Insolita amicizia

di Chiara PuroLuce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una nuova Patty ***
Capitolo 3: *** Amy, la mia migliore amica ***
Capitolo 4: *** Il vichingo dagli occhi di ghiaccio ***
Capitolo 5: *** Sentimenti in gioco ***
Capitolo 6: *** Amy sconvolge tutti ***
Capitolo 7: *** Patty tra presente e passato ***
Capitolo 8: *** Due confronti piccanti ***
Capitolo 9: *** Sorpresa al ritiro ***
Capitolo 10: *** Cuori palpitanti, cuori in stallo ***
Capitolo 11: *** Confronto tra innamorati ***
Capitolo 12: *** L'indecisione di Patty ***
Capitolo 13: *** A piccoli passi verso te ***
Capitolo 14: *** Arriva la nonna! ***
Capitolo 15: *** Una serata piena di emozioni ***
Capitolo 16: *** Promesse da mantenere ***
Capitolo 17: *** Una festa piena di sorprese ***
Capitolo 18: *** Piccoli tranelli d'amore ***
Capitolo 19: *** Un rientro movimentato ***
Capitolo 20: *** Amy e Julian... due cuori, una passione!!! ***
Capitolo 21: *** Piccolo guaio casalingo per Holly ***
Capitolo 22: *** Più vicino a te ***
Capitolo 23: *** La palazzina delle sorprese ***
Capitolo 24: *** Sorprendenti... sorprese, per Patty ***
Capitolo 25: *** La nuova vita di Susie ***
Capitolo 26: *** Anego è tornata ***
Capitolo 27: *** Gelosia e Amore ***
Capitolo 28: *** Io, tu, noi ***
Capitolo 29: *** Vicini... ma non troppo!!! ***
Capitolo 30: *** Nuovi sviluppi ***
Capitolo 31: *** Che... che cosa dovrei fare? ***
Capitolo 32: *** Tra gatti invasati e colpi di scena ***
Capitolo 33: *** Scoperte sconcertanti ***
Capitolo 34: *** Insieme per vincere ***
Capitolo 35: *** Trappola Piccante ***
Capitolo 36: *** Un trio affiatato ***
Capitolo 37: *** Tra seduzione, relax? e sconcerto ***
Capitolo 38: *** La gioia di Julian, lo sconcerto di Holly ***
Capitolo 39: *** Una zampa da Kohana ***
Capitolo 40: *** La lettera ***
Capitolo 41: *** Un alleato a sorpresa per Patty ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Stadio di Tokyo. Dieci anni.
 
«Capo, ripensaci. Lasciala andare.»

«Lasciami andare tu» rispose lei cercando di divincolarsi dalla sua presa.

«Sei matta? Eddai, in fondo ha fatto solo il tifo per Holly, come noi.»

«No, neanche morta. Quella tizia mi deve delle spiegazioni e quando avrò finito con lei, avrà timore anche solo a ripresentarsi a una partita del mio Holly.»

«Non farle del male per favore… è così cariiiina» le disse un gongolante George.

«Ma per chi mi hai preso. Voglio solo parlarle, non tirarle il collo, anche se mi piacerebbe.»

Così dicendo riuscì a liberarsi con uno strattone e rincorse quella sfacciata nel parcheggio dello stadio.
 
«Ehi tu. Sì, dico proprio a te ragazzina in rosa. Dove scappi?»

Ma che pensava quella, di fare il tifo per il suo Oliver e di potersela cavare… scappando?
 
«Cosa? Parli con me?»

Ma questa è scema, o cosa?, pensò Patty.
 
«Mi sembra ovvio» le rispose «abbiamo una cosa in sospeso da risolvere.»

«Non capisco. Di cosa parli?»

Una cosa è certa, però, questa tipa è furba e, per questo, pericolosa!, pensò.
 
«Del fatto che tu abbia delle mire su Holly, Ammettilo. Eri qui solo per lui, vero?»

«È vero!» iniziò lei, sconcertandola e poi aggiunse «Ma, ti sbagli se pensi che mi interessi, forse un tempo, quando frequentavamo la stessa scuola, ma ora… proprio no. È un mio vecchio amico, tutto qui e volevo solo rivederlo dopo tanto tempo. Ma a te, sì, vero? A te interessa molto. Ho ragione?»

«Cosa? No… io… non…»

«La tua è pura gelosia, lasciamelo dire. Ti auguro tanta fortuna con lui, ne hai bisogno visto che la tua rivale è una palla! E tu sai quanto lui la ami, giusto?»

«Sì, lo so» rispose lei, ormai rassegnata.

«Meglio così. Ciao.»

Che fa? Se ne va? E mi lascia così? Che tipa strana. Come si fa a litigare con lei se non ti lascia neanche il tempo di parlare?
 
«Ehi, io non ho ancora finito con te. Anzi, a dirla tutta non ho neanche iniziato.»

«Ma io sì e poi devo tornare a casa» le disse lei fermandosi «i miei genitori mi stanno aspettando al parcheggio. Salutalo tu da parte mia» e poi se ne andò.

Non è possibile, non ci credo. Ma che cavolo è appena successo?
 
«Be’, devo dire che quella bellezza è molto più matura di te, capo» le disse il suo vice che l’aveva raggiunta.

E fu solo per caso se George si guadagnò una bandierata in testa e uno sguardo di fuoco. Poi, una Patty sempre più alterata, raggiunse la fermata del bus lì vicino e se ne andò.
 
 
Stadio di Tokyo, tre anni dopo. Tredici anni.
 
 
Patty detestava quella ragazzina, la detestava con tutte le sue forze. Aveva scoperto che si chiamava Amy per caso, avendo sentito Bruce fare il terzo grado a Holly sulla comparsa della misteriosa rossa, quel primo anno. A ogni campionato giovanile, quella smorfiosa si presentava allo stadio e tifava a pieni polmoni per il suo Holly. Suo, come no. Ma se non la notava neanche. Amy tifava e poi se ne andava.
Non aveva più tentato di avvicinarla, rischiava di compiere qualche gesto inconsulto da come le prudevano le mani a ogni incontro. Ma quell’anno… quell’anno era diverso. Quell’anno non si era presentata da sola e, invece di essere felice di essere affiancata da un fusto del genere come quel Julian Ross, sembrava preoccupata.

«Ciao!» esordì raggiungendola sulla panchina fuori dallo stadio.

«Come? Oh, ciao… Patty, giusto?» le chiese quella in maniera distratta.

«Proprio io, posso sedermi con te un attimo? Mi sembri… triste. Alla partita di oggi non mi hai spaccato i timpani come al solito, che succede?»

«Ti interessa davvero?»

«Sì, ti sembrerà strano, ma è così. Amy, puoi fidarti di me, non sono una chiacchierona. E poi mi devo scusare per come ti ho sempre trattata.»

«Fa lo stesso. Dici così perché hai capito che mi sono innamorata di Julian e quindi ti senti al sicuro?» buttò lì.

«Be’… cavoli, non ci vai giù troppo per il sottile, tu. Mi piace questa cosa. Comunque, in parte hai ragione. Sì, mi piace sempre Holly, ma ormai della sua indifferenza me ne sono fatta una ragione. Che dire, neanche smettere di comportarmi da maschiaccio, lasciare il club della tifoseria e diventare una delle manager della squadra l’ha colpito quindi… pazienza. Tu, piuttosto, racconta. Che succede?»

Poi Amy aveva fatto una cosa che l’aveva spiazzata e lasciata interdetta per qualche minuto. Era scoppiata a piangere. Forte. A dirotto. E le aveva raccontato tutta la triste storia di Julian e della sua malattia al cuore che continuava a causargli dei fastidi.

«Lo ami davvero tanto» sentenziò alla fine «ma proprio per questo non puoi tarpargli le ali. Prendi me. Fosse per me impedirei a Holly di partire per il Brasile a campionato concluso, perché lo farà questa volta credimi, ma proprio perché so che è il suo sogno, non posso farlo, non ci provo neanche. Soffrirò, ovviamente, ma saperlo felice, renderà tale anche me. Sono sicura che Julian sa quello che fa, fino a dove può spingersi e tu puoi solo sostenerlo e incoraggiarlo, chiaro? Lascia che segua la sua passione e non cercare di farti vedere in ansia, anche se lo sei.»

Amy era rimasta in silenzio per un po’ e poi le aveva sorriso, annuendo con foga.

«Patty, non sei tanto male, lo sai?» le disse asciugandosi il volto con un fazzolettino ricamato e cogliendola di sorpresa.

«Sì, be’, lo so. Che vuoi farci, ho il cuore tenero in fondo, molto in fondo. Ma guai a te se ne parli con qualcuno. Specie con la mia ex tifoseria, ho una reputazione da dura da difendere e mantenere io, ok?»

«Ok!»

«Purtroppo, ci siamo innamorate di due malati di calcio e che possiamo farci noi se non assecondarli? Almeno tu sei ricambiata e quindi sei un bel passo avanti rispetto a me.»

«Cosa? Oh, no, Patty, hai preso un abbaglio.»

«Ma per favore. Si vede da come ti guarda che Julian ha un debole per te, uno bello grosso. Che strano però. Così deciso in campo e così imbranato fuori.»

Amy rimase in silenzio per un po’ e poi le sorrise, triste.

«Lasciamelo dire, siamo senza speranze. Il calcio, per loro, è una priorità, tutto il resto è puro contorno» sentenziò la rossa.

E questa volta fu lei a scoppiare a ridere. Si trovava bene con quella Amy, che, a dispetto dei loro trascorsi, fosse nata una nuova amicizia?

Certo lei, Patty, era più spigliata, decisa, a tratti casinista e non badava per nulla alla moda, facendo impazzire sua madre che la voleva più femminile, a quanto pare l’avere accettato la divisa femminile della scuola non le bastava e dire che le era valso uno sforzo immane. Già e Holly non aveva nemmeno notato quello. Quel primo giorno che l’aveva indossata, aveva ricevuto occhiate sia stranite che di ammirazione da parte di tutti, ma da lui… solo una veloce scorsa e un sorriso. Che delusione.
Amy, invece, era il suo opposto. Femminile fino nel midollo, gentile, carina, e molto, ma molto emotiva.
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…

«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»

«Come? E perché?»

«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»

«Non ti sembra un po’ infantile questa cosa?»

«Forse, ma preferisco così. Comunque, lasciami il tuo numero, così possiamo tenerci in contatto d’ora in poi.»

E lei lo fece, senza ulteriori spiegazioni e con gioia. Subito dopo le fece anche uno squillo e rise.

«The Never Ending Story? Bellissima. Non l’avrei mai detto fosse di tuo gusto.»
 
«Lo è. E poi è il mio film preferito, il top.»

«Vedi? Una cosa in comune ce l’abbiamo. Penso che andremo d’accordo, dopotutto.»

«Lo penso anch’io. Ma non credere che io sia un amante dei film sdolcinati, proprio no. Oh, guarda, arriva quel bel fusto del tuo amico. Ti lascio a lui. Ci sentiamo presto, ciao.»

E la lasciò, rossa come un peperone, sulla panchina. Passò vicino a Julian, gli rivolse un veloce saluto e raggiunse le sue amiche.
 


 
«Patty, che stavi facendo con quella ragazza? Quella… come si chiama che non ricordo?»

«Amy. Sinceramente, niente, Eve. Stavo parlando con mia madre al telefono, vuole che vada a farle la spesa prima di rientrare e me la sono ritrovata seduta vicino. Pensa, credeva davvero di attaccare bottone con me come se niente fosse, ma non ce l’ha fatta. Poverina, come mi dispiace.»

«Perché proprio non riesci a fartela risultare simpatica?» le chiese una voce alle spalle.

Ma… ma quando era arrivato? Non era negli spogliatoi con la squadra? Si girò a guardarlo. Sguardo truce, Holly la fissava negli occhi e con lui tutta la Nankatzu.
 
«Be’, capitano, credo che sia per…» iniziò Bruce, ma lei lo interruppe.

«Non sono affari tuoi il perché quella non mi va a genio, chiaro?»

«Mi piacerebbe saperlo, invece. Perché lei è sempre gentile e carina con te e tu non fai altro che ripagarla con astio. Immotivato, tra l’altro. Ogni volta che la vedi, non ti trattieni. Amy non si merita questo da te e se non sei capace di cambiare atteggiamento, è meglio che tu le stia alla larga. Lei ci soffre, lo sai? Vorrebbe poterti avvicinare, ma più lei ci prova, più tu la respingi. È meschino da parte tua.»

Oh, questa poi. Quelle frasi la mandarono in bestia e forse… già, forse. Patty prese la sua decisione. Dolorosa, ma necessaria e che sentissero pure tutti non le importava più. Che quel babbeo andasse pure a farsi fottere.
 
«Così lei è una santa e io sarei un demonio, stando al tuo ragionamento.»

«Non ho detto questo.»

Ehi, un momento, stavano litigando? Davvero? Era la prima volta in tre anni che… oh, ma in fondo che le importava. Non doveva spiegazioni a nessuno, lei.
 
«Mister» disse ignorandolo «le dispiace se non torno con voi oggi? Mia zia sapeva che ero in zona, poco fa mi ha chiamato e proposto di passare da lei a trovarla, mi sta aspettando e lei abita a Shibuya. Passerò la notte qui a Tokyo» guardò Eve, sfidandola con lo sguardo a contraddirla, ma lei tacque, per fortuna e la ringraziò con un mezzo sorriso.

«Va bene» le rispose quello, spiazzato dall’insolita richiesta «vuoi che ti accompagniamo fino lì?» propose poi.

«No, grazie, posso raggiungerla a occhi chiusi volendo e poi non me la sento di divedere il pullman con certi personaggi, fosse anche per pochi chilometri.»

«Patty…» iniziò Holly sentendosi tirato in causa.

Ma lei lo ignorò, come ignorò anche tutti gli altri che la stavano fissando con sconcerto. Che pensassero pure quello che volevano di lei. Era stufa marcia della Patty remissiva e femminile che negli ultimi anni si era costretta a costruire. Quella non era lei, non era la vera lei!
Si allontanò dal gruppo in direzione della fermata dell’autobus, senza voltarsi indietro. Patty era morta. Anego era tornata!

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Capitolo 2
*** Una nuova Patty ***


Ritiro della Nazionale Giovanile Giapponese. Dodici anni dopo. Venticinque anni.
 

 
«Patty, dove sei sparita? Ci servono degli asciugamani puliti. Subito!»

La voce alterata di Holly la raggiunse in magazzino, mentre stava pulendo i palloni. Eve e Susie erano in lavanderia, quindi perché quell’idiota non tampinava loro? Non gli rispose.
 
«Ah, eccoti qua. Prego, resta pure lì seduta, non ti scomodare» le disse una volta avvistata.

«Sono occupata, non vedi? Siamo tre manager, cercane una delle altre due e chiedili a lei.»

«Mi risulta che la capo manager sia tu, quindi, se c’è qualche problema, è affare tuo in primis, no? Vedi di muoverti, non abbiamo tutto il giorno per aspettare i vostri comodi.»

«Eveeeee» urlò quella in risposta «il grande capo qui ha bisogno degli asciugamani prima di subito.»

«Oh, cavoli, è già ora» disse quella comparendo tutta trafelata accanto al capitano «dammi due minuti e vi raggiungo al campo. Scusami tanto, ma…»

«Non ti preoccupare, sono cose che accadono» le rispose lui, con voce gentile e sorridendole.

Allora è proprio me che non sopporta, pensò Patty. E, stranamente, quel pensiero non le faceva più male da un pezzo.
 
«Gné, gné, gné» gli disse lei.

«Smettila con questo atteggiamento nei miei confronti» le rispose lui «ne ho piene le scatole di te.»

«Ma tu guarda, sentimento reciproco. To’, per la prima volta da anni ci ritroviamo d’accordo su qualcosa.»

«Sei snervante e inqualificabile!» tuono il numero 10.

«E tu sei così pieno di te stesso da non accorgerti che il mondo non gira più intorno a te. Il troppo successo ti ha dato alla testa. Le tue fan ti hanno annebbiato il raziocinio e il tuo ego è così grosso che non ci entrerebbe nemmeno in uno di questi dannati palloni!» gli ripose urlando e lanciandogliene addosso uno. «Ma non potevi rimanertene in Spagna?»

«No, ho sentito il bisogno di venire a romperti le scatole» le rispose.

«Be’, potevi anche farne a meno» gli confessò di rimando lei «ma non preoccuparti, presto non sarò più un tuo problema.»

«E… e perché mai?» gli chiese lui, con voce stranamente turbata.

Davvero gli importa? Ma figuriamoci. Ha reagito così perché preso in contropiede e non se l’aspettava, non da me, almeno. Forse credeva di avermi sempre a sua disposizione.
 
«Mia zia – in realtà era la zia di mia madre – è deceduta il mese scorso e mi ha lasciato il suo appartamento a Tokyo. Devo decidere cosa farne, ma nel frattempo mi trasferirò lì. Chissà, magari lo terrò. Lei era un tipo eccentrico e la sua casa la rispecchiava in pieno. Le ho sempre amate entrambe. Non mi dispiacerebbe viverci.»
 
 
 

Cosa stava dicendo, Patty? Voleva andarsene? Lontano da lui e forse per sempre? No, non era possibile. Ma come erano arrivati a questo punto. Come.
Ormai da troppi anni, il loro rapporto d’amicizia si era deteriorato. Da quel lontano giorno in cui l’aveva affrontata fuori dallo stadio, in merito al suo atteggiamento ostile con Amy.
Era cambiata. Patty, era tornata l’Anego che aveva conosciuto tre anni prima. Aveva dismesso la divisa femminile e, successivamente, anche i vestiti femminili che aveva iniziato a mettere. Era tornata ai pantaloncini, ai jeans, alle scarpe da ginnastica.
Per non parlare poi dell’atteggiamento. Più deciso, più strafottente e più menefreghista. Con tutti. Ma con lui ce l’aveva in modo particolare. Agli inizi aveva provato a chiederle una spiegazione, ma aveva capito in fretta che era meglio lasciare perdere e girarle al largo. Pensava che nel giro di qualche settimana si sarebbe ripresa, e invece… erano passai gli anni e lei era ancora così, se non peggio. Lui era partito per il Brasile il mese dopo la vittoria del terzo campionato, e lei non si era nemmeno presentata all’aeroporto per salutarlo. Era tornato due anni dopo e lei non c’era neanche quella volta. Poi era ripartito, per la Spagna e neanche in quell’occasione Patty era stata lì, c’erano tutti, ma lei no. Figuriamoci poi al suo rientro l’anno precedente, neanche a parlarne. E ora questo.

«Scommetto che non vedi l’ora. Starai sicuramente contando i minuti che ti separano dal liberarti di me, di noi.»

«No, Holly, solo da te» ammise lei con candore fissandolo seria negli occhi.

«Be’ che dire, ne sono lusingato, commosso addirittura» le rispose lui con sarcasmo.

«Bene, sono felice per te. E adesso, levati dalle scatole che devo lavorare.»

Eh, no. Questa storia era durata fin troppo, era ora di finirla.

«Sentimi bene, tu» le disse piazzandosi davanti a lei, bloccandole la fuga «ora mi spieghi, una volta per tutte, perché mi odi.»

«Odiarti. Per odiarti, dovrei prima calcolarti e non lo faccio più da parecchio tempo, ormai.»

Che risposta lapidaria, letale e stroncante. Non aveva nemmeno dovuto pensarci su. Era davvero tutto finito tra loro?

«Stammi bene a sentire, ora. Tu sei… sei…»

«Hollyyy, ci sei?»

E adesso chi lo cercava? Era una voce femminile, sì, ma di chi? Oddio…

«Saeko. Mi sono dimenticato l’appuntamento di stasera con lei.»

Eh, sì. Perché visto che Patty lo ignorava a più non posso, lui aveva iniziato a uscire con altre ragazze. Se a lei dava fastidio, non l’aveva mai manifestato, anzi. E quella ragazza l’aveva tampinato per un mese, alla fine aveva ceduto e così ora…

«Patty, lo so che mi odi e che preferiresti vedermi penzolare da qualche parte, ma aiutami! Levamela di torno, non sono in vena di uscire con nessuno, oggi. Men che meno con quella piattola con la voce irritante.»

Be’, almeno ci sta riflettendo, pensò, vedendola aggrottare la fronte.
Poi accadde tutto così velocemente che lui faticò a capacitarsene.
Patty si alzò, gli mise le mani nei capelli e glieli mosse vistosamente. Wow. La vide poi, scompigliarsi i suoi di capelli, aprirsi la casacca della tuta, estrarre metà t-shirt bianca, pizzicarsi le guance, passarsi un rossetto rosa comparso dal nulla e sbavarselo. Poi, fece per uscire, ma all’ultimo parve ripensarci. Lo raggiunse, lo prese per la casacca, lo trasse a sé e lo baciò con passione. Quando Holly stava per iniziare a ricambiare il bacio, lei lo scostò con decisione, lo fissò negli occhi e la punta della sua lingua comparve velocemente tra le sue labbra, facendolo gemere di piacere. Doppio wow! Le gambe gli erano diventate di gelatina e il cuore era impazzito di colpo. Infine, la vide dirigersi all’esterno, intercettare la ragazza – che si illuminò tutta vedendolo comparire dietro la manager capo – e chiamarla.
Saeko rimase spiazzata da quella Patty versione ragazza interrotta sul più bello. E lui pure, Dio, era così sexy conciata in quel modo e quel bacio che gli aveva appena dato... triplo wow!

«Tu sei la troietta che stasera uscirà con il grande eroe nazionale?» esordì senza mezzi termini.

Cosa? Ma che cazzo stava combinando ora. Non lasciò nemmeno il tempo di rispondere a quella tipa che continuò imperterrita.

«Mi spiace, ma Oliver stasera è un po’ stanchino sai, ci stavamo dando da fare lì dentro, se non l’hai capito» le disse assumendo una posa provocante «puro divertimento. Viene da me per una sveltina ogni tanto. Sai, tu sei la numero cinque di questo mese… anzi, no che dico, la nove, sì. Credevi forse di essere l’unica? Questo qui va di fiore in fiore come nulla, non lo sai?» le disse indicandolo.

«Patty! Come non detto, mi arrangio da solo, grazie.»

Ma lei lo ignorò e continuò, imperterrita.

«Be’, lascia che ti metta in guardia da lui. È famoso per parlare sempre e solo di calcio, quindi preparati perché stasera non farà altro. Quanto ne sai?»

«Be’, io…»

«Un bel niente, vero? Oh, come mi dispiace» le disse portandosi una mano al petto e sospirando «lascia che indovini, hai visto il belloccio di turno, scapolo, ricco, famoso e ti sei detta che doveva essere tuo. E già ti vedevi sposata con lui, con al seguito cinque o sei marmocchi urlanti, in una mega villa spagnola vista mare. Sbagliato. Oh, sì, magari se giocherai bene le tue carte, potrebbe scapparci qualche bacio, qualche palpatina sul sedere o un giretto veloce tra le lenzuola, chi lo sa. Ma non illuderti che vada oltre. Non ne è capace. Non ha sentimenti. Sei disposta a correre il rischio?»

«Patty, dico sul serio… piantala!» tentò ancora lui con voce dura.

Era tutto inutile quando lei iniziava, non la fermava più nessuno.

«Io… io veramente…» tentò ancora la poveretta, ormai sconvolta.

«Oh, insomma, Holly, ma che ti prende adesso. Mi hai supplicato tu di aiutarti a sbarazzarti di questa qui. Io le sto solo facendo un favore, a lei, non a te. Abbiamo un discorso da finire, di là, noi, e voglio riprenderlo al più presto.»

«Patty, hai oltrepassato il limite.»

«No, affatto, ho appena iniziato» gli rispose, poi si rivolse alla povera Saeko, ormai prossima alle lacrime, addolcendo il tono, fissandola con compassione e prendendole le mani tra le sue. «Oh, no, cara, no… non devi piangere. Non ne vale la pena, credi a me. La cosa migliore è averlo capito per tempo. Tipi così devono morire da soli, non meritano nulla da nessuno. A meno che a te stia bene essere il suo giocattolino del momento, la sua troietta del giorno, perché questo sarai d’ora in poi per lui. Dico, nove ragazze in un mese… nove! Da’ retta a zia Patty che lo conosce bene e salvati la vita e la reputazione. Stai lontana da lui e da quelli come lui, punta in basso e non sbagli di certo. I tipi con più soldi che cervello, non sono mai quelli giusti, capisci? Sono solo dei pervertiti.»

Poi, un sempre più basito Holly, vide Patty abbracciare Saeko e allontanarla da lì, non prima di averle assicurato che aveva fatto la scelta giusta nel decidere di andarsene.

«Ha detto di dirti che sei un porco maschilista e che le fai schifo. Ah, ha anche aggiunto che non sapeva cosa ci avesse visto in te e di starle alla larga o si mette a urlare. Francamente non so se ne sia capace, ma potrebbe anche saperlo fare» gli riferì poi quando tornò superandolo e rientrando nel magazzino «Dio, Holly, ti è andata male. Dovrai cercare altrove la numero nove, possibilmente una più… disinibita ecco.»

«Come te?» le ringhiò contro «Cos’era quel teatrino di poco fa? Quel… quel bacio, quella messa in scena…»

«Gli uomini, prima chiedono aiuto e poi neanche ti ringraziano» gli rispose lei scuotendo la testa «volevi che la mandassi via, l’ho fatto.»

«Non così, Patty. Hai esagerato.»

«Era l’unico metodo che mi è venuto in mente su due piedi e senza preavviso. Però non puoi negare che abbia funzionato.»

Poi, senza dargli il tempo di replicare, lo oltrepassò di nuovo e si diresse verso la squadra. Cosa? Voleva che tutti la vedessero così? Ma era impazzita? Erano tutti bravi ragazzi, i suoi amici, lo sapeva anche lei, ma…
 
 
 

Patty si stava divertendo come una matta. Dopo anni passati a detestare Holly e a fargliela pagare per non averla mai calcolata… finalmente era arrivata l’ora della sua vendetta.
Che avesse esagerato? Ma Holly le aveva offerto su un piatto d’argento l’occasione di una vita e lei non era riuscita a resistere. Cavoli però, quel bacio… ecco, forse lì era andata troppo oltre. Perché non appena aveva posato le sue labbra su quelle del numero dieci…
Ma non doveva pensarci. Era successo, ma… non sarebbe mai più accaduto. Mai più.
Era carica e decise di dargli un’ultima lezione e quindi si diresse, in quello stato, verso i suoi amici. Sapeva di essere una bella ragazza, ma nessuno di loro l’aveva mai vista così. Le restava una cosa da fare prima di partire per Tokyo e, cascasse il mondo, l’avrebbe fatta in quel momento.

 
«Ehi, dove credi di andare» si sentì urlare dietro da un Holly in preda al panico, bene. «Ricomponiti per la miseria.»

Ma lei non lo fece. Proprio no.
 
«Oh, signorina Gatsby, proprio lei cerc…» la vice di Gamo si spense come un cerino consumato e gli occhi gli si appiattirono.

Oh, bene, che colpaccio.
 
«Mister, ha bisogno di me?» disse portandosi una mano sul cuore.

«Patty, smettila!» gli urlò un Holly trafelato che intanto aveva raggiunto il mister.

Quell’urlo aveva richiamato l’attenzione di tutti che, incuriositi, li raggiunsero. Molto bene. Vide i suoi amici e le altre manager strabuzzare tanto d’occhi e spostare lo sguardo tra lei e il loro capitano. Era facile capire a cosa stessero pensando.
 
«No… no… credo di… no!» balbettò quello.

«Mister» continuò quella «la ringrazio per avermi sopportato tutti questi anni, ma ora considero questa collaborazione, conclusa.»

«Che cosaaa?» urlarono tutti insieme gli amici.

«Sì, termino la settimana e poi mi trasferisco a Tokyo. Non so per quanto tempo, ma fare avanti e indietro… anche no. Poi dai. Vi mancano solo quattro partite, io non vi servo più. Ci sono loro a fare le mie veci e sapete benissimo che sono bravissime quanto me, se non di più» disse loro indicando le amiche di sempre.

«A Tokyo?» le chiese Bruce «È vero o è colpa di questo qui?»

«Ehi, questo qui, ha un nome ed è il vostro capitano.»

«Cosa ti ha fatto?» le chiese Benji guardando l’amico con aria truce «Basta vedervi per capire che è successo qualcosa tra voi.»

Be’, in effetti, qualcosa, era successo.  Non nel modo che aveva sempre immaginato lei, ma…
 
«Se ti ha fatto del male, diccelo senza problemi. Ci pensiamo noi a lui. Sarà anche il nostro capitano, ma se ti ha dato fastidio, se la vedrà brutta» sentenziò Mark, spalleggiato da tutti.

«Grazie, bella considerazione!»

«Holly, francamente lo stato in cui siete, non gioca a tuo favore» intervenne Philip.

«Che carini che siete a preoccuparvi per me, ma sto bene, davvero. Ci siamo solo baciati!»

«Che cosaaa?» ripeterono ancora quelli.

«Ehi, un momento, tu, mi hai baciato!» le ricordò Holly, sotto gli sguardi allibiti di tutti.

«Che cosaaa?» dissero per la terza volta in coro gli amici.

«Perché tu mi avevi chiesto aiuto per tenerti alla larga l’ennesima sciacquetta che ultimamente frequenti. Così, su due piedi, che altro potevo fare per rispedirla da dove era venuta?»

«Ehi, c’erano tanti altri modi che quello di saltarmi addosso.»

«Quel che è fatto, è fatto. Non è stato questo gran che, ma ha funzionato»

«Ehi, che cosa? Ma smettila, non mentire.»

«Non sto mentendo. Ho ferito il tuo orgoglio, per caso? Oh, come mi dispiace. No, non è vero. È stato divertente, però. Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato baciarti, mi aspettavo di più. Ma forse avevo idealizzato troppo io la cosa, ecco. È normale poi rimanerne delusi.»

«Come, come? Senti tu…»

Mentre Holly era ancora sotto shock per tutte quelle rivelazioni, gli amici, dopo un attimo iniziale di smarrimento, se la ridevano della grossa e le amiche iniziarono a farle il terzo grado, il suo cellulare squillò.
La sigla del suo film preferito partì a tutto volume, bloccando tutti sul posto. Quella suoneria l’aveva associata a una persona in particolare, ma per nulla al mondo avrebbe rivelato di chi si trattava. Si sarebbe divertita ancora un po’, prima di tornare al magazzino.

 
«Tesoro, ciao.»

E lì, tutti ammutolirono. Holly sbiancò.
 
«Patty, ma ti senti bene? Tesoro, a me?» disse una voce dall’altro lato.

«Sì, non vedo l’ora anch’io di rivederti. Mi sei mancato questa settimana» rispose lei con voce melliflua.

«Ah, non sei sola. Che succede?»

«Una cena stasera sarebbe perfetta. Dobbiamo recuperare il tempo perduto» disse guardando il capitano negli occhi. Occhi… tempestosi, forse?

«Oh, povera me- Non so cosa stai macchinando, ma prevedo guai. D’accordo, stasera passo da te e porto un film di quelli che piacciono a te – e sai quanto mi costi guardami un horror – e mi spieghi tutto. Me lo devi, dato il sacrificio che faccio e la strizza che mi prenderò. Mi fermo per la notte, ok? Bye» disse e poi riattaccò.

«Perfetto. A più tardi, allora. E ricordati il pigiama. Fosse per me potresti anche farne a meno, ma visto che a te piace… ok, ciao, ciao… a dopo!»

Ah, quello fu un vero colpo di genio, visto che Holly chiuse le mani a pugno e digrignò i denti così forte che poteva giurare di averli sentiti stridere.
 
«Seratina romantica?» le chiese infatti.

«Lo spero.»

«E tu prima baci me e poi ti vedi con un altro, anche per la… notte?»

«Sì. Problemi?»

«Neanche uno. Chi cazzo è?» s’informò, contraddicendosi.

«Non lo conosci. Lui non ama lo sport e non bazzica nell’ambiente sportivo, quindi…» poi gli chiese con una punta di malizia «ti importa davvero? Non sarai… geloso!»

«No!» rispose lui troppo in fretta «Per quello che mi importa di te, potresti anche stare con tutti gli uomini di Tokyo che non mi darebbe minimamente fastidio.»

«Bene, ora che ho la tua benedizione, me ne torno a pulire i palloni, pensando a quello che mi attenderà di qui a un paio d’ore. Tu, piuttosto, ora che ti ho mandato a monte la tua di serata, che farai?»

«Me la caverò. Come hai detto tu, il rimpiazzo non mi mancherà di certo.»

«Ok, divertiti. Se ci riesci» fece per andarsene ma poi si bloccò e si rivolse al mister «mi cercava, per che motivo?»

«Ah, sì… questioni logistiche e visto che tu sei la capo manager…» e si avviò con lei al magazzino mentre la metteva a conoscenza del problema che lo crucciava.
 

 
 
Quella benedetta ragazza lo mandava in bestia. Riusciva a farlo andare da zero a cento un mezzo secondo.

 
«Così vi siete, finalmente, baciati. Anche se, immagino, non era così che volevi accadesse. Dico bene?»

«Ma che stai dicendo, Bruce. È successo solo perché si diverte a farmi imbestialire.»

«Ma smettila, non ci crede nessuno. Tutte le vostre liti hanno sempre nascosto una passione anomala. Però anche tu, andarle a chiedere di aiutarti a sbarazzarti di una tua conquista… te la sei proprio andata a cercare» rincarò la dose Ed
.

Non era possibile. Tutti erano contro di lui. Patty l’aveva prima baciato e poi umiliato davanti alla tizia, di cui aveva ancora dimenticato il nome, come non mai. Le parole che aveva detto riferendosi a lui… quanto male gli avevano fatto. Se prima era convinto che Patty, sotto sotto, tenesse a lui come un tempo, dopo quelle parole, quella speranza era morta definitivamente.
“I tipi con più soldi che cervello, non sono mai quelli giusti, capisci?” “Questo qui va di fiore in fiore come nulla, non lo sai?” “Non ha sentimenti!”

 
«Forza, che state aspettando? Dopo domani abbiamo l’incontro con l’Uruguay, ve lo siete dimenticato?»

E partì a razzo verso il campo.
Lui amava Patty, la amava da sempre. Ma quella cocciuta gli aveva voltato le spalle da un giorno all’altro. Si struggeva per lei e lei lo ripagava con l’indifferenza e l’astio. E ora questo.
Patty aveva un ragazzo segreto e ci avrebbe passato la serata insieme, avrebbe dormito con lui quella notte. Chi cazzo era quel tizio? Dove si erano conosciuti? Da quanto continuava? Gli avrebbe rivelato del loro bacio? Lui sperava di sì, e… un’idea prese forma nella sua testa e sorrise.
Voleva la guerra? Bene, lui era pronto!
 
 
Due ore e cinque minuti dopo…
 

Dlin Dlon, Dlin Dlon. La porta si aprì davanti a lei con forza e sorrise alla sua amica.

«La finestra sul cortile, patatine al formaggio, beveraggio e… oh, cazzo, che ti è successo, Pat?» 

Amy entrò, lasciò cadere tutto sul divano e l’abbracciò con forza. Aveva capito dalla telefonata che qualcosa non andava e, ora che ne aveva avuta la conferma, si ripromise di farla sfogare e parlare. Poi, avrebbe pensato a come agire per aiutarla. Patty era la sua migliore amica e avrebbe dato la vita per lei, vederla così la distruggeva e rattristava.
Nessuno poteva permettersi di ridurla in quello stato e farla franca. Nessuno.
 

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Capitolo 3
*** Amy, la mia migliore amica ***


«Cretinascemastupida. Ma… pe… perché me la prendo tanto. So… son… ono pateticaaa» disse singhiozzando e poi soffiandosi per l’ennesima volta il naso.

«No, no, amica mia, sei solo… innamorata persa» le rispose porgendole una tazza di tè fumante.

«Non lo amo più, ma ti pare? Ci parliamo solo lo stretto necessario e mai con toni calmi. Poi lui… lui esce con… con le…» annusò il contenuto e poi ne bevve un sorso «altre, Amy, e… e…» storse il naso e fece una smorfia.

«E?» la incalzò «Si è risentito quando hai sminuito il vostro bacio? Si è incavolato quando ha creduto che stasera avessi appuntamento con il tuo… tesoro immaginario? Anche se lo sono, un tesoro, lo ammetto… ma del sesso sbagliato» ridacchiò.

«No! Cioè, sì, lo sei e che cavolo. Sei stata l’unico mio raggio di luce di questo ultimo decennio e…»

«Non è esatto, decennio intendo. Per la precisione sono dodici anni, un mese e cinque giorni!»

«Le ore non le sai?» le chiese una Patty interdetta «Hai tenuto il conto, Amy?»

«Ovvio, se reputo qualcosa importante per me, tengo il conto, sì.»

«Ma che dolce che sei, grazie!» nuove lacrime scesero sul suo volto «Almeno per qualcuno lo sono.»

Si asciugò il volto e cercò di sorridere.
 
«Devo smetterla di piangere, ridere e parlare allo stesso tempo. Devo essere orrenda ora e tu sei gentile a non farmelo notare. Ma che dico, tu sei sempre gentile.»

«Lo so e… credimi, sei importante anche per Holly» le disse l’amica dopo averla abbracciata brevemente.

«No. Le sue amichette lo sono, per lui. Il calcio lo è, per lui. I suoi amici lo sono, per lui. Io… io non sono altro che una fastidiosa e dolorante scheggia nel suo piede.»

Amy scoppiò a ridere e lei la guardò con gli occhi sbarrati.
 
«In realtà non è esatta questa affermazione. La scheggia è fastidiosa fino a che non viene assorbita dal corpo, specie se di legno. Si potrebbe anche togliere se particolarmente appuntita o se è messa in una posizione cruciale per la camminata, tale da causare dolore e infezione e… che c’è? Perché mi guardi così?»

«La vicinanza di Julian e dei suoi studi di medicina, vedo che ti ha influenzata. Fatto sta che io sono e resto una scheggia e lui mi odia.»

«Non mi hai più detto a cosa ti riferivi con quel… e… dopo avere bevuto la mia tisana calmante» le disse lei cambiando saggiamente argomento.

Tisana calmante? Ma stava scherzando? Avrebbe resuscitato anche un morto quella brodaglia ambrata.
 
«E… e questo intruglio puzzolente fa schifo, ma con cosa l’hai fatto, con del fieno marcito? Ha un odore rivoltante e disgustoso. Con che coraggio lo chiami tisana calmante

«La tizia del negozio biologico che frequento da anni, mi ha garantito la sua efficacia sui nervi. Quindi ora smetti di fare la piattola e bevi.»

«Ah, già, dimenticavo il tuo amore infinito per gli intrugli biologici. Dovevo immaginarlo che questo fosse uno di quelli, il che spiega la puzza che emana. Ti ringrazio per il pensiero, ma passo» le disse poi appoggiando la tazzina ben lontana da lei sul tavolino davanti.

«Bevi!» le impose lei, riprendendola e porgendogliela con sguardo truce.

«Ti preferivo quando ancora non ti avevo corrotto con il mio dispotismo» le disse lei, ma poi cedette e bevve più in fretta che poté. «Ti nomino mia erede universale, nel caso dovessi morire in seguito all’avere ingerito tale intruglio. Con il compito extra di andare da Oliver e tirargli un calcio in culo da parte mia. Bello potente e ben assestato, possibilmente.»

«Sarà fatto, e con molto piacere anche. Al costo di scandalizzare tutti, Julian per primo, che mi crede ancora timida e ingenua.»

Patty sorrise alla sua amica e si ritenne fortunata ad averla trovata. È vero, il loro inizio era stato burrascoso, ma poi si erano avvicinate quasi per caso. Dopo tutto quel tempo, ancora nessuno sapeva della loro amicizia. All’inizio le aveva chiesto di tenerla nascosta per non rovinare la sua immagine da dura, ma poi… era filato tutto liscio. Aveva faticato a convincere Amy, a non parlarne neanche con Julian, ma poi dopo un paio di mesi, l’amica si era trovata d’accordo con lei e così nessuno – ma proprio nessuno – sapeva del loro segreto.
Chissà come avrebbero reagito nello scoprirlo, perché presto o tardi sarebbe saltato fuori ne era sicura. Il segreto era durato molto di più di quello che entrambe avevano creduto.
Il suo litigio con Holly era iniziato proprio per quel motivo e lei non aveva mai fatto nulla per chiarire la situazione. Che la ritenesse pure insensibile, invidiosa e menefreghista, come le aveva rinfacciato in svariate occasioni.

 
«Sei insensibile Patty, non ti rendi conto neanche che Amy soffre a causa del tuo atteggiamento.» «Forse è l’invidia che ti fa agire così con lei, perché sai che è migliore di te e anche più carina.» «A te importa solo di te stessa, sei una stupida menefreghista senza cuore.»

Lei gli aveva sempre risposto per le rime e ora erano arrivati a un punto di non ritorno.
Holly. Doveva dimenticarlo. Punto. Lui e il bacio.
Sorrise ad Amy, prese il dvd che aveva portato e le disse vedendola sbiancare...

 
«Cosa abbiamo qua? Uh, niente meno che Hitchcock. Ottima scelta, per una che odia l’horror. Lui è il maestro indiscusso e questo si dà il caso che sia il mio preferito» le disse sventolandole La finestra sul cortile sotto il naso «un film perfetto per iniziare a conoscere il grande Alfred.»

Sentì Amy borbottare qualcosa sul suo dannato impulso che l’aveva spinta a comprarlo e, ridendo, si diresse al lettore dvd per iniziare la visione.
 
 
 


No, lei e i film horror non andavano d’accordo. Fossero anche di questo genio del coccolone istantaneo, come lo aveva definito dopo mezz’ora di visione, facendo ridere Patty a crepapelle. Bene, almeno una missione era compiuta, risollevarle il morale.
Quando aveva visto una Patty piangente e tremante sulla porta di casa, la frase che stava dicendo le si era bloccata a metà e aveva agito d’istinto, l’aveva abbracciata.
L’amica aveva pianto parecchio e Amy aveva faticato non poco a riportarla alla calma, soprattutto per capire cosa le stesse dicendo, perché tradurre frasi interrotte dal pianto e dagli urli, non era semplice.
Non l’aveva mai vista ridotta così, nemmeno quando le aveva confessato di avere visto Holly in giro con altre ragazze, in svariate occasioni. Cretino.
Ma quella sera… quella sera era stata diversa. Patty era crollata.
Motivo? La richiesta che Holly le aveva fatto. Una richiesta assurda. Ma quanto sapeva essere insensibile quel ragazzo? Eppure, non lo era mai stato in vita sua, con nessuno. Il fatto che si comportasse così solo con la sua amica… le dava da pensare.
Ovviamente Patty lo aveva aiutato, ma lo aveva anche saggiamente umiliato attuando la sua vendetta. Poi, però, i nervi avevano ceduto e, appena varcata la porta di casa, le aveva confessato di essere crollata e avere fatto una strage. Il salone era irriconoscibile. Patty per il fine settimana era a casa da sola e, tra un singhiozzo e l’atro, l’aveva invitata a rimanere. Per fortuna portava sempre un ricambio doppio con sé e l’amica lo sapeva. Avrebbero sistemato il giorno dopo. Si congratulò con se stessa per avere intuito dalla sua voce al telefono, che era tesa e sconvolta e aveva provveduto a portarle la tisana.
Patty diceva, giurava e spergiurava, di non amarlo più, ma non era così e lo sapeva anche lei, dentro la sua anima. Perché Holly non le aveva occupato solo il cuore, ma anche il suo essere e lei non se ne era ancora resa conto.

 
«Ho deciso che la settimana prossima parto sul serio per Tokyo. Ho bisogno di staccare da tutto e tutti» l’informò di punto in bianco.

Amy non ne era sorpresa. Sapeva del legame che univa Patty alla sua prozia, l’aveva visto e adorato. Quella donnina sarebbe mancata terribilmente a entrambe.
 
«Fai bene. Cambiare aria è la soluzione migliore. E sai che ti dico?»

«Avanti, spara.»

«Che per tutto il periodo che ti tratterrai a Tokyo, non ti mollerò un secondo. È vero che la conosci bene, ma mai come me che ci sono cresciuta e ci vivo.»

«E sai che ti dico io? Che l’appartamento di zia è grande, troppo per me e che mi servirebbe una coinquilina. Conosci nessuno tu, per caso?» le propose strizzandole l’occhio.

«Non stai scherzando, vero?» s’informò quella, strillando di gioia.

«Amy. Sono secoli che parli di volere andartene da casa e Julian è un babbeo se ancora non ti ha proposto di convivere, dopo tutti gli anni che stai con lui e quello che hai fatto per lui. Quindi, te lo chiedo io, ufficialmente, proprio ora. Amy, te la senti di mollare tutto per affrontare questa nuova avventura insieme a me? Shibuya è una zona fantastica, piena di vita, di gioia e di colori… e non sarai tanto distante da casa tua. E poi, e questo è l’aspetto più importante, vivrai con me!»

Lei tacque per un po’, ancora frastornata da quella proposta, ma poi le fece un ampio sorriso.
 
«Affare fatto, migliore amica coinquilina. Ci divertiremo come matte!»

D’istinto l’abbracciò per l’ennesima volta quella sera e poi iniziarono a fare mille e più progetti per l’appartamento.
 
«Zia mi ha lasciato anche una somma considerevole, sai? A quanto pare era ricchissima – e chi se lo immaginava – e voleva vedermi spiccare il volo senza troppe preoccupazioni economiche. Mi aiuterai a spenderne un po’ per rimodernare casa, vero? Che so, pitturare le pareti, buttarne giù una per fare un grande open space, comprare mobili nuovi e moderni, cambiare i sanitari, il divano… ma senza intaccare il suo spirito libero.»

«Sarà meraviglioso, e sarà come un tirocinio per me, senza strafare però. Meglio non spendere tanto e contenere i costi.»

«Oh, non preoccuparti per questo» le mormorò una cifra all’orecchio che le fece venire la tachicardia «come ti ho detto poco fa, era ricchissima!»

«Ma… ma lo sai che potresti comprarti tutto il palazzo e non intaccare minimamente il capitale? Senza contare che potrai incassare gli affitti e...»

«Zia, era una zitella furba e parsimoniosa. Zia, era la padrona del palazzo da una quarantina d’anni, lo so perché me l’ha detto in varie occasioni» le rivelò Patty.

«Zia, era un genio!» aggiunse lei battendo le mani.

Stavano ancora festeggiando quando il suo cellulare prese a squillare con insistenza.
 
«Julian? Strano, non chiama spesso quando è in ritiro» disse guardando lo schermo.

«Dai rispondi, io vado di là» fece per alzarsi, ma lei la bloccò.

«No, resta. Non mi dà fastidio e poi questa serata non ammette intrusioni. Me ne libero presto.»

Amy prese un bel respiro, mise il vivavoce con disappunto dell’amica e rispose.

«Pronto?»

«Pronto, Amy. Sono io.»

«Sì, lo so, ho visto la tua foto sul display. Come mai questa chiamata? Devo preoccuparmi? Lo sai che non ho potuto unirmi alle manager causa tesina in corso e che quindi sarei stata un pochino presa. Senti nostalgia di me?»

Amy stava studiando per diventare una arredatrice d’interni ed era quasi giunta al termine del percorso di studi.
 
«Sì, cara, mi ricordo benissimo che devi studiare e lo sai che senza di te mi sento perso. Ma non è per questo che chiamo» lo sentì sospirare e poi continuò «Dio, qui è successo un mezzo disastro oggi.»

Le ragazze drizzarono le antenne. Sapevano entrambe cosa stesse per dire il calciatore.

«Parla, amore, ti ascolto. Sono curiosa. Sei così allarmato perché, forse, si è azzoppata mezza Nazionale?»

La battuta fece ridacchiare Patty e sentì Julian zittirsi improvvisamente.

«Amy, chi c’è lì con te?»

Lei fece segno all’amica di zittirsi e quella si cucì un’immaginaria cerniera sulla bocca, sorridendole con gli occhi.
 
 
 


Amy non era sola. Ne era sicuro. Aveva sentito qualcuno ridere vicino a lei. Quella voce sembrava femminile e… e cavoli, dove l’aveva già sentita?

 
«Sì, sono con una mia amica di università che mi sta aiutando a studiare per la tesi di laurea. Sai che ho il colloquio tra un paio di settimane scarse, vero?»

Stava dicendo la verità? E in fondo poi che motivo aveva per mentirgli?
 
«Certo e vedrò di esserci, impegni con la Nazionale permettendo. Nel caso non riuscissi, sentiti obbligata a passare di qua. Potrei congratularmi con te in altri modi e non solo a voce.»

E di nuovo quella voce ridacchiò. Sentì Amy sussurrare un “Smettila”, pur con tono non troppo convinto e divertito.
 
«Ma sei in vivavoce?» chiese, improvvisamente allarmato e… imbarazzato.

«No, figurati. Allora, dimmi questa cosa disastrosa che è successa, così torniamo a studiare e… eh?» la sentì interrompersi e rispondere alla misteriosa amica «E tu hai fatto il budino al cioccolato e me lo dici solo adesso? Ma quando l’hai fatto? Stamattina presto? Certo che lo voglio, ho già le papille gustative in fibrillazione, e se non lo mangio entro i prossimi dieci minuti potrei non rispondere di me stessa, quindi, occhio» poi tornò a lui «scusa, scusa, Julian. Dimmi tutto.»

Ma con chi diamine stava parlando al telefono? Con una copia della sua fidanzata o era proprio lei?
 
«Se è un brutto momento, riattacco» propose.

«Ma che scherzi? No, caro, non ti sento da giorni e ora non mi scappi così. Smettila di farti desiderare e fammi capire bene cosa ti agita tanto.»

E fu così che lui le raccontò per filo e per segno quello che era successo tra Patty e Holly. Amy sentì tutto quasi senza fiatare, se si volevano prendere i vari “Che cosa?” “Ma scherzi, vero?” “Finalmente!” “Fantastica!” “Ben gli sta.” come commenti.
Vide Holly avvicinarsi a lui con fare pensieroso e si affrettò a chiudere la comunicazione, sicuramente era venuto a dirgli che il mister voleva vederli in ufficio essendo loro, rispettivamente, capitano e vice-allenatore, oltre che giocatore.

 
«Telefonatina romantica?» esordì quello.

«Sinceramente non lo so, Holly. Ma non credo che ti cruccerò anche con i miei problemi, ne hai di più grossi tu.»

«Io? Proprio no. Se ti riferisci a quello che è successo oggi, mi spiace, ma hai preso un abbaglio.»

«Tu dici? A me è sembrato che Patty, verso di te, abbia usato degli artigli ben più affilati di quelli che Mark solitamente usa in campo. Ammettilo, quel bacio sarà stato anche improvviso, ma ti è piaciuto molto e il fatto che lei l’abbia ridicolizzato… ahia, fa male, vero?»

«Sì, malissimo, dannazione» ammise quello, tirando un calcio a un sasso lì vicino che partì a razzo verso una meta ignota.

Julian rincarò la dose, voleva vedere fino a dove riusciva ad arrivare.
 
«E poi vogliamo parlare di quando ha annunciato le sue dimissioni e della faccia che hai fatto? O… o che so, della telefonata ricevuta? L’hai praticamente sottoposta a un terzo grado davanti a tutti. Sembravi un moderno Otello, lasciatelo dire.»

«Mi odia. Che posso farci? Niente. E poi tra un paio di giorni non la rivedrò per un bel po’ di tempo, se non per sempre, quindi… che senso ha cercare di chiarire con lei? Sta con un altro se non l’hai capito, quella telefonata è stata chiara, no? Inoltre, mi ha ridicolizzato di fronte alla tipa con cui avevo appuntamento stasera. Ci è andata giù talmente pesante che non mi stupirei se, da oggi, girasse la voce che sono un maniaco pervertito. Ci vediamo domani a colazione, per stasera niente riunione extra.»

Julian scoppiò a ridere, era impossibile anche solo pensare a lui in quei termini. Guardò l’amico andarsene con la testa china, riflessivo e cupo. Poteva dire quello che voleva, ma il suo atteggiamento urlava il contrario e, per dirla tutta, urlava il suo amore per Patty e il suo dolore per averla persa, ancora prima di dirglielo.
Holly lo preoccupava, ma ora era Amy a essere al centro dei suoi pensieri. Era stata strana al telefono, molto strana. Non gli aveva mai parlato di questa amica universitaria. Da dove era spuntata fuori? Sembrava molto in confidenza con lei, quindi non era una conoscenza recente. E poi l’aveva quasi liquidato al telefono. Perché? Cosa nascondeva?
Ormai il tarlo si era insidiato in lui e non avrebbe mollato fino a che non avesse scoperto la verità.
 
 


 
«Certo che come bugiarda sei pessima, Amy. Sono certa che ora Julian si starà facendo un sacco di domande sul tuo conto e quindi stai in guardia, intese?»

«Tu… tu dici che non ha creduto all’amica universitaria?» le rispose lei, tutta preoccupata, mentre attaccava a mangiare il tanto sospirato budino.

«Proprio no. Ma sta tranquilla, non è grave. Se le cose dovessero volgere a tuo sfavore… parlagli pure di me. Tanto al vostro matrimonio l’avrebbe scoperto di sicuro, visto che io sarò la prima damigella d’onore!»

«Cosa, cosa? Ehi, come corri. Quale matrimonio. Quello non ci pensa nemmeno a chiedermelo e, per quanto io lo desideri, so che non accadrà tanto presto. Almeno fino a che non si sarà laureato in chirurgia. E se poi volesse aspettare di terminare la specializzazione? Sono altri anni che si aggiungono ai due che gli mancano e… oh, povera me, morirò come tua zia!»

«Ricca? Stra ricca? Schifosamente ricca?» rispose lei, ridendo.

Vide Amy indirizzarle un’occhiataccia, ma poi addolcì lo sguardo e scoppiò a ridere di gusto.

«Già, proprio così» le rispose cercando di ricomporsi.

«Be’, vedila in questo modo, saremo coinquiline a vita e non ci faremo mancare nulla. Divertimenti, uomini bellissimi, viaggi…»

«Uomini… wow… hai usato il plurale. Quanto ne vorresti?» s’informò.

«Tutti quelli che mi colpiranno. Non perché uno di loro non mi ha mai voluta, io debba chiudere bottega prima ancora di averla aperta. In fondo lui lo fa già, no? Sembrano fatte tutte con lo stampino, le troiette con cui esce, ma il punto è che se ne frega e lo fa. Le cambia tanto velocemente quanto il rotolo di carta igienica nella casa di uno con la dissenteria. Mi sono spiegata?»

«Perfettamente. Ti fa male questa cosa, vero?»

Lei ci rifletté un po’ su. Faceva male? Forse all’inizio, ma ora… era irritante vederlo fare complimenti alle altre ragazze, e strappare loro un appuntamento. Quello che lei, con lui, non avrebbe avuto mai. Era irritante anche beccarlo in giro per Nankatzu con loro, magari mentre lei in tuta usciva dal supermercato.
Be’, lei sperava solo di essere riuscita a rovinargli la reputazione.
Saeko sembrava sinceramente sconvolta dalle sue parole e, quando le aveva sussurrato di mettere in guardia altre potenziali conquiste, l’aveva rassicurata che l’avrebbe fatto con enorme piacere. Certo, le aveva anche chiesto come mai a lei andasse bene così – ovvero che la baciasse ogni tanto nel magazzino e si approfittasse di lei – ma Patty aveva riso e le aveva detto che in realtà era lei a usare lui, ma che il cervello di Holly era talmente annebbiato dagli ormoni a palla, che non se ne accorgeva neanche. Quella sì, che era stata una mossa da maestro.
Magari fosse stato vero e invece…
Ora Holly avrebbe avuto la lezione che si meritava e non avrebbe mai più abbindolato nessuna ragazza. Saeko era un influencer, aveva scoperto parlandoci insieme, e Patty a stento aveva contenuto la gioia provata nel scoprirlo. Ora sì che poteva finalmente lasciarlo andare e guardarsi attorno. Il suo cuore ne avrebbe sofferto un pochino, ma era un piccolo prezzo da pagare per voltare pagina. E, la sua nuova vita, iniziava di lì a tre giorni, a Tokyo.

 
«Il passato è passato e deve rimanere tale, Amy. Ora voglio vivere il presente. Senza di lui.»
 

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Capitolo 4
*** Il vichingo dagli occhi di ghiaccio ***


«Casa dolce casa. Anche se per i primi tempi vivremo in un cantiere aperto, non ti sembra di sentirla già nostra e bellissima?»

Patty era felice. Nei due giorni precedenti, lei e Amy avevano fatto il trasloco parziale. Per il momento avrebbero usato i mobili della zia, in attesa del termine dei lavori grossi da svolgere. Quel giorno attendevano l’idraulico e l’elettricista per visionare gli impianti e il muratore per liberarsi della parete che, una volta abbattuta, avrebbe unito cucina e soggiorno. Successivamente avrebbero ingaggiato degli imbianchini per fare rivivere le pareti con bellissimi colori pastello. Le aspettava una settimana di fuoco.
Avevano rimandato il trasferimento a laurea di Amy avvenuta e quella, puntuale, era stata presa due giorni prima con il massimo dei voti.
Amy era passata al ritiro con la bella notizia – come aveva immaginato, Julian non aveva potuto presenziare, ma lei sì – e voleva avvisare tutti, distraendoli un po’ dagli allenamenti massacranti di Mr Gamo.
Non gli aveva chiesto nulla, al suo rientro. Nessuna notizia delle amiche, della squadra e di Holly, non aveva voluto sapere nulla di nulla, di nessuno. Specie di quest’ultimo. Ma Amy era stata cattivella e le aveva riferito che era alla sua terza uscita con una tizia dai capelli castani, piccoletta, magrolina e anonima. Lei l’aveva incontrata per caso e l’aveva trattata con freddezza, lasciando di sasso tutti. Patty aveva sentito un pezzetto del suo cuore incrinarsi a quella notizia, ma era passato in fretta. Non era più affar suo. Però, e qui aveva riso, dai racconti di Julian, Amy aveva capito che il capitano aveva faticato non poco per trovarne una disposta a dargli una chance. Il sito di Saeko aveva funzionato a dovere e ora sembrava proprio che il 95% delle ragazze, gli girasse alla larga. La Federazione Calcistica l’aveva ammonito severamente e ora era guardato a vista dai grandi capi che ne monitoravano i movimenti. Holly era furibondo ed era a caccia del responsabile di tali ingiurie infamanti. La fonte della notizia era risultata anonima e Saeko non aveva detto nulla in merito. Ops, forse la sua carriera ne avrebbe risentito a vita, il mito del grande eroe stava tramontando. Che peccato. Ah, ah! Magari un giorno gli avrebbe rivelato di essere stata lei a dare il la a tutta quella storia.
Amy la distrasse da quei pensieri, facendo cadere la valigia per terra e roteando qua e là per la casa.

 
«Bellissima davvero Patty. Ha del potenziale immenso. E..»
 
Crawling in my skin
These wounds they will not heal
Fear is how I fall
Confusing what is real
 
«Che cazzo… ma che…?»

La musica stupenda e carica di emozioni dei Linkin Park invase l’appartamento a un volume talmente altro che le sembrava di essere a un loro concerto.
 
«Patty, a quanto pare tu e il nostro vicino avete gli stessi gusti musicali. Andiamo a conoscerlo e magari gli chiediamo gentilmente di abbassare l’audio. Per sistemare c’è sempre tempo.»

«Magari è una lei. Però concordo. Li amo anche io, ma vorrei mantenere l’udito.»

Fu così che si diressero alla porta del o della dirimpettaia rumorosa e bussarono. Nulla.
 
«Come vuoi che possa sentirti, Amy, con il volume a palla» Patty si appoggiò leggermente con la mano alla porta che si aprì. «Entriamo! Permessooo!» e lo fece di getto. La musica cessò.

«Patty, no. Non è carino presentarsi senza invito in casa altrui… Patty, ehi, perché diamine ti sei fermata in mezzo alla stan…. Aaaarggggghhhh!» urlò coprendosi gli occhi con una mano e arrossendo vistosamente.

E adesso perché urlava così Amy? In fondo cosa stavano guardando, se non una visione in carne e ossa, completamente… nuda? Dei dell’Olimpo, che adone pazzesco.
Altissimo. Biondissimo. Capelli bagnati e ricci fino alle spalle. Occhi azzurro cielo. Muscoli. Accenno di barba. Muscoli. Gambe toniche. Muscoli. Pettorali perfetti. Muscoli. Cosce tornite. Muscoli.

 
«Mi sta facendo una radiografia signorina?»

Voce profonda, calda, vibrante.
 
«Per fa… fav… ore, pu… può rivestirsi?» gli chiese Amy, balbettando.

«No!» la smentì lei «È casa sua, Amy. Siamo noi le intruse e lui può girare come meglio crede.»

«Grazie» rispose quello «incantatissimo. Si può dire? Scusate, ma a volte tentenno ancora un po’ con la vostra lingua.»

«Lei può dire qualunque cosa voglia con quella voce. E se tentenna, chieda pure a me. Incantatissima anch’io.»

«Patty!» la riprese l’amica che dimenticò come mai avesse gli occhi chiusi e li aprì di scatto, per rimanere raggelata sul posto. «Ma… ma lei è… nudo e che caz… oddio. Mi scusi, non volevo dire quella parola» Amy era nel pallone e si girò per non guardarlo.

Il vicino scoppiò a ridere di gusto.
 
«Meravigliosamente nudo, amica mia» poi si rivolse allo sconosciuto e gli tese la mano che lui strinse con delicatezza, facendola sospirare «piacere, Patricia Gatsby. Lei è la mia amica  Amy, la scusi, è molto pudica. Abitiamo proprio davanti.»

«Siete le mie vicine? Che fortuna, ci vedremo spesso, allora» disse rinsaldando la presa della sua mano e baciandogliela in modo impeccabile, senza smettere di fissarla negli occhi.  «Sarà meglio che mi metta dei boxer addosso. Torno subito, non scappi e neanche lei bella signorina rossa» disse poi fissando Amy, impegnata a guardare ovunque, ma non lui.

Scappare? Lei? E perdersi così la visione del suo sedere alto e sodo che si allontanava senza fretta? Giammai. Ma quel tipo aveva un difetto, oltre che un nome?
 
«Patty, andiamocene. Questo tizio mi sembra un pervertito.»

«Tu va pure se vuoi. Io non mi muovo neanche morta, da qua. Dico, ma l’hai visto bene?»

«Ho visto fin troppo, se per questo. Oddio. Non riuscirò mai più a incrociarlo senza immaginarmelo nudo. E so già che finirò con il dirlo a Julian e sarò così in imbarazzo… e lui si arrabbierà tantissimo, lo so. Oddio, che guaio.»

«È così… massiccio, ovunque e ha due chiappe ipnotiche» la ignorò lei.

«Patty, per favore controllati. Sembri un’invasata.»

«No, Miss Patty, Patricia, continui pure la sua analisi, è galvansate per il mio ego» disse lui comparendo più “coperto”, con un paio di aderenti boxer grigio antracite di Calvin Klein, che miglioravano di poco la situazione, almeno per Amy. A lei, invece, andava bene anche nudo.

Lei rise a quell’errore involontario e lo corresse subito, alche anche lui rise di rimando. Wow, anche la risata era meravigliosa.
 
«Mi scusi, ma ancora non ci ha detto il suo nome» gli ricordò.

«Steffen Larsen. Sono norvegese, di Sandefjord. E dammi del tu, per favore, mi fai sentire vecchio a ventisette anni.»

«Noi venticinque. Se tu sei vecchio, allora sei il vecchio più sexy che abbia mai visto in vita mia» gli rivelò guadagnandosi uno sguardo allibito dall’amica e un sorriso a trentadue denti da parte del ragazzo. «Cosa ci fai qua in Giappone e, a proposito, ringrazio l’universo perché ti ci ha mandato.»

«Lo ringrazio anch’io o non avrei incontrato una così bella ragazza. Sono qui per lavoro. Sono un cuoco, un Sous Chef, a volere essere precisi. E bravo anche. Ho vinto un concorso per gestire come secondo la cucina di un importante ristorante cinque stelle, nel vostro splendido paese e sono partito subito. Ormai sono qui da cinque mesi. Ma il mio sogno è aprirne uno tutto mio. Se ti invitassi a cena tra quattro giorni, alle 20.00, che sono di riposo, accetteresti?» le chiese di getto, guardandola intensamente.

A Patty morirono le parole in bocca e annuì vistosamente, diventando di tutti i colori.
 
«Prometto che mi vestirò per l’occasione.»

«Prometto che lo farò anch’io» gli rispose.

«Bene, ora che vi siete promessi a vicenda di non imitare Adamo ed Eva – il che è un gran sollievo devo dire – piacere di averti conosciuto e tutto, ma ora dobbiamo proprio andare. Oggi aspettiamo alcuni operai e non possiamo proprio trattenerci. Solo, se potessi abbassare un pochino il volume della musica, sarebbe carino o come facciamo a sentire cosa ci dicono? Grazie» disse Amy prendendola per una mano e trascinandola via quasi di peso.

«Allora a giovedì sera, mia stupenda venere giapponese» le urlò dietro lui e le mandò un bacio volante.
 
 
 

E così, finalmente, aveva conosciuto le nuove vicine di casa. La rossa gli sembrava un po’ troppo timida per i suoi gusti, ma la bruna… wow. Patricia. Sì, l’avrebbe chiamata così’ d’ora in poi. Perché sminuire un nome bellissimo e musicale come il suo, abbreviandolo e facendolo diventare anonimo? Era un sacrilegio.
Non si era mostrata per nulla imbarazzata di fronte alla sua nudità e questo lo aveva reso audace. Certo, non si aspettava di ricevere visite, o si sarebbe rivestito dopo la doccia.
Quella ragazza era una tentazione unica da vestita, come sarebbe stata nuda? Prima o poi l’avrebbe scoperto, ma se voleva arrivare a quel punto, doveva procedere con calma.
Zia Miho, gliel’aveva descritta per mesi e gli aveva mostrato anche delle sue foto. Era più bella dal vivo che in fotografia. Purtroppo, non era mai riuscito a incontrarla quando quella dolce vecchietta era ancora in vita, ma le aveva promesso di farci amicizia quanto prima e ora… aveva mantenuto quelle parole, anche se troppo tardi. La sua zia acquisita, la zia del palazzo, nonché proprietaria, era morta prima che potesse riuscirci, ma lui era sicuro che quello fosse il suo ultimo regalo e che dall’alto lo stesse guardando.

 
«Dolcissima Zia Miho, la tratterò con i guanti sua nipote, promesso. Grazie» disse rivolto alla sua fotografia che teneva incorniciata su una mensola in sala e le mandò un bacio.

A discapito della sfacciataggine di Patricia, lui aveva capito che quella ragazza aveva bisogno di amore, dolcezza e considerazione nella sua vita e lui, le avrebbe dato tutto quello e non necessariamente in quell’ordine.
 
 
 

 
«Patty, mi meraviglio di te» le disse una Amy nervosa «incoraggiare così un uomo… nudo.»

«Tanta perfezione da rendere fieri i suoi antenati vichinghi. Ha detto giovedì, vero? Oddio, Amy, non ho niente da mettermi.»

«Come? Ho sentito bene? Sei già entrata in panico per la mise che dovrai indossare per la vostra cena?» le disse fissandola con gli occhi sgranati «Chi sei tu? Esci da questo corpo, chiunque tu sia» le disse mostrandole con le dita il segno della croce davanti alla faccia.

«Non ho niente, Amy e lui è… perfetto e non posso sfigurare.»

«Oh, mammina santa, l’ho persa» disse con un sospiro esagerato,

Amy guardò l’amica ancora nel mondo dei sogni e poi l’affrontò mettendosi le mani sui fianchi, come faceva lei.
 
«Signorina Patricia Gatsby, che stai combinando? Tu ami Holly ricordi? Holly, il capitano della Nazionale. Moro, occhi scuri, capelli neri a punta…»

«Chi?» le rispose quella «Stai seriamente paragonando Thor qua davanti con… Oliver Hutton? E la smetti di dire che sono innamorata di lui?»

«Perché lo sei, benedetta ragazza!» urlò «Così tanto che i tuoi occhi hanno consumato tutte le lacrime che avevano a disposizione.»

«Lo sono stata e lui non ha mai – mai – ricambiato. Mai! Esce con chiunque respiri, ma a me? A me non l’ha mai chiesto neanche una volta. Tratta tutti con gentilezza, ma con me? Con me usa solo parole astiose. E adesso, adesso che un uomo notevole mi ha notata, finalmente, e mi ha chiesto di uscire con lui… tu, vuoi che rifiuti e che mi ricordi del mio grande amore passato? Ma non c’è paragone tra i due, te ne rendi conto?»

«Io so che Holly ti ama o non sarebbe rimasto sconvolto dal bacio che gli hai dato.»

«Ecco, brava, che gli ho dato, io! E quello che premeva a lui, era che gli avessi rovinato la reputazione con le ragazze, non certo che mi ero appropriata delle sue labbra, anche solo per un minuto scarso.»

Amy ci pensò. Patty aveva ragione, dannazione. Anche il giorno che lei era andata al ritiro portando la notizia della sua laurea, lui era in ansia per quello e per il fatto che quella storia avesse intaccato la sua carriera. Però… però non voleva credere che quei due non avessero un futuro. Patty e Holly erano legati dal destino e lei, che all’amica piacesse o meno, gli avrebbe dato una mano a sistemare le cose tra loro, così come il destino stesso gliele aveva complicate.
Sì, decise Amy, avrebbe lasciato che Patty e Steffen uscissero insieme e poi… sperava proprio che Patty la perdonasse.

 
«Bene, non litighiamo, ok? Hai ragione, l’ho capito solo ora. Guardavo la cosa dalla prospettiva sbagliata.»

«Grazie. E ora… aiutooo, che posso mettermi?»

«Tu e io, domani, andremo per negozi. Ci penso io a te, amica mia. Sarai bellissima, più del solito» le rispose abbracciandola «e adesso… la diamo una pulita ai pavimenti e ai mobili o vogliamo che la polvere aggredisca gli operai?»

«Mh, sì, ci sto, a tutto. Ma prima…»

Amy vide l’amica andare alla sua borsa, estrarre l’I-Pad, scegliere una canzone e metterla a tutto volume. E mentre le note di Castle of Glass dei Linkin Park, invadevano l’appartamento, una risata genuina le raggiunse dalla porta accanto e le fece ridere a loro volta.

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Capitolo 5
*** Sentimenti in gioco ***


Giovedì sera, ore 19.30 Ritiro della Nazionale Giapponese.
 
Al ritiro della Nazionale, un ignaro Holly era ridotto a uno straccio. La sua Patty se n’era andata da poco più di due settimane e gli mancava terribilmente.
Gli mancava tutto di lei. Il suo fisico, il suo sguardo, il suo sorriso anche se rivolto a tutti tranne che a lui, il suono della sua risata. Era in astinenza anche degli sguardi truci che gli lanciava e dei loro battibecchi continui.
E continuava a pensare al loro veloce e unico bacio.
Aveva pensato che per dimenticarla più in fretta, doveva uscire con qualcuno e allora aveva invitato Asako a uscire con lui un paio di volte. Era andata benino. Certo, non era il suo tipo, ma si erano divertiti. La terza volta, la ragazza l’aveva raggiunto al ritiro proprio quando c’era anche Amy, la sua amica d’infanzia, del cui giudizio si fidava. Ecco, Amy l’aveva stupito e fatto riflettere.

 
«Non ti aspetterai davvero che ti dica che questa tizia qui è perfetta per te. Ma l’hai vista bene? È un’arrampicatrice sociale senza un minimo di cervello. Pensavo fossi più intelligente e che non ragionassi con le parti basse. Che delusione. È già tanto se questa sciacquetta qui sa mettere insieme una frase senza sbagliare i verbi, ma ho i miei dubbi. Senza offesa, signorina… qualcosa, ma le converrebbe tornarsene a scuola perché quando parla, fa venire l’orticaria a chi gli sta vicino. E poi non ce l’ha un vestito decente? Per come è svestita potrebbe benissimo uscire da casa nuda che tanto nessuno noterebbe la differenza. È sicura di non essere una puttana?»

E lì, tutti – ma proprio tutti – avevano strabuzzato gli occhi. Julian era stato il più sconvolto del gruppo e lui poteva capirlo bene. Aveva conosciuto Amy alle elementari ed era sempre stata carina, gentile e a modo e ora invece, ma che le era successo? Non era da lei parlare così, tanto da fare piangere qualcuno e farlo scappare letteralmente di corsa. E quando le aveva chiesto spiegazioni…
 
«Che vuoi? Che la rincorra e le chieda scusa per avere detto la cruda verità? Sei tu che mi hai chiesto un giudizio su di lei, io te l’ho solo dato. Mi sei proprio caduto in basso, Holly. Vergognati. Ti meriti tutto quello che ti sta succedendo e spero non finisca tanto presto, così magari rinsavisci e vedi quello che fino a ora hai sempre negato e allontanato da te.»

Poi aveva salutato tutti, lasciandoli muti a guardarsi in faccia come degli ebeti e se ne era andata.
 
«Holly, tutto bene?»

A raggiungerlo a bordo campo erano stati Bruce, Benji, Tom, Mark, Philip, Ed e Julian. Visto che era stata concessa a tutti un’ora libera, prima della visione di una partita dell’Argentina – avversario che avrebbero affrontato la mattina dopo – gli altri compagni di squadra avevano pensato bene di riposare un po’ e si erano ritirati nelle stanze. Quella giornata era stata estenuante per tutti e, a parte la mezz’ora libera per il pranzo, non si erano mai fermati.
 
«Neanche un po’. Che periodo di merda. Sta andando tutto a rotoli e non riesco a capire il perché.»

«Perché sei un cretino?» gli dissero in coro Benji e Mark, per la prima volta d’accordo su qualcosa.

«Come?»

«Holly» intervenne Tom «dicci la verità. Cosa provi realmente per Patty?»

«La amo!» rispose senza pensarci.

«Be’, wow… che bel modo che hai per dimostrarglielo, davvero» gli disse Philip.

«Mi trovo d’accordo con lui. Cos’è, trattarla malissimo, umiliarla, sventolarle sotto il naso le tue dubbie conquiste… è un nuovo metodo di corteggiamento? No, dimmelo, perché prima me ne cerco una, poi la faccio innamorare di me e poi ci provo anch’io» gli disse Benji.

«Trovarne una disposta a innamorarsi di te, mio caro sggk, è già un’impresa titanica di suo, se poi vuoi anche trattarla da schifo, allora… buona fortuna» gli disse Mark tra le risate che contagiarono tutti.

«Parla per te, mi sembra che anche tu sia a bocca asciutta» gli rispose lui.

«E qui ti sbagli» disse lui, lasciando a bocca aperta tutti «non volevo dirlo a nessuno, ma, modestamente, sono felicemente fidanzato da qualche mese. Si chiama Maki, è bellissima e meravigliosa, ma la incontrerete solo quando mi andrà.»

La sfilza di domande che seguì a quella dichiarazione, rallegrò Holly. Poteva giurarci che Mark l’avesse fatto apposta, lui non si sbottonava mai sulla sua vita privata. Doveva ricordarsi di ringraziarlo.
 
«Come avete fatto a finire a questo punto di non ritorno? Per i primi tre anni andava tutto bene. E poi che vi è successo?» chiese Bruce.

«Non ne ho idea. So solo che tutto è iniziato da uno stupido battibecco che abbiamo avuto il giorno della partita Nankatzu – Mambo. Te lo ricordi Julian?»

«Eccome no» disse quello, sorridendogli al ricordo di tutte le emozioni vissute in quella partita.

«Bene. Al termine, prima di andare via, vidi Patty parlare con Eve che le stava chiedendo come mai si fosse trattenuta con Amy e lei, per l’ennesima volta, ne stava parlando male. Non ci vidi più e le dissi se non era ora di finirla. Quell’episodio è stato l’inizio della fine per noi.»

«E lei se l’è presa solo per quello?» indagò Mark.

«No», s’intromise Bruce «ora ricordo. Le dicesti anche che era meschina e, nel corso degli anni, hai rincarato la dose con parole tipo… menefreghista, invidiosa, insensibile…»

«Carino da parte tua, davvero. E poi ti chiedi come mai ti odi?» gli disse Philip.

Già, non era stato un mostro di gentilezza e comprensione con lei.  I ragazzi iniziarono a parlare tra loro di come il loro capitano sapesse essere un’idiota coi fiocchi e contro fiocchi e lui fece per alzarsi e rientrare, quando la voce di Ed lo bloccò.
 
«Ehi, capitano, non pensare neanche per un secondo di averla scampata» lo riprese quando pensava di essere al sicuro «tu vuoi sapere chi ha messo in giro quelle voci sul tuo essere pervertito, vero?» e lui annuì, piano «E allora perché non restringi il campo di ricerca e ci pensi un attimino meglio su? Guarda che non è difficile capirlo. Ci sono arrivato anch’io.»

«Sono settimane che lo faccio Ed, ma quel nome continua a essere un mistero per me. Sicuramente è qualcuno che è invidioso di me o che, semplicemente, mi odia. Mi sta seriamente mettendo a rischio la carriera. Non mi importa se le ragazze ora mi stanno alla larga, ma della carriera… sì, molto. Non fai prima a dirmelo tu?»

«No. Devi arrivarci da solo, io ti dico solo una cosa e cioè che sarà una sorpresa per te, ma neanche troppo.»

«Quanti misteri!» gli rispose lui.

A quel punto notò che solo Julian era rimasto in silenzio e pensieroso e decise di indagare.
 
«Che ti succede? Già che siamo in vena di confidenze, unisciti a noi» gli propose.

Lui lo guardò e poi guardò tutti gli altri e annuì.
 
«Subito prima di cena ho ricevuto un messaggio da Amy.»

«E la cosa ti preoccupa? Da quando in qua non sei contento di sentirla?» gli chiese il numero dieci.

«Da quando la sento cambiata, in peggio. Non so che le sia successo ragazzi, l’avete vista e sentita anche voi l’altro giorno con Holly. Non è da lei parlare così e la cosa mi dà da pensare. In più mi ha scritto che domani mattina per l’ora di colazione viene qua, perché ha bisogno di vederti e parlarti, Holly.»

«Me? E cosa potrà mai volere da me. Giuro che non l’ho mai sfiorata nemmeno con un dito.»

«Lo so, tranquillo, o non saresti qua a raccontarlo. Ma grazie per averlo specificato. Non so, dice così…» estrasse il cellulare dalla tasca e lesse «Aspettami per le 7.30 a.m. che ho bisogno di parlare con Holly con urgenza e guai a lui se fa l’offeso per l’altro giorno e pensa di evitarmi. Ti giuro che se scappa, lo inseguo e lo piglio a calci in culo. Fine messaggio.»

Un silenzio di tomba era sceso sul gruppo. Erano tutti troppo allibiti per dire qualcosa o anche solo per pensarla.
 
«L’ha… scritto veramente lei?»

«Sì, Holly. Ho chiesto spiegazioni e lei mi ha scritto anche questo in risposta. Giudica tu. “Spera per lui che sia rinsavito almeno un pochino o potrei non rispondere di me questa volta. Buona sì, ma fessa proprio no. Voglio che ci siate tutti, intesi? Manager comprese. Bye bye.” Bye, bye? Non è da lei.»

Anche questa volta nessuno fiatò.
 
«Dio, Holly, tutte le donne ce l’hanno con te, ultimamente. Anche le più insospettabili. Io mi presenterei davanti a lei con un giubbotto antiproiettili, fossi in te» gli disse Mark.

«Sapete dove posso trovarne uno? Ho l’impressione che mi servirà» rispose lui.

«E fai bene a preoccuparti. Amy non si arrabbia quasi mai e credimi, quando lo fa, è meglio starle alla larga» gli riferì Julian.

«Mi sa che ci conviene rientrare per la visione della partita, è quasi ora, e poi dobbiamo anche prepararci mentalmente al suo arrivo. Qualcosa mi dice che non avremo una conversazione facile con lei» fece per andarsene, ma poi si rivolse un’ultima volta a Julian «lo so che ancora non sei un medico, ma ti prego, se nel borsone hai qualcosa che assomigli anche vagamente a un potente calmante… ti autorizzo a usarlo in dosi massicce su di lei.»

A quella battuta scoppiarono a ridere tutti di gusto. Quando rientrarono nella struttura, trovarono molti dei compagni già pronti alla visione in sala conferenze e altri vi stavano giungendo. Poco dopo Mr Gamo li raggiunse e fece partire il video.
 
 
 
Ore 19.30 Tokyo, Shibuya.
 
“Amy, sono pronta, che faccio?”

La risposta arrivò subito su WhatsApp.
 
“Niente, amica mia. Aspettalo. Lasciagli fare l’uomo e rilassati. Buon divertimento. Io rientro dopo la cena dai miei, tu fa con calma. Ti meriti una serata di svago e divertimento, con Thor nudista. Non fare nulla che io non farei, mi raccomando. Ciao.”

E poi ci aveva aggiunto una gift con una pecora che alzava i pollici in su.
Eh, sì. Era sola in casa. Lei aveva pregato l’amica di rimanere, ma Amy non aveva voluto sentire ragioni. Troppo era ancora l’imbarazzo che provava quando incrociava il vicino sulle scale, o in ascensore, o sul pianerottolo e non voleva che accadesse anche in quella circostanza. Così si era auto invitata dai suoi genitori a cena. Oddio, non che lei avesse in programma di farci chissà cosa con il novello Steffen-Thor, ma essere sola non la stava aiutando a calmarsi, anzi, era più in agitazione dei giorni precedenti.
Amy l’aveva portata a spasso per negozi, il giorno dopo l’invito e quel pomeriggio l’aveva trascinata anche dalla sua parrucchiera di fiducia. Ora poteva sfoggiare un bel taglio scalato fino alle spalle.

 
«Non capisco che mi prende. Non sono mai stata così agitata in vita mia. Forse è perché ho sempre immaginato questa scena con Holly? Quanti anni sprecati, me ne rendo conto solo ora. Basta Patty, dimenticalo una volta per tutte. Da oggi cambia tutto. Concentrati su chi ti vuole davvero, su Steffen.»

Si diresse allo specchio a figura intera che Amy teneva in camera sua. Niente male, niente male davvero.
Per fortuna non si era comprata da sola il vestito o chissà che disastro avrebbe fatto. Probabilmente sarebbe finita per comparirgli davanti in jeans e t-shirt. E lei voleva essere carina per lui. A differenza dell’amica, lei non possedeva il minimo senso della moda e quindi non si era opposta alle numerose ore passate a vagare di negozio in negozio, a provare abiti su abiti, anche se era stato molto stancante e snervante. Ma alla fine ne era valsa la pena, perché quando aveva visto quello – un semplice abito da sera nero, lungo, con scollo rotondo, pizzo sul corpetto, senza maniche e apertura modesta sulla schiena – se ne era innamorata. L’unico problema era che non aveva potuto indossare il reggiseno o si sarebbe visto e quindi sperava che il vestito la sostenesse bene, come le avevano rassicurato le commesse. Patty aveva una terza abbondante di seno e sarebbe stato un guaio, in caso contrario.
Magari… sì, magari poteva metterlo ugualmente, no? Si era quasi decisa al sacrificio in nome della comodità e della decenza, quando, neanche a farlo apposta, il campanello suonò con decisione. Sorrise. Era destino che uscisse senza.

 
«Arrivo!» urlò.

Si diede un’ultima occhiata allo specchio, tirò un sospiro, si pizzicò le guance e sorrise a se stessa come incoraggiamento.
 
«Sì, sono pronta. Accada quel che accada, ma stasera la parola d’ordine è: divertimento!»

Corse alla porta e l’aprì. Wow. Se nudo, Steffen, era una visione, vestito da sera era uno spettacolo. Camicia bianca, con due bottoni aperti, panciotto marrone, pantaloni grigio antracite, giacca in tinta e tenuta su una spalla e scarpe marroni.
 
«Bellissimo» sussurrò lei.

«Incantevole» rilanciò lui, poi le prese la mano e se la portò alle labbra.

Patty sorrise a quel complimento e fece una giravolta, senza staccare la mano dalla sua.
 
«Audace» le disse lui riferendosi alla scollatura sulla schiena.

«Grazie. Bene, se abbiamo finito con i complimenti… dove andiamo?»

«A piedi nudi? Non molto lontano, direi.»

Alche lei guardò in basso e arrossì… o cavoli. Corse a prendere le scarpe che aveva comprato quella mattina, con un tacco non troppo alto e lo raggiunse, scusandosi per l’inconveniente. Fece per uscire, quando lui le circondò il corpo con un braccio, bloccandola sul posto.
Una piccola scossa elettrica la percorse tutta e la fece arrossire, mentre un brivido le serpeggiò nel corpo.
 
«Borsetta?»

«Borsetta… sì!» e corse in camera, dove la trovò sul letto e la prese. Una volta tornata gli disse «Manca altro?»

«Sì, un cosa sola» le disse, guadagnandosi un’occhiata perplessa.

E poi lui la baciò… sulla guancia. E le sorrise, con gli occhi e con quella bocca così invitante che si ritrovava, a pochi centimetri dalla sua. Degluttì.
 
«Permetti?» le disse dopo lungo tempo e a fil di voce, estraendo una benda nera dalla tasca dei pantaloni.

«Che cos’hai in mente?»

«Destinazione a sorpresa. Non ci vorrà molto, promesso.»

E lei, sentendosi intrepida, accettò di essere bendata e di farsi condurre ovunque lui volesse.
Il tragitto non fu molto lungo, Steffen era stato di parola. La fece camminare per un po’ e poi salirono delle scale

 
«Vuoi confondermi le idee, vero? Così non potrò capire dove mi hai portata.»

«Vero, almeno fino a che avrai la benda. Pochi minuti ancora e capirai.»

«Fa’ in fretta, che sono curiosa e ho fame» gli confessò facendolo ridere.

Steffen la condusse su per una piccola rampa di scale e, dopo un minuto scarso, sentì l’aria serale sulla pelle. La fece sedere su una comodissima sedia imbottita, poi lo sentì portarsi dietro di lei, metterle le mani sulle spalle indugiando per qualche secondo – mani grandi, callose e calde, notò – e le toglierle la benda.
Patty rimase senza parole.

 
«Bello vero? Ti confesso che questo è il mio posto preferito e che quando voglio rilassarmi, dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro, vengo qui.»

«E… e fai bene. È uno spettacolo inimitabile. Siamo fortunati a vivere in questo palazzo e all’ultimo piano poi. La vista dal nostro salone è incantevole, ma da questa terrazza… toglie il fiato.»

Steffen le aveva fatto una bellissima sorpresa. Abitava lì da una settimana e aveva tanto ammirato e apprezzato la vista del quartiere di notte che di vedeva dal salone, senza pensare a come migliorarla.
 
«Cara la mia Patricia, puoi salirci anche tu, dal tuo solaio. Proprio come abbiamo fatto poco fa da casa mia.»

«Davvero? Non lo sapevo. Credo proprio che ne approfitterò e anche Amy. Troverai questo posto un po’ affollato d’ora in poi. Pessima idea rivelarmi il tuo segreto.»

«Magari te l’ho detto apposta, così potremmo incontrarci qua senza problemi e quando vorremo.»

Tanta sincerità, la sconcertò.
 
«Bè, perché no. Ma solo se prometti di portare del cibo» lo guardò e gli sorrise, poi gli disse «È stata una bella idea quella di apparecchiare qua sopra e mangiare con questa vista spettacolare. Cameriere, ho fame. Cosa devo fare per avere del cibo commestibile in questo ristorante all’aperto?»

«Chiederlo» rispose semplicemente lui.

Patty lo vide rientrare e tornare di lì a poco con un tavolino a rotelle, stra colmo di cibo.
 
«Hai pensato a tutto vedo, che bravo. Dimmi solo che hai cucinato tu e avrai la mia eterna devozione.»

«Ho cucinato io» confermò quello, incominciando a servirla «e adesso possiamo iniziare» le disse sedendosi accanto a lei.
 
 
 
Vedere mangiare Patricia era una gioia per gli occhi. Non era la classica ragazza fissata con la dieta e aveva reso onore a ogni piatto che lui le aveva preparato quel pomeriggio. Aveva contato le ore che lo separavano da lei. Quando a metà pomeriggio aveva sentito la porta delle vicine aprirsi e poi chiudersi subito e le due voci femminili parlottare mentre attendevano l’ascensore, lui si era precipitato all’occhiello della sua porta e le aveva guardate andare via. Patetico, lo sapeva anche lui, ma non aveva saputo resistere.

 
«Scusa, sembra che non mangio da anni, vero?» gli chiese mangiando l’ultimo boccone della fetta di torta alle mele che aveva cucinato come dessert e riportandolo alla realtà «Che figuraccia. È che era tutto talmente buono che… non sono riuscita a fermarmi quando avrei dovuto.»

«Ehi, non giustificarti mai con me sul cibo. In realtà mi ha reso felice vedere quanto hai apprezzato la mia cucina. Anzi, visto che è avanzata ancora una buona quantità di cibo, accetti che te lo regali? Per favore.»

«Non dico mai di no a del cibo, specie se divino e gratis. Quindi – caro il mio unico e preferito chef – ti aiuto a sparecchiare e a portare tutto da me.»

E così fece. Volle persino essere lei a spingere il carrello delle vivande e rise quando capì che qualche ora prima ci era passata vicino senza vederlo, essendo stato accanto alla porta.
 
«Non avrei dovuto permettertelo, tu sei mia ospite e gli ospiti sono sacri» le disse una volta rientrati in casa sua ed essersi seduto con lei sul divano.

«Mi sono offerta io. Sai, conosco qualcuno che non lascerebbe nel piatto nemmeno una briciola» poi aggiunse vedendolo interessato «parlo dei ragazzi della nostra Nazionale. Sono dei veri pozzi senza fondo. E va bene che poi bruciano tutto in campo e agli allenamenti, ma a volte sono imbarazzanti.»

«Li conosci davvero?» le chiese lui «Sono colpito. Non è da tutti vantare certe amicizie.»

«Li conosco per caso, non è stata voluta la cosa. Ti spiego. Sai, io, da ragazzina, facevo parte della tif… Oh, scusa, non è argomento da primo appuntamento questo, vero? È che per me è il primo in assoluto e non so come comportarmi» gli confessò candidamente.

«Come, come? Nessuno mai te l’aveva chiesto prima di me?» si stupì lui «Ma dove hanno gli occhi i tuoi connazionali? Nel… hai capito, no?» le chiese poi strizzandole l’occhio.

Era bello sentirla ridere. Era bello tutto di lei. Era bello avercela attorno anche in silenzio. Patricia era meravigliosa. Tanto fuori, quanto dentro. Quella ragazza aveva un cuore generoso, grande come pochi ed era anche molto intelligente e spiritosa. Qualità che lui aveva sempre apprezzato in una donna. Voleva conoscerla meglio. Punto.
 
«Zia Miho aveva ragione, sei speciale Patricia» le disse avvicinandosi un pochino a lei.

«Come? Ti ha parlato di me?»

«Sì, ma stasera lasciamola fuori dai nostri discorsi. Ci concentreremo su di lei, domani a colazione, vuoi? Tanto io prima delle 10.00 non devo andare al ristorante e possiamo fare con calma. Che dici?»

L’aveva spiazzata. I suoi occhi sgranati e la bocca semi aperta dallo stupore, parlavano per lei. Bene.
 
«Ci sto. Ma questa volta è il mio turno di cucinare, ok? Qualche preferenza?»

Lui scosse la testa e le sorrise. Si avvicino ancora di più e allungò il braccio dietro la sua spalla.
 
«Parleremo della zia e di tuoi speciali amici sempre affamati. E di noi. Dimmi di sì» le chiese abbassando a un sussurro la voce e annuendo da solo, strappandole una risata.

«Solo se rispondi a una mia domanda, o meglio, richiesta.»

«Vuoi che mi spogli in memoria del nostro primo incontro? Posso farlo, se lo fai anche tu» le rispose facendola diventare di tutti i colori.

«N… no, non è quello che…»

Non le lasciò finire la frase e la tolse dall’imbarazzo, per il momento andava bene così. Aveva testato il terreno e, appurato che anche lei non aveva dimenticato nulla di quel giorno, aveva fatto marcia indietro. Strategia? Certo. Si congratulò con se stesso per quell’uscita.
 
«Dimmi tutto. Sono pronto» le disse dopo un minuto di calcolato silenzio.

«Perché mi chiami sempre Patricia e non Patty come fanno tutti da che mi ricordi?»

Ah, e così se ne era accorta, ma aveva preferito aspettare per chiedere spiegazioni. Ebbene, gliel’avrebbe data.
 
«Perché ti hanno dato un nome meraviglioso e sminuirlo abbreviandolo mi sa di presa in giro, come se ti rendesse chi non sei. Forse da bambina ti stava bene, ci sta, ma ora sei cresciuta, maturata, sei decisamente diventata una Patricia. E poi mi piace dirlo, mi piace come suona sulle mie labbra.»

E dicendole le guardò le sue di labbra che lei si umettò velocemente. Voleva forse che la baciasse? Dio, sì, lo voleva anche lui, così tanto da fare male. Poteva osare?
 
«Se… em… se vogliamo fare colazione insieme, domani, ci conviene andare a dormire. Da soli, sì. Dormire, da… da soli» si costrinse a dire.

E adesso perché cazzo sto balbettando?, pensò. Ma, in fondo, che male può fare un bacio a conclusione della serata?
 
«Non… non pensare neanche per un momento che non ti trovi desiderabile e che non voglia trattenerti qua con me il più a lungo possibile, Patricia. Ma è quasi mezzanotte e, se domani non vogliamo avere delle paurose occhiaie sotto gli occhi e trovarci per le otto e mezza da te, ci conviene tentare di dormire qualche ora. Da soli.»

La risposta si fece attendere, ma poi lei gli sorrise con calore annuì con gli occhi stranamente lucidi.
 
«Hai ragione. E… non pensare neanche minimamente che non sarei rimasta qua più che volentieri. Ho gli occhi lucidi vero? Inizio a vedere tutto appannato.»

«Sì, ce li hai e se è per quello che ho detto…»

«No, tranquillo. Ce li ho perché mai nessuno mi aveva definita desiderabile! Sono una sciocca, vero?»

«No, gli sciocchi sono tutti quelli che non ci hanno mai neanche pensato a dirtelo. Ma, chissà perché, ho l’impressione che tu stessi pensando a qualcuno in particolare, vero?»

«Questa è stata la nostra serata, Steffen, non roviniamola, ok?» gli chiese, poi si alzò.

Patricia gli tese le mani, che lui prontamente prese, si tirò in piedi e poi l’attirò tra le sue braccia per un lungo abbraccio.
 
«Grazie, Steffen, grazie per la bellissima cena e la stupenda chiacchierata. Sono stata benissimo e parlare con te è meraviglioso. Grazie per essere stato così dolce e premuroso con me. Grazie per tutto. Credo che tutte queste emozioni mi faranno passare comunque una notte insonne, ma proverò a dormire, per te. A domani, mio caro chef vichingo.»

Poi Patricia fece una cosa che lo galvanizzò. Si sciolse leggermente dall’abbraccio, si alzò sulle punte e lo baciò… sulla guancia.
Lui le sorrise e la lasciò andare. Quando lei chiuse la porta alle sue spalle – non prima di essersi girata a lanciargli un’ultima occhiata e un sorriso – crollò di schianto sul divano. Appoggiò la testa sulla spalliera e si chiuse il volto tra le mani, urlando di gioia e frustrazione insieme.
Era nei guai, era proprio in guai grossi.
 
 
                                                                 

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Capitolo 6
*** Amy sconvolge tutti ***


«Pattyyyyy… ehi? Guarda che io vado, dormigliona.»

Patty mugugnò in risposta. Qualcuno la stava chiamando da lontano, ma chi era? Steffen? Sorrise nel sonno. No, lui non poteva essere. L’aveva lasciato a casa sua la sera prima.
 
«Stai sorridendo? Ma dai!» riprese la voce… femminile? «Apri un attimo gli occhi e stammi a sentire, è importante!»

Amy? Ma sì, era proprio lei. Aprì gli occhi di scatto e si mise seduta contro la testiera del suo nuovo lettone in ferro.
 
«Buongiooo… ooooo… rnooo!» rispose lei sbadigliando.

«Ciao a te. Ti sei divertita ieri sera?»

«Tantissimo. Lui è così doooolceee.»

«Sono contenta per te, ma non ho tempo per ascoltare il tuo racconto. Sono le 6.30 e io devo essere tra un’ora al ritiro. Ho promesso a Julian che avrei fatto colazione con lui e tutti gli altri. Volevo solo avvisarti che sto partendo e che mi fermerò anche per la partita. Rientrerò per le 13.30 se tutto va bene, ok?»

«Ok. Buon divertimento» le disse e si ributtò sul materasso.

«Devo salutarti qualcuno?» s’informò l’amica.

«No, figuuu… uraaa ati» fece l’ennesimo sbadiglio «non sanno neanche che siamo amiche, sarebbe strano da parte tua, no?»

«Certo. Non ci avevo pensato, a volte mi dimentico che questo è ancora il nostro segreto. Bene, vado o non arrivo in tempo e poi Bruce se la prende con me se salta la colazione. Ti faccio uno squillo quando sono vicino casa.»

Bene, aveva due ore prima dell’arrivo di Steffen, e la sveglia era già puntata per le 7.30 quindi poteva dormire ancora un po’ e prepararsi con calma.

«Senti» le disse ancora Amy da più lontano questa volta, aprì gli occhi e la vide sulla porta a fissarla «cos’è tutto quel ben di Dio in frigo?»
 
Patty sorrise.
 
«Il nostro pranzo e, se non ci abbuffiamo, anche la nostra cena di stasera. ‘Notte e chiudi a chiave quando esci.»

Poi si girò dall’altra parte e si addormentò di colpo.
 
 


 
«Ah, eccoti, finalmente. Ma dov’eri sparita? Ero preoccupato. Prima ci dai appuntamento e poi non ti fai viva…»

Julian l’aveva aspettata fuori dai cancelli del ritiro e questa premura le fece molto piacere.
 
«Buongiorno anche a te, amore» gli rispose Amy, baciandolo con passione sulle labbra.

«Amy, potrebbe vederci qualcuno» le disse Julian con voce roca, quando lei si staccò.

«Ti amo Julian, ed é normale che me ne approfitti dopo un po’ di giorni che non ti vedo. Mi sei mancato tanto.»

«Anche tu, cara. Resisti ancora un paio di settimane, se non ci eliminano prima. Poi, ti prometto che ti darà la nausea vedermi sempre attaccato a te, esami permettendo» le disse e poi la baciò a sua volta e la abbracciò stretta.

«Ci siete tutti?» s’informò poi e lui annuì «Bene, andiamo. Ho intenzione di sconvolgervi totalmente e… chissà che questo non vi dia la carica per asfaltare l’Argentina.»

Poi prese un perplesso Julian per mano che la condusse in sala mensa.
Appena varcata la soglia, Amy venne accolta da cori di “Finalmente si mangia!” “Era ora!” “Sputa il rospo!”

 
«Buongiorno anche a voi, felice di vedere che mi aspettavate con ansia.»

«E la pancia vuota» specificò Bruce picchiettandosi la sua «buon appetito a tutti!» disse poi e prese a mangiare imitato dagli amici.

Julian l’accompagnò al posto accanto al suo, proprio davanti a un Holly che la guardava perplesso. Povero, quasi le dispiaceva dirgli quello che doveva dire, ma era necessario. Aveva un’aria così abbattuta… come mai? Proprio lui esordì, senza mezzi termini.

«Amy, che cosa vuoi da me?»

Lei lo guardò, poi si alzò, lo raggiunse nel silenzio generale e gli diede un sonoro scappellotto in testa. Ora sì che aveva l’attenzione di tutti. Tornò al suo posto, con Julian che la guardava con la bocca spalancata ed estrasse il suo cellulare dalla borsa, lo appoggiò accanto a lei sul tavolo e disse.
 
«Julian, mi passi il tuo cellulare? Non trovo più il mio.»

«Cosa? Ma… ma stai bene? L’hai appena…»

«Ho detto che non lo trovo più e devo chiamare una mia amica perché mi aiuti a ritrovarlo con uno squillo. Allora?» gli chiese ancora aprendo il palmo davanti a lui, senza smettere di fissare Holly.

Per fortuna Julian non indugiò oltre e fece come gli aveva detto. Tutti la stavano fissando in attesa, Holly era allibito mentre si massaggiava la testa.
Lei fece il numero e quando una voce le rispose disse:

 
«Tesoro, mi faresti uno squillo per favore? Non so dove ho lasciato il mio cell e vorrei essere sicura di non averlo perso. Se lo senti suonare nella mia stanza, dimmelo, che sono preoccupata. Ok, grazie, ciao» e riattaccò.

«Ma che caz… a chi hai detto tesoro, tu?» l’aggredì Julian.

Ma prima che lei potesse rispondere, il telefono prese a squillare e, se possibile, le facce di tutti divennero ancora più allibite di prima.
«…Neverending stooooooryyyyyyyy…. Nanananananananna… Stoooryyyyy…»

«Oh, ma tu guarda, eccolo qua!» disse alzandolo e poi girando lo schermo verso Holly disse «ti presento la mia migliore amica e coinquilina, che ieri sera è uscita con un super fusto norvegese. La conosci, per caso?»

«Che coooosaaa?» urlò lui alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia con un tonfo secco «Non è possibile! Stai scherzando, vero?»

«Ti riferisci al fatto della migliore amica o al super fusto biondissimo e con due occhi azzurri spettacolari?»

La musica cessò, ma subito riprese e ancora il volto di Patty comparve sul display. Non volava una mosca. Erano tutti troppo sconvolti, tanto che persino Bruce aveva smesso di mangiare ed era rimasto con la fetta biscottata piena di marmellata, per metà in bocca. Amy, questa volta, rispose, ma con il vivavoce. Che sentissero tutti. Gli occhi sempre fissi sul capitano che era visibilmente sbiancato.
 
«Per fortuna l’hai trovato, Amy» esordì quella «non hai risposto prima, qui in casa non squillava nulla, temevo il peggio.»

«L’ho trovato proprio ora, grazie, Patty. Ti ho svegliata?»

«No, tranquilla, avevo puntato la sveglia perché Steffen arriva tra un’ora per fare colazione insieme.»

«Bene, divertitevi. Ah, un’ultima cosa perché quando sono uscita non connettevi molto. Mi ricordi, in una sola parola, com’è stato ieri sera col vichingo nudista?»

«Favoloso!» rispose lei senza esitazione e ridacchiando a quella descrizione.

«Grazie, era giusto per essere sicura di non avere capito male. A più tardi, e voglio tutti i dettagli quindi preparati. Bye, bye!»

E poi riattaccò, ma non prima che Holly avesse sentito l’amica ridere di nuovo. Non fiatava più nessuno. Holly era diventato più bianco del tavolo e tremava visibilmente.
 
«Non te l’aspettavi, vero?» gli disse.

«Che cazzo… voi due siete… e lei…»

«Sì. Siamo migliori amiche da anni, ormai e sì, l’hai fatta talmente tanto soffrire che alla fine si è arresa all’evidenza e ha voltato pagina» gli rispose candidamente, imburrando una fetta di pane.

«Perché ora. Perché me lo dici ora. Perché nessuno l’ha mai saputo fino a ora» le chiese crollando di peso sulla sedia che, nel frattempo, qualcuno aveva raddrizzato.

«Quante domande. Da dove inizio? Ah, forse da qua» rispose lei dopo averci pensato su un po’. «Siamo diventate amiche durante il terzo campionato delle medie, ma Patty mi ha chiesto di tenerlo nascosto. All’inizio perché non voleva rovinare la sua immagine da dura, e poi perché ha detto che tanto nessuno di voi avrebbe capito come mai avesse cambiato idea su di me. E, devo dire che, anche se all’inizio mi ero opposta, alla fine le ho dato ragione.»

«Dalle… medie. Ma allora, il giorno della partita con la Mambo...» disse con un filo di voce il numero dieci.

Era bello potere finalmente dire la verità, anche se a loro faceva male e le avrebbe procurato una discussione con l’amica.
 
«Eh, già, quel giorno, ha segnato l’inizio della nostra amicizia. Che, come vedi, continua ancora. Abbiamo anche la stessa suoneria del cellulare, così capiamo subito se una di noi due ha bisogno, senza guardare il display.»

«Ma certo, che stupido sono stato. Eri tu il tesoro che doveva dormire da lei l’altro giorno.»

«Sì, ero io, bravo. Vedi che se ti applichi ci arrivi? Quando Patty mi ha raccontato di come è stata fraintesa, ci siamo sbellicate dalle risate. Eh, sì, Julian, nel caso te lo stessi chiedendo… era lei l’amica universitaria che sentivi ridacchiare in sottofondo durante la nostra telefonata.»

«Ma chi sei tu» le disse lui, tra il disgustato e lo scioccato.

«Sono sempre la stessa di poco fa. Io adoro Patty e lei adora me, e ora siamo diventate coinquiline. Chi tocca Patty o le fa anche solo del male, deve vedersela con me. E viceversa. Lei è stata l’unica ragazza ad accettarmi per quella che sono e a non guardarmi dall’alto al basso perché sono ricca di famiglia, timida e paurosa. Lei mi ha aiutata a uscire dal mio guscio, a cambiare e a non avere paura di dire la mia e di difendere ciò in cui credo. Le devo tutto e la difenderò sempre. La nostra amicizia è la cosa migliore che mi sia successa fino a ora e ci tengo moltissimo.»

«Non hai pensato che avremmo dovuto saperlo molto tempo fa?»

«Sinceramente? No, Holly, no!»
 



 
Holly non sapeva che dire. Le parole di Amy avevano scosso l’intera Nazionale, ma lui più di tutti. Aveva sbagliato tutto con lei, con Patty. La sua Patty. Cazzo, l’aveva combinata davvero grossa.
Mentre lui la insultava, le urlava contro, le sventolava sotto il naso le ragazze con cui usciva… lei, aveva preferito tacere la verità e non correggerlo mai. Aveva paura di non essere capita e aveva avuto ragione.
Menefreghista, insensibile, invidiosa, insulsa, piena di te. E quelli erano solo una parte dei termini che le aveva rivolto nel corso degli anni. Sì, Patty non era stata ferma ad ascoltare e basta, gli si era sempre rivoltata contro, ma non poteva negare che erano parole che lasciavano il segno, specie se immeritate.
E poi, come gli era venuto in mente di chiederle aiuto per liberarsi di una sua conquista? Ovvio che lei ci fosse andata giù pesante.
Guardò Amy, la sua amica così profondamente cambiata. Lei era l’unica che era sempre stata vicina a Patty, se pur nell’ombra.
Si alzò di scatto, batté le mani sul tavolo con violenza e poi uscì come una furia. Dieci minuti dopo – avendo sfogato tutta la sua rabbia urlando e calciando diversi palloni in una porta vuota – tornò, più calmo.
Le manager della squadra stavano chiedendo a Amy come aveva fatto a finire a vivere con Patty.

 
«La zia di Patty, la mitica zia Miho, quella che viveva a Tokyo nel quartiere di Shibuya, è morta poco tempo fa. Era una zitella furba, ricchissima e dolcissima e ha nominato Patty sua erede universale. La casa è enorme e lei non voleva viverci da sola. La stiamo sistemando.»

«Che carina a non avermi informato anche di questa cosa, oltre che ad avermi tenuto all’oscuro della vostra amicizia per, per…» sbottò Julian più livido che mai.

«Dodici anni, un mese e venticinque giorni. Le ore non le so, mi spiace.»

«Non scherzare. È grave quello che hai fatto, molto grave. Sei la mia ragazza Amy, pensavo di contare di più per te.»

«Oh, ma tu conti, Julian. Conti molto per me.»

«Oh, grazie, sono commosso, non si vede? Non hai avuto fiducia in me e non posso perdonartelo, non ora» le disse con voce dura, ma lei non cedette.

«Va bene. Prenditi tutto il tempo che ti serve per rifletterci, ma io non mi pento di quello che ho fatto e se ho deciso di parlare ora è per dare una svegliata definitiva a Holly, che sta scivolando nel ridicolo sempre di più.»

Aveva ragione lei. Ridicolo a dir poco. Holly vide Julian fremere di indignazione. Sicuramente non era quella la risposta che si aspettava da lei.
 
«Magari rinsavisci e vedi quello che fino a ora hai sempre negato e allontanato da te» esordì lui «così mi hai detto qualche giorno fa. Avevi ragione, Amy. Mi stavi parlando di Patty e io non me ne sono nemmeno reso conto, tutto preso da me stesso com’ero. Ora sono rinsavito» disse Holly facendo girare tutti verso di sé, non l’avevano sentito rientrare.

«Be’, meglio tardi che mai.»

«Posso sapere solo un’ultima cosa?» e poi, quando lei annuì, tirò un sospiro di sollievo e continuò «Chi è questo… Steffen, per Patty?»

Vide Amy diventare di tutti i colori e nascondersi dietro una tazza di tè.
 
«Amyyy… hai fatto trenta e ora devi fare trentuno, come si dice. Chi è e come l’avete conosciuto?» ripeté con impazienza.

Era sicuro che la risposta non gli sarebbe piaciuta, ma doveva sapere. Amy si schiarì la voce, guardò tutti e poi si rituffò nella tazza mormorando…
 
«Eccoluiéilvicinofigofhegfjbgagaghagfnudo»

«Cosa? Amy non si è capito niente.»

«Ilnostrofmfgmhfssimovicinoghgekjkdhjwntuttonudo.»

Holly stava perdendo la pazienza, per fortuna Julian lo anticipò e le tolse la tazza dalle mani.
 
«Ok, ok. Oddio come faccio adesso. Che faccio, che faccio, che faccio» prese un bel respiro e poi continuò, sempre arrossendo «Ok. Em… lui, Steffen Larsen, ha ventisette anni ed è semplicemente la reincarnazione vivente di Thor. Non guardatemi così, è vero. Holly, non hai speranze.»

«Grazie, è confortante saperlo.»

«Ho capito bene o ho sentito un… nudo, da qualche parte?» le chiese Julian con voce dura.

«Ecco… sì. È una storia buffa, sai? Buffissima. Ah, ah, ah.»

«Ma davvero? E allora dilla anche a noi, così ridiamo un po’, che ci serve proprio» rincarò la dose il fidanzato.

Holly vide la sua amica contorcersi le mani e sospirare, prima di iniziare il racconto e si chiese cos’altro lo aspettasse ancora.
 
«Noi volevamo solo dirgli di abbassare la musica dei Linkin Park a palla – che tra l’altro anche Patty adora – e così siamo andate a bussare alla sua porta, sapete lui è il nostro dirimpettaio. Solo che la musica era talmente alta che non ha sentito e così, Patty, dopo essersi accorta che la porta era solo appoggiata, impulsiva com’è, è entrata e…»

«E?» le chiesero tutti insieme.

«… e niente, da allora non riesco più a guardarlo in faccia senza rivedermelo davanti… così!»

«Così… come?» le richiese tutti insieme.

«Amy, cazzo, non farti desiderare e parla!» sbottò Julian battendo un pugno sul tavolo e facendola sobbalzare.

«Completamente nudo.»

Se l’obiettivo di Amy era quello di sconvolgerlo, ce l’aveva fatta benissimo e non solo con lui. Il silenzio si protrasse per parecchi minuti.
 
«Credo di avere problemi d’udito. Mi è parso di sentirti dire le parole… completamente nudo! Ho frainteso, vero, Amy?»

«Em… purtroppo no, Julian. Però, sarai contento di sapere che mi sono coperta gli occhi e girata dall’altra parte. Solo che quell’immagine mi perseguita ogni volta che lo incrocio. Devo trovare qualcosa che la sostituisca.»

«Saperti vicina di casa di un tipo del genere è… confortante» le disse lui, ironico.

«E Patty, come ha reagito, invece?» volle sapere un Holly improvvisamente agitato e in ansia.

Cosa si aspettava di sentirsi dire? Che aveva seguito l’esempio dell’amica? Che l’aveva aggredito in preda al panico?
 
«Quando ho chiesto a Steffen di rivestirsi, lei si è opposta. Ha detto che a casa sua poteva fare quello che voleva e che eravamo noi le intruse senza invito. Poi ha iniziato a parlarci come se niente fosse. Mi spiace dirtelo, ma quei due erano molto affiatati, molto.»

Ben ti sta, caro mio, ti sei rovinato con le tue stesse mani. E adesso?, si disse.
 
«Grazie per non avermi indorato la pillola, Amy» le disse

«Guarda che se ti impegni, sono sicura che potrai riconquistarla, lo so. Per questo ho deciso di dirvi tutto, oggi. Patty è sempre stata innamorata di te, in fondo e nonostante i tuoi comportamenti odiosi e denigratori verso di lei. Non arrenderti Holly, io lo so che siete fatti per stare insieme.»

«Cosa?» Holly sentì accendersi una fiammella di speranza nel cuore «Lei…»

«Incomincia a ravvicinarti a lei con la gentilezza ed evita puttanelle come quella dell’altro giorno. Se la vuoi, devi essere concentrato al 100% su di lei e dimenticarti delle altre, per sempre. Te la senti?»

«Sì, me la sento» rispose senza esitazione.

«E allora preparati, perché la strada sarà tutta in salita. Dallo sguardo che aveva stamattina, è sulla buona strada per innamorarsi seriamente di lui. E quello era uno sguardo che le ho visto fare solo in un’altra occasione, sulla panchina dopo l’ormai famosa partita del terzo campionato, mentre mi parlava di te.»

Incredibile. Poteva essere vero? Be’, come aveva fatto a non capire che lei lo amava? Era proprio un cretino, avevano ragione i suoi amici a definirlo così.
 
«Ti ho dato abbastanza carica per affrontare l’Argentina e sconfiggerla sonoramente?»

«Arrabbiato come sono con me stesso e con voi due? Sì, certo.»

«Bene, perché ora te ne darò uno in più. Quei due si troveranno tra poco per fare colazione insieme, soli, soletti e da cosa nasce cosa… specie se quando sono insieme, tutto attorno a loro si annulla e credimi, so di cosa parlo. L’ho visto.»

Holly fremette di rabbia. Una cosa era certa. Doveva riconquistare il cuore di Patty. Quel Steffen aveva i giorni contati.
 
«Amy, ho bisogno di vedere Patty, mi porteresti da lei dopo la partita?» le chiese.

Lei lo guardò per un lungo momento e poi annuì. Bene, avrebbe sfogato la sua rabbia sul campo e poi l’aspettava la partita più dura di sempre: iniziare a riconquistare Patty!

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Capitolo 7
*** Patty tra presente e passato ***


«Sei sicura di non volere accettare il posto che ti ho offerto al ristorante, come addetta alle colazioni? Lo dico perché questa che mi hai preparato era semplice eppure… incisiva, oltre che buonissima. Hai fatto dei Pancake meravigliosi, alti e soffici al punto giusto, perfetti e lo sciroppo d’acero sopra è stato la morte loro. Per non parlare del resto. Una colazione tra orientale e occidentale assolutamente armoniosa sia visivamente che al gusto.»

«Grazie, così mi fai arrossire. Mi sembra di essere finita in uno di quei programmi televisivi con i cuochi che giudicano i concorrenti. Ehi, un momento, ma tu non puoi assumere.»

«No, hai ragione Patricia, ma sono il Sous Chef ovvero il vice dello Chef e ho molte mansioni, oltre che molta influenza su di lui, il quale, a sua volta, ce l’ha sul capo.»

«Ahhh, adesso ho capito. È tutto un gioco di… “senti, ci sarebbe questa tipa che è mia amica – oltre che la mia vicina molto sexy – che ci sa fare con le colazioni e mi chiedevo se le si potesse trovare un posticino. All’occorrenza lava anche i piatti, perché per il resto fa schifo ai fornelli!”»

«Ahahahah, una cosa del genere, sì!»

«Tu sei tutto matto, Steffen.»

«Forse. Ehi, non hai notato che non ho smentito la parte della vicina molto sexy?»

Patty arrossì a quel complimento. Certo, involontariamente era opera sua, ma… cavoli, faceva effetto lo stesso.
 
«Grazie. Sai, sarei tentata di accettarla, a dire il vero, ma non amo le raccomandazioni di qualunque genere siano, quindi devo declinare l’offerta.

«Ma che peccato. Già mi immaginavo a lavorare gomito a gomito con te. Sarebbe stato bellissimo svegliarsi al mattino, passare a prenderti, fare colazione insieme e andare con te al ristorante.»

«Ti avrei fatto fare tardi tutte le mattine. Io sono lentissima appena sveglia e prima di carburare, passa molto tempo. Stamattina, per dirtene una, ho puntato la sveglia un’ora prima che arrivassi e ancora non sono attiva del tutto.»

«Be’, la prossima volta non farlo, ci penso io a svegliarti. Magari con un bacio sulla fronte, uno per ogni guancia, uno sul tuo bellissimo naso a patata, uno sul collo e l’ultimo sulle tue fantastiche labbra.»

Oddio, adesso svengo. Patty, controllati. Non sei una scolaretta alla prima cotta. E smetti di farti aria con la mano, per la miseria. Holly non mi ha mai detto frasi del genere. E adesso che vado a pensare? Che centra quel babbeo e perché si insinua nella mia testa in un momento del genere. Oddio e adesso che faccio, che gli dico, che… be’ Patty, buttala sul ridere o rischi davvero di svenirgli davanti, pensò.
 
«Ehi, sei proprio un adulatore tu e con le parole ci sai fare. Ma con i fatti?»

Avevo detto spiritosa, non provocante!, si ammonì da sola.
E quando Steffen scoppiò a ridere, lei lo seguì a ruota. Era bella quell’atmosfera. Rilassata, informale e felice. Che l’avesse presa davvero come una battuta? Forse sì e forse… no, infatti, i suoi occhi – ora puntati su di lei – raccontavano un’altra storia.

 
«Vuoi davvero che lo faccia, Patricia? Perché devi solo farmi un cenno» le disse.

«Ammetto che sono tentata di dirti… “fallo, qui e ora” ma…» si alzò e posò tutto nel lavello, per tenersi occupata.

«Lo so, non è il momento giusto. È troppo presto, ci conosciamo da pochissimo e non mi va di bruciare le tappe e fare una mossa falsa che possa rovinare il nostro rapporto di… be’ di qualunque cosa sia. La pensi come me?»

Patty poté solo annuire. Perché quel ragazzo era così intuitivo e conturbante? La faceva impazzire.
 
«Allora… oh, Steffen, è per questo che ci andiamo sempre vicini e all’ultimo mi snobbi? Perché sai, è parecchio frustrante questa cosa. Ieri sera hai avuto diverse opportunità per farlo, per baciarmi, e io te l’avrei lasciato fare, lo ammetto. Ma ti sei sempre tirato indietro all’ultimo.»

«Fosse per me, Patricia, passerei a baciarti ogni singolo secondo che trascorriamo insieme» le confessò facendola arrossire ancora di più «ma non ho intenzione di spaventarti con il mio desiderio incontrollato perché so che toccarti, equivarrebbe a non fermarmi e finiresti per odiarmi se non sei pronta. Così mi limito ad abbracciarti, a sfiorarti, a provocarti… ed è dura, davvero dura. Sei così sexy»

Patty girò attorno al vecchio tavolo di sua zia e l’abbracciò di slancio. Era una bella sensazione, stringerlo a sé e  poi Steffen la chiuse tra le sue braccia – era più facile ora che era seduto – e lasciò che lei gli appoggiasse la testa sulla spalla.
 
«Mia nonna sarebbe fiera di me. Alla fine, i suoi insegnamenti sul rispetto assoluto delle donne hanno fatto breccia e ora non posso che seguirli alla lettera.»

«Che stai blaterando?» le rispose lei, senza accennare a muoversi.

Con suo sommo dispiacere, Steffen la scostò e a fece sedere sulle sue gambe. Eh, insomma, dispiacere proprio per niente. Poi appoggiò la fronte alla sua e sospirò, prima di baciargliela lievemente. Solo allora parlò.
 
«Io sono stato cresciuto da nonni materni. I miei genitori morirono in un incidente stradale, furono falciati da un pirata della strada mentre attraversavano sulle strisce. Avevo quattro anni ed ero con loro. Ma, per fortuna, mio padre attutì la mia caduta col suo corpo e così facendo mi salvò. Persi conoscenza per la botta che ricevetti nella caduta e quando rinvenni in ospedale, il mio mondo era cambiato per sempre. I nonni paterni erano troppo anziani per prendersi cura di me e allora quelli di mia madre, più giovani di molto, mi presero in casa loro, crescendomi come un figlio e io li adoro.»

«Oddio, che tragedia. Quanta sofferenza. E i tuoi nonni? Ci sono ancora o…»

«Sono ancora vivi ed è stato difficile lasciarli, ma capiscono la mia passione che è la stessa di mio nonno e mi hanno sempre incoraggiato a seguirla, ovunque mi portasse. Nonna è giustamente fissata con il rispetto per le donne. Quindi prenditela con lei se ancora mi trattengo e aspetto.»

Patty scoppiò a ridere.
 
«Guarda che io sto soffrendo. Ti sembra il caso di ridere?»

«Sì. E la prima volta che ci parli al telefono, per favore, dille grazie da parte mia, per avere cresciuto un nipote così premuroso. Anche se sono convinta che un bacio, specie se voluto e desiderato, non ci faccia male e non sia una mancanza di rispetto nei miei confronti. Lo è se non lo fai. Be’, pazienza, ma visto che la pensi così… vorrà dire che, prima o poi, non è detto che non sia io a prendere l’iniziativa. Ora…» gli disse accarezzandogli i ricci biondissimi.

«Ora?» le chiese deglutendo.

«Non devi andare al lavoro, tu?» gli ricordò lei, indicandogli l’orologio.

«Oh, merda! E devo anche sbrigarmi o arriverò in ritardo. Il tempo con te, Patricia, passa sempre troppo in fretta» la rimise in piedi a malincuore.

«Sottoscrivo in pieno. Corri, non vorrei mai essere la causa dei tuoi guai lavorativi» gli disse baciandolo sulla guancia.

«A stasera, Patricia. Se te la sentirai di fare quattro chiacchiere, mi troverai in terrazza. Ti farò uno squillo quando sarò lì» fece per uscire, poi si bloccò «Oh, cavoli!» esclamò.

«Cosa c’è?»

«Non ho il tuo numero» l’informò estraendo il cellulare.

«Oh, cavoli!» gli fece il verso lei «Dobbiamo rimediare» poi gli prese il telefono di mano e glielo scrisse e salvò «ecco, ora non potrai più dire di non avermi trovata per avvisarmi di un appuntamento segreto in terrazza.»

«Ahahah, ben detto. Spero che ti piacciano le sorprese, perché stasera te ne farò una. Sarà una luuuunga giornata questa» poi le restituì il bacio sulla guancia, si riprese il telefono, rubò l’ultimo pan cake e se ne andò.

Patty si ritrovò a sorridere come un ebete per tutta l’ora successiva. Il pensiero già rivolto a quella sera. Steffen l’attraeva in un modo pazzesco. La tubava. La sconvolgeva. Anche con Holly aveva provato quei sentimenti, ma poi…
 
«Oh, insomma, basta! Smettila di tormentarmi, Oliver Hutton!» urlò pestando un piede a terra.

Holly. Aveva amato sempre e solo lui. La sua prima insensata cotta a senso unico. Anni passati a stargli vicino, a parlare di calcio, a godere dei suoi sorrisi, dei suoi successi, dei momenti passati a tornare a casa insieme da scuola, abitando loro in vie attigue. E per cosa? Cosa ci aveva guadagnato? Niente. Solo accuse, su accuse, su accuse. Solo umiliazioni a non finire. Solo lacrime amare da ingoiare in silenzio e lontano da tutti. No, da quasi tutti e questo solo perché c’era stata Amy accanto a lei.
E ora era tutto finito, definitivamente. Decise che non l’avrebbe mai più rivisto. L’ultimo favore che gli aveva fatto era stato troppo per lei. Dopo quell’episodio, tutto l’amore e l’affetto che provava per lui – sì, perché nonostante tutto lei aveva continuato ad amarlo, anche se tendeva a negarlo con chiunque – era morto.
Ora poteva dedicarsi alla sua nuova vita a Tokyo. Trasferirsi lì era stata una scelta azzeccatissima e l’avere conosciuto Steffen, era stato come vedere l’arcobaleno dopo la pioggia. Lui e la sua dolcezza, ne era sicura, l’avrebbero guarita da quell’insana ossessione che era  il capitano della Nazionale Giapponese. E allora perché un angolino della sua testa continuava a pensarlo e un pezzetto del suo cuore a battere per lui?
 



 
 
«Vittoria schiacciante della nostra Nazionale Giapponese per 3-0! Un Hutton inarrestabile oggi ha superato se stesso. A nulla è valsa la tecnica generalmente impeccabile dell’Argentina. L’autore della tripletta non ha dato tregua agli avversari, che sono stati letteralmente travolti dalla sua furia. Non sappiamo cosa abbia scatenato in lui tale reazione in campo, ma speriamo vivamente che mantenga questo stato d’animo anche nella prossima partita.»
 
Era fatta, avevano vinto! Avrebbe dovuto chiedere ad Amy di passare a fare colazione con la squadra ogni volta che avevano una partita. Sentirla parlare di come Patty l’aveva ingannato e del suo nuovo amico Steffen, un dio nordico a quanto pareva, era stato come un balsamo per il suo gioco e non si era risparmiato.
L’Argentina aveva subìto la sua ira e l’aveva pagata cara, soprattutto Diaz che si era visto bloccare da lui in ogni azione intrapresa. Diaz, che ora lo stava guardando malissimo e lo stava raggiungendo con passo pesante e svelto.

 
«Ehi, Hutton» esordì quello «si può sapere che cazzo ti è preso oggi?»

«Ero in forma?» rispose lui, sarcastico.

«Non dirne più. Mi hai stupito, bravo. Non mi aspettavo un gioco del genere da te, ma da Lenders. Che ti è successo?»

«Ti ho solo rifilato una sonora batosta, non farla troppo lunga. Se ti sei rammollito non è colpa mia!»

«Che cooosaaa?»

«Scusa, ma vado di fretta. Non ho tempo per stare qua a fare quattro chiacchiere»

E lo lasciò lì, fremente di rabbia repressa a guardarlo allontanarsi senza fretta e con passo rabbioso. Lo senti chiedere a qualcuno:
 
«Ma che gli è successo? Per caso abbiamo giocato contro il gemello cattivo di Hutton che ha preso il suo posto?»

E quel qualcuno, ovvero Bruce, rispose:
 
«No, sta soffrendo terribilmente e si è sfogato in partita. Pene d’amore, Juan, pene d’amore. Grosse, molto grosse. E voi vi siete solo trovati nel mezzo.»

Sì, stava soffrendo. Sapere Patty con un altro, lo stava distruggendo. Cazzo, avevano fatto colazione insieme, da soli, e subito dopo la cena della sera precedente, sempre da soli. Di questo passo entro la fine della settimana sarebbero stati sposati. Inconcepibile, assurdo!
Ma poi lui che diritti aveva su di lei. Neanche uno. Per come l’aveva sempre trattata, doveva anche solo vergognarsi di starle vicino in silenzio. Ma lui non poteva, non voleva rinunciare a lei. Aveva ragione Amy, la strada sarebbe stata tremendamente in salita, ma a lui le sfide non avevano mai fatto paura, anzi. Lo avevano sempre spronato a fare meglio. Patty era innamorata di lui e non se ne era mai accorto. Che cretino!
Dopo un breve festeggiamento, una doccia rinfrescante e i complimenti del mister e dell’equipe che li seguiva, Holly fu, finalmente, libero.
Raggiunse Amy che lo stava aspettando vicino al pullman. Era tesa e nervosa, si vedeva, ma non le chiese a cos’era dovuto il suo stato d’animo. Fece per seguirla quando furono bloccati da un Julian scuro in volto, che si unì a loro. Amy sussultò un attimo al vederlo così, lui, solitamente così calmo, ma non si oppose.

 
«Vengo con voi. Amy, fai strada» e non era una richiesta, ma un ordine.

«Ehi Holly» questa volta a bloccarlo fu Bruce «attento a come ti comporti con lei, ok? E dille che ci manca e vorremmo tutti che venisse alla nostra prossima partita.»

«Portale rispetto e vedi di scusarti con lei. Se necessario, striscia» gli intimò Benji.

«L’hai combinata grossa con lei, amico, non sarà facile farti perdonare o almeno gettare le basi per quello» gli disse Mark «parlo per esperienza. Litigare con una donna non è mai simpatico, perché troverà sempre il modo per fartela pagare quindi… auguri, ne hai bisogno, visto che stai andando ad affrontare… Anego.»

Rincuorato da quelle frasi, ma non troppo, raggiunse il mister e lo informò che avrebbe avuto tre posti liberi sul pullman durante il rientro. Lui, ancora tutto galvanizzato per la vittoria, non fece obiezioni e, anzi, li lasciò andare ricordandogli, però, che sarebbero dovuti rientrare prima di cena, al ritiro e poi fece felice anche il resto della squadra quando diede il pomeriggio libero a tutti.
Lasciati gli amici, i tre si diressero coi mezzi a Shibuya e vennero travolti dalla sua energia e vivacità.
Amy li portò a varcare le porte di un palazzo ultra colorato e… fiorito? di cinque piani, situato in una tranquilla via laterale. Era uno spettacolo che lasciò i due calciatori a bocca aperta.

 
«Sì, lo so, vi capisco. Ha fatto lo stesso effetto anche a me la prima volta che l’ho visto. Ve l’ho detto che zia Miho era eccentrica? No? Be’, lo era. Pensate alla versione quasi centenaria di Patty, vestita sempre con abiti molto colorati e pieni zeppi di fiori, animali, tramonti, paesaggi naturali fantastici, con le braccia e le mani piene di gioielli sia falsi che veri… e un paio di occhialoni bianchi a completare il tutto. Ecco, lei, qui dentro, era la padrona indiscussa e rispettata e non solo perché possedeva il palazzo, ma perché sapeva farsi volere bene senza fare troppa fatica. Patty avrà il suo bel da fare per eguagliare la fama della zia materna. Noi abitiamo là» disse loro indicando le finestre all’ultimo piano, sul lato sinistro.

E quelle a destra, allora, dovrebbero essere quelle del vichingo, pensò Holly guardandole con aria truce. Erano abbassate, bene. Nessuno in casa.
 
«Andiamo?» li spronò Amy e, dopo essere entrati in un atrio coloratissimo – non poteva essere altrimenti – li fece salire in ascensore.

La salita fu stranamente rapida. Per essere un vecchio ascensore in ferro con cabina a vista all’interno, pensava che ci mettesse un secolo a salire e invece… e le scale di marmo, molto ampie, erano dotate anche di un montascale per disabili.
 
«La zia, ultimamente aveva problemi a salire in ascensore con la carrozzina» spiegò Amy «ma non aveva perso il suo spirito libero e battagliero. Solo l’uso delle gambe. Aveva una badante con sé, gli ultimi tempi e, pensate, avendo capito che non le rimaneva molto da vivere, lei stessa le aveva procurato un nuovo posto di lavoro.»

Tanto di cappello alla zia, gli sarebbe piaciuto conoscerla. Holly era affascinato da quel luogo. Guardò Julian, assorto nell’ascoltare i racconti di Amy, e dal cipiglio che aveva, si vedeva che era arrabbiato con lei. Povero, non aveva digerito bene le omissioni della fidanzata sulla sua vita privata e ci sarebbe voluto un po’ perché gli passasse. Però quei due si amavano alla follia e lui era sicuro che, presto o tardi, si sarebbero chiariti. Amy cercava di guardarlo il meno possibile e, quando succedeva, gli occhi le si inumidivano di lacrime trattenute.
L’ascensore si fermò e lei aprì il pesante cancello di ferro con una facilità estrema. Arrivati. Ora sì che iniziava a essere agitato. E se, venendo lì, avesse fatto il passo più lungo della gamba?

 
«Holly, sta calmo e sii te stesso, il vero te stesso» gli disse l’amica e poi entrò.

I ragazzi la seguirono oltre la soglia e si ritrovarono in un appartamento molto luminoso e colorato.
 
 



 
«Ehilà, sono tornata!» urlò Amy all’amica «Ma dove sei?» disse poi guardandosi in giro.

Patty sembrava sparita, possibile che fosse uscita lasciando la porta aperta? No, non era da lei, la chiudeva persino se doveva scendere in cantina.
 
«Sono qui Amy. Bentornata!» urlò quella.

La voce le arrivava attutita e lei guardò gli amici per vedere se capivano da dove venisse, ma anche loro erano perplessi.
 
«Ma sei nello sgabuzzino?» esclamò poi raggiungendola nel localino adibito a ripostiglio di fortuna a lato della porta d’ingresso che, quando si apriva, lo nascondeva alla vista. «Oh, sì, sei proprio qui. Che stai facendo arrampicata lì sopra? Non potevi prendere la scaletta? Scendi subito da lì» le disse, allarmata e attirando vicino a sé anche i ragazzi.

«Tranquilla che non cado. Ha telefonato mia madre poco fa e mi ha chiesto di cercarle una cosa, che stava dentro un coso che non ho ben capito cos’era, ma che, a quanto pare, ha infilato per sbaglio in uno degli scatoloni che ora sono là sopra. La rivuole indietro. Mah, che strana donna. Così ora devo tirarli giù tutti e tre e chiamarla per capire cos’è questa  misteriosa cosa che le manca.»

«E non potevi prendere la scaletta?» insistette lei «Aspettami qui, vado a recuperarla io, se non erro deve essere rimasta in solaio.»

Fece cenno ai due calciatori di tenerla d’occhio e di non fiatare o, se si spaventava, poteva lasciare la presa e cadere. Loro annuirono e lei partì a razzo.
Poco dopo fu di ritorno e successero due cose in rapida successione.
La prima fu che, quando arrivò vicino allo sgabuzzino, lei inciampò, urlò e Julian la prese al volo, facendo schiantare a terra la scaletta.
La seconda fu che Patty, colta alla sprovvista dal rumore, lasciò davvero la presa e si sbilanciò indietro e se non cadde rovinosamente al suolo fu solo perché…
 



 
 
«Holly!» sussurrò Patty fissandolo negli occhi.

«Ciao. Ti sono mancato?» le rispose quello, sorridendole e tenendola stretta a sé, il cuore in tumulto e il volto vicinissimo al suo.

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Capitolo 8
*** Due confronti piccanti ***


Patty era tra le sue braccia. Wow, non pensava di avere una fortuna del genere, non così presto, almeno.
Dio, quando l’aveva vista arrampicata in alto tra gli scaffali, intenta a recuperare l’ultimo dei tre scatoloni che cercava, gli si era fermato il sangue nelle vene. E poi quando era precipitata, presa alla sprovvista dalla scaletta caduta, gli si era congelato. Si era mosso rapidamente e aveva teso le braccia, nelle quali ora lei si trovava.

 
«Ma… ma…» balbettò lei ancora sconvolta, poi sbattè gli occhi come per sincerarsi di aver visto bene e gli disse «grazie.»

«È stato un vero piacere» rispose lui senza accennare a muoversi e sfoggiando un ampio sorriso.

«Sì, ma ora mettimi giù per favore.»

«No, non ancora. Prima voglio sincerarmi che tu stia bene» le disse.

«Non ho nulla di rotto, non si vede?» l’aggredì lei «E adesso… toglimi, le, mani, di, dosso.»

«Guastafeste!» rispose lui, ridacchiando.

Vuoi scendere, carina? Bene, ma alla mia maniera!, pensò.
Con molta lentezza la posò a terra e la tenne stretta a sé con un braccio attorno alla sua vita per qualche secondo. La scostò un poco e, partendo dalle spalle, le percorse il corpo con le mani fino ai fianchi, dove indugiò a lungo.
Guardò Patty. Oh, era diventata rossa come un peperone e lo fissava con gli occhi sgranati, il respiro irregolare che faceva alzare a bassare velocemente il suo bellissimo seno. Evidentemente il suo corpo agiva da sé, a discapito delle parole. Molto bene, buon segno.

 
«Hai finito?» gli disse con voce strozzata.

«Purtroppo, sì. Confermo, sei tutta intera e stai bene.»

«Ma tu guarda, non me ne ero accorta. Holly, che ti prende? Sei così… strano, oggi!»

«Niente. Oggi abbiamo stravinto, mi sembrava strano che tu non fossi lì a festeggiare con noi per la seconda volta e così…»

«E poi spiegami una cosa… ma che diamine ci fai tu, qua!» lo interruppe.

«Non prendertela con lui, ma con me» intervenne Amy.

«Come… con te?» le chiese lei «Che hai combinato?»

«Qualcosa che doveva fare già dodici anni orsono» intervenne Julian «ciao Patty, sono felice di rivederti. Adesso ci scuserai, ma devo fare due chiacchiere con questa sconosciuta che si professa mia fidanzata. Parlerete, quando ce ne saremo andati.» disse guardando Amy e le chiese «Dove possiamo metterci?»

 
Invece di dare retta a Julian, Amy lo scansò e si diresse da Patty. Holly si fece da parte – cominciavano a essere troppi in quello sgabuzzino – Amy andò dall'amica, la strinse forte a sé, intimandole di non rifarlo più, mentre lei le diceva che era troppo drammatica ed emotiva e che doveva smetterla di guardare “le dieci morti casalinghe più assurde”, il che li fece sorridere.
 
 


 
«Sono davvero legate, Amy non mentiva» esordì il numero dieci, allontanandosi da loro per lasciare un po’ di privacy.

«Sì, Holly, e si vede quanto ci tengono l’una all’altra» rispose Julian, seguendolo.

«Come abbiamo fatto a non accorgercene prima?»

«Non chiedermelo, davvero. Sono state brave. Quando si incontravano, sembravano davvero non sopportarsi a vicenda. Tu eri all’estero e certe scene potevano solo raccontartele, ma io ho assistito a un paio di queste e… devo dire che si meriterebbero un oscar. Un giorno te le racconterò. Ora devo concentrarmi su Amy.»

«Non essere troppo duro con lei. Ammira il suo coraggio, piuttosto. Ce ne è voluto molto per presentarsi davanti a tutti noi, dopo tutto questo tempo e dircelo.»

«Vedrò cosa posso fare, ma non prometto nulla. Anche perché… ho una missione da compiere.»

«E sarebbe?» chiese un Holly incuriosito da quella frase e dallo sguardo sbarazzino dell’amico.

«Amy, ne hai ancora per molto? Non possiamo trattenerci per troppo tempo, lo sai. Hai sentito il mister, entro cena dobbiamo essere di nuovo al ritiro» le disse lui, con un tono che non ammetteva repliche, glissando la risposta.

Holly vide l’amica scusarsi con Patty, mormorarle qualcosa all’orecchio, raggiungere il fidanzato e condurlo oltre una porta che chiuse dietro di sé.


 
 
 
«Finalmente soli!» esordì lui, guardando una Patty tra lo sconvolto e il curioso, indicargli il divano.

Patty si diresse in tutta calma al frigo, recuperò una caraffa e due bicchieri e lo raggiunse poco dopo. Li riempì e gliene porse uno.
 
«Tè freddo al limone, l’ho fatto io. Ora mi dici perché sei qui e cosa vuoi ancora da me e dovrà essere tutta la verità o te la vedrai brutta e la cosa migliore che potrà capitarti, sarà essere sbattuto fuori a calci in culo!» gli disse con sguardo truce.

Oh, perfetto. Proprio quello che gli mancava. Parlare con Anego e non con Patty. Che qualcuno lo aiutasse.
 
 
 

 

«Mi odi, vero, Julian? Lo so, lo so che forse dovevo dirtelo prima in privato e non così… davanti a tutti, ma… non volevo che Holly capisse che anche tu ne eri al corrente e se la prendesse con te per non averlo informato prima» gli confessò Amy.

Julian guardò la sua fidanzata. Sì, era vero, lo avrebbe preferito, ma poteva capirla. Amy lo aveva condotto in camera sua. Il rosa imperversava ovunque ed era molto femminile. Era la prima volta che lui veniva invitato nella sua camera, nemmeno quando viveva ancora con i suoi l’aveva mai fatto.
 
«E… e la mia amicizia con Patty, non deve essere motivo di attrito tra noi due. È vero, ho taciuto, sono colpevole» continuò lei, incoraggiata dal suo strano silenzio «vuoi lasciami?» gli chiese poi in un sussurro e velocemente.

«Cosa?» esordì lui, facendola sobbalzare «No! Voglio solo capire. È qualcosa di bello avere una migliore amica, Amy e in genere non si nasconde. Lo so che tu, all’infuori della Mambo, dei ragazzi della Nazionale, delle manager… non hai legato con nessuno e anche con noi, stai sempre attenta a ciò che dici o a quello che fai. Come se avessi paura di sbagliare e perdere tutto e rimanere da sola come eri quanto ti ho conosciuta. Sbaglio forse?»

«No, non sbagli» confermò lei sedendosi sul letto e guardando per terra.

«Ma con Patty è diverso» constatò sedendosi vicino a lei.

«Totalmente. Con mia enorme sorpresa, ci siamo ritrovate. Lei mi vuole bene per quello che sono e non devo fingere con lei, mai! Io stessa le voglio molto bene e non so cosa mi abbia  trattenuta in tutti questi anni dall’uscire allo scoperto, solo per rifilare qualche sberla ben assestata e meritata a Holly. L’ha fatta soffrire in un modo ignobile. Julian, ho visto le sue lacrime, l’ho sentita disperarsi, urlare e alla fine rassegnarsi all’ovvio e tutto perché quel… quell’idiota…»

Julian rise all’immagine che gli si formò nella mente di una specie di alter ego della sua Amy che aggrediva il capitano della Nazionale a mani nude.
 
«Amy» le disse alzandosi di scatto e prendendo a girare per la stanza, nervoso «ci possono sentire, di là?»

La vide diventare di tutti i colori. Oh, Amy. Dopotutto non era così timida e ingenua.
 
«N… no. Una cosa bella di questa casa, è che zia Miho ha insonorizzato entrambe le stanze. Infatti, alla sera dormiamo con le porte aperte, sai, se dovesse succedere qualcosa… Non so il perché l’abbia fatto e nemmeno Patty, ma potrebbe averlo detto a Steffen. Abitando qua a lato è probabile che si frequentassero e potrebbe averglielo rivelato. Pe… perché me lo domandi?»

«Ecco… giusto di lui voglio parlare ora. È davvero così bello?»

«Cosa? Io… em… sì.»

«Capisco. E potrebbe dare del filo da torcere a Holly?»

«Certo, tantissimo. Ve l’ho detto, quei due stanno diventando sempre più come pappa e ciccia e la cosa mi preoccupa. E non è perché io non voglia vederla felice con lui, anzi… Steffen è molto dolce e buono con lei e la metterebbe su un piedistallo. Ma… io penso che Patty sia ancora innamorata di Holly e che non potrà mai essere felice davvero, se non con lui e voglio aiutarli. E poi Holly farà ancora più fatica con lei, perché ha molto da farsi perdonare e Patty è una che non dimentica facilmente.»

Julian rifletté su quelle parole. Aveva ragione lei, ma lui conosceva Holly e sapeva che non si arrendeva mai e che se si metteva in testa qualcosa, faceva di tutto per ottenerla. Ora, l’amico aveva deciso che voleva Patty e lui era sicuro che niente e nessuno l’avrebbe fermato. Nemmeno questo… tizio nordico.
Ma ora quello che voleva fare, era concentrarsi su Amy. Ci avrebbe messo qualche giorno per digerire tutte quelle notizie e perdonarla, già lo sapeva. Ma lei, al ritiro, aveva detto una frase che…  e così aveva deciso di…

 
«Amy, davvero non riesci più a guardarlo, quel tizio, perché ti ritorna in mente tutto nudo ogni volta che lo vedi?» le chiese di getto.

Lei strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, poi arrossì e annuì vistosamente, mentre si copriva il volto con le mani.
 
«Oddio, è così imbarazzante. Ma come posso fare, come. Sono disperata Julian. Non riesco a capire come fare per togliermi quell’immagine dalla testa. Devo ammettere che Steffen nudo, merita, ma… che imbarazzo.»

«Io posso aiutarti!» le confessò arrossendo vistosamente a sua volta.

Sì, decise, era l’unico modo per aiutare Amy e non poteva tirarsi indietro proprio ora. Così, Julian Ross, capitano della Mambo e regista della Nazionale, che sapeva ricoprire svariati ruoli con successo ed era stato nominato vice allenatore, agì. Le prese le mani e, agganciato il proprio sguardo al suo, le disse:
 
«Amy, so che quello che sto per fare ora, ti metterà in forte imbarazzo – pensa, imbarazza anche me – ma è importantissimo che tu mi guardi, ok? Per tutto il tempo, guardami! Non smettere mai di farlo.»

E quando lei annuì, deglutì, si alzò, andò a chiudere la porta a chiave – era meglio non rischiare che i loro amici entrassero senza bussare – le si parò davanti e iniziò a spogliarsi, lentamente. Scarpe, pantaloni, maglietta e – dopo essersi calmato un attimo, perché era forse più imbarazzato di una Amy bordeaux che lo fissava a bocca aperta – si sfilò anche i boxer, rimanendo totalmente nudo di fronte a lei.
 
«Amy, dì qualcosa per favore.»

«Io… io… oddio Julian, sei… wow, ma perché l’hai fatto?»

«Perché ti amo e perché voglio che d’ora in poi – se proprio dovrai imbarazzarti per qualcuno che hai visto come mamma l’ha fatto – voglio che quella persona sia io, non un altro. Io. Il tuo ragazzo.»

«Julian» Amy si alzò e lo raggiunse, guardandolo negli occhi e prendendogli le mani «grazie, amore mio. È stato un gesto bellissimo e molto dolce. Oltre che imbarazzante per entrambi. Ti posso giurare che hai surclassato Steffen sotto ogni aspetto e che d’ora in poi lo guarderò con occhi diversi» poi lo baciò lievemente sulle labbra e gli disse arrossendo vistosamente «ma non so se potrò fare la stessa cosa con te, da adesso in poi. Per quanto ti trovo molto sexy in versione nudista… che ne diresti di rimetterti almeno i boxer?»

Julian non poteva essere più che d’accordo con lei e si affrettò a fare come Amy gli aveva suggerito, poi la prese tra le braccia e la baciò a lungo e con passione. Era proprio fortunato a stare con lei, anche se era ancora arrabbiato. L’amava da impazzire. Sperava solo che Holly stesse gettando le basi per ricostruire un rapporto con Patty.
 
 


 
«Patty, lo so che mi odi, ma vorrei che mi ascoltassi. Per favore.»

Ascoltarlo? Per favore? Ma era impazzito del tutto? Aveva preso una botta in testa, per caso? Ma che stava succedendo?
 
«Inizi a farmi paura, Hutton. Tu che dici per favore a me? Da quando? Lasciami indovinare… ti sei reso conto che, stranamente, tutte le puttanelle che ti ronzano attorno sono sparite… e allora ti sei detto… “con chi cazzo non ho mai flirtato neanche per scherzo? Oh, certo, ma con quella scema che mi gira intorno da quando siamo bambini, com’è che si chiama? Vediamo di darle un contentino.” Eh, l’astinenza, è una gran brutta bestia!»

«Me lo sono meritato. Sono stato inqualificabile con te. Ti chiedo scusa.»

«Come? Ho sentito bene?» gli rispose lei.

«Dai, smettila Patty. Sai benissimo che so riconoscere i miei errori e fare ammenda. Io sono stato odioso con te e non te lo meritavi. Ti ho trattata malissimo, peggio non potevo fare.»

«E… a cosa devo questo tuo cambiamento?» gli chiese.

Ecco, e adesso veniva la parte più difficile.
 
«Ti ho giudicata senza se e senza ma. Ti ho umiliata. Ti ho trattata da schifo. Perdonami!»

«Ti ho fatto una domanda e pretendo una risposta.»

«Ok, se la metti così… come sai, Amy è venuta a fare colazione con noi stamattina. Ma non era lì solo per quello. Ha voluto aprirmi gli occhi e le sue parole, mi hanno fatto precipitare nel baratro più buio per la vergogna.»

Vide Patty passare dalla rabbia, allo stupore.
 
«Amy? Quella ragazza non finirà mai di stupirmi» disse infatti «Oh, capisco, ha fatto la spia alla fine. Un po’ me l’aspettavo che presto o tardi sarebbe saltato fuori. Non sono arrabbiata con lei, tranquillo.»

«Ne sono sollevato. Io… io non volevo crederci. Perché, Patty. Perché ci hai… mi hai mentito. Io sono stato ingiusto con te, lo riconosco, ma tu non hai fatto nulla per dirmi che sbagliavo. Mi hai visto darti contro con parole orrende. Sbandierarti davanti tante ragazze o puttanelle, come le chiami tu, non senza ragione. Hai avuto tanti anni per dirmi la verità, eppure non l’hai fatto. È vero, io ero all’estero per la maggior parte del tempo, ma esistono i telefoni.»

Lei stette in silenzio per un po’, tirare un sospiro e poi prese a parlare.
 
«All’inizio per orgoglio, poi per abitudine. Il nostro rapporto d’amicizia era ormai irrimediabilmente compromesso e a cosa sarebbe servito dirti la verità su me e Amy? A nulla. Trovo questa conversazione insensata. Noi due non siamo nulla l’uno per l’altro e non ti devo altre spiegazioni. Non siamo neanche più amici. Che cosa vuoi ancora da me?»

«Voglio ricominciare da capo.»

«Cosa? E perché mai. Tu non cambierai mai, io non cambierò mai. Che senso ha tutto questo.»

Ma lui la ignorò e le tese una mano, che Patty guardò con stupore.
 
«Piacere di conoscerti. Mi chiamo Oliver Hutton, amo il calcio e il mio sogno è quello di diventare un calciatore professionista, giocare nella Nazionale e portarla ad essere la migliore del mondo e tu sei?»

Attese per un minuto buono, vedendo il volto della ragazza cambiare più volte espressione, stava per perdere le speranze quando inaspettatamente…
 
«Patricia Gatsby, ma tutti mi chiamano Patty. Sono a capo della tifoseria della scuola, anche se la nostra squadra di calcio è scarsa, anzi fa proprio pena.»

Holly rise a quelle parole. Era vero. Quando era arrivato alla Newppy, la squadra di calcio della scuola, capitanata da Bruce, era senza speranze. Al ricordo di come era andato il primo allenamento con loro sul campo vinto alla San Frencis dopo lo scontro con Benji, si mise a ridere forte. Rideva di cuore, come non gli riusciva da qualche tempo. All’iniziò anche Patty si unì a lui, poi… non la sentì più, ma che caz… si girò a guardarla e vide che lo stava fissando con una strana luce negli occhi. E subito dopo…
Wow, non stava sognando, vero?
Le labbra di Patty erano molto meglio di come le ricordava. Lei l’aveva preso per la maglietta, come la prima volta, e l’aveva attirato a sé, incollando quelle labbra morbide e sensuali che si ritrovava alle sue.
Lo stava baciando con passione. Era riuscita a fargliele aprire leggermente, stuzzicandole con la lingua e, per approfondire il bacio, gli si era avvicinata ulteriormente, fino ad allacciargli le braccia dietro il collo.
Holly la prese per i fianchi e la tenne stretta saldamente a sé, mentre le faceva reclinare leggermente la testa per esplorarle meglio la bocca. Patty lo assecondò e lui la sentì emettere piccoli gemiti di incoraggiamento che lo infiammarono ulteriormente.
Poi le si scostò all’improvviso e si alzò, iniziando a passeggiare per il salone mormorando che ho fatto, che ho fatto, che ho fatto? mentre si toccava ripetutamente le labbra con un dito.
Be’, per lo meno non ne era rimasta indifferente. Molto bene.

 
«Questo» gli disse poi, fermandosi di colpo, mettendo le mani sui fianchi e fronteggiandolo «non dovrà ripetersi. Mai più!»

«Questo… cosa?»

«Holly! Questo! Lo sai benissimo… il bacio!»

«Ah, il bacio. A me è piaciuto e a te anche, non negarlo» le disse «e poi ti ricordo che, per la seconda volta, sei stata tu a baciarmi.»

«Già, sono sempre io a farlo. Tu non hai mai preso l’iniziativa e…»

A quel punto, Holly, si alzò di scatto dal divano e la raggiunse. Patty indietreggiò lentamente e andò a sbattere col sedere contro il tavolo della cucina. Lui la circondò con le braccia appoggiando le mani ai lati del corpo, sul tavolo e bloccandole la fuga. Senza toccarla, la baciò a sua volta con lentezza. Sentì Patty porre una resistenza iniziale, ma poi lo assecondò e fu spettacolare.
 
«Ahem… ehi… emmm…»

Chi era che disturbava quell’idillio? Holly pose fine a quel dolce assalto con ancora più calma e la guardò negli occhi, un sorriso sulle labbra e…
Sciaf!!!!!!!!!!!!!
Che cazzo…

 
«Non deve più accadere. Promettimelo!» gli intimò quasi senza fiato e con occhi di fuoco.

«Non posso» le rispose sinceramente con voce roca, massaggiandosi la guancia dolorante «per pareggiare i conti ne manca uno, da parte mia.»

Solo allora Holly si ricordò che probabilmente non erano più soli e guardò verso il fondo della sala, dove vide la coppia di amici fissarli a bocca aperta, Amy aveva un’aria sconvolta, mentre Julian se la rideva sotto i baffi, che non aveva. Solo allora Patty seguì il suo sguardo e lui, dal volto arrossato che aveva e dal fatto che continuava a guardarsi in giro agitata, era sicuro che stesse pensando a come nascondersi il più fretta possibile.
Decise di trarla d’impaccio… o forse di divertirsi ancora un po’.

 
«Prima mi bacia e poi mi rinfaccia di essere sempre lei a farlo… secondo voi cosa avrei dovuto fare per metterla a tacere?»

«Holly…»

«No, Patty. Io…»

Driiiiiiinnnnn Driiiiin Driiiiiinnnnn

«È proprio il caso di dirlo… salvata dal campanello!»

Poi, prima che potesse anche solo reagire, la baciò velocemente sulle labbra.
 
«Patty?»

«È? Sì? Sono io.»

«Lo so» ridacchiò lui, lieto di averla mandata in confusione «la porta!»

«Em… sì. Due a due, palla al centro!» gli disse riferendosi all’ultimo bacio veloce che le aveva rubato, prima di dirigersi ad aprire, ma Amy l’aveva già anticipata.
 


 

 
«Ehilà, vicine. Ho portato un po’ di cibarie extra dal lavoro e visto che sono troppe per il mio frigo ho pensato di regalarvele. Posso entrare?»

«Steffen!» dissero in coro le due amiche.

«Amy. Patricia. Bene, ora che ci siamo ricordati i nomi…» disse indicando le borse colme.

«Ah, sì, scusa. Il cibo gratis non si rifiuta mai, dai entra» gli disse Amy, facendosi da parte.

«Meno male, mi avete salvato. Permesso» disse entrando e dirigendosi senza indugio al tavolo della cucina. «Ah, avete visite vedo» disse poi notando i due ragazzi.

Oddio, che imbarazzo. Patty non sapeva più cosa pensare. Quella mattina era proprio lì a flirtare con Steffen, a parlare di baci mancati e della loro situazione bizzarra e poco prima, si stava baciando… sì, ma con Holly, aggrappandosi al suo corpo e bramando di più. Era proprio una brutta, bruttissima persona. E adesso? Be’, anzitutto doveva presentarlo.
 
«Steffen Larsen, ti presento i nostri amici che bazzicano in Nazionale. Julian Ross, che è anche il fidanzato di Amy e Oliver Hutton. Lui è… è il capitano della squadra» disse dopo una pausa, indicandoglieli.

Patty vide i due ragazzi stringergli la mano in uno strano stato di trance. Ma che cosa gli prendeva adesso? Chiese aiuto a Amy con lo sguardo, ma anche lei fece spallucce. Holly e Julian lo guardavano con occhi sgranati e poi si fissarono.
 
«Ehi, ma tu non dovresti essere al lavoro?» gli chiese Patty.

«Mi mancavi e sono uscito prima, Patricia» le rispose Steffen strizzandole l’occhio.
 
 



E così ti mancava, è? Patricia? Sarà attratta da te, ma bacia me. Lei è mia. Solo… mia!  

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Capitolo 9
*** Sorpresa al ritiro ***


«Ed eccolo, il Drive Shoot di Hutton che tutti stavamo aspettando. Il portiere nigeriano sembra pronto a riceverlo, ma…. Ahhh, Gooooooaaaallll! Imprendibile tiro di Hutton che ha raggelato sul posto l’estremo difensore avversario. La fine del primo tempo vede la Nazionale Giapponese avanti di due reti su quella Africana che, al momento, non è riuscita a concludere. Price in porta è una saracinesca oggi e si starà godendo il riposo, visto che raramente gli avversari riescono a raggiungere l’area. Hutton è sempre più in gran forma e pericoloso. Rimane il mistero che lo circonda e sappiamo per certo che tutti i giornalisti sportivi e di gossip sono a caccia del motivo che abbia scatenato in lui una tale potenza distruttrice.»
 
Che cosa mi succede? Ma che vi importa a voi, schifose sanguisughe. Ci manca solo avervi tra i piedi, come se non avessi già abbastanza problemi così, si disse.
Da quando era stato a trovare Patty, era ancora più preoccupato e nervoso di prima.
Steffen Larsen. Cazzo, Amy non aveva esagerato quando l’aveva paragonato a Thor. Quel ragazzo lo ricordava, eccome. Alto, muscoloso, tratti nordici e un debole neanche troppo velato per Patty, anzi no… per Patricia. E lei? Oh, lei… gli era bastato vederla ridere con lui, scherzare con lui, chiacchierare con lui… per capire che lo adorava. I dieci minuti più lunghi della sua vita. Il peggio era arrivato quando lo aveva sentito ricordale il loro appuntamento in terrazza per quella sera, a quanto pareva, il tizio aveva una sorpresa per lei. Patty si era illuminata tutta a quella frase e aveva assicurato, con vigore, la sua presenza. Aveva rischiato seriamente di aggredirlo e fargli rimangiare l’invito a suon di calci. Era incredibile che avesse fatto ammenda giusto in tempo per vedersela soffiare da quel tizio biondissimo.
Insomma, i baci che si erano scambiati non contavano nulla per Patty. No, impossibile. Il primo era stato opera sua e lui aveva capito che Patty ci aveva messo anche il cuore, non solo la bocca e il corpo. Non si poteva fingere una reazione del genere.
Il mister diede le disposizioni per il secondo tempo e poi li lasciò soli per darsi una riassestata.

 
«Ehi, capitano» lo richiamò Rob, facendolo sobbalzare «lascia divertire un po’ anche noi e che cavolo.»

«Ha ragione il tappetto qua» intervenne Mark «io capisco che ultimamente hai un po’ di beghe sentimentali, ma non è una scusa per fregarci tutte le azioni e farle tue e che diamine, amico, mi ricordi me quando ci siamo conosciuti.»

«Sì, ci pensiamo noi a mantenere il risultato e a metterlo al sicuro con almeno altri due goal. Tu hai già dato, fin troppo. Ora basta» gli intimò Philip.

«E poi nel secondo tempo ci sarò io in porta» lo informò Ed «e puoi stare sicuro che continuerò l’opera di Price.»

«Voglio sperare, o mi guarderei le spalle fossi in te» gli rispose quello sentendosi tirare in causa.

Ah, i suoi amici. Loro erano stati fin troppo comprensivi con lui e lui come li aveva ripagati? Ignorandoli in partita.
 
«Allora, visto che hai taciuto e Julian con te, perché stava a te parlarne, ora lo fai. Che ti è preso?»

«Davvero, Holly, che ti prende? Speravamo tutti che la visita a Patty avesse risolto un po’ le cose e invece… è quello che ti fa stare male, vero?»

Tom, a lui non si poteva farla neanche volendo. Decise che doveva loro tutta la sincerità possibile, era il minimo per non averlo ancora fatto fuori. Guardò Julian che annuì, piano. Anche lui aveva avuto la sua stessa reazione alla vista del tizio nordico e ne era rimasto scosso, tanto quanto lui.
 
«Oh, sì, la visita è andata meglio di quello che speravo. Ci siamo anche… be’, sì, baciati ecco. Tre volte.»

«Cooooosaaaaa?» dissero in coro gli amici, facendolo sorridere per gli sguardi allibiti che avevano tutti.

«Confermo. Io e Amy ci siamo persi il primo, ma… poi non devono essersi accorti che noi eravamo lì e hanno continuato.»

«Holly, ma è meraviglioso! Finalmente, iniziavamo tutti a disperare» disse Bruce, prima di abbracciarlo.

Ma lui rimase rigido. No, non c’era nulla da festeggiare.
 
«Be’, cavoli, questa non mi sembra la reazione di uno che ha fatto passi da gigante con la donna che ama» intervenne Benji «e allora, che cazzo è successo ancora?»

«Oh, niente, sai… stava andando tutto bene, vero Julian?»

«Fino allo schiaffo che ti ha tirato lei, sì. E prima dell’imprevisto. Un grosso, alto, imprevisto.»

Ecco fatto, con quella semplice frase, Julian aveva scatenato la curiosità generale.
 
«Cavoli, ti ha malmenato?» si stupì Paul.

«Be’, la nostra Patty è un pochetto confusa, al momento.»

«E cosa sarebbe questo… imprevisto?» chiese un curioso Rob.

«Ah, no, non cosa... ma, chi sarebbe!» specificò il numero 14.

«Oddio» saltò su Tom dopo un minuto di riflessione «non ci dirai che…»

«Bravo. Il tuo intuito migliora a vista d’occhio e fa sempre più paura» gli disse il capitano «ebbene sì. Abbiamo conosciuto il vichingo dagli occhi di giaccio.»

Quell’annuncio scatenò il putiferio, subito dopo un attimo di smarrimento.
 
«Cooooosaaaaaa?» ripeterono tutti insieme.

«Cioè vuoi dire che lui era… lì?»

«No, Bruce, o non avrei neanche potuto sfiorarla, figuriamoci baciarla. No, il caro Steffen è arrivato dopo. Tempismo perfetto. Dannazione a lui.»

«Ma lui è… cioè, è davvero…» riprese il difensore, ma venne interrotto dal mister che rientrò nello spogliatoio.

«Ok, ora basta fare le comari. È ora di rientrare. Continuerete a partita finita.»

Holly si impose di pensare a vincere e accantonò l’argomento. Avrebbe spiegato tutto poi. Ma fu bloccato da Mark che gli impedì il passaggio.
 
«Prima rispondi e poi andiamo. Non puoi lasciarci col dubbio, in sospeso e minare la nostra concentrazione in partita. Allora… è proprio come l’ha descritto Amy, ovvero così bello da non avere speranze con Patty?»

Lui li guardò tutti, poi sospirò e lanciò la bomba prima di passare sotto il braccio di Mark, aprire la porta e uscire.
 
«Mettiamola così, sarà dura combattere contro la reincarnazione di un dio nordico, ma io non mollo e vedremo, alla fine, chi la scamperà.»
 
 


 
Il secondo tempo vide Mark andare a conclusione dopo un passaggio perfetto di Rob e proprio quest’ultimo segnare, poco dopo, la quarta rete. Una disfatta completa per la Nazionale Africana che uscì dallo stadio in preda allo sconforto.
Il mister si congratulò con loro appena raggiunsero la panchina.

 
«Ottimo lavoro ragazzi. Ora siamo in finale!» urlò, seguito a ruota da tutta la squadra. «Dovremo affrontare il Brasile del tuo mentore Hutton, parlo di Roberto e non sarà una passeggiata. Abbiamo una settimana per prepararci, vediamo di non adagiarci sugli allori. Vi aspettano allenamenti da incubo, ma oggi voglio essere magnanimo con voi. Avrete tutta la giornata libera. Voglio che per le 23.00 di stasera, siate rientrati e noi ci rivediamo al campo degli allenamenti domani mattina alle 7.00 in punto.»

Detto questo li precedette al pullman, mentre loro si ritiravano nello spogliatoio per prepararsi.
 
«Julian, tu hai intenzione di andare da Amy? No, perché mi aggregherei volentieri. Ho un discorso in sospeso con una certa ragazza da riprendere.»

«Non molli, vero?» gli chiese quello.

«Proprio no. E la presenza di Steffen nella sua vita, semmai, mi sprona a impegnarmi ancora di più per riconquistarla. Lui non l’avrà mai.»

Nel frattempo, furono raggiunti dal resto della squadra che aveva appena finito con le docce e che si mise in ascolto.
 
«Dimentichi che tu sei qui, mentre lui, nel frattempo, è il suo dirimpettaio e può vederla tutte le volte che vuole, persino darle appuntamento in terrazza. Dimentichi anche che lui non ha nulla da farsi perdonare e che devi ammettere che sa come attirare una donna. Quanto tempo credi che ci vorrà prima che, di questo passo, quei due formino una coppia?»

«Dio, Julian, sei un balsamo per i miei nervi» gli rispose quello sarcastico.

Quella frase fece ridere tutti gli amici.
 
«Io ci andrei anche volentieri a trovare Amy, ma oggi, guarda caso, è a Nankatzu con Patty. A quanto pare ha trovato la cosa nel coso che aveva perso sua madre ed è passata a riportargliela. Se non erro deve trasportare anche gli ultimi scatoloni all’appartamento. Non dirmi come faranno, non me l’ha detto, ma un’idea me la sono fatta in testa.»

«La cosa nel coso?» disse Bruce, grattandosi la testa, con fare perplesso «no, meglio non indagare.»

«Holly, sei tanto intelligente e astuto in campo, quanto stupido fuori» gli disse Mark.

«Sì, ha ragione questo qui. Mi stupisce che tu non le abbia chiesto il numero di cellulare. Come hai potuto dimenticartene» rincarò la dose Benji.

«Fermi tutti! Questa data è da segnare sul calendario… Price mi ha dato ragione! Un evento da ricordare per i posteri»


«Non farci l’abitudine. Quando uno ha ragione, ha ragione. Anche se quel qualcuno sei tu, grandissimo rompiscatole.»

L’atmosfera rilassata e giocosa accompagnò tutti per il viaggio di ritorno.
Avevano ragione i suoi amici, ma come aveva potuto dimenticarsi una cosa così importante. Lui, il numero di Patty, non l’aveva più dal famoso incidente delle medie e aveva sempre lasciato fossero le manager o il mister a contattarla per eventuali comunicazioni. Il motivo era solo uno: non voleva più avere niente a che fare con quella che credeva una menefreghista di prim’ordine. E così, non solo l’aveva allontanata dalla sua lista di amici, ma anche dal suo telefono. E non si era mai pentito di quella decisione. Fino a quel momento.
Ah, Holly, quanto tempo perso e ora devi darti da fare o il nordico te la frega da sotto il naso, dannazione!, pensò.
 



 
«Allora, Patty, la smetti di fregare i biscotti quando pensi che io non ti veda?»

La voce di Amy li raggiunse appena varcarono la soglia del ritiro. I ragazzi si guardarono tra loro, incuriositi e si diressero da lei, nel salone. Appena arrivarono, si bloccarono nel mezzo, non visti. Ma cosa…
 
«Ehi, poche storie miss perfezione. Questo sarà il secondo che mangio. Controllo qualità» rispose quello mettendoselo per metà in bocca e sfidandola a riprenderselo.

«Il terzo» la corresse lei, piazzandosi davanti all’amica, per nulla intimorita dai suoi modi dispotici. «Guarda che non ho problemi a farlo, lo sai e…» ma non riuscì a finire la frase perché  Patty gliela chiuse con un biscotto.

I ragazzi le guardarono con stupore. Non si aspettavano di vederle insieme e tanto meno in una scena del genere. Per loro era una novità e non sapevano come muoversi. Quindi si limitarono a rimanere in silenzio e fissarle.
 
«Così pareggiamo i conti.»

«Però, sono buoni» constatò lei mordendone un pezzo «che fai, giochi sporco?»

«E tu ti fai i complimenti da sola? Sei una furbastra.»

«Caspiterina, mi hai scoperta!»

«Caspiterina? E chi dice più caspiterina al giorno d’oggi» la riprese Patty.

«Cappero? Cavoli? Perdindirindina?»

«E perché non perdincibacco? Sei un caso perso. Ci rinuncio a farti imparare termini meno antiquati e più incisivi. Sono anni che ci provo. Magari ti sconvolgerò adesso, ma se imparassi a dire una frase tipo, che so… cazzo mi hai scoperta!... non faresti scoppiare a ridere tutti ogni volta.»

E subito dopo lo fecero. I ragazzi continuarono a fissarle, sempre più increduli.
 
«Ti ricordo che una volta l’ho detto… ok, ok, quasi detto. Smetti di guardarmi così che mi fai paura» le disse vedendo l’amica fissarla con un sopracciglio inarcato e allontanandole i biscotti che, sperando di non essere vista, cercava di trafugare.

«Ecco e ti sei interrotta a metà, quindi non vale. E io ti ricordo che quell’unica volta è stata quando ti sei ritrovata davanti a Steffen nudo e poi non sei più riuscita a guardarlo in faccia per diverso tempo. Ehi, cosa che in questa settimana è decisamente cambiata, adesso che ci penso… come mai? Almeno ora lo guardi negli occhi senza arrossire o cercare di scappare il più velocemente possibile» indagò.

«Em… e chi lo sa. Abitudine di trovarselo spesso tra i piedi da che il ristorante è stato chiuso per lavori importanti?» disse arrossendo vistosamente.

Julian sorrise tra sé. Allora il suo spogliarello improvvisato aveva fatto davvero effetto e ora il vichingo nudo era sparito dalla testa della sua ragazza. Molto bene, si disse, soddisfatto.
 
«Ma sono veramente loro?» disse un Bruce allibito, mentre quelle due riprendevano a ridere.

«Ecco un qualcosa che non pensavo mai di vedere in vita mia. Oddio, allora è tutto vero… quelle due sono amiche» esordì Mark ad alta voce, facendole saltare in aria e girare verso di loro.
 
«Oh, ciao!» dissero loro in coro.

«Ma che bella sorpresa, che ci fate qua?» chiese Philip.

«Siete insieme e non state litigando!» constatò Ed.

«Be’, abbiamo sentito alla radio che avevate vinto e… visto che eravamo in zona… siamo passate» disse Patty.

«Con i biscotti» chiese Rob.

«Perché uno che passa per caso a trovare qualcuno, lo fa con i biscotti preparati in casa. Non si sa mai» le prese in giro Tom.

«Esatto. Sono per voi. Se Patty la smette di mangiarseli tutti.»

«E va bene, ci avete scoperte. Visto che Amy non è potuta venire per colpa mia alla partita, ha pensato bene di prepararvi un regalino culinario. Ma se non li volete…» e fece per allungare una mano verso il cestino senza smettere di fissarli, ma l’amica gliela picchiettò e allontanò il bottino.

«No! Non cercare scuse per sbaffartene un altro, tu» l’ammonì Amy.

«È dispotica» disse lei, alleggerendo l’atmosfera di stupore generale «ho creato un mostro!»

Ormai il ghiaccio era rotto e tutti poterono rilassarsi. Mentre i ragazzi davano l’assalto ai biscotti. Holly ne approfittò per avvicinarsi a Patty.
 
«Ciao.»

«Capitano Hutton» rispose Patty, sorridendogli.

«Naaa, quello è mio padre» rispose lui facendola ridere. «Mi sei mancata» le sussurrò poi nell’orecchio, posandovi un lieve bacio dietro, facendola arrossire e rabbrividire, suo malgrado.

«Holly…» rispose lei senza fiato, guardandosi in giro, frenetica.

«Sai, volevo tanto chiamarti in questi giorni, ma… non ho più il tuo numero di cellulare e… e così, mi chiedevo se tu potessi… ecco sì, darmelo.»

«Io… io…»

«Faen (Cazzo)... le cucine di questo posto sono spettacolari!»

La voce profonda di uno sconosciuto li fece zittire tutti. E quando si girarono verso la porta da dove proveniva… spalancarono gli occhi. E quel tizio chi era?
 
«Ah, ecco perché non lo trovavamo più, Amy. Appena vede una cucina, professionale o no, impazzisce proprio come i nostri amici qui con il campo da calcio» disse Patty, ridacchiando.

«Siamo senza speranza, amica mia. Siamo circondate da maniaci» le rispose lei seguendola a ruota «dagli occhi che ti sbirluccicano, Steffen, vedo che ti hanno davvero colpito» disse infine rivolta al nuovo arrivato.

Che cosooooosaaaaa? Quello era il vichingo? Era lui che le loro amiche avevano visto totalmente nudo? Biondo era biondo, gli occhi chiarissimi, un accenno di barba, un fisico massiccio, poteva tranquillamente toccare i 190 cm… Bruce si avvicinò al capitano, gli occhi rivolti al nordico.
 
«Holly, sei fregato» gli disse, guadagnandosi una spallata che lo fece vacillare.

Se la squadra non riusciva a staccare gli occhi dal tizio biondo, la due altre manager ne erano ipnotizzate. Letteralmente. Bruce notò Eve in uno strano stato di trance che lo mandò in bestia. Sì, ok, anche Susie lì vicino lo era, ma lei non era la ragazza che amava in gran segreto da diversi anni.
Patty lo riportò alla realtà.

 
«Steffen, ti presento la Nazionale Giapponese di calcio e le due manager che se ne prendono cura, Eve e Susie.»

Manager che si ritrovarono a mormorare un piaceeereee e a cercare di non svenire quando il nordico si avvicinò loro per inchinarsi sulla loro mano. Bruce fremette.
 
«Incantevoli» rispose lui al loro indirizzo «e niente, non c’è che dire, in Giappone non siete privi di belle donne» disse poi guardando i calciatori e strizzandogli l’occhio «piacere di fare la vostra conoscenza. Colgo l’occasione per congratularmi con voi» disse loro con un ampio sorriso che li sconvolse.

Ma come si faceva a odiare uno così e mormorano un grazie collettivo.
 
«Sapete, in genere io seguo la Nazionale Norvegese quella del mio paese, ma devo confessarvi che, dopo tutti i racconti che queste due hanno fatto di voi, sono andato a rivedere una vostra vecchia partita e devo dire che siete nettamente superiori a noi.»

Ecco, anche a volergli essere ostili, dopo quelle parole, era molto difficile esserlo.
 
«Ho una proposta per voi» disse poi attirando l’attenzione ancora di più «che ne direste se, a vittoria avvenuta del campionato, io e il mio team – che tanto al momento siamo a spasso – vi preparassimo una cena, gratis? Ma solo se vincete.»

«Team? Sei un cuoco?» s’informò Rob.

«Sous Chef» specificò lui, tutto orgoglioso.

«Ed è anche bravissimo» intervenne Patty con Amy che annuiva vigorosamente accanto a lei «sa fare magie in cucina.»

«Wow. Io dico che accetto» rispose il numero 20 con entusiasmo.

«Che cos’è successo? Hai detto che siete a spasso, come mai?» chiese Tom.

Lui si prese del tempo per rispondere e poi, unito alle due ragazze, scoppiò a ridere, lasciandoli interdetti. Poi Steffen iniziò a spiegare.        
 
«Per farla breve… È successo un piiiiiccolissimo imprevisto. Proprio durante il servizio sono scoppiate le tubature in cucina. Il cibo si è rovinato, inondato dagli spruzzi dell’impianto anti incendio, la cucina si è allagata e non vi dico il resto del locale. I clienti erano da strizzare. I pompieri hanno creato un casino osceno. Il capo è arrivato con calma, due ore dopo e non sembrava molto sorpreso, il che è sospetto, ma non troppo se lo si conosce e tutti – ma proprio tutti – siamo stati lasciati a casa in attesa di tempi migliori. Per come la vedo io… non arriveranno mai. E dire che ho lasciato casa mia per questo lavoro, dannazione!»

«Oh, ma che disgrazia, davvero. Be’, potresti sempre tornartene in Norvegia e ricominciare.»

«Holly!» lo riprese una Patty scioccata da quella frase «Che dici.»

«Potrei sì» gli rispose quello fissandolo negli occhi «ma potrei anche aprire un mio ristorante qua, in fondo mi trovo bene in Giappone e non me la sento di mollare così il mio sogno e rischiare di non vedere più Patricia.»

Quella frase ebbe il potere di fare arrossire la ragazza, incupire il capitano e sconvolgere tutti gli altri.
 
«Be’, esistono i telefoni con le video camere. Magari sarai fortunato e ti chiama» rincarò la dose il numero dieci «non ho ragione… Patricia

Gli amici videro la ragazza cambiare espressione e fissarlo con astio. Ahia, i guai erano appena cominciati.
 
«Togli il magari, Hutton, lo farò sicuramente in quel caso. Perché Steffen, a differenza tua, mi ha sempre trattata bene. Ma io preferisco, egoisticamente lo ammetto, che lui stia qua.»

«Lo dici solo perché vuoi l’affitto a fine mese» le disse il nordico, facendola sorridere.

«No, perché voglio mangiare ancora gli Skillingsboller. L’ho detto bene?»

«Pronuncia perfetta.»

I ragazzi erano molto preoccupati per quella situazione, ma sapevano che non potevano intervenire. Il loro capitano avrebbe avuto il suo bel da fare con quei due, ma, dopotutto, se non avesse fatto il cretino per anni con Patty…
Videro i due ragazzi fissarsi seri e determinati più che mai. La loro battaglia per il cuore di Patty era appena incominciata e lo sapevano entrambi.   

 
«Vogliamo andare, Steffen? O non finirò mai il trasloco e non ti ho ancora ringraziato per averci aiutate. Amy tu resti, giusto?» disse Patty e l’amica annuì, guardando Julian e sorridendogli «Allora a più tardi. Ehi, ci rivedremo alla partita, allora. E non permettete al mister di stancarvi troppo con gli allenamenti.»

E loro glielo assicurarono con foga.                                    
 
«È un modo carino per dirmi di lavare le tende?» poi vedendo tutti fissarlo con sguardi divertiti disse «Ok, cos’ho sbagliato questa volta?»

«Em… te lo spiegherò più tardi.»

Dopo qualche altra risata, Patty e il vichingo si congedarono. E, poco dopo, anche loro si divisero. Mark schizzò via velocemente, tra le battutine allusive degli amici. Julian uscì con Amy e Bruce… be’, lui aveva una cosa da fare prima di andarsene e la protagonista assoluta era Eve.
 




Holly rimase a fissare Patty e Steffen andare via col cuore angosciato e il sangue che gli ribolliva nelle vene. Dannazione. Prima dell’arrivo del vichingo stava andando tutto così bene con lei, la sua Patty. E poi…
Vederla con lui lo scombussolava. Soprattutto perché lei si comportava come una donna infatuata.
Avrebbe tanto voluto chiarire una volta per tutte con Patty, senza intromissioni, ma non era stato possibile e, se avesse insistito, non avrebbero fatto altro che litigare, lo sapeva.
Il suo piano di conquista era appena iniziato. Lo sapeva fin dall’inizio che sarebbe stata dura, ma…lui non era il tipo da arrendersi alla prima difficoltà.
Avrebbe passato la giornata con la sua famiglia, decise. Così avrebbe giocato un po’ con Daichi, il suo fratellino, parlato con i suoi e ottenuto preziosi consigli in merito a tutta quella situazione con Patty.
Poi… poi una volta terminato il campionato, avrebbe iniziato a cercarsi una casa tutta sua e a mettere in atto i suoi progetti.
Che Steffen si godesse pure quei momenti, perché presto sarebbero finiti.
Il cellulare segnalò l’arrivo di un messaggio da un numero sconosciuto e, quando lo lesse, scoppiò a ridere.

 
“Sarò pazza o solo masochista, ma questo è il mio numero. Patty.”

Ah, Patty, Patty, Patty… Il suo cuore ritornò alla vita e la speranza si rinsaldò in lui.
Amore mio, forse tu ancora non lo sai, ma sei ancora pazzamente innamorata di me e io non ti lascerò andare, mai  più!

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Capitolo 10
*** Cuori palpitanti, cuori in stallo ***


«Mi sono sempre chiesto se non ti interessassi io o il mondo maschile in generale e oggi ho avuto la risposta.»

«Oddio, che spavento Bruce. Mi fai gli appostamenti adesso?» esclamò Eve portandosi una mano al cuore e facendo un balzo indietro.

«E anche se fosse?» le rispose «Tu incomincia a rispondermi. Allora, qual è la verità?»

«Come dici? Ma che razza di discorsi fai. Ti sei ammattito? E pretendi pure che ti risponda?»

Bruce aveva aspettato Eve nel parchetto vicino al ritiro della Nazionale, dove sapeva che lei sarebbe passata per dirigersi dai suoi.
 
«Sì, lo esigo e sono lucidissimo. Sono anni che ti conosco e non ho mai visto nessuno uscire con te o te stessa chiederlo a qualcuno. In compenso è bastato che comparisse il vichingo poco fa e ti sei rianimata, come se fossi uscita da un lungo letargo. E allora ho capito, sei una dai gusti difficili, tu e non ti accontenti facilmente.»

«Be’, mi sembra il minimo. Se devo uscire con qualcuno, quella persona deve colpirmi e che posso farci io se questo mi ha precluso di accettare diversi inviti che mi hanno rivolto? Oh sì, Bruce, qualcuno l’ha fatto. E, per tua informazione, sono uscita varie volte con dei bei ragazzi, ma non ho messo i cartelli in giro. Sono piuttosto riservata, lo sai» gli disse e poi le sorse un dubbio «scusa, ma… a te che importa?»

E fu allora che il difensore si fece coraggio. Scese dal muretto dove era seduto e le si avvicinò.
 
«Mi importa. Potrò sembrare anche un tontolone, ai più, un impiastro, ma non lo sono. E non sono neanche Holly che si è lasciato sfuggire la donna che ama per fare il cretino con le altre e ora la rivuole. E così ti parlerò chiaro, ok?»

«Fa’ pure. Sei sicuro di stare bene oggi, Bruce?»

«Come non mai. Vedi, anch’io sono uscito da un lungo letargo e ho capito che troppo a lungo ho rimandato una cosa che dovevo fare già anni fa.»

«Ah, sì? E sareb…»

Ma Eve non riuscì a finire la frase, perché lui, Bruce Harper – difensore della Nazionale che presto avrebbe sostenuto un provino per entrare nelle fila della Jubilo Iwata insieme a Tom e Jack – le si avvicinò, la trasse a sé con impeto e s’impossessò delle sue labbra. All’iniziò, sicuramente presa in contropiede, Eve non si mosse, ma poi… oh, poi gli fece passare le braccia attorno al collo e approfondì il bacio con passione, aderendo il suo bel corpo al suo.
 
«Ti amo, Eve, ti amo! Non ho più voglia di fingere che non sia così. Vuoi ancora andare dai tuoi o vuoi passare il resto della giornata con me, in un posto tranquillo, lontano da tutto e tutti?» le disse una volta ripreso fiato.

Con soddisfazione, vide una Eve sconvolta, riflettere su quelle parole e su quella proposta e capì la risposta ancora prima che lei parlasse, ci avevano pensato il suo sorriso e i suoi occhi a farlo per lei.
 
«Fammi strada, amore mio» gli disse infatti «e vedi che non debba pentirmene» concluse poi con finta serietà nella voce.

«Sul serio? Davvero… davvero tu…»

Ma questa volta fu lui a rimanere a corto di parole, quando Eve si alzò sulle punte e lo baciò con dolcezza, prima di appoggiarsi al suo petto.
 
«Stupido» gli disse «Steffen sarà anche un ragazzo stupendo, di quelli che ti sconvolgono anche se stanno zitti, ma tu…tu mi hai conquistata la prima volta che ti ho visto. Perché credi che ti abbia sempre trattato male? Perché era l’unico modo per rapportarmi a te senza scoprirmi. E ora che ci siamo chiariti, che ne diresti di mantenere la tua promessa? La mia famiglia capirà.»

«Con immenso piacere. Ma prima…» le disse scostandola da sé e fissandola negli occhi «lascia che ti dimostri tutto il mio amore e il mio desiderio per te.»

E dopo averle dato l’ennesimo lungo bacio – ora che aveva iniziato, non riusciva più a farne a meno – la prese per mano e la condusse nel suo bilocale, all’ultimo piano di una palazzina, intenzionato a trascorrere con lei moltissime ore piacevoli e, sperava, indimenticabili.
 
 


 
Patricia era pensierosa. Stava seduta sul divanetto bianco in vimini per esterno che lui aveva comprato a una svendita e fissava il vuoto. La stava fissando da cinque minuti buoni e lei non si era mossa di un millimetro. Patricia aveva adorato quel divanetto e quando l’aveva visto, l’aveva abbracciato di slancio.
 

 
«Oh, Steffen, è meraviglioso, perfetto e adoro anche il colore. Che pensiero gentile e carino hai avuto. Era questa la sorpresa di cui parlavi da basso?»

«Non proprio, ma sono felice che ti piaccia, Patricia. Sai, ho pensato che, se questo doveva diventare il luogo dei nostri incontri, come minimo doveva essere comodo. E poi…»

«E poi… cosa? Cos’hai fatto, di ancora più eclatante?»

«Ti ho preparato… questi!»

E, sotto il suo sguardo attento, aveva preso un contenitore da dietro il divanetto. Una volta aperto aveva riso della faccia curiosa della ragazza, mentre si serviva di un dolcetto e lo mordeva con cautela.
 
«Ehi, ma è divino! Dimmi che sono tutti per me, qualsiasi cosa siano.»

«Si chiamano Skillingsboller e sono delle brioche norvegesi alla cannella. Le ho fatte per te e per Amy, ovvio, quindi lasciagliene qualcuna.»

«Se volevi che le avesse anche lei dovevi lasciarle in cucina queste schilinboer»

E lui aveva riso.
 
«No. Skillingsboller» la corresse.

«E io che ho detto? Scilinboer. E smettila di ridere, è difficile pronunciarlo bene. Facciamo così, io imparo la pronuncia corretta e tu… be’, pensa a qualcosa perché non ho voglia di fare fatica per niente. Voglio un premio.»

Lui era stato in silenzio per un po’ e poi aveva annuito, dicendole che aveva il premio adatto per lei e si era prodigato per farglielo imparare bene in breve tempo e… diamine, ce l’aveva fatta.
 
«Skillingsboller! Evvai ce l’ho fatta! Ok, Steffen, paga pegno. Adesso ti toccherà scucire il mio…»

E lui l’aveva fatto. L’aveva baciata! E Patty che al loro primo bacio veloce ed esplorativo, era rimasta come paralizzata dallo stupore, al secondo… aveva risposto con entusiasmo, mettendogli le mani nei riccioli biondi, slegandogli la piccola coda che aveva fatto e attirandolo più vicino a sé.
 
«… premio! Io… wow!»

«Concordo, Patricia… wow!»

«E che ne è stato del tuo volere aspettare e non metterci fretta?» gli aveva chiesto accarezzandogli il viso.

«Tesoro, anch’io ho dei limiti di sopportazione e li avevo superati già da un pezzo.»

Lei aveva riso e poi avevano passato il successivo quarto d’ora a rifarlo, fino a che lei… vi pose fine, con riluttanza. Steffen esultò in cuor suo per quello. Lo capì da come Patricia si staccò lentamente da lui. Non voleva smettere, ne era certo, ma qualcosa l’aveva frenata.
 
«Io… io lo so che li ho tanto desiderati questi baci e tu anche, ma… ti devo confessare una cosa. So che non è il momento per parlarne questo e so anche che non ti piacerà, ma…»

«Dimmi tutto, tesoro mio.»

Avrebbe tanto volto tenerla abbracciata mentre gli parlava, ma lei si era alzata e aveva preso a camminare su e giù, mentre gli confessava di quanto successo quel pomeriggio in casa sua con Oliver Hutton e della sua storia di amicizia prima e odio poi, che in quel momento era confusa più che mai.
 

E ora, a una settimana di distanza, le cose tra loro erano in stallo. Non si erano più baciati, ma Steffen aveva capito che Patricia aveva bisogno di spazio per riflettere e gli era stato ugualmente vicino, come amico. Insomma, Patricia in un giorno aveva baciato due ragazzi diversi. Uno proveniente dal suo passato e uno dal presente, c’era da crederle quando diceva di essere andata in tilt completo.
Steffen lo sapeva, anche senza che lei gli descrivesse il suo rapporto con quel ragazzo. L’aveva capito dalla prima volta che aveva visto quel tale, Hutton. Patricia era attratta da lui e forse era proprio a lui che si era riferita il giorno della loro cena in terrazza, parlando di qualcuno che non le aveva mai detto di desiderarla. Ma il rapporto tra i due era complicato, lo capiva dagli sguardi e dalle parole che si lanciavano, c’era del risentimento dietro, ma non sapeva a cos’era dovuto. E poi c’era quel bacio con il calciatore che complicava tutto.
Poco prima che entrasse nel salone dove le sue vicine erano riunite con tutta la squadra, lui aveva notato quel tizio accanto a Patricia, vicino, troppo vicino per i suoi gusti e aveva visto lo sguardo di lei. Era confuso, sì, ma era anche imbarazzato ed eccitato. Il sorriso che gli aveva rivolto quando le si era avvicinato era genuino e quando Hutton aveva accorciato le distanze e lei era arrossita... aveva deciso che era ora di intervenire.
Sì, poteva farlo anche qualche minuto prima, ma si era trattenuto apposta per poterli osservare insieme senza che lo sapessero.
E così adesso sapeva chi era il suo avversario. Ed era uno molto determinato.
Carina la frase con cui gli aveva detto di ritornarsene in Norvegia. Anche se aveva fatto arrabbiare Patricia, era stato furbo. Hutton aveva messo le carte in tavola fin da subito e davanti a tutti. Tanto di cappello per il coraggio.
Lui, Steffen, generalmente era buono e gentile sì, ma scemo no.
Gli tornò in mente la frase che la sua venere giapponese gli aveva detto al ritiro, in tono scherzoso per tutti, ma non per lui, per fargli capire come mai non voleva che partisse.  

 
«No, perché voglio mangiare ancora gli Skillingsboller. L’ho detto bene?»

Benissimo, tanto che per poco non l’aveva presa e baciata lì sul posto. Perché solo loro due sapevano il vero significato di quelle parole e la cosa lo aveva galvanizzato oltre modo. E così, Patricia, aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe tanto voluto baciarlo ancora e nessuno l’avrebbe mai saputo, nemmeno Hutton lì accanto a lei.
Invece, a discapito di quelle parole, quella sera, seduta lì in terrazza da sola e triste… Patricia non si era accorta neanche di avere compagnia. Così le si avvicinò.

 
«Ciao, tesoro» esordì sedendosi accanto a lei.

«Ah, sì, ciao a te.»

Wow, che entusiasmo, si disse.
 
«Da quando siamo tornati, sei pensierosa. Non hai voluto nemmeno che ti aiutassi con gli ultimi scatoloni.»

«Sì, scusa» gli rispose lei dopo un breve attimo di silenzio «troppi pensieri.»

«Rivederlo ti fa sempre questo effetto?»

Patricia capì di chi stesse parlando senza bisogno che lui ne facesse il nome.
 
«No», disse «non sempre. O meglio, una volta mi dava solo sui nervi e litigavamo di brutto, ci ignoravamo a vicenda, ed era tutto così semplice e… e sì, anche tristemente normale e ora… è cambiato tutto. Se non ti spiace vorrei rimanere sola ancora per un po’.»

«Certo, nessun problema» le disse «ti confesso che mi piacerebbe alleviare le tue preoccupazioni con un bacio, ma so che risulterei meschino e insensibile in quel caso, oltre che un approfittatore e allora, se permetti…»

E la strinse a sé, poi la baciò sulla fronte prima di alzarsi e andarsene. Prima di fare qualcosa di stupido. Prima di cancellarle quell’espressione malinconica e meditabonda dal volto a suon di carezze e di baci. Prima di… sì, prima di confessarle il suo amore.
 
 


 
Patty non sapeva più a cosa pensare.
Rivedere Holly, ultimamente, era sempre emozionante. Che diamine stava succedendo tra di loro? E com’era stato possibile che fosse cambiato tutto in così poco tempo.
Erano passati dai litigi, alle battutine, dagli sguardi astiosi a quelli complici di due amanti, dalla rabbia, ai baci. Dal disprezzo a…

 
«Mi sei mancata»

Ah, Holly, che cosa mi stai facendo.
 
«Ti chiedo scusa… perdonami… voglio ricominciare da capo»

Devo crederti? Eppure, i tuoi occhi erano così sinceri quando mi hanno affrontata.
 
«Ah, il bacio. A me è piaciuto e a te anche, non negarlo»

Negarlo? E come posso anche solo pensare di farlo… mentirei. Non te l’ho neanche detto. Dio, come baci bene Oliver Hutton! L’avessi saputo prima, avrei passato la mia adolescenza a baciarti e spesso anche.
 
«Sai, volevo tanto chiamarti in questi giorni, ma… non ho più il tuo numero di cellulare e… e così, mi chiedevo se tu potessi… ecco sì, darmelo.»

E lei l’aveva fatto per davvero, cazzo, gli aveva dato il suo numero! E quando l’aveva fatto? Dopo essersene andata con Steffen, mentre lui era impegnato in una telefonata con lo chef del locale e dopo che lui, Holly, l’aveva insultato apertamente.
Ma cosa gli era preso a quel ragazzo? Holly era… era forse geloso? Cosa? No, ma che andava a pensare adesso. Ah, ma perché l’amore era sempre così complicato.
Ehi… amore? No, un momento... Amore? Lei non era più innamorata di Holly e… e lui non era mai stato innamorato di lei. Era strano e assurdo anche solo pensarlo. No, Holly aveva capito che Steffen era importante per lei e voleva marcare il territorio. Chissà per quale motivo poi. Un territorio che aveva perso molti anni prima e che non gli era mai appartenuto, visto e considerato il trattamento che le aveva sempre riservato.
Ma allora… allora perché le batteva forte il cuore ogni volta che gli era vicino? Perché non riusciva a dimenticare i baci che si erano scambiati? O i suoi occhi, che avevano iniziato a guardarla in modo diverso e più intimo?
E poi… poi c’era Steffen.
Sempre così dolce e gentile con lei. Dopo i baci della settimana precedente, aveva capito la sua confusione e non aveva più cercato di approfittarsi di lei.
I baci di Steffen erano stati… fantastici. L’avevano fatta emozionare e sentire importante. Ma non le erano venute le gambe molli e il cuore non le era schizzato fuori dalle orbite come con quelli che aveva ricevuto dal numero 10 della Nazionale. Era assurdo. Aveva un ragazzo bellissimo, dolcissimo e preso da lei a due passi da casa e lei… e lei andava a complicarsi l’esistenza per…

 
«Aaaarggghhh che casinooo!» urlò.

«Oddio, che c’è. Patty, tutto bene? Sono arrivata poco fa e ti ho sentita urlare.»

A quella frase Patty saltò per aria. Amy. Quella ragazza aveva il dono di comparire quando più ne aveva bisogno. Oh, cazzo, se l’aveva sentita lei… si guardò in giro, ma del suo vichingo preferito, e unico, neanche l’ombra, per fortuna.

«Tranquilla, Steffen non ti ha sentita – perché è lui che cerchi, vero? – sta ascoltando musica rock a palla.»

Per fortuna!, si disse. E io, tutta presa dai miei pensieri, non mi sono neanche accorta che ha acceso lo stereo.
 
«Sì, amica mia, tutto ok. Sono solo… no, non è ok proprio niente, invece» le confessò scuotendo la testa «Amy, tu hai un’amica che sa solo combinare casini a iosa e complicarsi la vita.»

«E mi sei simpatica proprio per questo, ah, e ti voglio bene. Vuoi parlarmene? Sai che io so ascoltare» le ricordò raggiungendola sul divanetto e circondandole le spalle con un braccio.

Lei si prese del tempo per raccogliere le idee e poi, appoggiando la testa alla sua spalla, parlò.
 
«Amy, sono una brutta persona se bacio due ragazzi diversi, a distanza di poche ore e se continuo a non togliermeli dalla testa?»

Sentì l’amica trattenere il fiato dallo stupore e poi ridacchiare.
 
«No. Sei solo… confusa e travolta dagli eventi. Non ti aspettavi così tanti cambiamenti nella tua vita e in così poco tempo. Visto che sono anche una tipa curiosa, devi dirmi come sono stati.»

«Bellissimi. Cioè, spiego meglio. I baci di Steffen sono stati molto dolci ed emozionanti. Quelli di Holly…» fece una pausa, sospirò, sorrise tra sé e poi riprese «semplicemente sublimi e travolgenti.»

«Wow, hai molto su che riflettere, hai ragione a essere pensierosa. Io una mia idea su quelli che ti hanno coinvolta di più ce l’ho, ma non te la dico o ti condiziono. Però ti consiglio di baciarli nuovamente entrambi.»

Patty si raddrizzò sul divano e la fissò, basita.
 
«Come? Ti dico che già sto confusa così e tu che fai? Mi consigli di rifarlo con tutti e due? Brava, così il mio cervello va in poltiglia del tutto.»

«Ahahah. È un rischio che devi correre. Non puoi basare il tuo giudizio o la tua scelta su una singola esperienza. Questo non vuol dire che la prima volta che li rivedi, devi saltargli addosso. Ma devi solo attendere che accadano spontaneamente. Ci vorrà tempo? Certo. Ma tu hai fretta? No. E allora che ti costa aspettare? Nulla.»

«Oddio, Amy, quando inizi a fare domande e a dare risposte subito dopo, è preoccupante!» le disse, fingendosi terrorizzata e facendola ridere.

«E smettila, hai capito cosa intendo, no?»

«Credo di sì. Vuoi dirmi che il mio cuore sceglierà da solo, col tempo e che, per il momento, devo solo godermi tutto quello che mi accadrà.»

«Sì, ma non solo. Devi anche essere sempre sincera con te stessa e ammettere ciò che provi per entrambi. Non sarà facile, Patty, ma devi farlo. Ne va della tua felicità e… sì, anche della tua salute mentale che, al momento, è un pochino compromessa. Ma ci sta. È normale, tranquilla, ok?»

Patty si disse fortunata ad avere trovato un’amica speciale come Amy e più passava il tempo, più non riusciva a capacitarsi di come aveva fatto a odiarla. Amy era dolcissima, empatica, spiritosa, intelligente e… fortunata in amore.
Lei, invece? Be’… a volerla dire tutta, lei era sanguigna, impulsiva, intelligente sì ci stava, e… incasinata all’ennesima potenza sul piano sentimentale.

 
«Grazie, amica mia, grazie. Sei sempre la migliore» le disse abbracciandola di slancio. «Ora, scusa, ma vado un attimo in camera a finire di sistemare l’ultimo scatolone e a mettermi il pigiama. Perché…»

«Oh, mio, Dio, non starai per dirmi quello che penso, vero?» le chiese una Amy tutta emozionata.

«Sì», confermò lei, ricevendo un urlo eccitato dall’amica «Pigiama Party! Sei fortunata che oggi, rientrando, io e Thor ci siamo fermati al supermercato. Ebbene, sì, è a dir poco inorridito per il carrello che ho riempito quindi, questo vuol dire che…»

«… abbiamo ogni genere di schifezza commestibile in casa!» rispose lei, alzandosi dal divanetto e iniziando a saltare su e giù, battendo le mani.

«E che adesso ce ne mangeremo la gran parte, mentre ci guardiamo un film a tua scelta – visto che hai portato qua tanti di quei dvd romantici da fare invidia a chiunque li adori e che mi hai aiutata, è il minimo che possa fare – e poi balleremo fino allo sfinimento, anche se facciamo pena entrambe. Ma prima, dammi mezz’ora tutta per me. Ci vediamo in salotto» disse infine correndo via con un gran sorriso sul volto.

Sì, era la soluzione ideale un Pigiama Party improvvisato. L’avrebbe aiutata a svagare la mente da tutta quella situazione assurda.
Stava ancora sorridendo quando entrò in camera. Stava ancora sorridendo, quando decise di calciare lo scatolone sotto il letto e pensarci l’indomani. Stava ancora sorridendo quando si fiondò nel suo bagno privato per farsi una veloce doccia e prepararsi per la festicciola con Amy. Stava ancora sorridendo quando prese a girare su se stessa in mezzo alla stanza. Non stava più sorridendo quando si bloccò all’improvviso e lanciò un urlo talmente potente da farle vibrare i timpani e bruciare i polmoni. Stava di nuovo sorridendo quando uscì dalla stanza, vide Amy nel suo pigiamino rosa con in braccio diversi pacchetti di patatine che lanciò per terra insieme ad alcuni cuscinoni e la raggiunse, pronta per la serata.
Lei, la sua migliore amica, Tom Hanks e Meg Ryan in C’è posta per te, patatine, cioccolato, gelato e pizza a fare da contorno alla loro serata. Cosa poteva volere di più?

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Capitolo 11
*** Confronto tra innamorati ***


 
P: “Sì, ti perdono e sì, baci davvero molto bene!”

Ah, Patty, quanto ti amo!
Holly aveva ricevuto quel messaggio quella mattina molto presto, di ritorno da una corsetta attorno al campo di una mezz’ora ed era scoppiato a ridere. Era stato proprio un bel risveglio. Le aveva risposto subito, non poteva rischiare di non riuscire a farlo per tutto il giorno e darle così l’impressione che non gli importasse nulla di lei.
Aveva aspettato tre giorni un suo messaggio o una sua chiamata, invano e ora che all’alba del quarto giorno – letteralmente all’alba – Patty si era decisa a contattarlo…

 
H: “Anche tu, signorina Gatsby, anche tu. Sei fantastica.”

P: “Adulatore. Sei mattiniero oggi.”

H: “Inutile negarlo, hai delle belle labbra tentatrici tu. Morbide, calde, sexy. Il loro ricordo mi sta facendo fare le ore piccole.”

P: “Stai flirtando via cell, capitano Hutton?”

H: “È perspicace, la mia Patty. Ebbene sì, lo sto facendo spudoratamente e mi piace. Mi manchi, tantissimo. Quando potrò vederti? E non dirmi allo stadio.”

Cazzo, forse ho tirato troppo la corda.

H: “Patty?”

Lo sapevo, passo falso. Cretino! Riproviamo.
 
H: “Patty? Ehi, bellezza, ci sei ancora? Se ti ho offesa in qualche modo… scusa, non volevo.”

Niente, non risponde più.
 
«Imbecille» si disse.

«Sì, davvero… sei un imbecille. Con chi stai messaggiando? Una tua nuova conquista?»

Holly per poco non cadde dalla panchina a bordo campo su cui era seduto. Come… stava sognando, forse? Patty era lì, seduta accanto a lui, anche se con le gambe dal lato opposto e lo stava fissando con sguardo sarcastico e sbarazzino. Non l’aveva sentita arrivare.
 
«Devo essere ancora a letto e non lo so» mormorò. «Ahia!» disse poi più forte, massaggiandosi il braccio pizzicato dalla ragazza.

«A me sembri decisamente sveglio. A proposito… buongiorno.»

«’Giorno, ma che… che…» si ritrovò a balbettare «cosa ci fai qua a Nankatzu e così presto?» le chiese.

«Passerò la giornata con mia madre, dice che le manco e vuole che l’accompagni in visita da alcuni parenti e mi fermerò a pranzo da lei. E così, sapendo che siete molto impegnati e volendo vedere come procedono le cose qui in vista della finale, sono partita prima per fermarmi a colazione con voi. Se non vi scoccia» confessò, timidamente.

«No, anzi, hai fatto benissimo. Sarà una bella sorpresa per tutti. Dimmi, non vorresti rimanere fino ad allora? Una mano in più a Eve e Susie sarebbe utile e potresti dirlo anche ad Amy. So che hai dato le dimissioni, la tua nuova vita a Tokyo e tutto il resto, ma… fallo per noi Nazionale e per me

Ecco, l’aveva fatto. Le aveva detto quello che dal giorno della semi finale gli balenava in testa. Vide Patty assorta, quasi dovesse prendere una decisione importantissima e poi lei lo guardò e gli sorrise. Era fatta.
 
«La tua proposta mi tenta. Lascia che ne parli anche con Amy e poi dovrei sistemare le cose al palazzo… sai, stasera abbiamo una riunione di condominio e la presiedo io! L’avresti mai detto?»

«Andrà benissimo, hai anni di gavetta con noi alle spalle e poi a te piace ascoltare tutti e risolvere i problemi, se ci sono» le disse.

«Grazie, lo spero. Quindi, nel caso decidessimo per il sì… sarà comunque da domani mattina, non prima.»

Perfetto. E così starai lontana dal vichingo per un po’. Bravo Holly, ottima trovata, si complimentò da solo.
 
«Non mi hai risposto, Holly, non fare finta di distrarti per evitare di farlo. Con chi stavi flirtando al telefono a quest’ora? Spero per te non fossero messaggi hot con l’ennesima puttanella.»

«Purtroppo, no. Nessuna chat osé, è troppo presto» le rispose fissandola malizioso, sperando che capisse il messaggio. «Ma magari, sai, un giorno…»

«Sporcaccione!» gli rispose lei, schiaffeggiandogli ancora il braccio «Ecco perché poi giri con due occhiaie da paura, altro che non dormire la notte. Ho capito ora cosa non ti fa dormire e non parlo della troppa stanchezza…»

E su quella frase, suo malgrado, Holly scoppiò a ridere, seguito a ruota da lei.
 
«In verità non l’ho mai fatto, ma nel caso volessi iniziare… potrò contare su di te?» le chiese a bruciapelo facendola arrossire vistosamente. «E, per tua informazione, stavo parlando con una certa ragazza che da qualche tempo mi sta dando il tormento, il suo nome è Patty, meglio nota come Anego, la conosci per caso?»

«Mhhh… no» finse lei dopo un attimo di riflessione «è carina?»

«Molto. Anzi, ti dirò, è stupenda. E poi mi piace un sacco.»

«Ah, sì? Allora dovresti chiederle di uscire, chissà magari accetta.»

«Potrei farlo, ma prima preferirei baciarla e vedere se siamo compatibili. Dici che me lo permetterà?»

Così dicendo si spostò vicino a lei e portò il suo viso a un soffio dal suo, era così vicino… mancava veramente poco per… ma lei non reagì e, anzi, la vide sorridere.
 
«Vedi Holly, non tutte ti cascano ai piedi» gli disse, lasciandolo interdetto e poi continuò «ultimamente, non ti sei reso conto che ti stanno alla larga le ragazze? Non ti chiedi come mai?»

E adesso che centrava quel discorso? Era vero, all’inizio il fatto che nessuna ragazza voleva più accettare un suo invito a uscire, l’aveva sconvolto, ma ora… non gli interessava più. Nel suo cuore e nella sua testa c’era solo Patty. Un momento… che stava cercando di dirgli? Indagò, con cautela.
 
«Be’, in effetti… se becco quello che ha messo in giro la voce che sono un pervertito gli cambio i connotati. Ma lo sai che quelle voci sono giunte fino alla Federazione Calcio e che da allora sono nel mirino? Neanche il fatto che in queste partite abbia segnato molto più del solito, li ha resi più mansueti. Non me ne frega più niente delle altre ragazze… ne ho solo una in testa e già mi da’ abbastanza da fare lei da sola…» disse guardandola negli occhi e accentuando il suo rossore «figuriamoci cercarne delle altre. Però… però qui si mette in forse la mia carriera e questa cosa…»

«Sono stata io» gli confessò candidamente «scusami.»

«Cooooossaaa? Patty… no! Perché?» le urlò contro balzando in piedi con foga.

«Non so. Ero arrabbiatissima con te. Tu… tu mi avevi chiesto di liberarti da una tua conquista. A me. Hai passato anni a umiliarmi, ma a quello ancora non ci eri ancora arrivato. Quello è stato il culmine della tua crudeltà verso di me. Io… io ti amavo, Holly, ti ho amato dal primo giorno e… e tu… be’, non è importante ora. Diciamo che ho messo la pulce nell’orecchio di quella poverina che voleva solo uscire con te, ma che ha avuto la disgrazia di beccarmi in un giorno no.»

«Non ci posso credere.»

Holly era incredulo. Allora era vero. Patty lo amava da sempre e lui, sciocco, non l’aveva mai capito. Se ne erano accorti tutti, a parte lui. Idiota.
 
«Sì, lo so, sono stata pessima.»

«No, non a quello. Cioè sì, lo sei stata e dovrei fartela pagare in qualche modo, ma… il mio non ci posso credere, era riferito al fatto che… che hai finalmente ammesso di amarmi!»

«Cosa? No. Ma ci senti bene? Ho parlato al passato. Ho chiuso quel capitolo della mia vita, non ho più quella sciocca infatuazione per te.»

«Non ti credo» le disse «il tuo corpo mi dice il contrario.»

Così dicendo le si avvicinò e l’abbracciò stretta. Poi si scostò un poco da lei e le baciò il collo, la mascella, il lobo dell’orecchio, sentendola fremere tra le sue braccia.
 
«Smettila di mentire a te stessa» le disse scostandosi leggermente e guardandola negli occhi «se non ti interessassi, non tratterresti il respiro, non arrossiresti, e non mi pregheresti con gli occhi di…»

«Alt» lo bloccò lei chiudendogli la bocca con la mano «se proprio vuoi farlo, devi aspettare… la fine del campionato.»

«Cosa? Ma… mancano tre giorni, Patty» le rispose scostandole la mano e trattenendola nella sua «sei tremenda.»

«Lo so. Vinci il campionato, puoi farlo, so che puoi.»

«Tu sì che sai come stimolare il mio lato battagliero.»

«Ahahah e ti dirò di più… se segnerai due goal, ciascuno nei primi cinque minuti dei due tempi… allora potrai baciarmi, altrimenti te lo scordi.»

«Cooosaaa?» ripeté lui.

«Andiamo grande eroe nazionale. Per te sarà semplicissimo. Non ti sto chiedendo un pezzetto della luna. E poi questo mi dimostrerebbe quanto lo desideri veramente.»

«E poi… cos’altro vuoi da me? Che lo faccia con un tiro in particolare? Vuoi un Drive Shoot? Una rovesciata? Un tiro combinato con Tom? Dimmelo e ti accontento.»

«Mh, mi piacciono tutti a dire il vero, ma visto che me lo chiedi… sì, dovrai usarne uno in particolare, giusto per complicarti un po’ le cose. Il mio preferito. Lo sai, vero, qual è?»

Lo sapeva? No, cazzo, che non lo sapeva. Furba la ragazza. Avrebbe dovuto chiedere aiuto agli amici senza farsi scoprire o avrebbero iniziato a indagare sul perché gli interessasse tanto saperlo. O poteva chiederlo alle manager, loro la conoscevano bene Patty, molto meglio di lui e quindi chi meglio di loro poteva saperlo? O forse… niente, niente era più giusto interrogare Amy, chi meglio della sua migliore amica? Ancora faticava a crederci che quelle due fossero legate da un sentimento d’amicizia così forte da superare anni di silenzi. No, no, non poteva fare nessuna di queste cose. Doveva essere onesto e arrivarci da solo o quel gesto avrebbe perso di valore.
Piccola strega intrigante. E brava Patty. Però…

 
«Certo che lo so» mentì «bene, affare fatto, allora. Però, a questo punto, rilancio con una mia condizione, una sola» le disse guadagnandosi un’occhiata stupita «dovrai baciarmi in mezzo al campo, davanti a tutti!»

Oh sì, che Steffen sapesse pure di chi Patty fosse veramente innamorata alla follia. Dal suo sguardo stralunato capì che l’aveva sconvolta, molto bene.
 
 


 
Ma era impazzito? Era una condizione assurda e lo sapeva anche lui. Insomma, un conto era fare un patto del genere, un altro era sbandierare il tutto sui giornali e sui tg sportivi. Perché con la popolarità che si ritrovava Holly, quella fine avrebbe fatto il loro bacio e lei non voleva assolutamente che accadesse.
E poi c’era Steffen e il fatto che non volesse umiliarlo così. Lei teneva a quel ragazzo così dolce e comprensivo, oltre che paziente e mai gli avrebbe inflitto un colpo del genere, per poi sbandierarlo per tutto il paese.

 
«Ma ti ha dato di volta il cervello?» gli domandò scostandosi con uno strattone dal suo abbraccio.

«No, assolutamente» le rispose lui, sorridendole «tu imponi le tue condizioni per un semplice bacio – che potremmo benissimo darci anche adesso – e io non dovrei fare la stessa cosa? Non mi pare di averti chiesto una cosa impossibile.»

«Nooo, ma che scherzi? Solo di baciarti in diretta nazionale. Io capisco che i giornalisti inizino a darti sui nervi con le loro domande sul che cosa ti sia successo, ma non voglio andarci di mezzo io. Non voglio essere quella che verrà etichettata come l’ennesima conquista disgraziata del pervertito e la mia faccia sbattuta ovunque. Ho una dignità io e vorrei conservarla.»

Vide il numero 10 riflettere su quello sfogo e farsi improvvisamente serio.
 
«Ti ricordo che, per tua stessa ammissione, tu mi hai fatto etichettare come tale. Per gelosia. Sì, Patty, per gelosia!» ribadì «Ti dico io cosa non vuoi tu e non c’entra nulla con l’imbarazzo. Tu non vuoi che il tuo mister vichingo biondo, lo veda. Non vuoi che veda quanto siamo legati e capisca che non l’avrà mai vinta, perché noi siamo uniti da qualcosa di speciale – nonostante la nostra storia travagliata e disgraziata – che lui, con te, non potrà mai avere. Ho colpito nel segno?»

«Ah, sì? E che cosa avremmo noi due di così speciale?» gli chiese untando le mani sui fianchi e affrontandolo «No, dillo anche a me così lo so.»

«Amore, Patty, amore! Desiderio. Passione.»

E lei scoppiò a ridere, facendolo scurire ancora di più in volto. Forse era tempo che Holly sapesse una cosa su lei e Steffen. Non avrebbe mai volto farlo, ma visto che lui insisteva per descriverlo come un idiota…
 
«Ma smettila di dire balle. Tu sei solo irritato con me perché non ti sono cascata davanti ai piedi in preda al delirio, pregandoti di farmi tua lì, seduta stante.»

«Balle? Non le sto raccontando io, ma tu. Negando il fatto che siamo attratti l’uno dall’altra. È pazzesco, lo so io per primo e me ne stupisco, ma è così.»

«Ho baciato Steffen» e poi rincarò la dose, vedendolo sbiancare «più volte e mi è piaciuto.»

«Non… non è… possibile» balbettò quello.

«Oh, sì, invece, che lo è. Ed è stato bellissimo. Io, lui, un divanetto molto comodo in terrazza, il silenzio… romantico, davvero. Ah, ed è successo lo stesso giorno della tua visita improvvisata a casa mia.»

«Menti!»

«No, se vuoi la prossima volta che accade registro tutto con il cellulare e poi ti mando il video. Quindi ora, dimmi perché dovrei fare del male a quel dio nordico che mi ritrovo per vicino e che mi vuole, per sbandierare al paese il nostro bacio.»

Patty vide Holly fremere di rabbia a quelle parole e cercare di riprendere il controllo. Ma non ce la fece, infatti sbottò:
 
«Sei stata tu ad avermi chiesto un bacio come ricompensa per la vittoria del campionato. Sei stata tu a venirmi a cercare qua, a quest’ora, per flirtare con me. Se ti interessasse così tanto il Thor dei giorni nostri, non lo avresti fatto. Anzi, mi avresti mandato all’inferno, come solo tu sai fare e come sei abituata a fare con me, da anni ormai, dopotutto. Io penso che tu debba fare chiarezza con te stessa.»

«Ma piantala.»

«Io ti amo, Patty. Hai capito? Ti amo!» le confessò prendendola per le spalle e allacciando lo sguardo al suo. «Non ti lascerò mai nelle mani di un altro, perché lui non potrà mai amarti come faccio io. Sì, lo so, sono stato ottuso, stupido, idiota, e negli anni non ho fatto altro che farti stare male. Ma ti ho chiesto perdono e tu, per fortuna, hai accettato di darmelo. Non lo avresti fatto se non provassi qualcosa per me, qualcosa di profondo. L’amore che provo per te, è tale dal volere combattere contro chiunque lo mini. Dimmi che i nostri baci non ti sono piaciuti, se hai il coraggio. Guardami negli occhi e dimmi che ti hanno ripugnato e che non hanno toccato il tuo cuore e la tua anima. Dimmelo, per favore e ti lascerò in pace. Con il cuore spezzato, ma lo farò, se questo potrà renderti felice.»

Cosa… cosa? Holly le aveva appena fatto una dichiarazione d’amore? Suo malgrado, lacrime silenziose presero a scendergli sul volto. Da ragazzina aveva tanto sognato quel momento e adesso che era arrivato… non riusciva a crederci. Ma gli occhi del capitano della Nazionale, le raccontavano che era tutto vero… che Oliver Hutton, l’amava veramente e che non erano parole dettate dall'orgoglio ferito.
 
«Io… io non so che dire, che pensare. Sono confusa» gli rispose sinceramente con un filo di voce, spezzata dall’emozione.

«Non devi dire nulla, non ora. Le tue lacrime parlano per te» le disse asciugandogliele dolcemente con il suo fazzoletto. «Solo… pensaci, ok? Sai, prima di oggi non avevo mai detto a nessuno queste parole e sono certo che non le dirò in futuro, se non a te e solo a te. Anche se ti ostinerai a non vedere la realtà e a rifiutare questo mio sentimento… io continuerò ad amarti per sempre. Perché ora so che la mia vita senza di te non ha senso.»

E poi si ritrovò stretta nel suo abbraccio e un senso di protezione la invase tutta, le lacrime ripresero a scorrere copiose e Patty si ritrovò a ricambiare l’abbraccio.


 
 
 
Quello che i due ragazzi non sapevano, era che non erano soli. All’interno della struttura - con la sala da pranzo che dava le ampie vetrate sul campo, non visti dai vetri oscurati e contrariamente a quanto credevano entrambi - i loro amici erano svegli.

«Incontro clandestino in corso, a quanto pare» esordì Bruce.

«Davvero? E chi… oh, ma che carini! Era ora» gli rispose Eve con in mano le tovaglie.

«Stanno solo parlando e… no, decisamente questo è un litigio in piena regola, Holly si è alzato di scatto» intervenne Philip.

«Niente di nuovo sotto il sole» intervenne Mark «ma quando imparerà Hutton che Patty non è come tutte le altre che ha frequentato fino a ora.»

«Dai per scontato che la colpa sia sua e se avesse iniziato la discussione lei?» lo riprese Ed.

«A che stai pensando? Tu sai qualcosa, vero amico?»

«Sì, Mark. Ho capito che è stata Patty a dare inizio a quelle voci su Holly e, secondo me, ha fatto bene. Tutta questa storia gli è servita per farsi un esame di coscienza e capire, finalmente, la verità sui suoi sentimenti per lei.»

E, su quella frase, tutti concordarono.
 
«Mi sento una guardona, quindi mi dissocio da questa cosa. E dovreste farlo anche voi. Hanno il diritto alla loro privacy» Eve fece per andarsene, ma poi si bloccò sui suoi passi e disse in tono casuale «Bruce, caro, ma a te sarebbe piaciuto se ci avessero spiati l’altro giorno al parchetto? A me, no.»

E poi se ne andò, facendo piombare il caos nella sala da pranzo, con Bruce al centro di un fuoco di domande.
 
«Ehi, ma… che succede qua dentro? Devo aspettare ancora molto per avere la colazione? Io ho fame» disse Patty appena varcata la soglia.

«Ma siete svegli?» chiese Holly accanto a lei.

«Ti fermi con noi, Patty? Oh, che meraviglia» le disse Eve fissando con curiosità lei e il capitano.

«Diciamo che la nostra Patty da domani ci affiancherà per la finale. Oggi tra sua madre e il suo nuovo ruolo di padrona di un condominio ha da fare, purtroppo. Ormai è un’impegnata donna in carriera» rispose Holly per lei, facendola arrossire.

La notizia generò consensi in tutti gli amici e approvazione nel mister quando si unì a loro poco più tardi.
 
«Sì, Julian, se te lo stai chiedendo porterò anche Amy con me. Glielo dirò appena si sveglia, quindi tra circa un paio d’ore» lo informò Patty vedendolo illuminarsi a quelle parole.

Durante il pasto, tutti guardarono la coppia che sedeva fianco a fianco. Con la memoria tornarono a qualche settimana prima, quando una Amy battagliera aveva stravolto la vita di tutti, specialmente del loro capitano che era rinsavito, per buona pace di tutti, che ne avevano le scatole piene delle sue continue conquiste.
 


 
Quella giornata si stava rivelando migliore di quello che poteva essere. Patty era arrivata al ritiro, aveva flirtato con lui, aveva litigato con lui, e lo aveva intrigato, sfidato e fatto impazzire. E, ciliegina sulla torta, aveva accettato di rimanere con tutti loro fino alla finale, lontana dal vichingo e dai suoi approcci.
Avrebbe sfruttato tutto il tempo libero a disposizione, per fare seguire i fatti alle parole che le aveva detto e poi, Holly ne era sicuro, dopo la vittoria contro il Brasile, l’avrebbe presa tra le braccia e baciata con passione davanti a tutti.  

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Capitolo 12
*** L'indecisione di Patty ***


«Nonnina, potessi portarti a Tokyo con me, stasera, lo farei al volo. Ho l’impressione di non essere all’altezza del compito che mi aspetta.»

Lei e sua madre dopo un lungo giro di visite ai parenti – ormai aveva la mascella irrigidita a furia di sorridere a tutti, anche a quell’antipatico di zio Eichi – erano approdate a casa di nonna Nozomi, stanche e affamate e così si erano fermate a pranzo da lei.
 
«E questa scemenza da dove l’hai tirata fuori adesso» le disse senza mezzi termini la sua ottantacinquenne nonna «se mia sorella Miho ti ha lasciato il palazzo, non l’ha fatto solo per l’affetto che provava per te, ma perché sapeva che eri in grado di proseguire la sua opera.»

«Sarà, ma ho molta paura. Anche se mi sono documentata e ho indetto io stessa la riunione, sono pur sempre una neofita.»

«Da qualche parte dovrai pure iniziare. E poi ho conosciuto tutti gli attuali inquilini e devo dire che sono tutte brave persone – un po’ strane, forse – ma brave, quindi non prevedo risse tra un ordine del giorno e l’altro.»

«Ecco, brava mamma, diglielo anche tu e falla ragionare, per favore» intervenne la sua di madre «a me non dà mai retta. All’inizio non ero convinta che si trasferisse, ma poi l’ho vista in azione e ho capito che è la degna erede della zia. La stimano tutti e l’ascoltano quando parla. La nostra Patty, in poco tempo, si è fatta ben volere da ciascuno degli inquilini, specie da uno di loro se non ho visto male, quando sono andata a trovarla. Abita con Amy, lo sapevi?»

«Bene, che cara ragazza.»

«In pratica mi manca solo di vestirmi come la zia e il gioco è fatto» cercò di cambiare argomento lei.

E su quella frase scoppiò l’ilarità generale.
 
«Mamma, già che sono qui, dimmi se ti manca qualcosa al supermercato che vado a farti la spesa grossa. Tesoro, tu resta pure qua con lei a chiacchierare, mi sbrigo da sola» poi annotò velocemente la lista su un foglio e sparì.

Uno… due… tre… quatt…
 
«Allora, nipote cara, parlami di Steffen» le ordinò prendendo in braccio l’enorme gatto Soriano rosso, Oscar, che da nove anni le faceva compagnia.

Ecco, lo sapeva. La sua tattica di depistaggio non aveva funzionat… eh? Cosa aveva detto sua nonna? La guardò con aria stralunata.
 
«E smettila di fare così, ancora un po’ che strabuzzi gli occhi te li devi andare a recuperare sulla Via Lattea.»

«Via Lattea, viiiiiia Latteaaa»

«Sta zitto Mr. Wow» dissero in coro nonna e nipote al grande e bellissimo esemplare di Ara Giallo Blu, di tre anni.

«Ziiittooo, ziiiiittooooo»

«Mr. Wow, oggi sei proprio un chiacchierone, lo sai, vero?» gli disse Patty.

«Parlare in continuazione non significa comunicare.» (Tratto dal film: Se mi lasci ti cancello)

«Ecco che ricomincia con le citazioni dei film. Sei uno spasso Mr. Wow, ma ora basta, ok?»
 
«Oooooook, ooooook»

«Grazie, bellezza pennuta» gli rispose lei mandandogli un bacio soffiato. «Per tornare a noi, nonna, conosci Steffen? E quando è successo?»

«L’ho visto una volta che sono andata a trovare Miho. Mi aveva portato tuo padre ed era venuto a recuperarmi alla sera. Steffen passò da lei dopo il turno, per portarle qualcosa di fresco dal ristorante e una tortina alle mele assolutamente spettacolare. È un bellissimo ragazzo, mia cara, è gentile, ha un cuore grande e ha buone maniere, ma…»

«Ma… cosa? Avanti, nonna, parla»

«Penso che Miho volesse vederti sistemata con lui e abbia calcato un po’ la mano, parlandogli di te. Ti ha come mitizzata ai suoi occhi e non vorrei che ora lui confondesse i racconti con la realtà.»

Be’, in effetti anche a lei era venuto questo pensiero a volte, ma fino a quel momento non aveva voluto darci peso. Dopo le parole di sua nonna, però, decise che quella sera avrebbe affrontato l’argomento con Steffen. Patty percepiva il suo affetto e anche lei gli era molto affezionata, ma non voleva ci fossero incomprensioni tra di loro.
 
«Tranquilla nonna, non è un maniaco o uno stalker, ok?»

«No, non lo è, ne sono sicura anch’io. Ma devi capire bene se quello che prova per te è amore o semplice infatuazione dovuta ai racconti di tua zia. Tu, invece, cosa provi per lui?»

Bella domanda, nonna, bella domanda, pensò. Sono talmente confusa che…
 
«Mi piace» le rispose sinceramente «ma non so fino a che punto e poi c’è il mio Holly che…»

«Ahem» l’interruppe lei, fingendo di tossicchiare «ma ti sei sentita, mia cara?» e quando la nipote la guardò basita, continuò «hai detto… il mio Holly, il mio!» ribadì.

«No, no, nonna, non ho mai detto…»

«Tua nonna sarà anche vecchia, ma non è ancora rincoglionita, cara la mia nipote preferita.»

«Bella scorta, sono l’unica nipote femmina che hai, a meno che mio fratello non abbia cambiato sesso nel frattempo.»

«Non sviare… chi è questo Holly? Che cosa ti ha fatto o… detto? E come si inserisce tra te e Steffen?» le chiese, implacabile.

«Non c’è nessun me e Steffen, nonna. Sto parlando di Oliver Hutton, il capitano della nostra Nazionale, ti ricordi che anni fa te ne parlai?» e quando nonna Nozomi annuì dopo un momento di riflessione, lei proseguì «Be’, dopo anni di litigi, insulti e chi più ne ha più ne metta, ci siamo chiariti e… oh, nonna, ha confessato di amarmi, ha detto che mi amerà per sempre. E… e io…»

Contro la sua volontà, Patty scoppiò a piangere e la nonna l’abbracciò dolcemente, senza dire una parola. Poi, una volta calmata, passò i minuti successivi a raccontarle tutta la storia con Holly e i loro travagliati trascorsi, fino a quelli ben più distesi e intriganti di quella mattina. Lei ascoltò in silenzio, col sorriso sulle labbra.
 
«Insomma, due ragazzi si contendono il tuo cuore e tu sei combattuta. Ragazza fortunata. Se anche questo Holly è un bel ragazzo, simpatico e gentile, la vedo dura per te. Se vuoi un consiglio… non pensarci troppo, sarà il tuo cuore a scegliere per te e capirai chi sarà quando meno te lo aspetti. Ti ho mai raccontato di come ho capito che tuo nonno era quello giusto?»

«Un miliardo di volte, nonna.»

«E con questa saranno un miliardo e una. Mi è bastato il suo sorriso la prima volta che l’ho visto. Mi ha guardata e mi ha sorriso, così, senza motivo e dal sorridergli a mia volta, all’altare, è stato un attimo. E ora che non c’è più da qualche anno, è sempre qui» le disse picchiettandosi la testa «e qui» e si mise la mano sul cuore «e sempre lo sarà, fino alla fine. E quando arriverà il mio turno e lo raggiungerò, lui sarà lì ad aspettarmi. Patty, cara, quando capirai che uno dei tuoi due spasimanti, ti farà desiderare e provare tutto questo, capirai anche di avere concluso la tua ricerca. Non avere fretta.»

E le parole della nonna l’accompagnarono per tutto il giorno, fino alla fatidica riunione che tanto l’impensieriva. Ma, si disse, se Holly affrontava le sfide che il suo essere calciatore gli metteva davanti e molto spesso con risultati positivi, allora poteva farcela anche lei, no? In fondo era solo una riunione, che cosa poteva mai accadere?
 
 


 
«Ehilà, Patricia, bentrovata. Mi sei mancata oggi, si è sentita la tua mancanza.»

«Ciao Steffen. Sì, sono stata impegnata in famiglia e così… ne ho approfittato per rilassarmi e ricaricarmi in vista della riunione. Ho una paura!»

«Ma dai Patty, andrà benissimo» intervenne Amy raggiungendola all’ingresso. «Andiamo, tra cinque minuti comincia lo show.»

Certo che come sapeva tirarle su il morale Amy e calmarla, nessuno mai.
 
«Perfetto, andiamo. Anche perché tu starai seduta accanto a me, proprio davanti a tutti.»

«Nonononononono» le rispose l’amica scuotendo la testa e le mani davanti a lei, vistosamente «sono timida io, non sono te che ha faccia tosta da vendere. Te lo scordi e…»

Ma prima che potesse terminare la frase Patty la spinse all’interno della sala. Si fermò solo un attino, trattenendo Amy per le spalle, solo per dire a Steffen:
 
«Ehi, vicino, al termine non scappare, ok? Che ne diresti di prenderci una cioccolata in terrazza? Devo parlarti, è importante.»

«Tutto per te, mia bella venere giapponese» le rispose lui strizzandole l’occhio e poi andò a sedersi in prima fila.

Dopo di che tutto si svolse nel migliore dei modi, per fortuna. La vicinanza fisica e morale di Amy la aiutarono molto durante quella riunione al termine della quale le fecero tutti i complimenti e la paragonarono per carisma, spirito d’osservazione e competenza a sua zia Miho, facendole molto piacere.
Gli inquilini erano tutti molto diversi tra loro, ma, stranamente, ben omologati e affiatati. Il che era strano date le età diverse e le caratteristiche “particolari” di qualcuno di loro. Al primo piano vivevano due coppie di anziani coniugi; al secondo due vedove di cui una giovanissima con un figlio piccolo di tre anni, che quella sera avrebbe dormito dai nonni lì vicino; al terzo due fidanzati pieni di piercing e tattoo, e due studenti di moda; al quarto una tizia che faceva la psicologa in casa di giorno e la ballerina di bourlesque la sera che – se non aveva visto male aveva delle mire su Steffen e come darle torto – e accanto a lei una bellissima donna di origine africana che aveva scoperto non essere affatto tale e che rispondeva al nome di Vanesia, a Amy era venuto un mezzo coccolone quando le si era presentato come “esperto dell’arte amatoria e sessuologo di fama” e le aveva stretto la mano con molta delicatezza per essere il doppio della sua.
Che dire, li adorava tutti, c’era di che da divertirsi con loro.
Ora arrivava la parte più difficile, affrontare Steffen. Ricevette un abbraccio di incoraggiamento da Amy, che la lasciò per andare a telefonare a Julian. L’avrebbe visto il giorno dopo, ma a quanto pare voleva comunicargli la sua gioia di passare i successivi giorni con lui e la squadra, prima di farlo nuovamente di persona. Ah, l’amore.
 
 


 
Patricia voleva vederlo. Quella giornata era passata lenta, da quando aveva scoperto da Amy che l’amica sarebbe stata fuori tutto il giorno. E allora aveva impiegato il tempo a radunare il suo vecchio team di cucina, a casa sua per spiegare l’impresa che dovevano compiere di lì a tre giorni, ovvero cucinare per la Nazionale Giapponese di calcio.
Tutti si dissero galvanizzati dall’idea, molti di loro erano anche fan della squadra e quindi in estasi alla prospettiva di cucinare per i loro idoli.
Avevano messo giù un menù di tutto rispetto. Quando aveva chiesto loro se erano stati ricontattati dal ristoratore, avevano risposto tutti negativamente e nessuno credeva sarebbe mai più avvenuto e allora lui…

 
«Buonasera di nuovo, mio bel vicino vichingo.»

La voce di Patricia lo raggiunse da dietro le spalle, facendolo sorridere a quelle parole, dette in tono scherzoso e quando la vide con in mano due tazze fumanti di cioccolata, si affrettò a raggiungerla per evitare che si scottasse.
Poi, una volta appoggiate sul tavolino, senza darle il tempo di reagire, la prese tra le braccia e la baciò con dolcezza e a lungo.
Patricia, dapprima scioccata, rispose con timidezza a quell’assalto, ma ben presto gli aveva appoggiato le mani sulle braccia e… e quando pensava che stesse per stringersi a lui, l’aveva allontanato con calma. Ma che diamine…

 
«Tutto bene? Ti ho preso alla sprovvista, vero? Mi spiace è che…»

«Sì… em… sì, bene, grazie, sto bene e sì, non mi aspettavo un tuo bacio» rispose lei schiarendosi la voce, raggiungendo il divanetto e prendendo una tazza di cioccolata tra le mani.

«Sai… ho una grandissima notizia da darti. Per prima cosa, ti informo che oggi mi sono riunito con il mio team del ristorante e abbiamo deciso il menù e poi… oh, tesoro mio, ho deciso di…»

Ma lei, notò, non lo stava ascoltando. Non se la prese, era stata una lunga giornata piena di emozioni anche per lei, dopotutto. La sua notizia poteva aspettare.
 
«Ok. Sei strana stasera. Forse è la stanchezza della giornata che inizia a farsi sentire e poi la riunione… sei stata grande là dentro, a proposito» le disse.

«Em… sì, grazie e sì può essere stanchezza, ma non del tutto» poi lo guardò dritto negli occhi e disse «Steffen, ho riflettuto su questa situazione che si è venuta a creare tra noi e sono confusa, molto confusa a dire il vero. Stiamo correndo troppo, non trovi?»

«Come? No, Patricia, non credo. Ormai è più di un mese che ci conosciamo e stiamo procedendo molto lentamente per come la vedo io. Perché me lo chiedi?»

Ecco, lo sapeva, quel giorno era successo qualcosa, ne era sicuro. Non sapeva come mai, ma aveva il sospetto che vi era lo zampino di Hutton in qualche modo. Che l’avesse incontrato e lui… Stava per chiederglielo quando lei parlò:
 
«Perché, oggi ho incontrato…»

Non dirmi che stai per dire il nome di quel…
 
«… mia nonna e…»

Oh, grazie al cielo. Un momento, cosa? Sua nonna?
 
«… mi ha detto che zia Miho ti parlava continuamente di me, perché mirava a farci diventare una coppia. E allora mi chiedevo: non è che, per caso, la tua infatuazione per me è dovuta a questo, piuttosto che ad altro? Magari ti sei fatto trascinare un po’ troppo dai suoi racconti – che mi immagino benissimo quali potessero essere perché non sono stata e non sono tutt’ora la più dolce e calma ragazza del mondo – e ti sei fatto trascinare dal suo entusiasmo. Non so. Mi riesce difficile credere che un fusto come te, possa essere davvero attratto da una come me.»

Cosa? Ma cosa le aveva detto quella donna? Ricordava vagamente la nonna di Patty, ma non le era sembrata ostile. Fisicamente assomigliava poco alla sorella – che, per inciso, era la fotocopia di Patricia – ma aveva il caratterino niente male della nipote. Sentiva il dovere di tranquillizzarla e si sedette accanto a lei.
 
«Patricia, tesoro mio, togliti dalla testa queste idee assurde. È vero, tua zia ha tessuto le tue lodi molto bene, tanto che quando ti ho vista dal vivo, ero già mezzo innamorato di te, lo ammetto, ma… da qui a dire che era dovuto tutto ai suoi racconti che mi hanno plagiato… no, te l’assicuro sui miei nonni.»

Sperava che gli credesse e la vide pensarci seriamente.
 
«Va bene, ti credo, ma… in questo momento la mia vita è già incasinata di suo e non ho bisogno di altri pensieri» poi, dopo un minuto di silenzio, riprese «voglio essere sincera con te. Stamattina presto sono stata al ritiro e mi è stato proposto di rimanere con loro fino alla finale. Ho accettato. Andandomene, il mese scorso, ho lasciato le mie amiche nei guai e ora hanno troppo bisogno di me, che sono il loro capo. Quindi io e Amy ci trasferiremo lì fino alla partita. Sarà bello rivedere i miei amici a tempo pieno, mi mancano.»

E così sarai a stretto contatto con lui… con Oliver Hutton e scommetto anche che lui non vede l’ora di averti vicina e sono sicuro anche che…
 
«Te l’ha chiesto lui, vero? Hutton.»

«Be’… sì, ma che c’entra ora chi è stato a chiedermelo. Lui è il capitano, può farlo.»

«Ti piace, vero? Ho visto come lo guardi, come gli sorridi. Potrebbe chiederti qualsiasi cosa e tu troveresti il modo per accontentarlo, anche la più assurda. Eppure, mi hai raccontato di come ti abbia sempre trattato» le disse.

«Tu sei geloso. Oh, mio… Steffen.»

«Sì, lo sono. Mio malgrado, quando si tratta di te, io lo divento. Saperti così vicina a lui per due giorni… non lo so, non mi piace» le confessò.

«Holly e io…» arrossì suo malgrado e lui se ne accorse «è complicato, ma davvero però, non è solo una frase. E sì, mi piace molto. Tu e io, Steffen, anche tra noi lo è e ancora non c’è neanche un noi, ma solo un… qualcosa. E mi piaci anche tu. Ho bisogno di rimettere ordine nella mia testa, capisci?»

«E per farlo devi andare nella tana del lupo?» le chiese a bruciapelo.

«Holly non è un lupo» lo difese lei «è stato fin troppo onesto con me e l’ho molto apprezzato. Vado al ritiro per tutti loro e non solo per lui» gli disse poi alterandosi e scattando in piedi «sai cosa ti dico? Che non piace discutere con te, perciò sai che faccio ora? Me ne vado, o se mi trasformo in Anego divento cattiva e non voglio esserlo con te. Tengo troppo a qualunque cosa ci lega per metterla a rischio. Ti prometto solo che appena mi si saranno schiarite le idee, te lo comunicherò, ma al momento sono troppo arrabbiata per pensare con lucidità.

Non ci poteva credere, stavano litigando.
 
«Ti chiedo scusa, Patricia, ma non sono pentito di quello che ti ho detto. Vorrei averti tutta per me, cosa posso farci? Mi sono innamorato di te e mi piacerebbe che tu mi ricambiassi, lo ammetto. Spero solo che quando tu capirai chi ci sta in prima linea nel tuo cuore, me lo farai sapere e spero anche di essere io quel qualcuno.»

Poi, per ribadire meglio il concetto, si alzò e la raggiunse proprio sulla porta, la circondò con le braccia e, dopo averla abbracciata a lungo, la baciò teneramente sulle labbra, prima di salutarla e rientrare in casa.
Doveva assolutamente trovare il modo di liberarsi di Hutton quanto prima e per sempre. Lui era l’ostacolo che lo separava dall’avere Patricia tutta per sé e la cosa non gli piaceva per niente.
Non sapeva fino a che punto il calciatore si fosse avvicinato nuovamente a lei, ma vista la foga con la quale la sua venere giapponese lo difendeva, non doveva essere robetta. Ora avrebbe avuto due giorni pieni con lei. Era stato furbo, ma del resto l’aveva capito dal suo sguardo che sarebbe stato un avversario di tutto rispetto. Solo che aveva sbagliato persona a cui fare la guerra. Lui, Steffen, voleva Patty in esclusiva e l’avrebbe avuta e niente e nessuno l’avrebbe fermato.
 
 
 


 
«Patty, hai già preparato il borsone con il necessario per i prossimi giorni al ritiro?»

«Certo, prima della riunione. È andata bene, vero?»

«Sì, sei stata grande. E allora perché hai quell’aria avvilita? Dovresti festeggiare» le disse, vedendola abbattuta.

«Amy, non sono in vena e sono molto stanca. Voglio solo riposare e pensare a quello che ci aspetta in vista della finale. Sarà dura anche per noi.»

«Eri così felice poco fa. Em... posso chiederti se c’entra un certo appuntamento in terrazza?»

«Oddio, ho lasciato le tazze lì» esclamò Patty all’improvviso.

«Pattyyyy… parla! Voglio sapere tutto. Siediti con me sul divano e non tralasciare nulla» le intimò l’amica, picchiettando il posto accanto a lei.

E lei lo fece. La raggiunse e le raccontò tutto. Di Holly, del loro patto per la fine del Campionato, del loro rapporto ritrovato e anche dei baci che Steffen le aveva rubato e che l’avevano fatta sentire in colpa verso un certo capitano della Nazionale. Dannazione a lui, era sempre più presente anche quando non c’era.
 
«Sei contesa, mia cara amica. E da due bei maschi alfa. A quanto pare Steffen ha sfoderato gli artigli. Ma… a te non sembra piacere questa cosa, vero?» le chiese poi guardandola e vedendola abbattuta.

«I baci di Steffan sono sempre belli, ma… non so.»

«Non ti convincono?»

«Sai, quando ho chiesto a Holly si fermarsi e aspettare di vincere il Campionato lui l’ha fatto. Ed è stato bellissimo vederlo fare questo sacrificio, perché ho capito che lo desiderava veramente, baciarmi intendo. E poi la sua dichiarazione… oh, Amy, ho pianto. Era così… vera e appassionata.»

«Sono felice per te. Finalmente te l’ha detto. Che tonto che è quel ragazzo, a volte.»

«Anche se mi ha fatta tanta soffrire, io mentivo a me stessa dicendomi di non provare più niente per lui e ho continuato a farlo fino a stamattina. Ma non sono riuscita a dirglielo. Sono una stupida Amy. Ho qui Steffen, che è libero e più che disponibile, che me lo dimostra sempre e che è geloso marcio di Holly e io… io non faccio altro che pensare a lui e alla nostra sfida.»

Vide Amy alzarsi, dirigersi in cucina e aprire il freezer da dove prese due mini-vaschette di gelato e, recuperati due cucchiaini, tornò da lei.
 
«Non si possono affrontare certi argomenti senza del sano cioccolato in corpo» le disse allungandogliene una.

«Sei un tesoro e mi conosci molto bene.»

E ora era il suo turno, le confidenze a senso unico non le erano mai piaciute.
 
«Amy, la Nazionale ha bisogno anche del nostro aiuto e non dobbiamo risparmiarci. Molti compiti ci aspettano e non parlo solo dei lavori fisici, ma anche del supporto morale che gli dobbiamo dare.»

«Lo so, mi ricordo, ma sarà anche divertente.»

«Em… sì, specialmente per te, vero? Mi raccomando, se proprio vuoi approfittarti di Julian nei momenti liberi, non farti beccare da nessuno o per voi è finita.»

«Appr…. i… io approf… ma Patty, che dici!»

Ah, Amy, come si divertiva a stuzzicarla lei, nessuno mai. Bastava un accenno a Julian e diventava di tutti i colori, trasformandosi in una scolaretta impacciata.
 
«E dai, non dirmi che in tanti anni di frequentazione con lui, non avete mai… come dire… portato la vostra relazione su altri livelli, che so… più fisici.»

«Noi… no, per… per colpa mia, ecco, l’ho detto. Sono una cretina lo so. Ho a disposizione un adone come lui e non me ne approfitto. Prima o poi, lo so, si stancherà di me e delle mie paure e cercherà qualcun’altra più disinibita e disponibile.»

«Oh, Amy, non dirlo neanche per scherzo. Lui ti adora alla follia e si vede. Sfidalo!» le disse infine di getto.

«Sfidarlo? Non capisco.»

«Ma sì, io l’ho fatto con Holly e lui ha rilanciato con quella proposta assurda, ma davvero stimolante, lo ammetto. E io sono sicura che, pur di ricevere un bacio da me, si impegnerà al massimo in campo. Ora, tu, trova qualcosa che possa invogliare Julian a dare tutto se stesso in campo, qualcosa che desiderate entrambi, ma che per ora…»

Patty capì subito quando l’amica comprese quello che le stava dicendo, perché rimase con il cucchiaino in bocca e divenne di un bel color scarlatto.

«Nononono, non potrei mai, Patty, ma sei matta? Promettergli del ses… sesso in cambio della vittoria? Come minimo gli faccio venire un secondo infarto. Nonononono, non ci tengo proprio a rivederlo attaccato a tutti quei macchinari per colpa mia.»

«Tesoro, credimi, penso che per lui sarebbe un bel modo per andarsene.»

«Pattyyyyyy!» urlò scandalizzata «Devo ammettere che nudo, Julian, è un gran bel pezzo di… e che se non è venuto a me il coccolone quando mi si è spogliato davanti l’altro giorno…»

«Cosa, cosa? Ridillo?» strillò Patty così forte da farla sussultare prima e arrossire vistosamente poi.

«Cosa?» finse quella.

«Non fare la pudica e la finta tonta con me, adesso. Spiegami subito questa cosa. Ti lascio da sola con lui e guarda cosa mi combini» le disse rubandole la vaschetta «e questa la rivedi solo se ti decidi a parlare.»

Patty sapeva che il cioccolato era anche il punto debole dell’amica e, infatti, non ci mise molto a capitolare.
L’ora successiva fu molto divertente per Patty che vide Amy prima negare, poi giustificare il gesto del fidanzato storico e infine ammettere che le sarebbe tanto piaciuto andare oltre con lui e “concedergli il suo corpo” – sì, aveva detto proprio così, concedergli il suo corpo – pur tra mille imbarazzi. Alla fine, Amy decise di prendere coraggio e gettare l’amo a Julian, sperando che lui lo cogliesse. E Patty si augurava che, in primis, lui capisse cosa la fidanzata intendesse chiedergli perché già la immaginava in preda alla confusione più totale.
Patty scordò la discussione con Steffen e si ripromise di chiarire con lui prima di partire, un po’ perché le dispiaceva averlo lasciato così e un po’ perché lui e il suo team avrebbero cucinato per la Nazionale, in caso di vittoria, e non voleva ci fossero attriti tra di loro. Era certa che stava per dirle qualcosa di importante e lei… non l’aveva neanche lasciato parlare. Che maleducata insensibile. Il mattino dopo, l’avrebbe buttato giù dal letto, decise, e si sarebbe chiarita con lui.
Verso metà mattina, lei e Amy avrebbero raggiunto la squadra a Nankatzu e lei, a dire il vero, non vedeva l’ora. Che c’entrasse forse un certo capitano e la sua dichiarazione d’amore? Arrossì al ricordo delle sue parole che l’accompagnarono tutta la notte.

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Capitolo 13
*** A piccoli passi verso te ***


Patty e Amy erano arrivate verso metà mattina, cariche di un borsone a testa. I ragazzi stavano facendo dei passaggi liberi a coppie, quando le avevano scorte in lontananza e, prima ancora, sentite parlottare tra loro e ridere.
Dovevano ancora abituarsi a quella novità.

 
«Ehi, voi due chiacchierone, finalmente siete arrivate»

«Ah, Bruce, non abitiamo dietro l’angolo, sai? Il traffico ci ha bloccate» gli rispose Patty mentre li raggiungeva al campo tra i saluti generali.

«Però adesso siamo qui a dare man forte alle nostre amiche nelle retrovie, ed è questo quello che conta» intervenne Amy, ricevendo un abbraccio da entrambe le amiche.

«E di riflesso aiutare anche noi, voglio sperare» le rispose Julian, facendola arrossire.

«Bene, sono contento di rivederla signorina Gatsby e di riavere tra le nostre file anche lei, signorina Amy, ma… adesso che vi siete salutati tutti con loro, vedete di ritornare al lavoro, lavativi!» intervenne Mr. Gamo senza mezzi termini.

Loro sorrisero a quelle parole – erano ormai abituati ai suoi modi bruschi – e subito tornarono a concentrarsi sugli allenamenti.
Quando arrivò l’ora di pranzo si diressero tutti agli spogliatoi e si rinfrescarono alla bene in meglio, la doccia era esclusa visto ciò che li aspettava nel pomeriggio – ovvero una mini partita di allenamento con l’Argentina. Sì, proprio con la squadra di Diaz. Quando avevano chiesto il perché al mister, lui aveva detto che il loro avversario voleva una rivincita in una partita amichevole. Sarebbero arrivati alle 14 ed essendo già mezzogiorno e mezzo…

 
«Diaz non sa accettare la sconfitta e guarda cosa si è inventato pur di provare a batterci» esordì Philip.

«Gli si può dare torto per volerci riprovare? Holly l’ha asfaltato e ci è ripassato sopra più volte. Gli brucerà ancora» gli rispose Johnny.

«Ah, sì, quel giorno era proprio imbestialito. E tutto grazie ad Amy e alle sue rivelazioni di quella mattina» disse Paul.

E su quella frase scoppiarono tutti a ridere di gusto.
 
«Ma magari vuole solo darci una mano. Se non erro, lui non nutre molta simpatia per il Brasile.»

«Rob, tu vedi sempre il lato positivo in tutto e quello buono in chiunque tu conosca, Non so come fai» gli disse Bruce, guadagnandosi il consenso di tutti.

«È una qualità di famiglia, credo» rispose lui alzando le spalle per liquidare la questione.

Stavano per entrare in sala da pranzo quando le voci delle loro manager giunsero dalla cucina e, visto che c’era ancora tempo per il pranzo, si fermarono nella sala relax lì a fianco a riposarsi e… ascoltare.
 
«E così la riunione è andata bene» si stava informando Eve.

«Sì, la nostra Patty è una forza. Li ha messi tutti sull’attenti, ma era prevedibile. È sempre stata una tipa tosta lei» rispose Amy.

«Non posso lamentarmi. Abbiamo dei coinquilini strambi, ma simpatici. Solo una volta l’anziana vedova del secondo piano ha voluto creare un po’ di tensione con una richiesta assurda, ma la tizia del quarto piano – che abita proprio sotto di noi tra l’altro – l’ha ripresa col sarcasmo. Le ha detto che, se era così nervosa era perché aveva un qualche tipo di tensione da scaricare e che le spalle e si erano contratte per quello. Così ci avrebbe pensato lei ad aiutarla con un massaggio.»

A quel punto Amy scoppiò a ridere. Patty si unì a lei e nessuno fiatò più per un po’, persino loro se ne stavano in silenzio incuriositi… come mai quelle due ridevano così sguaiatamente? Per fortuna Susie glielo chiese e la risposta di Patty, per poco, non li fece scoprire.
 
«Il fatto è che… Vanesia, così si chiama quella del quarto piano, è una bellissima donna africana che è specializzata in sessuologia e tutto ciò che comporta questa professione, massaggi compresi, ma nessuno lo sa, a parte noi due. In pratica le ha proposto un massaggio erotico per scaricare queste energie bloccate, secondo me le darà anche altri consigli… speciali.»

«Ma… ma scherzi, vero?» saltò su a quel punto Eve «È una specie di… di…»

«No, in realtà è molto soft quello che fa, almeno credo» le rispose la manager capo con nonchalance «Vanesia non è volgare per niente ed è sempre gentile e disponibile con tutti, specie con le coppie di anziani coniugi del primo piano e con la giovane vedova col bimbetto del secondo» poteva già bastare così, ma poi aggiunse «il problema, semmai, è che Vanesia è un uomo.»

E nello shock generale – i ragazzi immaginarono che anche in cucina le amiche erano messe come loro ovvero a bocca aperta – fu Amy a dare il colpo di grazia a tutti.
 
«È stato molto difficile mantenersi serie e non scoppiare a riderle in faccia. Vanesia è un uomo, sì, ma solo all’anagrafe, perché fuori è decisamente una donna. Non le ho ancora chiesto se si è fatta operare completamente o cosa, mi farò coraggio e poi sarà la prima cosa che farò appena la incrocerò in ascensore. Sono curiosa. Anche perché con i vestitini che a volte si mette, credo gli risulterebbe difficile nascondere la verità, se non fosse così.»

Chissà perché gli occhi di tutti corsero con lo sguardo a Julian che non sapeva più a cosa pensare e stava scuotendo la testa sconsolato. Poteva bastare così e fecero per alzarsi, quando una nuova domanda di Eve li bloccò nuovamente sul posto e, questo giro, era Holly l’interessato a sentire la risposta di Patty.
 
«E… che ci dici del vichingo, Patty? C’era anche lui?»

«Be’, per forza, abita lì» rispose lei.

«Sì, ma questa volta era vestito. Lo dico perché sento la domanda nell’aria e così anticipo la risposta» rincarò la dose Amy.

«E per fortuna, dico io, o l’avreste sentita urlare fino a qui. È già un miracolo non sia successo la volta scorsa» la prese in giro Patty.

«Peccato» disse Susie «alla prossima riunione avvisatemi così vengo anch’io. No, niente sguardi storti ora, verrei solo per vedere la famosa Vanesia» e poi risero tutte.

«E tra voi le cose come vanno? No, lo chiedo perché l’ho visto molto preso da te quel giorno che è passato di qua con voi» l’interrogò Eve una volta che si furono calmate.
 
 
 


Ecco, brava, come vanno le cose col vichingo?, si chiese Holly, improvvisamente nervoso.

 
«In realtà non lo so e poi non c’è nessun noi. Vi faccio un piccolo riassunto. Ieri sera mi ha baciata e mi ha detto che è si è innamorato di me.»

L’ha baciata? Ancora? Di male in peggio. E così si è innamorato, è? Gliela faccio passare io questa cotta per lei, appena lo becco. Per fortuna ora sei qua, amore mio e ci penso io a fartelo scordare. È una promessa questa. Le mani di Holly strinsero così forte i braccioli della poltrona che sbiancarono.
 
«A me questi sembrano progressi» le disse Susie «E com’è stato? Bello?»

«Mh… a dire il vero… passabile. Carino, ma non mi ha detto nulla, non mi ha sconvolta o lasciata talmente confusa da non sapere neanche più il mio nome, capisci?»

Un ricordo lo colpì e Holly si ritrovò a sorridere, sotto lo sguardo allibito di tutti gli amici.
 

Quando era andato a Tokyo a trovarla, lui e Patty avevano avuto un confronto piccante e si erano baciati due volte. Alla terza, dopo averla baciata velocemente e a tradimento, era suonato il campanello alla porta e, visto che lei non si muoveva e continuava a fissarlo con sconcerto, lui l’aveva chiamata.

 
«Patty?» le aveva detto.

«È? Sì? Sono io» gli aveva risposto ancora sulle nuvole

E lui si era compiaciuto, felice che un suo bacio l’avesse mandata in tilt.
 

Fantastico, uno a zero per lui. Il vichingo non le faceva lo stesso effetto. C’era di che camminare sulle nuvole per una settimana intera. Una cosa era certa, quella era stata l’ultima volta che il vichingo Steffen l’aveva baciata. Le labbra di Patty erano una sua esclusiva e il giorno dopo, se ne sarebbe reso conto anche il nordico.
Le successive parole di Patty gli confermarono quanto il suo piano di conquista stesse procedendo bene.

 
«Abbiamo anche discusso e mi ha dato sui nervi. In pratica non gli andava a genio che venissi qua a causa della presenza di Holly. E mi sono saltati i cinque minuti, non ce l’ho fatta più a sentire che lo denigrava e gli ho risposto per le rime. Ma come si permette. Non lo conosce neanche» urlò, stizzita.

Giusto, bravissima Patty, pensò. Poi si guardò in giro e vide i suoi amici fissarlo con aria felice e alcuni avevano anche i pollici sollevati. Ma la felicità durò poco.
 
«Però non mi andava di restare arrabbiata con Steffen» riprese Patty «e allora stamattina, prima di partire, sono andata da lui e ci siamo chiariti.»

Dannazione. Dannato vichingo.
 
«Ma sono irritata lo stesso e, anche se in apparenza è tutto tornato a posto, me la sono legata al dito e credo che questo abbia minato un po’ quella complicità che avevamo. Staremo a vedere come procederà la cosa.»

«Sì, ma intanto ha già messo giù il menù per il dopo vittoria, vero Patty?»

«Sì, amica mia, così ha detto. Ah, e stamattina mi ha anche informata che si è messo in società con due membri dello staff della sua cucina e apriranno un ristorante tutto loro. Ormai il loro capo non riapre, ed era l’unica opzione che aveva per realizzare il suo sogno. Quindi, alla fine, rimarrà qua in Giappone.»

Questo non va bene, non va assolutamente bene, si disse. Poi fece cenno agli amici che forse era ora di smetterla di origliare e di palesarsi in sala da pranzo e così fecero.
Durante il pranzo, Holly riuscì a sedersi accanto a Patty e, per gran parte del tempo, le tenne una mano sulla gamba. Lei si era dapprima irrigidita ed era arrossita lievemente, ma alla fine non gliel’aveva spostata e lui, quando la manager capo si alzava per andare in cucina, ne sentiva la mancanza.
Al termine, mentre gli altri si riposavano in vista dell’incontro, lui raggiunse Patty in cucina. La trovò che stava asciugando gli ultimi piatti, tutta da sola.
Holly era felice, molto felice. La sua Patty era arrivata veramente al ritiro e, anche se per soli due giorni, l’avrebbe avuta vicinissima.
La raggiunse di soppiatto e l’abbracciò da dietro con un braccio, mentre con la mano libera le scostò i capelli di lato e le baciò il collo con dolcezza. Holly la sentì trattenere il fiato.

 
«È bellissimo averti qui, amore mio» le sussurrò all’orecchio «quanto sei bella. Te l’ho già detto che adoro questo tuo nuovo taglio di capelli?»

«Holly» disse lei sospirando e appoggiandosi a lui «io… grazie e no, non me l’avevi mai detto. Sei a caccia di complimenti?»

«Da parte tua? Sempre. Sarebbero un onore.»

«Scemo!» gli rispose lei rigirandosi tra le sue braccia e allacciando le mani dietro il suo collo.

Quella ragazza lo mandava in tilt. Era così vicina che sarebbe bastato un niente per baciarla, ma le aveva fatto una promessa e doveva mantenerla. Se dava la sua parola, quella era sacra per lui e così, a fatica, si limitò a chiudere gli occhi e ad appoggiare la fronte alla sua.
 
«Se il mese scorso mi avessero detto che saremmo stati così vicini, probabilmente avrei riso a crepapelle, prima di mettere ko il malcapitato» gli disse Patty.

«Se il mese scorso mi avessero detto che avrei faticato tanto per ricevere un tuo bacio o anche solo un tuo sorriso, probabilmente l’avrei fatto anch’io» rilanciò lui.

Sentì Patty ridacchiare a quelle parole e quel suono gli entrò sottopelle.
 
«Hai pensato alla mia proposta?» le chiese a bruciapelo.

«Quella di baciarti in mezzo al campo?»

«Precisamente. Hai già preso una decisione?» s’informò con il cuore al galoppo.

«In teoria saresti tu a dovere baciare me e sempre tu vuoi che lo farlo davanti a tutti.»

«Oh, tu dici?» finse di pensarci «Oh, sì, hai ragione. Ma sarai tu che dovrai raggiungermi lì in mezzo» le ricordò e lei arrossì «allora, che hai deciso di fare?»

«Be’, vedi, io avrei pensato di…»

«Ehi, capitano, muovi quelle chiappe da lì e lascia stare la nostra manager capo, te la spupazzerai più tardi. Dio, quasi quasi vi preferivo quando vi odiavate a morte. Muoviti, stanno arrivando i nostri avversari!» li interruppe Bruce, cacciando dentro la testa in cucina.

A quella frase del loro difensore, entrambi scoppiarono a ridere di gusto. Quel ragazzo aveva il dono di comparire sempre quando non doveva. Ma aveva ragione, ora doveva pensare alla partita che di lì a poco sarebbe iniziata.
 
«Continuiamo questo discoro dopo?» le chiese senza accennare a muoversi.

«No, mio caro capitano, sarò impegnatissima per tutto il pomeriggio. Facciamo dopo cena, alla nostra panchina?» gli propose.

«Dio, sarà dura aspettare così tanto. E va bene, e sia… ti guarderò da lontano e aspetterò con ansia quel momento. Ciao, amore mio, a più tardi e… e grazie ancora per essere venuta qua.»

Subito dopo le baciò la fronte e corse al campo dove lo stavano aspettando tutti, giusto in tempo per vedere il pullman degli argentini entrare al ritiro.


 
 
 
Un’ora e mezza dopo con il risultato di 1-1 l’insolita partita d’allenamento si concluse e Diaz, abbastanza soddisfatto del risultato si avvicinò a Holly per congratularsi.

 
«Ehi, Hutton, oggi sì che ti ho riconosciuto in campo. Che diamine ti era preso l’altro giorno?» gli chiese.

«Em… sì, a questo proposito, volevo scusarmi. Ero arrabbiato e…»

«Sì, me l’aveva detto Bruce, pene d’amore. Ma dai, non volevo crederci e invece oggi ho capito che aveva ragione. Per caso hai risolto tutto?»

«Ci sto lavorando, ma sono a buon punto» gli rispose quello guardando oltre il campo.

Diaz seguì lo sguardo del numero 10 giapponese e vide il gruppetto di manager, intente a parlottare tra loro. Erano quattro. Una un po’ più altra delle altre con una lunga coda castana di cavallo che, se non aveva visto male, sorrideva a Bruce e lui la ricambiava, pazzesco; una seconda con una cartellina in mano, i capelli neri scalati e uno sguardo determinato, un po’ più formosa delle altre; una con i capelli rossi lunghi, davvero niente male, che aveva occhi solo per Ross che le si era avvicinato con fare possessivo; e infine una con i capelli corti castani piccoletta e magrolina che sembrava avere l’argento vivo addosso, non riusciva a starsene ferma e rideva. Wow, quella sì che meritava un secondo sguardo. Sperava non fosse lei la causa del tormento del capitano giapponese, così lo fissò meglio e… no, cavoli, era la mora che lo attraeva come una calamita. Per fortuna. Un momento… cosa aveva appena detto?
 
«Senti, Hutton, una domanda» e quello lo guardò con curiosità mentre raggiungevano il quartetto femminile «la piccoletta con i capelli corti…» chiese in tono casuale.

«Susie» lo informò lui dopo avere guardato il gruppetto.

«Susie» ripeté lui in un sussurro «sta con qualcuno di voi o…»

«Che cosa ti sei messo in testa Diaz? Una volta, molto tempo fa, aveva un debole per me, ma l’ho respinta. Guarda che se anche non sta con nessuno di noi, è sotto la nostra protezione e guai a te se…»

«Tranquillo, Hutton, era solo una domanda» lo calmò lui.

E poi non vengo certo a dire a te i miei piani per lei, pensò. Così, non appena le fu vicino le sorrise e lei, dopo essersi guardata un attimo attorno, ricambiò. Forse non era abituata a ricevere attenzioni. Ma dove avevano gli occhi i suoi connazionali?
 
«Diaz, che ne dici se invitassi tutti voi a festeggiare la nostra vittoria di domani?»

«Cosa? Sei molto sicuro di te, vedo. Ti ricordo che il Brasile – come tu ben sai – non è una passeggiata da battere.»

«O, lo so bene, ma vedi… io ho un asso nella manica e… una promessa da mantenere» disse guardando ancora la bruna e sorridendo come un ebete.

Era veramente innamorato di quella tizia. Ma che stava succedendo a quella squadra?
 
«Grazie, ma… primo, sembrerebbe un po’ strano che festeggiassimo con voi dopo la sconfitta che ci avete inflitto e secondo, ripartiremo subito dopo la partita, è ora di rientrare. Ci siamo trattenuti solo per il campionato. Anche se potrei prolungare il soggiorno di qualche giorno…» aggiunse infine sempre guardando Susie.

«No, non credo proprio» intervenne un lapidario Clifford «buon viaggio di rientro Diaz.»

«Pazzesco, quasi non ci si crede. Ma vi ha colpito Cupido in massa a voi? Cos’è, si è messo a fare lo sconto comitiva e io non lo sapevo? Mi stai dicendo di girarle alla larga Yuma?»

A giudicare dalla faccia di Hutton, quella era una novità anche per lui. Ma quella ragazza l’aveva colpito e lui, Diaz, non era uno che si arrendeva al primo ostacolo.
 
«Non ti credere di esserti liberato di me così facilmente. Tornerò quando meno te lo aspetti, stai all’erta,Yuma.»

«Ti stanno aspettando al pullman» gli rispose quello «addio, Diaz, buon rientro in Argentina, non mi mancherai» gli disse mettendosi proprio sulla traiettoria a braccia conserte e sguardo cupo, togliendogli la visuale della bella Susie.

«Ricordati le mie parole» gli rispose quello stringendogli una spalla e poi, sporgendosi oltre, si rivolse alla ragazza facendola arrossire «alla prossima, signorina, sappia che la sua sola vista mi ha rallegrato la giornata. A presto.»

Poi se ne andò, lasciando dietro di sé una Susie basita, un Clifford incavolato nero e un Hutton interdetto da quell’ultimo sviluppo che fissava l’amico con sconcerto.
 
 


 
«Scusate ragazze, è questa la sede della Nazionale Giapponese di calcio?»

Eve e Susie si bloccarono all’istante. Stavano per raggiungere gli amici, dopo aver terminato di sistemare i palloni, quando una voce anziana le fece sobbalzare.
 
«Sì, signora, cerca qualcuno?» le chiese Eve.

«La Nazionale, mi sembra ovvio se sono venuta fino a qui… ah, e mia nipote. Mi ha detto che sarebbe rimasta qua per un paio di giorni fino alla partita. Ho urgenza di parlarle, è possibile?»

«Certo, spero non sia accaduto niente di grave. Oltre a noi, ci sono solo Patty e Amy come ragazze qua dentro. Chi cerca delle due?» s’informò Susie.

«La mia dolce Patricia. Sono la nonna.»

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Capitolo 14
*** Arriva la nonna! ***


Da circa un’ora erano tutti riuniti in mezzo al campo, seduti a rilassarsi dopo la partita, e a parlare del più e del meno, quando videro avvicinarsi Susie ed Eve con una vecchietta alquanto… carica, visto che le due manager portavano il suo strano bagaglio che, subito, una volta raggiunti, appoggiarono a terra.
 
«Ragazzi» disse loro Eve «questa simpatica signora cercava voi. Prego, si sieda sulla panchina, sarà stanca» le propose poi, guidandola.

«Buon pomeriggio signora» risposero in coro dopo essersi guardati con stupore.

«Cosa possiamo fare per lei?» le chiese Tom.

«Ha sete? Fa piuttosto caldo oggi» rilanciò Philip «possiamo portarle qualcosa di fresco da bere?»

«Oh, che cari ragazzi siete, grazie, ma sono a posto così. Finalmente vi conosco. Mia nipote non fa altro che parlare di voi» esordì quella strana signora «sono passata per farvi gli auguri per domani. Vi ho portato qualche biscotto per darvi energia. Signorina… Eve, giusto?, sarebbe così gentile da prenderli lei?» le disse allungandole la borsa.

E lei lo fece. Dalla capiente borsa, Eve estrasse un grande contenitore pieno zeppo di biscotti.
 
«Sono al limone con le gocce di cioccolato» disse.

Subito un coro di esclamazioni entusiaste si levò a quell’annuncio. A quel punto fu il numero dieci a prendere la parola a nome di tutti.
 
«Grazie, signora, lei è molto gentile. Essere venuta qua apposta per noi, è stato un gesto carino e molto apprezzato e le assicuro che renderemo onore ai suoi biscotti. A proposito, scusi la maleducazione… io sono Oliver Hutton, il capitano della Nazionale» le disse Holly allungandole la mano che lei strinse.
 
«Capitano, oh mio capitano!» (L’attimo Fuggente)

Chi aveva parlato? Tutti si guardarono tra loro e poi in giro, ma non videro nessuno. Poi la voce misteriosa, riprese:
 
«Houston, abbiamo un problema!» (Apollo 13)

Di nuovo tutti si guardarono in giro, ma questa volta Amy scoppiò a ridere, si accucciò verso il bagaglio più alto e disse:
 
«Mister Wow! Ci sei tu lì dentro?»

«Elementare Watson» (Le avventure di Sherlock Holmes)

«Mister Wow?» ripeterono gli amici in coro.

«E scommetto che da questa parte c’è…» disse scoperchiando il secondo bagaglio «ma certo, Oscar!» e il felino rosso, al suo nome, aprì gli occhi e fece un enorme sbadiglio, facendola ridere e poi tornò a dormire.

«Oh, Amy, cara. Diventi sempre più bella ogni volta che ti vedo. Vieni qui e abbracciami» le disse allargando le braccia.

E lei lo fece, sotto gli sguardi curiosi di tutti, così si affrettò a spiegare.
 
«Ragazzi vi presento…»

«Nonna! Ma che diamine ci fai tu, qui?» esordì Patty arrivando per ultima.

«Nonna?» chiesero tutti insieme.

Quella tizia stramba armata di biscotti, che girava con un gattone rosso e un certo Mister Wow, era la nonna di Patty?
 
«Oh, tesoro, eccoti, finalmente. Dove ti eri cacciata?» le disse abbracciandola e baciandola sulla guancia, gesto che la nipote subito ricambiò, sedendosi accanto a lei.

«In magazzino. Tu, piuttosto, spiegami cosa ci fai qua con… Oscar e…»


«Il mio nome è Bond, James Bond» (Agente 007, Licenza di uccidere)

«No, grandissimo rompiscatole pennuto. Il tuo nome è Wow, Mister Wow!» gli fece il verso lei, facendo scoppiare a ridere tutti.

«Stai parlando con me?» (Taxi Driver)

«Sì, con te» gli rispose quella e poi guardando la nonna «devi smetterla di fargli vedere film a tutte le ore, dico davvero.»

«Cosa posso farci se gli piacciono tanto. E poi almeno si diverte» le rispose quella «vuoi scoprirlo e farlo vedere anche a questi simpatici ragazzi o vuoi continuare a parlare con un telo?» le disse poi.

«Sì, Patty, mostraci il pennuto, per favore e spiegaci anche perché si chiama così» le disse un Bruce più curioso che mai.

«Be’, il suo nome è presto spiegato. Si chiama così perché, quando tutti lo vedono per la prima volta dicono…» e lo scoprì con un gesto rapido.

«Wow!» esclamarono in coro gli amici alla vista di quella meraviglia pennuta.

«Per l’appunto» confermò lei, ridendo «Lui è il magnifico Ara Giallo Blu di nonna Nozomi. Ha tre anni, il pennuto, non la nonna, lei ne ha… un bel po’ di più.»

«Ottantacinque, cara, ottantacinque!» specifico lei guadagnandosi i complimenti da tutti «In realtà vado per gli ottantasei, ma non ditelo in giro.»

Quelle due erano uno spasso e si notava l’affetto spontaneo e sincero che le univa. Patty aveva preso la mano della nonna e ancora non gliel’aveva lasciata.
 
«Non mi hai ancora detto cosa ci fai qua. Ti ho vista ieri, stai bene?» le chiese preoccupata «La mamma lo sa che sei qua? E come mai ti sei portata dietro questi due?» le domandò a raffica.

«Quante domande, sono sotto interrogatorio dell’F.B.I. per caso?» le disse facendo ridere tutti «Tutto a posto, cara. Sono qui per tre motivi.» poi, quando vide di avere ottenuto l’attenzione generale proseguì «Il primo, sono venuta a conoscere tuo marito

Marito? Tutti strabuzzarono gli occhi e spalancarono le bocche. Cosa? Patty si era sposata e non lo sapevano?
 
«Ma sì, cara, hai capito bene. Marito! Certo, non lo è ancora, ma presto lo diventerà e così sono venuta a vederlo in anteprima. Devo dire che è proprio come immaginavo, gentile, molto bello e anche molto educato. E non guardarmi così, cara, non sono impazzita improvvisamente» le disse poi vedendola arrossire di colpo.

Ma di chi diamine stava parlando quella donna? Possibile che… istintivamente tutti fissarono il loro capitano che era diventato a sua volta bordeaux e si era ammutolito. Notarono che non erano i soli a fissarlo, perché…
 
«Oliver Hutton, giusto? Scommetto che abbreviato ti chiamano Holly» gli disse infatti la nonna.

«Sss… sì, certo. Sono io, piacere» le rispose con vice strozzata, guardando la nipote che però evitava il suo, imbarazzata.

«Ottima scelta, mia cara. Approvo in pieno» rincarò la dose quella, senza il minimo imbarazzo, disse poi guardando la nipote che era come imbambolata da parte a lei.

«Nonna! Ma… ma che…» balbettò lei «non sta succedendo davvero, no, no. In realtà sto ancora dormendo nel mio letto a Tokyo e non riesco a svegliarmi.»

«Oh, smettila di fare la melodrammatica con me. Se te lo fai scappare, sei una sciocca» le disse e poi rivolta al capitano «e tu cosa aspetti a chiederglielo?»

«I… Io… be’ ecco, in realtà è un po’… complicata la cosa, ecco.»

«Oh, dici per via di Steffen? Poverino, non ha speranze, ma ancora non l’ha capito. Intendiamoci, è un bellissimo ragazzo, a modo, gentile e simpatico, ma… non ce li vedo insieme e poi mia sorella gliel’ha idealizzata un po’ troppo nostra nipote. Tu invece la conosci per quello che è, da sempre, e vedo dai tuoi occhi che ne sei innamorato, nonostante tutto.»

Certo che quella signora non usava mezzi termini e aveva ragione da vendere. Mentre Patty era ancora muta e visibilmente arrossita, Holly sorrideva serafico alla nonna e guardava di striscio la sua innamorata. E ne aveva di motivi per essere felice, aveva trovato un’alleata nella famiglia di Patty – e per di più una a qui lei teneva moltissimo – e questo era un enorme vantaggio sul vichingo.
Pensavano tutti che nonna Nozomi avesse finito e invece riprese a parlare.

 
«Quando tornerò, tra un mese, voglio essere accolta dalla bella notizia. Datti da fare ragazzo, mi sembri uno sveglio, non puoi fartela soffiare da sotto il naso da un tizio che non la merita. Siamo intesi?»

«Em… va bene, sì» promise lui tra lo stupore generale.

«Ammettiamolo, sei stato uno stronzo con lei in passato – sì, uno stronzo e so tutto quello che le hai detto e fatto – ma ora è appunto quello che è… passato. Il presente ti ha dato una nuova occasione, vedi di sfruttarla appieno» lo ammonì ancora con vigore.

Cavoli, quella donna era una forza della natura. Non si assomigliavano molto fisicamente, ma quelle due avevano lo stesso carattere. Stavano guardando la versione presente e futura di Patty, era allucinante.
Mentre la nipote cercava di far tacere la nonna, Bruce sussurrò a Holly.

 
«Tu lo sai che Patty diventerà così, vero? Sei ancora sicuro di volerla conquistare?»

«Sì e devo dire che non vedo l’ora. Sarà bellissimo.»

«Ehi, ho capito bene? Hai detto che lo farai? La sposerai?» s’intromise Rob.

«Mh mh, sì» disse sconcertando tutti «in realtà ci sto pensando da un po’. Sua nonna ha solo dato voce al mio pensiero.»

«Che cooosaaa?» esclamarono in coro gli amici.

Tutti guardarono l’amica, che per fortuna non sembrava avere sentito, presa com’era da sua nonna.
Fortunatamente fu Mister Wow a stemperare l’ambiente, tra il silenzio generale.

 
«Amore è non dire mai mi dispiace.» (Love Story)

«Mister Wow, in genere ti darei ragione, ma in questo caso, no» gli disse la nonna.

«Nonna… hai detto, quando tornerò tra un mese, perché… dove vai?» s’informò con cautela la nipote ancora sotto shock per le sue parole.

«Ah, ecco il secondo motivo per cui sono venuta fino a qui e che si collega al terzo. Quando l’ho detto a tua madre stamattina, a momenti mi sveniva davanti – non assomiglia per nulla a me, ma alla mia di mia madre, purtroppo per lei perché era sdolcinata all’inverosimile – e tuo padre mi ha tastato la fronte per vedere se avevo il febbrone, tuo fratello invece voleva venire con me a tutti i costi. L’ho detto anche al mio di fratello per correttezza, ma quello ha un criceto in prognosi riservata al posto del cervello e quindi… come faccio a fidarmi di lui. Impossibile, no?»

«Sì, in effetti lo zio è fuori di testa, hai ragione. Scusa, ma... vuoi dirmi dove te ne vai o cosa?» incalzò quella.

«Io e la mia migliore amica partiamo domani nel primo pomeriggio per una vacanza di un mese in Italia.»

«Che cosaaaa?» esclamarono tutti, sbalorditi dall’intraprendenza di quella donna.

«Oh, ma che bello!» esclamò Amy «Voglio tantissime cartoline.»

«Nonna, ma… in Italia, e andate da sole?»

«Siamo vecchie, vedove e ancora molto in gamba, ma non siamo ancora rintronate e vogliamo vedere il mondo e divertirci. È proibito forse?»

«No… no e che cavolo, ma… Oh, ti prego, fa in fretta a dirmi il punto tre, anche se credo di averlo già capito da me. Non credo di poter reggere oltre, oggi» disse guardando i due animali.

E mi sa che l’avevano già capito tutti. Se la vecchietta partiva e si era portata fino a lì i suoi animali, allora voleva dire solo una cosa e cioè che…
 
«Mi fido solo di te, nipote. So che te ne prederai cura al meglio e poi loro saranno la tua eredità, un giorno. Miho ti avrà anche lasciato una palazzina a Tokyo, ma io ti lascio ciò che ho di più caro al mondo e quindi, ho pensato che questa fosse l’occasione perfetta per conoscervi ancora meglio.»

«Lo faccio molto volentieri, nonna, lo sai, e li adoro, ma… non potevi lasciarli a casa dai miei? Te li guardo volentieri, ma qui è impossibile. Passo a prenderli tra due giorni.»

«No, Mister Wow e Oscar non sopportano molti spostamenti così vicini, lo sai e andrebbero in tilt, poveri cari.»


«Noi siamo il suo lascito e lui è leggenda.» (Io sono leggenda)

«Semmai… lei!» lo corresse Patty «Ok, nonna, questa storia dei film ti è sfuggita veramente di mano con Mister Wow. Inizia a farmi paura.»

«È solo molto intelligente, tutto qua.»

«Tu dici? Oppure è solo furbo.» poi vedendo il pappagallo girarsi dall’altra parte gli disse «Ti sei offeso? Ma come siamo permalosi oggi. Be’, scusa, ok?»


«Le scuse sono come i buchi del culo, tutti quanti ne hanno uno.» (Platoon)

E su quelle parole dell’Ara, dopo un attimo di smarrimento tutti quanti scoppiarono a ridere sguaiatamente.
 
«Signora Nozomi, stia tranquilla. Lo prendiamo con noi. Sarà uno spasso averlo qua» gli disse Holly cercando di riprendere il controllo.

«Chiamami nonna, mio caro, chiamami nonna. Sei uno di famiglia ormai.»

«Ma… Holly» intervenne Patty «sei sicuro? Guarda che nessuno di voi può permettersi di deconcentrarsi. Domani, nel primo pomeriggio, avete la finale.»

«Lo so, ma gli animali hanno il potere di calmare le persone e noi ne abbiamo tanto bisogno in questo momento e anche di ridere.»

«Ma cosa dirà il mister?»

«A lui ci penso io» le rispose «qui si tratta di aiutare tua nonna e la famiglia è importante, giusto?»


«Giusto. Bravo. Oooook.»

«Visto? Lo dice anche Mister Wow.»

Quel pennuto era simpaticissimo e, davvero, molto intelligente come aveva detto nonna Nozomi, i ragazzi gli si erano già affezionati. Anche Oscar, sebbene dormisse beato nonostante tutto il trambusto attorno a lui, non era affatto male.
Poco dopo l’anziana donna si congedò da loro, ma non prima di avere abbracciato Holly e avergli mormorato qualcosa che lo aveva fatto arrossire.
 
 


Nozomi si fece accompagnare all’uscita da una Patty stranamente silenziosa.

«Sento i tuoi pensieri fino a qua. Dimmi cosa ti passa per la testa.»

E la nipote si fermò, mise le mani sui fianchi e le si parò davanti con calma, prima di sbottare.
 
«Mi dici cosa ti è preso? Andare a dire che sei venuta a conoscere mio marito… mio marito, nonna!»

«Dici che non dovevo?»

«Come… nooo! Adesso lui crederà che io… che io parli di lui in famiglia come se fosse… come se pensassi che potesse diventare… oh, nonna, come sei brava a complicare le cose.»

«Sinceramente lui non mi è sembrato riluttante alla cosa» le rispose accarezzandole il viso ormai addolcito «sta tranquilla e non pensarci più. Ora lasciami andare dai tuoi. Passerò con loro la notte e poi domani mattina mi riaccompagneranno a casa. In tempo per finire di fare i bagagli.»

«Fa’ buon viaggio, nonna e telefonami spesso. Io ti aggiornerò su quelle due pesti che ti ritrovi come animali. E grazie per essere passata, è stato bello averti qua e rivederti così presto.»

Nozomi salutò la nipote e, fiduciosa di avere fatto la cosa giusta, raggiunse la figlia.
 


 
 
«Caspiterina, che tipo quella donnetta.»

«Sì, Julian, è meravigliosa. La nonna di Patty è speciale per me. Io non ho mai conosciuto i miei e lei li ha sostituiti in pieno. È stata fantastica.»

«Ma è sempre stata così?» s’informò quello.

«Sempre. È Patty, solo più vecchia» gli disse facendolo ridere.

Ah, com’era bello il suo Julian e quando rideva lo era ancora di più. Amy era stata fortunata a incontrarlo. Era dalla sera prima che stava pensando alle parole dell’amica e aveva quasi passato la notte in bianco. E ora che erano rimasti soli…
Dannazione, era giunta alla conclusione che Patty avesse ragione. Ormai erano anni che si frequentavano e lei lo aveva sempre frenato.
Oh, sì, Julian avrebbe tanto voluto amarla totalmente. Non solo a parole, non solo con i gesti, non solo con i baci, non solo con palpeggiamenti e serate romantiche dove si spingevano un po’ più oltre il limite. No. Julian Ross voleva – e gliel’aveva fatto capire più volte – fare l’amore con lei.
Fino a ora era sempre stato paziente, ma capiva che ci stava male tutte le volte che lei si tirava indietro. Stupida paura.
Ma ora aveva deciso. Doveva solo dirglielo, che qualcuno la aiutasse.

 
«Scusa Julian, io… io dovrei parlarti. Hai cinque minuti o devi scappare subito?»

«No, li ho, anche dieci a dire il vero. La riunione inizia tra mezz’ora, ma sai che essendo anche il vice allenatore devo essere presente un po’ prima degli altri. Ma per te, Amy cara, il tempo lo troverei anche se non ne avessi.»

Amy arrossì. Ecco, questo era il suo Julian. Metteva lei sempre al primo posto e lei come lo ripagava? Con mille e più stupide paure, era ora di darci un taglio. Cosa avrebbe fatto Patty? Ma certo… lei di sicuro… ma lei non era la sua amica e non doveva imitarla, solo prendere esempio.
 
«Amy? Amy? Ci sei ancora?»

Cosa? Si era persa nei suoi pensieri per troppo tempo e ora… si fece coraggio.
 
«Ci sono, scusa. Sto solo radunando le idee.»

«Per cosa? Che ti prende? È da stamattina che sei strana. A pranzo abbiamo parlato poco e niente e poi non c’è stata più occasione per farlo.»

Ma come faccio a dirgli una cosa così… così imbarazzante, come!, pensò. Forza e coraggio, Amy, forza e coraggio. Milioni di donne in questo momento saranno nella tua stessa situazione, non saranno tutte delle imbranate croniche come te. No? No!
 
«Julian» iniziò «io ti amo.»

«Lo… lo so e ne sono felice perché ti amo anch’io» rispose imbarazzato.

«Non interrompermi, per favore.»

E quando lo vide annuire piano, riprese.
 
«Io, ci ho pensato molto e ho capito di essere stata una stupida colossale e di averti chiesto molti sacrifici che non avevo il diritto di chiederti e importi.»

Lo guardò. Lui non disse nulla, ma il suo sguardo sbalordito parlava per sé. Continuò.
 
«Io… sono pronta.»

«Pronta… per cosa?» le chiese e poi aggiunse «Scusa, non dovevo parlare. Continua pure.»

«Voglio e desidero fortemente… ve… veni… oh, insomma, venire a letto con te. Ecco, l’ho detto»

Silenzio. Perché non parlava? Era ancora lì? Sì, perché vedeva le sue scarpe piantate davanti a lei. Di più non poteva vedere, non riusciva proprio a guardarlo in faccia. Che impiastro.

«Amy» la chiamò lui «Amy, guardami.»

Ma lei proprio non ci riusciva.
 
«Amy, non devi sentirti obbligata, ok? Lo sai che non ti forzerei mai, anche se lo desidero tantissimo.»

A quel punto lei alzò la testa e lo vide sorriderle, se pur con timidezza e imbarazzo.
 
«Oh, ma… no, no, io… lo voglio veramente. Non lo dico per darti il contentino, dopo tutti i miei rifiuti. Lo dico perché ne sono fortemente convinta e lo voglio con tutta me stessa. Ci ho pensato tanto, non è stata una decisione presa alla leggera.»

«Stai… Amy, stai parlando sul serio, vero?» le chiese «Cavolo, sì che lo stai facendo» aggiunse poi vedendola fissarlo seria.

«A una condizione» rilanciò lei.

«Mi sembrava troppo facile. Tutte le condizioni che vuoi, amore mio. Spara» le disse senza indugi.

«Vinci il campionato.»

«Ma… ma che condizione ridicola è questa, Amy» sbottò lui.

«È la mia condizione. Non è ridicola, né trattabile.»

E poi, senza dargli il tempo di replicare ancora, lo baciò e lui rispose con passione.
 
«Tu fallo, ok?» gli sussurrò all’orecchio prima di fargli l’occhiolino e andarsene.
 
 



Amy era cambiata. Accidenti se era cambiata. Come aveva fatto a non accorgersene prima. La vicinanza di Patty era stata un toccasana per lei.
E adesso come diamine faceva ad andare alla riunione e a concentrarsi con quelle parole che gli ronzavano nella testa?
Le aveva attese per così tanto tempo che ora gli sembrava di essere finito in un sogno dal quale presto si sarebbe risvegliato. Ma non era un sogno… quella era la realtà!
Ma non poteva dirglielo, non so, al termine? Ora il suo cervello era andato in tilt ed era un guaio questo.

 
«Partita. Brasile. Strategie. Stop» disse a voce alta mentre raggiungeva la sala conferenze che usavano come ritrovo per le riunioni essendo super attrezzata.

Semplice, no? Certo. Ma cazzo quanto era difficile quella semplicità.
 
 


 
Seduto in sala relax, in attesa della riunione che avrebbe anticipato la cena, Holly era più confuso che mai.
Dopo l’incontro con la nonna e averla accompagnata all’uscita tendendola a braccetto, Patty era tornata, aveva liberato Mister Wow che le era volato sulla spalla, senza tentare di scappare via e gli aveva accarezzato il piumaggio con delicatezza.

 
«Tranquilli, so quello che faccio» aveva detto vedendo le loro facce allibite a quel gesto.

«Patty, dobbiamo parlare, ok?» le aveva detto lui, avvicinandosi piano per non spaventare Mister Wow che lo stava fissando.

«Dopo cena, ora ho da fare, come vedi. Se non nutro questi due, ti assicuro che si faranno sentire di brutto e poi c’è la cena da preparare mentre voi siete in riunione» lo aveva liquidato lei con un sorriso imbarazzatissimo.

E come darle torto, lui stesso lo era. Così si era limitato ad annuire e a lasciarla andare.
Poi Patty si era presa il trasportino con Oscar, che a quel movimento si era svegliato guardandola malissimo da dentro e si era diretta al dormitorio femminile.
Che cazzo era successo in mezzo al campo poco prima, con la signora Nozomi? La nonna di Patty era una forza della natura e lui poteva benissimo scorgere la donna che lei sarebbe diventata con il passare degli anni. Era fantastica già così, lo sarebbe stata ancora di più con qualche decennio e ruga in più.

 
«Sono proprio innamorato» si disse.

E così la nonnina tifava per lui. Non poteva chiedere di meglio. Ora aveva un motivo in più per conquistare Patty e il suo cuore per sempre.

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Capitolo 15
*** Una serata piena di emozioni ***


«Volevo chiederti scusa per mia nonna. Sai, lei, a volte, è… imprevedibile!»

Holly aveva ormai perso le speranze di vederla arrivare al loro appuntamento serale, erano passati venti minuti e stava per andarsene quando Patty gli era comparsa alle spalle.
 
«Scusa di che? È una forza quella donna e si vede che vi adorate a vicenda. Nonostante ti abbia messo in forte imbarazzo oggi, vero?»

«Decisamente. A volte sa essere… spiazzante e non è sua abitudine avere peli sulla lingua.»

«A me è piaciuta molto. Soprattutto perché tifa per me come… marito di sua nipote» e poi scoppiò a ridere del suo rossore intenso alle guance «Mister Wow e Oscar sono a posto?»

«Sì. Mister Wow, quando ha visto che appendevo al muro il suo trespolo pieghevole – che era nella gabbia – mi ha detto, cito: “Il mio tesssooorooo!” e Oscar è saltato sul mio letto per continuare a dormire. Menefreghista fino all’ultimo.»

Holly scoppiò a ridere di gusto.
 
«Adoro quel pennuto, è un genio! Ha sempre la frase giusta per il momento giusto! Mi piacerà vivere con lui quando lo erediteremo… tra moltissimi anni, spero per tua nonna.»

«Cosa?» Patty era sconvolta, e arrossì di colpo. «Ecco… a proposito di quello che ha detto nonna…»

«No, non dire nulla» le disse mettendole un dito sulle labbra «sei bellissima imbarazzata e voglio godermi questa vista in silenzio ancora per un po’. Visto che non posso baciarti… è il minimo che tu possa fare, per me, amore mio.»

Doveva resistere ancora poche ore e poi l’avrebbe reclamata come sua davanti alla nazione intera e a quell’idiota del vichingo.
 
«Smettila di chiamarmi così» lo riprese.

«Mai. Mai perché ti amo. E prima o poi capirai che è vero e che non lo dico solo per dire o forse lo hai già capito, ma hai troppa paura ad ammetterlo.»

Vide Patty pensare alle sue parole, poi si alzò di scatto e si girò a guardarlo, con aria seria.
 
«Senti, Holly, io…»

“Craaaawling iiiiiiin my skiiiiin. These wooooounds they wiiiiill not heaaaaal”

Ma che cazzo…

 
«Scusa, devo rispondere» gli disse estraendo il cellulare dalla tasca.

«Certo. Hai cambiato suoneria? Mi ricordo che era un’altra e molto più… tranquilla, diciamo» le chiese, senza farle capire che sapeva già la risposta grazie ad Amy.

«Come? Ah, no, Holly. Quella è esclusiva di Amy e questa è per…» poi prese la chiamata e disse «Steffen, ciao, che sorpresa!»

Eh, già, che sorpresa!, si disse con rabbia. Dannato vichingo dei miei stivali, sempre in mezzo a rompere i coglioni, stai. Ma cos’hai, un radar che ti dice a distanza quando la mia Patty è con me?
 
«Davvero? Sei un tesoro, grazie.»

Dannazione, si era distratto e non aveva seguito il discorso. Un tesoro? Un tesoro! Aveva detto proprio così. Un tesoro! Inaccettabile.
 
«Sì, allora siamo d’accordo. Sì, hai ragione, non è la stessa cosa stare qui. Mi manca Tokyo. Mh, mh… al gianduia, mi raccomando e… ah, bè, se hai fatto gli Skillingsboller, non puoi… mangiarteli tutti tu. Mi offro volontaria e tu sai anche dove li mangeremo giusto?... Sì, promesso, saremo solo noi due. Mi mancano le nostre chiacchierate in terrazza, ma sta tranquillo che, appena rientro, recupereremo alla grande.»

E adesso perché cazzo era arrossita appena nominati quelli Ski... qualcosa? Non era la prima volta che le accadeva, doveva indagare.
Diversi minuti dopo, Patty si accorse che lui era ancora lì e chiuse la chiamata. Allora Amy aveva ragiona a dire che, quando quei due erano insieme, il mondo svaniva. Funzionava anche a distanza! Dannazione  doppia.

 
«Scusa era…» provò a giustificarsi.

«Il vichingo!» le rispose lui secco «Lui sì che sa come rovinare l’atmosfera tra di noi. Dannato nudista biondo.»

«Come, come? E tu come fai a sapere che…»

«Tu dimmi perché cazzo arrossisci ogni volta che nomini quella cosa da quel nome strano e forse ti rispondo.»

«Non è vero!» saltò su lei, ormai arrabbiata «Sei solo geloso di lui e non ne hai il diritto.»

«Ah, no? Io ti amo e questo basta a giustificare la mia gelosia» le urlò contro saltando in piedi anche lui «non mi piace che quell’essere abbia delle mire su di te e che tu gli dia corda.»

«Tu non hai nessun diritto di dirmi questo. Tu te ne sei sempre fregato di me» gli rispose avvicinandosi e puntandogli un dito sul petto. «Ti sei trastullato con così tante ragazze che ho perso il conto. Sì, ti ho perdonato, è vero… ma non posso, non riesco a dimenticare e ti giuro che lo vorrei con tutta me stessa. Mi hai fatta piangere e disperare per anni, in silenzio, da sola o con solo Amy a risollevarmi. Mi hai insultata, umiliata e poi… un bel giorno ti presenti al mio appartamento e mi chiedi scusa. Mi baci, finalmente e pretendi che io sia tua e solo tua da quel momento in poi. Ok, lo ammetto, mi piaci anche tu, ma…»

Al macero la promessa! A quel punto lui non resistette più e – complici la rabbia del litigio, l’adrenalina e la sorpresa di quelle parole che aspettava da tempo – la strinse a sé e la baciò con foga. Più volte. La sentì dapprima bloccarsi, poi ribellarsi e infine abbandonarsi a lui e al suo assalto, rispondendo con slancio.
 
«Mia, mia, mia! Sei mia! Ti amo, Patty, ti amo!» le disse tra un bacio e l’altro.

Le tormentò il viso e il collo di piccoli baci, raggiunse la spalla dove, una volta liberata dalla spallina larga del top che indossava, si dedico à lungo alternando la lingua ai denti e lasciandole un ricordino. Il caro Steffen avrebbe apprezzato? Oh, lui lo sperava, lo sperava davvero tanto. Infine, ormai soddisfatto, tornò a occuparsi delle sue labbra. Labbra che Patty gli concesse senza esitazione, dopo avergli preso il viso tra le mani perché aderissero ancora meglio alle sue.
Poi, di colpo, tutto finì. I respiri ansanti si fissarono negli occhi. Fu Patty la prima a recuperare la parola.

 
«No. Basta! Avevi promesso Holly.»

«Non mi sembra tu ti sia tirata indietro, anzi» le disse, rubandole un nuovo bacio veloce e dolce «sembrava volessi divorarmi, più che allontanarmi» le ricordò.

«Holly…»

«Perdonami, non ho resistito. Quando hai detto che ti piaccio, io… sono andato in tilt!»

«Avevi detto domani, dopo la partita e… e dovevo essere io a baciarti» ribadì quella «Pensavo di riuscire a passarci sopra e ad andare avanti, invece, ogni volta che ci provo, lo spettro di tutte quelle ragazze che hai sedotto prima di me, ritorna e… e le immagino baciarti, accarezzarti, stringersi a te e io…» gli disse con gli occhi stranamente lucidi.

«È terribile quello che ti ho fatto, lo so. Come so che ci vorrà tempo prima che quelle immagini si cancellino dalla tua mente. Ma pensa che il sapere te e il vichingo nelle stesse situazioni, sta tormentando me adesso e penso che questa sia già una bella punizione meritata.»

Patty sorrise timidamente e si portò i capelli dietro l’orecchio. Wow, era sexy da morire con il top mezzo abbassato che andava a sfiorarle il seno, che per poco non faceva capolino. La guardò a lungo e, suo malgrado, si passò la lingua sulle labbra. Gesto che Patty notò, assieme allo sguardo avido, abbassato proprio lì e arrossì violentemente, prima di sottrarsi al suo abbraccio e ricomporsi.
 
«Peccato» sussurrò lui «in attesa di vederlo dal vivo, mi accontenterò di immaginarlo» poi le strizzò l’occhio e la baciò per l’ultima volta.

Poi, prima di fare qualcosa di veramente stupido quanto affrettato, la lasciò sola e rientrò nell’edificio.


 
 
 
Pazza, ecco cosa diventava gravitando attorno a Holly. Una pazza senza spina dorsale, in sua balìa. Una pazza che cercava di farlo ingelosire parlando con Steffen al cellulare e che, una volta riuscita nel suo intento, si sottraeva al suo assalto.
Quei baci… e poi quando le aveva fissato il seno semi esposto…

 
«Patty? Tutto bene?» la voce di Amy la riscosse da quei pensieri.

«Sì, credo. Oh, in realtà non ne ho proprio idea.»

«Che cos’è successo con Holly? L’ho visto rientrare sorridente come non mai e con lo sguardo e la testa tra le nuvole, un po’ come te ora.»

«Ci siamo baciati e lasciati trasportare dal momento, un po’ troppo direi. Ma è stato così bello ed eccitante che… Oddio, Amy, io lo amo così tanto.»

«Ma non mi dire» le rispose lei e poi ridacchiò «e gliel’hai detto?»

«No, sei matta? Già la nonna ha complicato le cose… e poi la telefonata di Steffen di poco fa… ci manchi solo tu, per completare il quadro.»

«Quindi la nonna ti ha messa in imbarazzo e Steffen… ci ha messo del suo a distanza, pur senza sapere che tu eri con il suo rivale in amore e che lo stavi sbaciucchiando. Ho indovinato? Amica mia, la tua vita sarebbe da riportare in un film d’amore.»

Patty, suo malgrado, rise a quell’analisi che Amy aveva fatto sugli ultimi eventi che le erano capitati.
 
«L’ho sbaciucchiato dopo» confessò. «Quando Steffen ha telefonato, Holly stava dicendo di amarmi, poi abbiamo litigato – colpa mia che l’ho fatto ingelosire apposta – e… e io mi sono fatta scappare che mi piace e… e niente, lui mi ha baciata.»

«Patty… sei una vera birbante!» la prese in giro la rossa «Mossa furba, che ti è valsa un bacio.»

«Uno? Amy, ci è mancato poco che ci stendessimo a terra e facessimo l’amore all’aperto, dove chiunque potesse veder… oh, cavoli, ci avete visto?» chiese tutta allarmata.

«Wow… em, no, mia cara, purtroppo no o avresti sentito dei fischi d’incoraggiamento arrivare dall’interno» poi cambiò argomento. «Nonna Nozomi è stata formidabile oggi, non trovi? Ha praticamente dato la sua benedizione al nostro capitano.».

«Be’, diciamo che nonna poteva risparmiarsi la frase sul mio futuro marito da conoscere. L’ha galvanizzato non poco sai? Lui ci vede già sposati e con Oscar e Mister Wow in casa.»

«Oddio che dolceee! Lo sapevo che una volta rinsavito, non si sarebbe risparmiato per conquistarti» sentenziò l’amica.

«E… e poi c’è Steffen che mi sta organizzando una specie di festa privata di bentornata a casa con tanto di cioccolata, dolci e film in terrazza.»

«Povero, per lui domani sarà una tortura averti così vicina e non poterti toccare. Poi con Holly di mezzo… pensa quando vi vedrà insieme e capirà che tra voi due è successo qualcosa. Perché non credere che  Holly glielo tenga nascosto. Quei due si sono messi in testa di conquistarti e non si risparmieranno i colpi. Un po’ ti invidio… io ho solo il mio Julian!»

Invidiarla? Ma Amy non si rendeva conto che quella situazione era snervante per lei? Era così confusa. Amava Holly e amava i suoi baci infuocati, stare tra le sue braccia e battibeccare con lui. Ma, allo stesso tempo, era attratta da Steffen e adorava la sua dolcezza, la sua premura, i suoi baci.
Anche se l’ultima volta che aveva visto Steffen, la situazione si era fatta tesa, e avevano discusso, lei si era sentita in colpa per come l’aveva trattato senza motivo – anzi, no, un motivo c’era, aveva parlato male di Holly definendolo un lupo – e il chiarimento avuto il giorno dopo, non le era bastato. Una volta rientrata a casa, decise, gli avrebbe chiesto scusa come si meritava. Avrebbe potuto farlo anche l’indomani, alla festa, peccato che…

 
«Forse lui non ci sarà domani.»

«E perché no?» le chiese l’amica, ora curiosa.

«Mi ha spiegato che non vuole rovinare la festa a nessuno e – anche se gli costa fatica – ha deciso di rimanere in disparte. Ci sarà il suo team a fare le sue veci, dice che si fida di loro e che non c’è bisogno della sua presenza fisica.»

«Mh… premuroso! Anche se immaginarti con Holly, per lui sarà doloroso e molto faticoso. Dico bene?»

«Già, per questo gli ho promesso di passare la serata di dopodomani insieme. Io…»

«Sta attenta, mia cara amica, ti stai incasinando con due ragazzi meravigliosi e soffrirai parecchio.»

Forse Amy aveva ragione, ma aveva bisogno di capire. Stare con Holly, quella sera, era stato fantastico, eccitante oltre ogni dire, ma anche stare tra le braccia del suo vichingo lo era e… e questo non facilitava le cose. E poi, perché avrebbe dovuto scegliere per forza uno dei due? Non era obbligata.
Doveva ancora prendere la decisione riguardo l’indomani. Baciare o non baciare Holly a fine partita? A proposito, ora che ci pensava…

 
«Amy, zitta zitta tu non mi hai più detto cosa hai deciso di fare con Julian.»

«Em… be’… ioooo.»

«Avanti, parla. Ho visto che ti appartavi con lui quando è andata via nonna. Dunque? Cos’è successo?»

«Io… sì, gliel’ho detto e lui… diciamo solo che ne è felice. Però, come tu bacerai Holly solo se vince… io ho posto la stessa condizione per… quello!»

«Ma è meraviglioso!» disse abbracciandola di slancio.

«Sì. Sono un po’ preoccupata perché lui, nudo, è così perfetto e stupendo e io…»

«Tu sei un figurino niente male, Amy, e a lui…» abbassò la voce e si guardò in giro con fare cospiratorio «Julian, sembrerà di avere vinto alla lotteria. Divertiti mia cara, tu che potrai farlo con l’uomo che ami da sempre.»

«Cercherò di farlo» le rispose con un filo di voce, arrossendo a vista d’occhio e facendola ridere «E… tu? Hai deciso cosa fare domani con Holly?» s’informò.

Aveva deciso?
 
«Ancora no. Lo saprò sul momento, credo. Sarebbe bello, ma c’è troppo in gioco, parlo dei sentimenti. Uno dei due soffrirà e voglio cercare di evitarlo. Oh, cazzo, ma come ho fatto a cacciarmi in questa situazione?»

Subito dopo quella frase scoppiarono a ridere e si attardarono ancora un po’ a parlare.


 
 
 
«Quelle due non me la raccontano giusta. Hanno qualcosa in ballo» disse Bruce, mentre fissava il duo di amiche dal tetto della struttura, dove era salito poco prima con la fidanzata per stare tranquillo e da solo con lei.

«Come? A me sembrano solo due amiche che passano la serata insieme, anche se mi sembra ancora strano vederle così» gli rispose Eve.

«In effetti… non l’avrei mai neanche sospettato, figuriamoci detto.»

Eve non sapeva cosa pensare. Per anni Patty l’aveva ingannata, aveva ingannato tutti a dire il vero. Aveva perso l’amicizia di Holly e la sua stima, per proteggere il sentimento che la legava alla rossa fidanzata di Julian Ross, anch’esso tenuto all’oscuro.
 
«Non capisco.»

«Cosa, amore?» le disse Bruce stringendola ancora di più tra le braccia.

«Perché Patty non si è fidata di noi? Perché non ci ha mai detto della sua amicizia con Amy che, cavoli, si vede lontano un miglio che è speciale, salda e sincera. Ha perso così tanto per lei, eppure non se ne è mai pentita.»

«Non saprei dirti. Patty è sempre stata una dura e credo non abbia voluto farci capire che, sotto sotto, non lo era poi così tanto. Ha visto Holly trattarla malissimo per questo – in realtà l’abbiamo visto tutti – eppure, non ha mai mosso un dito per contraddirlo. Ha mantenuto la sua facciata da menefreghista e ha sofferto, quando poteva benissimo vuotare il sacco. Come ti senti Eve? Dopotutto siete sempre state amiche e lei ha mentito anche a te.»

«Delusa per avermi estromessa da questo rapporto esclusivo, ma felice per lei allo stesso tempo, perché ha saputo riconoscere il proprio errore e girarlo in positivo. Ma adesso basta parlare di lei. Concentriamoci sul regalino che ho deciso di farti se vincerai il campionato.»

«Se?  Vorrai dire… quando!» la corresse baciandola dolcemente «Sono curioso, lo sai, cosa sarebbe?»

E secondo te, te lo dico ora? Scordatelo, tesorino, pensò.
 
«Tu vincilo e poi ne riparliamo» gli rispose, vedendolo mettere il broncio dalla delusione «ma lo sai che sei ancora più adorabile quando ti fingi offeso? Quando ti vedevo farlo con i ragazzi, avrei tanto voluto raggiungerti e baciarti, ma non ho mai osato farlo» gli confessò.

«Male, molto male. Ma ora rimediamo subito» e passò i successivi minuti a farlo. Poi, una volta terminato, la guardò e le disse «adorabile, dici. Solo adorabile? Non bellissimo, stupendo, meraviglioso, grandioso, eccelso…»

Eve rise di gusto. Il suo Bruce era un maestro nell’arte di farla divertire con poco. Solo che aveva anche un ego spropositato e allora… andava rimesso in riga, no?
 
«No, mio caro, quegli aggettivi sono esclusiva di Steffen. A pensarci bene, Patty non ha perso proprio tutto, anzi, ha guadagnato un gran bel pezzo di maschio. Mi piacerebbe vederlo nudo, giusto per capire cosa ha tanto sconvolto Amy e intrigato Patty. Cosa stavo dicendo? Ah, sì, Steffen è così possente, perfetto. E ha una voce così calda, vibrante. Uno sguardo che ti trapassa e ti incatena a lui. Un sorriso genuino e…»

Seppe di avere raggiunto il suo obiettivo quando Bruce si avventò sulla sua bocca per farla tacere e la distese per terra, per farle capire tutta la sua gelosia.
Dopo la bocca, si dedico al viso, al collo. Le aprì la camicetta, sospirò alla vista del suo reggiseno di pizzo nero e posò le labbra sopra la stoffa.

 
«Bruce» mugugnò lei emergendo da quello stato di eccitazione che la stava invadendo «non possiamo farlo qua.»

«Non mi importa. Devo averti, tutta o solo in parte, ma devi essere mia e scordare il vichingo una volta per tutte» le rivelò, con sguardo determinato e il fiato corto.

«Continua così e mi scorderò anche il mio nome» gli rispose, prendendogli la testa e scostandola – a malincuore – da lì.

Lo baciò a lungo e con passione.
 
«Amore mio, potrebbero scoprirci e poi come lo spieghi? “Ops, stavamo parlando e ci siamo ritrovati nudi avvinghiati insieme?” Sarebbe bello farlo qui, ma non voglio rischiare uno scandalo.»

«L’unico modo per fermarmi è ritrattare le tue parole sul vichingo e ammettere che pensavi a me mentre le dicevi.»

«Cosa? Oh, ma tu sei proprio…» fu bloccata da un altro assalto del difensore che era sceso a baciarle la pancia e si stava avvicinando sempre più a… cazzo, non scherzava. «Sì, sì pensavo a te, a te solo» gli disse con voce roca.

«Guastafeste» le rispose lui tornando a impossessarsi delle sue labbra con fare famelico, togliendole il respiro per diversi minuti «Mi manca il tuo corpo sotto il mio, Eve» le confessò arrossendo.

«Sì, manca anche a me. Ora dammi un ultimo bacio e lasciami andare che mi si chiudono gli occhi. E poi anche tu hai bisogno di dormire, domani ti aspetta una giornata campale.»

«Da quando ho scoperto quanto sei bella mentre dormi… vorrei passare ogni singolo minuto notturno con te.»

«E invece, Bruce, dovrai accontentarti del ricordo, anche se ancora per pochissimo. Buonanotte, amore mio» gli disse, poi lo baciò, si riassestò la camicia e se ne andò.

Eve sorrise tra sé. La loro storia non era incasinata come quella di Patty e Holly o epica come quella che c’era tra Amy e Julian, o dolce come quella di Jenny e Philip, ma si difendevano bene e a lei piaceva moltissimo così. Recentemente Bruce le aveva detto che anche Mark aveva una lei da qualche parte. Mark? Chissà che tipo era una che era riuscita a fare perdere la testa alla tigre.
Stava per aprire la porta della stanza comune che avevano tutte loro manager quando la voce delle due amiche, la bloccò. Ma quanto era stata via se non si era neanche accorta che se ne erano andate dal campo?

 
«Allora Amy, pronta per domani, in tutti i sensi?»

«Sì, tesoro, lo sono. E tu? Vedi di deciderti che Holly aspetta una risposta.»

«Prima deve mantenere la promessa che mi ha fatto. Poi, forse, l’avrà. Dopotutto oggi ha già avuto un largo anticipo e non può certo lamentarsi» le rispose la capo manager ridacchiando.

«Se vuoi qualcosa nella vita…datti da fare e prendila!» (Into the wild)
 
«Ah, la saggezza dei pennuti» disse Amy scoppiando a ridere, seguita a ruota dall’amica.

«Mister Wow, se non ci fossi tu, dovremmo inventarti. Però hai ragione da vendere. Holly dice che sei un genio molto intelligente tu.»

«Geeenio, geeenio! Ohhhh, yesssss!»

Quella frase, oltre che alle amiche in stanza, fece ridere anche lei.
 
«Ehi, hai intenzione di stare lì a origliare ancora per molto o le raggiungiamo?» la voce di Susie la raggiunse alle spalle, beccata in pieno.

«Em… non volevo disturbarle, tutto qui. Mister Wow sta dando spettacolo.»

«Diciamo che anche tu vuoi scoprire cosa stanno confabulando quelle due» le rispose l’amica a bassa voce, strizzandole l’occhio «pagherei oro per scoprirlo. Mi aiuti?»

«Certo che sì, o impazzisco del tutto» disse lei allungandole la mano per sigillare il patto e lei gliela strinse.

«Sei tornata presto dalla terrazza, pensavo tin trattenessi di più con Bruce»

«Cosa? E tu come…»

«Be’, vi ho visti sgaiattolare di sopra. Piacerebbe anche a me avere qualcuno con cui appartarmi per qualche minuto.»

«E che mi dici del bel argentino, Diaz? Ho visto come ti guardava.»

«Mh… sì, è carino, ma…»

In quel momento alcuni ragazzi della squadra passarono di ritorno dal bagno e le salutarono. Eve notò che l’amica ne guardava con insistenza uno in particolare – Clifford? – e che lui faceva di tutto per evitare di incrociare il suo sguardo. Susie abbassò il suo, delusa e scosse la testa, rassegnata. Poi la fissò e le sorrise come se non fosse successo nulla.
 
«Susie…» iniziò lei, ma fu interrotta.

«No. Lascia perdere, Eve, lascia perdere. Va bene così»

Ma non andava bene per niente, capì lei. Ah, che impiastro di cugino che aveva. Fu così che entrarono e si unirono alle amiche, che ora stavano chiacchierando allegramente con il pappagallo. Eve prese Oscar in braccio, che le si era avvicinato appena l’aveva vista e insieme trascorsero una bella serata pre finale tra amiche.

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Capitolo 16
*** Promesse da mantenere ***


«Ti vedo pensieroso, capitano. Emozionato per la grande finale?»

Rob interruppe il corso dei suoi pensieri… tutti a senso unico e, per una volta, non erano incentrati sull’imminente partita. 
 
«Diciamo di sì» rispose lui, sconcertandolo «Rob, la mia testa è altrove e non dovrebbe essere così. Non oggi!»

«Cosa può esserci di più importante che sconfiggere il Brasile, Holly? E poi per te dovrebbe essere ancora più emozionante, visto che è guidato da Roberto.»

«Patty» disse solamente.

Già, lei e sempre lei. La sera prima l’aveva tenuta tra le braccia e baciata come se ne andasse della sua vita.
 

Quella mattina, a colazione, lei gli aveva a malapena sorriso e lui non aveva capito il motivo, fino a che non lo aveva intercettato da solo e messo all’angolo – letteralmente, visto che l’aveva spinto contro un muro ben nascosto a occhi indiscreti – si era denudata la spalla, guardandolo truce.
Lui aveva sorriso sornione, alla vista del segno che le aveva lasciato.

 
«Te l’ho detto che sei mia!» le aveva risposto sfiorando il suo ricordino con un dito «e ora copriti o, se ieri sera ti ho vista mezza nuda e ti ho lasciata andare, questa mattina completo l’opera. O è proprio quello che vuoi?»

E lei, per tutta risposta, aveva tentato di schiaffeggiarlo. Peccato che lui, una volta bloccata la mano, l’avesse tratta a sé e baciata.
 
«Un piccolo portafortuna per me, un piccolo promemoria per te» le aveva detto a bacio concluso.

E poi l’aveva lasciata lì, con gli occhi sgranati, sicuramente a chiedersi come era potuto succedere, mentre la punta della sua lingua faceva capitolino su quelle labbra tentatrici e si  portava una mano a coprirle. Erano stati dei gesti così spontanei e rivelatori che avrebbe voluto riprendere da dove si erano interrotti e al macero tutto il resto, partita compresa.

 
E ora era lì, fisicamente nello spogliatoio, ma mentalmente altrove. E c’era ancora la questione del tiro preferito di Patty da risolvere. Non l’aveva ancora capito e di lì a qualche minuto avrebbe dovuto fare il primo dei due goal che le aveva promesso.

 
«Se segnerai due goal, ciascuno nei primi cinque minuti dei due tempi… allora potrai baciarmi, altrimenti te lo scordi.» … «Mh, mi piacciono tutti a dire il vero, ma visto che me lo chiedi… sì, dovrai usarne uno in particolare, giusto per complicarti un po’ le cose. Il mio preferito. Lo sai, vero, qual è?»

E lui aveva mentito, così ora si ritrovava confuso e indeciso.
 
«Hutton!»

Qual era quel tiro, dannazione.
 
«Hutton!»

Ma perché non aveva mai prestato attenzione alle sue reazioni ai suoi tiri, perché!
 
«Insomma, Hutton! Dove cazzo sei stamattina, sulla luna, per caso?»

La voce dura di Mister Gamo interruppe il corso dei suoi pensieri. Si riscosse e si guardò in giro, ma che avevano tutti? Perché lo fissavano così?
 
«Glielo dico io dov’è. Con la nostra manager capo, appartati a baciarsi!» rispose per lui Johnny.

«O in mezzo al campo, come ieri sera» rincarò la dose Ted.

«O a fare pucci pucci come ieri mattina in cucina» gli diede il colpo di grazia Bruce.

Cazzo, li avevano visti.
 
«Hutton, vedi di lasciare fuori i tuoi ormoni impazziti dall’incontro di oggi, intesi? Non voglio distrazioni, non voglio errori. Voglio vincere, come tutti voi. Dobbiamo vincere, tu sei il capitano e ci servi, chiaro?»

«Chiarissimo. Non succederà più, promesso.»

«Lo spero bene. Senti, lo so che questa partita è particolarmente importante per te, per via di Roberto Sedinho, ma abbiamo bisogno anche della tua testa in campo, non solo dei tuoi piedi, ok?»

«Sì, ok, ricevuto» rispose e poi aggiunse «em… ragazzi… chi di voi mi passerebbe il pallone dopo 4’ dall’inizio? Alto, possibilmente.»

Quella richiesta sconcertò tutti.
 
«Cos’è questa novità adesso?» gli chiese il mister, improvvisamente allarmato.

«Voglio mandare un messaggio ai nostri avversari e specialmente a Roberto» mentì «e so che per farlo, bisogna fare qualcosa che non si aspetta. E un tiro, a 5’ dall’inizio, non lo calcola proprio, da me.»

Vide Mister Gamo pensarci seriamente e poi annuire.
 
«Voi due vi conoscete benissimo a vicenda, quindi mi fido del tuo giudizio. Anche se tu hai un vantaggio su di lui. Vuoi sapere quale?» aggiunse poi vedendosi fissato da tutti con curiosità «Tu sei cresciuto, Hutton. Professionalmente non sei più quello che lui ha lasciato indietro anni fa e neanche quello che ha allenato in Brasile per un paio d’anni. Sei un calciatore completo e, per quanto lui possa conoscerti, non sarà mai interamente.»

Aveva ragione. Perché non aveva pensato a una cosa così semplice. Si era concentrato solo sul migliorarsi per non deludere le aspettative del suo vecchio mentore, e invece… finalmente una buona notizia. Sorrise tra sé e non solo per quello, ma anche perché non era quella la vera motivazione che lo spingeva a tentare un goal fin da subito. Chissà cosa avrebbero detto tutti, se avesse detto la verità. Rise piano e finse di allacciarsi gli scarpini, era ora di entrare in campo.
 
 
 


 
«Scusate, posso sedermi accanto a voi o è occupato?»

La voce di una ragazza sul metro e sessantacinque, abbronzata e muscolosa, riscosse le ragazze dal loro chiacchiericcio. La ragazza dal bel viso che aveva parlato, aveva i capelli castani corti, tagliati in maniera sbarazzina ed enormi occhi marrone scuro. Era vestita come i calciatori, con le maniche arrotolate e un pupazzetto portachiavi con le sembianze di Mark appeso alla borsetta a tracolla.

Ed ecco un’altra fan alla quale si spezzerà il cuore, pensò Patty, rendendosi conto che anche le amiche si erano dette la stessa cosa.

 
«Certo, siediti pure qua con noi. Piacere, noi siamo le manager della Nazionale e tu sei…?» le chiese.

«Maki! Maki Akamine, piacere.»

«Ciao», risposero in coro prima di presentarsi.

Quella ragazza sembrava felice di conoscerle, come se qualcuno le avesse parlato di loro e, dopo tanto tempo, finalmente le incontrava.
 
«Carino il tuo portachiavi, originale. Ma dove li vendono? Ce ne ha uno anche il nostro Mark» le disse Susie.

E lei, candidamente rispose…
 
«Lo so, l’ho fatto io e gliel’ho regalato l’altro giorno.»

… lasciandole a bocca aperta e occhi sgranati.
 
«Oh, eccoli, stanno entrando» disse loro e poi urlò «forza ragazzi, fategli il culo a strisce a quei brasiliani! Avanti Mark fatti valere! Che c’è?» disse poi sentendosi osservata.

«Sei fantastica, una forza!» le disse Patty «Sei come me.»

«Confermiamo» risposero in coro le altre manager.

«E così ora abbiamo due pazzoidi, invece di una. Evviva!» sentenziò una sarcastica Amy.

«Oddio, Mark ti ha guardata Maki e… e ti ha… sorriso, fatto l’occhiolino e… il pollice su?» esclamò Susie «Ma chi sei tu, per lui, veramente?» chiese a nome di tutte che, avendo notato gli stessi gesti dell’attaccante, ne erano rimaste basite.

«Io? Oh, ma allora davvero non vi ha detto nulla per farvi una sorpresa. Che caro, dolce, tesoro.»

«Caro, dolce, tesoro?» ripeterono in coro «Mark?»

«Sì, è sempre così premuroso con me. Anche per questo lo amo da impazzire.»

«Che cooosaaa?» esclamarono nuovamente tutte in coro.

«Ma voi parlate sempre tutte insieme? Che stranezza. Be’… guardiamoci la partita, ok? Le spiegazioni lasciamole a dopo» e poi, quella strana tipa, si concentrò sulla partita.

Sì, aveva ragione lei e poi… Patty era ansiosa di vedere se Holly avrebbe mantenuto la promessa o meno e, soprattutto, se sapeva realmente il suo tiro preferito. Era stata bastarda, lo sapeva, ma aveva voluto rendergli le cose difficili.
 
 


 
«Holly, è tua!»

Mark gli aveva fatto il passaggio che tanto aspettava, finalmente, fingendo un tiro in porta che spiazzò il portiere avversario. Il tiro colpì la traversa alta e schizzò alto nel cielo e lui lo raggiunse senza esitazione. Fece una rovesciata in aria e insaccò la palla nell’angolo alto a destra, alle spalle del portiere brasiliano.
Lo stadio esplose in un boato assordante e i suoi compagni lo raggiunsero per stringerlo. Tutti si aspettavano che guardasse verso la panchina avversaria e invece, fissò gli spalti, cercò Patty e le sorrise, mostrandole il dito indice alzato.
Mentre rientrava nella metà campo giapponese, lanciò anche uno sguardo veloce a Roberto e lo vide paralizzato dallo stupore.
Mossa inaspettata, vero? Scommetto che adesso inizi a preoccuparti sul serio. E non hai ancora visto niente! Nessuna pietà, siamo in guerra per la coppa finale… e quella sarà nostra, sarà del Giappone!, pensò passando oltre.

 
«Capitano» gli disse Tom una volta rimasti solo sul dischetto «tu non volevi fare un goal per avvisare Roberto, vero? Ma per Patty. Te l’ha chiesto lei, giusto?»

«Per adesso io ho finito di dare spettacolo, Tom. Pensateci voi.»

«Come sarebbe a dire? Questa è la finale del campionato asiatico, Holly, non puoi prendertela comoda.»

«E chi ha detto che lo farò. Solo che lascerò segnare a voi, ora. Io mi riservo il quinto minuto del secondo tempo. Dio, spero solo fosse il tiro giusto.»

Se Tom era rimasto di sasso, poteva solo immaginare la faccia di Mark poco dietro di lui che aveva sentito tutto, a giudicare dall’esclamazione colorita che aveva sentito al suo indirizzo. Il primo tempo fu una battaglia, più che una partita. E terminò sull’ 1-1 con somma rabbia di Benji che non era riuscito a bloccare un tiro di Santana.
Negli spogliatoi c’era aria di apprensione e tensione.

 
«Mi dispiace ragazzi, ma proprio non sono riuscito a trattenerla.»

«No, Benji, hai fatto del tuo meglio. Il tiro di Santana era semplicemente imprendibile. Ma non dobbiamo perderci d’animo, anzi. Questo intoppo deve essere uno stimolo a fare meglio.»

«Hai ragione Holly. Per caso… vuoi che ti faccia un altro passaggio alto al quarto minuto? Sai, ho l’impressione che tu voglia rifare lo scherzetto di prima» gli chiese Mark.

«Sì, grazie.»

«Come?» dissero in coro gli amici.

«Holly, questa volta potresti rischiare un contrasto. Potrebbero mettere in conto questa tua decisione e…»

«Mister, non si preoccupi. Io devo farlo, capisce?» anche se non per il motivo che crede lei.

«Certo. Allora hai carta bianca e spero per te, che ti vada bene anche questa volta.»

Lo spero anch’io mister, lo spero anch’io!, pensò.
Poi, dopo qualche altro minuto di relax, rientrarono in campo.
 
 


 
«Incredibile azione del capitano Hutton che si sta portando rapidamente in posizione di tiro. Sono passati solo 4’ dall’inizio del secondo tempo, ma sta già pensando ad andare in rete. Lenders è pronto a passargli palla e ahhhh… ma era una finta! Lenders cambia idea all’ultimo e serve Becker che tira in porta e…. ahhhh nooo, era un passaggio alto per Hutton che vola – per la seconda volta in questa partita – e cerca la conclusione in rete. Ma ecco Santana, seguirlo in aria e opporsi al tiro. Tutto inutile, la potenza del tiro del capitano Hutton, spazza via il carioca ed è goooooalllll! Fantastica azione da vero campione, lo stadio intero urla il suo nome!»

Siii… e dueee! Holly riacquistò l’equilibrio e venne letteralmente travolto dalla squadra intera. Ma lui riusciva a pensare solo a una cosa… cercò a fatica Patty sugli spalti e le mostrò due dita, un sorriso impertinente sul volto.
Sì, amore mio, ho mantenuto la promessa, visto? Ora, tu, cosa farai?, pensò.

 
«Holly?»

Lui si guardò attorno e vide i suoi amici fissarlo con curiosità.
 
«Che stai facendo? Sono già due volte che guardi verso Patty e poi fai così con le dita» gli chiese Bob.

«Le sto solo ricordando che io ho mantenuto una parte della mia promessa e che ora sta a lei mantenere la sua.»

«Che cooosaaa? Promessaaa?» urlarono gli amici.

«Due goal al quinto minuto dei due tempi, usando la sua tecnica preferita tra tutte. Non ho ancora idea di quale sia, ma spero proprio di avere fatto centro.»

«Tu… tu non volevi lanciare un messaggio a Roberto, ma…» gli disse Philip, sconvolto.

«Ma a Patty!» concluse al suo posto Paul.

«Il mister non dovrà mai saperlo» intimò agli amici con voce dura.

«L’arrivo del vichingo ti ha messo il pepe nel culo!» gli disse Benji.

Holly li guardò, gli sorrise, poi si diresse nella loro metà campo e prese posizione.
 
«Tu sei tutto matto!» gli disse Mark quando gli passò vicino.

«No, solo determinato a farle ammettere quello che si rifiuta di accettare, ovvero che è pazzamente innamorata di me.»

«E pensi che questi due goal l’abbiano convinta?»

«No, ma quello che bramo ora… è vedere se sarà disposta a mettersi in gioco, davanti a tutti! Ma perché lei lo faccia… dobbiamo vincere a ogni costo. Allora, abbiamo bisogno di almeno altri due goal di stacco per stare al sicuro. Chi di voi vuole metterli a segno? Dobbiamo stracciarli, non mi accontento di questo risultato. Dovrà essere una vittoria schiacciante!»

E con quelle parole – che lasciarono i suoi amici radunati lì vicino, ancora più sconcertati – si concentrò nuovamente sul gioco.
 
 


 
Durante la pausa di quindici minuti tra i due tempi, Patty non era riuscita a parlare con quella misteriosa Maki, poiché era sparita a prendersi qualcosa da bere ed era tornata giusto in tempo per l’inizio del secondo tempo.

 
«Pattyyyy, Patty ha segnato ancora e… ehi, ma dove sei?»

«Come? Cosa dici, Amy?»

Non riusciva a crederci. Holly l’aveva fatto davvero. I due goal che gli aveva chiesto lui li aveva resi reali e… e… oddio!
 
«Ho detto che siamo passati in vantaggio e che Holly ha segnato con un’altra rovesciata e… ma non hai visto?»

Oh, sì, per avere visto, l’aveva fatto, eccome. Solo che non riusciva ancora a crederci e quel furbastro, entrambe le volte, l’aveva guardata contando i tiri con le dita. Il sorriso che le aveva appena rivolto poi… oh, oh!
 
«E adesso… che farai? Sta a te mantenere o meno la tua parte dell’accordo, giusto?» le ricordò l’amica.

«Cosa, cosa? Che accordo?» indagò Susie «Lo sapevo che ci nascondevate qualcosa, eravate troppo cospiratrici e dai discorsi che io e Eve abbiamo captato qua e là… sappiamo che c’è in ballo qualcosa.»

«Esatto, sputate il rospo!» intervenne l’altra.

«Be’… se i ragazzi riusciranno a vincere il titolo… la signorina qua vicino a me…» confessò a quel punto Amy «bacerà – ma ancora è indecisa – il nostro capitano, davanti a tutti!»

«Comeeeee?» risposero in corso le due amiche.

«Amy, ha segnato sì, ma non ha ancora vinto e poi sai che non voglio umiliare Steffen così. È vero, non sono fidanzata con nessuno dei due, ma sono così confusa al momento che… non lo so» rispose la capo manager.

«Be’, sbrigati a decidere, mancano 40’ di gioco circa!» le rispose lei.

E quei minuti passarono in fretta, troppo in fretta. Rob segnò il terzo goal con una rovesciata rasente il suolo che nessuno si era aspettato. Purtroppo, Leo riuscì a surclassare Benji su passaggio dell’attaccante carioca. Portiere che, incazzato nero per il secondo smacco subito, uscì dai pali una decina di minuti dopo e, affiancato da Philip e Julian, riuscì a portare il vantaggio del Giappone a quattro goal. Il quinto – e ultimo – portò la firma di Mark aiutato dalla Golden Combie che, all’ultimo, si fece da parte per permettere a lui di prendere di sorpresa il portiere avversario.
E così, con un meritato 5- 2, il Giappone si assicurò la vittoria del Campionato Asiatico.
Il momento era arrivato, doveva decidere, non poteva più rimandare. Ma cosa… oh! Improvvisamente Patty si illuminò, oh, sì… quella era la soluzione perfetta.
La premiazione fu emozionante e Patty pianse di gioia.

 
«Andiamo a festeggiare in campo? Se lo meritano» propose poi.

Mentre Eve quasi trotterellava giù dalle scale per raggiungere il tunnel, Amy la seguiva con più calma e quasi timorosa di ritrovarsi davanti a Julian che ora, giustamente, si aspettava il suo premio e Susie saltellava su se stessa tutta felice, ma Patty ormai la conosceva e capiva che c’era qualcosa a turbarla.
 
«Vieni anche tu, Maki?» propose alla ragazza «Dopotutto, il tuo Mark è là sotto in mezzo a tutti. Potrebbe fargli piacere vederti.»

Così scopriremo, finalmente, a che livello siete voi due, pensò.
 
«Posso? Oh, va bene, grazie» accettò prontamente quella saltando in piedi.

Il campo era invaso da giocatori, giornalisti, parenti e amici della squadra. Quando arrivò al campo, con Maki accanto, Roberto stava parlando con Holly e, di lì a poco lo lasciò.
Girando lo sguardo attorno a sé, Patty vide Eve incollata alle labbra di Bruce e Amy tra le braccia di Julian che sorrideva soddisfatto e ne aveva ragione, visto quello che l’attendeva. Susie stava parlando con Clifford che, dal canto suo, sembrava imbarazzato e che ben presto si defilò, lasciandola triste a guardarlo andare via, poi si girò verso altri giocatori e sfoderò il suo miglior sorriso mentre si congratulava con loro. Ma dai? Susie innamorata di Clifford? Allora ci aveva visto giusto e perché diamine quel cretino di un difensore la snobbava così. Quella sera ci avrebbe scambiato due parole.
Stava per raggiungere Holly – che dopo averla individuata la fissava con aria birichina e tentatrice – quando Mark, che stava parlando con lui, si bloccò a fissare la ragazza accanto a lei.

 
«Maki, che sorpresa!» le disse sorridendole apertamente.

Cosa? Ora lei non era più l’unica ad avere focalizzato l’attenzione sulla ragazza castana e su Mark.
 
«Ho deciso di accettare il tuo invito alla finale. Ho snobbato gli allenamenti di softball per te, almeno ringraziami come si deve» gli rispose quella senza troppi giri di parole.

E lui lo fece, sotto gli occhi stralunati di tutti, lasciò Holly e si avvicinò a Maki prendendola tra le braccia senza esitazione.
 
«Ti avviso che non sono proprio un fiore, in questo momento» la mise in guardia senza smettere di fissarla negli occhi.

«Come se fosse la prima volta e poi mi piaci anche così.»

«Sei sicura? Guarda che daremo spettacolo, anzi, lo stiamo già dando, mia cara. Non mi limiterò a un bacetto, ti avviso.»

«Lo spero bene. E spettacolo sia, tesoro.»

Poi, nello sbigottimento generale, lui la baciò con passione.
 
«Non ci posso credere» mormorò Patty «quella Maki non mentiva quando ha definito Mark… dolce e premuroso!»

«Wow, allora esiste veramente» disse Holly che l’aveva raggiunta «Ciao, amore mio. Sto aspettando!» le ricordò strizzandole l’occhio.

«Subito, grandissimo rompiscatole.»

E poi lo fece, lasciandolo di sasso e…
 


 
 
Deluso! Holly era decisamente deluso! Un bacetto sulla guancia? Ma stava scherzando?

 
«Patty? Mi stai prendendo in giro? Non era questo che volevo e tu lo sai.»

«Non abbiamo specificato il tipo di bacio, ma solo che avrebbe dovuto essere un bacio. E questo, mio caro, lo era.»

«Sono molto arrabbiato con te» le disse guardandola truce «alla fine hai ottenuto quello che volevi, no? Proteggere il vichingo da una delusione.»

«E tu hai ottenuto quello che volevi, no? Un bacio. Vedila così, almeno hai azzeccato il mio tiro preferito. La tua fantastica rovesciata. Dimmi, pura fortuna oppure lo sapevi veramente?»

«Non meriti neanche una risposta» le disse «oh, ma perché mi sono innamorato di te. Non poteva rimanere tutto come prima? Quando ti amavo in segreto, e ti ignoravo pubblicamente?» le confessò.

«Cosa? Tu… davvero tu… e allora perché cazzo…» iniziò a dirgli Patty.

Ma lui non voleva litigare, non lì e non voleva risponderle, non lì.
 
«Hollyyy! Holly! Oh, caro che bella partita! Sei stato fantastico. Ciao Patty, felice di rivederti.»

Sua madre lo raggiunse con Daichi e lo abbracciò a lungo, commossa e felice.
 
«Super fantastico, fratellone! Tu sai volare» disse Daichi abbracciandogli le gambe e facendolo ridere a quella battuta.

Lui lo prese in braccio e lo lanciò in aria qualche volta, con somma paura di sua madre e divertimento per il piccolo.
 
«Buongiorno signora Hutton, che piacere rivederla. Ne è passato di tempo. E tu, piccolo birbante? Non mi saluti?» disse poi accucciandosi davanti al piccolo di casa e allargando le braccia.

E subito il suo fratellino ci si tuffò, fortunato lui! Dopo qualche minuto di coccole, Patty lo lasciò andare e lui si diresse di corsa dai suoi compagni di squadra che gli fecero mille feste e complimenti.
 
«Dai, Holly, non avercela con me.»

Ma lui la guardò, truce.
 
«Parli facile tu. Praticamente stai tenendo il piede in due scarpe e non mi piace questa cosa. O io, o lui, Patty. E stasera sarà anche tra i piedi, che bello!»

«No! Stasera Steffen non ci sarà» gli disse.

Lui sgranò gli occhi dalla sorpresa, come?
 
«Ha deciso di non creare tensione e rovinare così un clima festoso. Un gran signore, vero?»

«Come no. La prossima volta che lo vedo, gli stendo il tappeto rosso sotto i piedi.»

La vide ridacchiare a quella battuta
 
«Ci rivediamo stasera alla festa, divertiti in famiglia» poi gli diede un altro bacetto veloce sull’altra guancia e andò a congratularsi con la squadra prima di andarsene.

Holly vide sua madre fissarlo pensierosa e le sorrise.
 
«Tesoro, non arrenderti. Ce la farai a conquistarla del tutto, vedrai. Se è destino che voi due stiate insieme, accadrà. E da quello che vedo, lei ti ama molto, ma ha paura e c’è qualcosa che la frena. Devi darle tempo e non farle troppa pressione. Ricordati cosa ti abbiamo consigliato io e tuo padre l’altro giorno» gli disse accarezzandogli una guancia. «A proposito… gli facciamo una telefonata?» ed estrasse il cellulare che lui prese.
 
 


 
«Stupida, stupida, stupida!» neanche a dirlo serviva a farla sentire meglio.

Era fuggita. Aveva trovato il modo per aggirare il bacio. Credeva di essere stata furba e invece… Holly si era arrabbiato, giustamente e lei…
 
«Non abbiamo specificato il tipo di bacio. Ma cosa avevo in testa! Il tipo di bacio, ma si può essere più patetiche di così? Lui ha giocato benissimo e si aspettava qualcosa di diverso e invece io...»

Lacrime silenziose presero a scenderle sul viso. Mesta tornò al ritiro, si chiuse in camera e pianse allo sfinimento e, quel che era peggio, poteva prendersela solo con se stessa.

“Craaaawling iiiiiiin my skiiiiin. These wooooounds they wiiiiill not heaaaaal”

Cosa… chi… Steffen! Scese dal letto e frugò nella borsa che aveva lasciato cadere per terra una volta rientrata. Oscar, che si stava facendo la zampicure sul letto di Eve, la guardò come se fosse impazzita del tutto. Se avesse saputo quanto poco ci mancasse...

 
«Pronto?» rispose con la voce rotta dal pianto.

«Patricia, tesoro mio, stai piangendo?» chiese la voce allarmata del nordico «È stato lui, vero? Giuro che vengo lì e lo gonfio!»

Pensiero carino, ma doveva chiarire le cose prima che degenerassero.
 
«No, tranquillo Steff, ho fatto tutto da sola e ora sto piangendo come una scema. Ma… cambiando argomento, perché mi chiami?»

«Perché volevo facessi i complimenti alla squadra da parte mia e perché mi manca non averti qui vicino, mi manca la tua voce e volevo sentirla. Solo avrei preferito fosse sorridente. Sicura che non è per colpa sua che piangi?»

«Oh, no, no, non preoccuparti. Domani ti spiego tutto. Mi manchi anche tu» gli confessò «a che ora vuoi che passi da te?»

«Non appena arrivi?» propose quello.

«Posso almeno appoggiare il borsone in casa o vuoi che lo porti da te?» gli chiese, ironica «Oh, Steff, sei un toccasana per il mio umore. Grazie.»

«Felice di esserlo. Fosse per me ti intercetterei al portone, o sulle scale, o in ascensore, per essere sicuro di non perdermi neanche un minuto di te, ma aspetterò che ti riassesti un pochino per me.»

Patty scoppiò a ridere.
 
«Non mancherò. E grazie per quello che hai fatto per la squadra. Avrei tanto voluto averti qui con noi stasera, ma rispetto la tua scelta.»

«Ci rifaremo domani, tesoro mio, vedrai. Questi due giorni senza di te sono stati lunghissimi, così ho avuto modo di pensare nel dettaglio come darti il bentornato e penso di esserci riuscito.»

«Sei sempre così dolce con me, che un giorno di questi mi verrà il diabete.»

«Te lo meriti. Tutto per te. Adesso ti lascio… sai, ieri ho fatto gli Skillingsboller, ma è passata a trovarmi Vanesia e… cavoli, sono spariti tutti in men che non si dica e così…»

«Eh, no, li voglio! Corri subito a rifarli.».

«Ai tuoi ordini, tesoro mio.»

«Ehi, spero per te che si sia accaparrata solo le brioche alla cannella» gli disse poi in tono malizioso.

«Ahahah… sì, puoi stare tranquilla, non è andata oltre… come abbiamo fatto noi!» le rispose abbassando il tono a un sussurro sensuale.

«Scemo» gli rispose ridendo forte. «Sei tremendo Steff, tu e il tuo modo tutto strambo per dirmi che vuoi baciarmi. Però mi hai risollevato il morale e ti ringrazio. Ora vado a conoscere il tuo team. A domani.»

«Conterò le ore. Divertiti, tesoro mio.»

Patty chiuse la comunicazione. Steffen era bravissimo a farla ridere.

«Ah, Holly, Steffen, cosa devo fare con voi due. Che situazione ingarbugliata. Devo essere proprio una stupida pazza» disse e poi rise alla frase di Mister Wow.

«Be', nessuno è perfetto» (A qualcuno piace caldo)

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Capitolo 17
*** Una festa piena di sorprese ***


La festa che si tenne quella sera fu bellissima. Era un peccato che Steffen non ci fosse, o avrebbe visto il successo ottenuto dal suo team. Però gliel’avrebbe detto la mattina dopo, quando sarebbe rientrata a Tokyo e l’avrebbe rivisto. Sinceramente non vedeva l’ora. Le era mancato.
Holly quella sera si tenne a distanza da lei e si comportò freddamente nei suoi confronti. Ma davvero aveva il coraggio di fare l’offeso per quel bacio? Incredibile. Se gli altri notarono quello strano comportamento, non lo dissero apertamente e lei li ringraziò per quello. Non sapeva più come fare con lui e forse la lontananza l’avrebbe aiutata a prendere una decisione definitiva. Però lei lo amava davvero tanto, oh che casino.
Maki e Mark furono, loro malgrado, l’attrattiva principale della festa e le battutine all’ordine dell’attaccate si sprecarono. La cosa divertente fu vedere Maki bistrattarlo e lui fingere di offendersi.
Quella ragazza era simpaticissima e a fine serata, ottenne il suo numero di telefono, per tenersi in contatto. Ancora non si spiegava come aveva fatto a innamorarsi della tigre, ma era successo e la cosa meravigliosa, era vedere come Mark la ricambiasse. Maki conquistò tutti, anche Benji e la cosa fece ingelosire Mark, dando vita a un siparietto spassosissimo.
Patty vide Eve sempre più vicina a Bruce e la cosa le fece immensamente piacere. Finalmente quei due si erano dichiarati – anche se non sapeva ancora bene quando era successo – e il loro amore si percepiva.
Amy, seppe da lei sul finire della festa, chiese una proroga di qualche giorno a Julian per potersi preparare al meglio e lui annuì con vigore, felice che la sua innamorata non si fosse tirata indietro. Fu lui stesso a confessarglielo, sollevato e imbarazzato.
Quella che ora le dava da pensare era Susie e la sua cotta a senso unico per Clifford. Ma poi era veramente così? Dal comportamento di lui era difficile capirlo. Patty si ripromise di rimanere in contatto con l’amica, anche se da lontano.

«Ragazze» disse loro una volta riunite tutte intorno, Maki compresa «che ne dite di fare un pigiama party da noi a Tokyo tra una settimana? Passeremo il week end insieme. Vi va l’idea?»

L’idea fu accettata con entusiasmo e si ripromisero di chiamare anche Jenny che, come disse loro Philip lì vicino, era andata a trovare la famiglia di sua madre in lutto per la nonna bis venuta a mancare tre settimane prima. Per quello non c’era alla finale, perché si trovava dalla parte opposta della nazione, in un villaggio sperduto e impossibilitata a rientrare, con sua somma rabbia.
Susie era curiosissima di incontrare la fantomatica Vanesia che tanto aveva colpito il suo immaginario e di rivedere Steffen, oltre che la loro abitazione nel quartiere più alla moda di Tokyo, che l’aveva sempre affascinata.
Nessuno, per fortuna, le chiese come mai stesse tanto alla larga dal loro capitano, dopo quei due giorni passati appiccicati e in versione “coppietta felice”. Lei non avrebbe saputo cosa rispondere.
Sul finire della festa, lui la chiamò.

 
«Patty, posso parlarti un attimo?»

«Certo, anche due» gli rispose col cuore in gola per l’emozione.

Ma quando lei lo raggiunse, lui la trascinò lontana dagli altri e portò in magazzino, dove tutto era iniziato. Appena chiusa la porta, la baciò con foga e lei non poté fare altro che assecondarlo e rispondere al suo assalto con uguale passione e forza. Non seppe quanto durò, ma la cosa certa fu che non appena terminò, lui le disse con il fiato corto e la voce roca:
 
«Questo era il bacio che volevo, non il contentino che mi hai dato.»

«Non era un contentino. Ti ho detto che non…»

«Non me ne frega un cazzo se non avevamo specificato. Tu sapevi cosa volevo e hai deliberatamente aggirato la cosa. E tutto per non offendere quel coglione nordico che ti ritrovi per vicino di casa e che domani ti avrà di nuovo a sua completa disposizione» le urlò.

«Steffen non è un…»

«Non nominarlo, evita, ci riesci? Mi dà sui nervi solo sentire il suo nome, mi manda in bestia!»

Cosa, cosa? Improvvisamente Patty ebbe un’illuminazione.
 
«Sei… geloso?»

«Sai benissimo che lo sono. Sono geloso marcio di lui!» le disse senza esitazione.

«Sentimi bene ora… tu, hai avuto anni per corteggiarmi, se davvero mi amavi come mi hai detto e non l’hai mai fatto. Anni! E precisamente quindici! Quindici fottuti anni Holly, in cui tu non hai mosso un dito, se non per mortificarmi. Era quello il tuo amore? Oh, scusa se non l’ho capito!»

«Patty…»

«No, non ho ancora finito» gli disse alzando una mano davanti a lui per bloccarlo e allontanandosi. «Hai un tempismo schifoso Oliver Hutton. Vieni a dirmi che mi ami e che sei geloso… e quando? Quando, guarda caso, nella mia vita compare un bellissimo e dolce ragazzo biondo che mi ha fatta sentire speciale, per la prima volta in vita mia. Ma tu no, eh, il grande campione non può accettare uno smacco del genere, vero? Vero?»

«Sai benissimo che non te l’ho detto per quello, ma perché lo sento veramente» ci tenne a precisare il calciatore. «Ti amo, meravigliosa creatura con lo spirito indomito di una guerriera. Quante volte devo dirtelo ancora prima che tu mi creda. Perché te lo dico solo ora? Perché sono un imbecille che ha capito in ritardo che non poteva perderti così. Ci è voluto il vichingo per farmi svegliare? Oh, sì, eccome. Quando mi hai detto che ti trasferivi a Tokyo, mi hai ucciso. Quando Amy mi ha detto che eri uscita con lui e ti ho sentito definire quel vostro appuntamento “Favoloso” mi hai ucciso ancora. Quando mi hai detto di averlo baciato più volte, mi hai ucciso una terza volta.»

Patty lo guardò e quello che vide nei suoi occhi la sconvolse: disperazione e amore. Oddio, Holly non stava mentendo, non le diceva di amarla per mandarla in confusione, ma perché lo pensava veramente.
 
«E ora mi scappi di nuovo e torni da lui. Sicuramente ti marcherà stretta e cercherà in tutti i modi di allontanarti da me. E io non posso fare nulla per impedirgli di vederti e frequentarti e questa cosa… è frustrante. La lontananza non gioca a mio favore.»

«Torni in Spagna?» gli chiese con filo di voce.

«Se o quando tornerò, amore mio, lo farò con te!»

E poi la raggiunse e la chiuse tra le sue braccia. La baciò nuovamente con foga e disperazione per lungo tempo, facendole mancare le forze e il respiro.
 
«Che dici… con me?» gli chiese una volta terminato il bacio.

«Senza non avrebbe senso» e poi aggiunse «d’accordo – se proprio non ne puoi fare a meno – frequentalo pure, bacialo pure, ma quando lo farai, spero tu abbia in mente solo un viso, il mio e in testa solo una voce, la mia.»

«Sei possessivo ed egocentrico» gli disse sorridendo suo malgrado.

«Sono totalmente, immensamente e disperatamente innamorato di te» ribadì accompagnando ogni parola con un bacio veloce «e sono geloso come non avrei mai creduto di essere capace di fare.»

«È tutta la sera che mi ignori e ora… questo! Io non ti capisco più.»

Lui, per tutta risposta, prese a martoriarle il collo di piccoli baci.
 
«Quanto sei sexy stasera, amore mio. È vero, ti sono stato lontano di proposito o non avrei tenuto le mani a posto e non solo quelle, quindi ora sto rimediando, in parte» poi le sussurrò all’orecchio «non mi vergogno a dirti che ti vorrei nuda e palpitante contro di me, e prima o poi accadrà, anche se non ora. Sarà bellissimo per entrambi lo so, anche se parecchio imbarazzante all’inizio.»

Oddio… davvero le stava dicendo che lui e lei… e che anche lui era… oddio!
 
«Sporcaccione! Ma… ma chi sei tu e dove hai nascosto il mio Holly?»

«Ahahah… e così ora sono diventato il tuo Holly?» le rispose facendola arrossire come una scolaretta. «È ancora davanti a te e ti sta guardando, apprezzando e… assaggiando e se non lo riconosci, è per colpa tua che lo trasformi in un maniaco ogni volta che è da solo con te.»

«Mi piace questo nuovo Holly, lo preferisco al vecchio» gli rivelò lei con un filo di voce rotta dall’emozione.

«Ahahah… buono a sapersi. La mia Patty» le disse prima di impossessarsi delle sue labbra per l’ennesima volta.

Dopo un tempo che le parve infinito, Patty riemerse da quell’assalto con le labbra formicolanti e ci passò la punta della lingua sopra, movimento che il numero dieci non perse.
 
«Finirà che non me le sentirò più e… oddio, come faccio adesso a ritornare di là come se niente fosse? Saranno così gonfie per colpa tua e dei tuoi baci infuocati che capiranno tutti cos’è successo. Oddio, che imbarazzo!»

«Ahahah… amore mio sei uno spasso. Grazie per il complimento, potrei dire la stessa cosa di te e non credere che io sia messo meglio. Comunque siamo via da un po’, due conticini se li saranno fatti.»

Era vero, non ci aveva pensato e d’istinto nascose il volto nel suo petto che sentì sobbalzare dalla sua risata profonda che le entrò dentro nell’anima e vi rimase. Poi Holly la scostò lentamente e la fissò negli occhi prima di dirle:
 
«Dì pure al vichingo, che io non ti lascio a lui e che può anche scordarsi un futuro con te, perché tu sei mia… mia… e di nessun altro, tantomeno sua. Ti amo alla follia signorina Patricia Gatsby e so che anche tu mi ami, lo sento e farò di tutto per fartelo ammettere.»

Poi la baciò nuovamente – insinuando le mani sotto il top argentato che indossava abbinato a dei jeans scuri – facendola impazzire dal desiderio. Il suo corpo reagì a quelle carezze e approfondì il bacio. Quando poco dopo Holly se ne andò, Patty si sentì vuota e incompleta.

 
 
 

 
«Clifford!»

Oh, no, eccola di nuovo. E adesso che cosa doveva fare?
 
«Susie» rispose lui «hai bisogno di qualcosa?» le rispose nascondendosi dietro un bicchiere di aranciata che svuotò e buttò via.

«Io… em… no. Volevo solo… cioè prima sei scappato e non sono riuscita a dirti quanto tu sia stato bravo in campo.»

«Bene, ora che me l’hai detto, ti ringrazio e ti lascio tornare dalle altre manager. Scusa, ma… devo andare a fare la valigia. Ciao, stammi bene e… ci vediamo al prossimo ritiro.»

«Sì, scusa se ti ho disturbato. Pensavo ti facesse piacere sapere che ho trovato il tuo gioco molto bello e che hai difeso bene la porta, ma vedo che non ti interessa saperlo quindi… va pure. Sarai stanco e io ti sto trattenendo con sciocchezze. Quindi, sì, ciao. Buon rientro a Nagasaki. Fa buon viaggio Clifford. Ciao» e poi se ne andò.

Tutto sommato era andata bene. Doveva solo varcare la soglia, salire le scale e non girarsi indietro. Proprio no. Non era il caso. E allora perché lo fece? E allora perché si sentì in colpa nel vederla uscire dalla porta finestra, con aria triste? Triste? Oh, andiamo. Susie non era mai triste ed era proprio una delle qualità che lo avevano colpito di lei.
 
«Sei un cretino»

Cosa? Chi diamine aveva parlato. E la risposta non si fece attendere quando gli arrivò uno scappellotto sul braccio.
 
«Patty, che vuoi? Non eri da qualche parte appartata con il capitano, tu?»

«Ah ah! Ma ora sono qui e ho visto tutto. Sei arrabbiato con lei? Ti sta antipatica? Ti dà sui nervi?»

«No, no e no. Solo che… senti, parlando chiaro, è carina, ma… la cosa finisce lì.»

«E perché?»

«Perché è meglio così. Ma l’hai vista bene? Può avere chi vuole, solo sbattendo quei suoi grandi occhioni scuri o sorridendogli. Ha conquistato Diaz con un solo sguardo e l’ho messo in guardia dal darle noie perché è nota la sua reputazione con il sesso opposto. Ma quello è un tipo caparbio e ha promesso di tornare. E lo farà. E la farà soffrire e questa cosa non mi fa stare tranquillo.»

«Ti piace! Oh, mio, Dio, tu sei attratto da lei. E allora perché diamine non glielo dici e la tratti come una pezza da piedi?»

«Oh, andiamo Patty. Solo perché tu sei innamorata, non significa che debbano esserlo tutti. Il mio voleva essere solo un complimento. Ma se devo essere del tutto sincero, bè allora ti spiego perché non mi spingo oltre con lei.»

«Sentiamo» lo incoraggiò lei sedendosi sulle scale e lui la imitò.

«Perché è fuori di testa! Tutta questa allegria da dove le viene? Dove la prende? Fa paura. E poi è insistente, la trovo ovunque e non so perché e la cosa mi fa imbestialire. È appiccicosa, fastidiosa e rompiscatole. Non mi piace la gente che mi sta troppo addosso. È inquietante, ok? Una persona che sorride sempre, per me, nasconde qualcosa ed è falsa. Non voglio avere attorno una così, specie se è una ragazzina già stramba di suo.»

Era anche terribilmente bella, sensuale e spontanea… ma questo non l’avrebbe mai confessato a nessuno, tanto meno a Patty. A dire il vero gli piaceva averla attorno, anche troppo, e proprio per questo doveva allontanarsi da lei, da Susie.
Improvvisamente sentì una porta sbattere, si girò verso il rumore e vide un’ombra correre via. Merda! Non sarà stata…

 
«Come ti dicevo prima, Clifford, sei un cretino!» sentenziò la manager capo con sguardo duro, prima di inseguire l’amica.

… e invece era proprio lei e sì, lui era veramente il re dei cretini!

 
 

 
Susie aveva il cuore spezzato di nuovo. Solo che questa volta era peggio della precedente. Almeno Holly glielo aveva detto in faccia che non era il suo tipo e lei aveva capito il perché, anche se non lo aveva mai confidato a nessuno, neanche alla diretta interessata, Patty.
Invece Clifford era stato così… così scortese con lei.
Dopo essere stata liquidata da lui, aveva deciso di schiarirsi le idee e prendere una boccata d’aria, così era uscita.
Sì, Clifford aveva ragione, dietro al suo costante sorriso e ai suoi modi sbarazzini e svampiti c’era qualcosa… una grande sofferenza e anni di solitudine. Ma nessuno lo doveva mai venire a sapere, per tutti lei era Susie la svampita e tale doveva rimanere.
Fare la manager della New Team prima e della Nazionale poi, l’aveva aiutata e fatta uscire dal suo guscio. Fin da subito era entrata in sintonia con i ragazzi e la cosa era già strana così.
Il rifiuto di Holly l’aveva delusa, ma era comunque andata avanti, facendosene una ragione e poi…

 
«E poi sei comparso tu.»

La prima volta che l’aveva visto stava sugli spalti assieme al suo amico e compagno di squadra Sandy, che ora militava con lui nella Nazionale. Era venuto a spiare una partita di Holly e, avendo scorto sua cugina Eve si era avvicinato a lei. Purtroppo, era rimasto incantato da Patty – che all’epoca vestiva femminile, anche se non sarebbe durata ancora per molto – ma lei non ci aveva badato, tutta presa da Holly com’era.
La seconda volta stava entrando in campo per giocare contro la Nankatzu. Tutti l’avevano criticato per il suo gioco duro e decisivo, ma a lei era piaciuto e l’aveva ammirato.
Clifford, con la sua stazza imponente, la sua bravura e il suo essere apparentemente duro… l’aveva conquistata all’istante. Ma, memore dell’esperienza passata, era stata zitta.
Bando ai ricordi, doveva riprendere il controllo di se stessa e ricominciare, nuovamente.
Dopotutto non aveva fatto nulla di male, se non cercare un po’ d’amore, giusto? Era destinata a stare sola. Aveva ragione sua zia? Lei era un impiastro fastidioso che non avrebbe mai combinato nulla di buono nella vita e sarebbe rimasta zitella? Una zecca che nessuno voleva avere intorno e tanto meno amare? Si rifiutava di crederci, eppure…
Non poteva stare via per molto, tutti si sarebbero chiesti dove fosse finita, ma quando fece per tornare sui suoi passi una voce la bloccò.

 
«Ah, eccoti qua» esordì Patty raggiungendola «ma cosa ci fai qua accucciata dietro il cassonetto?»

«Rifletto» rispose lei semplicemente «e qui ero sicura di non essere disturbata. Ma a te è impossibile farla» le disse asciugandosi in fretta le lacrime e sorridendole.

«Allora ti faccio compagnia.»

Cosa? No! Troppo tardi, Patty si era già seduta.
 
«Ci hai sentiti!» esordì l’amica e lei annuì. «È ufficiale, Clifford è un cretino.»

«No, lui ha ragione. Io non so mai stare al mio posto e risulto fastidiosa e… tutte quelle altre cose ha detto.»

«Non è vero e lo sai anche tu» la smentì lei, scuotendo la testa con vigore «da quanto tempo ti piace?»

Quella frase la spiazzò.
 
«Non mi piace» asserì e poi bloccò la protesta di Patty sul nascere «forse la cosa ti sconvolgerà, ma io lo amo proprio.»

«Che… che cos… hai ragione sai? Mi hai spiazzata. Wow.»

«Già, wow. All’inizio mi piaceva solamente, ma poi ho iniziato ad amarlo e questo da circa un paio d’anni.»

«E…»

«niente, Patty, l’hai sentito anche tu cosa pensa di me, no? Ecco, non mi sembra il caso di insistere più.»

«Ti arrendi così? Tu? Mi deludi!»

«Sono stanca di combattere sempre contro i mulini a vento. Domani tornerò a casa dei miei zii e tutto ricomincerà come prima. Sarebbe un sogno abbandonare per sempre quel branco di senza cuore, ma non posso permettermi neanche un monolocale.»

Aveva parlato troppo, lo sapeva, ma si sarebbe fermata lì.
 
«Vieni a Tokyo con noi» le propose Patty «Amy ne sarà felicissima. Non so perché non vuoi restare dai tuoi zii e non mi interessa, ma se vuoi un posto per dormire… da noi c’è. Certo, è un divano letto, ma è meglio che niente.»

Susie era spiazzata, non si aspettava una proposta del genere.
 
«Davvero? E posso usarlo? No, perché dagli zii ho un futon, ma è loro e di certo non me lo faranno portare via, lo butteranno piuttosto che utilizzarlo dopo di me, ma non si azzarderebbero mai a regalarmelo.»

«Che cosa? Non ho parole, ma che razza di persone sono questi zii che hai.»

Patty era giustamente scandalizzata da quelle frasi, ma non poteva certo sapere tutta la cruda realtà in cui lei viveva dall’età di sette anni in poi.
 
«Io ho una proposta migliore.»

A parlare era stata Eve che con le altre manager e la nuova arrivata Maki, le avevano raggiunte. Quel nascondiglio stava diventando troppo affollato.
 
«E quale sarebbe?» l’interrogò curiosa.

«È presto detto. Per il momento ti appoggerai a casa mia, ma non sarà per molto. Se ho visto giusto e ho sentito bene poco fa, sei innamorata di mio cugino Cliff, vero?»

Lei non rispose, troppo imbarazzata per pronunciare quell’ammissione davanti a tutte. Ma Eve non si diede per vinta e continuò.
 
«Molto bene. Visto che il tuo sogno è avere un appartamentino tutto per te… ti informo che io ne ho giusto uno che fa al caso tuo. Solo che devi essere disposta a trasferirti lontano da qui, te la senti?»

«Come… ne hai uno per me» le chiese lei con stupore.

«Certo. È un bilocale in una palazzina di due piani, molto carina e di proprietà della famiglia di mio padre. Lì vorrebbero mandarci a vivere me, ma io non ci penso neanche a trasferirmi lontano dal mio Bruce. Non ti chiedo nulla di affitto, solo di farti carico delle bollette, ma con i pannelli solari che hanno installato recentemente, sono praticamente nulle. Ho solo una condizione da porti.»

«E sarebbe?» risposero tutte insieme le amiche.

«Sopportare il tuo nuovo vicino di casa.»

Quella richiesta la lasciò meravigliata e come lei tutte le altre, realizzò guardandosi attorno. Era davvero disposta a trasferirsi lontano da Nankatzu, dai suoi zii e dai loro tremendi figli? Era davvero disposta a conoscere persone nuove e ad avere un vicino di casa insopportabile? La risposta era una sola, capì.
 
«Sì, Eve, lo farò. Sono pronta a incominciare una nuova vita.»


 
 
 
Il telefono principale suonò proprio mentre Holly ci stava passando vicino. Ma chi diamine era che chiamava a quell’ora?

 
«Pronto? Sede della Nazionale Giapponese di calcio» rispose «parla il capitano Oliver Hutton.»

«Oh, Oliver, cercavo proprio te. Volevo farti i miei migliori complimenti per la meritata vittoria.»

«Grazie, ma chi è lei scusi?»

«Ahahah… e dire che ci siamo visti pochi giorni fa. Sono Nozomi, la…»

«… la nonna di Patty, ma sì, certo. Buonasera, che piacere sentirla.»

«Ricambiato. Ero qui in camera, a Venezia, dopo un riposino pomeridiano molto breve e ho ricevuto un messaggio entusiasta di mia nipote con la bella notizia. Mi sono detta... devo assolutamente chiamarli.»

«La ringrazio ancora a nome di tutti. Girerò il suo messaggio alla squadra.»

«E dimmi, come va con mia nipote?»

Eccola la domanda da un milione di dollari… e ora cosa doveva dirle?
 
«Bè, futuro marito, hai perso la lingua?»

Futuro marito! Sì, quelle parole gli piacevano molto.
 
«Lei è sempre convinta che finirà così, vero?»

«Lei – la mia Patty carissima – ti ama, ma è troppo cocciuta, testarda e orgogliosa per ammetterlo. Assomiglia a me e quindi lo so bene. Allora?»

«Sì, ne sono convinto anch’io, che mi ami intendo e sto facendo di tutto per farglielo ammettere. Ma lei domani torna a Tokyo e lì c’è quel… vichingo dei miei stivali.»

«E ci sarai anche tu!»

«Come? Signora Noz…»

«Nonna, per te» lo corresse quella.

«Em… sì, ok, grazie. Nonna Nozomi, non è possibile questa cosa. Vuole che la pedini e mi accampi da qualche parte per saltare fuori quando meno se l’aspetta, forse? Io amo sua nipote, ma lo stalker non lo faccio.»

«Ahahah… che caro ragazzo sei e anche spiritoso. Patty mi ha detto che giochi nel Barcellona, in Spagna. Fantastica città, ci andai in viaggio di nozze e ci tornai per il venticinquesimo. Devi forse tornare lì?»

Che cosa stava cercando di dirgli?
 
«Come ho detto stasera a sua nipote – che, le farà piacere sapere, ho baciato varie volte senza che si sottraesse e senza ricevere schiaffoni – senza di lei non torno!»

«Benissimo, facciamo progressi vedo. Continua a baciarla mio caro nuovo nipote e futuro marito, fallo più che puoi.»

«Sarà un piacere» ma stava veramente parlando di quello con una simpatica e stramba vecchietta? «Cosa intendeva prima dicendomi che ci sarò anch’io a Tokyo?»

«Holly, caro, hai tempo? Perché adesso nonna Nozomi ti dirà una cosa bellissima!»

E poi lo fece e quando chiuse la comunicazione, svariati minuti dopo, Holly scoppiò a ridere di gusto!

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Capitolo 18
*** Piccoli tranelli d'amore ***


«Mister Wow, andiamo? Guarda che io, Oscar e Amy siamo pronti da un pezzo!»

Ah, quel pappagallo… l’avrebbe portata alla follia in poco tempo, già lo sapeva. E avevano davanti un mese da passare insieme.
 
«Non vuole entrare nella voliera?» le chiese Holly.

«Macché! Fa lo show, come suo solito, ma poi capitola.»

«Lo adoro, mi mancherà» le confessò.

«Bè, puoi sempre venire a trovarlo» propose lei arrossendo un poco e facendolo ridere.

«Molto volentieri, amore mio» rispose lui posandole un lieve quanto dolce bacio sulle labbra. «Posso vedere anche la sua nuova padroncina a tempo?» le disse poi strizzandole l’occhio.

Ah, il furbastro. L’aveva messa con le spalle al muro e le si era piazzato davanti, nascondendola alla vista degli amici che entravano e uscivano dal salone e poi le aveva rubato un bacio leggero e rapido, troppo rapido, dannazione. Avrebbe voluto di più, si rese conto in quel momento.
Per stemperare l’attimo, si schiarì la voce e poi urlò, per l’ennesima volta:

 
«Mister Wow, non lo ripeto più» prese un sacchettino dalla tasca e lo scosse «se non ti fai vivo, giuro che questi semi di girasole che ho qui, finiscono in pattumiera, chiaro?»

Mister Wow – che non era stupido e amava quella cibaria e che da circa venti minuti svolazzava per la struttura facendo ridere tutti – decise che era arrivato il momento di palesarsi, era infatti sparito in camera e non intendeva muoversi da lì.
Arrivò passando in mezzo a tutti con fare aggraziato che incantò chiunque lo stesse guardando e poi…

 
«Oh, ma dai, sei serio?» gli disse.

«Ahahah… mi sa che preferisce me» gli disse Holly che ora aveva il pennuto sulla spalla dove era atterrato «ciao meraviglia, ci vediamo presto, ok?» e lo accarezzò sul petto con  delicatezza.

«Puoi giurarci, amico. Leviamo le tende miei prodi. Asta la vista. È stato bello finché è durato. Dopotutto, domani è un altro giorno!»

A quell’uscita del pappagallo, l’intera Nazionale scoppiò a ridere e Mister Gamo, dal canto suo, lo nominò Mascotte ufficiale.
 
«Se non la smetti di blaterare ti chiudo il becco, intesi? Ci mancava solo un mix dei film adesso. Ah, lui e la sua passione.»

«E dai Patty, è uno spasso e poi…» disse Amy avvicinandosi al pennuto che era ancora in estasi per le coccole del capitano «a casa ne abbiamo tantissimi e tu puoi guardarli tutto il giorno se vuoi. Ma non quelli Horror, quelli te li scordi.»

«Eh, certo, ci mancherebbe solo che poi, nel bel mezzo della notte, senti qualcuno dire…  Vuoi giocare con me? o anche Sette giorni, solo sette giorni! oppure che so Vedo la gente morta… ma loro non sanno di esserlo!»

«Ok, basta, basta, non dirne più per favore» la bloccò l’amica tappandole la bocca «Dio, mi hai già messo strizza così, figurati se dovesse davvero succedere che li ripete di notte… brrrr! No, davvero, io non so come faccia a piacerti certa roba, a me è bastato vedere La finestra sul cortile per restare sveglia tutta la notte e guardarmi le spalle il giorno dopo.»

«Esagerata e io che volevo farti vedere l’intera filmografia di Hitchcock» rispose quella spostandole la mano e tornando a respirare.

«Passo, passo, ma grazie per il pensiero» declinò in fretta la rossa.

«Fifona!» le rispose facendole la linguaccia.

E quella parola, oltre allo scambio di battute, provocò un nuovo scoppio di ilarità. Poi Patty riportò l’attenzione sul pappagallo.
 
«E va bene, vorrà dire che andrai a casa di Holly e ci rimarrai fino al ritorno della nonna, io mi porto solo Oscar a Tokyo» disse rivolta al pennuto. «Peccato, sai? E io che ti ho ordinato una vaschetta per farti il bagno, nuova, nuova. Ha anche un bellissimo rubinetto giallo. E tu adori i rubinetti, giusto?» disse salutandolo e girandogli le spalle «Amy, andiamo pure.»

Patty prese la voliera aperta e la tenne intenzionalmente lontana da sé, mentre fingeva di uscire.
Improvvisamente, tra le esclamazioni generali, Mister Wow spiccò il volo e si infilò al suo interno, atterrando delicatamente sul trespolo e subito partirono i complimenti e gli applausi con annessi fischi, che lui accettò inchinandosi più volte in tutte le direzioni.

 
«Sei un attore nato, tu e pure esibizionista» gli disse Patty chiudendolo dentro.

Poco dopo lo strano quartetto lasciò il ritiro, tra i saluti degli amici, la commozione delle amiche e di Julian e Holly che erano riluttanti a separarsi da loro. Patty ricordò a Maki – che si era trattenuta con loro – di farsi viva spesso e le promise di chiamarla per organizzare la loro festicciola tra donne. Subito dopo, uscirono.
Tokyo, sto tornando!, pensò Patty con uno strano velo di tristezza nello sguardo.

 
 

 
«E tu la lasci tornare dal vichingo così? Senza fare nulla per trattenerla?»

La voce di Julian interruppe i pensieri di Holly. E quando lo fissò per rispondergli che ora non era affatto preoccupato e perché, si trovò tutta la squadra a guardarlo, manager comprese.
 
«Dico, non sembri uno che ha appena gettato la ragazza che ama tra le braccia di un rivale del genere» esordì Bruce.

«In effetti sei fin troppo tranquillo e la cosa è parecchio strana» intervenne Bob.

«Non è uno da sottovalutare quel Steffen, non puoi dargliela vinta così. Ha in mente qualcosa, di sicuro» gli disse Paul.

«È pericoloso per voi due» intervenne Ted. «L’hai visto, Holly, l’abbiamo visto tutti. È bello, simpatico, ma anche deciso e combattivo.»

«Tu lo sai, vero, che avrà libero accesso alla tua innamorata e a qualsiasi ora?» gli domandò Benji «Baci, abbracci, corteggiamento spietato…»

Holly guardò i suoi amici così sinceramente preoccupati per lui che quasi si commosse.
 
«Oh, sì, che lo so. Che faccia pure. Anzi, gli auguro buona fortuna.»

«Che cooosa?» ripeterono ancora in coro.

«Ma sei uscito fuori di senno?» saltò su Mark «Se qualcuno ci provasse deliberatamente con la mia Maki, gli cambierei i connotati così tanto che neanche sua madre lo riconoscerebbe. Altro che buona fortuna

«Grazie caro, è il minimo che mi aspetto da te. Perché io, al posto tuo, non mi limiterei certo a quello» gli rispose quella facendolo ridere di gusto.

Certo che vedere Mark innamorato era insolito e a tratti inquietante, ma si vedeva che i sentimenti che nutriva per quella Maki erano sinceri e profondi. La tigre aveva trovato una che gli teneva testa, finalmente e non sembrava dispiacergli.
 
«Non conosco bene tutta la storia» gli disse lei «ma, da quello che dice Mark, sei uno che non si arrende e che trova sempre il modo per fare andare le cose come dici tu. Quindi, sono certa che hai un piano nascosto o non saresti così calmo e fiducioso.»

Ed era anche sveglia la ragazza. Lui le sorrise in risposta.
 
«Cioè, fammi capire bene» intervenne Julian «a te non importa se Steffen parte alla conquista di Patty? Perché sai che sarà la prima cosa che farà.»

«Sì, certo che lo farà, lo so benissimo questo. L’altra sera l’ha chiamata mentre eravamo insieme e le ha detto che l’aspettava in terrazza per un incontro in solitaria, per recuperare il tempo perduto con cioccolata e dolci. Una festicciola privata di bentornata.»

«Che coooosaaaa?» esclamarono ancora gli amici in coro.

«E… e tu lo dici senza problemi?» esclamò Philip a nome di tutti «Tu sai che quei due si vedranno da soli e chissà cosa potrebbe accadere tra loro e… e… non ti viene voglia di raggiungerli per poi spaccare la faccia al biondino?»

«Ma sì, non vi preoccupate. Ho tutto sotto controllo. Patty sa che non ho intenzione di desistere e che lui avrà vita breve. Che lo frequenti pure, se vuole, ma non sarà così facile!»

«Holly, inizi a farmi paura» gli disse Tom «e sono davvero molto preoccupato per te.»

«In che senso Holly?» gli chiese Ed «Che cos’hai in mente? Spiegati.»

«Non che cos’ho… ma che cosa abbiamo in mente»

Era riuscito a spiazzarli ulteriormente. Certo, l’idea che Patty incontrasse Steffen da sola non gli andava per niente giù, ma era più tranquillo dopo la telefonata della sera prima.
 
«Abbiamo… chi?» gli chiese Tom a nome di tutti.

«Io e nonna Nozomi!» poi vedendo che tutti lo fissavano con aria interrogativa specificò «la nonna di Patty!»

Li aveva lasciati tutti a bocca aperta.
 
«Siete in combutta? E quando cazzo le hai parlato!» s’informò Benji.

«Ieri sera al telefono. Voleva farci gli auguri per la vittoria e poi mi ha chiesto come procede con sua nipote. Abbiamo iniziato a parlare e… insomma, per farla breve, mi ha messo al corrente di un piccolo dettaglio.»

«E sarebbe? Non tenerci sulla corda!» gli disse Rob.

E quando glielo disse, dopo un attimo di smarrimento, scoppiarono tutti a ridere con lui.
 
«Quella donna è fantastica. Una continua fonte di sorprese. È adorabile!» disse Eve in preda alla ridarola.

«Ha un bel caratterino poi, uguale, uguale a quello della nostra amica» rincarò la dose Susie «piacerebbe anche a me assomigliare a loro due.»

«Da quella donna non mi sarei aspettato nulla di meno. È diabolica e molto furba» constatò Benji.

«Ehi, dopotutto io sono il futuro marito di sua nipote. Sono anche stato promosso a nipote a tutti gli effetti, prima del tempo e se non ci si aiuta tra parenti…»

E poi, lasciando i suoi amici piegati in due dal ridere, prese il suo borsone, li salutò e raggiunse casa dei suoi a piedi.



 
 
A poco, a poco tutti i ragazzi lasciarono la sede del ritiro, per riprendere le loro vite e le loro carriere da dove le avevano lasciate.
A Susie sarebbero mancati i suoi amici. Quello strano gruppo aveva da sempre il potere di farla sentire al sicuro e ben voluta, oltre che necessaria per il buon funzionamento della Nazionale.
Rimanevano solo lei, Bruce, Eve, Sandy e Clifford.

 
«Vi dirò, ogni anno so che arriverà questo momento e ogni anno soffro come se non dovessimo più rivederci» esordì il difensore.

«Harper, per una volta sono d’accordo con te» gli rispose Clifford.

«Clifford, andiamo? Rischiamo di perdere il treno» gli ricordò Sandy.

«Ma come… non passi a salutare gli zii prima di partire? A mamma e papà dispiacerà molto non vedere il loro nipotino.»

Era strano sentire parlare di lui come un nipotino, potendo vantare un’altezza di 185 cm ed essendo ben piazzato e, suo malgrado, a Susie venne da ridere.
 
«So per certa che ti volevano preparare il tuo piatto preferito per l’occasione» rincarò la dose Eve.

«Oh, ma che carini e che pensiero gentile. Clifford, non puoi rifiutare a questo punto, potrebbero offendersi» gli disse Susie con voce gentile «se non vuoi fermarti a pranzo almeno  passa a ringraziarli. Sono sicura che ne sarebbero felici, se non hanno molte occasioni di vederti.»

«Non ti intromettere ragazzina, non sono affari tuoi» gli rispose lui duramente, fulminandola con gli occhi. «Già mi hai stressato abbastanza durante questo periodo, non ti è bastato? Vuoi anche mettere becco dove non ti compete?»

«Clifford! Che modi sono questi, scusati subito con lei. Voleva solo essere gentile e non si merita un tale attacco da parte tua» lo riprese con durezza la cugina Eve.

«Scusa. Non era mia intenzione» rispose lei, mortificata e guardando per terra.

Susie era stanca di doversi sempre scusare per tutto e, suo malgrado, la frase del difensore la fece tornare con la mente al primo periodo in casa degli zii.
 

 
«Ci mancava solo accollarsi una stupida bimbetta di sette anni» stava dicendo sua zia al marito, senza preoccuparsi che lei era lì con loro «quel deficiente di mio fratello e sua moglie sono due incoscienti… il giro del mondo vanno a fare e questo essere qui li rallenta.»

«Non poteva lasciarla a casa dei tuoi?»

«Chi, quei due rincoglioniti con un piede nella fossa? Gli ho telefonato appena quei due ce l’hanno scaricata qui con la sua valigia rosa e non ne vogliono sapere. Che ne facciamo?  Dopotutto mio fratello ci ha lasciato una bella somma per gestirla.»

«La teniamo – dopotutto i suoi soldi ci servono – ma se pensa di fare la bella vita come prima, si sbaglia. Dagli uno dei vecchi futon che dovevamo buttare, l’alloggiamo nella stanzetta accanto al ripostiglio e…»

«Scusate zii…» aveva esordito lei con un filo di voce «io… ho fame»

 
Erano le 14 passate e lei aveva nello stomaco solo la colazione. Sua madre l’aveva alzata alle 6, sfamata in fretta e caricata in auto con la sua valigia già pronta. Il papà era già pronto alla guida e, non appena loro erano salite, aveva sgommato ed era partito. Da quando, tre ore dopo, avevano suonato al campanello degli zii e l’avevano lasciata lì davanti con una busta in mano, non li aveva più rivisti ed era preoccupata. I suoi zii non erano in casa quando lei era arrivata e così si era seduta sul gradino fuori dalla porta ad aspettarli… per quattro ore. Per fortuna a lei piaceva leggere e sua mamma le aveva messo dei libri nello zainetto e si era persa via insieme ad Alice e al Bianconiglio, a Biancaneve e… a tante altre principesse Disney.

«Aspetterai l’ora di cena, come tutti. Non si mangia fuori orario in questa casa. Dopotutto cosa vuoi che siano sei ore» le aveva riposto con cattiveria sua zia.

«Non ti intromettere ragazzina, non sono affari tuoi» le aveva urlato suo zio.

 
E da allora era iniziato il suo incubo giornaliero. I suoi erano spariti e non avevano mai cercato di contattarla. Ogni tanto si chiedeva se erano ancora vivi o meno, ma poi che importanza poteva avere saperlo? A casa degli zii non era mia stata la benvenuta e i suoi cugini gliel’avevano dimostrato varie volte, non poteva quasi parlare e si ritrovava a chiedere scusa sempre a tutti, per qualsiasi cosa. Aveva creato Susie la svampita per sfuggire a quella realtà e per sopravvivere. Ma ora, quella copertura, iniziava a darle noia e sapere che Clifford la giudicava solo in base a quello, era deprimente e mortificante.
 
«Susie? Susie, ci sei ancora?»

Eve la stava chiamando e quando si riscosse vide i volti dei suoi amici guardarla con preoccupazione.
 
«Come non detto. Che vi dicevo? Non è tutta lei» disse Clifford.

Non gli avrebbe risposto, ci sarebbe passata sopra come al solito. Ragion per cui sfoderò il suo miglior sorriso e ricacciò indietro le lacrime.

«Sì, scusa. Stavo… stavo pensando che è meglio che corra a casa degli zii a recuperare le mie cose, così poi ti raggiungo Eve, va bene?»

«Ok, ma… aspetta, vengo con te.»

«No!» disse troppo in fretta e ad alta voce «No, grazie, ma… ce la faccio benissimo da sola. Sembro fragile, ma sono forte io. Ci vediamo tra mezz’ora, ok?»

«Come vuoi, ma…»

«Clifford, ti chiedo scusa per essermi intromessa nella tua vita. Hai ragione, non è affare mio, ti prometto che non accadrà mai più. Ciao Sandy. Fate buon viaggio» e poi corse via.
 
 



E adesso cos’era preso a quella tipa stramba? Un attimo prima era fastidiosa e si era intromessa, nuovamente, nella sua vita e quello dopo pensierosa e triste, poi di nuovo allegra e poi sfuggente. Clifford non capiva più Susie.

 
«Il solito elefante nella cristalleria, vero cugino?»

«Ha ragione Eve, ci sei andato pesante con lei. Più del solito» intervenne il suo amico Sandy.

«Si può sapere cosa ti dà ai nervi di lei? Ha sempre una parola buona per tutti, è una mina vagante in quanto energia e fa’ di più di quello che le compete e tu… la tratti sempre da schifo! Di questo passo, la prossima volta, non la vedremo più al ritiro» lo riprese, senza mezzi termini, Bruce.

Già, perché continuava a trattarla così? Avevano ragione i suoi amici, dopotutto non aveva fatto nulla di male, se non suggerirgli di fare felici i suoi zii passandoli a trovare.
 
«Cos’è questa storia che viene da te con la sua roba?» chiese poi alla cugina, sperando di sembrare disinteressato «Ne hanno anche loro le tasche piene di lei e l’hanno buttata fuori?  E perché non vive con i suoi genitori? Vuoi davvero tirartela in casa e chissà per quanto?»

«Risponditi da solo, visto che sei così bravo a fare le congetture, caro il mio stupido cugino. E smettila di pensare sempre male di lei.»

«Sandy diamoci una mossa, come hai detto tu poco fa, rischiamo di perdere il treno» disse rivolto al suo braccio destro in campo e poi aggiunse, fissando sua cugina e prendendo per una spalla Bruce «vedi di farti viva ogni tanto, sai che i nonni ti aspettano sempre con piacere. E porta anche questo impiastro qua, così smettono di tampinare me su un mio ipotetico matrimonio e iniziano con te.»

Poi, senza aggiungere altro, se ne andò.
 



 
«Stupido, idiota! Ma adesso ti sistemo io!»

Così dicendo, Eve – sotto lo sguardo esterrefatto di Bruce – prese il suo cellulare e compose un numero ben preciso.
 
«Ciao nonnina cara» esordì «la settimana prossima passo a trovarti e porto due amici con me, sei contenta?... Sì, uno è un ragazzo, il mio e l’altra… nonna, puoi dire agli zii di dare una pulita all’appartamento vuoto?... Sì, quello da parte a Cliff, brava. Come? Perché? Ah, perché la mia amica si fermerà a vivere lì, al posto mio. Sai che io amo il caos e quella cittadina è troppo tranquilla per me. Oh, la mia amica l’adorerà vedrai. E sai una cosa, nonna? La conosce anche Cliff, ma ti raccomando di non dirgli niente se dovesse farti domande sulle grandi pulizie in corso. Voglio fargli una sorpresa… anzi, voglio farla a entrambi! Ahahahah. Ciao, a presto nonnina» e mise giù.

Quando alzò lo sguardo ancora sorridente, vide Bruce fissarla a bocca aperta e scoppiò a ridere ancora più forte, prima di infilare il braccio sotto il suo e tornare verso casa.

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Capitolo 19
*** Un rientro movimentato ***


«Non credevo che questo posto mi sarebbe mancato tanto in appena due giorni di lontananza.»

Patty era felice di essere tornata. Gettò il borsone per terra, sfilò le scarpe e appoggiò la voliera di Mister Wow sul tavolo, mentre Amy liberava Oscar dal trasportino – che subito si nascose sotto il tavolino – e andava in camera a portare il suo bagaglio.
Patty era confusa e stranamente agitata per essere tornata.
Patty aveva bisogno urgentemente di una doccia calmante e chiarificatrice.

 
«Ehi, voi due» disse poi ai nuovi inquilini pelosi e pennuti «questa sarà casa vostra per un po’. Esplorate e divertitevi, ma non fate danni, intesi?» e aprì la voliera.

Subito l’Ara uscì e volò per tutto il salone, andandosi ad appoggiare sopra il divano. Patty posizionò il trespolo lì’ vicino e si fiondò in bagno.
 
«Ehi, coinquilina, tutto bene? Ti vedo strana.»

Amy la raggiunse in camera una mezz’ora dopo, mentre era ancora avvolta nell’asciugamano, i capelli bagnati che ricadevano sulle spalle e un pettine in mano. Anche l’amica doveva essere appena uscita dalla doccia, a giudicare dalla vestaglia stretta in vita e dall’asciugamano annodato sopra la testa.
 
«Non lo so, Amy. Non mi spiego questo senso di angoscia e perdita che provo. Intendiamoci, sono felice di essere a casa, ma…»

«Ma ti manca Holly» concluse l’amica per lei.

«Impossibile. L’ho visto l’ultima volta qualche ora fa» rilanciò lei.

«A me Julian manca e anch’io l’ho visto nella stessa occasione.»

«È diverso. Tu e lui siete innamorati, siete una coppia. Io e Holly invece…»

«Siete innamorati e siete una specie di coppia, per come la vedo io» le disse sedendosi sul suo letto e poi aggiunse «e Steffen? Glielo dirai?»

Patty la guardò come se non avesse mai contemplato una cosa del genere e in effetti era così.
 
«Dirgli cosa, scusa?»

«Come… cosa? Patty, in questi due giorni, tu e Holly siete stati vicinissimi e complici. Vi siete avvicinati molto, vi siete baciati varie volte e…»

«Questo non significa che…»

«E vi siete innamorati follemente l’uno dell’altra» continuò lei come se non l’avesse sentita «prova a negarlo! L’hanno visto e capito tutti. Nonna Nozomi l’ha pubblicamente accettato in famiglia e non è poco, se permetti. Lei non fa e non dice mai nulla a caso. E non sbaglia su certe cose, mai!»

«Amy, per favore. Sono già confusa di mio… non...» poi s’interruppe per sedersi accanto a lei e prenderle le mani «senti, lo so che tu sei fan di Holly e che vuoi vedermi con lui, ma… sono io quella che vive tutta questa situazione in prima linea e al momento la mia testa è… pufff!» disse imitando uno scoppio con le mani.

«Be’ allora vedi di mettere ordine in questo… pufff, chiaro?» le rispose lei rifacendo il gesto e alzandosi.

«E dai Amy… ho bisogno di tempo per questo, lo sai. E… e la distanza da Holly potrebbe aiutarmi. Certo, mi ero abituata ad averlo attorno e mi mancherà. Lui, i suoi agguati, i suoi baci… questo!» le disse poi scostando i capelli dalla spalla e mostrandole il segno che le aveva lasciato.

Finalmente l’aveva lasciata senza parole. Amy aveva la stessa faccia che aveva fatto lei una volta scoperto il regalino del capitano.
 
«Ma… ma è quello che penso?» le chiese.

«Un succhiotto? Sì, lo è.»

«E quando… cioè… quando ha avuto il tempo di lasciartelo? Non ti ha fatto male?»

«La sera prima della finale e non me ne sono accorta fino al mattino dopo e, quando gli ho chiesto spiegazioni sai cosa mi ha risposto? Te l’ho detto che sei mia!» le rispose cercando di imitare la voce di Holly «Ma ti rendi conto?» poi, accorgendosi che l’amica aspettava ancora l’ultima risposta l’accontentò «No, Amy, niente dolore. Solo tanta eccitazione.»

Amy tornò a sedersi accanto a lei e fissò bene il segno sulla spalla.
 
«Be’, devo ammettere che Holly è davvero un grande stratega.»

«Che vuoi dire?» le chiese lei, incuriosita.

«Ma sì, Patty fa caldissimo in questi giorni e ti sarà impossibile nasconderlo al nostro Thor della porta accanto. I ragazzi erano troppo presi dal campionato per accorgersene e tu hai sempre messo top a spalla larga per non distrarli e anche ieri l’hai fatto, come tutte noi del resto. Ma…»

«Ma… che cosa?» l’incalzò lei.

«Ma ora puoi tornare alle spalline sottili e… cavoli, quelle non nascondono nulla. A Steffen basterà un attimo per accorgersene e Holly, questo, lo sapeva quando ti ha fatto questo lavoretto.»

«Oh, mio… ma che gran figlio di…. No, non posso dirlo, sua madre è un tesoro e non se lo merita. Ma quello è il concetto» esclamò lei, prendendo in mano la sveglia e scagliandola addosso al muro.

«Non dirmi che non ci avevi pensato! E comunque si sta impegnando davvero molto per conquistarti. Sarò romantica, ma io vi vedo sposati, con tanti bimbi e animali intorno.»

Ecco, adesso sì che l’amica stava esagerando. E ora si sarebbe vendicata.
 
«Em… Amy carissima, parliamo di te e di quel bel fustacchione che ti venera, ti ama e ti adora alla follia… Julian si chiama, dico bene?»
 
 
 


Ed erano arrivate al punto che lei preferiva evitare.

 
«Che… che vuoi sapere?» disse quella iniziando ad agitarsi.

«Perché hai rimandato il vostro… incontro amoroso? Quanti giorni ti servono per prepararti?» poi, vedendola arrossire come non mai continuò «Quel ragazzo è un santo, te lo dico io e ti aspetterebbe anche tutta la vita, ma, Amy… i suoi ormoni no, non lo sono!»

«Lo so, lo so e… e mi vergogno così tanto. Vorrei tanto gettarmi tra le sue braccia ed essere sua, ma…»

«Fallo, amica mia, fallo. Subito.»

Subito? Ma era impazzita? Aveva lasciato Julian poche ore prima e lui era diretto a casa dove ci sarebbero stati anche i suoi e…
Patty le mostrò il cordless di casa, recuperò il numero in memoria e lei lo fissò.

 
«Chiamalo, ora!» le intimò, con piglio deciso.

«Ma… potrebbe preoccuparsi e…»

«Fottitene se si preoccupa, anzi, gioca su questo. Fatti dire se è solo e va da lui di corsa.»

«A fare cosa?» domandò lei ingenuamente.

«Ah, non lo so. A giocare a Burraco come fa mia nonna con le sue amiche?» suggerì l’amica ironicamente.

Cosa? Lei voleva veramente che… le stava suggerendo di…
 
«Oh, nonononononono…. Sei matta? Dovrei saltargli addosso appena lo vedo, magari in versione maniaca del tipo che se apro lo spolverino, sotto sono nuda?»

«Ohhhhhh e finalmente ci sei arrivata!»

«Che cooooooosaaaaaa? Nononononono, no, no e no!» rispose perentoria lei.

«Chiamalo! Non è difficile… Oh, Julian, caro, sono io… la tua Amy, senti, sei solo? No, perché avrei una certa idea in mente e…» le suggerì con la voce in falsetto per imitarla e sbattendo gli occhioni.

«Smettila, non dire altro e poi io non faccio così» rispose lei tappando le orecchie e poi disse «in pratica dovrei fare la civetta al telefono e dirgli… Julian, tesoro, lo so che ci siamo appena lasciati, ma sento la tua mancanza terribilmente e vorrei tanto essere con te in questo momento per…»

«Anche tu mi manchi amore e anch’io voglio rivederti subito!» disse una voce dall’altra parte che la fece sobbalzare e arrossire allo stesso tempo.

Ah, questa me la paghi, Patty.
 
«Julian!» esclamò mentre l’amica se la rideva e la lasciava sola «Posso… posso venire a trovarti? Adesso? Se… se sei solo.»

Dopo un attimo di silenzio, dall’altro capo del filo, il suo innamorato scoppiò a ridere e poi le disse:
 
«Amore mio, sono solo. Lo sarò per due giorni a dire il vero e che ne dici di passarli con me? Ho voglia di tenerti tra le braccia e averti tutta per me, finalmente. Quanto ci metti ad arrivare?»

«Io… arrivo! Dammi il tempo di vestirmi e… cioè di… di infilarmi un vestito e… oddio, no cioè io…»

«Ahahah, Amy, ho capito. Sbrigati che sono in astinenza delle tue labbra» le disse e poi mise giù.

Che… che cosa era appena successo? Lei voleva… lui voleva… loro volevano… oddio, voleva davvero stare seduta mezza nuda sul letto di Patty a recitare il verbo volere? Doveva muoversi, ma prima…
 
«Tu» l’apostrofò spalancando la porta del suo bagno e… «ma che diamine stai facendo?»

«Ceretta!» rispose lei semplicemente mentre, seduta sul water con una gamba sulla vasca, si stava per strappare una striscia di cera.

«Perché?» chiese lei.

«Perché no? L’ho fatta due settimane fa, se non te ne sei accorta sono abbastanza scura e la ricrescita si vede subito, quindi corro ai ripari.»

«Ah… hai paura di scandalizzare Steffen, ho capito. Ahahah.»

«No, no» si affrettò a negare lei «però è vero che voglio fare bella impressione. Insomma, ti rendi conto come sono messa? A sospirare per la mancanza di Holly e dei suoi baci meravigliosi e allo stesso tempo a essere terrorizzata ed emozionata perché a breve rivedrò il mio vichingo biondo. Aiutami, ti prego. Sto impazzendo.»

Lei si sedette sul bordo della vasca e la fissò. Sì, glielo doveva. Anche se avrebbe dovuto dirgliene quattro per lo scherzetto di poco prima, l’aveva anche aiutata e prendere una decisione.
 
«Tempo fa ti dissi di farti baciare ancora da loro e spontaneamente, per vedere dove il tuo cuore ti avrebbe portato. E allora? Com’è andata?»

Vide l’amica rifletterci e poi le sorrise.
 
«Sai che amo Holly, e che i suoi baci mi fanno sognare. Però, allo stesso tempo, anche Steffen esercita una certa attrazione su di me e i suoi baci mi piacciono»

«Insomma hai già deciso.»

«Ti sembrerà strano, ma…no.»

«Non capisco. Sei contorta amica mia.»

«Lo so e per questo vedo di spiegarti. Amo Holly, da sempre, lo sai. Pensavo di averlo dimenticato, quell’amore, dopo tutto quello che mi ha fatto passare e invece no. Lo amo ancora più di prima e questo l’ho capito al ritiro. Ma non riesco a dare un taglio netto al fatto che lui abbia avuto tante ragazze e se la sia spassata senza preoccuparsi di farmi soffrire. Oh, lo so che lui non si immaginava neppure la mia cotta e ora so anche che mi ama veramente – e non lo dice solo per gelosia nei confronti di Steff – ma…»

«Smettila, queste sono solo scuse patetiche e lo sai.»

«Per quanto riguarda Steff, invece, lui è tanto dolce e carino, così premuroso e gentile che… non lo so Amy, mi fa sentire bene. Mi piace tanto, ma devo capire fino a che punto. Vero è che zia Miho mi ha mitizzata ai suoi occhi, ma credo che il suo interesse sia sincero e gli appuntamenti con lui sono sempre bellissimi e carichi di sorprese ed emozioni.»

Improvvisamente Amy capì.
 
«Cazzo, ecco cosa ti manca!» urlò alzandosi in piedi, poi la guardò e… «che c’è? Perché mi guardi così ora?»

In effetti Patty la stava fissando come se fosse un’aliena scesa sulla terra per studiare gli umani. Poi l’abbracciò di slancio e la strinse a sé ridendo. Ma che le prendeva? Era forse impazzita?
 
«Che hai detto? Ripetilo!»

«Cosa?» chiese lei sempre più confusa.

«Oh, Amy, sono così fiera di te. Hai detto la parola con la C, finalmente. Hai detto… cazzo! Stai migliorando a vista d’occhio e proprio oggi che devi andare da Julian e… a proposito, che ci fai ancora qui?»

«Oddio, Julian, è vero. Devo correre a prepararmi, sai mi sta aspettando e… ah, rimarrò da lui per due giorni. Soli, io e lui, per due giorni» le disse con aria sognante e un intenso rossore sul volto.

«Fantastico, Amy. Sfrutta al massimo tutto il tempo. Corri! Ma sei ancora qua?
»

E lei lo fece. Corse in camera, si cambiò alla velocità della luce, sistemò la valigia e la chiuse. Era pronta!
 
«Pattyyyy, io vado e… ahhhhhrg, Dio, mi vuoi fare morire giovane e proprio oggi? Che ti prende?»

In effetti, quando si era girata per uscire dalla camera se l’era trovata davanti con dei vestiti in mano in una muta richiesta di aiuto e una strana luce negli occhi. Entrò e li mise sul suo letto, a casaccio. Amy fece l’abbinamento più indicato e glielo mostrò.
 
«Pantalone morbido nero e top rosso fuoco e… ah, sì… girati!» e, con una certa abilità, realizzò due mini trecce laterali adatte al suo taglio, poi la portò alla sua toeletta e la fece sedere per rimirarsi.

«Oh, mio… Amy, grazie mille, sono bellissime e… non sembro neanche io!»

«Tu aiuti me, io aiuto te. Divertiti con Steffen, ma senza dimenticare il nostro bel capitano.»

«Come posso anche solo pensarlo, ormai è sempre presente nella mia testa» le confessò «e tu divertiti con il tuo grande amore, in fondo… hai già visto di lui tutto quello che c’era da vedere, no? Ora tocca a te, mi sembra giusto» e le strizzò l’occhio.

Prima di uscire, Amy recuperò il gatto Oscar dal divano dove si era accomodato e lo coccolò, poi andò anche da Mister Wow e gli accarezzò il piumaggio. In ultimo abbracciò l’amica di sempre, la baciò sulle guance e corse all’ascensore.
 
 
 


Steffen vide Amy uscire circa un’ora dopo essere arrivata, sempre con la valigia in mano. Ma dove stava andando ancora? Non aveva importanza. Questo poteva solo significare una cosa e cioè che colei che gli aveva rubato il cuore era da sola. Che fortuna sfacciata.
Tornò in terrazza e sistemò le ultime cose. Cuscini del divanetto, sprimacciati. Due poltroncine coordinate, posizionate ai lati. Tavolino con le quattro sedie, in ordine e vaso con una rosa gialla, al centro. Corse in casa e prese il carrello delle vivande colmo di tutto un po’. Skillingsboller, teiera piena di cioccolata calda al gianduia fumante, due tazze, panna montata, qualche pizzetta fatta con la pasta sfoglia e mini tramezzini al prosciutto e formaggio. Controllò le lucine di Natale che aveva appeso tutto intorno alla zona relax. Nascose l’MP3 dietro un cuscino e rientrò.
Voleva viziarla? Certo. E anche farle archiviare i due giorni passati a stretto contatto con Hutton. Era sicuro che lui – tutto preso dalla Nazionale com’era – non avesse potuto combinare molto con Patricia e questo andava a suo vantaggio.
Una veloce passata in bagno gli confermò che era in ordine. I ricci capelli biondi erano rinchiusi nella classica coda bassa, canottiera sbracciata con il logo dei Linking Park al centro, azzurra come i suoi occhi e jeans chiari molto vissuti. Scalzo.
Si avviò, con il cuore a mille verso la porta della sua venere giapponese e suonò. Sapeva che era bella, ma quella mattina lo era particolarmente. Quando la sua Patricia aprì, il suo cuore, già provato, partì alla carica suonando la Cavalleria Rusticana e le campane della chiesa di Sandefjord, insieme. Era magnifica.
Varcò la soglia in stato di trance e la trasse a sé per la vita, intenzionato ad approfittarsi delle sue labbra a lungo, ma una strana voce lo bloccò quando arrivò a qualche centimetro dal suo obiettivo.
 
«Prooooprietà privata, amico. Allontanati da lei se vuoi salva la vita.»

Chi diamine era stato a parlare. Steffen si allontanò di scatto da Patricia e si guardò in giro. Sembrava la voce di un…                        
 
«Ehi, tu, porco, levale le mani di dosso!» disse ancora la voce. (Ritorno al futuro)

… pappagallo? Patty scoppiò a ridere senza freni mentre lui individuava la fonte di quelle frasi tratte da film. Guardò Patty, confuso.
 
«Steff, ti presento Mister Wow, l’Ara Giallo Blu di nonna. Me l’ha affidato per un mese insieme a Oscar» e gli indicò il gattone rosso che lo stava fissando storto dal divano «mentre lei e la sua migliore amica sono in Italia a spassarsela.»

«Caspita. Mi ha fatto prendere un colpo» le disse, ridendo e poi si avvicinò al trespolo «morde?» chiese.

«No, lui colpisce solo con le citazioni di frasi famose tratte da film. Anche se, a volte, usa termini volgari o inappropriati.»

«Ahahah, ho notato» rispose lui allungano la mano al pennuto che si girò dall’altra parte.

«E non fa amicizia facilmente» rispose lei «ci vuole tempo e pazienza. Molta pazienza… perché a volte parla anche quando non deve… vero? Non ti vergogni neanche un po’?» disse guardandolo.

«Francamente me ne infischio.» (Via col vento)

«Come non detto» si arrese lei scuotendo la testa.

Che pennuto strano, ma divertente oltre che protettivo verso Patricia. Insomma, ora non doveva guardarsi solo da Hutton, ma anche da questo Mister Wow.
 
«Ehi, dove eravamo rimasti?» gli chiese Patricia, prendendolo per un braccio.

Ah, ma allora anche a lei era scocciata l’interruzione. Lui le si avvicinò e tornò a stringerla a sé.
 
«Bentornata, tesoro mio. Mi sei mancata molto.»

«Anche tu, mi sei mancato.»

«Sei bellissima oggi. Questa pettinatura è fantastica, ti sta d’incanto.»

«Grazie, merito di Amy. Sai, è andata a stare per due giorni da Julian, il suo ragazzo. Te lo ricordi? Era qui con…»

«Sì, me lo ricordo» disse senza farle finire la frase, non voleva che dicesse quel nome fastidioso.

E così era sola per ben due giorni. Tutta. Sola. A parte il gatto. E il pennuto chiacchierone.
 
«E ora… riprendiamo il discorso da dove qualcuno ci ha interrotto, se non ti dispiace» le propose avvicinandosi.

«Affatto» rispose lei alzandosi sulle punte per andargli incontro.

«Ed è gooooooal!!!!!! Il nostro grandissimo capitano Hutton è un genio del calcio. Un geeeeenioooo. Mister Wow è un geeeeniooo! Capitaaaaaano, o mio capitaaaaaanoooo! Huston, abbiamo un problema.»
 
No, non era possibile. Ci mancava solo che il pennuto fosse un fan di quel tizio. Guardò Patricia che si era staccata da lui e stava ridendo a crepapelle, appoggiata al tavolo. Guardò il pennuto che ora stava sbattendo le ali emettendo versi incomprensibili.
Guastafeste. È già il mio secondo tentativo di baciarla che interrompi. Ma proprio quel nome dovevi fare? Ma lo fai apposta? Cosa sei, una spia al soldo di Hutton?, pensò.

 
«Vieni con me!» disse lui, esasperato, prendendo la sua innamorata per mano e trascinandola in terrazzo, avendo cura di richiudere le porte per evitare la fuga del pennuto.

«Che meraviiiigliaaa!» la sentì dire. «Per me?»

«Per noi!» la corresse lui «Ma prima…»

E finalmente la baciò, a lungo e con passione, aderendola al suo corpo.
 
«Ciao!» le disse infine con voce roca.

«Ci… ciao!» rispose lei sconvolta.

«Come promesso, ho preparato qualcosa per te, per darti il bentornato come si deve. Spero tu abbia fame.»

«Sì, molta.»

Poi, sorprendendolo lo spinse sul divano e gli si sedette in braccio, prima di ricominciare a esplorare le sue labbra. Lui socchiuse la bocca e il bacio si fece più intimo e focoso.
 
«Questa tua fame mi piace molto» le confessò poi.

«Anche a me.»

«Serviti pure tutte le volte che vuoi, tesoro mio.»

«Ti prendo in parola Steff.»

«Non chiedo di meglio. Sai, dovresti andare via più spesso… se questo è il tuo modo per dirmi che ti sono mancato.»

E quando lei gli sorrise con fare sensuale, non ci vide più. Le tempestò il viso di lievi baci e poi scese sul collo che assaggiò con dovizia. Le denudò la spalla e… si bloccò.
 
«Patricia» le disse con voce dura, scostandosi da lei, per poi spostarla sul divano e alzarsi. Si passò una mano nei capelli, si girò per affrontarla e poi le chiese «cos’hai combinato al ritiro con Hutton?»

 
 


Lo sapeva. Patty lo sapeva che l’avrebbe scoperto prima o poi, solo sperava ci mettesse più tempo ad accorgersene.

 
«Em… niente, perché?» finse, pur sapendo di non risultare credibile.

«Niente? Credi sia nato ieri o che in Norvegia non facciamo certe cose? Quello è un succhiotto, tesoro mio, e anche bello grosso» le disse accennando alla sua spalla esposta «non te lo sei fatta da sola e c’era solo una persona interessata a fartelo, dico bene?»

Lei si ricoprì e si alzò per andare a raggiungerlo. Gli prese una mano e lo guardò negli occhi mentre l’altra cercava il suo viso.
 
«Hai ragione. Inutile mentire. È stato lui, il mio Holly. Mi ha baciata, più volte e mi è piaciuto!» gli confessò.                                                       

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Capitolo 20
*** Amy e Julian... due cuori, una passione!!! ***


«Signorina Amy, quanto tempo. Prego, entri e si accomodi pure nel salone. Il signorino Ross arriverà a breve, vado a chiamarlo.»

Amy era arrivata a casa dei Ross in tempo di record. Tra brevi percorsi a piedi e in treno era giunta in mezz’oretta scarsa a casa del suo innamorato. Certo, prima di trasferirsi a Shibuya l’aveva più vicino, ma non si poteva avere tutto – indipendenza e lui vicino di casa – no?
 
«Grazie signora Ikeda. Sì, è passato tanto, troppo tempo da quando sono passata di qua l’ultima volta. Lei come sta?» le disse mentre stava per raggiungere la sala.

«I soliti acciacchi cara, ma ora che ho una settimana libera, ne approfitterò per riposarmi da mia sorella a Narita.»

«E fa bene e… aspetti, ha detto una settimana

Se era giusto quello che stava pensando, allora questo significava che…
 
«Sì, il personale ha avuto qualche giorno di libertà, è un regalo dei miei. È una tradizione che si ripete ormai da anni e cade sempre in estate e nel periodo natalizio» esordì Julian che stava scendendo le scale «Ciao. Eccoti qua.»

«Eccomi qua! Ciao Julian» disse lei e poi si rivolse alla governante «allora si riposi per bene e si diverta. Faccia buon viaggio.»

«Grazie. Signorino Ross, sarei venuta io ad avvisarla dell’arrivo della sua amica.»

«Non si preoccupi, l’ho vista dalla finestra e ho voluto andarle incontro. E poi volevo anche risparmiare una scala a lei, lo sa che non deve esagerare. Lo sa che mi mancherà?» poi spiegò a Amy che lo guardava incuriosita «Tra tre mesi va in pensione e ci lascia. È stata come una seconda madre per me e non ho vergogna ad ammettere che sarà una grande perdita per la nostra famiglia.»

«È sempre così gentile e premuroso lei» gli disse la donna, commossa. «Non trova anche lei, signorina Amy?»

«Eccome» rispose lei senza esitazione «è anche per questo che mi piace molto… em, sì… averlo per… per amico.»

Dio, che aveva detto? Sentiva che stava diventando di tutti i colori, era riuscita a recuperare in tempo o quasi, ma ormai la frittata era fatta e Julian la stava guardando con una strana luce negli occhi.
 
«Prima che vada, volete che vi porti un tè?» spezzò il momento la governante.

I due ragazzi si guardarono e si sorrisero. No, un tè non era proprio nei loro pensieri in quel momento e così rifiutarono.
Non appena la donna sparì, Julian le si avvicinò, la prese tra le braccia e la baciò con tenerezza.

 
«Lo so, vorresti di più e sei delusa» le disse poco dopo «ma non possiamo, non ancora. Lascia che la signora Ikeda se ne vada e poi avremmo la casa tutta per noi.»

«O… Ok, ma… come mai? I tuoi non ci sono? Credevo fossero qua ad aspettare il tuo rientro da campione. Non si sono mai persi una finale, e sono un pochino confusa» indagò lei.

«Mio padre è stato chiamato per un lavoro improvviso e urgente a Sapporo e mia madre, che è originaria di quella città, l’ha seguito. Ne ha approfittato per andare a trovare i suoi parenti. Essendo a quasi 16 ore di distanza da Tokyo non è proprio simpatico per lei. Si è sempre sacrificata per noi ed è giusto che, ogni tanto, pensi anche a se stessa. Purtroppo…»

«Che cosa? È successo qualcosa di grave?» gli domandò preoccupata.

«Sì che è successo» le rispose stringendola forte a sé «purtroppo tornano dopodomani in mattinata. Cavoli, se fossero partiti più tardi, avremmo avuto tutta la settimana per noi, ma ci pensi?»

Ci pensava? Adesso sì che ci pensava.
 
«Julian… ti amo» gli disse di getto.

«Anch’io ti amo e… ti confesso che sentirtelo dire mi piace tantissimo, dovresti farlo più spesso. Sei un balsamo per il mio ego e il mio cuore.»

«Ti amo, ti amo, ti…» ma non riuscì a finire la frase che lui la baciò con passione, questa volta.

Si può morire d’amore?, oh, cara Jane Bennet che lo chiedevi a tua sorella Elisabeth (Orgoglio e Pregiudizio), ti rispondo io… certo che si può!
 
«Em… scusate l’interruzione. Io vado» esordì la signora Ikeda rientrando nel salone.

«Sì, va bene, grazie e mi saluti sua sorella» le rispose Julian, posizionandosi dietro Amy e abbracciandola stretta per la vita.

«Io… em, senta, quello che ha visto…» iniziò un’imbarazzata Amy, ma fu subito interrotta.

«Oh, non si deve vergognare, signorina. Lo so da tempo che vi amate e non siete semplici amici, qua dentro lo sanno anche i muri ormai. A me preme solo che siate felici. Siete una bellissima coppia, buona fortuna per il vostro amore e il vostro futuro» e poi se ne andò.

Amy non seppe che dire, era stupefatta da quella rivelazione. E quindi tutti sapevano, ma nessuno mia aveva osato dirglielo? E lei che si era spesso trattenuta dall’avere atteggiamenti  più intimi con Julian, per paura che li scoprissero e magari ostacolassero.
 
«Ed eccoci qua, soli, soletti. Che cosa potremmo mai fare, noi due, in questa grande casa vuota?» le sussurrò Julian in un orecchio facendola rabbrividire.

«Io… giochiamo a Burraco?» gli propose lei, ridacchiando.

«Come? E cosa sarebbe?» gli domandò lui, confuso.

«Ahahah, lascia perdere. Patty e le sue battute mi vengono in mente sempre nei momenti meno opportuni» gli disse «sai, amore, sono preoccupata per lei.»

«E come mai?» le chiese prendendola per mano e conducendola al divano, dove si sedette con lei in braccio.

Che novità piacevole era mai quella? Julian non si era mai spinto tanto in là con lei e ora… Amy gli sorrise, timida e si strinse a lui passandogli un braccio dietro il collo e prendendogli la mano nella sua, ma… un momento, dove aveva messo l’al… oh, cavoli, le aveva circondato il corpo facendola planare sulla sua gamba, così vicina alla sua pelle ora esposta. Indossava un vestitino giallo con spalline sottili, un po’ più scollato del solito – che in quella posizione mostrava meglio il suo décolleté, anche se un pochino scarso rispetto a quello dell’amica che aveva sempre invidiato – e con un motivo floreale che correva lungo tutto il bordo, che arrivava alle ginocchia, ai piedi un paio di comode scarpe estive, gialle. Julian, invece, era in versione casalinga con dei jeans chiari e una t-shirt beige che gli metteva in risalto i pettorali, facendola arrossire e sospirare.
 
«Se vuoi continuare a guardarmi, fai pure, non ho obiezioni. Solo sappi che nel giro di un minuto ti bacerò e poi non si torna indietro. Se invece vuoi dirmi cosa ti preoccupa della nostra amica… fai in fretta, così poi ci dedicheremo a qualcosa di più…» fece una pausa, la guardò fissarlo con gli occhi sbarrati e un intenso rossore sul suo adorabile volto «eccitante» concluse, abbassando il tono e con voce sensuale.

Oddio, quel giorno Julian era incontenibile. Forse era dovuto alla vittoria del giorno prima? Meglio spiegargli cosa intendesse dire sulla sua amica e subito, prima di perdere il controllo – ci era così vicina – e dimenticarsene. Gli sorrise timidamente e poi parlò.
 
«Tutta questa situazione in cui si trova Patty, non le fa bene. Lei ama disperatamente Holly, lo so, ma si rifiuta di ammetterlo anche se accetta il suo corteggiamento, ma…»

«Allo stesso tempo si fa corteggiare anche da Steffen» concluse lui al suo posto.

«Esatto e non va bene. È divisa tra passione e dolcezza e non sa proprio scegliere tra i due. Ma io so che c’è un ulteriore passo che deve fare per decidere in modo definitivo.»

«Ovvero? Non lasciarmi in sospeso, adesso sono curioso.»

«Uscire con Holly» poi aggiunse, vedendolo confuso «sì, perché quei due non hanno mai avuto un vero appuntamento, ma solo incontri rubati. È questo il vantaggio di Steffen. Lui la invita spesso, le fa delle sorprese, la fa ridere. Il nostro amico, questo, non l’ha mai fatto e Patty non potrà mia sapere com’è uscire con lui. Ecco perché, a mio parere, non riesce a decidersi. Mentre del nostro vicino lei vede tutto – ovvero come si preoccupa di preparare i loro incontri nei minimi dettagli e come la fa sentire durante quei momenti – di Holly lei cosa sa?»

«Che è un bravo calciatore e capitano, che la manda in confusione con i suoi approcci e che, tutto sommato, è anche simpatico, oltre che altruista.»

«Esatto… ma niente di più. Mi chiedo cosa aspetti quel cretino a invitarla fuori una sera o a farle un’improvvisata che la lasci senza parole.»

E fu a quel punto che Julian scoppiò a ridere, lasciandola sorpresa. Ma che diamine c’era da ridere? Era una cosa seria dopotutto. Decisamente, quel giorno, Julian era strano forte.
 
 
 


Se solo Amy avesse saputo… oh, sì, decisamente Holly aveva in servo una bella e sconvolgente sorpresa per la sua Patty e il tutto con la complicità di un’arzilla vecchietta furba e simpaticissima. Doveva dirgliela? No, non era compito suo e non voleva rovinare tutto.
Guardò Amy, era così bella quel giorno. Semplice e letale. Quando gli aveva telefonato dicendogli se poteva raggiungerlo perché gli mancava, il suo cuore aveva preso a battere follemente. Di getto le aveva proposto di trascorrere quei due giorni da lui e, con sua enorme sorpresa Amy aveva accettato subito. La amava immensamente. Il suo cuore era stato suo fin dalla prima volta che l’aveva vista in classe e, a poco a poco, il sentimento che lo legava a lei era cresciuto a dismisura.
I suoi genitori l’adoravano. L’intero personale di casa, l’adorava. Non poteva chiedere di meglio.
E ora era lì, tra le sue braccia, finalmente. Era bello averla addosso, sentire la sua mano tra i capelli e l’altra nella propria. La sua bocca così vicina gli rendeva difficile seguire il discorso.
Aveva capito solo che era preoccupata per Patty e la sua situazione sentimentale, molto ingarbugliata.
Com’era successo che quelle due diventassero così amiche sotto i suoi occhi e lui non si fosse mai accorto di nulla?

 
«Amy, ascolta, già che stiamo parlando di lei, di Patty… mi spieghi una volta per tutte come…»

«… abbiamo fatto a legare dopo anni di pubblici litigi?» concluse lei per lui.

«Ecco, sì. Devi ammettere che la cosa è un po’ strana.»

E lui era curioso di sapere. Tutto quello che circondava Amy e la riguardava… lo interessava.
 
«In realtà, già da bambina mi aveva affascinato la sua figura. Aveva un carattere così forte e determinato, che mi faceva invidia. Ma non riuscivo a trovare un punto di incontro e così gli anni successivi. Più io cercavo un approccio, più lei mi sfuggiva, fino a quando…»

«La partita.»

«Esatto. E da lì non ci siamo più lasciate. Non so dirti cosa sia scattato in lei per avvicinarmi e trattarmi con gentilezza per la prima volta, ma posso dirti cosa ho provato e visto io. Sono stata felicissima di poterci parlare tranquillamente e per giunta con una persona che, già all’epoca, era intelligente e sensibile. E, guardando dentro il suo cuore, ho visto tanta voglia di cambiare. Ho visto una ragazza nascosta dentro dei panni che non erano i suoi, che cercava di uscire disperatamente per trovare la sua strada. Quando mi ha chiesto di mentire a tutti su di noi, lo confesso, all’inizio ero contraria, ma lei sapeva che nessuno l’avrebbe compresa a fondo… e aveva ragione. Cazzo se ne aveva.»

Cosa… che aveva detto? Da quando usava quella parola lei? Un’altra cosa che era cambiata. Decise di non farglielo notare, per il momento.
 
«Quindi avete nascosto la cosa a tutti, anche a me.»

«Non eravamo ancora niente, Julian e poi, se permetti, quella era la prima volta che qualcuno – che non fossi tu o i ragazzi della squadra – mi considerava per quella che ero, senza prese in giro e non me la sono sentita di dirle di no. Si vedeva che Patty aveva bisogno di un’amica con la A maiuscola e io volevo essere quella persona. Dal canto mio cercavo la stessa cosa e quindi capisci bene che è stato uno scambio reciproco.»

«E così avete iniziato a messaggiarvi e telefonarvi.»

«Sì, e vederci. All’inizio, poco, ma poi sempre più spesso. Quando Holly è partito, lei è stata malissimo, per un periodo e poi si è fatta forza e l’ha eliminato dalla sua vita, o almeno così credeva. Quando poi è tornato e ha visto che iniziava a uscire con altre ragazze, per lo più svampite e senza cervello, ha capito che era finito tutto, per davvero. Ha iniziato a trattarlo male, a stargli alla larga e a dimenticarlo.»

«Che stupido. Invece di chiederle spiegazioni, l’ha allontanata da sé sempre di più e poi pretendeva rispetto» constatò Julian.

Era felice che Amy fosse stata un punto saldo per l’amica, ma ora era giunto il momento di accantonare quel discorso, ci avevano dedicato già troppo tempo.
 
«Grazie per avermene parlato» le disse «e ora… dedichiamoci a noi e al tempo che passeremo insieme in questa casa.»

Poi la baciò con passione, mentre Amy si stringeva ancora di più al suo corpo, facendolo impazzire dal desiderio. Quei piccoli seni premuti contro il suo torace, le sue mani nei capelli, la sua bocca che non risparmiava baci e sospiri.
 
«Basta!» sospirò con voce roca, staccandosi da lei che lo fissò meravigliata «Se non ci fermiamo subito, rischio di prenderti qui sul divano e non voglio.»

«Non… non vuoi?» gli chiese lei delusa, cercando di rialzarsi.

«No!» ribadì lui trattenendola «Non qui, non la prima volta» specificò vedendola rilassarsi, se pur con un intenso rossore sul volto.

Julian, se pure con riluttanza, fece alzare Amy da quella posizione così provocante e poi fece lo stesso, la prese per mano, controllò che la porta d’ingresso fosse chiusa, mise l’allarme e la portò al piano superiore. Una volta in camera, la mise a suo agio baciandola a lungo e con dolcezza.
 
«A me non basta più baciarti, non basta più stringerti tra le braccia» le disse guardandola negli occhi «voglio fare l’amore con te, Amy. Ora. Me lo permetti? Se… se non vuoi devi solo dirlo e io mi fer…» ma non riuscì a dire altro che Amy gli prese il volto tra le mani, si alzò sulle punte e lo baciò con tutta la passione di cui era capace.

Quando molto tempo dopo il bacio terminò, Julian la fissò, speranzoso e sconvolto. Almeno fino a che lei si tolse le scarpe, si sfilò il vestito che cadde informe ai suoi piedi, rimanendo in slip e reggiseno in pizzo coordinati color giallo e parlò.
 
«Sono tua, Julian, anima e corpo. Amami e fammi sentire amata.»

E lui, rimasto senza fiato da quella visione paradisiaca, si spogliò in fretta – sentendo Amy trattenere il respiro, era la seconda volta che lo faceva dopo aver posato i suoi occhi sul suo corpo nudo – finì di denudarla con lentezza e aspettativa e la portò sul suo letto matrimoniale, dove le dimostrò quanto la amasse e venerasse.
 
 


 
Amy si svegliò con una fame tremenda e lo stomaco brontolante. Ma che ora era e… e dov’era? Non riconosceva la stanza, di certo non era quella della sua vecchia casa e nemmeno quella attuale. Era piuttosto maschile come arredamento. Ma dove diam… oh, cazzo.
Sì, ormai quella parola le era entrata dentro e non era poi così male da dire.
Non riusciva a muoversi, perché? Era stesa su qualcosa di morbido, caldo e… nudo! Oh, mio… Julian! E... e anche lei era nuda. Il braccio del suo innamorato la teneva stretta a sé. Alzò la testa, fino a poco prima appoggiata al petto scolpito del bel calciatore e lo vide addormentato, con un sorriso sul suo bel volto che la diceva lunga su quello che avevano combinato.
Oh, sì, era stato meraviglioso, appagante ed eccitante ogni oltre sua fantasia. Ma perché aveva aspettato così a lungo per concedersi a lui? Se solo l’avesse saputo prima…

 
«Ciao, mia bella addormentata» si sentì chiamare e arrossì.

Incontrò i sui occhi, ora aperti e sorridenti e si sporse per baciarlo dolcemente.
 
«Wow, se avessi saputo che era così svegliarsi con te, ti giuro, Amy, che ti avrei fatta finire qui dentro molto tempo fa.»

«Se avessi saputo che era così bello stare stretta al tuo corpo nudo, amore mio, ti avrei assecondato volentieri» gli rispose, arrossendo suo malgrado e facendolo ridere.

«Bene, da oggi possiamo dire che tra noi cambia tutto, giusto?»

«Giustissimo» gli rispose prendendo a tracciare solchi immaginari sul suo petto e poi aggiunse «ho fame, tu no?»

«Direi di sì, mia cara. Mi hai prosciugato tutte le energie, neanche avessi disputato una partita intera.»

«Oh… oh, no, questo non va bene, no» si rizzò a sedere di scatto, incurante della sua nudità e guardandolo preoccupata.

Amy vide Julian sorridere apertamente, sornione e fissare il suo seno come se… oh, non, non poteva permetterlo. Prese il lenzuolo e se lo tirò davanti per coprirsi alla bene in meglio. Julian rise forte.
 
«Amore mio, credo sia un po’ troppo tardi per il pudore» le disse «comunque sappi che sto benissimo e che il mio cuore è forte e pronto per i supplementari con te. Tranquillizzati e torna qui, che già mi manchi» le disse poi prendendola per una mano e cercando di tirarsela addosso, ma lei non cedette.

«Ho fame» ripeté «vado in cucina a prepararci qualcosa e sarò di ritorno in men che non si dica.»

Poi, incurante delle proteste del suo innamorato – che nel frattempo si era seduto sul letto, con le braccia dietro la testa a fissarla muoversi per la stanza – si avvolse in un pezzo di lenzuolo e si guardò in giro, allarmata.
 
«Qualche problema, amore?» le chiese lui.

«Em… a dire il vero, sì. Non ho nulla da mettere per scendere in cucina. Il vestito è tutto stropicciato, la sola biancheria è esclusa, la vestaglia è nella valigia e quella è da basso… e non posso neanche rubarti tutto il lenzuolo o...»

«Scendi pure nuda» le propose il malandrino «tanto siamo soli e io non mi scandalizzo di certo, anzi, proprio il contrario.»

«Julian! Per la miseria…»

«Preferivo quando dicevi cazzo» le rispose facendola arrossire vistosamente, il che lo fece ridere «Ah, e va bene. Va pure in bagno e prenditi l’asciugamano più grande che trovi, così  puoi recuperare la tua famosa vestaglia. Va bene così?»

Lei gli rispose salendo a carponi sul letto e baciandolo sulle labbra, poi – prima che lui potesse afferrarla – si diede alla fuga e, nuda, corse in bagno.





Julian doveva essersi appisolato di nuovo, perché quando si svegliò si ritrovò solo e il lato di Amy era freddo. Tristemente freddo. La sua pancia borbottò rumorosamente e questo gli ricordò dove fosse la sua bella innamorata in quel momento, o almeno sperava fosse ancora lì. Abbandonò il letto, passò velocemente in bagno a darsi una riassestata – cavoli, Amy si era sicuramente fatta una doccia dal profumo che regnava lì dentro e lui non l’aveva sentita! – s’infilò i boxer neri e uscì dalla stanza.
Scese la scalinata quasi di corsa, in ansia che potesse essersi data alla fuga dal troppo imbarazzo, ma la sua valigia era ancora abbandonata nell’atrio e la cosa lo tranquillizzò non poco.
Quando entrò in cucina la salivazione gli si azzerò di colpo. La trovò che canticchiava un motivetto sconosciuto, in quanto non l’aveva mai sentito prima, mentre dibatteva i fianchi avvolta – avvolta? Non proprio vista la trasparenza di quell’indumento che aveva addosso e che lasciava ben poco all’immaginazione – in un baby doll rosa antico.
Dio, quanto gli sarebbe piaciuto che quella diventasse una routine giornaliera. Cosa? Le si avvicinò di soppiatto e l’abbracciò da dietro, posandole un bacio sul collo, ma le cose non andarono come previsto. Infatti, Amy si spaventò, strillò e lanciò all’indietro la frittata che aveva sulla paletta. Frittata che gli finì dritta sui capelli.
Quando lei si girò – con gli occhi sgranati e una mano sul petto dalla paura – lo fissò per qualche secondo e poi scoppiò a ridere di gusto. E come non seguirla? Doveva essere proprio ridicolo. Se la tolse e la lanciò nel lavandino troppo occupato a fissare la sua innamorata negli occhi per pensare ad altro.
Subito dopo, dimentico di tutto, la prese per la vita e la baciò con passione. Doveva assolutamente fare qualcosa perché momenti come quelli non si limitassero a quei due giorni. Oh, sì, perché lui aveva intenzione di replicare all’infinito la performance di qualche ora prima ed era sicuro che a Amy non dispiacesse per niente,
Anzi, decise che avrebbe iniziato subito con il bis e approfondì il bacio. Spostò le mani sul suo sedere sodo, e quando stava per sollevarla di peso e appoggiarla sul tavolo… il telefono di casa squillò. Secondo tempo rimandato.
Le diede un rapido bacio e sparì nel salone intenzionato a chiudere quanto prima quella scocciatura, perché sapeva benissimo chi lo stava chiamando e a lui, tutto quel controllo inutile, incominciava ad andare stretto.
Quando tornò, dieci minuti dopo, la tavola era imbandita – addio al nuovo amplesso lì sopra – e Amy stava impiattando una nuova frittata alta e soffice “con il formaggio!” gli disse, alla quale lui rese onore.
Il resto del pomeriggio lo passarono a smaltire il pranzo – la frittata era stata solo l’inizio – tra le lenzuola e, poco prima di cena mentre lei riposava, scese furtivo dal letto, recuperò il cellulare e si diresse in cucina a fare una telefonata.
Quando al quarto squillo la voce familiare del suo amico rispose, lui esordì:

 
«Holly, includeresti anche me nel tuo piano?»

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Capitolo 21
*** Piccolo guaio casalingo per Holly ***


«Holly, includeresti anche me nel tuo piano?»
 
Che cosa? Ma chi caz… Julian? Holly aveva preso la chiamata senza guardare l’immagine sul display, era troppo impegnato a cercare di tenere fermo Daichi mentre gli faceva il bagnetto. Dio, quel marmocchio era un’anguilla nell’acqua e l’aveva lavato completamente con gli schizzi d’acqua e con la doccetta che aveva – non sapeva bene come – preso e aperto per poi sparargli direttamente in faccia il getto d’acqua. Alla fine, anche lui si era spogliato e aveva optato per un bagno extra. Holly era riuscito a schiacciare il bottone di avvio chiamata e a incastrare il cellulare tra spalla e orecchio.
 
«Julian, che sorpresa!» esordì «Basta, smettila tu… sta fermo! … No, non dicevo a te, amico, ma a quella peste che mi ritrovo per fratello. Aspetta che metto il vivavoce… ecco, ci siamo. Dicevi?»
 
«Sì, in pratica io…» poi s’interruppe sentendo strani rumori «ma che stai facendo, scusa?»
 
«Ah, nulla di che… solo il bagno a Daichi che ha pensato bene di coinvolgermi e ora grondo acqua da tutte le parti. E non ridere…» aggiunse poi sentendo l’amico in preda alla ridarola.
 
«Scusa, scusa, mi sto immaginando la scena. Il grande capitano Hutton, steso da un bimbetto. Se ti vedessero ora i nostri avversari credo che se la riderebbero di brutto piegati in due»
 
«Ah, ah, ah» disse lui sarcastico «no, Daichi, lascia stare la docc… oh, cazzo. No, tesoro, non ripeterlo, non…»
 
«Cazzo» disse quello puntualmente.
 
«Mer…» poi s’interruppe per non peggiorare al situazione, giusto in tempo per sentire Julian ridere a più non posso «ti stai divertendo, tu?» gli chiese.
 
«Ahahah, molto a dire il vero» rispose quello senza vergogna «ora mi calmo, tranquillo.»
 
«Vorrei che anche questo mostriciattolo si calmasse, non sai quanto. Aspetta un minuto in linea, non scappare» poi si rivolse al fratello «Daichi…»
 
«Cazzo, cazzo, cazzo, caz…»
 
«Se non la smetti subito, niente Hotel Transilvania, ok?» gli intimò con voce dura, tappandogli la bocca e ottenne un gesto di assenso. «Bene, ora chiudi gli occhi con le mani e…»
 
Allo scroscio dell’acqua sulla testa, seguì uno strillo del fratello, e un secondo quando ripeté l’operazione. Poi lo alzò dalla vasca, prese un telo e iniziò a frizionarlo per bene, prima di avvolgerlo in un mini accappatoio.
 
«E dire che mamma ha il coraggio di definirti calmo. Mi sembra di avere appena disputato una partita contro la Germania, compresa di supplementari e rigori. Adesso seguimi in camera, forza. Va bene che fa caldo, ma il pigiamino lo devi mettere.»
 
Dall’altro capo del cellulare, sentì Julian continuare a ridere.
 
«Sarai un buon padre un giorno, sai?» gli disse.
 
«Sì, uno di quelli che insegna parolacce ai suoi figli. Una sera che mia madre esce con le sue amiche e mi affida il piccolo di casa e guarda te cosa deve succedere… povero me. Allora…» gli disse dopo un po’ «e così, vuoi fare parte del piano anche tu. Come mai?»
 
«Diciamo solo che voglio essere libero di frequentare la mia Amy quando voglio, libero dalla presenza costante e soffocante dei miei genitori.»
 
«Perché dici così?» gli domandò bloccandosi con la maglietta del pigiama sopra la testa di Daichi.
 
«Be’, io… o meglio noi, io e Amy intendo… oggi abbiamo fatto un bel passo avanti nella nostra storia e ho capito che io voglio tutto da lei e con lei.»
 
Holly rifletté su quelle parole e sorrise. E così i suoi amici erano finiti a rotolarsi tra le lenzuola. Bene, per loro. E male, per lui, che ancora era in altomare su quel punto, con la sua Patty. Ma ci stava lavorando. Era invidioso dell’intimità che avevano finalmente raggiunto Julian e Amy. Incredibile, eppure…
 
«Auguri, ragazzi» gli disse sinceramente.
 
«Grazie. Intendiamoci, sai che adoro i miei genitori e gli sono riconoscente per tutto, ma ora ho bisogno di Amy e di poterla vivere come meglio voglio. Con loro sempre vicino non posso. Pensa, oggi eravamo in cucina, la stavo baciando con l’intenzione di… em… hai capito. Be’, è suonato il telefono e indovina chi mi disturbava sul più bello? Loro. Ti immagini se invece di quello, tornavano in anticipo e mi vedevano mezzo nudo in cucina con Amy aggrappata a me?»
 
«Ahahah, hai ragione, amico. Hai bisogno dei tuoi spazi. Ok, allora. Benvenuto a bordo, Julian.»
 
«Fiuuu, grazie, a buon rendere» gli rispose «ci sentiamo domani per i dettagli, ora torno dalla mia bella che sento mi sta chiamando. Grazie ancora e… niente più parolacce» poi riattaccò, ridendo.
 
La faceva facile lui, anche perché non era lui ad avere a che fare con un bimbetto che ha appena imparato una nuova e affascinante parola come…
 
«Cazzo!»
 
Appunto. Oh, povero lui e povere le sue orecchie quando sua madre fosse rientrata e avesse sentito Daichi dirgliela con orgoglio. Improvvisamente gli venne un’idea, mentre lo fissava severamente.
Aprì WhatsApp, dove il primo numero che campeggiava era quello della sua Patty e scrisse:
 
«Emergenza bimbo maleducato. Nuova parolaccia imparata, colpa mia. Aiutami, amore mio, ho bisogno di te!»
 
 
Poi sorrise mentre rileggeva quelle parole e vedeva comparire, a tempo di record, le spunte blu. Oh, sì, amore mio. Puoi negarlo quanto vuoi, ma tu mi ami e non puoi stare senza di me. Presto, molto presto, questo tuo desiderio sarà esaudito, pensò lui sorridendo come uno scemo da solo.
Dopo qualche minuto di discussione con il fratellino, lui si arrese e smise di dire quella parola, la visione del film partì e mezz’ora dopo il piccolo russava con la testolina sulle sue gambe.
Holly riguardò per l’ennesima volta il cellulare, come mai non aveva ancora risposto? Era ancora con il vichingo? Non gli rimaneva che attendere con il cuore in gola. Ma… ehi, un momento, fermi tutti. Se Amy era da Julian, questo significava che la sua bella e combattiva Patty era da sola in casa. A Tokyo. Col vichingo vicino di casa che quel giorno aveva in serbo una bella sorpresa per lei.
E lui era lì, a Nankatzu, con Daichi addormentato profondamente sulle sue gambe, impossibilitato a muoversi per raggiungerla. La sua solita sfiga.
Aveva una voglia matta di correre da lei non appena sua madre avesse varcato la porta di casa. Aveva una voglia matta di baciarla e spingersi oltre, come aveva fatto il suo amico. Aveva una voglia matta di prendere a pugni il vichingo e reclamarla come sua e solo sua. Ma doveva aspettare. Dio, come bruciava aspettare. Una settimana. Una sola, lunga e interminabile settimana lo separava da lei. Cos’era, dopotutto, quel tempo se paragonato alla gioia di quel momento? Era un’eternità, si disse, ma doveva stringere i denti e preparare tutto nei minimi dettagli. Non poteva e non voleva fallire.
Patty non l’aveva baciato in diretta nazionale e ok, ma lui non era intenzionato a mollare la presa e ad arrendersi. Non l’aveva mai fatto e non avrebbe certo incominciato in quell’occasione.
Si mosse piano, prese in braccio il piccolo Daichi e lo portò in camera dove, per sua fortuna, continuò a dormire senza svegliarsi.
Tornò da basso, controllò il cellulare… nulla! Adesso sì che era veramente preoccupato. Ma che diamine le era successo per leggere il messaggio alla velocità della luce e, subito dopo, ignorarlo?
 
 
 
 
 
Driiin Driiin Driiin
Patty rilesse per l’ennesima volta il messaggio del suo Holly e sorrise. Ma che diamine aveva combinato con il piccolo Daichi. Ah, che impiastro.
La porta si aprì e la faccia di un preoccupato Holly – che subito si distese in un bellissimo sorriso appena la vide – le si palesò davanti.
Non ebbe il tempo di dire nulla che fu subito abbracciata stretta, baciata sulle labbra con urgenza e…
 
«Hai dimenticato la tua mano sul mio sedere» gli disse.
 
«Davvero? Oh, ma tu guarda» le disse senza smettere di fissarla negli occhi e stringendola di più «non me ne ero accorto.»
 
«Bugiardo. Toglila se vuoi che ti aiuti. Mi vuoi spiegare com’è successo che il piccolo Hutton abbia imparato a dire…»
 
«Sei bellissima oggi e questa pettinatura ti sta d’incanto, amore mio. Entra» l’interruppe lui prendendola per la mano e trascinandola dentro «ma, tu cosa ci fai qua a Nankatzu, non dovevi essere a Tokyo?» le chiese poi, guidandola sul divano.
 
Prima di farla sedere, Holly tolse i giocattoli di Daichi, sistemò i cuscini, la prese tra le braccia e le diede un bacio vero che le fece tremare le gambe. Quando terminò, Patty ci mise un po’ per riprendersi – sotto il suo sguardo compiaciuto – poi si schiarì la voce e parlò.
 
«Vero, ma mia madre mi aveva invitata a cena e, anche se ero appena tornata, non ho potuto rifiutare. Mister Wow e Oscar sono dai miei. Non me la sono sentita di lasciarli soli la prima sera e allora – poveri loro – li ho trascinati di nuovo in giro. Però, abbiamo preso un taxi, era la soluzione meno traumatica. Stanotte dormiremo dai miei e domani mattina, con calma, rientreremo. Se ti stai chiedendo perché non li ho lasciati a casa con Amy… non c’è, passerà due giorni dal suo bel innamorato.»
 
«Fantastico. Ero così preoccupato ti fosse successo qualcosa… hai visualizzato senza rispondere per circa un’ora e io… stavo entrando in panico» disse lui.
 
«Sì, scusa. Ma sai, c’era una ragione per la cena di oggi. Una riunione familiare extra. Non ho potuto proprio risponderti. Riguardava la nonna e ho voluto dare la precedenza a quella.»
 
«Hai fatto bene. Ma… ma che succede, cambiamenti in vista?»
 
«A dire il vero, sì. I miei vorrebbero che nonna si trasferisse da loro, nella dependance dietro casa. Ovviamente lei obietterà che sarà lontana dalla sua amica più cara – quella del viaggio – ma lo spazio è grande e ci starebbe anche lei che è vedova e senza figli.»
 
«Sarebbe una soluzione perfetta. Vicina a voi, ma indipendente e con una compagnia costante in casa. Dici che accetterà?»
 
«Staremo a vedere. Noi tutti lo speriamo. Abbiamo un mese di tempo per sistemare il posto.»
 
Poi, non seppe come, non riuscì a resistere e si sporse per baciarlo dolcemente e lo sentì risponderle con lentezza, cosa che la fece impazzire. Si costrinse a staccarsi dalle sue labbra e lo sentì borbottare. Sorrise tra sé, compiaciuta, per una volta era stata lei a prenderlo in contropiede. Poi lui le chiese:
 
«Em… e il tuo appuntamento col vichingo? È saltato, immagino. Ma che peccato.»
 
Oh, Holly, il mio Holly geloso. Ma quanto sei curioso. Credo che mi divertirò un po’ con te.
 
«In realtà… l’appuntamento c’è stato, anche se… un po’ movimentato, per colpa tua!» gli rispose.
 
«Mi… mia? Ma davvero?» disse lui fingendosi sorpreso «E come mai?»
 
«Oh, ma smettila. Lo sapevi benissimo cosa sarebbe successo quando mi hai fatto… questo!» gli rispose lei denudandosi la spalla incriminata.
 
«Io? Assolutamente no» mentì, riuscendo a stento a non ridere «ne vuoi un altro? No, perché ci metto un attimo. Magari sull’altra spalla» le propose avvicinandosi.
 
«Piantala» gli intimò arrossendo, allontanandosi leggermente e sistemandosi la spallina «sai, l’ha scoperto proprio mentre mi stava baciando.»
 
Ops, forse quello non doveva dirlo? Data la faccia scura che le fece subito dopo quelle parole, forse no… ma si meritava una lezione.
 
«E poi ha smesso, spero» le disse con voce tagliente.
 
«Be’… diciamo solo che non è stato un confronto semplice.»
 
E quella frase la riportò al suo appuntamento in terrazza di quella mattina.
 
 
«Hai ragione. Inutile mentire. È stato lui, il mio Holly. Mi ha baciata, più volte e mi è piaciuto!» gli aveva confessato, una volta che Steff aveva scoperto il regalino del capitano.
 
«Il… tuo? Il tuo Holly? Ma ti senti?» l’aveva aggredita lui, allontanandosi «Ne parli come se avessi deciso di metterti con lui.»
 
«Non è così, credo. Oh, non lo so più, sono confusa. È che io… oh, insomma, sarò sincera. Lo conosco da sempre e per anni ho avuto una cotta per lui. Credevo mi fosse passata e invece, a quanto pare, no. Allo stesso tempo, però, sento di essere molto affezionata anche a te.»
 
«Be’, vedi di deciderti una volta per tutte» le aveva risposto lui, traendola a sé per la vita «Patricia, tesoro mio, tu lo sai cosa provo per te e mi piacerebbe essere ricambiato totalmente. Ti avviso che non ho intenzione di perderti per colpa di quel tizio.»
 
E lei l’aveva abbracciato e si era lasciata cullare dalle sue forti braccia. Vigliacca doppiogiochista. Oh, ma era così bello sentirlo mentre la stringeva a sé ed era così bello sentire le sue labbra sulle proprie unite in un tenero bacio.
 
«Ok, evitiamo discussioni spiacevoli per oggi» le aveva detto poi «mi sei mancata immensamente e voglio recuperare il tempo perduto lontano da te.»
 
«Allora… mangiamo? Ti avviso che ho fame – in realtà io ho sempre fame – e ho visto un paio di cosette che mi attirano assai» gli aveva detto avvicinandosi al tavolino imbandito e sedendosi.
 
E il tempo era passato veloce, tra risate, aneddoti divertenti di Steff e la sua brigata – che lei aveva conosciuto al ritiro e apprezzato, non solo per l’ottimo lavoro svolto con il catering per la festa, ma anche perché erano simpaticissimi e si erano accordati per rivedersi qualche volta – e racconti su Mister Wow.
 
«Tu adori quel pappagallo, vero? Si capisce da come ne parli.»
 
«Sì, Steff e poi un giorno lui e Oscar saranno miei. Mister Gamo l’ha nominato Mascotte ufficiale della Nazionale. Ha conquistato tutti.»
 
«Anche il tuo… capitano o mio capitano?» le aveva chiesto, infastidito.
 
«Soprattutto lui e Mister Wow, come avrai capito, lo adora. Non so perché, ma fin dal primo momento, l’ha guardato con interesse.»
 
Cosa che non ha fatto con me» le ricordò «devo preoccuparmi?»
 
«Non ti conosce, ancora» aveva glissato lei e poi aveva addentato una pizzetta.
 
Il resto del pomeriggio era passato tra chiacchiere, baci e balli. Sì, balli. Perché lui l’aveva sorpresa estraendo un MP3 dal divano e facendo partire la musica. Steff aveva riso della sua goffaggine, ma che ci poteva fare lei se un pezzo di legno era più malleabile del suo corpo? Per fortuna la scelta della musica era stata prevalentemente romantica e lei si era potuta rilassare un po’, mentre ondeggiava tra le sue braccia. Aveva pensato proprio a tutto per darle il bentornato a casa e lei… lei, mentre lui pensava a come farla divertire e sedurre, lei si lasciava baciare e marchiare da Holly. Che brutta persona era.
Qualche ora più tardi, mentre stava accoccolata accanto a lui sul divanetto – dopo una lunga sessione di baci – il discorso era tornato sul capitano della Nazionale.
 
«Insomma, te la sei spassata con lui mentre io ero qua» le aveva detto «e ora te la stai spassando con me mentre lui è là. Cos’è, stai decidendo chi scegliere in base ai baci?»
 
«Come?» era scattata a sedere lei «No, ma come ti viene in mente.»
 
«Non so, baci lui, baci me… Decisamente queste tue fantastiche labbra si stanno dando un gran da fare» le aveva detto percorrendogliele con il pollice.
 
«Steff…»
 
«Preferirei che fossero solo mie, mentirei se ti dicessi il contrario. E non solo quelle a dire il vero» aveva aggiunto poi portando le sue mani sotto il top e sfiorandole la pelle.
 
Patty era rabbrividita a quel contatto, ma non era nulla in confronto alla reazione che aveva avuto quando Holly aveva fatto la stessa cosa, in magazzino.
 
«L’hai solo baciato vero? No, perché già odio il pensiero di te e lui appiccicati in quel modo, se poi vi siete spinti oltre, io…»
 
«Sei geloso, Steff?» gli aveva posto la stessa domanda fatta al capitano per vedere come avrebbe reagito.
 
«Sono… infastidito. Geloso di quel babbeo, io, ma non farmi ridere! Per essere gelosi, lui dovrebbe essere un avversario vero e invece è solo un tizio infatuato di una che sa di non potere avere e che cerca di sedurre per gioco, per ripicca. Oh, sì le sta provando tutte, e mi sta dando del filo da torcere, ma non mi preoccupa minimante. Anche se non capisco dove abbia trovato il tempo per baciarti se era impegnato con la squadra. Ero sicuro che non ti avesse minimamente toccata e invece… Dai Patricia, l’hai detto tu stessa che ha frequentato svariate ragazze, senza mai sceglierne una e potrebbe ancora farlo anzi, magari lo fa a tua insaputa e poi finge interesse per te. Credi davvero che sia attratto da te?»
 
Quella risposta l’aveva infastidita e fatta infuriare sul serio e ne era nata una discussione epica. Ma come si permetteva di insinuare una cosa del genere. Holly l’amava veramente, l’amava! Holly – in risposta alla stessa domanda – si era infuriato come una iena e le aveva urlato in faccia tutta la sua gelosia e il suo amore, mentre Steff… no.
Il problema era che non si poteva stare a lungo arrabbiati con lui, perché subito dopo la faceva ridere, tra un veloce bacio rubato e l’altro. Ma quando Steff aveva cercato di spingersi oltre, sdraiandola sul divanetto e alzandole il top per cercare il suo seno, lei l’aveva fermato prima che ci arrivasse e si era alzata di scatto. Lui l’aveva guardata confuso e, prima che lei potesse dire una parola, il suo cellulare era suonato e sua madre l’aveva convocata a casa.
 
 
«Patty? Amore mio ci sei ancora?» la voce preoccupata di Holly interruppe il suo flash back.
 
«Sono qui, stavo… stavo solo ripensando a una cosa e… niente, non è importante» gli rispose e poi «allora, vuoi dirmi cos’hai combinato con tuo fratello?»
 
«Be’, ecco vedi…»
 
Un razzo umano rinchiuso in un bimbetto di cinque anni interruppe quella frase e le piombò addosso ridendo e urlando il suo nome.
 
 
 
 
 
«Daichi! Scendi subito da Patty.»
 
Ah, quel bambino era incontenibile. Sua madre si era proprio sbagliata sul temperamento del piccolo di casa, era più simile a lui di quello che credeva.
 
«No, lascialo pure qui. Non mi da’ fastidio» gli rispose lei sorridendogli.

Vedere la sua innamorata abbracciata al fratellino mentre gli arruffava i capelli e lo cullava, gli sciolse il cuore e l’amò ancora di più.
Le rare volte che sua madre in giro con Daichi l’aveva beccato con una nuova conquista, la ragazza di turno non aveva mai mostrato interesse per il suo fratellino, ignorando lui e la madre con fare infastidito. Come aveva fatto a essere così cieco. Meno male ci aveva dato un taglio e ora esisteva l’unica e sola ragazza degna di essere amata da lui, Patty.
 
«Allora, piccola peste» prese a dirgli lei con voce dolce «ho saputo che hai fatto disperare il tuo fratellone e che hai imparato una nuova parola.»
 
«Sì. Cazzo!» gli disse tutto orgoglioso quello.
 
Holly voleva sprofondare dalla vergogna. Guardò Patty che spostava lo sguardo tra i due fratelli, dire che era sbalordita era dire poco.
 
«Oh, nonononono piccolo, questa è una gran brutta parola da dire» lo riprese lei bonariamente.
 
«Davvero? Ma Holly la dice.»
 
Ecco, come essere sputtanato da suo fratello in un nano secondo.
 
«La dice perché tuo fratello è un gran co…» poi s’interruppe anche lei, arrossendo lievemente e lo guardò prima di concludere «co… cocomero. Una gran testa di cocomero!»
 
Quel ripiego lo fece scoppiare a ridere, subito imitato da Daichi. Ah, allora non era l’unico a farsi sfuggire certe parole davanti ai bambini.
 
«Che buon profumo che sento» disse ancora lei, fingendo di guardarsi attorno «qualcuno qui ha fatto un bel bagnetto e adesso sa di mela verde.»
 
«Ioioioioio!» le rispose il suo clone in miniatura tirandola per un braccio «Io l’ho fatto. Con Holly.»
 
«Em… sì, ma solo perché tu mi hai inzuppato d’acqua con la doccetta e con le mani.»
 
«Mi sarebbe tanto piaciuto vedervi» rise lei senza ritegno.
 
«La prossima volta, promesso» le rispose tra i si entusiasti del fratellino e poi aggiunse «e una seconda da soli io e te, mentre siamo ancora sudati e appagati. Un secondo tempo nella doccia ce lo vedo bene, tu no?»
 
Glielo disse sottovoce, avvicinandosi al suo orecchio, mentre Daichi si accoccolava ancora sul suo petto, furbastro. Vide Patty arrossire vistosamente e le rubò un veloce bacio.
 
«Holly, contieniti, non siamo soli» gli sussurrò.
 
«È talmente rilassato dalle tue coccole che non gli importa altro. Come lo invidio.»
 
Poi non ci fu più tempo per stuzzicarla, perché Daichi richiese tutta la loro attenzione che Patty gli concesse senza riserve.
 
«Ti piacerebbe conoscere Mister Wow e Oscar?»
 
Avevano appena portato Daichi a letto – sì, come una vera famiglia e la cosa gli piacque molto – e Patty si era seduta sul letto del bimbo per salutarlo, stava per alzarsi quando il piccolino l’aveva afferrata per un braccio per bloccarla, richiedendo altre attenzioni. Si vedeva che era stanchissimo, ma non era intenzionato a fare vincere Morfeo, così lei lo aveva assecondato. E così gli aveva parlato dei suoi animali.
 
«E chi sono?» le chiese, curioso.
 
«Un bellissimo pappagallo colorato e chiacchierone, e un gattone rosso. Sono di mia nonna, ma adesso è in ferie e li curo io. Ti piacerebbero molto. Se mi prometti che non dirai mai più quella brutta parola, domani mattina ti porto da loro.»
 
E lui promise, felicissimo di conoscere due nuovi amici. Senza rendersene conto, poco dopo cadde in sonno profondo.
Appena tornarono da basso, Holly la prese per mano e si diresse sul divano dove, una volta seduto, se la tirò in grembo. Era bello avere Patty così, con le mani sulle sue spalle e le gambe piegate ai lati del suo corpo, seduta su di lui. Vicini, molto vicini intimamente. Bastava un movimento perché lei si accorgesse del suo stato.
 
«Grazie. Non so come avrei fatto senza di te.»
 
«Di nulla, è stato un piacere e lui è adorabile. Speriamo che davvero non la dica più. Ma com’è successo?» s’informò,
 
«Te la spiegherò più tardi, ora ho ben altro per la testa.»
 
«Ah, sì? E che cosa?» gli chiese passandogli le mani nei capelli e facendolo gemere di piacere.
 
«Signorina Patricia Gatsby, a noi due!»
 
Poi, senza darle il tempo di replicare, si appropriò delle sue labbra a lungo e con passione sempre più crescente e lei lo assecondò in tutto. Non seppe quanto rimasero così, ma a un certo punto – anche se con molta lentezza e riluttanza da parte di entrambi – tutto finì. Patty si sedette accanto a lui, gli sorrise e, poco dopo, con gli occhi sempre più pesanti e si accoccolò sulle sue gambe. Gli era sembrato di sentire un flebile Ti Amo, ma non poteva metterci la mano sul fuoco, dannazione.
Subito dopo si addormentò e lui, di lì a breve, appoggiò la testa sulla spalliera e la seguì.
 
 
 
 
 
Maggie Hutton rientrò molto tardi quella sera, ma sapendo che c’era suo figlio con il piccolo Daichi, era tranquilla. Si era divertita molto con le amiche, decisamente doveva fare più uscite con loro. Con il marito sempre per mare, il figlio maggiore lontano e il piccolino bisognoso di attenzioni, negli ultimi tempi aveva trascurato le sue due più care amiche e questo le dispiaceva molto, meno male loro capivano la sua situazione.
Quando varcò la porta di casa erano da poco passate le 23 e uno strano silenzio regnava in casa, anche se la luce era ancora accesa. Girò l’angolo, si diresse in sala e si bloccò sul posto.
Cosa ci faceva Patty in casa sua? E perché dormiva con la testa sulle gambe di suo figlio? E anche lui era nel mondo dei sogni, con un sorriso beato, rilassato e felice come da tempo non gli vedeva fare.
Ah, che cosa doveva fare con quei due? Ah, una cosa di sicuro, anzi… due! Prima chiamò Marianne, la madre di Patty, per avvisarla e poi… eh, sì, l’occasione era troppo ghiotta per sprecarla così.
 
 

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Capitolo 22
*** Più vicino a te ***


Patty si svegliò con un senso di appagamento e felicità non comuni. In genere al mattino era scontrosa fino alla colazione e invece quel giorno…
Un momento, ma dov’era? Non a Tokyo, perché era andata dai suoi per una riunione extra sulla nonna e per cena e poi… Holly!
Quella era casa sua, o meglio dei suoi. Aveva dormito lì? Sul divano? Con… lui? Entrò in panico e un intenso rossore le invase il volto, tentò di girarsi, ma qualcosa la bloccava.
Mise a fuoco meglio e notò che era un braccio muscoloso, la mano appoggiata sul suo seno. Oddioddioddiooooo!
Se si concentrava meglio poteva sentire il corpo di lui avvinghiato al suo e sentire il suo torace alzarsi e abbassarsi al ritmo del suo respiro. Oddioddioddioooooooo!
Doveva fare qualcosa, subito! Si girò con cautela, ma così facendo la mano di Holly percorse tutto il suo petto fino ad abbracciarla completamente e a lei mancò il fiato. Quando riuscì a voltarsi verso di lui, prese coraggio e alzò leggermente la testa, che al momento era all’altezza del suo torace muscoloso e…

 
«Buongiorno splendore, e così finalmente abbiamo dormito insieme.»

Era sveglio! Oddio quanto era bello di prima mattina con l’aria assonnata e la voce roca. Cosa non avrebbe dato per poterlo vedere così tutti i giorni. Cosa? Patty, ma sei matta? No, sei solo innamorata persa di lui. Sì, ma ora digli qualcosa, sembri un pesce lesso con la bocca aperta e gli occhi spalancati dallo stupore, pensò.
 
«’Giorno a te. Ehi, ultimamente le inventi tutte pur di starmi appiccicato, vero?»

«Sì, ma questa è senza dubbio la migliore idea che abbia mai avuto. Oh, amore mio, hai un corpo fantastico, perfetto per le mie braccia e le mie mani. Saranno dieci minuti che sono sveglio a guardarti senza potere fare altro e il mio corpo è al limite della decenza.»

«Sporcaccione. Flirti di prima mattina? Oh, andiamo, puoi fare di meglio capitano.»

«Lo so, e ora ti dimostro anche quanto.»

E poi la baciò a fondo, stringendola ancora di più a sé, vagando con le mani sulla sua schiena. Improvvisamente Patty si ritrovò sdraiata sotto di lui che non la smetteva di assaporarle la bocca e accarezzarla. Le mani di Holly corsero sotto il suo top e raggiunsero in fretta il loro obiettivo che esplorarono con lentezza e lei emise mugolii di piacere.
Holly spinse i fianchi contro di lei per farle capire quanto fosse eccitato e lei – come mossa da una forza sconosciuta – portò le sue mani sul posteriore del suo innamorato e lo strinse. Holly smise di baciarla per qualche secondo – peccato – la guardò sornione e le sorrise, prima di riprendere possesso delle sue labbra.
Istintivamente Patty sollevò le gambe e le sostituì alle mani che gli mise nei capelli per avvicinarlo ancora di più a sé e si dedicò a farlo impazzire.

 
«Patty» la chiamò lui da molto lontano «Patty, amore, dobbiamo fermarci.»

«Nonononono» cantilenò lei cercando di riportarlo dov’era fino a poco prima.

Sentì Holly ridacchiare compiaciuto contro le sue labbra, prima di baciargliele un’ultima volta.
 
«Non farlo, ti preeeeegooo. È così bello» lo supplicò.

«Dio quanto vorrei assecondarti… ma devo farlo, lo sai anche tu. Se non vogliamo scandalizzare mia madre e Daichi, ci conviene smettere, subito.»

Cosa? Oddio! Improvvisamente conscia del pericolo che correvano, Patty emerse da quel languore tanto eccitante quanto sconveniente e lo fissò con gli occhi sbarrati e pieni di timore.
 
«Tranquilla, amore mio, stanno ancora dormendo, è presto» le disse indicandole l’orologio a parete che segnava le 5.30 a.m. e sogghignando.

«Oddio che paura. Dopo la parolaccia di ieri, ci mancherebbe solo che oggi tuo fratello ci beccasse nudi sul divano mentre…»

«Ci scambiamo effusioni?» suggerì lui guadagnandosi una pacchetta scherzosa sul braccio. «In teoria non siamo ancora nudi, ma se proprio insisti…» le disse alzandosi e iniziando a sfilarsi la t-shirt, ricevendo una nuova pacca, ma sulla gamba questa volta. «Ok, ok, ho capito, la smetto. Però ora hai acceso la mia fantasia, e sappi che il mio obiettivo non è più solo conquistarti, ma anche averti, in tutti i sensi. Voglio essere il primo e l’ultimo con cui starai. Il tuo meraviglioso corpo nudo sarà solo mio! Per sempre.» dichiarò tornando a baciarla con passione.

Oh, mio, Dio. Sta dicendo che vuole fare l’amore con me ed essere l’unico uomo della mia vita?  
 
«Holly» gli disse scostandosi leggermente da lui «ma che ti prende stamattina? Sei irriconoscibile.»

«E tu sei sexy da morire» rilanciò lui facendola arrossire tantissimo.

«E… e tu sei pazzo.»

«Davvero? Solo perché ho approfittato del fatto di averti così vicina a me?»

«Perché mi stai facendo venire pensieri sconvenienti sul divano dei tuoi.»

«Mi piace questa frase. Quanto sconvenienti?» le disse baciandola ancora «E comunque i miei lo sono di più. Infatti, ci siamo fermati, no?»

«Tu ti sei fermato e… oddio che ho detto?» mormorò lei portandosi le mani sul volto e cercando di scomparire.

Sentì Holly ridere e stava per dirgliene quattro, quando un pensiero la riportò alla realtà e si mise a sedere di scatto.
 
«Oh, no, nonononono!»

«Cosa c’è, amore mio?» gli chiese preoccupato il numero dieci.

«Non ho avvisato a casa, saranno preoccupatissimi e…»

Ma dov’era finita la sua borsetta? Si guardò in giro e la individuò appesa all’attaccapanni all'ingresso, ma chi… Maggie? Doveva averla trovata incastrata nel divano e messa a posto. Corse a recuperarla e ne estrasse il cellulare, convinta di trovarsi decine di chiamate perse e invece… neanche una? Ah, no, un messaggio di sua madre c’era.
 
“Buonanotte cara, a domani mattina. Fa’ con calma e torna con Oliver. Siamo impazienti di rivederlo. Ti voglio bene, mamma.”

Sorrise a quel messaggio e vide Holly rilassarsi.
 
«Tutto bene, immagino» le chiese.

«Sì, a quanto pare tua madre ha avvisato la mia che ero qua. Ah, hai da fare stamattina? Vogliono che ti porti con me.»

«Sono libero e vengo volentieri. È tanto che non li vedo. E poi mi mancano i nostri animali, tutti e due» buttò lì con nonchalance.

«Nostri?» 

«Nostri!» ribadì lui, raggiungendola e baciandola per l’ennesima volta «Hai fame? Io ho un vuoto allo stomaco pazzesco. Vuoi assaggiare la colazione che facevo sempre in Spagna o ne vuoi una locale? Ti avverto che vivere da solo mi ha fatto bene e ora cucino un po’ meglio, giusto per non morire di fame.»

Quella confessione la fece ridere e – visto che la sua pancia borbottò rumorosamente proprio in risposta – capitolò.
 
«E colazione europea sia!» sentenziò.

Gli prese la mano e lo trascinò in cucina.
 



 
Holly non poteva più essere felice di così. La sera prima, aveva adorato ogni momento passato accanto a Patty e quella mattina… non trovava una parola adatta per descriverla al meglio. Dio, aveva quasi fatto l’amore con lei sul divano dei suoi. E lei aveva risposto a ogni suo bacio, a ogni suo tocco.
Quando si era svegliato e l’aveva vista abbracciata a lui nel sonno, si era galvanizzato non poco e quando si era sporto per vederla in viso, il suo cuore ne aveva registrato ogni lineamento ed era impazzito. Ovvio che poi, al risveglio della sua amata, ne avesse approfittato. E lei gli aveva risposto, eccome.
Patty era sempre stata una continua fonte di sorprese, ma mai così eccitanti. Sperava proprio che quella settimana passasse in fretta e poi sarebbe stato tutto più facile.

 
«Mi spieghi come mai siamo finiti lunghi distesi sul divano?» gli chiese improvvisamente lei, arrossendo.

«Devo essere scivolato durante la notte e tu ti devi essere adattata di conseguenza, spostandoti da sola, non c’è altra soluzione» le rispose dopo averci riflettuto un po’ su.

«Niente di più facile. E… come mai tua madre non ci ha svegliati quando è rientrata? Non l’abbiamo nemmeno sentita tornare e, per quanto ne sapevamo stamattina, avrebbe potuto stare fuori tutta la notte a nostra insaputa e la porta sarebbe rimasta aperta.»

«Vero. Non avrà voluto disturbarci e poi tu non saresti potuta tornare a casa lo stesso, con il buio. E io non ti avrei più potuta tenere le braccia e svegliarmi con certi pensieri in testa» le disse facendole l’occhiolino mentre cucinava le uova e friggeva il bacon.

«Sicuro che sia una colazione spagnola? Secondo me è più americana» gli rispose lei glissando e affiancandolo ai fornelli.

«Ti ho promesso la mia colazione, non quella spagnola» le disse rubandole un bacio.

Holly allungò un braccio e lo posò sulla vita di lei, traendola a sé e la sentì circondarlo con le braccia, mentre si stringeva a lui. Dio, come gli sarebbe piaciuta una scena del genere tutte le mattine.
Chi l’avrebbe mai detto.
Quando fu pronto, Patty fece per allontanarsi da lui, ma Holly la trattenne e si mosse con lei per la cucina fino a che fu apparecchiato e servito. Si sedette e la fece accomodare sulle sue gambe, poi iniziò a imboccarla tra le risate di lei e i mugolii estasiati che emetteva tra un boccone e l’altro.

 
«Buonissima» gli disse leccandosi le labbra dopo l’ultima forchettata «ora potresti anche lasciarmi andare. Vorrei passare un attimo in bagno, dire a mia madre pressappoco a che ora arriviamo, insieme a Daichi visto che gliel'ho promesso e ripartire per Tokyo.»

«Devi proprio tornare là così presto? Dopotutto hai detto che sei sola.»

«Vieni con me» gli propose di getto accarezzandogli i capelli «hai da fare?»

«Per te ho sempre tempo, amore mio»

Soprattutto se la mia presenza irriterebbe oltre misura il vichingo. Mi piacerebbe tanto sapere cosa si sono detti dopo la scoperta del mio ricordino.
Patty gli sorrise, gli diede un lungo bacio e – con suo sommo dispiacere – scese dalle sue gambe e si diresse al bagno.
 


 

 
«Oh, cara, tu lo ami molto, ora ne sono certa.»

A Patty prese un colpo, appena uscì dal bagno, povera ragazza. Dal balzo che fece all’indietro, Maggie Hutton seppe di averla colta di sorpresa. Era sulla soglia della sua camera e la stava fissando con un gran sorriso.
 
«Buongiorno. Em… l’abbiamo svegliata? Mi dispiace.»

«In realtà è stato un delizioso profumino a farlo e quando sono scesa a vedere da dove provenisse…»

«Oh, cavoli. Senta, io…» iniziò lei diventando di tutti i colori.

Ma lei l’interruppe subito, avvicinandosi e trascinandola in camera sua, dove la fece sedere sul letto, prima di accomodarsi accanto a lei. Poteva vedere che Patty era sempre più sconvolta da quell’atteggiamento, ma lei doveva parlarle prima che se ne andasse da lì e prima che suo figlio le interrompesse.
 
«Ieri sera non me la sono sentita di svegliarvi, dormivate così bene o poco fa, in cucina, eravate così carini che era un peccato intromettermi.»

«Holly è stato molto dolce a prepararmi la colazione, sì» le rispose lei imbarazzata.

«E a imboccarti, vi ho visti. Mio marito ogni tanto lo fa ancora, credo gli venga naturale e nostro figlio ha preso da lui su questo» ridacchiò «lui ti ama!» sentenziò infine con veemenza.

«Lo so, me l’ha detto tante volte e io… oh, Maggie, posso darle del tu?» e quando lei annuì, continuò «Che devo fare? Sono così confusa. Posso parlarti sinceramente?»

E così, Maggie si ritrovò ad ascoltare la ragazza che suo figlio amava con tutta l’anima e capì. Quel Steffen era furbo e riusciva sempre a far breccia nel cuore di Patty con parole dolci, gesti carini e sorprese. Ma se Patty si trovava in questa situazione, la colpa era anche di Holly, che ora era geloso marcio.
Sì, perché Maggie, aveva visto Patty innamorarsi a prima vista di lui – e di anni ne aveva solo dieci – e aveva visto lui, ignorarla. Poi aveva iniziato a trattarla male e a uscire con chiunque – di sesso femminile e priva di cervello – respirasse, non mancando di sbattergliele sotto il naso. E, a quel punto, cos’altro poteva fare lei se non ripagarlo con l’indifferenza?
E ora, nella sua vita, era comparso questo nordico – che suo figlio tanto odiava – e Patty si era infatuata di lui. Anche se il suo cuore, Maggie lo sapeva da sempre, era tutto per suo figlio.
Patty era la figlia che non aveva mai avuto, pur desiderandola tanto e voleva vederla felice, se con Holly ancora meglio.
Poco prima, quando li aveva visti in cucina, abbracciati mentre facevano colazione, le si era scaldato il cuore. Erano una coppia magnifica e meritavano di essere aiutati.

 
«Sai Patty, io ti sono molto affezionata. Ti ho vista crescere e diventare una stupenda donna, forte e combattiva, ma anche dolce e gentile. Ti voglio dare un consiglio da mamma, lo accetti?»

«Sì, per favore. E grazie per i complimenti.»

«È la verità e la cosa bella è che, finalmente, se ne è accorto anche mio figlio. Per tornare a noi… parla chiaro con questo ragazzo, Steffen, e mostra a lui tutti i tuoi lati. Scommetto che lui non conosce la nostra Anego, giusto? Intendo quella arrabbiata e non solo quella spudorata che non ha avuto problemi a parlare con lui mentre era tutto nudo» e quando lei arrossì violentemente al ricordo e le diede ragione, continuò «Patty, mia cara ragazza, affrontalo seriamente e non lasciarti distrarre dai suoi tentativi di glissare le cose. Lo so che sarà dura, specie se dici che non resta mai a lungo arrabbiato e trova il modo per alleggerire il discorso, ma devi farlo. Solo così troverai pace dentro di te.»

«Se solo tuo figlio…»

«Lo so, è stato un cretino per tanto, troppo tempo, ma ha capito i suoi errori e vuole fare ammenda. Steffen è arrivato al momento giusto, vero? E forse Holly si è meritato un ostacolo del genere. Gli ha aperto gli occhi e dato il coraggio per cambiare.»

Guardò Patty che le sorrideva timidamente e le prese le mani.
 
«Chiunque ti abbia definita dura di cuore e insensibile è un grandissimo imbecille, credi a me» le disse, facendole sbarrare tanto d’occhi «e sì, lo so che mio figlio è il primo della lista, non credere. Non sai quante volte gli ho intimato di smetterla, quando parlava con astio di te, ma era come se avesse alzato un muro. Sono molto felice sia rinsavito fino a questo punto.»

«Gra… grazie Maggie, anch’io lo sono.»

«Ah, l’amore. Gliel’hai già detto, che lo ami?» s’informò poi.

«No, io… devo prima mettere ordine nella mia testa e poi… oh, sì, lo amo molto, ormai lo so, ma…»

«Vuoi essere sicura che lui veramente lo sia di te, anche se te l’ha confessato» e lì ancora Patty strabuzzò gli occhi «cara, sono una donna, e ho vissuto certe cose prima di te, di voi. Il fatto stesso che lui te l’abbia detto e da allora faccia di tutto per dimostrartelo, dovrebbe essere la risposta che cerchi.»

Maggie era consapevole dell’effetto che quelle parole avrebbero avuto su Patty, ma non poteva fare a meno di metterle un piccolo dubbio in testa. La vide arrossire e pensarci seriamente. Da madre, era più che felice che suo figlio fosse rinsavito e avesse deciso di conquistarla e lei gli avrebbe dato una mano anzi, l’avrebbe data a entrambi.
Ora rimaneva solo un piccolo dubbio da toglierle.   

 
«Cara, me lo sto chiedendo da ieri sera… come mai ti ho trovata qui? Holly non mi aveva detto che ti aveva invitato, se lo deve essere dimenticato.»
 
«Ah, em…» iniziò quella «in realtà non era programmato. Mi trovavo dai miei, e ho pensato di passare a salutarlo prima di ripartire per Tokyo. Abbiamo incominciato a parlare e a giocare con Daichi e, quando si è addormentato, l’abbiamo fatto anche noi senza volere. Scusami per il disagio, non era mia intenzione farmi trovare addormentata sul tuo divano con Holly. Chissà a cosa avrai pensato.»

Maggie non era stupida e capì che quella ragazza le stava nascondendo qualcosa, ma non indagò, così la lasciò andare, ma non prima di averle chiesto il numero di cellulare “nel caso avessi bisogno di parlare con una donna più adulta e più vicina a un certo capitano della Nazionale”, le aveva detto, ottenendolo.
 
«Ora vai, mia cara o qualcuno si chiederà dove sei sparita.»

L’abbracciò stretta e poi la guardò uscire dalla sua camera. Subito dopo le inviò, in rapida successione, due foto.
Bip bip. Bip bip.
Ok, missione compiuta… brava Maggie, brava!, si complimentò da sola, scoppiando a ridere immaginando la faccia della ragazza e si diresse a controllare Daichi.

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Capitolo 23
*** La palazzina delle sorprese ***


Mister Wow, preso. Oscar, preso. Tassista, pagato. Patty per mano, presa. Ascensore, preso. Trasportino e voliera, appoggiati per terra. Patty tra le braccia, presa.
 
«Baciami, baciami come se fosse l’ultima volta!» (Casablanca)

Mister Wow impiccione e guardone, presente in prima fila.
 
«Puoi starne certo, amico» gli disse Holly a un soffio dalle labbra dell’amata.

Poi schiacciò il bottone di avvio e se ne impossessò con dovizia e passione, mentre l’ascensore iniziava la sua lenta salita.
 
«Holly? Holly siamo arrivati» gli disse dopo un tempo indefinito Patty, staccandosi da lui, dannazione.

«Mh… sì, ok, ma nulla ci vieta di stare qua ancora un pochino… no?» le propose cercando di tornare sulla sua bocca.

«Potrebbe servire a qualcuno e… e poi ci vedono tutti. Ti ricordo che è un ascensore a vista, questo» lo bloccò lei con la mano.

«Tutti chi? Ci siamo solo noi due, Oscar che russa e l’enciclopedia mondiale vivente dei film» le rispose facendola ridere, iniziando a baciarle le dita «a meno che tu non ti riferisca al tuo dirimpettaio qua di fianco» concluse poi indicandole la porta del nordico con la testa.

«Smettila» lo riprese lei dolcemente «apri la porta e la grata di ferro, che portiamo dentro questi due e poi…»

«E poi…? Coraggio, amore mio, continua» la esortò, immaginandosi una giornata di passione con lei.

«E poi... si vedrà. Per il momento ti offro il pranzo» poi specifico, vedendolo impallidire «ehi, non sono una completa frana ai fornelli. Qualcosa so fare e quel poco lo faccio anche molto bene. Voglio sdebitarmi per averti fatto dormire e mangiare scomodo.»

«A me è piaciuto e non ero affatto scomodo» le disse vedendola arrossire «ma, se prometti di non avvelenarmi, accetto» e poi la baciò un’ultima volta, soffocando così la sua protesta.

Holly aprì la porta dell’ascensore, recuperò il loro bagaglio vivente e uscì con lei subito dietro, intenta a cercare le chiavi di casa.
Diede un’occhiata veloce alla porta accanto e… oh, come poteva resistere. Appoggiò di nuovo tutto per terra e trasse una sbalordita Patty a sé, prima di coprirle la bocca con la propria e a lungo. Poi la sciolse dal suo abbraccio, la fece girare verso la porta trattenendola con un braccio sulle sue spalle e – mentre lei era intenta ad aprirla – si guardò indietro e fece il dito medio al vicino, fissando male l’uscio chiuso.
Sei lì, vichingo, vero? Guarda e brucia, guarda e brucia! Lei è mia! Adesso l’hai capito, vero?, gli disse col pensiero.

 
«Non te l’ho ancora detto, ma sei stata fantastica ieri sera» le disse poi ad alta voce rubandole un bacio veloce «e anche stamattina» aggiunse.

Che Steffen pensasse quello che volesse, non gli importava. Solo loro due sapevano cos’era successo realmente, l’altro no e quindi… che colpa ne aveva lui, se il nordico poteva pensare che se la fossero spassata? Nessuna.
 
«Ah, bè, grazie! Anche tu non te la sei cavata affatto male» gli rispose facendogli l’occhiolino, recuperando Oscar e lasciandogli Mister Wow, prima di aprire la porta.

Lui la seguì all’interno con il pennuto e, prima di richiuderla, fece ciao ciao con la mano alla porta di Steffen.
Ecco, ora si sentiva meglio.
 


 
 
Hutton! Quanto non ti sopporto!, si disse Steffen dall’altro lato della porta, tirando un pugno al muro.
Sì, stava guardando, ma era stato un caso. Stava per uscire e si era diretto alla scarpiera accanto alla porta, prima di prendere le chiavi di casa. Aveva un appuntamento con il suo team di cucina – o con l’allegra brigata come si erano ribattezzati – per andare a ispezionare un immobile dove avrebbero aperto il loro piccolo ristorante con annessa un’area per la loro agenzia di catering. Sì, lui amava fare il Sous Chef, ma al momento avevano bisogno di guadagni immediati e quella seconda attività, li offriva. I loro risparmi li avrebbero messi quasi interamente nell’acquisto dei locali.
Insomma, era lì accanto alla porta, quando aveva sentito l’ascensore salire e fermarsi proprio al suo piano. Patricia è tornata!, si era detto.
Il giorno prima si erano lasciati in malo modo e sentiva il bisogno di scusarsi con lei. Dopo avere discusso, lui aveva cercato di rimediare e si era spinto un po’ troppo in là con lei, che l’aveva bloccato fisicamente e si era sottratta al suo tocco. Sapeva di avere forzato i tempi e che Patricia ancora non era pronta, ma non era riuscito a trattenersi. Poi la madre l’aveva chiamata e lei, anche se era arrivata solo qualche ora prima, era ripartita per Nankatzu.
E così non aveva resistito, il solo pensiero di rivederla lo elettrizzava e, intenzionato a darle una mano con i due animali che si era portata appresso, stava per uscire e offrirle una mano, ma… eccolo là, Hutton!
La parte più dura non era stata vederlo rincasare con lei, ma vederlo in atteggiamenti intimi con lei e vederlo lanciargli un messaggio ben chiaro. Con il gesto fatto al suo indirizzo, con le parole dette ad alta voce e con gli occchi. I gesti, gli sguardi e quelle parole…
Quel tipo, in qualche modo, riusciva sempre a far fare a Patricia quello che voleva e a lui, questa cosa, infastidiva parecchio. Specie perché lei lo assecondava sempre.
 
«Faen (Cazzo), che hanno combinato quei due? Quelle frasi… no, no, non è possibile che loro… Patricia non sarebbe capace di fare una cosa del genere con lui, essendo attratta da me. Eppure, quando quell’idiota l’ha baciata, lei… no, basta! Resisti Steff e, non appena rimarrà da sola, glielo chiederai. Per ora…»

Guardò il grande orologio in cucina e imprecò nuovamente, era propria ora di uscire e di corsa anche.
Agguantò le scarpe, le infilò, prese le chiavi dal cestino apposito e si fiondò giù per gli scalini. Non aveva tempo di aspettare l’ascensore e non aveva voglia di vedersi comparire davanti Hutton, per puro caso.
 
«Ciao Steffen» lo bloccò una voce femminile al quarto piano.

«Ah, ciao… em… scusa, non sono molto portato per i nomi» le confessò, imbarazzato.

«Miki» gli rispose quella, arrossendo e cercando di non fare cadere uno strano borsone capiente.

«Vuoi una mano? Sembra pesante. Sono di fretta a dire il vero, ma una bella donna in difficoltà non posso di certo abbandonarla» le disse.

«Oh, no! No, grazie, non è necessario. Ce la faccio benissimo da sola» gli rispose lei agguantandola ancora di più «si è rotto un manico e… e la cerniera. È davvero vecchio, ma ci sono affezionata. Credo che lo userò ancora dopotutto… comunque non lo butto, no, no… ah, ah!»

Che tipa strana. Teneva quel borsone come se ne andasse della sua vita o come se… se sotto sotto si vergognasse del suo contenuto. No, impossibile. Quella ragazza era una psicologa, se non ricordava male, cosa poteva avere mai da nascondere?
Certo che, a guardarla bene, carina era carina. Vestitino estivo verde fiorato, occhiali verdi su un paio di occhi grigi, abbastanza alta da poterlo quasi guardare negli occhi, capelli castani lunghi e lisci fino alla vita, fianchi formosi, seno abbondante naso aquilino e labbra carnose… quella ragazza solitaria lo confondeva, strano. Lui notava tutto e non l’aveva mai vista uscire di casa con amici o sentire rientrare a tarda notte, ma sempre di prima mattina e quel giorno era in ritardo. In genere la sentiva rincasare prestissimo, poco dopo l’alba, poi dormiva tutta mattina e verso mezzogiorno – sentiva le tapparelle alzarsi – si svegliava, pranzava e alle 14 iniziava il via vai di pazienti, che durava fino all’ora di cena, consumata la quale, usciva nuovamente per tutta la notte, da sola. Una routine più che una vita. Come faceva a saperlo? Abitava sotto di lui e ne conosceva, suo malgrado, le abitudini. 
Sì, quella Miki era degna di nota, decisamente, ma mai come la sua Patricia che, invece, era una visione ai suoi occhi.
Le sorrise e corse via, prima di fare qualcosa di stupido come chiederle il numero di telefono. Per che motivo poi? Nessuno, giusto? Giusto. Si bloccò sulle scale quando di lì a poco la sentì dire con voce dolcissima

 
«Ma ciao Birba miao, amore di mamma, hai fatto la brava stanotte? Sono in ritardissimo, vero? Scusaaaa! Hai fame? Vuoi fare le coccoline prima, vero? Aspetta che appog…» e poi la porta si chiuse.

Vuoi fare le coccoline? Lui decisamente sì. Quanto invidiava quel gatto che poteva appoggiarsi sul bel petto della sua padrona e… cosa? No! Decisamente no. Assolutamente no. Ma che cazzo gli prendeva adesso. Lui era innamorato di Patricia e tutte le altre passavano in secondo piano, se non al terzo. E allora che diamine aveva quella stramba ragazza per fargli venire certi pensieri? Una cosa era certa, doveva allontanarla dalla sua testa quanto prima per concentrarsi esclusivamente su Patricia e su come eliminare Hutton dalla sua vita una volta per tutte.
 
 



Miki Tanaka era una stupida. L’oggetto dei suoi desideri carnali e sentimentali le aveva offerto aiuto e lei l’aveva rifiutato. Ma cosa aveva nel cervello, il nulla? Aveva sognato per mesi quel momento e poi l’aveva buttato via così.
Nella sua testa lei accettava il suo aiuto e lo trascinava in casa, gli offriva da bere e poi… gli offriva anche qualcos’altro, non certo un “Oh, no! No, grazie, non è necessario. Ce la faccio benissimo da sola” come risposta.
Già. Se solo nel borsone ci fosse stata una semplice tenuta da palestra o da piscina… e invece no, lì dentro lei teneva ben altro e se Steffen avesse preso il borsone e guardato dentro avendo la cerniera rotta e il manico scucito che avrebbe subito ceduto, riversando tutto il contenuto sul pavimento… no, non voleva neanche pensarci. Che imbarazzo!

 
«Insomma, non faccio nulla di male, dopotutto. Sono solo una ballerina di burlesche notturna» si disse «non ho nulla di cui vergognami, è una seconda professione onesta, oltre che divertente. E allora perché mi interessa quello che quella specie di dio nordico possa pensare di tutto questo? Devo proprio rispondere? Ok, me lo dico da sola. Perché mi piace terribilmente! Perché… sì, perché lo amo!»

Povera me, se mi vedessero i miei pazienti a parlare da sola… cosa direbbero? Di sicuro nulla di buono e rischierei di perderli!, si disse.
Meno male che quel giorno aveva disdetto gli appuntamenti – due – per fortuna erano casi semplici, facilmente rimandabili. Non aveva previsto di rientrare così tardi, ma aveva dovuto sbrigare delle commissioni urgenti prima e il tempo era passato veloce.

 
«E poi lui ha un debole per la nuova padrona dello stabile, l’ho visto e lei non lo rifiuta, anche se… anche se oggi si stava baciando in ascensore con uno che non era lui. Erano appiccicati come una cozza allo scoglio. Che scema. Ha per le mani un uomo spettacolare come Steffen e lo prende in giro, preferendogli il tipo moro. Certa gente non si merita tutte le fortune che ha. E io sono troppo imbranata per combattere per lui e rimettere quella tizia al suo posto.»

Era vero, purtroppo, sul palco al night club era sensuale e spudorata, ma mai volgare… ma nella vita era una completa frana.
Riempì la ciotola di Birba – la sua gatta siamese con un occhio solo – recuperò il borsone che aveva abbandonato per terra appena entrata e si diresse in camera, dove si spogliò per andare a farsi una bella doccia prima di cedere al sonno. Il pranzo, quel giorno, avrebbe dovuto aspettare.
 
 


 
«Holly, caro, stai cercando di recuperare tutti gli anni passati, per caso?»

«Come, scusa?» gli rispose quello scostandosi leggermente da lei e guardandola con gli occhi sgranati per la sorpresa. «Come mi hai chiamato?»

«Io… em… Holly?» gli rispose, conscia del lapsus appena avuto.

«Sì, sì, continua a raccontartela» le disse «solo sappi che poi chiamarmi caro, tesoro, amore mio… quante volte vuoi» e poi tornò a baciarla.

Dio, che cosa aveva combinato. Holly, i suoi baci e le sue carezze, l’avevano confusa a tal punto da averla fatta parlare troppo e lui ci stava sguazzando in questo, come un tricheco a mollo.
Dopo il pranzo – che tra l’altro lui aveva lodato, facendola galvanizzare non poco – si era seduto sul divano con la scusa di volere guardare una partita e poi l’aveva fatta sedere a cavalcioni su di sé prima di iniziare a farla impazzire.
 

 
«Mh, il grande Oliver Hutton che snobba una partita in tv, per sbaciucchiarsi con una ragazza» gli aveva detto tra un bacio e l’altro «il mondo si deve essere proprio ribaltato.»

«Tu non sei una ragazza. Tu sei la donna che amo, la donna della mia vita» gli aveva risposto lui con foga e senza pensarci un attimo su.
 
«Oliver… non dire così…»

«Sei la mia donna, Patty. E non ti sto sbaciucchiando, ti sto seducendo. Come sto andando?» le aveva chiesto sulle sue labbra.

«Alla grande capitano, alla grande!» aveva risposto lei mettendolo a tacere.
 

E ora eccoli lì, sul divano, abbracciati talmente stretti che potevano dirsi fusi insieme, con le bocche incollate e le mani impazzite. Lei gli aveva aperto la camicia a maniche corte – che aveva rivelato un dorso scolpito dagli allenamenti e massiccio – e aveva insinuato sotto le sue mani per piantargliele sulla schiena e lui le aveva fatto scivolare le spalline del top, che poi gli abbassò facendola rimanere in intimo. Stava giusto baciandole l’attaccatura dei seni – facendola eccitare e sfregare contro la prova evidente della sua eccitazione – quando la porta si aprì e due voci conosciute troncarono qualunque cosa stessero dicendo.
 
«Oh, oh, scusate, scusate, noi…»

«Em… ok, questo non l’avevamo calcolato, dico bene, Amy?»

Ed eccoli lì, sorpresi a pomiciare senza ritegno sul divano. E se non fossero stati interrotti?
 
«Em… sì, ciao» esordì lei stringendosi a Holly per nascondere in parte il proprio corpo semi nudo, diventando di tutti i colori e desiderando sprofondare dalla vergogna. «Come… come mai già a casa, Amy?»

Ma che ti importa, Patty? È anche casa sua, ora, no? Non deve chiedere il permesso a te per entrare o uscire, giusto?, si disse.
 
«Be’, tra poco tornano i genitori di Julian e abbiamo pensato fosse meglio non mi trovassero lì con un borsone appresso, magari mentre stavamo vicini sul divano a… parlare, ecco e quindi… ciao, sorpresa!» esclamò.

«Riuscitissima!» le risposero in coro i due ragazzi.

«Io… noi… andiamo Julian, lasciamoli soli ancora un po’. Se lo meritano» propose l’amica prima di prendere il fidanzato per mano e trascinarlo in camera sua.

Ma che diamine era appena successo? Oddio, che imbarazzo stratosferico. Patty guardò Holly che era intento a… ridere? E aumentò di volume quando la vide fissarlo male.
 
«Sono contenta che tu ti stia divertendo. Perché io sono in panico completo. Ma… ma ti rendi conto che loro… e che noi stavamo per…» iniziò a dirgli venendo messa a tacere da un veloce bacio e dalle dita della sua mano che cercavano di insinuarsi nella scollatura «Holly!» urlò lei picchiettandole e cercando di spostarle da lì.

«Ma tu lo sai, vero Patty, che probabilmente quei due non hanno passato questi due giorni a giocare a scacchi?» le chiese.

«Cosa? Io… sì, certo, non sono stupida o cieca fino a questo punto e sono felice per loro, era ora.»

«E sai anche che io ti voglio, vero? Fisicamente parlando, intendo.»

«Holly… non dire queste cose»

«Infatti, preferisco farle» le confessò «solo che ora dovremmo stare attenti, sai… abbiamo un pubblico in casa. Andiamo in camera tua?»

«Be’, di sicuro lì saremo protetti da orecchie indiscrete, essendo insonorizzata e… oddio, no, non di nuovo» esclamò tappandosi la bocca «ma perché con te parlo sempre a sproposito.»

E fu così che Patty vide Holly riprendere a ridere di gusto, farla alzare e raggiungerla per poi prenderla in braccio e…
Dlin dlon, dlin dlon, dlin dlon.

 
«Tu vieni sempre salvata dal campanello. Ti prego, fa’ che non sia ancora il vichingo come la volta scorsa o ti giuro che…»

«Apri tu?» lo interruppe lei «vorrei correre in bagno a darmi una sistemata. Se è davvero Steff, digli che… no, meglio che non gli dici niente, ti conosco. Fallo entrare e basta» poi lo baciò velocemente, si fece mettere a terra e sparì in camera sua.

Dio, fa che non sia lui, fa che non sia lui, fa che non sia lui, si disse mentre correva in bagno a ricomporsie quando cinque minuti dopo rientrò nel salone, vide che le sue preghiere erano state ascoltate.
 



 
Oh, ma che giornata interessante. Prima Steffen, il macho nordico del piano di sopra, che si fermava a parlare con la schiva Miki – la sua dirimpettaia del quarto piano – guardandola come se volesse mangiarsela di baci infuocati, mentre quella arrossiva a più non posso e spariva in casa.
Ora un secondo macho giapponese – moro e mezzo nudo – che la guardava con gli occhi ridotti a due piattini e la bocca spalancata. Eh, sì, era una stra figa lo sapeva bene, ma capiva da sé quando uno sguardo era carico di desiderio o di curiosità e confusione, e questo era il secondo caso, peccato.
E ora… al primo ragazzo, se ne era aggiunto un altro – un terzo macho – ancora più palestrato e castano di capelli.

 
«Buon pomeriggio miei cari. Non sapevo che le mie amiche avessero visite. Ho interrotto qualcosa?»

«No! No, niente.» risposero quelli con voce acuta di chi non la racconta giusta.

Era il momento di presentarsi e vedere se riusciva a sconvolgerli ancora di più.
 
«Oh, ma che maleducata che sono» disse entrando e chiudendo la porta «piacere cari, io sono Vanesia. Cercavo le ragazze. Sono presentabili?» disse loro facendogli l’occhiolino e allungando loro la mano con il dorso in vista, che le strinsero, cauti.

«Bè… loro…» iniziò il moro e poi urlò «Pattyyyyyyyy, hai visite e non parlo del vichingo.»

«Il… vichingo? Oh, certo cari, quel gran pezzo di marcantonio norvegese che abita qua davanti. Peccato che non sia gay, saprei io cosa fargli.»

Oh, come le piaceva sconvolgere la gente.
 
«Chiudete la bocca, cari. Sembra che non abbiate mai visto un trans.»

Fu il moro il primo a riaversi e a parlare.
 
«Non da vicino e mi scuso se l’ho offesa, ma… ecco, se posso dirglielo, non la immaginavo così.»

«Me lo dicono tutti. In molti pensano a noi come a delle brutte copie femminili e invece…» disse mettendosi in posa con una mano sul fianco prima di ruotare su se stessa «sono bella, no?»

«Em… sì, molto. È questo che mi ha sconvolto, infatti. L’ho scambiata per una donna senza esitazione. Complimenti. Ah, piacere, Oliver.»

«Mi unisco al parere del mio amico qua e… confermo. Io sono Julian, piacere» intervenne il macho castano.

In effetti Vanesia doveva dire grazie al suo chirurgo plastico e a tutti i medici che l’avevano seguita nel suo percorso di cambio sesso.
Era alta 1.90 cm, formosa nei punti giusti e con un viso molto femminile e triangolare. Portava i folti capelli ricci naturali fino alle spalle di un bel nero corvino che si sposavano bene con la sua pelle scura. Indossava dei jeans chiari a vita bassa e un top argentato a fascia che scopriva le spalle e mostrava l’ombelico con un piercing.

 
«Pattyyyyy!» urlò ancora lui.

«Amyyyy!» si unì in contemporanea l’amico.

«Arrivo, arrivo, ma ti sembra il caso di urlar… Van, cara, che bello rivederti!» le disse una meravigliata Patty prima di andarle incontro, abbracciarla e baciarla sulle guance «Cosa ti porta quassù? Qualche problema?»

«No, nessuno in particolare. Volevo solo darvi la posta di questi giorni, ma… non credevo aveste visite così interessanti e quindi vi lascio riprendere da dove vi ho interrotti mio malgrado.»

I due ragazzi arrossirono e presero a guardarsi in giro, imbarazzati mentre anche Amy compariva davanti a lei e si precipitava a salutarla.
 
«Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più…»
 
«Oddio, anche canterino mi è diventato!» disse Patty alzando gli occhi al cielo e facendo scoppiare a ridere tutti.

«Ma… ma chi è?» poi Vanesia si guardò in giro ed esclamò «Un pappagallo? Oh, ma che stupendo esemplare di Ara GialloBlu. Ciao meraviglia pennuta, posso farti una coccola?» gli disse avvicinandosi alla mensola sulla quale era appollaiato e allungando un braccio.

E adesso perché tutti la guardavano così? In fondo che aveva fatto di male se non accarezzare il piumaggio del pennuto che ora si era messo sul suo braccio?
 
«Qualcosa non va?» s’informò

«Tu, amica mia, sei fantastica» le disse Patty «dopo Holly, sei la sola alla quale Mister Wow, abbia dato così tanta confidenza» le disse prendendo a braccetto il moro che le sorrise infatuato.

«Mister Wow? Un maschietto? Oh, allora ecco spiegato il perché non ha fatto storie quando gli ho allungato il braccio. I maschi mi adorano, non ci posso fare niente. Sono una calamita» disse in direzione dei due machi che, loro malgrado, arrossirono vistosamente.

E così Patty, aveva deciso, finalmente. L’aveva trovata simpatica e in gamba fin da subito e alla riunione le era piaciuta, decisiva eppure gentile.
Aveva visto Steffen – il ragazzo venuto dalla Norvegia qualche mese prima quando ancora Miho era viva – perdere la testa per lei che sembrava ricambiare. Poi, un giorno, aveva notato quei due ragazzi salire con Amy, la coinquilina e amica, e Patty aveva iniziato a essere strana. Accettava le avance di Steffen, ma con qualche riserva. Come faceva a saperlo? Li aveva beccati in terrazza un paio di volte e aveva sentito lei difendere questo Holly a spada tratta. Eh, sì, non era propriamente privata dei due appartamenti all’ultimo piano – che vi potevano accedere direttamente dalle proprie case – ma era ad appannaggio di tutti, tramite una porticina che la collegava con il solaio comune.
Lì accanto, poi, vi era un bilocale che poteva accedervi direttamente, ma la porta finestra che dava sulla terrazza poteva sfuggire agli inquilini nuovi, se non sapevano della sua esistenza, perché nascosta dietro un piccolo muretto.
Chissà se le due ragazze ne erano a conoscenza e se sapevano quindi che era sfitto. Possibile che non avessero visto l’ingresso principale accanto alla porta del suddetto solaio?
Possibile che non avessero notato nemmeno quella interna al loro di solaio?
Lei, da Miho, aveva saputo che quell’appartamento era collegato al suo tramite una porticina interna e perché?
 

 
«Oh, mia cara amica» le aveva confessato circa due anni prima di morire «mi sarebbe tanto piaciuto che mia sorella Nozomi avesse deciso di avvicinarsi a me e vivere qua, ma lei odia la città. Oh, sì, ha una quota dello stabile che lascerò a mia nipote Patricia, ma non ha voluto saperne di trasferirsi quando gliel’ho proposto.»

«È un vero peccato, Miho, vi sareste fatte compagnia a vicenda» aveva obiettato lei «e poi una stanza in più già ce l’hai quindi…»

«Oh, no, carissima Vanesia. Vai in solaio e apri una porticina bianca che si confonde con le pareti. Coraggio, va» le aveva detto vedendola dubitante.

E lei ci era andata e aveva lanciato un urlo di stupore tale, che Miho – avendola raggiunta e vista guardarsi in giro con stupore crescente dato il mobilio moderno che pensava insolito per un’anziana signora – aveva riso di cuore per un po’.
 
«Questa sarebbe stata casa sua, sai? Indipendente, eppure vicina a me. Ma pazienza, è andata così e lei ha detto no. Sono sciura, però, che un giorno servirà e quindi lascio tutto com’è. Credo che Patricia, quando la scoprirà, me ne dirà dietro di tutti i colori, ma tanto io non sarò lì a sentirla, visto che sarò già morta e sepolta da un pezzo. Ahahahahah.»
 

Punto partita per Miho. Le ragazze ancora ignoravano quel particolare, doveva dirglielo? No, qualcosa le diceva che presto, molto presto, l’avrebbero scoperto da sole e che non sarebbe stato sfitto ancora a lungo.
Dopo essersi trattenuta ancora per qualche minuto e avere conosciuto anche Oscar, comparso dal nulla per saltarle sulle gambe cogliendo di sorpresa tutti per la seconda volta, si congedò e lasciò il quartetto a… a qualunque cosa stessero facendo prima.

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Capitolo 24
*** Sorprendenti... sorprese, per Patty ***


«Holly, scusa, ma sei proprio sicuro che non avremmo dovuto chiedere il permesso a Patty, prima?» gli chiese un Julian perplesso mentre sistemava i libri di Medicina accanto al suo portatile nella stanza che si era scelto.

«Sicurissimo» rispose quello raggiungendolo sulla soglia «abbiamo il solo permesso che conta, quello della padrona di casa che non ha mai voluto vivere qua, ma che ha mantenuto il posto. Lo sai che nonna Nozomi l’ha avuto in regalo da sua sorella Miho anni prima che morisse? Al telefono mi ha detto che sperava si trasferisse accanto a lei, ma che era destinata a restare delusa. Così si è detta…»

«… perché non lo affitto al futuro marito di mia nipote?» gli disse lui, sarcastico.

«Non proprio, è più corretto dire “perché non glielo concedo gratis”. Non guardarmi così, non ne ha voluto sapere di soldi» aggiunse poi vedendolo sgranare gli occhi.

«Quella donna! E Patty non ne sa nulla. Ti rendi conto che l’infarto viene a lei questa volta, appena capisce che siamo diventati vicini di casa?»

Oh, sì, se ne rendeva conto benissimo, purtroppo. Ma lui sperava che a qualcun altro prendesse un coccolone.
 
«Era questo che aveva in mente la signora Nozomi, vero? Saperti sempre vicino a lei, a Patty, per proteggerla dal vichingo e aiutarla a fare chiarezza sui suoi sentimenti per te» rincarò la dose l’amico.

«Bravo. Anche se, devo dire, che Patty mi ha dimostrato in ampi modi tutto il suo amore per me, solo che deve riuscire a dirlo» gli confessò ridacchiando e trascinandolo con sé.  «Quando nonna Nozomi mi ha detto del suo piano… ho riso tanto.»

«E come hai avuto la chiave? Se non sbaglio, lei ti ha conosciuto poche ore prima di partire per l’Italia.»

«Vero, ma ha lasciato detto a sua figlia di passare a prenderla e le ha spiegato il suo piano e… ahahha, quella donna è pazza, ma la cosa allucinante è che in famiglia non è la sola.»

«Eh, già… la nostra Patty è tutta particolare.»

«Ma io non mi riferivo a lei. Ma alla madre. Oh, la nonna ha detto che solo Patty le assomiglia di carattere e invece no. Decisamente le donne, in quella famiglia, sono tutte strane e pericolose.»

Rise tra sé nel ricordare la mamma di Patty – con sguardo severo e pugno chiuso davanti alla sua faccia – mentre lo minacciava di renderlo zoppo a entrambi i piedi tanto da rovinargli la carriera, se avesse anche solo osato fare soffrire la sua creatura. Subito dopo aveva fatto mille e più moine a Daichi che aveva conquistato tutti con un sorriso, anche Oscar e Mister Wow.
 
«A proposito, ma le nostre due innamorate dove sono finite?» lo riportò alla realtà l’amico.

«Se non erro stasera danno un pigiama party – almeno, così si erano accordate al ritiro se ricordi bene – sicuramente saranno uscite per delle compere.»

«Oh, povera Patty. Me la immagino trascinata da Amy, per negozi e supermercati. Quelle due sono proprio diverse in tutto eppure… Sai, mi ha raccontato che per il famoso primo appuntamento con il vichingo, non le ha dato tregua portandola qua e là per una giornata intera e…» si interruppe vedendo l’amico accigliarsi «ops, scusa, a volte è meglio se sto zitto» concluse.

«No, no, affatto. All’epoca io ero talmente uno stupido menefreghista che… oh, Julian, l’ho fatta talmente soffrire, che mi sono meritato il suo odio verso di me, la sua indifferenza e… e sì, anche la sua stupida infatuazione per Thor qua accanto.»

«Meno male ti sei ripreso in tempo e sempre grazie ad Amy. Dio, quanto amo quella ragazza!»

«E lei ti ricambia e non ha paura di dirtelo. Ecco, un giorno anche Patty ammetterà il suo amore per me. Posso sperare lo faccia davanti a Steffen?»

«E perché no… sarebbe la prova definitiva che è destinata a te. Testone» gli disse poi dandogli una manata sulla spalla facendolo vacillare «ma come hai fatto a non accorgerti prima di lei e soprattutto, come hai fatto a non capire che lei ti ha sempre amato alla follia. Cavoli, l’abbiamo capito tutti.»

«Perché sono un idiota.»

«Alleluia!» gli rispose l’amico, prima di prendere l’occorrente per una notte fuori e infilarla in un mini bagaglio a mano. «Credo sia meglio sbrigarci se non vogliamo incrociarle sulle scale.»

«Già… e quindi è meglio che sloggiamo in fretta. Torneremo quando saranno di nuovo sole, non voglio dare a Patty il vantaggio di avere delle alleate accanto quando si arrabbierà con me. Dormiremo da me a Nankatzu, se sei d’accordo, mia madre non vede l’ora di conoscerti meglio. E ho l’impressione che voglia chiederti aneddoti su di me.»

«E io di dirglieli, anche quelli più scabrosi» disse ridendo. «Termineremo il trasloco al nostro rientro. È da stamattina che sgobbiamo e sono a pezzi, ho proprio bisogno di una buona dormita.»

Così presero i loro borsoni e si diressero all’uscita. Stavano per girare l’angolo e ritrovarsi così sul pianerottolo delle ragazze quando le sentirono parlare e si nascosero nell’ombra, mettendosi in ascolto. Cazzo, erano in anticipo. Non dovevano scoprirli o addio effetto sorpresa. Appena quelle due fossero entrate in casa, loro sarebbero usciti di corsa dalla nicchia, sperando di non fare altri incontri sulle scale.
 
                              
 


 
«Ma non avremo dimenticato qualcosa?» esordì Amy uscendo dall’ascensore carica di pacchetti.

«Nooo, ma che mi dici mai…» le rispose l’amica con finto sarcasmo «se rimanevamo ancora un po’ nell’ultimo negozio, carissima mani bucate, il tizio dietro il bancone ci avrebbe nominate socie onorarie tanto l’hai fatto felice. Gli brillavano gli occhi quando sei arrivata alla cassa con un carrello stra pieno di roba, dopo più di un’ora tra i reparti.»

«Tutte cose utili per stasera.»

«Sorvoliamo che è meglio» le disse Patty dopo qualche secondo di silenzio. «E poi…»

«Bè? E adesso perché non parli più?» le disse Amy, vedendola bloccarsi e guardarsi indietro.

«Mi è venuto in mente proprio ora che potremmo invitare anche Miki» poi continuò vedendo l’amica confusa «ma si dai, quella del quarto piano, la psicologa! È sempre sola e credo le farebbe bene conoscere gente nuova» le propose appoggiando i sacchetti a terra e frugando nella borsa in cerca di quelle dannate chiavi che sparivano sempre lì dentro.

Povera ragazza. Non l’aveva mai vista in compagnia di amici o di un ragazzo. Patty aveva notato che la ragazza era molto impegnata. Una mattina si era svegliata molto presto e aveva sentito l’ascensore muoversi, con cautela era uscita, sbirciando di sotto per capire chi potesse essere a quell’ora – era quasi l’alba – e… ed eccola sbucare sul suo pianerottolo, un borsone malconcio in spalla e i piedi che quasi si trascinavano dentro il suo appartamento. Ma dove andava di notte? Vanesia le aveva detto che la sua dirimpettaia, durante la settimana, non era mai in casa nelle ore notturne… e lei si chiedeva il perché, sperava solo non fosse niente di preoccupante. Durante il giorno, poi, era sempre impegnata con il suo lavoro e quindi, aveva deciso di aiutarla a socializzare.
Dopotutto ci sarebbe stata anche Maki tra di loro e anche lei era nuova del gruppo. Avrebbero potuto fare fronte comune e affrontare la cosa insieme e magari anche legare. Maki le ricordava molto lei… e Miki, la cara Amy. Se loro erano riuscite ad andare d’accordo e diventare grandi amiche… magari sarebbe potuta accadere la stessa cosa anche a quelle due.
Finalmente trovò la chiave ed entrarono. Sembravano due terremotate, talmente erano cariche di acquisti.
Guardò Amy che la fissava come se le avesse detto qualcosa e… oh, cavoli, l’aveva fatto davvero e lei non aveva sentito una parola. Così le chiese cosa avesse detto, scusandosi con lei.

 
«Ti ripeto la domanda: Chi… quella con un debole, anzi no, quella con una cotta fortissima per Steff?» le disse appoggiando le borse sul tavolo e sospirando dalla fatica. Erano davvero pesanti.

Come, come? Miki era innamorata di Steff? Del suo… amico, Steff? Amico? Oddio, e da quando l’aveva declassato a tale?
 
«Patty? Tutto bene? Come ti fa sentire questa notizia?» le chiese una Amy in ansia.

«Stranamente… bene e ti dirò, ne sono felice.»

Doveva averla spiazzata perché lei le controllò subito la fronte.
 
«È lo shock sicuramente» sentenziò «non avrei dovuto dirti nulla, vero? Oh, Julian ha ragione: sono diventata una chiacchierona. Il fatto è che spesso l’ho beccata a guardarlo sospirando e anche alla riunione… aveva occhi solo per lui. E lui per te.»

«Piantala di misurarmi la febbre, Amy, non sono malata» le disse scostandole la mano.

Poi la sorpassò per aprire la porta e prese i rimanenti sacchetti che erano rimasti abbandonati sul pianerottolo.
 
«Che ti prende? C’entra per caso un certo numero 10 della Nazionale?» le chiese l’amica, seguendola imperterrita.

«Em… sì» poi si corresse subito «no, forse, in realtà non lo so.»

«Oh, sì che lo sai, tesoro. La prima risposta è quella che conta, mia cara amica. Quella che viene direttamente dal cuore e non dalla testa.»

Era vero? Oh, come le mancava il suo Holly, i suoi baci, le sue carezze, stare tra le sue forti braccia, scherzare con lui, ridere con lui, arrabbiarsi con lui… tutto, insomma.
 
«Mi manca» le disse sinceramente «il che è ridicolo. È solo una stupida settimana che non lo vedo e non siamo nemmeno una coppia. E poi con chissà quante ragazze ha fatto quello  che fa con me.»

«Sarà stato anche un coglione farfallone in passato, ma ora ha riacquistato il senno, e che cazzo.»

«Ho creato un mostro!» sentenziò Patty ridacchiando «Ma ne è valsa la pena. Sei uno spasso quando imprechi. E ne hai anche imparata una nuova vedo… bene, d’ora in poi sarà un divertimento farti arrabbiare. È inutile che ti tappi la bocca, è troppo tardi!»

«Cavoli. Ehi, hai ammesso che ti manca, finalmente.»

«Sì, lo so, mio malgrado e poi bacia così bene che…»

«Oh, grazie per il complimento Patricia e… sì, mi sei mancata anche tu questa settimana. Scusa, ma ho avuto da fare con il lavoro.»

E Steff quando era arrivato di preciso? Oddio, e adesso come glielo spiegava che non stava parlando di lui? Perché doveva dirglielo, prima o poi, ormai lo sapeva anche lei. Doveva dirgli che il suo cuore aveva fatto la scelta che tanto bramava. Ma non quel giorno e non lì.
 
«Ehi, Steff, è una fortuna che tu sia qui» glissò lei cercando di sembrare spontanea «ci potresti aiutare con le altre borse di plastica da basso?»

«Cavoli Patty, me ne ero scordata» esclamò portandosi una mano alla fronte e poi aggiunse, guardando l’amico «Steff, giù all’ingresso ce ne sono ancora una decina, puoi portarcele per favore? Siamo talmente ko che rischiamo di addormentarci in ascensore.»

«Nessun problema. Mi chiedevo, infatti, di chi fossero. Ma avete svaligiato un negozio?» chiese loro aprendo la grata di ferro.

«Uno… ahahah, buona questa… uno!» rispose lei scappando in casa.

Amy la raggiunse di lì a poco, sicuramente per chiederle una spiegazione, ma lei non era in vena e roteò il dito in orizzontale davanti a lei, segno che ne avrebbero parlato dopo.
 


 
 
Steffen era confuso. Qualcosa non andava in Patricia. Aveva così tanto voluto scusarsi con lei per l’atteggiamento ignobile della settimana precedente, ma non era riuscito a ritagliarsi un momento per incontrarla e il tempo era passato velocemente.
Era distrutto e stava rientrando dopo una giornata passata a pulire i locali che avevano trovato. Erano in pessime condizioni, ma cosa potevano sperare dato il prezzo stracciato a cui erano stati venduti? Erano due, uno accanto all’altro, il che andava più che bene a loro. Potevano tenere separate le due attività che però risultavano collegate tramite una porticina interna accanto alla zona uffici.
Finalmente quel giorno avevano terminato di pulire e di portare il vecchio mobilio malconcio, più un mucchio di altra spazzatura, in discarica. Ora arrivava la parte più bella, progettare i nuovi locali dall’inizio. Il problema era trovare qualcuno che se ne intendesse… ma chi? E quanto sarebbe costato? Non era facile trovare un architetto d’interni e non tutti erano a buon mercato.
Si stava trascinando in casa – dopo essersi fatto tutti i piani a piedi e non sapeva nemmeno lui il perché e non sapeva nemmeno perché avesse indugiato al quarto piano con lo sguardo fisso a una porta in particolare – quando aveva sentito le sue vicine parlare e si era affrettato a salire, prima che sparissero e ora…
Ora si ritrovava al punto di partenza. Patricia aveva uno sguardo colpevole e si era affrettata a rispedirlo da basso, invaso da molti sacchetti da recuperare. E lui – da gentiluomo qual era – aveva assecondato la sua richiesta.
Però… non si spiegava come mai sembrava imbarazzata a vederlo, quando invece stava dicendo a Amy quanto amasse baciarlo e che gli era mancato. Stava parlando di lui, vero? Certo e di chi altro sennò. Quell’idiota di Hutton non si era più visto da quella fatidica mattina.
Doveva esserne felice, eppure…

 
«Ciao Steff. Come stai?»

Una voce femminile lo raggiunse mentre stava per entrare in ascensore dopo aver caricato tutto. No, non una voce… ma quella voce.
 
«Miki, ciao» le sorrise e poi aggiunse «ti ho tenuto occupato, mi spiace, ma…»

«Ah, non ti preoccupare, un po’ di movimento mi fa bene. Mi piace tenermi in forma, ma senza strafare» gli rispose ridendo.

«Em… sì, vedo» le disse percorrendola tutta con lo sguardo e fissando il nuovo borsone a tracolla «palestra anche stasera? Sei in anticipo.»

«Solo di una mezz’oretta. Ora scusa, ma… devo scappare o faccio tardi e poi chi lo sente il mio capo e… em, sì… ok, ciao. A presto» e poi sparì oltre il portone, lasciandolo lì come uno scemo a fissare il vuoto.

Si riscosse da quell’incontro tanto casuale quanto emozionante – emozionante? – e prese a salire. Capo? Ritardo? Un momento, ma cosa stava succedendo? Doveva indagare e risolvere, una volta per tutte, il mistero Miki.
 
«Oh, eccoti qui, pensavamo ti fossi perso tra il portone e l’ascensore» lo accolse Patty aiutandolo a scaricare i sacchetti.

Era già arrivato al piano? Davvero? Oh.
 
«E invece no! In realtà ho incontrato Miki che se ne andava. E anche stanotte la passerà fuori. Mi preoccupa.»

«Oh, no e noi che volevamo invitarla al pigiama party di stasera. Aspetta, forse sono ancora in tempo a bloccarla. Da che parte andava?»

«Non lo so, l’ho incrociata all’ingresso e non ci ho fatto caso. Ha detto che era di fretta o il suo capo si arrabbiava se arrivava in ritardo. Sì, lo so, sono confuso anch’io» aggiunse poi vedendola strabuzzare gli occhi.

«Che peccato. Ma… ma no, invece, esistono i cellulari e io, in quanto padrona di casa, li ho tutti i vostri numeri. Per fortuna li ho scritti su un foglio vicino al telefono. Vieni» gli disse indicandogli la porta con la testa, essendo carica.

«Ah, e allora come mai tempo fa hai voluto il mio, se ce l’avevi già?» indagò lui, seguendola.

«Perché all’epoca non avevo pensato a questa cosa, e solo in seguito me ne sono resa conto. Senti, io e te dobbiamo parlare, seriamente e da soli. Ora non ho tempo, ma… che ne dici di lunedì in terrazza? O passo io da te.»

«Vieni tu da me. Non ci sei più stata da quella prima volta, a parte quel breve intermezzo verso la fine del nostro primo appuntamento, mentre io, da te, sì» le disse facendola arrossire al ricordo. «Vogliamo rifarlo in onore dei vecchi tempi? Intendo tu che entri senza bussare e io che mi faccio trovare nudo in giro per casa» le propose facendole l’occhiolino.

«Em… no, grazie, io… no, grazie. Ho già visto tutto quello che c’era da vedere – molto prestante, tra l’altro, e lo sai – ma è meglio lasciare il bel ricordo» gli disse titubante.

«Che peccato, mi sento offeso» le rispose dandole un piccolo bacio veloce sulle labbra «Ora devo proprio andare, ricordati il nostro appuntamento. Non vedo l’ora di averti tutta per me e recuperare il tempo perso» e se ne andò.

No, niente. Ma com’era possibile? Baciare la sua venere giapponese, anche solo per provocarla, l’aveva sempre galvanizzato e ora… no, decisamente non era solo in Patricia che qualcosa non tornava, ma anche in lui e la cosa lo spaventava e destabilizzava molto allo stesso tempo.
Prima di chiudere la porta la udì al telefono e, suo malgrado, si fermò ad ascoltare.

 
«Miki? Ciao, sono la nuova proprietaria del palazzo dove vivi. Puoi parlare?... Ok, bene… No, no, non è successo nulla, tranquilla. Mh, mh, senti, ho provato a citofonarti a casa, ma…. Ah, sei fuori. Puoi tornare? Sì, adesso, subito… ho una proposta per te, per stasera ed è vietato dire di no! Ah, subito non riesci, bè, passa quando puoi, noi siamo qui al quinto piano. Ok, grazie, ti aspetto.»

E quando la chiamata terminò, lui si ritrovò, suo malgrado, a sorridere.


 
 
 
Una proposta per me? Per stasera? E non posso dire di no? Ma che ha in mente quella tizia. E poi quella stramba sarei io! Che faccio? Torno davvero o… ma sì, e al macero la serata. Dopotutto ho fatto tanti di quegli straordinari al night club che il proprietario non potrà certo rifiutarmi un favore, dopotutto è mio zio.    
Miki si fece coraggio, chiuse il borsone che aveva appena aperto sulla panchina nello spogliatoio comune e andò a cercare lo zio nel suo ufficio.
Mancava qualche ora all’apertura delle esibizioni, ma lei faceva anche la cameriera e per questo arrivava sempre molto prima rispetto alle colleghe. Essere la nipote del proprietario aveva i suoi vantaggi. Ma lei sapeva che suo zio non amava fare distinzioni tra i suoi dipendenti e che non amava essere piantato in asso all’ultimo.
Lei adorava quello che faceva alla sera e alla notte, ma avere un solo giorno di riposo alla settimana, alla lunga – ormai erano sette mesi che continuava a quel ritmo – l’aveva sfiancata. Quindi si diresse da lui, fiduciosa.

 
«Sai che ti dico zio? Ma va a farti fottere che forse ti servirebbe anche. Bastardo represso!»

Ecco, l’aveva licenziata. 5’ gli erano bastati per sbatterla fuori. Non importava se era la migliore ballerina di burlesque lì dentro. Non importava se si era ammazzata mezza per aiutarlo a lanciare il locale. Non importava se aveva annullato la sua vita sociale per lui. Quello era stato il ringraziamento.
Tornò subito a casa e corse su per tutti i cinque piani. Ci arrivò col fiatone, ma l’adrenalina le scorreva nelle vene e…

 
«Oh eccoti qua, finalmente sei arrivata, incominciavamo a disperare e… ma che c’è, stai bene?»

Quella tizia la guardava come se… sì, come se fosse rimasta sconvolta da lei. Ma cosa la reputava, una povera idiota che non sapeva farsi valere? Lei era calma e buona, ma guai a fala incazzare… La rabbia le scorreva ancora nelle vene e tutto quello che non era riuscita a vomitare addosso a suo zio, si sarebbe riversato ora sulla proprietaria del palazzo a costo di perdere anche la casa.
 
«Tu!» esordì puntandole un dito davanti e, per il nervoso, lanciando il borsone dietro di sé che sbattè contro qualcosa. «Tu e la tua proposta del cazzo. Non so cosa vuoi da me, non mi hai ma calcolata fino a poco fa, ma so una cosa… che per colpa tua: Uno, Steff non mi calcola neanche di striscio e io ci sto male, ma ormai me ne sono fatta una ragione. Due, ho perso il mio secondo lavoro. Non sarà stato idilliaco – per molti il fatto che io balli burlesque è motivo di vergogna per questo non lo dico mai in giro – ma dei soldi extra mi facevano comodo e aiutare mio zio col suo locale mi faceva sentire bene, almeno fino a che mi ha sbattuta fuori stasera. L’ho mandato a fanculo e ora ci mando pure te e non me ne fotte un cazzo se qui dentro comandi tu – non so neanche perché ti ho dato retta guarda – ma non ti azzardare a intrometterti più nella mia vita! Chiaro sì o chiaro sì?»

Poi, non seppe come accaddero diverse cose che la sconcertarono.
La prima fu che dietro di lei e da Patricia stessa partì un applauso collettivo. Si girò e vide delle ragazze fissarla con ammirazione, tutte sorridenti. Ma chi erano? Ma era gente normale, quella? Ma che prendeva anche a Patricia che si era unita al gruppo?
La seconda fu che, dietro tutta quella folla femminile, si sentì chiamare da una voce bassa e sensuale che avrebbe riconosciuto tra mille anche con le orecchie chiuse. Un brivido le salì su per la schiena e arrossì a più non posso.
La terza fu che quando le ragazze si spostarono, vide Steffen che la fissava con gli occhi fuori dalle orbite e il suo borsone in mano. La sua solita sfiga. Solo lei poteva lanciarlo direttamente contro la porta di quell’adone che, ovviamente, era a casa e l’aveva recuperato. Borsone che non era riuscita a chiudere bene al locale – anche se era nuovo aveva questo difetto fastidioso e avrebbe dovuto cambiarlo nuovamente – e che ora mostrava il suo contenuto in mano al norvegese e si sentì morire. Nella fattispecie era…

 
«Credo che questo… body rosso fuoco molto sexy sia tuo e… e anche… sì, credo anche questo!» le disse girando il borsone e mostrandole il suo boa fucsia peloso che fuoriusciva quasi interamente.

«Voglio morire. Che serata di merda» mormorò tra sé, chiudendo gli occhi e sospirando.

«No, morire no» le disse Patricia alle sue spalle «ma raggiungerci in casa e divertirti per dimenticare, quello sì. Forza, più siamo e meglio è. Era questo che volevo dirti, se volevi unirti a noi» le confessò dandole una pacca sulla spalla e poi aggiunse «non preoccuparti, non sono offesa per le tue parole. Hai ragione, su tutto e… mi dispiace. Dovresti sbottare di più, ti dona! E io che credevo fossi una mammoletta stramba.»

Subito dopo una ragazza con i capelli corti, un po’ in carne e con una pelle sull’olivastro, si fece avanti e le disse, sorridendole:
 
«Ciao, io sono Maki e anch’io sono nuova tra di loro. Non sono male. Oddio, sono un po’ fuori di testa, specie Patty, ma sono simpaticissime. Credo che potremmo sostenerci a vicenda in questa serata.»

Poi, spinta da una forza invisibile, fece come le venne detto, rossa per la vergogna. Steffen l’aveva scoperta. Oddio. Steffen aveva il suo borsone. Oddio doppio. Steffen non le avrebbe mai più rivolto la parola. Oddio triplo. Steffen sapeva che aveva una cotta per lui. Oddio quadruplo. Era proprio un caso disperato.


   
 
 
«E così, mie care amiche vecchie e nuove» iniziò Patty dopo avere servito a tutte da bere «possiamo dare inizio alla nostra serata.»

Amy era felice. Fino a quel momento aveva fatto pigiama party solo con Patty e ora si ritrovava circondata da tante amiche e un nuovo arrivo che – dopo essere scappata da basso a recuperare un pigiama e la sua gatta siamese Birba – era tornata alla velocità della luce. Miki.
Oscar guardava in gattesco la nuova felina che, dal canto suo, se ne stava beata sulle gambe della padrona a sonnecchiare e non lo calcolava minimamente. Mister Wow, la star della serata che aveva calamitato l’attenzione di tutte, se ne stava appollaiato sul suo trespolo e le fissava tutte con curiosità, in attesa di dire qualche sua perla di saggezza.
Si erano messe comode e sedute per terra, su un enorme tappetto comprato quella mattina insieme a svariati cuscini di tutte le dimensioni.
Si guardò in giro. C’era Patty, ovviamente, che teneva banco come suo solito. Eve, che ogni tanto la interrompeva per puntualizzare. Jenny, che stava sbocciando piano piano e non era più così timida. Susie, che, quella sera, era più su di giri del solito, ma che a lei non al dava a bere perché scorgeva del dolore nei suoi occhi. Maki, che si era già ambientata alla grande e aveva una personalità prorompente, era proprio giusta per la tigre della Nazionale. E, infine, c’era Miki, che ancora doveva inquadrare, ma che sotto quell’apparenza mite nascondeva un fuoco che l’aveva piacevolmente sorpresa.

 
«Amy? Sei ancora lì?» la riprese Patty «Sembri ipnotizzata. A che pensi? A quello che hai combinato con Julian come… regalo, post vittoria?»

Quella frase dell’amica la fece arrossire tantissimo e tanto bastò a tutto il gruppo per prenderla di mira con battutine dai doppi sensi espliciti e spassosi, suo malgrado.
Sì, quella serata, era destinata a essere inusuale sotto tutti i punti di vista.

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Capitolo 25
*** La nuova vita di Susie ***


Il giorno dopo il pigiama party a casa di Patty e Amy, Susie iniziò la sua nuova vita, lontano da tutto quello che aveva conosciuto fino a quel momento e, stranamente, la cosa non la spaventava minimamente, anzi... era piena di adrenalina in corpo.
Era la seconda volta che Susie si trasferiva. La prima era andata malissimo e non sapeva cosa aspettarsi da questa.
Quella settimana passata a casa di Eve, era stata meravigliosa. Era così che doveva essere una vera famiglia. Complice, felice, che si sapeva sostenere o aiutare a vicenda in caso di bisogno. Lei non aveva mai conosciuto tutto ciò e si reputava fortunata ad avere fatto quella nuova esperienza.
Eve non aveva voluto dirle la destinazione misteriosa e nemmeno la sua famiglia, ma quando l’amica aveva accennato a un lungo viaggio, lei aveva iniziato a preoccuparsi.
Poi quando erano arrivati in aeroporto e aveva sentito il loro volo essere chiamato al Gate… le era preso un colpo.

 
«Finalmente siamo arrivati, ragazze» la voce di Bruce – che si era unito a loro – la riscosse dai suoi pensieri.

E ora, 4 ore e mezza circa dopo, eccoli lì. Nagasaki. Era uno scherzo?
 
«Eve, non sapevo che tuo padre fosse di queste parti.»

«Ah, sì. Non te lo avevo detto Susie? Devo essermelo dimenticata, ahahah» le rispose l’amica con aria colpevole «mio padre è originario di qui e la sua famiglia ci vive ancora. Lui si è trasferito a Tokyo per lavoro quando era molto giovane e lì ha conosciuto mia madre. Cinque anni dopo, sono nata io. Abbiamo vissuto in città per qualche anno e poi, all’inizio delle medie, ci siamo trasferiti a Nankatzu. Il resto è storia.»

«Susie, sei sicura? È decisamente lontana da Nankatzu e da tutti i tuoi amici. Te la senti davvero di venire a vivere qua?» le domandò Bruce.

«È una cittadina piena di storia e mi ha sempre affascinata» le confessò lei a quel punto «ma non avrei mai pensato di poterci vivere. Sarà… interessante. Spero solo di non incontrare tuo cugino.»

E lì, Eve era sbiancata, come mai?
 
«Be’, Nagasaki non è piccola, quindi è… possibile che tu non lo veda, come… il contrario. Mi spiace che si sia sempre comportato male con te.»

«Sì, anche a me, ma che vuoi farci… lui non mi vuole tra i piedi e io non ho intenzione di insistere. So capire quando non piaccio alle persone, sono diventata un’esperta, anni di vita con gli zii sulle spalle mi hanno formata in questo senso. Ma pensavo che lui fosse diverso e invece… è andata così. Magari, qui incontrerò qualcuno che la penserà diversamente. Per ora mi importa solo avere un posto, anche se non mio, da potere chiamare casa

«Susie, ma… che stai cercando di dirci? Che… che i tuoi zii…» iniziò Eve, ma si bloccò quando lei la bloccò alzando una mano davanti.

Susie notò gli amici scambiarsi degli sguardi perplessi e sconvolti. Aveva già parlato troppo, non avrebbe detto niente di più. Se solo avessero saputo cos’era successo il giorno che se ne era andata…
 

 
«Dove stai correndo, ragazzina?»

La voce tagliente di sua zia l’aveva raggiunta poco prima che raggiungesse le scale. La chiamava sempre così da che ricordava “ragazzina”, non aveva mai usato una volta il suo nome.
 
«Sarai felice di sapere che me ne vado. Sto andando a recuperare le mie cose.»

«Come sarebbe a dire… te ne vai? Senza il nostro permesso da qui non esci, intese?»

«Non ne ho bisogno. Ho ventitré anni, zia e del tuo consenso non me ne faccio nulla.»

L’ennesimo rifiuto di Clifford l’aveva sconvolta più degli altri – forse perché aveva usato quella parola che tanto le dava sui nervi – e si sentiva montare una strana sensazione dentro che… adesso si riversava su sua zia. Non le importava più di lei, di quel posto. Ora aveva un’opportunità concreta di ricominciare da un’altra parte e Eve la stava aspettando a casa sua. Non poteva e non voleva fare tardi.
 
«Bada a come ti rivolgi a me, ragazzina. Ti ricordo che io ti ho salvato dall’orfanotrofio. Io ti ho dato una casa dove vivere quando quei disgraziati dei tuoi genitori hanno deciso che per loro eri un peso.»

«Come? Casa? Quale casa, questa? Ma non farmi ridere. Forse era meglio che mi ci portavi in orfanotrofio, sai?»

«Come osi!» aveva sbottato quella «Piccola ingrata senza cuore.»

«Perché, cara zia, tu e l’hai mai avuto con me? No. Mi hai mai consolata quando piangevo terrorizzata la notte, perché i miei erano andati via e io avevo paura? No. Mi hai mai abbracciata, coccolata, viziata… fatta sentire bene accetta? No. Mi hai mai elogiata quando prendevo un bel voto a scuola? No. Mi hai mai aiutata a fare i compiti? No. E allora cosa vuoi ancora da me? Sono sempre stata brava, non ho mai risposto una volta alle tue cattiverie – e non solo tue – non ti ho mai insultata, come avresti meritato. Non ti ho mai chiesto che fine avessero fatto i miei soldi. Oh, sì, cosa pensavi, che non me lo ricordassi? Hai passato il primo anno a rinfacciarmi che ero un peso e che mi tolleravi solo per il bel gruzzolo che mio padre ti aveva lasciato e poi… non hai più detto nulla. Come mai zia, dimmi, sono forse finiti?»

A quelle parole sua zia si era avvicinata e le aveva mollato un ceffone tale che dovette reggersi alla ringhiera per non cadere. Le sarebbe rimasto un bel livido, come poteva giustificarlo con Eve e la sua famiglia? Forse per quello che era: un livido dovuto alla sua sbadataggine che l’aveva fatta finire contro… una porta. Si era toccata la guancia, bruciante e dolorante, aveva ricacciato le lacrime e poi, prima di salire a recuperare le poche cose che le appartenevano – il suo vecchio zainetto, i suoi libri, i vestiti, la spazzola, le scarpe – infilate nel trolley che si era comprata a fatica, le aveva detto:

 
«Come immaginavo. Sono finiti. Peccato non ti ci sia comprata un cervello nuovo, cara zia, ne avresti taaanto bisogno, sai? Ora scusami, ho da fare. Dieci minuti e poi non mi vedrai mai più, mai!»

Ed era stata di parola. La zia l’aveva tallonata per tutto il tempo, come se avesse paura che lei potesse rubarle qualcosa. Ma era rimasta delusa. Lei aveva preso solo ciò che era di suo possesso, persino lo spazzolino e il dentifricio che teneva nel suo beauty case, visto che non si fidava più a tenerli in bagno dopo che i suoi cugini, le avevano fatto ritrovare lo spazzolino nel water.
 

 
«Susie? Tutto bene?» le chiese Eve.

«Sì, certo. Stavo pensando a come sono emozionata per questa nuova avventura» mentì «cosa dicevi?»

«Em… niente di importante, tranquilla. Volevo solo sapere se… se è stato difficile staccarti dai tuoi zii, ma da come parli, direi di no. Non immaginavo che loro…»

«Non mi sembra il caso di parlarne, quegli esseri non meritano più un pensiero da parte mia. Per quanto mi riguarda, sono morti. E questo è tutto quello che saprete sull’argomento.  Dunque, Eve, mi porti a vedere questa famosa palazzina familiare in cui dovrei vivere?»

E l’amica ce la portò. Ci arrivarono dopo circa mezz’ora di autobus. La casa era situata alla fine di una strada privata e sterrata, tutta in salita. In pratica avrebbe vissuto in collina, con una bella vista sulla città e sull’oceano. La palazzina era carina, semplice e di un bel colore giallo con inserti in pietra e ampi balconi che…cavoli, guardavano proprio sulla vallata.
 
«E tu, non vuoi vivere qua perché non ti piace? Questo posto? Eve, sei sicura di vederci bene?» le disse mentre rimaneva stregata dal paesaggio.

«Ha ragione lei, tesoro. Qui è meraviglioso» la spalleggiò Bruce.

«Troppo tranquillo per me. Preferisco Nankatzu, dove c’è più vita, senza andarsela a cercare percorrendo chilometri oppure Tokyo stessa» rispose lei.

«Peggio per te, meglio per me!» sentenziò Susie.

Poi Eve fece per condurli all’interno, ma furono bloccati da una fiumana di gente che gli venne incontro. Lei e Bruce si guardarono, intimoriti, mentre Eve veniva fagocitata da baci e abbracci e voci che si sovrapponevano tra loro in un continuo crescendo. Le vennero le lacrime agli occhi. Era una scena davvero emozionante.
Subito dopo i convenevoli, furono loro due l’oggetto di tanto interesse e, mentre Bruce veniva sottoposto a un fuoco di domande indagatrici e sommerso di raccomandazioni, lei venne raggiunta da una donnetta piccola, magra e con i capelli candidi come la neve.

 
«Tu sei la nostra nuova vicina, vero?» e quando lei annuì, continuò «Oh, sei proprio una bambolina graziosa. Non ti preoccupare, in realtà a vivere qua siamo solo io e mio marito, mia figlia con la sua famiglia e il suo primogenito che al momento non è qui, ma che tornerà presto.»

«Nonna! Non spaventarla subito, dalle almeno il tempo di ambientarsi» la riprese bonariamente Eve, raggiungendole.

Il pomeriggio passò velocemente e il nipote tanto amato, ancora non si era visto.
 
«Ha sempre tanti impegni quel caro ragazzo» le disse la nonna.

«Sì, confermo e sono aumentati da quando ha vin…» stava dicendo la madre quando Eve la fermò.

«Em… zia, non rovinarle la sorpresa. Magari vorrà dirglielo lui stesso, sai bene quanto adori parlare di sé.»

«Hai ragione» convenne quella e poi rivolgendosi a lei disse «Susie, cara, che ne diresti di vedere finalmente la tua nuova casa? Sarai stanca e noi ti abbiamo monopolizzato per troppe ore.»

«È stato un piacere, mi creda» le rispose sinceramente «in effetti sono un po’ stanca e mi piacerebbe potermi stendere un po’.»

«Ti accompagniamo noi, così poi andiamo a fare un giro a Nagasaki centro, mentre riposi» intervenne l’amica a nome anche del fidanzato, che venne distolto dall’ennesima barzelletta di suo nonno.

L’appartamento era magnifico e la vista a dir poco spettacolare, già sapeva che ci avrebbe passato le ore lì fuori ad ammirare la città da lontano, specie alla sera doveva essere stupendo come panorama.
 
«Eve, grazie per tutto» le disse sinceramente «per avermi ospitato a casa tua, per avermi fatto sentire parte di qualcosa di bello, per avermi fatto conoscere persone come i tuoi nonni e i tuoi zii così gentili, per avermi dato un futuro» e poi l’abbracciò stretta, commossa.

«Oh, per così poco. Susie, forse un giorno mi dirai come mai hai vissuto dai tuoi zii e perché non a casa con i tuoi genitori, ma ora goditi la tua nuova vita e… e non avercela con me, ok? Noi rimaniamo fuori a cena e ho prenotato un B&B per stanotte. Ci rivediamo domani mattina per i saluti, ok?»

Avercela con lei? E perché mai? Oh, non era importante in quel momento, così non le chiese nulla e, anzi, la provocò.
 
«Camera doppia con letto matrimoniale, spero» le disse lei facendola arrossire vistosamente, mentre Bruce era sul balcone.

«Em… a domani» glissò la risposta quella, arrossendo e poi richiamò Bruce e se ne andarono di corsa.

Susie li guardò andare via insieme, abbracciati e sorridenti e provò invidia per loro. Quando avrebbe potuto sperimentare anche lei quella felicità? E con chi? Una cosa le era dolorosamente certa, non con il suo Cliff, che suo non era mai stato e non sarebbe stato mai.
 


 
 
Un paio d’ore dopo, Eve e Bruce erano a letto, uniti in un abbraccio intimo dopo un amplesso che le aveva prosciugato le forze. Le piaceva sentire il corpo dell’innamorato stretto al suo, mentre il respiro tornava normale e cercava di non farsi vincere dal sonno.

 
«Bruce? Sei ancora tra noi?» gli sussurrò.

«Mh, mh… più o meno» le rispose facendola ridere.

«Dici che Susie mi perdonerà per lo scherzetto che le ho fatto?»

Lui si prese del tempo per risponderle, poi aprì gli occhi e la fissò.
 
«Diciamo che farle ritrovare Cliff come vicino di casa, non è stata la tua mossa migliore. Ma forse – e dico forse – è proprio quello di cui hanno bisogno entrambi.»

«Tu dici? Perché lei è proprio cotta, ma lui…»

«Lo è a sua volta»

«Cosa?» saltò su lei «Ma ne sei sicuro, sicuro? A me non sembra. La denigra sempre, la umilia, la insulta senza motivo e mi manda in bestia quando lo fa riducendola sull’orlo del pianto…» gli disse poi alzandosi su un braccio per fissarlo.

E lì, Bruce scoppiò a ridere, lasciandola confusa più che mai, poi si girò verso di lei e le disse:
  
«Mi ricorda qualcuno. Dopotutto noi uomini non siamo poi così diversi gli uni dagli altri.»

«E… e di chi stai parlando?» gli chiese, curiosa.

«Di me. Io ti ho sempre amata Eve, lo sai, ma abbiamo passato anni a prenderci in giro, a litigare, quando bastava che mi facessi un po’ più di coraggio e ti baciassi, subito dopo avertene dette di tutti i colori. Di Holly. Hai visto che disastro ha combinato con Patty e ora… sta facendo di tutto per farle capire che l’ama e la vuole solo per sé. Così anche di Cliff. La tratta male, Susie, perché ha paura di essere rifiutato da lei, ma lo avessi visto quando Diaz l’ha puntata… Susie non se ne è accorta, ma lui sì e si è fisicamente messo in mezzo tra i due, intimandogli di andarsene. Lo so, ero lì, accanto a lui e Holly, che pure è rimasto a bocca aperta da quell’atteggiamento inusuale per lui. Mi sa che l’unico che si salva, incredibilmente, è Mark.»

Eve rifletté a lungo su quelle parole e per farlo dovette allontanarsi fisicamente da Bruce. Quindi si diresse in bagno per farsi una doccia chiarificatrice e poi, nuda, tornò a stendersi accanto all’amato.
 
«Credo tu abbia ragione, sai? E se è così, spero con tutto il cuore che il mio piccolo scherzetto sia utile. Dopotutto, ora passeranno più tempo vicini e lui potrà conoscerla meglio e chissà e… ehi!» esclamò infine sentendosi spostare.

«Mh, che buon profumo, cuore mio» le disse agguantandola e posizionandola sopra di sé. «Cannella?»

«Che fai?» gli chiese, imbarazzata, puntandogli le mani sul petto.

«Ti ammiro, ti provoco e ti desidero ancora.»

«Ad averlo saputo prima – che sei così insaziabile – non avrei sprecato anni a litigare con te» gli rispose allungandosi su di lui per baciarlo.

Bruce rise a quelle parole e poi le disse:
 
«Cosa diremo domani alla tua famiglia? Di sicuro mi chiederanno come ho trovato Nagasaki e quindi… dobbiamo inventarci qualcosa.»

«Oh, cavoli, hai ragione» gli rispose lei scendendo a baciargli il petto e sentendolo sussultare «non mi viene in mente nulla, al momento. Troppe distrazioni»

«Allora, te lo dico io… dirò che era… bellissima, intrigante, seducente, sexy…»


«Cosa? Ma così capiranno che…» si allarmò lei, ma fu zittita da un lungo bacio.

«Secondo tempo?» le domandò poi, Bruce, trattenendola per la schiena.

«Direi che ti sei riposato abbastanza per andare a segno ancora, Harper. Mostrami quello che sai fare, campione asiatico.»

Poi, in un batter d’occhio, le posizioni si invertirono e non ci fu più tempo per le parole.
 
 


 
«Nonna! Nonna! Ma dove sei?»

«Qui, caro. In cucina» gli rispose sua nonna Maeko.

«Ma… ma è arrivato il nuovo inquilino e non mi hai avvisato? Sarei rientrato prima, invece mi sono trattenuto al campo e ho fatto la figura del maleducato, per lo più che saremo dirimpettai. Com’è?» s’informò poi, rubandole un Mochi.

«Interessante, Cliff. Molto interessante e molto dolce.»

Cosa? Ma che stava blaterando la sua quasi novantenne nonna. Eppure, non soffriva di nessuna demenza, fino al quel momento, almeno.
 
«Già, proprio così. È inutile che mi guardi come se fossi impazzita. Sai, dovresti salire a dare il benvenuto e non scordarti di portare qualche dolcetto» gli disse mettendo alcuni biscotti in un contenitore colorato «e vedi di farli arrivare tutti di sopra, intesi? Ti conosco nipotino.»

«Nonna! Non sono più tanto ino da un bel pezzo» le ricordò ridendo e baciandola sulla guancia, prima di prendere la scatola, rubarne un secondo dalla teglia e sparire prima che lei se ne accorgesse.

Che strani termini ha usato la nonna per descrivere questo tizio. È già bizzarro che abbia deciso di affittare a un perfetto estraneo, ma che lo definisca anche “dolce” ha dell’inquietante, pensò.
Eccoci qua, un bel sorriso e… toc, toc.
 
«Avanti!»

Una voce femminile l’accolse. Cosa? Femminile? Ehi, un momento, che storia era quella? E poi… gli ricordava qualcosa o meglio, qualcuno.
 
«Avanti!»

Ripeté ancora quella voce.
 
«Permesso. Ho portato dei biscotti, la nonna li ha appena sfornati, Mochi, per la precisione e…»

«Oh, grazie. Io amo i Mochi e…»

Ma che cazzo… non era possibile, proprio no. Quella ragazzina! Per fortuna non era l’unico a essere sorpreso.
 
«Tu?» esclamarono insieme «Ma scherzi, vero?»

Oh, andiamo, voleva fargli credere che non ne sapeva niente? Appoggiò i biscotti sul tavolino del soggiorno e si girò ad affrontarla. Doveva mandarla via da lì, subito. Ne andava della sua sanità mentale… e del controllo del suo corpo che, quando Susie era vicina, impazziva.
 
«Come attrice sei perfetta, non c’è che dire. Dovresti tentare la carriera tv» le disse.

«Come? Non crederai davvero che ti abbia teso una trappola, vero? Guarda che se solo avessi immaginato che tu eri… oh, no.»

«Oh, no, cosa?» s’informò.

Subito dopo ci pensò un po’ su e ancora una volta esclamò insieme a lei.
 
«Non ci credo… Eve!»

Sua cugina gli doveva delle spiegazioni e… ehi, ma dov’era?»
 
«Alloggia in un B&B con Bruce. La rivedremo solo domani mattina, avevano un po’ fretta di andarsene. Ah, Bruce ha conquistato tutti, specie vostro nonno» gli rispose lei alla sua muta domanda.

«Ah, perfetto. Quella traditrice se la spassa e io sono bloccato qui, con te.»

«Bè, se ti dà tanto fastidio vedermi… puoi sempre andare nel tuo appartamento.»

«Molto volentieri e tu qui non rimani, ficcatelo bene in testa. Quindi evita di disfare i bagagli, domani mattina riparti con i due piccioncini.»

«No!» poi aggiunse vedendolo strabuzzare gli occhi «No, perché i tuoi mi vogliono qui e io voglio stare qui o… o proprio non saprei dove altro andare. Da Eve non torno e neanche dai miei zii. Piuttosto vado in un centro per i poveri.»

«Cosa? Oh, ma per favore. Piantala di inventare balle. E poi cos’è questa storia degli zii? E i tuoi dove cazzo sono per non vivere con te? E… non mi dirai che questo» le disse indicando i suoi pochi averi ammucchiati in un angolo del soggiorno vicino al divano «è tutto il tuo bagaglio. Cosa sei, ragazzina, una minimalista?»

E fu lì che Susie fece una cosa che lo mandò in panico: iniziò a piangere. E lui, sentendosi in colpa, la guidò sul divano e si sedette accanto a lei. Non era un senza cuore dopotutto. Poi lei prese un bel respiro e parlò.
 
«Per farla breve o ti annoio e non voglio. I miei mi hanno abbandonata dagli zii quando avevo sette anni, per girare il mondo. Gli davo fastidio e non li ho mai più né visti, né sentiti. I miei nonni, contattati subito dagli zii, non mi hanno voluta e così sono rimasta da loro che, però, l’hanno fatto solo per mettere le mani sui soldi che i miei avevano lasciato per il mio mantenimento e non mi hanno mai calcolata come membro della famiglia. Questo è tutto quello che ho. Non mi serve molto per vivere.»

Stava scherzando, vero? Eppure, una storia così… assurda, non si poteva inventare.
 
«Io… io, oh, cavoli, mi spiace. Che idiota colossale che sono. Non ho parole per… scusami, io…»

«Scusarti? E per che cosa? Non lo sa nessuno a parte te e devi promettermi che non uscirà da qui questa storia.»

«Promesso, puoi fidarti di me. Davvero!» disse sorridendole «Libri?» disse poi fissando meglio il contenuto di una borsa di tela.

«Amo leggere fin dall’infanzia.»

«Alice nel paese delle meraviglie, Cenerentola… che letture pesanti» la prese in giro lui, salvo poi ricredersi subito dopo quando lesse «Il servizio sociale oggi; Come il bambino chiede aiuto; Leggi a tutela dell’infanzia rubata… Susie, che significa?»
 
«Che hai davanti a te un’assistente sociale specializzata in bambini abbandonati nelle strutture» gli confessò con un filo di voce.

«Cosa? E come mai nessuno ne sa nulla? Tu non sei stupida, tu non sei svampita! Perché fingi?» capì.

«Abitudine, credo. Non lo so più, ormai.»

Doveva andarsene da lì e stilare un piano per tenerla il più lontano possibile da lui. Susie era pericolosa, molto pericolosa. Così si alzò e raggiunse la porta, ma lei lo seguì, dannazione.
 
«Em… ti lascio riposare, sarai stanca… vicina. Ciao.»

«Quindi posso rimanere? Sul serio?» gli chiese.

«Em… sì, certo. Non voglio averti sulla coscienza.»

Ecco, bravo, così, indifferente e scostante. Non è cambiato nulla con lei, nulla. Giusto?
 
«Oh, oh grazie, grazie, Cliff.»

Poi gli saltò al collo – tirandolo giù essendo lui molto più alto di lei, ma come diamine aveva fatto? –  continuando a mormorargli tutta la sua gratitudine e poi… eh, poi. Oh, cavoli, i suoi occhi così vicini e quelle labbra…
 
«Cliff, io…» e poi lo baciò.

Diamine, lo stava davvero baciando? Lei a lui? E così come era iniziato, finì!
 
«Scusami, Cliff, io…»

«Se proprio devi baciarmi, almeno fallo come si deve.»

E poi fu il suo turno di impossessarsi delle sue labbra e non fu certo un bacetto casto com’era stato il suo. Quando la guardò, una volta terminato e ripresa una parvenza di controllo, le disse:
 
«Visto che saremo vicini di casa, niente più baci» le disse.

«Neanche uno» gli rispose lei.

E subito dopo la baciò di nuovo e lei lo lasciò fare, con suo enorme sconcerto.
 
«Vado, sì, vado. Benvenuta e ricorda, i baci sono off limits.»

«Le mie labbra sono sigillate. Basta baci, promesso.»

E un terzo si aggiunse alla lista.
 
«L’ultimo, e poi ce ne dimenticheremo.»

«Sì, Cliff, l’ultimo.»

«Ma non dovremmo.»

«Proprio no» lo spalleggiò lei.

«Non mi piaci neanche» mentì, ma la sentì ridacchiare.

«Tu invece sì» gli confessò prima di diventare rossa.

Quella frase lo galvanizzò non poco. Non stava mentendo? No, Susie era incapace di mentire.
 
«In fondo… uno che male può fare? In fondo… è solo un bacio, giusto?» le disse.

Chi stai cercando di convincere, Cliff. Continueresti a baciarla tutto il giorno. Dio che labbra calde e morbide che ha! Come hai fatto a resistere così a lungo?, pensò.
 
«È solo un bacio, sì» disse ancora lei, senza smettere di guardargli le labbra e facendo comparire la punta della lingua tra le sue.

«Un piccolo, insignificante e veloce… bacio!» specificò lui, chiudendola tra le braccia, alzandola e facendola adagiare sull’isola in cucina.

Finalmente poteva quasi guardarla negli occhi senza rischiare il torcicollo.
 
«Oh, sì… un bacio piccolo, insign…»

Ma non riuscì a concludere la frase che Cliff le chiuse le labbra con le proprie e vi rimase a lungo. Quando terminò la fissò negli occhi appannati dalla passione. Susie aveva il respiro corto, come lui, le labbra gonfie ed era aggrappata ai suoi pettorali.
 
«Io… io credo che… che… ciao Susie.»

Poi la baciò un’ultima volta e si costrinse a uscire da quell’appartamento e a mettere più distanza possibile tra lui e quella ragazzina che, in fondo, non aveva mai conosciuto realmente e che aveva sempre trattato con superficialità. Oh, come se ne vergognava.
L’aveva sempre vista come pazza, svampita, rompiscatole, finta, stupida e invece lei stava reagendo al dolore con il sorriso e un atteggiamento sbarazzino che lui – che tutti – avevano sottovalutato. Era una storia terribile, la sua, eppure… ah, se avesse avuto sotto le mani i suoi zii, gli avrebbe fatto passare la voglia di maltrattarla.
E adesso, che cosa sarebbe successo tra loro? Quei baci avevano complicato tutto… ma lui ne era stranamente felice.

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Capitolo 26
*** Anego è tornata ***


Quel fine settimana a casa dei suoi era stato estenuante. Meno male c’era Julian con lui a tenergli alto il morale e ne aveva approfittato. A dire il vero anche Daichi, che lo aveva eletto suo zio preferito della Nazionale.
Lui avrebbe tanto voluto correre da Patty il giorno dopo, ma sua madre l’aveva bloccato con piglio deciso:
 

 
«No, mio caro Holly» gli aveva detto con un tono che non ammetteva repliche «tu non ti muovi da qui. Lunedì è meglio. Io lo so che tu la ami e desideri starle sempre accanto, ma lei sarà ancora galvanizzata dalla festa e non ti darà retta. Datti del tempo per riflettere su come è meglio agire e metti in conto che lei sarà sconvolta dalla scoperta. Certo che tu e sua nonna l’avete combinata grossa. Meno male che ci sarai tu, Julian, con lui» aveva concluso poi guardano l’amico che le aveva sorriso di rimando, imbarazzato
 
«In realtà, mamma, anche lui ha teso una trappola a Amy e allora perché non lo metti in guardia?»

«Perché lei è la mia fidanzata, Holly» gli aveva risposto lui, il traditore «e lei capirà certamente che l’ho fatto per amore suo e senza secondi fini» e lì sua madre e suo padre – già, era tornato – avevano applaudito le sue parole. Traditori, tutti quanti.

 
E lunedì era arrivato e ora, a metà mattina, si trovavano fuori dalla porta delle ragazze con il cuore in gola e una paura fottuta nelle viscere. Almeno lui, Julian era fresco come una rosa e non vedeva l’ora di sganciare la notizia bomba alla fidanzata e di festeggiare privatamente. Lui, invece, si stava contorcendo le mani dall’ansia.

 
«Ok, ci siamo, è l’ora della verità» disse all’amico e poi bussò.

Toc toc. Toc toc. Toc toc.
 
«Arrivoooo!» urlò la voce di Amy dall’interno «Oh, ma che… ciao!» gli disse poi quando li vide.

«Ciao cara» esordì Julian prendendola tra le braccia e baciandola dolcemente senza darle il tempo di replicare.

«Ciao a te, tesoro» gli rispose lei con un filo di voce una volta terminato l’assalto del fidanzato e poi accorgendosi di lui disse «ciao capitano. Ma, ma che succede, non vi aspettavamo e non certo a quest’ora.»

«Ci fai entrare? Abbiamo una cosa da dirvi. No, non agitarti, nulla di brutto, almeno spero» esordì lui.

Non appena lei si fece da parte, i due amici entrarono e subito Mister Wow si attivò.
 
«Capitano, oh mio capitano!»

«Ehi, amico pennuto. Mi sei mancato. Ciao anche a te, genietto» gli disse accarezzandogli il petto giallo e subito se lo ritrovò sulla spalla.

«Allora, ditemi, cosa vi porta qui? Deve essere importante, lo vedo dal tuo nervosismo Holly.»

«Em … sì. Dov’è la mia Patty?» disse lui guardandosi in giro, non voleva iniziare senza di lei.

«May day, may day!» intervenne Mister Wow.


«Non ti piacerà la mia risposta, temo» rispose l’amica, improvvisamente agitata «vuoi una tisana calmante? In realtà sarei io quella ad averne bisogno.»

Poi andò in cucina, scaldò del liquido ambrato in tre tazze e tornò da loro che, nel frattempo, si erano messi comodi al tavolo della cucina. Holly annusò quell’intruglio e…
 
«Oh, santo cielo che puzza tremenda. Dì, vuoi avvelenarmi o resuscitare qualche morto, per caso?»

Anche Julian annusò la sua tazza e fece una smorfia disgustata, prima di allontanarla da sé con decisione.
 
«Funziona! Puzza, ma è buonissima. Strano tu abbia detto così sai? Tempo fa mi disse la stessa cosa anche Patty, ma poi l’ha bevuta e ha fatto effetto. Ed era molto agitata, visto che, qualcuno, le aveva appena detto di disfarsi di una delle sue puttanelle per conto suo.»

«Ecco, sì e mi dispiacerà per sempre per questo» le disse lui e poi aggiunse «e adesso, me lo dici dove si trova?»

La vide fissare Julian come per farsi coraggio e poi, guardandolo seria dritto negli occhi lanciò la bomba.
 
«Da Steffen.»

Cooosaaa? Aveva capito male, vero? Ma la faccia sconvolta dell’amico, purtroppo, gli confermò che il suo udito funzionava ancora bene.
 
«Stai scherzando, vero?» le chiese aggrappandosi al tavolo con forza.

«No. Ma… Holly, per favore, non farti film mentali adesso, non è come pensi tu.»

«E dimmi, visto che lo sai, a cosa sto pensando?»

«A loro due intenti a baciarsi appassionatamente e a ridere di te» rispose lei senza mezzi termini.

Holly rifletté un poco su quelle parole. Caspita, ci aveva azzeccato in pieno.
 
«In effetti… sì, brava, quella è proprio la scena che mi è venuta in mente. E allora, se non stanno dando sfogo alla loro passione… perché lei è andata da lui? Da quanto è via? Cosa aveva da dirgli di tanto urgente che non poteva aspettare? Ma quello lì non lavora in proprio, ora? Non ha degli impegni?»

«Ehi, ehi, calmino amico. Non entrarmi in panico. Ci sarà sicuramente una spiegazione, vero, Amy cara?»

«Sicuramente c’è, ma non la so.»

«Sì, certo, come no. E tu, la sua migliore amica, sei all’oscuro di una cosa del genere. Amy, sputa il rospo.»

«Holly, davvero, non lo so. Mi ha detto solo che doveva parlarci e che sabato si sono accordati per trovarsi da lui stamattina. Non mi ha detto altro.»

«Da lui» sussurrò e poi più forte «Da lui, dannazione! Quindi non sono in terrazza, ma proprio in casa sua. Cazzo. E come ti è sembrata? Nervosa, impaziente, emozionata? Si è messa in tiro?»

«Devo chiedere un avvocato o la smetti di interrogarmi?» gli rispose lei «E bevi quella tisana che ti serve. Non uscirai da qui prima di averla finita.»

«Amy…» iniziò lui, ma fu subito bloccato da Julian.
 
«Amico, fa come ti dice che questa non scherza su certe cose. Anche se sono disgustose. Cara, io passo ok?» e quando le i lo guardò male aggiunse «Non ho bisogno di calmarmi.»

Holly affrontò l’intruglio e…

«Bleah, cof cof» tossì subito dopo il primo lungo sorso «Julian, se muoio, voglio che la tua innamorata qua sia arrestata per omicidio preterintenzionale» e poi aggiunse vedendo che stava per replicare «l’ultimo desiderio di un moribondo non si può ignorare.»

«Oh, ma quanto la fai lunga» gli rispose l’amica fingendosi offesa, o lo era per davvero? «sono anni che io la bevo e sto benissimo» gli disse poi bevendo la sua senza problemi.

«Masochista!» sentenziò lui con Julian accanto che confermava con la testa.

«Ma… ma perché non iniziate a dire a me come mai siete qua?» chiese l’amica a entrambi.

«No! Insieme è meglio, fidati» gli rispose Julian.

«Ok. Capitano, hai intenzione di tenere Mister Wow sulla spalla ancora a lungo?» chiese poi l’amica «Sembri un pirata.»

Suo malgrado, Holly si mise a ridere. Non si era nemmeno accorto che il pennuto non se ne era andato per tutto quel tempo.
 
«Non mi dà fastidio» rispose lui e poi chiese all’Ara «vero bellezza pennuta? Dimmi, ti sto simpatico, almeno un po’?»

«Simpatico… ma scemo» (Lui è peggio di me)

Quella frase, dopo un attimo di smarrimento, fece ridere tutti e, suo malgrado, la ritenne molto vera. Però aveva bisogno di divertirsi un po’ e quindi stette al gioco.
 
«Ma dico, non sei molto gentile. E dire che tu mi sei molto simpatico, invece. Perché sarei scemo?»

«Marcala stretta, futuro marito. Datti da fare e dacci dentro.»

Quella frase ammutolì tutti che rimasero a fissare Mister Wow, sconcertati.
 
«Che… che cosa ha appena detto?» chiese con un filo di voce Amy.

«Ho sentito bene? Ha detto… dacci dentro?» specificò Julian.

Holly rimase in silenzio un po’ più a lungo e poi esclamò rivolto all’Ara:
 
«Ma io ti adoro!»

«Cosa? Holly, ma stai bene?»

«Benone, Julian. Vi spiego» disse poi vedendoli fissarlo «ricordate quando nonna Nozomi è venuta al ritiro armata di biscotti?» e quando gli amici annuirono continuò «ecco, prima di andare via, mi ha abbracciato e mormorato qualcosa. Bene, Mister Wow deve averla sentita e ora me l’ha ricordata.»

«Vuoi dire che la nonna ti ha…»

«Incoraggiato a spingermi oltre con sua nipote. E io che me l’ero dimenticata, ma come ho potuto.»

«Memooooooria cortaaaa. Lecitina di soia, un cucchiaino nel latte. Pesce, tanto pesce. Smemorato.»


«Hai ragione Mister Wow, meno male che ci sei tu» gli disse ridendo, seguito dagli amici.

«Mister Wow, ricorda alla nonna la medicina per la memoria, ok? Oook. Fatto. Nooonna sbadata. Mister Wow, bravo, eccoti il premio. Gnam, gnam.»

A quelle parole Holly vide Amy alzarsi, recuperare qualcosa da un armadietto e strizzare l’occhio dall’Ara che la stava fissando, facendo uno strano verso. Poi tornò al tavolo, appoggiò qualcosa sopra e gli indicò di prenderselo puree Mister Wow corse a mangiare, senza farselo ripetere due volte.
 
«Semi di girasole. Ne va matto. È stato bravo, merita il premio, ha ragione» spiegò poi ai due ragazzi.

Tutti rimasero incanti dalla delicatezza con la quale il pennuto mangiava la sua manciata di semi e nessuno fiatò fino a che ebbe finito, poi lo videro tornare sul trespolo. Il suo lavoro, dopotutto, l’aveva fatto e ora doveva riposare. Di lì a poco si appisolò.
 
«Holly, hai intenzione davvero di seguire il consiglio della nonna?» gli chiese Amy.

«Oh, sì, ora più che mai. Io amo Patty e non ho intenzione di perderla. Lei sarà mia, in tutti i sensi e per sempre» affermò con decisione.

«Ok, era ora ti svegliassi, amico» gli disse Julian, poi si rivolse alla fidanzata «tu dici che sarà una cosa lunga di là?»

«Mh… no, non credo, ma quando quei due sono insieme non si sa mai. Mi spiace che hai fatto tutta questa strada per niente Holly, ma non potevi mandarle un messaggio prima di partire?»

Ma che stava dic… oh, giusto, lei ancora non poteva sapere la novità.
 
«No, volevo farle una sorpresa e invece l’ha fatta lei a me. Oh, ma io l’aspetto. Se voi due volete spassarvela nel frattempo, fate pure, io vado da Vanesia. Abita sotto di voi, giusto?»

«Cosa e tu come…»

«E se non erro è specializzata in massaggi per… scaricare un certo tipo di tensione, o sbaglio? No, perché in questo periodo ne avrei in eccesso. Ritenetevi fortunati voi due» disse poi, vedendoli arrossire di botto «a più tardi. Mandatemi un messaggio quando è tornata, se non siete troppo impegnati a fare altro.»

Poi gli strizzò l’occhio e se ne andò in cerca del bel… no, della bella donna africana che, sola, poteva davvero aiutarlo. Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma c’era una prima volta per tutto, no?
 
«Tutta colpa tua Patty, se solo ti lasciassi andare un po’ di più con me…» poi guardò la porta chiusa del vichingo e aggiunse «sbrigati a uscire da lì o giuro che entro a prenderti con la forza. Non farmi scherzi, amore mio» e poi iniziò a scendere le scale.
 
 


 
«Quando ti avevo detto di non farti trovare nudo… non scherzavo, Steff!»

Patty era arrivata a casa del norvegese da pochi minuti e già era in imbarazzo. Cavoli l’aveva già visto nudo e non le aveva dato fastidio minimamente, anzi… ma allora perché adesso…
 
«Non sono nudo, tesoro mio, ho i boxer. E scusa se mi piace mettermi comodo in casa.»

«Però sapevi che sarei arrivata stamattina e che, che… oh, insomma, non puoi metterti una maglietta sbracciata sopra? Cavoli, tutti quei muscoli in vista mi distraggono e non ne ho bisogno» gli confessò.

E lì, Steff, scoppiò a ridere senza ritegno.
Beato lui che se la ride della grossa, pensò, Io avrei solo voglia di mollarlo qui da solo e tornarmene a casa. Insomma, ma un discorso serio con lui lo posso fare senza essere distratta da qualcosa?

 
«Non potresti spogliarti anche tu che facciamo prima?» le propose raggiungendola e piegandosi e baciarla lievemente sulle labbra, prima di scendere a martoriarle il collo.

«Steff!» lo riprese lei con decisione «No! Non puoi sempre fare così e pensare di farla franca.»

«Così… come?» disse lui staccandosi dalla sua pelle e guardandola negli occhi con fare incuriosito.

«Io che cerco di parlarti e tu che cerchi di distrarmi con le tue labbra e le tue mani» gli disse, ricambiando lo sguardo, ma con durezza.

Lui la guardò con stupore e poi capitolò.
 
«Ok, hai vinto tu. Vado e torno» cedette lui vedendo che lei non arretrava di un passo dalla sua posizione «Faen (Cazzo) Patricia, sei un osso duro» le disse prima di andarsene in camera.

«E non hai ancora visto niente» mormorò lei, quasi in un sussurro.

Inutile negarlo, quell’atteggiamento l’aveva infastidita. Lei era di Holly. Sua e solo sua. Solo lui poteva baciarla, ovunque, senza essere fermato da lei. Si prospettava duro il confronto, ma – cascasse il mondo – non sarebbe uscita da lì senza aver chiarito la loro situazione. Quel giorno, Steff il vichingo, avrebbe conosciuto Anego.
Aveva ragione Maggie, quel ragazzo non l’aveva ancora vista in versione combattiva e non poteva dire di amarla totalmente, mentre il suo Holly… oh, lui aveva visto di più Anego che Patty in vita sua, ma nonostante tutto, le amava entrambe.
Cinque minuti dopo Steff tornò e per fortuna era vestito, questa volta. Pinocchietto verde militare e maglietta in tinta.

 
«È di tuo gradimento?» le disse facendo una giravolta a braccia spalancate.

«Meglio, grazie.»

«Sediamoci» le propose poi indicandole il divano «terrò le mani a posto e anche le labbra, ok?»

«Ci conto» gli rispose lei «perché quello che sto per dirti è qualcosa di molto serio che non prevede effusioni di nessun genere.»

Patty tirò un bel sospiro e si prese del tempo prima di iniziare.
 
«Steffen, io ti adoro lo sai. Non mi interrompere, per favore» gli disse poi vedendolo aprire la bocca per dire qualcosa.

«Va bene, continua pure» le rispose facendosi il segno della cerniera sulla bocca.

«Grazie. Giorni fa mi hai chiesto di prendere una decisione definitiva su te e Holly, su chi amassi realmente. Steffen tu mi piaci tantissimo. Mi fai ridere, mi vizi, mi fai sempre mille e più sorprese, mi fai sentire bene e importante. Sto bene con te, davvero e mi spiace tantissimo quando discutiamo. Mi piacciono molto anche i tuoi baci, ma…»

Ma non riuscì a terminare la frase perché Steffen si protese verso di lei, la baciò con passione, facendola distendere sul divano. Oh, cavoli.
Qualcuno mi aiuti, e adesso come faccio a fargli capire che ha preso un abbaglio? Non mi sembrava di avere detto che ho scelto lui, proprio per niente. Holly dove sei? Ok, Patty, è ora di reagire e… e sì, di interrompere questo bacio. Uno, due e…

 
«Steff» lo chiamò, cercando di scostarlo da sé senza successo «Steff, smettila, no!»

«Come? Ehi, sbaglio o hai appena detto che la tua scelta è caduta su di me? E allora che ti succede adesso?»

«Che mi… che mi…? Levati che te lo spiego meglio» gli disse dandogli uno spintone e sollevandosi da quella posizione.

No, decisamente stare lì seduta era pericoloso, meglio scendere e camminare avanti e indietro. E così fece.
 
«Ho detto, e apri bene le orecchie questa volta, che mi piaci, sì, è vero, ma… non, non ti amo!»

«Scusa, puoi… puoi ripetere?» le disse lui dopo un attimo di smarrimento.

«Non. Ti. Amo!» scandì bene lei e poi aggiunse «Amo il mio Holly. In realtà non ho mai smesso di amarlo e l’ho capito solo da poco.»

«Che cooosa? Hutton? Ami lui? Stai scherzando» e quando la vide scuotere la testa aggiunse «dopo tutto quello che ti ha fatto? Tu stessa mi hai raccontato che passava di ragazza in ragazza molto facilmente, davanti a te che soffrivi a vederlo così e lui se ne è sempre fregato della cosa. Tu stessa mi hai detto che ti ha sempre trattata da schifo. E tu che fai? Ti fai trattare come una sgualdrina da lui e ti credi innamorata» sbottò, saltando in piedi a sua volta e prendendo a muoversi per la casa.

Sgualdrina a me? Sgualdrina a me? Oh, questa me la paghi!, pensò.
 
«Ritira subito quello che hai detto.»

«Mai! E sai perché? Perché è la verità.»

«Io non sono la sgualdrina di nessuno» gli rispose piantandosi davanti a lui con le mani sui fianchi e fissandolo negli occhi con aria determinata «Io lo amo e lui mi ama.»

«Ah, bella questa. A parole sono bravi tutti a dirlo» le urlò contro.

«Lui mi ama» ribadì «e me lo dimostra sempre e semmai sono io quella che non riesce a dirglielo.»

«Perché sai che gli diresti una bugia.»

«No. Perché so che sono una vigliacca quando si tratta dei miei sentimenti per lui e… e… ma poi perché sto qui a dirlo a te. Fatto sta che io ora so, che il mio cuore e la mia testa ora sanno e... e il nome che gridano… non è il tuo, Steff.»

Era vero. Holly. Suo e solo suo era il nome con cui si svegliava al mattino e si addormentava di notte.
Era necessario che Steff capisse che anche l’amore che provava lui per lei, non aveva futuro e non solo perché era a senso unico, ma perché lui credeva di essere innamorato di lei, ma in realtà…

 
«E poi pensa a Miki.»

«Miki? Che diamine centra ora lei? Stiamo parlando di noi due e di quel babbeo che credi di amare. La bella, sexy, dolce e stramba psicologa che gira con un boa di piume in un borsone, qui, non deve entrarci.»

«E invece, sì. Ma ti senti Steff? Bella, sexy, dolce… sono parole che una persona non interessata non dice e se ti fossi visto Steff…»


«Ho detto anche stramba e chissà cosa combina la notte quella. Visto… quando, Patricia?»

«Sabato sera, quando era fuori da casa mia e ha sbottato. La guardavi con due occhi interessati, infatuati, piacevolmente sorpresi che… oh, Steff, era lo stesso sguardo che avevi con me i primi tempi. Non mentire a te stesso, ti interessa eccome.»

«No! Sei tu che ti stai inventando una storia per giustificare il tuo voltafaccia.»

Dio, gli uomini come sono duri di comprendonio. Se la mangiava con gli occhi e ha il coraggio di negare e… oh, oh, e quello lì, cos’è? Ma non mi dire, si disse poi, ridacchiando, mentre guardava un oggetto decisamente familiare.
 
«Scusa, Steff, intendi… quel boa di piume?» gli chiese indicando il borse di Miki in un angolo del soggiorno.

«Cosa? Oh, faen! Senti, Patricia, non è come…»

«Credo? Oh, ma io non devo credere niente. Voglio solo dire che per essere una della quale non ti frega un cazzo, hai tenuto la sua roba in ostaggio per tutta la domenica e ancora non gliel’hai ridata» poi si avvicinò al borsone e lo aprì.

«Cosa fai? Sei matta?» la riprese lui.

Ma lei non lo stava ascoltando e incominciò ad estrarre il contenuto del borsone, tra varie esclamazioni, facendolo arrossire vistosamente.
 
«Bè, non c’è che dire. Non scherzava quando parlava di burlesque. Mi piacerebbe vederla in azione, a te no?»

«Rimetti subito tutto a posto che se arriva a riprendersela che le dico?»

«Che volevi vedere come ti stavano addosso?»

«Patricia… tu non stai bene. Ma che ti prende oggi, non sembri neanche tu» le disse, sistemando le cose di Miki dov’erano prima e allontanando poi il borsone dalla sua venere giapponese.

«Ah, vorresti dire che Anego non ti piace?»

«Chi? Non capisco.»

«Niente, lasciamo stare. Capirai tra un po’.»

Patty sapeva di averlo confuso, ma come diceva Maggie, era necessario che lui scoprisse tutte le parti di lei e se poi avesse accettato Anego come un’estensione di Patricia, allora voleva dire che il suo era vero amore e lei si sarebbe trovata in guai grossi. Stava per dirgli qualcosa, quando lui l’anticipò, spiazzandola.
 
«Insomma, prima cedi alle mie avance, poi mi provochi, poi ti fai baciare, poi te ne vai per due giorni e quando torni… puf, sei cambiata e quel babbeo ti si è incollato al fianco e tu gli dai corda dandomi il benservito. Che cazzo avete combinato voi due l’altra sera?»

Ma che stava dicendo? L’altra ser… oh, allora quando erano rientrati il mattino dopo li aveva sentiti e visti.
 
«A parte che non sono fatti tuoi. Ma se proprio ci tieni a saperlo, ti racconto la versione veloce e soft. Sono corsa da lui che aveva bisogno di aiuto col fratellino, ci siamo baciati e coccolati e il mattino seguente, mooolto presto, abbiamo deciso di… come dire… andare un po’ oltre e… no, non è esatto, ci siamo spinti un bel po’ più in là a dire il vero e...»

«E certo, e io dovrei credere che un tipo del genere non desideri altro che venire a letto con te. Può avere tutte le ragazze, le donne che vuole e sceglie… te.»

Ah, no, questa no! Tutto, ma sentirsi dare prima della sgualdrina e adesso della tipa scialba e poco attraente sessualmente, no!
 
«E così io sarei una tipa insignificante.»

«Non mettermi in bocca parole non mie, Patricia» gli rispose lui di rimando.

«No, l’hai detto tu, invece. Velatamente, ma l’hai detto. Holly non potrebbe mai interessarsi a me, quando può avere di meglio. Prova a negarlo.»

«Oh, andiamo. Quel ragazzo potrebbe avere a disposizione modelle, attrici, meteore della tv, fan, solo schioccando le dita e solo per il fatto di essere famoso e… e niente, lui rinuncia a tutto questo, per te. Ma ti sei vista bene Patricia?»

«Se la tua prossima frase intende insultarmi ancora di più…»

«No, affatto. Voglio solo dire che tu sei… stupenda, formosa nei punti giusti, morbida, e saresti l’ideale per chiunque, ma per lui… per lui, no. Mi spiace, ma così stanno le cose. Lui dovrebbe avere accanto una ragazzina insignificante, priva di cervello, bellissima e famosa. Una senza un briciolo di amor proprio, adatta solo a farlo diventare ancora più famoso e idolatrato e invidiato. Pensaci, tesoro mio, non sarebbe né il primo né l’ultimo a fare certi calcoli. Ora me la spasso un po’ con la mia vecchia amica d’infanzia, poi la scarico e inizia il vero divertimento.»

Patty aveva sempre più i nervi a fior di pelle. Ormai Anego aveva preso il sopravvento e, se fino a quel momento si era limitata a non esplodere troppo, ora la zolfa era cambiata.
Lanciò un urlo tale che Steff si spaventò e indietreggiò un pochino e poi agì.

 
«Piantala di parlare di cose che non sai. Il mio Holly non è così. Non ne è capace. Se lui dice di amarmi, se lui mi fa sentire amata, è perché lo pensa davvero. Non è ipocrita e calcolatore. Non gioca a calcio per la fama e per i soldi. Non prende in giro le persone. Non mi bacia per divertimento» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e poi fece una cosa che spiazzò lei per prima e Steff, subito dopo.

Iniziò a spogliarsi con foga.
 
«Patricia… che fai?» cercò di bloccarla lui, ma inutilmente.

«Ti dimostro che non sono insignificante.»

Tolse le ciabatte, i pantaloncini in jeans, il top giallo a spalline sottili, gettando tutto a terra, poi si sistemò i capelli che nella foga di toglierlo si erano spettinati e rimase in intimo. Nero e di pizzo. Poi si piazzò davanti a Steffen e fece alcune lente giravolte con le braccia sui fianchi e lo sguardo tra il severo e il malizioso.
 
«Non hai niente da dire, adesso?» lo provocò.

«Ma… ma tu sei… wow, a dir poco formidabile. Non solo il davanti che… caspita, merita tutto, ma hai un lato b da paura.»

«Grazie! Rotoli di ciccia a parte, non sono niente male. E al mio Holly piaccio molto. E il fatto che quando mi guarda con gli occhi languidi, con il respiro corto e i battiti del cuore impazziti; il fatto che quando mi tocca… io mi sciolgo, la dice lunga su cosa provi lui per me e io per lui. Non sarò una bellezza, ma so difendermi abbastanza bene. Non ti pare?»

«Sì. Sì, decisamente. Mi pare, eccome» rispose lui con un filo di voce.

«Ecco, detto questo, ti saluto, Steff» gli disse recuperando i vestiti e gettandoseli sul braccio.

«Ma… ma dove vai mezza nuda?»

«Torno a casa mia, tanto mi vedrà solo Amy a quest’ora, quindi è inutile che mi rivesta. Ci siamo detti tutto, no?»

«Cosa? No!»

Ma lei non lo stava più ascoltando e, inforcata la porta, uscì sul pianerottolo. Il fatto che poteva essere un’uscita coi fiocchi fu rovinato da alcuni fattori.
Il pianerottolo non era deserto.
La porta di casa sua era aperta.
C’erano Amy e Julian che la fissavano con le bocche spalancate.
C’era Holly, che stava salendo le scale, che si era bloccato con un piede su e uno giù, che era più rosso di un peperone rosso maturo.
C’era Miki, subito dietro di lui, che aveva gli occhi fuori dalle orbite, ma che non guardava lei bensì qualcuno dietro di lei.
C’era Steff, che si era bloccato sulla porta e fissava le scale, arrossendo imbarazzato.
C’era lei – ora di nuovo Patty – che avrebbe voluto si aprisse una voragine sotto i suoi piedi e venisse risucchiata nell’oblio.
Poi avvenne tutto in fretta.
Steffen che si precipitò giù dalle scale. Holly che lo lasciò miracolosamente passare. Miki che scappava a precipizio verso casa sua, urtando Vanesia che era appena uscita dall’ascensore e che lanciò un Ehi, che modi. Steff che, a quanto sembrava, era riuscito ad aggirare la giunonica africana – che urlò nuovamente il suo disappunto – mentre gridava il nome della ragazza seguito da un Aspetta, non scappare via. Amy che chiedeva a Julian di chiudere gli occhi e quello che eseguiva e se li copriva persino con una mano per sicurezza. Holly che scattò fulmineo verso di lei, che scappò in casa di corsa chiudendogli la porta in faccia che, però, fu intercettata da lui.

 
«Patty! Patty, fermati subito!» le urlò dietro Holly.

«Vattene!» rispose lei.

«Fermati. Cazzo!»

Ma lei riuscì a entrare in stanza e a chiuderlo fuori e se Holly disse altro, lei non poté sentirlo essendo insonorizzata.
In tutta la sua vita, Patty non era mai stata più in imbarazzo di così. Ma perché diamine era così affollato il pianerottolo a quell’ora. Passi, Amy. Passi anche Miki che stava salendo. Ma cosa ci facevano Holly e Julian lì… a quell’ora poi e senza avvisare.
E adesso? Come avrebbe fatto a guardarli di nuovo in faccia? Dell’amico non gli importava poi molto, ma di Holly… sì, cazzo, sì. E lui l’aveva vista nuda... no, quasi nuda, uscire da casa di Steff. Come avrebbe potuto spiegargli una scena del genere.
Si stese sul letto e pianse a dirotto tutte le sue lacrime.

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Capitolo 27
*** Gelosia e Amore ***


«Patty! Apri questa dannata porta di merda!» urlò a più non posso alla porta chiusa mentre la scuoteva, inutilmente «Porca puttana, signorina Gatsby, apri o la sfondo a calci!»

Holly era sconvolto. Ma che cazzo era appena successo? Era sceso per andare da Vanesia con l’obiettivo di chiederle aiuto con un massaggio – il che era già strano di suo – e poi, sovrappensiero per via di Patty che se ne stava tranquilla, tranquilla, dal suo amico vichingo, aveva suonato un campanello e… sbagliato porta. Cazzo.
Gli aveva aperto una ragazza molto alta, con i capelli lunghissimi e un’aria interrogativa di chi sta cercando di capire chi sei, ma non vuole chiuderti la porta in faccia per maleducazione. Gli aveva riferito che Vanesia era fuori – lo sapeva perché doveva ritirarle un pacco dal corriere – e che gli sembrava uno con un bisogno disperato di aiuto e lei essendo una psicologa poteva farlo. Così – contrariamente a quello che inizialmente era sceso a fare – si era ritrovato a parlare con quella strana tipa. Ma, alla fine, chi aveva aiutato chi?
Lui le aveva parlato di Patty e lei… di Steffen? Lì per lì, ne era rimasto spiazzato, ma poi aveva capito che se avessero fatto fronte comune… e perché no?
Il problema, semmai, era che quella ragazza – Miki aveva detto di chiamarsi – era di una timidezza estrema. Dopo un’ora passata a parlare con lei, si era deciso a tornare di sopra, per andare in casa sua, non certo per disturbare i due piccioncini, ma li aveva sentiti parlare sulla soglia – che avessero avuto la stessa idea? – e poi era successo il patatrac.
Ricapitolando: lui stava salendo, Miki subito dietro intenzionata ad andare da Steffen a riprendersi un borsone – in fondo che colpa ne aveva lui se gli era scappato che era in casa, senza dirle con chi? – e poi…
Già, e poi. Patty era comparsa sul pianerottolo… nuda! No, non nuda, ma semi nuda! Stava uscendo dalla casa del vichingo in intimo di pizzo nero – parecchio eccitante che ora non si sarebbe più tolto dalla testa – le forme provocanti in bella vista e i vestiti appoggiati al braccio.
Dio, quanto era bella!
Il primo pensiero nella sua testa fu: devo averla!
Il secondo pensiero nella sua testa fu: che cazzo ci faceva in casa del vichingo nuda?
Il terzo pensiero nella sua testa fu: sta scappando, fermala, fermala, fermala!
E così scattò. Ma lei fu più veloce e, sorda ai suoi richiami, si era ritrovato con la porta della sua camera chiusa in faccia.
E ora era lì, a urlare e bussare, sperando che lei cedesse e lo facesse entrare.

 
«Patty, amore mio, per favore, apri» disse poi con più dolcezza «ti prego, fammi entrare.»

«Non ti sente, è insonorizzata» intervenne una voce dietro di lui, Amy.

Cazzo, era vero… dannazione!
 
«Merda! Me l’ero scordato» rispose lui, appoggiando la testa sul legno e sospirando «e adesso come faccio?»

Guardò gli amici in cerca di consiglio, ma anche loro non sapevano cosa dirgli.
 
«Ma che cazzo è successo di là?» li interrogò, pur sapendo che ne erano all’oscuro come lui. «No, dico, che cazzo hanno combinato quei due, che caz.. Steffen!» urlò poi correndo fuori dall’appartamento.

«No, Holly, fermo!» cercò di bloccarlo Julian, inutilmente «Oh, merda.»

Si precipitò nell’appartamento di lui, ancora con la porta aperta e… vuoto! Vuoto! Dove cazzo era, dove… ma certo, le scale! Gli era passato vicino scendendole di corsa e lui l’aveva fatto passare, incantato com’era da una Patty semi nuda e terribilmente peccaminosa. Scartò Julian che nel frattempo l’aveva raggiunto, forse sperando di riuscire a bloccarlo e tornò sul pianerottolo.
 
«Steffen!» urlò precipitandosi al quarto piano.

Lo trovò attaccato alla porta di Miki e gli sembrò di rivivere la scena di poco prima. Impossibile che quel…
 
«Miki, aprimi, per favore. Lascia che ti spieghi» stava dicendo lui.

Dal dentro dell’appartamento, Holly sentì provenire dei singhiozzi disperati. No, non doveva provare empatia per quel tipo. Così lo chiamò e non appena lui si girò, lo agguantò per la maglietta con entrambe le mani, anche se era decisamente più alto di lui e più massiccio e gli piantò gli occhi addosso. Ma non gli faceva paura, proprio no.
 
«Adesso tu mi spieghi perché cazzo Patty è uscita semi nuda da casa tua.»

«Non devo spiegarti proprio niente, Hutton» rispose quello «pensa quello che vuoi, non mi importa.»

«Parla dannazione. Non sono in vena di giochetti in questo momento. Non ti lascerò finché non l’avrai fatto, quindi mettiti comodo. Parla!» urlò «Cosa ci faceva la mia Patty, in intimo da te» ripeté scuotendolo.

«Tu cosa pensi?» lo provocò ancora quello.

«Penso che ti spaccherò la faccia» rispose lui «se solo hai osato metterle un dito addosso» specificò.

«Addirittura. Ma sei sicuro di avere la meglio contro di me? Non dirmi che sei geloso di me.»

«Follemente geloso. Quindi non provocarmi oltre o tu stesso non ti riconoscerai allo specchio e non è una minaccia questa, ma una fottuta promessa.»

Poi lo liberò dalla stretta, fece schioccare le dita e gli si piazzò davanti a braccia conserte, con sguardo minaccioso.
 
«Non pensi che forse sia stata lei a spogliarsi di sua iniziativa?» gli disse il vichingo e da dentro i singhiozzi aumentarono di volume «Oh, merda, Miki!»

«Patty mi ama, non si spoglierebbe mai davanti a un altro che non sia io.»

«Sei sicuro? Ha detto che voleva provarmi che non era insignificante e si è spogliata. Da sola.»

«Menti. Questa è la giustificazione più stupida che abbia mai sentito in vita mia.»

«D’accordo, vuoi sapere come è andata realmente, in due parole?»

«Non chiedo di meglio.»

«Hai vinto!»

Cosa? Ho vinto? Ma che sta dicendo ora questo idiota. Vinto, che cosa?
 
«Se vorrai sapere altro, parla con Patricia. Io ti ho già detto troppo. E ora sparisci che ho una questione urgente da risolvere» gli disse indicando con la testa la porta dietro di lui «Miki, per l’amor del cielo, non fare la bambina e apri questa dannata porta» disse poi tornando a bussare.

Holly non ci capiva più niente, ma una cosa era certa, non aveva intenzione di mollare.
 
«Non so cosa tu intendessi dire, ma lo scoprirò» gli disse e poi aggiunse «nel frattempo… Steff?»

«Che vuoi ancora?» disse lui girandosi a guardarlo.

Un potente pugno lo raggiunse al volto e lo fece cadere addosso alla porta di Miki, prima di farlo crollare a terra.
 
«Avrei potuto usare uno dei miei piedi e usarti come un pallone, ma non volevo sforzare troppo la mia gamba» poi gli disse, inginocchiandosi accanto a lui per poi avvicinarsi al suo volto con il proprio e puntargli un dito contro «ma se ti avvicini ancora a Patty, giuro che lo faccio. Potrei usare un Drive Shoot usando te come pallone, che ne dici? Miki, è tutto tuo, buona fortuna» disse infine alla porta chiusa, prima di alzarsi e andarsene.

Fece per tornare di sopra, ma fu bloccato da Vanesia che, sentendo tutto quel trambusto, era uscita sul pianerottolo.
 
«Non c’è nulla di più sexy e bello da vedere di un innamorato geloso» gli disse.

«Em… decisamente geloso sì e decisamente innamorato, hai ragione.»

«Hai voluto chiarire un punto?» gli chiese guardando oltre la sua spalla.

«Diciamo così, sì. Mi prudevano le mani già da un po’. Scusa, ma… ho lasciato un altro punto in sospeso» rispose lui superandola e tornando di sopra.

«Vai e fatti onore, mio caro» gli urlò e poi aggiunse sospirando «ah, certe ragazze hanno tutte le fortune!»

Doveva chiarire con Patty. Capire come mai fosse uscita in quello stato dalla casa del vichingo. Scoprire cosa intendesse quel tipo con quella frase enigmatica. Hai vinto! Hai vinto, cosa? Dannazione a lui che si divertiva a tormentarlo.
Julian e Amy lo stavano aspettando davanti alla porta, guardandolo con preoccupazione e timore, ma lui li rassicurò con un sorriso. Aveva bisogno di riflettere qualche minuto e per questo salì in casa, tallonato dall’amico e da…

 
«Oh, mio… Julian, che cosa succede qui? Che cos’è questo posto?» chiese Amy al fidanzato.

Holly la vide guardarsi in giro con sconcerto e curiosità, poi Julian la prese per mano e la condusse in camera sua dicendole che dovevano parlare, che non era così che avevano programmato andassero le cose, ma che ormai non si poteva più tornare indietro e aspettare ci fossero entrambe. Poi strizzò l’occhio a lui e chiuse la porta.
E adesso, che cosa doveva fare? Che cosa dov… ah, ma certo. Lanciò un urlo di incoraggiamento, si spogliò, percorse l’appartamento fino alla porta interna che conduceva al solaio delle ragazze e l’aprì.
Stava per dire agli amici di non seguirlo quando sentì un urlo femminile provenire da dietro di lui e un “Holly, cazzo stai facendo? Ti sei ammattito del tutto, amico?” provenire da Julian. Girò la testa e lo vide nascondere il volto di Amy sul suo petto, proteggendola con le braccia mentre lo fissava truce. Lui, di contro gli sorrise e gli disse solamente:

 
«Vado dalla mia Patty, non aspettatemi. Sarà una cosa lunga, molto lunga, credo. Ciao, ciao!»

Sentì Amy borbottare “Ma che ho fatto di male io? Perché sempre a me capitano queste cose? Oddio, che imbarazzo! A questo punto perché non vedere tutta la Nazionale nuda insieme? Così faccio prima, no?”
Lui non poté fare a meno di ridere, ricordando che la ragazza non era la prima volta che si trovava in quella situazione, come aveva raccontato durante la famosa colazione rivelatrice prima della partita contro l’Argentina.
Ops. Povero Julian.
E poi sparì oltre la soglia e richiuse la porta con un tonfo secco. Patty aveva visto nudo il vichingo? Sì, dannazione. Patty si era spogliata davanti a lui non si sapeva bene per quale motivo? Sì, dannazione doppia. Bene, anzi… male.
Ora, la sua amata signorina Patricia Gatsby, avrebbe ricevuto una sorpresa che non avrebbe mai più scordato in vita sua e che vedeva lui come protagonista assoluto… Lui, e solo lui, Oliver Hutton!
 



 
Patty era disperata. Che umiliazione. Tanto valeva che ci fosse l’intera Nazionale sul pianerottolo così l’avrebbero vista come una donna e non solo come Anego.
Holly l’aveva vista in mutande e reggiseno, di pizzo, nero. Era il capo intimo più sexy che aveva nel cassetto e il suo preferito. L’aveva messo perché tutti gli altri erano in lavatrice.  Ironia della sorte, l’aveva comprato pensando a lui. Solo che avrebbe voluto mostrarglielo in circostanze diverse e non davanti a Steff, a una Amy sbigottita, a un Julian imbarazzatissimo, a una Miki delusa e… e a lui, a un Holly… ammaliato e del tutto incantato da lei.
Era ancora lì fuori? Quanto tempo era passato?  
Oddio, era corsa via. Oddio, gli aveva chiuso la porta in faccia. Oddio, gli aveva urlato di andarsene. Oddio, quanto era stupida.
Non poteva rimanere lì dentro tutto il giorno, quindi si fece coraggio e corse in bagno, doveva darsi una sistemata. Aveva pianto talmente tanto che le facevano male gli occhi e se li sentiva bruciare e se li immaginava rossi e gonfi.

 
«Fatti forza, copriti, spera che non ci sia nessuno ed esci da qui, Patty, prima o poi devi farlo, no?» disse alla sua immagine riflessa nello specchio, poi si gettò dell’acqua fredda in viso più volte e rise di se stessa... sembrava una che non dormiva da giorni.

Prese la vestaglia che le aveva regalato Amy al suo ultimo compleanno. Rossa, di seta con l’ampio collo in pizzo, le maniche a tre quarti sempre di pizzo e tremendamente trasparente. Si pettinò velocemente i capelli e poi aprì con cautela la porta, per sbirciare fuori. Nessuno in vista, per fortuna, via libera. Spalancò la porta, decisa ad andare in cucina a farsi un sandwich con prosciutto, formaggio e frittata – quando era nervosa le veniva una fame tremenda – e… e lanciò un urlo.
 
«Non sei contenta di vedermi, amore mio?»

Holly? Holly era lì? Holly era lì, seduto davanti alla sua porta e… completamente nudo! Arrossì fino alla radice dei capelli, era magnifico, come aveva sempre immaginato.
 
«I… iooo… sssì» ammise balbettando «cre… credevo che non volessi più saperne di… di me!» gli confessò.

«E come mai?» domandò lui.

«Pe… per via della scena che hai visto sul pianerottolo. Io… io ti devo spiegare, io… io non ho…» oh, ci mancava solo che iniziasse a balbettare.

«Sei una visione, lo sai? Sei così sexy che ti salterei addosso in questo preciso momento e non so cosa mi trattenga dal farlo.»

«Cosa? Holly, non mentire per cercare di tirarmi su di morale e… oddio, sei… sei nudo!»

«Così pare. Ti piace quello che vedi?» le chiese con voce roca.

Piacerle? Era semplicemente incantata da quella visione mascolina e lui le chiedeva se gli piaceva?
 
«Non sapevo ti fossi dato al nudismo. Ti sta bene.»

«Grazie, in attesa del tuo nudo integrale – possibilmente solo per i miei occhi –mi sono portato avanti.»

Quel ragazzo era pazzo, ma lei lo amava lo stesso e così scoppiò a ridere. Poi si guardò in giro e…
 
«Dove sono Amy e Julian? E perché voi due perché siete qua, insieme? Dio che imbarazzo con loro.»

«Ah, non preoccuparti per loro. Sono sicura che Amy gli starà facendo dimenticare cosa ha visto in questo preciso momento. Ne parleremo più avanti del motivo del nostro arrivo improvviso, vuoi? Ora abbiamo cose più importanti da dire e da fare, non sei d’accordo con me?»

Lo era, lo era molto e fu per quello che gli disse…
 
«Baciami, Holly. Baciami e fammi dimenticare quello che è successo là fuori.»

E lui lo fece. Cazzo, se lo fece, eccome. Patty dimenticò persino il suo nome.
 
«Quanto sei sexy... il nero ti dona e il rosso poi… ho una proposta per te.»

«Davvero? E dimmi, quale sarebbe? Qualcosa di sconcio immagino» poi aggiunse quando lo vide ridacchiare «i tuoi occhi parlano per te.»

«Sconcio non direi. Giusto, equo, semmai. Spogliati, Anego. Fa che non sia l’unico a esserlo, incomincio a sembrare un maniaco e sto morendo dalla voglia di vederti senza nulla addosso.»

Cosa? Poteva farlo? Poteva osare? Dio, quanto era tentata di dargli retta. Si guardò in giro con cautela e lui se ne accorse.
 
«Tranquilla, amore mio, siamo soli e non entrerà nessuno qui, per un bel po’ di tempo. Ho chiesto loro di essere lasciati in pace.»

E così, lei, sentendosi tanto audace quanto pazza… lo fece. E Anego tornò.
Si sfilò la vestaglia che cadde per terra e lo vide trattenere il respiro. Mosse i fianchi con lentezza – senza smettere di fissarlo – si girò e continuò il suo show privato. Piano, piano, fece scivolare anche le mutandine, piegandosi in avanti nel momento in cui dovette sfilarle e sentendolo trattenere il respiro alla vista del suo sedere in quella posizione. Poté giurare di averlo anche sentito imprecare. Tornò a guardarlo, girandosi ancora, facendo dondolare l’indumento intimo su un dito prima di lanciarlo lontano. Infine, portò le braccia sulla schiena e si slacciò il reggiseno che sfilò mooolto lentamente, prima di farlo cadere ai suoi piedi.
Improvvisamente intimidita cercò di coprirsi con le braccia, ma Holly gliele bloccò e poi la baciò dapprima con lentezza, poi con sempre maggiore passione e desiderio.

 
«Sei uno spettacolo, amore mio. Neanche nelle mie fantasie più remote ti avevo immaginata così sexy» le disse poi, facendola arrossire.

«Sono lusingata e… molto in imbarazzo» gli confessò con un filo di voce.

«Non devi esserlo, sei perfetta.»

«Sono… ciccia e tu sei così… tonico e tanto che…»

«Sei perfetta» ribadì lui tornando a baciarla «mi piacciono le tue forme così femminili e mi piace toccarle. Prima di continuare dobbiamo parlare.»

Quella richiesta la spiazzò, ma era giusto e quindi – improvvisamente libera da ogni pudore – lo prese per mano e condusse sul suo enorme letto a due piazze al centro della sua stanza. Salì con movenze languide e si sistemò con la schiena alla spalliera invasa dai cuscini. Con il dito gli fece cenno di raggiungerla e poi picchiettò sul materasso.
 
«Così mi uccidi, amore mio» le disse, raggiungendola senza smettere di guardarla negli occhi.

Patty lo vide sedersi davanti a lei, con le gambe incrociate e le mani a protezione delle sue parti basse e lei lo imitò.
 
«Chiedimi tutto quello che vuoi, capitano. Non vado da nessuna parte per il prossimo futuro» gli disse, facendolo ridere.

E fu accontentata.
 
«Spiegami perché eri nuda a casa del vichingo» le chiese Holly a bruciapelo e percorrendola tutta con lo sguardo, mandandola in tilt.

«Semi… nuda» specificò lei, recuperando un barlume di raziocinio «non è successo niente. O… o meglio, qualcosa è successo e non so come la prenderai appena te lo dirò.»

«Qualcosa… cosa?» le disse, tagliente.

«Em… gli ho fatto conoscere Anego.»

A quel punto, dopo un attimo di silenzio, Holly fece una cosa che la spiazzò… scoppiò a ridere.
 
«Non è divertente!»

«E invece sì. Finalmente, amore mio. E… come l’ha trovata?» le domandò.

«Credo l’abbia spiazzato e... non penso sia diventato un suo fan.»

«Meraviglioso. Io invece l’amo tantissimo, come te del resto» le confessò facendola arrossire ancora di più.

«Lo so, caro, lo so.»

«È la seconda volta che mi chiami così. Significa quello che spero?»

Ma lei non poteva ancora rispondergli. Prima doveva chiarire una cosa.
 
«Holly, mi ami davvero?»

Quella domanda dovette spiazzarlo perché si allungò, la prese per i fianchi e si impossessò della sua bocca con maestria e passione.
Patty diventò più rossa della sua vestaglia abbandonata in corridoio. Non tanto per il bacio quanto per il fatto di essere allacciata a un Holly totalmente inedito e decisamente… nudo!

 
«Questa riposta ti soddisfa?» le chiese

Patty si limitò a sorridergli, non si fidava della propria voce che doveva essere sparita, come il suo cervello.
 
«E…» gli disse schiarendosi la voce «mi trovi… interessante, oppure di contro… che so, insignificante?»

Che aveva detto di così… scioccante?
 
«Te l’ha detto lui, vero? Che sei insignificante per me, intendo» le chiese con voce tagliente e sguardo di fuoco, aumentando la presa sulla sua vita.

«E mi trovi bella?» chiese ancora.

Doveva sapere.
 
«Cosa? Ma che cazzo ti ha detto quel troglodita? Certo che sì. Tu sei stupenda, meravigliosa, immensamente fantastica.»

«Quindi, non mi useresti mai come passatempo in attesa di rientrare in Spagna e spassartela con altre puttanelle che ti potrebbero giovare alla carriera?»

«Patty, ora mi dici le parole esatte che ha usato e giuro che questa volta non mi limiterò a un solo pugno in faccia.»

«Hai picchiato Steff? Quando? Perché?» gli chiese.

«Se lo meritava. È successo poco fa e… oh, se stai pensando di raggiungerlo per vedere come sta, non farlo. C’è Miki con lui. Credo che gli piaccia e, da come lui suonava alla sua porta implorandola di aprire, credo che sia ricambiata. Mi spiace per te, hai perso uno spasimante. No, in realtà non mi spiace per niente… perché ora sei tutta mia e solo mia!»

«Conosci Miki? E da quando?»

«Sei gelosa, amore mio?»

«Puoi scommetterci» disse lei facendolo ridere «e dunque, non hai risposto alla mia domanda. Sono una tipa insignificante, Holly?»

Per tutta risposta, lui tornò ad abbracciarla stretta. Poi le prese una mano e gliela portò, lentamente, là dove voleva. Patty all’iniziò si irrigidì e fece per spostarla, ma lui la tenne ferma per il polso, incatenandola con gli occhi e… oh, caz… cavoli! Stava davvero… stava davvero…
 
«Ti sembra la reazione di uno che ti trova insignificante, questa?» le chiese Holly con voce bassa e roca.

Lei non riuscì a dire nulla dall’imbarazzo e si limitò a scuotere la testa con decisione.
 
«La vogliamo smettere di parlare ora?» domandò a un soffio dalla sua bocca.

Se le parole si erano date alla macchia, allora poteva usare le labbra in un altro modo e fu quello che fece, assaggiando le sue, mentre gli faceva scorrere la mano libera nei capelli e lo attirava più vicino a sé.
Poi, non seppe come, si ritrovò sdraiata sotto di lui che l’assaggiava ovunque con calma e con fare languido, sensuale.
Patty era sopraffatta dalle emozioni, non riusciva a parlare per esprimerle neanche a volere e allora decise di farsi capire con i gesti, i baci, i sospiri e le mani.
Gli avrebbe dimostrato tutto il suo amore con ogni fibra del proprio essere, fisico e spirituale.
Ma quando lui, tra un bacio e l’altro parlò e le disse “Ti Amo Patty!” lei si ritrovò a rispondergli:

 
«Ti amo tanto anch’io Oliver Hutton. Così tanto che il mio cuore è andato in tilt. Ti amo alla follia.»
 

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Capitolo 28
*** Io, tu, noi ***


Mi ama, mi ama alla follia! Wow, direi che oltre a dirmelo, me l’abbia dimostrato ampiamente e con che passione poi. La voglio ancora, subito e per sempre!, questo pensò Holly guardando la sua Patty, stesa accanto a lui.
Era bellissima. Completamente nuda, con i capelli scompigliati sul cuscino e uno sguardo sereno e appagato. Stava dormendo.
D’istinto, Holly percorse il suo corpo molto lentamente con un dito, indugiando sui seni e sui capezzoli che si inturgidirono al suo passaggio, per poi spostarsi più in basso andando a stuzzicare una parte che aveva scoperto essere molto sensibile, fino a invaderla dolcemente.
Sentì Patty dapprima irrigidirsi a quel contatto e poi farsi più languida e ricettiva. Stava ancora dormendo, ma il suo corpo reagiva al suo tocco e lui intensificò quell’invasione, per il piacere di entrambi. Si fermò solo quando la vide inarcare i fianchi ed emettere un lungo suono soddisfatto, subito seguito da un sorriso stupendo.
Gli occhi della sua innamorata si aprirono lentamente e lui poté vedere che erano ancora pieni di desiderio. Si fissarono su di lui e scintillarono di passione. Una visione che minacciò di fargli perdere il controllo.

 
«Sei troppo lontano» gli disse con voce bassa e roca, allacciandogli le mani dietro il collo e abbassandolo verso le sue labbra.

Lui non si fece pregare e se ne impossessò. La sua testa gli diceva di andare piano, di procedere con calma, ma non appena la sua bocca si posò su quella di lei, intensificò il bacio e lo fece diventare osceno. Poi, prima che lei potesse anche solo staccarsi da lui, le aprì le gambe, le si posizionò nel mezzo e la fece sua con dolcezza.
Diverso tempo dopo – non seppe dire con precisione quanto – Holly si risvegliò dal torpore in cui era caduto e sorrise a Patty che lo fissava appoggiata su un gomito.

 
«Ma lo sai che sembri proprio un bimbo quando dormi? Fai tenerezza» gli disse.

«Ahahah, e tu invece sei sexy da morire anche in quel caso» gli rispose lui di rimando.

«Certo, come no e…»

Un forte borbottio della sua pancia, lo fece scoppiare a ridere di gusto.
 
«A consumare energie, viene fame» le disse facendola arrossire di colpo al ricordo di come era successo «direi di scendere da questo comodissimo letto e prepararci qualcosa di commestibile, se non vogliamo stare qua dentro a vita e senza forze.»

«A me non dispiacerebbe» gli sussurrò prima di sorridergli lentamente «però ammetto che ho molta fame e poi… ne avranno anche Oscar e Mister Wow. Chissà che ore sono.»

La vide allungare il collo verso il comodino oltre la sua spalla e la bloccò prima che ci riuscisse.
 
«È l’ora di baciarmi» le disse a fior di labbra e se ne impossessò prima che lei potesse parlare.

Altro diverso tempo dopo – eh, sì, fosse stato per lui l’avrebbe tenuta molto volentieri inchiodata nel letto per sempre, ma dovevano pure rifocillarsi, se non altro per ricaricarsi per un nuovo round – Holly scese dal letto e si diresse alla porta della camera di Patty, seguito dalla sua risata.
 
«Che c’è da ridere, ora?» le chiese, girandosi a fissarla.

Vide Patty scendere dal letto – in tutta la sua bellissima nudità – la vide anche togliere il lenzuolo sopra dal letto, per poi dirigersi verso di lui e avvolgerglielo addosso al corpo con più giri, bloccandoglielo poi con un nodo maldestro sulla spalla e il tutto senza mai smettere di guardarlo negli occhi. Il risultato finale assomigliava tanto a una tunica di un senatore dell’Antica Roma. Gli scappò da ridere e lei lo seguì a ruota.
 
«Non vorrai scandalizzare i miei animali. Oscar potrà anche fregarsene, ma Mister Wow?» gli spiegò.

Il solo pensare al pennuto e al cosa avrebbe potuto dire anche a distanza di tempo, magari ai suoi amici, lo fece ridere di gusto, prima di agguantarla per la vita e baciarla per l’ennesima volta.
 
«Amore mio, mettiti qualcosa addosso anche tu e vieni con me, non sopporto di lasciarti sola neanche per qualche minuto» le disse.

E lei, dopo avere recuperato la sua vestaglia rossa da terra nel corridoio, l’infilò e lo precedette in cucina. Per prima cosa si occupò degli animali e poi ai loro stomaci.
 
«Un paio di panini imbottiti ti vanno bene?» gli chiese girandosi a guardarlo da sopra la spalla e lui annuì, muto.

Holly rimase incantato a guardarla per qualche minuto e seguiva – avido – i suoi movimenti, la mente a quello che era successo in camera. Sorrise.

«Tu lo sai che vedo tutto così, vero?» le sussurrò con voce roca accanto all’orecchio mentre l’abbracciava dal dietro.

«Lo so» le confermò lei candidamente, finendo di apparecchiare.

«E se entrasse qualcuno? Che so… se tornassero i nostri amici? O peggio, se il vichingo decidesse di farti un’improvvisata?» domandò lui con malizia. «Che diresti o che faresti, in quel caso?»

«Ma… ma non hai detto di averlo lasciato con Miki? E poi scusa, Amy sarà andata con Julian a casa sua che è ben distante da qua, oppure dai suoi, che sono più vicini, o magari saranno in giro insieme per Tokyo, perché no» gli disse improvvisamene agitata.

«Em… ecco, non proprio» iniziò a dire titubante.

«Come sarebbe a dire… non proprio? Cosa mi stai nascondendo?» poi aggiunse sgranando gli occhi «Oddio, non saranno in camera di Amy, vero? No, no, no, cioè… è vero che le pareti delle camere sono insonorizzate, ma…» e si guardò in giro frenetica, cercando di trovare il modo per rendersi più presentabile nel caso comparissero.

Holly rise. Ah, com’era bella la sua Patty, quando era imbarazzata. Decise che era arrivato il momento di vuotare il sacco, ma per farlo doveva renderla meno sexy ai suoi occhi, anche se sarebbe stato difficile. Per lui, Patty lo era anche con addosso un sacco di iuta, figuriamoci mezza nuda.
La lasciò sola per un momento e si diresse in camera di lei, tornando poco dopo con il secondo lenzuolo, leggermente macchiato di sangue, il che lo fece sorridere e lo ingorgliosì. Era sua. Solo sua. Per sempre, anche se lei non se lo immaginava ancora.
Patty lo guardava stranita mentre le restituiva il favore e la copriva alla bene in meglio, avendo cura di tenere la parte incriminata all’interno.

 
«Così sembri una dea greca» le disse poi guardando il risultato finale e facendola sorridere, improvvisamente timida.

Afrodite per la precisione. Fecero entrambi onore a quel pasto improvvisato, poi lui la prese per mano e la condusse sul divano. Il momento era arrivato, non poteva più rimandarlo e che qualcuno lo aiutasse, sperava di uscirne vivo.
 
 


 
L’improvviso sguardo serio di Holly la preoccupava.
Fino a quel momento era stato così tenero, passionale e spiritoso… a cosa era dovuto, allora, quell’improvviso cambiamento?

 
«Ehi, che ti succede?» gli chiese accarezzandogli una guancia.

«Em… amore mio, sto per dirti una cosa che potrebbe sconvolgerti e, forse, farti arrabbiare, ma anche sorridere.»

«Ecco, ora mi stai spaventando» gli disse posandogli un piccolo bacio sul mento e uno sulla guancia. «Peggiore di tutto quello che mi hai detto in passato? Credo sia impossibile.»

«Io, lo so che non mi scuserò mai abbastanza per quello, lo so e… sì, lo è, purtroppo. Io… posso portarti in un posto?»

«Conciata così? Oh, andiamo, dammi almeno il tempo di cambiarmi, anche se non ne ho voglia.»

«Così andrà benissimo» disse lui contraddicendola e facendola rimanere di stucco.

Poi lo vide alzarsi, prenderla per mano e tirarla verso di sé. Le diede un bacio lungo e languido – nel quale lei si sciolse – e poi la portò con sé in… soffitta?
E lì, il suo bel capitano, fece una cosa che la spiazzò. Bussò a una porta bianca – ma da dove era spuntata? – e, non ottenendo risposta, la aprì, trascinandola oltre la soglia. C’erano dei vestiti abbandonati in un mucchio per terra, di chi erano? Li scavalcò.

 
«Che… ma che razza di posto è mai questo?» esordì lei, lasciandogli la mano e vagando per quello che aveva tutta l’aria di essere un appartamento.

«Casa mia e di Julian!»

«Che cooosaaa?» urlò lei. «Holly, mi spieghi da dove è spuntato fuori questo posto e come l’hai saputo e… anche come hai fatto a venirci a vivere, già che ci sei.»

«Certo. Be’, diciamo che tua nonna sa essere convincente quando vuole.»

«Mia… nonna?» gli rispose, scioccata.

«Già e adesso ti racconto una storia» disse, poi la prese per mano e la condusse sul divano, dove si sedette, trascinandosela in grembo. «Una storia che narra di due sorelle, di una proposta gettata al vento e di un segreto ben custodito.»

E poi prese a parlare. E più parlava, più Patty si sentiva confusa. Ma davvero sua nonna Nozomi e sua zia Miho avevano sempre celato l’esistenza di quel posto? Doveva fare esaminare le carte catastali a Amy, magari lei ci avrebbe capito qualcosa. Doveva figurare da qualche parte, per forza. Non poteva essere stato nascosto a tutti per così tanto tempo.
 
«O… ok» disse alla fine di quel resoconto assurdo «e adesso ci abitate voi. Perché?»

«Perché Nozomi voleva ti fossi vicino per proteggerti dal vichingo e per conquistarti più facilmente, a quanto pare.»

«Proteggermi? Ma Steff non è pericoloso, proprio per niente, anzi, è un pezzo di pane, è dolce, gentile, premuroso, divertente…»

«Ehi» l’interruppe lui con voce dura e girandole il viso davanti al suo «ti ricordo che sei in braccio a me, che sotto questi lenzuoli siamo nudi e che fino a poco tempo fa, stavamo facendo l’amore.»

«Ma, caro, non ha senso tutto ciò.»

«Tua zia aveva dei progetti per voi due, lo sapevi?»

«Sì, l’avevo intuito e Steff ha ammesso di conoscere bene mia zia che gli ha sempre tessuto le mie lodi.»

«E tu, nonostante tutto, lo incoraggiavi?» le chiese, improvvisamente scuro in volto.

«Mi piace Steff, ok?» gli confessò «Non parlerò mai male di lui e non fingerò di essermi presa una cotta passeggera per lui.»

«Cooosa? Questa poi.»

«Già e nudo è un gran bel vedere, se proprio vuoi saperlo» lo stuzzicò alludendo al suo primo incontro col nordico.

«Mi sembra che gli uomini nudi ti piacciano un po’ troppo. Prima lui, ora io… mi chiedo chi sarà il prossimo.»

Eh, no, questo era troppo.
 
«Ma… ma come ti permetti» gli rispose fissandolo con sconcerto. «Non è colpa mia se quel giorno lui era nudo in casa sua – visto che non aspettava nessuno – e se i miei occhi funzionano benissimo.»

«Ma, secondo Amy, ti sei rifiutata di chiedergli di andarsi a vestire e ci hai parlato come se niente fosse» le rinfacciò.

«Amy parla un po’ troppo» sentenziò lei «ma è vero e non mi pento di averlo fatto. Come, del resto, di averlo baciato o essermi lasciata incantare da lui, dai suoi modi.»

«Però hai fatto l’amore con me» le ribadì lui.

Era proprio geloso. Non voleva più discutere con lui, aveva passato anni a farlo e ora voleva solo sorridere insieme a lui.
 
«Sì, e lo rifarei mille volte ancora» gli disse addolcendo il tono e guadagnandosi un bacio lungo e profondo. «Io ho sempre amato te e l’ho ammesso. Ci ho messo un po’ a capirlo, ma così stanno le cose. È vero, Steff mi ha baciata varie volte, mi ha corteggiata spudoratamente, mi ha riempita di complimenti e fatto sorprese a non finire. Mi sono sentita importante, visto che, prima di lui, nessuno mi aveva mai prestato attenzione. Quando ha tentato di andare oltre i baci, mi sono irrigidita e l’ho fermato. Io sentivo, sapevo, che c’era qualcosa che mi frenava dal lasciarmi andare con lui. E quel qualcosa, o meglio qualcuno, eri tu e lo sei ancora.»

«Cos’ha tentato di fare quell’idiota?» urlò lui, rabbioso, facendola ridere.

Ah, come le piaceva la gelosia del suo Holly. Decise che l’avrebbe stuzzicato un pochino.
 
«Be’, sai…»

Gli prese una mano e se la posò sul seno, muovendola lentamente, fino a che lo sentì trattenere il respiro, poi gliela spostò lungo il corpo, sempre più in basso e… lo baciò con lentezza. Quando capì che Holly aveva afferrato il concetto – lo sentiva fremere di rabbia – vi pose fine e lo fissò negli occhi.
 
«Voleva sedurti. Portarti a letto. Farti sua!» le disse con foga, stringendola forte.

«Mh, mh. Ma io gli ho risposto picche e abbiamo litigato. È stato lo stesso giorno che tu mi hai chiamata per aiutarti con Daichi.»

«Quel… quel… ma io gli spacco la faccia, gli cambio i connotati, lo riduco in poltiglia con un Drive Shoot.»

Patty rise di gusto a quell’uscita accalorata del suo amore e poi lo baciò con foga.
 
«Ti amo, mio bel calciatore geloso» gli disse poi sulle labbra «ma non amo la violenza. E non amo le bugie» aggiunse poi guardandolo storto e indicando il salotto con una mano.

«Bugie? No, guarda che ti stai sbagliando, questa è stata solo un’omissione a fin di bene e guai a te se te la prendi con quel tesoro di nonna Nozomi.»

«La nonna. Ah, puoi dire giuro che le dirò due paroline, non creda di passarla liscia così. Anche dall’Italia quella donna tesse la tela con maestria, però è da ammirare» gli disse lei «e tu la difendi anche.»

«In quanto tuo futuro marito, sì.»

«Oliver, ma cosa…» ma fu zittita da un nuovo bacio dolce e lento.

Fu allora che Patty si ricordò di come sua nonna l’avesse imbarazzata davanti ai suoi amici con quella frase, ma non pensava che Holly le desse corda. Pensava che fosse il delirio di una vecchietta annoiata e invece… sua nonna lo desiderava veramente e ci credeva anche. E Holly con lei. Incredibile.
 
«Allora non sei arrabbiata con me perché te l’ho tenuto nascosto? Non ti dispiace se d’ora in poi, saremo vicini di casa?» le chiese.

Stava per rispondergli, quando sentirono delle voci fuori dalla porta e si bloccò tendendo l’orecchio. Amy? Guardò Holly, imbarazzatissima, ma lui non sembrava affatto preoccupato di venire scoperto così e lei, d’istinto, si strinse al suo corpo in cerca di protezione e conforto.
 


 
 
«Sono molto, molto preoccupata Julian. In casa non ci sono e la porta della stanza di Patty è spalancata. Ci sono i piatti sul tavolo, ma loro sembrano essersi volatilizzati. Mister Wow e Oscar sono pieni come uova e se la dormono – e non chiedermi come lo so, ormai ho imparato a conoscerli quei due e poi i resti di cibo nelle ciotole sono un chiaro segno – e loro…»

Julian aprì la porta e la lasciò passare. Poi, per smorzare il suo discorso, s’impossessò delle sue labbra con un focoso bacio, interrotto da delle risate e dei fischi di incoraggiamento.
 
«Ma che caz…»

«Amy, Amy, ora che hai imparato qualche parolaccia chi ti ferma più.»

Patty? Lì? E se lei era lì, allora questo voleva dire che…
 
«In effetti, questa ragazza, ultimamente, è una continua sorpresa» esordì infatti Holly.

«Siete presentabili, vero?» a parlare era stato Julian.

«Dipende, cosa intendi per presentabili? No, perché forse lo siamo, ma non ne abbiamo la certezza» rispose una Patty divertita.

Ok, poteva bastare. Amy girò l’angolo e si ritrovò in salotto dove trovò i due amici sul divano in…
 
«Ma che cosa avete addosso?» chiese sbalordita.

«Lenzuola» risposero in coro dopo essersi guardati con occhi divertiti.

«Lenzuola?» gli fecero il verso in coro lei e Julian.

«Sì, le mie» confermò Patty «noi… oh, è una storia buffa.»

«Davvero? Non vedo l’ora di saperla, più tardi. Significa quello che spero?» indagò lei con cautela.

«Cosa speri?» le chiese l’amica facendo la finta tonta.

«Lo sai benissimo e non lo dirò, proprio no. Non ti darò questa soddisfazione, Patty.»

«Amica crudele» sentenziò lei..

«Amica scostumata» le fece eco Amy, facendo ridere tutti.

Amy era felice per Patty. Finalmente aveva scelto e, a giudicare dagli sguardi che si lanciavano i due, ne erano stati travolti entrambi, come un fiume in piena.
 
«Vedo che, il fatto di avere accidentalmente perso i tuoi vestiti» e lì Julian si bloccò per indicare il mucchio per terra «non ti ha fermato dal trovare qualcos’altro da mettere.»

«Oh, vero, ma è merito di Patty che ha voluto coprirmi a tutti i costi. Avresti dovuto vederla, prima si approfitta di me, del mio corpo e poi fa la pudica e mi veste come Giulio Cesare. Così le ho ricambiato il favore.»

«Già, anche se io ero già vestita.»

«Se intendi quella vestaglia trasparente che ti sei rimessa poco fa…»

Amy vide Patty arrossire vistosamente a quell’uscita dell’innamorato e, suo malgrado, scoppiò a ridere e decise di toglierla dall’imbarazzo cambiando argomento.
 
«Ehi, coinquilina, hai visto chi ci ritroviamo per vicini?» le disse guardando Julian e poi Holly.

«Sì, a quanto pare da oggi avremo delle guardie del corpo private e gratis.»

«Che intendi dire?» indagò lei.

«Be’, c’è Steff qua a due passi, secondo me sono gelosi marci di lui e vogliono assicurarsi che ci stia alla larga. Ma non hanno ancora capito che noi lo adoriamo e che mai – mai – smetteremo di frequentarlo» dichiarò tutta soddisfatta.

«Giusto!» la sostenne lei con forza.

«Ehi…» iniziarono quelli, ma furono interrotti da Patty.

«E poi voglio che controlli come mai questo appartamento non figura sulle mappe originali. Nonna Nozomi è furba e zia Miho lo era ancora di più. Io una mia teoria – sentendo la storia strampalata che mi ha raccontato Holly – me la sono fatta, ma voglio il tuo parere di esperta.»

«Contaci e… e poco fa abbiamo incontrato il nostro bellissimo vicino sulle scale, sai? Aveva una guancia tutta arrossata e gonfia. Holly, nulla da dichiarare?» chiese poi guardando l’amico con sguardo severo.

«Se l’è meritato» rispose lui senza aggiungere altro.

«Ma bravo, Rocky, e lo ammetti pure. Non se lo meritava, invece. L’unica sua colpa era quella di essersi preso una colossale sbandata per Patty – che all’inizio sembrava ricambiarlo, non dimenticartelo – e, visto che d’ora in poi sarete vicini, tu ora ti ricomponi e vai da lui a scusarti.»

«Che cooosaaa? No, ma non ci penso neanche. Ti devo ricordare la scena del pianerottolo? Dì, ti sei ammattita per caso?»

Ah, no, quello no. Amy non era impazzita, ma amava vivere in armonia con tutti e non poteva più farlo se quella questione non veniva chiusa definitivamente con una stretta di mano.
 
«Holly, ascolta» intervenne Patty «io e lui siamo amici e, anche se l’ho respinto per stare con te, a me piace molto parlare con lui e mi piacerebbe molto anche, che tu imparassi ad apprezzarlo, come faccio io. All’inizio sarà dura, lo so, ma io vorrei tanto che tu ci provassi.»

«Non mi fido, quindi la risposta è no, per il momento» le rispose.

Cocciuto. Amy sapeva che Holly era un testardo doc, ma fino a quel punto non credeva proprio. Stava per dirgli qualcosa, quando la mano di Julian sulla sua spalla la bloccò, ma cosa…? Cercò il suo sguardo e lo vide fissarla con decisione, mentre scuoteva la testa, piano. Amy gli sorrise e annuì in una muta risposta.
Guardò i suoi amici che stavano ancora abbracciati sul divano, intenti a discutere della testardaggine del capitano, prese Julian per mano e li lasciò soli.


 
 
 
«Woff, woff, woff!»

Un cane? Lì? Impossibile. Ma che diamine…
 
«Woff, woff, woff!»

Ancora? Ma allora non se lo era sognato e c’era davvero un cane e anche molto vicino a lei, a giudicare da quell’abbaio così potente. Si fiondò alla porta e l’aprì… solo per venire travolta da una palla di pelo gigantesca, bianca, nera e festante.

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Capitolo 29
*** Vicini... ma non troppo!!! ***


La cagnolona iniziò a girarle attorno scodinzolando a più non posso, poi le mise le zampe sulle spalle – eh, sì, era alta quanto lei – e iniziò a leccarle la faccia, facendola ridere, poi iniziò a ispezionare in giro.
 
«Oh, mio… e tu da dove sbuchi? Chi sei?» chiese alla bestiona mentre quella prendeva possesso del divano, facendola ridere. «Una cosa è certa, sei molto furbo, oltre che affettuoso e meraviglioso.»

«Furba! È una lei»

Quella voce. Era qualche giorno che non la sentiva e le era mancata terribilmente. A quanto pare era impegnato ad allenarsi per una partita e faceva orari impossibili.
 
«Hai preso un cane?» lo interrogò.

«Per te» disse solamente lui.

«Come? Per me?»

«Sì, è tua. Al canile la chiamavano Kohana (piccolo fiore). Ha bisogno d’amore e tu ne hai tanto da dare. Inoltre, ama i bambini ed è una gran coccolona, così mi hanno detto. L’ho vista e ho pensato a te.»

Nessuno – nessuno – aveva mia fatto un gesto del genere per lei. Nessuno le aveva ma regalato nulla solo per il piacere di farlo e mai nulla di così bello. Era sua, quella meraviglia pelosa sul suo divano che la fissava muovendo la coda così forte da sentirne il rumore, era tutta sua, per davvero.
 
«E… e tu l’hai adottata, per me» Susie era commossa «ancora non mi hai detto il perché» indagò.

«Il tuo lavoro non è semplice e potresti correre dei pericoli. Sì, hai a che fare con bambini sfortunati, certo, ma non solo. Le loro famiglie disastrate non saranno sempre facili da gestire. E sono sicuro che dovrai guardarti anche da quelle affidatarie. Hai bisogno di protezione e io non potrò esserci. Dopo un corso di pet therapy, potrai portarla con te. È una Shiba Inu e l’hanno trovata in mezzo a una strada da cucciola, magra come un chiodo. Ora ha tre anni. La sua sola stazza aiuta a tenere lontane le persone moleste e a donare sicurezza agli indifesi. Che ne dici?»

Lei però non gli rispose. Lei lo raggiunse sulla porta e lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace il suo corpo minuto, poi si impossessò delle sue labbra, mentre calde lacrime presero a solcarle il volto.
Era felice. Era innamorata. Di Clifford. Ricambiata? Ancora non lo sapeva per certo, quel ragazzone era più sfuggente di una saponetta bagnata che si perde nella vasca. Oh, certo, si lasciava abbracciare, a volte baciare, ma poi riprendeva il controllo di sé e tornava a essere distaccato. Come se… come se avesse paura di lasciarsi andare del tutto. Ma ora ci avrebbe pensato lei a lui. Il solo fatto che le avesse fatto un regalo del genere, lasciava ben sperare.

 
«Oh, insomma, ragazzina» le disse lui, una volta terminato quell’assalto e scostandola da sé per le spalle «non mi sembra il caso di piangere ora. È solo un cane, dopotutto, non ti ho promesso il matrimonio.»

Ragazzina. Strano a dirsi, ma quel termine non la infastidiva più, da quando aveva capito che Cliff era attratto da lei e non lo diceva con cattiveria, ma solo a difesa del suo cuore che si ostinava a negarle.
 
«Non ancora» rispose lei facendolo arrossire, così decise di buttarla sul ridere «e adesso non montarti la testa, perché una bella ragazza come me ha scelto proprio te, ok? Era così per dire, lo so che sei allergico agli impegni, tu.»

«Oh, be’, ssssì, lo sono, sì» farfugliò il difensore «Em… Kohana ti aiuterà ad avere più fiducia in te stessa e nelle tue capacità e ti farà anche compagnia» concluse poi cambiando argomento.

«Ma quanto sei dolce a preoccuparti per me, sai?» gli disse.

«Oh, andiamo, voleva essere un gesto carino, da buon vicino di pianerottolo. Non farti strani film mentali adesso.»

«Troppo tardi» lo informò lei, facendogli l’occhiolino e tornando a stringersi al suo possente torace che sembrava chiamarla e la faceva sentire al sicuro.

Incredibilmente Cliff ridacchiò e quel suono le entrò nell’anima, poi la strinse forte a sé, dicendole che era matta da legare. 
Subito dopo – quando lei stava ancora ridendo per quella frase – fece una cosa che la stupì, con due dita le sollevò il mento e si chinò a baciarla. Con passione sempre crescente. Sentì le sue mani vagare per la sua schiena, in lente carezze che la spiazzarono. Ma fu quando le spostò al di sotto del suo top che trasalì di piacere.
Cliff poteva dirle quello che voleva, ma i suoi gesti parlavano per lui e quel gesto in particolare, le urlava quanto la desiderasse.
La stava baciando come se ne andasse della sua stessa vita, mentre le mani risalivano il suo corpo, fermandosi sui piccoli seni, che tanto la imbarazzavano. Non riuscì a trattenere un gemito di eccitazione, iniziò a mormorare il suo nome come una cantilena e gli infilò le mani nei capelli nel tentativo di stringersi ancora di più a lui.

 
«Woff, woff, woff!»

E tutto finì. Susie ridacchiò.
 
«Mh… la piccola è gelosa, vedo.»

«È già entrata in modalità protettiva. Impara in fretta.»

«È dolcissima, grazie Cliffy. E grazie anche per… questo» gli rispose sorridendogli e guardandogli le labbra.

«Scusa, io… non dovevo, proprio no.»

«Cliff è tutto ok, lo volevo anch’io, che mi toccassi intendo. Dio, quanto ho sognato questo momento, tu non ne hai idea» gli disse umettandosi le labbra gonfie.

«Non dovevo» ribadì lui «tu sei pericolosa. Troppo. Ogni volta finisce così. Mi riprometto di starti alla larga e poi… cinque minuti con te e mi riduco alla stregua di un cavernicolo. Lo capisci perché non ti volevo qua, ora?»

«Sì, mister sexy, lo capisco. Lasciati pure andare con me, io non sogno altro» gli confessò fissandolo negli occhi.

«Susie… non scherzare» la reguardì lui, allontanandosi un poco da lei.

«Niente affatto, è vero. Sono anni che ti desidero, mio caro, anni!»

«Smettila, dico sul serio. Non sono certo sexy, questo lo so da me e non posso credere che tu mi desideri da così tanto tempo. Ne sono lusingato, ovvio, ma è meglio se non ti metti strane idee in testa.»

Cosa? No! No, non gli avrebbe permesso di fare marcia in dietro proprio adesso, anche perché…
 
«Puoi dire quello che vuoi, ma… su quel divano» gli disse indicandolo «c’è la prova fatta e finita che tu ci tieni a me e tanto anche.»

«Che… che diamine stai dicendo.»

«Eh, sì, Cliffy. Tu sai del mio passato, sai che nessuno ha mai pensato a me seriamente e sai che mi sono sempre sentita sola. Mi hai regalato Kohana per proteggermi, parole tue, prova a negarlo» e quando lo vide arrossire continuò, tutta gongolante «e questa è la più bella dichiarazione d’amore che potessi farmi. Quindi, mio caro, puoi dire quello che vuoi, ma io non ti credo. Però ti concederò del tempo per abituarti all’idea. E – fino a quel momento, che deciderai tu – io eviterò di baciarti, anche se sarà difficilissimo.»

Era confuso, Susie lo vedeva bene, ma non aveva ancora finito con lui.
 
«Grazie per questo magnifico regalo, Cliffy. Conta tantissimo per me. Non so da che parte iniziare, non ho mai avuto un animale prima d’ora ed è tutto nuovo, ma Kohana sarà amata e tu mi aiuterai ad accudirla.»

«Cosa?» urlò lui, sconvolto.

«Lei ti conosce e tu mi aiuterai» ribadì con foga «non accetto un no come risposta.»

Poi, prima che potesse rispondere, lo baciò e lui rispose senza esitazione.
 
«Hai appena detto niente più baci, ricordi?» le disse sulle labbra, una volta terminato quel dolce assalto.

«Sì, ma questo non conta. Questo è stato un ringraziamento per la tua gentilezza e…»

«E…. cosa? Avanti, ragazzina, parla» le intimò con impazienza.

«E questo che sto per darti ora, è un bacio di arrivederci. Perché poi, i prossimi, saranno solo opera tua. E il tempo che passerà da questo, agli altri, lo deciderai tu. Solo… non farmi aspettare troppo, ok?»

E prima che lui potesse replicare s’impossessò delle sue labbra con foga e passione.
 
 


 
Cliffy è? Ah, ragazzina, cosa mi hai fatto?, pensò Clifford.
Resistere a Susie era difficilissimo, se non impossibile, ma doveva farlo e in fretta anche. Nel giro di poco tempo, era riuscita a sconvolgergli l’esistenza e a infrangere alcune delle sue barriere.
L’amava. Sì, l’amava, ma lei si meritava di meglio. Lei si diceva attratta da lui, ma Cliff era sicuro che si trattasse solo di una sbandata passeggera, altro che anni.
Gli dispiaceva perdere quei momenti, ma che altro poteva fare? Ma come aveva potuto trattarla duramente per tutti quegli anni in cui aveva assistito la Nazionale, come aveva potuto sbeffeggiarla, sminuirla e crederla sciocca. Susie era intelligente, sensibile, dolce e bellissima. In una parola: perfetta. E non era per lui.
Lei meritava di meglio, che un colosso un po’ impacciato e imbranato col sesso opposto. Meritava qualcuno di più sveglio, spigliato, qualcuno come… già, come Diaz!
No, decise, quell’argentino non avrebbe mi messo i suoi tentacoli su quella bellezza nostrana.
Susie era sua, solo sua e se Diaz avesse anche solo provato a toccarla lui…
Cosa? E questa da dove gli era uscita adesso? E poi quel tipo era lontano anni luce dal Giappone e… e sarebbe tornato, per lei, l’aveva promesso e Cliff sapeva che Diaz avrebbe fatto di tutto per mantenere la parola data.
Per quanto male gli facesse, lui sapeva di non potere competere con il riccio argentino e sapeva anche che, prima o poi, Susie gli avrebbe ceduto, spezzandogli il cuore. Quindi gli rimaneva una sola cosa da fare: allontanarla prima che lei gli voltasse le spalle.
Per quello – e solo per quello – la scostò di scatto da lui. Susie lo fissò con sconcerto misto delusione. Stava per giustificarsi, ma poi ci ripensò e marciò verso la porta, ma prima di uscire le disse:

 
«E sia, Kohana è tua, ma sarà accudita da entrambi. Ma questa è l’unica cosa che faremo insieme d’ora in poi. Prima ti dimenticherai della tua fissazione per me, meglio sarà per entrambi. Ci siamo spinti troppo oltre e questo non va affatto bene. Meglio tornare indietro e fingere che non sia mai successo nulla di tutto questo, intesi? Volevi che scegliessi, giusto? Bene, l’ho appena fatto.»

Poi uscì, salvo poi tornare subito dopo con un borsone di plastica in mano. Susie l’accolse con un sorriso tirato e gli occhi lucidi.
 
«Dimenticavo, qui dentro ci stanno alcune cose che io e Kohana abbiamo comprato per lei al market per animali in centro. Sai, ciotole, cibo, pettorina, collare, un cuscinone, giocattoli…» le disse, entrando e appoggiando il borsone sul tavolino. «Penso che dobbiate iniziare col fare amicizia, vi lascio sole.»

E, questa volta, se ne andò per davvero.


 
 
 
«Oh, Kohana, dimmi… cosa devo fare con lui?»

Per tutta risposta la cagnolona scese dal divano e si diresse da lei, le colpì le gambe col muso fino a che non si accucciò per abbracciarla stretta, mentre scodinzolava felice.
 
«Sei così dolce e buona. Anche a te sono mancate le coccole, vero? Ma adesso, io e te, recupereremo insieme tutto il tempo perso» poi la baciò sulla testa e le accarezzò le morbide orecchie. «Sai che ti dico, tesoro? Che io non mi arrendo con Cliff. Lo amo e lui anche, ma è talmente cocciuto e pauroso… ma noi gli faremo cambiare idea, vero?

Per tutta risposta, la cagnolona abbaiò felice e le leccò il mento, facendola ridere. Un leggero bussare, spezzò quel momento.
 
«È aperto, venga pure»

Sapeva ancora prima di vederla chi era. La matriarca della famiglia Yuma. Aveva imparato a riconoscerla da quel particolare quando passava a trovarla.
 
«Che succede qui? Ho sentito un… ohhh, ma che amore» esordì la nonna di Cliff, guardando la cagnolona che subito le si fece incontro.

«Sì, ha ragione. Me l’ha regalata suo nipote giusto poco fa.»

«Davvero ha fatto questo?» le chiese meravigliata mentre riempiva di carezze la sua nuova amica pelosa.

«Sì, perché?»

«Deve essere proprio innamorato di te, allora. Io lo sapevo. Appena ti ho vista, ho capito che non era una coincidenza se Eve ti aveva portata qui e ci aveva fatto giurare di mantenere il segreto con Cliff. Tu lo ricambi, giusto?»

E lei, per tutta risposta, scoppiò a piangere senza ritegno. Fu allora che nonna Maeko la condusse sul divano e le si sedette accanto prendendole le mani tra le sue. Quel gesto la commosse.  La guardò negli occhi e poi le spifferò tutto. Della sua vita fino a quando si era trasferita da loro, della sua infatuazione per suo nipote poi sfociata in amore, del suo trattarla sempre male… e del fatto che lui si fosse lasciato andare a qualche effusione, solo per poi ritrattare tutto e scappare.
 
«È ufficiale, mio nipote è un cretino!» sentenziò alla fine di tutto. «Ma tu non arrenderti, cara. Hai superato tante di quelle prove nella vita – troppe a mio parere – che questa deve sembrarti una passeggiata. Sono sicura che la tua Kohana ti sarà di grande aiuto, vero piccolina?»

Per tutta risposta la cucciolotta le mise la testa in grembo e chiuse gli occhi beata e si lasciò accarezzare dolcemente sulla testa.
 
«Io ti ammiro, cara Susie, moltissimo e non lo dico così per dire. La vita è stata dura con te – non ti meritavi quello che è successo, eri pur sempre una bimba spaventata e rifiutata, in cerca di amore – ma non ti sei mai arresa e non dovrai farlo nemmeno ora. Sarà un osso duro da scalfire, mio nipote, ma sono fiduciosa. E hai tutto il tempo di questo mondo. Inoltre, ora hai una valida alleata pelosa e credimi, ti sarà di grande aiuto. E smettila di darmi del lei, intese?» poi l’abbracciò e uscì.

Quella donnetta. Quella famiglia. Viveva da poco tempo con loro, ma le erano entrati nel cuore e la trattavano come se anche lei ne facesse parte da sempre.
Da Eve aveva trovato calore, ma lì, nella casa della famiglia Yuma, aveva trovato gioia, accettazione, affetto e amore.
Amore che aveva intenzione di vivere pienamente. E, che Cliff ne fosse consapevole o meno, presto o tardi gli avrebbe frantumato tutte quelle barriere mentali assurde che lo trattenevano e l’avrebbe portato ad ammettere – pubblicamente – che senza di lei non ci sapeva proprio stare e che neanche lo voleva.
Aprì il borsone di Kohana, sistemò il suo contenuto qua e là per l’appartamento, le lasciò un gioco di corda – che quella furbacchiona aveva preso in bocca appena appoggiato sul tavolino – prese un libro e si sedette accanto a lei sul tappeto.
Una nuova determinazione stava nascendo nel suo cuore innamorato e un piano si stava ben delineando nella sua mente. Susie si concesse di sorridere brevemente, prima di immergersi nella storia di Edmond Dantes che aveva lasciato mentre, fingendosi morto, dentro un sacco gettato nell’oceano lasciava la prigione – dove era stato rinchiuso ingiustamente a vita per via di certi falsi amici – per sempre.

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Capitolo 30
*** Nuovi sviluppi ***


«Amico, qui urge un aiuto professionale.»

A parlare era stato Hiro, il suo primo amico giapponese, conosciuto al ristorante il primo giorno di lavoro e ora socio alla pari. Steffen gli doveva tutto ed era molto legato a lui.
 
«Sì, lo so, siamo incappati in un’impresa più grande di noi e da soli non possiamo farcela. Però, un professionista, come quello che serve a noi, costa e attualmente siamo a corto di fondi extra.»

«Be’, in qualche modo dobbiamo trovarli o siamo fregati, Steff. Non stiamo parlando della ristrutturazione di un appartamento o di un localino, ma di ben due – due – locali, se pur collegati tra loro. Forza, attacchiamoci alla rubrica e cerchiamo questo benedetto architetto d’interni.»

«Suppongo tu abbia ragione. Ok ragazzi, mettiamoci all’opera. Speriamo solo di trovare qualcuno che sia talmente interessato al progetto e al risultato finale, da surclassare sul nostro esiguo pagamento. Sarà un’impresa disperata, ma ce la faremo. Siete carichi?»

«Sììììì!» urlarono tutti insieme.

Lui, Hiro, Robert, Eisuke e Jerome. L’allegra brigata di cucina. Avevano sempre funzionato bene insieme e continuava a essere così. La voglia di riscattarsi era tanta, quella di lavorare anche, ma con i loro esigui conti…
Ce ne era abbastanza per disperarsi. Un’ora di incessanti ricerche non avevano dato frutto e la delusione aleggiava tra loro. Dovevano gettare la spugna e tenere la vecchia cucina, e il datato arredamento almeno per i primi tempi? Certo, non era il massimo, ma se non altro era funzionante e…
Driiiiiinnn Driiiiiiiinnn

 
«È aperto» urlò.

Doveva essere Miki che, finalmente, veniva a ritirare il borsone. Erano passate tre settimane da quel piccolo incidente, quando aveva scoperto il suo interno e ne era rimasto basito e intrigato. Ne erano passate due, da quando lei, Miki, gli era rimasta vicina dopo l’aggressione del calciatore e lo aveva aiutato ad accettare il fatto che Patricia gli avesse preferito Hutton. Hutton che ora insieme al suo amico castano si era trasferito lì.
Due giorni dopo che aveva litigato con il calciatore e che aveva iniziato a rivalutare Miki, Patricia era andata da lui e – con suo sommo dispiacere – gli aveva comunicato la sua decisione irreversibile e definitiva.

 
«Dio, Steff, ma che ti è successo all’occhio?» gli aveva chiesto appena lui aveva aperto la porta.

«Come, il tuo bello non te l’ha detto? Pensavo non avesse perso tempo a vantarsi. Oh, sì, me l’ha fatto lui. Carino, vero?»

«Mi dispiace. È che quando mi ha visto uscire da casa tua in quello stato lui… bè, si è ingelosito molto. Lo so che non doveva comunque farlo e non è una giustificazione, ma…»

«Patricia, smettila» l’aveva bloccata lui «l’avrei fatto anche io al suo posto. E Dio solo sa se non avrei preferito esserlo. Insomma, eri mezza nuda a casa mia e… non ci ha visto più. Lo capisco. Cosa sei venuta a dirmi?»

«Ah, sì. Non c’è un modo semplice per dirlo, quindi non ci girerò attorno. Sono venuta a ribadirti che io lo amo Steff e voglio stare con lui, con Holly. Mi spiace. Ho voluto dirtelo di nuovo perché l’ultima volta non ci siamo lasciati bene e volevo fosse chiara la mia scelta.»

Lui era stato in silenzio per un po’ e poi aveva esordito, spiazzandola.
 
«Mi hai presentato Anego, mi ricordo. Ma per favore non farlo mai più perché è inquietante e non è affatto simpatica.»

«Bè, lei esce fuori quando meno ce lo si aspetta e quando succede, non riesco a controllarla molto.»

«Me ne sono accorto. Basta Anego con me, ho capito l’antifona, preferisco Patricia.»

«Ricevuto. Quindi è tutto chiaro? Non è una scappatoia o una scusa per scaricarti, lo giuro, è che… che io lo amo per davvero.»

«Va bene, l’avevo capito da tempo, ma non volevo ammetterlo neanche con me stesso. E l’ho detto anche a lui che aveva vinto. Possiamo rimanere amici?»

«Oh… ma certo che sì, Steff. Non chiedo di meglio e, a dire il vero, ci speravo.»

«Posso baciarti un’ultima volta? In onore dei vecchi tempi» l’aveva provocata facendole l’occhiolino.

«Preferirei di no» era stata la sua lapidaria risposta «e poi credo che una certa stangona timida, ma non troppo, non sarebbe d’accordo.»
 
E lì, lui era arrossito vistosamente. Dannazione.

«Oltre che a un certo calciatore. Ah, cavoli, che situazione assurda e imbarazzante. E ora che facciamo? Ci stringiamo la mano?»

«E perché no? Alla nostra amicizia» gli aveva detto tendendogliela.

«Alla nostra amicizia» aveva replicato lui stringendogliela.

«Ah, come sono sollevata, sai… avevo paura mi dicessi di no. Non voglio perderti come amico Steff.»

«Non potrei mai dirti di no, Patricia. Ma, dimmi una cosa ora… siete diventati intimi, vero?»

«Co… come… che…» balbettò lei tutta rossa in viso.

«Sei un libro aperto per me, ormai. E poi non è necessario dirlo, basta guardarti in faccia che sei appagata e al settimo cielo.»

Steff aveva visto la sua amica circondarsi il volto con le mani e annuire piano, guardando per terra.
 
«Non pensavo che fosse così bello stare con qualcuno fisicamente. È stato molto dolce e premuroso e anche passionale. Mi ha fatto sentire amata, sensuale e audace. Holly è così bello e gentile e… sexy. Oddio, mi sembra così strano parlarne con te.»

«Patty, sei tu a essere sexy senza saperlo e lui è solo riuscito a farti mollare i freni inibitori permettendoti di vivere a pieno l’esperienza. Certo, sono un po’ invidioso di lui, ma così va la vita, no?»

Lei ci aveva un po’ riflettuto e poi gli aveva sorriso timidamente.
 
«Lo ami davvero così tanto? Come l’hai capito?»

«Lo amo da sempre e continuerò ad amarlo per sempre, ora lo so. È vero, ha commesso molti errori e io con lui, ma quello è il passato. Non so da cosa l’ho capito, credo che sia stato il mio cuore a rendersene conto prima di me. Vedi, io mi trovo bene con lui e quando è con me, mi sento in pace, felice e forte. Il modo in cui mi guarda, mi sorride, si preoccupa per me… e poi mi fa ridere. Tutto questo credo che abbia portato prima il mio cuore e poi la mia mente a perdersi per lui. Anche quando litigavamo, quando lo vedevo uscire con le altre, quando ci sforzavamo di ignorarci a vicenda… in realtà eravamo già uniti e non lo sapevamo. Steff, quando troverai il vero amore, lo saprai anche tu, a pelle. La guarderai e saprai che è lei ancora prima di parlarci. Senza vecchie zie – zitelle e svampite – di mezzo che cercano di fare da cupido e te la idealizzano confondendoti le idee.»

E lui aveva pensato a una certa persona e aveva sorriso.
 
«È quello che è successo a te quando l’hai conosciuto?» aveva indagato.

«Sì. Avevo solo dieci anni, ma l’ho visto e amato da subito. Poi lui mi ha sorriso, e mi sono persa. E quando mi ha parlato dicendomi il suo nome, anche il mio cervello è partito per una vacanza. E quando poi l’ho visto giocare a calcio, ho capito di essere in guai seri. Voglio lui, Steff, e lo vorrò sempre.»

«E Hutton che dice? Lo sa, questo?»

«Sì, lo sa. Mi ha detto che ha sempre provato qualcosa di speciale per me, ma che l’ha capito tardi e che non è mai riuscito a dirmelo. Sia io che lui eravamo così confusi riguardo ai nostri sentimenti che… abbiamo perso tanti anni, e ora siamo una coppia. Una coppia. Ancora non ci credo.»

«E io ero il diversivo nella tua confusione, ora lo so. Il ragazzo venuto dal nord che è servito a farti capire che colui che odiavi e ti aveva delusa in realtà era il tuo grande amore.»

«No, Steff, non sei mai stato un diversivo. Ti ho voluto un mondo di bene e sì, ho anche pensato di potere andare oltre con te, ma il mio cuore non era d’accordo. Mi hai fatta stare veramente bene e, per la prima volta, mi sono sentita compresa e amata, ma non era quello che volevo. Diciamo pure che ciò che avevamo è sempre stato più amicizia che amore.»

«Potrai sempre contare su di me, Patricia, e sul mio aiuto. Se quel cretino dovesse deluderti e farti piangere… la mia porta sappi che sarà sempre aperta per te. E forse così, potrò restituirgli il pugno che mi ha dato» aveva detto facendola ridere. «E ora va, o finisce che quel bacio te lo do’ sul serio.»

E, dopo avergli dato un piccolo bacio sulla guancia e averlo abbracciato forte, Patricia era uscita, lasciandolo stranamente sollevato.

 
Da allora l’aveva sentita per telefono o incrociata brevemente sulle scale, ma avevano deciso di vedersi quella stessa sera in terrazza. Se non altro lì potevano avere privacy e tranquillità. In fondo erano pur sempre amici e niente vietava loro di trovarsi per chiacchierare un po’.
Driiin Driiiiin

 
«Miki entra pure, è aperto.»

«Miki? Ehi, amico, e Patricia che fine ha fatto?» Gli chiese Hiro attirando l’attenzione di tutti.

«Siamo amici e… anche Miki è mia amica, chiaro?»

Tutti scoppiarono a ridere, ma le risate si smorzarono subito quando videro chi fece capolino in soggiorno.
 
«Ah, ma qui ti stai costruendo un harem. Ecco perché non ci inviti quasi mai.»

«Hiro… insomma dai, lei è off limits, vero Amy?»

«Decisamente e felicemente fidanzata, sì» confermò quella arrossendo. «Ciao, Steff, ragazzi, è bello rivedervi. Volevo solo sapere se avevi della farina bianca e… oh, ma siete impegnati. Scusate il disturbo, che state facendo?»

«Ah, non preoccuparti, è solo una noia mortale e siamo felici di fare una pausa, vero amici?» Le rispose dirigendosi in cucina, lieto di stiracchiarsi un po’.

«Sei la nostra salvezza Amy. I nostri cervelli stanno fondendo dal troppo pensare e hanno bisogno di cibo urgente per ricaricarsi» lo sostenne Hiro.

Steff tornò cinque minuti dopo con qualche stuzzichino per il gruppo e un pacchetto di farina per l’amica. Notò che era stranamente interessata alle carte sparse sul tavolo.
 
«Un bel casino, vero?» Le disse. «Dovremo ristrutturare gli interni, ma siamo rimasti quasi a corto di soldi e tutti gli architetti d’interni contattati fino a ora ci hanno dato buca, dopo avere scoperto lo stato delle nostre finanze.»

«Amy, tu conosci nessuno che ci possa aiutare?» Le chiese Hiro, poi aggiunse vedendosi fissare male. «Che c’è, tentar non nuoce, no?»

«Ma cosa vuoi che ne sappia lei di…» iniziò Steffen, per poi bloccarsi subito dopo alla frase che Amy disse e che lasciò tutti muti.

«Tu lo sai vero che io, poco dopo essere venuta ad abitare qua, mi sono laureata? Ti ho mai detto in cosa?»

«Em… no, ma ho sempre avuto più contatti con Patricia quindi… perché, in cosa ti sei specializzata?»

Ma lei non rispose subito. Si prese del tempo per guardare le carte, girarle lentamente e tornare indietro. Ogni tanto Steff la vedeva annuire o aggrottare la fronte. Poi, dopo un tempo indefinito, lo guardò dritto in volto con sguardo serio e sentenziò.
 
«Voglio il pranzo fisso ogni giorno, dolci a volontà e assicurati che ci sia il cioccolato e… ah, ovviamente carta bianca sulla scelta dei colori. Come pagamento vi può andare bene? Vi prometto che non spenderete tanto in arredamento, ma che sarà funzionale, bellissimo e perfetto nonostante questo. È il mio primo lavoro e – se voi mi aiuterete a farmi pubblicità – spero vivamente sia solo il primo di tanti. Vi va di rischiare con me?»

Un silenzio di tomba accolse quelle parole e solo lui si azzardò a farle la domanda che tutti avevano sulla punta della lingua.
 
«Dimmi che non abbiamo capito male… tu sei…?»

«Piacere, Amy Aoba, architetto d’interni. Sarà divertente lavorare per voi.»
 
 
 

 
«Patty, Patty, Pattyyyyyyyy!»

Ma che diamine stava succedendo di là. Patty era in camera sua con la porta aperta e stava sistemando, finalmente, lo scatolone che settimane prima aveva spinto sotto il letto quando una Amy urlante era rientrata sbattendo la porta e chiamandola come se non ci fosse un domani. Non era da lei.
 
«Ehi, guarda che non sono ancora sorda. Sono in camera.»

«Ah, eccoti qua» le disse lei raggiungendola tutta trafelata.

«Che hai da urlare tanto, ti ha morso una tarantola?»

«Patty, Patty, Pattyyyyyy» ripeté lei abbracciandola stretta «sono stra felice, eccitata, entusiasta e piena, pieeeeena di idee!»

«E che ti è successo per ridurti sull’orlo dell’isterismo?» Le chiese.

«Steff. Lui e i suoi amici…. Oddio, ancora mi sembra impossibile eppure… e… giallo, no, azzurro, parquet bianco levigato e mobili verde salvia, no, meglio bianchi e…»

Ma che stava blaterando adesso. Era forse impazzita davvero? Era anche diventata tutta rossa e il petto le si alzava velocemente, troppo.
 
«Amy. Amy, cara, respira … stai iper ventilando» le disse facendola sedere sul letto «ispira, brava così… espira, perfetto. Ancora una volta dai, ispira… espira, bravissima» la lodò dopo averla vista riprendere il controllo di sé. «E adesso dimmi tutto. Con calma, però» l’ammonì prima di sorriderle.

«Ho un lavoro, amica mia. Dovrò arredare i locali di Steff. Oh, è stata una bella sorpresa per lui, sapere che l’architetto che cercava abitava proprio di fianco a lui, ma si è ripreso in fretta. Abbiamo passato l’ultima ora a parlare solo di quello e ora che ho raccolto tutte le loro idee, inizierò a darmi da fare per tornare da loro con delle proposte reali, la settimana prossima.»

«Oh, ma è magnifico! Sei passata dall’immaginartelo nudo a lavorare per lui, chi l’avrebbe mai detto. Sei proprio su di giri, vedo.»

«Mi sento viva, utile e importante.»

«Sono felice per te. Dovresti dirlo subito anche a Julian. Insomma, merita di sapere che la sua fidanzata passerà molto tempo con il vichingo nudista, giusto? Pensa se venisse a scoprirlo per caso. Geloso com’è – e qui fa concorrenza al mio Holly – non so come potrebbe reagire.»

«Oddio, hai ragione. Dovrò trovare il modo giusto per dirglielo appena tornerà e… Patty, non è che domani sera potresti lasciarmi da sola con lui in casa?»

Lei la guardò. Questa nuova Amy le piaceva molto, finalmente era uscita dal suo bozzolo e – complice anche la sua nuova vita fuori casa – era sbocciata in una creatura ancora più meravigliosa di prima.
 
«Certo. Vorrà dire che – per festeggiare il loro ritorno a casa – darò il mio personale bentornato al capitano. Credo che mi toccherà sedurlo un pochino. Anche perché lui sa che stasera mi vedo con Steff in terrazza ed è già agitato così, sarà meglio che mi studi un metodo per rilassarlo.»

Amy rise di gusto e lei la seguì a ruota.
Sì, l’avrebbe fatto davvero. Si sarebbe resa più audace e gli avrebbe fatto capire che era lui e solo lui il suo amore e che non aveva più nulla da temere da Steff. Anche perché in quell’ultima settimana l’aveva intravisto spesso entrare in un certo appartamento sotto il suo e mai a mani vuote.
Quel pomeriggio Holly e Julian erano stati convocati dalla Federazione Calcio per una riunione straordinaria, insieme a tutti i membri della Nazionale e sarebbero rientrati solo nel tardo pomeriggio del giorno dopo, poiché la cosa si prevedeva lunga e Mister Gamo li aveva invitati tutti a soggiornare al ritiro.
Già le mancava. Nonostante il bacio mozzafiato che le aveva dato prima di partire. Quelle settimane passate tra le sue braccia, erano state meravigliose. Avevano trascorso quasi tutte le notti insieme, notti in cui si cercavano spesso e consumavano la passione che li divorava, senza risparmiarsi. Notti insonni. Notti appaganti. Notti d'amore. Quella che stava per arrivare si prospettava solitaria e triste.

 
«Patty, ci sei ancora?» Le chiese l’amica con voce preoccupata. «Hai un’aria sognante e a mille miglia di distanza da qua. A cosa pensavi, cose sconce?»

«Sì», le confermò lei, spiazzandola «stavo mentalmente organizzando la mia seratina romantica di domani, con Holly.»

«Ma brava, io ti parlo del mio nuovo lavoro e tu hai fantasie erotiche su un certo calciatore, ma grazie, bella considerazione» le disse con finta indignazione. «Manca anche a me Julian, ma ora ho troppi pensieri per la testa per pensare a come sedurlo. E poi non ne sono capace, fallirei miseramente ancora prima di iniziare, ragion per cui lascio fare a lui.»

«Non ci riesci perché non l’hai mai fatto prima, Amy. Buttati. Sii ancora quella ragazza che si è presentata vergine alla sua porta col borsone e ne è uscita da donna.»

«Co… come? Oddio, detta così però… suona malissimo. E se dovesse respingermi? Insomma, dai, prima gli dico che vado a lavorare per Steff e poi lo seduco. Non pensi che potrebbe vederci qualcosa di strano e pensare chissà che cosa su noi due?»

«Bè, è una possibilità, sì. Ma considera che gli hai detto di averlo visto completamente nudo e di non riuscire a togliertelo dalla testa. Ci sta se ti immagina nuda con lui mentre, avvinghiati tra le lenzuola, parlate del colore delle pareti della cucina.»

«Pattyyyyyyyy, sei tremenda!»

«Ti confesso che – se Holly non avesse cambiato rotta e iniziato a corteggiarmi – probabilmente sarebbe stato il bel vichingo quello a cui mi sarei donata. E invece lui ora è tutto della nostra Miki. Non credo siano ancora giunti a questo punto, ma ci si stanno dirigendo a grandi passi.»

«Già, lo penso anch’io. Anche perché prima credeva fosse lei ad avere suonato il campanello, non si è neanche scomodato ad aprirmi, l’ha urlato da dove si trovava ed è rimasto molto deluso nel vedermi. Oddio, ha tentato di mascherarlo bene, ma non ci sono cascata neanche per un secondo. E poi Miki è cotta di lui.»

Era vero e ancora lei non si spiegava come aveva fatto Steff a non notarla prima. A suo dire, erano perfetti insieme. Ma quella sera ci avrebbe pensato lei a dargli una svegliata.
 
«D’accordo amica. Appurato che sei felice come una mosca nello zucchero, adesso mi racconti tutto quello che è successo di là e che progetti hai già in testa.»

«Va bene, ma non ora. Devo uscire. Devo andare a fare un sopralluogo del posto – Steff mi ha dato le chiavi – e farmi un’idea di cosa si può o non si può fare. Ci rivediamo tra un paio d’ore, o forse anche tre» poi le schioccò un bacio sulla guancia e uscì di corsa.

Ah, Amy. La sua cara, dolce, pudica, gentile, paziente e timidissima migliore amica Amy. No, correzione. Pudica non più e poi aveva mutato anche il suo modo di esprimersi, non solo l’atteggiamento che, in quegli anni, era notevolmente migliorato facendosi meno pauroso e più agguerrito.
Sorrise al ricordo di come si erano conosciute e degli anni sprecati a odiarla. Sorrise ancora anche al ricordo di come avevano nascosto la loro amicizia a tutti. Sorrise pure quando si ricordò della prima reazione avuta da Amy nel vedere Steff nudo e… oh, cavoli.
Corse fuori casa sperando di raggiungerla.

 
«Amy» urlò «e i miei biscotti?»

Ma l’ascensore era già arrivato nell’atrio ed era impossibile che la sentisse. Dannazione. Addio ai biscotti al limone.
 
 


 
«Ma voi avete idea del motivo di questa strana convocazione?»

«No, Bruce. È stato tutto così improvviso… chissà cosa vogliono da noi» esordì Mark «e dire che per stasera avevo programmato una serata fuori con Maki, cazzo che sfiga.»

A quelle parole tutti ammutolirono e Holly sorrise tra sé, eh l’amore. Anche lui era contrariato per essere stato separato da Patty senza preavviso.
Quelle settimane erano state bellissime, piene d’amore e di passione e si era abituato a passare la notte con lei, svegliarsi tra le sue braccia, fare colazione insieme e poi, una volta tornato dalla sua corsa mattutina…

 
«Terra chiama il capitano, terra chiama il capitano… ci sei?»

«Eh, cosa? Ah, ma quanto sei spiritoso Bruce, dove vuoi che sia.»

«Non qui, questo è sicuro. Ci hanno appena chiamati in sala riunioni, non sei curioso di sapere cosa vogliono da noi?»

«Invece sono qui» gli rispose e poi aggiunse a bassa voce «anche se non vorrei.»

«Che coooooosaaaa?» urlarono gli amici in coro.

«Che cosa… cosa?» domandò al gruppo.

«Guarda che ti abbiamo sentito tutti. Cos’è questa novità? Quando mai vorresti saltare qualcosa inerente al calcio, tu» lo aggredì Bruce.

«Sì, Holly, da quando sei arrivato… sei strano. Che succede? Credevo che il vichingo fosse ormai archiviato e che tu e Patty fosse felicemente insieme, finalmente oserei dire» intervenne Tom.

«E lo siamo, è proprio questo il problema» poi aggiunse, vedendo le loro facce sconvolte «odio il dovermi separare da lei anche per poche ore, figuriamoci per una giornata intera. Sì, lo so, ho passato anni a non apprezzarla, a mortificarla e bla bla bla… ma ora le cose sono cambiate. Steffen è stato rilegato al suo posto, noi due siamo una cosa sola e vorrei sempre averla al mio fianco. Solo che… uff, ha voluto approfittarne per passare una giornata con Amy, poi deve passare a riscuotere gli affitti e a vedere se c’è qualche problema e… e stasera ha quel dannato incontro amichevole col vichingo in terrazza!»
 
«Che cooosaaa?» ripeté il gruppo.

«E tu la lasci andare così?» Sbottò Benji. «Ma sei scemo? Sei sicuro che ora siano solo amici e che il vichingo non abbia un piano in mente per portartela via?»

«Ecco, grazie amico, ora sono più tranquillo.»

Non poté aggiungere altro perché il Presidente della Federazione Calcio, il signor Katagiri, Mister Gamo, Mister Turner e il signor Pearson, entrarono e la riunione straordinaria della Nazionale Giapponese ebbe inizio.

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Capitolo 31
*** Che... che cosa dovrei fare? ***


«Nonononononooo, fermatiiiiiiii!»

Susie era stravolta, sfinita, completamente ko. Kohana aveva una forza tremenda e spesso era lei, Susie, che veniva trascinata qua e là durante le loro passeggiate.
Quando era arrivato l’avviso di convocazione della Nazionale per una riunione urgente, Susie aveva deciso di accompagnare Cliff e Sandy a Tokyo. Voleva rivedere le sue amiche che le erano mancate terribilmente, anche se non era da molto tempo che si era trasferita a Nagasaki. Aveva chiamato Patty per riferirle del suo arrivo al seguito dei due ragazzi e lei l’aveva invitata a soggiornare da lei e Amy per tutto il tempo.       
Sì, avrebbe potuto lasciarla a casa con nonna Maeko che la sua Kohana adorava, ma lei voleva presentarla agli amici e poi, a dirla tutta, quella stupenda palla di pelo era diventata in poco tempo la sua guardia del corpo e non la lasciava quasi mai.
Prendersi cura della cagnolona con Cliff era bellissimo, anche se lui – fedele alla sua stupida promessa – si era limitato solo a quello e aveva snobbato qualsiasi suo tentativo di seduzione. Dannazione.
A nulla erano valsi i suoi trucchetti per farlo capitolare. Farsi trovare mezza nuda quando sapeva che era il suo turno per portarla a fare una passeggiata; presentarsi ad aprigli la porta avvolta in un telo dopo una brevissima doccia e con ancora i capelli bagnati; inciampare “accidentalmente” addosso a lui; sfiorarlo mentre gli parlava. Niente, quel ragazzo aveva una resistenza stoica e non cedeva a nessuna provocazione. Certo, lo vedeva arrossire a più non posso, lo sentiva balbettare, lo coglieva a guardarla con lussuria, ma niente oltre a quello. Testardo.

 
«Mi scusi. È ancora cucciola e… Kohana, lascia stare la valigetta del signore. Perdoni, è così curiosa e così esuberante. Chiedo scusa.»

Anche se Kohana aveva tre anni, per lei era una cucciola e tale sarebbe rimasta per sempre. Con quante persone si era già dovuta scusare dopo averle travolte trascinata da quella saetta pelosa? Aveva perso il conto e per fortuna ora erano giunte davanti alla palazzina di Patty. Certo che era proprio bella, wow.
 
«Sentimi bene tu» disse rivolta alla sua cucciolotta che la fissava adorante «ora ti comporterai bene, intese? Oggi conoscerai le amiche di mamma e domani rivedrai Cliff, quindi… fa la brava o ti riporto subito a casa.»

Kohana uggiolò in risposta e lei, soddisfatta, le fece una carezza ed entrò. Pochi minuti dopo arrivarono all’ultimo piano e suonò il campanello. Fu quando sentì Mister Wow gracchiare che si ricordò che le sue amiche non erano sole e che c’era anche Oscar il micione con loro. Oddio, che guaio… e adesso? Si era completamente dimenticata di loro e Kohana era imprevedibile con gli altri animali.
 
«Apriti sesamo!» sentì dire all’Ara giallo/blu. (Alì Babà e i quaranta ladroni)
 
«Mister Wow fa silenzio. Ma stamattina che ti prende, non stai zitto un attimo. Mi piacerebbe tanto sapere perché fai così» lo riprese la voce di Patty e Susie si ritrovò a sorridere.

«Che ci volete fare: io so' io, e voi non siete un cazzo!» (Il Marchese del Grillo)

«Mister Wow, insomma, contegno. Ti devi sempre fare riconoscere?»

Quando l’amica aprì la porta, Susie era ormai ridotta e una risata incontrollabile.
 
«Susie, finalmente sei arrivata e… questa palla di pelo stupenda chi è?» Le disse abbassandosi al livello della sua Shiba Inu.

«Lei è Kohana, è mia e… di Cliff» rispose lei arrossendo. «Scusa se mi sono presentata in anticipo, ma grazie alla forza smisurata di Kohana al guinzaglio sono arrivata in zona prima del previsto e ne ho approfittato. Disturbo?»

«Ma scherzi? Entra, forza» le rispose accarezzando la testona di Kohana che aveva iniziato a scodinzolare. «Se sei preoccupata per Oscar e questo maleducato qua, non devi. Il primo sta dormendo sul mio letto e non lo svegliano nemmeno le cannonate. Il secondo è talmente preso dalla sua vaschetta per il bagno con tanto di rubinetto che non vede nient’altro. Guarda tu stessa.»

In effetti, una volta entrata, Susie vide Mister Wow a mollo in una bella vaschetta di plastica blu con tanto di palma finta e rubinetto giallo dal quale scendeva dell’acqua che lui spruzzava ovunque con le sue grandi ali.
 
«Geniale, vero? Ha lo stesso principio di una fontana, l’acqua viene riciclata ogni volta che scende dallo scarico. Si diverte come un matto e si stanca talmente tanto che dopo crolla addormentato per almeno tutto il pomeriggio. Sono appena dieci minuti che è lì sotto, e non la smetterà prima di una mezz’ora.»

«Incredibile, ma guarda come si diverte.»

«Adora farsi il bagnetto. Ah, ovviamente stasera festeggiamo, non si discute. Dov’è il tuo bagaglio?»

«Ho il cambio nello zainetto» le disse girandosi per mostrarglielo «è molto più pratico che portarsi dietro un borsone anche se piccolo. Ma… sei sola?» Le chiese poi non vedendo Amy in giro.

«Sì, Amy è uscita qualche ora fa e ne avrà per un po’, sai… sta lavorando per Steff. Sì, è incredibile, ma è così. È uscita talmente di fretta da casa che ha dimenticato di fare i biscotti al limone che mi aveva promesso, uffa. Ma ora ti spiegherò tutto. Però prima devi dirmi una cosa… ti trovi bene dove ti ha portata Eve?»

«Benone, grazie. Sai… vivo nella palazzina della famiglia Yuma» buttò lì e vide l’amica spalancare gli occhi.

«Yuma? Oddio, non dirmi che il tuo vicino misterioso e insopportabile è Cliff» e quando la vide annuire, continuò «oddio, Susie, stai bene? Ma come ha potuto, Eve, farti una cosa del genere. Ah, ma appena la sento, giuro che le tiro il collo via cellulare.»

«In realtà mi sento amata e bene accetta. Sono tutti così meravigliosi con me e poi adoro nonna Maeko. Certo, Cliff è esasperante a volte, ma ho capito perché mi tratta sempre così male… perché mi desidera, ma pensa di non essere degno di me e quindi fa di tutto per starmi alla larga. Però quando si lascia andare e mi stringe e mi bacia e mi tocca… ah, Patty, mi ripaga di tutte le arrabbiature che mi fa prendere. E poi mi ha regalato lui Kohana e mi aiuta a gestirla.»

Susie, a quelle parole, vide Patty sbarrare gli occhi e la bocca. Ops, doveva averla sconvolta e infatti le sue parole successive confermarono ciò.
 
«Ti bacia? Cliff… ti bacia? Oddio.»

«E molto bene anche» rincarò la dose lei «ci sa fare con quelle labbra, ma è anche un tale testardo. Si è messo in testa che deve starmi alla larga perché gli faccio perdere il senno e lui non vuole perché crede di non meritarmi. Io lo provoco e lui mi sfugge. Però poi mi regala Kohana per proteggermi quando lui non può esserci. Dio, che ragazzo contorto che è.»

«In effetti… e poi dicono che siamo noi quelle complicate. Finalmente si è deciso a farsi avanti, era ora. E adesso, mia cara amica, visto che lui sembra essersi bloccato… devi essere tu a prendere l’iniziativa.»

«Ma l’ho fatto, non sai quante volte. Niente, mi respinge e io sto impazzendo dal desiderio e dalla frustrazione.»

E poi le raccontò, per filo e per segno, dei suoi patetici tentativi seduttivi conclusi tutti in clamorosi fiaschi colossali.
 
«Non immaginavo fosse più ottuso di Holly» le disse l’amica una volta concluso il racconto «ma, a questo punto, ti rimangono due strade da prendere con lui.»

«Davvero? E quali sarebbero?»

«Semplicissimo. La prima è farsi trovare nuda a letto, dopo averlo attirato in camera tua con l’inganno o, meglio ancora, farsi trovare nel suo di letto, la seconda è farlo ingelosire.»

«Che… che cosa dovrei fare? Che… che hai detto?» Urlò lei diventando di tutti i colori. «Brava e così se adesso mi scappa – ma almeno riesco a sfiorarlo – poi mi resterà a miglia di distanza e non farà nulla per impedire che l’ipotetico rivale mi porti via da lui. A proposito, a chi stai pensando?»

E lì Patty scoppiò a ridere così forte che Kohana iniziò a guardarla con la testa piegata di lato e persino Mister Wow smise di lavarsi per girarsi verso di lei. Poi, l’amica prese il cellulare e le mostrò una foto ricevuta poco prima che lei arrivasse da Holly. Come, come?
 
«Diaz? Ma se sta in Argentina e poi scusa, figurati se quello lì – bello com’è – potrebbe mai interessarsi a me anche solo per finta.»

«Ah, ma allora è vero che non lo sai» e al suo sguardo confuso, specificò «quel ragazzo ti desidera, Susie. Colpo di fulmine. E Cliff – a detta di Holly che era presente – gli ha intimato di girare al largo da te. Ma lui ha promesso che sarebbe tornato, per te. Questo è successo subito dopo la rivincita disputata con l’Argentina al campo del ritiro.»

«Stai scherzando?»

«Affatto, ruba cuori.»

Diaz? Juan Diaz interessato a lei? Era uno scherzo, vero? Ma da come Patty la stava guardando, a quanto pare era una cosa reale. Incredibile. Avrebbe dovuto andarne fiera o esserne lusingata, ma… non poteva, lei amava Cliff.
 
«Se accettassi il tuo piano e mi fingessi interessata a Diaz… dici che Cliff uscirà allo scoperto?»

«Bè, non posso esserne certa, ma dal suo atteggiamento potrai capire molte cose e scoprire se ne vale la pena di struggersi per lui.»

«Ormai lo conosco, Patty. Non si esporrà mai pubblicamente. E poi… ma che cappero ci fa qua, Diaz? Ormai il campionato è finito.»

«Sì, ma…»

E poi le spiegò quello che Holly le aveva riferito brevemente al telefono poco prima che lei arrivasse. Incredibile. Ma alla Federazione Calcio erano impazziti, o cosa? Chissà come l’aveva presa Cliff. Doveva telefonargli. Ufficialmente per fargli sapere che era arrivata sana e salva da Patty e che ci sarebbe rimasta fino alla loro partenza come da accordi e poi ufficiosamente per vedere se si sarebbe confidato con lei su questa novità o meno.
 
«Pattyyyy, sono tornata, ho finito il sopralluogo prima del previsto e… oh, mio, Dio.»

La voce di Amy la raggiunse di spalle e, poco dopo, si ritrovò schiacciata contro l’amica che si dichiarava entusiasta di averla con loro fino al giorno dopo. Era bello avere delle amiche sincere.
 
«Awww e così lo ami davvero e vuoi farglielo capire.»

Questo fu quello che disse la sua amica Amy dopo essere stata messa al corrente degli ultimi sviluppi. Appena aveva notato Kohana le aveva fatto mille complimenti e carezze e così ora, quella traditrice pelosa, era in sua adorazione.
 
«Non esattamente, Amy. Lui lo sa che lo amo, gliel’ho detto e dimostrato spesso. Io voglio che sia lui a capirlo e ad ammetterlo.»

«Gelosia. Devi farlo ingelosire. Fingi di avere un ammiratore segreto e mandati mazzi di fiori con bigliettini ambigui. Assicurati che sia nei paraggi e poi rispondi a finte telefonate del misterioso ragazzo e sii molto sdolcinata. Che c’è… nei film funziona sempre» concluse Amy sentendosi fissata. «Alla fine il tipo si ingelosisce di brutto, si dichiara e così vissero tutti felici e contenti, insieme per sempre» specifico poi, sospirando.

«Eccome no. In una casa perfetta, con figli perfetti, animali perfetti, senza mai un capello fuori posto, il sorriso perenne in faccia e lo sguardo stralunato così tanto dal presunto amore perfetto che neanche un tossico stra fatto di crack potrà mai avercelo pur impegnandosi. Cazzo Amy, tutti quei film d’amore che vedi ti hanno proprio rovinata» le disse Patty.

«Sempre cinica tu, vero?» Le rispose quella.

«Sempre meglio che essere irreale» replicò lei facendole la linguaccia.

Quelle due erano uno spasso. Ma come avevano fatto a nascondere la loro amicizia a tutti per più di un decennio? Erano tanto diverse quanto amiche.
 
«Em… grazie per i consigli ragazze, ma prima ci devo pensare un po’ su. Amy, a quanto pare non è necessario fingere un ammiratore segreto. Stando a quello che mi ha detto Patty, non dovrò cercare lontano il tizio, visto che è appena tornato in Giappone colui che, sempre secondo lei, ha una cotta per me.»

«Davvero? Oh, perfetto. E chi sarebbe?»

E quando lei e Patty misero al corrente Amy sul ritorno di un certo bel calciatore argentino, lei saltò letteralmente dall’eccitazione.
 
«Susie, è lui. Non può essere altrimenti. Se già Cliff si è scontrato con Diaz a causa tua, significa che lo vede come una minaccia e che già la gelosia lo sta corrodendo piano piano. Tu devi solo alimentarla e vedrai che si getterà ai tuoi piedi in poco tempo.»

«Amy, ammiro molto questo tuo lato romantico e sognatore, davvero, ma… non so proprio come potrebbe accadere. Voglio dire, se neanche presentarmi semi nuda davanti a lui – con solo un asciugamano striminzito e bagnato addosso – l’ha convinto che lo voglio… non credo proprio che possa riuscirci l’accettare il corteggiamento di Diaz.»

E adesso perché se ne stavano zitte? Susie le fissò a turno e le vide guardarla a bocca aperta con gli occhi ridotti a piattini. Ok, forse quello non doveva rivelarlo, ma le era sembrato il modo migliore per fare capire loro fino a che punto si era spinta ed era disperata.
Poi Patty corse alla porta, l’aprì e urlò talmente forte che i timpani presero a vibrarle.
 
«Vaneeeeeeeesiaaaaaaaaaaaaa!»
 
 
 
 

Che… che cosa dovrei fare? Quella riunione era stata assurda e pazzesca. Ma cosa si erano fumati i dirigenti della Federazione Calcio? Cliff non riusciva a crederci e – a giudicare dagli sguardi di tutta la Nazionale – neanche i suoi amici. Il non essere il solo a essere sconvolto, era stranamente tranquillizzante.

 
«Che stronzata colossale» esordì Mark sbattendo il pugno sul tavolo e attirando l’attenzione di tutti, dirigenti e allenatori compresi. «Ma si può sapere quando avete ideato questo piano assurdo?»

«Lenders, si sieda e si calmi. Le devo ricordare dove si trova?» lo riprese un tizio col taccuino, un segretario, forse?

«Volete anche sentirvi dire che siete dei geni per poi prostrarmi ai vostri piedi? No, non lo farò mai, semplicemente perché non vedo l’utilità di questo esperimento come l’avete chiamato voi.»

«Ha ragione Mark» esordì il capitano «è assurda una cosa del genere. Che senso ha sfiancarci di allenamenti, progettare nuovi tiri, migliorarci sempre di più… per poi rivelare i nostri segreti agli avversari?»

«E solo perché vi siete messi in testa questa assurda idea. No, non l’accetto» saltò su un Benji infuriato.

«E tu… Yuma, non hai niente da dire? Non è da te rimanere in silenzio»

Diaz. Quell’essere irritante era tornato e la cosa non gli faceva piacere. Certo, si trovava in Giappone per quell’insensato progetto calcistico, ma lui sapeva bene che non era solo per quello che l’argentino era lì.
 
«Dico che piuttosto che lavorare con te, mi metto in ferie fino all’inizio del prossimo campionato.»

Aveva detto quella frase a voce talmente alta e carica di odio, che tutti si girarono a fissarlo con sconcerto.
 
«Oh, andiamo. Hai paura che ti umili in campo? Non ci penso neanche, dobbiamo collaborare, hai sentito i capi. Saremo compagni di squadra, ma non ti senti felice all’idea di potere imparare qualcosa da me?»

«Mi sentirei felice solo se potessi conciarti per le feste, quello sì che sarebbe bellissimo… Diaz. E dai su, solo qualche dente e il naso» gli disse facendo scoccare le dita.

«Yuma!» Lo riprese il presidente per poi rivolgersi a tutti. «Capisco che fino a oggi siete sempre stati avversari, ma così è stato deciso e non si torna indietro.»

«Io con questo qui non ci lavoro, chiaro? Prima di prendere una decisione del genere, dovevate consultarci. In fondo siamo noi quelli coinvolti in prima linea mentre voi ve ne state belli freschi e riposati nel vostro palchetto privato a guardarci sgobbare in campo. Ma come vi siete permessi di scavalcarci così» li accusò.

Oh, sì, potevano guardarlo male quanto volevano, ma quella era la realtà. Quei tizi in giacca a cravatta – che probabilmente avevano sempre conosciuto il calcio dal di fuori – non lo avrebbero trattato come un burattino.
Nazionale Unica Asiatica contro Nazionale Unica Europea.
Ma si poteva essere più stupidi? I migliori giocatori asiatici, uniti contro i loro omonimi europei. Due partite – andata, ritorno – per decretare quale fosse la potenza calcistica migliore al mondo. Una collaborazione tra Giappone, Cina, Argentina, Cile, Uruguay, Arabia Saudita che avrebbero affrontato i campioni di Italia, Germania, Spagna, Svezia, Francia e Brasile.
Per l’occasione – oltre a loro – alla riunione erano stati invitati anche i loro rivali storici, a partire da quell’odioso di Diaz e il suo sorrisetto da schiaffi e le rispettive Nazionali.

 
«Capisco il vostro sconcerto ragazzi» intervenne il signor Pearson «è comprensibile come la vostra rabbia. Purtroppo, avete ragione. Dovevate essere consultati, ma ai capi questo non interessa, non come il loro riscontro monetario» bloccò le loro proteste sul nascere e poi continuò. «È inutile che neghiate la vigliaccata che avete fatto alle loro spalle, io vi avevo avvisati che non era corretto – e come me anche Gamo e Turner – agire in questo modo, ma voi avete fatto spallucce. Ora non si può più tornare indietro e bisogna darsi da fare per vincere queste due partite.»

«Ragazzi» disse Gamo «con il vostro livello, sono sicuro che la spunterete. Certo, i vostri tiri ormai famosi non verranno utilizzati – questo per evitare di svelare troppo sulla loro esecuzione – ma ne metterete a punto di nuovi. La prima partita avverrà tra due mesi a partire da oggi e la seconda dopo altri due mesi. Quindi non rientrerete nelle vostre squadre fino a che questo progetto non sarà concluso, abbiamo già il loro benestare. È un periodo lungo, ce ne rendiamo conto, ma necessario per prepararsi al meglio. In questo modo avrete tutto il tempo per non ammazzarvi sul campo e trovare l’affiatamento giusto per collaborare tra voi.»

«Il primo incontro verrà disputato a Tokyo, il secondo ad Amburgo» intervenne mister Turner. «Alloggerete tutti alla sede di Nankatzu dalla settimana prossima. Domani mattina saremo tutti impegnati in una riunione fiume per iniziare a mettere giù i primi passi tecnici, poi sarete liberi fino alle otto del mattino successivo, dove inizierete a fare sul serio. Quindi vi consiglio di passare quel tempo con le vostre famiglie e di salutarli per bene, perché per un bel po’ non li rivedrete dal vivo. Mi sono spiegato?»

«Certo, mister Turner!» Urlarono tutti in coro.

«Posso farvi una domanda?» A parlare era stato Julian. «Cosa succede se entrambe vinciamo una partita? Voglio dire, qui si tratta di decidere la Nazionale Unica più forte al mondo… ma in quel caso non si saprebbe mai essendoci un pareggio.»

Ah, Julian e la sua logica a caldo. Gli aveva sempre apprezzato questo suo lato sia in campo che fuori.
 
«Se accadesse – ma noi ci auguriamo di no – verrà svolta una terza partita e, in caso di pareggio, si andrà ai supplementari prima e ai rigori dopo. E si terrà a un mese di distanza dall’ultima, in un luogo neutro ancora da scegliere» gli rispose il Signor Pearson.

Dannazione. Ci mancava solo quello.
 
«E… perché siamo qua tutti in questa mega riunione?» Chiese Tom.

«Perché in questa prima settimana, disputerete delle partite eliminatorie tra tutti voi di 30’ ciascuna. Noi valuteremo chi di voi convocare ufficialmente in questo modo e i vincitori, saranno coloro che andranno a comporre la squadra finale. A loro è già stato spiegato tutto in patria, ma ci tenevamo fossero tutti presenti oggi» spiegò Mister Gamo.

Dio, che casino. Quasi quasi avrebbe giocato da cani per potere essere esonerato ed evitare che Diaz incontrasse nuovamente Susie. Ehi, un momento, cosa?
 
«E, in tutto questo tempo e in questo vostro delirio calcistico, le manager sono contemplate?» Chiese fingendosi interessato solo in parte.

«Dobbiamo ancora decidere su questo e lo faremo sulla base di quello che ci diranno loro appena le contatteremo nella giornata di domani. Durante questa settimana alloggerete tutti nell’hotel qua a fianco e utilizzeremo lo stadio come sede delle eliminatorie. Una volta formata la squadra ci si trasferirà a Nankatzu. Ci rivedremo a cena tra un paio d’ore, ragazzi» disse il signor Pearson e la riunione fu sciolta.

Dannazione doppia. Così non andava. Se Susie avesse accettato… oddio, non voleva neanche pensarci. Non voleva? No, casomai non doveva pensarci. Quell’idiota di Diaz l’avrebbe sicuramente sedotta e lei l’avrebbe lasciato fare perché lui… lui… oddio, che tale idiota che era.
Resistere a quella mini dea della seduzione era stato arduo e c’erano state volte che ne avrebbe volentieri approfittato, ma… era meglio così. Sbuffò.

 
«Che sospirone!»

Nel caos che seguì a quell’incontro, Diaz riuscì ad avvicinarlo.
 
«Gira al largo, Juan Diaz, non è giornata.»

«Ah, ma come sei maleducato. Così non va. Siamo stati tutti presi alla sprovvista. Un po' di solidarietà non guasterebbe.»

«Ma stai parlando sul serio? Ahahah, buona questa. Dimmi, quei tizi che se ne sono appena andati ti hanno passato un po’ di quello che si fumano, vero?»

«No, a quanto pare se la tengono per loro.»

Ecco, e con quella frase aveva guadagnato qualche punto.
 
«Dimmi un po’, tu. Dove hai lasciato quella bellezza in miniatura sempre sorridente? Susie, un nome così musicale quanto dolce come lei. E chi se la scorda una così. Aspetta, era una delle manager della Nazionale se non erro. Puoi nasconderla quanto vuoi, ma qualcosa mi dice che la rivedrò spesso e non solo lei perché, se non ricordo male, erano in quattro. Ah, non ci resta che sperare vengano reintegrate presto. Non ti dispiace se le chiedo di uscire con me, giusto?»

E con quest’altra frase li aveva persi tutti.
 
«Sei qui per assecondare il folle piano dei cravattari di poco fa, vedi di concentrarti su quello, chiaro? Niente distrazioni, niente ragazze sexy.»

«Sexy, dici? Mh, interessante. Sei geloso… Yuma?»

Non rispondere, non reagire Cliff o potresti fargli molto male. E perché poi dovresti? Tu non sei geloso di Susie, vero? No, non lo sei!, pensò pur sapendo di mentire a se stesso.
 
«Credi quello che vuoi, non mi importa. Ma tu, lei, non la tocchi neanche con un dito, intesi?»

Poi se ne andò lasciandolo solo e raggiungendo i suoi amici per l’assegnazione delle camere. La risata dell’argentino nelle orecchie. Prima o poi gliel’avrebbe spenta come quel suo sorriso da ebete, era una promessa a se stesso.
Per i successivi mesi – ammesso e non concesso che superasse le selezioni – si sarebbe ritrovato compagno di squadra di quel damerino. Ma ci poteva essere punizione più brutta?
Era vero, Susie era tutto quello che aveva detto Diaz e molto di più, ma nessuno – nessuno! – a parte lui, l’avrebbe mai saputo. Lei era off limits, soprattutto per quel libertino straniero.
La sua unica speranza per tenerlo separato da lei, era che le manager non accettassero di assecondare i tizi della Federazione. In caso contrario… già, in caso contrario…
L’indomani l’avrebbe raggiunta con Holly e Julian dalle loro innamorate per aggiornarla e per tastare il terreno. E se per tutto quel tempo gli avesse mentito e si fosse invaghita dell’argentino? No, impossibile, quella ragazzina non era il tipo da prendere in giro il prossimo. Però Diaz sapeva essere fin troppo affascinante con il sesso femminile e questa era una cosa che a lui, Clifford Yuma, mancava da sempre.
Oddio che guaio. E adesso che… che cosa dovrei fare?, si disse lasciandosi cadere su un divanetto e prendendosi la testa tra le mani, più confuso che mai.

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Capitolo 32
*** Tra gatti invasati e colpi di scena ***


«Continuo a dire che tutta questa storia è assurda, ragazzi.»

«Hai ragione Cliff, anch’io non ne vedo la necessità a dire il vero. Ma ormai è già stato tutto deciso e – come ha detto il signor Pearson – dobbiamo vincere» gli rispose Julian.

«Esatto e quindi dobbiamo mettercela tutta. Certo che considerare compagni di squadra coloro che abbiamo sempre sfidato sul campo… è strano, ma alla fine sarà anche un modo per migliorarci e crescere ulteriormente da professionisti quali siamo» esordì Holly.

«Resta il problema della lingua» fece presente Cliff «a parte Diaz, Pascal e Galvan che parlano benissimo il giapponese, gli altri fanno fatica e noi non siamo da meno.»

«Vero, ma impareremo a comunicare. Abbiamo tempo anche per questo e poi credo che ci saranno anche dei traduttori professionisti nel gruppo» ribatté lui, preoccupato per quel nuovo ostacolo.

Quando lui doveva partire per il Brasile, aveva avuto per tre anni Carlos ad aiutarlo nello studio del portoghese e poi in Spagna ci aveva pensato il mister ad assegnargli un bravo insegnante. Ma ora… la lingua rappresentava un bel problema, aveva ragione Cliff. Ah, in che guai erano stati cacciati. Ma ora basta, avrebbe ricominciato a pensarci dal giorno dopo, non voleva guastarsi il tempo da passare tra le braccia di Patty.
Finalmente tutte quelle ore di riunioni erano terminate e ora potevano dirsi liberi per tutto il resto della giornata. Non vedeva l’ora di rivedere la sua Patty e recuperare tutto il tempo perso lontano da lei.
In cuor suo sperava veramente che la proposta della Federazione venisse accettata e che lei e le altre tornassero a ricoprire il ruolo di manager.

 
«A proposito, amico, come mai hai voluto seguirci qua?» Gli chiese Julian.

«Sì, Cliff, me lo chiedo anch’io. E, un’altra cosa, quando durante la pausa di ieri ho chiamato Patty, lei mi ha detto una cosa che… non so, potrebbe essere legata al tuo venire con noi. Ho ragione?»

«Ah, sì? Dilla anche a me, Holly, che non posso certo saperla.»

«Se ci tieni tanto, ti accontento subito. Ha detto che aspettava Susie. A quanto pare ha approfittato della nostra riunione per seguire te e Sandy qua a Tokyo e passare del tempo con le sue amiche. Cos’è questa storia? Spiega, spiega.»

Come adorava mettere in difficoltà un amico. Dopo anni passati a sentire vaghe allusioni amorose tra lui e Patty – anche se era chiaro a tutti che i loro rapporti erano più tesi che mai – era bello potersi vendicare.
 
«Susie? La stessa Susie che chiami sempre ragazzina? Colei che tratti sempre male e che non sopporti, la nostra manager più svampita e pimpante di sempre? Mi sono perso qualcosa?» Intervenne Julian.

«Em… no. In realtà è semplicissima la spiegazione, ma non ve la dirò in mezzo alla strada. Perché non aspettiamo di essere nel vostro appartamento?» Propose un Cliff stranamente molto nervoso.

Non aveva tutti i torti. Per fortuna erano arrivati e non avrebbero dovuto aspettare poi molto per metterlo sotto torchio.
 
«Cliff, ti presento La Palazzina Fiorita, di Patty» disse una volta davanti alla facciata.

«Cavoli, per essere fiorita… lo è. Chi le ha dato il nome, la famosa zia defunta?»

«No, io» gli disse ridacchiando «gli si addice, ma devi vedere anche l’ingresso per capire cosa intendo» gli disse spalancando il portone.

In genere era una palazzina tranquilla quella, ma aveva appena chiuso l’ingresso principale che…
 
«Birba, vieni qui!» Urlò la voce di Miki.

«Oscar disgraziato, lasciala stare» quella era Patty.

«Vale sempre la pena rischiare se vuoi qualcosa» (Fuga da Alcatraz)

«Mister Wow, non ti ci mettere anche tu adesso e chi se lo aspettava che Oscar non era castrato. Ah, ma la nonna mi sentirà al suo rientro. Oscaaaaar.»

«Ehi, qualcuno li fermi, stanno scenden… Kohana, dove vai? Torna indietro subito» e anche la voce di Susie si unì al gruppo.

«Mister Wow in picchiata, ragazze. State attente là sottooooo» a quanto pareva anche Amy sapeva urlare.

«Oscar, guai a te se ti azzardi a…»

E poi il tempo delle parole finì. Birba arrivò nell’atrio di corsa, inseguita da Oscar che cercava di saltarle addosso senza successo. Una cagnolona mai vista prima scese le scale e – senza dubbio credendo fosse un nuovo gioco – alternava guaiti e agguati ora a una, ora all’altro felino. Mister Wow chiudeva il corteo svolazzando qua e là per lo stabile. Poi arrivarono le ragazze tutte trafelate e in modalità battagliera. Nessuno li degnò di uno sguardo, fino a che…
 
«Capitano, o mio capitano!» subito dopo l’Ara Giallo Blu gli planò sulla spalla.

E niente, quel pennuto aveva proprio un debole per lui che ne era ben felice, perché lo adorava.
 
«Ehilà amico, ti sono mancato?» Gli disse accarezzandolo. «Ma che sta succedendo qua?»

«Oh, ciao. Em… piccolo contrattempo animale» gli spiegò Patty.

«Piccolo? Ma se sembra scoppiata la guerra qua dentro» disse Clifford.

«Ha ragione lui, è il delirio totale. Come siete arrivate a questo?» Chiese Julian.

«Sì, bè… lasciatemi prendere Oscar e poi vi spiego» poi si girò verso il micione rosso e fece per avvicinarsi piano mentre lo lodava. «Andiamo, tesorino di zia, vieni in braccio a fare le coccole da bravo. A te piacciono le coccole, vero? Ecco, sta fermo così... braaavooo, ferm… fer… Oscar, no, ma che caz…»

E ciao ciao alla pazienza, gli sembrava strano che Patty non sbottasse. Holly guardò il micione rosso generalmente così calmo e dormiglione e…e niente, era fatta. Approfittando di un momento di distrazione di Birba, quel furbacchione intraprendente era riuscito a spuntarla e ora… oh, cazzo.
 
«Em… non so voi, ma io non mi azzarderei a staccarlo ora. A meno che non vogliate rimetterci una mano» disse un Julian divertito prima di scoppiare a ridere.

«Oscar, sporcaccione esibizionista che non sei altro» lo riprese Patty. «Dio, Miki, mi spiace così tanto» disse poi rivolta alla nuova amica che fissava la scena in preda alla ridarola.

«Ahahah e di cosa, vorrà dire che se Birba resterà incinta… per sdebitarti ti prenderai uno dei cuccioli che – detto tra noi – saranno una vera bellezza visti i loro manti.»

«Awww, ne voglio uno anch’io» intervenne Amy.

«Ma vi rendete conto che vi state già dividendo la loro prole e che siete delle guardone? Ma dico, un po’ di privacy» intervenne lui.

Che cosa aveva suggerito Miki? Oh, perfetto. E così da zero animali, si sarebbe ritrovato presto con un cucciolo peloso e – come da accordi con nonna Nozomi – anche con il padre Oscar e il pennuto Mister Wow, in un futuro molto remoto, sperava per lei.
L’ingresso si aprì nuovamente, facendo entrare una bella donna africana che sfoggiava tacchi altissimi, un vestito attillato molto corto, oltre che scollato e degli orecchini enormi che le arrivavano alle spalle. Un cappello di stoffa chiara a tesa larga la riparava dai raggi del sole inclementi quel giorno.

 
«Oh, ma tu guarda. Una rientra da un giro frenetico di shopping pazzo e si ritrova l’atrio pieno di bei maschioni. Che sta succedendo qua miei cari? Ahia.» Urlò infine appena il portone – che si era riaperto – le finì addosso.

Vanesia – ci mancava solo lei… o lui – carica di borse infilate sulle braccia, si era unita al gruppo e Steffen, quello non mancava mai.
 
«Scusa non ti avevo… vista. Oddio, c’è una festa e non lo sapevo?» Esordì il nordico guardandosi in giro per poi soffermarsi su Miki che era arrossita.

«In realtà noi tre stavamo salendo» gli rispose lui includendo i suoi amici «quando siamo stati raggiunti da una folla femminile che inseguiva quattro animali, due dei quali… bè…» e si spostò.

E l’urlo di sconcerto che lanciarono i due nuovi arrivati, confermò che ancora i due felini si stavano dando alla pazza gioia. O almeno Oscar, perché Birba non sembrava essere molto d’accordo.
 
«Oddio che scena bellissima. Bravo Oscar, sfogati pure che ti fa bene» disse Vanesia sconvolgendo tutti prima di dirigersi a chiamare l’ascensore e poi aggiunse girandosi verso di lei. «E comunque, Miki, ricordati di me quando nasceranno. Ho sempre desiderato avere un gatto e farei felice anche mio figlio che mi dice sempre “Papà ne prendi uno? Mamma non vuole e a me piacerebbe tanto!” Ciao cari, vecchi e… nuovi, a presto» concluse facendo l’occhiolino a Cliff e tastandogli un braccio. «Tanta roba, veramente tanta roba, oddio… improvvisamente sento un caldo pazzesco, devo essermi innamorata. Alto, massiccio, mascella squadrata e affascinante. Uomini così mi fanno impazzire. Spero di rivederti spesso qua dentro» poi fece il pollice su a Susie, le mormorò un “bel colpo” e salì sparendo alla loro vista in poco tempo.

Holly si azzardò a guardare l’amico che era diventato di tutti i colori e aveva la bocca aperta.
 
«Papà? Qu… quella donna ha detto… papà? Ma che… e non si riferiva a me, vero? No, vero? Assolutamente no, vero?»

«Cliffy, respira» a parlare era stata Susie «com’è che se ti dico io le stesse cose, tu mi giri al largo e mi intimi di piantarla e con lei non hai aperto bocca? Condivido ogni parola di Vanesia, lo sai ormai come la penso e non dovresti stupirti del suo interesse. Sei un bel bocconcino dopotutto.»

Cliffy? Ehi, un momento… Susie non aveva detto quello che credeva, giusto? Guardò Julian che fissava la scena sconcertato, ma muto e poi Amy e Patty che se la ridevano sotto i baffi che non avevano. La cagnolona chiamata Kohana scelse proprio quell’attimo per intromettersi. Raggiunse Cliff e – alzatasi su due zampe che gli posò sul petto – rimase in attesa fino a che lui, sorridendole distratto, le fece qualche carezza sulla testa facendola scodinzolare a più non posso. Questa poi.
 
«Em… ma perché non andiamo di sopra a parlare?» Gli ricordò lui prima che l’amico avesse una crisi isterica e richiamando l’ascensore subito dopo avere riconsegnato Mister Wow a Patty. «E anche tu, ti ricordo, ne hai di cose da dirci. Eccome se ne hai.»

«Infatti», intervenne un Julian sempre più divertito. «Ragazze, appena recuperate il Don Giovanni felino venite da noi che dobbiamo dirvi delle grosse novità» poi schioccò un bacio leggero ad Amy, salutò gli altri due inquilini e raggiuse i due amici che erano già saliti e lo stavano aspettando.

«Patty, dolcezza» disse Holly mettendo fuori la testa prima di chiudere la porta «non hai programmi per la serata, vero? Perché ho dei progetti per noi, più tardi. Molto più tardi. Per noi due soli.»

Ma lei non gli rispose. Troppo imbarazzata si limitò ad arrossire e ad annuire, per poi salutarlo con la mano.
Lui le indirizzò un sorriso seducente e poi guardò Steff. Pensava di vederlo furente e invece… ma che diamine stava facendo con Miki. Il baciamano mentre la fissava negli occhi? E quella era diventata bordeaux? Era contento per lei, finalmente, ma che cazzo… Guardò Julian che gli fece spallucce e poi Cliff che… no, non era ancora tornato in sé. Povero il loro difensore, ci avrebbe messo un po’ a metabolizzare quello che era appena successo e a digerire quello che dovevano dirgli su Vanesia.
Quel breve rientro si preannunciava pieno di colpi di scena e sarebbe stata dura ripartire la mattina dopo.
 
 


 
«Che ne diresti di passare a cena da me, stasera?»

Steff non riusciva a lasciare andare la mano di Miki dopo quell’improvvisato bacia mano. Quando le sue labbra avevano toccato la morbida pelle di lei, il suo cuore era impazzito e la proposta gli era venuta di getto.
 
«Davvero? Oh, io… dico di sì. Sì» gli rispose con entusiasmo, bene.

«Perfetto. Allora ti aspetto per le 20.30. Così almeno potrai recuperare il tuo borsone.»

«Ah, è per quello» gli rispose una Miki delusa «tienilo, non mi serve più.»

Cosa? Che cazzo… oh, no, no, no, aveva frainteso tutto e doveva farglielo capire prima che fosse troppo tardi. Miki – dopo essere riuscita a recuperare una Birba più calma – stava già con il piede sul primo scalino, lui la raggiunse e la bloccò per un braccio. Lei si girò con gli occhi stranamente lucidi.
 
«Mi sono espresso male, scusa. Mi piacerebbe cenare con te, per davvero e poi passare una piacevole serata a conoscerti meglio.»

Non aggiunse in ogni senso o gli sarebbe scappata di corsa, timida com’era. E dire che ballava il burlesque.
 
«Bè, suppongo che si possa fare. Ma prima devo accertarmi che Birba stia bene e prendere appuntamento col veterinario per la settimana prossima, come minimo, per capire come agire con lei in caso fosse incinta. Sai, per il cibo.»

«Prenditi tutto il tempo che vuoi, io non scappo e sai dove trovarmi» le disse accarezzandole una guancia «esattamente sopra di te» aggiunse poi con voce roca avvicinandosi al suo orecchio, prima di lasciarla andare.

Miki divenne paonazza e fece gli scalini il più velocemente possibile, sicuramente imbarazzata. Bene, molto bene, ci avrebbe pensato lui a lei d’ora in poi.
Si girò per chiamare l’ascensore ormai libero e… oh, oh.

 
«Che diamine pensi di fare con lei? Guai a te se la prendi in giro» lo minacciò Patricia puntandogli un dito contro.

Già da sola arrabbiata era pericolosa, figurarsi con Mister Wow sulla spalla che lo fissava con diffidenza. Che differenza tra come trattava lui e come agiva con Hutton.
 
«Ne abbiamo già parlato ieri sera in terrazza, se non ricordo male. È vero, ho creduto di amarti per tanto, troppo tempo, ci siamo divertiti insieme lo ammetto e lo sai anche tu, ma hai ragione a dire che la nostra era sempre stata solo amicizia. Però, vedi, quello che provo per Miki è diverso, lo è sempre stato e non l’ho mai capito. È cresciuto nel tempo, piano piano e ora devo solo trovare il modo per farglielo capire. Purtroppo, il tuo spettro si mette spesso in mezzo e questa cosa è sfiancante oltre che fastidiosa.»

«Bè, vuoi che ti aiuti a… ripensandoci no, perché ora siamo diventate amiche e preferirei non mettermi in mezzo tra voi due. Però posso sempre parlarle e tranquillizzarla che può averti tutto per sé.»

«E noi possiamo confermarlo, vero Susie?» s’intromise Amy con in braccio un Oscar sonnolento e appagato.

«Certo» annuì la ragazza accanto alla Shiba Inu nera e bianca che doveva essere sua e che se ne stava seduta ai suoi piedi. «Non conosco molto Miki, ma al pigiama party mi sono trovata bene in sua compagnia e, magari, se le confermo che Patty ama Holly e non te…»

«Ragazze, grazie per l’aiuto, ma devo farcela da solo. Anche se… faen, spesso sono talmente impacciato con lei che finisco per venire frainteso e per fare delle figuracce come poco fa. Pazienza, imparerò. Non mi era mai successo prima ed è tutto nuovo anche per me, ma non mi arrendo.»

«Mh… soprattutto perché hai ancora il suo borsone e muori dalla voglia di vederla vestita… anzi, svestita come sul palco.»

«Patricia!» L’ammonì lui, poi la guardò e scoppiò a ridere «Eh, magari forse un pochino, sì.»

Era ora di fare una grande ritirata, adesso che le aveva spiazzate. Le salutò tutte con la mano e poi decise di affrontare i cinque piani di scale e lasciare a loro l’ascensore. Doveva capire cosa aveva in casa e vedere se era il caso di fare una tappa al supermercato o improvvisare una cena con quello che aveva nel frigo e in dispensa. Conquistare il cuore e l’anima di Miki si stava rivelando arduo, ma lui amava le sfide e non avrebbe rinunciato a quella ragazza per nulla al mondo e poi… se tempo addietro aveva sperato di presentare Patricia ai suoi nonni, ora si era reso conto dell’errore madornale che avrebbe commesso. L’unica ragazza che meritava quell’onore abitava sotto di lui da tempo e, cascasse il mondo, sarebbe stata lei a conoscerli prima via web e poi dal vivo.
 
 


 
«Oscar, sei veramente tremendo lo sai? Tra due giorni torna la nonna e dovrò dirle cos’hai combinato a Birba.»

Patty stava rimproverando Oscar da qualche minuto, ma quello – ancora in braccio ad Amy – fingeva di dormire e le girava le spalle.
 
«Dille la verità Patty. Che non sapevi non fosse castrato e che – in un momento di distrazione – si è rianimato dal suo solito stato tranquillo per rincorrere una femmina» le disse Amy.

«Già, una stupenda femmina siamese che era qua con la sua padrona e che ha fatto colpo su di lui tanto da… bè, da accoppiarsi con lei» concluse Susie ridacchiando.

«Povera Birba. Si erano già incontrati altre volte ed eravamo tutte così tranquille nel farli rimanere vicini… Prima di oggi non aveva mai provato neanche ad avvicinarsi a lei, figuriamoci a rincorrerla per tutta casa e per le scale, per poi saltarle addosso.»

«Ah, l’amore è imprevedibile» sentenziò Susie. «L’attimo prima stai intimando a una ragazza di andarsene, e quello dopo la stai baciando con passione dopo averla fatta sedere sul tavolo della cucina. Ah, e poi neghi di provare attrazione per lei e te ne vai.»

Patty era allibita e con lei Amy. E dunque era così che era andata tra i due amici? Non l’avrebbe mai detto che Cliff fosse un tipo del genere.
 
«Ma tu lo ami e lo vuoi lo stesso.»

«Sì, Amy, perché se uno dice quelle cose subito prima di incollare le sue labbra alle tue… ammetterai anche tu che non bisogna credergli. Sogno una notte con lui da troppo tempo, amiche mie, e mi chiedo anche come faccia lui a resistere perché… anche se la sua voce dice no e le sue braccia mi respingono, c’è una parte di lui che non è d’accordo. Una parte… molto specifica.»

Oddio, aveva perso anche Susie. Ma cosa stava succedendo alle sue amiche? Prima Jenny, poi Eve, poi Amy, e che dire di Maki, per non parlare poi di Miki e… e ora Susie e… e sì, anche lei.
Era ora di cambiare argomento o non ne sarebbero uscite più. Dovevano andare dai ragazzi, che sembrava avessero qualcosa di importantissimo da dire loro.

 
«Bè, Susie, puoi sempre attenerti al nostro piano originale e farlo uscire allo scoperto subito prima di comportarti come ti ha detto Vanesia» le disse facendola arrossire di colpo.

«Ma… ma… e poi se…» balbettò quella.

«Oh, ma insomma basta! Vuoi Cliff? Sì. Lo ami? Sì. Vuoi che lui te lo dica e dimostri? Ancora sì. E allora ascolta chi ne sa più di te e vedrai che non te ne pentirai» urlò Amy.

«E ti conviene darle retta, perché quando questa qui inizia a fare così… è meglio non contraddirla» rincarò la dose lei. «Quindi affidati a Vanesia e vedrai che filerà tutto liscio, l’ha persino approvato. Ahahah, Ora, vogliamo andare che ci aspettano?» Disse infine tornando seria.

Poi si diresse al solaio seguita da Amy e da una sbalordita Susie e bussò alla porta bianca che, immediatamente dopo, venne aperta di getto.
 
 


 
Finalmente erano arrivate. Appena Holly vide il bel sorriso di Patty comparirgli davanti, senza pensarci due volte l’attirò a sé e la baciò con foga. Dio, quanto le erano mancate quelle labbra morbide e tentatrici.

 
«Ahem… capitano. Ti ricordo che non siete soli» lo riprese Julian.

«Em, sì, scusate, ma questa ragazza mi fa perdere il senno» rispose lui imbarazzatissimo. «Ciao, amore mio» le disse poi e lei gli sorrise imbarazzata.

Oh, come le piaceva quando arrossiva. Avrebbe preferito passare anche il pomeriggio a farglielo aumentare e invece…
 
«Bene, appurato questo e molte altre cose – tipo il vostro trasferimento qua, il cambio di rotta di Steff, e la strana tipa di prima – vogliamo informare le ragazze di quello che ci hanno combinato? Altrimenti prendo Susie e vi lascio soli per qualche ora, tutti e quattro, così potrete seguire l’esempio di Oscar» s’intromise Cliff facendo arrossire la ragazza in questione e non solo lei.

«Non sarebbe una cattiva idea, ma per quello c’è tempo» rispose Julian abbracciando Amy dal dietro e posandole un leggero bacio sul collo.

Per quanto la tentazione fosse enorme, Holly si costrinse ad aspettare qualche ora prima di sedurre la sua Patty. Doveva rendere l’esperienza memorabile, in vista del loro allontanamento per quattro o cinque mesi. Anche se le ragazze avessero accettato di fare da manager a quello strano gruppo, non sarebbe avvenuto prima di una settimana e anche dopo – una volta rivista – avrebbe dovuto vivere Patty solo come manager e non come fidanzata, il che includeva niente sesso. Dannazione. Lui non era un santo e adesso che aveva scoperto quanto gli piacesse giacere nudo con lei… doveva rinunciarci. Dannazione doppia. Si ripromise, in quel caso, di trovare un modo per stare con lei anche fisicamente all’insaputa di tutti.
 
«Allora, visto che questi due qua sono troppo presi a contemplarvi» disse Cliff prendendo la parola e fissando le amiche «parlerò io. Per farla breve, alla Federazione si sono strafatti di una qualche droga pesante e ultra allucinogena e hanno deciso di complicarci la vita di non poco. Vogliono che i migliori giocatori delle Nazionali Asiatiche formino un’unica squadra per sfidare in due partite – o tre a seconda dei risultati – i loro omonimi europei. Tutto ciò richiederà quattro o cinque mesi e forse verrete chiamate anche voi come professioniste manager. In caso contrario, non ci rivedremo per un bel po’.»

Holly non avrebbe saputo spiegare meglio. Notò le ragazze sussultare a quelle parole e non solo. Se pur concentrato su Patty e la sua espressione tra lo sbigottito e il triste, notò anche che Cliff non toglieva gli occhi di dosso a una Susie decisamente strana, abbattuta per meglio dire e non era da lei. Che cosa gli aveva detto poco prima, quando erano ancora soli?
 

Alla sua domanda:
 
«E adesso… Cliffy, ci dici cosa stai combinando con la nostra Susie. E voglio sperare tu abbia smesso di insultarla

Lui aveva risposto:
 
 «È diventata la mia dirimpettaia ed è così… dannatamente ostinata, dolce, logorroica e provocante che a volte mi fa perdere il senno. Passo dal volerle torcere quel bellissimo collo che si ritrova al volerla baciare all’infinito, farla mia e proteggerla a tutti i costi da qualunque cosa la turbi. Voi non sapete chi è Susie veramente e cosa ha passato nella sua vita, io sì. E quando l’ho scoperto, mi sarei volentieri tagliato la lingua per tutte le volte che l’ho insultata e denigrata. Usa il sorriso come difesa e penso che ridere sia stata la sua terapia per non impazzire e io l’ammiro molto per non avere ceduto alla disperazione e all’ingiustizia per quello che le è successo. Vorrei tanto rintracciare chi le ha fatto del male – umiliandola, ignorandola e sminuendola quando aveva più bisogno di aiuto e comprensione – per dargli una sonora lezione. In poche parole – e so che vi sconvolgerò – io l’amo alla follia!»


E li aveva sconvolti sì, eccome.
E poi il tempo delle confessioni era finito e le ragazze avevano bussato alla porta. Se veramente l’amava, come mai le stava alla larga, fingeva disinteresse e non le parlava? Gli occhi di Cliff parlavano per lui e, in quel momento, si stavano divorando Susie.

 
«… sono scemi?»

Eh? Cosa aveva detto Patty? Si era perso via e non l’aveva sentita, ma dalla sua espressione non doveva essere nulla di buono e le parole di Julian glielo confermarono.
 
«Ormai è fatta e indietro non possiamo tornare. L’unica cosa da fare è vincere e dimostrare loro che siamo dei veri professionisti in grado di allearci anche con gli avversari e collaborare con loro sul campo.»

«Voi ci sarete, vero? Cioè, se vi dovessero chiamare» chiese lui.

Si aspettava un contaci, un per voi sempre, o un senza di noi sareste persi e invece… no, decisamente quella non era la risposta che si aspettavano.
 
«Non posso, mi spiace» fu quello che dissero all’unisono.

Erano rimasti tutti a bocca aperta. Come… non posso, mi spiace… che significava.
 
«Non… non ci sarete? È uno scherzo, vero? Noi abbiamo bisogno di voi, del vostro aiuto, dei vostri incoraggiamenti, delle vostre risate e… e voi ci abbandonate così, in mano a degli sconosciuti?» disse furente. «Siete le manager della Nazionale, dannazione.»

«Holly, calmati ora. Ce ne faremo una ragione. Dopotutto non possiamo pretendere che mettano in stand by la loro vita per noi, a comando. Non è colpa loro, ma della Federazione, che non ha pensato a questo particolare» lo placò Julian.

«Smettila di essere sempre così conciliante. Già dovremo convivere e allenarci con persone che non conosciamo minimamente se non sul campo, ci manca solo che pure chi ci segue lo sia. Sai che aria tesa respireremo per tutto il tempo?»

Ma perché era così difficile capirlo e perché Patty non diceva nulla e non solo lei, anche Amy e Susie li fissavano in silenzio, se pur con aria triste. Fu Cliff a rompere quel silenzio imbarazzante,
 
«Capisco. E quindi niente pasti luculliani, battutine sarcastiche, urli, tifo spacca timpani e litigi. Sarà dura rimanere senza tutto questo, ma ce la faremo. Presumo che anche mia cugina ci darà il benservito, perché non vorrà certo rimanere da sola.»

«Bè, come sai lavora in un asilo e non può certo stare via per così tanto tempo. Potrebbe rischiare il posto e lei ama il suo lavoro tanto quanto i suoi piccoli allievi e poi la struttura è talmente piccola che ha solo tre classi. Insomma, non è fattibile che si assenti, no» asserì Patty con veemenza.

«E voi, invece, che cosa vi trattiene dal snobbarci così?»

E niente, Holly non riusciva proprio a digerire quel voltafaccia. Insomma, era tornato in preda all’eccitazione di rivedere Patty, convinto che l’avrebbe seguito anche in quella nuova impresa calcistica e ora… fremeva dalla rabbia e dalla delusione. Addio ai suoi progetti di passare tempo extra con lei, di sedurla e di coccolarla lontano da occhi indiscreti. Solo loro due. Doveva forse essere felice o comprensivo come i suoi due amici lì a fianco? No!
Fu Susie la prima a parlare guardando Cliff con serietà.

 
«Ora che sono a Tokyo, voglio approfittarne per andare nella sede del mio vecchio ufficio e recuperare alcuni libri che mi servono e ho lasciato stupidamente lì. In più voglio informarmi presso i miei ex colleghi della sorte di alcuni bambini che seguivo. C’è un caso che mi sta particolarmente a cuore e, se riesco, voglio tornarci sopra da titolare. Quel bambino ha bisogno di me e io voglio salvarlo, capisci? Trasferirò il caso a Nagasaki, nel mio nuovo ufficio. È stato un colpaccio trovare un nuovo lavoro così in fretta e sai che inizio il mese prossimo e sai anche che non mi piace rimanere senza nulla da fare. Occuparmi di Ennosuke è la mia priorità ora e ho già organizzato tutto con il mio vecchio capo. Abbiamo persino preso accordi con la nuova casa famiglia che lo accoglierà, ora manca solo di andarlo a prendere fisicamente. Pensavo di rimandare tutto tra due settimane, ma visto che sono già qua…»

«Ennosuke?» Esclamò quello con sconcerto. «È un bambino?» E quando lei annuì, disse. «Oddio che sollievo, avevo pensato… ma non ha più importanza ora. Certo che lui ha la priorità e… e credo che non dovresti trasferirlo in un’altra struttura. Mia nonna e mia madre saranno felicissime di occuparsi di lui. In fondo, la famiglia Yuma è specializzata nell’accogliere chi è in difficolta, dico bene… ragazzina?»

A quello scambio di battute, Holly sgranò gli occhi e non solo lui. Che diamine stavano dicendo quei due e di quali bambini si occupava Susie. Poi lei li sorprese ulteriormente quando si gettò tra le braccia del difensore e, mettendosi in punta di piedi, gli diede un bacio sulla guancia che lo fece arrossire molto.
 
«Una ragazzina petulante, una cagnolona e ora anche un bambino. Se non mi merito un posto in Paradiso io…» disse per sdrammatizzare Cliff, facendo ridere tutti prima di dire «vi spiegheremo tutto, ma non ora. E… grazie per l’abbraccio di ringraziamento, Susie, ma ora basta, è?» Concluse infine scostandola bruscamente, mentre quella – dopo un attimo di smarrimento – lo fissava con aria rassegnata.

Holly avrebbe tanto voluto saperne di più sullo strano rapporto di quei due, ma la sua mente era ancora occupata dal rifiuto di Patty.
 
«Posso sapere cosa ti trattiene dal venire ad aiutarci?» Le chiese con rabbia.

«Certo» rispose quella prontamente «te lo dirò, anche se è una discussione inutile perché ancora nessuno ci ha cercate. Ho degli obblighi qua, amore mio, e non posso fregarmene o delegare qualcuno per tutto quel tempo. Questa palazzina è una mia responsabilità e amo prendermene cura. Mia zia Miho non solo mi ha dato una casa gratis a vita, ma anche questo posto al quale entrambe abbiamo sempre tenuto tanto, è la mia eredità e lei si fidava di me. Tu hai il calcio, io la palazzina. Per ora ho ancora tante cose da imparare e non me la sento di rimandare. Non è semplice come può sembrare e dovrò frequentare un corso per amministratori di condominio. Fino a ora me la sono cavata, ma non potrò continuare così per sempre. Una volta che sarò più esperta, allora la cosa sarà diversa, ma per ora… mi spiace, ma ha la priorità anche sui deliri di quelli della Federazione.»

Quella risposta non gli era piaciuta per niente, ma poteva capirla. Lui aveva sempre messo davanti il calcio a tutto e quindi non aveva diritto di giudicare Patty se faceva una scelta simile. Anche se era dura da digerire.
 
«Amy? Manchi solo tu» sentì Julian chiedere alla fidanzata.

«Ah, ecco…» lei guardò Patty – perché? – e poi, dopo un suo cenno affermativo, disse «sì, em… caro, non è così che avevo progettato di dirtelo, ma… credo non ci sia un modo migliore di farlo, quindi… ho bisogno che tu venga con me, ora.»

«Davvero? E dove mi porti?»

«Da Steffen.»

A quel nome tutti e tre i calciatori sgranarono gli occhi sorpresi Mentre lui e Cliff erano ancora a bocca aperta, lo sguardo di Julian minacciava tempesta. Cosa diamine stava combinando ancora il vichingo e perché Amy sembrava così determinata e per niente intimorita dall’ira del fidanzato? E come mai Patty e Susie sorridevano? Che stava succedendo?
Quel pomeriggio iniziato bene stava velocemente prendendo una brutta piega e questa cosa non gli piaceva per niente.

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Capitolo 33
*** Scoperte sconcertanti ***


«Sai Patty, mi sento fissata» esordì Amy.

«Ma davvero? Non me ne ero accorta. In realtà lo siamo tutte e non hanno neanche tutti i torti, cariche come siamo.»

«Ci mancava solo che al corteo ci aggiungessimo anche noi tre e poi ovvio che alla stazione dei turisti ci hanno chiesto una foto» intervenne Susie. «Non si vedono tutti i giorni delle bellezze giapponesi e un bambino a spasso con un cane, un gatto e un pappagallo chiacchierone.»

In effetti Susie non aveva tutti i torti. Nonna Nozomi era rientrata quasi due settimane prima e ora le stavano riportando i suoi amati animali. Avevano optato per il treno perché un taxi non sarebbe bastato a contenerli tutti sul sedile posteriore e presentarsi dai suoi su due mezzi, anche no. Era stata la stessa nonna a dirle di aspettare a passare a trovarla, perché doveva riprendersi dal viaggio e dalla bella notizia che le avevano dato. Era stata felicissima di trasferirsi con la sua migliore amica a casa della figlia, o meglio nella dependance, e doveva ancora adattarsi. Il giorno prescelto per il loro re incontro, era quello. Patty era triste al dovere separarsi da Mister Wow e Oscar, ma non poteva rifiutarsi di restituirli alla nonna.
In aggiunta a loro, c’era anche Ennosuke. Un bellissimo bambino con corti e folti capelli neri, grandi occhi grigi e sguardo triste che, però e per fortuna, si era rianimato alla vista dei tre animali che lo attendevano nel loro appartamento. Non appena Susie aveva varcato la soglia con il piccolo – che di anni ne aveva otto da qualche giorno – Kohana si era data subito da fare per farlo sentire a suo agio e si poteva dire che l’aveva adottato, Mister Wow l’aveva fatto ridere con le sue citazioni dei film e Oscar… bè, lui l’aveva semplicemente preso come un cuscino umano, visto che gli era saltato stranamente in braccio appena si era seduto sul divano e non si era mosso per diverso tempo arrivando persino a russare.
Eh, sì, il loro appartamento si era riempito negli ultimi tempi. Lei e Amy avevano chiesto a Susie di restare per un po’ e non solo per una visita veloce – sempre se era libera da impegni urgenti – e lei aveva accettato tutta entusiasta. Il giorno dopo era rientrata di corsa a Nagasaki per recuperare una valigia e avvisare la famiglia Yuma sia dell’invito delle sue amiche, sia di Ennosuke che avrebbe portato con sé al suo rientro, con il benestare di Cliff. Una settimana dopo anche il piccolo orfano le aveva raggiunte a casa.
E ora erano tutti in giro per le strade di Nankatzu con destinazione casa dei suoi. Tutti quelli che incontravano li fissavano apertamente, ma nessuno si azzardava a fermarli.
Mancavano solo due vie al traguardo, quando Patty vide Susie fermarsi di colpo e sbiancare. Seguì il suo sguardo e notò una donna dal fare altezzoso guardarla molto male e con sdegno. Chi era? La risposta non si fece attendere e a lei iniziarono a prudere le mani, per fortuna notò che anche Amy aveva avuto la sua stessa reazione. Dovevano proteggere la loro amica a ogni costo.

 
«Tu!» Apostrofò Susie una volta che le ebbe raggiunte a grandi passi «Tu, ragazzina mentecatta. Ti avevo detto di non presentarti mai più davanti a me e invece eccoti qua di nuovo tra i piedi. Che cazzo vuoi ancora? Non credere che ti riaccoglierò in casa, perché la feccia non ce la voglio più. È stata una liberazione quando te ne sei andata, per tutti noi.»

Che donna sgradevole e maleducata, meritava una lezione.
 
«Ehi, lei, chieda subito scusa alla nostra amica qua. Ma come si permette, razza di idiota incivile» intervenne a difesa di Susie, mettendosi davanti alla tizia, ma l’amica le fece cenno di scansarsi e tacere.

«Signora, deve avermi confusa con qualcun’altra, io non la conosco» le rispose con sguardo e voce tagliente l’amica. «Sta spaventando il bambino e innervosendo Kohana, nonché infastidendo me e le mie amiche, quindi la pregherei di scusarsi e moderare il linguaggio.»

Caspita, che stoccata. Era evidente che l’amica conoscesse quella donna, come lo era anche il fatto che Kohana si fosse portata davanti alla sua padrona in posizione di difesa e stesse ringhiando piano alla tizia. Patty guardò anche Ennosuke che si era nascosto dietro le gambe di Susie, tremava e aveva lo sguardo basso. Dio, che cosa potevano avere mai fatto a quel bambino. Susie le aveva detto qualcosa della sua storia, ma evidentemente le aveva nascosto la parte più grave o non si spiegava un atteggiamento del genere da parte del piccolo. Anche Amy fissava muta la scena.
 
«Sai benissimo chi sono, stronzetta» ribatté quella «fai poco la santarellina con me, non attacca. Sei solo una sanguisuga bugiarda, meriti tutto il male di questo mondo. E voi» aggiunse poi fissandole «statele alla larga che è capace di portare disgrazia e basta.»

«Le ripeto, signora, che non sono io quella che cerca. Io sono morta, ricorda? Sono morta quando avevo sei anni e sono stata lasciata dai miei a casa sua, di suo marito e dei suoi due figli perfetti e perfidi. Sono morta quando ho scoperto che mi aveva rubato tutti i soldi lasciati dai miei genitori per il mio mantenimento. Sono morta ogni giorno vissuto in casa sua. Quindi vede, non posso essere io quella che cerca. Perché io sono rinata il giorno che mi è stata offerta una nuova possibilità e non sono più la ragazzina remissiva e impaurita di un tempo.»

Che cosa stava dicendo Susie? Ma come poteva essere vero? Guardò Amy che, con gli occhi lucidi per l’amica, fissava la scena, impotente come lei.
 
«Tu, schifosa ingrata. Se non era per la nostra pietà saresti finita in mezzo a una strada. Dovresti strisciare davanti a me, non attaccarmi ingiustamente. Ti abbiamo sopportata per tutti questi anni e hai anche la pretesa di rinfacciarci il nostro buon cuore» le rispose quella alzando il braccio con fare minaccioso e dal chiaro intento violento. «Ma chi ti credi di essere se non una null…»

Ma non riuscì a finire la frase, né a colpirla, perché Patty vide una figura imponente frapporsi tra le due e bloccare il braccio di quella odiosa donna.
 
«Le consiglio, signora, di girare al largo da questa ragazza d’ora in poi, o non mi limiterò a bloccarla. Sono stato abbastanza chiaro?»

«Cliff, oh mio…»

«Stavi per dire eroe, ragazzina?» Le chiese senza smettere di fissare la donna e senza mollare la presa «Oh, bè, immagino di esserlo, sì.»

«No, stavo per dire “oh mio Dio”, non ti allargare adesso. Grazie, ma posso cavarmela anche da sola contro mia zia, ma da dove sbuchi?»

«Ziaaaaa?» Urlarono tutti insieme.

«Purtroppo, lo è, o per meglio dire… lo era. Ora è solo una poveraccia che minaccia a vuoto e terrorizza i bambini. Non so neanche se mi fa più pena o schifo» rispose lei. «Allora, Cliffy, eri nascosto da qualche parte?»

«Sbuco da dietro l’angolo. Tra un’ora inizieranno gli allenamenti, ma volevo fare un riscaldamento muscolare prima e mi sono detto che una corsetta poteva starci tutta. Sai, mi hanno preso nella nuova squadra e devo mettercela tutta» le disse sorridendole.

«Lo so, l’ho sentito al telegiornale e la tua famiglia non stava più nella pelle dalla gioia. Tua nonna mi ha telefonato tutta emozionata. Ha detto che è orgogliosa di avere un nipote come te, uno che non molla mai e dal cuore così tanto grande da accogliere un bambino senza conoscerlo. Ha aggiunto anche che sono tutti impazienti di viziarlo.»

«Nonna esagera sempre.»

«No, ha ragione invece. Sei speciale Cliff. E anch’io sono orgogliosa di te, come dei tuoi risultati calcistici.»

Oh, oh, Clifford era arrossito come un peperone maturo, ma tu pensa. Patty guardò Amy che ora sorrideva e lei le fece il pollice in su.
 
«Grazie. E adesso dimmi… che devo fare con questa tizia, Susie? Non ho mai picchiato una donna e non vorrei iniziare certo adesso, ma ci sto andando vicino» le disse stringendo ancora di più la presa e facendo gemere di dolore la tizia.

«Mollala, credo che abbia capito l’antifona e che ascolterà il tuo consiglio, vero, cara zietta? Sparisci e se solo osi tornarmi davanti – perché sei stata tu a venire a infastidirmi e non viceversa – ti denuncio per stalking, violenza psicologica privata, tentata violenza fisica e furto e quello sarà solo l’inizio della tua fine, e bada bene che non scherzo. Sono un’assistente sociale se ben ti ricordi. Conosco bene la legge e i passi da compiere per farti molto male senza alzare un dito. Azzardati ancora a farmi una carognata del genere e rimpiangerai il giorno che hai deciso di trattarmi da schiavetta mai retribuita e non da nipote.»

Oh, santi numi… Susie era formidabile! Non appena Cliff lasciò la presa, infatti, quella donna ripugnante lasciò di corsa la via senza voltarsi indietro una volta.
 
«Wow, che spettacolo che sei amica mia» le disse abbracciandola, subito imitata da Amy che aveva ripreso colore.

«Hai molte cose da dirci, ma non abbiamo fretta e lo farai quando deciderai tu. Solo una cosa ti dico ora… mi dispiace. Mi dispiace per quello che quella donna ti ha fatto passare» le disse una Amy commossa.

«La mia ragazzina coraggiosa» intervenne un Cliff pensieroso a mezza voce. Poi la schiarì e riprese accucciandosi. «E tu sei il famoso Ennosuke, immagino. Non devi più avere paura, ok? Per fortuna al mondo ci sono anche persone buone e qui davanti a te ce ne sono ben quattro, più tre animali. Hai visto che brava è stata la nostra Kohana?» Gli chiese accarezzandola mentre quella si era seduta vicino a lui scodinzolando a tutto spiano «Ah, ma io parlo, parlo e tu non sai chi sono. Mi chiamo Clifford Yuma e sono un calciatore della Nazionale. Ti piacerebbe venire a spiare gli allenamenti un giorno di questi? Sempre se Susie è d’accordo» disse guardandola e lei annuì.

Patty vide il piccolo uscire dal suo nascondiglio, asciugarsi le guance dalle lacrime silenziose che gli erano scese e fargli un bel sorriso, annuendo entusiasta.
 
«Grazie per avere mandato via la signora cattiva» esordì poi.

«Prego. Non mi piace chi usa la violenza e la voce grossa per spaventare le persone, specie i bambini e le ragazzine indifese» disse guardando Susie che arrossì «anche se ora sono cresciute e sono diventate più toste.»

«Ma sei altissimo!» gli disse il piccolo facendolo ridere. «Posso davvero venire a vederti? E nessuno mi caccerà via?»

«Nessuno e potrai anche fare qualche tiro. Ma solo se farai il tifo per me e non per gli altri.»

E bravo Cliff, ci sapeva fare con i bambini, era ammirevole.
 
«A proposito, dove andate di bello? Siete in trasferta?»

«Momentaneamente. Riporto questi due dalla nonna e poi noi torniamo a Tokyo, mentre Susie ed Ennosuke partono per Nagasaki.»

«Bene, ne sono felice. Piacere di avervi rivisto allora. E… Susie, riportalo presto che devo mantenere una promessa» le disse sorridendole apertamente e agganciando lo sguardo al suo. «Devo salutarvi qualcuno?» Chiese poi rivolto a loro due.

Patty guardò l’amica che sorrise debolmente. Dal giorno che avevano detto il loro no al loro ruolo di manager, i loro ragazzi se l’erano legata al dito e – dopo una notte solitaria ognuno nelle proprie abitazioni – non si erano lasciati bene. Holly infuriato con lei anche se le aveva detto che la capiva e Julian con Amy, dopo la rivelazione sul suo lavoro.
 
«E perché no. Adesso corri, non vorrai che inizino senza di te» gli disse.

«E soprattutto non vorrai saltare la colazione. Guarda che Bruce non perdona» gli ricordò Amy.

«E telefona appena puoi, per favore» gli disse Susie abbracciandolo di slancio, facendolo arrossire «e ancora grazie… mio eroe» concluse poi strizzandogli l’occhio.

Patty vide Cliff diventare paonazzo prima di affrettarsi a correre via e sorrise. Aveva ragione l’amica, il difensore era cotto di lei, ma si rifiutava di cedere a quel sentimento, per una qualche strana ragione. Sarebbe stato divertente vederlo capitolare, ma prima…
 
«Ma lo vedi com’è felice che tu non sia nello staff? È gelosissimo di Diaz ed è tranquillo a saperti in partenza per Nagasaki perché così lui non può corteggiarti.»

«Vero, Patty, ma lui non sa ancora quello che accadrà da domani, o sbaglio?» Disse Amy sfregandosi le mani.

«Nessuno lo sa a dire il vero, ragazze. A parte noi, e qualche altra personcina lì dentro. Ora più che mai sono convinta che abbiate ragione e Vanesia sarà fiera di me.»

Poi, in preda alla ridarola, ripresero il cammino, con un Ennosuke stranamente ciarliero e di ottimo umore che le precedeva saltellando ovunque. Nonna Nozomi li stava aspettando.
 
 


 
«Che cosa? Hai visto Patty e Amy qui a Nankatzu?» Holly era basito, non se l’aspettava proprio.

«Ci hai parlato?» S’informò un Julian ansioso.

«Ovviamente sì, ed è stato… illuminante.»

«Illuminante dici? E come mai?» S’intromise Bruce mentre addentava un mini panino spalmato di marmellata.

Già, come mai? Era un incubo. Patty non gli parlava da quel famoso giorno che aveva voltato le spalle a quella strana e nuova Nazionale provvisoria. Avevano litigato – anche se le aveva detto di comprendere le sue ragioni – e aveva respinto ogni suo tentativo di riconciliazione.
La stessa cosa era accaduta a Julian con la sua Amy. Ecco, di certo lui aveva più motivi per avercela con la sua innamorata. Quando l’aveva portato da Steffen – e l’aveva aggiornato sulla situazione davanti al nordico – Julian si era chiuso a riccio e si era rifiutato di accettare la cosa, ma si era pentito subito di avere agito con tanto astio. Durante la loro notte solitaria, aveva confidato a lui e a Clifford, di essersi comportato come un cretino geloso e possessivo e lui non era mai stato così. Aveva anche progettato di chiedere scusa ad Amy la mattina dopo prima di partire, ma lei era già uscita per andare a visionare dei mobili per la cucina professionale. Con Steffen. Poco importava se non erano soli e si era portata a dietro anche gli altri soci. A Julian era andato il sangue alla testa ed era stato nervoso tutto il giorno.
E ora eccoli lì. Due stupidi che bramavano notizie sulle loro innamorate.   

 
«Parla dannazione. Non vedi che questi due sono al limite della pazzia da astinenza femminile?» Gli intimò Mark indicandoli.

«Sì, dicci tutto. Che hai scoperto di nuovo?» Gli chiese Philip.

«Se riguarda le nostre amiche, riguarda anche noi, quindi… a te la parola» e anche Tom volle dire la sua.

Holly tutto si sarebbe immaginato, meno che quello che l’amico riferì loro. Nessuno riusciva a crederci e il primo era proprio il difensore che – mentre parlava non senza imprecazioni abbastanza colorite – alla fine sembrava sereno, se non felice.
 
«E così, capirete bene, perché ha accettato di trasferirsi così lontano da qua senza esitazione e…» aggiunse poi guardando Diaz «mi spiace per te, ma sai, domani Susie riparte per Nagasaki. Ti è andata male, cavoli, come mi dispiace. Non potrai rivederla né chiederle di uscire come speravi di fare. Ah, lei lo sa che sei qua grazie ai tg sportivi che hanno dato ampio risalto a questo delirio, ma a quanto pare non è interessata. Un vero peccato, non trovi?»

«Oh, su amico non disperare. Io non mi arrendo per così poco. Troverò il modo per avvicinarla e chiederglielo e tu non potrai fare assolutamente nulla per impedirmelo.»

«Non sottovalutarmi Juan e non azzardarti più a chiamarmi amico, non lo siamo e non lo saremo mai. Ficcatelo bene in testa. Siamo costretti a lavorare insieme, ma la cosa inizia e finisce lì.»

L’astio tra quei due era palpabile e sempre crescente. Per il bene della squadra, però, dovevano sforzarsi di andare d’accordo. Decise che avrebbe fatto un discorsetto a entrambi, dopo colazione.
Così non poteva andare. Non c’era affiatamento tra loro e la lingua era un grosso ostacolo. Possibile che nessuno avesse pensato a tutto ciò? Aveva ragione Clifford, i capi guardavano solo ai profitti e al macero tutto il resto. Dopo due settimane, ancora faticavano a trovare un’intesa in campo e un punto d’incontro fuori. Era stato come mettere un faìna affamata in un recinto pieno di galline. Ok, il paragone non era poi molto azzeccato, ma il senso era quello.
Oltre a quasi tutti i suoi compagni storici, alcuni scelti come prime riserve, si erano aggiunti i tre assi argentini, due cinesi, tra cui il capitano della loro nazionale, tre cileni, due arabi e due uruguaiani. Insomma, erano aumentati a dismisura.

 
«Benji, sembri pensieroso. Qualcosa non va?» chiese all’amico stranamente silenzioso e scuro in volto che fissava il cellulare.

«Bè, ho appena ricevuto un messaggio da Strauss, a quanto pare loro stanno messi peggio di noi. Riteniamoci fortunati di non esserci ancora presi a botte, perché pare che da loro accada spesso. Dice che se continuano così, il rischio che corrono è quello di sciogliere la squadra e darci la vittoria a tavolino perché i capi ne hanno pieni i coglioni delle loro continue risse.»

Che cooooosa? Ci mancava solo quella. Ecco cosa succedeva quando non si studiavano bene i nuovi progetti, sull’onda delle emozioni e dei profitti.
 
«妈的,我就知道会是这样的结局。 我敢打赌我知道谁是那里最有争议的人之一。» (Dannazione, lo sapevo che sarebbe finita così. Scommetto di sapere chi è uno dei più litigiosi lì dentro.) Esordì Xiao Junguang, centrocampista offensivo cinese che militava nella squadra di Schneider.

Holly notò Benji guardare il cinese – che gli aveva detto di conoscere bene in quanto si era scontrato spesso con lui in campo – e lui tradusse in tedesco per il loro sggk che annuì con vigore.
 
«Sie sprechen von Bauer, oder?» (Parli di Bauer, vero?) disse il sggk passando alla lingua che entrambi conoscevano bene e li accumunava.
 
«Und wer sonst, er. Sie sagten so viel über dich, dass du aufbrausend warst wie wenige andere, aber das ist viel schlimmer, glaub mir.» (E di chi sennò, lui. Dicevano tanto di te che eri irascibile come pochi, ma quello è molto peggio, credi a me.) Ribadì con forza lui, riferendosi al portierone tedesco che giocava nella stessa squadra.

«Ha ragione Xiao, quel Bauer è imprevedibile e penso anch’io che molte risse avvengano per colpa sua» tradusse infine per il resto della squadra.

Dopo quell’annuncio – che gli interpreti presenti si affrettarono a tradurre – a Holly sembrava di essere capitato dentro la Torre di Babele durante la sua caduta. Impropri in varie lingue, ci poteva scommettere, permeavano l’aria. Che casino. Prese la parola. In fondo, lui era il capitano. Eh, sì. Dopo avere scelto i membri della nuova squadra, gli allenatori avevano fatto sfidare tra loro alcuni potenziali capitani e lui l’aveva spuntata su tutti.
 
«Ok, basta, fate tutti silenzio!» disse sbattendo le mani sul tavolo e alzandosi di scatto. «Stare qui a imprecare contro i capi non serve a nulla. Questa è la giusta occasione per collaborare tra noi, finalmente, e fare vedere a tutti di che pasta siamo fatti. Il calcio parla una solo unica lingua e noi sappiamo usarla, quindi vediamo di sfruttare questo vantaggio che abbiamo. Dobbiamo fare fronte comune e dimostrare che siamo una grande squadra. Ci sforzeremo di comprenderci sia a gesti che con parole semplici, che si possono imparare in fretta e capire al volo. Capisco che siamo sempre stati avversari, ma per un po’ questa cosa deve passare in secondo piano, se non in terzo e anche oltre. Abbiamo un’occasione unica e rara e non dobbiamo sprecarla. Possiamo imparare tutti qualcosa e dobbiamo farlo per il bene comune. Sappiamo che la squadra europea è in difficoltà. Mi spiace, ovviamente, ma questo è un bene per tutti noi. Non mi va di vincere a tavolino. Noi possiamo e abbiamo l’obbligo di diventare un esempio anche per loro. Da oggi tutto cambia per noi. Magari non diventeremo mai amici, ma colleghi sì. E adesso sbrighiamoci a finire la colazione. È tutto.»

Subito dopo la sala esplose in un lungo applauso, ma che aveva detto mai di strano? Lui sperava solo che d’ora in poi le cose, per tutti loro, cambiassero in meglio. Ora doveva accadere anche con Patty e poi poteva ritenersi soddisfatto.
 
 


 
«Oh, la mia nipotina preferita. Quanto mi sei mancata, mia cara Patty» le disse stringendola in forte abbraccio.

«Oh, nonna, anche tu… tantissimo e ti ricordo che sono la tua unica nipote femmina.»

Era bello riaverla a casa. Era meno bello doverle lasciare Oscar e Mister Wow e rientrare a Tokyo senza di loro. Voleva un bene dell’anima a quei due, ma non poteva farci niente, non erano ancora suoi e la casa sarebbe rimasta vuota senza di loro in giro. Almeno fino a che…
 
«Nonna, Oscar ha messo incinta la gatta del piano di sotto» le disse senza mezzi termini.

«Come? Oh, ma che mattacchione che sei» disse abbracciando il felino in questione che iniziò a fare le fusa.

«Ma… tutto qui quello che hai da dire? Che mattacchione? Non potevi dirmelo prima che non era castrato? Ca…volo, lo sai quante volte Miki ha portato da noi Birba perché Oscar non la degnava mai di uno sguardo? Poi un bel giorno è uscito dal letargo e non ti dico che casino ha creato in tutto lo stabile, per poi accoppiarsi con lei davanti a tutti nell’atrio. E smettila di rid… anzi, smettetela di ridere, tutti quanti!» Concluse poi guardandosi in giro.

I suoi genitori, suo fratello, l’amica di nonna, la nonna stessa, le sue amiche, la madre di Holly – che era già lì con il piccolo Daichi quando era arrivata – e persino i vicini di casa che stavano tagliando la siepe in giardino. Ridevano tutti, senza ritegno. Per fortuna Daichi ed Ennosuke erano ancora troppo piccoli per capire certe cose e continuarono a giocare. E per fortuna anche che si era corretta sulla parolaccia che stava per dire.
 
«Cara, non prendertela, è la natura. Oscar sta sempre in casa e non me la sono sentita di levargli anche le palline. Pensavo lo sapessi.»

Ah, che finta innocentina.
 
«Scuse, scuse. Nonna, ma lo sai che è anche un modo per prevenire certe malattie e preservarlo quando va in calore? Perché c’era Birba nei paraggi e ha avuto vita facile, ma molti non sono così fortunati e girano per mesi, tornando in stati pietosi.»
 
«Lo so, purtroppo, ma ti ripeto che non esce mai se non sul balcone. Ma hai ragione, dopo questo episodio lo farò castrare al più presto. Per ora pensa solo a che bei micetti nasceranno» le disse generando altre risate «e ora, tu, mia cara nipotina, vieni con me. Dobbiamo parlare seriamente di tu sai chi» e così dicendo, dopo essersi alzata, la trascinò nella dependance con Oscar sempre in braccio e Mister Wow sulla spalla.

Certo, Patty si aspettava quel momento dal suo arrivo, ma non aveva ben capito a chi si riferisse la nonna… a Steff o a Holly?
 
«Nonna, ti piace davvero qui?» Esordì lei, mentre la nonna faceva accomodare il micione sulla poltrona e l’Ara sul suo trespolo.

«Cara, non potevate farmi un regalo migliore di questo. E poi non sono sola e di questo pensiero bellissimo e generoso devo dire grazie a tutti voi.»

«Di nulla. Eravate entrambe sole e così abbiamo pensato di riunirvi o rischiavate di vedervi pochissimo d’ora in poi e la vostra bella amicizia ne avrebbe risentito» le rispose abbracciandola. «Ma non era di questo che volevi parlarmi bensì della mia situazione sentimentale, giusto?»

«Mi sembra ovvio. E dunque, hai fatto progressi col tuo futuro marito?»

E lì, Patty, sentì velocemente inumidirsi gli occhi prima di scoppiare in un pianto a dirotto.
 
«Oh… non… nina mia» le disse singhiozzando «potrà ma…i pe perdona… rmiiiiii? Io lo amo così tanto e…»

Patty le parlò degli ultimi eventi che li avevano visti lontani fisicamente e non solo. Della mancanza che sentiva di lui e della sua paura di telefonargli e di sentirlo ancora arrabbiato con lei.
 
«Un tempo» concluse lei dopo essersi ripresa e messa in modalità battagliera «non me ne poteva fregare di meno, ma ora… ora ci sto malissimo. Lo sa che ho delle responsabilità e che non posso girarmi dall’altra parte per qualche mese solo perché la nuova squadra provvisoria ha bisogno di aiuto, eppure… a parole mi dice prima mi dice che è tutto ok e poi mi accusa di lasciarli in difficoltà. Come può essere così… egoista e io stupida che me la prendo anche. In tutti questi anni lui ha sempre anteposto il calcio a tutto e a tutti e nessuno mai ha osato dirgli che sbagliava. Allora perché lui non si rende conto che per me è importante amministrare al meglio la palazzina?»

Subito diopo quelle parole, Maggie Hutton entrò.
 
«Mia cara, perdonami se ho sentito tutto e sono rimasta nascosta, ma non volevo interromperti. Vorrei parlarti da madre di quella testa dura che è Oliver. Conosci mio figlio molto bene e sai che anche lui ti ama tantissimo. Sai anche che quanto tiene a qualcosa o a qualcuno non si risparmia. Ma a volte è così stupido e ottuso che deve ringraziare di essere mio figlio altrimenti…» e mosse una mano a pugno davanti a lei facendola ridere. «A volte ha bisogno di scontrarsi con la realtà che spesso ignora. Non è colpa tua se non hai potuto ricoprire il ruolo che tanto ami e non devi sentirti in colpa. Lascia che capisca da solo di avere sbagliato e che strisci davanti a te. E lo farà. Se lo conosco bene – ed è così credimi – si starà già dando del cretino da solo, escogitando un modo per contattarti.»

«A volte l’amore è fatto di incomprensioni, litigi e arrabbiature, è normale e giusto… non può andare sempre tutto bene. Ma sai qual è il bello?» Le disse la nonna.

Patty scosse la testa, fissando le due donne che la guardavano con aria divertita.
 
«Fare la pace» sentenziarono insieme Nozomi e Maggie.

E, su quella semplice frase, Patty arrossì a più non posso. Era ora di svelare loro il piccolo segreto che lei e le sue amiche tenevano per sé da qualche giorno.
 
«Sì, avete ragione, basta abbattersi. Voglio parlargli e riconciliarmi con lui. E credo che avverrà molto prima di quello che il mio Holly pensa. Sapete, noi…»

Quando ebbe terminato di esporre il piano suo, di Amy e Susie – in combutta con solo loro sapevano chi – le due donne erano ormai con le lacrime agli occhi dal troppo ridere e le diedero la loro approvazione.
 
«Oh, è perfetto. Avete trovato una soluzione geniale, brave» le disse nonna.

«Già, ben fatto» rincarò la dose Maggie «mi spiace solo non potere essere presente, ma tu mi terrai aggiornata, vero?»

E c’era da chiederlo? Ovviamente. Il suo caro Holly avrebbe imparato presto che non bisognava mai dare nulla per scontato con lei. Mai.
Era ora di agire.

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Capitolo 34
*** Insieme per vincere ***


«Finalmente siete arrivati. Benvenuti a tutti, vecchi e nuovi acquisti. Vi concedo trenta minuti per sistemare le vostre cose, ambientarvi e poi raggiungerci al campo» mister Gamo fece per andarsene, ma poi ci ripensò e tornò sui suoi passi, solo per aggiungere «grazie per la vostra disponibilità. Lo so che non è stato facile per nessuno di voi, assecondarci, ma l’avete fatto e questo conta molto per tutti noi» e poi si defilò per davvero, lanciando uno sguardo ambiguo a una tizia che lo fissava con insistenza.

Lo strano gruppo sorrise mesto a quel veloce saluto. Lasciarono una di loro a curiosare in giro e si diressero nell’area notte.
Lei, nominata il loro capo indiscusso, aiutò i nuovi arrivi a sistemarsi nel loro alloggio e a prendere visione del loro luogo di lavoro per i mesi successivi e gli diede appuntamento nell’atrio di lì a dieci minuti. Poi, dopo essere tornata nella stanza che da sempre condivideva con le altre, si lanciò sul letto e sgambettò urlante come una bimba la mattina di Natale alla vista del gioco tanto desiderato. Dopo qualche sguardo confuso, le amiche le sorrisero raggianti e si affrettarono a calarsi nel loro ruolo. Avevano un lavoro da svolgere, non c’era tempo da perdere in sentimentalismi e così – dopo un veloce gesto di incoraggiamento con le loro mani sovrapposte e poi lanciate in aria – si affrettarono a prepararsi.
 
 
 


 
«Pausa!» Urlò loro mister Turner, sconvolgendoli.

Pausa? E che diamine significava. L’ora del pranzo era ancora lontana, erano appena passate le 10.30 del mattino e gli allenamenti erano in pieno svolgimento.
Dopo la scoperta del giorno prima – ovvero delle difficoltà della squadra europea – si erano tutti dati una calmata e avevano iniziato a collaborare, cercando di comprendersi al meglio. Alcuni dicevano che era stato merito del suo discorso, ma Holly non la vedeva così.
Stava ancora cercando di capirci qualcosa – e a giudicare dagli sguardi confusi anche i suoi amici e il resto della squadra – quando…
Wofff, wofff, woff e una saetta canina nera e bianca entrò in campo dirigendosi dritta dritta addosso a Clifford che – preso alla sprovvista – fu gettato a terra e sovrastato dal festante cane, facendolo ridere.

 
«Kohana, ma che… ok, adesso piantala. Smettila ho detto» ma quella non desisteva facendo ridere tutti «A cuccia!» Le ordinò con tono perentorio e finalmente la cagnolona si bloccò e si sedette di fianco a lui. «Ma che diamine ci fa qui, tu, non dovresti essere a Nagasaki con… oh, no. Nonononono… non è possibile» concluse poi con fare sconsolato.

Holly stava ancora ridendo di quella scenetta inconsueta, quando si sentì sbalzare in avanti e una voce ben nota gli perforò i timpani.
 
«Capitano, oh mio capitano!»

«Mister Wow? Ma che caz… ti sapevo con la nonna.»

«Nessun posto è bello come casa mia.» (Il mago di Oz)
 
«Mi mancavano le tue frasi, sai bellezza pennuta?» Gli disse lisciandogli il piumaggio del dorso. «Ma… ma se tu sei qui, allora questo vuole dire che anche…»

Si guardò in giro frenetico, mentre tutti gli si facevano attorno attirati dall’Ara Giallo Blu.  E poi la vide… a bordo campo e non solo lei. Che cooosa? Ma era uno scherzo?
 
«Ragazzi, venite tutti qua. Abbiamo un annuncio da farvi» urlò loro mister Gamo.

Un annuncio? Holly guardò meglio il gruppo che stazionava di fianco agli allenatori e agli interpreti e sbattè gli occhi, incredulo.
C’erano, in ordine da sinistra: Patty, Amy, Eveline, Susie, Jenny, Maki, il vichingo con altri quattro ragazzi che non conosceva, Vanesia e un bambino. Un bambino?

 
«E lui chi sarebbe» disse Bruce indicando il piccolo «una nuova recluta?»

«Mister, capisco che ha detto che servirebbe qualcuno di più giovane tra di noi, ma così ha esagerato però» disse Benji a mister Gamo, scatenando risate generali.

«Fate poco gli spiritosi, adesso Turner vi spiegherà tutto.»

Ecco, bravi, spiegateci tutto che sono curioso. Oh, mio, Dio com’è bella. Devo scusarmi con lei, ora, adesso, subito e poi…
 
«Niente da fare, quando il vostro amico qui guarda Patty, si perde» sentì dire una voce. «Oliver, sveglia, su» e una mano schioccò davanti ai suoi occhi facendolo sobbalzare.

«Che… ma che… ci fate tutti qua» chiese dopo essersi ripreso. «Vanesia? Hai deciso che vuoi entrare in squadra anche tu?»

«Ah, ah, ah, sei spiritoso, davvero. Ma no, anche se devo ammettere che è una tentazione niente male e parecchio interessante» disse poi squadrando tutti con sguardo profondo che fece arrossire e sbigottire più di uno di loro, persino gli stranieri. «Stamattina ho visto una combriccola uscire dalla palazzina con dei borsoni e volevo capire cosa stesse succedendo, così ho fatto la sfacciata e gliel’ho chiesto. Adoro le gite di gruppo. E poi Patty mi ha detto che Nozomi ha chiesto di vedermi, così mi sono unita a loro e ne ho approfittato. Solo la curiosità mi ha spinta a seguirli qua da voi. Che dire, ho fatto bene. Ma ora devo lasciarvi, con mio sommo dispiacere. A presto, cari e…» aggiunse infine guardando mister Gamo che si irrigidì e indietreggiò un poco «è stato un vero piacere conoscerla» gli strizzò l’occhio e poi se ne andò.

Che coooosaaaaa? Holly guardò il mister che sembrava sconvolto e perplesso. Che avesse capito chi si era trovato davanti a fargli delle avance? Ops.
 
«Mister, ha fatto conquiste» esordì Bruce.

«Quella donna ha qualcosa che non mi convince. Per tutto il tempo che voi ci avete messo a prepararvi» disse lui guardando i nuovi arrivati «lei ha girovagato qua attorno e mi continuava a fissare da lontano e non so perché, ma quello sguardo ha qualcosa di inquietante.»

«Io non la chiamerei conquista, Bruce, a meno che lei non abbia cambiato gusti, mister» gli disse una Patty senza mezzi termini. «Vanesia ha l’aspetto di una bellissima donna nera, ma le assicuro che non lo è, proprio no.»

Un minuto di silenzio accolse quelle parole e anche i traduttori non seppero che dire, lasciando molti calciatori nell’incertezza di quello che era accaduto. Poi esplose il caos cui lo stesso mister mise fine, prima di andarsi a riprendere in ufficio scuotendo la testa.
 
«Ho bisogno di stare solo per un po’. Turner, pensaci tu a loro. Credo che mi stia venendo un forte mal di testa, molto forte.»

«Oh, oh, forse non dovevo dirlo?»

«Patty, sei tremenda. Gli hai dato il colpo di grazia e non solo a lui» l’interruppe Mark guardandosi in giro e notando i volti sconvolti dei suoi amici. «Ma ora fammi capire se non sono impazzito e se non devo andare da un otorino… Vanesia è un uomo?»

«Era un uomo, Mark, era. Ora è… è una bomba sexy, simpaticissima e alla mano. Ed è grazie a lei se io ho potuto essere qua con voi, da oggi e per tutta la durata di questo strano esperimento.»
 
Come, come? Cos’era quella storia? A lui risultava che Vanesia fosse una… massaggiatrice e una sessuologa., come avrebbe mai potuto aiutare Patty al punto da farla allontanare da La Palazzina Fiorita. Holly era confuso.
 
«Bene, visto che il mio… em, collega, non è in forma in questo momento… vi darò io le spiegazioni» esordì Jeff Turner. «Come sapete, la Federazione Calcio Giapponese ha contattato le nostre vecchie man…»

«Ehi, piano con le parole. Vecchie a chi?» Lo bloccò Patty con veemenza spalleggiata dalle altre manager e facendo ridere tutti.

«Em… sì, ok, volevo dire… storiche manager» si corresse guardandola prima di proseguire «per chiedere loro di assisterci in questa nuova avventura. Loro, inizialmente si erano defilate. Ognuna aveva le sue ragioni, più che valide, ovvio, ma non hanno resistito a lungo e così ci hanno contattato qualche giorno fa.»

«Esatto» intervenne Amy «e abbiamo deciso di fare entrambe le cose. Ovviamente la priorità andrà alla squadra e nel tempo libero ci dedicheremo al resto. All’inizio non sarà semplice, ma si sa… noi donne abbiamo una marcia in più e quindi ci adatteremo presto a questo nuovo stile di vita, se pur provvisorio.»
 
Ma erano impazzite? Holly era basito e come lui i suoi amici che iniziarono a protestare.
 
«E come pensate di fare? Qui dentro è un delirio, non è semplice comunicare e spesso capita che non ci capiamo e persino in campo combiniamo guai» disse loro Julian. «Amy, mi hai detto che vuoi aiutare Steff qui con il suo progetto e cavoli, non me ne intendo di arredamenti d’interni e robe varie, ma non deve essere semplice. Già di suo sarà un lavoro che ti porterà via un sacco di tempo e di energie, come puoi anche solo pensare di riuscire anche a gestire noi.»

«Bè, caro, grazie per la fiducia» gli rispose con ironia «ma non ti devi preoccupare per me, non sono fatta di porcellana. So quali sono i miei limiti e questo grazie a Patty che in questi anni mi è sempre stata vicina e consigliata e incoraggiata. Non avrei mai proposto una cosa del genere se mi fossi valutata non all’altezza di quello che mi aspetta.»
 
Certo che Amy era proprio cambiata. Era ammirevole la sua devozione nell’amicizia con Patty e invidiabile.
 
«E tu, amore mio» chiese lui a Patty «come potrai mai conciliare tutto? Hai detto che Vanesia è pronta a darti una mano, ma come?»

«Ho sistemato tutto, non devi preoccuparti per me, hai già troppi pensieri per la testa senza aggiungerne altri» gli rispose deludendolo. «Sappi solo che quella donna ha mille risorse e un master in amministrazione condominiale, il che non guasta in questo caso. A quanto pare, prima della sua nuova vita era un noioso uomo d’affari e gestiva con successo diverse palazzine, condomini e uffici a Tokyo e più precisamente a Ginza. Poi… puf, un bel giorno ha capito che doveva darci un taglio – in tutti i sensi oserei dire, ah ah ah – e l’ha fatto. Ora è quella che è, ma il passato non si rinnega e lei ne va fiera. La nonna lo sapeva ed è stata lei a farmelo sapere. Ed è per questo motivo che ora Vanesia sta andando a trovarla. Io collaborerò con lei nei momenti liberi. Il corso che volevo seguire, aspetterà e poi potrò sempre farlo più avanti.»
 
Pazzesco, Holly non riusciva a crederci. Patty era lì e aveva messo in stand by il corso per lui – no, correzione – per loro. Dio, quanto l’amava.
Oh sì, dolcezza, potrai anche passare il tuo tempo libero al telefono con Vanesia, ma ti prometto che non sarà tutto. Buona parte sarai impegnata con me. È una promessa questa!, si disse.
 
«Io invece sto pensando di lasciare la squadra di Softball» intervenne Maki facendo sussultare Mark dalla sorpresa. «Ora che abbiamo vinto anche il nostro di campionato, sento che è arrivato il momento di voltare pagina e di mettermi dall’altro lato, come allenatrice. Molte mie compagne hanno già lasciato la squadra per seguire altre carriere e le nuove reclute sono tutte troppo giovani per me. Le allenerò, ma per farlo al meglio dovrò studiare anche molta teoria e non solo pratica e comunque non inizierò prima del prossimo campionato quindi… ho portato con me il necessario per studiare. Impiegherò questi mesi a farlo, una volta terminati i miei compiti giornalieri con voi» concluse girandosi e mostrando uno zainetto assai pieno a giudicare da come le pendeva sulla schiena.

«Ah, tocca a me?» Esordì Jenny notando che le amiche la fissavano per incoraggiarla. «Bè, io non ho grandi aspettative come tutte loro, sono sempre stata una tipa piuttosto calma e riflessiva. Non ho grandi ambizioni, ma… potrei aiutarvi in molti modi. Sono molto brava con ago e filo quindi… venite pure da me in caso vi servisse. Non avevo accettato solo perché non volevo essere da sola, ma quando ho saputo che le altre ci sarebbero state, ho cambiato idea volentieri» disse arrossendo.

«Scommetto che ora è il mio turno. Bè, la farò semplice. L’asilo dove lavoro è stato chiuso per lavori strutturali molto seri e prima di sei mesi non si riapre. Se si riapre. Vi è andata bene, perché fino alla settimana scorsa non si erano riscontrati problemi e invece poi – all’improvviso – un guasto all’impianto elettrico ha spinto la direzione alla chiusura totale. Doveva essere un intervento semplice, ma sappiamo tutti come vanno certe cose e così si è scoperto che tutto l’edificio non è a norma e che i proprietari avevano mentito su certi visti sulla sicurezza. Sinceramente, sto pensando di aprirne uno mio, piccolo, ma funzionale e le mie colleghe si sono già prenotate per lavorarci.»
 
A quelle parole Holly vide Bruce prima sbiancare e poi arrabbiarsi, infine lo vide sorridere al sogno della sua innamorata.
 
«Non resto che io» intervenne Susie, guardando un Clifford nervoso. «Sono un’assistente sociale e mi occupo di bambini orfani, ospitati sia in strutture apposite che in case famiglie» confessò. «Dovevo iniziare il mio nuovo impiego a Nagasaki da qui a poco, ma alla fine la collega che doveva andarsene subito e che dovevo sostituire, ha rimandato la partenza per cause familiari e si tratterrà ancora per qualche tempo. Quello necessario per rompervi le scatole insomma. Così, ho molto tempo libero da impiegare in qualche modo e mi sono detta, perché non rendermi utile con quegli impiastri di amici che mi ritrovo?»

«Che pensiero gentile» le rispose un sarcastico Cliff «è solo per questo che sei qui, vero? E dimmi, come mai ti sei trascinata dietro anche Ennosuke?»

«Perché voleva vedere dove il suo nuovo eroe si allenasse – ti ricordo la promessa che gli hai fatto già che ci sono – e perché ora è una mia responsabilità e dove vado io, viene anche lui» gli rispose sfidandolo con lo sguardo prima di aggiungere, con fare diabolico. «E poi ho sentito che questa volta ci sono elementi nuovi tra le nostre solite fila ed ero curiosa di conoscerli. Wow, sono tanto bravi quanto belli? Ciao a tutti» disse poi rivolta al nuovo gruppo, agitando la mano in segno di saluto e sorridendo loro.
 
Cavoli, li aveva conquistati tutti in meno di due minuti a vedere i larghi sorrisi apparsi sui volti dei nuovi arrivati. Di sicuro non avevano capito una parola, ma una bella ragazza sorridente che li salutava, era difficile da ignorare. Povero Cliff.
 
«Ma benvenuta. Confesso che ho accettato questa situazione solo per poterti rivedere» le disse Diaz, avvicinandosi e prendendole le mani. «L’avevo promesso che sarei tornato e infatti eccomi qua. Ci sono rimasto parecchio male quando non ti ho vista, ma ora ci rifaremo del tempo perduto» concluse poi strizzandole l’occhio.
 
Con la coda dell’occhio Holly vide Clifford fremere di rabbia, davvero… povero amico.
 
«Bene, ci conto» gli rispose lei «mi farebbe piacere. A patto che tu dia priorità alla squadra.»
 
Oh, no, quello non andava bene. Le cose si mettevano male e non solo per Cliff, ma anche per lo spirito di squadra. Perché se prima già quei due si mal sopportavano, ora…
 
«Buona Kohana» lo sentì dire sottovoce alla cagnolona che stava ringhiando piano a Diaz «non piace neanche a me, ma per ora tienilo d’occhio e – se si avvicinasse troppo a Susie – sai cosa devi fare.»
 
Come, come? Stava dando disposizioni alla Shiba Inu che condivideva con Susie di attaccare Diaz in caso le desse fastidio? E lei sembrava capirlo, incredibile. Improvvisamente il bambino – Ennosuke se non ricordava male – era corso dal loro difensore e l’aveva preso per mano, distraendolo dal duo che continuava a flirtare.
 
«Quello lì non mi piace» gli disse riferito all’argentino.

«Hai ragione, neanche a me. Aiuterai Kohana a fare la guardia a Susie, vero?»

«Certo. Ho otto anni, sono grande io» rispose quello tutto orgoglioso.

«E bravo il nostro Eno, vieni con me, ometto. Ti ho promesso qualche tiro e visto che siamo in pausa…» e poi lo portò in mezzo al campo.
 
E mentre il suo amico si dedicava alla piccola recluta sotto gli sguardi divertiti di tutti, lui vide Susie gettare uno sguardo a Cliff per poi prendere Diaz sotto braccio – dopo essersi assicurata di essere vista da lui -- e fargli gli occhi dolci.
Ah, dunque era così che stavano le cose? Holly era basito e divertito allo stesso tempo e ora, era curioso più che mai di scoprire il vincitore alla conquista del cuore di Susie.
 
 


 
«Certo che voi siete strani forti» esordì Pascal, amico e compagno di squadra di Diaz.

«Con voi non ci si annoia mai» rincarò la dose in un giapponese stentato Mark Owairan, il capitano della nazionale araba.

«Animali, un bambino, belle ragazze. Se l’avessi saputo prima avrei proposto io una squadra mista» anche un divertito Galvan, difensore argentino, volle partecipare alla discussione.

«Wenn ich zurückkomme, möchte ich dem Trainer auch einige Manager zur Unterstützung der Nationalmannschaft vorschlagen.» (Quando torno voglio proporre anche io, al mister, delle manager a supporto della nazionale.) Intervenne uno Xiao ammirato.

«Ja, freund, aber fügsamer als wir, sonst wirst du es bald bereuen.» (Sì, amico, ma più docili delle nostre o lo rimpiangerai presto.) Gli rispose Benji per poi tradurre sottovoce agli amici che iniziarono a ridere.

«Che cosa hai dettoooo?»
 
Sfortunatamente per il loro sggk, Patty aveva sentito benissimo la traduzione e si era portata accanto a lui con le braccia appoggiate ai fianchi e uno sguardo battagliero che, da solo, avrebbe fatto paura anche a un vampiro.
 
«Hab jetzt verstanden was ich meinte, oder?» (Capito ora cosa intendevo, vero?) Disse poi rivolto al cinese e quello si affrettò ad annuire mentre indietreggiava piano.
 
Quella scenetta provocò grandi risate – era facilmente capibile da tutti anche senza traduzioni – e mister Turner ringraziò che le manager avessero accettato di aiutarli, sicuramente avevano contribuito allo spirito di squadra.
 



 
«Patty, scusa, ma… perché loro sono qui?» Chiese Bruce indicando i cinque ragazzi rimasti ai margini.
 
Ah, giusto, si era quasi dimenticata de L’Allegra Brigata di Steff. Quasi.
 
«Bè, dovrete pur mangiare qualcosa di sostanzioso, no? Insomma, noi non siamo abituate a cucinare per così tante persone, ma loro sì e, attualmente…»

«Essendo ancora senza lavoro e in procinto di metterci in proprio, abbiamo molto tempo libero» s’intromise Steffen «così, si è deciso di aiutarvi. Ovviamente d’accordo con i tipi della Federazione e i vostri allenatori. Diciamo solo che è un accordo con benefici, per entrambi.»

«Benefici?» Intervenne Holly. «Vuoi dire che oltre che averti tra i piedi tutto il giorno, tutti i giorni per mesi… ne trarrai anche qualcosa di buono? E dimmi, la tua Miki, è d’accordo a saperti con Patty e, ovviamente, con tutti noi?»

«Innanzitutto, non è la mia Miki – è un tipo duro, tosto, quella – dannazione e chi l’avrebbe mai immaginato. Per ora siamo solo amici.»

«Anche lì, con benefici» intervenne Patty facendolo arrossire e provocando risatine dal suo gruppo di colleghi amici. «Prova a negarlo se ne hai il coraggio. Vi ho visti e molto bene anche. Sul pianerottolo, due giorni fa.»

«Non si spia dal buco della serratura!» L’ammonì quello con veemenza. «E comunque…» disse cercando di riprendere il discorso.

«Senti chi parla» l’ammonirono lui e Patty insieme per poi arrossire di colpo.

«E comunqueeeee… l’accordo è questo. Noi cuciniamo per questo vostro strampalato gruppo multiculturale e loro, i vostri capi, ci fanno pubblicità gratuita. Così, da una piccola agenzia di catering, potremo aspirare a molto di più… se andrà tutto bene.»

«Già» intervenne una Amy eccitata con gli occhi lucidi di gioia «e di conseguenza – visto che sarò io a seguire i lavori di ristrutturazione interna dei loro locali – ne beneficerò di riflesso. E che cazzo, non potevo chiedere di meglio. E tutto solo per avere accettato di aiutarli con poco profitto, spinta dalla nostra amicizia. Che culo, vero?»
 
Patty notò i suoi amici strabuzzare gli occhi. Eh, sì, ormai Amy non era più la piccola, timida e indifesa ragazzina che aveva conosciuto. Negli anni era cresciuta e – grazie a lei – sbocciata. Ormai infilava qualche parolaccia nei discorsi con disinvoltura. All’inizio la cosa la faceva ridere, ma ora ci si era abituata. Holly e Julian ci avevano messo del tempo, ma erano riusciti ad accettare questo cambiamento. Ora toccava al resto della squadra.
Bene, era ora di levare le tende e iniziare a darsi da fare. Avevano interrotto gli allenamenti anche per troppo tempo e la cosa non le piaceva per nulla.
 
«Bene, bene. Vedo che si batte la fiacca» disse indicandoli tutti con l’indice puntato «vi ricordo che tra circa due mesi dovrete battere la Nazionale Unica Europea. È così che pensate di farlo? Perdendovi in chiacchiere come vecchie pettegole? Noi penseremo alle retrovie, ma voi dovete darci sotto in campo. Sarà un lavoro collettivo con un unico obiettivo comune e cascasse il mondo voi vincerete o vi giuro che ve la farò pagare cara, e non ci andrò giù leggera, chiaro sì o chiaro sì?»
 
Bè, il suo discorso doveva avere fatto effetto perché – dopo che i traduttori avevano balbettato le sue minacce, facendo sbiancare i giocatori stranieri e dopo che lei si era ripresa Mister Wow dalla spalla di Holly dove era rimasto per tutto il tempo – corsero tutti in campo e non persero tempo a mettersi sotto.
 
«Grazie, Patty. Sono contento che alla fine tu abbia accettato. Ci sei mancata in questo periodo. Solo tu riesci a mettergli addosso fifa e voglia di vincere allo stesso tempo e in una sola frase. Spero che lo farai spesso, con tutti.»
 
Patty sussultò a quelle parole. Non aveva sentito arrivare mister Gamo. Anche lei era felice di essere lì e di essere utile per la squadra.
Le rimaneva solo una cosa da fare. Chiarire con Holly. Maggie aveva ragione, suo figlio non era più arrabbiato con lei, l’aveva percepito nei suoi sguardi. E così decise. Quella sera, avrebbe braccato il suo Holly e gli avrebbe dimostrato cosa significasse per lei.

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Capitolo 35
*** Trappola Piccante ***


«Ma cos…»

Holly si sentì strattonare per un braccio e trascinare dentro il magazzino, poi la porta venne chiusa con un tonfo e lui sbattuto contro una parete. Stava ancora cercando di capire cosa gli fosse successo quando delle morbide labbra avevano preso possesso delle sue e un corpo che ben conosceva si era incollato al suo. Patty.
D’istinto la prese tra le braccia e approfondì il bacio. Portò le mani sul sedere dell’amata e la fece aderire meglio a sé. Voleva che capisse quanto le era mancata in quel periodo e ci riuscì, visto che lei emise un lungo gemito di approvazione e poi si strusciò contro di lui mentre gli portava le mani nei capelli per attirarlo ancora di più nell’oblio.
Holly si prese del tempo per esplorare a fondo la bocca di Patty, Dio, poteva morire baciandola. Lasciò vagare le sue mani per la schiena di lei e poi le portò sotto la semplice t-shirt dello staff che portava, fino a raggiungere i suoi meravigliosi e pieni e morbidissimi seni.
Sentì Patty trattenere il respiro mentre – con suo sommo dispiacere – metteva fine al bacio e portava indietro la testa, gli occhi chiusi e le labbra semi aperte che lo imploravano di continuare tra un Ti Amo, un È così bello e un Di più, amore mio.
Lo stava facendo uscire di senno e così l’ascoltò. Invertì le posizioni e l’appoggiò alla porta, le sfilò quell’indumento fastidioso e…

 
«Pizzo nero. Quanto sei sexy» le disse facendola ridacchiare. «Chiudi la porta a chiave» le ordinò infine e lei lo fece.

E chi lo fermava più adesso, dannata astinenza. Aveva immaginato per tutto il giorno come avvicinare Patty da sola e lei l’aveva preceduto. Se fossero stati sorpresi da qualcuno... ne sarebbe uscito uno scandalo e lui non voleva. Non voleva danneggiare lei. Voleva solo amarla.
Con gesti frenetici si spogliò interamente, provocando un sussulto erotico nella sua partner che era come incantata, sembrava che non l’avesse mai visto prima.

 
«Stai tremando Patty, non dirmi che hai paura. O forse sei solo eccitata?»

«Sto… contemplando tanta perfezione» gli rispose senza esitazione facendolo arrossire vistosamente «e sto pensando che sono fortunata che tu sia solo mio.»

«Smettila di pensare e lasciati andare. Non puoi iniziare una cosa e poi limitarti a… “contemplare”, voglio che tu mi ami, Patty, senza riserve.»

E lei lo fece. Dopo essersi spogliata a sua volta – ma il reggiseno volle farlo sparire lui – e dopo che lui ebbe banchettato a lungo con il suo seno generoso e così eccitato da mandarlo fuori di testa. E per poco non accadde, quando Patty si inginocchiò davanti a lui e gli dimostrò che non era la sola a essere arrivata al limite. Il suo corpo rispose a ogni affondo, a ogni tocco, a ogni sospiro, come non credeva fosse possibile, fino a che si ritrovò con le gambe molli e il respiro affannoso, mentre cercava di tornare in sé senza cadere per terra lungo disteso.
 
«Credo che dovremmo litigare più spesso, se questo è il dopo» le disse con voce roca, facendola ridere mentre si stringeva a lui, a sua volta svuotata.

«Lo credo anch’io e… non abbiamo ancora finito, amore mio.»

Poi, prima che potesse chiederle cos’altro aveva in mente per lui, Patty aprì una cassapanca e ne estrasse un plaid ampio che distese per terra, seguito da due cuscini. Lo prese per mano e lo trascinò con sé.
 
«Mostrami quanto ti sono mancata» gli disse prima di sdraiarsi come una venere rinascimentale e picchiettare accanto a lei.

«Come desidera, mia dea» le rispose con voce strozzata da tale visione.

Holly non seppe quanto tempo passarono stesi sul pavimento del magazzino tra palloni da calcio e attrezzi vari. Seppe solo che tenne fede alla promessa fatta alla sua innamorata, più volte e in diversi modi che fecero implorare e impazzire Patty dal desiderio e dalla passione. I suoi urli furono soffocati dai suoi baci o dalla sua mano sulla bocca e ben presto si ritrovarono appagati e ansimanti. Dopo, si tennero stretti e si coccolarono a lungo. Il tempo sembrava sospeso attorno a loro.
 
«Non credo di avere la forza di alzarmi da qui per raggiungere le camere» le disse facendola ridere «e, a dirla tutta, non voglio.»

«Ma devi» gli ricordò lei abbracciandolo ancora più stretto e posandogli un lieve bacio sull’addome «e io anche. Non sai quanto mi piacerebbe essere a Tokyo chiusi nella mia stanza insonorizzata, ma per un po’ dovremmo scordarcela.»

«Vorrà dire che ci ingegneremo, come oggi» poi un pensiero lo colpì come un fulmine e lo fece sedere di scatto. «Oddio, Patty, nella furia della passione ci siamo dimenticati qualcosa di importante e visto che non ci siamo limitati a un solo… em, tempo…»

«Non capisco cosa…»

Holly vide il momento in cui Patty capì a cosa si riferiva e imprecò mentalmente. Era sbiancata, lo sguardo si era fatto perso e la sua mano si era raffreddata.
 
«Io… io non ho niente con me per… che stupida sono stata a non pensarci. Ma non avevo programmato di fare l’amore con te, solo di sedurti, per il momento. Oh, sì, ho portato i preservativi, ma sono in valigia. E domani non posso allontanarmi e passare in farmacia, proprio no. Sono la capo manager e mi stanno già marcando stretta i mister.»

«Amore mio, mi dispiace, io non…» ma fu bloccato da lei.

«Ti… ti dispiacerebbe così tanto se ci fossero… conseguenze?» Gli chiese a bruciapelo fissandolo negli occhi. «Voglio dire, se… se avessimo appena generato un piccolo Hutton, perché a me no» e poi arrossì come un peperone ed evitò di guardarlo, imbarazzata.

Gli sarebbe dispiaciuto? Cavoli, no. Era solo che non ci aveva mai pensato prima di quel momento. Un figlio o una figlia. Loro. Sua e di Patty.
 
«Sarebbe meraviglioso» le rispose sinceramente.

«Non… non lo stai dicendo per farmi stare meglio, vero?»

«Lo sto dicendo perché lo penso veramente. E se avesse i tuoi stupendi occhi, sarebbe perfetto» le disse prima di raggiungerla e baciarla con passione. «Ma, lo sai che sei proprio una spudorata biricchina, tu?»

«E perché?» Gli chiese con curiosità.

«Perché prima mi attiri in una trappola, ti approfitti di me, mi seduci, mi inviti a farti mia e poi pensi che io, uomo, me ne stia buono buono senza fare nulla. Era ovvio che sarebbe finita così e lo rifarei altre centomila volte, sappilo. Al massimo, alla nostra creatura – se arriverà dopo questo assalto – diremo che mamma e papà si sono divertiti un sacco a rotolarsi per terra.»

«Holly!» Le disse lei dandogli una forte manata sulla spalla, facendolo sdraiare dal contraccolpo e mettendosi a cavalcioni su di lui. «Ma ti sembrano cose da…»

E poi non ci fu più il tempo per parlare, perché lui con una spinta fu dentro di lei e la danza più antica del mondo ricominciò. Quando uscirono dal magazzino – dopo essersi rinfrescati alla fontanella e riassettati meglio che poterono – l’orologio segnava mezzanotte e tutto era in silenzio già da una mezz’ora. Prima di separarsi, si diedero un lungo bacio e – il più silenziosamente possibile – raggiunsero le loro camere.
 
 


 
«La notte è piccola per noooi, troppo piccolinaaa!» (Dadaumpa, Sorelle Kessler.)

Patty saltò per aria. Non tanto per la frase di Mister Wow, ma per la luce che venne accesa all’improvviso e le sue amiche in attesa che la fissavano curiose sedute sui letti.
Cos’era, un agguato in piena regola?

 
«Hai ragione come al solito Mister Wow. Presumo che lei e il… “capitano, oh mio capitano”, si siano divertiti parecchio in queste due ore» esordì Amy.

«E che, se avessero potuto, non si sarebbero staccati fino a domani mattina, dico bene, Patty?» Le chiese Eve.

«Due ore di fuoco e fiamme, ci scommetto» ridacchiò Maki.

«Oh, come vi invidio. Sarai bella rilassata, ora, immagino» la prese in giro Susie.

«Ah, l’amore e le sue pazzie» sentenziò Jenny.

Che amiche impiccione che aveva e si stavano anche divertendo un mondo. E lei non poteva dire niente per smentirle, avevano tutte ragione.
 
«Più che di pazzie, Jenny, io parlerei di lussuria» ci tenne a precisare Maki «e io ti capisco benissimo amica mia, perché sai, anche io con Mark quando…»

«Alt, ferma lì, non dire una parola di più. Brrr, non ho sentito niente, niente, niente» le disse coprendosi le orecchie.

E lì scoppiarono tutte a ridere e solo allora, Patty si rese conto di una cosa.
 
«Ma Ennosuke dov’è finito?»

«Ah, e dove vuoi che sia… con Cliff» le rispose Susie. «È incredibile come gli si sia affezionato in pochissimo tempo. Ha voluto a tutti i costi dormire con lui, Sandy e i due giocatori uruguaiani. Gli hanno preparato un futon ed è impazzito di gioia. È un piacere vederlo finalmente allegro. Ovviamente Kohana è andata con lui, figurati. Hai visto come riesce a calmarlo e come dorme abbracciato a lei, no?»

«Sì, sono adorabili» le disse con sincerità.

«Già, e la mia Kohana è riuscita a dissipare gli incubi notturni di Eno che ora, finalmente, può dormire sereno. Voi non lo potete sapere, ma il suo orribile passato lo tormentava quasi tutte le notti e urlava allo sfinimento, prima di scoppiare in lacrime. Era inconsolabile e stringeva il cuore, io l’ho visto in quello stato più di una volta. E poi è arrivata Kohana. Incubi finiti.»

«Quella cagnolona sembra avere un debole per chi è in difficoltà ed è molto protettiva» disse Amy.

«Certo, perché credete che Cliffy me l’abbia regalata?»

Ah, quei due. Patty avrebbe tanto voluto un lieto fine anche per loro.
 
«Ma non sviare il discorso adesso. E allora? Com’è andata?» La interrogò Maki senza ritegno.

«Ho l’impressione che fino a che non vi rispondo, non mollerete la presa, vero?»

«Vero!» Risposero quelle tutte in coro.

Di certo non avrebbe detto tutto, ma…
 
«Diciamo che ci siamo divertiti moltissimo e che abbiamo chiarito tutto a suon di baci e carezze. Di più, non saprete. Sono cose… intime e private.»

«Insomma avete fatto del sesso spettacolare per tutto il tempo» sintetizzò Maki. Quella ragazza non aveva peli sulla lingua, come Mark.

«Sì», rispose lei «sesso grandioso, memorabile. Avevo solo intenzione di rubargli qualche bacio e chiedergli scusa, ma… ho perso il controllo e lui mi è venuto dietro e… oddio, che ho detto» disse arrossendo e scatenando l’ilarità generale. «Intendevo dire che… mi ha assecondata, ecco, sì.»

«Dietro, davanti, dentro… vi siete dati alla pazza gioia insomma» disse Maki ridendo alle lacrime.

«Ma… ma che dici… ma io, noi… e…»

E niente, non era possibile che la conversazione fosse scivolata così in fretta e che non riuscisse a bloccarla.
 
«Bè, a… avevamo gli arretrati da recuperare» si giustificò «ed è stato fantastico a dir poco. Siamo stati lontani e arrabbiati per troppo tempo e dovevamo scaricare un po’ di tensione.»

«Un po’? Ma… mia cara amica, ti sei vista allo specchio?»

«Come? Cosa? Perché?»

E fu allora che, tra l’ilarità generale, Jenny prese il suo beauty case e ne estrasse uno specchietto, la raggiunse e lo girò nella sua direzione. Co… come? Quella era lei? Occhi brillanti, labbra gonfie, rossore diffuso sulle gote… oddio, ma era davvero lei? Incredibile!
Si lasciò crollare sul letto in preda allo sconcerto più puro. Non l’avrebbe mai detto che avesse quell’aspetto dopo il sesso. No. Dopo avere fatto l’amore, era diverso.

 
«Si direbbe che tu non ti sia mai vista allo specchio in questo stato» le disse Maki. «In genere, questo è l’aspetto di una donna super appagata e il merito è tutto del tuo Oliver che, a quanto pare, ci sa fare.»

E così era. Non si era mai vista e Holly era meraviglioso a letto e non solo, visto quello che avevano appena combinato.
 
«Io… io devo farmi un bagno. Si sono già ritirati tutti, vero?»

«Sì, così sembra, non incontrerai nessuno in corridoio. Per fortuna abbiamo un bagno privato» le rispose Susie.

«Vai, Patty, magari incontri ancora il tuo bel fidanzato e ci scappa un secondo tempo» le disse Amy, per poi strizzarle l’occhio subito dopo.

Ma che cos’era preso a tutte? Così si preparò e si diresse alla porta. Prima di uscire si girò e fissò le sue amiche ancora in preda alla ridarola, così volle prendersi una piccola rivincita.
 
«Non per dire, ma al massimo potremmo puntare ai rigori, perché il resto l’abbiamo già disputato. A dopo amiche mie carissime» e uscì ridacchiando.

Oh, sì, le aveva spiazzate e il silenzio di tomba che aveva accompagnato la sua uscita ne era la prova. Si era presa la sua piccola rivincita.
 
 


 
«E così, il nostro caro capitano, finalmente è tornato!» Esordì Benji.

«Vivo e decisamente sorridente. Troppo, sorridente. Qui incontro infuocato con una certa capo manager ci è scappato» rincarò la dose Mark.

«Due ore! Sei sparito per due ore e per fortuna ce ne siamo accorti solo noi e sai perché? Perché dovevi essere qua e invece non c’eri quando siamo arrivati e te ne sei andato via dieci minuti prima di noi dicendo che eri… staaanco!» gli disse un Tom divertito, cercando di imitare lo sbadiglio seguito a quella parola.

Poi iniziarono a ridere senza ritegno. Ci mancava solo quella.
 
«Em… sì, è vero, ho incontrato Patty in magazzino. Avevamo da chiarire il nostro diverbio e la cosa è andata per le lunghe.»

«Ahhh, adesso si chiama “chiarire il nostro diverbio”. Io direi… avevamo del sesso da recuperare» specificò Mark.

«E, per chiarire meglio, l’abbiamo ripetuto varie volte» lo spalleggiò Tom.

«Eddai, a chi cerchi di darla a bere. Sono giorni che sei teso come una corda di violino e ora eccoti qui… con un sorriso da ebete soddisfatto stampato in faccia. Non siamo nati ieri e si sa cosa accade tra un uomo e una donna quando si desiderano disperatamente e sono costretti alla lontananza fisica per un po’ di tempo» rincarò la dose il sggk mentre si appoggiava alla testata del letto e incrociava le braccia dietro la testa.

Beccato. Dannazione. Quei tre erano peggio di un branco di squali che seguono l’odore del sangue.
 
«Ok, forse non abbiamo proprio parlato di scuse, ma abbiamo preferito… come dire, dimostrare quanto ci siamo mancati a vicenda ed è stato molto bello e intenso.»

«Era ora, cazzo. Giuro che se non si faceva viva lei, andavo io a Tokyo a prenderla e la trascinavo qua di forza. Ci stavi facendo impazzire tutti» gli disse Mark.

«E io penso che chiunque ti avrebbe dato una mano Mark, persino i mister. Era davvero al limite questa volta.»

«Grazie, Tom, che bell’amico che sei» gli rispose lui con sarcasmo «ma ora è tutto sistemato. Certo, averla qua e non poterla toccare per la maggior parte delle ore sarà dura, ma…»

«Ma non fare cazzate, Holly, o se ti sbattono fuori rosa, siamo fottuti. Ora, non credere che senza di te siamo delle schifezze in campo, solo che non vorrei perdere un elemento valido e un arma in più contro gli europei, perché ti hanno beccato a fare sesso con una delle manager. Mi sono spiegato?» Gli disse Benji guardandolo di sottecchi. 
 
«Sei stato chiarissimo, sggk, grazie.»

E dire che aveva faticato a conquistare l’amicizia e il rispetto di Benji e Mark all’inizio e ora erano due dei suoi più cari amici e dei colleghi eccezionali.
 
«Visto che siamo tra noi e non ci sente nessuno» s’intromise Tom «com’è stato?»

«Meglio di come ricordavo. È stato esplosivo e non esagero.»

«Ti si legge in faccia» gli disse Tom facendolo arrossire.

«Il problema semmai ora è: riuscirete a non farvi scoprire e a comportarvi bene, con normalità, davanti a tutti? Della serie: Sì, scopiamo come criceti, ma non sembra» gli chiese Benji.

«Ci stai paragonando a dei roditori?»

«Sì, perché penso che la maggior parte delle due ore di assenza tu le abbia passate avvinghiato a Patty e non seduto a parlare di quanto ti sia mancata in questi giorni o del tempo» rispose lui candidamente.

«Ma cos’hai, la vista a raggi x a distanza?» Gli chiese facendolo ridere.

«Però mi sono spiegato, no? Ci si aspetta che tu sia professionale come al solito, non che ti trasformi in un assatanato.»

Ma parlava seriamente? A giudicare dallo sguardo serio del sggk e anche degli altri due amici, si sarebbe detto di sì.
 
«Messaggio recepito, forte e chiaro» sentenziò.

«Bene, e ora che hai capito l’antifona» gli disse Mark «vai a farti una doccia che non ti si può stare vicino. Ti sarai anche rinfrescato, dopo tutto quello che hai combinato, non ne dubito visto che in magazzino c’è una fontanella, ma non è abbastanza, credimi. Fuori!» Gli ordinò infine aprendogli la porta.

Questo lo sapeva da lui. Recuperò il pigiama e i prodotti da bagno e uscì. Non si era ancora allontanato che sentì Benji dire.
 
«Oh, grazie al cielo ora posso tornare a respirare. Non so voi, ma io spalanco la finestra. Concordo con lui, sarà anche stupendo il sesso, ma a tutto c’è un limite» e poi rise, seguito dagli amici.

Suo malgrado, rise anche lui.
 



 
«Non avevamo concordato di non vederci più fino a domani mattina?»

Susie saltò per aria. Ma che… ma chi… accese la luce della cucina e lui era lì, Clifford. Mezzo nudo, bellissimo. Con i capelli arruffati, bellissimo. Con lo sguardo addormentato, bellissimo.
 
«Prontooo? C’è nessuno in casa?» le disse bussandole sulla testa.

«Ti sembra che non ci sia? Sto solo riprendendomi dallo spavento che mi hai fatto prendere» gli disse cercando di apparire calma, mentre dentro era tutta agitata. «Che ci fai qui in cucina alle… alle 3.00?» Disse poi guardando l’orologio a parete.

«E tu?» Le rispose di rimando. «Io avevo una sete tremenda e mi sono dimenticato di riempire la borraccia d’acqua fresca.»

«Io pure» rispose senza staccare gli occhi dal suo torace.

Che incontro inaspettato e piacevole. Clifford in versione sportiva era bello. Clifford in versione casual era molto bello. Clifford in versione notturna era una visione.
 
«Non è che mi stai pedinando, per caso? Tu sei capace di tutto, ormai ti conosco bene, ragazzina.»

«Per tua informazione, non avevamo concordato nulla e ho di meglio da fare che pedinare te. Ti ricordo che tu ti sei limitato a farmi ciao ciao da lontano dopo cena, ti sei fiondato alla riunione extra della squadra e poi hai preso Eno per mano e sei sparito di sopra tallonato da Kohana. Non un saluto, un come va, niente. Dopo stamattina io non sono più esistita per te.»

«Ero occupato» si giustificò lui.

«Sì, a starmi alla larga e ha lanciare saette a Juan Diaz.»

«Non mi piace. E non mi piace che tu gli stia così attaccata. Quello è un donnaiolo e non voglio che tu venga presa in giro da lui. Ma, a quanto pare, ti ha già conquistata a giudicare da come tubavate felici, anche a cena.»

«Geloso… Cliffy?»

Possibile? Possibile che fosse bastato così poco come flirtare un attimo con Diaz per farlo ingelosire così tanto? Lei ci sperava.
 
«Per esserlo dovrei essere preso da te anche sentimentalmente e invece, mio malgrado, lo sono solo fisicamente.»

Susie non sapeva se essere arrabbiata, delusa o sconvolta dalle ultime parole. Non sapeva come doveva sentirsi… insultata o al settimo cielo? Istintivamente allungò una mano per toccarlo e – non appena ci riuscì – lo sentì contrarsi e trattenere il respiro.
 
«Ragazzina, non iniziare qualcosa che non puoi finire» le disse con voce roca «o che io non posso portare avanti.»

«Allora mi desideri anche tu.»

«Non si può, non qui, non ora» le rispose agganciando lo sguardo al suo.

«Questo vuol dire che altrove… che tu e io…»

Per tutta risposta, Susie si sentì prendere il sedere, sollevare da terra e appoggiare al muro. Per non cadere, gli agganciò le gambe alle sue natiche, le braccia dietro il collo e lo fissò negli occhi, ora vicinissimi. Poi, Cliff, fece una mossa che le provocò un gemito spontaneo, mosse il bacino verso di lei e lo sentì.
Susie arrossì vistosamente. Indossava una camicia da notte semplice che, ora, le era risalita lungo le gambe e così poté sentire il membro premere contro di lei.

 
«Ti rendi conto di quanto tua sia eccitante in questo momento? Ma sappiamo benissimo che non possiamo. Io non faccio per te e tu per me. Noi…»

Ma lei gli impedì di concludere la frase. Non poteva farla sognare e poi distruggere tutto con una frase, non poteva, era crudele. Così lo baciò. E lui rispose con passione sempre crescente, come qualcos’altro più in basso. Oh, quanto avrebbe voluto che entrasse dentro di lei, gli bastava così poco. Ma forse poteva facilitargli il compito. Così iniziò a muoversi contro di lui e quando pensava che stesse per perdere il controllo e farla felice, Cliff… si bloccò. Staccò la bocca dalla sua e la rimise a terra.
 
«Che stai cercando di fare, ragazzina?» L’apostrofò. Il panico nella voce, si guardò in giro freneticamente. «Potrebbero vederci, dannazione. Non siamo a casa.»

«Sto cercando di farti capire che ti voglio per davvero e che ti amo. Perché ti ostini a tenermi a distanza? Perché non dovresti essere degno di me, se io penso il contrario? Spiegamelo una volta per tutte e forse lo accetterò, forse. Ma non te lo posso promettere.»

«Perché, Susie, tu sei così… bella, dolce, intelligente e divertente, che accanto a me sfigureresti e io non voglio che accada. Hai così tanto amore e così tanta passione da dare che dovresti cercare qualcuno di più degno di te.»

«Ah, e così mi reputi incapace di scegliere chi amare. Eppure, mi sembrava di essere sempre stata chiara con te, persino ora. A nessuno permetterei di farmi questo, a nessuno che non fossi tu, Cliffy.»

«Potresti avere chiunque vorresti, Susie, solo sorridendo e del resto l’hai già fatto, no? Ora non ti resta che saltargli addosso ed è fatta.»

«Stai ancora parlando di… Juan?» E quando lui annuì, lei decise di rendergli la vita difficile. «In effetti, ora che ci penso, hai ragione. Lui è sempre così simpatico e carino con me, non voglio illuderlo o ingannarlo. Non se lo merita, lui.»

«E allora fallo, no? Che aspetti. Ce l’avrai davanti agli occhi per tanto di quel tempo, che per quello che mi riguarda, potresti anche sposartelo.»

Ah, questa era davvero una cattiveria gratuita.
 
«E chi ti dice che non lo farò? Così me ne vado a vivere in Argentina, lontano da te e dalla tua…»

Ma questa volta fu lei a venire interrotta da un bacio infuocato che le fece cedere le ginocchia. Era sicura che se Cliff non l’avesse tenuta per la vita, si sarebbe ritrovata per terra.
Poi, inaspettato com’era iniziato, finì. Senza dire una parola di più e senza guardarla più, Cliff riempì la borraccia d’acqua e salì di sopra.
Susie rimase ferma a fissare il punto dov’era sparito Cliff per un po’ e poi sorrise. Si toccò le labbra e arrossì vistosamente. L’amava. Cliff l’amava, ora ne era sicura. Stava ancora sorridendo quando lo vide tornare sui suoi passi e fermarsi davanti a lei.

 
«Tu resti qua!» poi la baciò velocemente e la lasciò di nuovo sola e basita.

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Capitolo 36
*** Un trio affiatato ***


«Sai Patty, non mi hai ancora detto come mai Mister Wow è con te e non con tua nonna che si è tenuta Oscar.»

Patty si chiedeva quando Holly avesse ceduto alla curiosità e con lui anche gli altri della squadra – quelli che conosceva per lo meno – che erano in attesa di una risposta.
Si erano tutti riuniti per colazione e subito dopo si sarebbe tenuta una riunione extra di quella sgangherata nuova squadra. Loro manager si sarebbero trattenute giusto il tempo per essere presentate a tutti e poi li avrebbero lasciati da soli.

 
«Ah, ma non è nonna che me l’ha affidato» disse guadagnandosi l’attenzione degli amici «è lui che è voluto venire con me.»

«Come sarebbe a dire… lui?»

«Sì, Holly, quando ha capito che me ne stavo andando, Mister Wow ha deciso di planarmi sulla spalla. A nulla sono valsi i tentativi di nonna di riprenderselo. Alla fine, lei ha ceduto, a malincuore. Ha dichiarato che dopotutto non riusciva più a stargli appresso come doveva vista la sua età e che era meglio stesse con me fin da subito. Ha detto anche che occuparsi di Oscar era più semplice per lei e che lo farà castrare come prima cosa.»

A quella frase tutti risero, specie coloro che erano presenti per assistere alla performance di Oscar con Micia, la gatta di Miki.
 
«Quindi ora quel meraviglioso pennuto è tuo a tutti gli effetti… fantastico!» Dichiarò lui. «A proposito, dov’è?» S’informò poi.

«Sul suo trespolo in camera a sonnecchiare in attesa del bagnetto. Anzi, volete divertirvi un po’ prima della riunione? Tanto manca ancora un po’ al suo inizio» propose e tutti annuirono incuriositi.

Lasciò un attimo i ragazzi alla loro colazione, poi andò in camera a recuperare la vaschetta colorata – sotto lo sguardo vigile di Mister Wow che aveva già capito cosa l’aspettava di lì a poco – lasciò la porta aperta e tornò dagli amici. Sotto i loro occhi attenti, preparò tutto per il bagno ed emise un fischio prolungato. Nel giro di un minuto scarso, Mister Wow planò in mezzo a tutti e si posizionò di fianco alla vaschetta, in attesa del segnale. Appena Patty aprì il rubinetto giallo, Mister Wow vi entrò e iniziò a sguazzare nell’acqua, per poi aprire le sue immense ali e muoverle felice, le richiuse e si mise sotto il getto d’acqua gorgogliando.
 
«Ecco, adesso ne avrà per un po’ e poi crollerà addormentato per tutta la mattina.»

Anche Kohana era attratta dalla visione pennuta e si alzò su due zampe per vederlo meglio, avvicinandosi per annusarlo. Ma quello non la degnò di uno sguardo e continuò a fischiettare mentre si lavava.
 
«Eh, ti è andata male sai?» Disse Patty rivolta alla cagnolona accarezzandola sulla testa. «Quando fa il bagnetto, vede solo l’acqua e basta.»

«Incredibile, non ci si crede quasi» intervenne Julian «e non parla neanche. È la prima volta che sta zitto da quando lo conosciamo» concluse poi e tutti annuirono.

«Il potere del bagnetto» commentò lei «ma tranquillo, potrebbe iniziare a cantare, quello sì.»

«Come sarebbe a dire…» iniziò Bruce, ma fu subito interrotto dal pennuto.

«I’m singing in the rain…»

A quell’uscita dell’Ara Giallo Blu tutti scoppiarono a ridere di gusto, e lei poteva anche capirli. Impossibile stare seri con un pennuto canterino intento a lavarsi il piumaggio.
 
«Ehi, Frank Sinatra versione pennuta, ti diverti? Sei sempre il solito.»

«Just singing in the rain…» continuò quello imperterrito.

«E non pensate lo faccia solo perché ci siete voi. Ogni volta che fa il bagnetto, canta e fischietta tutto felice» specificò Amy.

«Mentre allaga la cucina» aggiunse lei. «Forse dovremo filmarlo e metterlo su You Tube»

«Meglio ancora, io fossi in voi gli aprirei un blog a pagamento e pubblicherei un paio di video alla settimana. Mi sembra di capire che sia un pappagallo inusuale e quindi attirerebbe subito del pubblico. Pubblico che si iscriverebbe al blog per rimanere aggiornato sulle sue nuove trovate e – nel frattempo e in automatico – pagherebbe per vederle. Pensateci.»

A parlare era stato Diaz che catalizzò l’attenzione di tutti. I traduttori si affrettarono a informare gli altri calciatori che annuirono in risposta e iniziarono a fioccare le idee per fare diventare Mister Wow una star del web.
Dio che confusione. Ma pazienza, mi ci abituerò!, pensò Patty.

 
«Ma è sempre così?» Chiese a Holly dopo essersi seduta accanto a lui che le offrì del pane imburrato.

«Sempre, ma è anche divertente. Mister Wow è riuscito con la sua semplicità a fare qualcosa che bramavamo da tempo» le disse lui guadagnandosi un suo sguardo curioso e subito specificò «unirci come gruppo e creare armonia. Guardati attorno e dimmi se non ho ragione.»

E lei lo fece. Cavoli, era vero. Se i pasti precedenti erano stati all’insegna della tensione, del silenzio quasi totale e delle incomprensioni, questo era tutt’altra cosa. Anche se non ci si capiva molto, tutti si impegnavano per aprire un dialogo e tutti stavano sorridendo degli strafalcioni in altre lingue che ne uscivano.
Ed era tutto merito del suo pappagallo? Era proprio il caso di dire… “Wow, Mister Wow!”

 
«Ed è una cosa che gli europei possono solo sognarsi in questo momento. Gli servirebbe un Mister Wow anche a loro, almeno per un po’» continuò lui «ma noi non glielo presteremo mai, giusto ragazzi?» Urlò infine.

«Mai!» risposero tutti in coro gli amici, seguiti dagli altri ragazzi che lo dissero nella loro lingua e poi si sforzarono di tradurlo in giapponese tra le risate generali.

«Maaai, mai, maaai!» ribadì il pennuto in questione scatenando nuova ilarità. 

«Non dimentichiamoci che lui è la nostra Mascotte Ufficiale, nessuno ce lo toccherà neanche di striscio e ora, sistemate, lasciamolo a lavarsi in tutta tranquillità e andiamo alla riunione» intervenne Mister Gamo appena entrato con Mister Turner assistendo alle ultime battute.

«Ok, ma… chi resta con Mister Wow? Non mi va l’idea di lasciarlo solo in un luogo che non conosce ancora bene» chiese lei.

«Io!» le rispose la vocina del piccolo Ennosuke. «E Kohana rimarrà con noi a fare la guardia. Vero amica mia?»

E la Shiba Inu bianca e nera abbaiò in risposta, agitando la coda a più non posso. Patty guardò Susie per capire cosa ne pensava lei e l’amica annuì piano.
 
«D’accordo allora. Vi affido Mister Wow» disse a entrambi «Eno, ricordati cosa ti ho detto la volta scorsa sul bagnetto di questo chiacchierone qua.»

«Non devo toccarlo mentre si lava perché non gli piace» ripeté lui dopo averci riflettuto qualche secondo.

«Bravo, ottima memoria» lo lodò Susie che gli mise davanti un foglio e dei pennarelli mentre le amiche iniziavano a liberare la tavola. «So quanto ti piace disegnare, fai volare la fantasia e buon divertimento. Noi torneremo prima di subito» gli disse poi stringendolo in un breve abbraccio scherzoso.

«Chiederò anche a Steff di tenere d’occhio la situazione fino al nostro ritorno. Eno sarà anche dovuto crescere in fretta, ma è sempre un bambino e sarei più tranquilla a saperlo al sicuro. Senza contare che lo conosce già» le disse lei sottovoce, ricevendo un cenno di assenso dall’amica e subito virò in direzione della cucina.

Per fortuna la loro presenza in sala riunioni fu breve e poterono mantenere la parola data e quando tornarono, Patty notò il suo pennuto sullo schienale di una sedia che dormiva beato e sfinito ed Eno lì vicino che gli stava facendo un ritratto con Kohana che dormiva ai suoi piedi. Le scappò un sorriso.
 
«Non si è praticamente mosso da lì per tutta la vostra assenza.»

La voce di Steffen la face saltare per aria, Patty si girò e se lo vide davanti in versione lavorativa con tanto di asciugamano appoggiato a una spalla.
 
«Mi preoccupa un po'. È troppo adulto per la sua età, bisognerebbe aiutarlo a farlo tornare bambino» continuò l’amico.

«E come pensi di fare? Hai un piano in mente?» Gli chiese sotto gli sguardi attenti delle sue amiche.

«Ehi, io sono solo un umile Souce Chef in carriera, non ne so nulla di bambini, anche se mi stanno simpatici. Ho notato che un certo calciatore qui dentro – che ha occhi solo per una certa bellezza piccoletta e dai corti capelli castani – si è molto affezionato a lui e viceversa. Potrebbe essere la chiave per il successo dell’impresa» disse guardando Susie che arrossì. «Ma per il momento, visto che il difensore armadio è occupato con la squadra…»

«Che cosa?» Gli chiesero tutte insieme piene di curiosità.

«Bè… lasciate fare a me, credo di avere appena avuto un colpo di genio.»

Poi Patty lo vide avvicinarsi a Eno, sedersi accanto a lui, fargli i complimenti per il bel ritratto di Mister Wow – a definirlo tale ci voleva coraggio essendo una massa informe e colorata, riconoscibile solo dal becco e dalle zampe, oltre che dal nome scritto sopra la sua testa – e poi…
 
«Ho bisogno di un aiutante in cucina» gli disse «quelli che ho sono tutti occupati e a me serve qualcuno che mi aiuti a fare dei biscotti alle mele. Ti va di essere il mio aiuto pasticcere? Sei bravo a sbucciarle?»

«Io? No, non l’ho mai fatto» gli rispose sinceramente.

«Ah, ma allora dobbiamo rimediare. Vieni, ti faccio vedere come si fa» poi si alzò e si diresse in cucina, senza curarsi di essere seguito o meno.

«Lavoro minorile, Steff?» Gli urlò dietro in tono scherzoso.

«Gioco utile e divertente, almeno così mi diceva mio nonno quando mi metteva a fare il suo secondo. Questione di punti di vista, Patricia» gli rispose lui girandosi e facendole l’occhiolino dopo averle lanciato un bacio volante che lei finse di scansare con la testa facendolo ridere.

Qualche secondo dopo Eno si alzò, regalò il suo disegno a Patty – che gli promise di appenderlo in bella vista appena arrivata a casa – e poi seguì Steff, dopo avere ottenuto l’ok da parte di Susie.
 
«Che dolce. Susie, cara, ormai sei diventata il suo punto di riferimento» le disse Amy.

«È vero, cerca sempre la tua approvazione prima di fare qualcosa. Non sono sicura sia un bene, ma per lui sei importante» esordì Jenny «sei una specie di nuova mamma.»

«Esatto e a un certo difensore alto e spallato, viene riservato lo stesso trattamento, sbaglio forse? Che sia un segno?» Rincarò la dose Maki dandole piccole spallate e strizzandole l’occhio.

«Ma… ma no, che andate a pensare ora. Eno è un caro bambino, ma io lo sto solo aiutando a uscire da un brutto periodo per poi trovare una famiglia che lo ami incondizionatamente. Io sono solo la sua assistente sociale e Cliff… bè, è bello che abbia legato con lui e che si sia offerto di ospitarlo alla palazzina, ma… non fatevi strani film mentali adesso.»

«Uff, capiscila una buona volta. Lui ti ama. Una persona che si offre di fare una cosa del genere – ancora prima di conoscere il bambino – lo fa solo per un motivo» le disse Patty.

«Lo so che mi ama. Ieri notte me l’ha fatto capire bene» e poi aggiunse vedendole sbarrare gli occhi «solo un piccolo diverbio in cucina, quel luogo dove si va quando si ha sete. Diciamo che mi vuole, ma è così ostinato nel non ammetterlo che preferisce vedermi con Diaz e quando gli ho fatto capire che avrei seguito il suo consiglio, bè… mi ha baciata come non aveva mai fatto prima e mi ha detto che non sarei andata da nessuna parte, men che meno con l’argentino.»

Wow, Patty era impressionata. Ma – per quanto le sarebbe piaciuto indagare oltre sullo strano rapporto di quei due – avevano del lavoro da svolgere. Così, distribuì i compiti e la giornata poté iniziare.
 
 



E finì in un turbinio di lavoro non indifferente. Avessero avuto un minuto libero… e invece no.
Amy era distrutta. Dopo avere badato alla nuova squadra per tutto il giorno; dopo avere lavorato per un paio d’ore con Steff e l’Allegra Brigata alla realizzazione del loro locale mentre i ragazzi erano impegnati con la mini riunione di fine giornata; dopo essersi stretta a Julian per ricaricare le pile… voleva solo distendersi un po’, ma…

 
«Ehi, sicura di non addormentarti mentre parli?»

… aveva promesso a Patty di dedicarle una mezz’oretta lontano da tutti e tutte.
 
«Sicura. Devo solo prendere il ritmo giusto per fare tutto e poi vedrai che non mi ferma più nessuno» le rispose sedendosi accanto a lei e sbadigliando. «Non so perché, ma ultimamente mi sento sempre spossata alla sera.»

«In effetti ho notato che da qualche settimana sei ko. Dovresti prendere appuntamento con il tuo medico e farti prescrivere qualche esame. Potrebbe essere anche tutto questo caldo eccessivo che ti butta giù. Magari un bell’integratore potente ti rimetterebbe in sesto» le suggerì.

«Sì, hai ragione. Appena ho un minuto libero domani, lo chiamo e lo fisso per sabato che Mister Gamo ci ha dato una giornata libera come ringraziamento per avere cambiato idea. Vieni con me?»

«Ma sì dai, così poi facciamo un salto alla Palazzina Fiorita e ne approfitto per parlare con gli inquilini e per andare anche da Vanesia che mi deve aggiornare e… fare un bel massaggio rilassante.»

Amy non era sicura che Patty ne avesse bisogno – data tutta la tensione che scaricava con Holly ultimamente – ma si limitò a sorridere e non disse nulla.
 
«Sei felice, Amy?» Le chiese l’amica fraintendendo il suo gesto.

«Molto. Per me, per te… e per tutto quello che ci sta accadendo ultimamente e che non pensavamo potesse accadere mai. In pochi mesi abbiamo ribaltato la nostra vita. Tu, invece, lo sei? Non dovrei neanche chiedertelo, ti si legge in faccia.»

«Lo amo, Amy. Non credevo possibile che lui mi ricambiasse – non dopo tutti i nostri trascorsi in cui ci odiavamo a vicenda – eppure… è merito suo se ora lo sono, felice intendo. Quanto tempo perso però.»

«No, non perso amica mia» la riprese lei «ma passato ad amarlo dietro l’odio e l’astio.»

Patty sorrise e lei l’abbracciò stretta di slancio. La loro amicizia era stata un toccasana per lei e si ergeva sopra tutto e tutti. Era vero anche che all’inizio aveva timore di quella ragazzina battagliera che l’aveva approcciata fuori dallo stadio con fare bellicoso solo perché aveva osato tifare per Holly durante una partita. Si era nascosta dietro la sua educazione e l’aveva spiazzata. Negli anni successivi, Patty non aveva mutato atteggiamento nei suoi confronti e lei evitava di trovarsi da sola in sua presenza. Anego, la chiamavano i suoi amici, e mai aveva sentito nomignolo più azzeccato prima d’ora. E poi era cambiato tutto e lei, Amy, ringraziava sempre per quello. Aveva capito che Patty usava il suo alter ego più come difesa che come attacco e, una volta divenuta sua amica, le aveva chiesto come facesse a tenere separati quei due aspetti di sé.
 

 
«Non è sempre facilissimo, Amy. Tutti credono che Anego sia la vera me, ma non è così. Io sono quella che vedi ora» le aveva detto mentre, seduta sul suo letto, stava abbracciata a un orsacchiotto con un occhio solo e un orecchio svuotato dalla gommapiuma. «So essere dolce se voglio, ma non vedo il perché mostrarlo al di fuori della mia famiglia. Loro non capirebbero.»

Patty l’aveva invitata a casa sua per la prima volta, dopo che la settimana precedente era stata lei ospite della famiglia Aoba, conquistando i suoi genitori con la sua simpatia e allegria. Si erano divertite moltissimo. Anche lei aveva fatto colpo sui genitori dell’amica che, inizialmente, furono sbigottiti nel conoscerla. A parte Eve che passava da Patty ogni tanto, nessun’altra ragazza aveva mai varcato quella soglia.
 
«E così preferisci che ti credano un maschiaccio, Patty? Perché? Sei una ragazzina stupenda che merita di essere conosciuta da tutti» le aveva detto con foga e profonda convinzione.

«No, ci ho provato per un po’, Amy, e qual è stato il risultato? Risatine e prese in giro. Mi hanno sottovalutata da quando ho avuto la sfortunata idea di vestirmi con la divisa femminile. E perché? Perché credevo che Holly mi notasse finalmente e invece non mi vede neanche e anzi, mi reputa… bè, lo sai, te l’ho detto, no?»

«Sì, che… che stupidino. Lo facevo più intelligente.»

«Stupidino? Ahahah, Amy, ti adoro quando cerchi di dire le parolacce e non ce la fai. Guarda, la dico io al tuo posto. Holly è proprio un cretino, un’idiota, uno stronzo! E dire che un tempo lo stimavo e avrei strisciato per un suo sorriso. Bene, da oggi in poi cambia tutto.»

E lì avevano riso entrambe, prima che la madre di Patty arrivasse con dei dolci e la proposta di passare il fine settimana a casa loro, sempre se i suoi erano d’accordo. Non ci furono problemi e quello fu il primo di molti pigiama party esclusivi per loro due ai quali partecipavano sempre con gioia. Poco per volta, la loro strana e insolita amicizia, divenne sempre più forte, unica, rara, bellissima e sincera.
 
 
Amy guardò Patty e le sorrise. Quanti anni erano passati da allora, e la loro amicizia ne era uscita sempre più rafforzata, semmai.

 
«Mi fa strano vederti in rapporti solo amichevoli con Steff. Sia tu che Holly intendo» le disse tornando al presente.

«Lascia sconvolta anche me questa cosa, ma forse è così che le cose dovevano andare dal principio tra noi. E poi si vede lontano un miglio che ama Miki con tutte le sue forze, anche se sono due perfetti imbranati. Steff si merita di essere felice e devo ammettere che lei è la persona giusta per il nostro caro vichingo nudista, non trovi?»

E lì, dopo un attimo di smarrimento, entrambe scoppiarono a ridere memori del loro primo incontro con il loro dirimpettaio.
 
«Oddio, che vergogna» le disse tra le risate «diciamo che lui è stato il primo che abbia mai visto così e non me lo scorderò mai. Anche se Julian crede di essere riuscito a surclassarlo e non dovrà mai saperlo» le sussurrò infine con fare complice.

«Io di certo non glielo dirò mai» intervenne una voce dietro di loro che le fece trasalire. «Pensavo non avessi visto nulla, occupata com’eri a chiuderti gli occhi con le mani e poi se non erro ti sei anche girata per non cadere in tentazione.»

E mentre Patty riprendeva a ridere sguaiatamente, e Steff si sedeva accanto a loro per terra, lei arrossì di colpo e…
 
«Ecco, proprio così» le disse ancora Steff accentuando il suo imbarazzo per avere rifatto il gesto incriminato. «Ma guarda che non c’è niente di male ad ammettere che in tenuta nudista sto una meraviglia.»

«Oh, ma basta, smettila» gli disse mentre quei due non accennavano a calmarsi «cambiamo argomento, per favore.»

«Forse è meglio» intervenne Patty «anche se devo ammettere che hai perfettamente ragione Steff, sei una visione senza vestiti» disse poi rivolta a lui e sventolandosi la faccia con fare teatrale.

«Oh, Patricia, sei un balsamo per il mio ego, grazie» le disse dandole una pacca sulla spalla e facendola vacillare dal contraccolpo.

Amy guardò quei due e sorrise istintivamente. Sì, erano nati per essere più amici che amanti e per fortuna l’avevano capito anche loro per tempo. Un po’ di sana paura e gelosia di perderla per sempre, instillata in Holly, aveva fatto il resto e l’aveva spinto a dichiararsi a Patty. E doveva congratularsi anche con se stessa. Sì – quella di spifferare al capitano la sua decennale amicizia con Patty e di fargli capire che lei era pronta a lasciarsi conquistare da un adone nordico – era stata un’ottima trovata.
 
«Biscotti al cioccolato?» Propose lui facendo comparire un sacchetto davanti ai loro occhi.

«Ma... e questi da dove arrivano?» Chiese lei.

«Esatto, a merenda ci hai dato quelli di mele ed Eno era così orgoglioso di se stesso che li spacciava per suoi» gli ricordò Patty.

«Li ho fatti io – solo per voi – con le mie dolci e allenate manine e con un pizzico di amore che non guasta mai in aggiunta.»

«Ma smettila!» Gli dissero insieme tirandogli due pugnetti scherzosi sulle braccia.

Amy rise di gusto quando lo vide sdraiarsi drammaticamente a terra blaterando di essere stato ucciso da due bellissime ragazze pazzoidi. Chi l’avrebbe mai detto che lei, Amy la timida, avrebbe stretto un legame anche con lui. No, timida no, non lo era da più da quando aveva iniziato a frequentare Patty. I biscotti erano buonissimi e gli chiese anche la ricetta. Era divertente parlare con loro due.
 
«E ora, carissimo Steff, dicci tutto di te e di una certa psicologa timida, ma non troppo» gli disse Amy. «È davvero brava a fare il burlesque? Perché immagino che un numerino privato, tutto per te, l’abbia fatto, no? Se non erro hai ancora il suo borsone con tanto di boa di piume.»

«Possiamo unirla al fan club del “vichingo nudista” – che saresti tu se non l’hai ancora capito – oppure è troppo presto?» Rincarò la dose Patty.

«Eppure non mi sembrava di averci messo niente di strano dentro» borbottò lui riprendendosi il sacchetto «ridatemi questi biscotti.»

«Ehi, ormai dovresti averlo capito che la nostra Patty – oh, pardon, Patricia per te – è fatta così, quindi… mollali o te ne pentirai amaramente» gli disse Amy indicando il bottino.

«E guarda che quando si tratta di cioccolato – in qualunque forma esso sia – lei non scherza mai» specificò Patty con aria battagliera.

«Lo so, l’ha preteso come pagamento per il suo aiuto con il locale» le ricordò lui. «E comunque no, ancora sono una vostra esclusiva, ma miro a diventarlo solo suo e presto anche» confessò alle due amiche.

«Perché non vieni anche tu con noi Sabato?» E quando lui la guardò con curiosità, Amy specificò. «Lascia qui gli altri e fai un salto alla Palazzina Fiorita con noi – ormai grazie a Holly abbiamo iniziato a chiamarla così – e fai una sorpresa a Miki, in tutti i sensi. Poi ci ritroveremo verso sera per tornare qua. Io ho una visita medica da fare, Patty vuole passare da Vanesia per un massaggio… rilassante e tu potrai dedicarti con calma a lei.»

E lui, con somma sorpresa di Amy, accettò dopo essere arrossito come un peperone maturo.
 
«Visita medica, Amy?» Le chiese preoccupato.

«Stanchezza infinita, caldo… un binomio da non sottovalutare» gli rispose lei accompagnando le parole allargando le braccia come fossero bracci della bilancia e muovendole su e giù.

«Se lo dici tu, speriamo sia proprio così, anche se…» le disse con fare misterioso, ma non finì la frase e lei non indagò. 
«Massaggio rilassante, Patricia?» Disse poi rivolto alla sua venere giapponese, come l’aveva sempre definita, inarcando un sopracciglio. «Sei insoddisfatta… sessualmente? Bè, potevi anche dirmelo e ci pensavo io a te, non la nostra Vanesia.»
 
«Steff… grazie per l’interessamento, ma no. Sono pienamente soddisfatta della mia vita amorosa con Holly, siamo assolutamente compatibili su quel piano. Ho solo voglia di un massaggio, tutto qui.»

«Va bene, se preferisci così… liberissima di farlo» disse lui e poi aggiunse con un pizzico di malizia. «Visto che a quanto pare siete in astinenza del mio fisico mozzafiato e senza veli… che ne dite se replicassimo il nostro primo incontro? Ora o anche un’altra volta, fa lo stesso per me. Cavoli, ora che ci penso, dovrei iniziare a farmi pagare e non farmici trovare per caso» rifletté picchiettandosi il mento con aria pensosa.

«Steff!» Urlarono insieme le due amiche.

Mentre Patty cercava di strozzarlo, Amy ne approfittò per rubargli il sacchetto coi biscotti e se ne mangiò subito uno. Una goduria. E l’ora successiva passò in un lampo.
 
 



A qualche metro di distanza da quello strano trio, Holly e Julian fissavano la scena. Non riuscivano a sentire cosa si stessero dicendo, ma sembrava essere qualcosa di molto divertente.

«Mi fa piacere vedere che non sei più geloso di lui, capitano» gli disse l’amico.

«Sì, anche a me. Steff mi ha fatto passare dei brutti momenti, ma devo dire che grazie alla sua presenza, ho capito che Patty non era una mia esclusiva e che chiunque poteva portarmela via se non mi davo una mossa» gli rispose con sincerità.

«Era ora, oserei dire. A me basta solo pensare che Amy l’ha visto nudo per andare a fuoco e… oh, ma anche Patty l’ha visto.»

«Mh… dovevi proprio ricordarmelo?»

E niente, Julian si divertiva a prenderlo in giro e poi se la rideva pure. Sì, il fatto che Patty avesse visto e ammirato il vichingo nudo, non gli era ancora andato giù del tutto. Meno male che poi Patty si era concessa totalmente solo a lui e che avesse superato il loro vicino in fatto di nudità. Per quanto potesse sembrare incredibile, Patty amava vederlo nudo e lui non aveva problemi a mostrarsi a lei.

«Sei preoccupato, Julian? Guarda che tra i due quello a doverlo essere di più sarei io. Hai uno sguardo così serio…» gli chiese, vedendolo pensieroso.

«Sono in ansia per Amy, la vedo stanca. Non ha mai sofferto il caldo, anche se quest’anno il sole picchia come non mai. Eppure… quando pensa che non la guardo, si lascia andare a certi sospiri e si appoggia ovunque o si siede di getto. Non capisco cos’abbia e lei non mi dice nulla. Sono sicuro che se indagassi mi sentirei dire che sto vaneggiando. Un tempo si sarebbe confidata con me per chiedere aiuto o conforto, ora no… è indipendente e molto più forte, non si azzarderebbe neanche a pensarlo e questa cosa mi manca. Mi piace quando fa affidamento su di me.»

Holly poteva solo convenire con lui. Amy era un’altra persona da quando aveva iniziato a frequentare Patty. Era cambiata per gradi, tanto che aveva ingannato tutti, ma ultimamente… era uscita fuori la sua vera natura.
Guardò il trio che continuava imperterrito a chiacchierare e scherzare e sorrise.

«Non darti troppo pensiero, amico. Sono sicuro che se avesse qualcosa – qualsiasi cosa, importante o meno che sia – verrebbe subito da te a dirtelo» lo rincuorò battendogli sulla spalla. «Ehi, che dici, dobbiamo andare a disturbarli?» Gli domandò poi indicando i tre con la testa.

«Mh… sarei tentato, ma no, lasciamoli stare. Sembrano divertirsi e dopo una giornata così intensa, è giusto che si facciano due risate tra loro. A proposito, Holly, vorrei parlarti di una cosa che ho notato durante la mini partita di oggi ed è anche abbastanza importante. Domani ne parlerò anche con i mister, ma prima volevo vedere se anche tu la pensi come me.»

E lui acconsentì, forse sapeva già di cosa volesse parlargli l’amico. Adorava i loro confronti, portavano sempre dei benefici alla squadra. Dopo un ultimo sguardo ai tre strani amici, seguì Julian.

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Capitolo 37
*** Tra seduzione, relax? e sconcerto ***


«Steff? Steff ci sei?»

Miki era spiazzata. Felice e spiazzata. Dopo una settimana di assenza sia fisica che vocale, Steff era tornato e le aveva mandato un messaggio alquanto ambiguo.
 
«Ti voglio. Qui. Sopra di me. Subito!»

E lei era arrossita fino alla radice dei capelli. Che coooosa? Si era detta in preda alla tachicardia. E quelle parole non volevano togliersi dalla sua mente da circa dieci minuti, il tempo che aveva impiegato a darsi una sistemata veloce e a salire.
Sopra di me, sopra di me, sopra di me! Miki, ripigliati dai, datti un contegno e va da lui!, continuava a pensare da allora. Così era uscita di casa e ora… e ora eccola lì davanti alla sua porta.

 
«Che bel tipo che sei» disse al battente ostinatamente chiuso «prima mi inviti a salire e poi non ti fai trovare. Ah, ma se pensi che io stia qui ad aspettare i tuoi comodi ancora per mol…»

Fece per andare via – a dirla tutta era già con un piede sul gradino – quando una mano le si chiuse sul braccio e fu strattonata all’indietro. Non riuscì neanche a gridare perché venne sbattuta contro una porta chiusa e baciata con passione sempre più crescente.
 
«Oh, sì, sono morbidissime. Proprio come mi ero immaginato» disse la voce che ora riconobbe essere quella di Steff.

«Steff, ma… ma che…»

Istintivamente gli fissò le labbra e si leccò le sue improvvisamente arse. Vide Steff seguire quel movimento con occhi fiammeggianti di… desiderio? Impossibile. Serrò la presa delle sue mani contro i possenti bicipiti di lui e… mise a fuoco. Steff era a petto nudo, oddio che visione. Come avrebbe fatto a scordarsela. Per cercare di distrarsi, distolse lo sguardo e…
 
«Oh, mio, Dio… ma tu sei tutto nudo!» Esclamò mentre si sentiva le gote andare a fuoco.

Lo specchio a figura intera posto proprio davanti a lei, infatti, glielo mostrava in tutta la sua maschia perfezione di un dio nordico. Che belle chiappe alte e sode. E la schiena, così muscolosa e… un momento, era un tatuaggio quello che svettava a mezzaluna sotto il collo? E… e perchè riusciva a vederglielo? Ah, già, aveva legato quei suoi meravigliosi ricci biondi in una codina.
 
«Sì, mi capita a volte. Mi piace mettermi comodo in casa mia» le rispose lui senza un minimo di vergogna.

«Anche se aspetti ospiti?» Gli domandò sbarrando gli occhi.

«Dipende da che ospiti sono» disse lui «se sono sexy, con labbra spettacolari e un corpo fatto per il peccato… perché no.»

«Da… davvero mi vedi così?» Balbettò lei ricevendo in cambio un nuovo bacio infuocato.

«Ho risposto alla tua domanda?» Le chiese una volta terminato.

Oh, sì che l’aveva fatto, eccome. Anche se…
 
«Come mai questo tuo improvviso cambio di rotta? Ti senti solo, ora che Patty ti ha preferito il suo calciatore sexy?» Gli chiese.

«Sia chiaro, Hutton non è sexy» le disse con voce dura e sguardo serio «io lo sono, e ti voglio. Mi piaci un sacco Miki e non voglio più che tu pensi di essere una seconda scelta per me. Tu sei mia.»

Wow. Doveva calmarsi e ragionare. Miki si staccò da lui e si diresse al centro della sala fingendo di guardarsi in giro e poi, preso coraggio, si girò di scatto verso Steff e lo fissò a lungo, tutto quanto. Lo fissò così minuziosamente che anche se lontana, poteva notare un intenso rossore impossessarsi del volto di Steff e una parte ben precisa del suo corpo, risvegliarsi, suo malgrado.
 
«Em, hai fame?» Le chiese.

Cosa? Fame? Oh, sì che ne aveva… ma di lui.
 
«Ho preparato qualcosa di fresco, inclusa della granita alla fragola che so che adori.»

«L’hai… l’hai fatta per me?»

«Piace anche a me, quindi diciamo che l’ho preparata per entrambi» le rispose strizzandole l’occhio «ne vuoi un bicchiere?»

Eh? Quella situazione era assurda.
 
«Volentieri, ma… prima devi rispondere a una domanda.»

«Tu chiedi e, se posso, lo faccio.»

«Ok… em, Steff, mi sembra di essere finita in un mondo parallelo dove parlare del più e del meno con le persone nude è assolutamente normale. Il problema, semmai, è che… qui, nel mondo reale, non lo è. E invece tu… lo fai e… e senza problemi. Sei sempre stato così?»

E lui scoppiò a ridere con sommo suo sconcerto.
 
«Ho sempre amato la nudità in sé» le disse una volta che si fu ripreso «sono stato anche su parecchie spiagge nudiste e lì mi sono sentito totalmente me stesso. Un giorno potrei portarti, che dici?»

Miki arrossì a più non posso e – stupendo se stessa per prima – annuì lentamente.   
 
«Magnifico» disse lui avviandosi alla cucina «e ora… granita!»

E la preparò davvero, in un bicchiere enorme con due cucchiaini a manici lunghi. Ne prese uno e – dopo averlo riempito – glielo portò alla bocca che lei aprì di riflesso.
 
«Mh, Steff, è deliziosa. Ti adoro» confessò di getto per poi abbassare lo sguardo imbarazzata.

Ma così facendo si ritrovò a fissare le gambe accavallate mollemente di quell’adone nordico e arrossì ancora di più; per lo meno la sua virilità era celata e lei poteva tirare un sospiro di sollievo.
 
«E io ti amo» rilanciò lui

E adesso? Cosa devo rispondere? Mi ama, lui… mi ama! Sto sognando, forse? Oddio, sono zitta da troppo tempo e forse penserà di non essere ricambiato. Dì qualcosa Miki, parla. Parla ora, subito.
 
«Ti prego, dimmi che non hai cambiato idea e che mi vuoi ancora sopra di te» si lasciò sfuggire lei e lo vide sbarrare gli occhi dalla sorpresa, ma che caz… «non, non dovevo dirlo, vero? Troppo sfacciata?»

Eh, troppo sfacciata sì. Cavoli, Miki, con tutto quello che potevi dirgli, proprio questo doveva uscirti? Oddio, che imbarazzo! Sei sempre la solita imbranata!, pensò.
 
«Quando ti avrei fatto una richiesta del genere?» Le domandò Steff a mezza voce.

«Nel tuo messaggio di poco fa. “Ti voglio. Qui. Sopra di me. Subito!” hai scritto. Non… non era vero?»

«Oddio… che caz… em, sinceramente non vedo l’ora Miki. Sì, ti voglio sopra, sotto, di lato… in ogni posizione possibile a dire il vero, ma… quel maledetto t9 ha storpiato una parola per me» e quando la vide serrare gli occhi, specificò «veramente la frase doveva essere… “Sopra da me!” Nel senso che volevo che salissi in casa mia, non su di me. Almeno non subito, ecco. Prima ti avrei sedotto con il mio fascino, i miei baci, le mie carezze, le mie parole, il mio cibo e poi sarei passato oltre, se tu me l’avessi permesso.»

Oddio, quella frase era così ambigua – a tratti imbarazzante visto che aveva frainteso il senso del messaggio – e piena di passione, l’aveva davvero sedotta e ora non le restava che fargli capire che era sua, se la voleva ancora. Solo che lei… lei non era il tipo da mangiauomini e non era neanche una seduttrice nata e quindi era tutto molto strano e nuovo. Ma non poteva più rimandare. Forse non le sarebbe più capitata un’occasione del genere e non poteva permettersi di perderla così, per la sua imbranataggine e inesperienza.
 
«Ti amo anch’io» gli confessò, guadagnandosi un bel sorriso sincero e quando lui fece per baciarla lo bloccò mettendogli una mano sulla bocca «e vorrei tanto baciarti anch’io, ma prima vorrei sapere un’ultima cosa da te. Cosa significa quella scritta che hai dietro il collo? È sexy.»

«Kjaerlighet og Familie. Amore e famiglia. Le due cose in cui credo di più in assoluto.»

«Immagino sia scritto in norvegese» disse e lui annuì «e io che pensavo ci fosse scritto qualcosa tipo “il nudismo è bello”» lo prese in giro poi.

A quella frase, Steff scoppiò a ridere e lei non poté resistere più, gli prese il viso tra le mani e si avvicinò per dargli un lieve bacio.
 
«Steff, prometti di essere gentile con me? Io non… oh, bè, non so proprio cosa fare per… ti desidero moltissimo anch’io, però non ho mai… e quindi sicuramente sarò una delusione lo so, ma…»

In pochi secondi si ritrovò avvolta nello stretto abbraccio di Steff e il suo cuore prese a fare le capriole. Poi lui la fissò intensamente e la baciò con dolcezza.
 
«Lascia fare a me. Non potresti mai essere una delusione. Dio mio, Miki, è bastato il tuo sguardo di poco fa su di me per farmi quasi perdere il controllo come un adolescente davanti al suo primo porno» le disse prendendole la mano e guidandola verso la prova evidente del suo stato. «Però ora basta parlare. Lascia che ti insegni un paio di cosette, ma prima...»

E quando Steff iniziò a spogliarla lentamente e a seguire con le labbra e con i denti le zone del suo corpo che andavano via via scoprendosi, lei seppe che avrebbe mantenuto la parola data.
E lo fece. Più volte.
 
 


 
Patty era da Vanesia da circa un’ora e non si stava rilassando affatto. Al contrario, il massaggio si stava rivelando tremendo e doloroso.
Quando aveva suonato alla sua porta, Vanesia era stata entusiasta di rivederla e avevano chiacchierato del più e del meno per un po’ e quando Patty le aveva chiesto un aiuto per rilassarsi, lei ne era stata entusiasta. Doveva immaginarlo che quel bel sorriso smagliante e perfettamente bianco a trentadue denti – che contrastava perfettamente con la sua pelle scura come il cioccolato fondente – era portatore di guai. Per lei, ovviamente.

 
«Procede tutto a meraviglia qui dentro, Patty, non preoccuparti. Nessun problema degno di nota. Io capisco che… oh, cavoli, come sei contratta qui» le disse massaggiandole le spalle più a fondo e facendole uscire un gemito di dolore «che sei in ansia, ma non devi. Ci sono io a prendermi cura della tua Palazzina Fiorita fino a che sei – cazzo, si direbbe che qualcuno ama i posti scomodi e duri per darci dentro col sesso – lontana.»

Ahiahiahia. Ammazza che dolore. Quando aveva deciso di approfittare della professionalità di Vanesia, non avrebbe mai immaginato un tale stritolamento di arti e muscoli. E oltre a quello era anche terribilmente imbarazzata. Come diamine aveva fatto a scoprirlo con solo un massaggio?
 
«Bè, diciamo che non possiaaaaaamo fare tanto i diffiiiiicili nella scelta del luogo, se non vogliamo essssere scopertiii. Cazzo, Vanesia, hai intenzione di ammazzarmi?»

«Io? Se tu e il tuo bel fusto giapponese la smetteste di darvi alla pazza gioia sul pavimento o in piedi appoggiati a qualcosa di duro – ok, questa è ambigua anche per me – sarebbe tutto più semplice e non ti sentiresti come sotto un rullo compressore.»

«Ok, capito, la prossima gli dirò che voglio un materasso ultra morbido o un futon particolarmente imbottito o non se ne fa nulla, se non vuole vedermi piena di lividi. Ma tu sei una massaggiatrice o un’osteopata?»

«Entrambe le cose a dire il vero. Quando ho deciso di cambiare carriera, ho optato per qualcosa che mi aveva sempre attratta immensamente, i massaggi. Ma più imparavo a farli, più vedevo gente che aveva bisogno di – lascia morbida la gamba tesoro e fa finta di essere altrove per un momento – di altro e così ho seguito un corso per diventare Osteopata. Ora l’altra gamba, tesoro. Ci sei ancora? Tutto bene?» Le chiese.

«Ma che ne so dove sono, di certo non in una specie di Spa come credevo. Tu, donna sadica dalle mani enormi, stai tentando di staccarmi qualche arto? Aaahia, oooh, ma ti diverti?»

In effetti aveva sentito un tac clac provenire dalla sua schiena e… oh, mio Dio, ora sì che si ragionava.
 
«Bello vero?» Le disse Vanesia mentre lei rilasciava un sospiro estasiato. «Era un pochino contratta la zona lombare e te l’ho sistemata. Sopporta ancora dieci minuti e poi abbiamo finito. Girati supina, cara.»

«Che altro vuoi faaaarmi. Non dirmelo, ho capito da sola» disse poi vedendosi sollevare una gamba a novanta gradi e sentendola poi premere contro la sua pancia.

«Legamenti rigidi, rilassati. E comunque complimenti, sei elastica.»

«Tu pensa se non lo ero» le rispose con sarcasmo facendola ridere «per tornare a noi, come va la contabilità della Palazzina? Devo preoccuparmi? Non vedo l’ora di iniziare quel benedetto corso per seguire tutto di persona e al meglio. Voglio davvero diventare amministratrice di condominio e se non fosse stato per la sgangherata nuova squadra…»

«L’hai solo rimandato, no? Ma se proprio sei così impaziente, tesoro, ci penso io a te. Una o due volte a settimana, alla sera, verrò a trovarti e ti insegnerò le basi, così – quando inizierai il vero corso – avrai già un’infarinatura non indifferente e non farai troppa fatica. Ti va l’idea?»

Se le andava? Cazzo, sì. A detta di nonna Nozomi, Vanesia era un genio nel suo precedente lavoro. Patty annuì con vigore.
 
«Così ne approfitto anche per rivedere quel bel fusto di allenatore con la barba. Come si chiama?»

«Che… chi… parli di Mister Gamo? Gabriel? Oh, santi numi… no, no, no, dimmi che stai scherzando per favore» saltò su lei.

«Tu non preoccuparti, tesoro» liquidò la questione l’amica «Ok, rivestiti, abbiamo finito, per oggi. A proposito, dove hai lasciato la rossa e il fusto nordico? Sei arrivata con loro, giusto?»

«Giusto. Il bel Steff è alle prese con Miki, aveva intenzione di sedurla» le confidò facendole uscire un “Alleluia” «e la cara Amy, ultimamente non è molto in forma e aveva appuntamento dal medico. Volevo andare con lei, ma alla fine ha preferito che l’aspettassi qua. Stasera ripartiamo per il ritiro.»

«Non sta bene, dici? Sintomi?» E dopo che lei glieli ebbe riferiti esclamò «Eureka! Sta benissimo in realtà, niente di grave. Ho avuto un’esperienza quasi diretta di tale problematica e quindi mi sento di tranquillizzarti.»

«Ah, sì? E ha un nome? No, così so già cosa aspettarmi.»

«Io te lo dico, ma devi promettermi di lasciare che sia lei a parlartene e di fare la finta tonta fino ad allora. È importante o non te lo chiederei questo piccolo sacrificio. Ok?»

Lei guardò Vanesia, era così misteriosa e così determinata… che alla fine, lei le promise assoluto silenzio. E Vanesia parlò. Patty prima sbiancò, poi iniziò a ridere a crepapelle e ci vollero due tazze di tisana rilassante – non puzzolenti come quelle di Amy e quindi più appetibili – per farla calmare sul serio.
 
 


 
E adesso? Oddio, che notizia. Non che non ne sia felice, anzi, ma… doveva accadere proprio ora?

 
«Amy, tutto ok? Sei un po’ pallida, cosa ti ha detto il medico?»

«Sì, sono curioso anch’io. Non ti ha dato nessun… ricostituente? Non ti ha prescritto qualche… vitamina speciale? Qualche esame del sangue… particolare?» Rincarò la dose Steff.

Erano sul taxi che stava per raggiungere Nankatzu e sinceramente, non vedeva l’ora di arrivare per distendersi un po’. Quella giornata era stata allucinante, nel vero senso della parola.
Primo passo: l’arrivo alla Palazzina Fiorita dove aveva lasciato i suoi due amici, per affrontare da sola il medico. Non sapeva bene il perché, ma doveva farlo. Patty non ne era stata molto felice, ma avendola vista determinata, si era fatta da parte e Steff… bè, lui era troppo preso dal suo piano di seduzione verso Miki che le aveva salutate sul pianerottolo ed era entrato in casa di corsa, neanche fosse inseguito da un branco di iene affamate.
Secondo passo: la scoperta che il suo medico era andato in pensione e al suo posto aveva trovato una dottoressa poco più grande di lei in età. Bravissima, scrupolosa per carità, ma era stato così imbarazzante farsi visitare da una sconosciuta. Inoltre, sorpresa!, era anche una ginecologa e – non appena le aveva descritto i suoi sintomi – si era subito attivata per una visita più approfondita sul posto. Ecografia. E niente… era uscita dallo studio medico in preda allo shock più puro. In seconda battuta si era recata nella farmacia più vicina e aveva acquistato due scatoline specifiche. E lì si era detta, che fare?
Terzo passo: era stato andare a trovare i suoi genitori, parlarci a cuore aperto e… usare una di quelle benedette scatoline che pesavano terribilmente nella borsa. La famiglia Aoba aveva accolto la confermata novità con entusiasmo e l’aveva esortata a tornare presto da loro accompagnata dal suo bel fidanzato storico.
Quarto passo: il dubbio, dirlo agli amici o meno? No. Aveva deciso che non era una priorità informarli, per quanto le dispiacesse.

 
«Saprete tutto a tempo debito, ma prima preferisco parlarne con Julian» rispose loro guadagnandosi occhiate strane e sguardi ammiccanti.

Era meglio cambiare argomento o quei due l’avrebbero fatta cadere in trappola.
 
«E così, Steff, ce l’hai fatta. Sei felice?»

«Come non lo sono stato mai» le rispose lui sospirando «e il modo in cui lei ha risposto al mio tocco, mi ha fatto capire che ho trovato la donna della mia vita. I miei nonni ne saranno felici e io anche, ovvio. Miki è perfetta per me, mi spiace solo di avere sprecato tanti mesi» poi guardò Patty. «Tesoro, non sto denigrando il breve periodo che ti ho corteggiata, non offenderti. Sto solo dicendo che avevi ragione e zia Miho ti aveva mitizzata ai miei occhi. Per fortuna li ho riaperti in tempo o non avrei conosciuto il vero amore.»

«Oh, non preoccuparti per me» gli rispose lei «zia Miho sapeva essere molto convincente quando voleva e, per quanto bene le volessi, non sopportavo questo suo sapere manipolare le menti altrui senza pentirsene mai» rivelò poi.

«Bene, Patty, segna che da oggi anche Miki entra a fare parte delle Fan Club del Vichingo Nudista» intervenne lei facendoli ridere entrambi.

«Oh, sì, potete dire lo giuro. Nonostante lo shock di avermi trovato nudo in casa appena è entrata – vi ricorda niente? – si è dimostrata prima coraggiosa e poi audace con un pizzico di follia che non guasta mai.»

Amy poteva capire bene la povera Miki di fronte a uno Steffen decisamente nudo e magnifico, ci era passata prima di lei.
 
«Eccoci arrivati, finalmente. Vi dirò, non vedo l’ora di rilassarmi un po’» disse Patty, sospirando.

«Ma come, non eri andata da Vanesia apposta?» Le ricordò lei.

«Quella ha della mani che sono delle armi, ve lo dico io. Altro che rilassamento e, per la cronaca, non mi ha fatto un massaggio speciale dei suoi, no. Vanesia mi ha massacrata e domani mi ha già avvisata che compariranno dei bei lividi. Lo sapete che è anche un osteopata? E anche dannatamente brava» disse Patty stiracchiandosi ed emettendo un gemito di dolore allo stesso tempo. «Devo dire che Holly mi è mancato immensamente e anche Mister Wow, chissà come se l’è cavata senza di me. Ma, dopotutto, non potevo sottoporlo allo stress di un breve viaggio ed è stato meglio così. Per fortuna Jenny si è offerta di badare a lui, aiutata da Eno. Dovrò fare un bel regalo a entrambi.»

«Mh, io invece sarei rimasto volentieri a Tokyo» confessò Steffen scendendo dal taxi e aiutando le due amiche. «Mai avuto una giornata più sensuale e peccaminosa di questa. Quella Miki è formidabile e impara in fretta, oh, sì. Se solo ci fosse il modo per portarla qua…»

«Bè, per iniziare potrei suggerire a Vanesia di portarla con sé con una scusa, quando la settimana prossima passerà per la mia prima lezione serale. Mi immagino già la faccia di Mister Gamo quando la vedrà tornare… ahahah» scoppiò a ridere Patty seguita a ruota da Steff.

Amy era felice per gli amici che, finalmente, avevano trovato un nuovo equilibrio. Si unì all’ilarità generale. Subito dopo si fece seria, non poteva più rimandare, c’era auna cosa che doveva assolutamente fare prima di tutte le altre.
 
 


 
Julian stava aspettando il ritorno del trio appoggiato al finestrone della sala comune e con lui c’era anche Holly, un altro che quel giorno aveva particolarmente sofferto l’assenza della sua lei.
Avrebbe volentieri strozzato Mister Gamo e il suo avere dato il permesso alle manager di allontanarsi per una giornata, come ringraziamento per avere anteposto la squadra alle loro vite e senza troppo preavviso. Si stava per l’ennesima volta tormentando le mani quando li vide comparire all’ingresso, ciarlieri e felici. Tutti. No, non tutti. A ben guardare Amy era stranamente silenziosa e aveva il passo lento. Sembrava pensierosa. Subito uscì per andare incontro alla sua fidanzata.

 
«Amy, cara, eccoti qui. Mi sembrava di impazzire senza te nei paraggi.»

La chiuse in un abbraccio e la baciò a lungo, incurante dei fischi dei due amici lì vicino che gli consigliavano di prendere una camera in un Motel.
 
«Ehi, che c’è?» Le domandò poi vedendo che non reagiva come aveva sperato e la fissò. «Dio mio come sei pallida. Non stai ancora bene, vero? Ecco perché stamattina non volevo che andassi.»

«Io… hai ragione, caro. Avrei dovuto darti retta, ma… io dovevo andare e sapere» gli disse con un filo di voce. «Non mi sento molto… bene, Julian.»

E poi, senza dire una sola parola in più, Amy lo guardò e gli svenne tra le braccia.
 
«Amy» urlò lui «amore mio che succede? Amy!»

Impotente, non poté fare altro che sollevarla tra le braccia e trasportarla in infermeria di corsa.

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Capitolo 38
*** La gioia di Julian, lo sconcerto di Holly ***


Dove mi trovo? Che… che è successo?
 
«Ehi, bentornata amore mio, mi hai fatto prendere uno spavento poco fa. Evita di rifarlo, per favore.»

Julian? Ma come… oh, già, gli sono svenuta praticamente addosso.
 
«Scusami tanto Ju caro.»

«Bè, uno svenimento non è controllabile, tu non ne hai nessuna colpa. Io, semmai, avrei dovuto capire che da qualche giorno non eri in te e tenerti d’occhio» le disse passandole un panno fresco sulla fronte. «Cosa ti succede, amore? Io capisco la tua voglia di indipendenza, ma se non stai bene gradirei saperlo.»

«In realtà… sto benissimo, Ju, è solo un… effetto collaterale di una certa condizione, diciamo così, che sto vivendo da qualche settimana.»

«Ecco, adesso sono ancora più confuso e preoccupato di prima. Spiegati meglio.»

Vedere il suo innamorato così in ansia le strinse il cuore e non poteva più indugiare oltre, così decise di confessare… ma decise di tenerlo sulla corda ancora qualche minuto. Ci sarebbe arrivato da solo?
 
«Mi prenderesti la mia borsa, ovunque tu l’abbia messa?» Gli chiese.

E lui lo fece, dirigendosi all’attaccapanni per poi portargliela.
 
«In realtà l’ha appesa Patty. Quando sei svenuta sono sbiancati tutti, ma stranamente lei e Steff si sono ripresi subito e se la ridevano sotto i baffi che non hanno. Cosa mi nascondi?»

Come sarebbe a dire che se la ridevano? Che avessero capito? Impossibile, eppure… ma non doveva pensare a loro, ora. Toccò la scatolina ancora al suo posto e sorrise, poi la prese e la porse al suo fidanzato, che però non ci diede molto peso e la mise da parte. Poi estrasse l’incartamento medico con l’esito dell’Ecografia che le aveva stampato in doppia copia la dottoressa. Una era a casa dei suoi e l’altra…
 
«Oddio, Amy, la questione è così seria da richiedere un’Ecografia?»

«Ahahah, no, mio caro. Aprila» lo esortò mettendosi a sedere con gli occhi lucidi di felicità e commozione.

E Julian l’aprì. Silenzio. Silenzio. Silenzio. Oddio, ora a essere impallidito era lui… non stava per svenire, vero?
 
«Caro, tutto a posto?» Gli chiese toccandogli un braccio.

Altro silenzio. Poi – quando stava per scuoterlo per risvegliarlo dal torpore in cui era caduto – Julian si riprese e la fissò.
 
«Amy, è quello che penso?» Le chiese con un filo di voce.

«Non lo so, tu cosa pensi?»

«Penso che… che ti amo!»

E poi la baciò con passione e lei rispose con ardore.
 
«Non ci credo… oh, amore mio, sei incinta!»

«Sì, lo sono. Ma solo per merito tuo… paparino.»

«Nostro! C’eri anche tu o sbaglio? Ma… ma quando… e come…»

«Ahahah, Ju, devo farti un disegnino?» Va bene lo shock, ma…

«Ah ah, spiritosa» le disse dandole una leggera spinta «non era quello che intendevo e lo sai. Solo non capisco quando sia successo e… e poi abbiamo sempre usato le protezioni, entrambi.»

«Già, ma i preservativi si possono rompere oppure…» lui la guardò in attesa e lei continuò «oppure sai, con tutto quello che è successo questo ultimo mese, una certa ragazza sbadata deve avere saltato la pillolina del giorno dopo, per ben due volte – giusto per essere sicuri, perché una volta evidentemente non bastava – e… e ora abbiamo un piccolo o una piccola Ross in arrivo.»

Quella confessione ebbe il potere di riportare Julian al mutismo. Poi scattò in piedi, l’attirò a sé, la sollevò e iniziò a girare per la stanza mentre rideva di gusto.
 
«Saremo genitori, ma ti rendi conto?» Le disse una volta rimessa a terra, mettendole le mani sulle spalle.

«Sembra incredibile, ma è tutto vero. Dio, sono così sollevata. Pensavo di avere qualcosa di grave o di essere semplicemente stanca e invece, quando la mia nuova dottoressa mi ha proposto l’ecografia perché aveva un sospetto… mai avrei immaginato di uscire dal suo studio con questa notizia bomba tra le mani e nella testa.»

«Sarà bellissima, come la sua mamma» partì in quinta lui «rossa, occhi verdi… e si chiamerà Megumi, no Hiroko, no Kimiko oppure… no, no, forse dovremmo darle un nome di famiglia.»

«Ehi, e se fosse un maschietto?» Lo bloccò lei ridendo nel vederlo così serio e indeciso nel cercare il nome adatto.

«Non importa, sarei felice comunque perché sarebbe il frutto del nostro amore e… di quella smemorata di sua madre» la prese in giro. «Ma penso che dovremo cercargli un altro nome in quel caso o sai le prese in giro. Ehi, se non sbaglio esistono in rete delle liste apposite, potremmo guardare lì, metterne giù una cinquantina e poi scegliere. No, cinquanta sono pochi, forse un centinaio? Giusto per avere più scelta.»

Amy non riusciva a smettere di ridere e tutta la tensione degli ultimi giorni, sparì magicamente.
 
«Sei davvero felice, Julian?» Gli chiese poi.

«Come? E me lo domandi pure? Non si vede? E ti avviso subito che voglio entrare in sala parto a tenerti la mano.»

«Caspita, come sei andato già avanti» gli disse «guarda che sono solo alla quinta settimana. Prima ci saranno le visite da fare, poi il corso pre parto, gli esercizi da fare anche a casa e poi si arriverà al parto vero e proprio. Quindi, come vedi, c’è tempo. E non dimenticarti che diventerò enorme, con continui sbalzi d’umore e…»

«E io sarò al tuo fianco, sempre. Questo non scordartelo mai.»

Quelle parole la fecero piangere e ridere insieme.
 
«Ecco, vedi, sto già iniziando» gli disse contro il suo petto «e alla fine mi odierai, lo so.»

«Odiarti? Mai. Io ti amo e prima di quanto crediamo, saremo in tre. Cazzo, devo dirlo ai miei e tu ai tuoi» le ricordò.

«Loro lo sanno già» disse, guadagnandosi un’occhiata confusa «sono passata da casa dopo la visita. Avevo bisogno del loro supporto e così ne ho approfittato anche per fare uno dei due test rapidi che ho comprato in farmacia. Mio padre è impazzito di gioia e mia madre ha aperto le cataratte e non la smetteva più di piangere dall’emozione.»

«Bene. Il che ci riporta a quella strana scatolina che mi hai dato poco fa. Vuoi farlo lo stesso, anche se ormai ne sei sicura?» Le chiese.

E lei annuì. L’avrebbero fatto quella sera dopo cena, decisero e la mattina dopo avrebbero informato tutti della lieta notizia.
 
«Guai a te se ti strapazzi da oggi in poi. Lascia fare i lavori più pesanti alle altre e riposati più che puoi. Per quanto riguarda il lavoro per Steff…»

«Ah, no, non farlo. Non osare darmi ordini meschini. No, niente ma, intesi?» Gli intimò quando lo vide aprire bocca. «Non sono malata, ma incinta. La dottoressa mi ha detto come mangiare e mi ha tranquillizzata su tutto. Seguirà lei la gravidanza e mi fido. Posso fare tutto, ma con moderazione, ha detto. Ed è esattamente quello che farò.»

«Sì, ma… Amy, sono troppi impegni quelli che hai e…»

«Lei ha detto di no» lo bloccò con veemenza «a patto che sappia conciliarli bene. Ju, non mi trattare come una malata. Sono svenuta e ok, ma ora mi ha prescritto degli integratori che eviteranno altre scene del genere. Ora mi spiego anche il leggero malessere che avevo tutte le mattine e che continuerà ancora per un po’. Secondo lei sono fortunata a non rimettere anche l’anima tutte le volte, perché non è così per tutte.»

Julian era pensieroso, poteva vederlo dalle leggere rughe che gli increspavano gli angoli degli occhi e dal sorriso tirato.
 
«A che pensi?» Indagò.

«Le hai spiegato dove vivi e vivrai nei prossimi mesi? Hai sentito il mister, potremmo rimanere qui per un bel po’ di tempo e tu passeresti gran parte della gravidanza con noi al completo. Invece dovresti passarla a casa, rilassata e viziata. Dimmi la verità, anche i tuoi genitori te l’hanno detto, vero? Non dire di no, li conosco ormai.»

«Questo lascialo decidere a me. Non starei mai per così tanto tempo lontana da te, lo sai amore. Ora più di prima. Non pensi che saperti lontano e sotto stress doppio – tra la squadra e il tuo nuovo ruolo di vice – mi renderebbe più nervosa e agitata?»
 
 


 
Anche quello era vero, ma Julian non riusciva a non preoccuparsi per la sua Amy. Cazzo, l’aveva messa incinta. Aveva generato una nuova vita con lei. Stava per diventare padre! Non riusciva ancora a crederci. Julian era euforico e terrorizzato allo stesso tempo. E Amy sembrava non capirlo. Avrebbero creato una famiglia.

 
«Amy, cara» le disse «questo cambia tutto per noi, lo sai, vero?»

«Eh? Ju, amore, spiegati, perché al momento mi sfugge» gli rispose con aria sinceramente sorpresa.

«I… insomma dai, pensaci. Non vorrai continuare a vivere separati. Le alternative sono due, o conviviamo o…»

«Stai dicendo che dovremo sposarci?» Urlò.

Ma perché ne era così sorpresa? In fondo erano fidanzati da così tanto tempo che pensava fosse il naturale passo successivo. Sembrava contraria.
 
«Amy, io ti amo e mi piacerebbe tanto sposarti, se tu lo vuoi. E… e non lo dico per la nuova vita che abbiamo creato, ma per noi. È da un po’ che ci penso – e precisamente da quando mi sono trasferito alla Palazzina Fiorita – e ora che mi hai dato questa bellissima notizia…»

«Ma… ma stai scherzando, vero?» Urlò nuovamente alzandosi e muovendosi per l’infermeria.

«No, no che non scherzo e mi fa specie che tu possa anche solo pensarlo» la riprese lui «pensavo che ne saresti stata felice. Dopo tanti anni, troppi, ti chiedo di diventare mia moglie e tu… ne sembri schifata.»

«Tu me l’hai chiesto? E quando? L’hai dato per scontato, Ju. Mi sembra di sentire i tuoi neuroni all’opera: “Oh, ora che c’è un pupo di mezzo dobbiamo ufficializzare il nostro rapporto e sarà meglio parlare di matrimonio o la mia fidanzata per bene potrebbe rimanerci male!”» lo schernì cercando di imitare la sua voce.
 
Julian era furibondo. Ma come si permetteva Amy di sfotterlo così e di minimizzare la cosa. Ma perché non capiva.
 
«E poi, anche se accettassi – e non è detto che lo faccia, per quanto ti ami – mi dici dove andremo a vivere?» Gli domandò.

«Sono sicuro che se chiedessimo a Holly di trasferirsi da Patty e di lasciare che tu ti stabilisca in pianta stabile nel nostro appartamento… ne sarebbe felice. A dire il vero, non vede l’ora e mi ha confessato che gli piacerebbe convivere con lei.»

«Cooosa? Uno scambio? Del tipo mi sbarazzo del mio capitano e mi accollo la donna incinta?»

Julian sta calmo. Rifletti bene prima di parlare o potresti pentirti di quello che ti uscirebbe dalla bocca!, si disse.
 
«Ma parli così tanto per dare aria alla bocca o lo pensi davvero?»

Ecco, appunto. Bravo, Julian, ottima mossa.
 
«Oh, questa è cattiva, Ju. Pessima, pessima frase» gli disse piantandosi davanti a lui con occhi fiammeggianti e mani sui fianchi.

«No, Amy, è una frase detta da uno che non capisce che cavolo ti passa per la testa» l’attaccò lui a un passo dal perdere la pazienza. «Amy, amo questo tuo nuovo lato combattivo, ma ora basta. C’è un limite a tutto. Rifletti! Non vuoi sposarti, non ora, almeno? Ok, nessun problema. Però allora andiamo a convivere. Cos’ho detto di male. Voglio esserti accanto ogni secondo della gravidanza e vivere con te tutte le fasi, non voglio essere chiamato nel cuore della notte da Patty per dirmi che hai le doglie o che, semplicemente, hai voglia di qualche cibo strano. Voglio che sia tu a dirmelo, non lei. Dannazione donna, è così brutto anche solo pensarci per te?»

E lì Amy fece una cosa che lo spiazzò, iniziò a piangere. Oh, cavoli, no. Tutto, ma non le lacrime. 
 
«Scusami, sono gli ormoni» gli disse nascondendosi il volto tra le mani,

«No, è colpa mia e della mia insensibilità» la tranquillizzò lui raggiungendola e prendendola tra le braccia.

«Oh, Ju, che stiamo facendo. Invece di essere stra felici e sulla luna per il nostro piccolino… stiamo litigando per niente. Che pessima persona che sono.»

«Sono gli ormoni, cara» le rispose riprendendo la sua frase e guadagnandosi una risatina contro il suo petto «e io sono uno stupido insensibile. Ma ora basta! Parliamone seriamente, ti va?»

E lei si scostò e gli sorrise, annuendo piano. Allora lui la prese per mano, si sedette sulla poltrona del dottore e se la mise seduta sulle ginocchia.
 
«Mi piacerebbe tanto convivere con te in attesa del grande passo e – a dirla tutta – avere il nostro erede alla cerimonia sarebbe meraviglioso. Una volta conclusa questa strana avventura calcistica, inizierà una nuova vita per noi, in ogni caso. Domani parleremo con i nostri amici coinquilini e gli proporremo la cosa, ci stai?»

«Sì. Tu dici che davvero Holly accetterà? E Patty? Oddio, non so se è pronta per ritrovarselo in casa fisso.»

«Ma davvero hai dei dubbi? Ma li vedi quando sono insieme? Non noti mai quanto siano riluttanti a separarsi anche solo per la notte? E non parlo dell’aspetto fisico, del sesso insomma. Parlo proprio del fatto che non vorrebbero farlo, ma ci sono costretti dalle circostanze e questo accade anche di giorno. Non vedi come lui, appena può, si offra per aiutarla in qualsiasi cosa Patty stia facendo? Appena si libera, corre da lei, anche solo per cinque minuti. Holly l’avrà sempre trattata male in passato, ma ora non può più fare a meno di lei. Secondo me non aspetta altro.»

«Hai ragione» convenne lei «e anche Patty. Vedessi come sorride quando se lo vede comparire davanti anche solo per ricevere un bacio veloce prima di vederlo sparire di nuovo. O quante volte li ho beccati nascosti a parlare del più e del meno tutti abbracciati. Possiamo provare a proporre la cosa, perché no e incrociamo le dita.»

Ora sì che Julian poteva tirare un sospiro di sollievo.
 
«Ehi piccolino» disse improvvisamente alla pancia di Amy dove aveva appoggiato la mano poco prima «qui è il tuo papà che parla. Vedi di crescere in fretta che non vedo l’ora di conoscerti, ma per ora non fare stare troppo male la tua dolce mammina.»

Poi riportò lo sguardo su Amy e vide che aveva ripreso a piangere e ridere insieme.
 
«Amy, mi hai fatto il più bel regalo di tutta la mia vita, grazie.»

L’attirò di più a sé e s’impossessò della sua bocca con calma.
Quando aveva incontrato Amy per la prima volta, si era sentito subito legato a lei e negli anni più volte aveva fantasticato di averla per sempre al suo fianco. E ora quel sogno si era tramutato in realtà. Non solo perché era divenuta la sua fidanzata storica – tanto che tutti i loro amici della Mambo scommettevano su quando lui le facesse la fatidica proposta di nozze – ma anche perché, ora, stavano per diventare genitori ed erano legati per la vita. Sì, Amy era cambiata grazie a Patty, e gli aveva dato parecchio filo da torcere negli ultimi tempi, ma questo suo nuovo lato, gliel’aveva fatta amare ancora di più.
Amy era stata molto coraggiosa ad affrontare quella giornata da sola e lui si sentiva così orgoglioso di lei che gli sembrava di impazzire. E mentre la stringeva a sé, non poteva che dirsi fortunato.

 


 
«Patty, Steff, ma vi sembra il caso di sorridere? Amy è appena svenuta sotto i nostri occhi e voi non siete neanche un po’ preoccupati?»

«No, Holly, proprio per niente» gli rispose una Patty in preda alla ridarola.

Inaudito. Incredibile. Ma era forse impazzita? Che diamine era successo a Tokyo quel giorno?
 
«Calmati, ok? Non è niente di grave, credimi» intervenne il vichingo stringendogli una spalla «e comunque, caro capitano dei miei stivali, non pensare a lei ora che è in buone mani, ma alla tua bella innamorata qua. Non vedi che è stravolta?»

«Come? Ehi, tu, guarda che io sto benissimo» gli urlò dietro lei mentre l’amico se ne andava sventolando alto il braccio per salutarli.

Stravolta? Patty? La guardò. In effetti non sembrava molto in forma neanche lei e – anche se si sforzava di sorridere – capiva che qualcosa non andava.
 
«Che ti è successo, amore mio?» Le chiese avvicinandosi a lei.

«Eh? Oh, niente, tutta colpa di Vanesia e delle sue maxi mani» gli rispose massaggiandosi un fianco.

«Ti ha fatto uno dei suoi… em, massaggi?» S’informò arrossendo «Ma… ma fanno così male? E… e sono davvero così… erotici e stimolanti come dice?»

«Ahahah caro, non ti facevo un tipo così… pudico, su certi argomenti. Hai una faccia talmente comica in questo momento, che potresti vincere il primo premio se ci fosse un concorso solo per quello» lo prese in giro lei per poi, una volta tornata in sé, specificare. «È solo un massaggio dopotutto e anche molto doloroso, perché sai… in realtà mi ha stritolata per bene ovunque e domani sarò piena di lividi, così mi ha detto e di dolori, ma stai tranquillo, poi passano e sarò come nuova.»

Eh? Ma che stava dicendo? Non ci stava capendo nulla.
 
«Credo che potrebbe essere utile anche qua dentro, sai? In realtà Vanesia non è solo una massaggiatrice, ma anche una bravissima e sadica osteopata. L’ho scoperto a mie spese e… a proposito, caro…» gli disse puntandogli un dito contro il petto.

«Em, sì? Perché mi guardi con quel ghigno malandrino, ora?»

«Niente più sesso in posti strani e duri» sentenziò lasciandolo basito.

«Co… come, scusa?»

Aveva sentito bene? Ma che diamine aveva combinato Patty con Vanesia in quella giornata?
 
«È colpa tua se ero ridotta male e ha dovuto aggiustarmi, facendomi un male cane in alcuni punti e non voglio riprovare l’esperienza, chiaro? Ha capito subito cosa aveva provocato certe contratture. E ora, ho deciso che per punirti… le chiederò di farvi un trattamento singolo a tutti e a te per primo.»

«Eh? Scherzi, vero? Ti ricordo che abbiamo già i nostri massaggiatori e sono bravissimi e ti ricordo anche che Mister Gamo non approverà.»

«Oh, tu dici? Staremo a vedere. Per il momento, Vanesia verrà qua due volte a settimana alla sera per darmi un’infarinatura delle nozioni che mi servono per fare il corso. Scommettiamo che riuscirà a strappargli l’assenso?»

Cheeeeeeee? Oddio, ci mancava solo quello adesso. Mister Gamo assediato da Vanesia per dei massaggi extra. Che incubo.
 
«Come sta il mio tesssoro?» Gli chiese poi inaspettatamente stringendosi a lui che la strinse più stretta che poté.

«Sto bene, grazie. È stata una lunga giornata senza di te, ma ora sei qui e possiamo rimediare subito» le rispose appropriandosi delle sue labbra.

«Scemo» ribatté lei una volta terminato quel dolce assalto «io parlavo del mio altro tesssoro, tu sei il mio amore e non hai le ali.»

Non ci credeva. Patty era stata una giornata senza vederlo e appena tornava chiedeva di…
 
«Mister Wow è stato bravissimo. Si guardava in giro e svolazzava qua e là come per cercarti, ma Eno gli ha fatto tanti complimenti e carezze e l’ha conquistato.»

«Eno ha talento con gli animali, ci manca solo che si metta a parlare con loro ottenendo delle risposte» gli disse «sai, prima di rientrare mi sono fermata in una libreria vicino casa e – per ringraziarlo del suo aiuto con il pennuto chiacchierone – gli ho preso un libro che parla degli animali. Dici che gli piacerà?»

«Sicuramente. Ehi, dove stai andando?» Le chiese quando improvvisamente lasciò il suo abbraccio diretta verso il salone comune. «Non vuoi sapere come sta Amy, ora?»

«Sta bene, sta bene, fidati. Quei due hanno solo bisogno di spazio e di stare da soli per un po’. Non ti azzardare neanche ad andarli a disturbare. Se lo fai, dirò ai Mister che l’altro giorno – quando tutti dormivano da un pezzo – hai pensato bene di rapirmi, portarmi in un Motel qua vicino per passare una notte di fuoco con me e poi rientrare di soppiatto alle quattro e mezza del mattino.»

Oh, no, non avrebbe osato farlo davvero. La conosceva bene e Patty non era una spiona.
 
«Non è stato un rapimento» le disse raggiungendola e abbracciandola dal dietro «eri d’accordo anche tu e ti sei divertita parecchio, prova a negarlo» le sussurrò nell’orecchio.

«Mh, hai ragione sai? Solo che d’ora in poi dovremo evitare di rifarlo, ne va delle mie ossa.»

«Cosa? Non ci penso neanche e poi che c’entrano le tue ossa, adesso» le chiese permettendole di girarsi tra le sue braccia.

«Centrano, centrano eccome e io ci tengo troppo per rischiare un altro trattamento come quello di oggi. E ora…» disse avvicinando le labbra alle sue.

«Ora… cosa?» Le rispose lui già pregustando il seguito.

«Ora ho una fame tremenda!» Disse lei, spiazzandolo, per poi liberarsi dalla sua presa e tornare sui suoi passi. «Devo fare un salto in cucina a vedere se è avanzato qualcosa. Ah, e poi devo dare il regalo a Eno prima che vada a dormi… no, è meglio darglielo domani mattina a colazione. E c’è anche Mister Wow da salutare e coccolare. Allora, sei ancora lì?» Poi si bloccò di colpo. «Ahia, ahia, ahia, ci mancava solo questo» concluse infine tenendosi il basso ventre e sbiancando un poco.

«Diamine Patty, ti ha proprio massacrata. Non vedo l’ora che venga qui per farle un discorsetto.»

E lì, Holly vide Patty scoppiare a ridere, prima di emettere un sospiro forzato e cercare di contenere il dolore con una smorfia.
 
«Ferma lì» la bloccò portandosi davanti a lei «tu non te ne vai fino a che non mi hai detto cosa ti succede di punto in bianco.»

«Prime avvisaglie di un problema femminile mensile. Un problema fastidioso e doloroso, che per fortuna dura poco. Un problema che… eh, bè, ti dovrebbe fare tirare un sospiro di sollievo, visto che esclude una mia possibile gravidanza. Bene, buonanotte, mio amore» gli diede un bacio veloce e tornò a incamminarsi verso l’edificio.

Era una voce incrinata quella che aveva sentito? No, che andava a pensare adesso, eppure… sì, lo era. Dannazione. Non gli piaceva vedere Patty in quello stato e non gli piaceva che pensasse una cosa del genere di lui. Holly voleva davvero avere un figlio dalla sua amata Patty e decise in quel momento – forse di follia o forse no – che non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
La rincorse, la prese per mano facendola sorridere ed entrano nel salone. 

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Capitolo 39
*** Una zampa da Kohana ***


Che strani sono questi umani. Sì, umani. Sono campioni nel complicarsi la vita, eppure è così semplice, voi non trovate?
Dormi, ti alzi, mangi, fai i tuoi bisognini, giochi, mangi, dormi e ricominci da capo. Ah, dimenticavo, io sono Kohana e oggi abbaio io. Lo so, non vi aspettavate che parlassi, ma io capisco tutto e mi diverto a vedere i miei due padroncini incasinarsi la vita. Sono due impiastri, parola mia.

 
«Quella ragazzina mi farà uscire di testa!» Urlò Clifford tirando un pugno al muro della stanza. «Kohana, beata te che sei un cane e di questi problemi non ne hai.»

Dici a me? Guarda, simpatico sei simpatico – anche perché mi hai portata via dal canile e solo per quello sei il mio idolo – ma anche io sono gelosa di Boss, il Maremmano di Sandy che non mi vede nemmeno, ma non distruggo niente, io. E poi, andiamo su, a volte sei proprio stupido.
 
«Diaz» gracchiò «Susie preferisce davvero quel bellimbusto argentino a me?» Si lamentò ancora. «E prima mi dice che mi ama, mi bacia, mi fa desiderare di più e poi flirta con lui, davanti a me. Col cavolo che la lascio andare in Argentina. Tu sei d’accordo con me, vero?»

Capo, sei più confuso di tuo nonno quando scende in città con una ciabatta e una scarpa ai piedi. Sei proprio un imbranato. Ma davvero vuoi sprecare la domenica a parlare con me? Ti avviso che io voglio dormire. E ora te lo faccio capire, guarda qua.
 
«Che fai, sbadigli? Sei più dormigliona di un gatto e dire che in canile dicevano che eri sì docile, ma anche vivace.»

Ho sonnooooooo! Il bimbetto che mi sfianca durante il giorno, Susie che continua a parlarmi di te e dei suoi piani per farti cedere… e ora ti ci metti pure tu con la tua gelosia. Sono una cagnolona io, lo sapete, vero?
 
«Cliff! Vado a salvare Steff da Eno e poi… ah, ecco dov’eri tesorina mia. Mi tradisci con lui? Eh, come ti capisco» poi Susie si abbassò e le buttò le braccia al collo, stringendola in un dolce abbraccio mentre lei scodinzolava a più non posso.

Mi piacciono gli abbracci della mia padroncina e anche a Cliff. Come lo so? Perché quando lei lo stringe forte, lui diventa tutto rosso e lo vedo sorridere come uno scemo. Peccato che se lei lo guarda di nuovo, lui fa finta che non gli sia piaciuto.
 
«Dove sono finiti gli altri tuoi compagni di stanza?»

«Hanno detto che volevano rilassarsi in piscina e Sandy sarà con gli altri da basso, non ne ho idea.»

«Sì, l’ho visto poco fa intento a ridere di qualcosa con Bob e Danny. Volevo solo avvisarti che Eno preferisce stare qua. Io esco per un po’.»

«Esci? Da sola? E non hai paura di incrociare ancora tua zia?»

«No, non ho mai avuto paura di lei e no, non sarò da sola.»

«E certo, non ha perso tempo, vero? Ti accompagna lui.»

«Lui, chi? Ah, ti riferisci a Juan. No, ma potrei chiederglielo a questo punto. Dopotutto devo solo passare in biblioteca a restituire due libri che mi ero dimenticata di riportare e così ne posso approfittare per conoscerlo un po’ meglio. Sai, Cliffy, mi hai dato proprio una bella idea, grazie.»

«Ma grazie di cosa, tu sei tutta matta. Quell’essere è pericoloso, lo capisci o no? Per lui saresti solo un’altra tizia da aggiungere alla sua già ampia collezione, ne sono sicuro. Ha capito che mi interessi e…»

«Cos… co… ridillo.»

«Cosa? Che quello lì è pericoloso? Sì, lo è e non cambio idea.» Finse lui, rosso in viso.
 
«No, scemo, l’ultima frase che stavi dicendo e poi hai interrotto… dilla di nuovo.»

«Devi farti controllare l’udito, mia cara ragazzina, perché non ho detto nulla.»

«Ho un udito perfetto, io. Finisci la frase e ti lascio in pace. Ha capito che mi interessi e… e cosa, Cliffy?» Insistette Susie avvicinandosi a lui.

«E niente, punto. Ti sogni le cose tu. Ma… hai detto biblioteca? È aperta oggi? No, cavoli, certo che no… è domenica, oggi. Potevi trovare una scusa migliore per avere un incontro clandestino con il riccioluto» sentenziò il difensore, allontanandosi.

«Che coooosaaa?»

Oh, no, ci risiamo. E rieccoli che litigano.
 
«Oddio, Cliffy, sei patetico.»

«Io? Io, patetico, iooo? E tu allora? Tu che accetti le avance di quel… quel… Mi sorprende che non gli sei ancora saltata addosso.»

Kohana, ora tocca a te o non la smettono più e tu vuoi dormireeee. Tutto io devo fare, tutto io.
 
«Ah, è così che la metti? Bene, allora adesso lo raggiungo e gli propongo un appuntamento. Di sicuro lui sarà felice di farsi vedere con me e non gli darà certo fastidio se gli starò addosso.»

«Sei ancora qua?» Le rispose lui con gli occhi fiammeggianti di rabbia.

Oh, Susie sta uscendo… adesso, se io mi metto un po’ qua e le blocco la strada…
 
«Kohana, spostati per favore, ho fretta.»

Non ci penso neanche. Adesso un po’ dietro e ancora davanti…
 
«Non ho tempo per giocare con te. Spostati, fa la brava» tentò ancora lei riuscendo a guadagnare l’uscita a fatica.

Ecco, brava, avvicinati alle scale che io ti saltello intorno e non passi.
 
«Che poi io dico, cosa ci trovi in lui? È vuoto. È falso!» Le urlò dietro lui, raggiungendola.

Ohhh… finalmente ti sei mosso padroncino. Giro attorno anche a lui…
 
«È sincero, invece» rispose lei e poi quando lo vide sbuffare continuò «almeno lui non finge di non tenere a me per poi farmi una scenata di gelosia gratuita se mi avvicino a un altro ragazzo che mi calcola di più.»

«Scenata di gelosia? Io? Non ne ho mai fatta una e mai la farò. Non credere che inizi proprio ora, con te. Kohana, ferma!»

Ma non ci penso neanche, anzi…
 
«E questa che cos’è allora, è?»

«Sono solo preoccupato per te. Sei troppo ingenua per uno così.»

«Cooome? Ripetilo sei hai il coraggio» gli disse sfidandolo con lo sguardo e puntandogli il dito addosso.

«Sei una ragazzina ingenua» sibilò lui avvicinandosi e facendola arretrare un poco.

Gira di qua, gira di là… e Kohana si divertirà. Ancora un po’ più indietro… brava, così…
 
«Sai che ti dico? Basta. Sono stanca. Sono veramente stanca di tutto questo. Non mi vuoi? E va bene, l’ho capito, d’ora in poi ti girerò alla larga.»

«Bene, brava, era ora che lo capissi. Ce ne hai messo di tempo» ribatté lui senza staccarle gli occhi di dosso.

Destra, sinistra, in mezzo, destra, sinistra, in mezzo, destra, sinistra, in mezzo e… oplà!
 
«Kohana, no, ferma, ehi. Ferm… aaarrrggghhh!»

Ops. Mi spiace padroncina, ma era necessario. Forse non dovevo spingerla così forte con le zampe. Ora mi siedo qui e guardo se serve ancora il mio aiuto. Sono stata brava. Mi merito un biscotto. Woff.
 
«Susie, oh, mio…»
 
 


 
Oh, no. No, no, no, no, no. Doveva bloccarla e subito anche. Cliff si lanciò in avanti, nello stesso momento in cui Susie perse l’equilibrio dopo l’assalto di Kohana e l’afferrò per un braccio, mentre con l’altro si aggrappava al corrimano delle scale… o così credeva. Che diamine…

 
«Woff. Woff. Woff.»

L’improvviso abbaiare di Kohana gli fece perdere la presa dallo spavento e si ritrovò a ruzzolare con Susie dalle scale. Doveva proteggerla. D’istinto tirò il braccio di Susie verso di sé più che poté e si portò dietro di lei. Lui poteva sentire i colpi dei gradini sulla schiena durante la caduta, ma almeno Susie era al sicuro appoggiata con la schiena al suo petto e… e poi tutto finì. Con un ultimo colpo al sedere e alla schiena, atterrò sul pavimento davanti le scale e si ritrovò semi sdraiato contro il muro che separava la sala da pranzo dalla cucina.
 
«Ahia, che male» si lamentò non appena ebbe rilasciato l’aria data dal colpo ricevuto dal corpo di Susie contro le sue parti basse.

«Che… che è successo?» Chiese lei aprendo gli occhi a fatica e cercando di capire dove fosse.

«Diciamo che siamo volati insieme dalle scale. Stai bene?» Le chiese poi con voce preoccupata, scostandola da sé e fissandola negli occhi.

Occhi ancora più belli visti così da vicino. E vicini lo erano davvero, visto che Susie era ancora sdraiata su di lui e il suo braccio la circondava.
 
«Io? Io… sì. Tu, piuttosto, sei…»

«Tutto intero, grazie. Starei meglio se solo togliessi la tua mano da… lì, ecco.»

«Cosa… oh, oh, caz… em, sì, sì, subito. Ecco, fatto» gli disse poi scostandola di getto e arrossendo vistosamente. «Mi… oddio, che imbarazzo. Mi dispiace, davvero, io non volevo e…»

Cliff dovette schiarirsi la voce più volte prima di rispondere. Dio, era arrossito come uno scolaretto alla prima cotta e lei… anche. Bene.
 
«Scusami tu» le rispose, poi, quando la vide fissarlo con aria smarrita, si affrettò a specificare «per prima. Ho detto cose che non pensavo. Credevo che tu stessi meglio lontana da me e che se avessi fatto in modo di allontanarti tu… e invece no. È troppo tardi.»

«Troppo tardi per co…»

Ma lui non le diede il tempo di finire la frase perché con la mano libera le sfiorò il volto, le passò il pollice sulle labbra, le prese il mento e la guidò verso la sua bocca che calò – dapprima dolcemente e poi con passione sempre più crescente – su quella di Susie.
Labbra così morbide e calde, che gli fecero perdere il senno e approfondì il bacio. Saccheggiò la bocca di Susie con maestria e la sentì gemere dal desiderio mentre gli circondava il collo con le braccia e si stringeva ancora di più a lui. Cliff la stinse con tutta la sua forza e lei non diede cenno di volersi spostare da lì. Stava… piangendo? Interruppe il bacio per un attimo e si accorse che Susie aveva le guance bagnate di lacrime e le labbra gonfie. Era bellissima. Gliele baciò e lei tentò di sorridere, imbarazzata. Cliff appoggiò la fronte alla sua e stette così per un tempo indefinito.

 
«Sono felice» sussurrò lei «tanto felice. Davvero. Piango perché sono felice. Insomma, guardami. Poco fa litigavo con te, poi ti sono praticamente caduta addosso, a momenti ti riduco a essere uno del coro delle voci bianche e ora…»

«Come vedi, ti ho baciata.»

«S… sì, vedo e… wow» gli rispose lei ancora visibilmente scossa da quell’assalto insperato.

«Sì, wow. Hai detto che tu non l’avresti più fatto fino a che non fossi stato io a fare la prima mossa e bè… l’ho fatta.»

«Sì, l’hai fatta» ribadì il concetto lei.

«Ti amo» le confessò.

E… ehi, un momento, cosa? E questa da dove gli era uscita? Cazzo, l’amava davvero. Tutti quegli anni passati a tenerla a distanza, erano in realtà il preludio a quello. L’amava e non se ne era mai accorto fino a… fino a quando si era trasferita di fronte a casa sua e lui l’aveva conosciuta veramente.
 
«Ti amo» ripeté visto che il silenzio di Susie si prolungava in modo preoccupante. «Adesso non sembri più felice. Pensavo che almeno ne fossi contenta, dopo tutto il tormento che mi hai dato.»

«Sono… scioccata. Sono… sconvolta. Sono… all’ottavo cielo dalla gioia» lo interruppe con un filo di voce mentre riprendeva a piangere. «Non si vede, ma lo sono.»

Cliff tirò un sospiro di sollievo e le sorrise. Non si era reso conto di essere in ansia fino a che Susie gli aveva risposto.
 
«Quindi ora che si fa… ce ne restiamo qua per terra tutto il giorno a sbaciucchiarci o – dopo avere sgridato o lodato Kohana, devo ancora decidere – ce ne andiamo da qualche parte noi due soli? Abbiamo tante cose da dirci e da chiarire» propose.

«Sei sicuro di stare bene davvero e di non avere sbattuto la testa?» domandò lei tastandogliela con una mano. «Sai, dopo anni passati a essere presa a male parole da te e mesi passati a cercare di farti ammettere di amarmi… non riesco a crederci. Merito una spiegazione, non trovi?»

«Sì, ma non ora, ragazzina. Ora voglio fare questo.»

E poi tornò a baciarla con foga e passione e lei gli rispose in egual misura.
 
 


 
Finalmente. Era forse un sogno? Cliff la stava baciando e le aveva detto di amarla. Doveva essere per forza un sogno. Era geloso di lei. La stava stringendo come se ne andasse della sua stessa vita e avesse paura che lei potesse scappare. Non sarebbe mai accaduto. Aveva tanto lottato per quello che…

 
«Diamine che botto. Ma cos’è stato?» La voce allarmata di Patty, la raggiunse da lontano.

«Sbaglio o qualcuno ha urlato?» Ci mancava solo Amy.

«Speriamo non sia successo nulla di grave» e Jenny.

«Ricordava molto uno schianto. Deve essere caduto qualcosa di grosso, ragazze. Ma dove?» Ed ecco anche Eve.

«Proveniva dal salone e… oh, oh, ops. Io direi piuttosto… qualcuno. E sì, grosso assai e doppio per giunta» Maki non si smentiva mai, diretta come sempre. «Disturbiamo, per caso? Oh, ciao Kohana, ci sei anche tu?» Aggiunse infine rivolta alla loro Shiba Inu.

«Woff, woff, woff» rispose quella.

Sogno finito. Baci finiti. Susie guardò un Cliff visibilmente imbarazzato e ancora avvinghiato a lei per terra e gli fece l’occhiolino come a dirgli “possiamo farcela” e lui le sorrise in risposta.
 
«Ciao ragazze. Ma non dovevate essere fuori?» Chiese girandosi a guardarle.

«Em… sì, ma questa cosa è decisamente più interessante di una qualsiasi mezza giornata di libertà. Vedo che avete fatto pace, eccome se l’avete fatta. Abbiamo interrotto un inizio di giochetto sconcio?»

«Maki dai, non metterli in imbarazzo ancora di più» la bloccò Patty, ma poi aggiunse «giochetto sconcio in luogo pubblico, che coraggio. Posso farvi una foto da spedire a Vanesia? Siete così carini.»

«Pattyyyyy!» urlarono all’unisono lei e Cliff.

E loro, le sue amiche e guardone sadiche, iniziarono a ridere di gusto mentre Cliff la fece scostare un poco per potersi alzare e porgerle la mano che lei prese.
 
«Oh, no, ma che peccato. Rimettetevi giù o la foto non riesce come dovrebbe» incalzò ancora l’amica col cellulare già in mano.

«E va bene, vi state divertendo, ci sta, ma niente foto» sentenziò con voce perentoria Cliff. «E prima che ce lo chiediate… Kohana ha fatto perdere l’equilibrio a Susie che stava cadendo dalle scale, io ho fatto per frenarla, ma sono caduto a mia volta e…»

«Sei caduto sì, si vede, ma sulle sue labbra» intervenne una Amy divertita e un po’ pallida quel giorno. «Una scena da film iper romantico. L’eroe che salva la protagonista da una brutta caduta e lei che lo ricompensa con un lungo bacio» disse infine con un sospiro.

«Seguono corteggiamento casuale, tira e molla, dichiarazione, imprevisto, seconda dichiarazione e vissero tutti felici e contenti con tanto di musichetta svenevole e sorrisi così ampi che ci passerebbe persino un transatlantico. Il tutto strizzato in un’ora e mezza – con così tanti sdolcinati occhioni a cuore sbattuti ripetutamente da causare un tifone e frasi fatte – che la visione è sconsigliata ai diabetici» concluse Patty facendo ridere tutti e sbuffare Amy.

«Sei impossibile.»

«Io? Ma se sono tutti fatti con lo stampino e se lo so è perché tu li guardi a tutte le ore quando sei in casa. Ogni tanto riesco a infilarci un bel horror serale, ma tu scappi sempre… fifona.» rimbottò la capo manager.

Susie continuava a chiedersi come avessero fatto tutti, a non capire l’amicizia che c’era tra quelle due e che durava da più di un decennio. Era palese. Ripensò alle volte che le aveva viste incrociarsi alle partite, negli anni, ma non trovò nulla di anomalo nell’atteggiamento scostante di Patty e nel defilarsi di Amy. Oh, come avevano saputo fingere bene. Nemiche in pubblico e amiche per la pelle in privato. Guardò Cliff e, a giudicare dal suo sguardo rivolto alle due amiche, capì che se lo stava chiedendo anche lui.
 
«Che succede? Ho sentito un tremendo botto venire da qua dentro.»

Oh, oh, ecco il suo corteggiatore argentino.
 
«A parte che siamo caduti dalle scale più di cinque minuti fa e hai dei tempi di reazione lunghissimi – per lo meno fuori dal campo – ma ti informo che, finalmente, tu…» iniziò Cliff, ma lei lo interruppe.

«Cliff, Cliff… tu parli troppo, lo sai?»

«Oh, andiamo Susie, lasciami prendere questa piccola grande soddisfazione.»

«No, Cliff e sai perché?» E quando lui negò, lei specificò «Perché è meglio che lo veda con i suoi occhi» gli disse facendogli l’occhiolino.

Dopo di che, gli prese il viso tra le mani, lo tirò leggermente verso di sé e, alzatasi sulle punte, premette le labbra sulle sue.
 
 


 
Evvivaaaa! Non so cosa stiano facendo quei due, ma non è la prima volta che si incollano così. Qui stanno urlando di gioia e lo faccio anch’io perché deve essere una cosa bella bella.

 
«Woff, woff, woff!»
 
«Oh, ma andiamo Susie… davvero? Yuma? Sei seria?»

Questo tizio continua a non piacermi.
 
«Serissima» gli risponde la mia padroncina «lo amo. Sì, Juan, lo amo, hai sentito bene. È inutile che mi guardi così. Sono lusingata di essere stata corteggiata da te, anche se brevemente, ma non è mai stata mia intenzione guardare altrove. Volevo solo farlo ingelosire un po’ e mi vergogno di questo, ma ha funzionato. Ho scelto Cliff due anni fa e continuerei a sceglierlo sempre.»

«Dio, quanto ti amo!» Le disse Cliff prima di riprendere a baciarla incurante di quanti fossero loro intorno.

Tiè, prendi e porta a casa. Woff. Sono così felice che adesso corro per la stanza e poi intorno ai miei padroncini ancora appiccicati, almeno possono tornare a respirare e a coccolarmi. Qualche bella zampata e… sì, ci sono anch’io. Ciao.
Kohana continuò fino a che le diedero retta e allora – solo allora – si buttò per terra e si mise a pancia in su scodinzolando a più non posso. Susie subito la raggiunse per grattargliela, facendole mille complimenti.

 
«Kohana, meriteresti una piccola punizione per quello che hai fatto, ma…»

«Oh, no, Cliffy» lo bloccò Susie «non puoi pensarlo davvero.»

«Lasciami finire. Dicevo. Ma… dopotutto è grazie a te se ci siamo chiariti e quindi… che ne diresti di venire con noi al parco e di una dose extra di pappa e coccole, stasera?»

Dico che da adesso sei il mio padroncino preferito. Meriti un bacino. Tò.
 
«Ok, ok, ho capito ahahah. Ho capito che sei d’accordo, basta ora però» le disse Cliff grattandole dietro le orecchie, dopo che lei le era saltata addosso per dimostrargli tutta la sua gioia con leccatine.

«Mh, dite che devo essere gelosa della mia pelosotta?» Chiese Susie alle sue amiche una volta raggiunte.

«Nooooooo… o si?» Le rispose Patty facendo ridere tutte.

«Secondo voi ha capito cosa le ho detto? A volte mi sembra quasi umana, ha uno sguardo così intelligente» s’intromise Cliff.

Ma certo che capisco tutto, capo, per chi mi hai preso. Io protesto!
 
«Woff woooff woff!»

«Ok, ok, scusa se ho dubitato di te» le rispose ridendo Cliff.

«Secondo me ha capito che avrà più pappa» intervenne Maki e poi, all’ennesimo abbaio di Kohana, aggiunse «appunto. Ci volevi tu perchè questi due si svegliassero, vero bellezza? Bravissima. Stasera controllerò che davvero te ne diano di più di pappa, ok? Altrimenti lo faccio io.»

Pappa, pappa, pappa. Gnammm. Adesso mi alzo e saltello qua e là dalla felicità.
 
«Ehi, Juan, sbaglio o ti stanno chiamando da fuori?» Chiese poi Cliff all’argentino fino ad allora ridotto al silenzio.

«Ok, messaggio recepito. Se sei felice con lui… ti faccio i miei auguri» disse Juan a Susie e poi rivolto a Cliff aggiunse «Yuma, sei proprio un bastardo fortunato. Ci vediamo stasera a cena, penso che oggi mi dedicherò a conoscere meglio questa cittadina con i miei amici» e se ne andò.

Ciao, ciao Woff, woff.
 
«Kohaaaaaaanaaaaaaa!»
 
No, Ennosuke no, non ora. Mi piace quel piccoletto, ma ora voglio la pappa, non voglio giocare e poi voglio dormire.
 
«Ah, eccoti sei q… ehi, cosa stanno facendo Susie e Cliff?»

«Eh? Oh, ecco… vieni con me che devi aiutarmi a radunare tutta la squadra originale, prima che si dividano in giro per Nankatzu, perché devo dare a tutti una grandiosa notizia» lo distrasse Amy, non appena vide i due amici di nuovo intenti ad amoreggiare. Poi lo prese per mano e lo portò via di corsa.

«Contegno, ragazzi, contegno. Ci sono bambini in giro, vediamo di preservargli un po’ di innocenza a quell’età» li riprese bonariamente Patty prima di seguire l’amica.

«Date tregua a quelle labbra e muovete quelle chiappe appresso a Amy, che qui credo stia succedendo qualcosa di più interessante dei vostri puccipucci, ok?» Ordinò loro Maki col suo solito essere diretta.
 
E poi mi date la pappa, vero? Padronciiiiniiii… ehi, sono ancora qua, mi vedete? No. Forse è meglio che vado con gli altri o qui digiuno, ma loro vengono con me. Mi avvicino piano piano a Susie e poi…
 
«Ahia, Kohana, ma che hai oggi?» Le disse Susie «Lasciami la gamba.»
 
Oh, quante storie. Ti ho solo tirato il pantalone.
 
«Sarà gelosa. Sai com’è protettiva nei tuoi confronti. Ha preso sul serio il suo ruolo di guardia del corpo» intervenne Clifford. «Vorrà averti tutta per lei.»

«Bè, ma dovrà imparare a dividermi con te, da oggi in poi. E ora, che ne diresti di un ultimo piccolo bacio prima di… ehi, ma insomma…»
 
Ho, detto, che, devi, venire, con, me. E muovitiiii. Tira, Kohana, tiraaa.
 
«Ok, Kohana, facci strada. Andiamo a sentire cos’ha da dire Amy a tutta la squadra» disse Cliff prima di prendere per mano Susie e raggiungere gli amici.
 
Ohhh, finalmente. Non mi piace mordere i pantaloni, sai? Sono duri e fanno schifo.
 
 


 
«Ehi, alla buon’ora, ma dove vi eravate cacciati» li accolse Bruce.

«Abbiamo avuto un… piccolo incidente con le scale, ma tranquilli, stiamo bene.»

«Tu starai bene, Susie, visto che mi sei praticamente caduta addosso, ma…»
 
«Oh, poco fa non sembrava dispiacerti» lo interruppe Patty.

«Ma...» ribadì Cliff fulminando l’amica con lo sguardo «io un certo dolorino alla schiena ce l’ho.»
 
«Oh, questa sì che è musica per le mie orecchie. Ma che bello potersi rendersi utile così, subito, appena arrivata» intervenne una voce che fece girare tutti i giapponesi verso l’ingresso. «Ma quanto testosterone abbiamo qua dentro, potrei svenire per la troppa eccitazione. Ciao, cari.»

«Vanesia? Ma che… non dovevamo vederci più in là noi due?» L’interrogò Patty.

 
Quel giorno la sua inquilina indossava una mise sportiva alla moda gialla e bianca e, stranamente, ai piedi portava le scarpe da ginnastica. Era ancora più bella e femminile del solito e, doveva ammetterlo, possedeva una grazia innata.

«Oh, sì, dolcezza, ma vedi sono successe due cose. La prima è che ho per un mese intero Tumaini con me» disse indicando con orgoglio un bimbetto di dieci anni, se ricordava bene, che si nascondeva dietro le sue gambe «è timido. E la seconda è che è arrivato un faldone per te e ha tutta l’aria di essere urgente, così te l’ho portato.»
 
Patty prese la pesante busta dalle mani di Vanesia, salutò il piccolo che subito catturò l’interesse di Eno e poi esortò Amy a parlare e quando lei, affiancata da un Julian stralunato e decisamente felice, urlò senza girarci attorno…

«Sono incinta!»
 
… si scatenò un putiferio di pura gioia ed emozione.  

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Capitolo 40
*** La lettera ***


Carissima nipotina mia,
 
sei stata la luce dei miei occhi e, come tale, hai illuminato la mia vita con la tua gioia, la tua forza e la tua dolcezza. Purtroppo, sono vecchia, molto vecchia e sono stanca e so che presto dovremmo dirci arrivederci.
 
«Mi manchi tantissimo zia Miho!» Patty era commossa e calde lacrime presero a scenderle copioso sul volto. Strinse al petto la lettera che sua zia le aveva fatto pervenire e, una volta ripreso il controllo, la scostò dal petto e continuò la lettura.
 
Darò disposizioni al mio notaio di fiducia affinché questa mia ultima lettera per te, ti venga recapitata esattamente tre mesi dopo la mia morte, quindi, se la stai leggendo è perché lo sono, morta! Spero sia stata una bella cerimonia, allegra e semplice, come ti ho sempre detto e come le pompe funebri sanno già. Sì, li ho avvisati in anticipo. Tutto quello che hai visto e sentito durante le mie esequie, è stato programmato da me. Ti è piaciuto? E dimmi, Vanesia ha pianto? Lei che davanti a me fa la dura quando ne parliamo, ha un cuore tenerissimo e sensibile; quindi, me la immagino a consumare fazzoletti su fazzoletti. Dille che le ho voluto molto bene e che mi mancherà immensamente, come te.
 
«Ha pianto tantissimo, come me cara zia» le disse come se ce l’avesse lì davanti «E sì, scoprire che avevi già deciso tutto tu, ha sconvolto tutti, ma tu eri fatta così e io me l’aspettavo. È stata una cerimonia meravigliosa, nella sua semplicità e tristezza.»
 
E ora veniamo al vero motivo per cui ti sto scrivendo.
Cara, spero che ti sia piaciuta la mia eredità, te la meriti tutta. Vedo come tieni alla mia Palazzina quando vieni a trovarmi e, quando mister Tanaka – il notaio – mi ha chiesto di iniziare a pensare cosa farne dopo la mia morte, gli ho detto subito che lo sapevo già e gli ho fatto il tuo nome. So che me la tratterai bene e con essa anche i suoi strampalati, ma simpaticissimi inquilini.
 
«La adoro, come tutti gli abitanti. Sono felicissima di viverci e amministrarla. Non sarò ancora brava come te… ma ci sto lavorando.»
 
Hai conosciuto Steffen, vero? Caro ragazzo, lui. E anche molto bello e simpatico, sempre allegro e disponibile. Le sue visite serali mi fanno sempre bene al cuore. Sai, ti confesso che gli ho spesso parlato di te e come ti ho fatta diventare quasi una dea ai suoi occhi, penso che l’abbia intrigato al punto giusto perchè rimanga totalmente abbagliato da te al primo sguardo. Mi spiace solo di averlo ingannato, ma l’ho fatto per te e la tua inesistente vita sentimentale, che spero non sia più tale.
 
«Cooomeee? Non ci posso credere. Zia! Non ti facevo così insensibile» esclamò con genuino stupore. «Povero Steff, devo dirglielo?» Si chiese infine.
 
A questo punto devo anche confessarti che non è con lui che ti immagino. Perché non ti sei fidanzata con Steffen, vero? Oh, no, sarebbe una disgrazia. Siete perfetti come amici, ma come amanti proprio no. Lui l’ho usato per farti capire che sei interessante e intrigante per qualunque ragazzo sano di mente che ti conosca e ti apprezzi. La mia nipotina maschiaccio, ma che darebbe l’anima per la persona che ama.
 
«Cooosaaa? Ma era impazzita?» Si chiese stringendo la lettera ancora più forte tra le mani. «Non so che dire, non ci posso credere.»
 
E tu sei innamorata, oh, sì, lo sei da anni. A zia Miho non la si fa. Ti ricordi quando a tredici anni mi sei piombata in casa piangente e disperata? Lì, ho capito che qualcuno ti aveva rubato il cuore e te lo aveva spezzato e che la ragazzina che aveva iniziato a sbocciare, era tornata teppistella. Ah, l’amore, che strani percorsi fa. Lasciamelo dire quell’Oliver Hutton è un gran bel ragazzo e ha lo sguardo gentile. Non so come abbia fatto a ferirti, ma sono sicura che non l’ha fatto apposta. È che tu parti sempre in quarta e non dai a nessuno la possibilità di spiegarsi. Sei impulsiva ed è difficile distoglierti se ti metti in testa qualcosa. Come me, come tua nonna. Non ti chiedi come mai so chi è? Be’, cara, internet è stata una grande invenzione.»
 
«Come sarebbe a dire, non è vero, zia! Io non sono testarda!» Urlò alzandosi dalla panchina dove si era rifugiata per leggere in tranquillità. «E da quando in qua andavi in rete tu.»
 
Per fortuna, la tua cara amica Amy, mi ha detto tutto sulla tua infatuazione a prima vista per lui, su quello che ti ha fatto passare e di come tu non ti sei mai lasciata mettere i piedi in testa e abbia proseguito la tua vita, pur nel dolore di vederlo così cambiato e menefreghista verso di te. E concordo con lei, lo ami, lo hai sempre amato, ma non l’ammetteresti mai neanche sotto tortura. Ma ci pensa tua zia a te ora.
Adoro quella ragazza e scusami tanto anche con lei per non averle detto nulla del mio piano, ma non appena lei mi ha confermato i sospetti che avevo sull’identità del tuo innamorato ignaro di tutto, ho elaborato una strategia senza dirglielo.
Sono stata brava, vero? Non volevo creare tensione tra di voi e così ho taciuto. La cara Amy è il tuo opposto e so perfettamente che se fosse stata messa al corrente di tutto, con l’ordine preciso di tacere, la vostra amicizia ne avrebbe risentito. Io, la vostra, la chiamo Insolita Amicizia. Siete come il giorno e la notte, il sole e la luna, testa e croce, pane e nutella. Insomma, siete i classici opposti che si attraggono. E io vi adoro e so già che mi mancherete, come io a voi, spero.
 
«Dio, no, anche Amy hai ingannato. Mi sorge il dubbio che non fossi del tutto sana di mente verso la fine, cara infida zia.»
 
Se ho insistito tanto su di te con Steffen, è perché volevo che ti corteggiasse e facesse ingelosire colui che veramente ami, ci sono riuscita? L’ho visto sai? Il tuo Holly, come lo chiami sempre. Sono andata a vedere una sua partita con tua nonna tempo fa e cavoli che bravura e che grinta!
 
«Che cooosaaa? Nonnaaa? Ma… ma… ma quelle due erano un’associazione a delinquere!»
 
Purtroppo, l’abbiamo visto anche dare corda a diverse ragazze per poi, una volta terminato tutto, andarsene con una di loro, una svampita con il cervello nel culo. Perdona questo linguaggio, ma tu sai quanto amo parlare schietta. Abbiamo visto anche te… fingevi di non accorgerti di quello che combinava e il dolore nei tuoi occhi ci ha trapassate come una lama bella affilata.
Però… però poi, di sfuggita, abbiamo visto anche lui che ti fissava da lontano e poi tornava a concentrarsi sulla recente conquista passeggera. Il suo sguardo, Patty cara, il suo sguardo ci ha molto colpite e ci ha fatto capire che non gli eri indifferente e che lo faceva per ripicca, per punirti di qualcosa di cui non siamo ancora al corrente, ma che non è importante dopotutto.
Lo sguardo di Oliver, ci ha fatto ideare questo piano e spero che ci perdonerai.
 
«Perdonarviiiiiii? Perdonarviiiiii?» Patty era sconvolta e molto arrabbiata. «E per finire, non solo hai manipolato tutti, zia Miho, ma hai ordito un piano solo per farmi mettere con Holly? Inizio a domandarmi se ti ho mai conosciuta veramente. E tu, nonna, giuro che non la passerai liscia.»
 
Ti è piaciuta anche la sorpresa dell’appartamento nascosto collegato col mio? Ormai avrai scoperto che doveva essere di tua nonna, ma che ha rifiutato di abitarci. Le ho fatto promettere che, comunque, ne avrebbe fatto buon uso in tuo favore e lei ha accettato quindi sono sicura che ne sei venuta a conoscenza e che sia abitato da un certo inquilino.
 
«Non ti sei fatta mancare niente, vero? E ora cos’altro mi confesserai, che in realtà non sei morta, ma sei nascosta da qualche parte a spiarmi? Già, niente di più facile per te, con tutte le tue conoscenze strane che hai… o avevi, non lo so più al momento. Avresti potuto ingannare tutti benissimo con qualche trucco.»
 
Premesso tutto questo, eccoci al dunque.
Ti stai domandando perché ti ho fatto arrivare questa lettera a tre mesi esatti della mia morte.
 
«No. In realtà mi sto chiedendo perché mai non ti sei fatta i cazzi tuoi e perché me l’hai confessato solo ora.»
 
Così, per divertimento. No, sto scherzando. In realtà c’è un motivo, ma se le cose sono andate come io e mia sorella speravamo, allora per te non dovrebbe essere un problema.
Sarò breve, perché la mia vista si stanca facilmente da qualche giorno e le dita iniziano a formicolarmi. Tu non puoi saperlo – anzi, a parte Nozomi nessuno in famiglia lo sa – ma io ho avuto un figlio, Atsumichi. Ero giovanissima e impaurita ed ero anche stata abbandonata dal mio fidanzato che mi accusò di averlo tradito. Ma io lo volevo così tanto, che portai avanti la gravidanza, però… però l’ostetrica mi disse che era nato morto. Non me lo fecero neanche tenere in braccio una volta, lo intravidi solo mentre me lo portavano via per sempre. Quello che ricordo di lui è che era bellissimo, con tantissimi capelli neri e che aveva una voglia scura sul dorso della manina sinistra. Come suo padre. Lo credevo morto. Era vivo. Patty, cara, il mio Atsumichi era vivo! Me lo rubarono e, probabilmente, lo diedero in adozione. Almeno, io lo spero, non amo immaginarlo chiuso in un orfanotrofio tutto solo per anni e anni e anni. L’ho saputo solo qualche anno fa, per caso. Ho incaricato un investigatore di trovarlo, ma disse che era impossibile con così poche informazioni. Allora… allora ho fatto inserire una clausola nel testamento, da aprire e rendere nota solo dopo tre mesi dalla mia dipartita. Il testamento che hai sentito leggere, è reale e valido, non ti devi preoccupare di questo. Ho nominato te mia erede universale e lui co proprietario della Palazzina.
 
«Che… che cooooosaaaaaaa? Oh, mio… oh, mio… non ci credo. Ma… ma come ci sei riuscita senza sapere il suo cognome attuale?» Chiese come se lei potesse risponderle e infatti alla riga dopo…
 
Sì, lo so, lo so, è qualcosa di impossibile da fare senza cognome, ma io mi sono tutelata. Avevo registrato Atsumichi con il mio di cognome e l’ho fatto riportare nel testamento dove ho anche specificato il luogo di nascita, l’ora, il giorno… tutto. Sai, anche se era morto, meritava un’identità e un funerale privato. Me lo ridiedero già chiuso in una mini bara bianca e a nulla valsero le mie proteste di aprirla per dargli l’ultimo saluto. Al funerale c’eravamo solo io, Nozomi e tuo nonno che all’epoca usciva da poco con lei. Ogni giorno sono andata a visitare il mio Atsumichi, fino a quando ho scoperto la verità e ho richiesto venisse riesumato il suo “corpicino”. Patty cara, era vuota, fatta eccezione per un tessuto contenente sassi pari al peso di un neonato. Puoi immaginare il mio sollievo e la mia disperazione. Ma ormai ero un’ultra settantenne e nessuno mi prese sul serio, dopotutto c’era il certificato di morte a smentirmi e la mia paura è che gli abbiano cambiato il nome, perdendolo per sempre questa volta. Glielo devo, Patty. Non l’ho potuto crescere, ma l’ho sempre amato e merita di sapere quanto. È ben poca cosa lo so, ma voglio che sappia la verità. Trovalo, tesoro di zia, trovalo per me.
 
«Dio mio, che storia tremenda cara zia. Ehi, un momento, io – io! – a caccia di un cugino sconosciuto? Ma che diamine…»
 
Ecco, ora sai tutto. Ah, sì, i tre mesi erano solo per darti tempo di ambientarti alla Palazzina e di affezionarti ancora di più al suo ritmo, ai suoi abitanti. Tranquilla, non la perderai, avrai solo qualcuno in più con cui gestire tutto, nel caso lo trovassi davvero come spero. E non ti crucciare neanche per il guadagno. Cara, non te l’ho mai detto? Come mia erede universale tu hai accesso a tutti i miei introiti. Ho già fissato per te un incontro con il notaio Tanaka che hai già conosciuto all’apertura del testamento. Ti dirà tutto lui. Spero tu non gli svenga davanti, cara, quell’ometto è tanto gracilino quanto sensibile e potrebbe venirgli un colpetto fatale. L’appuntamento è per la settimana prossima, ma te lo scrivo su un fogliettino a parte che ti incollo all’interno della busta per non perderlo. Porta il tuo fidanzato con te, hai bisogno di supporto emotivo e di qualcuno che ti tenga la mano.
Salutamelo tanto e digli che spero che continui ad amarti per tutta la vita e che continui anche a guardarti come faceva già quel giorno allo stadio. Buona vita mia cara nipotina, mi manchi già, ma ti sarò sempre accanto.
Ti voglio bene, ciao, Zia Miho.
 
Patty era sconvolta e provata da troppe emozioni. La lettera era dentro una busta grande che, con sua sorpresa, era piena di fotografie e non di documenti come pensava. Zia Miho da sola, con lei, con la nonna, loro tre insieme e tante foto della sua Palazzina Fiorita e dei suoi abitanti nel corso degli anni. Un tesoro prezioso. Rimise tutto al suo posto – dopo avere trovato e letto l’indirizzo del notaio e l’ora dell’appuntamento con lui – e lanciò un urlo liberatorio, subito seguito da una risata isterica e da un pianto irrefrenabile. Poi si ricompose e tornò dal gruppo di amici in un forte stato di shock.
 
 
 



 
«Oddio, ma che diamine era?»

Nel salone – dove ancora si stava festeggiando la notizia della gravidanza di Amy – calò un silenzio di piombo. Fu Eve a chiederlo, ma fu proprio Amy a dire…
 
«Patty! Era lei, ne sono sicura, ma che cazzo…» ma non le riuscì di finire la frase che la vide comparire sulla soglia.

Holly guardò la fidanzata. Era sconvolta. Le corse incontro e l’abbracciò stretta, senza dirle nulla e subito Patty ricominciò a piangere disperata. Ma che cazzo le era successo? L’aveva lasciata una ventina di minuti prima tutta sorridente e felice per i futuri genitori e ora…
 
«Amore mio mi stai facendo preoccupare, sai? Che ti è successo?» Poi si ricordò che era uscita dal salone con una grande busta in mano che le aveva dato Vanesia e… «cosa contiene? Per averti sconvolta così deve essere qualcosa di davvero brutto o inaspettato» le domandò scostandola un poco e prendendogliela dalla mano.

«Oh, non… tu non ti imm… agini nemmeno quanto» gli rispose a fatica cercando di ricomporsi e asciugandosi gli occhi per l’ennesima volta.

«Patty, ti va di dirlo anche a noi?» Le chiese Amy raggiungendola e abbracciandola dopo avere spostato Holly che protestò facendola sorridere.

«Certo, penso sia giusto e… vi chiedo scusa per avervi fatti preoccupare tutti e avere rovinato la festa» le disse guardandola.

«Ma scherzi? Non pensarlo neanche! Però adesso devi parlare» le intimò Amy sciogliendola dalle sue braccia.

Holly guardò gli amici che si ritrovarono d’accordo con la manager e portò Patty a sedersi su un divano. Lei incominciò quando tutti si furono accomodati, con lui al suo fianco. Gli strinse la mano così forte che gli sembrava dovesse staccarsi da un momento all’altro. Non l’aveva mai vista così e mentalmente maledì qualsiasi cosa l’avesse ridotta in quello stato. Poi lei prese la parola.
 
«È una lettera di mia zia Miho ed è moltooo… sconvolgente, sì. E non so nemmeno se è la parola giusta per definire quanto ha scritto. Riassumerla è impossibile, quindi – visto che coinvolge anche alcuni di voi, vostro malgrado e vi chiedo scusa in anticipo – preferirei che venisse letta. Ma io non ce la faccio. Non ci riesco proprio.»

«Vuoi che lo faccia io, amore mio?» Le propose lui, ma Patty scosse la testa dopo avergli sorriso debolmente.

«No, grazie caro, ma deve farlo qualcuno che non sia coinvolto o non riuscirebbe a proseguire.»

Cazzo, questo voleva dire che lui era nominato lì dentro? Ma lui non l’aveva mai neanche conosciuta questa fantomatica zia Miho che tanto gli avevano decantato. Cosa mai poteva volere da lui, anche da morta?
 
«Vanesia, per favore» disse Patty alla donna, porgendole una busta estratta da quella più grande.

Holly notò uno sguardo passare tra le due e non capì cosa si fossero dette in silenzio, fino a che…
 
«Va bene, ci penso io. Ma non ti garantisco nulla» accettò quella, poi si rivolse al figlio. «Tumaini, perchè non vai con Kohana ed Eno a giocare di fuori?»

«Posso davvero, papà?» E a un cenno affermativo di Vanesia, il piccolo guardò Eno poi disse. «Senti, le cose dei grandi mi annoiano e io adoro i cani, usciamo a giocare con lei?»

Alla faccia della timidezza!, si disse Holly sorridendo. Una nuova amicizia stava nascendo e non poteva che fare bene a entrambi.
 
«Certo, Kohana è fortissima» concordò lui e poi aggiunse spostano lo sguardo tra il nuovo amico e Vanesia «perché l’hai chiamata papà?»

Ah, l’ingenuità infantile. Holly era curioso come tutti di scoprire cosa avrebbe risposto il piccolo e lui lasciò tutti a bocca aperta.
 
«Ah, perché è il mio papà, che domande. Si veste da donna, ma fa la pipì in piedi come noi.»

E mentre si allontanavano, un Eno sempre più dubbioso disse:
 
«Ma il mio papà non ce le aveva quelle cose rotonde lì. Quelle le aveva la mamma e non erano così grosse, quasi non si vedevano le sue.»

«Neanche lui le aveva, ma ora sì.»

Oook, su questo era meglio sorvolare.
 
«Eh, che domande» disse Vanesia riprendendo la risposta del figlio e poi aggiunse guardando Patty «teatrino simpatico e necessario, non credi anche tu? Bene, ora iniziamo» prendendo la lettera in mano e schiarendosi la voce prima di leggere.

Per i successivi minuti nessuno fiatò, ma Holly poté vedere le espressioni ora di disgusto, ora di pietà, ora commosse, dei suoi amici che poi erano anche le sue. Non ci si poteva credere. Vanesia stessa dovette fermarsi varie volte per non perdere il controllo e ora Holly poteva capire bene la reazione della sua Patty.
Al termine, regnava il silenzio più assoluto.

 
«Ho bisogno di sedermi anch’io. Patty, cara, fa posto che ti raggiungo» e poi Vanesia si sedette accanto a lei e la strinse forte dopo avere fatto l’occhiolino a lui e avergli detto «scusa, ma adesso è il mio turno.»

E meno male che aveva cambiato sesso perché se Vanesia fosse stata ancora un uomo, Holly avrebbe potuto tirargli il collo per un gesto del genere.
Era una lettera terribile, anche straziante sì, ma così ingiusta…

 
«E adesso che farai?» Le chiese Amy.

«Mi accerto che sia veramente morta? Che non abbiamo seppellito anche noi un mucchio di sassi al suo posto? Chissà, potrebbe avere tratto spunto dalla vicenda del suo bimbo» rispose lei.

«Dici che potrebbe ancora essere viva?» L’interrogò un Eve sbalordita. «Ma no dai, sarebbe così assurdo e pazzesco e anche… sì, anche così tremendamente da ricovero che non avrebbe senso.»

«E andrai davvero alla ricerca di questo cugino di secondo grado?» Le chiese Susie, chissà se si era resa conto di essersi aggrappata al braccio di Cliff che non protestava per una volta.

«Devo. La vita con lui è stata così crudele e ingiusta che… ha ragione la zia, glielo dobbiamo e lui merita di conoscere la verità. Se penso a quanto ha sofferto mia zia… e a quanto ci ha manipolati… tutti!» Disse infine guardando i diretti interessati nominati dalla zia.

Sì, in effetti non le si poteva darle torto. Anche lui si sentiva usato e preso in giro, ma…
 
«Penso che tua zia l’abbia fatto in buona fede» le disse, sconcertando tutti e lei in primis «e che alla fine, dobbiamo ringraziarla o eravamo ancora ai ferri corti e io mi sarei perso la più grande gioia della mia vita, tu!»

«Oddio, qualcuno mi dia i sali per favore, penso di stare per svenire» disse Vanesia facendo ridere tutti e stemperando l’atmosfera.

«Sarà come dici tu Holly, ma io mi sento manipolata alla grande. Un burattino mosso dai fili nelle sue mani. E la nonna? Lei sapeva tutto e… e ha finto di non conoscerti quando è venuta qua al ritiro con i biscotti. Ma ti rendi conto? Neanche mi ha parlato di questo cugino perduto, come se fosse stata colpa di mia zia che invece è stata vittima di qualcosa di inimmaginabile e inumano. E Amy che è stata usata per avere informazioni su di te?» Gli disse indicando l’amica e poi continuò. «E Steff? Ingannato, indottrinato per farlo innamorare di me e, infine, usato per farti ingelosire?» Disse ancora guardando l’amico che le sorrideva triste.

«Non ti preoccupare per me, Patricia» le rispose lui «questa confessione di zia Miho non cambia nulla. Non rimpiango nulla di ciò che è c’è stato tra noi, ma questo appartiene al passato. E poi dai, aveva ragione, noi funzioniamo meglio come amici.»

Oh, sì, decisamente sì, su quello era d’accordo anche lui. Non gli piaceva molto che Steff girasse ancora intorno a Patty, ma doveva accettarlo e col tempo, forse… ce l’avrebbe fatta. Per ora lo tollerava per il quieto vivere e perché cucinava davvero benissimo, la squadra aveva un debole per le sue pietanze e lui pure, dannazione. Avere Steff con la sua Allegra Brigata nello staff era stato proprio un colpaccio. Guardò Patty che stava concordando con l’amico e gli sorrideva, istintivamente strinse ancora di più la mano dell’innamorata, fulminando il vichingo nudista con lo sguardo, ma quello sorrise anche a lui. Ma che cazzo…
 
«E il notaio, che pure sapeva e ha preferito omettere di parlarmi di questo Atsumichi?» Aveva intanto ripreso a dirgli Patty. «Francamente amore mio, faccio fatica a perdonarla in questo momento. Giuro che se fosse viva, le metterei le mani al collo per poi…» concluse infine mimando cosa voleva dire.

Vedere Patty così gli faceva male e molto anche, ma non poteva darle torto, questa zia Miho aveva agito male nei suoi confronti, pur senza volerlo, ne era fortemente convinto.
 
«E… e poi quante altre cose mi ha nascosto ancora. A quanto pare la Palazzina Fiorita non era l’unica attività produttiva che aveva. E allora mi chiedo dove sono gli introiti delle altre. E se fosse qualcosa di losco o di… indecente? Ma io ho mai conosciuto veramente mia zia? Non lo so, non lo so più.»

«Ok, non mi entrare in panico ora e non pensarci più fino all’appuntamento con questo notaio. Ci andremo insieme, come su richiesta di tua zia. A quanto pare lui è al corrente di tutto, no? Bene, vorrà dire che lo riempirai di domande il giorno dell’appuntamento. Il problema è trovare questo tizio, questo… Atsumichi, giusto?»

«Sì, Holly, ma… magari è felice così e io vado a sconvolgergli la vita per cosa, per una verità passata ormai morta e sepolta – almeno credo – con mia zia? Ma è giusto, mi domando io?»

«Be’, amica mia, io dico di sì, chiunque merita di sapere la verità sulle proprie origini, specie se oscure così» intervenne Maki fino a ora rimasta silenziosa «però, sai, c’è un altro aspetto che non hai considerato» le disse attirando l’attenzione di tutti «potrebbe essere morto. Non pensi che, in quel caso, i suoi eredi abbiano il diritto di sapere chi era lui? Sempre se ce ne sono, bene intesi.»

Come al solito Maki fu la più razionale del gruppo e tutti non poterono che convenire con lei, giusto o no, Atsumichi doveva sapere la verità e zia Miho avere giustizia, anche se postuma.
 
«Wow, questa storia è meglio di una telenovelas colombiana» intervenne ancora Vanesia «potrebbero farci un film che spaccherebbe al botteghino.»

«È talmente assurda la cosa che potrebbe funzionare» le rispose Patty. «Ma una cosa è certa, devo parlare con mia nonna al più presto. Mi deve un sacco di spiegazioni quella donna.»

Sì, la sua Patty aveva ragione. Holly stava per dirle qualcosa per confortarla, quando una voce irruppe nella sala. Una voce di donna anziana che gelò tutti sul posto.
 
«E così hai già ricevuto la lettera, bene, molto bene. Chiedimi tutto quello che vuoi nipotina mia, sono venuta qui proprio per questo.»

Nonna Nozomi era arrivata e dallo sguardo che aveva, si prevedeva uno scontro infuocato.

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Capitolo 41
*** Un alleato a sorpresa per Patty ***


«Mi piacerebbe tanto sapere a cosa pensavate voi due… voi due… aaarghh, oh insomma, che cazzo vi è passato per la mente per ordire un piano del genere.»

«Oh, andiamo, quanto la fai tragica e lunga, Patty cara. Che avremmo fatto poi di male noi vecchiette?»

«Che… che… oh, mio, Dio… questo è troppo, è assurdo! Voi due… voi dueeeee…»

«Ti ricordo che tua zia, mia sorella – a cui dovresti portare un briciolo di rispetto – è morta, quindi, al massimo, dovresti urlare tuuu, tuuu!»

«Nonnaaaaaaa» urlò una Patty esasperata. «Ma poi è morta davvero? O la stai nascondendo da qualche parte in attesa della stoccata finale quando salterà fuori dal nulla viva, vegeta e sorridente?»

«Ma quanto siamo fantasiose oggi. Ti assicuro che era rigida e fredda come un pezzo di ghiaccio e l’hai vista oltre che toccata anche tu, quindi smettila con questa stupidaggini.»

«Che cooosaaa? Stupidagginiiiiiii?»
 

Ahia, le cose si stavano mettendo male. Lo sapevano tutti che quell’incontro sarebbe stato potente, ma non fino a quel punto. Holly iniziava davvero a preoccuparsi per la sua Patty che stava affrontando a muso duro sua nonna e anche lei non era da meno. Che scontro! Potevano solo sentirle, ma anche così era come essere accanto a loro.
Patty aveva portato la nonna nell’ufficio di Mister Gamo e lì aveva dato il via libera alla sua rabbia. La nonna, di contro, le rispondeva con pacatezza, ma non lesinava sulle stoccate.

 
«Ragazzi, Anego è tornata!» Sentenziò Benji. «Ed è più in forma che mai. Cazzo, che polmoni!»

«Holly, em… sei ancora sicuro di volertela sposare la nostra capo manager?» Gli disse Bruce avvicinandosi a lui. «Le senti?»

«Sempre di più» confermò. «Bruce, le urla di Patty riuscirebbero a svegliare anche un orso dal suo letargo, ovvio che la sento! Potrebbe ridare l’udito a una persona sorda diamine, a voi non fischiano le orecchie? A me sì» Gli rispose.

«E poi ha occupato l’ufficio del mister, spero che non torni tanto presto o poveri noi per non averla fermata» intervenne Rob.

«In quel caso ci penso io a lui» propose Vanesia causando sconcerto generale «so essere molto convincente quando voglio.»

Ah, lui non aveva dubbi su quello.

 
«Hai finto di non conoscerlo» stava intanto dicendo Patty a sua nonna.

«Sono stata convincente, vero?»

«Sei impossibile, nonna. A te la vecchiaia fa male, lascia che te lo dica.»

«Oh, be’, pazienza, ma almeno mi diverto un po’ e mi mantengo giovane. Un giorno arriverai alla mia età e allora dirai… “aveva ragione nonna”»

«Ma neanche morta! E vogliamo parlare di come tu e la tua complice defunta – almeno lo spero – avete coinvolto anche Amy e Steff loro malgrado?»

«Oh, sì, quello è stato un colpo di genio di tua zia Miho e, per l’ennesima volta, lo è veramente, kaput intendo.»

«E lo ammetti così, senza problemi? E lei poi che me lo scrive pure e se ne vanta. E io che dovrei dire è? Brava, zia, furbastra che non eri altro, me l’hai fatta sotto il naso? E già che ci siamo, nonnina bella, quante attività aveva in giro per Tokyo tua sorella? E dove sono i guadagni? Non era invischiata in niente di losco, vero? Da lei a questo punto mi aspetto di tutto.»

 
Holly avrebbe tanto voluto entrare lì dentro e darle una mano alla sua innamorata, ma sapeva bene di non potere. Quella era una cosa che doveva essere risolta tra nonna e nipote e lui doveva rimanerne fuori. Ragion per cui…

 
«Direi di smetterla di origliare e di uscire da qui.»

O almeno quella era la sua intenzione – che venne condivisa da tutti – ma poi…
 
«Che ci fate tutti fuori dal mio ufficio?»

Oh, oh, se l’erano tirata da soli. Lui avrebbe tanto voluto rispondere, ma…
 

 
«E poi come può pretendere che io mi metta alla ricerca di un tizio che non conosco? E se è morto nel frattempo? Se è un maniaco? Io che ne so! Non ho neanche il tempo per cercarlo, capisci nonna? Se un investigatore privato si è rifiutato, un motivo ci sarà. Che faccio, inseguo tutti i vecchietti di… quanti anni poi? Boh. Insomma, li seguo e dico loro “Oh, mi può mostrare la sua mano sinistra? Sto cercando un tizio che abbia una voglia sul dorso, sa, l'hanno rubato alla mia pro zia appena nato”. Ma ti rendi conto dell’assurdità della cosa?»

«Miho l’ha avuto a vent’anni e quindi ora dovrebbe essere arrivato a settant’anni circa. Ci vorrà un po’ di pazienza, ma alla fine sono sicura che lo troverai. L’ha chiesto a te perché sapeva quanto sei testarda»

«Ma tu sei fuori di testa!» Le rispose lei di getto.
 

Patty l’aveva anticipato e ora il mister guardava la porta con astio mista curiosità e vi si diresse a grandi passi. Doveva fermarlo.

 
«Mister» lo bloccò mettendosi davanti a lui «la prego, dia loro cinque minuti. Avevano bisogno di un posto tranquillo ed è una questione veramente seria quella che stanno discutendo… anche se non sembra» concluse poi con le urla della sua amata in sottofondo.

«Nel mio spazio privato? Non potevano andare altrove?» Saltò su quello. «Hutton, spostati e non farmelo ripetere.»

E lui, suo malgrado – dopo altri tentativi di convincimento andati in fumo – lo fece. Quando Mister Gamo aprì la porta, Holly vide le due donne fronteggiarsi con sguardi seri e poi girarsi verso l’intruso, che si era bloccato sulla porta. Forse si era reso conto di cosa aveva interrotto e si stava maledicendo per averlo fatto.
 
«Signore» iniziò lui con voce titubante «volete accomodarvi fuori?»

«Ma non ci penso neanche» rispose Patty «almeno fino a che non avrò finito con mia nonna. Ha bisogno di qualcosa?»

Holly aveva sempre ammirato il coraggio e il parlare senza mezzi termini di Patty, ma forse in quel caso aveva un po’ esagerato. Aveva lo sguardo serio e determinato e anche il mister dovette avere capito che non era il caso di provocarla e si limitò a fissarla male.
 
«Patty, signora» iniziò a dire quello guardandole entrambe «ho urgente bisogno del mio ufficio e voi mi state impedendo di accedervi. Mi spiace avervi colto nel bel mezzo di una discussione, ma è necessario che continu…»

«No, non se ne parla e rimandare è fuori luogo, poi lei scappa» lo attaccò Patty lasciandolo interdetto mentre indicava la nonna. «Questa qui è tremenda, lo sa?»

«Signorina, ma che linguaggio!» La riprese nonna Nozomi che poi si rivolse al mister. «Perdoni mia nipote, ma oggi è un pochino nervosetta.»

«Ho tutte le ragioni per esserlo» l’interruppe lei.

«Senta, pensa di poterci concedere gentilmente altri cinque minuti? Prenda pure quello che le serve, noi aspettiamo in silenzio. Per sdebitarmi le prometto che farò un sacchetto dei miei famosi biscotti al limone solo per lei.»

«Se sono deliziosi come quelli che ho assaggiato la volta scorda, accetto molto volentieri, grazie signora» replicò lui entrando, recuperando una cartellina stra piena di documenti e uscendo subito dopo.

Quella frase fece alzare gli occhi al cielo a Holly e non solo a lui, da quando in qua mister Gamo sapeva essere così gentile? Sarà stato per merito dell’età della nonna?
 
«I biscotti al limone di Nozomi sono i migliori, concordo» s’intromise Vanesia «e visto che mi ha passato la ricetta, magari un giorno potrei farglieli, che ne dice?» Disse strizzando l’occhio al mister e avvicinandosi piano.

«Em… dico che preferisco gli originali, ma grazie per il pensiero» le rispose lui allontanandosi da lei e poi «Patty, resto qua a fuori, guai a te se ti trattieni di più. Piu tardi faremo un discorsetto, chiaro?»

«Io li accetto volentieri» disse mister Turner «ma solo perché sono goloso e da quando ho smesso di bere, questa cosa è peggiorata» disse facendo ridere tutti picchiettandosi la pancia.

«Ma faccia un po’ quello che vuole, mister Gamo, sinceramente non me ne frega un fico secco!» Disse lei sbattendogli la porta in faccia senza esitazione.

Holly guardò la porta chiusa per qualche secondo e poi spostò lo sguardo su uno stranito Gamo che non si aspettava una tale reazione. Nessuno più fiatava.
 
«Quando Patty si trasforma in Anego, è meglio lasciarla stare e aspettare che sbollisca, mister. Credo che nonna e nipote si siano già dette tutto quello che dovevano e quindi non si preoccupi, in pochissimi minuti libereranno il suo ufficio» sentenziò Tom e tutti concordarono con lui.

«Voglio sperare che lo facciano davvero» disse e poi aggiunse con voce dura che non ammetteva repliche puntando un dito contro di lui. «Hutton, vedi di ricordare alla tua futura moglie chi è che comanda qui, intesi? Che non si ripeta più una cosa del genere.»

«Mister, con tutto il rispetto che ho per lei, questa volta non posso che appoggiare Patty.»

«Come sarebbe a dire?» Rispose quello preso alla sprovvista. «L’amore ti offusca così tanto la mente?»

«Oh, andiamo Gamo, Patty non ha fatto nulla di male in fondo, solo mettersi in un posto tranquillo per parlare con sua nonna» intervenne mister Turner «non mi sembra il caso di legarsela al dito.»

«Con tutto quello che Patty ha scoperto oggi, c’è solo da capirla» gli diede man forte Holly, ringraziandolo con la testa. «Se proprio vorrà dirle qualcosa, dovrà farlo con me presente, ma la avviso subito che mi schiererò dalla sua parte. Ok, ha sbagliato a occuparle l’ufficio senza permesso, ma cosa avrebbe dovuto fare, discutere con sua nonna davanti a noi o farlo all’aperto? Avevano bisogno di privacy. Mister, non la facevo così insensibile.»

Ok, forse mettersi contro il mister non era stata una cosa giusta, ma quando si trattava di Patty, lui vedeva solo lei e niente e nessuno poteva permettersi di trattarla male.
 
 
 



 
«Perfetto, Minnie, siamo arrivati.»

L’uomo alto e smilzo – in tenuta da motociclista con tanto di giacca in pelle, che sfoggiava folti e curati baffi bianchi piegati all’insù e un codino anch’esso candido come la neve – spense il suo Sidecar azzurro e argento, tolse il casco e gli occhiali scuri che mise sopra la testa dove faceva bella mostra di sé una bandana colorata e smontò con un movimento fluido. Poi raggiunse la sua compagna di viaggio, sfilò anche a lei il casco e gli occhialini scuri, le sistemò la bandana uguale alla sua intorno al collo e l’aiutò a scendere dal lato del passeggero.
 
«Stando a quello che ci ha detto mia nipote, dovremmo essere nel posto giusto e poi il navigatore non mente, giusto?» Disse estraendo il telefono dalla tasca e spegnendo Google Maps che, con la sua voce, l’aveva fatto arrivare lì.

Si guardò in giro, deserto. Ma non doveva essere pieno di calciatori lì? Dov’erano spariti tutti? All’improvviso sentì delle voci infantili e un abbaiare di cane avvicinarsi.
 
«Dai Kohana prendila» disse uno dei due, un bambino chiaramente di origine africana, subito prima di lanciare una palla.

E una Shiba Inu, seguita da un secondo bambino giapponese, rincorse la sfera che arrivò diritta sui suoi piedi.
 
«Mi scusi signore» disse il ragazzino numero due «Tumaini fa dei lanci pro… pro… prio…» e lì si bloccò prima di esclamare «wooooooow!»

«Eno, insomma, dove sei fin…» e anche il primo bambino si bloccò «oh, caaaavoliiii, woooooow!»

Takao amava vedere le reazioni delle persone alla vista di Minnie. Lei catturava sguardi ed esclamazioni ovunque andasse e come dare loro torto, era spettacolare. I bambini poi erano quelli che più lo facevano ridere, con le loro espressioni sincere.
 
«Buongiorno piccoli umani, è qui che giocano a calcio, vero?» Chiese e quelli si limitarono a muovere la testa su e giù, non distogliendo lo sguardo dalla sua Minnie. «Sapete se sono qui o stanno disputando qualche partita? Non vedo nessuno in giro» s’informò infine.

«Qui!» Risposero quelli in coro, ancora ipnotizzati da Minnie, persino la cagnolona che avevano con loro la fissava dopo essersi messa in mezzo a protezione dei due piccoli umani.

E poi corsero via tutti e tre, sicuramente volevano che li seguisse. Ma cavoli, lui aveva ottantuno anni e faticava stargli a dietro, anche se era ancora in forma e grintoso.
 
«Abbiamo visiteeee» li sentì urlare una volta entrati in un locale con la porta spalancata.

«Ma non aspettavo nessuno per oggi, non c’è in programma nulla sul calendario degli appuntamenti» disse la voce di un uomo adulto.

Sorrise e guardò Minnie, era ora di palesarsi.
 
«Carino questo posto» esordì ottenendo l’attenzione di tutti «e un po’ affollato, ma dovevo aspettarmelo.»

«Scusi lei è?» Gli domandò un uomo. «Credo abbia sbagl… oh, cazzo, ma è… è veramente…»

«Bellissima, vero?» Concluse lui «Sì, la mia Minnie è strabiliante.»

«Stavo per dire un’altra cosa, ma sì, anche quel termine è corretto» gli rispose ancora lui. «Vi siete persi, per caso? È facile con tutte queste vie che si incastrano tra loro.»

«In realtà… siamo nel posto giusto» rispose lui spiazzandoli tutti. «Ditemi se sbaglio. Voi, siete calciatori; voi due i loro allenatori e c’è anche qualche ragazzina che, se non ricordo male dai discorsi di mia nipote, aiuta la squadra.»

«Nipoteeeee?» Urlarono tutti in coro.

«Oh, per non parlare del futuro marito… sì, dovresti esseeereee tu» disse infine puntando un dito – che aveva vagato tra diversi ragazzi – davanti al naso di quello che più assomigliava alla descrizione che aveva ricevuto da sua sorella l’ultima volta che l’aveva sentita al telefono. «Cavoli, non ricordo il tuo nome, sai, non ci faccio mai molto caso a questi dettagli.»

«Ehhh? Io… sì. Oliver Hutton, piacere. Em… ma lei chi è?» Gli rispose quello.

Bingo! Era proprio lui.
 
«Mi sembra di vivere un déjà-vu» esclamò Tom.

«E non solo tu» gli rispose Benji. «Ma non può essere che si riferisca alla stessa persona, sarebbe troppo strano.»

«Ragazzi dai, è lampante, l’ha chiamato futuro marito» saltò su Mark «chi altro conosciamo che lo fa. Una sola persona osa tanto.»

Forse era ora che si presentasse, ma prima…
 
«Ah, ma ci sei anche tu Amy. Sei raggiante, più del solito» disse rivolto alla rossa tutta sorridente.

«Sì, sono qui. Sono felice di rivederla e in formissima anche. Se lo lasci dire, non dimostra affatto la sua età.»

«Vero? Me lo dicono tutti e sai il segreto qual è? Sentirsi giovani dentro. Comunque, ahimè, sto per raggiungere gli ottantuno anni e ancora non ho intenzione di fermarmi.»

«Ottantunooooooo?»
 
Cavoli, ma che problema avevano quei ragazzi per parlare sempre in blocco? Sì, ottantuno e allora? Doveva forse rinchiudersi in casa o peggio in una casa di riposo? No, neanche morto.
 
«Vediamo chi altro c’è. Ah, Steffen! E se ci sei tu, c’è pure la tua Allegra Brigata con te, che squadra fortunella che siete. Dio, come cucina questo ragazzo… è roba dell’altro mondo.»

«Lo conosci?» Chiese Bruce al diretto interessato ora fissato da tutti.

«Sì, tutti e due a dire il vero, ma è più bello se vi lascio la sorpresa» rispose lui. Poi disse, guardandolo, «sono contento di vedere che sta bene signor Takao e anche tu Minnie.»

«Siamo ancora vivi, sì e in forma» gli rispose lui e poi guardò Vanesia. «Ah, ma questo posto è pieno di sorprese. Tutto mi aspettavo, meno che di trovarti qui. Sempre bellissima ed elegantissima. Tuo figlio?» Chiese infine notando uno dei bambini di prima da parte a lei.

«Lui, sì. Non trova anche lei che mi assomigli?»

«Alla tua versione precedente di sicuro, a quella attuale un po’ meno, ma gli occhi sono i tuoi e il sorriso… decisamente sì. Hai in programma di rientrare presto a Tokyo? Troppe ore in moto mi hanno incriccato la schiena e le gambe, ho bisogno di un massaggio strong, ma non troppo o si spezzano del tutto. Resterò in zona per un po’. Pensavo di alloggiare da mia sorella, ma si è trasferita senza dirmelo quella vecchiaccia malefica.»

«In motoooooo?» Esclamarono tutti i presenti.

«Il signore qui viaggia in Sidecar» li informò Vanesia e poi aggiunse, guardandolo. «Sempre galante lei e l’aiuto volentieri. Se lui mi dà il permesso… non sarà necessario aspettare troppo» concluse poi guardando uno degli uomini presenti, la cosa si faceva interessante.

«Em… sì, sì, ma certo. Potete usare la sala di fisioterapia, uno dei miei ragazzi vi accompagnerà» acconsentì e subito dopo aggiunse, vedendo Vanesia sorridere «ma che sia chiaro, lo faccio solo perché una persona anziana necessita di aiuto urgente, chiaro? E non voglio sapere cosa farai per rimetterlo in sesto, ma ti concedo mezz’ora.»
 
Persona anziana… a lui? Questa poi. Certo, ne aveva l’aspetto – e quello lo fregava sempre – ma l’indole… quella proprio no. Era più giovane di molti che lo erano sul serio. Ma tu pensa cosa gli toccava sentire.
 
«Ehi, dico, giovanotto… chi hai chiamato anziano?»

«Aspetta, aspetta, aspetta» intervenne Holly «se tu Steff lo conosci e tu pure Vanesia, per non parlare di te Amy… e se anche lui mi chiama come solo un’altra persona fa… questo significa solo una cosa e cioè che lui deve avere qualche cosa a che fare con…»

«Zietto?» Domandò una nuova voce, femminile questa volta. «Ziettooooooo!»

Ed eccola lì, la sua bellissima, quanto casinista pro nipote. Non fece in tempo a salutarla che lei gli saltò al collo, stringendolo forte, letteralmente.
Be’, tutto lavoro in più per Vanesia, pensò sorridendo prima di ricambiare l’abbraccio.
 
 
 




 
«Ziettoooooooo?»

«Patty, ma… ma questo tipo strano è tuo zio?» Le chiese Bruce.

«Ma questi qui parlano sempre tutti insieme?» Le chiese il suo pro zio indicando il gruppo che ora li stava fissando con sguardi allibiti.

«Non sempre, ma può capitare» gli rispose lei. «Zietto, la nonna è stata cattiva con me, sai? Molto cattiva. L’ho perdonata, dopotutto la adoro, ma ciò non toglie che è un’impicciona e una manipolatrice nata. Lei e quell’altra pazzoide della prozia, glielo dici anche tu che non ci deve mai più riprovare?»

 
E suo zio rise forte mentre fissava davanti a lui e poi – dopo essersi guardati per un secondo – si girarono verso la causa del suo mal di testa per omaggiarla con una linguaccia, lasciando tutti allibiti mentre quella blaterava qualcosa che suonava tipo… Mi sembra di essere finita in un asilo nido, cosa mi tocca vedere.

«Sorella cara, che hai combinato alla mia nipotina?» Domandò suo zio una volta ricomposto.

«Chiese quello che è sparito negli ultimi mesi, salvo qualche telefonata» gli rispose lei. «Bentrovato fratellino, pensavo che prima o poi mi chiamassero da qualche luogo sperduto del Giappone per dirmi che ti avevano ritrovato morto, ma… ahimè, sei ancora qui.»

«Be’, fino a prova contraria tra noi due sei tu quella che dovrebbe schiattare per prima. Vecchiaccia. E poi se ti ho telefonato vuole dire che non sono sparito, giusto sì o giusto sì?» Rispose lui, zittendola all’istante.

 
Quei due non erano mai andati molto d’accordo e ora questo giocava a suo favore.

«Sei un grande zio. Te l’ho mai detto che sei il mio zietto preferito?» Gli disse baciandogli la guancia rugosa prima di lasciarlo andare.

«E grazie al caaa… ppero» recuperò all’ultimo ricordandosi dei bambini «sono anche l’unico che ti è rimasto e non ho intenzione di passare dall’altra parte troppo presto» le rispose facendola ridere mentre le scompigliava i capelli.

«Wofffff wofffffff.»

 
Eh? Quella non era Kohana, quella era la voce di… si girò e la vide, bellissima in tutta la sua maestosità.

«Minnieeeee!» Urlò abbracciandola mentre quella scodinzolava a tutto spiano «Scusa bellezza, non ti avevo vista» le confessò poi baciandola sul naso e sulla testa, per poi dedicarsi a lisciare le sue ampie orecchie.

«Hai bisogno di occhiali amore mio» intervenne Holly «ce ne vuole per non vederla. Ma che razza è?»

«Lei è una femmina di Alano Blu e ha due anni» rispose e poi disse rivolta ai bambini «ehi, la volete vedere una cosa che vi farà uscire gli occhi dalle orbite?»

«Sììììììì» risposero in coro quelli, dopo un attimo di esitazione.

«Ok, allora… preparatevi e anche tutti voi» disse infine rivolta al resto del gruppo che la fissava con curiosità e poi guardò l’Alano. «Minnie, sono molto triste oggi e ho bisogno di un tuo abbraccio, me lo dai?» Le chiese aprendole le braccia.

 
E, sotto gli occhi di tutti – che ora erano davvero stralunati – oltre che di esclamazioni di puro stupore, Minnie si alzò su due zampe che le mise sulle spalle e la oltrepassò di diverse spanne mentre lei le posizionava le mani sulla schiena e si stringeva al suo corpo.

«Ohhh, la mia cucciolina bella, tanto dolce» le disse con voce mielosa «grazie, sei un amore, va già meglio.»

«Oddio, non ci credo, ma è immensa» disse Rob con un filo di voce.

 
Eh, sì, quando Minnie si mostrava in tutta la sua altezza superava tranquillamente i due metri; quindi, immensa era la parola esatta per descriverla.

«La mia Minnie è tutta stazza, ma ha un cuore buono e va d’accordo con tutti, gatti compresi. A proposito, Oscar è ancora vivo?» Chiese alla sorella.

«Sì, rompiscatole, lo è. Al momento si sta dedicando a quello che ama fare di più, dormire.»

«Sai, zietto, ora nonna vive dai miei, nella dependance con la sua migliore amica. Oscar è con loro, mentre Mister Wow sta con me e Amy a Tokyo e…»

«Capitano, o mio capitaaaanooo!»

«E al momento – come puoi vedere – è qua con tutti noi e ora è ufficialmente mio. Anche se ha un debole neanche troppo velato per Holly, il mio…»

«Futuro marito» concluse lui per lei mentre l’Ara Giallo Blu planava sulla spalla dello stesso. «Ma come, mi snobbi così? Sto via qualche mese e non mi guardi più? Sono deluso, molto deluso da te» disse infine mettendo il broncio al pennuto che lo guardò incuriosito.

 
E lì, Patty rimase stupita di vedere come Mister Wow – dopo avere emesso un sonoro fischio – si affrettò a lasciare la spalla di Holly per quella del suo zietto Takao.

«Il primo amore non si scorda mai.»

«Vorrei ben dire, abbiamo degli arretrati da recuperare noi due. Mi mancavano le tue perle di saggezza pennuta» gli disse mentre gli lisciava il piumaggio giallo.

 
Poi, come faceva sempre quando Minnie era in zona, Mister Wow scese dalla spalla dello zietto e planò sulla schiena della cagnolona che – dopo avere emesso un sonoro sbadiglio – si sedette senza scomporsi.

«Sono stupendi, starei qui a guardarli per ore» disse Amy estraendo il cellulare per fargli una foto.

«Già, per chi non è abituato a certe scene è qualcosa da immortalare, per noi invece è la normalità, vero zietto?»

«Verissimo, nipotina.»

«Sì, sì, tutto molto bello, ma ancora non ci hai detto che ci fai qua» intervenne nonna Nozomi.

«Mah… sono passato da casa tua, ma non c’eri e allora sono andato da mia nipote e mi ha detto che eri venuta qui a chiarire una cosa con Patty, hai blaterato qualcosa riguardo a una lettera e sei partita a razzo. Mi ha dato le coordinate ed eccomi qui. E ora verrai con me e mi spiegherai per filo e per segno cosa e tu e l’altra svampita defunta avete architettato ai danni della mia pro nipotina. A Miho non posso più tirare il collo, ma a te sì.»

 
Quasi quasi le dispiaceva per sua nonna, ma si meritava una punizione e lo zio era sempre stato l’unico in grado di rimetterla in riga, anche se era il più piccolo dei tre fratelli.

«Io, su quel coso che guidi tu? Ma neanche morta» gli rispose la nonna.

«Tu, su quel coso che guido io. Subito!» Ribadì lui.

«E dove mi metto? Minnie occupa il sedile del passeggero e tenerla in braccio sarebbe un pochino scomodo per chiunque» disse indicando l’Alano che non faceva una piega alle piccole beccate di Mister Wow.

«Ah, carissima sorella, una donna avventuriera come te che se ne va a zonzo per il mondo, vuoi che non sappia saltare in sella a un Sidecar? Starai aggrappata a me, ovvio, Minnie non la lascio certo in giro per farti posto. Però tranquilla, Vanesia mi ha promesso una mezz’oretta del suo tempo per farmi un veloce massaggio alla schiena, nel frattempo potresti farti un pisolino.»

 
Fu più forte di Patty, scoppiò a ridere di gusto sotto gli occhi di tutti. Quei due erano una forza della natura. Separati erano mitici già di loro, ma uniti…

«Siete uno spasso voi due, ahahah, avevo dimenticato com’è divertente vedervi insieme, ahahah. A quanto pare è invecchiato solo il vostro corpo, ma siete sempre i soliti litigiosi fratelli.»

«Stai dicendo che fanno sempre così?» Le chiese Holly.

«Sempre. Non sono mai andati d’accordo e litigano per tutto, in famiglia ci divertiamo sempre un mondo quando si riuniscono.»

«Senti un po’ tu, signorina» le disse sua nonna «mi hai chiamato vecchia per caso? Capisco il baffone qua di fianco con più centimetri di altezza che cervello, ma io? Iooo?»

«Senti vecchiaccia malefica, almeno io li porto bene i miei anni… su di te, invece, ho qualche dubbio.»

«Visto, che vi dicevo? Sono uno spasso, ahahaha.»

 
E tutti concordarono tra le risate.
 
 
 



 
«Ma non possiamo allontanarci un attimo che qui dentro capita di tutto» esordì Diaz rientrando con Pascal e gli altri ragazzi stranieri della nuova squadra.

Insomma, ma quel posto era una fucina di novità, non si poteva mai stare tranquilli. Quasi quasi rimpiangeva il ritiro argentino dove si lavorava, ci si rilassava e si rimaneva focalizzati sull’obiettivo finale: vincere le partite e il campionato.
Diaz non sapeva più a cosa pensare, non gli sembrava nemmeno di esserlo, in ritiro. Bambini, animali, una transessuale che ogni tanto passava da lì, cuochi fantastici e ora… anche due vecchietti e un cane enorme. Ma chi erano? E perché erano lì? E perché uno dei due era vestito da motociclista con tanto di bandana in testa? Ah, sì, non doveva dimenticarsi delle belle ragazze che li seguivano come manager, purtroppo accoppiate ai giocatori giapponesi. Persino lei, Susie. Quella era stata una gran bella batosta da digerire. Quel Clifford gliel’aveva soffiata da sotto il naso. No, dico, lui – il grande seduttore Diaz – era stato ignorato a favore di quel gorilla giapponese? E come se lo guardava e mangiava con gli occhi Susie. Era finito in un incubo. Pascal l’aveva preso in giro per un po’, ma poi si era dato da fare per mitigare la sua delusione, era proprio un grande amico. Pascal che ora era completamente ammaliato dalla moto che aveva visto.

 
«Proprio vero» stava intanto dicendo lui «c’è un bellissimo Sidecar là fuori, roba da perderci la testa, parola mia che li adoro» Pascal si guardò intorno e individuato un individuo nuovo gli chiese «è suo, per caso? Sbaglio o è un IMZ Ural Sidecar? Ah, i modelli russi sono solidi e potenti, i migliori a mio parere.»

«Ah, ma qui abbiamo un vero esperto. Che piacevole sorpresa, adoro quando i giovani si interessano del vintage. Sì, hai indovinato, è davvero quello, ma se vuoi ne parleremo più tardi, ora ho un massaggio alla schiena che non può più essere rimandato» disse prima di andarsene accompagnato da quella che, se non ricordava male, si chiamava Vanesia.

«Ma dai, non ti facevo un fan di quelle moto» gli disse Clifford.

«Oh, invece lo è. Ne ha uno rosso che tiene come un gioiellino» lo informò Diaz al suo posto «quando ha un momento libero lo si vede scorrazzare per le vie della città con quello. Sembra un tipo tranquillo, ma dentro di lui nasconde un animo avventuroso.»

«Sì, ma non ho quel modello, purtroppo. Ci sto puntando da un po’, ma costa tantissimo, senza calcolare il trasporto dalla Russia – visto che li fanno solo lì – all’Argentina e di seconda mano è difficile trovarne in buone condizioni.»

«Cambiando argomento o non la finisce più» disse lui «state dando una festa senza di noi?»

Ma non poteva tenere la bocca chiusa? Così ora era stato messo al corrente degli ultimi sviluppi e, assieme a lui, tutti i giocatori esteri rientrati al ritiro. La successiva mezz’ora passò così, tra risate e festeggiamenti per la gravidanza di Amy la rossa.
Diaz vide Pascal affiancarsi all’uomo di prima – che ora aveva scoperto essere imparentato con quella pazzoide di Patty, chissà perché non ne era sorpreso – e uscire poco dopo assieme a lui per raggiungere il Sidecar, seguiti a breve distanza dall’enorme Alano chiamato Minnie, ora libera da Mister Wow che era tornato sulla spalla del capitano Hutton.
Si guardò in giro nella grande sala. Tutti erano felici e soddisfatti delle proprie carriere. Tutti avevano dei progetti ancora da realizzare o da portare avanti e concretizzare.
E lui? Cos’era quel senso di vuoto che lo opprimeva da un po’ di tempo? Era iniziato mesi addietro e ancora non se n’era andato. Che doveva fare per liberarsene?

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