto lei sorridendo.  
«Oggi siamo liberi tutti e due,» iniziò Uncino «quindi potremmo iniziare a pensare alla bambina.» 
«Non ci pensiamo già tutti gli altri giorni? Poi per me è difficile non farlo, ho un promemoria piuttosto evidente proprio qui.» Emma rideva e si indicava il ventre.  
«Sì, ma ci sono questioni più pratiche, come preparargli la cameretta.» si sedette accanto a lei.  
«Sì, direi che è ora.» convenne la bionda. 
Killian la conosceva bene, c'era qualcosa che non andava.  
«Emma...» la chiamò dolcemente «qual è il problema?» 
Lei gli sorrise ancora.  
«È una cosa sciocca...» era in imbarazzo e lui la adorava.  
«Dimmela lo stesso, magari ci facciamo due risate insieme.» la invitò Uncino.  
«Ecco... Da qualche mese non stiamo facendo niente ed è tutto tranquillo. Ho paura che, appena faremo qualcosa di rilevante, potrebbe spezzarsi questa pace. Una pace in cui sto bene. Con te, Henry, la mia famiglia, la mia pancia...» si torceva le dita, nervosa.  
Killian la scrutava e capì che diceva la verità. Lui lo capiva sempre quando lei mentiva, ma non lo faceva più da tanto tempo.  
«Amore, se sei preoccupata non lo facciamo, ma se cambi idea e vuoi provare a fare qualcosa di rilevante, io sono qui.» la strinse a sé.  
 
Henry era da Granny e stava mangiando uova e pancetta. Pensava a cosa regalare alla mamma, perché a breve sarebbe stato il suo compleanno. Emma non ne aveva ancora festeggiato uno come si deve, sia a Storybrooke che nel mondo senza magia.  
Sentì una vibrazione, come quella delle magie liberate, e si guardò attorno. Niente sembrava cambiato e nessuno sembrava essersene d'accordo. Sapeva che allarmare la città non era una buona idea. Finì in fretta il pasto e uscì di corsa dalla tavola calda.  
Niente nella città sembrava diverso. Tutti erano indaffarati.  
Poi... Poi vide Eolo che entrava nello studio di Archie in lacrime. Accelerò il passo. Pochi metri dopo c'era Leroy, che si guardava riflesso in una vetrina. Aveva gli occhi grandi e spaventati.  
«Leroy!» lo chiamò il ragazzo. Il nano si voltò a guardarlo senza dire nulla.  
«Cosa stai facendo?» gli chiese Henry.  
«Stavo pensando alle mie scelte, alla mia vita. A quello che ero e a quello che sono diventato.» spiegò lui con tono piatto.  
«Sei una brava persona.» tentò Henry.  
«Forse,» rispose Leroy «ma se prima ero un sognatore e ora sono così burbero, non è che rischio di diventare solo? Di allontanare i miei fratelli? E Biancaneve?» si stava agitando, dicendo quei pensieri ad alta voce.  
«L'affetto della nonna non lo perderai mai e neanche quello dei tuoi fratelli!» obiettò Henry.  
«Forse...» sussurrò Leroy, per nulla tranquillizzato.  
Il ragazzo, sempre più convinto che ci fosse qualcosa di strano, riprese a correre.  
In pochi minuti era a casa di Regina. Entrò in casa e la trovò in salotto, seduta sul divano.  
«Ciao, Henry.» lo salutò cupa.  
«Ciao, mamma.» la guardava col sospetto che anche lì non fosse tutto a posto «Cosa fai?» le chiese.  
«Sto riflettendo...» rispose Regina posando il gomito sul poggiolo e il mento sulla mano «Sto pensando che purtroppo non sarò mai felice. Sono diventata buona, sono andata in cerca dell'Autore, mi sono affidata alla Salvatrice, ma... Ho paura che il mio lieto fine non arriverà mai.» 
«Mamma...» disse calmo Henry «Lo sai che non è così.» 
Regina non rispose. Il ragazzino iniziò a capire.  
«Credo che ci sia un maleficio sulla città.» 
Regina si voltò di scatto.  
«Di cosa parli?» gli chiese seria.  
«Prima ero da Granny e ho sentito un'energia strana... Quindi ho deciso di venire qui, ma nel tragitto ho visto Eolo entrare da Archie piangendo e Leroy che triste, ha detto che ha paura che i suoi fratelli si stanchino di lui. Ora sono qui e tu stai rimuginando sulla paura di non avere un lieto fine. Qualcuno sta facendo paura a Storybrooke.» 


*Ciao a tutt*! Sono tornata con il quarto racconto della serie "Il Vero Amore è sempre la risposta". Spero che vi piaccia, lasciate un commento per dirmelo. Domani posto il secondo capitolo! Ciao!*

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Capitolo 2
*** 02.Ricordati chi sei. ***


Emma era in camera, rannicchiata sul letto, con la mano sulla pancia. Uncino entrò e la vide.  
«Amore... Cosa c'è? Tutto bene?» 
Emma non si mosse e lui si sedette sul letto vicino a lei.  
«Cosa c'è?» chiese di nuovo sfiorandole i capelli.  
«Non ce la faccio...» sussurrò lei «Non sarò in grado di proteggere la bambina.» 
«Non è possibile. Lo sai che tu puoi fare tutto quello che vuoi.» la voce di Uncino era cupa, mentre lo diceva «È molto più facile che io ricada nell'oscurità, piuttosto che tu non riesca a difendere nostra figlia.» 
«Oh, no... Anche voi...» voce di Henry li raggiunse dalla porta.  
«Anche noi cosa?» chiese il pirata.  
«Venite in salotto, devo parlarvi e voi dovete ascoltare.» Henry aveva il volto risoluto, mentre diceva queste parole.  
Emma e il marito scesero, scuri in volto.  
Henry spiegò tutto ai due.  
«Per questo non dovete lasciarvi abbattere.» aggiunse Henry «Le vostre paure sono state ingigantite quasi come a diventare delle fobie...» poi guardò il vuoto.  
«Cosa ti prende?» chiese apprensiva lei. 
«Fobie... Non capite?» chiese il ragazzino.  
Uncino sembrava illuminarsi.  
«Fobia... Phobos!» esclamò.  
Emma guardò il marito, mentre Henry annuiva.  
«Phobos è il dio della paura.» spiegò Killian «È il figlio del dio greco della guerra. Il suo nome significa "paura".» 
Emma non capiva.  
«Perché avrebbe fatto un maleficio a Storybrooke?»  
«Perché Ade ha informato tutti i suoi amici della sua morte. Ricordi cos'aveva detto Loki?» 
Gli occhi di Emma si fecero grandi, realizzando la verità.  
«No... Non possiamo permettergli di fare questo. La pace che abbiamo raggiunto... Killian, la nostra bambina...» 
«Mamma,» intervenne Henry «fin'ora sei riuscita a proteggere tutti, perché non dovresti riuscire a proteggere la piccola? Non ha senso. Ricordati chi sei.» e le diede un bacio sulla guancia.  
Emma sentì il bacio del figlio e subito percepì anche la bambina muoversi. Un calore profondo le veniva da dentro e la avvolgeva da fuori. Il cuore si era fatto più leggero.  
Guardò marito e figlio con la bocca aperta.  
«Non ho più paura. Hai ragione ragazzino. Tua sorella è d'accordo con te.» 
«Sua sorella?» rise Killian.  
«La bambina si è mossa quando Henry mi ha baciata e un calore... È stata la bambina da dentro e Henry da fuori che hanno spezzato il maleficio.» spiegò Emma.  
«Amore, ne sono contento, ma dubito che ogni cittadino di Storybrooke abbia un figlio dentro di loro che gli faccia spezzare il maleficio.» obiettò Uncino.  
«Sì, ma ora possiamo combattere.» decretò Emma «Andiamo in biblioteca, magari lì troviamo qualcosa.» 
 
La città era quasi vuota. Triste. Emma parcheggiò vicino alla biblioteca e tutti e tre vi corsero dentro. Belle stava urlando, in fondo agli scaffali.  
«Non è vero! Tu vuoi fargli del male!» 
Corsero e videro il signor Gold che teneva Belle in un angolo. Tremava di rabbia.  
«Stai mentendo! Tu vuoi portare mio figlio lontano da me! Vuoi davvero che ti creda? Ma tu non credi a me, che voglio diventare migliore!» 
Emma si avvicinò piano.  
«Signor Gold...» disse fermandosi.  
Tremotino si voltò di scatto a guardarla.  
«La Salvatrice. Sei qui per salvare Belle, immagino. Sono il cattivo, no?» rise lui.  
«No, sono qui per salvare tutta la città. Siamo tutti sotto un maleficio che rendere gigantesche le nostre paure. Non cedete alla paura. Belle, lui sta davvero cambiando, non dubitarne. Signor Gold, Belle non sta scappando da nessuna parte. È qui e vostro figlio avrà due bravi genitori.» Emma gli era arrivata davanti.  
Lui abbassò le mani e guardò Belle. Lei era ferita e triste, ma fu la prima a parlare.  
«Tremotino, voglio che tu mi creda, non potrei mai portare tuo figlio lontano da te, se stai cambiando. Sto vedendo l'impegno che ci metti e ti credo, ma ho paura che l'oscurità torni. Ne ho davvero paura.» 
«Belle, io non potrei mai farti del male.» fu la sola cosa che riuscì a dire Gold. 
Uncino si avvicinò e lo condusse fuori. Emma toccò una spalla di Belle.  
«Tutto bene?» 
«Sì, spiegatemi bene questa cosa del maleficio, per favore.» 
 
Uncino aveva ragguagliato Gold.  
«Phobos?» chiese Gold.  
«Sì, ci sembra molto probabile che sia lui.» confermò il pirata.  
I due rimasero in silenzio, poi Uncino parlò di nuovo.  
«È il maleficio, non devi fermarti a credere alle paure. Stai davvero diventando un eroe, Belle lo vede, ma è stata ferita molte volte. Dalle il tempo per abituarsi alla versione migliore di te.» 
Gold guardava la strada.  
«Grazie.» 
 
Belle aveva stampato una lista di libri della biblioteca su Phobos e andò a cercarli. Arrivata al primo scaffale dell'elenco vide il libro che cercava a terra, aperto.  
«Emma! Vieni qui!» 
La Salvatrice arrivò subito insieme al figlio e Belle la guardò col libro in mano.  
«Questo libro su Phobos era per terra, aperto a questa pagina.» 
Non c'era scritto niente, solo la raffigurazione di una battaglia. Emma prese in mano il libro e una vibrazione l'attraversa. Lei allontanò la mano come se il libro scottassero.  
«Cosa c'è?» chiese Uncino appena arrivato.  
«Questo libro ha conosciuto la magia.» disse Emma.  
Gold si avvicinò e lo prese con delicatezza dalle mani di Belle.  
«Sì. L'incantesimo si è esaurito, ma ce ne sono ancora delle tracce.» sentenziò.  
«Di che incantesimo si tratta?» chiese Emma toccandosi la pancia.  
«Imprigionava qualcuno e, visto quello che sta succedendo, credo che sia sensato pensare che si tratti di Phobos.» rispose Tremotino.  
Una serie di voci, come di una folla inferocita si era alzata fuori della biblioteca. Corsero tutti fuori.  
Ogni cittadino imbracciava un arma di fortuna e gridavano frasi che inneggiavano all'odio per la Regina Cattiva.  
«Oh no!» esclamò Henry «La loro paura è che la mamma si faccia trascinare di nuovo nell'oscurità, quindi vogliono eliminarla prima. I nonni!» li indicò.  
Emma corse da loro, che si erano uniti al corteo.  
«Mamma! Papà! Cosa fate?» chiese loro.  
«Emma!» le sorrise Biancaneve «Stiamo andando da Regina. Per colpa sua abbiamo perso ventotto anni della tua vita, potrebbe rifarlo e non possiamo permetterglielo.» 
David annuì convinto.  
«Mamma... Papà... Questo è un maleficio. Le vostre paure sono talmente grandi che non siete lucidi.» 
Emma baciò prima la guancia di sua madre, poi quella del padre. Loro la fissarono inebetiti.  
«Regina non cadrà nell'oscurità. Lo sapete, come lo so io.» aggiunse.  
Biancaneve guardò la figlia.  
«Maleficio? Dobbiamo fermare tutti.» disse presa dal panico.  
«Come?» chiese David.  
«Posso?» chiese Gold a Emma, che annuì. Il Signore Oscuro mosse una mano che sembrava abbracciare la folla e tutti si immobilizzarono.  
«Cos'hai fatto?» chiese Belle.  
«Li ho bloccati. Così non potranno fare del male a Regina e noi potremmo trovare una soluzione.» spiegò Tremotino.  
 
Nella biblioteca facevano ricerche e formulavano ipotesi.  
«Qual è il punto debole di Phobos?» 
«Perché lo sta facendo?» 
«Come lo troviamo?» 
«Come lo sconfiggiamo?» 
Le domande si ripetevano in loop. Uncino guardava Emma sfogliare i libri e nascondeva bene che la sua paura più grande fosse anche la sua gioia maggiore. David lo vide e lo portò tra altri scaffali per parlargli.  
«Uncino, cosa c'è?» gli chiese.  
«Non voglio preoccupare Emma con le mie paure.» rispose guardandolo preoccupato.  
«Sì, sono emerse a causa del maleficio, ma erano dentro di te. Parlane, è meglio.» lo invitò David.  
«Io non so se sono in grado di essere un buon padre. Emma è meravigliosa e so che sarà una mamma eccezionale, ma io sono... Un pirata! Andiamo, come posso essere un bravo padre per la bambina?» era agitato e triste.  
«Nessuno è pronto ad essere genitore, Uncino. Io ero terrorizzato. Puoi essere un padre bravissimo.» il Principe Azzurro gli pose una mano sulla spalla e il pirata lo guardò poco convinto.  
«Come posso essere un bravo padre?» chiese triste.  
«Amando la tua bambina. L'amore è sempre la risposta a tutto.» 


*Spero che vi piaccia. Recensite se avete voglia,*

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Capitolo 3
*** 03.Devi estrargli il cuore. ***


«Cosa diavolo sta succedendo?» chiese Regina entrando in biblioteca. Emma la ragguagliò.  
«La loro più grande paura sono io?» chiese retoricamente Regina alla fine.  
«No, credo che sia così accentuata per il maleficio.» soggiunse Biancaneve.  
«Che bel quadretto familiare!» dalla porta aveva parlato un uomo coi capelli scuri «Io sono Phobos e sono qui perché... Beh, Zeus mi ha chiuso dentro un libro e io non avevo proprio voglia di restarci.» rise.  
«Phobos...» disse Henry.  
«Esatto! Io sono Phobos. Paura. Il fratello di Deimos, il terrore. Figlio di Ares, dio della guerra.» si decantò.  
«Cosa vuoi da noi?» chiese Biancaneve.  
«Vendicarmi.» lo disse quasi annoiato.  
«Per cosa?» s'informò Emma.  
«Beh, strano che me lo chieda proprio tu, Salvatrice. Sono qui per vendicarmi di un amico.» sorrideva con malizia.  
David e Uncino erano riemersi dagli scaffali. Belle guardò tutti, poi sussurrò.  
«Ade.» 
«Esatto, ancora!» Phobos rise di gusto «Qui siete più svegli rispetto agli umani che ho conosciuto. Complimenti! Tuttavia sono qui e non potete fermarmi. Sono un dio.» 
«Ma Ade l'abbiamo fermato.» osservò Killian.  
«Certo,» convenne Phobos «tuttavia Ade... Beh era un caro amico, quindi non voglio mancargli di rispetto, ma se posso... Lui era un magazziniere di anime, io un mietitore. Io facevo il lavoro sporco e, secondo Zeus, mi divertito troppo...» 
Sparì.  
 
Killian strinse Emma e le accarezzò la pancia.  
«Tutto bene, amore?» le chiese piano.  
«No, c'è un altro dio che vuole assolutamente farci fuori.» rispose lei nervosa.  
«Non te, però, tu hai il bracciale.» Killian aveva bisogno di dire a voce alta che sua moglie e la sua bambina sarebbero state al sicuro, perché doveva combattere la paura insidiata dentro di lui.  
«Killian,» sussurrò Emma «ne verremo fuori. Non so come, ma ci riusciamo sempre. È una dote di famiglia, quindi... Ne fai parte anche tu, anche da prima del matrimonio, quindi so che insieme ce la faremo.» 
«Davvero, Salvatrice?» Phobos era di fianco a Uncino. Emma si allontanò d'istinto e si rese conto che tutti erano bloccati.  
«Cosa diavolo hai fatto?» chiese rabbiosa.  
«Oh, hai spezzati il mio maleficio, quindi ho deciso che ti farò vivere da sola in questa città, per sempre. Ho fermato il tempo. In questo modo loro non si sveglieranno e tu resterai in dolce attesa per l'eternità.» spiegò con tono divertito Phobos, avendo l'aria di chi ha avuto un vero colpo di genio. 
«Non finisce così. Io li libererò, lo farò sempre.» dichiarò Emma, che aveva assunto la posa di una fiera guerriera.  
Il dio scomparve e lei andò a baciare Killian, sperando che fosse sufficiente il bacio del Vero Amore, ma il pirata rimase immobile.  
Frustrata prese la graffettatrice e la lanciò.  
In quel momento la bambina le diede un calcio ed Emma si bloccò. Se la bambina poteva muoversi, allora...  
Corse da Henry. Guardò il figlio, si toccò la pancia, sperando di prendere tutta la forza d'animo che poteva, e lo baciò. Un brivido la percorse e Henry si mosse.  
«Mamma...» la guardò stupito, poi si volse agli altri «Cosa è successo?» 
«Phobos ha fermato il tempo, lasciando libera solo me. Ho provato a svegliare Killian, ma non ha funzionato. Solo con te.» Emma era triste e arrabbiata «Ragazzino, abbiamo delle ricerche da fare, dobbiamo trovare il punto debole di quel maledetto dio.» 
Cercarono in tutta la biblioteca, per ore. Non sapevano quante, dato che il tempo era fermo. Henry sbucò da uno scaffale.  
«Mamma!» gridò il ragazzino «Ho trovato qualcosa!» 
Le mostrò un volume simile a quello da cui si era liberato Phobos. Lo sfogliarono e lessero con voracità.  
«"Phobos non sapeva mai quando fermarsi, ma il gesto più orribile lo attuò quando fece scomparire il fratello Deimos, nascondendolo nell'oscurità più profonda. Zeus tentò di chiedere a Phobos dove fosse il fratello, ma gli disse che era meglio aver perso un tale rammollito. Zeus sapeva che la sete di orrore che invadeva il cuore di Phobos era troppa e controllata solo dal fratello, unico ad avere il potere di fermarlo. Per questo, non trovando Deimos da nessuna parte, decise di sigillare Phobos in un libro, finché il fratello non fosse pronto ad essere liberato."» Henry aveva letto tutto d'un fiato e aggiunse «Mamma, vuol dire che è qui Deimos, a Storybrooke, sennò Phobos non avrebbe potuto uscire dal libro.» 
«Giusto. Dice che è nascosto nell'oscurità più profonda, quindi...» ragionò la Salvatrice guardando Gold.  
«Devi estrargli il cuore. È nascosto nel suo cuore.» concluse Henry.
 

*Un nuovo alleato? Chissà... Comunque siamo quasi alla fine... di questa storia! Ce ne sono altre e spero che vi appassionino almeno un po'. Se volete lasciare una recensione, mi farete un favore, sia che siano positive che negative. Grazie di aver letto fino a qui!*

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Capitolo 4
*** 04.Deimos ***


Emma si pose davanti a Tremotino e prese un bel respiro, prima di affondare la mano nel suo sterno ed estrarre il cuore.  
«Henry, io non ho idea di come si faccia.» disse Emma guardando il cuore nero che pulsava. Solo un piccolo puntino rosso sembrava desideroso di farsi spazio. 
«Devi provare a sentire cosa c'è nel cuore del nonno.» suggerì il ragazzino.  
«Sembra facile detto così.» 
Emma teneva davanti a sé il cuore. Chiuse gli occhi e lasciò che il suo contenuto si rivelasse.  
 
Emma era nel negozio di Gold. Lui era dietro al bancone che lucidava il suo pugnale e non la vedeva. Era ospite della scena che vedeva, come nella mente di Henry.  
Fumo bianco.  
Ora vedeva Belle, che piangeva e lo cacciava da Storybrooke. Era straziante vedere che lei aveva perso la speranza.  
Fumo bianco.  
Tremotino, nella Foresta Incantata, vedeva Bealfire entrare nel portale e lui rimanere lì.  
Fumo bianco.  
Tutto buio. Emma si girava, ma nessuna luce. Solo una voce fendette quel silenzio atroce.  
«Salvatrice.» era una voce roca e soffocata. 
«Deimos?» chiese lei.  
«Certo. Sono il solo abitante di questo luogo, a parte le cattiverie e i rimpianti di Tremotino. Cosa ci fai qui?» e tossì.  
«Sono qui per sapere come fare a liberarti.» spiegò lei.  
«E ti fidi di un dio? Cos'ha fatto Ade di buono per te? Cosa sta facendo di buono mio fratello?» era amareggiato.  
«So che non siete tutti malvagi. Zeus mi ha riportato Killian, anche se era morto. Inoltre,  credo che tu possa essere migliore di tuo fratello. Ti offro un accordo. Ti libererò se in cambio porterai tuo fratello dove non possa più nuocere a nessuno.» propose Emma.  
«È un'offerta interessante. Posso pensarci. Solo che per liberarmi serve un oggetto di fattura divina e credo che tu non ne possegga nessuno. Quindi, stiamo parlando di niente.» sbuffò lui.  
«Ma io ne sono in possesso.» disse Emma, i cui occhi brillavano.  
«Quel bracciale non conta. Deve essere un arma offensiva.» specificò Deimos.  
«Io ho anche quella.» lo informò lei.  
«Allora... Affare fatto.» disse lui con giubilo nella voce.  
 
Emma si trovò stesa sul pavimento.  
«L'ho trovato!» disse alzandosi e tenendo alto il cuore di Tremotino «Mi ha spiegato come liberarlo. Speriamo che sia la cosa giusta.» 
La Salvatrice visualizzò se stessa come una spada, come la Spada di Sygin. La Spada della Vittoria. Immaginò di toccare la punta contro il cuore di Gold. Sentì qualcosa trattenere quella punta e lei tirò, forte. Tutto stava accadendo con la forza della sua immaginazione e funzionò.  
Quando riaprì gli occhi, teneva in mano il cuore di Tremotino, poco più rosso di prima e un uomo con una tunica corta, color castagna, la guardava riconoscente.  
I capelli castano chiaro gli incorniciavano il volto dalla mascella severa. Gli occhi erano di un caldo color cioccolato. Si inginocchiò davanti a lei.  
«Grazie, mia signora. Mi hai liberato e ora ti renderò il favore. Andiamo a mettere mio fratello nella sola prigione che può fermarlo.» 
 
«Che tipo di prigione può fermare il dio della paura?» chiese Henry.  
«La sola che paralizza tutti. La sua mente. Lui lo fa instillando paura, ma se lo faccio io che domino il terrore...» spiegò il dio.  
«Credevo che tu dispensassi terrore ovunque.» disse Emma.  
«No, mia signora, il mio compito è dosarlo. Ogni cosa, nella giusta dose, fa bene. Gli uomini hanno il terrore delle bestie feroci, per questo se ne tengono alla larga, ma se ne hanno troppo cacciano la bestia per ucciderla. Equilibrio.» ripeté lui.  
Emma li guardò entrambi e insieme uscirono dalla biblioteca. Il paesaggio era spettrale. Gli abitanti di Storybrooke erano immobili, come li aveva lasciati Tremotino.  
«Salvatrice!» Phobos era davanti alla porta di Granny.  
Emma si sentì avvampare al volto. La bambina scalciò e lei si accarezzò la pancia.  
«Cosa succede?» chiese la bionda.  
«Mio fratello,» spiegò Deimos «sta facendo emergere le paure della tua bambina.»  
«Lasciala stare!» gridò Emma furiosa.  
Henry prese la mano di Emma e le posò l'altra sul ventre. Il calore dentro Emma divenne un piacevole tepore e la bambina smise di scalciare.  
«Voi due mi avete stancato.» ringhiò Phobos «Non siete più potenti di me!» 
«Invece sì,» intervenne il fratello «perché l'amore è una magia rara e il Vero Amore ancora più sfuggente, ma... L'amore che cresce tra una madre e i suoi figli è profonda più del Tartaro. Non l'hai mai capito, per questo sei così.» 
Phobos rise e tese una mano avanti. Colpì Emma, che cadde all'indietro, ma si rialzò subito.  
«Come fai?» il dio era frustrato.  
«Con questo!» gli mostrò il polso, il bracciale di Frigg «Protegge chiunque lo indossi, da qualunque tipo di offensiva.» 
Deimos vide che il fratello era concentrato su Emma, quindi sollevò una mano e un fulmine nero scese dal cielo. 
Fu un istante. 
Phobos veniva trapassato dal fulmine. I capelli sbiadirono, fino a diventare bianchi. Il corpo steso a terra, inerme. 
«Grazie, Salvatrice.» si inchinò Deimos «Ora riporterà mio fratello nell'Olimpo, poi deciderà Zeus la punizione più consona.» 
«Swan!» Killian stava correndo fuori, sbattendo la porta della biblioteca «Cos'è successo?» 
Lei gli andò incontro.  
«Killian! Siamo tutti salvi...» lo baciò e spiegò di Phobos che li aveva imprigionati nelle loro menti, poi di Deimos nel cuore di Gold e della sconfitta del dio della paura, mettendo fine al maleficio sulla città.  
«Sono così felice di rivederti...» le sussurrò il marito all'orecchio.  
Deimos salutò di nuovo e partì per l'Olimpo tenendo il fratello su una spalla.  
 
I suoi genitori e Regina li raggiunsero fuori.  
«Emma!» sua madre corse ad abbracciarla. Stavolta fu Henry a raccontare l'accaduto.  
Regina guardò la Salvatrice.  
«Emma, Gold non sta bene.» e le fece strada dentro.  
Tremotino era steso a terra, con la testa sulle ginocchia di Belle, che piangeva. Emma si inginocchiò al fianco dell'uomo.  
«Signorina Swan... Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Io non ho l'energia per sciogliere l'incantesimo sulla città, ma appena sarò morto saranno liberi.» la voce faticava ad uscire.  
«No, deve esserci un modo. Henry! Vieni qui davanti a me.» disse la bionda concitata.  
«Emma, sono più potente di te, quindi so che non puoi farcela.» obiettò Regina.  
«Lo so, ma il mio potere è fuso con quello della Spada della Vittoria e con quello della bambina, se Henry userà il suo sangue che lo collega alla sorella, possiamo fare buona parte del lavoro.» spiegò Emma sempre più speranzosa.  
«Hai detto buona parte del lavoro, il resto? Chi lo deve fare?» chiese Regina scettica.  
«Belle...» sussurrò Henry.  
«Io?» chiese con gli occhi blu, umidi.  
«Sì,» rispose Emma «tu. Il posto lasciato vuoto nel suo cuore da Deimos, deve essere riempito. È come un'embolia, una bolla d'aria molto pericolosa. Se lo ami ancora, puoi fare la tua parte e riempire quel pezzetto di cuore. Noi proveremo lo stesso a salvarlo, sta a te decidere se vuoi intervenire.» 
Senza dire altro prese la mano del figlio e, quella libera, la posò sullo sterno di Tremotino. La luce bianca era ancora più accecante. Il Signore Oscuro tremava, ma non riprendeva conoscenza. Emma intensificò gli sforzi.  
Belle guardò il volto del marito e riuscì a capire cosa voleva.  
La luce divenne bianca e rossa. Tutti si coprirono gli occhi.  
Henry fu il primo ad avere il coraggio di guardare. Belle era china su Tremotino, avevano le labbra aderenti. Aveva scelto di provare a salvarlo. Emma gli sentì il polso. Il cuore batteva vigoroso.  
«Ha funzionato!» annunciò, senza muoversi dal pavimento.  
Killian la guardò amorevole.  
«Sei sempre fantastica.» le disse senza smettere di sorridere «Ma perché sei per terra ancora?» 
«Sono una donna incinta, con le caviglie gonfie e sono in piedi da tante di quelle ore che ho perso il conto. Killian, non mi tiro su perché non ci riesco.» s'imbronciò la Salvatrice. Il marito rise allungando le braccia verso di lei, che le prese con piacere. Una volta in piedi la baciò, accarezzandole la testa.  
 
 
Finalmente a casa! Henry era voluto rimanere da Regina, aveva visto la mamma troppo triste a causa del sortilegio di Phobos.  
Emma era sul divano e Killian le massaggiava i piedi, tenendoli sulle proprie ginocchia.  
«Bene,» disse Emma «ora che sono più rilassata me lo dici.» 
«Cosa?» chiese Uncino.  
«Lo so che c'è un pensiero che ti tormenta. Parlami.» lei lo guardava dolcemente.  
«Si tratta della parola che non ho mantenuto.» aveva lo sguardo fisso sui piedi della moglie.  
«Killian, di cosa stai parlando?» aveva ingrandito gli occhi, preoccupata.  
«Dei miei voti nunziali, ti ho promesso che non ti avrei più lasciata sola. Avrei dovuto fare di più. Avrei dovuto spezzare le paure che mi aveva messo in testa e tornare da te. Spezzare quel maleficio che mi aveva fatto...» la sua voce era affranta.  
«Killian...» Emma allungò una mano verso di lui, che gliela prese nervoso «Amore... Io non mi sono sentita sola. Mai potrei sentirmi come prima, perché il nostro amore è troppo grande per sentire la barriera di un maleficio o la distanza di un regno. Quante volte dobbiamo dimostrarci quanto siamo forti, prima che tu lo capisca? Questa ti ha tenuta sempre con me.» e gli mostrò la fede «Sei sempre stato con me.» 
Uncino si sporse e la baciò.  
«Grazie, amore mio.» le aveva soffiato sulle labbra. Gli occhi erano grandi ed emozionati, come ogni volta che lei gli diceva cose tanto belle. Sperava che anche lei si sentisse così quando era lui a dirgliele.  
«Adesso è ora di parlare anche di un'altra cosa.» decise Uncino riprendendo un tono più virile.  
«Cosa?» chiese Emma.  
«Il nome della bambina.» le sorrise lui teneramente.  
«Io avrei un'idea...» sussurrò la Salvatrice. 
«Davvero?» domandò Killian «Quale sarebbe?» 
Emma si accostò al suo orecchio e lo disse, come una notizia portata da un alito di vento.  
Killian la guardò intensamente.  
«Sai sempre come sorprendermi e rendermi felice, Swan.» 


*Ciao! Eccoci all'ultimo capitolo di questa ff, spero che vi sia piaciuta. In ogni caso mi fa piacere se volete lasciare un commento. Siccome questo capitolo era previsto per ieri, oggi inizio già la storia successiva, della serie "Il Vero Amore è sempre la risposta". Ciaociao!*

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