La figlia del tempo - Il Gatto Nero

di Shora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno:
Il riflesso della luce mi ferii gli occhi e fui costretta a socchiuderli. Stesa sul letto di casa mia continuavo a fissare il braccialetto che la mia antenata mi aveva dato. Era d’oro con tre pietre incastonate: un ovale d’ambra, un opale nero e un rubino. Quest’ultimo però non era un prezioso tradizionale. Era come se fosse contaminato dal carbone. Al suo interno erano presenti come dei residui neri e questo dava l’impressione fosse proprio un guscio di una coccinella. Non era difficile immaginare a chi si riferissero le altre due pietre. L’oggetto era stato riposto all’interno di una strana scatolina ottagonale nera e rossa, con intagli simil-orientale. Sbuffai abbassando il braccio demoralizzata. Non capivo perché Tikki me lo avesse dato. Perchè era così importante? Erano giorni che ci pensavo e non riuscivo a venirne a capo. Dovevo proteggerlo perché era molto costoso? Tipo i gioielli della regina Elisabetta d’Inghilterra? All’improvviso qualcuno bussò alla botola della mia stanza.
«Avanti!» gridai mentre nascondevo il braccialetto sotto il cuscino. La testa di Alya spuntò dalla stretta scala che portava in camera mia insieme al suo immancabile sorriso. Aveva con se un plico di fogli. Sollevata non fosse una visita inquietante come poteva essere quella di M. Agrèste o peggio di Chloè, scesi dal letto per raggiungerla.
«Ciao Marinette!» mi abbracciò. Mi arrivò al naso il suo noto profumo alla cannella e per un attimo mi sentii in pace. Niente viaggi nel tempo e o strani braccialetti. Poi la realtà tornò al suo posto e mi sentii di nuovo schiacciata da segreti e aspettative riposte nella persona sbagliata. Sospirai.
«Ciao Alya.» salutai a mia volta con un mezzo sorriso.
«Ed dai, su con la vita!» mi diede una spinta giocosa mentre i suoi brillavano di euforia. Mi sventolò i fogli sotto il naso.
«Ho trovato qualcosa sulle ricerche che mi avevi chiesto. Insomma quasi. Su questa Tikki non ho travato praticamente nulla se non che fosse una tipa aristocratica e che apparente faceva parte di una setta o una sorta di società segreta.» storse il naso e io con lei. Non mi piaceva pensare di far parte di una setta.
«Ho comunque più informazioni sul braccialetto.» nonostante infatti non avessi rivelato quel particolare a nessuno, avevo raccontato del gioiello alla mia amica, ovviamente tergiversando sul come e sopratutto sul quando ne ero entrata in possesso. Alya aveva rinunciato alle domande. Capivo assolutamente il perché fosse curiosa, ma in un certo senso aveva compreso la mia impossibilità di dissipare i suoi dubbi. Era comunque era senza ombra di dubbio che alla fine di tutto le avrei rivelato ogni minimo particolare. Perchè ci sarebbe stata una fine, no? Ci sedemmo entrambe sul tappeto e la mia migliore amica cominciò a spiegare. L’oggetto di cui ero entrata in possesso era davvero molto antico. La prima testimonianza del braccialetto risaliva gli egizi. Non era noto se le pietre fossero autentiche, ma dalla sua creazione era passato di mano i mano fino a ricomparire in Francia intorno alla seconda metà del XV secolo.
“Coincide con il periodo in cui Tikki era in vita!” pensai. Si diceva che il gioiello possedesse proprietà magiche che variavano dal curare le malattie, alla vita eterna e ancora, udite udite, ai viaggi nel tempo. Si poteva viaggiare attraverso i secoli molto meglio di quanto io, Adrien e Chloè facessimo già. Nessuna restrizione. Si potevano esplorare più secoli, uno dietro l’altro. Ovviamente nulla di tutto ciò era mai stato comprovato, ma qualcosa mi diceva che l’ultima parte non fosse del tutto una menzogna. Tikki aveva sicuramente avuto una ragione per lasciarmelo. Il 5 maggio sarebbe stato domani. Avevo bisogno delle chiavi della casa in Place Royale in modo tale da poter ricevere delle risposte. Se tutto procedeva bene Adrien non avrebbe avuto niente in contrario a darmele. Aveva detto che non si fidava di Tikki, ma di me sì. Quel pomeriggio avremmo avuto una riunione e gliele avrei chieste.


A villa Agrèste l’aria era mutata da ormai qualche giorno. Il ritrovamento di Plagg aveva gettato tutti in un caos caratterizzato da euforia e frenesia per la ricerca di nuovi particolari nel tentativo di ritrovarlo in altri anni. Io e Adrien eravamo stati più volte interrogati dato che eravamo stati i primi a vedere l’antenato dell’odierno gatto nero. Anche Chloè lo aveva visto, ma, quando aveva capito la situazione nella quale si trovava, Plagg si era gettato nella folla e si era dileguato. Era stato più enigmatico e silenzioso di Tikki nei due minuti in cui avevamo fatto la sua conoscenza. Dal canto suo la mia antenata aveva tenuto la bocca cucita, anche dopo diverse minacce infondate di Adrien. Eravamo circa al punto di partenza. Nessun indizio su qualche secolo in particolare, rango sociale (anche se averlo trovato a Versailles avrebbe dovuto illuminarci, sveglia!) o contatti che ci portassero a lui. Era davvero inafferrabile. Ero però davvero sicura che Tikki lo conoscesse e ci fosse più di un’amicizia tra i due. Non mi ero certa dimenticata del rossore che era sbocciato sulle sue guance quando lo avevo nominato al nostro primo incontro. Comunque non mi aspettavo nulla di diverso questo pomeriggio. Avrebbero mandato me insieme o Adrien o Chloè in qualche anno a caso, nel vano tentativo di rintracciarlo. Questo rafforzava la mia intenzione di trovare Tikki domani. Dovevo, anzi, volevo sapere di più su Plagg. Entrai nello studio di M. Agrèste per vedere chi sarebbe stato il mio compagno di oggi e trovai Adrien comodamnete seduto su una delle note poltroncine. Sorrise al mio ingresso e io ricambiai. Il mio rapporto con lui si era rafforzato. Non ero più vista come uno scarafaggio ignorante, ma come parte integrante della missione. Forse anche come amica. Da parte mia c’era qualcosa di più anche se non lo avrei mai ammesso nemmeno sotto tortura. Mi accomodai vicino a lui.
«Ben arrivata Coccinella.» mi salutò Gabriel. «Dopo qualche ricerca abbiamo pensato di rimandare te e Adrien nel 1798. Su quell’anno abbiamo poche informazioni per quel… emm… incidente che ci è stato.» si sistemò gli occhiali con disagio. Effettivamente nel 1798 avevo dato prova di me svenendo per il corsetto troppo stretto. «Vorrei vedervi nel mio atelier tra massimo venti minuti. Il tempo è prezioso. Cominciate ad avviarvi, io devo finire qualcosa qui.» ed indicò alcune scartoffie sulla sua scrivania. Adrien e io uscimmo dall’ufficio. Una volta chiusa la porta lo afferrai per un polso e senza ascoltare le sua lamentele lo condussi nella sala della musica. Assicuratomi che non ci fosse nessuno chiusi la porta.
«Marinette, se vuoi stuprarmi non è il momento adatto.» scherzò lui, lisciandosi la camicia.
«Non fare il cretino!» dissi io, ormai di colore bordeaux. Lui mi guardò e come al solito il mio cuore perse un battito. Era vestito in modo molto elegante. Camicia bianca e pantaloni neri. Ma quello che mi faceva andare in tilt erano i suoi occhi. Erano di un verde sublime con qualche pagliuzza dorata come se il sole ci avesse versato qualche sua goccia. Questo spiegava anche il suo sguardo così ardente che a volte mi toglieva completante il respiro. «Ho bisogno di un favore.» biascicai. Lui mi osservò ancora senza dire nulla, ma sapevo che mi stava ascoltando.
«Domani è il cinque maggio.» aggiunsi come se potesse spiegare tutto. La verità è che un po’ mi vergognavo a chiedergli quelle chiavi, dato che una volta gliele avevo rubate sotto il naso. Il suo sguardo si fece confuso e un piccolo sorriso gli decorò le labbra. «Vuoi impedire la morte di Napoleone?» chiese quasi ridendo. Mi tirai i codini nervosa.
«Certo che no!» esclamai. Presi un bel respiro.
«Devo vedere Tikki nel 1421. Domani!» dissi tutto d’un fiato.
«E io cosa c’entro?» era sospettoso.
«Mi servono le chiavi. Quelle di Place Royale.» era fatta. Mancava solo la sua risposta.
«Va bene.» incrociò le braccia. Stavo per tirare un sospiro di sollievo, quando continuò.
«Ad una condizione: voglio venire con te.»
«Tu non puoi passare più archi temporali contemporaneamente.» gli ricordai.
«Lo so, ma questo non mi vieta di scortarti fino al passaggio nel 1682.» Mi morsi labbro. Non ero così convinta di questa cosa. Lui parve coglierlo. Come al solito sembrava leggermi nel pensiero «Prendere o lasciare.» Sbuffai.
«E va bene!» concessi.
«Perfetto!» mi superò e aprì la porta. Poi mi tese la mano.
«Andiamo, dobbiamo cambiarci.» le nostre dita si intrecciarono e le farfalle svolazzarono impazzite nel mio stomaco. Pregai rimassero silenziose.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due:

il 1798 era tranquillo proprio come lo avevo visitato la prima volta. Il parco era percorso solo da poche persone. Io ed Adrein vagavamo senza una meta precisa. Le indicazioni che ci aveva fornite M. Agrèste erano praticamente nulle e con secoli a disposizione cercare Plagg era più difficile di cercare un ago in un pagliaio.
-Tutto bene?- mi chiese Adrien, mentre mi massaggiavo una clavicola.
-Sì, certo.- risposi. La verità era che il corpetto era stretto, non tanto come la volta scorsa, ma cercavo di distrarmi in qualunque modo e la mia clavicola era stata prescelta per questo arduo compito.
-Se vuoi ci fermiamo un attimo.- mi sussurrò con uno sguardo leggermente preoccupato.
-Ti ho detto che sto bene!- esclamai forse con un po’ troppa convinzione e stizza. Lui drizzò le spalle e discostandosi assunse un comportamento altezzoso.
-Lo dicevo solo per essere carino. Non vorrei mai che mio padre venisse ucciso da tua madre a causa di un graffietto per una tua caduta.- che frecciatina! Davvero maturo!

-Senti un po’ tu…- ma non feci in tempo a finire la frase che qualcosa, o meglio qualcuno, attirò la mia attenzione. Era un uomo, apparentemente intento nel bazzicare in giro, ma aveva qualcosa di familiare. Anche Adrien lo stava fissando. Ci scambiammo un’occhiata. Con un tacito accordo decidemmo di procedere a camminare come se nulla fosse.
- Pensi sia pericoloso?- domandai dopo qualche secondo, sussurrando.
-Non saprei.- rispose lui. -Credo che se avesse voluto farci del male avrebbe con sé almeno un complice.- annuii poco convinta. E se il complice ci fosse stato, ma fosse nascosto?
-Credi sia sicuro rimanere ancora qui? Forse dovremmo tornare indietro…- tentai.
-No, credo che stia solo cercando di capire cosa stiamo facendo qui.-
-Una passeggiata che altro!- dissi ironicamente. Comunque era davvero incredibile! Ovunque fossimo, in qualsiasi secolo loro sembravano saperlo ed esserci sempre. Forse l’unica volta in cui non li avevamo incontrati era stato a Versailles. Mi chiesi se sapessero che l’oggetto che stavano cercando si trovava nel 2019, un tempo in cui loro erano già morti e sepolti da mooolto tempo.
-Tanto per sapere di cosa dovete parlare tu e Tikki stasera?- Faceva sul serio? Un tipo inquietante ci pedinava e lui iniziava questi discorsi? Come se poi volessi dirglielo.
-Non sono fatti tuoi.- risposi a denti stretti.
-Ah ah, risposta sbagliata cara Coccinella, ricordati che io ho le chiavi.- disse con un sorrisetto odioso.
-Già e io te le ho rubate già una volta. Cosa mi frena da farlo di nuovo?- il sorriso sparì, lasciando spazio ad una smorfia di stizza. Camminammo per un altro po’, in silenzio, con Adrien che faceva l’offeso. Era ormai l’imbrunire, data l’ora tarda durante la quale eravamo tornati indietro nel tempo ed eravamo praticamente soli. Passanti non ce n’erano praticamente più, tranne quel tipo inquietante ci stava ancora pedinando. Non avrebbe procurato problemi se non che stava riducendo sempre più la distanza tra di noi. Tirai la manica al mio compagno. Cominciavo ad avere una leggera paura. Anzi definiamola un inizio di panico. Lui mi lanciò uno sguardo torbido, ma cambiò espressione quando incrociò il mio. Non so come quel tipo si fosse avvicinato tanto in un così corto lasso di tempo, ma sono certa della spinta che Adrien mi diede improvvisamente e della luce riflessa sulla lama che mi ferii gli occhi subito dopo. Uno stocco vibrava a mezz’aria a qualche centimetro dal mio naso. Se il mio compagno non mi avesse spinto probabilmente ora sarei stata uno spiedino. Adrien estrasse la sua spada e cominciò a fronteggiare il nostro sconosciuto nemico. Avevo paura e volevo terribilmente rendermi utile se non che nessuno (di nuovo!) si era degnato di darmi una spada o uno stocco. Feci la prima cosa che mi venne in mente. Raccolsi un sasso abbastanza grande dal selciato e glielo tirai. Lo colpii alla spalla, ma non ebbe l’esito sperato, servì solo a farlo arrabbiare di più e con me. Merda. Mi fu subito addosso cercando di infilzarmi e io non so grazie al quale miracolo riuscii a schiavare due dei suoi colpi. Indietreggiai sul sentiero. Il respiro corto per la paura e il corsetto e poi… inciampai. Con orrore mi sentii cadere a terra, dopo aver pestato un lembo del mio esito. Vidi il ghigno di quell’uomo, un sorriso maligno, orribile e seppi che la mia ora era arrivata. Chiusi gli occhi e mi portai le braccia al volto e aspetti la stoccata dolorosa che non arrivò. Arrivò altro però. Uno schizzo di un liquido caldo mi inondò le braccia e parte del viso che non era coperto, finendomi anche sulle labbra. Inevitabile lo assaggiai e per poco non vomitai: sangue. Aprii gli occhi. Adrien aveva trafitto l’uomo davanti a me. La sua spada giaceva per terra e le sue labbra erano aperte in un urlo muto. Gli occhi stavano pian piano perdendo lucentezza e vitalità. Io ero ricoperta del suo sangue. Atterrita guardai Adrien ritirare la lama del corpo del nostro nemico e feci appena in tempo a scostarmi che il suo corpo cadde esattamente dove prima stavo io. Non riuscii a trattenermi, mi voltai sul fianco sinistro e vomitai. Sentii indistintamente il mio compagno inginocchiarsi accanto a me e quando mi voltai a guardarlo mi trafisse con il suo sguardo.
-Cosa pensavi fare?!- mi aggredì. -Sei disarmata! Dannazione Marinette, questo non è uno stupido videogioco, quell’uomo poteva ucciderti!-

-Io… io volevo solo aiutarti…- balbettai con la voce rotta.
-Non è certo così che lo fai!- Lo osservai. Anche lui era sporco di sangue e non aveva l’aria di uno che appena ucciso un uomo. Non aveva l’aria di avermi appena salvato la vita. Scoppiai a piangere. Dietro il velo delle lacrime notai i lineamenti di Adrien addolcirsi. Con un moto di stupore da parte mia sentii le sue braccia muscolose stringermi al suo petto. Mi stava abbracciando. Non me lo sarei mai aspettato. Prima sembrava volesse massacrarmi e ora mi abbracciava dolcemente. Mi sciolsi tra quelle braccia e continuai a piangere, come una bambina disperata. Non piangevo solo per la paura di ciò che era appena successo, per la strigliata di Adrien, ma per tutto. Ero stanca del viavai tra i secoli, dei segreti che stavano diventato un peso insopportabile e di rischiare di morire per uno stupido bracciale. Ero stanca. Dopo minuti interminabili di pianto disperato, mi calmai. Adrien si allontanò da me e mi afferrò per le spalle.
-Promettimi una cosa.- mi guardò serio. Io annuii.
-Non provare ad aiutarmi mai più.- mi disse mentre un leggero sorriso gli decorava le labbra. Mi asciugai una lacrima solitaria sulla mia guancia con il dorso della mano, ridendo piano. Adrien si alzò e mi porse la mano.

-Andiamo Coccinella, torniamo a casa.-

Il ritorno al presente fu un casino. Il fatto che fossimo ricoperti di sangue aveva fatto rimanere tutti senza parole, per poi ritrovarle improvvisamente sommergerci di domande. Ci pensò Adrien a spiegare la situazione. Dopo il racconto ci mandarono a lavarci e cambiarci. Togliersi quel sangue di dosso fu meraviglioso, mi sembrava di essere rinata. Quando mi asciugai e mi rivestii ero pronta per gettarmi a letto. Erano circa le nove di sera, ma per me la giornata non era ancora finita. Nonostante il viaggio nel tempo pessimo ne avevo ancora uno che mi aspettava e non averi potuto rimandarlo, perché non so quando avrei potuto rivedere Tikki. Confidavo nel fatto che Adrien avrebbe portato con sé le chiavi di Place Royale. Mentre mi dirigevo fuori da villa Agrèste gli lanciai uno sguardo carico di significato che mi augurai carpisse sino in fondo. Salii in macchina e sorrisi a mia madre.
-Come è andata cara?- mi domandò.
-Tutto bene.- le mentii. Guardai fuori dal finestrino, tra meno di un’ora sarei dovuta uscire di nuovo e per avere delle risposte.

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