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Alla ricerca di Mai
*
Capitolo 1
*
Alla televisione lo avevano previsto e puntuale come un orologio svizzero, il temporale si era abbattuto sulla Città Dell’ Ovest alle 14.30, scatenando tutta la sua potenza.
Trunks osservava la pioggia cadere dalla finestra della sua camera da letto, doveva studiare, ma non ne aveva voglia.
La scuola era iniziata da qualche giorno e già aveva una montagna di cose da fare ed imprare.
Era da una settimana che non aveva più voglia di fare nulla.
Da quelle maledette 14.30 di lunedì 16 Settembre, quando Mai lo salutò per andare via con Pilaf e Shu, non si sa bene dove di preciso.
Un forte abbraccio, un sorriso, il profumo che gli lasciò sotto il suo naso quando Mai gli diede un timido bacio sulla guancia e un “ci rivedremo presto” sono i suoi ultimi ricordi.
Perché non gli ha mai detto quello che provava per lei? Se solo si fosse aperto, ora non sarebbe andata via, o forse se ne è andata perché aveva già capito tutto? D'altronde Mai era molto più grande di lui, poteva essere sua madre per quanto concerne l’età, ma il suo corpo era quello di un’adolescente, un’adolescente della sua stessa età.
Mai glielo aveva confessato qualche giorno prima della sua dipartita, doveva togliersi quel peso enorme, forse perché i sentimenti che provava per Trunks, non erano di semplice amicizia e quindi doveva sapere la verità ad ogni costo, anche se questo avesse significato perderlo per sempre.
In un primo momento pensò si trattasse di uno scherzo, ma quando iniziò a parlare di Goku bambino, Bulma, Yamcho, la scimmia enorme, tutte cose che gli raccontava sua madre prima di addormentarsi, non proprio favolette da leggere ad un bambino, ma Trunks era un bimbo speciale, si addormentava solo così, con le avventure vissute da sua madre da ragazzina.
Lì capì che non le stava affatto mentendo.
Perché raccontare tutto adesso?
Pensieri, pensieri attanagliano la mente del figlio del principe dei Saiyan, domande che almeno per ora, non troveranno risposta.
Lente gocce scivolavano lungo la finestra vetrosa, il temporale stava passando per lasciare spazio ad un timido sole che si fece strada tra le nuvole grigie.
Un tuono in lontananza ne decretò la fine, come quando avviene per uno spettacolo pirotecnico, dove gli ultimi tre botti sparati a vuoto annunciano il termine dello show.
Trunks aprì la finestra, in modo da rinfrescare la stanza e sentire il profumo che la pioggia aveva lasciato al suo passaggio, in lontananza un’ arcobaleno incorniciava le montagne.
Sorrise ripensando a qualche anno prima, quando dopo un temporale, si recò alla fine dell’arcobaleno con Mai per vedere se la leggenda che le aveva raccontato fosse vera.
“Si narra che se riesci a trovare la fine dell’arcobaleno, lì troverai un vero tesoro” E chi era lui per non accertarsi di persona se realmente era vero?
Quel giorno non trovarono niente di materiale, anzi, Trunks non era nemmeno sicuro che quello fosse il posto giusto, ma era lì con la sua Mai, il suo tesoro.
Solo che lo capì qualche tempo più tardi.
“Ah Mai…avevi ragione, alla fine dell’arcobaleno c’è veramente il tesoro, e io me lo sono fatto sfuggire come uno stupido”.
Avrebbe voluto piangere, ma non è così che si comporta il figlio del principe dei Saiyan, ma andare a sfogare la sua rabbia con un po' di esercizio fisico tra le montagne, quello si, era contemplato.
*
“Mi sembrava di percepire un’aura famigliare”
Trunks si voltò di scatto riconoscendo quella voce e passò sulla fronte sudata il dorso della mano destra.
“Perché mai te la prendi con quella quercia secolare? Ti ha fatto qualcosa di male? Ti ha insultato?” Goten scoppiò in una sonora risata.
Sbuffò e andò a sedersi vicino a lui, quattro chiacchere tra amici gli avrebbe fatto sicuramente bene.
“Indovino il tuo problema” Gli disse passandogli la bottiglia d’acqua “vediamo…” iniziò a pensare portandosi un dito sul mento “…capelli e occhi corvini”
Il lilla trangugiò tutta l’acqua in un sol sorso e quasi si strozzò sentendo le ultime parole dell’amico.
“Lo sapevo” Esclamò vincitore.
“Tu sai sempre tutto” Intervenne sarcastico.
Il Son inarcò un sopracciglio “Certo, sei come un libro aperto per me”
Era vero, lo conosceva come le sue tasche, ad entrambi bastava uno sguardo per capirsi, era sempre stato così.
Quel pomeriggio parlarono del più e del meno, in realtà parlò solo Goten dei suoi problemi o di tutto quello che gli stava passando per la mente, era sempre stato il più chiaccherone dei due, gesticolava e gesticolava.
“…e così ho detto a Valese…” Goten non finì la frase perché vide che Trunks non lo stava neanche a sentire, aveva lo sguardo perso alto nel cielo e senza accorgersene strappò via tutti i fili d’erba intorno a se.
“Trunks” Lo richiamò all’ordine ricevendo solo un “Umh” come risposta.
Il figlio di Goku si portò in piedi davanti a lui e con un gran sorriso gli disse “Andremo alla ricerca di Mai”
* Continua
* Nota dell’Autrice: Ciao a tutti, so che manco da un sacco su questo sito, un po' perché non avevo più tempo di scrivere e poi non avevo più ispirazione. Spero che questa storia vi incuriosisca un po'. Scusatemi se il primo capitolo è un po' breve, ma la storia vera e propria inizierà dal successivo.
Avere
la possibilità di vedere cosa accade al proprio futuro, non è cosa da tutti, ma
a lei è stato concesso questo privilegio.
Alcune
persone si affidano alle mani sapienti delle chiromanti, che attraverso sfere
di cristallo, pietre lunari, carte, o qualche altra diavoleria, per avere
risposte, per trovare speranza, per sapere se avranno un pizzico di fortuna,
per capire se l’uomo o la donna amata ricambia gli stessi sentimenti, ma di
certo a questo mondo non c’è mai nulla.
Lei
non avvertiva questo desiderio, perché era il tipo di donna, che viveva alla
giornata e la sua fortuna se la creava da sola.
Come
quando per fatalità si ritrovò alla Capsule Corp. con l’intento di rubare le
sfere del drago raccolte non con grandi difficoltà dalla proprietaria,
sicuramente aiutata da Trunks e da Goten, e senza rendersene conto era stata ospitata
nell’enorme residenza, coperta da tutti gli agi da quella famiglia ricca.
Camerieri
robot che sparacchiavano, apparecchiavano la tavola e servivano colazioni, pranzie cene, letti
fatti e rifatti dagli stessi servitori, pulizie eseguite in tutta la residenza
nel giro di poche ore.
Solo
nei suoi sogni poteva godere di certi confort.
Chi
lo avrebbe mai pensato, il giorno prima di dormire su una panchina di un parco
pubblico ricoperta da fogli di giornali datati, e il giorno dopo di riposare in
un castello servita e riverita, ricambiando ovviamente, aiutando nel grande
laboratorio della società.
Sapeva
lavorare benissimo con tutta quella tecnologia anche se era una bimbetta, o
almeno così appariva agli occhi di chi la vedeva per prima volta.
In
tutti gli anni trascorsi con la sua banda di malviventi, aveva imparato a
riparare moto o macchine che trovavano dismesse, così da poterle usare per
scorrazzare liberi verso nuove avventure e non doversi sempre spostare, con non
poca fatica, a piedi.
La
se stessa arrivata da un tempo sconosciuto, era scesa
da quella macchina del tempo assieme ad un Trunks
della sua età, avranno avuto all’incirca trent’anni, Vegeta, Goku e Bulma del suo presente.
Era
bella.
Era
sicura di se.
E
soprattutto aveva un uomo al suo fianco che l’avrebbe protetta fino alla morte,
e per quanto ne potesse sapere di quei due, anche lei era intenzionata a fare
la stessa cosa per lui.
Non
le era dato sapere quali sentimenti legavano quegli alter ego, ma le bastò uno
sguardo per capire che quella Mai provava qualcosa di più una semplice amicizia.
Se
in qualche modo glielo avesse confessato, nemmeno questo poteva saperlo.
Ma
spera vivamente per entrambi, ovunque si trovassero in questo momento, che
siano felici, sia che le loro strade fossero rimaste la stesse, sia che per
qualche oscura ragione si fossero divise.
Strappò
nervosamente qualche filo d’erba che si muovevano in direzione del vento,
ripensando a quella giornata di qualche anno fa.
*
“Ciao
Mai! E’ un po' strano rivedere me stessa da piccola”
Le sorrise.
Quella
più minuta, finì di sorseggiare l’aranciata con la cannuccia portata gentilmente da Bulma un attimo prima, rimase seduta al suo posto e le
volse lo sguardo ricambiando il sorriso.
“Beh!
E’ un po' strano anche per me se devo essere sincera”
Fece di rimando facendole segno di prendersi una sedia e venire vicino a lei, e
così fece.
Anche
se non glielo dava a vedere, invidiava quel suo alter ego, non era costretta a
scappare o vivere con la paura di ritrovarsi schiacciata da un palazzo fatto saltare
in aria da Black.
“Sai
il mondo del futuro da cui provengo, è tutto l’opposto di questo” Sospirò
osservando il panorama dall’enorme terrazza della Capsule Corp., un bellissimo
tramonto si era dipinto davanti a loro, illuminando di rosso i loro volti.
Lo
sapeva bene, prima che arrivasse anche lei dal futuro, Trunks
glielo aveva descritto fin troppo bene, in ogni parola poteva coglierne la
malinconia e lo spettro della morte che caratterizzava quel tempo fino ad ora
sconosciuto.
“Viviamo
perennemente nel terrore, io vivo nel terrore che possa accadere qualcosa a
qualcuno mentre sono in missione, o peggio…posso accadere qualcosa a…” Strinse
un pugno in segno di frustrazione.
“Trunks” Completò la frase la piccola.
La
Mai del futuro annuì con il capo abbassando lo sguardo.
“Siete
molto uniti” Continuò sperando di riuscire a capirne un po' di più.
“Ah”
Sospirò e le grattò la testa “…siamo sempre state molto curiose” Cercò di
sviare il discorso.
Tutte
e due scoppiarono in una risata che attirò l’attenzione di Trunks,
quello grande per essere più precisi, che in quel momento stava attraversando i
lunghi corridoi della Capsule Corp.
“Che
avete da confabulare voi due?” Chiese curioso.
“Niente!”
Dissero all’unisono le due ragazze.
“Domani
è il gran giorno Mai! La carica del carburante necessaria per il viaggio, è
quasi completata. Speriamo di non dover più ritornar qui a chiedere aiuto” Trunks si appollaiò sulla ringhiera e venne raggiunto da
Mai che le mise una mano sulla spalla.
“Sei
diventato forte Trunks e sono orgogliosa di te,
vedrai che non avremo più bisogno di compiere ancora viaggi nel tempo, insieme
siamo una squadra imbattibile”
I
due si abbracciarono non curandosi della piccola che gli osservava con gli
occhi gonfi, sarebbe scoppiata da lì a poco a piangere, gelosa della sua
controparte che poteva stringere a se quel
meraviglioso ragazzo…se solo fosse stata più grande…
Mai
gli sussurrò all’orecchio che non era il caso di continuare con certe smancerie
difronte alla piccola, non voleva si facesse strane idee.
Troppo
tardi.
*
“Ehi
Mai a cosa stai pensando?” Pilaf interruppe i suoi pensieri porgendole un pezzo
di pane.
Non
mangiavano da giorni e quel pasto era l’unica cosa che era riuscito a
racimolare, o meglio a rubare al panettiere lì vicino.
“Non
ho fame” Gli disse senza prendere niente.
“Devi
pur mangiare qualcosa” Le disse Shu ancora con il
fiatone per la corsa appena fatta per seminare quel pover
uomo che li aveva beccati sul fatto.
“ Se solo fossimo rimasti alla Capsule
Corp., lì avremo avuto di tutto” Si lamentò Pilaf addentando qual pasto.
“Già…ma
perché ce ne siamo andati?” Chiese Shu facendo la
stessa cosa.
“Perché
Mai si è presa una cotta per il ragazzino e …” Non fece tempo a finire la frase
che gli arrivò un sonoro ceffone che gli fece la guancia rossa.
“Ce
ne siamo andati, punto e basta” Rispose tagliando corto, faceva ancora male
pensare a lui, a quegli occhi, a quel viso, a quel sorriso, a quel corpo che
sembrava scolpito da un sapiente artista.
“Anzi
sapete che vi dico?” continuò alzandosi dal prato e scrollandosi di dosso
dell’erba e della terra dai pantaloni “…le nostre strade di dividono qui”.
Disse lapidaria lasciando di stucco i suoi compagni di avventure.
“Non
voglio fare questa fine, non voglio dover dipendere da qualcuno e niente meno
rubare per vivere, per questo ce ne siamo andati, e non perché mi sono innamorata
di Trunks” Mentì spudoratamente.
“Se
ti fossi sposata con lui, adesso non saremo qui a patire la fame ed il freddo”
Constatò Shu spostandosi per non ricevere lo stesso
trattamento del capo.
“Freddo?
Ma se è ancora estate” Scherzò Mai visibilmente frustrata per
quell’affermazione.
Certo,
le sarebbe piaciuto condividere con Trunks un
sentimento così grande, se non fosse stato per quel piccolo dettaglio, la sua
età, si era ritrovata senza il suo volere nel corpo di una ragazzina avendo più
di cinquant’ anni, e si vergognava di essersi innamorata di un ragazzo che
poteva benissimo essere suo figlio o addirittura suo nipote.
“Io
ho nostalgia di quelle tavole imbandite ogni giorno come se fosse festa, delle
lenzuola pulite e le nostre stanze calde o fresche a seconda della stagione. Bulma ci viziava sempre e ci aveva accolti a casa sua” Pilaf
e Shu si abbracciarono piangendo come due bambini.
Solo
il tono imperativo di quel “smettetela voi due” pronunciato dalla
ragazza li fece ritornare alla realtà.
Prese
dalla borsa un cofanetto contenti dieci capsule, scelse la numero 4 che
trasformò in moto.
Salì
in sella avviando poi il motore, guardò i due e abbassandosi gli occhiali
trasparenti li salutò “Arrivederci”.
Mai
prese la strada verso est.
Pilaf
e Shu si guardarono strabuzzando gli occhi.
“Lo
ha fatto davvero?” Chiese Pilaf
“Lo
ha fatto davvero” Fece di rimando l’altro.
“C-ci
ha abbandonati?” Balbettò Shu.
“Come
faremo senza di lei?” Piagnucolarono all’unisono abbracciandosi ancora.
*
Vagava
da sola e senza meta ormai da un paio d’ore circa, la capitale della Città dell’Est
era ormai vicina.
La
strada che stava percorrendo, era lunga, asfaltata, ma si trovava in mezzo al
deserto, doveva stare attenta perché a causa di forte raffiche di vento, sulla
sua via si erano formate alcuni cumuli di sabbia, infatti, ogni tanto erano
segnalati da cartelli a forma triangolare.
Uno
spazio pubblicitario che si ergeva al lato della strada catturò la sua
attenzione.
Si
fermò ai piedi di esso, spense la moto e ne approfittò per dare una lucidata
agli occhiali e pulirsi il viso.
“Noi
difendiamo. Arruolati. Stiamo cercando proprio te” Questo era lo spot
impresso.
Scosse
il capo in segno di negazione “Non mi prenderanno mai” Disse riprendendo la
strada, che arrestò qualche secondo dopo facendo marca indietro.
“Siete
sicuri che state cercando proprio me?” Chiese al vendo volgendo ancora lo
sguardo verso quelle parole incise a caratteri cubitali.
“Ok,
sto arrivando” S’impennò con la moto e volò via a grande velocità, una nuova
sfida la stava attendendo.
*
“Shhh fai piano, non vorrai svegliare tutti” Pilaf e Shu si erano introdotti di nascosto nella residenza della
Capsule Corp. con l’intento di rubare il radar cerca sfere, avrebbero chiesto
al grande Drago Shenron di farli diventare ricchi,
così non avrebbero avuto bisogno di rubare per vivere o dipendere da qualcuno.
Erano
in possesso di tutti i codici di accesso di corridoi, porte e quanto altro.
“Ma
se sei tu che fai sempre un gran baccano” Gli fece notare il cagnolino.
In
casa non c’era nessuno, a parte Trunks, che di
dormire non ne aveva voglia.
Volse
lo sguardo alla sveglia che aveva sopra il comodino, i numeri in rosso
segnavano le 04.37.
Scostò
le lenzuola e si sedette sul letto, poggiando i piedi a terra.
Si
passò una mano sul viso e capelli e con un sol balzo si alzò, deciso a scendere
in cucina per prendere qualcosa da bere.
I
rumori provenienti dal laboratorio lo incuriosirono.
Bra
era a dormire da un’amica, sua madre ad un convegno e non sarebbe rincasata
prima di tre giorni e suo padre era ad allenarsi da Lord Beerus.
“Guarda
là dentro” Gli ordinò il cane che stava mettendo a soqquadro l’intero laboratorio.
Pilaf
si spostò da una scrivania all’altra, da un armadio all’altro senza trovare
quello che cercava, quando le luci si accesero all’improvviso.
“TRUNKS!”
Urlarono i due incursori.
“Che
state facendo voi due?” Sbadigliò e credendo di trovarsi in un sogno.
Pilaf
e Shu erano li, in casa
sua, e Mai? Si guardò attorno in cerca di quelle iridi nere, senza trovarle
ovviamente.
Colti
sul fatto, i due furfanti cercavano di giustificarsi come meglio potevano “Non
è come credi, ti possiamo spiegare”.
“Dov’è
Mai?” Chiese.
Era
l’unica cosa che gli importava.
+
Continua
*
Angolo dell’autrice: ciao a tutti
ed eccomi qua con un nuovo capitolo, incentrato su Mai e come ovviamente
immaginate, il prossimo su Trunks.
Spero
vi sia piaciuto, se fosse così o al contrario, mi piacerebbe sapere cosa ne
pensate, una recensione è sempre molto gradita.
Colgo
l’occasione per ringraziare chi ha voluto lasciare una sua impressione sul
prologo la volta scorsa, e anche chi ha solo letto.
Vi
avviso già che pubblicherò il terzo capitolo in settimana, poi mi prenderò un a
piccolissima pausa di sette giorni, finalmente sono arrivate le tante agognate
ferie anche per me.
Trunks strabuzzò gli
occhi a quella strana affermazione dell’amico di sempre.
Dove
sarebbero andati a cercarla di preciso?
Conoscendola
si sarà andata a nascondere in qualche angolo remoto del pianeta per non essere
trovata.
Sapeva
benissimo come far perdere le proprie tracce.
“Dai
Trunks non fare quella faccia” Gli disse dandogli una
leggera pacca sulla spalla il giovane Son.
Il
lilla sospirò, non era male come idea, se non fosse per un piccolo particolare
da non trascurare, Mai non possiede un’aura sviluppata e non sarebbe stato
possibile percepirla in mezzo a quella marea di persone che popolava il pianeta
Terra.
Le
loro entità si assomigliavano tutte e localizzarla con certezza, sarebbe stato
un vero e proprio problema.
E
poi come avrebbero fatto? Anche setacciare ogni angolo di ogni città, regione,
radura, foresta, caverna, non sarebbe stato possibile, quanto ci avrebbero
messo? Lei era una di quelle persone che non si stabiliscono facilmente in un
posto e ci rimangono a lungo.
Sarebbe
stato come cercare un ago in un pagliaio.
Difficile,
impossibile.
Per
cosa dirle poi? La sua occasione l’aveva persa il giorno stesso che si sono
salutati.
L’aveva
trattenuta per una mano quando gli voltò le spalle, si guardarono negli occhi e
lentamente la lasciò andare.
“Goten” Il viso del saiyan più
anziano si fece serio “lasciamo perdere”.
“E
dai amico! Non dire così” Voleva aiutarlo ad ogni costo.
“Dimmi
una cosa Trunks, quante volte fino ad ora nella tua
breve vita ti sei innamorato?” Gli domandò senza tanti peli sulla lingua, non
li aveva mai avuti. Ovviamente era una domanda retorica.
Il
cuore del lilla mancò un battito a quelle parole, non voleva rispondergli,
perché in tutta la sua esistenza, l’unica ragazza che gli aveva fatto brillare
subito gli occhi e provocare in lui una strana sensazione, fargli venire le
farfalle allo stomaco con un solo sguardo, era lei. Solo lei.
A
fronte di quel quesito, gli venne in mente il loro primo incontro.
*
Avevano
più o meno sette anni, era il trentottesimo compleanno di sua madre e alla
Capsule Corp, si stavano tenendo i tanto agognati
festeggiamenti.
La
trovò li, che vagava per i corridoi con un enorme diamante in mano, un premio
per la lotteria che si sarebbe tenuta da li a poco, e
mentre scappava, glielo porse senza tanti indugi, per poi raggiungere gli altri
due complici di corsa.
“Chi
era quella?” Gli chiese Goten curioso.
Trunks visibilmente
arrossato e abbagliato da quella visione, nemmeno avesse appena visto una dea,
rispose senza pensarci due volte “La mia fidanzata” lasciando interdetto
l’altro bambino.
*
“Non
serve che mi rispondi” Goten aveva già capito.
“Non
farmi allora certe domande se sai già la risposta”
“Scusami,
non volevo irritarti”
“Beh
lo hai fatto”
“Smettila
di comportati come un bambino. Guarda come ti sei ridotto per una ragazza,
nemmeno ti avesse detto che non voleva stare con te.” Il figlio di Goku cercò
di spronarlo a reagire “Non hai avuto il coraggio di chiederglielo”
Già,
non ha avuto la forza di invitarla a rimanere.
*
Quella
sera i due avevano esagerato con l’alcol, altra occasione, altri
festeggiamenti.
Presero
una bottiglia di buon annata di vino rosso, due
bicchieri di cristallo e il volo verso il promontorio di una collina un po' più
ad est della città.
Un
posticino isolato, da cui si poteva ammirare uno splendido panorama della Città
Dell’Ovest che di notte, diventava qualcosa di indescrivibile, se brilli ancora
meglio.
“Attenta!”
La mise in guardia Trunks prendendola al volo, si era
staccata dalla sua schiena troppo presto, ad atterrare mancavano ancora un paio
di metri.
“Scusa
Trunks” Disse sorreggendosi a lui “Ho quasi rotto la
bottiglia”
Risero
sonoramente tutti e due trattenendosi la pancia.
“Guai
a sprecare questo nettare” Precisò lui versando il liquido rubino nei due
bicchieri.
Brindarono
portando in alto i calici e facendoli toccare nel classico gesto.
“Incrociamo
le braccia, come si fa ai matrimoni” Propose lui.
Si
dovettero avvicinare e i loro petti s’incontrarono per la prima volta, non era
mai successo in tutti quegli anni un simile contatto.
Tutti
e due si sentirono strani, ma non lo avevano dato a vedere, forse una
conseguenza del troppo bere?
Sovrapposero
gli arti e cercarono di bere, inutilmente perché Mai, era dentro una buca, e
quindi più bassa di circa una decina di centimetri del saiyan.
“Aspetta,
ti aiuto” Trunks con l’altro braccio le cinse la vita
e la sollevò quel tanto che bastava per farla salire al suo livello.
Mai
gli mise l’altro braccio attorno al collo per reggersi.
I
loro occhi s’incrociarono e il tempo attorno a loro si fermò un istante, si
scrutarono così in profondità da perdersi nelle iridi uno nell’altro.
Le
loro bocche erano vicine e potevano cogliere ogni singolo respiro.
S’incontrarono.
Un
bacio puro e casto, il più bello della loro vita.
Si
dischiusero, dando modo alle loro lingue di iniziare a danzare ritmicamente.
Un
fuoco d’artificio sparato alto nel cielo, interruppe quell’incontro facendoli
separare.
“Però…buono
questo vino” Trunks cercò si sviare e ricomporsi.
“Che
annata è?” Chiese la mora curiosa, facendo anche lei finta di niente, anche se
in realtà non gli interessava del vino, non era nemmeno una grande intenditrice.
Trunks esaminò la
bottiglia nervosamente in cerca dell’anno impresso sull’etichetta, la vista era
annebbiata e ci vedeva doppio, ma in quella serie di lettere sfocate, riuscì a
riconoscere tre numeri “744” Pronunciò trangugiando l’ultimo sorso.
“Ahahah, è vecchio quasi quanto me” Rise la mora finendo
anche lei il suo bicchiere e porgendolo al ragazzo che rimase confuso dopo
quell’affermazione.
“Ma
che dici? Siamo molto più giovani di questa vecchia bottiglia”
“Forse
tu lo sei, ma io di certo no” Disse andando verso il ciglio della collina
seguita da Trunks, temendo che potesse cadere nel
vuoto, visto che barcollava un po'.
“Trunks” Sospirò
prima di prendere coraggio, doveva confessarglielo, prima o poi sapeva che
questo sarebbe accaduto, per questo ha sempre indugiato, altrimenti gli sarebbe
già saltata addosso da un bel po' di tempo “…devo dirti una cosa, e non sarà
facile per me”
“Ti ascolto” Le disse prendendo posto accanto
a lei.
Lo spettacolo pirotecnico intanto continuò.
Non sapeva come cominciare la frase “Io non
ho diciotto anni come te” Era l’unica cosa che gli uscì dalla bocca oltre a una
lacrima “…ma cinquanta”
Pensò ad uno scherzo, uno stupido scherzo “Ma
che stai farneticando? Hai bevuto troppo!” le disse buttando dietro di se la bottiglia ancora mezza piena e i due bicchieri.
“Sono seria”
Il saiyan deglutì
“Ok”
Mai iniziò il racconto “Io, Lord Pilaf e Shu, avevamo finalmente racconto dopo tante difficoltà le
sette sfere del drago, con l’intento di chiedere al grande Shenron
di farci diventare ricchi.” Non sa ormai quante volte avevano provato ad
esprimere quel desiderio in tutti questi anni e senza successo. “Ma qualcosa
andò storto, un battibecco tra tutti e tre al suo cospetto e quel “vorrei tornare bambino”, suonarono al dio drago un
vero e proprio desiderio, che esaudì”
Trunks ascoltò ogni singola parola senza interromperla.
“Si tecnicamente sarebbe possibile, ma…”
“Sapevo che non mi avresti creduta, se ti
dicessi che conosco tua madre, Goku, Yamcha e Crilin da molto più tempo di te?”
Mai raccontò a Trunks,
dettagli della sua vita passata che aveva solo potuto udire dai racconti delle
mille avventure di sua madre.
*
A Goten non aveva
confessato il segreto di Mai, lo custodiva gelosamente dentro di se, e gli faceva male non poterglielo dire.
“Senti Trunks, se
non vuoi prendere parte a questa missione, non ti costringerò, probabilmente
avrai le tue ragioni per non farlo” Aveva già capito, forse.
“Come dice il detto ogni lasciata è persa,
e sono convinto che se sarà destino, prima o poi io e Mai ci rincontreremo”.
Gli mise una mano sulla spalla per
confortarlo “Lo spero amico mio”
“Usciamo stasera?” Gli chiese il moro
sorridendo cercando di sviare il discorso e fargli pensare ad altro, non glielo
avrebbe detto, ma gli rodeva il non sapere il reale motivo per il quale Mai se
n’era andata, si dicevano sempre tutto, non c’erano segreti tra i due ragazzi,
era questo il bello del loro rapporto di amicizia, il saper di potersi fidare
l’uno dell’altro.
Ma forse erano arrivati ad un punto che non
serviva conoscere ogni dettaglio delle loro vite per essere buoni amici.
*
Li sorprese lì, con le mani nel sacco,
intenti a portare via qualcosa, ma non gli importava, potevano prendersi quello
che volevano, l’importante è che lasciassero lì una persona, un pegno, se così
lo vogliamo chiamare.
Si guardò attorno senza vederla, senza
percepire la sua presenza.
Forse stava sognando.
No.
La vista non era offuscata come accade nei
sogni, ci vedeva benissimo, e la forza non gli mancava quando trattenne Pilaf
per un braccio mentre cercò di scappare.
“Dov’è Mai?” Gli chiese.
“Non lo sappiamo, se n’è andata qualche
giorno fa, e da allora non l’ abbiamo
più rivista. Ti prego non farmi del male” Trunks non
si rese nemmeno conto che stava usando un bel po' di forza, lo lasciò andare
scusandosi.
“Come andata via?”
“Qualche giorno fa è saltata in sella alla
sua moto ed è andata via, non è più tornata indietro.” Spiegò Shu ancora addolorato per quella dipartita improvvisa
dell’amica di mille avventure.
“Per questo noi siamo venuti qui a prendere
in prestito il radar cerca sfere” Pilaf aveva trovato la scusa giusta al
momento giusto per giustificare in quel laboratorio la loro presenza, senza
passare dei guai.
“Eh? Ma cos…” Shu si beccò una gomitata sullo stomaco prima di far
saltare la loro copertura “..ah si
è vero, vogliamo chiedere al dragon Shenron di
cercare la nostra amica per noi” Cercò di stare al gioco.
Trunks si portò due dita al mento per pensarci su, perché non
ci aveva pensato lui? O Goten visto che era quello
delle mille idee strambe.
“Vi aiuterò a cercare la sfere”
“Sul serio?” Chiesero all’unisono i due
furfanti.
Ovviamente la loro intenzione non era quello
di trovare Mai, ma ben altre.
“Voi ci impieghereste troppo tempo, vado a
vestirmi, aspettatemi qua” Sparì un secondo per poi ritornare subito e fermarsi
sullo stipite della porta “Ah! E’ inutile che cercate
il radar qui, è in camera mia”.
Aspettarono che il saiyan
si allontanasse per confabulare un piano.
“Se Trunks ci aiuta
a cercare le sfere faremo molto prima” Bisbigliò il piccoletto azzurro
sfregandosi le mani.
“Ehi capo! Ma dimmi una cosa, ma davvero chiederemo
al grande drago di dirci dove si trova Mai?” Domandò avvilito il cagnolino
temendo che Pilaf avesse cambiato idea.
“Ma ti sei forse ammattito? Mai ha preso la
sua decisione, e non sarò certo io a farle cambiare idea, è adulta e sa
benissimo cavarsela da sola. Ho detto quelle cose solo per salvarci la
pellaccia, e trovare una scusa plausibile. Il piano di conquista del mondo è
ancora valido” Spiegò giusto in tempo perché Trunks
fece ritorno al laboratorio.
Non avrebbe dormito molto quella notte, tanto
valeva distrarsi con qualcosa.
“Andiamo” Gli ordinò facendo segno di seguirlo.
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Eccoci
arrivati al terzo capitolo e come già annunciato la volta prima, incentrato su Trunks e tra quello che è successo con Mai.
Nel
prossimo capitolo Trunks, Pilaf e Shu
andranno alla ricerca delle sfere del drago, quale sarà il desiderio che
riusciranno ad esprimere? Troveranno Mai?
Ringrazio ancora una volta chi ha letto e ha
lasciato un segno del suo passaggio e chi ha solamente letto.
Con
il tepore del sole non troppo forte che ti accarezza le pelle
del viso, i primi uccellini che cinguettano felici sui rami di ciliegio in
fiore.
E
le radure che in inverno sono solo verdi, iniziano a dipingersi di bianco,
giallo, azzurro e di altri colori, sprigionando il tipico profumo dei fiori
appena sbocciati.
Un
po' più in lontananza si poteva udire lo scrosciare d’acqua del fiumiciattolo
che divideva in due parti il campo, alcuni pesci rossi si erano fermati vicini
ad una roccia per riposare.
Un
paesaggio perfetto insomma.
“Qual
è il tuo più grande desiderio?”
“Non
ci ho mai pensato Trunks” La bimbetta era intenta a
comporre un bouquet, composto prevalentemente di margherite e lavanda e nel
contempo intonava un motivetto a fior di labbra.
Il
lilla strappò degli altri fiori porgendoli all’amica, era radiosa anche con
quella coroncina improvvisata di sole margherite, le ricordava molto una donna
che convolava a nozze con la persona amata.
“Grazie
per avermi accompagnata qui, sai, erano i fiori preferiti di mia mamma” Le
sorrise annusando la composizione.
“Che
è successo ai tuoi genitori?”
Il
viso della mora si rabbuiò a quella domanda, più che lecita, e cercò di
cacciare dentro agli occhi una lacrima, che però le aveva già rigato una
guancia.
“Scusa,
non volevo essere impertinente”
Mai
deglutì, era giusto che conoscesse il suo passato, era l’unica persona che gli
porgeva delle domande, gli altri membri della sua famiglia non erano poi così
curiosi nei confronti di quei bimbi che stavano ospitando a casa loro.
“Papà
era un militare dell’aereonautica e mamma invece una maestra d’asilo, le
piacevano molto i bambini. Morirono in un brutto incidente quando ero
piccolina, non avevo altri parenti che si potevano prendere cura di me, così
finii in un orfanotrofio e fu là che conobbi Pilaf e Shu.” Riassunse in modo breve e conciso senza dare
ulteriori spiegazioni.
Trunks ascoltò il cortissimo
racconto con un nodo alla gola, quanto aveva sofferto nella sua breve vita, o
così credeva, non immaginava che ormai quella fanciulla all’apparenza di dieci
anni, ne potesse avere in realtà quasi cinquanta.
“…poi
un giorno siamo scappati, non ne potevamo più delle custodi, troppo severe con
noi bambini” Cercò di raccontare ed inventare allo stesso tempo una storia
credibile con l’età che dimostrava, forse un giorno gli avrebbe rivelato la
verità circa la sua età.
“Mi,
mi dispiace, non ne avevo idea” Balbetto’ scusandosi
come meglio poteva, in cuor suo sapeva che la storia di Mai, non era delle più
liete, qualcosa di brutto doveva essere accaduto per forza, ma fino ad allora,
aveva tenuto quella domanda per se visto l’espressione
affranta comparsa sul suo volto.
“E
come potevi?” Gli rivolse un sorriso forzato continuando a mettere insieme
altre margherite.
*
Avevano
raccolto quasi tutte le sfere senza difficoltà, all’appello ne mancavano solo
due, quella da una e cinque stelle.
Il
dragon radar segnalava la loro presenza, una al polo nord e una in un posto composto
principalmente da vulcani, insomma, entrambe in luoghi ostili, ma non dovrebbe
essere un problema per Trunks, almeno questo era
quello che si ritrovarono a pensare i due furfanti.
“Ehi
Trunks, hai già pensato a cosa dirai a Mai appena la
ritroverai?” Pilaf cercò di intavolare un discorso, da quando avevano
intrapreso quel viaggio, il lilla non proferì parola, si limitava solo a segnalare
la posizione e a raccogliere quei globi.
“Scusate,
so che non sono di molta compagnia, ma ho parecchie cose per la testa”
“A
che pensavi?” Chiese incuriosito Shu stiracchiandosi,
nel frattempo aveva colto l’occasione per schiacciare un pisolino.
“A
niente in particolare” Lo liquidò velocemente.
“Stavi
pensando a Mai?”
Certo,
ricordava com’era bella quel giorno di primavera quando l’aveva accompagnata in
quel campo di margherite non molto distante da casa, la stava rivedendo in quel
vestito bianco con volant rosa sulle maniche, forse uno l’unico abito un po' decente
che aveva in armadio, regalatole da Bulma qualche
tempo prima e scelto da lui stesso in un giorno di pioggia, quando dopo l’insistenza
della madre, l’aveva accompagnata al centro commerciale per dello shopping.
“Dovresti
iniziare a vestirti un po' più da signorina” Le aveva detto in tono materno
consegnandole la busta.
E
lei non aveva potuto dirle di no.
“Voi
sapete che cosa è successo ai genitori di Mai?”
Pilaf
e Shu che sedevano nel sedile dietro al conducente,
si guardarono e si chiesero il perché di quella domanda.
Quello
con le sembianze di cane rispose per primo “Non sappiamo molto, ci ha
raccontato che stavano sorvolando l’oceano con il loro aereo privato e non sono
mai arrivati a destinazione. Probabilmente li ha sorpresi una tempesta o un’avaria,
non hanno trovato il velivolo, quindi cosa sia successo realmente non si è mai
saputo.”
“Il
brutto” Continuò il piccolo diavoletto azzurro “…è che Mai li attendeva all’ aeroporto,
se non ricordo male era in vacanza dalla sua unica nonna e i suoi genitori la
stavano andando a prendere”
“La
nonna morì qualche giorno dopo di infarto e i servizi sociali la rinchiusero in
orfanotrofio dove incontrò noi” Proseguì il racconto Shu
che terminò nello stesso istante in cui raggiunsero la destinazione per la raccogliere la penultima sfera.
“Siamo
arrivati, vi conviene rimanere qui al caldo”
Fuori
perversava una tormenta di neve e la visibilità era molto ridotta, per non dire
pari allo zero.
Trunks saltò giù dal
piccolo aereo e trasformandosi in super saiyan,
provocò lo scioglimento della neve sottostante ai suoi piedi e quella che gli
stava cadendo addosso.
Proseguì
il cammino senza fatica fino a quando arrivò ad un crepaccio, guardò giù, e se
fosse stata una persona normale, come lo erano anche i suoi due compagni di
questa strana avventura, gli sarebbero sicuramente tremate le gambe.
Notò
nel buio un luccichio, l’aveva trovata e senza pensarci due volte si gettò nel
vuoto scomparendo dalla vista dei due piccoletti che lo seguivano con gli occhi,
per poi comparire improvvisamente qualche attimo dopo davanti il vetro dell’ aereo spaventandoli.
“Trunks non spuntare così” Shu si portò
una mano sul petto “lo sai che noi cani siamo deboli di cuore”.
“Scusa,
ma dobbiamo andare, siamo sopra un geyser” Non fece a tempo ad allacciarsi la
cintura che un getto d’aria li sparò alti nel cielo.
Accese
il motore e partirono a tutta velocità verso l’ultima sfera del drago.
*
Decisero
di atterrare in un prato lì vicino onde evitare di perdere il mezzo a causa
dell’eruzione improvvisa di un vulcano, oppure che gli venisse rubato dai
predoni che si aggiravano da quelle parti.
Quella
radura gli fece tornare alla mente il ricordo di Mai bambina intenta a raccogliere
le margherite.
Sorrise.
“Ancora
un po' e ci rivedremo” Si ritrovò a pensare mentre percorreva il sentiero
che lo stava conducendo all’ultima sfera.
Man
mano che si avvicinavano alle nere montagne, l’aria si faceva sempre più
rarefatta e irrespirabile, e li costrinsero a mettersi delle maschere d’ossigeno.
“Ti
sei attrezzato bene” Constatò Pilaf contento che il figlio del principe dei saiyan abbia preso parte a quella spedizione, non sa come sarebbero
riusciti a recupere le sfere magiche senza il suo prezioso aiuto.
“Colpa
di mia madre” Gli rispose controllando il dragon radar che teneva in mano
destra “Non dovrebbe essere lontana, aspettatemi qui”.
Spiccò
il volo, e per l’ennesima volta lo videro sparire tra i vulcani che avevano
iniziato ad eruttare.
Schivò
la lava senza alcun problema e recuperò l’ultima sfera sulla bocca di uno di
essi prima che potesse venire spazzata via dalla forza distruttiva, sarebbe
stato un peccato dover ritardare l’evocazione del dio drago, in quanto Dende, avrebbe dovuto ricrearla, e dio solo sa quanto tempo
ci avrebbe impiegato.
Ritornò
velocemente dove aveva lasciato i due e con un aumento dell’aura si levò via la
fuliggine e la cenere di dosso.
“Forza,
troviamo un posto più tranquillo”.
*
Posarono
sul terreno erboso le sette sfere a formare un cerchio che subito si
illuminarono ad intermittenza.
“Vuoi
avere tu l’onore Trunks?” Gli chiese Pilaf facendogli
segno con la mano per procedere con l’invocazione.
In
effetti era la sua prima volta.
Il
lilla si schiarì la voce, chiuse gli occhi, sospirò e aprì le mani come fanno i
più potenti maghi per compiere le loro magie.
“Appari
drago Shenron, vieni ad esprimere i nostri desideri”
L’immenso
e potente essere non se lo fece ripetere due volte, e da una coltre di nuvole
nere che avevano oscurato il cielo sopra di loro, dopo il fulmine apparì in
tutta la sua maestosità.
“Chi
mi ha invocato?” Chiese con fare minaccioso, che, come al solito spaventò i due
piccoletti che si unirono in un abbraccio tremante.
Lo
aveva visto una volta sola, da piccolo quando assieme a sua madre avevano
raccolto le sette sfere per esprimere il desiderio di cancellare dalla memoria
delle persone la figura di MajinBu,
dopo che aveva seminato il terrore sulla Terra.
E
come quella volta un brivido gli attraversò la schiena.
“Sto
aspettando” Disse impaziente come al solito.
Pilaf
e Shu si sciolsero dall’abbraccio pronti ad esprimere
il desiderio prima del ragazzo.
Trunks prese la parola,
prima che i due potessero aprire la bocca.
“Voglio
sapere se Mai sta bene ed è felice” Questo il desiderio espresso al grande dio
drago, che se fosse stato disegnato in quel preciso momento, sarebbe stato
ritratto con una gocciolina di imbarazzo al lato della tempia, non che quella
sia stata la cosa più strana che abbiano udito le sue orecchie, ma ci andò
molto vicino al desiderio espresso da Oolong molti
anni fa, quando chiese un paio di mutandine da donna, sono ben altri i segreti
più nascosti delle persone che lo invocano.
“Ti
confermo, Mai sta bene ed è felice, ha trovato per ora la sua strada” Proferì
prima di illuminare ancora di più i suoi immensi occhi rossi.
“Ora
devo andare” Con la solita frase si congedò portando via con se
le sette sfere che ormai si erano trasformate in sassi.
Pilaf
e Shu avevano la mandibola che toccava quasi terra,
erano stati fregati, loro, abituati a metterla nel naso a chiunque, e nemmeno
quella volta erano riusciti nel loro intento di conquista del mondo.
“Non
erano questi gli accordi” Gli disse in tono arrabbiato Pilaf “dovevamo trovare
Mai”
“Eh?
Ma non dovevamo chiedere la conquista del mon..” Shu si beccò un sonoro pugno
in testa che lo lasciò con la testa dolorante per qualche istante.
Trunks sospirò felice,
crederla serena e che in qualche modo possa aver trovato la sua strada, questo
lo rendeva appagato.
“Che
cos’hai da sorridere?” Gli chiese Shu massaggiandosi
ancora la testa.
“Scusatemi
se vi ho giocato un colpo basso, so quanto ci tenete a lei, ma al momento mi
basta crederla contenta, il resto non conta, e confido che un giorno le nostre strade si
incontreranno di nuovo”
Detto
questo volò via, lasciando lì il velivolo e la borsa nera che avevano
utilizzato per conservare le sfere, lì vicina, Shu e
Pilaf la raccolsero e l’aprirono, i loro occhi si illuminarono, al suo interno Trunks, aveva lasciato un ingente somma di denaro, alzarono
gli occhi al cielo guardando la scia bianca allontanarsi.
“Spero
tanto che il tuo desiderio si avveri ragazzo”.
*
Continua
*
Angolo
dell’autrice:
ciaoooo! Eccomi di ritorno dopo una settimana di
ferie.
Piaciuta la sorpresa finale? Alla fine Trunks non ha avuto il coraggio di chiedere al dio drago di
rivelargli la posizione di Mai, l’importante per lui è che stia bene, poi, come
ha detto, se sarà destino si rincontreranno.
N.B: Avviso a tutti i lettori che la
storia è un rating arancione, quindi ci potrebbero essere delle argomentazioni
da adesso in poi che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno.
+
ALLA RICERCA DI MAI
*
Capitolo 5
*
Tutto
si sarebbe aspettata nella vita, ma mai
di venire rimpicciolita da un desiderio per sbaglio.
Certo,
da quando era cresciuta un po' e aveva all’incirca sedici anni, ne aveva già
passate molte, tra la morte dei genitori e della nonna in breve tempo, non
aveva avuto modo di vivere la sua fanciullezza in maniera spensierata.
La
sua brama era proprio avere la possibilità di tornare bambina e gli era stato
concesso, per questo quando Trunks le porse quella
domanda, non rispose.
Scosse
la testa per eliminare quei pensieri, non poteva affrontare la prossima prova
con quella distrazione nella mente.
Deglutì
come se lo volesse spostare dalla testa al cuore, lo avrebbe custodito per
sempre in quel luogo.
Spense
la moto, scese e si levò gli enormi occhiali neri impolverati che indossava.
Era
arrivata a destinazione.
“AREA
MILITARE. VIETATO L’ACCESSO ALLE PERSONE NON AUTORIZZATE. PERICOLO” Indicava il
cartello giallo con scritte nere un po' arrugginite, attaccato al cancello di
metallo, unico accesso da quella muraglia logorata dal tempo, il muro sarà
stato alto tre o quattro metri e alla sua estremità un filo spinato
intrecciato, sarebbe stato impossibile per chiunque scavalcarlo e passarci
dall’altra parte senza problemi.
Suonò
senza esitazione il campanello indicato da una freccia nera stampata in un
foglio A4 e riposto con cura in una cartellina trasparente.
Dopo
qualche secondo arrivò un militare armato al suo cospetto.
“Ti
sei persa?” Le chiese il piantone.
“Assolutamente
no, voglio fare domanda per arruolarmi” Rispose seria lasciando interdetto il
giovane trattenendo a stento una risata.
Da
poco anche lui era entrato nell’esercito e quello era il primo compito serio
che gli era stato affidato.
Prima
di quello aveva dovuto pulire tutti i cessi della caserma per tutti i giorni,
per trenta giorni, dalla mattina alla sera, e se non erano puliti e lucidati a
dovere, la sua testa pelata finiva dentro a quei buchi senza tanti complimenti.
“Aspetta
qui” Le disse prima di vederlo sparire dietro una siepe.
*
Dopo
qualche minuto vide ricomparire sempre lo stesso ragazzo accompagnato da uno
più anziano, probabilmente il comandante, lo aveva intuito notando la serie di gradi
cuciti sulla giacca blu.
“E’
lei che vuole arruolarsi?” Chiese direttamente a Mai squadrandola con disprezzo
da testa a piedi.
“Si
signore” Rispose facendo il tipico saluto con la mano sulla fronte, fu la prima
cosa che gli insegnò suo padre.
“Riposo”
E la mora portò il braccio sul fianco “Il militare non è cosa da donne”
“Signore
con tutto il dovuto rispetto, non sarei qui se non fossi in grado di farcela”
Cercò di convincerlo, era arrivata fino a lì e a dividerla dal suo attuale
desiderio, era uno stupido cancello di metallo, stupido perché se ci fosse
stato Trunks lì con lei, non ci avrebbe pensato due
volte a scardinarlo.
Il
comandante non sapeva cosa fare, era la prima volta che una ragazza si
presentava al suo cospetto per intraprendere la carriera militare.
Dopo
qualche indecisione, volle dare comunque una chance alla ragazza che sembrava
essere convinta a far parte di quel mondo, a volte crudele per certi aspetti,
forse per umiliarla.
Mai
seguì il comandante senza far domande, troppo impegnata a guardarsi attorno ed
ammirare la pace apparente di quel giardino.
Alcuni
soldati sbucarono da dietro un albero ed iniziarono a correre e a sparare
spaventandola.
“Non
ti preoccupare, stanno facendo un esercitazione e quelli sono sono fucili a salve” Venne rassicurata dal piantone che
marciava di fianco a lei.
“Se
ti spaventi per queste cose, forse non sei nel posto giusto” Incalzò il
comandante, con l’intento di farla destare dalla sua voglia di entrare la, ma
Mai non è una persona che si fa intimorire facilmente, non rispose nulla,
preferì lasciarlo con le sue convinzioni di maschilista qual era.
*
Arrivarono
dopo aver percorso il giardino al cospetto della caserma, un edificio che le
ricordava molto l’orfanotrofio che aveva lasciato da bambina.
Alla
fine ci sono ritornata si ritrovò a pensare chiudendo gli occhi e cercando
di far sparire velocemente quel ricordi.
“Qui
non si dorme, forza muoviti” Ordinò il comandante indicando con un cenno del
capo la parte destra.
Aggirarono
l’edificio seguendo il sentiero di ciottoli bianchi arrivando davanti ad
un’area delimitata da una recinzione in metallo.
Il
cartello citava “ESERCITAZIONI RECLUTE”.
Prese
un mazzo di chiavi e aprì l’area, dall’altra parte un percorso ad ostacoli che
avrebbe fatto spaventare chiunque.
“Hai
detto che vuoi entrare nell’esercito giusto?”
“Si
signore” Annuì anche con il capo.
“Tutte
le nuove reclute devono superare questo percorso ad ostacoli nel più breve
tempo possibile. Sai sparare?” Chiese alla fine.
“Mai
preso un’arma in mano”
“Ottimo,
siamo messi bene” Disse sarcastico.
Ma
come poteva pretendere che una persona che si accingeva ad entrare per la prima
volta in quel mondo, potesse già saper prendere in mano un’arma e saperla
usare?
Le
uniche volte che aveva sparato, era quando lei, Trunks,
Goten e qualche altro, passavano il pomeriggio al
luna park e facevano a gara a chi buttava giù più oche.
Lei
vinceva sempre, ma si poteva mettere nel curriculum di un futuro militare? Non
credo.
“Allora,
il percorso consiste nel scalare quella pila di tronchi scivolosa, puoi usare
la corda appesa, devi poi avventurarti nel lago di fango e trascinarti sotto il
filo spinato, stai attenta che è profondo, ha anche piovuto, quindi immaginati
in che lago di merda ti ritroverai.
Poi
devi salire sulla corda con i quadrati e arrivare fino in cima, farti dondolare
e con un balzo attaccarti su quelle corde che contengono le scatole di legno,
in tutto sono tre.
Una
volta arrivata all’ultima, se vedi c’è una tavola di legno, devi salirci in
cima sempre facendoti dondolare.
Una
volta arrivata lì, prendi il manubrio e ti fai scivolare sulla corda.
Percorri
poi i tronchi sull’acqua, senza cadere altrimenti ti costerà una penalità sul
tempo.
Quando
sei dall’altra parte, prendi la pistola e spara al bersaglio che hai davanti avvicinandoti
il più possibile al simbolo rosso. Tutto chiaro?”
Mai
annuì e chiese in quanto tempo avrebbe dovuto concludere il percorso.
“Il
record è i 8 minuti, 33 secondi e 4 primi, devi completarlo in dieci,
altrimenti chiamati fuori”
“Quando
posso partire?” Chiese entusiasta ed ansiosa di mettersi alla prova.
Il
comandante prese dalla tasca il cronometro.
Mai
si sistemò all’inizio del percorso e attese il via che non tardò ad arrivare.
Partì
senza esitazione, lasciando basito sia il comandante sia i cadetti accorsi, era
girata molto presto la voce in caserma di una ragazza che stava tendando il
circuito per entrare a far parte dei loro corpi speciali.
Molte
volte il terzetto composto da Mai, Trunks e Goten avevano percorso ostacoli simili durante le avventure
nella foresta e in altri posti che avevano visitato, e grazie ai suggerimenti
dei due amici, li superava senza tanti problemi, ed erano proprio quei consigli
che in qual momento le stavano tornando davvero utili.
“Ma
chi è quella?” Chiese una recluta sgranando gli occhi, ricordando le non poche
difficoltà che aveva avuto lui qualche settimana prima.
Mai
stava per affrontare l’ultima prova, la più difficile per lei, quella di
sparare al bersaglio con la sagoma di un uomo e al centro un cerchio con un
punto rosso quasi impercettibile da quella distanza.
Mise
gli occhiali trasparenti di protezione e impugnò la pistola, d’istinto levò la
sicura e sparò due colpi, poi ritornò di corsa al punto di arrivo.
Il
comandante controllò più volte se il cronometro in suo possesso funzionava
correttamente, lo accese e spense per almeno tre o quattro volte.
“Qualcosa
non va signore?” Chiese una recluta.
“No,
è tutto apposto” Rispose annotando il tempo fatto da Mai.
“Allora?
Sono ammessa? Che tempo ho fatto?” Chiese impaziente.
“6
minuti, 12 secondi e 20 primi”
Il
sorriso stampato sulla bocca di Mai si spense quando le disse che avrebbe
controllato il bersaglio, se non lo avesse centrato almeno un con un colpo, si
sarebbe chiamata fuori.
“Abbiamo
un grosso problema qui” Disse il comandante guardando Mai che si rabbuiò “Ti
dobbiamo ammettere”.
Non
solo aveva realizzato il miglior tempo di sempre infastidendo non poco i
presenti, ma aveva centrato con entrambi i colpi, il punto rosso.
“Prendi
le tue cose, ti accompagno al tuo alloggio” Le disse dandole le spalle.
Un
soldato che aveva osservato la scena in disparte e con enorme rabbia, la bloccò
per un braccio appena gli passò vicino e le sussurrò all’orecchio che gliela avrebbe
fatta pagare e d’ora in poi di guardarsi bene le spalle.
“Credi
di farmi paura pezzo di merda?” Gli disse di tutta risposta “Lasciami, oppure
sarò costretta a darti una lezione qui davanti a tutti, e non vuoi questa
umiliazione giusto?”
“So
cosa sei venuta a fare qui troietta, ricordati che quelle come te fanno una
brutta fine” Le alitò in faccio con assoluto disprezzo.
“Tutto
apposto qui?” Chiese il comandante accorso “Miller, ti aspetto nel mio ufficio,
adesso ritorna all’esercitazione”.
Il
saldato lasciò la presa e si scusò con il suo superiore “Mi stavo solo
presentando alla signorina”.
*
Primo
giorno.
Quella
mattina venne svegliata di soprassalto dall’ufficiale sbattendo la porta del
suo alloggio, era stata designata ad una stanza in solitaria, in modo d’avere
più privacy possibile, unica pecca, i bagni erano in comune, quindi a tutti sono
stati designati orari precisi, in modo da non poter trovare l’intero plotone
mentre faceva la doccia.
Guardò
l’orologio digitale che portava al polso, possibile che la sveglia non avesse
suonato? No. Erano le 5.30 del mattino, sarebbe dovuta suonare minimo un’ora
più tardi come da disposizioni.
Non
indugiò e non gli fece nessuna domanda.
Da
bravo soldato scese dal letto e iniziò velocemente con la routine che le era
stata indicata il giorno prima.
Sveglia.
Doccia.
Vestirsi.
Riassettare
il letto.
Portare
in lavanderia la biancheria giornaliera.
Colazione
veloce in mensa se avanzava tempo.
Presenza
nel cortile.
Il
tutto in dieci minuti.
Appena
in tempo, non importava che fosse una donna, non importava se era il periodo
delle mestruazioni, non importava se era il suo primo giorno, importava che ce
l’avesse fatta ad essere pronta e in fila con le altre reclute.
Ovviamente
saltando la colazione.
Riuscì
a posizionarsi in ultima fila vicino ad un ragazzo calvo, un po' più alto di
lei, si guardarono, ma non si salutarono, prima che il capo istruttore facesse
il suo ingresso nel cortile.
Se
fosse arrivata anche un secondo dopo di lui, gli sarebbe valsa una penalità, e
questo significava pulire per quella giornata i bagni degli uomini, e dio sa
solo quali forme di vita avrebbe dovuto togliere, avrebbe combattuto contro i
conati di vomito per l’odore e lo schifo.
Al
momento sono stata fortunata. Si ritrovò a pensare.
“Io
sono il sergente maggiore Brevis” Iniziò l’uomo
iniziando a camminare avanti e indietro scrutando i cadetti “Da ora in poi
parlerete solo se interpellati e l’unica parola che pronuncerete sarà si
signore, avete capito bene?” Il tono era imperativo e minaccioso.
“Si
signore” Urlarono tutti all’unisono guardando sempre dritti e non incrociando
mai gli sguardi.
“Non
mi aspetto di piacervi, ma più mi odierete e più imparerete, vi trasformerò in
macchine da guerra”
Si
fermò davanti a Mai, che riconobbe sotto il suo berretto una frangetta tipica
femminile.
“E
tu che ci fai qui?” Le chiese
“Sono
qui per combattere signore” Rispose decisa e senza timore.
“Tu
combattere?” Gli sputò una sonora risata in faccia.
“Crede
che non posso essere alla loro altezza?”
“Qui
le domande le faccio io”
“Mi
scusi signore”
La
loro conversazione venne interrotta dall’ufficiale che lo accompagnava, gli
sussurrò all’orecchio che quella ragazza non solo aveva completato egregiamente
il percorso di prova, ma era riuscita a realizzare il miglior tempo degli
ultimi cinque anni.
“Come
ti chiami soldato?”
“Mai,
Signore”.*
*
Continua
*
Angolo
dell’autrice:
Ciao a tutti! E grazie per essere arrivati a leggere fino a qui, spero che il capitolo
non sia stato noioso, ma era d’obbligo scrivere qualcosa sulla vita militare di
Mai che mi impegnerà anche per il prossimo capitolo, forse anche per il
settimo, al momento non l’ho ancora deciso.
Non nego la difficoltà che ho avuto nel scriverlo,
tant’è che sono riuscita a completare altri tre capitoli, prima di terminare questi.
Ringrazio chi ha letto e ha lasciato un segno del suo
passaggio, e grazie anche a chi ha solo letto e se vorrà lasciarmi un
commentino su come ha trovato la storia, sarebbe gradito.
Fu
un anno molto intenso per Mai, che dovette fare i conti con protocolli rigidi e
inderogabili.
Esercitazioni
di guerra, percorsi sfidando le intemperie, marce sotto il solo cocente di
luglio e ad orari di punta con tute pesantissime,
Non
aveva nulla a che fare con la vita spensierata che si era lasciata alle spalle
con amarezza.
Ogni
singola parte della giornata era suddivisa schematicamente, ma si abituò
presto, doveva adeguarsi con velocità.
Ogni
sgarro alle regole della caserma, le sarebbe costato una penalità, e questo
significava o finire a pulire cessi, oppure rinchiusa in una cella sotterranea
umida e lercia per un’intera nottata, con un secchio logoro e qualche blatta a
farle compagnia.
Rabbrividì
a quel pensiero, se c’era una cosa che odiava, erano proprio quegli esseri
schifosi che si muovevano velocemente su e giù sulle pareti alla ricerca di
qualche buco dove nascondersi, con quelle zampette sottili e quel corpo duro e
liscio.
“Ciao
troietta” A proposito di scarafaggi, ecco comparire sull’uscio della camera
Miller, il soldato che ad ogni umiliazione subita indirettamente dalla ragazza,
continuava in assurde minacce.
Per
quanto si sforzasse, per quanto sudore la sua fronte trasudasse, Mai era sempre
una spanna sopra di lui, e questo non poteva permetterglielo.
Non
tollerava essere il numero due nella vita, figuriamoci se una ragazza potesse
essere migliore di lui.
Mai
non disse nulla, continuò a percorrere il corridoio illuminato da luci soffuse,
alcune emettevano luce ad intermittenza.
“Cos’è?
Ti senti superiore per caso?” Gli chiese seguendola.
Si
voltò di scatto e lo attaccò al muro bloccandolo per il collo con
l’avambraccio, pronta per dargli una lezione come gli prometteva sempre, non
aveva paura di lui, sapeva difendersi benissimo.
“Senti
pezzo di stronzo, non mi scassare, è da quando sono entrata qua dentro che mi
ronzi attorno. Mettiti l’anima in pace, per quanto cerchi di entrare nelle
grazie dei tuoi superiori, sono io ad essere migliore di te!”
Le
disse prima di vederlo annaspare e di cercare di divincolarsi per scappare da
quella presa.
Fu
lei a lasciarlo per primo perché stava diventando rosso come un peperone e gli
occhi gli stavano schizzando fuori dalle orbite per la mancanza di ossigeno.
“La
prossima volta te lo stacco il collo” Lo minacciò tornando a percorrere il
corridoio, era ora di cena, la campana aveva suonato già per ben cinque volte, e
un ritardo non sarebbe stato tollerato, avrebbe significato saltarla e passare
la nottata a scrostare stoviglie intrise di unto e cibo bruciato sul fondo.
*
Andò
a sedersi come al solito nell’angolo da sola in fondo la mensa, era passato un
anno da quando aveva varcato la soglia della caserma e di stringere nuove
amicizie non se ne parlava.
Le
reclute la guardarono con disprezzo e mormoravano tra loro, forse per il semplice
fatto che non tolleravano che una ragazza potesse spiccare così tra un gruppo
di uomini.
“Siete
solo un branco di femminucce” Continuava a ripetere il capo istruttore
dopo ogni prova miserabilmente fallita.
“E’ occupato?” Chiese un ragazzo che
teneva in mano il vassoio con la cena.
Mai
scosse il capo “E’ libero se vuoi sederti”.
Obbedì
sistemando la sedia avvicinandola di più al tavolo.
“Mi
chiamo Miles” Si presentò il giovane sorridendo.
“Mai”
Fece la mora di rimando.
*
I
due ragazzi trascorsero insieme la serata parlando del più e del meno.
Per
certi aspetti caratteriali gli ricordava molto Trunks,
non fisicamente, perché Miles, era tutt’altra cosa, non aveva il suo fisico
statuario da dio greco, quello sguardo crucciato e terribilmente sexy.
Lui
aveva capelli e occhi scuri, un fisico dozzinale, per quanto potesse capire dai
vestiti che indossava, ma aveva un bel sorriso, quello si
e la stava mettendo a suo agio.
Si
sedettero su una panchina di legno che un tempo era stata verniciata di verde, all’esterno
della caserma illuminata da un lampione, dove alcune falene danzavano
ritmicamente attorno, a volte anche sbattendoci addosso provocando il tipico
ronzio.
Anche
altri militari trascorrevano quella serata estiva all’esterno, faceva caldo e
all’interno degli alloggi non c’era aria condizionata.
Dio
quanto le mancava la Capsule Corp in quei momenti.
Non
avevano bisogno di coricarsi presto, in quanto l’indomani sarebbe stato sabato,
quindi giornata libera, potevano andare a letto all’ora che più desideravano.
“Giornata
di visite domani!” Disse contento, finalmente dopo un mese avrebbe
riabbracciato i genitori e la sorella più piccola Kety
“Chi ti viene a trovare?” Le chiese curioso.
“Nessuno”
Già era sola, e nelle giornate dedicate alle visite dei parenti, si richiudeva
sempre in camera a contemplare una vecchia foto che ritraeva lei, Trunks, lord Pilaf e Shu.
Quante
volte avrebbe voluto chiamarlo per sentire la sua voce.
Miles
inarcò un sopracciglio in senso di stupore, com’era possibile che quella
ragazza non avesse nessuno al mondo?
Notando
la sua espressione, inventò una storia plausibile “Vedi Miles, quando decisi di
arruolarmi, la mia famiglia non ne fu proprio entusiasta, e quindi al momento
ha voluto tagliare i ponti con me”.
“Mi
spiace, se hai bisogno di una spalla su cui piangere, sono qua” Disse con un
gran sorriso prima di venir interrotti da tre soldati, amici suoi.
“Fate
i piccioncini?” Chiese il rosso deridendoli scherzosamente.
“Lasciali
in pace Guz, non vedi che sono innamorati?” Incalzò
il moro imitando un bacio.
“Cos’è?
Sei geloso?” Chiese il biondo.
“Il
rosso è Guz, lui è Mike e l’altro biondo Hank” Li
presentò indicandoli.
“Ciao
ragazzi” Salutò amichevolmente Mai in evidente imbarazzo, era la prima volta da
quando era arrivata che interagiva con qualcuno che non fosse un suo superiore.
“Non
pensavo fossi in grado di sorridere” Confessò Mike. “Dovresti farlo più spesso,
forse qualcuno inizierebbe a parlarti”
“E
non saresti sempre sola” Continuò Hank sedendosi nell’erba.
I
tre ragazzi sembravano molto semplici e simpatici, così Mai li invitò ad unirsi
a loro per la serata.
*
Una
bella doccia fredda era quello che ci voleva per concludere la giornata e la
serata appena trascorsa in piacevole compagnia.
Mai
chiuse i due rubinetti ed infilò l’accappatoio e un asciugamano nei capelli.
Cercò
la biancheria e i vestiti che aveva appoggiato sul muretto vicino, ma non li
trovò.
Ero
sicura di averli presi si ritrovò a pensare, forse un brutto scherzo giocato
dalla stanchezza o dall’euforia, per la prima volta si era sentita accettata da
quei ragazzi ed era una bellissima sensazione.
Si
strinse nell’accappatoio candido il più stretto possibile e si diresse con
passo spedito verso la sua stanza sperando di non incontrare qualcuno nel
corridoio.
Appena
girato l’angolo, si scontrò con Miller che la stava aspettando con i suoi
vestiti in mano.
“Cercavi
questi?” Le chiese agitando in aria gli indumenti.
“Dammeli”
Gli ordinò sussurrando cercando di prenderli inutilmente con una mano, con
l’altra reggeva l’accappatoio e se si fosse sporta un pochino di più si sarebbe
potuto slacciare.
Il
soldato annusò la sua biancheria come fosse un feticista.
“Mmmm, lavanda…il mio profumo preferito”
Mai
cercò allora di ignorare quella provocazione e volle scansarlo per passare e
chiudersi nella sua stanza a chiave, fu allora che venne bloccata con la faccia
al muro.
“Ti
insegno una cosa, se ti dovessi trovare in una brutta situazione non dare mai
le spalle a nessuno”
Le aveva ripetuto Trunks all’infinito quando le volle
dare lezioni di autodifesa.
Se
solo si fosse ricordata di quel consiglio prezioso.
Una
mano di Miller le teneva entrambi i polsi alti e l’altra si stava insinuando in
posti dove a nessuno aveva ancora dato il permesso di entrare.
“Lasciami
stronzo” Lo implorò chiudendo le gambe.
“Non
puoi sfuggirmi” Le alitò sul collo prima di leccarlo con avidità.
E
adesso? Cosa avrebbe fatto? Si sarebbe lasciata andare sperando che
quell’incubo finisse presto, oppure si sarebbe difesa? Ma come? Era bloccata e
non c’era modo di scappare da quella presa.
Intanto
il soldato aveva cominciato a torturarle un seno spostando di più
l’accappatoio.
“Ti
piace vero? Allora piegati in avanti” Le ordinò aprendosi i pantaloni e li,
alla mora si era gelato il sangue.
“Mai!
Non mi piegherò mai a te” Irrigidì come meglio potè
la schiena, ma in quel momento quella blatta stava avendo la meglio sulla
corvina che cercò di resistergli come meglio le riusciva.
Dagli
un calcioall’indietro le sussurrò una voce nell’orecchio, Trunks,
una soave melodia in quell’incubo che stava vivendo.
Così
fece.
Una
tallonata forte e decisa sullo stinco, come le aveva insegnato, dal dolore,
Miller, allentò la presa ai polsi, dandole la possibilità di liberarsi più
facilmente, non si curò del fatto fosse nuda al suo cospetto, l’importava solo
andare via di lì.
Non
dargli modo di riprendersi, finiscilo.
Un
altro calcio questa volta nelle parti basse e un paio di pugni al viso che gli
fecero sanguinare la bocca.
Cadde
a terra in preda al dolore, Mai ne approfittò per raggiungere la sua stanza di
corsa in fondo al corridoio e chiuderla a chiave con tre mandate, e come se non
bastasse, la bloccò con una sedia di legno.
Il
vetro opaco vibrò dal colpo, ma fortunatamente non si frantumò.
Raggiunse
il letto rannicchiandosi in posizione fetale tremando, per la prima volta in
vita ebbe paura.
Guardò
la sveglia digitale posta sul comodino: 01.43.
Pianse
stringendosi ancora di più, soffocando le lacrime nel cuscino.
Chissà
cosa avrebbe pensato Trunks se l’avesse chiamato
adesso e raccontato quell’orribile disavventura.
Si
sarebbe arrabbiato, tinto d’oro, oppure di blu e fatto saltare in aria l’intero
pianeta con lo schioccare delle dita se solo lo avesse voluto.
Ti
stai piangendo addosso, alzati e reagisci, ancora una volta la voce del lilla
risuonava nella testa.
Si
alzò dal letto e raggiunse il piccolo bagno annesso alla camera, ad arredarlo
solo un lavandino, uno specchio con un riflesso opaco e un wc, prese la spugna
gialla che teneva appesa alla parete ed iniziò a strofinare la pelle, si sentì
sporca, nonostante qualche minuto prima avesse fatto la doccia.
Pulì
via quello schifo con tanta foga che la pelle divenne rossa e bruciava, i polsi
erano tumefatti ed applicò della crema lenitiva specifica per contusioni,
sperando potessero sparire presto.
*
Trunks si svegliò di
soprassalto con una fitta al petto e una strana sensazione di smarrimento.
Guardò
l’ora, la sveglia segnava le 01.43.
Ebbe
anche un conato di vomito, ma non buttò fuori niente.
Cercò
con la mano nell’oscurità la bottiglia d’acqua che teneva sopra il comodino,
era vuota, quindi dovette scendere giù in cucina per bere.
Trovò
sua madre intenta a consumare uno spuntino notturno, o meglio la cena.
“Trunks! Che ci fai qui?” Chiese sorpresa la turchina.
“Ho
sete. Tu piuttosto, ancora sveglia a quest’ora?”
“Ho
un progetto in piedi che mi tiene molto impegnata, non mi sono accorta del
tempo che passava” Addentò un pezzo di sandwich al tonno.
Lui
trangugiò tutto il bicchiere d’acqua d’un sorso.
“Stai
bene figliolo? Hai una faccia, sei pallido…” Gli tastò la fronte, non sembrava
avesse la febbre, non l’aveva mai avuto per quanto potesse ricordare.
“Un
brutto sogno” Mentì, era da tempo che non ne faceva uno.
“Centra
per caso una certa ragazza che conosciamo?”
Trunks aveva capito che
era ora della solita chiacchierata mamma-figlio nel cuore della notte.
Bulma prese la parola per prima e
constatò che da quando Mai, aveva lasciato la loro residenza, non avevano più
parlato molto.
Era
solito dopo cena svignarsela in camera alla svelta per evitare qualsiasi
argomentazione in merito.
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti! Eccomi con la seconda parte incentrata
sulla vita militare di Mai, e per chi lo voleva, una piccola apparizione anche di
Trunks😊
Vi aspetto al
prossimo con la terza e ultima parte un po’ più soft.
Quella notte non
riuscì a chiudere occhio, ed ogni volta che provava a farlo, riviveva sempre
quella scena orribile.
Mai nella sua vita
avrebbe pensato che le potesse accadere una cosa del genere, sapeva benissimo
come andava il mondo, che c’erano donne di qualunque età che ogni giorno
lottavano contro queste situazioni.
Una lacrima le
rigò il volto.
Pensò fosse colpa
sua, e che se è accaduto una volta, succederà ancora, magari non con la stessa
persona, ma altri ci proveranno.
Scagliò un pugno
allo specchio del bagno che si ruppe, ma non del tutto.
Prese un frammento
che si era staccato con l’intento di sfregiarsi il volto, così facendo nessuno
l’avrebbe trovata più interessante e se ne sarebbero rimasti alla larga da lei,
come avevano fatto nell’ultimo anno.
Cosa stai facendo? Ancora una volta la voce di Trunks
risuonava nella sua testa riportandola alla realtà e destandola dalla cazzata
che stava per fare.
Stava crollando
psicologicamente, la vita in caserma è dura, non aveva fatto o conti con
questo, pensava che se il suo alter ego del futuro era a capo della Resistenza,
allora anche per lei era questa la via giusta da percorrere.
Ha lasciato tutto
e tutti per intraprendere una strada che sembrava ora giunta al termine, senza
aver concluso niente e lasciandole solo l’amaro in bocca.
“Sono un’incapace”
Ti arrendi così?
Non ti riconosco più Mai.
“Questa è anche
colpa tua Trunks” Un pugno più forte allo specchio e
anche gli ultimi frammenti caddero sul freddo pavimento.
Si sedette con le
spalle al muro ed avvicinò le ginocchia al volto rinchiudendole in un
abbraccio.
Pianse.
Pianse a lungo.
Ancora una volta
era sola e con quel fardello da portare.
*
Bussarono alla sua
porta insistentemente per qualche secondo facendola vibrare.
Lei era ancora
adagiata al pavimento e addormentata.
“Mai Mai! Stai bene?” Chiese il soldato.
Sentendo quel
trambusto aprì gli occhi un po' alla volta, e appena la vista non fu più
sfocata, si passò una mano sulla bocca e si alzò per andare ad aprire.
“Che c’è?” Chiese
aprendo la porta e facendo entrare Miles.
“Hai sentito la
novità?” Disse entusiasta adagiandosi sul letto “Ma che è successo?” Continuò
notando lo stato in cui versava la camera, il bagno e che la porta era stata
bloccata da una sedia.
“Va avanti Miles” Non
voleva rispondere in quel momento a domande scomode.
“Miller” Quel
nome, un fendente dritto al cuore sarebbe stato meno doloroso.
“Che ha quello
scarafaggio?” Chiese schifata mentre si strofinava con lo spazzolino i denti e
sputava i rimasugli del dentifricio con disprezzo.
“Ha dato le sue
dimissioni” Le comunicò con enorme gioia, non gli era molto simpatico, a dir la
verità non era un personaggio molto amato da nessuno, se non fosse stato che la
sua famiglia vantava numerosi nomi nel campo militare, sarebbe ben presto
uscito di lì solo per la condotta pessima.
Si sentiva
superiore e questo lo incentivava a bullizzare qualunque cadetto non gli
andasse a genio.
“Ah! Come mai?” Si
finse sorpresa asciugandosi la bocca.
“Sai Teo il compagno
di stanza di Miller?”
Lei annuì con il
capo mentre usciva dal bagno ed andava a sedersi nel letto difronte a lui.
“Pare che stanotte
lo abbia trovato privo di sensi qua nel corridoio, aveva i pantaloni abbassati
ed era conciato male”
Mai abbassò lo
sguardo, le iniziarono a tremare visibilmente le mani, ma Miles non le disse
nulla anche se lo aveva notato, ebbe la conferma con quel gesto che la dipartita
di Miller avesse in qualche modo a che fare con lei.
*
“Miller! Ehi
Miller” Teo lo chiamò e lo girò dandogli un leggero calcio.
Notò i pantaloni
abbassati, lividi ben visibili sul volto e un fiotto di sangue che usciva dal
lato destro della bocca.
Si abbassò al suo
livello e gli tastò con due dita la giugulare.
Era vivo, ma
ridotto male.
Cercò di farlo
rinvenire gettandogli dell’acqua fredda in faccia.
“Ma che…” Miller
si svegliò tossendo perché dell’acqua gli era finito nel naso.
“Teo sei tu” Sentiva
il volto pulsare e la testa gli faceva male.
“Che è successo?”
Gli chiese aiutandolo ad alzarsi e ricomporsi.
Non rispose, non
sapeva cosa inventare al momento, non poteva dirgli che aveva cercato di
violentare Mai.
“Miller, mi vuoi
rispondere”
Si morse un
labbro, era in trappola.
“Che cosa hai
fatto?” Gli chiese con insistenza, ora si stava spazientendo.
Il suo silenzio
non faceva altro che alimentare in lui ancora di più quel sospetto che si era
insinuato nella sua testa.
Due erano le cose:
o era stato vittima lui di una violenza, oppure l’aveva causata, e la vittima
designata non era di certo un soldato maschio.
“Te lo dico, ma
promettimi di non andarlo a dire in giro” Sapeva che poteva fidarsi di Teo.
“Hanno cercato di abusare
di me, erano in tre, non sono riuscito a vederli in faccia perché mi hanno
tramortito quasi subito”
Teo inarcò un
sopracciglio, qualcosa nel suo racconto non quadrava.
Lo attaccò al muro
sollevandolo per la canotta bianca.
“Senti brutto
figlio di puttana, o mi dici la verità, oppure te le suono anch’io”
“Mai, è stata Mai
a provocarmi, è uscita dalla doccia e stava percorrendo il corridoio nuda, non
le ho resistito”. Cercò di difendersi, ma anche questa volta non gli credette.
“Non raccontarmi stronzate
Miller, tutti sanno a che ora usa il bagno quella ragazza, e nutriamo un gran
rispetto per lei, ma nessuno si sognerebbe di aggredirla, per questo ci
rinchiudiamo nelle nostre camere per non vederla. Tu lo hai fatto di proposito”
L’accusato non
disse nulla, a Teo bastò il suo silenzio per capire che ci aveva preso, lo
lasciò anche andare prima di fargli qualcosa di cui si sarebbe pentito.
“Ora fai le
valigie e te ne vai, altrimenti racconto a tutti quello che hai fatto, e le
conseguenze che ne deriveranno non ti piaceranno.”
*
“Ah mi spiace”
disse con un filo di voce “Era un bravo soldato” Disse guardando a terra e non
pensando minimamente a nessuna delle parole che stava pronunciando, si
massaggiava i polsi, come se quelle allusioni su Miller, le segnalavano che
stava dicendo una serie di castronerie, cosa che non sfuggì a Miles che ne colse
tutti i gesti.
Polsi tumefatti, occhiaie
nere visibili sotto gli occhi, specchio in bagno rotto, porta chiusa a chiave e
per giunta bloccata con una sedia.
Qualcosa di brutto
le è successo.
“Scusami” Le disse
con un filo di voce sollevandole il mento con due dita.
“Di cosa?” Chiese
sorpresa.
“Dopo quello che
ti è successo, mi vergogno di essere un uomo” Gli era bastato davvero poco per
unire tutti i tasselli.
“Non è colpa tua” Gli
disse confermando i suoi sospetti.
“Ti ha fatto male?”
Aveva paura di domandarglielo, ma era l’unico modo per farla parlare e buttarsi
alle spalle quella orrenda esperienza.
Mai voleva
piangere, ma non poteva violare quella corazza dura che si era costruita in
tutti quegli anni e che gli altri la potessero vedere debole.
“Mi sono fatta
valere” Disse abbozzando un sorriso.
L’abbracciò forte e
le diede un tenero bacio sulla guancia, sussurrandole all’orecchio che da ora in
poi ci sarebbe stato lui a proteggerla.
*
Qualche anno dopo…
Il Generale di
caserma, aveva convocato urgentemente Mai nel suo ufficio.
Bussò alla porta e
attese il permesso di entrare.
“Voleva vedermi Generale?”
“Si sieda Colonello”
Mai spostò la sedia di legno ricoperta in tessuto di alcantara verde e obbedì
all’ordine.
L’uomo era in
piedi difronte la finestra e osservava le nuove reclute eseguire il percorso
designato per l’entrata nei corpi speciali.
“Innanzitutto
volevo congratularmi per l’egregio lavoro svolto durante l’ultima operazione,
grazie al suo tempestivo intervento, i malviventi sono stati consegnati alla
giustizia”
“Dovere Signore,
ma non ho fatto tutto da sola, ho un’ottima squadra”
Il suo team era
composto da sei persone, il Sottotenente Hank, il Capitano Miles, il
Maresciallo Guz, il Tenente Mike e la nuova recluta Lizzie.
“Si, ma mi hanno
riferito che il cervello di tutta l’operazione è qua davanti a me”
Ringraziò
timidamente, non volendosi prendere tutto il merito.
“Mi dia pure del tu
Generale” Gli disse, odiava i convenevoli.
“Ha fatto molta
strada da quando sei arrivata qua, ricordo ancora la prima volta che ti ho
visto correre, arrampicarti su quegli ostacoli, avevo pensato subito che avevi coraggio
da vendere e che saresti arrivata molto in alto. E così è stato” Prese posto
anche lui sulla sua poltrona di pelle, molto più comoda rispetto a quella della
ragazza.
“Grazie Signore,
ho sempre cercato di fare del mio meglio”
“Molti dei tuoi superiori
pensavano avresti ceduto subito, invece eccoti qua, davanti a me con il grado
di Colonello. Grazie a te abbiamo voluto estendere il militare anche alle
donne.”
“Ne sono onorata,
ma credo non mi abbia convocato qui solo per dirmi questo”.
“No infatti” Il
Generale si alzò ancora ed inizio a camminare avanti e indietro.
“Come sai, sono
prossimo alla pensione”
“Si, lo so. Ci
mancherà tanto Generale” Disse la ragazza, era stato come un padre in tutti
quegli anni, sempre pronto a darle consigli preziosi e ad appuntarle al petto i
gradi che con sudore e fatica si era guadagnata, senza l’aiuto di nessuno.
“Sarai tu a
prendere il mio posto Mai”
Il Colonello
rimase a bocca aperta a quell’affermazione, quanto lo aveva sognato e desiderato.
Una donna a capo
di un intero plotone, non si era mai visto, lei stava cambiando la storia
militare.
“S-sta dicendo sul
serio?” Balbettò incredula.
Il Generale annuì
con il capo “Mai stato più serio”.
“Sarà un onore
prendere il suo posto” Si strinsero le mani in segno di rispetto.
*
Mai si sentì
mancare la terra sotto i piedi, era al settimo cielo.
Sentiva il bisogno
di dirlo subito a Miles, il suo compagno ormai da qualche anno.
Erano riusciti a
tenere nascosta la propria relazione fino a qualche tempo fa, quando vennero
scoperti.
Il Capitano Miles
si beccò una sospensione e fu degradato, invece Mai la misero ad addestrare le
nuove reclute nella sede distaccata.
Li divisero, ma il
loro amore aveva resistito.
Girò l’angolo del
cortile e appoggiato ad una colonna del porticato lo vide.
Un crepo al cuore
e il mondo le cadde addosso in un secondo.
Tutti i sogni e i
progetti che avevano per il loro futuro, andarono in frantumi come un vaso di cristallo
che cade a terra.
Strinse i pugni e
cacciò dentro la lacrima che stava cercando una via di fuga dai suoi occhi neri.
No, non gli
avrebbe dato la soddisfazione di piangere, non gli avrebbe fatto neanche una
scenata, non era il tipo di persona che fa queste cose in pubblico.
Miles la stava
tradendo alla luce del sole, abbracciato a quella bionda riccia, di qualche
anno più giovane di lui, che conosceva bene, in quanto, molte volte in mensa, si
univa a pranzare con la loro squadra.
Forse per ripicca,
Mai scelse Lizzie al posto suo nel team, la riteneva
troppo con la testa sulle nuvole e le sarebbe stata d’intralcio, Miles invece
non la pensava affatto così.
*
Seduta
dietro la scrivania di mogano, realizzò che erano trascorsi la bellezza di dieci
anni da quando per la prima volta mise piede in quella caserma ed ora eccola
lì, a varcare ogni mattina la porta del suo ufficio portando sulla giacca il
grado più alto che un militare possa conseguire: il Generale.
Era
riuscita a costruirsi attorno a lei un mondo che, grazie all’ispirazione del
suo alter ego del futuro, è divenuto realtà.
Sacrificio,
fatica, determinazione, sudore, rabbia, umiliazione, l’hanno fatta arrivare dov’è.
Ancora
prendeva parte ad alcune operazioni insieme al suo vecchio team, ma la maggior
parte del tempo la passava nel suo ufficio, tra scartoffie e riunioni del
comando.
Un
ufficiale entrò nel suo ufficio con un documento in mano, dove erano registrati
una serie di appuntamenti.
Uno
fra tutti attirò la sua attenzione.
“Ore
12.00 ritiro medaglie Oreficeria D’Aura – Centro Commerciale Città dell’Ovest”
il nome vicino era in bianco, di solito era il Generale che assegnava il
compito a qualcun altro.
Mai
disse che ci sarebbe andata a ritirarle di persona, una toccata e fuga, senza
farsi vedere e sentire, un fantasma insomma.
Giusto
il tempo per evadere un po'.
La
città era grande ed era sicura che non avrebbe incontrato vecchie conoscenze,
ma non si era resa conto che erano nel mese di luglio e per giunta iniziava il
periodo dei saldi.
Angolo dell’autrice: A Teo5Astor, come promesso, ecco il tuo cameo.
*
Ciao a tutti miei
cari lettori, come al solito ringrazio chi è arrivato fino a qui, e chi vorrà
lasciare un segno del suo passaggio, mi farebbe un immenso piacere, mi piace
leggere cosa ne pensate della storia, questo mi dà la carica per scrivere
ancora 😊
Purtroppo, o per
fortuna, siamo giunti al termine della terza parte sulla vita in caserma di
Mai, che però
ritornerà sotto forma di flash back nei capitoli successivi.
Come avete visto è diventata Generale e c’è stato
un salto temporale di 10 anni.
C’è
chi lo aspetta con trepidazione per iniziare le vacanze estive e chi lo aspetta
per accaparrarsi l’ultimo affare.
I
primi giorni dei saldi, sono i più difficili e stancanti, soprattutto per i
commessi che si trovano a fare i conti con orari continuati, persone che nervosamente
entrano ed escono dal negozio mettendo a soqquadro tutti gli scaffali in cerca
della loro taglia o capo di abbigliamento che hanno occhiato in vetrina.
Due
turchine consumavano il pasto nel ristorantino adiacente la gioielleria dove
Mai doveva ritirare le medagliette da consegnare alle nuove reclute.
Si
erano accomodate nel plateatico esterno, proprio sotto l’immenso lucernario che
illuminava gran parte del piano superiore.
La
più giovane addentò un po' di insalata e chiedeva alla madre quale sarebbe stata
la prossima tappa, visto il periodo, non doveva farsi scappare l’ultima
occasione, anche se come al solito, si sarebbero ritrovate entrambe ad
acquistare capi della nuova collezione, oppure cose di cui non ne avevano
assolutamente bisogno, in quanto i loro rispettivi armadi erano pieni di abiti
con ancora il cartellino appeso.
Appoggiarono
a terra sotto il tavolino di legno, già la bellezza di sette buste di varie
dimensioni di rinomate firme a testa.
La
turchina più anziana, si era presa una giornata libera per accompagnare la
figlia a fare compere, ma non aveva resistito alla tentazione di abiti nuovi di
zecca, che forse non avrebbe mai avuto l’occasione di indossare, ultimamente stava
lavorando ad un progetto segretissimo che le impegnava gran parte della
giornata.
Aveva
liquidato Vegeta, in un colloquio avuto con la sfera di cristallo di Wish la sera precedente, dicendo che ai militari serviva
qualcosa all’avanguardia e che presto sarebbero venuti in sede a controllarne
gli effetti.
A
tal proposito, nella nuova sede, era stato aperto un laboratorio dove tecnici
specializzati hanno dato il via al reparto “Militaria”, incentrato sulla
produzione di armi e attrezzatura militare all’avanguardia.
“Dai
mamma sbrigati a finire la bistecca” Ordinò impaziente la più giovane.
Bulma, non fece altro che constatare che
quella bimbetta, ormai cresciuta e diventata una bellissima donna, assomigliava
caratterialmente sempre di più a suo padre ogni giorno che passava.
“Non
hai mangiato niente. Finisci il tuo pasto e poi potremo andare, altrimenti
andremo dritte a casa” A volte la trattava come una bambina piccola.
La
quindicenne sbuffò ed incrociò le braccia al petto, volse lo sguardo verso il
negozio di gioielli e vide una ragazza mora che contemplava la vetrina.
Le
sembrava di conoscerla.
Non
era cambiata molto da come se la ricordava, teneva sempre i capelli lunghi e la
frangetta, e vestiva in modo sportivo e un po' mascolino, pantaloni di jeans
azzurri con risvoltino e maglietta bianca un po' larghi, scarpe da ginnastica
bianche con qualche borchia argentata, di borse non se ne
parlava, infatti portava su una spalla uno zainetto di cuoio invecchiato
marrone.
Non
portava nessun gioiello, tranne una catenina al collo con due medagliette
rettangolari argentate appese.
Si
portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si apprestò ad entrare nel negozio.
“Ehi
mamma” La chiamò attirando l’attenzione della donna intenta a finire il suo
pasto come ordinatole poco fa.
“Guarda
là” Fece segno con il mento “Ma non è Mai quella?”
Si
voltò nella direzione indicatale pulendosi la bocca con il tovagliolo.
Bra
era ancora piccolina quando i tre ospiti se ne erano andati da casa sua, però
il loro ricordo era ancora vivo in lei, soprattutto quello della ragazza, che, insieme
al fratello la facevano sempre giocare, credendo perfino che Mai fosse sua
sorella.
La
sua partenza le fece molto male, perché in lei aveva potuto trovare un’amica
con cui confidare i propri segreti: il primo bacetto innocente sulla guancia ad
un ragazzo, il medesimo che le aveva rubato il giocattolo dalle mani, oppure
che per scherzo le aveva tirato i capelli facendole male.
“Si,
sembra lei” Confermò scrutandola meglio e senza pensarci due volte, la chiamò a
gran voce agitando la mano in alto per segnalare la posizione, erano ben dieci
anni che non si avevano sue notizie.
Nemmeno
Pilaf e Shu che ogni tanto pizzicava nella sua cucina
intenti a cibarsi, l’avevano più vista e sentita, come se si fosse volatizzata
nel nulla.
Puff…sparita.
*
Doveva
essere un fantasma, nessuno l’avrebbe notata tra la folla dell’ora di punta, forse.
Quella
voce.
Inconfondibile.
Così
squillante da riconoscerla tra mille.
Un
tuffo al cuore.
Non
ebbe il coraggio di voltarsi subito quando si sentì chiamare, poi respirò a
fondo, e ritirò il dito dal campanello che si apprestava a suonare per entrare,
non poteva, non doveva ignorarla.
Bulma.
Lei,
che l’aveva accolta in casa e trattata come una figlia senza fare troppe
domande.
Si
girò verso la sua direzione, la salutò timidamente con la mano e un sorriso
appena accennato e la raggiunse.
Un
abbraccio, una stretta forte forte, che le trasmise tutta la sua felicità nel
rivederla, per poco alla turchina non le scendeva una lacrima.
Finalmente
era lì davanti al suo cospetto, le sembrò un po' sciupata nell’aspetto
esteriore, ma in splendida forma.
“Sono
proprio contenta di vederti, sei raggiante” Le disse la turchina più vecchia.
“Anche
io, e tu non sei cambiata di una virgola”
Sul
volto di Bulma comparì un sorriso immenso, era sempre
felice di ricevere complimenti riguardo la sua età.
“Tutto
merito di una nuova crema anti età inventata da me, te la farò provare” Le fece
l’occhiolino.
“Grazie , ne avrei proprio bisogno, ma tra un impegno e
l’altro, ho poco tempo da dedicare a me stessa”
Sarebbero
andate avanti a parlare ancora per un po', se la più giovane di quel terzetto,
non avrebbe interrotto la conversazione tossendo e attirando l’attenzione.
“Bra?”
Mai inarcò un sopracciglio, era incredibile come quella bimba era cresciuta,
bellissima, nulla da dire.
“In
persona” Rispose sorridendo.
“Wow”
Esclamò Mai complimentandosi anche con lei.
“Ti
siedi qui con noi?” Chiese Bulma facendole segno di
accomodarsi accanto a lei.
Aveva
voglia di chiederle molte cose, tipo che cosa aveva fatto negli ultimi dieci
anni, anche se dalla sua medaglietta appesa al collo, lo aveva già intuito, a
meno che non fosse di qualcun altro.
Tirò
quasi un sospiro di sollievo nel constatare che il nome e cognome, data di
nascita e altri dati personali impressi, erano i suoi.
Bra
invece premeva per continuare a fare compere, il centro commerciale passata
l’ora di pranzo, si stava riempiendo di gente e sarebbe stato difficile per lei
ultimare gli acquisti in santa pace.
Non
che ne avesse bisogno.
“Tesoro
continui da sola la corsa ai saldi?” Le domandò Bulma
porgendole la carta di credito e la più piccola non fece altro che obbedire
felice.
“Ci
trovi qui!” Disse poi prima di vederla scomparire tra la folla saltellando come
un grillo.
*
Da
quando Bra si era allontanata, tra le due donne si stava creando un po' di
imbarazzo, più per Mai che per Bulma, quest’ultima
non sapeva più che altro da cosa cominciare a chiederle informazioni.
La
mora si guardava attorno sperando di non veder sbucare da qualche parte una
chioma lilla.
“Stai
aspettando qualcuno?” Chiese la turchina osservando il suo nervosismo.
Mai
negò con il capo “E’ che non venivo in questo posto da un po' e stavo
osservando quando è cambiato negli ultimi anni” Trovò una giustificazione al
volo, ma Bulma non la bevve.
“Siamo
solo io e Bra qua. Vegeta è come al solito da Lord Beerus,
ma dovrebbe tornare a giorni, invece Trunks è al
lavoro. Sai che è diventato presidente della società?”
Certo
che lo sapeva, lo aveva letto in una rivista tempo fa.
“Ah?
Davvero?” Cercò di essere sorpresa e sorseggiò della limonata che il cameriere
le aveva appena portato.
“Eh
si. Papà era stufo di lavorare ed è andato in
pensione. Ora è con mia madre che gira il mondo”
“Beati loro! Comunque dai, se lo sono meritati
un po' di riposo” Continuò “…tu sei sempre in laboratorio, oppure ora che tuo
padre ha lasciato il lavoro hai altri ruoli?”
Bulma stava osservando il tablet perché
continuava a lampeggiare, era il segnale che il nuovo progetto aveva terminato
il caricamento ed era pronto per essere collaudato.
“Scusami”
Appoggiò sul tavolo il mini computer “…si sono sempre in laboratorio a lavorare
a nuovi progetti, infatti ora ne ho terminato uno. Non sono fatta per la vita
d’ufficio e lo sai, troppo stress. Ho lasciato questo compito a Trunks, che è più adatto”.
Trunks.
Bramava
per chiedergli notizie, ma meglio di no. Perché poi? Forse perché nonostante la
lontananza di tutti quegli anni non lo aveva dimenticato? Aveva ancora qualcosa
in sospeso con lui?
Gli
avrebbe fatto male sapere che stava con qualcuno? Magari si era sposato e
creato la sua famiglia.
Sicuramente.
E
lo sapeva bene.
Ne
era ancora innamorata? O era solo la curiosità di sapere come sarebbe andata a
finire se non se ne fosse andata, a martellarle nella testa ancora dopo tutto
quel tempo?
Nonostante
la storia intensa con Miller, non si era dimenticato di lui, però non riusciva
a dare un nome a quel sentimento.
Amore?
Sembrava
di no.
“E
te? Cos’hai fatto in tutti questi anni” Le chiese curiosa prima di sentirsi
fare domande su suo figlio.
La
conosceva bene e sapeva che prima o poi gli avrebbe chiesto sue notizie, se
avevano qualcosa da dirsi quei due, qualcosa in sospeso se la sarebbero dovuti
cavare con le loro forze, ora Mai sapeva dov’era, e se voleva una capatina al
sessantesimo piano dell’edificio della società a qualche isolato più avanti, lo
avrebbe fatto.
“Io?
Vediamo…mi sono arruolata nell’esercito e sono diventata Generale” Lo disse
come se fosse cosa da niente, come se fosse facile entrare in quei corpi
speciali ed essere premiati con il grado più alto solo dopo pochi anni di
onorato servizio.
“Ge-generale!” Esclamò sorpresa, ne aveva fatta di strada in
quei pochi anni.
Annuì
con il capo coprendo un velo di imbarazzo.
“Congratulazioni
tesoro, sono fiera di te!” Le prese la mano in maniera molto materna, quanto le
erano mancate quei gesti e quelle conversazioni “Non vedo l’ora di dirlo a Trunks” Cinguettò felice cercando qualcosa nell’enorme
borsa.
“NO!”
Non si rese conto di aver urlato e che la gente attorno la stava guardando per
capire cosa fosse successo.
“Scusa,
non dirgli niente per il momento” Si giustificò.
Bulma non chiese il perché di quell’affermazione,
si limitò ad esaudire la sua volontà assecondandola.
Volle
sapere qualcosa di più, tipo se c’era qualcuno di importante nella sua vita.
“Adesso
no” Si rabbuiò pensando a Miles e al male che le aveva fatto, l’aveva tradita proprio
davanti ai suoi occhi.
Avevano
progettato una vita assieme, una casa e persino una famiglia, lo sarebbero
stati se non avesse perso il bambino dopo poche settimane che aveva scoperto di
essere incinta.
Forse
per questo che il loro rapporto si era incrinato, oppure erano comunque
destinati a separarsi prima o dopo.
“Come
adesso no?” Chiese curiosa.
Non
rispose a quella domanda perché dovette alzarsi di colpo dopo aver ricevuto una
telefonata urgente dal suo plotone.
“Mi
dispiace Bulma, devo andare, salutami tanto Bra”.
Angolo dell’autrice: Buongiorno miei cari ed affezionati lettori, grazie
mille per aver letto fino a qui.
Com’era ovvio
qualcuno nella Città Dell’Ovest, avrebbe sicuramente incontrato, adesso è stata
la volta di Bulma e Bra, prima o poi toccherà anche a
Trunks, non preoccupatevi, forse già dal prossimo?
Continuate a seguirmi per scoprirlo.
Chi
vive o lavora nelle grandi città, sa quanto possa essere intenso il traffico
nelle ore di punta, soprattutto alla mattina e alla sera quando si entra e si
esce dal lavoro.
Si
possono udire solo clacson che suonano, bici e scooter che sfrecciano a tutta
velocità sia a destra che a sinistra e non è raro, il verificarsi di incidenti,
code e rallentamenti.
Spesso
grossi ingorghi paralizzano le arterie principali provocando il ritardo
dell’entrata sul luogo di lavoro.
E
per fortuna che l’anno scolastico era giunto al termine da un mese, altrimenti
a contribuire ad intasare le strade, si potevano trovare genitori imbranati
alla guida delle loro autovetture che accompagnavano i propri figli a scuola,
che molte volte erano costretti a far scendere in mezzo alla via perché
avrebbero raggiunto gli edifici molto prima a piedi.
Però
questo non è un problema per chi potendoselo permettere può raggiungere il
proprio ufficio utilizzando una macchina volante, costruita da una delle più
brillanti scienziate del pianeta.
Sua
madre.
La
limousine rossa atterrò sul tetto della Capsule Corporation alle 8.30 precise.
La
portiera si aprì e uscì il nuovo presidente della società, nominato da poco più
di due mesi.
“Buongiorno
signor Presidente” Lo salutarono una decina di collaboratori con un inchino, che
come ogni mattina lo accompagnarono al suo ufficio illustrando l’andamento
della società del giorno prima, non ascoltando una sola parola.
Prese
l’ascensore come di consueto, la stanza a lui designata era al sessantesimo
piano.
Poteva
raggiungerla tranquillamente volando, ma questo avrebbe destato un po' di
stupore e di timore per le persone non abituate a certe diavolerie.
Salutò
la signora Coff, la segretaria personale, una donna
sulla cinquantina con una chioma riccia e vaporosa bionda, immancabile il
rossetto rosso fuoco sulle labbra, un po' svampita, come la definiva lui, ma
sapeva fare egregiamente il suo lavoro.
Batteva
i tasti molto velocemente, era molto concentrata sulla lettera che stava
scrivendo, che quasi non si accorse della sua presenza.
“Buongiorno
signora Coff”
“Presidente!”
Cinguettò e smise di battere sulla tastiera.
“Che
appuntamenti per oggi?” Chiese controllando le buste indirizzate a lui e che la
l’impiegata aveva posto come ogni mattina nel contenitore della posta sopra la
sua scrivania, sperando di non avere nulla.
La
segretaria prese l’agenda elettronica da dentro un cassetto ed iniziò ad
illustrare il programma giornaliero.
“Ore
9.00 riunione con i progettisti.
Ore
10.00 riunione con gli azionisti.
Ore
12.00 pranzo con Goten.
Ore
13.45 appuntamento con il direttore della banca per il finanziamento” Si, aveva
fatto includere anche l’appuntamento delle ore 12.00, per evitare come l’ultima
volta di averlo fatto attendere al ristorante un’ora per nulla.
“Poi
ha il pomeriggio libero, non ha nessun appuntamento” Si sistemò gli occhiali un
po' più vicino agli occhi e lo guardò in attesa di istruzioni.
“Va
bene, può confermare tutto, tranne il pranzo, quello mi arrangio io” Si congedò
richiudendosi nel suo ufficio e portando con se alcune
buste.
Quella
mattina si era svegliato con una strana sensazione, un senso di smarrimento
dato non si sa da cosa.
Guardò
fuori dall’enorme vetrata e nell’edificio davanti era stato fatto appendere un
cartello che gli strappò un sorriso.
“Tutte
le donne sono nate uguali, poi si sono arruolate” Ne aveva sentito parlare, da
un po' l’esercito aveva dato la possibilità al popolo femminile di entrare nei
loro corpi.
“Chissà
se Mai…” Scosse la testa scacciando via quel pensiero, improbabile.
Alla
porta bussò qualcuno, era la responsabile del reparto contabilità, Marron, la
figlia di Crilin che aveva trovato un impiego stabile
alla Capsule Corporation dopo essersi laureata in Economia e Finanza con il
massimo dei voti.
“Buongiorno
signor Presidente, mi dovrebbe firmare un paio di assegni” Lo schernì la
biondina imitando la voce di chi l’aveva appena preceduta.
Gli
porse i pezzi di carta ed indicò il punto dove doveva apporre la sigla.
“Se
vuoi lasciali pure qua, dopo il pranzo devo andare per firmare della altre
scartoffie in banca, li faccio versare io”
“Va
bene, non dimenticarti di farmi avere la ricevuta, altrimenti non riesco a
contabilizzare i movimenti.”
“Certamente”
Le disse sorridendo.
“Mi
raccomando, non voglio fare la fine della settimana scorsa. Sono stata tutto il
pomeriggio in cerca tra le varie ricevute di un movimento che non quadrava in
contabilità, e alla fine l’avevi tu, mi hai fatto diventare matta.”
“Ricordati
di segnarlo come straordinario”
Risero
tutti e due.
“Ah
Trunks” Si fermò davanti la porta ancora chiusa
“Ricordati che il mio invito a cena è sempre valido” Ancheggiò suadente.
Il
saiyan arricciò le labbra “Non esco con gli amici di
famiglia, non so quante volte te lo devo dire” Fece beffardo.
“Beh!
Se vuoi saltiamo la cena e passiamo direttamente ad altro…pensaci” Richiuse la
porta dietro di se.
Non
era un segreto che alla biondina piacesse il presidente, ma Trunks,
era stato chiaro fin dall’inizio con lei per non illuderla, non voleva vederla
soffrire per un sentimento non ricambiato, la vedeva semplicemente come
un’amica.
+
Goten, per evitare di dover aspettare
ancora una volta un’ora da solo al ristorante e per ingannare l’attesa divorare
tutte le scorte di cibo, andò a prendere Trunks
direttamente in ufficio.
“Se
non ha un appuntamento con il Presidente non posso farla salire” Aveva
insistito la receptionist che si trovava all’ingresso della società.
“Cocca
non mi serve un appuntamento per parlare con Trunks”
Rispose spavaldo.
“Non
mi chiamare cocca insolente che non è altro” Stava per comporre il
numero della sicurezza, quando alle sue spalle comparve Trunks
a calmare la situazione.
“Che
sta succedendo qui?” Chiese, ma la signorina non fece a tempo a spiegare la
situazione.
“Goten quante volte ti ho detto che se non hai appuntamento
o lascio detto che passi, non ti faranno mai entrare” Lo riprese.
“Hai
ragione amico, ma mi trovavo da queste parti” Si giustificò grattandosi la
testa nella tipica espressione di suo padre.
“Aspettami
li, arrivo subito” Indicò il divanetto di pelle nera poco distante, si sedette
senza obiettare.
*
Pranzarono
al ristorante adiacente la banca dove più tardi Trunks,
avrebbe dovuto recarsi dopo il pranzo per firmare alcune scartoffie.
“Allora
come va con Valese?” Gli chiese mentre aspettavano
l’aperitivo al banco.
“Alla
grande amico! E a tal proposito ho una grande novità” Gli disse sorridendo.
“Sono
tutto orecchi” Chissà con quale sparata se ne sarebbe uscito il suo migliore
amico e nel frattempo arrivarono anche due calici di prosecco accompagnati da
patatine e olive.
“Io
e Valese andremo a vivere insieme” Confessò tutto
d’un fiato.
“Ma
dai??? Allora bisogna brindare”
Avvicinarono
i calici e bevvero.
“Sono
proprio contento per voi, ve lo meritate”
Un
cameriere si era avvicinato a i due ragazzi annunciando che il loro tavolo era
pronto, e li accompagnò.
I
due amici si accomodarono uno di fronte all’altro, avevano preso posto nel
tavolo vicino alla finestra con vista sulla strada e da lì si poteva vedere
l’edificio della banca che altro non era il vecchio stabile della Capsule Corp.
e un po' più distante l’imponente nuova sede.
“Sei
il primo a cui lo dico, dopo Gohan naturalmente, i
miei neanche lo sanno”
“A
tua madre verrà senz’altro un colpo” Disse prendendo il menù e ridendo sotto i
baffi.
“Penso
proprio di si, per questo sto aspettando che papà ritorni dagli allenamenti, se
non sbaglio dovrebbe essere a giorni” Disse sfogliando le pagine, anche se
avrebbero preso entrambi le solite cose.
“Così
hanno detto” Assieme a Goku, nel pianeta di Lord Beerus
c’era anche Vegeta.
Goten prese il coraggio per chiedere a Trunks qual era il motivo della rottura con la sua ragazza,
tramite un messaggio gli aveva fatto sapere di essersi lasciato, ma non aveva
detto nulla di più.
“Mi
sono reso conto che non sono pronto a legarmi ufficialmente” Erano insieme da
qualche anno e lei voleva qualcosa di più che il lilla al momento non poteva
darle.
“Peccato,
eravate una bella coppia”
Lo
sguardo di Trunks si incupì.
“Penso
di si, ma Goten, vedi…non
era lei” Sospirò alludendo a Mai, non era riuscito a trovare nella sua ultima
fiamma, qualcosa che gliela facesse dimenticare del tutto.
“Ancora??”
Chiese schiaffeggiandosi la testa con la mano.
Annuì
con il capo, dopo dieci anni il nome Mai gli faceva ancora battere il
cuore, forse perché non erano riusciti a vivere il loro amore, e solo il fatto
di chiedersi ogni giorno come sarebbe andata, faceva crescere in lui ancora di
più l’interesse.
“Amico
sono passati otto anni, come puoi esserne ancora innamorato?”
“Dieci.”
Precisò
“Urca!
Siamo messi male qua, hai contato persino gli anni. Allora sei proprio cotto a
puntino”.
“Non
so se si possa dire che ne sono ancora innamorato, non so spiegare”
“E
io non ti capisco. Avevi una ragazza d’oro per le mani e te la sei fatta
scappare, sei un emerito idiota”
“Volete
ordinare signori?” Chiese il cameriere che appuntò nel palmare il numero del
tavolo.
“Solito?”
Chiese Trunks a Goten, che
sorrise.
“Si
ovvio”.
*
“Chissà
cos’è successo?” Si chiedeva Goten che cercò di farsi
largo tra la gente accorsa incuriosita dalla polizia arrivata a sirene spiegate.
“Guarda
c’è Crilin” Trunks indicò
il vecchio amico di famiglia intento ad allontanare la folla accorsa a curiosare.
“Ehi
Crilin, ciao! Che succede?” Gli chiese il moro
raggiungendolo oltre il nastro giallo apposto per non far passare altre persone.
“Ragazzi,
ciao! Dei famigerati terroristi hanno preso d’assalto la banca” Raccontò “Sta arrivando
anche l’esercito”
“Se
vuoi sistemiamo le cose noi due, ci metteremo poco” Disse Goten
indicando anche Trunks che annuì.
“Grazie
ragazzi. Ma ormai stanno arrivando, se vediamo che la situazione si mette male,
potete intervenire, e poi il comandante dell’operazione è una donna, voglio
vedere come se la cava” Ammiccò.
“Una
donna?” Domandò Trunks.
“La
conoscete anche” Rivelò Crilin rispondendo ad una
chiamata sul walkie talking, gli stavano annunciando
che tra circa un minuto sarebbero arrivati a dargli supporto.
“Ho
sentito che hanno aperto alle donne il militare!” Esclamò Goten
ricordando l’entusiasmo di Pan accorsa a casa sua con il volantino per
l’arruolamento, ricevendo un diniego da parte della nonna Chichi“Oh la mia piccola e dolce Pan
in mezzo a tutti quegli energumeni, no no signorina, tu diventerai una studiosa
come il tuo papà!”
Scese
dal pick up con un solo balzo, come fece tanto tempo
fa, quando la vide uscire dalla macchina del tempo.
Era
bella come la prima volta che si era veramente innamorato di lei.
Aveva
sette anni, ma con un’idea precisa chi da grande
avrebbe voluto tanto accanto a se.
Portava
i capelli raccolti in una coda alta che usciva dal cappellino verde, la solita
frangetta che le copriva un po' gli occhi, una canottiera bianca, pantaloni
verdi militare, ed una fascia rossa con alcune stelle dorate sul braccio destro.
Anche
altri tre ragazzi scesero dal veicolo raggiungendola dietro dove stava
prendendo le armi per consegnarle ai proprietari.
Si
avvicinò al piccolo poliziotto e lo salutò amichevolmente.
“Ciao
Crilin! Da quanto non ci vediamo”
“Mai
sei uno splendore, e guarda dove sei arrivata, quasi non ti riconoscevo, se non
fossi venuto alla tua cerimonia, non ci avrei creduto che avresti guidato tu
questa operazione”
Cerimonia?
Quale cerimonia? Crilin sapeva dove trovarla e non
aveva detto niente?
Si
esatto, non doveva dire niente a nessuno.
In
veste di capo della polizia della Città dell’Ovest, aveva presenziato al cambio
Generale qualche mese fa, Mai gli aveva chiesto il favore di non dire niente
agli altri, anche se contrariato, sentiva spesso la sua amica Bulma raccontarle di quanto le mancasse quella ragazzina.
Il
ciarlare delle persone che accorrevano, la infastidivano non poco, non riusciva
a concentrarsi e soprattutto non era in grado di consultarsi con i suoi
compagni mentre scritavano una mappa della banca.
“Crilin per favore fai circolare il traffico” Gli ordinò Mai
indispettita e non fece tempo ad aggiungere altro che tra la prima fila
incrociò i suoi occhi azzurri.
*
Continua
*
Angolo
dell’autrice:
Ciao a tutti! Eccomi! Finalmente dopo la bellezza di otto capitoli si sono incrociati
adesso che succederà?
Con questo capitolo vi auguro un buon week end, e vi
avviso già che dalla prossima settimana aggiornerò una volta alla settimana.
Come sempre ringrazio pubblicamente chi sta seguendo
questa mia storia con tanto interesse.
Il significato di
ogni evento dipende da come lo osserviamo, dal nostro personale punto di vista.
Quello che è
positivo per noi, potrebbe essere negativo per altri.
Il suo valore
dipenderà quindi dall’osservatore e dal suo atteggiamento.
Si scrutarono per
qualche istante, prima che Mai ritornasse a ricontrollare la mappa che teneva
sotto la mano tremolante.
Era proficuo o
svantaggioso avere Trunks tra il pubblico, questo
l’avrebbe influenzata in qualche modo nelle sue decisioni? L’avrebbe giudicata
se avesse fallito la missione, anche se questo ovviamente non era contemplato?
Una cosa però era
certa, la voglia di correre dietro quel nastro ed abbracciarlo, dirgli che gli
era mancato, che è stata una stupida ad andare via, era tanta.
E non avrebbe
fatto nessuna differenza se in quell’istante i terroristi che si erano
insidiati nella banca avessero fatto una strage.
Mike le fermò la
mano con la sua “Stai bene?” Le chiese notando il senso di disagio che l’aveva
avvolta.
“S-si” Balbettò
voltandosi per accertarsi che fosse ancora lì, che non si era trattato uno
scherzo della calura di quel pomeriggio di luglio.
Era lì, non si era
mosso di un centimetro, anche se Crilin continuava a
tenere a bada la folla che si avvicinava incuriosita.
“Avanti gente!
Circolare, circolare, non c’è niente da vedere” Gridava il poliziotto agitando
le mani facendo segno alle persone di andarsene, poteva essere molto pericolosa
quella situazione, per questo era stato interpellato l’esercito.
Mai piombò in
quella piazza, in quel meriggio d’oro, come un fulmine a ciel sereno.
Trunks pensò che finalmente, dopo dieci lunghi anni,
l’immenso Drago Shenron, aveva esaudito il suo
desiderio.
“Se sarà
destino ci rincontreremo” si era continuato a ripetere quel giorno.
*
“Che cosa
sappiamo” Chiese Mai al poliziotto, doveva conoscere la situazione prima di
ideare un piano efficace.
“Alle 13.15,
cinque individui hanno fatto irruzione nella banca, si sono barricati dentro
con dieci ostaggi. Sbarrato porte e finestre.”
“Che intenzioni
hanno? Siete riusciti a parlarci?”
“No”
Mai prese il
megafono ed avvicinandosi alla porta d’ingresso intimò ai delinquenti di uscire
e costituirsi.
Non ricevette
risposta, ma il comando gli passò una chiamata, dopo qualche minuto, che
proveniva dalla banca in questione.
“Pronto” Rispose.
“Ehi bambolina”
“Sono il Generale,
quindi vedi di rivolgerti a me in maniera più consona” Cercò di metter subito
dei paletti.
“Ok come vuole
signora” Disse per schernirla, infatti in sottofondo si potevano udire delle
risate.
“Senti pezzo di
stronzo, o uscite voi con le mani in alto, oppure entriamo noi!”
“Entrare dici? Si
certo, se volete vedere i fuochi d’artificio fate pure” I malviventi avevano
bloccato l’accesso alla banca ponendo su tutte le entrate dell’esplosivo al
plastico, se avessero aperto anche solo una delle porte, avrebbero causato una
bella esplosione e tutte le persone all’interno dell’edificio avrebbero perso
la vita.
Mai interruppe la chiamata
e ricontrollò la cartina.
Con il walkie tolkie chiamò i cecchini appostati nei tetti adiacenti che
stavano aspettando sue disposizioni.
“Com’è la
situazione lassù, riuscite a vedere qualcosa?”
“Negativo
Generale, porte e finestre sono oscurate, non riusciamo a vedere niente”
Rassegnata chiuse
la conversazione riservandosi di dare ordini appena avrebbe avuto la situazione
più chiara.
Chiese a Hank di
portarle il binocolo a raggi infrarossi, forse sarebbe riuscita a monitorare i
movimenti con l’ausilio del calore corporeo.
Come descritto da Crilin, dentro la banca c’erano cinque sagome che si
muovevano su e giù nervosamente e circa una decina costrette a terra,
probabilmente legati e imbavagliati.
Mai riprese il
telefono e ricompose il numero comunicatole dal comando.
“Si? Che cosa
volete ancora?” Chiese l’energumeno seccato.
“Liberate gli
ostaggi”
“Non ci penso
proprio”
“Ci sono feriti
tra loro? Come stanno?”
Il terrorista si
guardò attorno osservandoli uno ad uno.
“Bene, come vuoi
che stiano”
“Mamma io ho
fame” Sentì la voce di un bambino in sottofondo.
“Sta zitto!” Gli
intimò uno dei delinquenti che stava fumando un sigaro puntandogli una pistola
alla tempia, un gesto che spaventò molto le persone che temerono il peggio,
urlarono.
“Oh cazzo! Ehi
capo! Questa sta partorendo” Sentì dire ancora in sottofondo.
“Lasciali subito
andare gran figlio di puttana” Non ottenne risposta, la conversazione si
interruppe bruscamente.
Uno sparo.
Poi un altro.
“Io entro” Disse
Mai indossando il giubbotto antiproiettile.
“Dove vuoi andare?
A farti ammazzare? Ragiona Mai!” La fermò Mike.
Bevve un sorso
d’acqua per calmarsi, le era partito un embolo quando scoprì che dentro
l’edificio c’erano prigionieri dei bambini e una donna che sembrava stesse per
avere il suo proprio in quella situazione.
*
A Trunks e Goten pizzicavano le
mani, volevano intervenire per mettere fine a quello scempio.
Chiamarono Crilin sussurrando.
Il poliziotto gli
si avvicinò “Che c’è ragazzi?”
“Interveniamo noi
adesso” Disse Trunks togliendosi gli occhiali da
vista.
“Non erano questi
gli accordi!” Bisbigliò Crilin autoritario “Avete
pensato che non avete un travestimento come Gohan e Videl ad esempio, come giustificherete il fatto che in un
nano secondo avrete affidato quei cinque alla giustizia?”
Il travestimento
di Gohan e Videl? Era
semplicemente orribile, mai al mondo il lilla lo avrebbe indossato, forse il
suo migliore amico si.
Soffiarono tutti e
due all’unisono, il vecchio amico aveva ragione, non potevano così allo
sbaraglio manifestare la loro potenza.
Il giorno dopo Trunks si sarebbe ritrovato paparazzi e giornalisti che
invadevano il suo ufficio, più di quanto non lo stessero già facendo.
Mai infuriata
stracciò la mappa “Dannazione! Tutti gli accessi sono bloccati dall’esplosivo,
non ci resta altro che…”
“Arrenderci” Finì
la frase Hank.
“Per niente al
mondo” Lo corresse, in quel momento, con quel pubblico particolare, non poteva
mollare, doveva in qualche modo dimostrare al figlio del principe dei saiyan che se dieci anni fa aveva deciso di lasciare tutto
e tutti, era per diventare qualcuno, una persona totalmente diversa da quella
che aveva conosciuto, migliore.
Un individuo che
non solo era capace di rubare o di atti ignobili, ma anche di fare del bene.
*
All’interno della
banca la situazione stava degenerando, le persone in ostaggio si stavano
coalizzando per cercare di fare qualcosa, i soccorsi tardavano ad arrivare e
loro si stavano spazientendo, imitati dai terroristi.
I due bambini
presenti, rispettivamente di quattro e sei anni, due fratellini, cominciavano
ad aver fame, la loro mamma gli aveva detto che avrebbero fatto una capatina in
quell’ufficio, “non ci metteremmo tanto”, e poi dritti a ristorante a
gustare la loro pizza preferita.
Alla ragazza
incinta, per lo spavento e lo shock di trovarsi in quella situazione, si erano
rotte le acque e da qualche minuto era entrata in travaglio, oppure doveva
succedere proprio quel giorno, proprio in quella determinata ora.
Un’infermiera che
fortunatamente era rimasta bloccata con loro, la stava aiutando a monitorare le
contrazioni, che al momento si distanziavano di cinque minuti.
“Spesso ci
vogliono ore, soprattutto con il primo figlio” L’aveva rincuorata, magari
quando sarebbe stata ora di spingere, lo avrebbe fatto nella poltrona
dell’ospedale in sala parto, non lì, non in quelle circostanze.
I cinque
delinquenti non sarebbe stata la prima cosa che avrebbe visto la sua bambina.
La guardia armata,
approfittando di un attimo di distrazione, iniziò a sparare con l’intento di
colpirli.
Boom, boom, boom.
Tre spari,
soltanto tre spari e urla.
“Che sta
succedendo?” Chiese Mai volgendo lo sguardo alla banca.
“Dove cazzo sono
gli artificieri?” Chiese ancora.
“Sono in ritardo,
hanno trovato un incidente” La informò Hank che li aveva appena chiamati.
“Fanculo!” Imprecò
impotente.
Misero sotto sopra
la cartina, ma niente, era come trovare un ago in un pagliaio, dovevano
entrare, anche solo con le telecamere per controllare la situazione.
Si ricordò di aver
portato con se delle microcamere a forma di insetto,
in totale quattro, un regalino da parte della proprietaria della Capsule Corp.,
recapitato fresco fresco qualche giorno prima in caserma.
Dotate di
tecnologia intelligente, potevano scovare i pertugi più nascosti e sarebbero
entrati all’interno per controllare la situazione.
Le accese e le
comandò con il computerino.
Missione compiuta,
la prima spia era riuscita ad entrare in un buco sul muro, probabilmente
causato da uno sparo.
Percorse a gran
velocità il piccolo corridoio iniziale per arrivare nella sala principale
dov’erano tutti e quindici lì.
Il filmato
arrivava in tempo reale, e Mai iniziò a registrare tutto su un hard disk
esterno.
“Eccoli!” Esclamò
“Uno, due, tre….Oh no!” Volse lo sguardo altrove per
non vedere lo spettacolo raccapricciante apparso sul monitor.
La guardia giurata
con la testa spappolata appoggiata al muro, sembrava l’unica vittima di quella
situazione assurda.
Il Generale prese
il telefono in mano per sincerarsi delle condizioni degli altri ostaggi.
“Che vuoi ancora?”
Gli chiese il capo di tutta quella operazione, un uomo alto e muscoloso sulla
quarantina, pelato e con un accenno di barba, in mano brandiva un fucile kalashikov, come gli altri quattro membri della banda.
“Sappiamo che
avete ucciso un uomo, lo stiamo vedendo”
“Impossibile, le
telecamere sono fuori uso”
“Ne abbiamo
piazzate altre, non ti è dato saperlo dove sono, non le troveresti mai”
L’energumeno si guardò nervosamente attorno, pensò che quella puttanella stesse
bluffando.
“Ti stai togliendo
le mutande dal culo” Le disse per dar prova che non stava dicendo bugie.
Era vero, lo stava
facendo proprio in quell’istante.
“Te lo ripeto per
l’ultima volta, lasciate andare gli ostaggi” Scandì bene ogni singola parola.
“Mai e poi mai”
“Avete ucciso un
uomo pezzi di merda”
“Il suo cervello
mi è schizzato nella maglietta, l’ho dovuta buttare per colpa sua. E comunque
appena avremo terminato qui, sarà la fine che faranno anche gli altri”.
Negli occhi degli
ostaggi si materializzò puro terrore, tutti tremarono di paura.
La ragazza che
stava partorendo non capiva se quelle erano contrazioni o semplicemente la
paura che s’impossessava di lei.
Sperava tanto che
la sua bambina non subisse dei danni neurologici per colpa sua, doveva rimanere
calma, impossibile.
“Fai uscire almeno
la donna che sta partorendo e i bambini, sta arrivando l’ambulanza” Lo implorò
sentendo in lontananza le sirene dei soccorsi.
“Non ho mai visto
un parto, sono curioso di vedere com’è”
“Guardalo bene,
perché ti ci farò ritornare a calci”
“Quanta grinta
bambolina” La schernì ridendo.
“Capo, abbiamo
quasi finito” Sentì in sottofondo e controllando lo schermo, era un sesto
uomo, probabilmente l’obiettivo era il caveau della banca che stavano finendo
di svuotare.
*
“Dobbiamo
assolutamente entrare, non possiamo aspettare gli artificieri, faranno una
strage quando avranno finito, e da quel che vedo non manca molto” Propose Mai
rimettendosi il giubbotto antiproiettile.
Sul display erano
comparse le immagini di ulteriori due uomini con in mano dei sacchi di iuta.
“Si, ma da dove,
tutte le porte sono piene di esplosivo” Constatò Mike impaziente anche lui di
risolvere presto quella situazione.
“Ehi, un momento.
Questo è il vecchio edificio della Capsule Corp., potremo chiamare gli ex
proprietari e chiedere se oltre a quelle segnate qua, ci sono altre entrate” Fu
la brillante idea della recluta Lizzie, lei proveniva
dalla Città Dell’Ovest e conosceva molto bene la disposizione dei palazzi e
poteva vantare di una notevole memoria storica.
Mai controllò
meglio la posizione della banca, e non potè far altro
che constatare che era vero, come aveva fatto a non accorgersene? Eppure aveva
bazzicato quei corridoi tante volte, e sempre dall’entrata principale, non era
a conoscenza di entrate segrete oltre a quelle presenti sulla mappa.
Fece un respiro
profondo.
“Crilin, fai venire qua Trunks per
favore” Si portò le mani sulla testa appoggiando i gomiti sopra la mappa in
segna di resa sventolando bandiera bianca.
Angolo dell’autrice: Ohi ohi ohi…Trunks e Mai saranno costretti a collaborare per portare a
termine la missione XD. Quel che si dice nel posto giusto al momento giusto.
Scusate per
l’immagine della guardia giurata, ma è un rating arancione, quindi devo tener
fede a questo ogni tanto.
Il prossimo
aggiornamento sarà lunedì, come l’altra mia long “Diventare forti”, le
aggiornerò contemporaneamente.
Mai gli aveva
rivolto uno sguardo fugace che distolse quasi subito per ritornare al suo
lavoro.
Di solito quando prende
parte ad una missione importante, riesce ad isolarsi completamente da tutto
quello che la circonda per concentrarsi sull’obiettivo assegnatole.
Purtroppo capita
che non si riesce ad essere indifferenti, come quando una calamita riconosce il
polo opposto e corre subito ad attaccarsi ad esso.
Era quello che sembravano
quei due in quel momento: due calamite.
Trunks, non le toglieva gli occhi di dosso e quando ad
esempio la vedeva cercare qualcosa all’interno della macchina, tirava su il
collo per controllare che non sparisse ancora.
Mai d’altro canto,
gettava sempre un’occhiata veloce dall’altra parte del nastro quando ne aveva
l’occasione.
“Siete due scemi,
lasciatelo dire” Lo canzonò Goten assistendo a quel
gioco di sguardi.
Crilin si avvicinò ai due ragazzi, dicendo a Trunks che Mai gli voleva parlare.
“Vai amico è il
tuo momento!” Lo incitò il saiyan più giovane
dandogli una leggera pacca sulla spalla e facendogli l’occhiolino in segno di
complicità.
Per tutta
risposta, ricevette un ghigno di disapprovazione.
*
Si avvicinò a lei
“Mi volevi vedere?” Chiese senza nessun saluto.
Lei gli passò la
mappa dell’edificio “Facci entrare in qualche modo” Era disperata e Trunks in quel momento era l’unica speranza per concludere
la missione.
Ormai erano
trascorse un paio d’ore e la tensione per un possibile fallimento, iniziava a
farsi strada nei cuori dei soldati.
Mai prese la
ricetrasmittente per comunicare con i cecchini “Vedete qualcosa?” Doveva pur
distrarsi in qualsiasi maniera, altrimenti avrebbe finito per guardare quel
bellissimo ragazzo per tutto il tempo.
Era cresciuto, era
diventato un uomo, mantenendo gli stessi lineamenti decisi e fieri che lo
caratterizzavano, che lo rendevano diverso da tutti gli altri ragazzi che aveva
conosciuto o frequentato.
“Negativo
Generale” Interruppe la chiamata delusa.
Quando stava per
perdere le speranze, Trunks pronunciò la tanto
agognata frase “Un modo ci sarebbe”
“Lo sapevo!”
Esclamò Mai con un grande sorriso avvicinandosi a lui perché gli indicasse la
via.
“Però devo venire
con voi, la strada alternativa non è segnata qui, è un passaggio che io e Goten avevamo creato quasi vent’anni fa, e non escludo che
con la ristrutturazione sia stato chiuso, se in qualche modo è stato scoperto”
“Facciamo un
tentativo”
“Dovremo passare
per le fognature”
“Basta che
entriamo” Spiegò la donna, non le importava il come, ma l’importante era
entrare, non c’era il motivo per fare la schizzinosa, era pur sempre una donna.
“Ho compiuto
esercitazioni ben più sudice delle fogne” Gli raccontò, anche se Trunks si stava chiedendo che cosa ci fosse di più
terribile.
“Ci prepariamo
Generale” Hank iniziò a prendere caschi e armi che passò gentilmente ai
colleghi pronti per intervenire.
“Voi restate qui”
Ordinò “Andremo io e Trunks, ho bisogno di occhi qua
fuori, qualcuno che ci guidi e ci anticipi le mosse dei terroristi, e non
appena li faremo scappare, li assicurerete alla giustizia”.
“Ma non ha
esperienza questo ragazzo di combattimenti, o di…”
“Non ti
preoccupare, so quello che faccio” Lo interruppe guardando Trunks
cercando conforto e sicurezza, con lui al suo fianco era certa che sarebbe
andato tutto bene, nulla togliendo alla brillante squadra che in quegli anni
aveva messo insieme e che la seguiva dovunque.
“Vuoi un’arma?”
Gli chiese ridendo mentre indossava per l’ennesima volta il giubbotto
antiproiettile e caschetto.
“Mi prendi in
giro?”
“Si” Annuì
abbozzando un sorriso, sapeva benissimo che non ne aveva bisogno, soprattutto
con un nemico di quella portata, aveva affrontato mostri ben più forti in
situazioni peggiori.
Quanto le erano
mancati quei botta e risposta.
“Andiamo dai” Si
avviarono verso il tombino adiacente la banca, non prima di avvisare Goten di proteggere i suoi compagni in caso di bisogno.
“Signor si
Capitano” La schernì facendo il tipico saluto militare.
“Generale”
Puntualizzò sorridendo.
“Mmmm, non mi ricordavo fossi così permalosa” La punzecchiò.
“Non lo sono, ma
il capitano è qualche grado inferiore a me” Quell’ultima frase gliela
aveva bisbigliata all’orecchio.
*
Mai storse il naso
inspirando involontariamente quell’odore nauseabondo e tossì convulsivamente.
“Stai bene” Chiese
Trunks chiudendo il coperchio sopra di lui, e con un
balzo la raggiunse, peccato fosse atterrato su una pozzanghera schizzando i
pantaloni della ragazza, beccandosi un’occhiata fulminante.
Si scusò con la
tipica espressione di dispiacere, ed ella non potè
dirgli nulla.
“Da che parte
andiamo?” Chiese impaziente.
Il glicine indicò
al bivio la direzione destra “Di qua”.
Accesero le torce
elettriche per vederci meglio, Mai illuminò per sbaglio un topo che si cibava
di qualche carcassa.
“Che schifo!”
Esclamò puntando la luce nella direzione giusta.
Anche se erano
anni che non precorreva quelle gallerie, la strada per arrivare fino alla
Capsule Corp. la ricordava bene.
In tutto il
tragitto, che durò si e no tre minuti, nessuno dei due proferì parola, anche se
le cose che avrebbero voluto chiedersi a vicenda erano troppe.
“Mi sto chiedendo
a cosa vi servisse questo passaggio segreto” Biascicò Mai, non gliene aveva
parlato, ma forse erano di quelle cose che rientrava nelle cose fra uomini,
come gli piaceva definirle.
Trunks rise divertito “Non lo saprai mai”.
“Fa come vuoi,
tieniti i tuoi segreti” Cercò di fare una faccia offesa, in realtà non le
interessava, era solo un motivo per fare conversazione e limitare l’imbarazzo
creato e anche il giovane saiyan lo aveva capito.
“Siamo arrivati”
Disse indicando un’apertura sul muro, sbarrata da una retina verde e una croce
di legno ammuffita.
Si apprestarono ad
entrare da una grata arrugginita, Mai non riuscì ad aprirla, così Trunks propose di pensarci lui che senza fatica la spostò
con un leggero movimento della mano.
“Prima le signore”
Fece segno a Mai con la mano e il tipico inchino di galanteria.
“Grazie” Prima di
entrare si voltò verso di lui “…per aiutarmi” Gli prese la mano.
Il glicine le
rivolse un sorriso sghembo “Mettiamola così, visto che sei in debito, verrai a
cena con me” Disse tutto d’un fiato, senza pensarci, in quel momento gli sembrò
così normale chiederglielo, come se quei tre minuti fossero serviti a
cancellare giorni, mesi, anni di sofferenza.
Mai inarcò un
sopracciglio sorpresa, non si aspettava di vedere Trunks
quella giornata, figuriamoci un invito ad uscire con lui “Solo se paghi tu”.
*
“Hank mi senti?”
Mai provò a chiamare i suoi ragazzi che si trovavano all’esterno dell’edificio
bisbigliando.
Erano riusciti
tramite un condotto di aerazione, ad arrivare all’interno di una stanza, il
ripostiglio, senza essere scoperti.
“Forte e chiaro
Generale” Confermò il tenente osservando i loro corpi che sul display comparivano
un ammasso informe rosso.
“Hank sii i nostri
occhi” Caricò il fucile prima di aprire la porta molto lentamente per non fare
rumore.
“Abbiamo un
problema Mai, gli insetti spia non trasmettono più immagini, dovremo affidarci
ai soli infrarossi”.
“Maledizione”
Imprecò constatando che ci avevano messo troppo tempo, Bulma
aveva avvertito nella lettera accompagnatoria dei dispositivi, che erano ancora
in fase di test e che la batteria aveva al momento una durata irrisoria, erano
solo dei prototipi.
“Che c’è?” Gli
chiese il glicine.
“Niente di
importante, andiamo”
Trunks la sorpassò “Fa andare avanti me, fa che sia il tuo
scudo”.
Per quanto assurda
fosse tutta quella situazione, se le cose fossero degenerate, l’unico che non
ne avrebbe pagato le conseguenze, sarebbe stato proprio lui.
Mai lo assecondò,
anche se gli rodeva.
Essere protetta da
qualcuno, non era contemplato nel suo carattere, era sempre stata convinta di
non averne bisogno, lei sapeva benissimo cavarsela da sola, ma in quel momento
non le andava di litigare, in un’altra situazione forse, ora c’erano degli
innocenti che avevano bisogno di aiuto, soprattutto la donna incinta che ora aveva
le contrazioni ogni minuto.
In una normale
situazione avrebbe ringraziato dio di averla fatta soffrire per così poco
tempo, aveva sentito dai racconti di alcune sue amiche, che il travaglio, poteva
durare anche due giorni.
La sentiva urlare
e contorcersi dal dolore, nessuno a darle sostegno medico, a parte l’infermiera,
che di ostetricia non ne sapeva molto.
“Dobbiamo
sbrigarci Trunks”
Lui annuì
concentrandosi sulle deboli auree che provenivano dal salone principale, erano
quasi arrivati, e arrivò anche la conferma da parte di Hank.
“Vuoi stare zitta?
Mi dai su i nervi!” Gli intimò il capo dell’operazione.
“Sta partorendo,
abbi un po' di rispetto, di pietà!” Gli urlò un uomo anziano che di tutta
risposta venne colpito alla testa da uno degli scagnozzi.
“Che facciamo
adesso?” Sussurrò a Mai mentre da dietro l’angolo osservavano la scena
impotenti.
“Mai attenta, sono
dietro di voi” Hank però li avvertì tardi.
I complici, avendo
intuito che probabilmente dall’esterno li studiavano con aggeggi infrarossi, si
misero attorno delle coperte bagnate di acqua fredda, in modo da non essere
scoperti.
Le macchie rosse
sullo schermo comparvero quando ormai erano vicine ai due.
“Sta al gioco” Mai
lesse il labiale di Trunks, e si arresero.
Il suo intento era
quello di farsi portare in quella stanza e di liberarsi con facilità dei
terroristi in un attimo di distrazione.
All’esplosivo
presente sulle porte, ci avrebbero pensato gli artificieri che stavano
arrivando a destinazione.
Vennero portati al
cospetto con le mani legate, dal capo che li gettò a terra, ai suoi piedi,
costringendoli ad inginocchiarsi.
“Oh, oh oh, chi abbiamo qui” Le alitò sul volto e di tutta risposta
gli sputò in faccia.
“Slegami gran
figlio di puttana, o hai paura che ti prenda a calci in culo?”
Si pulì la guancia
con il dorso della mano.
Intanto i lamenti
della futura puerpera echeggiavano in tutto il salone.
“Fuori c’è
un’ambulanza, lasciala andare, ti prego!”
Scosse il capo.
“Adesso metterò
fine alle sue sofferenze” Non ne poteva più di quei lamenti.
Puntò la pistola
nella sua direzione e prese la mira chiudendo un occhio.
Angolo dell’autrice: Mi spiace lasciarvi così in sospeso, ma un po' di suspance la devo pur creare. Di chi sarà il sangue sul
pavimento? Dei terroristi? Della donna che sta partorendo? Aspetto le vostre
ipotesi nei commenti.
E come sempre
ringrazio chi segue questa storia, chi commenta, chi legge soltanto, chi l’ha
inserita tra i preferiti e le seguite.
I suoi occhi azzurri impauriti che la
guardano gettarsi verso quella ragazza.
Poi il buio l’avvolse.
Una vita per una vita, anzi, in quel caso una
vita per due.
Le fece da scudo senza curarsi delle
conseguenze.
Tutto accadde così in fretta che nemmeno
s’accorse subito che il sangue che stava imbrattando il bianco pavimento, stillava
dalla giugulare di Mai che giaceva riversa con la faccia a terra inerme.
La paura di averla persa.
No, non doveva andare così.
“Trunks corri in
ospedale!!!” Le urla di Goten risuonavano nella sua
testa in maniera ovattata e venivano percepite in maniera molto lenta nella sua
mente.
Lui, il suo migliore amico, era li, non si era nemmeno reso conto che, in contemporanea
allo sparo, assieme alla squadra di Mai aveva fatto irruzione dopo che gli
artificieri avevano compiuto il loro mestiere e disinnescato le bombe.
“Cosa aspetti Trunks!!”
Continuava a ripetergli, ma sembrava in uno stato di trans, ipnotizzato.
Ritornato alla realtà, prese il corpo
esamine della ragazza e con due dita cercò di fermare momentaneamente la
fuoriuscita di sangue.
Volò via così velocemente che i passanti
pensarono avessero sparato un fumogeno per disperdere la folla.
“Non mollare Mai” Gli ripeteva senza ottenere
risposta.
Con una folata di vento, aprì le porte del
pronto soccorso chiedendo aiuto.
Qualche foglio e cartelle cliniche varie
riposte con cura sopra il bancone dell’accettazione, volarono via.
Subito accorsero infermieri e dottori di
turno, avvertiti già della presa alla banca, quindi si erano organizzati ad
accogliere feriti.
“Ci pensiamo noi ora” Gli disse il dottore
brizzolato premendo due dita sulla giugulare della ragazza e poggiandola nella
barella aiutato da altri colleghi.
“Cosa abbiamo” Chiesero allontanandosi da Trunks.
“Donna, sulla trentina, ferita d’arma da
fuoco al collo…” Li sentiva dire mentre le porte battenti si chiudevano e
l’insegna “EMERGENZA IN CORSO” si tinse di rosso.
Rosso come le sue mani, come i suoi
vestiti ora.
Si lasciò cadere in una poltroncina della
sala d’aspetto guardandosi le mani tremolanti imbrattate di sangue.
Doveva portarla subito da Dende, ma sarebbe arrivato troppo tardi, probabilmente
sarebbe morta nel tragitto, la ferita era molto brutta, e poi anche se fosse
arrivato in tempo, come si sarebbero giustificati con i suoi superiori o colleghi?
L’avevano vista tutti in che condizioni era.
Miracolo?
Il vero miracolo era se fosse uscita di lì
ancora viva.
Nella sua vita non aveva mai temuto così
tanto per l’esistenza di qualcuno, forse quando suo padre lo aveva abbracciato
per la prima volta, aveva capito che il principe dei saiyan
avrebbe voluto dargli l’addio così, con quel gesto d’affetto, ma quella era un’altra
storia.
*
Goten arrivò dopo qualche minuto all’ospedale, dopo aver
assicurato alla giustizia quei malviventi, preceduto dall’ambulanza che
accompagnò la donna incinta, ormai era dilatata di dieci centimetri e pronta
per dare alla luce la sua bambina.
“Notizie?” Gli chiese.
“Servono quattro unità di zero negativo”
Esordì un’infermiera uscita dalla sala emergenza che comunicava con la banca
del sangue dell’ospedale.
Trunks non disse nulla, troppo concentrato sull’aura di Mai
che piano piano diventava sempre più flebile.
“La sto perdendo di nuovo Goten!”
Di tutta risposta il moro gli mise una
mano sulla spalla in segno di conforto “Non ti preoccupare, ho già avvisato tua
mamma di recuperare il dragon radar, se le succederà qualcosa, la riporteremo
in vita con le sfere del drago”.
Sembrava la soluzione più ovvia in quel
momento, semplice come era lui.
“Non hai pensato alle conseguenze? Cosa
diremo quando i medici vedranno il suo corpo vivo e vegeto una volta dichiarata
morta? E’ un ufficiale Goten,
tutti si chiederanno come avrà fatto” Spiego Trunks
bisbigliando “L’avrei portata subito dal Supremo, e non qui se non fosse stato
per quel piccolo particolare”.
Il saiyan più
giovane inarcò un sopracciglio, per quanto le sue intenzioni fossero buone,
doveva ammettere che il glicine aveva pienamente ragione.
Troppi testimoni.
Le porte della sala emergenza si
spalancarono e a gran velocità uscirono di corsa un paio di medici ed
infermieri con il lettino di Mai.
Uno degli specialisti le stava praticando
il massaggio cardiaco.
“L’ascensore presto! Sala operatoria! La
stiamo perdendo!” Urlò uno dei medici che si fermò davanti a Trunks, giusto il tempo per dirgli di non andarsene di lì
perché avrebbe dovuto rispondere ad alcune domanda alla pattuglia di polizia
che stava arrivando.
“Si ok, ma come sta?” Non ebbe risposta.
In quel momento sembrò crollargli il mondo
addosso, una delle persone a cui teneva di più al mondo, lo stava lasciando per
sempre e senza il tempo di dirle quanto fosse importante per lui.
“Non perdiamo la speranza amico, Mai è
forte, ce la farà” Questa era una certezza.
Di nuovo le porte del pronto soccorso si
spalancarono, era Bulma, accorsa di fretta e furia.
“Trunksssss” Urlò
cercandolo.
“Ma chi è questa pazza?” Chiese
un’infermiera assordata dalla donna.
“Chi è questa pazza a chi? Devo ricordarti
tutte le donazioni che stiamo facendo io e la mia famiglia all’ospedale?”
“Mi, mi perdoni signora Bulma” Si scusò intuendo che fosse la stessa persona a cui
l’ospedale aveva dedicato l’aula di pediatria, ampliata grazie alla sua enorme
generosità “Posso fare qualcosa per lei?” Aggiunse.
Incredibile cosa può fare il denaro.
“Si certo! Voglio avere notizie della
ragazza che è stata portata qui con la ferita d’arma da fuoco”
L’infermiera si grattò la testa dicendo
che sono notizie riservate che può comunicare solo ai famigliari o in quel caso
la, a membri del suo plotone.
“E’ la mia fidanzata!” Si sentì dire alle
spalle da Trunks.
Bulma e Goten si guardarono in
segno di complicità senza ribattere intuendo che fosse l’unica frase da dire.
In quel momento era la cosa più naturale
del mondo, come quando dopo il loro primo incontro alla domanda di Goten“Chi è quella?” gli rispose nella medesima
maniera mentendo spudoratamente.
“Mi scuso ancora, bastava dirmelo”
L’operatore sanitario prese la cartella che stava portando in sala operatoria
per annotare l’intervento e l’aprì.
“Ha perso molto sangue ed è andata in
arresto cardiaco, non c’è scritto altro, se volete seguirmi, vi accompagno
nella sala d’aspetto della sala operatoria”.
I tre le andarono dietro.
*
“La mia fidanzata?” Chiese Goten.
“Non è il momento ti prego, e poi era
l’unico modo per avere notizie”
“Le avremo avute lo stesso, sai quanti
miliardi e attrezzature mediche doniamo a questo ospedale?” Incalzò Bulma non potendo credere che qualche ora prima stava
parlando tranquillamente con quella ragazza nel ristorante del centro
commerciale, ed ora era in sala operatoria a combattere per la propria vita.
“Trunks vai a casa
a darti una ripulita” Continuò la donna osservando che suo figlio aveva le mani
e una parte del viso che continuava a toccarsi nervosamente, ricoperti di
sangue rappreso, la camicia azzurra che teneva arrotolata sulle maniche, aveva
delle chiazze viola.
“Stiamo noi qui” Goten
gli mise una mano sulla spalla in segno di conforto.
“Non mi muovo di qui finchè
quella porta non si apre”.
I minuti sembravano interminabili e
l’orologio scandiva il tempo con quel tic toc fastidioso.
Nel frattempo era arrivato anche Crilin, interpellato dall’ospedale per indagare su come effettivamente
fossero andate le cose all’interno della banca, chiese come stava Mai e
rassicurò Trunks che avrebbe lui stilato il rapporto
senza che servisse nessuna dichiarazione ufficiale da parte sua.
Poi raggiunsero la sala d’aspetto la
recluta Lizzie, Hank, Mike e un altro paio di soldati
presenti alla missione, che chiesero ai presenti se c’erano notizie buone.
“Non sappiamo ancora…” Goten
non fece tempo a terminare la frase che un dottore uscì dalla sala operatoria
sfinito.
Si tolse guanti di lattice e camice
imbrattato di sangue, gettandoli nel cestone giallo dei rifiuti speciali.
Venne travolto da tutti i presenti
chiedendo come fosse andato l’intervento.
“Ha perso molto sangue, ne abbiamo dovuto
dare quattro sacche. Il proiettile aveva perforato l’arteria giugulare, ma
fortunatamente l’ha trapassata da parte a parte.
Purtroppo è andata in arresto cardiaco…”
Avevano fiutato nell’aria l’arrivo di una
mazzata, non serviva raccontare tutto l’intervento, doveva dire subito se erano
riusciti a salvarle la vita, oppure no.
“…l’abbiamo cercato di rianimarla per
qualche minuto…”
Bulma teneva le mani giunte in segno di preghiera e gli
occhi chiusi in attesa della fatidica frase.
“…e siamo riuscita a salvarla, suturato le
ferite, sta bene ora”.
Tutti fecero un sospiro di sollievo, Bulma ebbe un leggero svenimento, ma Hank riuscì a
prenderla prima che cadesse.
“Grazie giovanotto” Gli disse
accomodandosi sulla poltrona.
“Quando la potremo vedere dottore?”
Chiesero i suoi colleghi.
“Non a breve. Abbiamo preferito metterla
in coma farmacologico per precauzione, la ferita per le prime ore potrebbe
darle problemi essendo in un punto delicato.”
In quel momento le porte automatiche si
aprirono, e scortata da un paio di infermieri che spingevano il lettino, Mai
che dormiva beatamente attaccata ad un paio di flebo e un monitoraggio.
“Dove la stanno portando?” Chiese Trunks continuando a seguire con gli occhi il percorso.
“In terapia intensiva”
“Possiamo salutarla?” Chiese con fare
materno Bulma.
Il dottore annuì “In terapia intensiva può
entrare solo una persona alla volta per un tempo limitato, ora se volte
scusarmi vado a monitorare i valori, con permesso” Si congedò.
I militari presenti decisero che era
giunto il momento di ritornare in caserma, tutti erano molto in apprensione ed
era il caso di dare notizie a tutti quanti.
“Noi andiamo” Disse Mike rivolgendosi ai
quattro estranei del gruppo.
“Vi daremo notizie appena ne avremo, noi
resteremo qui ancora un po', anzi, se avete bisogno, vi lascio il mio numero,
io sono Trunks, scusatemi se non mi sono presentato
prima”
“Trunks? Quel Trunks?” Mike inarcò un sopracciglio sorpreso.
“Mmmm dipende”
Rispose il giovane.
“Mai ha vissuto da voi per un periodo
giusto?”
“Si, quasi undici anni” Precisò Bulma.
Mike gli rivolse un immenso sorriso “Sono
contento di averti conosciuto, Mai non smette di parlare di te” Poi guardò Bulma imbarazzato “…e di lei anche signora, eh eh”.
“Mike, andiamo” Lo chiamò Hank.
“Arrivo!” Prese il bigliettino che gli
aveva appena dato Trunks, porgendogli anche il suo di
numero “Chiamate per qualsiasi cosa. Ci vediamo”.
Una volta assicurato che Mai fosse in
buone mani, e che Bulma sarebbe stata lì per un altro
po', Trunks decise di tornare a casa per darsi una
ripulita e cambiarsi i vestiti sporchi.
Anche Goten lo
imitò, doveva avvisare Valese, era tutto il
pomeriggio che continuava a chiamarlo senza ricevere risposta, in quanto aveva
dimenticato di mettere al cellulare la suoneria.
*
Alle 21.45 fecero il loro ingresso in
ospedale due soldati, mandati dal comando generale per piantonare il Generale.
Controllavano medici ed infermieri che
entravano ed uscivano dalla sua stanza privata.
Non si sa mai che qualche squilibrato,
magari membro esterno della gang che nel primo pomeriggio aveva assalito la
banca, fosse ritornato per finire il lavoro.
Uno dei due, si era separato per fare il
giro dell’ospedale, per vedere se notava qualcosa di sospetto.
In questi casi la prudenza non è mai
troppa.
Anche a Bulma
che si trovava nella sala d’aspetto, vennero poste un sacco di domande e gli
venne anche intimato di andarsene.
“Siamo la sua famiglia” Disse “…io non mi
muovo di qui”.
“Come ha detto che si chiama?” Chiese il
Sergente.
“Bulma” Rispose
“…e lei bel giovanotto?” Cercò di fare quello che le riusciva meglio quando si
trovava difronte qualcuno più potente di lei, entrare nelle sue grazie con
parole sdolcinate.
Angolo dell’autrice: Sorpresi? Alla fine è stata Mai ad essere stata
colpita proteggendo la futura mamma, però tutto è andato per il meglio, almeno
fino a questo momento.
Hai visto Teo5Astor
che alla fine è ritornato a proteggere Mai? Qui gatta ci cova 😉
Come di consueto
ringrazio per i bellissimi commenti che mi state lasciando, ma ringrazio anche
chi legge solo e ha inserito la storia tra i preferiti *_*
A dare il cambio a Bulma
dopo neanche mezz’ora, arrivò Trunks, non gli andava
di stare a casa sapendo che Mai si trovava tutta sola su quel letto di
ospedale, anche se non era in pericolo di vita e sapeva benissimo di non poter
fare nulla di materiale per lei.
“Sto io qui mamma, vai pure a casa, Bra ha
preso la pizza e si sta raffreddando”.
“Tu hai mangiato qualcosa?” Gli chiese.
“No, non ci riesco” continuò guardando il
soldato che stava piantonando la stanza di Mai “…che ci fanno qui le guardie?”.
“Hanno paura che ci possa essere qualche
rivalsa su di lei, sono qui per proteggerla, lui è Teo, un amico di Mai”.
Intuendo che si stava parlando di lui, gli
si avvicinò e si presentò anche al ragazzo.
“Mai mi ha parlato tanto di te Trunks”.
Il glicine fu felice di quelle parole,
sembrava essere molto popolare in quella caserma. “Spero bene” Scherzò
abbozzando una risata.
“Non sai quanto!” Gli disse con un tono di
gelosia.
“Teo tutto apposto” Il suo collega era ritornato
dalla ronda “…e questo chi è”.
“Miles, ti presento Trunks,
sai che Mai ci raccontava spesso di lui, della sua famiglia”.
“Ah” Disse non stringendogli la mano, con
fare di superiorità prendendo posto davanti la stanza del Generale.
Mai gli aveva si parlato di lui e
ricordava bene come le brillavano gli occhi quando pronunciava il suo nome,
cosa che lo ha fatto sempre ingelosire e capire che per loro due non c’era
futuro, forse aver perso il bambino ha contribuito a mettere fino a quella
farsa.
Stavano bene insieme, lui l’amava
moltissimo, ma c’era qualcosa che diceva a Miles che non sarebbe stata del
tutto sua, che un giorno sarebbe arrivato qualcuno che gliel’avrebbe portata
via.
E ora, che Trunks
era davanti a lui, molti suoi dubbi, trovarono conferma.
Bello, ricco e con un buon impiego, cosa
poteva desiderare di più?
No, lei non era il tipo di ragazza che
guarda quelle cose.
Se fosse stato davvero così, non avrebbe
mai lasciato quella casa.
Anche se non gli aveva confessato il vero
motivo della sua dipartita, era sempre stata molto sul vago, oppure cambiava
completamente discorso.
Nonostante la loro storia fosse finita
ormai da un pezzo, e per i continui tradimenti di lui, nutriva ancora dei
sentimenti, scaturiti dalla gelosia che provava in quel momento, trovandosi
quel ragazzo lì.
“Puoi tornartene a casa, ci pensiamo noi
qui, starà al sicuro” Miles si rivolse a Trunks
notando che di andarsene non ne aveva nessuna voglia.
“Preferisco stare qui, e poi non è
necessario che mi rivolgi la parola” Gli rispose il glicine, notando nel suo
tono qualcosa non andava, sembrava avercela in qualche modo con lui, cosa che
non accadde con Teo, che gli disse che se voleva stare lì, non c’era nessun
problema.
“Fate i bravi voi tre” Bulma
li salutò assicurandosi di avvertirla se qualcosa cambiava.
Un medico di turno, che stava controllando
i pazienti, fece il suo ingresso in terapia intensiva, fu ispezionato con metal
detector e palpazione “Può entrare”.
Quando uscì, Trunks
gli si avvicinò chiedendo notizie e se poteva entrare a salutarla.
“Certo, indossi camice, mascherina e
guanti, può restare un’ora, non di più”
“Le posso parlare?”
Il dottore annuì per poi proseguire il
giro di visite.
Trunks entrò nella stanza seguendo le istruzioni del
reparto, non prima di essere stato controllato dal Maggiore Miles.
*
Si avvicinò lentamente al letto, prese lo
sgabello di metallo e lo trascinò rumorosamente fino al bordo.
Si sedette e le prese la mano libera dalla
flebo e la strinse alla sua.
Guardava quella benda accuratamente posta
sul collo, chiuse gli occhi e ripercorse brevemente la scena dello sparo.
“Scusami Mai, è stata colpa mia, hai
rischiato di morire e hai salvato la vita ad una ragazza e al suo bambino.
Ah! E’nata e la
bimba sta benissimo, almeno è quello che hanno detto i medici del reparto di
ginecologia a Crilin.
Già Crilin, non
lo perdonerò per non avermi detto che ti aveva vista e sapeva dove trovarti”
Rise sotto i baffi, non era arrabbiato.
“Conoscendoti, sei stata tu ad assicurarsi
che non mi dicesse niente.
Comunque…sono contento di averti rivista e
che stai bene, forse non è l’affermazione più adatta in questo momento, però
dai mi hai capito.”
Anche se Mai era in coma in un letto di
ospedale, lo riusciva a mettere un po' in imbarazzo e con la paura di dire
qualche parola superflua.
Sapeva che lo poteva sentire anche se non
gli dava nessun segno visibile, a parte il tracciato del battito cardiaco
segnato nel monitor che si stava leggermente impennando e quel bip
suonava più forte.
“Mai…se per qualche strana ragione puoi sentirmi,
sappi che in questi anni mi sei mancata tanto, non è stato facile senza di te,
soprattutto all’inizio.
Io, Pilaf e Shu
abbiamo raccolto le sfere del drago per riuscire a trovarti, ovviamente era
un’idea di Goten eh …anche se ero sicuro che per quei
due malandrini non fosse il desiderio che volevano esprimere, ma ci ho pensato
io poi a farli contenti per un pò.
Alla fine ho chiesto al drago solo se eri
felice, mi sono detto che se era destino ci saremo rivisti un giorno,
l’importante era che tu fossi serena.
Ed eccoti qua, tornerai più forte di
prima, perché tu sei come noi saiyan, ogni volta che
ci feriamo e che siamo vicini alla morte, rinasciamo con una potenza nuova,
aumentata.
Tu sei una tosta, ed è quello che mi è
sempre piaciuto di te. Nonostante tu abbia incontrato nella tua strada
tantissime difficoltà, non ti sei mai arresa.
Guardati ora dove sei arrivata con questa
tenacia, Generale, e chi se lo sarebbe aspettato.
Un po' si dai…la tua controparte del
futuro era a capo della resistenza, solo ora ne capisco il significato, quando
sei scesa da quella macchina del tempo, non ero molto grande, e di queste cose
non ne capivo molto”
Le accarezzò i lunghi capelli corvini,
erano ancora intrisi di sangue rappreso, così mise su una bacinella dell’acqua
calda saponata ed iniziò a massaggiarglieli per sciogliere lo sporco.
“Non sono un parrucchiere, quindi non
lamentarti se non avrai il risultato sperato” Si sentiva un povero idiota a
dirle quelle parole e a sorridere, ma gli veniva così naturale.
Da fuori, attraverso il vetro della
stanza, Miles osservava la scena stringendo i pugni dal nervoso.
“Che fa quell’idiota?”
Teo incuriosito da quella domanda, lo
raggiunse.
“Vieni via, lascialo stare. E poi scusa,
non è il momento per essere geloso”
Giusta osservazione, Miles aveva già avuto
la sua occasione con lei, e se l’è giocata tradendo più volte la fiducia della ragazza.
*
Un lavoro cercato e guadagnato allo stesso
tempo, le mancava un grado e poi sarebbe diventata Generale, un sogno per una
ragazza di soli ventotto anni, all’apparenza.
Spiccava tra tutti i membri del sesso
opposto, nel percorso ad ostacoli, nelle esercitazioni, nei percorsi di guerra,
nei test attitudinali, insomma qualsiasi cosa gli proponessero, lei lo faceva,
non esisteva una singola prova in cui avesse ottenuto pessimi voti.
Tutto cambiò da quando Miller aveva
cercato di violentarla.
Era diventata un fantasma in quella
caserma, i suoi compagni non la vedevano quasi mai, raramente pranzava o cenava
con loro, per un periodo e grazie alla comprensione del Generale dell’epoca, si
era accordata perché gli venissero portati i pasti in camera.
L’avevano anche sistemata in un’ala da
poco ristrutturata, dove c’erano singole camere dotate di bagno e doccia.
Camere destinate ai gradi superiori che
passavano in caserma come ospiti.
Le dimissioni di Miller non avevano subito
convinto il Generale, che volle andare a fondo della vicenda interrogando i
suoi compagni.
Nessuno aveva notato qualche anomalia nei
giorni precedenti.
Quando venne il turno di Mike e Teo,
entrambi dissero che sapevano che c’erano dei dissapori tra lui e Mai, e non
aggiunsero altro.
Mai, all’interrogatorio, era parsa subito
strana, non lo guardava negli occhi e la sua versione dei fatti fu
contrastante, e quando le mise una mano sulla spalla per congedarla, lei la
ritirò perché dolorante, e fu la, che notò i segni sul collo, e Mai fu
costretta a rivelargli la verità su Miller.
Ci mise un po' per ritrovare la fiducia
nel sesso maschile, complici anche i suoi amici, soprattutto Miles che la
facevano distrarre quanto potevano.
A conoscenza di quel “segreto” c’era solo
Miles, gli altri credevano che Miller avesse semplicemente mollato, “fighetta”
lo avevano etichettato.
Miles, era l’unico che fino a quel momento
gli trasmetteva un po' di fiducia, e che da un periodo le faceva anche battere
il cuore con il suo fare gentile e premuroso.
Una notte, si abbandonarono alla passione,
complice una cena consumata a lume di candela, nella stanza personale di Mai,
visto che in caserma era venuta a mancare l’elettricità a causa di un black out
per colpa di un forte temporale.
Qualche battuta, alcuni battibecchi per
“gioco”, il vino e l’atmosfera, fece scattare quella scintilla.
Non fu un errore per nessuno dei due,
stavano bene, e questo nessuno glielo avrebbe portato via.
Dopo qualche mese di frequentazione volevo
già andare a vivere insieme progettando il loro futuro.
Qualcosa cambiò nel momento in cui lei
parlava del suo passato e degli anni passati alla Capsule Corporation, quando
parlava di Trunks, anche in mezzo agli altri, le
brillavano gli occhi e il suo tono di voce era diverso, sembrava sereno, come
se pronunciare quel nome la rendesse più felice rispetto alla loro storia.
Miles iniziò delle relazioni clandestine
con le ragazze che entrarono a far parte della caserma, alle spalle di Mai.
Era abile a nascondere quelle scappatelle
e le persone coinvolte non ne facevano parola con nessuno, questi erano i
patti.
*
Da un po' di giorni doveva fare i conti
con nausee mattutine e mal di schiena, che non dovevano assolutamente
interferire con il lavoro di tutti i giorni.
Percorreva quel corridoio come ogni giorno
in cerca di Miles, con il test di gravidanza nascosto nella tasca interna della
giacca.
Lo trovò che stava parlando con una
ragazza, le stava dando appuntamento per la sera, a Mai avrebbe raccontato di
andare a giocare a carte con i ragazzi.
“Miles” Lo chiamò facendolo sussultare.
“Ehi Mai” La salutò facendo segno di
raggiungerli “Conosci Natalie? E’ appena arrivata, le
stavo dando informazioni sulla struttura”.
“Ciao Natalie, piacere” Le disse
stringendole la mano, poi si rivolse a Miles dicendogli che doveva parlargli.
Si ritirarono in una stanza ampia e
chiusero la porta.
“Cos’è vuoi fare una sveltina?” Sorrise
malizioso avvicinandosi a lei con fare sensuale.
“No scemo” Gli mise davanti gli occhi il
test di gravidanza con le due linee marcate.
“E’ quello che penso io?”
“Si Miles, sono incinta”
Si abbracciarono per qualche secondo, poi
presero a baciarsi sempre più passionalmente.
Mai gli tolse la giacca che lasciò cadere
a terra, adesso si che le era venuta voglia di una
sveltina.
*
Miles bussò insistentemente alla porta
intimando Trunks di uscire perché l’ora era già
passata da un pezzo.
Senza obiettare, si alzò dallo sgabello
scomodo, ma in quella situazione avrebbe trovato perfetto anche una poltrona
fatta di chiodi, l’importante era stare con lei qualche minuto.
Si avvicinò al suo volto e le stampò un
bacio sulla fronte, poi si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò “Quello lì mi
sta sulle palle”.
Mai ebbe un leggero sussulto, come se
avesse approvato quell’affermazione.
Trunks osservava nervosamente l’orologio in sala d’aspetto,
il medico aveva annunciato che alle 14.30 avrebbero risvegliato Mai.
Erano le 12.30 e la sua pancia brontolava,
come brontolava dalla sera prima.
Aveva trascorso tutta la nottata senza
chiudere occhio e biascicando qualche parola con Teo, l’unico delle due guardie
designate per piantonare la stanza di Mai, che gli desse un po' di retta.
Peccato che alle 10.30, il turno di dodici
ore fosse terminato per lasciare il posto ad altri due militari, quest’ultimi
non si presentarono neanche, si limitarono a prendere posto e a tenere le armi
bene in vista e a controllare chiunque entrasse da quella porta, che fosse del
personale medico o un civile, poco importava, quelli erano gli ordini,
proteggere la vita del Generale.
Nessuno immaginava che sarebbe bastato
solo Trunks, ma nessuno giustamente, conosceva le sue
reali potenzialità, nemmeno il Sergente Teo.
L’unica cosa che sapeva di lui, era che
fosse molto abile con le arti marziali e che una volta aveva persino vinto il
torneo Tenkaichi.
“Un allievo di Mr. Satan?”
Le aveva chiesto molto tempo fa un curioso Teo.
“No no, gli ha insegnato tutto suo padre”
Gli aveva risposto rimembrando quando assisteva anche lei agli allenamenti in
giardino, quelli più soft, altrimenti avrebbero rischiato di radere al suolo
l’intera città, se non addirittura l’intero pianeta Terra.
Bulma, avvertita dell’imminente risveglio, si era
precipitata in ospedale, portando a Trunks un paio di
panini, era sicura che in quella situazione non aveva ancora messo niente sotto
ai denti.
“Non hai dormito vero?” Chiese notando le
occhiaie nere.
“Non cominciare per favore” Il lilla si
tenne la testa con entrambe le mani.
“Tieni, mangia qualcosa” Gli porse due
panini avvolti da carta stagnola, che Trunks divorò
in pochi minuti, per non dire secondi.
“Tenevi una gran fame eh!” Bulma sorrise, contenta di aver intuito che suo figlio non
si era mosso di un centimetro da quella stanza, neanche per scendere a mangiare
qualcosa al bar dell’ospedale nell’atrio principale.
“Mancano ancora due ore, prova a chiudere
gli occhi” Gli disse amorevolmente.
“No, non ci riesco”
“Mai sta bene, e la conosci, se ti vedesse
in questo stato, ti sgriderebbe dicendoti che non serve che ti preoccupi per
lei”
“Lo so, ma non mi importa” Fece spallucce
“Bra dov’è?” Chiese per cambiare argomento.
“E’ rimasta a casa, mi ha detto di chiamarla se c’erano
novità, è molto in ansia anche lei”.
*
Le 14.30 erano passate da più di dieci
minuti e ancora nessun dottore e infermiere si era fatto vedere in sala
rianimazione.
Trunkstamburellava nervosamente un piede sul
pavimento, attendendo il personale medico addetto al risveglio di Mai.
“E
se avessero deciso di rimandare?” Chiese il lilla.
“Non
penso, sarebbero venuti ad avvertirci”
Nel
frattempo le porte automatiche si aprirono, ma era solo Teo che in borghese era
venuto a controllare la situazione.
“Ancora
niente?” Chiese avvicinandosi a Trunks e salutando i
suoi colleghi.
Scosse
il capo arricciando le labbra.
“Ho
preso delle ore di congedo per venire fino qua, ci tenevo ad esserci”
Il
figlio del principe dei saiyan era curioso di capire
quale fosse il rapporto che legava quei due, glielo stava per chiedere quando
arrivarono i dottori ed entrarono nella stanza di Mai.
Subito
dopo uscì l’infermiera a chiedere se qualcuno dei presenti voleva assistere ed
essere presente al risveglio.
Sia
Bulma che Teo guardarono Trunks
e gli fecero segno di andare.
Si
mise guanti, mascherina e camice sterili ed entrò nel momento in cui il dottore
inserì l’ago nella cannula della flebo per iniettare la sostanza.
“I
valori sono buoni, non dovrebbe avere difficoltà” Pronunciò l’anziano medico
gettando la siringa nel barattolo giallo sopra il carrello.
I
battiti di Mai iniziarono ad accelerare leggermente, segno che il corpo stava
riprendendo la normale attività e sul monitor sopra la sua testa, si poteva
notare i segni del tracciato farsi più alti.
Trunks le prese la mano e lei spalancò gli
occhi, che richiuse subito a causa della forte luce.
Li
riaprì piano piano e le immagini che all’inizio erano sfocate iniziarono a
farsi sempre più nitide man mano che apriva gli occhi, il viso di Trunks iniziò a delinearsi.
“Trunks” Pronunciò con un filo di voce, e di tutta risposta
gli strinse più forte la mano.
“Sono
qui”.
“Che
mi è successo?” Chiese con la bocca impastata “Ho mal di gola” Disse
appoggiandosi l’altra mano sul collo per massaggiarlo.
Si
toccò la benda posta a lato.
“Hai
fatto una stupidata” La rimproverò “…sarebbero bastati pochi secondi e non ti
avrei mai più rivisto”.
“Ho
sete” Sembrava che quelle parole non le avesse sentite.
“Tenga
un bicchiere d’acqua” L’infermiera versò il liquido chiaro sul contenitore che
bevve d’un sorso. “Tra circa un’ora la sposteremo di reparto”.
Mai
ringraziò i medici che le avevano salvato la vita.
Scostò
poi le coperte e cercò di alzarsi, nemmeno si rese conto che sotto il camice
non aveva nessun indumento.
“Ma
che fai?” Le chiese Trunks
cercando di fermarla.
“Dove
sono le mie cose?” La voce era ancora roca.
Cercò
sotto il letto una borsa o qualcosa di simile, ma vi trovò solo un sacchetto
ben sigillato contenente i suoi effetti personali e vestiti sporchi di sangue.
In
tutto quel trambusto, a nessuno venne in mente di portarle della biancheria e
dei vestisti puliti, nemmeno a Teo che era l’unico soldato ad avere una copia
della chiave del suo alloggio.
“Devo
andare in caserma, adesso chiamo i dottori che mi facciano firmare le
dimissioni”
“Sei
senza vestiti, dove vuoi andare, vuoi che dall’ospedale ti richiudano in
manicomio se ti vedono vagare per la città nuda? Adesso dico al tuo amico di
portarti qualcosa”
Mai
notò un tono sarcastico nella parola amico.
“Sei
per caso geloso?” La corvina assottigliò gli occhi.
“Io?
Geloso? No” Mentì spudoratamente, si era geloso che quel soldato conoscesse
dettagli degli ultimi dieci anni a lui sconosciuti.
La
ragazza si alzò dal letto, ma le gambe le cedettero subito, venne prontamente
sorretta da Trunks, prima di stramazzare al suolo.
La
bloccò a letto “Tu non vai da nessuna parte, hai rischiato di morire”
“Per
questo?” Gli disse indicando la benda “E’ solo un graffio, sto bene” Mosse la
spalla quel tanto che bastò per farla sussultare dal dolore facendole serrare
un occhio.
“Stai
attenta, sei stata operata solo ieri, la ferita è ancora fresca”
La
corvina gettò uno sguardo oltre il vetro della stanza, notando Bulma e Teo che la stavano guardando con gli occhi pieni di
gioia, li saluto con un enorme sorriso e agitando la mano.
“Che
è successo Trunks? Ricordo solo la pistola puntata sulla testa di
quella ragazza e poi il buio più totale. A proposito come sta?”
“Sta bene grazie a te, le hai salvato la
vita rischiando la tua. Ha partorito una bambina, almeno così mi ha detto Crilin”
“Ci sono stati altri feriti?” Mai era una
di quelle persone che si preoccupano più per gli altri che per sè stessa, nel suo lavoro contava raggiungere l’obiettivo,
non importava con quale mezzo e a quale prezzo.
“No. Nel momento in cui sei stata ferita,
hanno fatto irruzione i tuoi compagni, e ci hanno pensato loro ad affidare alla
giustizia quei criminali, io ti ho portato di corsa qua, se non ti avessi dato
retta, non saresti su questo letto, sai che ci avrei messo meno di un secondo
ad atterrarli tutti”
Mai si trattenne il petto, avvertiva un
senso di bruciatura.
“Ti hanno rianimata, non so però quante
scariche ti abbiano dato” Le disse malinconico ricordando le ore precedenti e
piene di apprensione.
Gli prese la mano e lo guardò negli occhi
lucidi, gli tirò giù la mascherina con un movimento veloce “Sei un’idiota” Gli
confidò con un sorriso sghembo notando le sue occhiaie, conoscendolo non è
riuscito a riposare.
“Non devi preoccuparti per me, me la so cavare”
Trunks si sedette a bordo del letto sprofondando sul
materasso morbido “Devo ricordarti che è per merito mio che sei qui?” Le chiese
con fare altezzoso e fiero.
“Se non ci fossi stato tu, qualcun altro
mi avrebbe portato qui” La voglia di stringergli le braccia intorno al collo
era tanta, ma in quel momento si limitò solo a risultare antipatica.
“Si certo, ne sono sicuro, ma dimentichi
un dettaglio”
La mora inarcò un sopracciglio invitandolo
a continuare.
“Saresti arrivata morta, io ti ho portato
qui viva” Sottolineò.
“Sono morta poi” Non voleva dargli nessuna
soddisfazione.
“Ma sei ritornata in vita” Aggiunse il
lilla.
“Non grazie a te, a meno che non ti sei
finto un dottore o hai evocato il drago Shenron”
“Incasso il colpo”
Risero tutti e due a quello scambio di
battute, gli sembrava essere ritornati ai vecchi tempi, quando bastava uno
stupido battibecco come quello per cambiare la giornata in meglio.
Ad interrompere il teatrino, arrivarono i
medici per spostare Mai dal reparto, i valori dopo il risveglio erano rimasti
stabili senza nessuna variazione, a parte il suo sorriso che le faceva
dimenticare il dolore lancinante al collo.
“Ehi Trunks” Lo
chiamò prima che scomparisse dietro la porta “Grazie” Era tutto quello che gli
poteva dire in quel momento.
Sapeva benissimo che se si trovava viva e
vegeta era solo ed esclusivamente per merito suo, nessuno dei suoi compagni,
nemmeno il pilota migliore, sarebbe arrivato in tempo in ospedale.
Lui di tutta risposta le volse uno
splendido sorriso e in quel preciso istante le sembrò di toccare il cielo con
un dito, quanto le era mancato.
“Non ho finito” Lo richiamò visto che si
era voltato.
“Che altro c’è?” Si sarebbe aspettato
qualsiasi altra cosa e non “fatti una doccia e una dormita”.
“Vado prima a prenderti qualcosa, poi
sicuramente la faccio” La salutò alzando la mano volgendole le spalle.
*
Percorreva i corridoi di tutti i reparti
con la culla contenente un fagottino avvolto in una coperta raffigurante dei
pianeti, sopra di essa un fogliettino rosa inciso la data di nascita, il peso,
la lunghezza e l’ora, all’appello mancava il nome.
La ragazza aveva chiesto ai dottori se la
ragazza che le aveva salvato la vita fosse ancora viva e ricoverata in
quell’istituto.
Nessuno gli seppe dare risposta, perché
essendo un militare, il nome di Mai fu cancellato ed assegnato uno pseudonimo
per proteggere la sua sicurezza.
Incontrò per caso il ragazzo dai capelli
lilla che usciva dal reparto terapia intensiva, lo chiamò con un “Ehi, ehi tu!”
Voltandosi, riconobbe quel volto, un po'
provato anche dalla nottata appena trascorsa tra pianti, urli, poppate e cambio
pannolini.
“Eri alla banca giusto?” Gli chiese col
fiatone.
Trunks annuì con il capo “Mi sai dire se la ragazza che mi
ha salvato la vita è ancora viva?”
“Sta bene, l’hanno operata e adesso la
trasferiscono di reparto, è ormai fuori pericolo”
“Mi dici il suo nome?” Chiese timidamente
prendendo tra le braccia la figlia che aveva iniziato a piangere.
Non era una terrorista e non le sembrava
una cattiva persona, sapeva comunque che l’identità di Mai in ospedale era
stata occultata per precauzione, ma lei voleva solo conoscere giustamente il
nome di chi l’aveva salvata.
“Mai”
Prese una penna e stacco il talloncino
sopra la culla e glielo porse “Puoi scrivermelo qui per favore?” Sorrise e
obbedì senza fiatare.
Poi si rivolse a sua figlia accarezzandole
il volto “Hai visto Mai? Ora abbiamo anche il nome, sarai forte e coraggiosa
proprio come lei, non smetterò di raccontarti delle sue nobili gesta”.
“Grazie” Aggiunse poi guardando Trunks.
“La spostano nel reparto Medicina e
Chirurgia su al quarto piano, se vuoi io vado a prenderle dei vestiti, ma torno
verso le 19.00, fatti trovare su, ti faccio entrare io” Le disse lasciandola
piena di gioia, le avrebbe fatto bene anche a Mai incontrarla.
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti miei cari lettori, vi avevo
detto la volta scorsa che avrei aggiornato venerdì, ma ho pensato che avendo
già finito di scrivere la storia, e che i capitoli sono tanti, di regalarvi
ogni tanto un capitolo infrasettimanale, oltre a quello fisso.
Spero
abbiate gradito questo episodio, nel prossimo Trunks
farà il suo ingresso in caserma e osserverà un po' della vita che conduceva
Mai.
La sbarra che controllava le entrate e
uscite dell’edificio si alzò sopra le loro teste dopo aver verificato i loro
documenti, uno era un soldato, e per giunta assegnato a quella divisione,
l’altro un civile portato da lui.
“Deve prendere degli effetti personali per
il Generale” Gli disse osservando la faccia seria del piantone che squadrava il
lilla dalla testa ai piedi, e dopo qualche minuto gli porse il cartellino con
la scritta “VISITATORE” da apporre sulla maglia e bene in vista.
“Lo accompagna lei Sergente? Chiese con
fare altezzoso.
“Si certamente” Asserì lui salutandolo con
la mano alzata.
“Grazie per essere venuto con me Trunks, purtroppo avevo solo poche ore libere e non sarei
riuscito a tornare qui in tempo. Sai com’è…se non si rispettano gli orari, sono
cazzi amari” Confessò Teo.
“Per questo ho rinunciato al servizio di
leva” Sghignazzò Trunks.
“Peccato, tu e Goten
sareste arrivati molto in alto, siete una forza della natura”
“AhahahGoten sarebbe stato sempre in punizione” Il glicine sa bene
che il suo migliore amico non è molto affidabile quando si parla di orari
rigidi e protocolli da rispettare rigorosamente.
“E poi, vi avremo fatto sfigurare”
Aggiunse scherzando, con Teo lo poteva fare, gli sembrava di stare a parlare
con il suo migliore amico.
“Oh se è per questo Mai vi ha già
preceduto, credimi Trunks, in tutta la mia vita non
ho mai conosciuto una ragazza così”.
“In che senso?” Il glicine inarcò un
sopracciglio.
“Mai è una ragazza con grande forza e
coraggio, guarda dov’è arrivata a soli vent’otto anni. Altri militari se lo
scordano alla sua età di comandare un intero plotone. Di solito, il grado di
Generale viene assegnato attorno ai quarantacinque - cinquant’anni d’età. E’ raro trovarne di così giovani, per non parlare del sesso
opposto”.
“Si, lei è straordinaria”
Teo notò una punta di malinconia in quelle
parole.
“Molto, anche se sinceramente non vorrei
essere il suo ragazzo” Mise le mani avanti “Una così ti spezza il collo in due
secondi se dici di farla arrabbiare” Ripensò a come aveva conciato Miller
qualche anno prima, fu proprio lui a trovarlo mezzo nudo nel corridoio degli
alloggi, pensò subito si fosse trattato di un pestaggio di gruppo, ne fu
sorpreso quando invece scoprì che era stata Mai a ridurlo in quello stato.
Trunks, del canto suo, ammirava quella ragazza proprio per
la sua forza e la sua volontà a non mollare nemmeno quando le cose si mettevano
male.
Le donne dei saiyan
sono forti sentì quella frase
da suo padre, e subito ripensò al carattere di sua madre, una donna che non si
era fatta intimorire nell’ospitare in casa sua un principe sanguinario e
dividerne il tetto, e poi il letto.
A Chichi, che
nonostante tutto aveva conquistato il cuore di Goku.
A Videl, un po'
le ricordava Chichi, come a lei, le piaceva
combattere e partecipare ai tornei, poco importava se doveva scontrarsi con
energumeni del calibro di Spopobich.
Percorsero dei corridoi finestrati da cui
filtrava molta luce, agli angoli si potevano trovare delle piante verdi su
enormi vasi di ceramica dipinti a mano.
“Si vede che qui ci stanno le persone
importanti, se vieni a visitare gli alloggi dei soldati è da mettersi le mani
nei capelli, ma ci siamo passati tutti.” Raccontò Teo.
Lui non dormiva in quel piano, ma lo
conosceva molto bene.
“Ecco siamo arrivati” Si fermarono davanti
ad una porta di legno pregiato marrone ed infilò la chiave nella serratura.
“Prenditi il tempo che ti serve, poi la
chiave consegnala a Mai, me la ridarà quando ci rivedremo. Io ho il turno di
guardia.”
“Grazie mille Teo, ci vediamo”
“Certo!”
“Ah Trunks!” Il
lilla lo guardò “Abbi cura di lei”.
“Sempre”.
*
Girò la chiave all’interno della serratura
ed aprì la porta, era incredibile come fosse in ordine quella stanza e come
tutto fosse rigorosamente al suo posto, anche se temeva di aprire qualche anta,
forse gli sarebbero caduti addosso vestiti riposti frettolosamente o scoppiati i
cassetti ad un suo movimento.
Ricordava che alla Capsule Corp, doveva stare attento a dove camminava per non
inciampare in vestiti, scarpe, e qualche bullone lasciato qua e la.
Sorrise a quel ricordo nostalgico.
La stanza era buia, così scostò le tende pesanti
color porpora dalle finestre in modo che la luce filtrasse.
Fu sorpreso che la stoffa avesse quel
colore, lo odiava, ma probabilmente o non le importava oppure non aveva il
potere di decidere di sostituirle con qualche cromia di suo gradimento, era si il Generale, ma questo non significava che ogni suo
capriccio si trasformasse in un suo ordine.
Notò un piccolo cristallo appeso
sull’angolo in alto a destra da uno spago color corda, quando alzò per caso la
testa sul soffitto che rifletteva una luce simile all’arcobaleno.
L’alloggio non era immenso, poteva essere considerato
un mini appartamento, c’era la camera, un bagno e un cucinino, insomma tutto il
necessario per il pernottamento.
Aprì l’armadio bianco a quattro ante
difronte al letto matrimoniale, in cerca di una valigia o qualcosa di simile,
la trovò in fondo, in un angolo.
Lo prese e lo mise sopra il letto aprendo
la cerniera ed iniziando a buttarci dentro maglie, pantaloni, la biancheria la
trovò nel comò al lato del letto singolo.
Avvampò quando prese tra le mani i suoi
reggiseni e mutandine.
Non che quella fosse la prima volta che ne
vedeva, ma quella era l’intimità di Mai, la ragazza che per qualche strana
ragione continuava ancora dopo anni a ronzarle per la testa, la ragazza capace
ancora di fargli battere il cuore facendolo sentire vivo.
Mise tutto molto velocemente e in modo
spaiato dentro il borsone, non sa di preciso quanta roba avesse preso, fatto
sta che svuotò quasi il cassetto, in fondo e sotto l’ultimo paio di mutandine,
una foto che la ritraeva con Trunks al Lunapark,
appena scesi dalla ruota panoramica.
Avranno avuto si e no undici anni.
La lasciò li e
chiuse malinconicamente il cassetto e fu la che sedendosi sul letto, notò altre
fotografie appese: lei con la targa di Generale il giorno della sua promozione;
i suoi compagni sopra un pick up e lei con la pompa
dell’acqua che li bagnava; lei e Teo stretti in un abbraccio amichevole; e
altre foto, alcune strappate da un lato e divise.
Aprì anche il cassetto del comodino, non
per sbirciare o farsi gli affari suoi, ma per vedere se poteva avere qualcosa
che in ospedale le potesse servire, tipo il caricabatterie del cellulare.
Ci trovò un orologio da polso, un
bracciale in argento con qualche pietruzza azzurra e una rivista aperta con un
articolo preciso “Cambio al vertice alla Capsule Corp. Il dott. Brief
lascia il comando della società alla figlia Bulma. Trunks nominato il nuovo presidente” La foto
dell’articolo era un primo piano del glicine e in una più piccola c’era Bulma che stringeva la mano a suo padre.
Bussarono alla porta e Trunks
chiuse il cassetto velocemente.
“Avanti”
Entrò Teo con una busta bianca in mano che
porse al ragazzo “Per favore, la puoi portare a Mai, mi sa che l’aspettava da
un pò”.
*
Quanto può durare la felicità di una
persona?
Difficile dirlo, un attimo prima stai
toccando il cielo con un dito e l’attimo dopo ti capita qualcosa che ti fa
sprofondare in un baratro da cui non si riesce a vedere la luce in fondo.
E’ quello che è toccato a Mai quella mattina.
Si era svegliata al settimo cielo, il sole
splendeva alto in quella giornata di primavera, i primi fiori si facevano
strada tra i rami e gli uccellini cinguettavano felici.
Aprì le finestre inebriandosi dell’odore
di fiori freschi e della rugiada mattutina.
Aveva una leggera nausea, ma il contatto
con l’aria pulita la fece stare meglio, pensò che la cena della sera le era
rimasta nello stomaco, non era abituata ad abbuffarsi di cibo fritto, ma
sembrava non potesse farne a meno.
Si voltò verso il letto guardando la
schiena nuda di Miles, che al contatto con il leggero alito di vento che lo
pervase, si svegliò.
“Buongiorno”
“Buongiorno a te” La salutò con la bocca
impastata dal sonno “Stai bene?”
“Si, mi sono solo svegliata prima di te”.
“Sei emozionata?” Le chiese invitandola a
sdraiarsi accanto a lui.
Quel pomeriggio avrebbe dovuto sottoporsi
alla prima ecografia.
“Molto” Le accarezzò il ventre ancora
piatto.
“Anche io” Lo baciò dolcemente.
Guardò l’orologio posto sul comodino “Uhh Com’è tardi, devo sbrigarmi” Miles aveva in programma
un’esercitazione per le reclute e non poteva tardare.
Si lavò velocemente e indossò i tipici
abiti, prima di chiudere la porta, le diede un dolce bacio sulla guancia.
“A dopo”.
Mai invece si era presa un paio di giorni
di congedo che decise di trascorrere in caserma invece che tranquilla a casa
sua, accanto al suo uomo.
Però aveva voglia di uscire, Miles avrebbe
lavorato tutta la mattina e la visita era alle 15.30.
“Vado in città a fare una passeggiata, poi
passo per casa mia per prendere dei vestiti più leggeri, ci vediamo
direttamente in studio medico”
Miles rispose a quell’sms alle 12.30,
quando le esercitazioni erano finite ed era ora di pranzo.
“Tesoro scusami, ma devo sostituire il
Maggiore che si è ammalato, non potrò esserci”
Mai si rabbuiò, era la sua prima ecografia
e il suo compagno non sarebbe stato presente.
Purtroppo conosceva fin troppo bene gli
obblighi di un soldato e più che con lui ce l’aveva con il sistema in generale.
Si toccò la pancia “Piccolino\a oggi papà
non ci sarà, ma sappi che ti vuole un gran bene”.
*
Frugò convulsivamente nella borsetta di
pelle nera alla ricerca dei certificati medici e della tessera sanitaria.
L’aveva dimenticati nel suo alloggio.
Erano le 15.15 e doveva sbrigarsi, nel
tragitto aveva chiamato l’ambulatorio dicendo di aver avuto un contrattempo che
e che avrebbe ritardato di qualche minuto.
Girò la chiave velocemente e non notò che
le bastò una mandata per aprile la porta.
Si precipitò in camera dove era sicura di
aver lasciato tutta la documentazione necessaria, e fu là che trovò Miles, il
suo compagno, il futuro padre della creatura che stava portando in grembo, che
ci dava sotto con una nuova recluta.
“Sei uno schifoso bugiardo” Inveì contro
di lui schiaffeggiandolo più forte che poteva.
“Aspetta, aspetta, lasciami spiegare” La
inseguì per il corridoio indossando velocemente un pantalone grigio di cotone
cercando di non inciampare.
Riuscì a prenderla per un braccio.
“Non toccarmi lurido verme” Gli diede uno
strattone e continuò a correre.
“Parliamone Mai, non è come credi”
Diede una spinta alla porta antipanico
verde, voleva solo uscire da lì, da quell’incubo.
E’ strano come tutto può cambiare in un solo istante.
In pochi minuti.
In pochi secondi.
Aspettavano un figlio e lui la stava
tradendo, e sul loro letto per giunta, si stava chiedendo quante volte fosse
capitato.
“Mai, aspetta, posso spiegarti” Continuava
ad urlarle tra i corridoi.
Inciampò al terzo scalino colpa degli
occhi annebbiate dalle lacrime e fece un ruzzolone per oltre un piano.
Sbatté la testa per terra e svenne.
*
Si risvegliò nel letto dell’ospedale
militare.
Quando apri gli occhi vide Miles che
riposava sulla sedia a fianco, lo guardò schifato e per poco non ebbe un conato
di vomito.
Cercò accanto a lei un bastone o qualcosa
da potergli tiragli addosso, una bottiglia d’acqua piena era l’unica cosa che
potesse andare bene.
Lo prese dritto tra testa e collo.
Anche Teo fece il suo ingresso nella stanza
per controllare la situazione.
“Ehi ciao!” L’abbracciò “Ti sei svegliata
finalmente” Le disse.
Anche Miles dopo la botta in testa,
ritornò nel mondo reale.
“Sono passato per un saluto veloce, devo
ritornare in servizio” Li salutò lasciandoli da soli, con certe notizie è
meglio non aver niente a che fare.
Mai avrebbe trovato la sua spalla pronta a
raccogliere le sue lacrime da li a poco.
“Tesoro senti”
“Non mi chiamare più così…è finita Miles”
Lo interruppe subito “…crescerò questo bambino da solo e tu uscirai dalla mia
vita” Non sapeva ancora nulla di cosa fosse successo, la testa le faceva ancora
male e il basso ventre dolorava leggermente.
“Il bambino…hai perso il bambino Mai” Le
disse senza tanti giri di parole con gli occhi lucidi dalla disperazione di
aver perso qualcosa di caro.
*
Trunks ritornò in ospedale alle 18.15, si presentò nella sua
stanza dopo aver superato i controlli delle nuove guardie.
“Eccomi”
“Ben tornato, e grazie per avermi portato
qualcosa, ho bisogno di farmi una doccia”
“Ti aiuto se vuoi” Furono le parole che
gli uscirono naturalmente dalla bocca, così senza pensarci.
Mai assottigliò gli occhi “Non ti darò la
soddisfazione di vedermi nuda”
“Come se fosse la prima volta” La
punzecchiò.
“Razza di pervertito. Per caso mi spiavi
sotto la doccia quando stavo a casa tua?”
“Mmm nel corso
degli anni ti sei inacidita? Non si può neanche fare una battuta” Era vero, se
c’era una cosa che Trunks non aveva fatto era quella
di guardarla di nascosto mentre era in bagno.
“Vabbè ti credo, ora se vuoi scusarmi”
Chiuse la porta dietro di se ed appoggiò la biancheria
sopra un mobile bianco e l’accappatoio sul gancio vicino la doccia.
“Non chiudere a chiave la porta che almeno
se ti senti male, la posso aprire”
“Farai fatica a buttarla giù in caso” Gli
rispose aprendo l’acqua calda, l’istinto era quello di buttare tutto il corpo
sotto, per beneficiare del suo potere curativo e massaggiante, ma dovette
accontentarsi di una spugna marina e un po’ di sapone sopra, doveva stare
attenta a non bagnare le bende e la ferita ancora fresca.
Trunks prese dalla tasca dei pantaloni la lettera che gli
aveva dato Teo, era indirizzata a Mai e il mittente era il Dipartimento di
stato – Ufficio trasferimenti.
La tentazione di aprirla e leggerla era
tanta, e se avesse scoperto che era stata trasferita in una città ancora più
lontana?
*
Uscì dal bagno tamponandosi i capelli e
con addosso il pigiama di cotone pulito.
“Finalmente ho tolto quel camice schifoso,
mi sembra di essere rinata” Rivelò all’amico sprofondando nel letto.
“Vuoi qualcosa da mangiare?” Anche lo
stomaco di Trunks iniziava a brontolare.
“Tra un po' dovrebbero portami la cena,
però se ti scappa qualcosa di buono del solito brodo di pollo che servono qui”
“Vedrò che posso fare” Le disse
prendendole la mano “Vado, anche perché hai visite”.
Non aspettava nessuno, non aveva nessuno
al mondo tranne lui e la sua famiglia.
Dall’altra parte del vetro, vide una
ragazza che spingeva una culla.
Angolo dell’autrice: Eccomi con l’aggiornamento del venerdì,
forse, e dico forse anche la prossima settimana ne pubblicherò due, come vi ho
già detto, questa è gia’ terminata, e sinceramente ho
la tentazione di pubblicarla tutta subito, ma ogni capitolo lo devo rivedere,
togliere e aggiungere.
Qui
troviamo Trunks che ha frugato involontariamente nei
cassetti di Mai, potrebbe aver trovato qualcosa di interessante, cogliete ogni
particolare, perché questi tasselli troveranno il loro posto nei prossimi
capitoli.
Abbiamo
anche scoperto come ha perso il bambino…e non dimentichiamoci della busta, si
accettano scommesse XD
Come
sempre ringrazio chi è arrivato fino a qui, chi mi ha lasciato la sua
impressione fino adesso e chi legge soltanto.
La ragazza le si gettò al collo
ringraziandola per averle salvato la vita.
“Non smetterò mai di esserti riconoscente
per il tuo gesto. Saresti potuta morire”.
“Tranquilla, tranquilla” Rispose Mai in
evidente imbarazzo “Ho solo fatto il mio dovere”.
“Non hai salvato solo me” Disse
staccandosi dall’abbraccio, o dallo strozzamento se lo guardiamo da un altro
punto di vista “Ecco…ti presento Mai e io sono Jen”
Indicò il fagottino che dormiva beato nella culla.
“Mai?” Chiese inarcando un sopracciglio, sorprendendosi
che l’avesse chiamata come lei.
“Si, ho chiesto il tuo nome al tuo
ragazzo, volevo che portasse il nome della nostra eroina. Un giorno sarà
proprio come te! Coraggiosa, forte e bellissima”
Incredibilmente dopo le sue ultime parole,
la prima frase passò in secondo piano.
Avrebbe voluto dire speriamo di no.
Se si fosse guardata allo specchio,
avrebbe visto una ragazza sola e fragile, che ha dovuto lottare contro mille
difficoltà e che per uno strano scherzo del destino, si è ritrovata a vivere la
sua vita per ben due volte, che probabilmente ha trovato l’amore della sua
vita, ma che è dovuta scappare davanti l’evidenza, perché impaurita da un
sentimento così grande.
Una paura scaturita dall’ansia che un giorno
forse sarebbe finita, di stare male per aver creduto in una cosa che alla fine
si sarebbe rivelata non vera, oppure, che sarebbe finita proprio perché
conoscevano già il loro destino e sarebbero finiti con il non sopportarsi.
Stare insieme ad una persona perché si è
forzati o perché si sa già che si deve, non era nelle sue intenzioni.
Se son rose, fioriranno…si ripeteva, per questo un giorno ha preso la
difficile decisione di allontanarsi da Trunks, anche
se questo ha significato spezzargli il cuore ed autoinfliggersi lo stesso
trattamento.
Ma avevano bisogno di staccarsi l’uno dall’altro,
questo lei l’aveva capito, complice anche la sua visione della cosa in un modo
più maturo rispetto al lilla.
Proprio quello che le è successo con Miles,
ha creduto in un sentimento che alla fine si rivelò finto, almeno per quanto
riguardava lui, la prendeva in giro ogni volta che le rivolgeva la parola ti
amo o la chiamava amore, e magari qualche ora prima si era scopato
una ragazza nello sgabuzzino riservato alle inservienti, a sua insaputa.
A causa sua aveva perso il loro bambino,
un bambino che le ha fatto scoprire che esiste anche l’amore incondizionato e
che al mondo non esiste niente di più grande, anche se era solo un esserino poco
più di un centimetro.
Valeva la pena sacrificarsi per quelle due
vite.
“La vuoi prendere il braccio?” Le chiese Jen con un enorme sorriso, intuendo che quello fosse il suo
desiderio in quel preciso istante.
Mai allargò le braccia per accogliere
quella creatura che al contatto con arti estranei aprì gli occhi.
Non pianse, incrociarono lo sguardo per
qualche secondo e poi si riaddormentò.
Se avesse avuto poco più di un mese,
sicuramente le avrebbe sorriso.
Alla corvina bastò quel semplice incontro
d’occhi, sembrava che la piccola creatura l’avesse in qualche modo ringraziata
per avergli salvato la vita.
“Avete figli tu e quel ragazzo?” Le chiese
alludendo a Trunks.
Mai rise “Hai frainteso, non è il mio
ragazzo, è solo un vecchio amico”.
“Ah, scusami…” Abbassò lo sguardo per
figuraccia appena fatta “E’ che vi guardate in un modo…non so spiegarlo, ma
sembrate…lasciamo perdere” Tagliò corto.
“Non ti preoccupare, immagino che stiamo
dando un’impressione sbagliata su di noi”.
Sbagliata? Aveva capito giusto, ha sempre
gli occhi che le brillano quando è vicina a lui e viceversa.
Mai guardava quella bambina con occhi amorevoli
e una lacrima le rigò il volto.
“Perché piangi?” Le chiese Jen.
Le porse la bimba frettolosamente, era già
passato un anno da quando aveva perso il suo bambino, non pensava, ma le faceva
ancora male quel ricordo, forse perché a quello è legato il tradimento di una
persona da cui credeva essere amata, ma invece si era rivelato uno stronzo.
“Tempo fa ho perso un bambino” Raccontò.
“Oh mi dispiace” Quell’affermazione
l’aveva colta impreparata, non sapeva come scusarsi e cosa dirle, qualsiasi
parola sarebbe stata superflua e inappropriata.
“Non ti preoccupare, la gravidanza era
ancora all’inizio, forse era destino che non avessi quel bambino” Non ricorda
in quell’ultimo anno quante volte si era ripetuta quella frase per consolarsi.
“Ne avrai altri” Le disse amorevolmente
“…forse è una magra consolazione, io mi ritroverò a crescerla da sola, suo
padre, quando ha saputo che ero incinta se n’è andato e dall’ora non l’ho più
rivisto”.
“Sei una ragazza dolcissima, vedrai che
quando meno te lo aspetti, troverai la persona che amerà incondizionatamente
sia te che tua figlia”.
Erano due ragazze diverse, che in comune
avevano un destino funesto.
Rimasero a chiacchierare per oltre un’ora,
finchè la piccola Mai non si svegliò reclamando la
sua poppata serale.
“Ora devo andare, mi ha fatto un enorme
piacere parlare con te, mi hai sollevato il morale su molte questioni che mi
stavano tormentando da mesi, ma grazie al tuo aiuto, le affronterò con
serenità”.
“Io devo ringraziare te, se hai piacere,
ti lascio il mio numero, chiamami quando puoi” Le porse un bigliettino bianco
con impressi i numeri del suo recapito telefonico.
“Lo farò sicuramente” Disse dirigendosi
verso l’uscita e prima di richiudere la porta aggiunse “…parla con Trunks, ti sentirai ancora meglio”.
Quali inconfessabili segreti si fossero
scambiate quelle due, rimasero un mistero, ma dalle loro espressioni,
sembravano essere più leggere e serene, dopo essersi tolte a vicenda alcuni pesi dagli stomaci dopo aver ingoiato per anni dei rospi
enormi.
Mai a quell’ultima affermazione, annuì con
il capo.
*
Trunks lasciò l’ospedale quella sera, sarebbe ritornato
l’indomani nel pomeriggio per farle compagnia.
La mattina aveva una serie d’impegni a cui
non poteva assolutamente rinunciare, e a malincuore lo aveva comunicato a Mai
consegnandole anche la busta che Teo si era raccomandato di farle recapitare.
La infilò velocemente nel cassetto del
comodino senza aprirla.
“Non la leggi?” Forse il figlio del
principe dei saiyan era più curioso di lei del suo
contenuto.
“Dopo, non è importante” Tutte balle,
sapeva bene cosa poteva contenere, tempo fa aveva fatto domanda per essere
trasferita in un altro plotone, una scelta dettata dal fatto che non voleva
avere più quel viscido di Miles tra i piedi.
Il glicine e la corvina non avevano nessun
legame affettivo dichiarato, però il Trunks non se la
sentiva di lasciarla da sola e le faceva visita ogni volta che poteva.
Era bello parlare del più del meno con
lei, ridere e fare lunghe passeggiate nel giardino dell’ospedale nelle ore più
fresche, fermandosi sotto il salice piangente per ripararsi sotto la sua ombra.
Però, anche se c’era la curiosità da parte
di entrambi di sapere di più su quei dieci anni lontani, nessuno dei due aveva
ancora posto la fatidica domanda, c’era sempre qualcosa che li frenava.
Forse di scoprire qualcosa che potesse
fare male, del tipo Mai, aveva paura di scoprire che Trunks
avesse una famiglia, oppure che al momento fosse impegnato con qualcuno, magari
con Marron, ricordava ancora quell’odiosissima bimbetta bionda che gli ronzava
sempre attorno come una fastidiosa mosca.
Controllò velocemente la mano sinistra e
tirò un sospiro di sollievo quando non ci trovò nessun anello o segno di tale
unione.
Pensò anche che se avesse una storia con
qualcuno, non passerebbe così tanto tempo lì con lei, oppure sicuramente in
nome della loro amicizia passata, gliela avrebbe fatta conoscere.
Come fece Goten
quando qualche ora prima, nell’orario di visita, gli presentò Valese, la rossa riccia con cui cercava disperatamente casa.
“Allora come procede la ricerca?” Gli
chiese Trunks seduto sopra la panchina.
“Ancora nulla…non riusciamo a trovare quella
perfetta, o sono troppo grandi, oppure troppo piccole, oppure da fare troppi
lavori di ristrutturazione, si trovano in una casa trafficata, sono rivolte
principalmente a nord…” Cinguettò lei rassegnata.
“Non demordete, troverete quella perfetta”
Le sorrise Mai.
“Ma a proposito, te come stai? Ti trovo in
splendida forma!” Biascicò Goten rivolgendosi alla
corvina.
“Ogni tanto il collo fa male, ma sono
questi stupidi punti, non il graffio in se”
Insisteva a chiamarlo “graffio”, ma
faceva male, un male cane, essendo un militare aveva imparato bene a sopportare
e nascondere dolore, mostrarlo ad altri sarebbe stato considerato un segno di
debolezza.
“Ci hai fatto spaventare ragazza” Le disse
dandole una pacca sulla spalla.
“Ho fatto solo il mio dovere, niente di
più”
“Intendi che puoi anche decidere di
suicidarti?” Chiese Goten ridendo, poteva
permetterselo visto che il peggio era ormai passato.
“Non proprio” Scoppiò a ridere “…ma in
certi momenti non pensi alle conseguenze”.
“Comunque sei grande Mai, in vita mia non
ho mai conosciuto una donna che presta servizio di leva, per giunta Generale, e
così giovane. Complimenti, sono onorata di fare la tua conoscenza” Confidò la
rossa che guardava la corvina con molta ammirazione.
“Ti ringrazio Valese”
Le sorrise nascondendo malamente il dolore appena provato quando mosse la testa
dall’alto verso il basso per annuire.
“Appena posso ti porto da Dende” Le disse Trunks non
sopportando vederla ridotta così.
“Non mi serve il suo aiuto, sto bene”
Aveva sempre rifiutato le cure di quel guaritore venuto da un pianeta lontano
“…e poi come mi giustifico con i miei sottoposti se mi chiedono qualcosa non
vedendo più la cicatrice?”.
“Puoi sempre portare una benda ben
incollata per qualche tempo, e poi voi donne siete maestre del trucco e parrucco” Propose Goten ridendo guardando
l’orologio digitale che portava al polso “Urca com’è tardi, dobbiamo andare
Vale” Si portò una mano sulla fronte.
“Ah si giusto,
dobbiamo vedere quella villetta, speriamo sia la buona volta” Cinguettò felice.
“In bocca al lupo allora ragazzi” Mai li
salutò con la mano alzata.
“Crepi!” Esclamarono all’unisono prima di
vederli sparire dietro la siepe alta del sentiero a ciottoli.
*
A Mai facevano piacere quegli incontri con
Trunks, perché le ricordava i bei tempi andati, e
sembrava che l’essere stati lontani tutti quegli anni, non abbia incrinato
affatto il rapporto che avevano prima, ma anzi, sembrava persino rafforzato.
“Sono proprio contenta per Goten, sembra aver trovato l’amore della sua vita”.
Il cielo iniziò a farsi scuro e a tuonare,
si sarebbe scatenato da lì a poco un tipico temporale estivo.
“E’ da un pezzo che stanno insieme, e se
stanno progettando di andare a convivere sicuramente le cose si stanno facendo
serie”
“E chi se lo sarebbe aspettato da Goten, il latin lover di turno, è proprio vero, quando si
trova l’amore vero, lo capisci subito” Lo guardò dritto negli occhi quando
pronunciò quella frase.
“Già” Asserì lui non distogliendo lo
sguardo.
Un tuono più forte e la pioggia che iniziò
a cadere prima lentamente, poi più forte, li costrinse a rientrare velocemente.
*
“Senti Goten, ma
la ragazza di prima, per caso è quella che parlava sempre Trunks?”
Gli chiese Valese curiosa.
Stavano percorrendo la statale in
macchina, dirigendosi verso quella che sarebbe diventata, forse la loro dimora.
“Si è lei perché?”
“Non danno l’impressione di essere solo amici,
si guardano in un modo…non lo so…”
“Sembrano innamorati?” Le finì la frase.
“Si, ecco, però da quello che mi dicevi
non si vedevano da tanti anni”
“Da dieci per la precisione”.
“Tu non puoi fare niente?”. Gli chiese
ingenuamente.
Goten inarcò un sopracciglio “Io? E chi sono, il dottor
Stranamore?”
“No beh…ma magari…tu sei bravo in queste
cose…a convincere la gente”
“Senti Vale, per tutto il bene che posso
volere a quei due, devono imparare a cavarsela da soli, non voglio
intromettermi negli affari degli altri.”
Valese non ci credeva, non poteva starne fuori, era nella
natura di Goten aiutare gli altri, soprattutto amici
“Va bene…vedremo se sarà così”.
“Eccola, siamo arrivati”. Cambiò lui
completamente discorso
*
Nel frattempo la pioggia e alcune nuvole,
avevano lasciato spazio ad un timido sole.
Mai osservava dall’enorme finestrone della
sua stanza, il cielo nero in lontananza, anche uno sfocato arcobaleno aveva
fatto la sua comparsa.
“Guarda Trunks!”
Gli indicò l’arco colorato, era sempre un’emozione per lei vederlo, poteva
avere anche cento anni, ma era sempre uno spettacolo unico.
Lui sorrise, quante volte da bambina lo
chiamava dopo il temporale per osservare insieme l’arcobaleno, e se non si
manifestava quel fenomeno, lo creava lui in casa con un gioco di luci e
cristalli.
“Ti ricordi quella volta che appesi alle
finestre della tua camera tutte quelle pietre trasparenti che con la luce
diretta del sole riflettevano mille colori?”
“Lo chiamasti arcobaleno fatto in casa.
Come posso dimenticarmelo, mi fai fatto felicissima, è stata una sorpresa
bellissima”.
“Eri arrabbiata perché il vento aveva
portato via le nuvole velocemente, e l’arcobaleno non aveva fatto a tempo a
saltar fuori”.
“Non mi ricordo se ti avevo ringraziato”
“No, eri troppo presa a danzare tra le
luci”
“Allora lo faccio ora: grazie” Gli sorrise
e lo abbracciò ringraziandolo anche di essere presente in quel momento.
“Ci sarò sempre per te, non devi mai
dubitare di questo” Le baciò i capelli che odoravano di more e vaniglia.
Quanto le sarebbe bastato in quegli anni
anche solo un gesto simile nei mille momenti di difficoltà, quelle braccia
erano un porto sicuro dove rifugiarsi, nessuno l’avrebbe strappata via da lì,
lui non l’avrebbe permesso.
Non si era resa conto che per quanto
quella caserma fosse diventata ora la sua casa e avesse attorno a lei tante
persone, era sola.
Lo prova il fatto che solo pochi compagni
e qualche carica alta le aveva fatto visita per sincerarsi delle sue condizioni,
tranne Teo, lui veniva a trovarla ogni volta che poteva.
“Trunks” Lo
chiamò prima che potesse aprire la porta per andarsene “Dopo domani mi
dimettono, è passato il dottore a darmi la notizia prima che arrivassi”.
Aveva già progettato di scappare, e questa
volta senza salutarlo, la sua vicinanza e la chiacchierata della sera prima con
Jen, le avevano rinvangato sentimenti che non pensava
più di possedere.
Il fato gioca scherzi strani, lei era
sicura che lasciandolo la prima volta non lo avrebbe più rivisto, e che la
lontananza potesse cancellare sentimenti che prima di allora, non credeva
potessero essere indelebili.
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti miei fedeli lettori, anche
oggi vi ringrazio per essere arrivati alla fine del capitolo, e come sempre vi
invito a lasciarmi una vostra impressione se ne avete voglia.
In
questo capitolo Mai e Jen hanno parlato un po' e si
sono confidate, forse perché hanno vissuto o stanno vivendo esperienze simili,
a volte ci si riesce ad aprirsi di più con persone che non si conoscono, che
con quelle a cui ci si confida sempre.
Abbiamo
conosciuto anche un altro dettaglio della vita passata di Mai e Trunks, ve lo ricordate che nel capitolo scorso si era
parlato di un cristallo appeso alla finestra dell’alloggio della ragazza?
Eccovi il motivo.
Sperando
abbiate gradito anche questo, vi mando un enorme bacio e abbraccio.
“Non era necessario che mi accompagnassi a
casa” Protestò Mai pestando i piedi come una bimbetta dell’asilo.
No che non le facesse piacere essere un po'
coccolata e riempita d’attenzioni, una volta ogni tanto non guasta, ma era la
presenza di Trunks che la metteva a disagio, temendo
di fare o dire qualcosa di sbagliato.
“Preferivi ti portassi in caserma?” Le
chiese il lilla sorridendo.
“Posso arrivarci tranquillamente a piedi
da qui” Cercò nervosamente le chiavi dentro la borsa, spostando portafogli,
scontrini di chissà quale data, assorbenti, telefono, penne, taccuino e qualche
carta di caramella alla menta, le trovò in fondo in un angolo, incastrate nel
rivestimento.
“Vuoi che l’apra io la porta se non trovi
le chiavi?” Trunks si stava spazientendo complice
anche il caldo e il sole delle undici che picchiava alto.
“Senti, ti ho detto che non era necessario
tutto questo, me la cavo benissimo da sola” Armeggiò quel mazzo di metallo
brandendolo in alto “Dammi il mio borsone” Cercò di prenderla, ma Trunks la ritrasse dietro di se
velocemente.
“No, te la porto io, il dottore ha detto
che non devi fare sforzi almeno per una settimana”
“Hai anche intenzione di farmi da infermiere?
Quante storie per un graffio, sto bene” Si sporse un
po' di più per provare a riprenderla, ma il movimento brusco la costrinse a
chiudere un occhio e fare una smorfia inclinando la bocca dal dolore, coprendo
con la mano la benda.
“Ti porto da Dende,
avrei dovuto farlo qualche giorno fa” Le disse togliendole il mazzo di chiavi
dalle mani e aprendo la porta.
Avrebbero appoggiato il borsone in casa e
poi dalla terrazza spiccato il volo verso il palazzo del Supremo.
“Ti ho già detto che sto bene, non mi
serve aiuto” Gli ribadì, voleva solo che andasse via, non perché non gradiva la
sua compagnia, ma perché lo desiderava troppo, anche dopo tutti quegli anni.
E adesso sarebbe risultato pericoloso
stare da sola con lui.
Si rese conto che, sebbene fosse scappata
da dai sentimenti che provava anni fa, la lontananza non li ha per nulla
cancellati, ma assopiti e chiusi in un cassetto a chiave, sotterrati da altre
scatole di ricordi e riemerse solo quando incrociò il suo sguardo tra la folla.
Chissà se anche lui provava la stessa
cosa.
Non aveva scoperto molto degli ultimi
dieci anni, Trunks, le aveva confessato di essersi
laureato con il massimo dei voti e di aver avuto una sola storia importante e
duratura, mai il tutto era sfumato quando la sua ragazza gli aveva chiesto di
andare a convivere, l’aveva liquidata con un “non sono pronto adesso” e
questa frase aveva sancito la fine di tutti quegli anni d’amore, probabilmente
se avessero continuato a stare insieme, non sarebbe mai stato pronto per
qualcosa di più serio.
Glielo aveva chiesto il giorno stesso
della sua laurea, la sera dopo aver consumato un lungo amplesso, li, tra gli
spasmi del piacere, sussurrandoglielo all’orecchio.
“Tu ora fai come ti dico” S’impose
autoritario anche se non era il tipo di dare ordini, o meglio a comandare a
bacchetta le persone importanti per lui, ma neanche altri tipi di persone se
era per questo.
Mai non fiatò, ma ubbidì da brava
scolaretta, quando si metteva in testa una cosa, era meglio fare come diceva,
non ci avrebbe messo molto a tramortirla e condurla di peso dal suo guaritore
senza il suo permesso.
“E va bene, facciamo come dici te” Sospirò
arrendendosi.
Sul volto del lilla di materializzò un
sorriso sghembo, ce l’aveva fatta a convincerla.
“Anche perché non hai altra scelta se vuoi
stare bene nel più breve tempo possibile”.
Arrivarono all’appartamento di Mai dopo
essere saliti sull’ascensore moderno, un attico in un condominio vicino la
caserma, che era raggiungibile anche a piedi.
Non molto lontano dal centro della città,
e comoda a tutti i servizi.
Un ambiente molto luminoso con ampie
vetrate, un pavimento di parquet laminato scuro lucido.
Troviamo un ingresso open space con cucina e salotto, la prima porta a destra è il
bagno grande con rifiniture di pregio, le altre quattro porte sono
rispettivamente, un ripostiglio, la lavanderia e due camere da letto con
annesso bagno.
Oltre la cucina e oltre le enormi vetrate,
c’è la terrazza con una piccola vasca idromassaggio, perfetta per due persone.
“Ma ci vieni qui ogni tanto?” Chiese
curioso Trunks osservando quella casa, stentava a
crederci che fosse sua.
“Hai detto giusto, ogni tanto, e se ti
stai chiedendo se me la posso permettere, la risposta è si”
Non alludeva sicuramente a questo, ma al fatto che avendo già un alloggio in
caserma, non pensava avesse anche una casa al di fuori.
“Non volevo insinuare nulla e scusami se
mi sono spiegato male.” Fece spallucce.
“Scusami te è che…niente”
“Come niente?” La invitò a finire
la frase che aveva iniziato.
“Trunks, sono
molto stanca e ho delle cose burocratiche da sistemare, e sai che straparlo
quando vedo che ho tante cose da fare”. Si giustificò.
“Ti aiuto io, oggi mi sono preso una
giornata libera apposta”
“Immaginavo…ma lavori qualche volta?”
Chiese con ilarità.
“Certo, sono un ragazzo impegnato” Le
strizzò un occhio.
“Scommetto che hai detto a tua madre di
coprirti”
Era incredibile come ogni volta quella
ragazza ci azzeccava “Solo per oggi le ho chiesto questo favore…e poi per il
giorno prima e quello prima ancora”. Aggiunse elencando tutte le volte in cui
aveva chiesto dei favori a Bulma.
“Solo per stare con me?” Chiese
assottigliando gli occhi.
Il figlio del principe dei saiyan divenne rosso “Ma no…che stai dicendo?”
Mai gli si avvicinò con fare sensuale “Mi
sarò sbagliata” Gli sussurrò all’orecchio, e un brivido gli percorse la
schiena.
“Si esatto, ti sei sbagliata” Disse scansandola
e scappando in terrazza, doveva assolutamente starle lontana, altrimenti non
avrebbe risposto delle sue azioni.
La corvina scoppiò in una sonora risata, era
riuscita a farlo imbarazzare.
“Dai Trunks, non
fare l’offeso, volevo solo giocare”.
Non le rispose, si limitò a farle una
linguaccia e a tornare a darle le spalle incrociando le braccia al petto.
“Vado in lavanderia a mettere giù il
borsone, poi andiamo da Dende. Fa come se fossi a
casa tua” Gli disse dandogli le spalle a sua volta.
D’istinto e senza pensarci la seguì.
*
Appoggiò la sacca sopra la lavatrice e ne
riversò il contenuto nel cestone, quando se lo ritrovò dietro e un brivido le
percorse la schiena.
“E adesso? Ti va ancora di giocare con me?”
Si sentì chiedere in tono minaccioso.
Le mani le iniziarono a tremare, si
trovavano faccia a faccia quando si girò di scatto per guardarlo e coglierne il
senso di quella richiesta.
“Trunks, io…”
Abbassò il viso, ma il glicine glielo tirò su con due dita.
“Cosa?” La invitò a continuare.
I loro visi erano vicinissimi come i loro
cuori, che in quel momento battevano all’impazzata.
“Voglio giocare con te” Unirono le loro
bocche in un tenero bacio che durò qualche secondo, si staccarono per guardarsi
dritti negli occhi, potevano scorgere nelle rispettive iridi il riflesso
dell’altro.
Non dissero nulla.
Si baciarono ancora e questa volta le
dischiusero per dar modo alle loro lingue di incontrarsi e assaporarsi.
Entrambi colsero subito la voglia di
andare oltre ad un semplice bacio.
Trunks le tolse la maglietta rossa, stando attento alla
ferita di lei, e le slacciò il reggiseno con un movimento secco.
Si beò di quei seni prosperosi, nudi e
sodi che aveva lì tra le mani, delicatamente li baciò e ne annusò il profumo.
Anche Mai lo imitò spogliandolo della polo
bianca, le sue dita si muovevano sinuose tra gli addominali perfetti ed infine
sulla schiena.
Il contatto tra i loro petti fu una delle
sensazioni più belle di quel momento, si baciarono ancora più avidamente.
Potevano cogliere anche il battito dei
loro cuori ormai vicini, che si fondevano diventando un organo solo.
Trunks la sollevò per le natiche e la condusse in camera da
letto, non l’avrebbe presa lì, almeno per la loro prima volta, doveva essere
indimenticabile.
Le loro bocce non smettevano di cercarsi;
con un leggero calcio spinse la porta e l’adagiò sul letto, tra le soffici
lenzuola bianche di seta, le tolse anche i pantaloni lasciandola solo con il
perizoma di pizzo nero.
Lui si slacciò i pantaloni e lei lo aiutò
togliendogli l’intimo.
Da quanto avevano aspettato quel momento,
da quando si bramavano…
Troppo.
I loro corpi avrebbero dovuto incontrarsi
ancora tempo fa, ma diventarono un tutt’uno solo adesso, a distanza di anni.
Il loro amore era maturato, loro erano
maturati dopo aver vissuto esperienze diverse, dopo aver intrapreso strade
differenti, ma che per qualche strana ragione, in un punto preciso della
storia, si sono ricongiunte.
Gemettero di piacere allo stesso momento,
ancora uniti e sudati, continuarono a baciarsi, fino a scambiarsi quel tanto
agognato ti amo.
*
Il telefono di Trunks
stava squillando, ma non rispose e Mai ritornò alla realtà, stava ancora
aspettando una risposta e le agitò una mano davanti agli occhi che stavano
fissando un punto indefinito.
“Sei con me Mai?” Le schioccò anche le
dita davanti agli occhi, sembrava in uno stato di trans.
Lei sbatté le palpebre velocemente
ritornando al presente, deglutì rumorosamente e schiarendosi la voce gli disse
di si.
“Andiamo da Dende?”
“Si andiamo da Dende”
Ripetè chiudendo l’oblò della lavatrice e avviando il
programma prestabilito, lasciando la lettera del dipartimento di stato sopra
l’elettrodomestico.
“Cos’è quella?” Le chiese curioso.
“Lettera di trasferimento in un altro
dipartimento”
Trunks impallidì, dove l’avrebbero mandata? Ancora più
lontano?
“Non la leggi?” Chiese balbettando.
“Già fatto in ospedale quando eri andato
via. Forse prenderò casa nella Città Dell’Ovest! Mi vorrebbero trasferire nella
Quinta Divisione, prenderò servizio ad ottobre se accetto”.
Trunks avrebbe voluto gridare dalla gioia ed abbracciarla,
Mai si sarebbe trovata ancora più vicino a lui.
“E’ una splendida notizia o sbaglio?” Non
le sembrava di vederla tanto entusiasta.
“Mi spiace lasciare i miei compagni, del
resto ho trascorso insieme a loro molti anni”
“I cambiamenti fanno bene”
“Si hai ragione” Gli sorrise “Comunque ho
tempo quindici giorni per rinunciare al posto e restarmene dove sono”
Aveva solo quindici giorni per farle
convincerla a trasferirsi vicino a lui.
Doveva inventarsi qualcosa e alla svelta,
ad esempio invitarla alla festa in piscina a casa sua organizzata da sua madre
l’indomani, non glielo aveva ancora chiesto, e sia Bulma
che Bra, lo avevano pregato di farlo.
Gli sembrava troppo presto visto anche
l’importante incidente avuto giorni fa, ma dato che ora l’avrebbe portata da Dende, lui l’avrebbe guarita del tutto.
“Ah mi stavo quasi dimenticando, domani
mia madre ha organizzato in piscina una festa, ti va di venire? Ti prego non mi
va di restare solo con Gotene e Valese,
mi dovrei subire ore e ore dei racconti sulle case che hanno visitato.”
“E io che credevo mi invitassi perché ti
piace la mia compagnia” Esclamò.
“Ovvio, mi devi ancora raccontare tutto di
questi anni trascorsi lontano da noi”
“Ce ne sarà occasione”
“Allora accetti o no il mio invito per
domani?” Chiese impaziente.
“Ok, ma non farti venire strane idee”.
“Ottimo, così ti mostrerò anche casa mia”
Disse entusiasta.
“Casa tua? Guarda che la conosco fin
troppo bene!”
“No quella, abbiamo ampliato il terreno, quindi
con l’occasione abbiamo ristrutturato la piscina, domani vedrai com’è venuta, e
costruito casa mia, non è grande, più che altro possiamo dire che è tipo una
casetta in piscina, a me basta”.
“Tanto sari sempre a pranzare e cenare da
tua madre” Rise.
“Si questo è vero” Si grattò la testa
ridendo anche lui “Ah se vuoi puoi la notte da me finita la festa, nella
casetta in piscina ci sono due camere da letto, oppure puoi riprenderti la tua
vecchia camera”.
Angolo
dell’autrice: eh eh piaciuto lo scherzetto? Adesso Mai dovrà fare i conti
con il passato che è ritornato a farle visita: i sentimenti che prova per Trunks e anche lui sembra intenzionato a non lasciarla
andare.
Abbiamo
anche scoperto qualcosina del passato di Trunks, non
molto, ma prometto che ci saranno un paio di capitoli dedicati a lui, era
doveroso ritagliare un po' di spazio anche al nostro protagonista maschile.
Vi
aspetto nel prossimo capitolo con la festa in piscina, ne vedremo delle belle 😊
Grazie
a tutti per essere arrivati fino a qui e per i commenti che mi lasciate ogni
volta.
Mai aveva trascorso la notte in bianco,
continuava a girarsi e rigirarsi tra le lenzuola nervosamente.
Non si sentiva male fisicamente, anzi, da
qual punto di vista stava più che bene, Dende le
aveva guarito anche un paio di acciacchi che si portava dietro da qualche mese.
Qualche slogatura frutto di esercitazioni
molto dure e prolungate, oppure di doloretti trascurati, dicendo “passeranno,
non è niente di che”.
Aveva avuto una lunga conversazione con
Teo, che fortunatamente sapeva essere di guardia, i turni li aveva preparati lei
personalmente il mese prima e ne teneva una copia nell’agenda.
“Che cosa provi per lui?” Le chiese.
Ci fu un attimo di silenzio e la ragazza
rispose solo dopo che Teo insistette con la domanda.
“Non lo so esattamente, però quando sono
vicino a lui, ho come una strana sensazione nelle viscere”
“Dovresti essere grande abbastanza per
capire che quello è amore, amica mia”
“Dici che si possa chiamare così?”
“Posso farti una domanda?” Chiese in modo
amichevole, non voleva girare il dito nella piaga, ma doveva farle togliere
quel dubbio.
“Spara”
“Quando, si insomma, tu e Miles stavate insieme,
o anche prima, non provavi la stessa sensazione?”
“All’inizio si, mi faceva stare bene”
“Ti sei risposta da sola, e comunque siete
due cretini”
“Chi?”
“Tu e Trunks.
Quando eri in ospedale ed è venuto con me in caserma per prenderti delle cose,
nel tragitto abbiamo parlato parecchio.” Confidò.
Mai rimase interdetta “E che ti ha detto?”.
“Non ci provare, non rivelo i segreti che
mi vengono confidati”.
Aveva ragione, era l’unico ragazzo di cui
si fidava, gli avrebbe affidato anche il pin del suo bancomat.
“Uffa” Protestò sbuffando.
“Mai” Richiamò la sua attenzione “…lo sai
che ti voglio bene e che quello che desidero di più è la tua felicità, l’unico
consiglio che ti posso dare è, che se hai un peso sullo stomaco, te lo devi
togliere, parla con Trunks”.
“Non so se ci riesco, e se questo
significasse perderlo per sempre?”
“Mai, parla con Trunks”
Ripetè, non potendo dire di più.
“Lo farò, domani sono ad una festa a casa
sua, vediamo se avrò occasione di stare sola con lui. Grazie Teo, sei un buon amico”
“Soldato Teo sempre pronto ad aiutare i deboli
e gli indifesi” Se ne uscì con il suo slogan.
La sua amica rise di gusto, sapeva sempre
come tirarle su il morale.
“Buona notte Mai”
“Buona guardia Teo”.
Si salutarono e la corvina potè finalmente chiudere gli occhi ed addormentarsi,
peccato che ormai fossero le sei del mattino e che il sole stava sorgendo ad
oriente.
*
Trunks passò a prendere Mai alle dieci in punto.
Ovviamente non suonò il campanello, ma
passò direttamente dalla terrazza e ci trovò le ampie porte finestre
spalancate, facendo entrare una fresca brezza mattutina.
La folata di vento più forte, le indicò
che il glicine era arrivato e un brivido le percorse la schiena.
Lo aveva pensato tutta la notte e tutto
quel rimuginare, quel girarsi da una parte all’altra senza trovare la giusta
posizione, le avevano fatto perdere il sonno.
“Non potresti suonare come tutti i
mortali?” Non era più abituata a certe cose, di solito quando suonavano o
bussavano alla sua porta, doveva dare lei il permesso di entrare.
“Si…potrei…” Fece spallucce “…ma ci
avresti messo un’eternità ad aprirmi, quindi, ho preferito così” Affondò nel
divano di pelle, meglio mettersi comodi, aveva notato che Mai era ancora alle
prese con il borsone, ci aveva messo solo un asciugamano e un costume di
ricambio.
“Non hai pensato che per caso potevo
essere nuda?” Sbraitò infastidita.
“Sinceramente no, però dai, mi è andata
bene, indossi il costume” Sghignazzò per smorzare la tensione, anche se lo
nascondeva bene, essere lì con lei, le aveva appena fatto venire le farfalle
nello stomaco, e una grande forza di volontà lo fermò nello strappargli quel
bikini nero glitterato che lasciava poco spazio all’immaginazione e farla sua su
quel divano per tutto il giorno.
Prese una rivista frettolosamente dal
tavolino di cristallo non curandosi dell’argomentazione che trattava.
Era maturata, e di parecchio.
Il seno le era cresciuto forse di una
taglia in più da come lo ricordava e il sedere lo aveva più sodo e alto,
complice sicuramente tanta palestra che era costretta a fare, la pancia piatta
metteva in evidenza un accenno di addominali, senza farle perdere la sua
femminilità e il suo corpo armonioso.
“Può andare?” Gli chiese parandosi
davanti, cercando un giudizio sul costume appena indossato e il pareo.
“S-si stai bene” Balbettò arrossendo
visibilmente, nascondendosi dentro il giornale.
“Benissimo, mi vado a mettere un vestito e
poi andiamo” Sparì nel corridoio per raggiungere l’armadio nella camera da
letto.
“Ti fermi da me stanotte?” Domandò quando
la vide ricomparire saltellando.
Il cuore della corvina mancò un battito a
quella richiesta ed impallidì d’un colpo.
“Stai bene?” Le chiese notando un’espressione
strana in volto e delle occhiaie nere sotto gli occhi.
“Si certo, è che ho dormito poco, avevo
tante cose a cui pensare” Aggiunse nel borsone il pareo nero “Dici che faremo
tardi?”.
“Sai com’è mia madre quando organizza
delle feste, si va avanti fino ad oltranza, e poi per cena, ha ordinato la
pizza in quel locale dove ti piaceva tanto”
Già, era vero, nella sua mente erano bene
impresse gli eventi di Bulma, invitava i suoi amici
più stretti, e l’allestimento era sempre curato nei minimi dettagli, a volte
esagerava, ma era fatta così.
“E poi se non hai dormito molto, sarai
anche stanca, dai resta da me” Insistette trovando la scusa buona.
“Fammi prendere un cambio, se c’è la mia
pizza preferita, non posso dire di no” Accettò, forse sarebbe stata l’occasione
giusta per parlargli e dichiararsi finalmente a lui, da quella conversazione
sarebbe dipeso anche la decisone di accettare o no l’incarico nella divisione
della Città Dell’Ovest, quindi, non aveva altra scelta.
*
Quando misero piede nell’enorme giardino
della residenza, vennero accolti da un enorme folla, che vollero salutare Mai e
sincerarsi delle sue condizioni di salute.
Come Trunks,
anche loro non la vedevano da dieci anni e non avevano sue notizie, fino alla
settimana scorsa, quando avevano saputo della rapina alla banca e che il
militare in pericolo di vita era proprio lei.
Furono per tutti ore di apprensione, fatte
di continui sms e chiamate a Bulma, Trunks e Bra.
“Dai gente non soffocatela, starà con noi
per tutta la festa, avrete tempo per chiederle qualsiasi cosa” Il glicine cercò
di disperdere la folla con quella scusa.
“Grazie” Gli disse semplicemente.
“Tuffo a bombaaaaaaa”
Urlò Goku gettandosi nell’enorme piscina, bagnando con la cascata d’acqua
appena provocata, tutti i presenti.
“GOKUUUUUU” Urlarono tutti tra un misto di
fastidio e divertimento, fortunatamente erano già tutti in costume, tranne i
due nuovi arrivati e faceva parecchio caldo.
“Vieni, andiamo a portare questa borsa in
casa” Propose Trunks a Mai che era fradicia.
La condusse nella piccola casetta
adiacente a quella dove di solito era abituata ad entrare.
“Benvenuta in casa mia, vieni, ti faccio
fare un giro”.
“Aspetta, sono tutta bagnata” Disse
strizzandosi i capelli e togliendo all’ingresso i vestiti, che vennero riposti sullo
stendino in un secondo momento ad asciugare al sole.
Trunks deglutì imbarazzato, le fece segno di seguirlo.
Si ritrovò davanti ad una piccola casetta,
dotata di cucina, salotto, bagno e due camere, molto luminosa.
“Sistemati pure qua” Le indicò la camera
adiacente alla sua “vado a togliermi questi abiti e a mettermi il costume”.
Mai non riusciva a togliergli gli occhi di
dosso, i vestiti bagnati aderivano a quella figura perfetta in ogni centimetro.
“Ti sei sistemato bene” Gli fece notare
cercando di distrarsi da quella figura.
“In realtà ci vengo solo a dormire” Disse
infilandosi i pantaloncini.
“Lo immaginavo, non ti ci vedo che cucini”
Sorrise.
“Perché no? Guarda che sono capace, ho
anche il grembiule” Lo prese da un cassetto ancora rinchiuso nel cellophane.
Risero sonoramente tutti e due.
“Sei proprio scemo”.
“Dai torniamo alla festa, ho proprio
voglia di farmi un bagno”.
*
La corvina in un primo momento si sentì un
pesce fuor d’acqua.
Bra fu la prima ad avvicinarsi a lei, tra
un selfie e un altro.
“Sono contenta che sei venuta” L’abbracciò
amichevolmente.
“Sono contenta anch’io di vederti, come
stai?” Le chiese sciogliendosi dall’abbraccio.
“Bene grazie. Te piuttosto! Un giorno
faremo una lunga conversazione io e te, devi raccontarmi tutto”.
“Ehi ciao Mai” Anche Pan si unì a quel
duo.
“Pan? Sei cresciuta e diventata una
bellissima ragazza complimenti” Si meravigliò la mora, era incredibile come in
dieci anni cambiano le cose e come bellissime bambine innocenti, si possano trasformare
in donne, pronte a rubare il cuore di qualsiasi ragazzo.
“Grazie” Le sorrise, in realtà non ricordava
molto di Mai, al contrario di Bra, lei frequentava poco la Capsule Corporation.
Voleva piuttosto chiederle come entrare
nell’esercito, si insomma, voleva qualche dritta.
Non si meravigliò molto di quella
richiesta, Pan, aveva ereditato dal sangue saiyan l’indole
del combattimento e della sfida.
Volse uno sguardo alle donne che in quel
momento si trovavano nella zona spa, ed incrociò lo sguardo di Chichi, la quale aveva intuito la richiesta della nipote a
Mai, le fece segno con il dito che le avrebbe tagliato la gola, se avrebbe
parlato di qualsisia argomentazione a riguardo.
Spaventata, si limitò a grattarle la testa
e a dirle di aspettare qualche altro anno.
*
Mai si avvicinò al tavolo del buffet,
oltre a non aver chiuso occhio, non aveva toccato cibo, prese un piatto di
plastica rigida ed iniziò a riempirlo.
“E’ strano che hai deciso di farti viva ora” Le disse
sprezzante la bionda che si era avvicinata a lei.
“Marron…ciao anche a te” Da piccole, non
erano mai andate d’accordo, complice anche i sentimenti che entrambe provavano
per Trunks.
Infatti, la corvina pensava che in questi
anni, il glicine, avesse messo su famiglia proprio con lei.
“Con che coraggio ti ripresenti oggi qui,
dopo tutto questo tempo? Non potevi startene a giocare alla guerra, ancora un po?” Chiese acida, era chiaro che la sua presenza, potesse
ostacolare in qualche modo, il piano di conquista di Trunks,
anche se quest’ultimo era stato chiaro fin da subito, con lei non ci sarebbe
mai uscito.
“Sono stata invitata!” Rispose con
naturalezza prendendo un mini hamburger. “E tu? Sbavi ancora dietro a Trunks? Io me le farei due domande se fossi in te, se non
sei riuscito a conquistarlo in tutti questi anni…” Incalzò sfidandola.
Ricordava bene come da piccola le correva
dietro e si arrabbiava se il glicine preferiva giocare con lei.
“Anch’io sono stata invitata, come sono
stata invitata a quella prima e quella prima ancora.” Precisò cercando di farla
ingelosire, oppure un pretesto per litigare, se si fossero scannate, forse Trunks avrebbe perso interesse per Mai, e finalmente si
sarebbe accorto di lei.
La presenza di quell’oca bionda la stava
infastidendo, e in quel momento non aveva bisogno di questo.
“Senti…non ho voglia di mettermi a
litigare con te, al contrario tuo, non devo dimostrare niente a nessuno,
cerchiamo almeno per oggi di andare d’accordo, non roviniamoci la festa” Lo
disse, ma avrebbe tanto voluto farle volare due schiaffi in faccia per metterla
al suo posto, ma quello non era ne il momento e ne il luogo adatto.
Le girò le spalle e se ne andò.
*
Si guardò attorno ed individuò una siepe
alta qualche metro più in là della piscina, un posto perfetto per non venire
disturbati ed importunati di nuovo.
Girò l’angolo e rimase impietrita in
quanto pensava di non trovarci nessuno.
“Che vuoi?” Gli chiese quella figura dai
capelli a fiamma.
“Scusa, non pensavo che il posto fosse già
occupato, me ne cerco un altro”
“Aspetta, hai da mangiare?
“Non molto, ma se vuoi ne vado a prendere
dell’altro” Mostrò a Vegeta il piatto.
“Hai svaligiato il buffet?” Chiese notando
che nel piatto c’erano due salsicce, sei costine e due bistecche di sotto filetto.
Mai sorrise “L’ho fatto prima che Goku si
avvicinasse al tavolo” Sapeva come sarebbe andata a finire, quel saiyan avrebbe fatto fuori l’intero banchetto in pochi
istanti e a dargli un aiuto, sarebbero arrivati Whis
e Lord Beerus che si stavano godendo la giornata a
bordo piscina.
L’angelo sempre composto e in ordine,
invece il suo protetto era spaparanzato al sole e divorava wurstel come se non
ci fosse un domani.
“Vieni qua dai, mi farò bastare quello che
hai portato” Mai prese posto accanto a lui, la sua figura così imponente e
all’apparenza minacciosa, l’aveva intimorita i primi tempi quando viveva lì, ma
poi cominciando a conoscerlo, aveva capito che era innocuo.
“Non pensavo ci fossi, ti credevo ad
allenarti chissà dove”
“Sai che Bulma
non me lo avrebbe permesso, preferisce che me ne stia rinchiuso da qualche
parte in casa” Addentò una bistecca.
“Tu piuttosto, perché ti nascondi?”
“Non sopporto più le domande della gente”
“Se sparisci per dieci anni senza lasciare
tracce, è normale che ti chiedano cos’hai fatto in tutto questo tempo.”
Aveva ragione, terribilmente ragione, non
poteva pensare di fare la sua comparsa ad una festa dove c’erano tutte persone
conosciute e che le volevano bene, e la sua dipartita e conseguente sparizione,
passasse inosservata.
“Infatti non volevo venire, l’ho fatto per
Trunks che ci teneva”
“Ha paura che sparisci un’altra volta”
“Ormai sa dove cercarmi se vuole” Addentò
la seconda costina.
“Tipo adesso” Biascicò Vegeta prima che la
siepe si dividesse in due.
“Che fate voi due qui?” Chiese sorpreso.
“Perché non si vede?” Domandò il padre
facendo notare l’ultimo pezzo di carne che stava mangiando.
“Mai mi aiuti a prendere da bere?” Chiese Trunks cercando di portarla via da là, aveva bisogno di una
scusa per parlarle.
“Si certo! Ci vediamo Vegeta, è stato un
piacere rincontrati” Mai si alzò e seguì suo figlio al banco delle bevande.
*
“Ah mannaggia, è finita la birra” Le fece
notare spostando le bottiglie vuote “Vieni, andiamo a prendere le casse in
frigo”.
Entrarono in casa e Mai iniziò ad
avvertire una sensazione di disagio nei suoi confronti, aveva anche le farfalle
nello stomaco.
Gli osservava la schiena mentre era
intento a chinarsi per prendere le casse di birra in frigo.
“Trunks devo
parlarti” Gli disse d’un fiato costringendolo ad alzarsi velocemente e sbattere
la testa sulla mensola rompendola, in realtà furono tre parole che le uscirono
senza pensarci, ma ormai la frittata era fatta, quindi era tempo di prendersi
le proprie responsabilità.
Lui si voltò, sembrava che non aspettasse
altro.
“Ti ascolto”
“Possiamo cercare un posto più appartato?”
Dove si trovavano adesso non andava bene, le enormi porte finestre della cucina
che davano sul patio e piscina annessa, non aiutava, troppi occhi indiscreti
che guardavano.
“Aspettami in camera mia, intanto porto
queste birre fuori”.
Angolo dell’autrice: Buongiorno e buon sabato a tutti.
Grazie
per essere arrivati fino a qui, finalmente Mai ha trovato il coraggio per
parlare con Trunks e sembra intenzionata a raccontargli
tutto, sarà veramente così? Per saperlo dovete aspettare settimana
prossima…forse XD
Come
al solito ringrazio chi, come al solito mi fa sapere cosa ne pensa, attendo le
vostre impressioni con impazienza.
Intanto,
vi ricordo che ho anche aggiornato l’altra mia long “Diventare forti”.
Mai conosceva quei corridoi come le sue
tasche, il rumore limaccioso dei suoi passi sul pavimento lucido, era l’unica
cosa che si poteva udire in quel piano, oltre ad un robot addobbato come fosse una
signora delle pulizie d’altri tempi, che stava rassettando una stanza vicino a
quella del lilla.
Entrò e constatò che non era cambiata di
molto, a parte qualche poster che il figlio del principe dei saiyan teneva attaccato alla parete, e che ora non c’erano
più.
Bulma l’aveva lasciata così com’era anche se suo figlio non
viveva più in quella casa.
C’erano il letto da una piazza e mezza in
centro la stanza con solo con copriletto verde e senza cuscino, la scrivania bianca
e vuota difronte, sopra tre mensole bianche con ancora qualche libro
universitario, una foto di lui e Goten bambini con
accanto il trofeo dell’unico torneo a cui abbia partecipato e vinto, inciso
sulla targhetta, il suo nome.
C’era anche una tv al plasma attaccata
alla parete con una vecchia consolle per videogiochi, vicino la porta della
cabina armadio.
Sul comodino a destra del letto una sveglia
digitale scarica.
Le tende bianche erano chiuse e le
persiane alzate.
La stanza non era calda, anzi, l’impianto
di condizionamento centralizzato arrivava ancora fino a quella camera.
Camminava nervosamente su e giù
gesticolando con le mani, ripassandosi a mente tutto il discorso da fare.
Doveva dirglielo, non poteva ancora
tacere, togliersi il pensiero era l’unico modo per ritrovare un po' di pace con
sé stessa e togliersi quel peso sullo stomaco.
La porta scorrevole e automatizzata si
aprì quando ne fu al cospetto.
“Scusami se ti ho fatto attendere, Goten e Valese non mi mollavano
più”.
“Sembrano proprio innamorati quei due”
Disse in tono malinconico e con una punta di gelosia, non perché le piacesse Goten, questo era certo, ma per il sentimento che legava la
coppia, quello le invidiava.
“Ormai è da un anno che stanno assieme e
sono felice che le cose si stiano mettendo bene dopo qualche mese un po'
travagliato”.
“Come mai, se posso chiedere?”
Trunks sospirò “Lei ha dato la colpa allo stress per il troppo
lavoro, si erano lasciati per un periodo, ma poi si sono rimessi insieme, bla
bla bla, e fine della storia”
“Mi spiace, però dai, le cose si sono
sistemate se progettano di andare a vivere insieme” Gli sorrise.
“Non mi dovevi chiedere di Goten e Valese vero?” Era curioso
di sapere cosa gli doveva dire, era tutto il giorno che si comportava
stranamente, pensò fosse colpa delle troppe persone che l’assillavano.
“No” Disse lapidaria “E ti prego da adesso
in poi non interrompermi, quando avrò finito, se avrai domande, risponderò
molto volentieri” Continuò.
“Dev’essere una cosa seria se mi dici
così” Il lilla si sedette sul letto pronto ad ascoltarla.
“Si, almeno per me lo è” Balbettò.
“Ti ascolto” Deglutì.
“Sai perché me ne sono andata dieci anni
fa?” Gli fece quella domanda guardandolo dritto negli occhi, in piedi davanti a
lui.
“Perché…volevi la tua indipendenza”
Rispose facendo spallucce.
“Vedo che ricordi bene quello che ti ho
detto”
“Ho una buona memoria” Si vantò.
“In realtà mi ero innamorata di te” Gli
disse d’un fiato volgendo lo sguardo al pavimento lucido, quasi si vergognava e
pentito di quello che aveva appena detto.
“Mai…io…”
“Non interrompermi per favore, devo dirti
tutto, devo togliermi questo peso dallo stomaco che non mi fa dormire la
notte”.
“E’ successo quando ci siamo baciati, o meglio, quello è
stato il momento che ho capito veramente quali fossero i miei sentimenti per
te”.
“Ricordo bene quella sera, è stato quando
mi hai raccontato del tuo segreto”
La mora annuì con il capo continuando a
camminare su e giù per la stanza.
“Quello che provavo in quel momento era…lo
possiamo definire un misto tra amore e vergogna, mi sono chiesta, come può una
donna della mia età innamorarsi di un ragazzino? Nella mia vita non avevo però
mai provato un sentimento simile, il mio istinto mi diceva che scappare era la
cosa giusta da fare.”
Ci fu qualche secondo di silenzio, Trunks aveva un sacco di cose da dirle, ma preferì tacere
come da sua richiesta.
“Mi sono detta…se i nostri alter ego del
futuro stavano insieme, forse per noi non era stato assegnato lo stesso
trattamento, del resto abbiamo conosciuto cosa ci sarebbe accaduto, perché
forzare le cose? Pensavo, ok, mi sono innamorata oppure era solo perché sapevo
che sarebbe andata a finire così?”
“Potevi dirmelo no, ne avremo parlato! Ma
hai preferito comportarti da codarda. Comunque non è detto che stavano insieme”.
La ferì senza accorgersene.
“Si, avrei potuto farlo hai ragione. Trunks, tu forse eri troppo immaturo per accorgertene,
certi segnali non sei riuscito a cogliergli, mi sono resa subito conto che
qualcosa non quadrava tra quei due. Potevano dire di non stare insieme quanto
volevano, ma i loro sguardi non mentivano. La loro amicizia si sarebbe presto
trasformata presto in qualcosa di più”
“Ci siamo baciati quella sera e forse
saremo andati oltre se avessimo continuato”
“Un bacio non vuol dire niente” Scosse il
capo.
“Non vuol dire niente se non senti
qualcosa, ma io ho provato grandi emozioni in quel bacio, e anche tu”.
“Si è vero, me ne sono andata con la coda
tra le gambe perché avevo il timore di affrontare la realtà”
“Hai idea cosa ho passato in questi dieci
anni? Delle colpe che mi sono dato?”
“Non è stata colpa tua”
“Avevo bisogno di te, di averti qui
accanto a me”
Mai gli diede le spalle e strizzò gli
occhi, le faceva male sentire quelle parole, sapeva di avergli spezzato il
cuore, ma pensarlo è una cosa, sentirselo rinfacciare, era un’altra.
Trunks si alzò dal letto e le prese le mani alzandole il
volto che continuava ad essere rivolto verso il basso, i suoi occhi erano
lucidi.
“Scusami” Sussurrò la corvina, continuava
a provare vergogna per quello che gli aveva fatto, un ragazzo d’oro come lui,
non si meritava un simile trattamento.
“Non te ne sei andata perché stavi
scappando dai tuoi sentimenti, sei scappata da te stessa, dovevi prima ritrovarti.”
Lo aveva capito prima di lei.
“L’ho fatto” Gli disse sorridendo
guardandolo dritto negli occhi, con poche e semplici parole, era riuscito a
capirla senza bisogno di tante spiegazioni, si maledì
per non avergli detto anni prima quello che sentiva, si vede che non era il
momento giusto “…ho trovato la mia strada e ne sono felice, devo però
confessarti che non è stato facile. Sediamoci, voglio spiegarti tutto, devi
sapere”.
Mai era decisa a raccontargli cosa aveva
fatto e quello che le era successo negli ultimi dieci anni.
Presero posto nel letto uno accanto
all’altro.
“Mi spiace rovinarti la festa”
“Dai Mai sei convinta davvero che me ne
importi qualcosa, per quel che mi riguarda possiamo anche andarcene”. Da quando
era diventato presidente della Capsule Corp. presenziare a certe feste e serate
era quasi un obbligo per lui, un obbligo che spesso gli andava giù stretto,
fatto di strette di mano e sorrisi a volte falsi.
“Ci staranno cercando tutti” Constatò lei.
“E anche se fosse? Ho un complice giù”
Ammiccò riferendosi a Goten “…starà intrattenendo gli
ospiti come sua abitudine”.
“Dovrebbe cambiare lavoro, fare il
presentatore o roba simile e non lavorare nei campi” Rise.
“Si hai ragione, ma sai, Chichi ha bisogno di lui nei campi. Comunque, non cambiamo
discorso, va avanti ti prego”
Asserì con il capo facendo un lungo
respiro profondo “Non è per niente facile raccontarti i miei ultimi dieci anni
in dieci minuti”
“Prenditi il tempo che ti serve” Le tenne
la mano per darle conforto.
Sospirò ancora cercando da dove partire
“Dopo che abbiamo lasciato questa casa, abbiamo bivaccato per qualche settimana
qua e là, poi stanca della vita che stavo conducendo, ho abbandonato anche Pilaf
e Shu, non mi importava più di nessuno, solo di me
stessa, sono partita da sola in sella alla mia moto.
Al lato della strada lessi un cartello, la
pubblicità del corpo militare, decisi di provare, del resto ce l’ho nel sangue
no? Ricordo anche la sensazione che provai la prima volta quando misi piede in
caserma, tutti quegli sguardi su di me, quei pregiudizi inutili, che vennero
meno quando eseguii la prova di ammissione, un percorso ad ostacoli molto
difficile, dove ottenni il miglior tempo degli ultimi anni, ed ero anche fuori
allenamento, mi era stato riferito poi che le aspiranti reclute lo provano più
volte.
Io invece sono stata catapultata in quel
recinto non conoscendolo per nulla, era chiaro come il sole che volevano
umiliarmi e farmi desistere”.
“Comunque non sarebbe stato da te”
L’interruppe.
“Fatto sta che, ero sola là dentro, un
agnello nella tana del lupo”
Trunks rabbrividì a quelle parole, si vedeva che aveva un
nodo alla gola e le stava raccontando qualcosa di terribile.
“…fomentai parecchia gelosia, tutti si
chiedevano come una ragazza potesse spiccare sopra ad un branco di uomini,
molti dei quali avevano alle spalle una storia militare di tutto rispetto.
Una sera…” Una lacrima le rigò il volto
andandosi a posare sul dorso della sua mano che stava tremando visibilmente.
Trunks chiuse gli occhi, in un primo momento la sua reazione
era quella di voler tapparsi le orecchie, per non sentire quello che gli stava
dicendo.
“…un mio compagno cercò…cercò di abusare
di me, spinto dalla gelosia di essere più in gamba di lui”.
Il lilla digrignò i denti e strinse i
pugni dalla rabbia “Scusami Mai per non essere stato lì con te” Si
colpevolizzò.
“No, invece c’eri, sei stato tu a darmi la
forza di reagire”
Trunks inarcò un sopracciglio sorpreso “Come?”
“Non chiedermi come fosse possibile, ma in
quel momento ti ho sentito vicino e grazie a questo mi sono difesa” Ormai Mai
aveva la voce rotta dal pianto ripensando a quell’umiliazione.
“Ha cercato di farti ancora del male?”
Scosse la testa asciugandosi gli occhi con
le mani.
“Grazie a Teo, che ha scoperto tutto, ha
dato le sue dimissioni il giorno seguente”
“Ma chi è questo Teo per te, posso
chiedertelo?” Era da quando lo aveva conosciuto che voleva porle quella
domanda.
“Anch’io ho un Goten
sai?”
Risero tutti e due.
“Dopo quell’episodio com’è stata la tua
vita là dentro?”
“Diciamo che dopo le dimissioni di Miller
è notevolmente migliorata, si era sparsa la voce che se n’era andato proprio
perché gli ho dato una lezione.
Tutti cercavano di starmi alla larga e i
più coraggiosi invece stringevano amicizia con me.
A me interessava solo fare carriera là
dentro, misurarmi con le mie capacità, andare oltre i limiti e ci sono
riuscita. Non mi interessava piacere agli altri. Se sono arrivata al grado di
Generale un motivo ci sarà”.
Trunks avrebbe voluto dirle che la sua controparte del
futuro guidava la resistenza, quindi non si trovava in una situazione molto
diversa, ma meglio tacere per non fare ancora paragoni, sembrava che la vita di
Mirai Mai l’ossessionasse parecchio.
Mai si alzò, ora sarebbe venuta la parte
più dura da raccontargli.
“Trunks, l’ha
dentro frequentavo un ragazzo, Miles”.
“Miles?” Fece di rimando “Lo stesso Miles
che è venuto a piantonare la tua stanza quand’eri in ospedale?”
“Ha accettato quell’incarico?
Incredibile…comunque si, di Miles ce n’è uno solo”. Ne fu sorpresa.
“Antipatico sopra ogni limite?”
Mai sghignazzò “A volte lo sa essere,
soprattutto se si tratta di gelosia”.
“Non ci credo che tu e lui stavate
insieme, è contro ogni logica, siete due persone completamente diverse”
“Su questo hai ragione, siamo due persone
completamente diverse, io non mi sarei mai comportata come lui.”
“Ti ha fatto del male?” Se la risposta
fosse stata affermativa, non ci avrebbe pensato due volte a dargli una lezione
che avrebbe ricordato per tutta la vita.
“Molto, ma non nel senso che immagini” Mai
strinse i pugni provocandosi dolore ai palmi, ripensare a quelle cose le fece
andare il sangue alla testa.
“Che ti ha fatto allora?”
La corvina gli raccontò dell’amore che
provava per lui, dei loro progetti futuri, del bambino e di come lo aveva
perso, fomentando in lui l’odio per quel ragazzo che aveva osato tanto.
Mai non si meritava affatto un simile
trattamento, nessuna donna lo merita.
“Avevo il prosciutto negli occhi che non
mi faceva vedere bene cosa stava succedendo intorno a me. Più volte è ritornato
chiedendomi di perdonare i suoi errori, ma non posso e non voglio.
Mi sono resa conto che il sentimento che
provavo per lui non era lo stesso che provo ora per…” Si fermò appena in tempo.
Il figlio del principe dei saiyan le si parò dietro “Per…” La invitò a continuare
costringendola a voltarsi e guardarlo per l’ennesima volta e perdersi nella
profondità dei suoi occhi azzurri.
Angolo dell’autrice:Ciaooooo! Ed eccovi
qui il capitolo dove Mai racconta tutto a Trunks.
Per
sapere cosa accadrà dopo e per la reazione di Trunks,
dovrete aspettare un paio di capitoli, perché i prossimi saranno incentrati sul
passato del nostro protagonista maschile.
Era
passato più di un anno da quando Mai, Shu e Pilaf avevano lasciato quella casa,
anche se quest’ultimi, ogni tanto li trovava che bazzicavano nei corridoi di
casa sua, in cerca di cibo.
Nemmeno
i due malandrini avevano avuto più notizie della ragazza, ma almeno sapeva che
stava bene, grazie al drago Shenron.
La
sveglia digitale posta sopra il suo comodino, iniziò a suonare quando il
contatore segnò le ore 7.00 in punto.
Tirò
fuori una mano da sotto le lenzuola e la spense pigiando il bottone in cima.
Era
la quarta che cambiava nel giro di una settimana, a volte premeva quel bottone
con forza senza nemmeno accorgersene.
L’impianto
elettrico centralizzato, e di ultima generazione inventato da sua madre, tirò
su le tapparelle in modo automatico, facendo entrare in pochi secondi la luce
del sole, costringendolo a stiracchiarsi ed alzarsi.
Come
di consueto, fece una doccia e strofinò i denti, si vesti frettolosamente con
abiti preparati il giorno prima e riposti con cura sopra la sedia, prese la
tracolla con tutto l’occorrente per iniziare un giorno nuovo di università.
Trunks ancora assonnato
scese le scale e si diresse verso la cucina, dove un buonissimo odore di caffè
appena preparato, gli raggiunse le narici.
Prese
un brioches ancora calda e l’addentò.
“Ben
svegliato tesoro” Esordì Bulma versando il liquido
nero nella tazza.
“Ciao
fratellone” Lo accolse Bra abbracciandolo.
“Buongiorno
a tutti, oggi niente caffè per me, sono già in ritardo” Disse incontro a sua
madre baciandola sulla guancia mentre si infilava il giubbotto di jeans e
addentava un pezzo di quel merendino appena sfornato.
“Devo
trovare un modo per farti alzare prima” Bulma si
portò due dita sul mento, pensando a qualche invenzione per criptargli la
sveglia alla mattina.
“Non
azzardarti! Ricordati che stasera viene Reiko a
cenare qui” Trunks salutò con il suo solito sorriso.
Un’espressione
che non compariva sul suo volto ormai da mesi, tranne quando aveva conosciuto
proprio all’università la sua fidanzata.
Una
ragazza che gli aveva rubato subito il cuore, forse per la troppa somiglianza
con Mai, teneva capelli neri lisci con frangetta e occhi scuri, carattere forte
e deciso, e a detta di Goten, anche un po' stronzetta.
Non
si capacita di come quella ragazza avesse, un giorno avesse accettato un
appuntamento con lui, era convinto che non si sarebbe presentata.
Galeotto
fu quel caffè rovesciato sbadatamente sulla maglietta bianca di Reiko nella caffetteria della scuola.
“Certo
tesoro, non vedo l’ora di conoscerla!”.
Trunks chiuse la porta
dietro di se, e spiccò il volo verso l’università.
*
“Ehi
amico! Usciamo stasera?” Chiese Goten avvicinandosi a
lui mentre chiudeva di fretta l’armadietto.
“No,
stasera Reiko viene a cenare da me, finalmente
conoscerà ufficialmente la mia famiglia” Lo liquidò di fretta iniziando a
camminare verso l’aula.
“Ohhh, qui le cose si fanno serie” Gli gettò uno sguardo
complice “…comunque congratulazioni amico mio, usciremo un’altra volta!”
Da
quando Trunks frequentava quella ragazza, non avevano
più avuto molte occasioni per vedersi e parlare come ai vecchi tempi, tranne
quando si organizzavano ogni tanti delle rimpatriate, ma negli ultimi tempi
accadeva di rado.
“Certamente”
“Ciao
amore!” Reiko li raggiunse appena li vide varcare la
soglia dell’edificio e dopo aver preso i libri che le servivano per le prossime
lezioni.
Lo
baciò sulla guancia “…e ciao Goten!” Gli sorrise.
“Ciao”
La salutò cercando di parere più allegro possibile.
“Tutto
pronto per stasera? Sono un po' agitata in realtà” Gli chiese prendendolo sotto
braccio.
“Sta
tranquilla, andrà tutto bene, vedrai! Mio padre può incutere timore e non parla
molto, mia madre invece è l’opposto, e mia sorella…beh! Assomiglia un po' a mio
padre per certi aspetti” Le disse grattandosi la gesta imbarazzato mentre
delineava quel quadretto.
Da
quanto Trunks e Reiko
facevano coppia fissa da qualche mese, il suo amico era cambiato molto, non lo
riconosceva più, e di questo gli voleva parlare, quella ragazza secondo il suo
parere, aveva una brutta influenza su di lui.
“Ti
ha dato buca un’altra volta?” Chiese Valese che si
era materializzata dietro di lui.
Goten sbuffò “Si, da
quando si è messo con Reiko, non riusciamo a
formulare una frase di senso compiuto che, quella ragazza appare all’improvviso
e me lo porta via”. Si lamentò incamminandosi nell’aula di scienza.
“Devi
dargli tempo, ha sofferto molto nell’ultimo anno, e ora che è felice, lo
dovresti essere per lui” Gli mise una mano sulla spalla in modo amichevole.
“Lo
so Valese, però mi mancano i momenti che passavamo
assieme, mi manca il mio amico”
“Lo
sai che puoi contare su di me se ti serve una spalla su cui piangere o
sfogarti. La puoi usare come meglio credi” Gli sorrise la castana.
Il
moro ricambiò il sorriso “Sei una buona amica, e grazie per esserci”.
“Sempre”.
“A
proposito, verresti a mangiare una pizza con me stasera?” Era venerdì, e di
stare in casa non se parlava proprio, soprattutto dopo la dura settimana
scolastica appena passata, fatta di esami giornalieri, ricerche e ansia fino
all’uscita dei voti.
“Basta
che non ci provi con me” Disse acida girando i tacchi, non glielo avrebbe mai
dato a vedere, ma ricevere quell’invito, soprattutto da Goten,
uno dei ragazzi più richiesti dal corpo studentesco femminile, uno per i quali,
tutte avrebbero fatto carte false, solo per fare una scopata nei bagni della
scuola o ripostiglio, la lusingava parecchio.
Aveva
una cotta per lui, ma per il momento gli voleva restare amica, meglio sondare
prima il terreno prima di rimanere delusa, le voci che giravano nei corridoi
della scuola, non erano molto confortanti, c’erano troppe ragazze rimaste
scottate perché si erano prese una cotta.
*
La
tavola nella sala pranzo era stata apparecchiata, a detta della padrona di
casa, in maniera molto semplice, se non fosse che la figlia minore strabuzzò
gli occhi non appena vide quante sciccoserie erano
presenti: 2 candelabri d’oro con lunghe candele accese, come le posate e i
sottopiatti, i piatti erano di finissima porcellana pregiata, come di pregiate
c’erano tovaglioli e tovaglia, un centrotavola di fiori freschi, era stato
posto al centro come decorazione.
“Mamma
sei sicura di mettere tutta sta roba? Non era meglio qualcosa di più sobrio?”
Propose la minore, era solo una bambina di otto anni, ma già conosceva bene la
differenza tra una cosa di lusso e una no.
“Bisogna
fare bella figura, Trunks mi ha detto che la famiglia
di Reiko è molto ricca, i suoi genitori sono dei
diplomatici”.
“Che
vuol dire diplomatici?” Chiese con aria interrogativa.
“Beh…”
Bulma cercò un modo per dirlo più chiaramente
possibile “…vuol dire che…che…viaggiano parecchio e che sono molto ricchi.” Si
sbrigò a dire mentre udì la porta principale che si aprì, segno che erano
arrivati.
Le
sistemò alla svelta la gonna di tulle rosa che era sgualcita e insieme andarono
ad accoglierli e fargli gli onori di casa.
“Ben
arrivata cara” La salutò la più anziana quando si trovò davanti quella che
doveva essere la futura nuora.
“Grazie
mille, piacere di conoscerla, mi presento, mi chiamo Reiko
Azuki” Bulma l’abbracciò.
“Benevenuta in casa nostra, siamo felici che sei qui”.
Reiko volse lo sguardo
alla bambina accanto alla mamma “Tu devi essere Bra” Le disse amorevolmente
abbassandosi alla sua altezza.
“E
tu assomigli a Mai” Fece di rimando acida lasciandola interdetta, chi era
questa Mai?
“E’
una sua amichetta” Tagliò corto Bulma imbarazzata, la
stessa cosa della figlia, la stava per dire lei, ma pensò che fosse meglio
tacere, al contrario di Bra, la bocca della verità.
Se
non fosse stato per il vestitino grazioso che indossava, si poteva dire che era
quasi sua sorella gemella.
Seguì
un momento di imbarazzo generale, dove madre e figlio si scambiarono uno
sguardo malinconico, aveva ragione Bra, fottutamente ragione.
Assomigliava
si, ma non era lei.
“Non
darle ascolto, è una bambina un po' pestifera” Le sussurrò all’orecchio
volgendo poi uno sguardo fulminate verso la sorella, che se lo si osservava
meglio, si potevano anche vedere delle scintille.
“Papà
dov’è?” Chiese poi verso la madre per uscire in qualche modo da
quell’imbarazzo.
“Andiamo
intanto a sederci, sono sicura che sta arrivando” Fece segno a Reiko di darle il suo soprabito”.
*
Vegeta
era già seduto a tavola, quando l’ospite e i tre padroni di casa fecero il loro
ingresso nella sala da pranzo.
“Papà,
sei già qui?” Chiese Bra sorpresa andandolo ad abbracciare, ovviamente non
ricambiandola con lo stesso entusiasmo, ma si limitò a cingerle la schiena con
un braccio.
“Hai
finito presto gli allenamenti tesoro” Biascicò Bulma
andandosi a sedere vicino a lui, imitata dagli altri commensali.
“Mi
avevate detto di presentarmi in tempo per cena” Disse mettendo giù la figlia ed
aprendole la sedia vicino a lui.
“Abbiamo
un ospite importante stasera” Incalzò la moglie indicando con la testa la
ragazza mora seduta vicino a Trunks.
“Lo
vedo” Disse non facendo trasparire nessuna emozione.
“Mi
chiamo Reiko Azuki signore e sono felice di fare la
sua conoscenza” Gli sorrise.
“Lo
sapevo già” Disse non degnandola di uno sguardo, imbarazzando di parecchio Trunks, il quale si portò una mano sul volto in segno di
vergogna, non si aspettava una reazione del genere proprio dal padre, anzi non
si aspettava proprio che avesse accettato a cenare lì con loro, se non fosse
stato per sua moglie che aveva insistito dicendo che per Trunks,
era importante che fosse presente.
Per
fortuna Bulma riuscì a risolvere la situazione, la
sua famosa parlantina riuscì a cambiare il clima che si stava creando nella
sala da pranzo, sperando che quelle frecciatine passassero in secondo piano.
Il
lilla aveva comunque già avvertito la fidanzata, che il padre aveva un
carattere burbero e di non fare caso se diceva qualcosa di spiacevole, ma
sperava sempre che questo non accadesse.
Anche
la cena fu servita subito dopo dai vari robot.
“Però…siete
avanti anni luce da me, io ho solo camerieri che ci portano il cibo alla tavola”
Rise.
“Sono
solo dei prototipi cara, da perfezionare, poi penso li immetteremo nel mercato”
Si vantò la scienziata continuando a consumare il cibo.
*
“Chi
è questa Mai di cui accennava tua sorella prima?” Chiese per spezzare il
silenzio creato nell’abitacolo del veicolo mentre l’accompagnava a casa.
Non
era stata la cena che sperava, anche se era stata messa al corrente del fatto
che suo padre non godesse della fama di avere ospiti in casa sua, figuriamoci a
cena.
Ma
sembrava che questa Mai, di cui aveva accennato la sorella appena varcata la
soglia di casa, avesse in qualche modo turbato l’equilibrio di quella famiglia.
Un
colpo al cuore, un brivido gli percorse la schiena.
“Era
una ragazza orfana che anni fa viveva da noi, Bra le era molto affezionata e fu
un duro colpo per lei quando decise di andare via, e purtroppo non abbiamo sue
notizie da tanto tempo. Fu un duro colpo per lei, per tutti noi a dire il vero”
Cercò di spiegare nel modo più calmo possibile, non fomentando il sospetto che
in realtà quello che aveva sofferto più di tutti era proprio lui.
“Ah
capisco…beh si poverina, non deve essere stato facile per lei, magari la vedeva
come una sorella maggiore, in un certo senso è come se fossi sparito te”.
“Credo
proprio di si, del resto l’ha vista nascere, le cambiava
il pannolino e la faceva sempre giocare, faceva parte della famiglia insomma”
Spiegò con un velo di malinconia. “Siamo arrivati” Disse indicando la villa e
fermandosi un po' più avanti del cancello di ferro battuto.
Trunks spense il motore
dell’auto per riprendere il discorso “Non voglio che ti faccia l’idea
sbagliata, e scusa se stasera non è andata come speravi”.
“Nessuna
idea sbagliata, e comunque il passato è passato, ora ci sono io nella tua vita”
Le prese la mano in segno di conforto.
“Certo”
Si baciarono appassionatamente per qualche minuto.
“Vuoi
salire? I miei non ci sono” Gli chiese in preda agli ansimi quando con la
lingua le iniziò a delineare il contorno del niveo collo ed abbassò la
spallina, denudandole un seno.
L’avrebbe
presa anche in quella macchina, non sarebbe stata la prima volta, ma le
telecamere di sorveglianza che delimitavano il perimetro della residenza, erano
degli occhi indiscreti.
“Si”
Rispose continuando a baciarla, aveva bisogno di un modo per lasciarsi alle
spalle il ricordo della serata appena trascorsa, dell’imbarazzo creato da sua
sorella riesumando la memoria di quella ragazza che anni indietro, si era
insinuato nel suo cuore in silenzio, spezzandolo nella stessa maniera quando
decise di varcare la soglia con la valigia in mano.
“Trunks…” Ansimò quando la costrinse a salire sopra di lui e
le scontò le mutandine sotto la gonna accarezzando la sua intimità e
insinuandosi dentro di lei mentre le succhiava un seno.
“Non
qui…” Ansimò ancora, ma non voleva uscire da quella presa, sperava che dove
avessero parcheggiato le telecamere non arrivassero.
Non
si sarebbero divisi prima che il piacere li raggiungesse entrambi nello stesso
momento.
*
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti,
e grazie per essere arrivati fino a qua.
Volevo
scusarmi con l’immenso ritardo con cui ho aggiornato, ma purtroppo come
qualcuno sa già, ho perso tutti i capitoli già scritti, quindi mi sto munendo
si santa pazienza per riscriverli tutti.
Al
momento aggiornerò una volta a settimana, ma una volta terminata, credo
l’aggiornamento sarà massimo ogni 3\4 giorni.
Che
dite di questo capitolo? Come vi avevo già anticipato nello scorso, ce ne
saranno due incentrati sul protagonista maschile, mi sembrava giusto dargli
dello spazio anche a lui.
*
P.S.
se siete fan del fandom di LadyBug, vi avviso che ho
iniziato una nuova long 😊
“Dai
Vegeta, ma che ha quella ragazza che non va?” Chiese Bulma
in tono arrabbiato e irritato mentre cercava di assegnare i giusti posti agli
invitati della festa della società.
Ormai
erano passati molti anni da quando per la prima volta, Trunks
gliela aveva presentata e ancora non riusciva ad accettare che Reiko fosse la fidanzata di suo figlio e parte della
famiglia.
“Si
è preso la copia sputata di quella che abitava qui, che cosa può significare
secondo te?”
“E
questo cosa c’entra?” Chiese rompendo la matita che teneva in mano “Non è
l’aspetto di una persona che conta, ma quello che prova per lui, se Reiko ama Trunks e viceversa, non
vedo il motivo del perché non dovrebbero stare insieme”.
“Sei
una causa persa” Grugnì prima di chiudere la porta stagna della gravity room.
“Scimmione”
Gli fece la linguaccia, ma aveva ragione, Reiko
assomigliava in una maniera impressionante a Mai, questo, per quanto riguardava
l’aspetto estetico, del suo carattere dolce e deciso allo stesso tempo, non
aveva niente.
*
“No
mi dispiace Bulma, non potremo esserci alla
cerimonia, in qualità di capo della polizia di stato, devo obbligatoriamente
presenziare al cambio comandante dell’esercito” Si scusò Crilin.
“Ah
che peccato” Si rattristì l’azzurra.
Quella
settimana ci sarebbe stato il cambio al vertice della società, erano stati
invitati ospiti illustri da tutto il mondo, oltre ad amici e parenti, che non
potevano di certo esimersi dall’essere presenti.
Persino
Vegeta e Goku avevano accettato di staccare dagli allenamenti per quella
giornata, per presenziare e far contenta la scienziata.
“E’ importante per
me” Confessò l’azzurra ai due saiyan.
“Se
ci sarà da mangiare, io sarò presente” Disse Goku, di quegli eventi non ne
capiva molto, ma un buon banchetto, lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.
“Se
proprio ci tieni” Incalzò Vegeta incrociando le braccia al petto.
“Grazie”
Li abbracciò tutti e due in contemporanea, provocando l’irritazione nel marito,
il quale non era abituato a certi gesti in pubblico, figuriamoci davanti al suo
acerrimo nemico.
*
“E
così, domani diventi presidente della Capsule Corporation” Reiko
appoggiò la testa sul petto nudo di Trunks, che le
cinse la schiena con il braccio.
“Sembrerebbe
di si” Sorrise scherzando.
“Sono
fiera di te amore” Si girò per avvicinare il volto al suo e baciarlo.
“Non
ce l’avrei fatta se non ti avessi avuto accanto, mi hai sempre sostenuto”.
“E’
questo che fa una compagna” Ammiccò “…e fa anche dell’altro” Si avvicinò in
modo sensuale saltandogli sopra, scostando quelle lenzuola che da quel momento in
poi sarebbero state solo d’intralcio.
“Ti
amo” Gli disse mentre continuava a prenderla e le faceva sentire tutta la sua
virilità.
Lui
non rispose, fece finta di non sentire, in tutti quegli anni di relazione, non
gliela aveva detto tante volte, non sa bene perché, ma sentiva che quella
parola aveva un notevole valore, e dirla avrebbe significato che lei era
importante.
Lei
lo era, ma non quanto avesse sperato.
Credeva
che avendo una persona al suo fianco, sarebbe stato più facile dimenticare il
passato.
Ma non
un passato che per lui è stato davvero significativo, non si può cancellare,
non prima di trovare le giuste risposte.
Raggiunsero
l’orgasmo contemporaneamente per la seconda volta nell’arco di poco.
Trunks lo avrebbe fatto
e rifatto, non per il bisogno di stare assieme con la persona amata, ma solo
per il fatto di tenere la mente occupata e non pensare a lei.
“C’è
qualcosa che ti preoccupa?” Gli chiese notando lo sguardo cupo.
“No
tranquilla, sono solo un po' agitato per domani, tutto qua” Rispose alzandosi
dal letto per dirigersi verso il bagno, aveva bisogno immediato di una doccia
gelata.
Si
sentiva un verme, mentre faceva l’amore con lei, per tutto il tempo nella sua
mente, aveva pensato a Mai.
Forse
perché anche Reiko le assomigliava.
Suo
padre aveva ragione.
Il
suo migliore amico aveva ragione.
Tutti
avevano ragione.
“Questa
è una novità. Tu che ti agiti per queste cose?” Lo prese in giro.
“E’
che tutti si aspettano grandi cose da me una volta che mi siederò su quella
poltrona” Girò la manopola della doccia per far uscire l’acqua, che cadde
copiosa sul suo corpo.
“E
le farai, come le hai sempre fatto” Lo rincuorò chiudendo la porta del bagno,
lasciandogli un po' di privacy.
Reiko nel frattempo si
rivestì, e nel raccogliere la camicetta che era finita sotto il letto, fu
attirata da un pezzettino di carta che usciva da sotto il comodino.
Si
rivelò essere la foto di una ragazza che gli assomigliava parecchio, ci soffiò
sopra per toglierne la polvere che si era depositata sopra.
Mai.
Sorrideva.
Aveva
uno splendido sorriso, quasi glielo invidiava.
Trunks uscì dal bagno
con solo l’asciugamano legato in vita, teneva i capelli bagnati che stava
tamponando con un asciugamano.
“Cos’hai
in mano?” Le chiese curioso.
“C’era
questa foto sotto il comodino” Gliela porse cercando di non sembrare seccata.
“E’
Mai, sai ti avevo parlato di lei qualche tempo fa” Spiegò riponendo la foto
dentro il primo cassetto del mobile.
“Mi
assomiglia” Disse.
Difficile
non notarlo.
“Credimi,
siete due persone completamente differenti” Si limitò a dire aprendo l’armadio
per scegliere l’outfit.
“L’hai
più sentita?” Chiese sedendosi sul letto.
“No”
Scosse la testa “…e non mi importa più niente” mentì “…un giorno se ne è andata
e da allora non abbiamo più sue notizie”.
“Cosa
dici?” Le chiese mostrando degli indumenti.
“Jeans
neri e camicia azzurra” Rispose “…ma a te starebbe bene anche un sacco di patate
addosso”.
“Uhm…meglio
di no dai” Rise sotto i baffi.
“Io
vado, devo tornare in ufficio, la pausa è finita da un pezzo e papà si starà
chiedendo dove sia finita” Lo baciò appassionatamente prima di lasciare la casa
di Trunks.
Prese
la foto di Mai che aveva riposto qualche minuto prima nel cassetto con non
curanza.
“Dove
sei?” Si domandò stringendola al petto e sentendosi ancora una volta uno
schifo perché sentiva di star tradendo in qualche modo Reiko.
Toc
Toc
“Avanti”
Rispose Trunks.
“Ah
sei qui! Mi chiedevo dove fossi finito tesoro”
“Che
c’è mamma?”
“Sono
andata a ritirarti il vestito per domani” Lo ripose con cura nell’armadio.
“Grazie”
Rispose malinconico.
“Oh oh, che è successo? Hai litigato con Reiko?”
Chiese amorevolmente.
“No
no, con lei va tutto bene, credo”
“Raccontami
tutto” Gli disse accomodandosi sulla poltroncina vicino la finestra.
“Non
lo so mamma, mi sto chiedendo se è la persona giusta”.
“A
detta di tuo padre, no” Gli confessò “…io invece penso che se una persona ti fa
stare bene, è quella giusta” Ammiccò “…ma perché mi dici questo? Hai qualche
dubbio forse?”.
Tirò
fuori dal cassetto per l’ennesima volta la foto di Mai e gliela mostrò senza
dire nulla.
“Tesoro…”
Bulma per la prima volta non sapeva cosa dire “…devi
far chiarezza sui tuoi sentimenti”.
“Lo
so, ho tantissimi dubbi, e se Reiko fosse la ragazza
giusta per me e mi sto facendo paranoie inutili?”
“La
ami?” Quella domanda arrivò come un fulmine a ciel sereno.
“Cosa?”
“E’
una domanda semplice, la ami o no?”
“No”
“No?”
“No,
cioè io…ah non lo so mamma, sono confuso” Si sedette difronte a lei portandosi
le mani sul viso.
“Pensi
spesso a lei?”
“Ogni
giorno, quasi”
“Senti
Trunks, io ti voglio davvero bene, ma penso che non
sia giusto nei confronti di Reiko, che continuate a
stare assieme. Odio dare ragione a tuo padre, ma lui ci ha visto subito lungo,
la prima volta che l’ha vista, pensava fosse Mai, sarò sincera. Lui non te l’ha
mai detto…perché sai…è tuo padre, lo conosci com’è” Bulma
con tono sereno spiegò il suo punto di vista, sperando di poter aiutare il
figlio a fare chiarezza dentro di lui il prima possibile.
“Lo
stavo pensando giusto prima” Non poteva dirle che nel mentre consumava un rapporto,
il suo pensiero era rivolto a quella ragazza dai capelli corvini che risiedeva
anni fa in casa sua, e che solo grazie a quello era riuscito a raggiungere l’apice
del piacere senza incorrere a figuracce.
Bulma si alzò per
abbracciarlo “Sono sicura che farai la scelta giusta, non voglio vederti con
quella faccia da cane bastonato, e sono sicura neanche tuo padre, sai che è
capace di fartela togliere in men che non si dica” Sogghignò.
“Grazie
mamma, sei sempre d’aiuto”.
“Ci
sarò sempre per voi, ora devo ritornare alla Capsule Corporation, devo
controllare a che punto siamo con i preparativi”.
“Vengo
anch’io, così ti aiuto e mi distraggo un po'”.
*
L’indomani
era tutto pronto per il grande evento, fuori dall’azienda era stato srotolato
un tappeto rosso per accogliere i nomi più noti dell’intero universo, nel campo
della scienza e non solo.
Ospiti
illustri come banchieri e proprietari di altre aziende, attendevano quell’evento
da quando avevano ricevuto l’invito di partecipazione, mesi prima.
Tutto
era perfetto e curato in ogni minimo dettaglio.
“Congratulazioni
mamma, sei stata magnifica” Disse Bra osservando tutte le chiccoserie
presenti, il tavolo del buffet era imbandito con ogni pietanza e i camerieri
erano sempre presenti per allietare gli ospiti con assaggi e bevande.
“Che
lo champagne scorra a fiumi” Si era raccomandato il nuovo amministratore
delegato.
“Che
questa serata possa essere ricordata per molti anni” Continuò alzando un
calice.
“Ha
fatto tutto da sola tua mamma?” Chiese Reiko al
fianco di Trunks sorseggiando del prosecco.
“Ah ah no no, mamma è brava con queste cose, ma si è fatta
aiutare da un’organizzatrice d’eventi, le sarebbe stato difficile conciliare lavoro,
famiglia e questo” Spiegò sorridendo sghembo.
“Senti”
Le prese la mano “…possiamo parlare un attimo?” Le chiese.
“E
me lo chiedi?” Pensava che il momento finalmente era arrivato, ormai erano anni
che stavano insieme e da qualche mese progettavano una convivenza, avevano anche
iniziato a far visita ad alcune case per trovare quella più adatta a loro.
Reiko era tutto un
fremito e finì tutto il calice in pochi secondi, che ripose sul primo tavolino
libero.
Il
suo cuore mancò un battito quando la condusse per mano sul terrazzino adiacente
la sala dove si stava celebrando il galà.
“Reiko, non è facile per me dirti queste cose” Lo sguardo di
Trunks fu rivolto al pavimento e non direttamente a
lei, non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.
“Sono
tutta orecchi” Disse incoraggiandolo a continuare, immaginava che la sua vita
tra pochi minuti sarebbe cambiata completamente, ma quello che non sapeva è che
sarebbe cambiata in peggio, perché mai si sarebbe aspettata di udire certe
parole.
“Io
ti amo Trunks” Gli disse con entusiasmo prendendogli
le mani costringendolo a guardarla negli occhi lucidi.
“E’
questo il problema…io…non credo di amarti”.
Tutto
il suo mondo fu distrutto non appena udì quelle parole, com’era possibile? Era
tutto falso? La sua storia d’amore era solo una menzogna?
“Non
ci credo” Una lacrima lasciò i suoi occhi.
“Ti
voglio molto bene Reiko, ma è diverso amare una
persona”.
“Cos’è?
Non sono abbastanza per te?”
“Ma
no, che dici?”
“Hai
un’altra?” Gli chiese senza girarci attorno.
“Lo
sai che non ti tradirei mai, è una cosa che non concepisco a priori”
“Ami
un’altra allora! Chi? Mai?”
Una
pugnalata al cuore avrebbe fatto di sicuro meno male.
“No…io…non
la vedo da tanto, lo sai” Balbettò cercando di giustificarsi.
“Ma
questo non ti dà il diritto di non farlo”
“Reiko…” Pronunciò a fior di labbra, avrebbe voluto dirle
che aveva ragione, che era ancora innamorato di Mai e che non l’aveva mai
dimenticata, ma era già stata ferita abbastanza che preferì tacere.
“Senti
Trunks…sei un ragazzo meraviglioso” Gli prese tra le
mani il viso “…ti auguro di trovare quello che cerchi” Non aveva voglia di
fargli una scenata proprio quella sera, anche se in quel momento il suo cuore
era spezzato in tanti piccoli pezzettini e nessuna parola di conforto sarebbe
stata sufficiente a rimettere apposto i pezzi.
Quello
di cui era certa, era che Trunks, già da un po' aveva
preso le distanze da lei, lo poteva sentire nei suoi gesti quotidiani, nel tono
della sua voce, da come ogni volta faceva l’amore e dal fatto che non
pronunciava più quelle due paroline.
“Mi
dispiace Reiko”.
“Lo
so” Gli stampò per l’ultima volta un bacio a fior di labbra e se ne andò.
*
“Che
cosa fai qua fuori da solo? Non dovresti essere dentro a dispensare sorrisi
falsi e strette di mani?” Lo rimproverò Vegeta notandolo appollaiato sulla
balaustra tutto solo e con l’aria di un cane bastonato.
“Ci
siamo lasciati papà” Confessò buttando giù in un solo sorso il calice di
prosecco che teneva da qualche minuto tra le mani.
“Era
ora, mi stavo chiedendo quando sarebbe successo. E comunque se hai bisogno di
sfogarti, sai dove trovarmi”. Gli disse prima di spiccare il volo, il vestito
elegante e quello ciarlare inutile, gli cominciavano a stare terribilmente
stretti.
**
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti,
e grazie come al solito per essere arrivati fino a qua.
Dallo
scorso capitolo abbiamo fatto un bel salto temporale e come vedete la
situazione tra Reiko e Vegeta non è cambiata di
molto, non riusciva proprio ad accettare che il figlio stesse con una ragazza
che non era Mai.
Nel
prossimo capitolo ritorneremo al giorno d’oggi XD, vi ricordate che abbiamo
lasciato i due protagonisti con la dichiarazione di Mai?
Trunks e Mai rimasero in
piedi, uno difronte all’altro per qualche secondo, prima che uno dei due
decidesse di fare o dire qualcosa.
Entrambi
si specchiarono nelle rispettive iridi, lei non aveva mai visto occhi azzurri che
le potessero dare un senso di pace interiore, lui invece si perse in quella
profondità nera e appagante.
Non
ci furono bisogno di troppe parole inutili, Mai, d’istinto appoggiò le sue labbra
su quelle di Trunks, sperando che ricambiasse il
bacio.
Sentiva
che quella era l’unica cosa che l’avrebbe appagata, ed infatti fu così.
La
strinse ancora più forte a se, cercando di essere il
più delicato possibile, come se quella ragazza fosse fatta di cristallo, un
movimento brusco e sarebbe caduta in mille pezzi.
Era
lei che lo stringeva più forte, come per dirgli che non lo avrebbe lasciato
andare mai più e che non voleva che la lasciasse andare.
Continuarono
a baciarsi per qualche minuto, se uno dei due voleva staccarsi, era l’altro che
non gli dava la possibilità di farlo tirandolo a se.
Non avevano
bisogno di riprendere respiro, perché l’unica aria che respiravano volentieri,
era il profumo delle reciproche pelli.
Trunks la sollevò
dolcemente per le natiche, costringendola a cingergli il bacino con le gambe e
l’adagiò delicatamente sul letto, sotto di lei.
I
loro occhi s’incrociarono e per qualche secondo, non ebbero bisogno di dirsi
niente, si capirono con uno semplice sguardo.
Il
glicine, dalla bocca, si spostò al collo, scendendo con la lingua infuocata
sempre più giù.
Le
abbassò il reggiseno del costume e ne assaggiò i seni famelico, per scendere
fino all’ombelico, dove si fermò perché avvertì una scossa di piacere da parte
di lei.
Solo
pochi centimetri di stoffa li divideva.
Mai,
gli abbassò i boxer delicatamente, cercando di non fargli male.
Lui,
la liberò del reggiseno e aiutato da Mai anche gli slip del costume da bagno.
Continuarono
a baciarsi ed esplorarsi di nuovo.
Non
era ancora giunto il momento per diventare una cosa sola, sapevano bene che
sarebbe finito tutto molto presto, era troppo la voglia che avevano uno
dell’altro.
Ma Mai
non potèresistera al fatto
di allargare leggermente le gambe, dando la possibilità a Trunks
di farla sua per la prima volta.
Emise
un gemito che venne soffocato da un lungo bacio, mentre le loro lingue
iniziarono una bellissima danza.
Avrebbero
voluto urlare per esprimere il loro piacere, ma probabilmente li avrebbero
sentito fino in giardino, nonostante la musica ad alto volume.
“Trunks…” Gli sussurrò all’orecchio tra una spinta e
l’altra.
“Mai…”
Fece di rimando lui raggiungendo l’apice del piacere insieme.
“Scusa”
Dissero in contemporanea, mettendosi a ridere poi sdraiandosi uno accanto
all’altro.
“Sono
un disastro” Disse il glicine temendo di aver fatto una figuraccia, era la loro
prima volta ed era venuto troppo presto.
“Sei
stato fantastico” Gli disse incrociando le loro mani.
“Dici?”
“Perché
dovrei mentirti?” Gli chiese.
“Per
assecondarmi” Rispose sghembo.
“Io?
Assecondarti? Ma quando mai è successo?...Comunque…”
Ricominciò a baciarlo sensuale “…se non sei soddisfatto…” Gli saltò sopra
continuando a stampargli baci appassionati dalla bocca al collo “…possiamo
sempre riprovarci”.
“Non
ti deluderò questa volta” Biascicò a fior di labbra accarezzandole la schiena.
“Non
lo hai mai fatto” Mai sussultò quando Trunks entrò
prepotentemente in lei.
“Ti
ho fatto male?” Chiese fermandosi.
“No
no, non me lo aspettavo” Disse abbassandosi e baciandolo.
“Scusami,
ti desidero troppo” Continuò a spingere.
“La
stessa cosa vale per me” Lei assecondò i suoi movimenti, muovendosi
ritmicamente come se fossero una cosa sola.
Trunks si fermò ad
ammirarla per qualche istante, era tremendamente più bella di come se la
ricordava, lineamenti forti e sensuali allo stesso tempo.
I
capelli lunghi e neri ricadevano sul corpo sudato coprendo una porzione di
seno, che brillava colpito dalla luce che filtrava dall’ampia vetrata.
Lo
tocco delicatamente riprendendo a spingere, fino a che entrambi, per la seconda
volta, furono appagati.
Mai
poggiò la testa sopra il petto ancora pulsante di lui, chiudendo gli occhi, per
imprimere nella mente quel bellissimo atto.
“Ti
amo” Gli disse senza pensarci, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Trunks continuava ad
accarezzarle i capelli e le mosse la testa costringendola a guardarlo dritto
negli occhi.
“Ti
amo anch’io Mai”.
*
Rimasero
abbracciati su quel letto, testimone del loro amore, per una buona mezz’ora,
restando in silenzio, non c’erano parole per descrivere quello che i loro cuori
stavano provando.
Nessuno
dei due aveva voglia di alzarsi e ritornare alla festa, ne avrebbero fatto
volentieri a meno.
Tante
erano le cose che volevano chiedersi a vicenda, troppe risposte che potevano
benissimo aspettare.
“Ti
sei addormentata?” Le chiese soave ad un orecchio.
“No,
è che sto bene qui” Gli rispose.
“Prima
o dopo dovremo uscire da qui e ritornare giù” Rise.
“Uhm…lo
so, già si staranno chiedendo dove siamo”.
“Non
ti preoccupare, Goten sa che siamo insieme, quindi
nessuno verrà a cercarci”.
“Chissà
da quanto tempo siamo qua” A Mai il tempo sembrava essersi fermato.
Trunks guardò l’orologio
che teneva al polso “Un’ora buona”.
“Mi
sembrava fossero passati pochi secondi”.
“Ehi,
non duro mica così poco io”.
Risero
entrambi di gusto alla battuta.
“Sei
stato meraviglioso” In realtà avrebbe voluto dire che, con nessuno aveva mai
provato quella bellissima sensazione, con lui era diverso, fare l’amore con Trunks fu una cosa spettacolare, nemmeno nei suoi sogni più
reconditi, poteva immaginare cosa veramente quel saiyan
le avesse potuto offrire.
“Tu
sei stata fantastica” Le disse baciandole la fronte, anche lui, le avrebbe
detto che erano mesi che non toccava il cielo con un dito e che si sentiva un
verme ogni volta che iniziava un rapporto con la sua ex ragazza, finiva col
pensare a lei, altrimenti non avrebbe mai raggiunto il piacere.
Gli
ultimi mesi, furono i più duri sotto quel punto di vista, temeva di non essere
più all’altezza perché non provava più attrazione, si erano trasformati un più
pensare a se stessi che a pensare a cosa potesse
piacere ad entrambi.
E
questo Reiko se ne era accorta, ma pensava fosse
legato al fatto, che era stressato per via della nuova carica proposta
all’interno della società
Reiko e Trunks non erano più un tutt’uno, come accadeva le prime
volte, come lo erano stati loro pochi minuti prima.
“Che
facciamo ora?” Chiese guardandolo negli occhi.
Trunks roteò gli occhi e
arricciò le labbra facendo finta di pensare “Dobbiamo scendere”.
“Scemo,
non intendevo quello”.
“Lo
so” Il suo viso si fece serio “…dovremo provarci”.
“Trunks…” Il suo viso s’incupì e lui capì subito qual era il
problema che le attanagliava il cuore.
“Ti
ho già detto che non m’importa” Disse scuotendo il capo.
Quel
segreto che era riuscita a confessargli qualche giorno prima di prendere quella
dannata decisione di andarsene, si era fatto strada nella sua mente e stava per
compromettere quello che stavano cercando di costruire, facendo crollare ogni
sua certezza come un castello di sabbia colpito dalle onde del mare.
“Lo
sapremo solo tu ed io?”
“Neanche
a dirlo” L’abbracciò.
*
Intuendo
che la memoria di Mai, del fatto che è una donna più matura dell’età che
dimostra, sarebbe senz’altro ritornato a mettere i bastoni tra le ruote, Trunks scese nei laboratori, dopo aver congedato la corvina
con una scusa, che ritornò alla festa, sgattaiolando di qua e di la, cercando
di non essere vista dai presenti.
Come
un gatto, balzò sul suo lettino, e si sdraiò.
“Alla
buon’ ora” La rimproverò Bra che prese posto con nonchalance vicino a lei sistemandosi
gli occhiali neri, sotto l’enorme cappello beige che usava per ripararsi dal
sole.
“Ehm…ciao
Bra” La salutò timidamente aspettandosi domande inopportune.
“Spero
che tu e mio fratello vi siate finalmente parlati, siete spariti da un’ora”
“Lo
ha notato qualcuno?” Chiese rassegnata.
“No,
non credo, l’alcool sta facendo il suo effetto”. Sorseggiò un po' del suo
cocktail.
Mai
tirò un sospiro di sollievo, chiuse gli occhi e rimase stesa a prendere un po' di
sole.
“Mai!”
La chiamò Bra, che si girò verso la sua parte “…sono contenta che sei tornata”.
Le sorrise.
“Grazie
Bra! Non ho ancora avuto occasione per scusarmi con te, per essermene andata”.
“Mi
è dispiaciuto si, ma ero una bambina, mi era passata in fretta, invece per Trunks, è stato più difficile digerire la cosa”.
“Credimi,
non è stato facile neanche per me, ma c’è stato un motivo per cui l’ho fatto”
Spiegò rabbuiandosi.
“Non
devi darmi spiegazioni, se lo hai fatto con mio fratello, va bene così” D’istinto
l’abbracciò.
*
Aprì
un cassetto dopo l’altro, in cerca di qualcosa, la sua attenzione fu catturata
da una cassaforte, da cui proveniva una luce gialla pulsante.
Fortunatamente
sua madre gli aveva comunicato tutte le combinazioni delle varie casseforti,
che aveva accuratamente annotato, non si sa mai che le fosse successo qualcosa.
Un po'
di precauzione in più non guastava mai.
L’aprì
e prese il sacco di iuta che conteneva le sette sfere, che sarebbero andate
usate in caso di emergenza.
E
quella, a detta sua, era un’emergenza.
Non
gli sarebbe importato delle conseguenze, la cosa peggiore sarebbe stata perdere
di nuovo Mai, sarebbe stata capace di sparire un’altra volta senza lasciare
tracce.
No.
Non glielo avrebbe fatto fare, non lo avrebbe potuto sopportare ancora.
Uscì
dalla Capsule Corporation da una delle uscite secondarie, e azzerando l’aura
corse più veloce che poteva verso un luogo isolato, dove mettere in atto il suo
piano.
Prese
il volo quando fu a distanza sicura, per dirigersi dall’altra parte del mondo.
Mise
le sette sfere per terra ed invocò per la seconda volta il Drago Shenron.
Il
dio drago apparve tra una coltre di nubi nere e fulmini.
“Chi
mi ha chiamato” Disse con voce autorevole e spaventosa, per chi non fosse
abituato.
“Grande
drago Shenron, ho un desiderio da chiederle”.
“Avanti
parla, sto aspettando”.
Trunks fu un po' titubante,
si stava chiedendo se stava facendo bene, oppure no.
Infondo
lo stava facendo non solo per loro due, ma soprattutto per lei, essere ritornata
bambina le fu una cosa inaspettata, non voluta direttamente da lei, in realtà
non era stato voluto da nessuno, solo una fatalità, uno scherzo del destino, ma
che accade per un motivo.
Doveva
cancellare in lei quel ricordo, l’essere intrappolato nel corpo di una
trentenne, non le dava pace, doveva essere libera da quel peso.
“Dio
Drago, ti chiedo di cancellare nei ricordi di Mai l’essere stata riportata
bambina anni fa, deve credere di avere ventotto anni e non circa sessanta”.
“Non
c’è niente di più facile” Esaudì il suo desiderio e poi sparì, sparpagliando nelle
varie aree del pianeta dei sassi, che tra lì a sei mesi, sarebbero ritornati a
brillare.
**
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti!
Allora che dite di questo capitolo? Ne è valsa la pena aspettare così tanto
tempo? Che per dirla tutta, se non fosse stato per la perdita dei capitoli,
sarebbe arrivato molto prima.
Finalmente
Trunks e Mai dopo tanto tempo si sono chiariti
e…beh…hanno fatto altro XD
“Che
stai facendo?” Gli chiese Goten accorso sul posto.
Per
puro caso, lo aveva visto uscire da una delle uscite secondarie, con fare
sospetto con il sacco tra le mani.
Si
era allontanato qualche minuto dopo aver visto rientrare Mai in piscina, e non Trunks.
Era
troppo curioso di sapere cosa si erano detti quei due, che l’unico modo per
saperlo, era quello di intercettare l’amico, prima che potesse liquidarlo come
al suo solito, con qualche patetica scusa, per non affrontare l’argomento.
Poteva
scorgere la sua aura all’interno dell’edificio, e se i suoi sensi non
sbagliavano, era nei locali dei laboratori.
Gli
sarebbe bastato aspettarlo fuori dalla porta, ma d’un tratto aveva cambiato
direzione, stava uscendo dall’uscita di emergenza.
Dove
diavolo sta andando chiese
tra se e se.
Lo
seguì imitando i suoi movimenti, cercando di non farsi scoprire, in questo era
sempre stato più bravo e più furbo di lui.
Sin
da bambini, era abituato a giocare a nascondino con Gohan,
suo fratello maggiore, era stato lui ad insegnargli dei trucchetti ingegnosi
per cercare di vincere sempre.
Trunks ritornò alla realtà,
sarebbe stato un piano perfetto, se non fosse arrivato lui a rovinare tutto.
“Perché
mi hai seguito?” Fece di rimando irritato.
“Non
ci provare, non rispondermi con un’altra domanda” I suoi occhi erano puntati su
di lui, e non li avrebbe distolti o non se ne sarebbe andato, prima di avere le
sue risposte.
Trunks abbassò lo
sguardo e si morse un labbro, sapeva che stava facendo una stupidaggine, e per
fortuna era arrivato in tempo il suo amico, impedendogli di commetterla.
“Volevo…volevo
cancellare un ricordo dalla mente di Mai”.
Goten inarcò un
sopracciglio sorpreso “Ah ok, se lei è d’accordo…”
“Non
lo sa” Confessò.
“Cosa???
Ti sei ammattito forse?” Goten gli mosse le spalle
guardandolo negli occhi e si lodò per essere arrivato in tempo.
“Allora?
Avete scelto il vostro desiderio?” Chiese con impazienza il dio Drago.
Goten prese la parola,
doveva inventarsi qualcosa alla svelta “Si, voglio un anello di diamanti per la
mia ragazza”.
“Niente
di più facile” Gli occhi del drago Shenron si
colorarono di un rosso più acceso e tra le mani di Goten
si materializzò una scatolina nera di velluto, l’aprì e vi trovò il solitario
richiesto.
“Grazie
Shenron, sei il migliore” Ammiccò prima di vederlo
sparire.
Trunks si sedette su un
masso che sembrava essere stato modellato a forma di un divanetto, puntando i
gomiti sulle cosce ed immergendo le mani tra i capelli.
“Scusa
amico, non so cosa mi fosse preso”.
“Trunks, non so cosa sia successo tra te e Mai, per spingerti
a voler fare questo gesto, ma non puoi cancellare il ricordo di una persona,
senza che lei lo sappia”
“Lo
avrei fatto per noi” Il glicine non aveva il coraggio di guardare il suo
amico, si limitò a guardare il terreno arido su cui si trovavano.
“Non
capisco” Scosse il capo mettendogli una mano sulla spalla amichevolmente,
costringendolo a guardarlo “…se non mi spieghi che cos’è successo, non posso
aiutarti”.
Trunks sospirò, non può
raccontare a Goten delle cose personale di Mai, ma se
lo vorrà, lo farà lei quando sarà pronta e se lo riterrà opportuno.
“Mi
ha raccontato un po' di cosa ne è stato della sua vita negli ultimi dieci anni,
ma non è questo che la turba, è una cosa di cui solo io sono a conoscenza e che
non la fa vivere appieno il nostro rapporto. Diciamo che è per questo che l’avevo
persa”.
“E
tu volevi cancellare quel segreto dai suoi ricordi”
“Si”
“Senza
chiederglielo”
“Si”
“Sperando
che non se ne accorgesse”
“Si”
“Mmm…quasi quasi mi pento di aver chiesto il diamante” Girò
e rigirò quella scatolina tra le dita.
“Hai
fatto bene, se non fossi arrivato tu, avrei fatto una cosa, di cui mi sarei
pentito per il resto della mia vita” Trunks si passò
una mano sul volto.
“Conoscendoti,
saresti ritornato alla festa e glielo avresti detto subito”
Il
glicine asserì con il capo.
“Comunque…”
Fece finta di tossire “…non avete solo parlato giusto?” Chiese assottigliando gli
occhi dandogli delle leggere gomitate, facendo comparire un sorriso malizioso
sul volto dell’amico.
“A
te non importa cosa abbiamo fatto io e Mai” Disse togliendogli con quella
risposta ogni dubbio.
“Ci
avete dato dentro come conigli?” Scherzò sghignazzando.
“Goten”. Esclamò.
“Ok,
ok, la smetto” Biascicò mettendo le mani avanti, per poi tornare a farsi serio “…senti,
piuttosto guarda di non combinare casini, ora che vi siete ritrovati. Se c’è
qualcosa che ti turba parlane con lei, vedrete che insieme troverete la
soluzione più adatta. Non tramare alle sue spalle, potresti perderla di nuovo,
e per sempre anche”.
Quella
rivelazione suonò come un campanello d’allarme, non poteva permettersi di
svegliarsi un giorno ed accorgersi che lei non c’è più, lo distruggerebbe.
“Aiutala
piuttosto a farle superare questa cosa, falle sentire che ci sei” Gli consigliò
alzandosi.
“Hai
ragione, come sempre”.
“Modestamente”
Si grattò la testa pavoneggiandosi.
Trunks in quel momento
si rese conto di essere la persona più ricca del mondo, non in termini monetari,
ma poteva contare su una famiglia che lo avrebbe sempre supportato, sul suo
migliore amico, sempre pronto a dispensare consigli con la sua solita allegria,
e su Mai, era tornata per stare con lui e l’avrebbe aiutata a superare quell’ostacolo,
che le impediva di vivere il loro rapporto al cento per cento.
*
“Era
ora! Ma che fine avevate fatto voi due?” Chiese Bulma
riconoscendo le sagome dei due ragazzi fare il loro ingresso dalla porta
principale.
“Trunks mi ha aiutato a scegliere l’anello per Valese” Le sussurrò Goten all’orecchio,
quella gli sembrò la scusa perfetta, per giustificare la loro assenza.
“Ma
che splendida notizia caro, congratulazioni” Abbracciò il giovane versandogli
accidentalmente un po' di cocktail sulla maglietta “Oh, scusa”. Si portò una
mano sulla bocca in segno di stupore, Bulma aveva bevuto
parecchio e l’alcool cominciava ad offuscarle la vista, complice anche il
caldo.
I
due ragazzi speravano che non andasse a spifferare a tutti, quello che aveva
appena sentito dalla bocca di Goten.
Ma per
quanto la scienziata avesse una mente brillante e ricordasse ogni particolare
di qualsiasi cosa le venisse detto, i fumi dell’alcool cancellavano subito
qualsiasi informazione appena assorbita.
Trunks andò a prendere
posto vicino a Mai, non prima di esser passato però sul tavolo del buffet a
prendere qualcosa da bere.
“Dove
sei stato?” Le chiese apprensiva, era sparito da più di un’ora.
“Goten aveva bisogno di me, di un mio consiglio” Le sorrise
trangugiando della birra direttamente dalla bottiglia.
“Ah
ok” Sembrò non credergli.
“Non
dirlo a nessuno” Bisbigliò “…vuole chiedere a Valese
di sposarlo, e sono andato con lui a prendere l’anello”.
Ma
anche quella spiegazione non la convisse del tutto, era sicura ci fosse dell’altro.
“Comunque
Mai, vorrei che chiarissimo la nostra situazione, mi fa male non poterti avere
al massimo”.
D’improvviso
gli schiamazzi e la musica, sembravano essersi fermati, facendoli piombare in
un mondo parallelo, dove c’erano solo loro due e nessun altro.
Lei
sapeva benissimo che cosa voleva: lui e nessun altro, solo quel piccolo
particolare la ostacolava a non abbandonarsi totalmente.
“Trunks, io…” Gli mise una mano sopra la sua “…hai ragione,
quel piccolo particolare mi tormenta, ma lo voglio superare, aiutami” Gli
sembrò il grido disperato di una persona che non ha via d’uscita, se avesse
avuto ancora tra le mani le sfere del drago, in quella situazione con quell’appello,
non avrebbe esitato un solo istante a formulare il suo desiderio.
Troppo
facile così, troppo egoistico da parte sua.
Non sarebbe
stata la stessa cosa fargli superare quel ricordo con un semplice schiocco di
dita, invece con delle parole di conforto, lei avrebbe impresso nella mente
quest’ultima cosa.
L’abbracciò
facendo cadere la bottiglia nel lettino, riversando il contenuto a terra.
“Scusami”
Gli disse con il cuore in pianto “…ho combinato un disastro”.
Non
la lasciò andare, in quel momento aveva bisogno disperato di lui e lui di lei,
cosa avrebbe importato un po' di birra sul pavimento? Chissà quante bottiglie
erano già andate in mille pezzi da stamattina e quanti liquidi imbrattavano il
pavimento.
“Ti
amo Mai, non smetterò di dirtelo finché il mio cuore batterà ed avrò ancora
aria nei polmoni”
“Trunks…” Ora qualche lacrima lasciò i suoi occhi, ma non
erano lacrime di disperazione, ma bensì di gioia, finalmente lo aveva ritrovato,
e avrebbe fatto di tutto per non lasciarlo andare “…ti amo anch’io”.
*
“Chi
vuole fare una partita a pallavolo?” Chiese Goten
gettandosi in piscina tirando la rete per delimitare il campo.
Risposero
in molti al suo appello, tra cui Pan, Gohan, Bulma, Goku, Yamcha, Pual, e persino il Genio, che ne avrebbe approfittato per
palpare sederi giovani e sodi.
“Voi
due piccioncini, vi unite a noi?” Chiese Goten con
uno sguardo complice.
Trunks e Mai si
guardarono ed annuirono gettandosi in acqua.
“Gioco
anch’io” Disse Marron entrando in acqua.
Nel
frattempo il Genio si stava leccando i baffi con tutto quel ben di dio in una
sola piscina.
Il
primo sedere che palpò accidentalmente, fu quello di Bulma,
che dopo avergli assestato un sonoro schiaffo, lo mandò dall’altro capo della
piscina.
“Sei
il solito porco” Inveì contro di lui, che in pochi secondi, si ritrovò lo
sguardo minaccioso delle donne presenti, addosso, facendolo scappare come un
cane con la coda tra le gambe.
“Scusate
signore, non volevo” Cercò di giustificarsi allontanandosi dall’acqua quatto
quatto, sotto gli occhi vigili delle donne.
La
partita e di conseguenza il divertimento poté continuare senza intoppi, vedendo
trionfare la squadra di Goten, Trunks,
Mai, Valese, Pan e Gohan.
*
Mai
si avvicinò al tavolo del buffet con un piattino, quella tensione le aveva
messo un certo appetito, prese dei salatini e un paio di mini burgher.
“Congratulazioni,
hai vinto” Le disse acida Marron che le si era avvicinata.
“Hai
giocato bene anche tu” Rispose.
“Non
mi riferivo alla partita di pallavolo”
“Lo
avevo capito” La corvina sapeva che Marron aveva una cotta per Trunks da quando lo poteva ricordare, infatti credeva che
avesse scelto proprio la biondina per passare il resto della sua vita con lei,
dopo che se ne era andata, lo aveva lasciato in buone mani, ma si vede che al
glicine, non gli bastavano.
Marron
aveva visto in quella giornata come si guardavano e gli sguardi che continuavano
a scambiarsi, era una persona intelligente, ed aveva intuito che il ritorno di
Mai, avrebbe sancito per sempre la fine delle sue speranze di una possibile storia
con Trunks.
“Trattalo
bene” Si limitò a dire prima di venire bloccata per un braccio dalla mora.
“Non
passare la vita a struggerti per una persona, non ne vale la pena credimi, e te
lo dico non perché non voglio essere in competizione con te, prima accetterai
che le cose tra te e Trunks non cambieranno, e prima
potrai ricominciare a sorridere.
E
credimi, sorridere è la cosa più bella del mondo e l’unica arma che si ha a
disposizione per superare le difficoltà che questo mondo di merda ci mette
davanti.”
“Perché
mi stai dicendo queste cose? Neanche ti piaccio”.
“Non
è vero, solo perché da piccole litigavamo spesso, eh si,
ti tiravo anche i capelli, questo non significava che non mi piacessi come
persona, anzi.
Sei
una persona determinata e forte, e un giorno troverai una persona che ti
apprezza per quello che sei”.
“Me
ne puoi presentare uno?” Chiese tra un misto di rassegnazione e ilarità.
Mai
ci pensò su un attimo “Potrei avere la persona che fa al caso tuo”.
**
continua
*
Angolo dell’autrice: Buongiorno a
tutti! Eccomi con il capitolo 23, credevate che Trunks
avesse agito da egoista vero? Io ho dovuto immergere la lingua nell’azoto
liquido per non rivelarvi che fosse uno scherzo della sua mente.
Tranquilli
non capiterà più, credo XD.
Un
piccolo confronto tra Mai e Marron era doveroso, e poi QUALCUNO (ogni
riferimento è puramente casuale), non dica che non la penso!!
Prossimo
capitolo la tanto attesa cena 😊
Ringrazio
come al solito chi lascia un segno del suo passaggio, chi legge solo e chi mi manda
messaggi privatamente spronandomi a continuare la storia.
Mai
si alzò presto quel venerdì, svegliata dai raggi solari che colpirono
violentemente il suo volto.
Dopo
che Trunks se ne era andato la sera prima, aveva
lasciato di proposito la finestra e le tende aperte, sperando ritornasse come
aveva fatto qualche giorno fa.
Ma
non fu così, l’aveva avvisata che avrebbe avuto un importante conferenza quel
giorno, quindi doveva parere fresco e riposato, le occhiaie non si addicevano
ad un neo presidente.
E
fare l’amore per quasi tutta la notte, non lo avrebbe aiutato e a malincuore,
dovette lasciare quella stanza.
Cercò
il secondo cuscino con la mano e lo portò al volto per oscurare la luce, ma fu
colpita dal profumo di quel guanciale, l’odore di Trunks
era ancora presente.
Si
inebriò di quell’essenza per qualche minuto, dandole la sensazione che fosse
proprio lì, accanto a lei.
Subito
si fece strada in lei, il ricordo della notte appena trascorsa a fare l’amore,
tra baci roventi e carezze proibite.
Era
incredibile come quel ragazzo le potesse dare l’illusione che la sua pelle
andasse a fuoco sotto ogni suo tocco.
Spostò
il cuscino appena sentì il cellulare vibrare una frazione di secondo, aveva
appena ricevuto un messaggio.
“Ben
svegliata. Questa sera per festeggiare, ti porto a cena, ti passo a prendere
alle 20.30. Vestiti elegante”
Che
cosa avrebbero dovuto festeggiare? Ah si, forse
l’importante affare che avrebbe fatto in mattinata, oppure del fatto che gli
aveva detto che accettava l’incarico nella Città dell’Ovest?
Non
aveva importanza, quello che contava era stare con lui.
“Va
bene, a stasera”
Mai
e Trunks erano tipi di poche parole, nessun emoticon
troppo sdolcinata veniva inserita nei messaggi, facendoli sembrare quasi freddi
e distaccati, ma non era assolutamente così.
Erano
le 8.45, e lei era già in ritardo.
Quella
mattina aveva diversi appuntamenti, primo tra i quali, dover consegnare la
lettera di trasferimento accuratamente firmata e bollata; doveva passare in
agenzia immobiliare per mettere in vendita quell’appartamento e trovarne uno di
più adatto vicino il futuro luogo di lavoro; fare la spesa e altre commissioni.
Per
non dimenticare che si sarebbe dovuta recare in ambulatorio medico per la
visita di controllo, li chiamò e alla segretaria che rispose, avvisò che
sarebbe andata dal proprio medico per la medicazione.
Una
bugia bella e buona, era già guarita appena mise piede fuori dall’ospedale, ma
ai medici sarebbe risultato difficile credere ad un simile miracolo.
Fece
una doccia veloce e si specchiò dopo aver tolto dallo specchio la condensa,
provocata dall’acqua calda.
Si
toccò il collo nel luogo dove doveva esserci la ferita e sospirò.
Mise
una benda lo stesso, per almeno un altro mese, doveva reggere il gioco a quella
farsa, e ne avrebbe approfittato per farsi un mese di vacanza, in fondo lo
meritava, anche se non era il tipo da truffare lo stato, non più ormai.
Cercò
infine, nell’armadio qualcosa di comodo da indossare e si rese conto che oltre
a quegli abiti e a qualche tailleur con stemmi militari, non aveva altro da
mettere per la serata, e Trunks nel suo messaggio era
stato molto chiaro: vestiti elegante.
“Cazzo!”
Imprecò, aggiungendo alla lista di cose da fare, una capatina al centro
commerciale più vicino, non poteva deluderlo, infondo quella sarebbe stata la
loro prima uscita ufficiale.
E
poi chissà cosa intendeva con il vestirsi in quel modo, si era proprio scordata
di chiederglielo.
*
Entrò
in caserma quasi timidamente, gettando un’occhiata fugace tra i vari corridoi e
salutando chi per puro caso, incrociava sul suo cammino.
“Buongiorno
Generale!” La salutò un cadetto portandosi la mano sulla fronte in modo quasi
meccanico.
“Riposo,
ti auguro una buona giornata”.
Girò
l’angolo per addentrarsi nel corridoio che l’avrebbe condotta a quella che,
qualche giorno fa, era la sua scrivania.
“Guarda
chi si rivede e in splendida forma aggiungerei” L’abbraccio teneramente.
“Teo!
E’ sempre un piacere rivederti”
“Come
stai?” Le chiese sciogliendosi dall’abbraccio.
“Ho
ancora qualche dolorino” Disse toccandosi la benda “…ma sono in via di
guarigione. Tu? Che mi racconti?”
“Il
solito…il tuo sostituto mi dà turni impossibili” Fece spallucce sbuffando
indispettito.
“Miles?”
“Lo
sai che aspira il tuo posto da…non so, forse da quando sei diventata te il
nostro Generale” Il viso dell’amico era molto provato, probabilmente quello
stronzo gli aveva rifilato come minimo tre turni di notte, uno di seguito all’atro,
non curandosi che alla mattina, avrebbe avuto a che fare con le solite ronde
per la città.
Mai
sbuffò e quasi quasi si stava pentendo della decisione di lasciare quella
caserma in mani sbagliate, e comunque non era detto che al comando ci sarebbe
stato Miles, lei poteva ancora fare qualcosa.
Lei
era ancora il Generale e visto che la lettera non l’aveva ancora presentata,
qualche decisione la poteva ancora prendere.
“C’è
il Comandante di Prima?” Chiese curiosa.
“Si,
l’ho visto nel campo di esercitazione”.
“Vado
allora prima che sparisca, ci vediamo!” Lo salutò dandogli una pacca sulla
spalla.
*
“Consegnare
lettera: fatto. Passare all’agenzia immobiliare: fatto. Capatina al centro
commerciale, ecco cosa mi manca” Mai ripassò a mente la lista delle cose più
importanti da fare quella giornata, avrebbe rimandato le piccolezze un’altra
volta.
Erano
già le 14.00, e non aveva ancora messo sotto i denti nulla, i morsi della fame
si stavano facendo sentire, ma fermarsi anche al fast food più vicino, avrebbe
comportato un ritardo sulla tabella di marcia, e questo era una cosa
inaccettabile.
Trunks sarebbe stato
sotto casa sua già alle 20.00, se lo conosceva bene, e contando che minimo tra
il centro commerciale e la sua attuale casa, c’era un’ora e mezza di viaggio
tra andata e ritorno, era in tremendo ritardo, forse non sarebbe riuscita a
fare la spesa, e se così non fosse, avrebbe rimandato il tutto all’indomani.
Piano
B, attuato.
A
volte dimenticava che era semplicemente in vacanza e non in caserma,
dove qualsiasi ritardo, anche di un solo minuto, avrebbe comportato una
sanzione disciplinare, anche per lei che era al comando.
Entrò
dall’ingresso principale, e si beò dell’aria fresca che l’aveva appena
investita.
Non
sapeva bene in quale negozio sarebbe entrata, era abituata a fare acquisti al
mercatino, oppure in quelli che vendevano articoli militari, così cominciò a
scrutare le vetrine per adocchiare un possibile candidato per la serata.
Nella
sua mente risuonavano le parole vestiti elegante.
Facile
per chi c’è già abituato, ma per chi di solito indossa abiti comodi e dal
taglio sportivo, era tutta un’altra storia.
“Mai
sei tu?” Chiese una voce dietro le sue spalle, la corvina alzò lo sguardo che
si era soffermato su un capo di rinomata firma, e sul riflesso della vetrina,
notò Bra che le sorrideva.
Si
voltò e la saluto amorevolmente.
“Che
ci fai qua?” Le chiese curiosa.
“Sono
in cerca di un abito per questa sera, tuo fratello mi porta a cena, e nel mio
armadio non c’è nulla di adatto, o meglio che rispecchi le sue aspettative”
“Ah si, giusto, me lo aveva accennato” Disse portandosi una
mano sulla testa.
“Tu piuttosto
cosa fai qua?”
“Devo
sostituire questa maglia” Le mostrò la borsa con il capo al suo interno “…sei
già entrata a dare un’occhiata qua? Di solito hanno cose molto belle, sarò
felice di darti un consiglio, sempre se ti va” Ammiccò complice.
Mai
le sorrise, probabilmente la fortuna era dalla sua parte, chi meglio di Bra
conosceva i gusti di suo fratello? Sarebbe stata un’ottima carta da giocare.
“Volentieri”.
Le
due entrarono nel negozio, e mentre Bra riconsegnava la maglia alla commessa,
Mai fece un giro tra i vari manichini e abiti esposti sulle grucce, in cerca di
quello più adatto.
Ne tirò
fuori qualcuno, che riponeva subito dopo scuotendo la testa, troppo corti o
troppo provocanti.
“Trovato
qualcosa?” Le chiese l’azzurra curiosa.
“Niente”.
“Impossibile,
lascia fare a me”.
Bra
prese il controllo della situazione, e da brava esperta di moda, fece sedere la
corvina sul puff bianco perla in centro del negozio, illuminato
da un immenso lampadario dorato e arricchito di gocce di vetro, dicendole che
sarebbe tornata subito.
Ricomparve
dopo ben dieci minuti con un’ arella piena di: abiti,
completi, scarpe, borse e gioielli.
“Tieni,
provati tutto”
Mai
strabuzzò gli occhi “T-tutto?” Balbettò, pensando che non fosse stata una così
bella idea coinvolgere la futura cognata, nelle sue scelte stilistiche, perché pur
di questo si
trattava, di scegliere un abito per uscire a cena con il suo ragazzo.
Ragazzo?
Si trattava proprio di quello? In realtà non avevano ancora parlato di ciò ed
approfondito la reale relazione che c’era tra i due, forse sarebbe stata quella
l’occasione giusta per parlarne.
Quando
si vedevano, non avevano modo di farlo, era troppa la voglia che avevano l’uno
dell’altro, e si facevano trasportare da un turbinio di passione.
“Ora
tu prendi questa roba e te la metti addosso, senza discutere” Ordinò in un tono
che gli ricordava molto suo padre, dio quanto assomigliava caratterialmente a
Vegeta, con solo l’imposizione della voce, era capace di far fare alle persone
qualsiasi cosa, senza dar loro modo di ribadire
Mai
si diresse con l’arella dentro un camerino ed iniziò a provare le varie
combinazioni, e a improvvisare una sfilata divertita, sotto gli occhi attenti
dell’azzurra.
“Questo
no” Disse scartando subito il primo, si trattava di un completo giacca gialla e
pantaloni viola, con top dello stesso tono del capospalla.
“Mi
piace” Obiettò Mai.
“Non
è adatto” Le fece segno con il dito di ritentare con un altro outfit.
Mai aprì
la tenda porpora e ne uscì con un abito rosso bordeaux con gonna a palloncino,
il corpetto aveva lo scollo a cuore e le metteva in risalto il generoso decolté.
Bra
fece una smorfia contrariata “Se ti abbassi un attimo ti esce tutto” Rise “…cambiati”.
Erano
dentro a quel negozio da quasi un’ora, e non avevano ancora trovato nulla che
poteva andar bene, Mai pensò che forse era Bra troppo esigente, a lei sarebbe
andato bene anche il primo outfit che aveva provato.
Era
già pronta a ringraziarla per l’aiuto che le stava dando e a liquidarla dicendo
che da adesso in poi se la sarebbe cavata da sola, quando si specchiò e i suoi
occhi si illuminarono.
Stava
indossando l’ultimo abito sulla arella, un semplice abito nero di raso con
spalline, gonna asimmetrica, più lunga sul dietro, che le scopriva le
ginocchia, una cintura in raso dello stesso colore, che terminava con un fiocco
su fianco, mise ai piedi un sandalo dorato con tacco dodici e la borsa era una
semplice tracolla bianca, nera con l’hardware dorato.
Ad
impreziosire il decolté, una collana grossa satinata intrecciata, sempre dorata
e degli orecchini in abbinamento.
Uscì
a testa alta, ricevendo l’approvazione anche di Bra che rimase a bocca aperta “Sei
bellissima”.
“Grazie”
Sospirò, finalmente aveva trovato quello che cercava “…ora possiamo andare?”
Piagnucolò.
“No”
Si guardò attorno in cerca di qualcosa, prese una stola nera dal taglio
elegante dal manichino vicino e la mise attorno le sue spalle.
“Ora
sei perfetta”. Disse mandandole un bacio con la mano.
“Meno
male” Sospirò ritornando in camerino con la consapevolezza che la missione più
importante e dura, era finalmente compiuta.
Ma
si tratta pur sempre di Bra, e finchèlei non
aveva completato la sua di missione, che in questo caso aveva intitolato salviamo
il soldato Mai, non l’avrebbe lasciata andare.
“Ora
andiamo da Pier”.
Mai
inarcò un sopracciglio “Eh? E chi è adesso questo Pier”.
“Il
mago dei capelli, non vorrai andarci conciata in quel modo?”
“La
prossima volta che ci incontriamo, ricordami di salutarti e basta”.
“Vedrai
che mi ringrazierai poi” La prese sotto braccio conducendola dal parrucchiere “…a
proposito, dobbiamo prendere anche la lingerie adatta, non vorrai metterti le
tue solite culotte o reggiseni sportivi”.
“Bra!”
Esclamò facendole capire che quelli non erano affari che la riguardavano.
“Ad
ogni appuntamento bisogna indossare il giusto intimo” Spiegò calma.
**
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, eccomi
qui con il capitolo 24, che in realtà non sapevo se avrei pubblicato o meno
questa settimana, purtroppo ho avuto dei problemi in famiglia e non ero dell’umore
adatto a rivedere il capitolo e a pubblicarlo, ma la vita va avanti, e quindi
eccomi.
Scusate
se sarò breve, ma non sono dell’umore adatto.
Fece
una piroetta, come una bambina, osservando la gonna che si apriva, controllata
dal suo movimento circolatorio.
Bra
aveva fatto un ottimo lavoro con lei, quel vestito che indossava, quell’acconciatura
che le addolcivano i tratti del suo viso, erano semplicemente perfetti.
Tranne
per i tacchi.
Si
stava già pentendo di averli presi così alti, lei era abituata a stivali
anfibi, o al massimo scarpe da ginnastica, non di certo a tacchi vertiginosi e
scomodi.
Li
stava indossando da neanche cinque minuti, ed aveva già il desiderio di
togliergli, e relegarli in qualche angolo nascosto dell’armadio, ma la voce di
Bra risuonò dentro la sua testa “Che credi di fare?”.
“Prima
o dopo me la pagherai, ragazzina”. Disse provando a camminare, senza cadere.
Si
meravigliò, però, quando in poco tempo si abituò a portarli con disinvoltura.
Diede
uno sguardo veloce all’orologio all’ingresso, erano le 20.30 precise, quando
sentì il rombo di un’auto sportiva, fare capolino sotto il complesso
residenziale, facendo tremare le vetrate.
Si
affacciò per vedere chi fosse: lui.
Prese
poche cose, anche perché in quella mini borsetta, non ci stava granché.
“E’
troppo piccola, non ci sta niente” Si era lamentata il pomeriggio, quando Bra
le aveva intimato di prendere quell’accessorio.
“Non
è che ci deve entrare mezza casa dentro, ti bastano chiavi, e portafoglio”.
“Ma
io porto mezza casa, ho i miei antidolorifici, i fazzoletti, chiavi, penne,
agenda…”
“E
che ti serve tutta questa roba stasera? Scusa hai detto antidolorifici?”
“Si
esatto, devo avere sempre le mie medicine, non si sa mai quando potrebbe
colpire un mal di testa”
“Sicuramente
uno in questo momento, grazie ad un mio pugno. Dirò a Trunks
di portati la valigetta di primo soccorso, va meglio così?” La schernì.
“Ora
si” Risero entrambe di gusto.
Mai
sorrise a quel piccolo battibecco, adorava Bra quando aveva solo cinque anni,
figuriamoci ora che ne aveva quindici ed aveva visto già il suo temperamento.
Scese
la scalinata dell’ingresso principale e Trunks, che
fino a quel momento l’attendeva appoggiato all’auto, si scostò per andarle
incontro.
“Sei
bellissima” Le disse stampandole un delicato bacio sulla bocca, doveva stare
attento a non toglierle il leggero tocco di rossetto rosso, che le coloravano
le labbra.
“Grazie”
Balbettò diventando rossa come un peperone, non era abituata a quelle parole
dolci “…tutto merito di Bra, io da sola non sarei riuscita a fare molto”.
“Bra?”
Fece di rimando Trunks inarcando un sopracciglio.
“Si,
tua sorella mi ha dato una mano a scegliere il vestito, ma per favore, è stato
il pomeriggio più brutto della mia vita, non sono pratica a girare per negozi
ore e ore”.
Il
lilla rise di gusto, immaginando sua sorella che inveiva contro di lei, e la
spronava a provare abiti su abiti.
Le
aprì poi la portiera, aiutandola anche a salire.
Mise
in moto l’auto e partì con una sgommata, facendola spostare leggermente dal
sedile.
“Tu
sei tutto matto” Rise.
Lui
fece spallucce e tirò di più le marce.
La
strada era deserta, e togliere un po' di ragnatele al tubo di scarico, sembrava
una buona idea, anche se l’auto era nuova fiammante, gli interni odoravano di
nuovo.
Si
fermarono al semaforo e lei tirò un sospiro di sollievo, la guida di Trunks, la stava mettendo un po' a disagio, ma lui ne
sembrava divertito.
Premette
l’acceleratore un paio di volte, facendo ruggire il motore dell’auto sportiva,
ovviamente, non si poteva presentare al primo appuntamento, se non con l’ultimo
modello di vettura, inventata da quel genio di sua madre.
Partirono,
e il rombo di quei quattrocento cavalli, nitrirono in tutto il quartiere.
“Questa
macchina non può fare meno rumore?” Chiese con una punta di ilarità.
Trunks, passò dalla
modalità sportiva a quella confort,
premendo solo un pulsante, posto sotto lo schermo della radio, spenta, zittendo
in pochi secondi il motore.
“Spaccone”
Sorrise sghemba, mentre lui stringeva di più il volante rivolgendo lo stesso
ghigno divertito.
*
Arrivarono
al ristorante, qualche decina di minuti in anticipo, rispetto all’orario
designato.
Non
servì parcheggiare l’auto nei posti riservati e accuratamente separati da delle
strisce bianche, al saiyan, bastò premere un
pulsante, e richiudere accuratamente la capsula appena comparsa, nell’astuccio,
nel posto libero.
“Pronta?”
Mai
sbuffò divertita, lui le cinse il fianco con il braccio, ed insieme si
avviarono all’entrata, dove vennero accolti dal maitre
con un enorme sorriso.
“Benvenuti
signor Presidente e consorte”.
“Consorte?”
Si chiese Mai accennando ad un sorriso, per non deludere le aspettative di quel
gentile signore.
“Il
nostro tavolo è pronto?” Chiese Trunks.
“Dieci
minuti, se intanto vi volete accomodare al bar, per un aperitivo.”
I
due ragazzi si guardarono, ed annuirono con il capo.
“Grazie”.
“Vi
faccio strada, prego seguitemi”. Il cameriere si avviò verso il salone alla
destra, e li accompagnò al bancone.
“Appena
pronto il tavolo vi veniamo a chiamare. Buon inizio serata” Face un inchino.
Entrambi
ringraziarono.
“Che
cosa vi porto?”.
“Un’aperitivo
della casa” Ordinò Mai, prendendo la parola per prima.
“Anche
per me grazie” Continuò Trunks.
Si
erano seduti al bancone del locale, senza guardarsi intorno, come se ci fossero
stati solo loro all’interno, che invece, era gremito di gente.
E
anche il bar, aveva il suo bel da fare in quel momento.
Non
si accorsero, che un paio di occhi indiscreti, li stava fissando.
Stringeva
i pugni talmente forte, che potè sentire le unghie conficcarsi
nella carne, e i suoi denti stridevano, contraendo la mascella.
“Ehi
Miles, stai bene?” Gli chiese un amico distraendolo.
“Si”
Annuì, tracannando tutto il bicchiere di birra in un solo sorso.
Con
tutti i locali, sparsi in giro per il paese, proprio su quello dovevano
fermarsi?
Miles,
sapeva che aveva iniziato a frequentare Trunks, e
questo gli dava altamente fastidio, per quanto la stesse cercando di dimenticare,
questa puntualmente ritornava per rovinarlo.
“Andiamo,
il nostro tavolo è pronto” I tre amici si recarono al posto indicato dal
cameriere, e Miles continuava a volgergli lo sguardo, tramando la sua vendetta.
*
“Porti
ancora le benda?” Le chiese indicandola.
“Non
si sa mai quali occhi stiano a guardare” Biascicò spiluccando delle patatine,
che il barista aveva gentilmente appoggiato vicino a loro.
“Hai
ragione” Anche lui fece lo stesso “…comunque ti trovo sexy anche con il
cerotto” Le lanciò un’occhiata maliziosa.
“Che
scemo che sei!”
“I
vostri aperitivi signori” Porse i bicchieri ai due ospiti.
Mai
prese il calice e lo avvicinò a quello di Trunks “A
che cosa brindiamo?”.
“A
noi, a questo nuovo inizio” Le disse guardandola negli occhi neri e profondi.
“A
noi” Fece di rimando timidamente facendo incontrare i cristalli, provocando il
tipico tintinnio.
“…e
al nuovo contratto firmato” Aggiunse il presidente con un sorriso sghembo.
“Uh,
giusto! Com’è andata a proposito?” Chiese appoggiando il bicchiere ed attendendo
la risposta.
“Benissimo,
non hanno potuto resistere al mio fascino” Si pavoneggiò lisciandosi i capelli
lilla con la mano.
Lei
rise divertita “Sei molto più che affascinante, e lo sai questo”.
Vennero
interrotti dal maitre, che annunciò che il tavolo a
loro riservato, era finalmente pronto, e che se volevano potevano accomodarsi.
Obbedirono,
prendendo i calici ancora mezzi pieni e dirigendosi nel privè,
sotto gli occhi attenti di Miles, che controllava ogni loro movimento, ogni
risata e ogni sguardo che si lanciavano, erano mesi che non la vedeva così spensierata,
o forse con lui, non si era mai comportata così.
*
Scostò
la pesante tenda color porpora, e il cameriere indicò il tavolo doppio a loro
assegnato.
“Sarete
soli signor Presidente, come lei ha ordinato”. Gli sussurrò.
Lo
ringraziò e gli allungò una banconota senza farsi vedere da lei.
Mai
si accomodò al tavolo posto in centro, e la candela profumata, che era stata
accuratamente accesa, le illuminò il volto.
Trunks pensò che
finalmente erano soli, e avrebbero potuto parlare e chiarirsi.
“Strano,
il locale è pieno, ma qui ci siamo solo noi” La corvina assottigliò gli occhi,
pensando subito che ci fosse lo zampino del lilla “…lo immaginavo comunque”.
Aggiunse poi, volgendogli un sorriso.
“Volevo
un posto dove poter parlare, senza essere disturbati”
“Beh,
potevamo fare da me, sono brava a cucinare sai”
Trunks sorrise malizioso
“Non avremo mangiato un granché”.
“Mmm, forse hai ragione”. Ripensò all’ultima settimana, e
ogni volta che tentavano di avere una conversazione su qualsiasi argomento,
prontamente finivano nudi a fare l’amore, girandosi e rigirandosi tra le
lenzuola.
Non
smettendo mai, di avere voglia uno dell’altro.
Rimandando
sempre quella conversazione.
Quella
sera però avrebbero parlato, avrebbero chiarito il tipo di rapporto che li
avrebbe legati per sempre.
Amici?
Amanti? Compagni?
Il
timido imbarazzo che si era venuto a creare, venne spezzato dall’entrata del
cameriere, che iniziò a servire la cena.
“Prego
signori” Disse porgendo i piatti, prima a Mai, e poi a seguire a Trunks.
“Mi
sono permesso di ordinare anche per te, se qualcosa non ti piace, faccio
cambiare il piatto” Le disse prendendo la forchetta in mano.
Mai
osservò l’eleganza di quel piatto e di come era impiattato a regola d’arte, un
peccato anche mangiarlo. “Non ti preoccupare, va benissimo quello che hai
ordinato”.
Il
glicine addentò una cozza, e dopo averla masticata e mandata giù, prese il
coraggio per la fatidica domanda “Cosa facciamo, adesso?”
La
corvina sospirò portandosi alla bocca la forchetta. “Trunks…lo
so cosa vuoi da me, e non pensare che anche io non lo voglia”
“Però
c’è sempre quel particolare che ti frena, giusto?” Continuò la sua frase, ormai
l’aveva sentita un milione di volte, e a un cero punto, le sembrò più che una
scusa, perché le cose tra loro non si facessero serie.
Lei
annuì con il capo, continuando a consumare il cibo nel piatto.
“Se
cancellassi nella tua mente quel ricordo, avresti dubbi su di noi? Scusa se mi
permetto, però non ti facevi problemi a stare con Miles, progettavate di
sposarvi, se non ricordo male”.
Aveva
ragione, fottutamente ragione.
“Era
una situazione diversa, lui non sapeva nulla di tutto il mio passato, sarebbe
stato difficile per lui credermi” Abbassò lo sguardo per non incontrare il suo.
“Invece
io, sono costretto a vivere con questo fardello”.
“Te
l’ho detto semplicemente perché pensavo di allontanarti da me, invece vedo che
dieci anni non sono bastati”.
“Non
sono bastati nemmeno a te” Replicò.
“No”
I suoi occhi iniziarono a pizzicare, ci volle una grande forza di volontà per
evitare che le lacrime iniziassero a rigare il suo volto, magari facendole
colare il mascara, applicato non con poca fatica qualche ora prima.
“…e
anche altri dieci, sarebbero inutili”. Lo avrebbe amato per sempre, questo era
certo.
“E
allora di cosa hai paura?” Le chiese prendendole le mani.
Ci
mise qualche secondo per trovare le parole giuste da dire in quella situazione.
“Proveniamo
da due mondi diversi Trunks, tu sei ricco, bello e
famoso, un giorno sicuramente ti stuferai di me, anche per il mio carattere
forte. Io invece, non ho nulla da offrirti.”
“Ho
il tuo amore, e questo mi basterà per sempre. Non voglio altre persone al mio
fianco se non te, e comunque amo la tua personalità forte, è anche grazie a
quella che mi sono perdutamente innamorato di te. Mai, io non so cosa ti stia
passando per la testa, ma sappi che ti amo, e di questo non dovrai dubitarne. E
poi, se dieci anni non sono riusciti a cancellarti, vorrà pur dire qualcosa no?”.
Mai
si sentì stupida in quel momento, aveva paura, paura di perderlo.
Dieci
anni fa non se n’era andata per via del segreto che gli aveva raccontato, quella
è stata solo una scusa, se ne era resa conto in quel momento, ma perché rimanere
senza di lui, avrebbe fatto male, molto male.
Meglio
anticipare i tempi, prima che le cose prendessero una piega diversa, prima di
innamorarsi davvero, prima che le cose si facessero serie, prima di sentire io
non ti amo più, semmai fosse accaduto.
Vennero
interrotti ancora dal cameriere, che entrò con i secondi.
“Vi
porto dell’altro vino?” Chiese notando la bottiglia vuota nel ghiaccio, immersa
nel secchiello vicino la tavola.
“Si
certo” Disse lei ringraziando.
Trunks sorrise
divertito, non pensava che Mai, fosse una bevitrice.
“In
compagnia, mi piace sorseggiare del buon vino” Si giustificò.
“Siamo
in due allora”.
Misero
in alto i calici e brindarono per la seconda volta.
“Che
sia un nuovo inizio”. Disse Mai alzando il calice.
“Ci
proviamo?” Chiese per essere sicuro di aver capito le sue intenzioni.
“Ci
proviamo” Rispose volgendogli il più bel sorriso di sempre.
**
continua
*
Angolo dell’autrice: Buongiorno, e
buon lunedì.
Siamo
arrivati al capitolo 25 e piano piano ci stiamo avvicinando sempre di più alla
fine di questa storia.
Comunque,
tornando al capitolo, finalmente ci siamo seduti a tavola e i nostri amici,
stanno chiacchierando del più e del meno, mettendo in chiaro alcune cose.
E
per non farci mancare nulla, sfiga vuole, che Miles, sia anche lui all’interno
del locale, quali saranno le sue intenzioni?
Vi
ricordate lo scorso capitolo cos’era successo in caserma? Parlo di una cosa che
doveva fare Mai, un piccolo particolare, che spero non vi sia sfuggito.
Bacio
e al prossimo aggiornamento, forse già giovedì.
Dopo
essersi liberata da alcune incertezze, ed aver riacquistato più fiducia in se stessa, la cena proseguì nel migliore dei modi, con il
racconto di aneddoti divertenti, sui loro ultimi dieci anni, come a voler
colmare l’enorme voragine che, entrambi avevano lasciato.
Trunks le aveva
confessato che in quegli anni, aveva avuto una storia importante, con una
ragazza di nome Reiko, evitando il particolare che si
stava parlando di una persona, pressoché identica nel suo aspetto.
Oltre
che Mai, aveva appena confidato a Trunks, di quello
che aveva combinato in caserma quella mattina stessa.
“Hai
fatto bene” Le aveva detto sorseggiando il calice di rosso “…hai avuto la tua
vendetta, in un modo o nell’altro”.
“Non
volevo vendicarmi, sinceramente, ma volevo lasciare quei ragazzi sotto una
guida vera. Anche Miles è un bravissimo soldato, niente da dire, ma Teo secondo
me è più adatto, è un po' come me, quindi la mia mancanza si sentirà meno,
sotto il suo comando”.
“Pensi
di aver fatto la scelta giusta?”
Mai
si portò il calice alla bocca, lasciando la sua impronta sbiadita, sul bordo.
“Non
ho dubbi”.
“Che
lo sia già venuto a sapere?” Chiese perplesso, intuendo che se Miles, avesse un
po' di orgoglio, prima o poi avrebbe avuto un confronto diretto con Mai e si
meravigliò di non averlo trovato sotto casa sua, quella sera.
“Ho
sottolineato ad effetto immediato. Ora che mi ci fai pensare, fammi
vedere se Teo, mi ha chiamato, o scritto…” Cercò il cellulare nella borsetta,
ma si era appena ricordata che lo aveva lasciato a casa, purtroppo non ci
entrava. “…uffa, la uccido tua sorella, le avevo detto che questa borsa è troppo
piccola, per tutte le mie cose, ma lei doveva dirmi ma cosa te ne fai di
tutte quelle cianfrusaglie” Imitò la sua voce e il tono, facendo ridere Trunks.
“Comunque
mi ha suggerito di portarmi la valigetta del pronto soccorso, non ho capito
perché”.
“Lo ha
fatto sul serio?” Chiese interrogativa, inarcando un sopracciglio “…credevo mi
prendesse in giro”.
*
Ormai
il locale era quasi vuoto, ma loro questo non potevano saperlo, perché separati
dalle altre sale.
Arrivò
anche l’ultima portata al loro tavolo, e quando l’ebbero finita, Mai si alzò
per andare un attimo al bagno.
Aveva
bisogno di un po' d’aria perché il vino le stava cominciando, a far girare un
po' la testa, ed iniziava a ridere anche per la cosa più stupida, e questo non
era affatto da lei, ma era anche segno, che stava bene.
Sebbene
fosse una militare, e le serate in compagnia degli altri soldati, fossero più
movimentate, e la birra scorresse a fiumi, da quando era diventata Generale,
aveva dato un taglio alle feste “clandestine”, ma non le aveva mai negate agli
altri, anche se comunque sarebbero stati puniti, se il giorno dopo non si
sarebbero presentati alle esercitazioni o ai turni di guardia assegnati da lei
stessa.
Aspettò
fuori dalla porta delle lady, in quanto aveva notato una signora entrare
prima di lei, avrà avuto si e no una cinquantina d’anni, capelli biondi ricci,
un buon portamento.
“Finalmente
sei uscita da lì” Disse una voce alle sue spalle, la riconobbe e con
disinvoltura di voltò.
“Oh!
Non pensavo di trovarti qui” Biascicò non dandogli tanta bada.
“Con
tutti i locali sparsi in giro per la città, ci siamo ritrovati proprio qui.
Questo è un segno del destino. Dobbiamo parlare” Le stinse il braccio e la
trascinò con forza fuori dal locale, da un’ uscita
secondaria, che dava in un vicolo poco illuminato.
“Lasciami,
non abbiamo niente da dirci noi”.
Miles
mollò la presa, e lei si massaggiò l’arto arrossato, se avesse avuto la forza
di Trunks, glielo avrebbe sicuramente spezzato come
un grissino.
“E
invece si” Le alitò sul volto “…per colpa tua mi hanno declassato, e hanno
nominato Teo, nuovo Generale”.
“Sei
ubriaco!” Esclamò girando i tacchi e cercando di rientrare.
Sapeva
che prima o poi, la conversazione avuta la mattina con il Comandante di Prima,
sarebbe venuta a galla, ma non pensava di dover affrontare l’argomento subito
la sera, quella sera in particolare.
Venne
trattenuta nuovamente, sempre per lo stesso braccio, in una morsa ancora più
stretta.
“Tu
ora ritorni in caserma e racconti di esserti sbagliata, che volevi mettere me
come nuovo Generale, e non quell’incapace di Teo”.
“Teo
se lo merita! E’ un bravo soldato e tu non vali
un’unghia sua” Gli ruggì cercando di liberarsi da quella trappola.
Ma
questo non fece altro, che fomentare la rabbia in lui, che cercò di colpirla in
pieno volto con la mano libera, che si fermò a mezz’aria.
“Lasciami
stronzo mi fai male” Si rivolse a Trunks
lamentandosi.
“Se
le torci un solo capello dovrai vedertela con me, insudicio ratto” I suoi occhi
si illuminarono di verde, e attorno a lui si stava materializzando un’aura
dorata, colpito da delle scosse, che ad un occhio inesperto, potevano sembrare
dei piccoli fulmini.
“Vattene
subito, e non farti vedere mai più”. Aggiunse in preda alla rabbia.
Sconvolto
da quello che stava per accadere al saiyan, Miles,
lasciò la presa, e corse via più veloce che poteva, era un abile corridore,
questo non lo si poteva negare.
Il saiyan prese la mira con la mano, era pronto a scagliare un
ki-blast, se Mai non lo avesse fermato in tempo.
“Trunks” Mai lo toccò e prese una leggera scossa, ritrasse
subito la mano che massaggiò prontamente.
“Scusami
Mai” Le disse ritornando in sé, non appena si accorse di quello che le aveva
involontariamente fatto.
“Sto
bene, tranquillo”.
Volse
lo sguardo al braccio, aveva ancora l’impronta della stretta della sua mano,
tatuata sull’avambraccio.
“Un
po' di pomata all’arnica e passa tutto”.
“Lo
avrei disintegrato, se non mi avessi fermato”.
“Lo
so, ma non ti preoccupare, i ratti tornano nelle fogne e credo che non tornerà
più a darmi fastidio” Disse baciandolo.
“Finché
ci sarò io, nessuno ti farà del male”.
*
Trunks l’accompagnò a
casa, anche se avrebbe voluto portarla da lui, ma lei giustificò il fatto di
non avere cambi per l’indomani, anche se sapeva che poteva benissimo chiedere a
sua madre o direttamente a sua sorella di prestarle qualcosa.
Ma
non volle insistere, proprio ora che si erano chiariti e messo a nudo i propri
sentimenti.
“Vuoi
salire?” Gli chiese, per quanto la riguardava era ancora presto, e come si
dice, la notte è giovane, e di finire la serata in quella maniera, non ne aveva
affatto voglia.
Avrebbero
avuto il ricordo di un’ottima cena, e di una fine rovinata da quel gran pezzo
di stronzo, no, non ci stava.
Non
c’era bisogno di chiederlo comunque, sarebbe passato anche dalla finestra, se gli
avesse impedito di accedere dalle scale principali.
“Grazie
al cielo, mi tolgo questi tacchi” Disse Mai facendo scivolare a terra, prima un
sandalo e poi l’altro, in modo tutt’altro che ordinato.
Il
contatto dei piedi nudi, sul pavimento fresco, fu una piacevolissima
sensazione, quasi paradisiaca.
“Non
farti vedere da mia sorella, che getti le scarpe in quella maniera” L’avvertì
ridendo.
“Vado
a prendere qualcosa da bere” Mai si avviò in cucina, facendo intanto accomodare
Trunks sul divano.
Ritornò
poco dopo con due bicchierini da liquore e qualche bottiglia tra le dita.
“Liquore
alla liquirizia, grappa, whiskey…ho anche altro se vuoi”.
“Hai
intenzione di farmi ubriacare e approfittarti di me?” Chiese malizioso
versandosi del liquore alla liquirizia.
“No”
Rise “…non ho bisogno di farti bere per farti mio” Si accomodò sensuale vicino
a lui.
“Trunks…” Lo richiamò con tono malinconico.
“Che
c’è?” Chiese sorseggiando il drink, notando il cambiamento del suo volto.
“Non
se non fossi arrivato tu, non so cosa sarebbe successo in quel vicolo”.
“Te
la saresti cavata come hai sempre fatto, magari gli avresti fatto più male tu
di me”. Rispose.
“Ma
uffa…non si può mai recitare la parte della tenera fanciulla indifesa” Si
imbronciò incrociando le braccia al petto.
“Si,
tanto, tanto indifesa” Rispose mettendosi a cavalcioni sopra di lui,
avvicinando le labbra alla sue, affondando le mani nei capelli lilla, per poi
segnare un percorso con baci stampati, dalle gote fino al collo.
Gli
sbottonò anche la camicia grigia e gliela tolse, facendola ricadere nella parte
libera del divano.
Gli
accarezzò con delicatezza le spalle, per poi arrivare ai suoi pettorali, mentre
lo guardava negli occhi.
Lui
di tutta risposta, risalì con le mani dalle ginocchia, accarezzandole poi le
cosce, fino a finire sotto la gonna, per fermarsi ai glutei sodi e ben
allenati.
La
trasse più vicino a sé, fino a far incontrare i loro petti e le loro bocche
ancora una volta, bramose l’uno dell’altro.
Trunks iniziò a cercare
la zip che chiudeva il vestito, di solito si trovava nella parte posteriore, ma
non c’era, sembrava che quell’abito fosse stato disegnato da Satana in persona,
non si apriva da nessuna parte, e lui iniziava a spazientirsi.
“Come
si apre sto coso?”.
Mai
sogghignò divertita, era bello vederlo infastidirsi per una cosa così semplice
da fare.
“Cioè,
vuoi dirmi che potresti far saltare l’intero pianeta con un dito, e non riesci
a togliermi un vestito da dosso?” Lo schernì.
Di
tutta risposta, glielo strappò direttamente da dosso, facendo ricadere i pezzi
di stoffa sul pavimento, lasciandola solo in intimo.
Un
intimo molto provocante, fatto di pizzi e stoffe pregiate.
E Trunks, solo toccandole i glutei, aveva capito che non
indossava dei semplici slip, ma un perizoma molto provocante.
“Nooo, il mio vestito” Si lamentò cercando di raccogliere
ciò che rimaneva.
“Domani
te lo ricompro se ti piace tanto”. Senza perdere dell’altro tempo, la tirò con
delicatezza a sé, baciandola e ribaciandola ancora, riempiendola di carezze e
baci roventi.
“Sei
stato, molto, molto cattivo, Trunks, ti meriti una
bella punizione”.
Lo
prese per mano e lo condusse nella camera da letto, gettandolo direttamente con
la schiena, sul soffice materasso.
Con
un balzo, gli fu sopra, con l’intento di sfilargli i pantaloni di jeans neri,
che chiedevano di liberare quello che, a stento rimaneva ancora imprigionato.
Il
lilla si lasciò scappare un sussulto, quando Mai, gli sfiorò il rigonfiamento,
al centro dei boxer attillati.
“Non
è ancora il suo momento” Gli sussurro all’orecchio, iniziando a succhiargli il
lobo, per poi scendere giù sul collo, mentre la sua femminilità, premeva sul
suo bacino.
“Sei
perfida lo sai.”
Delicatamente,
Trunks, passò sopra di lei continuandola a baciare e
ad accarezzarle la lingua, iniziando una danza, che presto li avrebbe portati
insieme a raggiungere l’estremo piacere.
Le
tolse il reggiseno, scoprendo i seni sodi, li assaporò entrambi, inebriandosi
anche del loro profumo, ed infine si liberò degli ultimi due ostacoli con
estrema facilità.
Mai
aprì un po' di più le gambe d’istinto, pronta ad accoglierglielo in lei, in
un’unione fatta di piacere e amore puro.
Fu
delicato, come non lo era mai stato nell’arco dell’ultima settimana.
Sembravano
entrambi più leggeri, dopo la chiacchierata al ristorante, e l’intensità delpiacere che ne
derivò da quell’atto, fu quasi il doppio, se paragonata a quelle delle volte
prima.
Rimasero
a guardarsi e a sorridersi, ancora un po', fino a quando Mai spense le luci, facendo
calare il buio nella stanza, e loro poterono abbandonarsi ad un sogno
liberatorio.
***
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti e
come promesso, eccomi con il continuo della cena, e la fine, e che finale
aggiungerei XD.
Miles
ha avuto quello che si meritava, speriamo abbia capito di lasciare in pace Mai,
ora ci penserà Teo a rendergli la vita un inferno, ce la farà?
Vi
aspetto per l’aggiornamento di lunedì o martedì.
Era
trascorso più di un anno, da quando Trunks e Mai, si
erano finalmente ritrovati, ed avevano iniziato a frequentarsi come due
fidanzati.
Da
quando avevano deciso di provarci veramente, lasciandosi inutili congetture e insicurezze
alle spalle, il loro rapporto era decollato in una bellissima storia d’amore.
Certo,
tra alti e bassi, come capita a tutte le coppie.
Di
cose ne erano cambiate parecchie, non erano più i Trunks
e Mai di undici anni prima, erano maturati, con una visione della vita tutta
nuova e nuovi obiettivi.
Si
erano realizzati a livello lavorativo, ottenendo, chi con poca e chi con tanta
fatica, i loro obiettivi.
Mai
si era trasferita nella Città Dell’Ovest, in un appartamento all’ultimo piano
su di una palazzina, a pochi passi dalla Capsule Corporation, nonostante Trunks, le avesse chiesto insistentemente di trasferirsi da
lui, questa, non volle sentire ragioni, eppure aveva vissuto ben dieci anni in
casa sua, quando erano più piccoli, e non stavano nemmeno insieme, quindi, non riusciva
a vedere quale fosse il problema di un suo rifiuto, anzi forse ora sarebbe
stato diverso, visto l’evolversi del loro rapporto.
“Ma
perché non vieni da me, sarebbe tutto più facile” Le aveva detto Trunks, dopo la visita all’ennesimo appartamento.
Gli
sembravano tutti inadeguati per lei.
“Voglio
procedere per gradi, e poi ho bisogno della mia privacy” Gli aveva risposto
sbuffando.
“Allora
quando sarai pronta, sai che quella porta sarà sempre aperta, forse per noi due
è un po' piccola, ma potremo ovviare al problema, trasferendoci in una casa più
grande.”
“Trunks, lo sai che ti amo tanto, non dubitarne mai, e non
prendere questa mia presa di posizione come un’insicurezza”
“Ti
amo tanto anch’io, Mai. Mi sarà difficile starti lontano e non trovarti a casa
ad aspettarmi, o viceversa”.
“Non
sarà per sempre…mi ci devo un po' abituare, sai che i cambiamenti repentini mi
mettono ansia. Già trasferirmi è un enorme passo”.
“Ti
darò tutto il tempo di cui hai bisogno, ma promettimi che non sparirai”.
“Sarei
una pazza se lo facessi di nuovo”.
*
Di
privacy in ogni caso, l’avrebbe avuta anche in quella casa.
Suo
padre era spesso fuori casa, per non dire fuori pianeta o addirittura fuori
universo; Bra, passava molto tempo in camera sua a studiare; sua madre, come al
solito, si fermava sempre più del previsto nei laboratori; e lui aveva il suo
spazio poco distante.
E i
suoi nonni, ormai anziani, partirono per un lungo viaggio intorno al mondo,
godendosi gli ultimi anni di vita, in santa pace.
Non
mancavano, sparse sopra delle mensole all’ingresso, le innumerevoli foto alla
rinfusa, chiamate e regali dai posti più incredibili ed inesplorati del nostro
pianeta.
Mai,
come già si sa, aveva ottenuto il posto di Generale dell’esercito della
capitale, compito che svolgeva ogni giorno egregiamente, si destreggiava tra
una scartoffia e l’altra, in esercitazioni, e missioni, a volte anche
pericolose.
Cosa
che faceva sempre accapponare la pelle al saiyan,
ricordando quell’unica volta, in cui ha assistito alle sue eroiche gesta, ed
era finita in ospedale, salvata per il rotto della cuffia, grazie a lui.
“Devi
stare tranquillo Trunks, non mi succederà niente”
Gli continuava a dire ogni volta.
*
Era
trascorso più di un anno, ed oggi è il compleanno di Mai.
Si
era raccomandata con tutti e tre, di non organizzare niente di stravagante, per
festeggiare l’evento, aveva messo le mani avanti ancora il mese prima, sia con
Bra che con Bulma, conoscendo il loro brio, negli
allestimenti, visto che le aveva stanate proprio a parlarne in salotto, davanti
una tazza di té.
“Va
benissimo almeno un pranzo in famiglia?” Aveva chiesto Bra.
Almeno
questo glielo doveva concedere.
“Ok,
ma niente festoni, regali e cose del genere” Impose.
“Grazie,
grazie” Saltellò la giovane saiyan abbracciandola.
“Bra”
Disse con voce tremolante “…mi stai stritolando” A volte quella ragazza
dimenticava di essere una discendente di quella stirpe, ma non dimenticava mai
di essere una principessa, legittima erede al trono, di un regno che non
esiste, purtroppo più.
A
questo le piaceva molto giocare da bambina, ma ora, era cresciuta.
*
Era
trascorso più di un anno, e non immaginava che oggi, la sua vita sarebbe
cambiata per sempre.
Entrò
in macchina e sospirando tenendo quell’oggetto, ancora in scatola chiusa, tra
le mani, continuando a rigirarselo tra le dita tremolanti.
Lo
cacciò dentro la borsetta, con l’intento di riprenderlo appena arrivata a casa,
doveva fare assolutamente quel test.
Eppure,
nonostante una sera avesse dimenticato di prendere la solita pillola, le rosse,
erano arrivate puntuali, non un flusso della solita consistenza e durata, ma
pur sempre arrivate, poteva succedere durante un periodo abbastanza stressante.
Però,
il mese successivo non si presentarono all’appuntamento prestabilito, non era
mai in ritardo, ma sempre stata puntuale come un orologio svizzero.
*
Era
trascorso più di un anno, e Trunks si sentiva l’uomo
più felice sulla faccia della Terra.
Aveva
tutto quello di cui aveva bisogno: una famiglia che lo amava tanto, a suo modo;
non una ragazza, ma la sua ragazza; oltre ad amici sempre presenti.
Tirò
fuori dal primo cassetto della scrivania una scatolina rossa di velluto, che al
suo interno custodiva un anello di diamanti, le avrebbe fatto la proposta quel
giorno, se lei avesse accettato di andare a vivere finalmente con lui.
Ne
stavano parlando da un po', ed erano anche andati a far visita ad alcune case,
senza trovare al momento quella perfetta.
Di
matrimonio invece, non se ne era parlato, quella fu un’idea del glicine, un po'
spinto anche da Goten, che finalmente aveva trovato
il coraggio e il momento adatto a dichiararsi a Valese,
rendendolo l’uomo più felice del mondo.
E
questa sua felicità, la si poteva leggere anche nei suoi occhi, nel momento in
cui glielo aveva comunicato all’amico.
Fu
distratto dal cellulare che trillò insistentemente, facendogli già intuire, chi
fosse il suo interlocutore.
“Bra?”
“Ma
quanto ci metti a rispondere?”.
“Ero
occupato, non posso mollare tutto per parlare con te” Si giustificò tirando
indietro lo schienale della poltrona.
“Senti,
devi passare alla pasticceria a prendere la torta, io sono impegnata con la
mamma a preparare il pranzo”.
“Va
bene ci vado subito e vado anche a prendere Mai” Volse uno sguardo veloce
all’orologio attaccato alla parete, che segnava le dodici in punto.
“Ah!
Guarda che è tornato anche papà mezz’ora fa”.
Si
stupì di quella notizia, in genere non lasciava gli allenamenti per cose, a detta
sua, frivole, come festeggiare un compleanno.
“Bene,
dai così ci saremo tutti, a dopo”. Chiuse la conversazione sospirando.
*
Due
linee rosa e ben marcate.
*
Mai
era bellissima in quel suo outfit.
Portava
dei pantaloni a sigaretta neri, una camicetta in cotone bianca, e il cappotto
lungo fino alle ginocchia, color cammello, molto in voga in quel periodo
autunnale.
Da
quando era diventata la sua ragazza, aveva cambiato modo di vestire, durante i
suoi innumerevoli incontri.
“Non
voglio che tu ti senta in imbarazzo, per come mi vesto, e poi…mi piacciono
questi straccetti”
“Straccetti?”
Fece di rimando “…non farti sentire da Bra, i vestiti, scarpe e borse, sono
fari di speranza”.
“Dovrebbe
fare la consulente di immagine, è molto portata.”
“E’
la sua passione”.
“A
me hanno sempre detto, fai di una tua passione, il tuo lavoro. E così ho
fatto”.
Questa
fu una delle loro tante conversazioni di questi mesi.
“Tanti
auguri” Le disse andandole incontro con un mazzo di rose, abbracciandola e
stampandole un bacio leggero a fior di labbra.
“Lo
hai sentito anche tu?” Chiese guardandosi attorno.
“Che
cosa?” Fece di rimando lei.
Trunks ci pensò un
attimo, prima di descriverle il rumore “Era un tintinnio, come di un
campanello, molto debole però”.
Mai
sorrise “Non so di cosa tu stia parlando, forse è il rumore del mio braccialetto”
Lo tirò fuori dalla manica del cappotto, provando ad agitarlo.
“Forse”
Disse, ma non ne fu convinto.
“Allora
non ho idea” Non poteva immaginare invece, che era proprio quel piccolo
esserino che cresceva dentro di lei, ad attirare l’attenzione.
“Sei
bellissima” Le disse sorridendo, ammirandola in tutto il suo splendore.
“Grazie,
ma sei di parte”.
“E’
solo la verità, guarda che vedo come altri ragazzi ti guardano, quando siamo
assieme”.
“Per
quel che ne so, potrebbero guardare anche te” Rise sotto i baffi.
“Oddio,
non ci avevo pensato” La spalleggiò, ingranando la prima marcia.
*
L’enorme
cancello della residenza, si aprì e imboccarono con la macchina, il vialetto
allestito per il percorso dedicato agli autoveicoli.
Trunks, parcheggiò
difronte la sua piccola casa, il suo angolo di paradiso, come era solito a
chiamarlo.
“Va
intanto avanti, io ti raggiungo” Le disse mostrandogli una valigetta, che
avrebbe depositato in casa, probabilmente conteneva i documenti, che il giovane
presidente, aveva portato a casa per visionarli l’indomani.
Mai
suonò alla porta, e l’accolse Vegeta.
“Ciao
Vegeta”.
Un
tintinnio.
“Ah!”
Esclamò guardandola il ventre “…immagino che oggi sarà una giornata speciale,
ho fatto bene a tornare, non me lo sarei perso” Disse chiudendo la porta dietro
di lei.
“Di
cosa stai parlando?” Le chiese iniziando a sudare e tremare.
“Sta
tranquilla, non lo dirò a nessuno. Piuttosto, Trunks
lo sa?”
“Sa
cosa?”
“Non
fare la finta tonta con me…sa che sei incinta?”
Mai strabuzzò
gli occhi, come faceva a saperlo, e solo con uno sguardo, controllò subito la
pancia, se aveva qualche rigonfiamento in bella vista, ma il suo ventre era
piatto, non aveva segni visibili di una gravidanza appena iniziata.
“Ma
come…”
“Non
hai risposto alla mia domanda”.
“No,
non lo sa. Ma tu piuttosto come hai fatto?”
“Quel
tintinnio fastidioso, adesso mi ci vorranno mesi, prima di togliermelo dalla
testa”. Si lamentò imboccando il corridoio per arrivare in sala da pranzo,
seguito da lei, in cerca di risposte.
“Anche
Trunks lo ha sentito”.
“Allora
lo sa”.
“No,
non gliel’ho ancora detto, volevo essere sicura prima”. Balbettò incredula,
credeva di conoscere bene i saiyan, ma le loro grandi
doti, erano in grado di sorprenderla ogni volta.
“Beh!
Ora lo sei”.
“Ti
prego, non dire niente”.
“Infatti
dovresti esserlo tu a farlo”
“Di
che cosa state parlando voi due?” Chiese Bulma
apparsa sullo stipite della porta con dei piatti da portata in mano.
***
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, e
grazie come sempre di essere arrivati fino a qui, scusatemi se non vi ho
avvertito del salto temporale, ma l’ho fatto volutamente, anche se era
prevedibile.
Spero
abbiate apprezzato anche questo capitolo.
Allora,
non so se sia possibile una cosa del genere, cioè che i saiyan
abbiano questa capacità nella serie, anche se non mi pareva, soprattutto quando
Videl, è incinta di Pan, nessuno ne percepisce
l’aura.
E
adesso? Che cosa aveva sentito Bulma di preciso, su
quella conversazione in via confidenziale tra Mai e Vegeta?
Confidenziale
per modo di dire, è stato il saiyan ad accorgersi del
suo attuale stato, e a lei, non rimase altro che vuotare il sacco.
“Non
ti immischiare in affari che ti riguardano” Zittì sua moglie, prima che Mai
potesse dire qualcosa.
“Sei
appena arrivato, e già voi due avete segreti da raccontare”. Bulma mise delle caraffe d’acqua fresca in tavola e del
vino.
“Forza
a tavola, che è già tutto pronto” Esordì Bra, seguita dai robot meccanici, che
si stavano prodigando per servire il pranzo.
“Maleducati,
non mi aspettate?” Chiese Trunks, sbrigandosi a
prendere posto vicino alla consorte.
“Sei
sempre stato lento come una lumaca” Lo schernì la sorella, mettendo in bocca la
forchetta.
“Mai,
vuoi del vino, cara?” Chiese Bulma porgendole la
caraffa.
“Ah,
no grazie, mi brucia un po' lo stomaco, meglio evitare”.
Ancora
quel tintinnio percepito da Trunks, che si alzò di
scatto.
“Che
ti prende figliolo?” Per quanto fosse grande, Bulma
non aveva mai smesso di chiamarlo con quel nomignolo.
“Forse
sono stressato, ma è da prima che nella testa, sento come se avessi delle
campanelle” Imitò il gesto con la mano.
“Oh!”
Esclamò potendo intuire di cosa di trattasse, quando aspettava sia Trunks, che Bra, Vegeta lo sentiva in continuazione, motivo
per il quale, per tutte e due le gravidanze, il saiyan,
preferiva evitarla durante il giorno e dormire il più lontano possibile di lei,
la notte.
Guardò
suo marito, che le lanciò un’occhiata omicida, se avesse proferito qualsiasi
altra parola.
“Prenditi
un periodo di vacanza tesoro, sarà sicuramente il troppo stress, hai avuto un
mese impegnativo, tra riunioni e contratti nuovi”. Biascicò inventando al
momento qualcosa di plausibile.
“Vedremo,
sarà una settimana impegnativa, anche la prossima, non posso permettermi di
stare a casa. Lo sai che deve arrivare quell’importante compratore dal
Villaggio Pinguino”.
“Ah si, hai ragione, ma se vuoi ci posso pensare io” Le disse
amorevolmente sorseggiando dell’acqua.
“Ti
ringrazio, ma è compito mio” Ammiccò.
*
Il
pranzo filò liscio, senza particolari complicazioni, e come richiesto da Mai,
niente di sfarzoso o eclatante.
Non
era nei suoi canoni, essere al centro dell’attenzione, soprattutto ad una
festa.
“Bene,
è il momento della torta” Bra si alzò, prendendo il tovagliolo che aveva posato
sulle gambe, e lo appoggiò sul tavolo, dopo essersi pulita la bocca.
“Avevo
detto niente torta” Piagnucolò Mai imbarazzata.
“Niente
festa, niente torta, niente regali” Bra la schernì, elencando tutte le cose di
cui si era raccomandata, imitandola nei gesti e nella voce.
“Dai
Bra, non è carino” La rimproverò con tono gentile Trunks.
“Non
ti preoccupare, ha ragione, sono noiosa”. Piagnucolò abbassando lo sguardo.
“Non
sei noiosa, ognuno è libero di festeggiare come meglio desidera, se ti fa stare
bene, solo un pranzo in famiglia, allora che pranzo in famiglia sia”.
“Grazie”
Gli sorrise.
“Vai
a prendere la torta, Bra, ho voglia del dolce” Ordinò.
“Si,
basta che non mi cantante tanti auguri”.
Anche
Vegeta intervenne in quella discussione, odiava anche lui i convenevoli delle
feste. “Se lo fate, mi alzo io”.
“Dai
Vegeta, almeno facciamole spegnere la candelina” Cinguettò Bulma,
che se fosse stato per lei, sarebbero andati a festeggiare il trentesimo
compleanno della nuora, in qualche posto da fare invidia a chiunque.
Insieme
alla torta, arrivarono anche un paio di pacchettini confezionati minuziosamente,
uno da parte di Bulma e l’altro da parte di Bra.
“Avevo
detto…”
Non
fece tempo a terminare la frase, che Bra la zittì “Ma smettila e aprili, è il
tuo compleanno, ed è obbligo ricevere qualcosa. Passi il fatto che non vuoi la
festa, ma non puoi impedirci di farti un regalo.
“Scusami,
non sono riuscito a fermarle” Trunks alzò le spalle
rassegnato.
“Sei
stato più bravo tu” Gli disse sorridendo e per poco il glicine, non si strozzò
con un pezzo di torta andatagli per traverso.
Di
certo uno dei suoi regali non poteva portarlo fisicamente li.
“Già…”
Affermò imbarazzato.
*
Passarono
qualche ora in compagnia, ridendo e scherzando, poi con una scusa, le due
donne, dovevano in qualche modo fare allontanare i due.
Trunks doveva ancora
dargli il suo regalo e sarebbe stato difficile farlo al buio.
“Scusatemi,
ma devo tornare in laboratorio, è successo un guaio” Disse Bulma
facendo finta di guardare il cercapersone.
“Non
può farlo qualcun altro?” Chiese Vegeta irritato.
“No,
solo io lo posso sistemare” Rispose tirando gli occhi, facendogli segno di non
intromettersi.
Trunks si alzò da tavola
“Bene, allora noi andiamo”.
Anche
Mai lo imitò “Grazie mille per tutto, non dovevate disturbarvi”.
“Tesoro,
sei come una figlia per me, mi spiace solo che non mi hai dato la possibilità
di fare di più”. Bulma l’abbracciò e ci volle una
grande forza di coraggio per non scoppiare a piangere, difronte la notizia che
presto sarebbe diventata nonna per la prima volta.
Certo,
non era ancora stata ufficializzata la cosa, Trunks,
sembrava non solo non sapere, ma non sospettava nulla.
“Sicuramente
ti saresti fatta prendere troppo la mano” Disse il glicine dietro di lei.
“Oh
andiamo, che saranno mai due palloncini e due addobbi in croce”.
“Aggiungiamoci
pure, musica, ballerine, crociera, cuochi proveniente da ogni parte del
mondo…”.
“Quello
è stato per il mio trentottesimo compleanno”.
*
Quando
uscirono dalla casa principale, si diressero verso la dimora di Trunks poco più distante.
“Cosa
facciamo adesso” Gli chiese Mai.
“Innanzitutto
metti questa sugli occhi” Le porse una benda nera, lasciandola interdetta.
“Perché?”
“Mmm, quante domande, non sei capace di fare quello che ti
dico?”.
“No”.
“Ti
conviene metterla se non vuoi rovinarti la sorpresa”.
“Ti
prego Trunks, lo sai come la penso…ok la metto” Gli
volse un sorriso tirato, giusto per farlo contento.
“Comunque
non è nulla di quello che stai pensando”. Le aprì la portiera della macchina e
l’aiuto a salire.
“Non
sai cosa mi sta passando per la mente ora”.
“Non
c’è nessuna festa a sorpresa, questo te lo posso assicurare, ma resterai di
stucco lo stesso.”
“Ora
sono curiosa”.
“Era
il mio obiettivo” Peccato che Mai, non abbia potuto vedere il suo ghigno
soddisfatto, che si era dipinto sul volto dell’amato.
*
“Arrivati”
Decretò dopo dieci minuti di tragitto, allungato di proposito, perché a Trunks tremavano visibilmente le mani, quindi doveva
calmarsi un po'.
“Finalmente,
mi stava venendo la nausea”. Si lamentò cercando di togliersi la benda, ma
venne fermata dalla mano del fidanzato.
“Non
ancora, aspetta”. Uscì dall’auto per poi aprirle la portiera ed aiutarla a
farla uscire.
“Ora
puoi toglierla” Le ordinò.
Mai
rimase interdetta per qualche secondo con la bocca spalancata.
Erano
davanti al cancello in ferro battuto nero, di una villa, quella villa che aveva
visto su un sito internet qualche giorno fa assieme a Bra, e scherzando le
aveva detto che le sarebbe piaciuto vederla dal vivo.
Si
era innamorata di quelle camere ampie, di quella cucina con rifiniture di
pregio, dal caminetto del salotto, immaginando un albero di Natale lì vicino, e
dal giardino, tutto quel verde in mezzo a quella città, sarebbe stato il suo
angolo di paradiso.
Anche
la posizione era perfetta, non in pieno centro, ma nemmeno troppo lontano.
Tutto
attorno c’erano case di quell’altezza e non enormi palazzoni che ospitavano
anche cinquanta piani.
“Che
dici entriamo?” Le chiese facendole segno con la mano.
“Trunks…” Riuscì solo a dire seguendolo.
Rimasero
in silenzio per tutto il tragitto nel vialetto ciottolato, l’unico rumore che
potevano udire, erano le loro scarpe che affondavano nei sassetti bianchi.
“Faremo
pavimentare qua”. Disse sorridendo Trunks.
Aprì
poi la porta di ingresso marrone, girando la maniglia di pregiato legno, dopo
aver inserito la chiave.
A Mai
iniziò a battere il cuore, era semplicemente stupenda quella casa, ed erano
appena all’ingresso, un salone ampio, con al centro una scala in marmo, che si
diramava poi in due direzioni, portando ai piani superiori.
“Vieni,
iniziamo da qua” Volutamente, Trunks la trascinò
verso sinistra, dove si trovava quello che sarebbe diventato il loro salotto,
ed eccolo lì, il caminetto bianco, in stile rustico, che adornava il centro
della stanza.
“Qui
ci starebbe bene un divano ad angolo, e qui una libreria. Cosa dici?” Chiese
indicando le pareti vuote.
“Dico
che sarebbe fantastico” Mai era estasiata.
Trunks aprì la porta finestra,
delle dimensioni di una parete, ed insieme entrarono nel giardino.
L’erba
era incolta e nascondeva leggermente la piscina.
Che
delimitava quella parte della casa, c’era uno steccato, nascosto da alberi da
frutto.
“Mi
immagino con amici e partenti a fare grandi grigliate” Biascicò Trunks.
Mai
si sedette sull’altalena cigolante, ne era passato di tempo da quando lo aveva
fatto l’ultima volta, si dondolò leggermente con i piedi che toccavano il
terreno.
“Stai
bene’” Le chiese.
“Si,
mi sto solo godendo il silenzio e tranquillità di questo posto”.
“Vero,
non passa una mosca”
“Comunque
dì la verità, è stata Bra?”.
“No,
ero passato da queste parti la scorsa settimana, ed avevo visto il cartello vendesi
fuori, e poi Bra mi ha detto che l’avevi vista sul web e che ti era piaciuta.”
Spiegò gesticolando con le mani.
“Non
ho visto il cartello. Non l’avrai mica comprata?” Assottigliò gli occhi.
“Beh!
Ecco…a dire il vero…”.
“Lo
sapevo”.
“No,
in realtà manca una firma sull’atto di proprietà” La guardò dritta negli occhi “…la
tua”.
“Devo
ancora finire di vederla, poi ci penserò”. Mai si alzò dall’altalena con l’intento
di riprendere il tour della casa, anche se nel suo cuore aveva già deciso cosa
fare o meno, lo tenne a cuocere nel suo brodo.
Percorsero
la scalinata che li avrebbe condotti alle camere, cinque per la precisione, di
cui quattro erano camere da letto, e un bagno.
La
camera padronale, poteva vantare di servizi personali e un enorme cabina
armadio.
“Questa
non mi servirà” Sorrise indicando la porta di quest’ultima.
“Mai
dire mai nella vita”.
Ritornarono
infine al piano inferiore ed esplorarono la parte alla destra della scala, dove
si trovava la sala da pranzo, perfetta per gli ospiti e la cucina, già arredata
con accessori di ultimo modello.
Fu
lei a parlare per prima “E’ bellissima Trunks, sono
senza parole”.
“Sapevo
che ti sarebbe piaciuta” L’abbracciò “…quindi, cosa hai deciso?”.
“Spero
solo non sia il mio regalo di compleanno” Si assicurò lei, avrebbe pagato la
sua parte di quella casa, non importava se avrebbe dovuto chiedere un prestito
alla banca.
“Mmm, non necessariamente, però voglio chiederti se vuoi
venire a vivere con me, in questa casa” La guardò con gli occhi lucidi, non
avrebbe accettato un no come risposta.
Seguì
qualche secondo di silenzio “Si, voglio venire a vivere con te”.
L’abbracciò
di nuovo prendendola in braccio, cercando di non stringere troppo la presa, e
quando i loro corpi furono vicini, Trunks sentì
ancora quel tintinnio.
“Uffa,
questo campanello mi perseguita”.
“Forse
lo senti quando sei felice, che ne so, non è che sia una cosa di voi saiyan?”.
“No,
mio padre me lo avrebbe detto, credo!” Si portò due dita al mento per pensare.
“Ah,
prendi lo champagne in frigo, bisogna festeggiare”.
“Hai
pensato proprio a tutto, eri talmente sicuro che ti avrei detto di si, che ti sei preoccupato di mettere al fresco una
bottiglia”.
“Sono
sempre sicuro quando si tratta di me e te” Il glicine aprì la credenza, prendendo
due bicchieri, e sentì la porta dell’elettrodomestico sbattere.
Mai
era impietrita e si girò guardando il compagno.
“No,
dimmi di no Trunks”.
Nel
ripiano superiore, illuminato dalla luce del frigo, c’era la scatolina rossa di
velluto aperta, ed in bella vista, luccicante il solitario che la guardava.
“Si
Mai, hai capito bene” Prese l’anello con l’intento di metterglielo al dito,
dopo essersi inginocchiato davanti a lei e prendendole la mano.
Le
parole però gli morirono in gola, non sapeva da che parte cominciare, si era
preparato tutto un discorso romantico, ma sapeva già che con lei il
romanticismo era un optional.
“Mai,
io ti amo! Mi vuoi sposare?”
La
corvina iniziò a piangere e non rispose subito.
“Va
tutto bene” L’abbracciò vedendo che le sue lacrime non riuscivano a placarsi.
Troppe emozioni tutte insieme.
“Trunks…c’è una cosa che devo dirti”. Il suo viso si fece
serio e non prometteva niente di buono.
“Ti
ascolto”.
“Non
so come dirtelo però…”
“Non
è una cosa grave vero?”
“Ehm…dipende
dai punti di vista”
“Ok
mi stai facendo preoccupare”.
Mai
inspirò profondamente “Sono incinta”.
Trunks strabuzzo gli
occhi incredulo “Tu…cosa?”
“Aspetto
un bambino, Trunks. Ho fatto il test stamattina,
avevo un ritardo, e io non sono mai in ritardo.”
“Non
so cosa dire…pensavo…”
“Si,
prendo la pillola, ma…un giorno ho dimenticato di farlo, scusami, non ci
troveremo in questa situazione, se non fosse stato per la mia sbadataggine”.
“Pensavo
di farti io il regalo, invece lo hai fatto tu a me” Disse Trunks
con gli occhi colmi di felicità e qualche lacrimuccia.
Nessuno
lo aveva mai visto piangere, se tentava di farlo quando era più piccolo, suo
padre sapeva come fargli passare la voglia di lamentarsi e frignare come una
femminuccia.
“Sono
lacrime quelle? Non è da te” Lo schernì Mai, facendogli ritornare il sorriso.
Si
asciugò con le dita gli occhi bagnati.
“Hai
il privilegio di essere la prima a vederlo fare”.
“Custodirò
gelosamente questo ricordo dentro di me” Gli sussurrò prima di baciarlo.
“Comunque,
non hai risposto alla mia domanda”.
“Ce
n’è forse bisogno?” Gli chiese baciandolo ancora.
***
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao ragazzi, un
capitolo, a mio avviso pieno di emozioni, e ci ho messo davvero poco a
scriverlo, o meglio, è uno dei primi capitoli che avevo scritto, quando nella
mia testa martellava l’idea di questa fan fiction, quindi ci sono particolarmente
affezionata.
E
vi devo comunicare che manca davvero poco alla fine, ancora un paio di
capitoli.
Mai
e Trunks, si erano traferiti nella nuova casa dopo
solo due mesi dall’acquisto.
Non
c’erano grandi lavori di ristrutturazione da fare, anzi sarebbe stata già
abitabile e perfetta così, ma i due ragazzi, come giusto che sia, hanno voluto
darle un tocco personale, cambiando le pitture e qualche altra rifinitura, un
po' più nei loro canoni.
Anche
il giardino fu sistemato, e vicino alla piscina, era stata allestita una tettoia
in legno e tutto l’occorrente per sfiziosi barbecue all’aperto, magari
contornando il tutto con qualche tuffo in piscina, alla quale erano state
apportate delle migliorie e renderla anche adatta a dei bambini, avevano
pensato anche a mettere un paio di scivoli e giochi d’acqua.
La
notizia della gravidanza e dell’imminente matrimonio, era stata fatta girare
non solo dai due ragazzi, che si erano prodigati subito ad avvisare i loro migliori
amici, chiedendogli di fare da testimone, ma anche da un’entusiasta Bulma, che ancora prima di saperlo dal figlio e dalla
nuora, si era precipitata in un negozio per bambini, quel pomeriggio stesso,
facendo spese pazze, comprando l’intero negozio e sistemando tutto in un
magazzino dismesso della Capsule Corporation.
Cosa
che comunque rimase segreta, fino a qualche giorno prima del loro trasferimento
nella nuova casa.
“Scusa
se mia mamma esagera sempre!” Le disse Trunks con
tono rassegnato, mentre con largo anticipo sistemavano la cameretta del futuro
erede.
“Non
ti preoccupare, la conosco come le mie tasche, non sarebbe lei, se non si comportasse
così”. Non le dava fastidio, anzi, sapeva che sarebbe bastato una sua parola
per frenarla, ma se voleva già viziare il nascituro, da brava nonna, lo poteva
fare.
E
per cercare di non sbagliare, visto che il sesso del bambino sarebbe rimasto un
mistero fino alla nascita, aveva acquistato tutte cose di colore neutrale.
“Ah!
Domani ho la prova abito” Gli comunicò mentre tirava fuori le ultime cose dagli
scatoloni e le riponeva con cura nell’armadio.
Da
quando la gravidanza era stata confermata dalla visita medica, la settimana
successiva, Trunks, aveva intimato a Mai, di mettersi
in maternità, non doveva per nessuna ragione stancarsi in quel periodo, organizzare
un matrimonio in soli due mesi, si sarebbe rivelata un’impresa per chiunque, ma
non per l’amministratore delegato della Capsule Corporation, che oltre ad
essere una brillante scienziata, era anche una perfetta organizzatrice d’eventi.
C’era
qualcosa che Bulma non sapesse fare? Credo di no.
Per
questo si erano rivolti a lei per l’organizzazione di tutto, e per non gravare
su Mai, anche perché non sapeva da che parte girarsi.
Ma
la ragazza, testarda com’era, non volle sentire ragioni, comunicandogli che non
era ammalata, ma soltanto stava aspettando un bambino, e che finché potrà, lei
si sarebbe recata ogni giorno al lavoro, assicurandolo, che avrebbe svolto solo
ed esclusivamente lavoro d’ufficio, e che avrebbe aiutato la suocera ad
organizzare la festa per il loro matrimonio.
Trunks, non poté far
altro che assecondare i suoi bisogni, del resto aveva avuto un esempio in casa,
una donna forte, che aveva conciliato per ben due volte, gravidanza e lavoro
senza alcun tipo di problemi.
“Alla
fine lo hai scelto”. Le disse Trunks avvicinandosi.
“Si,
non è stato facile vedermi con quegli abiti, ma credo resterai a bocca aperta,
ho avuto due bravi consulenti”. Rise al ricordo della scelta dell’abito, erano
Bra e Bulma che le portavano i vestiti, spodestando
la povera commessa, che si era ritrovata a fare i conti con due assatanate.
“Le
migliori”. Le cinse da dietro, portando le mani sul grembo appena accennato,
accarezzandolo delicatamente, lei gli portò le sue, sopra, diventando un
tutt’uno.
“Ti
immagini che tra due mesi saremo sposati e che tra cinque avremo un piccolo
esserino che vaga per casa?”.
“Non
vedo l’ora, vorrei avere la macchina del tempo per accelerare le cose”. Le
stampò un bacio sulla guancia, cullandola tra le sue forti braccia.
“Beh!
Se la gravidanza continua così, a me sta anche bene, non serve andare avanti
nel futuro”. In quattro mesi non aveva avuto nessuna nausea, nessun disturbo particolare,
la pancia era appena accennata, chi la vedeva poteva pensare solo che fosse
ingrassata un po'.
Si
sentiva solo un po' stanca e spossata nel pomeriggio, cosa che la costringeva
spesso, a coricarsi per almeno un‘oretta.
E
non sentiva affatto il bisogno di mangiare ogni dieci minuti, o di strane
voglie, come le era stato più volto raccontato, da chi, in quella situazione,
si era ritrovata prima di lei.
*
Si
era anche raccomandata con Bra, di non organizzare nessun addio al nubilato,
baby shower, o qualche altra festa di loro invenzione.
Ma
se Trunks ne aveva voglia, avrebbe potuto fare il suo
addio al celibato, anche se temeva la reazione di Goten,
doveva ancora vendicarsi per averlo lasciato in mezzo al deserto, in mutande,
tutto sporco, legato ad un cactus, con una corda difficile da rompere, fatta di
un materiale alieno, procurata da Yaco, proprio
qualche giorno prima del suo matrimonio con Valese.
*
Il
tanto atteso giorno era arrivato.
La
giornata estiva scelta per l’evento, era perfetta, come la location, speciale
ed unica; si trattava di un tratto di spiaggia isolato, dove occhi indiscreti,
paparazzi e giornalisti, non sarebbero mai potuti arrivare.
Si
vociferava già da un po', di un imminente matrimonio dello scapolo più ambito
della città, ma nessuna data certa, solo supposizioni.
Come
chiesto dalla stessa Mai, era stato allestito un altare in riva al mare al
tramonto, incorniciato da un arco bianco, intarsiato di rose rosa, e come
celebrante, avevano chiesto a Dende, se poteva
ufficializzare la loro unione, ruolo che il namecciano
accettò con estremo piacere.
Era
già lì ad aspettare i due sposi, mentre gli ospiti, composti da amici e parenti
più stretti, nei loro abiti eleganti, prendevano posto nelle bianche panche davanti
all’altare, preparate con rose e tulle bianco kilometrico.
Lo
sposo arrivò per primo, era splendido in quel completo grigio chiaro di lino,
la camicia bianca era sbottonata vicino al collo, nessuna cravatta o papillon
opprimente lo adornava.
Sulla
giacca era stata puntata una spilla fatta con dei fiori freschi, una rosa, per
la precisone.
Anche
i testimoni presero posto: Goten vicino a Trunks e Teo sulla sedia vuota, vicino il posto di Mai.
Quando
la marcia nunziale partì, il ciarlare che rimbombava sulla spiaggietta,
terminò e tutti gli occhi furono puntati verso di lei.
Al
lilla iniziarono a tremarono le mani e di colpo gli si seccò la gola, quando la
vide arrivare in quell’abito bianco lungo con il classico bouquet in mano.
La
gonna ed il velo lungo, appuntato sopra lo chignon, ondeggiavano seguendo il
ritmo della brezza estiva, il corpetto con scollo a cuore, intarsiato di
Swarovski, brillava, illuminandole il volto, un paio di ciocche di capelli,
furono arricciati e lasciati ricadere sul volto.
“Ti
vedo agitato, amico” Gli sussurrò Goten all’orecchio.
“Sta
zitto o ti tiro un pugno”.
Lei
avanzava da sola, con gli occhi puntati verso il suo sposo, quando qualcuno la
prese sotto braccio.
“Se
cominci a frignare, giuro che ti lascio qui”. Vegeta, lasciò tutti a bocca
aperta e commossi, con quel gesto.
Lei
gli sorrise per ringraziarlo, e ricacciò indietro le lacrime che si stavano
iniziando a formare.
Trunks guardò il padre,
e pensò che in quegli anni era cambiato di parecchio, e non smetterà mai di
ringraziare sua madre, per aver contribuito a questa sua mutazione.
Bulma singhiozzava,
asciugandosi le lacrime con un fazzoletto.
“Smettila
mamma, o sulle foto verrai male” La rimproverò Bra, cercando di distrarsi per non
mettersi a piangere anche lei.
“Hai
ragione tesoro, ma non pensavo che tuo padre potesse fare un simile gesto, sa
sempre come sorprenderci.” Tirò su con il naso.
“Lo
amiamo per questo” Bra le mise la sua mano sopra la sua, in segno di conforto.
*
Appena
arrivarono davanti l’altare, Vegeta le lasciò andare il braccio, guardò suo
figlio dicendogli sottovoce “Trattala come una principessa, o te la dovrei
vedere con me”.
Lui
si limitò ad annuire con il capo e a sorridergli.
Prese
infine posto vicino a moglie e figlia.
Bulma gli prese la mano
e non disse niente, era il suo modo per dirgli grazie per aver reso unico quel
giorno, quanto non lo fosse già.
“Sei
stato grande, Vegeta” Goku, seduto dietro di lui, gli diede una leggera pacca
sulla spalla.
“Se
mi tocchi un’altra volta, sei morto”. Bisbigliò fulminandolo con gli occhi.
“La
volete smettere di fare i bambini vuoi due?” Chiese Chichi
indispettita.
Dende iniziò la
cerimonia, ringraziando tutti i presenti per presenziare al matrimonio e che
era un onore per lui poter celebrare per la prima volta, quel sacramento.
Dopo
una breve omelia, sui valori della famiglia, sul crescere dei figli
responsabilmente, educandoli nel rispetto del bene, il namecciano,
passò allo scambio degli anelli e delle promesse.
*
“Il
nostro percorso per arrivare fino a qui, non è stato dei più facili, la vita ci
ha messo davanti delle prove che abbiamo superato, non con poche difficoltà.
Ma
quello per cui non ho mai smesso di lottare, è il mio amore che provo per te.
Ti amo.
Mai,
ricevi questo anello come segno del mio amore per te.”
*
“Trunks…ho pensato molto a quello che avrei potuto dire in
questo giorno e in questo preciso momento, ho scritto e riscritto la mia
promessa, ma qualsiasi cosa ne uscisse fuori, la cestinavo subito, anche perché
con l’agitazione del momento l’avrei dimenticata.
Ma
l’unica cosa di cui non mi scorderò mai, e l’unica cosa di cui sono certa, è
che ti amo, e nessuna parola, vale più di questa per me.
Ricevi
questo anello, come segno del mio amore”
*
Lo
scambio degli anelli fu un momento molto toccante, e alla maggior parte del
pubblico femminile, scese una lacrima.
“Se
qualcuno ha qualcosa da dire, parli ora, o taccia per sempre” Recitò il
celebrante, guardando i presenti, che rimasero in silenzio per qualche minuto.
“Bene,
ora vi dichiaro marito e moglie”.
Non
servì aggiungere il classico “può baciare la sposa”, che Trunks
trasse a se Mai baciandola, seguito dagli applausi
degli invitati e dallo scoppio di fuochi d’artificio, che illuminavano il cielo
dei colori dell’arcobaleno.
*
La
festa proseguì sotto gli occhi attenti e vigili di Bulma,
che si assicurava che gli ospiti fossero al loro agio e soprattutto che avesseo cibo e bevande in gran quantità.
Il
dopo cerimonia, era una cena a buffet, con tavolini installati sulla battigia,
non mancava nulla, aveva anche pensato personalmente alla musica, che ad una
festa così, di certo non poteva mancare.
“E
così la nostra Mai, si è sposata” Le disse Teo raggiungendola in riva al mare.
“Chi
lo avrebbe detto, vero?” Chiese sorridendo.
“Mi
sarei stupito del contrario, ho sempre saputo che quel ragazzo ti avrebbe
rubato il cuore”.
“E’
sempre stato suo” Inspirò la salsedine, inebriandosi di quel profumo.
“Piuttosto
tu…non hai ancora trovato posto nel cuore di qualche giovane ragazza?”
Teo
sorrise “Ancora no, ma…” Si voltò imbarazzato, per caso, notando una figura
molto simile ad una dea, indossava un abito lungo fino alle ginocchia, blu di
raso senza spalline, con gonna ampia, in vita portava una cintura con
brillantini e la
sabbia l’aveva costretta a rimanere a piedi nudi per non affondare in
continuazione.
I
capelli dorati erano stati raccolti in un fermaglio dalla forma di un fiore
azzurro, al lato.
“Scusami
devo andare” La lasciò li da sola, mentre lui si avvicinava a questa figura
mitologica.
Si
passò una mano sui capelli neri, nervosamente, le doveva parlare, doveva
sentire il suono della sua voce melodiosa.
Si
schiarì la voce con un colpo di tosse finto.
“Che
ci fa una bella ragazza tutta sola?” Le chiese una figura misteriosa dietro le
spalle.
“Cosa
ti fa pensare che non ho compagnia?” Gli domandò voltandosi.
“Beh!
Se io fossi il tuo ragazzo, non ti lascerei mai da sola”. Quella divisa gli
donava parecchio, e Marron si morse il labbro inferiore pensando che quel
soldato non fosse niente male.
“Sei
un maniaco? Non pensavo che Mai, potesse vantare amicizie così, o ti sei solo
infiltrato alla festa?”.
Il
militare rise sotto i baffi, oltre che bella era anche simpatica “No, niente di
tutto ciò, anzi mi scuso per non essermi presentato, io sono Teo e sono il
nuovo Generale della Città Dell’Est”.
“Marron”
Gli strinse la mano sorridendogli.
“Cara,
hai trovato la soda?” C-18 le si avvicinò, le aveva chiesto quella bevanda
ancora dieci minuti fa.
“Sogno
o son desto? Questa deve essere sicuramente tua sorella! Piacere, Teo” Le baciò
la mano con un inchino.
“E’
mia madre, scemo”. Marron si voltò indispettita in cerca della bevanda gassata.
“Tua-tua
madre?” Balbettò incredulo, era bella, un volto angelico, dai tratti pungenti, nessuna
ruga compariva sul suo viso pulito.
C-18
si passò una mano sui capelli, portandosi dietro l’orecchio una ciocca bionda,
non curandosi del ragazzo che stava sbavando.
Ora
era indeciso su chi delle due avrebbe invitato a ballare, visto che ora, sulla
pista echeggiava un lento.
Per
fugare ogni dubbio, cinse ad entrambe le spalle, restando lui al centro.
“Ehi!
Sono mia moglie e mia figlia” Protestò l’ometto che stava assistendo incredulo
alla scena.
“Te
le riporto sane e salve, papà!” Lo assicurò il giovane soldato ammiccando,
conducendo le due signore sulla pista da ballo.
“Papà?”
Chiese riluttante tra sé e sé Crilin, che fece cadere
i flûte ricolmi di champagne.
*
Trunks notò Mai in
piedi, che si stava accarezzando la pancia, cullata dal suono delle onde del
mare, lontano dalla festa, lontano da quei suoni che l’infastidivano.
Che
fossero gli ormoni? Che fosse la creatura che portava in grembo, di suggerirle
di allontanarsi un po' per prendere una boccata d’aria?
Ormai
il sole era tramontato e loro erano finalmente marito e moglie.
Aveva
tolto i tacchi ed immerso i piedi nell’acqua tiepida, non curandosi che anche
il bordo del vestito si stesse bagnando.
“A
che pensi?” Le chiese avvicinandosi cingendola da dietro.
Mai
si appoggiò con la schiena al suo petto chiudendo gli occhi.
“Che
questo è il giorno più bello della mia vita”.
“Il
giorno più bello della tua vita, fino ad ora.”
***
continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, e
anche il matrimonio è andato.
Per
quanto mi riguarda, l’avrei conclusa così, in quanto mi ero ripromessa di
mettere la parola fine, proprio il giorno del mio compleanno, ed invece, mi
ritrovo a pubblicare il penultimo capitolo.
Il
prossimo sarà, ahimè, l’ultimo, ma non disperate, ho altro in mente per la
testa, che spero di mettere nero su bianco presto.
Come
sempre, ringrazio chi leggerà questo capitolo e vorrà lasciarmi una sua
impressione, ma anche chi leggerà soltanto.
Vi
aspetto nell’epilogo finale, vi anticipo già che sarà raccontato da Trunks, dal suo punto di vista.
Percorrere
queste scale e questi corridoi senza di te, non è facile.
Tu,
la mia compagna di vita, da sempre, innamorato di te dalla prima volta che ho
visto ondeggiare i tuoi lunghi capelli neri davanti al mio viso, da qualche
anno, per la precisione, venti anni, tre mesi e quattordici giorni, non ci sei
più.
Te
ne sei andata in punta di piedi, senza nemmeno salutare.
Mi
avevi dato il solito bacio della buonanotte, sulla fronte e mi avevi
abbracciato, ignara che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo facevi.
Se
solo avessi saputo, che quella sarebbe stata l’ultima volta che mi sarei perso
dentro le tue iridi nere, ti avrei tenuta stretta a me tutta la notte.
Potrai
mai perdonarmi?
*
Mi
fermo ad osservare le foto sulla parete delle scale, ad ogni scalino corrisponde
un ricordo.
La
prima, ci ritrae da bambini, forse due o tre mesi dopo che ti eri stabilita a
casa mia.
Non
avete avuto bisogno di supplicare o chiedere per restare, la mia famiglia vi
aveva accolti a braccia aperte, senza chiedere niente in cambio, ma vi
sentivate sempre in difetto, e quindi avevate chiesto di aiutare in laboratorio
con piccoli lavoretti.
Mamma
si era sempre chiesta, vista la vostra giovane età, da dove derivasse quella
vostra intelligenza ed ingegno nel fare le cose.
Me
lo svelasti quasi dieci anni dopo, a causa di un desiderio andato storto, siete
tornati bambini.
Una
condizione che, ti ha segnato così profondamente, da non poterti abbandonare
all’amore che provavamo entrambi.
Ti
lasciai andare, con la consapevolezza che prima o poi saresti tornata da me, ti
avrei ritrovata, e così fu, anche se mi ero abituato a camminare senza averti
al mio fianco.
Sei
ripiombata poi nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, eri più matura, di
aspetto, forte, coraggiosa, determinata, tutte qualità che già possedevi, e che
mi hanno fatto innamorare perdutamente di te, anni prima.
*
Abbiamo
superato numerosi ostacoli, prima di trovare un equilibrio tra di noi, fatto
esperienze diverse, che hanno condizionato emotivamente le nostre scelte.
La
seconda foto, ci ritrae nel giorno del nostro matrimonio, testimonianza del
fatto che se si vuole, si può raggiungere qualunque obiettivo.
Era
stato organizzato in soli due mesi, le coppie normali, hanno un anno di tempo
per prepararsi, e noi, in poco tempo abbiamo fatto tutto, complice il fatto che
aspettavamo il nostro primogenito.
Ricordo
ancora le facce sbigottite dei nostri testimoni, quando li avevamo invitati
fuori per una cena in compagnia, e si sono ritrovati coinvolti nella nostra pazza
avventura.
Eccoci
lì, tutti e cinque sorridenti, e come al solito, Goten
e Teo, avevano voluto strafare, e farsi riconoscere anche nella foto.
Non
sarebbero stati loro.
*
Passiamo
poi, ad una delle foto più belle di sempre: io, te ed il nostro primo
fagottino.
Ti
assomigliava molto in quella istantanea, e non si è smentito negli anni
avvenire.
Era
affascinato da te, e dal tu lavoro, che è diventato anche lui qualcuno che conta
nel mondo militare.
Non
è stato facile all’inizio crescerlo, ma abbiamo avuto degli ottimi consigli, da
chi ci era passato prima di noi.
Rido
al pensiero della prima volta, in cui ha iniziato a volteggiare in aria, e per fortuna
al chiuso, e il tuo terrore quando mi hai chiamato dicendo di tornare subito a
casa, ma di stare attento ad aprire la porta, avevi paura volasse via come un
palloncino, ignorando il fatto che lo avrei potuto raggiungere in un batter
d’occhio.
Aveva
solo dieci mesi, di solito iniziano a camminare a quell’età.
Ma
questo è stato solo uno, tra gli episodi più esilaranti che porteremo per
sempre con noi.
Ricordo
anche, quando è nata la nostra principessa, quattro anni dopo.
Non
fu un parto facile, hai sofferto molto, soprattutto con le contrazioni, per
quanto cercassi di trattenere il dolore, il tuo viso provato, faceva trasparire
tutte le emozioni di quel momento.
Faticava
ad uscire, e ad ogni spinta, mi stritolavi sempre di più la mano, per un
momento avevo temuto me la rompessi.
Poi
ecco che con il suo pianto, tutto il dolore, la sofferenza provata fino a quel
momento sparì di colpo, facendoci tornare il sorriso e a piangere come bambini,
stretti l’uno con l’altro.
Con
il secondo, è stato tutto più facile, sapevamo già a cosa andavamo incontro.
Rientrai
a casa, e tu eri sdraiata in divano a guardare una telenovela, lei che volava
attorno a te, inseguita dal più grande.
E
non contenti, abbiamo voluto regalare a loro un altro fratello.
Ed
eccoli li, i tre birbanti, ritratti mentre giocano in
piscina.
Ci
passo sopra le dita rugose, e vado oltre, ma salendo l’ultimo scalino, ho come
un mancamento, mi devo sedere.
Ormai
i centoundici anni che mi porto sulle spalle, si fanno sentire, facendo
prevalere la parte umana.
Faccio
un bel respiro e proseguo.
Una
foto in particolare attira la mia attenzione: mamma e papà.
Quanto
li ho amati quando erano in vita, chissà se quando sarà la mia ora, riuscirò ad
incontrarli, magari sfiderò ancora mio padre, come quando ero piccolo, e come
facevo con i miei figli.
Sarà
diventato fortissimo, e conoscendolo, non avrà smesso con gli allenamenti,
posso vedere mia madre rassegnata che lo rimprovera di non essere mai a casa, e
di pensare solo agli allenamenti, per poi farsi passare l’arrabbiatura, appena
lui le stampava un dolce bacio sulla guancia.
Non
lo aveva mai fatto davanti a me, ma quando ritornava a casa, mi piaceva spiarli,
mentre parlavano, sapevo che avrei visto qualche gesto bello, da parte sua.
Rido,
perché mi piace pensare che siano così, ancora uniti.
E
noi Mai? Ci riconteremo?
*
Passo
davanti la camera del più grande, che ormai era diventata una specie di stanza
dei ricordi, avevi conservato il lettino, qualche abitino, la carrozzina e
quella poltroncina in vimini a dondolo.
Ti
posso ancora vedere, mentre allatti i nostri bambini, rilassandoti davanti al
panorama della finestra.
Quegli
alberi sono rimasti gli stessi, incorniciano ancora le montagne, oggi innevate.
Mi
siedo, ed osservo la pioggia battere sui vetri, lente gocce scivolano via,
lasciando spazio ad altre, che sembrano voler bussare, per entrare.
Un
tuono in lontananza squarcia quel silenzio, quasi spettrale.
Le
fronde degli alberi iniziano a muoversi più veloci, colpite dalle raffiche di
vento.
Un
altro tuono…non so perché, ma mi ha fatto sobbalzare.
*
Proseguo
per il corridoio, fino ad arrivare alla nostra camera.
Osservo
dalla porta finestra che dà sul terrazzino, il panorama, un timido sole che sta
ormai giungendo al termine del suo percorso quotidiano, si sta facendo largo
tra le nuvole nere.
Il
suo riverbero, ha materializzato un arcobaleno, è bellissimo, Mai.
Posso
vedere riflesso sul vetro della finestra, vicino al mio, il tuo volto
meravigliato, davanti a cotanta bellezza.
Fin
da piccola, quell’arco colorato, ti aveva sempre attirato a se,
come una falena che insegue la luce, o come un marinaio, attratto dal canto di
una bellissima sirena.
Che
cosa ti affascinasse, è sempre rimasto un mistero, è solo un effetto ottico.
No,
non lo è…Si narra, che se riesci
a trovare la fine dell’arcobaleno, lì troverai un vero tesoro.
Mi sembra di sentire ancora la tua voce e la tua presenza
accanto a me.
Dimenticavo.
Oggi è nato il nostro pronipote, è bellissimo.
Nostra nipote l’ha chiamato Vegeta Jr, in onore di mio
padre, il più grande dei nostri figli, gli ha raccontato delle sue avventure e
di come, assieme a Goku, e agli altri guerrieri, eroicamente ha sconfitto
nemici, che andavano ben oltre la sua portata.
Ha detto che sicuramente diventerà come lui, e di questo ne
sono orgoglioso e onorato.
Papà ha sempre avuto un caratteraccio, ma tu, hai saputo
prenderlo nella giusta direzione, e farti amare incondizionatamente.
Quando sei partita la prima volta, ne ha sofferto molto, è
stato come perdere una figlia, per qualche tempo, non nego, gli era sparito il
sorriso, poi ricomparso magicamente, quando sei di nuovo piombata nelle nostre
vite.
Sono sicuro che diventerà un grandissimo guerriero, e difenderà
la Terra, se mai venisse minacciata.
*
Mi sento stanco, Mai.
Mi stendo sul nostro letto, dalla parte tua questa volta, e
posso sentire ancora il tuo profumo sul cuscino, nonostante sia passato tutto
questo tempo.
Mi addormento…
Arrivo
Mai, aspettami alla fine dell’arcobaleno.
*
Ecco, ti vedo in quel bellissimo abito bianco, con una
corona di margherita in testa.
Sei avvolta da una luce bianca, quasi angelica.
Mi vieni incontro e mi sussurri dolcemente all’orecchio: “Visto che mi hai
ritrovata?”
*
FINE
*
Note:Ciao a
tutti, e dopo qualche mese, siamo giunti alla fine di questa avventura.
Sinceramente ero indecisa se finirla in questo modo, oppure lasciare il 29°
capitolo l’ultimo, ma mi sentivo in dovere di raccontare in breve cos’era
successo negli ultimi anni.
Innanzitutto è doveroso
ringraziare le persone che mi hanno seguito fino a qui, lasciandomi un
commento, sostenendomi ogni volta:
GRAZIE DAVVERO DI CUORE
Ringrazio anche chi ha solo
letto, ed ha inserito la storia tra le preferite e seguite, anche questo vuol
dire sostenermi, perché il vedere che i miei racconti piacciono, mi fanno venir
voglia di scrivere ancora.
Non so quando riapparirò in
questa sezione, perché attualmente sono impegnata in un altro fandom, ma quando
lo farò, spero di trovarvi ancora a sostenermi.