Una Luce

di EcateC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Una luce oscura ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


 
Giugno, 1945
 
 
Animali fantastici e dove trovarli,
            
a cura di Newton Scamander
 

Tom guardò con occhi critici la recente enciclopedia, appena giunta alla sua terza edizione. Silente durante le lezioni aveva colto ogni occasione per decantarla, a tal punto che Tom avrebbe voluto ignorarla solo per fargli un dispetto, ma poi decise di aggiungerla comunque alla pila dei testi da consultare. Doveva capire che genere di creatura fosse quella donna indonesiana che si trasformava in serpente senza alcun controllo. Non era un Animagus, né tanto meno un Metamorfomagus, eppure condivideva le caratteristiche di entrambi.
Tom aprì il libro e iniziò a sfogliarlo velocemente, poi guardò l’indice. Era incredibilmente schematico e diviso per numerosi gruppi di interesse, talmente ordinato e preciso da risultare disturbante.
Vi erano infatti classificate tutte le creature universalmente conosciute: le creature terresti, alate e marine, le creature cosiddette leggendarie, quali fenici, minotauri, grifoni e basilischi; le creature umanoidi come le sirene, i centauri e i lupi mannari, e infine perfino i cosiddetti non morti: i vampiri, gli obscuriali e i dissennatori.
Il mondo era decisamente troppo piccolo per ospitare tutti questi esseri, aveva constatato Riddle. Una bella ripulita non avrebbe nociuto a nessuno.
-Noto con piacere che ascolti i miei consigli-
Tom sussultò e si voltò di scatto, il libro per poco gli cadde dalle mani con un tonfo.
-Come mai quel libro, Tom?- continuò Albus Silente, accennando al tomo che aveva tra le mani -A cosa ti serve?-
-Professore, mi ha spaventato…- esclamò il giovane tra i denti -A nulla in particolare, volevo solo approfondire qualche nozione in vista dei M.A.G.O. Gli esami ormai sono alle porte-
-Ebbene sì, si può dire che il tuo percorso a Hogwarts sia finito- gli rispose Silente, senza sorridere -Hai poi deciso cosa farai, uscito da qui?-
Ancora quella domanda. Tom come al solito gli rivolse un sorriso mendace e scosse la testa.
-No, signore, non ancora- gli rispose gentilmente.
-Non ancora? È molto strano da parte tua, visto che sei sempre stato un ragazzo piuttosto… Risoluto e ambizioso- constatò Silente con un tono duro -Non so davvero come interpretare questa tua indecisione-
-Non c’è proprio nulla da interpretare, professore- gli rispose Tom, con aria innocente -Sono semplicemente preso da altre cose-
-Del tipo?-
-Lo studio- gli rispose prontamente -Anzi, se vuole scusarmi, torno in sala comune-
E detto questo, Tom cercò di allontanarsi, ma Silente lo fermò. Era ancora molto provato dal duello combattuto contro Grindelwald, gli sfregi sul suo viso erano rossi e ben visibili, il braccio sinistro ancora fasciato.
-Aspetta, Tom- gli disse, in un modo che lo fece allarmare. Non c’era alcun scintillio amichevole o bonario nel suo sguardo -Credo che io e te dobbiamo parlare-
E infatti, come immaginava. Logico e astuto com’era, Tom si inventò subito una scusa.
-Sì, professore, decisamente, visto che non ho ancora avuto l’occasione per farle i miei più sentiti complimenti- gli disse subito con un sorriso forzato -La sua recente vittoria contro Grindelwald è stata memorabile. Deve sentirsi estremamente orgoglioso-
-Sono ben altre le cose che mi rendono orgoglioso- gli rispose Albus, freddamente -Comunque grazie, Tom, lo apprezzo molto-
-Grindelwald ora verrà condannato a morte?-
-Assolutamente no- gli rispose subito Albus, teso.
Lo sguardo arrogante di Tom si incrinò -Come, no?- gli chiese, con un sorriso inquieto -Ma è un criminale, un assassino, ucciderlo mi pare il minimo dopo quello che ha fatto. Anzi, mi domando perché non l’abbia stroncato direttamente lei sul campo di battaglia. Che cosa l’ha indotto a risparmiarlo?- continuò, travolto da un’irresistibile curiosità -Pietà? Senso di colpa? O magari quel nobile e cavalleresco sentimento che ispira tanto la Casa di Grifondoro?-
Silente ignorò il suo sarcasmo e lo guardò con serietà, niente affatto sorpreso dalla sua domanda.
-Gellert Grindelwald ha avuto ciò che si meritava- gli rispose, calmo -E poi esistono cose di gran lunga peggiori della morte, che tu ci creda o no-
Il ragazzo si irrigidì. -Non esiste niente peggiore della morte- gli rispose secco, brusco.
-Ti sbagli, Tom. A volte morire può anche essere una piacevole liberazione, la fine di tante sofferenze- gli rispose subito Silente, conscio di toccare un tasto delicato.
Tom lo guardò nei suoi occhi limpidi e azzurri. Voleva dileguarsi il prima possibile perché, volente o nolente, questi discorsi lo mettevano a disagio, troppo a disagio, si rese conto.
-Mi illumini, allora- lo sfidò, beffardo -Cosa ci può essere peggio della morte, secondo lei?-
-Vivere senza amore- gli rispose Silente, ma Riddle gli rivolse subito un sorriso beffardo, protervo.
-Professore, mi perdoni, ma da lei mi sarei aspettato qualcosa di un po' più originale-
Silente ricambiò il suo sorriso -E se ti dicessi che non c’è niente di più originale dell’amore?-
-Direbbe una sciocchezza. L’amore rende deboli, vulnerabili- sibilò il giovane.
-L’amore dà significato alla nostra vita-
-Siamo noi a dare significato alla nostra vita!- replicò Tom, stizzito.
-No! Sono i ricordi che danno un senso alla nostra vita! E le emozioni, i sentimenti!- si accese Albus -Il resto non ha alcun valore, Tom! Tutto passa e finisce, ma l’amore no, è l’unica cosa che abbiamo e che rimane, che lascia un segno del nostro breve e precario cammino qui sulla terra-
-Belle parole, ma da quanto lei dice, io mi dovrei ritenere condannato alla sofferenza- gli fece notare, rabbioso -Lei sa in quali circostanze sono nato-
-In circostanze indubbiamente singolari, ma non maledette- precisò Silente -Non lasciarti condizionare da queste chimere-
-Non sono il tipo che si lascia condizionare dalle chimere-
-Sembra di sì, invece- gli rispose Silente con tono più paziente -Ricordati che siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. Noi ci infliggiamo le pene più severe, non gli altri-
-Cosa vorrebbe dire con questo?-
-Credo che tu l’abbia già capito- precisò Silente -Non devi avere paura della fine. A volte una fine può rivelarsi un inizio ancora più avvincente-
 
 
***
 
 
 
 
Hogwarts, anno scolastico 1944/1945,
Parecchi mesi prima
.



 
Hogwarts ormai si era addormentata.
Le Sale Comuni si erano deserte, erano rimasti sui tavoli solo stralci di pergamena macchiati di inchiostro, libri smarriti e cartacce di dolcetti e caramelle che gli elfi domestici si prodigavano di rimuovere ogni notte con solerzia. Anche gli antichi corridoi erano queiti, con l’eccezione di qualche fantasma che fluttuava errante e del professor Silente, che vagava avanti e indietro per la Torre di Grifondoro con aria nostalgica. Ma scendendo giù, fin nei sotterranei, questa quiete così immobile e tenebrosa si dilatava, così come diventava più pungente il freddo.
I Serpeverde, malgrado la loro consolidata mala fama, erano tra tutti i più silenziosi e ligi alle regole. Era molto difficile trovarli in giro fuori dagli orari consentiti. O quanto meno, era molto difficile beccarli.
Tom Riddle, in ormai sette anni di perlustrazioni e uscite notturne, l’aveva sempre fatta franca.
Solo una volta Lumacorno l’aveva sorpreso fuori dal dormitorio alle due del mattino.
“Oh, sei solo tu, Tom. Dimmi, hai beccato qualche dodicenne fuori dal letto?” gli aveva detto con un sorriso sollevato. Tom gli aveva ricambiato plasticamente il suo sorriso e, per ovviare ogni dubbio, aveva scaricato la colpa su Pix il Poltergeist, il quale non osava né contraddirlo, né fargli scherzi ormai da qualche anno… Ma nessuno sapeva il perché. A parere del suo compagno di Casa Alastor Moody, Tom aveva spaventato così tanto il povero Pix che a suo confronto il Barone Sanguinario era diventato una figura di supporto. "Ma guardalo, povero Pix, è terrorizzato! Neanche avesse visto Serpeverde in persona!"
Lo stesso Alastor Moody si era anche chiesto come mai Tom passasse così tanto tempo in compagnia del fantasma di Corvonero, ma ovviamente i suoi dubbi erano stati tacciati come ridicoli da Bartemius Crouch, loro compagno di dormitorio.
"Ma lascialo in pace" gli rispondeva sempre "Sai come fa… È fatto così"
Ma al giovane Moody qualcosa non quadrava. Tom era troppo ineccepibile per i suoi gusti, era sempre nel posto giusto al momento giusto, come se pianificasse ogni sua mossa con giorni d’anticipo. E anche quando chiacchierava non sembrava mai spontaneo o realmente preso. Però non risultava spiacevole o antipatico, anzi, era un perfetto conversatore e un perfetto compagno di camera, il migliore che si possa desiderare: silenzioso, ordinato e ben educato. Anche Bartemius Crouch aveva ricevuto un’educazione severa e simile alla sua, e poi era sottile ed elegante, ricordava un duca di altri tempi. Cornelius Fudge puntava alla loro raffinatezza, cercava di essere simile a loro, ma era mortificato dal suo fisico non propriamente slanciato e dai suoi modi gretti, provinciali. E Moody… Beh, Moody era lo sportivo del gruppo. Un ragazzone alto e ben piantato che giocava a Quidditch nel ruolo di battitore, popolare a suo malgrado e schivo come un vecchio orso. Ma se Moody e la sua carica agguerrita avevano regalato tanti benefici a Serpeverde, lo stesso non poteva dirsi del suo domitorio: in ogni angolo c’erano mazze da Quidditch, Pluffe, Bolidi e altri palloni che Tom non perdeva occasione di gettare fuori dalla finestra.
Ma a parte questo, andavano d’accordo. E dopotutto non era difficile andare d’accordo con Tom Riddle, visto che ti prendeva in giro la maggior parte del tempo.
-Cavallo in H6- aveva ordinato Tom con voce limpida alle pedine della sua scacchiera.
Moody, il suo avversario, gli scoccò un’occhiata infastidita.
-Regina in E2- tentò, poco convinto. E infatti…
-Ahia, Alastor- si era intromesso Fudge, divertito -Tom ti ha fregato un’altra volta!-
-Sta zitto!-
-Cornelius ha ragione- esclamò Tom Riddle, compiaciuto -Ho vinto io, arrenditi se non vuoi un ennesimo scacco matto.-
-No!- grugnì Moody, che nel frattempo era arrossito -Lasciami pensare!-
Tom gli scoccò un sorriso sprezzante.
-Ha vinto lui, Alastor, basta- si intromise un quarto ragazzo, che indossava un elegante pigiama di pura seta e un paio di occhiali da lettura: Bartemius Crouch -Ora, se mi fate la cortesia di spegnere le candele, io andrei a coricarmi.-
Alastor gli fece il verso.
-Barty ha ragione- esclamò Tom, calmo -È quasi l’una. Domani Lumacorno interroga.-
-Ecco, ecco, ecco. A questo proposito…- si intromise un'altra volta Fudge, imbarazzato -Senti, Tom, tu… Beh, vai molto d’accordo con Lumacorno, no? Lui ti adora, no?-
Tom gli scoccò un’occhiata annoiata. Aveva già capito.
-E quindi?-
Fudge arrossì e dietro di lui Bartemius si era messo a fissarlo con aria di rimprovero -Non è che gli puoi chiedere un piccolo favore da parte mia? Insomma, una buona parola, o …-
-Cornelius!- esclamò Bartemius con tono di disapprovazione -Abbi un minimo di pudore, non puoi chiedere a Tom una cosa del genere! E, Alastor, per l’amor del cielo, smettila di fissare quella scacchiera, guardarla non cambierà il risultato.-
-Ha barato!- sentenziò invece Moody, dando un potente pugno sul tavolo -Ha barato, non c’è altra spiegazione!-
Tom si mise a ridere, Crouch invece alzò gli occhi al cielo.
-Ammettilo, Riddle! Hai pure la faccia di uno che bara!- si sbilanciò Moody, puntandogli il dito contro.
-Io?- esclamò Tom, sgranando gli occhi.
-Alastor, se anche Tom non è un purosangue non significa che sia per forza un delinquente- esclamò Crouch con tono pedante, e il sorriso di Tom subito svanì -Abbiamo deciso di provare almeno a non avere pregiudizi.-
-Io non ho pregiudizi, io mi fido del mio intuito e il mio intuito mi dice che lui ha barato!-
-Il tuo intuito non è infallibile- esclamò Crouch con tono esasperato.
-Lo è!-
-Tom- si frappose Cornelius Fudge con tono ansioso -Secondo te va bene questa frase: l’Antidoto Antilupo deve essere somministrato ogni giorno, cinque ore… Aspetta, ho sbagliato… Qua-quattro ore prima di ogni…-
-Tre ore prima e non è un antidoto, idiota- gli rispose Tom, gelido -Ho sentito un rumore giù. Vado a controllare.-
Tutti alzarono lo sguardo, perfino Fudge staccò il naso dalla sua pergamena.
-Un rumore?- chiese subito Barty, che come Tom era stato nominato Caposcuola -Vuoi che venga con te?-
-No, saranno stati quelli del primo anno. Credo di potercela fare- gli rispose Tom, asciutto.
-Come vuoi- rispose Crouch, sollevato all’idea di non doversi alzare dal letto.
Moody lo guardò uscire con gli occhi socchiusi e poi si rivolse all’amico -Sai, Barty, credo che tu l’abbia offeso.-
-Offeso?- ripeté Crouch, con fare stupito -E per cosa?-
 
 
 
Tom uscì velocemente da quella stanza ormai tossica. Scese i gradini in fretta, due, tre alla volta, con i pugni chiusi e il respiro corto per l’enorme rabbia che stava provando. Il pedone della scacchiera che aveva sostituto con quello truccato comparì dal nulla nella sua mano destra e finì polverizzato.
Si sentiva furioso, l’ira lo stava consumando dall’interno.
“Anche se non è un Purosangue…”
Ma come osava? Come si permetteva? Lui che era non uno, ben dieci gradini sopra di loro, doveva ancora sopportare questi discorsi.
Nagini aveva ragione, l’invidia era la sola causa dei loro commenti. Certo, le cose ora erano drasticamente cambiate rispetto a quando era entrato a Hogwarts. I Serpeverde ora lo stimavano, alcuni pendevano perfino dalle sue labbra, eppure Tom si sentiva ancora in difetto. Sapeva dentro di sé che Crouch aveva ragione, perchè suo padre, quel viscido, inutile, disgustoso omuncolo era un babbano.
Un fottuto babbano…
Morto.
Il pensiero gli fece tornare il sorriso sulle labbra.
Tom Riddle era morto, e con lui erano i morti il suo ridicolo nome e il suo fastidioso viso, per sempre. Dopo la sua dipartita, guardarsi allo specchio era diventato molto meno disagevole per il giovane. Perfino sentirsi chiamare per nome non lo infastidiva più, perché lui aveva ucciso Tom Riddle, non esisteva più alcun Tom Riddle sulla terra.
Questo pensiero lo fece rinsavire.
In fondo lui non era Tom Riddle, un mezzosangue qualunque, senza un soldo, senza una famiglia e senza un’identità.
Lui era ben altro, lui era molto di più, lui era…
-Tom-
Il suddetto trasalì e si voltò di scatto. Riconobbe immediatamente quella voce bassa e timida.
-Helena- la salutò con un sorriso smagliante.
 
 
 
 
 
-Siamo stati fin troppo generosi con lui- esclamò Cornelius Fudge, sdraiato a letto con tanto di cuffietta.
Era calato il buio nella loro camera, i giovani Serpeverde si erano coricati e avevano spento tutte le candele.
-Non so se lo sapete, ma i genitori di Malfoy e di Balck si sono rifiutati di avere un soggetto di dubbia provenienza in camera con i loro figli. Noi invece lo abbiamo accolto, siamo stati fin troppo tolleranti-
-Più che tolleranti, secondo me siamo stati ragionevoli- gli rispose Crouch, cauto -Voglio dire, non nego che i Purosangue siano meritevoli di maggiore considerazione, però estremizzare un’opinione porta sempre a dei conflitti-
-Conflitti? E di che tipo?-
-Conflitti interrazziali, mi pare ovvio- gli rispose Crouch con tono scocciato, mentre Moody stava seduto sul letto con un’espressione grave, cupa -Guarda cosa ha fatto Grindelwald, vorresti davvero che questa situazione si ripresentasse, magari con un mago peggiore?-
-Beh, no… Certo che no, insomma…-
-Perseguire e conservare la purezza del sangue magico vale la morte di persone innocenti, secondo te?- lo interrogò il giovane Crouch, rivolgendo la spinosa questione anche a se stesso -Per me no, assolutamente no-
-Per me queste dicerie sul sangue puro sono tutte idiozie- intervenne Moody, bruscamente -E sarebbe anche ora che Silente si desse una mossa e andasse a fare il culo a Grindelwald-
-Facile a dirsi, quando tocca a lui- gli rispose Cornelius, insinuante.
Moody lo guardò subito, offeso -Cosa vorresti dire? Guarda che io non avrei alcuna remora ad affrontarlo!-
-Come no- ridacchiò Fudge, sarcastico -Vai allora, esci e vai a dare la caccia a Grindelwald, sono certo che sarà un’esperienza squisita-
-Non siamo tutti vigliacchi come te- replicò Moody, che aveva cominciato a scaldarsi.
-Ragazzi, dai, è notte. Cerchiamo di mantenere la calma- soggiunse Bartemius, che aveva già la mascherina nera calata sugli occhi.
-Io sono calmissimo- replicò Alastor -E comunque se uno nasce mago è mago, se uno nasce babbano, è babbano, punto. Il resto sono tutte cavolate.-
-Nel mondo delle favole, magari- replicò Fudge, assonnato -I mezzosangue sono inferiori e i sanguesporco sono poco meno che degli elfi domestici.-
-Gli elfi domestici sono forti- gli fece notare Alastor -Molto più di te.-
Crouch sorrise, Fudge invece divenne paonazzo e si girò sul fianco -E allora vai a sposarti una babbana e fai dei figli con lei, se la cosa ti piace tanto-
L’altro alzò le spalle -Se trovassi una donna forte, lo farei-
Fudge emise uno sbuffo perplesso, incredulo.
-Ma in tutto questo dove è finito Riddle, si è perso?- continuò Moody, burbero.
-Si sarà imbucato da qualche parte con Druella Rosier- azzardò Crouch, che tutto voleva tranne alzarsi dal letto a cercarlo.
-Nah- esclamò Moody, sospettoso -Non è il tipo che si imbuca-
-Potessi imbucarmi io con Druella Rosier! Chi ha il pane, ha i denti e chi ha i denti, ha il pane…- mormorò Fudge, amareggiato.
Moody si girò verso di lui, confuso -E che vorrebbe dire?-
-È un proverbio babbano- sbadigliò Fudge.
-Ma non ha senso- sottolineò l’altro, giustamente.
-Appunto, i babbani dicono sempre cose senza senso-
-Volete stare zitti per favore?- li interruppe Crouch -Sto cercando di dormire-
-Va bene, buonanotte- mormorò Fudge.
-Io comunque non dormo finché non arriva Riddle-
-Sei pesante, Alastor-
-No, sono attento-
 
 
 
Tom non rientrò molto più tardi.
Con suo immenso fastidio, si trascinò verso la camera da letto. Ora sì che nessuno fiatava. Si sentiva solo il russare distante di qualche studente… Gli piaceva l’idea di essere l’unico sveglio e in allerta. Avrebbe potuto fare una strage che nessuno se ne sarebbe accorto. O, viceversa, se Grindelwald fosse davvero riuscito a penetrare Hogwarts come aveva minacciato, avrebbe colto tutti di sorpresa meno che lui. Sarebbe stato il solo sopravvissuto, altra cosa che fece sorridere Tom alla sola idea.
Arrivò quasi a sperare che succedesse.
Sicuramente, la notte non era fatta per dormire. Era troppo pericolosa, troppo piena di insidie per passarla in stato di incoscienza. Certo, vegliare portava con sé grossi problemi: il corpo aveva un bisogno fisiologico di dormire. Prendere pozioni rigeneranti, intrugli o somministrarsi incantesimi ristoratori poteva essere un rimedio palliativo solo per un tempo limitato.
Doveva dormire almeno un po', non aveva altra scelta.
Tom arrivò quindi di fronte alla porta del dormitorio e l’aprì. Era buio completo e i suoi compagni avevano già tirato le tende dei loro baldacchini. Prima di chiudersi la porta alle spalle, Tom si premurò di accedere la punta della bacchetta: il buio fitto e immobile lo inquietava più di qualsiasi altra cosa.
Con passi leggeri ma spediti raggiunse il proprio letto, si tolse le scarpe con i piedi, si sedette a gambe incrociate e chiuse subito le tende.
Guardò l’ora, erano le due e tre quarti. Doveva dormire.
Come sempre quando tentava di assopirsi, Tom teneva stretta la bacchetta vicino a sé, accesa.
La impugnò e con riluttanza chiuse gli occhi. Ma come fece così, una miriade di scene raccapriccianti entrarono nel suo campo visivo. Da terribili stralci di vita passati all’orfanotrofio al cadavere di suo padre, rigido e al contempo ciondolante sulla sedia. Tom risentì gli urli isterici della signora Cole, rivide Martha e il custode mentre facevano sesso sul piano della cucina, di nascosto. Li aveva beccati per la prima volta quando aveva solo otto anni e quello non era stato nemmeno il trauma più significativo.
Aveva visto di peggio, il cadavere del suo compagno di stanza per esempio, morto per ipotermia proprio di fianco a lui. La signora Cole ovviamente gli aveva dato la colpa “gli hai rubato le coperte, lo hai ucciso te!”
Beh, non era stato propriamente vero. Le coperte gliele aveva prese dopo che era morto, non mentre stava morendo. Ricordava perfettamente il viso grigio e senza vita di quel bambino, i suoi occhi vitrei…
Tom decise di riaprire gli occhi. Dormire in condizioni del genere era impossibile.
Prese il suo diario che teneva nascosto sotto il cuscino, una piuma con l’inchiostro magicamente incorporato e iniziò a disegnare un’immagine che aveva visto tanto tempo fa e che lo tormentava spesso. Le linee sparivano dentro alle pagine nel momento stesso in cui le tracciava. Nessuno avrebbe mai potuto indovinare, nemmeno Merlino in persona, nemmeno Silente.
Era una scena piuttosto macabra, che aveva potuto intravedere durante una gita in campagna con l’orfanotrofio: l’immagine di una biscia macilenta mentre si insinuava dentro il teschio di un uccello e usciva direttamente dalla suo becco marcio, probabilmente alla ricerca vana di cibo.
Tom guardò il disegno prima che scomparisse e socchiuse gli occhi. Mancava qualcosa per convincerlo appieno, o qualcosa doveva essere diverso. E se al posto del teschio di un animale…
Ma poi qualcuno dietro di lui si mosse e puntò una luce sulle tende verdi del suo baldacchino, sembrava quasi un faro della polizia. Tom scostò subito le tende e si trovò Alastor Moody davanti a sé.
-Perché tieni sempre la luce accesa?- gli domandò duro, riferendosi alla bacchetta -Cos’hai, paura del buio?-
-Come puoi ben notare, sto scrivendo- gli rispose Tom, con un sorriso impeturbabile.
Alastor lanciò uno sguardo curioso al diario. Tom era certo che avesse provato a leggerlo più di una volta, in passato.
-E cosa scrivi di così importante alle tre del mattino?- lo interrogò.
-Un romanzo d’amore- gli rispose Riddle, beffardo -Sai, mi è venuta l’ispirazione-
-Non sei divertente- gli rispose Moody, malamente -Spegni la bacchetta, la luce non mi fa dormire-
Tom si irrigidì ma sorrise -Ma certo- recitò fingendosi calmo, come se la cosa non lo sfiorasse. Con una riluttanza ben celata, Tom spense la bacchetta e subito l’oscurità cieca e paralizzante lo travolse in modo spietato. Il giovane tenne gli occhi ben chiusi, il suo cuore aveva iniziato a battere velocemente.
Aspettò con impazienza che il suo insopportabile "amico" si fosse coricato, cercò di distinguere i suoi passi e i rumore frusciante delle tende del baldacchino che venivano spostate al centro.
Aveva le orecchie tese e tutti i sensi in allerta, ma nella sua mente si era appena dipanata l’immagine imponente e terribile di un teschio umano a cui usciva un serpente dalla bocca.
Tom riaprì gli occhi e sorrise. Ecco cosa mancava.
 
Alastor Moody aveva provato diverse volte a leggere quel diario, in effetti. Se ne infischiava della privacy, visto che Tom e la sua sfacciata perfezione non l’avevano mai convinto pienamente, soprattutto dopo la storia della Camera dei Segreti.
Solo che il diario era vuoto, non c’era una sola parola scritta sopra, né un segno. Come diavolo poteva essere possibile? Se Silente non fosse stato così preso da Grindelwald, Alastor probabilmente glielo avrebbe mostrato.

 
***


 
Pochi anni più tardi, mentre lavorava da Borgin&Burke, Tom Riddle venne a conoscenza delle brillanti carriere che avevano intrapreso i suoi compagni di camera. Fudge era stato preso come sotto impiegato al Ministero, traguardo misero e allo stesso tempo straordinario, considerata la sua evidente inettitudine. Ma era noto che l’unico talento di Cornelius Fudge era la capacità di incensare le persone giuste al momento giusto… Avrebbe fatto carriera, Tom ne era certo. Come avrebbe fatto strada anche l’impettito Bartemius Crouch, che pure era stato assunto al Ministero ma al più prestigioso Dipartimento Applicazione della Legge sulla Magia. Tom già lo immaginava con i baffi e una ventiquattrore in pelle di drago insieme a una moglie inutile e decorativa.
Ma la ciliegina sulla torta, ciò che aveva davvero fatto sorridere Tom, era stato Alastor Moody, ammesso senza riserve all’Accademia degli Auror. Moody, paranoico e insonne quasi quanto lui, non sarebbe durato due giorni nelle vesti di un Auror. O forse il contrario, magari era proprio il lavoro della sua vita…
E chissà, probabilmente si sarebbero scontrati un giorno. Sì, perché Tom era conscio di quale strada aveva intrapreso. Era conscio di violare sia la legge del mondo magico che il diritto naturale, col suo comportamento. Aveva ucciso, aveva corrotto, rubato e ingannato, ma lo aveva fatto per una giusta causa: la sua. Tante vite insulse e mediocri valevano quanto la vita di un superuomo? Beh, no. La sua vita valeva molto di più.
Lui avrebbe potuto dare tanto al mondo magico, poteva spingersi dove nessun altro mago aveva mai osato avvicinarsi, poteva varcare i confini conosciuti della magia, cambiare il modo in cui questa veniva utilizzata, evolvere il concetto stesso di mago, purificarlo per portarlo in alto, molto più in alto.
Doveva solo essere ascoltato. La gente doveva lasciarlo fare e gli oppositori -perché era certo che ce ne sarebbero stati- dovevano essere debellati, uccisi.
Ogni rivoluzione ha i suoi morti, richiede un conto salato da pagare.
Certo, era nella buona strada. I suoi compagni in carriera non l’avrebbero mai raggiunto, anche se, Tom ne era certo, lo stavano deridendo perché era finito a lavorare in un negozio.

“Tutti Eccellente ai M.A.G.O. e poi va a fare il commesso”
“Un ragazzo così in gamba, che peccato…”
“Purtroppo la famiglia conta, signori miei”
 
Tom cercava di ricordare ogni giorno perché era lì. Aveva trovato il diadema perduto, ora mancavano la coppa di Tassorosso e il preziosissimo medaglione di Serpeverde, che per altro gli apparteneva di diritto. E quale luogo migliore se non un negozio di pegni e manufatti magici di dubbia provenienza?
Certo, sopportare gli ordini impartiti da quel cialtrone di Borgin era difficile. La sua pazienza era stata messa a dura prova in quelle poche settimane. E i clienti… Quelli erano di gran lunga i peggiori. Entravano nel negozio quatti quatti, alcuni perfino incappucciati, e chiedevano le cose più assurde e imbarazzanti che Tom avesse mai sentito.
 
“Vorrei perdere trenta chili in due giorni. Mia sorella ha detto che la magia oscura lo consente”
“È possibile far tornare in vita un cavallo?”
“Un trucchetto per diventare sessualmente irresistibile? Anche illegale, che resti tra noi”
 
 
E questo era niente.
Borgin e Burke avevano sempre una risposta positiva per tutti, la maggior parte delle quali erano delle totali fregature. Tom ovviamente taceva e non commentava, assisteva ai loro raggiri in silenzio, ma in compenso le sue conoscenze sulle arti oscure si erano notevolmente ampliate. In quel negozio c’erano molti testi che a Hogwarts non erano catalogati nemmeno nel reparto proibito e che si erano rivelati illuminanti. Erano scritti in latino, alcuni in idiomi ancor più arcaici e sconosciuti, difficili da decifrare perfino per un linguista esperto. Ma la magia oscura non conosceva alcun limite e gli consentiva di tradurli, seppur faticosamente.
E poi si potevano fare anche degli incontri piacevoli. Un bel giorno di primavera, infatti, il campanello della porta aveva tintinnato ed era entrata nel negozio una giovane donna con un abito lungo e un vistoso passeggino bianco.
Era bruna, era bella, un volto conosciuto.
-Druella- la salutò Tom, senza calore -Che piacevole sorpresa-
-Tom- rispose costei, arrossendo lievemente -Allora è vero ciò che dicono. Lavori davvero qui?-
-E tu ti sei davvero riprodotta- constatò lui, facendo un cenno verso il passeggino.
Druella si rabbuiò leggermente e guardò la bambina che dormiva -Sì, beh… Non farci caso-
-Un po' complesso non farci caso-
-Tom, per favore- Druella si guardò intorno, come per accertarsi che non ci fossero orecchie indiscrete all’ascolto -Sono qui perché ho bisogno del vostro aiuto- gli disse a bassa voce -Qui…Ecco, avete contatti anche con dei maghi oscuri, vero?-
Tom forzò un sorriso -Il signor Borgin ne conosce un paio. Perché? Di cosa avresti bisogno?-
-Credo che una veggente mi abbia come… Lanciato un malocchio-
Tom rimase impassibile, anche se un velo di noia gli adombrò lo sguardo.
-Ha predetto che dal mio ventre usciranno solo figlie femmine e questo è semplicemente inaccettabile- continuò Druella, la sua voce si alzò di due ottave -Cygnus è certo che il secondogenito sarà un maschio, non oso immaginare come reagirà se nascerà un’altra bambina-
-Una vera tragedia- le rispose lui con un sarcasmo sottile, che Druella fortunatamente non colse.
-Appunto. Esiste un modo per decidere anticipatamente il sesso del bambino?- gli domandò a voce sempre più bassa -O per… Indirizzarlo dopo che è stato concepito?-
Tom ci pensò su e poi spostò lo sguardo su di lei -Sicuramente un modo esiste, la magia oscura non conosce alcun limite, né morale, né naturale. Basta solo saperla usare-
Lo sguardo di Druella si illuminò -Quindi… Quindi tu credi che sarebbe possibile?-
-Certo, se conosci un mago oscuro abbastanza potente per farlo-
-E voi lo conoscete?- lo imboccò Druella, guardandolo attentamente.
Tom le sorrise -A questi livelli direi Grindelwald, peccato che al momento sia occupato a marcire in prigione- le disse tranquillamente -Oppure, e ancora meglio, sarebbe Lord Voldemort, ma lui non ama sprecare tempo in queste sciocchezze. È molto selettivo-
Druella gli si avvicinò, cauta -Sei sicuro che questo… Lord Voldemort non sia disponibile?- gli domandò con un filo di voce, facendosi ancora più vicina -Io non bado a spese, davvero-
Anche Tom le si avvicinò -Più che sicuro, visto che Lord Voldemort sono io- 
Druella sgranò gli occhi -Tu…?- esclamò, meravigliata -Come sarebbe sei tu?
Tom la guardò negli occhi con aria minacciosa.
Le guance di Druella si scaldarono. Si guardò ancora intorno, come per verificare che non ci fosse nessuno, e poi si rivolse nuovamente a lui, la voce più bassa che mai -Vorresti dire che tu pratichi la magia oscura?-
-A livelli molto avanzati.- 
La strega non parve particolarmente stupita, anzi, un sorriso spontaneo le germogliò sulle labbra.
-Ho sempre saputo che eri speciale, diverso- disse con voce di velluto, sospirando leggermente -Quando mi hanno detto che lavoravi qui non ci potevo credere. Sei sprecato per un lavoro del genere, Tom.-
Fece per allungare una mano verso di lui, ma proprio in quel momento la neonata nel passeggino scoppiò a piangere e spezzò inesorabilmente l’atmosfera.
Voldemort la guardò e sorrise -Oh, la piccola si è svegliata. Come si chiama?-
 
 
 
 
 
 

Note
Ciao a tutti! Sono tornata con una mini long da due capitoli, perché unire tutto insieme mi sembrava davvero eccessivo.
Questa è la parte di Tom a Hogwarts con Moody, il vecchio Crouch e Cornelius Fudge (mi piace tantissimo come headcanon!). Nella prossima parte arriverà Bellatrix, e perciò il capitolo sarà una Bellamort all’ennesima potenza ;)
Spero che intanto questo vi sia piaciuto! A presto,
Ecate

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Capitolo 2
*** Una luce oscura ***


 
20 anni dopo, circa...


-E oltre ai Rosier e ai Parkinson- continuò Antonin Dolohov con tono ossequioso -Hanno chiesto di partecipare anche altre persone di cui purtroppo non conosciamo né lo status né la provenienza. Ci sono molti stranieri, tra cui due vecchi sostenitori di Grindelwald. E poi c’è anche una donna, mio Signore-
Voldemort lo guardò, stupito -E chi sarebbe?-
-La moglie di Rodolphus Lestrange- gli rispose Dolohov, lanciando un'occhiatina divertita agli altri -Bellatrix-
"Bellatrix?" pensò subito, rendendosi conto che non gli era un nome del tutto nuovo. Ma i suoi sforzi di ricordare furono interrotti dai Mangiamorte, che si stavano scambiando dei sorrisini e delle occhiate informali, degne di un gruppo di adolescenti.
-Deduco da questa ilarità improvvisa che costei sia molto affascinante- esclamò loro, cercando di celare il fastidio.
-Affascinante è voler minimizzare, mio Signore- ridacchiò quel cialtrone di Yaxley.
-Addirittura- esclamò Voldemort, guardandolo come se fosse una nullità -Meglio arrivare preparati allora. Non vorrei certo cominciare a balbettare durante il mio discorso-
 
 
 
 
-Come stai? Sei tesa?-
Bellatrix sorrise a suo marito, le aveva stretto dolcemente la mano sotto il tavolo.
-Curiosa, più che altro- gli rispose, avvicinando una spalla alla sua -Voglio vederlo in faccia, voglio proprio vedere se fa così paura come dicono tutti oppure no-
-Come te lo immagini?- le chiese Rodolphus a bassa voce -Vecchio, con la barba lunga e ingobbito tipo Salazar Serpeverde oppure fighetto come Grindelwald?-
Bellatrix gli sorrise -Se è fighetto come Grindelwald tu non mi vedi più, lo sai, vero, Rodolphus?-
Lestrange sogghignò, divertito -E se lui avesse un’amichetta come Vinda Rosier tu non vedresti più me-
-Ah!- esclamò Bella, ma poi notò qualcosa di strano. Proprio sopra alle loro teste le fiamme del candeliere avevano iniziato a vacillare e a spegnersi senza alcun motivo. Bella socchiuse gli occhi per guardare meglio quel lampadario che volteggiava, c'era qualcosa che non andava...
-Comunque tra te e Vinda Rosier credo che sceglierei te- continuò Rodolphus, ma la strega non si voltò nemmeno. Rod allora seguì la traiettoria del suo sguardo e si rese conto anche lui che tutte le candele si stavano spegnendo, sempre più velocemente.
-Che succede?- le chiese inquieto, visto che insieme alle tenebre stava pure calando la temperatura.
-Non lo so- gli rispose Bellatrix, con la mano sulla bacchetta. Anche gli altri ospiti si erano zittiti e avevano iniziato a guardarsi intorno con aria timorosa.
-Auror?- tentò un tizio, allarmato -Ci hanno trovato?-
-No- gli rispose subito Bellatrix, con un mezzo sorriso -Non sono Auror-
Poi in modo, del tutto improvviso, le fiamme delle candele si riaccesero e con esse tornò anche il calore accogliente. Voldemort era di fronte a loro, e alle sue spalle c’erano cinque Mangiamorte mascherati e incappucciati come bestie di Satana.
-Buonasera- esclamò come se niente fosse a quel tripudio di volti stupiti e increduli -Perdonate il ritardo, io e i mei amici- fece cenno ai Mangiamorte -Abbiamo dovuto sistemare un paio di faccende, ma ora sono qui e non ho intenzione di farvi perdere altro tempo-
Iniziò a sfilare intorno al tavolo oblungo, con passi silenziosi ed eleganti. Indugiò a passare in rassegna i volti delle nuove reclute. Quasi tutti erano ragazzi ricchi e viziati, nati Purosangue da famiglie facoltose e abituati ad avere tutto e subito… Patetici. Arrivò di fronte alla chioma lucida e scura dell’unica donna presente nella sala e si arrestò, facendola irrigidire..
Ah, sì. Ora sì che ricordava dove aveva sentito quello splendido nome: costei era la figlia di Druella. E il mago accanto a lei doveva essere il marito, un giovane dall’aria strafottente che però non era riuscito a trattenerla in casa. E d’altronde una donna di nome Bellatrix non poteva che essere indomita.
-Che piacere- Voldemort decise di iniziare con voce suadente, riprendendo a camminare fino ad arrivare a capotavola -Che piacere vedere volti così giovani e determinati al servizio di una buona causa. Se siete venuti qui, significa che qualcosa di potente che si è acceso in voi. La luce della ragione, la sete di giustizia, la fiamma della ribellione… Qualunque cosa sia, è divampata e vi ha portato a reagire, finalmente. Siete stanchi di subire, volete una società rinnovata, rispettosa, meritocratica, che accetti e rispetti la nostra connaturata superiorità e io, miei cari amici, sono qui per offrirvela. Ricorderete tutti Gellert Grindelwald, lui ci ha provato prima di noi, ha cercato di rivoluzionare il mondo magico e di indirizzarlo verso un concetto più raffinato di giustizia, ma ha commesso degli errori grossolani, stupidi, se posso dire. Non si è dimostrato all’altezza della situazione e il suo fallimento è stato quasi prevedibile, la gente alla fine se lo aspettava e i suoi sostenitori avevano perso ogni speranza. Ma ora noi siamo qui, io sono qui, e vi posso giurare fin da ora che la nostra sete di riscatto non resterà ignorata. Io ho imparato dagli errori di Grindelwald e ho studiato, ho viaggiato, mi sono confrontato con streghe e stregoni provenienti da ogni parte del mondo e ho compreso interamente la magia oscura.  Non c’è sortilegio, maledizione, o rito oscuro che io non conosca o non sappia fare. Sapete cosa vuol dire?- chiese loro Voldemort, guardandoli uno a uno -Vuol dire che nulla mi è precluso. La magia oscura non ha limiti, così non ne ho io. Perciò, se qualcuno di voi vorrà sfidarmi o mettere in discussione la mia autorità, ahimè, verrà ucciso. Se qualcuno di voi deciderà di tradirmi o cercherà stupidamente di ingannarmi, verrà sì ucciso, ma in modo più violento. Sarò forse sfacciato, potrei risultare arrogante e minaccioso, ma nessuno di voi qui può anche solo pensare di affrontarmi. Nemmeno se unite le forze, vi schiaccerei comunque uno a uno senza alcuna difficoltà. Ma se questo mio potere illimitato da un lato può farvi paura, dall’altro vi deve rassicurare, perché io posso proteggervi. Posso garantirvi una vita serena, appagante e agiata. Posso risolvere i vostri problemi, esaudire i vostri desideri, darvi tutto ciò che di più turpe e perverso si annida nei vostri cuori- Voldemort sorrise loro e Bellatrix strinse forte la mano del marito -Dovete solo unirvi a me e obbedirmi. Fatelo e io vi ripagherò di ogni sforzo. E dopotutto un padrone ama i propri servi, tiene a loro, si fa carico delle loro paure, dei loro drammi, ed è per questo io vi assicuro che il vostro vincolo di obbedienza sarà premiato, se voi gli renderete onore. La magia merita onore ed energie e se voi siete qui, allora siete animati dallo stesso fuoco che ho io. Sentite la stessa sensazione di ingiustizia che provo io, quando vedete i babbani mentre colonizzano il nostro mondo? Rimanete atterriti come me quando scoprite che il gene magico si è ulteriormente indebolito a causa di unioni vergognose, dannose, destinate solo a farci estinguere? Salazar Serpeverde l’aveva predetto mille anni fa, e ad oggi la popolazione magica si è ridotta almeno di un terzo. Fra cento, duecento anni la magia sarà scomparsa, ma noi possiamo ancora evitare l’avverarsi di questa distopia. A costo di usare le maniere forti, di spargere sangue e di uccidere innocenti. Purtroppo non ci lasciano altra scelta. E badate le imprese grandi non sono mai imprese facili, avremo moltissimi nemici, ma la nostra forza sta nella nostra causa, nella nostra unione e nella fiducia che io ripongo in voi e voi in me. La scelta spetta solo a voi, unitevi a me o siate contro di me. Domande? -
Li guardò con fare esigente, ma i suoi giovani uditori erano rimasti sbalorditi, a bocca aperta. I Mangiamorte più anziani invece sorridevano, avvezzi ormai ai convincenti sermoni del lord.
-Bene, se non ci sono domande, io…- ma poi si interruppe, infastidito -Sì?-
La giovane Bellatrix infatti si era alzata in piedi. I suoi occhi scuri sfavillavano come due stelle, sembrava commossa. Voldemort la guardò con un sopracciglio sollevato, Rodolphus era arrossito per lei.
-Io… Io volevo dire che sono dalla vostra parte- esclamò lei, intimidita -Sono pienamente dalla vostra parte, mio Signore-
-Questa non è una domanda ma ne sono comunque lieto- le rispose Voldemort, con un sorriso divertito -Anzi, mi rivolgo a voi- esclamò dietro di sé ai Mangiamorte incappucciati -Vi esorto a prendere esempio da costei, vi voglio solerti allo stesso modo-
Bellatrix gli fece un sorriso radioso, troppo emozionata per rendersi conto di essere presa in giro.

 
***


 
Gli aspiranti Mangiamorte abbandonarono il luogo di ritrovo semplicemente entusiasti, carichi ed esaltati. Bellatrix aveva ancora lo sguardo assente, incantato.
-È un grande, è semplicemente un grande!- disse uno.
-È imbattibile, diventeremo i padroni del mondo!-
-La parte del “verrà ucciso” mi ha un po' inquietato- soggiunse Goyle, cupo e intimorito. Bellatrix ovviamente lo guardò in cagnesco.
-Non hai sentito quello che ha detto!?- lo aggredì, indignata -Ha parlato di tradimento! Di infedeltà! E se qualcuno oserà tradirlo, lo ucciderò io se non lo farà lui!-
-Dai un calmante a mia cugina, Rod- scherzò Evan Rosier, ridacchiando.
-Anche due…- mormorò Rodolphus, osservando con disagio la moglie.
Bellatrix arrossì di rabbia. Nessuno capiva! Nessuno capiva! Solo lei si era resa conto del privilegio con cui erano stati graziati, solo lei! La possibilità di ascoltare un uomo così divino, di combattere per lui, di parlargli addirittura! Guardarlo! Erano tutti privilegi. Aveva avuto un’epifania in quella sala, una luce oscura si era come insinuata in quella stanza polverosa e fin troppo ordinata che era la sua vita e l’aveva violentemente scombussolata, le aveva dato una svolta.
-Mio fratello ha detto che parla con i serpenti- aggiunse poi Parkinson, tra i vari commenti di fine riunione.
-È l’erede di Serpeverde, certo che parla con i serpenti- gli rispose Nott.
Bellatrix a quella rivelazione si bloccò e sgranò gli occhi.
Rodolphus si voltò verso di lei e la chiamò con aria preoccupata, ma invano.
-È l’erede di Serpeverde?- volle ripetere Bellatrix, parendo sconvolta. Nott le sorrise, compiaciuto.
-Sì! Pare che sia stato lui ad aprire la Camera dei Segreti mentre era a Hogwarts, non quel beota di Hagrid-
Il cuore di Bellatrix fece un tuffo -Sul serio?-
-Sono solo voci, niente è mai stato accertato, però pare sia così. E francamente mi sembra anche credibile-
-Certo è in gamba- disse Rosier -È nettamente superiore a Grindelwald, che pure era un drago. Può fare qualunque cosa… Magari può far resuscitare perfino mia nonna!- scherzò.
Bellatrix non si era nemmeno accorta che Rodolphus l’aveva presa mano.
Il suo cuore le batteva, il suo corpo si dibatteva.
Ma no, cos’era questa smania? Doveva calmarsi. Il Signore Oscuro era un mago potentissimo, un mago di chiara fama, e oggi Bellatrix aveva scoperto che aveva anche una bellissima voce e un portamento principesco, da re, che trasudava sicurezza. Molto più alto di quanto aveva immaginato, i suoi occhi rossi e intelligenti sfavillavano come due pietre preziose.
Un uomo così non poteva che essere accompagnato.
La giovane Bellatrix si chiese chi fosse la donna che meritava un onore del genere. Doveva essere una strega oscura molto potente, bellissima, letale e ipnotizzante. Magari l’aveva conosciuta durante i numerosi viaggi a cui aveva accennato, magari era una di quelle streghe oscure che vivevano nell’Est Europa, quelle che avevano ispirato le stupide storie dei babbani. Certo era impegnato, un uomo così non poteva rimanere solo troppo a lungo.
 

 
2 mesi dopo...

 
 
-Ma che tu sappia ha una compagna? Non so, una fidanzata… Una moglie, un’amante?-
Dolohov si voltò verso Bellatrix, sorpreso ma non troppo. Stavano camminando in piena notte nel centro di una città babbana, con la maschera alla mano.
-Il Signore Oscuro è un uomo molto riservato- le rispose, contegnoso -Non lascia trapelare alcun dettaglio della sua vita privata. Ciò detto, credo di sì, suppongo che qualcuna ci sia-
Bellatrix annuì, cupa -Anche io lo credo. Non sai chi è, vero?-
Dolohov sorrise, divertito -Ti ho detto di no-
Bellatrix lo guardò di sottecchi, innervosita. Che stesse mentendo? Ah! Doveva assolutamente sapere chi era questa qui. Doveva guardarla in faccia e capire se quel grande onore… Il privilegio di poterlo ascoltare, di chiedergli dei consigli… Di sfiorarlo…
-Perché, la cosa ti interessa?- le domandò Dolohov -Sei una donna sposata, Bellatrix.-
Bellatrix arrossì -La mia era solo curiosità, naturalmente.-
-Naturalmente.-
 
 
 
-Se il Mio Signore me lo consente, avrei un’altra cosa da dirgli. Una sciocchezza, in realtà-
Voldemort si appoggiò all’alto schienale del suo trono e fissò Dolohov con aria indisponente e minacciosa.
-Una sciocchezza, Antonin?- ripetè, gelido.
-Bellatrix Lestrange, la moglie di Rodolphus, mi ha chiesto informazioni sulla vostra vita privata- si affrettò il Mangiamorte, intimorito -Ho ritenuto opportuno che voi lo sapeste direttamente da me e non per vie traverse.-
Voldemort lo fissò e non si scompose, ma la sua curiosità si era destata.
-La mia vita privata?- ripeté, fingendosi offeso e stupito al contempo - E cosa voleva sapere quella serva della mia vita privata?-
-Mi ha chiesto se avevate una donna- gli rispose il Mangiamorte, facendolo sorridere impercettibilmente -Padrone, io ovviamente ho risposto che non lo sapevo e che non sono affari miei, tuttavia…-
-Peccato- lo interruppe Voldemort, con un ghigno -Potevi dirle di sì. Vorrà dire che alla prossima riunione mi presenterò con una Veela-
Dolohov lo guardò, confuso -Mio Signore?-
-Basta, ora- lo liquidò Voldemort -Ma grazie per l’informazione, Antonin, ne farò buon uso.-
Il Mangiamorte accennò un sorriso, fece un inchino e poi poco più tardi si materializzò.
 
E così Voldemort rimase da solo, compiaciuto e orgoglioso come non gli capitava da tempo.
Dunque era così.
Il suo intuito si era dimostrato ancora una volta ineccepibile.
Aveva avuto la sensazione che le guance arrossate e gli occhini lucidi di quella ragazza celassero qualcosa di più intimo… E bagnato. Sorrise.
Bellatrix.
Quel nome l’aveva colpito fin dal primo momento in cui l’aveva sentito, ormai vent’anni or sono. Splendido, potente, magico, evocativo, impossibile da dimenticare. Un nome che avrebbe dato a una figlia, se mai ne avesse avuta una. E infatti per il mago oscuro i nomi avevano un’importanza particolare, visti i suoi trascorsi. Ci faceva caso più degli altri e rimaneva colpito le rare volte che ne sentiva uno di suo gradimento.
E quella strega aveva un nome splendido, e non solo il nome.
Era bella, anzi bellissima, con un seno notevole e magnetico. Era facile immaginarla senza veli… Poteva smaterializzarsi da lei anche adesso, nella villa che condivideva col marito. Lestrange non era certo un problema, l’avrebbe ucciso con un cenno di bacchetta. O, meglio, l’avrebbe costretto a guardare mentre la spingeva sul loro letto. Lei ne sarebbe stata felicissima, il suo sadismo era lampante come una fiamma nel buio. Voldemort l’aveva vista in più di un’occasione trasformare la propria bacchetta in una frusta chiodata… Una visione che in quel momento gli parve violentemente eccitante, sentì il suo corpo destarsi, reagire.
Si stupì di tali pensieri, era da una vita che si soffermava a pensare al sesso o a una donna. In fondo aveva avuto ben altro a cui pensare, e poi amava porsi al di sopra delle banali necessità fisiche degli uomini. L’idea di non averne bisogno lo faceva sentire un eletto, un superuomo.
E poi si sa, una strega oscura può essere molto utile, ma una donna può solo creare problemi. Lui non ne aveva bisogno.

 
***
 
 
 
-Non riesco a smettere di pensarlo, conto i giorni che mi separano dalla prossima riunione. È un chiodo fisso che mi arde l’anima, mi consuma dall’interno e non mi dà pace, non mi fa dormire. Ho perfino chiesto a Dolohov se era accompagnato. Ti rendi conto? A Dolohov! Sono diventata ridicola, ridicola!-
Narcissa appoggiò delicatamente la tazza di ceramica sul piattino. Il pregiato tè bianco degli elfi ormai si era raffreddato.
-Credo di amarlo- terminò Bellatrix, fissando la sorella colma di aspettativa, come se si aspettasse una risposta geniale, risolutiva.
Narcissa questa volta alzò lo sguardo su di lei.
-Credi di amarlo?- ripeté, basita -Il Signore Oscuro?-
-Devi sentirlo parlare!- sbottò Bellatrix, arrossendo, senza potersi trattenere oltre -Devi sentire come parla, Cissy, devi vedere lo sguardo che ha! Mi fa un effetto che… Oh, Salazar, è indescrivibile, mi sta uccidendo. -
-Ti sta uccidendo, la cosa non mi stupisce- osservò Narcissa, calma -È il Signore Oscuro, dopotutto.-
-No, tu non capisci- la contraddisse Bellatrix, scuotendo la testa -Lui… Lui mi sta uccidendo d’amore-
Narcissa la guardò, sopraffatta dall’incredula.
-È tutto ciò che potrei desiderare!- insistette Bellatrix, come a volersi giustificare -È perfetto, perfetto! Mi devi credere-
-Perfetto!? Ma sei completamente impazzita, Bellatrix!?- esclamò Narcissa, sgomenta -È il Signore Oscuro, è Lord Vold…-
Bellatrix sgranò gli occhi, ma Narcissa si era bloccata, con le labbra strette e arricciate.
-Bella- si arrese infine con un sussurro, supplicandola con lo sguardo.
-…Mort- terminò Bellatrix.
-Sì, lui. Dobbiamo essere in due per pronunciare il suo nome, ti rendi conto?-
-No, intendevo… Bellamort. Non sarebbe un nome bellissimo per una bambina?-
Narcissa alzò gli occhi al cielo, esasperata -Bella, ti prego, cerca di ragionare-
Bellatrix si mise a braccia conserte e la guardò, infastidita -Io provo a ragionare ma non ci riesco!- le rispose lei, tesa -È più forte di me. Come fai a ragionare quando incontri un uomo che va addirittura oltre alle tue aspettative? Che rispecchia talmente tanto i tuoi gusti da superarli?- Narcissa la guardava con aria scettica -Quando l’ho visto per la prima volta, ho pensato: eccolo, è lui… Il mio uomo-
-Il Signore Oscuro?- ripeté Narcissa ma questa volta con un mezzo sorriso -Il tuo uomo?-
-Sì- annuì Bellatrix, convinta.
-Pensandoci bene, la cosa non mi sorprende più di tanto- si rassegnò la più giovane -Avrei dovuto aspettarmi da te una cosa del genere-
-Oh, devi vedere quanto è alto, Cissy, e poi ha delle spalle larghissime, degli occhi che ti penetrano..- esclamò, e poi le lanciò uno sguardo malizioso -Quanto vorrei che mi penetrasse con qualcos’altro-
-D’accordo, basta- esclamò Narcissa, divertita -Bel tempo oggi, vero?-
Bella scosse la testa, persa nei suoi pensieri -Ah, non lo farei più uscire-
-Bellatrix, cielo!- Narcissa rise e le diede uno scappellotto sul braccio -Vuoi dare scandalo anche te come ha fatto nostra sorella? Perdonami se ti rammento che sei una donna sposata!-
La suddetta la guardò male -E secondo te può importarmene qualcosa del mio matrimonio? Cissy, ho ucciso una persona ieri notte- le disse come se niente fosse, facendola irrigidire -In un modo oltretutto… Singolare. Potrei avere qualche remora a tradire quell’idiota di mio marito, secondo te?-
-Bella, mi spaventi quando fai questi discorsi- esclamò subito Narcissa, rigida -Questa tua crudeltà mi spaventa immensamente, sappilo. Se un giorno dovessimo litigare, cosa fai? Mi torturi? Mi pugnali in mezzo agli occhi e butti il mio cadavere in un burrone?-
Bellatrix ridacchiò e le circondò le spalle.
-Oh, Cissy! Sai che non ti farei mai del male- le sorrise a un palmo dal suo naso, in un modo tuttavia poco rassicurante -Anzi, puoi considerarti al sicuro insieme a me. E poi quello di ieri non era nemmeno una persona vera, era un babbano. Non riuscirei a far del male a un cane con la stessa facilità-
Narcissa le scoccò uno sguardo carico di rimprovero, ma non disse nulla. E d’altronde cosa poteva dire? Sua sorella era pericolosissima, però era dalla sua parte. Sapeva di potersi fidare di lei e poi, malgrado le apparenze suggerissero il contrario, Bellatrix aveva un autocontrollo davvero notevole, non perdeva mai la lucidità.
-Come va con il tuo promesso sposo a proposito?- disse poi Bella con fare discorsivo.
-Lucius?- domandò Narcissa, quasi destandosi dai suoi pensieri -Non lo tollero. Ma credo sia normale-
-Sì, è normale. Se vuoi lo faccio sparire, basta che me lo chiedi- scherzò, ma fino a un certo punto.
Narcissa trattenne un sorriso -Grazie per la generosa offerta, ma no, credo di poterlo gestire da sola-
-Quando arriverà la prima notte di nozze ti garantisco che cambierai idea. Io avrei dato l’anima perché qualcuno che mi togliesse dai piedi Rodolphus- Narcissa la guardò, gli occhi di Bellatrix si erano incupiti -Se solo l’avessi conosciuto prima… Se solo avessi potuto chiederglielo! Sono certa che lui mi avrebbe salvato, lo sta già facendo-
Cissy abbassò lo sguardo sul suo tè ormai freddo. Non aveva mai visto sua sorella in quello stato, mai. Era veramente innamorata.
-Rodolphus ti lascia molta libertà- cercò di dirle, a disagio -Ti ha perfino permesso di unirti ai Mangiamorte. Dovresti amarlo-
Quelle parole parvero scuotere Bellatrix. Costei la fissò malamente e Narcissa notò comparire subito quel scintillio rabbioso e pericoloso che le imbestialiva lo sguardo.
-Ah, tu dici?- le domandò, accesa dall’ira -Tu dici che dovrei ringraziare mio marito perché mi concede il mio SACROSANTO diritto di fare quello che voglio!? Essergli grata perché mi permette di fare ciò per cui sono nata e per cui voglio vivere!? Cissy, solo perché siamo delle donne non significa che dobbiamo ubbidire come delle serve o stare ai loro detti! Loro non sono superiori a noi! Anzi! Anzi, per Salazar! Noi siamo superiori a loro!-
-Non ho mai detto che gli uomini sono superiori a noi, mai- aggiunse subito Narcissa, tesa -Però…-
-Però cosa!?-
-Però ti contraddici, Bella. Col Signore Oscuro ti comporti esattamente come una serva-
-Ma il Signore Oscuro è diverso, Narcissa!- esclamò subito Bellatrix, incredula di dover precisare una tale ovvietà -Lui non mi tratta così perché sono una donna! Lui tratta allo stesso modo anche gli uomini, non fa discriminazioni, lui…- Bella scosse la testa, non sapeva trovare le parole per descrive una tale perfezione -Lui è perfetto. Chiunque sia la sua donna è estremamente fortunata-
-Perché, ha una donna!?- le chiese Narcissa, stupefatta.
-Sicuramente. Non può essere solo un uomo così, è impossibile- le rispose Bellatrix, cupa. Cissy la guardò perplessa, ma non disse niente. Le pareva arduo immaginare che una bestia come Voldemort potesse avere qualcuno al suo fianco, giusto Bella poteva passare sopra alla sua palese mostruosità.
-Mi ferisce vederti così triste, Bella-
-Mi sono innamorata, Cissy- le disse lei -Lo amo davvero-
-Forse è solo una cotta, un abbaglio magari- cercò di minimizzare Narcissa, con poca convinzione.
-Anche io lo speravo all’inizio, però no, è di più. Solo che…- Bellatrix lasciò cadere la frase a metà, il suo volto era sempre più incupito.
-Solo che, cosa?- la spronò Narcissa, notando il suo drastico cambiamento d’umore.
-Solo che io non gli piaccio- le rivelò, crudamente -Non credo potrei mai piacergli. Insomma, mi avrebbe già notato, altrimenti. Saremmo già andati a letto insieme, avremmo già fatto qualcosa-
Narcissa parve esterrefatta. -Mi sembra impossibile che tu non gli piaccia- cercò di sollevarla -Tu, Bella, la donna più sexy che io abbia mai conosciuto? Impossibile-
Bellatrix cercò di accennare un sorriso, ma i suoi occhi erano sempre più lucidi.
-Parli così perché non lo conosci, lui non è come gli altri. Sembra quasi immune, indifferente, come se niente o nessuno potesse sorprenderlo o aiutarlo, come se noi tutti fossimo completamene inutili. È troppo proiettato in alto, non potrò mai raggiungerlo- concluse. Narcissa ebbe la strana sensazione che Bella avesse già pensato quelle parole tante volte e che le stesse ripetendo solo ora.
-Ma anche tu sei proiettata in alto, Bella- le rispose Narcissa con tono incoraggiante -Anche io lo sono. Insomma, siamo o non siamo le sorelle Black? Le ragazze più belle, ricche e ambite della scuola?- gli disse Narcissa senza umiltà, prendendole una mano -Forse faccio male a dirtelo, ma se il Signore Oscuro è così geniale come dicono, sono più che certa che si sia accorto di te-
Bellatrix le accennò un sorriso.
-Magari, se proprio non riesci a farne a meno, vacci a letto una volta. Una sola!- le consigliò discretamente, sempre attenta a non farsi sentire -Chissà, farlo potrebbe aiutarti a superare questa fissazione-
-Una sola, dici?- ripetè Bellatrix, arrossendo al solo pensiero.
-E poi basta, però!- precisò, monitoria.
-Dipende, non potrei comunque dirgli di no- le rispose, avvampando al solo pensiero -È pur sempre il mio padrone…-
Bella le fece l’occhiolino, Narcissa trattenne a stento un sorriso. Ma proprio in quel momento entrò nella veranda fiorita un uomo slanciato e atletico, con un paio di stivali da fantino.
-Buonasera, fanciulle- le salutò Rodolphus, dando un bacio nella guancia a Bellatrix -Che fate?-
-Roddie- lo salutò Bella, ammiccando verso Narcissa -Stiamo bevendo il tè come due brave signore per bene-
Rodolphus ridacchiò -Tu in primis, vero, Bella?-
-Ciao, caro- gli sorrise Narcissa, passandogli la mano per farsela baciare -Com’è andata la battuta di caccia? Avete catturato qualcosa?-
-Un ippogrifo- le rispose Rodolphus.
-Non era meglio un babbano?- aggiunse Bellatrix con nonchalance, mentre si avvicinavano altri due giovani.
-Bella…-
-No, ha ragione. È esattamente quello che ho detto io- soggiunse Evan Rosier alle loro spalle -Il Signore Oscuro sarebbe stato molto più contento-
Rodolphus parve scocciato -Oggi sicuramente ci impartirà degli ordini, non mi sembra il caso di precederlo-
Bellatrix appoggiò la tazza sul piattino con un sonoro ciocco.
-Che significa oggi ci impartirà degli ordini?- domandò subito, puntandogli contro gli occhi neri. Evan Rosier guardò Rodolphus e sorrise. Rod invece si irrigidì.
-Sì, ecco… La riunione è stata anticipata a questa notte. Forse mi sono dimenticato di dirtelo-
Bellatrix sgranò gli occhi, pareva avesse ricevuto un ceffone. -Come sarebbe a questa notte!?- ripeté agitata, guardando subito Narcissa come per cercare aiuto.
-Sì, ehm… Il Signore Oscuro ha preferito così-
-E tu quando diavolo pensavi di dirmelo, Rodolphus!?- ringhiò Bellatrix, scattando in piedi come una furia
-L’ho saputo solo stamattina- si difese subito Rodolphus, alzando le mani -Non c’è bisogno di scaldarsi tanto-
Bellatrix guardò di nuovo Narcissa, era semplicemente sconvolta.
-Ma io… Io avevo ordinato un vestito nuovo, mi deve arrivare la prossima settimana- constatò in preda all’ansia -Non può essere oggi!-
-Ne indosserai un altro, ne hai centomila!-
-Ma io volevo indossare quello!- gli ringhiò Bellatrix, istericamente -Poi mi devo preparare! Mi devo sistemare! È tardi!-
-Bella- soggiunse Narcissa, alzandosi elegantemente in piedi -Forse è meglio se ci ritiriamo un attimo al piano di sopra, cosa dici?-
Bellatrix annuì subito, pallida. Sembrava che la notizia l’avesse scioccata.
Rodolphus guardò le due sorelle allontanarsi velocemente, perplesso.
-Ma secondo te- chiese a Rosier, cupo -È così agitata perché vede il Signore Oscuro?-
Evan alzò le spalle -Non capisco cosa te lo faccia pensare…-
 
 
 
***
 
Le cose procedevano sempre meglio.
A ogni riunione i Mangiamorte nominavano soggetti nuovi, maghi che parevano molto interessati alla causa e alla possibilità di conoscerlo.
La fama di Lord Voldemort si stava espandendo a macchia d’olio in tutta Europa, i Mangiamorte parevano sempre più entusiasti e la loro euforia incrementava sia il suo potere che il loro legame. Erano amici e legati da un’unione quasi cameratesca, e in fondo erano per lo più ragazzi giovani che si conoscevano fin dall’infanzia e che avevano trascorso gli anni di Hogwarts insieme. A Voldemort questo piaceva. Il fatto che fossero uniti li rendeva un esercito migliore, capace di collaborare e a cooperare.
Quasi tutti infatti appartenevano alla Casa di Serpeverde, ma c’erano anche degli esterni, maghi insospettabili che lavoravano al Ministero e che si erano stancati della loro vita mediocre, maghi la cui alleanza ai Mangiamorte aveva dato una svolta alla loro pallida e monotona esistenza, maghi che avevano studiato a Durmstrang e Beauxbatons, perfino a Ilvermony, maghi capaci e incapaci, e poi insieme ai maghi c’erano le streghe. Voldemort aveva bisogno di quanti più alleati possibile ed escludere una forza preziosa come quella delle streghe era un lusso che solo uno stupido si sarebbe concesse. E poi c’erano delle streghe che meritavano di stare nella cerchia dei Mangiamorte, Madame Lestrange ne era un esempio lampante. Era abile, feroce e rispettosa come un soldato, sembrava una fiera pronta ad attaccare, un basilisco letale e obbediente come quello situato nelle profondità di Hogwarts.
E in fondo sapeva anche il perché… Quella sorta di cotta che aveva per lui stava diventando un problema. Anche perché ogni volta quella ragazza gli pareva sempre più affascinante, con degli abiti sempre più vistosi e succinti, uno sguardo vibrante… Bellezze così sono rare in natura, Voldemort ne era consapevole. Lo stesso Rodolphus Lestrange non la perdeva di vista un attimo e le stava sempre accanto, ma ciò non era lontanamente sufficiente per placare l’elettricità che Bella rilasciava nell’aria.
Ogni volta che lei era nei dintorni, Voldemort avvertiva una strana agitazione, il suo stesso corpo iniziava ad agitarsi. Percepiva ciò che lei provava, ne era attratto e si odiava per questo. Si sentiva come un cane sensibile al calore di una femmina, era una cosa semplicemente ignobile.
Per questo cercava inconsciamente di evitarla, almeno all’inizio. Era cosa rarissima che lui partecipasse alle spedizioni, ma quando lo faceva, non andava mai in gruppo con Bella, ed evitava ogni occasione in cui poteva restare solo con lei e quel suo sguardo sconcio. In questo modo lei si era come disillusa, convinta di non piacergli affatto, e lui poteva mantenere intatti il suo alone di mistero e la sua parvenza di superiorità.
Ma non era facile ignorarla, spesso e volentieri si sentiva combattuto. Lei era molto sensuale e i Mangiamorte amavano discutere in modo volgare del suo corpo e delle sue presunte abilità amatorie…
-Me la scoperei anche sopra a un lampadario!- aveva ridacchiato Yaxley una volta, convinto di essere tra amici.
-Allora faresti meglio a perdere qualche chilo, Yaxley, non vorrei che il soffitto ci crollasse in testa- gli aveva risposto Voldemort alle sue spalle, facendolo sbiancare a arrossire al tempo stesso.
 
 
E  venne anche il momento di combattere, il momento di mostrare ai Mangiamorte londinesi che genere di potere racchiudeva il loro padrone. Fu una battaglia breve ma intensa, a cui lo stesso Voldemort aveva preso parte in maniera teatrale. Aveva usato la forza degli elementi, del vento in particolare, per spazzare via i suoi avversari e per sorprendere i suoi soldati. D’altra parte, era noto quanto fossero difficili da controllare gli elementi puri e incontaminati della natura con l’uso impuro e distorto della magia. Forse rappresentava lo stadio più avanzato delle arti oscure, e il più distruttivo.
E il suo potere, come al solito, aveva risparmiato solo uno degli avversari, un povero dipendente del Ministero della Magia francese, che era ridotto a un fagotto di tremori e paura.
-Bene, bene, bene…- aveva detto Voldemort con falsa dolcezza, piegandosi verso di lui -Sai che domanda sto per farti. Collabora e il Signore Oscuro ti concederà di vivere l’insulsa vita che ti rimane, forse- sorrise diabolico.
Il malcapitato tremava di paura. Gridò solo qualcosa in francese, ma dal tono sembrava più una supplica che una risposta.
-Oh, ci serve un interprete?- ridacchiò Voldemort, facendo ridere anche gli altri. La risata sguaiata di Bellatrix si distinse tra le altre -Il mio francese è arrugginito, ma temo proprio che tu non mi abbia dato la risposta che cerco. Dov’è lui?-
L’uomo, disperato, nascose la testa tra le braccia e gemette. Voldemort lo afferrò per i capelli e guardò negli occhi con una tale intensità che sembrò volergli trapassare il cervello. Il poveretto urlò di dolore, tanto che due Mangiamorte di fianco a Bellatrix si scambiarono un’occhiata preoccupata.
-No, non lo sa- disse poi Voldemort infastidito, lasciandolo cadere al suolo, esanime -Mie cari Mangiamorte, questa notte è stata fallimentare-
-Padrone?-
Ed eccola di nuovo, quella voce sconcia e sconveniente.
Voldemort non le rispose neanche, si voltò e fissò Bellatrix severamente. Di solito, qualunque interlocutore rimaneva raggelato di fronte a uno sguardo simile, ma non lei. Lei arrossiva.
-Vi prego, lasciate a me questo compito- lo supplicò con entusiasmo -Troverò io Nicholas Flamel e vi procurerò quella pietra, fosse l’ultima cosa che faccio nella vita-
Voldemort la guardò con sufficienza. Bellatrix era tutta sporca di sangue, i capelli lucidi e leonini le ricadevano selvaggi dietro le spalle. Sembrava una erinni appena uscita dall’inferno.
-Non perdi occasione per metterti in mostra, tu, non è vero?- la gelò, spietato -Indossa la maschera e taci, una buona volta-
La giovane Bellatrix ammutolì e abbassò subito lo sguardo, ferita. Voldemort si forzò di non degnarla più di uno sguardo per tutta la sera.
Ma era dura.
Molto dura.

 
***
 


Erano già due riunioni che il Signore Oscuro non si presentava.
I Mangiamorte discutevano sollevati, felici di non dover affrontare il loro terribile  e terrificante padrone, ma non Bellatrix.
La delusione ogni volta si faceva sempre più cocente, più attanagliante. Il gruppo era sempre più numeroso, ogni volta c’erano volti nuovi, altri volti invece erano mascherati, fatto sta che i membri del gruppo cambiavano quasi sempre. Solo pochi restavano sempre gli stessi e questo fatto che i Mangiamorte stessero aumentando in modo così esponenziale faceva sentire Bella insignificante, come una goccia nell’oceano.
Perché lui non era venuto neanche questa volta? La sua paranoia e la sua paura erano tali che la inducevano a pensare che fosse colpa sua, che il Signore Oscuro non volesse, per una qualche strana ragione, vederla o avere a che fare con lei.
Come se la sua sola presenza lo disturbasse. Bellatrix cercava di pensare che erano paure infondate, che lei faceva sempre tutto perfettamente e che aveva obbedito a ogni ordine, sempre. Non poteva disprezzarla, perché avrebbe dovuto? Perché era una donna? Perché… Aveva capito i suoi sentimenti? Che sciocchezza. Certo che li aveva capiti.
Ma perché odiarli? D’accordo, non la ricambiava, Bella se n’era fatta una ragione e la cosa non l’aveva neanche sorpresa più di tanto, ma perché si comportava in modo così gelido?
-Vado in bagno- sussurrò a Rodolphus con voce spenta, stanca. Il marito la guardò come se fosse impazzita.
-Cosa? Il Signore Oscuro potrebbe arrivare a momenti, non fare stupidaggini-
-Tanto non gliene importa niente se ci sono o no- gli rispose lei cupa, inacidita.
-Gradirei non correre il rischio- ringhiò Rod tra i denti -Siediti-
Ma lei di tutta risposta si alzò in piedi, ergendosi in tutta la sua notevole altezza.
-Bella, vuoi farci ammazzare? Siediti, ho detto!-
-No- ringhiò.
 Rodolphus allora le afferrò forte il braccio e glielo strinse per spingerla giù, ma lei gli diede un violento ceffone in pieno viso davanti a tutti, così violento che il sonoro ciocco si impose sulle voci degli altri.
-E la prossima volta userò la bacchetta!- lo minacciò tra i denti, rabbiosa. Yaxley fischiò, i Mangiamorte presenti ridacchiarono.
Bellatrix uscì velocemente dalla stanza e sbatté la porta. Le veniva da piangere, ma per rabbia, una cieca, furente, frustata rabbia. Chi diavolo si credeva Rodolphus!? Solo perché era suo marito pensava davvero di poterle impartire degli ordini? Povero illuso.
E il Signore Oscuro perché si comportava così!? Perché era sempre così distante e irraggiungibile?
Bellatrix ormai aveva percorso parecchi corridoi e salito diverse scale, ma un dannato bagno in quella sorta di palazzo imperiale non c’era. Ora capiva Narcissa quando aveva detto che a Malfoy Manor è più facile entrare che uscire, le sembrava di essere finita in un castello medievale.
Ma poi, si fermò di un tratto.
Un suono strano, incomprensibile e sibilante, le giunse all’orecchio come una leggerissima folata di vento.
Bellatrix si fermò e guardò con gli occhi socchiusi il punto provenienza di quel sibilo: una porta chiusa, una delle tante di Malfoy Manor. Come fece per avvicinarsi, il rumore indefinito si accentuò, fino a diventare incontrovertibile. C’era qualcosa in quella stanza, qualcosa di oscuro…
Senza tante remore, Bellatrix estrasse la bacchetta e aprì la porta blindata con la magia. Rimase sorpresa nel vedere che dentro quella stanza c’era solo una grande libreria polverosa e abbandonata, grande quasi quanto una biblioteca. Alcuni scaffali erano coperti da un lenzuolo bianco, altri erano visibili e pieni di libri ammuffiti, ma Bella non si lasciò distrarre. Quel sibilo era diventato più forte e graffiante, e più che un sibilo ora sembrava una vibrazione, una forma di energia vivida, talmente vivida che emetteva che si propagava nell’aria in modo concreto.
Bellatrix non impiegò molto a trovare la fonte di quei movimenti invisibili, era come se si fosse illuminata tra tutti.
Tale fonte di magia altro non era che un diario nero, all’apparenza trascurabile, che come lo prese in mano smise subito di mandare vibrazioni. Bellatrix lo guardò perplessa e lessa il nome nella targhetta, un nome babbano. Lo sfogliò, le pagine erano intonse.
“E questo cosa diavolo è?” pensò sorridendo, rigirandoselo tra le dita.
Se lo infilò sotto la gonna, in mezzo alla giarrettiera, e poi scese giù in fretta, compiaciuta.
 
 
 
 
 
 
-Rodolphus, chi ti ha preso a pugni?-
Il giovane Lestrange si toccò il labbro leggermente sanguinante, imbarazzato. Appena Voldemort aveva messo piede in sala, aveva fissato lo sguardo su di lui e aveva sorriso.
-Nessuno, mio Signore… Sono caduto-
-Sono stata io- esclamò invece Bellatrix, aprendo la porta sul retro -Scusate tanto, mio Signore, ero andata un attimo in bagno- civettò dolcemente -Non credevo sareste più arrivato, ma sono comunque molto contenta di vedervi-
Voldemort la fissò mentre si sedeva con grazia, senza risponderle. C’era qualcosa di strano in lei, qualcosa che la rendeva più sensuale del solito. Bellatrix gli sorrise, disincantandolo.
-Bene- disse subito lui, distogliendo in fretta lo sguardo -Cominciamo-
 
-Oddio- sussurrò Bellatrix tra i denti, mentre un Mangiamorte mascherato parlava -Questa cosa sta diventando bollente-
-Quale cosa?- le chiese Rodolphus, senza guardarla e senza nemmeno muovere la labbra.
-Una cosa oscura che ho tra le gambe- gli rispose, guardandosi la gonna nera.
Rodolphus si irrigidì e arrossì -Bella, che cazzo dici, per favore-
Bellatrix sorrise e poi guardò il Signore Oscuro in modo diretto, pregnante. Non sapeva nemmeno lei doveva aveva trovato il coraggio di farlo, ma fatto sta che lo stava facendo. E Voldemort ci mise un istante ad accorgersene e a ricambiarla. La guardò male, uno sguardo fulminante che però non riuscì a essere pienamente minaccioso. Bella dischiuse le labbra e sospirò lievemente, Voldemort continuò a fissarla senza battere ciglio, si sentiva come imprigionato in quelle ciglia magnetiche, smarrito, quella donna aveva qualcosa che lo stava irretendo più del solito.
-Ehm… Mio Signore?-
Sia Voldemort che Bellatrix si voltarono di scatto.
-No- fu la risposta di Voldemort, a una domanda che Bella non aveva nemmeno sentito.
 
 
***
 
 
 
 
 
Bellatrix ripose sul comodino quel diario dalla copertina nera con riluttanza. All’apparenza sembrava un oggetto inoffensivo e trascurabile, ma per una strega sensibile alla magia oscura com’era lei, l’inganno non poteva dirsi riuscito. Bellatrix percepiva che celava un segreto, ma non riusciva a decifrarlo. Quel diario era come impregnato di magia oscura, come se qualcuno gli avesse impresso un cerchio magico e l’avesse poi reso invisibile. E l’aveva scovato in villa Malfoy, nascosto e sepolto dietro a numerosi tomi impolverati, protetto da un potente incantesimo di illusione.
Forse era una trappola che il Ministero aveva insinuato in villa Malfoy, forse era un cimelio antico, magari di un mago oscuro vissuto tanti, tanti anni prima. Sicuramente era qualcosa, il problema era capire cosa. A vederlo non sembrava nemmeno un oggetto antico, il pellame era idratato e anche la sua manifattura aveva l’aria recente. E il nome inciso sulla piccola targhetta era palesemente babbano, ma questo non era importante, poteva essere un modo per sviare i sospetti.
Bellatrix voleva sapere cosa fosse. Il revelio non l’aveva scalfito, nessun incantesimo conosciuto sembrava avere alcun effetto, le pagine erano intonse.
E pensare che bastava chiamare lui per scoprirlo. Lui lo avrebbe capito con un solo sguardo, ne avrebbe decifrato ogni singolo e arcano segreto con estrema facilità.
Bellatrix avvertì come di consueto la nota sensazione di calore accendersi nel bassoventre. Era così forte e irraggiungibile, ineguagliabile! E finalmente ora sembrava essere sceso dall’Olimpo ed essersi fatto più vicino. La sua inscalfibile corazza ora aveva una piccola scheggia.
Dopo quell’incredibile gioco di sguardi che avevano avuto durante la riunione, Bella sentiva che le cose non sarebbero state più come prima. Si erano guardati talmente intensamente e così a lungo che erano quasi entrati in contatto, un altro minuto e lei avrebbe avuto un orgasmo violento sopra quella sedia… Chissà se anche lui…
Forse aveva ragione Narcissa, Bellatrix doveva fidarsi della propria bellezza e sensualità. Non voleva illudersi o esagerare, ma aveva notato qualcosa accendersi nella sua espressione, qualcosa che era ben lontano dall’odio. Sorrise tra sé, doveva incontrarlo da sola, il prima possibile.
Doveva provarci, anche per rispetto del suo povero corpo fremente. E ora aveva anche la perfetta scusa. Un pretesto tra l’altro fondato: un cimelio di magia oscura non identificata trovato per caso nel luogo dove sono soliti riunirsi. Non era una cosa di poco conto! Solo che era sempre così rischioso avere a che fare con lui, Bellatrix lo aveva visto arrabbiato con gli altri Mangiamorte, aveva visto quanto tremendo e spaventoso poteva diventare, così tanto più forte rispetto agli altri e così intimidatorio, letale, superiore, come un serpente in un covo di topi terrorizzati.
Bellatrix era consapevole che si stava arrischiando in una impresa pericolosa, Voldemort stesso faceva paura perfino a lei, ma quella paura reverenziale che provava di sovente era adombrata dal desiderio smodato di conoscerlo e dalla stima totale e incondizionata che gli serbava.
Certo, in tutto questo aveva almeno una certezza: non si sarebbe persa d’animo. No, quello mai.
A costo di aspettarlo per tutta la vita, a costo di ricevere un solo bacio sul dorso della mano.
Tanto un uomo migliore di lui non esisteva. Era semplicemente impossibile trovarlo, e lei esigeva il massimo, sempre. La sua ambizione spudorata l’aveva trascinata e legata a lui, al mago oscuro più potente mai esistito, all’uomo più temuto dell’ultimo secolo, per non dire dell’ultimo millennio. Bellatrix sentiva dentro di sé di meritare un uomo come lui, era conscia di essere dotata, sveglia, spudoratamente bella e purosangue. Quale donna avrebbe potuto stare accanto al Signore Oscuro se non lei? La famigerata Morgana era forse stata più forte o bella di lei? Bellatrix ne dubitava. L’orgoglio feroce che covava dentro l’avrebbe portata a vincere contro chiunque e ad ogni costo, a costo di sopraffare l’avversario a morsi come un cane arrabbiato.
Sì, il Signore Oscuro meritava una strega come lei, doveva solo… Capirlo, accettarlo.
Rendersene conto, fare lui la prima mossa e smettere di rispondere alle sue disperate avance con quello sguardo beffardo e raggelante al tempo stesso.
Era come desiderare di accarezzare un serpente velenoso. Non potevi sapere come avrebbe reagito, ma certo le prospettive non erano buone. C’era almeno una possibilità su cento che non mordesse?
 
 
 
***
 
 
 
 
Tom guardò l’ora con la bacchetta. Erano le cinque del pomeriggio, la luce estiva del giorno filtrava dalla tende e lo lasciava nella penombra, in quella semi oscurità che tanto amava e che gli permetteva di vedere nitidamente e distinguere ogni cosa.
Fuori dalla porta c'erano due giovani Auror, che il mago oscuro aveva confuso e sottoposto alla maledizione Imperius per porli a sorveglianza dell’ingresso.
Era al sicuro e adesso doveva dormire.
Non aveva altra scelta, erano passati sei giorni e troppe pozioni rivitalizzanti dall’ultima volta.
Ma se da ragazzino vedeva delle immagini terrificanti quando chiudeva le palpebre, ora che era adulto vedeva direttamente le fiamme dell’inferno.
Sospirò e chiuse gli occhi. Non era totalmente buio, il suo campo visivo, seppur oscurato dalle palpebre, era rischiarato della luce del giorno. La sua mente era ancora attiva, imbrigliata, le orecchie erano tese, i riflessi pronti. Era molto lontano dall’assopirsi, a dire il vero.
Aveva sempre odiato dormire, perdere i sensi, abbassare la guardia… Era circondato da nemici, in ogni dove ce n’era uno, non poteva davvero permettersi rilassarsi. Non che qualcuno costituisse un pericolo, tuttavia Silente… Silente era l’unico nemico che si era spinto oltre con la magia, che aveva osato, sperimentato, ma mai in modo decisivo. Si era sempre fermato entro i limiti del lecito ed era sempre tornato indietro all'ultimo secondo. Codardo. Certo, conosceva alcune pratiche oscure, il sant’uomo sapeva perfino riprodurle se lo voleva, però ciò che il vecchio conosceva della magia oscura corrispondeva forse a un terzo, magari un quarto del patrimonio che negli anni aveva costruito lui.
Voldemort sorrise, sarebbe diventato più forte di lui, era solo questione di tempo…
Mentre pensava, all’improvviso avvertì un pizzicore molto leggero, noto ma allo stesso tempo nuovo.
Voldemort spalancò gli occhi. Qualcuno, un Mangiamorte sfacciato, screanzato, lo stava invocando attraverso il Marchio Nero. Voldemort rimase esterrefatto. Chi osava a tal punto!? Nessun Mangiamorte si era mai permesso di farlo, prima d’ora.
Soppesò l’idea di ignorare il richiamo, ma poi si rese conto, con grande stupore, che proveniva da Bellatrix Lestrange.
La cosa gli parve immediatamente più interessante.
Voldemort si alzò dalla poltrona volentieri, segretamente compiaciuto di avere una scusa per non dormire, ma poi cambiò idea di nuovo, quasi rinsavì.
Ma come osava!?
Ma come si permetteva quella donna di spingersi a tal punto e pretendere un colloquio così, all’improvviso? Con quale sfacciataggine e coraggio osava rivolgersi direttamente a lui?
Voldemort non poteva credere che per un istante aveva quasi pensato di accontentarla. La bellezza di una donna può ubriacare gli altri, non certo lui.
 
 
 
 
Il cuore di Bellatrix batteva molto velocemente.
Si guardava intorno ma non sentiva nulla, non un alito di vento.
Iniziò a farsi prendere dal panico e dal rimorso.
Oh, Salazar, cosa aveva fatto!
Ma era stato lui a dirlo, “chiamatemi se avrete bisogno di me”. E lei ora aveva un disperato bisogno di lui… Ma forse era solo un modo di dire, una formalità, una frase di circostanza dettata dal garbo, dalle buone maniere a lui tanto care.
L’ansia stava iniziando a chiuderle la gola… Bellatrix cercò di tranquillizzarsi, in fondo non poteva avere capito che era lei, giusto? Poteva essere stato chiunque, i Mangiamorte erano tanti, giusto?
Magari l’aveva ignorato e basta, il Signore Oscuro era un uomo impegnato.
Sì, non era successo niente. Un qui pro quo finto bene, cose che capitano.
Eppure Bella si sentiva agitata.
Eppure sentiva che l’aria stava cambiando.
Il suo cuore fece un tuffo, una sagoma grigia e sottile si materializzò davanti a lei.
Bellatrix rimase pietrificata, Voldemort in persona era di fronte e la stava fissando.
-Sono stupito, lo ammetto- esordì, gelido -In quindici anni, questa è la prima volta che vengo disturbato deliberatamente da un Mangiamorte. Ma dimmi, sono curioso-
Bellatrix si sentì arrossire rovinosamente -Mi dispiace- riuscì a scandire -Io credevo… Padrone, potevate ignorarmi e non venire-
Voldemort le lanciò un’occhiata raggelante.
-Invece di insinuare che sono qui per colpa mia, dimmi piuttosto perché hai osato chiamarmi-
La ragazza sgranò gli occhi -Non stavo insinuando…-
-Sto aspettando-
La giovane Bella si irrigidì, ma si impose di mantenere un contegno civettuolo. Gli sorrise e fece un inchino, col cuore che le batteva violentemente nel petto. Era la prima volta in assoluto che lo incontrava da sola, senza nessun altro Mangiamorte.
-Grazie per essere venuto, Mio Signore- gli disse alzando solo lo sguardo, il capo piegato. Voldemort non poté fare a meno di notare quanto fosse messo a dura prova il gancio del corsetto che aveva sul seno.
-Ho osato disturbarvi, Mio Signore, perché credo di avere trovato un manufatto oscuro a Malfoy Manor- gli disse dolcemente -Non riesco a capire cosa sia, era ben nascosto, ma credo che le vostre immense, grandiose capacità sapranno risolvere il mistero-
Bellatrix attese in ansia una risposta, Voldemort la stava fissando in modo indecifrabile. Bella fece istintivamente un passo verso di lui.
-E tu- esordì lui, ostile -E tu osi disturbare il tuo padrone per dirgli questo?-
-Ma è qualcosa di oscuro, di diverso! L’ho percepito!- si affrettò a precisare, tirando fuori dalla borsa un diario dalla copertina nera -Guardate! È magia oscura, ed era celato a regola d’arte! Io non so cosa sia, ma ho ritenuto opportuno consegnarlo a voi-
Alla vista di quel diario, Lord Voldemort cambiò espressione.
-Ho cercato di capire cosa fosse- continuò Bellatrix, preoccupata dal fatto che non stesse dicendo nulla -Ma è come se fosse bloccato da…-
-Come hai fatto a trovarlo?- la interruppe bruscamente, guardandola dritta negli occhi.
-L’ho percepito- gli rispose lei, tesa.
-L’hai percepito?-
Bellatrix si imbarazzò ancora di più -Sì, era ben nascosto però ho come sentito qualcosa, come una corrente di magia che mi scivolava sulla pelle e mi entrava…- deglutì, cercando di non arrossire -Sì, ecco, l’ho sentito. Credo sia stato maledetto, ma non riesco a capire in che modo-
-Curioso- disse piano Voldemort, osservandola attentamente -Questo diario è mio, Bellatrix. L’ho celato io personalmente, ma tu lo hai “percepito”, l’hai scovato come un cane da tartufo, il che ti rende interessante e fastidiosa al contempo-
Bellatrix dischiuse il labbra dalla sorpresa, il fatto che il Signore Oscuro si fosse ricordato il suo nome era quasi passato in secondo piano.
-È vostro?- domandò incredula, inorridita.
-È mio. E tu sei sensibile alla magia oscura- continuò Voldemort, affascinato ma senza darlo a vedere -In quanti ti hanno visto prenderlo?-
-Nessuno- gli disse subito -Non un’anima, però… Mio Signore, mi dispiace, non potevo sapere che fosse vostro, mi dispiace-
Lui non le rispose, continuava solo a soppesarla con lo sguardo. Bellatrix avrebbe dato l’anima per sapere cosa stesse pensando in quel momento.
-Ma quindi che cos’è?- gli chiese, per togliersi da quella situazione d’imbarazzo -È magia oscura, vero? Cosa fa?-
Voldemort le accennò un sorriso.
-Usa le tue conoscenze- la sorprese con una domanda -Cosa potrebbe fare un quaderno maledetto?-
Bellatrix lo guardò a disagio, inutile dire che non si era mai posta una domanda simile.
-Potrebbe essere letale un diario, secondo te?- continuò Voldemort, con una punta scherno.
-Sì… Credo di sì, ci sono vari modi- esclamò, imbarazzata.
-Dimmene uno-
-Una fattura esplosiva- tentò lei, abbacinata -Lo apri e lui esplode-
-Banale, ma sì. Qualcosa di più raffinato?- le domandò, sfiorandole i capelli. Bellatrix non potè fare a meno di guardare quella mano tra i suoi capelli, ma perché le stava chiedendo queste cose assurde? Perché non la baciava e basta? Ragionare in quel momento le veniva particolarmente difficile.
-Beh… Io… Io credo… Padrone-
-Si potrebbe smolercolarlo e renderlo una sorta di buco nero in cui intrappolare gli scocciatori. Oppure fare in modo che ciò che venga scritto diventi automaticamente realtà-
Lo sguardo di Bella si animò -È possibile?-
-Qualunque cosa è possibile con la magia oscura- le rispose con ovvietà -Gli unici limiti sono legati all’incapacità e alla fragilità della natura umana, ma superati questi, si diventa potenzialmente invincibili, divini-
Bella sentì le proprie guance scaldarsi, le cosce prendere fuoco. Abbozzò un sorriso -La magia oscura è la cosa più bella che esista-
-Non ne sarei così sicuro- le rispose lui, sorprendendola -Ti faccio una proposta, Bella. Posso insegnarti le arti oscure, impartirti delle lezioni private e darti le spiegazioni che cerchi, però…- fece una pausa, Bellatrix pendeva dalle sue labbra -Esigo qualcosa in cambio-
-E cosa volete?- gli domandò lei, abbacinata.
Voldemort le sorrise -Tutto-
 
 
 
 
 
 
Voldemort aveva visto sia la moglie di Bartemius Crouch che quella di Cornelius Fudge.
Quella di Crouch era, come prevedibile, una mogliettina squisitamente ornamentale. Molto graziosa, molto obbediente, molto devota e sempre con il pargolo alla mano. In altre parole: inutile. Quella di Fudge invece era sgraziata, mal vestita e canuta già a quarant’anni.
Moody non era sposato, ma era famoso per aver raccattato tutte le donne più brutte e improponibili del Ministero. D’altronde a lui piacevano le sfide.
Nessuna di loro poteva essere anche solo paragonata a Bella.
Lei era splendida, appassionata, feroce, con un corpo inebriante dentro cui annegavano tutte le sue tensioni e le sue paure. Sembrava un’Afrodite dedita alla guerra, una luce oscura che rischiarava e allo stesso tempo intensificava le sue tenebre.
Voldemort era certo che prima o poi avrebbe surclassato i suoi compagni anche da quel punto di vista, era solo questione di tempo.
 
 
-A cosa state pensando?- gli chiese Bellatrix, mettendosi a sedere sul letto sfatto.
Voldemort voltò appena il capo verso di lei.
-Al perché sei ancora qui- le rispose, calmo -Togliti dai piedi-
-Siete sicuro?- gli sussurrò piano, accarezzandogli dolcemente prima l’addome e poi giù, le parti basse -È proprio sicuro il mio padrone di volermi mandare via?-
Voldemort la guardò di sottecchi, Bellatrix gli sorrise.
…No, in effetti non era molto sicuro.
 
 
 
 

 
 


 
Note
Cari amici, eccovi la parte due.
Spero sia stata di vostro gradimento, è un periodo di grande stress e temo di non essere riuscita a dare il meglio di me, ma ci ho provato.
Che dire di questa storia… Ho voluto porre l’accento sul fatto che Voldemort potesse avere una sorta di fissazione per i nomi e che quello di Bellatrix l’avesse fin da subito colpito in senso positivo e ho immaginato la Bellamort in modo abbastanza classico, diciamo: lui fa il prezioso e lo scontroso e Bella gli muore dietro ma alla fine ottiene quello che vuole. Il richiamo finale ai tre compagni di casa di Tom era d’obbligo… Potrei anche fare un terzo capitolo in cui li incontra, ci devo ragionare. Intanto vi ringrazio per avere letto e a presto! ^^
Ecate
 

 

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