The vengeance of Sins

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 - Speciale di Natale ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The vengeance of Sins
 
 
 
Prologo
 

 
 
Londra, Ministero della Magia, Decimo Livello, Aula 10, 16 Agosto 2015
 
 
 
Udienza disciplinare del 16 Agosto.”
 
Quando la voce dell’Inquisitore – nonché novello Ministro – Newton Hoffman echeggiò nell’ampia aula delle udienze più antica e, ormai, caduta quasi in disuso, tutti gli altri presenti avevano smesso di parlare, gli occhi fissi sull’unica persona seduta sulla rigida sedia di legno scuro al centro della sala.
 
Anche Charles la guardava, mentre davanti a lui lasciava che la sua penna riportasse autonomamente ciò che il Ministro stava dicendo con tono duro e imperioso.
I numerosi membri del Wizengamot presenti, tutti con la consueta tunica color prugna con un’elaborata W ricamata in argento addosso, sedevano in silenzio intorno al Ministro, accomodato nel seggio centrale e affiancato da un uomo e una donna. Su quei volti Charles avrebbe potuto leggere sentimenti ed emozioni differenti, ma una cosa li accomunava: tutti tenevano gli occhi fissi sull’imputata, che invece sedeva a capo chino, impossibilitata a muoversi a causa delle spesse e pesanti catene che la tenevano immobilizzata.
 
“Per violazione alla Legge Magica commessa dalla qui presente Signorina O.L. Mackenzie, residente al numero 7 di Abbey Ross, Camden, Città di Westminster, Londra. Inquisitori: Newton Jackson Hoffman, Ministro della Magia; Jeanette Rowle, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Atticus Jenkins, Sottosegretario Anziano del Ministro. Scrivano della corte: Charles Langford.”
 
Charles lanciò un’occhiata alla piuma, controllando che stesse annotando pari pari ciò che il Ministro stava dicendo. Quando se ne fu assicurato alzò nuovamente lo sguardo, puntandolo sull’imputata: non accadeva spesso di assistere a processi del genere, non voleva perdersi nemmeno un battito di ciglia.
Lei continuava a restare immobile, le braccia abbandonate sui braccioli e bloccate dalle catene, il busto piegato leggermente in avanti, per quanto le catene glielo permettessero, e il capo chino, rendendo impossibile alla corte guardarla in faccia. Per un attimo Charles si chiese se non avesse perso i sensi, ma sembrò essere l’unico a preoccuparsene: il Ministro proseguì a parlare, senza battere ciglio.
 
“Le accuse sono le seguenti: che consapevolmente, deliberatamente, in pieno possesso delle sue facoltà mentali e in piena conoscenza della gravità delle sue azioni l’imputata abbia commesso il peggior crimine contemplato da questa corte. È pertanto accusata di alto tradimento e di omicidio. Lei è la suddetta Signorina?”
 
Il Ministro si sporse leggermente e inarcò un sopracciglio, parlando con scetticismo poco velato mentre si rivolgeva alla strega con un’occhiata truce.
“Sì.”
 
Charles fu quasi attraversato da un brivido quando la sentì parlare per la prima volta da quando era stata scortata nell’aula e costretta a sedersi. Il timbro era basso, tanto che sicuramente i membri del Wizengamot seduti nell’ultima fila non udirono il suo assenso, e la voce era troppo roca, quasi affaticata, per risultare naturale.
 
“E lei si trovava qui, al Ministero, la sera del 4 Agosto?”
“Sì.”
“E lei ammette di essere responsabile, almeno parzialmente, della morte del nostro stimato ex Ministro, il Signor Finch?”
 
Questa volta l’imputata, anziché rispondere subito, esitò e sollevò lentamente il capo, ricambiando lo sguardo della corte per la prima volta da quando era entrata e i suoi occhi si posarono direttamente sul Ministro. Scorgendo il suo volto Charles pensò che dovesse essere bella, ma il suo volto risultava terribilmente sfigurato: aveva un grosso livido sullo zigomo sinistro, il labbro inferiore rotto e gonfio, dei segni violacei sul collo pallido che sembravano essere stati lasciati da delle mani e la parte destra del viso era costituita da quasi un unico grande livido che prendeva anche l’occhio – che risultava arrossato e aperto a fatica – della donna.
 
“Non sono stata io.”
 
Parlò in un sussurro appena udibile, ma il suo tono era fermo, come se stesse parlando con assoluta convinzione.
Charles non mosse un muscolo, continuando a guardarla in un misto di curiosità, timore e forse anche un po’ di compassione mentre sopra di lui, invece, il Ministro diede sfogo ad una debole, sprezzante risata:
 
“Ah no? Lei e i suoi sporchi… amici non siete responsabili del suo omicidio?”
“No.”
“E allora chi, di grazia, dovrebbe essere seduto lì, al suo posto?”
 
“Me lo dica lei, Ministro.”
 
Questa volta le parole della strega suscitarono una reazione non indifferente nella corte, e mentre Charles quasi trattenne il fiato senza volerlo i membri onorari del Wizengamot furono scossi da dei mormorii, alcuni quasi scandalizzati per la sottile insinuazione lanciata dall’imputata, che però non battè ciglio.
Lo stesso non si poté tuttavia dire del Ministro, che strinse le labbra fino a ridurle ad una linea sottile mentre si sporgeva nuovamente verso di lei, parlando con un tono – se possibile – ancor più duro e intriso di disprezzo:
 
“Pensa di poter venire qui e intrattenerci tutti con i suoi giochetti? Il mio illustre predecessore ha commesso un errore madornale nel fidarsi di voi, le persone come lei, Signorina, non cambiano. A me questo è perfettamente chiaro. Non ci sono testimoni, non ci sono prove, la difesa è completamente assente. Pertanto…”
 
Il Ministro rivolse un’occhiata eloquente alla donna seduta alla sua destra, che non battè ciglio e prese la parola senza staccare i freddi occhi grigi dall’imputata:
 
“Quanti sono per l’assoluzione dell’imputata da tutte le accuse?”
Non una mano venne sollevata, ma Mackenzie non sembrò farci caso, limitandosi ad assistere senza muovere un muscolo, il volto rilassato come se stesse assistendo ad uno spettacolo d’intrattenimento.
 
“E quanti sono per la condanna?”
 
Tutti i presenti alzarono la mano sotto lo sguardo impotente di Charles e quello dell’imputata, alla quale il Ministro rivolse un sorriso beffardo, parlando con voce carica di soddisfazione:
 
“Molto bene. Dichiaro l’imputata colpevole, e la corte la condanna ad una pena da scontare ad Azkaban… per il resto dei suoi giorni, questa volta. Le persone come lei pagano sempre il peso delle proprie azioni, alla fine, come può vedere.”
 
Il Ministro rivolse un cenno ai quattro uomini che erano rimasti in piedi e in silenzio accanto alla porta per tutto il tempo e Charles li guardò muoversi all’istante e avvicinarsi all’imputata mentre le catene incantate che la trattenevano tintinnavano, sul punto di sciogliere la presa.
“Un uomo molto saggio una volta ha detto: chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei.”
 
Lei non si scompose, parlando con il medesimo tono neutro e l’espressione calma che l’aveva accompagnata per tutta l’udienza. Lo stesso non si poté dire, invece, del Ministro, che parlò con un paio di ottave in più rispetto a poco prima:
 
“Qui nessuno si è macchiato delle sue colpe!”
 
“Forse, ma io sono consapevole e pronta a mettere a nudo i miei peccati. Quanti, qui dentro, possono permettersi di dire lo stesso?”
 
 
Charles si permise di voltarsi, lentamente, verso il Ministro, guardandolo contrarre la mascella – tanto che il ragazzo si chiese se non stesse per scendere dalla balconata per strangolare l’impuntata con le sue mani di fronte al suo sorriso sornione – prima di abbaiare qualcosa ai quattro uomini, rivolgendo loro un sbrigativo cenno con la mano:
 
“Portatela via, verrà scortata di nuovo ad Azkaban immediatamente. E questa volta, le assicuro che ci resterà.”
“Lieta di averla rivista, Ministro. Signori… grazie per il vostro tempo.”
 
L’impuntata rivolse un cenno alla corte mentre uno dei quattro uomini snodava l’intricata rete di catene che l’aveva tenuta immobilizzata fino a quel momento e un altro teneva saldamente una mano sulla sua spalla.
Il Wizengamot venne attraversato da altri mormorii mentre la strega veniva fatta alzare, le mani ancora legate nonostante non avesse alcuna bacchetta. Per un attimo, un singolo e breve istante, Charles avrebbe potuto giurare che i suoi occhi, il cui colore era quasi difficile da distinguere a causa dei lividi e il rossore, si fossero soffermati su di lui.
Ma si trattò solo di un istante, poi la strega fu costretta a voltarsi, dando le spalle alla corte mentre veniva scortata fuori dall’aula.
 
 
Quando la porta si fu chiusa con un pesante tonfo Charles udì il Ministro sospirare e trafficare con delle carte prima di parlare nuovamente in un teatro borbottio:
 
“Molto bene, tra cinque minuti fate entrare il prossimo, non voglio perdere troppo tempo per questa faccenda.”
“Ti avevamo consigliato di processarli insieme, Newton.”
 
“Quei sette pazzi tutti nella stessa stanza? Neanche morto, Atticus, sono già abbastanza difficili e pericolosi da trattare presi singolarmente… “in pieno possesso delle sue facoltà mentali”, quella donna è una dannata psicopatica.”
 
Il Ministro sbuffò debolmente e il Sottosegretario non osò controbattere a quell’affermazione, limitandosi a guardare il giudice sospirare prima di parlare:
 
“Bene, direi che siamo pronti per continuare. Andiamo avanti con il prossimo imputato, voglio chiudere questa storia alquanto fastidiosa entro oggi.”
 
 
Allora il Ministro, che era stato eletto solo dieci giorni prima – in via eccezionale senza il coinvolgimento dei maghi, ma solo del Wizengamot – vista l’improvvisa dipartita del suo predecessore, non poteva immaginare che non avrebbe affatto chiuso quella storia in giornata o in quelle direttamente successive, ma che ci avrebbe messo, invece, anni interi.
 
 
Ne ebbe il sentore meno di un’ora più tardi, quando nel bel mezzo di un’udienza la corte venne a  sapere che l’imputata era riuscita a scappare durante il tragitto per Azkaban.
 
E nonostante tutto, Charles non riuscì a reprimere un piccolo sorriso quando un Cavaliere Sacro fece irruzione nell’Aula Dieci urlandolo, pallido come un cadavere.
 
 
 
*  
 
 
16 Agosto 2018 – Tre anni dopo

Irlanda del Nord


 
Mackenzie teneva un bastoncino di liquirizia stretto tra le labbra sottili, mangiucchiandolo distrattamente mentre studiava la mappa che aveva davanti. Il tavolo della locanda che aveva occupato era cosparso di vecchie lettere e articoli di giornale spiegazzati che sostenevano gli avvistamenti di alcuni tra i suoi vecchi amici negli angoli più disparati della Gran Bretagna e la strega sedeva sola, le gambe accavallate – muovendo ad un ritmo sostenuto, meccanico e leggermente inquieto la destra –, il cappuccio del mantello leggermente calato sulla testa. 
Nonostante fosse piena estate il tempo quel giorno non era dei migliori, il cielo grigio e appesantito da una cortina di nuvole preannunciava un temporale e aveva già iniziato a fare  buio. 

Non era l’unica ad essersi infilata lì dentro, ma di tutti i presenti nella locanda Mackenzie lo era a non fare baccano: da qualche anno tendeva a non dare nell’occhio, quando era in pubblico.

Qualcuno appoggiò un boccale di Burrobirra fumante davanti a lei e la strega alzò lo sguardo sulla donna che aveva di fronte, abbozzando un sorriso prima di ringraziarla. 
Quella non rispose, limitandosi a rivolgerle un cenno e lanciandole un’ultima occhiata curiosa prima di girare sui tacchi e allontanarsi sotto lo sguardo di Mackenzie, che esitò prima di scuotere il capo e tornare a concentrarsi sulla sua mappa.

Nelle sue mani apparve una piuma e la strega tracciò un cerchio intorno ad una piccola isola appena visibile del Mare del Nord prima di scarabocchiarci un nome sopra. 
Fece per portarsi il boccale alle labbra – facendo al contempo vagare lo sguardo sulla vecchia mappa, piena di nomi, frecce, cerchi e punti di domanda – quando qualcuno, a poco metri di distanza da lei, disse qualcosa che la fece irrigidire leggermente. Tuttavia durò solo per un attimo, poi la strega bevve un sorso della sua bevanda calda prediletta e lasciò che la sua attenzione si focalizzasse interamente sulle persone che occupavano un tavolo alla sua destra. 
Tre uomini, uno dei quali aveva appena nominato i “Peccati Capitali”. 

“Non essere ridicolo Jack, saranno morti o rinchiusi da qualche parte.”
“Non sono ad Azkaban, a parte uno di loro, pensate che non lo sapremmo?”

“Forse il Ministero non vuole che si sappia, dopotutto hanno causato già abbastanza problemi in passato.”
“Non possono essere morti, se i Cavalieri fossero riusciti ad ucciderli l’avrebbero sbandierato ai quattro venti! E poi… quelli sono ancora ovunque.”

Mackenzie si voltò leggermente e seguendo la direzione accennata dell’uomo scorse dei manifesti fissati nella parete infondo della locanda. Sette, per la precisione, che lei aveva già visto molte volte. La donna abbozzò un sorriso prima di mettersi di nuovo dritta, riprendendo a mordicchiare distrattamente la liquirizia prima di iniziare ad infilare, lentamente, tutte le carte nella sua vecchia sacca di cuoio. 

“Come se qualcuno potesse mai acciuffarli, a parte i Cavalieri.”
“A meno che non si siano indeboliti, prima di essere processati hanno preso una bella batosta, se ricordate… e poi adesso quanti anni avranno? Più di trenta?”

“Non saprei, ma guarda la Gola, ne avrà sui 35…”

35 li avevi tu dieci anni fa…

Mackenzie emise uno sbuffo sommesso che per sua fortuna nessuno udì, preparandosi ad uscire dalla locanda mentre i tre maghi alla sua destra facevano lo stesso, continuando a parlare. 

“No, io non credo siano stati uccisi o presi, forse se ne stanno nascosti da qualche parte come topi.”

La strega si alzò, lasciò scivolare due galeoni sul tavolo e poi si voltò per uscire, sistemandosi il cappuccio del mantello sulla testa non appena mise piede fuori dall’edificio. 

S’infilò le mani in tasca e camminò con calma lungo la via praticamente deserta, gli occhi chiarissimi fissi sui tre che aveva davanti e che non sembravano aver fatto caso a lei. Nessuno lo faceva mai da tempo.

Dopo qualche metro si divisero, salutandosi, e Mackenzie continuò imperterrita a seguire la strada, camminando col suo passo leggero una decina di metri alle spalle del mago. 
Un piccolo sorriso soddisfatto increspò le labbra della strega quando vide il corpo dell’uomo irrigidirsi e crollare a terra come se fosse improvvisamente diventato di pietra, avvicinandoglisi senza perdere un briciolo di calma. Lo guardò brevemente in faccia e poi, ad un suo pigro cenno, la bacchetta e un sacchetto pieno di monete finirono nelle sue mani, portandola a sorridere prima di chinarsi leggermente, puntellando la punta sella bacchetta sotto al mento dell’uomo, che non poteva far altro che guardarla terrorizzato:

“Le assicuro, caro, che io sono viva. Molto viva. Ma non si affanni per non avermi riconosciuta, il tizio che ha disegnato i manifesti di noi ricercati dalla legge è un vero incapace, mi dà almeno cinque anni di più. Vorrà scusarmi, ora, ma questi servono a me.”

La strega si rimise in piedi e fece sparire le monete nella sacca rigirandosi la bacchetta tra le dita, osservandola mentre si allontanava e chiedendosi se quella, a differenza di tante altre, sarebbe stata in grado di reggere.


 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
 
Buongiorno a tutti!
Ancora una volta mi accingo ad iniziare una nuova Interattiva, questa volta prendendo ispirazione da “The Seven Deadly Sins”.
Come ho già segnato tra gli avvertimenti si tratta di una specie di AU: qui Voldemort non è mai esistito, così come Harry, Silente o Grindelwald, ma Hogwarts sì.
 
I protagonisti saranno di vario “tipo”: ci saranno ovviamente i sette Peccati Capitali, ma anche le Virtù Cardinali e una categoria particolare, ossia i “Cavalieri Sacri”. 

Ora, prima di tutto, come sempre qualche regoletta:
 
  • Le iscrizioni sono aperte fino al 10/09, avete tempo fino alle 19 per mandarmi le schede. Se vi rendete conto che non riuscirete a farlo, vi prego di avvisarmi per tempo.
  • I personaggi saranno già molto particolari di loro, quindi non accetto Animagus, Veela, Licantropi, mezzi vampiri o Metamorphomagus.
  • Potete partecipare con due personaggi al massimo, ma devono essere di “tipo” diverso. Possono essere parenti, se volete.
  • L’età degli OC dev’essere compresa tra i 25 e i 35 anni.
  • Nella recensione – che dev’essere un commento vero e proprio – dovete segnare l’età ma sopratutto la tipologia di personaggio che intendete creare.
  • Se intendete mandarmi un OC che rappresenta un Peccato o una Virtù dev’essere specifico, ergo vi prego di controllare le richieste precedenti alle vostre e di darmi, in ogni caso, una seconda opzione. Non è improbabile che vi chiederò di cambiare Peccato/Virtù.
  • Infine, come sempre, se sparite per tre capitoli consecutivi il vostro OC non farà una bella fine.
 
 
Ed ora, prima delle schede, qualche breve introduzione ai personaggi, così da schiarirvi le idee (spero):
 
  • Cavalieri Sacri: immaginateli come gli Auror della situazione, a differenza dei Peccati sono maghi e streghe normalissimi, ma si sottopongono a particolari addestramenti e alla fine vengono muniti di un’arma molto particolare (come spade, lance, asce e quant’altro) che gli conferisce poteri straordinari, come controllare determinati elementi, l’elettricità, controllare il tempo o altro, ciò li rende praticamente impossibili da sconfiggere da un mago normale. Se decidete di crearne uno potrete scegliere quello che preferite, sia l’arma sia il potere. La storia si svolgerà dal punto di vista dei Peccati, pertanto loro ricopriranno il ruolo di antagonisti, per così dire, ma quelli che mi manderete passeranno dalla loro parte rendendosi conto che la situazione sta degenerando e che sono i Cavalieri e il Ministero a dover ritornare all’ordine. Ne prenderò 4 o 6 al massimo.
  • Peccati Capitali: sono sette maghi dotati di poteri molto particolari, estremamente potenti, che hanno un passato tumultuoso. Ognuno di loro è stato accusato di un grave crimine e hanno passato del tempo ad Azkaban prima dell’inizio della storia. Il Ministero, una volta condannati, ha fatto sì che venisse tatuato loro sul corpo l’animale che corrisponde al loro peccato per riconoscerli e marchiarli. Non potrete scegliere l’animale, ma la collocazione del tatuaggio sì. Come avete letto, qui i Peccati vengono accusati di aver ucciso il Ministro, che li aveva scagionati e ingaggiati come suo piccolo esercito personale, donando ad ognuno di loro un’arma particolare. Sono stati tutti privati della loro bacchetta quando sono stati condannati la prima volta.
  • Le Virtù: sono quattro streghe, denominate comunemente così, che formano una specie di Consiglio d’eccezione, al pari del Ministro, e ad ognuna viene attribuita una virtù per meriti conseguiti nella sua vita. Teoricamente sono le nemesi dei Peccati. Giustizia, Temperanza, Prudenza e Fortezza, sono tutte munite di particolari capacità extra-sensoriali: possono avere vaghe previsioni sul futuro e sono in grado di leggere la mente e i sentimenti delle persone.
 
 
Detto ciò, prima che scegliate un Peccato per il vostro OC, devo avvisarvi che ognuno ha delle caratteristiche specifiche che non potete modificare, ossia il suo “dono” innato e il suo “Tesoro Sacro”, l’arma donatagli:
 
  • Ira: l’animale è il drago, il potere il Contrattacco (ossia essere in grado di respingere ogni attacco magico subito con la stessa potenza)
  • Invidia: serpente, il potere è la Creazione, strettamente legata all’elemento della terra (ossia la capacità di far nascere piante eccetera, ma anche di spostare e modificare elementi naturali come montagne e fiumi)
  • Avarizia: volpe, il potere è Furto (ossia la capacità di rubare qualunque cosa all’avversario, non solo le armi ma anche la sua forza)
  • Accidia: orso, il potere è Disastro (ossia di “peggiorare” cose come ferite lievi, malattie, trasformare tossine in veleno ecc)
  • Lussuria: ariete, il potere è Invasione, ossia manipolare la mente degli altri, compresi i ricordi
  • Superbia: leone, il potere è Sunshine, ossia la dipendenza della propria forza dalla luce: di giorno raggiunge l’apice, rendendolo più forte degli altri, in particolare a mezzogiorno, mentre di notte il Peccato è molto più debole.
Per quanto riguarda i Tesori, temo che per conoscerli dovrete aspettare.
 
 
Inoltre, se mandate un Peccato dovrete scegliere per lui un nome, un singolo nome (come Mackenzie) che non corrisponde al nome di battesimo, senza il cognome, e così verrà chiamato il personaggio all’interno della storia. I nomi veri verrano rivelati solo più avanti.
Infine, ricordate che il vostro personaggio e tutto fuorché un santo, parliamo di persone che hanno trascorso alcuni anni ad Azkaban, che si sono guadagnati la loro fama. Nella scheda vi chiederò qual è stato il loro crimine – ovviamente legato al Peccato a cui adesso vengono associati comunemente –, quindi potete sbizzarrirvi, più siete fantasiosi e atroci meglio sarà.
Il vostro personaggio può anche essere innocente ed essere stato accusato ingiustamente, ma accetterò due casi del genere al massimo.
 
Ed ora, ecco le diverse schede:
 
 
Peccati:
 
Nome di battesimo:
Nuovo nome:
Peccato Capitale:
Età:
Ex Casa:
Aspetto:
Tatuaggio:
Pv:
Descrizione psicologica:
Descrivere brevemente percorso scolastico:
Storia e famiglia: (ora sono dei criminali ricercati, quindi è altamente improbabile che abbiano perso i contatti con le loro famiglie, se ancora le hanno)
Perché è stato condannato?
Fobie/Debolezze:
Passioni/Talenti:
Patronus:
Ora come si nasconde/dove vive?
Come vive la sua situazione, è pentito di ciò che ha fatto, se sì come convive con il senso di colpa?
Era felice, gli piaceva far parte dei “Peccati”?
Ora si sono persi e non si vedono da anni, come reagirebbe ritrovandoli/VUOLE riunirsi con loro?
Cosa ne pensa dei Cavalieri Sacri e delle Virtù (ricordate che i primi sono le loro nemesi sul campo fisico e le seconde le loro nemesi sul campo morale)?
Amicizie/Inimicizie:
Relazione:
Altro:
 
 
(Per quanto riguarda i Peccati, ho bisogno di qualcuno che offra il suo come Capitano e qualcun altro che sacrifichi il suo collocandolo ad Azkaban all’inizio della storia, quindi che non è mai scappato come gli altri)
 
 
Cavalieri Sacri:
 
Nome:
Età:
Ex Casa:
Aspetto:
Pv:
Descrizione psicologica:
Potere e arma:
Descrivere brevemente percorso scolastico:
Perché è diventato un Cavaliere Sacro?
Storia e famiglia:
Fobie/Debolezze:
Passioni/Talenti:
Patronus:
Cosa prova nei confronti dei Peccati?
Cosa pensa del fatto che molti suoi “colleghi” siano ormai corrotti?
Amicizie/Inamicizie:
Relazione:
Altro:
 
 
Virtù:
 
 
Nome:
Età:
Virtù:
Ex Casa:
Aspetto:
Pv:
Descrizione Psicologica:
Storia e famiglia:
Cosa ha fatto per meritarsi questo “titolo”?
Fobie/Debolezze:
Passioni/Talenti:
Cosa pensa dei disordini del Ministero e dei Cavalieri in particolare? Perché ha deciso di aiutare i Peccati?
Cosa prova/provava nei loro confronti, anche quando vennero accusati dell’omicidio del Ministro?
Amicizie/Inamicizie:
Relazione:
Altro:
 
 
La mia OC:
 
Mackenzie, 28 anni, Peccato della Gola
 
 
 
Per ora è tutto, a presto!
Signorina Granger
 

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Capitolo 2
*** Scelta OC ***


The vengeance of Sins  
      
 

Scelta OC 



E finalmente, dopo circa un mese dalla pubblicazione del Prologo, ecco il tanto agognato inizio della storia. 
Prima di lasciarvi alla lettura e alla lista dei personaggi scelti che troverete infondo, visto che al 99% dei casi andrete prima a controllare quella, terrei a ringraziarvi: grazie alle tantissime persone che hanno già inserito la storia tra le Seguite e soprattutto alle 28 che si sono iscritte, non avevo mai ricevuto tante iscrizioni per una storia e ammetto che non mi sarei mai aspettata di riceverne in gran quantità per questa.
L’idea è rimasta accantonata in un angolo remoto della mia testa per due mesi buoni prima di prenderla seriamente in mano, e a questo punto sono felice di aver deciso di provarci, spero che io e la storia saremo all’altezza delle aspettative che avete espresso. 

Fatta questa oltremodo doverosa premessa, giungo alle note “dolenti”: aver ricevuto tante iscrizioni mi ha, ovviamente, messo un po’ in difficoltà dal punto di vista della selezione, mi sono allargata il più possibile decidendo anche di aggiungere un’altra “categoria” di personaggi, o almeno in un certo senso, ma anche così facendo non mi sarei mai azzardata a prendere più di 20 personaggi - e chi mi conosce da tempo sa che all’inizio non ne prendevo più di una dozzina -.  
Per dare la possibilità a più persone possibili di partecipare ho deciso di non scegliere più di un OC per autore, ma qualcuno è rimasto fuori comunque: come sempre invito suddette persone a non prenderla a male o sul personale, le schede erano tante e i posti pochi, specie nel caso dei Peccati dove, anche volendo, non avrei potuto sceglierne più di sei.        
 
Infine, la mia solita preghiera di non sparire nel nulla, soprattutto perché capirete bene che in questa storia non potrò riaprire le iscrizioni per le troppe eliminazioni, se non in linea di massima per i Cavalieri: le Virtù e i Peccati questi sono e questi resteranno, se sparirete li dovrò uccidere in qualche modo e sarebbe molto spiacevole ritrovarsi con i Peccati dimezzati, la trama perderebbe di senso e non vorrei dover interrompere la storia come già mi è capitato. Io mi impegno molto per fare la mia parte, vi chiedo di fare altrettanto.  

Dal momento che ho già scritto un capitolo solo con le mie note, - perdonate sono terribilmente logorroica - direi che è il momento di chiudere. 
Ci “vediamo” in fondo!  





Peccato è tutto ciò che oscura l’anima 
-    André Gide







Mackenzie sedeva sul bordo del precipizio roccioso, il forte vento le scompigliava i lunghi capelli castano chiaro intorno al viso e la faceva quasi rabbrividire, ma la strega non sembrava farci caso, così come al cielo coperto da una fitta cortina di nuvole scure che incombeva su di lei.  
   
Sembrava che in quella parte della Costa scozzese il clima variasse di rado, restando quasi costantemente ventoso, piovoso, freddo e con il mare molto agitato in tutte le stagioni. I Babbani del luogo si erano ormai abituati e rassegnati ed erano in pochi a farsi ancora domande a riguardo, tanto che solo la comunità magica locale conosceva la verità.    

Mackenzie abbozzò un cupo sorriso mentre faceva dondolare lentamente le gambe nel vuoto, un bastoncino di liquirizia stretto tra i denti e gli occhi verdi fissi su un punto non ben definito sul limitare della porzione di Mare del Nord su cui aveva visuale da quella posizione.  
Non riusciva a vederla, complice anche l’oscurità, ma sapeva che era lì: un’isola invisibile ai Babbani e dove ben pochi maghi avevano mai messo piede, tra cui lei.  

Mackenzie aveva lasciato Azkaban quasi sei anni prima e la prospettiva di tornarvici non era delle migliori, ma disgraziatamente non aveva scelta, se voleva tirarlo fuori.
La strega si alzò lentamente e si avvicinò al Thestral con cui era arrivata fin lì, abbozzando un sorriso e sfiorandogli la lunga criniera nera come la pece prima di dire qualcosa a bassa voce:

“Non credo che ti piacerà dove stiamo andando, ma poi ti lascerò libero. E se tutto va bene, la nostra sarà una breve visita.”

 
Nessuno era mai evaso da Azkaban da quando era stata adibita a prigione, il Ministero era molto fiero di quel risultato, specie perché nemmeno i famigerati Peccati erano riusciti a lasciare la prigione senza il lasciapassare dell’ex Ministro della Magia.  
La strega abbozzò un sorriso mentre montava sull’animale, gli occhi chiari luccicanti nell’oscurità mentre immaginava la reazione del Ministro quando avrebbe appreso che uno dei prigionieri di cui andava più fiero era evaso.  

Forse Azkaban non avrebbe detenuto quel record ancora per molto.   
 

*
 

La fortuna di essere stata rinchiusa lì dentro per un paio d’anni era che conosceva già l’edificio, quindi raggiungere la torre e infilarsi nella fessura delle mura non fu difficile. 
Mackenzie scivolò dalla groppa del Thestral e impugnò la bacchetta per far comparire una corda e legare l’animale, ignorando i suoi lamenti.

La strega rabbrividì, cercando di ignorare il senso di angoscia e malinconia che iniziava a provare mentre il freddo innaturale le attanagliava le viscere. Con un rapido gesto evocò il suo Patronus, e una lince europea argentea, quasi traslucida nell’opprimente buio della prigione, apparve davanti a lei. 
Mackenzie tirò un sospiro di sollievo quasi senza rendersene conto quando la magia bianca dell’Incanto respinse l’effetto della presenza dei Dissennatori, attenuando il freddo e le emozioni negative. Iniziò così a procedere sul pavimento di pietra leggermente diroccato, udendo i lamenti dei prigionieri e i deboli fruscii appena udibili prodotti dallo scivolare dei Dissennatori che le provocarono una smorfia, ricordando i giorni in cui aveva vissuto lì dentro.    
La maggior parte della gente nemmeno udiva quei fruscii, ma lei aveva imparato a prestare attenzione ad ogni singolo dettaglio, specie quando durante il suo soggiorno tra quelle mura cercare di trovare qualcosa su cui concentrarsi sembrava essere modo per non impazzire. 

Nonostante il suo Patronus procedesse a mezzo metro da lei Mackenzie non poteva negare di provare il forte desiderio di lasciare la torre il più rapidamente possibile, quindi iniziò a scrutare con attenzione l’interno delle celle alla ricerca del suo obbiettivo.     

Dovette scendere al livello inferiore non una, ma due volte, ignorando le urla dei detenuti, le loro domande, le loro preghiere di aiutarli. Alcuni non la degnarono di alcuna attenzione, e Mackenzie si chiese se semplicemente non pensassero che fosse frutto di un’allucinazione.  
Erano in molti ad averle, lì dentro. 
 
La strega si avvicinò lentamente all’ultima cella del livello, preceduta dal Patronus che rappresentava l’unica fonte di luce insieme alla punta della sua bacchetta, quasi chiedendosi se non si fosse sbagliata e non si trovasse affatto laggiù. 
Forse lo avevano trasferito in isolamento, visti i suoi poteri fuori dal comune?


Mackenzie se lo stava chiedendo quando il suo sguardo indugiò sul prigioniero che aveva occupato quella cella. Si fermò, e la lince fece altrettanto mentre l’uomo, steso sul pavimento umido e sporco, sollevava leggermente la testa ricoperta da lunghi capelli neri, forse attratto dalla luce. 
Un attimo dopo il mago iniziò a muoversi, trascinandosi sul pavimento con l’ausilio delle braccia, e Mackenzie non si mosse quasi trattenendo il fiato, mentre un barlume di speranza riprendeva ad ardere dentro di lei.    

La mano pallida ma annerita del mago afferrò una delle sbarre di metallo proprio quando la donna si chinò per diminuire la distanza che c’era tra loro, piegando le labbra sottili in un largo sorriso quando il prigioniero sollevò la testa. Un paio di grandi e familiari occhi azzurri incontrarono i suoi, e parvero brillare alla luce argentea del Patronus quando la riconobbe.    

Non lo aveva mai visto ridotto in quello stato, con i capelli e la barba così lunghi, ma quegli occhi erano pressoché inconfondibili. Anche se non li vedeva da tre lunghi anni. 

“Ciao Loki. Allora, dimmi… Sono riuscita a stupirti?”  

Lui non rispose alla sua domanda, ma le sorrise di rimando. E questo le bastò.
 






...............................................................................
Angolo Autrice: 

Sì, sono sempre io pronta ad importunarvi. E no, se vi siete già pentiti non potete tirarvi indietro ritirando il vostro personaggio per evitare il mio ciarlare, ormai avete fatto la frittata.    
Allora, nelle righe che avete letto vedete Mackenzie che si appresta a tirare fuori da Azkaban uno dei suoi vecchi colleghi, mentre gli altri sono ancora “dispersi”. Ci vorrà infatti qualche capitolo affinché si riuniscano tutti e sette, Mac li recupererà man mano con l’aiuto di Loki, nel frattempo scriverò dei paragrafi dal punto di vista di ognuno di loro, ma chiedo alle autrici dei Peccati di avere un po’ di pazienza. 
 

OC: 

    Peccati: 

•    Salem, 28 anni, ex Serpeverde, Peccato dell’Ira e Capitano, eterosessuale

•    Loki, 29 anni, ex Corvonero, Peccato della Lussuria, eterosessuale 

•    Sider, 28 anni, ex Corvonero, Peccato dell’Accidia, eterosessuale 

•    Alanis, 29 anni, ex Corvonero, Peccato dell’Avarizia, bisessuale 

•    Flagro, 31 anni, ex Tassorosso, Peccato della Superbia*, eterosessuale 

•    Ebe, 30 anni, ex Grifondoro, Peccato dell’Invidia, eterosessuale 



   Virtù:

•    Rita Deanna Seacole, 27 anni, ex Tassorosso, Fortezza, eterosessuale 

•    Jezabel Helena Farrel, 27 anni, ex Tassorosso, Temperanza, eterosessuale  

•    Cristal Blackwood, 27 anni, ex Grifondoro, Giustizia, eterosessuale 

•    Maysen Guinevere Parish, 27 anni, ex Tassorosso, Prudenza*, eterosessuale 



(Per caso vi siete messe d’accordo per mandarmele tutte coetanee e quasi tutte Tassorosso? XD)


    Cavalieri: 

    “Buoni”:

•    Samuel Marthew Allen, 26 anni, ex Serpeverde, eterosessuale 

•    Belle Sayuri Lewis-Kimura, 25 anni, ex Serpeverde, eterosessuale

•    Alistair Roth, 30 anni, ex Tassorosso, eterosessuale 

•    Melissa Clarke, 25 anni, ex Corvonero, omosessuale  


    “Cattivi”:

•     Isaakiel Young, 26 anni, ex Corvonero, asessuale

•    Brian O’Brien, 33 anni, ex Serpeverde, eterosessuale

•    Asher Flint, 28 anni, ex Grifondoro, eterosessuale 

•    Oz Nice Wonder, 28 anni, ex Serpeverde, bisessuale



*: so che avevate chiesto un Peccato e una Virtù diversi, ma essendo già occupati ho dovuto cambiare, spero che non sia un problema, anche se ovviamente devo chiedervi di modificare per uno il motivo della condanna legato al peccato e per l’altra quello per cui è denominata una Virtù.


Detto ciò, ho finalmente finito, perciò vi saluto sperando di aggiornare presto, anche se ho altre due storie in corso e vi avviso che darò la precedenza a quelle, specie ad una che è in dirittura di arrivo per la conclusione. 
A presto e grazie per l’attenzione, 
Signorina Granger

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Dopo aver fatto uscire Loki dalla sua cella Mackenzie l’aveva aiutato a muoversi quasi trascinandolo di peso, sistemandogli un braccio intorno alle proprie spalle e circondandogli la vita con il suo. Non poté far a meno di notare quanto sembrasse magro, ma lo aveva già visto una volta appena uscito dal carcere, non si sarebbe aspettata nulla di diverso.

“Ce la fai a camminare?”
“Sì.” Loki parlò con una voce bassa e roca, come se negli ultimi tempi fosse stata usata di rado, e stringendo i denti mosse alcuni passi, maledicendo mentalmente la sua gamba dolorante e che riusciva a muovere a malapena.

“Come sei venuta fin qui?”
“Volando.”

Loki pensò che lo stesse prendendo in giro, non era raro che succedesse dopotutto, ma quando Mackenzie fu finalmente riuscita a portarlo al livello giusto si accorse del grosso Thestral legato sulla sommità dell’insenatura lasciata scoperta dell’edificio. 

“Dove lo hai preso quello?!”
“Potrei averlo rubato da Hogwarts, ma ne parliamo dopo, vieni.”

Mackenzie mosse un altro passo avanti, ma spinse il compagno forse troppo bruscamente perché Loki si lasciò sfuggire un gemito. 

“Scusa. Che cos’hai alla gamba?”
“Lascia perdere, voglio solo… andarmene di qui. Magari prima che le loro urla arrivino fino alle orecchie del Ministro.” Loki piegò le labbra in una smorfia mentre accennava con il capo ai numerosi detenuti, tutti in piedi contro le sbarre delle celle e molti con le braccia tese per cercare di toccare Mackenzie, implorandola di tirare fuori anche loro.

“Direi che è il caso di sbrigarsi allora. Ecco, aspetta.” Mackenzie – ignorando le voci degli altri detenuti – lasciò la presa su Loki per slegare il Thestral, e l’uomo fu costretto ad appoggiarsi alla pietra fredda e umida della parete per non barcollare e accasciarsi sul pavimento. 

La lince era immobile accanto a lui e l’ex Corvonero si guardò intorno con leggera apprensione, cogliendo quanto irrequieti fossero i Dissennatori. Non sembravano affatto felici che uno dei detenuti più importanti di Azkaban stesse scappando, ma la magia bianca del Patronus era troppo forte perché potessero avvicinarsi.

“Ok, fatto. Sali.”  Mackenzie allungò una mano per prendere quella del Peccato, che la strinse e si lasciò aiutare a montare sulla groppa dell’animale, guardando Mackenzie imitarlo e salire davanti a lui.

“Mac…” Loki rivolse un’occhiata incerta ai Dissennatori, suggerendo di sbrigarsi all’amica che, per tutta risposta, si voltò e rivolse un cenno al suo Patronus, che iniziò a seguirli brillando nel buio.

Un paio di Dissennatori li seguirono, forse certi che prima o poi l’Incanto si sarebbe spezzato, ma come entrambi i Peccati sapevano ciò non avvenne e con sincero sollievo di Loki le creature si arresero quando ebbero raggiunto la terraferma.
Non aveva idea di dove Mac lo stesse portando, ma l’ex Corvonero si lasciò sfuggire un sospiro prima di abbandonarsi sulla schiena dell’amica, tremando per il freddo.


Se glie l’avessero chiesto un paio di settimane più tardi, Loki non avrebbe avuto idea di quanto tempo ci impiegarono per raggiungere la loro meta, qualunque essa fosse: a lui parve un’eternità, quello era certo, ma il giorno seguente Mac gli avrebbe detto di trovarsi in Irlanda del Nord, quindi non poi così lontano da Azkaban.


Avrebbe serbato ricordi confusi di quella notte, quando il Thestral toccò terra Loki si lasciò scivolare dalla sua groppa come in trance, quasi senza accorgersi che Mackenzie liberò l’animale mentre lo trascinava su quello che sembrava essere un prato. 
Sembrava, almeno, era buio e Loki non vedeva o toccava un filo d’erba da tre lunghi anni, non era nemmeno sicuro di ricordare che aspetto avesse il suo volto.

La strega lo condusse fino ad una porta che si aprì da sola per farli entrare, chiudendosi alle loro spalle subito dopo mentre almeno tre serrature scattavano. Una lampada ad olio e delle candele si accesero e Loki socchiuse gli occhi chiari, non abituato alla luce, mentre Mackenzie si rivolgeva al suo Patronus:

“Resta fuori tutta la notte, non voglio sorprese da quegli esseri immondi.”

La lince, per tutta risposta, sparì con un paio di balzi oltre la porta chiusa mentre Mackenzie portava Loki fino ad un divano, facendolo sedere prima di inginocchiarsi per esaminargli la gamba sinistra:

“Perché hai una ferita del genere? È recente, e non ricordavo che i Dissennatori picchiassero.”
“Ho ricevuto… ahi, tesoro, fa’ piano! Dicevo, sono venuti a farmi visita un paio di Cavalieri qualche giorno fa, volevano notizie su di voi. Gli ho detto che non ne so nulla, ma ovviamente non hanno creduto ad uno dei Peccati.”

“Beh, credo che peggiorerà in fretta, sono arrivata con un ottimo tempismo, direi. Sta fermo adesso.”
“Avrei preferito che ci mettessi di meno Mac, ma grazie.”

Loki abbozzò un sorrisetto mentre si stringeva convulsamente l’altra gamba per sfogare su di essa il dolore e Mackenzie passava lentamente la bacchetta sulla lunga e profonda ferita che andava quasi dal ginocchio fino alla caviglia, aiutandola ad iniziare a rimarginarsi.

Mackenzie si alzò sbuffando leggermente, borbottando che aveva preferito assicurarsi che si trovasse davvero lì prima di rischiare andare ad Azkaban per nulla, e gli tese la mano, proponendogli di aiutarlo a salire le scale.

“Dove siamo?”
“In un posto sicuro, ci sono più incantesimi di protezione che ad Hogwarts, credo. E i Dissennatori non ci disturberanno.” 

Una volta arrivati al piano di sopra Mackenzie lasciò l’amico per aprire la porta di una stanza, continuando a parlare: 

“Ok Loki, hai una faccia tremenda quindi penso che ora dovresti dormire un po’… Loki?”

La strega si voltò, accigliandosi nel non vederlo, ma sospirò rumorosamente quando le parve di scorgere dei piedi infondo ad un letto attraverso la porta aperta della stanza di fronte, che raggiunse a passo di marcia prima di fermarsi sulla soglia e alzare gli occhi al cielo:

“… Ma non sul mio letto! Loki?” 

Loki si era lasciato cadere sul letto e ora giaceva immobile sul materasso, il volto appoggiato sul cuscino – il suo cuscino –. Tre anni prima lo avrebbe svegliato per poi buttarlo fuori a calci, ma fortunatamente per lui non quella sera.
La strega infatti sospirò, scuotendo il capo prima di borbottare qualcosa a mezza voce mentre girava sui tacchi:


“… Ok, va bene, ma solo per stasera.”


*
 

Il bacon, le uova e le salsicce sfrigolavano nelle padelle mentre Mackenzie, dopo aver lavato i pomodori, li tagliava e li condiva con pochi semplici gesti. Premurandosi anche di toglierci i semi, certo, perché non doveva dimenticare che il suo era un ospite raffinato. 

La strega fece uscire i muffin dal forno e i dolcetti si disposero da soli su un piatto mentre Mac versava del porridge in una scodella, dopodiché sistemò sullo stesso piatto dei pomodori uova, bacon e salsicce.
Prese due fette di pane, la marmellata, il burro e stava versando anche il tè nero quando udì dei passi leggermente zoppicanti. 



Loki era stato svegliato da un gradevole mix di aromi che non odorava da tempo, ma che gli avevano ricordato di non mangiare da ore e di avere molta fame. Il mago si svegliò e si permise di sorridere quella mattina, per la prima volta dopo tanto tempo: un letto, un cuscino. Quante volte aveva sognato quelle cose? Quasi non gli sembrava vero.

Avrebbe anche continuato a riposarsi, ma il suo stomaco era di un’opinione differente e l’ex Corvonero si mise lentamente a sedere sul materasso prima di stiracchiarsi e alzarsi, trascinandosi al piano di sotto dove Mac stava preparando la colazione.

Per loro e per un intero esercito, constatò il mago quando quando vide l’isola della cucina cosparsa di pietanze. 
Mackenzie stava versando del thè in una tazza ma alzò lo sguardo sentendolo arrivare, abbozzando un sorriso: 

“Ben svegliato, Bell’Addormentato. Dormito bene?”
“Sì, molte grazie. Tutto questo è per me? Cielo Mac, non credevo mi volessi così bene!”
“Oh, lo so bene, il mio letto è molto comodo… ma non farci l’abitudine, Loki. Ecco, mangia.”

Mackenzie accennò alla ricca colazione che aveva preparato mentre si puliva le mani in uno strofinaccio e l’amico sedeva di fronte a lei, dall’altro lato del mobile, facendo vagare lo sguardo sul gran numero di pietanze quasi senza sapere da dove cominciare.

“Hai l’aria di uno che non vede del cibo da una vita.” Mac abbozzò un sorriso, sinceramente divertita dalla sua reazione, e il mago inarcò un sopracciglio mentre allungava una mano per prendere un muffin:
“Beh, sei stata ad Azkaban anche tu, ti risulta che servano cibo vero? Ti assicuro che le cose non sono cambiate, dal tuo soggiorno. Mh, buono, avevo scordato che sapessi cucinare.”

“Sì, beh, ti ripeto di non farci troppo l’abitudine… anche se vederti così magro mi fa un certo effetto, quindi mangia pure finché vuoi.” 
Loki prese il suo invito molto sul serio perché si abbuffò come mai aveva fatto in vita sua, facendo sparire il porridge con qualche cucchiaiata e il thè in un paio di sorsi, chiedendo all’amica se potesse averne un’altra tazza prima di servirsi di pane con burro e marmellata.
Mac sorrise e annuì, versandogli dell’altro thè e aspettando pazientemente che l’amico finisse di mangiare per poter parlare. 

Loki, tuttavia, non sembrò dello stesso avviso perché, tra un pezzo di pane e l’altro, parlò di nuovo:

“Allora… Notizie degli altri?”
“No. O almeno, ho il sospetto di sapere dove si trovino alcuni di loro, ma non li vedo dal giorno del Processo, sei il primo con cui mi rimetto in contatto diretto.”
“Beh, il fatto che tu sia venuta a cercare proprio me mi commuove, Mac.”

“L’ho fatto perché voglio riunire il gruppo e tu eri quello su cui avevo la maggiore certezza, Loki.”

A quelle parole Loki si fermò, guardandola con sincera perplessità prima di parlare:

“Riunire il gruppo? Perché? Nostalgica dei bei tempi andati, Mac?”
“No. No Loki, voglio solo che questa storia finisca: noi siamo innocenti, ed è ora che tutti lo sappiano. Tu sei stato ad Azkaban per tutto il tempo, e mi dispiace, ma ti assicuro che nemmeno qui fuori è stato facile… Non posso parlare per gli altri, ma io sono stanca di nascondermi, questa non è vita, ma solo una pallida imitazione.”
“Quindi speri che tornando uniti potremo dimostrare la nostra innocenza? Non lo so Mac, l’idea di rivedere gli altri non mi dispiace, certo, ma sicura che basterà? Il mondo intero è contro di noi.”

“Forse non il mondo intero, Loki. Ci sono un po’ di cose che non sai, sarà il caso che io ti aggiorni su come vanno le cose al Ministero… Vivrò anche fuori dal mondo, ma è bene tenersi informati.”


*


L’orologio appeso in fondo al corridoio segnò le nove esatte quando Rita iniziò a percorrerlo a passo spedito, braccia e gambe rigide come se stesse marciando, e decise che quello era il lunedì più disastroso della storia. O forse era appena iniziata la settimana più disastrosa della storia, ma era ancora presto per dirlo.

Si era svegliata tardi, cosa che le succedeva circa una volta ogni quattro anni, era caduta dal letto ed era corsa al San Mungo senza fare colazione. Una volta lì, però, le era arrivata una Strillettera dal Ministero che le suggeriva caldamente di recarsi laggiù a causa del “codice più nero degli ultimi tre anni”, a detta della sua collega. 
Il loro ultimo codice nero era stata la morte del Ministro, quindi Rita si permise di farsi prendere dal panico mentre mollava un paziente su due piedi e si precipitava verso l’uscita per andare al Ministero. 


L’orologio segnò le 9:01 e Rita, sentendo i morsi della fame, sbuffò sonoramente prima di fermarsi di fronte alla porta a doppia anta di legno massiccio in fondo al corridoio, mormorare a denti stretti la parola d’ordine – e consigliò caldamente a Cristal che fosse un vero codice nero, non come quando le aveva chiamate all’ordine per un “codice rosso” dopo aver perso le sue scarpe predilette – e guardare la porta spalancarsi da sola. 

Si addentrò nella sala senza esitazioni e non si stupì affatto quando scorse le sue tre colleghe già sedute intorno al tavolo rotondo posto al centro della stanza.

Jezabel era seduta come sempre rivolta verso la soglia e fu la prima a vederla entrare, tanto che Rita potè chiaramente scorgere l’espressione curiosa e allo stesso tempo accigliata che l’amica sfoggiò. Del resto la conosceva così bene che avrebbe potuto coglierla a chilometri interi di distanza.

La strega tuttavia non le diede tempo o modo di dire nulla, sollevando una mano come a voler richiedere silenzio mentre scostava la sua sedia per prendere posto a sua volta:

“Non una parola. Allora, che cosa è successo? Spero non riguardi la sparizione di qualche capo d’abbigliamento.”  
L’ex Tassorosso sedette e face vagare lo sguardo sulle tre donne, indugiando su quei volti tanto familiari e che, in quel momento, trasudavano una discreta preoccupazione.

Alla fine a prendere la parola fu Jezabel, che appoggiò le mani giunte sul tavolo prima di parlare con tono piatto:

“C’è stata un’evasione da Azkaban stanotte.”
“… Un’evasione? Ammetto che non sia un avvenimento da prendere sottogamba, ma un codice nero per un’evasione… ma come è successo? I Dissennatori erano in pausa caffè?”
“Non un’evasione qualsiasi, Rita. Il Peccato della Lussuria ha lasciato l’edificio. In compagnia di una donna che aveva con sè un Thestral e il cui Patronus è stato così potente e duraturo da impedire ai Dissennatori di avvicinarsi ai fuggitivi per tutto il tragitto.” 

Jezabel continuò a parlare senza battere ciglio, come se stesse informando l’amica di una tempesta di neve. Rita invece esitò, mettendosi dritta sulla sedia prima di parlare con tono interrogativo:

“… La Gola?”
“Non pensiamo di sì, del resto solo un individuo con le capacità di un Peccato può causare un’evasione da Azkaban se agisce da solo…”

Un’evasione da Azkaban. L’unico Peccato che erano riusciti a tenersi stretto era evaso.
Cielo, forse per il Ministero quello era davvero il peggior lunedì della storia.

“Il Ministro lo sa?”
“Ovviamente, ma gradisce che per ora la notizia non venga fatta trapelare, non solo sarebbe uno smacco per la reputazione della prigione e del Ministero, ma getterebbe una buona dose di panico e malcontento nella comunità. I Cavalieri vanno informati, naturalmente, ma abbiamo aspettato te per prendere posizione.”

“… Bene. Vado ad informare i Cavalieri, allora. Cris, vieni con me?” Rita si alzò e si rivolse all’ex Grifondoro, che annuì e seguì l’amica verso l’uscita prima di voltarsi verso Jezabel e Maysen e parlare con tono dubbioso:

“Una domanda… noi siamo felici, disperate, o furiose per l’accaduto?”

A quella domanda le labbra di Jezabel si inclinarono formando l’accenno di un sorriso, e la Tassorosso si alzò prima di parlare:
“… Direi che è meglio aspettare e poi deciderlo, Cris. Io vado a parlare con il Ministro… May, tu convoca il Wizengamot. E mi raccomando, ragazze: discrezione.”


Cristal e Rita avevano appena lasciato la stanza quando Maysen si rivolse all’amica, parlando con tono dubbioso:

“Non pensi che sia ironico che oggi si sia ripreso a parlare attivamente dei Peccati quando noi ne discutiamo da settimane?”
“Chi può dirlo, May. Magari è un segno.”


*


Loki, dopo essersi fatto un bagno per la prima volta dopo tre anni, era in piedi davanti allo specchio. Il pavimento ai suoi piedi era cosparso di ciocche di capelli neri che il mago aveva tagliato poco prima, ripristinando il suo taglio molto corto si lati della testa e leggermente più lungo nella parte superiore. 
Loki si sfiorò i capelli scuri, soddisfatto, prima di far scivolare le dita sulla pelle pallida, secca e quasi ingrigita di chi non ha visto la luce del Sole per molto tempo. Voltò leggermente la testa per studiare il proprio profilo, trovando che i suoi zigomi fossero più sporgenti di quanto ricordava… Mac non si sbagliava, era davvero dimagrito parecchio. 

L’ex Corvonero finì di abbottonarsi la camicia con un sospiro, gioendo interiormente nel sentire il tessuto pulito e morbido a contatto con la pelle: dopo aver indossato praticamente gli stessi stracci per tre anni, potersi cambiare e indossare abiti decenti era quasi una benedizione per lui.

Mackenzie gli aveva dato quei vestiti dopo aver fatto colazione – Loki non aveva chiesto dove li avesse presi, degli abiti da uomo, ma aveva preferito non indagare – e il mago, guardandosi allo specchio, si disse che finalmente sembrava di nuovo lui. 
Quando si era imbattuto per la prima volta in uno specchio, poche ore prima, era stato a tanto così dal perdere i sensi o dall’urlare, disgustato dal suo stesso aspetto. 

Loki sfoggiò una lieve smorfia con le labbra, ripromettendo a se stesso che mai, per nessuna ragione al mondo, avrebbe rimesso piede ad Azkaban. Se era riuscito a non impazzire in tutto quel tempo era stato solo grazie al suo profondo autocontrollo e all’aiuto dei suoi poteri, della connessione che aveva con la psiche umana, ma si sarebbe gettato nelle gelide acque del Mare del Nord piuttosto che tornare in una fredda e sudicia cella.

Il mago aprì la porta del bagno e si fermò sulla soglia quando si trovò Mac davanti, che gli sorrise divertita mente teneva le mani dietro la schiena:

“Te la sei presa comoda.”
“Avevo bisogno di riprendere familiarità con la mia splendida faccia. Ora non sembro più un barbone, grazie ai Fondatori.”
“In effetti riconoscerti non sarebbe stata un’impresa facile, se non ti conoscessi tanto bene… ad ogni modo, ho delle cose per te. Pensalo come ad un… regalo di bentornato.”

Mackenzie si strinse nelle spalle e sollevò la mano destra per porgere all’amico qualcosa che Loki, dopo aver splsancati gli occhi chiarissimi con evidente sorpresa, prese senza esitazioni e sorridendo:

“Ora sì che si ragiona… Grazie Mac. Ti sarai forse ammorbidita negli ultimi tre anni? Questa generosità mi è del tutto nuova.”
“Ho la brutta abitudine di viziare chi vedo in difficoltà. E ora sì che sei davvero tu, Loki.”

Mac sorrise mentre guardava l’amico allacciarsi gli straccali blu che gli aveva dato, sistemandosi le bretelle all’altezza delle spalle poi poi far scivolare le dita su di esse per tutta la lunghezza del petto, con il tocco delicato e affettuoso di chi sta accarezzando il proprio animale domestico.
Anche Loki sorrise, evidentemente pensando lo stesso mentre la strega sollevava anche la mano sinistra, questa volta porgendogli una bacchetta:

“Infine, credo che ti serva questa. Provala, almeno, sono tre anni che non usi la magia e hai bisogno di riscaldarti un po’, immagino.”
“Le nostre che fine hanno fatto?”

“Non ne ho idea, potrebbero averle distrutte come no, forse le tengono nascoste da qualche parte… Non so se le rivedremo mai, Loki.”   Mackenzie scosse il capo con un sospiro tetro, rimpiangendo profondamente la sua bacchetta: ne aveva utilizzate e provate tante nel corso degli ultimi tre anni, da quando era latitante, ma nessuna le aveva permesso di sfruttare le sue capacità o era entrata in “connessione” con lei come quella che aveva acquistato da Ollivander per i suoi 11 anni.

“Beh, in ogni caso hai ragione… Vediamo se ci so ancora fare.”

Loki si rigirò brevemente il sottile bastoncino tra le dita pallide prima di sorridere e superare l’amica, dirigendosi verso l’esterno della casa. E alla donna non restò che seguirlo, giusto per assicurarsi che non causasse danni o problemi già al suo primo giorno di libertà.


*


Brian era piombato nella sala comune quasi come una furia, informando i colleghi che il loro capo e due Virtù volevano vederli con grande urgenza.
Non vedendolo aveva chiesto notizie di Isaakiel, e quando Asher gli aveva risposto semplicemente “nella Cappella” il Cavaliere aveva alzato gli occhi al cielo prima di uscire dalla stanza a passo di marcia, Smaterializzandosi subito dopo.

“Young?!”

Brian chiamò il collega a gran voce e senza smettere di camminare, non esitando a spalancare le porte della Cappella quando se le trovò davanti. Indugiò, tuttavia, sulla soglia, cercandolo con lo sguardo e trovandolo senza difficoltà: Isaakiel era inginocchiato in fondo alla navata ma esattamente al centro della sua larghezza, a poca distanza dall’altare.

“Young.” Brian lo chiamò di nuovo, questa volta con tono fermo e più moderato mentre si apprestava a raggiungere il collega, cheper tutta risposta sospirò e sollevò la testa, parlando senza voltarsi e con tono seccato:

“Che cosa c’è?”
“È richiesta la tua presenza.”
“È tanto urgente da non poter aspettare altri cinque minuti?”

Isaakiel non si voltò del tutto, ma ruotò la testa di qualche grado mentre si rivolgeva a Brian, in attesa di una risposta,

“La Lussuria ha lasciato Azkaban. Tu che ne pensi?”
Brian si fermò a pochi metri dal collega, parlando con tono eloquente e guardandolo esitare e irrigidirsi per qualche istante prima di chinare leggermente il capo.
Isaakiel depositò un bacio sulla croce che pendeva dalla catenina d’argento che teneva stretta tra le mani prima di rimettersela al collo, farsi sbrigativamente il segno della croce e infine alzarsi, voltandosi verso Brian senza che nessuna emozione particolare trapelasse dalla sua espressione.

“Andiamo.” Isaakiel gli rivolse un cenno appena percettibile con il capo prima di superarlo e dirigersi verso le porte della Cappella, una grossa catena che dondolava tintinnando minacciosa dalla sua cintura. 


*


Si trovavano in riva al mare e una brezza estiva non indifferente gli spettinava i capelli scuri, passandogli attraverso i vestiti. 
Mackenzie era in piedi alle sue spalle, a pochi metri di distanza, e teneva gli occhi fissi su di lui, lo sapeva, sentiva il peso del suo sguardo su di sè.

Loki sollevò il braccio destro e puntò la bacchetta contro una specie di bersaglio che Mac aveva fatto comparire poco prima, cercando di colpirlo. 
Non aveva mai avuto problemi con gli incantesimi non verbali, li utilizzava da anni, eppure sembrava che quel giorno tutta la sua abilità fosse svanita nel nulla: la bacchetta sembrò quasi sobbalzare tra le sue stesse dita e l’Incantesimo investì un grosso sasso, facendolo esplodere. 

“Fantastico.” Commentò ad alta voce il mago e con tono sarcastico, gettando un’occhiata torva alla bacchetta che ancora tremava nella sua mano destra:

“Tre anni in prigione e non so più prendere la mira.”
“Non dire sciocchezze, non sei tu, ma la bacchetta. Quando uscimmo da Azkaban il Ministro ci diede le nostre bacchette e nessuno di noi ebbe problemi, come ben ricorderai… dentro di noi scorrono fiumi di magia, Loki, non è facile trovare una bacchetta che sia abbastanza potente da poterla incanalare a dovere. Io stessa ne cambio di continuo, nessuna dura mai molto prima di spezzarsi tra le mie mani.”

“Sappiamo entrambi che tu puoi sopravvivere benissimo anche senza bacchetta, Mac. Ma lo stesso non si può dire per me… non ho la stessa affinità con gli incantesimi che hai tu.”
 
Loki sentì Mackenzie avvicinarglisi e un attimo dopo la strega si fermò al suo fianco, sollevando il braccio per puntare la sua mano verso il bersaglio:

“È solo questione di pratica e concentrazione, Loki…”
Mac piegò leggermente le falangi e Loki vide il bersaglio accartocciarsi su se stesso, afflosciandosi al suolo staccandosi dalla base di metallo con un tonfo sordo quando la strega ruotò la mano in senso orario. Senza che la ragazza muovesse un muscolo il bersaglio prese fuoco sotto gli occhi di Loki, che abbassò lo sguardo sulla bacchetta che teneva in mano – ora ricca di piccole crepe – prima che Mackenzie parlasse con tono neutro:

“… Per pranzo facciamo un barbecue, direi.”

La strega girò sui tacchi e si allontanò per risalire la piccola scogliera e tornare alla casetta, lasciando l’amico solo a rimuginare in riva al mare. 


*


“Come è potuto accadere?! Come può essere evaso?!”
“Con l’aiuto di qualcuno, naturalmente… I Dissennatori non sono infallibili, Signor Ministro, un Incanto Patronus ben fatto è sufficiente a tenerli a bada e ho già espresso le mie reticenze nei confronti dell’uso di quelle creature.”

“Non mi interessa la sua opinione, i Dissennatori resteranno ad Azkaban, non posso impegnare altri Cavalieri per gestire quell’ammasso di spazzatura!”

Jezabel si zittì di fronte alla risposta brusca del Ministro, che sembrava a dir poco adirato. Non lo vedeva così da molto tempo e la strega, seduta di fronte a lui con le gambe accavallate e la sua solita aria imperscrutabile, intuì che non fosse il caso di contraddirlo in quel momento.

“Che cosa vuole fare in merito?”
“Sguinzagliamo i Cavalieri, mi pare ovvio. Non possiamo insabbiare la cosa a lungo, presto si saprà e le persone si getteranno nel panico più totale!”
“Senza offesa, Signore, ma credo che un Peccato in più non faccia poi tutta questa differenza nella sicurezza dei civili…”

“Le ho detto che la sua opinione non mi interessa! Sono stanco di quelle persone, sono solo delle macchie in un ordine sociale ben costruito e vanno smantellati una volta per tutte. I Cavalieri sono stati informati?”
“Stiamo provvedendo, Signore. Ma la prego di non rivolgersi a me con questo tono. Parlo con tutto il rispetto possibile, ma le ricordo che né io, né le mie colleghe siamo alle sue dipendenze. Non se lo scordi.”  Jezabel si alzò, parlando senza che il suo tono si alterasse minimamente e rivolgendo un’occhiata fredda al Ministro prima di girare sui tacchi e uscire dalla stanza.
Non le sarebbe dispiaciuto ricordargli che erano stati lui e i suoi preziosi Cavalieri a farsi scappare i Peccati da sotto al naso tre anni prima e non certo lei, ma l’ultima cosa che voleva era sollevare una polemica con il Ministro, non certo quel giorno.

Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle l’uomo sbuffò sonoramente, borbottando che non capiva perché le Virtù si rivelassero quasi sempre una fonte di problemi in più da gestire e, in particolare, perché dovesse quasi sempre confrontarsi con quella che tra tutte meno sopportava. 



Jezabel stava attraversando il corridoio a passo di marcia quando venne affiancata da Maysen, parlando all’amica con tono affrettato e senza neanche voltarsi, continuando a camminare a passo spedito:

“Il Wizengamot?”
“Informato e in subbuglio. Il Ministro?”
“Non ne parliamo, darà di matto se non verrà trovato in fretta, ma ormai non penso che ci sia molto da fare.”
“Pensi che vogliano riunirsi?”

“Non è da escludere, noi siamo sulle loro tracce da tre anni, ma forse loro conoscono le rispettive posizioni… probabilmente sono le sole persone su cui possono contare. Per ora. Voglio parlare con gli altri.”


*


“Perciò, sei venuta a prendermi perché ti mancavo disperatamente.”
“No.”
“Allora per le mie capacità eccelse.”
“In un certo senso.”

Mackenzie era seduta sulla sabbia accanto al fuoco, una coperta sulle spalle mentre teneva gli occhi chiari fissi sulla distesa d’acqua che aveva davanti e le fiamme creavano giochi di ombre sul suo viso.
Loki, seduto dall’altra parte del falò, si portò la bottiglia di Whiskey Incendiario alle labbra per berne una lunga sorsata prima di parlare, inumidendosi le labbra lasciate calde e roventi dall’amata bevanda che non aveva potuto gustare per ben tre anni. 

“Davvero speri che riunendo il gruppo otterremo qualcosa? Pensi che qualcuno ci crederà? Chi mai potrebbe farlo?”

“… Forse qualcuno ci sarebbe, Loki. Io non ho ancora perso del tutto le speranze.”

Loki porse la bottiglia alla ragazza, che però scosse il capo in segno di diniego senza smettere di studiare il mare con aria assorta. L’ex Corvonero non disse nulla, limitandosi a bere un altro sorso di Whiskey prima di parlare lentamente, come se fosse consapevole di dover toccare un tasto dolente:

“Hai mai avuto sue notizie?”
“Non direttamente.”
“… Beh, sono sicuro che sia là fuori, da qualche parte. Non perdere le speranze nemmeno su questo.”

Mackenzie esitò ma poi annuì, rivolgendogli una breve occhiata prima di alzarsi in piedi, decretando che era stata una giornata molto lunga e che sarebbe andata a dormire, consigliando all’amico di fare altrettanto.

“E non ubriacarti, avremo da fare.”
“Brindo alla mia salute!”

Loki sollevò leggermente la bottiglia senza nemmeno voltarsi, facendole alzare gli occhi verdi al cielo prima di dargli le spalle e incamminarsi, rabbrividendo leggermente per il freddo quando si su allontanata dal piacevole tepore in cui l’aveva avvolta il calore prodotto dalle fiamme.
Loki invece non si mosse, limitandosi a sollevare leggermente la testa per osservare il cielo stellato: lì, lontani dalle luci artificiali, erano perfettamente visibili. 
Dopo qualche istante il mago chiuse gli occhi, tenendo la testa reclinata all’indietro per poi respirare profondamente, e gli sembrò di essere tornato a farlo per la prima volta dopo anni.

Infine sorrise, assaporando quel po’ di libertà che gli era stata di nuovo concessa. 









……………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Per prima cosa TANTI AUGURI PHEBE! Ti mando un enorme abbraccio, buon compleanno di cuore <3 
Fatta questa doverosa promessa, tengo a precisare che mi dispiace molto per l’attesa: quando ho detto che avrei dato la precedenza alle altre storie non pensavo che vi avrei fatto aspettare ben tre settimane, di norma non mi succede e spero che non debba più capitare. Così come mi dispiace che molti personaggi qui non siano apparsi, nel prossimo mi concentrerò di più sui Cavalieri.
La buona notizia è che ad una delle mie altre storie mancano solo due capitoli per definirsi conclusa… la cattiva è che dall’8 al 13 non potrò né scrivere né aggiornare niente e nei prossimi giorni mi dedicherò alla conclusione di Half-Blood, quindi temo che dopo questo capitolo ci rivedremo direttamente a metà Ottobre. 
Mi dispiace, ma sembra che questa storia sia destinata ad ingranare lentamente.

Ci sentiamo tra un paio di settimane con il seguito, nel frattempo ho un paio di domande per alcune di voi, ma le farò in privato. 
Per chi partecipa anche ad Half-Blood o a Magisterium, ci sentiamo presto anche lì. 
Buona serata, 
Signorina Granger 




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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 

 
Tre giorni dopo 



Loki strinse le labbra, imprecando mentalmente quando l’incantesimo di Mackenzie, che aveva parato a fatica, lo fece indietreggiare sulla sabbia di più di un metro a causa del forte attrito.
Fece per chiederle di non andarci tanto pesante, ma la strega non battè ciglio e, impassibile, ripristinò la distanza che li aveva separati fino a poco prima facendo due passi avanti e, al contempo, lo colpì nuovamente. 
L’onda d’urto dell’incantesimo non verbale della strega, che lo investì come un’onda di forza pura, gli fece tremare braccia e gambe nonostante fosse riuscito a parlarlo in tempo, e Loki guardò la bacchetta che teneva in mano riempirsi di crepe prima di sbuffare sonoramente, rivolgendo all’amica un’occhiata di rimprovero:

“Mac, puoi evitare di comportarti come se volessi uccidermi?!”
“Dal momento che sarà esattamente ciò che cercheranno di fare i nostri amici Cavalieri no, Loki, non posso. Ora che la notizia della tua evasione si è diffusa a macchia d’olio ti cercheranno ovunque, e quando ci troveranno pensi che ti daranno qualche carezza sulla testa?”

Mackenzie agitò il braccio fendendo l’aria come se stesse utilizzando una frusta invisibile e Loki, ben sapendo cosa avrebbe scaturito quel movimento, ebbe il buonsenso di scostarsi dalla sua traiettoria, gettandosi di lato per evitare l’onda che si abbatté sul suolo coperto di sabbia in linea retta, provocando una spaccatura profonda nella terra.

“Loki, se volessi ti avrei già ucciso, e questo non va bene. Non voglio vederti morto.”
“Nemmeno io, grazie, ma ti sarei grato se non ci pensassi tu ancor prima dei Cavalieri.”  Loki sbuffò debolmente mentre cercava di alzarsi – con un po’ di fatica a causa dei tremori che le sue gambe ancora accusavano – e Mackenzie, fermandosi di fronte a lui, indugiò brevemente sull’amico con lo sguardo mentre con una mano faceva agitare distrattamente della sabbia, creando piccoli vortici. 


“… D’accordo, può bastare, ti stai ancora riprendendo dopotutto. Dobbiamo assolutamente trovare Harlit, Loki.”
“Io lo voglio ritrovare più di te, credimi. È come se mi mancasse un braccio. Tu, piuttosto, hai idea di dove sia Aldan?”

Mackenzie lo aiutò ad alzarsi con un sospiro, scuotendo debolmente il capo prima di voltarsi, rivolgendosi verso l’Oceano:

“Sotto la custodia del Ministero, immagino. E capisco quello che provi, vale anche per me. Ma tutto tornerà come prima e si sistemerà, vedrai.”
Mackenzie annuì e Loki, guardandola, si chiese se non intendesse convincere anche se stessa con quelle parole. Dopodiché la strega si voltò nuovamente verso di lui, abbozzando un sorriso prima di prenderlo sottobraccio:

“Torniamo dentro, preparo qualcosa da mangiare. Tu dovresti sederti, non pensavo che ti avrei sforzato tanto la gamba.”
“Non preoccuparti Mac, stavi solo per staccarmela, nulla di che. Potrei pensare di perdonarti, se mi dessi un sorso di Whisky.”

“Niente Whisky, non ti ho tirato fuori per bere, ma per essere lucido, produttivo e utile. Però ti farò una torta.”



Loki ci pensò, poi annuì: mal che vada, avrebbe versato un po’ di liquore nell’impatto di nascosto. E le torte di Mac erano ottime, se gli anni ad Azkaban non gli avevano anche danneggiato la memoria.


*


Belle, che teneva saldamente la sua katana stretta in mano, fendette l’aria con un movimento rapido e deciso quanto fluido e disinvolto, come se stesse reggendo una spada di gomma.

Di fronte a lei, il samurai luminoso alto più di tre metri esercitò il suo medesimo movimento, facendo per colpire con la sottile e lunga lama Samuel, che come Belle aveva previsto sollevò la sua imponente e pesantissima ascia bipenne per parare il colpo, reggendola orizzontalmente.
Suo malgrado, il ragazzo si fletté leggermente all’indietro di fronte alla pressione esercitata dal samurai luminoso, sfoggiando una lieve smorfia con le labbra prima di sibilare qualcosa tra i denti:

“Continuo a domandami quanto tutto questo sia valido, Belle.”
“Ognuno ha i suoi mezzi Sam, e come tali vanno sfruttati. Lo faccio per te, è per rendere più decisivo il tuo allenamento.”

La ragazza sorrise allegra e roteò su se stessa per colpire lateralmente il ragazzo, che venne effettivamente scagliato a cinque metri di distanza con un tonfo sordo.

“Ops, scusa Sam!”  Belle sgranò gli occhi scuri, rimettendosi di scatto in posizione eretta, e abbassò la katana mentre osservava il punto in cui era caduto l’amico e da cui si era sollevata non poca ghiaia. 
Si stava giusto chiedendo se non gli avesse fatto male quando un suono metallico anticipò l’urlo sorpreso della ragazza: l’ascia bipenne venne scagliata dritta contro il Samurai, trafiggendolo e riducendolo in tanti frammenti luminosi che si sparsero nell’aria come uno gioco pirotecnico.

“SAM! Potevi uccidermi!”
“Sciocchezze, non miravo certo a te.”  Sam parlò con nonchalance mentre si rialzava, raggiungendo la sua ascia – che nel frattempo era caduta al suolo – per poi sollevarla come se non pesasse affatto quasi una tonnellata e sistemarsela sulla spalla come al solito.


Belle fece per dire qualcosa, ma venne interrotta dal singolo applauso che giunse alle sue orecchie, e voltandosi si ritrovò a guardare un sorridente Alistair, seduto poco distante sui gradini di pietra.
“Complimenti, siete sempre un vero spettacolo.”

“Tu non ti alleni, Al?” Belle ripose la sua katana nel fodero prima di massaggiarsi delicatamente le tempie, decidendo che per qualche giorno non avrebbe evocato il suo “amico luminoso”, come lo chiamava Alistair: farlo le richiedeva fin troppe energie, sia fisiche che cognitive.

“Per oggi sono a posto, grazie. Stasera Cassie sta con me e non vorrei che dovesse venire a trovami al San Mungo…”
Alistair abbozzò un sorriso proprio mentre un paio di figure lo superavano, sfrecciando verso Belle per poi abbracciarla:

“Sei stata bravissima, Belle! Voglio essere forte come te da grande.”
Cassandra sorrise, gli occhi chiari luccicanti, alla ragazza, che ricambiò e annuì mentre le sfiorava una ciocca di lunghi capelli scuri:

“Sono sicura che lo sarai, papà e io ti insegneremo un sacco di cose.”
“E a me?!”  Philip, indignato, rivolse un’occhiata di sbieco alla sorella maggiore, che sbuffò e liquidò il discorso con un rapido gesto della mano mentre Alistair, dopo essersi avvicinato, abbracciava Cassandra da dietro e le stampava un bacio su una guancia, facendo sorridere la figlia.

“Tu sei ancora piccolo, non devi pensare a queste cose, è pericoloso.”
“Ma io e Cassie abbiamo la stessa età!”
“… Sciocchezze, tu sei più giovane di ben tre mesi!”

Il ragazzino sbuffò, asserendo che era ingiusta mentre la sorella gli scompigliava affettuosamente i capelli neri con una mano e Sam, alle sue spalle, sorrideva divertito:

“Quando la smetterai di fare la mamma orsa, Belle?”
“Essendo tu stesso un padre orso, non hai diritto di replica. Vorrei proprio vederti, se Marshall ti chiedesse di fargli usare la tua ascia o qualcuna delle armi chiuse nel magazzino!”

Belle scoccò un’occhiata eloquente in direzione dell’amico, che non potè replicare non trovando una sola piega nella risposta dell’ex compagna di Casa e si limitò così a sollevare le braccia in segno di resa mentre Philip gli si fermava davanti con un sorriso, guardandolo dal basso verso l’alto e chiedendogli con aria allegra se potesse fargli vedere “le fiamme della sua ascia di cui parlava sua sorella”. 

Sam però non ebbe tempo per rispondergli perché Belle, sbuffando, asserì che quello non fosse posto per bambini, dopodiché afferrò il fratellino e fece per trascinarlo via, ignorando le sue lamentele e il suo ricordarle che aveva 11 anni e che quindi non era affatto un bambino.

Belle, tuttavia, non fece in tempo a riportare il fratello all’interno dell’edificio perché sui gradini della vecchia Arena dove si stavano allenando fece la sua comparsa la figura familiare di una ragazza dai capelli biondi, con degli occhiali da sole dalla stessa montatura a D addosso e che sorrise allegra nella sua direzione:

“Salve! Vi disturbo?”
“Signorina Blackwood, salve! Ha bisogno di qualcosa?”

Belle sì portò una mano all’altezza della fronte per ripararsi la vista dalla luce del sole e poter concentrarsi meglio sulla strega, che annuì mentre si sistemava distrattamente il manico della borsa a trapezio color crema sul gomito.

“In effetti avrei urgenza di parlarvi, è possibile?”
“Ma certo, devo riportare dentro mio fratello e la figlia di Alistair, ma poi sarò tutta orecchi.”

Belle sorrise alla Virtù, che ricambiò con un “Meraviglioso!” mentre Philip si lamentava a bassa voce, decretando di volerla guardare allenarsi ancora. La sorella, tuttavia, gli intimò di tornare all’interno del Quartier e di aspettarla lì, senza disturbare nessuno.

“Ok…” Philip sbuffò ma come sempre obbedì, allontanandosi sotto lo sguardo carico d’affetto della ragazza mentre Cassandra lo seguiva e Alistair si rivolgeva a Cristal a sua volta, parlando a voce leggermente alta affinché la strega potesse sentirlo:

“Non vuole scendere?!”
“Cielo, no, la ghiaia non va d’accordo con i miei tacchi a spillo… andiamo in un posto più tranquillo – e al chiuso, sopratutto -, vi va?”

Cristal fece cenno loro di seguirla e Alistair e Sam, dopo essersi scambiati una rapida occhiata, obbedirono e si apprestarono a raggiungere la Virtù, che asserì che Melissa e le sue colleghe li stessero già aspettando mentre si muoveva con una disinvoltura quasi disarmante sulle décolleté color crema che indossava, in tinta con la borsa.

Belle, con i suoi anfibi di pelle ai piedi, si stava giusto chiedendo come facesse a sopravvivere camminando quasi perennemente su quei trampoli infernali quando raggiunse la strega, allungando una mano per toccarne il braccio coperto dalla manica bianca del blazer svasato allo stesso modo di Alistair e Sam, che lasciarono che la Virtù li portasse chissà dove Smaterializzandosi. 


*


Quando Cris riaprì gli occhi si ritrovò, come da programma, nella stanza dove lei e le sue amiche più care si erano date appuntamento. Solo loro quattro potevano Materializzarsi nella loro “sala riunioni” e né Rita, che stava leggendo una rivista medica, né May parvero sorprese di vederla: la seconda si limitò ad alzare lo sguardo e a sorridere, facendo cenno ai loro “ospiti” di avvicinarsi.

“Non immaginate quando caldo faccia, per fortuna noi possiamo starcene qui dentro…. Quasi compatisco quell’accozzaglia di bruti e mascalzoni che devono allenarsi strenuamente o scorrazzare in giro per il Paese, anche se vorrei comunque riempire di schiaffi o schiantare la maggior parte di loro. Senza offesa, voi ovviamente siete esclusi.”  Cris rivolse un cenno ad Alistair, Sam e Belle mentre si dirigeva verso uno dei divanetti, sedendo accanto a Rita e lasciando la borsa accanto a sè mentre accavallava le gambe lasciate scoperte dagli shorts larghi bianchi a vita alta che indossava.

“Oh, ciao Mel!” Belle sorrise quando scorse Melissa, affrettandosi a sedersi accanto a lei mentre Sam faceva vagare lo sguardo nella stanza con la fronte aggrottata, chiedendosi dove fosse la quarta Virtù mentre Al, invece, si guardava intorno con curiosità.
Avrebbe voluto esprimere a voce alta il suo rammarico nell’appurare che quella stanza era molto più bella e accogliente rispetto alla loro sala comune – senza contare che le Virtù erano solo in quattro, non dozzine come i Cavalieri, quindi sicuramente era anche meno affollata – ma preferì evitare e restare in silenzio, anche se non servì a molto: un attimo dopo la  voce pacata di Rita riempì la stanza, senza che la strega sollevasse lo sguardo dalla sua rivista:

“Jess sarà qui a momenti. Quanto alla nostra sala sì, temo proprio che sia nettamente migliore rispetto a quella dove siete soliti riunirvi voi.”

Tutti e quattro i Cavalieri presenti si voltarono sincronicamente verso la Virtù, che non battè ciglio mentre Cris, al contrario, si rivolse all’amica e parlò con un piccolo sorriso e un finto tono di rimprovero:
“Via Rita, non è educato rispondere a voce alta ai pensieri della gente, li facciamo sentire a disagio!”
“Volevo solo rispondere alle loro domande!”


Cris fece per dire qualcosa, ma non ne abbe il tempo dato che la porta a doppia anta si aprì, permettendo ad una Jezabel trafelata di entrare quasi di corsa:

“Chiedo scusa, corro come una trottola impazzita da tutto il giorno, non ci danno tregua… Prego, sedetevi, vi volevamo parlare dei Peccati.”
“Dei Peccati? Non di quello evaso?”

Melissa aggrottò la fronte, leggermente confusa, e Jezabel annuì mentre prendeva posto attorno al tavolo – che avevano allargato per l’occasione – e anche Rita e Cris li raggiungevano, annuendo e appoggiando le mani giunte dalla pelle ambrata sul liscissimo ripiano di legno levigato:

“Beh, anche. Sappiamo per certo che vogliono riunirsi… e noi abbiamo la mezza idea di aiutarli a farlo, ma ovviamente ci farebbe comodo anche una mano da parte di qualcuno interno ai Cavalieri.”


*


“Dicevi che io ero quello su cui eri più sicura, c’è qualcun altro che pensi che potremmo trovare in fretta?”

“Confesso di non avere la minima idea di dove possa trovarsi Flagro, e su Sider ho trovato poche e discordanti informazioni, come se si fosse spostata molto spesso nel corso degli anni…”
“Che mi dici di Cap?”

“Sono piuttosto certa che non si trovi nel Regno Unito, ad essere onesta. Ma quella che credo possa ritenersi la più vicina, e penso che potremmo trovarla abbastanza facilmente, sia la nostra amata serpe.”

Mackenzie gli mostrò e spianò sul tavolo una cartina, vari foglietti pieni di appunti, scarabocchi, ritagli di giornale e lettere più o meno vecchie. A sentire quelle parole Loki abbozzò un sorrisetto, mettendosi dritto sulla sedia e appoggiandosi le mani giunte sulle labbra:

“Ebe? … Beh mia cara, in tal caso la faccenda si fa interessante.”


*



Melissa uscì insieme a Belle, che sospirò leggermente prima di rivolgersi alla collega con tono ed espressione tesi:
“Allora, tu che cosa ne pensi?”
“Beh, senza dubbio è rischioso, vorrebbe dire mettersi sul piede di guerra con il Ministero e gli altri Cavalieri… ma è per una giusta causa, e tecnicamente noi siamo nati per questo, per garantire che le regole vadano rispettate e che ci sia pace ed equilibrio. Le cose sono cambiate molto, negli ultimi anni.”

“Lo so Mel, e penso davvero che non siano colpevoli… insomma, di chi possiamo fidarci più delle Virtù? Se loro sono certe della loro innocenza, allora lo sono anche io. E non si può negare che l’andamento del nostro ordine abbia preso una piega diversa nell’ultimo periodo.”
“Per favore, c’è più corruzione lì dentro che nella Chiesa del Rinascimento…”

Melissa sbuffò debolmente, parlando tenendo le mani sprofondate nelle tasche mentre anche Alistair e Sam, alle loro spalle, discutevano. Belle annuì, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri, prima di parlarle con un sospiro:

“Lo so, ma non posso fare pazzie, devo pensare a Philip. Non vorrei che perdesse anche me e restasse completamente solo.”
“Non succederà. Ma abbiamo fatto un giuramento, ricordi? Fare la cosa giusta, perseguire il vero. A me non dispiacerebbe cantarle al Ministro e al suo ordine di burattini, e se le Virtù hanno pensato a noi, io non posso che sentirmi orgogliosa di ciò. Pensaci, Belle, ma io credo di aver già preso una decisione. Ci vediamo domani.”

Melissa salutò la collega toccandole la spalla per poi superala, allontanandosi con Sam al seguito, che borbottò di dover tornare a casa da Marshall mentre Alistair si fermava accanto a Belle, esitando prima di parlare con tono dubbioso:

“E adesso che si fa?”
Forse l’ex Tassorosso sperava in una risposta chiara e concisa dalla collega, ma Belle si limitò a scuotere il capo, meno allegra e vitale del solito:
“Non so Alis. Davvero non lo so.”


*


“Cosa pensate che faranno?”

Cris si sfilò le décolleté per stendere le gambe sul divano, i lunghi capelli biondi ondulati sparsi sul bracciolo mentre si voltava per poter guardare le amiche ancora sedute intorno al tavolo.
Rita incrociò le braccia al petto, esitando prima di parlare con una scrollata di spalle:

“Beh, siamo state molto chiare, se non vorranno aiutarci non sarà un problema, toglieremo loro I ricordi della conversazione avvenuta oggi e fare finta di niente. Ma abbiamo davvero bisogno di loro, non possiamo sparire nel nulla per andare a cercare personalmente i Peccati, il Ministro ci vede sotto una cattiva luce già così.”
“Solo perché si sente minacciato, Rita. Comunque, io penso che almeno un paio di loro accetteranno… in caso contrario dovremmo cercare qualcun altro a cui rivolgerci, ma non sarà facile: ho l’impressione che i Cavalieri che non odiano visceralmente i Peccati o che non sono stati totalmente assuefatti dal Ministro siano ben pochi, oramai.”

May si appoggiò allo schienale della sua sedia, parlando con un tono cupo che fece annuire sia Rita, sia Jezabel, che era seduta tra le due con i grandi occhi scuri fissi su un punto indefinito con aria meditabonda:

“Direi che più che un’impressione è una certezza. Ma non dubitate, troveremo un modo, costi quel che costi… permettere che venissero processati e accusati ingiustamente è stato già abbastanza riprovevole da parte nostra, dobbiamo almeno provare a rimediare.”


*


Aspettò che la calca intorno alla bacheca si diramasse in brusii e commenti più o meno allarmati, dopodiché si diresse con falcate lunghe, decise ma allo stesso tempo disinvolte verso l’enorme pagina scritta a caratteri in grassetto.
Si fermò davanti alla bacheca e lesse brevemente, indugiando con lo sguardo sulla foto di un suo conoscente di vecchia data che aveva di fronte prima di inclinare le labbra in un mezzo sorriso:

“Ma tu guarda… allora le voci sono vere. Organizzate una rimpatriata e non mi invitate a prendervi parte, stronzetti?”
















…………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

Cielo, sono in ritardo di nuovo….
Buonasera o buongiorno, dipende da quando leggerete il capitolo (se siete “nuove” nelle mie storie, abituatevi ai miei capitoli pubblicati verso/dopo la Mezzanotte, soffro della Sindrome di Cenerentola), e anche questa volta chiedo scusa per averci messo qualche giorno in più del dovuto per aggiornare. In mia difesa posso solo sostenere che questa sia stata una settimana molto “intensa” dal punto di vista della produzione scritta e che come forse alcune di voi hanno notato non è raro che io, agli inizi di una storia, sia più lenta del normale nel pubblicare i capitoli, ma dopo qualche tempo sono solita ingranare e procedere più rapidamente. 

Fatta questa interessantissima apologia dei suoi ritardi, la vostra logorroica Autrice vi augura calorosamente un buon weekend nella speranza di aggiornare nel corso della prossima settimana.
In caso contrario, sarete autorizzate a scrivermi messaggi minatori.

A presto!
Signorina Granger 

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 



 “Signor Murray?”

Loki si svegliò lentamente, aprendo gli occhi e chiedendosi, confuso e frastornato, cosa stesse succedendo. E sopratutto chi lo stesse chiamando in quel modo: l’ultima persona ad averlo chiamato così era stato l’ex Ministro, ma erano passati tre lunghi anni. 

Il mago, accasciato sul pavimento supino, sollevò lentamente la testa e mise a fuoco, grazie alla luce irradiata dalla torcia che sorreggeva, la figura di una donna.
Strizzò gli occhi, leggermente infastidito dalla luce improvvisa, e si chiese se la conoscesse. Se così fosse, l’aveva di certo scordato.

“Nessuno mi chiama più così.”
“Beh, è il suo nome.”

“Non più. Cosa c’è, hanno mandato quella carina e apparentemente gentile per indorare la pillola? Dica da parte mia al Ministro che la sua magnanimità mi commuove, ma che se ne può andare a fanculo insieme a lui.”

Il basso ringhio del mago la fece quasi sorridere, e Loki la guardò scuotere il capo prima di inginocchiarsi, porgendogli qualcosa che ancora non aveva notato: un bicchiere pieno d’acqua.

“Non sono un Cavaliere, Signor Murray. Ecco, beva.”

Lei gli fece cenno di avvicinarsi, ma Loki rimase immobile e imbambolato ad osservarla per qualche istante, sia stentando a credere di vedere della vera acqua pulita, sia a causa della stessa donna. 

La sua mente si svuotò all’improvviso, e quella che il suo cervello catalogò immediatamente come “la donna più bella che avesse mai visto” gli accennò un sorriso, continuando a reggere il bicchiere.
Non seppe per quanto la fissò imbambolato, dicendosi che forse era nel pieno di un’allucinazione, ma poi il mago si riscosse, infastidito dalla sua stessa reazione, e si avvicinò strisciando alle sbarre: era solo perché praticamente non vedeva una donna da tre anni. Solo questo.

Quando finalmente raggiunse il bicchiere, reprimendo a fatica un gemito di dolore a causa della gamba e delle costole indolenzite, bevve chiudendo gli occhi cerulei, afferrando una sbarra con una mano mentre con l’altro braccio si reggeva sul pavimento. Fu lei ad inclinare il bicchiere per lui, portando l’altra mano sul suo viso per aiutarlo a reggere la testa in quella scomoda posizione.

“Signor Murray, mi deve ascoltare. Lei potrebbe uscire presto di qui.”
“Ah sì? Mi concedono la grazia? Che carini.” Loki sorrise sarcastico ma lei non si scompose, riempiendo magicamente il bicchiere per permettergli di bere ancora, cosa che lui non disdegnò affatto, sorseggiando freneticamente l’acqua come se fosse il suo liquore prediletto.

“No, questo no. Ma qualcuno potrebbe venire ad aiutarla, qualcuno che lei conosce da molto tempo e di cui certamente si fida.”
“Ossia?”
“Eviterei di farglielo sapere, così se dovessero torturarla non potrebbero estorcerglielo.”

“E il suo nome, me lo dice?”
“No, per il medesimo motivo. Abbia pazienza, Signor Murray.”

La mano della donna lasciò il suo viso, e suo malgrado si ritrovò quasi a disagio di fronte a quello sguardo attento ed insistente che la scrutava con attenzione, quasi le volesse perforare l’anima. 

Pensò che in condizioni normali dovesse essere molto bello, ma scacciò in fretta quel pensiero mentre Loki parlava in un sussurro rauco, la voce di chi non aveva parlato per molto tempo:

“Lei è una di loro. Una Virtù.”
“Come fa a saperlo?!”

“Perché io entro nella testa delle persone, leggo i loro pensieri. Ma con lei non ci riesco.”
Loki parlò senza che i suoi occhi lasciassero quelli di lei, guardandola schiarirsi la voce e alzarsi:

“Beh, in ogni caso sappia che presto le cose potrebbero cambiare. Abbia pazienza Signor Murray, lei uscirà.”
“Non vado da nessuna parte, aspetterò buono buono, glie l’assicuro. Mi dica come si chiama.”

Loki afferrò entrambe le sbarre, ma lei scosse il capo mentre si chinava, lasciando il bicchiere davanti a lui:

“Se mai saprà come mi chiamo, succederà quando sarà fuori da qui. Lo tenga, questo, si riempierà da solo ogni volta in cui avrà sete. Arrivederci, Signor Murray.” 

Con queste parole la strega si congedò, allontanandosi sotto gli occhi di Loki, che la scrutò finché gli fu possibile.
Doveva essere piena notte, a giudicare dal discreto silenzio che avvolgeva la prigione… e anche se a lui, in linea teorica, le Virtù non erano mai piaciute granché, il mago non se lo fece ripetere due volte e prese il bicchiere, appuntandosi mentalmente di nasconderlo finché non sarebbe uscito.

Qualcuno di cui si fidava? 
Che uno dei suoi vecchi amici stesse per andare a prenderlo?




“Loki?”

Loki aprì gli occhi, svegliandosi di scatto. Si sentì investire dal panico per un istante, temendo di trovarsi ancora ad Azkaban – da quando era uscito non aveva fatto altro che sognare il suo soggiorno nella prigione, ma quella notte aveva rivissuto uno scorcio di un episodio piuttosto recente, nonché uno dei pochi positivi dei suoi tre anni passati ad Azkaban –, ma si rilassò e sentì la tensione distendersi quando mise a fuoco la figura di Mac, che lo aveva svegliato scrollandolo gentilmente.

“Che ore sono?” Loki sbattè le palpebre, la voce impastata dal sonno, e gettò una rapida occhiata alla finestra, appurando che era ancora abbastanza buio. 
“Le 5.30. Oggi ci dobbiamo muovere, ma non voglio farti Materializzare, potresti peggiorare la ferita alla gamba… abbiamo una Passaporta tra meno di un’ora.”

Mac fece per uscire dalla stanza mentre Loki, sbuffando debolmente, si metteva seduto sul letto passandosi una mano tra i capelli neri.

“Sì può sapere dove andiamo?”
“Galles.”


*



“Hai parlato con una delle Virtù, prima di venirmi a prendere?”

Loki si rivolse a Mackenzie mentre camminavano fianco a fianco in una stradina di Tintern, un paesino gallese dove l’amica lo aveva trascinato quella mattina, buttandolo giù dal letto all’alba.

La strega, che teneva gli occhi fissi su una cartina, la fronte aggrottata, annuì distrattamente, parlando con tono neutro:

“Sì.”
“E pensavi di parlarmene?!”
“Non c’è molto da dire: mi ha aiutato nel tuo “salvataggio”. Sapevo già che uno di voi era ad Azkaban, ma lei mi ha confermato che si trattasse di te e mi ha consigliato quando farlo. Non hai notato che quella notte la sorveglianza era al minimo?”
“Ero così concentrato sul fatto che stessi lasciando quel posto disumano che no, non ci ho fatto molto caso.”  Loki si strinse nelle spalle, ripensando allo stato di quasi trance con cui aveva seguito Mac fuori dalla prigione, troppo stanco, dolorante, preoccupato ma allo stesso tempo euforico per fare particolare caso a qualunque cosa. 

“Ti ha detto perché lo ha fatto, o come si chiamasse, comunque? Perché aiutarci? Non so se mi sarei fidato.” Loki aggrottò leggermente la fronte, parlando con tono dubbioso mentre ripensava alla visita che aveva ricevuto qualche tempo prima che Mac si facesse viva. Non sapeva quanto tempo fosse passato, di preciso: il cielo nei dintorni di Azkaban era sempre buio, grigio e tempestoso, rendendo quasi impossibile ai detenuti capire quando un giorno iniziava e finiva.

“Anche io ero scettica, all’inizio. È stata lei a trovarmi, non so come, e mi ha assicurato che sono dalla nostra parte e che avrebbero fatto il possibile per aiutarci a riunirci e a dimostrare la nostra innocenza, ma no, non mi ha detto il suo nome, solo quale Virtù rappresenta. Ho pensato fosse un bluff, ma mi è parsa sincera. È difficile diffidare di persone come loro, dopotutto.”
“Se pensano che siamo innocenti, perché non mi hanno liberato legalmente? Non sono al di sopra del Ministro?”

“Le cose sono cambiate da quando sei stato arrestato, Loki, credimi. Il Ministro fa di tutto per tenerle fuori dalle questioni importanti, gira voce che non provi molta simpatia nei loro confronti… Immagino lo infastidisca dover rendere conto a qualcuno delle sue decisioni. Tecnicamente le Virtù sono super partes, ma si scontrano spesso con le decisioni del Ministro.”
“Di quello stolto mentecatto, vorrai dire. Al Processo mi sarei alzato volentieri per strangolarlo, se non fossi stato incatenato ai braccioli della sedia… Sono sicuro che non credesse nella nostra colpevolezza, ci odiava e voleva metterci a tacere in fretta.”

Loki sbuffò, assestando un calcio rabbioso ad un sassolino e facendolo così rotolare diversi metri più in là mentre Mackenzie, accanto a lui, ripiegava la mappa stringendosi nelle spalle e parlando con tono piatto:
“Forse. Dovremmo esserci, comunque.”

“Vuoi dire che Ebe è QUI? Che razza di posto è?”

Loki, scettico, osservò poco convinto l’ammasso di rovine che aveva di fronte, fermandosi accanto all’amica prima che la strega prendesse la parola guardandosi intorno con attenzione, gli occhi verdi pronti a non farsi sfuggire alcun dettaglio.

“Le rovine di un’abbazia, la chiamano “L’abbazia senza tetto di Tintern”. È una meta celebre, in Galles.”
“Io odio il Galles…” Loki accennò una smorfia con le labbra mentre si guardava intorno con occhio critico, lisciandosi al contempo una piega della camicia che indossava. L’amica sorrise e si voltò verso di lui per gettargli una breve occhiata, annuendo mentre lo osservava divertita, così fuori luogo con il suo consueto abbigliamento impeccabile in quell’ambiente tanto rustico.

“Lo so bene, ma temo che tu debba fare un piccolo sforzo.”
“Sei sicura che sia davvero qui?”
“Ammetto che non lo ero, ma ora che sono qui è diverso. Credo di sentirla.”

Mackenzie distolse lo sguardo dall’amico, tornando a scrutare le rovine con occhio critico mentre Loki, accanto a lei, non poteva far altro che inarcare un sopracciglio: da quando la conosceva l’aveva sentito spesso sostenere di “sentire” l’aura magica delle persone, più forte o meno a seconda di quanta magia esse racchiudessero.
E da quanto diceva Mac, loro lasciavano una scia potentissima, così come molti Cavalieri.

“Se lo dici tu…”
“Beh, c’è solo un modo per scoprire se ho ragione: andiamo a dare un’occhiata.”

Mackenzie rivolse un cenno all’amico, invitandolo ad imitarla prima di incamminarsi verso l’interno delle rovine. Loki obbedì – non senza sbuffare visto che quel posto gli avrebbe sicuramente riempito di polvere i suoi bei vestiti nuovi – e seguì la strega, decidendo però di dirigersi direttamente verso l’interno dell’abbazia. 
Mac aveva detto che fosse una meta celebre, eppure non c’era anima viva. Loki si chiese perché – in fin dei conti era piena estate – ma non ebbe il tempo di farsi troppe domande: si era sentito osservato fin da quando si era avvicinato insieme a Mac alle rovine, e all’improvviso sentì la terra tremargli letteralmente sotto i piedi, portandolo ad abbassare lo sguardo al suolo con gli occhi chiari sgranati. 

“Che cazzo…” Un attimo dopo una specie di enorme radice emerse dalla terra per afferrarlo con poca grazia e sollevarlo, senza che il mago si scomponesse troppo: avrebbe dovuto immaginarlo, dopotutto.
Loki si lasciò tranquillamente portare fino all’estremità della facciata principale della vecchia abbazia, e nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il tetto trovò invece una sua vecchia conoscenza, comodamente seduta con le gambe accavallate sull’antico e alto muro di pietra.

“Ciao Loki.”
“Ciao Ebe. Ammetto di essermi illuso, pensavo che fossi diventata meno teatrale in questi anni.”

“Beh, a giudicare da come sei vestito nemmeno tu sembri molto cambiato. Anche se ti confesso che non hai una gran bella cera…” La strega, che non era cambiata affatto da come il mago la ricordava, tramutò il suo sorriso in un’espressione quasi dispiaciuta mentre allungava una mano per sfiorargli uno zigomo, guardandolo inarcare un sopracciglio in un’espressione che era puro scetticismo:

“Sai com’è, ho passato gli ultimi anni ad Azkaban, non in villeggiatura. Immagino che qui non ci sia anima viva perché hai provveduto a spaventare i Babbani…”

“Ovviamente, credono che questo posto sia infestato. Mi divertono così tanto, sono così sempliciotti…” Ebe si strinse nelle spalle e sorrise mentre si attorcigliava una ciocca di capelli scuri intorno al dito, parlando quasi come se i Babbani la intenerissero mentre Loki alzava gli occhi al cielo, annuendo:

“Non hai torto, ma mi faresti la grazia di rimettermi a terra, adesso?”
“Oh, scusa, l’avevo scordato. Detto fatto.”

La strega schioccò le dita e Loki si sentì strattonare bruscamente, cercando di non imprecare ad alta voce contro il dolore alla gamba mentre la radice lo riportava con i piedi per terra. Quando sentì la sua stretta allentarsi il mago tirò un sospiro di sollievo, sistemandosi la camicia mentre Ebe gli compariva davanti, sempre sorridendo e con le mani dietro la schiena.

“Sai, è bello vederti. Avevo sentito che eri fuggito da Azkaban, ma sincerante non sapevo se crederci o meno. Però sono curiosa, chi ti ha aiutato ad uscire?”
“Non chi speri tu.”  Loki le rivolse un’occhiata di sbieco prima di borbottare che la sua “liana” gli aveva rovinato la camicia, ma Ebe non sembrò farci caso: le parole dell’amico parvero colpirla, perché la sua espressione allegra, rilassata e curiosa vacillò. 
Si trattò, tuttavia, solo di un misero istante, dopodiché Ebe tornò a sorridere dolcemente, facendo schioccare la lingua prima di parlare: 

“Certo, avevo quasi scordato la tua brutta abitudine di sbirciare nella mente altrui.”
“E io la tua di legare la gente con delle liane.”
“Sono radici!”
“Quel che è.”

Loki la guardò in cagnesco, ma Ebe non ebbe il tempo di replicare: un suono di passi anticipò quello di una voce fin troppo familiare, che la chiamo a metà tra il sorpreso e l’emozionato. 

“Ebe!”

La Grifondoro si voltò e sorrise a sua volta, illuminandosi quando scorse Mackenzie sull’apertura ad arco che una volta costituiva da ingresso dell’edificio:

“Mac!”

Prima di avere il tempo di muoversi Mac si ritrovò stretta nell’abbraccio dell’amica, che asserì di essere felicissima di vederla mentre Loki, qualche metro più indietro, si chiedeva borbottando perché lui non avesse ricevuto quell’accoglienza. 

“Anche io sono felice di vederti. Come stai? Ti trovo bene.” Mac sorrise all’amica, che la imitò mentre le sistemava distrattamente i lunghi capelli castani chiaro:

“Non c’è male. Tu invece, poverina, dev’essere stata dura passare del tempo da sola con Loki, ma non preoccuparti, adesso ci sono io!”  Mac trattenne a fatica un sorriso, guardando l’amica osservarla con aria dispiaciuta mentre Loki, alle sue sue spalle, sbuffava.
“Ebe, ti ricordo che non sono sordo! Dovevamo andare a prendere Alanis…”

“Sciocchezze Loki, io non leggo nella mente altrui ma so che sei felice di vedermi. Allora, ditemi, volete fare solo una rimpatriata o c’è qualcosa di più sotto?”

Ebe sorrise, sfregandosi le mani come se morisse dalla voglia di entrare in azione – tre anni trascorsi da sola e nell’anonimato non erano stati semplici per lei – mentre Mac annuiva, prendendola a braccetto:

“Diciamo di sì, ma ti spiegheremo tutto in un posto più... riparato. E voglio sapere come te la sei cavata in questi anni, ovviamente.”
“Sono sempre stata in Galles in realtà, spostandomi di tanto in tanto, sono qui da circa sei mesi. Ma sarò felicissima di venire con voi, mi mancava un po’ di compagnia!”

Ebe sorrise e seguì l’amica per allontanarsi dalle rovine chiacchierando e con Loki al seguito, che non poté fare a meno di notare la gran quantità di fiori che crescevano rigogliosi al passaggio della strega. 
Se non altro era di buon umore, trovarsi davanti una Ebe contrariata non faceva di certo parte dei suoi desideri, non quando doveva ancora rimettersi in sesto del tutto. Ciò che appurò, tuttavia, fu l’assenza di un martello di legno che per anni aveva visto sempre allacciato alla schiena della strega. 


*


“Avete preso una decisione?”

Rita inarcò un sopracciglio nel rivolgersi ai quattro Cavalieri, indugiando con lo sguardo su ognuno di loro. Alla fine a parlare fu Belle, che dopo aver rivolto un’occhiata ai colleghi – come a volersi accertare che nessuno avesse un’obiezione dell’ultimo minuto da fare – annuì:

“Sì. E siamo d’accordo tutti e quattro.”
“Meraviglioso! Grazie, vi assicuro che non ve ne pentirete, disgraziatamente non possiamo fare tutto da sole, daremmo troppi sospetti… e non possiamo lasciare il Ministero tutte e quattro, avremo bisogno di voi.”

Cristal sorrise e Rita annuì, confermando le parole dell’amica mentre Sam, l’ascia come sempre sulla schiena, prendeva la parola:

“Che cosa volete che facciamo, esattamente?”
“Semplice, dovete trovare la Lussuria e la Gola. Guadagnatevi la loro fiducia, fate capire loro che volete aiutarli e aiutateli a trovare i loro compagni.”

“Quindi loro non sanno del nostro coinvolgimento?”
“Non proprio, sanno che NOI vogliamo aiutarli, ma voi sarete un po’ una… sorpresa. Quanto a dove trovarli, vi aiuteremo.”

Sam annuì, non del tutto convinto, e sistemo distrattamente l’enorme ascia sulla schiena. Certamente sarebbe stato pericoloso, ma l’importante era che Marshall ne restasse alla larga, al sicuro lontano da quella storia. Nient’altro. E in fin dei conti, avrebbe preferito raccontare a suo figlio di aver aiutato delle persone innocenti a riottenere la libertà invece di dover ammettere di essere stato un misero burattino di un sistema malato e corrotto.

“D’accordo. Quando volete che agiamo?”

Cristal e Rita si scambiarono un’occhiata e la seconda parlò con una scrollata di spalle, rivolgendosi ai quattro:

“Non dovrete dare nell’occhio, se qualcuno vi farà qualche domanda direte che siete impegnati in una questione per nostro conto, senza scendere nei dettagli, ovviamente. Se vi verrà assegnato qualche altro incarico accettatelo, deve sembrare tutto nella norma, ma direi che entro qualche giorno potrete entrare in azione.”

“Non vedo l’ora.”  Melissa abbozzò un sorriso e Cristal ricambiò, asserendo che sarebbero state loro debitrici per un bel pezzo e che, se tutto si fosse concluso nel migliore dei modi, avrebbero provveduto senz’altro a ricompensarli adeguatamente.

Belle, dal canto suo, restò in silenzio, sperando solo che andasse tutto bene e che nessuno li scoprisse: li avrebbero sbattuti ad Azkaban o peggio giustiziati, e l’idea di lasciare Philip solo in quel mondo la terrorizzava. Sam sembrò intuire cosa stesse pensando l’amica perché le mise una mano sulla spalla con fare incoraggiante, e Belle sollevò lo sguardo su di lui abbozzando un sorriso di gratitudine.


*


Asher stava in piedi, immobile alla sinistra della porta chiusa e sigillata a cui doveva fare la guardia. 
Il mago era rimasto in silenzio per la maggior parte del tempo da quando il suo turno era cominciato, diverse ore prima, ma lo stesso non si poteva dire del suo collega: Oz, posto alla destra sua e della porta, sembrava annoiarsi parecchio visto che non la smetteva di borbottare a mezza voce, forse maledicendo quei turni tanto statici in cui, fondamentalmente, non facevano assolutamente niente.

“Ma perché ci fanno stare qui come delle statue, è una perdita di tempo…” Oz sbuffò debolmente, parlando con tono lamentoso mentre si tamburellava le dita sul braccio sinistro e il suo arco giaceva come sempre sulla sua schiena, pronto ad essere impugnato in ogni momento.
“Da quando la Lussuria è evasa hanno aumentato la sicurezza, lo sai. E il Ministro non vuole correre il rischio che ciò che tengono qui dentro possa uscire.”

Asher accennò con il capo, parlando con tono piatto, quasi gelido, alla porta sigillata e Oz sbuffò di nuovo, profondamente annoiato, mentre il suono di passi rapidi e costanti di chi non ha tempo da perdere e sa esattamente dove andare giungeva alle loro orecchie. Asher drizzò le orecchie e si voltò immediatamente verso la fonte di quel rumore, osservando con attenzione la strega che si stava avvicinando loro.

“Possiamo fare qualcosa per lei, Signorina Parish?” Il tono piatto di Asher non fu gentile quanto le parole che utilizzo, tanto da farle risuonare quasi come una sfida alle orecchie della strega, che però annuì senza farci particolare caso:
“In effetti sì: avrei bisogno di entrare.” Maysen si fermò davanti ai due e incrociò le braccia al petto, reggendo lo sguardo indagatore di Asher e ricambiando con fermezza. 

“Temo che non sia possibile.”  Il Cavaliere non si scompose, ma nemmeno la Virtù battè ciglio, replicando pacata:

“Sono sicura che sia possibile fare un’eccezione. Se c’è qualcuno che può dirmi dove posso o non posso entrare di certo non siete voi, con tutto il rispetto.”
“Con tutto il rispetto, Signorina, non siamo autorizzati a far entrare nessuno, nemmeno voi.”

“Non mi serve alcuna autorizzazione. Non voglio litigare Flint, davvero, l’ultima cosa che voglio è perdere tempo: devo entrare e basta, devo controllare che sia in regola.”

Oz, dal canto suo, rimase placidamente in silenzio e si limitò a seguire lo scambio di battute dei sue, spostando lo sguardo da uno all’altro se non altro. Se non altro, la situazione si era animata un po’.

Asher esitò, gli occhi azzurri fissi sul volto pallido e dai tratti delicati della strega. Non gli andava molto a genio essere contraddetto o che le regole non venissero rispettate, ma intrattenere una discussione con una Virtù poteva non essere la migliore delle idee. 
Maysen, dal canto suo, non aveva nessuna voglia di discutere: non disprezzava particolarmente i Cavalieri, li riteneva per la maggior parte dei burattini del Ministro a cui era stato fatto il lavaggio del cervello. 

“… Bene, come vuole. Ma verrà informato chi di dovere.”  Asher parlò con un borbottio e serrando la mascella, distogliendo lo sguardo e muovendosi per aprire la porta sotto lo sguardo impassibile di Maysen, che annuì:
“Nessun problema.”

Oz rivolse un’occhiata in tralice al collega, certo che si stesse imponendo di non reagire di fronte alla strega. Lo conosceva ormai da molto tempo e sapeva quanto facile gli risultasse innervosirsi, testardo e orgoglioso com’era, ma per fortuna aveva il buonsenso di non insultare – o peggio – una Virtù. 

Non appena Asher aprì la porta un rumore ritmato e metallico giunse alle loro orecchie, e Oz azzardò a gettare un’occhiata all’interno della stanza semi-buia prima che Maysen varcasse la soglia, chiudendo la porta a doppia anta con un cenno della mano.
Rimasta sola, la strega avanzò fino alla fonte del rumore, avvicinandosi ad un forziere blindato e circondato da catene. Catene che sembravano esser emesse a dura prova da ciò che il forziere conteneva, che sembrava impaziente di uscire e faceva tremare il baule, le catene e anche il robusto tavolo di quercia che lo reggeva. 

Maysen, stando attenta a non toccare le catene incantate, osservò il forziere con occhio critico, intravedendo della luce uscire dal buco della serratura. Si muoveva forsennatamente, sbattendo contro le pareti del baule, pulsando come un cuore che batte per tenere in vita un corpo.

La strega sospirò, chiedendosi come sarebbero riuscite a farlo uscire da lì vista tutta la sorveglianza che c’era costantemente nei suoi confronti senza che si scatenasse il finimondo. Jezabel sosteneva fiduciosa che in qualche modo l’avrebbero fatto, ma questa volta lei non era altrettanto positiva e ottimista.
Certamente non sarebbe stato facile, nemmeno con l’aiuto di alcuni Cavalieri.


*


Belle, dopo essere tornata a casa ed essersi chiusa la porta alle spalle il più silenziosamente possibile, attraversò l’appartamento in punta di piedi e sorrise quando si fermò sulla soglia della camera del fratellino, trovandolo già sotto le coperte. 
La strega gli si avvicinò, chinandosi per dargli un bacio sulla fronte e rimboccargli le lenzuola prima di sfilarsi le scarpe e, invece di andare in camera sua, stendersi accanto a Philip. 

Forse era un’idea rischiosa e azzardata, ma le piaceva l’idea di combattere per farlo vivere in una società migliore, e così Alastair e Sam per Cassandra e Marshall. 


*


Praga


Salem sedeva contro la parete umida e sudicia, rannicchiato sul suo “giaciglio”, ossia una vecchia coperta sudicia.
Sui sobborghi della zona industriale periferica di Praga era calato il buio e per creare un po’ di luce molti avevano acceso dei piccoli falò all’interno della vecchia fermata ormai in disuso e abbandonata, priva di illuminazione, della metropolitana. 

Salem, i capelli scuri ormai lunghi e spettinati a coprirgli parte del volto insieme alla barba incolta, gettò una rapida occhiata al gruppo di maghi riuniti a qualche metro di distanza, trovandoli impegnati a parlottare in ceco e a scambiarsi vivande. 
Dopo tre anni aveva imparato quella lingua abbastanza bene e capì di cosa stessero parlando, ma il mago non se ne interessò: si era unito a quelle persone perché lo avevano accolto senza fare troppe domande essendo anche loro ritenuti dei reietti dalla comunità a causa del loro interesse per la negromanzia, ma non si era mai minimamente interessato a ciò che facevano.
Tutto ciò che voleva era essere lasciato in pace.

Il mago si portò una mano nella tasca interna della giacca, estraendo un pezzo di carta ripiegato in quattro parti: una fotografia animata che, come ogni sera, Salem guardò. E come ogni sera sentì qualcosa incrinarsi dentro di lui, provando un moto di malinconia, infelicità ma speranza al tempo stesso: guardandola, si diceva che prima o poi le cose sarebbero cambiate, che avrebbe potuto tornare a casa. 

Salem si avvicinò la foto alle labbra per depositarci un bacio sopra, chiedendosi come sempre dove fosse, come stesse, cosa stesse facendo. Talvolta una voce gli suggeriva di chiedersi se fosse viva, ma Salem si rifiutava di pensarci, escludendo a priori quell’eventualità. 

Il mago ripose la foto, pensando a quando, due giorni prima, un barbone aveva cercato di rubargli la giacca pensando che dentro alle sue tasche custodisse chissà cosa. La verità era che Salem, della sua vecchia vita, non aveva che quella foto. Era la cosa più preziosa che aveva e aveva fatto in modo che a quell’uomo non tornasse tanto in fretta la voglia di riprovarci, scaraventando lui e il suo coltello a dieci metri di distanza. 

Salem sfiorò la tasca sinistra dove riponeva la foto, all’altezza del cuore, poi chiuse gli occhi e appoggiò il capo contro la parete. 
Un’altra inutile giornata era finita, finalmente. Forse la fine di quel ciclo grigio si avvicinava. 


*


Maysen raggiunse Jezabel con un sorriso, mettendo una mano sulla spalla dell’amica prima di sedere accanto a lei, guardandola impegnata a leggere e firmare una montagna di documenti:

“Ciao. Ancora qui? Non stai lavorando un po’ troppo?” “Non si lavora mai troppo, secondo me.”
“Beh, comunque penso che dovresti tornare a casa, Jess, è tardi, penso che siamo rimaste praticamente solo noi in tutto il Ministero.” Maysen guardò l’amica sospirare e annuire, stendendo le braccia per stiracchiarsi prima di parlare:
“Va bene, me li porto a casa.”
“Non era quello che intendevo!”
“Lo so, ma mi conosci, no?” Jezabel abbozzò un sorriso in direzione dell’amica, che alzò gli occhi al cielo quando la collega fece planare ordinatamente i fogli nella sua borsa-cartella.
“Sai, sono stata nella... stanza, oggi. E penso ancora che farla uscire non sarà affatto facile, ci ruotano intorno come avvoltoi su un cadavere.”

“Troveremo un modo May, ogni cosa a suo tempo, andiamo con ordine. Buonanotte.”
Jezabel sfiorò la spalla dell’amica in cenno di saluto e May esitò prima di parlare, ammonendola di non lavorare fino a notte fonda ma ricevendo come risposta solo un cenno della mano, senza che l’amica si fermasse o si voltasse. A quel punto la Prudenza sospirò, scuotendo il capo con disapprovazione: era sempre stata così, anche a scuola. Sembrava non esserci verso per farle allentare un po’ la presa.


*


Mackenzie si trovava di nuovo davanti al fuoco, osservando le fiamme e le loro sfumature, dal blu all’arancione, mentre accanto a lei Loki ed Ebe discutevano: dopo aver raccontato dei suoi tre anni passati, Ebe si era offerta di tagliare i capelli dell’amico, che però non sembrava particolarmente attratto dall’idea.

“Suvvia Loki, solo una spuntatina qui…”
“Ebe, stai lontana dai miei capelli!”
“Ma peggio di così non potrò fare, si vede che li hai tagliati tu, sei un uomo!”

Loki si rifiutò ed Ebe, spazientita, gli fece notare che i suoi avessero un taglio perfettamente simmetrico mentre Mackenzie sorrideva appena, mormorando che le erano mancati i loro teatrini.

“Già, pare che la nostra Ebe invece di migliorare con l’avanzare dell’età peggiori.”
“Quanti anni pensi che abbia, esattamente, quaranta?!”
“Non saprei, trentacinque?”
“Ne ho trenta tondi e lo sai benissimo, screanzato! Ma parlando di cose importanti, io dove dormo?”
“Di certo non nel mio spazio vitale.”

“Neanche morta, la tua vanità mi soffocherebbe. Mac, posso dormire con te?”

Mac annuì, asserendo che nella sua stanza ci sarebbero state perfettamente mentre sorrideva, osservando i due. Ebe sorrise e stabilì di non aver nessun problema a condividere la stanza con lei, picchiando Loki sul braccio quando egli le chiese se avrebbero spettegolato facendosi le trecce o le maschere come delle tredicenni.

“Di sicuro parleremo male di te.”
“Sciocchezze, mi adorate entrambe.” Loki liquidò il discorso con un vago gesto della mano e Ebe sorrise allegramente guardando Mac con i grandi occhi scuri luccicanti alla luce delle fiamme, in quell’espressione spensierata che la faceva sembrare quasi un’eterna ragazzina invece di una donna adulta.
“Che bellezza, il magnifico trio è di nuovo riunito, dobbiamo brindare.”

“Già, una meraviglia…” Mackenzie alzò gli occhi al cielo, felice, sì, ma certa che entro pochi giorni si sarebbe pentita di essere andata a prendere proprio loro per primi.
Li conosceva, e sapeva che le avrebbero dato non poche gatte da pelare.










…………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Lo so che vi state chiedendo, tra le altre cose, chi sia la Virtù con cui ha parlato Loki ad Azkaban, ma ovviamente per saperlo dovrete aspettare. 
A presto e buona serata (e grazie per le recensioni, scusate se ultimamente non rispondo ma fatico davvero a trovare il tempo),
Signorina Granger 



P.s.: quasi dimenticavo... vorrei ringraziare Voiceless per avermi inserita tra gli autori preferiti, grazie cara :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4 



“Smettila di muoverti!”
“Voglio vedere cosa stai facendo!”

Loki sbuffò, agitandosi sulla sedia mentre Ebe, in piedi alle sue spalle con una forbice e un pettine in mano, sbuffava debolmente prima di assestargli una poderosa pacca sulla spalla:

“Fermo ti dico, altrimenti combinerò un disastro e sarà colpa tua!”

Loki rispose con un grugnito sommesso ma non si mosse, chiedendosi perché si fosse lasciato convincere a farsi sistemare i capelli da lei. Forse il fatto che lo avesse disturbato per due giorni interi con quella storia – la notte precedente si era persino svegliato trovandola vicino al suo letto mentre cercava di tagliargli i capelli – aveva contribuito: Ebe aveva deciso di prenderlo per sfinimento e alla fine aveva ottenuto ciò che voleva, come sempre.

Vedendo che l’amico non si muoveva la strega sorrise soddisfatta, accorciando leggermente una ciocca di capelli neri per renderla lunga come le altre per poi passarci lentamente il pettine.
Mackenzie, intanto, seguiva la scena seduta al tavolo della cucina sorreggendosi il viso con le mani, studiando i due e pregando che l’amica facesse un buon lavoro: non le andava proprio di assistere ad una crisi isterica di Loki.

“Ecco, ho quasi finito, uomo di poca fede, e pensare che facevo sempre i capelli a tutti!”
“Ma se una volta hai quasi rasato Flagro?!”
“Incidente di percorso, gli stavo rasando la base del collo e mi è…. Scivolata un po’ la mano… comunque ecco fatto, adesso sei sistemato!”  

Ebe finì di pettinargli i capelli con un sorriso, e l’uomo si sporse immediatamente per prendere lo specchio che Mac gli porse prontamente, studiando il proprio riflesso con occhio critico mentre si sfiorava le ciocche scure:

“D’accordo, va bene.”
“Visto?! Comunque devi fare qualcosa per la tua pelle caro, vuoi delle creme idratanti?”
“Sai com’è, sono stato in una cella buia e umida per tre anni…”

“Intanto ti ho fatto guarire la ferita alla gamba, non lamentarti! E Mac ti sta mettendo all’ingrasso, lei e la sua sindrome da crocerossina.”  Ebe alzò gli occhi al cielo mentre toglieva il telo dalle spalle di Loki, che si alzò mentre Mac spalancava leggermente gli occhi e parlava in propria difesa:
“Ma quando l’ho trovato era magro come un chiodo!”

“Beh, queste preferenze comunque non mi aggradano, lui ha il doppio del mio cibo!”
“Cara lo faccio per te, non vorrai ingrassa- AHIA!”

Loki si voltò contrariato verso l’amica, che gli aveva assestato un pugno sulla schiena, che per tutta risposta aprì e richiuse le forbici con aria minacciosa:

“Attento Lussuria, la mano potrebbe accidentalmente scivolare sulla tua testa con queste in mano.”
“Ha delle forbici e non ha paura di usarle.”  Mac ridacchiò, ma Loki non la imitò e rivolse invece un’occhiata preoccupata alle forbici, appuntandosi mentalmente di sequestrarle all’amica prima che Ebe sorridesse angelica, prendendolo sottobraccio:

“Bene, adesso so io di che cosa hai bisogno: un po’ di Sole!”
“Dove andate?”
“Fuori!”

Ebe trascinò l’amico fuori di casa con aria allegra, ignorando Loki che si voltò freneticamente verso Mac in cerca di aiuto: che Ebe volesse buttarlo giù dalla scogliera?


*


Un forte profumo di pancetta si era diffuso in tutta la cucina mentre Mac la spadellava facendola rosolare, chiedendosi dove si fossero cacciati gli amici: era da un paio d’ore che non li sentiva, il che era strano.

“Ragazzi?! Il pranzo è quasi pronto!”  Mackenzie si sporse dalla finestra, guardandosi intorno alla ricerca dei due. Quando li individuò sgranò gli occhi verdi, stentando a credere a ciò che vedeva, e uscì di casa a passo di marcia per raggiungerli: Loki ed Ebe erano sdraiati comodamente su due sdraio sistemate al Sole, vicino alla scogliera, entrambi con gli occhi chiusi, occhiali da sole e dei cartoni con alluminio in mano.

“COSA.STATE.FACENDO.”
“Ci abbronziamo, non vedi?”  Domandò Ebe con nonchalance, senza scomporsi o muovere un muscolo. Loki, accanto a lei, la imitò, annuendo prima di parlare con tono annoiato:

“Già, ti unisci a noi? Ebe dice che un po’ di Sole mi farà bene.”
“No, almeno UNO di noi deve fare l’adulto! Ma vi pare il caso di piazzarvi fuori alla luce del Sole?!”

“Beh, altrimenti come ci abbronziamo?”
“Intendevo in senso metaforico, qui può vedervi chiunque! Merlino, lasciate perdere.”

Mackenzie sollevò le mani in segno di resa e si allontanò scuotendo il capo, borbottando che le sembrava di essere l’unica adulta del gruppo mentre Ebe, continuando a tenere il cartone in mano e inclinato in modo da indirizzare il riflesso dei raggi solari sul suo viso, parlava con tono neutro:

“Nervosetta, eh?”
“Le manca il suo uomo, lascia perdere. Tieni un po’ di crema.”
“Ma dove hai preso tutta questa roba?”
“Non c’è bisogno che tu lo sappia, piccola serpe.”


*


“Allora, credo che dovremmo andare ad Est, quindi… la direzione è quella.”
“Sei sicura Mel?”
“Non guardate me, non ho mai imparato a distinguere i punti cardinali.”  Belle rivolse un’occhiata accigliata alla bussola che teneva in mano, poco convinta, mentre Melissa e Sam studiavano la cartina e Cristal sorrideva allegra mentre camminava appena dietro di loro accanto ad Alistair, asserendo che per una volta lasciare il “barboso Ministero” per fare un’uscita fosse un vero toccasana.

“Signorina Blackwood…”
“Per carità, chiamatemi Cristal, mi sento vecchia così!”  La bionda liquidò il discorso con un gesto della mano e Alistair annuì, esitando prima di parlare con tono dubbioso:

“D’accordo… Cristal, è sicura che non cercheranno di ucciderci a vista, vero?”
“Beh, a prima vista probabilmente sì, ma basterà fargli capire che venite, anzi veniamo, in pace. Per questo sono venuta con voi!” 

La bionda sorrise allegra e il Cavaliere parve tranquillizzarsi, anche se non convinto al 100% sfiorò la balestra che teneva sulla schiena, sperando di non doverla usare. Quella mattina aveva portato Cassandra dalla madre, l’aveva salutata con un bacio sulla fronte e le aveva promesso di passarla a salutare quella sera: non aveva alcuna intenzione di non tenere fede a quella promessa.


“Non preoccuparti Alistair, andrà benone, infondo li vogliamo aiutare. Oh, scusa… abitudine dura a morire, a noi viene quasi naturale leggere i pensieri. Tua figlia è molto carina, comunque!”

Cristal sorrise e Alistair annuì, abbozzando un sorriso a sua volta mentre pensava alla ragazzina. 

“Sì, lo è.”
Non certo come sua madre, avrebbe voluto aggiungere con una smorfia, ma si trattenne. Ovviamente Cristal lo intuì, ma la Virtù ebbe l’accortezza di stare in silenzio e di non fare commenti, tenendo per sè la sua curiosità.


“Stiamo vagando in prossimità delle scogliere da parecchio ormai, non dovremmo essere troppo lontani…” Sam alzò lo sguardo dalla cartina per guardarsi intorno e Melissa, accanto a lui, gli rivolse un’occhiata accigliata, studiandolo poco convinta:

“Non prenderla male Sam, ma c’è da dire che andando in giro con te ottenere l’effetto sorpresa è pressoché impossibile.”
“In che senso?”
“Nel senso che ti si vede da due chilometri di distanza, ragazzone.”


Il Cavaliere fece per ribattere alle parole della collega, ma Alistair li interruppe accennando a qualcosa in lontananza:

“Non è un edificio, quello?”
“Una casa molto isolata, direi, nel bel mezzo del nulla. Forse ci siamo finalmente!” Belle sorrise sollevata e Cristal la imitò – grata a se stessa di aver ascoltato Rita, quella mattina, e di non aver indossato degli stivali con neanche mezzo centimetro di tacco: con quella scarpinata avrebbe finito col soffrire non poco e poi si sarebbe dovuta sorbire una ramanzina da parte delle amiche carica di “te l’avevo detto” –, non sapendo che, nonostante la distanza considerevole che c’era tra di loro, anche dall’altra parte qualcuno si era accorto della loro presenza.


*


Mac si stava pulendo le mani con uno strofinaccio quando s’irrigidì, restando perfettamente immobile per qualche istante con gli occhi verdi spalancati, i muscoli in tensione.

Cavalieri Sacri
E non solo uno.

“Merda… EBE!”
La strega uscì di corsa, chiedendosi come avessero potuto individuarli con tutte le barriere di protezione che aveva creato intorno alla zona. 

C’erano delle persone, in effetti, non si era sbagliata. Ad occhio dovevano essere quattro o cinque, ma erano abbastanza lontane affinché non potesse scorgerne chiaramente i volti.





“Quelle non sono due persone su delle sdraio che prendono il Sole?!”
“Forse stiamo sbagliando qualcosa…”

“Non credo, la direzione è questa!” Cristal, accigliata, prese la cartina dalle mani di Sam per studiarla mentre Belle, osservando le due figure in lontananza, aggrottata leggermente la fronte:

“Beh, se quelli sono i famigerati peccati Capitali, non mi sembrano offensiv-“

La strega, tuttavia, non finì di parlare, perché una specie di enorme palla di fuoco si sarebbe abbattuta dritta su di loro se Sam non l’avesse rispedita indietro con la sua ascia, usandola a mo’ di racchetta. 
L’urto fu comunque considerevole e Belle, costretta ad indietreggiare, perse l’equilibrio e cade rovinosamente a terra insieme a Cristal e Melissa, confusa e frastornata mentre si guardava intorno.

“Ma che diavolo… da dove…”

“La prossima volta non vi darò modo di evitarla. Girate al largo, se non volete che vi incenerisca.”

L’attenzione di tutti e cinque si catalizzò sulla donna che era appena apparsa a qualche metro di distanza da loro. Nessuno di loro l’aveva mai vista, non di persona, ma aveva sicuramente un volto familiare. Li scrutava con sguardo truce e intorno alla sua mano destra, sollevata, vorticavano piccole fiammelle. 

“Ma lei è…”
“La Gola! Aspetta! Io sono Cristal Blackwood, la Giustizia. Hai parlato con una delle mie amiche qualche tempo fa, vogliamo aiutarvi. Non siamo qui per arrestarvi.”

Cristal si alzò con un sorriso e sollevò le mani, mentre alle sue spalle Melissa la imitava – aiutando Belle a fare altrettanto – scoccando un’occhiata eloquente ad Alistair, consigliandogli di mettere via la balestra che il Cavaliere aveva imbracciato poco prima.

“Che c’è? Stava per darci fuoco!”
L’uomo accennò all’ammasso di alberi poco distante che ora bruciava senza sosta, il punto dove Sam aveva spedito le fiamme della strega.

“Beh, forse se non ci vede armati non lo farà un’altra volta! Che razza di incantesimo era…”

Melissa aggrottò la fronte mentre scrutava il Peccato, incerta sul modo in cui le fiamme sembrano uscire direttamente dalla sua mano. Non aveva mai visto nessuno fare magie senza una bacchetta, prima d’ora.

Mac, dal canto suo, li guardò non del tutto convinta, scrutando con attenzione Cristal mentre abbassava lentamente la mano:

“Sì, la tua faccia mi è familiare. Sicura che i tuoi amici non faranno scherzi?”
“Ma certo. Hai la mia parola. E quando noi giuriamo, è per sempre.”

Cristal le si avvicinò, porgendole la mano. Mackenzie esitò, osservandola, ma poi la strinse. La sensazione di calore fu immediata, e Cristal sorrise mentre il patto si suggellava. Sul polso della Virtù s’illuminò, per un istante, il simbolo di una bilancia che fino ad allora Mac non aveva notato, e quando le loro mani si lasciarono comparve anche sul palmo della Gola prima di svanire così come era apparso sul polso della bionda.


A diversi metri di distanza, gli altri due Peccati non si erano mossi di un solo centimetro, totalmente incuranti e affatto preoccupati di un potenziale pericolo:



“Loki?”
“Mh?”
“Forse dovremmo andare a dare un’occhiata?”
“Mac se la sa cavare benissimo da sola.”
“Lo so, ma io ho voglia di prendere a calci qualcuno! Vediamo… ci sono dei Cavalieri.”  Ebe si sollevò, mettendosi a sedere sulla sdraio mentre Loki, invece, continuava a non muovere un muscolo. 

“E… Mac sta parlando con uno di loro!? Forse le hanno fatto un incantesimo… Mac, sto arrivando!”

Ebe fece per raggiungere l’amica e magari far precipitare le loro “visite” in una voragine, ma la strega si voltò provvidenzialmente verso di lei, urlandole di non preoccuparsi e che erano con una Virtù.

“Ah, niente cazzotti, c’è una Virtù. Peccato.”
Ebe sfoggiò un’espressione quasi delusa, ma lo stesso non si poté dire di Loki, che invece scattò in piedi all’improvviso, scrutando quelle persone con il cuore in gola prima di sbuffare debolmente e allontanarsi.

“Loki? Che ti prende?”
L’amico non le rispose, dei suoi borbotti Ebe distinse solo “capelli scuri”.


No, per quanto i ricordi fossero sfuocati Loki ricordava benissimo di aver parlato con una donna mora. Non era lei.


“Loki, ma dove vai? Loki!”
Ebe rivolse un’occhiata stralunata all’amico, non capendo il perché della sua reazione. Che avesse riconosciuto qualcuno tra quei Cavalieri?
Alla fine la strega decise di raggiungere l’amica – a Loki e alle sue paturnie ci avrebbe pensato più tardi – e si stampò un gran sorriso sul volto prima di dirigersi verso l’improbabile gruppetto e a Mackenzie. 


“Beh, ecco, mi dispiace di avervi quasi… carbonizzati. Pensavo foste qui per arrestarci.”
“Non fa niente, forse avremmo dovuto venire sventolando ha bandiera bianca in fin dei conti… Allora, i tuoi compagni?”

Mac fece per indicare il promontorio, ma Ebe la battè sul tempo comparendo accanto lei e allungando una mano per stringere quella della Virtù:

“Salve, sono Ebe, il Peccato dell’Invidia con il simbolo del serpente, piacere di conoscervi! Tu sei la Virtù? Che begli stivali!”
“Ti ringrazio!”

“Perdonate il nostro amico, sta facendo la diva ed è andato a chiudersi in casa… Bel colpo, comunque!”

Ebe rivolse un sorriso a Sam – guardandolo dal basso verso l’alto a causa dei quaranta centimetri buoni che li dividevano – che la guardò incerto mente sfiorava la sua scia con le dita:

“Grazie.”
“Mi piacerebbe restare qui a chiacchierare, ma direi che non è il caso… tutti dentro.”

Mackenzie schioccò le dita e un attimo dopo il gruppo al completo si Materializzò dentro casa. Sam imprecò quanto sbattè la testa su una trave di legno, scaturendo una risatina da parte di Belle, che gli assestò una gomitata, divertita:

“Ora non mi prendi in giro per la mia statura, vero ragazzone?”
“Davvero nessuno vi ha mai visti stando qui?”

“Io mi sposto spesso, e ci sono tanti incantesimi qui tanto ad Hogwarts, ho idea. Ci avete potuto trovare solo grazie alla mia cartina magica, l’ho data personalmente alla tua amica, Giustizia. Prego sedetevi, abbiamo molte cose di cui parlare. Ebe, chiama la First Lady, per favore.”
“E il pranzo?!”

Ebe parlò indignata e preoccupata allo stesso tempo e Mac alzò gli occhi al cielo, annuendo prima di accennare nuovamente alle scale:

“… parleremo e mangeremo, ok? Ora chiama Loki.”
“Sissignora! LOKI, PORTA QUI IL POSTERIORE FASCIATO DA COSTOSISSIMI PANTALONI, HO FAME!”


*


“Quindi volete ritrovare i vostri compagni.”
“Esattamente. Inoltre, noi non abbiamo più i nostri Tesori Sacri. Voi avete idea di dove possano trovarsi?”

“Sono quasi tutti sotto la custodia del Ministero, eccetto che per il tuo, Ebe, quello della Superbia e quello dell’Accidia. Non ho idea di dove si trovino, in effetti il Ministro li sta facendo cercare da tempo, ma senza grandi risultati.”

“Gideon mi è stato rubato due anni fa… Quanto ai Tesori di Sider e Flagro, immagino che siano con i loro proprietari. Flagro si farebbe tagliare un braccio piuttosto di separarsi da Rhitta.”
Ebe si strinse nelle spalle, seria in volta, e Loki sbuffò debolmente prima di parlare con tono annoiato mente si faceva dondolare distrattamente sulla sedia, la sigaretta spenta - se avesse fumato dentro casa Mac lo avrebbe defenestrato - in bocca:

“Come accidenti hai fatto a fartelo rubare, si può sapere?”
“Pensa ad Harlit invece di farmi la predica!”
“Harlit mi è stato sottratto quando mi hanno arrestato, mia cara, non ho avuto molta scelta. Di sicuro lo tengono chiuso da qualche parte.”

Il mago s’incupì leggermente e Belle annuì, aggrottando la fronte mentre si rivolgeva a Melissa:
“Non ci hanno detto qualcosa su un Tesoro Sacro tenuto in una specie di roccaforte su un’isola? Potrebbe essere uno dei vostri.”

“Sì, potrebbe. Quel che è certo è che ce n’è uno proprio al Ministero. Comprese le vostre vecchie bacchette… faremo il possibile per farvele riavere, ma non sarà facile.” Cristal parlò con un sospiro e Mac spalancò leggermente gli occhi, guardandola meravigliata:
“Le nostre bacchette? Credevo che le avessero fatte distruggere.”

“No, affatto, il Ministro ha dato ordini precisi e le tiene al sicuro, non ha mai avuto intenzione di distruggere. Immagino siano un bene troppo prezioso per farlo, sono bacchette molto potenti.”

“Ha anche cercato di farle utilizzare a dei Cavalieri Sacri, ma nessuna di loro risponde ai comandi.”
Sam si strinse nelle spalle, serafico, e Alistair cercò di non ridere ripensando a quando, due anni prima, ognuno di loro aveva cercato invano di utilizzarle una ad una. In alcuni casi, con i Cavalieri più insistenti, le bacchette si erano persino ritorte contro la persona che le impugnava. 
Dal canto suo, dopo aver provato si era semplicemente seduto godendosi lo spettacolo insieme a Belle: lui non aveva alcun interesse nell’utilizzare bacchette altrui, per quanto potenti potessero essere.

“Ci hanno provato anche quando ci hanno rinchiusi la prima volta.”  Commentò Ebe con tono piatto mentre Loki, accanto a lei, annuiva sorridendo beffardo:
“Certo che nessuno di loro riesce ad usarle… senza offesa, ma quelle bacchette sono molto particolari, legate tra di loro: i sette nuclei sono costituiti da sette piume della stessa Fenice. Probabilmente se tra di noi dovessimo scambiarcele potremmo utilizzarle senza particolari problemi, ma al di fuori di noi sette usarle è praticamente impossibile. Pare che certa gente non impari mai la lezione…”


*


“Chiedo scusa.”
“Sì?”

Maysen alzò lo sguardo per rivolgersi al Cavaliere che aveva davanti, guardando Asher esitare prima di parlare:

“Sa dirmi dove sono Roth, Allen, Clarke e Lewis-Kimura?”
“Temo che siano impegnati in un’operazione fuori sede Flint, ma non ne so molto. Perché?”

“Anche la Signorina Blackwood non si è vista, oggi.”
“Beh, siamo tutte molto impegnate… Nemmeno Rita è qui oggi, è al San Mungo da ieri sera.”

Maysen fece di tutto per non scomporsi, senza far trapelare alcuna emozione dal suo tono o dal suo viso e pregando che il Cavaliere non si accorgesse che mentiva. 

“Capisco.” Asher non parve molto convinto, ma probabilmente non volle contraddirla apertamente. Maysen tornò così a concentrarsi sul suo lavoro, riprendendo a parlare un attimo dopo:

“Se è tutto, immagino che anche tu abbia molto da fare.”
“Mi voglio solo assicurare che non stia succedendo niente di strano.”
“A questo pensiamo noi. Non preoccuparti Flint, hai già le tue magagne di cui preoccuparti… Buona giornata.”

Asher esitò, osservando la Virtù e chiedendosi perché avesse fama di essere tanto carina, simpatica e gentile quando con lui – con loro – era sempre un pezzo di ghiaccio negli ultimi tempi.

Alla fine però rispose al saluto, girò sui tacchi e si allontanò, ripentendosi che doveva tornare ad allenarsi con Isaakiel e Brian.

Era legittimo che le Virtù assegnassero dei compiti particolari a dei Cavalieri, in fin dei conti… Probabilmente era semplicemente paranoico. 


*



“Pensi davvero di poterti fidare di loro?”

Loki, in piedi davanti alla finestra con le braccia conserte, parlò senza staccare gli occhi azzurri dalle figure che si stavano allontanando, uscendo a piedi dal confine delle barriere protettive entro le quali non avrebbero potuto Smaterializzarsi.

Mac, che stava lavando i piatti, si strinse nelle spalle prima di parlare, serafica:

“Abbiamo altra scelta?”
“Sì, pensarci da soli.”
“Loki, ci hanno già incastrato una volta, forse avere un aiuto dall’interno non sarà una cattiva idea, no?”

“Non sono sicuro.”
“So che non è facile da accettare, ma ha giurato. Sai cosa succede ad una Virtù se rompe un Giuramento? Qualcosa di molto simile al bacio del Dissennatore, è uno dei loro pochi vincoli. Non penso che avrebbe rischiato tanto, se volessero tradirci. E poi non abbiamo molta scelta, dubito che noi tre soli andremmo molto lontano… specie considerando che nessuno di noi ha il proprio Tesoro Sacro con sè.”

Mackenzie si strinse nelle spalle ma Loki non parve molto convinto, limitandosi a sbuffare debolmente quando Cristal e i Cavalieri sparirono dalla sua visuale prima di allontanarsi. 
Detestava ammetterlo, ma il ragionamento dell’amica non faceva una piega. 
Solo, l’idea di diversi affidare a dei Cavalieri, persone che davano loro la caccia, che lo avevano torturato e sbattuto in cella non una, ma due volte, non lo allettava particolarmente.


*


“Allora, che cosa ne pensate?”
“Bah, la Lussuria non mi sembra molto collaborativa.”
“Immagino sia perché è stato chiuso ad Azkaban e torturato periodicamente da dei nostri colleghi fino a poco tempo fa, non è innaturale che non ci veda di buon occhio.”

Melissa si strinse nelle spalle e Sam parlò con tono pensieroso mentre sfiorava distrattamente le antiche incisioni in gaelico presenti sulla sua ascia:

“Forse… resta il fatto che non ho intenzione di sottovalutarli. Li terrò d’occhio.”
“Mi ricordo dell’Invidia dai tempi della scuola, ha la mia stessa età… era Grifondoro, se non ricordo male, ma il suo vero nome mi sfugge.”

Alistair aggrottò la fronte, pensieroso, mentre cercava di focalizzare ricordi chiari di Ebe ad Hogwarts. Ricordava di averla vista spesso a lezione e nei corridoi, ricordava fosse stata Grifondoro… ricordava anche di sfuggita che molti suoi compagni avevano avuto qualche cotta per quella bella ragazza sempre sorridente, ma il suo nome no, quello gli sfuggiva.
Anche se forse, ormai, non era poi così importante.


“Beh, quello che di certo nessuno di noi può scordare e il suo crimine. Così come quelli dei suoi amici. I Cavalieri non potranno ergersi a paladini della giustizia negli ultimi tempi, ma dubito che il nostro ordine potrà mai scendere a livelli simili.”
“O almeno si spera. Aspetta a parlare, Mel.”


*


“Quando sono arrivati i Cavalieri e Cristal mi sei parso poco contento, Loki. Non so, quasi deluso. Aspettavi qualcuno in particolare?”
Ebe, seduta accanto all’amico sull’erba, gli rivolse un’occhiata di sbieco. Il mago, seduto accanto a lei senza la giacca, ma con la camicia e gli straccali immancabilmente addosso, si portò alle labbra la sigaretta e si prese qualche istante prima di rispondere, senza distogliere lo sguardo dal cielo stellato sopra le loro teste:
“Ovviamente no. Chi mai avrei dovuto sperare di vedere?”

“Non ne ho idea, ma è l’impressione che ho avuto.”
“Beh, evidentemente ti sei sbagliata. Lascia l’arduo compito di analizzare la logica dei comportamenti umani agli esperti, Ebe. Vado a dormire, buonanotte.”

Loki fece per spegnere la sigaretta gettandola a terra, ma Ebe gli afferrò prontamente il polso rivolgendogli un’occhiata truce, costringendolo a farla semplicemente evanascere alzando gli occhi al cielo:

“D’accordo, scusa… A domani piccola serpe.”
“Buonanotte capretta.”
“Ariete. Non capra.”

Loki parlò con un tono stizzito che fece sorridere la strega, che poco dopo lo imitò, alzandosi per andare a dormire.
Poco dopo, era davanti allo specchio quando si sfilò la maglietta e indugiò con lo sguardo sulla base del suo collo, osservando per l’ennesima volta il suo tatuaggio rosso scuro, di un serpente attorcigliato intorno al suo collo. Sollevò una mano per sfiorarlo prima di deglutire e serrare la mano, sfoggiando una smorfia disgustata prima di voltarsi, dando le spalle allo specchio.

Anche dopo otto anni, la vista di quel segno indelebile le dava ancora il tormento, tanto da indossare quasi sempre indumenti in grado di coprirlo.
Lo odiava profondamente, così come le persone che glielo avevano inflitto.


Nemmeno Loki dormiva, fissava il soffitto steso sul letto, le braccia incrociate dietro la sua testa. Pensava a quello che aveva detto Ebe e alla conversazione che aveva avuto ad Azkaban con una delle Virtù. 
Possibile che solo poche parole scambiate con una sconosciuta gli fossero rimaste indelebili nella mente?  Forse la sua mente stanca e confusa aveva modificato i ricordi, forse le cose erano andate diversamente. Magari in parte aveva sognato, chissà. Non ne aveva idea.
Probabilmente lei non era nemmeno così bella come la ricordava. Doveva averla idealizzata il suo inconscio. 
Loki si voltò girandosi sul fianco, continuando ad osservare l’oscurità prima di chiudere gli occhi. 

Sì, di certo era andata così. 


*


Mac era sveglia quando sentì Ebe infilarsi nel letto accanto a lei e borbottarle la buonanotte. 
La strega rispose a bassa voce, gli occhi fissi sulla finestra mentre si rigirava il ciondolo che portava al collo tra le dita. Come ogni sera, lo baciò prima di chiudere gli occhi, ripetendosi che presto lo avrebbero trovato e che avrebbe potuto riabbracciarlo.

Tre anni iniziavano ad essere davvero troppi.


*


“Allora? Com’è andata?”
“Bene, direi, non è stato difficilissimo trovarli. Sai, devo dire che non sembrano male, l’Invidia è simpatica.”

Cristal sorrise divertita e Jezabel, seduta accanto a lei davanti al camino, sbuffò debolmente prima di parlare con tono cupo, gli occhi scuri fissi sulle fiamme:

“Simpatica… non dimenticare con chi hai a che fare, Cris.”
“Ma Jess…”
“So che sono innocenti Cris, per questo è giusto e sono d’accordo ad aiutarli. Ma non sono dei santi, se hanno quei simboli sul corpo un motivo c’è. Non hanno ucciso il Ministro, ma si sono macchiati di altre colpe in passato… non li sottovalutare. Sai che cos’ha fatto l’Invidia, no? Ha ucciso sua sorella.”

“… Lo so.”
“Bene. Faremmo meglio a non scordarlo.”









.................................................................................
Angolo Autrice: 

Dal momento che, immagino, molti leggeranno domani mattina, buongiorno!
So che non vi aspettavate di vedermi così presto, ma questa volta siete state più rapide a commentare e ho deciso di darmi da fare, complici anche alluvioni e inondazioni che ti costringono in casa.
Innanzitutto grazie per le recensioni, i vostri commenti mi fanno sempre molto piacere – anche se a volte alcune di voi li farciscono con fin troppi complimenti, ma grazie di cuore -.
Detto questo, ho due notizie da darvi, una buona e una cattiva.  
Comincio da quella cattiva, ovvero che un personaggio non farà più parte della storia, parlo di Oz. Avevo pensato di uccidere gli OC eliminati, ma essendo ancora all’inizio mi trovo un po’ in difficoltà, quindi penso che sparirà semplicemente. Ma badate, solo per questa volta.
Vi comunico però anche che è ufficialmente giunto il momento preferito sia da me che da molte di voi, quello in cui avete il lasciapassare per farmi avere richieste e speculazioni per le coppie. 
Piccolo chiarimento per coloro che mi conoscono qui per la prima volta: non è per cattiveria o perché io non voglia accontentarvi, ma non è detto che accadrà. Ciò non vuol dire che il vostro OC rimarrà necessariamente zitello a fare la maglia e con molti gatti, ma che potrebbe avere una relazione con un OC diverso da quello da voi indicato, non dimenticate che i personaggi e quindi le campane in una coppia sono sempre due, quindi devo cercare di conciliare pareri magari differenti.
Inoltre, c’è da dire che io qualche idea già ce l’avrei da parecchio... giuro che non lo faccio apposta per intralciarvi, ma dopo tutte queste storie e tutti questi anni il mio cervello è predisposto come l’algoritmo di un sito di incontri a creare coppie e appena leggo le schede comincio a fare accoppiamenti nella mia testa quasi senza volerlo.  Ecco, tutto questo per chiedervi di non prendervela in caso non dovessi rispettare le vostre richieste, ovviamente qualcuno dovrà restare single per forza, non siamo in una commedia romantica dopotutto. Senza contare che c’è una disparità non indifferente tra uomini (7 escludendo Isaakiel) e donne (10), quindi sarà difficile creare tanti abbinamenti in ogni caso. 

Altra cosa, essendo questa storia un po’ “particolare”, temo di dovervi dare dei veti per le relazioni: non penso sarà molto semplice inserire i Cavalieri “cattivi” in una relazione, ma penso che sarebbe una sfida interessante e se trovassi il giusto accoppiamento lo farò. Chiedo alle autrici di Brian e Asher tuttavia di NON indicarmi i Peccati donna come “candidate” (e viceversa): mi dispiace perché così facendo mi rendo conto di quasi dimezzare il vostro campo di scelta, anche a causa dell’orientamento sessuale di Mel, ma già non sarebbe semplice creare una coppia con una Virtù, figuriamoci con un Peccato, mi risulterebbe quasi impossibile. Per le autrici di Brian e Asher, la scelta può varare quindi tra Cristal, Rita, Maysen, Jezabel e in linea di massima Belle.
Per tutte: ricordate che Isaakiel è asessuale e Mel lesbica. 

Detto ciò a presto, e se avete domande/bisogno di delucidazioni/dubbi su qualche personaggio per aiutarvi a pensare alle coppie non esitate a chiedere. (Specialmente le autrici degli OC che non sono ancora “entrati in scena”, farò il possibile per darvi una mano a pensare a possibili accoppiamenti se avete bisogno, non esitate a chiedere). 
Signorina Granger

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
Norwich


Teneva gli occhi azzurri fissi sul vetro della finestra, osservando pigramente la schiera di edifici, sedendo con le gambe accavallate e il gomito sinistro appoggiato sul bracciolo della comoda sedia imbottita. La mano, sollevata, sfiorava la pelle chiara del viso stringendo delicatamente il mento dell’uomo.
Non ascoltava le parole, le suppliche del suo disperato interlocutore. Guardava fuori dalla finestra senza davvero vedere ciò che essa gli offriva.
Capitava che si perdesse nei ricordi, di tanto in tanto, spesso senza motivo, senza preavviso, senza che lui lo volesse.

E quasi sempre c’era lei a distrarlo, a trascinarlo lontano da qualunque cosa stesse facendo.



Scriveva. La mano scivolava rapida sulle pagine, la penna tra le dita, sporcando d’inchiostro la carta fino ad allora immacolata.
Steso sul prato, l’erba che gli solleticava il viso, scriveva, avvolto dal silenzio e dalla pace.

Pace che sembrò rompersi quando un’ombra oscurò la luce calda del Sole: qualcuno gli si avvicinò e sedette accanto a lui, sorridendogli e guardandolo divertita:
“Che cosa fai? Metti su carta i tuoi oscuri segreti che tieni nascosti al mondo intero?”
“Beh, se così non fosse non sarebbero segreti, ma di pubblico dominio.”

Flagro alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso, guardandola ricambiare prima di chinarsi e baciarlo.
Quasi senza pensarci abbandonò il quaderno, mettendole una mano sul viso.

Pochi istanti dopo lei si staccò, appoggiando la fronte contro la sua e parlando a bassa voce mentre gli sfiorava gli zigomi con le mani:

“Non li fai leggere nemmeno a me?”
“Sopratutto a te.” La corresse con un mormorio prima di darle un bacio a stampo, sorridendo nel scorgere la sua espressione offesa e contrariata: 

“E perché, si può sapere?”
“Perché penso che mi imbarazzerei.”
“Perché, scrivi di me? Adesso sì che voglio sapere.”

Rise e prese il quaderno, rotolando su se stessa per stendersi accanto a lui e aprirlo.
“Non mi perderei quest’occasione per nulla al mondo, vediamo, mi hai descritta come un angelo?”

“Sei tutto fuorché un angelo, ridammelo.”   Flagro cercò di riappropriarsi del quaderno, ma la strega si alzò e si allontanò di corsa in un eco di risate che si persero in mezzo al prato sconfinato e al canto delle cicale. Il mago si alzò e, senza reprimere un sorriso, la seguì per diversi metri prima di riuscire ad acchiapparla, stringendola per la vita e stampandole un bacio sul collo prima di rimettere le mani su ciò che gli apparteneva.

“Ma scrivi di me?” Lei si voltò, quasi speranzosa, senza più ridere. Flagro sorrise, annuì, e le diede un bacio sulla punta del naso.
“Ovviamente. Sempre. Sei il mio Sole, lo sai no?”


Il suo Sole. 
Sorrise quasi senza volerlo, un sorriso forse più triste che gioioso. 
Erano tre anni che non posava lo sguardo o toccava il suo raggio di Sole, aveva quasi dimenticato del tutto la sua voce e i lineamenti del suo viso, che si erano fatti sempre più idealizzati e sfuocati nella sua memoria. 
Ma erano solo questo, ricordi, lei stessa era solo un ricordo, era sceso a patti con l’idea di non rivederla mai più già da molto tempo.

All’improvviso, scacciando con una punta di fastidio misto a malinconia quei pensieri – nonostante tutto, lei tornava sempre, di tanto in tanto – si ridestò e si rimise a sedere dritto sulla sedia, rivolgendosi al suo interlocutore senza battere ciglio e parlando con tono gelido:

“Siamo perfettamente consapevoli entrambi che ha avuto il tempo necessario… io non concedo mai degli extra, in qualunque caso. Alla scadenza verrò a riscuotere quanto mi deve. Arrivederci.”

Flagro si alzò, e senza aggiungere altro si diresse con calma verso l’uscita, ignorando deliberatamente le preghiere. Sorrise, quasi: vedere l’ammontare di quanto la gente gli doveva incrementarli gli provocava sempre una certa soddisfazione. 

“Non comportarti come se fossi senza cuore quando sappiamo entrambi che non è così.”

Smettila 

Flagro strinse leggermente gli occhi azzurri, intimandole di lasciarlo in pace. Ogni volta in cui gli sembrava di sentire la sua voce o le sue piccole mani sfiorargli le spalle, abbracciarlo da dietro come era solita fare, provava una sorta di fastidiosa stretta all’altezza dello stomaco.
Aveva provato ad andare avanti in tutti i modi e ci era riuscito, ma come poteva lasciarsi totalmente il suo passato alle spalle se lei continuava a tormentarlo?


*


Ebe aveva abilmente sottratto una copia della Gazzetta del Profeta dalla borsa di un’ignara strega dal paese più vicino, dove aveva accompagnato Mac per “fare la spesa”. 
Copia che Loki stava leggendo proprio in quel momento, sedendo con le gambe accavallate e appoggiato allo schienale della sedia mentre finiva di consumare il pasto che Mackenzie aveva preparato.

Ebe, di fronte a lui, non era altrettanto rilassata: sedeva con le braccia strette al petto e scrutava l’amico con cipiglio torvo, esaminandolo con estrema cura. Aveva messo anche il muso a Mac, protestando quando a lei era stata riservata della minestra e a lui delle lasagne.

“E poi hai anche il coraggio di dire che non fai preferenze!” Questa era stata l’accusa mossa dall’Invidia, che si era poi rifugiata nel suo silenzio di protesta.

“Non avevi quei vestiti. Dove li hai presi?”

Ebe spezzò il silenzio dopo quelli che le parvero interminabili minuti, rivolgendosi all’amico aggrottando leggermente la fronte. Loki, invece, non battè ciglio e nemmeno la guardò, continuando a concentrarsi placidamente sulla sua lettura mentre si portava il bicchiere alle labbra carnose:

“In giro.”
“Quando?”
“Non ricordo di preciso.”
“Dubito che tu abbia potuto pagarli, li hai rubati per caso?”

“Disse la ladra di giornali…”
“Un giornale è una cosa, un completo costoso è un’altra, mio caro. E tu stai leggendo quello stesso giornale, quindi hai poco da dire. Allora?”

“Come li ho presi non sono affari tuoi, piccola serpe. E forse nemmeno vorresti saperlo, ma sai che io ottengo sempre ciò che voglio.”

Loki posò finalmente lo sguardo sulla strega e i suoi penetranti occhi azzurri le riservarono un’occhiata quasi divertita. Un sorriso comparve sul volto pallido del mago nel scorgere l’espressione schifata dell’amica, che mormorò che aveva sentito abbastanza e che non le interessavano i dettagli.

“Mac ha detto che oggi avremmo avuto un’altra visita… Che cosa ne pensi?”
“Le Virtù non mi piacciono e i Cavalieri ancor meno, ma questo lo sai bene. Però non mi dispiace l’idea di trovare gli altri, anche se forse non quanto a te.”

Il sorriso di Loki non vacillò – dopotutto si annoiava e doveva pur trovarsi qualcosa da fare, come punzecchiare Ebe – quando la strega chinò il capo, sfoggiando un’espressione cupa che non le vedeva spesso sul volto. O almeno, non quando sapeva di essere guardata.

“Non penso di avere nessuno da cercare ormai. E visto che intrufolarti nelle menti altrui ti diverte tanto dovresti sapere perché da te.”
“Pensi che sia morto? Io no.”
“Beh, per esperienza personale so per certo che tu non hai sempre ragione, Loki. Vado a fare una passeggiata.”

Ebe si alzò e si diresse all’esterno della casa senza guardarsi indietro, a capo chino e trascinando leggermente i piedi. 
Sentì gli occhi pizzicarle, ma non avrebbe mai pianto davanti a Loki, che aveva “tatto quanto una betoniera”, citando testualmente Alanis. 

Mac diceva di non sapere dove fosse, di non “sentirlo” da tempo ormai. E lei stessa aveva la sensazione che fosse morto da ben prima di ritrovare lei e Loki. 

La strega sedette proprio nel punto in cui lei è l’amico di erano sistemati a prendere il Sole alcuni giorni prima, e si strofinò gli occhi prima di stringersi le ginocchia, guardando il mare chiedendosi, ancora una volta cosa gli fosse capitato.
E se era vivo, dove si trovasse.



“Ebe?”

Quando Mac rientrò e trovò solo Loki ad aspettarla si allarmò leggermente, sperando che l’amica non avesse avuto una qualche folle idea. La Lussuria però non si scompose, parlando tranquillamente e continuando a guardare distrattamente fuori dalla finestra.
“Fuori. Dovresti andare a vedere come sta, con te si sente libera di confidarsi, lo sai.”
“Le parlerò, adesso io e te abbiamo un po’ di allenamento che ci aspetta.”

“Fantastico… cerca di non farmi a pezzi prima dell’arrivo nei nostri nuovi amici, di grazia. Ho anche i vestiti nuovi.”
“Dove li hai presi?!”
“Un uomo non può avere dei sani segreti al giorno d’oggi?”


*



Edimburgo 



Alanis si sfilò gli occhiali finti e li lasciò sul tavolo prima di lasciarsi cadere sul divano con mala grazia, chiudendo gli occhi e sfiorandosi i capelli castani – che aveva tinto di una sfumatura molto più chiara rispetto al suo colore naturale –. 
Aveva scorto un volto familiare su una pagina della Gazzetta del Profeta volta di sfuggita mentre passava davanti ad un bar. Un uomo, seduto fuori, stava leggendo un articolo che aveva immediatamente attirato la sua attenzione: erano passati tre anni, ma non avrebbe mai potuto non riconoscere il volto di qualcuno che conosceva da 18 anni.

“E così sei uscito da Azkaban, eh?”

Alanis abbozzò un sorriso e una debole risata riempì la stanza vuota mentre la strega apriva gli occhi, osservando divertita il soffitto. Aveva sentito che Loki fosse rimasto ad Azkaban, e infondo era felice di saperlo fuori, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta o davanti a lui.

Era piuttosto sicura che qualcuno lo avesse aiutato, anche se non aveva idea di chi potesse trattarsi. Forse il Capitano?

Non lo sapeva, ma aveva la sensazione che presto avrebbe avuto altre notizie dei suoi vecchi amici.
E non vedeva l’ora, si stava giusto annoiando non poco, da qualche tempo.


*


“Ho detto a Mackenzie che una di noi li avrebbe raggiunti, oggi. Puoi andarci tu? Io devo incontrare dei pazienti e ho una riunione al San Mungo.”

Rita si era fermata davanti alla scrivania di Jezabel e teneva gli occhi scuri fissi sull’amica, una spessa cartellina in mano. 
La Temperanza, sentendo quelle parole, esitò e alzò lo sguardo prima di parlare, cercando di non gradire nessuna emozione dal suo tono di voce:

“Preferirei di no. Puoi chiederlo a May?”
“Jess, non capisco perché ora tu reagisca così, non eri d’accordo?”
“Lo sono. Solo preferisco non averci particolarmente a che fare di persona… puoi chiederlo a May?”

Rita esitò, osservando l’amica e cercando di capire cosa le passasse per la testa, ma Jess rimase  impassibile e si limitò a ricambiare il suo sguardo finchè la prima non sospirò e sollevò le mani in segno di resa:

“Va bene, glielo chiederò prima di andare al San Mungo, vado a cercarla.”
“Grazie.”
“Di niente. … Jess?”
“Sì?” 
“Ci conosciamo da 16 anni, abbiamo condiviso la stanza per sette e ci vediamo ogni giorno da quando portavamo le trecce. Ora, pensi che io sia stupida?”
“Naturalmente no. Sei una delle persone più intelligenti che io conosca.” 
Jess continuò a parlare senza battere ciglio, limitandosi a guardarla mentre teneva la piuma ancora in mano. Anche Rita non si scompose, annuendo con un cenno del capo appena percettibile prima di parlare, guardando l’amica dritta negli occhi:
“Vale anche per me. Perciò non offendere l’intelligenza di entrambe cercando di farmi credere che non c’è un motivo particolare dietro alla tua reticenza ad averci strettamente a che fare.”


Jezabel questa volta non rispose, ma la sua sicurezza vacillò e la presa sulla penna si intensificò per un istante mentre Rita girava sui tacchi per allontanarsi, lasciandola sola a rimuginare brevemente prima di scuotere il capo e tornare a concentrarsi su quel che stava facendo.
Aveva cose molto più importanti a cui pensare.


*


“Flint?”

Sentendosi chiamare Asher si voltò, rivolgendo un’occhiata in tralice alla strega che gli si stava avvicinando, camminando su dei tacchi alti che la facevano sembrare meno “piccola” e che ne anticipavano l’arrivo ticchettando sul pavimento.

“Signorina Parish. Posso fare qualcosa per lei?”
Asher inarcò un sopracciglio, e una nota di scetticismo sfuggì al controllo che il mago esercitò sulla sua stessa voce. Maysen però non si scompose, fermandosi davanti a lui e abbozzando un debole sorriso prima di scuotere il capo:

“No, sono semplicemente venuta per scusarmi.”
“Scusarsi?”
“Sì, per il mio comportamento dell’altro giorno. Giuro che non sono un’irritante rompiscatole, era una… giornata negativa, tutto qui. Spero che sia tutto a posto.”

La Virtù sorrise e Asher esitò, sinceramente spiazzato: tutto si era aspettato, ma non quello.
Non voleva certo, tuttavia, offenderla o mancarle apertamente di rispetto, così si affrettò ad annuire e ad asserire che per lui non c’era nessun tipo di problema.

“Bene.”
Gli porse la mano e Asher, dopo averla guardata per un istante, la strinse. Maysen gli sorrideva candidamente e non sembrava essere lì per un qualche secondo fine, o per testarlo in qualche strano modo.
Dopo quel breve contatto la strega fece scivolare la mano pallida da quella più grande e piena di calli dovuti ad anni di allenamenti del mago, che parlò prima di darle il tempo di congedarsi:

“Spero che il lavoro che dovevano svolgere dei miei colleghi insieme alla Signorina Blackwood qualche giorno fa sia andato bene.”
“Benissimo, da quel che ne so.” 

Maysen non vacillò, e Asher fu tentato di approfondire la questione – era decisamente curioso a riguardo – chiedendole qualcos’altro, ma una terza voce lo precedette, richiamando l’attenzione della Virtù con tono secco e sbrigativo:

“May.”

Maysen si voltò verso Rita, che li aveva raggiunti senza che nessuno dei due se ne accorgesse, e Asher sollevò lo sguardo di scatto, esitando mentre la Prudenza rivolgeva un sorriso rilassato all’amica:

“Rita, ciao. Mi cercaci?”
“Avrei bisogno di parlarti, in effetti. Se non sei impegnata.”
“Stavo solo chiarendo un paio di cose con Flint. Buona giornata, Asher.”

Maysen rivolse un cenno al mago prima di seguire l’amica e allontanarsi, prendendola sottobraccio dopo che Rita ebbe rivolto un’ultima occhiata incerta – e quasi torva, ma che loro non le piacessero era risaputo – al Cavaliere.


Le Virtù non avevano ancora lasciato la stanza quando Asher udì una voce familiare alle sue spalle, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere a chi apparteneva, continuando a seguire brevemente le due streghe con lo sguardo – guardandole dirsi qualcosa – finché non uscirono dal suo campo visivo.

“Cosa volevano?”
“… Niente. Andiamo nell’Arena? Così posso metterti ko un paio di volte.”

Asher si voltò verso Brian, che sorrise e annuì:
“Se ne sei tanto sicuro…”

Asher lo superò dandogli una rapida pacca sulla spalla, continuando a chiedersi perché l’atteggiamento di Maysen fosse cambiato così drasticamente. Per convenienza, o era stata davvero solo una brutta giornata? Non aveva fama di essere una persona sgradevole, in fin dei conti.


*


“Qualcuno sta oltrepassando la barriera, devono essere per forza loro, Mac la scorsa volta ha fatto loro un incantesimo per farli passare senza finire inceneriti… Credo che ci sia una Virtù. È un’altra. Peccato, la bionda mi piaceva… tu cerca di non fare il seduttore.”

Ebe, ferma alla finestra, continuò a parlare tranquillamente – rivolgendosi a Loki, che stava in silenzio nella sua camera senza dare segni di vita, anche se la strega era certa che la stesse ascoltando – finché una serie di suoni non la costrinsero a tacere: udì un curioso susseguirsi di tonfi e imprecazioni che la portarono a voltarsi verso la porta chiusa della stanza, porta che un istante dopo si aprì per permettere ad un Loki trafelato di raggiungerla, quasi avventandosi sulla finestra dopo essere, probabilmente, inciampato da qualche parte dalla fretta.

“Loki, ma che hai, si può sapere?!”

Ebe guardò l’amico come se fosse pazzo mentre il mago, stringendo la ringhiera, si sporgeva il più possibile per individuare i loro ospiti in arrivo.
Ebe aveva ragione, non era la Giustizia, era un’altra Virtù.

Ma non lei. 
Un profondo moto di delusione lo invase, portandolo a colpire con frustrazione la parete prima di sbuffare e girare sui tacchi, scendendo le scale di corsa senza proferire parola o guardare in faccia una Ebe sempre più confusa.

“Loki, non ti sarà mica venuto il ciclo, vero?! Stai diventando bipolare!”

Ebe non ricevette risposta, udì solo una porta sbattere e intuì che l’amico non fosse dell’umore migliore per scherzare.


*


“Avete idea di dove potrebbero trovarsi?”
“Ho trovato tracce e informazioni contrastanti ad Edimburgo, ma se uno di loro non si trova lì al momento ci dev’essere almeno passato per forza.”
“Controlleremo, allora. Potremmo andarci in settimana. Qualcos altro?”

“Niente di particolarmente rilevante… non ho trovato quasi nulla su Salem, forse non si trova nel Regno Unito.”

O forse è morto 

Nessuno lo disse ad alta voce, ma tutti i presenti lo pensarono mentre Ebe sedeva a braccia conserte, gli occhi scuri fissi sul tavolo, e Loki, dopo aver studiato pigramente i presenti, la imitava. Evidentemente, nessuno era stato in grado di guadagnarsi la sua attenzione per più di qualche istante.

“Beh, faremo il possibile per saperne di più. Avete intenzione di restare qui a lungo o vi sposterete?”
“Io sono arrivata qui circa sei mesi fa, ma ora che Loki si è ripreso potremmo muoverci, non sarà un problema, comunque, posso portare tutto l’edificio altrove in un attimo.”

“Lo puoi… lo puoi fare davvero?”
Alistair guardò la Gola con gli occhi sgranati, sinceramente colpito, e la donna si strinse nelle spalle prima che il borbottio di Loki giungesse alle sue orecchie, mentre l’uomo si rigirava distrattamente l’anello d’argento che portava al dito.

“Mac è brava con gli incantesimi.”

“Allora io vi consiglio di farlo presto, non si può mai sapere. Inoltre, penso che non ci vorrà molto affinché al Ministero comincino a sospettare qualcosa, non sarà facile.”

Maysen pensò ad Asher, sperando di non averlo insospettito troppo… ci mancava solo che qualche Cavaliere iniziasse a fare domande scomode a destra e a sinistra.


*


“Perché lo sta facendo?”
“Come?”
“Perché vuole ritrovare i suoi compagni.”

“Proprio perché sono i miei compagni. E sono molto di più, sono la mia famiglia… Farò di tutto per riunirla e dimostrare la nostra innocenza. Se si trattasse della tua non lo faresti?”

Mac inarcò un sopracciglio e Sam, a quella domanda, non poté far altro che annuire:

“Immagino di sì. Se sono qui è anche per la mia famiglia… Non mi piace la piega che hanno preso le cose al Ministero, e mi piacerebbe che le cose cambino per quando mio figlio avrà finito di studiare.”
Sentendo quelle parole Mackenzie si voltò verso di lui, guardandolo con una curiosità del tutto nuova e persino con un piccolo sorriso ad illuminarle il volto che, fino ad allora, Sam aveva trovato sempre molto serio. 
“Hai un figlio?”

“Sì. Si chiama Marshall.”
“Bel nome. Quanti anni ha?”
“12.” Sam rispose senza scomporsi, prevedendo la reazione che Mac ebbe: la strega lo guardò con sinceri stupore, spalancando leggermente gli occhi verdi.

“Hai un figlio così grande?! Scusa, ma quanti anni hai?”
“L’ho avuto molto presto… anche Al ha una figlia grandicella. Ho 26 anni.”
“Io ne ho 28, mi sento vecchissima in questo momento…”

Mac scosse debolmente il capo prima formare a lavare i piatti, perseverando a farlo a mano invece che con la magia visto che, a detta sua, farlo la rilassava molto. 

“Nessuno di voi ha una famiglia?”  Sam guardò la strega esitare, bloccandosi prima di parlare con tono piatto senza più voltarsi.
“… No. È difficile.”
“Lo immagino.”
“Non penso tu possa farlo, ma grazie.”


*


“Chiedo scusa.”
May si fermò e si voltò, rivolgendo un’occhiata carica di curiosità a quello che sapeva essere il Peccato della Lussuria ma, che quella sera, aveva parlato a malapena. 

“Sì?”
“Una di voi è venuta ad Azkaban, pochi giorni prima della mia evasione, mi ha avvisato che sarebbe successo. So che ha parlato anche con Mackenzie, ma non le ha detto come di chiamasse, così come non lo ha detto a me. Tu puoi dirmi di chi si tratta?”

“La mia amica Jezabel, la Temperanza. Doveva essere lei a venire stasera, ma non ha voluto. Perché?”
“… Curiosità. Grazie.”

Loki si congedò in fretta come l’aveva raggiunta, girando sui tacchi per tornare dentro casa, questa volta con un sorriso soddisfatto sulle labbra finalmente conosceva il suo nome, anche se ancora non l’aveva rivista.
Maysen, dal canto suo, indugiò con lo sguardo sul Peccato per qualche istante prima di seguire i Cavalieri oltre i limiti della barriera per potersi Smaterializzare. 

Ovviamente non conosceva Loki, ma conosceva Jezabel. E non era solita tirarsi indietro o cambiare idea così all’improvviso. 
Strano 


“Sembri un tredicenne felice perché la fidanzatina gli ha dato un bacio…”
“Sta’ zitta, Ebe, pensa al tuo principe azzurro. Non è morto, credimi.”
“Buonanotte splendore, ti voglio bene anche io!”

Ebe abbozzò un sorriso prima di chiudere la porta, e anche se non le commentò le parole dell’amico le procurarono comunque un moto di speranza non indifferente. E per la prima volta dopo molto tempo si addormentò un po’ più serena e sorridente.


*


“Posso chiederti perché non sei voluta andare, oggi?”
“È personale, Cris.”
“Così personale da non potermelo dire?! Andiamo Jess, siamo amiche da anni!”

“In realtà non è niente di grave, solo non mi andava, ti ho già detto come la penso, no?”
Jezabel si strinse nelle spalle mentre camminava accanto all’amica sul marciapiede, e Cristal le riservò un’occhiata di sbieco , poco convinta:

“Se lo dici tu…”
“Non farti un cruccio di qualcosa che non lo richiede, Cris, fidati, va tutto bene. Ci vediamo domani, buonanotte.” 

L’ex Tassorosso salutò l’ex Grifondoro con un cenno, superandola affrettando il passo. Cristal la salutò e la guardò sparire poco dopo nel buio di una Londra su cui era ormai calata la sera già da un pezzo. Non voleva insistere e disturbarla, ma aveva la sensazione che ci fosse qualcosa che l’amica non le stava dicendo.

Forse che non voleva incontrare di persona i Peccati proprio perché la disturbava il desiderio stesso che provava all’idea di farlo, ma questa era l’ultima cosa che Cristal immaginava. 
Così come che l’amica venisse tormentata di continuo da un paio di penetranti occhi cerulei.


……………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Chiedo umilmente scusa un’altra volta per il ritardo di più di due settimane, in realtà ho scritto pochissimo in generale perché sono stati giorni molto pieni e sono in ritardo un po’ con tutto. Non vi prometto che aggiornerò più rapidamente la prossima volta perché non vorrei illudervi per nulla, ma intanto scusatemi. 
Ah, spero che il capitolo non faccia pena, ma l’ho buttato giù di getto stasera. 

Mi perdonerete però visto che vi ho ufficialmente detto chi ha incontrato Loki ad Azkaban, ossia la nostra splendida Temperanza:

Grazie per le riposte dello scorso capitolo, comunque, e buonanotte! 
Signorina Granger 

Ps. Il prossimo sarà tutto per Cavalieri & Virtù, non temete autrici!

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6 



Quando la porta le si fu chiusa alle spalle Jezabel sospirò, lasciandosi scivolare fino al pavimento senza nemmeno curarsi di accendere una luce. 
Restò nel buio più totale, seduta contro la porta, e ben presto si strinse le ginocchia con le braccia, mordendosi il labbro inferiore. 
Non era comune che qualcosa la turbasse, specie in modo significativo. Era solita ignorare i commenti, le maldicenze, parole che avrebbero ferito chiunque. Li udiva, li registrava ma non faceva o diceva niente, limitandosi a restare impassibile, a testa alta. 

Stava lasciando Azkaban, più turbata di quanto non avrebbe mai previsto dopo la sua breve chiacchierata con la Lussuria, quando per poco non urlò sentendosi afferrare una caviglia da una mano dalla presa salda. 
La strega sobbalzò e si scostò istintivamente, puntando la torcia contro le sbarre della cella che aveva davanti. 

I suoi occhi incontrarono così un sorriso obliquo e quasi beffardo che già conosceva, un volto familiare che non vedeva da qualche tempo e che sperava di non dover rivedere mai più.

“Jess.”
La voce era insolitamente calma, sorprendentemente rilassata. Come se non si trovasse affatto in una cella, ma stessero parlando normalmente, come due vecchi amici che si ritrovano dopo qualche tempo. 

“Cercavi me?”
“No. Non mi è nemmeno passato per la testa… ho ben altro a cui pensare.”

La strega mosse un passo indietro e scosse il capo, e la voce le tremò appena. Non le mancava e non si pentiva di quel che aveva fatto, ma il pensiero di essersi fidata di una persona del genere ancora la tormentava. Come aveva potuto sbagliare così tanto? Come aveva potuto mancare di rispetto e infangare la memoria di Michael con una persona simile?

Patrick sembrò non averla sentita, limitandosi ad osservarla con aria pensierosa prima di parlare con tono assorto:

“Hai un altro ex ad Azkaban? Sarebbe un record in quanto a sfortuna, tesoro.”
“No. Ho la fortuna di non avere altre persone così immonde nel mio passato, e si spera nemmeno nel mio futuro. Addio Patrick.”

“Dovresti ringraziarmi, se non fosse stato per me non saresti quello che sei.”

Jezabel si allontanò in fretta e furia, imponendosi di non voltarsi. Si trattenne dall’informarlo che spesso e volentieri non le piaceva affatto essere quello che era, perché non sopportava l’idea di dargliela vinta. Anche se lei era in libertà e lui lì dentro, a volte si chiedeva chi avesse realmente perso, tra loro.



Jess chinò il capo, quasi nascondendolo contro le proprie gambe. Aveva appena chiuso gli occhi, tuttavia, quando una serie confusa e molto rapida di immagini – miste a sensazioni – la colsero sul vivo. 
Vide un paio di occhi chiari scrutarla, una voce profonda chiamarla a bassa voce e le sembrò di sentire delle dita sfiorare le proprie. Le sembrò di trovarsi stesa su un prato, qualcuno la baciava, e vide una mano insanguinata stretta nella sua. 
Si sentì cadere sul pavimento, quello stesso pavimento, forse il corridoio del piano di sopra. Un dolore molto acuto la sorprese, e giurò di sentire la sua stessa voce urlare e implorare qualcuno prima di aprire gli occhi e sollevare di scatto la testa, senza fiato. 

Jezabel deglutì, restando immobile per qualche istante. Poi, lentamente, si alzò, il cuore che le martellava nel petto. 
Solo immagini confuse, non era niente. 
Se non l’avessero costretta a dimenticare come si faceva, forse gli occhi le si sarebbero inumiditi. 

Dicevano che il suo era un dono, ma lei l’aveva sempre visto come una condanna… forse il fatto che ben poche cose le fossero andate nel verso giusto lo testimoniava. 


*


Loki si svegliò sobbalzando, mettendosi a sedere di scatto con il fiato corto e gli occhi azzurri spalancati nel buio della stanza. Le sue mani stringevano convulsamente il lenzuolo e il mago rabbrividì mentre deglutiva, rendendosi conto con indescrivibile sollievo di non essere ad Azkaban.

Non era ad Azkaban, era lontano, con Mac ed Ebe. E non ci sarebbe mai tornato, in quel posto infernale.

Questo fu ciò che si disse mentre si rimetteva lentamente supino sul materasso, gli occhi vigili e fissi sul soffitto buio della stanza. Rabbrividì, suo malgrado, e gli parve quasi di risentire il freddo che aveva patito per tre anni e anche poco prima, nel suo sogno. 
Il freddo del vento che s’insinuava all’interno della torre e che arrivava fino ai detenuti attraverso le sbarre delle celle. Il freddo spettrale, angosciante è opprimente dovuto alla presenza dei Dissennatori, che vagavano come anime in pena in cerca di uno scopo nella loro esistenza davanti ai suoi occhi. 

Buio e freddo, ecco tutto ciò con cui aveva avuto a che fare per tre anni. Senza mai vedere nessuno, fatta eccezione per i Cavalieri Sacri che gli avevano fatto visita varie volte, specialmente nel primo periodo di prigionia. Le urla, le preghiere, gli insulti degli altri detenuti gli risuonavano nella mente ogni volta in cui chiudeva gli occhi, così come il dolore delle ferite, il tintinnio di catene.

Faticava a dormire, Loki, da quando Mac lo aveva portato fuori da lì. In realtà faticava a dormire da tre anni, aveva scordato cosa fosse un buon sonno ristoratore. 
Non ne aveva fatto parola con l’amica o con Ebe, anche se era sicuro che quest’ultima si sarebbe proposta di aiutarlo preparandogli un qualche filtro per farlo dormire.

Si rigirò, stendendosi sul fianco e chiudendo gli occhi, respirando profondamente per rilassarsi. 
No, non voleva chiedere il loro aiuto, era già abbastanza snervante il non essere riuscito ad evadere da solo, il non avere possesso del suo stesso Tesoro Sacro. 
Perciò ne sarebbe uscito, sì, ma da solo. Non importava quanto ci sarebbe voluto.


*

“Loki ha qualcosa di strano.”

Ebe parlò tra un boccone e l’altro mentre spazzolava la torta margherita che Mackenzie aveva fatto quella mattina: la strega si era svegliata all’alba, inquieta, e come sempre quando non riusciva a dormire si era messa a cucinare. Con grande gioia dell’amica, naturalmente.

Mac, che stava in piedi davanti all’amica appoggiata ai fornelli e dando le spalle alla finestra aperta, rivolse ad Ebe un’occhiata incerta mentre si puliva le mani, parlando con tono scettico:

“Tu dici?”
“Fì, lo conofco bene.” 
“Anche io, ma non ho notato niente…”
“Sì, ma tu sei costantemente impegnata a preoccuparti di tutto, cercare di capire dove sono gli altri, assicurarti che nessuno ci trovi, trattare con Virtù e Cavalieri, cucinare…”

“Va bene, allora dimmi, perché pensi che ci sia qualcosa che lo turba?”
“Facile, siamo noi tre soli da due settimane e non ci ha mai proposto di fare una cosa a tre!”

“… Hai ragione. Non ci ho fatto caso… Pensi che sia grave?!”
“Non lo so, ma mi sembra molto interessato alle Virtù, ogni volta in cui ne arriva una controlla di chi si tratti e poi si allontana deluso e frustrato. Inoltre, l’altra sera l’ho visto parlare con la Fortezza. Come se… stesse aspettando di vedere qualcuno di preciso.”

“Aspetta. La Virtù che venne da me, la Temperanza, disse che sarebbe andata ad Azkaban da Loki per avvertirlo. Non sarà…”. Mac sgranò gli occhi verdi, e le due si scambiarono un’occhiata sbigottita prima che Ebe si mettesse le mani tra i lunghi capelli neri:

“PORCA MADRE NATURA!”


“Che vi prende?!”  Loki, che stava cedendo le scale, si fermò alla fine della rampa mentre si sistemava gli straccali, rivolgendo alle due amiche un’occhiata incerta che venne ricambiata con due sorrisi innocenti e riparatoti:

“Niente, niente.”
“Tieni Loki, mangia un po’ di torta. Ebe ha visto solo un… capello bianco…”

“Ah, sì, ero tentato di dirtelo l’altro giorno, ma ho pensato di lasciar perdere.”
“C-COSA?! Io non ho… DOVE?!”

Ebe, scandalizzata, guardò l’amico con orrore prima di alzarsi e correre in bagno per guardarsi allo specchio, decretando che non era possibile e che no, lei non poteva invecchiare e avere i capelli bianchi.
Mackenzie abbassò lo sguardo su Loki, guardandolo tagliarsi una fetta di torta con un inequivocabile – e a lei molto noto – sorrisetto sulle labbra. La strega aggrottò così la fronte e incrociò le braccia al petto, guardandolo con fare accusatorio:

“Tu non hai visto nessun capello bianco, vero?”
“Forse sì, forse no… chi può dire cos’hanno visto questi occhi?”

“Ebe, non stai invecchiando, scendi!”
“NO! Sono vecchia e brutta, andrò in giro con un sacco in testa d’ora in poi!”
“Per l’ amor del cielo, sei inequivocabilmente bella! Loki, non ridere.”


*


Alistair, in piedi davanti al tavolo in cucina, allungò una mano senza nemmeno alzare lo sguardo dalla terrina che aveva davanti:

“Due uova.”
“D’accordo… ecco. Quanto ci vorrà per poterla mangiare?”

Cassandra, in piedi accanto al padre con a sua volta un grembiule addosso, gli passò le uova facendo attenzione a non romperle e gettando un’occhiata di sbieco alla gran quantità di cioccolato prendete sul tavolo.

“Abbi pazienza tesoro, per poter mangiare un dolce prima bisogna prepararlo… ma le uova è meglio se le rompo io. Tu puoi mescolare.” Alistair ruppe le uova tenendole con una mano sola, abbozzando un sorriso alla figlia mentre divideva i tuorli dagli albumi. Cassandra, per tutta risposta, incrociò le braccia al petto e gli rivolse un’occhiata torva:

“Puoi anche dirlo che temi che io combini disastri!”
“Non offenderti piccola, ma me la cavo molto meglio di te in cucina… o con le faccende domestiche. Ma apprezzo tantissimo il tuo aiuto.”

Alistair sorrise e si chinò per darle un bacio sulla testa – facendo attenzione a non toccarla con le mani sporche –, prima di prendere la frusta e iniziare a sbattere le uova sotto lo sguardo della ragazzina, che abbozzò un sorriso prima di parlare:

“Lo so… lo dice anche Belle che è impressionata dalle tue “doti di casalingo”. Lo zio Bash invece ti prende in giro…”
“Mi prenderà anche in giro, ma è sempre ben felice di mangiare quello che cucino, mi risulta. Mi passi lo zucchero?”

Cassandra obbedì, pensierosa, ed esitò prima di aggiungere qualcosa:

“Belle dice che è raro che gli uomini facciano quello che fai tu.”
“Beh, mi sono dovuto adattare quando io e la mamma abbiamo divorziato.”
“Ma se è così strano, e penso apprezzabile, che tu ti sappia arrangiare, perché non ti trovi una fidanzata?”

“Cassie, da quando vuoi che mi trovi una fidanzata?”  Il Cavaliere strabuzzò gli occhi, gettando un’occhiata stralunata alla ragazzina: quel discorso gli era decisamente nuovo, e in effetti da quando lui e Hope Selwyn avevano messo la parola “fine” al loro matrimonio quattro anni prima e lui aveva ottenuto l’affidamento di Cassandra non aveva avuto alcuna relazione: tra una figlia a cui badare da solo, il lavoro, la casa e suo fratello minore che faceva loro visita di continuo per scroccare pasti non avrebbe avuto tempo neanche volendo.
Senza contare che, ne era certo, non fosse semplice trovare una donna che accettasse completamente il suo avere una figlia, per di più così grande.

“Beh, ne ho parlato con Belle. Dice che anche secondo lei dovresti essere felice, visto che con la mamma non lo eri.” Cassandra si strinse nelle spalle, parlando con tono neutro, e Alistair si fermò prima di voltarsi verso la figlia:
“Io sono molto felice di aver sposato tua madre, perché per quanto non andiamo d’accordo, lo sai, mi ha dato la cosa più bella della mia vita, ossia te. Ricordatelo. E tu e Belle dovreste spettegolare di meno!”
“Mentre tu portavi Philip a fare giri in moto dovevano pur passare il tempo! Dai, sbrigati con la torta!”


*


“Phil! Sei pronto?! Devo portarti da Sam quando arriva Alis!”
“Eccomi, arrivo. Dove devi andare oggi? Tu e Alistair avete qualcosa di importante da fare?”

Belle guardò il fratellino, di ben undici anni più giovane, raggiungerla nel salotto mentre la strega prendeva il fodero della sua katana.

“Sì, ma non ti dirò cosa.”
“Che barba…”
“Non lamentarti, oggi starai con Marshall, non ti va certo male.”

“Come mai andate solo tu e Alistair?”
“Perché chi di dovere ha deciso così, non facciamo certo quello che ci pare. Comportati bene da Sam, ok?”


Philip annuì, osservando la sorella maggiore con occhio critico. Forse avrebbe insistito per scoprire cosa dovesse andare a fare, ma sentendo il familiare rumore generato dal motore di una motocicletta si bloccò e corse alla finestra per controllare che fosse effettivamente Alistair.

“C’è Al! Ciao! La prossima volta può farmi fare un giro?”
“Non è sicuro neanche un po’, ma se proprio ci tieni…”
“Tu non fai un lavoro sicuro!”
“Che c’entra, il mio è lavoro, e io non ho 11 anni! Coraggio, andiamo, non facciamo aspettare Alis.”

Belle fece cenno al fratellino di seguirla e Philip la precedette fuori dalla porta dell’appartamento, gettandosi sulle scale per scendere e raggiungere Alistair con un sorriso allegro, guardandolo aspettarli con un casco sottobraccio:

“Ciao Al! La prossima volta posso fare un giro? Non c’è Cassie?”
“Oggi dovrete fare a meno di lei, l’ho portata da mio fratello… ma sì, certo, la prossima volta ti porto a fare un giro.”

Alistair sorrise al ragazzino, che ricambiò vivacemente mentre la sorella maggiore li raggiungeva:

“Ciao Al… portiamo il signorino da Sam e poi andiamo, ok? Cassie?”
“Da suo zio.”
“Non da Hope?”
“Piuttosto che lasciarla più del dovuto a quella serpe in seno di sua madre la lascerei con alcuni dei nostri colleghi meno empatici e gentili e più violenti.”


*


Sam stava guardando distrattamente Marshall e Philip giocare a Gobbiglie mentre Melissa, accanto a lui, sedeva sul divano tenendo le gambe accavallate, le braccia strette al petto e gli occhi scuri fissi a sua volta sui due ragazzini.

“Pensi che troveranno uno di loro?” Fu Sam a rompere il silenzio, rivolgendosi all’ex Corvonero facendola stringere nelle spalle. Non era raro che Melissa, che non era solita parlare molto, evitasse di rispondere verbalmente ma si limitasse al linguaggio verbale, ma conoscendola a Sam bastò gettare un’occhiata e cogliere la sua espressione tesa e assorta per avere una risposta: sì, anche se la cosa un po’ la preoccupava.

“Io stavo pensando se saranno tutti così collaborativi è disposti ad accettare il nostro aiuto. Non possiamo sapere se lo faranno.”
Sam tornò a guardare il figlio giocare con l’amico e Melissa, a quel punto, parlò con tono neutro, senza scomporsi:

“No, ma loro conoscono i loro vecchi compagni, sapranno come gestirli. In caso contrario, si adatteranno. Nemmeno a noi piacciono al 100%, sono innocenti ma non del tutto.”
“Oggi Belle e Alistair erano diretti in Scozia… che cos’hanno detto agli altri?”

“Lavoro top secret per le Virtù, credo.”
“Immagino che cercheranno di lavorarsele… prima o poi qualcuno avrà dei sospetti.”
“Sì, ma speriamo il più tardi possibile.”



“Marsh?”
“Sì Phil?”
“Sam ti ha detto cosa deve fare oggi mia sorella?”
“No, papà non parla spesso di quel che fa di preciso al lavoro. Dice che è complicato e che risulterebbe noioso.”

Il ragazzino si strinse nelle spalle mentre posizionava le Gobbiglie sul pavimento e Philip, per tutta risposta, gettò un’occhiata assorta in direzione di Samuel:

“Sai, a volte penso che sia strano che sia tuo padre… avete la stessa differenza d’età che c’è tra me e mia sorella. Una volta ho provato ad immaginarla come madre, è stato strano.”
“Beh, ma in effetti ti cresce lei, quindi…”
“Sì, ma può considerarsi mia madre “spiritualmente” non geneticamente! Non lo so, mi fa strano.”

“Non sei l’unico, tutti storcono il naso quando sentono che sono suo figlio e non il suo fratellino. Per Cassandra è diverso, lei ha un anno in meno di me e Alistair è più grande di mio padre di quattro.”

Marshall si strinse nelle spalle, parlando con il tono assorto di chi non fa molto caso a quel che dice, forse perché abituato a sentire spesso gli stessi discorsi. 
Quando era molto piccolo non ci faceva caso, crescendo si era reso conto che Sam era suo padre a tutti gli effetti e non una sorta di fratello maggiore. Non gli piaceva parlare di sua madre e nessuno sembrava saperne molto su di lei, quel che Marshall sapeva era che la ragazza l’aveva lasciato a Sam prima di sparire, e da allora nessuno l’aveva più rivista.


*


Asher sedeva in un angolo, aspettando il suo turno mentre guardava, di fronte a lui, Isaakiel e Brian allenarsi. 
Era tornato poco prima da una sorta di “controllo” di tutta la zona costiera più vicina ad Azkaban: da quando la Lussuria era evasa, sembrava che il desiderio del Ministro di acciuffare i Peccati fosse riemerso dalle ceneri, perché aveva dato ordine di cercarli in lungo e in largo. 

Forse teneva che si riunissero, Asher non lo sapeva, nemmeno gli interessava, voleva solo trovarli, non importava a quale prezzo e con quali mezzi. 

Il Cavaliere guardò Isaakiel sollevare il braccio che reggeva il manico della catena e consigliò mentalmente a Brian di evitare il colpo, perché conosceva fin troppo bene gli effetti di quell’arma. L’altro però non si fece prendere in contropiede perché, con un sonoro colpo, la frusta di Brian sferzò l’aria e una debole risata lasciò la gola del più vecchio quando la catena cadde a terra con un tonfo sordo.

“Mani di burro, Isaakiel?”
“Taci, per favore.”   Isaakiel non battè ciglio, ma gli rivolse un’occhiata torva mentre si chinava per raccogliere l’arma, che però venne trasportata via per mezzo di un incantesimo di Brian: sul pavimento comparve un sottile strato di acqua che condusse la grossa catena dritta dal Cavaliere, che la sollevò divertito. 

“Sai, mi piacerebbe vederti senza questa.”
“È già successo in passato, ti ho anche battuto. Ma se vuoi che io ne faccia a meno adesso, dovresti lasciare la frusta per rendere le cose eque.”
“Quando malmenavi la Lussuria ad Azkaban non era molto equo, giusto?

“No. Ma certi individui non se la meritano.”

Isaakiel parlò con tono pacato, senza scomporsi minimamente, e Brian gli porse la catena con un debole sbuffo mentre Asher, qualche metro più in là, ripensava a a quando avevano fatto visita al Peccato. 
Era stato terribilmente soddisfacente torturarlo, ma non era assolutamente abbastanza. 


*


“Pensi che qualcuno sospetti qualcosa?” 
Rita camminava a passo svelto lungo il corridoio con Maysen a fianco, e l’amica annuì sbrigativamente dopo aver incontrato la Fortezza, come d’accordo, davanti ai camini che fornivano l’ingresso al Ministero si gran parte dei suoi impiegati.
“Forse Asher Flint, ho già cercato di mettere a posto le cose.”
“Bene, cerca di farlo… mi sento orribile a dire una cosa simile, davvero, ma non possiamo permetterci che qualcuno inizi già a sospettare qualcosa. Jess?”

“Con il Ministro.”
“Merda…”


*


“Mi è stato detto che avete “ingaggiato” alcuni Cavalieri per dei… lavori.”
“Sì. Ammetto che non è nostra abitudine farlo, ma non credo che vada contro alcun tipo di legge. È forse un problema, Ministro? Ritengo che anche noi possiamo usufruire dei loro servigi, sbaglio?”

Jezabel, seduta di fronte al Ministro, inarcò leggermente la fronte mentre teneva le mani strette sul suo ginocchio destro. L’uomo esitò ma annuì, restando comunque poco convinto:

“Sì, teoricamente potete, mi chiedevo solo il perché di questo… Improvviso cambiamento.”
“Che posso dire, talvolta abbiamo bisogno di un aiuto anche noi. Nulla di grave, comunque, se è questo che la preme.”

Jezabel accennò un debole sorrise con le labbra e guardò l’uomo leggere qualcosa scritto su un rotolo di pergamena prima di parlare:

“Volevo parlarle anche a proposito di un’altra faccenda. Qui risulta che lei abbia fatto visita ad Azkaban una sera, è così?”
“… Sì.”
“E perché l’ha fatto? Non era mai successo prima, da quel che ne so. Non molto tempo prima che la Lussuria evadesse.”

“Volevo parlare con una persona. Sa di chi parlo. Quella storia è ancora oggi sulla bocca di tutti e lo sappiamo entrambi, non finga.”
Il tono e l’espressione di Jezabel s’indurirono leggermente, pensando a tutte le voci che giravano per il Ministero, i commenti sussurrati a mezza voce che udiva quando passava. 
Erano molte le persone a non prenderla sul serio, vuoi per il suo carattere, vuoi per la sua storia e il motivo per cui era “la Temperanza”, forse molti uomini la sottovalutavano anche per il suo aspetto, forse era “troppo bella” per avere un ruolo tanto importante.  
Voleva che il Ministro non lo facesse, che la prendesse sul serio.


“Non fingo, Signorina Farrel. Trovavo solo che fosse una curiosa coincidenza che lei si fosse recata straordinariamente ad Azkaban proprio poco prima dell’evasione della Lussuria. Lo ha visto?”
“No. O forse sì, ma non avrei saputo riconoscerlo.”
“Lo abbiamo messo in un punto piuttosto isolato, si divertiva a giocare con le menti altrui e ha creato molti problemi… inoltre, pare che sappia essere molto persuasivo. È una bella competizione, ma credo che tra tutti loro la Lussuria sia uno dei più subdoli.”

“Louis Murray.”
“Come dice?”
“È il suo nome. Louis Murray. Hanno dei nomi, Ministro.”
“Li hanno persi quando sono stati liberati da Azkaban, hanno adottato nuove identità. Lui si faceva chiamare Loki, scelta perfetta, direi.”

“Se ha finito, dovrei andare, Signore.” Jezabel si alzò e l’uomo la guardò prima di rivolgerle un cenno, accorpandole il permesso di uscire dalla stanza. 
Jezabel lo fece con un sospiro di sollievo, e aveva percorso pochi metri quando s’imbatté in una Cristal preoccupata, che le corse incontro – per quanto potesse correre con le scarpe che indossava –:

“Eccoti, finalmente! Che cosa voleva? Problemi?”  Jezabel sbuffò e non smise nemmeno di camminare, procedendo a passo di marcia mentre l’amica la seguiva guardandola con aria preoccupata:
“Lui ci odia, se chiede di vederci c’è sempre un problema, Cris. Non capisco come abbiano fatto a sapere della mia presenza ad Azkaban, pensavo di essere stata cauta.”

“Tu sei sempre cauta!”
“Beh, forse non lo sono stata abbastanza. Troviamo le altre, urge una riunione.”
“Che cosa hai detto di Azkaban?”
“Ho mentito, ho detto che ero andata a parlare con… lui. E in effetti l’ho visto, ma… Merlino, dovremmo modificargli la memoria.”

“Tutte noi saremo ben felici di prenderlo a sassate con piacere, se può aiutare a provocargli amnesie, Jess.”


*



“Abbiamo individuato una sorta di figura sospetta ad Edimburgo, seguendo la scia che gli hai fornito.”
“E?”
“Abbiamo trovato una donna di nome Grace Orwell. Pare che pochi la conoscano e che sia molto schiva, e la descrizione fisica non coincide, ma…”
“Questo non ha importanza, sarebbe da lei mimetizzarsi… Loki, Grace Orwell ti dice niente?”

Mac si voltò verso Loki, seduto a poca distanza su una poltrona con le gambe pigramente accavallate e una sigaretta stretta tra le labbra. 

“Grace è il suo secondo nome. E credo le piacesse Orwell.”
“Bene. Tornate in Scozia, trovate questa donna e cercate di portarla qui. Se vedendo che siete Cavalieri cercherà di scappare, avrete la conferma che si tratta di lei, è brava a farlo. Forse abbiamo trovato Alanis.”



*


Maysen imprecò a mezza voce in francese, maledicendosi per essersi presa la responsabilità di tutto quel carico, e con i tacchi addosso, per di più.
Spesso e volentieri la gente le chiedeva perché mai imprecasse in francese, e la strega solerte ripeteva che fosse “più raffinato”. Le sue amiche la prendevano in giro sulla questione, in realtà, ma la strega non ci badava. 


“Non sono certo di aver capito che cosa ha detto, ma posso darle una mano?”

La strega, voltandosi di scatto nell’udire una voce alle sue spalle, abbozzò un sorriso quando si ritrovò davanti Asher, annuendo:

“Meglio se non lo ripeto. Grazie, comunque, molto gentile. Ah, e non dirmi del lei, mi sento vecchia quando in realtà abbiamo praticamente la stessa età.”
“Come vuol- vuoi.”

Asher prese uno dei due scatoloni che la ragazza reggeva e l’ex Tassorosso sospirò di sollievo, ringraziandolo sia verbalmente che mentalmente mentre tornava ad incamminarsi verso il suo ufficio.

“Che cos’è tutta questa roba?”
“Roba vecchia che devo controllare, niente di che, registri… cose noiose, niente a che vedere con quello che fate voi.”

Maysen parlò con una nota nella voce che non sfuggì all’orecchio di Asher, che le rivolse un’occhiata di sbieco prima parlare mentre la seguiva lungo il corridoio:

“Che cosa ne pensi? Di noi, intendo.”
“Beh… non sono particolarmente d’accordo con tutte le dinamiche del Ministero e le decisioni del Ministro, specie negli ultimi tempi. Le cose stanno prendendo una piega diversa e non so quanto sia positivo, ma è solo il mio punto di vista.”
“Non siamo sei mostri, se stai evitando di dire questo.”

Asher aggrottò leggermente la fronte, assottigliando gli occhi chiari mentre Maysen, al contrario, si voltò e gli rivolse esattamente ciò che non si aspettava: un candido sorriso, con cui la strega annuì:

“Sì, lo so. Non tutti, almeno. Grazie per l’aiuto, da qui faccio da sola. Buona serata, Asher.”
La strega gli diede nuovamente le spalle e s’incamminò da sola lungo il corridoio, con al seguito lo scatolone che si librò dalla presa del Cavaliere per galleggiare a mezz’aria dietro di lei. 

“Oh… Ok.” Il mago, preso in contropiede, annuì debolmente e per qualche istante esitò, guardandola allontanarsi – si era aspettato qualsiasi risposta, ma non quella e non con quel tono – prima di girare sui tacchi e allontanarsi a sua volta, scuotendo il capo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Tremava.
Il suo corpo era scosso da forti tremori incontrollati mentre sedeva sul pavimento umido, gelido e sporco.
Gli occhi chiusi, la testa china, le mani strette ai lati di essa, impegnate a stringerla quasi come se sperasse che in quel modo le voci e i pensieri orribili se ne sarebbero andati.
Il tempo sembrava non trascorrere mai lì dentro, non aveva nemmeno idea di quanto tempo fosse passato da quando l’avevano portata in quella cella… la sua vita non era altro che un cupo e gelido susseguirsi infinito di lacrime, angoscia, paura, dolore, breve sollievo e poi di nuovo l’angoscia. Le urla – a volte non sapeva se fossero solo nella sua testa, se appartenevano ad altri o se era la sua voce – le facevano pulsare la testa e non avrebbe desiderato altro che trovare un interruttore da spegnere affinché tutto cessasse. 
A volte persino porre fine alla sua vita non le sembrava una cattiva idea.

Tutto quello che voleva era un po’ di pace, una pace che le era stata privata – o di cui lei stessa si era privata – più di due anni prima e che sembrava lontana anni luce, un misero ricordo tenuto rinchiuso in un angolo remoto della sua memoria confusa. 
Una pace che non sapeva se avrebbe mai ritrovato sulla sua strada.

Quando sentì dei passi e delle voci – calme e basse, non grida disperate – i tremori parvero cessare. I suoi sensi si misero per qualche istante sull’attenti e quando si rese conto che quei passi avevano condotto i “visitatori” proprio da lei la strega sollevò la testa di scatto, confusa e spaventata. 
Forse era un’allucinazione?

C’erano tre uomini davanti a lei, due dei quali stavano un passo dietro al primo, il più vecchio, e si guardavano intorno con circospezione, rigidi come tronchi. Dei Cavalieri. 

“Salve, Signorina Evergreen.”  L’uomo più vecchio, vestito elegantemente e con dei capelli grigi pettinati all’indietro, le sorrise con un paio di luminosi occhi chiari intenti ad osservarla mentre delle grosse e arrugginite chiavi aprivano da sole la serratura.
“C-cosa fate?”     

La strega deglutì e indietreggiò d’istinto, finché non toccò la parete umida con la schiena. Un altro brivido la scosse, ma non ci badò: teneva gli occhi fissi sui suoi “visitatori”, guardandoli aprire la porta della cella. Non c’erano corde, catene o simili, ma ciò non le impediva di preoccuparsi.

“La tiriamo fuori da qui, Signorina. Ce la fa ad alzarsi?”
“No. No, vi prego, non voglio venire con voi. Vi prego.”   La voce della strega tremò mentre, scuotendo convulsamente il capo e guardandoli con gli occhi sgranati, si appiattiva il più possibile contro la parete. Uno dei Cavalieri mormorò qualcosa a quello che sembrava essere il loro capo, che però non battè ciglio ed entrò invece nella cella per avvicinarlesi e porgerle la mano:

“Non le faremo nulla, Signorina Evergreen.”
“Non voglio tornare in quel posto, per favore… non posso stare lì!”
“E non ci tornerà. Glielo prometto. Non la farò uscire da Azkaban per riportarla in una clinica, ha la mia parola. Sono il Ministro, Signorina, pensa di potersi fidare di me?”

La strega sollevò la testa e i due si guardarono per qualche istante, poi la ragazza annuì e tirò su col naso, abbassando lo sguardo mentre l’uomo l’aiutava ad alzarsi, sorreggendola per impedire che i tremori alle gambe la facessero cadere rovinosamente.

“Willow. Mi chiamo Willow.”


*


“Ho indetto questa riunione d’emergenza in cucina perché…”
“Merlino, avevo quasi scordato la tua mania delle riunioni in cucina..”

Loki alzò gli occhi al cielo con fare teatrale mentre sedeva su una sedia con le gambe accavallate e il gomito appoggiato allo schienale, accanto ad Ebe. Ebe che ridacchiò mentre Mac, invece, si mise le mani sui fianchi e fulminò entrambi con lo sguardo:

“È una cosa seria! Quando Belle e Alistair sono andati ad Edimburgo qualche giorno fa non hanno trovato nulla, oggi torneranno in Scozia per cercare Alanis e penso che tu, Loki, dovresti andare. E no, non per fare shopping in centro!”
“Non lo stavo per chiedere…”
‘No, ma l’hai pensato.”
“Mac, devo ricordarti che qui quello che legge i pensieri sono io?”

“Come stavo dicendo, penso se tu andassi con loro sarebbe meglio, Alanis sarebbe più… collaborativa. Tra noi sei quello che meglio la conosce, dopotutto.”

“Beh, non ho molto da fare, quindi penso di poterti accontentare. A patto…” Loki scrutò l’amica assottigliando leggermente gli occhi chiari, guardandola ricambiare il suo sguardo senza battere ciglio.

“… Che tu mi dia la mia bottiglia di Whiskey che hai nascosto.”

“… D’accordo.” Mackenzie alzò gli occhi al cielo ma annuì, facendo sorridere l’amico con soddisfazione. 
“Posso andare anche io per avere un favore in cambio?”  Ebe alzò la mano, sorridendo speranzosa, e Mac inarcò un sopracciglio prima di parlare con tono esasperato:
“Non esiste che voi due andiate insieme, fareste esplodere tutta la città in un minuto…. Ma sentiamo, cosa vorresti?”

“Beh, ho qui una lista delle cose che mi piacerebbe mangiare e…” Ebe fece per tirare fuori dalla tasca un foglio piegato in quattro parti – sotto lo sguardo attonito di Loki, che le chiese da quanto ce lo avesse pronto – quando qualcuno bussò alla porta, e i tre si voltarono appena in tempo per vederla aprirsi e un paio di figure fare la loro comparsa sulla soglia.

“Salve! Speriamo di non disturbare, questa volta ho portato Rita… lei è la Fortezza.”

“Ciao Cristal!”  Ebe sorrise e sollevò una mano per salutare la bionda, che ricambiò mentre Rita, accanto a lei, si guardava brevemente intorno prima di salutarli a sua volta, osservandoli con curiosità.

“Mackenzie, Ebe e Loki. Stavamo giusto parlando di Edimburgo e del fatto che Loki andrà con i Cavalieri.”

Loki però non ascoltò l’amica, chiedendosi se per caso la strega bellissima che aveva visto ad Azkaban non fosse stato un frutto della sua immaginazione dopo tre anni passati senza vedere uno straccio di donna dal momento che non si era ancora fatta vedere nemmeno una volta.

“Oh, sì, i ragazzi dovrebbero arrivare a breve. Mi piacerebbe venire con voi, in realtà, ma immagino che sarà già difficile far collaborare la vostra amica con la presenza dei Cavalieri.”
“Per questo Loki andrà con loro, lui conosce Alanis da Hogwarts e in genere lo ascolta.”

“Sottolinea “in genere” Mac, perché non assicuro nulla. Oh, bene, i cavalieri dello zodiaco sono arrivati, possiamo andare.”

Loki si alzò e, recuperata la giacca dallo schienale della sedia, se la infilò con un paio di rapidi gesti prima di lasciarsela sotto lo sguardo accigliato di Ebe:

“Non ti smembra di essere troppo appariscente?”
“Beh, se non altro Alanis mi riconoscerà in fretta. E poi lo sai Ebe, non mi sento me stesso se non così.”

“Sì, lo sappiamo, non sei te stesso se non ti distingui, razza di Dandy… su, vai a fare il tuo dovere.”

Ebe gli diede una leggera spintarella, soffocando a malapena un sorrisetto divertito quando l’amico le rivolse un’occhiata velenosa e le intimò con un sibilo di non rovinare i suoi vestiti prima di voltarsi e precedere Alistair e San, raggiungendolo direttamente sulla porta senza nemmeno dar loro il tempo di entrare.

“Bene, se dobbiamo farlo facciamolo in fretta, non mi va di perdere troppo tempo a zonzo per Edimburgo… mentre non ci sono decidete la nostra prossima meta fanciulle, ma ribadisco il mio categorico veto per il Galles.”

“Ma perché siamo amiche di una simile Primadonna Mac, me lo spieghi?!”


*


“Affascinante. Ti sei nascosta tra le rovine di una celebre meta turistica e per liberarti dei curiosi hai fatto credere ai Babbani che il posto fosse infestato! Geniale.”

Cristal sorrise divertita mentre, seduta accanto ad Ebe, faceva dondolare distrattamente la gamba accavallata sull’altra e teneva una tazza di tè tra le mani, gli occhi fissi sull’Invidia che invece si strinse nelle spalle, serafica:

“Beh, non è stato difficile… qualche folata di vento, scritte che comparivano e sparivano, suoni che non avrebbero dovuto esserci… basta poco.”
La strega si portò la tazza alle labbra per bere un sorso di thè mentre la bionda, al contrario, scuoteva leggermente il capo senza smettere di sorridere divertita:

“Avrei voluto esserci, ti sarai divertita. Insomma, non voglio dire che vivere da soli e da ricercata sia stato piacevole, ma…”
“Tutto a posto Cristal, ho avuto momenti peggiori. Loki se l’è sicuramente passata peggio di me.”



“Avete deciso di spostarvi, allora?”   Mentre Cristal ed Ebe chiacchieravano Rita si avvicinò a Mackenzie, che annuì e ripensò, con un piccolo sbuffo, alla discussione avuta con Loki ed Ebe solo quella stessa mattina, quando l’amico si era rifiutato categoricamente di prendere in considerazione il Galles, sostenendo di non voler “vivere in una landa desolata priva di civiltà”.

“Sì, penso che sia ora, non sto mai ferma nello stesso posto troppo a lungo… quando troveremo Alanis ce ne andremo, anche se sto ancora pensando al posto. Forse potremmo andare proprio in Scozia…”

“E… avete un’idea di dove possano trovarsi gli altri tre?”
“Sì e no. Potrebbe essere più difficile, ma ci arriveremo, anche grazie al vostro aiuto. Rita, posso chiederti perché Jezabel non è ancora mai venuta per incontrarci? Insomma, considerando che è proprio con lei che ho parlato prima di liberare Loki mi sembra curioso.”

Rita esito a quella domanda, non sapendo sinceramente che cosa rispondere: lei stessa si faceva non poche domande a riguardo, così come Cris e May. Non era però riuscita a farsi dire praticamente niente dalla diretta interessata che era sempre rimasta molto sul vago e sulla difensiva. 
Ovviamente le sue spumeggianti amiche avevano già iniziato a formulare le più strampalate teorie, Cris aveva persino proposto che Jess fosse il Ministro sotto mentite spoglie, ma nessuna aveva in mente qualcosa di certo. 

Furono proprio le parole della Gola ad accendere qualcosa nella mente della fortezza, che ripenso a quando Jess era andata ad Azkaban per parlare la Lussuria, la stessa Lussuria che aveva chiesto a May della loro amica. La stessa Lussuria che, vedendola, le aveva persino rivolto un’occhiata quasi torva, come se avesse sperato di vedere un’altra al suo posto.

“Non saprei dire, ma Jess ha sempre molto da fare. Si impegna più di tutti.”
Rita sorrise, appuntandosi mentalmente di parlare con l’amica al più presto. Forse era vicina alla verità, ma non era il caso di parlarne con la Gola prima di aver fatto chiarezza.


*


Fitzroy sedeva in una stanza che non conosceva insieme a persone che non conosceva dopo essere stato portato fuori da Azkaban all’alba.
Il ragazzo era ovviamente a dir poco confuso, ma non era l’unico: nessuno aveva ancora aperto bocca, ma sembrava che anche gli altri non avessero idea del perché della loro presenza.
Erano in sette, tutti ridotti abbastanza male da essere evidentemente appena usciti da Azkaban come lui.

La strega che sedeva di fronte a lui tremava come una foglia, stringendo convulsamente la coperta che le era stata messa sulle spalle mente fissava il tavolo davanti a cui era seduta con insistenza. Fitzroy la guardò, curioso, ma lei o non ci badò o non le importò, perché non ricambiò il suo sguardo e i suoi grandi, arrossati occhi scuri restarono fissi dov’erano mentre un ammasso informe di capelli scuri le incorniciava e in parte copriva quello che doveva essere un bel viso, in condizioni normali.


“Scusate se vi ho fatto aspettare, signori.”
“Si figuri, non ci aspettano da nessuna parte…” Un ragazzo pallido, dai capelli neri e gli occhi chiarissimi, parlò con sprezzo mal celato mentre la strega seduta accanto a lui rivolgeva un’occhiata torva al loro ospite, le braccia strette al petto e lo sguardo attento e diffidente:

“È una specie di trappola? O un qualche strano modo per farci patteggiare qualcosa?”
“No. Siete liberi, non metterete più piede ad Azkaban.. se deciderete di accettare le mie condizioni, naturalmente. Voi non mi conoscete, ma io conosco la storia di tutti voi… Sono Gaspard Finch, il nuovo Ministro della Magia. E penso che noi potremmo aiutarci a vicenda in modi molto vantaggiosi per tutti.”


*


Fitzroy era uscito per prendere un po’ d’aria e non si sarebbe aspettato di vedere qualcun altro seduto sull’erba, nel giardino della casa dove vivevano insieme da qualche settimana, al buio.
Non vedendola in cucina con gli altri aveva pensato che fosse chiusa in camera sua – in effetti non poteva definirsi molto socievole –, ma dopo una breve esitazione il mago la raggiunse, sedendo accanto a lei.

“È un po’ troppo anche per te?”
“Dopo tre anni da soli è… strano.”
“Sei stata ad Azkaban per tre anni?”

Era consapevole del cipiglio curioso che il suo viso aveva preso, ma la ragazza non si voltò e scosse invece il capo, continuando a guardare la schiera di luci di case e auto che si estendeva davanti a loro. 

“No. Per circa due anni, ma prima sono stata in una… clinica. Che era comunque una specie di prigione, non mi facevano mai uscire.”
“È stato tanto brutto?”
La strega annuì, e in un doloroso flash le passarono davanti tutti i ricordi peggiori di quei mesi, con la solitudine, il dolore, la stanchezza e la spossatezza dovute a tutto quello che le avevano fatto ingerire. Aveva molti vuoti di memoria proprio a causa delle medicine, ma forse era stato meglio così. 

“Si prendevano certe libertà che non avrebbero dovuto prendersi.”
“Molti pensano che anche io sia fuori di testa. Tu non mi sembri così, immagino che riporti solo gli effetti collaterali di quello che hai subito.”
“O magari siamo davvero fuori di testa entrambi, per questo ti sembro normale.”

Fitzroy rise e Willow, dopo un attimo di esitazione, sorrise appena. Da quanto non sorrideva? Non lo ricordava, ma i suoi muscoli facciali erano non poco indolenziti.


*


“Perché mi ha portata qui?”
“Perché volevo parlare con te, Willow. Posso chiamarti così?”

Willow annuì senza smettere di fissare il terreno ai suoi piedi ricoperto da fili d’erba mentre il Ministro, accanto a lei, si guardava intorno con aria rilassata e le mani nelle tasche.

“Bello, vero?”
La strega alzò lo sguardo e lanciò una fugace occhiata alla vasta prateria che li circondava, piena di alberi e cespugli.
Le era sempre piaciuto stare all’aria aperta, fin da piccola, e dopo aver passato anni senza vedere la luce del sole la strega non potè che annuire:

“Molto.”
“Willow, ho sentito che nella tua famiglia molte donne nascono con un dono speciale.”
“È per questo che mi ha tirata fuori? Perché le farebbe comodo quello che posso fare? Mi dispiace deluderla Ministro, ma io non sono come gli altri, non faccio nessuna grande cosa… non ho le capacità di Richard, Fitzroy, Louis o Ophelia…”
“Hai capacità diverse, Willow, ma non inferiori. Tutti voi vi distinguete per qualcosa e tu hai un dono bellissimo.”

“Ho ucciso mia sorella. Non so perché mi sta dando la sua fiducia, ma non la merito.”

Willow scosse il capo e diede un calco ad una pigna, scura in volto, e il Ministro le sorrise prima di metterle una mano sulla spalla:

“Ho sentito tante storie su di te, Willow, e ammetto che ero curioso di conoscerti. E da quel che ho potuto vedere e da quello che mi è stato riportato dalla clinica dove i tuoi genitori ti hanno rinchiusa non penso che tu sia una persona orribile. Nessuno con un dono come il tuo potrebbe esserlo, tu dai la vita. Hai idea di cosa vuol dire? Di quanto potere c’è dentro di te? Hai un dono meraviglioso e forse è arrivato il momento che tu te ne renda conto e di dargli libero sfogo. Lo reprimi già da troppo tempo.”


La mano del Ministro lasciò la sua spalla per accennarle alla prateria in cui si trovavano, quasi volesse suggerirle di mostrargli che aveva ragione.
Willow esito, guardandosi intorno: era da molto che non dava sfogo al suo “dono speciale”. Quando passava le sue giornate chiusa nella stanza della clinica a volte guardava fuori dalla finestra e faceva sbocciare fiori sugli alberi anche fuori stagione, o si divertiva ad allungarne i rami. Ma nulla di più, anche se aveva lasciato Azkaban da circa due settimane fino a quel momento aveva avuto quasi timore a provare a far nascere anche solo un fiore, temendo di poter scoprire che il suo dono si era affievolito dopo il tempo trascorso ad Azkaban. 

E forse, dopo la morte di sua sorella, una parte di lei era convinta di non meritare un dono così bello.

La strega chiuse gli occhi, inspirò profondamente e quando li riapri, pochi istanti dopo, vide una distesa di fiori di campo estendersi fin dove la sua vista riusciva ad arrivare. Anche gli alberi fiorirono e dal suolo spuntarono numerosi nuovi germogli.

Willow non battè ciglio mentre il Ministro, al contrario, sorrise e la guardò prima di parlare:

“Meraviglioso, semplicemente meraviglioso. Allora, Willow… penso che sia giunto il momento, per te, di sceglierti un nuovo nome. Potete cominciare una nuova vita, e quale modo migliore di cambiare anche il proprio nome?”

“… Posso scegliere quello che voglio?”
“Assolutamente, l’ho già detto anche agli altri.”

“… Ebe.”
“Ebe?”  L’uomo parve perplesso, ma durò solo per un istante, poi si ridestò e annuì, tornando a sorriderle mentre le metteva una mano sulla spalla.

“D’accordo. È il tuo nuovo inizio, dopotutto.”

La strega annuì, gli occhi scuri fissi su ciò che aveva appena creato. Poi, quando il Ministro si Smaterializzò con lei al seguito, tutto svanì, lasciando il posto ad un turbinio di colori.


*

“Mi piace il nome, ma come mai questa scelta? Se posso chiedere.”
Ebe, seduta sul davanzale della finestra, si voltò brevemente verso Fitzroy prima di tornare ad osservare il paese in cui vivevano, nel Surrey, in una casa gentilmente concessa loro dal Ministro.

Non le era mai piaciuto spifferare i suoi affari ai quattro venti, ma Fitzroy le piaceva, così si ritrovò a parlare prima di rendersene conto.

“Ebe nella Mitologia greca era la Dea della Giovinezza, figlia di Zeus e di Era. Mia madre era un’appassionata studiosa dei classici, ci raccontava spesso queste storie… gli altri piccoli maghi crescevano con Beda il Bardo, noi con vecchi miti. Il mio cognome… il mio cognome significa “sempreverde”, per sempre bello, puro, rigoglioso… giovane. E poi pare che io abbia ucciso mia sorella perché ero gelosa di lei. Iris che era più bella, più vitale… più giovane. Più tutto.”

“Pare?”  Fitzroy aggrottò leggermente la fronte e le si avvicinò, guardandola stringersi nelle spalle mentre si abbracciava le ginocchia.
“Non me lo ricordo. Non mi ricordo niente. Un attimo prima cenavamo e un attimo dopo eravamo in camera sua, io con la bacchetta in mano e lei sul pavimento, priva di vita.”


“È strano.”
“Dicono che l’inconscio attui dei mezzi di difesa per proteggersi e la rimozione è uno di questi. A volte rimuoviamo eventi che ci hanno toccato particolarmente.”


*

“Devo andare in un posto.”
“Dove?”
“Da mia sorella.”
“Vuoi che venga con te?”
“No. Vado da sola.”


Ebe era uscita sotto lo sgaurdo apprensivo di Mac, che però non aveva opposto resistenza. L’Invidia aveva salutato Cristal – Rita se n’era andata poco prima perché la reclamavano al San Mungo – e poi era uscita. Sola, per la prima volta da quando aveva ritrovato i suoi più cari amici.


Dopo essersi Smaterializzata la strega apparve in una vasta distesa d’erba costellata da lapidi e si diresse con calma verso quella di sua sorella. Era da molto che non andava fin lì, l’ultima volta risaliva a prima del suo secondo arresto… eppure ricordava perfettamente quel giorno, e anche con chi ci era stata.


“Perché mi hai portato qui?”
“Qui c’è mia sorella.”
“Oh.” 

Ebe sorrise appena mentre stringeva la sua mano, gli occhi fissi sulla lapide di Iris.
“Quello lo hai fatto crescere tu?”
“Sì.”

La strega annuì, gli occhi scuri lucidi, e lui le sorrise prima di mormorare che fosse bellissimo e baciarla dolcemente sulle labbra. Quando si separarono i loro visi rimasero a poca distanza l’uno dall’altro, e delle parole lasciarono le labbra di Ebe senza che lei lo volesse.

“Ti amo.”
Quando lo vide ammutolire, spalancare leggermente gli occhi chiari ed esitare Ebe abbassò lo sguardo e, scura in volto, fece per voltarsi e andarsene quando si sentì afferrare il polso e trattenere da una stretta salda e decisa. La strega si voltò, speranzosa, e ricambiò il suo sguardo intenso prima di vederlo accennare un sorriso:

“Anche io ti amo, Ebe.”
Il volto della strega s’illuminò e le sue labbra si distesero in un sorriso prima di abbracciarlo e appoggiare la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi scuri mentre lo sentiva accarezzarle la schiena e i capelli.

“Non sei pazza, Ebe… e nemmeno una persona cattiva. Mi dici sempre che tu vedi come sono davvero, beh, anche io vedo come sei davvero.”



Ebe si fermò, e dopo aver gettato una rapida occhiata alla lapide guardò il grande salice che sovrastava la tomba, quasi volesse proteggerla con i suoi rami rigogliosi. 
Non sapeva perché avesse creato proprio un salice, quel giorno. Forse perché aveva inconsciamente pensato che l’avrebbe fatta sentire più vicina ad Iris.

La strega sospirò, si sfiorò con le dita la porzione di tatuaggio rosso visibile sul suo collo e guardò il nome della sorella minore.
Iris Evergreen, Willow Evergreen. Entrambe avevano rimproverato spesso la madre per averle chiamate così, ma la donna aveva riso e aveva assicurato loro che fosse una tradizione della famiglia di suo padre, padre che lei nemmeno ricordava. 

Una volta sua madre le aveva accennato ad un particolare “dono” posseduto dalle donne della famiglia Evergreen. 
Le donne danno la vita, aveva detto. Ma le donne Evergreen lo fanno in modo… Sconvolgente.

Ci aveva messo del tempo, da bambina non aveva capito, ma solo in seguito. Aveva preso i voti più alti della storia in Erbologia, ad Hogwarts, fatto cose che di rado si erano viste dentro quelle serre.

Con un suo sguardo un mare di Iris blu crebbero intorno alla tomba della sorella minore, e la strega sospirò prima di mormorare che le dispiaceva. 
Poi si voltò e sparì, perché non sapeva se a fare più male fosse il ricordo di sua sorella, di ciò che le aveva fatto o della persona con cui era stata lì l’ultima volta.


*


“Ebe mi piace molto, è davvero simpatica.”
Cristal sorrise, appoggiata al tavolo della cucina con le braccia strette al petto mentre Mackenzie le dava le spalle, impegnata ad asciugare i piatti.

La strega annuì e sollevò lo sguardo sulla finestra, ripensando a quando l’aveva conosciuta prima di parlare con tono quasi amaro:

“Non è sempre stata così, sai? Quando l’hanno tirata fuori da Azkaban, quando l’ho conosciuta… Merlino, se ci penso mi sembra impossibile. Era a pezzi, sia fisicamente che emotivamente. Non mi ha mai detto che cosa le hanno fatto in quella cazzo di clinica psichiatrica, ma l’ha segnata molto. Non si faceva nemmeno avvicinare, sembrava un cucciolo che è stato preso a bastonate.”

“Però adesso sta bene, no?”
“Immagino di sì. Dopo qualche mese ha iniziato a ristabilirsi e a diventare la Ebe che conosciamo, la vera Ebe, immagino anche grazie ad un certo aiuto esterno…”

Mackenzie sfoggiò un sorrisetto e Cristal la imitò, improvvisamente ancor più interessata alla discussione:

“Davvero?”
“Già. Quei due erano inseparabili… credo che le manchi molto.”

“Anche a te manca qualcuno, vero?”
“… Sì.”

Mackenzie annuì, e un sorriso malinconico le increspò le labbra, senza aggiungere altro. Cristal era curiosa, ma decise di non indagare oltre visto che sembrava un tasto delicato… e su certe cose si sbagliava di rado.


*

“Pensate che sia qui?”

Loki scrutò l’edificio davanti a cui si trovava insieme ad Alistair e Sam, nella periferia della capitale scozzese. Alistair annuì, grattandosi distrattamente la barba mentre osservava il condominio con la fronte aggrottata:
“Sì. Il nome corrisponde, anche se abbiamo ricavato una descrizione fisica diversa da quella che ci avete fornito. Pare che questa Grace Orwell abbia molti pochi contatti con chiunque qui.”

“Alanis potrebbe benissimo essersi apportata qualche modifica di proposito per farsi riconoscere il meno possibile, non è particolarmente rilevante. E il fatto che non abbia avuto contatti con nessuno è perfettamente da lei… Beh, andiamo a dare un’occhiata. Solo, fate parlare me, Alanis è piuttosto diffidente.”

Loki si diresse con calma verso il portone, che si aprì da solo per farli passare. 

“Orwell… sesto piano?! Rinuncio alle scale, grazie.”

Loki si Smaterializzò senza battere ciglio, comparendo un attimo dopo su un pianerottolo. I due Cavalieri lo seguirono appena in tempo per vederlo bussare con nonchalance alla porta, come se dovesse chiedere ad una vicina di prestargli del sale.

Non ricevendo risposta il Peccato non si scompose affatto, voltandosi verso Alistair e Sam per parlare con tono neutro:

“Apritela.”
“Non puoi farlo tu?”
“Disgraziatamente le serrature non hanno un’anima, quindi non posso convincerle ad aprirsi. E un incantesimo non servirebbe a niente, conosco l’oggetto della nostra ricerca e questo posto sarà pieno di incantesimi di ogni tipo. Perciò, se il qui presente omaccione volesse sfondare la porta farebbe un favore a tutti e velocizzerebbe le cose di parecchio.”

Loki accennò con fare annoiato a Sam e si allontanò dalla porta come a volergli lasciare campo libero, e i due cavalieri si scambiarono una breve occhiata – quasi a volersi consultare silenziosamente sul da farsi – prima che Sam annuisse, avvicinandosi alla porta. 




Alanis stava comodamente seduta sul piccolo divano a due posti, fissando il soffitto con le gambe penzoloni oltre il bracciolo. 
Quando sentì bussare, delle voci e infine – dopo qualche istante di silenzio – la porta sfondarsi la strega non battè ciglio e nemmeno si mosse, aspettando pazientemente. 

Cavalieri

Pensò la strega quasi con uno sbuffo prima di schioccare le dita con un gesto pigro, continuando a non spostare lo sguardo dal soffitto.

Sam, dal canto suo, sentì con sgomento il peso della sua enorme ascia sollevarglisi dalla schiena: un attimo dopo l’arma sfrecciò verso la donna che aveva davanti, che la tenne sospesa a mezz’aria sopra di lei tenendo l’indice puntato verso l’alto, osservandola pigramente.

“Un’ascia niente male, devo dire. Penso che prenderò anche quella, però.”

“Ma cos-“
La balestra scivolò dalle mani di Alistair, che la guardò impotente sfrecciare a sua volta verso la strega, che sospirò come se la situazione l’annoiasse:

“Io non voglio guai, davvero, voglio solo stare in pace. Ma visto che uccidervi comporterebbe molte noie penso che vi toglierò la memoria e basta… queste potrei tenerle, invece.”

“E quando mai ti sei fatta scappare dalle mani qualcosa di valore, Annabelle?”

Alanis smise di far dondolare la sua gamba, restando perfettamente immobile. Era assurdo, ma conosceva quella voce, non poteva sbagliarsi. 
Sapeva che era uscito da Azkaban, possibile che…

Si voltò, mettendosi a sedere al contempo, e un piccolo sorrisetto comparve sul suo volto quando scorse un vecchio amico sulla soglia, tra i due Cavalieri:

“Loki. Avevo sentito che fossi scappato da Azkaban, ma non pensavo di vederti tanto presto… questi sono amici tuoi? Sei caduto in basso.”
“Mai quanto te. Quel biondo scuro non ti dona per nulla, così come gli occhiali finti, le lampade e… per l’amor del cielo, cosa sono quei vestiti?! Tanti anni e ancora non ti ho insegnato niente?”

“Si chiama “mimetizzarsi”, Loki. Non tutti abbiamo una vanità spropositata come la tua.”
“Comunque questi non sono miei amici, figuriamoci… ma Mac mi ha tirato fuori di prigione, vuole riunire il gruppo e questi gentili signori ci danno una mano a non farci scoprire dal Ministero, insieme alle Virtù.”
“Le Virtù aiutano NOI?! Si sono bevute il cervello?”
“Credono nella nostra innocenza, pare, e sono troppo buoniste e perfette per non soccorrere un accusato ingiustamente anche se sono avanzi di galera come noi. Sono venuto per portarti da Mac ed Ebe. Ci stai?”

“La nostra allegra famigliola di criminali riunita per dimostrare che non abbiamo ucciso Finch… beh, devo pensarci, ma intanto una breve visita non nuocerà. Ecco, tenete i vostri giocattolini, voi.”

La strega si alzò e agitò al contempo una mano, facendo planare balestra e ascia fino ai loro proprietari. Poi Alanis si sfilò gli occhiali, reputandoli ormai inutili, e scrutò entrambi prima di abbozzare un sorriso:

“Beh, meglio di così non poteva andare. Non ricordavo foste tutti così attraenti, mi sarei fatta trovare prima.”
“Beh, uno è divorziato e l’altro single, anche se hanno entrambi figli, divertiti pure.”

Loki uscì dall’appartamento come se nulla fosse, ignorando l’occhiata quasi scandalizzata che Alistair gli rivolse:
“E tu che ne sai?!”
“Perché mi fate tutti questa domanda se sapete che entrò nella mente della gente? Merlino, che noia… sono felice di vederti, teppistella, ravviverai le mie giornate. Anche se dimmi, se vivi così… che ne hai fatto dei soldi?”

“Questo è un segreto che non rivelerò mai Loki, nemmeno a te.”


*


“Jess!”
Rita uscì in fretta e furia dal camino, cercando l’amica con lo sguardo. Aveva lasciato un paziente su due piedi per andare da lei, cosa del tutto inusuale per la psichiatra… ma voleva assolutamente parlare con Jezabel. 

Come sempre un enorme cane dal pelo lungo le corde incontro scodinzolando, sollevandosi sulle zampe posteriori per metterle quelle anteriori sulle spalle e darle il benvenuto con qualche leccatina, strappandole delle risate:

“Tristano, smettila, così cado! Sì, anche io ti voglio bene.”
“Tristano, lascia stare Rita. Scusalo, non si rende conto della sua stazza.”  Jezabel, appena comparsa sulla soglia del salotto, si rivolse al cane con tono fermo, guardando il Terranova lasciar perdere Rita e voltarsi verso di lei con aria mortificata, le orecchie basse.

“Non c’è problema, questo cucciolone è un tesoro.”

“Lo so. Hai bisogno di qualcosa? Stavo per prepararmi qualcosa da mangiare, puoi restare qui se non devi correre al San Mungo.”
“No, resterò con piacere per una volta.”

Jezabel le rivolse un’occhiata allibita, spalancando gli occhi scuri mentre Tristano cercava le sue attenzioni, seduto accanto a lei sul pavimento e picchiettandole la zampa sulla gamba.

“Rita, vuoi dirmi che oggi hai lavorato per meno di dodici ore?! Va tutto bene? Ti senti male, vuoi sederti?”
“Sto benissimo, ma sedersi è una buona idea visto che voglio parlarti, Jess.”

Rita accennò al divano e l’amica, anche se visibilmente confusa, annuì e sedette, permettendo a Tristano di appoggiarle il muso sulle ginocchia per farsi coccolare.

“Oggi sono stata dai Peccati, visto che i ragazzi sarebbero andati a cercare l’Avarizia… La Lussuria è andato con loro.”
“Bene. Spero che la trovino.”  Rita scrutò l’amica per cercare qualche emozione particolare sul suo viso, ma non ne vide traccia. Così, decise di continuare:

“Molti esprimono perplessità sul fatto che tu ancora non li abbia incontrati, Jess. Proprio tu, che hai cercato tanto la Gola per parlarle di ciò che intendevamo fare.”
“Non ho cambiato idea. Ho solo avuto molto… da fare, e il Ministro mi tiene d’occhio, non voglio rischiare di rovinare tutto.”

Jezabel abbassò lo sguardo, osservando Tristano – a disagio – mentre Rita, invece, abbozzò un sorriso:

“Sei brava Jess, ma te lo ripeto, io ti conosco. Ha a che fare con il peccatore dagli occhi chiarissimi che ha espresso un evidente interesse per te?”
Vedendo l’amica arrossire di colpo e sollevare di scatto lo sguardo Rita sorride, soddisfatta e consapevole di aver colto nel segno. 

“Che stai dicendo?!”
“Le mie sono solo supposizioni di una persona abituata a studiare le persone, Jess, ma tu sei molto restia ad avere contatti con loro dopo aver incontrato la Lussuria. E Loki sembra molto scontento della tua reticenza a farti vedere, ha persino chiesto a May di te e come ti chiamassi.”

“Non dire… assurdità.”  Jezabel deglutì a fatica, arrossendo ulteriormente, e Rita continuo a sorridere di riflesso: era raro vedere l’amica in difficoltà, e per una volta che ne aveva l’occasione voleva goderselo.
“Non è poi così strano Jess, insomma, sei schifosamente bella anche se non ti impegni per esserlo… Non hai sentito assolutamente niente tra di voi quando ci hai parlato in prigione?”

Jezabel ripensò a quel breve primo – e finora unico – incontro e alla strana sensazione che aveva provato quando i suoi occhi avevano incontrato quelli di Loki per la prima volta, al modo tanto intenso con cui l’aveva guardata. Ricordava di avergli dato dell’acqua da bere e di avergli toccato il viso, forse aveva persino esitato nell’allontanare la mano.

“Non è come pensi, io non… non me la sono ancora sentita, tutto qui.”  Jezabel scosse il capo, non riuscendo a smettere di pensare alle parole dell’amica, a quando Rita aveva accennato al fatto che Loki sembrasse interessato a lei. Ma forse l’amica stava solo esagerando per farla confessare.
“Beh, non puoi evitarli in eterno, mia cara.”

“Lo so, la prossima volta ci sarò, promesso. Solo… com’è?”
“Com’è chi?”
“Lo sai benissimo. Insomma, quando l’ho visto era… com’è davvero?”

“Jezabel Helena Farrel…” Rita sorrise, gli occhi scuri luccicanti, potendo già cogliere l’imbarazzo e il pentimento per aver parlato sul volto della Temperanza:

“Mi stai forse chiedendo se la Lussuria è attraente?”
“N-no, non ho assolutamente…”

“Beh, non sono una che fa molto caso a queste cose, ma suppongo che possa definirsi piuttosto bello. Cris sostiene che ci farebbe volentieri un pensiero se tu non avessi la precedenza.”

“IO NON HO NESSUNA PRECEDENZA, che Cris ci provi, se vuole! Vado a preparare la cena, ma se dici un’altra parola mangerai crocchette per cani, sei avvisata.”
Jezabel si alzò di scatto e, rossa in volto, si allontanò a passo di marcia e con le braccia rigide, le mani chiuse a pugno mentre Rita, dal divano, ridacchiava e Tristano seguiva la padrona in cucina nella speranza di scroccare qualcosa da mangiare.


Era stata una pessima idea imbarcarsi in quell’assurda storia… forse avrebbe dovuto lasciare i Peccati ad arrangiarsi, ma ormai era tardi per tornare indietro e non le restava che cuocere nel suo brodo.










………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Come sempre in ritardo, ma spero che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie per le recensioni e per gli innumerevoli complimenti, siete gentilissime <3
A presto spero, 
Signorina Granger 



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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8 


Loki si accese la sigaretta con il grosso accendino d’argento che si portava sempre appresso prima di lasciarlo sul comodino. Per qualche istante rimase immobile, la testa appoggiata contro il muro mentre osservava la parete che aveva di fronte, seduto sul letto, prima di voltarsi alla sua destra e accennare alla sigaretta, allontanandosela dalle labbra:

“Ne vuoi una?”
“No, grazie.”   Alanis parlò con tono vago, attorcigliandosi una ciocca di capelli – che aveva fatto tornare del loro castano scuro naturale con l’aiuto di Mac la sera prima – intorno al dito mentre guardava distrattamente fuori dalla finestra. 

“Perché ieri sera, quando sono arrivata, ci siamo “trasferiti”?”
“Così ha deciso Mac.”
“E perché Mac decide?”
“Perché a dare l’inizio a tutto è stata lei… e a me non va di litigare con Mackenzie.”

“Paura, Louis?” Alanis sfoggiò un sorrisetto mentre si voltava verso l’ex compagno di scuola, guardandolo stringersi nelle spalle con aria divertita:

“Si chiama spirito di sopravvivenza.”
“Se lo avessi non fumeresti qui dentro, ti prenderà per i tuoi amati capelli.”
“Non se non lo scoprirà. Cuore non vede cuore non duole.”

“Sarà… A cosa stai pensando? Mi sembri distratto.”
“Affari miei. E se non ti sentì soddisfatta possiamo sempre fare un altro giro.”

“Magari dopo, ora sento la mancanza delle leccornie di Mac.”  Alanis sorrise appena mentre sfiorava il tatuaggio che Loki sfoggiava sul petto, un sole privo di nucleo, poi si alzò e, presa al volo la camicia di Loki, uscì lasciandolo solo. 




“Buongiorno.”
“Ciao… Per l’amor del cielo, puoi non uscire dalla stanza di Loki praticamente nuda e con la sua camicia? Risparmiami l’immagine di voi due, mi fa senso.”

Ebe accennò ad una smorfia con le labbra mentre beveva il thè, ma Alanis non battè ciglio e sedette invece accanto a lei per prendere una fetta di pane dal cestino:

“Fammi capire, tu puoi essere schifata dall’immagine di me e Loki che facciamo sesso, devo ricordarti che anche voi due lo facevate con i ragazzi e che nessuno ha mai detto niente a riguardo?”

“Forse perché io o Mac non lo sbattevamo in faccia a tutti. Ed era diverso.”
“In che modo?”
“Stavamo insieme, io non faccio sesso con chiunque. E neanche Mac.”

“Beh, visto come sei nervosa forse dovresti farci un pensierino… ecco, ora se l’è presa.” 
Alanis alzò gli occhi al cielo, ma non battè ciglio e continuò a spalmare la marmellata sulla sua fetta di pane mentre Ebe si alzava e si allontanava, uscendo sbattendosi la porta alle spalle. 

Mackenzie, dal canto suo, sospirò mentre appoggiava sul tavolo il vassoio con i muffin, rivolgendo all’Avarizia un’occhiata di sbieco:

“Alanis, è sensibile sull’argomento. Lo sai che si approfittavano di lei quando è stata in clinica, immagino che non sia facile.”
“Lo so, ma non pensavo che lui le mancasse tanto. Starò zitta, lo giuro. Allora, che cosa avete combinato mentre non c’ero?
“Appena la First Lady scende ti raccontiamo. Ora lo chiamo.”

Alanis, preparata dopo tre anni di convivenza con la Gola, si coprì le orecchie con le mani mentre Mac s’infilava due dita in bocca, emettendo un fischio avuto e molto forte un attimo dopo, preceduto dalla voce irritata della Lussuria 

“Cosa sono, una mucca?! Adesso scendo…”
“La ringrazio Madame…”


*



“Dovrebbe essere qui, da qualche parte… Mackenzie ha detto che avrebbe fatto in modo che li trovassimo facilmente.”

Cristal si mise una mano sulla fronte, coprendosi la vista dai raggi del Sole mentre Jezabel, accanto a lei, la seguiva in silenzio e a capo chino, rimuginando. 
Forse non era stata una buona idea andare, ma Rita l’aveva praticamente costretta dopo la loro chiacchierata di due giorni prima, non aveva avuto scelta.

“Ammetto che sono impaziente di vedere l’Avarizia, i ragazzi hanno detto che è un tipo particolare…”
“Oh, non immagini quanto.”
“Perché, c’è qualcuno di normale tra quella gente?”

“Jezabel, va tutto bene?” Sam si rivolse gentilmente alla Virtù, che si affrettò ad annuire e a mormorare che andava tutto benissimo mentre Cristal esultava, indicando qualcosa:

“Finalmente, sarà un’ora che camminiamo!”
“Venti minuti…” Osservò Alistair inarcando un sopracciglio, ma Cristal si strinse nelle spalle e liquidò il discorso con un gesto della mano:

“Quello che è. Beh, la casa è la stessa, quindi sono laggiù. Ma non è strano che riusciamo a vederla?”
“Hai detto che Mackenzie avrebbe fatto in modo che li trovassimo, no? Forse solo noi possiamo vederla. Forza, andiamo, devo tornare a casa da Marshall per pranzo.”


Sam si avviò con nonchalance verso la casa, stentando a credere che Mackenzie fosse davvero riuscita a teletrasportarla per intero dall’Irlanda del Nord al capo opposto del Regno Unito, in mezzo ad una valle del Midlands Occidentale.



Mackenzie stava studiando delle cartine dell’Europa dell’Est quando si irrigidì all’improvviso, sollevando di scatto la testa e mormorando qualcosa:

“Cavalieri.”  
“Mac, questa cosa mette ansia, te lo devo dire.”

Alanis, seduta accanto a lei, le rivolse un’occhiata di sbieco, ma la Gola non l’ascoltò e si alzò proprio mentre, a qualche metro di distanza Cristal, Jezabel, Sam e Alistair s’imbattevano in una Ebe seduta sull’erba visibilmente giù di corda mentre si stringeva le gambe con le braccia.

“Ebe, ciao! C’è qualcosa che non va?”
Cristal si avvicinò al Peccato sfoggiando un’espressione sinceramente preoccupata, ma la strega scosse il capo e si affrettò ad asciugarsi le lacrime prima di sorridere:

“No, va tutto bene… ciao ragazzi.”

“Poverina, se dovessi vivere con un tipo come quella che abbiamo trovato ad Edimburgo piangerei anche io…” Il mormorio di Alistair non sfuggì a Sam, che ridacchiò mentre Cristal, dopo avergli rivolto un’occhiata eloquente, porgeva al Peccato la mano per aiutarla ad alzarsi.
“Beh, noi stiamo andando dai tuoi amici, vieni con noi? E lei è la mia cara amica Jezabel, la Temperanza.”

Sentendo “Temperanza” Ebe si voltò di scatto verso la strega, guardandola sorriderle gentilmente e salutarla prima di porgerle la mano. L’Invidia guardò anche la mano color caffellatte di Jezabel prima di stringerla, borbottando qualcosa a mezza voce mentre la guardava con la fronte aggrottata, assorta:

“Ora capisco, sei bella da far schifo.”
“Come prego?”  Jezabel sollevò leggermente le sopracciglia e guardò la strega con perplessità mentre Cristal, sorridendo, annuiva:
“Sì, se non fosse impossibile la odierei… andiamo dentro?” Cristal sorrise allegramente e, messo il braccio intorno alle spalle dell’amica, si diresse verso la porta della casa con Ebe al seguito e infine Alistair e Sam, che assistettero alla scena con leggera confusione:

“Non so tu, ma ho la sensazione che stia succedendo qualcosa.”
“Già, ma non chiederlo a me, la ragazza con cui ho avuto la relazione più importante è sparita, non ne capisco molto.”
“Io ho sposato una Gorgone, vogliamo fare una gara?”

“Beh, Hope è una bella donna.”  Sam abbozzò un sorriso divertito e Alistair, pensando all’ex moglie, sfoggiò una smorfia prima di seguire le tre streghe:
“Ti prego, bella fuori quanto orrenda dentro.”


*


“Adesso siete in quattro, il prossimo chi sarà?”
“Penso che dovremmo andare a cercare Cap.” Alanis si strinse nelle spalle e Mackenzie annuì, anche se con un sospiro tetro:

“Se solo non fosse così difficile individuarlo… ho idea che non sia nel Regno Unito, sono quasi del tutto certa che sia da qualche parte in Europa Orientale o Centrale.”
“Controlleremo negli archivi se c’è qualcosa, del resto il Ministro non ha mai smesso di cercarlo… pensava che fosse con qualcun altro di voi e che trovandolo avrebbe trovato anche altri Peccati.”

“Beh, dubito che sia così, non penso che Salem sia con Sider… e nemmeno Flagro, ovunque sia.”

“Non avete davvero un’idea di dove possa essere? Non ha mai parlato di dove avrebbe preferito andare se fosse tornata a galla qualche complicazione?”
“Sì, ma nulla di troppo preciso, qualcosa sull’Europa centrale… non so quanto semplice sarà trovarlo.”

“Beh, in un modo o nell’altro ci riusciremo. Sicura che Loki non sappia niente? Sono amici.”
“Non credo, e poi come vedi è rimasto di sopra…”

Mac alzò gli occhi al cielo alla domanda di Alanis ed Ebe, sorridendo, si alzò di scatto:

“Beh, allora forse dovrei andare a chiamarlo! Vado subito.”
Mackenzie guardò l’amica come se non capisse, ma la strega si affrettò a dirigersi verso le scale per raggiungere il piano superiore e portare Loki di sotto. 


Jezabel, dal canto suo, quando entrando non aveva visto l’ombra della Lussuria aveva quasi tirato un sospiro di sollievo. Adesso era in piedi vicino a Cristal e stava parlando con Sam del Ministro e dei sospetti che stava iniziando a nutrire, tanto che non si accorse di Ebe e della sua corsa sulle scale.



“Avanti.”  Loki parlò senza staccare gli occhi dall’oggetto della sua attenzione, ossia il modellino di un enorme galeone che stava costruendo. 
La porta si aprì ma il mago non si mosse, seduto davanti alla scrivania con la bottiglia e il bicchiere con due dita di Whiskey dentro vicino e la bacchetta tra i denti mentre sistemava i minuscoli pezzi con minuziosa cara.

“… Stiamo parlando di cose importanti e tu giochi con le costruzioni?!”
“Si chiama modellismo.”  Loki si voltò e rivolse un’occhiata scandalizzata ad Ebe, guardandola come se l’avesse sinceramente offeso.

“Beh, molla i LEGO e vieni di sotto, forza, sii educato!”
“Cosa sei, mia madre?”

Loki sbuffò mentre lasciava la bacchetta sul ripiano, vicino alla bottiglia, ed Ebe lo raggiungeva per piazzarsi accanto a lui con le mani sui fianchi:

“No, ma visto che evidentemente lei non l’ha mai fatto posso sempre pensarci io a raddrizzarti con un ceffone. Coraggio, ti prometto che non te ne pentirai, stiamo parlando di Cap, non ti interessa?”
“Certo che mi interessa, ma non mi va di…”

“Loki. Ti ho detto di venire con me.”
“Allora dovrai prendermi e portarmi giù con la forza, tesoro.”  Loki le rivolse un sorrisetto di sfida prima di voltarsi di nuovo verso la piccola nave che stava costruendo, ed Ebe esitò prima di annuire. 

“Bene. Non dirmi che non ti avevo avvisato.”




“Perciò, potremmo controllare a…” Alistair s’interruppe bruscamente quando una piccola scossa di terremoto fece vibrare il tavolo a cui era appoggiato. Tutti si zittirono di colpo, anche se Mac e Alanis non parvero scomporsi particolarmente e si limitarono a gettare un’occhiata al soffitto.

Un attimo dopo la scossa cessò, e il mago stava per chiedere perché sembrava che solo una parte della casa avesse tremato quando un urlo decisamente contrariato giunse alle loro orecchie.


“Non fare il bambino, lo ripari con la magia in un attimo…”
“Si fa a mano, altrimenti non vale! Ci avevo messo un secolo, Ebe!”

Ebe non si scompose, anzi si strinse nelle spalle e basta prima di girare sui tacchi e allontanarsi, serafica. 

“Pazienza.” 

Loki sbuffò e, sibilando tra i denti un’imprecazione, la seguì a passo di marcia fino al piano di sotto. 

“Ho portato la primadonna!”

Ebe sorrise allegra mentre tornava a sedere al suo posto vicino a Mackenzie, che accennò un sorriso con le labbra prima di parlare e accennare con il capo verso il soggiorno, a destra delle scale.

“Suvvia Loki, ti sembra forse questo il modo di comportarti con degli ospiti?”

Loki fece per ribattere che non gli interessava un fico secco dei loro ospiti, ma quando si voltò seguendo la direzione indicata dall’amica le parole gli morirono in gola. 
Si fermò di colpo, la mano pallida ancora sul corrimano di legno traballante, e rimase come pietrificato sull’ultimo gradino mentre i suoi occhi scrutavano una figura non del tutto nuova ma che non scorgeva da tempo. 

La strega stava in piedi, di profilo rispetto a lui, le braccia sottili strette al petto. Stava parlando con la sua amica, la Giustizia, ma si voltò verso di lui pochi istanti dopo, forse sentendosi osservata.

Era lei, non c’erano dubbi. Anche se l’aveva vista solo una volta e praticamente al buio non avrebbe potuto confondere quel viso nemmeno volendo, tanto gli era rimasto impresso nella mente.
La scrutò con attenzione, avido di dettagli, mentre quei caldi occhi scuri lo osservavano a loro volta, tradendo forse una punta di disagio. 


Dal canto suo, Jezabel non avrebbe potuto riconoscerlo se non fosse stato per i suoi occhi color acquamarina. Stava giusto pensando che avrebbe potuto perdercisi dentro quando arrossì, scacciando quel pensiero in fretta e furia. Abbassò lo sguardo mentre lui, invece, continuò a guardarla anche mentre scendeva l’ultimo gradino, avvicinandosi. 

Si era ripetuta che probabilmente nemmeno avrebbe fatto caso a lei, e invece ora si stava avvicinando proprio a lei.
Merda

“Beh, voi vi conoscete già, no?”
Cristal sorrise angelica mentre Loki, senza smettere di guardare quel viso perfetto e quei setosi capelli neri, ripensava a quando si era detto che, probabilmente, aveva finito con l’idealizzare la Virtù e il suo aspetto nella sua mente.
In quel momento potè appurare, non seppe se con gioia o meno, di aver brutalmente mentito a se stesso visto che quella era, a tutti gli effetti, la donna più bella che avesse mai visto.

“Mi chiedevo…”

Il suono di quella voce praticamente sconosciuta la fece quasi rabbrividire. Strinse la presa sulle sue stesse braccia, Jezabel, chiedendosi perché le facesse quell’effetto assurdo. Niente l’aveva mai fatta sentire così, prima.

“… Quando sarebbe venuta a trovarci. Questa volta vuole dirmi il suo nome o pensa di non avermi tenuto sulle spine a sufficienza?”
Loki piegò le labbra carnose in un accenno di sorriso mentre Jezabel, tornando a ricambiare il suo sguardo, parlava con tono neutro. 

“Jezabel.”

Già lo sapeva, Loki, il suo nome, ma il mago sorrise, lieto di averlo sentito pronunciare da lei.
Allungò una mano e la strega esitò prima di stringerla con una presa delicata, senza smettere di guardarlo. 

Disgraziatamente Rita non l’aveva presa in giro, era davvero bello. Il problema era che di uomini belli ne aveva visti tanti, ma nessuno le aveva mai fatto quell’effetto.

Loki tenne la mano di Jezabel, più piccola e più scura della sua, forse per qualche istante di troppo, ma la lasciò andare senza battere ciglio prima di voltarsi verso il tavolo occupato da Alanis, Mac, Ebe e Alistair e sorridere:

“Beh, visto che avete insistito tanto per avere la mia presenza dite. Volete qualche consiglio sul Capitano?”


*


“O’BRIEN!”

Quando sentì la voce del Ministro sbraitare il suo nome Brian sospirò, chiedendosi perché non potesse mai avere una giornata tranquilla. Il desiderio di appiattirsi sulla scrivania e diventare un tutt’uno con il tavolo era forte, ma disgraziatamente era troppo alto per riuscire nell’impresa di mimetizzazione.

Belle, che occupava la scrivania davanti alla sua, ridacchiò di fronte alla sua espressione esasperata, sussurrando qualcosa con aria divertita:

“Qualcuno è nervoso, tanti auguri.”
“Tante grazie…” Brian sbuffò e si alzò, trascinando i piedi verso la soglia dell’enorme ufficio. 

Il Ministro, in effetti, non sembrava di ottimo umore. Anzi, persino la sua segretaria gli arrancava appresso come timorosa, facendosi piccola piccola ogni qualvolta il Ministro le si rivolgesse con tono poco cordiale.

“Ha bisogno di qualcosa, signore?”
Brian parlò con il tono più pacato che gli riuscì – l’ultima cosa che voleva erano problemi – e il Ministro gli si rivolse immediatamente, voltandosi verso di lui prima di annuire e parlare con tono a dir poco scocciato, rosso in volto:

“Dove diamine sono Roth e Allen?! PERCHÈ QUI LA GENTE SPARISCE?!”
“Non saprei dire, signore, stamani non li ho visti.”

“Non li ha visti… LEWIS-KIMURA!”

“S-sì?!” 
Belle si affacciò quasi timidamente, sporgendosi oltre la sua scrivania per incontrare l’espressione furente del Ministro, che sembrava mandare fiamme dalle pupille:

“Dove sono i suoi colleghi?!”
“Potrebbe essere più preciso, ne ho molti…”
“Roth e Allen, quelli con della sua squadra, chi altri?!”

Belle fece per rispondere, ma venne preceduta dalla voce affrettata, seppur pacata e con una piccola nota di irritazione, di una seconda figura femminile che raggiunse il Ministro a passo di marcia, le braccia rigide abbandonate lungo i fianchi e le mani strette a pugno.

“Spero vivamente che mi abbia fatto venire con tanta urgenza per un motivo valido, Signor Ministro.”

“Ah, eccola. Sembra che quando c’è bisogno di voi le Virtù spariscano… Dove sono le sue colleghe?!”
“Beh, vede Signore, io lavoro.”

Rita non battè ciglio, anche se le sue parole fecero comparire un sorrisetto sul volto di Belle, che stava assistendo alla scena come Brian.

“Quanto alle mie colleghe, sono piuttosto sicura che Maysen sia qui da qualche parte, mentre non so dirle per quanto riguarda Jezabel e Cristal, ma posso ricordarle che noi non siamo dipendenti del Ministero, non siamo obbligate ad essere sempre qui, se non ce n’è bisogno… Inoltre, sono piuttosto sicura che Roth e Allen abbiano orari più “flessibili” di altri dovendo crescere dei figli da soli, ma immagino che lei conosca i suoi Cavalieri meglio di me, Signore.”

Il Ministro vacillò, ma si trattò solo di un istante: dopo un attimo si riprese e parlò con tono gelido nel rivolgersi alla Fortezza.

“Queste continue assenze non mi piacciono, Signorina Seacole, lo faccia presente alle sue colleghe… Quanto agli altri due, quando arrivano mandali da me, O’Brien.”
“Sì Signore.”

Brian non battè ciglio, annuendo con un cenno appena percettibile prima di guardare il Ministro voltarsi e allontanarsi a passo di marcia. A quel punto Rita sbuffò e, borbottando che aveva ben altro da fare invece di sopportare gli attacchi isterici del Ministro, fece per allontanarsi quando la voce del Cavaliere giunse alle sue orecchie:

“Non ha tutti i torti sul fatto che a volte non vi si trovi, di recente.”
“Per fortuna questi non sono affari di nessuno di voi, allora.”


Rita parlò con tono gelido prima di allontanarsi in fretta e furia, borbottando di non avere altro tempo da perdere lì mentre i suoi passi echeggiavano sul liscissimo e lucido pavimento di marmo.
Brian non fu particolarmente scalfito dalle sue parole o dal tono della strega, era cosa nota che la Fortezza non potesse sopportare i Cavalieri, dopotutto. 

Non si poteva negare, tuttavia, che il loro comportamento fosse diventato vagamente sospetto da qualche tempo… più precisamente, da quando la Lussuria aveva lasciato Azkaban.


*


“Qualcuno ha visto Spettro?” Asher sbuffò debolmente mentre, aggirandosi per l’ufficio tra le scrivanie dei colleghi, cercava il suo cane. Il Northern Inuit sembrava sparito, ma il padrone era certo che stesse importunando o giocando con qualcuno da qualche parte.

“Ma chi è questo bel signorino? Sei proprio bello, sai? Zampa.”

Asher udì una debole risata cristallina e raggiunse la sua scrivania giusto in tempo per vedere Maysen Parish inginocchiata di fronte al suo cane, che le aveva dato la zampa e ora si godeva le sue carezze:

“Sei anche bravissimo, vedo.”

“Più che altro è un ruffiano. Dov’eri finito?!”  

Asher rivolse un’occhiata di rimprovero al cane, che non appena sentì la voce del padrone lo raggiunse scodinzolando. Come sempre il mago, non riuscendo a tenergli il muso, sospirò e gli grattò le orecchie pelose mentre Maysen, sorridendo, si alzava:

“Allora è tuo? L’ho trovato in giro e mi hanno detto che era di un Cavaliere.”
“Sì, ogni tanto viene con me al lavoro, quando il Ministro vuole che vada da qualche parte…”

“Quindi oggi devi andare fuori?”
“Sì, devo… andare a controllare la situazione a Fortressea.”

“Fortressea? Ha a che fare con i Peccati?”  Maysen inarcò leggermente un sopracciglio, cercando di mascherare la curiosità e di restare il più disinvolta possibile mentre Asher annuiva debolmente, restando sul vago:

“Diciamo di sì.”
“Beh, immagino di dover dare a te questi, allora.”

La strega gli porse una cartellina rossa e il mago la prese aggrottando la fronte, aprendola subito dopo e sfoggiando un debole sorriso divertito:

“Molto ordinata, vedo.”
“Sono fatta così. Trovo che con l’ordine sia molto più facile organizzarsi e lavorare meglio… Spero vi servano.” Maysen si strinse nelle spalle e accennò ai fascicoli sui singoli Peccati che gli aveva appena dato, guardandolo annuire mentre la chiudeva e accennare un piccolo sorriso:

“Grazie.”
“Di niente… se non altro adesso potrò dire che sei in grado di sorridere, cominciavo a non sperarci più. Buona giornata, qualunque cosa tu debba fare.”  Maysen sfoggiò un piccolo sorriso prima di salutare Spettro, voltarsi e allontanarsi, vestita di tutto punto come sempre e un paio di tacchi ai piedi, probabilmente per compensare la sua bassa statura.

Asher la stava ancora guardando allontanarsi quando un suo collega gli passò accanto e, seguendo la direzione del suo sguardo, sfoggiò un sorrisetto nell’accennare alla Virtù:

“Siamo fortunati ad avere Virtù così, non trovi Flint?”
“Sta’ zitto Greengrass, torna al lavoro. Vieni Spettro.”

Asher rivolse un cenno al cane e si allontanò con un borbottio burbero, udendo distintamente la debole risata di Greengrass. Il Cavaliere in realtà aveva ragione, ma si sarebbe tagliato una mano piuttosto che ammetterlo… specie considerando ciò che gli aveva detto il Ministro quella mattina, quando gli aveva chiesto di andare a controllare che ciò che custodivano nella fortezza fosse ancora al suo posto: aveva la sensazione che le quattro donne stessero tramando qualcosa, e aveva tutta l’intenzione di scoprire di cosa si trattasse.


*


“Hai visto? Ne hai fatto un dramma enorme, ma sei sopravvissuta, mi pare!
“Sì, Cris… tu hai fatto quello che ti ho chiesto?”

“Se parli di Azkaban sì, ci sono stata l’altro giorno e ho fatto scordare a quel viscido verme strisciate di averti vista lì. Per fortuna io un’ottima motivazione per andare lì, quindi nessuno sospetterà in caso vedano il mio nome sul registro delle visite.” 

Cristal si strinse nelle spalle e Jezabel annuì debolmente, ringraziando l’amica con un sospiro.

“Hai visto tua sorella?”
“… No, me ne sono andata. Ci sono giorni in cui è più difficile di altri.”

Jezabel e Cristal stavano attraversando l’Atrium quando videro Maysen andare loro incontro a passo di marcia, sibilando che dovevano assolutamente parlare.

“Cos’è successo?”
“Stamattina il Ministro ha avuto un attacco isterico da donna mestruata, ha chiesto di voi due e di Alistair e Sam. Rita gli ha detto che loro hanno turni più flessibili per via delle loro situazioni familiari, il che fortunatamente è vero…”
“Ah, Santa Rita. A te ha detto qualcosa?”

“No, ma ho parlato con Asher Flint, oggi sarebbe andato a Fortressea.”
“Fortressea? Non siamo mai riuscite a capire cosa custodiscano…”

“No, ma dopo oggi sono sicura che ha a che fare con i nostri nuovi amici peccatori. Dobbiamo scoprire cosa c’è dentro quelle mura, potrebbe essere molto importante.”

Cristal annuì e sorrise amabilmente alle parole dell’amica, dandole una leggera pacca sulla spalla prima di superarla ignorando la sua espressione seria:

“Bene, vedi di fartelo dire dal bel Cavaliere tenebroso allora… non trovate ingiusto che siano tutti così belli? A saperlo mi sarei arruolata anche io, dannazione!”


*


“Chi si avvicina alla stanza?”
“Nessuno, esiste una sola copia delle chiavi.”     Asher annuì mentre, con Spettro accanto, camminava lungo il buio e freddo corridoio del livello più basso e scavato nel terreno della fortezza che si affacciava sul Mare del Nord. Le pareti di pietra rendevano l’ambiente molto umido, ma la donna che gli stava facendo strada doveva esserci abituata perché non battè ciglio mentre apriva la pesante porta di ferro blindata.  

L’anta si aprì con un sinistro cigolio e la strega gli fece cenno di entrare subito dopo, restando vicino alla porta invece di precederlo. Asher si avvicinò alla soglia e gettò un’occhiata al grosso baule blindato, incatenato e circondato da una sorta di sfera luminosa verdastra.

“Vedo che non scherzate sulla sicurezza.”
“Qui non scherziamo affatto… il Ministro vuole che nessuno possa avvicinarsi a ciò che teniamo qui dentro e abbiamo provveduto. Nessuno ha più aperto quel baule, l’arco è ancora lì dentro.”

“Bene. Ora che è piede libero potrebbe farsi vivo, il Ministro potrebbe mandare alcuni di noi per assicurarsi che la Lussuria non si appropri del Tesoro Sacro.”

“Uno è qui, gli altri dove sono?”
“Quelli che siamo riusciti a prendere sono sparpagliati per il Paese, l’unico a conoscere la precisa localizzazione di tutti e quattro è il Ministro. Quanto agli altri tre, immagino che siano in mano ai loro proprietari.”



*


“Mac mi ha detto che eri qui.”
Ebe si voltò e indirizzò un debole sorriso a Loki mentre il mago le si avvicinava camminando sulle tegole del tetto e tenendo una sigaretta spenta tra le labbra.

“Sei venuto per me o per fumare senza dare nell’occhio? Come se Mac non lo sapesse, lei sa sempre tutto.”
“In realtà volevo anche parlare con te, piccoletta.”

Loki sedette accanto a lei e la strega, per tutta risposta, gli prese la sigaretta dalle mani e la trasformò in una specie di bastoncino profumato marrone che gli restituì un attimo dopo.

“Che roba è?!”
“Cannella, mangiucchiati questa, ti farà meglio. Sai, a volte non ti capisco: sei ossessionato dal timore di invecchiare e di perdere la tua bellezza, hai persino cercato di rubare l’Elisir di Lunga Vita… si può sapere perché fumi tanto, allora? Il tuo prezioso bell’aspetto non durerà a lungo, mio caro. Pelle rovinata, voce rovinata, denti rovinati…”

“Falla finita, mammina. Sono stato tre anni in una cella, mi sognavo le sigarette di notte…”
“Insieme ad alcol e donne, conoscendoti. A proposito, immagino che ora sarai felice.”

“Perché dovrei essere felice?” Loki aggrottò leggermente la fronte mentre annusava il bastoncino di cannella, fingendo di non capire mentre Ebe, invece sorrideva appena:

“Perché finalmente l’hai rivista. E devo dire di non essere molto sorpresa dal suo aver attirato la tua attenzione, è bellissima… Ma non so, mi sembra ci sia altro.”
“Non rifilarmi discorsi melensi sul fatto che io provi qualcosa per un’estranea Ebe, ti prego.”

“Sarà, ma eri ossessionato dal vederla, non hai nemmeno fatto avance alle altre Virtù, e sono tutte molto attraenti, non è da te.”
“Ebe, non diventare come quelle persone che vedono amore ovunque, mi conosci.”

“Beh, provare qualcosa per qualcuno è bello, sai? … Ti sei mai innamorato?”
Ebe lo guardò con curiosità e l’amico, dopo un istante di esitazione, annuì mentre scrutava il cielo terso davanti a lui.

“Una volta.”
“Davvero? Non ne avevo idea.”
“Perché è stato prima di conoscerti. Tu ti eri mai innamorata prima di lui?”

“No, non credo.”

Ebe scosse il capo, poi appoggiò la testa sulla spalla dell’amico, che dopo qualche secondo le mise un braccio intorno alle spalle.

“Sono sicuro che lo rivedrai, piccola sentimentale.”
“Tu la rivedrai mai?”
“Ne dubito, ma è meglio così.”


*


“Alla Fortezza tutto tranquillo, Signore.”
“Bene. Ah, Flint?” 

Asher, in piedi davanti alla scrivania del Ministro nel suo ufficio, guardò l’uomo rivolgergli un cenno senza smettere di scrivere su un rotolo di pergamena:

“Mi hanno detto che ti hanno visto parlare con la Signorina Parish di recente.”
“… Sì.”
“Beh, continua pure. Fammi avere qualche informazione utile.”


*


“Belle, rilassati, non è successo niente. E parla piano, attirerai l’attenzione del ragazzino.”

Melissa parlò con tono neutro e pacato mentre lucidava la sua ascia bipenne seduta sul divano del salotto dell’appartamento di Belle, che invece misurava a grandi passi il pavimento davanti a lei.

“Oggi no, ma in futuro potrebbe… Dobbiamo fare più attenzione, se il Ministro si insospettisce…”
“Il Ministro è un viscido incompetente di cui non mi fido affatto e che pensa più ai suoi interessi che a quelli della comunità. Non capisco il suo odio viscerale verso i Peccati… saranno anche criminali, ma a lui non penso abbiano mai fatto nulla, perché sembra così personale?”

“Non lo so, ma non piace molto nemmeno a me. Però Finch si fidava di lui, quindi… Forse è davvero convinto che lo abbiano ucciso loro e vuole che paghino.”
“Forse. Comunque Alistair e Sam si sono presi una strigliata e basta, nulla di grave. Dobbiamo solo fingere di continuare a fare i docili cagnolini che obbediscono senza fare domande anche agli ordini che di legale hanno ben poco e andrà tutto bene.”

“Spero che tu abbia ragione Mel.”

Belle sedette accanto all’amica con un sospiro e Melissa sorrise appena, stringendosi nelle spalle:

“Non parlò molto, lo sai, ma quando lo faccio dico quasi sempre cose giuste.”










………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buonsalve a tutte!
Questa volta sono stata un po’ più rapida, ma sono sicura che siate state felici specialmente per un certo incontro avvenuto nel capitolo… Bri, ora ho finito di farti penare (forse)!
Ho, tuttavia, anche una brutta notizia: temo che anche Isaakiel non farà più parte della storia.

A presto, sicuramente entro Natale!
Signorina Granger 




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Capitolo 11
*** Capitolo 9 - Speciale di Natale ***


*Irene entra in scena con una ghirlanda intorno al collo, cerchietto natalizio in testa e l’immancabile Michael Bublè in sottofondo*
Salve a tutte! 
Avete presente quando le serie tv fanno gli episodi speciali in occasione del Natale? Ecco, per la prima volta nella mia “carriera” di Autrice su Efp ho deciso di rendere appieno omaggio a questo momento meraviglioso dell’anno con un capitolo speciale incentrato sul Natale. 
Nota Bene: la storia è ambientata in estate, lo so, non mi sono bevuta il cervello… ho deciso, infatti, di scrivere un capitolo un po’ particolare, una parentesi all’interno della storia ambientata prima della condanna dei Peccati per l’omicidio del Ministro, quando vivevano tutti insieme e appassionatamente. 
Detto ciò, buona lettura e buon Natale in ritardo a tutte!



Capitolo 9 – Speciale di Natale 



Cinque anni prima 


Louis Ludwig Murray aveva un ricordo piuttosto chiaro dei suoi Natali passati. 
Da bambino erano stati, supponeva, quelli che ci si aspettava per ogni infante: aspettativa, desiderio, regali da scartare con trepidazione.
Sua sorella Camille lo svegliava quasi ogni anno, scrollandolo e chiedendogli di andare a vedere con lei se Babbo Natale fosse già passato per casa loro. All’ora il bambino, sbuffando ma non riuscendo a dirle di no, si alzava, prendeva la sorellina per mano e l’accompagnava in salotto per scoprire i regali luccicanti e ben infiocchettati che aspettavano solo di essere scartati da piccole manine impazienti.

Ben presto Louis aveva capito che non c’era nessun uomo panciuto vestito di rosso e con la barba che portava i regali ai bambini, ma non ebbe mai il coraggio di rivelarlo alla sorellina, lasciandola nella gioiosa e candida inconsapevolezza finchè non se ne rese conto, come lui, un po’ da sola e un po’ con l’aiuto dei genitori nel suo ultimo Natale prima di Hogwarts.

Louis tornò a casa ad ogni Natale anche quando iniziò la scuola, i primi due anni principalmente per sentire meno la mancanza della sorellina e in seguito perché la stessa Camille lo implorava di tornare con lei. 
La magia finì, così come l’aspettativa e la gioia, la spensieratezza si affievolì come la fiamma di una candela: una volta cresciuto e lasciata la sua famiglia per prendere la sua strada il Natale perse quasi di significato agli occhi placidi del mago, che aveva sempre l’impressione di aver ben altro di cui preoccuparsi.


C’era stato il Natale passato ad Azkaban, quello lo ricordava molto bene e con una nota disgusto. 
Dopo l’anno passato nella prigione di massima sicurezza Louis era tornato in libertà, aveva iniziato a farsi chiamare in un altro modo e aveva praticamente perso ogni contatto con la sua famiglia.

Ora il ragazzo sedeva su una poltrona, le gambe accavallate mentre teneva mollemente un bicchiere con una mano, il braccio abbandonato dal mobile e si passava le dita dell’altra sulla tempia, la testa leggermente inclinata verso il bracciolo che reggeva il suo gomito.

Come si fosse ridotto in una situazione simile, non se ne capacitava. Quando era passato da gestire reti di traffici illegali a passare la sera della Vigilia di Natale seduto su una poltrona, circondato da profumo di dolci e una sottospecie di orrenda canzone natalizia che gli stava facendo venire il mal di testa?

Insomma, loro erano I Sette Peccati Capitali, persone conosciute, disprezzate, temute…


“A donde sea que yo esté… Tu corazón alcanzaré… Y una sonrisa en tu mirada, pintaré!”

O forse no.

“No habrá distancia entre los dos
Al viento volaré mi vooooz
Con mis deseos a tu alma llegaré!”

“Ebe, te ne prego, non cantare…”

“… FELIZ NAVIDAD! Non fare il musone Loki, è Natale! FELIZ NAVIDAD!”

Forse la sua vita aveva preso una piega ridicola quando vi aveva messo prepotentemente piede una specie di piccola elfetta di bell’aspetto che ora saltellava per il salotto con un cappello da Babbo Natale in testa e un orrendo maglione natalizio con le renne addosso e cantando in spagnolo come un’ossessa.

“Oh, per l’amor del cielo…”
“FELIZ NAVIDAD, PROSPERO AÑO Y FELIZIDAD! Loki, sei noioso. E sei l’unico che non indossa nulla di natalizio, dovresti vergognarti!”

Ebe gli si piazzò davanti, imbronciata, e lo indicò con fare accusatorio. Loki, per tutta risposta, spalancò leggermente gli occhi e parlò con tono melodrammatico:

“Hai ragione, potrebbero internarmi di nuovo per questa grave mancanza…”
“Nessun problema, ti ho preso questi!”

Ebe sorrise allegra e gli porse una scatolina che, una volta aperta, si rivelò contenere degli straccali terribilmente rossi e con tanto di renne.

“… Mi auguro che tu abbia sbattuto la testa, se pensi che metterò qualcosa di simile.”
“Ma è Natale! E ho cercato straccali natalizi per giorni solo per te, ti prego, non fare il Grinch!”

“Non so chi sia costui.”  Loki non si scompose, guardandosi le unghie mentre Ebe, di fronte a lui, incrociava le braccia al petto.
“È un essere verde molto brutto e antipatico che odia il Natale, e al momento tu sei un incrocio tra lui ed Ebenezer Scrooge!”

“Ebe, sei pazza se pensi che li metterò.”

Loki distolse lo sguardo, portandosi il bicchiere alle labbra per bere un sorso di Whiskey mentre Ebe, ancora in piedi davanti a lui, smetteva di sorridere. La strega all’improvviso si rabbuiò e si voltò senza dire nulla, allontanandosi per andare in cucina, dove Mac stava preparando l’ennesima informata di biscotti glassati.

“Sai che è stata in una clinica psichiatrica, vero?”  La voce di Alanis giunse alle sue orecchie all’improvviso, ma il mago non si scompose e non si stupì, non alzando nemmeno lo sguardo verso l’ex compagna di scuola e parlando con tono annoiato:
“Ho sentito qualcosa a riguardo, sì.”
“E pensi che dare della piazza proprio a lei sia saggio?”

“Pensi che venirmi a fare la paternale sia saggio, Annabelle? A me sembra soltanto noioso, come questa festa. Baggianate sul dover essere più buoni e sul dover credere in qualcosa che non esiste, è un giorno come tanti, non c’è nessuna strana magia che unisce le persone. È solo un giorno a cui si attribuisce, non si sa perché, un qualche significato particolare per avere la scusa di scambiarsi regali, festeggiare e fingere di volersi bene.”


“Ora sei davvero lo Scrooge della situazione mio caro…”

Alanis abbozzò un sorriso, ma Loki non si scompose affatto, limitandosi a vuotare il suo bicchiere prima di farsi versare altro whiskey dalla bottiglia che aveva incantato poco prima.


Mac, intanto, stava preparando la terza infornata di biscotti allo zenzero dopo averne preparati altrettanti di glassati. 
Ebe raggiunse lei e Sider, che si era offerta di aiutare la Gola, trascinando i piedi e improvvisamente molto meno allegra, sedendo su uno degli alti sgabelli e prendendosi il viso tra le mani mentre Sider si scusava con Mackenzie per aver fatto cadere alcuni biscotti mentre li toglieva dal forno:

“Sider, smettila di scusarti, non è un problema!”
“Scusami Mac, me lo dicono sempre, sono un po’ imbranata…”

La rossa si incupì leggermente, ma Mac non ci fece caso e liquidò il discorso con un gesto della mano, asserendo che c’erano comunque abbastanza biscotti per tutti.


“Direi che ci sono abbastanza biscotti per un reggimento, Mac. Ebe, come mai questa faccina triste?”

Salem sedette accanto all’Invidia e la guardò con curiosità mentre allungava una mano per prendere un biscotto, ricevendo un piccolo schiaffo sul dorso da Mackenzie, che lo ammonì con lo sguardo di tenere le mani a posto.

“Niente.”  Ebe scosse piano il capo, gli occhi fissi sul ripiano del bancone sovraccaricato di utensili da cucina e ingredienti. Mackenzie prese una ciotola piena di biscotti e gliela porse, parlando con tono sbrigativo:
“Ebe, tieni un biscotto.”

“Ma stai scherzando?!”  Salem sgranò gli occhi blu, indignato, ma la strega non si scompose e si strinse nelle spalle mentre riprendeva a stendere l’impatto con il mattarello:
“Lei è triste, tu non lo sembri affatto.”
“Sì invece, guarda!” 

Il Capitano sfoggiò l’espressione più implorante e malinconica che gli riuscì e Mac sospirò, alzando gli occhi al cielo mentre Sider, osservandolo serafica e con la fronte aggrottata, osservava che non sembrava triste per nulla.

“Grazie Sider…”
“Prego Capitano, mi fa piacere aiutarti a migliorare le tue doti recitative!”


“Lasciamo perdere… Qualcuno ha visto Flagro, piuttosto?”
“Forse ha avuto l’accortezza che a me è mancata e se l’è filata…”
“Loki, continua a fare il Grinch e mangi in giardino, sono stata chiara?”

“Sì può sapere perché tutti conoscono questi Grinch tranne me?!”
“Mi sorprende, è la tua copia sputata!”

“Alanis, che hai da ridere?!”
“Se avessi presente il Grinch capiresti, fidati…”


*


“Rita! Rita, stai scherzando, sei ancora qui?!”

Rita, che stava controllando la cartella clinica di uno dei suoi pazienti per prescrivergli uno psicofarmaco, si voltò con un sospiro sentendo la familiare voce di Jezabel. 
La strega, tuttavia, aggrottò leggermente la fronte quando la vide, chiedendosi per qualche istante se si trattasse davvero della sua amica. 

Una volta tanto Jezabel Farrel aveva deciso di sfoggiare tutto il suo splendore mettendosi in tiro e ora stava camminando verso di lei con un paio di tacchi alti ai piedi e la gonna rossa in chiffon con lo spacco del suo vestito che le svolazzava intorno alle gambe. 

“Ma come siamo belle… Michael sarà contento.” Rita abbozzò un sorriso e Jezabel, raggiunta l’amica, la imitò sfiorandosi i capelli neri legati sulla nuca, lasciando collo e spalle sottili scoperti. 

“Ti piace? Me lo ha regalato lui…”
“Allora il suo intento era di fare un regalo a se stesso, credimi.” 

“Rita, sono venuta perché sapevo che ti avrei trovata qui e siamo già in ritardo… sul serio, non puoi passare la Vigilia in ospedale! Anche io lavoro qui, ma questa sera bisogna festeggiare.”
“Jess, è Natale anche per queste persone.”
“E molti di loro hanno accanto le loro famiglie, infatti. Andiamo, per favore… io vengo in pace, ma May ha minacciato di farsi viva se non verrai di tua spontanea volontà.”

“Tremo di paura.”
“Dovresti, ha minacciato di palesarsi brandendo piastre per capelli incandescenti.”

Jezabel non battè ciglio e rimase perfettamente seria mentre l’amica, al contrario, soffocò a mala pena una risata nell’immaginare uno scenario simile.

“Ok, tra dieci minuti vado a casa a cambiarmi e poi vi raggiungo alla festa, promesso. Tu non far aspettare Michael, mi raccomando.”

“Puoi smetterla di ammiccare, per favore?!”
“Perché, mi diverto…”


*

“JOOOOY TOOO THE WOOOOORLD!”
“Per la barba di Merlino, non sopravviverò alle feste…” 
Loki, sbuffando, si alzò e prese la bottiglia per il collo prima di allontanarsi sotto lo sguardo attonito di Alanis, che gli rivolse un’occhiata di sbieco:

“Dove vai?”
“A suicidarmi, se qualcuno non la smette di uccidere il mio udito.”

Loki piegò le labbra carnose in una smorfia ed Ebe, aggrottando la fronte, smise immediatamente di sorridere per pararglisi davanti stringendo i pugni e guardandolo dritto in faccia, totalmente incurante della discreta differenza d’altezza che li separava:

“Ascoltami bene, elegantone. Non me ne frega cosa pensi del Natale, hai capito?! Quello che so è che io non festeggio da quattro anni, QUATTRO lunghi anni, e anche se sono in libertà non ho comunque una famiglia da cui andare, perciò sì, temo che dovrai sopportare la mia presenza. E non mi interessa se mi trovi stonata o altro, questo è il primo Natale dopo tantissimo tempo che posso godermi ed ho intenzione di provare a farlo, sono stata chiara?! Non ti aggrada? Gira al largo e risparmiaci le lamentele da donnetta viziata.”

Loki non mosse un muscolo, limitandosi a ricambiare lo sguardo fortemente contrariato della strega, che lo stava guardando quasi con aria di sfida. 
Il mago non aprì bocca, limitandosi a superarla per andarsene con un sospiro stanco, quasi annoiato, mentre Ebe, dopo averlo seguito con lo sguardo con tanto d’occhi, sbuffava prima di girare sui tacchi e uscire dopo aver appellato il suo cappotto.


“Che cosa è successo?”   Flagro fece la sua comparsa nel salotto solo quando sentì le porte sbattere, confuso tanto quanto Alanis parve rilassata mentre si stringeva nelle spalle, parlando con tono neutro:
“I bambini hanno bisticciato ed Ebe è uscita.”

“Uscita? Dove?”
“Non ne ho idea, ma tornerà… si faranno la linguaccia e tutto tornerà come prima, non preoccuparti.”


*


“Jess! Eccoti, cominciavo a temere che volessi darmi buca. Sei… bellissima. Più del solito, dico.”

Jezabel sorrise dolcemente al fidanzato quando Michael l’accolse con un sorriso, prendendole le mani tra le sue prima di depositarci un bacio sopra.

“Grazie. Scusa, sono passata al San Mungo… no, non per lavorare, per Rita! Le ho fatto promettere di venire.”
“Stavo già per rimproverarti, ti sei salvata. Maysen è qui da qualche parte, comunque, e visto che sei qui voglio presentarti al comitato che ha esaminato le richieste per le borse di studio e il mio esame, dopotutto è merito tuo se potrò andare in Norvegia.”

“Non l’ho certo fatto io, l’esame.”
“No, ma mi hai spinto a farlo e aiutato a studiare. Sei fantastica, Jess, sono molto fortunato.”  Michael sorrise e le diede un bacio sulla tempia, facendola sorridere debolmente e mormorare che era troppo gentile, infondo era lei quella fortunata.  
Poi la strega si sentì prendere per mano dal fidanzato, che la condusse con un sorriso verso un gruppo di persone:

“Adesso devo proprio presentarti ad un po’ di gente, nessuno mi crede quando ti descrivo come un incanto… stenteranno persino a credere che tu stia davvero con me.”
“Sciocchezze! Però, Michael, credo che andrò via presto, devo… andare da mio padre. Non guardarmi così, è Natale.”

“Penso solo che non si meriti le tue premure, Jess.”
“Ha soltanto me. Cosa dovrei fare, lasciarlo solo, abbandonarlo? È una cosa che non farò mai, non importa come mi ha trattata, è comunque mio padre.”
Michael strinse le labbra e Jezabel seppe che avrebbe voluto ricordarle che no, non era suo padre, ma il mago ebbe l’accortezza di non dirlo a voce alta.

“Possiamo non discutere per questo? È Natale, non ti voglio rovinare la serata.” Jezabel abbozzò un sorriso e sollevò una mano per sfiorare il viso del fidanzato, che annuì con un sospiro prima di parlare:

“Hai ragione, lasciamo stare. È tuo padre, devi fare quello che ritieni giuro, dimentica quello che ho detto… So che è una brava persona, solo mi urta sapere come ti trattava.”
“Non importa, davvero. Adesso sorridi e pensa a divertirti, ok?”

Jezabel gli sorrise teneramente e Michael annuì, non riuscendo a non ricambiare quel sorriso. 

“Ok.”


*


Ebe era in piedi sul ciglio di una strada, immobile mentre teneva le mani nelle tasche del cappotto e gli occhi scuri fissi sulla finestra illuminata dalla luce artificiale di una lampada di una grande casa situata dall’altro lato della strada.

La strega deglutì a fatica, un nodo in gola mentre guardava sua madre muoversi in cucina, oltre il vetro. Sua madre adorava cucinare, e anche se avrebbe potuto benissimo permettersi una cuoca aveva sempre preferito provvedere da sè ai pasti di tutta la famiglia. 

Ricordava che a Natale la donna desse il meglio di sè ai fornelli e di sicuro stava preparando, come sempre, abbastanza provviste per un esercito.
Sua madre era lì, a pochi metri. Le sarebbe bastato attraversare la strada e suonare il campanello della villa, eppure Ebe non si muoveva: potevano anche averla liberata e assolta dalla condanna per l’omicidio di sua sorella, ma sua madre di certo non aveva dimenticato quello che aveva fatto e non avrebbe mai potuto perdonarla, mai.

La strega si morse il labbro e senza smettere di guardare la donna, la sua bellissima e un tempo vivace madre, che ora appariva più spenta di quanto non avrebbe voluto vederla dietro quel sorriso, si scusò a bassa voce. 
Con Iris, ma anche con lei, perché l’aveva privata di entrambe le sue figlie in un colpo solo.

Sul davanzale c’erano delle Dalie, ma con un rapido cenno della strega i vasi si riempirono di Iris, i preferiti di sua madre. 
Una volta Esmeralda le aveva detto, quando era piccola, che quando il suo defunto padre le aveva parlato della tradizione dei nomi della sua famiglia si era quasi messa a ridere, pensando che la stesse prendendo in giro, ben presto però la donna aveva capito che il fidanzato era serio e per il nome della sua secondogenita aveva scelto quello del suo fiore preferito.


Ebe indugiò con lo sguardo sulla madre per qualche altro istante, poi si voltò con un sospiro e si allontanò dalla casa in cui era crescita prima di Smaterializzarsi, senza voltarsi indietro.


Esmeralda appoggiò la teglia per il tacchino sul ripiano sotto alla finestra il suo sguardo indugiò sui vasi di fiori che curava con tanta premura. 
La donna sgranò gli occhi scuri, sbalordita, quando scorse degli insoliti – seppur familiari – fiori blu e immediatamente aprì la finestra, scrutando il giardino e la strada con attenzione ma senza scorgere tracce della figlia maggiore.

“Esme? Esme, cosa fai, chiudi la finestra, si gela!”
“Mi era sembrato… niente…”

La donna scosse il capo e chiuse la finestra dopo un attimo di esitazione al richiamo del marito, affrettandosi a tornare a concentrarsi della cena per non pensare a Willow.


*


“Come stai?”
“Una favola, non vedi?”

Brian guardò Asher sorridere tetro mentre si versava altro vino con un sopracciglio inarcato, poco convinto:

“Sicuro?”
“Ma certo. È il primo Natale senza mia sorella, come dovrei stare?!”
“Mi dispiace per Ashley.”

“Già… anche a me. E pensa che le persone che l’hanno uccisa sono lì fuori a festeggiare e fare i loro comodi, non lo sopporto. Ma grazie per essere passato.”
“Sicuro di non voler venire…”

“No, non verrò alla festa del Ministero, rischierei di prendere il Ministro ad insulti per la clemenza che ha nei riguardi di quei sette vermi schifosi. Mia madre sta malissimo, starò con i miei genitori.”

Asher continuò a parlare senza guardare il collega e con tono gelido, fissando il pavimento mentre Brian annuiva con un debole sospiro prima di alzarsi e dargli una pacca sulla spalla:

“Come preferisci… ci vediamo al lavoro allora. Buon Natale Asher.”
“Buon Natale Brian.”


Una volta solo il Cavaliere vuotò il bicchiere prima di sbatterlo con violenza sul tavolo, passandosi una mano tra i capelli biondi e scuotendo il capo. Sua sorella gli mancava moltissimo, e se non c’era più era solo colpa loro. Non gli importava se erano stati assolti dalle accuse se ora erano i cagnolini del Ministro, prima o poi avrebbero pagato per tutte le loro colpe.


*


Cristal, seduta vicino a sua sorella sul divano del soggiorno, rideva mentre sfogliava un vecchio album di foto con delle canzoni natalizi in sottofondo:

“Guarda, qui papà aveva messo il costume da Babbo Natale e noi credevamo davvero che fosse lui, che tenere…”
“Già, tu urlavo a squarciagola che volevi tanto un set di vestiti nuovi per la tua bambola…”

“Adesso lo vorrei per me, un set di abiti nuovi!”  Avalon sorrise e, messo un braccio sulle spalle della minore, le scoccò un bacio sulla guancia:
“Lo so biondina. A Gennaio andremo a fare compere insieme, te lo prometto.”

“Bene, e farai meglio a non darmi buca, sai? Ultimamente passiamo troppo poco tempo insieme.”
“Lo so, ma che ci vuoi fare, sono molto impegnata e desiderata…”

“Ragazze, venite a dare una mano invece di cincischiare?!”

Sentendo la voce – decisamente irritata – della madre provenire dalla cucina le due rizzarono le orecchie e scattarono in piedi. Avalon, seria in volto, parlò con tono grave senza battere ciglio:

“Il Grande Capo ha chiamato, corriamo! Sì mamma, eccoci!”
“Sia mai che la Signora Madre si innervosisca la Vigilia di Natale, sera in cui ci bacchetta di più in tutto l’anno…”

“Come mi avete chiamata?!”

“Niente, niente… Mamma, Ava si è offerta di preparare la tavola!”
“Ma brutta…”


*


“Principessa? Scusa tesoro, non volevo che sentissi me e la mamma litigare… mi dispiace tanto.”

Alistair sospirò e si avvicinò al letto della figlia dopo essersi chiuso la porta della sua camera alle spalle, sedendo accanto a Cassandra per abbracciarla mentre la bambina, in lacrime, mormorava che era stanca di sentirli litigare.

“Lo so piccola, mi dispiace tanto. Stasera e domani non litigheremo più, te lo prometto, non voglio rovinarti il Natale.”
Il Cavaliere sospirò e si sistemò la figlia di sei anni in braccio, dandole un bacio sulla fronte mentre la bambina, guardandolo con k grandi occhi azzurri, mormorava qualcosa a bassa voce:

“Se tu e la mamma non vi volete bene perché vivete insieme?”
“È complicato tesoro, ma tu non ti devi preoccupare, ok? A te vorrò sempre bene.”

“Anche io.”

La bambina lo abbracciò e Alistair sospiro, ripetendosi che entro un anno avrebbe potuto finalmente lasciare quella casa e Hope, che faticava sempre di più a sopportare. 
Solo un altro anno, doveva resistere per la sua principessa.


*


“Secondo te perché Billy Ray ha accettato senza fare troppe domande? E perché Coleman non si è opposto alla congiura contro il suo capo?”
“Non lo so.”
“Chissà, forse gli hanno promesso denaro… non lo dicono?”
“Se potessi sentire magari lo saprei!”

“Trovo solo strano che due uomini ricchi e potenti come Mortimer e Randolph debbano perdere tempo a scommettere su esperimenti sociali quando potrebbe costare loro molte perdite!”

Alanis sospirò stancamente e si passò una mano sul viso mentre, seduta sul divano accanto a Sider cercava di guardare il film, ma con scarsi risultati a causa delle continue domande della rossa.

Flagro superò le due, gettando una rapida occhiata alla tv, per dirigersi in cucina, trovando Mac impegnata a preparare il tacchino mentre Salem sgranocchiava biscotti alla cannella.

“Mac, Capitano… Loki ed Ebe?”
“Scrooge è di sopra, Ebe è fuori da qualche parte… Cap, smettila di scroccare e dammi una mano, piuttosto!”

“Io non sono un aiuto-cuoco Mackenzie, io sono uno spiluccatore.”

Salem parlò con un tono vago e rilassato che fece alzare gli occhi al cielo alla strega mentre Flagro sedeva su uno degli sgabelli accanto al Capitano:

“Natale insolito, non trovate?”
“Non più insolito di quello passato ad Azkaban l’anno scorso… Salem, smettila di mangiare biscotti, ti rovini l’appetito!”
“Per te sono “Capitano”.”
“Per me sei un coglione. Flagro, vai a cercare Ebe, sono preoccupata per lei.”

“Da quando dai tu gli ordini?!”
“Da quando sono l’unica adulta del gruppo!”


Flagro roteò gli occhi ma, non volendo restar senza cena – il tacchino, il pudding e i biscotti che Mac aveva preparato sembravano molto invitanti – obbedì e uscì dalla stanza. 
Si stava giusto chiedendo su dove potesse essere andata Ebe quando, appena uscito di casa, si accorse che la strega lo aveva battuto sul tempo: vide Ebe superare il cancello del grande cottage che il Ministro aveva ceduto ai sette e abbozzò un sorriso. 

“Eccoti, giusto in tempo per la cena… Mac stava per mandarmi a cercarti. Tutto bene?”
“Sì. Pensavo che questo primo Natale di libertà mi avrebbe resa felice, ma non è così. Vi voglio bene, ma mi manca… la mia famiglia.”

La strega si fermò di fronte al mago e lui le sorrise appena, appoggiandole una mano sulla spalla:

“Nessuno lo dice, ma vale anche per gli altri. È normale, è uno degli effetti che questo giorno ha sulle persone sole. Ma non sei sola Ebe, adesso, questo Natale è diverso.”

“A te manca la tua famiglia?”
“Sì e no. Ma si possono costruire nuove tradizioni, giusto?”

Ebe esitò ma poi annuì, abbozzando un sorriso. Guardò il mago con gratitudine e poi lo superò, entrando in casa.


“Oddio, ma quella è una prostituta? Chissà perché ha scelto di aiutarlo…”
“Gesù salvami!”




“A cosa stai pensando, Chef?”
“Che questo è un giorno strano. E forse Loki non ha tutti i torti, anche se lui non dovrà mai sapere che queste parole sono uscite dalla mia bocca.”
“Ragione su cosa?”

“Beh, sul Natale. Infondo è un giorno come tanti, è speciale per il significato che noi ci diamo. È una festa che si basa sull’idea di amore e sull’affetto che lega una famiglia, e forse è proprio la famiglia ne rende il Natale Natale. Che sia la famiglia con cui nasciamo, con cui finiamo… o che ci costruiamo lungo la strada. Per quanto pazza, assurda e anticonvenzionale possa essere.”

“Come questa?”
“… Sì Salem, come questa.”

“Sai, non ti ricordavo così sentimentale ad Hogwarts, cosa ti è capitato?”
“Tante cose.”


*


Loki sentì bussare alla porta e borbottò un debole “avanti” prima di sentire l’anta spalancarsi con un leggero cigolio. Il mago si voltò verso l’uscio e guardò Ebe farsi avanti tenendo un vassoio tra le mani e a capo chino, il maglione con le renne ancora addosso.

“Ti ho portato dei biscotti in… offerta di pace.”
“… Grazie. Immagino di doverti dire che non sei poi così stonata.”
“Grazie. Scusa se ho dato di matto, ma non sopporto quando mi danno della pazza.”

“… Lo immagino. Mi dispiace.”
“La cena è pronta, ti stiamo aspettando per tagliare il tacchino. Vuoi scendere?”

Loki annuì e si alzò con un sospiro, anche se prima di seguirle fuori dalla stanza decreto di dover prendere una cosa. Ebe lo guardò cercare qualcosa con la fronte aggrottata e la strega sgranò gli occhi scuri quando lo vide mettersi degli straccali rossi che lei conosceva molto bene.

“Immagino non sia necessario sottolineare che il primo che farà una foto o un commento farà una brutta fine, vero?”

Ebe non rispose, ma in compenso lo abbracciò appoggiando la testa sul suo petto, lasciandolo di stucco. Per qualche istante il mago non si mosse, poi alzò gli occhi chiari al cielo e le diede qualche colpetto sulla schiena, sibilando che tutto quell’affetto lo commuoveva ma che non era affatto necessario.

“Taci per una volta, elegantone. Forse un giorno ti vorrò anche bene. Ma non oggi.”
“Che sciagura… Ahia!”


*


Vedendo la bambina sbadigliare e poi strofinarsi gli occhi con le piccole mani per la terza volta abbozzò un sorriso, allungando una mano per sfiorarle i capelli prima di parlare con tono affettuoso:

“Non pensi sia ora di andare a dormire?”
“No, prima devi finire la storia. Hai promesso che quando sarei stata grande me l’avresti raccontata!”

“Ma te l’ho promesso sei mesi fa!”
“Sì, ma avevo quattro anni, ora ne ho cinque.”  La bambina abbracciò il suo ippogrifo di peluche, regalo di una delle sue tante “zie”, e il padre cercò di non sorridere: pur di convincerla ad andare a letto aveva acconsentito a raccontarle la sua storia, ma la bambina non immaginava quanti dettagli stesse volutamente omettendo.

“Hai ragione signorina… dov’eravamo?”
“L’arco era nascosto nella Fortezza e i Peccati dovevano andarlo a prendere!”

“Ok, ma dopo questa parte si dorme, intesi? Se la mamma fosse qui te lo direbbe anche lei.”
“Mi manca tanto la mamma…”

La bambina, raggomitolata sul letto matrimoniale vicino al padre, s’incupì leggermente mentre le dita del mago le sfioravano delicatamente la fronte, in un gesto quasi meccanico mentre l’uomo annuiva, soprappensiero, poi poi parlare a bassa voce:

“Anche a me.”
“Anche a te mancano i suoi abbracci?”   La bambina sollevò leggermente la testa per guardarlo con i grandi occhi sgranati e il mago annuì, le labbra inclinate in un debole sorriso:
“Tantissimo piccola.” 

Era seduto sul materasso contro la testiera imbottita, le gambe distese, e la figlia gliene abbracciò una per appoggiargli la testa sulla coscia e mormorare che voleva sentirlo parlare ancora della sua mamma.


“D’accordo… solo qualche altro minuto.”









……………………………………………………………………………………………..

Ovviamente il film che stanno guardando Sider e Alanis è l’intramontabile classico Una Poltrona per due. 
Rieccomi, questa volta per porvi di fronte ad una breve novità: considerando che molti dei protagonisti di questa storia hanno moltissime cose da dire e un passato turbolento, stavo pensando di pubblicare in parallelo alla storia delle OS per alcuni di loro, ambientate ovviamente prima dello svolgimento della FF. 
Perciò, vi chiedo di dirmi su chi vorreste leggere le prime due, fatemi due nomi tra i Peccati e le Virtù. [per MP]

Con ciò ho finito, buonanotte e a presto!
Signorina Granger 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


 Capitolo 10



Si fermò di colpo, la mano pallida ancora sul corrimano di legno traballante, e rimase come pietrificato sull’ultimo gradino mentre i suoi occhi scrutavano una figura non del tutto nuova ma che non scorgeva da tempo. 

La strega stava in piedi, di profilo rispetto a lui, le braccia sottili strette al petto. Stava parlando con la sua amica, la Giustizia, ma si voltò verso di lui pochi istanti dopo, forse sentendosi osservata.

Era lei, non c’erano dubbi. Anche se l’aveva vista solo una volta e praticamente al buio non avrebbe potuto confondere quel viso nemmeno volendo, tanto gli era rimasto impresso nella mente.
La scrutò con attenzione, avido di dettagli, mentre quei caldi occhi scuri lo osservavano a loro volta, tradendo forse una punta di disagio.

Si mosse e le si avvicinò dopo aver sceso l’ultimo gradino, tenendo gli occhi fissi su di lei mentre la raggiungeva con pochi e rapidi passi. Gli sembrò quasi di galleggiare e di muoversi al rallentatore, ma Loki non ci fece molto caso e un sorriso quasi trionfante, carico di soddisfazione, gli incurvò le labbra piene quando, giunto davanti all’oggetto dei suoi pensieri, sollevò una mano per mettergliela sul viso e l’altra alla base della nuca, attirandola leggermente a sè mentre chinava, al contempo, la testa.

Quando toccò le sue labbra con le proprie Loki sentì quasi il cuore palpitargli nel petto, stringendola a sè mentre tutto ciò che li circondava sembrava sparire in una nuvola di vapore.
All’improvviso non c’era più niente, solo loro due. 

O almeno finché il fastidiosissimo suono di un allarme non lo fece scattare, allontanandosi da quelle labbra meravigliose.
Loki aggrottò la fronte, confuso, chiedendosi cosa fosse. 
Il suono si fece più acuto e insistente e ben presto l’uomo capì che non si trattava di un allarme, ma di una campana.

Campana?



Loki spalancò gli occhi, svegliandosi con un sussulto. Ci volle qualche istante, ma si rese conto in fretta che si era trattato di un sogno e che il suono di una campana l’aveva appena svegliato da quello che la sua mente catalogò nell’immediato come uno dei sogni più belli che avesse mai fatto.

“No… no, no, no!”

Loki si passò le mani sul viso e si voltò, premendo il viso contro il cuscino e chiudendo gli occhi con aria risoluta, desiderando di riaddormentarsi.
Non sapeva cosa fosse quel suono, ma in quel momento desiderò come non mai che la sua fonte venisse incenerita, magari da un meteorite di passaggio.
Considerando che non accennava a smettere il mago si alzò con un basso ringhio pochi istanti dopo, scattando in piedi e raggiungendo la porta a passo di marcia prima di spalancarla e fermarsi sulla soglia:

“CHE DIAVOLO È QUESTA NOVITÀ? EBE!”
“Non urlare Loki, non sono io…”

La porta di fronte alla sua si aprì e dalla stanza parallela emerse una Ebe visibilmente assonnata, in pigiama e arruffata mentre si strofinava gli occhi.
La figura più alta di Alanis comparve alle spalle dell’Invidia, lanciando un’occhiata confusa alle scale prima di borbottare qualcosa:

“Se non siamo noi allora…”
“Alzatevi, splendete e fate qualcosa di utile raggi di sole, la colazione è pronta!”

Mackenzie li raggiunse un istante dopo, preceduta dal rumore dei propri passi sulle scale, con un sorriso sul volto e una campanella in mano, ignorando lo sguardo torvo che l’amico le indirizzò prima di parlare con un sibilo:

“IO STAVO DORMENDO!”
“Pazienza, potrai dormire di nuovo stanotte, Loki... hai presente? È un ciclo continuo.” 

Mackenzie aggrottò la fronte e rivolse all’amico un’occhiata eloquente mentre Loki, al contrario, contorse la mascella prima di borbottare sommessamente qualcosa. 

“Come? Scusa Loki, non ho sentito.”
“Probabilmente stava sognando di sbaciucchiarsi con il suo amore segreto non più tanto segreto…”

Ebe, sorridendo, sbattè le palpebre e simulò di mandare alla Lussuria dei baci mentre gli passava davanti, ridacchiando di fronte all’occhiata truce che l’amico le rivolse:

“Ebe, sai che ho un debole per te, ma non tirare troppo la corda.”
“Altrimenti userai i tuoi Galeoni giocattolo contro di me?”
“Non sono giocattoli! Lascia perdere, non puoi capire. Certe cose non sono per tutti, evidentemente.”

Loki superò Mackenzie per scendere le scale mentre Alanis, alzando gli occhi al cielo, incrociava le braccia al petto prima di mormorare qualcosa alla Gola:

“Una volta terrorizzò un ragazzino del terzo anno che aveva rotto l’albero maestro del suo veliero in costruzione, fossi in Ebe lo prenderei sul serio.”
“Ebe ha smesso di farlo tempo fa, Alanis, quando ha capito come prenderlo.”



“Maaaaaac, hai fatto le uova strapazzate, io le volevo fritte!”
Mackenzie sospirò alle parole di Ebe, ma non ebbe il tempo di voltarsi per ricordare all’amica che quello non era un albergo: Loki pensò bene di precederla, suggerendo all’Invidia di pensare al colesterolo e alla linea con quello che, sia Alanis che Mac ne furono certe anche se non potevano vederlo, il suo peggior sorrisetto stampato sul bel volto. 

Quello che seguì fu un confuso insieme di tonfi, suoni metallici di pentole che cadevano o che venivano lanciate e colorite esclamazioni in un mix tra inglese e spagnolo da parte della strega, tra cui le altre due donne colsero solo “vergognati”, “screanzato” e “chiudo la bocca”.

“Ebe, non fare così, ricorda che dopo una certa età il metabolismo rallenta…”
“MI STAI DANDO DELLA VECCHIA?! Attento a te, o spedirò il tuo whiskey, le tue sigarette e I tuoi dannati giocattoli nel sottosuolo!”

“Scusa, capisco che i trent’anni non siano un traguardo facile…”
“CIERRA LA BOCA!”


*


Salem camminava solo nella zona 10 di Praga, costeggiando un grande magazzino abbandonato. 
Molte delle vetrine erano rotte, altre ricoperte di giornali vecchi. Solo in alcune era possibile scorgere il riflesso dell’esterno o i locali interni ormai in disuso grazie alla calda luce del Sole, e il mago indugiò con lo sguardo proprio su uno di quei frammenti di vetro che probabilmente non venivano lucidati da anni.
Si fermò e osservò il proprio riflesso, pensando a quando si era visto in faccia l’ultima volta: di certo non era sua abitudine raggiungere le zone centrali della città, fin troppo caotiche è sempre pullulanti di turisti. Certo Praga trasudava di uomini che vivevano per strada e forse sarebbe anche passato inosservato, ma non voleva correre rischi inutili.

Era già un piccolo traguardo, per lui, essere uscito in pieno giorno, cosa che non succedeva da qualche tempo.

Salem sollevò una mano per portarsela sullo zigomo sinistro, ricoperto di barba scura e incolta. Sospirò piano, chiuse gli occhi e cercò di immaginare le sue dita sfiorargli il viso.

“Dovresti tagliarla?”
“Non ti piace?”  Doveva aver sfoggiato un’espressione piuttosto delusa, perché lei aveva sorriso con quel cipiglio intenerito che era sempre capace di sciogliergli il cuore. Aveva scosso il capo, assicurandogli che fosse sempre bellissimo, mentre gli sfiorava la barba che si era leggermente fatto crescere.

“È che ti preferisco senza, personalmente.”


Chissà che cosa avrebbe pensato vedendolo in quello stato. Le sarebbe venuto un colpo, probabilmente.
Salem aprì gli occhi e si accorse che un sorriso amaro gli era apparso sul volto senza che se ne rendesse conto. Studiò il proprio riflesso per qualche altro istante, scorgendo occhi chiari stanchi, un po’ arrossati e vacui, pelle pallida e capelli spettinati, più lunghi di quanto non fosse solito portarli. 

Merlino, si riconosceva a stento.
Salem sospirò, poi si voltò lentamente e riprese a camminare dopo un istante di esitazione. 
Dopo tre anni, chiunque avrebbe scommesso che si sarebbe dimenticato dei suoi amici, della sua vecchia “famiglia”, di lei. Quei quasi tre anni passati insieme, tuttavia, erano stati tra i più belli della sua vita e non passava giorno in cui il Capitano non li rimpiangesse. 
E che non rimpiangesse lei.

A volte si chiedeva se sarebbe riuscito ad andare avanti, a cosa avrebbe fatto della sua vita: voleva trascorrerla così, in quel modo? Senza vivere? Aspettando in eterno qualcosa di cui nemmeno era sicuro? 
La verità era che nemmeno lui sapeva per cosa fosse in attesa. Tutte le giornate erano grigie, vuote, uguali, si accorgeva a malapena del tempo che passava… si sentiva perennemente in cerca di qualcosa che una parte di sè credeva sarebbe arrivato, prima o poi. 
Ma se così non fosse stato? 


*


“Perciò siamo sicure del fatto che tengano qualcosa di molto importante a Fortressea.”
“Precisamente… qualcosa che preme molto al Ministro, direi. E vista la tempistica, è quasi sicuro che riguardi i nostri amici peccatori.”
“Un Tesoro Sacro?”
“Può darsi. Loki non ha il suo, e nemmeno Mackenzie ed Ebe. Dei quattro che al momento si sono riuniti l’unica ad avere ancora il proprio è Alanis. Potrebbe trattarsi di uno dei Tesori dei primi tre.”

“E quelli mancanti? Non sappiamo se li hanno.”
“È molto probabile che la Superbia abbia il suo, quanto ad Ira e Accidia… probabilmente vale lo stesso per uno dei due. In ogni caso, recuperarli è fondamentale, quindi di qualunque si tratti dobbiamo fare in modo che i Peccati lo prendano.”

“Non penso sarà un problema per loro. Il problema è farli arrivare laggiù senza far capire al Ministro che noi siamo implicate in tutto questo. Maysen, hai scucito qualcosa di bocca ad Asher Flint?”
“Non molto, è criptico. Pensate che possano sospettare di noi?”
“Se anche fosse, fa’ finta di nulla, ignoriamo la cosa… Il Ministro ha mandato lui a Fortressea, l’altro giorno, quindi sa cosa ci tengono.”

“E cosa devo fare, chiederglielo?” Maysen aggrottò la fronte, le braccia strette al petto. Jezabel però scosse il capo, parlando con tono neutro e stringendosi nelle spalle:
“Per poi spedire laggiù i Peccati due giorni dopo e scatenare il putiferio? No, capirebbero che siamo d’accordo con loro… May, non menzionare più l’argomento, d’accordo? Non voglio sentire il fiato del Ministro sul collo più di quanto già non lo senta.”

“Perciò?”
“Lasciamo perdere i Peccati, non nominiamoli… Ma tu tieniti buono Asher Flint, potrebbe esserci utile.”

Maysen non rispose, chinando lo sguardo prima di annuire piano: l’idea di sfruttare qualcuno non le piaceva, specie perché il suddetto Cavaliere non le dava l’impressione di essere una cattiva persona. Non nutriva particolare stima verso di loro, ma molta compassione per lasciarsi facilmente abbindolare dal Ministro, eppure non moriva dalla voglia di approfittarsi di uno di loro. 

E non solo perché era disgustosamente attraente, si disse la Prudenza con decisione.


*


“Chissà se Cap ha il suo Tesoro Sacro… onestamente non pensavo che tutti voi non l’aveste.”
“Sono stati ad Azkaban per tre anni, dove avrei dovuto tenere Harlit?!”

“Rilassati Loki, parlavo con le ragazze, non con te. Allora? Che fine hanno fatto Gideon e Aldan?”

Alanis inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo da Mackenzie ad Ebe con tono scettico mentre stringeva Corechouse, il suo bastone a quattro sezioni, unite da delle catene ricoperte da incisioni, dalle estremità appuntite.

Mackenzie serrò le mascella, stringendosi nelle spalle e parlando con tono gelido e carico di risentimento mentre stringeva le braccia al petto:

“Come Loki, l’ho perso quando mi hanno arrestata. Io sarò anche riuscita a scappare, ma non a prendere Aldan.”
“Già, lo stesso vale per me… anche se ho sentito che è stato rubato anche dalle grinfie del Ministero, che idioti. Come hanno potuto farsi scappare il mio martello?!”

“Non potevate prenderveli prima di sparire nel nulla?!”
“Facile parlare per te, il tuo potere ti permette di sottrarre qualsiasi arma a chiunque, ti sei appropriata di Corechouse solo schioccando le dita! E sapendo di Aldan, di certo lo terranno sotto massima sicurezza.”  Ebe si strinse nelle spalle e Mackenzie sbuffò appena, borbottando che preferiva cambiare argomento e concentrarsi, per il momento, sul recupero del Capitano.

“Va bene, allora parliamo di Cap. Sicura che si trovi nell’Europa centrale?”
“Sì, e le Virtù mi stanno aiutando a provarlo. Presto dovremmo riuscire a capire dove si trovi con precisione… E all’ora potremo andare a prenderlo.”
“Spero che accada preso, sono stufo di stare solo con voi, non fate che coalizzarvi contro di me e prendermi in giro.”

Loki rivolse un’occhiata torva ad Ebe e a Mac,  eh per tutta risposta alzò gli occhi al cielo mente la prima, invece! Sfoggiò  un’occhiata grave prima di rivolgersi all’amica:

“Oh no, Lady D si sente bullizzata… Mac, cosa possiamo fare?”
“Loki, niente lamentele, o niente cena.”

“Ridete pure, ma prima o poi mi vendicherò.”


*


Melissa, in piedi accanto alla porta, rivolse all’enorme ingresso – lo stipite era alto quasi due volte lei – un’occhiata torva prima di borbottare a mezza voce che non vedeva come sarebbero riusciti a far uscire quel che il Ministro custodiva lì dentro. 
Sam, in piedi accanto a lei, si strinse nelle spalle e asserì che un modo lo avrebbero di certo trovato, anche grazie all’aiuto dei Peccati:

“Ma Sam, non si tratta solo di entrare ed eludere la sicurezza, ci sono Incantesimi di un livello pauroso...”
“Lo so Mel, ma sono sicuro che loro saranno in grado di superarli. Abbiamo visto un’anteprima di quello che sa fare la Gola, no?”

Melissa avrebbe risposto, ma si zittì quando vide l’alta e robusta figura di Brian avvicinarsi a passo di marcia, la frusta arrotolata e agganciata alla cintura. 

“Salve Brian… qualcosa non va?”
“No, nulla, sono venuto a darti il cambio. Il Gran Cavaliere richiede la presenza del suo “ariete”.”

Brian accennò a Sam, che annuì roteando gli occhi prima di superarlo con la sua immancabile ed enorme ascia bipenne agganciata sulla schiena come se fosse un comunissimo zaino.

“D’accordo, grazie. A dopo Mel.”
“Ciao Sam. A cosa gli serve Sam?”

Melissa si rivolse a Brian mentre il collega si allontanava, e il moro incrociò le braccia al petto mente si appoggiava alla parete, gli occhi fissi sull’imponente figura di Sam:

“Fortressea.”


*


Maysen respirò profondamente, dopodiché si avviò attraverso l’Atrium, camminando con passo deciso verso un dei camini messi a disposizione dal Ministero per lasciare o raggiungere l’edificio.

L’orario di lavoro della maggior parte dei dipendenti era finito da un pezzo e la strega sapeva che ormai erano in pochi a trovarsi ancora lì, ma l’idea era esattamente quella: non si stupì affatto quando sentì dei passi alle sue spalle e, un attimo dopo, una voce chiamarla.
La strega si fermò, si voltò e, sfoggiando una studiata espressione piacevolmente sorprese posò lo sguardo su Asher Flint, che le stava andando incontro.

“Buonasera. Ancora qui?”

Come se non avesse aspettato di fingere di andarsene proprio allo scadere del turno del Cavaliere, sperando di incrociarlo.
“Purtroppo sì. Anche lei, vedo.”
“Beh, noi non abbiamo veri e propri orari prestabiliti, ma ci piace fare gli straordinari. Per favore, dammi del tu Flint, credo di essere persino più giovane di te.”

No, ne era sicura, aveva controllato il suo fascicolo personale e sapeva che il Cavaliere era nato un anno prima di lei.

Asher abbozzò un sorriso, annuendo prima di chiederle, in cambio, di chiamarlo per nome.

“Si può fare. Beh, buona serata, Asher.”
La strega girò sui tacchi e fece per dirigersi verso il camino che aveva puntato, ma si fermò nuovamente e sfoggiò un sorriso soddisfatto quando si sentì chiedere di aspettare.

“Se non le… se non ti dispiace, io non ho nulla da fare e non è così tardi… Ti andrebbe di bere qualcosa?”
“Volentieri.”

Maysen annuì mentre si voltava, gli occhi azzurri luccicanti. Un po’ si sentiva in colpa, ma non poteva immaginare che quell’incontro non avesse nulla di casuale nemmeno da parte del Cavaliere, che sorrise mentre pensava a come avesse fatto di tutto per incrociarla, quel giorno. Del resto il Ministro gli aveva ordinato di tenere d’occhio la strega, e non era incline a non seguire un ordine.


*


“Posso chiederti una cosa? Perché li odi tanto?”
“Non li odiano tutti? Hanno ucciso il Ministro.”
“Sì, ma ho idea che per alcuni sia più… Personale che per altri. Non volermene, ma sono molto perspicace.” 

Maysen abbozzò un sorriso e Asher la imitò, annuendo piano:

“Ma certo, dimenticavo con chi sto parlando.”
“Non mi devi rispondere per forza.”
“No, non è un problema. A causa loro mia sorella Ashley è molta, cinque anni fa.”

“Oh mio Dio… scusa, non ne avevo idea, mi dispiace moltissimo.”

Maysen spalancò gli occhi azzurri, sinceramente dispiaciuta per averglielo chiesto, e allungò istintivamente una mano per sfiorare quella del ragazzo, appoggiata sul tavolo di fronte a lei. Asher esitò, gli occhi fissi sulle loro mani, e abbozzò un sorriso tetro prima di assicurarle che non era necessario scusarsi:

“Non è colpa tua, naturalmente, ma loro.”

Maysen avrebbe voluto sapere come fosse accaduto, ma preferì non chiederglielo e fece scivolare lentamente la mano da quella del Cavaliere prima di parlare a bassa voce, gli occhi fissi su di lui:

“Non mi voglio impicciare, ma il risentimento non porta mai da nessuna parte. Immagino che non sia facile, ma…”
“Voglio solo che abbiano quello che si meritano. E non solo per mia sorella, l’hanno passata liscia troppe volte, tutto qui.”

Asher si strinse nelle spalle e la strega, dopo un breve attimo di esitazione, annuì, ripetendosi che fosse meglio lasciar cadere l’argomento:

“Beh, ad ognuno le sue opinioni, dopotutto. Ho sentito però che il Ministro ha aumentato la sorveglianza a Fortressea, teme che possano recarsi lì per qualche motivo?”
“Immagino di sì.”


*



Loki era sceso al pian terreno per versarsi qualcosa da bere – aveva bisogno di distrarsi un po’ dopo aver sognato Azkaban per l’ennesima volta –, ma il mago indugiò quando vide Ebe rannicchiata sul divano. 

“Non dormi?”
“Non è sempre facile per me.”
“… Neanche per me, dopo Azkaban.”

Il mago esitò ma poi si avvicinò all’amica, sedendo accanto a lei. Per qualche istante nessuno dei due disse nulla, poi Loki si voltò verso l’ex Grifondoro, parlando a bassa voce mente la scrutava con attenzione:

“Posso aiutarti, se vuoi.”
“Loki, non voglio che tu faccia cose strane al mio cervello, lo sai.”
“Non faccio niente di strano, ma posso aiutarti a dormire. Quando mia sorella aveva gli incubi e non riusciva a dormire lo facevo sempre, non è niente di complicato.”

Loki sollevò una mano per sfiorare la tempia di Ebe, che lo guardò con curiosità prima di parlare a bassa voce a sua volta – non volendo svegliare Mackenzie, che si alzava sempre prima di tutti –:

“Ti ho sentito nominare tua sorella più di una volta, ma mai parlarne apertamente.”
“Non la vedo da anni. È un capitolo chiuso, immagino mi abbia dimenticato. Allora, posso?”

Ebe esitò, osservandolo e desiderando di sapere un po’ di più sul passato de suo criptico amico. Alla fine però annuì, sospirando piano prima di annuire. Loki non disse nulla, sfiorandole la fronte prima di spingerla ad appoggiarsi a lui esercitando una lieve pressione sulle sue spalle. La strega lo lasciò fare, appoggiando la testa sulla sua spalla mentre la sentiva svuotarsi, trasportandola in quel piacevole tepore che precedeva il sonno.

Poco dopo, quando fu certo che si fosse addormentata grazie al suo respiro calmo e regolare, Loki prese la coperta sistemata lì accanto e la sistemò addosso ad entrambi, sospirando mentre teneva un braccio intorno alle spalle dell’amica: se non altro, almeno uno dei due dormiva.


*


“Rita!”

Rita avrebbe incenerito con lo sguardo chiunque stesse correndo per il reparto di psichiatria a quell’ora, se non si fosse trattato della sua migliore amica. 
La celebre psichiatra, invece, aggrottò la fronte e andò incontro a Jezabel quando vide l’ex compagna di Casa correrle incontro, preoccupata e curiosa al tempo stesso:

“Jess, parla piano, è tardi… che ci fai qui?!”
“Conoscendoti, ho controllato prima qui che a casa tua, e evidentemente ho fatto bene… Rita, ho trovato il Capitano.”


*


Qualcuno stava bussando alla porta, tanto violentemente da farla tremare. 
Tutti e quattro gli abitanti della casa avevano sviluppato, grazie ai loro stili di vita anticonvenzionali e travagliati, prontezza di riflessi e sonno leggero negli anni addietro, tanto che Loki non ci mise che un attimo a svegliarsi, sobbalzando e sollevando la testa di scatto. 

Si allarmò per qualche istante, chiedendosi se non li avessero trovati, ma si disse che con gli incantesimi di Mac non era possibile. 
Si sollevò piano – e si rese conto di essere ancora sul divano insieme ad Ebe, che si agitò leggermente e mormorò con voce impastata dal sonno cosa stesse succedendo – prima di alzarsi, dicendo all’amica di restare lì mentre si dirigeva verso la porta.

“Che diavolo sta succedendo?!”

Alanis comparve in cima alle scale stringendo Corechouse tra le mani, Mac accanto. 

Loki rivolse un’occhiata interrogativa alla Gola, che restò impassibile e annuì:

“Apri.”

La Lussuria esitò, ma poi obbedì e aprì la porta. Si era già preparato al peggio quando sentì un peso sprofondargli nelle viscere: s’immobilizzò trovandosi Jezabel davanti, guardandola spalancando gli occhi azzurri.
Quando la porta si era aperta la Virtù aveva fatto per parlare, ma le parole le morirono in gola quando si trovò davanti Loki, restando immobile e in silenzio a guardarlo di rimando – aveva fatto di tutto per non pensare a lui per tutto il giorno e ora, all’improvviso, se lo trovava di fronte – finché, un paio di istanti dopo, non si riprese e parlò a mezza voce:

“Chiedo scusa per l’ora. Posso entrare?”
“Loki, fuori si gela, falla entrare!”

“… Certo.”

La voce di Alanis riportò bruscamente il mago alla realtà e Loki si scostò per far passare la strega, che lo superò rabbrividendo leggermente prima di alzare lo sguardo su Mac e Alanis, ancora in piedi sulle scale:

“Ho pensato voleste sapere che ho trovato il vostro amico, il Capitano. Sono sicura che si trovi in Repubblica Ceca, molto probabilmente a Praga.”







……………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Cosa si dice a quasi le due del mattino? Buonanotte? Buongiorno? Fate voi.
Rieccomi, dunque, con un capitolo per questa storia, ancora una volta mi scuso per il ritardo… La buona notizia è che durante le feste ho terminato una storia che avevo in corso, quindi dovrei riuscire ad aggiornare questa con più regolarità.
Il prossimo capitolo sarà parecchio importante, perciò preparatevi a vedere molta carne al fuoco… Inoltre, sappiate che presto dovrei pubblicare un’altra Os, spero in giornata. (Grazie per i voti, naturalmente)

Buonanotte, a presto! 
Signorina Granger 

 
Ps. A tutti coloro che me lo domandano… se volete mandarmi le vostre congetture via MP fate pure, sono sempre molto ben gradite.





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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


In piedi davanti alla finestra della cucina, Mackenzie osservava le prime luci che stavano dipingendo il cielo di deliziose sfumature che andavano dall’arancio, al rosa e infine ad un tenue azzurro color carta da zucchero. Le nuvole sembravano i batuffoli di zucchero filato rosa con cui da bambina si impiastricciava sempre le mani.
Si prospettava una gran bella giornata, ma Mackenzie sapeva che non sarebbe stata solo quello: era un giorno importante, sopra ogni cosa. 

La strega abbassò lo sguardo sulla tazza che stringeva debolmente tra le mani pallide e dalle dita lunghe e sottili. Le avevano sempre detto di avere mani da pianista, ma non aveva mai avuto la costanza, la dedizione e la pazienza per imparare a suonare uno strumento, per quanto potesse piacerle il suo suono. 
Le labbra della strega si inclinarono in un debole sorriso mentre una voce, nella sua testa, le ricordava che infondo non importava, c’era già lui che sapeva suonarlo divinamente.  Il sorriso però svanì rapidamente insieme all’immagine che la sua mente aveva appena proiettato, e con un rapido gesto fece sparire la bustina di Earl Grey dall’acqua ormai perfettamente aromatizzata. 

La Gola guardò di nuovo fuori dalla finestra – non sapeva perché si fosse svegliata così presto, forse era la consapevolezza di cosa sarebbe successo quel giorno – prima di portarsi la tazza alle labbra e assaggiare un sorso di tè. 
Il gusto del suo aroma prediletto le scivolò piacevolmente in gola, caldo e familiare come un abbraccio, e Mac sorrise debolmente: era una vecchia smania inglese sostenere che una tazza di tè potesse risolvere qualsiasi problema… I suoi problemi erano grandi, ma all’improvviso non poteva negare di sentirsi un po’ più tranquilla. 

Era troppo presto per sperare che uno dei suoi amici si sveglissima, ma la Gola non era dispiaciuta dalla prospettiva di avere qualche momento solo per se stessa e i suoi pensieri, per pianificare il minimo dettaglio di quella giornata. 
Non poteva permettersi che qualcosa andasse storto.


*


Jezabel tirò le tende e lanciò una rapida occhiata fuori mentre Tristano, accanto a lei, la fissava con occhi languidi e in attesa della sua colazione.

“Oggi è un giorno importante, sai cucciolone?”  Jess abbozzò un sorriso mentre accarezzava il cane, che le leccò affettuosamente la mano, solleticandogliela. 
“Speriamo solo che vada tutto bene… Vieni, lo so che hai fame.”

Al cenno della padrona e vedendola uscire dalla stanza per dirigersi in cucina Tristano prese a scodinzolare, rallegrandosi mentre la seguiva. 
In verità Jezabel non era del tutto tranquilla, quel giorno, anche se di fatto lei non doveva fare assolutamente nulla.  Certamente perché recuperare i Tesori Sacri era fondamentale, indipendentemente da quali fossero e a chi appartenessero… anche se, doveva ammetterlo, qualcosa le diceva che a Fortressea celassero quello della Lussuria. 


*


“Ti mandano a Fortressea proprio oggi? Non pensi che sospettino qualcosa, vero? O è solo una coincidenza?”

Belle inarcò un sopracciglio, parlando in un sussurro mentre camminava accanto a Sam tra le scrivanie degli loro colleghi. Al contrario dell’amica però il più vecchio si strinse nelle spalle, non battendo ciglio mentre parlava con tono pacato:

“Hanno incrementato la sicurezza da quando la Lussuria ha lasciato Azkaban, molti hanno fatto dei turni lì… il fatto che mi mandino proprio oggi infondo può non essere un male.”
“Certo, perché potresti facilitare l’operazione, ma se qualcuno dei nostri colleghi se ne accorge?!”
“Farò in modo che ciò non accada, non preoccuparti. Non penso che sappiano, Belle, è impossibile che abbiano capito che i Peccati vogliono farlo proprio oggi… oltre a noi lo sanno solo le Virtù, e loro di certo non hanno parlato.”

Belle non sembrò particolarmente convinta, ma l’amico le sorrise e le sfiorò la spalla con una mano – talmente grande in confronto al fisico minuto della ragazza che avrebbe potuto scaraventarla 10 metri più in là solo con una spintarella –:

“Non preoccuparti Belle, pensa solo a ciò che devi fare TU oggi… devi tenere Marshall e Phillip insieme, fossi in te mi preoccuperei più per me stesso.”
“Va bene, ma promettimi che terrai un profilo basso… anzi, tra la tua arma e il tuo fisico mi pare difficile, ma almeno non fare cretinate.”

Sam sorrise e asserì che lui non ne combinava mai prima di superare l’amica congedandosi con una pacca sulla schiena, scusandosi mentre si allontanava quando sentì la ragazza lamentarsi per il dolore.


*


Mentre Ebe e Alanis si contendevano l’ultimo pancake Loki, seduto di fronte alle due, osservava le amiche senza proferire parola, le braccia strette al petto e senza che particolari emozioni trasparissero da suo volto pallido. La sua mente era altrove, molto lontana da lì: si trovava già a Fortressea, e per quanto fosse sicuro delle capacità sue e del resto del gruppo – del resto non era certo la prima volta in cui affrontavano un lavoro insieme – si chiedeva quanto ci avrebbe messo il Ministero ad apprendere della loro “visita” e a mandare rinforzi di Cavalieri.
Avrebbe visto anche Luvienne? 
L’ultima volta in cui se l’era trovata davanti non aveva saputo agire e quel giorno non poteva permettersi di ripetere quel fatale errore. Ma erano passati anni, era cambiato molto da quel giorno, non si sarebbe fatto fregare una seconda volta.


“Loki, ci stai ascoltando?! Stiamo parlando di cose che riguardano anche te!”
Ebe sbuffò debolmente e Loki, senza battere ciglio, voltò il capo con un movimento appena percettibile verso di lei prima di parlare con tono neutro e rilassato:

“State discutendo su come entrare a Fortressea e in che ordine ognuno di noi dovrebbe agire. Ma immagino che sia presto per pianificare tutto, prima dobbiamo trovarci effettivamente davanti all’edificio. Rilassatevi fanciulle, anche se siamo solo in quattro sarà facile come bere un bicchiere d’acqua.”

Loki finì di parlare inclinando le labbra piene in un debole sorriso compiaciuto mentre guardava Ebe sbuffare piano e alzare gli occhi al cielo. Alanis, invece, imitò l’espressione dell’ex compagno di scuola nel trovarsi di fronte ad uno scenario che tanto conosceva bene: ogni volta in cui qualcuno riprendeva Loki pensando che non stesse ascoltando il mago replicava ricapitolando tutto ciò che era stato detto.


“Bene, visto che Loki prestava attenzione e io sono d’accordo con lui, partiamo appena possibile.”
“Vuoi farlo in pieno giorno?”
“Beh, non dobbiamo preoccuparci di non farci riconoscere, sanno benissimo che abbiamo più interesse di chiunque a prendere ciò che tengono rinchiuso lì… conoscono i nostri volti, l’unica cosa che conta è prendere Harlit o qualunque altro Tesoro Sacro troveremo e andarcene senza essere presi.”

“Beh, questo non sarà un problema.” Alanis si strinse nelle spalle mentre si ravvivava i capelli – tornati del loro castano naturale – con una mano, perfettamente rilassata. Ebe sorrise, dondolandosi sulla sedia quasi fosse emozionata:

“Finalmente ci divertiamo un po’, ho paura di arrugginirmi!”
“Ma se ieri tu e Loki vi facevate le maschere di bellezza e la manicure….”
“Ehy, quella l’ha fatta solo lei!”


Mac alzò gli occhi al cielo e pensò al defunto Ministro Finch, l’unico che aveva creduto in loro quando nessuno avrebbe scommesso un solo sellino su un gruppo di criminali. Era capitato spesso che l’uomo piombasse da loro all’improvviso e si fermasse addirittura a cena, e Mac ricordava lunghe serate passate intorno ad un tavolo a ridere e a pianificare missioni. 
Chissà cosa avrebbe detto, vedendo il suo piccolo, infallibile esercito personale a discutere di manicure e a dividersi i pancake…  
Mac ripensò a quando quell’uomo dai brillanti occhi cerulei, i capelli bianchi come neve e un sorriso incoraggiante l’aveva scortata fuori dalla sua cella ad Azkaban. All’improvviso sentì un piccolo nodo in gola. 

Non ci pensava più tanto spesso, quasi non fosse mai accaduto, ma le dispiaceva che fosse morto.
E l’idea che avessero incolpato loro della sua morte la urtava parecchio.


“Bene, allora coraggio. Facciamo una gita sulla costa, oggi.”


*


“Sei strana oggi.”
“Non sono strana, sono nervosa, posso essere nervosa?”

Cristal sbuffò mentre si spazzolava energicamente i capelli biondo grano, in piedi davanti allo specchio. 
Barnabas stava sulla soglia, appoggiato allo stipite e con le braccia conserte. Il ragazzo studiava la sorella con occhio critico, ma da un lato anche divertito nel punzecchiarla mentre era visibilmente agitata:

“Non dirmi che non sai che borsa abbinare a quei vestiti.”
“Io so sempre cosa abbinare a cosa, Barney. Tu piuttosto, non hai nulla da fare?”
“Non oggi. Problemi dall’alto della tua posizione di prestigio, sorellina?”
“Ridi pure fratellino, ma il mio è un compito spinoso, oggi io e le ragazze dobbiamo presenziare una corte e io detesto farlo.”

“Nono fa parte del tuo lavoro esprimere sentenze sui casi più importanti?”
Barnabas aggrottò la fronte e la sorella annuì con un debole sbuffo mentre prendeva la borsa che aveva scelto per quella giornata – una birkin di Hermès nera – e ci infilava dentro di tutto alla rinfusa.

“Già, ma non è tra i compiti che preferisco. Come sto?”
“Perfetta come sempre.”
“Lo so, ti ringrazio fratellino. Ci vediamo stasera.”

Dopo essersi infilata gli occhiali da sole dalla spessa montatura a gatto la strega superò il fratello per uscire dalla stanza, non prima di avergli rifilato un bacio sulla guancia contro le proteste del ragazzo, che cercò invano di ricordarle che non era più un bambino.

“Lo so, ma mi piace vederti in imbarazzo.” Cristal sorrise, gli mandò un bacio e poi raggiunse il camino ridacchiando, ignorando i borbottii sconnessi del fratello prima di sparire, diretta al Ministero.


Naturalmente non era nervosa solo per l’udienza a cui doveva presenziare, ma questo Barney non doveva saperlo.


*


Rita si passò le mani sulle tempie, sospirando: odiava ammetterlo, ma era stanca. Era tornata a casa dal San Mungo e aveva dormito per due ore scarse – lasciandosi cadere sul letto completamente vestita – prima di dover uscire di nuovo per andare al Ministero. Ora sedeva insieme alle tre amiche e colleghe nell’aula 10, su delle panche poste alle spalle e al di sopra del Wizengamot. 
Il Ministro quel giorno non c’era, ma le quattro non se ne dispiacevano: detestavano dover collaborare con lui quanto lui detestava farlo con loro. Almeno così erano tutti più contenti.

Jezabel, seduta accanto a lei, le appoggiò silenziosamente un alto bicchiere di ceramica davanti, uno di quelli con il tappo da portarsi in giro come dei termos. L’ex Tassorosso lo aprì e sorrise nel sentire il profumo inconfondibile del caffè, ringraziando l’amica con un’occhiata mentre Jezabel, invece, continuava ad osservare l’imputato e i vari testimoni. 

“Io dico che è innocente…”
“Lo dici perché è carino o perché lo pensi davvero Cris?”
“Ma taci, tu stai guardando il Cavaliere dagli occhi lucenti da quando siamo entrare…”


Cristal sbuffò piano e Maysen, sgranando gli occhi azzurri, arrossì di colpo mentre Rita e Jezabel si voltavano sincronicamente verso di lei, parlando con dei sussurri concitati:

“May!”
“Ok che ti ho detto di entrarci in confidenza, ma ti devo ricordare che è uno dei Cavalieri che più odia i Peccati e più vicini al Ministro?!”
“Non guardatemi come se fossi una criminale e state zitte, ci sta guardando!”

Maysen sibilò quelle parole a denti stretti prima di abbassare lo sguardo, evitando di guardare Asher: il Cavaliere, in piedi accanto alla porta, le stava osservando con la fronte aggrottata, come se si stesse chiedendo di cosa stessero discutendo così animatamente.

Brian, in piedi accanto all’altro lato della porta, spostò annoiato lo sguardo dall’imputato seduto sulla sedia munita di catene al collega, scoprendolo a scrutare le Virtù. 
Ultimamente aveva visto spesso insieme il collega e la Prudenza, ma non si era ancora mai azzardato a fare domande a riguardo.  
Stava quasi per avvicinarglisi – giusto per smorzare un po’ la noia di dover fare da palo durante tutto il processo – ma qualcuno lo battè sul tempo: una delle ante della vecchia porta si aprì piano e un terzo Cavaliere entrò nell’aula, avvicinandosi ad un Asher confuso per dirgli qualcosa a bassa voce.

Sembrava nervoso e concitato mentre parlava e Brian si chiese se non fosse il caso di allarmarsi mentre il Wizengamot si agitava leggermente, forse infastidito da quell’intrusione. Dalla faccia che fece Asher, tuttavia, l’ex Serpeverde intuì che ci fosse un valido motivo dietro quell’ingresso a sorpresa.

“Chiedo scusa signori, ma dobbiamo lasciarvi.”
“Non possiamo lasciare il processo!”
“Fidati, oggi possiamo.” Asher rivolse un cenno a Brian prima di congedarsi e lasciare l’aula a passo di marcia, seguito dal collega sempre più confuso e che lo raggiunse con un paio di falcate:

“Che diavolo succede?”
“Fortressea. Fortressea, cazzo.”



“Dite che…”
“Sì, direi che ci siamo ragazze.”



*



Quando si Materializzarono ad un paio di chilometri dalla fortezza, che svettava su un promontorio della Costa, Alanis ricordò l’unica volta in cui era già andata fin laggiù. Aveva accompagno, per non dire scortato, il Ministro durante una visita di controllo e sorrise nel ripensare alle parole dell’uomo, che aveva descritto l’edificio come una costruzione fortificata e difficile da espugnare.

Difficile, sì, ma non certo impossibile, specie per gente come loro. 


“Alanis, tu sei già stata qui, no? Cosa mi sai dire?”
“Se non ricordo male, si va dall’esterno verso l’interno, che è la parte più protetta e sicura… sicuramente terranno uno dei vostri Tesori al centro, dubito che ci sia qualcosa di più prezioso di quello lì dentro.”
“Bene. Non ci vorrà molto affinché venga dato l’allarme fino al Ministero, dobbiamo cercare di essere più rapidi possibile, prima che un’orda di Cavalieri circondi la fortezza… dubito che dentro ci si possa Smaterializzare.”
“E infatti non è possibile, ma tu puoi farlo Mac, no?”
“Certo, ma non voi tre. Perciò se si mette male dobbiamo fare in modo di poterci ritrovare in fretta…”

“Ci dividiamo a gruppi di due? O entriamo singolarmente?” Loki inarcò un sopracciglio e Mac si strinse nelle spalle, asserendo che bastava che nessuno si facesse prendere.

“Sentito, Loki?”
“Falla finita, Alanis.”


*



Nessuno di accorse che c’erano degli intrusi finché non trovarono il custode privo di sensi, all’ora venne dato l’allarme – sia all’interno della struttura che al Ministero – e tutti i Cavalieri presenti iniziarono a cercare i loro inattesi visitatori.

“Brr, che freddo che fa qui sotto! Secondo te a che piano siamo?”
“Non so, però potrebbero pulire ogni tanto, mi si stanno impolverando le scarpe italiane!”
“Nessuno ti ha detto di vestirti così per infiltrarti in una fortezza, sai?”



“Sento delle voci di là, andiamo!” 

Il Cavaliere, che teneva un sottile fioretto dall’elsa finemente decorata in mano, rivolse un cenno sbrigativo ai compagni prima di affrettarsi lungo il corridoio. Avevano appena svoltato l’angolo quando si trovarono davanti un paio di individui, un uomo e una donna disarmati e rilassati come se fossero in gita.

La donna, minuta ma di una bellezza che le impediva di passare inosservata, volse lo sguardo su di loro prima di sbuffare, scuotendo leggermente la lunga chioma di capelli corvini:

“Ecco, visto, ci hai fatti scoprire!”
Accanto a lei stava, in perfetta contrapposizione con la figura femminile dai grandi occhi scuri e la pelle ambrata, un uomo alto, pallido e da gelidi occhi chiarissimi.
L’uomo sbuffò appena, sibilando che era colpa sua che aveva insistito per fare il giro turistico:

“Ok, ora come ce ne liberiamo?”
“Ci pensi tu?”
“No, non mi va di sprecare energie per questi qui.”
“Uffa, devo sempre fare tutto io!”

Mentre i due battibeccavano i Cavalieri li guardavano straniti, chiedendosi con che razza di gente avessero a che fare prima che uno di loro li riconoscesse:

“Sono l’Invidia e la Lussuria, sono identici ai manifesti!”
“Ma non dire cretinate, la mia mascella non è affatto resa bene in quei disegni! Ebe, pensaci tu.”

“Va bene… ciao ragazzi, scusate ma andiamo di fretta!” 

Ebe sorrise e li salutò con la mano prima che la terra sotto ai loro piedi sparisse, facendoli precipitare per una decina di metri.

“Bene, per un po’ dovrebbero essere sistemati… allora vediamo di raggiungere il centro in fretta, siamo ancora nell’anello esterno dopotutto.” Ebe si avvicinò alla parete e, dopo averla sfiorata con le dita, sorrise soddisfatta, gli occhi luccicanti:

“Mac si è scordata di dirci una cosa.”
“Ossia?”
“Non sono mattoni… è fatta di pietra e roccia. Tutto qui è fatto di minerali. Beh… questo renderà tutto molto semplice, sta’ indietro Loki, non vorrei rovinarti le scarpe.”

Ebe sorrise e si portò le mani giunte davanti al petto mentre Loki faceva un paio di passi indietro, decidendo che per una volta era il caso di ascoltarla senza obbiettare. 
Quando le dita di Ebe s’intrecciarono tra di loro Loki sentì un forte tremore, ma sorrise quando parte della parete di fronte a loro iniziò a sgretolarsi, creando un varco circolare abbastanza grande da farli passare entrambi. Lo stesso accadde a tutte le pareti successive e Loki abbozzò un sorriso, annuendo:

“Brava piccola serpe.”
“Grazie elegantone… forza, andiamo. Ciao ragazzi!”


*


“Ah, eccovi qui… chiedo scusa, quella la prendo io.”   Alanis agito pigramente la mano mentre camminava, sfilando la spada dalle mani del Cavaliere che aveva fatto per lanciarsi su Ebe. La spada planò dritta tra le mani dell’Avarizia, che la osservò annoiata prima di rivolgersi al Cavaliere:

“Tu controlli i venti, eh? Proviamo…”

Bastò puntargliela contro e una folata di vento enorme sotto forma di turbine lo trascinò praticamente via, facendola sorridere divertita:

“Quasi mi dispiace divertimi così poco, ma non c’è tempo…. Siamo vicini alla stanza blindata centrale, credo che Harlit sia lì. Mac dov’è?”
“Emh… fuori.”
“Fuori? A fare cosa?!”


*


Mackenzie sedeva sulle mura, le gambe penzolanti nel vuoto. La brezza marina le scostava violentemente i lunghi capelli dal volto mentre la strega osserva le distese erbose della Costa dove, lo sapeva, presto sarebbero comparsi i Cavalieri mandati dal Ministero.

Eppure non pensava ai Cavalieri in quegli ultimi istanti di pace. Pensava a quella cosa che ancora non aveva detto a nessuno, nemmeno ai suoi più cari amici… ma presto avrebbe dovuto rivelarlo, lo sapeva, anche se non sarebbe stato facile.


Un debole sorriso le increspò le labbra quando cominciò a vederle, piccole figure che si Materializzavano davanti a lei, intorno alla struttura. Mackenzie si alzò, calma e rilassata, e li guardò: da quell’altezza non sembravano che insignificanti puntini in movimento e forse, per lei, non erano che quello.m

Udì un fruscio, dei passi affrettati, un movimento alle sue spalle, qualcosa sferzò l’aria. Il braccio di Mackenzie si sollevò all’istante, la mano destra dalle dita piegate, in tensione, quasi come stesse stringendo qualcosa d’invisibile. Non si voltò ma sentì un verso strozzato, di respiro mozzato, qualcosa di pesante e metallico cadere. 
Con un leggero movimento delle sue dita il corpo dell’avventato mago si spostò, galleggiando a mezz’aria, davanti a lei, permettendole di osservarlo stringersi il collo e boccheggiare. Le sue mani cercavano forse un cappio o una corda da strattonare, ma non c’era nulla che gli impediva di respirare, nulla di materiale almeno.

Mackenzie lo scrutò, gli occhi verdi da felino ne sfiorarono i lineamenti, chiedendosi se fosse lui. 
Ma no, non lo era.

“Dicono che attaccare alle spalle sia meschino, per me è solo indice di un forte senso di inferiorità.”

Con una smorfia di disapprovazione la strega lo spinse letteralmente alla larga da sè, scaraventandolo giù dalle mura. 
Abbassò il braccio e guardò, impassibile, la folla. Era da molto che non si trovava davanti a dei Cavalieri e aveva qualche conto in sospeso con loro. Forse quel giorno poteva iniziare a saldarli.


*




Belle aveva appena fatto in tempo ad evitare il suo “amico gigante” come lo chiamava Alistair, quando Mackenzie gettò il Cavaliere giù dalle mura. La strega si protese in avanti e l’enorme samurai fatto di luce prese il mago al volo, adagiandolo subito dopo sul manto erboso. 

Belle tirò un sospiro di sollievo e guardò Mackenzie: non poteva che essere lei, era troppo alta per essere Ebe, e di certo i Peccati avevano deciso di lasciare a “fare la guardia” alla più forte tra loro.

“Brava Belle… Questi schifosi non si fanno alcun problema ad eliminare un ostacolo che gli si pone davanti. Stai bene Ed?”

Asher si rivolse al Cavaliere a terra, che tossì, ancora paonazzo, ma annuì e ringraziò Belle con voce rotta mentre la strega, silenziosa, osservava la Gola.
Era troppo giovane per aver avuto a che fare con i Peccati prima del loro arresto, al tempo lei si stava ancora allenando. Aveva però sentito moltissime storie sul loro conto è sui loro crimini, tante da non avere idea su cosa fosse vero e cosa no.

Si diceva che Mackenzie – quale fosse il suo vero nome, lo ignoravano in molti – avesse ucciso 20 persone in un colpo solo, altre voci dicevano che avesse rapito la figlia del Ministro della Magia americano. Altre che avesse torturato decine di persone per appropriarsi di certe ricchezze.
Belle non sapeva cosa avesse fatto, ma si diceva che fosse dotata di poteri straordinari. Alcuni mormoravano che la donna discendesse da Merlino in persona. 

Belle non sapeva a cosa credere, ma non aveva mai visto la donna in azione. Da un lato era curiosa, dall’altro quasi spaventata: aveva visto solo il volto gentile e sorridente di Mackenzie, quello che accoglieva gli ospiti con montagne di cibo e che coccolava i suoi amici. 
Forse non era poi così impaziente di scorgere l’altra sua faccia, quella che le era costata la condanna.


“La Gola.”
“Già… che cosa si fa?”
Brian si voltò verso Asher, che studiava la strega con la mascella contratta, gli occhi chiari traboccanti di odio.

“Attacchiamo, mi pare ovvio.”


*


Rubare le chiavi fu uno scherzo per Alanis, che dopo aver armeggiato con le sei serrature e aver fatto qualche incantesimo riuscì ad aprire la pesantissima porta. 
L’anta cigolò in modo quasi fastidioso aprendosi e i tre rimasero immobili finché un grosso forziere blindato non entrò nel loro campo visivo.

“Beh, direi che ci siamo, avevo ragione.”  Alanis sorrise compiaciuta mentre Loki scrutava il forziere, che caldeggiava a mezz’aria, circondato da una perfetta bolle di luce azzurra poco rassicurante.

“Ci saranno chissà quanti Incantesimi…”
“Beh, allora dobbiamo spezzarli in fretta.” Ebe si strinse nelle spalle, e stava per entrare nella stanza quando dei passi pesanti la costrinsero a voltarsi. Lei, Loki e Alanis erano già pronti a liberarsi dell’incomodo quando davanti a loro comparve la massiccia figura di Sam, facendo tirare alla strega un sospiro di sollievo:

“Ah, ciao Sam, sei tu. Sai con quali Incantesimi proteggono il forziere?”
“No, mi spiace, ma dovreste sbrigarvi, fuori la situazione si sta… scaldando.”

“Allora diamoci una mossa. Comincio io.”

Alanis si voltò verso il foriere e prese il suo Tesoro Sacro mentre Ebe, prendendo Sam sottobraccio, gli sorrideva e gli consigliava di fare un bel passo indietro.


*



“Signore, quale Tesoro Sacro tengono all’interno? Non quello della Gola, presumo.”
“Che cosa vuoi sapere, Lynch?”

Asher sbuffò debolmente mentre guardava la Gola parare e rispedire al mittente tutti i loro attacchi, e senza scomporsi troppo.

La strega esitò, poi parlò con tono duro:

“C’è il Tesoro della Lussuria lì dentro?”
“Non ci sarà ancora per molto, se non ci sbrighiamo. Brian?”

Brian annuì con un cenno e, un attimo dopo, dal mare lì vicino si sollevarono decine di gocce d’acqua che presero la forma di sottili e appuntiti frammenti di ghiaccio prima di scagliarsi contro la strega.

Luvienne serrò la mascella, senza dire altro. Lui era lì dentro, senza ombra di dubbio. Doveva entrare.


Mackenzie sbuffò appena e allontanando le braccia l’una dall’altra davanti a sè creò una sottile barriera blu che trasformò in polvere il ghiaccio, senza crearsi nemmeno un graffio.
Stava parlando l’ennesima maledizione quando, all’improvviso, santi la familiare voce di Loki nella sua testa:

Mac?

Sbuffò, chiedendosi perché c8 stessero mettendo tanto.

Cosa c’è?
Abbiamo bisogno di te qui, c’è un incantesimo che non riusciamo a spezzare.
Ho da fare qui fuori
Al diavolo, Materializzati qui, per quando arriveranno al centro ce ne saremmo già andati.

La strega esitò, ma poi capì che non ne sarebbero mai usciti se non fosse entrata. Disegnò con un dito un cerchio davanti a sè, nell’aria, con una sottile linea luminosa. Poi, mettendoci entrambe le mani davanti, lo spinse verso i Cavalieri, che vennero investiti da una forte onda d’urto che fece tremare anche il suolo.

Belle tossì a causa della polvere che si era sollevata, ma quando si guardò intorno si rese conto, sbalordita, di essere l’unica ancora in piedi: tutti erano a terra, privi di sensi.
La strega si voltò di scatto verso le mura, ma niente: Mackenzie era sparita.


E pensare che, si diceva, non era la Gola la più forte dei sette Peccati Capitali.


*


Mac li raggiunse poco dopo, camminando a passo di marcia e con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Scrutò il Cavaliere e i tre Peccato mentre si avvicinava alla stanza, parlando con tono neutro e sbrigativo:

“Salve Sam, felice di vederti. All’ora, qual è il problema? Non rimaranno privi di sensi a lungo.”
“Distruggi quella maledetta sfera di luce e ce ne andiamo, Mac.”

“Non siete riusciti a farlo da soli?”
“No, ci ha provato anche il ragazzone.”

Alanis accennò con stizza alla sfera, irritata per non essere riuscita a fare nulla, e Mac la scrutò per qualche istante prima di avvicinarlesi. La raggiunse e, dopo aver sollevato una mano, la immerse semplicemente nella sfera. 

Sam spalancò gli occhi e fece per fermarla, certo che l’Incantesimo le avrebbe carbonizzato la mano. Ebe però gli mise una mano sul braccio, fermandolo, e il Cavaliere guardò meravigliato la strega stringere il lucchetto della serratura, che dopo qualche istante iniziò a diventare di un intenso arancione e a tremare leggermente, quasi come se si stesse fondendo sotto il calore emanato dalla mano. 

Quando il lucchetto si spezzò, cadendo con un tonfo sul pavimento, delle crepe iniziarono a formarsi sulla superficie della sfera magica, che si ruppe andando in frantumi. Con un cenno della strega il forziere planò fino al pavimento e, aprendolo, Mac abbozzò un sorriso prima di rivolgersi a Loki:

“Loki, credo che questo sia tuo.”


*


Melissa e Alistair si aggiravano per i sobborghi di Prata, in una delle zone più esterne della città e praticamente abbandonate. 

“Pensi che riusciremo a riconoscerlo?”
“Non saprei, ma Cristal mi ha dato questo, dice che serve per rilevare grandi quantità di magia… dovrebbe roteare se ci trovassimo vicini al Capitano.”

Alistair gettò un’occhiata incerta al piccolo cono che teneva in mano, sperando che funzionasse mentre Melissa, accanto a lui, camminava guardando intorno con circospezione, quasi si aspettasse di essere aggredita da un momento all’altro. 

“Sì, sempre che LUI non attacchi NOI.”
“Ho la lettera di Loki, dovrebbe bastare… spero. Guarda.”

Alistair accennò ad un gruppo di senzatetto poco distanti e, gettando un’occhiata al cilindro, sorrise nel vederlo iniziare a muoversi leggermente.

“Forse ci siamo, Mel. Andiamo.”
Melissa lo seguì senza dire una parola, affatto tranquilla, e vide il cilindro muoversi sempre più in fretta man mano che procedevano in mezzo a quelle persone.
Molti di loro erano maghi, bastava una breve occhiata per rendersene conto, ma Alistair sembrava particolarmente interessato ad uno dei pochi uomini che se ne stava in disparte, isolato, seduto e a capo chino. 

Alistair gli si fermò davanti, il cilindro che vorticava nella sua mano senza fermarsi. Melissa guardò il mago alzare lo sguardo, puntando un paio di stanchi occhi blu sul suo amico, e una leggera somiglianza con il volto dei manifesti divenne innegabile. 

“Capitano?”
Al sussurro di Alistair Melissa vide il mago sgranare gli occhi, che vennero attraversati da un lampo prima che l’Ira facesse per alzarsi di scatto. Alistair però gli si avvicinò di un passo, affrettandosi ad allungare una mano per fermarlo mentre l’altra scivolava nella tasca per prendere la lettera di Loki:

“Aspetti, non vogliamo arrestarla… sono stati i suoi amici a mandarci qui. Vogliamo aiutarvi.”

Salem esitò, e i suoi occhi saettarono su Melissa prima di prendere la lettera. La lesse, riconoscendo la calligrafia di Loki, ed esitò prima di rivolgere un’occhiata torva ad Alistair:

“Spero per voi che non sia uno scherzo.”

La sua voce risuonò bassa e roca, come di chi è ormai abituato a parlare molto poco, ma Alistair sorrise prima di porgergli la mano, aiutandolo ad alzarsi:

“Non lo è. Bentornato, Capitano.”


*


Quando entrò nella stanza Asher imprecò, livido, colpendo la parete con un pugno senza curarsi del dolore alle nocche. 

Brian, accanto a lui, sospirò e si passò le mani sugli occhi, chiedendosi chi e come l’avrebbe detto al Ministro e al Gran Cavaliere Sacro. Sam, che si era fatto colpire apposta da Ebe per non destare sospetti, si sfiorò in silenzio lo zigomo gonfio mentre sentiva Luvienne imprecare a bassa voce, il capo chino.

Asher entrò nella stanza a passo di marcia, fermandosi davanti ai tre manifesti che erano stati lasciati affissi sullo sportello del forziere vuoto e aperto: i tre familiari manifesti dell’Invidia, l’Avarizia e la Gola, tre donne che li studiavano dalla carta facendosi quasi beffe di loro. 

Asher li prese e li stracciò, tremando di rabbia. 
Non contava niente, prima o poi li avrebbe presi, poteva giurarlo.


*


Quando aveva sentito dei rumori al piano di sotto Salem si era alzato, mettendosi sull’attenti. Aveva gettato un’occhiata a Loki – che dormiva nella branda accanto alla sua – e poi si era alzato, uscendo silenziosamente dalla stanza per scendere le scale di legno.

Era sui gradini quando si bloccò, una mano sul corrimano e gli occhi blu fissi sulla figura che era appena entrata in casa e che si stava dirigendo con un sospiro stanco verso la cucina, senza fare caso a lui.

Salem la guardò per qualche istante, immobile, quasi chiedendosi se non stesse sognando. Poi riprese a scendere i pochi gradini che gli restavano e le si avvicinò, sentendola mormorare qualcosa sulla pigrizia di Loki mentre metteva i piatti sporchi nel lavello affinché si lavassero da soli. 

Salem allungò una mano tremante, stentando a credere che fosse reale e non frutto di un’allucinazione. Gli era capitato così tante volte di sognarla, dopotutto, da aver perso il conto.
Quando la sua mano toccò la spalla della strega, Mackenzie si voltò di scatto, spaventata.

La sua espressione mutò, tuttavia, quando nella penombra si trovò davanti quel volto familiare ma che non vedeva da tre lunghi anni.

“Sal…” Sorpresa, sgomento, incredulità. Mackenzie parlò in un sussurro, gli occhi verdi fissi in quelli blu del mago, che accennò un sorriso e annuì, sfiorandole la mascella con il pollice.
“Ciao Mac.”  

Mac fece per dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola. Così, decise semplicemente di abbracciarlo, stringendolo più forte che poteva mentre tremava da capo a piedi. Assurdo, aveva immaginato di rivederlo milioni di volte e ora non sapeva cosa dire.

“Cominciavo a credere… che fossi morto.” 

Mackenzie venne scossa da un singhiozzo e Salem scosse il capo, assicurandole a bassa voce che niente li avrebbe più divisi prima di baciarla, sentendo la strega piangere silenziosamente mentre ricambiava, stringendosi a lui il più possibile. 
Salem per tutta risposta la strinse con tanta forza da chiedersi se non le stesse facendo male, ma era più forte di lui: tre anni erano stati troppi e il suo stesso corpo sembrava voler urlare che non avrebbe permesso che gliela portassero via un’altra volta, mai.

Mackenzie si sentì sollevare ma non ci fece caso, allacciandogli le gambe intorno alla vita mentre Salem si muoveva, incamminandosi di nuovo verso le scale. Allontanò le labbra dalle sue e la guardò, quasi stentando a credere che stesse succedendo veramente, e mormorò in un soffio che l’amava mentre le dita di Mac gli sfioravano il viso e le proprie gambe si muovevano quasi da sole, salendo le scale. 

“Anche io ti amo.” Mac sorrise, gli occhi ancora lucidi, e poi lo abbracciò, portandogli una mano sulla nuca, tra i capelli scuri del mago, il viso nascosto nell’incavo del suo collo.

Mackenzie chiuse gli occhi, sfiorandogli i capelli dolcemente finché non si sentì depositare con delicatezza sul suo letto. All’ora li riaprì, incontrando di nuovo quelli di Salem. 
Non seppe per quanto restarono così, a guardarsi e basta, ma ad entrambi sembrò un’eternità.

Mackenzie pensò a tutto quello che doveva aver passato in quei tre anni di separazione e una voce nella sua testa le ricordo che c’era qualcosa che avrebbe dovuto dirgli.
Poi però Salem la baciò di nuovo, e all’ora Mac smise di pensare.



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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Visto che è passato parecchio tempo, prima di lasciarvi alla lettura direi che è il caso di fare un piccolo riepilogo:
 
Mackenzie, Loki, Salem, Ebe, Flagro, Alanis e Sider sono i “Sette Peccati Capitali”, dei maghi dotati di straordinari poteri e capacità così soprannominati a causa di crimini che hanno commesso e che sono valsi loro una pena ad Azkaban. Il Ministro della Magia li ha liberati per renderli il suo corpo di guardia personale, e per tre anni i sette maghi hanno vissuto e combattuto come una squadra.
Alla misteriosa morte del Ministro i sette vengono accusati e condannati nuovamente, ma sei di loro riescono a scappare.
Tre anni dopo Mackenzie, la Gola, libera Loki da Azkaban e insieme iniziano a cercare i loro compagni dispersi per riformare il gruppo e dimostrare la loro innocenza, stipulando un’alleanza con le 4 Virtù e alcuni Cavalieri Sacri, un ordine di maghi addestrati al servizio del Ministero della Magia, molti dei quali ormai corrotti.
 
Al momento Mackenzie è riuscita a riunire, oltre a Loki (la Lussuria), Ebe (l’Invidia), Alanis (l’Avarizia) e Salem, il Capitano (l’Ira). Inoltre, il Tesoro Sacro (oggetti magici di straordinario potere donati ai sette dal Ministro per i loro servizi) di Loki è stato appena recuperato dai Peccati da una fortezza.
Siamo in un Alternative Universe: i personaggi di Harry Potter non sono mai esistiti.
 
Ricordo anche che due personaggi, due Cavalieri, soni stati eliminati: Isaakiel e Oz.
 
Se i vostri ricordi sono ancora vaghi vi consiglio di leggere le mie note del Prologo, perché lì trovate molte informazioni sulle caratteristiche e sui poteri di Virtù, Peccati e Cavalieri, oppure alcune OS che avevo pubblicato che approfondiscono meglio alcuni personaggi.
 
Detto ciò, buona lettura!
 
 
 
Capitolo 12
 
 
Fu la luce del Sole che entrò da una finestra a svegliarlo. Salem aprì lentamente gli occhi blu, abituandosi pian piano alla luce mentre metteva a fuoco la camera da letto in cui si trovava. Gli ci vollero un paio di istanti, ma alla fine ricordò gli eventi del giorno prima: i suoi amici avevano mandato due Cavalieri a prenderlo a Praga, lo avevano trovato e accompagnato in quella casa, in Inghilterra. Lì aveva riabbracciato Loki, Ebe e Alanis, si era rimesso in sesto con un bagno e dei vestiti che l’amico gli aveva prestato – ed Ebe si era anche premurata di fargli la barba – e poi, alla fine, aveva potuto stringere Mac di nuovo.
 
Il Capitano sorrise, felice come non si sentiva da tempo, quasi incredulo di essere di nuovo con loro. Si voltò verso Mackenzie, che gli dava le spalle, addormentata, e le si avvicinò per abbracciarla da dietro, appoggiando il viso sulla sua spalla con un sospiro di sollievo.
Era da così tanto che non sentiva il profumo dei suoi capelli… tutto di lei gli era mancato, dalla voce fino agli occhi.
 
Quello che non sapeva era che Mackenzie era sveglia, immobile, gli occhi fissi sulla parete mentre ripensava alla notte precedente. Sapeva che avrebbe potuto benissimo far finta di nulla, ma ora che erano di nuovo insieme non era sicura di essere in grado di celare la verità a Salem.
 
 
*
 
 
Quando Ebe si svegliò da sola nella sua stanza non ci mise molto a capire che Alanis era da Loki, piegando le labbra in una smorfia: non sapeva perché, ma a differenza di Salem e Mac immaginare quei due insieme le aveva sempre dato la nausea.
Forse perché lei, a differenza di loro, vedeva il sesso come qualcosa da condividere con la persona amata, e non con persone a casaccio.  Probabilmente perché, in passato, certe persone non avevano avuto il rispetto dovuto al suo corpo.
 
La strega abbozzò un sorriso nel ripensare alle discussioni che lei e Alanis avevano avuto a riguardo, anni prima, prima di arrendersi al semplice fatto di essere molto diverse. Infondo si volevano bene, ma nessuna delle due l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
 
All’improvviso, Ebe realizzò che ora che Cap era tornato lei sarebbe stata l’unica in casa a non darsi da fare sotto le lenzuola. A quel pensiero rabbrividì, si portò le mani sul viso e decise di piantare al più presto una tenda in giardino.
 
 
*
 
 
Era seduta sul terrazzo, leggermente di profilo rispetto a lui, che la guardava come incantato.
Era sempre bellissima ai suoi occhi, ma in quel momento, stagliata contro le ultime luci del Sole, era più che mai una visione.
 
Dovette sentirsi osservata perché si volto verso di lui, sorridendogli con calore prima di fargli un cenno:
 
“Vuoi sentirla? Vieni.”
 
Allungò una mano verso di lui, invitandolo ad avvicinarsi, e il mago obbedì quasi senza volerlo: la raggiunse, le baciò la mano e poi si inginocchiò accanto a lei, appoggiando la testa sul pancione della donna.
 
Chiuse gli occhi, godendosi quella sensazione che mai sarebbe stato in grado di descrivere a parole mentre sentiva le sue braccia stringerlo per le spalle.
 
“Vi proteggerò sempre, lo prometto.”
 
Il sussurro del mago la fece sorridere, e la strega mormorò che lo sapeva mentre gli accarezzava i capelli scuri con amore.
Lui sollevò gli espressivi occhi azzurri su di lei, guardandola come se fosse la cosa più preziosa al mondo, e la guardò sorridergli e prendergli il viso tra le mani, mormorando che lo amava prima di chinarsi e baciarlo.
 
 
 
 
Alla vista della donna sporca di sangue che era appena appara nell’atrio del San Mungo, la Medimaga quasi cacciò un urlo e indietreggiò, ma la strega scivolò in ginocchio davanti a lei e le afferrò l’orlo del camicie, implorandola di aiutarla.
Poi svenne, priva di sensi.
 
“Porca Morgana… MUOVETEVI, C’E’ UNA DONNA QUI, E’ FERITA!”
 
Quando la misero su una barella, incantandola perché la portasse in una sala vuota, e iniziarono a medicarle le profonde ferite e gli ematomi che la donna riportava su tutto il corpo, una sua collega più anziana strabuzzò gli occhi e afferrò il polso a mezz’aria di un ragazzo, che teneva una siringa in mano.


“Fermi, niente iniezioni… Chiamate il Dottor Holdbridge.”
“Ma Dottoressa…”
“SUBITO, ho detto!”
 
Inizialmente la Medimaga non capì il motivo di quell’ordine, ma impallidì e comprese nel vedere il fiume di sangue che si stava riversando tra le gambe della strega.
 
 
 
 
“Tra poco si sveglierà, e ora è stabile. Mi raccomando, ci vuole delicatezza. Chiediamole chi è e cosa le è capitato, poi… poi glielo diremo. Sarà sotto shock, ci vuole cautela in queste situazioni.”
“Sì Dottoressa.”  
 
La giovane Medimaga annuì e deglutì a fatica, non del tutto certa di essere pronta: non aveva mai dovuto dare ai pazienti comunicazioni del genere, prima.
 
Tuttavia, quando giunse sulla soglia della stanza del San Mungo, si portò le mani alla bocca, incredula: il letto era vuoto e sfatto.
 
“Dottoressa… Dottoressa, è sparita!”
“Come sarebbe sparita… chiamate la sicurezza, e in fretta!”

 
 
Non trovarono mai quella donna, e spesso Eloise si chiese che fine avesse fatto. O almeno fino a due giorni dopo, quando vide il volto di quella donna sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta, indicata come una pericolosissima fuggitiva.
 
 
 
Mackenzie, che aveva usato tutte le forze che le erano rimaste per Smaterializzarsi lontano dal San Mungo, si ritrovò su una distesa erbosa, cullata da un piacevole venticello.
Prima di riuscire a trattenersi, scoppiò disperatamente in lacrime: quella fu l’ultima volta in cui pianse per molti anni.
 
 
 
*
 
 
“Penso che non dovremmo più farlo.”
 
Loki parlò fissando la parete di fronte a lui, portandosi la sigaretta alle labbra mentre Alanis, sedutagli accanto mentre si infilava la maglietta, gli rivolse un’occhiata carica di curiosità:
 
“Perché lo pensi?”
“Non saprei, è così e basta. Forse è arrivato il momento di restare amici e basta del tutto.”
 
Alanis esitò, ma poi annuì e abbozzò un sorriso, asserendo che per lei non c’erano problemi e che in effetti di recente lo sentiva molto più distante del solito.
 
“Ha a che fare con qualcosa o qualcuno in particolare, Loki?”
 
Loki sorrise all’amica, inarcando un sopracciglio prima di lanciarle i pantaloni:
 
“Questi, mia cara, non sono affari che ti riguardano.”
 
 
*
 
 
Scendendo le scale udì lo sfrigolio delle uova e il profumo di bacon, e Loki giunse in cucina con l’acquolina in bocca, per nulla sorpreso nel trovare Mac ai fornelli. Sembrava assorta nei suoi pensieri mentre, dalla finestra davanti a lei, posta esattamente sopra al lavabo, guardava Salem ed Ebe ridere in giardino, impegnati in una “lotta” dove lui usava Contrattacco per respingere gli incantesimi della strega.
 
“Mac? Occhio alle uova.”
La voce di Loki riportò la strega alla realtà, affrettandosi a salvare la colazione e a mormorare un ringraziamento. Il mago afferrò una mela e la addentò, appoggiandosi all’isola della cucina dove faceva colazione da quando Mac lo aveva fatto evadere e guardando la strega con curiosità:
 
“Se Mackenzie rischia di bruciare qualcosa, dev’esserci sotto qualcosa di serio. Non sei felice di riavere il Capitano tra noi?”
“E’ ovvio, sono solo sovrappensiero, nulla di più.”
 
Mac si strinse nelle spalle, continuando a non guardarlo: era troppo concentrata a cercare di tenerlo lontano dalla sua testa, e evitando il contatto visivo era più semplice.
 
“A cosa pensi, Mac?”
“Niente di importante.”
 
“E’ per questo che cerchi di non farmi leggere i tuoi pensieri? Per qualcosa di poco importante? Mac.”
 
Loki mosse un passo in avanti e le afferrò una spalla, costringendola a guardarlo. Occhi verdi e azzurro ghiaccio si incontrarono e la Lussuria, studiandola con attenzione, le ricordò come avere segreti tra loro avesse portato solo guai, in passato.
 
 
A quelle parole Mac cedette quasi senza rendersene conto – era da fin troppo tempo che teneva quel segreto solo per lei – e un istante dopo Loki strabuzzò gli occhi, mollando la presa sulla sua spalla per allontanarsi di scatto da lei.
Il mago la guardò senza parole, e la strega, malgrado la situazione, si sforzò di sorridere:
 
“Beh, dici sempre che niente e nessuno riesce a stupirti… posso almeno attribuirmi il merito di esserci appena riuscita egregiamente.”
 
 
“Lo sa?”
“Non dire sciocchezze, certo che non lo sa.”
“E pensi di dirglielo?”

“Io… io non lo so.”
“Mac, lo deve sapere, ne ha il diritto.”
 
“TU vorresti saperlo?”    Mac incrociò le braccia al petto e lo guardò con aria di sfida, e Loki non fu in grado di risponderle.
 
Avrebbe voluto saperlo? Non ne aveva idea. Come si poteva immaginare una situazione del genere?
All’improvviso guardò l’amica e si chiese quanto dovesse aver sofferto. Lei, che lo aveva salvato da Azkaban e si era data da fare per riunirli. Tutto quel tempo da sola, lontana dall’uomo che amava, con quel peso sulla coscienza.
 
“Non dev’essere stato facile Mac. Mi dispiace.”
“… Grazie Loki. Non so se voglio dirglielo, anche se so che sarebbe la cosa giusta… Vorrei solo risparmiargli dell’altro dolore. E ho paura di come potrebbe reagire sapendolo.”
 
“Cerchiamo sempre di proteggere le persone che amiamo dalla sofferenza Mac, ma prima o poi ti rendi conto che non è possibile farlo, non del tutto. Ma so che farai la cosa giusta.”
 
 
*
 
 
Belle era passata in spogliatoio prima di tornare a casa dal fratellino quando, all’improvviso, si era imbattuta per caso nella conversazione tra altri due Cavalieri Sacri: non ci aveva messo molto a riconoscere le voci di Brian e Asher, che sembravano discutere animatamente.
 
Sentendo “Gideon” Belle si era immediatamente immobilizzata, gli occhi sgranati: stavano parlando dei Peccati Capitali?
 
“Ne sei sicuro?”
“Ti dico di sì, ho sentito voci su questo torneo, e credo che in palio ci sia proprio il martello. Ovviamente nel Devonshire non hanno idea di che cosa si tratti, pensano che sia un semplice martello costruito dai folletti e incantato.”
 
“Dobbiamo andare a verificare… Lo sa qualcun altro?”
“A parte noi due? No. Ne ho parlato con il Sottosegretario, e ci ha accordato il permesso: domani stesso andremo a quello stupido torneo in incognito, e uno dei due vincerà quel dannato martello.”
 
Belle aveva sentito abbastanza: girò sui tacchi senza far rumore e sgattaiolò fuori dallo spogliatoio, correndo verso gli uffici delle Virtù, all’ultimo piano.
 
 
“Non pensi che parlarne qui sia poco prudente, Asher?”
“Ho il sospetto che ci sia una Talpa che collabora con i Peccati, che guarda caso ieri sono capitati proprio a Fortressea certi di trovare il Tesoro della Lussuria. Parlandone in posti dove chiunque può sentire, ne avremo la conferma.”


 
*
 
 
“Avanti.”
Alle parole della strega la serratura scattò e Belle aprì timidamente la grande porta di mogano, sbirciando l’interno della stanza:
 
“E’ permesso? Mi dispiace disturbarla, ma ho appena saputo qualcosa che penso dovreste sapere immediatamente.”
“Non preoccuparti Belle, sono sola. Non mi disturbi.”
 
Belle deglutì alla vista di Jezabel Farell, in piedi dietro la sua scrivania, davanti alla grande finestra ad arco. Le dava le spalle e teneva le braccia conserte, e Belle si accorse che indossava una vestaglia di seta rosa antico allacciata sulla vita sottile:
 
“Signorina Farrell, dorme qui? E’ sicuro?”
“Beh, sai, ho tanto da fare che a volte mi attardo qui e dormo sul divano. Per fortuna l’ufficio che condivido con le mie amiche è molto grande e nessuno ci entra mai, quindi non disturbo nessuno.”
 
Jezabel si voltò e rivolse un sorriso cortese al Cavaliere, che si chiuse la porta alle spalle e guardò la strega con la fronte aggrottata, leggermente in soggezione come sempre quando si trovava in presenza di una di loro, ma di lei in particolare: non che fosse sgarbata, tutt’altro, Jezabel era sempre di una gentilezza inaudita, ma con la sua pacatezza e la sua bellezza che non passava mai inosservata – Belle, quasi sempre circondata da uomini, era ormai avvezza a sentire certi commenti sulle quattro Virtù da parte di molti colleghi – emanava sempre una sorta di potere, un fascino tale da farla sentire piccola piccola.
 
“Non ha paura che possano preoccuparsi per lei, a casa?”
“Io non ho nessuno a preoccuparsi per me, Belle. Dimmi tutto.”
 
 
Jezabel inclinò le labbra in un sorriso malinconico che colpì molto Belle, che si sentì quasi in colpa per aver fatto insinuazioni sulla vita privata della strega e si affrettò a schiarirsi la gola, cambiando argomento:
 
“Ho sentito una conversazione tra O’Brien e Flint, Signorina… stavano parlando di Gideon, credo che dovreste sapere che forse sanno dove si trova.”
 
 
*
 
“Amore, eccoti, mi chiedevo dove ti fossi cacciata. Vieni fuori, abbiamo tante cose da raccontarci… Mac? Cosa succede?”
 
Nel vedere la strega seduta sul letto con le braccia strette intorno alle gambe Salem si fermò di scatto sulla soglia della stanza, guardandola con leggera preoccupazione. Quando Mac gli chiese, con un mormorio, di entrare e di chiudere la porta lui obbedì, sedendo accanto a lei e chiedendole se stesse bene con tono apprensivo.
 
“Sto bene Sal… Però ti devo parlare.”
“Ok… dimmi, sono qui. Qualunque cosa sia, puoi dirmela.”    Salem sorrise e le prese una mano, portandola a voltarsi verso di lui: solo allora il Capitano si rese conto che la strega aveva gli occhi ludici.
 
“Oh, Richard…”
 
 
 
 
 
 
Quando ebbe finito, Mackenzie sentì le lacrime rigarle le guance: erano tre anni che non piangeva.
Guardò Salem, che invece si era alzato e ora era in piedi davanti alla finestra, il viso tra le mani.
 
“Tu eri… perché non me l’hai detto?”
Il mago gemette e Mac scosse il capo, mormorando che stava per farlo quando li avevano condannati, e non aveva potuto fare niente: quando era scappata aveva perso le sue tracce.
 
Il Capitano si voltò, la guardò e, serio in volto, le chiese se sapesse i loro nomi.
 
“No. Non l’ho mai saputo. Cerco quelle facce in ogni Cavaliere Sacro in cui mi imbatto, ma no, non ho idea di chi fossero. Salem, ti prego, non te l’ho detto per questo, pensavo che fosse giusto che lo sapessi, ma non voglio che tu…”
Le parole le morirono in gola quando il mago, scuotendo il capo e sorridendole dolcemente, le si avvicinò inginocchiandosi davanti al letto per prenderle il viso tra le mani:
 
“Dia in escandescenza? Non preoccuparti amore, non lo farò. Quando troverò quei due Cavalieri li ucciderò e basta.”
Salem le diede un bacio sulla fronte, mormorando che gli dispiaceva per tutto quello che aveva passato.
 
“Avrei dovuto essere con te.”
“Non è colpa tua, Sal.”
 
“Ora siamo di nuovo insieme, Mac. E so che non ne hai bisogno, ma da questo momento ti proteggerò sempre, lo prometto. Non ti lascerò mai più sola.”
 
Mac annuì, gli occhi ludici, e lo abbracciò con slancio mentre tratteneva a fatica i singhiozzi. Gli disse, con voce rotta, che spesso si chiedeva se era stato maschio o femmina e che vita avrebbero avuto se il Ministro non fosse morto.
 
“Saremmo stati una famiglia meravigliosa, Mac. Ma possiamo ancora esserlo, adesso che siamo di nuovo insieme. La pagheranno, tesoro. Te lo prometto.”
 
 
*
 
 
 
L’aria le sferzava i lunghi capelli scuri mentre risaliva il pendio, diretta verso l’abitazione dei Peccati Capitali. Aveva sentito che i recuperi del Capitano e di Harlit erano andati a buon fine, ma era corsa da loro soprattutto per renderli partecipi di ciò che aveva appena appreso da Belle.
 
Stava per dirigersi verso la porta della casa quando si accorse di essere osservata: voltandosi, Jezabel scorse Louis Murray seduto sull’erba davanti ad un falò ormai spento, e stava guardando proprio lei.
La strega esitò, ma dopo qualche tentennamento si disse che era ridicola e si avvicinò al mago, schiarendosi la voce:
 
“Buonasera, Signor Murray.”
“’Sera. Sa che non è tenuta a chiamarmi così, vero? Ormai sono solo Loki da molti anni.”
 
“Mi dica come preferisce essere chiamato e io provvederò ad adattarmici. Mi spiace per l’ora tarda, ma ho novità importanti. Il Capitano sta bene, comunque?”
“Direi di sì.”
 
“E ho sentito che è riuscito a tornare in possesso del suo arco, complimenti.”
 
Loki sorrise appena, guardandola dal basso verso l’alto prima di portarsi l’immancabile sigaretta alle labbra rosee:
 
“Grazie. Non pensa che presto cominceranno a sospettare di voi? Non è molto prudente continuare a venire qui.”
“Lo so, ma è il modo più veloce per parlarvi… e per ora ancora non sospettano niente, anche se di certo è questione di tempo. Nessuno mi ha seguita, comunque.”    
Jezabel si voltò, scrutando la distesa erbosa che confinava con un bosco mentre Loki, ancora seduto, studiava il suo profilo:
 
“Se lo dice lei… ne vuole una?”
 
“No, grazie, non fumo. Sono venuta per Gideon, Ebe dorme?”
“Sì, ma può dire a me.”
“D’accordo… due Cavalieri Sacri pensano di averlo trovato, pare che non si sa come possa essere finito in una cittadina del Devonshire e che sia stato messo in palio come vincita per un torneo di magia. Dev’essere recuperato prima che lo facciano loro, e parlavano di farlo domani.”
 
“Come diavolo fa Gideon ad essere finito in una cittadina del Devonshire?”
“Non ne ho idea, forse per nasconderlo… finchè qualcuno non l’ha trovato e l’ha messo in vendita, a quanto sembra. Domani mattina manderò qualcuno qui per decidere il da farsi.”
 
“D’accordo. Ora dovrebbe andare, è tardi e il suo fidanzato potrebbe chiedersi dove si è cacciata.”
Loki piegò le labbra in un sorrisetto, che si allargò di fronte all’espressione quasi stizzita della strega, che non tardò ad informarlo di non avere nessun fidanzato a cui rendere conto.
 
“Tanto meglio, allora. Buonanotte.”
“Buonanotte Signor Murray.”
 
Jezabel si voltò e iniziò ad allontanarsi per raggiungere il punto in cui avrebbe potuto Smaterializzarsi, ma si fermò quando, mossi pochi passi, si sentì chiamare nuovamente dal mago:
 
“Posso chiederle perché chiama me “Signor Murray” mentre chiama Ebe, Alanis e Mackanzie con i loro nomi da Peccato? Onestamente, non so se ritenermi offeso o onorato da questo trattamento.”
 
Si aspettava che la strega gli desse qualche sorta di spiegazione pseudo-razionale, ma Jezabel si limitò a voltarsi e, contro ogni sua aspettativa, gli sorrise:
 
“Lei è liberissimo di interpretare ciò che vuole nel modo che preferisce, Signor Murray. La saluto.”
 
Con queste parole la strega si congedò, allontanandosi una volta per tutte sotto lo sguardo attento della Lussuria, che la guardò finchè non sparì, portandosi la sigaretta alle labbra con un gesto quasi meccanico.
 
Alla fine, di nuovo solo, si concesse un sorriso divertito mentre si metteva supino sul prato, osservando la volta celeste. Non era ancora riuscito a decifrarla, e anche se probabilmente era questione di tempo, come accadeva sempre, non poteva fare a meno di trovarla interessante, quella Virtù.
 
Senza contare, si disse l’uomo con un sorrisetto, che sulla carta lui e lei rappresentavano due opposti perfetti.
 
Lui la Lussuria, lei la Temperanza.
Sarebbe stato alquanto interessante approfondire la sua conoscenza.
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
So che è passato molto tempo, e me ne dispiaccio, ma col tempo voglio cercare di concludere tutti i miei progetti lasciati aperti qui su Efp, e questa storia è forse una delle più interessanti e stimolanti (anche per me in primis) che io abbia mai scritto, non potevo continuare a lasciarla in un angolo.
Mi rendo conto che i personaggi apparsi siano pochi e che il capitolo sia breve, consideratelo un anticipo, intanto ho ripreso alcuni personaggi per riprendere un po’ la mano.
 
Spero comunque che vi sia piaciuto, ci sentiamo presto con il prossimo! (Sperando che non tutte le autrici nel mentre siano scomparse e che qualcuno ancora disposto a leggere questa storia ci sia ancora XD)
 
Signorina Granger

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13  
 
 
“Un fenomeno mai visto prima, l’intera campagna del Devonshire appassita…”
“Fiori, alberi, prati… tutto è diventato secco all’improvviso, gli esperti non sanno darsi alcuna risposta di fronte a questo assurdo fenomeno.”
 
La forchetta gli cadde di mano, tintinnando nel piatto. Alzò lo sguardo sulla televisione della tavola calda dove stava mangiando e deglutì a fatica, sgranando gli occhi di fronte a ciò che vide: alberi appassiti, foglie secche, prati ingialliti… morto, tutto morto.
 
Devonshire… Allora era lì.
 
Ma dove?
Dov’era?
 
“Sembra che tutto abbia avuto iniziato da un punto imprecisato nei pressi del Distretto di West Devon, vicino a Tavistock….”
 
Tavistock, West Devon. Non gli serviva altro.
 
Scivolò dallo sgabello e, lasciati due galeoni sul bancone di legno, uscì in fretta per raggiungere il primo angolo e Smaterializzarsi: era stato il più cauto possibile per tre anni, ma ora non aveva alcuna importanza.
 
Il suo raggio di Sole aveva bisogno di lui.
Sperava solo di essere ancora in tempo.
 
 
 
*
 
 
 
“La morte è solo la fine di un processo chiamato vita.”
 
Tutti i suoi errori, le sue nefandezze, le sue vittorie, gli passavano davanti agli occhi. Steso supino sul prato, Loki cercò di aprire gli occhi, invano, mentre la parte destra del costato gli doleva a seguito dell’impatto dell’esplosione che aveva sorpreso lui e tutti i suoi compagni.
 
“Se c’è qualcosa che so, Loki, è che la vita è qualcosa di molto labile. Sfuggevole”
 
Vide il volto dolorosamente familiare di Luvienne, il suo sguardo carico di dolore, ira e disgusto.
“Tu mi disgusti, Louis.”
 
Gli stavano imprimendo il tatuaggio sulla pelle, e il dolore lo pervase priva di scorgere, ancora, il volto rilassato e sorridente di Ebe.
 
“E’ facile estirparla.”
 
 
 
 
Loki camminava allacciandosi il bottone della giacca che indossava, seguendo pigramente il Ministro della Magia inglese nei suoi numerosi incontri con funzionari e diplomatici magici europei.
Ogni singola persona che lo incontrava lanciava occhiate fugaci all’uomo dall’incarnato pallido, i capelli scuri e gli zigomi sporgenti che lo seguiva come un ombra, silenzioso ma onnipresente.
 
A Loki quelle occhiate non dispiacevano, tant’è che gli facevano spuntare qualche sorrisetto compiaciuto sul volto.
Quel giorno però, la Lussuria non era solo: il Signor Finch aveva richiesto una seconda “guardia del corpo” (con gran disappunto dei Cavalieri Sacri, che fino a qualche prima ricoprivano quel ruolo al posto loro) e Loki si era ritrovato un’improbabile compagna per quella giornata.
 
Loki che indirizzò un’occhiata leggermente esasperata alla strega che stava alla sinistra del Ministro, parallelamente a lui, ma che era ben lontana dall’incutere un qualsiasi tipo di timore o di fascino misterioso.
Ebe, di misterioso, non aveva proprio nulla, tant’è che dispensava sorrisi e saluti cortesi ovunque andasse, guardandosi attorno con allegria e curiosità.
 
Probabilmente non esisteva persona più diversa da lui, tra i Peccati Capitali, e talvolta Loki domandava al Ministro per quale motivo lui ed Ebe finissero così spesso a lavorare insieme.
Perché non con Mac, o Salem, o Alanis?
Finch era scoppiato a ridere, a quella domanda, asserendo divertito che lui e la ragazza erano sicuramente molto diversi, ma che proprio per quel motivo si sentiva particolarmente a proprio agio avendoli entrambi accanto.
 
“Sei un ragazzo molto sveglio, Loki, di certo capirai cosa voglio dire. Tu ed Ebe vi completate, diciamo.”
 
 
 
Loki gettò un’occhiata di sbieco alla “collega”, che si era messa a chiacchierare amabilmente con uno stagista. Quando il ragazzo se ne fu andato e la strega intercettò il suo sguardo eloquente Ebe inarcò profondamente un sopracciglio, domandandogli silenziosamente che avesse da guardare mentre la Lussuria si limitava a roteare gli occhi in un linguaggio muto che, ormai, entrambi conoscevano molto bene.
 
Ebe gli fece la linguaccia e Loki, leggendo i suoi pensieri, udì chiaramente la voce della strega nella propria testa affermare che fosse noioso come uno scolapasta e che sapeva benissimo che la stesse ascoltando.
 
 
A volte mi chiedo come hai fatto ad avere tante donne nella tua vita, sai? A me sei totalmente indifferente.
Tu sei un caso a parte, Ebe.
E’ chiaro, io sono sveglia! Tutte le poverette che hai sedotto probabilmente non brillavano per intelligenza, poverelle.
Stai tranquilla, non corri alcun pericolo.
Mi stai dando della bruttona?!
No, ma di solito non mi interesso a donne più vecchie di me.
 
Un sorrisetto perfido increspò il bel volto del mago, che si godette appieno la vista di una Ebe furiosa voltarsi verso di lui di scatto (ormai la conosceva abbastanza bene da sapere quanto la parola con la v la facesse scattare come una molla). Certo, il mago ringraziò la sua buona stella per trovarsi in una stanza priva di flora, o probabilmente Ebe lo avrebbe strozzato con un rampicante.
 
 
Loki pose fine alla sua “condivisione dei pensieri” con Ebe, e solo a quel punto si disse che, fortunatamente, la strega non poteva leggergli nel pensiero come faceva lui.
Altrimenti Ebe avrebbe saputo che appena si erano conosciuti, a dire la verità, un pensierino su di lei lo aveva fatto. Certo, prima di conoscerla, di iniziare a vederla come una sorta di sorella rompiscatole e di rendersi conto che qualcun altro, nel gruppo, era particolarmente preso da lei.
 
Loki si poteva definire un uomo avventato e un po’ impulsivo, ma di certo non era folle, e mettersi tra Flagro e qualcosa che desiderava non rientrava nella sua lista di cose da fare prima di morire.
 
 
 
 
 
 
 
Svegliati
 
 
“Non voglio morire. Invecchiare… i deboli invecchiano!”
“Sei pazzo, Louis. Sei fuori di testa! Meriti la tua pena!”
 
 
SVEGLIATI
 
 
Loki spalancò le palpebre con decisione, e nel farlo prese una rigorosa decisione: lui non sarebbe morto. Non quel giorno.
La mano destra del mago strinse, strappandoli, i fili d’erba sopra ai quali si trovava mentre Loki sollevava il capo, mettendo lentamente a fuoco lo scenario che lo circondava mentre il suo orecchio sinistro fischiava fastidiosamente.
Per qualche istante faticò a sentire chiaramente, ma poi ricordò quello che era successo e mise a fuoco la situazione.
 
 
C’erano dei Cavalieri Sacri. Parecchi Cavalieri Sacri.
 
Maledetti Bastardi
 
 
Gli occhi azzurri del mago saettarono su Alanis, che era in piedi e che colpì uno di loro allo stomaco proprio in quell’istante, scaraventandolo con la magia ad interi metri di distanza.
 
Mac sembrava indenne, anche se il suo braccio destro sanguinava, e la strega era seduta al suolo con la schiena appoggiata contro il tronco di un albero e lo stringeva come se non riuscisse a muoverlo. Salem, a pochi metri da lei, combatteva contro quattro Cavalieri allo stesso tempo, respingendo i colpi indirizzati a lui e anche quelli rivolti alla Gola.
 
“ALANIS! PORTA VIA MAC!”    Un incantesimo Bombarda venne rispedito al mittente con decisione grazie al Contrattacco di Salem, causando una seconda – anche se di dimensioni nettamente ridotte – che costrinse la Lussuria a portarsi entrambe le mani sopra la testa.
 
“SONO UN PO’ INDAFFARATA AL MOMENTO! Ne ho proprio le palle piene di voi smidollati!”
 
Il ruggito di Alanis accompagnò un acuto gemito di dolore mentre il braccio del Cavaliere veniva tranciato via dal corpo con un gesto netto grazie all’arma della strega, ma Loki non ci badò: solo all’ora si accorse che una dei compagni mancava all’appello, e fece vagare freneticamente lo sguardo attorno a sé per cercare traccia di Ebe, non trovandola.
 
 
Dove ti sei cacciata, piccoletta?
 
 
A quel punto, Loki si rese conto che l’erba su cui si trovava stava assumendo toni sempre più giallastri, mentre alcuni alberi attorno a loro, che circondavano la radura in cui erano stati sorpresi dai Cavalieri mentre se ne andavano da Tavistock, perdevano le proprie foglie ad un ritmo completamente innaturale.
Mac ci arrivò esattamente un attimo prima di lui, e sollevò lo sguardo sull’albero sotto cui aveva trovato riparo con orrore: la pianta stava visibilmente morendo, così come molte altre, tanto che innumerevoli tonfi sordi di rami che si spezzavano e crollavano al suolo iniziarono a circondarla.
 
 
“Ti dispiacerebbe se io morissi?”
“A te?”
“Credo che vorrei saperlo, se te ne andassi. Se fossimo lontani, un giorno, lo saprò?”
 
Ebe gli aveva sorriso, e aveva annuito, serena:
 
“Sì. Te ne accorgerai. Hai la mia parola.”
 
 
 
Te ne accorgerai
 
 
“EBE!”
La voce di Mac squarciò l’aria nell’esatto istante in cui Loki realizzava perché, con orrore, tutto attorno a loro stesse morendo e riusciva finalmente a scorgere la figura della compagna.
Ebe giaceva al suolo, inerte, ad una ventina di metri da lui, la testa riservata da un lato e parte del corpo ricoperta di sangue.
 
 
Te ne accorgerai
 
 
Gli occhi azzurri di Loki si spalancarono proprio mentre scorgeva un Cavaliere Sacro avvicinarsi al corpo dell’amica. Teneva in mano un bastone nodoso, e anche se il Peccato non aveva idea di a cosa servisse, quella visione non gli piacque affatto.
 
“EHY!”
 
Loki sbattè con decisione il palmo sul terreno sempre più secco e fece leva sulle braccia per alzarsi, quasi tremante mentre sentiva l’ira montare dentro di lui.
 
“LO SAI, CHI SONO IO?”
 
Il mago protese il braccio, e prima che potesse pronunciare una parola un doppio arco – difficile da scorgere in maniera dettagliata a causa dell’aura luminosa che lo circondava – apparve nella sua mano dell’uomo.
Aveva perso la bacchetta cadendo, ma non gli importava affatto.
Poteva cavarsela benissimo anche senza.
 
Un Cavaliere gli si sarebbe scagliato contro se Loki non avesse spento la sua inutile mente con un gesto della mano, facendolo crollare al suolo privo di coscienza mentre procedeva a passo di marcia verso Ebe, gli occhi fissi sul mago dai capelli biondi che lo studiava quasi pigramente, come se fosse un fastidioso insetto da scacciare.
 
“Sono Loki, l’ariete della Lussuria. NON AVVICINARTI”
 
Una freccia luminosa si conficcò nel petto di un altro mago, e un’altra ancora mentre Mac assisteva, impotente, allo scontro in cui era impegnato Salem. Con il braccio fuori uso e priva di bacchetta a sua volta, non c’era molto che la strega potesse fare.
 
“ALLA MIA…”
 
Alanis, recuperata una bacchetta, disarmò e schiantò un altro Cavaliere prima di correre verso Mackenzie, inginocchiandosi accanto alla compagna per aiutarla a sollevarsi.
 
 
“AMICA!”
 
Loki non ricordava chiaramente quando era stata l’ultima volta in cui aveva definito qualcuno in quel modo, ma non ci badò mentre metteva fuori gioco un altro Cavaliere Sacro, avvicinandosi sempre di più ad Ebe, ancora riserva al suolo, immobile.
 
 
 
“Ti porto via Mac.”
“Non posso andarmene ora!”
 
Mac spalancò gli occhi, decisa a non lasciare i compagni in difficoltà, ma Salem udì le sue parole e urlò qualcosa senza neanche voltarsi mentre afferrava un Cavaliere per i vestiti e lo scaraventava con decisione a diversi metri di distanza.
 
“MAC, FA COME TI DICO, PER UNA VOLTA!”
 
Mackenzie avrebbe voluto informare il fidanzato che lei non prendeva ordini da lui, ma quello era decisamente il momento meno adatto, così lasciò che Alanis l’aiutasse a rialzarsi e poi si Smaterializzò insieme a lei.
L’ultima cosa che la strega guardò fu Salem, pregando di non dover aspettare altri interi anni per poterlo stringere di nuovo.
 
 
 
“Ti sei svegliato tardi, Lussuria.”
Asher picchiettò il suo bastone al suolo e il terreno che circondava Ebe cambiò forma all’istante, tramutandosi in quelle che Loki identificò come delle sabbie mobili.
 
“Fuori dai piedi.”  Loki afferrò prontamente per la collottola un Cavaliere che stava per pugnalarlo e, ignorando il gemito che la sua poderosa ginocchiata allo stomaco causò, lo scaraventò a diversi metri di distanza con un’ondata di magia senza muovere un muscolo.
Mac aveva ragione, dopotutto: non aveva nessuna bacchetta, ma nelle sue vene scorreva abbastanza magia da riuscire ad incanalarne parte anche senza.
 
 
“Pensavo che solo la Gola sapesse usare la magia senza bacchetta.”
“Non mi sono fatto fare il culo da una donna un miliardo di volte per niente, Cavaliere.”
 
Asher rise alle sue parole, e continuò a ridere anche quando un gesto di Loki lo scaraventò sul prato – anche se di erba, ormai, ne era rimasta ben poca –, lontano dal corpo di Ebe.
Loki guardò quella fastidiosa, piccola strega che più e più volte aveva paragonato ad un folletto saltellante entrata nella sua vita per sbaglio, sconvolgendola.
 
 
Guardò l’Invidia, con un evidente taglio sulla fronte e i vestiti in parte anneriti, sprofondare lentamente in mezzo alle Sabbie Mobili, che gli impedivano di raggiungerla, e si disse che non poteva andarsene davvero.
Semplicemente non poteva.
 
 
 
“JOOOOOOEY TO THE WOOOOORLD!”
“Ebe, falla finita!”
“Sei solo uno spocchioso e noioso elegantone! Smettila di fare il Grinch!”
 
“Non so chi sia costui.”
“E’ un essere verde brutto e antipatico, e gli somigli molto!”
 
 
 
“COSA.STATE.FACENDO.”
“Ci abbronziamo, non vedi?”  Domandò Ebe con nonchalance, senza scomporsi o muovere un muscolo. Loki, accanto a lei, la imitò, annuendo prima di parlare con tono annoiato:

“Già, ti unisci a noi? Ebe dice che un po’ di Sole mi farà bene.”

 
 
 
“CHI HA MANGIATO I MIEI BISCOTTI AL CIOCCOLATO! Loki, lo so che sei stato tu, me la pagherai!”
“Io non la mangio, quella roba.”
“Sì invece, e lo proverò!”
 
“Finitela di fare i bambini, una buona volta!”
 
 
 
 
Loki stava lavando le sue preziose camice in una tinozza piena d’acqua quando una fastidiosa risatina giunse alle sue orecchie, ed Ebe gli fece sapere che era proprio una perfetta e adorabile lavanderina della domenica prima di chiedergli cosa stesse facendo.
 
“Alleno le mie potenzialità magiche strofinando il sapone su dei panni.”
“VERAMENTE?”
 
Ebe sgranò i grandi occhi scuri, colpita, e Loki sospirò prima di alzare gli occhi al cielo: per quanto pericolosa, a volte quella donna gli dava l’impressione di avere a che fare con un’adorabile bambina ingenua.
 
“No Ebe, per Priscilla, sto lavando i vestiti, non vedi?”
 
 
 
 
Mentre Loki teneva gli occhi fissi sulla compagna, maledicendo mentalmente Asher per essersi permesso di usare persino lo stesso elemento della strega contro di lei, una donna dai capelli rossi seguiva lo scontro con gli occhi sgranati, seduta al suolo.
 
“Lascerà che il suolo la inghiotta?”
“Così sembra… Luvienne, sicura di stare bene?”
 
Brian, inginocchiato accanto a lei dopo averla trascinata lontano dallo scontro a causa delle ferite che la ragazza riportava, le rivolse un’occhiata vagamente preoccupata che la collega ignorò, annuendo con vigore:
 
“Sto benissimo, non sarà qualche graffio a mettermi fuori gioco! Ma Asher dovrebbe… fare più attenzione.”
 
 
 
“Ti leverò quel sorrisetto dalla faccia, Cavaliere dei miei straccali. Posso ridurti il cervello in poltiglia in un istante.”
 
“E’ il tuo il sorrisetto che io vorrei cancellare dalla faccia del pianeta, Lussuria.”
 
Gli occhi azzurri di Asher si ridussero a due fessure, scrutando il Peccato con odio mentre lo sguardo di Loki saettava su Ebe: doveva fare qualcosa in fretta, prima che il corpo della strega venisse completamente risucchiato dalle sabbie mobili.
 
 
 
Quella roba ti ucciderà!
Loki ignorò le protese dell’amica e continuò a fumare beatamente, stringendosi nelle spalle e asserendo che nessuno avrebbe pianto la sua morte. Per le uniche persone che lo avevano mai amato, era già morto da tempo.
 
“Io sì, idiota!”
 
Ebe gli prese la sigaretta con decisione e la fece evanascere con la magia, ma per una volta Loki non si alterò, limitandosi ad accogliere con lieve stupore le sue parole.
 
 
 
*
 
 
 
Il mago alzò lo sguardo, scrutando il sole alto nel cielo.
Mezzogiorno era appena passato.
 
E mancava poco, ormai, alla sua meta, a giudicare dalle indicazioni che aveva ricevuto: sembrava che la flora avesse iniziato ad appassire da un punto preciso vicino a Tavistock, dove sapeva esserci un noto villaggio magico, Agrardis.  
 
Qualcosa di sottile e dorato iniziò a prendere forma nella mano destra del mago, che poté tranquillamente scorgere, ad occhio nudo, il confine di una barriera magica che impediva ai Babbani di vedere o sentire qualcosa che non li riguardava mentre un’ormai familiare sensazione di calore gli pervadeva il corpo.
Nonostante fosse terribilmente preoccupato, Flagro abbozzò un sorriso: doveva ammettere che il tempismo non avrebbe potuto essere più favorevole di così.
 
 
 
*
 
 
“Merlino, fa quasi paura.”
Maysen, in piedi davanti alla finestra che dava l’illusione di non trovarsi sottoterra, ma che mostrava qualunque cosa le quattro Virtù chiedessero, parlò con un filo di voce mentre guardava alberi, fiori e prati appassire sotto i suoi occhi impotenti.
 
“Non ho mai assistito a niente di simile, è terribile… A cosa può essere dovuto?”
Cristal aggrottò la fronte, in piedi accanto all’amica. Maysen stava per rispondere che non ne aveva idea quando, all’improvviso, la porta del loro ufficio si aprì e la voce di Rita giunse con le risposte.
 
Come sempre, del resto.
 
“Ho fatto qualche indagine negli archivi Top Secret del San Mungo e del Ministero, e ho scoperto qualcosina in più sui nostri amici ricercati… Sono sicura che abbia a che fare con l’Invidia.”
“Ebe? Che c’entra Ebe?”
 
Rita aprì una cartellina rossa e passò un foglio alla Giustizia, accennando al nome che veniva riportato più volte:
 
“Questo certificato attesta la morte di una ragazza, una certa Iris Evergreen. Il patrigno della ragazza affermò che la responsabile della sua morte sia stata l’altra figliastra, la sorella maggiore, che venne internata in una “clinica specialistica”, e sapete a cosa mi riferisco. Al San Mungo ho trovato solo informazioni sulle cause della morte della ragazzina, così ho cercato qui al Ministero, e ho scoperto il nome della sorella: Willow Evergreen. Capite?”
 
A giudicare dalle espressioni confuse delle due amiche Rita dedusse che no, non avevano capito, così roteò gli occhi scuri e si spiegò meglio:
 
“Ho fatto ricerche sulla famiglia Evergreen, il padre scomparve anni fa. Ma sono una famiglia abbastanza nota per una specie di particolare dono che accomuna le donne di questa famiglia: sembra che tutte loro, o quasi, siano da decenni, o forse secoli, in grado di controllare gli elementi della natura. ADESSO capite?”
 
“Vuoi dire che Willow Evergreen è il vero nome di Ebe?”
“Esatto. Le date potrebbero benissimo combaciare, e questo spiegherebbe qual è stato il suo crimine – o presunto crimine – e perché la nostra Invidia abbia le particolari capacità che conosciamo: Ebe dev’essere una Evergreen. E a giudicare da quello che può fare, oserei dire che il fatto che la natura stia morendo nel raggio di miglia non sia un buon segno. Credo che sia in pericolo. Forse sta morendo lei stessa.”
 
“Ne sei sicura?”
“Un fenomeno del genere è stato registrato per l’ultima volta solo alcuni anni fa, e in portata nettamente inferiore: il giorno, guarda caso, fu lo stesso in cui morì Iris. Il fenomeno ebbe una portata inferiore perché, probabilmente, gli stessi poteri di Iris non erano sviluppati come quelli della sorella… Non occorre che vi dica io quanto sia potente Ebe, dopotutto.”
 
“Da dove ha avuto origine tutto ciò?”
“Presumono nel West Devon.”
 
“West Devon… è lì che c’era il torneo, oggi!”   Cristal sgranò gli occhi e, voltandosi, intimò alla finestra di mostrarle il West Devon.
Quello che le tre streghe videro poco dopo fece portare alla Giustizia le mani alla bocca.
 
 
 
*
 
 
Alanis aprì la porta con un calcio e aiutò Mac prima a varcare la soglia e poi a sedersi sul divano, guardando la strega imprecare a mezza voce mentre continuava a stringersi convulsamente il braccio.
 
“Conosci qualche incantesimo curativo?”
“E’ una delle poche branche della magia dove sono una totale incapace, così come l’Erbologia. Non posso fare niente per le ossa rotte, so curare solo ferite più o meno marginali.”
 
Alanis, in piedi davanti alla Gola, si morse il labbro inferiore prima che un pensiero improvviso le balenasse in mente:
 
“Sbaglio o una Virtù è un medimago?”
“In effetti sì, ma chiamarle adesso è troppo rischioso.”
 
Mackenzie scosse la testa, e Alanis stava per dirle che se Salem fosse tornato e l’avesse trovata ancora in quelle condizioni ne avrebbe pagato lei le conseguenze, ma all’improvviso udì dei passi affrettarsi nella loro direzione, e entrambe si zittirono di colpo.
Grazie agli incantesimi di Mac nessuno che non fosse autorizzato da lei poteva vedere o raggiungere il loro rifugio, e Alanis ebbe appena il tempo di voltarsi – chiedendosi chi diavolo le avesse raggiunte – quando ragazza ormai familiare dai tratti asiatici si fermò sulla porta spalancata, il fiato corto.
 
“Sono venuta… Mi hanno mandata loro… Vogliono sapere se state bene.”
“Mac ha il braccio fuori uso. Puoi dire alla Fortezza di raggiungerci? Noi non ci sappiamo fare, con le ossa rotte.”
 
Mac sbuffò, asserendo di essere un’idiota per non aver mai studiato una branca della magia così utile mentre Alanis alzava gli occhi al cielo e Belle annuiva:
 
“Certo, sono sicura che verrà appena potrà. Come stanno gli altri?”
“Gli uomini se la cavano. Ebe… Non saprei.”
 
Il volto dell’Avarizia si rabbuiò leggermente, anche se neanche lontanamente quanto quello di Mac, che sentì quasi le lacrime salirle agli occhi ricordando in che condizioni aveva visto l’amica prima di Smaterializzarsi insieme ad Alanis.
 
 
“Che le è successo?”
Belle sgranò gli occhi scuri, preoccupata, e Mac sprofondò nello schienale del divano, gli occhi lucidi e piena di sensi colpa per essersi lasciata portare via dai suoi compagni, dai suoi amici mentre Alanis si stringeva nelle spalle:
 
“Un simpaticone bello quanto stronzo ha lanciato una granata. Salem non si è fatto niente grazie al suo Contrattacco e io e Loki eravamo più distanti… Mac cadendo si è rotta il braccio ed Ebe era la più vicina al punto in cui è esplosa, temo.”
“Poverina!”


 
Belle sfoggiò un’espressione sinceramente contrita che quasi intenerì l’Invidia, chiedendosi quando era stata l’ultima volta in cui qualcuno aveva provato pena per uno di loro.
 
“Sono sicura che si riprenderà e che torneranno tutti presto. Io per ora resto qui con Mac. Ma se la nostra crocerossina personale venisse il prima possibile sarebbe l’ideale.”
“Torno subito a Londra.”
 
Belle fece per girare sui tacchi e uscire dalla porta, ma sembrò ricordarsi di qualcosa e si voltò verso le due donne con la fronte aggrottata:
 
“Solo una domanda… lo avete recuperato, il martello?”
“Tesoro, non dubitare mai che io possa farmi sfuggire qualcosa. Mai.”
 
Un sorrisetto increspò le labbra di Alanis, che scostò il lembo della giacca e mostrò di tenere al di sotto un particolare martello fatto di legno nodoso, con delle spesse radici a tenere insieme i pezzi.
 
 
 
*
 
 
 
Luvienne si sarebbe alzata per scagliarsi contro Loki, ma non ne ebbe la possibilità: una rete di luce violacea la inchiodò al suolo prima che potesse muoversi e la strega, livida, si rivolse con un grido rabbioso alla sua vecchia conoscenza:
 
“Vuoi uccidermi, Louis?”
“Al momento non m’interessa, ma preferisco che tu non intervenga.”
 
“Cos’è, non hai il coraggio di batterti con me? Sei solo lo stesso vigliaccio di sempre, Louis.”
 
 
“Non chiamarmi così.”
 
Le parole del Peccato – che continuò ad ostinarsi a non guardarla –, sibilate tra i denti, non arrivarono alle orecchie della strega che, divincolandosi, cercava invano di liberarsi dalla rete in cui Loki l’aveva intrappolata.
 
“Ne arriveranno molti altri, e siete solo in due. Tornerete ad Azkaban, e questa volta ti assicuro, Lussuria, che non ne uscirete mai più. La tua amica morirà presto.”   Le labbra di Asher si piegarono in un sorriso soddisfatto, e mai come in quel momento Loki morì dalla voglia di avventarsi su un altro essere umano per spezzargli le ossa.
 
“Loki, fa qualcosa!”


 
La voce di Salem giunse solo ovattata alle orecchie della Lussuria, consapevole che il Capitano stesse cercando di tenere i Cavalieri superstiti lontano da lui per dargli la possibilità di salvare Ebe.
 
“Al diavolo…”
Loki si avvicinò all’Invidia e, inginocchiatosi al suolo, l’afferrò per entrambe le braccia nel tentativo di trascinarla fuori dalla pozza di sabbie mobili creata ad arte da Asher per inghiottirla.
Il mago imprecò a mezza voce, maledicendo mentalmente il fatto di non avere una bacchetta a portata di mano: ne aveva usata una per il Torneo, chiaramente, ma l’aveva persa quando aveva perso conoscenza a causa dell’esplosione che aveva ferito sia Ebe che Mac.
 
Mac
 
 
All’improvviso, per un istante gli tornarono in mente le parole della strega, su come dovesse imparare a canalizzare correttamente l’enorme quantità di magia che scorreva dentro di lui.
 
 
“Non viete naturale a tutti come a te, Mac. I maghi che sanno fare incantesimi senza una bacchetta sono rarissimi.”
Loki, seduto al tavolo della cucina, sbuffò mentre guardava il foglio di carta che la Gola voleva vedergli bruciare senza toccare la bacchetta. Il magò sentì le mani della donna poggiarglisi sulle spalle, e la sua voce calma e rassicurante giunse chiara alle sue orecchie:
“Siamo in pochi, è vero, ma potenzialmente chiunque che possegga la magia può riuscirci. E la magia scorre a fiumi dentro di te, Loki. Devi vederla come… un animale da domare. Devi farle capire chi comanda, che lei è al tuo servizio. Allora potrai piegarla davvero al tuo volere.”


Era riuscito a bruciare il foglio, ma quello era diverso. In quel momento aveva a che fare con una persona, un essere umano, e delle dannate sabbie mobili magiche.
“Andiamo piccoletta… Non puoi farti uccidere dal tuo stesso elemento, te lo proibisco.”
 
Loki strinse i denti e continuò a spingere, riuscendo a liberare la strega dalla presa della sabbia di un paio di cm.
 
Una fitta di dolore, come mai ne aveva provato, gli trafisse il petto. Loki sollevò leggermente la testa e, tremante, lanciò un’occhiata sgomenta al suo petto sanguinante. Era così che sarebbe morto, dunque? In mezzo ad un comunissimo attacco alla vita del Ministro che avrebbe dovuto proteggere?
 
 
Loki alzò lo sguardo sul sicario che lo aveva colpito con una sorta di diavoleria simile ad una frusta, ma il sorriso sul volto del mago ebbe vita breve, prima che una gigantesca radice gli trafiggesse il petto.
La Lussuria assistette, schifato e inorridito, mentre dalla bocca del Cavaliere fuoriusciva un getto di sangue che gli macchiò i vestiti e la familiare voce di una piccola strega giungeva vittoriosa alle sue orecchie:
 
“Tranquillo elegantone, ti salvo io!”
“Ah beh, allora sono in una botte di ferro…. Mi hai sporcato i vestiti, sappi che dovrai lavarli!”
 
Ebe s’inginocchiò accanto a lui e roteò gli occhi mentre, alle loro spalle, una specie di enorme serpente di fuoco spazzava via, incendiando, una frotta di maghi.
 
I due assistettero sgomenti alla scena e Loki, dimenticandosi momentaneamente del dolore, mormorò che dovevano tenere bene a mente di non contraddire mai Mackenzie
 
 
Perché Mac non c’era ad aiutarlo? Erano solo lui, Salem ed una Ebe priva di coscienza, e Salem aveva già il suo bel da fare.
Loki strinse le labbra, maledicendo mentalmente quella giornata di merda in cui avrebbero dovuto tutti restarsene a letto a bersi un Whiskey e fumarsi una sigaretta.
Provò a concentrarsi con tutte le sue forze, un po’ come quando, ad Hogwarts, aveva dovuto imparare a lanciare gli incantesimi non verbali. Non gli era risultato particolarmente difficile, in effetti. Forse Mac aveva ragione, sul fatto di dover solo imparare a gestire la magia.
 
 
Quella piccola, fastidiosa elfetta non poteva andarsene. Non davanti ai suoi occhi, quantomeno.
 
 
Levicorpus
 
 
Loki sapeva per certo che se avesse provato ad usare quell’incantesimo contro di lei in qualsiasi altra situazione, Ebe lo avrebbe ucciso. In quel momento però, era l’unica fattura che gli veniva in mente per liberarla efficacemente.
 
Levicorpus
 
 
 
“Puoi anche lasciar perdere, Lussuria, la tua amica morirà. Anche se non immaginavo avessi un cuore, mi fai quasi commuovere.”
Asher, che si era rialzato e lo guardava divertito, sorrise mentre Luvienne, invece, assisteva sbigottita alla scena.
Pensava che avrebbe visto la Lussuria prendere e darsela a gambe, e invece Loki non l’aveva fatto. Anzi. Asher avrebbe potuto colpirlo in qualsiasi momento, anche se sembrava intenzionato a godersi la scena, come se lo volesse vedere soffrire per la morte dell’Invidia con tutto se stesso, ma l’ex Corvonero non sembrava intenzionato a farci caso, preoccupandosi solo di cercare di salvare la sua amica.
 
Da quando Louis Murray si comportava in quel modo?
 
 
“Non appena avrò salvato Ebe tu farai una brutta, bruttissima fine, Cavaliere.”
Il sussurro di Loki lo fece sorridere, ma quella smorfia soddisfatta ebbe vita piuttosto breve, sul volto di Asher.
 
LEVICORPUS!
 
 
Continuando a stringerle le braccia, Loki si sentì improvvisamente scaraventato all’indietro quando il corpo di Ebe si sollevò: la forza dell’incantesimo vinse quella delle sabbie mobili, e l’Invidia schizzò fuori dalla sostanza melmosa. In linea teorica avrebbe dovuto capovolgersi e restare appesa in aria per le caviglie, ma l’incantesimo richiedeva una quantità di concentrazione che Loki, sbalordito per il suo successo, perse nello stesso istante in cui Ebe si sollevò, causando la conseguente caduta della strega al suolo, dritta accanto a lui.
 
“NO!”  Asher estrasse la bacchetta mentre Loki, voltandosi verso la strega e facendo per scrollarla, sorrideva sollevato:
 
“Ebe!”
Asher era livido, chiedendosi come diavolo avesse fatto a produrre un incantesimo così complesso senza l’ausilio di una bacchetta, e puntò dritto verso il mago sollevando la bacchetta dritto nella sua direzione:
 
“Bene, direi che è il momento di farla finita.”
 
 
“Brian, aiutalo.”
 
 
Luvienne, ancora impossibilitata a muoversi, quasi non ebbe il tempo di parlare: Brian non riuscì a raggiungere l’amico, perché una profonda voce maschile li raggiunse.
 
 
“Non toccatela.”
 
Asher si voltò, e Loki stava per fare altrettanto quando, all’improvviso, l’urlo di Luvienne squarciò l’aria: Salem, finito dritto disteso al suolo, era immobilizzato da un Cavaliere che lo aveva sovrastato e che gli stringeva la gola con una mano, quasi impedendogli di respirare.
All’improvviso, però, la presa sul collo del Capitano si allentò: Salem riuscì a scorgere solo una sorta di luccichio dorato, dopodiché il braccio che stava per mozzargli il respiro venne tranciato di netto dal corpo del suo proprietario.
 
Il Capitano voltò la testa appena in tempo, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non vomitare mentre Loki guardava, sbalordito, una vecchia conoscenza farsi avanti dalla coltre di alberi morenti.
 
 
Era un uomo alto, con una lunga giacca nera addosso e pelle chiara. I capelli erano scuri, e gli occhi chiari di solito gentili più minacciosi che mai mentre scrutavano Asher e il suo bastone.
Gli occhi di Loki saettarono su ciò che il mago stringeva, e un sorriso appena percettibile gli attraversò il volto: no, quel giorno non sarebbe morto.
 
 
Anche Brian guardò ciò che il mago stringeva e, approfittando che l’improvvisa distrazione di Loki avesse fatto sparire la rete di luce che aveva imprigionato Luvienne, afferrò la strega per le braccia e urlò qualcosa ad Asher:
 
“ASHER, DOBBIAMO ANDARCENE!”
“NON DI NUOVO!”
 
“LO VEDI COS’HA IN MANO? CHI PENSI CHE SIA? VATTENE!”
 
L’ascia dorata luccicava sotto alla luce del sole, e per un solo istante a Brian sembrò che persino il suo proprietario brillasse di luce propria. La Superbia puntò gli occhi sui tre Cavalieri Sacri che circondavano il Capitano, e fece esattamente ciò che sia Loki che Salem si aspettavano: schioccò le dita, e al suo gesto i corpi presero fuoco.
 
 
“Il tuo amico ha ragione, Cavaliere. Sai chi sono. E che ore sono. E’ appena passato mezzogiorno. Per tua fortuna vado di fretta, quindi posso incenerirti ora o la prossima volta in cui ti incontrerò. A te la scelta.”


Non potevano sfuggirgli di nuovo, semplicemente non potevano.
Asher però incrociò lo sguardo del mago mentre Brian si Smaterializzava portando Luvienne con sé, uno sguardo gelido ma allo stesso tempo quasi annoiato, come se lo stesse informando sul tempo atmosferico.
 
All’improvviso Flagro si rivolse a Loki, parlando con un sospiro:
 
“Loki, ti prego, fai qualcosa per farli smettere, mi infastidiscono.”
Solo all’ora la Lussuria, troppo preso a guardare la Superbia quasi si trattasse di un miraggio – fino a quel momento non erano neanche sicuri che fosse vivo – si rese conto che i tre uomini sui quali Flagro aveva appiccato il fuoco si contorcevano al suolo su loro stessi e gridavano.   Fu quasi un sollievo spegnere le loro menti, portando un’improvvisa ombra di silenzio sulla radura.
Bruciare vivi era forse la peggiore fine che potesse immaginare. Probabilmente quei tre Cavalieri, i cui corpi continuarono a bruciare inerti al suolo finchè le fiamme non si spensero, lasciando solo resti carbonizzati, gliene furono persino grati.
 
 
“La prossima in cui ci vedremo sarà notte, Superbia. E allora voglio proprio vedere come te la caverai.”
“Bene, aspetterò. Preferisco prendermi un po’ di tempo per decidere come farti soffrire per averle fatto questo.”
 
Flagro parlò senza battere ciglio mentre Salem, deglutendo, si alzava con le ginocchia tremanti. Era sollevato di vedere l’ex amico, ma una parte di lui moriva dalla voglia di andarsene da lì per vedere come stesse Mac.
Il Capitano guardò Ebe, immobile e ferita mentre Loki ancora le stringeva istintivamente le braccia, ed ebbe un tuffo al cuore.
 
Sapeva che era sbagliato, da parte sua, preoccuparsi soprattutto per uno dei suoi compagni. Finch glielo aveva detto, di non innamorarsi di nessuna delle sue belle compagne di squadra. Ma non aveva potuto farne a meno. E Mac era tutto, per lui.
 
 
Asher si Smaterializzò, e non appena anche l’ultimo Cavaliere se ne fu andato Flagro annullò i pochi metri che lo dividevano da Ebe e Loki e si inginocchiò accanto alla strega, improvvisamente privo della sua espressione minacciosa mentre sfiorava il viso della donna con mani tremanti.
 
“Se la caverà?”
Salem si fermò alle spalle di Loki, che deglutì mentre Flagro annuiva e mormorava qualcosa.
 
 
“Scusa se ci ho messo tanto, raggio di Sole. Sono qui adesso. Grazie Loki.”  Flagro alzò brevemente lo sguardo sulla Lussuria, che si limitò a chiedergli con voce strozzata se sarebbe morta mentre la Superbia, abbozzando un sorriso, stringeva con delicatezza le mani pallide attorno al volto di Ebe.
 
Loki e Salem guardarono, affascinati, dei piccoli fili di luce dorata – simili a delle vene – diffondersi dal punto in cui le mani di Flagro toccavano la sua pelle su tutto il viso della strega e poi sul collo, fino alla punta delle sue dita, rimarginando le ferite superficiali della strega.
 
Sembrava che Ebe fosse ricoperta da delle ragnatele di luce, e quando Loki gli chiese cosa stesse facendo Flagro abbozzò un sorriso, voltandosi verso di lui:
 
“Sai di cosa ha bisogno una pianta per vivere, Loki?”
“Di acqua?”
E di luce, Loki.”
 
“Quindi… si riprenderà?”
“Sì, è forte, se la caverà. Grazie per essere rimasto con lei.”
 
“E’ un piacere.”
 
 
*
 
 
 
“CAVALIERI! Erano lì, è successo un macello, non vorrei che fossero… Cosa state guardando?”
 
Jezabel aveva spalancato la porta e aveva iniziato a parlare non appena messo piede nella stanza, ma si bloccò quando scorse tutte e tre le storiche amiche e compagne di scuola in piedi davanti alla grande finestra a bovindo e voltarsi verso di lei.
 
“Abbiamo visto tutto. Tu stai bene Jess? Ti hanno vista ? »
 
Rita le si avvicinò e la guardò con sincera preoccupazione, ma Jess scosse il capo e lanciò il mantello rosso sul divanetto con un sospiro prima che l’amica la abbracciasse:
 
“No, io sto bene. Loro sono indenni?”
“Ne sono successe delle belle, ma sembra di sì. La Gola era ferita, dovremmo mandare Belle da loro per assicurarci che stiano tutti bene. E non immagini chi è arrivato, alla fine.”
“Chi?”
“La Superbia. Loki ha salvato Ebe, certo, ma penso che se non fosse arrivato lui sarebbe comunque finita male per lei.”
 
 
Rita sorrise e Jezabel sgranò gli occhi, colpita: non erano mai riuscite nemmeno ad individuarlo, e ora il mago più pericoloso del Paese spuntava dal nulla quando una dei suoi ex compagni aveva bisogno di lui.
“Beh, ma è fantastico, no? Con lui sono praticamente al completo, e molto più forti. Manca solo l’Accidia, no?”
 
“Già, manca ancora Sider. Chissà dove si è nascosta, fino ad oggi…”
 
 
 
*
Sei ore prima
 
 
“E’ laggiù?”
“Proprio così.”
“Stai dicendo che il mio Gideon è in mano a questa gente? Che male al cuore…”
 
 
Le labbra carnose di Ebe si piegarono in una smorfia mentre, insieme a Mac, Loki, Alanis e Salem studiava il villaggio magico di Agrardis, invisibile e irraggiungibile per i Babbani, da lontano.
 
“Beh, se non te lo fossi lasciata prendere dai Cavalieri non sarebbe successo.”
“Disse il mago che si fece catturare e sbattere ad Azkaban per la seconda volta in meno di 30 anni di vita.”
 
 
Loki aprì la bocca per ribattere, ma l’occhiata che Salem lanciò ai due compagni li convinse a mettere i battibecchi da parte mentre Mac, le braccia strette al petto, asseriva che dovevano andare ad iscriversi al torneo.
 
“Inutile dire che il primo che si azzarda ad utilizzare il suo vero nome verrà utilizzato da me per lavare i pavimenti quando torneremo. Pensate ad un nome da inventarvi mentre bevete queste.”
 
La Gola estrasse da una borsa di pelle cinque fiaschette contenenti liquidi dai colori poco invitanti e li porse ai compagni: nessuno parve gioire, e Alanis ne prese una con una smorfia, asserendo di sperare almeno di prendere le sembianze di qualcuno di bell’aspetto.
 
“Perché io devo avere quella dal color vomito?! Loki, facciamo a cambio.”
“Scordatelo, non la voglia la più schifosa!”
 
“Loki. Quella che hai preso tu è quella di una donna.”
 
Alle parole di Mac Salem ridacchiò, guardando Loki esitare prima di porgere la sua fiaschetta ad Ebe senza proferire parola e infine bi bere metà del contenuto della sua in un solo sorso.
Era assolutamente terribile, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine.
 
“Bene, quando avremo cambiato aspetto potremo avviarci… Ho usato il mio trucchetto mentre la preparavo, quindi l’effetto non durerà un’ora, ma cinque, direi che dovrebbero bastare. In caso contrario prendetene qualche altra sorsata. E vi prego, non fate i bambini e non usate nomi stupidi, per una volta!”
 
 
Alle parole di Mac gli amici protestarono sonoramente, asserendo che quelle accuse fossero del tutto infondate: la Gola però, che non aveva scordato nessuna delle loro scorribande degli anni passati, si limitò ad alzare gli occhi al cielo, scettica, prima di bere la sua razione di Pozione Polisucco.
 
 
*
 
 
“LOKI, mi hai per caso registrata al Torneo con il nome “Genoveffa”? MA CHE RAZZA DI NOME E’?!”
“Non ti piace? Preferivi Ermintrude? Ci avevo pensato, in effetti…”
 
Ebe – che aveva temporaneamente assunto l’aspetto di una strega bionda molto più alta della vera lei, permettendole di svettare su Loki per la prima volta in tutta la sua vita – stava per informarlo su dove poteva mettersi quel nome quando Mac, sbuffando, sibilò a denti stretti di fingere di non conoscersi per destare meno sospetti.
 
Le parole della Gola andarono a segno, perché l’Invidia tacque, ma scoccò un’occhiata velenosa all’amico prima di allontanarsi, stizzita.
 
“Pensa che non sappia che al momento sta pensando “dopo ti farò il culo, elegantone”?”
“Ho idea che lo sappia benissimo, Lo… Anzi, che nome hai scelto?”
 
“Louis.”
“Che fantasia…”
“Il mio nome è troppo bello per non essere utilizzato, di tanto in tanto.”
 
“Come credi… penso che non serva ricordarti di “contenerti” durante il torneo, vero?”
“Tranquilla Mac, non voglio strafare. Strano che sia a dirlo, ma è la verità.”
 
 
*
 
 
“Ne hai riconosciuto qualcuno?”
“No. Ma immagino che dovremmo concentrarci su quelli che vincono.”
 
Brian si spolverò una spalla con disinvoltura mentre scendeva dalla pedana di combattimento per raggiungere Asher, che se ne stava a braccia conserte e impegnato a studiare la folla di iscritti al torneo.
Lo sventurato che aveva dovuto sfidare Brian venne portato via da dei Medimaghi su una barella, e il mago borbottò che così era anche troppo semplice, anche se potevano usare solo la bacchetta e non le loro armi magiche.
 
“O forse alcuni di loro perderanno di proposito proprio per non destare sospetti… Quello che conta è che uno di loro vinca, dopotutto.”
“Forse. Quello che non mi è chiaro è perché io debba farmi il culo e combattere mentre tu te ne stai qui a fare l’osservatore.”
 
Brian rivolse un’occhiata torva all’amico, che per tutta risposta piegò le labbra in un sorriso amabile, gli occhi chiari luccicanti di divertimento:
 
“Beh, qualcuno deve pur monitorare la situazione per individuarli, no?”
“Sì, certo, come no.”
 
 
 
 
“Li vedi quei due?”
“Pensi quello che penso io?”
“Sei tu che leggi i pensieri della gente, ma penso proprio di sì.”
 
Salem, con l’aspetto di un ragazzo sui vent’anni e dai capelli castano chiaro, scrutava due maghi che, anche senza la divisa, avevano tutta l’aria di essere due Cavalieri Sacri.
 
“Quello coi capelli scuri ci ha messo due secondi a vincere.”
“Non mi sorprende. Sarebbe divertente sfidarne uno dei due, non credi?”
“Mac ci ha detto di non strafare, ma sì, direi di sì.”
 
 
*
 
 
Il Torneo era iniziato da un’ora e Alanis, scendendo dalla pedana, sorrise soddisfatta: ovviamente non aveva utilizzato il suo Tesoro Sacro, ma solo la bacchetta, e anche se non l’aveva sua a disposizione vincere l’incontro era stato piuttosto semplice. Aveva persino accontentato Mac, e ci aveva messo ben dieci minuti.
 
“Ho persino finto di essere in difficoltà ad un certo punto, che ne pensi della mia esibizione?”
Alanis sorrise allegra a Loki, che parlò senza voltarsi verso di lei e distogliere lo sguardo da Brian: il secondo giro di eliminatorie stava per iniziare e il Cavaliere stava per duellare per la seconda volta.
 
“Sei un’attrice mancata. Credo che quello sia un Cavaliere Sacro. Con il suo amichetto. Mac li ha visti a Fortressea.”
“Ma perché sono sempre di bell’aspetto… Che spreco!”
 
 
 
 
“Che cosa facciamo con i Cavalieri?”
“Assolutamente niente Sal, facciamo finta di nulla e ci portiamo a casa Gideon il più rapidamente possibile. So che sei il Capitano, ma ti prego, dammi retta.”
 
Mac rivolse un’occhiata quasi apprensiva al fidanzato, che si sforzò di sorriderle e annuì:
 
“D’accordo, come preferisci.”
 
 
*
 
 
“Chiaramente ho perso per non destare troppi sospetti.” 
Loki si strinse nelle spalle mentre scendeva dalla pedana, rivolgendosi ad un’Alanis sghignazzante mentre Ebe, passandogli accanto, sfoderava un sorrisetto asserendo che non gli credeva nessuno.
 
“Ti avevo detto che ti avrei fatto il culo, elegantone.”
“Pensa a vincere e falla finita, Genoveffa.”
 
Ebe si voltò e scoccò un’occhiata di fuoco all’amico, che per un istante temette seriamente per la propria incolumità, ma fortunatamente l’Invidia parve ricordarsi di essere in presenza di alcuni Cavalieri e si allontanò borbottando a mezza voce.
 
 
Nell’incontro successivo Salem dovette sfidare Brian, sforzandosi di non usare Contrattacco troppo di frequente per destare meno sospetti possibili. Battere un Cavaliere Sacro gli conferì una considerevole dose di soddisfazione, e il Capitano scese dalla pedana più allegro che mai e sempre più vicino alla finale.
 
Alanis spostò lo sguardo da lui a Mac, che aveva seguito l’incontro con scarsa preoccupazione (l’idea che Salem perdesse non l’aveva sfiorata neanche per un istante) e l’Avarizia abbozzò un sorriso mentre, in piedi a braccia conserte, mormorava qualcosa a Loki:


 
“Qualcosa mi dice che in finale se la vedranno loro. Sarà uno spasso.”
“Lo spero vivamente… non voglio essere l’unico ad essersi fatto battere da una ragazza, oggi.”
 
 
 
 
Brian scese dalla pedana e raggiunse Asher massaggiandosi un braccio, borbottando insulti contro il suo avversario mentre l’amico lo scrutava con attenzione:
“Quello lì. Teniamolo d’occhio.”
 
 
*
 
 
Jezabel aveva assistito al Torneo in silenzio, restando in disparte e con il cappuccio del suo mantello sempre tirato sul capo.
Sapeva perfettamente che i Peccati erano presenti, e seppur sotto mentite spoglie era piuttosto sicura di averli riconosciuti tutti. Si erano sforzati di “contenersi”, ma certe abilità straordinarie erano molto difficili da celare.
 
Era difficile non restare impressionati dall’abilità con cui un partecipante respingeva ogni attacco, o ancora come un’altra usasse la bacchetta come se fosse stato un vero e proprio quinto arto.
 
Quando poi uno scontro era stato sospeso perché uno dei due avversari era svenuto appena messo piede sulla pedana, Jezabel non era riuscita a trattenere un piccolo sorriso e aveva guardato il mago dai capelli scuri che si rigirava pigramente la bacchetta tra le mani mentre i medici esaminavano il malcapitato certa di sapere di chi si trattasse.
 
 
Doveva ammettere di aver seguito lo scontro finale con il fiato sospeso, non potendo fare a meno di restare ammaliata e rapita dall’abilità straordinaria e dall’invidiabile maestria di quei due maghi che celavano l’aspetto dell’Ira e della Gola. Era come assistere ad una partita di Quidditch, dove non si riusciva a seguire chiaramente i movimenti della Pluffa tra i Cacciatori, tanta era la rapidità con cui il mago e la strega si scagliavano contro incantesimi e li paravano. Nessuno dei due si era particolarmente risparmiato, ma alla fine la strega era riuscita a strappare al rivale il primo premio – distruggendo quasi interamente la pedana di combattimento durante il duello – e le era stato consegnato il fantomatico martello magico le cui storie leggendarie venivano narrate da diversi anni, da quando era stato requisito alla legittima proprietaria ed esposto come una reliquia.
 
Aveva osservato la vincitrice liquidarsi rapidamente e allontanarsi in compagnia di un altre due streghe, e le aveva seguite da lontano per assicurarsi che se ne andassero con il martello quando, all’improvviso, una voce che aveva udito soltanto un paio di volte – e che eppure era rimasta così tremendamente vivida nella sua mente – le solleticò l’udito.
Una voce dal timbro profondo, calmo e rilassato.
 
 
“Che cosa ci fa qui?”
“Abbiamo pensato che era il caso che una di noi venisse a controllare la situazione.”
 
Si stavano ormai allontanando dal villaggio e Jezabel parlò senza voltare la testa, continuando a guardare dritto davanti a sé mentre Loki, accanto a lei, si portava una sigaretta alle labbra. La voce era già tornata la sua, e i capelli si stavano scurendo e accorciando mentre la carnagione si faceva più pallida, in netto contrasto con quella molto più scura della donna che gli camminava accanto.
 
 
“L’effetto sta svanendo. La cosa non la tange?”
“L’obbiettivo era che uno di noi vincesse Gideon, e così è stato. Li ho visti, i Cavalieri, ma abbiamo cercato di dare meno nell’occhio possibile.”
 
“Penso proprio che se lo aspettassero e che stiano seguendo il vincitore, ora. La sua è una faccia nota, dovrebbe fare più attenzione.”


“L’ho nascosta anche troppo a lungo, la mia faccia. E se anche fosse, non saranno due Cavalieri a spaventarci, soprattutto ora che siamo in cinque.”
Loki si strinse nelle spalle, incurante, e Jess gli rivolse un’occhiata di sbieco, poco convinta.

 
 
All’improvviso però, mentre attraversavano una radura, Loki si fermò, la mano che stringeva la sigaretta a pochi centimetri dalle labbra mentre i suoi occhi chiarissimi si riducevano a due fessure.
Jezabel stava per voltarsi, incuriosita, ma la mano del mago scattò sulla sua spalla e le sibilò di non voltarsi.
 
“La mia faccia già la conoscono, la sua è meglio che non la vedano qui, oggi. Un vero peccato nasconderla, ma sono sacrifici che vanno fatti.”
 
Loki parlò con tutta la calma del mondo mentre si scrutava alle spalle con attenzione, e Jezabel fu quasi sollevata che il mago non la stesse guardando, così da non avere modo di scorgere l’imbarazzo con cui accolse quel complimento poco velato.
 
La strega stava per dire qualcosa, ma s’interruppe sul nascere quando, all’improvviso, sentì il suolo sottostante iniziare a tremare.
Jezabel abbassò lo sguardo ai propri piedi, e udì appena Loki imprecare prima di lanciare via la sigaretta e dirle qualcosa:
 
“Sparisca di qui. ADESSO.”
“Ma io…”


“Se ne vada, ho detto! MAC!”
 
La Lussuria si allontanò di corsa prima di darle il tempo di dire altro, e a Jezabel non restò che Smaterializzarsi mentre Loki cercava di raggiungere Mac ed Ebe.
Cosa che però non ebbe modo di fare, visto che poco dopo l’impatto di un’esplosione lo scagliò lontano dalle due streghe.
 
 
*
 
 
 
“Signor Ministro? I sospetti erano fondati. C’è almeno una talpa che fa il doppio gioco e collabora con i Peccati.”
“Qualcos’altro, Flint?”
 
“La Superbia, signore. Lo abbiamo visto. Ha… ucciso Thomas, Watson, Johnson e Gray.”
 
Asher chinò il capo mentre il Ministro gli dava le spalle, in piedi dietro la sua scrivania. Teneva le mani strette dietro la schiena e fissava la fotografia del suo predecessore.
 
“Sono certo che c’entrino quelle donne, Flint. Almeno una di loro.”
“Intende le virtù, signore?”
“Ovviamente. Cerca di scoprire quello che puoi, Flint.”
 
“Sì, signore.”
 
 
Poco dopo Asher venne congedato e, lasciato l’ufficio del Ministro, si chiese chi avesse origliato la conversazione tra lui e Brian, il giorno prima: chiunque fosse stato, doveva essere corso ad avvisare i Peccati.
 
Asher stava pensando all’Invidia, chiedendosi se fosse sopravvissuta, quando una voce familiare lo distolse dai suoi pensieri:
 
“Tutto bene? Ho sentito che oggi è stata una giornata intensa.”
 
Maysen si sforzò di sorridergli e Asher ricambiò, annuendo appena:
 
“Intensa è un eufemismo.”
“Vuoi parlarne?”
 
Non era solito fare cose del genere, non da quando sua sorella era morta, una volta era a lei che diceva sempre tutto… Ma Maysen gli piaceva – il Ministro gli aveva ordinato di avvicinarsi ad una Virtù, ma doveva ammettere che la sua compagnia era davvero gradevole, e così facendo avrebbe guadagnato ancora di più la sua fiducia –, così annuì:
 
“D’accordo.”
 
 
*
 
 
 
Lì sotto c’era qualcosa che veniva sempre messo sotto sorveglianza serrata, e si era spesso chiesta di che cosa si trattasse. Negli ultimi tempi si era convinta che avesse a che fare con i Peccati, così quella sera aveva convinto Melissa ad intrufolarsi dietro quella porta insieme a lei approfittando del trambusto in cui il Ministero riversava.
 
Le due streghe si aspettavano una sala, ma Belle, sollevando la lampada ad olio, si accorse di trovarsi in un corridoio buio, illuminato solo da due torce appese al muro.
 
“C’è una porta, lì infondo?”
“Non riesco a vedere.”
 
Melissa fece un passo avanti e prese la bacchetta, mormorando “Revelio” prima di addentrarsi nel corridoio insieme alla collega, asserendo che quel posto doveva essere pieno di trappole.
 
“Mel, anche a te sembra che la porta… si muova?”
 
Belle strabuzzò gli occhi e, sollevando la lampada, indicò la porta a doppio battente infondo al corridoio di pietra, scorgendola muoversi ondeggiando quasi come se fosse solo il riflesso sull’acqua di una porta vera.
 
“Belle… Guarda.”   Melissa indicò qualcosa appeso alla parete e Belle, voltandosi, trattenne il fiato: facendo luce sollevando il braccio permise ad entrambe di vedere una teca di vetro rettangolare dove erano allineate, una accanto all’altra, delle bacchette.
 
“Sono…”
“Sette. Sette bacchette magiche… Belle, credo che siano loro. Sono le bacchette dei Peccati. Sono sempre state sotto il nostro naso.”
 
 
 
*
 
 
“C’è una cosa che mi ha colpito.”
“E cioè?”
 
“Ho visto un forte attaccamento tra loro, oggi. Non lo so, era qualcosa che non mi aspettavo. Sembra che si proteggano a vicenda… Come una famiglia. Ho sempre immaginato, e così mi è stato sempre descritto, la Lussuria come un individuo egoista e meschino. Eppure sembrava davvero legato all’Invidia, non è scappato, è rimasto con lei fino alla fine.”
 
“Forse, come hai detto tu, hanno trovato una famiglia l’uno nell’altro. A volte le nostre vere famiglie ci deludono e troviamo maggiore conforto in quelle che ci possiamo costruire. Loro sono stati messi a lavorare fianco a fianco contro la loro volontà, ma forse sono diventati amici, oltre che “colleghi”.”
 
Maysen si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso mentre Asher, osservando il suo boccale di Burrobirra, aggrottava la fronte, assorto:
 
“Forse. Non ci avevo mai riflettuto. Li ho sempre e solo immaginati come sporchi criminali. E la Superbia… è stato bravissimo a nascondersi per anni, e oggi non appena l’Invidia è in pericolo salta fuori dal nulla e carbonizza dei Cavalieri Sacri per lei. Anche lui mi è sembrato molto attaccato a lei, anche se in modo diverso. Credo che l’ami.”
 
“Non mi sorprende. Avranno commesso degli errori, ma anche i peggior criminali possono innamorarsi. A parte gli psicopatici, ma non è questo il loro caso, direi. Sono felice che tu sia vivo, comunque.”
 
Maysen sorrise e si scoprì sincera nel pronunciare quelle parole, guardando il Cavaliere alzare lo sguardo su di lei e imitarla:
 
“Anche io.”
 
Entrambi si sentirono terribilmente in colpa, in quell’istante. Quello che nessuno dei due poteva sapere era che anche l’altro si sentiva allo stesso modo.
 
 
*
 
 
 
“Ehy… Come stai?”
“Benissimo, sono già come nuova. Semmai mi preoccupo per voi e mi domando se sopravvivrete, visto che non posso cucinare la cena.”
 
“Sopravvivremo, useremo la magia. Non devi fare sempre tutto tu, Mac. A volte dovresti lasciare che altri si occupino di qualcosa.”
 
Un sorriso dolce increspò il volto affilato di Salem, che sfiorò il viso di Mac con la mano mentre la strega borbottava che non si fidava di nessuno tanto quanto di se stessa, per questo voleva sempre occuparsi di tutto in prima persona.
 
“Lo so, ti conosco da molto tempo, l’hai scordato? Ma per una volta non cucinerai, è un ordine dal tuo Capitano.”
“Io non ho mai preso ordini da te, e mai accadrà. Chiaro?”
 
Salem ridacchiò, asserendo che ne era consapevole prima di chinarsi e darle un bacio sulla fronte. Mac abbandonò la sua espressione cupa e distese il volto in un sorriso, chiedendogli se Rita avesse finito di visitare Ebe.
 
“Sì, è appena andata via. Dice che Ebe si riprenderà in fretta, anche grazie a Flagro. Non hai idea di quanto sia stato strano vederlo, oggi.”
“Com’è stato?”
 
“Terrificante. Non l’avevo ma visto così furioso, credo. Oppure avevo semplicemente dimenticato come fosse vederlo arrabbiato, dopo tanto tempo. Comunque, ora che anche lui è tornato, dobbiamo pensare ad una cosa.”
 
“Che cosa?”
 
Mac inarcò un sopracciglio e Salem sorrise, carezzandole una ciocca di capelli castano chiaro con aria divertita:
 
“Beh, fare i pigiama party è divertente, ma penso che ci serva più spazio… ovviamente io e te dormiamo insieme e Flagro dormirà con Ebe, ma qualcuno esige una stanza propria.”
“Fammi indovinare, la nostra primadonna?”
“Già.”
“Va bene, dì a Loki che quando potrò usare il mio braccio buono creerò una stanza in più. Anzi, due, Alanis dormirà in stanza con Sider, quando la troveremo.”
 
“Oh, Alanis ne sarà deliziata.”
“Alanis se lo farà andar bene, questo posto non è un albergo!”


 
*
 
 
Alistair si era appena cambiato, ed era pronto a tornare a casa dalla sua “principessa”, come il Cavaliere era solito chiamare la figlia, quando venne avvicinato da Belle, che gli sibilò di avere qualcosa da dirgli prima di uscire dallo spogliatoio in fretta e furia.
Il mago, accigliato, la seguì a debita distanza fino a varcare la soglia di un ufficio ormai lasciato vuoto, vista l’ora, non stupendosi affatto nel vedere Melissa seduta su una scrivania con le braccia strette al petto e le gambe accavallate.
 
“Allora, che avete scoperto?”
“Aspettiamo Sam.”
 
Alistair non osò controbattere al tono fermo di Melissa, attendendo che anche l’amico li raggiungesse mentre Belle si avvicinava all’amica, chiedendole qualcosa a bassa voce e facendola annuire di conseguenza.
Il Cavaliere, curioso ma in parte anche preoccupato, stava per domandare alle due streghe se fosse successo qualcosa di grave quando finalmente Sam varcò la soglia dell’ufficio con la sua figura imponente, abbozzando un sorriso di scuse in direzione dei colleghi mentre si chiudeva la porta alle spalle:
 
“Allora, di che si tratta? I nostri… amici come se la passano?”
“Da quel che ho visto e sentito, stanno bene. Ma io e Mel vogliamo parlavi di un’altra cosa. Qualcosa che penso vorrebbero sapere.”
 
Belle rivolse un’occhiata eloquente all’amica, che annuì prima di schiarirsi la voce e prendere la parola, facendo ben attenzione a come esprimersi:
 
“Io e Belle ci siamo imbattute in qualcosa che hanno perso e che molto probabilmente stanno cercando da tempo. Qualcosa che sicuramente rivorrebbero indietro… Penso che dovremmo dirglielo il prima possibile. E’ molto importante.”
 
Melissa estrasse la sua bacchetta e, senza proferire una sillaba, accennò al sottile bastoncino con un’espressione tanto eloquente che né Alistair, né Sam poterono sbagliarsi. Alistair spalancò gli occhi, e Sam sfoggiò un’espressione accigliata prima di dire che era certo le avessero distrutte già molto tempo prima.
 
“Lo pensavamo tutti, ma a quanto pare non è così. Forse si sono resi conto che erano troppo preziose, e che sarebbe stato un errore. Perciò, direi che dobbiamo pensare a come… agire a riguardo.”
 
 
*
 
 
Quando aprì gli occhi Ebe ci mise qualche istante a rendersi conto di ciò che era successo, ma quando ricordò tutto si chiese come potesse essere ancora viva e ritrovarsi in quella stanza ormai familiare.
 
“Sei sveglia.”
 
Ciò che la strega non si aspettava, e che la investì in pieno, era udire quella voce. Erano passati anni ed era certa di averla dimenticata, ma non appena lo sentì parlare riconobbe la voce profonda di Flagro. Aveva amato troppo il suo suono, in passato, per non poterla riconoscere.
 
Ebe, raggelata, si tirò a sedere di scatto mentre gli occhi scuri fissavano increduli l’uomo che sedeva accanto al letto, sorridendole.
 
“Fitzroy…”
“Come ti senti?”
 
Flagro stava per sporgersi e accarezzarle il viso quando si sentì colpire in pieno volto: Ebe lo aveva schiaffeggiato prima ancora che potesse toccarla, e ora lo guardava tremando da capo a piedi e con gli occhi improvvisamente lucidi.
 
“Tre anni… Ti ho cercato per tre anni, Fitzroy. Perché non mi hai cercata?”
“Ebe, era rischioso restare insieme. Mi sei mancata immensamente, ma non era prudente stare insieme, nascondersi sarebbe stato molto più difficile. Ti prego…”
 
Flagro cercò di prendere la mano della strega, che però la ritrasse mentre scuoteva il capo e le lacrime le rigavano il volto:
 
“CREDEVO CHE FOSSI MORTO ORMAI! Ti sei almeno chiesto come stessi io, che fine avessi fatto? O ti importava solo di te stesso?”
“Certo che me lo sono chiesto, raggio di Sole. Ogni giorno. Non sapevo dove fossi, ma oggi… ho visto quelle immagini ad un notiziario, e ho capito che eri in pericolo. E sono corso da te, non ti avrei mai lasciata sola. Ti prego…”
 
Si sarebbe aspettato che iniziasse a picchiarlo, e l’avrebbe lasciata fare, ma Ebe fece qualcosa che Flagro non aveva previsto: nascose la testa tra le braccia, appoggiate sulle proprie ginocchia attirate al petto, e iniziò a piangere. Dopo un attimo di smarrimento, chiedendosi se non dovesse lasciarla sola, la Superbia sedette accanto a lei sul letto e la strinse a sé, appoggiando la testa sulla sua per nascondere il viso tra i suoi capelli scuri e mormorare che gli dispiaceva.
 
“Credevo che ti fossi scordato di me, se eri ancora vivo.”
“Questo mai, raggio di Sole. Sono qui adesso, e non ti lascerò mai più.”
 
 
*
 
 
“Come stanno?”
“Ho sistemato il braccio di Mac, e penso proprio che Ebe tornerà come nuova. Direi che se la sono cavata.”
 
Rita appoggiò la borsa con i medicinali sul divanetto e Cristal sfoggiò un sorriso sollevato, stiracchiandosi con uno sbadiglio prima di asserire di essere esausta dopo quella giornata fin troppo carica di emozioni.
 
“Ci credo che sei stanca, scorrazzi tutto il giorno su quei trampoli assurdi!”
“I miei tacchi alti non hanno nulla a che fare con la stanchezza, Rita. I tacchi alti sono uno stile di vita.”
 
Rita alzò gli occhi al cielo, e Jezabel ridacchiò – anche se non poteva che trovarsi d’accordo con l’ex collega, affermando che mai avrebbe potuto indossare calzature simili con la stessa naturalezza con cui lo faceva Cristal – prima di asserire che forse era giunto per tutto il momento di tornare a casa e riposarsi.
 
“Avete visto May?”
“Credo che dovesse vedere il Cavaliere. No, non penso che sia una buona idea, prima che una di voi me lo chieda… ma non possiamo dirle che cosa fare. Spero solo che non le provochi qualche guaio.”
 
Jezabel aggrottò la fronte, dubbiosa, e Rita mormorò che anche se poteva essere utile che una di loro si avvicinasse ad un Cavaliere Sacro fedele al nuovo Ministro la cosa comunque non le suonava granchè bene.
 
“Via ragazze, vi preoccupate troppo, May sa badare a se stessa!, e se lei gli piace non le accadrà nulla. Chiederemo a Sam di controllarla, penso che nessuno oserebbe avvicinarlesi con lui intorno. Io non di sicuro!”
 
Cristal sorrise mentre prendeva le due ex compagne di scuola sottobraccio, conducendole entrambe verso l’uscita del loro grande ufficio personale asserendo che lavoravano troppo e che avevano bisogno di una pausa.
 
 
*
 
 
Ebe si era addormentata, e Flagro aveva deciso di lasciarla riposare ed era sceso di sotto, udendo un discreto vociare provenire dalla cucina. Quando la stanza entrò nella sua visuale, Flagro vide Mac, Alanis, Salem e Loki seduti attorno al tavolo, tutti illuminati dal lampadario che pendeva sopra le loro teste e con un bicchiere davanti.
 
Salem, seduto a capotavola, fu il primo a scorgerlo e gli sorrise, gli occhi azzurri luccicanti:
 
“Stavamo giusto parlando di te, Flagro. Bentornato a casa. Ci sei mancato.”
 
“Sì, al nostro Flagro.”
 
Mac sollevò il suo bicchiere e tutti gli altri lo imitarono mentre la Superbia, raggiungendoli, abbozzava un sorriso leggermente imbarazzato a mormorava di non meritare alcun caloroso benvenuto.
 
Mac, il braccio destro fasciato e appeso al collo grazie all’intervento di Rita, che li aveva raggiunti scortata da Belle per dare un occhio a lei e ad Ebe, lanciò un’occhiata di sbieco a Loki e gli diede un leggero colpetto col piede sotto al tavolo.
 
“Ti ho visto, sai? Ebe non sarebbe di sopra, se non fosse stato per te. Signori, brindiamo anche alla nostra primadonna, nonché la persona più elegante che conosca. A Loki.”
 
Loki sbuffò e asserì che, per quanto essere celebrato gli piacesse, fossero tutti diventati delle mammolette sentimentali. Flagro però, serio in volto, gli mise una mano sulla spalla e asserì che sarebbe stato eternamente in debito con lui.
 
“Qualsiasi cosa tu voglia, in qualsiasi momento… fammelo sapere, Loki.”
 
Loki esitò, ma alla fine si strinse nelle spalle e parlò con tono neutro prima di vuotare il suo bicchiere:
 
“Occupati della piccoletta. E’ una calamita per i guai travestita da strega.”
 
Alanis suggerì con tono cantilenante che forse era lui quello diventato sentimentale, ma Loki minacciò di tagliarle i capelli nel sonno e la donna sbiancò, asserendo che se ci avesse solo provato lei gli avrebbe tagliato qualcos’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
*sabbie mobili: prima che arrivino a dirmelo in frotte, anticipo che contrariamente a quanto i vecchi film d’avventura ci insegnano, è praticamente impossibile morire risucchiati dalle sabbie mobili poiché esse fanno sprofondare, solitamente, un corpo solo per metà. E’ comunque possibile morire intrappolati nelle sabbie, dalle quali è molto difficile liberare un corpo, ad esempio per disidratazione, ma qui ovviamente si parla di sabbie mobili magiche e quindi di una situazione lontana dalla realtà.
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Se ve le steste chiedendo no, non è un miraggio, sono proprio io. Negli ultimi mesi ho continuato ad aggiornare le mie storie regolarmente, ma non questa. Mi dispiace molto per avervi fatto aspettare ancora, ma volevo aspettare di risentire almeno buona parte di voi per assicurarmi di non dover riprendere la storia in mano e poi bloccarmi due settimane causa eliminazione di metà dei personaggi.
A questo proposito, colgo la palla al balzo per chiedere gentilmente a chi sta leggendo e che partecipa alla storia di battere un colpo, fare un fischio o qualsiasi altra cosa il prima possibile. Ho sempre tenuto in ballo la regola dei tre capitoli, ma questa volta penso che la restringerò a due visto che la storia ormai va avanti da un po’ e i personaggi sono tanti. Non ho quindi intenzione di sprecare spazio e tempo scrivendo di personaggi che poi andrò ad eliminare nei prossimi capitoli, quindi se ci siete fatemelo sapere subito, per favore, altrimenti nei prossimi capitoli procederò con eliminare chi non è più presente.
 
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, ormai all’appello manca solo la nostra Accidia. Alcune di voi già lo sanno, ma comunico alle altre che qualche mese fa ho aperto una pagina IG dedita ad Efp, quindi se volete restare aggiornate sulle pubblicazioni e ricevere extra/anticipazioni, vi consiglio di seguire la pagina (mi trovate come SignorinaGranger_efp)
 
Infine, ultima nota ma non meno importante, ho deciso di adottare qui come nell’altra storia che sto portando avanti  la pubblicazione fissa settimanale, ergo i capitoli arriveranno ogni sabato. Quasi sempre di sera, temo, visto che mi prendo sempre in ritardo.
 
A presto!
Signorina Granger 

 
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
 
 
Flagro aprì gli occhi e, quando se sue iridi si furono abituate all’oscurità della stanza, mise a fuoco la figura di Ebe distasa supina accanto a lui.
Il mago, rammentando ciò che era successo due giorni prima e di essere finalmente tornato da lei, fece per abbracciarla e rimettersi a dormire quando si rese conto che la strega era sveglia, gli occhi scuri spalancati e perfettamente vigili.
 
“Ebe… Ti prego, non dirmi che siamo ancora a questo punto, dopo tre anni.”
Un sorriso carico di malinconia e tenerezza increspò le labbra della Superbia, che si strinse alla strega spezzando il silenzio della stanza mentre Ebe rispondeva con un sospiro, mormorando di non riuscire a stare tranquilla, di notte, specialmente nella situazione in cui si trovavano.
 
“Loki mi ha detto che il Cavaliere ha detto…”
“Non importa che cosa ha detto. Dovrebbero trovarci, prima, e pensi che sarà facile? Raggio di Sole, non devi impedirti di dormire per assicurarti che non mi accada nulla. Di notte solo il più vulnerabile, è vero, ma se anche ci attaccassero siamo in sei, ci penserebbero gli altri. Me la sono cavata per tre anni da solo, Ebe, stando con voi non mi accadrà nulla. Non ci pensare e dormi, Raggio di Sole.”
 
Ebe non potè far altro che annuire mentre si rigirava sul fianco e Flagro l’abbracciava da dietro, lasciandole un paio di baci sul retro del collo prima di appoggiare la testa sul cuscino e cercare di dormire di nuovo.
L’Invidia restò con gli occhi spalancati ancora per qualche istante, rammentando quanto Loki le aveva riportato e in particolare la minaccia del Cavaliere.
 
Di giorno Flagro era praticamente inavvicinabile, ma non di notte. Di notte diventava un comune mago.
 
Ripetendosi che Mac, Salem, Loki e Alanis dormivano nello stesso corridoio Ebe si costrinse a chiudere gli occhi, ordinandosi di dormire mentre il respiro di Flagro, accanto a lei, si faceva sempre più regolare.
 
 
*
 
 
 
“Mamma, mi metti l’ombretto come te lo metti tu?”
 
Cristal, seduta sul bordo del letto della madre, guardò con un largo sorriso la donna seduta alla toeletta e impegnata ad applicarsi un velo di cipria sul viso con un pennello. Guardandola attraverso lo specchio ovale Cristal la vede sorridere, asserendo che quando sarebbe stata più grande le avrebbe insegnato a truccarsi a dovere.
 
“Non posso imparare ora? Voglio essere come Meg!”
 
La bambina scivolò giù dal letto e infilò i piedini nelle scarpe col tacco nere e dotate di una piccola fibbia che cingeva la caviglia che la madre aveva deciso di indossare quel giorno, iniziando a gironzolare – un po’ a fatica – per la stanza con quelle mentre la donna si voltava verso di lei, ridacchiando:
 
“Tesoro, tu e Meg siete diverse, non puoi essere proprio come lei.”
“Ma lei è come te, e anche io voglio essere come te mamma!”
 
“Sarai senza dubbio migliore di me, Cris, un giorno. Ma nel frattempo ridammi le mie scarpe!”


Cristal incespicò fuori dalla stanza con le scarpe ai piedi, ululando alle sorelle maggiori di essere riuscita a rubare le scarpe alla madre mentre la donna, esasperata, la seguiva lamentandosi di fare sempre tardi a causa delle sue ragazze.
 
 
 
“SONO IN RITARDO! Rita mi ammazzerà, mi farà a pezzi e poi mi darà in pasto ai leoni, me lo sento!”
 
Barney Blackwood, ormai abituato alle sceneggiate da drama queen della sorella e ai suoi ritardi, si limitò a roteare gli occhi mentre, seduto al tavolo della cucina, la guardava saltellare e infilarsi degli stivaletti neri col tacco prima di correre verso il frigo.
“Il latte è qui. Ecco i cereali.”
 
Barney passò alla sorella ciotola, latte e cereali con gesti abitudinari e quasi meccanici, ormai avvezzo a fare da balia a quella che in realtà per qualche tempo era stata a tutti gli effetti la sua tutrice legale. A volte si sentiva lui il vero tutore, là dentro.
 
“Come farei senza di te?”   Cristal rivolse al fratellino un sorriso carico d’affetto, arruffandogli i capelli con una mano prima di iniziare a divorare i cereali mentre la sua borsa si preparava magicamente da sola.
 
“Ho sentito storie strane su una specie di Torneo, l’altro giorno…”
“Non ci pensare, sono cose che non riguardano te, ma la tua sorellona!”
 
“Ma se senza di me non ti faresti neanche i cereali!”
 
Barney sbuffò, ma la sorella non ci badò e, mandandogli un bacio aereo, spedì le stoviglie a lavarsi nel lavello della cucina prima di afferrare la borsa e correre verso il camino per andare al Ministero.
 
Infondo era in ritardo solo di 20 minuti, forse Rita ancora non era arrivata e l’avrebbe scampata, dopotutto.
 
 
*
 
 
“Sono arrivat-AH! Rita! C-cosa stai facendo?”
 
Cristal mise piede fuori dal camino e quasi si scontrò con una delle sue più vecchie e care amiche, che si era piazzata davanti al caminetto con le braccia conserte e un’espressione molto poco rassicurante sul viso.
 
La bionda udì distintamente Jezabel ridacchiare da qualche angolo dell’ufficio, ma non ci fece caso, troppo impegnata a farsi piccola piccola di fronte allo sguardo minaccioso di Rita:
 
“Cristal Blackwood, ti conviene NON essere arrivata in ritardo perché non sapevi come abbinare la borsa, oggi!”
“N-no, certo che no! Vedi, ho preso la borsa nera, quindi si abbina con tutto!”
 
Cristal sfoggiò il suo sorriso più smagliante e guardò l’amica alzare gli occhi al cielo prima di passare alla tattica successiva: impietosirla. O almeno tentare.
 
“Ti prego Rita, ho dormito male e mi sono svegliata tardi, perdonami! So che questa settimana sono arrivata in ritardi sette giorni su sette, ma… guarda, non mi sono nemmeno truccata! Jess, diglielo che è una cosa seria!”
 
Cristal s’indicò il viso effettivamente privo di trucco, ma Jezabel sentenziò che dopo tutti quegli anni non ne voleva sapere di esse messa in mezzo alle loro diatribe, e lasciò che Rita sospirasse prima di scuotere il capo con lieve disapprovazione:
 
“Va bene Cris, come sempre soprassederò. Adesso vai in bagno a truccarti, so che lo farai comunque.”
 
Cristal sorrise, pigolò un ringraziamento, sottolineò come l’amica fosse la migliore in assoluto e poi trotterellò verso il bagno in equilibrio sui tacchi alti come al solito, lasciando le due streghe sole.
 
 
“Ormai dovrei rassegnarmi al fatto che non cambierà mai, vero?”
“Beh, ci conosciamo da quando abbiamo 11 anni, se non è ancora avvenuto non vedo perché aspettarsi che succeda adesso.”
 
 
*
 
 
“Alanis, informa la ciurma che il pranzo è pronto, per favore.”
“Se lo faccio avrò un pezzo di dolce più grande?”
 
Alanis sfoderò il più ammaliante dei suoi sorrisi, e Mac alzò gli occhi al cielo asserendo che era e sarebbe sempre rimasta la loro Avarizia mentre la strega, prendendolo come un sì, lasciava allegramente la cucina dove la Gola stava spignattando da più di un’ora per raggiungere il salotto.
 
“Il pranzo è pronto! Dove sono i ragazzi?”
Scorgendo solo Ebe e Loki, entrambi distesi sul divano con le gambe appoggiate su dei poggiapiedi e immobili, la testa leggermene reclinata all’indietro, la strega aggrottò la fronte, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra.
 
“Si stanno allenando.”
 
La placida risposta di Loki giunse proprio mentre un raggio di luce pura passava davanti alla finestra per poi essere rispedito indietro subito dopo, tanto che Alanis lo intuì ancor prima di udire l’ex compagno di Casa parlare.
 
“Ok… e voi cosa state facend- Che avete in faccia?!”
 
Alanis, facendo il giro del divano, poté finalmente scorgere i volti dei due compagni: entrambi tenevano gli occhi chiusi, le braccia appoggiate mollemente in grembo e un’espressione rilassata capeggiava sui loro volti pieni di una specie di crema verdastra.
 
“Maschera.”
“Maschera?!”
 
“Sì, maschera. Argilla purificante, prima abbiamo fatto la maschera ringiovanente. Ne vuoi un po’?”
 
“No, grazie, non mi serve.”
“Ti ricordo che sei vicina ai trenta…”
 
Loki aprì gli occhi e rivolse un’occhiata di sbieco alla strega, - trattenendo un sorrisetto solo perché l’argilla gli impediva di muovere le labbra per più di pochi millimetri – che sbuffò e asserì che a lei quella roba Babbana non serviva prima di tornare in cucina a passo di marcia, offesa.
 
“Che succede?”
“Stanno facendo una maschera e mi hanno chiesto se me ne serve una anti età! Che affronto!”
 
 
 
 
“Lasciala stare, non sa cosa si perde.”
“Hai ragione. Cetriolo?”
 
Ebe prese un paio di fettine di cetriolo dal piattino che aveva sistemato sul braccio del divano, ma Loki scosse il capo mentre Mac, aprendo la finestra della cucina, ululava a Salem e Flagro di rientrare per mangiare.
 
“No, grazie, non mi piacciono.”
“Non da mangiare, elegantone, si mettono sugli occhi! Così, vedi?”
 
Ebe, i capelli scuri tenuti indietro da una fascia di spugna rosa, si appoggiò le fettine di cetriolo sugli occhi mentre Mac, sbuffando, giungeva nella stanza a passo di marcia:
 
“Questa casa non è un albergo, poi non lamentatevi se il cibo è fredd-“
 
La Gola non finì la frase, perché scorgendo i due compagni – due dei temibilissimi Peccati Capitali con maschere verdi, cetrioli e fascette rosa addosso – scoppiò a ridere così forte che la sentirono anche Flagro e Salem, tornando in cucina quando si rese conto di non riuscire ad articolare una frase per le troppe risa.
 
“Ridete, ridete… quando sarete piene di rughe saremo noi a ridere!”
 
 
*
 
 
“Tieni Flagro, mi sembri più magro di un tempo… hai mangiato in questi tre anni?”
 
“Sicuramente in misura minore non avendo le tue prelibatezza a portata di mano, ma sì Mac, non preoccuparti.”
Flagro sorrise, quasi divertito, ma Ebe gli servì comunque un generoso bis di purea di patate sul piatto mentre Salem porgeva il piatto a Mac, asserendo che anche lui era dimagrito molto nei tre anni di latitanza e di dover recuperare.
 
“Va bene, tieni. Qualcuno vuole altre carote?”
“Dalle a me, questi maledetti uomini triturano quantità industriali di cibo e non ingrassano di un centimetro, se mangiassi io tutta quella roba diventerei una mongolfiera.”
 
Alanis prese le carote sbuffando e lanciando un’occhiata torva a Flagro, maledicendo lui e il suo metabolismo mentre Ebe, di fronte a lei, annuiva sconsolata:
 
“E’ vero, e poi dicono che il metabolismo rallenta raggiunti trent’anni!”
“Il mio no.”
 
Flagro si strinse nelle spalle, continuando a mangiare arrosto, purea e verdure cotte al forno mentre Alanis, seduta accanto a lui al tavolo rettangolare della cucina, spalancava gli occhi con orrore, guardando Ebe come se avesse appena pronunciato una mostruosità:
 
“Seriamente?”
“Pare di sì, purtroppo. Mac, penso che passerò il dolce oggi.”
Ebe appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese il viso tra le mani, guardando tristemente la pumpkin pie che l’amica aveva preparato, posta trionfalmente su un’alzata per dolci di vetri sul bancone della cucina, mentre Alanis si disperava per il suo metabolismo prossimo al decadimento.
 
“Mac, non conosci un incantesimo che ci permetta di avere un metabolismo come quello di Salem, Flagro e Loki?”
“No, purtroppo no. Comunque scordatelo, Ebe, la torta la mangi eccome.”
 
 
 
*
 
 
 
Jess trattenne a malapena uno sbadiglio mentre si sforzava di seguire l’udienza in corso: il Ministro aveva l’adorabile abitudine di delegare a lei – sempre solo a lei – tutte quelle che non aveva “tempo” di seguire, e Jezabel era già alla terza, quel giorno.
 
La strega osservò scettica l’imputato e si domandò a quale caso fossero arrivati: odiava ammetterlo, ma aveva perso il filo. Il tentativo di furto alla Gringott? Il ladro di bacchette magiche? L’uomo che, non sopportando più la moglie, ne aveva denunciato la scomparsa per poi confessare, mesi dopo, di averla trasformata in un bollitore non riuscendo a tollerare i suoi fischi continui?
 
Esausta già di prima mattina per le poche ore di sonno, Jezabel si sforzò di seguire il contro interrogatorio, stringendo le labbra quando l’uomo asserì che di certo la “bellissima giudice” lo avrebbe assolto da tutte le accuse.
 
Il Magiavvocato della moglie strillò di essere chiaramente di fronte ad un caso di oltraggio alla Corte, ma Jezabel gli fece cenno di tacere sollevando una mano prima di schiarirsi la voce, intrecciando le dita sul banco di legno mentre si sporgeva leggermente per rivolgere un’occhiata torva al mago.
 
Merlino, in 27 anni di vita il genere maschile non faceva che deluderla di continuo.
 
“Signor Collins, lei ha trasformato sua moglie in un bollitore per… una settimana, è corretto? Non pensa che lasciarla sarebbe stato meno lenitivo per la sua dignità? In ogni caso, non ho tempo da perdere per dedicarlo ad una persona tanto ridicola, quindi informo la Signora Collins, sempre che voglia continuare ad essere chiamata così, che avrebbe tutta la mia comprensione, se intendesse trasformare il marito in un appendiabiti. E con comprensione, intendo il mio permesso. Potete andare.”
 
Jezabel diede un piccolo colpo di martelletto e l’imputato sgranò gli occhi, indignato, nella sua direzione, non più tanto incline a farle complimenti inerenti al suo aspetto:
 
“Ma lei non può farlo!”
“Signor Collins, la legge del taglione è molto più vecchia di me, non ho stabilito io le regole. Il prossimo! E vi prego, portatemi un caffè…”


 
*
 
 
 
Per violazione alla Legge Magica commessa dal qui presente Signor L. Murray. Inquisitori: Newton Jackson Hoffman, Ministro della Magia; Jeanette Rowle, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Atticus Jenkins, Sottosegretario Anziano del Ministro. Scrivano della corte: Charles Langford. Le accuse sono le seguenti: che consapevolmente, deliberatamente, in pieno possesso delle sue facoltà mentali e in piena conoscenza della gravità delle sue azioni l’imputato abbia commesso il peggior crimine contemplato da questa corte. È pertanto accusata di alto tradimento e di omicidio. Lei è il suddetto Signor Murray?”
 
 
Loki, seduto sulla sedia di legno posta al centro della sala delle udienze e incatenato, sbuffò e alzò gli occhi al cielo:
 
“Ha davvero così tanto tempo da perdere per farmi questo genere di domande insulse, Ministro?”
 
Il mago strinse le labbra, forse facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non lanciare il martelletto contro l’imputato mentre i seggi del Wizengamot venivano scossi da dei vaghi mormorii.
 
“E lei ammette di essere responsabile, almeno parzialmente, della morte del nostro stimato ex Ministro, il Signor Finch?”
 
“Assolutamente no.”


“E’ stato uno dei suoi amici?”


“Non che io sappia, no.”
 
“E chi suggerisce che sia stato?”
 
“Non lo sa il Wizengamot, dovrei saperlo io?”
 
 
“Signor Murray, le ricordo che il nostro ex Ministro ha assoldato LEI e i suoi amici come guardie del corpo personali. Anche se non foste stati voi, cosa di cui tutto il Paese dubita, avreste comunque dovuto proteggerlo. In un modo o nell’altro siete comunque responsabili.”
 
“Il Signor Finch stesso non voleva essere perennemente sotto la nostra protezione. Era lui a congedarci, molto di frequente. E lei lo sa. Per quale motivo avremmo dovuto uccidere l’unica persona ad averci dato una seconda possibilità?”
 
Loki inarcò un sopracciglio, scettico, ma il Ministro sbraitò che era lui a fare le domande, e non certo un imputato su cui pendeva l’accusa più grave possibile, ossia l’assassinio di un Ministro della Magia.
Il mago roteò gli occhi e si voltò appena verso la strega seduta in una angolo della sala, dietro di lui, immobilizzata da delle spesse corde e tenuta sott’occhio da un Cavaliere Sacro in uniforme.
 
Inarcò un sopracciglio e guardò la strega inclinando leggermente la testa, come a volerle chiedere se lo reputasse ancora un’inguaribile drama queen a seguito del comportamento dell’attuale Ministro.
Ebe, dal canto suo, dovete trattenere una risatina nonostante la tragica situazione, non potendo immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto per tre lunghi anni.
 
 
 
 
“C’è una cosa che non ti ho mai chiesto.”
“Ossia?”
“Il tuo vero nome. So che eravamo a scuola insieme, anche se tu hai un anno in più di me… ma non riesco a ricordarmi di te, a scuola.”
 
“Non mi sorprende, dedicavi le tue attenzioni a ragazze più… estroverse di me sotto certi punti di vista, per così dire.”
 
Ebe abbozzò un sorriso mentre camminava sull’erba accanto all’amico dopo essersi allenati sotto lo sguardo vigile di Mac, che stava cercando di insegnare loro ad usare la magia anche senza bacchetta.
 
La strega esitò alla domanda dell’amico, facendo distrattamente fiorire un intero campo di pannocchie lì vicino prima di stringersi nelle spalle mentre si guardava attorno:
 
“Una volta i miei amici mi chiamavano Will.”
 
“Ma è un nome da maschio.”
“E’ un soprannome, testa vuota!”


Ebe rise e, voltatasi verso il mago, gli diede un lieve pugno sul braccio mentre Loki alzava gli occhi sul cielo azzurro, scrutandolo pensieroso:
 
“Beh, vediamo… Willelmina?”
“Merlino, per carità, no! E’ un nome da mucca.”
 
“Allora…”
 
Loki fece vagare lo sguardo attorno a sé finchè, all’improvviso, non scorse un salice. A quel punto il mago sorrise vittorioso, schioccando le dita prima di voltarsi:
 
“Willow, vero?”
 
Ebe si strinse nelle spalle e poi, inavvertitamente, sollevò un braccio: Loki ebbe appena il tempo di fischio di un corpo che si avvicinava ad alta velocità sferzando l’aria prima che Gideon approdasse nella mano della strega, che sorrise rigirandosi l’impugnatura tra le dita.
 
“devo dire che mi era mancato quanto la mia bacchetta… è come una parte di me, ormai. Allora Loki, direi che per oggi abbiamo chiacchierato a sufficienza.”
“Mi stai sfidando a duello?”
 
“Certo, ora che ho recuperato Gideon siamo ad armi pari. Fatti sotto, elegantone.”


Loki sospirò come annoiato, ma si abbassò pigramente gli straccali dalle spalle per essere più libero nei movimenti, asserendo che non amava picchiare le piccolette più vecchie di lui, ma che se insisteva tanto non gli lasciava altra scelta.
 
*
 
 
 
“Ecco.”
“Grazie Mac.”


Flagro le rivolse un debole sorriso, che Mac ricambiò dopo avergli appoggiato una tazza di thè davanti. Il mago aveva appena raccontato a lei, Alanis e Salem cosa avesse fatto in quei tre anni mentre, fuori di casa, Loki ed Ebe se le davano di santa ragione.
 
“Di nulla.”
 
 
“Devo anche ringraziarti per altro, in realtà. Penso che senza di te non sarei riuscito a scampare Azkaban, tre anni fa. O ad avere ancora Rhitta con me.”
 
 
“Ho fatto quello che dovevo… Ti hanno processato in piena notte, direi che non potevi difenderti da solo senza bacchetta.”
 
La strega si strinse nelle spalle con noncuranza nel ricordare quando, dopo il suo processo, aveva intercettato Flagro che veniva portato via. Avevano processato la Superbia a notte fonda, per renderlo il più vulnerabile possibile, e Mac aveva aiutato l’amico a scappare ferendo due Cavalieri Sacri e sciogliendo le catene che lo tenevano legato. La Gola le spalle agli amici mentre Salem le scoccava un’occhiata torva, asserendo che prima o poi avrebbe dovuto smettere di sminuire le sue buone azioni.
 
“Hai fatto evadere tu Loki, no? Pensi sia una cosa da poco?”
“Ci ho messo tre anni, però. Ammetto che rubare un Thestral da Hogwarts non è stato facile neanche per me.”
 
La strega abbozzò un sorriso mentre prendeva il bollitore per pulirlo e Flagro, confuso, aggrottava la fronte:
 
“In che senso un Thestral?”
“Oh, giusto, non te l’abbiamo raccontato… Mac è andata a salvare Loki con un Thestral, sai. Ha iniziato lei a cercarci, di sicuro le mancavamo.”
 
“Oh, certo, mi mancava avere sei bambini a cui badare… Ebe, Loki, non fatevi male!”


 
*
 
 
 
Ebe, seduta sul divano con le gambe strette al petto, fissava il muro assorta nei suoi pensieri quando udì dei passi scendere le scale: istintivamente la strega si voltò, e si ritrovò a sorridere quando scorse un paio di piedi scnedere i gradini in un modo piuttosto bizzarro che lei, ormai, conosceva bene.
 
Fin da quando l’aveva conosciuto ad Hogwarts, Flagro scendeva le scale saltando un gradino ogni due in una specie di rito scaramantico.
 
 
“AHI! Ma insomma Vanugan, perché diavolo saltelli sulle scale come un grillo?”
“Scusami Evergreen… non ti ho vista, pensavo ad altro.”


Willow sbuffò, contrariata, e borbottò qualcosa contro l’idiozia del ragazzo che le porse una mano per aiutarla a rialzarsi. Suo malgrado, Willow sentì tutta la sua irritazione svanire di fronte al sorriso sghembo, ma sincero, che il ragazzo dai grandi occhi blu le rivolgeva, lasciando che il Tassorosso l’aiutasse ad alzarsi.
 
“Ecco, tieni le tue cose.”
“Grazie Vanugan.”
 
La Grifondoro abbozzò un lieve sorriso al ragazzo mentre questi le porgeva la sua borsa caduta sul pavimento, ricevendo un cenno di saluto prima che il Tassorosso la superasse infilandosi le mani nelle tasche, riprendendo a scendere le scale in quello schema a dir poco curioso.
Willow lo seguì con lo sguardo brevemente prima di scuotere la testa, chiedendosi perché in tanti, a scuola, avessero quasi timore di quello studente del settimo anno.
 
A lei sembrava piuttosto innocuo, solo un po’ strambo, anche se senza dubbio era un mago eccezionale.
Infondo però, nemmeno il suo super talento gli aveva mai permesso di batterla ad Erbologia, constatò la strega con un sorrisetto prima di dirigersi verso la Torre di Grifondoro.
 
 
“Ciao Raggio di Sole. Ti senti bene, vero?”
 
Flagro le sorrise, inclinando le labbra sottili in quella splendida smorfia che rivolgeva quasi solo ed esclusivamente a lei, mentre la raggiungeva. Si fermò alle spalle del divano e, chinandosi, la circondò con le braccia per darle un bacio sulla tempia, facendola sorridere a sua volta mentre stringeva le braccia dell’uomo con le sue:
 
“Certo, soprattutto perché ti ho ritrovato. Scusa per lo schiaffo, ma è stato un po’… strano, svegliarmi e trovarti vicino a me.”
“Non scusarti, è comprensibile. Mi dispiace per averti fatto soffrire, Ebe. Mi sei mancata tantissimo.”
 
Flagro la guardò ed Ebe, in quelle iridi chiare così diverse dalle proprie, scorse un rammarico così sincero da farla sorridere mentre gli portava una mano sul viso, accarezzandogli una guancia. Scosse debolmente il capo e mormorò che non aveva più importanza, ormai, visto che erano di nuovo assieme e che non gli avrebbe mai permesso di lasciarla un’altra volta, prima di baciarlo dolcemente.
 
 
 
 
 
“Perché mi chiami così? Intendo “Raggio di Sole?”
 
Ebe si appoggiò sui gomiti e osservò curiosa il mago steso supino sul prato accanto a lei, intendo a risposarsi all’ombra di uno dei due alberi che adornava il giardino del cottage in cui vivevano col resto della squadra per concessione del Ministro.
 
Flagro non aprì gli occhi, ma mosse la mano sinistra per carezzarle delicatamente il braccio prima di abbozzare un sorriso, parlando come se stesse spiegando qualcosa di ovvio:
 
“Ti si addice.”
“Ma perché?”
 
“Beh, mi fai ridere. Mi hai sempre fatto ridere, sai? Porti allegria ovunque tu vada, ed è qualcosa di meraviglioso, secondo me. Ma non è solo questo… Sai che la luce del sole è ciò che mi dà forza, no?”
“Certo.”
 
“Per me il Sole è vitale, Ebe. Non sono quasi nulla, senza di esso. E tu per me sei questo… sei la più grande luce della mia vita, e non so cosa sarei, senza di te.”
 
Flagro aprì gli occhi e li puntò sulla strega senza smetterle di accarezzarle il braccio e di sorriderle, guardandola ammutolire prima di sorridere e gettarsi tra le sue braccia, rischiando di mozzargli il respiro prima che la risata del mago riempisse il giardino con la sua intensità.
 
 
 
*
 
 
“Ti ho portato un regalino per farmi perdonare.”
 
Cristal sorrise mentre porgeva un pacchetto a Rita, che alzò gli occhi dalle cartelle cliniche di alcuni pazienti che stava leggendo prima di aggrottare la fronte:
 
“Quando lo hai preso?”
“Mentre eri al San Mungo. Aprilo.”
 
Il sorriso vivace di Cristal non vacillò mentre l’amica strappava la carta, ritrovandosi a sorridere di fronte ai due libri che l’amica le aveva comprato.
 
“Il Don Giovanni di Byron e il Prometeo liberato di Shelley. Mi conosci bene.”
“E me lo domandi? Leggi sempre queste cose, no? Io non ne so molto, a dire il vero, ma ormai so cosa ti piace. E poi, già che c’ero, ti ho portato questi. Potresti anche fare una pausa, in effetti.”
 
Cristal le porse un vassoio pieno di biscotti, conscia di quanto l’amica li adorasse, e sorrise mentre Rita la guardava scettica, come se il significato della parola “pausa” le fosse del tutto sconosciuto.
 
“Io non faccio mai pause, a dire il vero…”
“Lo so bene, ma non è mai troppo tardi per iniziare!”
 
Cristal appoggiò il vassoio sulla scrivania e le sequestrò i fascicoli dei pazienti senza darle il tempo di opporsi, costringendola ad addentare un biscotto con rassegnazione.
 
“Va bene, ma solo dieci minuti.”
“Brava ragazza. A proposito di stacanoviste, dov’è Jess?”
 
“E’ andata da tu-sai-chi con Samuel. Non era molto entusiasta, ma io non potevo e tu non c’eri.”
 
Rita si strinse nelle spalle e Cristal appoggiò un sorrisetto beffardo, asserendo di avere una vaga idea del motivo per cui l’amica era restia ad andare dai loro amici ex carcerati.
 
“Sì, anche io, ma è una causa persa, non lo ammetterà mai.”
“Per fortuna ci siamo noi a darle una spintarella.”
 
 
*
 
 
“Ti ringrazio per avermi accompagnata, Sam.”
“Di Nulla, anche se pensavo dovesse venire la sua amica.”
 
“Cristal doveva, sì, ma Rita ha mandato me come punizione per i suoi continui ritardi. A volte mi sembra di non aver mai lasciato Hogwarts.”


Jezabel parlò con un sospiro e scosse il capo mentre Samuel, accanto a lei, ridacchiava. I due stavano camminando sul prato, risalendo la collinetta che li avrebbe portati al rifugio dei Peccati, e Jezabel si strinse il bavero dell’impermeabile nero addosso mentre una lieve brezza fredda le scompigliava i lunghi e lisci capelli scuri.
 
Moltissimi alberi attorno a loro stavano iniziando a perdere le foglie, segno che l’autunno stava inevitabilmente per arrivare, e le giornate di sole si stavano abbreviando.
All’improvviso, la Temperanza pensò alla Superbia e se il suo potere risentisse delle poche ore di luce presenti nelle stagioni fredde, ma Samuel la ridestò chiedendole qualcosa:
 
“Vi conoscete da tanto, lei e le sue amiche?”
“Forse persino da troppo. Io, May e Rita condividevamo il Dormitorio, e Cris era sempre del nostro anno, solo Grifondoro.”
 
“Si deve essere divertita, con amiche del genere.”
 
Sam sorrise e Jezabel annuì, inclinando le estremità delle labbra in un debole sorriso nel ricordare le scaramucce di Rita e Maysen in Dormitorio.
 
 
“MAY! IL BAGNO! ADESSO! E’ un’ora che sei lì dentro!”
“Ci vuole tempo per farsi belle!”
 
Rita prese a pugni la porta, spazientita, mentre Jezabel si rassettava il letto. Sapeva benissimo che c’erano decine di Elfi pronti a farlo per lei, ma suo padre l’aveva sempre abituata a sistemarselo da sola appena sveglia, ed era un’abitudine che non sembrava intenzionata a perdere.
 
“Jess, ti prego, dammi una mano!”
“Cosa sta facendo May?”
“Si sta facendo qualcosa ai capelli con una specie di pozione, non ne ho la minima idea…”
 
“Mi sto facendo le onde, e se mi permetteste di farle anche a voi sareste ancora più carine!”
 
Rita si mise una mano sul viso, strofinandosi gli occhi mentre si domandava come fosse riuscita a sopravvivere per sette anni condividendo il bagno con l’amica. Jezabel invece sorrise, asserendo a Maysen che ne avrebbe fatto a meno mentre raggiungeva Rita e la prendeva sottobraccio:
 
“Perché non andiamo in uno dei bagni comuni e poi facciamo colazione? Sto morendo di fame.”
 
“Va bene… è una fortuna che ci sia tu, Jess.”
 
 
 
Salem picchiettò la bacchetta sulla porta di legno prima di voltarsi verso la strega, rivolgendo alla Virtù un’occhiata quasi preoccupata:
 
“Sa Miss, penso che per un po’ non dovrebbe venire qui, dopo oggi. Il Ministro non è affatto contento di quello che è successo l’altro giorno con la Superbia, e non ha un’alta considerazione di voi quattro.”
 
“Sam, so benissimo che il Ministro mi disprezza. Mi consolo pensando che il sentimento è oltremodo reciproco.”
 
Jezabel non battè ciglio, parlando con tono neutro fissando la porta chiusa finchè non venne aperta da Alanis, che stringeva una sigaretta tra i denti.
 
La strega fece indugiare gli occhi verdi velati da una sfumatura quasi giallastra su Jezabel prima di rivolgersi al Cavaliere, sfoggiando un sorrisetto malizioso prima di fare un passo indietro per farli entrare:
 
“Prego. Gente, c’è il Ragazzone e quella carina che piace a Loki.”
 
Jess alle parole dell’Avarizia avvampò, per quanto le era reso possibile dal suo incarnato color caffelatte, ma entrò comunque insieme a Sam mentre la strega chiudeva la porta alle loro spalle con un calcio e la voce della Gola giungeva spazientita alle loro orecchie:
 
“Ragazzi, riunione in cucina! Alanis, osa fumare in casa e te la vedi con me, sai che non sopporto quella puzza, e il fumo passivo uccide più del fumo vero e proprio.”


Alanis scimmiottò le parole della Gola mimandole con le labbra come se conoscesse quel discorso ormai a memoria, e fece sparire la sigaretta prima di fare cenno ai due di seguirla in cucina.
 
“Ciao Jess! Come stai?”
 
Ebe, seduta sulle ginocchia di Flagro e con il braccio attorno alle sue spalle, sorrise allegra alla Virtù quando la vide entrare, ricambiata dalla strega:
 
“Ciao Ebe. Dovrei chiedertelo io.”
“Rita mi ha rimessa in sesto, a quanto pare! Dille da parte mia che è un portento.”
 
Ebe sorrise allegra e Jezabel annuì divertita, astenendosi dal farle sapere che lo sapeva bene lei stessa, visto e considerato che ci aveva persino lavorato assieme.
 
“D’accordo gente, cerchiamo di non fargli perdere più tempo del dovuto… Che cosa dovete dirci?”
 
“Beh, pare che l’altra sera i Cavalieri abbiano trovato qualcosa di molto interessante nascosto in un corridoio del livello più profondo del Ministero. Sette bacchette magiche, per l’esattezza.”
 
“Pensa che siano le nostre?”


“Non vedo di chi altro potrebbero essere. Quando avete perso le vostre, di preciso?”
 
“Ce le hanno ritirate quando siamo andati ad Azkaban la prima volta, naturalmente. Di norma vengono spezzate, ma le avevano conservate e il Ministro ce le ha riconsegnate quando ci ha fatti uscire. Poi ce le hanno tolte di nuovo, ma pensavamo che le avessero distrutte, questa volta.” 
 
Salem incrociò le braccia al petto e aggrottò la fronte, perplesso, ma Jezabel, in piedi davanti al tavolo accanto a Sam – che però si era dovuto sedere per non urtare il lampadario con la testa – si strinse nelle spalle continuando a tenere le mani nelle tasche dell’impermeabile.
 
“Evidentemente non l’hanno fatto. Dopotutto si parla di bacchette straordinarie, da quanto ho sentito, e forse il Ministro ha pensato che distruggerle sarebbe stato uno spreco. Sono tutte gemelle, vero?”
 
“Sì, hanno tutte lo stesso nucleo.”
 
Mac annuì, pensierosa, mentre Ebe volgeva lo sguardo su Loki, seduto di fronte a lei. La strega sfoderò il suo sorrisetto più malandrino cogliendolo in fragrante ad osservare Jezabel, ma la Lussuria le intimò con un’occhiata glaciale di farsi gli affari propri.
 
“E pensate di potercele… recuperare?”
“Onestamente penso che sia poco fattibile. Benchè io abbia una bassa considerazione dell’intelligenza del Ministro, nutre già sospetti su di noi. In realtà è alla ricerca di un pretesto per liberarsi di me e delle mie colleghe da sempre, quindi per noi quattro è meglio stare lontane dalla scena. Penso che dovreste essere voi stessi a recuperarle facendo irruzione al Ministero. Quando sarete tutti e sette, è chiaro.”
 
Jezabel si strinse nelle spalle, serafica, mentre la mascella di Ebe quasi si snodava: aveva appena consigliato loro di fare irruzione nel luogo più controllato della Gran Bretagna?
 
“E’ un suicidio.”
Loki aggrottò la fronte, scettico, ma Jezabel replicò senza battere ciglio:
“Se c’è qualcuno che può farlo siete voi. E noi vi aiuteremo, chiaramente.”
 
Jezabel accennò a Samuel, che sorrise allegro e annuì prima che Flagro aprisse bocca per la prima volta da quando era entrato nella stanza.
 
“Una cosa non mi è molto chiara.”
Udendo quella voce profonda a lei del tutto estranea Jess si voltò verso il mago, invitandolo a parlare inarcando un sopracciglio mentre la Superbia la studiava con interesse e un velo di diffidenza allo stesso tempo:
 
“Perché fate questo? Aiutarci, intendo. Adesso ci sta consigliando di riprenderci le nostre bacchette… non sarà un tentativo di consegnarci al Ministro?”
 
“Il nuovo Ministero mi ha stancata. Ci ha stancate, in realtà. Da quando Finch è morto non è più quello di una volta, Sam lo può confermare. Il nuovo Ministro non ha a cuore gli interessi della comunità, ma solo i propri, e usa sempre più spesso i Cavalieri come sue guardie personali per fargli favori in cambio di aumenti di stipendio. In ogni caso, sono stata io, settimane fa, a consigliare a Mackenzie di riunirvi per dimostrare la vostra innocenza, e a dirle quando far evadere il Signor Murray.”
 
“Come fa ad essere così certa della nostra innocenza?”
 
Flagro la guardò, leggermente dubbioso, ma Jezabel non rispose, limitandosi a sfoggiare un debole sorriso mentre Mac annuiva, asserendo che la strega avesse ragione.
 
“Devo ancora capire come mi ha trovata, però.”
La Gola guardò la Temperanza con sincera perplessità: se lo chiedeva da settimane, la strega non le aveva mai dato una risposta chiara.
 
“E’ stato difficile, sei stata brava, lo ammetto, ma ho i miei metodi.”
Jezabel si strinse nelle spalle e poi, dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio che teneva al polso, asseriva di dover andare.
 
Sam si alzò per scortarla fuori, salutando i presenti mentre Flagro, osservandolo, domandava qualcosa che fece scoppiare a ridere Ebe:
 
“Ma come fa a passare dalle porte?!”
 
 
La strega stava per rispondere che non ne aveva quando, all’improvviso, vide Loki alzarsi e uscire dalla stanza a a grandi passi mentre Salem, Mac e Alanis discutevano dei pro e dei contro di andare a riprendersi le proprie bacchette mettendo il Ministero sotto assedio.
 
“Io ci sto, spacchiamo tutto!”
“Alanis, il tuo entusiasmo è fantastico, ma prima dobbiamo trovare Sider, è fondamentale.”
“Va bene, allora la nostra Mac sfodererà il suo trecentesimo asso nella manica e ci dirà dove si trova, vero?”
 
Alanis sorrise alla strega, che però asserì di non averne idea, sconvolgendola:
 
“Ma tu sai sempre tutto!”
“Non sono ancora onnisciente, Alanis!”


 
 
“Piccola, che fai?”
 
Flagro aggrottò la fronte quando Ebe scivolò dalle sue ginocchia e andò in punta di piedi verso l’arco privo di porta che collegava la cucina al salotto. La strega si acquattò mesta sulla soglia, sbirciando nella stanza accanto: non voleva assolutamente perdersi la scena.
 
 
 
“Ho una domanda da farle.”
“Prego.”
 
“Perché sono l’unico a cui da del lei?”
“Soddisfo le sue manie di onnipotenza, o almeno così mi è stato detto. C’è altro?”
 
Jezabel inarcò un sopracciglio, studiando il volto del mago cercando di non farsi trafiggere dalle sue penetranti iridi chiarissime:
 
“Dare del lei è una forma di distacco.”
“E la sorprende così tanto che io cerchi di mantenere le distanze? La mia volontà di aiutarvi è sincera, ma non scordo chi siete e cosa avete fatto. Tutti voi, non solo lei.”
 
La strega si strinse debolmente nelle spalle prima di voltarsi, ma la voce di Loki le impedì di nuovo di andarsene mentre Salem l’aspettava fuori dalla porta, tenendola aperta:
 
“Flagro ha ragione, perché è così sicura della nostra innocenza? Sa chi è stato?”
 
In arte Loki non ci sperava affatto, ma la strega, dopo un istante di esitazione, si voltò, piegando le labbra in un sorriso che lo turbò non poco:
 
“Ma è chiaro che io lo sappia, Signor Murray. Devo solo riuscire a dimostrarlo. Andiamo Sam.”
 
 
La strega si voltò di nuovo, questa volta definitivamente, e uscì dall’edificio senza che Loki la richiamasse ulteriormente, impegnato a riflettere di stucco sulle sue ultime parole.
 
“Ma cosa vedono i miei begli occhi, il mio elegantone preferito… sorpreso? Non è uno spettacolo frequente, vero?”
 
Loki si voltò e rivolse un’occhiata torva all’amica, che invece sfoderò un sorrisetto divertito mentre lo studiava beffarda, come se sapesse qualcosa che lui ignorava.
 
“Solo perché a quelle non posso leggere i pensieri, Ebe.”
“Sì, certo, e allora perché eri così smanioso di rivederla?”
 
“Non è un mistero che mi piacciano le belle donne, piccoletta.”
 
“Anche le altre sono belle, e non le hai degnate di un’occhiata! Ti tengo d’occhio, elegantone.”
 
Ebe incrociò le braccia al petto, guardandolo alzare gli occhi al cielo con aria di sfida prima che il mago si dirigesse verso le scale per andare in camera sua.
 
“Vai a giocare coi modellini, Lokino?”      Ebe sbattè amorevolmente le lunga ciglia scure, parlando con un tono cantilenante che fece pulsare pericolosamente una delle tempie del mago insieme alla storpiatura melensa del suo nome:
 
“NON SONO GIOCATTOLI, PER PRISCILLA!”
 
 
Il mago la fulminò con lo sguardo, e la guardò sghignazzare conscio dell’immensa fortuna di cui la strega era dotata: era molto fortunata che avesse un debole per lei, poco ma sicuro. E che l’uomo che ne era innamorato avrebbe potuto incenerirlo agitando un dito, certo.
 



“Finirai mai di tormentarlo, Raggio di Sole?”
 
Flagro, appoggiato all’arco creato nella parete, la guardò con un sorrisetto divertito mentre la strega, voltandosi verso di lui, andava ad abbracciarlo:


“Mi sono auto proclamata sua sorella maggiore affettiva, e il ruolo delle sorelle maggiori è rompere le scatole, io lo so bene, tesoro.”


 
 
*
 
 
“Davvero sa di chi si tratta?”
 
Samuel parlò quasi timidamente mentre accompagnava la strega lungo il pendio ormai quasi buio, anche se avrebbe potuto mandarla al tappetto solo con una leggera spintarella.
 
Jezabel annuì, scrutando l’orizzonte ricco di fauna prima di parlare, seria in volto:
 
“Come ho detto, devo solo dimostrarlo.”
 
 
 
*
 
 
 
Cristal entrò in casa saltando il fratello a gran voce, sfilandosi la giacca prima di dirigersi nel salone dove, tempo addietro, aveva assistito allo scenario peggiore di tutta la sua vita.
Come sempre cercò di non pensarci e si concentrò su Barnabas, sorridendo al ragazzo che stava apparecchiando magicamente la tavola dove, una volta, mangiavano in sei invece che in due.
 
“Ciao Barney. Come va?”
“Bene, a te com’è andata al lavoro?”
 
“Le solite cose, mi diverto a tormentare Jess e Rita, ma le adoro.”


 
“Come sta Jess?”
 
“Bene, perché me lo chiedi?”
 
“Niente di particolare.”


Barney si strinse nelle spalle, appoggiando il cestino del pane sul tavolo mentre la sorella lo osservava dubbiosa, chiedendosi il perché di quella domanda, prima di sgranare gli occhi e indicare il fratellino sghignazzando, accusandolo di avere una cotta per Jezabel mentre il ragazzo arrossiva, negando con fermezza.
 
“Sì invece! Beh, come darti torto, è meravigliosa.”
“Ma io non ho nessuna cotta, falla finita!”
“Sì, certo, e io sono la strega Morgana… Non fraintendermi Barney, sei un ragazzo fantastico, ma dovresti trovarti una delle tua età, Jess è più grande di te.”
 
“Ti stai dando della vecchia, quindi.”    Barney rivolse un sorrisetto beffardo alla sorella, che si fece improvvisamente seria e lo minacciò di mandarlo a letto senza cena.
 
“Cena che ho preparato io, a dire il vero. E non sono un bambino!”
“Non importa, sono io la sorella maggiore, qui!”


Barney buffò, borbottando che si stesse solo vendicando approfittando della sua posizione dono anni passati a fare la sorella minore a sua volta.
Disgraziatamente, si dissero entrambi mentre prendevano posto al tavolo troppo grande, Meghan e Avalon non erano più lì con loro.
 
 
 
*
 
 
 
“Perché li odi così tanto?”
“E me lo domandi? Hanno ucciso Ashley.”
 
Asher ridusse gli occhi a due fessure mentre puliva nervosamente il suo bastone, e Brian aggrottò la fronte:
 
“Quando, esattamente?”
“Quando lavoravano per il Ministro. E’ stato catalogato come “incidente” perché Ashley si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato… certo, come no. Non erano nemmeno dispiaciuti. La Lussuria la guardò riversa a terra asserendo che fosse “un peccato che una così bella ragazza fosse morta”, nient’altro.”


 
Brian esitò, non sapendo bene cosa dire in proposito. Aveva sentito tante storie diverse su quelle persone, e soprattutto sulla Lussuria da Luvienne quando era stato condannato per la prima volta, anche se la collega preferiva evitare l’argomento e il solo nominarlo la rendeva nervosa e intrattabile.
 
“Pensi che l’Invidia sia sopravvissuta?”
“Non ne ho idea. Spero di no. Seminano distruzione e dolore da anni, è ora che la smettano. Ha ucciso sua sorella, quella. Non sono dei santi.”
 
 
“Tu cerca di non affezionarti troppo ad occhi belli, non so che cosa abbia in serbo il Ministro per loro. Se ne libererà non appena ne avrà l’occasione.”
 
Brian guardò l’amico alzarsi e Asher, irrigidendosi, sibilò che non si stava affezionando proprio a nessuno prima di superarlo, livido in volto.
 
 
*
 
 
Jess stava leggendo un libro, seduta contro la testiera del letto imbottita e coperta da un morbido plaid color crema.
 
Scorse di sfuggita una presenza pelosa intrufolarsi nella stanza e piazzarsi accanto al letto, guaendo piano.
 
“Tristano, no. Lo sai che non puoi.”
Jezabel parlò senza staccare gli occhi dal libro mentre il grande cane, affranto, guaiva ancora più forte facendole gli occhi dolci, accucciato sul pavimento.
 
La strega sospirò e gli lanciò un’occhiata scettica prima di annuire, puntandogli un dito contro con fare perentorio:
 
“Solo stasera, chiaro? Vieni, dai.”
 
Diede un paio di colpetti sul materasso e Tristano, felice, saltò facilmente sul letto per accoccolarsi sopra al lenzuolo ai piedi della padrona, che scosse il capo con un sospiro: la chiamavano “Temperanza”, e poi non sapeva resistere ai guaiti del suo Terranova.
 
 
*
 
 
 
Sider si tirò il cappuccio della felpa blu sulla testa, coprendo buona parte della sua chioma di capelli rossi. Passando davanti ad un cestino ci buttò dentro il giornale che aveva trovato su una panchina, incuriosita dalla foto che spiccava in prima pagina. Conosceva quel viso, anche se non lo vedeva da tempo.
 
La strega s’infilò le mani nelle tasche e pensò a ciò che aveva letto: la Superbia era apparsa dal nulla uccidendo alcuni Cavalieri a seguito del torneo di Agrardis che aveva in palio il martello magico di una sua vecchia conoscenza.
 
L’Invidia, a quanto pareva, era stata lasciata in fin di vita dai Cavalieri.
 
Sider alzò lo sguardo sul cielo stellato e pensò ad Ebe, ricordandola come una delle persone più allegre e solari che avesse mai conosciuto. Le piaceva molto, Ebe, anche se non rispondeva quasi mai alle sue domande inerenti al suo passato.
 
Sperava che non fosse morta, che in qualche modo l’avessero salvata, ma non aveva modo di ottenere quelle risposte, al momento. Probabilmente l’avrebbe saputo solo che i suoi vecchi amici l’avessero trovata, e al momento non aveva molta voglia che ciò accadesse.
 
Era questione di tempo, se mancava solo lei, ma a Sider di riabilitare il suo nome importava bene poco. La sua famiglia la odiava e la riteneva la peggiore dei criminali, e difficilmente avrebbero potuto cambiare idea su di lei, dopo quello che aveva fatto.
 
In un certo senso quello strano senso di familiarità dato dai Peccati Capitali le mancava, ma era riuscita a nascondersi molto bene per tre anni, e la prospettiva di tornare a scontrarsi con altri e rischiare la vita di continuo non l’aggradava granché. Non ne aveva voglia. Si rigirò pigramente l’anello d’oro che portava al dito, un vecchio regalo che portava sempre con sé da anni, mentre sedeva su una panchina, reclinando la testa e chiudendo gli occhi.
 
Non nutriva nessun timore verso i Cavalieri Sacri che avrebbero potuto trovarla prima dei suoi vecchi amici. Ci avrebbe pensato Chastiefol, in caso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Buongiorno!
Mi scuso per non aver pubblicato il capitolo ieri, ma non ero soddisfatta di come stava venendo e ho preferito prendermi più tempo. Chiaramente si tratta di un capitolo di transizione, anche perché devo capire come muovermi in base a quanti e quali personaggi potrei dover eliminare prossimamente.
Ci sentiamo la prossima settimana, intanto buona domenica, e prendiamoci tutte un minuto per ammirare Tristano: Anna, dammene uno anche a me, non solo a Jess T.T 
Tristano

 
Signorina Granger

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
 
 
“Tristano, basta, devo andare, non posso giocare con te, lo sai!”
 
Jezabel, vestita di tutto punto e pronta per uscire, la borsa a cartella di cuoio che le pendeva dalla spalla e i lunghi capelli scuri raccolti in una coda, si mise le mani sui fianchi stretti e si sforzò di assumere un’espressione severa mentre guardava il suo “cagnolino”: Tristano scodinzolava e teneva una pallina stretta in bocca, guardandola con chi ha tutta l’intenzione di giocare dopo essersi astutamente piazzato davanti al caminetto, impedendole di raggiungerlo e usare la Metropolvere.
 
Ovviamente le sue parole non ebbero alcun effetto e il cane saltellò allegro, guardandola implorante mentre la strega, sospirando, si passava una mano sul viso.
 
“Va bene, ho capito, niente Metropolvere oggi… dovrò fare così.”
 
Jezabel girò sui tacchi e si diresse verso la porta d’ingresso mentre il Terranova la guardava perplesso, chiedendosi perché il suo piano fosse fallito mentre smetteva improvvisamente di scodinzolare. Ben preso però sembrò comprendere le intenzioni della padrona e in due salti finì davanti alla porta, abbaiando e scodinzolando:
 
“Ma insomma Tristano, fammi andare al lavoro! Sei proprio un testone…”
 
La strega tentò invano di spostarlo – Rita, ridendo, diceva sempre che di sicuro il cane pesava quasi tre volte lei e che era lui a portarla a spasso e non viceversa – e alla fine, arrendendosi, gli prese la pallina verde dalle fauci prima di lanciarla verso la cucina. Tristano abbaiò e corse a prenderla mentre la strega, sentendosi più in colpa che mai, correva verso il camino e afferrava una manciata di Polvere Volante:
 
“Scusa piccolo, ci vediamo stasera… Fa’ il bravo. Ministero della Magia, livello 0.”
 
L’ultima cosa che Jezabel vide fu Tristano che correva verso di lei, abbaiando e guardandola con gli occhi tristi come se lo stesse abbandonando.
 
Merlino, era proprio una persona orribile.
 
 
*
 
 
“May? May, se ci sei rispondi… siamo preoccupate per te!”
Cristal smise di bussare con un sospiro, e si morse il labbro inferiore mentre, in piedi nel pianerottolo deserto, si domandava che fine avesse fatto la sua amica.
 
Era da due giorni che Maysen non si faceva vedere o sentire, e sia lei che le amiche avevano iniziato a preoccuparsi parecchio.
Le finestre del suo appartamento erano chiuse e dubitava che fosse in casa, ma aveva almeno dovuto tentare.
Approfittando del fatto che non ci fosse nessuno la strega si Smaterializzò al Ministero, nell’ufficio che condivideva con Jezabel, Rita e Maysen, e trovò le due ex Tassorosso già al lavoro, come sempre.
 
“Allora?”
“Niente, non c’era. Le finestre sono chiuse… Non ho idea di dove possa essere. Cosa dovremmo fare? Dirlo al Ministro?”
 
Cristal inarcò un sopracciglio mentre spostava lo sguardo da una strega all’altra, e vide Jezabel lanciare un’occhiata incerta all’amica prima di alzarsi scuotendo il capo:
 
“Assolutamente no, non subito. Facciamo così, voi andate a casa sua. Intendo di entrarci, usate la magia, dobbiamo capire cosa sta succedendo. Io devo andare ad Azkaban.”


“Ad Azkaban? Che diavolo devi fare in quel postaccio?”
Cristal spalancò gli occhi, preoccupata, ma la Tassorosso si limitò a stringersi nelle spalle e a mormorare di dover parlare con una persona.
 
“Quando dici “una persona” intendi quel verme schifoso di Patrick?”
Rita sfoggiò la sua espressione più disgustata, come se stesse effettivamente facendo allusione ad un terribile insetto, e Jezabel si strinse nelle spalle sforzandosi di sorridere:
 
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.”
“Va bene, ma ti porti dietro Belle o Samuel, non ci vai da sola. Cris, andiamo di nuovo da May, coraggio.”
 
 
*
 
 
“Ciao Belle! Come mai quella faccina triste?”
 
Sam sorrise allegro all’amica, dandole una leggerissima pacca sulla spalla (doveva sempre tenere a mente di contenersi con lei, altrimenti rischiava di spezzarla in due con una manata) mentre i due ex compagni di scuola attraversavano l’Atrium del Ministero.
La strega, i lunghi capelli scuri raccolti in una treccia, sospirò continuando a tenere il capo chino, mormorando che le mancava Philip, il fratellino di 11 anni che aveva appena iniziato il primo anno ad Hogwarts.
 
Samuel sorrise con affetto all’amica sentendole pronunciare quelle parole, asserendo che fosse normalissimo ma che presto ci avrebbe fatto l’abitudine.
 
“Anche a me mancava tantissimo Marshall ovviamente, all’inizio… poi ci si abitua, vedrai! Se ti senti sola chiamami comunque, porterò montagne di cibo per consolarti.”


Belle alzò lo sguardo sull’amico e gli rivolse un sorriso grato, per nulla dispiaciuta all’idea. Stava per informarlo che aveva proprio una voglia matta di pizza quando una voce femminile chiamò l’amico:
 
“Samuel, vai di sopra da Jezabel per favore, devi accompagnarla ad Azkaban, se non ti dispiace. Belle, tu vieni con noi, se non hai cose urgenti da fare.”
“Non so quanto il Ministro ne sarà felice…”


Belle quasi impallidì all’idea di essere convocata nell’ufficio del Ministro per una sfuriata, ma Rita aggrottò al fronte e la informò con tono gelido che al Ministro ci avrebbe pensato personalmente, se necessario.
L’ex Serpeverde parve rilassarsi, e asserì con un debole sorriso che le avrebbe aiutate, di qualsiasi cosa avessero bisogno, mentre Sam le salutava per andare da Jezabel.
 
L’idea di andare ad Azkaban era piacevole quanto un calcio alle parti intime, ma se una Virtù aveva bisogno di lui non poteva far altro che rispondere alla chiamata.
 
 
*
 
 
“Mamma, secondo te saranno buone le mie focaccine?”
“Certo che sì piccola mia.”

 
Ophelia, in piedi su una sedia e un minuscolo grembiulino addosso, sorrise vivacemente alla madre mentre disponeva l’impasto sulla teglia riscoperta da carta forno. La bambina passava sempre ore intere a giocare alla sua cucina giocattolo, e finalmente la madre le aveva permesso di aiutarla a preparare qualcosa di commestibile.
 
 
Quando, un paio d’ore dopo, la porta d’ingresso della villetta si aprì, sua madre le fece un cenno e Ophelia si affrettò a prendere il piatto doveva avevano disposto le focaccine per poi correre dal padre tenendolo sollevato sopra la testa:


“Papino, ho fatto le focaccine con la mamma, assaggiane una!”


“Ma che brava, la mia piccola aspirante chef!”
Il mago rise e, inginocchiandosi, le diede un bacio su una guancia prima di prendere una focaccina, spezzarla a meà e porgere l’altra alla bambina, che la prese con un sorriso allegro.
 
“Domandi farò la pizza!”
“Vacci piano, prima devi diventare brava!”
“Sono già brava, papino!”

 
 
 
Mackenzie stava impastando il pane della pizza con tanta energia da far tremare il tavolo, tanto che Loki, seduto poco distante con un giornale in mano, lanciò alla strega un’occhiata di traverso:
 
“Tutto bene?”
“Sì, benissimo. Dove l’hai preso, il giornale?”
 
“Sgraffignato in paese quando ho preso le sigarette. Alanis ed Ebe?”
“Le ho mandate a fare la spesa un’ora fa, me ne sto pentendo. Pensi che riusciranno a non combinare guai?”


Mackenzie sollevò lo sguardo sul mago, le mani che ancora stringevano l’impasto nella ciotola e un grembiule addosso mentre alcune ciocche di capelli chiari sfuggiti allo chignon disordinato le incorniciavano il volto magro.
 
“Sai di chi stiamo parlando, vero?”
Loki trattenne a malapena un sorriso mentre tornava a leggere, immaginando le due distruggere il supermercato mentre Mac sospirava:
“Merda…”
 
 
*
 
 
“Alanis, guarda, biscotti ripieni al cioccolato, possiamo prenderli!?”
“No, non sono sulla lista di Mac.”
 
“Ti preeeeeego!”


Ebe la guardò sfoggiando la sua espressione più implorante, gli occhi scuri spalancati, e l’Avarizia le intimò di finirla di fare il gatto di Shrek prima di prendere il pacco di biscotti e infilarselo in borsa.
L’Invidia sorrise allegra, festeggiando la sua vittoria, mentre lei e la compagna prendevano cose dagli scaffali senza essere viste grazie all’Incantesimo di Disillusione – così ben riuscito da renderle praticamente invisibili ad occhio nudo – di Mac.
 
“Quando diventeremo tutti obesi la colpa sarà tua!”
“Guarda, crostatine alla marmellata!”
 
“… Va bene, ma poi basta dolci. Mac vuole una montagna di uova, andiamo a prenderle.”
 
 
Alanis partì a passo di marcia cercando le uova ed Ebe la seguì reggendo la borsa incantata per contenere l’impossibile. Stava giusto prendendo un cartone di uova quando Alanis, in piedi accanto a lei, strabuzzò gli occhi e mormorò qualcosa:
 
“Porca Morgana… Conosco quella felpa… QUELL’ABBIGLIAMENTO ORRIBILE! Ebe. Guarda!”
 
L’ex Grifondoro si voltò, confusa, e quasi le cadde il cartone dalle mani: una ragazza dai capelli rossi con il cappuccio di una felpa calato sul viso stava prendendo qualcosa da una corsia poco distante.
Una ragazza dai capelli rossi dall’aria molto familiare.
 
“Per tutte le cavallette… pensi che sia…”
“Presto, seguiamola!”


Alanis la prese per un braccio, costringendola a seguire Sider che, come loro sembrò non avere intenzione di pagare: confuse la cassiera e le scivolò accanto senza battere ciglio, anzi guardandosi attorno con aria trasognata.
 
“Che diavolo ci fa in Scozia?!”
“E me lo chiedi? Merlino, dobbiamo dirlo agli altri…”
 
Ebe guardò l’Accidia allontanarsi come se avesse visto un fantasma, non credendo ai propri occhi: possibile che avessero scelto di nascondersi nello stesso posto?
 
 
 
Sider, dal canto suo, non si era minimamente accorta della presenza delle ex compagne. Era giunta in Scozia solo il giorno precedente dopo essere rimasta per mesi in Irlanda. Mai avrebbe pensato di essere capitata dritta a pochi km dai suoi ex amici.
 
 
*
 
 
“RIUNIONE D’EMERGENZA IN CUCINA!”


Alanis entrò spalancando la porta e facendo quasi sobbalzare Loki, che asserì di averne le tasche piene di quelle riunioni in cucina mentre Mac, pulendosi le mani dopo aver infornato le pizze, domandava alle due se avessero preso tutto senza fare danni.
 
“Beh, in effetti non abbiamo preso tutto… ma abbiamo un valido motivo!”


Ebe rivolse un sorriso nervoso a Mac, sperando che l’amica non la incenerisse mentre la Gola, alzando gli occhi al cielo, invitava le due a raccontarle tutto e a darle ciò che avevano rubato mentre Loki estraeva vittorioso una bottiglia di whiskey dalla borsa.
 
“Beh, allora, stavamo prendendo le uova…”
 
“Ciao Raggio di Sole!”
Flagro entrò nella stanza con un sorriso, avvicinandosi ad Ebe per darle un bacio su una guancia mentre Alanis, costretta ad interrompersi, simulava un conato di vomito.
Loki prese posto a tavola accanto a Mac con uno sbuffo, e Alanis aspettò che “i piccioncini avessero finito” per riprendere a parlare, più seria che mai:
 
“Dicevo, stavamo prendendo le uova quando…”
 
“Scusate, non avevo sentito.. che succede?”
 
Salem entrò in cucina con un sorriso, sedendo accanto agli amici mentre Alanis, rimasta in piedi, alzava gli occhi al cielo esasperata:
 
“MA INSOMMA, mi fate parlare? Zitti o vi eviscero!”
 
Un silenzio tombale cadde tra i presenti, e nessun sembrò desideroso di contrariarla, così l’ex Corvonero sorrise compiaciuta e riprese il filo del discorso mentre sistemava i viveri sul tavolo:
 
“Bene. Stavamo prendendo le uova quando abbiamo visto una figura familiare. Una strega trasandata, capelli rossi, l’aria stralunata… qualche suggerimento?”
 
“Mi state dicendo che avete visto Sider al supermercato?”
 
Salem aggrottò la fronte, sinceramente perplesso, ma Alanis annuì, seria in volto:
 
“So che sembra assurdo, ma sono certa che fosse lei. Vero Ebe?”
“Confermo, sì. La prossima volta potremmo seguirla, no? Pensate che voglia unirsi a noi?”
 
“Beh, penso che dimostrare la nostra innocenza sarebbe più facile se fossimo tutti… dovremmo parlarci, non sappiamo nemmeno se abbia Chastiefol con sé o no. D’ora in poi ci andrò io, in paese. E quando la troverò… ci parlerò.”


Mac si strinse nelle spalle, serafica, prima di annunciare che le pizze erano quasi pronte. Ebe e Alanis invece sfoggiarono due sorrisetti identici, certe che la loro Accidia avrebbe avuto poche chance di tirarsi indietro se Mackenzie avesse insistito.
 
 
*
 
 
Mentre la barca li portava magicamente verso l’isoletta dispersa nel Mare del Nord dove si trovava la prigione dei maghi, Jezabel scrutava l’alta torre grigia e circondata da nuvole e maltempo con il bavero della giacca sollevato nel tentativo di proteggersi dal freddo. Samuel, sedutole di fronte, quasi rabbrividì: il gelo spettrale, quasi mortifero, provocato dalla vicinanza dei Dissennatori, era qualcosa a cui difficilmente sarebbe mai riuscito ad abituarsi.
 
Il mago gettò un’occhiata incerta alla torre – la cui cima era difficile da scorgere a causa delle nuvole – stringendo nervosamente la sua ascia, poi si rivolse alla strega con tono incerto, chiedendole se facesse spesso visita a quel posto.
 
“No, fortunatamente. Ma oggi devo parlare ad una persona. Eviterei se potessi, ma è importante.”
 
Jezabel ripensò all’ultima volta in cui aveva messo piede lì: aveva visto Patrick, sì, con suo sommo dispiacere, ma anche Louis Murray per la prima volta. In pessime condizioni, denutrito, stanco, devastato… ma pur sempre Louis Murray, con i suoi penetranti e inconfondibili occhi color ghiaccio.
 
La strega quasi rabbrividì, forse non per il freddo, e quando la barca si formò sulle sponde dell’isola lasciò che Sam l’aiutasse a scendere sulla terraferma porgendole una mano.
 
“Dovresti evocare un Patrono, è meglio. Non mi fido neanche un po’ dei Dissennatori.”
 
Jezabel lanciò un’occhiata quasi disgustata all’ingresso della torre, sorvegliato da un Dissennatori, e Sam le rivolse un’occhiata perplessa mentre estraeva la bacchetta, chiedendole se non preferisse farlo da sé.
 
A quella domanda l’ex Tassorosso, colta alla sprovvista, scosse la testa e chinò il capo, mormorando che non era un incantesimo che le riusciva molto bene.
 
“D’accordo. Venga, allora.”   Sam le fece cenno di seguirlo e Jezabel lo fece senza obbiettare, quasi percependo l’infelicità e l’angoscia pervaderla. Ma Dissennatori o no, la Temperanza era perfettamente conscia di non essere mai stata in grado di evocare un Patronus come si doveva, tanto da essere giunta alla tetra conclusione di non avere ricordi abbastanza felici a cui ricorrere.
 
 
*
 
 
“Patrick? Sono io.”
 
“Ciao tesoro. E’ da tanto che non ti vedo.”
 
Jezabel deglutì, ma s’impose di non chiedere all’uomo di non chiamarla “tesoro” – sapeva che non ne valeva la pena – mentre Sam, in piedi accanto a lei, osservava il prigioniero con la fronte aggrottata.
 
“Devo chiederti una cosa. Quello che hai fatto… con i bambini. Avevi qualche aiuto esterno? E’ stata una tua idea o è partita da qualcun altro?”


“Perché me lo domandi ora?”
“E’ importante, Patrick.”
“Non ero da solo, ma lo sai. Avevo il Preside di Hogwarts che mi aiutava… e qualcun altro.”


“Mi serve sapere chi fosse questo qualcun altro, Patrick.”


Jezabel parlò senza battere ciglio e con lo stesso tono neutro, osservando il volto magro e pallido di Patrick prima che il mago, sorridendo debolmente, le chiedeva se avrebbe avuto qualcosa in cambio per quelle informazioni.
 
“Magari potrei non farti torturare da Sam, qui, per farti parlare. A te la scelta.”


Jezabel abbozzò un debole sorrise, guardandolo on più odio di quanto non avesse mai provato in vita sua. Non le importava che l’avesse usata, presa in giro… persino tradita con altre. Ma quello che aveva fatto a dei bambini portandoli via dalla loro famiglia, quando lei stessa non aveva mai conosciuto i propri… quello non glie l’avrebbe mai perdonato.
 
Patrick sbuffò, quasi annoiato, prima di guardarla in cagnesco:
 
“Mi risulta che ora sia una persona molto importante. Credo che tu lo sappia, non sei stupida.”
“Beh, stavo con uno come te, forse la gente mi sopravvaluta. Comunque grazie, avevo bisogno di una conferma.”
 
Jezabel abbozzò un lieve sorriso prima di fare cenno a Samuel di seguirla. Samuel che, mentre si allontanavano dalle celle, domandò alla Virtù di chi stesse parlando quell’uomo dal quale Jezabel sembrava aver fretta di allontanarsi.
 
“Beh, mi sembra ovvio che il nostro attuale Ministro ha molti scheletri nell’armadio… devo soltanto tirarli fuori.”


 
“Ma deve stare attenta, Signorina… Dico davvero. Ci ha fatto fare cose terribili, in questi anni.”


 
Il tono del mago si fece quasi preoccupato mentre la seguiva, e Jezabel stava per scendere le ripide scale di pietra che le avrebbero permesso di tornare alla base della torre, ma si fermò prima di voltarsi verso Sam e sorridergli debolmente alla luce della sua bacchetta:
 
“Sai Samuel, tuo figlio è un ragazzo fortunato ad avere un padre come te. Dico davvero. Sono certa che sarà un uomo straordinario.”


 
*
 
 
La serratura scattò e la porta si aprì di un paio di centimetri, ma né Rita né Cristal osarono aprirla e addentrarsi nell’appartamento di Maysen. Fu Belle ad aprire la porta, superando le due Virtù senza la benchè minima esitazione.
 
Ci mise qualche istante, ma dopo aver tastato invano la parete trovò finalmente l’interruttore e accese la luce chiamando la Virtù con tono scettico, dubbiosa di trovarla in casa.
 
“Porco Merlino…”
 
“May!”
 
Cristal impallidì mentre Rita, superando lei e Belle, correva in camera dell’amica. Per un istante, dopo aver visto in che stato si trovava l’ingresso dell’appartamento, aveva temuto di doversi aspettare il peggio, ma con suo sommo sollievo la stanza era vuota. Anche se ciò significava che l’amica era scomparsa.
 
“E’ un disastro… che diavolo è successo?”
 
Cristal deglutì mentre la raggiungeva, scavalcando una sedia rovesciata per terra, e osservava l’armadio spalancato e i cassetti ribaltati dei comodini.
 
“Qualcuno cercava qualcosa, e di certo non la nostra May. Spero… Spero solo che stia bene.”
 
Rita scosse la testa e chinò il capo, gli occhi scuri improvvisamente lucidi, e Cristal la abbracciò con un sospiro, asserendo che di sicuro l’avrebbero trovata e che tutto sarebbe andato per il meglio.
 
 
“Chi può averla rapita? Aveva… qualcuno che ce l’aveva con lei per qualche motivo?”
 
Belle si fermò sulla soglia della stanza e guardò le due con la fronte aggrottata, ma Cristal sbuffò e scosse la testa continuando a stringere Rita tra le braccia:
 
“No, l’adoravano tutti. Ma se c’è qualcuno che ci detesta e che vorrebbe liberarsi di noi, quello è il nostro caro Ministro. Forse dovremmo fare più attenzione. Ma se ha fatto fare qualcosa a May, ci penserò io stessa a ficcargli un tacco a spillo in un occhio, altro che Peccati Capitali!”
 
 
*
 
 
“Eccomi come promesso! Pizza?”
 
Quando, aperta la porta del suo appartamento – così tristemente vuoto e silenzioso senza Philips – Belle si trovò l’imponente figura di Sam davanti, quasi non credette ai suoi occhi. Poi adocchiò i tre cartoni di piazza che il ragazzo teneva in mano e scoppiò a ridere, spostandosi per farlo entrare:
 
“Con immenso piacere, guardiamo qualcosa Sammy?”
“Certo, ho anche i popcorn.”


 
“Ma perché le tre pizze?”
 
 
Belle chiuse la porta e guardò, perplessa, l’amico appoggiare i cartoni sul tavolo prima di rivolgere un sorriso quasi colpevole mentre il profumo delizioso avvolgeva tutta la stanza:
 
“Beh, mi conosci… ne ho prese un paio per me in caso abbia tanta fame, ecco.”
“Sei sempre il solito… Del resto ne devi mangiare di roba, con la stazza che ti ritrovi. Prendo i tovaglioli.”
 
La strega sorrise e attraversò la stanza per raggiungere la credenza, immensamente grata all’amico per aver deciso di tenerle compagnia, quella sera.
E pensare che sia al lavoro che ad Hogwarts metà della gente aveva paura di anche solo avvicinarglisi.  
 
 
*
 
 
Loki, steso sul letto, guardava il cielo stellato attraverso la finestra della stanza singola che Mac gli aveva gentilmente concesso. Quasi rise, il mago, pensando alla strega e a come in fin dei conti finisse spesso per ricoprire il ruolo di effettivo capo del gruppo.
 
Del resto, senza di lei probabilmente sarebbe rimasto ad Azkaban, e lui e il resto del gruppo non si sarebbero riuniti.
Certo, non aveva fatto tutto da sola, gli ricordò una vocina in un angolo remoto della sua mente.
 
Sbuffò, Loki, mentre si passava pigramente una mano tra i capelli, non riuscendo a dormire. Sorprendente come potesse far addormentare chiunque a proprio piacimento mentre lui per primo, da quando era uscito da Azkaban, faticasse immensamente a prendere sonno.
 
Non si incuriosiva spesso alle persone, complice la sua capacità di scoprire tutto di chi si trovava davanti con un solo sguardo, ma con lei non ci era mai riuscito.
 
“Ma è ovvio che lo sappia, Signor Murray.”
 
Loki pensò di nuovo a quelle parole, e a quel debole sorriso. Che cosa sapeva, esattamente, quella strega tanto bella quanto sfuggente e inafferrabile?
 
Loki si girò lentamente su un fianco, sbuffando piano mentre si ripeteva che, in ogni caso, otteneva sempre ciò che voleva. Certo, la sola ed unica volta in cui si era fatto coinvolgere dai sentimenti tutto era andato a rotoli, ma di sicuro non avrebbe rifatto quell’errore un’altra volta.
 
 
 
Jess non riusciva a dormire pensando alle sorti di Maysen – non era mai stata tipo da provare ogni sorta di sentimento d’ira, se non per Patrick, ma in quel momento avrebbe preso volentieri il Ministro per il collo – che avrebbero potuto diventare facilmente le proprie. Raggomitolata nel suo letto in posizione fetale, la strega teneva gli occhi scuri aperti e perfettamente vigili mentre accarezzava il morbido e folto pelo marrone di Tristano, che le sonnecchiava accanto.
 
Per lo meno, la presenza del suo enorme cane la faceva sempre sentire meno sola e più al sicuro.
 
Non aveva mai avuto dubbi sull’aiutare i Peccati Capitali, su ciò che stavano facendo, ma ora che Maysen era sparita non poteva fare a meno di farsi sorgere qualche dubbio.
 
 
Non hanno ucciso il Ministro, sono stati accusati ingiustamente
 
Jezabel non faceva che ripeterselo, spinta dal senso di giustizia che sempre l’aveva guidata in ogni decisione, ma talvolta si rammentava di ciò che avevano fatto in passato. Quasi rabbrividì pensando a ciò che aveva fatto l’Ira alla sua stessa famiglia. O l’Invidia che aveva ucciso sua sorella. Poteva dietro quel bel volto e quel sorriso innocente celarsi un mostro simile?
 
E poi ovviamente c’era quello di cui non voleva mai parlare e che aveva fatto di tutto per evitare di incontrare per il più a lungo possibile.
Quante storie aveva sentito sulla Lussuria? Tante, forse troppe, e di certo non tutte veritiere, ma un fondo di verità doveva pur esserci.
 
Di certo non erano dei santi, nessuno di loro. E di certo non potevano definirsi del tutto “brave persone”, ma non avevano neanche ucciso il Ministro della Magia, tre anni prima.
 
Jezabel deglutì, certa che non avrebbe dormito affatto quella notte, e mentre un paio di occhi si figuravano nella sua mente realizzò che ad incuterle più timore non era l’Ira con la strage che aveva compiuto al matrimonio di suo padre, ma qualcun altro. E non tanto per i crimini che aveva commesso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Forse vi siete rese conto che già nello scorso capitoli alcuni OC non sono apparsi. Annuncio infatti che i seguenti personaggi non faranno più parte della storia:
 
  • Alistair
  • Melissa
  • Maysen
 
Melissa e Alistair non compariranno più, al massimo verranno menzionati, ma non li ucciderò.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, buonanotte e a presto.
Signorina Granger

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 
 
 
“Che cos’è quella luce?”
Jezabel si voltò alle parole dell’amica, individuando rapidamente ciò che Rita stesse indicando grazie alla completa oscurità in cui si trovavano: era notte fonda, e individuare una – o forse tante – fonti luminose ad un paio di chilometri di distanza non era difficile.
 
“Credo che sia fuoco. Torce.”
“Vuoi dirmi che li hanno…”
 
Un’espressione inorridita attraverso il volto di Rita, ma la Temperanza la prese per un braccio e la spinse nei pochi metri di le dividevano dall’ingresso del rifugio dei Peccati, bussando frettolosamente alla porta affinché le aprissero.
 
“Qui non possiamo Smaterializzarci, e prima che superiamo il confine della barriera si saranno già avvicinati troppo… non dobbiamo farci vedere.”
 
 
*
 
 
 
Loki non era ancora riuscito a chiudere occhio quella notte quando un leggero vociare proveniente dal piano terra attirò la sua attenzione, convincendolo ad alzarsi dal letto per vedere chi, come lui, fosse insonne.
 
Il mago uscì dalla stanza senza chiudersi la porta alle spalle, trovando il corridoio avvolto nell’oscurità, e scese piano le scale adocchiando un’alta ed esile figura in piedi davanti alla finestra del salotto.
Le si avvicinò senza dire nulla, affiancandola silenziosamente tenendo le braccia strette al petto e le iridi chiare indirizzate su una luce – probabilmente generata da delle fiamme – che brillava nell’oscurità e che si stava visibilmente avvicinando.
 
“Ci hanno trovati, allora.”
“Così sembra.”
 
“Quanto resisterà la tua barriera?” 
“Difficile a dirsi, non sapendo di preciso con chi abbiamo a che fare. Di certo sono molti.”
 
Mac parlò senza battere ciglio, gli indagatori occhi verdi fissi sullo stesso punto dell’amico, che emise una specie di flebile sbuffo:
 
“Siamo in sei e lo sanno, Hoffman avrà sfornato tutti i suoi bei soldatini.”
“Sveglia Ebe. Flagro deve sparire, e in fretta. Io penso agli altri. Voi restate qui.”
 
Mackenzie aveva appena finito di parlare quando, più seria che mai, girò sui tacchi e si diresse verso le scale per svegliare Alanis e il compagno. Loki, invece, restò immobile per qualche istante, gli occhi fissi sui Cavalieri che, dopo averli individuati, si stavano avvicinando.
Si domandò come avessero fatto prima di voltarsi e lanciare un’occhiata a Rita e a Jezabel, che fino a poco prima stavano discutendo con Mackenzie, ma indugiò su di loro solo per qualche breve istante prima di seguire la Gola verso il piano superiore con un debole sorrisetto sulle labbra: se non altro avrebbe avuto qualcosa da fare, quella notte, invece di aspettare il sorgere del sole morendo di noia.
 
 
*
 
 
Loki aprì la porta senza tante cerimonie, schiarendosi la gola prima di parlare senza muovere un muscolo, gli occhi fissi sull’ammasso di coperte che identificò come la sua improbabile amica e compagna di avventure.
 
“Ebe. Svegliati.”
“Mh? Loki, ma ti sembra il modo, che vuoi…”
 
La figura della strega emerse dalle coperte con la voce impastata dal sonno, mentre Flagro, disteso come suo solito tenendo la testa ai piedi del letto, bofonchiava qualcosa a mezza voce.
 
“Considerando che stanno arrivando i Cavalieri e che il tuo cavaliere dalla lucente armatura è più vulnerabile che mai, ho pensato che ti sarebbe interessato.”
 
Nonostante la situazione in cui si trovavano, Loki trattenne a stento un sorrisetto quando scorse l’Invidia scattare in piedi sull’attenti e iniziare a scuotere Flagro, ordinandogli di alzarsi.
 
“Sì, io mi darei una mossa. Ed è meglio che tu vada con lui.”
 
Loki prese il mantello dell’amica e glielo lanciò con un gesto pigro, guardandola allacciarselo mentre Flagro, sbuffando piano, si metteva a sedere sul letto cercando le scarpe:
 
“Ovviamente hanno aspettato che fosse buio… almeno sappiamo che non sono poi così stupidi.”
“Beh, se si fossero presentati per colazione avresti fatto un barbecue, quindi come biasimarli… Muovetevi.”
 
La Lussuria uscì dalla stanza mentre Ebe raccoglieva Gideon con mani tremanti, bloccandosi quando la mano pallida di Flagro indugiò sulla sua. La strega alzò lo sguardo e incrociò quello del mago, che nonostante la scomoda situazione in cui si trovava le sorrise, rassicurante:
 
“Andrà tutto bene.”
“Come fai ad esserne sicuro?”
“Perché ho te a proteggermi.”
 
 
*
 
 
“Certo che avete scelto proprio la serata migliore per venire, non c’è che dire…”
“Stavo esattamente pensando la stessa cosa.”
 
Alle parole di Alanis, in piedi vicino alla finestra rigirandosi il suo Tesoro Sacro – Courechouse, un bastone diviso in quattro sezioni tenute insieme da una catena – tra le mani Rita sospirò, chiedendosi perché diavolo avessero scelto proprio quella notte. Jezabel, seduta accanto a lei, pensò la medesima cosa mentre Mac parlottava insieme a Salem in un angolo e Loki, scendendo le scale in tutta calma, domandava tranquillamente a che punto fossero.
 
“Sono alla barriera. Ebe e Flagro?”      Ma inarcò un sopracciglio, parlando appena prima di udire la familiare – anche se preoccupata – voce dell’amica, che scese le scale tenendo il compagno per mano, Gideon stretta nell’altra.
 
“Siamo qui! Come diavolo hanno fatto a trovarci?!”
“La nostra amica Maysen è stata… rapita, crediamo. Eravamo giusto venute a dirvelo. Probabilmente si sono fatti dire da lei dove vi trovate.”
 
Rita parlò con un sospiro, tenendo il capo chino mentre lo stomaco le si stringeva in una spiacevole morsa al solo ripensare agli eventi di due giorni prima. Jess non disse nulla ma allungò silenziosamente una mano per sfiorare quella dell’amica mentre Alanis sbuffava sonoramente:
 
“Fantastico. Quanto ci metteranno a buttare giù la barriera?”
“Non puoi intensificarla?”
 
“Chiunque la attraversi senza il mio consenso prende fuoco, ma prima o poi cederà. Voi due dovreste andarvene però. Sparite nel bosco, vi verremo a cercare quando tutto sarà finito. E uno di noi deve restare qui a proteggere loro. Dobbiamo fare in modo che non le vedano.”
 
Mac rivolse un cenno perentorio ad Ebe e Flagro, che fece per andare verso la porta sul retro mentre Ebe esitava, gli occhi che passavano da un compagno all’altro. Le iridi scure della strega indugiarono su Loki, che però sbuffò e le rivolse un cenno sbrigativo:
 
“Sparisci, piccoletta.”
“Ma…”
“Non temere, ce la caveremo anche senza di te.”
 
“E tenete queste due.”
 
Alanis lanciò due bacchette all’Invidia e alla Superbia, che le presero senza osare chiedere da dove venissero – ormai nessuno faceva più quel genere di domande, non ad Alanis – mentre Rita e Jess assistevano silenziosamente e Mac guardava placidamente fuori dalla finestra rigirandosene una tra le dita affusolate.
 
Ebe ebbe un ultimo istante di esitazione, ma alla fine annuì mesta e seguì Flagro fuori di casa con il cuore in gola, non capendo come potessero i suoi amici essere così tranquilli mentre attraversava di corsa il pendio erboso.
 
“Andiamo nel bosco?”
“Sì. Più piante ci sono attorno a noi, meglio posso proteggerti. Se la caveranno, vero?”
 
Ebe si rivolse al compagno con apprensione, ma Flagro le sorrise teneramente e annuì, asserendo che non aveva alcun dubbio a riguardo.
 

*
 
 
“Vieni qui.”
“Ma…”
 
“Vieni qui.”
 
Il tono di Flagro era gentile, per nulla perentorio, ma Ebe si ritrovò comunque ad obbedire, smettendo di sbirciare fuori e attraversando la cavità rocciosa dove si erano nascosti per raggiungerlo e accovacciarsi sul suolo freddo accanto a lui, rabbrividendo un poco mentre le braccia del mago la circondavano.
 
“Ecco. Non potrò usare Rhitta, ma so ancora come si usa la magia. Almeno non sono totalmente inutile.”


Fu con un debole sorriso che il mago fece apparire una morbida coperta con cui avvolse entrambi, guardando Ebe sbuffare piano prima di appoggiare il mento sulla sua testa, la punta della bacchetta accesa mentre Gideon giaceva accanto alla sua proprietaria.
 
“Non dire così. Sei il più eccezionale di tutti. Neanche Mac ti equivale, al pieno delle tue forze.”
“Certo, ma per molte ore sono vulnerabile. Immagino di essere comunque un mago capace, ma contro i Cavalieri non potrei granché, in queste condizioni. Mi dispiace essere un peso.”
 
“Non sei un peso. Sono più che felice di proteggerti. Tu mi hai salvata, no?”


Ebe alzò la testa per guardarlo e lui annuì mentre le sfiorava una guancia con un dito, mormorando che l’avrebbe fatto altre mille volte, se necessario.
 
“E io ti proteggerò ogni qual volta in cui ne avrai bisogno. Mio padre diceva che essere speciali serve soprattutto per prenderci cura delle persone che amiamo.”


 
*
 
 
“Sta per cedere?”
“Direi di sì. Ci serve solo un piccolo, ultimo aiutino. Belle!”
 
Sentendosi chiamare Belle sobbalzò, voltandosi di scatto verso Asher mentre Sam, in piedi accanto a lei con la sua ascia in mano, le mormorava di stare tranquilla mentre molti del loro colleghi colpivano insistentemente la barriera invisibile che circondava l’area dove si trovavano i Peccati Capitali.
 
“S-sì?”
Sfondala. Con la luce.”
“Ma poi non riuscirò più a combattere, mi prende molte energie…”
“Fallo.”


Belle esitò, gli occhi scuri fissi su Asher, prima di voltarsi lentamente verso la barriera. Il suo sguardo intercettò per un istante quello di Sam quasi a voler trovare una conferma, e vedendo l’amico ed ex compagno di scuola annuire con un cenno appena percettibile la strega sfoderò lentamente la sua katana con un sospiro, annuendo.
 
 
Pochi istanti dopo un enorme samurai fatto di luce alto circa tre metri comparve davanti alla strega, che sollevò la katana con entrambe le mani e simulò di colpire qualcosa davanti a sé. Il samurai replicò la medesima mossa e, sotto gli sguardi di tutti i presenti, colpì la barriera. L’attrito produsse un tonfo sorso che portò Brian a premersi le mani sulle orecchie, e sia Belle che il samurai indietreggiarono di qualche passo.
Un sorriso appena percettibile attraversò le labbra di Sam, che però restò in silenzio e non mosse un muscolo mentre Belle replicava lo stesso movimento.
 
 
“Affascinante.”
“Già.”
“Pensi che la butterà giù?”
Loki si voltò verso Mac, che annuì senza dare segno di essere particolarmente preoccupata per il samurai alto tre metri che stava sbriciolando la sua barriera e si rivolse ai compagni:

“Senza alcun dubbio. Allora, gente… Qualcuno deve restare qui con le ragazze. Non devono entrare in casa.”
 
“Ma non posso Smaterializzarsi?”
Alanis inarcò un sopracciglio, scettica, ma Mac scosse la testa e asserì che dentro casa non ci si poteva Smaterializzare per un incantesimo creato da lei stessa.
 
“Mac, rimani tu. Io, Loki e Alanis andiamo fuori… tu ci aiuterai dal tetto e li terrai lontani. Voi restate qui.”
 
Salem rivolse un cenno ai due ex Corvonero e, lasciato un bacio sulla fronte di Mackenzie, uscì insieme a loro.
 
“Non possiamo andarcene in qualche modo? Siamo solo d’impiccio.”
Jezabel sospirò, parlando quasi si sentisse in colpa mentre teneva la mano di Rita. Mackenzie però si strinse nelle spalle, parlando con tono neutro mentre saliva le scale.
“Rischierebbero di vedervi, e non è il caso che facciate la stessa fine della vostra amica. Vado sul tetto, voi restate qui.”
 
 
Rimaste sole, le due Virtù ed ex compagne di scuola si scambiarono un’occhiata, e Rita, scettica, chiese all’amica che cosa potessero fare.
“Non abbiamo molta scelta, direi… stiamo a guardare.”
 
“Pensi che May sia…?”
“No. Non pensarlo neanche tu, Rita. Spero solo che Cris non corra rischi.”
 
 
*
 
 
Cristal Blackwood stava misurando il soggiorno a grandi passi, la vestaglia di seta allacciata in vita e le pantofole ai piedi, più nervosa che mai. Le sue amiche dovevano andare dai Peccati quella sera, ed erano d’accordo che l’avrebbero avvisata una volta di ritorno.
Era molto tardi, ma non aveva ancora ricevuto nessun messaggio.
 
Che fosse successo loro qualcosa? Le avevano seguite? Le avevano catturate? Le avevano portate chissà dove come May?”
 
“Merlino, come faccio a dormire?!”
 
La bionda sbuffò senza smettere di camminare, tormentandosi i lunghi capelli biondi mentre dei passi trascinati sulle scale anticipavano l’arrivo di Barnabas, che spuntò sul pianerottolo arruffato e in vestaglia:
 
“Cris, che cosa fai? Ti si sente marciare dalla mia camera…”
“Oh, scusa Barney, non riesco a dormire. Ho… problemi al lavoro, sai.”
 
Cristal abbozzò un sorriso, sforzandosi di apparire rilassata agli occhi del fratello minore che, invece, le si avvicinò guardandola più serio che mai, studiandola con attenzione:
 
“Sei nei guai? Puoi dirmelo. Non sono più un bambino.”
“Non sono nei guai, Barney. Va tutto bene. Te lo prometto.”
 
La strega allungò le braccia e lo strinse a sé quasi senza volerlo, abbracciando l’unico frammento della sua famiglia che le era rimasto aggrappandosi a lui come fosse la sua ancora. E forse quello che per anni per lei era stato “il piccolo Barney” era esattamente questo.
 
*
 
 
“Preoccupato?”
“Neanche per idea. Mi stavo giusto annoiando.”


Un accenno di sorriso incurvò le labbra di Alanis alle parole di Loki, che lasciò cadere con disinvoltura la sigaretta a terra prima di spegnerla pestandola. In presenza di Ebe non si sarebbe mai sognato di farlo, ma per una volta tanto valeva approfittare dell’assenza della piccoletta.
 
 
La strega stava per rispondere quando, all’improvviso, si irrigidì. E Loki con lei.
Delle figure incappucciate a dir poco inconfondibili si stavano avvicinando scivolando sul prato. Figure che nessuno di loro avrebbe mai potuto dimenticare.
 
“Cap?!”
 
Salem non rispose, ma si voltò verso il tetto da dove Mac, seduta sulle tegole con la lunga giacca nera addosso, studiava la scena.
 
Mac che sollevò la bacchetta e, pensando a ricordi ormai lontani che la vedevano nella casa dov’era cresciuta coi suoi genitori, evocò una lince argentea.
Loki borbottò l’incantesimo a mezza voce e poco dopo Alanis vide un grande unicorno fatto di luce galoppare verso i Dissennatori per farli indietreggiare e scuotere la lunga chioma, facendola sorridere un poco:
 
“Persino il tuo Patronus si mette in mostra, Louis.”
“Buon sangue non mente, Annabelle.”


 
*
 
 
Gli occhi verdi di Mac scrutavano i Cavalieri chiedendosi se tra loro ci fossero anche quelli che l’avevano picchiata tanto violentemente da causarle il peggior dolore – fisico e mentale – di tutta la sua vita.
La strega sospirò piano, ripetendosi di non farsi distrarre mentre sollevava la mano destra, comprimendo lentamente le lunghe dita pallide.
 
Dolore
 
A volte voleva che ne provassero tanto quando lei.
 
 
 
 
 
“Ok, qual è il piano? Fingiamo di, mh… picchiarli?”
“Sì, ma tu vacci piano… fingi di essere ferita, che so.”
 
Belle annuì, poco convinta, prima di evitare di colpire il Capitano con la katana per un soffio, guardandolo Smaterializzarsi e apparire alle spalle di un Cavaliere prima di Schiantarlo.
 
Alanis aveva quasi l’aria di divertirsi vagamente mentre rubava armi a più non posso, ridacchiando di fronte alle espressioni frastornate dei Cavalieri quando le loro preziosi arme sfuggivano alle loro prese.
 
“Carino, il tuo samurai. Ci faccio un pensierino.”
 
La katana scivolò dalle mani di Belle per finire in quelle di Alanis, che sfoggiò un rapido sorrisetto prima di prendere il controllo della gigantesca figura che brillava nella notte. Non colpì un gruppo di Cavalieri per un soffio, ridendo divertita.
 
All’improvviso, Belle si sentì quasi sollevata di non essere nel mirino di quelle persone, mentre guardava alcuni dei suoi colleghi agonizzare a terra senza un apparente motivo. Provò un po’ di dispiacere per loro, e alzò lo sguardo sul tetto scorgendo una figura seduta sulle tegole un attimo prima di comprendere.
 
 
 
 
 
La mano di Mackenzie stava per chiudersi a pugno quando i suoi occhi vagarono sui compagni per assicurarsi che tutti se la stessero cavando. Alanis aveva l’aria di divertirsi, praticamente, ma la strega posò lo sguardo su Loki prima di ritrovarsi costretta a lasciar perdere i Cavalieri che stava per uccidere.
 
“A volte mi domando dove sareste, se non ci fossi io…”
Fu con un lieve sbuffo che la strega si alzò, evitando la freccia che le venne scagliata contro. La seconda l’afferrò con la mano e, dopo averle rivolto una breve occhiata, ne incendiò la punta prima di rimandarla indietro. Sentì l’esplosione, ma non si voltò, curandosi dell’amico e rendendosi conto che Loki aveva i vestiti rovinati.
 
Si sentì improvvisamente sollevata di trovarsi sul tetto, in effetti.
 
 
 
Si era sentito afferrare la gamba sinistra da qualcosa prima di finire trascinato a terra, comprendendo che fosse la stretta di una frusta mentre il Cavaliere davanti a lui, non seppe bene come, evocava una gran quantità d’acqua dal nulla.
 
Cavaliere che, evidentemente, poteva far cambiare all’acqua stato e temperatura, perché di certo sarebbe rimasto ustionato dalla cortina di acqua che lo aveva circondato se non si fosse liberato in tempo dalla presa della frusta.
Riconobbe il Cavaliere dai capelli scuri come uno dei maghi che lui e gli altri avevano affrontato al Torneo di Agrardis prima di rendersi conto, con orrore, che i suoi preziosissimi pantaloni gessati blu erano stati rovinati dall’impatto con l’acqua bollente.
 
MI HAI… ROVINATO… I PANTALONI NUOVI?!”
 
 
Il doppio arco fatto di luce apparve nelle mani del Peccato, che scagliò una freccia senza neanche voltarsi verso un Cavaliere in avvicinamento mentre si alzava, gli occhi chiari fissi su un Brian quasi leggermente confuso: in un momento del genere quell’uomo pensava all’incolumità dei pantaloni?
 
 
*
 
 
Spero che nessuno rovini i vestiti all’elegantone, potrebbe offendersi un poco!”
“Tu dici?”
“Certo, lo conosco bene!”


Ebe abbozzò un sorriso, ma Flagro la vide incupirsi un poco e le sorrise mentre le scostava una ciocca di capelli scuri dal viso:
 
“Un po’ ti dispiace non essere lì con loro, vero?”
“Sei la cosa più importante, è ovvio, però… spero che se la cavi.”
 
“Certa che se la caverà, non stare in pena per Loki. Non ha bisogno del tuo aiuto.”
 
“COSA DICI, certo che ne ha! L’ho aiutato innumerevoli volte, io!”
 
Ebe incrociò le braccia al petto, stizzita, e l’uomo ridacchiò mentre annuiva, scusandosi solennemente e rimarcando quanto la strega fosse indispensabile per le sorti del suo amico e dei suoi vestiti.
 
 
*
 
 
Loki avrebbe avuto un bel numero di Cavalieri da affrontare, ma stava meditando sulla giusta punizione da infliggere all’uomo che aveva osato rovinargli i vestiti. Non che li avesse pagati, chiaramente, ma era comunque un affronto che non poteva ignorare.
 
 
Brian, dal canto suo, stava evitando le sue Maledizioni Senza Perdono rammentando in modo confuso qualcosa che Luvienne gli aveva detto quella mattina, quando avevano organizzato la spedizione alla quale la strega aveva preferito non prendere parte.
 
 
“Non rovinargli i vestiti.”
“Perché scusa?”
“Fidati Brian, piuttosto uccidilo subito, ma ascolta quello che ti ho detto.”
 
Aveva quasi pensato che la collega e amica lo stesse prendendo in giro, ma forse Luvienne era stata più seria del previsto.
 
 
Maledicendolo mentalmente e con l’ausilio della bacchetta, anche se quel fastidioso Cavaliere continuava ad usare degli strani scudi di puro ghiaccio per difendersi, Loki stava quasi per considerare la possibilità di fargli perdere coscienza: certo, avrebbe preferito farlo e vederlo soffrire dopo l’affronto subito, ma almeno se lo sarebbe levato dai piedi in fretta.
 
Fu all’ora che, distraendosi un poco, Loki scorse una figura ormi familiare. La figura di un mago alto e dai capelli color biondo scuro, un bastone nodoso in mano.
Il secondo di distrazione gli sarebbe stato fatale se non avesse avuto i riflessi abbastanza allenati da permettergli di spostarsi e evitare parzialmente la fattura che Brian gli lanciò contro. L’incantesimo lo colpì solo di striscio sulla spalla, provocando un taglio netto sulla manica della sua giacca e dei rivoli di sangue sul tessuto.
 
“Anche la giacca? Sai, mi sono veramente stancato. E ho altro di cui occuparmi.”
 
Abbandonato l’ausilio della bacchetta, Loki schioccò semplicemente le dita, e sia Brian che gli altri Cavaliere che si trovavano nel raggio di cinque metri vennero scagliati a terra da un’onda d’urto che fece quasi ridere la Gola.
Aveva quasi pensato di aiutarlo, ma poi Mac aveva deciso di godersi lo spettacolo.
 
La Lussuria invece girò sui tacchi e seguì Asher a passo di marcia, ignorando deliberatamente gli attacchi che gli venivano scagliati contro parandoli o evitandoli senza neanche voltarsi, facendo crollare a terra più di un Cavaliere che si metteva sul suo cammino.
 
 
“Stai cercando Flagro?”
 
 
Si erano allontanati da tutti gli altri di diversi metri, trovandosi quasi in mezzo agli alberi, sulla fiancata del rifugio, quando la voce profonda di Loki giunse alle orecchie del Cavaliere, che si fermò voltandosi d’istinto:
 
“Presumo sia con la tua amichetta. Lo state proteggendo? Che carini. Beh, non penso sarà difficile metterla fuori gioco di nuovo, e lui a quest’ora è pressoché inutile.”


 
Probabilmente Asher si sarebbe aspettato qualsiasi tipo di risposta o di reazione da parte del Peccato, che però riuscì comunque a stupirlo: il Cavaliere, più confuso che mai, lo guardò ridere per la prima e ultima volta in vita sua.
Forse il Ministro aveva ragione, quando li definiva dei poveri folli.
 
 
“Tu… mettere fuori gioco Ebe. Certo. Ti farebbe fuori schioccando le dita. E’ solo troppo tenera per farlo. Per tua sfortuna, ti sei imbattuto nel meno tenero di tutti.”
 
 
*
 
 
“Che succede?!”
“Non lo so, non vedo niente, vedo solo un… coso enorme luminoso, ma che Tosca è?!”
 
Rita, in ginocchia davanti alla finestra, stava sbirciando fuori insieme a Jezabel cercando di capire come se la stessero cavando i Peccati, ma senza grandi risultati.
 
“Forse è una specie di arma dei Cavalieri. Merlino, mi sento così inutile… non abbiamo possibilità di uscire senza essere viste, vero?”
 
Jezabel parlò con un sospiro mentre i Dissennatori circondavano l’edificio, costretti a restare a distanza dal Patronus di Mackenzie, che brillava nell’oscurità tanto tanto il samurai alto diversi metri di cui Belle sembrava aver ripreso il controllo.
 
“Con i Dissennatori in giro IO non metto piede fuori neanche per tutti i Galeoni del mondo, Jess. Esseri ripugnanti…”
 
L’ex Tassorosso lanciò un’occhiata che traboccava disgusto alle creature mentre Jezabel, sospirando, si metteva seduta sul pavimento appoggiandosi contro la parete.
 
“Continuo a pensare a May, sai. Tu cosa… cosa hai provato quando eri a casa sua?”
 
“Non saprei. Paura, credo, principalmente. Dolore. Perché me lo chiedi?”
 
Rita lanciò un’occhiata perplessa all’amica mentre si metteva seduta accanto a lei, guardando la strega scuotere la testa mentre si stringeva le ginocchia al petto:
 
 
“Io non riesco… a sentire quasi niente. Non riesco a piangere per lei, così come non ho mai pianto per Michael. La conoscevo da quando avevamo 11 anni. Dimmi perché non soffro come dovrei, Rita.”
La voce di Jezabel s’incrinò mentre si voltava verso l’amica, gli occhi scuri improvvisamente lucidi, e Rita le sorrise prima di prenderle una mano:
 
“Sai, vorrei poter dire di avere sempre tutte le risposte, ma non è così, anche se la gente spesso lo pensa. Ma so quanto vuoi bene a May, così come ne vuoi a me, o a Cris. Ti conosco da 16 anni, Jess. Non… esterni molto bene quello che provi o senti, ma questo non significa che non provi niente.”
 
“E allora perché non riesco neanche ad evocare uno stupido Patronus, Rita? Chiunque lo fa… tranne me.”
“E’ un incantesimo complesso, servono ricordi molto felici.”
 
“Cris ha perso quasi tutta la sua famiglia. Lei ci riesce però. Queste persone ci riescono, con le loro storie travagliate. Io no.”


Jezabel scosse il capo mentre colpiva il pavimento con irritazione, chiedendosi per l’ennesima volta nel corso dei suoi ventisette anni di vita cosa avesse che non andava.
 
“Forse quel tipo di felicità ancora ti manca, Jess. Ma lo avrai, ne sono sicura. Nessuno che io conosca lo merita più di te.”
 
“Vorrei solo provare qualcosa, per una volta. Un sentimento di qualsiasi genere, ma che… che mi scuoti l’anima. Adoravo Michael, e quando è scomparso a stento ho battuto ciglio. Quando ho scoperto di Patrick mi sono arrabbiata, certo, ma è passata in fretta. E anche se stavo con lui sapere che mi tradiva non mi tangeva neanche lontanamente.”
 
Rita abbracciò l’amica con un sospiro, mormorando che non aveva nulla che non andava e che, semplicemente, forse non aveva ancora trovato qualcuno da amare a tal punto da provare ciò di cui parlava.
 
“I tuoi genitori adottivi ti volevano bene, ma non sono mai stati molto affettuosi con te, specie tuo padre. No? Mi hai detto che a volte ti sentivi quasi come se avessero paura di te e di quello che potevi fare. Presumo che questo non ti abbia aiutata molto… ma arriverò anche per te Jess. Non temere. Io ho sempre ragione, dopotutto.”
 
 
*
 
 
 
 
Un Dissennatore gli si stava avvicinando, ma Loki, dopo anni passati ad Azkaban, avrebbe potuto riconoscere quella sensazione, quel freddo spettrale e l’angoscia, da interi chilometri di distanza.
 
Expecto Patronum.”
 
Dalla punta della sua bacchetta uscì un secondo Unicorno luminoso, e la Lussuria lanciò un’occhiata di sbieco alla bacchetta che teneva in mano – ricoperta, sull’estremità dell’impugnatura, da piccole crepe – certo che non gli sarebbe servita ancora per molto.
Merlino, quanto gli mancava quella che aveva comprato con suo padre e sua sorella Camille – che saltellava davanti al bancone più emozionata di lui – da Olivander 18 anni prima.
 
 
“Perché ci tenete così tanto a proteggere la Superbia?”
“Suppongo che oramai possiamo considerarci tutti una… stramba famiglia, diciamo. E una persona a cui tengo tiene molto a lui.”
 
Loki si sistemò gli straccali blu notte sulle spalle quasi non nonchalance, come se stesse affrontando una piacevole e normale conversazione sul tempo atmosferico e ignorando la bacchetta che il Cavaliere gli puntava contro.
 
“Io non ci credo, alla favoletta dove siete tutti amici, vi volete bene e siete innocenti.”
“Libero di non crederci, non mi interessa. Vogliamo solo riavere una vita normale, nulla di più. Adesso, visto che Flagro non ne ha la possibilità, immagino di dover completare la sua opera dell’altra volta.”
 
Un Protego non verbale protesse l’ex Corvonero dallo Schiantesimo di Asher, ma la sua potenza lo fece comunque arretrare di quasi mezzo metro. Loki però sorrise appena, quasi vagamente divertito, mentre lo guardava con disapprovazione:
 
“Che maleducato. A me hanno insegnato che ci si inchina, quando si duella.”
 
 
Una specie di mano invisibile costrinse Asher ad inchinarsi digrignando i denti, trattenendosi dall’imprecare mentre l’altro lo guardava soddisfatto.
 
“Bene. Adesso cominciamo. Crucio.”
 
*
 
 
 
Per qualche assurdo motivo, Asher stava facendo un’immensa fatica a colpire la Lussuria: quando il mago stava per non riuscire a parare un incantesimo in tempo, i rami degli alberi in mezzo a cui si trovavano si allungavano davanti al mago e venivano colpiti al suo posto, spezzandosi o polverizzandosi.
Per un attimo lo stesso Loki era rimasto a guardare con leggera perplessità, ma ben presto aveva capito di cosa si trattasse.
 
 
 
“E’ in mezzo a degli alberi?”
“Sì, quasi lo sento. Me lo stanno… dicendo.”
 
Ebe annuì, la fronte aggrottata per la concentrazione mentre aiutava, per quanto poteva, il suo amico a distanza.
 
“Vedi che gli vuoi bene?”
Flagro, appoggiato alla parete rocciosa rigirandosi la bacchetta tra le mani, sorrise divertito mentre una spessa coltre di radici copriva quasi del tutto l’ingresso della cavità, coprendoli alla vista in caso qualcuno fosse passato lì davanti.
 
“Non essere ridicolo, è che sono in debito con lui. E nessuno vuole essere in debito con Louis Murray tanto quando nessuno vuole esserlo con te, dammi retta.
 
 
*
 
 
“Dove diavolo si è cacciato Loki?! Non posso fare tutto da sola con Cap, per Morgana! MAC! Dammi una mano!”
 
Alanis mollò un calcio all’uomo che aveva atterrato, intimandogli di non muoversi mentre il Capitano combatteva a qualche metro di distanza.
Mackenzie, che non aveva mai lasciato il tetto, sbuffò piano, borbottando qualcosa a mezza voce:
 
Dobbiamo sempre fare tutto noi donne…”


 
Belle la guardò saltare dal tetto quasi con orrore, chiedendosi se non si sarebbe schiantata al suolo, ma all’improvviso si rese conto di riuscire a malapena a muoversi.
La strega abbassò lo sguardo sulle proprie gambe, che si muovevano al rallentatore, mentre l’alta figura di Mac atterrava lentamente e con grazia al suolo, sfoderando la bacchetta al contempo.
 
 
“Forte.”
 
Alanis si guardò attorno con un sorriso, osservando i Cavalieri non riuscire a correre mentre Mac si aggirava tra loro quasi con calma, con fiotti di luce rossa che venivano scagliati da tutte le parti, colpendo i Cavalieri Schiantandoli.
 
Belle la guardò avvicinarlesi col cuore in gola, ma vide Mackenzie rivolgerle un accenno di sorriso e una strizzatina d’occhio prima di sfiorarle la fronte con le dita:
 
“Adesso dormi, signorina.”


La strega sbattè le palpebre, confusa, mentre la vista le si annebbiava, e si lasciò scivolare al suolo sentendo le gambe come fatte di zucchero filato.
La Gola la superò per occuparsi di altri cavalieri mentre l’effetto del suo incantesimo iniziava a svanire, e Belle chiuse gli occhi lentamente sotto al cielo stellato, lasciandosi trasportare dolcemente nel sonno.
 
 
*
 
 
“Devo ammettere che sapendo che c’è la Gola a proteggerci mi sento piuttosto rincuorata. Forse potremmo persino cavarcela!”


Rita parlò strabuzzando gli occhi, quasi stentando a credere alle sue stesse parole mentre guardava Mac respingere gli attacchi.
 
“Ma dov’è finita la Lussuria? Vedo lei, l’Invidia… l’Ira è praticamente circondato, non riesco a vederlo, ma immagino che se la caverà. Jess?”
 
La psichiatra si voltò verso l’amica, la fronte aggrottata, e vide Jezabel in piedi con le braccia strette al petto a qualche metro di distanza, davanti alla finestra che affiancava la porta d’ingresso.
 
“E’ di là, Con Asher Flint.”
 
“Quello che piaceva a…”
 
Rita non finì la frase, preferendo non pronunciare un’altra volta quel nome ad alta voce. Scosse il capo e si rivolse di nuovo all’amica, scettica:
 
“Pensi che ci sia lui dietro alla sua sparizione?”
“Non saprei. Di certo è stato il Ministro a dare l’ordine, ma lui potrebbe avergli detto cose per convincerlo. Probabilmente anche lui le si è avvicinato per carpirci informazioni, dopotutto.”
 
 
“Oh, beh, sono sicura che la Lussuria se la caver- JESS! JESS, dove stai andando?!”
 
Aveva appena udito un grido soffocato quando la Fortezza si ritrovò a guardare con orrore l’amica muoversi di scatto, aprire la porta e uscire senza tante cerimonie.
 
“PORCA TOSCA, TORNA SUBITO QUI! JESS!”
 
Rita si alzò e corse alla porta deglutendo a fatica, gli occhi fissi sull’amica: che diavolo era successo? La guardò scendere il pendio quasi incespicando sul prato chiedendosi a cosa stesse pensando, rabbrividendo nel sentire un freddo innaturale riempirle i polmoni.
 
“Ti sembra questo il momento di fare la coraggiosa!? E’ il momento peggiore, porca Morgana!”
 
 
*
 
 
“Pezzo di merda… figlio di… puttana.”
 
Loki strinse i denti per celare un gemito mentre si estraeva con un movimento secco e deciso una sorta di gigantesca spina dal fianco destro, tentando di ignorare la fitta di dolore acuto mentre il sangue gli macchiava i suoi bei vestiti.
 
Asher giaceva a terra a qualche metro di distanza, ansante e ferito quasi quanto lui, e stava per recuperare il suo bastone quando qualcosa, accanto a lui, mi mosse:  i rami del faggio alle sue spalle si incurvarono e allungarono fino a raggiungerlo, sollevandolo e stringendolo in una morsa ancorandolo al tronco.
 
Un sorriso appena percettibile incurvò le labbra di Loki, che sollevò a fatica il braccio attorno al quale comparve di nuovo il suo arco:
 
“Te l’ho detto, che la piccoletta ti farebbe il culo. Non puoi controllare il suo elemento meglio di lei. Ah, questo è per averla quasi uccisa.”


 
 



 
“E’ ferito!”
Il pigolio spaventato di Ebe lo fece sospirare, sfiorandole le spalle con le braccia mentre la guardava con apprensione:
 
“Puoi fare qualcosa?”
“Dovrei aver intrappolato il Cavaliere. Credo sia quello che voleva uccidermi.”
 
L’espressione di Flagro si rabbuiò e per un istante la presa sulle spalle della strega si intensificò un poco, rammaricandosi di non poter fare nulla. Avrebbe tanto voluto farlo lui stesso, ma in quel momento gli sarebbe stato impossibile.
 
Beh, sempre meglio che lo facesse Loki, piuttosto che lasciarlo a piede libero.
 
 
“Devo andare! Resta qui, ok? Non ti muovere, torno subito!”
 
Ebe scattò in piedi sotto il suo sguardo attonito, e iniziò a cercare di spostare le radici che lei stessa aveva creato mentre Flagro si alzava a sua volta:
 
“Dove stai andando?”
“Lo devo aiutare, se lo attaccassero ora… E’ il mio… è il mio migliore amico.”


Flagro esitò, ma annuì e le rivolse un sorriso dolce, mormorando che l’amava proprio per il suo buon cuore prima di farle cenno di andare.
 
Ebe gli rivolse un’ultima occhiata preoccupata, mormorando che sarebbe tornata subito da lui, prima di iniziare a correre più velocemente che poteva. Non avrebbe mai immaginato che qualcuno la stava precedendo.
 
 
 
*
 
 
 
Che vita di merda…”


Loki appoggiò il capo al suolo con una smorfia, la mano che sfiorava la profonda ferita che lo stava lentamente torturando. I rami avevano smesso di trattenere Asher e ora il mago riversava a terra, immobile e in una posizione innaturale, gli occhi chiari aperti e una freccia in pieno petto.
 
La Lussuria tastò il terreno attorno a sé per cercare tracce della sua bacchetta, ma ben presto si arrese dicendosi che doveva essere finita chissà dove.
 
Beh, praticamente non poteva muoversi ed era senza bacchetta. Se lo avessero attaccato in troppi sarebbe stata di certo la sua fine.
 
Se non altro, si disse tetro guardando il cielo sopra di sé, era una bella notte per andarsene.
 
Quando sentì correre verso di lui neanche si voltò, preparandosi al momento che temeva da tutta la vita, ma si ritrovò a sorprendersi quando sentì qualcuno inginocchiarsi accanto a lui e una voce femminile, una delle più dolci che avesse mai udito, giungere quasi timidamente alle sue orecchie:
 
“Sta bene? Ho sentito…”
 
Gli occhi scuri di Jezabel indugiarono su Asher prima di tornare su Loki e sulla sua ferita, deglutendo mentre il mago parlava non nonchalance, guadando pigramente sopra di sè:
 
“Probabilmente sto per morire, penso sia giunta l’ora di darmi del tu.”
“Non dire sciocchezze. Sono un medico. Lo ero. Insomma, sono un medico.”


Loki stava quasi per considerare la possibilità di non morire entro l’alba quando, all’improvviso, il gelo calò su entrambi. Vide Jezabel spalancare gli occhi scuri con orrore tanto quasi quanto lui, ed entrambi si voltarono pietrificato verso il Dissennatore che si stava avvicinando, scivolando sull’erba nella loro direzione.
 
“Patronus. Adesso.”
“Io non… io non posso farlo. Fallo tu!”
 
“Non ho una dannata bacchetta! Che vuol dire che non puoi farlo?!”
 
Loki la guardò aggrottando la fronte, confuso, e la strega scosse lentamente il capo senza riuscire a staccare gli occhi dal Dissennatore, il cuore in tumulto.
 
“Non posso.”
“Beh, o lo fai o sarà molto peggio che morire!”
 
Le parole di Loki costrinsero Jezabel a voltarsi verso di lui, e per una volta in vita sua la strega agì senza riflettere, prendendolo per una spalla prima di sparire nel nulla insieme a lui, Smaterializzandosi.
 
 
 
 
Expecto Patronum.”
 
Un panda rosso precedette Ebe contro il Dissennatore, costringendolo ad indietreggiare mentre la strega giungeva lentamente nella radura: i suoi occhi scuri indugiarono su Asher e poi sul punto dove un attimo prima doveva essersi trovato Loki.
 
La luce emanata dal suo Patronus le permise di scorgere del sangue sul prato, e la strega deglutì prima di mormorare qualcosa a mezza voce, la voce tremante:
 
Loki?”
 
 
*
 
 
“Pf, babbei. Se ne vanno con la coda tra le gambe, alla fine.” 
Alanis parlò con un sorriso soddisfatto mentre, in piedi accanto a Mac e tenendo Courechouse in mano, guardava i Cavalieri superstiti iniziare a Smaterializzarsi mentre i Dissennatori battevano la ritirata, cacciati dai Patroni di Mac e Alanis.
 
Brian, la frusta in mano, si guardava attorno col cuore in gola, cercando Asher. Deglutì chiedendosi che fine avesse fatto l’amico, ma l’ennesimo richiamo di un collega lo costrinse ad imitare gli altri.
 
“Andiamo.”
Dopo averla dolcemente aiutata ad alzarsi Sam appoggiò una mano sulla spalla di Belle, che ancora leggermente frastornata annuì e se ne andò insieme a lui dopo aver rivolto un debole cenno in direzione di Mac e Alanis.
 
“Dov’è Richard?”


“Ci sono Ebe e Flagro… dov’è Loki?!”
 
Alanis aggrottò la fronte mentre guardava Ebe e Flagro avvicinarsi al duo mano nella mano, con Ebe che stringeva convulsamente Gideon e aveva l’aria di aver visto un fantasma.
 
“Non lo so è… sparito. Ha ucciso un Cavaliere, ma non sono riuscita a trovarlo. Spero che non sia stato portato via, o peggio.”
 
Ebe tirò su col naso, strofinandosi gli occhi mentre Flagro, abbracciandola, le assicurava che l’amico stesse bene. Intanto Rita li raggiunse lentamente, guardandosi freneticamente attorno alla ricerca dell’amica, mentre Mac perlustrava l’area con lo sguardo, improvvisamente preoccupata:
 
“Richard?!”
 
 
Non si curava spesso di lui quando combattevano, assolutamente certa e fiduciosa nei confronti delle abilità del Capitano. Ma perché non ce n’era traccia?
 
 
“Anche… Anche Jezabel è sparita. Li avranno catturati?”
“Forse sbattuti ad Azkaban. O uccisi. Porca Morgana, idiota di un Louis…”


Alanis, da sempre l’unica del gruppo a chiamare la Lussuria col suo vero nome, sospirò e colpì rabbiosamente il suolo con l’estremità di Courechouse mentre Rita impallidiva.
 
Non poteva essere sparita anche lei.
Semplicemente non poteva.
 
 
 
*
 
 
 
Loki si aspettava di ritrovarsi ovunque, ma di certo non su un comodo materasso.
 
Si stava guardando attorno, confuso e più stupito che mai di averla scampata, quando Jezabel accese una luce e lo costrinse a coprirsi la vista con le mani, inveendo.
 
“Se non vedo non posso curare nessuna ferita.”


Jezabel si sfilò la giacca, lasciandola sul letto mentre la Lussuria, redendosi conto di essere in una camera – probabilmente quella della Virtù – abbozzava un sorrisetto nonostante il dolore:
 
“Ho avuto a che fare con molte donne che hanno escogitato di tutto pur di portarmi nel loro letto, ma questa mi mancava. Astuta.”
 
Quasi rise di fronte al visibile imbarazzo della strega, che incrociò le braccia al petto prima di lanciargli un’occhiata piuttosto torva:
 
Stai zitto. E… sbottonati la camicia.”
“Che disdetta, non ne sono in grado.”
 
Jezabel sbuffò sonoramente mentre gli scostava i lembi della giacca e prendeva a sbottonargli la camicia, rifiutandosi di guardarlo in faccia e provando a ripetersi che era solo come curare l’ennesimo paziente mentre ignorava deliberatamente il suo sorrisetto fastidioso.
Era sicura che se ne sarebbe pentita molto in fretta. O forse stava già iniziando a farlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo Autrice:
 
Buongiorno! Lo so, credete sia un miraggio, ma sto davvero aggiornando di mattina.
Detto ciò, ben ritrovate col capitolo della settimana, dove completo la strage di quella precedente eliminando, rispettivamente, Asher e Salem.
 
Mi dispiace se avete trovato il capitolo un po’ breve, ma quando inizi ad eliminare a tavolino tutti i personaggi la voglia di scrivere un po’ scema. Spero di non dover eliminare altri OC, comunque, perché in tal caso penso che sarebbe più sensato chiudere la storia che continuarla.
Grazie, comunque, alle persone che sono sempre presenti e partecipi 😊
 
A presto, e buon weekend!
Signorina Granger

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Capitolo 19
*** Avviso ***


E' con enorme sconforto e dispiacere che mi accingo a scrivere queste righe, ma credo che continuare a tenervi in "stallo" quando non riesco ad andare avanti sia solo controproducente.
Mi dispiace veramente tantissimo doverlo fare, ma temo di dover sospendere la storia. Non avete idea di quante volte io abbia provato a scrivere il capitolo successivo, qualcosa l'ho anche buttato giù, ma il risultato mi è sempre sembrato senza un ma e senza un perchè, senza un vero filo logico. 
Spero che capiate che 7 personaggi in meno non sono pochi, e che un numero di eliminazioni così consistente va ad incidere terribilmente sulla trama che ci si era prefissati. 
In parte è ovviamente colpa mia per la prolungata assenza, ma vi assicuro che mi ero messa il più propositiva possibile per riprenderla e mandarla avanti... purtroppo non è andata e mi dispiace tantissimo, soprattutto per i bei personaggi che mi sono ritrovata tra le mani. Arrivati a questo punto mi dispiace terribilmente non dar loro una conclusione, ma proprio non riesco ad andare avanti, mi sembra che tutto ciò che scrivo non abbia senso o un contesto. 
Non penso che rimarranno abbandonati a loro stessi del tutto, una sorta di "conclusione" a molti di loro - soprattutto i Peccati, ovviamente - di sicuro in futuro la darò. 
Vi ringrazio tantissimo per questi personaggi, per la pazienza e la costanza, e grazie soprattutto a Chemy, Bri e Anna per tutti i sorrisi che mi strappano e per l'immancabile supporto (Bri, tu mi hai donato Loki, che te lo dico a fare). 
Speravo davvero di non ritrovarmi a dover sospendere una storia un'altra volta, soprattutto perchè questa era a buon punto e l'idea mi piaceva da morire, ma al momento non riesco proprio ad andare avanti. Scusate per i disordini e per i vostri bei personaggi, molti dei quali non ho neanche fatto in tempo ad approfondire. 
Ci sentiamo presto su altri lidi, spero. 
Signorina Granger 

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