Their Stories || H.S. || The Beginning

di MonicaX1974
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kurt e Dylan - Day 1 ***
Capitolo 2: *** Kurt e Dylan - Day 2 ***
Capitolo 3: *** Kurt e Dylan - Day 7 ***
Capitolo 4: *** Kurt e Dylan - Day 12 ***
Capitolo 5: *** Kurt e Dylan - Day 13 ***
Capitolo 6: *** Dylan - Boston ***
Capitolo 7: *** Harry - Long time ago ***
Capitolo 8: *** Harry - Long time ago (pt 2) ***
Capitolo 9: *** Harry e Chloe - Today ***
Capitolo 10: *** Harry e Chloe - Today (pt2) ***
Capitolo 11: *** Harry & Chloe - Today (pt 3) ***
Capitolo 12: *** Harry and his father - Today ***
Capitolo 13: *** Harry and his mother - Today ***
Capitolo 14: *** Chloe, Harry and his family - Today (pt 1) ***
Capitolo 15: *** Chloe, Harry and his family - Today (pt 2) ***
Capitolo 16: *** Chloe, Harry and his family - Today (pt 3) ***
Capitolo 17: *** Kurt e Dylan ***
Capitolo 18: *** Chloe's Birthday (pt 1) ***
Capitolo 19: *** Chloe's birthday - (pt 2) ***
Capitolo 20: *** Chloe's birthday (pt3) ***
Capitolo 21: *** Rebekah & Zayn - long time ago ***
Capitolo 22: *** Rebekah & Zayn - long time ago (pt 2) ***
Capitolo 23: *** Rebekah & Zayn - today ***
Capitolo 24: *** Harry & Chloe - a cloudy day ***
Capitolo 25: *** Harry & Chloe - a Sunny Day ***
Capitolo 26: *** Harry & Chloe - a Great Day ***
Capitolo 27: *** Dylan e Kurt - Halloween ***
Capitolo 28: *** Jordan e Hazel - Long time ago (pt1) ***
Capitolo 29: *** Jordan & Hazel - Long time ago (pt2) ***
Capitolo 30: *** Jordan & Hazel - Long time ago (pt3) ***
Capitolo 31: *** Harry & Chloe - A happy day ***
Capitolo 32: *** Harry & Chloe - a strange day ***
Capitolo 33: *** Harry & Chloe - a spanish day ***
Capitolo 34: *** Harry & Chloe - Doubt ***
Capitolo 35: *** Harry & Chloe - Confused thoughts ***
Capitolo 36: *** Harry & Chloe - Great certainties ***
Capitolo 37: *** Harry & Chloe - A Christmas gift ***
Capitolo 38: *** Harry & Chloe - A new beginning ***
Capitolo 39: *** Harry & Chloe - A little point ***
Capitolo 40: *** Harry & Chloe - Just You & Me ***
Capitolo 41: *** Harry & Chloe - Wedding day pt. 1 ***
Capitolo 42: *** Harry e Chloe - Wedding day pt. 2 ***
Capitolo 43: *** New Life, New beginning ***
Capitolo 44: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Kurt e Dylan - Day 1 ***


And brother, tell me if it all gets better?

Why did you leave? Why did you die?

I know you're watching over us tonight

And I hope you're watching over us tonight

"Brother"

Falling in Reverse

***********

Dylan

Giorno 1

Non mi sono mai sentito così perso in tutta la mia vita.

Un attimo prima avevo un padre eroe, che aveva salvato mia madre da un incendio, e l'attimo dopo tutto era svanito in un mare di bugie che sono cresciute insieme a me.

Mia madre ha sempre decantato le qualità di un marito che non è mai esistito, ed io mi sono sempre sentito orgoglioso di lui, ma ora so che ero solo orgoglioso di un'illusione, di una bugia.

Nessun incendio, nessun marito e soprattutto nessun padre che mi amava, ed è stato quello il colpo di grazia. Colui che avrebbe dovuto amarmi incondizionatamente ha tentato di liberarsi di me, ha spezzato il cuore a mia madre, ha mentito a sua moglie e a suo figlio. Mi hanno negato la verità, la possibilità di scegliere e decidere da me, ma la cosa più importante è che mi hanno negato la possibilità di conoscere mio fratello.

Cazzo! Avevo un fratello!

Ogni volta che ci penso sento il sangue pompare più in fretta e arrivare dritto al cervello con una forza tale da farmi perdere il lume della ragione.

È quello che è successo la serata dell'ultimo dell'anno quando sono rientrato a casa e ho trovato mia madre in una condizione tale da costringerla a vuotare il sacco e farmi raccontare tutta la verità.

In un primo momento ero furioso con lei, tanto da dovermene andare fuori di casa per evitare di dire cose di cui avrei potuto pentirmi, e anche perché non riuscivo a concepire che mia madre, la donna che mi ha cresciuto e di cui mi fidavo ciecamente, mi avesse raccontato tante bugie per così tanto tempo.

Scoprire che anche Harry era a conoscenza della verità mi ha fatto male perché, dopo mia madre, è sempre stato la persona di cui mi fidavo di più.

Una dopo l'altra sono cadute tutte le mie certezze, quelle che mia madre aveva costruito per me, ma erano solo una montagna di menzogne, una montagna che è franata su sé stessa come un fragile castello di carte, e adesso mi ritrovo a cercare di rimettere in ordine tutti i pezzi della mia vita che non hanno più un posto.

In tutto questo c'è un'unica nota positiva: Chloe.

La sera in cui l'ho incontrata in aeroporto a Boston ho sentito subito che c'era qualcosa che mi attirava particolarmente in lei, ma credevo che fosse attrazione fisica, e invece c'era qualcosa di molto più profondo, e molto più speciale che mi legava a lei: mio fratello.

Chloe mi ha raccontato di lui, di Dylan, e sono fiero di portare il suo stesso nome. Spero che la decisione di venire a Montreal per recuperare qualcosa della mia vita si riveli la scelta giusta, perché al momento non so più chi sono.

Ho perso le mie radici, le mie origini, tutto è confuso, e l'unica cosa certa è che ho ancora degli amici sui quali posso contare. I miei vecchi amici hanno fatto quasi a gara per non lasciarmi solo durante i giorni che ho trascorso nell'appartamento di Harry. Non riuscivo a reagire, non avevo voglia di parlare, né di fare qualsiasi altra cosa. Il mio unico pensiero era mio fratello, è lui la mia priorità al momento, ed è per questo motivo che ho fortemente voluto parlare con Chloe. Chi meglio di lei avrebbe potuto raccontarmi del fratello che non ho mai conosciuto?

Attraverso le sue parole ho vissuto alcuni loro momenti, grazie alle foto che mi ha mostrato ho potuto vedere il suo volto e quasi mi sono dimenticato di tutto il mio dolore quando ho potuto vedere alcuni video. L'ho visto muoversi, l'ho sentito parlare, e ho provato una forte stretta al cuore quando l'ho visto sorridere. Non so cosa darei per poter tornare indietro nel tempo e scoprire molto prima tutto questo, così da avere la possibilità di vivere al suo fianco.

Tuttavia, grazie a Chloe - che fa parte dei miei nuovi amici - ho l'opportunità di avvicinarmi a lui, anche se in un modo diverso da come avrei sperato, ma ora so che lui è esistito, e anche se non potrò mai andare a farmi una bevuta con mio fratello, o guardare un film insieme, so che c'è, che è sempre stato una persona meravigliosa, e posso onorare la sua memoria.

Sempre grazie a Chloe, mi sono messo in contatto con Kurt, il suo migliore amico. Mi ha detto che lui e Dylan erano come fratelli, mi ha raccontato di un sacco di piccoli episodi grazie ai quali ho capito quanto lui fosse speciale e perché lei lo amasse così tanto.

Ho toccato suolo canadese da poco, ho appena terminato tutti i lunghi e accurati controlli doganali, ed ora mi sto recando verso l'uscita dove dovrebbe esserci Kurt ad aspettarmi. Quando Chloe mi ha proposto di mettermi in contatto con il suo amico spiegandomi quanto fossero uniti, e quanto avrebbe potuto essermi d'aiuto, ho accettato senza nemmeno doverci pensare, perché al momento ho bisogno di tutto l'aiuto possibile.

Mi guardo intorno, ma non riesco a vederlo. Chloe mi ha mostrato una sua foto prima della partenza, e sono sicuro di non averlo visto da nessuna parte. Decido di prendere il cellulare e inviargli un messaggio.

Sono arrivato
Sono già fuori

Resto a guardare il display, poi alzo lo sguardo per guardarmi intorno, ma torno subito con gli occhi sullo schermo quando sento la vibrazione nella mia mano.

Ti vedo
Sto arrivando

Blocco lo schermo, metto il telefono in tasca e torno a guardare prima alla mia destra, poi alla mia sinistra, ed è in quel momento che lo vedo arrivare.

La sua camminata è calma, tranquilla, ha un gran sorriso sulle labbra ed io mi sorprendo di me stesso quando mi scopro ad osservarlo incantato. Non credo di aver mai guardato nessuno in vita mia come sto guardando lui adesso.

«Ciao, ben arrivato a Montreal, sono Kurt!» La sua voce allegra e il suo ampio sorriso sono contagiosi. Allungo la mano verso la sua, lui la stringe con forza e sento uno strano brivido a quel contatto, qualcosa che non ho mai provato prima.

«Dylan... piacere di conoscerti Kurt.» Provo di nuovo quello strano brivido nel pronunciare il suo nome mentre mi guarda negli occhi.

Dev'essere il mio stato d'animo alquanto provato. Sono sottosopra, non dormo bene da giorni e mangio saltuariamente. La mia vita è un disastro completo ed io ho perso la lucidità. Si tratta di questo.

«Vieni, ho la macchina parcheggiata di là.» Mi fa cenno di seguirlo, io accenno un sorriso, poi afferro la mia valigia e lo seguo lungo il marciapiede con addosso quella strana sensazione. «Ci vorranno circa una ventina di minuti per arrivare a casa. Mia madre ha già preparato da mangiare quindi pranzare fuori casa è fuori discussione, almeno per oggi.» Continua a parlare con lo stesso tono allegro per tutta la durata del tragitto fino alla sua macchina, ma la sua serenità non mi fa sentire meglio, anzi mi sento più nervoso.

Arriviamo all'auto - piuttosto sgangherata - prendo posto sul sedile passeggero e Kurt si mette al volante.

«Com'è andato il viaggio?» mi domanda mantenendo lo stesso tono allegro, poi si immette nel traffico ed io mi rendo conto che lo sto fissando.

Scuoto la testa come per riprendermi e cerco di rispondere per non sembrare un idiota. «Abbastanza tranquillo, qualche turbolenza, ma niente di particolare.» Il mio stato d'animo è decisamente provato. Ho urgente bisogno di riposo.

«Quando viaggio in aereo mi piace guardare giù durante la fase di atterraggio. Vedere le grandi città dall'alto mi fa pensare che, nonostante sembrino imponenti, alla fine è tutto così piccolo. Per quanto gli scenari degli skyline siano spettacolari, c'è così tanta sofferenza nelle persone che abitano quei luoghi. O quando vedo dei paesaggi mozzafiato penso che possano essere minacciati da qualche catastrofe naturale o dalla stupidità degli uomini... Insomma... Voglio dire che tutto sembra così perfetto, ma in realtà è tutto così...» mi lancia un'occhiata veloce, poi torna a guardare la strada. «... fragile...»

È come se mi avesse appena descritto. Kurt ha definito la mia intera vita in poche parole e il turbamento che mi ha colpito non appena l'ho guardato negli occhi poco fa, non fa che aumentare.

Ho decisamente bisogno di riposo.

«Ho detto qualcosa che non va?» mi domanda dopo qualche istante di totale silenzio da parte mia.

«No! No... È solo che...»

Perché mi sento così strano?

«Tu lo sai che io sapevo già tutto prima che lo sapessi tu?» afferma cauto mentre ci fermiamo ad un semaforo.

Mi volto per guardarlo e la confusione che provavo un paio di secondi fa, raddoppia, o triplica, non lo so. Quello che so è che sono sempre più disorientato.

«Come... Come facevi a saperlo?» gli chiedo, e riesco a guardarlo per un attimo nei suoi chiarissimi occhi verdi. O forse sono azzurro verdi, ma quello che mi colpisce è che non ho mai fatto così attenzione agli occhi di un ragazzo.

La mia auto diagnosi è confermata: riposo, né ho assoluto bisogno.

«Harry si era confidato con me per via di Chloe e del rapporto che aveva con Dylan. Io volevo che lui dicesse tutto subito, non mi piace avere dei segreti, soprattutto con le persone a cui tengo, ma ho mantenuto il silenzio per la promessa che aveva fatto a tua madre.» Credevo di aver fatto qualche passo avanti nel l'affrontare questa situazione, ma non sono più tanto sicuro che sia così. «A proposito... come sta tua mamma?»

«Non... Non le parlo da giorni...» Tenerla a distanza mi fa male, ma sono troppo arrabbiato per il fatto che mi abbia tenuto nascosto una cosa tanto importante. Ho bisogno di un po' di tempo per provare a capire il suo punto di vista perché ancora non ho capito nemmeno il mio.

Un altro semaforo, un altro sguardo, poi sorride e posa la sua mano sul mio ginocchio per un attimo. «La supererai.» La sua voce mi infonde coraggio e fiducia nel futuro, ma il suo gesto mi provoca di nuovo lo stesso brivido che mi ha causato la sua stretta di mano.

Non spiccico più una parola per tutto il resto del tragitto. Kurt, invece, parla senza problemi, con tutta la calma di cui sembra essere capace, e se la sua intenzione era tranquillizzarmi, devo ammettere che alla fine c'è riuscito al cento per cento. Gli sono bastati pochi minuti, in cui ha parlato di tutto e di niente, per farmi sentire meglio.

«Siamo arrivati, e non ti fare problemi a dire no a mia madre, perché quando cucina per qualcuno la casa sembra trasformarsi in un ristorante.» Una piccola risata sincera lascia le mie labbra e anche un'altra piccola quantità di tensione accumulata nei giorni precedenti si allontana.

«Ok... senti...» Kurt assume un'espressione più seria ed io sento di nuovo quel brivido nel momento in cui mi guarda dritto negli occhi. «... io vorrei andare da lui oggi, da mio fratello...» mi viene ancora strano a dirlo, ma ho davvero voglia di andare da lui. È la prima cosa che voglio fare in questo Stato.

«Certo. Ti ci porto subito dopo pranzo. Ho detto a Chloe che mi sarei preso cura di te ed ho tutta l'intenzione di farlo.» Per un attimo restiamo a guardarci, e sono sicuro di aver colto una luce diversa nei suoi occhi, ma è durato troppo poco, perché subito dopo lui si è voltato per scendere dall'auto. L'ho seguito fino in casa dopo aver recuperato il mio bagaglio dal sedile posteriore, ma sono assolutamente certo che sia appena successo qualcosa... qualcosa che ha mandato in tilt per un attimo tutto il mio cervello.

*************

È strano entrare in un cimitero per venire a trovare qualcuno che è davvero sangue del mio sangue, perché finora sono stato sulla tomba di uno sconosciuto, quella che mia madre mi ha fatto credere da sempre, essere quella di mio padre.

Il peso che sento allo stomaco non è di certo dovuto all'esagerato numero di piatti che la madre di Kurt ha preparato per pranzo. Devo ammettere che non scherzava affatto quando diceva che cucina per un esercito quando sa di avere ospiti, ma è stato talmente piacevole passare del tempo con loro, che sentire l'amore di una vera famiglia intorno, mi ha fatto dimenticare per un attimo tutto quello che non mi fa dormire la notte.

Quello che lega Kurt a sua madre è qualcosa che si può quasi toccare con mano, e per un attimo ho invidiato il loro rapporto, ma poi ho ripensato alla mia, di madre, a tutto quello che abbiamo affrontato insieme in questi anni, ed ho avuto un piccolo nodo alla gola, ma poi è tornata a galla la sensazione di delusione che provo ancora quando penso alle sue bugie.

Non riesco a farmene una ragione, e anche se ci provo a capire il suo punto di vista, non riesco a perdonarla.

«Chloe te l'ha detto quanto ci ha messo per riuscire ad andare sulla sua tomba?» La voce di Kurt che cammina al mio fianco, mi riporta alla realtà, dalla quale mi allontano sempre quando i pensieri iniziano a diventare troppi da gestire.

«Sì, mi ha raccontato tutto di loro due, dell'incidente in moto e... di quella notte all'ospedale. So quanto sei stato importante per lei.» Lui sorride, e mi ritrovo per l'ennesima volta oggi, ad incantarmi nel guardare le sue labbra ripiegate all'insù.

Mi piace vederlo sorridere.

«Quella ragazza mi ha fatto diventare matto, ma mi manca da morire. Da quando è venuta a vivere a Boston è come se mi mancasse un braccio, capisci quello che intendo?» Continuiamo a camminare, ma non guardo quasi mai dove metto i piedi perché i miei occhi sono costantemente su di lui.

«Sì... un po' come mi sono sentito io quando ho scoperto che Harry mi aveva mentito. Credevo di aver perso l'unico amico che avessi mai avuto, ma poi Chloe mi ha fatto ragionare e alla fine l'ho perdonato.» Pensare di non avere più Harry al mio fianco è davvero come se dovessi perdere un braccio.

«Almeno tu continui ad avere il tuo migliore amico a portata di abbraccio, io ho la sensazione che Chloe resterà a Boston. Non l'ho mai vista così persa per qualcuno come quando parla di Harry. Quando stava con Dylan stava bene, credevo di non aver mai visto due persone fatte l'uno per l'altra come loro due, ma con Harry è diversa, è come se lui l'avesse fatta rinascere una seconda volta.» Riesco a sentire tutto l'affetto che lui prova per la sua amica in ogni cosa che dice.

«Mi piace 'a portata di abbraccio'.» Kurt ha usato un'espressione che rende perfettamente l'idea, perché l'abbraccio di Harry è stato fondamentale più volte per me.

«Grazie!» risponde con un sorriso ancora più grande, ed io stavolta, sono costretto a distogliere lo sguardo.

Ma che diavolo mi sta succedendo?

«Eccolo...» dice dopo qualche altro passo fermandosi davanti ad una lapide con una foto attaccata di lato.

Vedere il suo volto sorridente, in netto contrasto con il luogo così triste in cui si trova, mi fa provare una forte stretta al cuore. Penso a tutti i momenti che avremmo potuto vivere insieme e che invece ci sono stati portati via, vedo uno sconosciuto che avrebbe dovuto essere una delle persone più importanti della mia vita e invece resterà per sempre un'idea, un pensiero e non sarà mai, in alcun modo a portata di abbraccio.

«Ehi...» Ogni volta che sento la voce di Kurt è come se mi facessero una piccola iniezione di felicità. Alzo lo sguardo su di lui, che mi sta già guardando con il sorriso sulle labbra, poi mi posa una mano sulla spalla. «Vuoi restare un po' da solo?» mi chiede cauto.

«No, resta... Ti prego...» Poso la mia mano sulla sua che è ancora sulla mia spalla, e succede qualcosa di strano.

Mi sento triste, molto più che triste, ma non mi sento solo. La sola presenza di Kurt è riuscita in qualche modo - che non riesco proprio a capire - a rendere questo momento sopportabile, perché immaginavo che avrei potuto soffrire di fronte a quel pezzo di cemento con su scritto il suo nome, ma non credevo che avrei sentito un piccolo crack quasi al centro della mia cassa toracica.

«Ci sarei stato per lui» dico quasi con un filo di voce mentre sento la presa delle dita di Kurt sulla mia spalla farsi un po' più stretta.

«Lui lo sa» mi dice usando il mio stesso tono di voce, quasi avesse timore di disturbare.

«Vorrei avere la tua sicurezza» gli dico voltandomi verso di lui che ora mi sta guardando senza alcuna pietà nello sguardo, ma con il suo sorriso che ho già visto spesso in queste poche ore che abbiamo trascorso insieme.

Le emozioni che ho vissuto in queste settimane sono state tutte intense, inaspettate, e non ho ancora avuto un vero momento per metabolizzare il tutto. Adesso, davanti alla tomba del fratello che non ho avuto la possibilità di conoscere, sento che sto per avere un crollo emotivo più forte di quello che ho avuto quando sono caduto in ginocchio a casa di Harry.

Le lacrime sono lì, pronte ad uscire, ed io non ho la forza di trattenerle. Gli occhi di Kurt sono ancora nei miei quando ne sento scendere una, poi un'altra, e un'altra ancora, poi c'è solo buio.

Ho chiuso gli occhi nell'esatto momento in cui le braccia di Kurt si sono strette intorno a me. Quel dolore è lì, nel mio petto, ma avere qualcuno a portata di abbraccio è decisamente la cosa migliore che mi potesse capitare in questo momento.



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SPAZIO ME

Buon salve belle persone!

Ci siamo, "Their Stories" inizia a prendere forma.

Come già avevo anticipato il primo capitolo è dedicato a Kurt e Dylan, e alla loro personale storia. Non si tratterà ovviamente solo di questo capitolo. Ho pensato di dividerlo perché sarebbe risultato troppo lungo e perché ero impaziente di iniziare a farvi leggere qualcosa.

Si sono appena conosciuti, eppure Dylan sente che c'è qualcosa di diverso nei confronti di Kurt. Si rende conto di notare piccoli dettagli come non gli è mai capitato di fare prima, e percepisce chiaramente quanto la presenza di Kurt sia un toccasana per lui.

Nei prossimi capitoli la loro avventura continua, spero vi piaccia 💙

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 2
*** Kurt e Dylan - Day 2 ***


Dylan

Giorno 2

Gli occhi fissi rivolti al soffitto, fatico quasi a chiuderli, e il battito cardiaco sempre un po' accelerato: é questa ormai la mia condizione ogni mattina.

Mi sveglio sempre troppo presto, sembro essere incapace di riposare, e invece ne avrei un gran bisogno. Credevo che dopo la giornata intensa di ieri, sarei crollato in un sonno profondo, o che almeno avrei dormito. Mi basterebbe dormire un paio d'ore consecutive invece di questo sonno a tratti che di sicuro non mi fa riposare.

Andare sulla tomba di mio fratello è stato molto peggio di quanto immaginassi. Se non ci fosse stato Kurt con me, non so proprio cosa avrei fatto. Probabilmente sarei ancora lì a piangermi addosso, ma lui è stato incredibile, é riuscito a farmi stare meglio come se mi conoscesse da sempre. Ha saputo toccare gli argomenti giusti quando abbiamo parlato di Dylan, mio fratello, dopo essere stati al cimitero, e gli é bastato un abbraccio per non farmi sentire solo.

Chloe aveva assolutamente ragione, questo ragazzo è un dono del cielo, ed essergli amico é un privilegio di pochi.

"Kurt è in grado di arrivare al cuore delle persone così in fretta che quando te ne rendi conto te ne sei già perdutamente innamorato."

É la prima frase che Chloe ha usato per descrivere il suo migliore amico, ed io credo di iniziare a capire cosa intendesse con quelle parole.

D'un tratto i miei pensieri vengono interrotti da qualcuno che bussa alla porta. Mi alzo in piedi per andare ad aprire e vengo nuovamente contagiato dal suo ampio sorriso.

«Sei sveglio! Bene, ascolta, mia madre sta ancora dormendo, se fai in fretta a cambiarti possiamo uscire, così non sarai costretto a subire la colazione internazionale di mamma Jen.» Il suo tono allegro è contagioso quanto il suo sorriso.

«Non è che tua madre si offende quando non ci trova?» L'ospitalità della signora Jen è così di cuore, che mi dispiacerebbe se ci restasse male nel non trovare nessuno in casa al suo risveglio.

«Tranquillo, mi adora, mi perdonerebbe qualsiasi cosa, ora sbrigati prima di essere costretto a mangiare per un esercito. Ti aspetto di sotto.» Un ultimo sorriso, poi scompare giù per le scale ed io mi rendo conto di essere rimasto imbambolato a fissare il punto in cui lui è sparito, per qualche secondo di troppo.

Richiudo la porta alle mie spalle e mi sorprendo a ricordare il colore della t-shirt a maniche lunghe che stava indossando, come se la mia mente gli avesse fatto una fotografia.

Per la seconda volta mi ritrovo a scuotere la testa come a voler cacciare via quel pensiero, e mi metto alla ricerca di qualcosa da indossare per uscire con lui.

Non ho ancora svuotato la valigia, ma dovrò farlo se non voglio sembrare un incivile. Dopotutto l'armadio che c'è in questa camera degli ospiti è piuttosto capiente, non avrò difficoltà a sistemare la mia roba.

Recupero un paio di jeans puliti e una maglia, e mi sorprendo ancora di me stesso quando mi ritrovo ad osservare che il colore della maglia che sto infilando è della stessa sfumatura di azzurro verde degli occhi di Kurt.

Questa cosa di mio... padre, mi sta mandando fuori di testa, è questa la spiegazione.

Prendo il telefono dal mobiletto e mi accorgo di aver ricevuto un messaggio. È di mia madre.

Ciao Dylan
Non dimenticare mai
quanto ti voglio bene.
Perdonami se puoi
Mamma

Un groppo alla gola e un gran sospiro per trattenere le lacrime, poi blocco il display senza rispondere. Non mi sento ancora pronto per affrontare l'argomento con lei, né tantomeno con qualcun altro, ma so che devo.

Devo, o non ne verrò mai fuori.

Esco dalla stanza degli ospiti e, molto silenziosamente, scendo al piano inferiore e mi reco in cucina dove trovo Kurt impegnato a versare del caffè in due tazze.

«Eccoti» dice quando mi vede entrare nella stanza, poi sorride ancora. «Tieni, un po' di caffè, poi andiamo, prima che mia madre si svegli.» Allunga la tazza verso di me, l'afferro e basta solo quel semplice gesto per farmi sentire meno solo.

«Grazie.»

«Vuoi dello zucchero?» Non so come fa, ma Kurt riesce a farmi sentire meglio con un semplice sorriso.

Forse è per la gioia e la serenità che esprime il suo viso, forse è per la tranquillità che trasmette con il suo atteggiamento, o forse è come dice Chloe: basta affidarsi a Kurt per non sbagliare, e magari dovrei farlo.

«Sì, grazie.» Avvicina il barattolo dello zucchero, ne prendo un paio di cucchiaini e poi resto a guardarlo.

«Adesso ti porto a fare colazione al nostro bar preferito, ma non potevo uscire di casa senza caffè. Metti il giubbotto che andiamo.» Finisce la sua bevanda, io la mia, poi andiamo all'ingresso dove recuperiamo i nostri giacconi all'interno dell'armadio a muro.

Mi sto lasciando guidare come un bambino, mi rendo conto che mi sto affidando completamente a lui senza nemmeno averlo programmato e, come un automa, infilo il giaccone quasi con movimenti meccanici, ma il mio stato d'animo non passa inosservato agli occhi chiari di Kurt.

«Ehi...» Le sue mani sulle mie spalle ed io mi ritrovo a fissare quell'azzurro verde che sembra infondermi fiducia. «... che succede?»

Emetto un gran sospiro prima di iniziare a parlare. «Mi ha scritto mia madre, ma io non le ho risposto.» Mi sento orribile nel continuare a sostenere questo muro di silenzio con lei, ma quando sto per fare un passo nella sua direzione mi tornano in mente tutti gli anni di bugie, e il mio dietro front diventa un gesto istintivo.

«Nessuno può giudicarti per questo, e nemmeno tu dovresti farlo.» Guardarlo negli occhi mentre mi parla mi fa sentire di non essere solo. Nel suo sguardo leggo un sincero e disinteressato desiderio di aiutarmi.

«Io... Io volevo andare da... da mio padre oggi...» Non vedo l'ora di sbattergli in faccia il suo passato.

«Ascolta... Perché non ti prendi qualche giorno?» Un piccolo sorriso si fa spazio sulle sue labbra, ed io mi sento confuso, tanto che non so cosa rispondere, ma lui non si scoraggia di fronte al mio silenzio. «Ti porto in giro per la città, ci divertiamo un po', tu ne hai decisamente bisogno, e poi quando ti sarai ripreso potrai incontrarlo. Non sei costretto a fare tutto in due giorni. Harry ha detto che puoi prenderti tutto il tempo che ti serve, perché non approfittarne? Dovresti avere la mente lucida quando lo incontrerai e al momento sei decisamente fuori fase.» Lui mi ha inquadrato perfettamente pur avendomi conosciuto da poche ore, e capisco quanta verità ci fosse nelle parole di Chloe quando ha detto che Kurt sa arrivare al cuore delle persone. «Allora, andiamo a fare colazione?» mi chiede con un sorriso molto più ampio e le mani ancora sulle mie spalle.

«Andiamo dove vuoi.» La mia risposta esce di getto, spontanea e sembra turbare entrambi. Mi sono sentito strano non appena l'ho pronunciata, e anche nello sguardo di Kurt ho visto cambiare qualcosa, ma mi ha privato della vista dei suoi occhi troppo in fretta per provare a capire cosa fosse.

«Ottimo, sto morendo di fame» dice mentre infila i suoi guanti e recupera le chiavi di casa dal mobiletto accanto all'ingresso.

Lo seguo all'esterno senza aggiungere altro. Mi sento frastornato, forse questo viaggio è stato più pesante di quanto immaginassi, forse sono più provato dalla verità di quanto pensassi, o forse sta succedendo qualcosa che non riesco a cogliere, o magari mi sto semplicemente rifiutando di capire.

Ha decisamente ragione lui, devo prendermi qualche giorno e rilassarmi. Sono troppo teso, troppo nervoso e troppo preoccupato. La rabbia che provo nei confronti delle persone che più di tutti avrebbero dovuto proteggermi mi sta facendo sragionare. Può darsi che allontanare per qualche giorno le preoccupazioni che mi stanno distruggendo mentalmente possa farmi bene, forse potrei arrivare a vedere più obiettivamente la situazione, o magari potrei essere in grado di gestire meglio le emozioni. Non voglio crollare quando mi ritroverò davanti quel gran bastardo che avrebbe dovuto essere mio padre, il mio esempio di vita, e che invece è soltanto colui che ha tentato di sbarazzarsi di me.

Ed è con queste motivazioni che mi siedo sul sedile passeggero della sua auto, con la speranza di poter prendere le distanze da me stesso per qualche giorno.

La voce di Kurt fa da sottofondo per tutto il tragitto in macchina. Mi parla dei luoghi che vediamo, mi racconta di aneddoti vissuti da lui e il resto dei suoi amici mentre io mi sorprendo sempre più spesso a guardarlo. Mi piace ascoltarlo parlare perché attraverso le sue parole, il suo modo di raccontarle, è in grado di farmi vivere ciò che lui stesso ha provato in un dato momento.

«Siamo arrivati» dice voltandosi a guardarmi, con il suo solito sorriso rassicurante.

Perché io mi sento al sicuro quando mi guarda così.

Allontano quel pensiero e annuisco per poi scendere dall'auto. Osservo l'insegna del bar. 'Mariposa'So bene dove siamo e cosa rappresenta questo luogo per tutti loro. Chloe me ne ha parlato e sento una stretta al cuore mentre varchiamo la soglia di questo locale.

Il posto è carino, tutte quelle lampadine appese al soffitto so che hanno un significato e mi perdo ad osservare ogni dettaglio come a volerlo imprimere nella mia mente: mio fratello è stato qui, ha riso, è stato felice e ha sofferto, tutto all'interno di queste mura, mentre io ero in un altro Stato, completamente all'oscuro della sua esistenza.

«Ehi... torna qui...» La voce di Kurt mi distoglie dal mio pensiero triste e torno immediatamente a sorridere quando vedo le sue labbra ripiegate all'insù. Si è subito accorto che stavo tornando a perdermi nei miei pensieri ed è intervenuto all'istante. «Adesso berrai la cioccolata calda più buona del mondo, anche se, quando la fa Emma è molto più buona, ma tu non dirlo a Ryan.» Mi strizza l'occhio ed io lo osservo divertito mentre lui continua a farmi sentire sempre meglio.

«Terrò la bocca chiusa» gli dico, poi si volta facendomi cenno di seguirlo fino al bancone, dietro al quale c'è un uomo dai capelli castano chiaro che lo osserva curioso.

«Cosa ci fai tu qui?» chiede a Kurt intanto che asciuga una tazza per poi posarla dietro di sé.

«Sì, buongiorno anche a te Ryan.» Il tono del mio nuovo amico è palesemente sarcastico, mentre l'uomo dietro al bancone alza gli occhi al cielo dopo le sue parole.

«Tua madre ti dà troppi giorni di ferie» dice ancora quello che credo chiamarsi Ryan, poi si volta e prende una tazza, ma torna subito a guardare Kurt. «Una o due?» Mi lancia un'occhiata veloce ed io mi sento improvvisamente al centro dell'attenzione.

«Due» risponde lui, poi si volta verso di me. «Ti presento Ryan» dice ancora indicando l'uomo con le tazze in mano, il quale mi sorride. «Ryan, lui è Dylan, passerà qualche giorno qui.»

«Ciao Dylan» mi saluta con aria confusa. Credo abbia notato l'evidente somiglianza con mio fratello, ma non dice nulla e gliene sono grato. «Sei amico di Kurt?» mi domanda mentre io mi siedo al bancone accanto al ragazzo che mi ha portato qui.

«Più o meno... piacere di conoscerti» gli dico stringendogli la mano.

I due si mettono a chiacchierare coinvolgendomi di tanto in tanto. È piacevole restare qui con loro, ascoltarli mentre scherzano e ridono mi fa tornare il buon umore, e lentamente riesco ad accantonare quello che mi preoccupa concentrandomi solo sul suono della voce e della risata di Kurt. Mi fa uno strano effetto, o forse non è strano, ma io mi ci sento strano, poi, però, arriva una donna che di nuovo mi distrae da ogni pensiero.

«Kurt!» Il suo entusiasmo nel salutare il mio amico attira l'attenzione di tutti i presenti. «Non riesco nemmeno più ad abbracciarti con questa pancia enorme.» La donna si allontana da lui e posso vedere a cosa si sta riferendo. La sua gravidanza dev'essere già a buon punto e il mio pensiero va subito alla creatura indifesa che sta per nascere e a quanto abbia bisogno di qualcuno che lo ami incondizionatamente.

«Ciao Emma, sei sempre più bella.» I due si sorridono con così tanto affetto che sento una punta di fastidio alla bocca dello stomaco, ma dura un attimo, perché poi Kurt si volta verso di me, prende la mia mano e la posa sulla pancia della donna che abbiamo di fronte. «Lui è Dylan.» Pronuncia il mio nome con forza mentre la guarda negli occhi. Lo sguardo di lei arriva sul mio e riesco a vedere il turbamento che sta vivendo in questo momento.

Con ogni probabilità sanno di me, ma anche lei non dice nulla, e invece di stringermi la mano, mi si avvicina e mi abbraccia come può. «È un immenso piacere conoscerti Dylan.» Si allontana leggermente per guardarmi ancora negli occhi e mi emoziono nel notare i suoi occhi lucidi. «Sei bello proprio come lui.» Un piccolo tuffo al cuore nel sentirle pronunciare quelle parole, e so che potrei mettermi a piangere da un momento all'altro, ma per fortuna interviene Ryan a riequilibrare le cose.

«Siete tutti bellissimi, ma è con mia moglie che state parlando ragazzini!» Posa le due tazze piene di cioccolata calda sul bancone davanti a noi e sorride come per prenderci in giro. Lo ringrazio mentalmente per avermi distratto da quel momento così intenso: la mia mano sulla sua pancia – e sono quasi certo di aver sentito un piccolo movimento al di sotto – lei che mi paragona a mio fratello e la mano di Kurt sulla mia, probabilmente sarei svenuto da un momento all'altro se Ryan non fosse intervenuto ad alleggerire l'atmosfera.

«Ma io sono lo zio acquisito, posso fare anche questo se voglio» dice Kurt, per poi terminare la sua frase con un bacio sulla guancia di Emma, la quale ride divertita mentre Ryan borbotta qualcosa allontanandosi dal bancone.

Beviamo poi la cioccolata in compagnia della coppia che è una delle più unite che io abbia mai visto. È chiaro quanto si amano ed è ancora più chiaro quanto amino il bambino che sta per nascere. Saranno dei genitori meravigliosi e quel bambino sarà fortunato. Lo ameranno come merita e nessuno tenterà di sbarazzarsi di lui.

«Possibile che io debba starti dietro come un cagnolino?» Mi volto di scatto nel sentire la voce di Kurt provenire bassa vicino al mio orecchio. Il suo sorriso e la sensazione di averlo così vicino fa smuovere qualcosa dentro di me, qualcosa che associo al turbamento generale che occupa ogni mio pensiero, ma forse c'è qualcos'altro. «Vuoi andare via?» mi domanda senza che nessun altro possa sentire dopo aver notato la mia espressione disorientata.

Faccio cenno di sì con la testa, perché mi è piaciuto stare qui, ma sento il bisogno di tornare da lui.

«D'accordo, salutiamo e andiamo.» Ed è proprio quello che facciamo.

Ci alziamo, salutiamo Ryan e Emma promettendo loro che saremmo tornati uno di questi giorni – e sono certo che lo farò – poi usciamo, entriamo nella sua macchina e lui mette in moto senza dire nulla. Io sono troppo preso dalle mille cose che mi stanno attraversando la testa, e non chiedo nulla sulla meta che sembra essere ben chiara nella sua mente. Mi appoggio al finestrino senza guardare realmente nulla di quello che scorre al di fuori di quest'auto. L'unica cosa che vedo sono i suoi movimenti quando cambia marcia, o quando svolta, e poi riconosco la destinazione quando mi accorgo che l'auto sta rallentando.

Mi volto di scatto a guardarlo e lo ritrovo per l'ennesima volta sorridente. «Ho pensato che volessi tornare da lui.» È la risposta alla domanda che non avevo nemmeno pronunciato.

Kurt mi ha portato di nuovo da mio fratello, ed era esattamente il luogo in cui avevo bisogno di tornare. Lui lo sapeva, gli è bastato guardarmi in faccia e ha capito cosa stava succedendo nella mia testa.

«Grazie» gli dico quasi senza fiato, poi mi affretto a scendere, e insieme a lui raggiungiamo la piccola lapide su cui sono stato già ieri, ma sulla quale ho intenzione di tornare tutti i giorni in cui resterò qui.

Il sorriso di mio fratello Dylan, che ha sulla foto che Kurt ha scattato e che ha attaccato accanto al suo nome, è sempre lo stesso, eppure oggi fa un po' più male, forse perché sto imparando a conoscerlo, sto entrando nella sua vita, ma lo sto facendo con un ritardo imperdonabile, e non mi fa sentire meglio il fatto di sapere che non è colpa mia se non ho potuto stargli accanto.

Trattengo il fiato, trattengo le lacrime e vorrei poter trattenere anche il battito cardiaco che invece sembra voler uscire dal petto. Odio questa situazione, odio il fatto di essere così impotente e odio mio padre... nostro padre, che ci ha tenuto lontani, che ci ha privato l'uno dell'altro e che merita tutto il mio risentimento.

«Ehi...» La mano di Kurt è sulla mia spalla. Mi volto a guardarlo e torno a sentire quel brivido che ho provato quando mi ha stretto la mano in aeroporto.

«Non so se ce la faccio» gli dico sentendomi improvvisamente debole.

«Certo che ce la fai.» Il mio sguardo nel suo, e sono certo di sentire una lacrima scendere, solcandomi la guancia, per arrivare fino al collo. Le sue mani arrivano sul mio viso, asciuga la lacrima e mi guarda dritto negli occhi. «Ce la fai Dylan... e poi hai sempre domani per arrenderti.» Mi stringo a lui, mi lascio abbracciare, ed è di nuovo in quel momento, tra le sue braccia, che trovo il conforto necessario a darmi la giusta motivazione per continuare a lottare.


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SPAZIO ME

Non ho parole per esprimere quanto sia straordinario questo ragazzo. Dylan sta soffrendo incredibilmente tanto, ma Kurt trova sempre il modo per sostenerlo.

Non è facile per lui  gestire tutte le emozioni che prova, e il fatto di dover affrontare la persona che di lui proprio non ne ha mai voluto sapere, lo rende più vulnerabile. Da qui in avanti Kurt proverà a fargli tornare il buon umore per permettergli di affrontare con lucidità la situazione.

Vi aspetto al prossimo aggiornamento.

Eeeee niente, buona lettura

 

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Capitolo 3
*** Kurt e Dylan - Day 7 ***


 


Giorno 7

Dylan

Non immaginavo che l'anno nuovo avrebbe portato con sé tante novità, e non tutte sono state negative come lo sconvolgimento totale della mia vita.

Se da un lato ogni cosa che mi riguarda sembra un disastro totale, dall'altro tutto mi sembra una novità. Sembra che le piccole cose abbiano tutto un altro gusto, o forse sto imparando un altro modo per godere dei momenti più banali, quelli più semplici come fare colazione insieme, fare la spesa per qualcuno a cui tieni - magari cercando la sua marmellata preferita - o guardare un film, uno qualunque, solo per il piacere di stare insieme.

È questo che sto imparando ad apprezzare, le piccole cose, quelle che ti permettono di condividere la quotidianità. Non che non abbia mai fatto tutte queste cose con i miei amici a Boston, o con mia madre da tutta la vita, ma adesso, insieme a Kurt e a sua madre, tutto sembra diverso, non migliore, ma comunque è qualcosa che mi fa stare bene.

Davvero bene.

Ho deciso di dare retta al suo consiglio e di metterlo in pratica: mi prenderò qualche giorno prima di decidere cosa fare. Voglio provare ad allontanare i problemi per potermi riappropriare della mia lucidità e vedere le cose con più chiarezza. Non so se sono in grado di farlo, ma non c'è nessuno che mi sta correndo dietro: la famiglia Styles al completo mi sostiene in tutto, e quel gran bastardo ha vissuto senza di me da sempre, non sarà di certo qualche giorno in più a fare la differenza. Voglio essere perfettamente lucido quando lo affronterò perché voglio sbattergli in faccia tutti i suoi errori e le sue mancanze senza dimenticarne nemmeno una.

E Kurt è un maestro in questo. Mi ha portato al lavoro con lui qualche giorno fa, mi ha messo a fare il commesso - e si è divertito un sacco nel vedermi in difficoltà -, mi ha portato a vedere la città sotterranea, siamo tornati al Mariposa e... e siamo stati da mio fratello tutte le mattine.

È più facile affrontare quel momento con lui vicino. Ogni volta mi chiede se preferisco restare solo, e ogni volta gli rispondo che preferisco che lui resti con me. Trova sempre le parole giuste per farmi pensare positivo.

In questi pochi giorni abbiamo vissuto a stretto contatto, ha fatto fronte insieme a me ad ogni emozione che mi ha travolto. Ho condiviso con Kurt dei momenti intensi che mi hanno portato a legarmi a lui in maniera profonda. Nonostante siano passati pochi giorni, mi sembra di conoscerlo da sempre, è diventato parte della mia vita allo stesso modo in cui lo è Harry, per esempio.

Sono tornato a ridere - cosa che avevo smesso di fare il giorno in cui ho scoperto la verità - ed è tutto merito suo.

Già... Credo di aver trovato un ottimo migliore amico...

«Ne vuoi ancora?» Kurt mi distoglie dai miei pensieri mettendomi sotto al naso l'enorme ciotola - ormai quasi del tutto vuota - con i popcorn che lui stesso ha preparato prima di sdraiarci sul divano per cazzeggiare di fronte alla TV.

«No, però mi andrebbero un po' di quelle arachidi tostate che hai lì vicino» gli dico indicando la piccola ciotola rossa che ha vicino al suo fianco sinistro.

«Scordatelo, queste sono mie» dice afferrando la ciotola e posandola un po' più lontano.

«Non c'è mica scritto il tuo nome lì sopra.» Mi allontano con la schiena da dove ero appoggiato e mi allungo sopra di lui per raggiungere la ciotola delle arachidi, ma lui la allontana ancora un po'.

«Ho detto di no!» Mi ha già fatto questo scherzo ieri sera con le patatine, evidentemente si è divertito così tanto che ha deciso di rifarlo.

«Eddai Kurt! Non essere egoista!» Lui tiene la ciotola dei popcorn in alto con una mano, e con l'altra tiene lontano da sé - verso la sua sinistra - la ciotolina con le arachidi e, in tutto questo, io sono semi spalmato su di lui per cercare di raggiungere le noccioline.

«Stiamo parlando di arachidi, certo che sono egoista!» Porta anche la ciotolina più piccola verso l'alto, così mi ritrovo quasi completamente su di lui per prendere l'oggetto a cui miro, ma mi appoggio poi con il gomito sul suo stomaco, provocando un disastro colossale.

Il suo scatto gli fa rovesciare ovunque il contenuto di entrambe le ciotole, lui chiude gli occhi per il colpo ricevuto, ma ride. Nel frattempo io mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso e il suo sorriso sembra ancora più bello da questa distanza. Per un attimo mi sembra che il tempo si fermi e mi sorprendo a trovarlo bellissimo. Qualcosa si smuove nel mio stomaco e succede anche al mio cuore. Non è la prima volta che me lo ritrovo così vicino - mi abbraccia sempre quando siamo al cimitero, non so cosa farei senza di lui - ma in questo momento è successo qualcosa in me, qualcosa che mi fa venire voglia di toccarlo, di sentire la pelle del suo viso sotto alle mie dita... Poi, l'incanto si interrompe.

«L'avete fatto di nuovo!?» La voce della signora Jen mi distoglie dal mio sogno ad occhi aperti.

Ieri sera è successa più o meno la stessa cosa, ma i nostri ruoli erano invertiti: io avevo le patatine e lui le voleva per sé, così le ho allontanate, ma Kurt si è allungato sopra di me per prenderle e il risultato è stato più o meno lo stesso: quasi metà di quelle patatine sono finite tra divano e pavimento, con conseguente rimprovero della signora Jen.

«Non è colpa mia mamma, lui voleva prendermi le arachidi!» Mi allontano velocemente da lui per tornare al mio posto mentre schiaccio sotto di me numerosi popcorn.

«Tu hai un serio problema con le arachidi, devo smettere di comprarle.» La madre di Kurt si allontana scuotendo la testa. «Raccogliete tutto quel casino» dice mentre sta per uscire dalla stanza.

A quel punto torno a respirare. Non credo che Kurt si sia accorto del mio turbamento, ma io non ne sono del tutto stupito.

«Pensi di continuare a far finta di niente o mi aiuti?» La sua voce divertita mi fa sorridere, poi mi inginocchio con lui per raccogliere tutto quello che abbiamo fatto cadere.

«Se mi avessi dato quelle arachidi non avremmo avuto bisogno di passare un'altra serata in ginocchio.» C'è una piccola luce che si accende nei suoi occhi, ne sono sicuro.

«Non è male vederti di nuovo in ginocchio.» Le sue parole, il suo stesso tono di voce, e quella luce che ha nello sguardo, provocano in me una strana pressione al basso ventre, ma mi priva di nuovo troppo in fretta della visione dei suoi occhi. «Muoviti prima che mia madre torni a sgridarci» dice con lo stesso tono divertito di poco fa, cosa che fa leggermente allentare quella pressione.

«Ti ricordo che io sono l'ospite e dovresti trattarmi con riguardo.» Pronuncio le stesse parole che sua madre ha usato con lui mentre lo sgridava per avermi mandato a buttare l'immondizia. Io l'ho fatto volentieri - non sono in albergo ed è giusto che mi renda utile -, ma la signora Jen ha il suo concetto di ospite e secondo lei non dovrei fare nulla. In realtà mi piace dividere le faccende di casa con Kurt.

Lui mi osserva assottigliando gli occhi a due fessure, poi si siede sui talloni e, di punto in bianco, mi lancia i popcorn che ha ancora in mano. «Beccati questo riguardo!» dice con aria di sfida.

«Non l'hai fatto davvero...» dico, piegandomi anch'io sulle gambe e poggiandomi sui talloni.

«L'ho fatto invece...» poi si abbassa e prende altri popcorn dal pavimento e me li lancia di nuovo. «... e ora l'ho rifatto...»

«Kurt! Si può sapere quanti anni hai?» La signora Jen interrompe qualunque cosa stesse succedendo tra noi, e un po' gliene sono grato, perché la situazione stava diventando a dir poco insolita, ma una piccola parte di me, una parte che ho tentato di reprimere in ogni modo possibile, si sta ribellando a me, alla signora Jen, a tutto quanto, e non credo di potere - o volere - che resti ancora confinata in un angolo.

«Scusa mamma, stavo offrendo al nostro ospite dei popcorn...» dice lui senza smettere di guardarmi con quegli occhi furbi, e io sento tornare con insistenza quella pressione al basso ventre.

«Sei incorreggibile, sistema questo casino, io sto andando a dormire. Buonanotte Dylan e scusa per questo disastro.»

«Non c'è nessun problema, anche io ho fatto la mia parte.»

Perché sento l'impellente voglia di toccarlo?

Lo sai perché...

«Voi due insieme siete un pericolo.» Poi non aggiunge altro ed esce dalla stanza.

Torno con lo sguardo su Kurt dopo aver guardato sua madre andare via e mi accorgo che non è più in ginocchio davanti a me. Sì è alzato e sta tornando con l'aspirapolvere.

L'incanto si è spezzato, e io tiro un sospiro di sollievo per non dover affrontare il momento con lui presente.

*******

Nemmeno stasera riesco a prendere sonno.

I miei occhi sono spalancati, puntati sul soffitto mentre sono sdraiato a letto, con le braccia piegate dietro la testa e le coperte che iniziano a darmi fastidio.

È ancora pieno inverno, a Montreal le temperature sono parecchio rigide e il riscaldamento in casa Hummel, non è di certo ai livelli del caldo che sento da qualche minuto a questa parte.

Decido di togliermi le coperte e sbuffo per la frustrazione che mi arriva fin dentro le ossa: sto provando in ogni modo a reprimere quello che provo e non so nemmeno perché lo sto facendo.

Non sono mai stato un Don Giovanni, e nemmeno un gran figo come Harry o Zayn che attiravano lo sguardo di tutte le ragazze già al secondo anno del liceo. Non ho avuto tante storie come Niall, e neanche una seria come quella di Louis o Liam. Le uniche due ragazze con cui sono uscito è stata roba da poco. L'ho fatto più per essere in qualche modo "uguale" agli altri, come se volessi "uniformarmi" al gruppo, più che per un interesse vero e proprio.

Non ho mai riscosso un gran successo tra le ragazze, e nemmeno mi interessava particolarmente.

Per una sola persona ho davvero perso il sonno.

Eravamo all'inizio del secondo anno, io stavo con Stacy da poco più di una settimana, quando ho conosciuto Victor, un tipo dell'ultimo anno. Era divertente, allegro, con la battuta sempre pronta. Si allenava con Niall, e in quel periodo - molto più che in passato - ho preso a frequentare lo spogliatoio. Con la scusa di aspettare il mio amico, avevo l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con Victor e... e avevo la possibilità di guardarlo senza niente addosso.

Ho perso il conto delle notti che trascorrevo pensando a lui.

È stato un periodo molto difficile per me. Quando mi trovavo a scuola ero alla continua ricerca di Victor, ma nel momento in cui mi ritrovavo con i miei amici per tornare verso casa mi dicevo che era sbagliato, che non dovevo pensare a Victor. Tuttavia, la sera, quando ero da solo, nel mio letto, e potevo essere totalmente sincero senza la preoccupazione di cosa avrebbero detto gli altri, lasciavo vagare la mente, e i pensieri su Victor prendevano il sopravvento, almeno fino a quando non spaventavo me stesso nel momento in cui le mie fantasie si spingevano troppo oltre.

Ho lasciato Stacy quando mi sono reso conto che mentre baciavo lei pensavo a lui. Da lì in poi è stata una dura lotta contro me stesso. Ho rinnegato e represso quella parte di me per mesi, e l'ho fatto con così tanta forza che il terzo anno di liceo sono uscito con Laurel, una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri e occhi azzurri.

I miei amici mi facevano spesso i complimenti per la scelta, soprattutto perché, oltre che essere molto bella, era una dell'ultimo anno, una di quelle che non passano il pomeriggio con un ragazzo a darsi bacetti sulla guancia, e avevo tutta l'intenzione di riuscire a dimostrare a me stesso che ero come i miei amici, e avrei perso con lei la verginità.

E così l'ho fatto: durante un pomeriggio a casa sua in cui avremmo dovuto studiare e i suoi genitori non c'erano, siamo finiti nel suo letto, e ho fatto sesso per la prima volta, solo che mi ricordo molto poco di quel momento perché io ho pensato a Victor per tutto il tempo.

È stato quel giorno che ho giurato a me stesso che non sarebbe più successo niente del genere. Ho capito che non mi piacevano le donne, ma non ero pronto ad accettarlo - non lo sono nemmeno adesso - e ho deciso che non sarei mai stato con un uomo, e neanche con una donna se dopo avrei dovuto sentirmi sbagliato come mi sono sentito quel pomeriggio.

Da lì in poi ho cercato di evitare l'argomento con tutti, persino con me stesso, e quando ho incontrato Chloe ho creduto di essere "guarito" perché provavo qualcosa per lei. Allora, non sapevo cosa fosse, credevo di essere attratto da lei, e alla fine lo ero, ma per dei motivi che non avrei mai potuto immaginare.

Adesso mi ritrovo in questa stanza, a pochi metri dal migliore amico di Chloe, un ragazzo dichiaratamente gay, un ragazzo che ha risvegliato in me quella parte che credevo di essere riuscito a spegnere, ma che evidentemente è ancora lì, pronta a prendere fuoco, e succede quando lui è vicino a me, quando mi guarda, o mi sorride, o in qualche modo mi tocca anche solo per sbaglio.

Sono spaventato, lo sono da morire. Troppe cose sono successe tutte insieme: la scoperta che mio padre non è morto, che mia madre mi ha mentito per tutta la vita, che avevo un fratello che non ho fatto in tempo a conoscere perché se n'è andato troppo presto, e ora questo... Sto ancora cercando di metabolizzare tutto quello che mi ha rivelato mia madre, e non sono pronto ad accettare me stesso, per questo motivo mi sforzo di non andare a bussare alla porta della sua stanza, perché stasera il mio autocontrollo è stato messo a dura prova.

Accettarmi per come sono vorrebbe dire ammettere di essere anche io un bugiardo. Come potrei guardare in faccia mia madre, accusarla di avermi mentito da sempre quando sono stato io il primo a farlo con me stesso? Questa cosa non è assolutamente ammissibile, né per me, né per lei. L'ho coperta di accuse, di critiche e di rimproveri, di essere falsa, ma non sono affatto meglio di lei se ammetto quello che mi succede...

Sono così turbato da quello che mi sta passando per la testa che non ho nemmeno il coraggio di usare le parole corrette per definirlo...

Tuttavia, rinnegarmi sarebbe come vivere nel mio passato, e cioè una perenne e costante bugia. Mi sono arrabbiato con mia madre per avermi tenuto nascosto mio padre e anche mio fratello, ora come dovrei comportarmi con me stesso? Sto continuando a ripetermi che sono sempre lo stesso, ma so che sto mentendo, e il rifiuto di questa verità potrebbe portarmi solo ad ulteriore infelicità.

Improvvisamente sobbalzo sul letto, con il cuore che batte a mille come se fossi stato colto sul fatto ed essere stato scoperto, perché qualcuno sta bussando alla mia porta, e posso ben immaginare chi sia.

«Dylan?» sento pronunciare a bassa voce da dietro la superficie di legno che mi divide da lui, e vorrei tanto poter stare in silenzio e fare finta di essermi già addormentato, ma le mie corde vocali la pensano diversamente, come anche tutto il resto del mio corpo che si è già messo a sedere per andare in quella direzione.

«Arrivo» dico, per poi posare una mano sulla maniglia e aprire quella dannata porta. «Ehi...» dico, tentando di tenere più ferma possibile la voce.

«Non stavi dormendo vero?» mi domanda mentre sorride. Kurt sorride, e io sento quella scintilla, la stessa che un paio d'ore fa stava per accendere quel fuoco che credevo spento.

«No» riesco a rispondere a malapena.

«Ti ho detto che devi smetterla di pensare così tanto, sembri Chloe.» ridacchia, e le scintille diventano due, o tre... o quattro...

«Beh, nemmeno tu dormivi però» gli faccio notare l'ovvio, e lui ancora sorride.

«Vieni, voglio mostrarti una cosa.» Non aspetta una mia risposta e mi volta le spalle per dirigersi in camera sua, così, a piedi scalzi e in pigiama, lo seguo fino dentro la sua stanza.

Kurt si avvicina all'armadio, apre l'anta a sinistra e, dal ripiano più alto, tira giù due coperte. Me ne lancia una che prendo al volo. «Che devo farci con questa?» gli chiedo mentre lo vedo rovistare nel primo cassetto del mobile accanto al suo letto.

«Te la devi mettere sulle spalle, ecco prendi anche questi.» Mi lancia una paio di calzettoni spessi di lana, e io guardo prima quello che ho in mano, poi lui, con aria decisamente confusa. «Mettiti anche quelli, dobbiamo uscire lì fuori...» e mi indica la porta finestra che dà sul balcone della sua camera da letto. «... e le temperature non sono molto estive, quindi copriti.»

Imito i suoi movimenti senza sapere ancora bene cosa stiamo per fare, ma è lui a chiedermelo e in questo momento sono così instabile emotivamente che non ho intenzione di mettermi a discutere, quindi lo assecondo e, dopo aver infilato i calzettoni ed essermi messo la coperta come un mantello, lo seguo all'esterno, appoggiandomi come lui alla ringhiera del balcone.

«La vedi la luna?» mi domanda facendomi alzare lo sguardo verso l'alto.

«Sì» rispondo senza chiedergli altro, perché so che sta per arrivare il resto del suo racconto.

«Io e tuo fratello abbiamo passato un sacco di serate così, come siamo io e te adesso, con le coperte sulle spalle e il naso all'insù.» Le sue parole mi provocano un misto di rabbia e serenità. Rabbia perché mi sono perso quei momenti, e serenità perché sapere ogni cosa di lui mi riempie il cuore di gioia. «Ci raccontavamo qualsiasi cazzata, e spesso era un momento in cui ci confidavamo tutto. È stato proprio su questo balcone che per la prima volta mi ha rivelato di essere innamorato di Chloe, è qui che mi ha parlato dei suoi progetti per il futuro, ed è stato qui che mi chiesto di organizzare quella serata, quella del compleanno di Chloe...» Mi si ferma il respiro nel sentire quelle parole, nel sentire il dolore che anche lui prova per mio fratello, e mi rendo conto di quanto sia stato egoista in questi giorni.

Non ho mai pensato al fatto che anche lui soffre per Dylan, ma sapevo bene in che rapporti fossero loro due. Mi sono concentrato su di me, e ho riversato su di lui tutto quello che mi opprime, e non è giusto perché lui sta facendo moltissimo per me.

«Non potevi sapere...» dico lasciando a metà la frase.

«Già...» Kurt sospira e resta con lo sguardo fisso verso la luna. «A volte mi ritrovo qui a parlare con lui pensando che mi ascolti ancora.» La sua voce non è più così decisa come lo è di solito.

«Sono sicuro che lo faccia.» Mi volto a guardarlo e capisco che non avrei dovuto farlo, o forse avrei dovuto farlo molto prima.

«Non è meravigliosa?» dice riferendosi alla luna. «Il silenzio della notte... la luce delle stelle... la vastità del cielo...» Lo ascolto, sento la sua voce che mi arriva fin dentro le ossa, osservo il movimento delle sue labbra, lo sbattere delle sue ciglia e la curva del suo sorriso appena accennato. «Non è meraviglioso?» mi domanda ancora, con lo sguardo rivolto ancora all'insù.

«È assolutamente meraviglioso» rispondo senza smettere di guardarlo. 



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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E rieccoci alle prese con questi due patatini meravigliosi.

È passata una settimana dal suo arrivo a Montreal e le cose si stanno facendo interessanti.

Dylan è molto, ma molto combattuto. Sa bene cosa gli sta succedendo, ma non riesce a lasciarsi andare, forse per paura, forse perché ha già tante cose per la testa, ma quello che è certo è che ha voglia di scoprirlo perché non sembra avere alcuna intenzione di allontanarsi da Kurt.

Non smetterò mai di ringraziarvi per essere sempre qui con me. Grazie ❤

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 4
*** Kurt e Dylan - Day 12 ***


Giorno 12

Dylan

«Mi piaceva di più l'altro!» Alzo la voce per farmi sentire da Kurt che si trova adesso dietro la tenda del camerino di questo negozio - il terzo in cui siamo entrati da stamattina.

Ho perso il conto di quanti abiti da cerimonia ha provato, ma non mi è dispiaciuto aver passato con lui tutto questo tempo per negozi. La sua compagnia è decisamente piacevole, mi piace sempre di più condividere questi giorni con lui.

Mi ha chiesto di accompagnarlo a scegliere l'abito che indosserà alla cerimonia del rinnovo delle promesse dei genitori di Chloe, e guardarlo con indosso diversi tipi di completi eleganti mi ha aiutato parecchio a distrarmi da quello che avverrà oggi pomeriggio.

Stare con lui è sempre più facile, ed è sempre più fondamentale per il mio equilibrio mentale. Kurt ha la straordinaria capacità di sapere cosa provo, o cosa penso, ancora prima che io me ne renda conto.

Mi ha aiutato ad affrontare mia madre, mi ha spinto a chiamarla e a chiarirmi con lei. Inizialmente non è stato facile, soprattutto perché io non ero ben disposto nei suoi confronti, ma quando le ho dato modo di parlare senza interromperla ogni tre parole e ho smesso di giudicarla, il dialogo è stato molto più costruttivo.

Sono riuscito a vedere il suo punto di vista, e anche se non mi piace come ha agito nei miei confronti, ho almeno provato a calarmi nei suoi panni. Ha dovuto prendere decisioni difficili senza alcun supporto da parte di sua madre, e anche se non condivido le sue scelte so che ha fatto del suo meglio ed ha agito in buona fede.

Ieri sera, quando l'ho chiamata, ha pianto, l'ho fatto anche io. Kurt mi ha praticamente costretto a chiarire una volta per tutte dicendomi che poi sarei stato meglio, che avrei affrontato in maniera diversa tutto quanto, così mi sono chiuso in camera e, non senza qualche difficoltà, ho fatto partire quella chiamata. Mia madre ha risposto immediatamente, come se non aspettasse altro, così abbiamo iniziato a parlare, o meglio le ho lasciato spiegare tutte le sue ragioni, i motivi che l'hanno spinta a comportarsi in un certo modo piuttosto che in un altro. Alla fine l'ho perdonata, e ora mi sento decisamente meglio.

Una volta finita quella telefonata sono andato a bussare alla porta di Kurt, mi ha fatto entrare e non ho avuto la forza di dirgli niente, ma lui mi ha guardato e mi ha abbracciato. Mi sono lasciato stringere, mi sono lasciato andare ancora, ma Kurt ha abbastanza forza per entrambi e mi ha tenuto insieme grazie alla sua sola presenza.

C'è stato un attimo in cui sono stato sul punto di cedere, di lasciare andare anche quell'ultima parte di me che sto provando a controllare, ma che ancora non riesco a esprimere del tutto. È stato quando si è allontanato leggermente da me dopo avermi abbracciato, mi ha preso il viso tra le mani, mi ha asciugato le lacrime come se fossi un bambino, poi mi ha sorriso e mi ha detto che andrà tutto bene, che lui c'è, ma io a quel punto non capivo più quello che mi diceva perché riuscivo a pensare solo al desiderio sempre più forte di provare la consistenza delle sue labbra.

Dio! Io voglio lasciarmi andare, voglio essere sincero, ma quando sono sul punto di farlo c'è sempre una piccolissima parte di me che mi frena, che mi impedisce di essere completamente me stesso ed è decisamente frustrante.

«E questo?» Kurt è uscito per l'ennesima volta dal camerino. Stavolta indossa un abito blu e io non posso fare a meno di notare quanto questa sfumatura di blu si intoni ai suoi occhi.

«Questo ti sta benissimo!» gli dico preso dall'emozione che mi suscita guardarlo vestito in quel modo.

«Ne sei sicuro? Non era meglio quello grigio?» mi domanda mentre continua a guardarsi allo specchio lasciandomi la possibilità di restare a guardarlo senza che lui se ne accorga.

«Assolutamente sicuro.» Confermo il mio parere con assoluta certezza, poi lui si volta verso di me e sorride, provocandomi la solita pressione in fondo allo stomaco - e un po' più giù.

«D'accordo, allora prendo questo» afferma deciso, per poi tornare dentro al camerino, lasciandomi ad immaginarlo mentre si spoglia e si cambia.

«Do un'occhiata in giro!» gli dico ad alta voce, perché ho bisogno di allontanarmi da qui e di pensare ad altro, o i miei jeans diventeranno fin troppo stretti.

«Ok, poi andiamo a pranzo» risponde lui da dietro la tenda.

Voglio potermi liberare di tutti i pensieri che mi costringono a comportarmi in un certo modo, voglio riuscire ad essere semplicemente me stesso, ma non è facile dopo tutti questi anni in cui non ho fatto altro che reprimere ciò che sono, soprattutto oggi che l'incontro con mio padre pende sulla mia testa come una spada di Damocle.

Ecco! È bastato pensare a lui per farmi passare in un attimo ogni tipo di fantasia.

Cammino tra gli stand a cui sono appese giacche e camicie, ma non riesco a guardare niente, e nemmeno m'interessa dato che al centro dei miei pensieri è appena apparsa la figura – di cui non conosco ancora bene le fattezze – di quel gran bastardo che voleva liberarsi di me.

Adesso sono nervoso, incazzato, furioso e non c'è modo che...

«Possiamo andare.» La voce di Kurt porta tutte le mie emozioni sotto un'altra luce.   

Mi sorpassa tenendo il completo che ha deciso di comprare, con il braccio destro, poi i miei occhi scendono in basso, e improvvisamente li chiudo tenendoli stretti per stroncare sul nascere i pensieri che stanno già prendendo il sopravvento sulla ragione, che mi suggerisce che dovrei davvero darmi una calmata, o forse dovrei agire e provare a prendermi quello che vorrei.

********** 

Ci siamo, sta per succedere e non so se sono pronto per affrontare il mio passato, o se voglio liberarmi davvero di questo peso. Sono agitato, nervoso, confuso più di quanto lo sia mai stato in tutta la mia vita.

Abbiamo pranzato e ora siamo wui. Kurt si è informato – non so bene come, ma non ha davvero importanza – e so che adesso lui sta per uscire dalla banca in cui lavora, la stessa in cui ha lavorato mia madre quando l'ha conosciuto, e sono qui fuori, fermo nei pressi dell'ingresso in attesa che esca.

Mi prendo un momento per pensare, per raccogliere le idee e per fare dei lunghi respiri nel tentativo di riportare una parvenza di tranquillità nella mia testa. Sto davvero per incontrarlo, e più passano i minuti, più sale il mio livello di panico. Riuscirò ad affrontarlo? Sarò in grado di dirgli tutto quello che penso?

«È lui» afferma con tono deciso Kurt, così seguo il suo sguardo e, attraverso la vetrata, vedo un uomo con addosso un abito elegante, sorridere e parlare con un altro uomo mentre cammina nella nostra direzione.

Nel vedere il suo viso così sereno, e la sua camminata sicura, la mia salivazione si è completamente azzerata, il cuore sembra essermi salito fino in gola e le mani sudano freddo. Sono ufficialmente nel panico, ma torno subito coi piedi per terra quando sento le dita della mano di Kurt intrecciarsi alle mie. Non lo guardo, ma sentire la sua mano stretta alla mia mi ha dato una forza che non credevo nemmeno di avere.

Ed è di nuovo tutto sotto una luce nuova, non sono solo, Kurt è il mio contatto con la realtà. Sono circondato da persone che mi vogliono bene, mentre quell'uomo che sta uscendo in questo momento dalla porta vetro è solo un gran bastardo del cazzo a cui non devo niente.

«Ce la fai» dice a bassa voce, poi perdo il contatto con la sua mano, sento le sue dita scivolare lentamente sulle mie, e anche se non lo sto guardando sono sicuro che si stia allontanando, ma mi ha lasciato la forza di cui ho bisogno, così mi faccio coraggio e vado incontro a quell'uomo.

«Signor Peters?» La mia voce esce molto più sicura di quanto avrei immaginato, poi lui si volta nella mia direzione mentre ancora sorride.

«Sì?» Mi guarda senza sospettare minimamente chi io sia, ma non voglio lasciarlo nel dubbio, voglio sbattergli in faccia chi sono.

«Mi chiamo Dylan Evans, e sono il figlio di Kelly Evans.» I colori dal suo viso scompaiono non appena finisco di pronunciare le mie parole. È ovviamente sconvolto e io mi sento già meglio.

«Ethan è tutto ok?» gli domanda l'uomo che è con lui. Evidentemente anche lui dev'essersi accorto dell'espressione di panico sul suo viso.

«Sì... sì... Ti chiamo più tardi John» dice a quell'uomo senza quasi degnarlo di uno sguardo.

Sembra che non riesca a smettere di guardarmi e io non voglio togliergli gli occhi di dosso, voglio imprimere nella mia mente questo momento.

L'uomo al suo fianco lo saluta, poi se ne va lasciandoci soli, ed è in quel momento che sento venire a galla tutta la cattiveria che provo nei suoi confronti e non riesco a trattenermi, perché quelle parole sono rimaste chiuse nella mia gola già troppo tempo per i miei gusti.

«Allora... Come stai... papà?» Pronuncio quell'appellativo con tutto il disprezzo che provo per lui, facendogli capire quanto io le detesti.

«Non qui» dice con tono freddo e brusco. «Vieni con me» pronuncia mentre ha già iniziato ad incamminarsi lungo il marciapiede in una direzione a me sconosciuta.

Lo seguo in silenzio, cammino al suo fianco sentendo la rabbia montare ad ogni passo. Non so dove stiamo andando e non m'importa, voglio solo riuscire a sputargli in faccia tutto quello che penso perché adesso voglio liberarmi del tutto di questo peso che mi opprime il petto, il cuore e la ragione. Voglio liberarmi di lui una volta per tutte, perché se ho perdonato mia madre, non credo che con lui il perdono sia una scelta possibile.

Arriviamo di fronte ad un bar nel quale lui entra e io lo seguo senza dire una singola parola. Forse un luogo pubblico è la cosa migliore perché non so se sono capace di contenere tutta la rabbia di cui è composto in questo momento il mio corpo. Ci sediamo ad un tavolino in fondo alla sala e quando me lo ritrovo davanti, sento saltare via il coperchio del vaso di Pandora e le parole escono di getto senza che io possa fare nulla per controllarle.

«Come ti senti ad aver perso entrambi i tuoi figli?» Pronuncio le parole con disprezzo, perché è questo che provo per lui.

«Senti... mi dispiace per come sono andate le cose...»

«Ti dispiace?» gli domando interrompendo qualsiasi cosa stesse per dire, perché ora che il tappo è saltato non ho intenzione di lasciargli nessuno spazio per le sue stronzate. «E per cosa ti dispiace esattamente? Per aver usato mia madre per il tuo divertimento? Per averle mentito? O per aver tentato di liberarti di me?» Voglio vomitargli addosso tutto lo schifo che il suo comportamento ha creato nella mia vita.

«Non ho usato nessuno, lei era a conoscenza del fatto che io fossi sposato. Se le ho consigliato di abortire...»

«Abortire? No caro papà, hai usato un'altra parola per dirlo... 'Sbarazzatene'... come se io fossi dell'immondizia della quale liberarsi, ma non preoccuparti perché ci sei riuscito. Adesso non hai più nemmeno un figlio...» Non mi sento suo figlio, nonostante abbia il suo sangue che mi scorre nelle vene, lui continua a rimanere un bastardo qualunque.

«Senti... cos'è che vuoi? Soldi?» Le sue parole mi fanno venire voglia di scagliarmi contro di lui, ma mi trattengo, stringo i pugni e immagino di tenere stretta ancora la mano di Kurt. Avrei un gran bisogno di averlo vicino adesso, ma so che questa è una cosa che devo fare da solo.

«Soldi? Tu credi che io sia qui per soldi? Non me ne frega un cazzo dei tuoi schifosissimi soldi. Quello che volevo era vedere la tua faccia di merda e dirti quanto ti odio per quello che hai fatto a mia madre, a me, e per non avermi permesso di conoscere mio fratello!» Il vaso si sta svuotando, sto riuscendo a tirare fuori tutto quello che c'è dentro. Tutto quello che mi avvelenava adesso lo sto riversando su di lui.

«Modera il linguaggio ragazzo!»

«E perché dovrei farlo? Tu non sei mio padre, e io parlo come cazzo mi pare! Non sei certo nella posizione di potermi dire cosa devo fare e nemmeno puoi insegnarmi qualcosa...» Mi fa male persino la gola da quanto vorrei urlare e invece mi sto trattenendo per non fare una scenata davanti a tutti, ma vorrei dare il giro al tavolo, possibilmente facendolo finire sulla sua testa di cazzo!

«Ho cercato di proteggere la mia famiglia! Ho fatto un errore, lo so bene, ma la morte di Dylan mi sembra già una punizione più che sufficiente!» Stavolta è lui a parlarmi con rabbia, ma non ne ha alcun diritto.

«La tua famiglia... Dylan... e noi? Chi siamo noi? Niente, vero?» Lo guardo e non vedo davvero niente per cui valga la pena lottare. «Senti... lascia perdere...» D'improvviso ho perso la voglia di parlare con lui, non mi interessa sapere i motivi per cui si è comportato così e nemmeno perché mio fratello gli volesse così bene come mi hanno raccontato. Non m'importa niente di quest'uomo che sembra solo l'ombra di sé stesso.

Così mi alzo, lo guardo ancora una volta, poi faccio strisciare malamente la sedia all'indietro e mi allontano da quel tavolo. Mi ha fatto venire la nausea.

«Non lo dirai a mia moglie, vero!?» sento pronunciare ad alta voce mentre faccio i primi passi per uscire da questo posto, e c'è una sola risposta che mi sento di dargli in questo momento.

«Vaffanculo!»

**************

Non so quanto ho camminato, ma non ho smesso di farlo da quando sono uscito da quel bar. Ho finito per ritrovarmi in una parte della città che non avevo ancora visto. Ho chiamato Kurt per dirgli che avevo bisogno di stare un po' da solo e lui mi ha detto che avrebbe passato il resto della giornata in negozio con sua mamma, poi sarebbe andato a casa per cena e che dovevo prendermi tutto il tempo di cui sentivo il bisogno.

Kurt... non so davvero cosa avrei fatto senza di lui.

Da quando sono qui non ha fatto altro che starmi vicino, mi ha fatto entrare nella sua vita, mi ha fatto conoscere i suoi amici, i suoi luoghi preferiti, mi ha fatto ridere, mi ha fatto ragionare e mi ha... mi ha... cazzo non riesco nemmeno a dirlo nella mia testa! Lui mi ha fatto riscoprire me stesso, il vero me stesso e ora so cosa voglio, chi voglio.

Ho attraversato mezza città con i mezzi pubblici, ora sto percorrendo l'ultimo tratto a piedi per arrivare a casa sua. Sono parecchio devastato a livello emotivo, mi sento come se fossi stato investito in pieno da un'asfaltatrice. Mi sento piatto, quasi senza emozioni. Sono spento e senza forze. L'incontro con mio... padre... è stato sfiancante, e il fatto di sapere che sarebbe andata a finire proprio così non mi fa sentire meglio, anzi sento di aver perso un altro pezzo di me. Credevo che sfogare tutta la mia rabbia, rinfacciargli i suoi errori e dirgli quanto io lo detesti, mi avrebbe fatto stare bene, che mi sarei liberato di un peso, ma non è stato così. Adesso è come se avessi un altro peso sulla coscienza, e il pensiero di essere suo figlio, che ho il suo sangue nelle vene mi disgusta così tanto che vorrei davvero vomitare.

Una volta arrivato a destinazione sospiro pesantemente prima di suonare il campanello, ed è proprio Kurt a venire ad aprirmi. Non sorride, credo che sappia già come mi sento. Mi lascia entrare senza dire una parola. Cammino in silenzio e a testa bassa mentre salgo le scale. Lui è dietro di me, poi entro nella sua stanza, mi tolgo il giubbotto e lo poso sulla scrivania, mi sfilo le scarpe e mi siedo sul suo letto.

Passano pochi secondi e sento abbassarsi il materasso accanto a me. Chiudo gli occhi e mi concentro sul suo profumo. Lo sento, mi trasmette tranquillità, e poco alla volta il mio respiro torna a regolarizzarsi.

«Lo detesto Kurt.» La mia voce è poco più di un sussurro. Lui non dice nulla, ma mette il suo braccio sulle mie spalle per confortarmi, cosa che gli riesce sempre benissimo. «Non voglio diventare come lui.»

«Dylan non è tuo padre a decidere chi sei. Non è lui che ti ha cresciuto. È stata tua madre a farlo, hai degli amici che ti sono sempre stati accanto. La tua famiglia è Kelly.» Com'è che ha detto Chloe? Ah sì...

Kurt è in grado di arrivare al cuore delle persone così in fretta che quando te ne rendi conto te ne sei già perdutamente innamorato.

«Vorrei solo poter tornare indietro e avere la possibilità di ricominciare tutto da capo.» Sento la presa della sua mano sulla mia spalla farsi un po' più stretta, mentre inizio a sentire una grave carenza d'aria nei miei polmoni.

«Nessuno può tornare indietro per avere un nuovo inizio, ma puoi sempre partire oggi per avere un nuovo finale. Devi prendere dei rischi per avere una possibilità.» Le sue parole sono come una lampadina che accende ogni parte di me.

Devi prendere dei rischi per avere una possibilità.

Sono le uniche parole che mi restano impresse, che continuano a vorticare veloci nella mia testa. Il suo braccio sulle mie spalle, il suo fianco decisamente vicino al mio, tutte le attenzioni che ha per me, e il 'me stesso' che preme con forza per uscire allo scoperto. Non credo di poterlo tenere più a bada, forse non voglio, forse non ci riesco, ma il risultato è uno soltanto.

Mi volto verso di lui che mi sta guardando con un dolcissimo sorriso. I suoi occhi parlano molto più di quanto non abbiano fatto in questi giorni. Lo sta facendo anche il mio corpo che mi sta urlando a gran voce di farlo, che è arrivato il momento di farlo.

Così mi lascio andare, chiudo gli occhi, spengo il cervello e lo bacio. Dapprima sono solo le mie labbra sulle sue, ma lui mi concede subito molto di più, e mentre sento la sua lingua sulla mia, porto la mia mano sul suo viso come per tenerlo più vicino a me. Mi perdo in sensazioni meravigliose, qualcosa che non ho mai provato in tutta la mia vita. Non c'è più niente a parte le sue labbra, la sua bocca, e ho chiara la percezione del mio corpo che tenta in ogni modo di avvicinarsi al suo mentre lui mi stringe, mentre io tento di portarlo ancora più vicino a me.

Sto per perdere la testa, o forse l'ho già persa, so solo che vorrei molto di più da questo contatto, molto, molto di più, ma poi la bolla esplode, il mio mondo si frantuma di nuovo in milioni di piccoli pezzi.

Il mio telefono suona riportandomi bruscamente alla realtà, una realtà in cui il vero me è venuto fuori, ma io ho ancora paura di lui, non so se sono pronto ad accettarlo, ed è per questo che mi allontano bruscamente da lui con la scusa di rispondere al telefono. Mi alzo dal letto e faccio qualche passo verso la porta.

«Sì... sì ciao Chloe... Non... non lo so... Io... senti, ti faccio sapere ok?» Mi sento una persona orribile. Kurt non merita questo, ma al momento non ho abbastanza coraggio per guardarlo in faccia. Riaggancio la telefonata con Chloe, poi gli parlo dandogli le spalle. «Buonanotte Kurt.» Esco velocemente dalla sua stanza senza aspettare una sua risposta, mi infilo nel mio letto con ancora addosso tutti i vestiti, per poi nascondere la testa sotto al cuscino, come se potesse servire a qualcosa. 
 

SPAZIO ME

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E finalmente ce l'hanno fatta! *Urleggia e festeggia*

Il momento è stato molto difficile per Dylan. La nuova consapevolezza della sua sessualità e l'incontro con suo padre hanno messo a dura prova il suo stato psico fisico. In questo momento ha bisogno di un attimo di tranquillità, ed è per questo che è scappato dalla stanza di Kurt. Troppe emozioni, troppo intense, tutte insieme, e alla fine è crollato, ma noi confidiamo in lui, giusto?

Grazie davvero sempre per essere qui.

Se vi va passate sul mio profilo. Ho appena concluso una mini long su Harry, di cui vi lascio la copertina, e a breve troverete una romanticissima One shot Larry, e vi lascio la copertina anche di quella.

 Ho appena concluso una mini long su Harry, di cui vi lascio la copertina, e a breve troverete una romanticissima One shot Larry, e vi lascio la copertina anche di quella     


 

Eeeeee niente, grazie di esserci e buona lettura 😍

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Capitolo 5
*** Kurt e Dylan - Day 13 ***


Dylan

Giorno 13

La mano a sfiorare le labbra per la seconda volta da quando mi sono alzato dal letto. Non ho dormito nemmeno un minuto stanotte. Ho vagato dal letto alla finestra senza sosta con un solo e unico pensiero: ho baciato Kurt, e mi è piaciuto da morire.

Un paio di volte mi sono ritrovato di fronte alla porta della mia stanza, ho posato la mano sulla maniglia e sono stato sul punto di uscire per raggiungerlo e parlare con lui, ma quando stavo per farlo la paura di affrontare il vero me stesso mi ha fatto desistere, così sono rimasto al sicuro dentro queste quattro mura che sembra possano proteggermi.
O almeno è quello che hanno fatto fino al sorgere del sole.

Non posso più fare finta di niente. Kurt è venuto a bussare alla mia porta già mezz'ora fa e io ho finto di dormire, ma non posso nascondermi per sempre. Prima o poi tornerà per chiamarmi, e io dovrò uscire da qui.

Sono confuso, o forse ho le idee fin troppo chiare, ma quel bacio è stato così sconvolgente che mi spaventa il pensiero di guardarmi allo specchio - perché il vero Dylan sta uscendo allo scoperto -, figuriamoci guardare lui negli occhi. Mi sento come un ragazzino che ha rubato il suo primo bacio e che ora non ha il coraggio di affrontare le conseguenze delle sue azioni.

«Dylan?» La voce di Kurt arriva da dietro la superficie di legno della porta e sento il cuore iniziare a battere velocemente. Vorrei lasciare andare tutto quello che provo, ma non ci riesco. È come se fossi un freno a mano bloccato: io provo a sbloccarlo, ma quello resta lì, fermo nella sua posizione, e non so come fare a risolvere la cosa. «Ehi...» Poi bussa, e so che devo alzarmi per aprire.

Poso la mano sulla maniglia, la abbasso lentamente, poi apro e resto a guardarlo.

È bello, e mi piace. Non posso più negarlo e il mio corpo mi manda dei segnali chiarissimi che mi è impossibile ignorare. Guardo i suoi occhi così chiari e con una costante luce ad illuminarli che li rende ancora più belli, poi osservo le sue labbra che per qualche secondo sono state solo mie.

«Stai bene?» mi domanda lui con una certa apprensione nella voce.

«Sì, sto bene» rispondo con una mezza bugia perché non so che altro dire.

«Non volevo svegliarti, ma è tardi e io devo andare al lavoro. Ti va di venire con me?» mi chiede per poi sorridere.

«Che ore sono?» gli domando passandomi una mano tra i capelli.

«Sono quasi le nove. Io ho già fatto colazione. Ho provato a chiamarti prima, quando sono sceso, ma evidentemente dormivi.» Non dormivo affatto Kurt, stavo pensando a te.

«Già... non ti ho sentito...» Bugiardo! «Mi do una sistemata e ti raggiungo.» Mi sorride non appena finisco di parlare, e io non riesco a staccare gli occhi dalla sua bocca.

«D'accordo, ti aspetto di sotto» dice, per poi voltarsi e scendere le scale.

Solo quando non sento più nessun rumore mi rendo conto che mi sto mordendo il labbro inferiore mentre sto ancora fissando il punto in cui l'ho visto sparire. Devo parlare con lui perché questa indifferenza mi sta facendo impazzire.

Rientro nella mia stanza e mentre mi cambio cerco di pensare a come affrontare questo argomento. Non so da che parte cominciare, non so come esprimere quello che provo e sono nella confusione più totale al pensiero che, appena scese queste scale, lui sarà lì. Faccio un gran respiro prima di entrare in cucina, dalla quale sento provenire i rumori che testimoniano che Kurt è proprio qui.

«C'è del caffè ancora caldo» dice senza guardarmi, ma è evidente che si sia accorto della mia presenza.

Non ho la minima idea di cosa stia facendo, e mi avvicino per prendermi una tazza e per sbirciare cosa stanno combinando le sue mani indaffarate. Quando sono quasi accanto a lui mi rendo conto che sta preparando dei tramezzini e sembra che lui mi legga nel pensiero, perché immediatamente dopo mi spiega, senza bisogno che io gli abbia posto alcuna domanda.

«Oggi orario continuato» dice incartando i tramezzini.

Non rispondo, e in silenzio mi verso un po' di caffè, ne sorseggio una piccola quantità. Nel frattempo sono alla ricerca frenetica delle parole giuste da usare per poter dire quello che mi sta passando per la testa, ma lui è più veloce di me nel farlo.

«Se te lo stessi chiedendo... mi è piaciuto baciarti...» Quasi non mi strozzo con quel poco caffè che mi stava scendendo giù per la gola, poi mi volto a guardarlo mentre sento il cuore prendere a battere più velocemente, e noto che sta sorridendo, ma non mi ha ancora guardato. «Io sono pronto» dice voltandosi verso di me e mantenendo quel sorriso impertinente sulle labbra. «Vieni con me?» Mi guarda dritto negli occhi adesso, e io sento la pressione sanguigna aumentare velocemente in ogni parte del mio corpo.

Forza Dylan! Kurt ti ha fatto una domanda semplice, che prevede una risposta altrettanto semplice, ce la puoi fare. Ovviamente ce la puoi fare se metti di pensare alle sue labbra.

«Ok» rispondo incapace di distogliere lo sguardo.

«Ho fatto un paio di tramezzini anche per te. Vado a metterli nello zaino.» Mi passa accanto e mi ritrovo ad inspirare a pieni polmoni il suo profumo, per poi sospirare quando esce dalla stanza lasciandomi con lo sguardo perso nel vuoto e una tazza di caffè ancora piena tra le mani.

Sono un idiota! Non posso continuare in questo modo, ma la mia lingua sembra essersi incollata al palato e proprio non riesco a pronunciare tutte le parole che sono ferme nella mia testa.

Butto giù tutto d'un fiato il resto del caffè, poso la tazza nella lavastoviglie, poi lo raggiungo in salotto. Lui si è già messo le scarpe, lo faccio anch'io, tutto in rigoroso silenzio, poi le seguo all'esterno dove saliamo in macchina per dirigerci al negozio.

Lo guardo di sfuggita, lui continua a tenere sulle labbra quel sorriso divertito mentre guida con disinvoltura nel traffico cittadino. Sembra tranquillo, forse lo è davvero, e non so come ci riesca dopo ciò che è successo tra noi ieri sera. Magari per lui è stato un bacio come un altro, ma per me ha significato molto di più, perché ha rappresentato un punto netto di svolta della mia vita - come se già non ne avessi avuti di recente.

Non so come iniziare il discorso. Non ho la più pallida idea di cosa dire o come dovrei dirla. Cosa devo raccontargli? Che non so chi sono? Che sto brancolando nel buio perché non so come diavolo comportarmi con lui e nemmeno con me stesso? Credevo che prima o poi sarei riuscito a dire qualcosa, ma più passano i minuti e più sembrano sparire le parole, o il coraggio, non lo so. Quello che so è che sono terrorizzato. Sono terrorizzato da me, da lui e da quello che si scatena dentro di me quando Kurt mi è vicino.

Invece di risolversi, le cose sembrano complicarsi di giorno in giorno. Lo scontro con mio... con quello che avrebbe dovuto essere mio padre, mi ha devastato e il mio equilibrio mentale è piuttosto precario. È forse per questo che mi sono lasciato andare con Kurt? Perché avevo bisogno di una immensa quantità di affetto? O avevo semplicemente la necessità di sfogare tutto il dolore? No... non può essere questo perché non posso togliermi dalla testa ogni millesimo di secondo in cui la mia bocca ha avuto la sua.

Dio! Impazzirò!

«Ne vuoi parlare?» La sua voce mi tornare bruscamente alla realtà. Mi volto quasi di scatto a guardarlo e lui ancora sorride. «Io ne voglio parlare se ti va.» La sua voce è tranquilla come tutto il resto di sé mentre io sono un fascio di nervi, e non c'è bisogno che specifichi l'argomento.

«Davvero ne vuoi parlare?» Idiota! Certo che ne vuole parlare! Altrimenti perché te l'avrebbe chiesto?

«Direi di sì.» Osservo le sue mani sul volante mentre svolta a sinistra e subito torno a ieri con il pensiero, a quando ha posato quelle stesse mani su di me

«Ok... parliamone...» dico quasi balbettando, e provocando in lui una piccola risata.

«Scusa... non volevo ridere» afferma rilassato subito dopo.

«Io... io non so...»

«Tranquillo...» mi interrompe per poi parcheggiare di fronte al negozio e voltarsi completamente verso di me. «So che può essere difficile la prima volta.» Lo guardo con aria confusa perché è proprio così che mi sento, confuso. «E per te, ovviamente, lo è stato.»

«Come lo sai?» gli chiedo sentendomi quasi togliere un peso dal cuore.

«Sei scappato come se stesse per andare a fuoco la stanza.» In realtà ero io ad andare a fuoco.

«Kurt, io non so... non so niente...» Il mio cervello è come se fosse stato azzerato e non sono in grado di spiegargli quello che mi succede.

«Era un bacio Dylan, e con questo non voglio sminuire quello che è stato perché credo di poter affermare senza ombra di dubbio, che quello di ieri sera è stato il bacio più bello di tutta la mia vita, ma voglio farti una domanda e devi rispondere sinceramente...» Lo ascolto senza quasi respirare. Annuisco e lui continua. «Se avessi baciato una ragazza avresti reagito allo stesso modo?»

Le sue parole non fanno che farmi guardare dentro ancora di più di quanto non stessi facendo da solo. «Vuoi che sia sincero? Non ho mai provato niente di quello che ho provato ieri sera con una ragazza...»

«Non hai risposto alla mia domanda...» Sospiro prima di riprendere a parlare perché ho capito dove vuole andare a parare.

«Vuoi sapere se sarei scappato? No... non l'avrei fatto, ma...»

«Ma cosa? È un bacio Dylan, non hai ucciso nessuno. Non c'è niente di cui tu debba vergognarti e non c'è niente di cui aver paura.» Perdermi nei suoi occhi è così facile, e lo sarebbe anche lasciarmi andare, ma c'è ancora una parte di me che non me lo permette.

«Io ho bisogno di tempo Kurt, non sono sicuro di niente in questo momento, è tutto così maledettamente complicato...» Mi passo una mano tra i capelli, mi volto verso il parabrezza e lascio andare la testa all'indietro.

«In realtà non c'è niente di complicato Dylan, ci sono passato anche io e so cosa provi.» Non sono certo che lui lo sappia. Kurt è sempre così sicuro di sé, sa sempre quale sia la cosa più giusta da fare, da dire. «Fino a che credevi di essere etero ti sei mai posto il problema se accettarti o meno?» Le sue parole sono come una rivelazione. Kurt ha centrato il problema in pieno, come sempre. «E allora perché dovresti porti adesso un problema che problema non è?» Mi volto a guardarlo e sono a corto di parole, ancora più di qualche minuto fa. «Tu non sei gay, o etero, o bisessuale. Tu non sei la tua sessualità. Sei Dylan... Dylan Evans... è questo che sei...»

Vorrei davvero poter dire qualcosa, ma non riesco a fare altro che guardarlo mentre sento che dentro di me sta succedendo lo stesso disastro di ieri sera, un disastro che mi ha fatto stare fin troppo bene.

«Mi piacerebbe baciarti anche adesso Dylan, ma so che non sei ancora pronto.» Non posso spiegare quello che mi provocano le sue parole. Forse confusione, magari turbamento, e ancora smarrimento, ma anche un batticuore senza precendenti e... eccitazione... una potente e stramaledetta eccitazione che fatico a contenere. «Io sono pronto a parlarne ancora ogni volta che vuoi... adesso è meglio andare» dice per poi voltarsi e scendere dall'auto.

Non lo so se la cosa migliore da fare in questo momento sia andare oppure baciarlo - o meglio lo so - ma al momento mi sento un vigliacco e lo sto lasciando scendere dall'auto senza fare niente per impedirlo.

********

«Davvero non lo mangi?» Alzo lo sguardo sul viso di Kurt che sta letteralmente divorando il mio panino con gli occhi.

Sono riuscito a finire il primo tramezzino, ma il secondo proprio non mi va. Ce l'ho in mano da un paio di minuti, e il solo pensiero di mandare giù un altro boccone mi dà il voltastomaco. Mi è passato l'appetito non appena mi sono messo a fissare la sua bocca.

«No» rispondo per poi allungare il panino nella sua direzione.

Kurt lo afferra sorridendomi, poi lo addenta appoggiando la schiena al muro alle nostre spalle. Siamo seduti sul pavimento del magazzino sul retro del suo negozio per la pausa pranzo, uno accanto all'altro.

Per tutta la mattinata non ho fatto che pensare a lui nonostante mi passasse davanti ogni dieci secondi. Sono rimasto sui divanetti vicini ai camerini cercando di capire come dovrei comportarmi, ma mi è stato difficile dal momento che spesso e volentieri mi sono ritrovato a fissarlo senza che mi rendessi conto di farlo.

Il ragionamento che ha fatto prima di entrare qui dentro fila liscio come l'olio, solo che il mio cervello non è pronto a recepirlo - più che altro a metterlo in pratica. Una parte di me dà pienamente ragione a Kurt, ed è quella parte che ha provato delle sensazioni nuove, qualcosa che mi è arrivato fin dentro alle ossa. Di contro, c'è una parte più piccola, ma molto più decisa, che non mi permette di vivere queste sensazioni fino in fondo.

«Sembri Chloe in versione maschile.» La voce di Kurt è più che divertita, lo dimostra anche la risatina che gli scappa e che non si preoccupa di nascondere.

«Che intendi?» gli chiedo voltandomi verso di lui.

«Ti stai facendo troppe paranoie Dylan» afferma con tutta la tranquillità di cui è capace, mentre io sono sempre più fuori fase.

Il mio cuore lo sa che lui ha ragione, che sto pensando troppo, ma il mio cervello non è d'accordo con il cuore, non lo è mai stato, e fino a che questi due organi non si metteranno d'accordo io vorrei solo stare in un angolino, in attesa che le cose si sistemino da sole.

«E che cosa dovrei fare secondo te?» gli domando con un tono di voce molto più brusco di quanto avrei voluto.

Kurt accartoccia il tovagliolo con il quale teneva il panino che è ormai finito, lo posa sul pavimento, poi si volta verso di me. Sento come un piccolo vuoto quando la sua spalla si allontana dalla mia: quel leggero contatto mi aiutava a sentirmi meglio. Adesso sta puntando i suoi occhi chiari nei miei e quello che vedo mi fa capire cosa vuol dire sentire le farfalle nello stomaco.

«Dovresti smettere di pensare così intensamente con la testa e usare di più il cuore.» Eccolo lì, sempre pronto a cogliere i miei pensieri anche se non li condivido con lui.

«Non ne sono capace Kurt.» Sento il cuore che accelera, sta cercando di prevalere sulla ragione.

«Io sono sicuro di sì.» Lo dice posando la sua mano sulla mia, e basta quel contatto a mandare in corto circuito il mio cervello. «Concentrati su quello che hai provato, su come ti sei sentito. Pensa solo a quelle sensazioni...» Sono come ipnotizzato dalle sue parole, lo ascolto senza battere ciglio facendo esattamente ciò che mi dice. «... ho sentito anche io quello che hai provato tu, e non solo perché sei riuscito a trasmettermi le tue sensazioni...» Ripenso a ieri sera, e mi rendo conto che io, invece, ero concentrato solo su me stesso. Adesso so che avrei voluto anch'io percepire le sensazioni che trasmetteva il suo corpo. «Dylan non esagero quando dico che è stato il bacio più bello di tutta la mia vita...»

Ho bisogno di maggiore contatto con lui. Le sue parole mi stanno spingendo a volere di più, a essere spontaneo, quindi volto la mano verso l'alto e intreccio le mie dita con le sue, e questo lo porta a dirmi quello che gli sto leggendo negli occhi, la stessa cosa che provo io. «E voglio davvero rispettare i tuoi tempi, ma nemmeno io riesco a togliermi dalla testa quel bacio Dylan.» I suoi occhi si abbassano sulle mie labbra, la mia temperatura corporea si alza e il cervello si spegne di nuovo.

Chiudo gli occhi nello stesso istante in cui le mie labbra si posano di nuovo sulle sue, perché il desiderio di provare di nuovo le stesse emozioni di ieri sera si è fatto irrinunciabile, ma stavolta voglio concentrarmi non solo su me stesso, voglio sentire Kurt in ogni modo possibile.

È per questo che mi lascio andare non appena la sua mano si posa sulla mia nuca e le labbra lasciano spazio alla lingua. Lo sento inspirare dal naso con forza, lo stesso faccio io perché questo bacio mi sta togliendo il fiato. È un bacio dolce, lento, ma pieno di passione. Lo sento nei suoi movimenti, nel suo modo di tenermi stretto a sé. Lo sento sul suo petto quando poso la mia mano all'altezza del suo cuore che sembra impazzito, e tutto questo sta facendo impazzire anche me.

Ogni sensazione si amplifica fino a diventare troppo intensa perché io riesca a sopportarla. Sento che non posso andare oltre, sento di non essere in grado di farcela, ed è per questo che mi allontano da lui come se fossi stato colpito da una potente scarica elettrica – e in un certo senso è così che mi sento. Kurt resta immobile a guardarmi con l'aria confusa, ma si riprende in fretta non appena si rende conto che mi sto infilando il giubbotto.

«Dylan dove stai andando?» mi domanda con una nota di preoccupazione nella voce, ma io non riesco a rispondere. Il mio cervello è andato, e non sono in grado di formulare nessuna frase. «Dylan?» Mi richiama mettendosi in piedi. Io sono già alla porta con una mano sulla maniglia. «Dylan aspetta!» Ma io sto già uscendo da quel magazzino.

«Ci vediamo stasera a casa» dico allontanandomi senza più ascoltare i suoi richiami.

Ho bisogno di aria, ho bisogno di piangere, di urlare e di sbattere la testa contro il muro. Ho bisogno di perdermi e di ritrovarmi. Ho bisogno di allontanarmi da Kurt perché stargli vicino azzera ogni mia capacità intellettiva e in questo momento ho la necessità di pensare.

Attraverso il negozio a passo svelto senza badare a chi ci sia intorno, mantenendo la testa bassa. Esco in strada e l'aria gelida mi colpisce in pieno come se fosse uno schiaffo con il quale riprendo contatto con la realtà 

Una realtà in cui mi rendo conto di essere un dannato vigliacco e di avere una paura fottuta.   

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Innanzitutto grazie a tutti voi per essere qui e per essere passati a dare una sbirciatina a tutte le mie storie, molte di voi non se ne perdono una e non posso che dire infinitamente grazie!

Tornando al capitolo, Dylan cede di nuovo a quello che prova per Kurt, ma non è ancora pronto al cento per cento per questo cambiamento (che vero cambiamento non è) e ha delle difficoltà a rapportarsi con lui. La strada più facile per Dylan in questo momento è scappare, ma sa bene che non potrà farlo per sempre. Ha bisogno di tempo però per vivere la sua vita serenamente. Fra il suo passato che è stato stravolto, e il suo futuro con cui si trova ad affrontare qualcosa che non aveva mai immaginato, non è facile per lui gestire tutto.

Ad ogni modo, ci stiamo avvicinando alla fine del loro primo racconto. Avete preferenze sui prossimi personaggi e/o argomenti di cui volete conoscere di più? Fatemi sapere.

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 6
*** Dylan - Boston ***


Guardo fuori dal finestrino mentre l'aereo atterra. La mia città è sempre la stessa, io non lo sono più. Sono cambiato sotto diversi punti di vista, spero solo che le persone a cui voglio bene continueranno a volermene.

Kurt mi ha detto che sarà così, che se mi vogliono bene davvero accetteranno Dylan Evans con pregi e difetti, a prescindere dalla mia religione, dal mio credo politico, o dalla mia sessualità, perché io sono questo ed è giusto che possa esprimere me stesso per essere felice.

Ho parlato a lungo con lui e ho compreso fino in fondo tutto ciò che mi ha detto, ma ora, metterlo in pratica è tutta un'altra storia, soprattutto per il fatto che ero assolutamente convinto che allontanarmi da lui fosse la scelta migliore che potessi fare per potermi chiarire le idee, invece adesso, mentre scendo dall'aereo appena atterrato e calpesto suolo americano, mi sembra che non sia stata proprio l'idea dell'anno.

Non ho fatto che pensare a lui, il pensiero di mio padre è passato in secondo piano rispetto a quello che mi sta passando per la testa da quando ho baciato Kurt. Non rimpiango di averlo fatto, anzi, adesso che siamo così lontani mi pento di non averlo fatto prima, ma è proprio questo, adesso, l'ostacolo che mi fa paura: la distanza.

E se mi fossi appoggiato a lui per il dolore che provavo in quel momento? Se stessi cercando solamente un po' di conforto? Se non fosse davvero Kurt quello che voglio?

Mi sento sottosopra, con lo stomaco in gola, il cuore nella pancia e i pensieri confusi. Spero solo che tornare a Boston mi aiuti a fare chiarezza su me stesso.

Dopo aver recuperato il mio bagaglio, mi dirigo all'uscita dove dovrebbe esserci mia madre ad aspettarmi. Una volta varcate le porte scorrevoli, la prima cosa che vedo è il volto emozionato di mamma, e io non trattengo il sorriso che nasce spontaneo sulle mie labbra quando la vedo venirmi incontro.

«Tesoro!» esclama con gioia lei abbracciandomi stretto.

«Ciao mamma.» Lascio andare la valigia sul pavimento e la stringo forte a me. Non avevo realizzato quanto mi fosse mancata fino a questo momento.

Siamo sempre stati molto uniti, io e lei contro il mondo, e venire a scoprire che aveva tradito la mia fiducia aveva messo in discussione tutte le mie certezze, ma ora, grazie anche ai mille ragionamenti che ho potuto affrontare con Kurt, vedo tutto in maniera diversa.

«Stai bene?» mi domanda allontanandosi quel poco che basta per guardarmi in faccia.

«Sto bene mamma...» Lei mi sorride, mi prende il viso tra le mani e mi guarda come se fossi quanto di più prezioso al mondo. «Mi dispiace di essere andato via in quel modo.» Mi sono già scusato per questo durante una delle nostre telefonate, ma ho creduto fosse giusto dirglielo guardandola negli occhi.

«Non dirlo più. Non voglio più parlare della parte brutta di questa storia, ok? D'ora in poi affronteremo questo argomento in maniera serena... Sono così felice che tu sia di nuovo a casa!» Mi abbraccia di nuovo, mi stringe più forte, poi piange, non posso vederla, ma lo sento da come respira, così la stringo anch'io e le dico l'unica cosa che non le ho detto in tutti questi giorni.

«Ti voglio bene mamma.»

*********

«Mamma non voglio niente.» L'ho già detto almeno tre volte, ma sembra non volermi dare retta.

Da quando siamo entrati a casa è impegnata a fare qualcosa senza fermarsi, che sia svuotare la mia valigia, o offrirmi qualcosa da mangiare, o ancora prepararmi un tè caldo, e forse lo sta facendo perché in macchina sono stato fin troppo silenzioso. Sono certo che abbia capito che ci sia qualcosa che non va e credo abbia il timore di una nuova discussione con me.

«E se ti preparassi...»

«Mamma!» La richiamo perché si fermi un momento. Non riesco più a tenere il suo ritmo e poi voglio tirar fuori quello che mi opprime. «Vieni un attimo qui...» le chiedo di venire a sedersi vicino a me perché voglio parlare con lei adesso.

«Che succede?» Sul suo viso si legge chiaramente il timore che io stia per dire qualcosa di terribile e forse potrebbe esserlo, dipende da come lei prenderà la notizia.

«Nei giorni che ho passato a Montreal ho riflettuto molto su me stesso, su come è cambiata la mia vita e su quello che voglio davvero...» Mi ascolta in silenzio, quasi senza respirare. «... e non voglio più bugie mamma, non voglio che ci siano più segreti tra di noi perché sei l'unica famiglia sulla quale posso contare...» Gli occhi le si riempiono di lacrime, ma non posso fermarmi adesso. «Con lui ho chiuso, non voglio sentirne più parlare. Quello che considero mio padre è quell'uomo di cui mi hai sempre parlato tu... Mio padre è morto e...» Lei sorride e piange nello stesso momento mentre io prendo una grande quantità d'aria prima di rivelare la cosa di cui mi importa maggiormente. «... e io non sono etero...» Lascio la frase in sospeso e resto ad osservarla in attesa della sua reazione. Lei mi guarda seria, si strofina le mani sugli occhi, poi mi sorride.

«Ne sei sicuro?» mi domanda con un'espressione fin troppo tranquilla.

«Certo che ne sono sicuro! Mi piace in ragazzo...» Sto per spiegarle meglio, ma lei mi interrompe.

«Non quello... Io mi riferivo a tuo padre. Sei davvero sicuro di voler gettare tutto? Insomma... Per quanto io detesti quell'uomo avresti la possibilità di avere un rapporto con lui, magari...»

«Sì mamma! Sono sicuro!» interrompo il suo monologo perché sono assolutamente certo di non voler avere più niente a che fare con lui, e anche perché le ho appena rivelato una cosa importante e lei non ha battuto ciglio. Non è che non ha capito quello che ho detto? «Mamma hai capito quello che ti ho detto?» Le domando con aria confusa.

«Certo che ho capito tesoro, credi che sia così rimbambita?» Sembra divertita, mentre io mi sento quasi stupido.

«E che cos'è che hai capito?» le chiedo ancora per accertarmi che abbia afferrato il concetto.

Mi sorride di nuovo, stavolta come se stesse per  combinare qualcosa di divertente. «Ho capito che non ci saranno più segreti, che io e te saremo di nuovo una famiglia, che tuo padre è morto da eroe e che ti piace un ragazzo. Ho detto tutto giusto?» mi domanda con un enorme sorriso.

«Sì, ma...» vorrei parlare ancora, invece lei mi interrompe di nuovo.

«C'è una cosa che non ho capito...» La guardo in silenzio, incapace di dire nulla perché la sua reazione mi ha completamente preso alla sprovvista. «Quel ragazzo si chiama Kurt?» mi osserva come se sapesse esattamente quello di cui sta parlando e io resto senza parole per quello che ha appena detto.

«Mamma, ma... Come...?» Sono sorpreso e anche stranito.

Lei allunga le mani sul tavolo fino ad afferrare le mie e io mi sento subito meglio. «Non è che tu abbia portato a casa chissà quante ragazze, e non dimenticare quanti pomeriggi hai passato a casa di Harry con la scusa di studiare in compagnia, ma quando tornavi a casa parlavi sempre di Jordan...» Sono meravigliato nel constatare come lei si ricordi questo particolare. In effetti c'è stato un periodo in cui non facevo altro che parlare di Jordan. A quel tempo credevo di provare una sorta di amministrazione per il fratello maggiore del mio migliore amico, ora so che era una normalissima cotta.

«Perché non mi hai detto niente?» le domando sentendo alternarsi batticuore e serenità.

«Che cosa sarebbe successo se io fossi venuta da te e ti avessi fatto notare quello che tu non avevi ancora capito, o che non eri ancora pronto per capire?» Non rispondo, perché non ho una risposta. « Te lo dico io cosa sarebbe successo: ti saresti chiuso in te stesso e mi avresti tagliato fuori dalla tua vita. Non ero io a dovertelo dire, eri tu a doverlo capire, ad essere pronto per accettare te stesso...» Mi guarda, forse si aspetta che io dica qualcosa, ma sono senza parole per ciò che ha detto.

«Mamma...» Non riesco a dire altro, ma lei sembra sapere perfettamente ciò di cui ho bisogno. Si alza e fa il giro del tavolo per venire da me. Io mi alzo e mi lascio abbracciare, riuscendo a trovare il conforto necessario per affrontare tutto il resto.

*****

Mi sento strano.

Loro sono sempre gli stessi, io no.

Sono tornato a Boston con la scusa della festa di compleanno a sorpresa per Harry, e so che l'ho usata come scusa per scappare da quello che stava succedendo a Montreal, ma adesso che sono qui so che è stata tutta una cazzata.

Sono felice di partecipare a questo momento con tutti i miei amici, ma so cosa ho lasciato indietro.

Mi sento diviso a metà: da una parte vorrei poter nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di niente - sarebbe tutto molto più facile -, ma l'altra parte di me è in totale disaccordo perché mi sta spingendo a tornare in aeroporto e volare fino a Montreal.

La parte di me che vuole essere felice osserva Harry ridere spensierato come non lo vedevo da tempo, e anche Zayn che sembrava dovesse restare single a vita, e ora sorride con la tipica espressione di chi è felice davvero, o ancora Louis che aveva detto di volersi divertire per i prossimi trent'anni, ma sembra proprio non potersi allontanare per troppo tempo da El...

«Ehi, ce l'hai fatta alla fine...» La voce di Chloe interrompe il filo dei miei pensieri e io la guardo con aria confusa perché mi ha colto di sorpresa e non sono sicuro di cosa stesse parlando. «Ad essere qui per la festa a sorpresa di Harry» mi spiega quando si rende conto che necessito di un chiarimento.

«Ah... Sì, alla fine ci sono riuscito.» Mi sono tenuto a distanza da tutti perché non mi sento pronto ad affrontare nessun discorso, che si tratti di mio padre o della riscoperta di me stesso, e lo sguardo di Chloe è fin troppo indagatore.

«Come stai?» mi domanda evidentemente insoddisfatta della mia risposta.

«Sono stato meglio.» Parlare di me non è facile, e a malincuore, dopo averle fatto capire che non mi sento di raccontarle niente, vado ad unirmi al fracasso che stanno facendo i ragazzi in salotto, perché è di questo che ho bisogno adesso, di allontanare ogni pensiero per allentare un po' la tensione che mi stringe la gola.

Alla fine ci riesco, per qualche ora torno ad essere il solito Dylan Evans: rido alle stupide battute di Harry, discuto con Liam su chi sia più idiota tra Zayn che non smette di stappare bottiglie di birra, o Niall che sta finendo la torta dicendo che non c'è abbastanza spazio in frigo per conservarla.

Mi mancava da morire tutto questo e adesso che ho ritrovato il mio posto, quello che ho avuto da sempre con loro, sono ancora più destabilizzato.

Rivoglio la mia vecchia vita, ma voglio anche essere felice.

*****

La quotidianità si sta rivelando un'arma a doppio taglio: se da una parte rende la mia vita comoda, dall'altra risulta essere un ulteriore freno.

Svegliarmi nel mio letto, venire al lavoro, passare del tempo con mia madre e con i miei amici, rende tutto familiare, ma mi manca qualcosa, anzi qualcuno. L'ho chiamato tutte le sere nonostante ogni volta gli promettessi di prendermi del tempo per arrivare ad una decisione, ma poi mi mancava così tanto parlare con lui, sentire la sua voce, che non riuscivo a non telefonargli.

So quello che voglio, l'ho capito benissimo, ma ho bisogno di quell'ultima spinta per prendere definitivamente coraggio.

Preso da questi pensieri sposto i fogli che ho sulla scrivania per recuperare il cellulare sommerso sotto tutta questa carta. Forse potrei mandargli un messaggio...

«Si può?» Una voce femminile interrompe le mie paranoie, alzo lo sguardo e non posso che sorridere nel vedere il suo viso felice. Lascio il cellulare sulla scrivania e mi alzo per andarle incontro.

«Ciao, come stai?» Non la vedo e non la sento dalla sera della festa a casa di Harry. È stato fondamentale per me parlare con lei prima della mia partenza per Montreal e so che abbiamo un legame speciale: mio fratello.

«Bene. Tu come stai?» mi chiede con lo stesso sorriso restando sulla porta.

«Bene... Meglio... Sei qui per Harry?» Non ho ancora risolto niente, ma sto davvero meglio, mi manca solo un piccolo tassello per stare veramente bene.

«Anche... In realtà non sono qui da sola» afferma con l'aria di chi ha appena combinato qualcosa.

La guardo con aria interrogativa, e quando sto per chiederle spiegazioni lei fa un passo indietro, in un invito implicito a seguirla in corridoio, ed è proprio quello che faccio. Poi, mi si ferma il fiato quando mi rendo conto della presenza di due persone, soprattutto di una delle due.

Kurt è qui.

Kurt è seriamente qui, non lo sto immaginando. È ancora più bello dell'ultima volta in cui l'ho visto. Ha un sorriso splendido che sembra illuminare l'intero corridoio e Chloe sta dicendo qualcosa - o almeno mi pare che sia la sua voce quella che sto sentendo -, ma non riesco a fare altro che guardare lui e respirare per lui.

«Ciao...» È la sua voce che sento dopo un tempo che non saprei calcolare.

«Ciao...» rispondo sapendo che è ciò che si dice quando qualcuno ti saluta, ma non sono certo di essere in grado di portare avanti una intera conversazione con lui in questo momento, perché essermelo ritrovato di fronte dopo aver desiderato che fosse qui è stato abbastanza sconvolgente.

«Stai benissimo» mi dice ancora lui. «È la prima volta che ti vedo con un completo elegante.» Mi sento un idiota totale, incapace di dire qualcosa di sensato.

«Grazie.» È l'unica parola che sono riuscito a pronunciare mentre siamo ancora in piedi in mezzo al corridoio.

«Senti... Ti va se andiamo a pranzo?» mi domanda con tono incerto, e finalmente mi riprendo perché non voglio che si senta a disagio.

«Subito... Lascio solo un messaggio a Harry e andiamo.» Torno alla mia scrivania, Kurt mi segue restando sulla porta senza perdersi i miei movimenti, prendo il mio cellulare e gli scrivo un messaggio dicendo che sto uscendo.

Non può dirmi che non posso allontanarmi prima della fine dell'orario di lavoro, gli ho parato il culo così tante volte che me lo deve.

«Possiamo andare» gli dico alzando lo sguardo su di lui con le mani che tremano e il cuore che batte in fretta.

È arrivato il momento di ricambiare tutto quello che lui ha fatto per me.

*****

Sistemiamo sul tavolo i contenitori con il cibo cinese da asporto che abbiamo comprato prima di venire a casa mia, e poi mi prendo qualche secondo a guardare lui che a sua volta si perde a guardare me che sono dalla parte opposta al tavolo.

Adesso che è qui, davanti a me, ho l'ennesima conferma che non c'è più nulla che possa fermarmi dal prendermi quello che voglio. Non c'è motivo di aspettare, di rimandare oltre, sono pronto, lui lo è da molto prima di me. Mi è mancato da morire, mi è mancata da morire la sensazione che provo quando mi bacia...

Forse il cibo cinese può aspettare...

Faccio il giro del tavolo, Kurt resta fermo lasciandomi la possibilità di scegliere, e io ho scelto. Con una mano sul suo viso lo attiro a me, chiudo gli occhi, lo bacio di nuovo e finalmente torno a respirare. Sento di essere giusto con le sue labbra sulle mie, sento il sangue fluire in ogni capillare, e sento le sue mani sui miei fianchi attirarmi a lui, ed è in quel momento che un gemito strozzato si riversa dalla mia bocca alla sua. Kurt si allontana improvvisamente.

«È meglio se ci andiamo piano...» Credo di aver capito a cosa si riferisce. «Adesso mangiamo...» La sua voce bassa ed eccitata, però, non mi dà modo di allontanarmi troppo da lui.

«Kurt...» Non voglio separarmi da lui, non so quanto tempo resterà qui e mi è mancato così tanto che la parte opposta del tavolo mi sembra lontana.

«Dylan... Io ho pensato a te per tutto il tempo e non immagini nemmeno i pensieri che ho fatto... Vacci piano, e ti prometto che andrà tutto alla grande... Fidati di me...» Mi guarda dritto negli occhi e adesso sono in grado di leggere quello che prova.

«Ok... Mi lascerò guidare da te, ma prima devo fare questo...» Non gli do modo di fare domande che lo bacio di nuovo.

Posso anche andarci piano, ma ho talmente bisogno di avere le sue labbra tutte per me che non sono ancora disposto ad andare a sedermi a tavola per consumare il pranzo.

Adesso mi va di consumare lui.

Adesso mi va di consumare lui     

SPAZIO ME

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone! Un grande saluto anche da Dylan e Kurt.

Ed eccoci qui alla fine della prima parte di Their Stories. Dylan ci ha raccontato il suo percorso, le sue gioie e le sue sofferenze, adesso è arrivato il momento di lasciare loro un po' di privacy.

Dylan ha acquistato una piena consapevolezza di sé, e della sua vita. Ha deciso di essere felice e io non posso che abbracciarlo forte.

Kurt è stato indispensabile per lui, come lo è sempre stato anche per Chloe, è un personaggio che adoro.

Spero vi sia piaciuto e vi ringrazio infinitamente per essere qui. Molte di voi saltellano anche sulle altre mie storie e non posso che esserne felice. Non immaginate nemmeno cosa vuol dire per me rivedere i vostri nick qui e altrove, GRAZIE 😍

Detto questo vi anticipo che nel prossimo capitolo torneranno Harry e Chloe.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 7
*** Harry - Long time ago ***


Il dolore è lì, che stringe la bocca dello stomaco, fino a farmi passare l'appetito e la voglia di fare qualsiasi cosa. Dovrei vestirmi, dovrei anche farmi una doccia, dovrei farmi vedere al lavoro e dovrei uscire da questa casa, ma alla fine resto sempre sdraiato in questo letto dove nessuno può raggiungermi, dopo posso restare a vegetare per il resto della mia vita.

«È ora di finirla di fare la pianta d'arredamento.» La voce di Zayn arriva troppo vicina. Ho un braccio sopra gli occhi e non lo vedo, ma sento l'odore della nicotina arrivarmi fino al naso.

Mi afferra i piedi e mi tira verso il basso. «Lasciami in pace Malik!» Devo farmi ridare la copia delle chiavi di questo appartamento. Ha vissuto qui fino a qualche giorno fa perché stava cambiando casa e aveva bisogno di un posto dove stare qualche giorno, ma adesso che è tornato a vivere per conto suo deve ridarmi le chiavi o entrerà di nuovo qui dentro come ha fatto negli ultimi giorni, senza lasciarmi la possibilità di piangere fino a distruggermi.

«Quella fase l'abbiamo già passata la settimana scorsa, ti abbiamo lasciato in pace fin troppo a lungo. Adesso alzi il culo, ti fai una doccia perché puzzi come un caprone, poi esci da qui dentro con me, altrimenti ti butto fuori io a calci in culo!» Le sue mani sono ancora intorno alle mie caviglie, sposto il braccio per guardarlo e so che è arrabbiato, ma non m'importa.

Mi libero con forza della sua presa e mi risistemo sul letto, nascondendo la testa sotto al cuscino. «Va via Zayn, non voglio fare niente e non voglio vedere nessuno!»

Ma ovviamente non mi dà retta. Sento il rumore dei suoi anfibi sul pavimento farsi sempre più vicini, mi strappa dalle mani il cuscino e mi costringe a guardarlo. «Non me ne frega un cazzo di quello dici Styles! Tu hai bisogno di uscire da qui ed è quello che farai stasera. Credi di essere l'unico ad aver perso qualcuno? Credi che io sia davvero felice quando rido con voi coglioni? Mio padre è morto da un anno e quel dolore non passa mai, mai! E so bene quanto fosse importante tuo nonno per te, è che è passato poco tempo da quando se n'è andato, ma per la miseria Harry! Questa cosa che stai facendo ti porterà alla distruzione totale! Devi reagire cazzo! Ci sono persone che ti vogliono bene e non vorrebbero vederti in questo stato!»

«Ah sì!? Per esempio chi!? Mio padre!?» Mi metto a sedere e lo guardo con rabbia mentre pronuncio quelle parole cariche di rancore.

«Tuo fratello, Harry! Ti ricordi ancora di averne uno? Perché lui dice che si è dimenticato di averlo...» Lo guardo con aria interrogativa, e lui si affretta a spiegarmi. «Quando è stata l'ultima volta in cui l'hai visto o l'hai sentito!?» Stiamo entrambi urlando, ma lui sembra davvero incazzato.

«Al funerale del nonno...» dico iniziando a rendermi conto di cosa intende.

«Ti sei risposto da solo. Adesso non farmi incazzare davvero o mi costringi a portarti di peso dentro la dannata doccia e ti avviso che non userò l'acqua calda se mi fa arrivare a questo...» Entrambi abbiamo abbassato i toni. Zayn ha ragione, sono una testa di cazzo, ed è ora di fare qualcosa, ma non so se quello che penso io è la stessa cosa che ha in mente lui.

*

«Lou passami quella birra!» Urlo al mio amico per farmi sentire a causa della musica troppo alta. 

Louis allunga la bottiglia semivuota che ha vicino a sé, nella mia direzione. Ho perso il conto di quante ne ho bevute, eppure non riesco a spegnere il cervello. Ho dato retta a tutti stasera: ho ascoltato Zayn e sono uscito di casa, ho ascoltato Niall e ho buttato giù qualcosa nello stomaco, ho ascoltato Liam e sto evitando di pensare, ho ascoltato Dylan e ho smesso di insultare tutti senza motivo, ma tutto questo - unito alle birre che ho bevuto - non ha avuto ancora nessun effetto.

Forse dovrei mettere in pratica l'ultimo consiglio, quello di Louis. Dovrei trovare una tipa, una qualunque, e farmi una sana scopata, potrebbe aiutarmi ad azzerare i pensieri, o almeno posso provarci.

«Dovresti darci un taglio Harry.» Liam mi rimprovera non appena svuoto il contenuto della bottiglietta che ho in mano, poi mi volto a guardarlo.

«Hai ragione amico.» Gli sorrido come l'idiota che sono, poso la bottiglia vuota sul tavolo, mi alzo in piedi e inizio a guardarmi intorno.

Il pub è affollato stasera, più del solito, forse a causa di quella stupida band che suona dal vivo e che sembra piacere parecchio. A me sembrano cinque idioti che tentano di rimorchiare con le loro stupide canzoni. Questo non mi impedisce, però, di adocchiare una biondina che sta guardando - o sbavando, non l'ho ancora capito - per quel tipo dai capelli lunghi che sta cantando adesso. La biondina non è male, e se le piacciono i capelli lunghi credo di partire già avvantaggiato.

Mi avvicino facendomi spazio tra le persone ammassate sotto al piccolo palco. La ragazza sta ballando mentre guarda il capellone e io sono troppo bevuto per essere educato. Mi posiziono alle sue spalle, le poso le mani sui fianchi e lei si volta immediatamente. Sfoggio il mio sorriso, quello con le fossette che tanto piacciono alle ragazze, e la biondina non fa alcuna eccezione. Mi sorride, si volta del tutto e posa le sue mani sul mio petto, io la tiro di più verso di me facendo pressione sui suoi fianchi per far aderire il mio bacino al suo. La bionda non protesta, così restiamo lì a ballare - non è proprio ballare quello che stiamo facendo, e mi sta bene così - per tutta la durata di quella orribile canzone, senza smettere di tenere gli occhi nei suoi. Nessuno dei due parla, non ne abbiamo bisogno, credo che entrambi stiamo cercando la stessa cosa, quindi perché aspettare?

«Ti va se ce ne andiamo da qui?» le domando avvicinandomi al suo orecchio.

«Credevo che non me l'avresti mai chiesto...» risponde lei con un sorriso malizioso con il quale sembra promettermi una grande serata.

*****

Sdraiato a pancia in su, su un letto che non è il mio, con gli occhi chiusi, il sangue che scorre veloce, il cuore che pompa in fretta e il fiato corto. Louis aveva ragione, la mia mente è vuota, e la mia unica preoccupazione al momento è riprendere a respirare regolarmente.

Dopo qualche attimo sento la mano di lei scorrere leggera sul mio petto. Apro gli occhi e guardo il suo sorriso divertito. Solo ora mi rendo conto che non so nemmeno come si chiama.

«Non so il tuo nome biondina» le dico passandole una mano tra i capelli.

La ragazza mi si avvicina strisciando sul letto a pancia in giù, mi lascia un bacio all'altezza dello stomaco, poi mi guarda posando il mento sul mio torace.

«Mi chiamo Winter.» Mi aspettavo che anche lei mi chiedesse come mi chiamo, invece resta lì, con la mano sul mio fianco e il viso leggermente arrossato, sul mio petto.

«Non vuoi sapere come mi chiamo?» le domando sorridendo. Questa situazione mi diverte, è da tanto che non mi sentivo così.

«Solo se mi dici che ci rivedremo.» Percepisco perfettamente le sue dita scorrere lente su e giù sul mio fianco.

«Tu vuoi rivedermi?» Punto il gomito sul materasso per poterla guardare meglio, e resto incantato dai suoi occhi azzurro ghiaccio.

«Decisamente sì.» Sorride ancora, e per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, riesco a sentire di nuovo quel solletico alla bocca dello stomaco. Il dolore che provavo fino a qualche ora fa ha mollato un po' la presa, lasciando spazio a qualcosa di più piacevole, qualcosa che mi fa stare bene.

Il mio sorriso diventa decisamente ampio, e anche se la situazione è quella che è - dato che siamo entrambi nudi e io indosso ancora il preservativo - non posso evitare di fare l'idiota.

«Piacere di conoscerti Winter, il mio nome è Harry.» Lei ridacchia, probabilmente ha i miei stessi pensieri.

«D'accordo Harry, che ne dici di una doccia?» Si alza in piedi senza porsi il problema solito delle ragazze che ho conosciuto finora. Non si copre con niente e cammina come mamma l'ha fatta verso quello che immagino sia il bagno.

«Non c'è bisogno che tu lo ripeta.» Mi alzo e la seguo. Il mio umore è migliorato, e forse c'è una speranza anche di migliorare la mia vita.

*****

«Winter?»So che non dorme, lo sento da come respira, ma non risponde. Poso la mano sinistra sul suo fianco, mi intrufolo sotto la canotta e mi avvicino a lei facendo aderire il mio torace alla sua schiena. «Winter?» Provo a richiamarla a bassa voce, parlandole all'orecchio.

Mi piace vedere l'effetto che ho su di lei, mi piace vedere la sua pelle ricoprirsi di brividi, mi piace essere ancora con lei, nel suo letto, ma sono ormai due mesi che ci frequentiamo e vorrei passare del tempo anche al di fuori di queste lenzuola.

«Winter...»

«Che c'è Harry?» risponde con un filo di voce, per poi spingersi ancora di più contro di me. Intreccia le sue dita con le mie, portando entrambe all'altezza delle sue labbra. Mi bacia ogni dito e io non riesco a dire nulla fino a che lei continua a coccolarmi in questo modo. «Hai perso la voce?» Si volta verso di me e mi sorride di nuovo.

Continuo ad avere un debole per i suoi occhi azzurri, per il suo sorriso, per lei che è diventata così importante per me. Quando sono con lei mi sento felice perché torno a sorridere, perché mi sento importante e forse è ora di fare un salto in avanti nel nostro rapporto.

«Voglio portarti a cena.» Mi osserva con espressione confusa. «Voglio portarti al cinema, voglio portarti al mare, voglio portarti a ballare, voglio portarti a fare una passeggiata, voglio...»

«Puoi portarmi sulla luna?» La sua mano arriva sul mio viso, le sue dita scivolano lente lungo la mia mandibola per fermarsi sulle mie labbra.

«Ti porterei ovunque.» Mi sento in suo potere, totalmente e completamente suo.

«E allora facciamolo Harry, portami sulla luna...» E in quel momento penso che se potessi, lo farei all'istante pur di farla felice. Farei qualunque cosa per poterla vedere sorridere ancora così.

*****

«E io ti dico che non è normale!» Sbuffo infastidito all'ennesimo commento del mio amico sdraiato sul mio divano.

«E sentiamo! Che cos'è normale secondo te?» Bevo un sorso dalla mia bottiglietta d'acqua e lo guardo mettersi seduto e guardarmi negli occhi. «Dovresti saperlo con tutte le relazioni serie che hai avuto no?»

«Sarebbe normale che uscissi anche qualche volta con noi, oppure i tuoi amici sono di un livello troppo inferiore per la principessa?» Io e Zayn non riusciamo a trovare un punto d'incontro in questa discussione.

Da quando io e Winter abbiamo reso ufficiale la nostra relazione siamo usciti spesso da soli e alcune volte con i suoi amici. Zayn si è messo in testa che la mia ragazza sia una snob e che non voglia uscire con loro. Gli ho spiegato che le volte che avremmo dovuto uscire con loro lei ha avuto un imprevisto e non ha potuto essere presente, ma lui crede che Winter stia evitando tutti loro di proposito.

«Smetti di chiamarla principessa.»

«Oh, scusa... preferisce essere chiamata sua maestà?» Ruoto gli occhi al cielo per la sua battuta.

«Piantala Zayn, vedrai che stasera ci sarà, me l'ha promesso.» Bevo un altro sorso di acqua, parlare con il mio migliore amico mi prosciuga sempre la gola.

«E dovrò stenderle il tappeto rosso quando entrerà qui dentro?» Adesso si sta divertendo a fare l'idiota, ma non gli darò la soddisfazione di fargli vedere quanto sono infastidito dalle sue stronzate.

«Se ti vestissi di rosso potresti farle tu da zerbino.»

«No Styles, ci sei già tu a farle da zerbino...» Il suo sorriso è compiaciuto, io mi sto incazzando sul serio.

«Adesso basta! Io non sono lo zerbino di nessuno e stasera lo vedrai!» Il mio migliore amico continua a sorridere, poi torna a sdraiarsi sul divano e lascia andare una mano a penzoloni infilandola all'interno della ciotola di popcorn che ha lasciato sul pavimento. Ne prende una manciata e se la infila tutta in bocca, ma qualche chicco di mais gli cade per terra. «Tu sì che sei un uomo di classe...» dico ironicamente alzandomi dalla poltrona e quello che ottengo è una grossa risata da parte sua, così, tutto il resto dei popcorn che aveva in bocca finiscono sul divano, sul pavimento e di nuovo dentro la ciotola.

L'atmosfera torna quella di sempre, io e lui che facciamo i coglioni con i popcorn, con la bottiglietta d'acqua, rincorrendoci per casa e facendo un disastro degno di noi. Disastro che riusciamo a sistemare giusto in tempo per l'arrivo degli altri nostri amici e di Winter. Zayn era contrario a riordinare l'appartamento perché dice che deve accettarmi per come sono, ma io non voglio essere un disastro, io voglio essere una persona migliore per lei, voglio che sia orgogliosa di me, voglio che sia fiera di avermi accanto come quando siamo andati a cena in quel ristorante con una coppia di suoi amici, o come quando l'ho accompagnata a vedere quel balletto di cui non ricordo il titolo - nemmeno tutto il resto a dire la verità, ma lei ci teneva tanto ad andarci che non ho potuto dirle di no.

Una volta che sono arrivati tutti, però, la situazione che si crea è praticamente quella che mi aveva prospettato Zayn qualche ora prima: Winter seduta sulla poltrona che li guarda quasi con disgusto, mentre loro sono seduti sul divano - non proprio seduti, direi più stravaccati - con birra in una mano, briciole dei tramezzini sulle gambe e sui cuscini, una macchia di coca cola sul tappeto, e così via.

Stanno esagerando e sono sicuro che lo stiano facendo di proposito per avvalorare la loro teoria secondo la quale la mia ragazza si crede superiore a tutti loro. Non è così, ne sono sicuro, e il loro comportamento non fa che peggiorare la situazione.

«Harry?» Il mio nome è accompagnato dalle sue braccia che mi circondano il bacino da dietro mentre mi stavo prendendo un bicchiere d'acqua dal lavandino in cucina.

«Che c'è?» le domando voltandomi verso di lei e stringendola tra le braccia.

«Ti va ancora di portarmi da qualche parte?» Mi guarda dritto negli occhi e sa bene che quando mi guarda così io non so dirle di no.

«Lo sai che ti porterei ovunque.» È davvero così, credo che lei lo sappia.

«Voglio andare a fare un bagno nell'oceano.»

«Adesso?» le chiedo meravigliato della sua richiesta.

«Adesso, certo!» Anche lei sembra stupirsi della mia domanda.

«Ci sono tutti i miei amici di là, siamo a casa mia, non posso andarmene adesso...» Le accarezzo il viso, ma la sua espressione diventa più contrariata.

«Amici? Ma non vedi che sono degli... animali!» Lo dice con disprezzo e io mi sento colpito in prima persona per ciò che ha detto e per come lo ha detto.

E se detestasse anche me in quel modo? Cosa farei io senza di lei?

«Si stanno solo divertendo.» Cerco di giustificare il loro comportamento, perché so che stasera hanno davvero esagerato, ma comunque non sono di certo dei damerini impettiti. Sono ragazzi che passano le serate in compagnia, cercando di divertirsi e di rilassarsi senza troppi pensieri, proprio come faccio io, e pensare che a Winter questo tipo di comportamento dà fastidio mi porta ad essere quello che non sono per paura che non voglia più stare con me.

«Beh... io non mi sto divertendo affatto.» Il suo tono di voce è secco, poi si allontana da me e ho già capito cosa sta per succedere. «Resta pure se vuoi, io tono a casa mia.» Si volta e cammina svelta verso il salotto, io dietro di lei. Recupera la sua borsa e si dirige verso la porta d'ingresso che poi apre.

«Winter aspetta!» La richiamo, ma continua a camminare.

Mi volto verso i miei amici che sembrano molto divertiti da quanto è appena successo, ma io no. Così prendo il mio telefono, le chiavi della macchina e quelle di casa, e mi rivolgo direttamente a Zayn. «Chiudi la porta quando ve ne andate!» Poi, senza aspettare una risposta da parte loro, scendo di corsa le scale per raggiungerla, perché se perdo lei chi mi amerà?

*****

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Oggi io e Harry abbiamo fatto una full immersion nel suo passato. Abbiamo ripercorso i primi momenti della sua storia con Winter, e continueremo a farlo anche nel prossimo capitolo.

Volevo farvi conoscere il suo vissuto che su The Beginning è stato solo accennato qua e là.

Grazie sempre per essere qui 😊

Alla prossima!

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 8
*** Harry - Long time ago (pt 2) ***


Mi sento a disagio in questo negozio, o meglio boutique. Non vengo mai a comprare da vestire in questo tipo di negozi, ma Winter insiste nel dire che questa cena è un'occasione speciale, e so che ha ragione, che conoscere i genitori non è cosa da poco, ma è davvero così importante come mi vesto?

«No Harry, questo no!» Mi sfila dalle mani il completo che avevo appena preso da uno stand e lo rimette a posto. «Questo colore ti sta sicuramente meglio. Dai andiamo a provarlo.» Mi guida fino ai camerini dove entro e sbuffo silenziosamente mentre mi sfilo i miei jeans neri attillati.

«È davvero necessario tutto questo?» le domando quando sfilo la maglietta.

«Sì Harry, vuoi che mio padre pensi che sei uno scappato di casa? Voglio dire sei figlio di Harrison Styles, cosa potrebbe pensare di te?» Chiudo gli occhi e trattengo un verso di frustrazione. Non mi va di fare questa cosa, ma non riesco a dirle di no, e mentre infilo i pantaloni del completo la tendina del camerino si apre leggermente di lato. Il suo sorriso è la prima cosa che vedo e penso che posso affrontare anche una cena con i suoi se questo serve a farla felice.

«Harry è per te che lo faccio...» Il suo tono di voce è più dolce rispetto a poco fa, quando sembrava che volesse dettare le nuove leggi della costituzione americana. «Voglio che mio padre non si faccia un'idea sbagliata di te, e che non abbia niente da dire su di noi... voglio che veda che c'è del potenziale in te...» Le sorrido a mia volta, e penso a quanto sia stupido da parte mia voler essere per forza me stesso. In fondo si tratta solo di una cena no? Posso sopportarlo se questo vuol dire tanto per lei.

«Portami anche l'altro, quello con quella fantasia strana...» Il suo sorriso si fa più ampio, e io non chiedo più di questo.

Chiude la tendina e sento il rumore dei suoi tacchi allontanarsi. Sospiro rassegnato e indosso il completo che ho portato con me nel camerino. Non sono io quello che vedo allo specchio. Giacca e cravatta sono fatti solo per l'ufficio, e mi sento strano ad indossarne uno anche fuori.

«Dio, Harry! Stai benissimo!» Il suo viso spunta di nuovo dalla tendina semi aperta e sentire il suo apprezzamento mi invoglia a tenermi addosso questo vestito solo per fare in modo che lei continui a guardarmi così. «Prova anche questo!» Allunga verso di me un altro vestito, e più lo guardo, più mi sembra fatto con le tende che usava mia nonna, ma non protesto e lo prendo. «Appena l'hai indossato dimmelo che voglio vederti.» Sento l'eccitazione nella sua voce, e questo mi spinge a sbrigarmi a togliere questi pantaloni e indossare la tenda, ah no... il vestito che piace a lei.

«Fatto!» Alzo la voce per farmi sentire non appena chiudo il bottone della giacca.

Winter scosta la tenda, e il modo in cui mi guarda mi fa credere di aver fatto bene a provare questo abito. I suoi occhi scorrono lungo tutta la mia figura, poi i suoi occhi tornano nei miei e vedo una scintilla nel suo sguardo.

«Che ne dici?» le domando dimenticandomi di cosa indosso perché non riesco a fare altro che guardare la scintilla di eccitazione nei suoi occhi.

«E cosa vuoi che dica?» Entra nel camerino con me, chiude la tenda alle sue spalle, poi si posiziona tra me e lo specchio. «Che immagino già il dopo cena?» Mi sbottona la giacca mentre io non riesco a togliere gli occhi dai suoi. «Voglio toglierti questo vestito Harry...» I bottoni della giacca sono andati, adesso ha posato le mani su quelli dei pantaloni, e senza smettere di guardarmi, li fa passare attraverso l'asola, poi abbassa la cerniera lasciandomi completamente in sua balia. «Ma prima voglio che mio padre ti veda vestito così...» La sua voce bassa è accompagnata dalla sua mano che si intrufola lenta sotto i pantaloni, poi sento le dita infilarsi tra il mio basso ventre e i boxer. Chiudo gli occhi e trattengo il respiro quando la sua mano mi afferra morbidamente. «È questo il vestito che indosserai stasera Harry?» mi domanda con la mano stretta intorno al mio membro.

«Sì...» qualunque cosa, sì...

*********

Una serata tra amici, quelli che conosci da quasi tutta la vita, quelli con cui hai condiviso di tutto, la scuola, lo sport, i momenti belli e quelli brutti. Quelli che ti sostengono sempre, anche quando sbagli, soprattutto quando sbagli. Quelli che non ti abbandonano mai, che quando sei a terra ti allungano una mano per aiutarti a rialzarti, e quando non ce la fai si mettono a terra con te, perché non ti lasciano solo in nessuna occasione.

E sono tutti qui stasera, al solito pub dove ci ritroviamo sempre, eppure sembra che siano tutti contro di me. Nessuno di loro mi sostiene, nessuno crede che quello che sto dicendo sia una buona idea, ma io ne sono sicuro, dopo un anno di frequentazione ne sono assolutamente certo: voglio chiedere a Winter di venire a vivere con me.

«Ma come fai a non renderti conto che punta solo ai tuoi soldi del cazzo!» Zayn alza la voce e i suoi occhi sono scuri come non li ho mai visti prima.

«Ti sbagli, non è così!» gli dico usando il suo stesso tono di voce. «Voi non la conoscete come la conosco io, lei mi ama davvero!»

«Una ragazza che ti ama non cerca di plasmarti a sua immagine e somiglianza. Ma guardati Harry! Non sei più lo stesso!» Istintivamente abbasso lo sguardo sui miei vestiti e non vedo niente di diverso dal solito. Ho i soliti jeans, le solite magliette... «Guardati dentro Styles, è lì che sei cambiato!» Vorrei dirgli che non è vero, ma non riesco a pronunciare quelle parole. «Io esco a fumare...» dice alla fine vedendo che non ho una risposta da dargli.

«Vengo con te» gli fa eco Louis, ed entrambi si alzano per uscire dal locale senza quasi degnarmi di uno sguardo.

«Cazzo!» Impreco ad alta voce quando i due sono ormai lontani. «Ma perché nessuno di voi può semplicemente essere felice per me?» Rivolgo la domanda a nessuno in particolare, guardando uno a uno i ragazzi rimasti al tavolo, e Liam è l'unico a prendere la parola.

«Tu sei felice Harry?» mi domanda guardandomi dritto negli occhi.

«Certo che lo sono! Perché mai non dovrei esserlo?» Tutte le loro contestazioni mi hanno fatto incazzare, non trovano niente di buono in questa relazione e io non riesco a fargli capire il mio punto di vista. Io la amo, perché non possono accettarlo?

«Ascolta Harry... Zayn ha il suo modo di dire le cose, ma quello che intende non è sbagliato...» Mi volto a guardarlo, cercando di ascoltarlo con attenzione, ma sono decisamente arrabbiato. «Ti stai annullando e non va bene. Pensi solo a far contenta lei...»

«E cosa c'è di male nel voler fare felice la propria ragazza!?» Io proprio non riesco a capirli, sembra quasi che non vogliano che io sia felice.

«Assolutamente niente, ma solo quando la cosa è reciproca. Che cos'ha fatto lei per te in questo anno che vi siete frequentati?» Lo guardo e vorrei tanto rispondere, ma sono così arrabbiato che non riesco a pensare.

«Adesso non mi viene in mente niente...»

«Forse perché non ha fatto niente.» Niall rimarca con forza l'ultima parola per poi mettersi in bocca una manciata di patatine mentre tiene sul viso quell'espressione sfrontata.

«Questo tu non lo sai» pronuncio con amarezza.

«E allora diccelo tu Harry!» Ci si mette anche Dylan e io inizio a cercare qualche episodio nella mia mente, ma sono troppo nervoso per riuscire a ricordare. Sono certo che ci sia qualcosa, ci deve essere.

«Adesso non me lo ricordo...» abbasso la voce perché mi sento improvvisamente colpevole e non capisco il perché.

*****

Emozionato.

È così che mi sento oggi.

Ieri sera siamo stati a cena in un ristorante di lusso scelto da lei. Eravamo noi due e i nostri genitori. C'era anche mio fratello, e nonostante il fatto che nemmeno lui condivida la mia scelta è stato comunque al mio fianco.

Il padre di Winter è diventato amico del mio, non che m'importi, ma almeno ora mi sta lasciando in pace e non sono costretto a parlare spesso con lui dato che ultimamente sembra preso da quello che è diventato il suo miglior cliente.

A fine cena, quando io e lei siamo scappati subito dopo il dessert, le ho chiesto di venire a vivere con me e lei ha risposto sì senza nemmeno doverci pensare, e adesso sono qui, seduto sul mio divano, impaziente di sentire suonare il citofono. Ha detto che si sarebbe trasferita già oggi, così mi sono dato da fare per farle trovare tutto pulito, so che tiene all'ordine.

E poi, finalmente, il citofono suona, il cuore mi schizza in gola e mi alzo per andare ad aprire. Apro la porta d'ingresso e mi piazzo sul pianerottolo aspettando di vederla spuntare dall'ultima rampa da un momento all'altro. Mi sento come un bambino il giorno di Natale che sta per ricevere il regalo più grande, e...

«Un condominio con un cazzo di ascensore no eh?» La sua espressione è contrariata. «Puoi almeno aiutarmi con queste valigie?» dice con un tono chiaramente infastidito.

«Oh sì, scusami!» mi precipito giù per la rampa di scale per prendere i suoi bagagli. Ero così incantato a guardarla che da stupido quale sono non ho pensato che avesse bisogno di una mano.

Mi sorpassa e inizia a salire lasciandomi lì a prendere tutte le sue valigie. A quel punto mi rendo conto della fatica che ha fatto nel portarsi da sola, per tre piani, tutto questo peso.

Quando entro nell'appartamento lascio sul pavimento il tutto e mi prendo qualche secondo ad osservarla mentre si guarda intorno e non posso evitare di sorridere al pensiero che da oggi potrò passare con lei ogni notte, svegliarmi al suo fianco ogni mattina e poter condividere insieme la nostra quotidianità. Non potrei essere più felice di così.

«Harry?» mi chiama, poi si volta verso di me e mi sorride.

Chiudo la porta alle mie spalle, poi mi avvicino a lei senza smettere di guardarla nei suoi bellissimi occhi azzurri. «Benvenuta a casa» le dico posando le mani sui suoi fianchi.

Le sue mani arrivano sulla mia nuca ed io mi perdo a guardarla ancora, come se i miei occhi non potessero fare a meno che restare su di lei. Non riesco ancora a credere che sia qui, che voglia me e che abbiamo la possibilità di un futuro.

Futuro che mi sembrava grigio e vuoto. L'abbandono di mia madre è stato un duro colpo per me. Mi sono rapportato con i miei compagni a scuola con una grave mancanza nel cuore. I miei amichetti portavano i dolcetti a scuola fatti dalla mamma, io avevo quelli di Brenda. E potrei iniziare un elenco infinito di occasioni in cui io avevo Brenda e loro la mamma, e per quanto io voglia bene alla donna che mi ha cresciuto, quel vuoto nel mio cuore non è mai stato colmato.

Il nonno è stato il mio punto di riferimento, e quando l'anno scorso è venuto a mancare, quella voragine nel cuore sembrava diventare sempre più profonda. Poi è arrivata Winter e io sono tornato a sperare che qualcosa di buono può ancora succedere, e adesso che lei è qui ho di nuovo fiducia nel domani.

«Mi fai fare un giro?» mi domanda con un sorriso sulle labbra, e io credo di aver capito cosa intende, ma ho voglia di giocare.

«Hai preferenze su dove cominciare?» le chiedo stringendola un po' di più.

«La camera da letto credo sia un buon inizio.»

«E camera da letto sia...» Io e lei, non mi serve altro.

*****

«No!» Mi fermo all'istante nel sentire il suo no così deciso.

Tengo il quadro sospeso nel vuoto e cerco di guardarla per capire il motivo per cui mi ha fermato.

«Spostalo più a destra» dice ancora, e io eseguo. «Ancora un po'» e sposto ancora un po'. «Ancora...» sposto. «No, Harry! Così è troppo!» Sono almeno due ore che trascorriamo in questo modo, lei dirige e io eseguo, credo siamo entrambi stanchi.

«Facciamo una pausa» le dico posando il quadro sul pavimento.

«Harry! Mancava così poco!» Mi rimprovera, ma forse posso farle passare il nervosismo.

Mi avvicino a lei e l'abbraccio, ma non ottengo l'effetto sperato. «Harry stasera verranno qui a cena i miei amici, non posso certo fargli trovare questo disastro no? Dobbiamo sbrigarci, non voglio certo fare una figuraccia.» Sospiro rassegnato, poi torno al mio lavoro seguendo le sue indicazioni.

Andiamo avanti così fino a quando riusciamo a terminare tutti i suoi spostamenti. Il mio appartamento ha cambiato aspetto, e non ho mai fatto tante pulizie come oggi. Sono distrutto e ho bisogno di cambiarmi.

Winter si sta preparando in bagno, io sono spiaggiato sul divano in attesa del mio turno per la doccia. Mi fa male tutto e mi sta venendo sonno...

«Harry vai a farti la doccia, io vado a finire di preparare gli antipasti. Ti ho lasciato in bagno qualcosa da indossare per stasera.» Detto questo sparisce nell'altra stanza senza darmi modo di protestare.

È organizzatissima, ed è la prima cena che facciamo con i suoi amici. So quanto tiene a fare bella figura, ed è per questo motivo che mi impegno per accontentarla in tutti i modi. Mi alzo, faccio la doccia e indosso i jeans nuovi che lei mi ha comprato e questa orribile camicia che detesto, ma che dice di essere un grande stilista.

Non ho capito bene poi, cosa sia successo. Ho fatto tutto quello che mi ha chiesto, e nonostante abbia passato la serata quasi in disparte perché non sono mai riuscito ad integrarmi con loro, lei sembra avercela con me. È scontrosa da quando i suoi amici sono andati via, mi sono anche proposto di sistemare io la cucina, ma mi ha quasi cacciato dalla stanza.

Continuo a fissare il soffitto sdraiato sul letto, da quasi un'ora ormai, e quando la vedo entrare in camera mi volto verso di lei. È chiaramente nervosa, e non sembra molto ben disposta a parlare, forse posso tentare di nuovo con un abbraccio. Mi avvicino a lei quando si sdraia, e di nuovo l'effetto che ottengo è il contrario di ciò che immaginavo.

«Sono stanca Harry, voglio dormire.» Ritorno sui miei passi e mi stendo di nuovo a pancia in su per fissare al buio il soffitto.

«Buonanotte Winter.» E tutto quello che sento dopo è silenzio.

*****

(Ho avuto un brutto giorno un'altra volta
Per favore lasciami da solo
Dev'esserci qualcosa che ho mancato
Dove ho sbagliato?
Mi hai fottuto
Non hai idea
E ciò che ottengo per l'essermi fidato di te
Tu sei l'unica ragione per cui

Io odio tutti)

~~~~~


Ci ho pensato, poi ci ho ripensato, e ci ho pensato ancora, ma non trovo nessuna risposta plausibile.

Ho cercato di essere tutto ciò che voleva, ho indossato gli abiti che mi consigliava, ho acconsentito a rivoluzionare il mio appartamento, sono andato contro tutti per difendere il rapporto in cui credevo e ora sono qui, sul mio divano, a chiedermi dove cazzo ho sbagliato.

Sono giorni che i miei amici stanno provando a parlarmi, sono anche passati a trovarmi, ma non ho aperto a nessuno. Mi sento uno schifo e non ho il coraggio di guardarli in faccia . A volte penso di meritare tutto questo, penso di essere io quello sbagliato.

~~~~~

(Sono nauseato e stanco di tutte queste cose

Che ti tengono lontana da me
Sei corsa a dire ai tuoi amici, che sono il nemico
Odio questa casa, odio tua madre
E fanculo ai tuoi amici, odio tutti loro
Tu sei l'unica ragione per cui

Io odio tutti)

"I hate everyone"

Falling in Reverse

~~~~~


Ci ho provato davvero a piacerle e pensavo, anzi ero convinto, di esserci riuscito, ma a quanto pare Zayn aveva ragione: io e Winter funzionavamo solo a letto, lo stesso letto su cui non dormo da giorni perché il suo profumo è ancora lì. Ed è ancora nella sua parte di armadio, quella che aveva preso quando era venuta a vivere qui, e che qualche sera fa ho trovato completamente vuota.

Sono tornato a casa dall'ufficio e ho subito capito che ci fosse qualcosa che non andava a causa del disordine. Lei non ha mai lasciato niente fuori posto e c'erano i miei vestiti per terra. Ho dato un'occhiata in giro e tutte le sue cose erano spariteNon riuscivo a realizzare che se ne fosse andata da un momento all'altro, e nemmeno ora riesco a farlo.

«Avanti Styles, dovrai pur parlarmi prima o poi.» Zayn allunga un piede nella mia direzione e mi dà un leggero colpo sulla gamba con l'anfibio.

Stasera mi sono arreso al suo bussare insistente e l'ho fatto entrare, per poi sedermi sul divano - sul quale dormo da giorni - e dopo essermi chiuso nel mio stupido mutismo, il mio migliore amico è riuscito a farmi parlare e gli sono grato di avermi ascoltato in silenzio senza interrompermi, ma ora sembro aver perso la lingua.

«Giuro che non ti dirò che te l'avevo detto.» Mi dà di nuovo un piccolo colpo con gli anfibi. «Harry... Non ne vale la pena...» Il suo tono passa da scherzoso a preoccupato. Stavolta alzo lo sguardo su di lui e mi accorgo che mi sta porgendo una birra. È un gesto di tregua, anche se in realtà, non abbiamo bisogno di nessuna tregua.

Lui è qui per me, come sempre.

Nessuno dei miei amici mi ha mai tagliato fuori dalla propria vita nonostante lo meritassi. Adesso so di essere stato un idiota, ma non posso ammetterlo a voce alta perché fa troppo male.

«Andiamo Styles, non fare il bambino. Prendi questa dannata birra e bevi con me.» Mi lascio convincere e afferro la bottiglietta. Non servirà a niente, ma almeno lui resterà qui.

«Grazie.» Sembro davvero un bambino, ma adesso non m'importa.

«Hai fatto la fossa su quel divano...» Lascia la frase in sospeso. Non c'è bisogno che aggiunga altro.

«Non posso tornare in quel letto del cazzo.» Sputo fuori quelle parole con rabbia.

Il mio cuore ne è pieno al momento, ed è l'unico sentimento che riesco a provare. Sono arrabbiato con lei che ha sempre deciso per entrambi, con me stesso che gliel'ho permesso, con sua madre che non mi ha mai visto di buon occhio per via dei capelli lunghi e dei tatuaggi. Sono arrabbiato con i suoi amici che mi hanno sempre ritenuto inferiore a loro, e non riesco a provare altro che odio.

«Liberatene Lo dice con ovvietà, come se fosse l'unica soluzione possibile, e magari lo è.

«Già... Forse dovrei farlo...» Vorrei potermi liberare di tutto ciò che la riguarda, ma non so come fare.

D'un tratto Zayn si mette seduto, con i gomiti appoggiati alle ginocchia, mentre fa dondolare la bottiglietta di birra tenendola tra le dita. «Facciamolo Harry!» Pronuncia con entusiasmo.

«Che cosa?» gli chiedo confuso.

«Liberiamoci di quel letto del cazzo!» C'è una strana luce nei suoi occhi, è come una scintilla.

«E come?» Sono troppo confuso per ragionare, e troppo arrabbiato per mettere in funzione il mio cervello.

«Bruciamolo!» Sembra fuori di testa, come se avesse trovato la soluzione a tutti i miei problemi.

«Cosa cazzo stai dicendo!?» I miei neuroni sono fuori gioco, ma anche i suoi non scherzano.

«Lo smontiamo e lo portiamo in un capannone abbandonato che conosco fuori città. Una volta lì gli diamo fuoco!» La sua idea è talmente assurda che forse può funzionare.

Inizio ad immaginare la scena, vedo le fiamme divorare ogni centimetro di quel pezzo di arredamento che mi ha visto con Winter così tante volte da non riuscire più a starci senza di lei. Forse può funzionare, e comunque non mi costa niente provarci. Ed è con questa motivazione che la stessa scintilla che ha Zayn negli occhi, si accende anche nei miei, e le parole mi escono con grinta.

« Facciamolo, cazzo!»

****

Sembrava un buon inizio.
Sembrava che quella notte ci fosse stata una svolta nella sua vita. Invece era stato solo l'inizio di un'emorragia di dolore che non riusciva a fermare.

Harry ci ha provato fumando, e bevendo, ma il post sbronza e il post canna erano decisamente peggio del giorno precedente. Ci ha provato vendicandosi di Winter su ragazze che non c'entravano niente con quella storia, andandoci a letto per poi sparire prima dell'alba. Si illudeva che tutto quello lo stava facendo a Winter, e ha continuato a farlo per mesi, fino ad arrivare quasi a distruggersi, sia nel fisico che nella mente.

Un giorno, però, ha toccato il fondo, ne ha sentito la consistenza, ne ha assaporato l'amarezza e la solitudine. Ha visto il buio totale e infinito, fino a che una piccola e debole luce ha iniziato ad illuminare la via che l'avrebbe condotto verso l'uscita.

Quella luce è lì ancora oggi, più luminosa che mai e continua ad indicargli la via per la felicità. 
Quella luce che l'ha liberato dall'oscurità in cui era precipitato, ha un nome.
Quella luce è sdraiata accanto a lui adesso, e Harry non riesce a smettere di guardarla stamattina.
Quella luce è Chloe e lui è finalmente e sinceramente felice.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Io e Harry abbiamo finito questa lunga chiacchierata sul suo passato. Insieme vi abbiamo raccontato a grandi linee il suo percorso di vita, quello che l'ha portato ad essere Harry di The Beginning.

È un ragazzo all'apparenza molto forte, in realtà è l'opposto di ciò che mostra agli altri, ma quella è diventata la sua armatura per proteggersi dal dolore. Alla fine, però, quella stessa armatura non è servita con Chloe.

In the beginning abbiamo vissuto la loro storia, le difficoltà che hanno incontrato sulla strada che li ha portati ad incontrarsi, e ora che sono realmente pronti a vivere quell'amore senza più riserve, sono anche pronti a raccontarvi un'altra storia, quella che li condurrà entrambi, uno accanto all'altra, sulla stessa strada, nella stessa direzione, più uniti che mai.

Nel prossimo capitolo tornano entrambi, avremo di nuovo Harry e Chloe.

Spero vi piaccia e grazie sempre per essere qui.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 9
*** Harry e Chloe - Today ***


Harry's POV

Sorrido da quando mi sono svegliato. Non potrei smettere nemmeno se volessi. Le mie labbra hanno ormai preso questa forma e non mi dispiace restare con questa espressione da idiota sul volto. Sono felice, sono innamorato, e lei è qui con me.

Allungo una mano verso la sua schiena leggermente scoperta. La canotta le lascia in vista il tatuaggio tra le scapole e stamattina ho voglia di ripassare i tratti di quella piccola lettera che ha fatto per me. Ci sono io in quel disegno, sono sulla pelle e ci resterò per sempre. Il giorno in cui mi ha mostrato quel tatuaggio credevo che il mio cuore sarebbe esploso, non ho capito più niente, anzi ho capito tutto.

Ho capito di aver fatto la scelta giusta, lei è la mia scelta giusta. Anche ristrutturare questa casa per noi lo è stata, e gli ultimi due mesi appena trascorsi sono stati i più belli di tutta la mia vita. Forse sono proprio queste mura a trasmettere amore, o forse siamo io e lei che non possiamo più contenerlo, ma la quotidianità non mi è mai piaciuta tanto come ora.

Sono fuori tutto il giorno per aiutare mio fratello in ufficio perché mio padre è ancora con sua moglie a Londra. Io e Jordan ci stiamo occupando di tutto quello di cui si occupava lui. È impegnativo, ma va bene così, io e mio fratello ce la stiamo cavando alla grande.

Il lavoro da traduttrice di Chloe le permette di trascorre a casa molto più tempo di me, e cazzo! Tornare a casa, trovare la cena pronta, e lei che indossa solo una mia maglietta e un paio di mutande è il massimo per me.

Il mio tocco sta avendo effetto. La sua pelle si ricopre di brividi e percepisco un piccolo movimento. Allunga una gamba verso di me che subito incastro tra le mie, e dal sorriso che si apre lento sulle sue labbra capisco che sia ormai sveglia. Le mie carezze diventano meno leggere e più invadenti. Faccio scorrere la mano lungo la schiena fino ad infilarla sotto la canotta e appoggiarla sul suo fianco per attirarla a me. Continua a tenere gli occhi chiusi, ma quel sorriso è sempre più grande.

«Lo so che sei sveglia Stewart, fammi vedere quegli occhi...» Il suo sguardo è sempre stato un libro aperto per me, ma negli ultimi giorni c'è qualcosa in più che mi piace perdermi a guardare. C'è la gioia allo stato puro, e quando mi guarda non posso che restare contagiato da quel sentimento che mi trasmette con un semplice sorriso.

«Lasciami in pace Styles, non vedi che sto dormendo.» La sua voce è assonnata, e mi piace da morire sentirla.

«Stai dormendo eh?» La mia mano continua la sua discesa lungo la schiena, infilo le dita sotto gli slip quel poco che mi basta per afferrare i suoi glutei, e il suo sorriso adesso è decisamente al massimo della sua ampiezza.

«Sei scorretto Styles!» Finalmente apre gli occhi. Sono luminosi come ieri sera, come lo sono da quando si è trasferita qui con me nella casa che è stata di mio nonno, ed è grazie a quella luce nel suo sguardo che so che sto facendo la cosa giusta, perché il suo sguardo si riflette nel mio, e quando mi guardo allo specchio riesco a vedere nei miei occhi lo stesso sentimento.

«No Stewart, non sono scorretto. Sono affamato.» La guardo senza smettere di sorridere, ma lei cambia espressione.

«Ah sì?» Anche la sua mano si posa sul mio fianco, scorre lenta verso la base della mia schiena e si intrufola dentro i miei boxer per stringere con energia la mia carne. «Non hai mangiato abbastanza stanotte?» Non crederà mica di averla vinta con me?

«Stai sempre a pensare al sesso tu. Io parlavo della colazione.» Sorride e alza gli occhi al cielo,

«Beh... non sarebbe la prima volta che fai colazione con me...» Stringo il labbro inferiore tra i denti. Pare proprio che non voglia arrendersi.

«E la cosa non ti è mai dispiaciuta...» I suoi occhi brillano di più, e io adoro vederle quello sguardo.

«Niente affatto Styles. Sono pronta a prepararti qualsiasi colazione tu voglia.» Affonda di più le dita nei miei glutei, e se non la smette credo proprio che stamattina mangerò lei.

«Questa è musica per le mie orecchie...» Lei sorride, io sorrido. Lei mi stringe, io la stringo. Poi mi avvicino di più, fino a parlarle a bassa voce all'orecchio. «Perché non vai a prepararmi due uova?»

Lei scoppia a ridere, e io mi nutro del suono della sua risata. Non c'è niente di meglio per me che iniziare la giornata in questo modo. È ancora meglio del sesso, perché la sua felicità è la mia, e la mia è la sua, siamo una squadra, siamo insieme, siamo io e lei, ed è quello che voglio.

«D'accordo Harry, hai vinto...» Scivola lentamente fuori dalla mia presa, lasciandomi a guardarla mettersi in piedi vestita solo di canotta e slip. Dio! Quanto è bella! «Vado a prepararti le uova dato che le preferisci ad altri cibi.» Un ultimo sorriso, poi esce dalla stanza e io resto con le sopracciglia aggrottate a fissare il punto in cui lei è sparita. Aveva un'espressione troppo soddisfatta in volto, e a questo punto, credo di non averla spuntata io.

Mi alzo per andare in bagno, poi mi sciacquo le mani e la faccia e la raggiungo in cucina. Mi appoggio con una spalla allo stipite della porta per osservarla mentre canticchia e cucina, e sono sicuro di non aver visto mai niente di più bello di questo. E non parlo solamente di lei, mi riferisco a tutto questo: alla casa del nonno che ho rimesso a posto per noi, a noi due che viviamo insieme, a me che non smetto di sorridere nel modo più sincero che esista, e a tutto quello che ci circonda perché sembra tutto dannatamente perfetto.

«Pensi di restare lì per molto?» Ridacchio nel sentire la voce divertita di Chloe che ovviamente si è accorta della mia presenza.

«C'è un bel panorama da qui» le dico senza muovermi da dove sono.

«Ce n'è uno migliore da qui.» Volta solo il viso all'indietro verso di me e sorride. Sorride ancora. Sorride sempre.

«Vedo che avevo ragione» le dico avvicinandomi per stringermi contro la sua schiena e curiosare cosa c'è sui fornelli.

«Sentiamo... su quale delle tante cose avevi ragione?» Sono sempre più convito che la bella stagione sia la migliore. Pochi vestiti addosso e tanta pelle esposta.

«Sul fatto che avessi bisogno di fare sesso! È da un pezzo che miss acidità non si fa vedere.» Le lascio un bacio sul collo e lei ride.

«Se ti manca posso chiederle di tornare qualche volta.» Spegne il fuoco, poi si volta verso di me restando nel mio abbraccio. Mi infila in bocca un pezzo di pane tostato poi posa entrambe le mani sul mio petto.

«Fovvatevo.» Parlo con la bocca piena per la fretta di dirle che può anche scordarselo. Sto bene così.

«Mh... Brenda ti starebbe già rimproverando se ti sentisse parlare con la bocca piena.» Con le dita percorre i contorni della mia bocca per togliere le briciole e io inizio ad avere una certa fame se continua così.

«Brenda mi avrebbe portato la colazione a letto» le dico quando finisco di masticare. Le mie mani tornano sotto la sua canotta e mi compiaccio di me stesso nel sentire la sua pelle ricoprirsi di brividi.

«Viziato!» Si divincola in fretta dalla mia presa, prende un altro pezzo di pane tostato, poi mi sorpassa per andare verso il bagno e mi parla mentre cammina. «Cosa ti va di fare oggi?» mi chiede poco prima di uscire dalla cucina infilandosi il pane in bocca.

Al momento è lontana, e io sono costretto ad urlarglielo. «Scopare!»

E scoppio a ridere quando sento la sua risposta arrivare dall'altra stanza. «Fovvatevo

Mi volto verso i fornelli, prendo un piattino per metterci le uova, poi mi siedo a tavola per fare colazione. Questa domenica voglio restare chiuso qui dentro con lei fino a domani mattina. È da tutta la settimana che aspetto questa giornata e non accendo nemmeno il cellulare per non rischiare che Jordan, o Louis, o Zayn, o qualcun altro, mi chiami per un qualche tipo di emergenza.

Nel giro di qualche minuto Chloe torna al tavolo, ma al contrario di ciò che pensavo non si siede sulla sedia. Mi si avvicina, mi sfila le posate dalle mani, poi sposta il mio piatto all'indietro, e resto letteralmente senza parole quando si mette a cavalcioni sulle mie gambe. Allaccia le mani dietro la mia nuca e mi guarda sorridendo.

«Cosa dicevi che volevi fare oggi?» Chloe mi sta parlando, ma questo slancio improvviso di iniziativa che ha avuto mi ha confuso e non so cosa cazzo devo dire.

«Non lo so Stewart, ma tu puoi continuare a fare quello che stai facendo.» Spero che mi abbia sentito perché devo aver parlato a voce troppo bassa.

«Io voglio guardarti Harry...» le sue mani arrivano leggere sul mio viso, mi accarezza, e io sento le sue dita scorrere sulla mia pelle, sulla mia fronte, sul naso, le guance, la mandibola. Segue con gli occhi ogni suo movimento, e io seguo i suoi occhi senza perdermi niente di lei.

«Puoi fare quello che vuoi...» le dico facendola sorridere.

Lo sguardo mi cade sul suo collo, più esattamente sul ciondolo che le ho regalato per Natale e che non ha ancora tolto. So che nel cassetto del comodino ha un piccolo ricordo, qualcosa di Dylan che non ho voluto sapere cosa fosse, ed evito attentamente di guardarlo, perché per quanto io comprenda tutta la situazione, non posso evitare di sentire una punta di fastidio quando il suo ex si fa presente come un'ombra. Non protesto mai, e lei non mi fa mai pesare il suo passato, abbiamo un nostro equilibrio mentale, ma apprezzo in modo particolare questo equilibrio fisico in cui lei si stringe a me. Finalmente riesco a riprendermi, e le mie mani invece di restare a penzoloni lungo il mio corpo, prendono vita e si posano sui suoi fianchi, sotto la canotta, per poter sentire la sua pelle.

«E allora voglio restare così, a guardare quanto sei bello con questo sorriso, a guardare quanto sono stata fortunata ad incontrarti...» La sua voce trema leggermente, e la mia voglia di baciarla sta per esplodere.

«Hai la minima idea di quanto cazzo ti amo!» Ormai non smetto più di dirglielo. Non ho più paura di farlo perché dirglielo mi rende felice.

«Vagamente...» Sorride, e io non resisto più. Voglio quelle labbra adesso.

«Vieni qui!» Metto una mano sulla sua nuca e la tiro verso di me.

Sono mesi che la bacio, ma ogni volta è diverso, ogni volta è un po' più emozionante della precedente. Chloe è in grado di accendermi, di far accelerare il mio cuore, di farmi amare la vita. Il suo corpo che si spinge contro il mio mi fa percepire quanto mi vuole, riesco a sentire sempre quanto si lasci andare alle mie carezze.

Sin dal nostro primo bacio ho sentito quanto si abbandonasse a me, e ancora oggi, quando è tra le mie braccia come adesso, riesce a farmi sentire quanto sono importante per lei.

Le mie mani sul suo viso, le sue sul mio, le labbra perfettamente in sintonia le une con le altre, e la mia colazione ha radicalmente cambiato aspetto.

«Com'è che vinci sempre tu Stewart?» Lo pronuncio a bassa voce mentre la mia bocca è avida di poter assaggiare sempre più porzioni di pelle.

«Ti sbagli Styles...» Ha la testa rovesciata all'indietro, il respiro accelerato e questa canotta è fin troppo sottile. «... sei tu quello che vince sempre...» E il gemito che lascia le sue labbra subito dopo è come una molla che mi fa scattare in piedi mentre la tengo stretta a me.

La faccio sedere sul tavolo e mi sorride furba. Toglie le mani dalla mia nuca e si sdraia sul tavolo.

«Questa convivenza ti ha fatto bene, tesoro...» le dico posando le mani sui suoi fianchi e la tiro verso di me, infilo di nuovo le dita sotto la sua canotta e... e poi un rumore.

D'un tratto restiamo immobili a fissarci l'un l'altra, talmente presi dal momento che stavamo vivendo che non abbiamo capito cosa stesse succedendo, ma è bastata una manciata di secondi per rendermi conto che quel rumore non era nient'altro che la cazzo di suoneria di un cazzo di cellulare.

«L'hai lasciato acceso!?» le dico alzando quasi la voce.

«Mi dispiace... Me ne sono dimenticata...» Sorride come una bambina che ha appena combinato un guaio. Le avevo chiesto di spegnerlo per lo stesso motivo per cui io ho spento il mio. Volevo solo lei oggi. «Ignoralo...» mi dice ancora allungando una mano verso di me cercando la mia, ma quell'arnese sembra non volersi zittire. «Ha smesso! Vieni qui» insiste Chloe, ma non faccio in tempo ad abbassarmi su di lei che il telefono riprende a suonare.

«Non ci credo...» Normalmente avrei ascoltato le sue parole e continuerei ad ignorare Jared Leto che canta Walker in water, ma ho una strana sensazione che mi ha preso alla bocca dello stomaco, così mi abbasso solo per aiutarla a sollevarsi. «Forse dovresti rispondere...» Mi dispiace usare questo tono deluso, non ce l'ho con lei, ma non sono riuscito a trattenermi.

«Mi dispiace Harry.» L'aiuto a mettersi in piedi e le lascio un bacio veloce sulle labbra.

«Liberatene» le dico riferendomi a chiunque stia continuando a chiamarla, poi forzo un sorriso e torno a sedermi mentre mi concedo un lungo e appassionato sguardo al suo lato b mentre la guardo camminare verso il suo telefono.

«Ehi... Ciao...» Si volta subito a guardarmi dritto negli occhi e sento tornare quella fastidiosa sensazione allo stomaco. «Sì è qui... Ha il telefono spento...» È ovvio che sia qualcuno che sta cercando me. «Te lo passo subito. Ciao Jordan.» Mi passa il telefono e ho già capito che non sarà una telefonata piacevole, altrimenti non avrebbe insistito tanto a voler parlare con me.

«Ciao.» Chloe torna a sedersi sul tavolo di fronte a me, ma io non riesco a guardarla negli occhi. «E tu cosa pensi di fare?» Adesso ho bisogno di guardarla, ho bisogno dei suoi occhi e di saperla vicina. «Arrivo.» Chiudo la comunicazione, poso il telefono accanto alle sue gambe e mi avvicino a lei posando le mani sulle sue cosce.

Non mi chiede niente, mi lascia avvicinarmi ancora un po', fino ad appoggiarmi con la testa sul suo ventre. Chiudo gli occhi quando sento le sue dita scorrere lente tra i miei capelli e mi godo questo piccolo momento di silenzio.

Non dovrei essere turbato da quello che Jordan mi ha detto, non dovrebbe importarmi nulla, dovrei tornare ad occuparmi della mia ragazza come avevo intenzione di fare poco fa, e invece mi ritrovo ad abbracciarmi a lei desideroso di un conforto di cui non immaginavo di avere bisogno.

«Harry?» Lo pronuncia a bassa voce, quasi avesse paura di farmi del male.

Alzo lo sguardo e trovo subito i suoi occhi a farmi sentire meglio. «Si tratta di mia madre» le rivelo il motivo della chiamata di mio fratello. «Papà ha chiamato Jordan per avvisarlo che mamma è peggiorata...» Non so dire come mi sento, ma so per certo che non è niente di piacevole.

Le sue mani si posano ai lati del mio viso e io ho voglia di averla di nuovo vicina. «Vieni qui» l'aiuto a sistemarsi a cavalcioni sulle mie gambe, ma non c'è più traccia di tutta l'eccitazione di qualche secondo fa. Adesso ho solamente voglia di stare tra le sue braccia e ascoltare il battito del suo cuore.

*****

Chloe's POV

Sembra un bambino spaurito. Fa sempre lo sbruffone, ma poi è dolcissimo.

Continuo ad infilare le mani tra i suoi capelli, so che lo adora, e anche se non sono più tanto lunghi è sempre meraviglioso poterli sentire tra le dita. Ogni volta lo sento rilassarsi completamente, anche in questo momento che il suo stato d'animo è sull'orlo di una crisi di nervi.
So che è così, perché nonostante continui ad affermare che di quella donna non gli importi nulla - e non abbiamo più toccato l'argomento da quando è partita - resterà comunque sua madre. Harry è un ragazzo con un gran cuore, e per quanto si ostini a detestarla, questa notizia l'ha toccato in profondità.

Ricordo bene quando mi ha detto che si sentiva una persona orribile perché di sua madre non gli importa nulla, ma non sono mai stata convinta che fosse la verità. Non dico che mi abbia mentito, anzi sono piuttosto sicura che credesse in quello che mi stava dicendo, ma forse è il suo modo di proteggersi per non soffrire ancora a causa sua.

In questi mesi in cui abbiamo vissuto insieme, oltre ad essere stato un periodo meraviglioso, ho imparato a conoscerlo meglio, e so che adesso sta soffrendo, non è solo preoccupato, il suo cuore sta sanguinando di nuovo.

«Harry?» Tento di richiamarlo perché non voglio che si chiuda in sé stesso: non ha ancora imparato ad aprirsi del tutto e, a volte, farlo parlare diventa complicato.

Non dà nessun segno di volermi ascoltare, così porto le mani sul suo viso e, con un movimento dolce, lo invito a guardarmi. Il suo sguardo è spento e vorrei essere brava come lui per confortarlo, come lui lo è con me.

«Jordan vuole che vada da lui, dice che dobbiamo parlare di alcune cose.» Anche la sua voce è spenta.

«Ok... Vuoi che faccia qualcosa?»

«Resta qui.» So bene cosa c'è dietro le sue parole. Non mi sta chiedendo semplicemente di aspettarlo a casa, e mi domando se supererà mai questa paura di essere lasciato.

«Posso venire con te se vuoi.» Voglio che sappia che lo appoggio in ogni sua scelta e, oltre che restare, voglio stare al suo fianco.

«No, preferisco andare da solo...» Forza un piccolo sorriso per non farmi preoccupare. «... ma puoi farmi trovare il pranzo pronto...» Tenta una battuta, e io gli sorrido restando al gioco.

«D'accordo. Hai qualche preferenza?»

«Tu saresti perfetta.» Ci guardiamo, e ogni volta sento nel mio stomaco tutte le farfalle del mondo. «Vado a vestirmi.» Ci alziamo, poi lui va verso la camera da letto lasciandomi in cucina.

Adoro questa cucina, come tutto il resto della casa. Non ho cambiato niente quando mi sono trasferita qui nonostante Harry abbia insistito più volte nel dirmi che avrei potuto modificare qualsiasi cosa se avessi voluto, ma non lo trovavo giusto, e comunque mi piace tutto il lavoro che ha fatto. L'unica cosa che mi sono concessa sono le foto dei miei amici che ho appeso in salotto.

Finisco di riordinare il tavolo e tutto il resto, intanto Harry si è già vestito e sta camminando verso di me. Il suo sguardo è ancora perso, e vorrei conoscere tutti i suoi pensieri, ma so che non è questo il momento di insistere.

«Mi accompagni fuori?» Sorrido e annuisco in silenzio, ma il mio cuore perde più di un battito quando mi rendo conto che, una volta in garage, si sta dirigendo verso la moto per poi afferrare il casco.

Ho imparato ad accettare questa sua passione, ma non posso impedirmi di andare fase quando lo vedo salire su quell'affare.

«Ci vediamo per pranzo» mi dice prima di indossare il casco.

«Ti amo Harry!» Glielo dico spesso, ma quando prende la moto, quelle parole sono molto più sentite.

«Io ti amo Chloe!» Poi mi bacia, io mi stringo forte a lui, e so che senza Harry non sarei niente.



~~~~~~~~~~~~~~




SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Harry e Chloe sono tornati.

Scopriamo qualcosa della loro quotidianità, e anche come sono cambiate tra di loro le cose con la convivenza. Lei è decisamente più intraprendente e lui è più felice che mai, e nessuno dei due rinuncia alle loro battute.

Hanno la loro prima difficoltà, e mi spiace dover interrompere il capitolo, ma sarebbe diventato troppo lungo, e poi - come al solito - ero impaziente di farvelo leggere.

Grazie mille per tutti i vostri messaggi, i vostri commenti e per tutto il supporto che mi date. Grazie! 😍

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 10
*** Harry e Chloe - Today (pt2) ***


Harry's POV

Apro il cancello automatico con il telecomando che mio fratello mi ha fornito, poi entro nel garage sotterraneo e parcheggio la moto accanto alla sua auto. Mi dirigo verso gli ascensori con il casco in mano, premo il pulsante, aspetto che le porte si aprano ed entro.

L'ultima volta che sono venuto a casa di mio fratello è stato un paio di settimane fa. Ero insieme a Chloe, e Jordan ci ha invitato perché ha organizzato una cena a casa sua per l'arrivo di Hazel. Quei due fanno coppia fissa da un po', e mi sentivo davvero bene nel vedere mio fratello felice per amore dopo tanto tempo, lui e la migliore amica di Chloe sembrano fatti l'uno per l'altra.

Oggi, invece, non so dire come mi sento: da un lato è come se mi sentissi svuotato, dall'altro, invece, mi sento tutto in subbuglio.

Sono sempre stato certo dei sentimenti che provo per la donna che a malapena mi ha messo al mondo, ma oggi, quando al telefono la voce di mio fratello ha vacillato nel dirmi che il quadro clinico è peggiorato notevolmente, qualcosa si è incrinato in me, non saprei dire cosa, so solo che è come se ci fosse una perdita da qualche parte, qualche cosa che si sta disperdendo e io non riesco ad arginare.

L'ascensore si ferma al piano, esco e mi dirigo verso l'ingresso dell'appartamento di Jordan, poi busso e la porta si apre quasi subito. È chiaro come il sole che anche lui è messo come me e, nonostante sia riuscito a mascherare molto meglio del sottoscritto il rancore che prova nei confronti di nostra madre, so che è fuori fase.

«Ciao Harry.» Il suo tono di voce piatto mi conferma ciò che ho pensato appena l'ho visto.

«Ciao Jordan.» Un abbraccio e una pacca sulla spalla, poi entro lasciando il casco sul mobile all'ingresso.

«Vuoi qualcosa da bere?» mi chiede raggiungendomi in salotto.

«No.»

«Hai fatto colazione? Posso prepararti un caffè?» insiste.

«No Jordan, non potrei buttare giù niente. Che ti ha detto papà?» Il mio stomaco si è chiuso, non potrei bere neanche un goccio d'acqua.

Non ho ancora avuto modo di avere un normale rapporto con mio padre. Quando è partito con lei per Londra avevamo iniziato da poco a parlarci senza insultarci a vicenda, e io - soprattutto io - stavo imparando ad avere un rapporto civile con lui. E la cosa stava iniziando a piacermi.

Mi è mancato un punto di riferimento paterno, una guida che mi tenesse sulla giusta strada, e anche se Jordan è stato un fratello eccezionale, ho rischiato di perdermi più volte, e forse, se mio padre fosse stato più presente, avrei evitato di fare degli errori di cui ancora oggi mi pento.

Mio padre ha perso la testa quando sua moglie l'ha abbandonato, e immagino come si è sentito perché mi è successa la stessa cosa con Winter, anche se poi, dopo essermi innamorato di Chloe, so che non ho mai amato davvero la mia ex. Per mio padre, invece, la cosa è diversa perché lui, nonostante quello che lei gli ha fatto, non ha mai smesso di amarla.

Tempo fa non me lo sarei spiegato il suo continuare ad amarla nonostante tutto, adesso so che non puoi comandare quel sentimento, e quando ami davvero non importa quanto male ti abbia fatto quella persona perché il tuo cuore sarà sempre suo.

«Papà mi ha detto che la situazione è peggiorata. Adesso respira attraverso il tubo dell'ossigeno e...» Si ferma un attimo, ma io non lo interrompo. «Ha bisogno di qualcuno che lo sostenga, che gli stia vicino, perché non so quanto può reggere a perderla un'altra volta.»

Mi si stringe il cuore nel sentirglielo dire. Mi metto nei suoi panni e non so cosa farei se mi trovassi al suo posto. Se dovesse succedere qualcosa a Chloe io...

«Che cosa pensi di fare?» gli domando interrompendo il flusso che avevano preso i miei pensieri.

«Uno di noi due dovrebbe andare da lui. Papà ci ha lasciato in mano la gestione della società e non possiamo mandare tutto all'aria, ci sono troppe persone che contano su questo lavoro, ma lui non può più affrontare questo momento da solo, ha bisogno di noi.» Stringo i pugni e serro la mascella mentre penso alle parole di Jordan.

Mio fratello ha ragione, ci sono molte famiglie che contano sul lavoro offerto dalla nostra società, ma nostro padre non dovrebbe essere abbandonato a sé stesso. La perderà di nuovo, questo è inevitabile, ma stavolta possiamo dargli l'appoggio di cui ha bisogno.

«Forse dovresti andare tu» gli dico pensando al fatto che lui sia andato molto più d'accordo con papà rispetto a me. Jordan è stato quello che riusciva a riunire la famiglia il giorno di Natale, quello che riusciva a calmare gli animi, quello che ci ha tenuti insieme.

È vero anche che non ho molta esperienza nel suo campo, ma se avessi bisogno di qualche dritta mi basterebbe una telefonata e lui saprebbe aiutarmi. Già, credo proprio dovrebbe andare lui.

«Lo credi davvero?» mi domanda osservandomi attentamente in cerca di qualche mia espressione da interpretare. Lo fa sempre.

«Jordan io... io non lo so, ma suppongo sia meglio così. Sei sempre stato più bravo di me a trattare con lui, cosa mai potrei fare io per papà?» Dire che sono confuso è dire poco, e non so davvero come cazzo gestire questa situazione.

«Ti va un caffè?» mi chiede ignorando quello che ho detto.

«Ok.» Forse ha accettato, o forse no, ma ho bisogno anche io di una distrazione in questo momento, e il caffè è una buona soluzione al momento dato che la birra a quest'ora di mattina mi sembra decisamente fuori luogo.

~~~~~~~~

Chloe's POV

Questa casa è straordinaria. Non ho ancora smesso di ammirarne ogni angolo, ogni dettaglio e la cura che Harry ha impiegato per rendere speciale ogni cosa. Ci è riuscito, lui ci riesce sempre. Harry è una sorta di re Mida: ogni cosa che tocca diventa straordinaria, e credo di essere migliorata anche io come persona.

Da quando viviamo insieme non ho più avuto incubi, e i pensieri negativi sembrano essere un brutto ricordo. La mattina mi sveglio accanto a lui e tutto è migliore, la mia intera vita lo è, perché Harry è diventato la mia vita e non potrei mai più stare senza di lui.

Sospiro pesantemente mentre lo immagino sfrecciare sulla sua moto per le strade di Boston. Ho sempre paura quando esce di casa - lo nascondo bene, e non posso evitare di averne - ma quando lo fa con la moto la mia paura si amplifica. So che non dovrei vivere con questo sentimento nel cuore, ma è talmente radicato in me che mi sono ridotta a conviverci, nella speranza che resti solo una sensazione.

In qualche modo devo distrarmi, e dopo aver riordinato casa, decido di cucinare qualcosa per pranzo.

Avevo pensato di chiamare Kurty, o Hazel, o ancora Reb, ma voglio tenere libero il telefono nel caso chiamasse Harry, ma posso comunque pensare a loro mentre apro il frigo per recuperare gli ingredienti che mi servono.

Kurt è al settimo cielo per la sua storia con Dylan. Quest'ultimo ha avuto non poche difficoltà a parlare di sé stesso con i suoi amici, ma quando ci è riuscito, nessuno, e ripeto nessuno di loro l'ha guardato in maniera diversa. Ognuno di loro ha tentato di alleggerire l'atmosfera perché era evidente quanto Dylan fosse teso, ma non appena Niall se n'è uscito con "sì! Meno concorrenza!", è stato un susseguirsi di battute, risate, abbracci e pacche sulle spalle. È stata una scena commovente, che non dimenticherò mai.

Per quanto riguarda Hazel - che è stata qui a Boston solo un paio di settimane fa, ma non per me - non ho altro da aggiungere se non che io lo sapevo. Ero certa che lei e Jordan sarebbero andati d'accordo, talmente tanto che ad oggi stanno vivendo la loro storia d'amore a distanza, ma sono sicura che presto vivranno nella stessa città. Lo sguardo che hanno l'uno per l'altra non può restare lontano a lungo.

Un piccolo sorriso si fa spazio sulle mie labbra al pensiero dei miei due migliori amici che, come me, hanno trovato la felicità qui a Boston, forse Kurt più di tutti. Era da tempo che non aveva una relazione stabile, qualcuno con cui essere realmente felice, e Dylan... cavoli il sorriso di Dylan sembra essersi ormai stampato sulle sue labbra. Dopo essersi reso conto che nessuna delle persone che gli vogliono bene ha dato importanza al fatto che il suo compagno sia un ragazzo, ora vive in piena serenità il suo rapporto con Kurt ed è finalmente sereno e in pace con sé stesso. È un piacere immenso stare in sua compagnia. Parliamo spesso di suo fratello – tra l'altro mi ha detto di aver già spuntato un paio di voci sulla lista delle cose da fare di Dylan – e parliamo spesso anche del mio migliore amico, nonché suo attuale ragazzo.

Il pranzo è quasi pronto, la tavola già apparecchiata mentre la musica mi tiene compagnia. Sospiro prendendo il cellulare dalla mia tasca per controllare se sia arrivato qualche messaggio, ed in effetti ce n'è uno che non ho sentito arrivare, ma non è quello che aspettavo.

Siamo di ritorno 
Zayn ti saluta

Il messaggio è da parte di mia sorella. Lei e il suo ragazzo sono stati via per il weekend. Zayn l'ha portata a conoscere la madre e le sorelle. Reb era piuttosto agitata all'idea, ma le cose sono andate più che bene. La mamma di Zayn è impazzita per lei, e lui ha dovuto lottare con le sorelle per poterla avere per sé almeno qualche ora. Non si può non amare Reb.

Salutalo anche tu 
T
i voglio bene

Chiudo la conversazione e rimetto il telefono in tasca. Di Harry ancora nessuna notizia, ma ha detto che sarebbe tornato per pranzo e io non ho alcuna intenzione di disturbarlo per sapere se sta arrivando. Non voglio risultare apprensiva e non voglio interrompere qualsiasi discussione ci possa essere ancora in atto tra lui e suo fratello.

Ed è per questo che, una volta spento il fuoco, mi siedo sul divano piegando le ginocchia di lato e accendendo la televisione su un programma a caso, solo per far passare il tempo che sembra aver rallentato drasticamente la sua corsa. Mi distendo appoggiando la testa sul bracciolo, e senza rendermene conto chiudo gli occhi. Vengo risvegliata dopo un tempo che non saprei quantificare dalla suoneria del mio cellulare. Spalanco gli occhi e mi metto a sedere di scatto. 

È un messaggio da parte di Harry, e se da una parte il mio cuore esulta per il fatto che mi abbia scritto, dall'altra non sono così felice, perché immagino che l'abbia fatto per non parlare.

Sto bene, solo torno più tardi 
Non volevo farti preoccupare 
Non ho controllato l'orario, 
ma giuro che sono tutto intero

Sento la tensione sciogliersi nel leggere le sue parole. Non sono ancora tranquilla e non lo sarò fino a che lui non sarà di nuovo qui con me, ma il fatto che mi abbia avvisata del suo ritardo mi fa stare decisamente meglio.

Io sono sempre qui Harry 
ti aspetto

Lascio il telefono sul divano dopo averlo bloccato e torno a mettermi seduta, poi inizio a fare zapping alla ricerca di qualcosa che non sia una televendita. I programmi mi sembrano tutti uguali, a volte cambio canale così velocemente che non mi rendo conto di ciò che stanno trasmettendo. Il dito continua a premere il pulsante 'più' sul telecomando senza sosta, e senza criterio, solo per fare qualcosa e non restare immobile.

Al momento mi sento irrequieta, ansiosa e impotente. Se lui fosse qui potrei parlargli, potrei fare qualcosa, anche solo un massaggio alle spalle, e invece continuo ad osservare distrattamente lo schermo del televisore, per poi alzarmi e vagare per casa senza una meta precisa, e infine tornare sul divano, dal quale posso sentire qualche parola qua e là che arriva dalla TV.

Il sole è tramontato, inizia a fare buio, e il battito del mio cuore ha iniziato ad accelerare allo stesso modo del mio respiro. Mi alzo di nuovo per bere un bicchiere d'acqua, forse può aiutarmi a tranquillizzarmi, mi avvicino al lavandino, riempio un bicchiere e chiudo il rubinetto, poi mi blocco nel sentire il rumore della porta d'ingresso.

Lascio il bicchiere nel lavandino, adesso non m'importa più, e corro da lui che si sta chiudendo la porta alle spalle, poi alza lo sguardo su di me, ma non sorride, e di nuovo sono combattuta tra l'essere felice di vederlo qui sano e salvo, e la preoccupazione per quello che gli sta passando per la testa, ma per un attimo lui fa sparire tutto.

«Vieni qui» dice allargando le braccia e camminando verso di me.

E io mi ci fiondo provando una gioia infinita che sia di nuovo qui con me, di tenerlo stretto, di respirare il suo profumo e di sentire le sue mani sulla mia schiena. D'improvviso sono spariti tutti i brutti pensieri e l'agitazione delle ultime ore, resta solo questo abbraccio nel quale mi perdo aggrappandomi alle sue spalle con tutte le forze che ho.

«Mi dispiace di aver fatto tardi» dice a bassa voce. Credo si sia accorto della tavola ancora apparecchiata dall'ora di pranzo.

«Non importa... come stai?» gli domando guardandolo negli occhi.

«Vorrei poterti rispondere.» Lo guardo per un attimo, poi gli lascio un bacio veloce sulle labbra.

«Hai mangiato? Ti scaldo qualcosa?» gli domando con ancora le braccia strette intorno a lui. Vorrei poterlo tenere così per sempre.

«Non mi va niente adesso...» Le sue mani arrivano sul mio viso che io inclino leggermente a destra come a voler approfondire il contatto della sua pelle sulla mia. «Possiamo parlare?» mi domanda serio.

«Certo che sì» rispondo impaziente di volerlo ascoltare.

«Vado solo a darmi una rinfrescata, faccio in un attimo» dice restando a guardarmi. «Mi sei mancata da morire oggi» dice ancora, senza darmi poi la possibilità di replicare.

Le sue labbra si posano sulle mie e mi bacia in un modo infinitamente dolce. Riesco a sentire tutto il bisogno che ha di me e di questo bacio che salva sempre entrambi da ogni cosa brutta ci passi per la testa. Poi mi guarda, mi sorride e mi lascia andare. Lo guardo fino a che si chiude dentro al bagno, e mi siedo sul divano incrociando le gambe, aspettando che torni.

Quando torna da me si è anche cambiato, si siede al mio fianco, e resta con lo sguardo fisso avanti a sé. Resto in silenzio per rispettare i suoi tempi, ma poso una mano sul suo ginocchio per fargli percepire la mia presenza. Si prende qualche minuto come a voler trovare le parole giuste, poi inizia a parlare spiegandomi la situazione. Mi dice del peggioramento della salute di sua madre, di quanto suo padre abbia bisogno di un sostegno – cosa che mi trova totalmente d'accordo – e di come lui e Jordan abbiano discusso su come comportarsi, sia riguardo al padre, sia riguardo la società.

«Non possiamo trascurare l'azienda, ci sono tante famiglie che contano su quei posti di lavoro, ma non possiamo neanche lasciare papà da solo, ed è una situazione del cazzo perché io non sono in grado di fare né una cosa, né l'altra...» Sospira frustrato mentre si sfoga con me.

«Non è così Harry, e tu lo sai bene. Sei perfettamente in grado di fare tutto e l'hai dimostrato più volte.» Poso l'altra mano sulla sua schiena, poi volta lentamente lo sguardo verso di me.

«Uno di noi due deve andare da lui, e l'altro deve occuparsi degli affari della società» dice guardandomi dritto negli occhi e io provo una strana fitta allo stomaco.

«Avete già deciso chi?» gli chiedo sentendo quella sensazione farmi quasi mancare il fiato.

«Gli ho detto che è lui che deve andare, perché è sempre stato lui quello ad avere un buon rapporto con papà. La società posso gestirla io con il suo aiuto a distanza...» Sento il mio cuore farsi un po' più leggero. So di avere avuto un pensiero egoista, ma l'idea di lui oltre oceano a vivere da solo questa situazione mi spaventa.

«Ma tu cosa vorresti davvero?» Mi guarda e sembra non aver capito la domanda. «Sei davvero sicuro che è in questo modo che vuoi chiudere con tua madre?» So che è arrabbiato con lei, ma il rancore potrebbe svanire prima o poi, e lui cosa farebbe al pensiero che avrebbe potuto chiarire e non l'ha fatto? Non voglio che abbia questo rimpianto.

«Me lo sono chiesto per tutto il giorno...» dice prendendo la mia mano nella sua. «Dopo aver parlato con Jordan sono stato al nostro posto, quello sull'oceano, e non ho fatto che pensarci.» Riesco a sentire quanto sia combattuto. «Non so se sono pronto a perdonarla, e nemmeno se ho voglia di stare a sentirla, non so un cazzo Chloe!»

«È per questo che hai chiesto a tuo fratello di andare da vostro padre?» Ero sicura che stesse soffrendo, ma non immagino così tanto.

Per quanto abbia cercato di accantonare tutto il male che quella donna gli ha fatto, per quanto abbia provato a nascondere il dolore che ha provato negli anni in cui era più vulnerabile, so che non potrà soffocare tutto quel rancore per sempre.

«No Chloe... è per questo che ho deciso di andare io stesso a Londra...» le sue parole mi lasciano impietrita, e resto a guardarlo incapace di proferire parola.

Non mi aspettavo niente del genere, ormai il mio cervello aveva realizzato che sarebbe stato Jordan a partire per Londra, e ora lui mi spiazza con questa sua affermazione, ma non mi lascia abbastanza tempo per ribattere, che è di nuovo lui a parlare.

«E vorrei che venissi con me...» La presa della mia mano si rafforza sulla sua, sento il cuore accelerare e l'aria lasciare i miei polmoni. Mi sta chiedendo di condividere una cosa davvero molto importante e io vorrei tanto riuscire a rispondere, ma la sensazione che provo in questo momento fa fermare le parole in gola. «Perché è così che superiamo la paura no? Insieme...» Potrei esplodere da un momento all'altro per la potenza delle emozioni che riesce sempre a scatenare dentro di me, e non posso stare più così lontana da lui.

Mi allungo verso di lui e lo abbraccio di slancio, facendolo andare all'indietro fino a farlo appoggiare allo schienale del divano. Lo sento ridacchiare, e il fatto che stia sorridendo è per me, ulteriore motivo di gioia.

«Lo prendo come un sì...» dice a voce bassa portando le sue braccia sulla mia schiena.

Ed è un sì, perché io lo seguirei in capo al mondo. 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Ed eccoci ancora qui con Harry e Chloe. I due fratelli Styles discutono sul da farsi per poter aiutare il padre e scopriamo quanto il nostro Harold sia combattuto. L'avevamo lasciato piuttosto convinto di voler interrompere qualsiasi contatto con la madre, ma qualcosa è successo in lui dopo gli ultimi avvenimenti, e alla fine Harry decide di partire per Londra. Vi aspettavate questa decisione da parte sua?

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 11
*** Harry & Chloe - Today (pt 3) ***


Chloe's POV

L'aeroporto è affollato di gente in partenza, gente che aspetta, gente che arriva e di gente che ci lavora. Trascino il mio bagaglio fino al check-in mentre cammino dietro a Harry che non dà l'impressione di essere particolarmente teso.

Sono passati tre giorni da quando ha deciso che sarebbe partito per Londra, tre giorni in cui non abbiamo più toccato l'argomento. Ha passato molto tempo al lavoro e con suo fratello, e io sono stata paziente. Ho fatto in modo che a casa regnasse la serenità e l'ho fatto rilassare in ogni modo possibile.

Voglio che sia tranquillo, e che possa affrontare questa situazione con la calma di cui ha bisogno. Ha la possibilità di mettere la parola fine al suo tormento e voglio che lo faccia con la lucidità necessaria per non prendere decisioni affrettate o impulsive. Non può più rimandare, e restare con dei rimpianti non gli farebbe bene.

Ci avviciniamo al bancone per imbarcare la valigia e porgiamo alla hostess i biglietti e i documenti. Mi spunta un sorriso al ricordo del nostro primo viaggio insieme in aereo. C'era l'ansia dell'aspettativa di quei giorni che avremmo trascorso a Madrid, c'era il sogno che ho fatto in aereo, i momenti che abbiamo passato per le vie della città, la nostra prima volta, e la nostra prima lite. Sembrano così lontani quei giorni, eppure sono passati solo pochi mesi. Pochi, ma intensi e pieni di novità per entrambi. Pochi, è vero, ma i più belli di sempre.

Sono tornata ad avere fiducia nel futuro, in un futuro dove non mi vedo più da sola, ed è un'idea che mi accompagna quotidianamente e che mi provoca sempre un po' più di gioia.

«Per che cos'è quel sorriso Stewart?» mi domanda non appena abbiamo finito le pratiche al check-in mentre ci dirigiamo al controllo doganale.

«Pensavo a Madrid» ammetto guardandolo di sfuggita e notare le sue sopracciglia alzate nel sentire la mia risposta.

«Madrid? Non starai mica considerando l'invito di Hernandez, vero?» Sorrido scuotendo la testa nel sentire il suo tono di voce infastidito.

Una decina di giorni fa il signor Hernandez era a Boston per un viaggio di piacere ed è passato alla HS Financial Services per passare a trovare Harry. Lui dice che in realtà è passato per incontrare me, ma è solo la gelosia che lo fa parlare così. Era presente l'altra traduttrice al loro incontro, e quando è tornato a casa mi ha riferito che Hernandez ha invitato lui e me a trascorrere qualche giorno a Madrid perché gli avrebbe fatto piacere rivederci.

«No Harry, ma non sarebbe così male tornare a Madrid.» Mi piacerebbe rivivere quella città con una migliore consapevolezza di me stessa e del nostro rapporto.

«Forse no, mi basterebbe non tornare nell'albergo dove abbiamo alloggiato l'altra volta» dice mettendo il suo bagaglio a mano sul nastro trasportatore.

«Perché? Era un bell'albergo e anche comodo al centro. Si mangiava bene e...»

«Ernesto!» dice con uno sguardo minaccioso dopo essersi tolto la cintura e averla posata con il cellulare nel contenitore di plastica.

«Ernesto?» gli domando posando a mia volta il bagaglio a mano sul nastro trasportatore per il controllo a raggi X.

«Sì, quello che fingeva di non conoscere l'inglese per poter parlare solo con te!» Sorrido della sua gelosia, e del suo continuo sbagliare i nomi.

«Non si chiamava Ernesto... ah non importa. Va bene anche un altro albergo se dovessimo andare, ma non era proprio a quello a cui stavo pensando...» ritiriamo i nostri bagagli ed effetti personali dopo i controlli doganali, e ci fermiamo un attimo per permettergli di infilarsi di nuovo la cintura nei passanti dei jeans.

«E a cosa stavi pensando?» mi domanda infilando la cinta nella fibbia per poi sistemarla nell'ultimo passante.

«Non te l'ho mai detto, ma durante il volo dell'andata ti ho sognato.» I suoi occhi si accendono di interesse. Infila il suo I-Phone nella tasca posteriore, poi mi si avvicina con un sorriso furbo sulle labbra.

«Continua piccola Stewart, mi interessa...» Lo guardo mentre mi tengo stretto tra i denti il labbro inferiore, nel vano tentativo di trattenere un sorriso che però, alla fine, fa comunque la sua comparsa.

«Ricordi quando mi hai svegliato pensando che stessi avendo un incubo?» Anche il suo sorriso è ampio adesso, e so che non vede l'ora di scoprire quello che sto per dirgli.

«Me lo ricordo. Ti ho svegliata perché pensavo stessi avendo un altro incubo, avevi il respiro accelerato e...» Sbarra gli occhi nel vedere la mia espressione colpevole mentre parla. «Merda! Voglio sentirtelo dire!»

«Cosa?» rispondo con l'aria da finta tonta.

«Stavamo scopando, voglio che mi racconti quel sogno nei dettagli» dice a bassa voce guardandomi dritto negli occhi.

«Come sei romantico Styles!» gli dico leggermente imbarazzata. In realtà non m'importa del suo linguaggio, perché sa essere anche dolce e romantico, e il mio scopo principale al momento, è di distrarlo.

«Ti ho desiderata per mesi, me l'hai fatta sudare come mai mi è successo in vita mia, e ora che scopro che anche tu mi sognavi non voglio essere affatto romantico, voglio solo sapere.» Sento l'eccitazione nella sua voce, la leggo nel suo sguardo, e il fatto che lui si accenda così facilmente quando si tratta di me non può che aumentare la mia autostima. Mi vuole, me l'ha dimostrato da sempre, e non smette di farlo mai.

«Ok! Ma possiamo toglierci da qui?» Le persone continuano a passarci accanto e sicuramente non prestano attenzione al nostro discorso, ma io mi sento a disagio a parlarne qui.

«Non tralasciare niente» dice ancora iniziando a camminare verso il gate.

«Va bene!» Lui ride, e non importa quanto sarà imbarazzante raccontargli quel momento perché quando lo sento ridere posso affrontare qualsiasi cosa. «Ero nel bagno dell'aereo...»

«Cazzo sì!» mi interrompe parlando ad alta voce, attirando gli sguardi delle persone che ci sono vicine.

«Vuoi sapere il resto o no?» gli chiedo sedendoci sulle poltroncine, in attesa che chiamino il nostro volo.

«Sì, scusa, non parlo più» dice girando il busto verso di me per guardarmi meglio.

«Dicevo... ero nel bagno dell'aereo per darmi una rinfrescata, e mentre mi stavo asciugando qualcuno ha bussato...»

«Ero io?» chiede interrompendomi di nuovo. La curiosità lo sta divorando.

«Harry smettila, è già difficile così...» Finge di chiudersi a chiave le labbra, poi prende la mia mano e vi ripone quella piccola chiave invisibile, e infine richiude su di essa le mie dita. «Eri tu a bussare, io ho aperto e invece di farmi uscire sei entrato con me. Hai iniziato a baciarmi, ad accarezzarmi, e io non ho capito più niente. Non m'importava di essere nel bagno di un aereo, a dire il vero me ne rendevo conto a malapena. Mi hai tirato su per farmi sedere sul lavandino e non hai smesso di baciarmi nemmeno per un attimo. Stavo letteralmente impazzendo, e ad un tratto volevo aprire gli occhi per guardarti, ma quando l'ho fatto la tua mano era tra i miei capelli. Mi stavi svegliando e io volevo sparire per la vergogna.»

«Mmmm mmmm mmmmm» mugola con le labbra chiuse, poi indica la mia mano.

Sorrido per questa cosa così dolce che sta facendo. Apro la mano, prendo la chiave invisibile e lo libero dalla serratura immaginaria.

«Non devi vergognarti. Tu non immagini nemmeno quante volte e in quanti modi ho sognato di fare l'amore con te...» la sua mano torna tra i miei capelli e i suoi occhi si incastrano alla perfezione nei miei. «... qualcuno l'ho realizzato, qualcun altro ancora no, ma questa nel bagno dell'aereo mi mancava.» 

«Ti amo così tanto Harry» le parole mi escono da sole, mi è bastato guardarlo negli occhi e non ho potuto trattenere quello che una sua sola carezza mi provoca.

«Ti amo anche io piccola Stewart... ti amo così tanto...»

«Signore e Signori buonasera. Iniziamo l'imbarco del volo American Airlines 6164 con partenza per Londra...»

Sono assolutamente sicura che stesse per dire qualcos'altro, ma l'annuncio dell'imbarco l'ha interrotto. Mi guarda ancora per un attimo, forse incerto se continuare o meno, ma mentre la hostess continua a parlare, decide di richiudere la bocca poco dopo aver sospirato, poi si alza in piedi invitandomi a fare lo stesso.

Lo seguo in silenzio, lo prendo per mano, lui stringe la mia, la stinge con decisione come se stesse tentando di aggrapparsi a me, come se fossi la sua salvezza. Stiamo partendo per Londra e forse anche il suo tormento troverà pace. 

************

L'aereo è atterrato da poco meno di mezz'ora, ma l'umore di Harry è cambiato non appena abbiamo toccato suolo inglese. Durante il viaggio era sereno, abbiamo sonnecchiato, abbiamo chiacchierato, abbiamo anche guardato un film, e mi ha chiesto un paio di volte se non volessi andare in bagno così avrebbe potuto far diventare il mio sogno realtà, insomma è stato tutto tranquillo, ma l'aria di Londra ha fatto riaffiorare in lui il malessere che lo accompagna da alcuni giorni.

Abbiamo ritirato i bagagli dal nastro trasportatore, abbiamo poi preso un taxi che ci portasse al nostro albergo, tutto nel quasi totale silenzio. Non ha nemmeno voluto avvisare suo padre del nostro arrivo, ha detto che lo chiamerà più tardi. In tutto questo io non so come comportarmi, se non standogli vicino e tenerlo per mano, sperando di essere abbastanza per lui.

************

Harry's POV

Siamo arrivati.

Siamo a Londra.

E io non ho la più pallida idea di cosa devo fare.

Ho rimandato ogni discorso con Chloe, ho rimandato la telefonata a mio padre per avvisarlo che sono qui, ho rimandato ogni pensiero su di lei nella speranza che il mio cervello riprendesse a funzionare, ma non è servito a niente. È arrivato il momento di affrontare tutto, e non so cosa cazzo fare.

«Harry?» La voce di Chloe mi fa alzare lo sguardo nella sua direzione.

È appena uscita dalla doccia, il suo corpo è avvolto da un asciugamano striminzito, e qualcuno là sotto dovrebbe darsi una svegliata, ma ogni neurone, ogni sinapsi, ogni minima particella che compone il mio inutile cervello, è completamente impallata, e io non posso fare altro che guardarla con la mia espressione da idiota.

«Stai bene?» mi domanda camminando verso di me, che sono rimasto per tutto il tempo seduto ai piedi del letto.

«No» rispondo sincero, poi allungo le braccia verso di lei. «Vieni qui» le dico.

Chloe mi raggiunge, mi stringo a lei che ha già infilato le dita tra i miei capelli. Inspiro a pieni polmoni il suo profumo e chiudo gli occhi. Vorrei poter vivere questo momento con un altro stato d'animo, vorrei distenderla sul letto e farla mia per tutto il resto del giorno, e invece non riesco a far altro che sentire il cuore martellarmi nel petto a causa della sempre più crescente ansia che ho al pensiero di rivedere i miei genitori.

«Vengo con te» dice lei interrompendo i miei pensieri, ed è esattamente quello che voglio.

So come si sente nel vedermi in questo stato, perché è lo stesso modo in cui mi sentivo io quando eravamo a Montreal e lei non trovava il coraggio di andare sulla tomba del suo ex, ma con me ci è riuscita. La voglio al mio fianco, voglio essere sicuro di potermi affidare a lei se non dovessi reggere.

«Va bene» rispondo con il viso quasi affondato sul suo ventre.

«Davvero? Solo va bene?» Alzo lo sguardo per osservare la sua espressione meravigliata. «Mi aspettavo un po' più di energia da parte tua, non so qualche lamento inutile, o qualche protesta che non avrei ascoltato...» Basta parlare, penso. «Ah!» Lancia un urlo quando si ritrova con la schiena sul materasso, l'asciugamano quasi del tutto scivolato via dal suo corpo nudo, e me in ginocchio sopra di lei, con le braccia ai lati dei suoi fianchi. 

Ho respirato troppo di Chloe per continuare a restare indifferente. «Tu sei una continua provocazione.» Non so dove posare gli occhi con tanta pelle scoperta.

«Volevo solo essere sicura che stessi bene» dice con un sorriso malizioso sulle labbra.

«Oh andiamo Stewart, chi vuoi prendere in giro? Sai bene quanto cedo facilmente se non hai niente addosso, e se volevi distrarmi ci sei riuscita...» Il mio corpo sembra non averne mai abbastanza di lei.

«Felice di saperlo» dice posando le sue mani sul mio viso per poi attirarmi a sé in un bacio che mi travolge con tutta la sua potenza.

Mi sorreggo con una mano, l'altra prende a spostare l'ultimo lembo di asciugamano che copre il suo corpo, mentre la mia bocca è incollata alla sua. Le sue mani scendono sul mio petto, afferrano la maglietta dal fondo e mi allontano quei due secondi netti che mi servono per aiutarla a sfilarmi la t-shirt, poi passa al bottone dei miei jeans, il quale salta in un attimo. Anche stavolta la aiuto a sfilarmi quell'indumento che faccio scendere lungo le gambe insieme ai boxer, poi c'è solo lei, solo noi, quel noi in cui ho imparato a perdermi e a ritrovarmi, quel noi che mi tiene insieme, facendo in modo che io non cada a pezzi.

Quel noi che è la mia salvezza.

**********

Mi piace il silenzio e la tranquillità che regna dentro di me dopo aver fatto l'amore con Chloe. Mi piace stare con lei sotto le lenzuola, perché sembra andare tutto a posto quando la tengo tra le mie braccia, quando la sua mano scivola lentamente sul mio torace a contornare i tatuaggi sulla mia pelle. Mi piace sentire il mio cuore battere allo stesso ritmo del suo, il suono del suo respiro, e il suo calore. Mi fa sentire libero, la mia anima è in pace e il mio cuore pazzamente innamorato. Averla conosciuta mi ha cambiato, e sono cambiato in meglio. Ho imparato a vedere la vita e le persone in modo diverso, ho imparato ad amare, amare davvero, ed è solo grazie a questo sentimento che ho deciso di darmi una possibilità con lei, e ora con i miei.

«Stavolta sono i tuoi, di ingranaggi, a fare un casino infernale...» la sua voce divertita interrompe il silenzio, e le sue parole provocano in me, una piccola risata. Alza lo sguardo su di me, poggia il mento sul mio petto e sorride.

«La tua malattia del pensiero deve avermi contagiato» le passo una mano tra i capelli, poi ripeto lo stesso movimento, ancora e ancora.

«Dovresti chiamarlo» so che si sta riferendo a mio padre, e so che ha ragione.

Qui a Londra è quasi ora di pranzo, per noi sarebbe ora di prepararsi per andare in ufficio, credo proprio che mio padre sia sveglio e sia già da lei. Sospiro e mi allungo verso il comodino per afferrare il cellulare. Tengo Chloe ancora tra le mie braccia, e con la mano libera faccio partire la chiamata.

«Harry!» non ci mette molto a rispondere, e io lascio andare l'aria che non mi ero accorto di stare trattenendo.

«Ciao Papà» dico con un filo di voce.

«Siete arrivati?» mi domanda carico di speranza.

«Sì» Sento qualcosa stringermi alla gola, vorrei poter dire di più, ma escono solo frasi spezzate.

«Pranziamo insieme?» Non potrei dirgli di no nemmeno se volessi. 

«Certo, dove ci vediamo?» gli chiedo mentre rafforzo la presa sulla schiena di Chloe. Ho bisogno di lei più che mai e lei ricambia la mia stretta, facendomi sentire che è con me.

«Conosco un buon posto, si chiama Zafferano e fanno cucina italiana. Ti mando l'indirizzo tramite messaggio. Va bene tra un'ora?» La sua voce è sempre più carica di speranza.

«Va bene, ci vediamo lì.» Chiudo la chiamata, lascio cadere l'I-Phone da qualche parte sul letto, poi mi metto su un fianco per poterla guardare ancora, e ancora, e ancora.

«Che c'è Styles?» mi domanda con quel sorriso che ho continuamente voglia di mangiare.

«C'è che sei bellissima anche da qui...»

La amo? Da morire! 

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Buonsalve belle persone!

Allora, ci siamo! Dopo il viaggio da Boston a Londra durante il quale Harry e Chloe ci fanno vivere qualche momento carino, sta per arrivare il momento della verità.

Harry ammette con sé stesso di avere bisogno di Chloe, lo ammette anche con lei che ne rimane colpita. Chloe non l'avrebbe lasciato comunque solo, sa che è in un momento delicato della sua vita, ed è un ragazzo molto fragile, che ha bisogno di un sostegno che lei ha tutte le intenzioni di dargli.

Quindiiiiiii... nel prossimo capitolo Harry incontrerà suo padre, e anche sua madre.

Grazie ancora sempre per essere qui.

Eeeee niente, buona lettura

 

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Capitolo 12
*** Harry and his father - Today ***


Harry's POV

Il ristorante è di fronte a noi, dall'altra parte della strada. Ci basta attraversare e siamo arrivati. Mi prendo qualche secondo prima di farlo mentre osservo – senza guardarlo davvero – l'ingresso del locale. Sto provando a distrarmi, a calmare l'ansia che si sta facendo sempre più pressante nel mio petto. Non vedo mio padre da quando è partito per stare con lei, l'ho sentito qualche volta per telefono, ma era quasi esclusivamente per lavoro. Non sono riuscito ad instaurare un rapporto con lui in tutto il tempo in cui abbiamo vissuto insieme, figuriamoci per telefono dopo che lui ha lasciato tutto per una donna che l'ha abbandonato e non l'ha degnato della minima considerazione per diciotto anni.

Sono arrabbiato con lui? Sì, lo sono. Lo sono per come si è comportato con me quando ero solo un bambino, per come non mi ha cresciuto, lasciandomi a me stesso, al nonno, e a Jordan, e lo sono ancora perché ha dato un'altra volta la priorità a quella donna invece che a me, a noi, alla possibilità che stava nascendo di avere un normale rapporto padre figlio.

I miei pensieri vengono interrotti quando sento la mano di Chloe stringersi alla mia. Mi volto a guardarla e mi sorride. Emetto un gran sospiro, poi mi volto di nuovo verso il ristorante, con lo sguardo fisso alla porta d'ingresso.

«Insieme Harry» mi dice stringendo un po' di più la presa con le dita.

«Insieme» rispondo, decidendomi poi di attraversare la strada per entrare nel locale che non è molto affollato.

Ci accoglie una donna sulla trentina, con un gran sorriso. Ho dato retta a Chloe e ho indossato un completo scuro. A quanto pare è l'abito d'obbligo in questo posto.

«Buongiorno, avete una prenotazione?» ci domanda tenendo in mano quello che sembra il registro delle prenotazioni.

«Siamo con mio padre, Harrison Styles» rispondo senza mai lasciare andare la mano di Chloe.

«Oh, ma certo! Il signor Styles vi sta aspettando. Vi accompagno» dice per poi fare il giro del piccolo bancone, invitandoci a seguirla.

Il posto è elegante: sedie, poltroncine e panche rivestite di velluto, i tavoli finemente apparecchiati, ai quali vedo troppi bicchieri e troppe posate per i miei gusti. Arriviamo in un angolo più appartato del ristorante dove ci sono poltroncine bianche attorno a tavoli rotondi, poi lo vedo. Si alza in piedi non appena nota la nostra presenza, e sul suo viso si apre un sorriso enorme. Posa il tovagliolo sul tavolo e ci viene incontro.

«Harry!» Mi abbraccia con forza, come non lo faceva da tanto tempo. Credo di ricordare che l'ultimo abbraccio che somiglia a questo me l'ha dato quando avevo dodici anni poco prima di uscire di casa per andare a scuola. Probabilmente si era svegliato di buonumore, non me lo sono mai chiesto in realtà, perché mi aveva di nuovo stretto a sé, non mi interessava sapere perché l'aveva fatto, quello che contava era che l'avesse fatto. «Come stai?» dice sciogliendo l'abbraccio nel quale sono rimasto piuttosto rigido, per poi guardarmi negli occhi tenendo le sue mani appoggiate sulle mie spalle.

«Bene.» Mento, ma non lo faccio con l'intenzione di farlo stavolta. Vorrei dirgli la verità, dirgli che sono arrabbiato, che tutta questa situazione mi fa incazzare oltre ogni immaginazione, ma il suo sguardo, la luce spenta che ha negli occhi, mi portano a mentire per non peggiorare la situazione.

«Ciao Chloe, speravo tanto che venissi anche tu!» dice quando si accorge di lei alle mie spalle.

«Mi fa piacere esserci signor Styles.» Abbracci anche lei, poi ci rechiamo al tavolo per prendere posto.

C'è una falsa tranquillità durante questo pranzo. Lui sorride, Chloe sorride, ma non io perché posso anche provare a fare il diplomatico, ma non riesco a fingere un sorriso quando dentro ho un fuoco che mi divora l'anima. Cerco di tenere a freno la lingua mentre mi chiede di Jordan.

«A dire la verità, quando tuo fratello mi ha chiamato per dirmi che avevate deciso che uno di voi due sarebbe venuto qui, ho creduto che sarebbe stato lui. Mi ha sorpreso sapere che invece ti sei offerto tu.» Lo dice sorridendo, senza ombra di malizia nella voce, e sono sicuro che sia sinceramente felice del fatto di avermi qui, ma non sa ancora il motivo per cui l'ho fatto.

«Non l'ho fatto per lei, e nemmeno per te. L'ho fatto per me.» Le parole mi escono senza nemmeno rendermene conto, e so di essere stato duro, di averle pronunciate con tutto il rancore che mi porto dentro, ma in qualche modo devo farlo uscire o mi schiaccerà.

Mio padre sembra accusare il colpo. Il suo sorriso si affievolisce lentamente, i suoi lineamenti non sono più tanto rilassati, e la sua espressione torna ad essere quella di sempre, quella colpevole, quella con cui mi ha guardato fin da quando ero bambino, e la cosa non mi piace per niente.

«Harry...» Chloe mi richiama a voce bassa posando una mano sul mio ginocchio, ma non riesco a togliere gli occhi da quelli di mio padre. Voglio che ci legga tutta la rabbia che mi annebbia la mente.

«Non fa niente Chloe, Harry ha tutto il diritto di dire ciò che pensa...» Posa la forchetta che ha in mano, e mi dedica tutta la sua attenzione. «Non ha importanza il motivo per cui sei qui, l'importante è che tu ci sia... vuol dire molto per me...» 

«Perché papà? Perché sei tornato da lei come se niente fosse? Ti ha portato via diciotto anni, diciotto anni in cui non hai fatto che pensare a lei, diciotto anni in cui non hai fatto che soffrire, in cui hai fatto soffrire le persone che ti erano rimaste, e invece c'era sempre lei per te, soltanto lei e io ti ho odiato per questo, Stavo distruggendo la mia vita perché tanto a te non importava niente...»

«Harry!» Chloe mi richiama un'altra volta, a voce bassa, ma con un tono più deciso.

«No, va bene, lascialo parlare. Mi merito ogni parola...» Mio padre sembra non voler replicare a niente, come se volesse starsene lì, in silenzio, a subire ogni sentimento represso che sta uscendo fuori senza controllo.

«Ci puoi scommettere che te le meriti. Come credi che mi sia sentito quando hai deciso di abbandonare di nuovo i tuoi figli per lei!?» Devo aver alzato il tono di voce, ma non riesco più a contenere le emozioni che hanno rotto ogni argine avessi costruito in questi anni. «Ci eravamo appena ritrovati, stavo iniziando ad avvicinarmi a te dopo anni di litigi, e tu mi hai voltato di nuovo le spalle, per lei!!!» Sento la mia saliva farsi amara, o forse è solo la rabbia che risale dallo stomaco fino alla gola. Sento le vene pulsare nelle tempie e nel collo. Sento il cuore incrinarsi appena, e i polmoni stretti in una morsa.

È forse per questo che mi manca l'aria?

«Cazzo!» pronuncio a denti stretti, poi sbatto il tovagliolo sul tavolo, striscio la sedia sul pavimento e cammino a passo svelto verso l'uscita. Ho bisogno di una fottutissima boccata d'aria!

Credevo che sarei stato meglio nel tirar fuori tutte le cose che penso, quelle che mi fanno soffrire, e invece non è così. È come se le parole che mi sono uscite di bocca mi fossero ritornate indietro con tanto di interessi. Il suo sguardo sofferente e tormentato mi sta distruggendo la mente. Non volevo che mi importasse della sua sofferenza, quello che mi interessava era sbattergli in faccia la mia.

Cammino avanti e indietro lungo la vetrina del ristorante, mi passo la mano tra i capelli e respiro a fatica. La mia testa è un casino e vorrei prendere a pugni qualcosa.

«Harry...» La voce di mio padre arriva alle mie spalle. Mi fermo, chiudo gli occhi, inspiro profondamente, poi espiro, apro gli occhi e mi volto a guardarlo. «Per quanto può valere, mi dispiace.» è la prima volta che lo dice, la primissima volta in tutti questi anni. «Non sono stato un buon padre e tu sei quello che sei, solo grazie a te stesso. Sono fiero di te. Lo sono per come hai vissuto la tua vita, e per come hai sempre cercato di migliorarti.»

Vorrei continuare a dirgli quanto mi è mancato un punto di riferimento, quanto la sua assenza abbia contribuito a distruggere i miei rapporti con gli altri, e quanto odio è rimasto ancora dentro di me, tanto da non riuscire a liberarmene del tutto, come un veleno che ormai mi ha contaminato. Vorrei dirgli ancora tante cose, ma i suoi occhi sono appannati, arrossati e qualcosa mi sta impedendo parlare.

«Non ti biasimo se non mi perdonerai mai, probabilmente mi comporterei nello stesso modo se fossi al tuo posto, e non ci sono scuse per giustificare il mio comportamento, o quello di tua madre. Non abbiamo né scusanti, né giustificazioni, ma credimi se ti dico che sei importante per me, che ti voglio bene e te ne ho sempre voluto anche se non sono mai riuscito a dimostrartelo.» Un paio di lacrime gli rigano il volto e io dovrei dire o fare qualcosa, invece resto fermo a guardarlo, a guardare la sua angoscia senza muovere un dito. «Harry io la amo, e tu puoi capirlo adesso... Non importa quello che ha fatto, i miei sentimenti per lei sono sempre stati gli stessi, intatti per tutto questo tempo. E non posso perdere questi ultimi momenti. Voglio starle accanto, voglio accompagnarla fino alla fine...»

«Ti ha fatto del male papà, l'ha fatto a tutti noi. Ha distrutto la nostra famiglia, si è dimenticata di noi per anni. Come puoi...?»

«Mi sono innamorato di lei quando avevo più o meno la tua età. Era la ragazza dei miei sogni, la più bella che avessi mai visto.» Non mi ha mai parlato del loro rapporto e di quello che lui provava per lei. Un'altra prima volta per noi. «Passavamo la maggior parte del tempo a divertirci, a credere di avere il mondo in pugno, senza pensieri, credendo che il nostro tempo fosse infinito, e ho sempre saputo che non avrebbe potuto esserci nessun'altra oltre a lei, così le ho chiesto di sposarmi. Siamo stati felici Harry, davvero felici. Poi è arrivato Jordan, poi tu, il mio lavoro e... beh questa non è la parte di racconto che mi spetta...» Si ferma, prende fiato mentre tento di recuperare un po' di lucidità. Ammetto che le sue parole mi hanno toccato, perché so bene cosa vuol dire essere realmente e schifosamente innamorato. Probabilmente perdonerei a Chloe qualunque cosa.

«È per questo che sei venuto qui?» La mia rabbia sembra essersi dissolta in una nuvola sopra le nostre teste.

«Quando è venuta da me e mi ha detto che era malata, che le restavano solo poche settimane, io ho dimenticato tutto il mio dolore in un attimo, e ho pensato solo al suo. Mi ha detto che sono stato la cosa migliore che le fossi mai capitata, e... E non ho potuto fare altro che abbracciarla...» La sua voce trema, le sue mani anche. «Non avremo un'altra occasione Harry, dobbiamo approfittare di questa... non posso pensare di perderla avendo sprecato altro tempo...»

Forza Harry, fa' qualcosa!

I miei piedi si muovono da soli, azzero le distanze tra di noi, e lo stringo in un abbraccio, nel quale lui si lascia andare ad un pianto a dirotto, singhiozzando sulla mia spalla, facendomi sentire impotente per non essere in grado di fare niente per alleviare il suo strazio. 

«Mi dispiace Harry... mi dispiace così tanto...» Dovrei dire qualcosa, dovrei provare a consolarlo, lo so bene, ma il mio cuore è ancora sanguinante, e il massimo che riesco a fare e abbracciarlo. «e so che non riavremo più quello che abbiamo perso, ma possiamo andare oltre e restare insieme adesso...»

Insieme... dov'è Chloe? È lei il mio insieme, e ora ne ho bisogno più che mai.

Alzo lo sguardo e la vedo. È ferma sulla soglia dell'ingresso, ci guarda stringendosi nelle spalle, con le braccia strette al petto. Il suo sorriso è rassicurante, mi sta dicendo che sto facendo la cosa giusta, e per quanto vorrei correre da lei in questo momento, mi affido al messaggio che mi stanno trasmettendo i suoi occhi, e resto qui, a sostenere mio padre che ha bisogno di suo figlio.

E nonostante non sia il padre dell'anno da un bel po', è pur sempre mio padre. Mi ha detto che è orgoglioso di me, che mi vuole bene, e ho letto nei suoi occhi quanto fosse sincero. Non sono pronto a perdonarlo, non del tutto, ma posso fare un passo verso di lui, come lui lo ha appena fatto verso di me. 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Capitolo tutto dal punto di vista di Harry che ha un vero confronto con il padre. È combattuto, da un lato vorrebbe rovesciargli addosso tutto il suo malessere, dall'altra si rende conto che suo padre sta facendo dei passi nei suoi confronti e che al momento ha davvero bisogno del sostegno di suo figlio. Insomma, ci sta provando.

Nel prossimo capitolo avremo il tanto atteso confronto con la madre. Sì toglierà qualche sassolino dalla scarpa e la perdonerà, o le urlerà semplicemente tutto ciò che prova per liberarsi di quelli che lo fa stare male e se ne andrà per sempre? Cosa dirà lei? Lo saprete presto.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 13
*** Harry and his mother - Today ***


Harry's POV

«Non ho detto questo Harry.» La voce di Chloe è calma, ma il suo tono è deciso.

Parliamo ormai da tutto il pomeriggio, e non siamo ancora arrivati ad una conclusione, o meglio, io non ci sono ancora arrivato.

Lei sta cercando di farmi vedere le cose da diverse prospettive, ma la mia mente mi riporta sempre alla stessa conclusione. Da qualunque punto io guardi le cose non riesco a vedere altro che me stesso ferito e questo non mi rende affatto obiettivo.

«E allora dovresti spiegarti meglio.» Il mio tono è più duro di quanto vorrei. Non merita certo questo mio atteggiamento, ma oggi non sono lucido e agisco puramente d'istinto.

«Quello che volevo dire è che ti appoggerò comunque, qualsiasi decisione prenderai, ma devi essere sicuro che sia davvero quello che vuoi. È qualcosa di cui potresti pentirti, e potresti non avere la possibilità di rimediare, ma se davvero vuoi tagliare ogni rapporto con lei, allora va bene, ma devi sapere che non avrai un'altra chance. Questo ti deve essere chiaro.» C'è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che le vela lo sguardo di una malinconia che le ho visto spesso nei primi tempi.

«Stai parlando di lui?» Non so perché gliel'ho chiesto, è ovvio che stia parlando di lui.

«Qui non si tratta di Dylan. Io sto parlando del fatto che quando le persone se ne vanno non hai più la possibilità di dirgli quanto gli volevi bene o di quanto le detesti. Parlo di mia nonna, di quante volte avrei dovuto dirle che le volevo bene, o di tuo nonno. Sono sicura che avresti voluto dirgli qualcosa, ma non hai fatto in tempo a farlo, e adesso quelle parole ti soffocano nonostante siano parole d'amore. Puoi immaginare cosa farà al tuo cuore la rabbia che ti tieni dentro?» Lascio entrare dentro di me tutte le sue parole, chiudo gli occhi per permettere al mio cervello di assimilarle una ad una, poi mi volto verso la finestra della stanza d'albergo e fisso lo sguardo su un punto indefinito senza vederlo davvero. Non saprei nemmeno dire se piove, se c'è il sole, o se c'è un dinosauro gigante che terrorizza la città perché non vedo niente che non sia me stesso.

È questo che guardo: il riflesso della mia immagine sul vetro, ma non sono l'Harry di adesso, quello che vedo è Harry a sei anni che piange perché suo padre non gli ha detto che sua madre se n'è andata, ma lui lo sa lo stesso, perché l'ha vista salire in macchina mentre guardava la scena dalla finestra della sua cameretta. Quello che vedo è un Harry spento, vuoto, ma al tempo stesso pieno di emozioni negative, che l'hanno portato a fare scelte quantomeno discutibili, ma non voglio incolpare nessuno adesso di come mi sono comportato in passato. Adesso so che le mie scelte sono state solo mie: non è stato mio padre a spingermi a bere, e non è stata mia madre a spingermi a fumare, tutto quello l'ho fatto da solo perché non mi sono mai voluto bene, ma adesso ho imparato a farlo, mi voglio bene e non permetterò a nessuno dei due di condizionare in alcun modo le mie scelte.

Sento le braccia di Chloe circondarmi i fianchi, mi stringe a sé facendo aderire il suo corpo alla mia schiena. Appoggio una mano sulle sue che adesso sono risalite, unendosi all'altezza del mio petto, mentre con l'altra mi sorreggo allo stipite della finestra e torno a guardare il riflesso di me stesso con occhi nuovi. Non sono solo, non lo sono mai stato in realtà perché mio fratello non mi ha mai abbandonato, ma non ero pronto ad accettare nessun aiuto. Adesso lo sono, ho bisogno dell'aiuto di qualcuno, di quello di Chloe. È stata lei a salvarmi di me stesso. Da quando è entrata nella mia vita non ho fatto altro che concentrare ogni energia per salvarla da sé stessa, e non mi rendevo conto che nel frattempo lei salvava me.

È stato un incontro di anime il nostro, di due anime perse che solo insieme sono in grado di ritrovare la strada.

«Pensi mai a lui?» Le domando cercando di scorgere il suo viso sulla nostra immagina riflessa.

Non parliamo mai del suo ex, in realtà sono io a non volerne sentire parlare. Ho paura del confronto, ho paura di sentirle dire quanto fosse felice prima di me, ho paura e basta.

«Ti mentirei se dicessi di no...» Sento il suo viso appoggiato sulla mia spalla, la sento stringersi di più a me, e non so chi devo ringraziare per averla qui al mio fianco. La nostra storia è nata sul dolore di qualcun altro, ma adesso lei è mia, la amo più di quanto avrei immaginato di poter amare, e solo ora comprendo fino in fondo le parole di mio padre.

'Harry io la amo, e tu puoi capirlo adesso.'

Lo capisco perfettamente, Chloe è la mia ragione di vita, ogni cosa buona che sto facendo, avviene solo grazie all'amore che provo per lei. Adesso lo capisco, non lo giustifico, ma lo capisco.

«Ma quello che c'è tra noi non ha niente a che vedere con il nostro passato Harry...» Mi volto a guardarla perché ora ho bisogno di vedere i suoi occhi. «Quello che provo per te va al di là anche dell'amore. È qualcosa che non so spiegare. Ho impiegato troppo tempo per capirlo, ma ora lo so, e non è paragonabile a niente, perché quello che provo per te è assolutamente unico. Quando dico che ti amo lo dico perché non riesco a trovare parole che possano spiegare meglio quello che provo, ma non sono abbastanza. Io ti amo in un modo che non avevo mai provato prima d'ora Harry, ti amo in un modo che non riesco a spiegarti a parole, io ti amo così tanto...»

La bacio, la stringo forte, lei si stringe a me, le prendo il visto tra le mani e sento le sue lacrime bagnarmi le dita, lei impugna con forza la mia camicia all'altezza delle mie scapole, poi, sento le mie guance bagnarsi. Un piccolo rivolo caldo sta solcando il mio viso. Sto piangendo, ne avevo bisogno, ma lo detesto con ogni parte di me.

Quando si allontana quel tanto che le basta per guardarmi negli occhi mi sorride, poi è lei ad asciugarmi il viso. Scorre lentamente con le dita sulle mie guance, sul contorno dei miei occhi, e io mio lascio coccolare come un bambino.

«Se ti vedesse Zayn in questo momento ti darebbe della femminuccia.» Sta cercando di alleggerire l'atmosfera, e la verità è che ci è riuscita.

«Ma tu non dirai niente di tutto questo a Zayn, giusto?» Le sorrido, lei sorride a me. Ce la posso fare.

«Beh, questo dipende...» Mi mostra un sorrisetto furbo, asciugo le sue lacrime, e mi rendo conto che non ho voglia di battibeccare adesso, non ne ho le forze.

«Sai che c'è? Non importa, ricattami pure, io cederò ad ogni tuo ricatto senza nemmeno fiatare.» Il suo sguardo cambia, sembra molto interessata a quello che ho appena detto.

«Styles che cede senza fiatare, beh, non posso non approfittarne...» Tiene ancora le mani sul mio viso, la sua presa è morbida, e io fisso i miei occhi nei suoi, in attesa che finisca la sua frase. «Dovresti parlare con lei. Senti cos'ha da dire, solo allora avrai a disposizione tutto ciò che c'è da sapere per poter prendere davvero una decisione.»

«Domani» le dico con l'intenzione di rimandare ancora. Sono troppo instabile in questo momento per poterla affrontare.

«Stasera Harry.» Vorrei ribattere, ma non ci riesco. «Ti ricordi il tuo discorso sulle regole della punteggiatura?» Sorrido alle sue parole, ma non è un sorriso felice. Ho capito dove vuole andare a parare e ho appena capito di non avere via d'uscita. «Il punto fermo è quello che chiude un periodo, e da lì in poi è tutto nuovo. Devi mettere quel punto con tua madre. Chiarisci, discuti, urla se necessario, ma non rimandare più. E ricordati che qualunque sarà la tua decisione io sarò al tuo fianco.»

«Allora mi ascolti davvero quando parlo?» Ho bisogno di fare una battuta, ho bisogno di resettare il cervello per qualche minuto.

«Molto più di quanto immagini Harry.» Il suo sguardo è incredibilmente limpido e profondo. Non ho mai avuto problemi e leggere nei suoi occhi quello che le passava per la testa, ed è così anche adesso.

«Ok Stewart, facciamolo, ma prima...»

La sorprendo di nuovo quando la bacio senza alcun preavviso, ma la sua bocca si arrende velocemente alla mia, che pretende controllo assoluto di ogni movimento, di ogni sensazione che riesca a catturare, che sia un contatto o semplicemente un suono strozzato proveniente dalla sua gola. Ho bisogno di riacquistare un minimo di controllo perché tutto quello che ho cercato di mantenere in questi anni si sta sgretolando e non posso fare niente per tenerlo insieme.

«... adesso possiamo andare...» le dico infine, prima di lasciarle ancora un bacio sulle labbra, e un altro, e un altro... e...

«Harry...» mi richiama, sorrido e lascio andare un sospiro.

Non posso più rimandare.

*********

Mi sto muovendo, questo lo so. Ho la chiara percezione del mio corpo e delle mie gambe che muovono i miei piedi uno davanti all'altro per camminare, ma non mi sembra di stare realmente camminando. È come se mi stessi muovendo nel vuoto, o su un pavimento fatto di niente, sospeso nel nulla, come se fossi in un luogo estraneo nel quale vedo immagini confuse e sento rumori amplificati, quasi come fossero un'eco.

«Harry?» Conosco questa voce, ma il mio cervello mi impedisce di fare l'abbinamento giusto, come se tutto, compresi i miei neuroni, fossero rallentati. «Harry?» Continuo a camminare senza riuscire a fermarmi, sono lento, lo sono anche i miei pensieri, tanto che non ho ancora capito di chi sia quella voce e nemmeno da dove arrivi. «Harry?» Poi un contatto, una mano nella mia, la cui stretta mi riporta alla realtà. Mi fermo e mi volto in direzione della sua voce. «Ehi...»

È preoccupata per me, glielo leggo negli occhi. Devo essermi estraniato fin troppo.

«Scusa, ero sovrappensiero...» cerco di rimediare come posso, cerco di sorriderle, ma forse ho fatto una stupida smorfia perché il suo sguardo resta serio, troppo serio.

«Forse ho sbagliato ad insistere, forse non...»

«No Chloe, va bene...» La interrompo prima che il suo cervellino inizi a lavorare così intensamente da sovraccaricare gli ingranaggi e fare il solito casino infernale. «Voglio farlo. È stato solo un attimo...»

«Vuoi entrare da solo?» mi domanda cauta.

«Insieme Chloe, ti voglio con me.» La prendo per mano che poi porto alle mie labbra, le lascio un piccolo bacio sulle nocche, e finalmente sorride.

«Ti amo Harry Styles.» Sorrido incapace di dire altro, perché il suo ti amo è abbastanza per entrami in questo momento.

Mi guardo intorno e mi rendo conto che il motivo per cui lei mi ha fermato è che la stanza in cui mia madre è ricoverata si trova alla nostra sinistra. La porta è chiusa, e sono sicuro che mio padre sia già dentro.

Busso un paio di volte, poi aspetto mentre tengo stretta la mano di Chloe e gli occhi fissi su quella superficie chiara che si apre dopo qualche secondo e aggrotto le sopracciglia nel vedere una ragazza giovane.

«Scusa, devo aver sbagliato stanza.» Le mi sorride senza dire altro, poi richiude la porta e io ricontrollo il numero affisso accanto alla porta.

Sei cinque sette, stanza seicento cinquantasette.

Eppure non ho sbagliato. So che papà l'ha fatta sistemare in una stanza privata, sta pagando lui tutte le spese sanitarie, e non faccio in tempo a farmi altre domande, né a farne a Chloe che la porta si riapre ed è la figura di mio padre quella che mi compare davanti.

«Harry! Sei venuto!» Il suo sorriso dice esattamente la stessa cosa che dicono i suoi occhi: è felice di avermi qui. «Ciao Chloe!»

«Buonasera signor Styles...»

«Ti prego, solo Harrison. Entrate!» Si sposta di lato per lasciarci passare, e io resto fermo sul posto, come se non fossi più in grado di muovermi.

Mi sembra di essere in una realtà alternativa in cui siamo una normale famiglia felice il cui figlio sta facendo visita alla madre malata, e ritorno a questa realtà solo quando la presa della mano di Chloe si fa un po' più stretta, così mi costringo ad avanzare all'interno della stanza. Alla mia destra c'è il muro, alla mia sinistra una tenda che funge da divisore e un percorso tanto breve non mi è mai sembrato così lungo, come se camminassi al rallentatore, con il fiato fermo in gola e il cuore che batte a mille. Non sono pronto a rivederla perché quando guardo il suo viso sento solamente dolore.

Dolore che sembra aumentare come un macigno che arriva ad appoggiarsi lentamente sul mio petto, e premere gradualmente fino a sentirmi quasi mancare l'aria, quando la vedo distesa sul letto, immobile, con gli occhi chiusi e quello che credo sia un foulard a coprirle la testa. Ha dei tubi attaccati alle braccia, la maschera dell'ossigeno e adesso sono io a stringere la mano di Chloe come se così facendo lei potesse sorreggermi.

Con la coda dell'occhio vedo un movimento, poi riconosco mio padre che si avvicina al letto e si china su sua moglie, le accarezza la testa e sussurra il suo nome.

«Mary?» Smetto di respirare, non sbatto nemmeno le palpebre e per un attimo mi sembra che tutto si sia fermato. «Mary?» Poi si muove appena, apre lentamente gli occhi, lo guarda e gli sorride. «Guarda chi è venuto a trovarti?» dice con una voce dolce, che mai gli ho sentito usare, indicandomi.

Mia madre volta lentamente il capo nella mia direzione, e vedo i suoi occhi sorridere. «Harry!» pronuncia con un filo di voce dentro quella maschera trasparente. Poi, con la stessa lentezza alza una mano e sposta quell'affare dal suo volto scavato e provato dalla sofferenza. «Ciao Chloe.»

«Salve signora Thompson.» Le loro voci mi arrivano ovattate, come se avessi del cotone dentro le orecchie.

Mio padre l'aiuta a mettersi seduta e la ragazza che ha aperto la porta poco fa le sta riempiendo un bicchiere con dell'acqua. Forse è l'infermiera personale che mio padre ha assunto per assisterla giorno e notte.

«Come stai?» mi domanda.

Lei domanda a me come sto...

«Bene» riesco a pronunciare a fatica.

«È andato bene il viaggio?»

«Stiamo davvero facendo conversazione come se niente fosse?» Con una sola frase ho fatto sparire il sorriso a tutti, ma non ho voglia di fingere, e ho fretta di finire questa farsa prima possibile.

«Harry!» Mio padre tenta un rimprovero, subito fermato da mia madre a cui torna un debole sorriso.

«Harrison puoi lasciarci soli per favore? Anche tu Grace...» Credo sia il nome dell'infermiera che si alza dal divanetto con la stessa espressione infastidita che ha mio padre.

«Ma...»

«Grace... Per favore...» la interrompe velocemente. «Harrison va' con lei...» Entrambi lasciano la stanza lanciandomi sguardi minacciosi a cui io non presto la minima attenzione.

Sono venuto qui per parlare con mia madre, per poter mettere un punto a tutto questo. Non m'importa di altro e voglio chiuderla il prima possibile.

«Vado anch'io...» dice Chloe a bassa voce, ma io non ho alcuna intenzione di lasciarla andare e rafforzo la presa sulla sua mano.

«Resta Chloe...» anche mia madre è della stessa idea. Almeno su una cosa andiamo d'accordo. «Avvicinati Harry» dice tornando a guardarmi negli occhi, ma io non mi muovo di un passo. «Per favore...» insiste lei, e Chloe mi dà una piccola spinta per fare in modo di avvicinarmi, così lo faccio, ma è evidente sul mio viso quanto tutto questo sia una forzatura per me. «Grazie per essere venuto Harry.»

«L'ho già detto a papà. Non sono qui per voi, ma per me. Quindi dimmi quello che devi e facciamola finita.» Sono stronzo? Forse, ma non m'importa. Stare in questa stanza sta diventando insopportabile.

«Lo so, tuo padre me l'ha detto e mi sta bene. Quello che conta è avere la possibilità di parlare con te...» La guardo restando in silenzio, dandole modo di continuare. «Ogni cosa che ti dirò non è detta per  giustificarmi, quello che voglio è raccontarti come si sono svolte le cose... Stare con tuo padre è stata la cosa più bella che mi potesse capitare, ma sono stata troppo stupida per capirlo. I primi anni di matrimonio sono andati bene, eravamo felici, poi il suo lavoro d'un tratto sembrava essere diventato la cosa più importante per lui, e nemmeno due figli sono riusciti a far riunire la famiglia come avrei voluto...» Si ferma, forse è stanca, poi riprende a parlare. «Dopo che sei nato tu sono caduta in un profondo stato di depressione dal quale sembrava non esserci via d'uscita. Non riuscivo più a comunicare con nessuno e incolpavo chiunque del mio malessere, persino te e Jordan... Ho iniziato ad andare in terapia, ma non serviva a niente, l'unico momento in cui stavo meglio era quando ero seduta nella sala d'attesa del mio terapeuta... Ho conosciuto un uomo e... E lui mi faceva ridere, stavo bene e non pensavo a niente. Tutti i miei problemi sparivano quando ero con lui... Dio, che stupida!» Si lascia andare ad una risata amara, poi distoglie lo sguardo dal mio.

«Vai avanti.» Detesto ogni parola che le sta uscendo dalla bocca, ma almeno sto finalmente conoscendo tutta la storia e posso smettere di chiedermi perché.

«Poco alla volta abbiamo iniziato a parlare di cose sempre più personali fino a che abbiamo deciso di vederci al di fuori di quella sala d'attesa per un caffè, per poter parlare lontano dagli altri pazienti seduti lì con noi. E da quel momento le uscite sono diventate sempre più frequenti, dal caffè siamo passati a pranzare insieme e io... Io mi sono innamorata di lui, credevo fosse l'unico a capire come mi sentissi, e l'unico in grado a farmi stare meglio. Non potevo sbagliarmi più di così. Mi ha promesso una vita felice insieme, mi ha convinta che foste voi il mio vero problema. Mi faceva continuamente notare quanto fossi serena quando stavo con lui e quanto stessi male quando tornavo a casa, e io ero troppo debole mentalmente per rendermi conto di ciò che stava accadendo... Alla fine sai come sono andate le cose. Ho attraversato l'oceano per stare con lui, con la prospettiva di una vita finalmente felice e per un po' lo è anche stata...»

Non so davvero come prendere tutto quello che mi ha appena raccontato. Sono confuso, frustrato e amareggiato dalle sue parole. Non so nemmeno come dovrei reagire, se devo dire qualcosa o se è lei che ha ancora altro da aggiungere.

«Fino a quando, poi, mi ha piantato in asso.» Pronuncia l'ultima frase interrompendo i miei pensieri. «Ho pensato qualche volta di tornare indietro, ma più passava il tempo più la mia vergogna aumentava, e ho continuato a rimandare, e rimandare, e rimandare, ma l'unica cosa che ho fatto è stata perdere tempo.»

Dovrei impietosirmi? Io mi sento sempre più incazzato.

«Quindi hai semplicemente lasciato andare...»

«Già, è esattamente quello che ho fatto, e non passa giorno in cui non mi penta del mio comportamento, e so di averlo capito troppo tardi. Proprio per questo non mi aspetto alcun perdono, né da parte tua, né da parte di tuo fratello...» Stavolta sono io ad interromperla.

«Se non è per il perdono, perché lo stai facendo allora?» Ho sempre immaginato che fosse venuta a Boston per quello. Davvero mi sono sbagliato?

«Perché ho capito che abbiamo poco tempo, e quel poco non dobbiamo sprecarlo...»

«Perché non mi dici il vero motivo?» Ci dev'essere qualcos'altro oltre che a tutte queste belle parole, non so perché, ma lo sento.

Lei sospira, segno che ho centrato il punto. «Non è stata solo la vergogna per il mio comportamento nei vostri confronti a tenermi lontana da voi. Ero rimasta incinta subito dopo essere arrivata a Londra...» Le sue parole hanno il potere di congelare ogni cosa. Ha appena detto una cosa che non avrei mai immaginato. «È per questo che mi ha piantato in asso e io non ho mai trovato il coraggio di tornare sui miei passi. La decisione più stupida che abbia mai preso...»

E non c'è che una sola parola nel mio cervello che continua a rimbalzare da una sinapsi all'altra, come in un flipper impazzito: lei era incinta.

E quando pensavo che peggio di così non potesse andare arriva un colpo che mi esplode nel petto con una forza impressionante.

«Grace, la ragazza che era qui fino a poco fa, è tua sorella...»

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Abbiamo un bel carico di emozioni per Harry che passa dalla rabbia, alla frustrazione, all'angoscia, fino a sentirsi totalmente perso mentre apprende che ha una sorella. Ve lo aspettavate?

Eeeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 14
*** Chloe, Harry and his family - Today (pt 1) ***


Chloe's POV

Un guscio vuoto.

È questo quello che sembra Harry in questo momento.

Nessuna emozione nei suoi occhi, nessuna espressione sul suo viso. Da quando sua madre ha pronunciato quelle parole rivelando qualcosa che nessuno si aspettava, Harry sembra essersi svuotato. Non vedo rabbia, né rancore, né qualsiasi altro sentimento. È come se si fosse spento.

Torno a stringere la sua mano, ma lui non reagisce, le sue dita restano ferme mentre le mie cercano un maggiore contatto, ma lui non c'è.

«Harry?» La madre lo richiama con un filo di voce, con la mia stessa preoccupazione per lui nello sguardo.

«Ehi...» sono io a sussurrarlo accanto a lui, sperando che riesca a sentirmi. «Harry ti prego dì qualcosa...» Ritento subito dopo, e finalmente ottengo una reazione anche se non quella che speravo.

Si allontana da me, lascia la mia mano e fa un passo in direzione di sua madre. Il suo sguardo è severo, carico di rabbia come non l'avevo mai visto prima. Harry è tornato, ma adesso credo sia incontrollabile.

«Tu ti sei fatta un'altra cazzo di famiglia...» pronuncia ogni parola con disprezzo. «Quella che avevi già non era abbastanza per te vero? No, certo che no! Papà non ti dava abbastanza attenzioni, e io e Jordan ti abbiamo solo complicato le cose... E invece Grace ti ha reso felice!? O quel bastardo che ti ha mollata come se non fossi niente... quello andava bene!?» Sta ormai alzando la voce, ma lei sembra non fare una piega alle sue parole. Il suo atteggiamento sembra non toccarla, o forse sta solo incassando il colpo che merita.

«Harry non è stato facile per me...»

«Per te non è stato facile!?» Urla ancora più forte, interrompendola, poi si volta verso di me, e il suo viso è una maschera di astio e rancore. «L'hai sentita? Per lei non è stato facile dice... Ma ti senti quando parli? Tu non hai la minima idea di cosa non è facile... Non è facile per un bambino di sei anni andare a scuola sempre con la tata. Non è facile affrontare i compagni che lo prendono in giro perché la madre se n'è andata con un altro. Non è facile dover tornare a casa e sentire il padre piangere per tutta la notte perché la moglie l'ha lasciato e credere di essere in qualche modo la causa di questa separazione...» Sembra quasi mancargli il fiato mentre parla. La sua voce trema, il suo corpo anche, e lo strazio che provo nel vederlo così sta diventando insopportabile.

«Harry ho pensato a voi sempre...»

«Ci hai pensato!? Tu ci ha pensato!? E cosa cazzo ce ne siamo fatti del tuo pensiero!? Credi forse che pensarmi mi abbia impedito di finire ubriaco quasi ogni sera!? Credi che pensare al povero Harry, mi potesse aiutare quando tornavo a casa strafatto perché il dolore era insopportabile!? Il tuo abbandono del cazzo ha condizionato la mia intera vita e tu mi vieni a dire che mi hai pensato!? Io ho pensato a te, e quando sono riuscito a smettere di farlo è stata una cazzo di liberazione!»

«Harry lo so che...»

«Tu non sai proprio un cazzo!» Non la lascia parlare, e continua a parlare come se tutte le parole che ha tenuto finora dentro di sé avessero rotto gli argini e non potesse tenerle per sé nemmeno se lo volesse. «Hai idea di cosa vuol dire vivere con la paura costante di essere abbandonati dalle persone che ami di più? Hai idea di cosa vuol dire detestare tutto il genere femminile per anni!? No... tu non sai un cazzo di me, né di Jordan, perché hai deciso di tagliarci fuori, perché è questo che hai fatto diciotto anni fa, e ora vieni a dirmi che ho una sorella!?»

«Harry, per favore...»

«Harry per favore!?» Ormai è inarrestabile, e io non voglio nemmeno provare a fermarlo. Ha bisogno di tirar fuori tutto questo dolore, ha bisogno di dirle quanto ha sofferto a causa sua, e mi dispiace se lei sta soffrendo, ma quello che ha passato lui in tutti questi anni non può e non deve essere messo in secondo piano. «Vuoi sapere chi era Harry? Harry era quello che nel pieno della notte si svegliava per un incubo e l'unico a consolarlo era suo fratello, che però era a sua volta un bambino e aveva bisogno anche lui di un abbraccio. Harry era quello che non aveva mai nessuno da festeggiare alla festa della mamma. Harry era quello che ascoltava suo padre piangere e non poteva fare assolutamente niente per aiutarlo. Harry era quello che ha sperato per mesi, per anni che saresti tornata. Ho passato serate intere seduto sulle scale aspettando di vedere la porta di casa aprirsi per vederti tornare. Ho immaginato quella scena così tante volte che ho pensato di averla vissuta realmente, ma tu non c'eri, non c'eri mai...» La sua voce si affievolisce, l'adrenalina sta diminuendo, e il dolore sta tornando a galla. I suoi occhi sono gonfi e arrossati, come anche quelli di sua madre che però sta già piangendo. «Io ti volevo e tu non c'eri...» Mi si spezza il cuore a sentirlo parlare così. Faccio per avvicinarmi a lui, poi si gira verso di me, mi scansa, mi supera ed esce dalla stanza come una furia.

È distrutto, svuotato, devastato. Ho intravisto per un attimo il suo sguardo, ed era di nuovo vuoto, ma al tempo stesso disperato. Non posso lasciarlo solo adesso. Mi volto per raggiungerlo, ma la voce di quella donna mi ferma.

«Chloe?» Per un attimo sono indecisa se ascoltarla o no, ma poi mi giro e la guardo in silenzio, silenzio che lei prende come invito a parlare. «Non voglio il suo perdono, so di non meritarlo e non avrei mai nemmeno il coraggio di chiederglielo... ma vorrei che lui, Jordan e Grace diventassero una famiglia. Loro non hanno nessuna colpa Chloe...» Sospiro pesantemente, non rispondo, adesso voglio solo raggiungere Harry, quindi esco velocemente dalla stanza, volto lo sguardo a destra e a sinistra, e lo vedo in fondo al corridoio mentre apre la porta che dà sulle scale. Affretto il passo, seguo il suo percorso fino a sentire i suoi passi veloci sui gradini che portano al piano terra.

«Harry!» lo chiamo sperando che mi senta, ma il rumore non cessa. «Harry ti prego!» Alzo la voce e il rumore si interrompe. Mi dà modo di raggiungerlo.

È a metà di una rampa, con il fiato corto, la mano sinistra stretta forte sul corrimano e gli occhi lucidi. Non dico nulla, mi posiziono davanti a lui che è rimasto immobile e, con cautela, lo abbraccio. Inizialmente resta rigido, come se io non ci fossi, poi, come se si muovesse al rallentatore, lo sento abbandonarsi al mio abbraccio, appoggia la sua testa sulla mia spalla, poi le braccia attorno al mio corpo e il suo respiro rallenta, ma non il tremore.

«Respira Harry... Sono qui...» Per un attimo questo abbraccio mi riporta indietro nel tempo, a quando la sera di Halloween dell'anno scorso lui mi ha abbracciato ed io per la prima volta mi sono lasciata andare con lui. È stata la prima di una lunga serie, e adesso è il mio turno di salvarlo da sé stesso.

«Non le è mai importato niente di me, non le è mai importato niente di nessuno, solo di sé stessa e di sua figlia...»

«So che non vuoi sentirlo Harry, ma è tua sorella...» Per quanto detesti ammetterlo, la signora Mary ha ragione. Grace - come anche Harry e Jordan - non ha nessuna colpa, ed è comunque un membro della famiglia.

So che non è la stessa cosa, ma non posso evitare di paragonare la situazione di Dylan a questa, e nemmeno posso evitare di farglielo presente.

«Non m'importa di lei, non m'importa di niente!»

«Sei arrabbiato Harry e lo capisco, ma è tua sorella. Dylan non ha potuto conoscere suo fratello e sai bene che se avesse potuto avrebbe voluto conoscerlo. Tu nei hai la possibilità Harry, dovre...» 

«Ti ho detto che non m'importa un cazzo di lei!» Si allontana da me con uno sguardo glaciale. «E non venire a farmi la ramanzina sulla famiglia, perché questa non lo è!»

«Harry...»

«No Chloe, non voglio stare a sentirti! Per diciotto anni sono stato da solo, per diciotto anni ho avuto solamente Jordan. Adesso che stavo per dare una possibilità a me stesso di poter avere davvero una famiglia lei decide di andarsene di nuovo!» Non riesco nemmeno ad immaginare la sua sofferenza. Forse aveva intenzione di perdonare sua madre, ma le sta facendo una colpa per la sua malattia, perché ha deciso di riprendere i contatti con loro solo quando è già tardi per poter recuperare il tempo perso.

«Ma puoi avere ancora una famiglia, hai tuo padre, tuo fratello, e ora anche una sorel...»

«Non voglio avere niente a che fare con lei!» Sputa quelle parole con rabbia, ma sono sicura che non le stia pensando veramente. È arrabbiato, e ne ha tutti i diritti.

«Harry non ragionare in que...»

«No Stewart! Sei tu che devi ragionare...» Continua ad interrompermi, ma non importa, mi lascerei calpestare in qualsiasi modo se questo servisse a farlo stare meglio. «Quella se ne arriva dall'oggi al domani e ha subito l'allegra famiglia felice!?»

«Harry...»

«Fatti i dannati affari tuoi Stewart!» Non mi dà modo di rispondere perché mi volta le spalle e riprende a scendere le scale con una velocità impressionante.

Stavolta lo lascio andare, credo abbia bisogno di sbollire, di stare un po' da solo, ma io non voglio tornare subito in quella stanza. Ho bisogno anche io di qualche minuto per conto mio, così mi siedo sui gradini, poggio i gomiti sulle ginocchia e nascondo il viso tra le braccia fino a che riprendo a respirare regolarmente.

*

Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando mi sono seduta su queste scale. Forse troppo, forse troppo poco, ma mi manca, e ho bisogno di sapere dove sia. Gli ho lasciato abbastanza tempo, ora deve tornare da me.

Mi metto in piedi, strofino le mani sulle gambe, prendo un gran respiro, poi risalgo fino al piano dal quale sono arrivata, ripercorro il corridoio a ritroso fino ad arrivare alla camera della signora Mary, apro lentamente la porta ed entro. Lei è sdraiata e, non appena mi vede, si solleva mettendosi a sedere a fatica.

«Come sta?» mi domanda con evidente apprensione sia nella voce che nello sguardo.

«È fuori di sé...» Non ho intenzione di indorare la pillola. È giusto che sappia cos'ha provocato il suo comportamento.

«Speravo che la prendesse meglio...» dice amareggiata abbassando lo sguardo.

«Come poteva prenderla meglio!?» le dico alterandomi appena. «Nonostante tutto sembrava stesse per ritrovare la sua famiglia, era disposto a provare a fare un passo verso di lei, ma poi gli ha detto che ha una sorella, cosa crede che abbia pensato?» Lei mi guarda come se non capisse quello che intendo. «Lei ha fatto da madre a Grace da sempre e a Harry no, come può prendere meglio una notizia del genere!? È geloso, ed è normale che lo sia. Sua sorella ha avuto la madre che lui non potrà mai avere... Lei lo sta lasciando di nuovo, e stavolta per sempre...»

Ho riflettuto sulla reazione di Harry a tutto questo e sono certa di aver centrato in pieno il punto. Sì sente di nuovo abbandonato da sua madre perché sta per morire, ed è comprensibilmente invidioso di sua sorella perché lei ha avuto qualcosa che lui ha sempre desiderato, ma che non avrà mai.

«Ho fatto degli errori imperdonabili nella mia vita, ma ho la possibilità di riunire tutti i miei figli. E so che avrei dovuto farlo molto prima, ma lo sto facendo adesso...» Sono sicura che sia sincera, che la malattia l'abbia portata a vedere le cose diversamente e a tentare di salvare il salvabile, ma l'obiettività di Harry, al momento è piuttosto vacante.

«Harry è un ragazzo che ha lottato tanto nella vita, e sotto quella maschera da uomo tutto d'un pezzo si nasconde un ragazzo fragile che ha bisogno di qualcuno che gli voglia bene e...»

«E a quanto pare l'ha trovato...» Mi interrompe, finendo al mio posto la mia frase.

Mi guarda sorridente, con gli occhi stanchi e lucidi. Sì sistema più comodamente con la testa all'indietro, contro la montagna di cuscini alle sue spalle, poi espira a fatica, ed inspira con ancora più fatica. Mi avvicino, e l'aiuto a sistemarsi la maschera dell'ossigeno sul viso mentre lei mi guarda con affetto.

«Amo Harry più di quanto possa dire e vederlo soffrire è qualcosa che mi strazia l'anima. Lui mi ha salvato da me stessa. Ha la grande capacità di capire le persone... Harry mi ha riportato letteralmente alla vita. È un ragazzo straordinario e non meritava quello che lei gli ha fatto...» Anche io sono arrabbiata per questa situazione, per lui dev'essere terribile.

«Hai ragione, non lo meritava, e non posso cancellare ciò che ho fatto, ma se per qualche motivo potessi tornare indietro, non me ne andrei mai. Anche io ho perso molto a causa del mio comportamento, ma sono stata io a volerlo e posso solo biasimare me stessa, e so che capirai che far riunire Grace ai suoi fratelli sia l'unica scelta giusta che possa fare...» Ha ragione, su questo sono d'accordo con lei.

Dylan continua a ripetere che non sa cosa darebbe pur di poter tornare indietro e conoscere suo fratello, ma lui non c'è più; nessuno - per quanto lo vogliamo - potrà mai restituircelo, e conosco bene il dolore che comporta non avere più la possibilità di dire ti voglio bene a qualcuno a cui tieni davvero. Se Harry decidesse di non voler vedere Grace mai più se ne pentirebbe, e forse potrebbe essere troppo tardi.

«Parlerò con Harry, ma lo faccio solo per lui e Grace.» Loro due non hanno colpe, e meritano la possibilità di conoscersi.

«Mi sta bene. Non m'importa più di me Chloe. Questa malattia mi ha permesso di capire quali siano le cose davvero importanti. Ero venuta a Boston per dire a tutti loro che mi dispiace, volevo scusarmi. Non potrei mai chiedergli qualcosa di così grande come il perdono, e comunque te lo ripeto, non lo merito...» Parla con grande sofferenza e io resto nel più totale silenzio mentre lei continua. «I miei figli sono ciò che di buono ho fatto nella vita. L'unico desiderio che ho prima di andarmene è saperli insieme...»

Un rumore di passi attira la nostra attenzione, ma a spuntare dalla tenda che preclude la vista dell'ingresso alla stanza non è Harry. Il signor Styles e Grace si avvicinano al letto della donna, lei sorride loro, mentre io mi sento di troppo.

«Dov'è Harry?» mi domanda suo padre.

«Non ne ho idea» rispondo intanto che mi accorgo dei piccoli gesti d'affetto che ha la ragazza nei confronti della madre.

Le accarezza la testa, le prende una mano, le sorride, poi le sussurra un 'come stai' e la signora Mary sorride ancora per rassicurarla. E io penso a Harry, a quello che non può avere, ma che vorrebbe con ogni parte di sé: un rapporto con la madre, e a questo punto non m'interessa se lei non lo merita, lui ne ha bisogno e farò di tutto per fare in modo che si realizzi.

«Immagino che l'abbia presa male» continua il signor Styles guardandomi con l'aria triste.

«Non si aspettava certo che avrebbe accolto tutti a braccia aperte no?» gli dico con una punta di sarcasmo nella voce.

«In realtà una parte di me lo sperava...» Sto per rispondergli, ma Grace si intromette nella discussione.

«Vorrei parlare con lui.» Mi guarda dritto negli occhi, con una sicurezza che ho visto poche volte in una persona.

Forse è una buona idea, e comunque è qualcosa che anche io stavo prendendo in considerazione, ma non stasera. Credo che per oggi abbia già sofferto abbastanza.

«Glielo dirò. Adesso scusate, ma voglio andare a cercarlo.» Saluto tutti ed esco dalla stanza pensando unicamente a lui. Ora è la mia priorità.

Arrivo all'ingresso principale dell'ospedale, mi guardo intorno, osservo le persone che incrocio sul mio cammino, scruto ogni volto, ma di Harry sembra non esserci traccia. Prendo il telefono e faccio partire la chiamata, ma non risponde. Non ho la minima idea di dove possa essere e l'unica cosa che mi resta da fare al momento è tornare in albergo sperando che sia lì, ma non smetto di provare a chiamarlo. Lo faccio per tutto il tragitto, e il risultato è sempre stato uno squillare a vuoto.

Inizio ad essere preoccupata, spero solo che non gli sia successo niente. Era davvero sconvolto quando mi ha urlato contro di farmi gli affari miei, e so che l'ha detto solo perché era profondamente turbato. Non importa che l'abbia fatto, ciò che conta davvero è che sia al sicuro.

Una volta arrivata in hotel prendo l'ascensore che porta al piano in cui si trova la nostra stanza. Ho io le chiavi della nostra camera, e ho ormai quasi perso le speranze di trovarlo qui, ma quando entro tutta la mia preoccupazione si dissolve in un attimo. Harry è rannicchiato sul letto e io posso tirare un enorme sospiro di sollievo.

Mi tolgo le scarpe e mi avvicino con cautela, facendo più piano che posso perché se dormisse non vorrei disturbarlo. Ha gli occhi chiusi, respira con calma e regolarmente. Decido di lasciarlo riposare e vado in bagno per farmi una doccia, voglio lavarmi via tutto l'odore di disinfettante che ancora sento nelle narici.

Mi lego i capelli, faccio scorrere l'acqua, lascio tutti i vestiti sul bordo del lavandino, poi mi infilo sotto il getto caldo sperando che il vortice nella mia testa si calmi un pochino. Ho bisogno di riacquistare la mia lucidità per aiutarlo a ragionare, perché in questo momento nemmeno io sono tanto in me. Vorrei sapere quale sia la cosa giusta da fare, quella migliore per lui perché non posso permettermi il lusso di sbagliare, non adesso che è in questo stato di totale confusione.

«Si può?» Sobbalzo nel sentire all'improvviso la sua voce bassa. Ha aperto la parete del box doccia, ma ero così presa dai miei pensieri che non me ne sono accorta. Il suo sorriso non c'è, e i suoi occhi sono velati da qualcosa che non riesco ad interpretare, come se lui stesse cercando di nascondere quello che prova.

«Pensavo che dormissi» gli dico mentre lui entra nel box facendo scorrere la parete alle sue spalle fino a richiuderla.

«Non stavo dormendo» dice prendendo il flacone di bagnoschiuma dalle mie mani per metterne una piccola quantità nelle sue, poi lo posa sul piccolo ripiano alla mia sinistra. «Girati» dice con lo stesso tono di poco fa.

Mi volto, privandomi della vista di lui, dei suoi tatuaggi, e del suo corpo nudo. Harry inizia ad insaponarmi a partire dalle spalle, poi la schiena, i fianchi, e forse non dovrei pensare a quello che sto pensando, lui è sconvolto, ha bisogno di metabolizzare quanto è successo, eppure, quando le sue mani scorrono lente sui miei fianchi per stringere le mie anche e tirarmi a sé, il mio cervello fa tabula rasa e riesce solo a concentrarsi sul contatto del suo corpo contro il mio, dei suoi respiri pesanti che riesco a sentire nonostante il rumore dell'acqua.

«Harry... Forse non...» Protesto con scarsa energia, perché non vorrei davvero dovermi fermare, ma lui non è in sé.

«Ti prego Chloe... Lasciati amare.. ne ho bisogno...» Tutto si spegne non appena le sue parole lasciano le sue labbra e arrivano con tutta la loro potenza al mio cervello.

Mi volto nel suo abbraccio, gli prendo il viso tra le mani e mi perdo nei suoi occhi carichi di disperazione. «Sono qui Harry, adesso puoi respirare...» Poi mi bacia, mi perdo sulle sue labbra, sulla sua bocca, tra le sue mani, mentre lascio che lui si perda in me, mentre lui mi ama, e mentre io amo lui.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Una bella vagonata di emozioni in questo capitolo. Harry è più confuso che mai, prova un sacco di sentimenti contrastanti e non sa da che parte iniziare per mettere ordine nella sua vita, ma per fortuna ha Chloe e decide di ripartire da lei, la sua unica certezza al momento.

Riuscirà Chloe ad aiutarlo? O sarà costretta a limitarsi a fare da spettatrice? Grace e Harry troveranno un punto d'incontro? Che cosa pensa Grace di Harry?

A queste e a molte altre domande troveremo risposte nel prossimo capitolo.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 15
*** Chloe, Harry and his family - Today (pt 2) ***


Guarda tutto scivolare giú
Mi guardo e mi chiedo quale sia l'obbiettivo
Si dimmi qual'è il tuo obbiettivo
Sono solo così perso nelle emozioni, non me ne accorgo neanche
Sto solo scivolando in un posto e non penso chiaramente

 

"Face it"

NF

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Chloe's POV

Faccio scorrere lentamente le dita tra i suoi capelli, lo faccio da parecchi minuti. Sono quasi asciutti ormai, i miei un po' meno, ma non importa. Non avevo intenzione di lavarli, né di bagnarli, ma la sua incursione sotto la doccia mi ha fatto dimenticare qualunque cosa.

Al momento, Harry sembra un bambino bisognoso di coccole e so quanto gli piacciano le carezze tra i capelli. Non sono più lunghi come quando l'ho conosciuto, ma lo sono abbastanza per farci sparire in mezzo le dita. Ed è questo che continuo ad osservare: mentre lui tiene la testa appoggiata sulle mie gambe, io resto con gli occhi sulle mie dita che compaiono e scompaiono tra i suoi capelli, incantata da quel movimento, l'unico che c'è tra noi da diversi minuti a questa parte.

Sono seduta sul letto con la schiena appoggiata all'indietro contro la testiera imbottita, indosso la maglietta che mi ha dato lui poco fa quando è tornato dal bagno, dopodiché si è sdraiato in obliquo sul letto, per poi appoggiarsi sulle mie gambe, che tiene strette con il suo braccio sinistro, quello quasi completamente tatuato.

È chiuso nel suo silenzio e io mi sto sforzando di lasciargli il suo tempo. Sono quasi le cinque del mattino, sono passate alcune ore dalla scoperta di Grace, e non abbiamo nemmeno cenato. Non ho comunque fame a dire la verità, anzi ho lo stomaco chiuso e non riesco a pensare ad altro che a quello che sta passando nella testa di Harry.

«Mi dispiace di averti urlato contro... non avrei dovuto...» La sua voce bassa, quasi spezzata, rompe il silenzio della stanza e il frastuono dei miei pensieri.

«Non ha importanza Harry, nemmeno me lo ricordavo più.» Me lo ricordo invece, perché non posso dimenticare l'espressione del suo volto in quel momento, ma so che non era arrabbiato con me, quindi se gli sono servita da valvola di sfogo va bene.

«Sei sempre una pessima bugiarda Stewart» dice voltando il viso verso di me.

Ha un sorriso triste e la mia mano adesso è sulla sua guancia, la sua si posa sulla mia che poi porta alle labbra per lasciarvi un dolcissimo bacio ad occhi chiusi. Quando li riapre sembrano ancora più tristi e non posso più rimandare.

«Harry parlami.» Non c'è bisogno che gli dica cosa voglio sapere.

«Ho chiamato Kurt quando... quando ho lasciato l'ospedale...» Resto decisamente stupita dalle sue parole. Non mi aspettavo niente del genere. Pensavo che l'unico con cui avrebbe potuto parlare, quello la cui situazione è più affine alla sua, fosse Dylan, e invece lui mi ha sorpreso. Lo guardo in silenzio, con gli occhi spalancati, quasi senza fiatare, in attesa che lui continui. «Gli ho chiesto cos'ha provato nello stare accanto a Dylan quando è stato a Montreal...»

«Perché Harry?» Ho provato a capire il motivo della sua telefonata, ma proprio non ci arrivo.

«Perché non voglio tirarti a fondo con me.» Lo guardo aggrottando le sopracciglia e sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco, qualcosa che non mi piace per niente.

«Cosa... cosa stai dicendo? Che significa? Mi stai tagliando fuori?» Si mette seduto senza lasciare la mia mano. Il suo sguardo è dispiaciuto, e non c'è più ombra di un sorriso sulle sue labbra, nemmeno quello triste di poco fa.

«Chloe...»

«No Harry, non puoi farlo! Non esiste!» Mi alzo dal letto come se il materasso avesse iniziato a bruciarmi la pelle, ed inizio a camminare per la stanza come in preda ad una crisi isterica.

«Chloe...»

«Avevi detto insieme, ed è quello che faremo. Non m'importa di quello che dirai...» Alzo lo sguardo su di lui che è rimasto seduto a gambe incrociate sul letto e ora sta sorridendo. «... io non mi faccio tagliare fuori da te, Styles... Che hai da ridere adesso!?» gli domando mentre mi rendo conto che sto alzando la voce.

«Kurt mi aveva detto che non avresti voluto sentire ragioni, ma io dovevo provarci...» Resto ferma in piedi al fondo del letto e lo guardo sentendomi confusa. Si solleva, si mette in ginocchio e mi si avvicina, poi mi prende per un braccio, mi tira verso il letto e mi fa cadere sul materasso, rimanendo sopra di me. Si sostiene con una mano e con l'altra gioca con i miei capelli. «Ci sei già passata e non voglio essere io a...»

«Piantala Harry, stai dicendo una marea di cazzate!» Lo interrompo perché non voglio ascoltare altro. Possibile che anche in un momento del genere stia pensando prima a me che a sé stesso? «Io sono qui, e qui rimango. Non ti lascio Harry, non vado da nessuna parte senza di te...» Il suo sguardo si illumina, adesso sono i suoi occhi a sorridere, poi le sue labbra fanno lo stesso fino a far comparire la fossetta sulla guancia sinistra. «Non ho modo di lasciarti andare Harry...»

«Era più facile contraddirti quando eri una stronza acida del cazzo...» Le sue dita si infilano tra i miei capelli, le mie si posano sulle sue guance e lo tiro verso di me.

«Se ti viene più facile posso esserlo di nuovo, basta che fai un altro ragionamento come quello di poco fa e vedi come divento stronza.» Sorride di più, sento scavarsi le fossette sotto le mie dita. Sposta la sua mano sul materasso, al lato della mia testa e si abbassa un po' di più.

«Potrebbe essere un'idea dato che nelle prossime ore diventerò intrattabile, perché appena il tutto si metterà in moto potrei essere io a diventare lo stronzo, e... non voglio farti del male in alcun modo Chloe...» Allora non mi sbagliavo. È questo il motivo per cui ha chiamato Kurt e non Dylan, perché continua a preoccuparsi per me.

«Adesso puoi dirmi come stai?» Lo interrompo di nuovo perché qui non si tratta di me. Ho monopolizzato la sua vita in passato, sono stata egoista, ma ho smesso da tempo di esserlo. Harry mi ha fatto tornare me stessa, e lo amo così tanto che non potrei mai abbandonarlo, nemmeno se me lo chiedesse. Adesso è lui la priorità. Voglio sentire dalla sua voce quello che prova.

«Sopra di te decisamente bene.» Ruoto gli occhi per la sua battuta, poi decido di stare al gioco, forse distrarsi gli farà bene.

«Mi sembra che anche sotto di me tu stia decisamente bene.» Sorride di più, ma so che è solo la calma prima della tempesta.

«Decisamente Stewart... Sotto di te sto decisamente meglio...» È ancora nella stessa posizione, con le mani ai lati della mia testa, un ginocchio tra le mie gambe e le mie mani sul suo viso.

E restiamo così per qualche secondo, mentre gli do il tempo per trovare le parole giuste che sono sicura stia cercando nella sua mente.

«Sto da schifo Chloe...» I nostri sorrisi scompaiono, e presto la massima attenzione alle sue parole. «Il solo fatto che mia madre fosse tornata a farsi sentire è stato destabilizzante, ma il fatto che l'abbia fatto per dirmi che sta per abbandonarmi di nuovo è ancora più devastante. Se ci aggiungi che mi ha detto di avere una figlia che ha cresciuto finora, beh... il quadro è completo.» La sua voce è un misto tra rassegnazione e amarezza, la sua espressione è il ritratto della tristezza.

«Dovresti parlare con Grace.» Potrei anche sbagliarmi, ma il secondo abbandono - stavolta annunciato - da parte di sua madre, sembra indirizzarlo verso la decisione definitiva di troncare ogni tipo di rapporto, però sono convinta che possa costruire qualcosa con sua sorella.

«Me l'ha detto anche Kurt.» Si sposta, e si mette seduto al mio fianco aiutandomi ad alzarmi.

«E che altro ti ha detto Kurty?» Prende le mie gambe e le posa sulle sue. Le sue mani aperte si appoggiano sulle mie cosce.

«Mi ha detto di lasciarmi aiutare...» Sorrido con lui nel sentire le parole di Kurt attraverso Harry. «... e che dovrei parlare con Dylan...» Sospira dopo aver pronunciato il nome del suo amico d'infanzia, mentre io penso a quanto sia sempre eccezionale il mio migliore amico. Non lo sento da qualche giorno, devo chiamarlo.

«Kurty dà sempre ottimi consigli.» Mi manca, e mi manca anche Hazel. Spero che almeno Kurt si decida a trasferirsi presto a Boston. Lui e Dylan sono diventati inseparabili e Kurt pensa che tra i due sia più facile per lui cambiare città.

«Su questo siamo d'accordo.» Ci è capitato più volte di parlare di lui e ogni volta Harry mi ricorda di quante volte il mio migliore amico abbia insistito con me al fine di dare una possibilità al nostro rapporto. Effettivamente Kurt ha sempre fatto il tifo per Harry e ha anche avuto ragione sul fatto che fosse perfetto per me.

«Che intendi fare adesso?» gli domando mentre fa forza sulle mie gambe per avvicinarmi di più a lui.

«Vuoi la verità?» Annuisco e resto in silenzio, aspettando che continui. «In questo momento vorrei solo riuscire a dormire almeno un paio d'ore.» Abbiamo passato la notte in bianco, un po' a coccolarci, un po' ad amarci, e per il resto siamo rimasti nel totale silenzio di questa stanza, con i pensieri a riempirci la testa.

«Un massaggio rilassante potrebbe aiutarti?» Ha davvero bisogno di dormire, ma immagino che non sia per niente facile per lui prendere sonno.

«No, ma sarebbe piacevole.» Sorride, ma è un sorriso appena accennato, stanco, e di nuovo ho voglia di accarezzarlo, così porto di nuovo le mani sul suo viso.

«Quello che sto per dirti non ti piacerà, ma devi parlare anche con tua madre.» Resto in attesa di qualche sua reazione aggressiva che però non arriva, anzi mi sorprende di nuovo.

«Sì, lo so. Lo farò. Voglio dirle quanto tutto questo faccia schifo.»

«L'hai già detto a Jordan?» gli domando preoccupandomi di suo fratello.

«Non ci sono riuscito. Ho tentato di chiamarlo un paio di volte mentre ti aspettavo, ma quando stavo per far partire la chiamata mi è mancato il coraggio. Se lo sapesse lascerebbe tutto per correre da me. Jordan mi ha detto chiaramente che non vuole avere niente a che fare con nostra madre e... Cazzo, questa cosa di una sorella non l'avevamo affatto immaginata...» È stato uno shock per tutti, ma Harry ne è rimasto comprensibilmente sconvolto.

«Prima di lasciare l'ospedale mi ha chiesto di poter parlare con te... Grace intendo...» mi fermo, abbasso le mani sui suoi fianchi e non smetto di guardarlo negli occhi.

«Ho una sorella...» dice come a volerlo confermare a sé stesso.

«Sì Harry, hai una sorella minore.» Sto cercando di capire dai suoi occhi cosa provi al riguardo, ma non è facile interpretare quello che vedo, o forse nemmeno lui sa come sentirsi.

«Lei ha avuto una madre...» La sua voce trema appena. «Mia madre... Grace l'ha avuta e io no...» Sento nella voce di Harry tutta la sua delusione mentre rimarca con forza la parola mia.

«Harry... Lei non ha colpe...» Non so quanto conoscesse Grace di tutta la storia, ma voglio credere che fosse all'oscuro di tutto, proprio come lo era Harry, o per lui sarebbe un colpo durissimo.

«Questo non lo so Chloe, e vorrei davvero poter parlare con lei senza detestarla, ma... ma è già troppo tardi per questo...» È arrabbiato, ed è anche giusto che lo sia.

«Dalle una possibilità, dalla a te stesso, e se parlassi con Dylan ti darebbe le giuste motivazioni per provarci perché...»

«Lo farò» afferma interrompendomi bruscamente.

«Davvero?» esclamo sorpresa.

«Davvero» dice quando sulle sue labbra si apre l'accenno di un sorriso. «Ma adesso voglio quel massaggio che mi hai proposto prima.» Sposta le mie gambe dalle sue, si volta e si sdraia a pancia in giù, infilando le braccia sotto al cuscino. Mi metto a cavalcioni su di lui, sedendomi alla base della sua schiena, poso le mani sulle spalle, poi sulle scapole, i dorsali, e sorrido mentre sento dei versetti soddisfatti lasciare le sue labbra.

Sarà una lunga giornata, spero almeno di riuscire a farlo rilassare.

*********

Mi bruciano gli occhi, li tengo aperti a fatica, ma mi piace guardare il suo viso che finalmente ha i lineamenti più rilassati. Il massaggio alla schiena si è poi tramutato in una sessione di sano sesso in cui lui non si è risparmiato, anzi, credo sia riuscito a sfogare un po' di rabbia. È stato adorabile assistere al netto contrasto di un Harry prepotente, quasi aggressivo, mentre mi teneva stretti i polsi quando ero sotto di lui, a un Harry dolce e adorabile mentre baciava centimetro dopo centimetro gli stessi polsi che aveva maltrattato poco prima.

Adesso sta dormendo, e io ho rimandato più a lungo possibile il momento in cui avrei dovuto svegliarlo, ma la sveglia che ho impostato sul cellulare sta per suonare. Gli passo le dita sulla fronte per scostare una ciocca di capelli, poi passo dietro all'orecchio per arrivare sul collo e tornare indietro per ripetere tutti i movimenti daccapo.

I suoi occhi restano chiusi, ma la sua mano si sposta lentamente fino a posarsi sul mio fianco, poi emette dei versi indistinti che mi fanno ridere.

«Buongiorno tesoro...» Uso lo stesso nomignolo che usa lui quando vuole prendermi in giro.

«Ciao a te tesoro...» ridacchio per la sua risposta, ma la sua voce roca appena sveglio è così sexy da provocarmi un brivido lungo la schiena.

«Hai fame?» La mia mano scorre di nuovo tra i suoi capelli arruffati.

«Di cibo, Stewart... Ho fame di cibo...» Lo dice sorridendo mentre si volta su un fianco.

«Beh, lo credo! Dopo la notte passata quasi interamente in bianco e la sessione intensiva di un paio d'ore fa, devi essere distrutto...» Pronuncio con un pizzico di sarcasmo, cosa che gli fa aprire subito gli occhi.

«Non mettermi alla prova piccola Stewart, non ti conviene...» Mi afferra per la maglietta e mi tira a sé.

«Smettila di fare il super macho e vai a farti una doccia finché io chiamo il servizio in camera.»

«Prima questo...» Mi tira un po' più giù, mi lascia un bacio veloce sulle labbra, poi mi allontano per mettermi seduta sul bordo del letto e prendere il telefono, intanto che lui sbuffa e borbotta parole incomprensibili camminando verso il bagno.

Vorrei poter affrontare io tutto questo per lui, e spero di essere in grado di poterlo sostenere, di essere abbastanza.

***

Dopo la doccia, la colazione, e averlo osservato in silenzio mentre indossava i suoi jeans, adesso ci stiamo recando in ospedale. Non abbiamo più toccato argomenti scomodi, e mi sono sforzata di non chiedergli ancora cosa avesse intenzione di fare. La pressione psicologica è l'ultima delle cose di cui ha bisogno.

A parte qualche frase di nessuna importanza il silenzio è continuato per tutto il tragitto, ed è con lo stesso silenzio che stiamo per entrare nella stanza di sua madre.

Ci fermiamo davanti alla porta, Harry trattiene il fiato, poi solleva una mano e bussa. È suo padre ad aprire.

«Ciao Harry» lo saluta con un sorriso affettuoso, ma lui fa solo un piccolo cenno con la testa. Saluta anche me ed entriamo nella camera avvolta nel silenzio. Gli unici rumori che si sentono sono i bip dei macchinari, rumori che mi riportano alla memoria momenti molto dolorosi, ma non è questo il momento di pensarci.

La signora Mary ha gli occhi chiusi. Il padre di Harry ci ha detto entrando che stava dormendo, e che Grace sarebbe tornata da lì a poco perché si è allontanata per prendere un caffè. Osservo Harry: ha lo sguardo fisso sul corpo inerme di sua madre, e mi rendo conto che sul suo viso è tornata quella maschera che non mi permette di capire cosa gli stia passando per la testa. Spero solo di essere all'altezza della situazione.

*****

Harry's POV

Dovrei provare compassione, quanto meno pietà, ma non ci riesco. Probabilmente se vedessi un animale randagio morto per strada sarei più dispiaciuto, ma guardare la donna che dice di essere mia madre stesa su un letto, alla fine della sua vita, non mi provoca altro che rabbia.

Non sarebbe mai tornata a Boston se non avesse saputo che stava per morire, e forse non avrei mai saputo di avere una sorella se non si fosse ammalata. È stata egoista per l'ennesima volta, ha privato me e Jordan della possibilità di crescere con Grace che adesso è una perfetta sconosciuta. Ha sempre deciso lei per tutti, ma ero disposto a darle l'occasione di scusarsi, almeno fino a quando non mi ha dimostrato ancora una volta, quanto possa essere egocentrica.

Un rumore alle mie spalle attira la mia attenzione, mi volto e il mio sguardo cade sul sorriso timido di Grace che è appena entrata tenendo in mano un grosso bicchiere di caffè.

«Ciao.» Saluta me, poi Chloe, porge quel bicchiere a mio padre, ed infine torna a guardarmi. «Ti va di fare un giro?» mi domanda cauta.

La osservo con attenzione prima di rispondere, poi guardo Chloe chiedendole con lo sguardo di unirsi a noi, ma scuote leggermente la testa dicendomi di no. Forse ha ragione, devo farlo da solo. «Ok» rispondo, per poi seguirla fuori dalla stanza fino a raggiungere l'uscita.

La seguo in silenzio fino ad arrivare nei pressi di un piccolo parco poco distante dall'ospedale. C'è un bel sole oggi stranamente caldo per Londra in questo periodo. Camminiamo lungo il sentiero incrociando un paio di persone che fanno jogging, poi sono io a rompere il silenzio.

«Quando l'hai saputo?» le domando senza specificare a cosa mi riferisco, non credo ce ne sia bisogno.

«Due giorni fa. Mamma me l'ha detto il giorno prima che tu arrivassi...» Lei la chiama mamma, ma quale mamma si comporta in questo modo? Nemmeno con lei ha avuto il coraggio di dire che ha due fratelli dall'altra parte dell'oceano, e l'ha fatto solo quando si è trovata costretta dalla situazione.

«Jordan ancora non lo sa.» Non so perché glielo sto dicendo, lei non lo conosce nemmeno.

«Jordan è il fratello maggiore?» mi domanda guardandomi di sfuggita con un timido sorriso sulle labbra.

«Sì, è la parte migliore della famiglia. Se ci fosse stato lui qui, al mio posto, avrebbe saputo cosa fare.» Mio fratello è sempre stato in grado di risolvere ogni situazione, sono certo che se la sarebbe cavata alla grande anche in questa.

«Posso vedere una sua foto?» mi chiede fermandosi.

«Certo.» Prendo il cellulare dalla tasca e le mostro una sua foto. Lei sorride, poi mi restituisce il telefono.

«Ti assomiglia» dice scrutando con attenzione il mio viso, cosa che anche io faccio con lei.

Grace ha i miei stessi occhi verdi, i capelli scuri e anche una piccolissima fossetta sulla guancia sinistra, non profonda come la mia, ma si nota quando sorride.

«Quanti anni hai?» È una domanda stupida, mi basterebbe fare un paio di calcoli, ma la mia mente è troppo sotto pressione per reggere anche un semplice calcolo matematico.

«Ne ho compiuti diciassette a febbraio» dice facendomi inarcare le sopracciglia per la sorpresa.

«Febbraio? Quando?» domando di getto, senza nemmeno pensarci.

«Il quattro, perché?» È carina la sua espressione confusa.

«Ne ho compiuti venticinque il primo...» E sento tornare quell'amaro alla bocca dello stomaco, che risale fino alla gola. Ne sento il gusto attraverso la saliva, il gusto di tutto questo schifo. Mia sorella compie gli anni a distanza di tre giorni da me... «La signora Thompson non te l'ha mai detto però...»

«Non chiamarla così» dice con tono dispiaciuto.

«Per me può essere solo quello Grace, di certo non posso considerarla mia madre dato che l'ultima volta che l'ho vista avevo sei anni e il resto della mia vita l'ho passato ad aspettarla.» Le parole mi escono tutte d'un fiato e resto quasi senza respirare quando finisco, tanto che mi sento persino gli occhi gonfi e le vene pulsare nel collo. Provo tanta di quella rabbia in questo momento...

«Già... lo so... mi dispiace Harry...» Poi, mi coglie di sorpresa. Mi si avvicina e mi abbraccia. Per un attimo resto immobile, ma quando riprende a parlare non posso fare altro che portare le mie braccia sulla sua schiena e stringerla. «Non avrei mai permesso che succedesse se l'avessi saputo. Ho desiderato da sempre un fratello, o una sorella, e adesso ne ho due...» Credevo di detestarla, credevo che l'avrei guardata negli occhi e sarebbe venuto fuori tutto l'astio che provo nei suoi confronti, invece non è successo. Grace mi sta conquistando senza che io glielo abbia permesso.

Mi sento strano a tenere stretta questa ragazza: fino a poche ore fa non sapevo nemmeno della sua esistenza, adesso so che il sangue che scorre nelle sue vene è per metà uguale al mio. Non so praticamente nulla di lei, eppure il mio istinto mi porta a volerla proteggere, e non può essere solo un condizionamento mentale il mio, perché se fossi facilmente influenzabile a quest'ora starei al capezzale di mia madre a piangere con lei, per lei, a riprenderla nella mia vita, e invece non sento assolutamente nulla per quella donna.

Negli occhi di Grace, invece, c'è qualcosa, una luce familiare, uguale a quella che vedevo negli occhi di mio fratello quando mi abbracciava. C'è affetto fraterno, e in questo assomiglia molto di più a Jordan.

«Che cosa farai con la mamma?» mi domanda sciogliendo l'abbraccio, che – devo ammettere – mi ha fatto decisamente bene.

«Adesso sei tu a non doverla chiamare così...» Sospira pesantemente, ma non aggiunge altro. «Non farò niente, come lei non ha mai fatto niente per me, e non è una vendetta, non le do tutta questa importanza, semplicemente non m'importa... Mi dispiace parlarti in questo modo, ma voglio che tu sappia come la penso e come stanno le cose. Di bugie ne abbiamo vissute anche troppe...»

Per un attimo resta in silenzio, come persa tra i suoi pensieri. Di sicuro non le hanno fatto piacere le mie parole, immagino che lei le sia sinceramente affezionata, ma non voglio e non posso mentire, l'ha già fatto quella donna per troppi anni.

«Mi parli un po' di te Harry?» Il sorriso le torna sulle labbra, quella piccola fossetta fa capolino sulla sua guancia, e non posso evitare di sorridere con lei.

Continuiamo a camminare, a parlare a raccontarci la nostra vita. Lei è piena di energia, così vitale e spontanea. Ho cercato di evitare di pensare al fatto che sua madre fosse anche la mia, ho provato ad immaginarla come una persona estranea, mi sono concentrato sulle sue difficoltà – perché anche lei ne ha vissute tante – e mi sono immedesimato nel suo punto di vista. In alcuni punti quel racconto è stato doloroso a livello fisico per me – ad esempio quando mi ha raccontato di lei e sua madre sempre insieme – ma ho fatto finta di niente perché ho capito che Grace mi piace, meritiamo una possibilità come famiglia, e non sarà certo il rancore che provo nei confronti della donna che ci ha messo al modo ad impedirmelo.

Non so da quanto tempo siamo in questo parco, ma da quando ci siamo seduti su questa panchina sento lo stomaco borbottare, quindi presumo sia parecchio, e d'un tratto ho un'idea, forse azzardata, ma non riesco più a tenere per me tutto questo. «Che ne dici se chiamiamo Jordan?» Il suo viso s'illumina, i suoi occhi brillano, chissà se ha avuto la stessa reazione quando ha saputo che stava per conoscermi. Io di certo non ero così felice quando ho saputo di lei.

«Credi sia una buona idea?» mi domanda speranzosa.

«Ovviamente no, io sono il campione delle idee di merda, ma voglio essere io a dirlo a Jordan.» Grace sorride felice, io mi sento ancora sottosopra, vorrei avere Chloe qui con me, e vorrei che tutto questo fosse molto diverso, ma non ho poteri magici e provo semplicemente a fare la cosa giusta. Spero soltanto che Jordan non la prenda troppo male.      

«A quest'ora si sta preparando per andare in ufficio, gli facciamo una video chiamata?» Mio fratello mi ammazzerà, è una pessima, pessima idea, ma lo sguardo che ha in questo momento Grace mi porta a premere il pulsante virtuale per far partire la chiamata su Face Time, e dopo qualche squillo vedo il suo viso assonnato comparire sul display.

«Harry... ti sembra il momento per una video chiamata del cazzo? Cosa diavolo hai di così urgente da dirmi a quest'ora del mattino?» Si passa una mano tra i capelli e spero che sia vestito, perché gli vedo solo mezzo busto, e non indossa nessuna maglia.

«Ciao anche a te Jordan... devo presentarti una persona...» Lui aggrotta le sopracciglia, e io sposto l'inquadratura verso sinistra in modo da far entrare anche lei nella piccola videocamera. «Lei è Grace ed è nostra sorella...» 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Vediamo come Harry sia combattuto, come stia cercando di reagire alla novità, e il suo gran cuore lo porta a voler dare una possibilità a Grace e a sé stesso. Per quanto riguarda la madre, invece, sembra proprio che non ci sia alcuna speranza.

Spero che vi sia piaciuto.

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 16
*** Chloe, Harry and his family - Today (pt 3) ***


Harry's POV

È come un film che si proietta in ripetizione continua nella mia testa. Tutto quello che è successo in questi pochi giorni che abbiamo trascorso a Londra mi si ripresenta sotto forma di immagini, di fotogrammi, di piccoli flash che mi tormentano con insistenza.

Sono sdraiato a pancia in su, con gli occhi fissi al soffitto e un braccio piegato dietro la testa. Chloe sta dormendo accanto a me, e non riesco ad evitare di tenerle la mano. È come se da questo contatto riuscissi a trarre la forza di cui ho bisogno per affrontare questa giornata.

Non ho chiuso occhio, e non so nemmeno come mi sento. Non ho cenato, non ho fatto colazione, non ho pranzato e non ho cenato di nuovo. Sono pieno di incertezze, di dubbi, ma ringrazio di avere qui Chloe e Jordan nella stanza accanto alla nostra. È partito per Londra il giorno dopo la mia video chiamata.

*

«Harry, ma che cazzo stai dicendo? Hai bevuto? Dov'è Chloe?» Grace ride nel vedere la sua reazione, e la sua risata è incredibilmente simile a quella di Jordan.

«Non ho bevuto. Avrei dovuto chiamarti ieri, ma non ne ho avuto il coraggio...» L'espressione di mio fratello cambia, da confusa diventa ancora più confusa. «Mary Thompson era venuta a Boston per dirci di lei.» Indico la ragazza seduta alla mia destra e lui ora ha l'espressione confusa alla seconda, anzi no, alla terza. «Lei è Grace Thompson ed è nostra sorella...»

«Harry hai fumato?» Grace ride ancora e la sua risata riesce a toccarmi il cuore, in che modo ci riesca non lo so, ma il suo buonumore è contagioso.

«Ciao Jordan...» È lei a prendere in mano la situazione, e in poche parole riesce a spiegargli cosa sta succedendo. Adesso lui è confuso all'ennesima potenza, credo anche un po' preoccupato. «... io ho intenzione di stare vicino alla mamma fino alla fine. Sono arrabbiata con lei, è vero, ma ho avuto sempre e solo lei nella vita, le voglio bene e non potrei mai lasciarla sola...» Finiscono di parlare e solo ora mi rendo conto che mio fratello ha indossato una maglia.

«Parto domani!» afferma deciso, e conosco bene lo sguardo che ha in questo momento. Ero certo che appena avrebbe appreso la notizia sarebbe partito per raggiungermi, in questo caso per raggiungerci.

*

Il giorno dopo in aeroporto credo di aver visto l'abbraccio più emozionante a cui abbia mai assistito in tutta la mia vita. Anche Chloe si è commossa nel vedere Jordan e Grace stretti l'un l'altra tra le persone che passavano loro accanto. Dopo quella video chiamata siamo tornati in ospedale, e io ho avuto il mio dannatissimo confronto con lei. Per fortuna papà e Grace ne sono rimasti fuori, e io sono riuscito a dirle tutto ciò che pensavo. So che quella sera Jordan e Grace si sono sentiti per telefono, lei mi ha chiesto il numero di lui e hanno fatto una lunga chiacchierata. E io, la lunga chiacchierata l'ho fatta con mia madre.

*

Al ritorno dalla nostra passeggiata al parco entro nella stanza da solo, Grace ha deciso di aspettare di sotto al bar. Mio padre è seduto accanto a lei, le sta tenendo la mano e la guarda con gli occhi di chi è sinceramente innamorato, mentre Chloe è appoggiata con un fianco alla finestra. Si volta verso di me appena nota la mia presenza, mi viene incontro e mi abbraccia, poi mi parla all'orecchio, in modo che solo io possa sentirla.

«Stai bene Harry?» so che è preoccupata, le sto facendo vivere un periodo non troppo tranquillo, spero solo di non combinare danni come sono solito fare.

«Sto bene, non preoccuparti. Mi dispiace di averti fatto aspettare così tanto.» Ho perso la cognizione del tempo insieme a Grace. «Ho trascurato la mia ragazza, ma mi farò perdonare.» Mi sorride, io sorrido a lei, poi sospiro perché è davvero arrivato il momento. «Adesso devo parlare con lei...»

«D'accordo...»

«Giù al bar c'è Grace, ti farà piacere parlare con lei...» Annuisce, mi lascia un bacio veloce sulle labbra, poi mi supera ed esce dalla stanza.

Mio padre mi guarda e capisce dalla mia espressione che ho bisogno di restare solo con lei. Le si avvicina, le dà un bacio sulla fronte, le sorride e le bisbiglia qualcosa che non riesco a sentire. Lei non risponde. Papà l'aiuta a mettersi seduta, poi la guarda per un attimo, quando mi affianca posa una mano sulla mia spalla e mi osserva. Probabilmente vorrebbe dirmi qualcosa, ma sono contento che si sia trattenuto dal farlo, non so se ho abbastanza energie per discutere con entrambi.

Anche lui mi supera e si reca verso l'uscita, il mio sguardo si ferma in quello di mia madre che mi sta guardando. Sento il rumore della porta chiudersi. Ora siamo soli e non ho più intenzione di rimandare, chiuderò questa cosa adesso.

«Hai parlato con Grace?» mi domanda con filo di voce dopo aver tolto la maschera dell'ossigeno.

«Sì, ho parlato con Grace...» le confermo avvicinandomi al suo letto. «Non la pensiamo allo stesso modo su di te, ma questo credo che tu lo sappia già.» Si sta preparando ad incassare il colpo, e non c'è niente che possa fermarmi adesso.

«L'unica cosa di cui m'importa siete voi, e se resterete insieme per me sarà una gioia immensa.» Ha un sorriso spento, ancora più di ieri. Non credo le resti molto, ma la cosa non mi tocca.

«Ed è l'unica che avrai da parte mia e di Jordan. Hai distrutto la nostra famiglia. Non starò a ripeterti le cose che ti ho già detto ieri, non ho più voglia di sprecare altro fiato con te, non meriti niente. Sei solo un'egoista, hai sempre deciso tu per gli altri, mi ha rubato diciotto anni, l'hai fatto anche con Jordan, e hai fatto in modo di avere Grace solo per te. Questa è l'ultima volta che parlerò con te. D'ora in poi, se mi vedrai qui dentro sarà unicamente per mio padre e per Grace, io per te non esisto più.» Continua a sorridere come se le stessi dicendo qualcosa di bello, e nemmeno il suo sorriso mi tocca.

«D'accordo Harry, farò come vuoi tu.» Nessuna protesta, nessun commento. Accetta ogni cosa che dico senza ribattere in alcun modo.

«Domani arriva Jordan qui a Londra, ma non aspettarti di vederlo. Viene qui solo per Grace Lei sorride ancora di più alle mie parole, e non importa se le sto dando la soddisfazione che si aspettava, io e mio fratello non rinunceremo a nostra sorella a causa sua.

*

Questi giorni sono stati difficili per tutti. Per fortuna ho convinto Chloe a farsi mandare tramite mail una parte del suo lavoro di traduzione da sua sorella, almeno ha potuto tenersi impegnata quando io ho dato di matto. So bene che le ho fatto del male, lei insiste nel dire che non importa, ma so di averla ferita. In qualche modo dovrò rimediare e mi servirà più di un semplice ciondolo per farlo.

*

«Harry?» La voce di Chloe arriva alle mie spalle. Il suo tono è incerto, e so bene di essere io la causa della sua preoccupazione. «Hai voglia di parlarne?»

«No» rispondo secco senza voltarmi verso di lei.

Dopo aver parlato con mia madre sono passato dal bar al piano terra dell'ospedale, ho a malapena salutato Grace, poi ho voluto tornare in albergo perché non volevo né vedere, né parlare con nessuno. Quando siamo arrivati mi sono messo a fissare un punto fuori dalla finestra e non mi sono più mosso. Non ho idea di quanto tempo sia passato in questo modo, e nemmeno m'interessa.

«Harry... Ti ho detto che non me ne vado...»

«Forse dovresti...» Non volevo realmente dirlo, ma la mia bocca è stata più veloce del mio cervello che sembra essere andato in completo black out.

«Harry...» Pronuncia solo il mio nome, sento le sue mani posarsi sui miei fianchi per poi avvicinarsi e abbracciarmi da dietro, ma ho paura di questo contatto adesso, e mi allontano da lei di scatto, quasi mi avesse bruciato. «Harry...»

«Lasciami in pace Chloe.» Non voglio essere lasciato in pace, non so perché l'ho detto e non so perché non riesco a confessarlo.

«Scordatelo!» Fa un passo verso di me, io uno indietro.

«Ti ho detto che voglio essere lasciato in pace, è tanto difficile da capire!?» Alzo la voce, e continuo a dire il contrario di ciò che penso.

«Non è quello che vuoi» afferma lei con certezza.

«Che cosa ne sai di quello che voglio!?» Urlo ancora, senza motivo, mentre sfogo su di lei la mia rabbia.

«Harry...»

«Non ho niente da dire, e poi non capiresti!» È come se fossi tornato ad essere lo stesso Harry di qualche anno fa, quello rancoroso e carico di odio.

«Perché non capirei? Devi solo...»

«Perché tu hai una famiglia fottutamente perfetta!» Le mie urla le provocano dolore, glielo leggo negli occhi. Non ho idea di come io la stia guardando, ma non è niente di buono. «Tu non hai la minima idea di cosa vuol dire crescere senza un genitore mentre l'altro ti ignora!» parlo ancora con rabbia rincarando la dose. «Non puoi capire come ci si sente a scoprire di avere una sorella di cui ignoravi l'esistenza! Come diavolo potresti capirlo!? Tua sorella ha vissuto per te! Tutti l'hanno fatto! Persino il tuo migliore amico si è annullato per te! Nessuno ti ha mai abbandonato, cos'è che potresti capire!?» Ho urlato talmente tanto che mi brucia la gola, sento pulsare le tempie e sento un calore espandersi nel mio corpo, che continua ad aumentare sempre di più.

Le mie grida vengono sostituite dal silenzio, che per assurdo fa ancora più rumore della mia voce. Mi sta guardando con gli occhi sbarrati e gli occhi lucidi. Chloe non piange quasi mai, le ho fatto decisamente male.

«Hai ragione Harry, io non lo so cosa vuol dire vivere in una famiglia complicata e sono sempre stata circondata da persone che mi hanno sostenuto, ma non azzardarti a dirmi che non so cosa sia l'abbandono! Non sei l'unico ad aver perso qualcuno! Quindi adesso ti dai una cazzo di calmata e mi spieghi come ti senti, perché è vero che non lo so, ma è anche vero che voglio saperlo!» Una lacrima scivola via sulla sua guancia, l'asciuga in fretta con le dita e mi guarda con una grinta che mi fa tremare le ginocchia. «Mi hai sentito Harry?» Vorrei parlare, vorrei dirle che non penso nemmeno una parola di quello che ho detto, vorrei spiegarle cosa mi tormenta, ma ho un enorme groppo alla gola che mi impedisce di far uscire la voce.

Fa un altro passo verso di me, ma stavolta non mi sposto. Ho bisogno di lei, ne ho bisogno più che mai, e mi riempirei la faccia di schiaffi se solo riuscissi a muovermi.

«Insieme Harry...» Fa un altro passo, si posiziona di fronte a me, posa la mano sul mio petto, all'altezza del cuore, che solo ora mi rendo conto di quanto sia accelerato. «Insieme...» Lo ripete con voce più bassa, quasi tremante. Il mio cervello mi dice di prendere le sue mani nelle mie e stringerla a me, ma il corpo non risponde ai segnali che provo ad inviare. «Vieni qui razza di testone!» Le sue braccia mi cingono la schiena e il contatto con il suo corpo mi fa tornare lentamente in me. Le mie braccia si muovono senza che me ne renda conto, poso le mani sulla sua schiena e la stringo per un tempo che sembra infinito, fino a quando riesco a trovare il conforto necessario per tornare a respirare.

*

I giorni che sono venuti dopo quella discussione sono stati costellati da alti e bassi. Gliel'avevo detto che avrei potuto diventare uno stronzo, e alla fine l'ho fatto davvero. Non voglio farla soffrire, non lo merita, ma non sono stato in grado di gestire tutti gli avvenimenti che mi hanno letteralmente travolto.

Non ho più parlato con mia madre, ma ho abbracciato spesso mio padre - siamo anche stati a cena un paio di volte - e ho approfondito la conoscenza con mia sorella. Io e Jordan abbiamo legato in fretta con Grace, riusciamo a dialogare con una facilità impressionante nonostante non riusciamo a trovare un punto d'incontro sull'argomento che riesce sempre a farci discutere: nostra madre.

Non è stato affatto facile convincerla a venire con noi a Boston perché non vuole rassegnarsi al fatto che presto sarà sola qui a Londra. È stata Mary a convincerla che fosse la scelta migliore, e in un breve attimo di tranquillità, Grace è riuscita a strapparmi la promessa che le avrei lasciato la mia camera a casa di mio padre.

Per quanto lo volessi, non è stato facile troncare con mia madre, e comunque non mi ha fatto sentire meglio. Non ho provato alcuna soddisfazione, o realizzazione, nell'essere io a voltarle le spalle, ma non tornerei indietro sulla mia scelta per nessun motivo.

Un piccolo movimento tra le mie dita mi porta a voltarmi verso di lei. Si sta svegliando, e io mi giro su un fianco per osservarla meglio.

«Perché sei già sveglio?» biascica a fatica con gli occhi semi chiusi.

«La domanda giusta è perché tu sei già sveglia?» Le sistemo i capelli a lato del viso.

«Perché gli ingranaggi del tuo cervello stanno facendo un rumore infernale.» Riesce a strapparmi una piccola risata con le sue parole.

«Non vale Stewart, questa battuta è mia.» Non smetto di accarezzarle i capelli mentre sulle sue labbra nasce un piccolo sorriso.

«Come ti senti?» I suoi occhi si aprono del tutto e mi studia con attenzione. Sono giorni che lo fa e io, tra momenti buoni e altri meno, gliel'ho permesso. Non le ho reso la vita facile, e aiutarmi è stata un'impresa non da poco, ma lei mi ha stupito ancora, non si è mai arresa e mi ha tenuto in riga quando stavo per uscire fuori strada.

«Al solito. So come dovrei sentirmi, ma non riesco ad essere triste.» Sono passati circa dieci giorni da quando siamo qui, e lei è peggiorata a vista d'occhio. Ogni volta che entravo nella sua stanza d'ospedale c'era qualche problema in più rispetto al precedente, poi sono iniziati i giorni dei sedativi e non era quasi più cosciente.

«Non sei una brutta persona per questo, lo sai vero?» Si alza leggermente, si appoggia su un gomito e non smette di tenere i suoi occhi nei miei.

«Non ne sono sicuro, ma non importa, non posso farci niente...» Restiamo per un attimo a guardarci e io mi rendo conto di quanto sono fortunato in realtà.

Ho Chloe, una famiglia allargata, e degli amici che mi hanno fatto sentire la loro presenza anche se mi trovo in un altro continente. Zayn ha chiamato tutti i giorni, Louis e gli altri si sono divertiti a fare qualche video chiamata su FaceTime. Tuttavia al momento ho un unico pensiero che mi preoccupa.

Grace.

*

Io e Jordan entriamo nell'appartamento dopo di lei, che poi chiude la porta alle nostre spalle. Ci guardiamo intorno e lo sguardo di entrambi cade sulle numerose foto riposte ordinatamente sul mobile accanto all'ingresso.

Tutte quante ritraggono lei e la mamma. Sul volto di mio fratello compare una piccola smorfia che sta trattenendo per non far notare il fastidio che sta provando, così cerco di trovare qualcosa da dire per deviare la sua attenzione.

«Sei molto più ordinata di me, su questo assomigli a Jordan.» Lui si volta verso di me, ed insieme iniziamo una piccola discussione sul mio proverbiale disordine. Mi lascio prendere in giro mentre sto al gioco e le teniamo compagnia intanto che lei inizia a sistemare le cose da portare via.

Grace sta soffrendo perché sua madre sta per lasciarla. Comprendo il loro rapporto, e i primi giorni ne ho sofferto parecchio, ma adesso so che non posso in alcun modo cambiare gli eventi passati. L'unica cosa che posso fare è accettarli e passare oltre, altrimenti non ne verrò mai fuori. Cosi mi limito a darle conforto, e nel frattempo mi concentro su di lei, per instaurare il rapporto che meritiamo di avere.

Stesso discorso vale per Jordan che però sembra essersi legato a lei molto più velocemente di quanto abbia fatto io. Credo che essere il fratello maggiore gli si addica alla perfezione.

«Vi chiederei di restare a cena, ma vorrei tornare in ospedale.» Grace ha terminato di svuotare il suo armadio e decidiamo che sarò io ad accompagnarla da lei, Jordan non vuole nemmeno ad avvicinarsi.

*

Passare del tempo con Grace mi ha fatto entrare un po' nella sua vita, e so che oggi ha davvero bisogno di qualcuno su cui poter contare.

«Hai già sentito Grace?» mi domanda dopo un po'.

«No, ma è ancora presto.» Allungo una mano sul comodino e prendo il mio iPhone per controllare l'orario. Sono appena le sei, forse sta ancora dormendo. «Magari le invio un messaggio» dico a bassa voce più rivolto a me stesso che a lei. Così digito qualche parola con la quale le chiedo come sta, poi invio e lo rimetto a posto.

«Forse dovrei prepararmi, tanto ormai sono sveglia» dice per poi alzarsi dal letto.

«Mi preparo anch'io, poi chiamo Jordan.» Il suono dell'arrivo di un messaggio mi fa fermare prima di allontanarmi dal letto. Grace mi ha risposto, e ora vorrei già essere da lei.

*****

Non ci sono più di dieci persone, le ho contate. Un mazzo di fiori bianchi è esattamente al centro della bara. Sono stati papà e Grace ad occuparsi di organizzare il funerale.

Mamma è mancata all'improvviso per un arresto cardiaco. Sapevamo tutti che non le restava molto, ma quella crisi ha accelerato le cose. Mio padre e mia sorella sono distrutti, Jordan è imperscrutabile, io credevo di sentirmi sollevato, e invece mi sento totalmente indifferente.

Non m'importa del prete che parla, non m'importa di quello che dice, non m'importa del colore dei fiori, non m'importa del luogo dove verrà seppellita, non m'importa della dannata foto e nemmeno della fottutissima frase incisa sulla lapide. Se n'è andata e non si è nemmeno portata via la mia rabbia.

Ecco, non sono indifferente, sono incazzato. È così che risponderei a Chloe se mi chiedesse adesso come mi sento. Lei è rimasta un paio di passi indietro, insieme a Jordan che alla fine ha deciso di venire solo per papà e Grace. Io sono ad un passo da quell'affare di legno che sta per essere calato sotto terra, accanto a me c'è Grace, poco più in là mio padre. Dalla parte opposta un paio di donne che so essere state loro vicine di casa. Non c'è nessun altro. Questo è tutto il bene che ha raccolto quella donna in tutta la sua vita.

***********

Chloe's POV

Sento una forte stretta allo stomaco, talmente violenta da dover trattenere un conato nascondendo il viso con una mano.

Ho cercato di guardare meno possibile quella cassa di legno, ma è come se una forza magnetica alla quale non riesco a resistere, tenesse il mio sguardo inchiodato lì sopra. Il mio corpo è scosso da alcuni brividi nonostante le temperature non siano affatto basse.

È il primo funerale a cui prendo parte dopo il suo, e riesco a mantenere la concentrazione solo quando il mio sguardo si ferma sulla schiena tesa di Harry. Jordan dev'essersi accorto del mio malessere dato che ha appena posato un braccio sulle mie spalle, e mi ha tirato a sé regalandomi un piccolo sorriso.

«Hazel ha detto che dovresti accendere il telefono.» Trattengo un sorriso nel sentirlo parlare a bassa voce mentre il prete fa la sua omelia.

«La chiamerò più tardi.» La verità è che sto evitando i miei migliori amici perché non volevo affrontare con nessuno questo argomento. Ne ho già parlato con mia madre, e non voglio più sentire la parola funerale per molto tempo, soprattutto perché non manca molto al primo anniversario della scomparsa di Dylan.

Ma adesso non è il momento di pensare a me. Sono qui per il ragazzo che amo esageratamente tanto, ora è lui ad avere bisogno di me e non gli negherò il mio sostegno.

In questi giorni è stata dura stargli accanto. Tutto il dolore e la sofferenza che ha provato negli anni sono venuti a galla, e ha faticato parecchio a gestire le emozioni - sempre se le emozioni si possono gestire. Tenere a bada la sua rabbia è stato altrettanto complicato, ma alla fine ci siamo riusciti perché l'abbiamo fatto insieme. Si sta lasciando aiutare, e so quanto sia difficile farlo, io stessa ho fatto decisamente fatica a permettergli di farlo con me, ma ci stiamo riuscendo.

Io e Harry torneremo domani a Boston perché la società ha bisogno di qualcuno che la guidi, mentre suo padre e suo fratello aiuteranno Grace con il trasferimento.

Hanno legato molto, ed è stato meraviglioso essere testimone di questo rapporto appena nato. Anche Grace ha sofferto molto nella sua vita, credo possano aiutarsi reciprocamente a vincere i propri demoni.

Nonostante tutto, la mia speranza nel futuro è più forte che mai. Ci saranno ancora ostacoli da affrontare, prove da superare, ma stiamo imparando a farlo insieme, e non solo come Chloe e Harry, ma lo stiamo facendo come una famiglia.

E il cuore mi si riempie di orgoglio e grande gioia quando lo sguardo mi cade sulla mano di Harry abbandonata lungo il fianco, perché la mano di Grace si sta intrecciando alla sua, lui la stringe a sua volta e io so che ora c'è una persona in più che lo sosterrà sempre, proprio come ho intenzione di fare io per il resto dei miei giorni.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E con questo abbiamo chiuso questa complessa parte della loro storia. Hanno superato insieme un momento difficile e ne sono usciti più forti.

Vi ringrazio ancora per essere qui con me.

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 17
*** Kurt e Dylan ***


Dylan

Sdraiato sul letto a pancia in su, un braccio piegato dietro la testa e gli occhi fissi al soffitto.

Mi manca. Mi manca da morire.

Non lo vedo da due settimane. Non siamo riusciti a far coincidere i nostri impegni e l'unico modo che abbiamo avuto per vederci è stato tramite lo schermo del computer.

La lontananza fa schifo.

Il rumore di qualcuno che bussa alla porta della mia camera da letto mi fa sospirare. Non ho voglia di parlare adesso. Mamma mi ha visto pensieroso negli ultimi giorni e mi ha chiesto cosa ci fosse che non andava. Era preoccupata.

Mio padre si è messo in contatto con lei. Voleva pagare il nostro silenzio. Dio, che schifo quell'uomo! Le ho detto che ci avrei pensato io a lui, ma mia madre mi ha fatto promettere di non fare nulla perché quello non ne vale la pena.

E vedendomi così cupo aveva immaginato che stessi pensando ancora a come fargliela pagare, ma non ha così tanta importanza da occupare ogni mio pensiero. Così, le ho spiegato che è a causa della mancanza di Kurt che sono giù di morale e che, per quanto abbia voglia di fare di quell'uomo un mucchietto di ossa per come l'ha trattata al telefono, il mio unico pensiero adesso è che domani è il compleanno di Kurt e io sono bloccato qui a Boston.

Bussa di nuovo. Farò finta di dormire anche se è passata poco meno di un'ora dal pranzo. Voglio solo annegare nel mio malessere per un po', poi accenderò il computer quando lui avrà finito il suo turno al negozio, e passerò il resto di questo pomeriggio a parlare con Kurt. Non voglio parlare con nessun altro.

Bussa ancora, stavolta con più energia. Forse non è ignorandola che se ne andrà.

Mi alzo dal letto e vado ad aprire per farle vedere che sono ancora vivo. «Che c'è mam... Harry?» Lo guardo con aria confusa. Non mi aspettavo certamente di vederlo qui.

«Hai un aspetto di merda» dice lui entrando in camera mia senza aspettare di essere invitato a farlo.

«Ciao anche a te Styles» affermo con tono sarcastico per poi voltarmi e guardarlo mentre prende posto sul mio letto. «Che ci fai qui?» gli domando andando a sedermi sulla poltroncina accanto al letto.

«Sono venuto a trovarti, è tanto difficile da immaginare?» Conosco bene il sorriso che ha in questo momento. Sta tramando qualcosa.

«Te l'ha detto mia madre di passare?» Devo essere stato insopportabile se mamma ha chiamato Harry per farmi distrarre.

«In realtà l'idea è di Chloe.» Lo dice con un sorriso divertito.

In queste settimane io e Chloe ci siamo ritrovati spesso a pranzo. Lei passava dall'ufficio per Harry, che però nell'ultimo periodo è parecchio preso dal lavoro perché suo padre non è ancora rientrato dopo la scomparsa della moglie. I due fratelli Styles stanno mandando avanti la società in maniera egregia, ma con grandi sacrifici. Harry è diventato un altro, molto più responsabile e affidabile - a parte quando si tratta di cravatte - ed è un piacere lavorare con lui adesso, ma tutte queste responsabilità gli portano via del tempo, così, quando Chloe passava dall'ufficio per lui, si fermava da me per aspettarlo e abbiamo legato sempre di più.

Condividiamo l'amore per due persone molto importanti per noi e mi è stata di grande aiuto. Parlare con lei di mio fratello è confortante. Parlare con lei di Kurt lo è anche di più. Mi sono confidato con Chloe su quanto inizi a non reggere più la distanza da lui e forse ha chiesto a Harry di passare a consolarmi.

«Beh poteva venire lei, sarebbe stata una visione migliore della tua.» Lui alza gli occhi al cielo, poi si piega in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Ha uno sguardo strano, adesso sono assolutamente certo che abbia in mente qualcosa, glielo leggo negli occhi.

«Passi già fin troppo tempo con la mia ragazza, e poi volevo essere io a darti questo.» Dalla tasca interna della giacca estrae una busta bianca e me la porge.

Resto per un attimo a guardarla, aggrotto le sopracciglia poi afferro la busta e torno a guardarlo negli occhi.

«Che cos'è?» gli domando.

«È il regalo di compleanno per Kurt» dice con un mezzo sorriso compiaciuto.

«E perché lo stai dando a me? Non è che posso darglielo attraverso il computer...»

«Evans vuoi aprire quella cazzo di busta!?» Harry sembra particolarmente impaziente, quindi allargo i due lembi della busta e ne tiro fuori un foglio bianco, dentro al quale è chiuso un biglietto aereo. Il mio cuore perde un battito quando leggo la destinazione.

«Montréal...» dico con filo di voce tornando a guardarlo negli occhi. Lui sorride ampiamente, e io sono sicuro di sembrare un idiota.

«Già, e devi anche sbrigarti perché il volo è stasera» dice indicando il biglietto che tengo ancora tra le dita.

«Stasera!?» esclamo quasi colto dal panico mentre mi affretto a controllare la data stampata sul biglietto.

«Il compleanno del tuo ragazzo è domani, non vorrai che il suo regalo arrivi in ritardo no?» Ruoto leggermente gli occhi e non trattengo un sorriso alla sua stupida battuta. «È da parte mia, di Chloe, Jordan e Hazel.» La sua voce si fa più dolce e io torno con i miei occhi nei suoi.

Per i nostri stipendi non è possibile affrontare settimanalmente questa spesa, ed è per questo che non riusciamo a vederci spesso. E queste ultime due settimane hanno fatto il resto, troppi impegni e pochi soldi, combinazione pessima per le relazioni a distanza.

«Non so cosa dire...» Sono sorpreso, felice, ma sorpreso.

«Non c'è niente da dire Dylan, ma davvero dovresti muoverti se vuoi arrivare in tempo.» Il suo tono è canzonatorio, ma non importa. Adesso ho un unico pensiero per la testa: potrò essere con lui il giorno del suo compleanno.

«Grazie!» Guardo Harry, poi ancora il biglietto.

Harry si alza, lo faccio anch'io perché ho voglia di abbracciarlo. È un amico straordinario e ho potuto contare su di lui nel periodo peggiore della mia vita, e pare proprio che possa continuare a farlo.

«Adesso vado, ho una riunione con il consiglio di amministrazione.» Porta una mano dietro la nuca e l'altra in tasca.

«Harry dovresti rallentare un po'.» Da quando è tornato da Londra sembra essersi rifugiato negli impegni. Dice continuamente che sta bene, ma siamo tutti preoccupati per lui. Io e Chloe ne abbiamo parlato proprio un paio di giorni fa, ed entrambi siamo stati d'accordo sul fatto che abbia bisogno di una pausa. Non credo al fatto che la morte di sua madre gli sia realmente così indifferente, e l'arrivo di una sorella dall'oggi al domani non può non averlo spiazzato.

«Tu e Chloe siete degli scassa palle. Sto bene, l'argomento è chiuso. Adesso muoviti che hai una valigia da preparare.» Parla sorridendo, come fa sempre quando vuole dare a intendere che è tutto a posto, ma so che non è così, lo conosco troppo bene. Oggi, però, non posso approfondire l'argomento.

«Grazie Harry. Ringrazia anche gli altri.» Ho degli amici meravigliosi, ed è anche per questo che li sto ringraziando, perché sono rimasti sempre al mio fianco.

«Anche Grace ti manda un abbraccio.» Sorrido nel sentirgli nominare sua sorella con tanto affetto. I due fratelli Styles stanno instaurando un bel legame con Grace, ma sono certo che non sia tutto rose e fiori. Harry non è il tipo da farsi scivolare addosso le cose e fino a che non riuscirà ad analizzare ogni avvenimento con cura, non potrà essere davvero felice.

«Abbracciala per me e dille che mi deve ancora un caffè.» È passata qualche volta in ufficio e ci siamo trovati bene insieme.

Il mio amico non aggiunge altro, sorride e basta. So che non ama particolarmente le manifestazioni d'affetto quindi mi accontento del suo sorriso ampio, quello che mette in mostra le fossette, perché so essere il suo sorriso più sincero.

«Adesso devo andare.» ci salutiamo ancora con mezzo abbraccio e pacca sulla spalla, poi si allontana, ma si ferma quando è ancora sulla soglia della porta. «E vedi di dire al tuo ragazzo di trasferirsi a Boston, perché è fuori discussione che tu vada a Montréal!» Ridacchio alla sua affermazione, ma lui resta serio, poi le sue labbra si alzano leggermente da un lato. «Augura buon compleanno a Kurt» dice infine, e io resto a guardarlo come un idiota.

Sono ancora incredulo, frastornato, ma immensamente felice perché stasera sarò da lui.

********

«Avvisami quando atterri, o almeno prima di arrivare da Kurt, che poi quando sei con lui ti dimentichi di me... Anzi lo chiederò a sua madre. Che dici? Li invitiamo di noi per Natale?...» Siamo in aeroporto, mia madre ha voluto accompagnarmi, e adesso sembra una macchinetta spara parole.

«Mamma! Prendi fiato!» Finalmente smette di parlare a raffica e so che sta facendo così perché è preoccupata. È felice che io mi veda con Kurt, ma teme che possa incontrare quel bastardo e che possa comportarmi fa incosciente. «Andrà tutto bene.»

«Ok...» sospira pesantemente, poi riprende a parlare. «Comunque ho parlato con la mamma di Kurt stamattina e ha detto che terrà impegnato suo figlio fino al tuo arrivo.» Quando ho detto a mia madre del biglietto aereo, mi ha rivelato che ne era già a conoscenza, lo sapeva anche la madre di Kurt, mancavo solo io a saperlo, e ora lui.

Dio, non vedo l'ora di vederlo!

«Ok, adesso vado. Ti chiamo quando arrivo.» Mia madre si stacca a fatica da me, mentre io sono impaziente di oltrepassare il check-in, imbarcarmi, atterrare su suolo canadese e correre da lui alla velocità della luce.

******

Sono arrivato.

Esco dall'aeroporto a passo sicuro dopo aver inviato un messaggio a mia madre avvisandola del mio arrivo. Sono venuto a Montreal già diverse volte e ormai so bene come muovermi. Raggiungo in fretta il centro - fortunatamente oggi ho trovato poco traffico. L'orario di chiusura del negozio è vicino, Kurt dovrebbe essere ancora lì se sua madre è riuscita a trattenerlo.

Dopo essere entrato controllo che lui non sia nei paraggi. Ci sono solo un paio di clienti tra gli stand. Lascio il trolley in un angolo e cammino silenziosamente verso l'interno del negozio.

«Dai Kurt, ancora dieci minuti!» Sorrido nel sentire la voce di sua madre arrivare dal retro.

«No mamma, o mi dici cosa sta succedendo, oppure me ne vado adesso!» Faccio un altro paio di passi in quella direzione con il cuore che batte sempre più in fretta. Mi asciugo la mani sudate sui jeans, poi faccio ancora un passo.

«Kurt aspetta!» Le loro voci sono sempre più vicine e io sprofondo sempre più nell'agitazione.

«Ti ho detto di no, adesso io...» Improvvisamente spunta da dietro la porta. Io smetto di respirare, lui anche.

Il cuore martella forte nel petto. Non lo vedo da giorni e non l'ho mai visto così bello come oggi. È immobile vicino alla porta e io mi sto dando dello stupido perché ho fatto tutta questa strada quasi di corsa per raggiungerlo e adesso non riesco a muovere più nemmeno un muscolo.

«Cazzo!» È lui a parlare per primo, ed è sempre lui a muoversi per primo.

D'un tratto non vedo più nulla. le sue mani sono sul mio viso e le sue labbra sono sulle mie. Dopo tanti giorni in cui non ho fatto che desiderate questo momento, ora è finalmente realtà. Sto tornando a respirare mentre porto le mani a stringere la sua maglietta, mentre le sue non mi lasciano andare.

Non immaginavo mi fosse mancato così tanto. Adesso che sono di nuovo con lui mi sento di nuovo completo, vivo, e in pace con il mondo.

«Dio, quanto mi sei mancato!» mi dice allontanandosi leggermente. «Come hai fatto a...» Smette di parlare e aggrotta le sopracciglia, poi si volta e noto sua madre alle sue spalle che ci sta osservando con gli occhi lucidi. «Tu lo sapevi!» Sua madre sorride ancora di più per poi asciugarsi con un dito l'angolo dell'occhio destro. «Per questo insistevi così tanto che restassi qui...» Si scambiano uno sguardo, poi lui torna a guardare me. «Ancora non ci credo... Sei davvero qui...»

«Sono qui Kurt...» Ci guardiamo come se ci vedessimo per la prima volta, poi lo abbraccio, lo stringo, perché mi è mancato più dell'aria.

«Avevi detto che non saresti venuto...» Lo dice con evidente sollievo.

«Abbiamo qualcuno da ringraziare per questo.» Kurt mi guarda con aria confusa e io gli racconto di Harry e del regalo di compleanno.

«Quanto resti?» Il suo sguardo è carico di aspettative e non vorrei dover rispondere perché non vorrei dover andare via...

«Solo per il fine settimana.» Kurt sorride e io sento il bisogno di averlo solo per me.

«Allora non abbiamo tempo da perdere» dice per poi voltarsi verso sua madre. «Suppongo che il mio turno sia finito adesso, giusto?» Lei sorride, la salutiamo entrambi prima di uscire quasi di corsa dal negozio, recupero il trolley e lo seguo fino alla sua auto sulla quale carichiamo il bagaglio, poi salgo dal lato passeggero.

Faccio appena in tempo a chiudere lo sportello che la sua mano è di nuovo sul mio viso. Le sue labbra tornano sulle mie, ma stavolta mi bacia con molto più impeto. Il suo assalto è travolgente, non avevo baciato in questo modo mai nessuno, nemmeno lui. Forse è stata la lontananza ad alimentare questa forza, e la cosa mi piace parecchio. Sembra non averne ancora abbastanza perché anche l'altra mano arriva sul mio viso e io non riesco più a stare fermo. Afferro di nuovo la sua maglietta che in questo momento vorrei solo far sparire. In questo bacio lascio andare tutte le preoccupazioni di questi giorni, la mancanza che ho sentito e ogni pensiero negativo.

«Cazzo se mi sei mancato!» È di nuovo lui a parlare perché io sono letteralmente senza fiato. Lo fa restando a pochi millimetri dalla mia bocca, come se non potesse allontanarsi. «Avevo così voglia di vederti che per un attimo ho creduto fossi un'allucinazione.»

Sorrido divertito nel sentire le sue parole. Kurt è sempre così tranquillo e rilassato che vederlo così eccitato ed entusiasta mi rende particolarmente felice.

«Non vedevo l'ora di vedere la tua reazione quando sarei arrivato.» I suoi occhi chiari brillano e io ho di nuovo voglia di lui perciò lo bacio di nuovo.

«Basta adesso, prima che abbasso quel sedile...» mi dice quando mi allontano senza smettere di guardarmi.

«Già, forse è meglio...» rispondo a corto di fiato tanto quanto lo è lui.

«Ricordami di chiamare la mia migliore amica più tardi» mi dice quando allenta la presa delle sue mani su di me fino ad allontanarsi del tutto per metterle sul volante. «Hai già mangiato?» mi domanda mettendo in moto.

«No, pensavo di cenare con te.» Non avrei comunque potuto buttare giù niente, ero troppo in ansia.

«Ryan ha già chiuso a quest'ora, andiamo da un'altra parte.» Kurt ingrana la marcia per poi immettersi nel traffico e io vorrei dirgli che mi sta bene qualunque posto, l'importante è essere con lui.

*****

Da quando ho accettato me stesso per quello che sono - per ogni sfumatura di me - vivo molto più sereno, e ogni giorno riesco ad apprezzare fino in fondo tutte le piccole cose che mi succedono: ad esempio svegliarmi accanto al ragazzo che ha cambiato la mia visione della vita.

Ieri sera abbiamo cenato fuori e ci siamo fatti una birra prima di tornare a casa. Al nostro rientro sua madre era già a dormire e ci siamo infilati in camera sua per poi prendere sonno decisamente tardi, ma nessuno dei dei riusciva a staccarsi dall'altro. Due settimane è un periodo decisamente troppo lungo per stare lontani.

Il nostro rapporto sta diventando incredibilmente importante per continuare ad essere vissuto a distanza. Non ho più voglia di guardarlo attraverso uno schermo e nemmeno di passare ore al telefono perché è l'unico modo che ho di sentire la sua voce. Questa cosa deve finire.

Mi giro su un fianco dopo essermi svegliato. Kurt sta ancora dormendo, mi dà le spalle, così sono costretto a mettermi seduto e appoggiarmi sulla sua schiena perché voglio svegliarlo. Ha detto lui stesso che non abbiamo tempo da perdere e poi voglio essere il primo a fargli gli auguri.

Gli accarezzo un braccio. Lui accenna un piccolo movimento. Mi avvicino ancora di più alla sua schiena, lui emette un piccolo verso. Gli lascio un bacio sulla spalla e quel verso si trasforma in un gemito di apprezzamento, ma non mi dà ancota modo di vedere i suoi occhi. Mi stringo ancora di più al suo corpo, poi avvicino le labbra al suo orecchio per potergli sussurrare i miei auguri.

«Buon compleanno Kurt, ti auguro una  giornata meravigliosa.» Lui sospira, poi finalmente si gira e mi guarda negli occhi.

«Lo è Dylan... Tu sei qui...» E quando mi dice queste cose mi sento felice, ma anche triste allo stesso tempo, perché le oltre trecento miglia che ci dividono stanno diventando insostenibili.

«Io non lo so cos'ho fatto per averti, e non so nemmeno se me lo merito uno come te...» Il suo sorriso mi fa perdere un battito, o forse due.

«Uno come me?» mi domanda incuriosito.

«Già. Uno come te. Non dirmi che nessuno ti ha mai detto quanto sei speciale?» Sorride di più, posa la sua mano sul mio fianco e io torno a pensare a come mi stringeva stanotte.

«Intendi a parte Hazel, Chloe e mia madre?» Sento una stretta allo stomaco quando lo immagino con qualcuno che non sono io.

«Sai bene cosa intendo, non farmelo dire per forza...» Abbiamo già affrontato il discorso "ex", non mi piace l'idea di doverlo fare di nuovo, soprattutto oggi perché ho poco tempo a disposizione per stare con lui. Non voglio pensare ad altri che a Kurt nelle prossime ore.

«Non c'è niente di speciale in me, sei tu che mi rendi quello che sono.» Kurt crede di essere come tutti gli altri, ma non lo è. Lui è molto di più.

«Sai che non è vero. Non c'è solo una persona a doverti la vita... Non sono mai stato in pericolo fisicamente, ma hai comunque salvato la mia...»

«Vieni qui...» mi dice per poi stringermi tra le braccia.

È vero che non so se me lo merito, ma so che non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare.

******

«Mamma sei pronta!?» Kurt chiama ad alta voce la madre.

Io e lui siamo già pronti per uscire. Ci siamo seduti sul divano in attesa che anche lei abbia finito di prepararsi per la cena di stasera.

Siamo stati insieme tutto il giorno, l'ho tenuto solo per me più che potevo, come se potessi fare scorta di baci e abbracci per domani e i giorni a venire quando sarò di nuovo a Boston, a deprimermi sul mio letto come un adolescente.

Siamo passati da Ryan e Emma. Ho potuto vedere la nuova arrivata, la piccola Evie. È bellissima ed è stato meraviglioso poter condividere quel momento con Kurt.

Stasera, invece, mi trovo costretto a condividerlo con sua madre e Hazel. È giusto che possano festeggiarlo anche loro, lo so, è solo che vorrei avere la possibilità di viverlo di più.

Usciremo a cena, passeremo a prendere la sua amica e andremo al ristorante che sua madre ha prenotato. Domani tornerò a casa, ma non voglio ancora pensarci, soprattutto perché non ho ancora trovato il momento adatto per dirgli che questa distanza inizia a pesarmi davvero troppo. 

«Che c'è?» mi domanda restando con lo sguardo fisso avanti a sé.

«Niente, perché lo chiedi?» Non voglio rovinare la sua giornata, perciò non ho alcuna intenzione di parlargli delle mie paranoie.

«Oh andiamo Dylan, sei diventato improvvisamente silenzioso. Avanti dimmi che succede...» Si volta verso di me solo con la testa appoggiata all'indietro sullo schienale del divano. «È perché domani torni a casa?» Non voglio dirglielo adesso.

«Anche... Ascolta Kurt, ne possiamo parlare più tardi?»

«Devo preoccuparmi?» mi domanda alzando la testa per guardarmi meglio.

«Kurt...»

«Sono pronta!» La voce euforica di sua madre ci interrompe. Per fortuna lui non perde il suo sorriso. Appoggia le mani sul bordo della seduta, fa per alzarsi, ma prima mi si avvicina e sussurra qualcosa all'orecchio.

«Salvato dal gong...» si alza in piedi, lo faccio anch'io, ma sento che ormai l'atmosfera allegra della giornata che abbiamo trascorso si è incrinata, e la colpa è solo mia.

Usciamo per salire in auto, passiamo a prendere Hazel, poi ci rechiamo al ristorante. Mi sto impegnando a far tornare sul mio viso l'espressione allegra di oggi, ci sto davvero provando, e Hazel e di grande aiuto in questo. Abbiamo chiacchierato per tutto il tragitto, abbiamo preso in giro scherzosamente Kurt e Chloe, io ho raccontato loro aneddoti riguardanti Harry e Jordan, e da quando abbiamo preso posto al nostro tavolo siamo tornati ad essere tutti sorridenti. Non ho più pensato a domani, o alla lontananza. Mi sono concentrato sul momento e ha funzionato.

Questa serata si sta svolgendo come speravo. Kurt è felice, sorride, non c'è bisogno di altro adesso.

Ed era davvero perfetto questo momento, almeno fino a quando non ho notato una piccola variazione nell'espressione del suo viso. È stata quasi impercettibile, probabilmente se in quell'istante non l'avessi guardato non me ne sarei nemmeno accorto, ma i miei occhi erano nei suoi, e ho letto chiaramente il disagio per qualcosa che stava avvenendo alle mie spalle.

La scena successiva si è svolta al rallentatore. Con i gomiti appoggiati al bordo del tavolo mi sono voltato all'indietro, appena in tempo per vedere i signori Peters sedersi ad un tavolo appartato in fondo al locale.

Il mio umore precipita all'istante. Sento tornare con prepotenza la rabbia e tutto il rancore. Dopo la telefonata che quel bastardo ha fatto a mia madre tutti i sentimenti negativi che provo per lui non hanno fatto che amplificarsi. Lo detesto con ogni parte di me e l'istinto di alzarmi e andare da lui sta diventando difficile da controllare.

«Dylan?» La voce di Kurt - unita alla sua mano sulla mia - è l'unico contatto che mi riporta alla realtà.

Mi volto verso di lui e non vedo nient'altro che i suoi occhi chiari. Mi sta chiedendo di lasciare perdere, e giuro che ci sto provando, vorrei davvero ignorarlo, ma proprio non ci riesco.

«Dylan...» mi richiama ancora, e di nuovo non rispondo. Ormai sono in un mondo tutto mio, e mentre stringo la tovaglia tra le dita e provo con tutte le mie forze a restare seduto su questa sedia, sento l'amaro risalire dalla gola e impastarmi la bocca.

Mi volto di nuovo indietro e penso che non ha alcun diritto di sorridere in quel modo mentre sta prendendo in giro la donna che ha sposato. Così, quando vedo sua moglie alzarsi dal tavolo e allontanarsi, sembra che il mio corpo agisca in maniera autonoma.

Sposto la sedia all'indietro, strisciandola lentamente sul pavimento. Appoggio le mani al bordo del tavolo e mi alzo in piedi. Mi sembra di sentire la voce di Kurt chiamarmi ancora, ma è come se avessi qualcosa nelle orecchie che non mi permette di sentire chiaramente i suoni. Mi alzo in piedi e ho l'impressione di muovermi come un automa. Mi volto ed inizio a camminare verso il suo tavolo. Lo stronzo sbianca quando si accorge di me e posa il bicchiere di vino che ha in mano per prestarmi tutta la sua attenzione.

Quando sono ad un passo da lui vedo chiaramente nei suoi occhi l'ondata di panico che l'ha appena travolto.

«Che cosa vuoi?» mi domanda restando seduto.

«Mi spieghi come cazzo fai a dormire la notte?» Sento quasi bruciare la gola per la rabbia con cui pronuncio queste parole.

«Ho già detto a tua madre che...»

«Non azzardarti nemmeno a nominarla, non ne sei degno. Ti ho già detto che non voglio proprio niente da te, ma tu ti sei messo in contatto con mia madre. Devi lasciarla stare, non chiamarla mai più, non devi nemmeno pensarci a lei. Tu non esisti per noi come noi non siamo mai esistiti per te...» Se dessi retta all'istinto avrei già ribaltato il tavolo sopra la sua testa, ma ho promesso a mamma di non mettermi nei guai e non voglio rovinare la serata a Kurt.

«Bene, adesso che hai detto quello che dovevi puoi anche tornare da dove sei venuto.» Ha paura. Lo sento nella sua voce, glielo leggo negli occhi, riesco persino a fiutarlo.

«Perché? Hai paura che tua moglie torni al tavolo e scopra che tu l'hai tradita? O che hai un figlio illegittimo di cui lei non sa niente!?»

«Cosa?» Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra quando vedo la sua espressione terrorizzata dopo aver sentito quella voce femminile alle mie spalle.

Di nuovo mi volto lentamente e so bene l'effetto che faccio alle persone che hanno conosciuto mio fratello. La signora Peters mi guarda con occhi sgranati - la mia somiglianza con lui è notevole.

Non voglio ferirla, questa donna non lo merita, eppure provo una piccola soddisfazione nel sapere che la verità è venuta comunque a galla.

«Chi... Chi sei?» mi domanda spaventata.

Sento una mano posarsi con gentilezza sul mio braccio. Mi volto in quella direzione e vedo il volto di Kurt. «Dai... Andiamo...» mi dice a bassa voce, e io vorrei seguirlo, ma è come se i miei piedi fossero inchiodati al pavimento, tanto che lui è costretto ad insistere. «Per favore Dylan...»

«Dylan? Tu ti chiami Dylan?» La donna mi si avvicina e mi guarda con attenzione. Osserva i miei occhi, il mio viso, mi guarda come se stesse memorizzando ogni dettaglio di me. Poi si rivolge al marito. «Che significa?» gli domanda confusa.

«Perché non ne parliamo a casa?» tenta lui.

«No Ethan, ne parliamo qui, adesso...» La voce della donna è molto più sicura di poco fa, mentre lui comincia a vacillare. «Chi è questo ragazzo?» gli domanda con più convinzione, ma lui sembra aver perso la lingua e tutta la sua sfrontatezza.

«Ascolta tesoro è meglio se ne parliamo a casa...»

«Io non voglio aspettare...»

«Signora Peters forse è meglio se dà retta a suo marito...» Kurt interrompe ogni discussione e tutta l'attenzione della donna è su di lui. «Non è il posto giusto per parlarne. È meglio se ne discutete da un'altra parte... Noi dobbiamo andare...» Kurt mi fa allontanare da loro prima che chiunque possa dire qualcosa, e mi riporta al tavolo. L'espressione amareggiata delle due donne mi fa capire che ho rovinato la serata a tutti.

In uno strano silenzio recuperiamo le nostre cose e ci rechiamo all'esterno, saliamo in macchina, poi accompagniamo Hazel prima di rientrare. Il tutto nello stesso rigoroso silenzio che ci accompagna da quasi un'ora a questa parte.

Siamo rientrati in casa, ci siamo seduti sul letto in camera sua, ma io non ho ancora ritrovato il dono della parola, al contrario di lui.

«Ti va di dirmi come stai?» Dio, dovrebbe essere arrabbiato con me perché mi sono comportato da egoista e invece lui si preoccupa per me.

«Da schifo Kurt. Ho rovinato la tua cena e probabilmente anche la vita di quella donna. Per non parlare del fatto che domani me ne devo andare...» Mi volto a guardarlo e lo trovo girato verso di me.

«Non avresti dovuto andare a parlare con lui, è vero, ma è umanamente comprensibile il tuo comportamento. Non importa per la cena Dylan...» mi appoggio in avanti con i gomiti sulle ginocchia, mi prendo la testa tra le mani e quasi non sussulto quando sento la sua mano sulla mia schiena.

«Certo che importa invece. Volevo che fossi felice, doveva essere la tua serata...» Mi metto di nuovo dritto per guardarlo di nuovo negli occhi. «... e invece mi sono fatto trascinare dalla rabbia!» Sto alzando la voce, ma non ce l'ho con lui, bensì con me stesso.

«Ti ho già detto che non fa niente, insomma lo capisco che tu non sia riuscito a stare zitto, specialmente dopo quella telefonata che lui ha fatto a tua madre. Io probabilmente avrei fatto molto peggio se avessero fatto qualcosa del genere con la mia...» La sua mano è ancora sulla mia schiena, riesco a percepire il tocco delle sue dita attraverso la stoffa della camicia bianca che indosso.

«Dio, Kurt! Perché non ti arrabbi e basta?» gli domando tenendo lo sguardo fisso nel suo.

«Te l'ho detto quando sei arrivato Dylan. Resti qui poco, non posso permettermi di perdere del tempo prezioso restando arrabbiato con te...»

«Questa distanza fa schifo Kurt...» Gliel'ho detto, finalmente gliel'ho detto. «Io non ce la faccio più a restare così lontano per così tanto tempo...»

«Era questo che stavi pensando prima di uscire?» La sua mano arriva sulla mia, l'altra è ancora sulla mia schiena, e i suoi occhi chiari sono così brillanti da illuminare l'intera stanza.

«Era questo. Quando mi sveglio con te la mia giornata è decisamente diversa, migliore. Adesso che so davvero chi sono, e ho ben chiaro cosa voglio, non posso averlo, perché ci sono centinaia di miglia che mi tengono lontano da te e...» Vengo zittito con un bacio intenso. Labbra, bocca, lingua, lui si sta prendendo tutto, e allo stesso tempo mi sta trasmettendo tutto quello che prova.

«Credi che per me sia diverso?» mi dice con il fiato corto quando si allontana, ma senza farlo del tutto. «Da quando mi hai baciato la prima volta ho sentito qualcosa di diverso per te... Tu sei così passionale... Nonostante io fossi il tuo primo ragazzo, non ti sei mai risparmiato. Quello che tu dai a me è qualcosa a cui non potrei mai rinunciare Dylan. Io riesco a sentire quello che provi, te lo leggo negli occhi, nei tuoi gesti...»

«E allora cosa facciamo Kurt?» Ho bisogno di essere guidato da lui, come ha sempre fatto con me.

«Io so bene quello che voglio fare Dylan. E tu invece?» mi chiede accarezzandomi dolcemente una guancia.

So cosa voglio? Certo che lo so!

«Vuoi che sia di nuovo egoista Kurt?» Ho pensato a me stesso da quando sono partito. Volevo vederlo, volevo passare il giorno del suo compleanno con lui, volevo parlare con mio padre e voglio che lui venga a Boston.

«Non sei affatto egoista Dylan, tu mi hai regalato una giornata meravigliosa, un compleanno incredibile e non avrei potuto stare meglio di così. Poi, diciamocelo, mi dispiace per la signora Peters, ma era giusto che sapesse la verità, e quello stronzo si merita di passare un bruttissimo quarto d'ora...» Sorrido nel sentire le sue parole, e penso che forse è arrivato il momento di dargli il mio regalo di compleanno.

«Devo darti una cosa» gli dico alzandomi dal letto per andare a recuperare il pacchetto nascosto dentro al mio trolley.

Apro la cerniera, poi alzo i pochi indumenti che mi sono portato, e prendo il piccolo pacchetto azzurro chiuso da un nastro dorato. Torno a sedermi vicino a lui per darglielo.

«Credevi davvero che non ti avessi portato nessun regalo?» gli dico quando lo vedo osservarmi confuso.

«Sai che non m'importa del regalo...» lo afferra incerto, poi tira il nastro che lo chiude.

«Alla fine siamo sempre allo stesso punto. Io sono egoista, e quel regalo è più per me forse...» Mi guarda per un attimo, poi torna a guardare il pacchetto che ormai è quasi aperto.

Trattengo il fiato quando apre la scatolina. Lui mi ha detto che sa bene cosa vuole, spero solo che sia la stessa cosa che voglio io.

«Dylan...» Mi guarda di nuovo mentre toglie dalla scatola il piccolo portachiavi argentato. È un cigno, come quello che aveva regalato mio fratello a Chloe.

«È questo quello che voglio Kurt, è te che voglio...» Lo guardo e aspetto che mi risponda.

«Chiedimelo Dylan!» Lo dice con una tale intensità che è come se mi togliesse le parole dalla bocca.

«In quel portachiavi puoi mettere le chiavi di un appartamento solo nostro, e so che è passato poco tempo, ma... voglio te... Vieni a vivere con me Kurt...» Di nuovo trattengo il fiato in attesa che lui dica qualcosa, qualunque cosa.

«Sai che non è una cosa sensata...» Annuisco in silenzio. «Che potrebbe essere un disastro...» Annuisco e sorrido. «Che ci saranno momenti difficili...»

«E anche momenti incredibili, come svegliarsi insieme ogni mattina... Tu nemmeno ti immagini cosa vuol dire per me aprire gli occhi e vederti sdraiato accanto a me...» Il pensiero di averlo per me ogni giorno mi manda già fuori di testa.

«Dylan tu sei davvero sicuro...»

«Mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia...» Lo voglio con tutte le mie forze. Kurt è stato il mio punto di svolta, l'unico che è riuscito a capirmi davvero. Non gli serve nemmeno che io parli per sapere cosa penso. Stare con lui mi ha cambiato la vita. Mi fa sentire bene con il mondo, bene con me stesso e benissimo con lui. «E non m'importa dove. Se vuoi stare a Montréal va bene, se vuoi venire a Boston va bene, ma dimmi di sì...»

Lui mi guarda ed è visibilmente emozionato. Stringe tra le mani quel portachiavi. Lo guarda per un attimo, poi torna a guardare me. Mi ritrovo all'improvviso con la schiena contro il materasso, lui sopra di me, che mi bacia come se non lo facesse da giorni. Non so se questa sia la sua risposta, ma sentire come le sue labbra si plasmano sulle mie è sempre un piacere indescrivibile, intenso.

Kurt è in grado di azzerare i miei pensieri e fare venire fuori la parte migliore di me.

«Sì...» Ho sentito la sua voce, ma è stato un bacio così travolgente che non sono certo di aver capito bene.

«Cosa?» Glielo chiedo con un filo di voce, con il poco fiato che mi è rimasto dopo che mi ha baciato.

«Ho detto sì...» mi sorride, io sorrido a lui, e adesso che il mio cuore sta per esplodere nel petto so che quello che provo per lui è vero, è sincero.

Io mi sono innamorato per la prima volta in vita mia, ed è una sensazione meravigliosa.

«Hai detto sì...» Lo ripeto come se avessi bisogno di una conferma, e forse ne ho davvero bisogno.

«Sì Dylan... Ho detto sì...»

Funzionerà? Non lo so, ma devo assolutamente provarci, perché meglio di Kurt non potrei avere nella vita.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Non dovevo scrivere questo capitolo. In realtà ero impegnata nella stesura del capitolo di un'altra storia che sto scrivendo, ma Dylan ha preso il sopravvento. Aveva la necessità di raccontare questo suo momento nonostante io avessi previsto altro per Their Stories (qualcosa che arriverà a breve) e quindi eccoci qua.

Dylan ha fatto molti passi avanti e ha raggiunto una consapevolezza tale di sé stesso che ha preso una decisione molto importante.

Nel frattempo ha affrontato di nuovo suo padre. Gli dispiace che la madre di suo fratello soffra, ma non trovate giusto anche voi che sia venuta a conoscenza della verità?

Alla fine del capitolo Dylan mi ha sorpreso con quel regalo per Kurt, pare proprio che entrambi abbiano perso la testa l'uno per l'altro perché anche Kurt sembra proprio voler assecondare questa pazzia, ma dove andranno a vivere?

Grazie sempre di cuore per essere qui con me.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 18
*** Chloe's Birthday (pt 1) ***


Corro.

Lo faccio da giorni. Mi sveglio presto la mattina, prima del suono della sveglia, e mentre Harry è ancora nel mondo dei sogni, io indosso un paio di pantaloni sportivi, una maglietta, ed esco quando il sole sta per sorgere e corro.

Lo faccio fino a perdere il fiato, fino a che sento i polmoni bruciare, fino a che la carenza d'ossigeno mi fa smettere di pensare.

Non è un buon periodo, non lo è da quando siamo tornati da Londra. I primi tempi ho lasciato correre perché credevo che Harry avesse bisogno di tempo, poi sono stata risucchiata dagli avvenimenti, fino ad arrivare ad oggi.

*

La cena è pronta. Sto aspettando Harry da più di un'ora. Quando l'ho chiamato mi ha detto che stava per uscire dall'ufficio, così mi sono regolata con i tempi per fargli trovare tutto pronto, ma non è ancora tornato.

Non è una novità. Succede spesso, ultimamente, che resti in ufficio oltre il normale orario - oltre il necessario, dico io. C'è sempre qualche emergenza di non ben definita natura, o qualche impegno a cui non può sottrarsi, o ancora una riunione dell'ultimo momento, ma so che non è davvero così.

Si sta nascondendo, sta soffocando le emozioni scaturite dalla scomparsa di sua madre - che per quanto si ostini a negarlo sono certa che l'abbia turbato - e dal costruire un nuovo e importante rapporto nella sua vita, quello con sua sorella.

Grace è una ragazza straordinaria, molto combattiva, con una forte personalità, e grinta da vendere. Né Harry, né Jordan, hanno avuto problemi a legare con lei, Brenda, poi, sembra rinata: ha di nuovo qualcuno di cui occuparsi a tempo pieno e non è più sola in quella enorme casa. Brenda è realmente una di famiglia, proprio come diceva Harry.

Mi rannicchio sul divano stringendo tra le mani il telecomando. Salto da un canale all'altro senza guardare niente in particolare, con l'unico intento di distrarmi. Il cellulare è abbandonato sul tavolino di fronte, e l'unico segno di vita da quell'apparecchio è stato un messaggio da parte di Dylan che mi chiedeva di passare da loro domani.

Un piccolo sorriso spunta sulle mie labbra al pensiero di 'loro'. Kurt si è trasferito a Boston da una settimana. Quei due sono il ritratto della felicità. Al momento vivono ancora con la madre di Dylan, ma hanno iniziato a cercare un appartamento. Mi hanno anche chiesto di andare con loro per aiutarli nella scelta, ma mi sono rifiutata; non ho intenzione di mettermi in mezzo in nessun modo.

Mi appoggio su un fianco e tengo lo sguardo fisso sullo schermo della TV. Vedo le immagini farsi sfocate, poi buio e ancora immagini poco nitide, infine buio.

Sento un piccolo movimento sul mio viso. Mi muovo lentamente, poi sbatto qualche volta le palpebre per mettere a fuoco. Devo essermi addormentata e, dopo aver aperto gli occhi, posso finalmente scorgere il suo viso proprio davanti al mio.

«Ehi...» La sua voce è bassa, le sue dita stanno giocherellando con i miei capelli. È piegato sulle ginocchia e indossa ancora il completo da ufficio. Credo sia appena rientrato.

«Sei tornato» gli dico, mentre mi metto seduta.

«Perché non vai a letto? Faccio una doccia e ti raggiungo» dice poi, alzandosi in piedi.

«Harry?» lo richiamo, e il suo sorriso - già parecchio teso - scompare del tutto. Credo abbia capito cosa sto per dire.

«Ti prego Chloe, non ricominciare con la solita storia!» Sta alzando la voce, poi si volta, toglie la giacca e la lancia in malo modo sulla poltrona.

«In realtà la "solita storia", come l'hai chiamata tu, non è mai iniziata, dato che non vuoi parlarne...» Cerco di tenere un tono di voce calmo perché stasera sembra più nervoso del solito.

«Non c'è niente di cui parlare, perché nessuno vuole capirlo!?» Slaccia la cravatta, sbottona la camicia fino al tatuaggio all'altezza dello stomaco, poi passa ai polsini, il tutto con movimenti a scatti. È decisamente su di giri.

«Il fatto è che l'unico a non capirlo sei tu Harry. Da quando siamo tornati da Londra non hai più voluto toccare l'argomento, ma so che la scomparsa di...»

«Non. Nominarla!» Mi interrompe bruscamente e, una volta di più, so di avere ragione. La morte di sua madre l'ha turbato, e non poco.

«Ok... Allora parliamo di Grace...» Dice che va sempre tutto alla grande, ma non può non provare un minimo di risentimento. Magari non nei confronti di sua sorella, ma vuole dare a vedere che sia tutto normale, quando di normale c'è ben poco.

«Non ho niente da dire nemmeno su Grace...» Stronca anche questo argomento sul nascere, così provo con una delle cose che più mi preoccupano.

«E allora perché continui a nasconderti dentro al tuo ufficio?» La mia domanda lo fa vacillare per un attimo, ma si riprende con ancora più rabbia di prima.

«Adesso te la prendi perché lavoro!? Insomma prima tutti a darmi contro perché me ne sbattevo i coglioni, adesso che mi sto prendendo le mie cazzo di responsabilità non va bene lo stesso!?» Ormai sta urlando mentre gesticola animatamente come a volermi convincere delle sue parole. «Vuoi dirmelo tu come devo comportarmi!? Vuoi darmi degli orari da rispettare!?»

«Harry sai bene che non è questo che intendo...» Per un attimo sembra tornare in sé, ha quasi il fiatone ed è rosso in viso. «Sono solo preoccupata per te...»

«Beh, non devi! E adesso vado a farmi una fottutissima doccia!» Si volta e raggiunge il bagno a grandi falcate, poi sbatte con forza la porta per chiuderla e io mi ritrovo di nuovo da sola a tentare di capire come posso fare per aiutarlo, perché ha evidentemente bisogno d'aiuto.

Mi rannicchio di nuovo sul divano, raccolgo le ginocchia al petto e resto in ascolto dei rumori provenienti dal bagno. Non so più come fare per riuscire a farlo parlare, per fare in modo che si renda conto che deve affrontare il dolore, soffrire, combattere e superarlo. Non c'è altro modo.

Resto immobile, in attesa che esca dalla doccia. Spengo la televisione e fisso lo sguardo sulla porta del bagno, come se così facendo potessi farlo uscire prima, e il tempo sembra rallentare. Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando è là dentro, ma è decisamente troppo. Quando sto per alzarmi per andare da lui, la porta si apre.

Indossa solo l'asciugamano in vita, i capelli sono ancora bagnati, e tiene lo sguardo basso mentre cammina verso di me. Abbasso le gambe per sedermi composta e lui mi si piazza davanti. Il suo sguardo è combattuto, so che ha bisogno di sfogarsi, ma devo trovare i modi e i tempi giusti per non farlo scappare di nuovo.

Harry si abbassa, si inginocchia, poi si piega in avanti posando il viso sul mio ventre e mi abbraccia. Istintivamente porto le mani sulla sua testa per far scorrere le dita fra i suoi capelli. Ripeto il movimento più e più volte, fino a sentirlo rilassarsi.

«Mi dispiace Chloe» dice con un filo di voce.

«Non è niente Harry» Dio, potrebbe passarmi sopra con uno schiacciasassi e non mi lamenterei! Io ho fatto molto peggio con lui e non si è mai arreso.

«Mi dispiace anche per la cena» Mi abbraccia un po' più stretta e io faccio scorrere entrambe le mani tra i suoi capelli fino al suo viso, per fare in modo che alzi lo sguardo su di me. Voglio guardarlo negli occhi, voglio che lui guardi i miei.

«Lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa» Leggo nei suoi occhi tutto lo smarrimento che sta provando. «Parlami Harry...» So che vorrebbe farlo, ma la paura di tornare a soffrire come un tempo è ancora troppo forte.

«Non ora» dice, per poi tornare ad appoggiare il viso al mio ventre e stringermi con ancora più forza.

Riprendo ad accarezzargli i capelli come se fosse un bambino piccolo, e in questo momento potrebbe persino sembrarlo, tanto dà l'impressione di essere indifeso.

«Harry...» ritento con minore convinzione, ma non credo di riuscire a spuntarla.

«Non adesso Chloe...» Alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sono persi e io voglio provare per un attimo a perdermi con lui, forse potremmo ritrovare insieme la via del ritorno. «Adesso voglio solo baciarti.» Prendo il suo viso tra le mani e mi perdo sulle sue labbra, lascio che lui si perda sulle mie. Sarò al suo fianco sempre e comunque.

***

Alla fine succedeva sempre così. Harry riusciva ad evitare l'argomento ogni volta, fino a che l'ho fatto anch'io. Ho lasciato che si chiudesse in sé stesso sempre di più, ho permesso che il suo malessere vincesse su di lui, e ora non ho più la forza di aiutarlo.

Più Harry si nascondeva dietro al suo lavoro, più io mi nascondevo dietro a lui. L'abbiamo fatto finora e adesso mi ritrovo a dover affrontare il suo, e anche il mio, di malessere.

Non posso evitare di pensare che se avessi agito diversamente, se avessi insistito a farlo parlare, forse oggi staremmo meglio entrambi. Ho praticamente vissuto da sola nelle ultime due settimane - Harry tornava a casa solo per dormire - e adesso non so come affrontare la giornata di domani.

Al ritmo di questi pensieri aumento l'andatura, un passo dietro l'altro, sempre più in fretta, sempre più veloce, con la musica che martella negli auricolari. Ho imparato che la carenza d'ossigeno mi aiuta a fermare i pensieri, perciò spingo sulle gambe fino a non poterne più, fino a che sono costretta a fermarmi.

Mi piego leggermente in avanti, poggio le mani sulle ginocchia ed inizio ad inspirare ed espirare fino a regolarizzare il fiato. Anche stavolta ha funzionato. Il cervello si è spento, almeno per ora.

La musica si interrompe negli auricolari e sento il segnale di una chiamata in arrivo, premo il tasto di risposta sul cavetto sapendo già chi sia dall'altra parte.

«Sei sveglio...» dico, senza domandarlo realmente.

«Non proprio... Dove sei?» mi chiede con voce assonnata.

«A Central Park, ma sto tornando.» Il fiato è ancora corto, e mi incanto per un attimo nel notare il sole che sta sorgendo.

«Allora sbrigati Stewart, perché ho fame...» Sorrido nel sentire le sue parole. Sì diverte sempre a giocare su quel termine.

«D'accordo. Passo dal salone ristorante prima di salire in camera» gli dico.

«Brava... Adesso torna qui...» Sorrido ancora, poi lo saluto e corro, stavolta più lentamente, fino ad arrivare all'albergo al quale alloggiamo.

È stato Harry a voler passare qui, a New York, questi due giorni, proprio nello stesso albergo in cui siamo stati la volta scorsa. Credo volesse distrarre la mia attenzione, e forse ci sarebbe anche riuscito se non fosse che il mio umore è sotto terra da settimane.

Entro nella hall e chiedo alla reception se è possibile avere qualcosa da mangiare anche se il salone ristorante è ancora chiuso. Non mi fanno storie e, in pochi minuti, mi consegnano un vassoio da portare in camera. Ringrazio e vado verso gli ascensori, salgo al nostro piano ed entro in camera.

Harry è ancora sdraiato sul letto in modo da occupare più spazio possibile, sembra stia dormendo, ma si mette lentamente seduto quando mi avvicino.

«Ciao» gli dico sorridendo, poi poso il vassoio sul materasso e afferro un pancake che addento con gusto.

«Ciao» risponde con un mezzo sorriso.

«Vado a fare la doccia, tu fai pure con calma» Non gli do modo di ribattere che già sto andando verso il bagno.

Solitamente, dopo la corsa, ho un piccolo crollo emotivo. Se è vero che la carenza d'ossigeno mi fa smettere di pensare, quando il mio corpo torna in stato di riposo tutte le emozioni tornano con forza, come se fossero lanciate da un boomerang che mi si rivolta contro.

Scalcio in fretta le scarpe mentre apro l'acqua per farla scaldare, mi svesto completamente, poi mi infilo sotto al getto caldo. Mi appoggio con le mani alle piastrelle fredde e lascio la testa sotto l'acqua. Solo a questo punto mi lascio andare. Adesso, che nessuno può vedermi, piango.

Domani è il mio dannatissimo compleanno. Domani è un anno esatto che se n'è andato e io non riesco a tenere a bada i sensi di colpa, non da sola - e nell'ultimo periodo mi sento incredibilmente sola. Harry mi ha tagliato fuori da ciò che gli sta succedendo, e io gliel'ho permesso. Senza il suo sostegno è molto difficile affrontare questo momento, e anche se sono certa che lui abbia voluto venire qui per aiutarmi a tenere lontani certi pensieri, non può pensare che riesca a farlo da sola, non può pensare di continuare ad aiutare me e ad ignorare sé stesso.

D'un tratto sento il rumore della porta scorrevole del box doccia, sento la sua presenza dietro di me, poi di nuovo la porta chiudersi.

«Sei troppo tesa Stewart» La sua voce è bassa. Subito dopo sento le sue mani sulle mie spalle. Le sue dita fanno una piacevole pressione sui miei muscoli indolenziti. Chiudo gli occhi e mi concentro sul suo tocco. Allontano i pensieri perché lui è qui.

Mi lascio accarezzare, lascio che lui si porti via la mia negatività, che assorba i miei problemi come fa la spugna che sta facendo scivolare lentamente sulla mia spina dorsale.

«Lo sai che non mi piace svegliarmi da solo» dice. Sento il suo corpo aderire alla mia schiena. Le sue mani scorrono lente sui miei fianchi e continua a passare la spugna sulla mia pelle che si accende ad ogni suo passaggio.

«Non sei nella posizione migliore per rimproverarmi Harry» Cerco di replicare alla sua battuta, e subito dopo il fiato mi muore in gola quando mi stringe a sé, lascia cadere la spugna e le sue mani continuano a lasciare tracce bollenti sul mio corpo.

«Da questa posizione posso permettermi quello che voglio, piccola Stewart...» Sento le curve del suo corpo modellarsi al mio mentre sussurra al mio orecchio, poi le sue labbra si posano sul mio collo.

L'acqua continua a scendere e io mi stacco dal muro appoggiandomi del tutto contro di lui. Alzo le braccia e poso le mani all'indietro sulla sua testa, le sue conquistano altri centimetri di pelle. Forse posso accantonare il dolore ancora per un po', forse posso abbandonarmi a Harry, forse lui può guarirmi ancora.

Mi volto nel suo abbraccio e lo guardo negli occhi. In quel verde così acceso riesco a scorgere tutto il suo dolore, tutta la sua voglia di dimenticare, proprio, come voglio fare io.

Non voglio aspettare, lo voglio ora, voglio spegnere adesso il mondo e lasciare solo Harry, perciò in un attimo le mie labbra premono con forza sulle sue, la sua lingua si fa immediatamente spazio nella mia bocca. Stringo i suoi capelli tra le dita, lui lascia andare un gemito che si riversa all'interno del mio corpo. Porto una gamba sul suo bacino e lui capisce immediatamente cosa voglio. Le sue mani si artigliano alle mie cosce e d'un tratto i miei piedi sono sollevati da terra. Trattengo il fiato quando la schiena entra in contatto con la superficie fredda delle piastrelle, e poi di nuovo quando lui scivola con aggressività dentro di me. Non abbiamo più nemmeno il pensiero del preservativo perché ho iniziato a prendere la pillola diverso tempo fa, e non c'è niente che possa fermarci dal consumarci a vicenda con egoismo, perché è esattamente quello che stiamo facendo in questo momento. Lui si sta perdendo in me per azzerare i suoi pensieri, e io sto usando lui allo stesso modo. È un rapporto aggressivo in cui ognuno pensa a sé stesso. È passione allo stato puro, ma alla fine, quando entrambi raggiungiamo il culmine del piacere e io nascondo il viso nell'incavo del suo collo per nascondere le lacrime, lui dice qualcosa che mi fa rendere conto che noi non siamo solo questo.

«Dio, Chloe! Non immagini nemmeno quanto mi manchi!»

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Siamo arrivati ad un nuovo capitolo della loro storia. È un momento difficile per entrambi che sono tornati a chiudersi in loro stessi. Hanno lasciato che i loro problemi li travolgessero ed ora si trovano faccia a faccia con qualcosa che non possono più evitare: dovranno parlarsi e tornare ad avvicinarsi, ma questo lo vedremo la prossima volta.

Grazie ancora a tutte voi per essere qui.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 19
*** Chloe's birthday - (pt 2) ***


Riesco a sentire tutto.

Il battito del suo cuore sotto il palmo della mia mano. Il suo respiro regolare che fa alzare e abbassare il suo torace. Il calore della sua pelle a contatto con la mia. I piccoli movimenti che fanno le sue dita sulle mie spalle che mi provocano un milione di piccoli brividi. Sento persino il rumore dei suoi pensieri.

Non sento, invece, i muscoli. È scomparsa ogni energia. Anche le nostre voci sembrano essere sparite.

Abbiamo trascorso l'intera mattinata in questo letto king size. Abbiamo passato il tempo ad amarci come non facevamo da tempo. Ci siamo dedicati l'un l'altra, abbiamo sfogato un po' della rabbia che entrambi abbiamo dentro, il dolore e la frustrazione, dopodiché è tornata la dolcezza mista alla passione. Avevamo voglia l'uno dell'altra, di sentirsi davvero vicini, proprio come ora, e non solo fisicamente.

Siamo sdraiati da diversi minuti. Dall'alba, all'ora di pranzo, abbiamo fatto l'amore due volte e ogni volta è stato incredibile. Siamo riusciti a tirare fuori le emozioni, ce le siamo riversate addosso con prepotenza, a volte ha fatto male sentire con quanta aggressività ci siamo stretti - e non parlo di dolore fisico.

Sono stanca, non ho quasi la forza di parlare, ma c'è altro che voglio fare prima di domani. Non posso pensare di affrontare le prossime ventiquattro ore con questo stato d'animo. Sono arrivata al limite, e come sono riuscita a tirare fuori le emozioni, adesso, è arrivato il momento di tirare fuori le parole, tutte quelle che ci siamo tenuti dentro in queste disastrose settimane.

«Harry?» Lo pronuncio a bassa voce, quasi avessi timore di disturbarlo, poi resto in silenzio, aspettando una sua risposta mentre sono appoggiata a lui.

«Ti amo Chloe...» Non me lo diceva da così tanto tempo che ora quasi non respiro per l'emozione. Alzo lo sguardo su di lui che mi guarda lasciando trasparire tutto il dolore in quello pozze verdi. «E sono incazzato a morte...» Un altro piccolo colpo al cuore, ma forse è arrivato il momento anche per lui di parlare.

«Con chi sei arrabbiato Harry?» gli domando tenendo ferma la mia mano sul suo torace mentre sento accelerare il suo battito.

«Oh... con un po' di persone a dire il vero...» La sua mano si ferma sulla mia spalla e io mi volto del tutto verso di lui.

«Perché sei arrabbiato?» Provo con la prima domanda che mi viene in mente. Ho sempre saputo che fosse arrabbiato, e posso anche immaginare con chi e perché, ma lui deve dirlo con parole sue.

«Sono arrabbiato perché alla fine ha vinto lei, se n'è andata di nuovo, mi ha lasciato un'altra volta e stavolta non tornerà mai più!» Ogni sua parola è carica di rabbia, riesco quasi a sentirne l'amaro in bocca.

«Harry nessuno ha vinto niente, tutti abbiamo perso qualcosa...» Adesso sento il dolore al petto, quello che mi accompagna da giorni al pensiero della giornata di domani.

«Lo so Chloe, è per questo che ho voluto venire qui a New York...» dice mettendosi seduto e facendo alzare anche me mentre mi tiro il lenzuolo al petto. «Volevo provare a farti sentire meglio, a tenere più lontano possibile quello che ti sta passando per la testa da giorni...»

«Ma ti senti Harry?» Lui mi guarda aggrottando le sopracciglia, ovviamente non ha capito a cosa mi riferisco. «Io sono felice che tu pensi a me, ma stai continuando a nasconderti. Quando eravamo a Boston ti nascondevi in ufficio, adesso che siamo qui a New York ti stai nascondendo dietro di me.» I suoi lineamenti si induriscono, distoglie lo sguardo, poi si alza dal letto indossando i boxer.

«Questo è il ringraziamento perché mi preoccupo per te...» lo dice camminando verso la finestra situata al fondo della stanza.

«No Harry, non è così...» mi alzo per raggiungerlo restando avvolta nel lenzuolo. «Ti ho detto che sono felice del fatto che ti preoccupi per me, ma è di te che dobbiamo preoccuparci adesso, perché sei tu quello che...»

«Ti ho già detto che non devi preoccuparti, quante volte dovrò ripeterlo!? Sono solamente incazzato!» Sta alzando di nuovo la voce. Sembrava che stesse per confidarsi e invece si è di nuovo chiuso in sé stesso, ma stavolta non voglio lasciare correre.

«E allora dimmi con chi sei incazzato!» Alzo anch'io la voce, cosa che lo fa voltare nella mia direzione.

«Con mia madre!» E un nome l'ha tirato fuori, ma è solo la punta dell'iceberg, non posso fermarmi ora.

«Ed è giusto che tu lo sia, ma questo non deve distruggerti...» Si sta ancora sforzando di trattenere quello che lo fa star male, ma per quanto mi dispiaccia vederlo soffrire, devo continuare ad insistere. «Forza Harry, voglio sentire il resto...»

Mi guarda serio, serra la mandibola con forza e ha i muscoli delle spalle tesi. So che vuole dirlo, ma si sta ancora trattenendo. Così decido di parlare io dato che lui sembra non averne alcuna intenzione.

«Vuoi sapere cosa mi passa per la testa?» gli domando avvicinandomi a lui di un passo.

«Non lo so se voglio saperlo Chloe, forse non sono in grado di sopportarlo...» Fa un passo indietro, come se non volesse avermi vicino e io ne faccio un altro verso di lui.

«Certo che non sei in grado di sopportarlo, perché ti stai tenendo sulle spalle i problemi di tutti. Da quando siamo tornati non hai fatto altro che pensare a Grace, a Jordan, a Dylan, a tutti i tuoi amici, a tutti Harry, me compresa, ma a te chi ha pensato!? Nessuno! Nemmeno io l'ho fatto! Ti ho lasciato solo nei tuoi problemi, ho lasciato che ti perdessi e non sono stata in grado di aiutarti!» Mi brucia la gola dopo aver tirato fuori queste parole. Non posso pensare di portare avanti questa situazione.

«Non è vero Chloe, non è colpa tua, non è colpa di nessuno. Sono solamente io a comportarmi da idiota. Credimi quando ti dico che avrei voluto parlarti tante di quelle volte, ma poi finivo sempre per stare zitto perché non volevo che tutto quello ho vissuto da ragazzino tornasse a farmi male, ma ho fallito come un incapace...» Il suo tono di voce è sconfitto. Mi stringo di più il lenzuolo attorno al mio corpo, poi faccio un altro passo. Stavolta lui non può muoversi perché ha il muro alle sue spalle.

«Ti senti solo, Harry?» Le mie parole sembra abbiano il potere di immobilizzarlo: nessun battito di ciglia, quasi non respira, e ogni parte di lui è del tutto ferma. Ho centrato il punto.

«No... Cosa dici, certo che no...» Si riprende dopo qualche secondo, ma è ovvio che stia mentendo.

«E allora perché mi hai tagliato fuori?» Un altro passo e sono a pochi centimetri da lui, ma Harry sfugge di nuovo. Mi sorpassa e cammina verso l'altra finestra. Chiudo gli occhi ed inspiro profondamente. Non devo cedere alle sue continue fughe.

Mi volto e lo trovo appoggiato al muro con la mano destra e lo sguardo perso verso l'esterno.

«È colpa mia se ti senti solo...» Avrei dovuto insistere di più, avrei dovuto trovare il modo giusto... Avrei dovuto, ma non l'ho fatto...

Restiamo in silenzio per qualche minuto, lui con lo sguardo fisso nel vuoto, io con lo sguardo fisso su di lui. Fino a che decide, finalmente, di parlare.

«Mi sento solo... è vero Chloe, ma non è assolutamente colpa tua...» Non dico nulla, nemmeno mi muovo per evitare che smetta di parlare. «Mia madre è morta, e anche se non volevo davvero recuperare il rapporto con lei perché ha fatto troppo male a tutti noi, avrei voluto che le cose andassero diversamente... Avrei voluto che tornasse indietro tanto tempo fa, ma non l'ha fatto. Ha cresciuto una figlia e ti giuro con tutte le mie forze che voglio bene a Grace, ma qualche volta, quando non riesco a contenere le emozioni, provo così tanta invidia nei suoi confronti...» Ci sta riuscendo, sta lasciando andare quello che lo fa soffrire, e io continuo a restare nel mio angolino per permettergli di liberarsi dal dolore.

«Mi sento orribile nel provare questi sentimenti verso Grace, lei non ha nessuna colpa, ma qualche volta, quando mi abbraccia, penso a quante volte lei ha abbracciato mamma, penso che avrei voluto essere al suo posto, ma poi penso al fatto che nostra madre ha privato entrambi della possibilità di crescere insieme...» D'un tratto si volta nella mia direzione e riesco a vedere quanta rabbia ci sia in lui. «Mia madre mi ha tolto così tante cose...» Adesso sento un'immensa voglia di abbracciarlo, così mi avvicino lentamente.

«Puoi dirlo Harry... Puoi dirmi tutto quello che vuoi, non ti giudicherò mai, puoi fidarti di me...» Resta fermo fino a che lo raggiungo. «E forse non risolverà niente parlarne con me, ma almeno smetterai di tenerti tutto dentro. Tu più di chiunque altro sai cosa vuol dire tenersi le cose dentro...» Il suo sguardo cambia ancora ed improvvisamente mi si avvicina.

Abbiamo passato mesi con lui a rincorrermi perché continuavo a tenere per me tutto quello che provavo, e ora lui si sta comportando allo stesso modo.

«Lo stai facendo anche tu Chloe...» le sue mani si posano sulle mie spalle, e i suoi occhi si fissano ancora nei miei. «E il mio comportamento da idiota sta facendo sì che anche tu ti senta sola, e non dire che non è vero perché è così. Ho tardato tante volte di proposito nel tornare dall'ufficio per non dover affrontare il tuo sguardo...»

«Stai di nuovo cambiando discorso» affermo a bassa voce, e sono costretta a trattenermi perché quello che ha appena detto mi ha fatto male. So che sono stata pessima con lui nell'ultimo periodo, ma sapere che mi stava evitando di proposito fa comunque male.

«Credo tu abbia la precedenza perché domani...»

«Basta Harry!» Alzo la voce di parecchi decibel per interromperlo. «Se non vuoi parlare tu, allora lo farò io! Vuoi sapere perché mi sono ridotta a scappare da te? Perché vado a correre fino a non avere più fiato? ... Perché sono dannatamente arrabbiata! Lo sono con te perché non vuoi parlarmi e lo sono con me stessa perché non sono riuscita ad aiutarti, e non venirmi a dire che non è colpa mia, perché sono stata un totale disastro dato che sono tornata a chiudermi in me stessa, perché mi sono arresa!» Pronuncio ogni parola con una tale rabbia da sentire di nuovo bruciare la gola. Sento di essere completamente rossa in viso, le tempie pulsare velocemente e le lacrime premere con forza per uscire, ma non voglio piangere, così gonfio le guance per trattenermi e gli do le spalle tornando all'altra finestra.

Non volevo davvero dirgli quelle cose, ma forse ha bisogno di essere provocato, proprio come ha sempre fatto lui con me, perché le maniere buone, finora, non sono servite. E mi starebbe bene anche che mi insultasse, che se la prendesse con me, ma che una volta sfogato tornasse ad essere l'Harry di sempre.

«Tu sei arrabbiata?» mi domanda. Lo sento avvicinare, ma non mi volto. «Con me? Davvero Chloe?» Non è del tutto vero il fatto che sia arrabbiata con lui, ma non sapevo più come farlo reagire. Forse ho fatto la scelta sbagliata, forse questo peggiorerà le cose, ma non so più dove sbattere la testa. «Ho passato gli ultimi due mesi a cercare di non farti preoccupare! Ho provato in ogni modo a non coinvolgerti in tutti i miei pensieri contorti e assurdi perché sapevo che si stava avvicinando il giorno del tuo compleanno e... e vaffanculo anche al giorno del tuo compleanno!» Si ferma e io continuo a restare immobile, in silenzio, come se non ci fossi. «Fanculo a mia madre, fanculo al fatto che sono invidioso di mia sorella, e fanculo anche al tuo passato! Odio tutto quello che ti è successo e odio vederti soffrire, ma cazzo Chloe, non puoi fottutamente essere arrabbiata con me!»

Non voglio farlo attendere oltre e mi giro a guardarlo. Ha gli occhi rossi, la mascella serrata e lo sguardo carico di rabbia. Mi si avvicina ancora, porta le mani sul mio viso e, con i pollici, asciuga le lacrime che non mi ero accorta stessero scendendo lungo le guance. Non dico niente perché ne sono totalmente incapace dopo il suo sfogo.

«Ho voluto tornare a New York perché è qui che ti ho detto ti amo per la prima volta, è stato qui che sei stata davvero mia per la prima volta. Il nostro vero inizio è stato qui, in questa città, e speravo di essere abbastanza per te da tenerti lontana da quel giorno, ma evidentemente non è così...»

«No Harry, no! Non è così! Tu sei più che abbastanza, tu sei tutto quello di cui ho bisogno. Sei l'unico di cui ho bisogno e senza di te sta andando tutto a rotoli...» Mi appoggio a lui, lascio andare il lenzuolo e poso le mani sul suo torace, le faccio scorrere all'indietro, fino ad intrecciarle dietro la sua schiena. «Ho bisogno di te più che mai Harry...»

«E allora dimmelo, Chloe.» La sua voce ha il suono di una supplica, sembra quasi disperato.

«Ti amo da impazzire Harry. Ho bisogno di te in ogni momento della mia vita e mi sei mancato da morire...»

Quasi non mi rendo nemmeno conto che le sue labbra si sono schiantate contro le mie. In una frazione di secondo rispondo a quel bacio tanto aggressivo con altrettanta forza. Percepisco chiaramente il corpo contro al mio perché ormai il lenzuolo è finito sul pavimento e mi perdo completamente in questo bacio lasciando andare tutta la rabbia. Lo sta facendo anche lui. Lo sento nella stretta delle sue mani mentre mi solleva e mi porta fino al letto, lo sento nel modo che ha di continuare a baciarmi come se non potesse più lasciarmi andare.

Artiglio le mani sulla sua nuca per tirarlo ancora più vicino perché non voglio lasciarlo andare, perché siamo stati lontani troppo a lungo. Harry mi bacia ancora, morde e bacia, lo faccio anch'io perché voglio prendermi tutta la sua rabbia e trasformarla in passione, quella che ci tiene insieme, quella che ci fa perdere l'uno dentro l'altra fino a perdere il fiato e la ragione per ritrovarci nel nostro mondo, solamente nostro, quello fatto di baci, sospiri e i nostri nomi appena sussurrati.

E non importa se stavolta i nostri graffi sono arrivati fino al cuore perché lui riesce a guarirli tutti, mi basta guardarlo, mi basta ascoltarlo e sentire quello che prova per me.

«Cazzo Chloe!» Mi stringe di più mentre sento il suo corpo rilassarsi su di me. Sento il suo respiro accelerato infrangersi sul mio collo, sento il suo cuore battere sul mio petto, e sento il mio esplodere per lui.

«Ti amo Harry...»

«Dio, se ti amo piccola Stewart!» 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Aggiornamento rapido per la seconda parte di questo momento tra Harry e Chloe. Pare che finalmente siano riusciti a parlarsi e hanno fatto pace a modo loro.

Harry sta avendo ancora qualche difficoltà a metabolizzare la morte della madre e l'arrivo della sorella, ma speriamo che dopo questa confessione riesca ad aprirsi di più con Chloe.

La terza parte arriverà presto e riguarderà il giorno del compleanno di Chloe. Un giorno che riporta alla mente dei momenti terribili per lei. Riusciranno Harry e Chloe a superare anche questa?

Vi mando fortissimi abbracci per ringraziare chiunque stia passando di qui e anche dalle altre mie storie. Grazie, davvero! ❤️

Eeeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 20
*** Chloe's birthday (pt3) ***


Quando sbollisce la rabbia c'è un'assoluta e piatta calma.

Dopo aver ripreso fiato, aver ordinato il servizio in camera ed esserci coccolati ancora un po', abbiamo ripreso tutti gli argomenti che ci siamo urlati contro. Stavolta siamo riusciti ad affrontarli con più lucidità. Abbiamo chiarito, abbiamo spiegato i nostri punti di vista e abbiamo raggiunto un equilibrio.

A Harry mancherà sempre la figura materna, e sta cercando di metabolizzare l'arrivo di una sorella. So che ce la farà, specialmente adesso che ne parla senza più alcuna remora perché gli ho spiegato che non mi romperò se riverserà su di me i suoi problemi. Se non facciamo in questo modo non sarà più un insieme, ma saremo due singoli che condividono uno spazio e non è quello che vogliamo.

«Stewart?» Sorrido nel sentire la sua voce bassa mentre sono appoggiata al suo sterno.

La sua mano scorre lenta sulla mia schiena, sento i suoi polpastrelli carezzare la mia spina dorsale in un contatto appena accennato che riesce a darmi i brividi.

«Non ti sento Styles» Mi stringo di più a lui perché non voglio più allontanarmi, né mentalmente, né fisicamente.

«No, sono io che non sento te. Com'è che c'è così silenzio? Il tuo cervello è collassato?» Ridacchio nel sentire la sua stupida battuta, ma non ha tutti i torti. Tutto questo parlare, chiarire, spiegare, mi ha sfinito. Ho bisogno di una tregua dai pensieri.

«Il mio cervello non ce la faceva più ad ascoltarti e si è spento» Alzo solamente gli occhi per cercare di vedere dalla finestra se c'è ancora luce fuori, ma non riesco a capire che ore siano.

«Il tuo cervello non è in grado di capire la profondità dei miei pensieri» Scuoto leggermente la testa, poi mi volto verso di lui e lo trovo con il suo bel sorriso che mette in mostra le fossette.

«Su questo siamo d'accordo... il mio cervello non è in grado di capire i tuoi pensieri contorti» Poso la mano sul suo stomaco, poi mi appoggio con il mento. Le sue dita si infilano subito tra i miei capelli e chiudo gli occhi per memorizzare questo momento, per imprimere i dettagli di questo istante come fossero un tatuaggio nella mia mente.

«Vestiti!» dice improvvisamente.

Apro gli occhi e lo osservo con aria interrogativa. «Perché vuoi che mi vesta?» Non indosso assolutamente niente da stamattina, da quando sono rientrata dalla corsa al parco. Non mi va di vestirmi, perché immagino che ciò che ha appena detto comporti uscire, di conseguenza alzarmi da questo letto e non mi va.

«Perché usciamo» afferma, poi sorride di nuovo e capisco che ha in mente qualcosa. 

«Non voglio uscire Harry» mi lamento con scarsa energia perché immagino di non avere voce in capitolo, ma ci provo dato che stare abbracciata a lui è la mia massima aspirazione al momento.

«La mia non era una domanda, quindi ora alzati e vestiti. Io e te usciremo tra pochi minuti...» Si mette seduto mentre io sfuggo alla sua presa per sdraiarmi sulla mia parte di materasso e lui scivola sulle lenzuola fino a ritrovarsi ai piedi del letto.

A quel punto si mette in piedi e mi afferra per le caviglie, tirandomi a sé. «La tua pigrizia non rovinerà la serata che ho organizzato» dice, quando mi ritrovo con le gambe a penzoloni e lui a sovrastarmi con le mani appoggiate ai lati delle mie spalle. «Quindi adesso, per quanto mi piaccia vederti senza niente addosso, ti metti qualcosa e vieni a cena con me perché io sto morendo di fame...» sorrido maliziosa alla sua ultima parola. «E non guardarmi in quel modo che lo so che hai fame anche tu, ma per continuare a soddisfare quella fame dobbiamo cenare...» 

Sospiro, ma sorrido perché sono felice. Sono con lui nella città che ha visto il nostro inizio e, proprio come ha detto lui, mi fa stare bene l'idea che questa sia un po' la nostra città. «Ok, vestiamoci» gli dico, poi mi lascia un bacio veloce sulle labbra e si alza con un sorriso soddisfatto.

«Non sarà bello come quello che hai organizzato tu, ma avrai un dannatissimo compleanno felice!» Lo dice mentre si allontana entrando in bagno e io tiro il fiato a quelle parole.

Ci sarà un momento difficile da affrontare, ma lui è con me... ce la faccio...

*****

«Sbrigati!» Harry è impaziente e stare al suo passo non è facile.

Stiamo camminando, anzi no, stiamo correndo da quando siamo scesi dalla metro, e non so perché abbia tutta questa fretta. Ovviamente non ha voluto dirmelo e io sto cercando di tenere il ritmo, ma non è facile eguagliare le sue lunghe falcate.

Abbiamo percorso un pontile, siamo al porto, ma non ho abbastanza lucidità per chiedergli cosa stiamo per fare. Non importa, lo scoprirò tra poco, giusto?

Saliamo a bordo di un'imbarcazione - già parecchio affollata – mi tiene per mano e arriviamo fino al parapetto al quale mi fa appoggiare. Lui si posiziona dietro di me, mi abbraccia e poggia la sua testa accanto alla mia.

«Appena in tempo» dice a bassa voce, accanto al mio orecchio.

Ci metto qualche secondo a realizzare dove siamo, cosa stiamo facendo e tutto il resto, perché è successo tutto parecchio in fretta, ma nel momento in cui il traghetto si mette in movimento anche i miei neuroni lo fanno: crociera sul fiume Hudson, al tramonto...

«Harry?» Lo richiamo senza un vero motivo, ho solo voglia di sentire la sua voce.

«Dimmi piccola Stewart...» La sua voce sussurrata è qualcosa che mi provoca sempre i brividi, credo che non mi abituerò mai.

«Ti ho mai detto che mi sono innamorata delle tue fossette la sera in cui ci siamo incontrati per la prima volta in metropolitana?» Non so per quale motivo mi è tornato in mente quel momento, ma riesco a ricordare distintamente la voglia che avevo di affondare le dita nelle sue guance nonostante lo trovassi irritante da morire.

«Ed è per questo che mi hai salutato con un elegante dito medio quella volta?» Rido nel sentire ciò che ha appena detto.

«Non avevo una grande opinione di te»

«Ma dai? Non l'avevo capito...» rido ancora, poi continuo a raccontare.

«La sera che ti ho visto alla serata di beneficienza...»

«Quando avevi quel vestito... Perché non l'hai più messo?» mi domanda dopo avermi interrotto.

«Perché è di mia sorella e ora lasciami finire...» Sbuffa, ma sono certa che stia sorridendo. «Dicevo che quella sera mi ero fatta l'idea che fossi un ricco e viziato figlio di papà con il quale non volevo avere niente a che fare, ma quando ti ho rivisto con quella birra in mano avevi tutta un'altra aria e ho iniziato a guardarti con occhi diversi...»

«No... non me l'avevi mai detto...» Sembra interessato alle mie parole e io mi perdo per un attimo nei ricordi osservando il tramonto su Manhattan dall'acqua, il cielo che si colora di varie sfumature di rosso e le prime luci che si accendono sulla città.

«Ricordo che avevo iniziato a notare quanto ti stesse bene il completo che avevi indossato, com'era bello il tuo sorriso e mi piaceva parecchio vederti sorridere...» Mi sembra di rivivere quella serata, la prima che abbiamo trascorso insieme.

«In realtà non sei mai stata un granché brava a nasconderlo...» Volto leggermente il viso per guardarlo e trovo il suo sorriso irriverente, ma al tempo stesso accattivante. «La maggior parte delle volte ti si legge tutto negli occhi, o almeno mi sembra di riuscirci» dice mentre mi guarda.

«Ci riesci sempre Harry» confermo le sue parole, poi torno a guardare lo skyline mentre stiamo per passare sotto al ponte di Brooklyn. «Dopo tutti quei mesi in cui sono stata completamente apatica tu sei stato il primo a farmi ridere per davvero, sei stato il primo a farmi piangere, cosa che non ero mai riuscita a fare e ho capito che non è stato un caso esserci incontrati tutti e tre quella sera...» Il terzo a cui mi riferisco è Dylan. Dal mio arrivo a Boston sono successe tante cose, e tutti e tre siamo di nuovo felici.

Harry non risponde, mi bacia dietro all'orecchio, poi continuiamo il resto del viaggio in silenzio, restando a guardare il paesaggio, le luci accese sulla statua della libertà e i riflessi sull'acqua. Ascoltiamo la guida che racconta aneddoti e curiosità su ciò che stiamo guardando – anche se non presto particolare attenzione, dato che sono concentrata solo su Harry e sulle sue braccia intorno a me – fino ad arrivare a destinazione. Una volta scesi sembra che sappia già dove andare, ma stavolta non sono curiosa, ho imparato che le sorprese di Harry mi piacciono parecchio, quindi, almeno oggi, non romperò le scatole e penserò unicamente a godermi il momento, anche perché ho bisogno di tenere a bada la mente.

Entriamo in un locale dall'atmosfera suggestiva caratterizzato da alti soffitti e luci soft. C'è un piacevole sottofondo di musica jazz e, mentre camminiamo verso il tavolo indicato dal ragazzo all'ingresso, noto una piccola orchestra che credo stia suonando dal vivo.

«Ti piace?» mi domanda, attirando la mia attenzione perché ero persa a guardare le tante foto appese ai muri.

«Tantissimo Harry» Lui sorride soddisfatto si sé stesso ed è la stessa espressione che gli vedo sul volto per tutta la sera.

Il suo sorriso è la mia medicina, la sua voce la mia iniezione di positività, e il suo tocco la mia cura. Averlo al mio fianco mi dà la forza per affrontare qualsiasi cosa. Harry è il rimedio al mio malessere, sono certa che qualunque cosa accada lui ci sarà sempre. Mi basta la sua presenza per darmi la giusta forza per affrontare le difficoltà e la sofferenza che i ricordi che stanno tornando a galla comportano. E so che a breve avrò bisogno di ogni cosa che lui potrà darmi.

Domani è il primo anniversario della morte di Dylan, il mio Dylan, e sono grata a Harry per avermi tenuta lontano da Montréal. Non credo che sarei stata abbastanza forte da sopportare di stare in quella città in queste ore, perché quando sono lì lui è ovunque. Mi manca, ma la parte peggiore sono ancora i sensi di colpa che stanno tornando per torturarmi. Nessuno mi toglie dalla testa che se quella sera non fosse venuto a casa mia, forse, sarebbe ancora vivo.

Dylan ha perso la vita, l'ho perso tenendolo stretto tra le mie braccia, e non è una cosa che posso semplicemente accantonare in un angolo della mente.

«Non sento la musica Stewart!» esclama con un sorriso dolce sulle labbra. Lo guardo con aria interrogativa e lui porta la mano sulla mia fronte, sfiora la tempia con il pollice e sorrido quando capisco che si sta riferendo al rumore del mio cervello in movimento.

«Scusa, lo spengo subito» gli dico sorridendo a mia volta.

Harry è qui e merita tutta la mia attenzione. Lui è la mia vita adesso, e non potrei desiderare niente di diverso. Non voglio e non posso fare paragoni tra lui e Dylan – non sarebbe giusto per nessuno –, ma stare con Harry è qualcosa di straordinario e, con ogni probabilità è lui la mia anima gemella, tuttavia c'è una parte del mio cuore che sarà sempre di Dylan e questo mi porta a sentirmi in colpa nei confronti del ragazzo meraviglioso che mi sta versando da bere.

«Forza voglio fare un brindisi» dice, alzando il suo bicchiere verso di me.

«A cosa vuoi brindare?» gli domando portando il mio bicchiere vicino al suo.

«A qualunque cosa ci abbia fatto incontrare e a qualunque cosa ci abbia portato qui oggi. Non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere se non qui... con te...» Fatico a trattenere le lacrime – che ora sono di gioia – faccio tintinnare i nostri bicchieri e ne mandiamo giù un sorso senza smettere di guardarci negli occhi.

«Dov'è l'Harry presuntuoso?» gli domando posando il bicchiere sul tavolo. È talmente dolce stasera che sembra fin troppo preoccupato per me. Per questo faccio una stupida battuta, per fargli capire che qui con lui sto bene.

«Credo sia andato a farsi un giro con miss acidità» Mi sorride ancora, stavolta con un po' più di ironia in quei meravigliosi occhi verdi che sono tornati a splendere nelle ultime ore.

«E credi che abbiano intenzione di farsi vedere di nuovo?» Mando giù un altro sorso di vino bianco mentre continuo a guardarlo negli occhi.

«Non m'importa di loro, adesso m'importa solo di te...» Dev'essere seriamente preoccupato se continua ad essere così serio. «E comunque dovresti ringraziarmi di averti portata qui perché l'alternativa era cenare in qualche ristorante francese dato che c'è la French Restaurant Week...»

«Che sarebbe?» gli domando curiosa.

«Una settimana dedicata alla ristorazione francese. Ci sono un sacco di locali che offrono menù a prezzo fisso, ma dato che tua madre mi ha già fatto assaggiare tutta la cucina francese ho pensato fosse meglio cambiare...» Rido nel sentire le sue parole, però ha ragione.

Le poche volte che siamo stati a Montrèal mamma gli ha cucinato ogni piatto tipico della cucina francese e lui si è sforzato di mangiare tutto, nonostante molte cose non fossero di suo gradimento. È stato dolce anche in quel caso.

«A me piace la cucina francese» dico con un tono volutamente provocatorio.

Lui ruota gli occhi, ma so che non è davvero infastidito. «Dimmi solo che ti piace questo posto senza fare tante storie».

Gli sorrido, mi alzo dal mio posto e mi allungo sopra al tavolo fino ad avvicinarmi al suo viso, gli lascio un bacio sulla guancia e torno a sedermi. «Mi piaci tu Harry, ovunque tu voglia portarmi...»

«Ti sei salvata Stewart» Porta alle labbra il suo bicchiere e d'un tratto ricordo quella sera quando gli ho chiesto io, di uscire per una birra.

Sono stata più che bene quella sera; ricordo come ero affascinata a guardare i suoi tatuaggi, a scoprire sempre di più su di lui.

«A cosa stai pensando adesso?» mi domanda quando vede che mi sto di nuovo perdendo nei miei pensieri.

«Ti ricordi la sera che ti ho aspettato nell'atrio per chiederti se ti andava di uscire per una birra?» Il suo sorriso si fa subito ampio.

«E come potrei dimenticarla?» Poggia il gomito al bordo del tavolo, poi posa la mano sotto al mento e resta a guardarmi in attesa che continui il mio racconto.

«Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso».

«Lo ricordo bene» afferma con un gran sorriso.

«Era davvero un posto che conoscevi quello?» Ricordo la sua espressione quando ha assaggiato quella birra disgustosa.

«Non avevo nemmeno idea che esistesse fino a che non l'ho visto...» Non posso evitare di ridere alla sua confessione.

«Dovevo immaginarlo...» gli dico incrociando le braccia sul tavolo.

«Volevi uscire con me e io ero impaziente di trovare un bar prima che tu cambiassi idea. Quando ho visto quel posto mi era sembrata una buona idea, ma poi ho fatto la figura del cazzone quando abbiamo assaggiato quella birra...»

«È stata la prima volta in cui sei riuscito a calmare un mio attacco di panico» glielo rivelo a distanza di mesi, ma forse lui lo sapeva già. 

«Non ne hai più da tanto, giusto?» me lo domanda come se potessi nascondergli una cosa del genere.

«Non ne ho più avuti Harry» lo confermo perché lui ne ha bisogno, è giusto che sappia che sto bene. Con lui al mio fianco ho raggiunto una grande serenità da quel punto di vista, e anche da tutti gli altri punti di vista. Harry è la mia serenità e nell'ultimo periodo, in cui è stato così preso dai suoi pensieri, mi sono sentita davvero persa. «E adesso voglio godermi il resto della serata...» 

Harry sorride, sorride felice. Ed è il regalo più bello che potesse farmi.

*****

È stata una serata meravigliosa. Meravigliosa e felice.

Al ritorno dalla nostra uscita ci siamo spogliati e infilati nel letto, siamo rimasti svegli fino oltre la mezzanotte perché voleva essere il primo a farmi gli auguri. Mi ha fatto trovare ventitré cioccolatini ognuno con una candelina accesa e ho espresso un desiderio, un desiderio che in realtà era già avverato prima ancora che lo esprimessi. Tutto quello che voglio è sdraiato accanto a me, non mi serve altro.

Si è addormentato dopo aver detto che non aveva affatto sonno; si è appoggiato su un fianco e ho visto i suoi occhi chiudersi lentamente, poi il suo respiro è diventato più lento e regolare e ho sorriso restando a guardarlo per un po'.

Sono rimasta a pancia in su a fissare il soffitto e sentendomi leggermente inquieta. Ho allungato una mano per afferrare la sua poi ho provato a chiudere gli occhi e tentato di spegnere la mente. Non so quanto tempo sono rimasta così, so che quando ho riaperto gli occhi c'era luce e il suo sorriso è stata la prima cosa che ho visto.

Mi ha augurato di nuovo buon compleanno, ho risposto a diversi messaggi e telefonate mentre aspettavamo il servizio in camera, poi siamo usciti per una passeggiata. Siamo stati quasi tutta la mattina a Central Park; abbiamo trovato un angolino di pace all'ombra e vi siamo rimasti sdraiati fino all'ora di pranzo. Ci siamo presi un paio di hot dog in un piccolo chiosco per strada e non abbiamo fatto altro che girare a vuoto senza una meta. L'intento era quello di rilassarci, nessuno dei due voleva nessuno stress riguardo luoghi da visitare, orari da rispettare o cose del genere. Volevamo solo distrarci e ci siamo riusciti: è stata una giornata assolutamente tranquilla e ripenso solo ai tanti sorrisi che ho visto sulle sue labbra, non c'è altro al momento nella mia testa.

In tutto questo c'è un però: l'orario più critico della serata che ho vissuto l'anno scorso si sta avvicinando e io sto ringraziando mentalmente Harry perché ha voluto rientrare nella nostra stanza d'albergo - non volevo stare più in mezzo alla gente -, anche se non credo sia un caso che l'abbia fatto.

Mi appoggio con le mani al bordo del lavandino e abbasso la testa per non dovermi guardare allo specchio. Sento un rumore alle mie spalle, credo che sia appena entrato in bagno.

«Ehi...» Lo sento avvicinarsi, poi le sue mani si posano sulle mie spalle. «Abbiamo detto insieme...» Mi volto lentamente verso di lui nel sentirgli pronunciare quelle parole.

«Hai ragione Harry, scusami...» Sto provando a tenere lontani i pensieri, ma non ci riesco e forse è la scelta sbagliata accantonarli. Ho rimproverato Harry di tenersi le cose dentro, forse dovrei lasciare andare quello che provo e magari potrei stare meglio.

«Riempio la vasca, ok?» La sua idea di fare un bel bagno caldo è perfetta e io annuisco con un piccolo sorriso.

Resto a guardarlo mentre apre l'acqua fino a trovare la temperatura più adatta, mentre riversa un'abbondante quantità di bagnoschiuma all'interno per poi tornare da me.

«Lo sai che ti amo vero?» gli domando quando lui si appoggia contro di me per poi infilare le mani sotto alla mia maglietta.

«Lo so, ma ogni volta che me lo dici sembra più bello...» Non mi dà modo di rispondere. Le sue labbra si posano sulle mie, delicatamente, sfiorandole appena. Le sue mani fanno una leggera pressione sui miei fianchi e le mie mani salgono per infilarsi tra i suoi capelli. «Dimmelo ancora...» sussurra sulle mie labbra.

«Ti amo Harry» mentre parlo sulla sua bocca respiro la sua stessa aria. I suoi occhi nei miei e quel contatto appena accennato che mi porta a volere molto di più.

«Dillo ancora Chloe» Un altro sussurro, ancora le labbra che si sfiorano e le sue mani sulla mia pelle.

«Ti amo» Le sue mani scendono ancora, mi alza e mi fa sedere sul ripiano del lavandino e per un breve attimo mi allontano dalla sua bocca, ma ritrovo presto il contatto quando lui mi avvicina di nuovo a sé.

«Ancora» Mi sta stringendo, il mio cuore batte forte, stringo le gambe attorno al suo bacino e lui mi stringe ancora di più.

«Ti amo Harry» Ripeto il suo nome per fargli capire che sto pensando unicamente a lui.

E lui perde il controllo, mi bacia con forza, la sua bocca si appropria della mia, le sue mani sembra vogliano lasciare la loro impronta sulla mia pelle, e il suo corpo spinge contro il mio. Lo lascio fare, lo voglio anch'io, voglio perdere il controllo e dimenticarmi di tutto tranne di lui.

Si allontana per sfilarmi la maglietta e mi lascia a guardarlo senza fiato. È bello da morire ed è mio. Toglie anche la sua e il resto dei nostri indumenti si aggiunge a quelle t-shirt sul pavimento. Entriamo nella vasca, lui con la schiena appoggiata al bordo, io con la mia schiena appoggiata al suo torace. Sento il suo cuore accelerato e mi rilasso al contatto con l'acqua calda. Chiudo gli occhi e appoggio la testa all'indietro, sulla sua spalla. Le sue mani scorrono lente sul mio corpo e l'unico rumore che sento e quello dell'acqua che spostiamo con i nostri movimenti.

Quell'ansia di poco fa è ancora lì, ma il contatto con il suo corpo rende tutto più sopportabile. Sono felice di essere qui dentro e non poter avere l'opportunità di controllare l'orario, forse starei dando di matto a quest'ora, e forse Harry sapeva anche questo.

Devo concentrarmi sul fatto che il passato è quello che è, non posso cambiarlo, posso solo accettarlo e andare avanti. Io sono andata avanti, ma solo stasera, solo per qualche minuto, voglio lasciarmi andare al dolore perché so che Harry è pronto a lenirlo, con lui al mio fianco posso guardare in faccia quella sofferenza e combatterla.

Rivedo le immagini di quella notte: Dylan immobile e incosciente in quel letto d'ospedale, i tubi, i macchinari, poi arrivano tutte le emozioni di quella notte, la disperazione, la rabbia, il dolore, e io le accolgo a braccia aperte, lascio che mi investano, lascio che il mio cuore ne sia colmo, poi, quando arrivo al limite della sopportazione mi volto per mettermi a cavalcioni su di lui che adesso mi guarda con attenzione, pronto ad intervenire se ne avessi bisogno.

E io ho bisogno di lui più che mai, per questo motivo mi avvento sulle sue labbra, le mani di nuovo tra i suo i capelli umidi, le sue sulla mia schiena. Mi stringo più che posso a lui, quasi a voler diventare una cosa sola, lui mi sostiene in ogni modo e come sempre riesce ad assorbire il mio male, i miei demoni, per far sparire tutto quanto nel giro di un attimo.

Adesso siamo Harry e Chloe, insieme, più forti di ieri, e non c'è assolutamente niente che non possiamo fare. 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E con questa terza e ultima parte si chiude il compleanno di Chloe.

I due si sono chiariti, hanno trascorso la giornata in tranquillità, hanno ripercorso le loro prime uscite e si sono avvicinati ancora di più. E nel momento peggiore di tutti Chloe è riuscita a lasciare andare il dolore per far spazio all'amore che prova per Harry.

Sono tornati insieme, nel loro modo di stare insieme, e sono di nuovo felici.

Grazie ancora a chiunque sia passato di qua e vi aspetto al prossimo aggiornamento.

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 21
*** Rebekah & Zayn - long time ago ***


Rebekah

Sono stanca, ho sonno, la serata è stata un semi disastro e dovevo immaginare che mancava la ciliegina sulla torta: la macchina sembra essere morta e, per quanto ci abbia provato, non ne vuole sapere di accendersi.

«Oh, andiamo!» Impreco contro la mia auto mentre mi trovo seduta al mio posto e le mani strette sul volante.

Ho salutato da poco le mie amiche, sono quasi le due del mattino e pensavo che a breve sarei stata nel mio letto, e invece mi ritrovo al buio di un parcheggio, tentando di riavviare quest'auto che proprio non ne vuole sapere. Eppure è stata in officina da poco, che cavolo le ha fatto quel meccanico da quattro soldi?

Prendo la mia borsa appoggiata sul sedile del passeggero, poi cerco nel portafoglio il biglietto di quel tipo da cui mi ha consigliato di andare Harry e, quando lo trovo, resto a fissarlo, indecisa se chiamarlo davvero o meno.

Stringo il labbro inferiore tra i denti mentre penso che qui non posso stare e forse lo disturberò, ma ho davvero bisogno d'aiuto. Con la mano libera prendo il cellulare e compongo il numero che leggo sul biglietto: il telefono squilla, ma nessuno risponde.

Sto per arrendermi e riagganciare, quando sento rispondere una voce maschile. «Pronto!»

Non saprei dire se la sua voce sia più sexy dal vivo o al telefono, ma so che mi sono presa un paio di secondi per pensarci, tanto che lui parla di nuovo.

«Pronto!?» A quel punto mi riprendo dai miei vaneggiamenti.

«Sì, ciao Zayn, scusami se ti disturbo a quest'ora» la sua voce non sembra assonnata, ma sono comunque dispiaciuta di avergli telefonato in piena notte «Sono Rebekah Stewart, la segreteria di Harry Styles. Ho portato da te la macchina qualche gio...»

«Mi ricordo di te...» mi interrompe e sento un certo divertimento nella sua voce «c'è qualche problema con la macchina?» mi chiede. Non so perché, ma mi dà l'impressione di essere completamente rilassato.

Anche quando sono stata alla sua officina per lasciare l'auto ho notato quanto fosse calmo. Stare accanto a lui mi trasmetteva una certa tranquillità da un punto di vista, ma se avessi dovuto guardarlo esclusivamente da un punto di vista femminile, beh... non era certo tranquillità che mi ispirava...

«A dire la verità sì. Sono uscita con delle amiche e stavo per tornare a casa, ma l'auto sembra essere morta». Lo sento ridacchiare, ma io non ci trovo niente da ridere.

«Dove sei?» mi domanda mentre io immagino quel sorriso malizioso sulle sue labbra, lo stesso sul quale mi sono incantata un paio di volte quando gli ho parlato la prima volta. Gli do l'indirizzo e lui mi assicura che arriverà in pochi minuti.

Mi chiudo dentro nell'attesa di vederlo arrivare e per fortuna ci mette davvero pochi minuti, perché non posso accendere il riscaldamento e sto morendo di freddo. Una jeep azzurra si ferma davanti alla mia auto e lo vedo scendere con un piccolo sorriso sulle labbra, chiude lo sportello e si avvicina restando in piedi davanti al mio finestrino.

Zayn ride, poi mi fa cenno di aprire e mi rendo conto che lo stavo fissando. Mi riprendo - sentendomi decisamente stupida perché alla mia età non dovrei sbavare così palesemente davanti ad un ragazzo, anche se è un gran pezzo di ragazzo come lui - poi appoggio la mano sulla maniglia per aprire, ma la porta è bloccata.

«Merda!» continuo a fare figuracce mentre lui non smette di ridacchiare. Sblocco la portiera, poi la apro. «Scusa, dev'essere l'effetto dell'alcool» dico, per giustificare la mia stupidità «Grazie per essere venuto qui a quest'ora».

«Tranquilla, ero appena uscito dalla doccia, ho fatto tardi anch'io stasera». Mi porge una mano che afferro senza pensarci due volte, mi invita a scendere e quando gli passo accanto, riesco a percepire il suo profumo, e le sue parole di poco fa mi portano ad immaginarlo sotto al getto dell'acqua. «Vediamo un po' cosa c'è che non va» dice poi, mettendosi al volante.

Gira le chiavi nel quadro e tutto resta spento. «La batteria è andata. Hai lasciato per caso le luci accese?» mi domanda voltandosi a guardarmi.

Ma che occhi meravigliosi ha?

«Non lo so... Non credo...» rispondo fissandolo come se non l'avessi mai visto.

Seguo poi la direzione del suo sguardo: le sue dita tatuate si posano sull'interruttore delle luci e, subito dopo, sento il click che conferma il mio errore. Sposto il mio sguardo su di lui e mi perdo ancora nei suoi occhi.

Lo fa anche lui con me e restiamo a guardarci in silenzio per qualche secondo di troppo, silenzio che è poi lui a rompere. «Credo di aver trovato il problema». Non sorride più e non smette di guardarmi, nemmeno io ci riesco e non ho capito se il problema di cui ha parlato si riferisse alla macchina o ad altro.

«Si può risolvere?» gli chiedo a bassa voce.

«Assolutamente sì». Anche la sua voce sembra essersi abbassata.

Scende dall'auto, mi si posiziona davanti e torno ad inspirare il suo profumo; per un attimo torniamo a guardarci, poi appoggia una mano sulla mia spalla - e mi sembra di sentirla su di me al di sotto del cappotto - poi sorride e mi sposta leggermente di lato per poter passare.

Stupida Reb!

Continuo a fare la figura dell'idiota; non so cosa mi stia prendendo, forse è l'effetto dei drink che ho bevuto stasera, ma la vicinanza di Zayn sta risvegliando il mio corpo. Non ho più sonno e non sono più nemmeno stanca.

Zayn fa il giro della sua auto, apre il bagagliaio, poi torna da me con dei cavi in mano. «La batteria si è scaricata, ma ora la facciamo ripartire». Cerco di concentrarmi su ciò che dice per cercare di sembrare meno stupida di quanto gli ho dimostrato in questi pochi minuti. «Adesso collego questi cavi alla batteria della mia macchina, poi alla tua. Tu sali sulla jeep, metti in moto e, solo quando te lo dico io, acceleri. È tutto chiaro?»

«Chiarissimo» rispondo convinta.

Lui sorride ancora, mi porge le chiavi della sua macchina, poi mi metto al volante lasciando lo sportello aperto per poterlo sentire, mentre osservo dal cristallo anteriore ogni suo movimento: da come apre il cofano, a come si china per collegare i cavi alle batterie e i miei pensieri iniziano ad andare oltre gli indumenti che indossa...

«Metti in moto!» La sua voce mi fa sobbalzare e arrossisco come se mi avesse colto sul fatto.

Faccio ciò che mi dice, poi mi dice di accelerare e io lo faccio, alla fine sento il rumore del motore della mia auto: Zayn ha sistemato il problema - almeno quello che riguarda la mia macchina, per l'altro problema avrei io la soluzione...

«Visto? Era la batteria!» Sobbalzo di nuovo quando me lo ritrovo accanto.

«Già» rispondo con un sorriso tirato pensando che devo salutarlo perché starà per andarsene.

«Per ora va bene, ma se il tragitto fino a casa è breve non si caricherà abbastanza e domani mattina avrai lo stesso problema. Sarebbe meglio comprarne una nuova». Resto seduta al volante della sua auto mentre sorrido e annuisco come se avessi capito quello che ha detto. «Adesso stacco i cavi, ma non mi fido a mandarti a casa da sola, non si sa mai. Ti va se ti seguo? Così se dovessi avere altri problemi sono già lì». Vorrei dirgli che potrebbe seguirmi ovunque...

Reb, ma che problemi hai!?

«Grazie Zayn» riesco a dire solo queste due parole.

Lui mi porge di nuovo la mano per aiutarmi a scendere, lo affianco mentre stacca i cavi e... Basta Reb! Te lo stai mangiando con gli occhi!

«Fatto!» dice quando chiude il cofano. «Possiamo andare».

Saliamo entrambi sulla nostra auto e mi immetto in strada per avviarmi verso casa. La sua jeep è sempre dietro, fino ad arrivare a destinazione e non posso evitare di sorridere quando mi accorgo che anche lui ha parcheggiato, spento il motore e chiuso a chiave la portiera, esattamente come ho fatto io.

«Non so davvero come ringraziarti Zayn...» È decisamente troppo vicino e il suo profumo troppo intenso, proprio come il suo sguardo, tanto da farmi parlare ancora, senza quasi rendermene conto. «Potrebbe bastare una birra?»

Davvero Reb lo stai invitando a casa alle tre del mattino per bere una birra?

«Per cominciare...» risponde con il suo sorriso super sexy, lasciando la frase in sospeso, cosa che mi mette parecchia curiosità.

Mi volto verso l'ingresso dell'edificio e lui mi segue in silenzio fino ad arrivare al pianerottolo, dove mi fermo perché c'è una cosa che devo dirgli. «Una volta dentro dovrai fare piano perché c'è mia sorella che dorme al piano di sopra.

Il suo sorriso si apre di più e ho sempre l'impressione che le sue parole siano a doppio senso.

«Cercherò di fare piano». Lo dice lentamente e io sta già pendendo dalle sue labbra.

Gli do le spalle e sento ancora il suo sguardo su di me. Faccio girare le chiavi nella serratura, poi entriamo; lascio la borsa e il cappotto sul divano, sento che si sta togliendo la giacca, ma non voglio guardarlo o potrei non arrivare in cucina. Cammino dritta verso il frigo, recupero due bottigliette, le apro e quando mi volto lui è già dietro di me.

Averlo così vicino mi fa mancare il fiato, lui prende la birra direttamente dalla mia mano, poi la porta alle labbra e ne beve un piccolo sorso. I miei occhi si perdono ancora a fissare ogni suo movimento e quando vedo il suo pomo d'Adamo andare giù, e poi tornare su, al centro del mio corpo si sprigiona un calore che si espande velocemente fino a sentirlo sulle guance.

«Hai caldo Rebekah?» La sua voce bassa, lenta e calda, continua ad alimentare quel calore. Il rossore sulle guance mi tradisce e comunque non ho voglia di mentire.

«Decisamente...» Ancora il suo sorriso, poi quel calore diventa un vero incendio.

Zayn si appoggia leggermente al mio corpo per posare la sua bottiglietta alle mie spalle, sul ripiano della cucina, poi fa la stessa cosa con la mia. Resto con gli occhi fissi nei suoi quando sento le sue mani slacciare lentamente i bottoni della giacca che indosso.

Non dice niente, nemmeno io lo faccio; non è da me agire in questo modo, ma non riesco ad avere nessun controllo sulla situazione, né su questo momento, che mi sembra assolutamente perfetto.

Una volta che i bottoni hanno lasciato le asole sento le maniche della giacca scivolare lungo le braccia, la posa sul ripiano dietro di me e sorride ancora. «Va meglio adesso?» È come se la sua voce fosse in grado di far espandere sempre di più quell'incendio e io, senza più alcun controllo, scuoto leggermente la testa per fargli capire che ho ancora caldo.

Le sue mani si posano sul mio collo, scivolano all'indietro raccogliendo i miei capelli in una coda, poi li arrotola e li tiene con una mano, mentre con l'altra si appoggia sul ripiano, esattamente accanto al mio fianco destro. «E ora?» mi domanda a pochi centimetri dal mio viso.

Ormai è tutto fuori controllo: la temperatura corporea, il respiro, il battito cardiaco e la mia voglia di infilare le dita tra i suoi capelli per poi fiondarmi sulle sue labbra, che da questa distanza sono sempre più invitanti. Persino le mie azioni e le mie parole sono sfuggite al mio controllo, perché non sono sicura di essere io a parlare subito dopo.

«E ora credo di avere voglia di prendere fuoco». Lo sento sorridere nel bacio quando le mie labbra finiscono con prepotenza sulle sue, ma è un sorriso che dura poco perché risponde al mio bacio con maggiore intensità. Stringe con forza i miei capelli tra le dita mentre mi spinge ancora di più contro la sua bocca. Le mie mani lo fanno con i suoi capelli, mentre la sua mano sinistra, preme contro il fondo della mia schiena per far aderire maggiormente i nostri corpi.

Mi sembra di voler sprofondare nella sua bocca mentre sento le sue mani lasciare la presa per scivolare lungo i miei fianchi, aggancia con le dita il bordo della gonna e lo alza quasi del tutto, poi mi afferra con fermezza le cosce e mi tira su senza sforzo, facendomi sedere sul ripiano della cucina. Sento un rumore alle mie spalle, ma lo ignoro dal momento in cui lui si fa spazio tra le mie gambe e mi tira a sé senza smettere di baciarmi.

Tutto di lui ha il potere di farmi andare fuori di testa: il suo odore, il suo sapore nella mia bocca, il calore delle sue mani sulla mia pelle e la forza con cui mi stringe, poi la magia si interrompe quando sento un liquido freddo arrivare a bagnarmi la pelle e la sua risata che fatica ad uscire dalla mia bocca.

Apro gli occhi per vederlo allontanarsi appena. «Mi dispiace...» dice con un piccolo sorriso sulle labbra, poi seguo la direzione del suo sguardo e mi rendo conto che la birra sta colando dal mobile al pavimento, in un gocciolio continuo. A quel punto rido anch'io al pensiero del piccolo disastro che abbiamo combinato, poi torno a guardarlo negli occhi e il suo sorriso scompare. Sento l'eccitazione tornare prepotente, la vedo anche nei suoi occhi, poi di nuovo il nulla. «Anzi no, non mi dispiace affatto». In un attimo torna a baciarmi, togliendomi il fiato e sono io a stringermi di più a lui, tanto che lo voglio più di quanto immaginassi.

Le sue mani tornano a vagare sul mio corpo, la sua bocca sta passando dalle mie labbra al mio collo, le mie mani lasciano i suoi capelli per scendere sul suo torace fino all'addome, e quando mi rendo conto che sto armeggiando con la cintura dei suoi jeans una piccola lampadina si accende nella mia testa. «Non qui» gli dico con un filo di voce.

«Dove vuoi...» risponde con il suo meraviglioso sorriso.

Si allontana, mi lascia scendere, poi abbasso la gonna sotto al suo sguardo attento, e non vorrei davvero farlo, ma devo sistemare questo disastro, altrimenti Chloe lo vedrà domani mattina. Zayn mi aiuta a ripulire senza perdere la sua calma e la sua ironia, così finiamo in fretta e andiamo in camera mia.

Il tempo di girare la chiave nella serratura e mi giro per ritrovarmelo di fronte. Le sue mani arrivano veloci sul mio viso, le sue labbra prepotenti sulle mie e mi ritrovo a finire di slacciare la cintura dei suoi jeans. Continua a baciarmi mentre lo sento sfilarsi le scarpe. Gli abbasso i pantaloni lungo i fianchi e lui li sfila, poi passa al mio sotto giacca e intanto io abbasso la cerniera della gonna. I suoi occhi sono sempre fissi nei miei, il suo sguardo mi manda fuori di testa e quel piccolo, mezzo sorriso malizioso non abbandona quasi mai le sue labbra.

È impaziente nei suoi movimenti, quando mi stringe a sé per sganciare il reggiseno, ma lo sono anch'io, come non mi è mai successo prima. È come sé avessi aspettato questo momento da tutta la vita e ora non vedo l'ora di averlo tutto per me.

Lo conosco da poco più di un'ora ed è assurdo come io mi trovi in sintonia con lui; è come se lui conoscesse alla perfezione il mio corpo perché sembra sapere come e dove mettere le mani, è come se sapesse cosa voglio sentirmi dire perché dalle sue labbra continuano ad uscire le parole giuste, come se sapesse dove voglio essere baciata.

Zayn riesce a portarmi dove vuole, e allo stesso tempo dove voglio io, in un potente vortice fatto di parole sussurrate, di carezze bollenti e di baci appassionati, ma anche di dolcezza e delicate attenzioni che portano entrambi a perdere la testa nello stesso momento, ed è meraviglioso sentire il suo respiro ancora affannato sulla mia pelle e la sua presa sui miei fianchi farsi sempre più debole.

Alza lo sguardo su di me, sorride, con le dita mi sistema i capelli intorno al viso  e il mio cuore perde più di un battito nel vedere come mi guarda. «Dimmi che non devo andarmene». La sua richiesta mi toglie l'ultimo filo d'aria che mi era rimasto nei polmoni e fatico a ritrovarne un po' per potergli rispondere.

«Resta Zayn». Il suo sorriso si fa più ampio, le sue dita continuano a vagare lente sul mio viso mentre anche io allento la presa sulle sue spalle.

«Ha un bel suono... Dillo di nuovo...»

Sono io a sorridere stavolta, sentendo il cuore più leggero e la testa piena soltanto del suo sguardo. «Resta Zayn...»

Non credo sia stato come se avessi aspettato questo momento da tutta la vita: credo di aver aspettato Lui da tutta la vita.
 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Eccomi tornata con un nuovo aggiornamento! Conosciamo l'inizio di Rebekah e Zayn, conosciamo finalmente anche la loro storia che è, e sarà, strettamente collegata con quella di Harry e Chloe, ma a questo ci arriveremo più avanti.

I due piccioncini si sono trovati grazie alla batteria dell'auto di lei che ha deciso di dare forfait, ma credo che dopo la serata che ha vissuto con Zayn sia stata più che felice di aver avuto quel problema alla macchina.

Arriverà presto il seguito tra un capitolo e l'altro di "That's what matters" (che vi invito a passare a leggere).

Mi sono mancati, a voi?

Eeeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 22
*** Rebekah & Zayn - long time ago (pt 2) ***


Un piccolo e fastidioso rumore mi costringe ad aprire gli occhi. Il suono è quello della sveglia che ho puntato per fare in modo che Zayn possa andarsene senza che Chloe lo veda.

So che non ho fatto niente di male, che siamo entrambe maggiorenni e che non ho alcuna relazione al momento, ma non è da me portarmi a casa un ragazzo con cui avrò parlato si e no tra i dieci e i quindici minuti. Eppure con Zayn è stato tutto talmente spontaneo, talmente naturale, che mi è sembrato incredibilmente giusto.

Spengo la sveglia allungando un braccio verso il comodino e, subito dopo, sento la sua mano posarsi sul mio fianco e tirarmi verso di lui, fino a far aderire completamente la mia schiena al suo torace.

«Due cose Reb...» dice a bassa voce parlando direttamente al mio orecchio, mentre la sua mano si infila sotto la mia maglietta per posarsi con il palmo aperto sul mio basso ventre. «La prima è che non voglio più sentire la sveglia la mattina per dovermene andare via come un ladro...» ha intenzione di tornare? «Dimmi che hai capito?» mi domanda notando il mio silenzio.

Capito? Cosa dovrei aver capito? Perché ha per caso detto qualcosa?

Annuisco in silenzio, incapace di dire nulla perché è già riuscito a farmi perdere ogni tipo di razionalità dopo dieci secondi che abbiamo aperto gli occhi.

«Ottimo... La seconda riguarda questa maglietta... La prossima volta sparisce...» mi bacia sul collo mentre la sua mano scende un po' di più.

«Zayn...» La voce sembra sparire nel momento in cui le sue dita affondano nella mia carne per stringermi ancora di più a lui, che sembra proprio non averne avuto abbastanza.

«Dimmi...» sussurra ancora troppo vicino alla mia pelle ormai accaldata e io non ho idea di cosa dovevo dire.

«Non me lo ricordo più...» Sento il suo torace vibrare leggermente, segno che sta ridendo e io riprendo a respirare più regolarmente, poi riapro gli occhi che non mi ero accorta di avere chiuso.

«Ho bisogno di un po' di caffeina adesso, poi me ne vado...» Un altro bacio sul collo, poi si alza lasciandomi sola, nel mio letto, a meditare alla stupidaggine che gli ho chiesto di fare.

Mi volto giusto in tempo per vederlo che si tira su i pantaloni e poi esce dalla stanza in silenzio. Torno a sdraiarmi a pancia in su tentando di riprendermi dallo stato confusionale in cui questo risveglio bollente mi ha gettato.

Mi ha ripetuto che vuole rivedermi e non immaginavo che lo pensasse seriamente. Stanotte, quando mi ha chiesto di restare, ero talmente presa da tutto quello che è riuscito a farmi provare, che ho pensato lo dicesse tanto per dire, ma dopo averlo ripetuto oggi, con un'intensità tale da togliermi il fiato, credevo di averlo sognato.

Lui mi vuole rivedere davvero ed è la stessa cosa che voglio io. Non so se sono più sorpresa dal suo comportamento, o più felice... Ma ecco, sì... Credo di essere felice e non capisco come sia possibile, so, però, che voglio dare retta al mio istinto, che mi dice che è Lui quello che aspettavo.

*****

Halloween

Stasera il mio umore è diviso a metà: felice perché Zayn mi ha chiesto di passare la serata con lui - vuole portarmi ad una festa in maschera -, ma allo stesso tempo sono preoccupata per mia sorella perché oggi è il compleanno di Dylan e lei è più sotto pressione del solito.

Dalla sera dell'incidente Chloe mi ha praticamente tagliata fuori dalla sua vita, ma l'ha fatto un po' con tutti - anche se la cosa non è una gran consolazione per me. Io e lei abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, siamo state molto unite, ma ha dimenticato il resto del mondo dopo quella notte.

Kurt l'ha salvata due volte e, da quando Chloe si è trasferita da me, ho sempre paura di lasciarla sola. Mamma e papà mi hanno detto che lo psicologo ha visto dei grossi miglioramenti in lei - secondo lui non ha più intenzione di togliersi la vita -, ma io non posso evitare di preoccuparmi se la lascio da sola perché se le succedesse qualcosa a causa mia non potrei mai perdonarmelo.

Non sarei uscita stasera se Hazel e Kurt non fossero qui con lei, ma so che non resterà da sola e io voglio provare a godermi la serata con Zayn che è passato a prendermi. Accantono il pensiero che abbia portato con sé il suo migliore amico - nonché mio capo e che sia rimasto a casa mia insieme a mia sorella e ai suoi amici: la presenza di Harry potrebbe essere un'arma a doppio taglio per Chloe, ma confido in Kurt e Hazel per tenerla d'occhio.

«Sei bellissima Reb». La voce calda di Zayn mi distoglie dai miei pensieri.

Mi volto nella sua direzione dopo essere salita sulla sua precaria jeep e non posso evitare di sentire un certo calore sulle mie guance a causa del suo sguardo intenso, che riesco a percepire anche nella penombra dell'abitacolo.

«Mi hai invitata ad una serata in maschera... E il tuo costume dov'è?» gli chiedo provocando un meraviglioso mezzo sorriso divertito.

«Non avrei mai potuto reggere il paragone con te, perciò ho rinunciato in partenza» afferma quasi ridendo mentre mette in moto.

«Mi puzza di scusa, anche molto poco credibile, direi...» Non importa, in realtà, se lui è o no in costume, perché l'unico mio pensiero, al momento, è vederlo di nuovo senza. «Ad ogni modo, dov'è che stiamo andando?» gli chiedo dopo essermi messa la cintura di sicurezza.

«A casa mia» dice, con tutta la tranquillità del mondo.

«Cosa!?» Ho sentito la mia voce uscire molto più alta del solito e quel calore sulle guance espandersi al resto del mio corpo. Lui ride ancora e io mi sento parecchio sottosopra. «Ma hai appena detto che saremmo andati ad una festa?»

«Sto scherzando Rebekah...» lo dice ridendo e nel momento in cui gli sento pronunciare quelle parole penso che in realtà avrei voluto davvero andare a casa sua, ma forse la mia reazione l'ha portato a cambiare idea, o forse sono solamente io che mi faccio delle stupide e inutili paranoie. «Quel costume ti sta troppo bene per richiuderlo in casa...»

E poi perché diavolo mi sono agitata così tanto? Sono già stata con lui.

Resto in silenzio per evitare di dire altre stupidaggini, ma lui sembra non accontentarsi della mia risposta. «O forse preferisci davvero andare a casa mia?» Mi mordo la lingua perché vorrei tanto dire di sì, ma non voglio fargli vedere quanto io sia impaziente di entrare nella sua vita, così mi limito a negare. «Possiamo sempre fare un cambio di programma se vuoi...»

«No, voglio andare alla festa». 

Bugiarda.

Lui ridacchia e continua a guidare, ma apprezzo il fatto che non resti in silenzio, o mi sarei davvero sotterrata, perché sono certa che Zayn si sia reso conto del mio stato confusionale e anche che gli abbia mentito poco fa.

«Allora, Rebekah, com'è lavorare per Harry?» Quando pronuncia il mio nome rimarcandolo come ha fatto adesso, qualcosa si rimescola nel mio stomaco e, per un attimo, il respiro fatica ad uscire.

«Diciamo difficile...» Harry sa essere esasperante, indisponente, irritante, ma solo quando è presente, perché succede spesso che esca prima del dovuto e scarichi tutti i suoi compiti su Dylan.

Zayn ride ancora e non posso smettere di guardarlo quando lo fa: ha una meravigliosa risata e il suo viso si illumina per intero.

«Lasciamo stare Harry, raccontami di te» dice poi, prendendomi alla sprovvista.

«Di me?» Quanto sei imbranata Reb!?

«Sì, insomma, di dove sei, perché è ovvio che tu non sia di queste parti, come mai sei venuta proprio a Boston, quanti anni hai e...» si ferma e ride di nuovo, «scusa, non volevo farlo sembrare un interrogatorio, è solo che mi va di conoscerti...» Si ferma ad un semaforo e si volta a guardarmi, io lo stavo già fissando.

Ha uno sguardo decisamente intenso e io fatico a reggerlo, ma restare con i miei occhi nei suoi mi regala emozioni che non ho mai provato in vita mia, per questo non mi volto e continuo a guardarlo.

Un clacson suona, richiamandoci alla realtà, sorridiamo entrambi come due stupidi e finalmente mi sciolgo un po': quando riparte gli racconto di me, di Montreal, della mia vita in generale e lui mi ascolta con sincero interesse. Non mi rendo nemmeno conto del tempo che passa che siamo già arrivati.

Scendiamo dall'auto, poi entriamo nel locale, e la cosa meravigliosa è che lo facciamo tenendoci per mano; Zayn ha stretto la mia poco dopo essere scesi dalla jeep e non l'ha lasciata fino a che siamo arrivati al bancone del bar di questo locale già affollato, dove la musica è fin troppo alta.

«Vuoi qualcosa da bere?» mi domanda avvicinandosi al mio orecchio per farsi sentire.

«Fai tu per me».  Non ho la minima idea di cosa ordinare. Non sono una gran bevitrice, ma se proprio devo, allora preferisco del buon vino.

Zayn si rivolge al barman e pronuncia un nome che non ho mai sentito, poco dopo ci porge due bicchieri dal liquido colorato e ne afferro saldamente uno.

«Che questa serata possa essere soltanto la prima» dice, per poi fare tintinnare i nostri bicchieri e berne un gran sorso. Per un attimo resto incantata a guardarlo, poi mi riprendo e mi dico che devo smetterla di sbavare così apertamente per lui.

Butto giù metà del contenuto colorato - decisamente poco alcolico - poi voglio fare in modo che adesso sia lui a non riuscire a togliermi gli occhi di dosso.

«Ti va di ballare?» gli chiedo posando il bicchiere sul bancone.

«Ballare non è il mio forte, ma sono bravo a guardare...» Il suo tono di voce è malizioso e questa è una provocazione bella e buona, provocazione alla quale ho tutta l'intenzione di cedere.

Gli sorrido, poi mi allontano per andare verso la pista. Mi piazzo tra mummie, zombie e mostri, che popolano il locale, ed inizio a ballare. Sento il suo sguardo su di me ad ogni mio movimento, mi volto lentamente verso di lui e mi godo il suo sorriso: mi sta guardando e devo dargli ragione sul fatto che sia bravo a guardare perché non mi sono mai sentita tanto bella e sexy come stasera.

Anche questo comportamento non è da me, non sono una provocatrice per natura e nemmeno un'esibizionista, ma con lui mi sembra di vedere tutto sotto una luce diversa, perché ogni cosa nasce spontanea.

Il suo sguardo e il suo mezzo sorriso restano su di me per un po', poi si volta per posare il suo bicchiere ormai vuoto e infine cammina lentamente nella mia direzione. Non smetto di ballare, lui si ferma di fronte a me, poi avvicina il viso al mio, sento le sue labbra sfiorare il mio orecchio, e infine la sua voce, che scatena l'incendio. «Che ne dici se quel cambio di programma avvenisse adesso

Si allontana quel tanto che gli basta per tornare a guardarmi negli occhi e sa bene di non avere bisogno di sentire la risposta dalla mia voce perché l'ha già letta nel mio sguardo.

Smetto di ballare, mi sorride ancora, poi mi prende per mano e percorriamo a ritroso il breve percorso che ci riporta alla sua auto. Il tragitto trascorre nel totale silenzio da parte di entrambi, c'è solo il sottofondo musicale di qualche canzone che stanno trasmettendo per radio. Ogni tanto mi guarda, io fatico a smettere di tenere gli occhi su di lui e questo per tutto il tragitto, così che i miei pensieri si sono ormai azzerati perché ora è il mio corpo – e le sensazioni che lui mi fa provare – a comandare e lo seguo senza fiatare fino al suo appartamento, dove entriamo e tento di distrarmi guardandomi intorno; l'arredamento è semplice e la stanza ordinata.

Sorrido della mia constatazione e la cosa non gli sfugge. «Che c'è?» mi chiede posando le chiavi sul ripiano accanto all'ingresso.

«Non mi aspettavo che fosse così in ordine» gli dico sorridendo.

«In realtà non è così di solito... te lo dico per la prossima volta...» Mi si avvicina, si ferma davanti a me e il suo sguardo è di nuovo capace di togliermi il fiato. «Così sai già cosa aspettarti».

«La prossima volta, Zayn?» gli domando con un filo di voce.

«La prossima volta, certo, non penserai che mi sia già stancato di te?» Un altro passo ancora, poi posa le mani sui miei fianchi, sento il mio corpo aderire al suo e la cosa mi manda già fuori di testa.

«Perché sembri così convinto quando lo dici?» La cosa che mi colpisce di più quando mi dice che vuole continuare a rivedermi è proprio la convinzione con la quale pronuncia quelle parole.

«Perché lo sono, Reb...» le sue mani stringono un po' di più e io sono ancora più vicina a lui. «Vuoi forse dirmi che per te non è la stessa cosa?» Le sue labbra sono più vicine alle mie, riesco quasi a sentire il suo respiro, e fatico a parlare perché quello che vedo nei suoi occhi ha la capacità di farmi perdere la ragione.

«Vuoi sapere quanta voglia ho di rivederti ancora?» Sorride compiaciuto di sé stesso, poi sento la sua mano risalire lungo la cerniera del mio vestito.

«Non ce n'è bisogno, sono i tuoi occhi a rispondere per te...» Sento il rumore della zip e la sua mano ridiscendere sulla mia schiena fino a posarsi di nuovo alla base.

Mi sfila il vestito che ricade leggero sul pavimento e io sono ancora incatenata ai suoi occhi che non perdono i miei nemmeno un attimo.

«E che cosa vedi nei miei occhi?» gli domando portando le mani dietro al suo collo.

«Vedo me stesso, noi due insieme e non so come spiegartelo, ma è come se fossi sempre stata mia...» La passione con la quale pronuncia le ultime parole è in grado di distruggere anche la più piccola remora che avevo nei confronti di questa storia nata praticamente per caso. Eppure lui la fa sembrare così giusta, così vera, che non posso non crederci fino in fondo, proprio come sta facendo lui.

E mentre mi perdo nel bacio con il quale si sta prendendo tutta la mia lucidità, non posso che sentirmi al settimo cielo e davvero sicura di noi due: è Zayn, lo aspettavo ed è arrivato. 
 

~~~~~~~~~~~~~~~~
 

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Un'altro pezzo di storia di Rebekah e Zayn, due anime gemelle che si sono riconosciute fin dal primo sguardo. Zayn non ha mai avuto dubbi su di loro e, proprio come Reb, ha capito immediatamente di aver trovato la persona giusta.

Ci stiamo avvicinando al momento che aspetto di scrivere da mesi e non vedo l'ora di farvelo leggere.

Alla prossima, con ancora Rebekah e Zayn, ma nel presente.

Eeeee niente, buona lettura 😍
 

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Capitolo 23
*** Rebekah & Zayn - today ***


Zayn

«Sei davvero, davvero sicuro di voler fare questa cosa?» Questa è la terza volta che Harry mi pone la stessa domanda e non posso evitare di ridere per l'ennesima richiesta.

«Pensi che potrei scherzare su una cosa del genere? Che possa essere una cosa che posso rimangiarmi? Questa cosa, come la chiami tu, una volta iniziata non potrò più fermarla e nemmeno voglio farlo! E non credere che non ci abbia pensato, perché ci ho pensato così tanto che ho passato un paio di notti sveglio in officina per poterle stare lontano e avere la mente più lucida, per essere assolutamente sicuro che fosse la scelta giusta, che fosse ciò che volevo».

Harry scuote la testa come se ancora non riuscisse a credere a ciò che gli ho detto e io non posso che ridere della sua reazione.

«Come cazzo fai a sapere che è davvero quello che vuoi?» Il mio amico si lascia andare all'indietro, contro lo schienale del divano mentre io mi siedo di fronte a lui, sulla poltrona, per poi posare i piedi sul tavolino. Mi scappa una piccola risata al pensiero che se Rebekah fosse qui mi avrebbe già dato una manata sulla coscia per farmi togliere i piedi da lì. «Perché ridi? Non ho mica fatto la battuta del secolo?» Harry sembra davvero avvelenato oggi e sto cercando di capirne il motivo.

«Niente, lascia stare... Mi hai chiesto come faccio a sapere che è quello che voglio?» Lui annuisce e porta la bottiglietta di birra alle labbra mentre mi osserva con attenzione. «Lo so e basta, Harry. È stato così dal primo momento. Da quando sono stato a letto con lei la prima volta è stato come se le altre non fossero mai esistite. La sera in cui Reb mi ha portato qui, a casa sua, ti giuro che non avrei mai voluto andarmene, come se sapessi già che il mio posto era qui, con lei, e non dirmi che non ti è successo qualcosa del genere con Chloe perché non ci credo...» Sbuffa ancora ed evita di guardarmi negli occhi.

Lo conosco bene e mi sta nascondendo qualcosa, ma non riuscirà a farlo ancora a lungo, perché riesco a capire sempre cosa non va in lui.

«Da essere sicuri che sia la donna giusta a chiederle di sposarti ce ne passa...» Sorseggia ancora la birra, come se si stesse nascondendo dietro la bottiglietta e sorrido perché sto iniziando a capire quale sia il problema.

«Styles ti stai preoccupando che io faccia la scelta sbagliata o che Reb mi dica sì, così che prima o poi anche tu ti senta costretto a fare la stessa cosa con sua sorella?» Chiude gli occhi e scuote leggermente la testa, io incrocio le braccia dietro al collo e mi appoggio allo schienale godendomi la sua espressione che cerca di convincermi del contrario di ciò che ho detto, ma se non ho azzeccato, ci sono andato molto vicino.

«Sposarsi è una stronzata, Zayn, voi due convivete già, siete felici, che bisogno c'è di un dannato pezzo di carta?» Sospiro e sorrido a causa della sua affermazione.

So che non crede nel matrimonio, quello dei suoi genitori è stato distrutto da sua madre, e ha visto suo padre soffrire per anni, non ha di certo avuto un bell'esempio in casa, ma per me è diverso, perché sono sicuro che se mio padre fosse ancora vivo, sarebbe felice accanto a mia madre, e a mia madre manca così tanto che non ha mai avuto nessun altro dopo di lui. L'amore esiste, lo so io e lo sa anche lui, ma ne ha passate tante ultimamente ed è ancora sfiduciato.

«Nessuno dice che ce n'è bisogno, non in maniera assoluta, è solo che io voglio farlo, voglio sposarla, voglio che sia mia e soltanto mia, in tutto e per tutto. Voglio prometterle l'amore che merita e voglio che tutto il mondo lo sappia, e so che il matrimonio non è una garanzia matematica di felicità, ma io la amo davvero e voglio di più che una semplice convivenza...» Questa è la prima volta che esterno ad alta voce questi pensieri e ora che l'ho fatto sono ancora più convinto della mia scelta.

Chiederò a Rebekah di sposarmi e lo farò stasera stessa! 

«Non lo so, Zayn...» Sospira senza terminare la sua frase, ma io sono davvero certo di quello che voglio fare, così ora posso occuparmi di lui, perché senza di me sarebbe perso.

«Allora dimmi qualcosa che sai...» Lui mi osserva con aria stranita e io decido di prendere l'argomento alla lontana, magari si distrae. «Tua sorella Grace...»

«Cosa c'entra adesso mia sorella?» mi chiede indispettito.

«Non ti sei ancora scagliato contro Niall, credevo che a quest'ora avrei già visto rotolare la sua testa per le strade di Boston». Non dovrei ridere della mia stupida battuta, perché lui è dannatamente serio, ma non sono riuscito a trattenermi.

«Perché Niall non è più mio amico, ecco perché!» Rido di più dell'enorme stronzata che è appena uscita dalla sua bocca, perché se c'è una cosa di cui sono sicuro è che Harry e Niall saranno amici per sempre, qualunque cosa lui possa dire.

Grace è uscita con noi qualche volta e ha legato molto con Niall, sembrano fatti l'uno per l'altra, sono molto complici e si capiscono al volo. Non sono stato l'unico, ovviamente, a notare questo loro atteggiamento, e Harry è andato letteralmente fuori di testa quando ha capito che Grace puntava al nostro amico.

Niall non è cattivo, solo che non ha ancora capito il significato di relazione fissa, e la preoccupazione di Harry è legittima, ma non posso fare a meno di ridere della sua gelosia da fratello maggiore. Anche Jordan ha messo Grace in guardia dal comportamento di Niall, ma è stato molto più diplomatico, Harry, invece, ha il sangue che va presto in ebollizione e non è abituato ad avere a che fare con una sorella minore. Forse dovrei fargli un corso accelerato. Le mie due sorelle mi hanno dato del filo da torcere, ma mi hanno anche dato tanto sostegno.

«Smettila di fare lo stronzo, sai che non l'ha nemmeno sfiorata. Si può sapere cosa gli hai detto l'ultima volta?» Un paio di sere fa eravamo a cena solo noi ragazzi e Harry ha continuato a guardare Niall con fare minaccioso perché ha scoperto che lui e Grace hanno iniziato a sentirsi telefonicamente. Quando è stato il momento di salutarci ho visto Harry avvicinarsi a Niall e dirgli qualcosa all'orecchio, qualcosa che il nostro amico non ha voluto rivelarmi, ma che ora voglio scoprire.

«Gli ho detto di prendersi cura dei suoi meravigliosi occhi azzurri, perché sono le uniche palle che ha...» Ruoto gli occhi e trattengo una risata.

«Non ti ha mandato a fare in culo?» gli chiedo tornando a guardarlo e lui sembra decisamente serio, ma la cosa è davvero ridicola.

«Certo che l'ha fatto!»

«E tu pensi di continuare a comportarti così?»

«Penso di continuare a comportarmi come cazzo mi pare!» Finisce in un colpo ciò che rimane della sua birra, poi posa la bottiglietta con forza sul tavolino e torna ad appoggiarsi con la schiena al divano.

«Adesso mi dici qual è il vero motivo per cui sei così stronzo oggi?» C'è qualcosa che non va e voglio sapere cosa.

«Niente, Zayn, non c'è assolutamente niente che non va...» Posa la testa all'indietro e fissa il soffitto, così mi prendo qualche minuto per pensare al suo atteggiamento, a quello che ha detto e a come l'ha detto, e non ci metto molto a capire quale sia il vero motivo.

«Di cosa hai paura, Harry?» Lui solleva la testa di scatto e mi guarda come se l'avessi colto sul fatto e, in realtà, credo che sia proprio così.

«Di cosa dovrei avere paura?», risponde alzando la voce di qualche decibel. 

«Del fatto che vuoi chiedere a Chloe di sposarti e non sai come cazzo fare...» Il suo viso assume un'espressione impenetrabile, si sta chiudendo in sé stesso, l'ha fatto molte volte e riconosco quando lo fa.

«Io non voglio chiedere a Chloe di sposarmi! E tu sei fuori di testa se pensi che sia così... Ah, e vero! Tu sei fuori di testa, perché vuoi chiedere a sua sorella di sposarti!» Rido, perché so che questo è il suo modo per proteggersi, è un'autodifesa che mette in atto quando non sa come fare a risolvere la situazione e questa è l'ennesima conferma che qualcosa non va, ma non posso indagare oltre, perché il rumore delle chiavi nella serratura mi dice che le due sorelle Stewart sono appena tornate dal loro giro di shopping. 

«Scusa il ritardo, ma oggi sembrava che fossero tutti al centro commerciale. Ho fatto anche la spesa...» La voce allegra di Reb si ferma quando si accorge dell'atmosfera pensante che si respira su questo divano. «Tutto bene qui?» domanda posando i sacchetti che ha in mano davanti all'ingresso.

«Alla grande tesoro», rispondo alzandomi in piedi per andarle incontro. «Ciao Chloe». Saluto sua sorella che vedo spuntare alle sue spalle, la quale risponde al mio saluto, poi punta lo sguardo verso il testone del suo ragazzo e lo osserva stranita.

In effetti, se fossi al suo posto, lo sarei anch'io: quando loro due sono uscite da qui, io e Harry stavamo facendo i cazzoni con le nostre solite stupide battute, ma al suo ritorno ha trovato un Harry imbronciato e di pessimo umore; non è mai stato capace di nascondere il suo stato d'animo ed è evidente anche alle pietre che sta ribollendo dal malessere che ha preso possesso del suo cervello.

Do un bacio a Reb, poi l'aiuto a portare i sacchetti in cucina così da lasciarli soli qualche minuto.

«Che è successo?», mi domanda lei a bassa voce avvicinandosi a me.

«Niente di che: gli ho detto di non fare lo stronzo con Niall e si è offeso, gli passerà...» Non le ho raccontato tutto perché ci sono cose che non voglio che sappia, non ancora.

Mi dispiace soltanto che non sono riuscito a finire il mio discorso con Harry: avevo intenzione di partire da sua sorella, per passare a parlare della famiglia e del fatto che sono sicuro che anche lui voglia formare una sua famiglia con Chloe, ma che sia troppo spaventato per farlo. Suo padre si sta riprendendo adesso dalla morte della moglie, una moglie che ha distrutto le loro vite, ma che comunque, il signor Harrison, ha amato fino al suo ultimo respiro. Harry dice di aver superato tutto, ma non è così, io lo so, e tutto questo incide ancora sulla sua vita, ma so anche che è un lottatore e ce la farà perché non è solo e Chloe lo sta aiutando più di quanto possa immaginare.

«È ancora preoccupato per Grace?» Ho raccontato a Reb del feeling tra la sorella di Harry e Niall e le ho spiegato le riserve che il mio amico nutre al riguardo di una loro eventuale storia.

«È sua sorella, è inevitabile che lo sia, soprattutto perché Niall non è uno che abbia mai avuto voglia di impegnarsi seriamente...» Capisco le preoccupazioni di Harry, ma credo che Grace sia in grado di valutare la situazione e comunque non può proteggerla da tutto.

«Non ti ho mai visto geloso delle tue sorelle», mi dice avvicinandosi a me e sorridendomi.

«Oh, credimi, meglio che tu non abbia visto...» Mi sorride ancora, poi mi bacia e si allontana per andare verso il frigo.

«E non ti ho mai visto geloso nemmeno di me...»

«Reb? Noi andiamo...» il nostro discorso viene interrotto da Chloe che entra in cucina, restando sulla soglia.

«Non restate a cena?», le domanda lei evidentemente convinta che sua sorella e il mio amico sarebbero rimasti qui.

«Facciamo un'altra volta», risponde Chloe con un'espressione dispiaciuta sul volto. Dev'essere Harry a voler andare via, il suo malumore era evidente.

«Va tutto bene?», chiede ancora Reb.

«Sì, tranquilla, ci sentiamo domani. Ciao Zayn». Mi sorride.

«Ciao Chloe, salutami il testone», le dico, immaginando che non si muoverà dalla sua posizione, restando nell'altra stanza.

«Lo farò». Ci saluta un'ultima volta, poi esce definitivamente dalla cucina e restiamo in silenzio a sistemare la spesa fino a quando non sentiamo chiudersi con forza la porta d'ingresso.

Lascio regnare il silenzio per un po', un silenzio rotto soltanto dal rumore dei sacchetti, degli sportelli della cucina, e dei prodotti che sistemiamo al loro posto, ma quando abbiamo finito sento salire improvvisa la voglia di tirare fuori quella domanda che non ho più voglia di trattenere.

«Di cosa stavamo parlando prima?» le domando circondando la sua vita da dietro mentre lei sta riempiendo un bicchiere d'acqua.

«Del fatto che non ti ho mai visto geloso di me», afferma convinta per poi bere, posare il bicchiere nel lavandino e voltarsi nel mio abbraccio. Adesso le mie mani sono alla base della sua schiena e il suo viso decisamente troppo vicino, ma devo controllarmi, perché voglio arrivare fino in fondo.

«Perché sono stato bravo a nasconderlo, ma... ti ricordi la sera che siamo andati a mangiare sushi?» Rebekah aggrotta le sopracciglia, probabilmente alla ricerca nella sua mente dell'episodio che ho appena citato, poi i lineamenti del suo viso si distendono e sembra illuminarsi.

«La sera in cui quei due ragazzi mi hanno chiesto scusa?» Sorrido e annuisco con un gran sorriso sulle labbra. «Quando io pensavo che avessero sbagliato persona?» Sorrido di più, perché so che sta iniziando a realizzare quello che è successo. «E invece non avevo affatto sbagliato persona...» Nego con la testa, confermando il suo pensiero. «E loro sono venuti a scusarsi dopo che tu sei andato in bagno...» Annuisco senza smettere di sorridere. «Sei stato tu!?» Il suo sorriso è divertito, il mio lo è di più. «Che cosa gli hai detto?» mi domanda curiosa.

«Non ha importanza, quello che conta è che hanno smesso di guardare una donna impegnata». La stringo un po' di più mentre fatico a trattenere ancora quelle parole. 

«Ma come potevano immaginare che fossi impegnata?» mi domanda con un tono provocatorio nella voce.

«Sarebbe bastato vedere come ti guardavo, o come tu guardavi me. Me la ricordo bene quella sera, sai?» L'ho incuriosita e ora mi sta dedicando tutta la sua attenzione.

«Ah sì?» Mi stuzzica ancora e io voglio cedere ad ogni provocazione.

«Sì. Tu indossavi il tuo completo blu, ero passato a prenderti al lavoro per farti una sorpresa. Avevi i capelli raccolti...» sollevo le mani fino a raggiungere i suoi capelli, li tengo stretti tra le dita e li porto all'altezza della nuca, tenendoli fermi con la mano destra, «così...». Amo vedere la sua pelle ricoprirsi di brividi e amo vedere i suoi occhi che non riescono a staccarsi dai miei. «Avevo in mente di dirti una cosa importante quella sera e mi ero preparato per tutto il giorno affinché fosse perfetto, ma quando siamo saliti in macchina per tornare a casa e mi hai baciato, tutto il mio bel piano è andato a farsi fottere e ti ho detto di amarti così, seduti nella mia stupida jeep, alla luce di un lampione di uno stupidissimo parcheggio...»

Rebekah mi osserva in adorazione e io so che sono stato davvero fortunato ad incontrarla, non tutti hanno l'occasione di vivere un amore così travolgente e io non ho intenzione di restare a guardare.

«È stata la dichiarazione più bella che tu potessi farmi, sei stato così spontaneo che mi hai fatto innamorare di te un'altra volta». Sorrido di più alle sue parole e mi lascio andare alla spontaneità.

«Dato che è andata così bene ho pensato di non preparare niente nemmeno per stasera...» lascio andare i suoi capelli sotto la sua espressione stranita.

Non mi perde di vista nemmeno un secondo e sembra quasi smettere di respirare quando si rende conto che mi sto sfilando uno dei miei anelli per poi prendere la sua mano sinistra. «Sposami Reb...» Infilo l'anello al suo anulare, le sta un po' grande, ma non importa. «Sposami perché ti amo da impazzire. Sposami perché voglio passare il resto della nostra vita insieme. Sposami perché non c'è niente che mi renderebbe più felice di un tuo sì».

Distoglie gli occhi dai miei, guarda il suo dito fasciato nel mio anello, poi porta le dita della mano destra a stringere il piccolo cerchietto d'acciaio all'anulare sinistro e infine mi guarda di nuovo. È emozionata, forse anche un po' commossa, mentre io sono in trepidante attesa, ma speranzoso.

«Sono sempre stata tua, Zayn, anche prima che tu arrivassi, anche quando non lo sapevo... e sì, voglio sposarti. Lo voglio perché ti amo dalla prima sera che abbiamo trascorso insieme e lo voglio perché non potrei mai immaginare nessun altro accanto a me e...» Non posso più aspettare.

La interrompo con un bacio profondo, lungo, da togliere il fiato ad entrambi, ma non importa se perdo il fiato, perché adesso è lei la mia aria, lei che, adesso, è anche la mia vita. 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo, che mi ha emozionata mentre lo scrivevo. Quando stava per arrivare il momento in cui Zayn avrebbe chiesto a Rebekah di sposarlo, sentivo il mio cuore battere veloce, come se fossi stata al suo posto... è questo l'effetto che mi fanno i miei personaggi.

I due piccioncini, quindi, coroneranno il loro sogno d'amore, ma c'è qualche ombra in questo capitolo.

Harry sembra di pessimo umore, e non sappiamo cos'abbia causato il suo malessere (ma io lo so  muha aha ha ha ha) e non mi aspettavo affatto di scoprire di Grace e Niall, chissà quali altre sorprese ci riserveranno.

Vi lascio una bella foto del mio Josh ❤️ e vi abbraccio fortissimo

Vi lascio una bella foto del mio Josh ❤️ e vi abbraccio fortissimo       

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 24
*** Harry & Chloe - a cloudy day ***


Harry

Mi spingo con un piede sul pavimento, così da far leva sulle ruote di questa sedia e arrivare fino davanti alla grande vetrata che dà sulla città. Non c'è niente di diverso da ieri, e nemmeno dall'altro ieri, o rispetto alla settimana scorsa; questo se parlo di tutto ciò che appare all'esterno. La città è la stessa, le persone anche, ma dentro siamo tutti cambiati - io per primo - e nell'ultima settimana qualcos'altro è cambiato. L'aria che respiro è fatta di confetti, fiori, preparativi e tanti, bianchi e infiniti abiti da sposa.

Chloe e sua sorella non parlano d'altro da quando Zayn ha chiesto a Rebekah di sposarlo, e io mi ritrovo sommerso da tutte quelle chiacchiere, e riviste di abiti da sposa, che non fanno che aumentare la pressione che sentivo fino a che Zayn non prendesse un'altra iniziativa delle sue.

«Si può?» Mi volto di scatto verso la porta d'ingresso del mio ufficio dopo aver sentito una voce che non mi aspettavo di sentire.

«Certo che sì, entra», le dico alzandomi dalla sedia per andarle incontro.

Ha un sorriso che ti entra nel cuore anche se non vuoi e capisco che chiunque resti in sua compagnia non possa fare altro che innamorarsene. Io non ho fatto eccezione, ed è per questo che sono così in ansia per lei.

«Ho disturbato i tuoi pensieri?», mi domanda dopo avermi visto fissare il vuoto dalla vetrata.

«Tranquilla, i miei pensieri sono già disturbati per conto loro, Grace». Sono ad un passo da lei quando la stringo tra le braccia perché sono giorni che non riesco a vederla. «Che ci fai da queste parti? Non dovresti essere a scuola?» le chiedo sciogliendo l'abbraccio.

«I tuoi pensieri sono davvero preoccupanti, fratello...» mi dice osservandomi con aria divertita e io aggrotto le sopracciglia tentando di capire la sua frase, che però si affretta a spiegarmi, dopo aver notato la mia espressione confusa, «sono le quattro del pomeriggio, Harry. Dove hai la testa?» dice ridendo.

Già, lo so io dove ho la testa e non riesco a rimettere insieme i pezzi, o meglio, saprei rimetterli insieme, ma mi sembra sempre il momento sbagliato per farlo.

«Forse sto lavorando troppo». Stare all'ottantasettesimo piano non ha molti vantaggi, stavo molto meglio quando ero al ventiquattresimo, ma questa è una delle cose che sono cambiate e non posso tornare indietro, non dopo che papà mi ha dato la sua fiducia.

«Hai parlato con Niall?» mi domanda cogliendomi alla sprovvista.

Le volto le spalle e torno vicino alla mia sedia mentre la sento avvicinarsi.

«Sei venuta qui per parlare di lui?», le domando senza nemmeno guardarla in faccia perché so che se la guardassi negli occhi cederei a qualunque sua richiesta.

«Mi ha detto che non vi sentite da almeno due settimane, Harry, perché non lo chiami?» Grace si posiziona tra me e la vetrata, così non ho più scampo. Abbasso lo sguardo e vedo i suoi occhi tanto simili ai miei, e non posso evitare di sorridere.

«Sei uscita con lui?» Per favore dì di no...

«Harry, io e Niall ci stiamo conoscendo, e se ti può far sentire meglio posso assicurarti che io e lui non siamo stati a letto insieme...»

«Grace! Ti prego!» Non voglio pensare a lei in questo modo, ma la cosa sembra divertirla parecchio perché la sua risata riesce a riempire tutta la stanza.

«Voglio solo che tu non perda un amico a causa di una stronzata che ti sei messo in testa. Parla con lui, Harry, so che gli manchi». A dire la verità manca anche a me e vorrei essere una persona diversa, prenderla più alla leggera, ma non ne sono capace. Specialmente da quando Grace è entrata a far parte della mia vita e sento un enorme peso sulle spalle.

È questo che si prova quando si diventa grandi?

«Sei qui per pregarmi di parlare con Niall?», le domando cercando di evitare di rispondere alla sia richiesta.

«Jordan mi ha chiesto di passare, sono stata da lui fino a poco fa». Sto iniziando ad inquadrare la situazione.

Stamattina ho parlato con mio fratello che, ovviamente, si è accorto del mio stato d'animo non proprio sereno e ha cercato di farmi dire cosa avessi che non andava, ma non ho ceduto perché l'unica persona con cui dovrei davvero parlare è Chloe e non voglio dirlo a qualcun altro prima che a lei.

«Tu e Jordan siete due spine nel culo», le dico facendola ridere, «sto bene, devo solo risolvere una cosa, ma devo farlo da solo». Grace ruota gli occhi, poi torna a guardarmi.

«E tu sei un testone, non so come faccia Chloe a sopportarti!» Stavolta ridiamo insieme e ora mi sento un po' meglio.

Questa risata ha liberato un po' del mio malumore e so che devo fare qualcosa per risolvere la situazione, perché nemmeno io so come Chloe faccia ancora a sopportarmi.

«Perché Chloe è migliore di me».

«Senti, hai ancora da fare qui?» mi domanda con il suo solito sorriso da conquista.

«Che hai in mente?» le chiedo.

«Sei il capo no? Puoi uscire prima e andiamo a bere qualcosa...»

«Non mi è mai servito essere il capo per uscire prima». Lei ride, poi rido anch'io, e alla fine usciamo dal mio ufficio, metto un braccio sopra le sue spalle e la tengo stretta a me, nel tentativo di recuperare il tempo che ho perso con lei.

*°*°*°*°*°*°*°*°*°

Chloe

«Non lo so, Hazel», rispondo sconsolata lasciandomi andare all'indietro sul letto, tenendo il telefono con la mano destra.

Gli occhi puntati al soffitto e la mia migliore amica al telefono: è così che sto cercando di sfogarmi da, più o meno, mezz'ora.

Negli ultimi giorni Harry è stato scostante: ha alternato momenti di incredibile tenerezza ad altri in cui era totalmente assente. Qualcosa lo preoccupa e sto faticando a farlo parlare. Dopo il mio compleanno avevamo raggiunto un buon equilibrio, riuscivamo a parlare più apertamente e non si teneva più niente per sé, ma sembra aver fatto un passo indietro.

«So che oggi Jordan ha parlato con lui, ma non è riuscito a farsi dire niente». Sospiro e porto una mano a coprirmi gli occhi: immagino che se non è riuscito Jordan a capire qualcosa, l'impresa sembra diventare sempre più ardua.

«Credi che sia a causa di Niall?» So quanto sia legato ai suoi amici e il fatto che abbia smesso di rivolgere la parola ad una persona così importante per lui, potrebbe portarlo ad essere più nervoso.

«Jordan mi parla sempre di Grace e di quanto Harry si sia legato a sua sorella, e non escludo che possa essere a causa del rapporto che lei e Niall stanno instaurando...» Stavolta sorrido nel sentire le parole di Hazel perché anche io mi sono accorta quanto Harry sia geloso di sua sorella.

«Harry e Jordan sono adorabili con lei, vero?», le domando ripensando al loro comportamento da quando Grace è venuta a vivere qui a Boston.

«È vero, sono due fratelli meravigliosi». La mia migliore amica conferma le mie parole, poi mi viene in mente che non le ho chiesto niente di lei, quindi decido di accantonare per un attimo le paranoie di Harry e dedicarmi a lei.

«A proposito di fratelli meravigliosi, dato che ne hai conquistato uno dei due, hai già deciso quando trasferirti?» La sento ridacchiare dall'altro capo del telefono e torno a mettermi seduta, come se così facendo potessi ascoltare meglio la sua risposta.

«Chloe ti ho già detto che non lo so. Io e Jordan ne abbiamo parlato, ma di sicuro non prima di aver trovato un lavoro»Hazel si trasferirà a Boston, non mi manca nient'altro affinché la mia vita possa definirsi perfetta.

«Quindi va tutto bene tra di voi...» La mia non è una vera domanda, è più una constatazione ad alta voce.

«Decisamente bene, Chloe». Sorrido come se potesse vedermi.

«È bello sentirtelo dire».

«Mi mancate un sacco», afferma subito dopo con tono malinconico, riferendosi a me e a Kurt che vive felicemente con Dylan in un appartamento non molto lontano da casa di Rebekah.

«Ci manchi anche tu. Saresti di grande aiuto a me e Reb con i preparativi per il matrimonio...» Da quel momento in poi ci perdiamo in chiacchiere più leggere, fatte perlopiù di gridolini entusiasti nell'elencare i dettagli delle prime scelte che ha già compiuto mia sorella, tipo il colore dei fiori del suo bouquet fino a terminare la chiamata promettendoci di risentirci al più presto.

Ripongo il telefono sul comodino, ma quando sto lasciare la stanza sento l'arrivo di un messaggio che mi affretto a leggere. È da parte di Harry.

Ho fatto tardi con Grace
Arrivo tra poco

Sorrido, ma non posso negare a me stessa di essere dispiaciuta perché lo voglio qui, con me, a casa nostra, ma il fatto che sia con sua sorella mi fa ben sperare, magari lei riuscirà a farlo parlare.

Abbandono nuovamente il telefono per andare a preparare la cena mentre continuo a scervellarmi nella speranza di capire il motivo del suo malessere, poi penso che manca meno di un mese ad Halloween e mi sorge un enorme dubbio.

Che sia preoccupato per me?

Ed è altamente probabile che sia così: forse Harry sta immaginando scenari catastrofici per il mio equilibrio mentale e crede che il compleanno di Dylan, sempre più vicino, possa mettermi in crisi come è successo il giorno del mio compleanno.

Non nego che, sia il mio compleanno, che quello di Dylan, rappresentano due giorni in cui il mio stato d'animo subirà sempre un duro colpo, ma sto imparando ad affrontare quei momenti con sempre più forza. Sono sicura che quest'anno non crollerò, forse non farò i salti di gioia, ma di certo non mi nasconderò in un angolo cercando di sfuggire al mondo intero.

La cena è quasi pronta, ormai, e tiro un sospiro di sollievo quando sento la porta d'ingresso aprirsi: Harry è tornato. Sento i suoi passi farsi sempre più vicini e faccio appena in tempo a posare il cucchiaio di legno su un piattino, e a spegnere il fuoco, che le sue mani si posano sulle mie spalle, mi fa voltare verso di lui, poi mi bacia in maniera così profonda che mi dimentico all'istante di qualsiasi pensiero avessi per la testa e persino dove mi trovo. 

Ogni parte di me si scioglie nel suo abbraccio e la sensazione che provo è meravigliosa, come se avessi appena trovato la mia oasi nel deserto. Riprendo vita, forza, e lentamente le mie mani finiscono tra i suoi capelli mentre la sua bocca spinge un po' di più contro la mia, stringo alcune ciocche tra le dita, lui lascia andare un gemito nella mia bocca e quasi non perdiamo l'equilibrio quando si spinge contro di me con tutto il resto del corpo.

Ci lasciamo andare entrambi ad una piccola risata quando è costretto a reggermi perché stavo per cadere, poi gli sorrido, lui sorride a me e torno a stringermi a lui. Ci guardiamo per qualche secondo come se non ci vedessimo da giorni e, forse, in un certo senso è così, perché, soprattutto nelle ultime ore, ci siamo guardati senza vederci realmente.

«La cena è pronta», gli dico con un filo di voce, tentando di alleggerire l'intensità del suo sguardo.

«Ottimo, Stewart, perché sto morendo di fame...» Gli spunta un sorriso furbo, le fossette sono in bella vista, e una piccola scintilla gli illumina i meravigliosi occhi verdi.

«Com'è andata con tua sorella?», gli chiedo ignorando l'ultima parola che è uscita dalle sue labbra arrossate, una parola che non ha mai smesso di farmi ricoprire di brividi, e succede ogni volta che la pronuncia in quel modo.

«Dobbiamo parlarne adesso?», mi domanda facendomi indietreggiare fino a scontrarmi contro il ripiano della cucina, per poi tornare a poggiare il suo bacino contro al mio.

«Se non vuoi parlare di Grace, di cosa vuoi parlare?», gli domando posando le mani sul bordo del ripiano alle mie spalle.

«E se non parlassimo affatto?» Lo dice mentre toglie il cappotto e lo lascia cadere sul pavimento.

«Ah già! Hai detto di essere affamato», rispondo con un sorriso divertito mentre lo osservo togliersi la giacca per farle raggiungere il pavimento insieme al cappotto.

«Davvero affamato, Stewart...» Le sue dita armeggiano con i bottoni della sua camicia mentre io mi occupo della cravatta – che gli sfilo dalla testa – e il suo sguardo si accende ad ogni secondo di più.

«Allora dovremo rimediare in qualche modo», dico, poi poso la cravatta accanto a me. Con la mano destra mi allungo verso il cucchiaio che ho usato per mescolare le verdure mentre lui resta con gli occhi nei miei e le dita impegnate a sbottonare il resto dei bottoni.

In qualche modo riesco a riempire il cucchiaio con le zucchine e lo porto davanti alla sua bocca. L'espressione di Harry diventa confusa, le sue mani si fermano proprio mentre stava sfilando la camicia dai pantaloni e resta con la bocca socchiusa, così ne approfitto per imboccarlo con le verdure che ho appena preso dalla padella.

«O vai faffo vavveo?» Rido nel sentirlo parlare con la bocca piena – e forse le zucchine erano ancora un po' troppo calde. [Traduzione: Non l'hai fatto davvero? n.d.a.]

«Non ti capisco, Styles», gli dico voltandomi per posare il cucchiaio nella padella.

D'un tratto mi sento mancare il pavimento sotto ai piedi: le sue mani si sono strette sotto alle mie cosce e mi ha tirato su per farmi sedere sul ripiano della cucina, poi ha fatto in modo di sistemarsi tra le mie gambe. Trattengo il fiato quando sento le sue dita scorrere lente verso la mia schiena, dove si ferma e, facendo una leggera pressione, mi tira a sé. Il suo sguardo torna ad accendersi e stavolta non posso ignorarlo.

«Vuoi davvero parlare, piccola Stewart?» Pronuncia ogni parola lentamente e a bassa voce, in modo che ogni lettera, di ogni parola, riesca ad infilarsi sotto la mia pelle, facendomi ricoprire di brividi.

«Voglio sapere come stai, Harry, perché sono giorni che non mi parli e...»

«E se ti dicessi che ho intenzione di dirtelo...», mi interrompe, senza lasciarmi finire la frase, «ma che non voglio farlo adesso...» Porto le mani sul suo viso, per poi tornare ad infilare le dita tra i suoi capelli, e un'altra piccola luce si accende nei suoi occhi.

«Perché non puoi farlo adesso?»

«Quanta impazienza la mia piccola Stewart...» Le sue mani si infilano sotto la mia maglia, poi sento le sue dita scivolare lente sotto l'elastico dei miei pantaloni.

«Voglio solo sapere che stai bene, Harry». Sono preoccupata per lui, perché quando si chiude in sé stesso inizia a formulare nella sua testa una serie di paranoie che gli fanno vedere tutto negativo... un po' come succede a me...

«Sto bene, Chloe, sto più che bene e te lo dimostrerò». Le sue labbra si posano leggere sulle mie, in un bacio dolce, al quale se ne aggiunge un altro, diventando due, poi tre, quattro, fino a che riesco a sentire il sapore delle verdure che ho cucinato direttamente dalla sua lingua. Poi le sue labbra si spostano sul mio viso, per arrivare al collo e inclino maggiormente la testa quando lo sento ancora parlare a bassa voce, direttamente sulla mia pelle. «Adesso, però, sto davvero morendo di fame...»

Non protesto, lo lascio fare, perché ho bisogno di sentirlo di nuovo vicino dopo giorni in cui mi è sembrato fosse così lontano, e poi perdo del tutto il controllo di me stessa e di tutta la situazione, quando la sua voce vibra ancora contro la mia pelle.

«Cazzo se ti amo!»
 

§§§§§§§§§§§§§§§ 
 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Abbiamo una prima parte in cui Harry esterna in maniera piuttosto velata le sue paranoie (anche se io so qual è il suo reale problema LOL) e Grace sembra riportare il buonumore nella sua giornata, tanto che quando rientra a casa sembra essere tornato il solito Harry. Chloe, però, è ancora preoccupata per lui, ma Harry riesce a distrarla e rimanda ancora il piccolo chiarimento di cui Chloe sente il bisogno.

La seconda parte arriva presto (compatibilmente con le mille cose che sto scrivendo) e non vedo l'ora di farvelo leggere. Vi dico solo che l'idea del prossimo capitolo è ferma nella mia testa, impaziente di uscire allo scoperto, dall'inizio di "Their Stories".

Vi mando un immenso abbraccio e grazie sempre per tutto l'affetto che mi dimostrate.

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 25
*** Harry & Chloe - a Sunny Day ***


Chloe

«La camera della rabbia?» gli domando posando la mano sulla piccola lettera "G" che si è tatuato da poco sulla spalla.

«No», risponde lasciando andare una piccola risata, mentre la sua mano si posa sul mio fianco.

«E... Come si chiama quell'altra cosa?» gli chiedo, sforzandomi di ricordare il nome preciso.

«Intendi bubble soccer?» Harry continua a ridere delle mie proposte, ma non importa, il fatto che stia ridendo mi piace, perché non lo vedo così rilassato da giorni.

«Sì, quello!» La sua mano si sposta alla base della mia schiena e mi tira a sé.

«Non ne ho bisogno, Chloe». Posa l'altra mano sul mio viso, poi sfiora i miei capelli sulla fronte e infine fa scorrere le dita sulla tempia, per arrotolarle attorno ad una ciocca che mette dietro all'orecchio. «Ma grazie per il pensiero».

Siamo appena usciti dalla doccia, siamo avvolti nei nostri asciugamani, e gli stavo proponendo i suoi metodi per scaricare lo stress, dato che è evidentemente sotto pressione per qualcosa che ancora non ha voluto dirmi. Mi ha detto di avere pazienza, di lasciargli ancora un po' di tempo, e io voglio farlo, ma questo non mi impedisce di aiutarlo in qualche altro modo.

«Non apprezzi le mie idee», gli dico fingendomi offesa.

«Stewart non mi pare di non aver apprezzato la tua idea di infilarti dentro la doccia, poco fa...» Mi stringe a sé un po' di più e sulle sue labbra si apre un mezzo sorriso malizioso che mette in mostra la fossetta sulla guancia sinistra.

«E apprezzeresti anche l'idea di andare da mia sorella oggi?», gli domando cauta.

Rebekah mi ha chiesto di passare a casa sua per aiutarla a farsi un'idea sull'abito da sposa perché non sa da che parte cominciare e le faceva piacere dare un'occhiata a qualche rivista insieme a me.

«Ripensandoci, potrei accettare la tua proposta di una partita a bubble soccer...» Alzo gli occhi al cielo alla sua battuta. «Che c'è?», mi domanda dopo aver notato la mia reazione, «Non si può cambiare idea?»

L'argomento del matrimonio tra mia sorella e il suo migliore amico lo mette sempre un po' a disagio. Non me l'ha detto direttamente, ma ho imparato a conoscerlo e non mi è sfuggita quella strana variazione nel tono della voce quando tocchiamo quel tasto.

Scivolo via dalla sua presa e inizio a camminare all'indietro, tenendo gli occhi fermi nei suoi, mentre lui mi guarda con aria confusa. «Allora confermo a Rebekah che oggi pomeriggio saremo da loro...» La mia non è una vera domanda e glielo dico con un leggero tono provocatorio, tanto per stuzzicarlo un po'.

«Non è quello che ho detto, Stewart!» esclama lui, cercando di sfuggire al mio programma, quando ormai sono quasi fuori dal bagno.

«Ma io sono sicura di averlo sentito!» Gli sorrido, poi mi volto e cammino velocemente verso la camera da letto.

«Stewart!» mi richiama ancora, ma non torno sui miei passi, né sulla mia decisione: Zayn mi ha detto che lo vuole lì, oggi, e dopo aver deviato la sua attenzione con le finte proposte per passare il pomeriggio, sono arrivata dove volevo e non penso proprio che cambierò idea.

Cerco qualcosa di semplice con cui vestirmi, mentre lo sento continuare a borbottare dall'altra stanza, cosa che mi fa sorridere perché so che sta per piombare qui in camera con qualche stupida alternativa che non prenderò in considerazione.

Il suo umore è ancora altalenante: c'è stato un piccolo miglioramento, qualcosa che lo porta a sorridere con più facilità, ma c'è sempre quel velo di preoccupazione nei suoi occhi e spero che si decida a parlare con me prima possibile, perché sto iniziando ad essere davvero in ansia.

*********

«Andiamo, Harry, non stiamo mica andando al patibolo!» Lo rimprovero ancora una volta poco prima di bussare alla porta di casa di mia sorella.

Ha continuato a tenere il muso lungo da quando gli ho detto che saremmo venuti qui e vorrei vederlo tornare a sorridere.

«Tu credi davvero che non abbia capito il perché della tua insistenza?» Mi volto del tutto verso di lui e lo guardo cercando di scoprire se sappia il reale motivo per cui Zayn abbia insistito affinché mi accompagnasse. «Ho visto la sua macchina parcheggiata poco più avanti della nostra...» Dovevo immaginarlo...

«Siamo tutti d'accordo che questa cosa tra te e Niall finisca...», credo sia ormai superfluo fingere, «e deve finire oggi stesso...»

Mi guarda per un attimo, poi sorride divertito, mi si avvicina e posa entrambe le mani sui miei fianchi. «Non posso fidarmi di te, Stewart». Harry continua ad avanzare e le mie spalle finiscono contro il muro.

Continua a mantenere il sorriso sulle labbra e il suo tono di voce basso mi fa capire che non è davvero infastidito da questa situazione. «Devi parlare con lui, non ha senso continuare ad ignorarlo».

Le sue mani si posano alla base della mia schiena, le mie finiscono spontaneamente tra i suoi capelli e, subito dopo sento il suo corpo aderire al mio. Ogni parte di me impazzisce per questo contatto perché Harry continua a farmi sempre lo stesso straordinario effetto. Non importa quante volte mi abbia tenuta tra le braccia in questo modo così appassionato, perché ogni volta mi sembra sempre come la prima, e tutte le volte che mi guarda come sta facendo ora, io perdo quasi del tutto la ragione.

«È anche per questo che ti amo, piccola Stewart...», sorrido alle sue parole, perché tutte le volte che me lo dice il mio cuore diventa sempre più forte, «perché sei la parte migliore di noi...»

Non mi dà la possibilità di rispondere perché le sue labbra arrivano sulle mie con una tale forza da togliermi letteralmente il fiato. Avrei voluto dirgli che è lui la parte migliore di noi, perché è soltanto grazie a tutto quello che ha fatto per me se io sono tornata a vivere, ma non riesco a farlo perché in questo momento posso solo ricambiare questo bacio intenso da far girare la testa. Il corpo di Harry si appoggia contro il mio mentre le sue mani fanno ancora più pressione, come a volermi spingere ancora di più contro di lui, e io percepisco a malapena la mia schiena aderire completamente contro il muro mentre riesco a concentrarmi unicamente sulla sua bocca, sulla sua lingua che sembra non vogliano staccarsi più da me... Almeno fino a quando una voce non ci interrompe.

«Styles la stai soffocando!» Sorrido nel bacio quando sento la voce divertita di Zayn. Harry sposta leggermente il viso dal mio e sbuffa, poi si allontana del tutto da me e mi volto verso il suo amico che sembra si stia divertendo parecchio a causa della situazione. «Ciao Harry!» Lo dice con un tono canzonatorio ed un sorriso stupido.

«Anche il mio dito medio ti saluta, Malik». Non posso evitare di ridere nel vedere l'espressione contrariata di Harry.

«Se non vi foste attaccati al campanello potevate restare a fare le vostre cose qui fuori», dice Zayn, con uno strano gesto della mano.

Mi scosto dal muro e mi rendo conto che il pulsante del campanello si trova proprio dietro la mia schiena. Harry borbotta ancora qualcosa di incomprensibile, poi entra nell'appartamento sotto lo sguardo divertito di Zayn, il quale saluta anche me, per poi chiudere la porta dietro le mie spalle dopo che anch'io sono entrata. 
Una volta dentro l'appartamento, tutto sembra tranquillo, ma quel senso di pace dura poco, perché subito dopo sentiamo una forte risata provenire dalla cucina, una risata che conosciamo tutti molto bene e non è quella di mia sorella.

Harry volta leggermente il busto all'indietro, in direzione di Zayn. «Hai preso sul serio il tuo ruolo da psicologo del cazzo». Entrambi ridono per le parole del mio ragazzo, perché sono pronunciate con un evidente divertimento nella voce.

«Ciao». Veniamo interrotti dal saluto di Niall e uno strano silenzio cala nella stanza.

I due ragazzi si guardano come se ci fossero solo loro qui dentro, mentre io, Zayn e mia sorella, restiamo immobili, come se ogni nostro movimento potesse disturbarli.

«Ciao», risponde freddo Harry.

«Vedo che ancora mi detesti», dice il biondo senza essere realmente offeso dall'atteggiamento del suo amico.

«Non è che ti detesto, solo che non sono così eccitato dalla tua esistenza», ribatte ancora Harry, per poi lasciarsi andare all'indietro sedendosi sul divano.

«Non è che tu sia poi così simpatico, eh?» È incredibile come Niall riesca a prendere con filosofia il comportamento arrogante di Harry.

«Non ho abbastanza energie per pretendere di piacerti anche oggi, Horan». Alzo lo sguardo su Zayn che se la sta ridendo e mi fa cenno di allontanarci, poi osservo mia sorella che non sa più da che parte guardare per il disagio che Harry sta continuando a creare con le sue stupide battute; spero solo che vada tutto bene.

Chiudiamo la porta della cucina alle nostre spalle e lasciamo i due a chiarirsi, perché è vero che in questo modo non si può andare avanti.

«Vuoi qualcosa da bere, Chloe?», mi domanda Zayn mentre si prende una birra dal frigo.

«No, grazie. Secondo te posso sperare che restino vivi quei due?» gli domando sedendomi accanto a mia sorella, che è già intenta ad aprire una spessa rivista di abiti da sposa.

«Non possono stare l'uno senza l'altro, è solo che il tuo ragazzo è un gran testone, ma sono sicuro che non si ammazzeranno». Si siede poi con noi e mia sorella lo guarda male.

«Lo sai che non dovresti guardare», gli dice restando con il giornale mezzo chiuso.

«Oh, andiamo Reb, non crederai davvero alla stronzata che vedere il vestito della sposa porta male? E poi sono sicuro che non ti basterà un solo giornale per scegliere». Zayn le sorride, poi beve un sorso della sua birra, mentre lei, rassegnata al fatto che il suo ragazzo non ha la minima intenzione di allontanarsi, apre del tutto la rivista ed inizia a mostrarmi alcuni modelli a cui è interessata.

L'entusiasmo che mi trasmette mentre sfoglia le pagine e osserva ogni modello, è assolutamente incredibile: ho sempre immaginato che mia sorella si sarebbe sposata prima di me, ma immaginavo un ragazzo totalmente diverso al suo fianco. Rebekah è sempre stata così ricercata e distinta, che credevo si sarebbe trovata uno di quei tipi che non tolgono mai la cravatta, con la puzza sotto al naso, e invece ha al suo fianco un ragazzo totalmente diverso, come direbbe papà "uno dei più scarabocchiati che abbia mai visto", ma con un cuore talmente grande che è stato in grado di conquistare chiunque senza il minimo sforzo, mio padre compreso.

Zayn sembra parecchio interessato alle nostre chiacchiere su corpetti decorati, scolli a cuore, maniche di pizzo e quant'altro, non interviene mai, ma ascolta con grande attenzione mentre sorseggia la sua birra, quasi come se stesse assistendo ad uno spettacolo.

Non ho idea per quanto tempo andiamo avanti in questo modo, ma ad un certo punto mi torna in mente che nell'altra stanza ci sono Harry e Niall, e che i rumori sono praticamente inesistenti da un po': inizialmente li sentivamo parlare – anche se non era chiaro cosa stessero dicendo, ma il fatto che non si siano urlati contro sembrava un buon segno – ora, però, regna il silenzio e non posso non farlo notare.

«Secondo voi dobbiamo preoccuparci per questo silenzio?» domando indicando la porta chiusa. 

«Direi di no», afferma Zayn con sicurezza.

«Tu non fai testo, non sei mai preoccupato!» lo riprende mia sorella.

«Lo sai come dicono, Reb: se c'è soluzione perché preoccuparsi e se non c'è soluzione perché preoccuparsi?», pronuncia quelle parole con un tono di voce disarmante e il suo sorriso non fa che enfatizzare il concetto che ha appena espresso con tutta la tranquillità del mondo, quella che da sempre lo contraddistingue.

Rebekah sta per ribattere quando la porta della cucina si apre: per primo entra Niall, seguito da Harry, e io mi concentro sulla loro espressione che sembra totalmente rilassata.

«Non ne capisci un cazzo di calcio, Styles!» Il biondo prosegue la sua camminata fino al frigo, con Harry sempre alle sue spalle.

«Ma piantala!» risponde l'altro.

Mi volto con gli occhi spalancati verso Zayn, che già mi sta guardando con la sua espressione divertita, come a dirmi "visto?", poi mi volto verso mia sorella, anche lei con lo sguardo incredulo e per un attimo restiamo incerte sul da farsi, poi decidiamo di tornare a sfogliare il giornale, cercando di ignorare i due che parlottano di calcio, restando davanti al frigo dopo essersi serviti anche loro di una bottiglietta di birra.

Speravo in una risoluzione veloce tra loro due, vederli con quel muso lungo non era piacevole, ma non mi aspettavo di certo che avvenisse così in fretta. Sono felice di aver dato retta a Zayn e aver portato qui Harry, ma l'ho fatto senza quasi pensarci, perché mi fido di lui, esattamente come si fida di lui anche Harry.

«Oh mio Dio, Chloe!» La voce alta di mia sorella attira l'attenzione di tutti i presenti.

Mi volto nella sua direzione e noto il suo sguardo fisso sulla pagina sotto ai suoi occhi: al centro della pagina c'è un meraviglioso abito bianco in stile sirena, la coda è a strascico corto, con perline e lustrini a decorare il corpetto, senza maniche e senza spalline, il pizzo è magnifico e i bottoni sul fondo della schiena sono rivestiti, ma il dettaglio che mi ha colpito è la schiena lasciata completamente scoperta.

«Credo di non aver mai visto vestito più bello di questo, Reb!» Lo dico con quasi un filo di voce, perché, oltre che di Harry, credo di essermi appena innamorata di quest'abito.

«In effetti ti starebbe benissimo», afferma lei guardandomi con un gran sorriso.

«Ma... non... non per me...», rispondo in imbarazzo, perché siamo qui per lei, non per me. Ho monopolizzato la vita di tutti per troppo tempo e non voglio più farlo.

«Harry? Non credi anche tu che Chloe starebbe bene con quest'abito?» Do un calcio a mia sorella da sotto al tavolo quando sento che chiama il suo capo con una stupida voce da smorfiosa.

Lui si avvicina, anche Niall viene a curiosare, così come Zayn, e tutti restiamo a fissare quella foto da cui non riesco a staccare gli occhi, ma non voglio essere al centro dell'attenzione, quindi mi focalizzo sull'abito accanto e cerco di trovarne i pregi – cosa che non mi viene facile, dato che mi sono fissata con l'altro. Se mai dovessi sposarmi, prima o poi, vorrei un vestito uguale a quello, ma non credo che avverrà tanto presto, e forse non avverrà affatto; so bene come la pensa Harry riguardo al matrimonio e non importa, quello che mi interessa è restare con lui, sposata, fidanzata, convivente, non ha davvero importanza, perché saremmo sempre e comunque io e lui.

Restiamo a guardare quella rivista fino alla fine, mentre i ragazzi si spostano in salotto, poi mi rendo conto che si sta facendo tardi e che dovrei andare, ma mia sorella mi ferma ancora perché vuole che veda qualche abito da damigella, vuole che sia io a sceglierlo, così passiamo un'altra ora a sfogliare altre riviste mentre Harry mi ha già chiesto un paio di volte di andarcene – cercando di passare inosservato, sussurrando al mio orecchio "andiamocene" mentre mia sorella era distratta.

«Reb, ti va se continuiamo un altro giorno? Sono un po' stanca». Non è vero, ma la smorfia che mi ha fatto un paio di secondi fa Harry, passando davanti alla porta della cucina, era troppo irresistibile per restare ancora qui. Ho voglia di stare con lui e credo di aver dedicato abbastanza tempo a mia sorella per oggi.

«Va bene, tranquilla, credo che i tre di là si stiano annoiando». Mi sorride e io mi sento felice di essere rimasta con lei per tutto il pomeriggio e aver condiviso questo momento così importante.

Alla fine, io, Harry e Niall, salutiamo Rebekah e Zayn, poi scendiamo per raggiungere le nostre auto. Resto in disparte mentre i due ragazzi si salutano con affetto con la solita pacca sulla spalla e mantengo il sorriso quando salgo in macchina con Harry, convinta che saremmo andati a casa, ma guardandomi intorno, mi rendo conto che questa non è la strada del ritorno.

«Dove stiamo andando?» gli chiedo voltandomi verso di lui che vedo sorridere divertito.

«Dove mi sono innamorato di te...» La sensazione che provo in questo momento è uguale a quella di essere sott'acqua, senza ossigeno, perché non riesco nemmeno più a respirare dopo le sue parole. «Una delle tante volte in cui mi sono innamorato di te...»

«Harry...» Pronuncio solo il suo nome, restando con lo sguardo su di lui, che mi guarda di sfuggita mentre continua a guidare, ancora non so verso dove, ma non m'importa. 

Lui non dice nulla, continua a sorridere e a guidare, fino a destinazione. Quando mi rendo conto che la macchina è ferma rivolgo lo sguardo in avanti e sorrido nel vedere l'insegna del supermercato dove lavora Louis.

Siamo al buio, nel parcheggio di un supermarket, eppure mi sembra il luogo più romantico che possa esistere: qui ho capito di essermi innamorata di lui, qui mi ha dato il primo bacio e ha iniziato a distruggere ogni mia barriera, ci sono pochi posti come questo e stasera sembra avere un'importanza maggiore, almeno è quello che leggo nel suo sguardo non appena si toglie la cintura e si volta verso di me.

«Perché siamo qui?» gli chiedo sganciando anch'io la mia cintura per voltarmi del tutto verso di lui.

«Perché mi hai detto che il bacio che ti ho dato qui, quel giorno, è stato determinante per noi, e a volte mi ritrovo a pensare cosa sarebbe successo se non avessi dato retta al mio istinto, che mi ha spinto a rubarti quel bacio...» Non ho la capacità di dire nulla, perché lui riesce ad essere straordinario anche davanti ad un supermercato. «Poi mi dico che non avrebbe potuto andare diversamente, perché quel giorno avevo così tanta voglia di baciarti che non mi sarebbe importato di ricevere uno schiaffo, anche se ero piuttosto sicuro che non me l'avresti dato...» sorrido della sua constatazione, perché è vera. «Ed è così anche stasera, Chloe. Ho così voglia di baciarti che non m'importa di dove siamo, ho così voglia di dirti che ti amo che avevo bisogno di uscire da casa di tua sorella, e ho così voglia di te che non so se posso aspettare di arrivare fino a casa...» La sua mano arriva sul mio viso, poi le sue labbra si posano sulle mie, in un bacio dolce e passionale, in un bacio nel quale riesco a sentire tutta l'emozione che sta provando in questo momento, e poi, come se già tutto questo non bastasse, le sue parole mi hanno perdere del tutto la testa.

«Resta con me per sempre...»

 

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SPAZIO ME  

Buonsalve belle persone!

Il capitolo non avrebbe dovuto essere così lungo, ma scrivendolo è uscito questo, così sono costretta a rimandare il momento al prossimo. Sorry

Harry e Niall fanno pace, e si inizia a parlare sul serio di preparativi. Harry è ancora un po' fuori fase, almeno apparentemente, ma sembra riprendersi in fretta e torna nel luogo dove tutto è cominciato. Che sia un messaggio in codice per Chloe?

Lo sapremo al prossimo aggiornamento

Eeeee niente, buona lettura

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Capitolo 26
*** Harry & Chloe - a Great Day ***


Chloe

La revisione della traduzione è arrivata alla fine: ho ricontrollato tutto per due volte - una volta nei giorni scorsi, e la seconda l'ho appena terminata - e ora sono pronta a consegnare il lavoro. Allungo le braccia verso l'alto, distendo la schiena, poi mi alzo in piedi dopo aver spento il computer, recupero tutto il materiale e lo porto sul tavolo in cucina.

Sorrido inevitabilmente quando vedo la maglietta di Harry abbandonata sul tavolo: stamattina ha tentato in ogni modo di mangiare sul tavolo, per poi rimanere deluso dal fatto che avessi il ciclo, e andare in doccia da solo, borbottando cose incomprensibili.

Ultimamente è parecchio di buon umore e io, di conseguenza, sono molto più serena. La settimana prossima è Halloween e ricordo che, l'anno scorso, ero decisamente intrattabile. Ora, grazie a Harry, questo periodo dell'anno porta con sé solo i ricordi più belli. Mi ritrovo a pensare a Dylan mantenendo il sorriso sulle labbra mentre ripenso ai bei momenti che abbiamo trascorso insieme. Non c'è più il dolore al petto, ma solo una gran tenerezza e tanto affetto per una persona che è stata molto importante per me e che ora è un ricordo felice.

Vado in bagno a prepararmi per uscire, sorrido ancora guardando la catenina, quella che mi ha regalato Harry, che spunta fuori dalla mia maglia, e la ripongo al di sotto del colletto: mi manca il mio meraviglioso fidanzato, oggi più del solito e non mi spiego il perché, eppure siamo stati insieme, chiusi dentro questa casa, per un intero fine settimana, solo un paio di giorni fa. Ci siamo isolati dal mondo spegnendo i telefoni, abbiamo cucinato - o meglio io ho cucinato, lui ha mangiato - ed è stato uno dei weekend più belli di sempre: nessun problema, nessun pensiero, solo io, lui e il nostro mondo.

Sospiro al ricordo di lui senza niente addosso e...

Basta Chloe! Hai del lavoro da consegnare!

Allontano l'immagine di Harry e di tutti i suoi tatuaggi, così da ritrovare la lucidità necessaria per portare a termine il mio compito, poi mi cambio, recupero la traduzione dal tavolo ed esco di casa. Non voglio prendere la macchina oggi, perché mia sorella mi ha incastrato con un impegno oggi pomeriggio e non ho voglia di guidare in centro.

*****

«Sì, Reb, sono quasi arrivata!» Parlo a voce alta nel traffico intenso di Boston di questo primo pomeriggio di ottobre.

Sono stata alla redazione per consegnare la traduzione conclusa e per prendere un nuovo lavoro che, pare, mi occuperà per i prossimi mesi, almeno a sentire Harvey. Ho dato uno sguardo al libro scritto in tedesco e sembra piuttosto impegnativo, ma va bene, mi piace il mio lavoro.

«Ti sei messa in tiro?» Alzo gli occhi al cielo per la sua insistenza su questo punto.

«Se per mettersi in tiro intendi farmi una stupida ceretta, allora sì, l'ho fatta. Se invece ti aspetti che sia andata dal parrucchiere o che mi sia truccata, beh, allora no!» Cammino tra le persone che affollano il marciapiede, tenendo il telefono con la mano sinistra, mentre osservo distrattamente le vetrine decorate per la festa di Halloween e mi congratulo mentalmente con me stessa perché sto sorridendo, e non è una cosa da poco.

«Va bene, me la farò bastare!», ribatte lei rassegnata.

«Senti, ma il tuo capo non si lamenta del fatto che stai al telefono per motivi personali durante l'orario di lavoro?» Mi piace punzecchiarla, specialmente quando si lamenta del fatto che penso troppo poco al mio aspetto: credo di occuparmi di me quanto basta.

«Ti ho mai detto quanto sia rompipalle?» Hanno un bel rapporto, lei e Harry, e mi piace restare ad ascoltare i loro battibecchi.

«E io ti ho mai detto quanto sia straordinario?»

«Sei noiosa! Senti adesso devo andare, ci vediamo tra poco?» Mi fermo al semaforo rosso, poi le dedico un po' più di attenzione.

«Sì, e... Reb?»

«Cosa?» mi domanda.

«Sono felice di farti da damigella». Sono certa che stia sorridendo, allo stesso modo in cui lo sto facendo io.

«Grazie Chloe, ti voglio bene...» La saluto subito dopo, chiudo la chiamata e infilo il telefono in borsa mentre ripenso al giorno in cui mia sorella mi ha chiesto di essere la sua damigella d'onore. Ho fatto i salti di gioia e ora camminerò al suo fianco durante questo periodo di preparazione al matrimonio.

Rebekah si è raccomandata che fossi in tiro perché oggi andiamo all'atelier dove ha scelto il suo abito da sposa: vuole farmi provare qualche vestito da damigella: ho fatto del mio meglio, ma non è certo quello che lei si aspetta.

Ci metto poco meno di venti minuti ad arrivare alla HS Financial Services; l'oca bionda al bancone della reception ha smesso di chiedermi chi sono e sono certa che sia infastidita dal fatto che io non ho il pass per salire negli uffici, così, quando le passo davanti le mostro il mio peggior sorriso - cosa che fa anche lei nei miei confronti - e Harry si diverte sempre ad assistere a questa stupida gara a chi fa il sorriso più stupido.

Arrivo all'ascensore e salgo al ventiquattresimo piano: voglio passare a salutare Dylan prima di salire ai piani alti perché sono diversi giorni che non lo vedo. Cammino lungo il corridoio salutando qua e là qualche dipendente che ho imparato a conoscere nel corso di questo anno, e arrivo all'ufficio che una volta era di Harry; finalmente si è deciso a dargli il riconoscimento che merita, non fosse altro per tutta la sua disponibilità e le cravatte che continua a prestargli.

Busso un paio di volte alla porta e subito sento l'invito ad entrare. Il mio sorriso diventa enorme quando mi rendo conto che oltre a Dylan, in questo ufficio è presente un pezzo importante della mia vita.

«Piccola Cleo!» L'entusiasmo del mio migliore amico mi scalda il cuore: anche lui non lo vedevo da qualche giorno e ritrovarlo qui, oggi, non ha fatto altro che migliorare il mio umore già alle stelle.

«Kurty!» esclamo felice. Lui si alza per raggiungermi, poi mi chiude in un abbraccio spacca ossa, nel quale mi perdo per qualche secondo.

«Sei bellissima!» dice poi, allontanandosi per guardarmi meglio.

«Sì, come no...»

«No, ma fate pure come se io non esistessi!» La voce di Dylan attira l'attenzione di entrambi, che ci voltiamo a guardarlo senza smettere di sorridere.

«Ciao Dylan», lo saluto restando semi abbracciata al mio migliore amico.

«Mi dispiace dover scappare, ma ti prometto che questo fine settimana ci vediamo...», mi volto di nuovo verso Kurt quando sento la sua voce, «sempre se voi due non vi rinchiudete di nuovo in casa...» pronuncia quella frase con un tono canzonatorio, riferendosi al fine settimana appena trascorso.

«Ti avevo detto di chiamare prima di andare da loro!» Dylan si rivolge a Kurt che alza gli occhi al cielo per la battuta del suo ragazzo.

Kurt e Dylan sono passati a trovarci durante quel weekend, ma nel momento in cui hanno suonato, io e Harry eravamo sotto la doccia e abbiamo deliberatamente ignorato il campanello perché eravamo decisamente impegnati.

«Va bene, la prossima volta faremo a modo tuo...» risponde Kurt rivolgendosi a Dylan. Il mio migliore amico si allontana da me per avvicinarsi a lui. «Adesso vieni qui», gli dice, e io resto a guardare Kurt che porta una mano sul collo di Dylan per poi avvicinarsi e lasciargli un dolcissimo bacio sulle labbra: sono innamorati da morire e io sorrido sempre quando li vedo insieme. «Ci vediamo stasera», gli dice ancora, quando si allontana da lui.

«A stasera», risponde Dylan senza smettere di guardarlo.

«E tu vedi di farti trovare a casa la prossima volta che vengo a trovarti», dice Kurt rivolgendosi a me, poi mi abbraccia e alla fine esce dall'ufficio, salutandoci entrambi.

Mi volto verso Dylan una volta che restiamo soli e a quel punto mi avvicino a lui, lo stringo a me, concedendomi qualche secondo in più del solito per questo abbraccio. Anche lui mi tiene stretta e so che sta pensando alla stessa cosa che pensavo io l'anno scorso di questi tempi. Non che quest'anno non ci abbia pensato, tutt'altro, ma riesco a farlo con più serenità. Per Dylan, invece, sta per arrivare il primo compleanno di un fratello che non ha mai conosciuto.

«Come stai?» gli domando sciogliendo l'abbraccio.

«Non lo so, Chloe. Il fatto è che a volte mi sembra che sia tutto un sogno, a volte, invece, fa così maledettamente male...» Gli sorrido cercando di tranquillizzarlo.

«L'anno scorso, di questi tempi, ero fuori di me...», gli spiego, «e il giorno di Halloween l'ho passato distruggendomi il cervello e poi...», lascio andare una piccola risata al ricordo che mi è appena tornato alla mente, «poi ho passato la serata a cercare di tenere Harry lontano, mentre era sdraiato con me, sul mio letto...» Provo un piccolo tuffo al cuore nel rivivere quel momento.

Dylan mi osserva con espressione curiosa, restando in silenzio, mentre gli racconto i dettagli di quella serata, compresa la mia crisi di pianto, dalla quale sono riuscita a riprendermi solo grazie alla presenza di Harry.

«Non mi farò abbracciare dal tuo ragazzo!» esclama lui divertito.

Rido con lui, poi gli spiego il mio punto di vista. «Quello che voglio dire è che non devi restare solo, affidati a Kurt e vedrai che andrà bene».

«Lo faccio già e credo tu possa capire cosa vuol dire averlo accanto». Gli sorrido di nuovo perché ha ragione, so che avere Kurt accanto è un salvavita.

«E sai anche che puoi contare su di me, giusto?» gli chiedo ancora.

«Lo so», dice, per poi lasciare spuntare sulle sue labbra un piccolo sorriso. «Fatti abbracciare», dice, tornando vicino a me per stringermi ancora.

Restiamo per qualche attimo in silenzio, stretti l'un l'altra, a condividere un dolore che allo stesso tempo è amore, per una persona che non c'è più, una persona che entrambi amiamo, e che resterà sempre e comunque nel nostro cuore.

«Adesso vado da mia sorella», gli dico, per poi salutarlo e lasciare il suo ufficio, diretta all'ascensore.

Arrivo velocemente al piano, mi avvicino alla scrivania di Rebekah e la trovo intenta in una telefonata che sembra essere molto noiosa, date le facce buffe che fa lei non appena mi vede. Le faccio cenno che vado un momento nell'ufficio di Harry e lei annuisce per poi riprendere con le sue smorfie.

Busso, poi abbasso la maniglia per spingere la porta ed entrare, senza aver sentito la sua voce invitarmi a farlo. Lui è seduto alla sua scrivania, con la fronte appoggiata ad una mano, mentre tiene lo sguardo fisso al monitor del computer che ha davanti. Non indossa la giacca, nemmeno la cravatta, che vedo abbandonata sullo schienale della sua sedia. Ha le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti e sembra non accorgersi della mia presenza.

«Ehi?» Alza la testa di scatto quando sente la mia voce; i suoi occhi si aprono un po' di più e la sua espressione stranita mi fa sorridere.

È come se non riuscisse a realizzare che io sia realmente qui, come se fino ad un attimo fa fosse stato da un'altra parte con la mente, ma poi si alza velocemente e ancora più in fretta cammina verso di me. Non dice nulla, posa le mani ai lati del mio viso, poi preme con forza le sue labbra contro le mie, a lungo, come se non mi vedesse da giorni.

Si stacca restando con la fronte sulla mia, respirando la mia stessa aria e tenendomi vicina a sé. «Ciao amore mio...» lo dice a voce così bassa che quasi temo di aver capito male.

Resto immobile, perché è la prima volta che mi chiama in questo modo, e il fatto che abbia pronunciato quelle parole in un modo tanto intenso, ne raddoppia l'effetto. Il cuore batte forte, così forte che sento la vena del collo ingrossata e la mia mente sta già volando da qualche altra parte insieme a lui.

«Non ti ho sentita entrare...», dice, quando sembra riprendersi da quel piccolo stato di trance.

«Eri concentrato», rispondo, riprendendomi lentamente dal momento di shock.

Porto le mani sulla sua schiena e lo stringo a me; anche lui mi abbraccia forte e, se lo conosco bene, credo proprio che ci sia qualcosa che lo turba. «È successo qualcosa?», gli chiedo per poi guardarlo negli occhi.

«No, è che...», sembra incerto, tutto un altro Harry rispetto a quello che si è spogliato stamattina in cucina, «mio padre è rientrato oggi al lavoro e...»

«Davvero?», gli chiedo sorpresa.

«Già...» afferma allontanandosi da me, per poi camminare verso la sua scrivania, dove lo seguo, «e io mi sento come se fossi sotto ad una lente d'ingrandimento». Si volta di nuovo verso di me, poi si appoggia al bordo del ripiano della scrivania, poggiando le mani ai lati dei suoi fianchi.

Ora... So che lui è preoccupato, ma io non posso fare a meno di notare quanto sia bello con addosso quei pantaloni eleganti, la camicia sbottonata e le braccia in bella vista a causa delle maniche arrotolate, per non parlare dei suoi capelli leggermente scompigliati e i suoi occhi verdi che mi osservano con insistenza. Poi sorride, ed è letteralmente la fine, perché quando le fossette fanno capolino sulle sue guance io credo di innamorarmi di lui di nuovo, nello stesso modo in cui è successo poco fa, quando mi ha chiamata amore mio.

«Lo sto sentendo Stewart», afferma divertito.

«Che cosa?», gli chiedo cercando di riprendermi.

«Il casino degli ingranaggi del tuo cervello», dice, portando un dito in avanti ad indicare la mi testa.

«Non è vero», dico con un sorriso, poi lui apre la bocca per parlare, ma veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta, che si apre subito dopo.

«Dottor Styles... Oh, mi scusi...» Sorrido al ragazzo appena entrato, che ora sembra essere più imbarazzato che mai quando si accorge della mia presenza.

«Alan hai forse sentito che abbia detto avanti?» Alzo gli occhi al cielo nel sentire come l'ha chiamato.

«Ciao Albert» Rimarco con forza il suo nome per far capire a Harry che ha sbagliato, ma lui non fa una piega e continua a guardare il nuovo arrivato con un sopracciglio alzato.

«Chloe...» Lui mi saluta a suo modo, utilizzando solo il mio nome. Ho provato più volte a dirgli di darmi del tu, dopotutto abbiamo più o meno la stessa età e non sono un suo superiore, ma non ci riesce. «Torno più tardi», dice ancora rivolgendosi a Harry.

Albert chiude la porta e se ne va, ma di nuovo, quando stiamo per parlare, bussano di nuovo e rido nel sentire il suo tono spazientito.

«Avanti!»

La porta si apre per rivelare la presenza di mia sorella. «Io sono pronta», mi informa lei.

«Arrivo», rispondo, per poi tornare a guardare Harry che si è allontanato dalla scrivania per avvicinarsi a me. «Ci sentiamo più tardi», gli dico sentendo la porta dell'ufficio chiudersi, segno che mia sorella è uscita.

«Ci vediamo più tardi», risponde, per poi lasciarmi un lungo e intenso bacio, come se volesse dirmi qualcosa, e sono quasi certa che sia così.

«Ti amo, Harry», gli dico con un sorriso. Forse ha bisogno di essere rassicurato, e io ho intenzione di farlo.

«Ti amo anche io, piccola Stewart».

Un bacio ancora, poi un altro e un altro, poi mi abbraccia e riesce a togliermi di nuovo il fiato quando parla a bassa voce. «Cazzo, quanto ti amo!»

*********

«Non lo so... Tu che ne dici?», mi domanda mia sorella, restando in piedi dietro di me, che mi sto guardando allo specchio con aria scettica.

Siamo in questo atelier da quasi un'ora e sembra che non riusciamo a trovare un accordo sul vestito da damigella: ne ho provati di lunghi, corti, stretti, vaporosi, con colori sgargianti, di vari tessuti, ma nessuno ci ha convinto del tutto, come se ad ognuno di questi mancasse qualcosa.

«È carino», dico per quella che sembra la centesima volta.

«Senti...», il suo tono di voce cambia totalmente e sono sicura che abbia in mente qualcosa, «perché non ci distraiamo qualche minuto e... non lo so... magari provi qualcosa di diverso?» La sua voce si fa più incerta sul finale, così mi volto a guardarla, per capire cosa abbia in mente.

«Reb, non importa se non lo troviamo oggi il vestito, c'è ancora un sacco di tempo, no?» Prende le mie mani nelle sue e mi sorride, un sorriso così dolce che mi scalda il cuore.

«Ti va di farmi contenta?», mi chiede.

«Sono qui per questo, Reb». Farei qualunque cosa per vederla felice e recuperare il tempo che ho perso con lei dopo l'incidente di Dylan.

«Quindi se ti chiedessi di provare un abito diverso mi diresti di sì?» Mi guarda speranzosa e io capisco che davvero ha in mente qualcosa.

«Che cosa intendi con "diverso"?» le chiedo quasi preoccupata.

«Non rispondere subito di no...», sento salire l'ansia a causa di tutto questo mistero, tanto che non riesco a rispondere e resto in silenzio, lasciandola continuare. «Quando sei andata a cambiarti nel camerino la prima volta, io ho notato un abito... Ho notato l'abito che abbiamo visto su quella rivista, quello di cui ti sei innamorata e ho visto come lo guardavi, quindi... Ti va di mostrarmi come ti starebbe?» Sono senza parole, senza fiato e senza pensieri, non so davvero cosa fare o come comportarmi, perché non mi aspettavo una richiesta del genere da parte sua e non capisco perché voglia farlo.

«Reb...», riesco soltanto a dire, con un filo di voce, poi lei riprende a parlare, prima che possa dire altro.

«Ti prego... È che ho visto quanto ti piaceva quel modello e quando l'ho visto appeso qui dentro ho iniziato a pensare come ti sarebbe stato addosso e...»

«Ok...», acconsento con un sorriso, pur di continuare a vedere sul suo viso quell'espressione felice.

«Davvero!?» esclama entusiasta, quasi non credesse alle sue orecchie. Io annuisco in silenzio e lei continua. «Ok, allora, vai in camerino a toglierti questo, intanto io ti mando qualcuno con quell'abito... Oh mio Dio, non vedo l'ora di vedertelo addosso!» Batte le mani come una bambina e io ridacchio a causa del suo entusiasmo.

Rebekah si allontana e io afferro con entrambe le mani la lunga gonna di questo vestito rosa pesca, per sollevarla e andare nell'enorme camerino e spogliarmi. Passa poco tempo prima che Carmen, la donna che si occupa di me oggi, bussi alla porta ed entri, tenendo sospeso per aria quel meraviglioso abito da sposa, assolutamente identico a quello che ho visto sulla rivista a casa di Rebekah.

«Dio, è stupendo!» affermo estasiata, sfiorando il tessuto con la punta delle dita.

«Ti aiuto ad indossarlo», dice Carmen, con un gran sorriso sulle labbra.

Tiene allargata la gonna in modo da farmi entrare nel vestito, poi la fa salire lungo i miei fianchi e infilo le braccia nelle sottili spalline, infine mi guardo incantata allo specchio, mentre Carmen si occupa dei bottoncini al fondo della schiena e di quelli dietro al collo.

È una grande emozione vedermi con quest'abito bianco, credo che mamma si metterebbe a piangere se mi vedesse ora, forse anche a papà scenderebbe qualche lacrima, mentre penso che Hazel e Kurt darebbero di matto e... e Harry? Se mi vedesse Harry adesso? Non ho la minima idea di come potrebbe reagire...

«Vuoi uscire per mostrarlo a tua sorella?», mi domanda Carmen, distogliendomi dai miei pensieri.

«Sì», rispondo con un sorriso incerto e la voce che trema appena.

La donna apre la porta per lasciarmi uscire; tengo la gonna leggermente sollevata con entrambe le mani per non farla strisciare sulla moquette e cammino verso il divanetto, facendo bene attenzione a dove metto i piedi, poi alzo lo sguardo verso il divanetto quando arrivo in posizione e tutto il mondo si ferma quando i miei occhi ritrovano quelli verdi ed emozionati di Harry, che mi guarda come se non avesse mai visto niente di più bello al mondo.

Si alza in piedi e cammina lentamente verso di me, lascio andare la gonna e respiro a malapena, come se non fossi più in grado di farlo. Harry afferra le mie mani e continua a tenere i suoi occhi nei miei.

«Hai smesso di fare tutto quel casino, Stewart?», mi chiede con un meraviglioso mezzo sorriso divertito.

Credo si stia riferendo agli ingranaggi del mio cervello, ma non ne sono troppo sicura dato che al momento la mia materia grigia è diventata una poltiglia informe che non so se riuscirò mai a fare funzionare di nuovo, perché credo di stare vivendo una delle emozioni più intense di tutta la mia vita.

«Prenderò il tuo silenzio come un sì...» Il suono della sua voce è incredibilmente caldo e potrei ascoltarlo parlare per tutto il giorno, per tutta la vita.

«Cosa... Cosa ci fai qui?» riesco a chiedergli.

«È arrivato il momento di spiegarti perché ero così nervoso e intrattabile». Smetto di nuovo di respirare, come se il suono del mio respiro potesse, in qualche modo, disturbarlo mentre parla. «Il fatto è che ero arrabbiato perché... perché Zayn mi batte sempre sul tempo...» afferma ridacchiando, ma io non sto capendo niente e resto seria, in silenzio, in attesa che lui continui. Il suo sguardo torna serio e molto più intenso rispetto a prima. «Il fatto è che avrei voluto farlo tempo fa, ma non trovavo ne il momento, né il modo giusto per farlo... Il fatto è che volevo che fosse speciale... Il fatto è che so di voler passare il resto della mia vita con te...» Gli ingranaggi del mio cervello riprendono a lavorare a pieno ritmo, rubandomi ogni energia, così continuo a restare in silenzio, incantata da ogni sua parola. «Il fatto è che quando hai guardato questo vestito mi hai fatto venire voglia di vedertelo addosso... Il fatto è che non importa quando, noi due non abbiamo scadenza... Il fatto è che voglio sposarti Chloe, perché io e te possiamo avere la vita che vogliamo, perché so di essere io quello giusto per te, come tu sei perfetta per me e...»

Non resisto: lascio andare in fretta le sue mani per afferrare il suo viso e fiondarmi con forza sulle sue labbra. La sue mani si posano sulla mia schiena nuda mentre lo bacio come se non fossimo in un atelier, dove ci sono altre persone, ma al momento, la mia testa dice che ci siamo solo noi due sul pianeta, per questo non mi fermo, e quel bacio, fatto solo di labbra si fa presto più profondo quando sento la sua lingua sulla mia, mentre la mia bocca si plasma perfettamente sulla sua.

È un'emozione forte, potente, che mi travolge come uno tsunami, portando con sé altre emozioni, quelle che lui ha appena liberato con le sue parole e, al momento, non sono in grado di contenere niente, per questo voglio respirare lui, invece dell'aria, perché è Harry la mia vita.

Il bacio rallenta, la sua presa sul mio corpo anche, le nostre labbra si allontanano di poco, come a non volersi lasciare, poi mi bacia ancora, un bacio veloce, e poi lo bacio io, quasi a sfiorarlo, mentre sorride, e di nuovo lui, aprendo gli occhi per guardarci, e infine io, un ultimo bacio prima che il suo sorriso diventi più ampio.

«Credo di poter interpretare la tua reazione come un sì, ma... ho davvero bisogno di sentirtelo dire, Chloe...» Sono ancora tra le sue braccia, con le mani sul suo viso e gli occhi che non vedono altro che i suoi, e fatico davvero tanto a trovare la voce, ma so che devo farlo.

«Sì... Sì...» Non riesco a dire altro, mentre sento una lacrima scendere sul mio viso.

«Puoi ripeterlo?» Sorride ancora.

«Sì». Lo dico con più decisione, prima che sia lui a baciarmi togliendomi il fiato, ma regalandomi una gioia immensa.
 

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Questo capitolo è nato nel momento in cui è finita "The Beginning" ed è da allora che non vedevo l'ora di condividerlo con voi.

Quindi, il problema vero di Harry era dato dal fatto che Zayn l'ha preceduto sia nel momento in cui voleva chiederle di andare a vivere insieme, sia in quello in cui voleva chiederle di sposarlo. Il suo amico ha sempre avuto meno problemi di lui nel manifestare i propri pensieri e Harry, per una volta, voleva essere lui a muoversi per primo.

In realtà, il problema vero, se così possiamo chiamarlo, consisteva nel fatto che voleva essere il primo per fare ancora più colpo su Chloe - come se ce ne fosse davvero bisogno, ma sappiamo bene quanta insicurezza regni ancora in lui.

Detto questo, vi lascio ai vostri pensieri, augurandovi una meravigliosa giornata, sperando che il capitolo vi sia piaciuto.

Nel frattempo vi ringrazio ancora per essere qui e per essere passate a leggere tutte le altre storie che la mia mente continua a partorire.

Eeeeee niente, buona lettura e al prossimo aggiornamento 😍

 

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Capitolo 27
*** Dylan e Kurt - Halloween ***


Dylan

Disteso a pancia in giù, con i piedi sul cuscino e il mento appoggiato sulle mani, chiuse a pugno sul materasso, mentre i miei occhi vagano, senza meta, su ogni dettaglio della mia vita, chiusa tra queste quattro mura: la maglietta di Kurt appesa alla sedia della scrivania, i miei jeans sul pavimento, le sue scarpe dietro la porta, le mie disperse da qualche parte, una foto di noi due attaccata allo specchio, il suo cellulare sulla scrivania, il mio che vibra - di nuovo - sul comodino alle mie spalle.

Ci ho provato, l'ho fatto davvero, ma torturarmi, pensando a quanto successo qualche giorno fa, sembra essere diventato il mio sport preferito. Al momento sto tentando di concentrarmi su noi due, su me e Kurt, perché lui è l'unica costante della mia vita.

Domani è il suo compleanno, il compleanno di mio fratello, un fratello che amo, ma che non ho potuto conoscere, per colpa di quel gran bastardo che ha rovinato la vita di tre persone: quella di mia madre, la mia, e quella di sua moglie.

È a causa della madre di mio fratello se non riesco a smettere di pensare; da quando mi ha visto a Montréal non si è data pace, e lo comprendo benissimo, perché io e Dylan ci somigliamo davvero troppo perché non ne restasse turbata. La sera in cui ci siamo incontrati ho chiaramente visto nei suoi occhi, quanto fosse smarrita, disorientata, per la mia evidente somiglianza con suo figlio e, a dirla tutta, mi aspettavo una sua chiamata molto tempo fa. Invece è avvenuta ora, a distanza di settimane dal nostro incontro, proprio in prossimità del compleanno di Dylan.

Avevo pensato di tornare a Montréal per la fine di ottobre, volevo andare a deprimermi sulla sua lapide, a vagare senza meta nei luoghi dove è cresciuto, sedermi al Mariposa per sorseggiare cioccolata calda, mentre Ryan mi raccontava qualche aneddoto riguardante mio fratello, e invece Kurt me l'ha impedito. Ha detto che se davvero voglio onorare la memoria di Dylan dovrei fare qualcosa che lui non ha potuto fare, così ha ripreso dal fondo di un cassetto la lista delle cose da fare che lui stesso ha scritto, insieme a Chloe, e mi ha fatto promettere che ne avrei spuntata almeno una.

In realtà non ne ho voglia, perché la telefonata che ho ricevuto qualche giorno fa, mi ha messo i pensieri sotto sopra, un po' come sono io su questo letto in questo momento. La telefonata della madre di Dylan è stata tanto inattesa, quanto angosciante: la sua voce tremava e io riuscivo a sentire tutta la disperazione di una donna che ha perso tutto. Mi ha chiesto di incontrarci, le ho risposto che dovevo pensarci; ne ho parlato con Kurt, e oggi è il giorno in cui devo richiamarla; dovevo farlo già stamattina, ma non me la sono sentita, perché non ho ancora preso una decisione, e la vibrazione del mio cellulare, di poco fa, dev'essere ancora lei che mi cerca.

Ho capito le sue motivazioni, quelle che la spingono a volermi vedere, ma io non so se sono disposto a voler entrare nella sua vita, perché non sono il sostituto di suo figlio e non potrei mai esserlo, ma è questa l'impressione che ho avuto parlando con lei.

«Che stai facendo?» Alzo lo sguardo per vedere il viso di Kurt, in piedi di fronte a me.

«Stavo pensando», rispondo, poi lui si piega sulle gambe, per essere alla mia altezza e guardarmi negli occhi.

La sua mano arriva sui miei capelli, ci passa le dita in mezzo, e io chiudo gli occhi, godendo della sensazione che mi regala questa carezza. Per un attimo, dedico a lui ogni mia attenzione: inspiro profondamente il suo profumo, che arriva prepotente alle mie narici. È fresco di doccia, con i capelli leggermente umidi, mentre indossa un mio maglione.

«Ancora?», mi chiede, ben sapendo a cosa stessi pensando.

«Il mio telefono ha vibrato di nuovo», gli dico, tornando a guardarlo.

«Ti ho già detto come la penso, per me dovresti vederla solo se sei sicuro che questo incontro non ti farà fare passi indietro: tuo fratello vive nel tuo sorriso, lo rivedo sempre quando sorridi, e sono già diversi giorni che non vedo né lui, né te...» Lascia la frase in sospeso e ho capito che si riferisce al fatto che, negli ultimi giorni, sono stato più pensieroso del solito.

«È sua madre, Kurt, mi sembra di fargli un torto». La sua mano continua a scorrere avanti e indietro tra i miei capelli, mentre lo guardo negli occhi, traendone forza e coraggio.

«Ecco, l'hai detto anche tu: è sua madre, non la tua, non sei obbligato a farlo...» Anche l'altra sua mano arriva sul mio viso, le sue ginocchia battono leggermente sul pavimento quando si abbassa ancora di più. «Voglio solo vederti sorridere di nuovo, Dylan, e, sinceramente, non m'importa della famiglia Peters, in questo momento...» Tengo gli occhi fissi nei suoi, incapace di protestare.

«Sono stato una palla ultimamente, vero?», gli domando, tentando un sorriso.

«Beh, diciamo che non sei stato il massimo del divertimento...», mi sorride, mi guarda, e io so di aver fatto la scelta migliore che potessi fare scegliendo lui, «ma non importa, Dylan», le sue dita sulla mia pelle, il sorriso sulle sue labbra, a pochi millimetri dalle mie, «perché eravamo insieme». Chiudo gli occhi quando la sua bocca è sulla mia, con una leggera e delicata pressione, in un bacio dolce, leggero, che mi fa dimenticare la vibrazione del mio telefono, e qualsiasi altra cosa avessi per la testa fino a qualche secondo fa. Quel contatto appena accennato, diventa ben presto più intenso, più profondo, la sua lingua è nella mia bocca, il suo sapore mi manda sempre fuori di testa, le sue labbra sanno come farmi perdere il controllo, e le sue mani sul mio viso, a tenermi a stretto contatto con lui, mi accendono.

Sempre.

*****

Kurt

Inspiro profondamente poco prima di entrare in negozio per il mio turno di lavoro; non sono tranquillo, perché Dylan era ancora indeciso su cosa avrebbe fatto.

«Ciao Kurt!» Alzo la testa in direzione della voce che mi ha appena salutato e ricambio con un sorriso tirato. «Qualcosa non va?», mi domanda Lindsey, la mia collega, quando le passo accanto per recarmi dietro al bancone.

«No, sono solo stanco», rispondo, per poi mettermi al lavoro.

So di non avere l'espressione adatta a lavorare con il pubblico, quindi devo sforzarmi per tirare fuori un sorriso decente e una serenità che non mi appartiene, se voglio mantenere il posto da commesso che ho trovato dopo essermi trasferito a Boston, specialmente se voglio evitare altre domande da parte di Lindsey l'impicciona; da quando ha scoperto che sono fidanzato con un ragazzo non fa altro che guardarmi e sorridermi, come se fossi un cucciolo smarrito, ma non riesco a farle capire che sono soltanto gay e non un animaletto indifeso da proteggere.

E così, per tutto il resto del pomeriggio, ho cercato di evitarla, per sfuggire ai suoi interrogatori, impegnandomi a servire quanti più clienti possibili, lanciando ogni tanto uno sguardo al cellulare, per vedere se Dylan mi avesse scritto per mettermi al corrente della sua decisione, ma a questo punto, credo che non lo farà più.

Dopo un lungo pomeriggio in cui non ho fatto altro che lavorare - e controllare i messaggi - posso dire di aver finito e posso finalmente tornare da lui, perché sto impazzendo dalla curiosità: Dylan avrebbe dovuto chiamarmi, o scrivermi, per farmi sapere se sarebbe andato all'incontro con la madre di suo fratello, ma il mio telefono è rimasto completamente muto.

Saluto i miei due colleghi, poi esco all'esterno, con la speranza di trovarlo fuori dal negozio ad aspettarmi, ma non c'è, e ammetto di essere un po' preoccupato.

«Aspetti il tuo ragazzo?» La voce di Lindsey mi fa voltare.

Mi guarda sorridente e so che non è una cattiva ragazza, solo che non ho voglia di darle spiegazioni, perché non mi piace essere al centro delle sue attenzioni.

«No, stavo solo controllando una cosa...», le dico, riponendo in tasca il telefono, «ci vediamo lunedì», dico ancora, per poi mettere le mani in tasca e avviarmi alla fermata della metro per tornare a casa, dopo averla salutata.

Devo ammettere che ci sono rimasto male, mi aspettavo di vederlo, dato che non si è fatto sentire per tutto il pomeriggio, e so che questo momento non è facile per lui, ma gli ho detto che può contare su di me per qualsiasi cosa: è così che si fa, no? Insieme nei momenti belli, e ancora di più in quelli meno belli.

Non voglio essere tagliato fuori e non voglio nemmeno stargli troppo addosso, ma ho davvero bisogno di sapere come sta.

Prendo di nuovo il telefono in mano mentre scendo le scale della metro, cerco il suo nome tra i contatti, poi apro la chat della conversazione con lui, digito, e invio, proprio quando arrivo al piano sotterraneo, vicino a tornelli.

Ehi...

Nient'altro, giusto per ricordargli che io ci sono. La sua risposta è immediata, così resto davanti ai tornelli, a leggere il suo messaggio, mentre la folla di persone mi passa accanto, per accedere alla banchina dei binari.

Sto bene

Sorrido nel leggere le sue parole, perché sapeva già cosa avrei voluto chiedergli senza il bisogno di farlo, ma non è abbastanza per me.

E come faccio ad esserne sicuro?

Con entrambi i pollici, digito velocemente le lettere, poi invio e aspetto.

«Guarda tu stesso». Mi immobilizzo nel sentire la sua voce provenire da dietro le mie spalle.

Poi mi volto e lo vedo, con un enorme sorriso sulle labbra, un sorriso che non gli vedevo da giorni.

«Mi hai fatto preoccupare!» Lo rimprovero mettendo via il mio telefono, restando con gli occhi nei suoi.

«Mi dispiace, ma non volevo dirtelo per telefono e non volevo vedere Lindsey...», continuiamo a parlare l'uno di fronte all'altro, mentre le persone ci passano accanto, incuranti dei nostri sguardi e dei nostri sorrisi.

«Quindi, l'hai vista?», gli chiedo impaziente.

«Sì», risponde, mantenendo il sorriso, cosa che dovrebbe rassicurarmi, ma ho bisogno di più dettagli per essere davvero certo che stia bene.

«E ...?», domando, per sapere il resto, ma lui non risponde, sorride di più, poi mi prende per mano e mi trascina su per le scale, per tornare al livello della strada. «Dove andiamo?», gli chiedo, dopo averlo affiancato, senza lasciare la sua mano.

«Non lo so, non ne ho idea, ma ho bisogno di prendere un po' d'aria...» Resto in silenzio, gli lascio il tempo di riordinare le idee, poi ci infiliamo in un bar, dove ordiniamo una cioccolata calda e ci sediamo ad un tavolino.

A volte lo guardo e mi sembra incredibile come ci siamo conosciuti, come ci siamo innamorati, e tutta la strada che abbiamo fatto da soli prima di noi, quella che ci ha portato ad incontrarci: è come se fosse stata segnata, come se avessimo soltanto dovuto seguirla, per poterci ritrovare qui, oggi, a sorseggiare una bevanda calda, al centro di una Boston decorata a festa per Halloween.

«Mi ha parlato di lui...», dice poi, rompendo il silenzio, ed è ovvio chi intenda con quel lui, «e l'ha fatto con il sorriso...» Dylan alza lo sguardo dalla tazza che tiene stretta tra le mani e riesco a vedere la malinconia di questi giorni unita a qualcos'altro, qualcosa che lo fa sorridere, anche se è un sorriso triste. «Mi ha mostrato un sacco di foto, mi ha raccontato di lui dall'inizio, da quando è nato, a quando ha iniziato a camminare, quando ha detto la sua prima parola, di com'era a scuola, di com'era intelligente e generoso, ma anche pignolo e testardo...» Dylan inizia un lungo racconto, di cui conosco la maggior parte degli episodi, ma non ho intenzione di dirglielo.

Pare proprio che parlare con la madre di Dylan abbia fatto bene ad entrambi; è come se, attraverso le parole, e le emozioni, entrambi fossero riusciti a sentirsi più vicini a chi non c'è più. Il loro dolore e la loro sofferenza, invece di raddoppiare si sono dimezzati. Sono riusciti a ricordalo con il sorriso, evitando di compiangersi a vicenda, che era la mia paura più grande.

Temevo che Dylan sarebbe stato schiacciato dal dolore di una madre che ha perso un figlio: lui l'avrebbe accolto a braccia aperte, perché la ferita provocata dalla mancanza del rapporto con suo fratello, è sempre aperta, e basta poco a farla sanguinare si nuovo.

Ci provo continuamente a sostenerlo, a raccontargli di suo fratello, di quanto fosse straordinario, ma poi sono costretto a fermarmi, perché leggo nei suoi occhi quello che prova e non posso sopportare di essere io a farlo soffrire.

«Sono contento di non essere andato a Montréal...», dice alla fine, distogliendomi dai miei pensieri, «domani è il suo compleanno...», osservo i suoi movimenti e seguo la mano sfilare un foglietto dalla tasca del giubbotto, «ci sono un sacco di cose da fare su questo elenco...», dice, mostrandomi la lista scritta da suo fratello, «e le faremo nei prossimi giorni, ma domani vorrei fare una cosa».

«Cosa vuoi fare?», gli chiedo.

«Voglio esorcizzare la morte, Kurt...» Lo ascolto senza dire niente, totalmente incantato dalla luce che gli vedo negli occhi. «Mi hai detto che la notte di Halloween guardavate un film e poi uscivate a festeggiare... Voglio farlo, Kurt, voglio che il giorno del suo compleanno sia un giorno felice...» Parla con così tanta passione che proprio non posso resistere.

Mi alzo in piedi, mi allungo al di sopra del tavolo, porto la mano dietro la sua testa, poi lo bacio, perché il suo sorriso felice mi fa stare bene, e vederlo così sereno mi ha tolto un grande peso dal cuore.

«Kurt...»

«Che c'è?», gli domando, restando sospeso sopra al tavolo, la mano sulla sua nuca e le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.

«Niente...» La sua mano arriva sul mio viso, la sua bocca torna sulla mia, con più forza, con più energia, tanto che mi spingo oltre, faccio il giro del tavolo, cercando di non perdere il contatto con le sue labbra, ma i miei movimenti sconnessi hanno il potere di far rovesciare la sedia alle mie spalle e, alla fine, non possiamo evitare di scoppiare a ridere a causa del trambusto che abbiamo creato.

«Forse è meglio se andiamo a casa...», dice lui, lasciando la presa sul mio viso, ma senza mai togliere gli occhi dai miei.

«Andiamo a casa...», confermo, ma in realtà non è importante dove, a me basta stare con Dylan, perché è lui la mia casa.
 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

THEIR STORIES è tornato con Kurt e Dylan, in un momento dolce e delicato. Mi mancavano e così eccoli qua.

A presto, più presto che posso, e vi abbraccio forte forte, grazie per essere qui.

Eeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 28
*** Jordan e Hazel - Long time ago (pt1) ***


Hazel

Vorrei poter restare un paio d'ore immersa nel silenzio più assoluto; per tutto il viaggio in aereo Kurt non ha fatto altro che farsi mille inutili paranoie su Dylan, davvero inutili.

Io li ho visti insieme, ho visto come Dylan guarda Kurt, il modo con cui gli parla, come pende dalle sue labbra, e ho provato in tutti i modi a farglielo capire, a fare in modo che si renda conto che il suo Dylan non aspetta altro che rivederlo, ma lui si ostina a mettere in mezzo la dubbia eterosessualità di Dylan, come se fosse un vero argomento di discussione. So riconoscere quando un ragazzo è innamorato, e Dylan Evans è certamente innamorato di Kurt.

Magari non lo sa ancora, o non se n'è reso conto, ma basta osservare il suo sguardo quando Kurt è nei paraggi per capirlo, lo vedrebbe anche un cieco; ho capito, però, perché è così insicuro, perché anche lui si è innamorato e io sono così felice per il mio migliore amico, perché era da tempo che non lo vedevo così pieno di passione. Ha un sorriso enorme quando parla di lui e quando mi ha raccontato del loro primo bacio era al settimo cielo.

Anche Chloe è felice e quando ho visto il suo sorriso, mentre ci aspettava nella zona arrivi dell'aeroporto, ho capito che lo è molto più di quanto immaginassi. La convivenza con Harry le ha fatto bene, lui l'ha riportata alla vita, credo fosse l'unico in grado di farlo davvero, perché la mia migliore amica aveva bisogno di tornare ad amare per mettere a tacere quel dolore. So bene che non le passerà mai del tutto e, forse, è anche giusto così, perché lei e Dylan si sono amati davvero, ma sono certa che lui vorrebbe vederla felice, e lei, ora, lo è.

Chloe ci ha portato a vedere casa sua, quella che divide con Harry, e l'ha fatto per distrarre Kurt che, da quando siamo atterrati, sembra essere sempre più nervoso ad ogni secondo che lo avvicina all'incontro con Dylan. Hanno bisogno di stare insieme perché lo vogliono entrambi, lo vogliono davvero e, dopo che avranno chiarito i loro piccoli e superabili dubbi, saranno felici.

Ero impaziente di vedere dove vive, come si è sistemata, e ora che l'ho visto, so che non avrebbe potuto fare scelta migliore; ha un tale entusiasmo nella voce e nell'espressione quando parla di Harry, della loro vita, che mi è impossibile non restare incantata ad ascoltarla, perché rivedo la mia amica, quella che ho conosciuto anni fa e che era rimasta prigioniera di sé stessa da quando quell'incidente le ha stravolto la vita: almeno fino a che non si è trasferita a Boston.

Da quel momento in poi, un passo alla volta, Harry l'ha presa per mano e l'ha riportata a sorridere.

******

«Wow, questo posto è immenso!», esclamo, non appena arriviamo davanti all'edificio della sede della HS Financial Services, esagerando leggermente con l'entusiasmo, mentre tento di smorzare la tensione che sta sprigionando il corpo di Kurt.

Non ha fatto altro che dire quanto fosse una pessima idea questo appuntamento a sorpresa e credo di non averlo mai visto così insicuro come oggi.

Non mi passa inosservato il sorriso di Chloe mentre attraversiamo l'atrio dove si trova la reception: la mia migliore amica mi ha spiegato quanto la bionda seduta dietro al bancone non smetta di fulminarla con lo sguardo. Mi ha raccontato che ha iniziato a farlo da quando l'ha vista con Jordan, che tra l'altro spero di non incontrare oggi, dato che sono un disastro.

Chloe mi ha mostrato qualche foto del fratello maggiore di Harry e dire che ne sono rimasta affascinata è un eufemismo: elegante, raffinato, stessi occhi verdi, e un sorriso da restarci secca.

Riporto i miei pensieri sul mio migliore amico quando le porte dell'ascensore si chiudono: vedo il suo riflesso teso sulla parete a specchio, così mi volto verso di lui e tento di rassicurarlo.

«Ehi, andrà bene», gli dico, ma sembra non sentirmi, così sono costretta a posare entrambe le mani ai lati del suo viso per fare in modo che mi veda. «Guardami!», gli dico in tono più deciso, e lui finalmente mi vede. «Cosa ti ho detto prima di partire?»

«Devo per forza ripeterlo?», mi chiede con voce incerta.

«Certo che sì!», affermo convinta, perché voglio che ritrovi la sua solita grinta.

Le porte dell'ascensore si aprono, ma voglio che lo dica prima di uscire nel corridoio, perciò non mi muoverò da questa posizione fino a che non lo dirà.

«Io sono l'unico, meraviglioso, e ineguagliabile, Kurt Hummel. Non c'è niente che non possa fare». Il suo tono di voce non è granché allegro, ma devo accontentarmi.

«Magari potevi dirlo con un po' più di entusiasmo, ma può andare». Gli lascio un bacio sulla guancia, poi io e Chloe lo precediamo lungo il corridoio.

Ad un certo punto lei si ferma, noi due restiamo poco dietro quando lei entra dentro ad un ufficio. Da qui sentiamo la voce di Dylan mentre parla con Chloe, stringo per un attimo la mano di Kurt, poi lo lascio andare, allontanandomi, quando mi accorgo che la mia amica sta uscendo e, dietro di lei, arriva Dylan.

Lo sguardo che hanno l'uno per l'altro vale più di qualsiasi parola potessero dire. Non hanno bisogno di noi, per questo motivo io e Chloe ce ne andiamo, lasciando loro il tempo di cui necessitano per ritrovarsi. A questo punto avremmo dovuto andare alla ricerca di Harry, ma Chloe ha un'espressione strana e, se la conosco bene, so che sta architettando qualcosa.

Quando ha detto che voleva presentarmi una persona ho capito subito a chi si riferisse, ma speravo di sbagliarmi, e non perché non volessi vederlo; il mio problema era che avrei preferito saperlo per rendermi presentabile. Lui è sempre così elegante e io ho addosso ancora gli abiti stropicciati con i quali ho viaggiato.

Ho tentato di fermarla, di farmi dire cosa stesse per succedere, ma mi ha ignorata, e ora ci troviamo davanti alla porta dell'ufficio di Jordan Styles. «Sei una stronza, altro che migliore amica!», esclamo, per sfogare la mia frustrazione, ma Chloe ride divertita mentre bussa.

«Avanti!» Come una piccola adolescente, sento un brivido lungo la spina dorsale non appena sento la sua voce provenire dall'interno.

Chloe apre la porta, lui è già in piedi e ci sta venendo incontro, stringe la mia amica in un abbraccio e dice qualcosa, che però non riesco a capire, perché sono troppo presa a guardarlo. Poi mi guarda anche lui e io vengo colpita da un fulmine, o da una freccia, o da una scarica invisibile, non ho idea di cosa usi Cupido nel 2019, so solo che il colpo ha fatto centro.

D'un tratto lui si volta di nuovo verso di me, mi sorride e lo faccio anch'io, ma continuo a non sentire quello che Chloe e Jordan stanno dicendo, sempre se stanno dicendo qualcosa.

«Lei è Hazel, ti ricordi che ti avevo parlato di lei?» Riesco a sentire la voce della mia amica mentre mi presenta a Jordan, poi però mi perdo il resto di quello che stanno dicendo, perché i suoi occhi verdi sembrano ipnotizzarmi e resto incantata fino a quando non lo vedo allungare una mano verso di me, mentre mi sorride.

«Ciao, Hazel, io sono Jordan, il fratello Styles con la testa a posto». La sua voce arriva alle mie orecchie, mentre la mia mano è stretta nella sua, e io sono confusa, decisamente confusa.

So che dovrei rispondere, magari dirgli che è un piacer conoscerlo, ma non ci riesco, perché resto con lo sguardo in quei brillanti occhi verdi, come se non potessi guardare altro.

«Perché non la porti a pranzo in quel ristorante? Appena scesa dall'aereo mi ha detto che stava morendo di fame», sento la voce di Chloe, lui distoglie lo sguardo dal mio, e anche io riesco a voltarmi in direzione della mia migliore amica, che ora sta camminando all'indietro, verso la porta rimasta aperta. «Io vado a vedere se Harry è libero», poi lo sguardo di Chloe è solo per me, «Ci vediamo più tardi, Ti voglio bene, ciao». La porta si chiude, la mia amica scompare dietro la superficie di legno e io resto per un attimo con lo sguardo in quella direzione, ancora più confusa di prima.

«Credo si sia appena vendicata», afferma Jordan con un tono di voce divertito, facendomi voltare verso di lui.

Ho già detto che sono confusa? 

È bello, assurdamente bello, con un sorriso fantastico, le fossette sulle guance, e due spalle larghe. Credo di essere la metà di lui e non riesco a smettere di guardarlo, anche mentre si volta e cammina verso la sedia posizionata dietro la sua scrivania.

«Vendicata?», gli chiedo, quando lo vedo prendere la giacca dallo schienale della poltrona girevole e indossarla.

«Sì, la tua amica...», dice, infilando le braccia nelle maniche della sua giacca, per poi abbottonarla sul davanti, «ci ha appena combinato un appuntamento, come ho fatto io, con lei e mio fratello». Continua a sorridere, parla con un tono di voce divertito e, alla fine, sorrido anch'io, contagiata dalla meravigliosa espressione che ha ora sul viso. 

Jordan spinge la sedia girevole sotto la scrivania, poi si piega in avanti, poggiando una mano al bordo della scrivania e l’altra sul mouse; credo stia spegnendo il computer, ma non ne sono certa, perché sono ancora imbambolata a guardarlo, ad osservare i suoi movimenti, i suoi lineamenti, il suo sorriso... il suo meraviglioso sorriso. È davvero il sorriso più bello che abbia mai visto.

«Allora», dice all’improvviso, tornando in posizione eretta, «Chloe ha detto che avevi fame...», dice ancora, guardandomi, mentre cammina verso di me, «è giusto?», mi domanda, e vorrei rispondere, dimostrando di essere sicura di me, ma le mie gambe sembrano diventate di gelatina, la mia bocca non risponde al mio cervello, e quando si avvicina quel tanto che basta per farmi sentire il suo profumo, vado quasi nel pallone, e fatico da morire nel tentare di proferire parole e frasi di senso compiuto.

«Giusto», affermo in imbarazzo.

Davvero gli ho appena detto che ho fame?

«Ho fame anch’io», dice superandomi, poi apre la porta dell’ufficio, invitandomi a raggiungerlo.

Mi muovo dalla mia posizione e trattengo il fiato quando raggiungo la porta, perché sento la sua mano posarsi alla base della mia schiena, mentre accompagna la mia camminata quasi fino all’ascensore. Credo abbia detto qualcosa alla sua segretaria, ma non ne sono del tutto certa, perché smettere di respirare non ha fatto arrivare abbastanza ossigeno al mio cervello e non ho capito, ma so che devo darmi una regolata, o mi prenderà per una rimbambita.

Mi lascia entrare per prima in ascensore, preme il pulsante del piano terra, poi prende il suo cellulare dalla tasca e avvia una chiamata. «James sto scendendo... sì, all’ingresso, grazie», dice soltanto, sorridendo, per poi guardarmi negli occhi. «Andiamo a pranzo dove ho portato Chloe», mi dice, senza smettere di sorridere, «quando le ho proposto di andare a Madrid».

Jordan sorride – cavolo com’è bello quando sorride – e io cerco di sorridere a mia volta, spero di non fare qualche stupida smorfia. «Ora capisco cosa intendevi con “vendicata”», gli dico.

Ridiamo insieme, poi restiamo in silenzio quando l’ascensore si ferma ad un altro piano, al quale salgono alcune persone, non mi sfugge, però, il suo sguardo rivolto spesso nella mia direzione, l’ho notato con la coda dell’occhio, e ho dovuto trattenere più di un sorriso per non fare la figura dell’idiota.

Arrivati al piano terra mi fa cenno di uscire, torna a posare la mano alla base della mia schiena e, mentre camminiamo l’uno accanto all’altra verso l’uscita, non posso evitare di lanciare uno sguardo alla bionda alla reception che, proprio come ha detto Chloe, mi sta fulminando con gli occhi, ed è una sensazione meravigliosa, specialmente quando, arrivati alla porta, lui fa un passo avanti a me, la apre per farmi uscire per prima, poi mi raggiunge, e lo seguo fino ad una macchina nera, ferma davanti a noi.

Un uomo vestito di scuro apre lo sportello posteriore, Jordan mi fa cenno di entrare, così mi infilo dentro l’auto, prendendo posto sul sedile posteriore, subito dopo entra anche lui, sedendosi accanto a me.

Sto andando in un ristorante di lusso, con un uomo bellissimo ed elegante, seduta sul sedile di una macchina dotata di autista, e sono vestita come se fossi appena scappata di casa. Merda!

«Va tutto bene?», domanda Jordan.

«Sì, scusa, stavo solo pensando che non mi sono cambiata e ho addosso ancora questo», dico, indicando il vestito spiegazzato che avrei dovuto cambiare.

«Stai benissimo, Hazel, non hai niente che non va». Lo dice con un sorriso, appoggiando la schiena all’indietro.

«Grazie», rispondo, e dovrei, forse, sentirmi in imbarazzo, ma il suo sorriso riesce a farmi stare bene, anche se bene non sto, perché vorrei davvero essermi cambiata, lui è così elegante che mi sarebbe piaciuto essere alla sua altezza.

«Quindi... cosa fai a Montréal?», mi chiede, con un tono di voce tranquillo.

Gli racconto di me, della mia vita, lui mi parla di sé stesso, del suo lavoro, lo facciamo durante il breve tragitto in auto, al ristorante, in una saletta privata solo per noi due, e continuiamo a parlare per tutto il tempo ed è difficile togliergli gli occhi di dosso. Quando parla, quando sorride, illumina qualsiasi cosa ed è incredibilmente piacevole stare in sua compagnia, tanto che non mi sono nemmeno resa conto che il pranzo è già finito, ed è ora di tornare.

Dopo aver pagato il conto ed essere usciti dal ristorante – del quale mi ha aperto la porta per farmi uscire – siamo tornati in auto, senza riuscire a smettere di guardarci e chiacchierare. Per un po’ ho smesso di pensare allo scherzo della mia migliore amica – avrebbe potuto dirmelo, almeno mi sarei resa presentabile –, e mi è sembrato di conoscere Jordan da una vita, come se non avessi fatto altro che parlare con lui da sempre. Mi ha raccontato tanto sé e io gli ho parlato della mia vita senza preoccuparmi del suo giudizio, sono stata me stessa come poche volte mi è successo, e mi dispiace più di quanto immaginassi, dover risalire sulla sua auto guidata dall’autista, perché lui deve tornare al lavoro.

«Hai da fare stasera?», mi domanda all’improvviso, subito dopo aver preso posto sul sedile posteriore della macchina aziendale.

Mi volto a guardarlo e il suo sorriso rilassato sta per strapparmi il sì che tanto vorrei dirgli, ma ho promesso a Kurt e Chloe che avremmo cenato insieme. «Sono a cena da Chloe», gli dico, senza riuscire a nascondere il mio dispiacere. Non che mi dispiaccia passare un po’ di tempo con la mia migliore amica, ma avrei davvero voluto trascorrere altro tempo con lui.

«Domani?», chiede senza darsi per vinto.

«Domani è perfetto», rispondo sorridendo, felice di avere l’opportunità di vederlo ancora.

Perché è questo che voglio, vederlo ancora.

E ancora.
 

§§§§§§§§§§§§§§§ 

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Ed eccoci alla parte dedicata a Jordan e Hazel. È arrivato, finalmente, il loro turno di raccontarci la loro storia, come è successo che si sono innamorati, delle loro emozioni, che spero di riuscire a farvi arrivare, nello stesso modo in cui sono arrivate a me.

Abbiamo fatto un salto indietro, per riprendere la loro storia dall'inizio, e piano piano arriveremo di nuovo al presente, nel momento successivo alla doppia proposta di matrimonio. Riuniremo le esperienze e li ritroveremo di nuovo tutti insieme.

Grazie ancora per essere qui, per essere ancora in viaggio insieme a me

Eeeee niente, buona lettura

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Capitolo 29
*** Jordan & Hazel - Long time ago (pt2) ***


Hazel

Doveva essere una serata tranquilla, avremmo dovuto ordinare un paio di pizze, metterci sul divano, e rimpiangere i vecchi tempi, come avrebbero fatto un gruppo di amici che non si vedono da tempo, invece sembra una piccola tragedia familiare.

Harry è di pessimo umore, ma forse la parola pessimo è un eufemismo: lui e Chloe sono rinchiusi in camera da letto da quando sono tornati. Io e Kurt li abbiamo sentiti discutere, poi silenzio. Ad un certo punto, la mia amica è uscita per prendere qualcosa da mangiare per il suo fidanzato e ha spiegato, a me e Kurt, cos'è successo tra lui e la madre.

Non mi dispiace dover trascorrere la serata in modo diverso da come me l'aspettavo, quello di cui sono realmente dispiaciuta è che per la mia migliore amica sembra che non ci sia pace. Spero davvero che riescano a superare anche questa perché sono certa che loro due insieme funzionino perfettamente, come due metà che si sono ritrovate. Il loro rapporto è speciale, qualcosa che non avevo mai visto prima, mi auguro che vada tutto bene.

«Kurt?» Richiamo il mio migliore amico, seduto sul divano accanto a me, impegnato a digitare freneticamente una parola dietro l'altra, e credo di sapere a chi stia scrivendo.

«Mh?», si volta a guardarmi ed è chiaro dal suo sguardo quanto sia su un altro pianeta.

«Perché non esci con lui?», gli chiedo, piegando le ginocchia di lato.

«Perché non voglio lasciarti qui da sola». La fedeltà e l'amicizia di Kurt sono sempre fuori discussione, sono valori che ha radicati profondamente, ed è uno dei motivi per cui non puoi evitare di innamorarti di lui.

«Sono già da sola, Kurt...», gli dico con un gran sorriso, perché la cosa non mi dispiace affatto, «la tua testa è con lui, qui con me c'è solo il tuo corpo, e so bene che non è in questa casa che vorresti stare». Cerco di usare un tono di voce più dolce possibile, perché voglio che gli arrivi tutto l'affetto che provo per lui.

«No... è che...», è adorabile, e io lo amo immensamente, e non è giusto che resti qui a farmi compagnia quando ha trovato qualcuno con cui potrebbe essere davvero felice.

Kurt si è sempre fatto in quattro per tutti, adesso è arrivato il momento di fare qualcosa per lui, perché se c'è qualcuno che merita di essere davvero felice, quello è Kurt.

«Mi spieghi perché sei ancora lì?» Mi guarda con un'espressione combattuta nello sguardo: vorrebbe correre da Dylan, ma non vuole lasciarmi sola, quindi sono costretta ad essere un po' brusca e diretta. «Dylan non ti aspetterà per tutta la vita... Vuoi sprecare questi due giorni a restare seduto su quel divano a chattare?»

«Ma Chloe...»

«Chloe se la cava alla grande, sei venuto a Boston per lui, non perdere tempo dietro a cose che si sistemeranno da sole...» Mi guarda ancora con la stessa incertezza. So che vuole fare sempre la cosa giusta, ma in questo caso, la cosa giusta è che lui pensi a sé stesso e alla sua felicità.

«È che mi dispiace lasciarti qui...»

«Oh, andiamo, Kurt...», lo interrompo, «non sarebbe la prima serata che passo davanti alla TV, e Dylan muore dalla voglia di vederti». Gli sorrido, sperando di riuscire a convincerlo.

A quel punto il suo sguardo torna sullo schermo del cellulare che ha in mano, poi di nuovo su di me, infine ancora sul display acceso. «Anch'io muoio dalla voglia di vederlo», confessa alla fine, e io sorrido soddisfatta per aver avuto ragione.

«Dai, vai da lui, io continuerò ad annoiarmi, proprio come ho fatto finora». Mi sorride divertito a causa della mia battuta, poi mi si avvicina, mi dà un bacio sulla guancia, infine si alza in piedi, per andare nella camera degli ospiti dove Chloe e Harry ci stanno ospitando.

Mi sistemo meglio sul divano, in attesa di vederlo tornare in salotto, già cambiato e pronto per uscire, facendo dello stupido zapping per passare il tempo, mentre ripenso al pranzo di oggi e, inevitabilmente, mi spunta un sorriso al pensiero di Jordan e della sua eleganza. Ne ho parlato con Kurt, gli ho raccontato della mia giornata, lui mi ha parlato della sua, e sembravamo due ragazzini alle prese con il primo appuntamento. Purtroppo non abbiamo potuto condividere questo momento con Chloe perché Harry è decisamente fuori fase, ma non importa, abbiamo tempo per approfondire il discorso una volta a Montréal.

«Sono pronto». La voce di Kurt mi fa alzare lo sguardo nella sua direzione e sorrido nel notare che ha messo il maglioncino azzurro. Dylan gli ha detto che si intonava ai suoi occhi ed è diventato il suo capo d'abbigliamento preferito.

«Allora vai e divertiti», gli dico, senza smettere di sorridere.

«Sei sicura? Se vuoi puoi venire con noi...»

«Scherzi!?», dico ancora, interrompendo le sue parole. «Non ho intenzione di fare il terzo incomodo». Sorride quasi imbarazzato, poi si avvicina di nuovo, si china su di me per abbracciarmi, poi mi lascia un altro bacio sulla guancia e si allontana, pronunciando un silenzioso grazie.

Vorrei che Kurt fosse felice, perché se c'è una persona che lo merita, quello è senz'altro lui.

Torno a guardare le immagini della televisione che si alternano al mio continuo cambiare canale: non importa se passerò la serata qui, volevo realmente che il mio migliore amico uscisse con Dylan, ma non nego di provare una punta di dispiacere per aver detto no a Jordan. Se avessi saputo che la serata sarebbe finita in questo modo avrei potuto dare una possibilità alla nostra conoscenza già da ora, ma sorrido ugualmente, perché avremo altre occasioni.

«Dov'è Kurt?» Alzo di nuovo lo sguardo quando sento la voce di Chloe.

«È uscito con Dylan», rivelo con un sorriso, e sorride anche lei dopo aver sentito ciò che ho detto.

«Davvero?», chiede sorpresa.

«Già». Il suo sorriso si spegne, poi mi si avvicina, e si siede accanto a me, posando il suo telefono sul tavolino di fronte a noi.

«Mi dispiace per stasera, ma Harry sta attraversando un momento difficile».

«Non hai bisogno di giustificarti, Chloe. È giusto che pensi a lui, non devi preoccuparti per me». Poso la mia mano sulla sua e lei mi tira a sé in un abbraccio.

Mi manca, la mia migliore amica mi manca da morire: stare senza di lei è complicato, a volte, perché siamo sempre state molto unite, ma vederla finalmente felice, rinata, mi fa stare bene e la lontananza diventa un prezzo che sono disposta a pagare.

«Grazie, Hazel», mi dice, quando scioglie l'abbraccio.

«Non dirlo nemmeno». Ancora un abbraccio, poi lei torna da Harry e io decido di prepararmi qualcosa di caldo da bere.

Vado in cucina e accendo il bollitore, poi, dopo aver preparato il tutto, torno in salotto, ma non faccio in tempo a sedermi sul divano, per godermi in pace la mia tazza di tè, perché l'insistente vibrazione del telefono di Chloe, mi fa fermare di fronte al tavolino. Poso la tazza fumante accanto al cellulare e non posso evitare di leggere il nome di chi sta chiamando la mia amica: è Jordan.

In un attimo, diverse domande si affacciano nella mia mente: devo andare a chiamarla? Devo rispondere? Non oso andare a bussare alla porta della loro camera da letto, solo che quell'aggeggio non smette di vibrare. Mi volto nella direzione della loro stanza, il telefono torna silenzioso, e io torno a guardare quel piccolo oggetto, sentendomi divisa tra il sollievo e la delusione.

Riprendo in mano la mia tazza e mi accomodo di nuovo sul divano, pensando che avrei voluto rispondere, ma allo stesso tempo non avrei voluto farlo, e mentre i miei pensieri iniziano ad essere ingarbugliati, il cellulare di Chloe vibra ancora, ed è di nuovo lui.

Comincio a chiedermi il motivo di questa insistenza: e se fosse importante? Se ci fosse un'emergenza? È questo che mi spinge a mettermi seduta, allungare una mano verso il tavolino e afferrare il telefono, per portarlo all'orecchio e rispondere.

«Jordan?», pronuncio con voce incerta.

«Hazel?», chiede lui, decisamente sorpreso.

«Sono io», rispondo, felice che mi abbia riconosciuta, «scusa se ho risposto, ma Chloe è chiusa in camera con Harry e ha lasciato qui il suo telefono. Volevi parlare con lei?».

«No... Non... Io stavo cercando di parlare con Harry, ma ha sempre il telefono spento, così ho chiamato Chloe...» È chiara nella sua voce la preoccupazione per suo fratello e io non posso evitare di sorridere.

«Harry si è chiuso in camera da quando è tornato...», gli dico, lasciando la frase in sospeso.

«Come stava? Tu l'hai visto?» L'amore dei fratelli Styles, di cui mi ha parlato Chloe, è così forte che riesco a percepirlo attraverso le parole di Jordan, pronunciate quasi a bassa voce, mentre domanda di Harry.

«L'ho soltanto intravisto, poi si è chiuso in camera e Chloe gli è rimasta accanto». Stanno vivendo una sorta di incubo a causa del ritorno della madre ed è il turno di Chloe di sostenere Harry.

Ma chi sostiene Jordan?

«Dio, sono così felice che ci sia lei?» Ed è chiaro il sollievo nella sua voce, quando si riferisce a Chloe con Harry.

«Già, quei due sembrano fatti l'uno per l'altra», mi lascio sfuggire ad alta voce, al pensiero della mia migliore amica con un ragazzo straordinario che è riuscito dove tutti noi abbiamo fallito.

«Hai ragione, la prima volta che li ho visti insieme l'ho capito subito. È per questo che ho cercato di fare in modo che finissero insieme». Sorrido nel sentire quanto sia dolce nei confronti di suo fratello, quanto tenga a lui, mentre mi lascio andare all'indietro, poggiando la schiena sui cuscini.

«Credo fossero destinati. Harry ti ha raccontato come si sono conosciuti?», gli domando, senza smettere di sorridere, sentendomi un'adolescente al telefono con la sua prima cotta.

«Harry non è generoso con i dettagli». Non so perché, ma lo immagino semi sdraiato sul divano, con un braccio sullo schienale e quel meraviglioso sorriso sulle labbra.

«Se vuoi ti racconto io i dettagli, a patto che tu non dica da chi li hai saputi». Lo sento ridacchiare e quel suono mi provoca un leggero aumento della temperatura corporea.

«D'accordo, Hazel, voglio sapere ogni dettaglio».

«Ok, la sera che Chloe è atterrata a Boston...»

«No... Scusami, non mi sono spiegato bene...», mi interrompe lui, «intendevo dire di persona...». La mia temperatura aumenta di un paio di gradi nel sentire la sua richiesta e non sono riuscita ad interpretare cosa intendesse realmente. Non ha più voglia di stare al telefono?

«Oh, sì, scusami...», gli dico, pensando che forse ha da fare e non ha tempo di stare ad ascoltare qualche pettegolezzo.

«Non scusarti, Hazel»

«No, è che pensavo... Non fa niente...» Mi fermo, prima di dire qualche stupidaggine.

Lui ridacchia di nuovo. «Io intendevo adesso, ma di persona...» Per un attimo non capisco cosa intenda, poi credo di essermi resa conto delle sue parole, ma voglio accertarmi di non aver frainteso, prima di fare la figura della presuntuosa.

«Adesso?», gli domando per confermare i miei pensieri.

«Adesso», ripete lui, «se non hai altro da fare, ovviamente, ma mi pare di aver capito che la tua serata tra amici non sia andata come immaginavi...» Il mio cervello ci impiega giusto quattro secondi per reagire e dargli la risposta.

«Già, non è andata come mi aspettavo».

«Quindi posso passare a prenderti? Così puoi raccontarmi tutto quello che vuoi...» Jordan Styles ha una voce straordinaria e un modo di parlare che mi porta ad assecondarlo, perché l'idea concreta di trascorrere la serata con lui mi alletta a tal punto che non posso rinunciarci. Credo che il divano se ne farà una ragione.

«D'accordo...», rispondo, sentendo il mio sorriso farsi sempre più ampio.

«Perfetto, venti minuti e sono lì». Ci salutiamo, poi resto con il cellulare di Chloe in mano per diversi minuti, fino a quando il mio cervello riesce a realizzare cosa sta per succedere, ed è a quel punto che corpo e cervello riprendono vita, ricominciando a coordinare pensieri e movimenti..

Mi alzo in fretta dal divano e vado a recuperare qualcosa di decente da mettermi, che non sia troppo elegante, ma nemmeno troppo sportivo, poi mi infilo in bagno per darmi una sistemata ai capelli. Finisco giusto in tempo per tornare in salotto, spegnere la televisione, e sentire bussare alla porta d'ingresso.

Perché il cuore batte così in fretta?

Inspiro ed espiro profondamente prima di abbassare la maniglia della porta d'ingresso e mettere su un gran sorriso, lo stesso che vedo sulle sue labbra non appena lo vedo in piedi sul pianerottolo. È ancora più bello di stamattina, anche senza il suo completo elegante, ma con un'affascinante giacca di pelle nera, e anche con i capelli non perfettamente in ordine.

«Vuoi entrare per salutare Harry?», gli chiedo, cercando di riprendermi.

«No, credo che mio fratello stia meglio con la tua amica». Annuisco e sorrido.

«Ok, lascio solo un biglietto per Chloe...», dico, per poi allontanarmi dalla porta.

Arrivo fino alla mia borsa cerco un pezzetto di carta, una penna, le scrivo un breve messaggio che lascio sul tavolino, poi recupero la mia giacca e raggiungo Jordan, che è rimasto fermo sulla porta. «Sono pronta». Gli dico e lui mi fa cenno di precederlo fino alla sua auto, parcheggiata sulla strada, poi affretta il passo per aprirmi lo sportello, per permettermi di salire in auto.

Esistono ancora uomini così?

Pare di sì, perché una volta che ho preso posto sul sedile del passeggero, lui chiude la portiera, poi fa il giro della macchina e sale al posto di guida, si volta leggermente verso di me e sorride ancora.

«Mi dispiace che la tua serata non sia andata come ti aspettavi». Mi dice con un tono palesemente divertito.

«Questo non è detto», rispondo, provocandogli una piccola risata.

«Vuoi dire che ti aspettavi che venissi a prenderti?», mi domanda curioso.

«Voglio dire che mi aspetto ancora di passare una bella serata...» Lui sorride e io sento qualcosa che mi scalda il cuore, succede sempre quando lo fa: mi aspetto davvero grandi cose da questa sera.

«Così mi metti in difficoltà», dice ancora, mentre aggancia la cintura di sicurezza.

«Non credo tu sia in difficoltà», rispondo, mettendo anche io la cintura.

«Questo non è detto», ammette infine, usando le mie stesse parole.

Non credo di metterlo in difficoltà, ma se è davvero così, la cosa non mi dispiace affatto, perché lui mi ha messo in grande difficoltà dal suo primo sguardo.

~~~~~~~~~~~~~~~~

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Buon lunedì e buon inizio settimana.

Jordan e Hazel stanno iniziando a conoscersi, il loro è un rapporto iniziato nel modo più tradizionale, con le prime chiacchierate per conoscersi. Nel prossimo capitolo avremo la loro serata, vedremo come entreranno lentamente, ma inesorabilmente, nella vita dell'altro.

Grazie sempre per essere ancora qui con me ❤️

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 

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Capitolo 30
*** Jordan & Hazel - Long time ago (pt3) ***


Hazel

È come scivolare dolcemente sulle onde: è questo l'effetto che mi fa questa meravigliosa macchina, al volante della quale c'è un Jordan casual e disinvolto, che dà l'impressione di essere completamente rilassato e a suo agio, mentre guida nel traffico di Boston.

È piacevole il leggero sottofondo del rumore del motore che accompagna il tragitto non propriamente silenzioso, ma nemmeno pieno di chiacchiere.
È piacevole il suono della sua voce che, di tanto in tanto, si fa sentire, mentre mi illustra le caratteristiche principali della sua città.
È piacevole la stazione radio che ha scelto, il cui volume è così basso da essere a malapena udibile, ma abbastanza alto da capire che sia musica jazz.
Ed è piacevole voltarmi a guardarlo, per fermare il mio sguardo sul suo sorriso, sulle sue fossette, e sulla sua espressione tranquilla.

Jordan Styles è incredibilmente galante, educato, affascinante, e davvero non capisco come possa essere single. Non che la cosa mi dispiaccia, anzi, sapere che è ancora disponibile mi fa sperare di avere una possibilità, quello che mi preoccupa davvero è che spero di essere alla sua altezza, sia a livello intellettuale - perché ho potuto capire quanto sia intelligente - sia a livello personale.

Jordan ha cinque anni più di me e potrebbero anche non sembrare molti, ma lui è un uomo di mondo, con diverse esperienze alle spalle, io sono una piccola maestra d'asilo, che è uscita poche volte da Montréal, la cui più grande preoccupazione è assicurarsi che i bambini abbiano mangiato e che non si prendano per i capelli.

«Siamo arrivati», dice d'un tratto, distogliendomi dai miei pensieri.

Osservo il paesaggio fuori dal finestrino, poi torno a guardare lui con aria confusa, perché non vedo l'ombra di alcun locale qui fuori.

«Dove siamo?», gli domando stranita.

«A casa mia», afferma con un adorabile tono imbarazzato, «non pensare subito male», dice ancora, «è solo che volevo avere l'opportunità di parlare con te senza la confusione della gente intorno...» Sulle mie labbra si apre lentamente un sorriso e Jordan sembra rilassarsi, perché sorride anche lui, adesso. «Quello è un sì?», chiede, come a volere un'ulteriore conferma.

«È un sì», dico, per poi vedere le sue spalle rilassarsi, «più precisamente è un "sì, Jordan, hai avuto un'idea grandiosa"». Imito una stupida voce per sottolineare il concetto, cosa che lo fa ridere.

A quel punto sganciamo le cinture di sicurezza, scendiamo dall'auto, ed entriamo nell'edificio. Jordan saluta quello che credo sia il portiere e l'uomo risponde con un "buonasera dottor Styles", accompagnato da un gran sorriso. Infine entriamo in ascensore, dove non trattengo un sorriso al ricordo di ciò che mi ha raccontato Chloe, di lei e Harry che si sono baciati qui dentro, mentre lui teneva le porte bloccate. Arriviamo poi al suo appartamento in silenzio, in una salita fatta di tanti, veloci, ma intensi, sguardi.

«So che è fin troppo ordinato», dice lui, quando varchiamo la soglia dell'ingresso, e io mi ritrovo a guardarlo con aria confusa.

«Di solito ci si scusa per il disordine», gli dico, per poi tornare ad osservare l'ambiente intorno a me, mentre ci togliamo i cappotti, ed effettivamente mi rendo conto che l'appartamento è immacolato, bianco, pulito, e profumato.

Sembra una casa di quelle da copertina, dove tutto è al posto giusto, senza un granello di polvere. Decisamente bella, ma assolutamente impersonale: l'unica cosa che fa capire che lui abita qui, è la fila di foto che riempie l'intero ripiano del mobile sistemato tra i due divani, al quale mi sto avvicinando. In ogni cornice c'è Harry, in molte c'è anche lui, a varie età - in un paio, quello che mi sembra suo padre. Posso dire, senza quasi ombra di dubbio, che la vita di Jordan è basata sul suo lavoro e su suo fratello.

«Non so dirti quanto gli voglio bene». La voce emozionata di Jordan alle mie spalle mi fa voltare verso di lui e riesco a scorgere nei suoi occhi chiari tutto l'amore per suo fratello minore. «Mi ha fatto disperare, arrabbiare, preoccupare, poi mi ha consolato, mi ha fatto ridere, e mi è stato vicino... Mi ha riempito di orgoglio, con grandi e piccole conquiste, per poi farmi stare in pensiero durante i suoi periodi più bui, e quando ha incontrato Chloe l'ho visto lentamente rinascere e...» Si ferma per un attimo, ma io non riesco a dire niente, perché è talmente grande l'emozione che le sue parole hanno scaturito in me, che sto ancora trattenendo il fiato, mentre non riesco a smettere di guardarlo negli occhi. «Dio, parlo di mio fratello come se fosse mio figlio!», esclama alla fine, con un tono di voce carico di amarezza, poi si volta e cammina senza fretta verso la cucina.

Lo seguo senza dire niente, resto a qualche passo da lui quando apre il frigo per prendere un paio di bottigliette d'acqua e passarmene una.

«Grazie», gli dico, poi entrambi ci appoggiamo al ripiano della cucina, l'uno accanto all'altra, bevendo qualche sorso d'acqua restando in silenzio.

Credo che Jordan abbia bisogno di qualche momento per raccogliere le idee, perché l'ho visto provato dopo le parole che ha pronunciato poco fa, così aspetto che si decida a parlare, e non devo nemmeno aspettare molto.

«Se n'è andata dall'altra parte dell'Oceano, si è rifatta una vita, e non l'è importato niente di quelli che ha lasciato al di qua dell'Atlantico». Non credo di sbagliare se penso che si stia riferendo a sua madre, ma non ho il coraggio di interromperlo con qualche stupida domanda. «Ha lasciato un bambino di undici anni ad occuparsi del fratellino di sei e di suo padre. Ha lasciato che un bambino di undici anni smettesse di fare il bambino e imparasse a fare l'adulto da un giorno all'altro, senza una guida, senza uno straccio di consiglio. È scappata e ha lasciato tutto in mano a quel bambino...» Di nuovo silenzio, poi si volta e mi guarda. «Mi ha privato della spensieratezza, dei giochi, del sorriso... Mi ha impedito di vivere la mia vita, costringendomi a vivere la sua...» Continua a parlare con un tono amareggiato, ma stranamente calmo.

«Credo sia normale essere arrabbiati...», gli dico, per fargli capire che capisco il suo punto di vista, che non lo giudico e non lo biasimo per ciò che prova.

«Già... sono arrabbiato con lei perché è sparita da un giorno all'altro senza lottare, né per sé stessa, né per gli altri. Sì è arresa alle difficoltà ed è scappata, per fare cosa? Un'altra famiglia! Questo è inaccettabile...» Il suo tono di voce si alza leggermente, lasciando trapelare un minimo quello che si sta tenendo dentro, forse da troppo tempo.

Io e Jordan abbiamo instaurato da subito un buon legame, abbiamo parlato come se ci conoscessimo da sempre, e la sua rivelazione conferma che questa non è solo una mia impressione, che anche lui ha avuto le mie stesse sensazioni, altrimenti non credo che mi avrebbe confidato qualcosa di così personale.

«Non sono nessuno per giudicare, né tua madre, né nessun altro, ma capisco il tuo punto di vista e se hai voglia di sfogarti ancora, puoi farlo, mi piace ascoltarti», gli dico, poggiando una mano sul suo braccio senza rendermene conto, ma evidentemente a lui non sfugge questo leggero contatto, perché il suo sguardo si abbassa sulle mie dita, ferme sul tessuto del suo maglioncino chiaro.

D'un tratto questo contatto mi sembra inopportuno, così tolgo la mano, per appoggiarla sul bordo del ripiano tra me e lui. Jordan segue anche quel movimento, i suoi occhi scorrono lenti da quel punto, risalendo lentamente, fermandosi nei miei. Sono bellissimi, carichi di emozioni, e decisamente intensi, è come se fosse in grado di farmi provare ciò che prova lui, come se potessi fare miei i suoi sentimenti, coinvolgendomi completamente in un momento solo suo.

«Hai ragione, Hazel, avrei bisogno di sfogarmi», afferma con un tono di voce più basso, «avrei bisogno di parlare con qualcuno, perché finora tutti si sono occupati di Harry, del piccolo di casa... Nessuno si è preoccupato di sapere se Jordan stesse bene, perché il mio comportamento responsabile era dovuto, e non lo dico per gelosia nei confronti di mio fratello, ma ero piccolo anch'io, ho sofferto anche io, e avrei davvero bisogno di parlare...», posa la bottiglietta alla sua destra, si volta verso di me, che non ho ancora smesso di guardarlo negli occhi, del tutto rapita da lui e dalle sue parole, «ma non voglio farlo adesso...», la sua mano arriva leggera sul mio viso, con una piccola carezza, infilandosi appena tra i capelli, «perché adesso ho voglia di baciarti, Hazel...» Il mio nome, pronunciato dalla sua voce bassa, con così tanta intensità, sembra essere il nome più bello del mondo, come se non avessi potuto chiamarmi in altro modo, come se non volessi più sentirlo pronunciare da nessun altro a parte lui.

Mi guarda per un paio di secondi, accertandosi di avere il mio consenso, poi si avvicina, continuando a tenere gli occhi fissi nei miei, e io ci provo a continuare a guardarlo, ma è tutto così intenso che, quando le sue labbra arrivano sulle mie, sono costretta a chiuderli, concentrandomi solo sul contatto delle sue mani sul mio viso, sulla morbidezza del suo maglioncino sotto le mie dita, e sulla forza con cui la sua bocca si sta appropriando della mia. È un bacio travolgente, nel quale sta riversando le emozioni che ha appena provato: sento la rabbia sulla sua lingua, attraverso i piccoli morsi che i suoi denti stanno infliggendo alle mie labbra, sento il bisogno di conforto nel mondo in cui mi sta stringendo a sé, e sento il suo desiderio quando le sue mani si spostano sulla mia schiena, a palmo aperto, per portarmi ancora più vicina al suo corpo: sono senza fiato, ma non rinuncerei a tutto questo per nessun motivo al mondo.

«Di solito sono meno istintivo e più razionale», sussurra sulle mie labbra, allontanandosi leggermente solo con il viso: il mio corpo è ancora ben stretto tra le sue braccia.

«Di solito non vado a casa di qualcuno appena conosciuto». Sembra che continuiamo a ripetere lo stesso concetto, come a volerlo ribadire a noi stessi e all'altro, per far capire quanto tutto questo sia al di fuori del nostro ordinario, quanto sia coinvolgente, al punto tale da stravolgere le nostre abitudini, il nostro modo di essere, perché la persona che abbiamo davanti è talmente irresistibile da non poter fare altrimenti. 

«Volevo davvero parlare con te», mi dice senza lasciarmi andare, né fisicamente, né con lo sguardo, e io non ho alcuna intenzione di allontanarmi da qui, da lui, da tutto questo.

«E io volevo davvero restare ad ascoltarti», ammetto sincera, perché mi piace stare ad ascoltare ogni cosa che esce dalla sua bocca.

«Ma possiamo sempre farlo più tardi, no?» Le sue labbra sono sempre più vicine, il mio corpo aderisce al suo, e ora ho voglia di sentire la morbidezza della sua pelle, dei suoi capelli, perciò faccio scorrere le mani su di lui, mentre gli rispondo con, ormai, un filo di voce.

«Già, possiamo farlo più tardi...» Mi toglie ancora il fiato quando mi bacia di nuovo, stavolta con più energia, mentre la sua rabbia si trasforma in passione. 

Poi le sue labbra, dopo essersi appropriate avidamente delle mie, dopo aver percepito chiaramente il suo sapore sulla mia lingua, si spostano al lato della mia bocca, poi a lato del viso, continuando a spostarsi, fino ad arrivare sotto all'orecchio, poi al collo, facendomi azzerare del tutto il cervello, lasciandomi concentrare soltanto sulla bollente scia di brividi e pelle d'oca che la sua bocca provoca a contatto della mia pelle.

Con la mente nel completo black out, mi ritrovo presto sul suo letto, e non ho la minima idea di come ci sono arrivata, ma non importa, perché lui è sopra di me, ora lo guardo mentre mi sfila il vestito e torna a baciarmi, torna ad infliggermi quella meravigliosa tortura delle sue labbra sul mio corpo, riprendendo da dove aveva appena lasciato, continuando a scendere, arrivando sulla clavicola. 

«Sei la mia novità, Hazel...», le sue labbra tornano sulla mia pelle, in mezzo ai seni.

«Novità?», domando con un filo di voce.

«In una vita terribilmente monotona...», sfiora l'ombelico con le labbra, mentre la sua mano risale lungo il fianco, «fatta di lavoro...», chiudo gli occhi quando la sua bocca arriva al di sotto dell'ombelico, «di un fratello impegnativo...», trattengo il fiato quando la sua mano abbassa la spallina del reggiseno, nello stesso momento in cui le sue labbra sono appena al di sopra del bordo degli slip, «e di tante responsabilità...», poi lascio andare un gemito prolungato quando la sua bocca affonda nella mia carne, risucchiando un piccolo lembo di pelle.

«Jordan...», non so nemmeno perché ho pronunciato il suo nome, ma lui deve aver gradito, dato che torna a baciarmi facendo il percorso inverso, arrivando di nuovo sulle mie labbra, per appropriarsene con più prepotenza.

«Più tardi, Hazel...», sussurra poi, tornando a scendere con la bocca, «abbiamo detto che parleremo più tardi...»

Spengo il cervello, lascio prevalere l'istinto, permettendo a lui, e a me stessa, di essere irrazionale, passionale, lasciandomi dominare dalle sensazioni che provo, che Jordan sta scatenando al mio corpo in fiamme.

E non sono mai stata così felice di essere così assurdamente irrazionale.  
 

§§§§§§§§§§§§
 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Ed ecco come si è conclusa la serata di Jordan e Hazel, apparentemente controllati e razionali, cedono in fretta al loro desiderio. Veniamo a conoscenza di come si senta Jordan nei confronti della madre, decisamente più incattivito rispetto a suo fratello minore, ed è chiara la sua volontà di non riprendere alcun contatto con la mamma.

Il resto della serata lo lascio alla vostra fervida immaginazione (vedo tutte le vostre faccine pervy mentre vi immaginate Jordan e Hazel presi follemente l'uno dall'altra).

Grazie a tutte per essere qui, spero di aggiornare presto, ma come alcune di voi già sanno mi sono lanciata di nuovo in una nuova avventura e sono di nuovo presissima da tutti questi personaggi che urlano nella mia testa. 

VERRò PRESTO INTERNATA A CAUSA DI TUTTE LE VOCI CHE SENTO

Vi voglio bene, tantissimo, e grazie ancora per tutto. Vi aspetto al prossimo aggiornamento ❤️

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 31
*** Harry & Chloe - A happy day ***


Chloe

Sono sveglia da pochi minuti, ci siamo svegliati quasi contemporaneamente, mi sono voltata verso di lui non appena ho aperto gli occhi e, come se lui mi avesse sentito, si è voltato verso di me.

In questi minuti, l'unico rumore che ho sentito è stato quello dei nostri corpi che si sono mossi al di sotto delle lenzuola, le nostre voci sembrano essere sparite. Sdraiati su un fianco, l'uno di fronte all'altra, nel silenzio più assoluto, riuscendo soltanto a sorriderci, come se non fossimo capaci di fare altro oltre a questo, o almeno io, perché d'un tratto vedo la sua mano arrivare sul mio viso, per posarsi a lato del mio viso e giocherellare con i miei capelli. Li sposta sulla fronte, dietro l'orecchio, le sue dita scorrono lente, senza sosta sul mio volto, mentre i suoi occhi restano fissi nei miei, senza quasi sbattere le palpebre, con un costante sorriso che mette in evidenza le sue fossette.

Ho ancora addosso la sensazione che ho provato ieri quando, con quel vestito bianco addosso, lui mi chiesto di passare il resto della nostra vita insieme, e non ho alcuna intenzione di farmela passare.

Non mi aspettavo una sua proposta, non mi sarei mai aspettata che lui volesse sposarsi. Quando ci siamo conosciuti mi disse chiaramente come la pensava sull'amore, per poi ricredersi strada facendo durante la costruzione del nostro rapporto, ma ha sempre avuto ben chiara l'idea del matrimonio, del quale avrebbe sempre voluto fare a meno, perché quello dei suoi genitori non è stato il migliore degli esempi. Non me ne sono mai fatta un problema reale, perché, anche se per me il matrimonio era un'opzione, non l'avrei mai costretto a qualcosa contro la sua natura, in fin dei conti viviamo insieme, abbiamo già tutto, non sarebbe stato determinante per la nostra relazione essere o non essere sposati.

Tuttavia, il fatto che lui abbia voluto portare ancora oltre il nostro rapporto è incredibilmente eccezionale e io non ho fatto che camminare sospesa da terra dal momento in cui mi sono sfilata quel vestito che, per inciso, è impacchettato a mio nome all'atelier, in attesa di una data.

Non abbiamo definito alcun dettaglio, il suo voler portare la nostra relazione ad un livello così alto mi ha fatto dimenticare qualsiasi altra cosa, ma non importa adesso, perché abbiamo tempo, me l'ha detto lui stesso, mentre annaspavo in cerca di aria durante la sua incredibile proposta.

Non avevo la minima idea di ciò che sarebbe successo da lì a poco quando mia sorella mi ha chiesto di indossare quell'abito e, quando ho visto Harry dopo essere uscita dal camerino, non ho più pensato a niente: il mio cervello si è spento ed è stato in grado di recepire unicamente le parole di Harry, senza riuscire ad elaborare nulla. Mi ha colto totalmente alla sprovvista, ma quando ho realizzato cosa stava succedendo, il mio cuore ha preso il volo, insieme a tutto il resto di me.

Quando siamo rientrati a casa abbiamo ordinato del cibo d'asporto, l'abbiamo consumato sul letto, dal quale non ci siamo più mossi, e dal quale vorrei non dovermi muovere nemmeno oggi, ma dobbiamo andare al lavoro, dovremo alzarci, ma finché non suonerà la sveglia ho tutta l'intenzione di godermi quest'attimo perfetto.

«Ho camminato tanto da quando mio nonno se n'è andato, in cerca di un luogo dove poter trovare la felicità...», Harry rompe il silenzio e sono certa che stia per arrivare una delle sue rivelazioni, una di quelle sulle quali ha ragionato talmente a lungo, che per me, sentirla, sarà l'ennesimo colpo al cuore. Conosco bene il suo percorso emozionale, quello che l'ha portato ad essere ciò che è oggi, quello fatto di cadute rovinose, di sbagli, di errori, e di voglia di riscatto, e sono certa che è di questo che sta parlando. «Alla fine l'ho capito...», dice ancora a voce bassa, senza mai distogliere il suo sguardo dal mio, con le dita tra il mio viso e i miei capelli, mentre la mia mente è in completo subbuglio, a causa delle emozioni che lui sta provocando, «eri tu il luogo dove volevo fermarmi...»

«Harry...», sono in grado di sussurrare a malapena il suo nome, perché la voce se n'è andata, insieme alle mie facoltà mentali, a quelle motorie, e non so che altro, perché le sue parole hanno appena distrutto ogni più piccola particella razionale di me.

«E ti prego di non farmelo ripetere, piccola Stewart, perché è già stato difficile dirlo una volta». So quanto sia complicato per lui aprire il suo cuore e, quando lo fa, so che è sincero, che ha davvero voglia di condividere ciò che sente, e io lo apprezzo ogni volta di più. 

«Tu ti rendi conto di quello che hai detto?», gli domando, sentendomi come se mi avesse appena travolto una valanga, perché è questo che lui è stato per me, lo è stato dall'inizio, continuando ad esserlo ogni giorno, e ogni volta, quando riemergo da ciò che mi ha travolto niente è più come prima; ogni volta è tutto migliore, perché rinasco con lui.

«Di solito no...», afferma con il mezzo sorriso che tanto amo, quello che mette in risalto la fossetta sulla guancia sinistra, «ma stavolta sì...», mi si avvicina un po', per poi portare una mano sul mio fianco, facendo una leggera pressione, per fare in modo che il mio corpo aderisca al suo, «a meno che tu non ti riferisca a ieri, perché se intendi il mio sproloquio di ieri, allora ti dico che è stata la proposta peggiore della storia, e nella mia testa era del tutto diversa...», dice con aria divertita, prendendosi in giro, forse anche per alleggerire il momento tanto intenso che lui stesso ha creato poco fa.

«Io credo, invece, che la tua proposta di ieri sia stata la migliore di sempre... Non è da tutti ricevere il tuo vestito preferito per il gran giorno al posto dell'anello, quello lo sanno fare tutti, no?» È la prima volta che parliamo di ciò è successo ieri all'atelier, perché finora non siamo riusciti a realizzare del tutto quel momento.

«Quindi, hai apprezzato anche se sono stato imbranato?» Adoro vedere la sua parte fragile, quella che viene fuori solo con me e, a volte, con Jordan.

«Non sei stato imbranato, Harry», gli dico, puntando un gomito sul materasso per sollevarmi, fino a sfuggire alla sua presa, per mettermi a cavalcioni su di lui, cosa che fa spuntare il suo sorriso malizioso, «sei stato romantico...», mi abbasso per lasciargli un bacio sulla clavicola, «incredibilmente dolce...», un altro bacio sul collo, «affascinante...», un bacio appena al di sotto dell'orecchio, mentre chiude gli chiude gli occhi, inarcando leggermente la schiena, «e sexy da morire...» sussurro alla fine, quasi a soffiare le mie parole al suo orecchio.

«Cazzo, Stewart», dice poi, facendo forza per sollevarsi e farmi finire sotto di lui, tenendomi le braccia bloccate dalle sue mani, mentre si fa spazio tra le mie gambe, «sei tu che mi fai venire fame...» Sorrido compiaciuta di me stessa per l'effetto che ho avuto su di lui, e mi godo il suo sguardo mentre mi tiene inchiodata al materasso, poi la sveglia suona, interrompendo le sue parole.

«Creo que es muy tarde...», gli dico, continuando a provocarlo, «la alarma ha sonado... tenemos que levantarnos...»

«Qualunque cazzata sia appena uscita dalla tua bocca, scordati di lasciare questo letto con un solo indumento addosso...» Harry ha perso il sorriso, io anche, nel momento in cui la sua mano lascia la presa sul mio braccio, per infilarsi al di sotto della mia maglia, per poi farmi trattenere il fiato quando lo sento risalire lentamente, fino a trovarmi senza biancheria.

Faremo tardi, ma a questo punto non importa, non rinuncerei a questo momento per niente al mondo.

*****

Harry

Affretto il passo non appena scendo dalla macchina dopo averla posteggiata nel garage sotterraneo della HS Financial Services, mi avvio velocemente verso gli ascensori, premendo inutilmente più volte il pulsante di chiamata: so che non serve a niente, che l'ascensore non arriverà prima, ma aiuta la mia coscienza.

A mia discolpa posso dire che sono stato provocato: Chloe ha usato la sua arma migliore e io non posso tirarmi indietro di fronte al suo spagnolo. Certo, non è che posso usarlo come spiegazione ufficiale durante la riunione per la quale sono in ritardo, ma è un motivo che aiuta sempre la mia coscienza, un po' come premere più volte il pulsante dell'ascensore: totalmente inutile, ma psicologicamente efficace.

Le porte scorrevoli si aprono con un Ding sonoro, entro velocemente, per poi specchiarmi sulla superficie lucida mentre le porte si chiudono, tentando di sistemarmi i capelli, per rendermi più presentabile possibile.

Non posso evitare di sorridere mentre faccio scorrere le dita tra le ciocche scompigliate, ricordandomi la sensazione delle sue, di dita, a stringermi i capelli, mentre la mia bocca vagava sul suo corpo nudo poco più di un'ora fa. È meglio se la smetto, adesso, di pensare a lei, o alle persone basterà guardarmi - specialmente nelle zone base - per capire il motivo del mio ritardo. «Avanti, Harry, sei appena stato con lei», dico a bassa voce al mio riflesso, «e la rivedrai stasera, puoi resistere...»

L'ascensore arriva in fretta al piano, io tento di concentrarmi sul lavoro, quando cammino verso la scrivania di Rebekah, che mi guarda con una strana espressione, come se fosse preoccupata.

«Buongiorno, Reb, qualcosa non va?», domando, con tutta l'indifferenza di cui sono capace.

«Buongiorno Reb? Davvero Harry?», mi chiede, ben consapevole che stia cercando di deviare la sua attenzione. «Jordan ha già chiamato almeno sei volte perché non riusciva a rintracciarti, cosa che ho provato a fare anche io, ma il tuo telefono continua a squillare a vuoto...», mi sta rimproverando e, se fosse un'altra persona l'avrei già mandata a stendere, ma si tratta di Rebekah che, oltre a essere la sorella di Chloe, è una delle poche persone che riesce a tenermi in riga, quindi continuo a fare finta di niente, per non dover ammettere che sono in ritardo a causa dello spagnolo di sua sorella.

«Strano, eppure non l'ho sentito», affermo con nonchalance, infilandomi le mani in tasca, alla ricerca del cellulare.

Una ricerca vana, perché non lo trovo in nessuna, poi, improvvisamente, mi ricordo di ciò che ho fatto: ero sopra Chloe, quella dannata sveglia non smetteva di suonare e io non avevo voglia di perdere tempo a sbloccare lo schermo e compiere troppi gesti attenti per spegnerla, così mi sono allungato verso il comodino, ho aperto il cassetto, ho fatto scivolare all'interno il telefono, poi ho richiuso, per tornare ad occuparmi della mia ragazza semi nuda, che non aspettava altri che me.

«Merda!», esclamo spontaneamente, quando mi rendo conto della mia dimenticanza. «L'ho lasciato a casa, mi dispiace», le dico, provocando una rassegnata alzata di occhi al cielo da parte sua, mentre a me viene da ridere.

«Non è vero che ti dispiace», afferma lei con certezza, facendo spuntare il sorriso che non riesco più a trattenere, «ti aspettano di sopra», dice infine, arrendendosi al mio atteggiamento rilassato.

«Ok, grazie Reb», le dico, per poi voltarmi e avviarmi verso l'ascensore, ma la sua voce mi richiama ancora.

«Harry!», mi volto e la vedo in piedi, fare il giro della scrivania, per poi porgermi una cartellina, che suppongo contenga i documenti che mi serviranno durante la riunione. Mi avvicino per afferrarla e lei mi osserva con uno sguardo curioso. «Suppongo che questi siano i postumi dei festeggiamenti per il sì di mia sorella...», dice poi, per lasciare la frase in sospeso, immagino riferendosi alla mia faccia da idiota felice.

«Suppongo che andrò alla mia riunione, adesso», le rispondo, senza risponderle davvero, per poi tornare a dirigermi verso gli ascensori, con un gran sorriso stampato sulle labbra, perché non c'è niente che, oggi, possa togliermelo dalla faccia. 

*****

Emetto un respiro profondo quando tutti i membri del consiglio di amministrazione si alzano in piedi per lasciare la sala riunioni, per poi alzarmi a mia volta e salutare chiunque mi si avvicini, con una vigorosa stretta di mano.

Alla fine non è andata malissimo: il mio ingresso, a riunione già cominciata, è stato notato da tutti, ma Jordan è riuscito ad attirare l'attenzione su di sé, alzando leggermente la voce mentre illustrava il piano di investimenti dei prossimi tre mesi: non so cosa farei senza di lui e so di doverlo ringraziare per l'ennesima volta in tutta la mia vita.

«Allora... qual è la scusa per il tuo ritardo, oggi?», mi domanda mio fratello, raccogliendo i suoi fogli dall'enorme tavolo, dopo che siamo rimasti soli. Papà non è presente oggi, ha delegato quasi tutto a me e mio fratello, ormai.

«Non ho nessuna scusa oggi, Jordan...», gli dico, facendogli alzare lo sguardo su di me, che lo sto guardando con l'aria divertita.

«Beh, allora trovatene una, perché dovresti tentare almeno di giustificarti», afferma alla fine, sistemando la cartellina, che poi afferra per camminare verso di me.

«Non ho bisogno di trovarmene una, perché ho una motivazione più che valida per il mio ritardo di stamattina», asserisco con sicurezza, con ancora il mio sorriso sulle labbra - mi basta non nominare la performance di stamattina al mio risveglio, penso divertito.

«Avanti, sono curioso di sapere qual è la cosa che hai così tanta voglia di dirmi», dice, per poi sedersi sulla poltrona accanto alla mia, posare la cartellina sul tavolo, e incrociare le braccia al petto, osservandomi con attenzione.

Non credo che si aspetti la mia rivelazione, dato che nemmeno io mi sarei mai aspettato di chiedere a Chloe di sposarmi, così mi prendo qualche secondo per osservare il suo sguardo attento, le sue sopracciglia alzate, e la curiosità che gli leggo negli occhi.

«Chloe ha detto sì», affermo, orgoglioso di me, mentre lo osservo attento per non perdermi la sua reazione, che però non arriva, così perdo il sorriso e lo guardo con aria interrogativa.

«Ha detto sì a che cosa, esattamente?», mi domanda confuso.

«Alla "domanda", Jordan», gli dico, certo che capisca ciò che intendo, perché è così che ho sempre chiamato la proposta di matrimonio, quella che gli avevo giurato che non avrei mai fatto, quella che ho sempre detestato con ogni parte di me, quella che pensavo non facesse per me...

«Oh, merda!», esclama ad alta voce, alzandosi in piedi all'improvviso, osservandomi con gli occhi sbarrati e increduli, mentre il sorriso compiaciuto torna sulle mie labbra.

L'ho sorpreso, l'ho fatto anche con me stesso quando mi sono reso conto che era ciò che volevo, ho sorpreso Zayn quando gli ho detto che avrei chiesto alla sua ragazza di reggermi il gioco, ho sorpreso Rebekah, che mai si aspettava una richiesta del genere da parte mia, e ho sorpreso la mia Chloe, che, per la mia infinita gioia, ha accettato senza alcun tentennamento. Non ho mai dato per scontata la sua risposta, perché niente è mai stato scontato con lei.

«Giura che non mi stai prendendo per il culo!», insiste lui.

«Non ho bisogno di farlo...», affermo sicuro di me, per poi tornare a sorridere in silenzio, godendomi la sua espressione smarrita, che però non dura più di tanto, perché mi si avvicina velocemente, per chiudermi in un abbraccio spacca ossa, uno di quelli che mi hanno tenuto insieme in questi anni.

«Che grandissima testa di cazzo che sei!», afferma alzando la voce, lasciando trasparire tutto il suo entusiasmo per la notizia. «Perché non me l'hai detto?», mi domanda, tornando a guardarmi negli occhi.

«Volevo essere sicuro di averne il coraggio, prima di fare qualche cazzata, come mio solito». Non sono mai stato bravo a concludere qualcosa di buono nella mia vita e ora, che c'è Chloe, sto tentando in ogni modo di essere migliore, di aggiustare tutti quei lati di me che avevano bisogno di una sistematina.

«Quindi l'hai fatto davvero?», mi chiede, come a volere la conferma che le mie parole non siano state una presa in giro, e non ho problemi a confermare ogni cosa, perdendomi a raccontargli i dettagli di quei momenti, dall'istante in cui quell'idea ha preso forma nella mia testa, fino a quando mi sono ritrovato in quell'atelier, con le gambe molli, le mani che sudavano, e la testa nella più totale confusione, mentre speravo di non stare rovinando tutto ciò che ero riuscito a costruire fino a quel momento.

La fine della relazione con Winter è stata devastante per me e, anche se a distanza di tempo, ho capito che non era affatto amore quello che provavo per lei, mi è rimasta addosso la sensazione di essere io quello che ha rovinato tutto, una sensazione che non mi sono mai scrollato veramente di dosso. Con Chloe è stato diverso, ma essere inadeguato - e mai abbastanza - è sempre stata la mia paura più grande.

So bene che non avrei dovuto mai paragonare le due storie – non hanno nulla in comune –, ma quella paura ha preso il sopravvento per lungo tempo, anche quando credevo di essermene liberato, quando ero convinto di averla superata, invece era ancora lì, e ieri è tornata a galla, opprimendo la mia testa, i miei pensieri, a tal punto che ero quasi deciso a cambiare idea.

Non ho potuto più farlo perché lei è uscita dal camerino con addosso il vestito dei suoi sogni, con un sorriso sognante sulle labbra e una gioia infinita negli occhi quando si è accorta della mia presenza; a quel punto non esisteva più la paura, o qualsiasi cazzata avesse potuto farmi cambiare idea.

Volevo Chloe, la voglio ancora, e la vorrò anche domani, si fotta la paura e qualsia altra cosa possa tenermi lontano da lei, perché non c'è niente che io voglia di più al mondo che restare al suo fianco per tutta la vita.
 

§§§§§§§§§§§§ 

 

SPAZIO ME

Buosalve belle persone!

Eccoci tornati con un nuovo capitolo di Their Stories, in cui scopriamo cos'hanno vissuto Harry e Chloe, prima e dopo la proposta, soprattutto il punto di vista di Harry, che condivide questo momento con suo fratello, ancora incredulo per la notizia, ma sinceramente felice per lui.

Quando scrivo di loro due torno indietro nel tempo, ai capitolo di The beginning, e non posso non fare paragoni e vedere quanto entrambi siano cresciuti l'uno accanto all'altra, e li amo, tantissimo.

Grazie tantissimo per essere qui con me e tenermi compagnia in questo viaggio, che prosegue a rilento, a causa delle numerose cose che non riesco a smettere di scrivere, ma continua la loro avventura.

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 32
*** Harry & Chloe - a strange day ***


La felicità è lì, davanti a te, vicinissima, che quasi puoi toccarla, e allora tu cammini svelta per raggiungerla, perché ormai sei ad un passo, perciò non guardi dove metti i piedi; ormai sei arrivata a destinazione, non hai più bisogno di prestare attenzione, e non ti rendi conto di un piccolo, piccolissimo gradino, che potresti superare facilmente se tu stessi tenendo alta la guardia, se stessi guardando dove stai andando, invece non lo fai perché il tuo sguardo è proiettato in avanti, verso la fonte della tua felicità, ed è proprio quello il momento in cui inciampi.

È questa la sensazione che ho da stamattina e non riesco a scrollarmela di dosso.

Mi sono svegliata nel cuore della notte dopo aver fatto un incubo, ma non ricordo nulla di quello che ho sognato. So per certo che non fosse lo stesso vecchio incubo, quello dell'incidente di Dylan, stavolta era diverso, ma non saprei dire come, o in che modo, so che mi ha turbata, e non sono più riuscita a prendere sonno.

Mi sono alzata per bere qualcosa, ho cercato di non disturbare Harry, che ieri sera è tornato tardi dall'ufficio, ma mi ha sentita lo stesso, e mi ha raggiunta in cucina. È stavo meravigliosamente dolce nel riportarmi a letto e tenermi stretta a lui, ma questo non è bastato a farmi tornare a dormire; i miei occhi sembravano non volersi più chiudere, come se, così facendo, potessi riprendere a sognare quell'incubo.

Da un lato vorrei ricordare cosa stavo sognando, dall'altro credo sia meglio che abbia dimenticato, è solo che quando le cose vanno così bene, come nell'ultimo periodo, ho sempre paura che possa succedere qualcosa, perché è davvero tanto tempo che sono felice, e temo che la fregatura sia in agguato, proprio dietro l'angolo.

Mi sono alzata dal letto con l'affanno, senza riuscire a fare un respiro profondo nemmeno dopo averci provato una trentina di volte. Harry è andato in ufficio con la sua auto, come fa tutti i giorni, solo che quella sensazione mi sta stringendo alla gola, e ogni cosa mi sembra un pericolo. 

Sbuffo con forza – o almeno ci provo – per poi mettermi al lavoro, sperando che concentrarmi sulla traduzione che devo portare a termine entro la fine del mese, possa aiutarmi a smettere di pensare.

Il telefono squilla, distogliendomi bruscamente dai miei pensieri. Controllo il display prima di rispondere e sorrido nel vedere il nome della sorella di Harry.

«Ciao Grace» le dico, appoggiandomi all'indietro con la schiena.

«Ciao, Chloe! Come stai!?» domanda, con il suo solito tono allegro.

«Tutto come sempre» rispondo «e tu?» le chiedo.

«Come sarebbe a dire "come sempre?" Io sono fuori di me dalla gioia! Mio fratello mi ha appena dato la notizia!» esclama con entusiasmo, provocandomi un enorme sorriso.

«Sì, tuo fratello l'ha data anche a me la notizia». Mi è capitato di rivivere mentalmente quel momento - che devo ancora comunicare al resto della mia famiglia e dei miei amici -, quello in cui avevo l'abito bianco addosso e lui mi ha chiesto di restare insieme per tutta la vita, credo sia una dei più belli di sempre.

«Quindi stasera usciamo a festeggiare!» Non credo sia una vera domanda la sua, e comunque non credo di poter rifiutare qualcosa a Grace Thompson.

«L'hai già detto a Harry?» le chiedo, immaginando che la risposta sia sì.

«Sì, mi ha detto di no, ma non m'interessa. Ci vediamo stasera al "Tunnel"». Di nuovo non è una domanda e non si arrenderà fino a che non usciremo con lei a festeggiare.

«Grace...» tento, inutilmente, di richiamarla.

«Non m'interessa nemmeno la tua opinione, Chloe, e poi voglio farvi conoscere una persona!» Come dirle di no quando è così entusiasta?

«D'accordo, ci vediamo lì» le dico alla fine, mi saluta con la sua allegria contagiosa e mi sento già un po' meglio.

Grace è una continua scoperta per tutti, ha portato tanto allegria in casa Styles, anche il padre di Harry l'ha accolta in casa a braccia aperte. Le ha persino proposto di prendere il suo cognome, in aggiunta a quello della madre, ma lei non ha accettato, anche se Harry e Jordan tentano ancora di convincerla, perché vogliono che faccia legalmente parte della famiglia.

Novità da Grace?

Il mio telefono segnala l'arrivo di un messaggio da parte di Harry, al quale rispondo immediatamente.

Siamo al Tunnel stasera

Lo immagino con il suo meraviglioso mezzo sorriso, quello che fa spuntare solo la fossetta sinistra, mentre legge la risposta che gli ho inviato: posso amarlo più di quando l'ho conosciuto? È possibile amarlo ogni giorno di più? Ed è possibile essere certi di aver trovato la tua esatta metà?

Non ho bisogno di rispondere a queste domande, perché la risposta vive con me, dorme accanto a me, e il suo sorriso è la mia fonte di energia primaria.

Harry non ha voglia di andare in quel locale, nemmeno io, ma sono certa che voglia accontentare sua sorella, per la quale stravede proprio come tutti i fratelli maggiori, e io sono felice di trovarmi in mezzo a tutto questo amore.

D'improvviso mi sento meglio, sento che questa giornata può migliorare, ed è con questo spirito che mi rimetto al lavoro, pronta ad affrontare le prossime pagine da tradurre con la giusta carica per portarne a termine il più possibile. 

*************

Non riesco a smettere di guardarlo, proprio non ci riesco: sono entrata in bagno per sistemarmi i capelli e sono rimasta incantata a guardare la sua figura al di là del vetro zigrinato della doccia. È bello da morire e io ho decisamente perso la testa.

«Se vuoi c'è spazio qui dentro, Stewart» dice poi, facendomi sobbalzare, perché non credevo si fosse accorto della mia presenza.

«È tardi, Harry, tua sorella ci aspetta tra mezz'ora» gli dico, nel tentativo di distrarlo, o forse di distrarre me stessa: vorrei davvero arrivare in orario una volta tanto, dato che facciamo sempre tardi, perché non riusciamo a stare lontani l'uno dall'altra, ma è ovvio che a lui non importa, perché lo sportello del box doccia si apre lentamente.

«Non bollo la cartolina nemmeno in ufficio, piccola Stewart» dice, con un sorriso decisamente sexy «avanti, non farti pregare, lo so che vuoi rifare la doccia...» scuoto leggermente la testa, tento di resistere, ma lo faccio solo con uno dei neuroni del quale è dotato il mio cervello, perché il resto del mio corpo sta già agendo di propria iniziativa.

Il sorriso di Harry diventa più ampio mentre mi avvicino a lui, lascio cadere i miei vestiti sul pavimento, poi lo raggiungo sotto al getto dell'acqua, richiude lo sportello, sento l'acqua bagnarmi i capelli – di nuovo – sento le sue mani posarsi sui miei fianchi, mentre vedo i suoi occhi accendersi.

«Te l'avevo detto di aspettarmi» dice poi a bassa voce, poco prima che le sue labbra finiscano sulle mie.

Mi aveva mandato un messaggio dicendomi di aspettarlo per fare la doccia, ma io ero troppo nervosa, mi sentivo agitata, e avevo creduto che fare una doccia calda mi avrebbe aiutato a rilassarmi, ma avrei dovuto immaginare che sarebbe stato tutto diverso con Harry. Non c'è niente che mi azzeri i pensieri più dei suoi baci sul collo, niente di più coinvolgente del suo corpo che si spinge contro al mio fino a farmi sentire il freddo delle piastrelle del muro, niente di più totalizzante della sua presenza, che mi porta in un'altra dimensione, la nostra.

«Smettila di pensare, non ne hai bisogno, adesso...» sussurra contro la mia pelle «sono qui, Chloe... pensa soltanto a me...» Le sue parole, le sue mani sul mio corpo, i suoi baci, e io perdo il controllo.

È sparita la tensione, le preoccupazioni, i pensieri, e l'agitazione di tutta la giornata. Il mio cervello è spento, è stato Harry a spegnerlo, gli basta parlarmi in questo modo e io lo lascio entrare nella mia testa, lascio che si prenda i miei pensieri e li faccia suoi per un po', per permettermi di lasciarmi andare, proprio come adesso, che la sua mano è scesa ad afferrare la mia coscia per sollevare la mia gamba.

«Hai capito cos'ho detto?» mi domanda tornando a guardarmi e io mi innamoro ancora, perché lo sguardo che ha per me in questo momento non mi permette di fare altro se non innamorarmi ancora di lui.

«Che cos'hai detto, Styles?» gli domando per provocarlo.

«Ho detto che ti amo...» Non credo l'abbia detto, ma non ha importanza dato che la sua voce si spegne, il mio respiro anche, chiudo gli occhi, lascio andare la testa all'indietro, e lascio che si prenda ogni cosa, per poi restituirmela con gli interessi, in un perfetto scambio di sensazioni, emozioni, che mandano entrambi nella nostra piccola dimensione parallela, nella quale siamo soltanto noi, dove non c'è altro che l'amore che proviamo l'uno per l'altra, e nessuna brutta sensazione può entrare a disturbarci.

*******

«Non rispondere» dice Harry, all'ennesima volta che sto per afferrare il suo telefono dal portaoggetti dell'auto, mentre suona.

«Ma Grace potrebbe essere preoccupata per il nostro ritardo» gli faccio notare, dato che avremmo dovuto essere lì quasi un'ora fa.

«Grace è solo impaziente di dirmi che si è fidanzata con Niall e io non ci tengo ad arrivare in orario» dichiara con una punta di fastidio nella voce, mentre guida nel traffico di Boston.

«È Niall la persona che vuole farci conoscere?» gli chiedo curiosa.

«Chi altri vuoi che sia!? Sono sicuro che abbia colto al volo l'occasione di voler festeggiare il fatto che ti abbia chiesto di sposarmi, così pensa che sarò meno stronzo con loro, ma si sbaglia». Harry non ha ancora digerito che lei si veda con Niall, io sono certa che Grace sia una ragazza con la testa sulle spalle e, probabilmente, Harry si comporterebbe allo stesso modo con qualsiasi altro ragazzo frequentasse sua sorella.

«Ma Niall lo conosciamo già, che senso avrebbe presentarcelo?» gli chiedo ancora, perché c'è qualcosa che non torna.

«Come fai a non capirlo, Chloe: ha intenzione di presentarlo ufficialmente, è evidente!» dichiara con ovvietà.

Resto in silenzio, senza più ribattere, accontentandomi delle sue spiegazioni, eppure c'è qualcosa che mi fa pensare che non sia Niall la persona che stiamo per incontrare, per Harry è evidente, per me no, ma non manca molto per scoprirlo, perché stiamo per raggiungere il locale al quale Grace ci ha dato appuntamento.

Scendiamo dall'auto dopo aver parcheggiato poco distante, la mano di Harry si stringe intorno alla mia, ed entriamo insieme in questo nightclub che ha già visto tanto di noi; dalla prima volta in cui mi sono ritrovata qui per caso e lui è venuto a recuperarmi per poi finire a fare una gara di shottini, per non parlare di capodanno e dell'incontro con la sua ex, al quale non voglio più pensare, nonostante l'improvvisata di Harry nei bagni delle signore abbia avuto un gran successo.

Cammino dietro a lui, tenendo stretta la sua mano, con un piccolo sorriso sulle labbra al pensiero di quel bacio nel bagno delle donne, tra fischi e applausi di tutte le donne presenti.

«È laggiù!» dice lui ad alta voce, per farsi sentire sopra la musica ad alto volume di questo posto, contino a camminare alle sue spalle, fino a che non si ferma di colpo.

«Che succede?» gli domando, dopo essermi scontrata con la sua schiena.

«Cazzo!» lo sento imprecare, così alzo lo sguardo, seguo la direzione dei suoi occhi e vedo sua sorella in piedi, che ci sorride, con la mano alzata per farsi notare, ma vedo anche la persona in piedi accanto a lei, qualcuno che avevo sperato di non vedere mai più.
 

§§§§§§§§§§  

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Eeeeee il capitolo si è interrotto... Chi c'è insieme a Grace? La sensazione di Chloe era motivata?

E Harry e Chloe quanto mi mancavano???

So di essere stata un po' cattiva ad interrompere così il capitolo, ma ero impaziente di farvi leggere qualcosa di loro, giusto per farvi capire che non sono morta, ma sono stata davvero presa da diverse cose in questo periodo, spero di aggiornare presto, ma voglio proprio vedere se avete indovinato chi è la persona che è con Grace.

A presto, spero prestissimo, vi voglio bene anche se in questo momento mi odiate...

Eeeee niente, buona lettura 😍

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Capitolo 33
*** Harry & Chloe - a spanish day ***


Chloe

È come svegliarsi da un bel sogno, uno di quelli in cui ti sembra tutto perfetto, in cui sai che le cose non potrebbero andare meglio di così: il ragazzo che ami ricambia a tal punto che ti ha chiesto di sposarlo, siete felici, tu e lui, nel vostro piccolo mondo fatto di baci e sorrisi, e quando torni alla realtà, ti rendi conto che quel piccolo mondo esiste solo tra le quattro mura di casa tua, perché quando esci dalla tua bolla, lei esiste ancora.

È così che mi sento in questo istante, un istante in cui sono sospesa nel vuoto, un istante che mi sembra surreale, assurdo, e mi rendo conto che sto tornando a respirare solo quando la presa della mano di Harry si fa più stretta, poi si volta verso di me, mentre restiamo al centro del locale, attorniati da sconosciuti, mentre sento ancora i rumori leggermente ovattati.

«Possiamo andarcene, Chloe, non siamo obbligati a restare» mi dice apprensivo, tenendo lo sguardo fisso nel mio, come a rassicurarsi che io stia bene, ma come posso stare bene?

Harry ha scelto me, e non ho dubbi su di lui, o su di noi, eppure non posso fare a meno di tornare con lo sguardo su di lei e vedere quanto sia ancora più bella dell'ultima volta in cui l'ho vista; la cosa peggiore è sapere che Harry è stato a letto con lei, l'ha baciata, l'ha amata, anche se in modo diverso da come ama me, ma vederli vicini mi provoca un enorme senso di fastidio alla bocca dello stomaco, perché non posso evitare di immaginarli insieme.

E so che è una cosa stupida, perché anche lui ha il suo passato, un passato con il quale ha chiuso definitivamente, ma non posso fermare la mia mente.

«Ma Grace...» protesto debolmente, tornando a guardare sua sorella, che ora ci sta osservando con aria stranita, mentre la stronza ha ancora quel sorriso sulle labbra.

«Grace se la prenderà con me, tranquilla, inventerò una scusa e...»

«Non fa niente, Harry» dico decisa, dopo il primo attimo di indecisione, tornando a guardarlo nei suoi meravigliosi occhi verdi, adesso così tanto preoccupati per me «restiamo!» esclamo convinta, perché la stronza non può avere questo potere su di me, nemmeno su Harry: non deve avere nessun potere, punto.

«Chloe, davvero, non...»

«Ho detto che restiamo, a meno che non sia tu a volertene andare» gli dico, quasi in tono di sfida, e mi dispiace rivolgermi a lui in questo modo, ma sento l'adrenalina iniziare a spandersi per il mio corpo, e ho bisogno di sfogarla in qualche modo.

«È una pessima idea, Chloe» dice infine, rassegnandosi alla mia volontà.

«Può darsi» dico con una punta di cattiveria nella voce «forse la peggiore che io abbia mai avuto in vita mia» continuo, sorridendogli «ma vuoi mettere la soddisfazione di guardarla negli occhi quando, io e te, ce ne andremo da qui insieme?» domando con sarcasmo, provocando in lui un sorriso divertito, così ampio da far spuntare entrambe le fossette, poi ruota leggermente gli occhi, scuote la testa e sembra tornare più tranquillo, dimostrandomi quanto tutta la sua preoccupazione fosse per me, e ora che mi vede più decisa, anche lui si è rilassato, segno che della stronza non gli importa proprio nulla.

«E allora dopo di te, piccola Stewart» mi dice, facendomi cenno di precederlo.

Non me lo faccio ripetere due volte, cammino avanti a lui, fino a raggiungere il tavolo dove trovo una Grace tornata sorridente e una stronza con il solito sorriso strafottente.

«Ciao» dico alla sorella di Harry, mentre la stringo in un abbraccio.

«Ciao, Chloe, tutto bene?» mi domanda, quando torno a guardarla negli occhi.

«Benissimo, grazie» le confermo, sorridendo sincera.

«Bene, allora ti presento...»

«Winter!» esclamo interrompendo Grace, che ora mi guarda stranita, mentre io fisso la bionda negli occhi: non ho alcuna intenzione di distogliere lo sguardo per prima.

«Vi conoscete?» chiede Grace, con tono incerto.

«Non esattamente» le rispondo, senza togliere gli occhi da quelli azzurrissimi di Winter.

La bionda non dice una parola, poi si volta verso Harry, gli sorride, ma resta ancora in silenzio: non so cosa stia facendo, ma non avrà la soddisfazione di percepire il fastidio che mi sta facendo contorcere la bocca dello stomaco.

«Lei è la ragazza che mi aiuta a rimettermi in pari con gli studi» afferma Grace, guardando prima me, poi suo fratello «e loro sono Harry, mio fratello, e Chloe, la sua fidanzata» dichiara con un tono di voce tranquillo, ma con lo sguardo smarrito.

Non ho idea di come la prenderà non appena saprà di chi si tratta, non appena scoprirà chi sia la sua nuova amica, ma deve saperlo e lo deve sapere adesso.

Quindi, ho due alternative: o prendo Grace da parte e le spiego la situazione, ma questo comporterebbe lasciare Harry e la stronza da soli, oppure fare un cenno a Harry e chiedere a lui di spiegare a sua sorella come stanno le cose, il che comporterebbe il fatto che sarei io a dover restare da sola con lei, e al momento sono così carica che non sarebbe una buona idea.

Resta, pertanto, l'alternativa numero tre: quella di essere più stronza di lei, e so che rovinerò la serata a Grace, ma è giusto che sappia con chi ha a che fare.

«Grace, lei è la ex di tuo fratello Harry» dico diretta, sentendomi decisamente più sicura di me stessa.

Nonostante l'abbia già affrontata una volta, non avevo tutta la grinta e la determinazione che ho adesso, e stasera ho voglia di schiacciarla come merita.

«Oh... Non... Non lo sapevo...» ribatte Grace, mortificata.

«E io non sapevo che Harry fosse tuo fratello» ribatte la stronza, rivolgendosi a Grace. «Non fai Thompson di cognome?» le domanda.

«Sì, porto il cognome di mia madre» risponde lei, mentre il suo viso diventa il ritratto dell'imbarazzo.

«Oh... allora tu sei... mio padre mi ha raccontato...» dice ancora la stronza, lasciando la frase in sospeso, riferendosi chiaramente alla madre di Harry. «Quindi Jordan si sposa?» domanda rivolgendosi a Harry, cambiando improvvisamente argomento. «Mi ha detto Grace che suo fratello si sposa...»

È ovvio che stia facendo una delle sue sceneggiate, perché sono certa che Grace le abbia detto che siamo qui per festeggiare suo fratello che si sposa e non c'è Jordan seduto a questo tavolo; sono certa che abbia già in mente qualcuno dei suoi giochetti, ma forse non ha capito che io e Harry siamo più forti che mai.

«Sono io il fratello che si sposa» risponde immediato e deciso Harry, senza l'ombra di incertezza nella voce, lasciandola di stucco.

«Oh... Wow...» esclama lei sbalordita, mentre io gongolo internamente nel vedere la sua espressione sorpresa «davvero?» continua, poi, portando lo sguardo sulle mie mani. «Non vedo nessun anello, però...» afferma infine, tornando a guardarmi negli occhi.

E vorrei davvero zittirla a suon di schiaffi, ma Harry mi precede un'altra volta, facendomi sentire la persona più importante del mondo.

«Chiunque può ricevere un anello» afferma lui, guardandomi come se ci fossimo soltanto noi qui dentro «Chloe ha ricevuto il vestito dei suoi sogni».

Non ha messo sé stesso al centro del mondo, ha messo me, perché non ha detto io le ho regalato il vestito, ha detto lei ha ricevuto il vestito, e la cosa mi fa mancare il fiato: non so come ci riesca, eppure ci riesce ancora, gli basta guardarmi, essere sé stesso, e io perdo la testa per lui per l'ennesima volta.

******

Harry

Credevo sarebbe stato un disastro, ho temuto che la presenza di Winter avrebbe minato la nostra tranquillità, la serenità di Chloe, ma ho sottovalutato la mia ragazza.

Grosso errore, Styles!

Ha fatto dei progressi incredibili, da quando l'ho conosciuta: da cinica e acida, quasi del tutto persa, è diventata solare, sorridente, ma senza perdere quella punta di acidità che mi ha fatto perdere la testa, la stessa con la quale mi tiene testa per la maggior parte del tempo.

Adesso è molto più sicura di sé, non ha più paura di essere ferita, e sa gestire ogni situazione con un perfetto autocontrollo, sono io quello impanicato, quello insicuro, quello che vorrebbe scappare da qui a gambe levate, perché non mi piace stare allo stesso tavolo con Winter.

L'ho superata, totalmente, ma la sua presenza mi mette a disagio più di quanto mi piaccia ammettere, specialmente quando vedo lo sguardo di Chloe su di lei. Dio! Devo trattenere un sorriso quando mi rendo conto che dai suoi occhi stanno per partire fulmini e saette.

Le tiene testa su ogni argomento, senza problemi, sotto lo sguardo spaesato di Grace, che vorrei davvero rassicurare. Credo di poterle lasciare sole, se una delle due dovesse avere la peggio non sarebbe di certo Chloe, e mia sorella sembra aver bisogno di parlare.

«Posso parlarti un attimo?» le chiedo.

Mia sorella mi guarda incerta, le faccio cenno di seguirmi mantenendo il sorriso sulle labbra, per farle capire che è tutto ok, poi mi alzo e lei mi segue fino al bancone, dal quale riesco a vedere Chloe e Winter.

«Mi dispiace così tanto, Harry, io non immaginavo chi fosse...» dice lei, appena prende posto sullo sgabello accanto al mio.

«Non potevi saperlo, Grace» le dico per tranquillizzarla «solo che non so se mi dà più fastidio aver trovato la mia ex o pensare di trovare chi avevo immaginato...» le dico con un tono ironico, mentre le sorrido, cercando di far sparire la sua espressione mortificata.

«Chi avevi immaginato?» mi domanda curiosa.

«Devo davvero dirtelo?» chiedo retorico, per poi lanciare uno sguardo a Chloe.

«Ancora non ti va giù che mi veda con Niall? È un tuo amico, Harry, lo conosci...»

«È proprio perché lo conosco che non mi piace che ti giri intorno» le dico interrompendola «ma sto provando a fidarmi di lui, ciò non vuol dire che la cosa mi piaccia, questo sia chiaro!» esclamo con fermezza.

Grace sorride, sembra più tranquilla, così ne approfitto per spiegarle come stanno le cose.

«Io e Winter siamo stati insieme tempo fa, credevo di essere innamorato di lei e, come puoi immaginare, non è finita bene. Non si è comportata bene neanche con Chloe, ma da come puoi vedere, la mia ragazza non se la sta cavando male» le dico, indicando le due ragazze sedute al tavolo.

Winter ha l'espressione contrariata, Chloe sembra più agguerrita che mai, e vorrei tanto farmi piccolo piccolo per poter origliare la loro conversazione.

«Mi piace Chloe» afferma Grace, restando con lo sguardo verso le due ragazze.

«Non dirlo a me...» le parole escono da sole, mentre sorrido come un idiota.

«Direi che si era capito» dice lei, tornando a guardarmi. «Quindi, davvero le hai chiesto di sposarti regalandole il vestito da sposa?» chiede, a conferma di quanto sa già.

«Non avrei voluto farlo in nessun altro modo... Avresti dovuto vedere i suoi occhi quando ha visto la foto di quell'abito... È stato quello il momento in cui ho capito quello che dovevo fare. Ho cercato un modo speciale per chiederglielo, per giorni, perché almeno in questo dovevo superare Zayn, e quando ho visto il suo sguardo mentre osservava quel vestito, è stato tutto chiaro...»

«Sei proprio andato, fratello!» esclama lei divertita.

«Non immagini quanto, Grace» le dico con lo stesso sorriso da idiota «non immagini quanto...»

*****

Chloe

Mi sento bene, carica, mi sento potente, e soddisfatta, molto soddisfatta; per il mio comportamento, per come ho reagito alla sua presenza, per come sono riuscita a non sentirmi inferiore rispetto a lei, nonostante sia - e detesto ammetterlo - di una bellezza straordinaria.

Eppure, per quanto Winter sia bella, Harry è con me in questo momento, mentre torniamo a casa nostra, quella che ha ristrutturato per noi due, quella che ha visto tanti nostri momenti felici.

«Davvero non hai intenzione di raccontarmi niente?» mi domanda lui per la terza volta da quando abbiamo lasciato il locale.

Abbiamo salutato presto Grace e la stronza, perché era ridicolo trascorrere la serata insieme come se niente fosse, ma ho fatto in tempo a togliermi diverse soddisfazioni, facendole notare quanto si sia persa.

«No» rispondo soltanto, perché voglio chiudere l'argomento e pensare solo al suo sorriso sfrontato, quello con il quale mi osserva di tanto in tanto, guidando verso casa.

«Mi lascerai davvero con questa curiosità?» insiste lui, con un tono sorpreso.

«lléveme a casa...» gli dico, accendendo immediatamente il suo sguardo «y te cuento una historia diferente...» Ho attirato la sua attenzione, l'ho fatto di proposito, perché solo io e lui contiamo davvero, lei è fuori dalla nostra vita da tempo, e lì deve rimanere.

«Piccola Stewart, tu provochi...» afferma con un tono decisamente sexy.

«Por supuesto...» ribatto ancora.

A quel punto lui sorride, torna a guardare avanti, il piede sull'acceleratore si fa più pesante, mentre io vedo scorrere veloce la città al di fuori del finestrino, e penso a quanto sono fortunata, a quanto sono innamorata, e a quanto amo questo ragazzo che mi ha cambiato la vita.

Spero solo di continuare a meritarlo.
 

~~~~~~~~~~~~~

 

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Un altro piccolo salto nella vita di Harry e Chloe, in cui la nostra protagonista ha preso in mano la sua vita e non abbassa più la testa, tanto che lui la lascia camminare con le sue gambe.

Eeeee grazie sempre per essere qui, vi voglio bene, e buona lettura 😍

 

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Capitolo 34
*** Harry & Chloe - Doubt ***


Chloe

Lo osservo dormire da almeno dieci minuti: i lineamenti del suo viso sono tesi, non è tranquillo nemmeno mentre riposa, e forse non riposa affatto.

Harry sta attraversando un lungo periodo difficile da quando sua madre è ricomparsa nella sua vita - per poi sparire per sempre - lasciandogli altri pensieri. È entrata a far parte della sua vita Grace, la sorella di cui nessuno era a conoscenza, e per quanto sia una ragazza meravigliosa, è comunque un pensiero che si aggiunge a quelli che già aveva; come si sono aggiunti anche quello di una maggiore responsabilità al lavoro, dopo la promozione che ha avuto, per non parlare del nostro matrimonio, e per ultimo, a completare un quadro già piuttosto carico, è tornata Winter.

Sembrava che fosse riuscito a trovare un equilibrio, un modo per gestire lo stress causato da tutti questi pensieri, ne ero convinta, perché stava bene, stavamo bene. È cambiato qualcosa, oppure è successo qualcosa che lo sta riportando indietro, a quando credeva di poter risolvere tutto da solo.

Non so come fare ad aiutarlo, come alleggerire il carico dei suoi pensieri; è costantemente nervoso e irascibile, dandomi l'impressione che qualsiasi cosa io faccia sia sbagliata. L'unico pensiero che potrei essere in grado di togliergli sarebbe quello di chiedergli di accantonare il progetto di sposarci, almeno fino a quando non si sentirà meglio, ma rischierei solo di peggiorare la situazione, perché potrebbe sentirsi rifiutato, e lo farei solo stare peggio.

Sospiro piano, per non disturbarlo, cercando di trovare un modo per farlo stare meglio, ma per quanto ci provi, niente sembra funzionare.

Sono stata accondiscendente e si è arrabbiato, dicendo che non vuole essere compatito; sono stata sincera e mi ha chiesto un po' di comprensione; sono stata comprensiva e mi ha chiesto più spazio; gli ho lasciato più spazio e mi ha accusata di pensare solo al mio lavoro, e allora sono tornata ad essere accondiscendente, così, il tutto è ricominciato da capo, in un infinito circolo vizioso che non riesco a spezzare.

Al momento ho deciso di dedicarmi ad aiutare mia sorella con i preparativi per le nozze, perché nelle ultime due settimane - da quando l'umore di Harry sembra essersi trasformato radicalmente - ho trascurato ogni cosa, ogni affetto, nel tentativo di aiutarlo, ma forse è il caso che prenda un po' le distanze e magari, cambiando prospettiva, vedrò le cose diversamente, e riuscirò ad aiutarlo davvero.

Mi alzo silenziosamente, per lasciarlo dormire ancora qualche minuto, prima che suoni la sveglia, mi reco in cucina a preparargli la colazione dopo essermi data una rinfrescata in bagno, e quando sto preparando l'impasto dei pancake, la sua voce bassa mi fa quasi saltare per aria dallo spavento.

«Perché non mi hai svegliato?» mi domanda, restando sulla porta, vestito solo di un paio di boxer, mentre si passa con forza una mano tra i capelli.

«Era presto, volevo lasciarti dormire ancora un po'» gli spiego, notando quel cipiglio preoccupato, che sembra essersi insediato sul suo viso.

«Lo sai che detesto svegliarmi da solo, Stewart» afferma infastidito, restando dove si trova, come se gli fosse impossibile avvicinarsi a me, comportamento che tiene spesso ultimamente.

Mi trattengo dal fargli notare che la mia voleva solo essere una gentilezza, che sono venuta in cucina a preparargli la colazione, e che non sono scappata in Perù, abbandonandolo a sé stesso, perché equivarrebbe ad una litigata sicura, e non è quello che voglio.

«Fra due minuti i pancake sono pronti, perché non vai a farti una doccia, nel frattempo?» gli propongo, giusto per fare in modo di avere qualche minuto per sbollire la rabbia che, da giorni, sta tentando di venire fuori.

«Chloe...»

«Due minuti, Harry» dico interrompendolo, perché non sono sicura di voler sentire ciò che ha da dire, per poi voltarmi verso i fornelli «è meglio se ti sbrighi» dico ancora, per poi recuperare la padella da mettere sul fuoco.

Lo sento sospirare sonoramente alle mie spalle, poi il rumore dei suoi piedi nudi sul parquet mentre si allontana, e io mi appoggio con entrambe le mani al bordo del ripiano della cucina, stringendolo con forza, come se, così facendo, potessi scaricare il nervosismo che sento pervadere ogni angolo del mio corpo.

È come se fossimo tornati a qualche mese fa, a quando era convinto di poter risolvere tutto da solo. Si è chiuso in sé stesso e forse non si sta nemmeno rendendo conto di farlo, o almeno spero che lo stia facendo in maniera inconsapevole, perché sapere che mi sta tagliando fuori di proposito sarebbe molto peggio.

Riprendo l'impasto dei pancake, ne cucino alcuni, nel frattempo Harry torna dalla doccia e si siede a tavola senza dire una sola parola, chiuso nel suo mutismo da giorni. Stamattina non voglio fare nulla più del necessario, perciò servo la colazione ad entrambi, per poi sedermi di fronte a lui e consumare il mio pasto a testa bassa, come se lui non ci fosse.

Per diverso tempo gli unici rumori che si sentono nella nostra cucina sono quelli delle posate, o dei bicchieri quando li posiamo sul tavolo dopo aver bevuto, e da un lato mi sta bene così, perché abbiamo trascorso troppi giorni a discutere per cose di nessun conto, e l'indifferenza mi sta bene in questi minuti, ma sembra che per lui non sia lo stesso.

«Si può sapere che ti succede stamattina?» mi domanda, lasciando cadere la forchetta sul piatto vuoto, provocando di proposito un gran rumore.

«Non mi succede niente, Harry» rispondo, continuando a tenere lo sguardo sui miei pancake.

«E puoi dirmelo guardandomi negli occhi?» Non mi piace il suo tono di voce, perché sembra che - come spesso succede nell'ultimo periodo - mi stia sfidando, come se stesse giocando ad un gioco del quale è l'unico a conoscere le regole.

Devo trattenermi a fatica, perciò inspiro lentamente, cercando di non fargli notare la mia irritazione crescente, poi sollevo lo sguardo, tornando a guardare i suoi occhi verdi, che oggi sembrano più spenti del solito, ed è un colpo al cuore.

Il suo sguardo è una chiara richiesta d'aiuto e al tempo stesso riesco a vedere con chiarezza il muro che ha eretto per tenermi lontana da lui, o viceversa. Se dessi retta al cuore correrei da lui, lo bacerei, e finiremmo per fare l'amore nel solito modo degli ultimi giorni, in maniera aggressiva, con lui che riversa la sua rabbia su di me e io che gli permetto di farlo, il tutto senza ottenere nulla, perché poi gli leggerei di nuovo negli occhi quanto si senta colpevole nei miei confronti, e lui fuggirebbe per nascondersi in ufficio, ed è un circolo che voglio spezzare.

«Harry non mi prende niente, davvero...» il mio tono di voce cambia di nuovo, perché vederlo così perso è difficile da affrontare e da gestire.

«Oh, andiamo, Chloe! Perché non lo dici e basta!?» esclama ad alta voce, con un tono palesemente infastidito.

«Non capisco cosa intendi» gli dico, abbassando la mia voce ancora di più, nella speranza che si calmi.

«Non vuoi rimproverarmi, oggi!?» Pronuncia quelle parole con un tono tagliente. «O magari darmi ragione su qualsiasi cosa dica!?» continua, sporgendosi leggermente in avanti.

«Harry smettila». La mia richiesta sembra irritarlo maggiormente, dato che si alza in piedi di scatto, facendo strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento, per poi poggiare entrambi i palmi delle mani sul bordo del tavolo e guardarmi con aria minacciosa.

«Già, forse è meglio» stavolta è lui ad abbassare la voce, poi resta fermo per qualche secondo e io alzo lo sguardo, fissandolo nel suo.

È perso, lo è da giorni, e non riesco a ritrovarlo, o forse è lui che continua a nascondersi, magari non vuole farsi trovare. E se avesse solo bisogno di qualche giorno? Se fosse la mia presenza a mettergli pressione? E se, inconsapevolmente, Harry fosse così preoccupato di non coinvolgermi da non accorgersi del disastro che sta combinando?

«Harry...» mi sfugge il suo nome senza un reale motivo; è appena un sussurro, mentre lui sembra essere del tutto assente.

«Devo andare in ufficio» dice poi, rimettendosi dritto, assumendo la solita postura rigida, infine distoglie lo sguardo e si allontana.

«Perché non mi parli?» gli domando all'improvviso, facendolo fermare di colpo.

Resta di spalle, sembra che non stia respirando, con il capo leggermente reclinato verso il basso, le braccia tese lungo i fianchi, e i pugni chiusi. Ho perso il conto di quante volte gli ho posto questa domanda e, tutte le volte, lui rispondeva che non aveva niente da dire, ma stavolta rimane in silenzio, come se stesse meditando quale risposta darmi. Il silenzio dura così a lungo, che non ho altra scelta che alzarmi e raggiungerlo, perché ci sto provando a scuoterlo, ma quando mi rendo conto che si assenta in questo modo non riesco a fare altro che correre da lui e abbracciarlo, proprio come sto facendo ora, che mi stringo alla sua schiena, portando le braccia sui suoi fianchi, appoggiando la testa sulla sua spalla, lasciando che torni a regnare il silenzio.

«Harry possiamo risolverla... Qualsiasi cosa sia possiamo risolverla...» gli dico con un filo di voce, sperando di ottenere qualcosa, ma ovviamente non è così.

«Adesso devo andare in ufficio» risponde lui freddamente, per poi appoggiare le sue mani sulle mie, scostarle dal suo corpo e sfuggire alla mia presa, lasciandomi a guardarlo mentre cammina verso la nostra camera da letto.

Mi sta tagliando fuori da ciò che gli sta succedendo e io non so come fare per tornare indietro.

************

Harry

Non riesco a farlo, non riesco a dirglielo, sono tornato ad essere un vigliacco, ma l'idea di perderla, di mettere a rischio il nostro rapporto, mi sta facendo uscire fuori di testa. So che devo farlo, perché è l'unica scelta possibile, l'unica che dovrei mettere in pratica, è solo che quando la guardo negli occhi e vedo la fiducia sconfinata che ha nei miei confronti, mi sento l'uomo più orribile sulla faccia della terra e perdo il controllo.

L'ho trattata di merda anche stamattina, lo sto facendo da troppi giorni, e se non mi lascerà per ciò che ho fatto, lo farà per come mi sto comportando.

Dio, sta facendo di tutto per avvicinarsi a me, mentre io la sto mandando via a calci.

«Harry?» Alzo lo sguardo di scatto dalla mia scrivania, non appena sento la voce di mio fratello. «La riunione sta per iniziare...» mi dice, restando sulla soglia della porta, poi mi osserva con più attenzione «qualcosa non va?» mi domanda, mentre resto in silenzio a guardarlo, con l'aria colpevole. «No, cazzo! Non gliel'hai ancora detto!?» mi rimprovera, e io non ribatto, perché non ho alcun diritto di farlo. «Stai aspettando che lo scopra da sola?»

L'idea che possa succedere mi ha sfiorato un paio di volte, ma poi l'ho scartata, non credo possa accadere davvero. Se non glielo dico io non potrà venire a saperlo, perché Jordan è l'unico che non mi tradirà di sicuro, e se Chloe non verrà a saperlo, il codardo che è in me è ancora salvo.

«Jordan...» gli dico alzandomi in piedi, ma lui mi interrompe, entrando del tutto nel mio ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

«Sto continuano a mentire a Hazel per pararti il culo e Chloe non merita di certo le nostre menzogne...»

«Se glielo dico è finita!» Stavolta sono io ad interromperlo, perché il terrore che Chloe mi abbandoni prende il sopravvento quando penso all'eventualità di raccontarle la verità.

«Non puoi saperlo, Harry. Chloe è una ragazza intelligente, lo capirà...» dice lui, sembrando sinceramente convinto di ciò che dice, ma io non lo sono affatto.

«Proprio perché è una ragazza intelligente che si renderà conto dello sbaglio che ha fatto con me...»

«Smettila, Harry! Non sottovalutarla e fidati di lei. Parlale, raccontale quello che hai passato nell'ultimo periodo qui al lavoro, nella tua testa e...»

«Niente può giustificare quello che ho fatto, Jordan!» esclamo alzandomi in piedi, perché quel pensiero mi fa sentire come se fossi seduto su una bomba ad orologeria e, quando esploderà, non potrò scappare. 

«Non stavo cercando di giustificarti, Harry...» mio fratello abbassa il tono di voce, mentre leggo la delusione nel suo sguardo «e sono d'accordo con te sul fatto che niente può giustificare quello che hai fatto, ma non puoi andare avanti così per sempre, perché, in un modo o nell'altro, stai distruggendo il tuo rapporto con lei...».

Le parole di mio fratello non sono una novità, lo sapevo anche senza che me lo dicesse, ma sentirlo dire da lui, con lo sguardo che ha adesso, è qualcosa che fa più male di quanto già non facesse prima. Le cose possono soltanto peggiorare, lo so bene, eppure non ci riesco, perché quando sto per parlare con lei è come se le corde vocali entrassero in sciopero, come se la mia testa non fosse più in grado di elaborare una sola frase di senso compiuto, perché lascio che sia la paura a vincere.

«Il fatto è che ho una paura fottuta, Jordan, perché perdere Chloe non è un'opzione...»

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Capitolo 35
*** Harry & Chloe - Confused thoughts ***


Harry

È stata una giornata difficile sotto ogni punto di vista: lo sguardo di rimprovero di Jordan è stata una costante di cui avrei fatto volentieri a meno, la riunione ha fatto alzare il mio livello di stress, e quel pensiero martellante sembra aver scavato una voragine nella mia testa, facendo in modo che io non possa pensare ad altro.

Ancora non riesco a credere di essere stato così stupido, di aver fatto un'enorme cazzata, e ammetto che me la sto facendo sotto al pensiero di dover affrontare Chloe.

Ho rimandato il più a lungo possibile il mio rientro a casa, stasera, ma non posso nascondermi dietro a questa scrivania per sempre. Sospiro amareggiato e mi alzo in piedi dopo aver spento il computer; raccolgo i fogli sparsi sulla scrivania, lo faccio lentamente, li ammucchio in un angolo, poi sistemo la sedia, recupero portafoglio e chiavi di casa dal primo cassetto, infine vado verso l'uscita del mio ufficio, spengo le luci e resto immobile e in silenzio, al buio, per qualche secondo, come se così facendo riuscissi a raccogliere il coraggio di cui ho bisogno per poter guardare negli occhi Chloe e dirle la verità.

Credevo di aver superato tutto: la perdita di mia madre, l'arrivo di mia sorella, mio padre che sembra essere sempre più perso ad ogni giorno che passa, le responsabilità sempre più grosse che gravano sulle mie spalle al lavoro, tutte cose che sembravano diventare più gestibili, e invece mi sono ritrovato con un carico troppo pesante da portare e, senza nemmeno rendermene conto, ad un certo punto si è rotto qualcosa e sono crollato, finendo sotto tutto quel peso.

Non avrei dovuto bere così tanto quella sera, non avrei nemmeno dovuto essere lì, e non avrei dovuto lasciarmi andare... Non avrei dovuto fare tante cose, invece le ho fatte, e ora devo aprire questa dannata porta per tornare a casa e guardarla negli occhi mentre la distruggo.

Inspiro profondamente, poi esco, cammino lentamente lungo il corridoio: sono andati già tutti a casa, l'ufficio di Dylan è al buio, la scrivania di Rebekah è vuota, ma poi penso che oggi non è nemmeno venuta al lavoro perché ha passato la giornata a casa con sua sorella, per organizzare il matrimonio.

«Cazzo!» impreco a bassa voce, mentre premo il pulsante dell'ascensore, quando penso che il mio, di matrimonio, potrebbe andare a farsi fottere, e quasi certamente succederà, perché sono un idiota.

Arrivo in fretta ai parcheggi, raggiungo la macchina e metto in moto: devo farlo, devo dirglielo, è questo che penso durante il tragitto che mi porta a casa, forse, se continuo a ripeterlo, mi convinco a farlo, forse riesco a mettere da parte la paura, forse posso guardarla negli occhi e dirle che stronzo che sono...

Ma chi voglio prendere per il culo? Non riuscirò mai a guardarla negli occhi e spezzarle il cuore; se apro bocca, non sarà solo il suo cuore a distruggersi, la perderò, rovinerò tutto, mi lascerà, e non avrò nemmeno il diritto di chiederle di restare, con che coraggio potrei farlo? Con quale coraggio posso dirglielo pensando alle conseguenze?

Già... Le conseguenze...

Sospiro di nuovo, non faccio altro da giorni, spengo il motore dell'auto quando parcheggio davanti a casa, poi scendo e mi dirigo verso l'ingresso dopo aver rimesso la maschera d'indifferenza che cerco di tenere su per non cedere, ma quando entro in casa resto a dir poco sorpreso: lei non c'è.

«Chloe?» provo a chiamarla dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, ma non risponde. «Chloe?» tento di nuovo, attraversando salotto e cucina, ma niente. «Chloe!?» la richiamo un'ultima volta, alzando la voce, ma l'unica cosa che sento è il silenzio, un silenzio tanto assordante da farmi fischiare le orecchie.

Il terrore si fa presto spazio nella mia testa e la prima cosa che faccio è andare ad aprire il suo armadio, per controllare se la sua roba sia ancora qui, e tiro un'enorme sospiro di sollievo quando vedo ogni cosa ancora al suo posto.

«Dove sei, Stewart?» pronuncio a bassa voce, con lo sguardo fisso sui suoi indumenti appesi.
La sua auto è parcheggiata fuori, i suoi vestiti sono ancora qui, eppure lei non è ai fornelli, come tutte le altre sere, non è nemmeno in casa e posso immaginare che sia ancora con sua sorella, ma la verità è che non ho nessuna certezza.

Prendo il telefono dalla tasca interna della giacca e faccio partire la chiamata: uno squillo, due, tre, quattro, li conto, uno ad uno, cinque squilli, poi la segreteria.

Sono Chloe, lasciate un messaggio!

Poche parole che ho sentito altre volte, ma stasera sembrano essere fredde come il ghiaccio, tanto da sentire realmente freddo: è questo che prova quando mi guarda? È questo che sente quando sono io a farle sentire la mia indifferenza?

Non lascio un messaggio, chiudo la comunicazione e mi tolgo il completo per indossare qualcosa di più comodo, poi vado in bagno per darmi una rinfrescata, cercando di convincermi che Chloe sia con sua sorella e che voglia soltanto ignorarmi, infine vado in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare, anche se non ho davvero fame, così ci rinuncio, riprendo il telefono e la chiamo di nuovo, solo per sentire un'altra volta quel messaggio registrato.

Sbuffo rumorosamente, mentre lascio andare in malo modo il cellulare sul ripiano della cucina, mi passo con forza una mano tra i capelli, cammino verso la finestra per controllare se sia tornata, ma di lei non c'è traccia. Riprendo il telefono e chiamo sua sorella.

Uno squillo, due, tre...

«Ciao, testa di cazzo». Chiudo gli occhi e trattengo la frustrazione, quando sento la voce di Zayn.

«Chloe è lì?» gli domando secco, senza salutarlo, senza replicare alle sue parole. Non gli parlo da giorni, non lo faccio con nessuno, perché non voglio coinvolgere nessun'altro, e so che mi sto comportando da stronzo anche con lui, ma è meglio così: non voglio che debba scegliere tra me e Rebekah.

«A quanto pare sai ancora parlare... Credevo avessi perso la lingua...» mando giù la sua battuta senza ribattere, lo merito e ha ragione, ma soprattutto, ora non ho tempo da dedicare alle stronzate.

«Zayn dobbiamo rimandare questa bella chiacchierata, dimmi soltanto se Chloe è lì... Per favore...» so che sembro disperato, e la realtà è che lo sono.

«Per favore, eh? Devi essere disperato...» Zayn dà voce ai miei pensieri, mi conosce troppo bene «e comunque la risposta è no: Chloe non è qui».

«Sai dove può essere?» gli domando, dato che è altamente improbabile che si trovi con sua sorella, altrimenti perché Zayn starebbe rispondendo al telefono di Reb.

«Non ne ho idea, Harry. È rimasta con Reb fino ad un paio d'ore fa, poi è andata via, non ha detto dove andava, credevamo che sarebbe andata a casa...» Sento la paura salire vertiginosamente, dopo le parole del mio amico.

«Puoi chiedere a Rebekah?» gli domando, con lo stesso tono disperato.

«Sei in vivavoce, Harry, lei ti ha sentito...» e questo può voler dire soltanto che Rebekah ce l'ha con me: Chloe dev'essersi confidata con lei, deve averle raccontato quanto sono stato stronzo con lei, e ora, sul pianeta, c'è una persona in più che mi detesta, per questo non ha voluto parlarmi.

«Se non vuoi dirmi dov'è andata, va bene, Reb» dico ancora «dimmi solo che sta bene» è la cosa che mi preoccupa di più, in questo momento.

«Harry» è sempre Zayn a parlare «Reb non sa davvero dove sia Chloe...» sento la sensazione del terrore farsi spazio ovunque, perché è chiaro il tono preoccupato nella voce del mio migliore amico.

«Prova a chiamarla, Reb, a te risponderà» le dico con un filo di voce, nella speranza di poter avere sue notizie. «Fammi solo sapere che sta bene». La mia è ormai una supplica, perché mi è rimasto soltanto questo da fare.

«Ti faccio sapere» dice Zayn alla fine, poco prima di salutarmi.

Chiudo la comunicazione, lancio di nuovo il telefono sul ripiano della cucina, poi mi appoggio con entrambe le mani sul bordo, chiudo gli occhi, e cerco di pensare a dove possa trovarsi, ma per quanto mi sforzi, la mia testa è in una confusione tale da non essere in grado di ragionare lucidamente.

Passano pochi minuti, o forse secondi, non lo so con precisione, ma d'un tratto sento dei rumori provenienti dall'esterno, così, mi avvicino velocemente alla finestra, appena in tempo per vedere Chloe scendere dall'auto di Niall: sta sorridendo, poi si abbassa leggermente verso il finestrino dal lato passeggero e riesco a vedere mia sorella, si salutano, alla fine si rimette dritta, cammina verso l'ingresso di casa, ma la sua espressione è radicalmente cambiata.

Trattengo il fiato quando apre la porta, e resto immobile quando di accorge della mia presenza. «Ciao» mi saluta freddamente, poi distoglie lo sguardo e si sfila le scarpe, senza aggiungere una sola parola.

«Stai bene?» le domando a bassa voce, quasi con timore.

«Sto bene, Harry» risponde monocorde, senza guardarmi, per poi camminare verso la camera da letto.

«Possiamo parlare?» le domando, in un impeto di coraggio, facendola fermare di colpo.

Resta in silenzio, dandomi le spalle: è tesa, lo sono anch'io, ma credo che lei sia sul punto di esplodere. Sì volta lentamente, mi guarda dritto negli occhi, e io vorrei non aver formulato quella domanda.

«Dovrei dirti di no» pronuncia a bassa voce «dovrei inventare qualche scusa per lasciarti lì» continua «dovrei lasciare che continui a logorarti» dice ancora, restando ferma dove si trova «ma non posso farlo, perché ho aspettato per troppo tempo che parlassi con me...». Riesco a vedere la speranza nei suoi occhi, insieme a tutta la fiducia che ha nei miei confronti, e io sto per rovinare tutto. «Avanti, Harry, dimmi cosa succede?»

*******

Chloe

Il mio telefono squilla e non avrei risposto se Harry non avesse insistito perché lo facessi, dicendo che di sicuro era Rebekah.

«Sì, Reb, sono a casa... Ci sentiamo più tardi...» saluto mia sorella, che mi ha chiamato dopo che Harry le ha detto di non avermi trovato a casa, poi chiudo la comunicazione e resto a guardarlo per qualche secondo, mentre poso il telefono sul ripiano del mobile accanto a me.

Non l'ho mai visto così perso come in questo momento: il suo sguardo è triste, spaventato, e preoccupato, ma forse arriveremo ad un chiarimento, ed è su questo che mi devo concentrare, perché voglio che sparisca l'orribile sensazione che mi sta martellando il cervello, la sensazione che lui si stia allontanando da me.

«Dove sei stata?» mi chiede, senza muoversi di un millimetro.

«Lo sai che non dovrei darti nessuna spiegazione, vero? Non dopo che tu hai evitato di darne a me per così tanti giorni» gli dico, cercando di fargli capire il mio stato d'animo, quello che provo, e il suo silenzio mi spinge a proseguire, perché i suoi occhi mi stanno dando ragione. «Ho incontrato tua sorella per caso, mentre stavo tornando a casa a piedi. Niall la stava accompagnando da Winter, per un ripasso, se non ho capito male, così, mi hanno offerto un passaggio».

Non mi è sfuggito il modo in cui si è irrigidito quando ho pronunciato il nome della sua ex: sta serrando la mascella e adesso è soltanto paura, quella che leggo nei suoi occhi, la stessa che sto iniziando a provare anche io. «Harry...» pronuncio con un filo di voce, per invitarlo a parlare, a dirmi cosa lo tormenta.

«Chloe...» il mio nome esce dalle sue labbra in un sussurro, poi cammina lentamente verso di me, senza distogliere lo sguardo dal mio; in questo momento vorrei non conoscerlo così tanto bene come credo di conoscerlo, perché sento che sta per dirmi qualcosa che mi farà molto male, e la mia testa mi ha già detto di cosa si tratta, ma non posso accettarlo.

«Harry ti prego... dillo e basta...» lo supplico, perché quest'agonia sta andando avanti da troppo tempo.

Mi guarda, poi sospira, chiude gli occhi per qualche secondo, e quando torna a guardarmi, potrebbe anche non dire più niente, perché adesso lo so, e fa male da morire. «Ricordi la sera che sono rimasto a dormire da Jordan?» mi domanda con un filo di voce.

Resto in silenzio, ma ricordo bene quella sera: avevamo discusso al telefono, poco prima che uscisse dall'ufficio - una delle tante volte in cui è successo nelle ultime due settimane - poi mi aveva detto che sarebbe uscito con suo fratello per una birra, ma quell'unica birra dev'essersi trasformata in qualcos'altro, perché Jordan mi aveva chiamato verso le due del mattino, dicendomi che Harry avrebbe passato la notte da lui. A quel punto, mi ero alzata dal divano ed ero andata a letto con una brutta sensazione, sensazione che ho cercato di accantonare fino ad ora, la stessa brutta sensazione che lui ha appena risvegliato con una sola frase.

«Non sono uscito con Jordan» dice ancora, ed è come se le sue parole stessero scavando una fossa intorno a me. Non dico niente, non ci riesco, lo lascio continuare. «Volevo soltanto smettere di pensare per un po', volevo che il mio cervello si spegnesse perché non ero più in grado di sopportare niente...» il mio silenzio persiste, non riesco a dire nemmeno una parola, come se avessi perso la voce. «Quel giorno ci sono stati dei problemi al lavoro, avevo litigato con mio padre, Grace era passata da me per parlare... perché la consigliassi sul suo percorso di studi... e ho dovuto prendere delle decisioni al posto di Jordan e...» si ferma per qualche secondo, come se si aspettasse qualcosa da me, ma l'unica cosa che riesco a fare è sentire quella fossa farsi sempre più profonda «e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che non potevo deludere nessuno, ma quello che le persone si aspettavano da me era troppo...»

In un certo senso ha ragione, perché le persone hanno grandi aspettative su di lui, questo è vero, ma ciò non significa che potrebbe deludere qualcuno... non può pensarlo davvero...

«Harry... Non sei la delusione di nessuno, non potresti mai...»

«L'ho fatto, Chloe» dice interrompendomi «ti ho delusa...» sento la disperazione nella sua voce, mentre mi sento sprofondare sempre più in basso. «Volevo stare da solo, ero seduto al tavolo, mi sono fatto lasciare la bottiglia, e più bevevo, meno sentivo la pressione addosso, la testa sembrava svuotarsi... io... avevo solo bisogno di smettere di pensare...»

«Harry...» lo sento, sento che quella fossa sta per trasformarsi in una voragine, sento che sto per caderci dentro «cos'hai fatto?» gli domando quasi senza fiato.

«Dio, Chloe, credevo che avrei finito la bottiglia e mi sarei sentito meglio, volevo solo allentare la tensione, la pressione che tutti mi stavano facendo...»

«Harry cos'hai fatto?» gli chiedo di nuovo, interrompendolo.

Fa un passo verso di me, mentre io ne faccio uno indietro, con lo sguardo fisso nel suo, quando sento che sto per scivolare verso il punto più profondo della fossa che lui stesso mi sta scavando intorno.

«Ad un certo punto è arrivata Winter» il fiato sospeso e le palpebre che restano immobili «si è seduta accanto a me e ho cercato di ignorarla, ma lei continuava a parlare» sta per arrivare il colpo di grazia e non credo di poterlo sopportare «allora ho cercato di alzarmi per poi andarmene, ma non mi reggevo in piedi, lei continuava a parlare e... cazzo, non mi ricordo nemmeno quello che diceva, è tutto così confuso...»

«Che diamine è successo!?» gli chiedo alzando il volume, perché ho bisogno di sentire dalla sua voce quello che si è materializzato nella mia testa.

Lui respira profondamente e per me è come se si stesse preparando per darmi il colpo di grazia, poi il suo sguardo assume l'espressione più disperata che gli abbia mai visto, e quando parla è come se il mio cuore smettesse di battere.

«L'ho baciata».

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Capitolo 36
*** Harry & Chloe - Great certainties ***


Nero: è l'unico cosa che riesco a vedere per diversi secondi, perché ho chiuso gli occhi. Non riesco a guardarlo e, nonostante fosse quello che immaginavo, ciò che ormai avevo capito mi stesse per confessare, il mio cuore si rifiuta di credere a quello che ho appena sentito.

Non può essere, non può averlo fatto... Non può...

«Chloe...» riapro gli occhi nel sentire la sua voce e vedo tutta la sua sofferenza, mentre continuo a sentirmi scivolare sempre più giù.

Provo a parlare, ma le mie corde vocali non collaborano, e quando lui fa un altro passo verso di me sento la necessità di allontanarmi, così, mi volto e vado in camera.

«Chloe parlami...»

La sua voce è in grado di ferirmi ancora, anche solo pronunciando il mio nome, mi manca l'aria, mi sento soffocare. Non posso credere a ciò che ha detto, non è possibile che l'abbia fatto, Harry non è così: è questo che continuo a ripetermi, quando mi siedo sul bordo del letto, incapace di reggermi ancora in piedi.

«Chloe... Ti prego...» Alzo di poco lo sguardo per vederlo inginocchiarsi di fronte a me, lo vedo appoggiare le mani sulle mie ginocchia, ma è come se non lo sentissi. Vorrei dirgli qualcosa, ma non ci riesco. «Ero fuori di me, non capivo niente, non riesco nemmeno a ricordare...»

«Ho bisogno di una boccata d'aria!» esclamo all'improvviso, incapace di sentire altro. Mi alzo velocemente in piedi, come se fossi una molla che scatta, lui cerca di raggiungermi, ma io sono più veloce. «Lasciami qualche minuto, Harry» gli dico senza fiato, poi continuo a camminare, senza guardarmi indietro.

Non sento nessun rumore alle mie spalle, mi avvicino alla porta d'ingresso e lo sguardo mi cade sul mobiletto alla mia sinistra, sulle chiavi della sua macchina, che afferro con forza, per poi uscire all'esterno. Chiudo la porta e mi appoggio contro con la schiena, chiudo gli occhi, e inspiro profondamente, lo faccio più volte, mentre tento di trovare un motivo abbastanza valido che l'abbia portato a fare ciò che ha fatto, solo che non ne trovo nemmeno uno...

Nemmeno uno...

Semplicemente non può averlo fatto, il mio cuore non ci crede, la mia mente si rifiuta di farlo, perché Harry non l'ha fatto...

Apro gli occhi di scatto e mi dirigo svelta verso la sua auto, salgo, metto in moto e ingrano la marcia, per poi fare manovra quasi sgommando, e immettermi nel traffico per andare da lei. So dove si trova, Grace mi ha detto poco fa che erano in biblioteca, spero che sia ancora lì.

Guido veloce, quasi incurante delle altre auto, che spesso suonano il clacson a causa della mia disattenzione, ma non riesco a fare diversamente, ogni neurone è concentrato su di lei, non posso fermarlo. Non mi rendo nemmeno conto di quanto tempo ci abbia messo a raggiungerla, ma la biblioteca è proprio qui, davanti a me. Parcheggio come capita, al momento non m'importa, poi raggiungo l'ingresso principale e mi addentro attraverso i corridoi e le aule di consultazione dei libri, sperando di trovarla ancora qui, e finalmente la trovo.

È in piedi, sta raccogliendo le sue cose dal tavolo, mi avvicino a passo sicuro e mi piazzo di fronte a lei, dalla parte opposta del tavolo. Winter alza lo sguardo su di me, con l'espressione soddisfatta, e un sorriso sulle labbra, un sorriso che ho voglia di toglierle a suon di schiaffi.

«Se dovessi definirti mediocre sarebbe addirittura un complimento» le dico, facendole sentire attraverso la mia voce tutto il disprezzo che nutro nei suoi confronti.

«Mi pare di capire che te l'abbia detto» afferma compiaciuta, come se non aspettasse altro, per poi tornare a riempire la sua tracolla con un paio di libri.

«Sì, me l'ha detto» le confermo, senza la necessità di specificare quale sia l'argomento, perché è ovvio che entrambe ci stiamo riferendo alla stessa cosa.

«Ce ne ha messo di tempo» continua, con evidente sarcasmo, e il suo atteggiamento non fa che confermare ciò che penso.

«Già... C'è solo un fattore che non hai calcolato in questo tuo piano del cazzo!» tento di tenere basso il tono di voce, ma non mi è affatto facile. Winter smette di fare ciò che stava facendo e mi osserva con curiosità, così sono io a sorriderle soddisfatta, stavolta. «Io non gli credo».

La stronza mi guarda stranita, incredula, e io sento il cuore gonfiarsi, perché so di aver ragione. «Harry non ti ha baciato... Te lo sei inventato...». Nei suoi occhi leggo un piccolo momento di incertezza, vacilla appena, ma poi si riprende subito.

«Non se lo ricorda perché era troppo ubriaco...»

«Io non ti ho detto che non se lo ricorda» dico decisa interrompendola, affermazione che pare troncare ogni suo discorso, così continuo «ma si ricorda di avere chiamato Jordan per farsi venire a prendere, mi pare un po' strano, no?»

Il giorno dopo quella sbronza sono andata a recuperarlo a casa di suo fratello, Hazel mi ha confermato che Jordan era uscito nel cuore della notte per andare a prendere Harry in un pub; io ho parlato al telefono con Jordan, mi aveva detto che preferiva portarlo a casa perché era troppo fuori di sé. Avevo acconsentito, dato che Harry stava passando un periodo difficile e magari, restare con lui, parlare con suo fratello lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio.

Un paio di giorni dopo abbiamo affrontato l'argomento: il post sbornia l'ha smaltito a fatica, ma era lucido, mi ha raccontato alcuni dettagli che non può essersi inventato, come tutti gli insulti che gli ha rivolto il fratello mentre lo portava a casa, e quel vuoto di memoria che sembra esserci, quello nel quale dovrebbe essere avvenuto quel bacio, sembra fare acqua da tutte le parti. Winter l'ha manipolato, l'ha sempre fatto, e sono certa che l'abbia fatto anche in questa occasione.

«Non è strano» dice subito dopo, stringendo con forza la sua tracolla «era ubriaco...»

«Era ubriaco, è vero» le dico, interrompendola di nuovo «e le cose sono due: o non sapeva quello che stava facendo perché tu gli hai fatto il lavaggio del cervello, oppure non è successo, tu gliel'hai messo in testa, e credo proprio che le cose siano andate così, o a quest'ora l'avresti sbandierato ai quattro venti che Harry ti ha baciato, perché non aspetti altro, no!?» le dico, sentendo la rabbia salire ai massimi livelli. «Invece non l'hai fatto, perché non è mai successo... Nemmeno da completamente ubriaco Harry ha voluto baciarti e hai pensato di spezzargli il cuore un'altra volta, magari con l'idea che avresti potuto consolarlo, ma no! Lui non ti vuole, non ti ha voluto allora, e non ti vorrà mai, mettitelo in testa, non c'è niente che tu possa fare per portarmelo via!»

Harry mi ama, il mio cuore l'ha sempre saputo, e la mia testa rifiutava l'idea che fosse successo; non mi sbagliavo, perché lo sguardo incerto che le vedo negli occhi mi ha appena confermato che l'ho battuta su tutti i fronti.

Non ho più niente da dirle, quindi semplicemente me ne vado, e non m'interessa se continua a chiamarmi, tirando fuori argomenti improbabili, ai quali non presto alcuna attenzione, mentre cammino svelta verso l'esterno per raggiungere l'auto di Harry e tornare da lui.

Quando sono partita da casa per venire qui ero certa che non fosse mai successo, e sentivo la necessità di sbatterlo in faccia a quella stronza; lasciare Harry nell'incertezza, a logorarsi nei suoi dubbi, non è stato voluto, ma se l'è meritato. Se solo avesse parlato prima, se si fosse aperto con me, niente di tutto questo sarebbe successo, e credo che meriti una lezione, per questo mi costringo a far sparire il sorriso dal mio volto poco prima di parcheggiare davanti a casa.

Sto chiudendo la portiera dopo essere scesa dall'auto, quando sento la sua voce preoccupata.

«Cristo santo, Chloe!» mi volto nella sua direzione e vedo tutta la sua preoccupazione in un solo sguardo. «Non avevo idea di dove fossi, hai anche lasciato a casa il telefono...» continua, osservandomi con attenzione, come a volersi assicurare che sia tutta intera «ero preoccupato da morire!»

«Beh, adesso sai come mi sono sentita in questi giorni, per tutto il tempo in cui mi hai tenuta lontana». Non vorrei essere così fredda con lui, ma ho bisogno che capisca che tagliarmi fuori non è la soluzione ai suoi problemi.

«Lo so, hai ragione, mi sono comportato come un idiota, ho fatto una marea di errori e mi dispiace, ma io ti amo da impazzire, Chloe...» dovrei dirglielo, ma il dubbio gli fa bene, sta iniziando a parlare.

«Idiota non rende abbastanza l'idea, Harry» gli dico decisa «stronzo è più indicato. Hai fatto tutto di testa tua, escludendomi dalla tua vita... Dov'è finito quell'insieme che tanto hai decantato?» Non risponde, come se non fosse in grado di farlo, così continuo. «Hai lasciato che fossimo soli entrambi, hai lasciato che affrontassimo tutto senza poter contare l'uno sull'altra... Lo sai che questo ci stava allontanando, vero?»

«Lo so, cazzo se lo so! E ti giuro che se potessi tornare indietro farei tutto diversamente, ti racconterei tutte le cazzate che mi passano per la testa e... e non sarei andato in quel pub e... e non l'avrei baciata...»

Avrei dovuto resistere un po' di più, farlo restare sulla graticola per molto più tempo, ma la verità è che non ci riesco: mi è mancato così tanto in queste settimane che non voglio più aspettare.

«Harry...» il suo nome esce dalle mie labbra con un piccolo sorriso.

«Perché stai sorridendo, Stewart?» mi domanda con aria confusa. «Dovresti essere arrabbiata con me, dovresti prendermi a schiaffi...»

«Non tentarmi... In realtà lo meriteresti, Harry, ma solo per come ti sei comportato in quest'ultimo periodo» gli dico sorridendo ancora.

«Vuoi dirmi che il fatto che io abbia baciato Winter non ti crea alcun problema?» Voglio dirglielo, ma non così in fretta.

«Ti va se ne parliamo in casa?» gli domando, poi non aspetto la sua risposta, cammino verso l'ingresso, lui dietro di me, con l'aria sempre più confusa.

«Stewart?» mi richiama non appena mettiamo piede in cucina. «Mi spieghi che sta succedendo? Perché non è così che avevo immaginato la tua reazione...» mi volto a guardarlo, continuo a sorridere, e decido di lasciarlo nel dubbio ancora un po'.

«Se decidessi di seguire il tuo esempio dovrei uscire da questa casa sbattendo la porta, trovando qualsiasi scusa pur di sfuggire alle tue domande...»

«Chloe... So di averti delusa...»

«Non l'hai fatto, Harry» lo interrompo ancora, perché non ne posso più di questa distanza da lui.

«Delusa?» mi domanda stranito.

«Anche...» gli dico sorridendo di più.

«Che significa anche?» mi domanda, sempre più confuso, mentre mi avvicino a lui.

«Significa che non mi hai delusa...»

«Chloe...» le sue parole si bloccano quando mi avvicino abbastanza da posare le mani sul suo petto.

«Torna a quella sera, Harry, a quando eri con lei» gli dico, cercando di fargli ricordare quel momento.

«Non voglio farlo!» Si irrigidisce e tenta di allontanarsi, ma afferro tra le dita la sua maglietta, e lo trattengo.

«E invece devi farlo». La mia imposizione mi fa guadagnare un altro sguardo confuso, ma questo non mi ferma dal proseguire. «Eri con lei, stavate parlando... Cosa ti ha detto?» gli domando.

«Chloe non...»

«Avanti, Harry, concentrati» gli dico decisa, lui sospira, non è convinto, ma prosegue.

«Ok... Stavamo parlando, anzi lei stava parlando, io volevo soltanto finire la mia bottiglia... Ha cominciato a dire qualcosa sul fatto che stare da soli fa schifo, che le mancavo e... Chloe non voglio andare avanti» si blocca nel bel mezzo del racconto, ma io voglio che arrivi da solo alla conclusione.

«Devi farlo, voglio che tu visualizzi quel momento e dimmi cosa ti ricordi». Vorrei soltanto dirglielo e poi baciarlo, e poi prenderlo a schiaffi perché mi ha fatto passare due settimane di merda, e poi baciarlo di nuovo, perché mi manca davvero troppo farlo.

«Cazzo, Stewart, perché!?» alza la voce, ma è spaventato, così sorrido di nuovo.

«Fallo e basta, direi che me lo devi, no?»

«Ok!» ribatte frustrato, poi riprende a parlare. «Stava parlando così in fretta che non capivo niente di quello che diceva, ero come stordito, l'alcool stava facendo effetto, non stavo pensando, lei parlava e parlava...»

«Cosa diceva?»

«Diceva che... che avremmo potuto stare di nuovo insieme... che sarebbe cambiata... che... Cazzo!» esclama all'improvviso, sbarrando gli occhi.

«Cosa c'è?» gli domando.

«Che coglione!» dice, ridendo amaramente. «Che razza di coglione!» trattengo una risata nel sentire gli insulti rivolti a sé stesso, ma non intervengo, lasciandogli modo di realizzare da sé ciò che è avvenuto. «Ha cominciato a dire che mi avrebbe baciato, che io volevo farlo, e l'ha ripetuto così tante volte che mi ha convinto che fosse vero...» stavolta gli sorrido, le sue mani arrivano sul mio viso e mi sorride anche lui «non l'ho fatto, Chloe...» pronuncia abbassando la voce «non l'ho baciata... lei mi ha detto che l'avevo fatto, ma non era vero!» Annuisco e gli sorrido.

«Non l'hai fatto, Harry» ripeto «non l'hai baciata e non mi hai delusa, non hai deluso nessuno...» smetto di parlare quando mi chiude in un abbraccio.

«Mi dispiace così tanto!» dice in un soffio, dandomi la possibilità di sentire tutta la sua sofferenza.

«Anche a me» rispondo allo stesso modo, tornando a respirare il suo profumo.

«Avrei dovuto parlare con te, dirti tutto quanto...»

«Già, avresti dovuto» gli dico, stringendomi un po' di più a lui, chiudendo gli occhi, e perdendomi ad ascoltare la sua voce.

«Sono stato un idiota... Mi dispiace...» poi silenzio, io resto stretta a lui tornando a respirare, lui mi abbraccia come se ne andasse della sua vita, e io mi prendo ogni gesto, ogni piccola carezza sulla mia schiena, ogni bacio tra i capelli, ogni sussurro, perché mi è mancato davvero, davvero troppo. «Quindi non sei arrabbiata con me?» mi domanda con un sorriso furbo, allontanandosi quel poco che gli basta per guardarmi negli occhi.

«Adesso non esagerare» rispondo ironica «credo tu debba trovare un modo per farti perdonare» aggiungo con un piccolo sorriso malizioso.

«Farmi perdonare è la mia specialità!» esclama divertito, per poi avvicinare di nuovo il suo viso al mio, per parlarmi direttamente all'orecchio. «Lo sai quanto mi sei mancata, piccola Stewart?» mi chiede con un filo di voce.

«E tu lo sai quanto sei mancato a me?» ribatto con lo stesso tono, facendo scorrere le dita tra i suoi capelli, mentre le sue labbra si posano leggere sotto al lobo del mio orecchio.

«Sono un idiota» continua a parlare nello stesso modo, con le labbra che scorrono leggere sul mio collo «un vero idiota» continua, quando sento il mio cuore andare più veloce.

«Un vero idiota» ripeto le sue parole in un sussurro, stringendo alcune ciocche dei suoi capelli.

«Il re degli idioti» bisbiglia ancora, stringendosi a me, e so che dobbiamo parlare, chiarire, e affrontare questo argomento in maniera più approfondita, ma ora ho bisogno di lui come dell'aria che respiro.

«Probabilmente di tutto l'universo...» le sue mani scorrono lente verso il basso, le sue labbra risalgono verso le mie, apro gli occhi e ho davvero voglia di perdermi in lui, nei suoi occhi, sotto le sue mani, nei suoi baci...

«Adesso sei tu che stai esagerando» mi dice, provocandomi un piccolo sorriso.

«Harry...» sussurro sulle sue labbra, respirando la sua stessa aria.

«Lo so, Chloe, dobbiamo parlare e voglio farlo, ma non adesso...» mi toglie il fiato, me lo restituisce, poi me lo toglie ancora «perché ora voglio amarti come meriti...».

Parole sussurrate, frasi sconnesse, gesti affrettati, baci profondi, indumenti sul pavimento, ho bisogno di ritrovarlo, di ritrovare il mio Harry, il resto arriverà, come sempre succede con lui.

Lo amo, lui mi ama, e non c'è niente, assolutamente niente, che possa distruggere ciò che abbiamo.

«Ti amo, piccola Stewart» sussurra ancora, spingendosi contro di me.

«Ti amo, Harry» poi chiudo gli occhi, spengo la mente, e lascio che lui mi ami, gli lascio curare le mie ferite, perché nessuno, meglio di lui, è in grado di farlo.

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Capitolo 37
*** Harry & Chloe - A Christmas gift ***


 

Chloe

Montréal.

È qui che passeremo le feste natalizie quest'anno: il papà di Harry torna a Londra con Grace, Jordan e Hazel hanno organizzato una settimana a Miami, Kurt ha invitato sua madre a Boston, per farle conoscere la madre di Dylan, mentre Rebekah è con Zayn, a conoscere la sua famiglia.

È stato Harry a propormi di tornare nella mia città, io non ero così convinta di farlo, non dopo ciò che ho scoperto qualche giorno fa.

Abbiamo trascorso le ultime settimane avvolti da una strana atmosfera, ma non per colpa sua: stavolta sono io a essere scostante. Lo sto tenendo a distanza, nonostante lui abbia provato in tutti i modi ad avvicinarsi. Mi sto comportando nel modo peggiore, nel modo in cui ho sempre detestato: gli sto tenendo nascosta una cosa, una cosa molto importante, e non dovrei farlo.

Ho paura: è questo il motivo del mio silenzio, e so che non è una giustificazione, perché è una cosa che gli ho sempre rimproverato, ma non riesco a fare diversamente. Ho tentato più volte di dirglielo e non ci sono mai riuscita.

Ha pensato che sentissi la mancanza di casa, dei miei, dell'aria canadese, e mi ha convinta a tornare dalla mia famiglia. Mamma e papà sono stati felicissimi, di sapere che avremmo trascorso le feste con loro, mentre io inizio a pensare che è stato uno sbaglio, venire qui, un terribile sbaglio.

Papà e Harry sembrano amici da una vita, impegnatissimi a condividere qualsiasi attività. Hanno decorato insieme l'albero, parlando di hockey e lavoro, in un'atmosfera serena e tranquilla. Da quando ho detto ai miei che Harry mi ha chiesto di sposarlo, papà - al contrario di quanto mi aspettassi - è stato il più entusiasta: si è definitivamente convinto che il mio ragazzo scarabocchiato avesse intenzioni serie, con la sua bambina.

E se tutto questo, qualche tempo fa, mi avrebbe fatto un piacere immenso, adesso mi mette in difficoltà. Sono felice che Harry e papà vadano d'accordo, ma questo comporta il fatto che l'attenzione di mia madre è completamente su di me, e sono certa che si sia accorta che qualcosa non va.

Sento il suo sguardo su di me, anche quando non mi guarda davvero. Ho evitato di restare da sola con lei da ieri - giorno del nostro arrivo - ma non so se riuscirò a sfuggirle ancora per molto. Quando siamo partiti credevo che sarebbe stato un bene, per me, rivedere mia madre. Speravo che ritrovarmela davanti mi avrebbe dato modo di tirar fuori la mia preoccupazione, che sarei riuscita a confidarmi con qualcuno, per poter affrontare con maggiore sicurezza l'argomento con Harry. Invece mi ritrovo a sfuggirle, perché non voglio dirglielo, non voglio dirle niente, non prima di averne parlato con Harry.

Sono scappata anche da lui, nelle ultime due settimane, in realtà sono scappata da tutto e da tutti; non sono pronta a parlare con lui, non voglio parlare con mia madre, ne con nessun altro. Avrei dovuto accettare la proposta di Hazel e seguirla a Miami.

«Chloe?» Inspiro lentamente una grande quantità di aria, quando sento bussare alla porta del bagno.

«Sì?» rispondo, tentando di tenere ferma la voce.

«Va tutto bene?» domanda mia madre.

«Sì» rispondo, guardandomi allo specchio.

«Posso entrare?» chiede ancora.

Sospiro rassegnata, all'idea che ormai non posso più sfuggirle. Mi avvicino alla porta, faccio girare la chiave, poi apro, osservando il suo viso preoccupato.

«Harry dov'è?» le domando, nella speranza di poterlo raggiungere al più presto, per poter evitare il suo sguardo indagatore.

«È uscito con tuo padre... siamo sole» afferma cauta, osservando la mia reazione.

«Uscito? Dove sono andati?» cerco di deviare la sua attenzione, anche se so che non è possibile.

«Stai bene, Chloe?» mi chiede preoccupata.

«Sì, certo, perché me lo chiedi?» replico superandola, sfuggendo al suo sguardo, mentre la sento camminare alle mie spalle, fino a raggiungermi in cucina.

«Sei strana» continua lei, cercando di ritrovare i miei occhi sfuggenti.

«Non sono strana» tento di depistarla, riempiendomi un bicchiere d'acqua.

«Sì che lo sei. Ho lasciato correre, finché c'erano Harry e tuo padre, ma io non posso fare finta di niente» afferma decisa, mettendosi davanti a me, costringendomi a guardarla negli occhi. «Dimmi che stai bene».

«Sto bene, mamma».

«Non è vero, Chloe, ho imparato a riconoscere, nel tuo sguardo, quando qualcosa non va».

Sospiro, poso il bicchiere nel lavandino, e tento ancora una volta. «Mamma, non c'è niente che non va». Non posso dirglielo, anche se vorrei tanto, ma credo che non sia lei a doverlo sapere per prima.

«Stai negando, e lo stai facendo con un'insistenza tale che...»

«Mamma!» la interrompo prima che possa dire altro, perché ho capito a cosa si sta riferendo.

«Dimmi che non ci stai pensando» mi sta quasi implorando e riesco a vedere chiaramente il terrore nei suoi occhi.

«Oddio, mamma, no!» mi avvicino a lei e l'abbraccio. Lei si aggrappa letteralmente a me, la sento stringermi con forza, con tanta forza, poi la sento tirare su con il naso, così mi allontano e la guardo. «Non commetterò più lo stesso errore. La vita è preziosa e quella che sto vivendo con Harry è straordinaria» le dico con un sorriso, cercando di riparare al mio stupido comportamento.

Ho fatto preoccupare i miei genitori oltre ogni misura, ma ho superato quel momento difficile della mia vita, soprattutto grazie a Harry. Ho scoperto la felicità, ho lottato per raggiungerla, anche contro me stessa, ma ora non vorrei niente di diverso per me.

«E allora cosa ti succede?» sospiro di nuovo, sfuggendo all'abbraccio. Mamma si asciuga gli occhi, poi resta in attesa.

«È... è successa una cosa e... e io non riesco a dirla a Harry...» Le parole faticano a uscire.

«Vuoi parlarne con me?» Scuoto la testa. «È una cosa grave?»

«Non lo so... dipende da come reagirà lui». Il solo pensiero di perderlo mi manda in confusione e so che non dovrei nemmeno pensarlo, ma una piccolissima parte di me, mi ha messo questo tarlo, e non riesco a smettere di pensarci.

«È preoccupato per te, si vede da come ti guarda» mi fa notare mia madre, facendomi sentire più orribile di quanto già mi senta.

«Lo so, è solo che non so come dirglielo: e se la prendesse male? Non voglio deluderlo...»

«Chi non vuoi deludere?» La voce seria di Harry mi fa chiudere gli occhi e trattenere il respiro: lui è qui.

«Siamo tornati! C'era troppa gente e...» mio padre smette di parlare, quando entra in cucina e il suo sguardo rimbalza tra tutti i presenti, notando l'aria tesa tra noi. «Che succede?»

«Robert, perché non andiamo a controllare quella cosa?» si affretta a dire mia madre, andandogli incontro e trascinandolo via.

«Quale cosa? Che succede?» domanda lui confuso, seguendo la mamma lungo il corridoio.

Sento il rumore di una porta che si chiude, poi il silenzio, infine i suoi passi farsi sempre più vicini, e solo quando percepisco la sua presenza di fronte a me, apro gli occhi. Il suo sguardo si fa insistente, molto più di quanto lo è stato nei giorni scorsi. Ho fatto finta di non accorgermene, ma so che ha passato tanto tempo a osservarmi, a studiarmi, preoccupandosi più del necessario. E più lui mi stava addosso, più io mi allontanavo, perché ero terrorizzata.

Potrei dargli una delusione e non so se sarei in grado di sopportare quel sentimento nei suoi occhi.

«Allora, Chloe, chi è che non vuoi deludere?» mi domanda di nuovo, ma la mia bocca sembra non riuscire a muoversi. «Ho voluto venire qui perché credevo che almeno tua madre sarebbe riuscita a farti parlare, dato che sembra che tu non voglia farlo con me». Sto provando a muovere le labbra, ad aprirle, ma non ci riesco. «Che cosa ti è successo di così grave da farti allontanare da me?» Leggo la paura nei suoi occhi, la stessa che ho letto negli occhi di mia madre.

«Io...» sembra che, ogni volta che provo a dirlo, l'aria scompaia dai miei polmoni.

Non l'ho detto a nessuno, nemmeno a Kurt, quando è piombato a casa all'improvviso. Ha insistito parecchio per sapere cosa avessi, ma proprio non ho potuto dirglielo.

«Avanti, Chloe...» mi si avvicina, posa le mani ai lati del mio viso. «Puoi dirmi qualsiasi cosa». E io ci provo a dirlo, ma c'è qualche collegamento saltato, tra bocca e cervello. «Sono qui» insiste. «È me che non vuoi deludere?» sì, Harry, potrei davvero deluderti. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?» tu sei stato assolutamente perfetto. «Chloe, ti prego, dì qualcosa?» ci sto provando, giuro che ci sto provando. «Dimmi solo che non hai avuto brutti pensieri».

Il terrore che leggo nei suoi occhi si riversa all'improvviso nel mio cuore, come se una diga avesse ceduto all'improvviso. È come se il mio cuore si stesse sbriciolando, come se sentissi la sua preoccupazione, e non è questo che voglio, perché adesso anche lui è in pena per me.

«Chloe, io non so più cosa pensare... Dimmi solo che non ti perderò...»

Ed è in quel momento che sento le parole risalire veloci lungo la mia gola, come un conato che non riesco a trattenere, fino a che gli vomito addosso la verità.

«Sono incinta».

È un fermo immagine, quello che si crea davanti ai miei occhi: Harry mi osserva senza sbattere le palpebre, senza respirare, immobile. Poi, tutto riprende a muoversi: perdo il contatto delle sue mani sul mio viso, le sue braccia ricadono lungo i fianchi, e, d'improvviso, sembra incredibilmente stanco.

«Cosa... Cosa hai detto?» è solo un filo di voce, quello che esce dalle sue labbra, così lieve, che se non l'avessi visto parlare, potrei credere di essermelo immaginato.

«Non riesco a ripeterlo» confesso, con la voce incrinata e la testa in subbuglio.

Che cosa pensa? Come l'ha presa? Non ne ho idea, il suo sguardo è impenetrabile.

«Tu... Tu sei...» nemmeno lui riesce a ripetere quella parola. «Come diavolo è potuto succedere?» è confuso, ma lo capisco, lo ero anch'io, quando l'ho scoperto.

«Gli antibiotici». Ci provo a parlare, ma mi viene difficile, se lui mi guarda come se fossi appena atterrata da un altro pianeta.

«Gli antibiotici? Che significa?»

«Ricordi quando ho preso quella brutta influenza?» annuisce, ma resta in silenzio. «E ti ricordi quante medicine ho preso per guarire?» Credo sia stata l'influenza peggiore di tutta la mia vita. «Ecco... Quelle medicine hanno vanificato l'effetto della pillola».

Lo osservo, cerco di capire a cosa stia pensando, e sono certa che stia ripercorrendo mentalmente quei giorni. C'è stata una sera, dopo che ho passato a fare la moribonda a letto per giorni, in cui lui è tornato dal lavoro parecchio nervoso. Io mi sentivo molto meglio e ho cercato di farlo rilassare. Ma il massaggio alle spalle l'ha voluto senza camicia, e mi mancava toccarlo, baciarlo, e per lui era la stessa cosa, perché "piccola Stewart, io sto morendo di fame". C'è voluto poco per ritrovarci senza indumenti, sotto le lenzuola, ma eravamo tranquilli, dato che prendo la pillola.

E invece...

«Cazzo!» impreca, per poi voltarsi e passare con forza una mano tra i capelli. Tiene lo sguardo ovunque, tranne che su di me, e questo non mi fa ben sperare, soprattutto quando si volta di scatto e mi guarda serio.

«Da quanto tempo lo sai?» in questo momento vorrei tanto avere la capacità di riuscire a mentire, ma non ne sono capace, non con lui.

«Due settimane».

«Cosa!? Due settimane!?» alza la voce, evidentemente contrariato. «Sai di essere incinta da due settimane e non me l'hai detto!?» Scuoto la testa, incapace di rispondere a voce. «A chi l'hai detto?»

«A nessuno, Harry. Non avrei potuto dirlo a nessuno che non fossi tu» ammetto sincera.

«Due settimane» mormora a bassa voce, tornando a torturarsi i capelli. «Ti sei tenuta questo segreto per due settimane» dice ancora, senza guardarmi direttamente. «Ecco perché quel malumore, perché eri sempre assente, nervosa...» poi si volta di nuovo verso di me, e nei suoi occhi c'è tutta la preoccupazione che io ho provocato. «Dio, Chloe! Hai idea di come mi sono sentito? Mi sono passate per la testa un milione di cose, anche le più orribili, io... Cazzo, Chloe, io ho avuto una paura fottuta che tu... Che tu volessi farla finita...»

«Harry, no!» esclamo decisa, avvicinandomi a lui, per afferrare il suo viso tra le mani e costringerlo a guardarmi. «Quella parte della mia vita non tornerà più...»

«Oddio, Chloe, no!» mi interrompe bruscamente lui. «Con farla finita io non intendevo... Io... Intendevo tra noi... Credevo che volessi lasciarmi».

Sento le lacrime premere con forza per uscire, il nodo alla gola mi toglie quasi il fiato, e non posso più aspettare: devo abbracciarlo subito, così mi stringo a lui, con tutta la forza che ho.

«Credevo avessi cambiato idea sul matrimonio» mi spiega, tenendomi stretta.

«No, Harry, assolutamente no» rispondo, allontanandomi quel poco che mi basta per guardarlo negli occhi. «Io...» inspiro profondamente, poi mi decido a parlare. «Quando mi sono resa conto che il ciclo era in ritardo ho deciso di fare il test giusto per precauzione, ma ero piuttosto tranquilla. Invece, quando ho letto il risultato, tutto il mondo mi è crollato addosso».

«Perché non me ne hai parlato?»

«Perché qualche sera prima siamo usciti con Louis e la sua ragazza e...»

«Merda!» mi interrompe, perché ha capito perfettamente a cosa mi sto riferendo. «Erano solo chiacchiere, Chloe, chiacchiere senza senso, di due stupidi amici che hanno alzato un po' il gomito».

Harry e il suo amico hanno iniziato un lungo discorso su quanto fosse fastidioso avere dei figli: niente più bevute con gli amici, niente più uscite; pappette, biberon, pannolini, pianti, urla, e via così, per una serie infinita di lamentele che dette sul momento, mi hanno fatto anche sorridere, la vedevo come uno scherzo, ma qualche giorno dopo, quando ho letto che il risultato del test era positivo, è stato tutt'altro che divertente.

«Io ero convinta che ti avrei deluso...»

«Deluso? Chloe queste cose si fanno in due» dice sorridendo.

E il suo sorriso, in un solo attimo, porta via tutta l'ansia accumulata da giorni.

«Sì, ma tu hai detto che non avresti voluto figli per almeno dieci anni...»

«Avevo bevuto un po' più del solito, Chloe, lo sai che stra parlo, quando sono con Louis». Sorride ancora, mi accarezza una tempia, e io torno a respirare regolarmente.

«Io... Credevo che ti saresti arrabbiato».

«Credevi bene, perché sono arrabbiato» dice, senza smettere di sorridere. «Ma non perché sei incinta... Sono arrabbiato perché non me ne hai parlato». Sospiro tra le sue braccia, con quel nodo alla gola che si fa sempre più stretto.

«Harry...»

«Davvero sei incinta?» Annuisco in silenzio, perché se aprissi bocca mi metterei a piangere. «Sei sicura, sicura?» insiste, con una strana luce negli occhi, e io annuisco di nuovo. «Non c'è nessunissimo dubbio?» Scuoto la testa, restando a bocca chiusa. «Cazzo, Malik! Stavolta ho fatto prima di te!» esclama divertito, facendomi ridere, risata che si trasforma subito in pianto, e poi ancora in risata, e ancora in pianto, perché non riesco più a trattenere alcuna emozione. «Io ti amo, Chloe: sei stata tu a insegnarmi che non devo fare le cose da solo. E non importa quante cazzate dico, tu puoi parlare sempre con me, hai capito?»

«Sì» mormoro, con voce tremante, mentre le sue mani tornano sul mio viso.

«E non m'importa neanche di Malik» continua, tornando serio. «Sono davvero arrabbiato, Chloe» trattengo il fiato, mentre le sue dita scorrono lente sui miei zigomi, asciugando le lacrime. «Avresti dovuto dirmelo subito» continua, senza smettere di accarezzarmi, parlando a bassa voce, con un tono dolce, in netto contrasto con le sue parole.

«Hai ragione e posso assicurarti che ho provato più volte a dirtelo, ma proprio non ci riuscivo».

«Eri spaventata per come avrei reagito io, o perché hai paura e basta?» Porto le mani sullo scollo della sua camicia e ne stringo forte le estremità.

«Io non lo so... In questi giorni non ho fatto che pensare a te, a cosa avresti fatto tu...»

«È difficile dirti come mi sento, mi hai preso completamente alla sprovvista e...» Lascia la frase in sospeso, sospira profondamente, fissando il vuoto, come se stesse raccogliendo le idee. «Tutte quelle cose che ho detto con Louis, io... Avevo bevuto e ho esagerato, ma non sono così lontane dalla realtà: i pianti, i pannolini, prendersi cura di quegli esserini, io... Io non so se ne sono capace. Sono stato un pessimo figlio e la mia famiglia non è stata l'esempio della famiglia perfetta... Insomma, quello che voglio dire è... Non detesto i bambini, è che... Ho paura anch'io Chloe...» stringo più forte il tessuto della sua camicia, leggendo nei suoi occhi lo stesso sentimento che provo io.

«Io sono terrorizzata, Harry. Ho imparato a prendermi cura di me stessa da poco, come farò a crescere un bambino?» Lui sorride, in un modo così dolce che mi fa credere che tutto sia possibile.

«In effetti non siamo il massimo come genitori» afferma ironico, per poi tornare serio «ma ci amiamo, io ti amo, Chloe, e so che saremmo capaci di amarlo. Il resto lo impareremo insieme».

Insieme... una parola che avevo dimenticato, che avevo trascurato, ma che è sempre in grado di darmi fiducia.

«Tu ne sei sicuro?»

«Sono sicuro del fatto che sarai una madre meravigliosa, su questo non devi avere dubbi». Scuoto impercettibilmente la testa, mentre lui sorride.

«Non senza di te».

«È inutile che mi dici cose carine, sono ancora arrabbiato con te, ma al momento sono troppo spaventato per rimproverarti». Ha un tono tranquillo e divertito, tanto che mi sento più tranquilla anche io.

«Sono spaventata anche io, Harry».

«Non quanto me: adesso dovremo dirlo all'armadio, di là. Hai presente cosa si prospetta per me? Credo che non saremo più amici come prima» dichiara sarcastico, facendomi sorridere.

«Ti amo» gli dico «e sarai un papà dolcissimo e premuroso».

«Non senza di te».

Il mio cuore esplode di gioia. Lo tiro a me per baciarlo, perché ho un incredibile bisogno di lui.

«Vado a chiamare i miei» gli dico, accarezzando dolcemente il suo viso.

«Ok, io mi sistemo in prossimità della via di fuga più vicina».

Rido della sua battuta, sentendomi stupida per essermi tenuta dentro una cosa così importante. Avrei dovuto fidarmi di lui, di noi, ma ho imparato la lezione: non c'è niente che non possa fare... Non senza di lui.

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Capitolo 38
*** Harry & Chloe - A new beginning ***


Chloe

Un'atmosfera da film western, ecco cosa mi sembra di vivere, mentre papà osserva prima me e poi Harry, e ancora me.

Abbiamo deciso di comunicare la notizia insieme, ma è chiaro che stiamo per dare una notizia importante e l'aria è tesa. In realtà volevamo aspettare, volevamo approfondire l'argomento, chiarirci più a lungo, ma siamo a casa dei miei genitori, che ormai sono a conoscenza del fatto che ci sia qualcosa che mi turba e non posso rimandare oltre questo chiarimento – dato che mia madre si è già fatta strani pensieri su di me.

Harry si è pentito di avermi convinta a venire qui, a Montréal, ma non si può tornare indietro. Possiamo solo affrontare la situazione e forse sono io a dover parlare per prima.

O almeno è quello che credo stia aspettando Harry, dato che continua a osservarmi come se avessi tutte le risposte.

Inspiro una grande quantità d'aria, poi cerco di far uscire la voce.

«Mamma, papà, c'è una cosa che io e Harry vogliamo dirvi» dico loro, allungando una mano verso Harry, che afferra prontamente, ma senza l'ombra di un sorriso.

«Sei incinta?» Resto a bocca aperta, a causa della domanda a bruciapelo di mio padre.

«Robert!» lo rimprovera mamma.

«Che c'è!?» brontola lui.

«Lasciala parlare» continua mia madre.

Inspiro di nuovo, mentre le dita di Harry rafforzano la presa sulle mie, poi do voce ai miei pensieri. «Hai ragione, papà, sono incinta» confesso diretta, perché è inutile girarci intorno.

Cala un silenzio irreale, dopo la voce alta di mio padre, dopo il rimprovero di mamma, e dopo la mia dichiarazione, dichiarazione che lascia i miei genitori senza parole, nonostante sia chiaro avessero già capito di cosa si trattasse.

E, dopo un tempo che mi sembra infinito, è la voce di mio padre la prima che torna a farsi sentire. «Che avevo detto?» domanda ovvio, rivolgendosi a mia madre, che alza gli occhi al cielo spazientita.

«Smettila, Robert, e lascia che parlino loro» insiste mia madre, includendo Harry nel discorso.

«In realtà non c'è granché da dire» interviene Harry, con un tono di voce quasi tremante, che mi farebbe ridere, se non fossi così agitata. Ha detto chiaramente di essere arrabbiato con me e lo capisco, ed è questo che mi fa stare in ansia. Chiariremo, lo so, ma dover rimandare non mi piace. Sono stata una sciocca, spero solo di non dover pagare le conseguenze della mia leggerezza. «Chloe è incinta, ci sposeremo, è successo solo prima del previsto, ma prima o poi ci saremmo ritrovati comunque in questa situazione...» 

«Hai ragione» lo interrompe mio padre, con uno strano sguardo. «Perché non ci beviamo qualcosa per festeggiare, io e te, mentre lasciamo loro due a scambiarsi qualche chiacchiera tra donne?» lo invita mio padre, alzandosi in piedi.

Harry si volta a guardarmi, come se potessi dirgli cosa fare, poi mi si avvicina, mi lascia un bacio sulla guancia e mi sussurra all'orecchio. «Se non torno entro mezz'ora, chiama un'ambulanza».

Non trattengo un sorriso, quando lo guardo alzarsi e seguire mio padre fuori dalla cucina. È in quel momento che i miei occhi tornano in quelli di mia madre e li vedo sorridere, insieme alle sue labbra, mentre allunga le sue mani verso le mie. Sono seduta di fronte a lei, poso le mani sul tavolo e stringo le mie dita alle sue.

«Ero così preoccupata» mi confida.

«Io lo sono ancora, mamma: non era programmato, questa cosa mi ha preso alla sprovvista e ho fatto arrabbiare Harry. Per di più non ho potuto parlarne con lui, perché papà non mi ha dato modo di farlo...»

«È colpa mia» mi interrompe lei, con un sorriso dolce. «Ho stressato tuo padre così tanto, da quando siete arrivati, che l'ho spaventato. Credevo... io credevo che tu fossi ricaduta e...»

«Mi dispiace, mamma, non volevo farti preoccupare».

«Lo so, tesoro». La sua presa si rafforza un po' di più e i suoi occhi sono più lucidi. «Quindi, diventerai mamma?»

Non posso rispondere, non voglio, non ci riesco, non ancora, perché devo prima realizzare ciò che sta per succedere. E c'è un'altra cosa di cui vorrei parlare con lei, qualcosa che viene prima di qualsiasi altra cosa, perché è alla base di tutto: Harry.

«Mamma, come hai fatto a capire che papà era quello giusto?» È strano come questi pensieri mi siano venuti ora, piuttosto che quando mi ha chiesto di sposarlo, eppure è così.

Il sorriso di mia madre si fa molto più ampio e i suoi occhi brillano. «Ricordi come ti ho detto di aver conosciuto tuo padre?»

«Mi hai detto di averlo conosciuto tramite amici in comune».

«Ho mentito» dice con un tono divertito, facendomi aggrottare le sopracciglia per la confusione.

«Hai mentito?»

«Bè, sì... La verità è che ho conosciuto tuo padre la sera in cui ho scoperto che il mio ex non mi era poi così fedele come pensavo. Diceva di essere sempre impegnato in ufficio e quella sera avevo deciso che non sarei rimasta in casa a sognare di divertirmi. Così mi sono preparata e sono uscita, convinta che avrei trascorso qualche ora spensierata, invece l'ho trovato con un'altra».

«E che hai fatto?»

«Avrei potuto fare una scenata, ma cosa avrei ottenuto? Avrei sofferto di più a causa di uno per cui non ne valeva la pena, così mi sono messa a ballare poco più in là. Tuo padre mi ha notata subito e mi ha raggiunto. Quando mi ha guardata è successo qualcosa che non ti so spiegare, qualcosa che è continuata a succedere per tutta la sera e nei giorni successivi. Mi bastava guardarlo per estraniarmi dal mondo...» Il mio pensiero corre veloce a quando ho conosciuto Harry e al fatto che anche a noi due succedeva la stessa cosa.

«E com'è andata?»

«Mi ha sorriso, l'ho rifiutato. Mi ha offerto da bere e ho accettato. Ci siamo messi a parlare fuori dal locale, abbiamo fatto mattina senza rendercene conto, poi...» si ferma per un attimo, con uno sguardo imbarazzato, che rivolge verso il tavolo, poi torna a guardarmi e noto che è arrossita. Mia madre è arrossita. «Poi tuo padre voleva portarmi a fare colazione, gli ho detto di no, che ero ancora fidanzata – nonostante la situazione – che sarei dovuta tornare a casa, e che magari ci saremmo visti un'altra volta. A quel punto mi ha guardato serio e mi ha detto: "Siamo qui adesso e tu non sei più fidanzata. Ti offro la colazione e se penserai che non ne valgo la pena ti riaccompagno a casa"». Ripete le parole di mio padre come se le ricordasse a memoria, mettendomi una gran curiosità.

«E tu che hai fatto?»

«Ho trascorso l'intero weekend dentro al suo letto e il resto della mia vita al suo fianco. Se è quello giusto lo sai, e sono sicura che tu sappia che Harry è quello giusto per te... l'hai sempre saputo. Da quando Dylan se n'è andato non hai sorriso con nessun altro, se non con Harry... Vorrà pur dire qualcosa, no?»

Lo so e ha ragione, è solo che questa notizia ha rimesso in discussione ogni certezza. Si tratta di un figlio, non di un giocattolo, non posso sottovalutare alcun aspetto, soprattutto per quanto riguarda me stessa. Ho superato da poco un periodo molto difficile, non c'è più alcun margine di errore, soprattutto ora, e Harry è diventato il centro del mio mondo, mentre adesso sta per cambiare di nuovo tutto.

«E secondo te, io sono quella giusta per Harry?»

«Harry sa ogni cosa di te e, nonostante questo è ancora qui... ti ha chiesto di sposarlo, che altro ti serve per convincerti che ti ama?»

«Se gli succedesse qualcosa?» alla fine confesso la mia reale paura. «Se dovesse squillare il telefono in piena notte? Che cosa dovrei fare?» Mi manca l'aria a quel pensiero, pensiero che mi ha sfiorato più di una volta, le volte in cui Harry è uscito in moto. Ho sempre cercato di tenere a bada la paura, ma ora è tornata.

Mia madre mi sorride, poi allunga una mano verso il mio viso, accarezzandomi dolcemente. «Benvenuta nel mondo dei grandi, tesoro».

«Mamma...»

«Chloe, so bene di cosa stai parlando, l'ho vissuto anch'io. Tutto quello che posso dirti è di accantonare la paura, perché smetteresti di vivere, e tu lo sai. Harry è stato meraviglioso in questo e non smetterò mai di ringraziarlo, per avermi restituito mia figlia».

Lo dice con un affetto infinito, che percepisco così intensamente da spingermi ad alzarmi e raggiungerla, per poterla abbracciare stretta. Quanto l'ho fatta soffrire? Quanto dolore ho dato ai miei genitori? E quanto mi amano? Anche io sono capace di amare in questo modo?

«Grazie, mamma» le dico infine, senza lasciarla andare.

Mi rendo conto solo ora che tutta l'ansia, tutta l'agitazione, e tutto il nervosismo che hanno caratterizzato mia madre nell'ultimo periodo, erano causate dal mio comportamento, dalle mie azioni sconsiderate.

Da me.

Più il tempo passa, più io sto meglio, e più lei è tranquilla, serena. 

«Andrà tutto bene, tesoro, e tu sarai una mamma meravigliosa». Sospiro in silenzio, nel sentire le stesse identiche parole che mi ha rivolto Harry poco fa.

Non so se sarò davvero meravigliosa, ma so che voglio soltanto lui al mio fianco.

*****

Harry 

Non vuole festeggiare.

L'armadio mi sta attirando in una trappola e io ci sto cadendo dentro con tutte le scarpe.

Se avesse voluto festeggiare saremmo rimasti con Chloe e sua madre, magari con un bicchiere di vino. Invece mi sta portando nel suo studio, dove ha chiuso la porta alle mie spalle, per poi superarmi lentamente e sistemarsi dietro la scrivania scura, dove prende posto lentamente, alzando lo sguardo su di me, che sono rimasto in piedi, poco oltre l'ingresso.

«Siediti» mi dice con tono tranquillo, ma non ci casco: vuole solo che mi avvicini per cogliermi di sorpresa. «Avanti, Harry, non ti mangio mica» continua, mantenendo quell'espressione tranquilla. «Mi sembrava che andassimo d'accordo...» insiste.

«Sono le stesse cose che dice mio padre prima di darmi una batosta» confesso serio, ma lui scoppia a ridere.

«Okay, hai ragione, non siamo qui per festeggiare» rivela, smettendo di ridere, ma non di sorridere.

«L'avevo capito, ma se si tratta di farmi la ramanzina, credo sia un po' tardi...»

«Siamo qui perché voglio ringraziarti» dice all'improvviso, interrompendomi e spiazzandomi.

«Ringraziarmi?» domando confuso.

«Avrei già dovuto farlo molto tempo fa, invece l'ho sempre dato per scontato, ma devo riconoscerti gran parte del merito».

«Quale merito?» chiedo, senza riuscire a capire dove voglia andare a parare.

«È grazie a te se abbiamo qualcosa da festeggiare, se ho di nuovo la mia famiglia. E volevo tenermi questo discorso per matrimonio, ma non riesco più e tenerlo per me».

«Io non...» riesco solo a blaterare un paio di parole, mentre sento i muscoli delle spalle che si rilassano.

«Ci hai restituito nostra figlia. Nessuno c'era riuscito. Restituendoci nostra figlia, anche Abigail è tornata a vivere. Ha smesso di assumere ansiolitici, sorride, ed è sempre di buonumore, perché ha smesso di preoccuparsi per Chloe, che adesso è di nuovo felice... con te... e vederla di nuovo felice ha ridato a tutti nuova vita... quindi, lasciatelo dire senza protestare...».

Resto senza parole: di solito non sono io a fare la parte del buono e non sono abituato a essere ringraziato in questo modo. Devo ammettere – almeno con me stesso – che le parole del padre di Chloe mi hanno messo in imbarazzo. Non mi sento così importante come lui mi ha descritto. Non voglio contraddirlo, ma non voglio e non posso prendermi tutti i meriti.

«Non ho fatto tutto da solo. Chloe ha lottato tanto ed è stata lei a tenere insieme me. Siamo l'uno il sostengo dell'altra e la notizia di questa gravidanza mi ha spiazzato parecchio, ma non c'è niente al mondo che vorrei di più che passare il resto della mia vita con lei».

«Proprio non sei capace di accettare un ringraziamento, eh? Non importa» dice, alzandosi dalla sua sedia girevole, per dirigersi verso la vetrina alla sua destra, dentro la quale vedo diverse bottiglie. «Adesso ho voglia di festeggiare e dato che Chloe non potrà più bere alcolici per un bel pezzo, direi che possiamo approfittare di questo momento».

Afferra quella che mi sembra una bottiglia di whiskey, due bicchieri, poi fa il giro della scrivania, avvicinandosi a me. Mi porge un bicchiere, nel quale ha versato un po' di liquore.

«Volevo anche chiederti una cosa» dice, prima di permettermi di bere. «Non è che ti taglieresti di nuovo i capelli?»

Sorrido divertito alla sua richiesta: li sto lasciando crescere, nonostante le proteste di mio padre. A me piacciono, a Chloe anche. Li avevo tagliati per piacere all'armadio. Adesso sto imparando a piacere a me stesso.

«Non nell'immediato futuro, ma chissà: ho imparato a non precludermi niente, ma adesso devo prima abituarmi all'idea di diventare padre. Vedremo».

Sembra accontentarsi della mia risposta, poi solleva il suo bicchiere verso di me, sorridendo. «Benvenuto in famiglia, Harry».

Avvicino il mio bicchiere al suo, brindo con lui, ripensando alle parole che ho appena pronunciato: diventerò padre.... 

Merda!

*****

Chloe

Mi appoggio con entrambe le mani al bordo del lavandino e mi osservo allo specchio con attenzione, nella vana ricerca della determinazione che avevo conquistato fino a poco tempo fa, ma che sembra essere sparita il giorno in cui ho fatto il test di gravidanza.

Mi sono portata dentro per giorni un segreto che ha rischiato di creare dei problemi tra me e Harry, e ora, dopo la cena che abbiamo trascorso insieme ad alcuni parenti, durante la quale abbiamo dato l'annuncio del matrimonio, sto per affrontare il vero punto della situazione: i pensieri di Harry riguardo la novità.

Mamma è felice, come del resto lo è anche papà, ma Harry? Mi ha detto di aver accettato l'idea, ma è stato preso alla sprovvista. Se dovesse ripensarci? Se dovesse avere dei dubbi? E se fosse troppo arrabbiato con me?

«Chloe!?» Sento la sua voce, poco dopo aver sentito bussare alla porta.

«Arrivo» rispondo, mettendo a posto l'asciugamano, per poi aprire e lasciarlo entrare.

Mamma ha insistito che restassimo a casa loro, ma io e Harry abbiamo preferito dormire in albergo: dormire in camera mia era fuori discussione e stare nella camera degli ospiti non sarebbe stato tanto diverso. Ci sono troppi ricordi in quella casa e volevo che Harry si sentisse libero, che non si sentisse oppresso dal ricordo di chi è stato lì prima di lui.

«Va tutto bene?» mi chiede, portando entrambe le mani sul mio viso.

«Certo» rispondo, avvicinandomi a lui per stringerlo a me. «Siamo sopravvissuti ai parenti» continuo ovvia, tentando un sorriso, ma resta serio. «Ne vuoi parlare?» Non c'è bisogno che specifichi l'argomento, sono certa che lui sappia.

«Sapere che non ti sei fidata abbastanza di me mi ha fatto male, Chloe, ma ho apprezzato che tu l'abbia detto a me per primo. Il pensiero di diventare padre mi terrorizza, ma so che non sarò da solo, però...» Trattengo il fiato, allo stesso modo di come lui trattiene le parole. So che meriterei la sua ira, eppure il pensiero che lui smetta di parlarmi mi fa andare nel panico.

«Però?»

«Chloe, non si tratta più di me o di te, o della nostra relazione, o almeno non è più solo questo, quello ci tiene insieme. Non possiamo più permetterci certe leggerezze, perché non sarò una brutta copia di mio padre. Quindi, non tenermi nascosto più niente, Chloe. Abbiamo già superato quella fase». Resto a guardarlo incantata.

È diventato un uomo in ogni senso. È cresciuto, è maturato, ha raggiunto grandi traguardi in campo lavorativo, ed è stato un ottimo compagno. Adesso tocca a me dimostrargli quanto sono migliorata e che posso essere alla sua altezza.

«Hai ragione, mi dispiace. Non ho giustificazioni e ti prometto che non succederà più. E non è vero che non ho avuto fiducia in te: è in me che non ho fiducia. Ho avuto dei genitori straordinari, ai quali ho dato enormi preoccupazioni, e non so se sono in grado di essere come loro. Avrei dovuto comunque parlarne con te, lo so».

Mi osserva in silenzio. Sento le sue mani scivolare lentamente dal mio viso fino alla mia nuca, poi mi attira a sé, posando con delicatezza le sue labbra sulle mie, in un bacio lento, intimo e profondo. Un bacio che sento arrivarmi lentamente fino all'anima. Un bacio che riesce a farmi sentire di appartenere completamente l'uno all'altra. Un bacio lunghissimo che mi ha riportato nel nostro mondo, quello in cui siamo solo Harry e Chloe, un mondo solo nostro, un mondo che mi rendo conto mi sia mancato davvero troppo.

Mi ritrovo schiacciata contro la parete accanto al lavandino, mentre le sue mani scendono lentamente, posandosi sui miei fianchi. Le mie dita sono già tra i suoi capelli, che adesso sono decisamente più lunghi, e intanto non smette di baciarmi in un modo talmente dolce da farmi innamorare di lui un'altra volta.

«Spero davvero di essere una buona madre» mormoro sulle sue labbra, quando si ferma a guardarmi.

«Lo sarai» afferma convinto, con un meraviglioso sorriso che mette in mostra solo la fossetta sinistra. «Lo saremo insieme» continua, facendo sorridere anche me. «Ma devo avvisarti di una cosa».

«Cosa?»

«Sarà una femmina...»

«Una femmina?» gli domando interrompendolo.

«Già... non chiedermi come lo so, ma lo so, quindi, sarò in minoranza» sussurra a una distanza ridicola dalle mie labbra, mentre le sue mani superano la sottile barriera della maglietta del pigiama. «Ed è per questo che mi permetterai di scegliere il suo nome» dichiara in tono furbo, posando entrambe le mani alla base della mia schiena.

«Il suo nome?» chiedo abbassando la voce, perché questo contatto con lui è ciò di cui avevo bisogno.

«Lasciami decidere almeno quello, perché non avrò più voce in capitolo». Mi bacia ancora, lo fa ripetutamente, con lentezza, come se stesse tornando a riavvicinarsi con cautela, e lo amo di più per questo, perché sa sempre come prendermi.

«Sai che non è vero» tento di parlare, quando scende a baciarmi il collo, tenendomi inchiodata al muro.

«E tu sai che ho ragione, ma non m'importa». Le sue labbra scivolano lentamente, le sue dita continuano a percorrere il mio corpo, che si accende in fretta.

«Davvero credi che sia una femmina?»

«Io lo so» conferma, tornando a guardarmi negli occhi, mentre le sue dita stringono con più forza la mia pelle. «E ti giuro che non vorrei fosse così, ma lo sento».

Gli sorrido, tornando ad accarezzargli il viso. «Sei ancora arrabbiato?»

«Non lo so, devo ancora decidere» afferma divertito, ma poi si spinge contro di me, permettendomi di sentire quanto non sia arrabbiato.

«Io dico di no» ribatto con un sorriso, che scompare subito, quando torna a baciarmi, per poi guardarmi con una tale intensità da togliermi il fiato.

«Lo stiamo facendo davvero? Stiamo diventando grandi?» mi chiede serio.

«Già... dimmi solo che è realmente quello che vuoi, che non sarà un disastro».

«Io e te siamo un disastro, lo siamo da sempre: tu che scappi, io che ti rincorro, le nostre paranoie, i nostri casini, ma ti amo, ti amo con ogni parte di me» mormora a bassa voce, mentre sento la sua mano sinistra scorrere lenta verso il mio ventre, dove si ferma. «E questo non sarà di certo un disastro».

Azzero la mente, quando torna a baciarmi, dapprima di nuovo con dolcezza, ma il suo corpo pretende molto di più, come anche il mio, che si spinge in avanti, alla ricerca di maggior contatto, facendogli perdere ben presto il controllo.

Sta reclamando ciò che gli ho fatto mancare nell'ultimo periodo e non ho intenzione di negargli nulla, perché mi è mancato più dell'aria.

Harry ha ragione: siamo un disastro, ma ciò che abbiamo creato insieme non lo sarà di certo, perché è ciò che di più bello potessimo creare. 

Harry e Chloe

Harry e Chloe

°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Harry e Chloe sono tornati!

Stanno cercando di realizzare la notizia appena ricevuta e poco alla volta stanno accettando la novità: diventeranno genitori, creando una nuova famiglia. Entrambi hanno le loro paure, i loro dubbi, ma sappiamo bene che, quando sono insieme, possono superare qualsiasi difficoltà.

Vi comunico anche che non manca molto al termine di questa storia, ma ci sono ancora diverse cose di cui parlare, perciò spero di riuscire ad aggiornare presto.

Eeeee niente, grazie sempre per essere qui. Ci leggiamo al prossimo aggiornamento, intanto buona lettura 😍

 

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Capitolo 39
*** Harry & Chloe - A little point ***


Harry

Si pensa che la felicità si possa esprimere in grandi gesti, magari qualcosa di eclatante. Io l'ho trovata nelle piccole cose, nei gesti quotidiani. Si riflette nel sorriso di Chloe, che sembra più radiosa ogni giorno.

Da quando siamo tornati da Montréal non ha fatto che sorridere. Abbiamo trascorso giorni tranquilli: sua madre è stata fin troppo premurosa nei miei confronti e suo padre è stato molto più amichevole di quanto mi aspettassi. Insomma, sono entrato a far parte della famiglia Stewart a tutti gli effetti.

Io e Chloe abbiamo parlato di questa gravidanza per una notte intera, ma solo ora sto iniziando a realizzare davvero cosa sta per succedere.

E la cosa inizia a preoccuparmi.

Finché eravamo in Canada sembrava tutto facile, respiravo gioia ovunque, ma qui, a Boston, le cose sembrano assumere un aspetto diverso.

È arrivato il momento di dirlo ad amici e parenti, e non credo di essere pronto.

La piccola bolla in cui tutto sembrava una favola sta per esplodere e so che mi scoppierà in faccia.

Ho avvisato Jordan che oggi sarei uscito prima perché devo accompagnare Chloe a una visita. Mi ha detto che non ci sarebbero stati problemi, che però voleva parlarmi prima di andarmene.

Inspiro a fondo, prima di bussare alla porta del suo ufficio, aspettando di sentire la sua voce.

«Avanti!» Abbasso la maniglia ed entro, mentre mi guarda stranito. «Da quando hai imparato a bussare?»

Scuoto la testa e ruoto gli occhi verso l'alto, mentre lo raggiungo. «Se vuoi torno a essere stronzo, non è un problema, sai?» ribatto divertito, prendendo posto sulla poltroncina girevole davanti alla sua scrivania.

«Perché? C'è stato un periodo in cui non sei stato stronzo? Io non me ne sono accorto» continua sarcastico, sistemandosi contro lo schienale della sua poltrona, mostrandomi un gran sorriso.

«Fottiti, Jordan».

«Più tardi» replica sorridendo. «Adesso vorrei sapere se è tutto okay». La sua espressione si fa più seria.

«Sì, certo che è tutto okay, perché me lo chiedi?» conosco il motivo della sua domanda, ma agisco d'istinto, come ho sempre fatto, cercando di non farlo preoccupare.

«Prima che partissi per Montréal eri sempre nervoso e da quando sei tornato sembri su un altro pianeta. Qualcosa non va con Chloe?»

Sapevo che avrebbe colto ogni variazione del mio umore: mi ha cresciuto lui, come potrebbe essere diversamente?

«Va tutto bene tra me e Chloe».

«Lei sta bene?» domanda più preoccupato.

«Sì che sta bene, Jordan» rispondo sbuffando.

«E allora perché sei così strano? Perché la stai accompagnando a una visita? Hazel ha parlato con lei e non mi dice niente. Se c'è qualcosa che non va io...»

«Chloe è incinta» lo interrompo lasciandolo senza parole.

Mi guarda come se non avesse capito, come se avessi detto una cosa assurda. Non sbatte le palpebre, ha le labbra socchiuse, rimasto nella stessa posizione di pochi secondi fa quando stava parlando, come se l'avessi congelato nel tempo. Non so neanche se stia respirando.

«Sono io quello che dovrebbe essere terrorizzato» lo prendo in giro, e finalmente si riprende.

«Incinta?» ripete, con un tono incredulo.

«Sì, spero di non doverti spiegare cosa significhi e come avviene» rido, ma lui no. «Avanti, Jordan, ho bisogno che resti lucido, sono già io nel panico».

«Ma come... quando...» Sorrido e gli spiego com'è andato il viaggio a Montréal, come l'ho saputo, e come ho reagito. «Ecco perché Hazel non voleva dirmi cosa si sono dette lei e Chloe».

«Volevo essere io a dirtelo, ma dato che sono un disastro mi sembrava sempre il momento sbagliato. La verità è che, più realizzo ciò che avverrà tra pochi mesi, più vengo assalito da qualcosa di molto simile ad attacchi di panico» confesso.

Mi guarda per un attimo, poi non trattiene una piccola risata. «Tu diventerai padre?» è un tono incredulo, il suo, al limite della presa in giro.

Lo guardo assottigliando gli occhi, mi sporgo in avanti, e gli punto un dito contro. «E tu dovresti sostenermi. Smettila di prendermi per il culo».

Smette di ridere, fa il giro della scrivania, e si posiziona di fronte a me. «Diventerai papà» afferma con una punta di orgoglio. «Vieni qui». Mi stringe in un abbraccio, tanto stretto da rischiare di soffocarmi.

«Dimmi che non sarò davvero un disastro» confesso la mia paura tutta d'un fiato, mi lascia andare a mi guarda con un sorriso.

«Non sei mai stato un disastro, Harry, avevi solo bisogno di trovare la tua strada» mi rassicura con lo stesso sguardo con cui mi osservava da bambino, quando lui diventata adulto in un attimo, trasmettendomi fiducia nel futuro, facendomi credere di essere realmente capace di combinare qualcosa di buono.

«La strada l'ho trovata, Jordan. Il problema vero è se sono capace di seguirla» ribatto con ironia.

«Falla finita: sei all'altezza di tutto quello che vuoi, basta che tu lo voglia per davvero. Niente ti ha mai fermato dal raggiungere i tuoi obiettivi, anche quelli più stupidi. Sono certo che sarai un buon padre e un marito perfetto». Leggo tutto il suo orgoglio nello sguardo che mi rivolge.

«Lo spero» replico con un sospiro. «Oggi accompagno Chloe alla prima ecografia» spiego emozionato.

Lui sorride, poggia le mani sulle mie spalle, e continua a guardarmi dritto negli occhi. «Sono fiero di te» afferma sicuro.

Un altro abbraccio, una pacca sulla spalla, mentre penso a quanto sono stato fortunato ad averlo nella mia vita.

***

Non vorrei essere in nessun altro posto e, allo stesso tempo, vorrei essere su Giove, o su Plutone, pur di non sentirmi addosso la paura di deluderla.

Sto cercando di apparire calmo: l'ho tranquillizzata prima di uscire di casa, le ho detto che non l'avrei lasciata da sola nemmeno un attimo, e che sarà sempre e comunque all'altezza di ogni situazione. Non ho mentito, penso davvero che Chloe sia in grado di gestire ogni cosa nel modo migliore, anche questa gravidanza inaspettata. L'unica cosa su cui non sono stato del tutto sincero riguarda la mia calma apparente.

Sono letteralmente terrorizzato da ciò che sta per avvenire dentro a questo studio medico. Il solo fatto che Chloe sarà sdraiata sul lettino, con le sue grazie a favore del ginecologo, mi fa innervosire. Davvero lo pago perché guardi la mia fidanzata mezza nuda?

Sbuffo cercando di non farmi notare, mentre sono in piedi alle sue spalle, fingendo interesse per una locandina scientifica appesa al muro.

«Harry?» mi volto, e mi sorride. «Se sei nervoso puoi dirmelo».

Stiamo aspettando il medico che è in ritardo e penso che non posso evitare che lei si spogli, al fatto che devo ancora dirlo a mio padre, a mia sorella, ai miei amici, e soprattutto al fatto che sto per vedere quella piccola creatura che sta per stravolgere la nostra vita: sono calmissimo.

«Non sono nervoso, Chloe» ribatto con un sorriso. «Me la sto facendo sotto» aggiungo, facendola ridere.

Allunga una mano verso di me, l'afferro con dolcezza e mi avvicino.

«Smettila, non ne hai motivo. Sono io quella che dovrà partorire».

Ridiamo insieme, prendo posto accanto a lei, tengo la sua mano nelle mie, e cerco nel suo sguardo la serenità di cui ho bisogno.

«E io sono quello che dovrà assistere».

Non ha modo di ribattere, perché veniamo interrotti dall'ingresso del medico.

«Scusate il ritardo, ragazzi, ho avuto un imprevisto. Ho fatto più in fretta che potevo» afferma, prendendo posto alla sua scrivania.

Credo abbia più o meno sessant'anni, parla veloce, mentre controlla alcuni fogli che ha in mano.

«Nessun problema» risponde Chloe, senza lasciare la mia mano.

«Signorina Stewart, ho dato un'occhiata ai suoi esami, in linea di massima sta procedendo tutto bene...» la voce del dottore si affievolisce a ogni parola che pronuncia, vedo le sue labbra muoversi, ma non sento più il suono.

La mia mente si riempie di immagini di notti insonni, di urla e pianti, di momenti in cui mi ignorerà per la nuova arrivata. È uno degli attimi in cui realizzo che la nostra vista sta per essere rivoluzionata. Non potremo più fare ciò che vogliamo, quando vogliamo. Ogni giorno girerà intorno a lei. Sono davvero pronto per tutto questo?

«Possiamo vederlo, adesso».

L'affermazione del medico mi distoglie dei miei deliri, cerco di non mostrare la mia confusione, e annuisco, senza nemmeno sapere ciò di cui sta parlando. Chloe lascia andare la mia mano, si alza in piedi, e sparisce in un'altra stanza.

Anche il ginecologo si alza in piedi e si avvicina a un lettino, accanto al quale si trova un macchinario con cui armeggia concentrato. Dopo qualche secondo Chloe rientra nella stanza, con addosso un camice, si sistema sul lettino e mi fa cenno di raggiungerla.

«Giro il monitor, così vedrete meglio» afferma l'uomo, voltando di poco lo schermo nella nostra direzione.

I miei occhi restano incollati sul monitor, come se non ci fosse altro da guardare. Milioni di puntini grigi si muovono all'interno di uno spazio ristretto. È come se fosse un video di scarsa qualità in bianco e nero. Sembrano delle onde, o forse sono io a sentirmi ubriaco e mi sembra che i puntini inizino a ondeggiare.

«Eccolo qui». Fisso lo sguardo sul dito del medico, che indica uno dei milioni di puntini sullo schermo. È un piccolo buco nero, al cui interno vedo un altro puntino. «Adesso vi faccio sentire il battito».

Vengo inghiottito da un silenzio assoluto. Dopo un paio di secondi sento un rumore ritmico, veloce, che rimbomba nella mia testa. Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum. Trattengo il fiato, sento caldo, e il cuore che martella nel petto. 

È il rumore della vita, la piccola vita che cresce in lei. Non era davvero reale, anche se stavo iniziando ad averne maggiore consapevolezza, ma ora, quel suono, l'ha reso vero. Al diavolo gli attacchi di panico, la paura, il non sentirsi all'altezza, quella piccola creatura è già lì e non c'è spazio per i ripensamenti., né per le incertezze.

Il medico parla con Chloe, io resto concentrato su quell'immagine. Non riesco a sentire cosa dicono, perché c'è ancora il suono di quel cuoricino nella mia testa. Quando va a cambiarsi, raggiungo il ginecologo alla scrivania, mi siedo, e sono grato del fatto che sia impegnato a scrivere e non mi rivolga la parola, perché riuscirei a proferire solo suoni che somigliano a quello di un cuore che batte.

Sollevo lo sguardo quando sento le dita di Chloe sulla mia spalla. Sorride felice, ha gli occhi lucidi, luminosi. Prende posto accanto a me, stringo la sua mano nella mia, poi prestiamo attenzione al medico, che le spiega come avverranno i controlli, le prescrive vitamine e integratori da assumere durante la gravidanza, e le prepara un foglio che servirà per prenotare la prossima visita, compresi gli esami da effettuare.

Quando usciamo dallo studio medico mi sento confuso, ma allo stesso tempo certo di tutto. È una sensazione strana, mai provata prima. Mi sento diverso. Mi sento bene.

«Va tutto bene?» mi chiede cauta, voltandosi a guardarmi mentre raggiungiamo l'ascensore.

«Benissimo, piccola Stewart» ribatto con un sorriso, sentendo sciogliersi la tensione tutta in una volta.

«Sicuro? Sei stato fin troppo silenzioso là dentro» osserva, fermandosi in attesa che si aprano le porte.

«Niente di ciò che avrei detto sarebbe stato all'altezza di quel suono».

Chloe sorride, non ribatte, e mi stringe la mano. Si aggiungono altre persone, raggiungiamo il piano terra e usciamo, raggiungendo l'auto parcheggiata poco distante, sulla quale prendiamo posto.

Agganciamo la cintura, metto le mani sul volante, e mi fermo per qualche secondo.

«Harry?»

Mi volto a guardarla: è bella come il giorno in cui l'ho incontrata la prima volta, credo di essermi innamorato di lei quando mi ha guardato negli occhi, perché è lì che ho visto il suo dolore, un dolore che ha assorbito le mie energie e i miei pensieri, nel quale mi sono perso più volte, dopo averlo confuso con il mio. Due cuori spezzati, che insieme ne hanno fatto uno buono, uno speciale, che batte a un ritmo frenetico.

«Io ti amo» lo dico senza pensarci, perché è quello che sento quando mi guarda.

«Ti amo anche io, Harry, ma mi stai facendo preoccupare. Sei sicuro che sia tutto okay?»

Le sorrido, sgancio la cintura, e mi volto nella sua direzione.

«Scusa se sono diventato noioso, ma al momento non riesco a pensare ad altro se non che ti amo e a quel tu-tum, tu-tum, tu-tum...»

«È stato incredibile» mormora con un gran sorriso.

«Direi, più che incredibile, Chloe. Io non ho mai provato niente del genere. Non avevo ancora ben capito cosa stesse succedendo, ma il battito di quel piccolo cuore è stata un rivelazione».

«Davvero? E sentiamo, cos'hai scoperto?»

«Ho scoperto che nostra figlia avrà dei genitori che l'ameranno così tanto che non potrà fare altro che essere felice».

«Harry...»

«E ho capito che posso farcela, che voglio farcela. M'impegnerò, sbaglierò, ma tu sarai con me. Non c'è niente che non possa fare».

Si allunga verso di me e mi abbraccia forte, la stringo, le bacio i capelli, inspiro il suo profumo, e respiro felicità.

Torna a guardarmi, le sorrido. Mi accarezza il viso e sorride con me.

«Non puoi essere davvero sicuro che sia una femmina» scherza.

«E invece sì» replico convinto.

«Andiamo, Harry, la tua è solo una sensazione» insiste, senza smettere di accarezzarmi.

«Assolutamente no, tanto che ho già pronto anche il nome» affermo con un sorriso furbo.

«Cosa? Quale?» domanda curiosa.

«Oh no, piccola Stewart, non ti basterà chiedermelo. Se vuoi saperlo te lo dovrai guadagnare».

Mi osserva divertita. «Che hai in mente?»

«È quasi ora di cena e io ho una certa fame» ribatto con un tono malizioso.

«Y entonces vamos a alimentar tu apetito» ribatte con il mio stesso tono, solo che il suo spagnolo è molto più sexy.

«Sei scorretta». Aggancio di nuovo la cintura e accendo il motore.

«Lo so».

Ingrano la marcia e mi immetto nel traffico. Oggi, con la conferma che quando sono con Chloe ogni cosa è al posto giusto.

***

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Dopo troppo tempo sono tornata. Ritroviamo Harry e Chloe al culmine della felicità, alla scoperta di un nuovo punto della loro vita. In questo caso un puntino, che rappresenta il loro futuro. 

Si respira gioia e amore, ma abbiamo ancora delle cose in sospeso con loro, per esempio un matrimonio. Sarà nel prossimo capitolo? Non lo so, ma lo scopriremo.

Intanto vi ringrazio per la pazienza e per essere ancora qui. Ci leggiamo nel prossimo aggiornamento, intanto buona lettura 😍

 

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Capitolo 40
*** Harry & Chloe - Just You & Me ***


Chloe

Non è la prima volta che ho questa sensazione: stare accanto a Harry è sempre stato un continuo di alti e bassi, il famoso vagoncino delle montagne russe rende bene l'idea. E siamo ancora seduti su quel vagoncino. Al momento non siamo né in discesa, né in salita. Stiamo viaggiano a una velocità costante, godendoci il panorama e le persone che incontriamo durante il percorso.

Nello stesso modo in cui mi sto godendo il suo sguardo, quello che ha da qualche minuto, da quando si è svegliato e non ha detto una parola, ma continua a sorridere. Lo faccio anch'io, quando allunga una mano e mi sistema i capelli di lato. Arrotola una ciocca intorno all'indice, un gesto che non faceva da un po', e che mi mancava parecchio.

Ho impiegato parecchio tempo, prima di lasciarlo entrare nella mia vita. Il vagoncino ha viaggiato al rallentatore per mesi, ma quando è salito a bordo la velocità è aumentata in maniera vertiginosa. È successo tutto in fretta, nel giro di pochi mesi abbiamo deciso di convivere, di sposarci, e ora stiamo per diventare genitori.

«Pensi di mettermi al corrente dei tuoi pensieri?» mi domanda sottovoce.

«Non sono molto diversi da quelli di ieri sera» rispondo, allungando una mano sul suo torace scoperto, facendo scivolare lente le dita da un tatuaggio all'altro.

«A proposito di ieri sera...» lascia andare i miei capelli e si sistema meglio sul fianco. La sua mano si posa sul mio viso, mentre io perdo il contatto con la sua pelle. «C'è una cosa che vorrei dirti».

«Si tratta di quello che vi siete detti tu e Zayn?»

Ieri sera abbiamo riunito qui a casa tutti i nostri amici per comunicare la notizia della gravidanza. Abbiamo festeggiato fino a tardi e devo dire che non li ho mai visti così felici per lui. Ha degli amici straordinari, che l'hanno sostenuto in maniera incondizionata, e ora gli sono accanto anche in questo momento così felice.

Kurt si è offerto come padrino, non che ci fosse bisogno di proporsi, perché sarebbe stato comunque la prima scelta. Era fuori di sé dalla gioia e ha travolto tutti con il suo entusiasmo, soprattutto Dylan, che ha costretto ad ascoltare tutto il suo programma per i mesi di gravidanza, e dopo. Ha intenzione di restarmi accanto per tutto il tempo e io non potrei chiedere più di quello che ho.

Ho parlato a lungo con mia sorella, ci siamo confrontate su così tanti argomenti che nemmeno li ricordo tutti, e nello stesso momento Harry ha fatto compagnia a Zayn mentre è uscito per fumare una sigaretta. Solo che quella sigaretta è sembrata interminabile. Forse Zayn deve aver finito mezzo pacchetto, perché sono rimasti fuori per diverso tempo.

Jordan è andato a chiamarli al momento del dolce e ho notato il sorriso tirato di Harry, ma ho fatto finta di niente, almeno fino a stamattina.

Non c'è più quell'ombra nei suoi occhi, ma sono certa che abbia affrontato qualche argomento serio con Zayn. Adesso è sereno, il suo sorriso è disteso, i suoi occhi verdi sono pieni di felicità, ma vorrei lo stesso sapere cosa si sono detti.

«Già. Avevo bisogno di parlarne con lui, prima di dirlo a te». Sta sorridendo, è tranquillo, eppure non posso evitare di sentirmi agitata.

«Devo preoccuparmi?» Sorride di più, mentre mi accarezza il viso.

«Con me sempre, Stewart» scherza. «E forse avrai di che preoccuparti sul serio» conclude, senza perdere il sorriso.

«Avanti, parla, prima che i miei ingranaggi rischino di farmi impazzire». Ride ed è uno dei suoni più belli che abbia mai sentito.

«Se i tuoi ingranaggi si inceppassero, potrei dormire un po' di più la mattina» mi prende in giro, infila le dita tra i miei capelli, e io mi avvicino per stringerlo a me.

«Tranquillo. Tra qualche mese i tuoi ingranaggi faranno perfino più casino dei miei. Vedrai: quando non potremo più restare così a letto la mattina, come rimpiangerai il rumore dei miei pensieri» lo rimprovero perché continua a tergiversare e io sto morendo di curiosità.

«Avremo un buon motivo per stare svegli, perché Evelyne sarà con noi».

«Cosa? Evelyne?»

«È il nome che ho scelto».

«Perché Evelyne?» gli domando curiosa.

«Perché è il tuo secondo nome, ma lo vorrei rendere più francese. Mi sembra giusto nei confronti dei tuoi genitori, che mi hanno accolto come uno di famiglia».

Il cuore batte forte perché continua ad avere mille attenzioni, come quella di rendere omaggio alle mie origini francesi. Mamma è nata e vissuta a Montréal. Papà si è trasferito lì per lavoro. Si sono conosciuti e innamorati lì, hanno creato una splendida famiglia, hanno dato tanto a me e a mia sorella, e sono felice che occupino un posto importante anche nel cuore di Harry.

«Dio, Harry, hai la minima idea di quanto ti amo?» Sorride, mi bacia, e torna a guadarmi, mentre io mi innamoro di nuovo di lui.

«Questo vuol dire che approvi la mia scelta?» domanda con un tono scherzoso.

«Approvo tutto quello che fai, Styles» ammetto sincera.

Lui ridacchia, poi mi stringe di più a sé. «Tutto eh?»

«Tutto, sì, ma devi rimandare il tuo appetito. Adesso voglio sapere cosa devi dirmi». Ride di nuovo.

«Stai sempre a pensare al sesso, Stewart. È diventato un chiodo fisso» mi prende in giro, mi accarezza, ride, non può essere così terribile quello che deve dirmi, giusto?

«Harry».

«Okay, okay, te lo dico». Mi attira a sé ancora di più, imprigionando le mie gambe con le sue. «Ieri sera ho fatto una lunga chiacchierata con Zayn sul matrimonio. Ci siamo confrontati su come la pensiamo e gli ho parlato di tutti i miei dubbi».

«Hai dei dubbi, Harry?» lo interrompo preoccupata.

«Non sul fatto che ti voglio accanto a me per il resto della mia vita» risponde sicuro.

«Ti prego, non avrai ancora dubbi sul fatto di non essere all'altezza dopo quello che mi hai appena detto sulla scelta del nome?» sottovalutarsi è uno dei suoi più grandi difetti, se così vogliamo chiamarlo. «Sei un uomo straordinario e non c'è modo che possa cambiare idea al riguardo».

Sorride, mi stringe, e lo bacio.

«Ho sbagliato tante volte in passato, l'ho fatto anche con te e lo farò ancora in futuro, ma quello che mi preoccupa di più è sbagliare con lei» mormora a bassa voce, posando una mano sulla mia pancia.

«Harry...»

«Lasciami finire». Richiudo la bocca e allungo le braccia fino a incrociare le mani dietro la sua nuca. «Da quando stiamo insieme abbiamo corso» trattengo il fiato, nel sentire i miei stessi pensieri espressi dalla sua voce. «Nel giro di pochi mesi abbiamo deciso di sposarci ed è arrivata subito lei. Non ti nascondo che ci sono stati momenti in cui ho pensato che avrei perso tutto, altri in cui ho creduto che non sarei stato in grado di darti niente, ma poi mi bastava tornare a casa, guardarti, e quando mi sorridevi mi sentivo il padrone del mondo. È ancora così, a dire la verità» ridacchia e io sento che il cuore sta per esplodere.

«Cos'è che ti tormenta, Harry?» gli domando, incapace di aspettare oltre.

«Mi ero preparato un bel discorso. Non mettermi fretta, Stewart».

È agitato, glielo leggo negli occhi, lo sento nella sua stretta, dalla sua voce che trema. «E io inizio a essere preoccupata, perciò deciditi a dire ciò che devi».

Sospira, mi accarezza ancora, mi guarda con tanta intensità che ringrazio di essere sdraiata nel letto, perché le gambe non mi reggerebbero.

«Voglio che mi sposi, Chloe» mormora con un filo di voce, dando il colpo di grazia al mio cuore.

«Certo che ti sposo, Harry» rispondo allo stesso modo, cercando di ritrovare l'uso delle corde vocali.

«Adesso». Tutto il mondo si ferma: il respiro, il cuore, ogni movimento, è tutto congelato nel tempo. «Non voglio aspettare» continua. «Io ti amo, stiamo per diventare genitori, non c'è motivo di aspettare. Evelyne nascerà che saremo già sposati e tu potrai indossare l'abito dei tuoi sogni».

«Harry...» il suo nome lascia le mie labbra in un sussurro.

«Voglio vederti con quel vestito addosso. Non potrò mai dimenticare l'espressione che avevi quel giorno e voglio vederla di nuovo. Voglio vederti felice e non voglio aspettare» ripete, senza smettere di rotolarsi tra le dita i miei capelli.

«Adesso?» domando con un filo di voce.

«Adesso, sì. Proprio adesso» continua a ripetere.

«Tu sei fuori» ribatto con una piccola risata. «Non possiamo sposarci adesso» gli faccio notare. «Non abbiamo organizzato niente e i miei sono in Canada».

«Va bene, allora non proprio adesso, ma il prossimo weekend» insiste.

«Tu non stai scherzando». La mia è un'osservazione a bassa voce, dato che lui non ha ancora sorriso, da quando ha tirato fuori questa idea.

«No, Stewart, non sto affatto scherzando. Puoi farti aiutare da Kurt e Hazel per la parte pratica. Nel frattempo avvisi i tuoi. Fatti bastare questi cinque giorni, io non voglio più aspettare» ribadisce serio, deciso ad andare fino in fondo.

«Vuoi davvero fare questa pazzia?»

«Fosse per me l'avrei già fatto cinque minuti fa, ma continui a tergiversare. Inizio a credere che tu abbia più dubbi di me» afferma ironico.

Porto una mano sul suo viso, lo accarezzo, e mi perdo nel verde dei suoi occhi. Harry è la mia gioia, la mia felicità, l'amore, la speranza, il mio futuro. E ha ragione: cosa dobbiamo aspettare?

«È una follia, Harry» ironizzo, con un gran sorriso sulle labbra.

«Non sarebbe la prima che facciamo». Sorride anche lui.

«A mia madre prenderà un colpo».

«Questo è un sì?»

«Lo sai che non sono capace di dirti no».

«Allora sposami adesso». Ripete la frase per l'ennesima volta, ma lo fa mettendosi seduto.

«Harry, ma cosa?» mi interrompo, quando lo vedo alzarsi in piedi a andare verso la cassettiera.

«Dove cazzo è?» lo sento borbottare. «Eppure l'avevo messo qui» continua, rovistando tra calzini e mutande.

«Cosa stai cercando?» mi metto in ginocchio, e osservo con attenzione ciò che sta facendo.

«Ecco!» esclama in tono trionfale, voltandosi verso di me con una scatolina rossa nella mano destra.

Mi si ferma il fiato, porto una mano alla bocca, perché sono certa di aver capito cosa sta per succedere. Mi guarda con un gran sorriso, le fossette sono ben in evidenza sulle sue guance. Apre la scatoletta, ne estrae il contenuto, e la lascia cadere per terra. Si avvicina al letto, sale in ginocchio sul materasso, e si ferma di fronte a me, che sono rimasta immobile a guardarlo.

«Sposami, Chloe. Sposami adesso» ripete con un filo di voce.

Afferra con dolcezza la mia mano sinistra e infila una piccola fedina bianca all'anulare. Abbasso lo sguardo e osservo con attenzione ogni gesto. L'anello scorre lento lungo il mio dito, torno a guardarlo, ed è il ritratto della felicità. Il mio cuore batte a mille. Porto la mano sinistra sul suo petto e sento il suo cuore battere forte come il mio. Appoggia la sua mano sulla mia e sento le lacrime pronte a uscire. Butto fuori l'aria che stavo trattenendo e allontano la mano da lui. Sfilo uno dei miei anelli e lo infilo al suo anulare sinistro. L'anello non va fino in fondo, ma non importa, la sua espressione è straordinaria.

«Io ti sposo, Harry. Adesso, oggi, questo weekend, e tutti i giorni della mia vita». La voce trema, le mani anche, e il cuore batte così forte che sembra impazzito.

«Ti amo, piccola Stewart. Ti amo così tanto».

Non posso più aspettare. Lo bacio, lo tengo stretto, mi perdo sulle sue labbra, nel tocco delle sue mani, nel contatto del suo corpo, nelle sensazioni che mi regala la sua voce quando esce in un sussurro, finendo sulla mia pelle.

«Ti amo» mormoro, quando mi permette di respirare.

«Davvero mi hai sposato?» domanda divertito.

«Oh, sì. Con questo anello io ti sposo» pronuncio con una voce stupida.

«Allora siamo in luna di miele?» continua, mentre inizio a capire dove vuole andare a parare.

«Sì, due sposini» confermo, con la voglia di stare al gioco, perché ho bisogno di alleggerire questo momento troppo intenso. Troppo Harry.

«Quindi direi che possiamo consumare il matrimonio» prosegue con un sorriso malizioso, facendo scivolare le mani verso il basso, per infilarle sotto la mia maglietta.

«Direi di sì, marito». Rimarco l'ultima parola e i suoi occhi si accendono.

«Continua a dirlo, Stewart. Ha un bel suono» mormora sulle mie labbra, mentre poggia le mani sui miei glutei per tirarmi a sé.

«Se vuoi posso dirlo in spagnolo». La sua presa si fa più salda, morde il mio labbro inferiore, e mi guarda dritto negli occhi, poi lo lascia andare, ma non si allontana.

«Adesso voglio che tu lo ripeta in spagnolo per tutto il tempo».

Poi un bacio più profondo, più appassionato, più stretto, più Harry. Perché ormai il suo nome è diventato ciò che descrive meglio la mia vita. Perché lui è la mia vita.

 Perché lui è la mia vita

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E stiamo arrivando agli sgoccioli. Il matrimonio è anticipato. Harry non vuole aspettare e le dà solo cinque giorni di tempo per organizzarlo. Ha così fretta di sposarla che improvvisa un matrimonio solo per loro due, un gesto simbolico che gli permette di dimostrare a Chloe quanto voglia sposarla. La piccola Stewart è della stessa opinione e sta al gioco, mettendogli un suo anello, anche se piccolo.

I due piccioncini sono più innamorati che mai, più felici che mai. Il giusto coronamento della loro storia sta per arrivare. Siete pronte?

Eeeee niente, grazie sempre per essere qui. Ci leggiamo al prossimo aggiornamento. Intanto buona lettura 😍

 

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Capitolo 41
*** Harry & Chloe - Wedding day pt. 1 ***


Chloe

Non lo sapevo.

Ci avevo provato, mi ero impegnata: avevo tentato in ogni modo di trovare un aggettivo che descrivesse il mio stato d'animo, ma non ci ero riuscita.

Mamma sembrava preoccupata, perché da quando ha messo piede in questa stanza non ha fatto che starmi addosso, un po' come... Come dopo il mio compleanno, quando... Quando la mia vita sembrava fosse distrutta per sempre.

Sono chiusa nella vecchia camera da letto di Harry, a casa di suo padre, la stanza che adesso è occupata da Grace. Ma sto bene, più che bene. Molto di più. È solo che quando mamma mi ha chiesto come stessi, volevo trovare la parola giusta per non sminuire ciò che è esploso nel mio cuore, ma non ci sono riuscita e il mio "non lo so" pare le abbia messo addosso più agitazione del necessario.

Mamma e papà sono arrivati ieri sera.

Quando ho comunicato loro la notizia del matrimonio "improvvisato" sono rimasti per qualche attimo confusi. Ma li capisco: io sono confusa ancora adesso.

Un matrimonio che Hazel e Kurt hanno organizzato a tempo di record. Una cerimonia semplice, celebrata a casa di Harrison Styles.

Io e Harry abbiamo trascorso i pochi giorni dopo il romantico matrimonio che lui stesso ha celebrato sul nostro letto, nell'euforia più totale. Non l'ho mai visto sorridere tanto. Il suo "appetito" era più insaziabile del solito - non che me ne lamenti - e, a parte il lavoro, siamo rimasti a goderci la nostra bolla di felicità.

Stamattina si è svegliato per primo. Al mio risveglio ho visto i suoi occhi furbi all'altezza del mio ventre. Mi ha sorriso e, senza dire niente, si è abbassato all'altezza dell'ombelico. Ha posato le labbra sulla mia pelle in un bacio delicato. Ha ripetuto lo stesso movimento più volte, in vari punti, sussurrando parole dolci a Evelyne. Poi, ha sollevato gli occhi per guardarmi e mi ha sorriso di nuovo. Un sorriso così sexy da sentirlo arrivare dritto tra le mie gambe.

"Non mi sembri ancora abbastanza sveglia, piccola Stewart" aveva ironizzato, un attimo prima di afferrare i lati dei miei slip e abbassarli quel poco che gli bastava per fare attivare tutti i miei sensi, abbastanza da far accelerare il mio respiro, quel tanto da fargli capire che mi aveva di nuovo in pugno. "Sei sexy da morire, vista da qui, Chloe" aveva sussurrato, prima di sfilare del tutto la biancheria e sparire tra le mie gambe.

"Volevo fare colazione con te" aveva detto divertito, con un evidente doppio senso nello sguardo e nella voce, dopo avermi fatto perdere la ragione nel giro di pochi minuti.

Non lo vedo da un paio d'ore, da quando abbiamo messo piede in questa casa e Kurt l'ha rinchiuso nella stanza di Jordan, lasciandomi alle cure di mia sorella.

E mi manca già.

Rebekah si è occupata dei miei capelli e Hazel del trucco.

Osservo il vestito appeso, dopo che mamma mi ha chiesto se stessi bene e non posso che rispondere in un unico modo.

«Non sono mai stata tanto felice come in questo momento».

Mamma sorride, mi abbraccia e mi osserva commossa.

«Sei bellissima, tesoro».

Io e mamma abbiamo scambiato qualche parola su oggi, sul futuro che mi aspetta, e sono tornata a confidarmi anche con lei. Papà è stato dolcissimo e ho apprezzato ogni sua parola su Harry, su quanto lo trovi affidabile, e sul fatto che sia felice che sia lui a prendersi cura di me.

Ricorda sempre con stupore la volta in cui l'ha visto farmi superare in fretta un attacco di panico quando eravamo a Montréal, e sa bene quale sia l'ottima influenza che Harry ha sempre avuto su di me.

Mamma e papà amano Harry.

Io lo amo.

Lo amo così tanto che ho accettato di condividere la mia vita con lui. E lo amo così tanto che fra pochi mesi condivideremo molto di più.

Osservo mia madre prendere l'abito e mi avvicino a lei.

«Questo vestito è bellissimo» commenta con un sorriso.

«Devo ammettere che hai scelto un grande abito» concorda mia sorella, che aiuta mamma a sfilarlo dalla gruccia. «Avanti, ti aiuto a indossarlo». Mi lascio aiutare, con un sorriso enorme sulle labbra. «Mi sarebbe piaciuto se ci fossimo sposate lo stesso giorno».

«Anche a me, Reb, ma ha ragione Harry: se avessimo aspettato non sarei più riuscita a infilare questo vestito» le faccio notare ridendo.

«Non fa niente. Almeno Zayn la smetterà di sentirsi in competizione con Harry» rido con lei della sua affermazione, e mamma con noi.

Mi aiutano a sistemare l'abito e sorrido guardandomi allo specchio. Ogni volta che lo indosso sembra sempre più bello e non posso evitare di ricordare l'espressione di Harry quando mi ha chiesto di sposarlo.

«Raggiungo tuo padre per dirgli che sei quasi pronta».

«Grazie, mamma» le sorrido, poi lascia la stanza e resto sola con mia sorella.

Abbiamo avuto modo di parlare molto da quando sono tornata da Montréal, dopo Natale; ci siamo avvicinate come mai lo siamo state finora. Non credo di poter volere di più da questo periodo della mia vita.

«Vuoi restare un po' sola?» mi domanda con un sorriso dolce.

«Non ho idea di che ora sia».

Rebekah si allontana per recuperare il cellulare dalla borsa, ma si ferma quando sente bussare alla porta.

«Forse è papà che è venuto a prenderti». Annuisco e la guardo avvicinarsi alla porta, che apre per poi tentare di chiudere subito, evitando di far entrare chiunque ci sia in corridoio.

«Avanti, Reb, lasciami entrare». Rido, quando riconosco la voce di Harry.

«Non puoi vedere la sposa prima del matrimonio».

«Ho già sposato Chloe e poi l'ho vista solo un paio d'ore fa, cosa cambia se la vedo adesso?» replica infastidito.

«Come sarebbe a dire che l'hai già sposata?»

«Reb, lasciami entrare e basta».

«Non ci penso nemmeno» insiste mia sorella, mentre cerca di tenere la porta chiusa.

Decido di intervenire per far terminare quel battibecco, dopotutto io voglio vederlo.

«È vero, Reb, ci siamo già sposati». Mia sorella allenta la presa, osservandomi con aria confusa, mentre Harry ne approfitta per spingere la porta ed entrare. «Poi ti spiego».

Rebekah sbuffa e alza gli occhi al cielo. Esce dalla stanza borbottando qualcosa a cui non presto attenzione, perché sono troppo presa dallo sguardo di Harry.

«Ehi? Va tutto bene?» gli domando avvicinandomi a lui, mentre sento il tonfo della porta.

«Dio, sei bellissima, Chloe» dice in un sussurro, come se non mi avesse mai visto prima, come se me lo dicesse per la prima volta, facendomi provare sempre la stessa, intensa, emozione.

Gli sorrido con il cuore che batte forte.

«Mi spieghi come ci riesci?»

«A fare cosa? A sbavare per te dalla prima volta che ti ho visto?»

Scuoto la testa con un sorriso divertito. «Direi che la prima volta che ci siamo visti non hai proprio sbavato per me» gli faccio notare con un pizzico di ironia.

«Eri troppo stronza e acida per notarlo, ma c'era un motivo per cui non riuscivo a smettere di guardarti». Sorrido di nuovo, al ricordo di quella sera in metropolitana, e mi perdo a osservare di lo sguardo che ha per me.

«Ecco, è a questo che riferivo poco fa» spiego, puntando un dito in direzione dei suoi occhi. «Quando mi guardi riesce sempre a farmi sentire speciale».

«Non lo so come ti guardo, ma so che sono io a sentirmi speciale quando sono con te».

«Com'è che sei così dolce oggi?» mi piace la sua dolcezza, ma di solito è più pungente, con la battuta pronta. Forse è agitato e io vorrei che fosse solo sereno.

«Perché sono un fottuto rammollito» dichiara sarcastico.

«Cosa? Non sei un rammollito. Non mi dirai che hai di nuovo qualche dubbio?» gli chiedo in ansia. Abbiamo già chiarito questo punto più e più volte, non posso credere che sia ancora insicuro.

«Non su di me».

«Hai dei dubbi su di me, Harry?»

Porta le mani sul mio viso e mi guarda con la stessa intensità di sempre.

«Non... non sono proprio dubbi» balbetta con un sospiro. «Sono qui per sentirmi dire che non hai cambiato idea».

Non lo fa spesso, ma quando mette a nudo la sua parte fragile mi sento una privilegiata, perché mi permette di entrare nella parte più profonda della sua anima.

Gli sorrido per rassicurarlo. Poggio le mani sul suo petto, sento il suo cuore battere forte e veloce. I suoi occhi sono carichi di emozione e di speranza. Poi mi allontano, sollevo la gonna del vestito con le mani e faccio una sorta di giravolta.

«Ti do l'impressione di una che sta per cambiare idea?» Lui scuote la testa e sorride. Mi avvicino di nuovo e gli prendo il viso tra le mani. «Non devi avere paura, non con me. Non ho intenzione di lasciarti né oggi, né mai. Mi è bastata quella volta a Madrid».

Ride, quando nomino Madrid. I ricordi di quella notte non sono tutti piacevoli. Ero in cima al mondo e all'improvviso mi sono ritrovata scaraventata al suolo. Il dolore che mi ha provocato la sua espressione dopo essere ritornata nella nostra camera d'albergo è stato devastante, e non ho più intenzione di provarlo, né di provocargli quella sofferenza.

«Ne abbiamo passate tante io e te». La sua constatazione a voce alta mi fa stringere il cuore.

«E ne abbiamo ancora tantissime davanti a noi». Cerco di rassicurarlo, ne ha bisogno. «Io e te insieme, questo non cambierà mai, Harry».

Mi guarda restando in silenzio, poi inspira a fondo prima di parlare.

«Insieme» ripete con un filo di voce, poi sorride e mi bacia. Un bacio dolce, delicato, lento, che mi riporta nella nostra bolla, e quando mi guarda rivedo la serenità di stamattina, quando mi sono svegliata e ho visto il suo sguardo furbo all'altezza del mio ventre.

«Insieme sempre».

Qualcuno bussa alla porta, lui sospira di nuovo.

«Credo sia arrivato l'armadio» scherza, e mi dà ancora un bacio, prima di raggiungere la porta della stanza. «Ti aspetto giù» mormora, per poi lasciare entrare mio padre.

Si osservano per un attimo, di sicuro papà non si aspettava di trovarlo qui, ma poi gli sorride.

«Tuo padre ti stava cercando».

«Grazie, signor Stewart. Ci vediamo sotto».

Resto a guardarli che si abbracciano, cercando di trattenere la commozione a causa di quel gesto. E quando credo che più felice di così non posso essere, ecco che succede qualcosa per cui lo sono di più.

«Hai un sorriso che acceca» mi prende in giro papà, raggiungendomi al centro della stanza.

«Già».

«Vorrei potermi prendere il merito, ma so che è grazie a quel ragazzo e a tutti i suoi scarabocchi, se sei così felice». Mi sorride e poggia le mani sulle mie spalle.

«Andiamo, papà, non sarai geloso?» lo prendo in giro. Ho bisogno di distrarmi, perché finirò per piangere.

«Della mia bambina? Sempre». Mi abbraccia forte, mi lascio stringere.

Ho sempre pensato a questo giorno, a come sarebbe andata, e solo un paio d'anni fa vedevo un'altra persona ad aspettarmi all'altare. Il destino ha voluto diversamente per me, per noi. Io e Harry ci siamo trovati quando stavamo attraversando un periodo molto difficile delle nostre vite. Siamo stati l'uno il sostegno dell'altra. Mio padre mi ha dato la vita, Harry me l'ha ridata quando credevo di averla persa.

«Ti voglio bene, papà».

«Ti voglio bene anch'io, tesoro».

Un altro abbraccio, poi lasciamo la stanza per raggiungere il salone dove è stata allestita la sala per la cerimonia. Pochi intimi, le persone importanti, le uniche che io e Harry abbiamo voluto come testimoni delle nostra felicità.

E spero che questa felicità non raggiunga mai un limite.

E spero che questa felicità non raggiunga mai un limite

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Beh, che dire... almeno ci sono Harry e Chloe che danno delle gioie, perché al momento, nell'altra storia che sto scrivendo, di gioie non se ne vedono da parecchio, e pare che non ce ne siano all'orizzonte. Per fortuna abbiamo Harry e Chloe a regalarci dei momenti carini.

Un risveglio affamato, la sua solita insicurezza, e le rassicurazione di Chloe: Harry è felice. Stanno per sposarsi e li vedremo promettersi amore eterno nel prossimo capitolo, in cui avremo il punto di vista di Harry.

Approfitto di questo spazio per ringraziare chiunque abbia acquistato i miei libri (e comunque ancora non ci credo). Grazie, davvero. Anche per le recensioni che avete lasciato su Amazon, per me vuol dire tantissimo. Ma soprattutto grazie per ogni messaggio d'affetto che ho ricevuto da voi. Siete davvero delle bellissime persone.

Per ora vi saluto. La storia è quasi al termine. Ci leggiamo al prossimo aggiornamento, intanto buona lettura 😍

 

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Capitolo 42
*** Harry e Chloe - Wedding day pt. 2 ***


Harry

Ero nervoso, lo ero così tanto che non ho avuto la pazienza di aspettare di vederla arrivare all'altare. Dovevo essere certo che non avesse cambiato idea.

Non credevo che avrei mai desiderato così tanto questo giorno, ma oggi non vorrei niente di diverso per me, per noi. Ero convinto di non volere una famiglia, che il matrimonio fosse una stronzata, che l'amore esistesse solo nei libri, o nei film, ma poi è arrivata Chloe e spazzare via tutte le mie convinzioni, una dietro l'altra.

Ho cominciato a vedere le cose dal suo punto di vista, mi ha trascinato sul fondo con lei e ci siamo presi per mano. È stata il mio sostegno, io il suo. Insieme siamo riusciti a risalire, a trovare la strada per la nostra felicità. Una strada che ci ha condotto dove siamo oggi, in una casa che ho detestato con tutte le mie forze, ma che oggi sarà testimone della mia felicità.

Niente di tutto ciò che è successo nell'ultimo anno era prevedibile: non l'incontro con Chloe, non innamorarmi di lei senza rendermene conto, non voler convivere, e non la gravidanza. Eppure non cambierei nulla, nemmeno una virgola.

Ho avuto l'incidente con l'auto più o meno negli stessi giorni in cui Dylan - il suo ex - ha avuto l'incidente con la moto: io ho distrutto la macchina restando illeso, lui ha perso la vita. In qualche modo le nostre vite si sono incrociate in quel periodo. Da quel momento mio padre mi ha tagliato i viveri e io mi sono perso più di quanto non stessi facendo. Chloe stava decidendo di trasferirsi a Boston nel tentativo di allontanarsi dal suo dolore. Quella sera, sulla metropolitana, quando ci siamo incontrati per la prima volta, abbiamo iniziato un lungo viaggio, un percorso accidentato, lungo il quale siamo riusciti a trovare un modo per essere felici.

Sì, oggi sono felice.

Sistemo i polsini della camicia, indosso la giacca e mi osservo allo specchio: sì, quello è un sorriso felice.

«Sembri persino più elegante di me».

Rido, alla presa in giro di Jordan: è stato lui a procurarmi l'abito che indosso oggi. Non potevo affidarmi al mio gusto e dando l'incarico a mio fratello ero certo di non sbagliare.

«Se permetti, sono lo sposo» dichiaro orgoglioso.

«Non ti dirò tutte quelle stronzate che di certo ti sono passate per la testa, tipo “non ho mai creduto nel matrimonio” o altre stupidaggini del genere. Sei bravissimo da solo a dire cazzate, ma una cosa te la voglio dire». Mi volto a guardarlo, dato il tono serio che ha assunto. Mi posa le mani sulle spalle e noto un piccolo sorriso sulle sue labbra, un sorriso che si fa sempre più ampio man mano che mi osserva. «Nonostante cercassi sempre di metterti in cattiva luce sono sempre stato sicuro che fossi speciale. Ci hai messo un po' a capirlo, ma alla fine ce l'hai fatta» afferma con un gran sorriso. «Sono fiero di te, Harry».

Non mi dà modo di replicare che mi stringe in un abbraccio tanto stretto da farmi mancare il fiato per un attimo. Ricambio il suo gesto con forza, sentendo tutto l'affetto che proviamo l'uno per l'altro. Poi si allontana e mi guarda ancora.

«Adesso, però, mi aiuti con la cravatta» scherzo, facendolo ridere.

«Dammi qua» borbotta, togliendomi la cravatta dalle mani, ma quando sta per mettermela intorno al collo, qualcuno bussa alla porta. «Se è Chloe, giuro che vi mando giù tutti e due a calci nel sedere».

Jordan ci prende in giro per la nostra incapacità di stare lontani, mentre raggiunge la porta per aprirla, ma restiamo sorpresi quando vediamo la figura di nostro padre che ci osserva con un piccolo sorriso.

«Hai un minuto?» mi chiede cauto.

«Aiutalo con questa» suggerisce Jordan, mettendo la mia cravatta nelle mani di papà, prima di uscire dalla stanza lasciandoci soli.

Mi sorride timido e mi raggiunge. Resta in silenzio quando fa passare la cravatta sulla mia testa, appoggiandola sul mio collo.

«Sei nervoso?» domanda, sollevando il colletto della camicia per poi sistemare la lunghezza della cravatta.

«No, non più» replico, cercando i suoi occhi, che mi permette di osservare un attimo dopo, quando alza lo sguardo su di me.

«Sono qui per scusarmi». Lo dice a bassa voce, in un sussurro, con un piccolo sorriso.

«Scusarti?» ripeto curioso. «Scusarti per cosa?»

Dopo la morte della mamma, io e lui ci siamo riavvicinati. Adesso abbiamo un rapporto che somiglia parecchio a quello che dovrebbero avere un padre un figlio, anche se abbiamo ancora molto su cui lavorare.

«Per essere stato un padre assente quando avevi bisogno di me». Le sue parole mi colgono di sorpresa. «E so che queste scuse non riparano niente, ma da qualche parte devo pur partire, se voglio ritrovare mio figlio».

«Papà...» mormoro con un sospiro.

«Non dire niente. Non voglio rovinarti il buon umore. Volevo solo che sapessi che ci sto provando... A fare il padre, intendo» continua, tornando a concentrarsi sul nodo della cravatta.

«E io lo apprezzo, davvero» rispondo senza polemica.

Perché non ho voglia di polemizzare o sottolineare che il suo cambiamento sia dovuto a ciò che è successo con la mamma, o perché si sta prendendo cura di Grace. Se sono convinto del fatto che io e Chloe siamo stati presentati dal destino - e che le prove che abbiamo superato ci hanno portato fino qui - devo pensare che tutto quello che è successo con mio padre è stato ciò che l'ha portato a essere ciò che è oggi: un uomo che è maturato, consapevole e che è felice di essere genitore.

«Ecco qua» conclude, aggiustando il nodo con due dita per poi sorridermi. «Se sei pronto, tua sorella è sotto che ti aspetta».

E se fossi stato lo stesso Harry di un anno fa avrei fatto qualche battuta cattiva per liquidarlo, ma oggi - in questo giorno in particolare - sono felice, perciò lo abbraccio, cogliendolo di sorpresa.

Per un attimo resta fermo, poi le sue braccia mi circondano il busto, stringendomi con forza. Nemmeno ricordo più l'ultima volta che mi ha abbracciato con così tanto affetto, ma non importa; ho intenzione di recuperare il tempo perso.

«Grazie, papà».

Mi allontano e gli sorrido. È visibilmente emozionato e non voglio farlo sentire a disagio. Evito di farglielo notare e mi volto per recuperare la scatolina con gli anelli. La infilo in tasca e torno a guardarlo.

«Sono pronto» comunico con un sorriso.

Papà mi segue fuori dalla stanza, cammina alle mie spalle lungo il corridoio e non posso resistere alla tentazione di fermarmi davanti alla mia vecchia camera, quella in cui si trova Chloe, e busso con forza.

«Chi è?» la voce dell'armadio mi fa desistere dalla voglia di intrufolarmi di nuovo nella stanza.

«Volevo dire a Chloe che sto scendendo».

«Arrivo subito!» sorrido nel sentirla alzare la voce per farsi sentire.

Proseguo la breve camminata e arriviamo al piano di sotto, dove restiamo in attesa di Grace.

«Mi piace il papà di Chloe» commenta mio padre.

«Io non gli piacevo affatto, all'inizio» confesso con un sorriso, al ricordo degli sguardi minacciosi che era solito lanciarmi.

«Credo sia un senso di protezione verso le figlie femmine» mi fa notare, voltando lo sguardo alla ricerca di mia sorella. «A proposito: tra Grace e Niall?» mi domanda tornando a guardarmi, lasciando la frase a metà, come se non fosse capace di completarla.

«Ho ancora un po' di anni, prima di preoccuparmi di queste cose. Adesso è un tuo problema» lo prendo in giro, quando vedo spuntare Grace alle sue spalle. E non importa se non è davvero sua figlia, perché è entrata a pieno titolo nella famiglia Styles.

«Siete pronti?» domanda con entusiasmo.

«Sì. Io vado ad aspettare di là» ci avverte mio padre, per poi salutare mia sorella con un bacio sulla guancia.

«Allora, fratello, sei davvero pronto?»

La guardo e le sorrido: è bellissima e ha un sorriso dolce. Assomiglia alla mamma, ha gli stessi lineamenti, ma scaccio subito questo pensiero, perché non è a quella donna che voglio dedicare i miei pensieri.

«Hai per caso dei dubbi che non lo sia?» la prendo in giro e lei ride.

«È che mi sembrava te la stessi facendo un po' sotto, quando sei arrivato» si diverte a punzecchiarmi.

«Quello era prima di vedere Chloe» ammetto sincero.

«Rebekah mi ha detto della tua incursione nella stanza della sposa» mi rimprovera, ma sorride.

«Quella era la mia stanza».

«E ora è mia, questo non significa niente. Non avresti dovuto».

La osservo ed è incredibile come mi sia affezionato a lei nonostante la situazione. E guai a chi la tocca, potrei diventare davvero cattivo.

«Grazie per aver accettato».

Cambio discorso all'improvviso, per parlare di qualcosa di cui mi importa davvero.

Il sorriso di Grace diventa più dolce, si avvicina e porta entrambe le mani sul mio viso perfettamente rasato.

«Grazie a te per avermelo chiesto, Harry. Tu e Jordan mi avete accolto in questa famiglia con l'affetto di due fratelli. Non mi sono mai sentita un'estranea e il fatto che tu mi abbia chiesto di accompagnarti all'altare è la dimostrazione di come sia meravigliosa questa famiglia. E io sono felice di farne parte».

Allunga le braccia oltre le mie spalle e mi attira in un abbraccio. La stringo a me, con il cuore che batte forte per l'emozione.

«Ti voglio bene, Grace».

«Ti voglio bene anch'io, Harry» sussurra emozionata, tornando a guardarmi negli occhi. «Adesso andiamo, prima che arrivi Chloe».

Annuisco con un sorriso, le lascio un bacio sulla guancia e la seguo fino al salone allestito per la cerimonia. Mi fermo ad abbracciare Louis accompagnato dalla sua ragazza. C'è Liam che mi sorride e Niall che non smette di guardare mia sorella. E anche Zayn che continua a ripetere “te l'avevo detto che saremmo diventati cognati”.

Dalla parte opposta della sala c'è mio padre, che adesso sembra commosso. Accanto a lui c'è la madre di Chloe che mi sorride da stamattina. Subito dietro c'è Kurt che non ha fatto che impazzire dietro all'organizzazione del matrimonio. Al suo fianco Dylan, con la sua ritrovata serenità. E infine Hazel, anche lei ha dato di matto insieme a Kurt per regalarci questo giorno.

Sorrido a tutti, guardo in avanti e vedo l'uomo che celebrerà le nozze, il quale allunga una mano verso di me.

«Piacere di conoscerla, signor Styles...»

Non presto attenzione a ciò che dice dopo, perché mi distraggo a osservare Grace che raggiunge Niall e gli sorride come se... Come se fosse... Ah, non voglio nemmeno pensarlo.

«Grace è maggiorenne» suggerisce Jordan al mio orecchio.

«Se non la smetti di prendere le sue parti chiederò a Zayn di farmi da testimone».

Per tutta risposta lui ride e io dimentico ogni cosa, persino il mio nome, quando vedo spuntare la figura di Chloe e suo padre al fondo del salone.

Mi è piaciuta dal primo momento in cui ho posato gli occhi su di lei. Quella sera sulla metro le avevo urlato il mio nome nella speranza che mi cercasse, ma il destino aveva in serbo per noi molto più di quanto immaginassi.

Il vestito che indossa oggi le lascia scoperta la schiena, sulla quale è visibile quel meraviglioso tatuaggio, quello per cui sono impazzito di curiosità e che ora ha un pezzo di me. È bella da impazzire, così bella che mi fa perdere il fiato, talmente bella da non capire come ho fatto tutta la vita senza di lei.

Perché non è bello solo il suo viso, o il suo corpo. Lei è bella tutta: è bella la sua mente sempre in fermento, il suo cuore che trabocca d'amore, e la sua anima ferita, un'anima che sorride alla mia, della quale ho un estremo bisogno, perché è grazie a quel dolore, che abbiamo ritrovato la nostra strada per la felicità.

Le nostre anime spezzate hanno fatto sì che imparassimo ad attraversare il nostro dolore e accettarlo, per poi avere la capacità di fare entrare la gioia nelle nostre vite.

Riesco a sorridere quando la vedo avanzare nella mia direzione: credo di non aver mai visto tanta felicità nei suoi occhi. Ha un sorriso che è in grado di rischiarare l'intera Boston, in questa buia giornata invernale. È stretta al braccio di suo padre, tra le mani un piccolo bouquet di fiori bianchi.

Trattengo il fiato fino a quando mi raggiunge: in quel preciso momento tutto scompare e resta solo lei, nel suo abito bianco, con il sorriso felice. Mi affianca e non riesco a guardare altrove. Sento le parole dell'uomo alla mia destra, ma non le distinguo. Tutto ciò a cui riesco a pensare è che sono innamorato di lei, della piccola che porta in grembo e della famiglia che stiamo creando.

Mi riprendo dal mio stato di trance solo quando mi rendo conto che Chloe mi sta parlando.

«Cosa?» le domando confuso.

Lei ridacchia. «È il momento della tua promessa» mi fa notare.

«Oh, sì» rispondo a disagio.

Infilo la mano in tasca, dove ho messo il fogliettino sul quale ho appuntato quello che volevo dire. In ufficio - tra un cliente e l'altro - ero riuscito a scrivere delle parole quantomeno decenti, dopo averci riflettuto fino alla nausea. Ogni frase mi sembrava banale e comunque non abbastanza per lei. E ora, mentre stringo quel foglio tra le dita, tutto mi sembra di nuovo non adatto a Chloe, a quello che provo per lei.

È per questo che accartoccio il biglietto e torno a stringere le sue mani, per parlare con il cuore, l'unico luogo dove riesco a esprimere ciò che sento.

«Sei stata la persona più insopportabile che abbia mai conosciuto. Sembrava che niente ti toccasse, che fossi addirittura più fredda e cinica di me. Ma mi è bastato guardarti negli occhi per vedere quanto fossi persa. Eri così irritante che non riuscivo a pensare ad altro che a te». Ride ed è così bella. «La prima volta che hai riso con me sei riuscita a entrare nel mio cuore, allo stesso modo di quando hai pianto. Abbiamo vissuto insieme un sacco di prime volte e la mia prima volta più importante con te è stato innamorarmi. Ti amo, Chloe, e quando ho capito che saresti stata tu per tutta la vita non potevo più aspettare». Mi guarda commossa, le sorrido e allungo una mano ad asciugare una lacrima sfuggita al suo controllo.

“Ti amo” mima con le labbra.

«Non ti ho sentito» la prendo in giro per farla ridere ed è proprio ciò che ottengo.

«Okay» inspira a fondo prima di parlare. «Tu sei stato l'uomo più indisponente che abbia mai conosciuto, l'unico che sia riuscito a tirare fuori il peggio di me. Sei stato l'unico che non si sia mai preoccupato di oltrepassare il limite. Mi ha spinto a guardarmi dentro senza mai forzarmi davvero. Sei stato la mia forza e ancora oggi, quando squilla il telefono e leggo il tuo nome mi emoziono nello stesso modo in cui succedeva le prime volte che mi chiamavi. Lo so che non ti ho reso la vita facile. Tu, al contrario, hai reso la mia molto più semplice e oggi sono felice di poter condividere con te tutto quanto. Ti amo, Harry».

Le asciugo un'altra lacrima. Resto a guardarla come se non ci fosse che lei. Distolgo lo sguardo solo quando devo prendere la scatolina con gli anelli. Io le infilo il suo, lei il mio, e so che è solo un simbolo, perché io l'ho già sposata qualche giorno fa donandole il mio cuore.

Quando ci dichiara marito e moglie sento che torno a respirare, come se fossi rimasto in apnea per tutto il tempo. E alla fine la bacio. Un bacio accompagnato dai fischi dei miei amici, mentre lei sorride sulle mie labbra. E sorrido anch'io quando si allontana per guardarmi.

«Insieme» mormora con un filo di voce.

«Insieme» ripeto allo stesso modo.

Perché non c'è altro modo in cui possiamo farcela, solamente insieme.

Perché non c'è altro modo in cui possiamo farcela, solamente insieme

*****

SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Non ho molto da dire, mi dilungherò quando arriverà il momento dei saluti. Godetevi questa felicità dopo tanta fatica.

Grazie infinite per essere ancora qui. Harry e Chloe sono una parte importantissima del mio cuore, non lo dimentico mai ❤️

Alla prossima ❤️

 

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Capitolo 43
*** New Life, New beginning ***


Chloe

È un sorriso costante quello che resta sul mio viso da settimane. Sono coccolata e viziata come una bambina, e la verità è che me ne sto approfittando, ma non m'importa: a breve si dimenticheranno tutti di me per concentrarsi sulla piccola creatura che sta per venire alla luce, perciò mi approfitterò di tutti loro ancora un po'.

Non manca più molto, la scadenza è vicinissima e la valigia con tutto il necessario per l'ospedale è già pronta da più di un mese. L'ho preparata prima delle nostre vacanze estive perché Harry ha detto che temeva di venir colto da un attacco di panico. Con quel borsone pronto si sente molto più tranquillo.

Dopo esserci sposati, per il suo compleanno siamo tornati a New York: Harry ha prenotato la stessa stanza in cui siamo stati la nostra prima volta nella Grande mela. La mia pancia non era enorme come lo è ora e ci siamo goduti il fine settimana, in tutti i sensi.

L'evento successivo al quale abbiamo partecipato è stato il matrimonio di mia sorella e Zayn. All'inizio di giugno la mia pancia era più che evidente e ho ringraziato Harry per aver avuto quella pazza idea del matrimonio improvvisato.

In questi mesi è stato talmente meraviglioso che nemmeno mi sono accorta di essere incinta - se non fosse per l'enorme pancione che mi porto dietro. Il suo sguardo per me non è mai cambiato, come anche il suo "appetito" e la cosa ha fatto innalzare la mia autostima a livelli mai visti prima.

Al punto tale che nemmeno la presenza di Winter in città mi ha creato problemi: non aiuta più Grace negli studi - la sorella di Harry ha cambiato tutor - ma la bionda è rimasta a Boston e si è fatta vedere qualche volta alla HS Financial Services.

Nemmeno quello m'importa: il mio rapporto con Harry è così solido che la sua presenza non mi fa paura.

Niente mi fa più paura.

A parte dover partorire a breve, ma so che posso farcela. O almeno lo spero.

Non faccio che sfogliare album di foto da stamattina, come se volessi riportare alla mente tutti i ricordi felici della mia vita. Mi sento positiva, carica di energia ed è come se tutte queste immagini avessero il potere di ricaricare questa energia all'infinito.

Sorrido come una stupida nel vedere la foto del mio ultimo compleanno, a soffiare sulle candeline della torta stretta in una maglietta premaman a larghe bande orizzontali colorate, dalle quali – all'altezza della pancia – spuntano un paio di occhietti vispi, a impersonare un bimbo che cerca di sbirciare il mondo esterno prima di venire alla luce. È stato il regalo di Kurt, che ha tutta l'intenzione di fare lo zio a tempo pieno.

Volto la pagina dell'album e sorrido ancora nel vedere la tutina da motociclista in miniatura che ha comprato Harry. Come prevedibile abbiamo discusso sul fatto che io fossi totalmente contraria all'idea che la creatura andrà mai su quei trabiccoli a due ruote – o almeno io ho discusso; lui si è limitato ad ascoltarmi per tutto il tempo, poi mi ha sorriso e alla fine ha detto che non sono mai stata capace di resistergli e che cederò a ogni sua richiesta. Mi sono finta offesa, lui mi ha sorriso, mi ha baciata e io gli ho detto di amarlo, facendolo sorridere.

Ogni foto porta con sé un momento della nostra vita, che ripercorro con il pensiero che a breve tutto verrà stravolto. Forse ho paura di dimenticare certi dettagli, forse ho bisogno di tenerli con me il più a lungo possibile, o forse ho solo paura del futuro e mi sto aggrappando al passato.

Diventare genitore mi spaventa.

Spero di essere all'altezza.

«Ahi!» mi lamento all'improvviso, sentendo una strana sensazione al pancione, come se qualcosa mi avesse stretto con forza. Quando si allenta quel senso di costrizione abbasso lo sguardo verso il pancione, dove poso la mano. «Ehi... tutto bene?» chiedo alla piccola creatura.

Non sento alcun movimento, così resto immobile. Solo la mano si muove alla ricerca dei suoi piedini, che poco dopo sento sotto le mie dita. Sorrido e tiro un sospiro di sollievo.

Non è stato facile nemmeno per Harry; affrontare questa gravidanza l'ha reso spesso ansioso, a volte in maniera eccessiva, ma mi rendo conto che anche lui è spaventato e stiamo vivendo insieme un'altra delle nostre prime volte. Abbiamo trascorso tantissimi momenti sdraiati a letto con le sue mani sul pancione alla ricerca di qualche movimento. Ha passato tanto tempo a parlare al pancione e io mi emozionavo ogni volta che mi scopriva la pancia anche solo per guardarmi.

Credo di essermi sentita la donna più bella di tutto il pianeta. E anche la più fortunata.

«Ahia». Un'altra sorta di fitta, ma non è proprio una fitta.

Sento la pancia stringersi, una sensazione che dura qualche secondo, poi passa nello stesso modo in cui è arrivata. «Che stai combinando lì dentro?»

E non appena finisco di formulare quella domanda ad alta voce ho l'illuminazione: devono essere le contrazioni. Ero terrorizzata all'idea di non riconoscerle. Durante il corso di preparazione al parto hanno detto che sarei stata in grado di capirlo, ma ero convinta che non ne sarei stata capace e avrei fatto un disastro.

«Oddio!»

A distanza di diversi minuti ne sento un'altra. Chiudo l'album di fotografie e lo poso sul tavolino, poi prendo il cellulare e controllo l'orario; a breve dovrebbe tornare Harry dall'ufficio, così inspiro a fondo e cerco di mantenere la lucidità. Mi alzo in piedi, faccio qualche passo e arrivo in cucina, dove mi appoggio al ripiano quando sento di nuovo la mia pancia stringersi e stavolta la percepisco quella sensazione anche sulla schiena.

«Mi stai dicendo che è ora?» chiedo rivolta al pancione.

Poggio una mano all'altezza dei reni per massaggiare la parte indolenzita ed è in quel momento che sento aprirsi la porta di casa.

«Stewart, sono a casa» urla dall'ingresso. «Dove sei?»

«Sono in cucina».

Quando mi raggiunge mi trova nella stessa posizione: appoggiata in avanti con una mano sul fondo della schiena.

«Stai bene?» mi domanda preoccupato.

Gli sorrido per rassicurarlo e torno a mettermi dritta.

«Credo sia arrivato il momento».

«Cosa? Adesso?» ribatte agitato, facendomi ridere.

«Non adesso, ma suppongo che non manchi molto. Ahi».

Un'altra stretta – una contrazione – e porto le mani sul pancione.

«Merda, non sono pronto».

Riesco a ridere anche se la contrazione non è ancora del tutto terminata.

«Come sarebbe a dire che non sei pronto? Sono nove mesi che aspettiamo questo momento. A cosa credi servisse il corso pre-parto?»

«Beh, io non sono pronto, Chloe. Dimmi che tu lo sei» mi sfida.

«No» ammetto, facendo spuntare un sorriso soddisfatto sulle sue labbra.

«Secondo te ce la possiamo fare senza dover chiamare qualcuno?»

Rido ancora della sua preoccupazione, perché è davvero dolce.

«Possiamo farcela, Styles. Dobbiamo solo prendere la mia valigia - che è già pronta - e andare in ospedale. Te la ricordi ancora la strada per l'ospedale, no?»

Mi rilasso quando la contrazione scompare del tutto e mi avvicino a lui per quanto il pancione mi permetta di farlo.

«Siamo insieme, Harry. Possiamo fare tutto».

Lo rassicuro, portando entrambe le mani sul suo viso. Lui imita i miei gesti, e il contatto delle sue mani sulla mia pelle mi infonde la sicurezza di cui avevo bisogno, come se fluisse da lui a me; ed è sempre stato così.

«Okay, piccola Stewart. Andiamo a conoscere la piccola Evelyne».

Sorrido con lui al pensiero che ha sempre avuto ragione sul fatto che fosse una femmina, e usciamo di casa dopo aver recuperato il mio borsone. Durante il tragitto sono tornata ad avvertire le contrazioni e Harry è rimasto in silenzio per tutto il tempo. Una volta arrivati a destinazione mi hanno visitata e portata in sala parto. I medici sono stati sorpresi dalla velocità con cui questa piccola sta tentando di venire alla luce, io non so se esserne sollevata o preoccupata.

«Avanti, Chloe, andrà bene. Io resto qui» mi rassicura stringendo una mano tra le sue.

«Non lasciarmi, Harry».

Sono decisamente più spaventata di lui – o forse riesce a mascherarlo meglio – ma sono terrorizzata all'idea che qualcosa possa andare storto.

«Ti ho detto che non vado da nessuna parte, Chloe. Adesso stringi la mia mano».

Ed è quello che faccio subito dopo, quando una contrazione più forte delle altre mi costringe a un lamento strozzato mentre chiudo gli occhi.

«Harry» riesco a dire con un filo di voce, quando torno a respirare.

«Sono qui... Resto qui».

***

Harry

Vederla soffrire senza poter fare niente per alleviare il suo dolore è uno strazio. So che è normale, che è il percorso fisiologico della gravidanza, eppure farei qualunque cosa per provare al suo posto quel dolore.

«Harry?»

«Sono sempre qui». Le stringo la mano. «Avanti, Chloe, manca poco» la incoraggio, sperando che davvero manchi poco.

Sono concentrato su di lei, respiro al suo stesso ritmo e trattengo il fiato quando lo fa lei. Stringo forte la sua mano quando stringe la mia e cerco di fare in modo che mi guardi negli occhi più volte possibili.

Sono teso e non so nemmeno come mi sento. Ho in mente un unico pensiero: che Chloe smetta di provare quel dolore. Da quando siamo arrivati in ospedale tutto si è svolto in fretta: prima la rottura del sacco amniotico, poi la perdita delle acque e ora l'ostetrica che continua a dire che ci siamo quasi, ma Chloe non fa che spingere e soffrire.

«Andiamo, Chloe, ancora una volta» ripete l'ostetrica e Chloe trattiene il fiato .

Lo faccio anch'io, vado in apnea e riprendo fiato quando sento la sua voce uscire in un lamento quando non ce la fa più a spingere. Mi sento come se avessi appena compiuto una lunga risalita dal fondo di una piscina. Arrivo alla superficie alla ricerca d'aria, sto boccheggiando e quando riemergo inspiro profondamente, provando un sollievo inaspettato. Poi un pianto forte, disperato, di una vocina che spacca i timpani. Mi volto d'istinto e quasi il cuore non mi scoppia nel vedere un piccolo fagottino tutto sporco tra le mani della ginecologa che mi guarda con un gran sorriso.

«Harry?»

Mi volto verso Chloe che mi osserva con grande curiosità e non ho idea se il mio sorriso possa diventare più grande di quanto già non sia, ma sento che le fossette stanno scavando le guance in profondità.

«Vuoi vederla?»

Annuisce e allora l'aiuto a tirarsi su con la schiena. Porta una mano davanti alla bocca e piange. Sono lacrime di gioia, lo so, e forse avrei bisogno anch'io di sfogarmi in qualche modo, ma in questo momento riesco solo a sorridere.

Mi accorgo che la dottoressa si alza in piedi e si avvicina. «Vuole tenerla?»

Chloe allunga le braccia e osservo la scena che si svolge sotto ai miei occhi. Mia figlia tra le braccia di mia moglie e io mi sento così felice. Quando mi ha detto di essere incinta non credevo di poter essere ancora più felice; poi ci siamo sposati ed è passato tutto a un livello superiore. Ho creduto che non ci fosse altro che avrebbe potuto superare la perfezione di quel momento. Ma ora, guardare Chloe che piange mentre è incantata a guardare la piccola creatura che tiene tra le braccia, nostra figlia, mi fa credere che la felicità possa essere infinita.

E io che credevo che non sarei mai stato felice.

«Vuole tagliare il cordone?» mi domanda la ginecologa, distogliendomi dai miei pensieri.

«Davvero?» rispondo come un idiota, pur sapendo che era una cosa possibile.

«Tenga».

La dottoressa mi porge un paio di forbici e io mi volto a guardare Chloe che mi fa un cenno con la testa. Mi avvicino e afferro le forbici. La dottoressa mi mostra il punto da tagliare e mi fermo un attimo.

«Non le farò male, vero?»

«No, certo che no» risponde come se stesse parlando a un bambino.

«Okay».

Inspiro, espiro e taglio, mentre Chloe tiene gli occhi fissi su di me, sul mio gesto.

«Molto bene» commenta la dottoressa, avvicinandosi per prendere di nuovo la bimba. «Adesso facciamo un bel bagnetto a questa meraviglia e intanto facciamo riprendere la mamma. Se il papà vuole seguirci, può pensare lui al bagnetto» ci comunica la donna.

Mi volto verso Chloe che già mi sta guardando.

«Vai con lei» mormora con un filo di voce e l'espressione radiosa nonostante la stanchezza.

«D'accordo». Mi chino su di lei e le lascio un bacio sulle labbra. «Ci vediamo tra poco».

Mi allontano con l'infermiera che tiene in braccio la piccola e ci avviciniamo a un lavandino. A quel punto la sporge verso di me che resto a guardare come un idiota.

«Dovrebbe prenderla in braccio» spiega.

E allora allungo le braccia e quando sento quel peso piuma tra le mie mani, mi convinco sempre di più che la mia felicità non ha limiti. Non è spiegabile a parole ciò che provo, nessuna parola potrebbe rendere abbastanza l'idea di ciò che sta succedendo nella mia testa e nel mio cuore.

È come un'esplosione di fuochi d'artificio. Tutto si accende in una serie di colori luminosi, che si espandono in ogni parte del mio corpo. In un attimo dimentico tutto il brutto del passato, come se non avesse davvero importanza. Adesso c'è lei e insieme a Chloe non c'è altro di più importante per me.

«Può lavarla, non si romperà» mi prende in giro l'infermiera con un sorriso.

E allora provo a metterla sotto l'acqua, ma lei piange e io sono impacciato come il più inesperto dei papà.

«Preferisce che faccia io?»

«Sì, grazie».

Con molta gentilezza mi toglie la piccola dalle mani.

«Avete già deciso il nome?»

«Evelyne» rispondo deciso, e dirlo ad alta voce per la prima volta da quando è nata, mentre la guardo agitarsi e piangere, è un'altra emozione così forte che mi toglie il fiato.

«Se vuole può tornare da sua moglie. Appena avremo finito con i controlli la porteremo nella sua stanza».

«D'accordo, grazie». Poi osservo la piccola che ancora piange. «A tra poco, amore mio».

Mi allontano camminando all'indietro, andando a sbattere prima contro qualcuno, poi contro il muro e alla fine esco dalla sala parto. Raggiungo la stanza di Chloe come un automa, senza ben sapere ciò che sto facendo. Quando entro lei non c'è. Mi siedo sul divanetto per aspettarla, ma poi non riesco a stare fermo e mi alzo per raggiungere la finestra. Forse dovrei avvisare qualcuno o forse vuole farlo Chloe, ma c'è una persona che ho assolutamente bisogno di sentire. Non posso tenere per me tutto questo o esploderò anch'io dalla gioia.

Prendo il telefono dalla tasca della giacca che ho lasciato in stanza prima di entrare in sala parto e faccio partire la chiamata. Non so se sia ancora al lavoro impegnato in qualche riunione o se sia già a casa, ma ho davvero bisogno di dirglielo.

«Harry! Tutto bene?» mi risponde al secondo squillo.

«Sì, tutto benissimo» rispondo con un filo di voce.

«Sei strano, Harry. Stai bene? Chloe sta bene?» dal suo tono di voce riesco a sentire tutta la sua preoccupazione.

«Sì, stiamo bene».

«Davvero? E perché hai una voce strana».

«Perché sei diventato nonno».

Dall'altro capo del telefono c'è un silenzio assordante, un silenzio che dura a lungo, o forse un attimo, credo di aver perso la concezione del tempo.

«È nata?» domanda sorpreso.

Io e Chloe non abbiamo avvisato nessuno che stavamo venendo in ospedale e mi rendo conto di quanto sia improvvisa questa notizia.

«Evelyne Styles è appena venuta alla luce».

«Dio, Harry, dove siete? Chloe sta bene? E la piccola?»

Rido a causa delle sue tante domande e, nonostante sia stato capace di ricostruire un legame con mio padre – degno di tale nome – sono sempre sorpreso di come riesca a mantenere in salute il nostro rapporto. Perché adesso che l'ho ritrovato ci tengo davvero ad avere un rapporto sano con lui.

«Stanno bene entrambe. Stanno facendo i controlli di routine alla piccola e...» mi blocco quando sento un rumore alle mie spalle. Mi volto per vedere Chloe sulla sedia a rotelle spinta dall'infermiera che poi l'aiuta a mettersi a letto. «E Chloe è appena arrivata. Siamo al Massachusetts General Hospital. Ti aspettiamo». Ci salutiamo, chiudo la chiamata e raggiungo Chloe. «Come ti senti?» le domando, sedendomi sul bordo del letto.

«Stanca, ma felice. Stavi parlando con tuo padre?».

«Sì, avevo bisogno di dirglielo o sarei impazzito dalla felicità». Mi sorride e allunga una mano verso di me, che mi affretto a stringere.

«Com'è andato il bagnetto?»

«Oh, un disastro. Non ha fatto che piangere. Direi che come inizio va benissimo». Ride e io con lei.

«Ti hanno detto quando la porteranno qui?»

«Al termine dei controlli. Sei stata bravissima là dentro».

«No, Harry. Tu lo sei stato. Sei stato coraggioso e io ti amo da impazzire».

Le sorrido, la bacio e non importa davvero chi sia stato più bravo o coraggioso, perché nel momento in cui la piccola culletta fa il suo ingresso nella stanza, io e Chloe ci voltiamo in quella direzione a osservare quella piccola tutina rosa e bianca che non smette di muoversi. Non piange più, adesso è molto più tranquilla.

«Se vuole può attaccarla al seno. Mi chiami per qualsiasi cosa. Adesso vi lascio soli».

L'infermiera lascia la camera e io guardo Chloe, che a sua volta mi guarda con una luce negli occhi che fa brillare anche me.

Non ho bisogno di chiederglielo, so che freme dalla voglia di tenerla in braccio. Mi avvicino alla culletta e cerco di prenderla come mi è stato insegnato per non farle male. Poi la metto tra le braccia di Chloe, che la guarda con un amore infinito negli occhi.

«Evelyne, questa è la mamma».

E di nuovo resto a osservare le donne più importanti della mia vita, adesso insieme. Chloe che si scopre un seno per tentare di allattare la piccola, in un gesto che le viene così naturale che sembra l'abbia fatto da tutta la vita. Una scena che potrei restare a guardare per il resto dei miei giorni, con il petto gonfio di felicità e la testa piena di tanti progetti per il futuro. Un futuro che non credevo di avere.

Chloe solleva lo sguardo su di me, ha gli occhi lucidi e io mi avvicino a lei, tornando a occupare il posto accanto a lei, sul bordo del materasso. Poggio una mano sulla sua gamba e mi perdo a guardarla. È bellissima.

«Ti amo» sussurra con un filo di voce.

«Ti amo» rispondo allo stesso modo.

Poi, entrambi portiamo lo sguardo su Evelyne. Il nostro vero nuovo inizio.

 Il nostro vero nuovo inizio

        

SPAZIO ME

SPAZIO ME

Ci leggiamo nei ringraziamenti...

 

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Capitolo 44
*** Ringraziamenti ***


Quindi, siamo davvero arrivati alla fine, anche se per Harry e Chloe questo è un nuovo inizio.

Harry era cinico, Chloe era acida: le loro strade si sono incrociate in un periodo difficile per entrambi. Hanno imparato a essere l'uno il sostegno dell'altra e sono stati l'uno la forza dell'altra. Harry ha superato la sua paura dell'abbandono e Chloe ha affrontato il dolore della sua perdita.

Hanno trovato un amico, un complice, un compagno e l'amore della vita, l'anima gemella. E io ho adorato ogni momento.

Questa avventura è iniziata quasi tre anni fa. Era ottobre 2017 quando Harry e Chloe sono approdati su wattpad. Non avrei mai immaginato che la loro storia potesse coinvolgere così tante persone. Ognuna di voi che ha letto questa storia mi ha lasciato qualcosa. Ho adorato ogni commento, ogni messaggio, ogni singola stellina e ogni lettura silenziosa.

E comunque non sarebbe giusto, perché siete state tutte importantissime per me.

Alcune di voi l'hanno addirittura letta più di una volta e vorrei nominarvi tutte, una per una, ma ho paura di dimenticare qualcuno e mi dispiacerebbe tantissimo se succedesse.

Perciò sono qui a ringraziarvi per aver viaggiato con me insieme a Harry, Chloe, Kurt, Dylan, Hazel, Jordan e Zayn, Rebekah. E anche la piccola Evelyne, arrivata a completare la vita dei protagonisti.

Insieme abbiamo sofferto, amato, ci siamo arrabbiate, abbiamo sclerato, siamo impazzite dietro alle paranoie di Chloe e ci siamo esaltate per la determinazione di Harry.

Come ho già detto su The Beginning, ho ricevuto alcune proposte di pubblicazione per questa storia, ma non erano quelle giuste per loro. Sono sicura che prima o poi anche Harry e Chloe - come Zayn e Crystal, o Harry ed Ellery - vivranno su pagine di carta.

Grazie per essere arrivate fino qui, per avermi sostenuto e per avermi fatto arrivare tutto il vostro affetto. Siete persone meravigliose e continuerò a ripeterlo all'infinito.

Approfitto di questo piccolo spazio per ringraziare ancora chi ha comprato i miei libri. Grazie, davvero ❤️

Può darsi che un giorno Harry e Chloe torneranno a trovarci, magari troveremo Evelyne cresciuta, a combinare i piccoli disastri che caratterizzano i bambini. Magari avrà una sorellina o un fratellino, o magari Zayn vorrà imitare il suo amico e dare una cuginetta a Evelyne, questo ancora non lo so. Intanto godiamoci questa felicità che Harry e Chloe si sono conquistati con tanta fatica.

Ho messo la parola fine a questa storia, ma come Harry e Chloe non erano pronti al parto, io non sono pronta a lasciarli andare; è come se uno dei miei figli lasciasse il nido. So che li rivedrò ancora, ma non vivremo più sotto lo stesso tetto e già mi mancano.

Vi aspetto sulle altre mie storie, se vi va ❤️

Eeeeee niente, grazie sempre per essere qui. Alla prossima storia. Vi auguro buona lettura, qualsiasi cosa stiate leggendo 😘

P.S. e adesso vado a segnare la storia come completa ❤️

 e adesso vado a segnare la storia come completa ❤️

 

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