Toujours pur

di Signorina Granger
(/viewuser.php?uid=864554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 (Parte I) ***
Capitolo 12: *** Capitolo 9 (Parte II) ***
Capitolo 13: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Toujours pur
 
 
 
2 Giugno 1931
 
 
 


 
Belvina Black venne alla luce in una piovosa mattina di marzo del 1886, quarta figlia di Phineas Nigellus Black e consorte. Dopo tre figli maschi la gioia della madre per la nascita di una bambina fu papabile e non si esaurì per molto tempo, specie quando anche il quintogenito, nato tre anni dopo, si rivelò essere un maschio.
Da unica figlia femmina in mezzo a quattro fratelli Belvina crebbe più viziata che mai, seppur la considerazione riservatale dal padre fu sempre più scarsa man mano che cresceva: Belvina non era come suo fratello Sirius, il primogenito, su cui il padre riservava gran l’arte delle due attenzioni. E nemmeno suo fratello Arcturus, il piccolo di casa vezzeggiato come un principe.
Persino Cygnus aveva più attenzioni, e anche Phineas, che a causa della sua propensione a combinare guai era sempre sotto l’occhio vigile della madre.
 
Belvina era una bambina, e come tale venne trattata come una piccola bambola da agghindare e a cui insegnare le buone maniere. Non ricevette la stessa educazione dei suoi fratelli, e l’unico momento in cui si sentì davvero oggetto dell’attenzione di suo padre fu quando compì 14 anni:
sua madre consigliò che fosse arrivato il momento di iniziare a “valutare” delle opzioni per trovarle un fidanzato, ed entro la fine del suo quinto anno ad Hogwarts Belvina era promessa sposa ad un ragazzo di due anni più grande di lei che si stava per diplomare, Herbert Burke.
 
Belvina si sposò a 18 anni, a meno di un anno dal suo Diploma ad Hogwarts. Diploma che, lo sapeva, non le sarebbe mai servito: una volta da piccola aveva chiesto a sua madre perché volessero mandarla ad Hogwarts come i suoi fratelli, e Ursula aveva sorriso, assicurandole che andare a scuola fosse un ottimo modo per “individuare possibili candidati e farsi notare”.
Sul momento non aveva compreso, ciò avvenne solo una volta cresciuta, quando capì che l’unica educazione che contava per lei erano il galateo e le buone maniere, nient’altro. Non le sarebbe servito conoscere la storia dei Maghi o tradurre le Rune: essere una brava moglie e padrona di casa, solo questo contava, ma in quanto figlia del Preside di Hogwarts fu sempre tenuta ad avere un reddito scolastico molto alto.
 
Il suo primo figlio nacque dopo due anni di matrimonio, e suo padre insistette affinché non solo il nome del nipote rispettasse la tradizione di famiglia, ma che avesse il doppio cognome. A nulla valsero le proteste della famiglia di Herbert, e il bambino venne chiamato Perseus Black-Burke, così come i suoi due fratelli minori, nati tre anni dopo.
 
 
Belvina aveva ben quattro fratelli maschi, e quando chiese al padre perché fosse così indispensabile che anche i suoi figli portassero il nome dei Black, questi le rispose che chiunque avesse il suo stesso sangue nelle vene dovesse portare il suo nome.
E quando suo fratello Phineas venne diseredato, non molto tempo dopo, per aver approvato i diritti dei Babbani, per una volta Belvina sentì di non essere più l’ultima agli occhi di suo padre: compiacerlo era sempre stato il suo più grande desiderio, per questo lo assecondò anche quando sostenne che fosse arrivato per il suo primogenito il momento di prendere moglie, pianificando insieme al marito il fidanzamento con una delle figlie dei Rowle.
 
 
L’estate del 1931 era alle porte quando, a meno di un anno dal matrimonio di Perseus, il patriarca della famiglia Black decise che fosse giunto il momento anche per i nipoti più giovani, Castor e Danae, di contrarre matrimonio con un qualche membro delle Sacre 28.
E considerando il gran numero di lettere che lui e il genero ricevevano, dove le suddette famiglie esprimevano il loro desiderio di vedere la propria unita ai Black e ai Burke, Phineas Nigellus decise di adottare una strategia “diversa” per accasare i due fratelli.
 
Senza chiedere la loro opinione, naturalmente.
 
 
“Non posso credere che l’abbia fatto… e a nostra insaputa, per di più!”
“Beh, non direi totalmente a nostra insaputa, sapevamo che prima o poi avrebbero cominciato a parlarci di matrimonio, specie ora che Perseus è sposato…”
 
“Non m’importa, sono le nostre vite e siamo persone, non quadri da mettere all’asta durante una serata di beneficienza!”
 
Danae sbuffò sonoramente mentre misurava la stanza a grandi passi, marciando davanti all’imponente camino spento del salotto e al fratello, che seduto sul divanetto alla francese sembrava ascoltare solo distrattamente le parole della ragazza mentre sfogliava un libro:
 
“Non siamo i primi, e neanche gli ultimi. Danae, non esserne sorpresa: l’attenzione è stata tutta su nostro fratello nell’ultimo anno, tutti pensavano al suo matrimonio con Amanda e abbiamo avuto un po’ di respiro, ma adesso siamo noi i prossimi a doverci sposare secondo l’ottica familiare. Specie di nostro nonno.”
 
“Che vada al diavolo!”
“Attenta, Danae… Non sai che ha Phineas Nigellus Black ha orecchie ovunque?”  Castor abbozzò un sorriso quasi divertito in direzione della gemella, che sbuffò e sollevò le braccia in segno di resa prima di sedere accanto a lui e parlare con tono cupo:
 
“Stamane mi sono capitate sotto mano molte delle risposte agli inviti arrivate per posta, ecco perché l’ho scoperto, altrimenti chissà quando ci avrebbero informati… sembra che abbiano accettato in molti. Davvero ci sono persone disposte a prendere parte a questa pagliacciata?”
“Evidentemente, o forse nessuno vuole offendere nostro nonno con un rifiuto… ma non fartene un cruccio sorellina, vorrà dire che avremo vasta scelta, no?”
 
Castor si strinse nelle spalle, tornando a concentrarsi sul suo libro, e la sorella gli rivolse un’occhiata torva, chiedendosi come riuscisse a prenderla con tanta filosofia.
Lei non era altrettanto serena all’idea di avere, entro meno di un mese, un gruppo di pavoni imbellettati mandati dalle proprie famiglie per fare villeggiatura a casa sua e cercare di assicurarsi un contratto con la sua famiglia.
 
“Come vuoi, ma io sarò liberissima di chiudermi in camera mia per evitare tutto questo.”
“Come se nostro nonno o i nostri genitori te lo potessero mai permettere…”
 
“Solo perché loro si fanno trattare come burattini, non vedo perché dovremmo farlo anche noi. Perché nostra madre permette a nostro nonno di decidere anche delle nostre vite, come se non l’avesse già fatto abbastanza con lei?”
“Sai che pende dalle sue labbra… Quel che il nonno dice è legge per nostra madre.”
 
“Se sono abbastanza grande da sposarmi lo sono anche per fare di testa mia, o no? Sai Tor, a volte penso che la nostra sia una società bislacca.”
“Visto che ti sei curata di aprire la risposta dei Greengrass anche se non era indirizzata a te, sai anche quando arriveranno, esattamente?”
 
“Il Signor Greengrass parlava di un gala che si terrà il 25 Giugno… Ergo, mancano circa tre settimane.”
 
Danae sospirò piano, gli occhi fissi sul tappeto ricamato a mano ai suoi piedi mentre sedeva con le braccia strette al petto.
 
“Tre settimane per prepararci all’idea. Magari sarà divertente… chissà chi verrà.”
“Non ne ho idea, ma spero non facce note e sgradite.”
 
 
*
 

8 Giugno 1931


“Tor! Tor, sbrigati, sono arrivati!”

Danae sorrideva mentre attraversava il corridoio quasi di corsa, superando la porta della camera del fratello mentre la madre, dalle scale del secondo piano, ricordava alla figlia che una signorina non correva, mai, né tantomeno urlava.

“Chiedo scusa!”

Danae non si fermò nemmeno, affrettandosi a scendere le scale per raggiungere il pian terreno mentre sua madre, sopra di lei, alzava gli occhi al cielo senza però dire niente, evitando di sollevare l’ennesima polemica con la ragazza. 
Winnie, la loro Elfa, l’aveva avvisata come lei le aveva chiesto che suo fratello e sua cognata avevano varcato il cancello, e Danae, impaziente di vederli, era corsa fuori dalla sua stanza non appena l’aveva sentito.

L’ex Serpeverde stava scendendo la rampa sinistra della doppia scalinata di marmo bianco leggermente ricurva dell’ingresso, le dita che sfioravano il lucido corrimano di legno scuro, quando una delle ante della porta principale si aprì. Le labbra di Danae si inclinarono in un sorriso ancora più largo quando vide Perseus entrare in casa con Amanda al braccio, affrettandosi a raggiungerli per abbracciare il fratello dopo averlo visto sorriderle a sua volta. 

“Finalmente! Vi aspettiamo da quasi una settimana, ti ho scritto giorni fa!”
“Scusa sorellina, siamo stati molto impegnati, io ho avuto da fare al Ministero e Amanda è molto richiesta... Ma ora siamo qui.”

Perseus sorrise e Amanda, accanto a lui, alzò brevemente gli occhi al cielo mentre Danae abbracciava anche lei:

“Molto richiesta solo perché le voci hanno già iniziato a circolare e tutti vogliono sapere se è vero o meno, di chi è stata l’idea e cosa succederà di preciso… Solo che nessuno ha il coraggio di chiederlo direttamente a tua madre.”
“Ovviamente, parlare alle spalle della gente è più conveniente. Vi ho chiamati proprio per questo, comunque… Perseus, ti prego, dimmi che anche tu la trovi una buffonata!”

“Mi hai chiesto di venire solo per convincere nostra madre ad annullare tutto?”
“Naturalmente, sappiamo tutti che sei il suo adorato principe perfetto.”

Danae annuì, seria in volto, e Perseus abbozzò un sorriso quasi divertito mentre Castor, alle spalle della sorella, li raggiungeva scendendo le scale con molta più calma di quanto avesse fatto lei poco prima:

“Su questo non c’è dubbio, ma sappiamo tutti che non è nostra madre quella da persuadere… Ciao Perseus, Amanda.” 

Castor rivolse un cenno educato alla cognata, che rispose con un sorriso mentre Danae, sbuffando, incrociava le braccia al petto e di rivolgeva al gemello guardandolo con cipiglio torvo:

“Perdonami, non riesco davvero a capire da che parte stai, Tor.”
“Dalla parte della famiglia, non siamo in guerra, Danae. Ora, che ne dite di spostarci di là invece di restare qui?”
“Ottima idea. Mamma e papà?”  Perseus seguì i fratelli verso il salotto mentre Winnie, appena apparsa accanto a loro, chiedeva con un inchino ad Amanda se volesse darle la sua borsa e il suo cappellino, guadagnandosi un sorriso gentile da parte della ragazza, che la ringraziò prima di darle il tutto e seguire marito e cognati.

“Papà pranza con un cliente, la Signora Madre invece è di sopra. O almeno lo era poco fa.”
Danae lanciò un’occhiata di sbieco alle scale, aspettandosi di vedere Belvina da un momento all’altro, prima di entrare nel salotto più grande della casa, dove erano soliti ricevere gli ospiti, e sedersi su uno dei divani accanto al gemello, che accavallò le gambe e intrecciò le mani mentre si rivolgeva a Perseus, che prese posto di fronte a loro accanto ad Amanda:

“Amanda, dicevi che molti ti hanno chiesto conferme su quanto succederà qui?”
“Sì. Le ho detto di non accettare quegli inviti perché immaginavo che sarebbe successo, ma come sempre è troppo gentile per dire “no” a qualcuno.” 

Perseus si rivolse alla moglie, sfiorandole il braccio con le dita e parlando con una nota di rimprovero appena percettibile nella voce. Amanda però gli sorrise senza scomporsi, assicurando che non era un problema e che, naturalmente aveva provveduto a tenersi più sul vago possibile.

“Il che non è stato difficile, considerando che non ne sappiamo molto nemmeno noi.”
“Vorrei solo capire che cosa si è bevuto il nonno per avere quest’idea, non lo ha mai fatto prima! Certo, voi due vi siete ritrovati fidanzati senza poter dire la vostra, ma almeno non avete subito l’umiliazione di ricevere il trattamento di cavalli Purosangue da acquistare.”

“Guarda il lato positivo, sorellina, tu avrai qualcosa che Amanda, così come molte altre e la nostra stessa madre, non hanno avuto: possibilità di scegliere. All’interno di un gruppo prescelto, certo, ma potrai pur sempre scegliere.”
“Io sono stata ben felice di sposarti.” Amanda si voltò verso il marito, parlando come se la preoccupasse il fatto che lui potesse pensare il contrario. Perseus le sorrise gentilmente, annuendo prima di darle un bacio su una guancia e assicurarle che era stato così anche per lui. 

Danae forse avrebbe detto qualcos altro, ma venne interrotta dall’ingresso di Belvina, che sorrise calorosamente a figlio e nuora:
 
“Perseus, Amanda! Che bella sorpresa, non vi aspettavamo… vi fermate per pranzo? Ciao cara.”

Perseus, che si era alzato in piedi vedendo la madre, la salutò prima che Belvina si concentrasse sulla nuora, che le sorrise educatamente e si lasciò abbracciare con garbo.

“Volentieri, grazie.”
“In realtà ci ha chiamati Danae, mamma. Penso che non sia molto d’accordo con quanto avete deciso.”

Belvina sbuffò debolmente mentre sedeva a sua volta, rivolgendosi alla figlia con il tono esasperato di chi ha già affrontato un discorso numerose volte:

“Danae, ne abbiamo già parlato. Preferisci che io e tuo padre scegliamo a caso un ragazzo Purosangue di età vicina alla tua, contattiamo la sua famiglia e facciamo preparare un contratto pre-matrimoniale? Perché possiamo farlo, con me e tuo padre è stato così.”
“Non dico questo… ma potrei scegliere da me senza bisogno di un simile teatrino!”
“La fai più grave di quanto non sia, tesoro… Winnie, ci porti del tè? Grazie. Dicevo, non è una vera tragedia, non ti rinchiuderemo in una stanza con dei Troll di montagna!”
“E vorrei ben vedere! Anche se, mamma, ti posso assicurare che alcuni di loro in quanto ad intelletto e modi eguagliano dei Troll senza bisogno di sforzarsi.”
 
Sia Castor che Amanda trattennero a stento delle risate mentre Danae rivolgeva un’occhiata torva alla madre e la donna, alzando gli occhi al cielo, replicava con tono calmo e pacato:

“Non li conosco dal primo all’ultimo, ma sono persone a modo che vengono da famiglie per bene, non dei contadini… E nemmeno tu li conosci tutti, no?”
“Certamente, ma ho chiari ricordi di Hogwarts, mamma, e ti assicuro che non sto esagerando.”
“Hogwarts è stato più di quattro anni fa, Danae, si cambia! E se anche fosse, vorrà dire che scarterai queste persone. Tuo fratello è molto più ragionevole di te.”

Belvina accennò a Castor mentre prendeva una tazza di porcellana dipinta a mano dal vassoio che Winnie le porgeva, facendo sorridere appena il ragazzo mentre Danae, invece, scoccava un’occhiataccia al gemello, promettendogli vendetta per il suo non sforzarsi neanche un po’ di aiutarla nella sua crociata.

“Danae, so che non sono affari miei, ma sono sicura che non sarà così male… Ci saranno anche molte ragazze, no? Sicuramente alcune delle tue amiche.”
“Questo è vero.”
“Ecco, se non vuoi ascoltare me ascolta Amanda, che ha pochi anni più di te e ti può capire. Grazie cara.”

Belvina sospirò piano e rivolse un cenno alla nuora, che sorrise mentre teneva una mano appoggiata su quella del marito.
 
“Mamma, possiamo sapere chi ha accettato? Sono molto curioso.”
“Beh, io e vostro padre abbiamo inoltrato l’invito a praticamente ogni famiglia delle Sacre 28 che abbia un erede di età compresa tra i 20 e i 30 anni… quelli che non sono già vincolati da dei contratti, naturalmente, io ed Herbert non vogliamo creare tensioni. Ormai dovrei aver ricevuto un responso da tutti, e credo che la casa sarà abbastanza affollata.”

“Ah, una piccola precisazione: chi mette piede nella mia camera o osa disturbarmi, eccetto per le mie amiche, finirà dritto in un fosso. Spero che sia chiaro, la mia privacy non si tocca.”
“Danae, che modi!”
“Solo per essere chiara fin da subito, mamma. Amanda, mi passi i biscottini? Ho bisogno di consolarmi con qualcosa di dolce.”


*


“Oggi abbiamo avuto Perseus e Amanda a pranzo.”
“Davvero? Mi dispiace non esserci stato. Com’è andata?”

Belvina, seduta davanti alla toilette con la camicia da notte e la vestaglia di seta color rosa antico addosso, si strinse nelle spalle mentre si spazzolava con cura i capelli, osservando distrattamente il marito sistemare il letto per coricarsi dallo specchio che aveva davanti: 

“Danae sperava mi convincessero ad annullare tutto.”
“Ma tu ovviamente non hai battuto ciglio.”
“Ovviamente, mi conosci. E in ogni caso, non trovo educato annullare tutto dopo aver già mandato gli inviti. Potresti parlarle tu, per favore?”
“Lo farò domani. Anche se devo confessare che l’idea di avere la casa invasa non alletta particolarmente nemmeno me.”

“Solo per poco caro… E pensa che, se tutto andrà bene, alla fine dell’estate avremo un figlio sposato e due fidanzati. E magari anche un nipote in arrivo, si spera! Non voglio diventare nonna quando sarò vecchia decrepita.”
“Belvina…”

“Sono sposati da un anno Herbert, noi aspettavamo Perseus dopo un anno di matrimonio.”
“Questo è vero, ma ogni coppia ha i suoi tempi… non preoccuparti, saranno dei genitori magnifici e ci riempiranno di nipoti.”

Herbert si avvicinò alla moglie, le mise le mani sulle spalle e le diede un bacio sulla testa, facendola sorridere appena.
Belvina appoggiò la spazzola sul ripiano della toeletta e sollevò una mano per posarla su quella del marito, guardandolo attraverso il riflesso dello specchio.

“Non pensi che ce l’avrà davvero con noi, vero?” 
“Sciocchezze, le passerà. Specie se finirà davvero col trovare qualcuno che le piace, si dimenticherà di essere stata contraria. Tu non hai mai serbato alcun rancore per i tuoi genitori, e nemmeno Amanda.”
“Questo lo so, ma Danae non è come me… ed erano tempi diversi, nessuno si sognava di mettere in discussioni scelte simili. Specie se si trattava di mio padre.”
“Tuo padre… finirà mai di cercare di controllare le vite di chiunque gli stia intorno? Prima il doppio cognome, ora questo… deciderà anche il nome dei nostri nipoti, per caso?”

“Herbert.”  L’espressione di Belvina si fece più seria di fronte al tono amaro del marito, che aggrottò leggermente la fronte prima di parlare con tono duro:
“Se ho sempre accettato tutto questo, Belvina, è solo perché non volevo che tu avessi problemi con la tua famiglia.”

Le mani dell’uomo scivolarono dalle spalle della moglie e Herbert fece per allontanarsi, ma Belvina si alzò e lo abbracciò, appoggiando la testa sul suo petto:

“Siete voi la mia famiglia. Tu in special modo.”
Herbert non disse nulla, ma le sfiorò i capelli scuri con le dita prima che Belvina sollevasse lo sguardo per rivolgerglisi guardandolo negli occhi, abbozzando un sorriso:

“Stavo pensando una cosa.”
“Cosa?”
“Se mio padre avesse organizzato qualcosa di simile per me – dopotutto sono la sua unica figlia, il mio fidanzamento fece molto scalpore e tutti ne parlavano già da tempo – tu avresti sicuramente partecipato. Dimmi, avresti cercato di conquistarmi o te ne saresti lavato le mani?” 

“La prima, ovviamente. Anche se sono felice che tuo padre abbia avuto quest’idea con trent’anni di ritardo, perché in quel caso sarebbe stata dura averti, bella com’eri avrebbero fatto a gara per avere la tua mano.”
Herbert sorrise e la moglie lo imitò mentre gli sfiorava il viso con le dita, guardandolo osservarla brevemente prima di baciarla brevemente. 

“A proposito.” Mormorò l’uomo appoggiando la fronte contro quella della moglie, sfiorandole i fianchi sottili con le dita.

“Mi spieghi come fai ad essere ancora così bella?”
“Nemmeno tu sei cambiato: il solito adulatore.”
“Solo con chi se lo merita mia cara.”

 






…………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
 
Salve a tutti!
Non dovrei affatto essere qui, dovevo iniziare questa storia a dicembre… Come sempre la mia impazienza ha avuto la meglio.
Più di un anno fa una ragazza che partecipava ad una mia storia mi chiese se per caso non avessi intenzione di scrivere, prima o poi, una “ storia tutta incentrata sull’amore”.
Ebbene Phebe, se stai leggendo eccoti la risposta, anche se con un po’ di ritardo.
 
Tengo a precisare, prima di ricevere qualche accusa di plagio, che la storia prende sì ispirazione da un’interattiva pubblicata sul sito qualche tempo fa, “Élite”, ma ho avuto il lasciapassare della sua Autrice per pubblicare questo Prologo, si tratta infatti di una sorta di “prequel” poiché tratterà sempre delle vicissitudini della famiglia Black, ma su membri differenti ed è ambientata cronologicamente prima di qualche anno.
 
I personaggi che vi ho presentato qui sono TOTALMENTE di mia invenzione: sono i figli di Belvina Black (unica figlia femmina di Phineas Nigellus Black e Ursula Flint) e Herbert Burke. Si sa solo che la coppia ebbe due figli maschi e una figlia, nient’altro, così ho deciso di dare loro dei volti e dei nomi:
 
Castor Sirius Burke-Black, 22 anni, ex Corvonero (PV: Matthew Daddario)
 
Danae Ursula Burke-Black, 22 anni, ex Serpeverde (PV: Alexandra Daddario)

 
 
Quanto al sopracitato fratello maggiore dei gemelli, sarà presente come personaggio ricorrente insieme agli altri membri della famiglia:
 
 
Perseus Phineas Burke-Black, 25 anni, ex Serpeverde, sposato con Amanda Rowle (PV: Richard Madden)

 
Amanda Rowle in Black-Burke, 25 anni, ex Corvonero (PV: Zooey Dechanel)

 
Perseus è stato Caposcuola e capitano della sua squadra di Quidditch. È una persona molto decisa, determinata e con i piedi per terra. È stato cresciuto con una certa educazione che spesso lo limita molto nel dire ciò che pensa, ma avendo una lingua discretamente lunga e tagliante finisce col farsi capire lo stesso.
È molto affezionato ai fratelli minori, ai genitori, ed è una persona estremamente leale, che non sopporta di vedere le persone che ama soffrire. Vuole molto bene anche a sua moglie, che praticamente conosce da tutta la vita, ed è particolarmente protettivo nei suoi confronti, la vede come un “pulcino indifeso” da proteggere. Questo perché Amanda ha un carattere molto più mite e timido di quello dominante del marito, è stata crescita in un’ottima diversa e tende a dire di rado ciò che pensa, a meno che non abbia una particolare confidenza con quella persona. È molto dolce, gentile e disponibile con tutti, anche troppo a detta del marito, che sostiene che a volte la gente ne approfitti.
Non parlerebbe mai male di nessuno, trovando qualche pregio in chiunque, e adora suo marito, farebbe di tutto per Perseus, che prima di tutto è il suo migliore amico. Si sente molto fortunata ad averlo sposato, anche se spesso si dichiara sicura che tutti pensino che lui avrebbe meritato di meglio, tende a sottovalutarsi molto.

Belvina Black in Burke, 45 anni, ex Serpeverde (PV: Courteney Cox)
 
Herbert Burke, 47 anni, ex Serpeverde (PV: Gerard Butler)

 
 
Regole:
 
  • Le iscrizioni sono aperte fino al 9/12, avete tempo fino alle 19 per mandarmi le schede.
  • Potete partecipare con due OC al massimo, possibilmente di sesso diverso. Possono essere cugini o fratello e sorella, ma badate che avendo già due fratelli tra i miei personaggi dubito che prenderò molte altre coppie imparentate, probabilmente due al massimo. Può essere che io scelga solo uno dei due.
  • L’età dei personaggi deve andare dai 20 ai 25 anni
  • Non accetto Veela, Lupi Mannari, Animagus, Metamorphomagus ecc
  • Non accetto OC con disturbi mentali di alcun genere
  • I personaggi devono ovviamente far parte di una delle Sacre Ventotto, anche se vi chiederei di non utilizzare i Weasley poiché probabilmente già all’ora erano mal visti, considerando che Cedrella Black è stata diseredata per aver sposato uno di loro non molti anni dopo il periodo in cui la storia ha luogo.
  • Ne approfitto per ricordare che siamo nel 1931 e nell’alta società magica Purosangue, vi chiedo di tenerlo a mente quando compilerete le schede, non mandatemi OC amanti della musica rock, pieni di tatuaggi, con tinte particolari e che indossano abitudinariamente jeans e felpe.
  • A questo proposito, vi chiedo di evitare personaggi omo o bisessuali: siamo nell’Inghilterra del 1931, sappiamo come venivano trattati.
  • Come sempre, ricordo che chi non dovesse farsi sentire per tre capitoli consecutivi causerà l’eliminazione del proprio personaggio. Ovviamente in una storia simile non potrò uccidere gli OC, ma non li nominerò più nella narrazione.
 
 
Scheda:
 
 
Nome:
Età:
Ex Casa:
Aspetto:
Prestavolto:
Descrizione psicologica:
Storia e famiglia:
Perché partecipa alla “selezione” e cosa ne pensa (lo fa di sua scelta, è una decisione della famiglia, si annoia?)
Passioni/Talenti:
Cosa ama e cosa no:
Fobie/debolezze:
Descrivere in breve il percorso scolastico:
Materie che amava/odiava:
Patronus:
Molliccio:
Amortentia:
Cosa fa nella vita/cosa vuole fare (lavora, è mantenuto dalla famiglia, sta studiando per specializzarsi, ecc)
Che rapporti ha con Castor e Danae? (Possono essere amici d’infanzia perché cresciuti insieme, odiare uno ed essere amico dell’altro, non averci mai avuto particolarmente a che fare ecc. Se volete, potete anche decidere di rendere il vostro OC una vecchia fiamma di uno dei due)
Amicizie:
Inimicizie:
Relazione:
Animale:
Altro:
 
 
Piccola nota: essendo una storia che si basa prevalentemente su questo, vi chiedo di essere il più esaustivi e specifici possibile sul punto delle relazioni e di fare attenzione fin dall’inizio a quali personaggi, secondo voi, potrebbero interessare al vostro. Come sempre, vi chiederò di darmi le vostre opinioni a riguardo dopo quattro/cinque capitoli.
 
Direi che a questo punto è tutto, quindi a presto e come sempre se avete domande dite pure.
Buona giornata,
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Scelta OC ***


Scelta OC


Buongiorno! 
Mi dispiace ma questa volta non ho allegato un capitolo alla lista degli OC, non volevo farvi aspettare – come minimo – il fine settimana per scoprire chi è stato scelto e chi no.
Grazie ancora a tutte le persone che si sono iscritte, ribadisco che non me l’aspettavo per una trama tutto sommato piuttosto semplice, anche se a causa delle molte schede che mi sono arrivate ne ho dovute tagliare più di metà, quindi se non siete state scelte vi prego di non prendervela, ma specialmente per le ragazze ne ho dovute eliminare moltissime. 
Mi sono imposta di scegliere pari numero di maschi e femmine, così per una volta non dovrebbe esserci disparità… quindi vi prego, non sparite!

Cercherò di pubblicare il primo capitolo al più presto, intanto ecco la lista: 

Ragazze: 

•    Aghata Reyna Ines Olivander, 22 anni, ex Corvonero 

•    Althea Shafiq, 21 anni, ex Grifondoro

•    Athyna Layla Avery, 22 anni, ex Grifondoro 

•    Cora Mildred Prewett, 25 anni, ex Corvonero

•    Lilith Josephine Rowle, 21 anni, ex Corvonero
 
•    Megara Lavinia Travers, 20 anni, ex Corvonero


•    Vivian Althea Lumacorno, 23 anni, ex Serpeverde


Ragazzi: 

•    Amias Chandler Paciock, 24 anni, ex Grifondoro

•    Christopher Joseph Abbott, 22 anni, ex Tassorosso

•    Edward Parkinson, 22 anni, ex Serpeverde 

•    Ewart Lucius Malfoy, 25 anni, ex Tuonoalato 

•    Gerard Olivander, 25 anni, ex Tassorosso 

•    Rigel Konrad Burke, 25 anni, ex Serpeverde 

•    Shedir Teus Nott, 24 anni, ex Serpeverde


A presto, spero, con il primo capitolo!
Buona giornata, 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
25 Giugno 1931


Danae si stava facendo aiutare dalla sua Elfa a sistemarsi i lunghi color cioccolato e intanto studiava il proprio riflesso nello specchio ovale della toeletta che aveva di fronte, pensierosa.

Il “grande giorno”, come lo chiamava sua madre, era arrivato. La giovane preferiva denominarlo “giorno nefasto”, ma questo la donna o lo ignorava o preferiva fingere che così fosse. 
L’ex Serpeverde sospirò appena prima di riprendere a stendere lentamente e con cura il rossetto rosso sulle proprie labbra, facendo attenzione a non sbavare mentre la piccola creatura che aveva accanto trillava allegra:

“Siete emozionata, Miss?”
“Non immagini quanto… pensi che se mi chiudessi qui dentro cambierebbe qualcosa?”
“Non penso Miss, forse vostro nonno vi verrebbe a prendere lo stesso.”

“Credo che tu abbia ragione… Grazie Winnie.”

L’Elfa fece un passo indietro e sorrise, inclinando leggermente la testa prima di parlare con la sua voce leggermente acuta, ma dolce:

“Winnie è qui per aiutarvi, Miss.”


Almeno tu 


Danae sospirò piano mentre prendeva il suo mascara per applicarselo sulle ciglia, non muovendo un muscolo quando la porta della sua stanza si aprì:

“Danae, sei pronta? Gli ospiti stanno iniziando ad arrivare e un elegante ritardo va bene, ma non se scade nell’esagerato.”
“Tranquilla mamma, ho quasi finito.”
“Bene… Winnie, puoi andare in cucina adesso.”

“Subito Signora.” Winnie rivolse un breve inchino a Belvina prima di superare la donna e uscire dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. La padrona di casa indugiò con lo sguardo sulla figlia prima di avvicinarlesi, sedendo sul bordo del letto alle spalle della ragazza:

“Come ti senti?”
“Meravigliosamente.”
“Non usare quel tono sarcastico con me, Danae.”

“Mamma, ti prego, sarà la mia unica ancora di salvezza per sopravvivere a questa serata… Il nonno è già arrivato?”
“Non ancora, no.”
“Naturale, è lui la star della serata…”

Danae vide distintamente sua madre alzare gli occhi al cielo dallo specchio, e la ragazza abbozzò un sorriso divertito mentre rimetteva il mascara a suo posto:

“Suvvia, sappiamo entrambe che è così. Al nonno piace essere al centro dell’attenzione.”
“È una caratteristica comune a molti Black. Beh, almeno una di noi dev’essere di sotto ad accogliere gli ospiti, ci vediamo tra poco.”

Belvina si alzò e la figlia non aggiunse altro, anche se colse l’enfasi con cui la donna pronunciò le ultime parole prima di congedarsi, come a volerla avvertire di non provare nemmeno a farsi venire strane idee. 

Ma no, Danae non aveva intenzione di darsi alla fuga o altro, ma solo di sorridere e di fare esattamente quello che ci si aspettava da lei, anche se a modo suo: se c’era una cosa che vivere in quella famiglia – e sua madre – le aveva insegnato, era di non andare mai contro ai Black. Specialmente a suo nonno.


*


Rigel, una volta entrato nell’enorme ingresso della villa, si diresse con un sorriso da suo zio e da sua zia, che vedendolo sfoggiò il placido sorriso di chi sa di diversi armare di pazienza:

“Zio, Zia, è un piacere vedervi. Buonasera Zia… Dove sono i miei cuginetti?”  Il ragazzo prese la mano della donna per baciarne il dorso mentre Herbert, al contrario della moglie, osservava divertito il nipote.
“Ancora di sopra, Rigel.”

“Spero non vi dispiaccia se vado a vedere come se la cavano, allora. Perseus deve ancora arrivare?”
“Dovrebbe essere qui tra poco… Prego che sia così, ho bisogno del suo solido supporto.”

Belvina sospirò e alzò brevemente gli occhi al cielo mentre Rigel si congedava con un cenno, dirigendosi verso le scale, ma l’espressione cupa della donna durò solo per un istante, dopodiché tornò a sorridere gentilmente come un attimo prima.

“Intendi prima che arrivi tuo padre e si atteggi a padrone di casa? Probabilmente hai ragione, nostro figlio ha l’incredibile capacità di placare gli animi quando ci sono tensioni in famiglia.”
“Herbert, cerca di non discutere con mio padre, non voglio scenate.”


*


“Ciao cugino! Tua sorella sta dando in escandescenza in camera sua?”
“Sarei curioso di sapere cosa ci fai tu qui, Rigel. Danae sostiene sia per ridere alle nostre spalle.”

Castor non ricambiò il sorriso allegro del cugino, aggrottando invece leggermente la fronte quando, scendendo le scale, s’imbatté in Rigel: 

“Beh, ovviamente in parte ha ragione, ma mia madre mi ha spedito qui e non ha voluto sentir ragioni, sostiene che sia la volta buona, per me, di trovare una giovane strega Purosangue da sposare per sfornare tanti piccoli Burke. Naturalmente so che le fanciulle sono venute per te, non ti da fastidio, vero?”
“Per favore. Vuoi salutare Danae?”
“No, scendo insieme a te, volevo una spalla prima di entrare nella fossa dei leoni, e ho pensato che potesse essere utile anche a te. Rilassati Castor, sono sicuro che cadranno ai tuoi piedi.”

L’ex Serpeverde diede una leggera pacca sulla spalla del cugino, che non proferì parola mentre scendevano le scale. 


*


 “Dev’esserci molta gente…”
Mentre camminava sul viale per raggiungere l’enorme porticato tenendo il marito a braccetto Amanda indugiò con lo sguardo sulle grandi finestre del pian terreno, tutte illuminate, mentre un discreto vociare era perfettamente udibile anche se non erano nemmeno entrati in casa.

“Facciamo le cose in grande, lo sai. Probabilmente ben poche famiglie hanno resistito alla tentazione di mandare qui uno dei loro figli.”
“Rigel è già arrivato?”
“Può essere. Ah, Amanda, credo che sia meglio avvisarti, mia madre mi ha detto che ci sarà anche…”

L’ex Tassorosso si voltò verso il marito, curiosa ma timorosa al contempo di sapere chi Perseus stesse per nominare. Il mago però non finì la frase, preceduto da una voce altrettanto familiare che lo chiamò:

“Ciao Perseus.”
I coniugi Black-Burke si voltarono sincronicamente verso la figura alta che aveva appena salutato il primogenito di Herbert e Belvina, un ragazzo biondo che si avvicinò ai due tenendo le mani nelle tasche del costoso completo e una sigaretta tra le labbra. 

“Ciao Ewart, sono felice di vederti.” 
Perseus sorrise al coetaneo, gli occhi azzurri luccicanti – del resto era stato proprio lui, in parte, a convincerlo a presentarsi – mentre Amanda abbozzava il suo solito sorriso gentile in direzione del Malfoy:

“Buonasera Ewart.”
“Amanda, sei bellissima come sempre.”  
“Tu invece faresti meglio a non entrare in casa con quella, se non vuoi vedere mia madre furibonda. Ti assicuro che non è un bello spettacolo…”

“Lo so, perché pensi che fossi qui fuori?”  Ewart prese la sigaretta e l’allontanò dalle labbra mentre aggrottava leggermente la fronte rivolgendo all’amico una pigra occhiata eloquente che venne ricambiata con un sorrisetto divertito:
“Pensavo per aspettare noi, in realtà.”
“Certo Pers, ti stavo aspettando per stendere il tappeto rosso… Andiamo, non voglio entrare dopo tuo nonno, sarebbe una mancanza di rispetto.”

Ewart superò amico e consorte roteando leggermente gli occhi chiari e Perseus, alle sue spalle, sorrise mentre lo seguiva, rivolgendosi ad Amanda:

“Sono contento che sia venuto.”
“Caro, so che ti piacerebbe avere Ewart in famiglia, ma non è detto che succeda, non farti illusioni a vuoto.”


*


“Ma dov’è Danae…”
“Tu la vedi per caso?”
“No, sei tu quella alta, Thea!”

Athyna sbuffò mentre si guardava febbrilmente intorno nella sala da ballo gremita, anche se della loro amica non c’era traccia. Accanto a lei Althea appariva leggermente più calma mentre si guardava intorno tenendo un calice dall’aria molto costosa in mano, alta e dall’aria eterea con i suoi lunghi capelli biondi e il vestito bianco. La giovane Shafiq sembrava quasi in grado di emanare una sorta di luce propria e lei e Athyna, accanto a lei, non potevano apparire più diverse. 

“Tranquilla, sarà qui a momenti.”
“Non pensi che stia fuggendo dalla finestra, vero?”
“Athyna, Danae si auto-definisce la persona meno atletica dell Regno Unito, per quanto possa essere teatrale fuggire dalla finestra non è nelle sue corde o nel suo stile. Ecco, laggiù c’è Castor, andiamo a chiedere a lui.”

Le due ex Grifondoro si diressero verso Castor, che era seduto e stava parlando con un ragazzo dai lisci capelli castani, pallido e dai lineamenti decisi.

“Ciao Castor, Christopher… Avete visto Danae?”
“Sì, ha detto che avrebbe affogato la sua scontentezza nel buffet.”  Christopher annuì, ricordando quando era entrato e aveva raggiunto l’amica per salutarla e Danae lo aveva immediatamente preso a braccetto, usandolo quasi come uno scudo umano mentre lo trascinava verso il rinfresco che precedeva la cena imminente.
“Avremmo dovuto pensarci… bene, andiamo a cercarla.”

Athyna annuì prima di girare sui tacchi, fare cenno ad Althea di seguirla e infine allontanarsi con la minore al seguito sotto lo sguardo assorto di Castor, che parlò all’amico con tono pensieroso:

“Ammetto che l’idea di dovermi scegliere una moglie anche tra le amiche di mia sorella mi strania non poco.”
“Lo immagino… Ma io sono qui per dare il mio supporto!”
“Non perché ti hanno costretto? Tutto questo è nato per me e mia sorella, ma la verità è che rappresenta un’occasione più che ghiotta anche per tutte le altre famiglie delle Sacre 28… se anche io e Danae non dovessimo scegliere uno di voi potreste sempre finire con lo stringere un contratto con qualcun altro tra i presenti.”
“Beh, sono qui anche perché mi hanno costretto, e naturalmente non ho preso ne prenderò mai in considerazione tua sorella, la stimo e rispetto troppo. E poi confesso che a volte un po’ mi fa paura…”

Christopher aggrottò leggermente la fronte e Castor, accanto a lui, sorrise mentre si portava il calice di vino alle labbra:

“Chissà come mai…”

*


“Per le calze di Morgana, sono qui da un quarto d’ora e mi hanno già torchiato venti persone, comincio a pensare che mia madre mi abbia lanciato un incantesimo di localizzazione affinché tutti questi maledetti invitati possano trovarmi, salutarmi e farmi persino gli auguri. Gli auguri, ti rendi conto, si congratulano con me per essere diventata la punta di diamante dell’asta della stagione, non ho parole…”

Danae sbuffò, sibilando a mezza voce e tra una tartina al salmone e l’altra mentre Aghata Olivander, seduta accanto a lei, le sorrideva gentilmente nel tentativo di consolare l’amica:

“È solo per questa sera, sono sicura che superato questo primo scoglio sarà tutto più semplice.”
“Lo spero tanto. Se non altro queste tartine sono deliziose, se ne vedi altre dimmelo.”

Aghata annuì quando, all’improvviso, la sua attenzione si catalizzò su un’aggraziata, attraente ed elegante figura femminile molto bionda e discretamente alta che aveva appena fatto il suo ingresso nella sala.
La ragazza spalancò gli occhi e quasi sbiancò – ben sapendo che fosse meglio che Danae non la vedesse – quando appurò che sì, quella era senza ombra di dubbio Vivian Lumacorno.

“Aghy, va tutto bene?”
“Sì, ma certo. Perché non andiamo a cercare tuo fratello e Amanda? Sono sicura che ormai siano arrivati e…”

“Ok, ma le tartine vengono con me.”
 
Danae annuì e si alzò, senza accennare a voler lasciare il suo piattino, e Aghata la imitò chiedendosi come fosse passato per la testa di Vivian di presentarsi. O era molto coraggiosa o molto, molto spericolata. 
Forse entrambe.

“Ma quella…. Che cosa ci fa LEI qui?! Aghata, aspettami qui, e tienimi le tartine, torno subito.”
“Danae, no, per favore… Danae!”

L’ex Serpeverde, tuttavia, ignorò l’espressione e il tono imploranti dell’ex Corvonero e si diresse a passo di marcia verso l’ancora ignara Vivian, scivolando tra gli invitati e senza degnare nessuno di uno sguardo, i glaciali occhi chiari fissi sul suo obbiettivo.

“Oh no…”
“Aghata, hai visto Danae per caso?”
“Ciao… ecco, è appena andata… di là.”

Aghata, mortificata, accennò in direzione di Vivian e Althea sbuffò, asserendo che quel rincorrersi per la sala stesse diventando ridicolo mentre Athyna, invece, aggrottò la fronte:

“Perché Danae sta andando a salutare Vivian Lumacorno? Non mi sembra che siano amiche.”
“N-no, ecco… forse non sapete…”

“Non sappiamo cosa?”


*


Vivian stava sorridendo e parlando amabilmente con un suo ex compagno di Casa, Edward Parkinson, quando si accorse che la figlia dei padroni di casa si stava dirigendo dritta verso di lei, e con aria poco benevola.

Naturalmente la Serpeverde aveva immaginato e temuto quel momento da quando aveva saputo di quella pagliacciata organizzata dai Black, motivo per cui aveva fatto di tutto per evitare di farne parte.
La bionda smise di parlare proprio quando Danae era ormai a pochi passi di distanza, deglutendo quando la bruna le si parò davanti con gli occhi ridotti a due fessure:

“Che cosa ci fai TU qui, esattamente? Non hai un minimo di decenza?”
“Danae, ti assicuro che avrei preferito evitare di presentarmi. E ti assicuro che non creerò problemi.”
“Lo spero tanto. Stai lontana da mio padre, mio fratello e qualsiasi mio consanguineo ci sia da queste parti, altrimenti ti disintegro, hai capito? Buonasera Edward.”
“Danae.”

Edward rispose al pacato saluto della ragazza con un cenno, parlando con il medesimo tono neutro mentre Danae, dopo aver rivolto un’ultima occhiata torva alla bionda, girava sui tacchi per allontanarsi.


“Mi odia.”
Vivian scosse il capo, sospirando piano mentre l’ex compagno di Casa, accanto a lei, sorrideva appena:
“Beh, ci hai provato con suo padre, non posso biasimarla. E non lo dico solo perché io e Danae abbiamo dei trascorsi…”
“Per l’ultima volta, io non avevo idea che fosse Herbert Burke, non l’avevo mai incontrato! Quando mi sono resa conto di chi fosse avrei voluto sprofondare, e ancor di più quando ho saputo di tutto questo. Non so con quale faccia mi aggirerò per questa casa…”

“Sono sicuro che Danae ci passerà sopra prima o poi, la conosco. Vieni, andiamo a prendere qualcosa da bere.”
“Ne ho un gran bisogno…”

Vivian accettò il braccio che Edward le porgeva alzando gli occhi al cielo, seguendolo tra la folla mentre un piccolo gruppo di persone, a pochi metri di distanza, aveva seguito tutta la scena con interesse:



“Cosa sarà successo tra Danae e Vivian Lumacorno? Amanda, tu sai qualcosa? Se sì ce lo devi dire.”
Rigel sfoggiò il suo sorriso migliore mentre si rivolgeva ad Amanda, che si affrettò a scuotere il capo e ad asserire di non saperne nulla mentre il cugino del marito non accennava a lasciar perdere, continuando a sorridere:

“Sei sempre adorabilmente gentile e a modo, ma sono sicuro che sai qualcosa.”
“Burke, vai a chiederlo a tua cugina invece di importunare Amanda, l’idea ti compiace?”

Rigel sbuffò e borbottò di non aver importunato nessuno mentre Cora Prewett, la migliore amica di Amanda, la prendeva sottobraccio con fare protettivo e gli lanciava un’occhiata torva. Ewart, in piedi accanto a loro, consigliò a tutti di rilassarsi con tono quasi annoiato mentre Perseus si aggiungeva al gruppo porgendo alla moglie un bicchiere:

“Ecco cara. Cosa mi sono perso?”
“Nulla, solo tuo cugino che fa la pettegola.”
“Cora, stai parlando di me?!”
“No Rigel, come ti viene in mente, parlavo di un altro cugino dei Black-Burke che si aggira per la sala… Andiamo, stanno iniziando a servire la cena nel salone.”

Cora, senza battere ciglio, si allontanò insieme ad Amanda e a Perseus, che sfoggiò un sorrisetto mentre seguiva le due streghe. Rigel, invece, esitò aggrottando la fronte, confuso:

“Ma non ci sono altri cugini stasera…”
“In effetti penso che si riferisse a te Rigel, ma naturalmente la mia è solo un’ipotesi molto azzardata.”


*


Danae, seduta al suo posto tra Castor e Amanda, teneva gli occhi fissi su suo nonno. Phineas Nigellus Black era arrivato poco prima, giusto in tempo per la cena. Era lui quello in ritardo, era lui la vera star della serata, lo sapevano tutti, sua madre in primis.

Belvina ora stava parlando con suo nonno insieme al marito, mentre gli ospiti avevano iniziato a prendere posto nei numerosi tavoli rotondi che erano stati fatti elegantemente apparecchiare per l’occasione con le migliori tovaglie e la migliore argenteria.

“Pensi che nostro nonno farà un discorso?”
Le parole di Castor non la distrassero dalle tre figure, portandola solo ad inclinare le labbra in un sorriso quasi amaro e a lasciarsi andare ad una tetra risata:

“Probabile. Non che sia il padrone di casa, ma ama giocare il ruolo del patriarca autoritario. Non per niente ha fatto in modo che tutto questo avesse inizio dopo la chiusura di Hogwarts per l’Estate, così che lui potesse essere presente.”
“Il solito nonno…”
“Già.”


*



“Se devo essere onesto, non ho ben compreso a cosa serve questa specie di cerimonia preliminare.”
“Ai Black piace fare le cose in grande, Amias.”

Shedir si strinse debolmente nelle spalle mentre teneva gli occhi fissi sul suo bicchiere, giocherellandoci distrattamente. Amias, seduto accanto a lui, aggrottò leggermente la fronte:

“Certo, ma non ti sembra che ci sia davvero tanta gente? Hanno intenzione di ospitare tutti, per caso?”
“Ovviamente no, immagino che questa festa serva non tanto ad “aprire le danze” quanto più per iniziare a scartare qualche candidato. Possiamo sederci?”

Shedir, sentendo una voce molto familiare, alzò lo sguardo. I suoi occhi scuri incontrarono così quelli azzurri di Cora, che lo stavano fissando con insistenza e una punta di diffidenza, quasi volessero costringerlo a dirle perché si trovasse lì, quella sera.

“Certo.”  
“Grazie.”  Cora non proferì parola, a parlare fu il ragazzo con cui si era avvicinata al tavolo, che Shedir riconobbe immediatamente come un vecchio amico di Amanda, Gerard Olivander.

“Non pensavo di vederti, Shedir.”  
“Mi annoiavo.” 
L’ex Serpeverde non battè ciglio, ricambiando lo sguardo di Cora mentre Gerard, seduto accanto alla strega, rivolgeva alla ragazza un’occhiata in tralice, come a volerle suggerire di lasciar perdere.

Quanto ad Amias, lui sembrava quasi divertirsi. Doveva pur intrattenersi in qualche modo durante il suo soggiorno lì, dopotutto.


*


“Abbiamo tenuto il posto a Lilith, ma dov’è?”
“Forse è in ritardo, prima ho salutato Perseus e Amanda e lei mi ha detto che sarebbe venuta.”

Althea aggrottò leggermente la fronte e rivolse un’occhiata incerta alla porta a doppia anta aperta della grande sala, quasi aspettando che una ragazza a loro familiare facesse il suo ingresso a momenti.

Una ragazza aveva, in effetti, appena varcato la soglia della sfarzosa dimora quando Phineas Nigellus Black si alzò in piedi per dare qualche colpetto sul suo bicchiere con una posata, attirando così su di sè l’attenzione di tutti i presenti.

“Ecco, si comincia…” Danae sospirò, scambiandosi un’occhiata eloquente con il gemello mentre Belvina osservava il padre seria in volto, quasi a volerlo ammonire di non esagerare. 
Disgraziatamente, la sua era una famiglia che tendeva ad essere nella norma quasi su niente.


“Hai visto mia sorella? Sono un po’ preoccupata, sarebbe dovuta arrivare già da un po’…”
Amanda si rivolse in un sussurro al marito mentre si guardava intorno con una punta di nervosismo, chiedendosi perché Lilith ancora non si fosse fatta vedere.
Perseus scosse il capo e Amanda stava prendendo in considerazione la possibilità che Lilith avesse deciso di ribellarsi ai loro genitori e di non presentarsi quando, finalmente, scorse la sua familiare figura esile ed aggraziata entrare.

Scusami 

Lilith abbozzò un sorriso colpevole e parlò alla sorella usando solo le labbra, dopodiché si affrettò a raggiungere il posto che Althea, Athyna e Aghata le avevano tenuto cercando di farsi notare il meno possibile.

“Eccoti, dov’eri finita?!”
Althea sgranò gli occhi quando vide l’ex compagna di scuola, parlando in un sussurro a cui la Rowle non rispose, facendole cenno che le avrebbe spiegato più tardi mentre la voce di Phineas Nigellus riempiva la sala gremita:

“Buonasera a tutti, benvenuti e grazie per aver accettato di essere presenti questa sera. Immagino che sia giunto il momento di darvi qualche spiegazione in merito a quanto succederà nelle prossime settimane.”

Danae sorrise e si portò il bicchiere alle labbra, bevendo un sorso alla salute di suo nonno: lo show di Phineas Nigellus Black poteva finalmente avere inizio.








……………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Chiedo scusa per l’enorme ritardo, pensavo e speravo di avere più modo di scrivere durante le feste.
Ma finalmente eccomi qui, buon anno a tutte e spero vivamente che il prossimo capitolo arrivi con tempi ben più brevi di questo. 
Buonanotte, 
Signorina Granger 







Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

“Merlino, pensavo che questa serata non sarebbe mai finita…”
 
Danae spalancò la porta della sua stanza con un sospiro esasperato e sollevato allo stesso tempo, le scarpe in mano e la gonna del vestito che sfiorava il parquet. La giovane strega si avvicinò al grande letto a baldacchino che da solo occupava un intero terzo della stanza mentre, alle sue spalle, tre ragazze la seguivano. L’ultima, la più minuta, chiuse la porta prima di sfilarsi le scarpe e sua volta per far fare loro compagnia a quelle della padrona di casa, lasciandole ai piedi del letto prima di sedersi sul materasso.
 
Athyna sollevò le braccia per stiracchiarsi e annuì, gli occhi chiusi e la testa leggermente reclinata all’indietro per trovare un po’ di sollievo dopo ore passate seduta rigidamente secondo le regole del galateo o in piedi, sempre impegnata in qualche convenevole dettato dalla cortesia.
 
“Decisamente… Sai, penso che infondo se trovassi futuro marito in fretta questa pagliacciata finirebbe prima. Sicura di non voler scegliere già domani? Almeno ci risparmiamo la tortura…”
 
Danae scoccò un’occhiata torva all’amica, che per tutta risposta sfoggiò un sorriso angelico e innocente mentre Althea, sedendo sullo sgabello della toeletta, roteava gli occhi castani:
 
“Athyna, piantala… Dubito che questa strategie migliorerebbe le cose per Danae. Certo tutto questo finirebbe subito, ma poi dovrebbe sorbirsi 40 anni insieme a qualcuno che magari alla lunga non sopporterà affatto.”
“Lo so, stavo solo scherzando, e Danae lo sa.”
 
Althea alzò gli occhi al cielo mentre Danae, appoggiando la testa sulla spalla di Athyna, abbozzava un sorriso divertito:
“Un po’ vi invidio, vi divertirete condividendo la stanza, scommetto…”
“Beh, sicuramente non ci annoieremo, questo è certo. Agatha, tu con chi dormi?”
 
Le tre si voltarono verso la quarta figura, che ancora non aveva proferito parola da quando aveva messo piede nella stanza. La giovane Ollivander si strinse nelle spalle, abbassando appena percettibilmente lo sguardo prima di mormorare un nome a denti stretti:
 
“Agy, scusa, ma non ho sentito…”
“Vivian…”
 
Athyna spalancò i grandi occhi contornati da lunghe ciglia e si voltò di scatto verso Danae, che invece si limitò a sbuffare e a mormorare un “Buona fortuna” sommesso prima di alzarsi dal letto.
 
“Dany, non pensi che potresti passarci sopra? Si è scusata, dopotutto, e sostiene che…”
“So benissimo cosa va ripetendo da settimane, Thea. Non so se le credo o no, ma comunque mi irrita sapere che dorme sotto il mio stesso tetto. Spero solo che mio fratello scelga qualcun’altra… non mi dispiacerebbe avere per cognata una di voi, in effetti.”
 
La strega inclinò le labbra in un piccolo sorrisetto beffardo mentre si voltava verso le amiche, guardandole ammutolire una dietro l’altra con aria divertita.
 
“Che c’è, mio fratello vi disgusta?”
“Beh, no… credo di poter parlare a nome di tutte quando dico che Castor è un bellissimo ragazzo, ma sarebbe… strano. Insomma, è tuo fratello e lo conosciamo da anni.”
“Tra noi Purosangue ci si sposa quasi sempre con persone che in un modo o nell’altro conosciamo dall’infanzia… Non abbiamo poi così tanta scelta, dopotutto.”
 
Danae si strinse nelle spalle e Althea sorrise appena, guardando l’amica con aria eloquente:
“E vuoi dirci che qui non c’è nessuno che ti piaccia o che almeno ti colpisca un po’?”
 
“Beh, Rigel è mio cugino, Christopher è mio amico e sarebbe davvero strano… Edward non ne parliamo, e Shedir Nott…”
Danae s’interruppe, destando la curiosità di Athyna, che inarcò le sopracciglia e si protese leggermente in avanti, verso la Serpeverde:
“Shedir Nott cosa, esattamente?”


“Niente, una sciocchezza… Diciamo che non penso sia venuto qui per me. Sì è fatto tardi, credo che dovremmo tutte andare a dormire, vi ho trattenute abbastanza.”
 
Althea e Agatha, per nulla convinte, si scambiarono un’occhiata di sbieco, ma entrambe conoscevano la Black abbastanza bene da sapere che non era il caso di insistere. Così, le tre si alzarono e, augurata la buonanotte a Danae, si congedarono.
 
 
“Che cosa avrà voluto dire?”
“Non so Agy… Ma sono sicura che nei prossimi giorni lo sapremo, prima o poi.”
 
 
*
 
 
“Posso sapere perché tu hai il privilegio di non dover condividere la stanza con nessuno? Non lo trovo corretto.”
“Attento Gerard, l’invidia è una brutta malattia… Immagino che la Signora Burke abbia considerato che essendo la più grande tra le ragazze merito più privacy. Insomma, non sono una ragazzina, ho 25 anni.”
“Neanche io sono un ragazzino, eppure devo dormire con il cugino Rigel!”
 
Gerard sfoggiò una smorfia, visibilmente contrariato mentre camminava lungo uno dei tanti corridoi della residenza accanto alla sua vecchia amica Cora, che invece sorrise divertita:
 
“Guarda il lato positivo Gerry, non avrai un attimo di noia…”
“O di pace.”
“Anche questo è vero, ma cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno. Ok, io sono arrivata… ma prima, devo chiederti un favore.”
 
Cora si fermò davanti alla porta della sua stanza e prese delicatamente il ragazzo per un braccio, guardandolo dritto negli occhi e assumendo un’espressione seria:
 
“Tieni d’occhio Nott.”
 
Gerard aggrottò la fronte, non capendo la richiesta dell’amica che invece appariva serissima:
 
“Perché? Che cosa dovrebbe combinare?”
“Non lo so, ovviamente, ma meglio prevenire che curare… specialmente quando Amanda e Perseus saranno nei paraggi.”
“Ti riferisci a quella storia? Cora, è passato tempo, gli sarà passata.”
“Non ne possiamo essere sicuri. E magari vendendola, se anche fosse, potrebbe risvegliarsi qualcosa in lui. O peggio, in lei…”
 
L’espressione di Cora si rabbuiò e la mano della strega scivolò dal braccio dell’ex Tassorosso, che guardò l’amica con cipiglio leggermente scettico:
 
“Amanda ama Perseus, Cora, lo sai.”
“Sì, e so anche che lui tiene molto a lei, sono una bella coppia… Ma non si può mai sapere. Al cuor non si comanda, giusto? Non si sceglie che cosa provare o per chi… Non capisco perché Nott sia venuto, si fa del male da solo.”
“Oppure vuole voltare pagina e tu ti stai preoccupando per nulla, Cora.”
 
“Forse. Il tempo ci dirà chi ha ragione. Per adesso buonanotte Gerry, ci vediamo domattina.”
 
La strega si avvicinò leggermente all’amico per dargli un bacio su una guancia, dopodiché girò sui tacchi, aprì la porta e sparì all’interno della stanza, lasciando Gerard solo nel corridoio illuminato dalle lampade ad olio.
 
 
Il ragazzo indugiò per qualche istante, restando immobile mentre rifletteva sulle parole dell’amica. Alla fine si ridestò, infilandosi le mani nelle tasche mentre tornava indietro verso le scale, diretto in camera sua.
 
Cora era molto arguta, lo sapeva bene… eppure anche lei, di tanto in tanto, poteva non vederci giusto dopotutto.
 
 
*
 
 
“Non è stato poi così tragico, no?”
 
Amanda, seduta sul letto che condivideva con Perseus, si stava passando distrattamente alcune ciocche di capelli scuri intorno alle dita pallide e affusolate mentre il marito si preparava per coricarsi. Lo udì ridacchiare, e alzò lo sguardo mentre il mago sorrideva, divertito, e si sfilava la vestaglia:
 
“Per me no di certo, ma conoscendo mia sorella sono sicuro che è felice che sia finita. Anche se questa è stata solo la punta dell’iceberg…”
“Per quanto si fermeranno dai tuoi genitori?”
“Hanno esteso il loro “cordiale invito” per un mese, credo, ma chi può dire quanto durerà… Comunque, stasera mi è sembrato tutto piuttosto tranquillo, hanno lasciato i miei fratelli relativamente in pace.”
 
“Non so quanto durerà.”
“Suvvia, sono sicuro che molti di quei ragazzi sono stati spediti lì a calci dai loro genitori e sono scontenti tanto quanto Danae, è solo troppo concentrata sul suo disappunto per rendersene conto. Ogni tanto andrò a vedere come se la cava Ewart, sono molto curioso.”
 
Perseus sorrise e guardò la moglie annuire distrattamente prima di tornare a guardare dritto davanti a sé, ridestandosi quando sentì di nuovo il marito parlare, questa volta abbandonando ogni traccia di divertimento:
 
“L’ho visto, prima.”
“Che cosa?”
“Shedir Nott. Ti guardava, a cena. Non so se ti ha dimenticata.”
“E’ passato tanto tempo, Perseus. Sono sicuro che non pensa a me da anni.”
 
Amanda si voltò, evitando lo sguardo del marito che invece continuò a tenere con ostinazione gli occhi azzurri fissi su di lei:
 
“Non puoi saperlo.”
“Neanche tu. Perché presentarsi a casa dei tuoi genitori, allora?”
“Forse è proprio questo il punto, in qualche modo voleva esserti vicino.”
 
Perseus si rabbuiò e Amanda si voltò verso di lui con un sospiro, prendendogli il viso tra le mani:
 
“Perseus, vuoi che ti dica la verità? Stavo con Shedir, ed ero felice. Davvero felice. Poi i miei genitori hanno organizzato il nostro fidanzamento, e ho chiuso con lui, perché era giusto così. Mentirei se ti dicessi che non mi è dispiaciuto o che non ho mai pensato a lui successivamente, ma mentirei anche dicendo che con te sono infelice. Sono felice di averti sposato, Perseus.”
 
Perseus abbozzò un sorriso e annuì, prendendole le mano per depositarle un bacio sul dorso prima di parlare a bassa voce:
 
“Va bene cara, ti credo. Sono felice se lo pensi davvero.”
“Sì, lo penso.”
 
 
*
 
La mattina dopo
 
 
Megara emise un lieve gemito carico di disappunto, disappunto che aumentò quando la giovane sentì un cuscino colpirle la spalla con veemenza, seguito da una risatina dolce e divertita:
 
“Non mi va…”
“Dai Meg, vuoi fare la figura della ritardataria al primo giorno? Confesso che a me il Signor Black mette un po’ paura…”
 
Megara sbuffò e si voltò, smettendo di coprirsi il capo con il lenzuolo e scoccando un’occhiata torva alla ragazza dall’incarnato pallido e dai capelli mori che aveva davanti mentre si metteva a sedere sul letto:
 
“Non è lui il padrone di casa, Lilith… e poi tu di che ti lamenti, sei praticamente di famiglia, qui.”
“Solo perché mia sorella ha sposato Perseus, non vuol dire che posso fare come se fossi a casa mia!”
 
Riflettendo, Lilith avrebbe voluto aggiungere che considerando la rigidità con cui sua madre educava i figli neanche a casa sua era mai stata davvero libera nei comportamenti, ma lasciò perdere mentre l’ex compagna di Casa e amica si alzava, stiracchiandosi con un sospiro. I capelli castani di Megara, che le arrivavano all’altezza del mento, erano parecchio arruffati, ma la ragazza non sembrò farci caso e si passò una tra di essi con noncuranza, come se ci fosse abituata:
 
“Beh, sicuramente hai più confidenza con i padroni di casa rispetto a me… Va bene, mi hai convinto a scendere, ma solo perché ho fame.”
“Fame? Dopo il banchetto di ieri sera?!”
“Lily, tutta questa situazione mi stressa, cosa vuoi che ti dica… Dai, vestiamoci in fretta. Mi spieghi perché i tuoi capelli sono così ordinati anche se ti sei svegliata da poco? Ci fai un incantesimo per caso?”
“Beh, no…”
 
“Voi coi capelli lisci meritate un girone all’inferno, Lily Rowle.”
 
 
*
 
 
Se c’era una cosa alla quale Vivian Althea Lumacorno poteva dirsi abituata, erano gli sguardi.
Sguardi compiaciuti da parte della madre, che rimirava la figlia che aveva cresciuto secondo i rigidi ed esigenti criteri di una società d’elite; gli sguardi ammirati di ragazzi – e talvolta anche di uomini più maturi – che osservavano la bellezza e l’eleganza innata dei suoi tratti, dei suoi capelli color grano e il suo portamento raffinato che la valorizzava ancora di più.
Spesso a questi si aggiungevano gli sguardi ammirati e talvolta sprezzanti di donne e ragazze più giovani, ma in ogni di esse Vivian poteva sempre scorgerci qualcosa di comune: una punta di invidia.
 
La giovane strega non si scomponeva più di fronte agli sguardi, del resto sua madre le aveva insegnato ad essere perfetta e disinvolta, e mentre scendeva le scale con naturalezza si preoccupava soltanto di non pestare l’orlo della sua bella gonna nuova color acquamarina che le fluttuava intorno alle lunghe gambe.
 
“Buongiorno.”
 
Gli occhi chiari di Vivian indugiarono sulla fonte della voce che aveva appena udito e abbozzò un sorriso educato in direzione del ragazzo biondo che aveva davanti, allungando una mano per stringere con delicatezza il braccio che Edward le porgeva quando l’ebbe raggiunto nel grande atrio luminoso, dove la luce che entrava dalle finestre faceva quasi brillare il pavimento di marmo bianco ricco di venature:
 
“Buongiorno Edward.”
“Ti trovo bene… Questa gonna si abbina ai tuoi occhi, Signorina Lumacorno.”
Edward sorrise, ma la ragazza non si scompose affatto, parlando con tono quasi indifferente: del resto lei, ai complimenti, c’era abituata.
“E’ esattamente ciò che ha detto mia madre quando ha scelto la stoffa dalla sarta. Vedo che hai occhio per i dettagli.”    
“Ho occhio per ciò che è bello, Vivian. Del resto, tua madre è una delle donne con più classe del nostro ambiente, e credo che tu abbia preso molto da lei.”
 
Questa volta, sentendo nominare la madre, Vivian sorrise e annuì con un cenno appena percettibile mentre varcava la soglia della sala da pranzo del pian terreno insieme all’ex compagno di Casa:
 
“Sì, non c’è dubbio.”
“Sul fatto che abbia classe o sul fatto che le somigli?”
 
“Entrambe le cose, Edward, entrambe le cose.”
 
Viviana era molto affezionata a sua madre, e sapeva che Edward aveva appena detto il vero: Geraldine Rowle era una donna di gran classe, e come tutti le ripetevano da sempre la somiglianza tra lei e la madre da giovane era quasi disarmante.
 
 
Edward sorrise e annuì, assicurandole con una debole risata che avrebbe fatto strage di cuori nelle settimane successive mentre il duo si accingeva a prendere posto nella lunga tavola elegantemente apparecchiata per la colazione:
 
“Se non fosse che Phineas Nigellus Black è ricco da far paura, direi che potresti offuscare Danae, sai?”
“Non è mia intenzione, anzi… considerando l’opinione che Danae ha di me, vorrei cercare di non peggiorare la situazione.”
 
Il bel volto di Vivian si rabbuiò leggermente e quando Edward soffocò a fatica una risata, il ragazzo pagò la sua ilarità con una poderosa gomitata alle costole.
Mai deridere Vivian Lumacorno, mai. L’unico che si permetteva di farlo era suo fratello maggiore Horace, ma Vivian cominciava a credere che suo fratello non avesse rispetto per niente e per nessuno, al di fuori dei suoi interessi.
 
 
*
 
 
Castor si stava già servendo la colazione, impegnato a chiacchiere con l’amico Cristopher, quando sua sorella gemella fece il suo ingresso nella sala da pranzo, sola.
Il ragazzo non ebbe bisogno di guardare sua madre per sapere che Belvina aveva fulminato l’unica figlia con uno sguardo gelido, ricordandole che in quanto padrona di casa era scortese arrivare dopo i loro ospiti, ma Castor sapeva anche che Danae avrebbe ignorato la madre, per cui non si stupì quando la ragazza sedette accanto a lui facendo finta di niente.
 
“Buongiorno Dany… Dormito bene?”
“Non so Tor, ho fatto un brutto sogno… la nostra casa era invasa da degli avvoltoi.”
 
 
Il tono grave della sorella lo fece sorridere, e Christopher nascose il viso dietro la sua tazza di thè mentre Belvina, che sentì tutto, dovette ricordare a se stessa che aveva degli ospiti per non alzarsi e rimproverare la figlia davanti a tutti.
 
“Mamma, papà dov’è?”
“A Londra, aveva un incontro d’affari.”
 
Vivian sospirò di sollievo, anche se nessuno se ne accorse: dal canto suo, meno tempo passava con il signor Burke in circolazione e meglio era. La giovane Lumacorno tuttavia non venne risparmiata dalla gelida occhiata che Danae le rivolse, scrutandola con i gelidi occhi cerulei, unica cosa che aveva apparentemente ereditato da suo nonno.
 
Vivian tuttavia fece finta di niente, ma l’espressione quasi truce della figlia non sfuggì alla padrona di casa, che aggrottò leggermente la fronte ma non osò chiedere nulla di fronte agli ospiti.
Il viso della donna si illuminò invece in un cordiale sorriso quando nela stanza entrarono anche Lilith e Megara, rivolgendosi con calore alla prima:
 
“Buongiorno signorine… Lilith, cara, mi è molto dispiaciuto non vedere tua madre ieri sera… Sta bene, spero.”
“Niente di grave Signora Burke, aveva solo un forte mal di testa. Le è dispiaciuto non esserci, ma mi ha chiesto di salutarla e di ringraziarla per l’invito.”
 
Lilith sfoggiò il suo sorriso più gentile mentre prendeva posto accanto a Megara, proprio di fronte a Danae. Belvina ricambiò e le assicurò che avrebbe presto scritto alla consuocera per salutarla mentre Megara, parlando in un sussurro, si rivolgeva all’amica:
 
“Visto, che ti dicevo?”
“Meg, la signora è sempre garbata con tutti, non solo con me!”
 
“Oh, tu non l’hai mai vista quando io e Tor tornavamo a casa ricoperti di fango… Dimmi un po’ Lilith, considerando che tua sorella e mi fratello sono sposati, noi cosa siamo, cognate?”
 
Danae parlò con tono vago mentre, dopo aver spalmato del burro su una fetta di pane tostato, la ricopriva di marmellata con cura. L’ex Corvonero invece esitò, versandosi del caffè prima di parlare con tono incerto:
 
“Sinceramente non so se ci sia un termine per descriverlo, ma in un certo senso si può dire che siamo parenti, immagino.”
“Beh, io e Tor adoriamo Amanda, è stata una ventata di aria fresca in famiglia. Vi somigliate molto, non trovi Tor?”
 
Castor annuì, ma senza guardare direttamente Lilith negli occhi: continuò invece a concentrarsi sulle sue uova, senza osare alzare lo sguardo. Christopher, dal canto suo, inarcò un sopracciglio e scoccò un’occhiata confusa a Danae, che invece sorrise beffarda prima di addentare la sua colazione con fare compiaciuto.
 
“Lilith era nella mia Casa, Danae, non serve che tu me lo faccia notare.”
“Era solo per dire Tor, non ti scaldare. Scusatelo, talvolta di prima mattina è davvero scontroso.”
 
Danae sorrise angelica, mentre Lilith annuiva, confusa, e Megara spostava lo sguardo da un gemello all’altro.
 
Lei, Lilith e Castor, erano stati tutti dei Corvonero. Non poteva dire di aver mai avuto grandi contatti ravvicinati con il ragazzo ad Hogwarts, del resto lui aveva due anni più di lei ed era sempre circondato da molte persone, mentre lei era timida e spesso si sentiva inadeguata in grandi gruppi.
Tuttavia, lei e Castor si conoscevano da bambini e di rado l’aveva visto comportarsi in quel modo.
 
Lilith, che aveva un anno in più rispetto a lei, l’aveva semplicemente conosciuta durante il suo primo banchetto ad Hogwarts: una volta Smistata tra i Corvonero si era seduta al loro tavolo, finendo proprio vicino a quella che all’ora era una dolce ragazzina con le trecce e brillanti occhi azzurro-grigi.
Affini di carattere, avevano fatto amicizia molto in fretta e nonostante avessero altre amicizie avevano sempre passato molto tempo insieme. L’amicizia, agevolata dal fatto che le loro famiglie facevano parte della stessa cerchia, era proseguita anche dopo Hogwarts: si erano scritte durante il settimo anno di Megara, quando Lilith si era già diplomata, e Meg era molto felice di avere una spalla in quella situazione dove si sentiva così poco a suo agio.
 
In quel momento realizzò che non aveva mai visto Castor e Lilith parlarsi, a scuola.
L’ex Corvonero osservò il ragazzo, che stava ancora mangiando come se nulla fosse, e poi guardò Danae. Improvvisamente le sembrò di capire qualcosa, ma in quel momento tacque e fece finta di nulla, ripromettendosi però di fare diversamente poco più tardi.
 
 
*
 
 
“Mi spieghi com’è possibile che veniamo qui da anni e ancora non troviamo la sala da pranzo?”
“Se non ce ne fossero tre sarebbe più semplice!”
 
“La colpa è dell’elfo domestico a cui abbiamo chiesto, ci ha detto di andare in quella più grande, ma noi dobbiamo andare nella media!”
“Ma che se ne fanno di tre sale da pranzo, questo vorrei sapere…”
 
 
Athyna sbuffò, borbottando qualcosa contro le sale da pranzo mentre Althea, sua compagna di stanza per tutta la durata di quell’”esperimento”, indicava le scale:
“Ecco, quella è la rampa principale, da lì si arriva all’atrio e alla sala principale!”
 
“Occhio, sono di marmo, una volta ho rischiato di rompermi l’osso del collo qui…”
 
“Perché la cosa non mi stupisce minimamente?”
 
Udendo una voce maschile dal papabile tono canzonatorio le due Grifondoro si voltarono appena in tempo per scorgere Rigel, il cugino di Danae e Castor, superarle ridacchiando. Athyna, gli occhi ridotti a due fessure, gli suggerì caldamente di tacere e il ragazzo sorrise divertito:
 
“Non è il caso di offendersi Athyna, dico solo che riesco benissimo a figurarmi la scena…”
“Almeno io non sono la pecora nera della famiglia! I tuoi genitori ti hanno mandato qui perché hanno perso le speranze, immagino… del resto, solo una santa potrebbe avere il coraggio di sposarti.”
 
Se c’era una cosa che Athyna Avery non sopportava erano gli arroganti, e sfortunatamente l’ambiente da cui proveniva ne era pieno. In particolare, aveva sempre considerato Rigel Burke un borioso pallone gonfiato, ricordandolo sempre come il bambino che da piccola le tirava i capelli, prima che puntualmente Perseus, come un vero cavaliere, la salvasse.
Il fatto che, una volta ad Hogwarts e Smistata tra i Grifondoro lo avesse trovato tra le file dei loro rivali per eccellenza, non aveva di certo migliorato l’immagine che ne aveva.
 
Rigel non rispose, fischiettando con noncuranza mentre entrava nella sala da pranzo. Althea, invece, rivolse un’occhiata leggermente perplessa all’amica:
 
“Lo so che non ti piace, ma gliene ho sentite dire di peggiori, lascialo perdere.”
“Lo so Thea… Ma alcuni scherzi non piacciono neanche a me.”
 
Althea non rispose subito, ripensando a quando, durante il suo sesto anno, l’amica per un periodo era rimasta in infermeria dopo essersi fatta parecchio male in seguito ad una caduta proprio dalle scale della Torre di Astronomia. Immaginò che il ricordo fosse ancora vivido e non proseguì l’argomento, limitandosi a sorridere:
 
“Non ci pensare, pensa alla colazione che ci aspetta, i Burke fanno sempre le cose in grande, dopotutto.. Dopo potremmo andare fuori a prendere aria, c’è un bel sole fuori.”
Athyna abbozzò un sorriso e annuì, intimandosi di non pensare a Rigel e a seguire il consiglio dell’amica.
 
 
*
 
 
Christopher stava camminando sull’erba verdissima e molto curata, gli occhi fissi sulla ragazza che, in piedi sulla riva del lago che faceva parte della grande proprietà, era impegnata a lanciare dei sassi sull’acqua cercando di farli rimbalzare.
 
“Dany, posso parlarti?”
Danae si voltò e sorrise all’amico, facendogli cenno di raggiungerla sulla riva, dove sassi di tutte le dimensioni e colorazioni, tutti scintillanti sotto il sole, avevano sostituito l’erba:
 
“Ciao Chris! Certo, fammi compagnia. Non riesco a fare sette salti, maledizione…”
L’ex Serpeverde sbuffò mentre si voltava di nuovo verso il lago, lanciando un altro sasso piatto e seguendone il percorso con lo sguardo. Christopher la raggiunse, le mani nelle tasche dei pantaloni blu dal taglio sartoriale, e aspettò che il sasso cadesse in acqua al sesto salto prima di parlare:
 
“Potresti sempre dargli un aiutino…”
“Non voglio farlo con la magia, voglio riuscirci da sola, sarebbe troppo facile. Di che cosa volevi parlarmi?”
 
Danae fece planare un sasso dritto sul palmo della mano grazie ad un lieve tocco di bacchetta, e Christopher esitò prima di aprire bocca:
 
“Di stamattina. Il comportamento di Castor mi è sembrato strano… E so che tu di rado fai certe cose per caso, senza un motivo.”
 
Il ragazzo, che stava osservando l’amica, la sentì ridere e la vide voltarsi verso di lui prima di lanciargli il sasso, accennando al lago con i capo:
 
“Prova tu.”
“Danae…”
“5 salti e ti dirò quello che vuoi sapere.”
 
Christopher esitò, ma di fronte al sorriso di Danae, che aveva imparato a conoscere molto bene, seppe che non aveva scelta, così sospirò e si avvicinò all’acqua. Si rigirò brevemente il sasso tra le mani e lo lanciò, guardandolo insieme all’amica fare quattro salti prima di cadere in acqua.
Il Tassorosso sbuffò, ma non fece in tempo a dire niente perché l’amica gli fece comparire un sasso in mano, sorridendogli senza dire niente:
 
“Sei sempre la solita, con te c’è qualcosa di semplice?”
“Non so dirti, ma mi conosci da molto, credo che tu lo sappia.”
 
Christopher alzò gli occhi al cielo, ma poi si decise e lanciò il sasso, pregandolo mentalmente di fare 5 salti: avrebbe potuto aiutarsi con la magia, ma non voleva rischiare che Danae se ne accorgesse.
 
Il ragazzo esultò mentalmente quando il sasso cadde in acqua con un leggero tonfo dopo aver fatto cinque salti, voltandosi verso l’ex Serpeverde con aria vittoriosa:
 
“Va bene Dany, ora se hai finito con i giochetti puoi parlare. Avanti.”
“Va bene… Beh, per fartela breve, mio fratello tempo fa aveva una cotta per Lilith.”
 
“Davvero?! Io non ne sapevo niente!”
“Questo perchè non l’ha mai detto a nessuno… Sapeva che se si fosse saputo mio nonno avrebbe fatto pressioni per organizzare un fidanzamento. I Rowle di certo non si sarebbero tirati indietro, ma non voleva imporre qualcosa a Lilith, non le si è neanche mai dichiarato.”
 
“Ma… quando?”
 
Danae si strinse nelle spalle, continuando a guardare il lago mentre Christopher, alle sue spalle, non credeva alle sue orecchie.
 
“Francamente non saprei con precisione, ma con il fatto che Amanda e Perseus erano fidanzati le nostre famiglie si vedevano abbastanza spesso. Hanno iniziato a trattare per il fidanzamento all’ultimo anno di mio fratello, noi eravamo al quarto, Lilith al terzo. Poi, due anni dopo, io e Tor tornammo  a casa per le vacanze di Natale, e i miei genitori organizzarono una cena con i Rowle per festeggiare la firma del contratto prematrimoniale avvenuta poco prima… venne anche Lilith, ovviamente, e non so che cosa sia successo di preciso, ma mio fratello è leggermente cambiato. Non si erano mai tanto parlati neanche a scuola, credo, ma sembrava felice quando in queste “riunioni di famiglia” Lilith non c’era, e credo che a scuola non avessero alcun contatto. Non ci ho messo molto a capire che si era invaghito di lei, credo sia stato un “colpo di fulmine” all’improvviso, forse in quell’occasione l’ha vista per la prima volta non più solo come la sorellina della nostra futura cognata.”
 
“E tu pensi che gli piaccia ancora?”
“Non ne ho idea, ma è ironico, no? Mio fratello ha passato l’ultimo anno e mezzo di scuola con una cotta per una ragazza, che ora è qui mentre lui tecnicamente cerca moglie.”
“Beh, se è così dovrebbe… insomma... dichiararsi. Se non ora, quando?”
 
“Non so Chris, le persone cambiano, le cotte passano, Tor ha avuto qualche frequentazione da dopo Hogwarts… ma non escludo che da dopo il matrimonio di mio fratello e Amanda possa essersi risvegliato qualcosa, ci siamo visti spesso dopotutto… dev’essere dura, lui cerca di evitarla ma tecnicamente siamo quasi parenti, e ora è proprio a casa nostra. Non ho mai sentito Tor parlare molto di ragazze, anche se lui piace e piaceva parecchio, lo sai…”
 
Danae sorrise, smettendo di parlare quando il sasso nero che aveva appena lanciato rimbalzò sette volte prima di sprofondare nelle acquee cristalline del lago dove da piccola aveva imparato a nuotare.
 
“Non capisco perché evitarla, come se fosse partito già con l’idea che lei possa rifiutarlo.”
“I nostri genitori se lo sapessero organizzerebbero un matrimonio in quattro e quattr’otto Chris, la madre di Lilith e Amanda sarebbe ben felice di accasare così bene anche la sua secondogenita, fidati, non per niente l’ha mandata qui contro la sua volontà, e Tor lo sa. Ma se vuoi puoi provare a parlarci tu.”
“Se no ascolta te perché dovrebbe ascoltare me?”
 
“Perché tu sei più gentile di quanto io non sarò mai, Chris, lo sanno tutti, per questo si chiedono perchè siamo amici.”
 
 
*
 
 
“Oh, ma guarda, il club dei più anziani!”
 
Ewart sorrise una volta messo piede nel salotto dove trovò Cora Prewett seduta su un divanetto accanto a Gerard, con Rigel spaparanzato su una poltrona vicino al camino spento.
 
La ragazza gli rivolse un’occhiataccia e Gerard sorrise debolmente al bionde, suggerendogli di non associare mai l’aggettivo “anziana” alla sua amica se non voleva ritrovarsi nei guai.
 
“Sia mai che io manchi di rispetto ad una signorina, era solo per sottolineare che siamo i più vecchi. Chiedo scusa, Cora.”
 
Il giovane Malfoy, avvicinatosi alla mora, le prese la mano pe depositarci un bacio sul dorso, facendole alzare gli occhi al cielo:
 
“Risparmia le smancerie con me Malfoy, tienile per le ragazzine.”
“Se non sei qui per farti corteggiare, a cosa dobbiamo la tua regalo presenza, Cora?”
 
Rigel parlò con uno sbadiglio, osservando Megara e Lilith che cavalcavano nel parco mentre Cora si stringeva nelle spalle:
 
“Non sono affari tuoi. Ora scusate signori, ma ho del lavoro da sbrigare.”
La strega si alzò, e dopo aver rivolto un solo debole sorriso a Gerard si congedò, seguita con lo sguardo da un accigliato Ewart:
 
“Lavoro?”
“Non lo sai? Cora gestisce gli affari di famiglia, e ci tiene moltissimo. Dubito che smetterà di occuparsene, anche se si trova qui ora.”
 
Gerard si strinse nelle spalle e Ewart sospirò, sprofondando in una poltrona:
 
“Purtroppo o per fortuna, mi sono perso moltissime cose studiando in America.”
“Prima tra tutte ti sei perso Hogwarts, mi dispiace molto per te. Mi spieghi un po’ come funzionavano le Case, lì?”
 
“Io ero un Tuono Alato, da ciò che so da Perseus credo che ad Hogwarts mi avrebbero smistato a Serpeverde…”
“Io ero Tassorosso, qual è la Casa più vicina ad Ilvermorny?”
 
“Magicospino.”
“Che?”
“Da noi le Case hanno i nomi di creature magiche, Gerard.”
“Chi li capisce, questi yankee…”



...........................................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera, lettori e lettrici, se ancora ci siete.
Ebbene sì, Signorina is back.
Lo so, è passato tanto dalla pubblicazione dell'avviso, ma sono stata assorbita completamente dalla sessione invernale e una cattiva condizione emotiva ha fatto il resto.
Ora, in questo periodo difficile per tutti, mi sono detta "se non ora, quando?", e così eccomi di nuovo alla tastiera.
Se ancora ci siete spero abbiate gradito, riprendere a scrivere dopo tanto tempo non è facile ma ho fatto un tentativo... (so che non ho inserito tutti, mi scuso ma vi chiedo di darmi il tempo di riabituarmi, diciamo)
Un enorme abbraccio in questo momento di precarietà, ovviamente spero che stiate tutti bene (così come i vostri cari) e che se leggerete questo potrà tirarvi un po' su. 
A presto, 

Irene


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei aggiungere qualcosa che precedentemente non ho fatto: se avete seguito delle mie storie passate, ed è il caso di praticamente tutte voi che partecipate, sapete che è raro che io scriva Interattive brevi. TUTTAVIA, credo che questa potrebbe fare eccezione. Vi prego di non prenderla come una mia mancanza di voglia di scrivere, ma semplicemente penso che conveniate che con una trama così semplice non posso prolungare troppo la storia, finirei col non avere nulla da dire e annoiarvi con capitoli inutili e vuoti.
Quindi sì, metto le mani avanti ed è altamente probabile che questa storia sarà più breve di altre, non dico 10 capitoli, ma dubito che supererà i 20, non aspettatevi i 38 capitoli di Night School o i 36 di The Tournament.
Ho anche da ammettere di aver fatto un errore non indifferente ai tempi in cui progettai la storia: ho consultato l'abero genealogico dei Black, da lì ho preso la data di nascita di Belvina e il fatto che sposò un certo Herbet Burke, con cui ebbe due figli e una figlia... eppure, non so perchè, non ho controllato la data di morte di Phineas Nigellus, che solo oggi ho scoperto essere morto nel 1925, quando questa storia è ambientata nel 1931, sei anni dopo. Mi scuso per l'errore, di solito sono molto precisa con queste cose, si vede che non mi venne in mente di controllare, all'epoca. Fingerò che sia morto qualche anno dopo e che qui sia ormai in pensione. 

Altro punto importante: come tutte voi sapete bene, ho sempre attuato una politica precisa verso chi spariva, eliminandone il personaggio… Ora, io non me la prenderò con nessuno che non dovesse riprendere a seguire la storia, ci mancherebbe altro, è passato un anno ed è plausibile che molte persone neanche frequentino più Efp.
Tuttavia, credo che in ogni caso toglierò il personaggio: non è sadismo, semplicemente preferisco dare più spazio a personaggi di persone che seguono la storia piuttosto che occuparlo per OC abbandonati a loro stessi. Ovviamente se qualcuno dovesse sparire nel corso della storia farò come ho sempre fatto… Non ammazzerò nessuno, ma smetterò di nominare gli OC.
Inoltre, le immagini dei PV erano sparite a causa della chiusura del sito dove le avevo caricate, ma ho provveduto ad inserirle nuovamente, quindi se volete andarvi a rivedere le facce dei personaggi e non l’avete già fatto siete libere di farlo. 
Ultima importante questione prima di lasciarvi: questa storia si basa prevalentemente sulla formazione di belle e dolci coppiette, non è un mistero. Gli OC sono stati selezionati in numero uguale tra maschi e femmine per evitare disparità, quindi anche per questo motivo spero di non eliminare nessuno…. Contando anche i gemelli gli OC sono 16, quindi se la situazione rimane uguale potrei potenzialmente creare 8 coppie.
Vi avviso già, tuttavia, di non aspettarvi che io accoppi TUTTI: ok che la storia si basa su questo, ma non siamo a Uomini e Donne e io sono fan della verosimiglianza… il fatto che tutti si accoppino tra di loro di sicuro è poco probabile (anche perché non è detto che io riesca a trovare qualcuno di compatibile per ogni personaggio).
Perciò, spero che chi non si troverà con l’OC accoppiato non se la prenda, io comunque cerco sempre di dare un lieto fine a tutti i personaggi di cui scrivo e ovviamente spero di riuscire ad accoppiare più di metà dei personaggi, ho qualche idea in testa ma in questo sarete fondamentali anche voi.
Infine, ringrazio chi è tornato a seguire, mi avete fatto un regalo bellissimo e non ci speravo assolutamente… Spero davvero di non deludervi.
Chiedo scusa per questo angolo autrice infinito e buona lettura.
 
 
Capitolo 3
 
 
 
28 Giugno 1931
 
 
Belvina piegò la lettera che aveva appena finito di leggere e la appoggiò sulla superfice lucida della toeletta davanti alla quale era seduta con un sospiro, alzando lo sguardo sulla finestra che aveva davanti. Osservò distrattamente il panorama che le si offriva davanti, un panorama che ormai conosceva molto bene dopo tutti quegli anni passati in quella casa, mentre ripensava alle parole del padre:
 
Phineas Nigellus Black era molte cose, prime tra tutte un uomo impaziente, determinato e deciso ad ottenere ciò che voleva, sempre. Era stato educato così, e non aveva mai smesso di mettere in pratica quanto appreso in tenera età da genitori che lo avevano cresciuto ripetendogli che un Black poteva, e doveva, ottenere qualunque cosa desiderasse, sempre.
Belvina quindi non era rimasta sorpresa quando aveva ricevuto una lettera dal padre quella mattina: i suoi ospiti erano arrivati tre giorni prima, e il silenzio di Phineas era durato anche troppo per i suoi standard.
 
L’ex Preside di Hogwarts andato in pensione un paio d’anni prima chiedeva alla figlia aggiornamenti su quanto stesse accadendo sotto il suo tetto, senza neanche preoccuparsi di parlare tra le righe o di usare convenevoli, ma andando immediatamente dritto al punto come era sempre solito fare. Belvina non sapeva cosa rispondergli, ma sapeva che se non l’avesse fatto se lo sarebbe ritrovata davanti alla porta entro un paio di giorni, ed era decisa ad evitare che accadesse in nome del buon vivere con sua figlia Danae, che stava appena iniziando a rassegnarsi alla situazione e ad avere tanti ospiti – tutti con un secondo fine, o almeno i loro genitori – in casa.
 
Nessuno diceva apertamente il motivo di quella “villeggiatura di massa”, ma tutti lo sapevano. Pensandoci, osservò mentalmente Belvina con un debole sorriso rassegnato, quella situazione bizzarra rappresentava pienamente la società a cui apparteneva: tutti sapevano, ma nessuno osava dire apertamente la verità ad alta voce quando si trattava di intaccare il buon nome della famiglia o andare contro l’etichetta.
 
 
La verità era che Danae si teneva a distanza un po’ da tutti, fatta eccezione per le persone con cui era in confidenza. Castor era sempre stato più obbediente e restava in silenzio, senza obiezioni e senza esprimere chiaramente cosa ne pensava.
Belvina sorrise ricordando che quel giorno avrebbero avuto in visita suo figlio maggiore e sua nuora, sentendosi sollevata: se c’era qualcuno che sapeva tenere a bada sua figlia, quello era sicuramente Perseus, che era sempre stato una specie di punto di equilibrio della famiglia intera.
 
Sì, lei e Herbert avevano cresciuto davvero un ragazzo splendido. Belvina si alzò con un sorriso, impaziente di vederlo, e complimentandosi con se stessa per il lavoro che aveva fatto con il suo primogenito, che non le aveva mai recato il minimo problema.
 
Peccato che non si potesse dire lo stesso dei gemelli.
O meglio, di uno dei due.
 
 
*
 
 
“Hai intenzione di fare l’offeso ancora per molto?”
 
Castor lanciò un cuscino dritto contro la spalla di Christopher, che lo prese e rivolse all’amico un’occhiata poco benevola prima di sbuffare, incrociando le braccia al petto:
 
“Non sto facendo l’offeso.”
“Ah, no?”
“No Tor, mi chiedo solo come tu abbia fatto a non dirmelo per anni… Pensavi che l’avrei detto a qualcuno?”
“No Chris, lo so che non sei una pettegola… Solo che preferivo tenerlo per me. Mi conosci, sai che sono molto più riservato di mia sorella, non sono espansiva come lo è Danae.”
 
“Questo lo so Tor, ma siamo amici da tanto di quel tempo… Trovo strano non dirlo ai tuoi amici. Che cosa provi sapendo che è qui? Tecnicamente tutte le ragazze presenti avrebbero come obbiettivo quello di…”
 
Christopher però non finì la frase, fermato da un gesto dell’ex Corvonero: Castor scosse il capo e sollevò una mano, chiedendogli di non andare avanti:
 
“Ti prego, lascia stare, sentirlo mi fa venire voglia di chiudermi in un sottoscala. Danae ha ragione quando dice che sembriamo due capi di bestiame in vendita al miglior offerente, dopotutto… Comunque, conosco molto bene i Rowle, sono sicuro che l’idea non è stata di Lilith, ma di sua madre. Ora che ha ben accasato la sua primogenita non vede l’ora di fare lo stesso con la minore, sembra che questa sia l’unica preoccupazione di molte madri Purosangue, specialmente quelle che hanno solo figlie femmine.”
 
“Non hai risposto alla mia domanda.”
 
Chris abbozzò un sorriso, quasi divertito dai tentativi dell’amico di sviare il discorso altrove, lontano dai suoi sentimenti. Castor sospirò, alzando gli occhi al cielo con rassegnazione: cominciava a capire perché Christopher e Danae andassero d’accordo, dopotutto.
 
“Che cosa vuoi che ti dica, Chris? Ok, lo ammetto, da metà del sesto anno fino al diploma Lilith mi piaceva, e forse anche dopo, ma ho conosciuto altre persone e ho smesso di cercare di starle alla larga durante gli incontri delle nostre famiglie. E’ solo che… averla qui con il pensiero che potrei sposare una di queste ragazze mi fa uno strano effetto. Ma il matrimonio è per sempre, so che è giusto così per la mia famiglia, ma se devo essere onesto non muoio dalla voglia di farlo subito.”
“Oh, dai, tuo fratello si è sposato un anno fa, ma il fidanzamento è andato avanti per alcuni anni, non penso che vi farebbero sposare nell’immediato… no?”


“Non lo so Chris. Mio fratello e Amanda si sono fidanzati quando ancora andavano ad Hogwarts, io e Danae siamo ben più grandi… E tu non conosci mio nonno, ha fatto sposare mia madre giovanissima, lei alla nostra età aveva già avuto Perseus…”
 
“I tempi cambiano.”
“Ma non mio nonno, Chris, non mio nonno.”
 
 
*
 
 
 
Vivian era seduta sul divanetto creato sulla cassapanca interna dell’ampia finestra a bovindo della biblioteca, una tazza di Earl Grey fumante stretta dalle dita pallide ed affusolate e gli occhi chiari che osservavano il parco della tenuta.
La giovane strega dai lunghi capelli color grano, quel giorno legati in una treccia francese che le ricadeva sulla spalla destra, sedeva in attesa: non si era recata in Biblioteca tanto per leggere, ma per stare in pace con se stessa: doveva ammettere che era difficile convivere con tutte quelle persone, non le capitava nulla di simile da quando andava ad Hogwarts, ed erano passati quasi sei anni da allora.
 
“Stai aspettando che arrivino Amanda e Perseus?”
Vivian spostò lo sguardo dalla finestra e lo posò sulla ragazza sorridente che la guardava a qualche metro di distanza, ferma sulla soglia e una mano appoggiata sullo stipite della porta scura.
 
“Diciamo di sì. Tu che cosa ci fai qui?”
“Ho un debole per le biblioteche. Confesso che ogni volta in cui metto piede in una di queste grandi residente muoio dalla voglia di farci una capatina.”
 
Lilith sorrise, stringendosi nelle spalle mentre entrava nella biblioteca, tenendo le mani dietro la schiena e guardandosi intorno con curiosità ed ammirazione.
 
“Di ficcanasare, insomma.”
“Quello è il modo in cui lo chiamerebbe mia madre, io preferisco il termine… esplorare, se me lo permetti.”
 
Le labbra sottili e rosee di Vivian si piegarono in un debole e quasi raro sorriso e la strega annuì. Nel farlo riportò lo sguardo sulla distesa d’erba verdissima, illuminata dal sole di mezzogiorno, in mezzo alla quale spiccava il lungo viale di ghiaia che portava dagli elaborati cancelli di ferro battuto all’ingresso della villa.
 
“Immagino che tu sia qui per stare sola, invece. Scusami se ho rovinato i tuoi piani.”
“Sei perdonata, cuginetta.* Sei felice di vedere tua sorella?”
 
Lilith annuì e sedette accanto a Vivian, guardando fuori dalla finestra a sua volta prima di parlare:
 
“Sì, molto. Sai, da quando si è sposata non passiamo molto tempo insieme.”
“E’ normale, ma so che siete molto legate, non dev’essere stato facile abituarsi a non averla più in casa con voi… Io pagherei oro perché mio fratello si sposasse. Non che lo auguri a nessuna, ma almeno mi toglierei il peso della sua presenza.”
 
Vivian scosse appena il capo prima di portarsi la tazza alle labbra, bevendo un sorso di thè mentre Lilith, voltandosi verso la bionda, sorrideva divertita:
 
“Non è così terribile.”
“Tu non conosci Horace come lo conosco io, non sai com’è averlo intorno costantemente… Certo, da quando ha iniziato ad insegnare ad Hogwarts l’anno scorso passa moltissimo tempo laggiù, per fortuna.”
“Sono sicura che è un bravo insegnante, tutti non fanno che elogiare le sue abilità di Pozionista, dopotutto.”
 
“Sì, Horace è bravo, lo riconosco… Mi dispiace per Armando Dippet che lo deve sopportare e per gli studenti, tutto qui.”
 
Vivian si strinse nelle spalle, serafica, e Lilith non accennò a voler smettere di sorridere:
 
“So che sono fortunata, non tutti hanno la fortuna di avere il rapporto che abbiamo io e Amanda. So che anche tu sei felice di vederla.”
“Certo che lo sono, non si vede?”
“Sinceramente, Vivian, spesso sei molto difficile da decifrare…”
 
 
*
 
 
Quando Belvina aveva annunciato che ci sarebbe voluta ancora un’ora prima che il pranzo fosse pronto (gli elfi erano poco abituati a cucinare quotidianamente per più di venti persone) Danae aveva fatto una proposta che aveva fatto venire i capelli bianchi a molte delle sue ospiti in gonnella, mentre quasi tutti i ragazzi si erano dimostrati entusiasti.
Quasi tutti, certo.
 
“No, non lo farò!”
“Ma Chris, andiamo!”
“Servono sette giocatori per squadra per il Quidditch, siamo in abbastanza perché io possa non giocare.”
 
“Ma neanche Amias gioca!”   Il tono implorante di Danae portò l’ex Tassorosso a lanciare un’occhiata torva ad Amias, ma l’ex Grifondoro non battè ciglio, anzi, gli sorrise di rimando con aria allegra mentre se ne stava comodamente seduto sulla poltroncina che aveva fatto apparire poco prima, un giornale in mano.
 
“Se non gioca lui, posso astenermi anche io. Dany, lo sai che odio il Quidditch!”
“Lo so, ma neanche Cora, Athyna e Megara vogliono giocare, e non ho trovato Lilith da nessuna parte… Siete delle guastafeste!”
 
La giovane padrona di casa incrociò le braccia al petto e si rivolse con fare indispettito alle tre streghe, ma Athyna si limitò a sorridere all’amica con aria angelica:
 
“Scusa tesoro, sai che odio volare.”
“Anche io, scusa Danae…”
“Io pure.”
 
“Ma dobbiamo essere in 14 per giocare, per le calze di Morgana! Oh, ecco Lily… Lily, tu giochi a Quidditch se riusciamo a formare le squadre?”
 
“Siamo venute fuori perché vi abbiamo visto uscire tutti… Sì, volentieri. Viv?”
Lilith si rivolse alla cugina, che però scosse il capo e dichiarò che erano più di suo gusto le attività che prevedevano di restare con i piedi per terra prima di andare a sedersi accanto a Cora.
 
“Beh, quindi delle ragazze siamo solo io, Aghata, Lily e Althea… voi invece?”
 
Danae si rivolse al gemello con uno sbuffo, mettendosi le mani sui fianchi mentre Castor si stringeva nelle spalle, la Pluffa sottobraccio:
 
“Se Amias e Chris non giocano siamo io, Rigel, Shedir, Gerard, Edward… Ewart non sa giocare a Quidditch.”
“COSA? Ewart, dici davvero?”
 
Tutti i presenti guardarono il Malfoy con tanto d’occhi, ma il ragazzo fece spallucce con noncuranza, limitandosi a tenere le mani sempre sprofondate nelle tasche dei pantaloni color vinaccia abbinati alla giacca:
 
“Vi ricordo che sono cresciuto altrove, e in America giochiamo a Quodpot, più che altro. Però non credo che sia molto diverso, se mi spiegate per bene le regole io ci sono. Da noi servono 11 giocatori, però.”
“No, nel Quidditch si gioca sette contro sette. Beh, se Ewart gioca noi siamo in sei.”
“E noi in quattro, maledizione…”
 
Althea sbuffò, amareggiata, e lanciò un’occhiata torva ad Athyna prima di esitare e avvicinarsi a Danae, dicendole qualcosa all’orecchio.
 
La Black spalancò gli occhi cerulei e poi sorrise, annuendo prima di dirigersi a passo di marcia verso Rigel.
Dopo avergli detto qualcosa a bassa voce il moro sorrise allegro, raggiungendo le ragazze che erano rimaste in disparte con un sorrisetto compiaciuto:
 
“Athyna, immagino che tu non voglia giocare perché non vuoi far vedere a tutti quanto sei penosa…”
“COSA?”
“Sì, ma non devi preoccuparti, è una cosa normale… Del resto non tutti possiamo essere bravi nello sport, c’è chi è più portato e chi invece è destinato a fare figuracce.”
 
Rigel sorrise angelico mentre l’ex Grifondoro, al contrario, aveva tutta l’aria di chi moriva dalla voglia di picchiare qualcuno. A qualche metro di distanza Lilith e Aghata seguivano la scena, e la bionda aggrottò la fronte prima di rivolgersi ad Althea con tono dubbioso:
 
“Sei sicura che sia stata una buona idea?”
“Oh, sì, Athyna è orgogliosa, come ogni degno Grifondoro.”
 
Althea sorrise, sicura della sua trovata, mentre Danae e Castor cercavano di non ridere. Rigel, dal canto suo, continuò a parlare senza sosta quando finalmente Athyna si alzò, asserendo che di non avrebbe mai potuto fare una figura peggiore della sua prima di dirigersi a passo di marcia verso Danae, Lilith, Aghata e Althea:
 
“Ok, ho cambiato idea. Non faccio la Cercatrice, e neanche la Cacciatrice, ma se proprio volete posso stare in porta, così posso muovermi di meno.”
“Grandioso! Bene, siamo in 5… Ma dobbiamo trovare almeno un’altra persona.”
 
Althea aggrottò la fronte, chiedendosi dove diavolo avrebbero potuto trovare qualcun altro se Amias, Christopher, Cora, Vivian e Megara erano decisi a non giocare, quando uno scoppio dal suono molto familiare fece voltare tutti i presenti verso i cancelli poco distanti.
 
Gli occhi chiari di Danae si illuminarono, Cora scattò in piedi e Lilith sfoggiò un larghissimo sorriso alla vista della sorella, che era appena apparsa tenendo il marito al braccio.
 
“PERS!”
 
Danae scattò e percorse il viale per raggiungere la coppia e abbracciare il fratello maggiore, dandogli appena fiato prima di salutare con calore la cognata e parlare con il suo sorriso più accattivante:
 
“Capiti a proposito, volevamo giocare a Quidditch ma mancano delle persone… ti unisci a noi, vero?”
“Se a te non dispiace… Chi gioca? Cara, ti dispiace tenermi la giacca?”  Perseus si sfilò la giacca e la lasciò sul braccio della moglie, che gli assicurò che non le dispiaceva affatto e che non si sarebbe certo annoiata: Cora e Lilith la raggiunsero all’unisono, abbracciandola una per volta.
 
“Sono felicissima di vederti, come te la passi?”
“Dovrei chiederlo io a voi, come va la ricerca dei mariti?”  Amanda ridacchiò e diede una leggera gomitata a Cora, che invece sfoggiò una smorfia e le ordinò di non chiederle più nulla del genere.
 
Danae intanto stava trascinando Perseus verso gli altri, sorridendo a trentadue denti mentre spiegava la situazione al fratello:
 
“Ragazze contro ragazzi, fino ad ora, ma noi siamo in 5, quindi tu sarai il membro onorario della nostra squadra.”
Castor invece incrociò le braccia al petto, visibilmente contrariato mentre Perseus salutava col suo solito modo di fare galante tutte le “signorine”.    Amanda venne trascinata da Cora a sedersi insieme a lei e alle altre, mentre Lilith tornò dalle compagne e Shedir, impassibile, studiava Perseus con sguardo quasi truce.
 
“Non è giusto che ti accaparri Perseus!”
“Che vuoi farci, io sono la sua prediletta… Ragazze, ecco il nostro asso nella manica. E non lamentarti, Tor, voi avete Edward! Pensi che giocare con un Cacciatore professionista nella tua stessa squadra non sia un vantaggio abbastanza grande? Pers, ti va bene giocare con noi, vero?”
 
Danae si rivolse al fratello, che però aveva lo sguardo volto altrove: si era accorto di Shedir e lo stava fissando a sua volta, mentre Amanda, seduta tra Vivian e Cora, spostava lo sguardo da uno all’altro deglutendo a fatica.
 
Ecco, questo era il momento che aveva temuto all’invito a pranzo della suocera: l’incontro (o scontro) tra suo marito e il suo amore della scuola.
 
“Sì Danae, mi va benissimo giocare con voi.”
 
Perseus parlò con un tono duro che non usava mai per rivolgersi all’amatissima sorella, o in generale alla maggior parte della gente, gli occhi ancora fissi su Shedir. Danae aggrottò la fronte, confusa, mentre Ewart, per stemperare la tensione che si era creata, sorrideva allegro e batteva le mani:
 
“Bene allora, qualcuno mi spieghi per bene questo gioco e siamo pronti, le scope le abbiamo, le palle anche… Voi non fate esplodere il Quod, vero?”
 
Gerard, alla domanda del coetaneo, aggrottò la fronte e lo guardò come se gli avesse chiesto se un branco di asini volanti aveva varcato il cielo soprastante in mattinata:
 
“Il… cosa?”
“La palla rossa.”
“Vuoi dire la Pluffa?!”
“Pluffa? Che nome stupido…”
“Beh, mi spiace deluderti ma noi non facciamo esplodere un bel niente, biondino.”
 
 
 
“Pers, tutto ok?”
Perseus abbassò lo sguardo sulla sorella, che lo guardava con leggera espressione mentre una mano gli sfiorava il braccio muscoloso. Il mago sorrise dolcemente alla ragazza, annuendo:
 
“Ma certo Dany. Tu come stai? Qualcuno ti infastidisce? Se è così dillo pure al tuo fratellone, ci penso io.”
 
Danae sembrò rilassarsi di fronte al repentino cambiamento del mago, e scosse il capo con un largo sorriso:
 
“No, per ora no, ma ti farò sapere… Allora… Cominciamo? Ragazze, vi voglio cattivissime, dobbiamo stracciare Castor e Edward. Il mio onore ne risentirebbe se perdessi contro quei due… CATTIVISSIME, fanciulle. Tranne te Lily, non credo che tu possa fare la cattiva neanche per finta….”
 
 
 
 
“La faccenda si fa interessante… Mi rammarico solo di non essermi portato qualcosa da bere.”
Amias, comodamente seduto e gli occhi scuri fissi sui giocatori, teneva le braccia strette al petto mentre si appuntava mentalmente di portarsi delle vivande la prossima volta in cui si fossero ritrovati fuori tutti insieme.
 
Cora, seduta accanto a lui e con un bicchiere pieno di ghiaccio e di un liquido arancio scuro in mano, sorrise soddisfatta e lo sollevò leggermente nella sua direzione:
 
“Io ci ho pensato invece, ma sai come si dice Paciock… Noi siamo i più intelligenti.”
“E molto spesso anche i più modesti, per l’appunto. Mi fai assaggiare, Cora?”
 
“Neanche morta, non condivido la mia spremuta con nessuno.”
 
“Tirchia.”
“Hai detto qualcosa Paciock?”
“No, no, niente… Ma visto che sei tanto amica di Amanda, immagino che anche tu sappia il perché dell’espressione contrariata di Shedir quando ha visto Perseus.”  Amias sorrise, visibilmente divertito dalla situazione mentre Cora si stringeva nelle spalle, facendo muovere distrattamente il ghiaccio nel bicchiere:
 
“Non posso dire di andare matta per Perseus, ma è il marito della mia migliore amica, quindi… Comunque è naturale che sappia tutto Amias, a scuola io e Amanda eravamo inseparabili.”
 
“Beh, c’ero anche io, e ricordo perfettamente di come Shedir e Amanda girassero mano nella mano, così dolci e innamorati… Poi, da un giorno all’altro, tutto finito, e Shedir Nott è diventato praticamente un’altra persona. Avevo paura di annoiami qui, ma poi ho visto Shedir alla festa dell’altra sera, e ho capito che sbagliavo. No, penso proprio che non mi annoierò affatto, almeno non quando Amanda e Perseus sono qui.”
 
 
 Cora non rispose, ma sapeva di non poter contraddire Amias. Così non disse nulla, limitandosi a ripromettersi di parlare con l’amica non appena l’occasione si fosse presentata.
 
 
*
 
 
“Dopo anni ancora non mi spiego perché gli hai fatto costruire un campo da Quidditch in giardino, Herbert.”
 
“Belvina, è stato anni fa, possiamo metterci una pietra sopra? I bambini lo volevano tanto, mi hanno tormentato per mesi, alla fine glie l’ho regalato per Natale, che c’è di male?”
 
 
Belvina roteò gli occhi e borbottò qualcosa che il marito non riuscì a decifrare, ma Herbert decise di non curarsene particolarmente e continuò a leggere la Gazzetta del Profeta con disinvoltura, le gambe accavallate mentre sedeva al suo posto a capotavola nella sala da pranzo apparecchiata e pronta per servire il pasto.
La padrona di casa intravide dalla finestra poco distante del movimento sotto al grande portico, e fece appena in tempo a dire al marito che “stavano arrivando” che sentirono la porta d’ingresso aprirsi e un discreto vociare nell’atrio.
 
La prima a fare il suo ingresso nella sala dove avevano consumato ogni pasto negli ultimi giorni (non quella che a famiglia era solita utilizzare, in quanto Belvina aveva suggerito di ricevere i loro ospiti nella seconda sala più grande ed accogliente) fu Danae, un enorme sorriso stampato sul volto dall’incarnato pallido ereditato dalla madre, con Aghata al braccio:
 
“Buongiorno papà, mamma… Scusate l’attesa, ma Lilith ci ha messo un po’ a prendere il Boccino… Meno di Rigel, certo.”  Danae ridacchiò mentre raggiungeva il padre per dargli un bacio sulla guancia e Rigel, alle sue spalle e cupo in volto, borbottava che non serviva sottolinearlo per la decima volta.
 
Danae sorrise con aria angelica e fece per prendere posto accanto alla madre come al solito, ma Belvina la fulminò con lo sguardo e la ragazza, ricordando quanto il galateo fosse importante per la donna, alzò gli occhi al cielo prima di scalare di qualche posto, cedendo il suo ad Amanda mentre Perseus sedeva alla sinistra del padre, di fronte alla madre.
 
“Perché Danae si è spostata per far sedere tua sorella accanto alla Signora?”
Aghata parlò in un sussurro mentre sedeva accanto a Lilith, che si strinse nelle spalle e rispose con un filo di voce:
 
“Perché Amanda è sposata, quindi si siede vicino alla padrona di casa… se non lo fosse il posto sarebbe di Danae, ma non è questo il caso.”
“E se ci fossero i vostri genitori?”
“Allora sarebbe mia madre a sedersi accanto alla Signora, e Amanda dopo di lei.”
 
“Caspita, da noi non seguiamo queste regole in modo così ferreo…”      Aghata si sporse leggermente per guardare il capo del tavolo, dove Herbert stava parlando con il primogenito. Castor, seduto subito dopo di lui, era accanto a Lilith, mentre dall’altro lato Vivian si era seduta accanto ad Amanda, seguita da Megara, Danae e Althea.
“Noi sì, mia madre ci tiene tantissimo.”  Lilith si strinse leggermente nelle spalle mentre nella sala entravano anche Cora ed Ewart, che sorreggevano un Gerard impegnato a stringere i denti per non imprecare in presenza della padrona di casa, che corrugò la fronte e parlò con tono leggermente preoccupato:
 
“Signor Olivander, sta bene?”
“Benissimo Signora Burke, non si preoccupi… Un Bolide mi ha colpito un ginocchio, ma sto bene.”
 
“Ok, facciamolo sedere qui, così dopo dovrà fare meno strada per uscire dalla stanza… Siediti, Gerry.”
 
Cora aiutò l’amico a sedersi mentre Belvina assicurò al suo ospite che se ce ne fosse stato bisogno non avrebbe esitato a chiamare uno dei loro medici di fiducia, e Gerard si sforzò di sorriderle per ringraziarla.
 
“Mi spiace per tuo cugino, sta bene sul serio?”
Lilith guardò Gerard, seduto infondo al tavolo con l’amica accanto, con aria preoccupata, ma Aghata liquidò il discorso con un rapido gesto della mano, sorridendo mentre si sistemava il tovagliolo di lino sulle ginocchia:
 
“Oh, Gerard ha la testa dura, e anche le altre ossa non scherzano, sono sicura che gli passerà presto.”
“Speriamo…”
 
 
 
Ewart stava per prendere posto accanto a Rigel, di fronte a Cora, ma all’ultimo qualcosa sembrò fermarlo e si stampò un largo sorriso sul volto prima di raggiungere i padroni di casa, fermandosi vicino a Belvina prima di chinarsi leggermente:
 
“Buongiorno, Signora Burke… Scusi per l’attesa. Signor Burke, la trovo bene.”
“Salve Ewart, come stai? Perseus ci ha chiesto se ti trattiamo bene.”
 
“Oh, benissimo, non si deve preoccupare.”
 
Ewart sorrise all’amico d’infanzia, strizzandogli l’occhio mentre Perseus sorrideva divertito, guardandolo congedarsi con un cenno del capo prima di tornare al suo posto.
“E’ sempre così educato, quel ragazzo… Sono felice che l’America non l’abbia rovinato.”
 
Belvina piegò le labbra sottili in una lieve smorfia nel nominare l’America, ma Perseus non fece che ampliare il sorriso che già gli illuminava il volto dai lineamenti marcati:
 
 
“E molte altre cose mamma, molte altre cose.”
 
 
 
 
“Ho visto la faccia che avevi durante tutta la partita… Temevi che si picchiassero sul campo o in aria?”
 
Alle parole di Vivian Amanda si voltò verso la cugina, distogliendo l’attenzione dalla sua zuppa per rivolgersi all’ex Serpeverde:
“A che ti riferisci?”
“Dai Amanda, sono tua cugina, so benissimo dei tuoi trascorsi con Shedir Nott… Non l’ho dimenticato, e direi neanche tuo marito. Oserei anche dire che Shedir non ha dimenticato te, da come ti ha guardata quando sei arrivata.”
 
Amanda abbassò lo sguardo, esitando prima di rispondere alla cugina: aveva chiesto a Perseus di non andare a casa dei genitori, quella domenica, ma il marito aveva insistito, sostenendo che non potessero evitare le visite per un mese intero, o la gente avrebbe iniziato a chiacchierare.
E nel loro ambiente delle semplici chiacchiere potevano sollevare scandali colossali, lo sapevano entrambi.
 
“Questo non te lo so dire Viv, quello che so è che Perseus non è troppo felice di saperlo qui, questo sì. Il che secondo me è insensato.”  
“Ha paura che possa fare la corte a sua sorella? Fammi il piacere, ha parlato a stento con qualsiasi di queste ragazze negli ultimi giorni… se ne sta per i fatti suoi, più che altro, ma è da lui.”
 
“Sì, è da lui. Potrei chiedergli che cosa ci fa qui però, questo sì.”
“Beh, non è qui per me Viv, ok?”
 
Amanda sollevò nuovamente lo sguardo sulla cugina, parlando con un tono leggermente più alto rispetto a quanto fatto poco prima. Lilith, seduta praticamente di fronte alla sorella, guardò le due ragazze per un istante, leggermente preoccupata.
 
“So che non è quello che vuoi sentirti dire, ma non lo puoi sapere con certezza. Amanda, so che adori Perseus, ma fossi in te cercherei di non mettermi nei guai, e non lo direi se non ti volessi bene, lo sai.”
Alle parole della cugina gli occhi azzurri di Amanda saettarono sul ragazzo dai capelli mori e gli occhi scuri seduto infondo al tavolo, che fece lo stesso appena un istante dopo.
 
Gli occhi dei due si incontrarono brevemente, poi la strega li abbassò, leggermente rossa in volto e pregando che Perseus non se ne fosse accorto.
 
 
Lilith, che invece non si era persa la scena, stava per dire qualcosa quando una voce alla sua destra glielo impedì:
“Scusa, mi… mi passeresti il pane?”
 
 
L’ex Corvonero si voltò, rendendosi conto solo in quel momento di essere seduta accanto a Castor: così presa dalla sorella e dal parlare con Aghata, praticamente non se n’era resa conto.
 
“S-sì, certo. Tieni.”
Lilith sorrise timidamente ed eseguì, ma Castor non ricambiò, limitandosi ad indugiare brevemente con lo sguardo sul suo viso prima di mormorare un ringraziamento e chinare il capo.
 
 
“Tu che dici?”
“Non lo so, Danae…”
“Andiamo, tu conosci benissimo Lilith, molto meglio di me! E conosci anche Castor.”
“Ma tu di certo lo conosci meglio, ne converrai! Non parliamo mai di tuo fratello, non so di preciso cosa lei pensi di lui.”
 
Megara scosse il capo mentre Danae, seduta accanto a lei, studiava i due masticando un grissino.
Althea, incuriosita, si avvicinò leggermente all’amica, chiedendole cosa stesse succedendo:
 
“Te lo dico dopo, Thea.”   
La bionda accennò un sorriso, avvicinandosi immediatamente ad Athyna, seduta accanto a lei dall’altro lato, per mormorare qualcosa con tono concitato:
“Athyna, ci sono gossip in arrivo, e siamo solo al terzo giorno, la faccenda si fa già interessante!”
 
“E’ tutto molto interessante, ma il secondo quando arriva?!”
 
“Attenta Athyna, le patate vanno tutte sui fianchi… AHIA!”
 
 
*
 
 
“Cora, puoi fare attenzione, mi fa un male tremendo!”
“Lo so che ti fa male, ma non hai voluto che ci smaterializzassimo…”
 
“Non voglio correre il rischio di spaccarmi, anche se forse era meglio così…”
 
Gerard si lasciò cadere sul divano di velluto rosso con un sospiro, massaggiandosi il ginocchio mentre Cora, in piedi davanti a lui, si metteva le mani sui fianchi e lo guardava con aria di rimprovero:
 
“Non sarebbe successo se non ti fossi messo a fare il cretino!”
“IO? Giarda che il Bolide non me lo sono lanciato addosso da solo, è stata quell’angelo della mia cara cugina… Dopo io e Aghata facciamo i conti…”
 
“Sembra così una cara ragazza…”
“SEMBRA, appunto. Mi passi un cuscino?”
 
Gerard alzò lo sguardo sull’amica, che di fronte alla sua espressione implorante e ai grandissimi occhi verdi del ragazzo non poté che assecondarlo, appoggiandogli con cura un cuscino sotto la gamba in modo da tenere fermo e alto il ginocchio malandato.
 
“Insisto per far venire il medico, i Bolidi non sono da prendere sottogamba. Ecco perché non gioco a Quidditch, è un gioco da barbari.”
“Mi stai dando del barbaro, Cora?”
 
Gerard inarcò un sopracciglio e l’amica ridacchiò, passandogli una mano tra i lisci capelli castani:
“In generale no, ma quando si gioca… Dai, scherzo!”
 
Cora scoppiò a ridere e si portò le braccia sopra la testa per attutire il colpo sferrato da Gerard, che aveva afferrato un cuscino per colpirla.
 
“Ma come osi, io che ti aiuto anche… Non ti colpisco solo perché sei infermo.”
“Detta così sembro davvero un vecchietto, santo cielo…”
 
“Tranquillo, sei il mio vecchietto prediletto.”
“Siamo coetanei.”
 
Gerard corrugò la fronte e Cora fece per ribattere, ma sentendo una voce – molto familiare ad entrambi – non lo fece. Il silenzio cadde all’improvviso nella stanza, e i due si guardarono mentre un pensiero attraversava la mente di entrambi:
 
Amanda.
 
 
*
 
 
“Shedir!”
 
Era davvero la sua voce?
Forse si stava sbagliando. Eppure…
 
“SHEDIR!”
 
Shedir Nott si fermò così all’improvviso che se gli fosse stata più vicina di certo sarebbe finita dritta dritta contro la sua schiena.
Il giovane si voltò piano, guardando Amanda fermarsi a pochi metti da lui.
 
I due si limitarono a guardarsi per diversi istanti, senza proferire neanche una sillaba. Quando Shedir aprì la bocca per parlare Amanda sollevò una mano, scuotendo il capo:
 
“No, parlo io. Tu ascoltami, per favore.”
 
 
“Porca Morgana, è davvero con Nott, qui fuori!”
“Cora, levati dalla porta, non devi origliare, è una questione delicata!”
“SHHH, se parli non sento!”
 
 
 
“Non so perché tu sia qui. Dubito che tu sia interessato a Danae, o almeno lo spero… Penso che tu convenga che fare parte della stessa famiglia sarebbe poco conveniente per tutti.”
“Per te o per tuo marito, Amanda?”
 
“Per tutti. Danae non ha idea che noi stavamo insieme, ma se lo sapesse di certo ti starebbe alla larga.”
“Credi che mi importi di metterle un anello al dito, Amanda?”
 
Shedir sorrise gelidamente, trattenendo una risata mentre Amanda, esitante, scuoteva il capo, le braccia pallide abbandonate lungo i fianchi.
 
“… No. Ma quello che voglio sentirti dire, Shedir, è che non sei qui per vedere ME.”
“Se anche fosse?”
 
“Se anche fosse è una pessima idea, Shedir! Io… io sono sposata. Noi siamo stati insieme tanto tempo fa. Voglio che tu sia felice, Shedir, perché io lo sono, davvero. E credo che stando qui, vivendo nella casa dove ha vissuto Perseus e vedendoci insieme, tu non possa farlo.”
 
“Pensi che non sia difficile, infatti? Pensi che sia facile per me vederti sempre al braccio di quel bellimbusto? Perseus Black, così… bello. Così ricco, affascinante, di successo… Non lo sopporto. Davvero lo ami, Amanda?”
 
“Sì.”
 
La risposta di Amanda arrivò senza alcuna esitazione, e Shedir sorrise, mettendosi le mani in tasca e avvicinandosi a lei:
 
“Lo ami o hai dovuto imparare ad amarlo?”
“Che cosa cambia?”
“Cambia. Non hai mai dovuto imparare ad amare me, tanto per cominciare.”
 
“Non sto negando di essere stata felice con te, Shedir, ma eravamo ragazzini. La vita va avanti, non rimane dentro le mura di Hogwarts!”
Il tono della strega si alzò e Shedir annuì, sorridendo debolmente prima di fare un passo indietro e voltarsi, dandole le spalle.
 
“No, certo, sarebbe più facile, vero?”
 
“Shedir… lo dico per te. Non credo che questa situazione ti faccia molto bene.”
“Sicura di parlare per ME, Amanda?”
 
Shedir si voltò, guardandola dritta negli occhi senza battere ciglio, parlando con tono fermo. La strega invece esitò, scuotendo il capo e dicendogli che non capiva a cosa si riferisse.
 
“Non ti va bene che io sia qui, a casa del tuo maritino, perché non vuoi che soffra vedendo la vita perfetta che ti sei costruita con l’uomo perfetto, o perché hai paura per TE?”
“Se pensi che io abbia paura di provare ancora qualcosa per te, ti sbagli di grosso, Shedir.” 
 
Amanda scosse il capo e indietreggiò, allontanandosi a passo svelto. Shedir non aggiunse altro e ben presto si ritrovò solo nel corridoio. Esitò, restando immobile per qualche istante, ma poi scosse il capo e si allontanò nella direzione opposta, passandosi nervosamente una mano tra i riccioli color ebano.
 
 
 
 
Cora indugiò per un paio di istanti, accertandosi che entrambi avessero lasciato il corridoio, e poi si voltò verso l’amico ancora seduto sul divano, mentre lei si trovava in piedi accanto alla porta della stanza.
 
Guardò Gerard, e capì che non aveva bisogno di riferire nulla dal suo sguardo: aveva sentito tutto, esattamente come lei.
 
“… Che cosa significa?”
“Non lo so Gerry. Credo che non lo sappia neanche Amanda.”
 
 
*
 
 
Edward, seduto su una poltrona con le gambe accavallate, teneva un libro in mano e la sua gattina, Artemis, accoccolata sulle ginocchia.
Il ragazzo, ogni tanto, distoglieva l’attenzione dalla lettura per lanciare occhiate di sbieco all’altro animale presente nella stanza:
 
Ewart aveva occupato la poltrona accanto alla sua, un bicchiere mezzo pieno in meno e le spalle abbandonate sui braccioli. Anche il capo era abbandonato sullo schienale basso, gli occhi chiusi come se si stesse concentrando sulla musica che aleggiava nella stanza.
Ciò che turbava Edward non era affatto la musica jazz, che in effetti gradiva molto, bensì il cane che si era sistemato vicino alla poltrona di Ewart, facendogli ben intendere che fosse suo.
 
“Rilassati, è il cane più buono e pigro del mondo, non gli passa neanche lontanamente per la testa di inseguire il tuo gatto.”    Ewart ruppe il silenzio parlando all’improvviso, proprio mentre Edward aveva gli occhi sul cane, facendolo quasi sussultare: non aveva nemmeno aperto gli occhi, e non si era mosso di un millimetro.
 
“Gatta. E non si può mai sapere.”
Edward si accigliò, accarezzando distrattamente il pelo di Artemis mentre il cane, un Basset hound dalle grandi orecchie marroni e gli occhi scuri, se ne stava con il muso appoggiato sulle zampe bianche. Il cane guardò Edward con aria triste, quasi a volergli chiedere perché se la stessa prendendo con lui, e riuscì persino a farlo sentire in colpa.
 
In effetti, quello non era lo sguardo di un cane molto pericoloso…
 
Ewart ridacchiò e si mise a sedere dritto, aprendo gli occhi blu prima di chinarsi e grattare il capo del cane, che parve rincuorarsi e guardò il padrone con aria adorante, scodinzolando.
 
“Ok, in effetti forse Artemis non è in pericolo…”
“Non con Armstrong, è un sacco di patate. Vero, cucciolone?”
 
Ewart sorrise al cane prima di bere un sorso di liquore sotto lo sguardo di Edward, che gli chiese cosa stesse bevendo.
 
“Whiskey Incendiario. Tu che cosa leggi?”
“Un libro sull’arte neoclassica… arte Babbana del 700.”
 
“Un giocatore professionista di Quidditch che si interessa all’arte, questa sì che è nuova… arte Babbana, per di più. Un Parkinson. MOLTO interessante.”
“Un Malfoy che ha un cane che si chiama come un noto trombettista americano Babbano, anche questo è interessante.”
 
Ewart rise, una risata che riempì la stanza, e il ragazzo annuì prima di sollevare le lunghe gambe, appoggiandole sul poggiapiedi foderato prima di voltarsi verso il suo interlocutore:
 
“Me lo dicono spesso, sì… Ma ad Armostrong il suo nome piace molto, e anche a me. Non so se lo sai, ma mia madre è una Parkinson, credo che siamo parenti, noi due.”
 
“Non mi stupisce, si sa che alla lontana siamo un po’ tutti imparentati, in qualche modo… Noi siamo cugini di terzo o quarto grado, credo. E comunque, non tutti gli sportivi hanno solo lo sport in testa.”
“Giustissimo. Allora Edward, cosa ci fai in villeggiatura qui? Vuoi riconquistare Danae? Non afre quella faccia, sono il migliore amico di Perseus, io so tutto quello che c’è da sapere. Armstrong, non mordermi le scarpe italiane!”
 
Ewart schioccò le dita e indicò il pavimento al cane, che si rimise buono buono con aria sconsolata mentre Edward, dopo aver esitato brevemente, si stringeva nelle spalle:
 
“Sì e no. La mia famiglia comincia a farmi pressioni, dicono che a 22 anni posso venissimo iniziare a guardarmi intorno per cercare moglie… Alla fine ho accettato di venire qui, mal che vada io e Danae siamo rimasti molto amici e sposarmi con lei non è l’ipotesi peggiore che possa capitarmi.”
“Direi di no… Danae è ricca, di ottima famiglia, molto bella… Sì, potrebbe andare molto peggio a ciascuno di noi.”
 
“Tu perché sei qui?”
“I nomi dei Black e dei Malfoy sono legati a doppio filo da generazioni… e mio padre e il Signor Burke lavorano insieme da anni, per questo sono cresciuto insieme a Perseus, praticamente. Alle nostre famiglie non dispiacerebbe se potessimo diventare… ancora più legati, diciamo.”
 
“Sperano che sposi Danae, in pratica.”
“In pratica sì… Ho 25 anni, per molti il fatto che non sia neanche fidanzato è quasi una tragedia… ma a me piace prendermela comoda.”
 
“Sì, si vede….”
 
 
*
 
 
 
“Che cosa fate? Mi annoio un po’…”
 
Althea sedette sul divano accanto a Christopher, che teneva un libro in mano, mentre Aghata era impegnata in una partita a scacchi contro Amias.
 
“Ho un libro in mano, Althea, e loro sono davanti ad una scacchiera… ci alleniamo nella sublime arte dell’uncinetto, non lo vedi?”
“Ah-ah… Intendevo dire cosa leggi, simpaticone!”
 
Christopher chiuse il libro e mostrò la copertina all’ex Grifondoro, che sorrise:
 
“Les Fleurs du Mal! Mi congratulo per la scelta, Mr Abbott.”
“Grazie, Signorina Shafiq… Deduco che tu abbia letto Baudelaire.”
 
“Già. È molto affascinante, non mi era mai capitato di leggere poesie con temi simili… È bello non leggerne sempre dedicate ad amore e quant’altro.”
“Dicano quello che vogliono, ma su molte cose i Babbani sono molto più interessanti di noi, non c’è da stupirsi se molti si affascinano alla loro cultura.”
 
Christopher riaprì il libro e Althea annuì, passandosi distrattamente una mano tra i lunghi capelli biondi mentre Amias esultava per aver mangiato la Regina di Aghata.
 
“Hai ragione.”
“Io ho sempre ragione.”
“Ma se quando discuti con Danae l’ha sempre vinta lei… A proposito, voi ragazzi che dite quando noi fanciulle non ci siamo?”
 
“Dovrei chiedertelo io, non oso pensare che cosa vi dite… Alla faccia del sesso debole, siete delle gran vipere se volete.” Christopher roteò gli occhi e Althea rise, annuendo non potendo contraddirlo:
 
“In effetti sappiamo essere molto più perfide di voi. Ma tu Abbott, sei in fila per il cuore di Danae o no?”
Althea sorrise e Chris esitò, finendo con lo stringersi nelle spalle:
 
“Danae è una mia amica.”
“Lo so benissimo, anche mia… Eppure non so, ho da tempo la sensazione che lei ti piaccia. Sei un bravo ragazzo, Christopher, ma forse quando hai deciso di venire qui ti sei fatto furbo chissà.”
 
 
 
Althea sorrise, e si alzò prima di dare il tempo al ragazzo di replicare. La bionda si limitò a dire ad Aghata di raggiungere lei e Athyna nella loro stanza più tardi, se voleva, e se ne andò, lasciando il Tassorosso con un libro in mano e molti pensieri per la testa.
 
“Ho vinto! Vuoi la rivincita, Olivander?”
“Assolutamente.”
 
Amias sorrise e iniziò a riposizionare i pezzi sulla scacchiera, rivolgendosi al Tassorosso:
 
“Chris, dopo vuoi giocare anche tu? …. Chris?”
Non ottenendo risposta il Grifondoro guardò il ragazzo, imitato da Aghata che si voltò a sua volta.
 
Christopher, dopo un istante di esitazione, si voltò e annuì, chiudendo il libro per poi appoggiarlo accanto a sé sul divano:
 
“Con piacere. Se volete intanto tengo il tempo dei turni.”
“Non stavi leggendo?”
 
“Ho letto abbastanza per stasera, Amias… e di drammi in questa casa ce ne saranno a sufficienza, ho idea.”
 
 
*
 
 
“Ciao!”
 
Castor, seduto sul gradino bianco del padiglione, accanto ad una delle due colonne che reggeva il portico soprastante, si voltò appena in tempo per vedere Megara sedersi accanto a lui.
 
“Ciao Megara. Tutto bene?”
“Assolutamente… Infondo è divertente stare qui, quando non pensi al perché.”
 
“Sì, diciamo di sì. È come essere tornati ad Hogwarts, ma senza le lezioni e i compiti.”
 
Castor tornò a guardare dritto davanti a sé, osservando il parco ormai diventato buio: il sole era tramontato una mezz’ora prima, e ora l’unica fonte di luce erano delle piccole lanterne disseminate lungo il viale che si libravano a mezz’aria.
 
“Se con “tornati ad Hogwarts” intendi che ti tieni a distanza dalla mia migliore amica, devo darti ragione.”
 
Con somma sorpresa di Megara Castor non ebbe alcuna reazione, restando immobile e in silenzio. La strega, che si aspettava di vederlo negare, scosse il capo con un sospiro:
 
“Castor, ti ricordi quando eravamo piccoli, e ti dissi il mio più grande segreto di allora?”
“Intendi che avevi una cotta per mio fratello? Sì, me lo ricordo.”
“Beh, non fu semplice, ma te lo dissi… Credi di riuscire a fare altrettanto con me, adesso?”
 
 
Il silenzio che Castor si ostinò a mantenere spinse la Corvonero a continuare, parlando con un sorriso sulle labbra carnose:
 
“Mi sono resa conto, in un paio di occasioni, di quanto tenessi a distanza Lily al tuo ultimo anno, sai? Eri Caposcuola, io Prefetto… e sinceramente pensavo che Lily non ti piacesse affatto. Mi chiedevo come fosse possibile, del resto sapevo che non ti aveva mai fatto alcun torto, ma tu non le rivolgevi mai neanche la parola. Anche se vivevamo tutti nello stesso dormitorio. Tuo fratello e sua sorella erano fidanzati all’epoca, credevo che non fossi affatto felice di averla a breve come parte della “famiglia”… lo pensava anche lei. Perché ti comportavi così, Castor? Non è che lei non ti piacesse, vero?”
 
 
“Come potrebbe… Non mi ha mai fatto nulla di male, come hai detto tu.”
“Quindi?”
 
Castor si voltò verso l’amica, guardandola con un folto sopracciglio scuro inarcato:
 
“So che lo sai, altrimenti non mi staresti dicendo queste cose. Perché vuoi farmelo dire?”
“Perché è giusto che tu lo ammetta ad alta voce.”
 
“Lilith mi piaceva, ok? So che sembra stupido averla tratta così, non l’ho mai detto a nessuno perché sapevo che nessuno avrebbe capito.”
“Non è difficile da capire, non volevi che i vostri genitori già che c’erano organizzassero un altro matrimonio… Ma adesso siete entrambi più grandi di qualche anno, e tecnicamente noi ragazze siamo qui proprio perché TU, Castor, scelga una di noi per sposarla. Ok, è la situazione meno romantica del mondo, ma se ti piace ancora perché non provi a conoscerla meglio? Se non ora, quando? Lei è perfettamente consapevole del motivo per cui si trova qui.”
 
“Questo lo so. È che non so come… Mi sembra brutto, data la situazione. Non vorrei che lei sia stata costretta a venire qui e che se io la scegliessi poi mi odiasse, perché non è quello che vuole. Ma perché è venuta…”
 
Castor chinò il capo, passandosi le mani tra i folti capelli scuri mentre Megara, invece, sorrideva: gli mise una mano sulla spalla e parlò con tono quasi allegro:
 
“Devi guardare il bicchiere mezzo pieno. Devi scegliere tra un mucchio di ragazze una con cui potresti fidanzarti, e tra queste ce n’è una che ti piace. Io la vedo come una fortuna… E l’ultima parola è la tua, non devi sposarla per forza. Io dico che dovresti buttare giù il muro che hai costruito anni fa e darti una mossa, perché qui di ragazzi ce ne sono altri, ti ricordo. Vuoi buttare un’occasione? Fa’ pure, ma credo che te ne pentiresti.”
 
Megara diede un paio di ultimi colpetti sulla spalla dell’ex compagno di Casa prima di alzarsi, ma prima che potesse tornare dentro alla villa Castor si voltò, parlando di nuovo:

“Quando sei diventata così matura, ragazzina?”
“Mia madre dice che certe persone nascono più mature di altre… Forse sono tra quelle. E comunque, mi dovevi questa confessione da quando io ti ho detto di Perseus!”
 
“Che ha sposato la sorella della tua migliore amica… non è ironico, Megara?”
“Pensa alla tua situazione, non a me, fidati.”
 
 
 
 
 
 
 
*: La madre di Vivian è Geraldine Rowle, sorella del padre di Amanda e Lilith, quindi le tre sono cugine di primo grado.
I padri di Gerard e Aghata invece sono cugini, quindi i due sono cugini di terzo grado.
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
Sarò brevissima, giuro.
Sopra ho detto che sarete importanti nella formazione delle coppie, infatti come faccio ormai quasi sempre tra poco vi chiederò di indicarmi le vostre preferenze per le coppie… Penso nel prossimo capitolo, o al massimo in quello dopo (so che è presto, ma la storia non sarà molto lunga, quindi il tempo stringe).
Perciò, vi consiglio di iniziare a valutare quali personaggi vi ispirano di più come potenziale partner per il vostro.
A presto!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
 
Cora sbuffò con impazienza, asciugando le poche gocce che avevano bagnato i documenti che stava leggendo: Rigel si era tuffato nel lago con quanta meno grazia possibile, andando a spargere gocce su di lei e su ciò che stava leggendo.
 
L’ex Serpeverde riemerse con una risata, parlando alla Corvonero che se ne stava seduta su un asciugamano, gli occhiali da sole calati sugli occhi.
 
“Cora, che fai, non vieni?”
“No grazie, ho da fare.”
 
La ragazza parlò senza alzare lo sguardo o battere ciglio, ma dovette trattenersi dal prendere la bacchetta quando Rigel le domandò se si trovasse in un “certo periodo”.
Cora non rispose, mentre la voce di Rigel era contornata da molti altri suoni: le risate di Althea, Athyna, Aghata e Danae mentre facevano il bagno schizzandosi a vicenda, Lilith e Megara che chiacchieravano sedute sulla riva. Vivian prendeva il sole, mentre Amias, Castor, Ewart e Rigel erano impegnati in una gara di tuffi.
 
“Oppure ti vergogni? Dai Prewett, ti assicuro che sei davvero…”
“Non farò nessun bagno Rigel, ma mi stai tentando di venire ad affogarti, davvero.”
 
Cora sbuffò, dicendosi che forse uscire per prendere un po’ d’aria non era stata una buona idea.
 
La ragazza, con addosso una camicia bianca e dei pantaloni color cuoio, spiccava in confronto alle altre ragazze, tutte in costume. Non sembrava però avere intenzione di imitarle, e Rigel avrebbe parlato di nuovo se la voce di Gerard non l’avesse preceduto:
 
“Burke, va’ a farti una nuotata e fatti gli affari tuoi.”       Gerard passò accanto al Serpeverde senza guardarlo, superandolo per uscire dal lago. Si portò una mano sui capelli bagnati e li portò indietro con un gesto rapido, lasciandosi il viso sgombro mentre si avvicinava all’amica, pieno di gocce d’acqua sulla pelle.
 
Quando fu abbastanza vicino Cora ritrasse i documenti, temendo che potesse bagnarli, e si affrettò a lanciargli un asciugamano:
 
“Tieni, copriti.”
“Non vuoi che mi ammali? Gentile da parte tua.”
“No, non voglio che mi bagni i documenti.”
Gerard scosse il capo, per nulla sorpreso mentre sedeva accanto a lei, avvolto nell’asciugamano azzurro che l’amica gli aveva passato.
“Ah, ecco… Ignora Rigel.”
 
“Lo faccio, non serve che tu me lo dica.”
 
Cora non battè ciglio, continuando a leggere come se nulla fosse mentre l’amico la guardava, in silenzio.
 
“Gerry? Non guardarmi così. E asciugati.”
 
La ragazza abbandonò quel che stava leggendo, prendendo un asciugamano più piccolo e iniziando a strofinare il capo di Gerard, che subito iniziò a protestare.
 
“Sta’ fermo, faccio subito… Ecco, così va meglio.”  Cora ridacchiò alla vista dei capelli arruffati dell’amico, che sbuffò e cercò di appiattirli con le mani prima di guardare l’amica. Per un attimo Gerard non disse nulla, poi le appoggiò una mano sulla spalla, sorridendo appena:
 
“So che Rigel ha dei modi… non proprio ideali, ma in parte ha ragione. Potresti metterti il costume e divertirti.”
“Devo lavorare, Gerry. E non so nuotare bene, lo sai.”
 
“Beh, si può stare dove tocchi…”
“Gerry, apprezzo, davvero, ma sai come la penso. Sai che mi trovo inguardabile.”
 
 
Cora chinò il capo, rabbuiandosi nel pronunciare l’ultima parola. Gerard però scosse il capo, sorridendo prima di prenderle la mano con entrambe le sue, guardandola come se la ritenesse folle:
 
“Non dire così, devi volerti bene. Non sei inguardabile, Cora.”
“Gerry, non… lascia stare. Per favore.”
 
Gli occhi chiari di entrambi si incontrarono, e Gerard capì che il discorso era chiuso dallo sguardo triste, quasi ferito, dell’amica. Non le vedeva spesso quello sguardo dipinto in volto, e Gerard annuì, asserendo che aveva capito.
 
“Grazie. E parlando di autostima, tu per primo dovresti avere una maggiore considerazione di te stesso.”
 
“E come? Guardati intorno Cora, sono circondato dalla… crème de la crème. Io sono solo… un bottegaio. Che cosa ci faccio qui davvero non lo so, i genitori di Danae non mi vorrebbero mai come genero.”
 
Gerard sorrise amaramente mentre si stendeva, appoggiando il capo sull’asciugamano che Cora aveva steso per sedersi. La pace però durò molto poco, perché dopo appena un istante la ragazza gli assestò una manata sul ginocchio che si era infortunato solo due giorni prima.
 
“CORA, PORCO MERLINO!”
“Cavolo, scusa, mi ero scordata… Ma te lo meriti, idiota! Non dire idiozie, perché mai non dovrebbero esserne felici? Sei Purosangue, mi pare.”
 
“Cora, certo, ma la mia famiglia…. Ti prego, non facciamo finta che la mia famiglia e i Black, o i Burke, o i Malfoy siano sullo stesso piano. Ci invitano per formalità, ma siamo dei bottegai, non abbiamo manieri, tenute, castelli… È questa la verità.”
 
Gerard guardò i loro compagni, tutti intenti a divertirsi. Non ne soffriva, assolutamente, lui adorava fare ciò che la sua famiglia faceva da secoli, ossia costruire bacchette, ma sapeva che non era la stessa vita che molti altri conducevano, affatto.
Lui non era come gli altri giovani Purosangue che si trovavano lì.
 
Cora non disse niente per qualche istante, limitandosi a guardare l’amico, poi lo fece con il tono più deciso che le riuscì:
 
“Gerard Olivander, senti cosa ho da dirti, e fallo bene, non amo ripetermi. Tu non sei come loro? Assolutamente sì. Ma sei felice della tua vita?”
 
“Beh…”
“Rispondi.”
“Sì.”
“Bene. Tu sei felice di quello che fai, e ancor meglio, TU ti impegni per fare qualcosa di così importante che… no oso neanche pensare come faremmo senza gli Olivander! Non vieni mantenuto da mamma e papino, Gerry, tu passi ore dentro una bottega, e non devi vergognartene, devi esserne fiero. A TE, nessuno regala niente. Io sarò stata più fortunata, ma ciò non toglie che io ammiri molto quello che fai. E se qualche famiglia snob storcesse il naso per quello che la tua famiglia fa, o perché non avete castelli… Beh, peggio per loro, perché loro sarebbero fortunati ad averti in famiglia, non il contrario.”
 
Gerard, rimasto immobile e in silenzio, gli occhi verdi fissi sul volto dell’amica, esitò. Il suo volto, spesso molto serio, si illuminò quando il ragazzo distese le labbra in un largo e raro sorriso, poi mormorò un grazie e Cora sorrise a sua volta, soddisfatta del suo discorso.
 
“Prego. Certo che dovrei cominciare a scriverli, certi discorsi, sono proprio una forza… Ma, aspetta un attimo… Quello che hai detto prima… per caso hai fatto un pensierino su Danae?”
 
Cora strabuzzò gli occhi azzurri e Gerard, per tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata. Era molto raro sentirlo ridere, ma ciò valeva anche per Cora: erano molto simili, infondo, entrambi spesso seri e silenziosi, ma in compagnia l’uno dell’altro era molto più semplice vederli sorridere.
 
“Cora, Merlino, sei matta? Non che abbia niente contro Danae, e definirla attraente è un eufemismo, ma…”
 
“Beh, poteva anche essere… Chissà chi di noi uscirà da qui tutto solo, ci hai pensato? Anzi, no, sarò io di certo.”
 
Cora si distese accanto a Gerard, che subito ne approfittò per sfilarle gli occhiali da sole dai capelli e metterseli, aggrottando la fronte alle parole dell’amica:
 
“Perché dici così?”
“Dai Gerry, ma chi mai potrebbe volermi… Mi fa ridere solo pensarlo.”
 
Il ragazzo, sempre più confuso, non le disse di ricordare chiaramente gli sguardi che i ragazzi le lanciavano a scuola e anche negli anni dopo: quando giravano insieme, ballavano insieme alle feste o lei andava a trovarlo al negozio, veniva fulminato da decine di sguardi, probabilmente perché i passanti li prendevano per una coppia.
 
“Non capisco perché tu dica questo, Cora, ma sei testarda come un mulo, e so che cercare di farti cambiare idea è inutile.”
 
“Bravo Gerry, hai imparato. Tu piuttosto, sai che molte ragazze vanno matte per il “bel tenebroso”?”
 
 
Nel pronunciare le ultime parole, Cora non riuscì a restare seria e scoppiò inevitabilmente a ridere, facendo borbottare sommessamente qualcosa a Gerard con aria contrariata.
Gli anni passavano, ma Cora non avrebbe mai smesso di provare divertimento nello stuzzicarlo.
 
 
*
 
 
Danae rise quando Armstrong si mise supino, le grandi orecchie marroni distese a ventaglio sul pavimento mentre attendeva di essere coccolato:
“Sei proprio un coccolone, vero Armstrong? Ma come si fa a non coccolarti…”
 
La ragazza lo accontentò, grattandogli la pancia senza smettere di sorridere: aveva trovato il cane nell’ingresso, solo e vagamente spaesato, e non aveva esitato a fermarsi per stare un po’ in sua compagnia, da amante dei cani qual era.
 
“Ne è consapevole. Secondo me è molto più furbo di quanto quel muso sconsolato non dia a vedere.”
 
La strega si voltò e sorrise ad Ewart, in piedi vicino alle scale e con una mano ancora sulla ringhiera mentre osservava il suo cane farsi coccolare dalla padrona di casa.
 
Conquistare Danae tecnicamente era obbiettivo dei ragazzi, ma forse Armstrong li aveva battuti uno ad uno.
 
“Dimmi, i Basset hound hanno quest’espressione sconsolata innata o lo fanno apposta per suscitare coccole?”
 
“Onestamente me lo chiedo spesso anche io, e ancora non ho una risposta certa. Forse sono più furbi di quanto crediamo.”
 
Ewart abbozzò un sorriso mentre guardava il suo cane godersi le attenzioni della strega, che annuì mentre tornava a concentrarsi su Armstrong:
 
“Lo penso anche io. Ma è impossibile non coccolarti, sai Armstrong?”
 
Il cane continuò imperterrito a godersi i grattini della ragazza, restando immobile nella stessa posizione mentre il padrone sorrideva divertito.
 
“Credo che lo sappia. Tra poco reclamerà il suo spuntino, tra l’altro.”
“Cosa mangia?”
“Tutto. Sai, mi sono sempre chiesto perché qui non abbiate mai avuto dei cani, con tutto questo spazio a disposizione…”
 
Danae si strinse nelle spalle mentre si alzava, parlando con tono pacato ma con una nota di leggera amarezza nella voce:
 
“Conosci mia madre, credo che tu possa immaginare perché non abbiamo animali… Non ama particolarmente l’idea di avere peli sparsi per casa. Come se fosse lei a pulire…”
 
La strega si rabbuiò ed Ewart aggrottò la fronte, osservando che la padrona di casa non aveva fatto obiezioni quando lui e altri si erano portati appresso i rispettivi animali da compagnia: solo il giorno prima aveva visto Artemis, la gatta di Edward, e Milady, lo Kneazle di Cora, inseguirsi nel salotto.
 
“Mia madre si taglierebbe un dito pur di compiacere i suoi ospiti, è fatta così… Non avrebbe obbiettato neanche se uno di voi si fosse portato appresso una mandria di lupi, credo.”
“Beh, spero che non le rechiamo comunque disturbo…”
 
“Rilassati Ewart, come ho detto non è lei che deve pulire la casa, infondo. E per una volta è bello avere animali per casa.”   Danae sorrise ad Armstrong, che nel frattempo si era messo seduto e spostava lo sguardo da uno all’altro, come in attesa di ricevere altre coccole o il suo spuntino.
 
“Se è così… Armstrong, smettila di fare quella faccia, non ti farò morire di fame! Anche se la dieta male non ti farebbe… Vieni, bello.”
 
Al cenno del padrone Armstrong trotterellò subito da lui, ed Ewart si congedò da Danae asserendo che se non gli avesse subito dato da mangiare probabilmente il cane sarebbe andato in depressione.
 
Danae rise e osservò che doveva ancora esserci lo stufato avanzato dalla sera precedente giù in cucina prima di iniziare a salire le scale per andare in camera sua per sistemarsi prima del pranzo – se si fosse presentata con i capelli ancora umidi dopo il bagno fatto per togliersi l’odore di acqua di lago sua madre l’avrebbe fatta mangiare in cucina con gli elfi, probabilmente –, salutando allegramente cane e padrone prima di sparire.
 
“Dì un po’, furbacchione, ti sei già accaparrato il favore di tutte le ragazze che ci sono qui? Che Don Giovanni…”
 
 
*
 
 
“Sto MORENDO di fame, speriamo che ci sia roba buona per pranzo.”
 
Rigel sorrise allegramente mentre attraversava l’ingresso per raggiungere la sala da pranzo e Gerard, subito dietro il compagno di stanza, aggrottava la fronte:
 
“Perché, hai forse fatto la fame da quando siamo qui?”
“No, ma spero che non ci sia il minestrone come ieri sera, francamente… Zio, zia, buongiorno.”
 
Rigel indirizzò un sorriso a Belvina e ad Herbert, che salutarono il nipote di rimando prima che l’ex Serpeverde, dopo aver preso posto di fronte a Gerard, sorridesse beffardo al Tassorosso:
 
“Dì un po’, che fine ha fatto la tua amica del cuore?”
“Oh, aspetta, è vero, del resto sono affari tuoi… Anzi, non lo sono per niente.”
 
“Non voglio farmi gli affari di Cora, dico solo che girate spesso insieme.”
 
Rigel fece spallucce mentre si sistemava il tovagliolo sulle ginocchia, sorridendo con sollievo quando vide entrare anche Althea, Athyna e Aghata: prima tutti fossero arrivati, prima il pranzo sarebbe stato servito.
 
“Certo, ma come tutti anche lei ha le sue cose da fare.”
 
Rigel fece per aggiungere altro, ma venne interrotto da Aghata, che si avvicinò al cugino e gli mise una mano sulla spalla prima di chinarsi leggermente:
 
“Buongiorno Gerard… Come va il ginocchio?”
“Direi che si è ripreso, cugina. Grazie ancora.”
 
“Dai, non l’ho certo fatto di proposito! Sì, ti ho lanciato il Bolide contro, ma non volevo proprio farti male…”
“Aghata, lasciatelo dire, non sei bravissima a scusarti… ma lasciamo stare, non importa.”
 
 
Gerard liquidò il discorso con un rapido gesto della mano e la ragazza, sorridendo, prese posto accanto a lui mentre Althea e Athyna discutevano su cosa avrebbero potuto fare nel pomeriggio.
 
“Ma Dany dov’è?”
“In camera sua, si stava sistemando prima di scendere… Incredibile, siamo quasi le prime oggi!”
 
Althea strabuzzò gli occhi e Athyna sorrise soddisfatta – anche perché così facendo non aveva dato modo a Rigel di fare commenti – mentre anche Lilith e Megara facevano il loro ingresso, salutando educatamente i padroni di casa prima di sedersi a loro volta.
 
“Ragazze, ce l’avete fatta oggi!”
 
“Sì, ma… perché tutti sembrano così sorpresi?”
 
Althea si voltò verso la compagna di stanza, che si strinse nelle spalle e suggerì che probabilmente era perché non erano riuscite ad arrivare in anticipo neanche una volta prima di quel giorno mentre Aghata rideva.
 
 
Anche Christopher e Castor, una volta entrati, si congratularono con le due, e Athyna borbottò che non ce n’era affatto bisogno, ma Christopher non sembrò d’accordo, perché sfoggiò un sorrisetto e le ricordò che ogni evento straordinario meritava di essere sottolineato.
Athyna ebbe l’impulso di lanciargli dietro il tovagliolo mentre Rigel usava il suo per nascondere la faccia e soffocare così le risate, ma la Grifondoro fu costretta dalla presenza dei signori Burke a mantenere il contegno.
 
Subito dopo anche Cora li raggiunse, sospirando e scusandosi con tutti i presenti per il lieve ritardo, ma Belvina le assicurò gentilmente che non doveva preoccuparsi mentre l’ex Corvonero sedeva accanto a Gerard, nel posto che il ragazzo le aveva tenuto:
 
“Tutto bene?”
“Sì, ho solo dovuto dare una strigliata ad Oliver…”  Cora alzò gli occhi al cielo e Gerard sorrise, suggerendole che forse metteva il suo povero segretario troppo sotto pressione mentre Belvina, ad un paio di metri di distanza, si rivolgeva al marito:
 
“Ancora trovo assurdo che Cora Prewett gestisca gli affari di famiglia.”
“Convengo che sia inusuale, ma non si può far altro che farle i complimenti per la forza di volontà e per il lavoro che sta facendo.”
 
“Non ne dubito, anche se non so molto in materia, ma Cora è una ragazza di ottima famiglia, giovane e per di più molto affascinante, trovo assurdo che una ragazza nella sua posizione si occupi di queste cose.”
“Sua nonna non ha niente in contrario, e se sta bene a lei sta bene a tutti noi.”
 
Herbert abbozzò un sorriso nel pensare all’austera nonna della ragazza, una delle pochissime persone che avesse mai visto tener testa a suo suocero: anche solo per quel motivo, provava un profondo rispetto per Anja Prewett.
Lo stesso non si poteva dire del suocero, ovviamente, che dichiarava apertamente di detestarla.
 
Nessuno si era stupito, infatti, quando alcuni prima Phineas Nigellus aveva categoricamente rifiutato di prendere anche solo in considerazione Cora Prewett come fidanzata per suo nipote, nonostante fossero coetanei.
 
Belvina ricordava ancora distintamente le parole del padre, che non aveva voluto sentir ragioni:
 
Se quella ragazza è anche solo lontanamente come sua nonna, non auguro a mio nipote di averci a che fare per tutta la vita! E non auguro certo a me stesso di aver a che fare con quella donna più del necessario
 
 
Personalmente non aveva nulla contro Anja Prewett, tutt’altro… Ma la verità era che suo padre mal sopportava chiunque osasse andargli contro.
 
 
“Tranquillo Gerry, lo metto sotto pressione il giusto.”
“E quando hai intenzione di dire a lui e ad Amelia che sia tu che tua nonna sapete che si frequentano “in segreto”?”
 
Gerard inarcò un sopracciglio – mentre anche Vivian, seguita da Shedir e Amias, li raggiungevano – con aria scettica, ma l’amica si limitò a sfoggiare un sorrisetto che il ragazzo conosceva ormai terribilmente bene:
 
“Non ancora, tutto qui… È troppo divertente.”
“Tu e tua nonna siete sadiche, Cora. Già quel poverino è terrorizzato da te, ma ora è anche terrorizzato all’idea che tu lo scopra, smettila di torturarlo!”
 
“Non capisco perché lui e mia sorella si facciano tanti problemi, non sono certo una despota che impedirebbe loro di frequentarsi, non m’importa. Oliver è un bravo ragazzo, non certo il mio tipo, ma pur sempre un bravo ragazzo. Se mia nonna non ha da obbiettare non sarò certo io a farlo.”
 
 
Cora si strinse nelle spalle mentre Edward, appena entrato insieme ad Ewart, andava a sedersi accanto a Vivian:
 
“Buongiorno… Ti sei abbronzata stamani?”
“Col mio incarnato la vedo difficile, onestamente, ma si fa quel che si può.”


“Dai Viv, non lamentarti, non hai certo l’incarnato pallido come il mio… per me il sole è un’utopia.”
 
Lilith si sfiorò uno zigomo con un sospiro, ma Megara le assicurò con un sorriso affettuoso che abbronzata o no aveva pur sempre un aspetto delizioso.    
 
Belvina, rendendosi conto che oramai mancava solo Danae, aggrottò la fronte e si rivolse al figlio, chiedendo a Castor dove fosse finita la ragazza. La donna però ottenne una semplice scrollata di spalle, e Castor asserì che non ne aveva idea.
Belvina stava quasi per chiamare un elfo quando finalmente vide la figlia entrare: Danae si scusò a voce alta con tutti i presenti per l’attesa e poi raggiunse il suo posto senza aggiungere altro mentre Herbert asseriva che il pranzo poteva essere servito.
 
“Danae, che fine avevi fatto?”
“Mi stavo sistemando mamma, o avresti preferito che arrivassi con i capelli umidi e in disordine?”
 
La ragazza rivolse un’occhiata di sbieco alla madre, che inclinò le labbra in una leggera smorfia, senza che ci fosse bisogno di dire altro.
 
Rigel fu immensamente felice di trovare come prima portata qualcosa che non era minestrone, e si servì allegramente mentre Megara, poco più in là, si sporgeva leggermente verso Castor:
 
“Allora, hai deciso o no di fare qualcosa?”
“Merlino Meg, non stressarmi!”
“Sono passati quasi due giorni, lo dico per te!”
 
Megara sbuffò, scuotendo il capo con disapprovazione mentre Edward, seduto accanto a lei, ridacchiava divertito:
 
“Castor, hai problemi di cuore?”
“Non sono affari tuoi, Edward.”
 
Castor riprese a mangiare senza guardare l’ex fidanzato della sorella – che in effetti aveva iniziato ad apprezzare solo quando i due avevano deciso di restare amici e basta, una volta finita la scuola –, che invece sorrise:
 
“Non è carino disprezzare l’aiuto che ti viene offerto. Allora, il nostro Castor ha puntato gli occhi su qualcuna di queste graziosissime fanciulle?”
 
 
Edward si rivolse a Megara con un lieve sorrisetto – quasi beffardo – dipinto sul volto, e l’ex Corvonero esitò un paio di istanti prima di parlare, piuttosto sorpresa e arrossendo appena:
 
“Beh…”
“Tranquilla Megara, non serve aggiungere altro.”    Edward guardò Castor e gli strizzò l’occhio, ben consapevole che il ragazzo si stesse trattenendo dall’affatturarlo mentre Megara, dal canto suo, si chiedeva quando era stata l’ultima volta in cui Edward Parkinson le aveva rivolto la parola.
 
Di sicuro a scuola non era mai successo, ma neanche fuori da Hogwarts…
In effetti non era abituata al fatto che certe persone attaccassero bottone con lei, timida com’era e sempre incline a non farsi notare. Lilith, dal canto suo, assestò all’amica una leggera gomitata, mormorandole di riprendersi e che era Edward Parkinson, non il Ministro della Magia.
 
 
*
 
 
“Davvero a Perseus piace qualcuno?”
 
Megara si fece quasi andare il biscotto di traverso quando sentì la sua migliore amica pronunciare quelle parole, seduta accanto a lei sul divano.
 
“Perché me lo chiedi?”
“Beh, a giudicare dalla scenetta che ha coinvolto voi due ed Edward a pranzo…”
 
“E me lo domandi perché ti interesserebbe saperlo?”    Megara guardò l’amica, sforzandosi di restare impassibile mentre Lilith, che teneva un libro in mano, si stringeva debolmente nelle spalle:
 
“Sì e no. Insomma, siamo qui perché Danae e Castor dovrebbero scegliere qualcuno, giusto? Se lo facessero tutto questo finirebbe, e ammetto che questa situazione mi mette un po’ a disagio… è strano vivere a casa d’altri, mi fa sentire di troppo.”
“Sì, ti capisco. Comunque, mi dispiace ma non sono autorizzata a dirtelo.”
 
Megara sorrise e fece spallucce mentre Lily alzava gli occhi al cielo, asserendo che di certo Castor non avrebbe avuto problemi e che la fantomatica ragazza difficilmente lo avrebbe rifiutato.
 
“Perché dici così?”
“Io e Castor di certo non possiamo definirci amici, non ho mai capito se mi trovasse sgradevole o insignificante da come si comportava a scuola o quando le nostre famiglie s’incontravano… Ma nessuno può negare che sia un bellissimo ragazzo, nonché un ottimo partito e una persona piacevole, a giudicare da quante persone lo circondano sempre.”
 
“Io non penso affatto che ti trovi o trovasse sgradevole, Lily. Insomma, tu non lo sei affatto.”
 
Megara sorrise, affrettandosi ad aggiungere l’ultima parte quando Lily la guardo con la fronte aggrottata, dubbiosa. Dopo un attimo di esitazione l’ex Corvonero parlò, inarcando un sopracciglio:
 
“Dici così perché sei mia amica ma sai anche che io non gli piaccio per qualche motivo, ma non vuoi farmelo sapere?”
“Cosa? Ma che vai a pensare, Lily!”
“Non so Meg, mi sembri strana… Ma sarà come dici tu. Del resto, so di non aver mai fatto niente di male a Castor, se non gli vado a genio mi dispiace ma non so proprio che farci.”
 
Lily tornò a concentrarsi sul suo libro, serafica, e Megara si sforzò di non aggiungere altro, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo: il suo stupido amico doveva darsi una mossa, e in fretta.
 
 
*
 
 
Castor si passò una mano tra i capelli castani con un sospiro, steso supino sul suo letto.
Finalmente qualche attimo di solitudine, di silenzio, lontano da tutti.
 
Castor era sempre stato così, fin da bambino: socievole, ma ogni tanto aveva bisogno di alcuni momenti di solitudine, e questo valeva anche per sua sorella… del resto, lui la conosceva meglio di chiunque altro.
 
L’ex Corvonero fissava il soffitto della sua camera, lieto di avere finalmente qualche momento per riflettere: quella situazione avrebbe potuto portare alla più importante svolta della sua vita, e ancora non aveva quasi avuto modo per rifletterci.
 
C’erano molte ragazze, a casa sua, da ormai cinque giorni… Conosceva già tutte loro, almeno di vista, e doveva ammettere di essersi aspettato uno scenario ben peggiore quando suo nonno aveva avuto quella strana idea: si era immaginato nelle vesti di trofeo da vincere e sfoggiare, ma in fin dei conti nessuna gli si era incollata appresso e tutto sommato non era mai stato disturbato.
 
Eppure, almeno in teoria, avrebbe dovuto scegliere una di loro. Altrimenti, chissà per quanto l’avrebbe tirata avanti suo nonno… La sua speranza era che Amanda annunciasse di essere in dolce attesa di lì a pochi mesi, così forse la famiglia avrebbe distolto l’attenzione da lui e da sua sorella.
 
C’era Megara, ma lei era totalmente fuori discussione, l’avrebbe vista eternamente come una sua amica e basta.
C’era Cora, ma per quanto a pelle gli piacesse onestamente lo metteva leggermente in soggezione. E poi aveva tre anni più di lui, sarebbe stato un po’ strano.
Vivian senza dubbio era bellissima, ma già immaginava Danae tirare fuori l’ascia di guerra visto quello che Vivian aveva fatto con il padre… no, non aveva niente contro di lei, ma fidanzarsi con una ragazza che ci aveva provato con suo padre era quasi troppo persino per la famiglia Black.
Rimanevano le amiche di sua sorella… E Lilith.
 
Trovava ironico che la ragazza per cui si era preso una cotta enorme fosse la sorella di sua cognata… di certo le loro famiglie sarebbero state felicissime di saperlo, ma lei?
Dopo come l’aveva trattata nel corso del tempo, Castor non osava pensare che cosa pensasse di lui la più giovane delle Rowle.
 
Quando sentì la porta aprirsi il flusso dei pensieri del giovane s’interruppe bruscamente, ma Castor fu sollevato di vedere sua sorella e non chiunque altro. Dopotutto, chi meglio di lei lo avrebbe capito, visto e considerato che si trovavano nella medesima posizione?
 
“Mi stavo chiedendo dove fossi finito… Posso?”
 
Castor annuì e la sorella lo raggiunse, stendendosi proprio accanto a lui.
Per quasi due minuti – che a Castor parvero eterni – nessuno dei due parlò, ma Danae finì come sempre per rompere il silenzio per prima:
 
“A cosa stai pensando?”
“A questa situazione.”


“Mm, immaginavo… Pensi alle fanciulle che concorrono per consegnarti la propria mano?”
 
Castor sbuffò e la sorella sorrise, ricordandogli che anche lei era nella stessa posizione. Anzi, essendo una ragazza la gente si aspettava ancora di più che si sposasse e iniziasse presto a sfornare pargoli Purosangue.  
 
“Dai, seriamente… c’è qualcuna che ti piace?”
“Sai già la risposta, Dany.”
 
“Certo che la so, appunto mi chiedo perché tu non faccia nulla… È a casa TUA, Castor, ti sembra niente questo? Ti assicuro che le ragazze ti adorano da sempre, se ti facessi conoscere sono certa che piaceresti anche a lei.”
“Davvero lo pensi?”
“Sì, ma non scopriremo se ho ragione se continui così.. Perciò ecco cosa devi fare: passa del tempo con lei, parlaci, scusati per quanto hai fatto l’idiota negli ultimi anni… Non devi per forza dirle la verità se non vuoi, ma almeno scusati, è importante. Lilith non è stupida, e non ci vuole un Corvonero per capire che la eviti.”
 
“D’accordo, lo farò, lo prometto. Non so come andrà a finire, ma lo farò. Ma parliamo di te, sorellina… Nessuno ha attirato il tuo sguardo?”
 
Castor sorrise beffardo, molto lieto di spostare la conversazione sulla sorella, che rimase pressoché impassibile mentre si stringeva nelle spalle:
 
“Oh, ma andiamo… Rigel è mio cugino, e io non approvo quella tradizione della famiglia Black. Poi ci sei tu, Edward… che è il mio ex, sarebbe strano, anche perché siamo rimasti amici. Non è andata la prima volta, perché la seconda dovrebbe essere diversa? Shedir sta quasi sempre per gli affari suoi e praticamente non mi ha mai rivolto la parola, dubito sia interessato a me. Gerard sta sempre o da solo o con Cora, francamente credo che anche lui siamo stato mandato qui a calci… Dici che tra lui e Cora ci sia qualcosa?”
 
“Non lo so, ma entrambi sono molto amici di Amanda, lei lo sa di sicuro.”
“Mh, indagherò. Comunque, rimangono Chris, che è uno dei miei migliori amici… Insomma, le probabilità si restringono su Amias ed Ewart. Alla fin fine per una serie di circostanze non ho poi così tanta scelta, dopotutto.”
 
“Quindi escludi Chris a priori?”
“Non è che lo escluda a priori, è che siamo amici da una vita! Insomma, tu consideri Megara, per esempio?”
“No…”
“Ecco, appunto.”
 
Danae emise un debole sbuffò mentre si portava entrambe le mani dietro la nuca, fissando il soffitto della camera esattamente come il gemello. Per qualche istante nessuno dei due emise un fiato, prima che Castor parlasse con tono incerto:
 
“Sai, per quanto riguarda Ewart… Non ne sono sicuro, ma credo che ci sia lo zampino di Perseus.”
“Credi?”
“Beh, è il suo migliore amico… Credo che lui per primo sarebbe felice di averlo in famiglia. Non mi stupirebbe, ecco.”
 
Castor non aveva torto, e la sorella si rabbuiò nel non poterlo contraddire: se da un lato comprendeva le motivazioni del fratello maggiore, dall’altra non le faceva troppo piacere sapere che aveva convinto un suo amico a far parte in una pagliacciata che aveva come obbiettivo quello di farle trovare marito.
In un certo senso, si sentiva messa in vendita anche da lui, oltre che dal nonno e dai genitori.
 
“In questa famiglia c’è qualcuno che non si cura del mio futuro sentimentale?”
“Io, sorellina, Tranquilla, a me non importa, ti voglio bene ma per quanto mi riguarda potresti sposare anche un Babbano.”
 
“Grazie Tor, questo mi rincuora molto.”
 
 
*
 
 
Athyna non aveva mai preso in considerazione l’idea di trovarsi un fidanzato durante la villeggiatura estiva a casa dei Burke: aveva accettato per stare vicina ad una delle sue più care amiche e si era auto-imposta l’obbiettivo di trovarle un fidanzato, ma non aveva mai pensato a se stessa.
 
L’ex Grifondoro stava accarezzando distrattamente Rose, la sua Puffola Pigmea rosa (in tinta con l’abbigliamento della padrona, dove era impossibile che mancasse qualcosa di quel colore) che le si era sistemata sulla spalla mentre Althea, seduta accanto a lei, si stiracchiava, chiedendo dove fosse finita Danae.
 
“Credo sia in camera sua… Conoscendola è meglio lasciarle qualche momento da sola, ne ha bisogno.”
 
Althea si voltò verso l’amica, guardandola con un sopracciglio inarcato mentre si arricciava distrattamente una ciocca di capelli biondi intorno al dito:
 
“E tu a che cosa stai pensando?”
“Al fatto che tecnicamente siamo qui per trovarci un fidanzato, ma non sono particolarmente interessata a Castor, onestamente.”
“Non mi sorprende, siete diversissimi… Non credo siate molto compatibili.”
 
Athyna sorrise, per nulla offesa dalle parole dell’amica, anzi, perfettamente consapevole che Althea non si sbagliava.
 
“Hai ragione. A te piace qualcuno, Thea?”
“Mah, non saprei… Il più bello che abbia messo piede in questa casa è già stato preso, dopotutto.”
 
Le due ragazze si presero qualche istante di silenzio per visualizzare l’immagine di Perseus che giocava a Quidditch con loro, sospirando debolmente prima di tornare alla realtà.
 
“Sì, beh… Non direi che il resto sia proprio da buttare.”
“Non dico questo, solo che al momento non ho in mente nessuno. Tu invece?”
 
Althea sorrise all’amica, che invece di rispondere continuò ad accarezzare Rose mentre teneva i grandi occhi da cerbiatta fissi sul costoso tappeto ai piedi del divano.
 
“Sai, non ho avuto molte relazioni… Io sono sempre innamorata dell’amore stesso, ma è difficile per me provare qualcosa per altre persone.”
“Mi ricordo di Frederick.”
 
Athyna annuì, ripensando alla breve relazione che aveva avuto durante il suo sesto anno ad Hogwarts, quando lei e Althea non erano ancora così legate.
 
“Sì… Non ci pensavo da tanto tempo, a lui.”
“Vi lasciaste all’improvviso, se non sbaglio.”
“Sì, beh, non era poi così importante, alla fine. Vado a vedere se Danae è finita in un buco nero, quando non si fa vedere per parecchio quasi inizio a preoccuparmi.”
 
Athyna sorrise e si alzò, assicurando all’amica che sarebbe tornata presto prima di lasciare Rose alle cure di Althea e dirigersi verso la porta della loro camera per andare a controllare in quella di Danae.
 
Guardando la porta chiudersi alle spalle di Athyna, Thea si domandò se non avesse sbagliato nel nominare Frederick. Non erano così amiche all’epoca, e non sapeva di preciso che cosa fosse successo tra di loro, ma comprendeva il desiderio dell’amica di non parlare di relazioni passate.
 
 
 
 
“Mi ha sorpresa sapere da mia madre che saresti venuta. Qual è il motivo?”
 
Athyna sorrise, stringendosi nelle spalle mentre Danae, in piedi davanti a lei, dava le spalle alla finestra per guardarla. L’ex Serpeverde teneva le braccia strette al petto e gli occhi cerulei, più penetranti di un Legilimens, fissi su di lei, e Athyna seppe all’istante di non avere vie di fuga.
 
 
“Che domande mi fai Dany, voglio trovarmi un fidanzato ricco!”
“Ti prego… Dimmi la verità.”
 
Danae alzò gli occhi al cielo, escludendo l’ipotesi che l’amica aveva appena esposto mentre Athyna si stringeva nelle spalle, parlando con tono neutro:
 
“Beh, tu sei la mia migliore amica. E a cosa servono gli amici, se non a confidarsi e a supportarsi? Quando mi hai scritto sfogandoti contro tuo nonno ho subito deciso che se mi avessero invitata avrei accettato. Anche mia madre si è stupita, ma io sono qui sono per te, Dany. So che non ne sei affatto felice, ma volevo che sapessi che hai sempre la mia spalla a cui appoggiarti.”
 
“… Grazie.”
“E di cosa? Tu c’eri, nel momento peggiore.”

 
*
 
 
 
Dopo la sua “visita” in camera di Castor Danae era tornata nella propria, e si stava spazzolando i capelli castani quando sentì bussare alla porta.
“Avanti.”
 
“Permesso? … Però, devo ammettere che è più ordinata di quanto credessi!”
 
Quella non era decisamente una delle voci che si aspettava e nell’udirla Danae si voltò di scatto, sorpresa e con la spazzola di legno ancora in mano.
 
“Chris? Che ci fai qui? Comunque, è solo merito della magia e degli elfi, ovviamente.”
 
“Non ti vedevo dal pranzo… Posso?”
 
L’ex Tassorosso indicò il piccolo divanetto posto ai piedi del letto della ragazza, che annuì prima di appoggiare la spazzola sul ripiano della toeletta e mettersi a sedere in modo da avere l’amico di fronte:
 
“Temevi che stessi cercando di fuggire di casa calandomi dalla finestra con dei lenzuoli?”
“… No, ma devo ammettere che ti ci potrei vedere. Come stai?”
 
 
“Bene. Sai, ammetto che in questo caso avevo immaginato il peggio, infondo non è poi così male. Certo non è il massimo avere la casa piena di gente, ma mi ero immaginata un branco di scimmie che mi inseguivano per mettermi un anello al dito, quindi non mi lamento.”
 
Danae si strinse nelle spalle e Chris sorrise, guardando l’amica con aria divertita:
 
“Mi sembra che ti stiamo lasciando abbastanza in pace, no?”
“Sì, anche troppo. Insomma, non che mi lamenti, ma sembra quasi che nessuno si interessi davvero al motivo per cui si trova qui.”
 
La ragazza rise, immaginando quanto avrebbe storto il naso suo nonno se avesse saputo che le cose non stavano procedendo esattamente secondo i suoi piani: probabilmente l’uomo aveva immaginato i giovani eredi fare a gara per contendersi la nipote come in un torneo medievale.
 
“Quindi… secondo te qui non c’è nessuno di interessato a te?”
“Non fraintendermi Chris, non mi aspettavo che qualcuno si sarebbe DAVVERO interessato a me, in quanto Danae, ma pensavo che qualcuno avrebbe cervato ad approfittare della situazione per avvicinarsi al mio sangue Black, quello sì. Beh, posso ritenermi piacevolmente sorpresa del genere maschile.”


Danae si strinse debolmente nelle spalle, e dopo un attimo di esitazione – in cui parve ricordarsi improvvisamente di qualcosa – guardò l’amico inarcando un sopracciglio:
 
“Sai che ti dico? Tu devi ancora spiegarmi che cosa ci fai qui, esattamente. Ti hanno spedito a calci?”
“… Sì e no.”
“Vuoi dirmi che sei venuto per me?”
 
Danae scoppiò a ridere, asserendo che era “davvero divertente” mentre l’ex Tassorosso si sforzava di sorridere:
 
“Sarebbe assurdo, no?”
“Beh, se sei venuto a farmi sostegno morale non posso che essertene grata. Sai che ti adoro, Chris.”
 
La ragazza si alzò per raggiungerlo e abbracciarlo, mentre Christopher annuiva, parlando a bassa voce mentre teneva i, mento appoggiato sulla spalla dell’amica.
“E tu sai che ti voglio bene, Dany.”
 
 
 
“A te non interessa nessuno, invece?”
“Buffo sai, ne abbiamo parlato anche io e Castor, poco fa… Al momento non saprei, francamente. Chissà, magari finirò zitella!”
 
Christopher alzò gli occhi al cielo, assicurandole che non sarebbe rimasta affatto zitella. Una parte di lui, intanto, non sapeva se essere felice nell’averla sentita dire che nessuno dei ragazzi al momento le interessava o meno.
 
 
Non sapeva nemmeno lui, di preciso, perché aveva deciso di partecipare… Quando l’aveva sentito aveva pensato che fosse un’occasione: aveva capito da tempo che Danae non gli era proprio indifferente, e forse era arrivato il momento di chiarirsi, comunque fossero andate le cose.
Sicuramente vederla con un altro sarebbe stato doloroso, ma almeno, se lei l’avesse rifiutato, avrebbe potuto farsene una ragione e tornare a vederla solo come una cara amica.
 
 
 
*
 
 
“Stavo pensando che in fin dei conti nessuno ci obbliga a stare sempre qui… Potrei andare a Londra la prossima settimana, è da tanto che non vado. Ti va di accompagnarmi alla National Gallery?”
 
Edward abbozzò un sorriso alle parole di Vivian, che stava sorseggiando il thè delle cinque seduta di fronte a lui nella sala da pranzo più piccola della casa.
 
“Quale onore, Vivian.”
“Non montarti la testa Edward, lo chiedo a te perché non credo che ci siano molti altri appassionati di arte in questa casa, e andrei da sola se non fosse che una ragazza che se ne va per Londra da sola è considerato sconveniente.”
 
La strega pronunciò l’ultima parola piegando le labbra in una smorfia, e Edward sorrise prima di annuire, asserendo che non aveva tutti i torti sia sul primo che sul secondo fronte.
 
“Verrò volentieri, è da un paio d’anni che non la visito.”
“Anche io. Dimmi, Edward, che cosa ti ha spinto a venire qui?”
 
“Beh, la stagione è in pausa e non avevo niente da fare, e la mia famiglia ha colto l’occasione, diciamo. Quando io e Danae stavamo insieme erano felicissimi, quando ho annunciato la rottura mia madre ha fatto un mezzo lutto.”
 
Edward si strinse nelle spalle – ricordando come se fosse stato il giorno prima quando aveva comunicato ai genitori la notizia e la reazione dei coniugi Parkinson non si era fatta attendere – mentre Vivian, invece, appoggiò la tazza sul piattino di porcellana con un piccolo accenno di sorriso:
 
“Posso immaginarlo, non appena uno di noi inizia una relazione con un qualche Purosangue le famiglie già immagino i fiori d’arancio. Ma dimmi, tu hai intenzione di riprovarci, con lei? Sono curiosa.”
“Danae forse non è la persona giusta per me, ma andiamo d’accordo, credo che sia sempre meglio che sposare qualcuno che neanche si sopporta. Ne ho visti tanti di matrimoni del genere, e penso anche tu.”
 
“I miei genitori non sono così, per fortuna, ma so di che cosa parli. Ed escludendo Danae?”
“Ti vuoi forse proporre tu, Vivian?”
 
Edward sorrise amabilmente all’ex compagna di Casa, che invece accennò ad una smorfia con le labbra mentre rivolgeva un’occhiata gelida al ragazzo nel sollevare nuovamente la tazza:
 
“Ma per favore… Era per chiedere, non farti strane idee.”
 
 
*
 
 
Shedir se ne stava seduto vicino alla finestra e in silenzio – immobile, per di più, nella stessa posizione – da così tanto che alla fine Amias sbuffò, piegando la Gazzetta del Profeta e lanciandola sul letto prima di parlare ad alta voce:
 
“So che non sei la persona più loquace al mondo Nott, ma penso che impazzirò se dovrò condividere la stanza con qualcuno che non parla MAI.”
“Mi spiace deludere le tue aspettative, se volevi spettegolare e raccontare segreti forse dovresti cercare le camere delle ragazze.”
 
Shedir finalmente parlò, ma lo fece senza voltarsi e con un tono piatto ed impassibile che fece quasi esasperare ancora di più l’ex Grifondoro, che si alzò per raggiungere il coetaneo.
 
“Senti Shedir, so che siamo molto diversi, apparteniamo anche a Case quasi diametralmente opposte e storicamente rivali… Non mi stai particolarmente antipatico, a dire il vero, ma per il bene di entrambi penso che dovresti essere un po’ più… socievole.”
 
“Socievole?”  Shedir si voltò verso di lui e Amias sorrise, quasi soddisfatto nonostante l’ex Serpeverde lo stesse guardando con evidente scetticismo e avesse parlato come se quella parola gli fosse sconosciuta.
 
“Sì Shedir, socievole. Hai presente? Immagino che per te non sia… facile, ma nessuno ti obbliga a restare, credo che tu possa tornare a casa quando vuoi. Perché rimani, se è così difficile?”
“A dire il vero non lo so… Non che siano affari tuoi, comunque.”
 
È vero, non lo sono, infatti non mi importa se resti o te ne vai. Dico solo, Nott, che dovresti cercare di essere più aperto ai contatti umani mentre siamo qui. Probabilmente di Danae non ti interessa, e non mi sorprende, ma isolandoti penso che tu potrai solo rendere ancora più penosa per te la tua permanenza qui. È solo un consiglio naturalmente, sei libero di seguirlo o ignorarlo, ma sai che ho ragione.”
 
Amias si strinse nelle spalle e dopo aver girato sui tacchi uscì dalla stanza, chiudendo la porta e lasciando così Shedir nel silenzio più assoluto.
Il ragazzo sbuffò piano, appoggiando il capo sul vetro fresco della finestra mentre fuori il sole splendeva: era una gran bella giornata, in effetti, e lui se la stava perdendo.
 
Per quanto ammetterlo gli costasse, forse Amias Paciock non aveva poi tutti i torti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buongiorno!
Questa volta sarò molto più breve rispetto alle note dello scorso capitolo, giuro…
Innanzitutto, devo fare qualcosa che, purtroppo, ho scordato di fare negli scorsi capitoli: non ho ringraziato le persone che nei mesi in cui non sono stata presente mi hanno scritto, anche più volte. Un enorme grazie a voi, ragazze.
Detto questo, l’avevo già annunciato, perciò ecco qui:
È arrivato il momento di farmi sapere le vostre idee/preferenze per le coppie. So che è presto e che di sicuro vi sto mettendo in difficoltà, ma non temete, Miss è qui per aiutare. (Tengo a sottolineare che non è detto che io assecondi tutte le vostre indicazioni, specie se un OC dovesse essere conteso tra più autrici. Mi è capitato e l’autrice rimasta “a bocca asciutta” se l’era presa parecchio, spero che non ricapiti).
PS. Per organizzarmi meglio – e magari questo permetterà di organizzarvi meglio a vostra volta, spero – ho deciso di “programmare” la pubblicazione dei capitoli, che avverrà ogni 4 giorni. Il prossimo, dunque, dovrebbe arrivare il 3 aprile.
 
Buona giornata e a presto!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
 
 
Amanda era seduta comodamente seduta in veranda, un libro in mano mentre si godeva il bel tempo: in Inghilterra avevano avuto molte estati più grigie che soleggiate, ma quell’anno il tempo aveva deciso di far dono a tutta la popolazione di moltissime giornate di sole, e sia Babbani che maghi, senza distinzioni, sembravano intenzionati a goderne il più possibile.
 
La strega prese il bicchiere di tè freddo ambrato che un elfo le aveva portato poco prima, lasciandolo sul tavolino vicino alla quale la padrona di casa era seduta. Amanda ne bevve un sorso, distogliendo momentaneamente lo sguardo dal suo libro per osservare il giardino di quella che da circa un anno era diventata casa sua.
 
Quando Perseus, prima di sposarsi, le aveva chiesto cosa ne pensava di trasferirsi in campagna, Amanda ne era stata entusiasta: lei era cresciuta a Londra, in un palazzo molto bello, era vero, ma era stata felice di cambiare aria.
La sua famiglia aveva una casa in campagna, in effetti, ma sua madre non amava passare il tempo laggiù e ci erano stati di rado, quasi sempre solo durante le vacanze estive.
 
 
“Ma non sarà esagerato che i tuoi genitori ci regalino una casa?”
“I tuoi genitori hanno pagato il matrimonio, che c’è di male?”
 
Vedendo che Amanda esitava Perseus sorrise, sporgendosi verso di lei per prenderle la mano:
 
“Mandy, mio padre l’ha ereditata da suo nonno, e non se n’è mai fatto nulla avendo già il maniero di famiglia e avendo comprato, quando noi eravamo piccoli, la casa a Londra. Ha sempre detto di volerla lasciare ad uno di noi… non è una spesa per loro, non preoccuparti.”
Amanda sorrise e annuì, un po’ più rincuorata. Quella sensazione di sollievo però ebbe vita breve, perché un attimo dopo il fidanzato la informò che i suoi genitori avevano tutta l’intenzione di pagar loro la luna di miele.
 
 
“Mandy!”
 
Alla strega si scaldava sempre il cuore quando il marito la chiamava così, un soprannome che soltanto lui utilizzava… era sempre stata Amanda, per tutti, neanche Lilith le aveva mai dato un vero nomignolo: da piccola ci aveva provato, ma sua madre aveva sentenziato di non voler sentire storpiato il nome della primogenita, chiamata così in memoria della nonna materna.
Perseus solo la chiamava così, e sempre in privato, quando erano soli… in pubblico la chiamava per nome, o “cara”, attenendosi all’etichetta, ma non quando non avevano nessuno intorno.
 
“Ciao.”
 
Amanda sorrise quando vide il marito salire rapidamente i gradini della veranda per raggiungerla, chinandosi per darle un bacio prima di sedersi accanto a lei su una delle poltroncine che avevano messo sotto al portico per le belle giornate come quella.
 
“Saresti dovuta venire con me, non sai cosa ti sei persa.”
 
Perseus si sfilò gli stivali, stanco ma felice, prima di lasciarli sulle assi di legno bianche e distendere le gambe con sollievo sotto gli occhi azzurri della moglie, che accennò un sorriso mentre chiudeva il libro:
 
“Sai che non amo l’ippica, tesoro. Dovresti fare affidamento su mia sorella, per questo.”
“Beh, è un peccato, perché è sabato e mi sarebbe piaciuto fare qualcosa insieme… A proposito, hai notizie di Lilith?”
 
Perseus si mise improvvisamente seduto dritto, stando sull’attenti mentre la moglie si stringeva nelle spalle, ricordando la lettera che la sorella le aveva mandato il giorno prima:
 
“Ieri mi ha scritto, ma non mi ha detto nulla di eclatante…”
“Sono curioso di come se la cava mio fratello… Potrei scrivergli, ma non penso aprirebbe bocca.”
 
Perseus sorrise, divertito, e Amanda lo imitò mentre allungava una mano per accarezzargli un braccio:
 
“Siete molti diversi, lui non è… espansivo come lo sei tu.”
“Lo so, non come te e tua sorella… Voi vi somigliate molto. Ma tu sei ancora più dolce e adorabile.”
 
“Grazie. Sai una cosa? Mi sono sempre chiesta il perché dell’atteggiamento strano che Castor aveva con Lily. È sempre stato gentilissimo con me, ma con lei era diverso.”
“Chissà, magari aveva una cotta per lei! Vado a cambiarmi, ci vediamo a pranzo, intanto ti lascio continuare a leggere.”
 
Perseus si alzò, e dopo averle dato un rapido bacio sulla guancia la superò per entrare in casa, ma Amanda quasi non udì la porta chiudersi alle sue spalle, troppo concentrata sulle parole del marito: Perseus le aveva pronunciate scherzando… ma se avesse avuto ragione?
 
 
*
 
 
Shedir teneva la lettera in mano senza riuscire a smettere di guardarla. Non sapeva da quanto tempo era seduto a tavola con quella davanti, ma ebbe un’idea quando udì Amias sbuffare alla sua destra:
 
“Giuro che se non lo fai tu, la aprirò io!”
“Oppure io. Forza Nott, non è una Strillettera!”
 
Rigel alzò gli occhi scuri al cielo, e Shedir stava per informare i due che li avrebbe maledetti se non avessero tenuto le bocche chiuse quando Megara e Lilith entrarono nella stanza, bloccandosi sulla soglia quando scorsero i tre.
 
“Ehm… scusate, pensavamo non ci fosse nessuno, non vogliamo disturbare.”
 
Megara sfoggiò un sorriso di scuse mentre Lilith, invece, non disse nulla, gli occhi azzurri fissi su Shedir e sulla lettera che teneva in mano. La più giovane delle Rowle fece appena in tempo a riconoscere l’indirizzo e il nome del destinatario sul retro della busta prima che Shedir la mettesse via, infilandola nella tasca interna della giacca che indossava.
 
“A proposito… Althea, Athyna e Aghata stanno organizzando un torneo di Gobbiglie, se vi interessa.”
“A me sì! Dove sono?”
 
Amias si alzò con un sorriso, e quando Megara rispose che erano in giardino insieme a qualcuno degli altri l’ex Grifondoro la superò con una lieve pacca sulla spalla:
 
“Grazie Megara… Voi venite?”
“Io sì, Castor mi batte a Gobbiglie dalla notte dei tempi, devo risollevare il mio onore. Forza Nott, dobbiamo prenderci la rivincita contro le donzelle, oggi.”
 
Anche Rigel si alzò, e diede all’ex compagno di Casa un colpetto sulla spalla prima di seguire Amias.
 
“Lily?”
Megara si rivolse con un sussurro incerto all’amica, che aveva gli occhi chiari ancora fissi su Shedir.
 
“Ti raggiungo tra un istante, visto che sono tutti fuori potremmo approfittare di avere il salone libero.”
“Ok… Ti aspetto fuori.”
 
Megara annuì, spostando gli occhi dall’amica a Shedir con aria incerta prima di uscire dalla stanza, non osando mettersi a fare domande.
 
Una volta soli il giovane Nott inarcò un sopracciglio, parlando con tono scettico mentre si alzava:
 
“Qualcosa non va, piccola Rowle?”
“Ti prego di non chiamarmi così, Shedir, non sono più la sorellina di dodici anni di Amanda. Ne ho 21.”
 
“Come preferisci, ma non hai risposto alla mia domanda.”
 
Shedir si avvicinò alla ragazza, in piedi davanti alla porta, e l’avrebbe superata se Lily non avesse parlato nuovamente:
 
“Perché mia sorella ti ha scritto?”
“Cosa ti fa credere che l’abbia fatto?”   Shedir aggrottò la fronte, guardando la ragazza cercando di restare impassibile, ma una leggera sorpresa si fece strada nei suoi occhi scuri, e Lilith sbuffò mentre incrociava le braccia al petto, seria in volto:
 
“Conosco la sua grafia. Quando eravamo piccole mia madre ci faceva prendere lezioni, e quando ho imparato a scrivere non faceva altro che farmi scrivere per ore tenendo qualcosa scritto da mia sorella davanti, diceva che dovevo cercare di imitare la sua scrittura, che era perfetta. Penso di saper riconoscere qualcosa scritto da Amanda, se permetti.”
 
“Se anche così fosse, non sono affari tuoi, Lilith. Con permesso.”
 
Disgraziatamente non aveva la stazza per impedire a Shedir Nott – che era piuttosto alto – di uscire dalla stanza, e Lilith si lasciò superare senza smettere di pensare a quella lettera: era sicura che l’avesse scritta sua sorella.
Ma perché?
 
 
“Lily? Tutto bene? Temevo di vederti coinvolta in una rissa…”
 
La testa di Megara fece capolino dalla porta e Lilith sospirò mentre si voltava verso l’amica, asserendo che le avrebbe spiegato dopo prima di uscire dalla stanza.
 
Forse doveva fare due chiacchiere con sua sorella per vederci chiaro, perché Shedir non si sarebbe mai fatto estorcere nulla.
Non voleva ficcanasare nella vita di Amanda, ma non voleva neanche che lei la mandasse a rotoli.
 
Mentre Megara le chiedeva cosa fosse accaduto, all’improvviso Lilith sorrise, colta da un’idea: difficilmente sua sorella avrebbe parlato, ma conosceva due persone che erano molto legate ad Amanda. Ed entrambe erano proprio in quella casa insieme a lei.
 
 
 
*
 
 
 
“Cora? Gli altri vogliono giocare a Gobbiglie, non so se ti interessa… Cora?”
 
Gerard, in piedi davanti alla camera dell’amica, bussò delicatamente. Quando sentì la voce della strega all’interno – come se stesse parlando con qualcuno – l’ex Tassorosso ammutolì ed ebbe l’impulso di girare sui tacchi e darsela a gambe (l’idea di sorprendere Cora in camera sua con qualcuno non rientrava esattamente nei suoi piani giornalieri).
Stava per farlo, ma poi Gerard sentì l’amica dire un nome che lo fece sorridere e rilassare all’istante: probabilmente aveva acceso il camino per comunicare con la sua famiglia… O con il povero Oliver.
 
 
“Santa Priscilla Oliver, hai idea di quanto abbia caldo a starmene qui col camino acceso? Non farmi perdere tempo! CHI E’?”
 
Capendo che Cora stava parlando con lui Gerard sobbalzò, schiarendosi la voce prima di parlare:
 
“Sono io, ma se sei impegnata lascia stare…”
“Ah, ciao Gerry. Arrivo subito, un momento. Oliver, hai finito?”
“Io sì, ma sua nonna… le vuole parlare.”
 
“COME MIA NONNA? Per i Fondatori, dille che non poss-“
 
“Guarda che ti sento, Cora! Non sono ancora così ammattita!”
“OLIVER, PENSAVI DI DIRMI CHE MIA NONNA È NELLA TUA STESSA STANZA?”
 
“S-scusi…”
“Tranquilla, non ti farò perdere tempo… Spostati, ragazzo! Dove devo mettermi?”
 
Gerard sorrise quando sentì Cora sospirare, mormorando che avrebbe dovuto scrivergli una lettera e basta mentre nonna Anja pendeva il posto del giovane assistente della nipote.
 
“Черт! (Accidenti) Come si vede bene! Ciao Cora, come stai?”
“Ciao nonna… Tutto bene, ma davvero non ho tempo, Gerard mi sta chiamando e mi sto quasi sciogliendo, volevo solo chiedere ad Oliver un paio di delucidazioni!”
 
“Sia mai che tu abbia tempo per tua nonna! Ah, i giovani d’oggi… Ma dimmi, come sta quel caro ragazzo?”
“Bene nonna, ma se potessi uscire saprei di cosa ha bisogno…”
 
“Lui è giovane e ha tutta la vita davanti, io non ho tutto questo tempo, Cora!”
“Ma se sei più arzilla di un ventenne…”
 
 
Dal canto suo, Gerard stava cercando di non ridere di fronte al siparietto gentilente offertogli dalla famiglia Prewett: non avrebbe mai permesso che la nonna di Cora pensasse che si stava prendendo gioco di lei.
 
“Non dirlo, stamattina avevo un mal di schiena… Beh, non importa. Parliamo di cose importanti, Cora. Amelia mi chiede se c’è qualcuno che ti piace.”
“NONNA!”
 
Cora alzò gli occhi al cielo, cercando di non arrossire mentre Gerard quasi si spalancava sulla porta per sentire quella parte.
 
“che c’è, ti abbiamo costretta ad andare per quello, non per altri motivi! E quel vecchio cialtrone di Black si è fatto vivo?”
“Ancora no.”  
 
Cora vide sua nonna stringere le labbra, parlando con il tono stizzito che riservava solo ai fortunati che godevano del suo totale disprezzo:
 
“Tanto meglio, non posso vederlo… Ancora dice in giro di non averti considerata come fidanzata di Perseus perché non eri abbastanza per lui, quando in realtà IO per prima non volevo imparentarmi con la sua famiglia e non l’avrei mai permesso…”
“E allora si può sapere perché mi hai mandata qui?”
“Non certo per il fratello minore, se osi solo farmi imparentare con i Black posso giurare che torno in Russia!”
 
Gerard sorrise prima di fare un passo indietro, ripetendosi che origliare era sbagliato ed un’invasione della privacy.
 
 
Quando, poco dopo, vide Cora uscire dalla sua camera l’ex Tassorosso la guardò sbuffare e biascicare delle scuse con un sorriso:
 
“Non fa niente. Allora, ti va di giocare a Gobbiglie?”
“Solo se giochi anche tu, non credere di fare il musone asociale.”
 
“Ma…”
“Niente ma Gerry! Vediamo se riesci a fare meglio di me, coraggio.”
 
Cora lo prese sottobraccio, costringendolo a seguirla nel percorrere il corridoio a ritroso. Gerard avrebbe voluto farle notare che su certi aspetti lei e sua nonna si somigliavano parecchio – come nel non saper accettare un no – ma per la sua incolumità decise che era più saggio tacere e tenere quel giudizio per sé.
 
 
*
 
 
“HO VINTO!”
 
Althea esultò a gran voce, battendo le mani mentre Christopher sbuffava, borbottando che per qualche strano motivo le ragazze stavano vincendo in tutto in quei giorni prima di rivolgersi a Castor:
 
“Ma tu non eri imbattibile?”
“Tutti hanno delle giornate no, Chris.”
“Sì, ma intanto siamo a 2-0 per le ragazze…”
 
Chris alzò gli occhi al cielo mentre Althea, Cora, Athyna, Aghata e Danae ridacchiavano ed Ewart assestava due poderose pacche sulle spalle di entrambi:
 
“Suvvia, non prendetevela, le signorine non godono di molte libertà o fortune nel nostro mondo, diamo loro un motivo per gioire.”
“… Dici che potremmo farla passare come se le avessimo lasciate vincere di proposito?”
 
Christopher inarcò un sopracciglio ed Ewart si strinse nelle spalle, asserendo che era pur sempre una possibilità mentre Amias suggeriva di scegliere come gioco successivo qualcosa in cui avrebbero potuto vincere.
 
“E cosa, neanche a Quidditch abbiamo vinto?”
“Mh… Scacchi? Gare di corsa?”
 
“Qualunque cosa tranne che gare sui tacchi, lì finirei a terra in due secondi.”
 
Ewart sfoggiò una smorfia, pensando con orrore a quegli strumenti di tortura che sua madre e sua sorella indossano perennemente, chiedendosi come facessero. (Tutta pratica Ewart, tutta pratica, Nda)
 
“Tranquille signorine, forse in una gara di cucina potreste anche batterci!”
 
Cora sghignazzò e Amias, per tutta risposta, le fece notare con leggera stizza che probabilmente nessuna di loro aveva mai nemmeno preparato una tazza di tè in una vita intera, guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’ex Corvonero. Gerard sorrise alle parole dell’ex Grifondoro, ma quando Cora spostò lo sguardo su di lui si affrettò a tornare serio, facendo finta di niente.
 
 
 
 
“Perché sono tutti fuori?”
Vivian, appena Materializzata vicino ai cancelli insieme ad Edward, aggrottò la fronte quando si rese conto che tranne sua cugina e Megara quasi tutti erano in giardino davanti al portico.
 
“Non saprei, andiamo a scoprirlo.”
 
Edward si strinse nelle spalle e, tenendo Vivian al braccio, raggiunse il resto del gruppo insieme alla bionda, sorridendo nel vedere le Gobbiglie:
 
“Vi siete dati alla competizione, vedo. Chi ha vinto?”
 
“Althea…”  Christopher sbuffò mentre la bionda, invece, sorrise allegra ed Edward scuoteva il capo con un sorriso divertito:
 
“Suvvia ragazzi, mi assento e perdere un’altra volta contro le fanciulle? Non si fa così.”
“Ridi meno Parkinson, vi abbiamo battuto a Quidditch nonostante la tua presenza, ti ricordo.”
 
Danae, le braccia strette al petto, scoccò un’occhiata eloquente all’ex fidanzato, che per tutta risposta sollevò le braccia in segno di resa:
 
“Non lo nego, ma non è detta l’ultima parola. Allora signori, ce la prendiamo la rivincita?”
“D’accordo… chi perde non mangia il dolce stasera. Ci stai Tor?”
 
Danae porse la mano al gemello, che esitò mentre tutti i presenti tenevano gli occhi fissi sui gemelli, in attesa. Alla fine l’ex Corvonero annuì, stringendo la mano della sorella e guardandola con aria di sfida.
 
“D’accordo Dany.”
“Bene fanciulle, facciamoli a strisce un’altra volta… Vivian… vuoi giocare?”
 
Danae si rivolse alla bionda con un sopracciglio inarcato e una nota di scetticismo nella voce, ottenendo un’occhiata perplessa per tutta risposta: era una delle prime volte in cui le rivolgeva la parola, e Vivian lo sapeva. La bionda esitò ma alla fine annuì, stringendosi nelle spalle:
 
“Penso di sì, male non mi farà.”
 
Chi poteva dirlo, magari Danae stava finalmente iniziando a seppellire l’ascia di guerra che aveva brandito nei suoi confronti da quando era arrivata.
 
 
*
 
 
Shedir, seduto sul suo letto, finalmente si decise. Aprì la busta lentamente, estraendo la pergamena per leggerne il contenuto. Prima di farlo esitò, trepidante, e alla fine iniziò a leggere, senza avere idea di che cosa potesse avergli scritto Amanda.
 
 
Mi dispiace per quanto è successo durante la mia ultima visita, temo di aver esagerato. Non so se potremo mai essere amici Shedir, ma per rispetto per ciò che c’è stato tra noi credo che dovremmo cercare di guardare avanti e avere un rapporto normale. Sei stato importante per me e non lo negherò mai, quindi voglio davvero che tu sia felice: io lo sono, anche se quando ho dovuto lasciarti non pensavo che lo sarei mai stata, in questo matrimonio.
Non so quando ti innamorerai di un’altra, ma se non dovesse accadere nell’immediato, sono certa che prima o poi succederà.
 
Amanda
 
 
 
 
Quando finì di leggere Shedir appoggiò la lettera sul comodino, non sapendo cosa pensare.
Conoscendo Amanda si era aspettato qualcosa del genere, era da lei cercare di risolvere i problemi… Per molto tempo lo aveva evitato, specie dal matrimonio, e ora gli scriveva una lettera.
 
Non aveva niente di personale contro Perseus, aveva cominciato a odiarlo quando aveva appreso che era a causa sua se aveva perso Amanda, sua e della sua famiglia. Faceva quasi ridere il fatto che ora si trovasse proprio a casa sua, tanto che tutti si erano stupiti nel vederlo lì.
 
Innamorarsi ancora, questo gli suggeriva di fare Amanda.
 
Shedir sorrise, pensando al fatto che in vita sua si era innamorato una volta sola, e della donna che ora gli chiedeva di andare avanti. Non era la prima volta che si sentiva dire una cosa del genere, e una parte di lui sapeva benissimo che l’ex fidanzata aveva ragione… Non aveva senso vivere un ricordo. Spesso si era chiesto come sarebbero andate le cose se i genitori di Amanda non avessero iniziato a parlare di matrimonio con i Burke. Se non l’avessero fatto lui e Amanda sarebbero rimasti insieme?
Lei avrebbe sposato lui, invece del primogenito dei Burke?
 
Shedir non lo sapeva, nessuno avrebbe potuto rispondere con certezza.
Sapeva solo che Amanda Rowle era stata il suo grande amore, e sarebbe sempre rimasta indelebile nella sua memoria, comunque fossero andate le cose.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Mi rendo conto che il capitolo che vi ho rifilato non sia il massimo, mi dispiace, sapete che è molto raro che io pubblichi qualcosa di così corto, ma non volevo sforare la scadenza e questo è tutto quello che sono riuscita a scrivere: avrei dovuto finirlo stasera, ma sono stata colta da un improvviso ma forte malessere fisico e non sono davvero riuscita ad aggiungere altro. (E spero che non ci siano troppi errori, ma non ho davvero la forza di rileggerlo stasera)
Spero di rifarmi col prossimo, intanto buon weekend e grazie per le risposte che mi avete inviato.
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
 
Cora si mise a sedere di scatto, svegliandosi con un sobbalzo e il respiro quasi affannoso. La strega ci mise qualche istante per rendersi conto di essere nella sua stanza a casa dei Burke, guardandosi intorno nel buio per accertarsi che fosse tutto a posto. Dopodiché sospirò, passandosi una mano tra i lunghi capelli scuri prima di rimettersi lentamente supina sul materasso, fissando il soffitto con gli occhi chiari.
 
Sua nonna glielo aveva ripetuto fino alla nausea anche quando, da ragazzina, si svegliava urlando nel cuore della notte: era tutto a posto.
Anja non era più lì con lei per rassicurarla, così Cora fece esattamente quello che faceva quando le capitava di avere quegli incubi ad Hogwarts: ripeterselo da sola, che era tutto a posto. Ricordava come se fossero passati solo pochi giorni quando svegliava le sue compagne di stanza e Amanda si sedeva accanto a lei, abbracciando l’amica in lacrime per calmarla e rassicurarla, assicurandole che non era sola.
 
 
Lì, sola e completamente al buio, Cora si sfiorò il braccio sinistro con la mano destra, sentendo con le dita le linee delle cicatrici anche se non poteva vederle.
Non amava guardarsi allo specchio quando aveva le braccia scoperte, e non permetteva mai che altre persone la guardassero: nessuno, a parte i medici, sua nonna e i suoi fratelli avevano mai visto quei segni. Neanche Amanda, anche se la sua migliore amica sapeva della loro esistenza da ormai quasi 10 anni.
 
Le mancava molto, la sua cara Amanda, così dolce e sempre pronta ad ascoltarla.
Cora decise che le avrebbe scritto l’indomani mattina per chiederle di vedersi.
Dopodiché sprofondò di nuovo nel sonno, questa volta senza sognare una certa notte di molti anni prima che era ancora impressa indelebile nella sua memoria.
 
 
*
 
 
“Sapete, non vedo davvero l’ora di diventare zia! Sono sicura che Perseus e Amanda sarebbero dei genitori magnifichi.”
 
Danae sorrise allegramente mentre spalmava del burro su una fetta di pane e Althea, seduta accanto a lei, imitò l’amica piegando le labbra rosee in un candido sorriso:
 
“Lo penso anche io, Amanda è molto dolce.”
“E pensare che alla loro età mia madre aveva già avuto sia Perseus che me e Tor… Mi fa rabbrividire pensare che anche alla MIA età era già sposata e aveva già avuto mio fratello… anzi, ha avuto me e Tor a 23 anni, quindi probabilmente era già incinta.”
 
Danae sfoggiò una piccola smorfia, faticando ad immaginarsi già sposata e con figli come sua madre mentre Althea rideva, asserendo che ancora non ce la vedeva a fare la mamma.
 
“Adoro i bambini, ma neanche io mi ci vedo… Ma quando ne avranno uno mio fratello e Amanda sarò molto felice di coccolarlo e di fare pratica! Chissà quanto sarebbe carino!”
 
 
Danae sorrise gli occhi cerulei luccicanti nell’immaginare un mini-Perseus o una mini-Amanda mentre Ewart, seduto di fronte a lei, soffocava un lieve sbuffo dietro la tazza di caffè.
 
“Ewart, perché sbuffi? Se sai qualcosa devi dirmelo!”
 
Danae sollevò il coltello da burro e lo puntò minacciosamente contro il Malfoy come se si trattasse di un’arma letale, ma Ewart non si scompose e appoggiò la tazza di porcellana sul piattino prima di parlare con tono pacato, stringendosi nelle spalle:
 
“Non so niente di niente, Danae, ma non preoccuparti, sono sicuro che quando saranno in dolce attesa sari una dei primi a saperlo. Ma data la mia esperienza di zio, ti assicuro che possono essere molto impegnativi, anche se finirai comunque per innamorartene e lo tratterai come un piccolo miracolo.”
 
“Oh, è vero, tua sorella ha un figlio… Perseus dice che non ti ci vede molto, con i bambini.”
 
“Non ho mai avuto una particolare predilezione per i marmocchi, ma non posso negare di voler bene a mio nipote… Quando crescerà un po’ sarò ben lieto di contribuire alla sua educazione.”
 
Ewart sfoggiò un sorrisetto, già tramando di far diventare il piccolo Brutus (chiamato come suo padre) una piccola peste e di fargli ascoltare musica jazz a fiumi. Danae, intuendo cosa volesse dire, asserì che non volva essere nei panni di sua sorella Cadence.  
 
 
 
“Buongiorno… Di che cosa parlate di bello?”
 
Athyna si avvicinò al tavolo con un sorriso, e prima che Danae potesse dire una parola Althea informò l’amica ed ex compagna di Casa che stavano parlando di bambini.
Athyna si voltò verso Danae senza battere ciglio, chiedendole sé stesse ancora sperando in un certo annuncio da parte di fratello maggiore e cognata.
 
“Ammetto che la cosa mi farebbe felice, ma non parlate come se fossi diventata mia madre, per favore! RIGEL, so che stai per dire qualcosa, taci.”
 
“Volevo sol dire che la somiglianza si fa sempre più innegabile…”
 
Danae, approfittando dell’assenza dei genitori, lanciò il tovagliolo contro il cugino e gli suggerì di ringraziarla per non aver usato il coltello mentre Athyna si godeva la scena con aria sognante – come se scene simili fossero vicinissime ai suoi desideri più grandi – e Rigel ridacchiava, ringraziando la cugina per il tovagliolo mentre Gerard, seduto accanto a lui, lo guardava vagamente esasperato:
 
“Ma tu non riesci mai a stare zitto, Rigel?”
“Che cosa vuoi che ci faccia Olivander, è più forte di me! Athyna, ti prego, so di essere splendido, ma se non ti togli quell’espressione sognante dal tuo bel faccino potrei anche sentirmi troppo lusingato.”
 
“Sogno solo di poterti, un giorno, lanciare contro qualcosa di più contundente di un tovagliolo, Burke, non montarti la testa.”
 
 
*
 
 
“Gerard! Scusa se ti disturbo, ma sai dove posso trovare Cora? Avrei bisogno di parlarle.”
 
Gerard non amava essere disturbato, di norma, ma si trattava pur sempre della sorellina di una sua carissima amica, così si limitò ad alzare lo sguardo dal pesante libro che aveva sulle ginocchia per posarlo su Lilith:
 
“Ciao Lilith… Cora è in camera sua, stanotte ha dormito male e credo volesse riposare un po’.”
“Mi spiacerebbe molto disturbarla, ma devo parlare di Amanda, è importante… Beh, grazie mille comunque.”
 
Lily sorrise al ragazzo, che in quel momento riuscì a vedere la grandissima somiglianza che c’era tra lei e Amanda, prima di girare sui tacchi e allontanarsi, diretta verso le scale.
 
L’ex Tassorosso pensava di essere di nuovo solo e tornò a concentrarsi sul vecchio libro dalla copertina in spessa pelle e le pagine molto ingiallite, ma non ebbe il tempo di leggere che un paio di righe prima di sentirsi chiamare nuovamente:
 
“Proprio te cercavo!”
 
A differenza di Lilith Ewart non chiese alcun permesso e sedette semplicemente accanto a lui, guadagnandosi un’occhiata quasi torva dall’ex Tassorosso:
 
“In cosa posso esserti utile, Ewart?”
“Stai leggendo un libro sulle bacchette?”
 
"È un manuale che ha scritto il mio bis bisnonno, tutti in famiglia l’abbiamo letto, e mio fratello maggiore me l’ha passato poco tempo fa.”
 
“Beh, devi sapere che io sono molto, molto interessato all’argomento, le bacchette mi affascinano tantissimo… mi chiedevo se…”
 
“Non te lo presterò, Ewart, non esce dalle mani di un Olivander da 100 anni e non sarò certo io a rompere la tradizione.”
“Tranquillo, lo immaginavo, e lo capisco… ma non c’è nessuna morale di famiglia che ti vieta di parlare, no? Mi chiedevo solo se potessi insegnarmi qualcosa che non so su segreti delle bacchette. Trovo assurdo che quegli oggetti siano fondamentali per noi, le usiamo tutti i giorni dai nostri 11 anni fino alla morte, e che nonostante questo ne sappiamo pochissimo.”
 
 
“Quindi sei curioso?”
“Io penso che non si finisca mai di imparare, e ho la fortuna di avere qui con me un membro della famiglia che fabbrica bacchette a tutto il Regno Unito da secoli, anzi, millenni. Perciò, mi chiedevo se sei disposto a rispondere ad alcune delle mie domande.”
 
 
Ewart sorrise, affabile, e Gerard ebbe come l’impressione che non fossero proprio “alcune”, ma dopotutto quel ragazzo gli piaceva (anche se non glie l’avrebbe mai detto) e la sua era sicuramente una compagnia migliore di molte altre, lì dentro, per lui.
Dopo qualche istante di esitazione Gerard annuì, chiudendo il libro:
 
 
“D’accordo. Non sono certo esperto come mio padre o mio nonno, ma sono sicuro di poterti essere utile. In cambio, ti prego, vieni a salvarmi quando mi vedi da solo con Rigel nei paraggi.”
“Affare fatto. Io l’ho sempre trovato divertente, comunque.”
 
“Diciamo che non abbiamo personalità… compatibili. Beato te che non devi condividere la stanza con nessuno, ti invidio molto.”
“Cosa vuoi farci, io godo di un certo trattamento di favore qui, non per vantarmi, ma i Signori Burke mi adorano.”
 
Ewart accavallò elegantemente e gambe con un movimento fluido e disinvolto, continuando a sfoggiare un certo sorrisetto quasi beffardo che rese Gerard certo di una cosa: quel ragazzo sapeva benissimo come farsi ben volere.
 
 
*
 
 
Lilith indugiò davanti alla porta, incerta sul da farsi, ma alla fine sollevò una mano e bussò delicatamente, aspettando pazientemente una risposta che non tardò ad arrivare.
 
 
“Avanti.”
 
“Cora? Gerard mi ha detto che volevi riposare… Non voglio disturbarti, ma vorrei parlarti di una cosa.”
 
“Oh, ciao Lily… Non preoccuparti, vieni e dimmi tutto. Riguarda tua sorella? Le ho appena scritto.”
 
Cora, seduta sul suo letto, fece segno alla ragazza di avvicinarsi tamburellando sul materasso accanto a sé, e Lilith obbedì dopo essersi chiusa la porta alle spalle. L’ex Corvonero sedette e rivolse un’occhiata leggermente apprensiva all’amica della sorella, parlando con tono incerto:
 
“Sei stata male ieri notte?”
“No, non preoccuparti sto benissimo… Forza, sputa il rospo.”
 
 
“Beh, sai che non amo ficcanasare, ma trattandosi di mia sorella… Ieri ho visto Shedir con una lettera che gli aveva scritto lei.”
“Ne sei sicura?”
“Assolutamente, riconosco la sua grafia senza problemi. Cosa pensi che significhi? Tu la conosci meglio di chiunque, oltre a me.”
 
Cora esitò, la fronte aggrottata: aveva ancora chiaro nella mente il confronto che l’amica aveva avuto con Shedir, pochi giorni prima.
 
“Quando lei e Perseus sono stati qui li ho sentiti parlare… Non guardarmi così Lily, anche tu avresti ficcanasato in quel momento!”
 
Lilith alzò gli occhi al cielo ma si astenne dal commentare mentre Cora proseguiva, raccontandole in breve quel che aveva sentito insieme a Gerry.
 
“Non so cosa pensare, Cora. So che Amanda ama Perseus e non lo farebbe mai soffrire, ma ho paura che quello che ha provato per Shedir e la sua presenza qui possano… confonderla.”
“Lo so Lily, è comprensibile. Ma non preoccuparti dolcezza, parlerò con tua sorella e se c’è qualcosa da scoprire, stai pur certa che certa che lo scoprirò.”
 
 Cora sorrise e Lilith, di fronte ai suoi occhi chiari luccicanti e alla sua espressione risoluta, non poté che imitarla e rilassarsi: Cora Prewett e sua sorella erano amiche da anni, erano diventate insperabili già dai primi giorni di scuola, e quella ragazza era sempre piaciuta molto anche a lei, tanto che dopo tutti quegli anni la vedeva quasi come una seconda sorella maggiore.
 
“Ti fidi di me Lily?”
“Ma certo, sei una delle persone più testarde che conosca e se c’è qualcuno che può far parlare mia sorella, quella sei tu.”
 
 
Lilith sorrise e Cora la imitò, scordandosi della spiacevole notte passata mentre arruffava affettuosamente i capelli della più piccola, asserendo che anche se ormai era cresciuta sarebbe sempre rimasta l’adorabile sorellina della sua migliore amica.
 
 
 
*
 
 
 
Non sapeva di preciso dove si fosse cacciata Lilith, ma immaginava che stesse parlando con Cora e non si era disturbata di iniziare a cercarla: quella casa era così grande che avrebbe potuto metterci anche tutto il pomeriggio, così Megara aveva deciso di aspettare che fosse l’amica a farsi viva e per aspettarla aveva portato fuori l’occorrente e aveva iniziato a fare qualcosa che amava molto: dipingere.
 
La casa dei Burke si trovava in una posizione che le piaceva moltissimo, e nei giorni di sole adorava guardare i raggi riflettersi sull’acqua del lago, facendola quasi brillare, per non parlare dei fiori che riempivano i prati e le aiuole di colori e gli alberi rigogliosi di foglie verdissime.
 
Un bel dipinto sarebbe stato un ricordo indelebile di quell’esperienza, e in quel modo avrebbe potuto potarne un po’ a sua sorella gemella Nemea, che adorava sebbene fossero molto diverse e che le mancava profondamente.
 
 
“Però, sei brav-“
 
Megara si mosse così bruscamente che quasi le partì di mano il pennello che stava usando per tracciare i segni della luce sull’acqua cristallina del lago, sobbalzando. Probabilmente il suo movimento improvviso avrebbe anche rischiato di ribaltare il cavalletto, per fortunatamente il suo spettatore a sorpresa ebbe la prontezza di riflessi di bloccarlo.
 
 
“PER LA BARBA DI MERLINO! S-scusa, ma mi hai… colta di sorpresa.”
 
“No, non devi scusarti, semmai il contrario… è risaputo che è preferibile non disturbare una persona concentrata. Per fortuna lui sta bene, non me lo sarei mai perdonato.”
 
Edward sorrise e si voltò verso il quadro, studiandolo mentre Megara, rimettendosi lentamente a sedere, mormorava che era ancora solo a metà arrossendo leggermente:
 
“Non importa, direi che la direzione che sta prendendo è ottima. Sei davvero brava Megara.”
 
“Grazie, Edward.”
 
Megara inclinò le labbra rosee e carnose in un sorriso, gli occhi celesti quasi luccicanti nel sentirsi fare dei complimenti: era sempre molto riservata su ciò che dipingeva, e non era abituata a sentirsi fare i complimenti per i suoi disegni.
 
“Grazie per avergli impedito di cadere, avrei fatto un disastro.”
“I lati positivi di giocare a Quidditch da anni, immagino… i miei riflessi sono più che temprati, ormai. Ma adoro anche l’arte.”
 
Edward sorrise mentre si infilava le mani in tasca, sorriso che si allargò di fronte all’espressione quasi sorpresa che sorse sul volto dell’ex Corvonero non appena ebbe pronunciato quelle parole:
 
“Non capirò mai perché la gente si stupisce tanto… Il fatto che giochi a Quidditch da professionista mi impedisce di avere an he interessi culturali, secondo l’opinione comune.”
“No, insomma… non volevo offenderti, è solo che… la gente magari non se lo aspetta, ecco.”
 
“Lo so bene. Ma penso che sia importante avere più di un interesse, nella vita… insomma, non potrò giocare per sempre, è una carriera bellissima e può essere molto fortunata, ma non è destinata a durare a lungo. Io e Vivian siamo andati alla National Gallery, ieri.”
 
“Ci sono stata due anni fa, avevo appena preso il Diploma e mio nonno mi ci portò. Fu strano essere circondati da Babbani, ma è una mostra meravigliosa.”
 
Megara sorrise e gli occhi le scintillarono nel nominare il nonno paterno, a cui era molto legata, e per tutta risposta Edward scoppiò a ridere, sorpreso a sua volta:
 
“Questa volta ad essere sorpreso sono io, Laios Travers che va in una mostra d’arte babbana, ammetto che fatico a figurarmelo… O ti vuole molto bene o hai la fortuna di avere un nonno moderno, Megara.”
 
“Entrambe le cose, credo. Lui è sempre molto presente per noi.”
 
 
Ed era stato lui a spingerla ad accettare l’”invito” del patriarca dei Black, ma Megara evitò d’aggiungere anche quella parte mentre Edward assumeva un’espressione pensierosa, quasi accigliata, mentre guardava con aria assorta il suo dipinto.
 
“Sì… anche mio nonno, ma forse non allo stesso modo.”
 
Megara pensò all’uomo in questione, ossia Giano Parkinson, che la sua mente aveva sempre associato a Phineas Nigellus Black per temperamento e modo di fare: era evidente chi fosse a prendere le decisioni in quella famiglia, così come tra i Black. E come per il patriarca dei Black, anche quello dei Parkinson le aveva sempre suscitato un po’ di timore.
 
Edward sembrò ridestarsi e sorrise all’ex Corvonero, asserendo che non voleva certo distrarla dal suo lavoro e che l’avrebbe lasciata lavorare in pace.
 
“Mi raccomando però, voglio vederlo una volta finito. E cerca di stare con i nervi più rilassati, Megara… fidati.”
 
La giovane strega annuì, abbozzando un lieve e quasi timido sorriso mentre il ragazzo si allontanava, superandola per tornare in casa.
 
 
Fu solo una volta sola che la fanciulla si rese conto di aver appena intrattenuto una conversazione con Edward Parkinson, un ragazzo che a scuola non si sarebbe mai sognata di avvicinare, un giocatore di Quidditch famoso, per di più… e senza fare figuracce. O almeno così sperava.
 
Beh, di certo sua sorella e suo nonno sarebbero stati molto orgogliosi di lei per i progressi della sua timidezza.
 
 
*
 
 
“Non amo farmi gli affari degli altri, di norma non mi interessano, ma devo proprio chiedertelo: cosa stai guardando?”
 
Vivian se ne stava comodamente stesa su un divano alla francese color panna mentre sfogliava una rivista, anche se la posa era così elegante che sembrava dovesse posare per un ritratto o per una scultura. Edward, invece, era in piedi vicino alla grande finestra a bovindo, le mani nelle tasche dei leggeri pantaloni color carta da zucchero abbinati alla camicia bianca.
La strega parlò senza alzare lo sguardo sul ragazzo, continuando a studiare i vestiti che aveva davanti, ma quando non ebbe alcuna risposta sollevò il capo, lanciando un’occhiata torva all’ex Serpeverde: Vivian Lumacorno non amava essere ignorata, e soprattutto non ci era abituata.
 
“Edward?”
“Non sto guardando niente in particolare Vivian, solo il panorama.”
“E’ quello che vedi tutti i giorni da più di una settimana, cosa c’è di tanto straordinario? Ha a che fare con l’incontro che hai fatto prima?”


Edward si voltò, finalmente, e Vivian abbozzò un sorrisetto mentre il ragazzo dava le spalle alla finestra, appoggiandosi al vetro per rivolgerlesi completamente:
 
“Mi sono solo imbattuto in Megara che dipingeva e mi sono interessato a quel che stava facendo. Piacerebbe anche a me, ma sfortunatamente non ho talento.”
“Consolati mio caro, hai un talento che tantissimi ti invidiano e che ti frutta molto denaro, non hai certo di che lamentarti. Non tutti sanno disegnare bene.”
 
“Suo nonno Laios è il tuo capo, giusto?”
 
“Non è proprio il mio “capo”, ha sposato una McClan e quindi possiede metà negozio, ma quell’uomo ha ben altro a cui interessarsi rispetto ad una sartoria.”
 
 
Vivian si strinse nelle spalle, non ricordando di aver mai visto Laios Travers nel negozio, sia quando faceva acquisti con sua madre o Amanda, sia quando si recava in sartoria per far aggiustare un abito o quando lavorava per la proprietaria come modella per i capi.
 
“Immagino di sì.”
“Come mai tutto quest’interesse per i Travers, comunque?”
 
“Nessun interesse particolare, era tanto per chiedere, Laios è molto stimato, anche da mio nonno.”
“Anche dal nostro ex Preside, ecco perché Megara si trova qui… Ma lei e Castor sono amici da molto tempo, da quel che ne so, dubito fortemente che lui possa interessarsi a lei.”
 
Vivian tornò a concentrarsi sulla sua rivista ed Edward annuì, immaginando che la ragazza avesse ragione prima di asserire che sarebbe uscito a fare una passeggiata.
 
Una volta sola nel salottino Vivian sorrise, scuotendo leggermente il capo prima di mormorare qualcosa con una nota divertita appena percettibile nella voce:
 
“Sì, una passeggiata, e io sono Priscilla Corvonero…”
 
 
*
 
 
“CASTOR, LA TUA VITA FINISCE OGGI, SAPPILO!”
 
Christopher non era mai stato troppo avvezzo alle risate, tranne che per qualche eccezione: i gemelli Burke-Black (da lui soprannomati scherzosamente “i gemelli doppia B” per prenderli in giro) erano una tra queste.
 
Castor aveva fatto chiamare Danae nel giardino sul retro, dove si estendeva un orto gigantesco e molto rigoglioso, da un elfo, e quando la ragazza aveva messo il naso fuori dalla porta l’aveva innaffiata con un palloncino pieno d’acqua.
 
Ora, mentre Danae partiva all’inseguimento brandendo la bacchetta e Castor si dava alla fuga, l’ex Tassorosso si stava quasi piegando in due dal ridere, tanto che da una finestra, attratta dalla confusione e dall’urlo dell’amica, spuntò Aghata:
 
“Ma che succede?”
 
Christopher era troppo impegnato a ridere per riuscire ad esprimersi, ma scorgendo Danae bagnata fradicia – e impegnata a cercare di colpire il gemello con un getto dei suoi Aguamenti mentre lo inseguiva su confini dei campi di grano – Aghata capì, e un attimo dopo il suo viso venne illuminato da un larghissimo sorriso:
 
“RAGAZZE, Danae sta inseguendo Castor per lavarlo!”
“Cosa, dove?”
“FUORI! Andiamo anche noi!”
 
 
“BRUTTO VIGLIACCO, NON TI SALVERAI SOLO PERCHE’ HAI LE GAMBE PIU’ LUNGHE DELLE MIE! Chris, se non la smetti di ridere…”
 
Danae scoccò un’occhiata furente all’ex Tassorosso, che ora si stava comprendo il viso con le mani per cercare di attenuare il suono delle sue grasse risate. Capendo che ci voleva una lezione per quei due, Danae non si fece pregare e, puntata la bacchetta contro l’amico, lo investì con un poderoso getto d’acqua.
 
“DANY!”
“Ops, scusa, pensavo che con questo caldo avresti gradito una rinfrescata… CASTOR, NON MI SFUGGI QUESTA VOLTA!”
 
 
Gerard stava leggendo il suo prezioso manuale e, affacciandosi alla finestra della sua stanza, scorse quel curioso teatrino: Danae inseguiva Castor, Christopher imprecava, bagnato fradicio, e Aghata, Athyna e Althea li raggiungevano sul retro, riempiendo il giardino di grida, risate e getti d’acqua.
 
 
 
Anche una certa ex Serpeverde si affacciò ad una finestra, attratta dalla confusione, ma Vivian si limitò ad alzare gli occhi e a borbottare “bambini” prima di rimettersi a leggere, così come Gerard non si scompose e continuò a leggere il suo libro.
 
Una reazione ben diverse l’ebbero Amias e Rigel dal piano superiore, tanto che l’ex Grifondoro indicò il gruppo con un sorriso a trentadue denti:
 
“Finalmente ci si diverte… Muoviti Burke, andiamo, diamo una lezione alle ragazze!”
“Questa è la volta buona per fare un bello scherzo a mia cugina, non me la faccio scappare neanche morto.”
 
 
 
“Ma che cavolo sta succedendo?!”
 
Cora, confusa, si sporse dal balcone con la fronte aggrottata, ma non ebbe tempo di fare o dire nulla, perché venne investita in pieno da un’ondata di acqua gelida, facendo rotolare dalle risate sia Rigel che Amias.
 
“… BURKE, IO TI AMMAZZO! Ora scendo e ti faccio rimpiangere di essere nato! E tu, Paciock, ridi pure, ora vi sistema Cora Prewett!”
 
 
*
 
 
“No, vi prego, abbiate pietà!”
 
Castor parlò cercando di non ridere e di assumere la sua espressione più implorante mentre Danae e Aghata si scambiavano un sorriso dopo averlo inchiodato contro un albero:
 
“Tranquillo, Aghata non far proprio niente, ma lo stesso non si può dire di me. Hai bisogno di una rinfrescata, fratellino, ti aiuto io.”
 
Danae sogghignò mentre puntava pigramente la bacchetta contro il gemello, facendo scaturire un violento getto d’acqua senza pronunciare neanche una parola, lavando l’ex Corvonero da capo a piedi e senza smettere per diversi minuti interi, ignorando le sue preghiere e lamentele miste a risate.
 
“Oh no, non provarci Tor… Impedimenta.”
 
Aghata sorrise angelicamente e, con un rapido movimento, provvide a rallentare i movimenti del ragazzo per non farlo scappare, guadagnandosi un sorriso da parte dell’amica:
 
“Grazie Agy!”
“Figurati Dany. Ma dov’è quel musone di mio cugino? Vado a cercarlo?”
“No Agy, ci servi qui per mettere KO i ragazzi anche oggi.”
 
 
“Non per dire, ma Cora da sola fa buona parte del lavoro…”
 
Aghata accennò all’ex Corvonero, e Danae voltandosi vide l’amica della cognata impegnata in un acceso scontro con Amias e Rigel.
 
“Non avevo alcun dubbio, conoscendola…”
“Ragazze, vi prego, basta acqua!”
 
“Come dici Tor? Non sento proprio!”


 
Quando Ewart mise piede sul giardino sul retro sapeva cosa stesse per succedere, e fermò Althea e Athyna semplicemente sollevando una mano:
 
“Un momento, prego.”    Il ragazzo si sfilò il suo gilet preferito, appoggiandolo sulla panchina di pietra che aveva accanto, e fece alcuni risvolti alle maniche della camicia per portarle fin sopra ai gomiti, dopodiché prese la bacchetta e si schiarì la gola.
 
“Bene, ora possiamo cominciare. Prego, signore.”
 
“EHY, CHRIS STA SCAPPANDO!”
“Qualcuno prenda Abbott!”
 
“Ci penso io!”    Althea partì all’inseguimento dell’ex Tassorosso, che si lamentò del fatto che era stato Castor a cominciare e che lui era innocente, ma la bionda non sembrò curarsene mentre lo seguiva persino dentro al campo di grano.
 
 
 
*
 
 
“Ehi! Ho sentito che dietro stanno facendo una specie di guerra acquatica, non vuoi andare?”
 
“Non voglio fare la guastafeste Lily, ma i miei capelli ricci se bagnati e fatti asciugare all’aria… credimi, non vuoi saperlo.”
Megara scosse il capo con aria grave e Lilith sorrise, asserendo che capiva perfettamente mentre, sedutasi sulla sedia che aveva appena fatto comparire accanto all’amica, osservava il suo lavoro ormai completato con un sorriso.
 
“E’ molto bello, sai Meggie?”
“Grazie. Prima Edward mi ha fatto i complimenti.”
 
“Davvero? E non sei svenuta?”
 
Megara colpì l’amica con una gomitata e Lily rise, scusandosi per il colpo basso prima di spostare lo sguardo proprio sul ragazzo, scorgendolo intento a passeggiare lungo il viale.
 
“Vedo che non siamo le uniche che si sono esentate dalla battaglia.”
“Già. Tu hai parlato con Cora?”
“Lei e Amanda dovrebbero vedersi nei prossimi giorni e giura che le parlerà… direi che sono in buone mani, Amanda dice a Cora dice qualunque cosa, sono più tranquilla ora.”
 
Lilith si strinse nelle spalle e Megara annuì, lieta di sentirglielo dire.
Per qualche istante tra le due amiche cadde il silenzio, mentre entrambe si godevano il calore del sole sulla pelle e i piacevoli rumori offerti dalla natura circostante, tra cui i versi degli uccelli o le fronde degli alberi mosse leggermente dalla brezza estiva.
 
 
Megara stava per dire che era davvero una splendida giornata quando una voce maschile nota ad entrambe sopraggiunse alle loro spalle:
 
“Megara, sono deluso, volevo farti uscire dalla tua corazza facendoti il bagno.”
 
Le due Corvonero si voltarono, trovandosi davanti Castor zuppo d’acqua, ma sorridente e visibilmente allegro. Megara lo imitò, guardandolo divertita:
 
“Sono spiacente, ma ero impegnata a fare qualcosa di più produttivo, come puoi ben vedere.”
La giovane strega accennò col capo al suo dipinto e Castor annuì, annunciando con un sorriso vittorioso che questa volta l’avevano avuta vinta i ragazzi.
 
“Potete ritenervi responsabili, grazie alla vostra assenza e a quella di Vivian eravamo in maggioranza.”
“Ci faremo perdonare, e ti ricordo che Lily ha preso il Boccino ala partita di Quidditch e abbiamo vinto grazie a lei, direi che ha fatto la sua parte per segnare la supremazia femminile.”
 
Fu proprio a quel punto che Castor si rivolse alla seconda ragazza, assumendo un’espressione improvvisamente più seria prima di parlare:
 
“Lilith, mi volevo… scusare per il comportamento che ho assunto spesso nei tuoi confronti. Se pensi che tu non mi piccia sappi che… che non è così, ecco. Mi dispiace, purtroppo mia sorella ha ragione quando dice che a volte non sono poi così intelligente.”
 
“Oh. Non preoccuparti, non c’è problema.”
 
Lilith, più che sorpresa, sorrise debolmente all’ex compagno di Casa, che la imitò mentre annuiva:
 
“Mi farò perdonare. Ora credo di dovermi andare a cambiare… ci vediamo a cena.”
 
Il ragazzo si congedò con un educato cenno del capo e si accinse a tornare dentro casa mentre Megara sorrideva, finalmente soddisfatta, e l’amica la guardava con un sopracciglio inarcato:


“Tu hai per caso a che fare con questo cambiamento improvviso, Meg?”
“Chi, io? Ma certo che no! Dai, aiutami a portare dentro tutto.”  Megara si alzò, allegra, e Lilith la imitò incrociando le braccia al petto:
“Ah, vedo che mi usi come elfo domestico, ma brava!”
 
“Non lamentarti, è solo un cavalletto!”
“Un cavalletto pesante!”
“Usa la magia di cui sei dotata, sciocca!”
 
 
 
Edward, appoggiato al tronco di un ciliegio con una spalla, osservò le due Corvonero tornare all’interno della casa, scorgendo anche l’opera conclusa di Megara. Anche a distanza sembrava molto bello, ma era sicuro che avrebbe avuto modo di vederlo anche da vicino. Aveva appena visto Castor parlare con le due prima di congedarsi, e l’ex Serpeverde si domandò se non ci fosse mai stato niente tra lui e Megara, vedendoli così affiatati: lei sembrava molto meno timida, in sua presenza.
Tuttavia Edward si riscosse dopo appena un attimo, scuotendo il capo e ripetendosi che non erano affari suoi rima di voltarsi e riprendendo a camminare, pensieroso e con le mani in tasca.
 
 
*
 
 
“Temo proprio che questa volta dobbiate accettare la sconfitta, abbiamo innegabilmente vinto noi.”
 
Amias, finalmente asciutto, sedette sul divano con un sorriso, tenendo le braccia conserte e un’espressione soddisfatta dipinta sul volto mentre Aghata e Athyna, sedute di fronte a lui, scoccavano all’ex compagno di Casa di quest’ultima un’occhiata torva:
 
“Una volta su tre Paciock, non montarti la testa!”
“Esattamente!”
 
“Oh, beh, abbiamo tutto il tempo di rimontare la classifica, dico bene Rigel?”
“Dici benissimo, vi raggiungeremo in un batter d’occhio, sarà facile come bere un bicchiere…”
 
“Fossi in te non finirei la frase.”    Athyna ridusse gli occhi da cerbiatta a due fessure, facendo per estrare la bacchetta mentre Amias deglutiva, dando una leggera gomitata all’ex Serpeverde: Rigel aveva decisamente torchiato Athyna per tutto il tempo, in giardino, e la Grifondoro sembrava solo in cerca di una scusa per vendicarsi.
 
“Un bicchiere di… succo di zucca.”
“Lo spero per te.”
 
“Che cosa potremmo inventarci la prossima volta? Arrampicata sugli alberi?”  Aghata parlò con tono pensieroso e Athyna scosse il capo, asserendo che lei si sarebbe sicuramente rotta l’osso del collo.
 
“No, lasciamo stare gli alberi… che ne dite di duelli o gare di incantesimi?”
“Direi che si può fare, Olivander.”
 
 
*
 
 
“AHI!”
“Smettila di lamentarti, non ti sto torturando!”
“Questione di punti di vista.. potresti fare più piano?”
 
Christopher sbuffò, seduto su una sedia con un asciugamano sulle spalle e le braccia strette al petto mentre Althea, in piedi alle sue spalle, gli pettinava i capelli con un rigido pettine di legno per farli asciugare più in fretta, eliminando l’acqua in eccesso. La bionda alzò gli occhi al cielo, mormorando “maschi” con un borbottio che il ragazzo non udì.
 
Poco più in là Danae stava strofinando energicamente i capelli scuri di Rigel, che si lamentò a sua volta per la poca grazia della cugina mentre Shedir, aggrottando la fronte, domandò per quale motivo non si asciugassero con la magia.
 
“… Cielo, Shedir ha ragione. Rigel, arrangiati.”  Danae mollò di sana pianta l’asciugamano sul capo del cugino prima di allontanarsi, facendo sbuffare il Serpeverde, che se lo levò dalla testa per prendere, al suo posto, la bacchetta:
 
“La delicatezza fatta persona, mia cugina…”
“Di certo non vi annoiate mai, in famiglia.”
“No, proprio no. Prossimamente potremmo darci ai duelli e TU, mio caro Nott, dovrai essere dei nostri, chiaro?”
 
“D’accordo, l’idea mi piace. Molto più della… guerra dell’acqua.”
“Intanto abbiamo comunque vinto, alla faccia delle signorine. Anche se non ti auguro di trovarti contro Cora, onestamente un po’ mi intimorisce quando si arrabbia…”
 
Shedir abbozzò un sorriso amaro, non osando immaginare che avrebbe fatto a lui se avesse sospettato che stava cercando di mettersi in mezzo tra Amanda e Perseus. Era sempre stata la migliore amica di Amanda, ma loro due non avevano mai legato.
 
“Lo terrò a mente, grazie Rigel.”
 
 
 
*
 
 
 
Gerard si portò distrattamente la sigaretta alle labbra, fissando il panorama. Vide il gatto di Edward, Artemis, sfrecciargli davanti inseguendo qualcosa che si muoveva sull’erba, ma non ci fece caso, troppo assorto nei suoi pensieri.
 
Sapeva che fumare era una pessima abitudine, ma ogni tanto ne aveva bisogno, quando rifletteva. Un’abitudine che Cora odiava profondamente, tanto che spesso il ragazzo non trovava le sigarette perché l’amica gliele nascondeva.
 
Cora
 
 
Gerard chiuse gli occhi, ripensando a quando aveva visto l’amica parlare con Ewart Malfoy a pranzo e nel tardo pomeriggio, quando erano entrati insieme ridendo nell’ingresso, entrambi fradici.
Sorrideva, e non era così abituato a vederla sorridere.
 
Ewart Malfoy era molto bello. Elegante. Di ottima famiglia. Raffinato.
Un partito più che ideale.
 
 
Riaprì gli occhi, mentre una consapevolezza si faceva strada dentro di lui: Cora non era più una ragazzina, aveva 25 anni. Non sarebbe rimasta per sempre la sua amica, presto magari si sarebbe sposata, avrebbe avuto una famiglia sua… Le cose non sarebbero rimaste così in eterno.
Era strano, tuttavia, pensare quelle cose…
 
Cora non aveva mai avuto un ragazzo, nessuno si era mai messo tra di loro. Aveva un migliore amico, che conosceva da tutta la vita, Cameron Selwyn, ma non era la stessa cosa.
Non era abituato a pensare a lei immaginandola fidanzata con qualcuno. Era strano.
 
Aveva sempre considerato quella situazione come un assurdo esperimento dei Black per accasare i nipoti, soprattutto Danae, non si era mai concentrato sul fatto che anche le altre ragazze avrebbero potuto trovare un fidanzato.
Non aveva mai pensato che Cora avrebbe potuto essere tra queste.
 
 
Lei era sempre stata la sua Cora
 
No
 
Gerard scosse il capo, dicendosi che non era affatto la sua Cora, che mai lo sarebbe stata. Mai.
Ma come poteva definirsi inguardabile, lui non lo capiva, o pensare che non avrebbe mai trovato marito.
 
L’uomo che l’avrebbe sposata sarebbe stato immensamente fortunato, Gerard lo sapeva. Lei forse no, ma lui sì. E l’avrebbe detto, quel giorno, a lei e al suddetto fortunato.
 
 
“Cugino, smettila di fare il musone solitario, c’è il dolce! STAI FUMANDO?”
 
Aghata, appena uscita sotto il portico, si mise le mani sui fianchi e parlò in tono di rimprovero al cugino, che però aveva fatto evanascere silenziosamente la sigaretta non appena aveva sentito dei passi alle sue spalle.
 
“No.”
“Sì, invece, ti ho visto, e puzzi. Guarda che se non ti muovi lo dico a Cora, ti prenderà lei per un orecchio.”
 
“Ok Aghata, arrivo, non serve ricorrere a certe minacce!”
 
Gerard si alzò dal gradino con uno sbuffo sommesso, spolverandosi leggermente i pantaloni scuri mentre Aghata, al contrario, sorrideva, seguendolo di nuovo all’interno della casa con aria soddisfatta.
 
 
 
*
 
 
“Caro, sai che oggi i tuoi figli e buona parte dei nostri ospiti si sono azzuffati a suon di getti d’acqua?”
“Dopo 22 anni ancora non mi spiego perché ogni tanto quei due diventano improvvisamente “i miei figli” anziché “nostri”….”
 
“Ovviamente a cominciare sono stati loro, ma non me ne stupisco più, ormai… Assurdo, pensavo quei ragazzi che fossero qui per altri motivi, non per mettersi a giocare!”
 
“Lasciali fare Belvina, sono giovani… Tra qualche anno probabilmente buona parte di loro avrà una famiglia, e non potrà più permettersi di fare queste cose. Che si divertano e che facciano i ragazzi, finché possono, purtroppo per persone come noi la giovinezza spensierata dura poco, se capisci cosa voglio dire.”
 
 
Belvina sorrise gelida mentre si spazzolava i capelli scuri prima di mettersi a dormire, astenendosi dal dire al marito che lei, essendosi sposata a 18 anni e avendo avuto il primo figlio a 20, sapeva perfettamente cosa volesse dire dover crescere all’improvviso per prendersi responsabilità da adulta quando era ancora praticamente una bambina. Lo sapeva meglio di chiunque altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera mie care lettrici!
Innanzitutto, grazie infinite per le recensioni, scusate se spesso non rispondo, ma sono sempre apprezzatissime. Inoltre, spero di essermi rifatta co questo capitolo, che mi soddisfa molto più del precedente.
Questa volta torno con una domanda per voi: come se la cava il vostro OC nei duelli e con gli Incantesimi in generale? Cercate di rispondere entro l’11!
Ora scusate, ma corro a dedicarmi a noiose cose universitarie prima di godermi I Doni della Morte Parte 2! Buona serata a tutte,
Signorina Granger  
 
Ps. Visto che molte di voi me l’hanno segnalato ho reinserito la foto di Aghata, spero che ora la vediate, altrimenti non so proprio come fare, scusate. Comunque lo scrivo qui, così potete leggerlo tutte: il suo PV è Drew Barrymore (un po’ di anni fa, ovviamente)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7 


Il sole era sorto da parecchio quando Danae si era appollaiata sulla sua finestra preferita delle due che si affacciavano dalla sua stanza, ma la ragazza non sembrava intenzionata a vestirsi e a scendere per la colazione. Immaginava cosa avrebbe detto sua madre vedendola in quello stato, con i capelli in disordine e ancora in camicia da notta, con la vestaglia di raso rosa antico allacciata in vita, ma non le importava, non in quel momento.

Lei e Castor erano molto diversi caratterialmente, ma se c’era una cosa che avevano in comune era il bisogno di riflettere da soli, di tanto in tanto. E quando la giovane strega rifletteva, uno dei suoi posti prediletti era proprio la sua camera, ed in particolare una delle finestre ad arco in essa presenti, quella che le permetteva di scrutare la distesa di campi che dominavano il retro della grande dimora di famiglia: da lì Danae riusciva persino a scorgere i confini della loro proprietà con quella confinante, che da quel che sapeva apparteneva ad una famiglia Babbana molto facoltosa. 
Sua madre l’aveva mandata a chiamare, il pomeriggio precedente, e dopo 22 anni Danae sapeva per esperienza che quello di rado era un segnale per cui festeggiare. Belvina però non l’aveva rimproverata, semplicemente le aveva comunicato che il nonno “premeva” per avere novità e che lei non sapeva cosa dirgli.

“C’è qualcuno che piace a te o a tuo fratello?”
“Dovresti chiederlo a Castor, io non sono nella sua testa.”
“Per favore Danae, sappiamo entrambe che non me lo direbbe mai, Castor è terribilmente riservato. Non che tu non lo sia, ma parlare con te è più semplice, per certi versi. E non c’è niente di male a parlare con queste cose con tua madre.”

Danae alzò gli occhi al cielo mentre Belvina le versava del tè, asserendo che quello non era un interrogatorio, ma solo qualche chiacchiera madre-figlia.

“Forse, mamma.”
“Parli di Castor? In realtà lo sospettavo, anche se ho dei dubbi sull’identità della ragazza…”
“Beh, da me non la saprai… Scusa mamma, ma non voglio rischiare che tu ti metta in mezzo. Senza offesa.”

Danae sorrise angelica mentre prendeva un paio di biscotti al burro dal vassoio e questa volta spettò a Belvina il turno di alzare gli occhi al cielo. Forse Rigel non sbagliava nel dire che infondo si somigliavano molto, ma Danae non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, e di certo non di fronte al cugino. 

“D’accordo, rispetto la tua decisione. Come ho detto, questo non è un interrogatorio. Ma se non vuoi parlare di tuo fratello, possiamo sempre parlare di te, amore.”

Amore

Belvina sorrise e Danae, all’improvviso, si chiese se la madre non si stesse davvero interessando sinceramente ai suoi “affari di cuore”, senza il secondo fine di organizzarle un matrimonio. 
Belvina Black non era fredda, Danae lo sapeva, e neanche particolarmente affettuosa, ma la ragazza non gliene faceva una colpa: era una Black, dopotutto, e visti i suoi nonni Danae si sarebbe stupita se fosse cresciuta in modo diverso. 
Era raro che si appellasse a lei con qualche soprannome affettuoso, e mai in pubblico, sempre quando erano in famiglia, solo lei, i fratelli e il padre. Non si faceva problemi a chiamare “caro” Castor o Perseus in pubblico, mentre con lei era sempre molto rigida in presenza di persone che non facevano parte della famiglia.

“Mamma, posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.”
“Eri felice quando hai sposato papà? So che vi volete bene, molte altre ragazze non hanno dei genitori con un matrimonio che funziona, come Lily e Amanda… So che sono fortunata, dopotutto, ma vorrei sapere se quando l’hai sposato eri felice.”

Belvina esitò e appoggiò la tazza sul piattino dipinto a mano senza dire nulla. La donna spostò lo sguardo sulla fotografia incorniciata che la ritraeva insieme ad Herbert il giorno delle nozze: entrambi sorridevano appena, in posa ed impeccabili, e lei era solo una bambina. 
Si chiese come fossero passati tutti quegli anni, come fosse arrivato il momento in cui era sua figlia, ora, che si sarebbe presto sposata. 

“Mentirei se dicessi che ero innamorata. Affascinata, questo sì. Tuo padre è sempre stato bellissimo, Danae, ricordo come a scuola, quando si seppe del nostro fidanzamento, le altre ragazze mi guardavano con invidia… È una Black, dicevano, chi altri avrebbe potuto avere il meglio, se non lei? Tuo padre era gentile, educato, più grande di me… Mi sembrava un sogno, sapevo di essere fortunata, ed ero solo una ragazzina che sognava. Realizzai cosa davvero stessi facendo solo il giorno delle nozze, e ammetto che per un momento pensai di darmi alla fuga.”

“E perché non l’hai fatto?”

“Per la famiglia, Danae. Per mio padre. Deluderlo è sempre stata la mia paura più grande, non l’avrei mai sopportato… Ho sempre cercato l’approvazione di tuo nonno, e quel giorno quando lo guardai vidi che era soddisfatto, sorrideva. Sapevo che era fiero di me, finalmente, e sapevo che quello era ciò che ero destinata a fare.”
Belvina accennò ad un sorriso nel guardare la figlia, che invece sfoggiò un’espressione accigliata:

“Perché ti importava tanto? Lui non ha mai avuto una grande considerazione per te.”
“Ero solo la figlia femmina, Danae, nessuno si sarebbe aspettato il contrario… Mio padre non è un uomo affettuoso, non serve che te lo dica. Tuo padre con voi è sempre stato molto più premuroso. Danae, la mia famiglia è una famiglia molto rigida, i Black prendono i loro valori molto, molto seriamente. Ma ti assicuro che sono felice, con tuo padre. Non potevo chiedere di meglio, anche se non l’ho scelto io… E ti assicuro anche che voglio che tu sia felice, anche se forse non lo credi.”

“Davvero?”
“Davvero. Perché credi che siano qui, questi ragazzi? Fosse stato per tuo nonno avrebbe scelto lui, e ora saresti già promessa ad un ragazzo… Ho fatto in modo di allungare i tempi e che tu potessi scegliere, quantomeno. Tu non sei come me, Danae, non lo sei mai stata, non saremmo mai riusciti ad importi un matrimonio, e io non voglio perdere la mia unica figlia.”

Belvina si strinse nelle spalle e Danae, per la prima volta dopo tanto tempo, sorrise davvero a sua madre, con affetto e riconoscimento, quasi incredula. 
Aveva sempre guardato a quel che stava vivendo con occhio critico, certa che fosse un male, ma forse non era del tutto così, dopotutto.

“Mamma?”
“Sì cara?”
“… Grazie.”




La discussione tra lei e la madre era terminata senza che la ragazza pronunciasse alcun nome, ma Belvina non aveva insistito, anche se era sicura che la figlia avesse qualche pensiero per la testa… Ma conoscendo Danae, era anche sicura che presto se ne sarebbe accorta. 


Ora Danae rifletteva, rifletteva sul matrimonio combinato ma felice dei suoi genitori, su quello di Perseus e Amanda, che le sembravano sempre sinceramente felici e molto legati. 
Sarebbe riuscita ad essere felice anche lei, un giorno? Magari con qualcuno che era proprio a casa sua, in quei giorni?  
Era difficile persino per lei dire se c’era effettivamente qualcuno che le piaceva, sotto quel tetto… Forse la bloccava l’idea che quella persona fosse lì solo per il suo nome o la sua eredità. 

Danae sbuffò e nascose il viso tra le gambe, chiedendosi perché fosse così difficile. Suo fratello, se non altro, aveva le idee molto più chiare delle sue. 


*


Ewart suonava quasi distrattamente, di certo senza rendere piena giustizia al magnifico pianoforte a code posto nel salotto più grande del pian terreno, quello dove i padroni di casa erano soliti ricevere i loro ospiti dopo le cene importanti. Il pezzo che stava suonando gli rievocava molti ricordi, tra tutti l’ultima sera in cui si era esibito proprio con quel brano. 


Aveva appena finito di suonare ed era sceso dal palco quando aveva scorto un volto decisamente familiare: Perseus, seduto davanti al bancone lucido su uno degli alti sgabelli scuri, guardava l’amico sorridendo.

“Che cosa ci fai qui, Pers?”
“Ti sembra questo il modo di dare il benvenuto al tuo migliore amico, Ewart? Sei un ospite terribile.”

Perseus aggrottò la fronte, fingendosi contrariato mentre l’amico, per tutto risposta, faceva planare verso di loro una bottiglia del suo Whiskey preferito e due bicchieri con uno schiocco di dita mentre sedeva accanto a lui.

“Mi permetta di offrirle da bere per rimediare, Mr, ma non hai risposto alla mia domanda. Amanda lo sa che sei in giro da solo per locali? Io non ne sarei felice.”
“Non penso che Amanda tema che io possa tradirla con te, francamente.”
“Allora dovresti sventolare la fede in giro, non si sa mai.”

Ewart accennò distrattamente ad un gruppo di giovani streghe poco distante, che si affrettarono a distogliere lo sguardo quando Perseus si voltò nella loro direzione, scuotendo debolmente il capo mentre tornava a rivolgersi all’amico, che stava versando da bere ad entrambi.

“Lasciamo stare. Ewart, hai sentito di quello che accadrà a casa dei miei genitori? Mio nonno pensa che per i miei fratelli sia arrivata l’ora di fidanzarsi.”
“Non li invidio per nulla.”
“Beh, anche tuo padre insiste che tu ti sposi, no?”
“Me lo ripete solo tre volte alla settimana, dopotutto…” 

Ewart si strinse nelle spalle mentre Perseus, invece, sorrise, senza imitare l’amico e bere un sorso di Whiskey: era arrivato fino a Londra, nel locale del suo amico, per un motivo ben preciso, e non era bere in sua compagnia.

“Beh, ho pensato ad una cosa, e sono sicuro che la tua famiglia sarebbe d’accordo con me… Non trovi he sarebbe splendido diventare parenti?”

Ewart non si era mai fatto andare il Whiskey Incendiario di traverso. Non prima di quella sera. 


Il giovane Malfoy smise di suonare, continuando a guardare i tasti mentre ricordava come la conversazione tra lui e Perseus si era protratta. 


“Ma sei impazzito? E’… È TUA SORELLA!”
“Lo so, e sai che la adoro, e proprio per questo preferirei che sposasse una persona che stimo e che so che la tratterebbe bene piuttosto di un perfetto estraneo.”
“Ma Pers… È tua sorella. La tua sorellina. Lei e Castor per me… Non lo so, sono sempre stati i tuoi fratellini e basta.”

“Hanno tre anni in meno di noi, non è molto… So che li hai sempre visti in questo modo, ma tu hai 25 anni e Danae 22, è più che ragionevole. Insomma, non avete più 12 e 9 anni, anche Dany è cresciuta.”

Ewart esitò, guardando il suo bicchiere ormai vuoto prima che la bottiglia si sollevasse per versargli altro Whiskey, ma il ragazzo quasi non se ne accorse. Certo, Perseus aveva ragione, Danae non era molto più giovane di lui, ma era vero che l’aveva sempre vista come solo e soltanto la sorellina testarda del suo migliore amico, niente di più.

“Non lo so Pers.”
“Almeno verrai?”
“… Credo si sì, sarà divertente, e così facendo mio padre smetterà di assillarmi per un po’.”
“Affare fatto, allora.”



Era vero, non aveva mai avuto modo di conoscere granché Danae, e negli anni in cui aveva vissuto in America l’aveva vista di rado… Era perfettamente consapevole che crescendo fosse diventata una splendida ragazza, quello avrebbe potuto notarlo chiunque, ma Ewart non era poi così interessato alla bellezza: era cresciuto con una donna bellissima, ma altrettanto fragile e “debole”, se paragonata al carattere dominante di suo padre. Ewart voleva bene a sua madre Rosalind, ma non avrebbe mai voluto una donna altrettanto vitrea al suo fianco per tutta la vita. 

Danae sicuramente non era come sua madre, caratterialmente: era forte, testarda e intraprendente, da quel che aveva avuto modo di osservare. 
Ma gli piaceva? 
All’inizio era stato molto divertente stare lì, in quella casa, un vero e proprio gioco. Poi però Ewart aveva cominciato a pensare, a riflettere. 
Aveva avuto una sola vera relazione, ad Ilvermorny, diversi anni prima, ma era scappato a gambe levate quando le cose avevano iniziato a farsi “serie” e la parola “fidanzamento” aveva cominciato ad aleggiare nell’aria intorno a lui.

Suo padre non ne era stato felicissimo, ma era giovane e aveva chiuso un occhio, trascinandolo però poco dopo a vivere di nuovo in Inghilterra. Ormai però Ewart aveva 25 anni, sapeva benissimo per i canoni della società e dell’epoca era quasi “vecchio” per non essere ancora neanche fidanzato e che presto suo padre gli avrebbe organizzato un fidanzamento senza neanche consultarlo, se non si fosse dato una mossa da solo. 


“Sinceramente, da quel che avevo sentito pensavo che suonassi meglio.”

Ewart si voltò e sorride a Rigel, stringendosi nelle spalle e affermando che non era proprio in una giornata buona e che il pianoforte, comunque, non era sempre la sua prima scelta, quando doveva suonare.

“Capisco… A cosa stai pensando? Al manipolo di fanciulle?”

Quando Ewart sfoggiò un’espressione vagamente perplessa Rigel rise, asserendo che anche lui cominciava a sentire la pressione dovuta al fatto di non essere ancora fidanzato giunto alla veneranda età di 25 anni.

“Beh, non mi sembra che tu sia molto propenso all’idea.”
Rigel si strinse nelle spalle, appoggiandosi al pianoforte con noncuranza mentre continuava a sorridere al coetaneo:

“Che vuoi farci Ewart, a me piace godermi la vita, se non ora, quando dovrei farlo? E poi qui non si sta certo male, i miei zii sono sempre molto accoglienti, ma lo sai anche tu.”

Ewart e Rigel si conoscevano pressoché da tutta la vita, dopotutto il ragazzo era il figlio del fratello di Herbert che era socio di Brutus Malfoy da anni. Rigel e Perseus, tuttavia, per quanto avessero la stessa età non avevano legato quanto i genitori si sarebbero aspettati, ed essendo profondamente diversi avevano sempre frequentato persone diverse, anche se Ewart sapeva bene che Perseus voleva molto bene al cugino. 

“Sì, lo so. Volevi dirmi qualcosa in particolare, Rigel?”
“Beh, tu non hai risposto alla mia domanda.”

“Te ne faccio un’altra io. Come sta Georgiana?”


Il sorriso di Rigel si congelò alla domanda di Ewart, facendosi improvvisamente serio prima di rispondere con tono neutro:

“Bene. Non so se lo sai, ma vuole diventare un Auror.”
“Mi fa piacere saperlo. Anche io voglio molto bene a mia sorella, Rigel, e Perseus dice sempre che Georgiana è una ragazza splendida.”

“Lo è. Per fortuna si è ripresa.”

Rigel annuì, sorridendo piano nel ricordare la gioia provata quando sua sorella era finalmente guarita, grazie agli sforzi della famiglia. I suoi in primis, che era anche rimasto a casa da Hogwarts per diversi mesi del suo ultimo anno per starle vicino, e non tanto del padre che aveva reagito prima alla perdita del lavoro e poi alla malattia della figlia iniziando semplicemente a bere troppo. 

“Ne sono felice. Dev’essere stata dura, lei era molto piccola, vero?”
“Aveva solo 12 anni, ma per fortuna è guarita. Bisogna solo sperare che il cancro non torni.”

“Sono sicuro che non sarà così.”

Ewart sorrise gentilmente e Rigel annuì, ricambiando prima di battere leggermente sul pianoforte:

“Bellissime parole Malfoy, ma riconosco quando qualcuno evita di parlare di qualcosa, credimi. Chissà a chi pensa il nostro musicista.”
Rigel si mise le mani in tasca e si allontanò senza che Ewart aggiungesse altro, senza fargli sapere che stava pensando proprio a sua cugina. 


*


Quella mattina Megara si era svegliata più tardi del solito, costringendosi ad alzarsi dal letto solo perché qualcuno aveva iniziato a bussare alla porta della stanza che condivideva con Lilith. La strega era andata ad aprire senza riflettere e senza nemmeno chiedere chi ci fosse dall’altra parte, ricordandosi che era in camicia da notte e in disordine solo quando ormai era troppo tardi, trovandosi un Castor sorridente davanti.

“Buongiorno Meggie. C’è Lilith?”

L’amica, sempre in déshabillé, le aveva fatto cenno di no con la testa e Megara si era affrettata a dire all’amico che stava ancora dormendo, assicurandogli che le avrebbe riferito che voleva parlarle quanto prima di chiudere la porta con un sospiro: grazie al cielo era stato solo Castor, se si fosse trovata davanti qualsiasi altro ragazzo si sarebbe sentita sprofondare. 

Specialmente un certo ragazzo dai capelli color miele, ma non l’avrebbe mai ammesso a voce alta. 


Quando, giunte in sala da pranzo per fare colazione, Megara aveva posato lo sguardo proprio su quel ragazzo – e lui aveva ricambiato lo sguardo con un sorriso – la giovane strega si era sentita avvampare, odiando quella sua inclinazione ad arrossire mentre la sua mente si affollava di domande e dubbi. 

Vicino a lui c’era un posto vuoto, visto che molti avevano già fatto colazione. Cosa doveva fare? Doveva sedersi vicino a lui? O forse sarebbe stato sfrontato? O forse avrebbe ritenuto maleducato il suo NON sedersi accanto a lui?

“Siediti pure, se vuoi.”

Megara si sentì investire da un’ondata di sollievo alle parole del ragazzo, lieta che Edward le avesse facilitato la decisione mentre prendeva posto accanto a lui mormorando un “grazie”. Lilith, invece, dopo aver cercato Castor con lo sguardo ma invano, sbuffò debolmente e uscì dalla stanza rapidamente come vi era entrata, decisa a trovare il ragazzo senza curarsi della colazione. 


“Sei riuscita a finire il quadro alla fine?”
Megara, che aveva appena visto l’amica uscire dalla stanza senza neanche sedersi o dille nulla, si riscosse quando si rese conto che Edward le aveva appena detto qualcosa e si voltò di scatto verso di lui, sorridendo:

“Oh, sì, non mi sono… fatta distrarre dallo scontro.”
“Mi fa piacere. So che sei molto riservata, ma ti dispiacerebbe farmelo vedere?”

Megara esitò, chiedendosi come fosse possibile che quel ragazzo si stesse davvero interessando a qualcosa che LEI aveva realizzato, ma dopo un paio di istanti piegò le labbra carnose in un dolce sorriso:

“… No, certo che no.”

Edward sorrise, allegro, e versò alla ragazza una generosa quantità di succo di zucca:

“Meraviglioso.”

All’improvviso, Megara si chiese perché lui e Danae si fossero lasciati, alcuni anni prima, quello che aveva davanti le sembrava davvero un ragazzo splendido. 


*


“Meg mi ha detto che volevi parlarmi, Castor.”

Lilith, in piedi sulla soglia, si rivolse con tono piuttosto neutro al ragazzo, che si voltò verso di lei e si alzò dalla poltrona che aveva occupato con un sorriso prima di avvicinarlesi, strofinandosi le mani quasi nervosamente:

“Ciao Lilith… Sì, ti dovrei chiedere una cosa.”
“Dimmi pure, ma se intendi scusarti di nuovo non è assolutamente necessario, davvero.”
“No, non è questo. In realtà, più che parlarti io vorrei… rivolgerti un invito, diciamo.”

Castor sorrise, pregando mentalmente che accettasse mentre Lilith, al contrario, aggrottò la fronte, confusa: prima la evitava, pii cominciava ad essere gentile e ora… le faceva un invito? Forse i Black erano davvero suonati.

“Un invito?”
“Sì. Sempre che tu accetta, è chiaro.”



*


“Buongiorno. Hai dormito meglio?”

Gerard sorrise gentilente a Cora, che annuì prima di sedere accanto a lui sul divano.
“Direi di sì, per fortuna.”
“Avevi sognato… quello?”

Gerard, quasi senza accorgersene, appoggiò il braccio sulle spalle dell’amica, che annuì mentre appoggiava la testa sulla sua spalla e chiudeva gli occhi chiari.

“Sì. Mi capita, ogni tanto, anche se non più spesso come una volta. Sai, ad Hogwarts quando mi svegliavo Amanda veniva sempre ad abbracciarmi, è sempre stata così dolce.”
“Lo so, Perseus è molto fortunato. Però non scordare che anche se io non sono dolce come Amanda, puoi sempre venire a parlare con me quando vuoi, Cora.”

“Oh sì, tu e Amanda caratterialmente vi somigliate tantissimo…”
Cora soffocò una risata contro la spalla dell’amico, che sbuffò e borbottò che era solo per esserle d’aiuto e che sapeva benissimo di poter essere abbastanza “rude” e poco sensibile, a volte. 


“Non preoccuparti Gerry, scherzavo, e io e Amanda ti vogliamo bene così come sei, ricordatelo. Spero tanto che un giorno sarai felice come lo è lei.”
“Grazie, ma devi pensare anche a te stessa, Cora.”

“Io mi sento bene così come sono. E chi mai potrebbe volere un fenomeno da baraccone?”

Cora sorrise, stringendosi nelle spalle mentre Gerard, invece, aggrottava la fronte, serio in volto: non aveva mai capito e sopportato quando l’amica parlava in quel modo rivolgendosi a sé stessa.

“Non dire così.”
“E’ la verità, Gerry.”
“Beh, allora io potrei dire chi mai vorrebbe un bottegaio musone!”
“Per le calze di Priscilla Gerry, ne abbiamo già parlato.”

Cora assestò n debole pugno affettuoso sulla spalla dell’amico, che alzò gli occhi al cielo e mormorò che non gli piaceva quando la sentiva dire certe cose. 

“Grazie Gerry. Sai, penso che tu sia molto più affettuoso di quanto tu non creda.”
Cora gli sorrise e Gerard ricambiò. Stava per dirle che era così solo con pochissime persone, e che se lei era tra queste era solo perché ci teneva molto, ma una voce molto nota ad entrambi lo precedette:

“Ragazzi!”

Entrambi si voltarono di scatto e Cora si illuminò nel vedere Amanda, alzandosi di scatto per correre ad abbracciarla mentre l’amica sorrideva.

“Finalmente, mi sei mancata molto! E oggi sei tutta per me, mi raccomando.”
“Promesso, ma lasciami almeno salutare Gerry… Come va tesoro?”

Amanda si avvicinò all’amico con un sorriso dolce, guardandolo alzarsi dal divano prima di abbracciarla:

“Bene, sto tenendo d’occhio Cora.”
“Molto bene.”
“E da quando?!”

Entrambi ignorarono la ragazza, che incrociò le braccia al petto con aria indispettita e assunse un’espressione contrariata mentre i due amici si voltavano verso di lei.

“Io e Cora andiamo a Diagon Alley, ti chiederei di venire con noi, ma Cora insiste per un pomeriggio tra ragazze.”
“Proprio così, dobbiamo spettegolare! E io muoio dalla voglia di mangiare un gelato Fortebraccio…”

“Tranquille, andate pure e fate le vostre case, è stato bello vederti. Riportala tutta intera.”

Gerard si chinò leggermente per dare un bacio sulla guancia dell’amica, che sorrise e gli assicurò che per quel pomeriggio avrebbe badato lei a Cora mentre a suddetta ragazza sottolineava ai due che non era più una bambina da molto tempo, ma entrambi ridacchiarono e parvero non starla ad ascoltare, facendola indispettire ancora di più. 



*


Dopo una dose di shopping al Ghirigoro e da Madama McClan Amanda e Cora si erano sedute ad un tavolo davanti alla storica gelateria Fortebraccio, entrambe munite di una generosa coppa di gelato pieno di guarnizioni. 
“Queste sono decisamente le mie giornate preferite!”

Cora non si fece pregare e si buttò immediatamente sul suo gelato, facendo sorridere Amanda:

“Mi fa piacere, anche a ma mancava stare un po’ noi due da sole… Ma so che mi hai scritto chiedendomi di vederci con urgenza per un motivo preciso, perciò parla pure Cora. Ho lasciato che prima ci divertissimo facendo shopping, ma direi che è arrivato il momento di arrivare al punto.”
“Sfortunatamente sei troppo intelligente, Amanda. Lily mi ha detto che hai scritto una lettera a Shedir, è vero?”

“Come fa a saperlo?”
“Lo prendo come un sì. Sembra he tua sorella l’abbia vista, e sostiene di riconoscere la tua grafia tra mille.”

Amanda sospirò e annuì, ammettendo che la sorella aveva ragione: purtroppo o per fortuna Lily conosceva benissimo la sua calligrafia, e aveva effettivamente scritto a Shedir qualche giorno prima.

“Amanda, non so come dirtelo, davvero, ma… quando tu e Shedir avete discusso a casa dei Burke… io e Gerry abbiamo sentito, eravamo nella stanza accanto…”
Cora chinò il capo, temendo che l’amica potesse arrabbiarsi con lei o con l’amico, ma per sua fortuna la rabbia era un sentimento quasi estraneo alla moglie di Perseus Burke-Black, e Amanda si limitò a sospirare prima di annuire e parlare con aria quasi contrita, scura in volto.

“Non fa niente. Comunque, se tu e Lily temete che la presenza di Shedir possa avere particolari effetti su di me, tanto da indurmi a fare sciocchezze, vi sbagliate, te l’assicuro Cora. È vero, ho scritto a Shedir, ma solo perché pensavo fosse giusto cercare di mettere le cose in chiaro. Non voglio doverlo evitare per tutta la vita, sarebbe ancora più difficile di quanto non sia, non siamo poi una comunità tanto ampia.”

“Davvero la pensi così? Insomma, non che io dubiti della tua fedeltà, davvero, solo io e Lilith ti vogliamo bene e non vogliamo che tu stia male e faccia cose di cui potresti pentirti.”
“Lo so Cora, non ce l’ho con nessuno. Davvero, lo capisco, so che mi volete bene… Ma non vi dovete preoccupare, io so cosa devo fare e come. Shedir è stato molto importante per me e tu lo sai bene, ma la mia vita è con Perseus. E lui non si meriterebbe che io lo tradisca, perché so che neanche lui lo ha mai fatto. So che molti faticano a pensarlo perché il nostro è stato un matrimonio combinato ma io e Pers siamo davvero felici, Cora.”

“E ti assicuro che sentirtelo dire rende felice me, Amanda. Ma doresi dire queste cose anche a Lily, così si tranquillizzerà a sua volta.”
“Lo farò. Lei come se la cava?”

“Non so, percepisco strane vibrazioni da parte di Castor nei suoi confronti…”
“CASTOR? Avevo questa sensazione, ma Perseus ha riso quando gliene ho parato… Beh, come sempre noi ci riveliamo una spanna più in alto.”

“Avevi forse subbi, amica mia?”  Cora sorrise mentre riprendeva a gustarsi il suo bel gelato, imitata dall’amica. Avevano mangiato insieme tantissimi gelati su quei tavolini, al sole, durante le estati degli anni precedenti, ed era qualcosa alla quale nessuna delle due avrebbe mai rinunciato, così come l’amicizia che le legava. 

“Pensa che strano se tua sorella e Castor finissero insieme, tuo cognato sposato con tua sorella!”
“Già, ma Tor mi piace molto, è un bravissimo ragazzo. Ma che mi dici di te?”

“Nulla di che, sono la solita vecchia zitella. Lo mangi quel quadretto di cioccolato?”

Amanda alzò gli occhi chiari al cielo, faticando a credere all’amica ma sapendo che quello, con lei, era un argomento di conversazione impossibile da trattare, così si limitò a cederla la cioccolata senza cercare di indagare oltre. 


*


“Eccomi, arrivo, un momento per Merlino!”

Vivian si passò una mano tra i capelli biondi, tanto per assicurarsi che fossero in ordine, prima di aprire la porta della sua stanza: sua madre le aveva insegnati ad essere sempre impeccabile, dopotutto, e farsi trovare in camera propria in disordine non era sicuramente un’abitudine per la ragazza.

“Lily, ciao. Hai bisogno di qualcosa?”
“Beh, io… vorrei chiederti un consiglio, visto che sicuramente ne sai più di me e non posso parlare con mia sorella, al momento.”

Vivian si spostò per far passare la cugina, che entrò nella stanza tormentandosi nervosamente le mani e sedette sul bordo del letto mentre l’ex Serpeverde chiudeva la porta, guardandola con un sopracciglio inarcato:

“Ha a che fare con un ragazzo?”
“Come fai a saperlo?”
“Ti prego… Avanti, dimmi.”

“Ecco… Diciamo che si è fatto avanti l’ultima persona che avrei mai immaginato potesse farlo.”
“Ossia? Non tenermi sulle spine, forza!”
“E va bene! Beh, è stato Castor, e praticamente non mi rivolge mai la parola, ci sono rimasta… di sasso.”

“E che gli hai detto?”
“Beh, ero così sconvolta che non so come gli ho detto di sì, aiutami!”

“Guarda che non è tragedia, hai detto di sì a Castor Burke-Black, non ad un troll di montagna!” 

Lily assunse però un’espressione così implorante, i grandi occhi azzurri spalancati, che Vivian dovette per forza sospirare e sedersi accanto a lei, mettendole una mano sulla spalla:

“Va bene cuginetta… Intanto dimmi che cosa ti ha detto, di preciso.”
“In un certo senso mi ha… invitata a pranzare con lui da sola. Ma io non gli ho quasi mai parlato in questi anni, che cosa gli dico?!”


“Piccola, c’è sempre una prima uscita con una persona, ed è normale avere paura di non riuscire a trovare nulla da dire, ma ti assicuro che le parole usciranno. Ma dimmi, lui ti piace?”
“Non lo so… certo è molto bello, ma come ho detto lo conosco davvero poco.”
“Beh, prendila come un’opportunità allora. Tranquilla, ti aiuterò io a farti carina, sei in buone mani.”

Lilith sorrise con sollievo alla cugina, certa di non poterle dare torto.


*


“Un uccellino mi ha detto che ti sei deciso a fare qualcosa, sono fiera di te, fratellino.”

Danae sorrise al fratello, guardandolo mentre se ne stava appoggiata contro lo stipite della porta. Castor si voltò e le rivolse un’occhiata torta, asserendo che in quella casa tutti sembravano farsi un po’ troppo gli affari suoi mentre Chris ridacchiava.

“Guarda che io non sono TUTTI, sono la tua adorata sorella gemella! Se non mi impiccio io, chi? Vi saluto, io vado a fare una cavalcata.”

Danae sorrise a fratello e amico prima di girare sui tacchi e lasciarli soli. Castor sbuffò e tornò a concentrarsi sul suo libro, mentre Chris invece si rivolse all’amico:

“So che odi sentirtelo dire, ma trovo che abbia ragione.”
“E io so che odi sentirtelo dire, ma penso che dovresti farti un esame di coscienza e pensare a te, Chris. Tu pensi che sarai mai sincero con mia sorella, tanto per sapere?”

All’improvviso l’ex Tassorosso, sorpreso dalle parole dell’amico, spalancò gli occhi e si sentì avvampare, chiedendosi come lo sapesse prima che Castor, sospirando, si voltassero verso di lui:

“Credo che se glielo dicessi ti sentiresti meglio, Chris. Sai che ti vuole bene, comunque la pensi andrà bene.”
“Io non voglio rovinare quello che c’è tra di noi, Tor.”
“Non succederà… sono sicuro che comunque vada non la perderai, anche lei tiene a te sono sicuro che pensa lo stesso. Fidati di me, io la conosco meglio di chiunque altro.”

Christopher esitò, ma infondo sapeva che Tor aveva ragione, su tutti i fronti, così annuì e mormorò che avrebbe presto fatto qualcosa a riguardo, facendo sorridere l’amico:

“Così si fa. Credimi, sembra difficile, ma alla fine è la cosa migliore da fare.”


*


“E molto bello.”
“Non devi dirlo se non lo pensi davvero solo per essere educato.”

“Non lo dico solo per essere educato, lo giuro.”  Megara sorrise alle parole del ragazzo mentre teneva la sua ultima creazione tra le braccia, in piedi davanti ad Edward per mostrarglielo.

“Grazie, in tal caso.”

“Non sei abituata ai complimenti, vero Megara?”   Edward sorrise quasi con fare divertito, guardandola con le braccia incrociate mentre l’ex Corvonero abbozzava un sorriso timido e abbassava al contempo lo sgaurdo sul suo quadro. 
“Diciamo che mi mettono un po’ a disagio.”
“Me ne sono accorto. Ma io sono dell’idea che dovresti farci l’abitudine, perché te li meriti.”




“Oh, ma che carini!”
“Cosa vedono i miei occhi… Edward e Megara Travers? Questo si che lo chiamo colpo di scena…”

Athyna annuì, osservando i due a distanza – dal divano dove lei, Althea e Aghata erano sedute – mentre Althea aggrottava la fronte, sostenendo che lei era sempre stata convinta che il ragazzo fosse lì per riconquistare Danae.

“A meno che non sia una qualche tattica per farla ingelosire!”
“No… dici?”
“Beh, non si sa mai, ricordate, non bisogna fidarsi delle serpi! A pare Danae, lei è nostra amica.”

“Se così fosse, lo prendiamo e gli spacchiamo la faccia, nessuno può approfittarsi di una ragazza così dolce e carina!”  Aghata parlò con tono risoluto e Athyna annuì, asserendo che avrebbero rispolverato una buona serie di fatture quando Amias, raggiunto il divano che le tre avevano occupato, si piazzò in mezzo a loro con un gran sorriso, sedendo tra Althea e Athyna con totale noncuranza delle lamentele delle ragazze:

“Buon pomeriggio signorine, di che cosa state parlando?”
“Di come spaccheremmo la faccia ad uno di voi se dovesse comportarsi male…”
“Spero non stiate parlando di me, non vorrei vedere i miei bei connotati rovinati… Parli del tuo amico Rigel, Athyna?”

“Stranamente no, anche se di tanto in tanto ci faccio un pensierino.”  Athyna si strinse nelle spalle e l’ex compagno di Casa rise, asserendo di essere felice di non trovarsi nei sfortunati panni del ragazzo misterioso prima di indugiare con gli occhi scuri su Edward e Megara, abbozzando un sorriso:

“Forse ho capito, in realtà. Pensate forse che voglia far ingelosire Danae?”
“E’ un’ipotesi, ma nessuna di noi conosce Edward molto bene, dopotutto.”  Althea si strinse nelle spalle e Amias aggrottò la fronte, guardando il ragazzo con sguardo dubbioso:

“Non lo so fanciulle, secondo me siete troppo disfattiste nei confronti del genere maschile.”

“Magari abbiamo i nostri motivi.”   Athyna, le braccia strette al petto, parlò in un sussurro appena percettibile, attirando su di sé un’occhiata incerta da parte di Aghata, che però decise saggiamente di non dire nulla e di far finta di non aver sentito. 


*


Se un giorno qualcuno glielo avesse chiesto, Christopher avrebbe sostenuto di aver percorso il perimetro della scuderia dei Burke almeno tre volte, quel pomeriggio, ma era più forte di lui: mentre aspettava che Danae tornasse dalla sua passeggiata, proprio non riusciva a stare fermo. 

Quando sentì lo scalpitio degli zoccoli il ragazzo si fermò di scatto, deglutendo mentre guardava il cavallo nero dell’amica entrare insieme a lei, mentre la ragazza lo teneva per le redini.

“Oh, ciao Chris! Io e Lord siamo appena tornati. Vuoi fare una passeggiata anche tu?”
“No, in realtà volevo parlare con te e stavo aspettando che tornassi.”

Chris guardò la ragazza sfilare le redini di cuoio dal capo del cavallo, appendendole al gancio per poi sostituirle con la cavezza e una lunghina per condurlo fino al suo box. 

“D’accordo, arrivo subito… Ecco tesoro, tieni, te lo sei meritato.” Danae sorrise affettuosamente al cavallo, dandogli due pezzi di pane prima di chiudere lo sportello del box e tornare dall’amico, sorridendogli mentre si sfilava i guanti:

“Dimmi Chris.”
“Io… C’è una cosa che dovrei dirti da un po’ di tempo, e credo sia il momento di farlo, Dany.”



*


Amanda, prima di tornare a casa, accompagnò Cora fino alla casa dei suoceri, trovando per altro Vivian seduta sui gradini del portico. La bionda era uscita per prendere un po’ d’aria, godendosi la sensazione del sole sulla pelle delle braccia, lasciate in buona parte scoperte dalla camicia nera che indossava, mentre alcuni ciuffi di capelli color grano che erano sfuggiti dal twist francese le sfioravano il viso. La strega sorrise quando vide Amanda e Cora Materializzarsi nel cortile, alzandosi e incamminandosi verso di loro con la lunga ma leggera gonna nera con dei fiori rosa pallido ricamati che sfiorava la ghiaia sulla quale stava camminando. 

“Viv!”

La cugina le sorrise e Vivian la imitò prima di abbracciarla, asserendo che Lilith le aveva chiesto di salutargliela.

“Ricambia.. come sta?”
“Oh, direi bene, ma pensa che prima è venuta a chiedermi consigli di un certo tipo.”  

Le labbra di Vivian dipinta di un tenue rosa si piegarono in un sorrisetto, e Amanda sgranò gli occhi con sincera sorpresa. Stava per chiedere alla cugina di spiegarsi meglio, più curiosa che mai – e anche Cora era prontissima ad ascoltare quel che Vivian aveva da dire con estremo piacere – quando una voce maschile interruppe la Serpeverde sul nascere:

“Chiedo scusa, ma… Amanda, posso parlarti per un momento?”

Vivian si voltò, stentando a credere di avere di fronte Shedir Nott mentre Cora aggrottava la fronte, altrettanto perplessa, ma senza avere il coraggio di dire nulla.

Amanda invece restò impassibile e annuì, salutando amica e cugina con un sorriso e invitandole così molto gentilmente a congedarsi, cosa che le due streghe si ritrovarono a dover fare, loro malgrado, salutando Shedir con un paio di cenni educati prima di allontanarsi fianco a fianco.

“Che cosa vorrà?”   al sussurro di Vivian, pronunciato a denti stretti, Cora sbuffò, continuando a camminare mentre borbottava che non ne aveva assolutamente idea. 


“Ciao Shedir, come stai?”
“Bene. Ti volevo ringraziare. Per la lettera.”

“Davvero?” Amanda parve sorpresa, sollevando entrambe le sopracciglia scure, ma Shedir annuì, sorridendo appena, e la strega pensò che nonostante tutto vederlo sorridere era bello.

“Sì, davvero. Mi ha fatto capire un paio di cose… Non ho mai avuto la piena possibilità di sapere se tu fossi felice, e ora so che è così. E ti chiedo scusa, per come mi sono comportato. Ti ho amata molto, Amanda, non so se ti amo ancora, ma comunque sia voglio che tu sia felice. Mi sarebbe piaciuto se fosse stato con me, ma a quanto sembra non era destino.”
“Sono felice se la pensi così. Sono sincera Shedir, so quanto puoi essere una bella persona e voglio che tu sia felice, devi solo liberarti da tutti i muri che hai costruiti negli ultimi anni.”

Amanda gli sorrise e si volto, ma nel vedere la strega allontanarsi Shedir non riuscì a trattenersi, trattenendola con un’ultima domanda, qualcosa che gli frullava incessantemente in testa da troppo tempo:

“Pensi che sarebbe continuata, tra di noi? Se non fosse stato per il fidanzamento, intendo.”

Amanda si voltò verso il mago, esitando prima di sorridergli:

“Penso che nessuno possa dirlo con certezza Shedir, ma personalmente penso che fosse probabile. Comunque sia andata sei stato il mio primo amore e mi hai regalato momenti meravigliosi, so che non li dimenticherò mai.”


Shedir ricambiò il sorriso, quel sorriso che aveva amato tantissimo, e mormorò che era lo stesso anche per lui prima di guardarla sparire. Solo allora il mago si rese conto di avere gli occhi leggermente lucidi, ma non se ne curò, voltandosi per tornare verso la tenuta dei Burke. 

Era difficile accettarlo, ma sapeva, infondo, che Amanda aveva ragione. 









…………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Beh, che dire, domani è Pasqua quindi auguri a tutte, vi auguro delle meravigliose scorpacciate, quarantena o non quarantena! Dobbiamo pur tirarci su, dopotutto…
Buona serata, ci sentiamo il 15 (mi hanno programmato un maledetto esame praticamente a sorpresa a fine mese e tra l’altro ho scelto il momento decisamente sbagliato per iniziare qualcosa di nuovo, ma prometto che cercherò di continuare ad essere puntuale)!

Signorina Granger 


Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 
 
 
Ewart teneva la Gazzetta del Profeta in una mano e un caffè forte nell’altra, impegnato a leggere le notizie del giorno. Quella mattina era solo nell’ampia sala da pranzo per forse la prima volta da quando si trovava a casa dei Burke, ma quella calma insolita non gli dispiaceva affatto, così come l’aria che lo rinfrescava piacevolmente grande alle due grandi finestre ad arco che davano sul giardino della residenza.
 
La calma e la solitudine però erano finite, e l’erede della famiglia Malfoy lo seppe quando si rese conto che qualcuno lo aveva raggiunto: alzando lo sguardo i suoi occhi chiari si posarono su Rigel Burke, che stava evidentemente cercando di attirare la sua attenzione a suon di gesti.
 
“Rigel, va tutto bene?” 
 
Il mago aggrottò la fronte, confuso mentre guardava il coetaneo indicarsi ripetutamente la gola, senza emettere un suono.
 
“Scusa Rigel, ma davvero non capisco…”
 
A quel punto dall’anta aperta della porta fece il suo ingresso Cora, visibilmente di buon umore e con un sorriso allegro che le illuminava il bel volto spesso serio:
 
“Buongiorno! … Oh, state facendo il gioco dei mimi?”
 
Rigel si passò una mano sul viso alle parole della strega, che sedette accanto ad Ewart mentre guardava l’ex Serpeverde come se si aspettasse che si esibisse in numeri acrobatici da un momento all’altro, ma il biondo scosse la testa, sempre più perplesso:
 
“No Cora, Rigel cerca di dirmi qualcosa, credo…”
“E perché non parla? Che c’è Burke, il gatto di ha mangiato la lingua?”  Cora ridacchiò, ma Ewart non la imitò, troppo concentrato sul ragazzo che aveva davanti: alle parole della strega Rigel aveva annuito freneticamente, indicandola prima di indicarsi nuovamente la gola mentre guardava Ewart con gli occhi spalancati, come se gli stesse chiedendo come facesse a non capire.
 
“Oh, certo… Scusa Rigel.”  Ewart si sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni color sabbia e la puntò contro Rigel prima di lasciare il giornale sul tavolo, udendo la voce del Serpeverde un attimo dopo:
 
“Finalmente… Grazie Ewart. Ci voleva tanto a capirlo?”
“Avresti potuto scrivere! Mi spieghi che ci facevi senza la voce?”
 
Cora aggrottò la fronte mentre si serviva un croissant alla crema e Rigel, per tutta risposta, incrociò le braccia al petto e le scoccò un’occhiata torva:
 
“Quel simpaticone del tuo amico del cuore ha pensato bene di usare Silencio su di me mentre dormivo! Ah, eccoti, Olivander!”
“Buongiorno anche a te Burke. Cora, Ewart. Dormito bene? Io ho dormito benissimo.”
 
“Non mi lamento.”
 
Cora si strinse nelle spalle e Gerard indugiò con lo sguardo sull’amica mentre sedeva di fronte a lei, abbozzando un accenno di sorriso come se gli facesse piacere sentirglielo dire prima che Rigel, furente, gli si piazzasse accanto:
 
“Si può sapere perché l’hai fatto?”
“Scusa Rigel, ma davvero, se ti sento russare un’altra notte potrei diventare un serial killer… tè, Cora?”
“Grazie Gerry.”
 
Gerard servì del tè nero ad entrambi dalla teiera di porcellana dipinta a mano mentre Rigel, gli occhi scuri ridotti a due fessure, lo scrutava con attenzione:
 
“D’accordo, la vedremo più tardi, allora.”
“Credo che il concetto sia sfidarsi tra persone di sesso opposto, Burke, ma sono sicuro che Cora sarà disposta a prestarti una gonna o un fermaglio per capelli se volessi sfidarmi.”
 
Gerard sorrise al ragazzo e Cora rischiò di sputare tutto il tè che stava per ingerire alle parole del ragazzo, soffocando la risata su un tovagliolo mentre Ewart rideva sotto i baffi.
Rigel stava per dirgli cosa ne pensava della sua idea della gonna, ma venne interrotto dalla cugina, che entrò nella sala da pranzo con un sorriso trionfante:
 
“Buongiorno Cora e futuri perdenti! Uh, torta al cioccolato e arancia, la mia preferita!”
 
Danae sorrise allegra e, raggiunta la torta, si premurò di tagliarsene una fetta – o un quarto – prima di prendere posto di fronte a Ewart, che le rivolse un’occhiata grave:
 
“Come mai così sicura che sarete voi a vincere, Danae?”
“Chiamiamolo sesto senso, anche se è notoriamente risaputo che voi uomini non sapete fare due cose contemporaneamente, quindi direi che abbiamo buone speranze.”
 
“Hai davvero una considerazione così bassa del genere maschile? Ciò mi rattrista molto.”
 
“Non ho una bassa considerazione di tutto il genere maschile.”
 
Danae parlò senza guardarlo, ma Ewart ebbe l’impressione che fosse arrossita leggermente. Non ebbe però modo di dire altro, perché Rigel mise un braccio intorno alle spalle della cugina, sfoggiando un largo sorriso sornione:
 
“Chiaramente, Dany mi adora!”
“Rigel, mollami o ti Schianto prima del dovuto, bada a te!”
 
“Ricordatemi di non finire contro Danae, dopo… Ci tengo alla mia faccia.”  Gerard lanciò un’occhiata dubbiosa alla padrona di casa, sfiorandosi gli zigomi con lieve apprensione mentre Cora, seduta davanti a lui, liquidava il discorso con un rapido gesto della mano:
“Tranquillo Gerry, non permetteremo che ti sfigurino il bel faccino.”
 
“Pensi che io abbia una bella faccia?”
 
Ewart guardò Cora, sorridendo e i gomiti appoggiati sulla sedia, le dita intrecciate come se si stesse godendo uno spettacolo divertente. Sorrise lievemente e la guardò schiarirsi la gola prima di replicare con una scrollata di spalle:
 
“Beh, credo di sì, insomma, alcune cose sono oggettive… Come il fatto che anche Ewart abbia una bella faccia, ecco.”
“Ti ringrazio Cora, anche la tua non è male.”
 
Ewart sorrise divertito prima di alzarsi, infilarsi il giornale sotto il braccio e uscire con le mani in tasca e disinvoltura, salutando con un educato cenno del capo quando due assonnate Lilith e Megara gli passarono accanto per fare colazione:
 
“Buongiorno… Dobbiamo proprio partecipare a tutto questo?”
“Certo che sì, ci servite, non possiamo essere in minoranza. Tieni Lily, mangia, sembra che una folata di vento possa portarti via da un momento all’altro.”
 
Danae mise una bella fetta di torta sul piatto vuoto davanti alla Corvonero, che abbozzò un sorriso e la ringraziò mentre Megara, seduta di fronte a lei, sospirava:
 
“Non mi piace duellare, mi sento in colpa ad attaccare le persone!”
“Meggie ha ragione, non l’ho mai vista neanche lontanamente arrabbiata in tutti questi anni… Si sente quasi in colpa anche uccidendo le zanzare!”
 
“Sono fastidiose, ma sono esseri viventi anche loro…” 
 
Lilith alzò gli occhi al cielo, ma sorrise all’amica con affetto mentre Danae, pensierosa, proponeva di sostituire Meg con uno suo vecchio orso di peluche: forse incantandolo sarebbe risultato più spaventoso di lei, dopotutto.
 
“Io non vi capisco, duellare è divertente!”
 
Cora sorrise, gli occhi chiari scintillanti mentre sia Rigel che Gerard la guardavano di sottecchi:
 
“… Sì, lo sappiamo…”
“Ho un vago ricordo di te al Club dei Duellanti che fai quasi esplodere un lampadario…”
“Beh, mi divertivo molto, devo ammetterlo.”
 
“Anche io, adoravo il club! Cora, ti ricordi quando abbiamo nascosto una rana nella sala e nessuno è riuscito a capire da dove venisse il gracidio per mezz’ora?”
 
Le due streghe ridacchiarono e Rigel, spostando lo sguardo da una all’altra, sperando di non finire contro nessuna delle due.
 
 
*
 
 
“Confesso di essere un po’ sorpreso, non mi aspettavo che avresti voluto partecipare.”
 
Edward, ai piedi della scalinata di marmo dell’ingresso, porse una mano in direzione di Vivian, che stava scendendo le scale tenendo leggermente sollevato un lembo della gonna color lavanda per evitare di pestarne l’orlo, il viso riposato e i capelli color grano legati in un’elegante treccia che le ricadeva sulla spalla destra.
La ragazza prese la mano dell’ex compagno di Casa e gli sorrise, fermandosi accanto a lui quando l’ebbe raggiunto:
 
“Danae ha appena deposto l’ascia di guerra, non mi va di contrariarla… E comunque sono molto competitiva, magari non si direbbe, ma duellare non mi dispiace per niente. Io e Horace ci sfidavamo spesso.”
“Oh, lo immagino… e anche la felicità di tua madre.”
 
Edward sorrise e Vivian lo imitò, ricordando chiaramente l’ira della madre quando sorprendeva i figli a lanciarsi incantesimi nel salotto mentre dalla porta aperta della sala da pranzo uscivano Cora, che teneva Gerard a braccetto, Danae e Rigel, impegnati a bisticciare come al solito.
 
“Oh, buongiorno… ci vediamo fuori, noi andiamo a scaldarci un po’!”
 
Cora sorrise allegra e Vivian, fatto un cenno ad Edward, lo invitò ad apprestarsi a fare colazione a loro volta. Giunti sulla soglia della sala gli occhi chiari della strega indugiarono sulle uniche persone presenti, ossia Megara e Lilith, prima di sorridere e dirigersi con decisione verso la cugina, sedendo accanto a lei e dando così ad Edward la scusa perfetta per prendere posto accanto a Megara:
 
“Buongiorno signorine… Allora cugina, pronta alla sfida?”
“Non quanto te presumo, ma direi di sì. Lo stesso non si può dire di Meg, ma in realtà è brava con gli incantesimi.”
 
Lilith accennò a Meg, che sorrise debolmente ad Edward quando il ragazzo le si fu seduto accanto:
 
“Megara, prometti che sarai indulgente con me, vero?”
Edward sfoggiò l’espressione più innocente che gli riuscì e la strega sorrise, annuendo mentre arrossiva appena:
 
“Naturalmente, se tu prometti lo stesso.”
“Ci mancherebbe altro.” L’ex Serpeverde prese una mano della strega, baciandone lievemente il dorso mentre Lilith e Vivian si scambiavano un’occhiata divertita di fronte al rossore della Corvonero.
 
 
*
 
 
“Amias, ma dove ti eri cacciato?”
“Ehi, la colazione è sacra!”
 
Amias incrociò le braccia al petto e Rigel alzò gli occhi al cielo, ma non osò controbattere mentre Shedir, in piedi accanto al Grifondoro, si tratteneva dal far notare al gruppo che in realtà si erano semplicemente svegliati tardi perché nessuno dei due aveva messo la sveglia.
 
Cora, che per l’occasione indossava dei pantaloni grigio perla e una camicetta bianca, si mise le mani sui fianchi e lanciò un’occhiata perplessa a Vivian, chiedendole se fosse certa di volersi battere vestita così. La bionda, però, si stava incipriando il naso e sembrò non preoccuparsene, assicurando all’altra che la gonna non era un problema.
 
“Sì, me la vedo che duella all’ultimo sangue senza mandarsi fuori posto neanche un capello.”
Danae scoccò un’occhiata quasi torva alla bionda, chiedendosi come facesse ad essere sempre impeccabile mentre Lily, seduta accanto a lei su una panchina, asseriva con tono serio di non averla mai vista spettinata in tutta la sua vita.
 
 
“Va bene signorine, direi che siamo tutte, quindi possiamo cominciare… Tiriamo a sorte per fare le coppie?”
 
Cora si rivolse a Castor, che si alzò annuendo mentre sfoderava la bacchetta, asserendo che fosse la scelta più corretta. Christopher restò pochi passi dietro l’amico, le braccia strette al petto, e Danae gli rivolse una rapida occhiata prima di tornare a guardarsi la punta delle scarpe, pensando alla loro ultima conversazione e sperando di non doversi sfidare proprio con lui.
 
“Oh, non vedo l’ora, sarà divertentissimo, non duello da secoli!”  Althea sorrise, allegra, e Athyna scoccò un’occhiata torva a Rigel, che il giorno prima aveva trovato molto divertente farle aprire un libro stregato: la pagina aveva preso la forma di una mano e le aveva tirato i capelli, facendo ridere a crepapelle il ragazzo e molto meno lei, tanto da averglielo lanciato contro, schivandolo per un soffio.
 
“Già, anche io…”
 
“Non penso ci sia bisogno di ricordare a tutti che NON dobbiamo farci male, vero? CORA?”
“Castor, perché questo tono accusatorio? Siete tutti prevenuti nei miei confronti, questo siete!”
La strega strinse le braccia al petto con fare offeso, ma il ragazzo non si scompose, inarcando un sopracciglio con aria scettica mentre in una mano teneva una piccola boccia di legno che conteneva i nomi dei presenti, facendoli vorticare con la bacchetta.
 
“No, è che ci ricordiamo che fine hai fatto fare a Jeremy Abbott quando eri al settimo anno! Va beh, cominciamo… ragazzi contro ragazze, ovviamente. Come premio, il vincitore potrà farsi esaudire un desiderio dalla squadra avversaria. Ecco le prime coppie… Rigel contro Athyna.”
 
“SI’!… scusate. Scusa Castor, vai avanti.”
 
Athyna abbozzò un sorriso di scuse, facendo un cenno al Corvonero prima che il ragazzo continuasse:
 
“Oh cavolo, sarà divertente… Danae contro di me. Althea contro Edward, Megara contro Ewart, Vivian contro Shedir” – i due si scambiarono un’occhiata molto torva, mentre Megara parve quasi sollevata quando Ewart le sorrise gentilmente – Lilith contro Christopher… e Aghata contro Gerard. Perciò rimangono…”
 
Amias, rendendosi conto di chi none era ancora stato chiamato oltre a lui, si sentì sprofondare, desiderando di sparire mentre Castor prendeva anche l’ultimo bigliettino:
 
“Amias contro Cora. Beh, buona fortuna a tutti.”
 
“Già, buona fortuna Amias, ne avrai bisogno.”  Rigel diede un colpetto sulla spalla dell’amico, guardandolo con una punta di divertimento mentre il Grifondoro imprecava a bassa voce: se l’era sempre cavata molto bene in Incantesimi ed essendo uno Spezzaincantesimi di professione per lui spesso erano un gioco da ragazzi, ed era tutto fuorché una frana nei duelli, ma sfidare Cora Prewett era tutto un altro discorso.
 
Come sempre, al momento del bisogno la Dea bendata invece che verso di lui aveva guardato da un’altra parte.
 
Gerard, serio in volo, gli fece persino le condoglianze, scoppiando subito a ridere di fronte alla faccia del ragazzo:
 
“Stavo scherzando Amias, non preoccuparti!”
“Facile per te, se anche la sfidassi rimani pur sempre il suo migliore amico!”
 
 
 
*
 
 
Quando Shedir cercò di colpire le sue gambe con un Incantesimo d’Inciampo Vivian sbuffò, parandolo senza difficoltà:
 
“Giochi agli incantesimi non verbali, Nott? Incarceramus.”


Le funi evocate dal suo incantesimo si scagliarono dritte sul Serpeverde, che con un gesto le spedì in tutt’altra direzione, sorridendo alla bionda:
 
“Te la prendi perché non sei in grado di eseguirli, Vivian? Considerando che non fai altro che guardarti allo specchio tu non ne abbia spesso bisogno.”
 
“Protego. Non hai idea di che cosa faccia durante il mio tempo, Nott.”  Vivian parò l’Expelliarmus non verbale del rivale, indietreggiando prima di lanciargli contro un Impedimenta, questa volta senza pronunciare la formula dell’incantesimo.
 
Shedir, colto di sorpresa, questa volta non riuscì a difendersi e l’incantesimo lo colpì in pieno, impedendogli di muoversi per qualche istante.
 
Vivian sorrise, scostandosi la treccia dalla spalla prima di puntargli la bacchetta contro:
 
“E ora chi non è in grado di usare un incantesimo non verbale, Shedir? Expelliarmus.”
 
 
La bacchetta del mago volò dritta nella mano pallida di Vivian, che sorrise soddisfatta prima di liberarlo dall’incantesimo, mentre a pochi metri di distanza Castor e Danae sembravano divertirsi particolarmente.
 
“Rictusempra!”
“Impedimenta!”
“Expelliarmus!”
“Protego!”
 
“DANAE!”    Castor, orripilato, guardando il dorso delle mani ricoprirsi di peli mentre Althea, Megara e Aghata si rotolavano dalle risate, così come la responsabile dell’accaduto, che dopo aver lanciato un Incantesimo peloso sul fratello era quasi piegata in due dal ridere.
 
“S-scusa, erano anni che volevo farlo! EHY!”    Castor, che ormai sfoggiava una barba colossale, usò Aguamenti sulla sorella, sorridendo con scherno quando Danae gli rivolse un’occhiataccia:
 
“L’hai voluto tu… Pietrificus Totalus! Expelliarmus!”    Danae prese la bacchetta del fratello con un sorriso trionfante, anche se bagnata dalla testa ai piedi, e si rivolse ai compagni allegramente:
 
“Avanti i prossimi, per ora siamo a due vittorie per le ragazze. Castor e Shedir sono fuori.”
“Va bene, va bene, ora mi fai tornare normale e non più come un cane, per favore?”
 
 
 
Danae fece sparire i peli con un sorriso, spostandosi insieme al fratello per lasciare il posto ad Edward e Althea e a Megara ed Ewart.
 
Danae sedette vicino a Lilith e sorrise, decisa a non perdersi lo spettacolo: quella si che sarebbe stata una giornata divertente. Avrebbe tanto voluto vedere la faccia di suo nonno se fosse arrivato proprio in quel momento…
 
 
*
 
 
 
Ewart era stato quasi costretto ad imparare a duellare dal padre, secondo il quale per un Malfoy fosse d’obbligo essere in grado di battersi come si deve. Non andava matto per quella pratica, ma poteva essere divertente, naturalmente.
Il mago aveva assicurato a Megara che sarebbe stato un vero gentiluomo, anche se scorse l’occhiata incerta che Edward gli lanciò prima di iniziare a battersi contro Althea in un duello molto serrato, dove entrambi non facevano che parare le fatture dell’altro.
 
Con suo stupore, tuttavia, Megara era in grado di fare lo stesso: che avesse molte remore ad attaccarlo era evidente, ma compensava con una difesa davvero superba.
 
“Sono davvero colpito, Megara! Ho idea che tu tenda a sminuirti troppo.”
 
Ewart lanciò Incarceramus contro la ragazza, che gli sorrise mentre faceva apparire uno scudo di luce davanti a sé, rimandandogli la fattura indietro. Ewart, i riflessi allenati da anni di sport, si scansò mentre udiva le ragazze applaudire quando Althea spedì Edward a tre metri di distanza.
 
“COLOVARIA!”
 
Udendo un eco di risate Megara si voltò, guardando i capelli di Edward diventare verdi per effetto dell’incantesimo cambia-colore di Althea, che rise di gusto. La ragazza, tuttavia, si ricordò in tempo di essere nel bel mezzo di un duello e si scansò per evitare il lampo di luce rossa che le avrebbe fatto sfuggire di mano la bacchetta.
 
“Grazie Ewart.”
Megara gli sorrise angelica e Ewart, stringendo la bacchetta, si disse che ci voleva una bella idea per far deconcentrare la ragazza e permettergli di vincere.
 
Certo, era un gentiluomo, ma non amava neanche farsi battere davanti a un pubblico, specie quando Perseus, sapendolo, l’avrebbe deriso all’infinito.
 
“Dominusterra.”
Quando la terra sotto ai suoi piedi iniziò a tremare Ewart sorrise, scorgendo l’espressione sgomenta di Megara – quella era, per sua sfortuna, un incantesimo che non poteva parare o farsi rimbalzare addosso – appena prima di puntare la bacchetta contro di lei, disarmandola con un Expelliarmus non verbale. Contemporaneamente, Edward ne approfittò a sua volta, riuscendo finalmente ad immobilizzare Althea prima di sottrarle la bacchetta a sua volta.
 
“Bell’incantesimo, Ewart!”
“e bei riflessi.”   Edward sorrise al biondo, che ricambiò prima di dargli una pacca sulla spalla mentre il terremoto cessava. Il Malfoy si diresse da Megara, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi con un sorriso:
 
“I miei complimenti, Megara, davvero.”
“Ti ringrazio. Non ricordavo nemmeno quell’incantesimo, sai?”
“Ho una buona memoria per le formule… Ma sei stata bravissima.”
 
Ewart le restituì la bacchetta, rivolgendole un cenno prima che la Corvonero lo superasse con un sorriso carico di gratitudine, la guance leggermente rosse per la felicità di essere sentita rivolgere un complimento da un mago più grande e più esperto di lei.
Anche Edward le sorrise, e le mise una mano sulla spalla mentre si complimentava con lei:
 
“Credo davvero che dovresti avere più stima di te stessa Megara.”
“Davvero?”
“Sì, davvero. E’ come se volessi negare al mondo doti che invece possiedi, come il fatto che dipingi divinamente.”
 
Megara questa volta arrossì sul serio, ma la voce di Castor, che li invitò a spostarsi per fare spazio alle prossime coppie, la salvò.
Ebbe come l’impressione, mentre andava a sedersi, che l’amico le strizzò l’occhio, in realtà, ma non avrebbe potuto giurarci.
 
 
*
 
 
“FORZA ATHYNA, SUONAGLIELE!”
“RIGEL, MUOVITI A DISARMARLA!”


 
“Anteoculatia!”
 
Athyna puntò la bacchetta contro Rigel e sorrise trionfante di fronte all’espressione orripilata del ragazzo, che si portò le mani sulla fronte mentre sentiva un paio di corna ramificate crescergli a velocità sorprendente dalla testa.
 
“Ti stanno divinamente, Burke.”
La Grifondoro sorrise angelica mentre il “pubblico” se la rideva, ma non Rigel: lui la guardò con astio e si affrettò a puntarle la bacchetta contro:
 
“Entomorphis!”
 
Athyna parò l’incantesimo, sgranando i grandi occhi scuri:
 
“Volevi trasformarmi in scarafaggio?”
“Tu mi hai reso cornuto, ti ricordo! Pietrificus Totalus.”
 
Athyna si scansò, mordendosi il labbro inferiore: per quanto lo detestasse, doveva ammettere che Rigel era molto bravo.
 
Accanto a loro, Lilith e Christopher avevano appena finito di sfidarsi con la vittoria della ragazza, anche se era stata agevolata dal fatto che il Tassorosso non sembrava molto in vena di duelli, e aveva dichiarato apertamente fin da subito di non essersi mai allenato molto, in quanto non ne andava matto.
 
 
“Fastronum!”
“Exulcero!”
“Protego!”


 
“Caspita, l’hanno presa molto sul serio…”  Amias spostava lo sguardo da uno all’altro, guardandoli lanciarsi e parare fatture alla velocità della luce.
 
“Gambemolli!”
 
Questa volta Rigel riuscì a colpire Athyna, che cadde al suolo per colpa della fattura che le rese le gambe troppo instabili per reggerla in piedi. Scivolando la bacchetta le sfuggì di mano, e stava per prenderla quando Rigel la appellò, battendola sul tempo e impossessandosi della sua bacchetta.
 
“Solo una vile serpe può vincere un duello così, Burke.”
 
Athyna, gli occhi ridotti a due fessure, scoccò un’occhiata velenosa all’avversario, che le sorrise mentre si rigirava la bacchetta tra le dita e i ragazzi applaudivano la sua vittoria.
 
“In guerra tutto è concesso, Athyna. Tieni, te la restituisco.”
 
Aghata, che doveva sfidare Gerard, aiutò l’amica ad alzarsi e poi a mettersi seduta vicino ad Althea e Megara, che le sorrisero con aria consolatoria.
 
“Non una parola.”  Sibilò Athyna massaggiandosi i polpacci, guardando Aghata mettersi a 6 metri di distanza da Gerard e sperando di vederla vincere.
 
 
“Cugina, io e te non abbiamo un conto in sospeso?”
“Non so proprio di che parli Gerry!”


Aghata sorrise angelica, ma Gerard scrutò la cugina con attenzione, conscio meglio di tutti gli altri di quanto fosse brava a duellare, anche se non lo dava a vedere: in famiglia erano soliti sfidarsi – e suonarsele – molto spesso, e Aghata riusciva quasi a sempre a mettere al tappeto gran parte dei cugini Olivander.
 
 
“Io lo so bene. D’accordo Agy… cominciamo.”
 
 
*
 
 
“Ricapitolando, dopo un duello di quasi 10 minuti Gerard ha battuto Aghata, e Cora ha battuto Amias in 8 minuti… perciò siamo a 4 vittorie per i ragazzi e 4 per le ragazze. I rimasti in gara sono Gerard, Ewart, Edward e Rigel e Cora, Danae, Vivian e Lilith… ora estrarrò le prossime coppie.”
 
Scartando i nomi di chi era stato battuto Castor rimescolò i bigliettini – e Megara parve quasi sollevata di non doversi battere di nuovo, anche se infondo doveva ammettere di essersi divertita – e poco dopo prese ad elencare le 4 nuove coppie:
 
“Vivian contro Edward, Rigel contro Danae, Lilith contro Ewart e Cora… contro Gerard.”
 
Edward, che aveva di nuovo i capelli dl loro solito biondo paglia, sorrise a Vivian, che si aggiustò la treccia con nonchalance:
 
“Ammetto che un po’ ci speravo.”
“Ora potrò provarti come faccio a duellare senza spettinarmi, Edward.”
 
 
Amias, seduto accanto a Shedir, incrociò le braccia al petto e lanciò un’occhiata a Cora e Gerard, che si erano messi a ridere al sentire di doversi sfidare e ora stavano scherzando tra loro.
 
“Voglio proprio vedere adesso… certo che se la ride, sappiamo tutti che non cercherà mai di tagliuzzare LUI!”
 
“Non prenderla sul personale, Cora si fa prendere e basta.”   Shedir si strinse nelle spalle, ricordando quando Amanda lo ripeteva nel vedere l’amica uscire dal Club dei Duellanti a dir poco malconcia.
 
Rigel e Danae sembravano felicissimi di doversi sfidare, e si proposero di andare primi insieme a Lilith ed Edward.
A quel punto Amias sorrise e si mise comodo, gli occhi scuri luccicanti mentre asseriva di non volersi proprio perdere la scena.
 
 
*
 
 
Se il duello tra Lilith e Ewart fu relativamente breve e “tranquillo”, sancendo la seconda vittoria del Malfoy, lo stesso non si poté dire di quello tra i cugini Burke, che andarono avanti quasi quanto Gerard e Aghata.
Il pubblico spostava ripetutamente lo sguardo da uno all’altro, cercando di star dietro agli incantesimi mentre Althea si pentiva ad alta voce di non aver portato uno spuntino per godersi meglio lo spettacolo.
 
 
 
Belvina Black stava andando nelle cucine per fare qualche richiesta sul menù della cena agli Elfi Domestici, ma si fermò di scatto davanti ad una finestra, sgranando gli occhi chiari quando si ritrovò ad assistere ad un duello nel giardino di casa sua. E non solo, ma tra sua figlia e suo nipote, per giunta!
 
La donna fece per uscire e chiedere spiegazioni, ma alla fine decise di lasciar perdere, girò sui tacchi e si diresse in cucina: era meglio non indagare, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa avrebbe detto suo padre se avesse assistito ad una scena simile, considerando che si era aspettato tutt’altro da quelle settimane di “convivenza”.
 
 
*
 
 
“Mi dici cosa è successo tra te e mia sorella?”
Christopher non guardò l’amico, continuando a concentrarsi sul duello in corso.
 
“Niente di importante.”
“E perché non vi parlate quasi da due giorni? Non sono nato ieri!”  Castor sbuffò – odiava quando gli si negava l’evidenza – ma Chris si strinse nelle spalle, ribadendo che non era importante. Castor non ci credeva (non li aveva mai visti fare così, prima d’ora), ma la sua attenzione tornò sulla sorella e sul cugino quando dall’urlo vittorioso di Rigel intuì che il ragazzo aveva nuovamente vinto, come Ewart.
 
“Prima Athyna e poi la mia cuginetta, questo sì che è un gran giorno!”
 
 
Rigel sorrise allegro e lanciò la bacchetta alla cugina, che la prese al volo prima di lanciargli uno sguardo che prometteva vendetta e tornare dalle sue amiche: la ragazza sedette accanto ad Athyna, mormorandole qualcosa senza distogliere lo sguardo dal cugino:
 
“Vendetta?”
“Puoi giurarci.”
 
 
*
 
 
Quando Vivian ebbe battuto Edward, i soli rimasti oltre a lei erano Ewart, Cora e Rigel.
Cora riuscì a battere il Serpeverde – con gran soddisfazione di Athyna e Danae –, ma Ewart ebbe la meglio su Vivian, anche se il mago dovette complimentarsi con l’avversaria per tutte le fatture che gli aveva lanciato contro e parato senza scomporsi minimamente, indossando persino una poco agevole gonna lunga.
 
La “finale” si svolse così tra Cora ed Ewart, sancendo – dopo un duello meno lungo rispetto ad altri, ma altrettanto carico di tensione a causa dell’abilità di entrambi – la definitiva vittoria di Cora, che venne festeggiata dalle altre ragazze quasi come se avesse vinto la Coppa del Mondo di Quidditch o il Torneo Tremaghi.
Quanto ai ragazzi, ognuno di loro si complimentò con Ewart, che la prese con estrema sportività e strinse sorridendo la mano all’avversaria, ma non poterono fare a meno di chiedersi quando sarebbero riusciti, finalmente, a prendersi una bella rivincita sul gentil sesso.
 
 
*
 
 
“Sei stata grande, oggi.”
Gerard porse a Cora una Burrobirra, e la ragazza la prese con un sorriso, mentre lui sedeva accanto a lei sul gradino. Avevano appena finito di cenare, ed entrambi si stavano godendo quella magnifica e fresca serata.
 
 
“Grazie Gerry, ma anche tu sei stato bravo. Ho adorato il tuo scontro con Aghata!”
“Oh, anche io, ma non sai quante volte mi ha battuto, negli anni… ma ho la mia buona dose di allenamento.”
 
Brindarono facendo incontrare le bottiglie e Gerard si gustò un sorso di Burrobirra ghiacciata mentre sentiva la testa di Cora appoggiarsi sulla sua spalla. Il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei, vedendola chiaramente grattarsi appena la manica della camicia.
 
“Non hai caldo?”
“Un po’, ma sono abituata. Per fortuna vivo in Gran Bretagna e non alle Hawaii!”
 
Cora rise, ma Gerard no, e parlò con tono quasi seccato:

“Cosa devo fare per farti capire che ti sei auto-convinta di un’idiozia? Tu non sei un fenomeno da baraccone. Sei una strega di talento, intelligente e determinata, che è stata in grado di tirare avanti i suoi fratelli e gli affari di famiglia. Pensi che a qualcuno possa importare di delle cicatrici?”


“Non ho tirato avanti tutti i miei fratelli.”
 
Cora si scostò da lui, parlando così piano che per poco Gerry non la sentì, sospirando mentre lasciava la bottiglia accanto a sé e le metteva una mano sulla spalla:
 
“Cora, non puoi passare tutta la vita a tormentarti. Non è stata colpa tua, nessuno lo pensa.”
“Io sì. Te ne ho parlato perché credevo che avresti capito.”
 
Cora si voltò a guardarlo, e Gerard seppe che si stava sforzando per non scoppiare in lacrime nel momento in cui la guardò negli occhi, ma scosse il capo e l’abbracciò:
 
“Non posso capire totalmente perché non ci sono passato, Cora. Ma voglio che tu capisca che anche se non potrai mai liberartene del tutto, devi almeno cercare di vivere la tua vita senza pensarci così tanto. Non è colpa tua. Le cicatrici che hai non fanno che testimoniare quello che hai fatto, non te ne devi vergognare. So che ti ricordano qualcosa di terribile, ma devi accettarle. Cora…”
 
La strega tentò di divincolarsi dalla stretta, ma Gerard non accennò a volerglielo permettere e alla fine Cora si arrese, appoggiando la testa sulla sua spalla e lasciandosi stringere dalle rassicuranti braccia dell’amico. Solo con sua nonna si sentiva così: al sicuro.
 
“Cora, anche tua nonna non fa che ripeterlo, e perché ti vuole bene. Anche io te ne voglio, voglio solo che tu stia il meglio possibile, lo capisci?”
 
“Come faccio a non pensarci e a godermi la vita sapendo che ho lasciato morire mio fratello? Non capisci, Gerry. Nessuno capisce.”
 
Cora si alzò, e questa volta Gerard non cercò di trattenerla, guardandola scendere in fretta le scale del patio e incamminarsi sul prato, sparendo poco dopo nell’oscurità. Avrebbe potuto seguirla, ma non lo fece, restando seduto a guardare il punto dove era scomparsa.
Sapeva di non essere il massimo a consolare, e lo faceva sentire male il pensiero di non poter esserle d’aiuto… forse preferiva restare sola, in quel momento.
 
 
 
*
 
 
 
“Chris? Posso parlarti?”
Chris non rispose, limitandosi a guardare l’amica sorridergli dalla soglia della sua stanza. Prendendo il suo silenzio come un assenso Danae entrò, raggiungendolo a sedendo sul letto accanto a lui.
Per qualche istante nessuno dei due parlò, entrambi troppo occupati a ripensare alla loro ultima conversazione e a chiedersi cosa dire, ma alla fine Danae si voltò verso il ragazzo e parlò con tono calmo:
 
“Chris, sai che ti voglio bene, molto bene. Sinceramente mi hai… sorpreso, quando mi hai detto quelle cose, alla scuderia. Ma penso veramente quello che ti ho detto, voglio che restiamo amici e che le cose non cambino tra noi.”
“Lo so Dany, anche io tengo molto alla nostra amicizia, per questo non ero sicuro di volertelo dire… è solo che questa situazione è... strana. Ma voglio che tu sia felice.”
 
Chris allungò una mano per prendere quella dell’amica, che emise uno sbuffo quasi divertito:
 
“Chissà, anche se ammetto che tutto questo non è terribile come credevo. Non dico che ringrazierò mio nonno, ma non è nemmeno una così tremenda tortura.”
“Aspetta a dire che non lo ringrazierai, magari cambierai idea. E non preoccuparti, comunque, mi passerà presto, siamo amici da anni e continueremo ad esserlo.”
 
“Certo. Sono la prima a ripetere quanto tu sia fantastico, troverai molto presto qualcuna che la penserà così… e anche di più.”
 
Danae sorrise e strizzò l’occhio all’amico prima di abbracciarlo, assicurandolo che niente che potesse dirle avrebbe mai posto fine alla loro amicizia.
Chris sorrise, infinitamente sollevato, e ricambiò la stretta: si era preso una cotta per lei da qualche tempo, tutto qui, ma come era venuta gli sarebbe anche passata.
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Lo so, è passato più di un mese e me ne vergogno molto. In realtà dovevo pubblicare questo capitolo ieri sera, ma sto diventando anziana, temo, e h0 preso sonno presto… i tempi in cui finivo di scrivere alle due sono finiti, ho paura.
Ovviamente mi scuso per l’increscioso ritardo, il 15 maggio ho dato un esame terribile e per un paio di settimane le mie forze si sono concentrate lì, e durante la prima settimana di assenza non ho scritto perché stavo preparando un parziale che poi il professore ha simpaticamente deciso di annullare -.-
Comunque sia, purtroppo spesso non ho trovato voglia di scrivere non tanto per l’università, ma anche a causa di un problema fisico di cui soffro da diversi mesi e che, spesso, mi “butta giù” anche psicologicamente, e la combo con lo stress dell’università, come immaginate, non aiuta.
Tuttavia non ho assolutamente intenzione di abbandonarvi di nuovo, la storia avrò una fine, non dubitatene. 😊
Anzi, per festeggiare l’ispirazione ritrovata ho deciso che rispolvererà una vecchia tradizione: che ne dite di una bella festa per i nostri fanciulli? Perciò, se avete voglia, mandatemi pure descrizioni/foto di abiti per i fanciulli o indicazioni di come si comporterebbero alla festa a casa Burke, dove finalmente comparirà anche nonno Phineas.
Detto ciò, a presto!
 
Signorina Granger
 
Ps per Fede: non preoccuparti, al look di Amias ci penso io 😉

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 9 (Parte I) ***


Salve a tutte, sono appena tornata dalle vacanze, sto infinitamente meglio fisicamente e sono pronta a rimettermi alla tastiera, anche se devo comunicarvi che Shedir non farà più parte della storia.
Il capitolo stava diventando lungo come l'Eneide, quindi ho deciso di dividerlo, la seconda parte sarà più concentrata sui personaggi che qui non sono apparsi e arriverà il prima possibile, promesso. 

Detto ciò, buona lettura
 
 
 
 
Capitolo 9         (Parte I)
 
 
Perseus, in piedi davanti allo specchio a figura intera nella cabina armadio che condivideva con la moglie, stava controllando che il nodo Windsor della sua cravatta blu notte fosse allacciato alla perfezione quando sentì, alle sue spalle, l’inconfondibile voce di Amanda, dolce come una tenera carezza:
 
“Sei sempre bellissimo.”
L’erede dei Burke si voltò e sorrise alla moglie, guardandola con un affetto che a molte donne sposate dell’alta società magica britannica era sconosciuto. L’ex Corvonero era già pronta, i capelli scuri elegantemente acconciati sulla nuca e il vestito blu di mussolina che esaltava ancor di più i suoi grandi occhi azzurri.
 
“Anche tu, Mandy. Mi sento sempre il più fortunato tra gli uomini quando entro in una sala con te accanto.”
Le si avvicinò, le prese una mano e ne baciò il dorso con delicatezza facendola sorridere. Amanda pensava lo stesso, del resto.
 
“Vogliamo andare?”
“Certo, mia madre non tollera i ritardi, soprattutto da parte dei suoi figli.”  Perseus porse il braccio alla moglie e lei lo accettò, pronta a uscire di casa insieme a lui per Smaterializzarsi verso la residenza dei suoceri, che quella sera avrebbe ospitato uno degli eventi più attesi e chiacchierati del mese: del resto, tutti non vedevano l’ora di andare a ficcare il naso a casa Burke.
 
 
*
 
 
Quando era bambina andare ai ricevimenti non le era concesso, e quando i genitori uscivano restava a casa con gli elfi e i suoi fratelli, mentre quando era casa sua lo scenario della festa Danae si rannicchiava sulle scale, dondolandosi sulla balaustra nel sentire la musica e i chiacchiericci sommessi, il tintinnio di posate e bicchieri e le risate.
Guardava sua madre agghindarsi, sempre così bella, con gli occhi pieni di fascino: sognava quando sarebbe stata grande anche lei e avrebbe potuto indossare un vestito altrettanto bello.
 
Eppure, anni dopo, Danae aveva scoperto quanto le serate che da piccola aveva sempre guardato da lontano fossero in realtà spesso noiose: sorrisi di cortesia, battute di circostanza, una finta gentilezza ostentata con tanta disinvoltura da risultarle quasi nauseante.
I vestiti erano belli, era vero, così come le scarpe… ma alla lunga anche prepararsi a festa diventava monotono, e non così straordinario.
 
“Come sto?”
“Splendida.”  Aghata le sorrise e Danae ricambiò, appoggiando un braccio sulle spalle dell’amica per darle un bacio di ringraziamento sulla guancia, assicurandole che anche lei non era da meno.
 
“Non è importante, stasera sarai tu il centro della festa… tutti si chiederanno con chi ballerai e se hai già scelto qualcuno.”
Gli occhi dell’ex Corvonero si illuminarono e Danae lesse la domanda implicita che aleggiò sul volto dell’amica, ma decise di non farci caso.
 
Era davvero così?  Ultimamente sembrava che tutti non volessero chiederle altro, mandandola ancora più in confusione di quanto già non fosse.
 
 
“Andiamo di sotto, mia madre starà aspettando di vederci.”
La giovane padrona di casa superò l’amica per uscire dalla stanza, il vestito rosso bordeaux che esaltava il candore della carnagione e i capelli scuri della strega, che si diresse verso le scale finendo con l’imbattersi in una delle sue ospiti.
 
“Buonasera.”  Danae non rivolse che un rapido sguardo e un cenno a Vivian, che invece si era fermata quasi si aspettasse l’inizio di una discussione – all’ultima festa Danae le aveva intimato di stare alla larga dagli uomini della sua famiglia quasi con minacce di morte – ma la più giovane la superò in fretta per scendere le scale, seguita da Aghata.
La giovane Lumacorno esitò, seguendo le due con lo sguardo, ma alla fine le seguì nel suo abito di seta blu e verde, preparandosi psicologicamente all’incontro con suo fratello maggiore.
 
 
*
 
Gerard, in piedi vicino alle scale, si stava tormentando il colletto della camicia mentre – formalmente – aspettava Cora, anche se la verità era che quasi gli mancava il coraggio di entrare nella sala del ricevimento – dove stavano servendo gli aperitivi – da solo.
 
Era proprio una fortuna che non l’avessero Smistato a Grifondoro, si disse il mago con una piccola smorfia mentre studiava gli “elegantoni” che lo circondavano. Tutti lo salutavano educatamente, ma Gerard non poteva fare a meno di sentirti terribilmente in soggezione e giudicato, lì in quella bellissima casa e circondato da persone così eleganti.
Lui, che era solo un Olivander.
Lui, che era solo un bottegaio che non avrebbe mai potuto permettersi lussi simili.
 
Il suo vestito non era assolutamente paragonabile alle meraviglie sartoriali che aveva visto fino a quel momento, ma a differenza di molti suoi coetanei Gerard viveva del suo stipendio, che seppur molto buono preferiva investire altrove, piuttosto che in vestiti.
 
Quando finalmente vide la sua amica, che avrebbe dovuto farlo sentire meglio, Gerard si sentì sprofondare.
Guardò Cora scendere le scale per raggiungerlo, la guardò sorridergli mentre attorno a loro tutti la fissavano, sgomenti e affascinati, mentre lei invece sembrava aver notato soltanto lui.
 
La guardò e si rese conto, ancora una volta, di quanto gli fosse superiore.
 
“Ciao Gerry… grazie per avermi aspettato.”
Cora gli sorrise, leggermente a disagio mentre si sistemava le lunghe maniche rosse ricamate del suo splendido vestito.
Era abituato a vederla indossare abiti praticamente maschili e poco truccata, e la trovava comunque sempre splendida. Quella sera però, con i capelli scuri acconciati sulla nuca, il rossetto cremisi abbinato al vestito che le risaltava sia gli occhi chiarissimi che i capelli Gerard, che sentiva una miriade di sguardi su di sé – forse tutti si stavano chiedendo perché una creatura così meravigliosa perdesse tempo con uno come lui – si rese davvero conto di quanto bella fosse.
All’improvviso si ricordò che sua madre gli aveva pur sempre impartito un’educazione e prese la mano dell’amica per baciarla, mormorando che l’aveva fatto con piacere.
 
“Andiamo? Ho intenzione di testare tutte le tartine che serviranno.”
 
Cora sorrise e, per quanto elegantissima e diversa dal solito, Gerard in quelle parole riconobbe la sua amica di sempre. Le sorrise, conscio del fatto che accanto alla sua bellezza indescrivibile lui sarebbe risultato ancor meno elegante, e le porse il braccio:
 
“Allora mi segua, Miss Prewett, andremo ad abbuffarci insieme.”
“Questo è esattamente quel che volevo sentire, Mr Olivander.”


 
*
 
 
“Vivi!”
Vivian stava parlando con Edward quando, raggelando, udì la voce del fratello maggiore: la strega si guardò intorno in cerca di vie di fuga, ma non trovandone dovette arrendersi e voltarsi appena in tempo per trovarsi quel volto tanto familiare davanti.
 
“Buonasera Horace. Come stai?”
La strega non battè ciglio, il calice di champagne in mano mentre Edward, alle sue spalle, assisteva all’incontro dei Lumacorno con un che di divertito negli occhi color acquamarina. Fu allora che il maggiore dei fratelli si rivolse a lui, sorridendogli gioviale prima di porgli la grande mano nodosa:
 
“Edward, è sempre un piacere. Come sta tuo nonno?”
“Splendidamente come sempre, sono certo che finirà col seppellirci tutti.”   Il ragazzo strinse la mano dell’ex compagno di Casa, che ridacchiò prima di tornare a sorridere alla sorellina:
 
“Allora mia cara… Hai già visto nostra madre?”
“Non ho ancora avuto il piacere.”
“Non fa altro che chiedersi se tu non abbia già accalappiato qualche ricco scapolo Purosangue… È così?”
 
Gli occhi di Horace scintillarono pericolosamente ma la sorella, ormai immune ai suoi giochetti, sorrise amabile:
 
“Via Horace, non sono certo giunta qui munita di un lazo, mi hai preso per un accalappia cani?”
“Non fingere modestia, mia cara, sappiamo tutti quanto fascino sai esercitare… Avrai preso da me. Vado a cercare tuo nonno per salutarlo, Edward… Vogliate scusarmi.”
 
Horace si congedò con un sorrisetto e Vivian, sospirando, si voltò nuovamente verso l’amico prima di portarsi il calice di cristallo alle labbra dipinte di rosso:
 
“Strano, sta già andando ad arruffianarsi uno dei più potenti uomini della festa. Non si smentisce mai.”
“Io lo trovo simpatico.”
“Tutti lo trovano simpatico, finché non ci crescono insieme. Non sto dicendo che sia una cattiva persona, perché davvero non lo è, ma è il primo degli arrivisti. Credo che speri in un mio matrimonio vantaggioso quasi più di mia madre.”
 
“Oh, a proposito… credo che sia arrivata.”
 
 
Nonostante fosse una donna di mezza età, il volto di Geraldine Rowle portava ancora i segni di un’indescrivibile bellezza che, unita all’eleganza innata del suo portamento e del suo modo di parlare, la rendeva da anni una delle donne più ammirate di tutta la società magica britannica.
 
Vivian notò subito l’assenza di suo padre, e immaginò che fosse via per lavoro mentre si avvicinava alla donna, che stava dispensando sorrisi educati e saluti a destra e a sinistra: non c’era nessuno, in quella sala adibita a festa, che non la conoscesse e che non volesse salutarla.
 
“Buonasera mamma. Sono felice di vederti, ti trovo benissimo.”
Geraldine si finse quasi sorpresa alle parole della figlia, come se lei per prima non fosse a conoscenza del suo fascino, e sorrise con affetto alla ragazza prima di farsi dare un bacio su una guancia:
 
“Anche tu sei splendida, tesoro. Hai già visto Horace?”
“Naturalmente. Mamma, ti ricordi di Edward Parkinson, vero?”
 
Vivian accennò all’amico, che rivolse un sorriso alla donna prima di farle il baciamano, ricevendo un sorriso educato come risposta:
 
“Ma certo, non si scorda mai un ragazzo bello ed educato. Come stai, Edward?”
“Squisitamente, Signora. Suo marito non c’è?”
“E’ a Glasgow per affari, ma ti saluta tanto, cara, gli è dispiaciuto non esserci.”
 
“Non importa, lo vedrò presto. Se vuoi salutare Lilith, mamma, sta venendo verso di noi.”
 
Edward si voltò insieme a Geraldine, ma mentre la donna rivolse un sorriso affettuoso alla nipote, asserendo che in quel vestito celeste fosse oltremodo deliziosa, lui posò immediatamente lo sguardo sulla ragazza al seguito della Rowle.
Vivian, invece di assistere ai saluti tra madre e cugina, osservò il ragazzo e represse a fatica un sorrisetto quando lo vide osservare Megara, che si stava sistemando con visibile nervosismo le pieghe della gonna aderente del suo vestito blu.
 
Non appena i loro sguardi si incrociarono Edward fece un passo avanti, sorridendole educatamente prima di prenderle la mano destra:
 
“Buonasera Megara… Sei davvero splendida.”
“Grazie Edward.”
 
Anche tu
 
L’ex Corvonero si sentì arrossire alla sola idea di dirglielo, così si limitò a sorridergli con un velo di imbarazzo mentre Lilith, chiacchierando con la zia paterna, si perdeva la scena.
 
“Posso avere l’onore di riservarmi un ballo per dopo? Se non sei già prenotata, chiaramente.”
“M-ma certo.”
 
Edward avrebbe voluto trattenersi per parlare con lei, ma aveva appena visto suo nonno e si vide costretto a congedarsi con un cenno del capo, allontanandosi verso il patriarca dei Parkinson mentre Geraldine, guardandolo, mormorava qualcosa a Lilith:
 
“Lui e la figlia d Belvina non avevano avuto una relazione? Tutti scommettevano che avrebbe scelto Edward.”
“Oh no zia, ti assicuro che non hanno nessun interesse l’uno per l’altra da tempo… Non posso parlare per Danae, ma credo che gli occhi di Edward al momento siano rivolti altrove.”
 
Lilith sfoggiò un sorrisetto beffardo e la zia, capendo al volo, la imitò prima di rivolgersi a Megara, che strabuzzò gli occhi quando capì che Geraldine Rowle voleva parlare proprio con lei: quella donna era così perfetta da averla sempre messa in soggezione, e da piccola correva a nascondersi quando entrava in negozio per comprare dei vestiti.
 
“Stasera c’è un così alto numero di bellissime ragazze che i poveretti non sapranno più dove guardare. Il vestito lo ha fatto tua sorella, non è vero Megara?”
“Sì, come lo sa?”
Megara sgranò gli occhi, sorpresa: in effetti il vestito le era stato fatto da sua sorella gemella Nemea, che glielo aveva spedito via gufo senza dirle nulla, lasciando solo un biglietto dove la minacciava di metterlo.
 
“Ha fatto anche il mio, ha una mano divina, anche se l’ho dovuta pregare… ma ne è valsa la pena. Spero di vedere tuo nonno stasera, adoro la sua compagnia. Ma ora temo che dovrò andare a salutare il Signor Black. Vivian, mi accompagni?”
 
 
Vivian porse il braccio alla madre, che lo strinse delicatamente prima di congedarsi verso il patriarca dei Black, che se ne stava in piedi in un angolo guardandosi intorno con aria di superiorità, aspettando che tutti i presenti gli porgessero i saluti.
 
“Oh no, mi fa una paura… Dobbiamo salutarlo anche noi?”  Megara rabbrividì e Lilith, sospirando, asserì che in caso contrario sua madre l’avrebbe diseredata.
 
 
*
 
 
Quando Anja Volkov varcò la soglia dell’imponente dimora dei Burke tutti le rivolsero dei rispettosi cenni di saluto, ma la donna non si fermò in chiacchiere, guardandosi intorno alla ricerca del suo obbiettivo, ossia la padrona di casa.
Quella sera era sola, non aveva portato con sé nessuno dei suoi nipoti: quei ragazzi erano sempre troppo confusionari, e non voleva mettere in ombra Cora o, ancor peggio, offrire a quello stoccafisso di Black l’occasione di schernire la sua famiglia e i suoi metodi educativi.
 
La “nonnina” più temuta ti tutta la comunità magica sfilò tra gli invitati e, una volta nel salone, i suoi gioielli scintillarono alla luce degli splendidi lampadari di cristallo appesi al soffitto dipinto a mano. Gli occhi della donna saettarono, per un istante, sull’uomo elegantemente vestito in un angolo della sala, e le sue labbra sottili si inclinarono in un accenno di smorfia mentre Phineas Nigellus Black, di rimando, le scoccava un’occhiata torva: nessuno dei due era felice di vedere l’altro, e nessuno dei due aveva voglia di nasconderlo dietro una finta cortesia.
 
Anja sapeva benissimo che lo stoccafisso pretendeva che tutti andassero a salutare lui per primo in quanto capo famiglia, ma la donna, conscia degli sguardi dei presenti su di sé, si voltò e si diresse impettita verso Belvina e Herbert Burke, che la stavano guardando con tanto d’occhi.
 
“Non starà mica…”
“Direi proprio di sì. È da ammirare, bisogna dirlo.”    Herbert accennò un sorrisetto, una mano in tasca e l’altra impegnata a stringere il bicchiere mentre Belvina guardava la donna fermarsi davanti a lei, impassibile:
 
“Buonasera Herbert, Belvina… Vi ringrazio di persona per l’invito.”
“Grazie a lei, Anja, è sempre un piacere averla tra noi.”
“Assolutamente.”    Herbert sorrise sornione, facendola educatamente il baciamano mentre la donna abbozzava un sorrisetto, guardando l’uomo con aria divertita: aveva sempre avuto una spiccata simpatia per quel “caro ragazzo”, compatendolo per la sua parentela con quella spina nel fianco.
 
“La casa è bellissima come sempre… sono curiosa di vedere tua figlia Belvina, dicono diventi più bella ogni anno che passa.”
“Come sua madre.”  Anja poté percepire chiaramente l’affetto nella voce e nello sguardo di Herbert quando l’uomo abbassò gli occhi sulla moglie, che gli sorrise proprio mentre una quarta figura si avvicinava a passo di marcia sotto gli occhi sgomenti di tutti gli invitati:
 
“Deduco che in Russia l’educazione non sia un pilastro fondante dell’alta società, Signora.”
 
 
“Porca Morgana, non ci credo… Pensi che si sfideranno a duello?”
Cora strabuzzò gli occhi, quasi temendo che la nonna perdesse le staffe e colpisse Phineas Nigellus con un vassoio d’argento mentre Gerard, in piedi accanto a lei – e con un vassoio delle tartine che avevano sgraffignato in cucina – sorrideva divertito:
 
“Non so, ma quasi ci spero… Che c’è?”
 
Gerard strinse le spalle di fronte all’occhiata torva dell’amica, che però tornò immediatamente a concentrarsi sulla nonna mentre Danae, a pochi metri di distanza, rideva sotto i baffi insieme ad Althea, Athyna e Aghata:
 
“Speravo che la Signora Volkov venisse solo per questo, è l’unica in grado di dare lezioni a mio nonno.”
“Io ho un po’ paura, se devo essere onesta…”
“Ma quale paura, Thea, non si uccideranno mica! … Spero.”
 
 
 
“Si sbaglia, Signore, noi diamo una grandissima importanza alle buone maniere… Secondo le quali un ospite deve prima di tutto salutare i padroni di casa, esattamente come ho appena fatto io. Se lei non ha mai ricevuto buone lezioni di Galateo, non è certo una colpa che può conferire a me.”
 
Metà dei presenti trattennero il respiro – tranne Herbert e figli, che invece sembravano divertiti – sentendo quelle parole, e i penetranti occhi scuri di Phineas Nigellus si ridussero a due fessure, sibilando qualcosa con un disprezzo poco celato:
 
“Parlare a sproposito non si addice alla sua posizione.”
“E ostentare una simile arroganza pretendendo di essere salutato prima di suo genero quando si trova in casa sua non si addice alla sua, Signore.”
 
 
Anja non battè ciglio, sostenendo con fierezza lo sguardo dell’uomo e ricordando aspramente come il patriarca dei Black avesse fatto sapere a destra e a sinistra di aver rifiutato sua nipote Cora come fidanzata per suo nipote Perseus, umiliando pubblicamente la sua famiglia.
E se cera qualcosa a cui Anja Volkov teneva, era proprio la famiglia.
 
Nessuno poteva permettersi di sfiorare i suoi nipoti o di insultarli. Tranne lei, naturalmente.
 
 
Herbert, per quanto si stesse divertimento, di fronte agli sguardi di fuoco che correvano tra i due scoccò un’occhiata eloquente alla moglie, che si affrettò a sorridere mentre prendeva il padre sottobraccio:
 
“Padre, venite a sedervi, Herbert ha delle meravigliose annate di vino da farvi assaggiare… Signora Volkov, grazie ancora per la sua presenza, spero avremo modo di chiacchierare, più tardi.”
 
“Lo spero anche io.”
 
Anja guardò il suo acerrimo nemico allontanarsi stizzito insieme alla sua unica figlia, e la donna si ritrovò a provare quasi compassione per quella strega deliziosa e per il marito, che vivevano ogni giorno subendo le angherie e le prepotenze dell’uomo più arrogante del Paese.
 
“Nonna, ma che ti salta in testa! Non siamo ad un circolo di quelli!”
“Cora, non mi fare la paternale, sono adulta e vaccinata, posso fare ciò che mi pare. Quel Black, ma chi mai si crede di essere… Oh, buonasera caro.”
 
Il volto dell’anziana strega si rilassò al vedere Gerard, che le sorrise educatamente, uno scintillio divertito negli occhi verdi: adorava quella donna.
 
“Buonasera, Signora Volkov, la trovo bene.”
“Quante volte devo dirti di chiamarmi Anja, ragazzo? Sono felice che tu sia qui insieme a Cora, almeno so che non è sola nel covo organizzato da quello stoccafisso…”
 
“Nonna, ti assicuro che mi trattano benissimo, Belvina è gentilissima.”  Cora roteò gli occhi, borbottando che sapeva benissimo cavarsela da sola mentre la nonna, invece, sbuffava:
 
“Ah, questo lo so, la domanda è come sia possibile, visto che padre si ritrova! E i famosi gemelli, come sono?”
 
“Danae è molto simpatica, ti piacerebbe. Castor è più tranquillo, invece.”
 
“Beh, mi informerò. Ora lascio voi giovanotti a divertirmi, andrò a chiacchierare con Laios Travers. Ho saputo che c’è anche sua nipote.”
“Sì, Megara è adorabile.”
 
“Non l’ho mai vista, me la farò indicare. A dopo tesoro. Gerard, tienila d’occhio.”
“NONNA!”
“Lo consideri fatto, Signora!”
 
 
*
 
 
Lilith, in piedi tra sua sorella e la cugina, teneva gli occhi fissi su Castor, che si stava esibendo al piano per i presenti. La sala scrociò in un mare di applausi quando il ragazzo terminò la sonata, e la strega lo guardò sorridere e alzarsi tra un ringraziamento e l’altro.
 
Amanda, che stava applaudendo educatamente, si voltò verso Vivian e le rivolse un sorriso gentile, chiedendole se fosse sicura di non volersi esibire a sua volta, ma la ragazza storse il naso e scosse la testa con decisione:
 
“Prima o poi ci dirai perché non suoni più in pubblico, Viv?”
“Sì, ma non stasera.”   Vivian scoccò un’occhiata torva ad Horace mentre parlava, ricordando con sdegno quando, al termine di un’esibizione, aveva criticato le sue mani, asserendo che non fossero graziose e poco adatte ad una pianista.
Da allora, anche se era passato molto tempo, Vivian si rifiutava di suonare per altri. Specie se tra il pubblico c’era anche suo fratello.
 
Castor, individuando fratello maggiore e cognata, si diresse verso di loro con passo deciso, sorridendo quando scorse anche Lilith accanto a loro.
 
“Buonasera Amanda… Come stai, Pers?”
Castor sorrise al fratello, che lo abbracciò e gli diede una poderosa pacca sulla spalla prima di complimentarsi con lui insieme ad Amanda, che gli rivolse uno dei suoi sorrisi affettuosi.
 
Fu allora che Castor si rivolse a Lilith, sorridendole:
 
“Sei davvero splendida, Lilith. Vostra madre dovrà sentirsi fortunata ad avere due figlie così belle.”
“Oh, beh, al momento sta chiacchierando con la madre di Vivian, ma se glielo dovessi chiedere sono sicura che provvederà ad elencare tutti i nostri difetti.”
 
Lilith alzò gli occhi al cielo e Castor, senza smettere di sorridere, le chiese di poter ballare con lei più tardi sotto gli occhi attenti di Vivian e Amanda, che si scambiarono un’occhiata divertita mentre Perseus, invece, era impegnato a cercare il suo migliore amico con lo sguardo.
 
“Qualcuno ha visto Malfoy?”
“Sono qui, idiota. L’amore ti ha danneggiato la vista?”
 
Perseus si sentì poggiare una mano sulla spalla e un attimo dopo Ewart era davanti a lui, sorridendo sornione come suo solito.
 
“No, la mia vista sta benissimo, grazie Ewart… Dopo ci intratterrai anche tu?”
“Vedremo, ma mi spiace informarti che non ho una serenata da dedicarti.”
“Il mio cuore sopravvivrà.”
 
Perseus sorrise mentre, a qualche metro di distanza, Belvina raggiungeva il pianoforte di ebano e, sorridendo, annunciava ai suoi ospiti che la vena era pronta, invitandoli a seguirla nella sala da pranzo.
 
 
“Andiamo?”  Castor, sorridendo, porse un braccio a Lilith, che lo accettò con leggera sorpresa, non potendo fare a meno di chiedergli il motivo di quel repentino cambio di atteggiamento nei suoi confronti.
 
“Ho deciso di smetterla di perdere tempo, tutto qui.”
 
 
*
 
 
Gerard, ancora seduto, guardava Cora volteggiare al centro della sala insieme a Ewart Malfoy, ridendo insieme a lui di tanto in tanto.
Formavano davvero una bellissima coppia, e a giudicare dai mormorii sommessi tutti in quella sala pensavano lo stesso.
 
Sapeva che Cora non amava per nulla ballare ed essere al centro dell’attenzione, e guardandola si chiese perché avesse accettato di ballare con Ewart. Lui non aveva nemmeno pensato di chiederglielo, certo nel suo rifiuto.
 
“Se vuoi ballare con lei dovresti chiederglielo, dubito che ti direbbe di no.”
 
Gerard si voltò verso Amanda, che aveva occupato la sedia lasciata vuota dall’amica comune e ora gli sorrideva con affetto. L’ex Tassorosso chinò il capo e sospirò, lasciando che l’amica gli prendesse la mano:
 
“Gerry, so che non sei molto a tuo agio, ma lei ti adora per quello che sei.”
“Ma Amanda, guardala. Lei è… troppo. È troppo per me. Il suo ambiente è questo, ma non il mio, ci viene mio fratello maggiore, di solito, a queste feste… io sto meglio a lavorare le bacchette, piuttosto che in un vestito elegante.”
 
“Pensi che lei non lo sappia? Gerry, Cora ti conosce bene, lo sa. E pensi che LEI sia del tutto a suo agio? Gerry, non so perché ma non vedi che per certe cose voi due siete uguali. Lei non ama ballare, non ama questi eventi, preferisce lavorare con dei pantaloni e una camicia addosso… Proprio come te. Ma se è con te si diverte, era felice che stasera ci fossi anche tu, me l’ha detto lei. Chiedile di ballare, non ti dirà di no.”
 
Gerard guardò di nuovo Cora, che sorrideva ma, in effetti, non sembrava del tutto a proprio agio.
 
“D’accordo, lo farò. Intanto vuoi ballare tu, con me? È tanto che non lo faccio e non vorrei pestarle i piedi… Sempre che a Perseus non dia fastidio.”
“Sta parlando con Danae, non se ne accorgerà neanche.. Forza Olivander, vediamo come te la cavi.”
 
 
Amanda si alzò con un sorriso, prendendo la mano dell’amico. Gerard la guardò con gratitudine, capendo perché la ragazza avesse lasciato dietro di sì una lunga scia di cuori infranti.
 
 
*
 
 
Finalmente si era deciso.
Edward attraversò la sala a passo di marcia, evitando accuratamente le coppie danzanti, e si diresse dritto verso Laios e Megara Travers, seduti vicini e impegnati a chiacchierare con affetto.
 
Il forte legame che avevano era noto a tutti, e Edward voleva assolutamente fare una buona impressione sul nonno della ragazza… ma aveva anche un ballo da reclamare.
 
“Mi dispiace dovervi interrompere, ma spero non me ne vorrà, Signor Travers. Sua nipote mi ha promesso un ballo, stasera.”
 
Megara distolse lo sguardo dal nonno per posarlo su di lui, abbozzando un sorriso mentre Laios studiava il ragazzo con curiosità, rivolgendogli un cenno:
 
“In tal caso, non sarò io a trattenere Megara… Va’ pure mia cara.”
 
La ragazza si alzò e prese timidamente la mano che Edward le porgeva, rispondendo al suo sorriso:
 
“Spero di non aver interrotto una conversazione importante con tuo nonno. Ho sentito molto parlare di lui.”
“Non preoccuparti. Comunque sì, è meraviglioso, è una delle persone più importanti della mia vita, insieme a mia sorella.”
 
“Nemea non è venuta?”
“Le sarebbe piaciuto, e un po’ mi spiace non averla vista, ma almeno ho salutato mio nonno. C’è anche il tuo, vero?”
 
“Sì, lui viene sempre invitato a questi eventi.”
 
Edward appoggiò il mento sulla tempia della ragazza, impedendole di guardarlo in faccia, ma Megara percepì comunque un mutamento nel suo tono di voce, che si fece per un attimo leggermente più cupo. Non si permise, ovviamente, di chiedergli alcunché, e si lasciò anzi guidare dal mago che le teneva una mano sulla schiena e l’altra stretta dolcemente nella sua.
 
Non amava ballare o mettersi in mostra, e percepiva molti sguardi su di loro – incluso, di sicuro, quello di suo nonno o di quello di Edward – ma per una volta la strega decise di non badarci, concentrandosi solamente sul momento che stava vivendo.
 
Di certo, si disse la ragazza con un piccolo sorriso, non le sarebbe capitato presto di ritrovarsi tra le braccia di un ragazzo come Edward Parkinson.
 
 
 
 
Gerard, dopo aver ballato con Amanda, era stato torchiato e trascinato a ballare da Priscilla Nott, che sembrava non intenzionata a ricevere rifiuti di alcun tipo.
Cora, dopo aver ballato con Ewart, era tornata a sedersi e ora seguiva i movimenti della coppia con lo sguardo.
 
Non era particolarmente abituata a vedere il suo storico amico con delle ragazze, fatta eccezione per la sua ex fidanzata, con cui non era finita affatto bene.
 
Doveva ammettere che le faceva un effetto strano.
 
“A cosa pensi, Cora?”
“A nulla, nonna.”
 
“Se pensi che ti creda devi anche pensare che tua nonna sia una stupida, Cora Mildred Prewett.”
 
L’ex Corvonero si voltò verso la nonna, rivolgendole un’occhiata torva per aver usato il suo nome di battesimo completo.
 
“Dunque? Stavi guardando Gerard. Mi piace quel ragazzo.”
“Lo so, lo ripeti ogni volta in cui lo incontri.”
 
“E considerando che ciò capita spesso, devo dedurre che piaccia anche a te.”
 
“Cosa stai insinuando?”
“Niente. Cosa dovrei insinuare?”   Anja sollevò le sopracciglia, fingendosi perplessa, e Cora aggrottò la fronte, rivolgendole un’occhiata torva:
 
“Non c’è proprio niente da insinuare infatti.”
“Non preoccuparti cara, so benissimo che stavi fissando quella ragazza ballare col tuo amico perché stavi ammirando il suo vestito.”
 
 
*
 
 
Danae abbozzò un sorriso alla vista di Castor e Lilith, certa di averli già scorsi ballare insieme diverse volte quella sera. Lei invece era ancora seduta, e non aveva mosso alcun passo di danza da quando la musica era cominciata: le proposte, in realtà, non le erano mancate, ma tutte da persone con cui non le andava di ballare.
 
Danae sapeva bene che lei e il fratello quella sera erano più che mai il centro dell’attenzione, e sapeva che gli ospiti avrebbero cominciato a chiacchierare anche solo vedendola ballare con un qualunque ragazzo, immaginando insulsi scenari con fiori d’arancio.
 
Se non altro, era felice di vedere che suo fratello stava trascorrendo una bella serata, mentre il povero Chris era stato trascinato sulla pista prima da Althea e poi da Aghata.
 
Stava guardando affettuosamente Perseus e Amanda ballare insieme sotto gli occhi di tutti – nessuno in quella sala avrebbe potuto negare che formassero una bellissima coppia – quando si sentì chiamare:
 
“Trovo alquanto strano che proprio tu te ne stia seduta da sola.”
 
Danae distolse lo sguardo dalle coppie e abbozzò un sorriso, stringendosi debolmente nelle spalle:
 
“Evidentemente questa non sarà la mia serata.”
“Si può ancora rimediare.”
 
Ewart le porse una mano e la ragazza la guardò, esitando: era sicura di voler ballare con lui, ma una piccola parte di lei stava opponendo resistenza, per qualche motivo.
A farla cedere fu il sorriso dell’erede dei Malfoy, che la esortò ad alzarsi e a prendere la mano che le porgeva.
 
“D’accordo.”
“Ci mancherebbe, come si può lasciare in un angolo, seduta a guardare, una delle ragazze più belle e interessanti della sala?”
 
Danae non era solita imbarazzarsi, e neanche arrossire. Eppure, quelle parole riuscirono ad imporporarle leggermente le guance.
 
 
 
Belvina, che si stava giusto chiedendo perché diamine sua figlia non ballasse, strabuzzò gli occhi quando la vide alzarsi in compagnia di Ewart Malfoy.
 
“Herbert, guarda, Danae sta ballando con Ewart!”
“Cosa?”
“Smettila di mangiare tartine, per Merlino!”
“Ma sono al salmone affumicato… Dicevi su Ewart?”
 
Il padrone di casa ingollò una tartina mentre la moglie alzava gli occhi al cielo, rinunciando a renderlo partecipe della situazione.
Adorava Ewart, ma doveva ammettere di non averlo mai preso davvero in considerazione come partito per sua figlia: praticamente era già di famiglia, l’aveva sempre visto come il migliore amico di Perseus. E pensava che anche Castor e Danae lo vedessero così.
 
Belvina guardò Danae, certa che suo padre, vicino a lei, stesse facendo altrettanto. Sua figlia non era mai stata brava nel fare buon viso a cattivo gioco, ma mentre danzava con Ewart sembrava sinceramente a suo agio, e l’aveva vista rifiutare diversi inviti quella sera.
Se aveva accettato di ballare con lui, un motivo doveva pur esserci.
 
 
*
 
 
“Tu e tuo nonno non andate d’accordo?”
 
Edward la guadò e Megara, trafitta da quegli occhi chiarissimi, quasi sussultò, balbettando delle scuse per la sua indiscrezione:
 
“E’ solo che…”
“Tranquilla. Non è che non andiamo d’accordo, io lo stimo moltissimo, ma Giano Parkinson ha la pretesa di avere il controllo su tutto, e a volte è snervante. Naturalmente, lui e Phineas Nigellus Black vanno tremendamente d’accordo. Quando io e Danae stavamo insieme sprizzavano felicità, e sospetto che sperino in un nostro riavvicinamento.”
 
Megara abbassò lo sguardo, pensando a Danae e a quanto intelligente, forte e bella fosse. Non le somigliava affatto, e se Edward aveva provato qualcosa per lei in passato, come avrebbe mai potuto interessarsi a lei?
Anzi, magari era sua intenzione riallacciare i rapporti con Danae.
 
“Cosa che non accadrà mai.”
 
La strega, immersa nelle sue elucubrazioni, alzò di scatto la testa e vide Edward sorriderle, allungano una mano per prendere la sua e accarezzarla delicatamente.
 
“Tuo nonno com’è, invece?”
“E’ una persona meravigliosa. Anche lui prende un po’ tutte le decisioni, in famiglia, ma lui lo fa per il nostro bene. Da piccole non avevamo nessun altro che potesse farlo.”
 
Nel guardarla Edward si rese conto di aver sentito solo storie assurde e confuse sul padre della ragazza, e si schiarì la voce prima di chiederle di lui:
 
“E vostro padre? Se non sono indiscreto.”
“Mio padre… Mio padre non può farlo, così è stato il nonno a prendersi cura di noi, per lo più. Non è morto, no, è solo che… semplicemente c’è, ma in realtà non è con noi da anni. A volte è dura, è come se se fosse andato da tempo, ma non possiamo portare il lutto.”
 
Pensando a suo padre, e allo stato catatonico in cui si trovava da quando era piccola a causa di una forte depressione che lo aveva reso l’ombra dell’uomo che era stato, Megara abbozzò un sorriso triste che fece sentire Edward quasi in colpa:
 
“Mi dispiace, Megara, non dovevo chiedertelo. Posso?”
 
La strega annuì e il ragazzo la abbracciò delicatamente, lì su quella panchina di pietra. Megara non era bassa, ma Edward era molto alto e quasi la inglobò nel suo abbraccio, ma la ragazza di certo non si lamentò, chiudendo gli occhi prima di mormorare qualcosa quasi senza volerlo:
 
“Non pensavo che fossi così, prima di conoscerti.”
“Così come?”
“Così dolce.”
 
Il mormorio della strega lo fece sorridere mentre azzardava ad accarezzarle i corti e mossi capelli scuri, il mento appoggiato sulla sua testa e le braccia impegnate a cingerla:
 
“Io invece lo sapevo, quanto sei dolce. Meriti di essere trattata con stessa la delicatezza con cui dovrebbe essere trattato un fiore, Megara Travers.”
 
 
*
 
 
“Sei stato bravissimo, prima.”
“Anche tuo fratello se la cava molto bene.” 
 
“Sapevo che suoni, ovviamente, ma non ti avevo mai ascoltato… Dovrò dare ragione a Perseus, quando decanta le tue doti.”
 
Danae sorrise e Ewart ricambiò mentre passeggiavano costeggiando il perimetro della villa: poco prima il ragazzo aveva intrattenuto gli ospiti suonando un brano jazz con la sua tromba, e non aveva quasi dato il tempo agli altri ospiti di applaudirlo che aveva chiesto a Danae di accompagnarlo a fare una passeggiata.
 
“Ti dispiace?”
Ewart mostrò alla ragazza un sigaro e Danae, arricciando le labbra, inarco un sopracciglio:
 
“A dire il vero sì.”
“Come la signorina desidera.”
Il mago non obbiettò e fece sparire il sigaro velocemente come l’aveva tirato fuori dalla giacca, guardando la strega scotere il capo con disapprovazione:
 
“La trovo un’abitudine disgustosa. Credimi, presto qualcuno renderà pubblico che fumare quella roba è dannosissimo per il corpo. E la puzza è insopportabile, sono felice di non essere un uomo anche solo per risparmiarmi il rituale del sigaro dopo cena.”
 
Danae sfoggiò una smorfia e Ewart ridacchiò, asserendo che fosse proprio un bel tipo e ricordando come, fin da bambini, avesse sempre avuto la risposta pronta e la lingua biforcuta.
 
“Nemmeno tu eri un santo, tu e Perseus ne combinavate di tutti i colori… E non mi volevate mai a giocare con voi perché ero femmina.”
 
La ragazza si rabbuiò nel ricordare tutte le volte in cui sua madre non le aveva permesso di uscire a giocare con i fratelli in quanto “signorina”, ma smise di pensarci quando Ewart, fermatosi davanti a lei, le prese entrambe le mani con le sue e sfoggiò l’espressione più implorante che gli riuscì:
 
“Potrete mai perdonarmi, Signorina Danae?”
 
“Sì, credo di poterti concedere questo favore.”
“Meno male, ora grazie alla tua clemenza potrò dormire, stanotte.”
 
Ewart sorrise alla luce fioca delle lanterne che illuminavano il giardino e Danae, guardandolo, si chiese perché tra tutti dovesse essere proprio lui il migliore amico di suo fratello maggiore.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 9 (Parte II) ***


Capitolo 9   (Parte II)
 
 
 
“Bentley, vecchio mio! Non mi avevi detto che saresti venuto.”
 
Rigel rivolse un sorriso allegro al fratello maggiore, dandogli una pacca sulla spalla mentre l’altro gettava un’occhiata torva al bicchiere di whiskey che il minore teneva in mano:
 
“La mamma è a Londra con Georgiana, sono venuto io in rappresentanza della famiglia. Quanti ne hai bevuti, Rigel?”
“Non troppi Ben, non ti preoccupare. Mi dispiace che non ci sia Georgie, mi manca molto.”
 
Il volto di Rigel si rabbuiò leggermente e sentendo quelle parole, fin troppo sincere, Bentley intuì che il fratello avesse già bvuto più di due whiskey.
 
“Ti manda i suoi saluti. Come te la passi?”
“Bene, anche se confesso che nessuna delle deliziose fanciulle qui presenti ha stuzzicato granché il mio interesse. Vivian Lumacorno è bellissima, ma ha un certo caratterino che non ti dico…”
 
“Rigel, parla piano! Vado a salutare la zia e lo zio, aspettami qui.”
 
Il tono di Bentley aveva un che di minaccioso, ma non appena il rosso si fu allontanato per salutare Belvina ed Herbert Rigel si allontanò con una mano sprofondata nella tasca dei pantaloni bianchi, scolando il whiskey rimasto prima di appoggiare il bicchiere sul vassoio di un cameriere, arraffandone immediatamente un altro.
 
Stava gironzolando per la sala, chiacchierando un po’ con chiunque gli capitasse a tiro, compreso nonno Black, quando s’imbattè in Athyna, seduta su una sedia mentre guardava Danae ballare con Ewart con aria soddisfatta, mentre Althea trascinava sulla pista Christopher e Aghata e Amias sghignazzavano dopo aver messo un ragno finto nel bicchiere di Castor.
 
 
“Oh, tò guarda chi si vede. Posso sedermi?”
Rigel non aspettò una risposta e prese posto accanto alla Grifondoro, che gli rivolse un’occhiata leggermente torva:
 
“Non avevo ancora risposto, ma accomodati pure.”
“Non essere antipatica Athyna, ho un principio di mal di testa, sai! E sono un po’ triste.”
“E come mai?”
 
Tutto sommato Rigel brillo sembrava divertente, anche se aveva improvvisamente smesso di essere allegro, così Athyna – che si stava un po’ annoiando – ne approfittò per fare conversazione. Il Serpeverde, preso un altro bicchiere, bevve un piccolo sorso di Whiskey prima di guardare il liquido ambrato con aria quasi schifata e appoggiarlo sul tavolo con decisione, chiedendo alla ragazza di non farlo bere più per il resto della serata.
 
“D’accordo, come preferisci.”
“Grazie. Non voglio essere come mio padre. Lui tornava ubriaco una sera sì e una no, praticamente.”
 
“… Mi dispiace.”       Rigel incrociò le braccia al petto e Athyna, in cuor suo, pregò il ragazzo di non approfondire l’argomento: loro due non erano certo in confidenza, e non avrebbe proprio saputo come gestire una simile conversazione.
Aveva sentito molte storie sui problemi finanziari della famiglia di Rigel, sulla malattia di sua sorella, sul suicidio di suo padre… Con lui faceva sempre finta di nulla, ovviamente, ma non avrebbe potuto alzarsi e andarsene se il ragazzo avesse intavolato l’argomento.
 
“Sì, insomma, lo so che stava male, uno non si suicida se non sta male, ma i problemi non vanno affrontati così, non se hai una famiglia di cui occuparti. Georgiana era una ragazzina con il cancro al fegato, era spaventata, e suo padre si mette a bere come una spugna perché aveva finito i soldi.”
 
Rigel sbuffò, mentre Athyna rimase in religioso silenzio, lasciandolo proseguire senza emettere un fiato.
Dopo un paio di minuti passati ad ascoltare le elucubrazioni del ragazzo Athyna sfoggiò un accenno di sorriso, guardandosi le mani mentre mormorava qualcosa:
 
“A volte certi problemi ci sembrano più grandi di noi. Forse per tuo padre è stato così.”
 
Rigel la guardò, gli occhi scuri carichi di curiosità, e le chiese se fosse capitato qualcosa di simile anche a lei.
La ragazza esitò, ma infondo, si disse, con molta probabilità il giorno seguente Rigel avrebbe scordato quella conversazione.
 
“Sì, una volta… Quando andavo ancora a scuola. Per fortuna anche io ho avuto qualcuno che mi è stato vicino, come tu sei stato vicino a tua sorella.”
Athyna sorrise e, per un istante, i suoi occhi saettarono su Danae, che stava sorridendo e chiacchierando con Ewart.
 
Rigel stava per chiederle di più quando, con leggero sollievo della ragazza, suo fratello maggiore li raggiunse a passo di marcia:
 
“Rigel, non posso lasciarti solo due secondi, ma quando crescerai? Mi scusi tanto, Signorina Avery.”
“Non c’è problema, sono abituata a sopportare suo fratello.”
 
 
Athyna sorrise, divertita, e guardò Bentley trascinare via Rigel mentre Althea la raggiungeva, sedendo accanto a lei per parlarle con aria divertita:
 
“Ho le traveggole o stavi parlando con Rigel con aria pacifica? Ti senti bene?”
“Sono un po’ annoiata in realtà… Credo che andrò a trascinare qualcuno sulla pista, il mio vestito è troppo bello per restare in una angolo senza essere ammirato. Chris, dove credi di andare? Ora tocca a me!”
 
Cristopher, ormai convinto di essere salvo dai balli, gemette con aria grave al cenno della Grifondoro, facendo dietro front per tornare al centro della sala insieme a lei: avrebbe dovuto nascondersi da qualche parte, invece di improvvisarsi cavaliere per tutte.
 
 
*
 
 
Quando aveva chiesto a Cora di ballare, fermandosi accanto a lei e schiarendosi la voce per attirare l’attenzione sua e di nonna Anja, Gerard si era sinceramente chiesto se avrebbe accettato: sapeva che l’amica non amava particolarmente ballare, e di solito alle feste di quel tipo preferiva intrattenersi a giocare a poker con gli uomini.
 
Con suo sollievo e stupore però, la ragazza aveva accettato e si era immediatamente congedata dalla nonna, che aveva sorriso con aria soddisfatta nel guardarla allontanarsi mano nella mano con Gerard.
 
 
“Conosco quello sguardo. A cosa stai pensando, Anja?”
Laios Travers, seduto dall’altro lato del tavolo, sfoggiò un sorrisetto mentre si portava il bicchiere alle labbra, facendo scintillare l’anello d’argento con lo stemma di famiglia che portava al dito alla luce dei lampadari.
 
“Che adoro mia nipote tanto quanto amavo mio figlio, ma come è stato per lui all’epoca so che è cresciuta e mi farebbe piacere vederla intraprendere la sua strada con qualcuno. Sarà difficile perderla, ma è giusto così. So che mi capisci meglio di chiunque, Laios. Anche tu hai cresciuto le tue nipoti, come me.”
 
“Megara e Nemea mi sembrano ancora le bambine di quattro anni che vennero a stare da me con la madre e mio figlio… Eppure sono delle splendide giovane donne in età da marito, ormai. Tu quanti anni avevi quando ti sei sposata?”
“Oh, ero molto più giovane di Cora, e più giovane anche delle tue nipoti. Ero una ragazzina. E non mi sono sposata per amore, naturalmente, ma imparai a stimare molto mio marito e ci affezionammo, col tempo. Cora mi somiglia più degli altri miei nipoti o di quanto mi somigliasse mio figlio, e spero che possa avere quello che a me è mancato.”
 
 
“Tua nonna ci guarda.”  
Le parole che Gerard le sussurrò all’orecchio la fecero sbuffare, anche se Cora non riuscì comunque a trattenere un sorriso:
 
“Credo che voglia adottarti come nipote, ti adora sai? E’ sempre felice quando passiamo tempo insieme.”
“Mi fa davvero piacere saperlo, anche io la stimo moltissimo. Ha cresciuto una persona meravigliosa, non le sarò mai abbastanza grato.”
 
“Parli di me Gerry?”
“Di te? Certo che no, di tua sorella Amelia naturalmente!”
 
Gerard sorrise e Cora rise mentre le faceva fare una giravolta.
 
“Posso sapere a cosa devo l’onore? Tu non balli mai.”
“Nemmeno tu Cora, se è per questo. Ma per la mia amica posso fare un’eccezione.”
“Lo stesso.”
 
Cora gli sorrise e Gerard ricambiò, pensando a suo fratello maggiore – che di solito presenziava a quegli eventi al posto suo – e a quello che avrebbe pensato se lo avesse visto quella sera: probabilmente lo avrebbe riconosciuto a stento, tra il vederlo ballare e il vederlo sorridere, sorrisi che a casa era molto restio a sfoggiare.
 
 
*
 
 
“Ma buonasera, ecco il nostro damerino. Allora, ti stai Blackizzando per bene, Amias?”
 
Amias roteò gli occhi scuri alle parole del fratello minore Clayton, che però lo abbracciò con affetto, seguito da Adhara e Jennifer, le loro sorelle.
 
“Non iniziare, Clay. Samuel non c’è?”
“Abbiamo lasciato il piccoletto a casa. Noi eravamo curiosi di vedere come stai.”
 
Jennifer sorrise, allegra, mentre Adhara, la maggiore, incrociò le braccia al petto e studiò il secondogenito con aria inquisitoria:
 
“Ti prego, dimmi che non stai facendo sul serio, qui.”
“Non ricominciare, Adhara, non ho nessun interesse per Danae, lo giuro. Se voi avete rifiutato di venire qui è affar vostro, io mi sto godendo una vacanza piena di relax e vitto gratis in una residenza magnifica. E comunque, Clay, i gemelli mi sembrano simpatici, contrariamente a come li descrivi tu solitamente.”
 
“Io ero al loro stesso anno ad Hogwarts, e sinceramente Danae non mi è mai piaciuta, ha un carattere troppo forte, e si crede chissà quanto intelligente.”
“A me sembra che lo sia, magari è semplicemente più sveglia di te, ma non ci vuole molto dopotutto…”
 
Amias e Jennifer ridacchiarono mentre Adhara, ormai abituata a quei teatrini avendo quattro fratelli minori, bloccò sul nascere lo scappellotto che Clayton stava per lanciare al maggiore con un’occhiata gelida.
 
“Credo che Clay voglia dire che non sono persone adatte a noi, o alla nostra famiglia, Amias.”
“Lo so, lo so. Probabilmente è così, in effetti non ho ricordi di matrimoni recenti tra un Black e un Paciock, ma ribadisco che sono qui solo per distrarmi un po’ ragazzi, tutto qui. Vieni Jenny, balliamo.”
 
Amias prese la sorella per mano e la condusse sulla pista per ballare sotto lo sguardo degli altri due fratelli. Clay si rivolse alla maggiore, inarcando un sopracciglio:
 
“Pensi che sia serio o ci sta prendendo in giro?”
“No, credo che sia sincero. Non credo che sia ancora pronto a stare con qualcuno, dopo Arabella e la delusione che ha affrontato.”
 
 
*
 
 
“Quindi quella è l’Orsa Maggiore?”
“Sì, e quella la Minore, o Piccolo Carro, la vedi? E’ meno facile da individuare… Quella laggiù è Sirio, molti uomini della mia famiglia si chiamano così in onore di questa stella. E’ la più luminosa della Via Lattea, fa parte del Cane Maggiore.”  (I riferimenti della Rowling sono puramente casuali insomma Nda)
 
“Pensavo fosse la Stella Polare.”
“E’ un errore molto comune, sei perdonata.”
 
 
Castor sorrise a Lilith, seduta accanto a lui su una stuoia che il ragazzo aveva fatto apparire per distenderla sul prato, facendo in modo che lei non si sporcasse il vestito sedendosi per terra.
La ragazza ricambiò, le braccia strette attorno alle gambe mentre, alzando gli occhi sul cielo notturno, mormorava quanto le conoscenze astronomiche di Castor fossero interessanti.
 
“Per noi è una specie di abitudine. Insomma, tutti sanno che i nomi dei Black derivano da stelle e costellazioni, quindi per noi avere conoscenze in materia di Astronomia è la norma.”
“Da dove deriva questa tradizione?”
“In effetti non so risponderti. L’ho chiesto a mia madre più di una volta, ma lo ignora anche lei… persino mio nonno, il che è tutto dire. Certo, il lato negativo è che molti nomi si ripetono tra le generazioni. E poi, in realtà io e i miei fratelli non siamo veri Black.”
 
Castor sfoggiò un sorriso amaro, ma Lilith lo rincuorò sfoggiando un dolce sorriso simile a quelli che disseminava sua sorella maggiore:
 
“Solo perché convenzionalmente si prende il cognome del padre, ma vostra madre è una Black. E i nostri nipoti saranno dei piccoli metà Black e metà Burke, proprio come voi tre.”


“Intendi se Amanda e Pers avranno figli?”
“Sì. So che Amanda ha sempre voluto una famiglia sua, spero che ne abbiano.”
“Sarebbero dei genitori magnifici.”
“Lo penso anche io.”
 
Per qualche minuto tra i due calò il silenzio ed entrambi si limitarono a contemplare la volta celeste, ciascuno assorto nei suoi pensieri, finché Castor non si rivolse nuovamente alla ragazza, schiarendosi la voce: era arrivato il momento di essere chiari, finalmente.
 
“Lilith, mi vorrei scusare per il mio atteggiamento. Se al momento sei confusa, lo capisco benissimo. Non ho mai voluto ignorarti o mancarti di rispetto, e se hai creduto di non piacermi ti sbagli. Ti ho sempre ammirata molto, solo che da lontano.”
 
“In effetti stasera sei molto diverso dal solito, Castor. Ha a che fare col fatto che i nostri fratelli siano sposati?”
 
“Io… So com’è tua madre, e spero che tu non prenda le mie parole per un’offesa, non è mia intenzione. Dico solo che entrambe le nostre famiglie non vedono l’ora di vederci fidanzati con qualcuno, e se io avessi dato una certa impressione mio nonno e tua madre avrebbero organizzato il nostro fidanzamento in quattro e quattr’otto come hanno fatto con Pers e Amanda. E io non voglio imporre niente a nessuno. Un po’ mi spaventa tutto questo, perché so che se io manifestassi interesse per una ragazza la metterei in trappola, in un certo senso.”


“Hai paura di costringere, anche se indirettamente, qualcuno a passare la sua vita accanto a te?”
“Credo di sì. Insomma, io sono un Black e un Burke. Nessuna famiglia mi negherebbe mai la propria figlia, nel bene e nel male. Non vorrei mai mettere in gabbia qualcuno.”
 
Lilith annuì, esitando per qualche istante – gli occhi chiari fissi sull’acqua del lago, mossa da qualche luccichio dovuto alle luci che si riflettevano sulla superficie – prima di parlare a bassa voce:
 
“Che intendi con “atteggiamento” quando parli di me? Perché pensi che avrebbero pensato a fidanzare anche noi?”
“Perché…”
 
Castor deglutì, interrompendosi. Strinse una mano a pugno, riuscendo quasi ad udire la voce di Danae intimargli di dire la verità e di essere chiaro una volta per tutte: aveva tirato quella storia già abbastanza per le lunghe.
 
“Perché all’epoca mi piacevi molto, Lilith. Quando Amanda e Perseus si sono fidanzati le nostre famiglie passavano molto tempo insieme, ma io avevo paura di metterti in una brutta situazione, e non so perché ho cominciato a trattarti con distacco, forse anche troppo. Ti ho dato l’impressione sbagliata.”
 
 
*
 
 
“Gerard, perché sembri uno che sta andando al patibolo?”
“Niente.”
“Non fare il burbero, con me puoi parlare, lo sai!”
 
Aghata sorrise al cugino mentre sedeva accanto a lui, offrendogli una tartina che il ragazzo accettò con aria cupa, mormorando qualcosa sul fatto di sentirsi un pesce fuor d’acqua.
 
“Un pesce fuor d’acqua? Ma che dici, sei un ragazzo educato e di buona famiglia!”
“Sì, ma non sarò mai… Lo sai.”
 
Aghata sorrise e allungò una mano per appoggiarla su quella del ragazzo, guardandolo con aria divertita:
 
“Come sei sciocco Gerry, ti preoccupi troppo. E non sei una persona superficiale, a te non importa degli agi, del buon nome e cavolate varie… Se dai peso a queste cose è perché credi di non essere abbastanza per qualcuno, vero? Forse sono di parte perché siamo parenti, ma sappi che, chiunque sarà, sarà fortunata. Non sarà come Elaine.”
 
A sentire quel nome Gerard distolse lo sguardo, posandolo quasi senza volerlo su Cora e Anja, che stavano chiacchierando allegramente con Laios Travers dall’altra parte della sala.
 
No, lei non era come Elaine.
 
Aghata seguì la direzione del suo sguardo e sorrise, soddisfatta di averci visto giusto, e gli assestò una sonora pacca sulla spalla:
 
“Ok, basta coi sentimentalismi, cugino: sei un bravo ragazzo, intelligente e anche bello, cosa vuoi di più? Certo hai un brutto carattere, ma non tutti possono fare centro in tutto come me… Ad ogni modo, ora và da Cora, forza, a lei non importa quanto costa il tuo vestito.”
 
“Oh, ma finiscila.”


Gerard stava effettivamente per alzarsi e andare da Cora quando si sentì incapace di muovere le gambe: stentava a crederci, ma infondo alla sala c’era proprio la persona che sua cugina aveva appena nominato, quasi come l’avesse Appellata con la magia.
 
Elaine Nott era alla festa dei Burke.
 
 
*
 
 
Elaine Nott era alla festa dei Burke.
 
Amanda si portò le mani sulla bocca e Vivian, colpita dal gesto della cugina, si allarmò all’istante:
 
“Per la barba di Merlino, che succede? Quel cretino di Horace mi ha fatto un incantesimo ai capelli?”
“No, non tu Viv… C’è Elaine Nott!”
 
Vivian tirò un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempi aggrottò la fronte, chiedendosi perché la cugina stesse drammatizzando a tal punto mentre si voltava a sua volta verso la ragazza bionda:
 
“E quindi? … Ah, giusto, lei non stava con il tuo amico? Ma perché è venuta, insomma, sapeva che lo avrebbe visto… Ma dove vai?!”
“Da Cora!”
 
Vivian guardò la mora allontanarsi in fretta e furia e sospirò, prendendo al contempo al volo un calice di champagne da un cameriere di passaggio senza neanche voltarsi:
 
“Beh, almeno si prospetta un po’ di azione…” 
 
 
*
 
 
Lilith chiuse la porta e, sfilate le scarpe con un calcio, si gettò sul letto sprofondando il viso nel cuscino, chiedendosi come la serata avesse preso una piega simile.
 
Due giorni prima era certa che Castor non la sopportasse, e ora veniva fuori che invece aveva una cotta per lei da tempo.
La Corvonero rotolò su se stessa, mettendosi supina sul letto per guardare il soffitto buio della camera che condivideva con Megara.
 
Com’era possibile che lei piacesse a Castor? Lo stesso ragazzo per cui, tecnicamente, lei e tutte le altre ragazze si trovavano in quella casa da alcune settimane.
Quello che al momento era, probabilmente, lo scapolo più ambito del mondo magico era interessato proprio a lei.
 
Quando le aveva detto la verità Lilith, incredula, aveva balbettato delle scuse e di aver bisogno di metabolizzare prima di alzarsi e correre dentro casa, lasciando Castor in giardino. Ora che si trovava al sicuro nella sua stanza quasi si dispiacque per quel gesto avventato, ma cos’altro avrebbe dovuto fare?
Era oltremodo confusa, non sapeva neanche che cosa provava a riguardo.
 
 
Lo sguardo della strega finì senza volerlo sul letto dell’amica, e solo in quel momento si rese conto di non vedere Megara dal banchetto: da quando la musica era iniziata lei aveva passato quasi tutto il tempo con Castor, e ricordava solo di averla intravista ballare con Edward.
Lilith sorrise, dicendosi che magari la sua amica avrebbe avuto un epilogo di serata migliore del suo.
 
 
*
 
 
“Hai quella faccia perché hai visto Elaine Nott?”
“Delicatissimo come sempre, Amias.”
 
Gerard fece roteare il contenuto del suo bicchiere mentre Amias, che si era appena seduto accanto a lui, si strinse nelle spalle con nonchalance, osservandolo con attenzione:
 
“Non mi piacciono i giri di parole. Ma immagino di averci visto giuto.”
“Già.”
 
 
“Ti ricordi di Arabella McKinnon?”
 
La domanda a bruciapelo dell’ex Grifondoro lo sorprese, ma Gerard annuì e alzò lo sguardo sul ragazzo, chiedendosi perché volesse parlargli della sua ex fidanzata:
 
“Certo. Perché?”
“Beh, non vado in giro sbandierandolo ai quattro venti, ma posso capire come ti senti, credo. Io e Arabella siamo stati insieme diversi anni, io pensavo che ci saremmo sposati, e poi lei se n’è uscita che si era innamorata di un suo stupido collega… e un anno fa mi ha lasciato.”
 
Gerard quasi rise di fronte alle similitudini che c’erano tra la sua situazione e quella di Amias, che si strinse nelle spalle:
 
“Non sono venuto qui per trovare una ragazza, è passato solo un anno e non credo di sentirmi pronto, anche se mi sta servendo per distrarmi. Per te è passato più tempo, credo. Due anni?”
“Sì. Siamo stati insieme per quattro. Mi dispiace per Arabella.”
 
“Non importa, forse è stato meglio così. E per te lo è stato di sicuro: conosco bene Elaine Nott, Gerard, e sinceramente non mi è mai piaciuta. Non conosco te altrettanto bene, ma credo che meriti di più, esattamente come me, non qualcuno che preferisca un altro a te.”
 
 
Gerard non si sentiva fare spesso complimenti e Amias era solito scherzare, ma in quel momento la sua espressione era così seria che il ragazzo si convinse che non lo stesse prendendo in giro. Così si limitò a sorridere, porgendogli un bicchiere:
 
“Grazie Amias.”
“Di nulla. Ho visto Cora trascinare fuori Elaine, comunque. Confesso che a volte un po’ mi spaventa, ma vedendovi insieme credo che tenga molto a te.”
 
“E io a lei. Forse non lo do molto a vedere, ma è la verità.”
 
 
*
 
 
“Glie l’ho detto, Chris.”
“E com’è andata?”
 
Dalla faccia cupa dell’amico Christopher intuì che non gli doveva essere andata meglio di quando lui aveva confessato la sua cotta a Danae, ma per lo meno ne avevano parlato e risolto, e ora si sentiva molto meglio: quella sera aveva ballato con lei ma l’aveva anche vista ballare con Ewart, e la cosa non lo aveva infastidito, con suo gran sollievo.
 
L’ex Tassorosso sedette accanto all’amico e gli mise una mano sulla spalla, asserendo che era comprensibile se Lilith aveva reagito in un certo modo:
 
“Insomma, cerca di capirla, dev’essere stata una sorpresa per lei.”
“Lo so bene, e la capisco benissimo. Ma una parte di me non poteva che sperare in una sua reazione diversa, credo. Ma è colpa mia, naturalmente, sono stato io l’idiota.”
 
“Non dire così, non è troppo tardi, credimi. Andrà tutto bene Tor. Vedrai. Intanto hai fatto la cosa giusta, ora ti senti meglio?”
“Dopo che è scappa via, praticamente? No!”
 
“… Ok, lo capisco, ma domani… no… Dopodomani starai meglio, vedrai! Dovete solo parlarne e risolvere come abbiamo fatto io e Dany, all’inizio anche lei era stranita, è normale credo. E io e lei siamo amici, per te e Lilith non è lo stesso, magari sarà più difficile, ma si risolverà comunque.”
 
Chris sorrise all’amico, incoraggiante, e Castor esitò prima di annuire e ringraziarlo.
 
“Di nulla, sono qui per questo. Anche se vorrai scusarmi se non ballerò con te per consolarti, le ragazze mi hanno sfruttato anche troppo stasera e ho un male ai piedi…”
“Tranquillo Chris, sopravvivrò.”
 
 
*
 
 
Amanda non ebbe il tempo di raggiungere Cora. E Elaine non ebbe il tempo di raggiungere il centro della sala, perché si sentì afferrare per un polso e trascinare nell’ingresso, lontana da occhi indiscreti.
 
“Cora, che diavolo stai facendo? Lasciami subito!”
 
Cora non se lo fece ripetere e lasciò il polso della ragazza, incrociando le braccia al petto mentre le si piazzava di fronte.
La Corvonero, già alta di suo, con i tacchi superava di diversi centimetri l’ex compagna di Casa, e la fulminò con un’occhiata gelida prima di chiederle che cosa ci facesse lì, a quell’ora.
 
“Ho accettato l’invito della Signora Burke, ma le ho scritto che sarei arrivata dopo cena perchè mi trovavo a Londra per motivi personali. L’ora a cui mi presento alle feste non è affar tuo.”
“Diventa affar mio se c’è anche Gerard. “Motivi personali” sta per “organizzare il mio matrimonio”, no? E sei venuta qui da sola e in ritardo? Non farmi ridere, sei venuta a ficcanasare per vedere come se la passa Gerry senza di te.”
 
“Non so di cosa parli, Cora.”
“Le persone egoiste come te vogliono sempre avere tutto, Elaine. Lasci Gerard per un matrimonio più conveniente, ma allo stesso tempo non puoi sopportare che si rifaccia la sua vita, magari con un’altra persona, vero? Beh, io lo conosco da prima che stesse con te, e credo che ora stia meglio. Non facevi altro che farlo sentire inferiore sventolando i soldi della tua famiglia, sempre. Ti faceva sentire meglio, ti sentivi superiore a lui, non è così?”
 
Cora ridusse gli occhi a due fessure, quasi tremante di rabbia: non sopportava che si fosse presentata mettendo il suo amico in difficoltà, ma era anche felice di poterle finalmente dire in faccia tutto quello che pensava.
Non l’aveva mai sopportata, ma per affetto per Gerard era rimasta in silenzio per quattro lunghi anni, limitandosi a sfogarsi in privato con Amanda di tanto in tanto.
 
“Ho solo capito che io Gerard eravamo troppo diversi.”
“Oh, su questo non ci piove, perché lui non è una sanguisuga materialista! Sapevi che ci sarebbe stato stasera, solo per questo sei venuta, tu e il tuo anello di diamanti. Non pensi di averlo fatto soffrire già a sufficienza?”
 
Elaine tacque, limitandosi a studiarla con i gelidi occhi grigi prima di abbozzare un sorrisetto:
 
“Tu invece andresti bene per lui, Cora? Prima che io e Gerard ci frequentassimo andavamo abbastanza d’accordo, tutto sommato, poi hai iniziato a rivolgermi la parola solo in sua presenza, sapevo che ti infastidiva la nostra relazione. Non è che sei sempre stata gelosa perché volevi esserci tu, al posto mio?”
 
“Non dire assurdità. Semplicemente io tengo davvero a lui, a differenza tua.”
 
Il tono gelido di Cora non sembrò convincere del tutto Elaine, che però non aggiunse altro quando vide Amanda raggiungerle a passo di marcia, nessun sorriso gentile ad illuminarle il volto.
 
“Buonasera Amanda.”
“Elaine. Posso chiederti cosa ci fai qui?”
“Che domanda è? Mi risulta che ci sia un ricevimento in corso.”
 
“Beh, certo, ma come sai per presenziare ad eventi come questi serve un invito. Posso?”
Amanda, fermatasi accanto all’amica, inclinò le labbra nel più amorevole dei sorrisi, porgendo la mano verso la bionda che, invece, non mosse un dito e si limitò ad inarcare un sopracciglio:
 
“Non serve che ti atteggi già a padrona di casa, Amanda, non mi risulta che tuo marito abbia ancora ereditato la tenuta.”
“Non mi atteggio, faccio solo un favore a mia suocera. Ripeto, posso?”
 
Elaine sbuffò, ma aprì la borsetta per prendere l’invito, strabuzzando gli occhi quando non lo vide.
 
“Ma come…”
“Oh, che peccato. Sembra che dovrò farti scortare fuori, Elaine. Mi dispiace, sono le regole.”
“La Signora Burke…”
 
“Sono IO la Signora Burke, in questo momento.”
 
La durezza del tono di Amanda colpì Elaine tanto quanto Cora, che si voltò a guardare l’amica con sincera sorpresa mentre la strega rivolgeva un cenno ai due maghi in piedi ai lati della porta d’ingresso:
 
“Sareste così gentili da scortare la Signorina fuori? Era passata solo per un rapido saluto. Non preoccuparti Elaine, porgerò i tuoi saluti a Belvina personalmente.”
 
Amanda sorrise, angelica come sempre, e l’ex compagna di Casa, schiumante di rabbia per l’umiliazione, chiuse con uno scatto la borsetta prima di sibilare qualcosa di molto poco elegante rivolto alle due amiche.
 
Stava per lasciare la casa, intimando repentinamente ai due uomini di non provare a toccarla, quando si voltò un’ultima volta verso Cora, lanciandole un’occhiata torva:
 
“Tanto perché tu lo sappia, non ho lasciato Gerard solo per fidanzarmi con Sebastian. Era meglio per entrambi. Diceva di amarmi, ma in quasi tutto il tempo in cui siamo stati insieme, sono sempre stata all’ombra di un’altra.”
 
 
 
“Hai fatto evanascere il suo invito mentre ci parlavo?”
“Ovviamente.”
“Mia cara Amanda, stai diventando un vero genio del crimine, non ti sarai fatta contagiare dal gene dei Black, vero?”
“Ma no, ho solo imparato da te.”

 
 
*
 
 
“Dov’è Elaine? Ti ho vista andare da lei.”
“Se n’è andata, ha capito che la sua permanenza non era gradita.”
 
Cora, in piedi nel terrazzo e appoggiata alla ringhiera di pietra, si strinse nelle spalle mentre Gerard si appoggiava a sua volta con un sospiro, osservando la tenuta buia mentre luci, risate e chiacchiericci provenivano dalla sala del ricevimento.
 
“So che c’entri tu, quindi… Grazie Cora.”
“Di nulla. Stasera sei già abbastanza strano senza che arrivi quella sanguisuga a destabilizzarti. Vuoi dirmi che cos’hai, Gerry?”
 
Gli appoggiò una mano sulla spalla e il ragazzo si voltò verso di lei, guardandola con aria cupa prima di scuotere la testa:
 
“Nulla.”
“No Gerry, non fare scena muta con me, sai che non lo sopporto. E sai anche che a me puoi dire tutto. Ha a che fare con Elaine?”
 
“Sì e no. Non puoi capire, Cora.”
Gerard sospirò e l’amica, per tutta risposta, sbuffò sonoramente e incrociò le braccia al petto, asserendo che prima di dire così avrebbe dovuto parlarle per metterle alla prova, invece di evitare l’argomento.
 
“No Cora, tu non puoi sapere com’è. Non sai com’è sentirsi perennemente inferiori a qualcuno, e quando ti senti così nei confronti di qualcuno a cui tieni, qualcuno a cui vorresti stare accanto, è anche peggio. Perché pensi di non meritare quella persona.”
“Ma è Elaine che non ti merita, non il contrario! E non dire così, come se io fossi superiore a te, perché non è affatto così.”
 
Gerard rise quasi senza volerlo, scuotendo il capo. Cora divenne paonazza, strinse i pugni e gli intimò di dirle cosa ci trovasse di divertente. A quel punto Gerard si voltò e le rivolse un sorriso affettuoso e malinconico allo stesso tempo, allungando quasi senza volerlo una mano per sfiorarle la ciocca di capelli scuri lasciata libera ad arte dall’acconciatura:
 
“Rido perché tu non puoi sapere come ci sente, Cora. Non puoi perché sei magnifica in ogni senso, non sarai mai inferiore a nessuno. Tu con le tue stupide paure, che stai qui a farmi la predica quando in realtà siamo uguali. Tu col tuo vestito a maniche lunghe in estate, e riesci comunque ad essere bellissima, per celare al mondo qualcosa che ti fa soffrire, ma di cui dovresti anche andare fiera.”
 
Cora deglutì a fatica, gli occhi fissi in quelli chiari di Gerard senza riuscire a distogliere lo sguardo. Quasi non si accorse di aver iniziato a tremare appena, e senza riuscire a trattenersi mormorò qualcosa che moriva dalla voglia di chiedergli non appena aveva udito quelle parole:
 
“Elaine ha detto che quando stavate insieme si sentiva sempre all’ombra di un’altra. Di chi parlava?”
 
Ti prego
Lo sguardo di Cora si fece implorante, perché dopo quattro anni passati a guardarlo accanto a qualcuno che non lo meritava, dopo mesi passati a consolarlo per la rottura, voleva sentirlo dire. Ne aveva bisogno.
La mano di Gerard si spostò dai suoi capelli fino alla sua guancia, accarezzandola leggermente prima di parlare in un soffio:
 
“Di te.”
“Gerry…”
 
Gli occhi chiari di Cora si inumidirono, e stava cercando di trovare le parole quando una voce riportò entrambi bruscamente alla realtà:
 
“Ragazzi? Oh… scusatemi.”
 
Gerard ritrasse la mano bruscamente ed entrambi si voltarono di scatto verso Rigel, che abbozzò un sorriso di scuse, imbarazzato:
 
“Mia zia sta facendo sapere a tutti che la festa sta per finire, gli ospiti stanno iniziando ad andarsene… e tua nonna ti cerca, Cora.
“Ma certo. Grazie Rigel.”
 
Cora annuì e si allontanò da Gerard quasi come se si fosse scottata, superando Rigel senza voltarsi. Rigel che si rivolse a Gerard e gli chiese se volesse rientrare, ma il Tassorosso asserì che sarebbe rimasto ancora un po’ mentre prendeva una sigaretta.
 
Ne aveva decisamente bisogno.
 
 
*
 
“Ti ringrazio.”
“Per cosa?”
 
“Per avermi tenuto compagnia, non eri tenuto a farlo. … Non te l’ha chiesto Perseus, vero?”
 
Danae si sentì sprofondare quando quel dubbio le sfiorò la mente, ma nel vedere Ewart scuotere il capo, sorridendo come se fosse una domanda assurda, si rincuorò:
 
“Certo che no, perché avrebbe dovuto?”
“Non lo so, era per sapere. Beh, buonanotte Ewart.”
“Buonanotte Danae.”
 
Danae si voltò e iniziò a salire le scale per raggiungere la sua stanza al piano superiore mentre Ewart, già arrivato, fece per incamminarsi lungo il corridoio quando il richiamo della ragazza lo fermò:
 
“Ewart?”
“Sì?”
Il biondo si voltò e alzò lo sguardo sulla strega, che lo stava guardando qualche gradino più in alto, appoggiata al corrimano mentre con l’altra mano teneva l’orlo del vestito leggermente sollevato per non pestarlo:
 
“Per te io e Castor siamo sempre stati solo i “fratellini” di Pers… E’ ancora così, ora che ci conosci meglio?”
 
“No, direi di no.”  Ewart sorrise e, rivolgendole un ultimo cenno educato, si congedò e si voltò con le mani nelle tasche, diretto in camera sua. Danae, dal canto suo, lo guardò brevemente allontanarsi prima di sorridere e riprendere a salire le scale, giungendo in camera sua molto più di buon umore rispetto a quando l’aveva lasciata qualche ora prima.
 
 
*
 
 
“Ti ho vista ballare con Ewart, poi siete usciti… Ti sei divertita con lui?”
“Sì.”
 
Danae sorrise, gli occhi chiari luccicanti, e Athyna, distesa accanto a lei sul letto dell’amica, entrambe in camicia da notte, la imitò:
 
“Mi fa molto piacere sentirtelo dire. Ti voglio bene Dany, e vorrei davvero vederti felice.”
“Beh, posso dire lo stesso. Davvero non c’è nessuno che ti piace?”
 
“Credo di no, anche se mi conosci, io ho la cotta facile… solo che poi mi passa in fretta, per me innamorarmi è molto difficile, credo che non mi sia più capitato, dopo Frederick.”
 
Athyna si incupì leggermente ripensando alla relazione che aveva avuto ai tempi di Hogwarts, ma Danae le sorrise, incoraggiante:
 
“Lo dici a me? Non sono certo una persona che si innamora facilmente, lo sai… Però ti ricapiterà, Athyna, vedrai. Sarà più semplice, più bello… e andrà bene, ne sono certa.”
“A volte mi chiedo come sarebbe andata, sai. Tra me e lui, se le cose fossero state diverse.”
 
“Me lo chiedo anche io. Chissà come sarebbe la tua vita, e se saremmo ancora amiche. Immagino che non lo sapremo mai, ma il futuro sarà migliore, vedrai. Non conosco il dolore che hai provato, ma ti prometto che non ricapiterà.”
 
Athyna sorrise all’amica, che le prese la mano, e le assicurò che di certo sarebbero rimaste amiche anche se lei non fosse scivolata dalle scale della Torre di Astronomia, durante il sesto anno, o ancor prima, se non fosse rimasta incinta.
Frederick l’aveva lasciata per questo, e guardandosi indietro Athyna aveva capito, con l’aiuto di Danae, che non era stata un gran perdita. Ciononostante, dopo quell’esperienza aveva continuano a percepire una specie di senso di vuoto che non era mai riuscita a colmare del tutto.
 
 
*
 
 
 
“Tu non pensi che a Danae piaccia Ewart, vero?”
“Cosa te lo fa pensare?”
 
“Non saprei, una sensazione. Ma tu la conosci molto meglio di me, ovviamente.”
 
Amanda abbozzò un sorriso, voltandosi verso il marito, già in vestaglia e seduto sul loro letto mentre lei si spazzolava i lunghi capelli scuri. Perseus, sorrise, gli occhi chiari luccicanti mentre ripensava alla conversazione che lui e l’amico avevano avuto tempo prima nel locale di quest’ultimo: non sapeva se sua moglie avesse ragione o meno, ma di certo ci sperava.
 
“Beh, tu sei una delle persone più perspicaci che conosca, e spero che la mia intelligentissima moglie ci abbia visto giusto. Sarebbe meraviglioso avere Ewart in famiglia.”
Perseus sorrise e Amanda gli rivolse un’occhiata carica d’affetto mentre appoggiava la spazzola di legno sulla toeletta
“Lo so che ti piacerebbe, ma non farti castelli in aria, potresti restare deluso.”
 
Il marito non rispose e la strega scosse il capo prima di sfilarsi gli orecchini: chissà perché, sapeva di star parlando per nulla.
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………..
 
Angolo Autrice:
 
Io veramente non so come dirlo, ma mi sono appena resa conto che già nello scorso capitolo avrei dovuto eliminare, oltre a Shedir, anche… Edward.
In questo capitolo non l’ho inserito, come avete visto, immagino che col prossimo deciderò definitivamente cosa fare, anche se sinceramente non ho idea di come gestire la situazione.
 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero anche di non dover fare una strage nel prossimo capitolo XD
A presto!
Signorina Granger

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
 
Lilith era entrata nella loro stanza per dirle di raggiungere l’ingresso, e Megara l’aveva fatto chiedendosi il perché delle parole dell’amica e, soprattutto, perché Lily le avesse intimato di sbrigarsi: non aveva certo un treno da prendere, dopotutto.
 
L’ex Corvonero stava scendendo le scale quando comprese: nell’ingresso c’era Edward, in piedi e con le mani nelle tasche, così assorto mentre fissava il pavimento che non diede segno di essersi accorto di lei finchè la ragazza non scese anche l’ultimo gradino, raggiungendolo con un debole sorriso:
 
“Ciao… Mi volevi parlare?”
“Volevo salutarti, Megara.”
 
Solo in quel momento la strega si accorse di un dettaglio – non proprio insignificante – che le era sfuggito mentre scendeva le scale: accanto alla porta d’ingresso c’erano dei bagagli.
Megara, facendo saettare nuovamente lo sguardo sul ragazzo, deglutì mentre lo guardava sorriderle quasi malinconicamente:
 
“Te ne vai?”
“Purtroppo sì. Delle… questioni di famiglia urgenti mi richiamano a casa prima del previsto, temo. Ho già spiegato tutti ai Signori Burke, ma volevo salutarti prima di andarmene, naturalmente.”


“Oh, capisco. Mi dispiace.”    Il volto di Megara si rabbuiò, chinando il capo mentre Edward annuiva, mormorando qualcosa senza smettere di tenere gli occhi chiari fissi su di lei.
“Anche a me. Ci vedremo presto Megara, hai la mia parola.”
 
Megara sentì, all’improvviso, la mano di Edward poggiarsi sul suo viso, sollevandole leggermente il capo affinché lo guardasse a sua volta. La ragazza, tuttavia, ricambiò il suo sguardo solo per un paio di istanti, dopodiché il mago si chinò e appoggiò delicatamente le labbra sulle sue per qualche istante, sorridendole e accarezzandole la guancia prima di allontanarsi nuovamente.
 
“Sempre che tu voglia aspettarmi, chiaramente.”
“Certo.”
 
Megara sorrise, gli occhi chiari luccicanti, ed Edward ricambiò prima di incantare i bagagli con un colpo di bacchetta, facendo in modo che lo seguissero fuori di casa fluttuando a mezz’aria.
 
 
“Arrivederci Meggie.”
“Arrivederci Edward.” 
 
Edward la guardò un’ultima volta, poi si voltò e si diresse verso la porta d’ingresso, che si aprì da sola epr farlo uscire. Megara lo seguì con lo sguardo finché poté, poi, quando la porta si fu chiusa alle spalle del ragazzo, si voltò lentamente per tornare di sopra, felice e col cuore in tumulto.
 
 
*
 
 
“Non sai cosa ho visto stamattina!”
“Che cosa?”
“Hai presente che Edward se n’è andato stamattina, no? Beh, prima che lo facesse l’ho visto nell’ingresso insieme a Megara.”
 
Athyna sorrise, gli occhi da cerbiatta luccicanti: da inguaribile romantica qual era non poteva che essere felice per i due.
Aghata, invece, aggrottò la fronte mentre spalmava il burro sul pane e sembrò impiegare qualche istante prima di comprendere e sorridere a sua volta, asserendo che era felice che quella situazione un po’ assurda fosse almeno servita a far avvicinare delle persone.
 
Danae, seduta accanto a loro, ripensava alla partenza di Edward: non se ne era disperata, del resto anche se gli voleva bene tra loro era finita da tempo e non aveva mai avuto intenzione di intrecciare nuovamente qualcosa con lui, però un po’ le dispiaceva comunque. Soprattutto per Megara.
 
Sorrise nel ripensare a quanto li avesse visti insieme due giorni prima, durante la festa: e dire che tutti avrebbero scommesso che il ragazzo avrebbe cercato di riconquistarla… gli invitati dovevano essere ammutoliti nel vederlo passare quasi tutta la sera con Megara Travers e non con lei.
 
Non che lei se ne fosse dispiaciuta, chiaramente, Megara le piaceva e voleva sinceramente il meglio per il suo ex fidanzato. E poi, aveva goduto a sua volta di un’ottima compagnia in ogni caso.
Un sorriso quasi involontario increspò le labbra carnose della strega nel ripensare a tutto il tempo che aveva trascorso con Ewart, e quasi non si accorse che suo cugino Rigel le aveva raggiunte e si era fermato praticamente alle spalle di Athyna, schiarendosi la voce per attirare la sua attenzione.
 
Danae, pensando ad un ennesimo scherzo del cugino nei confronti dell’amica, stava per sbuffare e intimargli di sloggiare quando Rigel la precedette, sollevando una mano e scuotendo il capo:
 
“Non preoccuparti cugina, ti assicuro che non sono venuto ad importunare nessuno. Athyna, ho ricordi vaghi della seconda metà della festa dell’altra sera, ma so che stavo parlando con te, ad un certo punto… e mi vorrei scusare, se sono stato inopportuno.”
“Non preoccuparti Rigel, non importa.”
 
Athyna non battè ciglio e Danae, riducendo gli occhi a due fessure, stava per chiedere al cugino cosa avesse fatto alla sua amica, ma poi si rese conto che in quel caso Athyna gliene avrebbe suonate di santa ragione, e si ritrovò a sorprendersi della sua risposta pacata: non l’aveva praticamente mai sentita rivolgersi al ragazzo in quel modo, prima di allora.
 
 
“Athyna, ma cosa ti ha detto Rigel, esattamente? Non  d lui fare così, sembrava quasi… imbarazzato. E lui non è tipo da imbarazzarsi con poco.”
“Mi ha parlato della sua famiglia, sai, di suo padre. Non penso ti occorrano altre spiegazioni.”
 
Athyna si versò del thè caldo e Danae, guardando il cugino sedersi accanto a Vivian, capì il perché della sua reazione anomala: Rigel non amava parlare di suo padre, e ovviamente lei per prima aveva ricordi chiarissimi del periodo in cui suo zio si era dato all’alcol, prima di suicidarsi.
Non era stato un bel periodo nemmeno per la sua, di famiglia: una volta aveva persino sentito suo padre piangere per la prima volta in vita sua, passando davanti alla porta chiusa del suo studio.
Si era fermata e aveva pensato di entrare, ma poi si era detta che doveva essersi chiuso dentro per un motivo, così non l’aveva fatto.  
 
Il giorno dopo se n’era pentita e, non appena l’aveva visto la mattina dopo, l’aveva abbracciato e gli aveva detto che gli voleva bene.
 
 
“No, non ne servono.”
 
 
*
 
 
Erano passati due giorni dalla festa, e Cora non riusciva a dire chi stesse evitando chi tra lei e Gerry. Di sicuro lei aveva cercato in tutti modi di non trovarsi sola con lui, uscendo dalla sua stanza di rado ed evitando persino di sedersi accanto a lui a tavola.
 
Tutti in quella casa si stavano di certo chiedendo cosa stesse succedendo tra loro, abituati com’erano a vederli sempre insieme, ma se anche glielo avessero chiesto apertamente, Cora, non avrebbe saputo come rispondere.
Non sapeva nemmeno, di preciso, che cosa provava.
 
Quando sentì bussare alla porta Cora si sentì raggelare, ma invitò il suo visitatore ad entrare comunque, sperando che non fosse Gerard.
Quando, al suo osto, vide Vivian Lumacorno la ragazza tirò un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempo si sorprese parecchio per quella visita inaspettata, rivolgendole un’occhiata scettica:
 
“Vivian, che ci fai qui, esattamente?”
“Mi annoio, Prewett, mi annoio. Edward è tronato a casa, e prima potevo almeno divertirmi spingendolo verso Megara… ora ho un passatempo in meno, così ho deciso di venire ad importunarti. Allora, dimmi, che cosa è successo alla festa tra te e Gerard?”
 
“Assolutamente niente, perché?”
“Pf, ti prego, non offendere la mia intelligenza. Siete sempre pappa e ciccia, ma guarda caso dalla festa vi parlate a malapena. Pensi che io sia stupida?”
“Certo che no, ma… non mi va di parlarne.”
 
Vivian sbuffò, sedendo sul letto della ragazza e incrociando le braccia al petto prima di informarla che lei stessa aveva consigliato Amanda per anni su questioni simili, dalla sua relazione con Shedir fino al fidanzamento con Perseus.
 
“E visto che sono felicemente sposati, adesso, direi che i miei consigli sono preziosissimi. Quindi sputa il rospo, Prewett. Ha a che fare con Elaine? Ti ho vista uscire per parlarle, ma Amanda ha liquidato tutto con una scrollata di spalle e non sono riuscita a cavarle altro.”
 
“Diciamo di sì. Lei ha detto una cosa che non mi aspettavo.”
“Ossia?”
“Ha detto che quando stava con Gerry spesso si sentiva come all’ombra di qualcun altro. Come se in realtà lui tenesse allo stesso modo o più ad un’altra persona, capisci?”
 
“Oh… certo. Parlava di te e tu non ne avevi idea, vero? Glielo hai chiesto, lui te l’ha detto ma per qualche motivo non aveva chiarito, e ora non hai il coraggio di farlo?”
 
Vivian accavallò le gambe e sfoggiò un sorrisetto, gli occhi verdi luccicanti mentre si godeva l’espressione sgomenta di Cora, in piedi davanti a lei e a braccia conserte:


“Ma come fai a sapere tutto, hai origliato per caso?”
“Origliare è volgare, io non mi abbasso a certe cose. Te l’ho detto di non offendere la mia intelligenza, Cora, per chi mi hai preso?”
 
 
*
 
 
“Allora, come vanno le cose?”
“Tutto bene, direi. Edward se n’è andato stamattina, pare che avessero bisogno di lui a casa. E’ simpatico.”
 
Ewart, seduto di fronte a Perseus ad un tavolo del Paiolo Magico, dove si erano dati appuntamento per pranzare insieme, giocherellò con un pezzo di pane mentre l’amico lo guardava appoggiato al tavolo:
 
“Direi che è un bravo ragazzo, sì, anche se confesso che quando stava con Danae non mi piaceva troppo.”
“Chissà perché.”
“Beh, ammetto che fino a qualche anno fa ero un po’ geloso, è sempre stata la mia piccolina, abbiamo un rapporto speciale. Ma insomma, anche tu hai una sorella, non mi capisci neanche un po’?”
 
“Mia sorella è sposata e con un figlio, quindi è un po’ diverso… Ma sì, anche io ci tengo molto a lei, naturalmente. Mi sorprende, tuttavia, sentirti dire che sei geloso di Danae quando in pratica mi hai convinto a partecipare perché speravi di avermi in famiglia.”
 
Ewart sorrise, versando della Burrobirra a lui e all’amico che sorrise di rimando, gli occhi azzurri illuminati da un bagliore soddisfatto mentre lo guardava:
 
“Ci spero, Ewart, parla al presente. Sai, credo proprio che tu le piaccia.”
“Te lo ha detto Amanda? Perché lei su queste cose ci vede meglio di te, Pers, rassegnati.”
 
Ewart sorrise amabilmente all’amico, guardando sbuffare e borbottare che non era assolutamente vero prima di informarlo che si capiva e basta.
 
“E da che cosa si dovrebbe capire, sentiamo. Illuminami col tuo acume.”
“Mia sorella ha rifiutato di ballare con più persone, l’altra sera, ma con te l’ha fatto. E credimi, non è il tipo che fa buon viso a cattivo gioco, se non le piaci o non ha interesse per te non dissimula per niente. E’ una cosa che manda mia madre fuori di testa, ma almeno è facile capire che stai simpatico o no a mia sorella. Inoltre, è una persona abbastanza selettiva nei suoi legami.”
 
“Non lo metto in dubbio, Pers, ma da qui a dire che è interessata a me passa molta acqua sotto i ponti.”
 
Ewart svuotò per metà il suo boccale di Burrobirra e Perseus alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché il suo amico fosse così testardo prima di prendere nuovamente la parola, sporgendosi leggermente verso di lui per studiarlo attentamente:
 
“D’accordo Malfoy, allora cambierò approccio. Dimmi, perché ancora non mi è chiaro, che cosa ne pensi TU, di mia sorella.”
 
 
*
 
 
Danae adorava entrambi i suoi fratelli: aveva un legame speciale con Castor, con cui aveva sempre condiviso tutto, ma fin da piccola nutriva una particolare ammirazione per Perseus, che aveva sempre visto come una sorta di principe azzurro.
 
Si era scoperta persino gelosa del suo fratellone e selettiva verso chi avrebbe dovuto stare al suo fianco per la vita, ma fortunatamente la ragazza che la sua famiglia aveva scelto si era rivelata tanto adorabile da aver conquistato anche lei seduta stante.
 
Per quando volesse bene a Castor e Perseus, Danae si era spesso ritrovata a desiderare una sorella, magari una sorella maggiore con cui parlare, confidarsi e ricevere consigli. Alla fine, aveva trovato quello che cercava proprio in sua cognata, che era sempre bendisposta ad ascoltarla.
 
“Scusa Amanda, ma se ne parlassi con le mie amiche non la finirebbero più di assillarmi… Non ti voglio disturbare, ma non so con chi altro parlarle. Castor non capirebbe niente, e mia madre… beh, è meglio di no.”
 
Danae si rabbuiò nel pronunciare quelle parole, ma Amanda le sorrise come se la capisse e le versò del thè nella tazza di porcellana dipinta a mano, assicurandole che non la disturbava affatto:
 
“Mi piace avere compagnia.”
“A proposito, dov’è Pers? E’ sabato.”
“E’ a pranzo con Ewart.”
 
Danae arrossì appena e Amanda sorrise, quasi divertita:
 
“E’ di lui che volevi parlare, Dany?”
“E’ solo che… in un certo senso siamo cresciuti insieme, sai? Lui veniva sempre a giocare con Pers. Anche io avrei voluto stare con loro, ma dicevano che ero femmina e che quindi non potevo, e mi mandavano sempre via, così correvo a piangere da mia madre, che mi ripeteva che una signorina non va a rotolarsi nel fango o ad arrampicarsi sugli alberi. Cosa che comunque facevo con Tor quando lei non c’era, ma dettagli. Insomma, ci conosciamo da sempre, in pratica, e ho paura che lui mi veda sempre e solo come la sorellina del suo migliore amico.”
“E hai questa paura perché lui a te piace, Dany? Insomma, ti ho vista molto contenta di passare la serata con lui, alla festa, ed è indubbiamente un bellissimo ragazzo.”
 
“Credo che sia cambiato tutto quando è tornato dagli Stati Uniti. Venne a casa nostra a salutarci, io non lo vedevo da anni: le poche volte in cui tornava andava dalla sua famiglia, o lui e Perseus si vedevano a Londra, o magari io ero ad Hogwarts per l’anno scolastico. Ha studiato ad Ilvermorny, come sai, poi suo padre l’ha convinto a tornare qui in qualche modo, Perseus mi ha accennato qualcosa a riguardo, ma non conosco tutta la storia. In ogni caso, è stato tre anni fa, io ne avevo 19, voi 22. Mi ricordavo che fosse un bel ragazzo, ovviamente – anche perché mia madre non faceva che ripeterlo ogni volta in cui si sfiorava l’argomento – ma quel giorno ci fu qualcosa di diverso, non so spiegarmelo.”
 
 
 
Tre anni prima
 
 
Ewart sorrise mentre si guardava intorno, notando con affetto che quel posto non era affatto diverso da come lo ricordava.
Erano almeno tre anni che non metteva piede in casa Burke, poiché col tempo le sue visite in Gran Bretagna si erano fatte sempre più sporadiche, ma lui e Perseus non avevano mai smesso di tenersi in contatto.
 
“Ewart, che piacere vederti, come stai?”
 
Il sorriso del ragazzo si allargò alla vista della padrona di casa, salutando Belvina, che gli stava venendo incontro, con un cenno e con un baciamano:
 
“Il piacere è mio, Belvina. Non mi lamento… Voi come state? State iniziando ad organizzare il matrimonio?”
“Credo che Perseus e Amanda si sposeranno tra due anni, Pers continua a ripetere che non c’è nessuna fretta, lo sai com’è fatto. Allora, quanto ti fermi questa volta?”
 
“Per ora posso dire per sempre, credo. Temo che sarò più spesso in circolazione, d’ora in poi.”
Ewart sfoggiò un sorriso quasi malinconico mentre Belvina, invece, sgranò gli occhi, sorpresa, prima di sorridere allegra:
 
“Beh, mi fa piacere… posso solo immaginare quanto e sarà felice Rosalind.”
“Mia madre è molto contenta, sì. Perseus è in casa?”

“E’ nello studio con Herbert, te lo vado a chiamare subito. Sarà felicissimo di vederti.”
 
Belvina gli regalò un ultimo sorriso prima di girare sui tacchi e allontanarsi, dirigendosi verso le scale. Ewart la seguì brevemente con lo sguardo prima di voltarsi verso la porta che conduceva alla sala da pranzo, ritrovandosi un paio d’occhi puntati addosso: appoggiata allo stipite della porta a doppia anta c’era una ragazza dai capelli scuri e la carnagione pallida.
 
“Salve.”
 
La strega piegò le labbra in un sorriso sarcastico, sollevando ad arte un sopracciglio prima di parlare con tono divertito:
 
“Salve? Questa mi è nuova, Ewart, non credo che tu mi abbia mai salutato così in vita tua… L’America ti ha reso più educato verso le signorine, forse?”
 
Ewart aggrottò la fronte, confuso, prima di soffermarsi con lo sguardo sugli occhi della ragazza. Ne aveva visti solo due paia di così azzurri in tutta la sua vita: sul volto di Phineas Nigellus Black e su quello della nipote.
Anche Perseus aveva gli occhi azzurri, ma lui li aveva ereditati da Belvina, mentre quelli di Danae erano diversi: a volte tendenti quasi più al grigio che all’azzurro, erano così chiari da sembrare, talvolta, quelli di un cieco.
 
“… Danae?”
 
“E’ da tanto che non ci vediamo… Come vedi, sono cresciuta anche io.”
 
 
 
“Danae, non penso che Ewart ti veda semplicemente come la sorellina di Perseus, sei cresciuta, hai 22 anni e sei una ragazza bellissima e con carattere. Vorrei essere forte come te.”
 
Amanda le sorrise gentilmente e Danae, che si stava portando la tazza alle labbra, la bloccò a pochi centimetri dal viso per guardarla con tanto d’occhi:
 
“Come me? Stai scherzando? Amanda, tu piaci a chiunque ti conosca, non si può non volerti bene!”
“Grazie, ma vorrei anche essere forte come te, Danae. Dico davvero. Tu non hai davvero bisogno di qualcuno al tuo fianco, potresti benissimo sopravvivere senza, se non vivessimo in un’epoca dove la società considera la vita di una donna non realizzata finché non si sposa e non ha figli. Chiunque avrà la fortuna – e sottolineo la fortuna – di stare con te sarà molto fortunato.”
 
“Così come Perseus è fortunato ad averti, Amanda. Gli hai fatto molto bene, e so che è molto felice con te.”
 
 
*
 
 
“Tu non me la racconti giusta: Edward se n’è andato, pensavo di doverti consolare per giorni… Perché sei così allegra?!”
“Diciamo che mi ha fatto capire che intende rivedermi quando anche io tornerò a casa. Sono molto felice.”
 
Megara sorrise mentre passeggiava insieme a Lily tenendo l’amica sottobraccio, lanciandole un’occhiata di sottecchi prima di parlare con tono vago:
 
“Sai, ieri ho parlato con Castor… E mi ha raccontato della festa. Come ti senti in proposito?”
“Non lo so. Insomma, non è che non mi piaccia, semplicemente non ho mai avuto modo di conoscerlo bene, visto l’atteggiamento che aveva nei miei confronti.”
“Beh, puoi sempre dargli una possibilità e provare a conoscerlo meglio, passarci del tempo insieme… così anche tu potrai capire meglio cosa provi in proposito. Io lo conosco abbastanza bene, Lily. E’ un carissimo ragazzo, fidati di me.”
 
Lily esitò, ma poi annuì: la festa era stata due giorni prima e da allora aveva evitato il ragazzo come la peste. Era arrivato il momento di parlargli faccia a faccia.
 
Di sicuro anche sua sorella sarebbe stata del suo stesso parere, e Amanda era sempre stata la sua confidente numero 1.
 
“Oh, c’è Danae… ciao Danae!”  Megara sorrise alla ragazza, che proprio in quel momento stava attraversando il giardino per tornare a casa e che sorrise loro di rimando, rivolgendo alle due Corvonero un cenno di saluto:
 
“Buongiorno ragazze. Sono appena stata da tua sorella Lilith, mi ha detto di salutarti. Sei davvero fortunata, è fantastica.”
Lilith sorrise a Danae, annuendo mentre asseriva che lo sapeva meglio di chiunque altro.
 
 
*
 
 
“Castor, posso parlarti?”
 
Castor quasi scattò in piedi sentendo la voce di Lilith, che era entrata nel salotto senza far rumore, cogliendolo a dir poco di sorpresa. Il ragazzo annuì, guardandola sedersi con cautela accanto a lui prima di schiarirsi la voce, aspettando che anche lui si fosse seduto prima di parlare:
 
“Spero che il mio comportamento alla festa non ti abbia offeso troppo, Castor, non era mia intenzione. Ho riflettuto su quello che mi hai detto, e sono lusingata, ma…”
 
Ecco, queste sono esattamente le parole che precedono sempre un rifiuto
 
Castor abbassò lo sguardo, pronto a ricevere una batosta che, invece, non sopraggiunse, perché Lilith non disse affatto quello che si aspettava:
 
“… non credo di poterti dare una risposta certa, adesso. Sono sicura che tu sia un ragazzo eccezionale. Castor, ma non ti conosco molto bene… Però, se ti va, potremmo cercare di porvi rimedio. Mi piacerebbe molto conoscere meglio il famoso Castor Burke-Black, a scuola avevano tutte una cotta per te, dovrà pur esserci un motivo.”
 
Lilith sfoggiò un sorrisetto divertito mentre il ragazzo, sorpreso, la guardava sorridendo:
 
“Grazie Lilith… mi fa piacere se lo pensi. Ti prometto che non ti farò perdere tempo, ne ho già sprecato abbastanza io.”
 
Il ragazzo prese la mano della ragazza e ci depositò un bacio, facendola arrossire lievemente.
 
Alla fine, dopotutto, Chris non si era sbagliato nel dire che entro breve tempo tutto si sarebbe risolto.
 
 
*
 
 
“E’ vero quello che mi hai detto l’altra sera?”
 
“Sì.”
“E perché non me l’hai mai detto?”
 
“Perché ero convinto che non ti sarebbe interessato.”
“Sei un idiota.”
 
Gerard non riuscì a reprimere un sorriso alle parole dell’amica, muovendo un passo verso di lei mentre Cora, continuando a fissarlo, scuoteva leggermente il capo:
 
 
“Perché pensavi una cosa simile?”
“Ho sempre pensato di non essere alla tua altezza.”
“E non ti sei mai fermato a chiederti, invece, che cosa provassi IO?”
 
Gerard esitò: no, forse non ci aveva mai pensato, troppo impegnato a dare per scontato che Cora non avrebbe mai potuto interessarsi a lui. Stava con Elaine da tre anni quando aveva iniziato a rendersi conto che forse non nutriva solo affetto per Cora, ma aveva accantonato quei sentimenti finchè lei non l’aveva lasciato.
Poi, quando l’amica lo aveva aiutato a superarla e gli era stato vicino, avevano iniziato a riaffiorare. E in quelle settimane, stando con lei ogni giorno come non capitava da Hogwarts, aveva iniziato a provare qualcosa che non aveva mai provato.
 
“So che mi vuoi bene, Cora, ma…”
“No, non lo sai, Gerry! Cioè, certo che ti voglio bene, è ovvio, ma io… Devi smetterla di fare così. Tu non sei inferiore a nessuno, quando lo capirai?”
 
Gerard sorrise e allungò una mano, tanto che Cora credesse che volesse prendere la sua. Il ragazzo, invece, andò a sfiorare la manica arrotolata sotto al gomito della sua camicia, scostandola leggermente:
 
“E tu quando capirai che non serve nascondere certe cicatrici, Cora? Sia in senso letterale che metaforico. Non devi vergognarti di quello che sei tanto quanto non devo farlo io.”
 
Cora deglutì e abbassò lo sguardo, ritrovandosi, suo malgrado, ad osservare le cicatrici che riportava sul braccio, motivo per cui indossava sempre maniche più o meno lunghe.
 
“Ho sbagliato, e non fanno che ricordarmelo.”
“Hai salvato i tuoi fratelli, non hai sbagliato.”
“Tutti meno uno.” 
 
Gerry sorrise e l’abbracciò, mettendole una mano sulla nuca per carezzarle i capelli mentre mormorava che era solo una ragazzina e che aveva fatto l’impossibile, che non era colpa sua se il fratellino più piccolo, che dormiva ancora nella culla in camera dei genitori, era morto insieme a loro a causa dell’incendio.
 
“A volte mi domando come sarebbe diventato. Ce lo chiediamo tutti, che aspetto avrebbe avuto, in che Casa lo avrebbe Smistato il Cappello… Non saprò mai niente di tutto questo, Gerry.”
“Lo so. Immagino che sia stata dura, Cora, ma è passato tanto tempo, ormai sono dieci anni… Devi andare avanti. Hai fatto tanto per la tua famiglia, più di chiunque io conosca. Sei meravigliosa, Cora Prewett.”
 
Gerard le sorrise mentre le prendeva il viso tra le mani, osservando i grandi occhi chiari che tanto amava.
 
“Anche tu. Non so come tu non riesca a vederlo.”
“Te  l’ho detto che siamo uguali, infondo.”
 
Gerard sorrise e appoggiò la fronte sulla sua per qualche secondo, gli occhi verdi chiusi per godersi il momento mentre le braccia di Cora gli cingevano la vita con delicatezza.
 
La strega stava giusto pensando che non avrebbe mai voluto lasciare quella stanza quando, all’improvviso, sentì le labbra di Gerard sulle sue. Non aprì gli occhi, ma sentì le sue braccia stringerla a sé e lei portò una mano ai suoi lisci capelli castani, accarezzandoglieli.
No, non avrebbe più voluto lasciare quella stanza.
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Ebbene sì, Edward ha lasciato la storia, e temo che nel prossimo capitolo altri potrebbero seguirlo, ma sono stata insolitamente clemente e gli ho dato una buona uscita visto che stavo per rendere lui e Megara canon. Non temete, come si può intuire finiranno comunque felici e contenti (e potrei inserirlo brevemente nell’Epilogo), ma non mi sembrava giusto verso tutti personaggi che ho eliminato nel corso degli anni farlo restare nella storia solo perché faceva parte di una potenziale – e bellissima – coppia.  Dopotutto in Night School avevo ammazzato Frankie senza pietà, come sicuramente alcune di voi ricorderanno.
Inoltre, come si può intuire la storia si sta avviando verso la conclusione, non so di preciso quanti capitoli ci saranno ancora, ma penso non più di tre.
Detto ciò auguro buone vacanze a chi al momento se le sta godendo – anche se vi consiglio di scrivermi e avvisarmi se magari al momento non potete seguire la storia come, perché non sapendolo rischio di far fuori il vostro personaggio – e ci sentiamo presto con il seguito, ma prima ho un ultimo annuncio da fare:
 
Mi è sempre piaciuto molto parlare con le autrici che incontro qui sul sito, negli anni ho conosciuto persone davvero fantastiche e adoro discutere di Harry Potter e delle mie storie. Poiché siete le uniche persone con cui posso farlo – in quanto non faccio leggere a nessuno quello che scrivo e non avendo molti amici nerd come me, purtroppo –, dopo averlo visto fare spesso ho deciso di creare a mia volta una pagina Instagram dedicata al mio profilo di Efp.
Quindi, se volete contattarmi più rapidamente o avere informazioni di qualunque tipo, anticipazioni sulle storie, farmi domande di ogni genere o anche parlare di gatti, chiunque può trovarmi lì come Signorinagranger_efp, sarò felicissima di parlare con chiunque legga le mie storie, e in caso iniziassero a seguirmi diverse persone che vi partecipano o che le leggono potrei anche usare la pagina per anticipazioni, discussioni, contenuti extra e cose del genere.  
 
Con questo vi saluto, a presto!
Signorina Granger
 
Ps. Nel caso in cui a qualcuno fosse sfuggito, informo chi partecipa anche a The vengeance of Sins che qualche giorno fa ho finalmente aggiornato anche lì, dopo secoli. 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


“Tra una settimana sarà tutto finito. Sei felice?” 

Athyna, seduta sotto al portico accanto a Danae, sorrise all’amica che invece teneva gli occhi fissi su Castor e Lilith, che stavano passeggiando insieme sotto il frutteto. 

“Credevo che lo sarei stata. Infondo però mi sono abituata ad avere la casa piena di gente, sarà strano tornar alla normalità.”
“Ho sentito che tuo nonno intende sapere da te e Castor chi avete scelto la sera del giorno in noi ce ne andremo, la prossima settimana. Come pensi che ti comporterai?”

Danae sorrise all’amica, divertita, e asserì che sarebbe stata una sorpresa e che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, neanche con suo fratello. 

“Tu sei felice di tornare a casa?”
“Assolutamente sì, non ero certa venuta per trovarmi un fidanzato, e se non altro potrò starmene un po’ per conto mio senza temere che tuo cugino spunti da dietro ogni angolo per fare l’idiota.”


*


Sedute ad un tavolino poco distante da lui, nel salotto, Lilith e Megara stavano giocando a carte e chiacchieravano a proposito di Castor mentre Aghata sfidava Gerard a scacchi, divertendosi particolarmente nel mettere in difficoltà il cugino. 

Ewart era in compagnia del suo fidato Armstrong: seduto su una poltrona, accarezzava la testa che il cane gli aveva appoggiato sulle ginocchia, un bicchiere che fino a poco prima aveva ospitato del Whiskey – ormai vuoto –  appoggiato sul tavolino accanto a lui. 

“Tu si che fai una bella vita, vero? Dormi tantissimo, ti fai coccolare, mangi... ah, quasi ti invidio vecchio mio.”
Ewart sorrise amaramente nel guardare il cane con affetto, ripensando alla lettera che aveva ricevuto dal padre il giorno prima: Brutus Malfoy chiedeva al figlio se pensava o no di sistemarsi una volta per tutte, sostenendo che dovesse darsi una mossa. 
Ewart aveva avuto una sola relazione seria, in America, dalla quale se l’era data a gambe non appena aveva intuito quale piega avrebbe preso. Era passato qualche anno, e forse si sentiva più pronto di allora a sistemarsi, ma quel che era certo era che suo padre moriva dalla voglia di vedere il suo erede accasato. 

Del resto era stato proprio suo padre a convincerlo a tornare in Inghilterra per poterlo tenere meglio sott’occhio. 

Il Malfoy pensò al suo migliore amico, sposato da un anno, cosa che suo padre non mancava mai di menzionare, sostenendo che dovesse prendere esempio da Perseus e trovarsi una bella e brava ragazza Purosangue da sposare. 
In effetti, forse da una parte invidiava l’amico: sembrava davvero felice. 

Ripensò all’ultima conversazione che avevano avuto, pochi giorni prima, al Paiolo Magico. 


“In che senso?”
“Non offendere la tua e la mia intelligenza con domande del genere, Ewart.”

Il biondo sfoggiò uno dei suoi sorrisetti più angelici – quelli che avevano il potere di irritare fino all’esaurimento suo padre – e sollevò leggermente le sopracciglia: 

“E tu dimmi chiaramente cosa vuoi sapere, Perseus.”
“Voglio sapere se ti interessa mia sorella, Ewart. Sai quanto le voglia bene, e se posso vorrei evitare che passasse la vita con qualcuno che non la stima e non la ama, si merita di meglio, ma purtroppo è molto ambita.”

“Su questo mi trovi d’accordo. Danae si merita di meglio di essere messa all’asta..”
“A te piace? Puoi dirmelo.”
“È davvero molto bella, ma sai che non è solo la bellezza che cerco… mia madre era una delle donne più belle dell’alta società, al tempo, ma non vorrei mai passare la vita con una moglie con lei, per quanto le sia affezionato. Accanto a me vorrei qualcuno di forte, di stimolante. E sì, in effetti credo che Danae sia esattamente così. Immagino che dicendo che mi è completamente indifferente mentirei.”

Perseus sorrise, quasi vittorioso: forse le sue speranze non sarebbero state vane, dopotutto.


*


“Non hai idea di quanto mi riempia il cuore di gioia vederti così felice.” 

Amanda sorrise con affetto a Cora, che seduta di fronte a lei stava divorando una coppa enorme di gelato Fortebraccio. 

“Anche io mi sento felice. Mi sento proprio… bene. Credo che niente potrebbe turbarmi, adesso.” 
“E il nostro Gerry come sta?” 

“Mi sembra felice anche lui, anche se la più entusiasta di tutti ovviamente è mia nonna, sai com’è fatta.”

Cora agito il cucchiaio per liquidare il discorso mentre Amanda, prendendo un po’ di caramello salato, inclinava le labbra in un debole sorriso:

“Beh, tra te e Gerry e Megara Travers e Edward Parkinson sembra proprio che Phineas Nigellus abbia finito col dare vita a diversi nuovi amori, ma non per i suoi nipoti.”
“Come fai a sapere di Megara ed Edward?”
“Mi ha infornata mia sorella, ovviamente.”

Amanda si strinse nelle spalle e Cora sorrise, gli occhi chiari luccicanti prima di parlare con tono canzonatorio:

“Beh, tua sorella si è scordata di avvisarti di qualcosa, ho idea. Ti ha detto che sta passando molto tempo con tuo cognato, da qualche tempo?”
“Cosa, no! La solita Lilith, è sempre troppo riservata. Per fortuna ho te e Vivian che mi informate di tutto. Beh, mi fa piacere, Castor è un ragazzo fantastico e gli voglio bene. Come se la passa Danae, invece?”

“Oh, al solito direi, è una tipa abbastanza solitaria. In questo i gemelli si somigliano, credo.”
“Non la vedi mai con Ewart?”
“Sì, ogni tanto… perché? C’è qualcosa che dovrei sapere?”  La domanda dell’amica fece sgranare gli occhi a Cora, che si sporse sul tavolo mentre Amanda, invece, si portava del gelato alle labbra sorridendo divertita:

“Attenta Cora, questa esperienza potrebbe rischiare di farti diventare pettegola.”


*


“Come sta questo tesoro?” 

Danae entrò nella stanza con un largo sorriso sulle labbra e, accorgendosi che aveva parlanti rivolgendosi nella sua direzione, Ewart alzò lo sguardo per rivolgerle un’occhiata sconcertata. 
Non poteva certo aver sentito bene, o forse parlava a qualcun altro… ma allora perché guardava verso di lui?

Capendo che il ragazzo aveva frainteso Danae arrossì di colpo, balbettando che si riferiva ad Armstrong mentre si fermava di fronte al Malfoy, che si rilassò ma distese al contempo le labbra in un sorriso leggermente nervoso:

“Certo, è chiaro. Al solito, comunque: mangia, dorme, è pigro come nessuno al mondo e adora farsi coccolare.”
“Beh, lo posso capire. Ciao Armstrong!”

Danae si inginocchiò e sorrise dolcemente al cane, che si allontanò da Ewart per farsi coccolare dalla ragazza ignorando bellamente l’occhiata torva che il padrone gli rivolse: 

“Visto? È un gran scroccone voltagabbana. Dovresti vergognarti, Armstrong.”
“Non dire così, è adorabile, come si fa a prendersela con questi occhioni?”

Danae prese il muso del cane tra le mani e lo scosse leggermente, ridacchiando prima di grattargli le grandi orecchie penzolanti. 

Guardando il suo amato cane godersi le coccole della ragazza ad Ewart balenò il pensiero che, forse, in quel momento un po’ lo invidiava. 

“Vuoi fargli fare una passeggiata?”
“Volentieri, se non ti dispiace.” Danae tornò a posare lo sguardo su di lui e gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi: il volto della ragazza era spesso molto serio, e Ewart si compiacque di quel cambiamento mentre si alzava, porgendole la mano per aiutarla a fare altrettanto:

“Non mi dispiace affatto, anche perché intendo venire anche io. Sempre che non faccia da terzo incomodo, è chiaro.”
“No, penso che io e Armstrong potremmo anche concederti di venire con noi. Vero tesoro?”

Danae sorrise e si rivolse al cane, che per tutta risposta abbaiò mentre il padrone appellava il suo guinzaglio:

“Perfetto, allora.”


*

Gerard, seduto in riva al lago, sorrideva mentre teneva gli occhi chiari fissi su Cora, che si era sistemata stendendosi sul telo e appoggiando la testa sulle sue gambe mentre leggeva un libro.

“Perché sorridi così?”
“Perché sto guardando te.”

Cora abbassò il libro per poter guardare il ragazzo, insieme al quale si stava godendo le ultime ore di sole dopo essere tornata dalla sua uscita a Diagon Alley con Amanda. 

“È stata una strana estate, non trovi?”
“Insolita, di sicuro. Ma sono felice se ha portato a questo, direi che non posso pentirmi di essere venuto qui.”

Gerard si abbassò per darle un bacio e Cora sorrise, asserendo che in caso contrario chissà quanto tempo ci avrebbe messo a dichiarare i suoi sentimenti. 
“Non mi risulta che tu fossi meno restia di me, Cora Prewett, dunque non venire a farmi la paternale. Mi mancherà non vederti ogni giorno, dalla prossima settimana.”

“Anche tu mi mancherai, rompiscatole che non sei altro. Ma non temere, non ti libererai comunque di me.”

Cora sorrise, gli occhi chiari sereni e rilassati, e Gerard la imitò, accarezzandole la testa mentre annuiva:

“Lo spero tanto.”


*


“Sono davvero carini, vero? Sono proprio felice per mio cugino.”

Aghata sorrise allegra, accennando a Cora e Gerard dalla finestra mentre Megara, seduta di fronte a lei con una tazza di thè tra le mani, annuiva con un debole sorriso:

“Sì, è vero. Sono felice per loro, si capiva che si piacevano.”

“A me piacerebbe vedere insieme te ed Edward… mi dispiace Meggie.”

Lilith, seduta accanto all’amica, le rivolse un’occhiata carica di compassione che però l’altra liquidò con un sorriso, asserendo che si sarebbero rivisti presto di sicuro mentre appoggiava la tazza sul piattino.

“Direi che abbiamo parlato abbastanza di me, Lily, ora potremmo cambiare argomento e parlare di te e Castor, che ne pensi?”

“Per non penso che non ci sia molto da dire, voglio conoscerlo un po’ meglio, anche se so che tra una settimana torneremo a casa… non oso pensare a cosa succederà quando mia madre lo saprà, non mi darà respiro.”

Lilith scosse il capo, preparandosi al peggio mentre Aghata aggrottava la fronte e prendeva uno dei biscotti al burro che gli elfi avevano generosamente servito loro insieme al thè:

“Belvina e Herbert hanno capito qualcosa?”
“Onestamente non ne ho idea, ma se così fosse non hanno mutato il loro atteggiamento nei miei confronti. Mi piacciono molto, comunque, sono davvero delle brave persone.”

Aghata stava per dire qualcosa, ma s’interruppe quando udì la voce di Danae giungere dall’ingresso, anticipando l’arrivo della ragazza:

“Sbaglio o questo è profumo di biscotti al burro appena usciti dal forno? Ah, bene bene, fate merenda senza di me, vedo.”
“Ciao Dany, non eri a passeggiare con Ewart?”

“Sì, abbiamo fatto il giro del parco con Armstrong, ma sai bene che la pausa del thè delle cinque è sacra per me. Ewart, vuoi del thè?” 

Danae prese poto accanto ad Aghata sul divanetto rosso foderato e si servì il thè mentre si rivolgeva al ragazzo, che rispose dalla stanza accanto mentre toglieva il guinzaglio ad Armstrong e lo consegnava ad un elfo:

“Sì, grazie.”

Il biondo raggiunse le quattro ragazze nel salottino e prese la tazza che la padrona di casa gli porse poco dopo, sorridendo con aria colpevole quando corresse la bevanda versando un po’ di Whiskey dalla fiaschetta che teneva in tasca. 

“Una brutta abitudine, secondo mia sorella.”
“Beh, tua sorella ha ragione, ma sei libero di fare come preferisci.”

Danae si strinse nelle spalle mentre si riempiva il piatto di biscotti sotto lo sguardo divertito di Aghata, che rise di fronte alle espressioni ammutolite di Lilith e Megara: 

“Scusa se te lo chiedo Danae, ma dove metti tutti quei dolcetti?!” 
“Questi sono il carburante del mio cervello, fanciulle: è sempre in movimento, quindi devo tenerlo attivo.”

Ewart nascose un sorrisetto dietro la sua tazza mentre Aghata, invece, sogghignava a viso aperto:

“Certo, come no…”
“Aghy, mangia un biscotto e non fare commenti.”

“Sì può sapere perché fate preparare il thè senza avvisare nessuno?”

Amias sbuffò mentre entrava nella stanza sedendo su una sedia disposta attorno al tavolino
“Oh, scusa Amias, la prossima volta ti invieremo un invito scritto con tre giorni di anticipo e stenderemo un tappeto rosso solo per te, hai la mia parola.”

Aghata sorrise dolcemente al ragazzo, che per tutta risposta la colpì con un cuscino mentre Danae, roteando gli occhi, asseriva che non fosse un problema e, evocato un Elfo, gli chiese gentilmente di portare altro thè e altri dolci. 

“Sapete, confesso che all’inizio l’idea di avere la casa piena di gente non mi piaceva per nulla, ma credo che un po’ mi mancherete. La mia privacy però sì, quella sarò ben felice di riaverla.”

La padrona di casa lanciò un’occhiata in tralice ad Amias e il Grifondoro, che stava prendendo un muffin dal vassoio appena giunto dritto dalle cucine, sgranò gli occhi scuri mentre Aghata ridacchiava: 

“Danae, ti ripeto che quando sono entrato per sbaglio in camera tua il primo giorno ero davvero convinto che fosse il bagno!”
“Stendiamo un velo pietoso, per favore… sapete, in cucina mi hanno detto che Vivian si fa portare spesso il thè in camera sua. Lei sì che è un genio, non so come ho fatto a non pensarci per tutto questo tempo!”






…………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Rieccomi con uno degli ultimi capitoli della storia (ce ne sarà un altro, seguito dall’Epilogo), avrei voluto pubblicarlo ieri ma sono stata impossibilitata dai problemi che ha riscontrato il sito. 
Essendo giunti a questo punto ho deciso che non eliminerò, formalmente, nessun altro personaggio, anche se vi sarete accorte che diversi OC non appaiono da un po’: sarò felicissima di reinserirli se dovessi ricevere notizie dalle autrici, ovviamente. 
Per questo motivo mi scuso per la brevità del capitolo, ma capirete bene che con pochi personaggi da utilizzare anche i capitoli in sé ne risentono, così come l’ispirazione e la motivazione. Inoltre, spero che non ci siano troppi errori, ma ho dovuto scrivere dall’iPad, che è molto meno agevole del computer per questo genere di cose.
Inoltre, temo che se la situazione attuale non cambia, ossia con molte autrici che purtroppo non hanno ripreso a seguire la storia, non avrà molto senso scrivere la consueta raccolta di OS, ma mi concentrerò invece su TVOS, la Big Damn Table e la storia che ho appena iniziato.
A presto, spero, con l’ultimo capitolo. 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 
 
Quando aprì gli occhi e realizzò che cosa sarebbe successo quel giorno Amanda abbozzò un sorriso, rotolando sul fianco per guardare il marito che ancora dormiva.
Perseus aveva la capacità di essere inspiegabilmente perfetto anche quando dormiva – tant’è che la moglie nelle prime settimane di matrimonio quasi si vergognava nel farsi vedere in disordine di prima mattina, mentre lui era sempre bellissimo ed impeccabile – e Amanda lo guardò mentre dormiva placidamente con la testa appoggiata sul cuscino, i capelli castani tendenti quasi al riccio che gli incorniciavano il bel viso e le labbra leggermente dischiuse.
 
La strega sorrise e allungò una mano per sfiorargli la mascella coperta dalla barba mentre studiava i lineamenti del suo viso e, con l’altra, stringeva una di quelle del marito.
 
Quando anche Perseus aprì gli occhi e la mise a fuoco le sue labbra si piegarono in modo molto simile a quelle della moglie, sollevandole la mano per depositarci un bacio prima di parlare a bassa voce:
 
“Buongiorno Signora Burke-Black. Sei pronta per oggi?”
“Assolutamente sì. Chissà se i tuoi fratelli possono dire lo stesso.”
“Me lo auguro vivamente.”
 
 
*
 
 
Danae sembrava di ottimo umore quel giorno, tanto che entrò nella sala da pranzo per fare colazione quasi saltellando e si mise a divorare una fetta di torta alle carote con crema al formaggio come se l’attendesse una splendida giornata, guadagnandosi occhiate perplesse da parte del fratello e di Aghata, che la guardarono con aria stralunata.
 
“Sai Danae, il fatto che tu sia così di buon umore proprio oggi potrebbe quasi offendermi.”
 
Ewart inarcò un sopracciglio e abbassò il lato superiore del giornale che teneva in mano per rivolgere un’occhiata divertita alla ragazza, che tra un boccone e l’altro lo informò di non essere felice per il fatto che se ne sarebbero tutti andati da casa sua quella sera stessa.
 
“E per cosa allora, se posso chiedere?”
“Già Dany, cosa ti rende così di buon umore?”
 
Castor si sporse oltre Megara, seduta accanto a lui, per lanciare un’occhiata divertita alla gemella, che si limitò a stringersi nelle spalle e ad asserire che fossero affari suoi mentre sorseggiava il suo solito Earl Gray.
 
“Chissà cosa sta tramando, potrei quasi preoccuparmi. Dici che vuole mettere una Caccabomba sotto la sedia di vostro nonno, stasera?”
Aghata si rivolse a Castor, divertita e preoccupata al tempo stesso che l’amica potesse fare qualcosa di simile: di certo sarebbe stato uno spettacolo esilarante, ma sapeva anche che avrebbe passato guai seri, in quel caso, e che la serata si sarebbe presto trasformata in uno spettacolo dell’orrore.
 
Amias sfoggiò un sorrisetto e stava per proporsi di organizzare qualcosa del genere per animare la serata, ma Castor bloccò il suo slancio sul nascere con un’occhiata:
 
“Ne dubito, se anche volesse fargli uno scherzo mia sorella è molto più… sottile. Ma magari sa qualcosa che noi ignoriamo.”
“O magari ci sta davvero organizzando uno scherzo, controllerò per bene il mio piatto prima di cenare, stasera.”
 
Amias aggrottò la fronte, pensieroso, e Aghata lanciò un’occhiata interrogativa all’amica prima che Danae sbuffasse e parlasse con tono scocciato, intenta a spolverarsi le briciole della torta di dosso:
 
“Finitela di bisbigliare, idioti, vi sento benissimo! Amias, non avevo intenzione di mettere nulla nel piatto di nessuno, ma grazie per avermi dato uno spunto interessante. Potrebbe essere il mio regalo di addio per voi!”
 
“Bene, ho capito, io mangio in cucina stasera. Chi viene con me?”
 
 
*
 
 
“Sono preoccupata per stasera.”
“Di che cosa hai paura, cara, temi che Anja Prewett possa entrare dalla porta d’ingresso e sfidare tuo padre a duello?”
 
Herbert sghignazzò di fronte a quell’immagine, ma l’occhiata glaciale che Belvina gli lanciò lo costrinse a tornare serio mentre passeggiavano in giardino, approfittando del fatto che fosse domenica e che Herbert non lavorasse, quel giorno.
 
“Certo che no. No, sono più preoccupata per i nostri figli che per la Signora Prewett. Per i nostri figli e per mio padre, sì.”
“Temi che gli esiti della serata possano non compiacerlo? Belvina, tuo padre prima o poi forse imparerà che non può sempre ottenere ciò che vuole.”
“Credimi, non accadrà mai. Sono felice che Perseus e Amanda vengano, però, stempereranno la tensione. Mio padre adora Pers.”
“Lo so bene. Uno dei pochi meriti che mi riconosce è averlo cresciuto, anche se naturalmente parte del merito è anche suo. Come se con i gemelli avessimo fatto un pessimo lavoro, poi…”
 
Herbert piegò le labbra in una smorfia e Belvina gli rivolse un’occhiata comprensiva prima di sorridere, assicurandogli che non fosse così:
 
“Danae non è la nipote che si aspettava, tutto qui. E questo perché lei non è me. Io sono stata una figlia perfetta, Herbert, ma Danae somiglia più a te. Ma sono dei ragazzi fantastici, questo conta. Non ho idea di come andrà, stasera, ma confido nel buonsenso dei ragazzi.”
 
“Oltre a noi e a tuo padre, Perseus e Amanda chi hai invitato?”
“Ci saranno buona parte dei genitori dei ragazzi, ho pensato fosse il modo migliore per chiudere la questione.”
 
Herbert scoppiò a ridere, asserendo che poteva solo immaginare quanto in trepidazione fossero buona parte di quelle persone, forse speranzose che uno dei gemelli avesse scelto il loro figlio o figlia.
In particolare, il mago pensò ad un suo caro e vecchio amico, nonché socio in affari:
 
“Brutus Malfoy arriverà agguerrito e pronto a prendere Ewart per un orecchio, vedrai.”
“Oh, ne sono sicura.”
 
 
*
 
 
“Sei nervosa per stasera?”
“Ho solo il sentore che mia madre arriverà aspettandosi chissà che cosa. Dopo aver visto me e Castor ballare insieme alla festa, starà già vedendo fiori d’arancio ovunque.”
 
Lilith alzò gli occhi al cielo mentre buona parte dei suoi vestiti planava in pile ordinate dentro il baule e Megara, impegnata a rassettare il letto dove aveva dormito per tutta la sua permanenza a casa Burke, le sorrise con fare comprensivo:
 
“Lo so, ma consolati pensando che ci saranno tua sorella e Perseus a sviare la sua attenzione. Tua madre adora tuo cognato, no?”
“Oh, sì, lo considera il genero più perfetto che potesse trovare, non fa che auto-complimentarsi per aver organizzato quello che fu il matrimonio dell’anno e per aver trovato un marito del genere alla sua preziosissima primogenita. Ora è il mio turno, però.”
 
Lilith accennò una smorfia mentre sedeva sul suo letto, mormorando quanto l’amica fosse fortunata rispetto a lei, da quel punto di vista.
“Lo so Lily… mio nonno e mia sorella mi hanno spedita qui perché speravano che uscissi dal mio guscio, ma mio nonno non è fissato con la storia del matrimonio, non fa che ripetere che siamo ancora giovani e che c’è tempo.”
 
“Gli hai detto di Edward?”
“Pensavo di farlo stasera, credo che ne sarà felice.”
 
Megara sorrise, allegra, e l’amica la imitò prima di domandarsi che cosa avrebbe fatto Castor quella sera:
 
“Pensi che Castor farà il mio nome, stasera?”
“Non penso, se così fosse prima ne parlerebbe con te, ne sono certa. Castor è un vero gentiluomo, non ti preoccupare, non ti metterà in difficoltà. Ammetto però di essere curiosa per quanto riguarda Danae.”
 
“Credo che lo siamo tutti.”
 
*
 
 
Castor si era appena seduto dopo aver brevemente annunciato che una delle ragazze presenti aveva, in effetti, catturato la sua attenzione, ma che preferiva prendersi un po’ di tempo prima di fare comunicazioni ufficiali quando Danae si alzò tenendo un bicchiere in mano e sfoggiando un sorrisetto che parte dei presenti conosceva bene: Perseus guardò la sorellina con sincera preoccupazione, Belvina pregò che non facesse nulla di sconsiderato mentre Herbert, dal suo posto a capotavola, quasi sperava di potersi fare quattro risate.
 
Il maggiore dei fratelli Burke-Black lanciò un’occhiata in tralice a Castor, come a chiedergli se sapesse niente, ma il minore si limitò ad un cenno quasi impercettibile del capo, facendogli capire che Danae non si era confidata neanche con lui.
 
“Buonasera a tutti. Sono Danae Ursula Burke-Black, ma questo lo sapete. So che molti dei presenti si aspettano qualcosa di preciso da me, questa sera, ma prima vorrei dire qualcosa.
Come i miei familiari sanno molto bene, all’inizio ero molto… scettica, riguardo a tutto questo. Col tempo ammetto, però, di essermi anche divertita e per questo motivo voglio ringraziare i miei genitori, i presenti, e te, nonno…” – Danae sorrise e sollevò appena il bicchiere in direzione di Phineas, che ricambiò lo sguardo tenendo le braccia strette al petto e con una punta di scetticismo, anche se iniziava a ben sperare – “per avermi permesso di approfondire la conoscenza con alcuni dei nostri ospiti e, soprattutto, per avermi permesso di passare molto tempo in compagnia dei miei più cari amici. In un certo senso, è stato come tornare a scuola, solo senza i compiti. Voi ne sapete qualcosa, nonno.”
 
Danae sorrise, la tavola venne attraversata da una serie di risate e Belvina si rilassò notevolmente, abbozzando persino lei stessa un sorriso mentre stringeva la mano del marito sul tavolo.
 
Ewart, dal canto suo, stava osservando Danae con interesse dal suo posto accanto al padre, sinceramente curioso di sentire che cosa avesse da dire: i preamboli erano stati a dir poco perfetti, ma sapeva benissimo che tutti i presenti si aspettavano anche altro dalla ragazza.
Lui per primo doveva ammettere di essere molto curioso, specie dopo averla vista così allegra per tutto il giorno.
 
“Perché sorridi?”
 
Accorgendosi – con lieve stupore – che suo padre stava sorridendo il ragazzo si rivolse a Brutus con un sopracciglio inarcato, guardandolo voltarsi verso di lui e abbozzare un sorrisetto:

“Mi ricorda qualcuno che conosco.”
 
Ewart vide il padre voltarsi verso Herbert, che dall’altro capo del tavolo gli sorrise e gli strizzò l’occhio prima di tornare a rivolgere la sua attenzione alla figlia, che riprese la parola dopo la pausa studiata ad arte:
 
“Ora, so che c’è qualcosa che vi aspettiate che faccia, e in effetti posso affermare di aver fatto una scelta, in queste settimane. Ci ho pensato a lungo, ma sono finalmente giunta ad una conclusione, e a differenza di mio fratello Castor posso comunicarvela.”
 
Danae poté quasi scorgere suo nonno mettersi a sedere dritto sulla sedia, improvvisamente molto attento. Era colpito, probabilmente non era certo di aspettarsi un discorso simile da lei, quella sera.
Anche Belvina lo sembrava, e Danae non poté fare a meno di chiederle mentalmente scusa prima di parlare di nuovo, più seria che mai:
 
Io scelgo me stessa, stasera.”
 
 
*
 
 
 
“DEVI PARLARE CON TUA FIGLIA, BELVINA!”
“Ha 22 anni, è adulta, non posso costringerla a fare nulla e neanche voi potete.”
 
“Non importa quanti anni abbia, è ancora sotto la tutela tua e di Herbert, quindi c’è eccome qualcosa che si può fare: dille che o si sposerà, o dirà addio a ciò che le aspetta per diritti di nascita.”
 
“State dicendo che dovrei minacciarla con l’eredità, padre?”
“Sono i soldi a muovere il mondo, Belvina, solo i soldi. Usando questa carta si può convincere chiunque a fare qualsiasi cosa, credimi.”
 
Phineas liquidò il discorso con un gesto della mano e Belvina, sconcertata e avvilita dalle parole del padre, stava per ribattere quando la porta dello studio si aprì e Herbert entrò nella stanza, le mani nelle tasche dei costosi pantaloni sartoriali e una finta aria disinvolta:
 
“Che cosa succede, Phineas?”
“Herbert, stavo dicendo a Belvina che non potete permettere a Danae di fare la bambina capricciosa. Ha offeso tutti i presenti, ve ne rendete conto?”
 
“E voi, Phineas. Giusto?”
Herbert inclinò la testa con un lieve sorrisetto mentre Belvina sospirava, passandosi le mani nei capelli neri e il padre riduceva gli occhi cerulei a due fessure, parlando con un filo di voce:
 
“Certo. E me. Nessuno si è mai permesso di fare una cosa del genere. Danae non può lamentarsi, le abbiamo dato la possibilità di scegliere. Non tutti ce l’hanno, e non occorre che io ve lo dica! Pensi che mia figlia ti abbia scelto personalmente, Herbert?”
 
“Padre!”    Belvina sgranò gli occhi, scandalizzata, ma Herbert decise di ignorare la frecciatina e raggiunse un tavolino appoggiato alla parete dove, su un vassoio, c’erano dei bicchieri di cristallo e un paio di bottiglie di Whiskey invecchiato, versandosene due dita prima di parlare con tono calmo e rilassato:
 
“Che cosa proponete, quindi? Devo rinchiuderla in camera finchè non farà ciò che vogliamo? Non è più una bambina, può prendere consapevolmente le sue decisioni. E’ la sua vita.”
 
“Nessuno di noi prende le sue decisioni a cuor leggero, Herbert, perché ciò che facciamo e diciamo condiziona tutta la famiglia.”
“E chi non fa come gli viene detto viene estirpato come un’erbaccia che rovina il più bello dei giardini, vero? Come sta vostro figlio Phineas?”
 
Sentendo nominare il fratello – era passato molto tempo dall’ultima volta in cui se ne era parlato, e suo padre aveva reagito scagliando un bicchiere contro la parete – Belvina sussultò. Herbert invece guardò il suocero mentre beveva un sorso di Whiskey, ma il patriarca dei Black restò impassibile e si limitò a sibilare qualcosa tra i denti:
 
“Non ne ho la minima idea.”
“Non farò lo stesso con mia figlia, potete scordarvelo. Non la minaccerò certo di diseredarla, se è questo che intendete.”
 
“Danae è una Black.”
“Ma prima di tutto è una Burke, è MIA figlia, prima che vostra nipote. Potete esercitare tutta l’autorevolezza che volete, Phineas, ma non potete venire in casa mia e dettare legge. Non su tutto, non su mia figlia. Ho accettato la vostra trovata, si è fatto come volevate, ora accettate gli esiti della faccenda. Che v’importa se Danae si sposa ora o tra tre anni? Non è la vostra unica nipote e di certo non è vostra erede, è una donna. Posso capire che vi interessasse di Perseus, ma perché tanta fretta anche per Danae? Un matrimonio vantaggioso non porterebbe nulla nelle vostre tasche.”
 
Phineas non disse nulla e Herbert, sorridendo, annuì, gli occhi azzurri luccicanti mentre Belvina assisteva in silenzio.
 
“E’ la famiglia, vero? E’ sempre la famiglia… Voi non sopportate che qualcuno non rispetti le vostre decisioni. Siete stato abituato troppo bene, Phineas. Danae non è Belvina, e non lo sarà mai. Non riavrete vostra figlia attraverso la mia. Sono sicuro che Castor sarà presto fidanzato con una Purosangue di buona famiglia, accontentavi di aver ottenuto, parzialmente, ciò che volevate. E ora, direi che non è il caso di far attendere ulteriormente i nostri ospiti. Vieni, cara. Phineas, Perseus mi ha detto di avere un annuncio da fare, vi consiglio di seguirci.”
 
Herbert lasciò il bicchiere ormai vuoto sul vassoio d’argento e porse il braccio alla moglie, che dopo un attimo di esitazione superò il padre per raggiungerlo, uscendo insieme a lui dalla stanza.
Dal canto suo, Phineas Nigellus esitò, livido di rabbia: non era mai stato trattato in quel modo in tutta la sua vita.
 
Il genero però aveva stuzzicato la sua curiosità, e voleva sentire che cosa avesse da dire il nipote prediletto, così uscì dalla stanza per tornare dai loro ospiti.
 
 
*
 
 
“Lungi da me voler rubare la scena ai miei fratelli, stasera, ma volevo approfittare del momento per fare, a mia volta, un annuncio. Per conto mio e di mia moglie, naturalmente.”
 
Perseus, in piedi, si voltò per lanciare una rapida occhiata affettuosa ad Amanda, seduta accanto a lui, che ricambiò mentre Lilith, sgranando gli occhi, si voltava verso Danae, che stava iniziando a sfoggiare un sorriso sempre più largo. Gli sguardi delle due si incrociarono ed entrambe si capirono all’istante: stavano pensando la medesima cosa.
 
Anche Belvina sembrò intuire qualcosa, perché si rianimò dopo la discussione con il padre e, per un attimo, tutti i presenti si scordarono di Danae, Phineas Nigellus incluso.
Gli sguardi di tutti i presenti erano su Perseus, che un istante prima di parlare indugiò sullo sguardo su Ewart, a cui bastò un’occhiata per sapere che cosa stesse per udire, tanto che sorrise all’amico e incrociò le braccia al petto, pronto a godersi la scena.
 
“Amanda e io siamo lieti di annunciare che presto la famiglia conterà un nuovo componente. Siamo in dolce attesa.”
 
 
Forse per la prima volta in tutta la sua vita, Belvina mandò all’aria le buone maniere e l’etichetta e si alzò con un gridolino di gioia, raggiungendo il primogenito per stringerlo in un abbraccio. Lilith, vedendo che persino la Signora Burke si era permessa, si disse che poteva ritenersi perdonata e si alzò, fece il giro del tavolo e fece lo stesso con Amanda:
 
“Ma perché non me l’hai detto prima? Da quanto lo sai?”
“Già, perché non l’hai detto? Se non fossi al settimo cielo, mi riterrei offesa. Posso fare da madrina? Ti prego!”
 
Amanda non ebbe il tempo di rispondere a Cora, perché Vivian apparve un attimo dopo e lanciò un’occhiata torva alla mora, asserendo che sarebbe stata Amanda a decidere e suggerendo che di solito si sceglieva qualcuno interno alla famiglia, per quel ruolo.
 
“Beh, io considero Amanda quasi una sorella, quindi non fa testo.”
“Ma non siete realmente imparentate, a differenza nostra!”
“Scusate, voi due, vi ricordo che quella più vicina ad Amanda sono io!”
 
Amanda sospirò, alzando gli occhi al cielo e ricordando perché avesse deciso di tenere la cosa nascosta per due settimane intere mentre sorella, cugina e amica battibeccavano e sua madre la raggiungeva con un sorriso:
 
“Sono davvero felice per voi, Amanda.”
“Grazie mamma. Anche io sono felice.”  La strega sorrise alla madre, che ricambiò mentre prendeva le mani della ragazza tra le sue, assicurandole che sarebbe stata senza dubbio una madre fantastica e che era orgogliosa di lei.
 
Perseus invece, dopo essere riuscito a sciogliere l’abbraccio con la madre, che gli prese il viso tra le mani e gli stampò un bacio su una guancia, potè abbracciare il padre prima di trovarsi davanti i gemelli.
 
“Forza, doppio abbraccio come ai vecchi tempi.”
 
Perseus allargò le braccia e sorrise prima di ritrovarsi stretto da entrambi i fratelli minori, lasciando un bacio sulla fronte di Danae prima di mormorare che era fiero di lei.
 
“Credo che tu sia l’unico.”
“Non dire così, anche papà lo è, ne sono sicuro.”
 
“Allora se fosse una femmina la chiamerai Danae di secondo nome in mio onore, Pers?”
“Beh, ora non correre troppo. Lo si sa da due minuti e già tutti avanzano richieste sui nomi e sul ruolo di madrina… Ecco perché abbiamo aspettato un po’.”
 
“Beh, se fosse un maschio potrei suggerire che Ewart è davvero un bellissimo nome?”
“Taci, Malfoy.”
 
 
*
 
 
Le parole di Danae l’avevano stupito, doveva ammettere che non si aspettava un simile risvolto della situazione. Allo stesso tempo però, non poteva negare che la decisione della ragazza fosse perfettamente in linea con il suo carattere.
 
Quando arrivò il momento dei saluti, Ewart scese li gradini del portico di casa Burke con il baule che si librava a mezz’aria alle sue spalle e il mantello leggero appoggiato sul suo braccio con un po’ di nostalgia: aveva già salutato i coniugi Burke e anche Castor, mentre Perseus era già andato a casa con Amanda.
 
Mancava solo Danae, mentre suo padre lo aspettava vicino ai cancelli per Materializzarsi a casa insieme a lui.
 
Ewart guardò la ragazza salutare e abbracciare Aghata e Althea, promettendo alle amiche di invitarle presto di nuovo a casa e di rivedersi il prima possibile.
Poi la strega si rivolse a Christopher, che aveva appena salutato Castor, e gli rivolse un sorriso prima di abbracciarlo:
 
“Ciao bel ragazzo. Buon ritorno a casa. Mi mancherai.”
“Anche voi mi mancherete Dany, è stato molto divertente. Sai, penso che tu abbia davvero stupito tutti questa sera, anche se conoscendoti c’era da aspettarselo.”
 
“Credo che per ora le cose vadano bene così, mio nonno se ne farà una ragione.”
“Davvero scegli te stessa, Dany?”   Christopher sorrise all’amica, che annuì e ricambiò dopo una breve esitazione:
 
“Per il momento sì. Credo che non sia ancora giunto, per me, il momento di accasarmi. Ci vediamo presto, vieni quando vuoi, mi raccomando.”
 
La ragazza gli diede un rapido bacio su una guancia e l’amico le assicurò che l’avrebbe fatto di sicuro prima di raccogliere le sue cose, mentre Aghata aspettava pazientemente che Gerard finisse di abbracciare Cora:
 
“Forza Gerry, a casa tua ci aspettano tutti! Ah, questi piccioncini.”
“Arrivo Aghy, un attimo!”
 
Gerard sbuffò mentre Cora, invece, ridacchiava, asserendo di non volerlo trattenere e anche lei, comunque, doveva andare: nonna Anja se ne stava a qualche metro di distanza, pronta a lasciare la tenuta, ma osservava i due con aria soddisfatta e non sembrava avere molta fretta di separarli.
 
“Ti mancano i tuoi fratelli?”
“Sì, e anche il mio lavoro… E so che anche a te manca molto il tuo.”
 
Cora gli sorrise e Gerard annuì, ma mormorò che anche lei gli sarebbe mancata prima di prenderle una mano e depositarci un bacio sul dorso, promettendole di rivedersi non appena avrebbe avuto un po’ di tempo libero.
 
“Non preoccuparti Gerry, tu chiama e io arriverò a Diagon Alley il prima possibile! Sono così felice per Amanda e Perseus, presto saremo zii!”
 
“Beh, non proprio…”
“Beh, zii per affetto, sai cosa intendo. Chissà quanto sarà bello il loro bimbo, anche se spero sia femmina, mi divertirei un mondo con lei.”
 
Gerry rise, asserendo di non avere dubbi – poteva benissimo immaginare la strega intenta ad istruire la figlia di Amanda al non servilismo verso gli uomini e a regalarle calzoni invece di vestitini di tulle – prima di sciogliere con un po’ di riluttanza l’abbraccio e Smaterializzarsi insieme ad Aghata dopo un ultimo saluto e un rapido bacio.
 
A Cora non restò che raggiungere Anja, avendo già salutato tutti, e la nonna le rivolse un sorrisetto divertito:
 
“Inutile dire che avevo ragione, come sempre.”
“Nonna, ti avverto, non cominciare.”
“Certo, certo… Sono felice per la tua amica e Perseus, comunque. Mi sembrano una bella coppia.”
“Lo sono. Credimi, lei è molto più adatta a lui di quanto non lo fossi io.”
 
“Oh, lo so bene. E ho tratto molta soddisfazione dalla figlia di Herbert e Belvina, quando ho visto la faccia di Black stavo per avere un attacco di ilarità, per fortuna mi sono trattenuta.”
“Nonna, sei inguaribile!”
 
“E tu sei uguale a me, mia cara.”
 
 
*
 
“Mi dispiace che Edward se ne sia dovuto andare prima, mi avrebbe fatto piacere rivederlo.”
“Beh, potremmo sempre invitarlo da noi prossimamente, se ti va.”
 
Megara sorrise mentre prendeva il nonno sottobraccio, e Laios la imitò prima di annuire, asserendo che gli avrebbe fatto molto piacere.
 
“Ma dimmi, sono curioso tesoro, di chi parlava Castor?”
“Mi dispiace nonno, non posso rivelarti questo segreto.”
 
“Neanche al tuo nonno preferito?!”
 
“No, altrimenti andrai a spettegolare in giro, ti conosco io!”
 
“Beh, io e Anja prima abbiamo scommesso 10 galeoni sul nome della fortunata, spero di portarmeli a casa.”
“MA NONNO!”
 
 
*
 
 
“Dimmi Horace, perché il fatto che stasera ti sia presentato tu al posto della mamma non mi sorprende nemmeno un po’?”
“Non so proprio di che parli Vivi, ero felice di vederti!”
 
“Sì, certo… e di scambiare due chiacchiere con tutti, naturalmente.” 
 
Vivian alzò gli occhi al cielo mentre scendeva con la solita grazia che la distingueva i gradini del portico, pronta a lasciare casa Burke con fratello al seguito mentre le sue cose la seguivano magicamente. Sulle spalle, sopra al leggero abito color lavanda, Horace le appoggiò il mantello blu pervinca e le sorrise, prendendola a braccetto:
 
“Ti stupirebbe sapere quanto la mia compagnia sia gradita, Vivian.”
“Oh, non mi serve stupirmi, lo so bene, anche se talvolta i motivi mi appaiono sconosciuti. Sono mancata a casa?”
 
“Ovviamente.”
 
“Proprio ciò che volevo sentire. E non azzardarti a dare la notizia della gravidanza di Amanda a mamma e papà, voglio essere io a farlo, sono stata sufficientemente chiara? Conosco bene la tua parte pettegola.”
 
“Cristallina, Vivi.”
 
Horace le porse il braccio e Vivian lo accettò, lanciando un’ultima occhiata alla casa, la cui facciata era illuminata da delle torce, con un piccolo sorriso sulle labbra: le sembrava fosse passato a malapena un giorno da quando aveva messo piede lì piena di imbarazzo, ma con suo gran sollievo il Signor Burke si era rivelato il vero gentiluomo per cui aveva fama d’essere e non aveva mai fatto cenno al suo “incidente”, e dal trattamento che Belvina le aveva riservato era certa che non ne avesse fatto parola con la moglie.
 
Infondo, doveva ammetterlo, era stato divertente.
 
 
*
 
 
“Ammetto di essere sollevata, ero un po’ preoccupata.”
Lilith sorrise a Castor, che ricambiò mentre stava in piedi di fronte a lei, le mani strette dietro la schiena. Le rivolse un educato cenno del capo e le assicurò che gli sarebbe piaciuto darle un bacio, se non si fossero trovati sotto gli occhi di tutti.
 
“Tu dimmi quanto aspettare e aspetterò, Lilith. Darò la “notizia” quando sarai sicura di quello che provi.”
“Beh, se non altro ora tutta la mia famiglia sarà concentrata su Amanda e credo che avrò parecchio respiro. Ci pensi, diventeremo zii!”
 
Lilith sorrise, gli occhi azzurri luccicanti, e Castor annuì ricambiando il sorriso:
 
“Anche da me penseranno tutti a Perseus, credo che si dimenticheranno presto di nuovo di me e Danae. Anche se credo comunque che questa volta mia sorella l’abbi fatta grossa, mio nonno non la perdonerà facilmente.”
 
“Ho idea che non le importi molto. Arrivederci Castor.”
 
Lilith gli si avvicinò, gli mise una mano sulla spalle e si alzò in punta di piedi per dargli un bacio su una guancia, guadagnandosi un sorriso da parte del ragazzo:
 
“Arrivederci Lilith. Buonanotte. Ti mancherò un po’?”
“Credo proprio di sì.”
 
 
*
 
 
“Quindi era a questo che pensavi, questa mattina.”
 
Ewart sorrise a Danae, che ricambiò mentre si stringeva nelle spalle:
 
“Alla fine ho capito che fosse questa, la conclusione migliore. So di aver sorpreso tutti e che non era la risposta che si aspettava, ma mio nonno se ne farà una ragione. Spero però di non aver offeso troppo le vostre famiglie, questo sì.”
 
“Oh, mio padre sopravvivrà, non temere.”
Ewart sorrise, e dopo un attimo di esitazione mosse un passo verso la ragazza:
 
“In effetti, però, credo di poter affermare che qualcuno di deluso oltre a tuo nonno c’è di sicuro.”
“E di chi si tratta?”
 
Danae inarcò una delle folte sopracciglia scure e Ewart sorrise, sollevando una mano per sistemarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio:
 
“Parlo del sottoscritto. Però allo stesso tempo mi hai sorpreso, devo riconoscerlo. Ben fatto, Danae. A presto, spero.”
 
Il biondo le regalò un ultimo sorriso prima di voltarsi, dandole le spalle per allontanarsi verso il padre che lo aspettava. Danae esitò, leggermente rossa in volto, ma alla fine, vinta dalla curiosità, richiamò la sua attenzione:
 
 
“Ewart? Perché sei deluso?”
“Ammetto che speravo che avresti fatto un nome. Buonanotte Danae. Sono sicuro che ci rivedremo presto.”
 
 
Danae lo guardò raggiungere il padre e Smaterializzarsi senza chiamarlo di nuovo, pensando alle parole che aveva appena pronunciato. Intorno a lei era buio da un pezzo e tutti gli altri se n’erano già andati: alla ragazza non restò che sorridere, voltandosi lentamente prima di dirigersi verso casa.
 
Forse avrebbe dovuto ringraziare Perseus, il giorno seguente.
 
 
*
 
 
“Vieni qui, tesoro.”
Danae aveva appena messo piede nell’ingresso – anche l’ultimo dei loro ospiti se n’era andato, e lei era intenzionata ad andarsene a letto senza trattenersi con nessuno – quando la voce di suo padre richiamò la sua attenzione.
 
Herbert era in piedi nel salotto, completamente solo, e la guardava attraverso la porta aperta, le braccia dietro la schiena.
 
“Non vai a dormire?”
“Prima volevo passare un minuto con te. Su, vieni. Mi è venuto in mente che la scorsa settimana, alla festa, per la prima volta non hai ballato col tuo vecchio padre. Ti stai già dimenticando di lui?”
 
“Non potrei mai. E non sei così vecchio, non fare il finto modesto. Molte donne ti ritengono ancora molto affascinante.”
 
Danae sorrise mentre si avvicinava al padre, che sorrise e schioccò le dita: il suo amato grammofono si accese e prese la mano della figlia, attirandola a sé e appoggiando il mento sulla sua testa.
 
Danae appoggiò il capo sul petto del padre, che le cinse la vita, e chiuse gli occhi azzurri. Per qualche istante entrambi si limitarono ad ascoltare la musica, poi la ragazza gli chiese se fosse arrabbiato con lei:
 
“No tesoro mio, non sono arrabbiato con te, tutt’altro.”
“Posso sopportare l’ira del nonno, ma avevo paura che anche tu te la saresti presa. Confesso che era la cosa che temevo di più.”
 
“Non è ancora arrivato il giorno in cui tu mi hai deluso, piccola mia.”
 
Danae abbozzò un sorriso, rincuorata, e sollevò la testa per guardare il padre, che ricambiò con affetto:
 
“Mi serve ancora tempo, papà. Anche se c’è un ragazzo che mi piace, ad essere onesta.”
“Davvero? E posso sapere di chi si tratta, o è un segreto?”
 
“Credo che per ora resterà un segreto. Mentre penso che tu e la mamma abbiate capito perfettamente di chi parlava Castor, dicendo che qualcuno ha catturato il suo interesse.”
 
“Naturalmente, ma per rispetto suo e di Lilith non ci immischieremo. E faremo lo stesso anche con te, promesso. Anche se il tuo caro padre un’idea ce l’ha, sull’identità di questo fantomatico ragazzo.”
 
“Cosa sei, un detective mancato?”
Danae scoppiò a ridere e Herbert le sorrise, stringendosi nelle spalle:
 
“No, ma sei sangue del mio sangue, nonché la figlia che più mi assomiglia. Ti conosco bene, Dany, e tuo nonno su una cosa non si sbaglia: la famiglia e il sangue sono importanti, anche se non sono tutto, perché tra noi ci conosciamo meglio di chiunque altro.”
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Buongiorno, eccomi finalmente con l’ultimo capitolo – anche se naturalmente manca l’Epilogo –, scusate l’attesa.
So di aver lasciato aperte molte cose, ma prometto che chiudendo la storia tutto troverà una sua conclusione.
Cercherò di pubblicare l’Epilogo il prima possibile, di sicuro arriverà in settimana. Si accettano scommesse sul sesso del figlioletto di Perseus e Amanda!
A presto!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Epilogo ***


Epilogo
 
 
Giugno 1934 – Tre anni dopo
 
 
 
 
Sunshine Belvina Burke-BlackFiglia-di-Perseus-e-Amanda
 
 
 
“Chi è la bambina più bella e adorabile del mondo, Sunny? Ma come fai ad avere dei capelli così belli?”
 
Cora, seduta su una delle eleganti sedie banche foderate che circondavano i tavoli rotondi disseminati per tutta la sala, stava riempiendo di baci e carezze la figlioccia mentre Gerard, seduto accanto a lei, osservava la moglie e la bambina con un sorriso.
 
“Potresti lasciarla tenere anche a me, non credi cara?”
“No, non credo proprio, devi fare la fila. La mamma ti ha lasciata a me, vero pasticcino alla panna? Vuoi bene a zia Cora, vero amore?”
 
“Sì zia!”  Sunshine, che per l’occasione sfoggiava un abitino rosa e aveva i capelli acconciati in morbidi boccoli, piegò la boccuccia nel più adorabile dei sorrisi mentre si godeva le attenzioni di madrina e padrino, a cui la madre l’aveva lasciata temporaneamente per fare il giro dei saluti.
 
“Sunny, non vuoi venire un po’ anche dallo zio? Mi sento escluso.”
 
Gerard diede sfoggio della sua espressione da cane bastonato migliore, e la bimba disse a Cora di voler andare in braccio a lui: l’ex Corvonero la consegnò, riluttante, tra le braccia del marito mentre un paio di persone a loro note si avvicinavano mano nella mano:
 
“Oh, ma guarda chi si rivede, gli sposini! Com’è andata la luna di miele?”
“Molto bene, grazie Cora. Dov’è mia sorella?”
 
“Sta facendo il giro dei saluti, e ci ha lasciato Sunny, ma a noi non dispiace, come potete vedere.”
 
Cora sorrise mentre osservava Sunny giocherellare con la cravatta di Gerard, che sembrava contento tanto quanto di lei di doversi occupare della bimba, per cui tutti, amici e parenti, stravedevano.
 
“Ciao, amore! Sei sempre più bella, sai?”   Lilith sorrise e si chinò leggermente per accarezzare i capelli della nipotina mentre Castor osservava con un sorrisetto che fosse lei la vera protagonista dell’evento.
 
“Lo penso anche io, ma penso anche che non dispiaccia a nessuno. O almeno spero… a tua sorella non dà fastidio, no?”
 
Cora inarcò un sopracciglio e Castor si strinse nelle spalle, asserendo che in presenza della nipote Danae diventava quasi disgustosamente dolce e amorevole e che di sicuro non si dispiaceva se Sunshine le rubava la scena, quel giorno.
 
 
*
 
 
“Abbiamo finito? Voglio andare da Sunny.”   Perseus sbuffò mestamente mentre teneva la moglie sottobraccio e faceva, insieme a lei, il giro della sala per salutare i presenti.
Negli ultimi tempi, a causa della bambina, avevano saltato parecchi eventi sociali e sembrava che tutti morissero dalla voglia di parlare con loro, salutarli e sapere della figlia.
 
“Tesoro, sorridi, è la festa di tua sorella! Anzi, andiamo a salutare i protagonisti della giornata, forza.”
Amanda gli sorrise e quasi lo spinse verso il tavolo centrale della sala addobbata, occupato da un paio di persone note ad entrambe che stavano chiacchierando, o almeno fino a quando Danae non li vide e si alzò in piedi con un gran sorriso:
 
“Pers, ciao! Ciao Amanda, sono felice di vedervi. Grazie per essere venuti.”
“Grazie per essere venuti? E’ la festa di fidanzamento della mia unica sorella e del mio migliore amico, secondo e potevo mancare? Ciao Ewart.”
 
Danae abbracciò la cognata e Perseus sorrise a Ewart prima di assestargli una sonora pacca sulla spalla. Il biondo, dal canto suo, sorrise al futuro cognato e gli fece un cenno verso le sedie vuote che circondavano il loro tavolo: il pranzo doveva ancora iniziare e tutti si stavano ancora intrattenendo in saluti e convenevoli.
 
“Beh, sedetevi, questo tavolo è per i nostri familiari più stretti, quindi… Mia sorella arriverà a breve, è alle prese con i marmocchi. La vostra dov’è, a proposito?”
“Da Cora e Gerard, adesso vado a prenderla…”
“Non serve, la stanno portando Lily e Tor. Vi vedo abbronzati, piaciuti i Caraibi?”
 
Danae sorrise allegra a fratello e cognata, che lasciò Sunny tra le braccia del padre e rispose a Danae con un sorriso prima di abbracciare Amanda:
 
“Anche troppo, tuo fratello non voleva più tornare.”
“Non fatico ad immaginarlo. Mi sei mancato.”  
 
La futura sposa sorrise al gemello prima di abbracciarlo teneramente, ricevendo un bacio sulla fronte da Castor, che mormorò che anche lei gli era mancata mentre Ewart sorrideva a Sunny, accarezzandole una ciocca di capelli biondo scuro:
 
“Buongiorno, signorina. Hai un bellissimo vestito oggi, sai? Chi te lo ha preso, la mamma?”
 
“No, me la preso zia Vi!”   Sunny sorrise, lisciandosi compiaciuta la gonna del vestitino mentre Ewart sorrideva e Perseus le lasciava alcuni baci sulla tempia.
 
“Avevi persino dubbi, Ewart? Sei bellissima, tesorino.” 
 
Castor, Lilith e Amanda presero posto attorno al tavolo, raggiunti, poco dopo, anche da Belvina ed Herbert: tutti fecero le congratulazioni ai futuri sposi per poi prendere posto, anche se la Signora Burke si prese qualche istante per abbracciare la sua unica figlia:
 
“Stento a credere che ti sposi tra un mese, tesoro. Anche il nonno sarebbe felice per voi.”
“Oh, lo credo bene, sto finalmente per sposare un Purosangue, proprio come voleva… Ammetto, però, che un po’ si sente la sua mancanza a questi eventi.”
 
Un sorriso malinconico increspò le labbra carnose di Danae, che lasciò vagare lo sguardo sulla sala e sui loro ospiti – tra cui scorse, ovviamente, tutte e tre le sue future damigelle ridere con Chris e Amias allo stesso tavolo, i suoi cugini e il suo ex fidanzato, seduto accanto ad una sorridente e visibilmente felice Megara Travers – mentre Belvina, annuendo, mormorava che aveva ragione prima di darle un rapido bacio sulla guancia e prendere posto accanto al marito, che come sempre le scostò la sedia con galanteria.
 
 
“Vuoi un po’ di champagne?”  Lilith accennò alla pregiata bottiglia che stava versando un po’ di vino da sola nel suo bicchiere, ma Amanda scosse leggermente il capo e sfoggiò un sorriso di scuse:
 
“No, grazie, ultimamente non bevo.”
“Non bevi? Non che voglia farti ubriacare, ma nemmeno un goccio? Aspetta…”
 
Una precisa consapevolezza si fece strada sul volto della più giovane fino ai suoi occhi chiari, facendola sorridere con aria euforica mentre Amanda, parlando a bassa voce, le raccomandava di non farne parola con nessuno:
 
“Sei la prima a saperlo, ok? Non l’ho detto nemmeno a Cora o alla mamma, io e Pers vogliamo aspettare che Danae e Ewart si sposino per renderlo noto… Non mi perdonerei mai se dovessi rubarle la scena al suo matrimonio.”
“Stai tranquilla, il tuo segreto è al sicuro. Ma sappi che dopo aver scelto Cora e Gerry mi riterrò molto offesa se non dovessi fare da madrina neanche questa volta!”
 
 
 
“Papino, voglio andare da Ewart.”
 
“Ah, brava, già preferisci un altro a tuo padre, andiamo bene!”
“Ewart, quando ci sposiamo?”
“Tesoro, temo che a breve sposerò zia Dany, dovrai sposare un altro.”
 
“Ma io voglio sposarmi con te zio!”     Sunshine sfoggiò un adorabile broncio e Ewart, sorridendo divertito, si voltò per rivolgersi alla fidanzata con tono grave mentre tutti gli ospiti prendevano posto e gli antipasti iniziavano a comparire sui tavoli:
 
“Danae, credo che tu abbia una rivale, cosa pensi di fare a riguardo?”
 
“Amore di zia, se mi lasci sposare Ewart ti regalo un peluche al giorno per una settimana, che ne pensi?”
“Ok!”
 
“Sembra che dovrai comunque sposare me. Cerchi una via di scampo, Ewart? Se è così, ti consiglio di trovarla in fretta.”
 
Danae sorrise al fidanzato mentre si sistemava il tovagliolo sulle ginocchia, strizzandogli l’occhio: Ewart però, restituita Sunshine al padre, sorrise di rimando e allungò una mano per stringere la sua sul tavolo, asserendo che non aveva più voglia di cercare vie di fuga, nella vita.
 
 
 
…………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
E’ passato tanto, tanto tempo da quando ho concluso una storia per l’ultima volta, era dicembre 2018 e mettevo la parola “fine” a Magisterium – 1962.
La mia vita è molto cambiata in questi quasi due anni, e in meglio, ma questa sensazione mi mancava: soddisfazione, tanta soddisfazione, mista ad un po’ di malinconia.
Questa storia è iniziata sempre a fine 2018. Ci ha messo molto a spiccare il volo, ed essere finalmente riuscita a finirla mi riempie di soddisfazione, anche se non smetterò mai di scusarmi con voi per l’anno di assenza.
Probabilmente mi avevate data per risucchiata nel buco nero che intrappola fin troppe autrici di questo genere di storie, ma sono tornata, e ne sono davvero felice. Così come sono felice di aver concluso anche la mia 18esima Interattiva.
Grazie a tutte voi, ragazze, persino quelle che non si sono più fatte sentire, che da una parte non posso biasimare del tutto visti i molti intervalli che questa storia ha attraversato. Un grazie particolare, quindi, a chi è rimasto fino alla fine.
Non penso che ci sarà una raccolta per Toujours Pur, ma sono certa che arriveranno delle OS singole per qualche coppia (o personaggio singolo, se l'autrice dovesse mandarmi delle informazioni sul suo futuro) quindi vi consiglio di controllare la mia pagina o il mio profilo su Ig, di tanto in tanto.
(A tal proposito, se avete idee/preferenze per nomi e numero dei pargoli, scrivetemi pure)
 
Grazie, infine, a chi si è imbarcato nell’ultima storia che ho iniziato, spero di divertirci insieme anche nel 1912. (Avviso già che la selezione di Wars of the Roses arriverà verso il 20 settembre, dopo l’esame che mi attende il 17 che mi sta prosciugando l’anima)
A chi partecipa anche a TVOS, ci vediamo anche lì.
 
Un bacio,
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3806339