Niente cena per Nagini

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


 
Niente cena per Nagini




 
Capitolo 1

 

"Per coloro che non lo sanno, questa sera è tra noi Charity Burbage, che fino a poco tempo fa insegnava nella scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts…"
Dopo quel nome, che difficilmente avrebbe attribuito al corpo sudicio e tremante che levitava sopra alla lunga tavolata, Severus Piton smise di ascoltare.
Si costrinse a restare immobile e a non distogliere lo sguardo mentre Voldemort la spingeva avanti con la bacchetta, esponendola sempre più agli sguardi divertiti dei mangiamorte e alle loro risate beffarde.
Lui guardava, ma non rideva. Smettendo di ascoltare il Signore Oscuro, aveva preso a sentire solo i propri pensieri.
Non lei, non anche lei, non poteva essere lei.
Eppure quegli occhi chiari, che si muovevano tra facce sconosciute e poi si fermarono presto – troppo presto – su di lui, erano proprio i suoi.
"Ss-severus, ti prego... siamo amici".
Severus sussultò, non poté farne a meno, e poi stupidamente tentò di nascondere quella reazione continuando a fissarla. Aveva imparato a celare le sue emozioni, a controllare i tremori, a ricacciare indietro i ricordi; ma quella supplica lo aveva colto del tutto impreparato – e forse vulnerabile. E il contenuto lo colpiva più della forma, la scelta delle parole riusciva a fare più male del rantolo di morte con cui erano state pronunciate. Se si fosse semplicemente limitata a chiamarlo per nome, probabilmente sarebbe riuscito davvero a non reagire, ma così, per la parte più recondita di lui, era stato impossibile.
Severus, ti prego – un'altra volta, a distanza di troppo poco tempo.
Siamo amici – erano anni, all'incirca una vita, da quando qualcuno lo chiamava apertamente amico.
Il doppio rimando fu immediato. Albus e Lily. Sarebbe stato come ucciderli una seconda volta.
E allora l'orrore era sgusciato fuori, si era fatto strada oltre una muraglia – non così solida dopotutto – di indifferenza, e alla fine lui aveva sussultato.
Solamente qualche ora dopo, Severus si sarebbe chiesto in retrospettiva cosa sarebbe successo se non avesse sussultato. Perché era stato quello spasimo involontario e perfino inconsapevole a cambiare le sorti della serata.
"Severus" esordì Voldemort, intercettando quella reazione. Ruotò la testa da rettile e lo fissò con un guizzo di divertimento e – cosa ben più pericolosa – di curiosità. "Allora forse la signorina Burbage non mente. Siete... amici".
Aveva pronunciato quel termine con un misto di incertezza e disgusto. Come se non ne conoscesse a pieno il significato e, per quel poco che ne sapeva, gli facesse ribrezzo. Fu allora che Severus riuscì in parte a tornare in sé e a fare quello che gli riusciva meglio: calcolare. Poteva parlare adesso, chissà come gli era stata data la possibilità di salvare Charity, ma sapeva bene che l'unico modo per farlo era negare. L'amicizia non era mai stata un'argomentazione destinata a funzionare nel covo dei mangiamorte, del resto.
"Ooh, Piton si è fatto un'amichetta" cantilenò Bellatrix con una risata esagerata perfino per lei.
"Fa' silenzio, Bellatrix" l'ammonì il suo signore, pur con un vago ghigno sul volto. "Lascia rispondere il nostro Severus".
"Naturalmente no, mio Signore" rispose lui allora, senza esitazione alcuna questa volta, la voce ferma e incolore come al solito. "Mi sono solo divertito qualche volta con lei. Non c'erano compagnie femminili interessanti a Hogwarts, altrimenti".
Era una bugia, ovviamente. E allo stesso tempo non lo era. Non erano mai stati amanti, non si erano mai sfiorati in un senso che fosse anche solo lontanamente inopportuno. Però se un tipo come lui avesse potuto parlare di tentazioni, allora sarebbero state collegate a Charity – al modo in cui gli si era stretta, fasciata nel suo lungo abito azzurro, dopo che lo aveva costretto in pista durante il Ballo del Ceppo; alla risata cristallina con cui accoglieva ogni sua velenosa frecciatina; al bacio sulla guancia che si era arrischiata a dargli una sera dopo una delle loro saltuarie partite a Scacchi magici.
In ogni caso, sfumature di verità a parte, quel che contava era che la lussuria già rientrava – per quanto in maniera controversa e disfunzionale – nelle sfere di comprensione del Signore Oscuro.
"Ah, questo sì che è interessante. Lasciami pensare..."
L'effetto di quel pensare fu il corpo di Charity che crollava violentemente sul tavolo in un grido soffocato. Distrutta ma viva.
"Allora sarai tu, Severus, a decidere cosa fare di lei. Non vorrei mai privarti di un tuo divertimento, anzi siamo tutti felici di vederti fatto di sangue e carne".
Severus fu capace di trattenere il suo sollievo per un piano improvvisato che era andato a segno. Era proprio a questo che aveva puntato: conosceva benissimo le più o meno velate esortazioni di Voldemort a trovarsi una donna e a cominciare a vedere una possibile relazione semplicemente come divertimenti con cui svagarsi o bisogni da soddisfare. Esortazioni – in una parola – a dimenticare.
"Grazie, mio Signore" disse, come se la vita di una persona – di un'amica – fosse un piccolo casuale e irrilevante favore.
Voldemort fece schioccare la lingua e agitò una mano in alto, come un direttore d'orechestra al cui segnale il concerto di risate di scherno poteva riprendere. Invece, il segnale era per Nagini a cui andarono carezze come magra consolazione di una ben più generosa promessa andata in frantumi.
"Dovrai tardare la cena, Nagini".



 
🐍🐍

 

Per Charity Burbage non era forse ancora ben chiaro come avesse più che sfiorato la morte: il sollievo non riusciva a farsi strada nel terrore che inevitabilmente continuava a sentire nelle ossa. Vivere significava farlo in mezzo ai mangiamorte, dopotutto.
Non oppose resistenza quando Bellatrix la scaraventò in una vasca piena d'acqua gelida – "Lavati alla maniera babbana, visto che ti piace tanto".
Nè quando Lucius Malfoy la accompagnò con un ghigno di sufficienza nelle segrete del suo Manor – "Sarà proprio interessante averla come ospite. Sa, signorina Burbage, io e lei abbiamo dopotutto un amico in comune".
E ancor meno la oppose quando, mentre si tamponava stupidamente i capelli bagnati con le mani, Severus stesso entrò nella sua cella. Non disse una parola, neanche la guardò, le mise soltanto davanti tre fiale contenenti liquido diverso. Pozioni.
"Una semplice pozione curativa, un antidolorifico e poi qualcosa di specifico per il veleno dei serpenti".
La voce dell'uomo era calma e distaccata, come se non ci fosse differenza tra quell'ambientazione e Hogwarts. Si era calato nei panni del professore, peccato che lei non ne avesse bisogno adesso. Aveva bisogno di un amico, che cosa stupida le stava passando per la mente?
"Non sono stata morsa da quella cosa".
"Ne sei certa?"
La leggera inflessione adesso – cos'era? Preoccupazione? – le fece spuntare un insolito sorrisetto sprezzante.
"Lo saprei se fossi stata morsa da un serpente, o mi credi così stupida?"
Severus ebbe la decenza di non rispondere, si alzò invece lasciando tutte e tre le fiale lì in ogni caso. Era pronto ad andarsene, ma prima si arrischiò a guardarla un attimo. Era uno sguardo vuoto, stanco, eppure c'era qualcosa che prima, mentre con la testa all'ingiù lo cercava nella stanza, lei non si era potuta permettere di cogliere. Una sfumatura di paura.
Lo aveva chiamato amico solo qualche ora prima e la cosa peggiore era che lo intendeva davvero. Ancora – a dispetto della morte di Silente e nonostante lo avesse sentito con le sue orecchie pianificare con gli altri mangiamorte la cattura di Harry Potter. Era suo amico, perché certe cose non potevano cancellarsi in un secondo: le casuali chiacchierate – "Non puoi dirmi davvero che il tuo autore babbano preferito è Charles Dickens, ne conosci davvero pochi, Severus!" –, le saltuarie partite a scacchi magici o a carte babbane – "Potresti anche smetterla di essere così ostinata, Charity. Sappiamo entrambi che a qualsiasi gioco vincerò io in ogni caso" –, i regali a Natale - "Non avresti dovuto regalarmi niente. Io non ti ho regalato niente" "Non importa, mi andava di comprarti qualcosa. E perché non avrei dovuto? Siamo amici, Severus".
Erano amici, lo aveva detto lei, lo aveva detto tante volte, eppure non sempre nella sua mente lo erano stati. Qualche volta l'aveva sfiorata il pensiero – mai a sufficienza indagato – che potesse esserci qualcosa di più. Erano state le parole che lui aveva detto a Voldemort a riportare a galla quelle congetture taciute in una maniera imprevista. "Mi sono divertito qualche volta con lei" - parole che avevano fatto male perfino a un soffio dalla morte. Perché non erano vere, ma in un passato non troppo remoto lei aveva fugacemente desiderato che lo fossero.
"Severus" mormorò, prima che le richiudesse le grate della cella in faccia.
Lui esitò, senza sollevare lo sguardo questa volta. Era in attesa di sapere cosa gli avrebbe detto – e in un certo senso lo era anche lei.
Grazie – lui le aveva salvato la vita, lo sapeva, ma il suo intervento era stato a onor del vero solo accidentale.
Come hai potuto? - ancora nella mente pensava a Silente, al voltafaccia improvviso, alle troppe cose che stonavano.
Aveva mentito per proteggerla e gli era riuscito incredibilmente bene, talmente tanto che a quella bugia per un attimo ci aveva creduto quasi anche lei. Per quanto tempo aveva mentito? E soprattutto a chi? Quali e quante erano le bugie? C'era forse un fondo di verità, e dove?
"Sei davvero bravo a mentire" disse alla fine in un soffio.
Lui, in silenzio, accolse quelle parole esattamente come quello che erano: una forse vana eppure caparbia minaccia.
Scoprirò esattamente in cosa sai mentire, Severus.

 











****
NDA: Salve a tutti, spero questo mio nuovo progetto possa risultare interessante. Ho deciso di "salvare la vita" di Charity Burbage perché da un lato mi incuriosiva vedere la prospettiva di una persona legata a Severus (una sua amica, se prendiamo per buona quest'affermazione in punto di morte) che cercasse di capirlo durante l'arco del settimo libro, e dall'altra perché... Beh, questo è spoiler ahah
Per quanto riguarda la motivazione di Voldemort, ci tengo a dire che la trovo coerente con il canon, in quanto in una scena del Pensatoio di Piton si vede proprio il Signore Oscuro che incoraggia Piton a dimenticare Lily e a trovarsi un'altra donna (certo, non aveva in mente una babbanofila, e infatti Charity seppur viva non se la passerà molto bene). I capitoli saranno in tutto sei o sette e ambientati prevalentemente nelle celle di Malfoy Manor.
Ultimissima nota: come già vi sarete probabilmente accorti da questa prima lettura, ci saranno commistioni tra il libro e i due film.
Spero che questo capitolo vi abbia incuriosito, alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



 



Charity è davanti alla sua porta con un lungo abito blu notte e i capelli biondi stretti in una complicatissima acconciatura con fermagli a forma di stella a tenerla unita. Un'idea di Aurora, come le è venuto in mente di assecondarla?
Anche Piton è elegante, perlomeno indossa qualcosa di diverso dal solito. È un sacrificio che tocca anche a lui per quella sera.
Sono fermi l'uno di fronte all'altra – lei non entra nelle sue stanze, non perché non può ma perché non vuole. Anzi, il motivo per cui è lì è tirarlo fuori da quel buco.
"È una richiesta stupida".
"Se è così stupida, cosa ti costa accettare?"
Un ballo, non le sembra di chiedergli troppo. Solo un ballo, o forse due. Dovrà ballare come tutti, Minerva è stata chiara su questo punto, ma se si presenterà senza accompagnatore sa che non avrà scuse per rifiutare chiunque estenderà un invito. Non l'alletta troppo stare a stretto contatto con Moody – è davvero lui il grande auror? – e la terrorizza la vicinanza con Karkaroff, che ci prova con lei da quando ha messo piede a Hogwarts.
"Oh, sul serio, Severus, vuoi che ti preghi?" insiste con una leggera risata. Poi solleva teatralmente gli occhi al cielo e dice per scherzo le parole che faranno la differenza.
In anticipo di anni, con leggerezza.
"Severus, ti prego. Siamo amici".


Charity aprì gli occhi lentamente, solo per ritrovarsi per l'ennesima volta nelle segrete di Malfoy Manor. Non era un sogno, lo sapeva bene, era un ricordo. Per davvero lei gli aveva detto in tempi non sospetti quelle esatte parole e ripensarci ora era quasi peggio di una Cruciatus.
Strano che la sera del Ballo del Ceppo le fosse tornata in mente solo adesso, al giorno numero centoventisette di prigionia. O perlomeno le stanghette che aveva tracciato sul muro erano centoventisette. Non che avesse avuto altri pensieri prioritari, in effetti, perfino la preoccupazione per suo padre – e la sua disperata solitudine, più che il suo diabete – non erano andati oltre il giorno dieci, quando si era resa conto che pensare o meno al mondo fuori non avrebbe fatto alcuna differenza. Tutto il resto del mondo, perfino la guerra, era distante da lei quanto la Terra dal Sole.
Si faceva forza pensando che Ollivander era lì almeno dal doppio del tempo e sembrava ancora mentalmente sano – o così pareva quando ingaggiavano una delle loro conversazioni mangiatempo. La descrizione di una bacchetta per una curiosità sul mondo babbano: era uno scambio interessante in qualche modo. Non utile – corde di drago e lenti a contatto non li avrebbero tirati fuori di lì – ma interessante. E per due Corvonero come loro questo poteva essere anche abbastanza per sopravvivere.
Si passò una mano sul viso – cos'erano quelle, lacrime? – e poi gettò un'occhiata famelica al vassoio a pochi piedi da lei che qualcuno aveva lasciato. Era stata di sicuro Narcissa Malfoy, pensò cominciando a piluccare un po' di cibo, nessun altro avrebbe avuto l'accortezza di non svegliarla. A parte suo figlio, naturalmente, ma se fosse stato lui la razione sarebbe stata casualmente doppia.
Draco Malfoy: un altro mistero da risolvere, un altro più semplice però per fortuna, che si era cominciato a svelare già durante il quarto giorno di prigionia quando le aveva chiesto come stesse e se potesse fare qualcosa per lei. Sul finire di agosto – o comunque prima della trentesima stanghetta sul muro – era riuscito perfino a rivelarle parte della sua storia, e lei aveva cercato di fargli vedere la speranza che c'era anche nel punto in cui era lui (che era, secondo lui, il punto di non ritorno).
Aveva una coscienza – anche se non voleva.
Gli importava – anche se non lo pensava.
Adesso, però, Draco era tornato a Hogwarts e a lei toccava nei giorni buoni al massimo sua madre come carceriera.
In ogni caso, nessun altro si era mai davvero fatto vedere da quelle parti. Tutti stavano lontani da lei, consapevoli forse che lei era un problema di Severus. Ma Severus non si era affacciato neanche una volta.
Ecco, se c'era stato un pensiero costante e ancorato alla realtà era sempre stato l'enigma di Piton, seppure in modo ancora del tutto vano. Centoventisette giorni e lei di Severus Piton non aveva capito niente, o meglio sapeva molto ma non riusciva proprio a collegare i pezzi. La morte di Silente era il dettaglio che restava comunque fuori. Che lui si fosse unito in maniera definitiva ai mangiamorte restava ancora la spiegazione che aveva più senso.
E allora perché l'aveva salvata? Poteva essere un mangiamorte spietato e conservare sentimenti di amicizia? Poteva essere allo stesso tempo un mostro e un suo amico?
Non faceva altro che pensare che, nonostante tutto, se lei era viva era stato perché lui aveva avuto una reazione involontaria e che molto probabilmente senza l'interesse di Voldemort l'avrebbe lasciata morire.
Pensava continuamente a lui seduto a quella tavolata.
Non voleva pensare a cosa sarebbe stato di lei se lui invece a quella tavolata non ci si fosse mai seduto.
La verità era che era stata una stupida a giocare con il fuoco. Aveva sempre avuto la tendenza a rivelare le sue opinioni troppo apertamente e a non prendere troppo sul serio il fatto che per una diversa prospettiva si poteva anche morire. Non era una strega coraggiosa, non lo era mai stata: se avesse potuto tornare indietro nel tempo allora non avrebbe mai rilasciato l'intervista per la Gazzetta del Profeta.
Anzi, avrebbe continuato a insegnare letteratura inglese in quel piccolo liceo a King's Lynn, senza osare presentarsi per la cattedra di Babbanologia.
In quel modo, non sarebbe mai stata presa prigioniera.
E di certo non sarebbe mai diventata amica di Severus Piton.




 
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Le stanghette erano aumentate ancora un po' – doveva essere all'incirca Natale, calcolò Charity – quando si unì a loro una nuova prigioniera, scaraventata direttamente nella sua cella. Un volto famigliare, e non era una cosa che le procurava piacere.
"Luna" mormorò avvicinandosi lentamente, tentando di mettere su il più rassicurante dei sorrisi.
La ragazza, frastornata ma apparentemente illesa, ci mise un po' a decidere di spostare lo sguardo dai propri piedi al suo viso.
"Professoressa" mormorò alla fine in tono sognante, dando segno di averla riconosciuta nonostante i segni che sicuramente la prigionia le aveva inflitto. "Crede che mi ridarebbero la mia collana se lo chiedessi gentilmente?"
In qualsiasi altro momento, Charity avrebbe riso. In quel preciso momento, però, sollevò semplicemente le sopracciglia con aria confusa.
"Quale collana?"
"La mia collana di tappi di burrobirra… serve a tenere lontani i nargilli. Ce ne saranno tanti, specialmente in questo periodo dell'anno per via del vischio. E anche i gorgosprizzi saranno molti, ovviamente, sono sempre tanti ovunque. Senza alcuna protezione si infileranno nel nostro cervello e ci faranno avere tante idee sciocche e pericolose".
Charity la ascoltò con attenzione – era pur sempre qualcosa di diverso dalle bacchette di Ollivander –, ma non con sorpresa – le idee particolari della giovane erano note in tutta Hogwarts e, del resto, aveva letto per curiosità un paio di volte il Cavillo. Non credeva minimamente all'esistenza di quelle creature, anche se le sarebbe piaciuto concentrarsi su un pericolo diverso dai mangiamorte che camminavano sopra le loro teste.
Animaletti che facevano venire idee sciocche e pericolose? Quel luogo pullulava di gorgosprizzi allora, doveva essere il loro stramaledettissimo quartier generale.
E doveva averne già qualcuno in testa anche lei, se senza opporre resistenza la mente finì per completare a distanza di giorni il ricordo del Ballo del Ceppo.

 
 
"Ti consiglio di chiedere a qualcun'altra di ballare, Igor, la professoressa Burbage è la mia accompagnatrice".
Charity si volta e non nasconde un sorrisetto sorpreso che le spunta sul volto già solo nel riconoscere quella voce.
"Sei in vena di ballare, Severus?"
Il professore di pozioni la fulmina con uno sguardo, che lei ignora accuratamente, e poi scuote appena la testa.
"Prendilo come un favore. Siamo amici, dopotutto".
Pronuncia la parola come fosse una presa in giro, ma il tono è meno acido di quanto forse avrebbe voluto. Charity se ne accorge e le sembra più che abbastanza.










 
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NDA: In questo capitolo non succede molto, ma mi serviva creare un salto temporale e anche introdurre due personaggi che si riveleranno importanti per la trama: Luna e Draco. Su quest'ultimo in particolare ho voluto dare qualche cenno nei giorni immediatamente successivi all'inizio della prigionia di Charity perchè - insieme a Severus - è il personaggio che più reagisce alla sua morte nel canon. All'altezza di questo capitolo siamo nel periodo di Natale e Charity è stata prigioniera per circa cinque mesi, in una situazione abbastanza di stallo finora (i mangiamorte l'hanno lasciata in pace per via di Severus, mentre lui non si è mai fatto vedere).
Piccola nota tecnica: ho adottato la divisione in celle del film, dunque Ollivander si trova in una celle diversa rispetto a quella di Luna (e Charity).

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3






Durante le vacanze di Natale, Draco Malfoy tornò a essere il controllore ufficiale delle segrete. Si tratteneva il più possibile – anche più a lungo di quanto già non avesse fatto in estate –, evidentemente con la voglia di fuggire da quello che succedeva ai piani alti. Era bruscamente gentile, a suo modo loquace. Si trattava di un diversivo che Charity accoglieva con piacere, anche adesso che aveva Luna come compagnia stabile. Le piaceva parlare con Draco, le faceva credere che sì, c'era speranza, e che sì, era possibile essere umani e avere un avambraccio marchiato – e ancor di più si scoprì ad apprezzare vederlo parlare con Luna.
"Ciao, Draco" lo salutò la ragazza la prima sera che lui si presentò. "È bella la tua casa, anche se ho visto solo i sotterranei".
Il giovane Malfoy apparve visibilmente sorpreso, più dall'assenza di ironia che dalle parole in sé, e forse ancora di più dalla famigliarità con cui lei gli si era rivolta. Poteva benissimo essere la prima volta che si parlavano, anzi forse lo era.
"Era meglio, un tempo" si decise a mormorare a denti stretti.
"Anche tu eri meglio un tempo" ribatté Luna candidamente. "Dall'anno scorso sei cambiato, sei... triste". Prima che lui avesse il tempo di reagire a quella schietta osservazione, gli occhi della ragazza si spalancarono un po' di più del solito animati da una speranza improvvisa. “Forse tu puoi farmi avere la collana che mi hanno sottratto i mangiamorte".
I mangiamorte – notò Charity – come se lui non ne facesse parte.
"Che collana?" chiese Draco in tono guardingo.
"La collana di tappi di burrobirra. Sai, per tenere lontani i nargilli".
Draco fece un ghigno sprezzante, seguito da una leggera risatina canzonatoria.
"Siamo in guerra, Lovegood, non interessano a nessuno le tue stupide creature invisibili".
Lovegood – notò Charity –, comunque non Lunatica.
Doveva essere un segnale importante se già la mattina dopo nel vassoio di Luna c'era un tappo di burrobirra bucato.
 


 
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Un tappo di burrobirra forato al giorno, ogni giorno, finché alla fine dentro al vassoio Luna ci trovò anche un filo. Impiegò tutta la mattina di uno dei primi giorni di gennaio – stanghetta numero centocinquantasette – a farlo passare nei tappi senza rompere né i tappi né il filo: "Non avevo mai pensato a quanto fosse complicato creare gioielli in modo babbano. Perché non ce ne ha mai parlato a lezione, professoressa?". Il risultato non fu ad ogni modo soddisfacente: Luna rimase a fissare la collana improvvisata con espressione pensierosa.
"Manca un tocco di colore!" esclamò alla fine, dando un nome a quella delusione.
Charity fece una smorfia involontaria, sintomo di una risata priva di allegria che riuscì a trattenere. Il colore mancava dappertutto in quel posto. Tuttavia, alla fine la smorfia si distese in un sorriso in qualche modo tenero. Che colpa aveva Luna se non si arrendeva a dimenticare i colori? Avrebbe voluto cercarli pure lei – una volta, quando le stanghette sul muro non esistevano, li vedeva dappertutto. Così, si infilò semplicemente una mano in tasca, ripescando quasi senza accorgersene l'oggetto che vi aveva riposto da mesi, e si trascinò sul pavimento sporco per porgerlo a Luna.
"Questa può andare bene?"
Restò in silenzio poi, ad osservare la fiala di vetro inserirsi nel filo e incastrarsi proprio al centro dei tappi. Tutto quello che Charity aveva avuto finora come arma potenziale era stato una stupido antidoto contro i serpenti, ma Nagini, il grosso serpente di Voldemort, rappresentava il pericolo più lontano adesso. Gli esseri umani era più pericolosi degli animali - che fossero serpenti o nargilli faceva poca differenza. Quella pozione verde brillante era stata di fatto inutile fino a quell'istante, mentre pendeva dal collo di Luna.
Ora era, perlomeno, un tocco di colore.
 


 
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Con Luna, Draco riuscì ad aprirsi sorprendentemente in modo veloce. Quello che con Charity era riuscito a dire solo dopo un mese, uscì questa volta dalle sue labbra neanche dopo una settimana. Forse perché Luna aveva un modo di ascoltare speciale, un modo di capire diverso. Aveva una chiara – e in realtà non troppo personale – concezione del giusto e dello sbagliato, ma sembrava pronta a ricredersi ed era anche molto lenta a emettere giudizi categorici. Vedeva il grigio, così come vedeva i colori.
Perlopiù la professoressa dal fondo della cella li osservava e li ascoltava senza intervenire. Ma una sera, un'informazione nuova che con lei Draco aveva toccato solo di sfuggita la costrinse a rompere quella strana bolla di intimità quasi con brutalità.
"Il Voto Infrangibile che ha stretto mia madre con Piton ha cambiato ogni cosa..."
"Un Voto Infrangibile?"
I due ragazzi si voltarono entrambi a fissarla, sul volto di Draco balenò per un attimo la sorpresa, quasi come se si stesse ricordando solo in quel momento della sua presenza.
"Sì, le avevo detto che Piton ha giurato di proteggerci, beh, non è stato un giuramento qualsiasi. Ha stretto un Voto Infrangibile. Ha giurato di proteggermi e... di portare avanti il mio compito se avessi fallito. Piton aveva giurato di uccidere Silente al posto mio”.
La mente di Charity tornò inevitabilmente in modalità solvitrice di puzzle. Sapeva che Draco era stato incaricato di uccidere Silente, sapeva che alla fine era stato Severus a farlo. Quello che non sapeva era che il rifiuto del primo e l'intervento del secondo fossero direttamente collegate, anzi reciprocamente vincolate. In che modo questo cambiava la sua visione degli eventi? Anzi, la cambiava?
Fu Luna la prima a mostrare meraviglia. Sgranò leggermente più del solito gli occhi e inclinò la testa con fare pensieroso.
"Piton ha ucciso Silente per proteggerti?"
La risatina di Draco spazzò subito quell'ipotesi, che del resto Charity non era stata tanto ingenua da formulare neanche per un secondo. Se davvero l'unico scopo di Severus fosse stato proteggere il ragazzo, allora avrebbe trovato un modo per non stringere il giuramento e portarlo lontano dai mangiamorte. Avrebbe chiesto aiuto a Silente invece di ucciderlo. La spiegazione non poteva essere minimamente sufficiente a giustificare tutto il resto.
"Macché proteggermi" ribatté il giovane Malfoy con una nota di segno. "È stato il suo piano fin dall'inizio: approfittare della debolezza mia e della mia famiglia per emergere... E ora è lui ad essere il braccio destro del Signore Oscuro, è lui il più potente".
"Ti sarebbe piaciuto esserlo tu?"
Draco puntò gli occhi di nuovo addosso a Luna a quella domanda ed esitò per qualche istante, finendo per scuotere lentamente la testa.
"Volevo salvare la mia famiglia, volevo solo che tutto finisse e...". Si zittì, rendendosi conto di dove si trovasse e di come anche i muri avessero le orecchie. Poteva chiacchierare sugli eventi, ma ammettere ad alta voce la propria mancanza di lealtà alla causa era qualcosa di completamente differente."Alla fine non ce l'ho fatta. Non avevo mai parlato davvero con Silente ma lui mi ha parlato e... Invece Piton lo conosceva, credevo fossero amici, e Silente lo ha implorato... Severus, ti prego ha detto... Ma Piton lo ha colpito, senza nemmeno esitare. Non ho la stoffa per essere come Piton, evidentemente, sono un codardo".
L'ammissione finale gli era uscita come un sibilo arrabbiato, ma già il viso era contratto in un'espressione di profonda angoscia. Il gesto di Luna fu quasi automatico: allungò la mano oltre le sbarre e la posò sulla sua, primo contatto tra loro e forse anche il primo spontaneo che Draco ricevesse da tempo.
"Qualche volta è un bene essere codardi, non credi?" gli disse con un sorriso.
Charity tornò a ritirarsi nel fondo della cella e nei suoi pensieri che ancora una volta la riportavano a Severus Piton e al proprio instancabile ruolo di avvocato del diavolo. Quelle nuove informazioni non avevano di fatto aggiunto nulla di nuovo al quadro, non da un punto di vista logico, perlomeno. Tutto concordava a confermare la teoria di come Severus avesse deciso di schierarsi finalmente dalla parte di Voldemort e fosse riuscito a ingannare il più grande mago di tutti i tempi. Era un traditore, un assassino e profondamente un mangiamorte: fine della storia.
Eppure qualcosa delle parole di Draco l'aveva sconvolta. No, non il Voto Infrangibile, piuttosto il racconto incidentale degli ultimi istanti di Silente.
Le sue ultime parole – Severus, ti prego – sarebbero potute essere anche le proprie. Erano le stesse che aveva pronunciato lei in mezzo ai mangiamorte sperando di essere salvata, erano le parole che alla fine le avevano risparmiato la vita. E allora perché con Albus non avevano funzionato? Non si illudeva che la propria amicizia con Piton fosse più speciale – sapeva che era esattamente il contrario, vedendoli interagire tutti i giorni al castello –, né che la sua vita valesse di più. I fatti erano gli stessi, Severus avrebbe potuto far morire anche lei, stava per lasciarla morire, però poi aveva sussultato involontariamente. Com'era possibile, allora, che quello stesso uomo non avesse avuto la benché minima esitazione di fronte a una supplica analoga? Sembrava quasi che l'implorazione di Silente, più che desisterlo, l'avesse spinto all'azione.
Visualizzava nella sua mente la scena e percepiva la presenza di qualcosa di sbagliato, anche se non riusciva proprio a capire cosa fosse. Alla fine scosse la testa, rinunciando ai voli di fantasia. Aveva salvato lei perché non costava nulla farlo, perché la differenza tra lei e Silente era proprio che lei era inutile. Perché Severus aveva un residuo di coscienza, ma non quel tanto che lei ancora sperava di potergli attribuire.
Non riuscì a dormire bene quella notte in ogni caso, comunque peggio degli standard nella cella. Aveva il sonno agitato dalle parole che spesso tornavano a farle visita nei sogni.
Severus, ti prego. Per una volta le sentiva con la voce di Albus Silente, però.
 


 
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La soluzione all'enigma giunse per caso, come quando perdi qualcosa e te lo ritrovi proprio quando non la stai cercando, e forse non ti serve neanche più. Charity di una risposta aveva ancora bisogno ma la mattina dopo non la stava cercando, anzi aveva appena deciso di archiviare la questione e arrendersi all'assenza di attenuanti per le azioni di Piton.
Si era svegliata giusto in tempo per l'arrivo di Draco. Non si era trattenuto questa volta, si era affacciato giusto il tempo di un saluto e di lasciare i vassoi della colazione. Charity trovò nel suo un tozzo di pane e una tazza del solito tè slavato, ma la sorpresa fu quando sbirciò in quello di Luna: nessun cibo, solo un'accozzaglia di pezzi di vetro, chiodi e fili.
"Perché Draco ti ha portato queste cose? Luna, credevo foste diventati amici!" esclamò, sentendosi confusa e anche ferita di fronte a quel gesto. Spazzatura invece di una colazione? A che gioco stava giocando Malfoy?
Luna, però, sembrò non avere alcuna reazione e anzi iniziò a curiosare quasi con avidità in quel coacervo di oggetti.
"È tutto a posto, professoressa. Draco è stato molto carino. Gliel'ho chiesto io di portarmi queste cose!" disse a mo' di spiegazione, iniziando a selezionare alcuni pezzi di vetro.
Se stesse meditando di costruire un'arma o un 'altra collana era ancora un mistero.
E non la priorità di Charity, del resto.
Si appiattì invece contro il muro e rimase senza fiato per un po', indecisa se scoppiare a ridere o a piangere. Aveva capito, per caso e senza una linea razionale precisa, ma aveva improvvisamente capito. Si era spremuta il cervello per oltre centocinquanta giorni, eppure la chiarezza era arrivata solo fuor di ragionamento, con una frase che non aveva nulla a che vedere con la questione.
Gliel'ho chiesto io – aveva detto Luna e il cervello di Charity doveva aver pensato a quali altre cose all'apparenza intenzionalmente cattive potevano essere spiegate con una scusa simile.
Gliene veniva in mente solo una, l'unica a cui aveva pensato per una catena interminabile di giorni.
Un filo sottile, come quello che teneva legati i tappi di burrobirra e la fiala al collo di Luna, collegava adesso il vassoio con i pezzi di vetro all'omicidio di Albus.
Gliel'ho chiesto io – e lo sentiva ripetere nella testa con la voce che l'aveva accompagnata tutta la notte.
Gliel'ho chiesto io divenne un secco e deciso Gliel'ha chiesto Silente.











***
NDA: Qualsiasi fan di James Joyce mi perdonerà. Mi rendo conto che come salto mentale potrebbe apparire strano, ma personalmente ritengo che in una situazione di stallo per davvero un meccanismo come l'epiphany possa essere quello vincente; lo interpreto qui come un rimescolamento di tutte le idee presenti (il sussulto e le bugie, il Voto Infrangibile, e soprattutto il "ti prego" di Silente) viste all'improvviso sotto una nuova luce, che è poi quella giusta. Spero che l'escamotage non sia sembrato troppo forzato. 
Nel prossimo capitolo tornerà anche Piton finalmente, che ha fatto abbastanza l'assenteista (ma ci sono dei motivi). A presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4





L'epiphany è un momento speciale in cui un qualsiasi evento banale della vita comune diventa rivelatore del significato della vita: aveva spiegato quel concetto molte volte quando insegnava nel liceo babbano di King's Lynn, eppure solo adesso Charity capiva appieno il senso della narrativa di James Joyce. 
Le parole casuali di Luna avevano provocato in lei proprio qualcosa di simile all'epiphany; se – e quanto dipenda da quel se – aveva davvero inteso bene, allora Severus non aveva mai tradito Silente e anche adesso continuava ad essere una spia per il lato giusto. E Gente di Dublino si era poi legato al Faust. Poteva lui essere parte di quella forza che eternamente vuole il male continuando ad operare il bene? Aveva ucciso perché era la cosa migliore, doveva essere così. Impossibile da crederci, lei ci credeva
Certo, restava da capire perché mai il Preside avrebbe dovuto chiedergli qualcosa del genere – ma quello era un enigma che per il momento non la riguardava. Quello che contava era, invece, che quell'interpretazione improvvisa la convinceva. In fondo, una sconosciuta volontà di morte di Albus non era così assurda se vista sotto una nuova prospettiva, e sembrava in ogni caso più credibile di un cambiamento altrimenti inspiegabile di alleanze.
Solo dopo mesi di prigionia in cui si era arrovellata attorno alle bugie di Piton, aveva capito che non era importante tanto su cosa mentiva, quanto l'a chi e il quando.
Se i suoi calcoli erano giusti, mentiva solo da poco e a lei non aveva mentito mai.
 



 
🐍🐍
 



Quando sollevò lo sguardo al rumore di passi nel silenzio e si ritrovò davanti il volto inconfondibile di Severus, Charity sussultò e si tirò a sedere con una velocità di cui non si sarebbe creduta capace. Non potevano andare avanti a sussulti, di questi tempi potevano anche bastare a salvare vite ma non a chiarire posizioni. Per quello, bisognava per forza ricorrere alle parole.
Senza mormorare niente, non ancora, si alzò in piedi e lo fissò negli occhi – con quella che sperava fosse una preghiera, con quella che sapeva risultare invece come una sfida. Non appena lui aprì la porta, lei lo seguì fuori automaticamente, senza degnare neanche di uno sguardo Luna addormentata. Gli camminò accanto per lo stretto corridoio dei sotterranei, talmente assorta nelle sue congetture da non rendersi neanche conto del cambiamento di atmosfera dopo tutto quel tempo rinchiusa in pochi metri quadrati, sempre gli stessi. Se ne accorse solo nel dolore dei muscoli nel fare i primi scalini e nell'impatto con l'aria pungente della sera invernale quando sbucarono nel retro del Giardino di Villa Malfoy.
Rimasero a scrutarsi per un attimo in silenzio, ognuno in cerca di qualcosa: lei della conferma alla sua ipotesi di redenzione, lui di segnali che lo informassero della sua salute. D'improvviso lui le chiese se sentisse freddo e lei chiese a se stessa cosa avrebbe fatto se quell'incontro fosse avvenuto prima dell'assurda epiphany. Probabilmente, avrebbe rifiutato qualsiasi cosa da lui, lo avrebbe inondato di domande, oppure addirittura avrebbe preferito restare nella sua cella. Invece, avvolta nel caldo mantello nero che lui le aveva appena messo sulle spalle, decise di rompere il ghiaccio con una casualità innaturale. 
"Come vanno le cose a Hogwarts?" 
Lui apparve sorpreso per un attimo, ma quello dopo le sue labbra si distesero leggermente. 
"In modo diverso da come tu ricordi, specialmente per quel che concerne la Babbanologia. Alecto Carrow non ha le stesse idee circa i Babbani che avevi tu".
Era un'ironia che gli apparteneva, ma che appariva fuori luogo in quel momento, perché retaggio di una leggerezza che stonava con le circostanze, i rispettivi ruoli e la verità che giaceva in mezzo a loro in attesa di essere tirata in ballo. Questo era ciò che lei pensava e che ritrovava puntuale nello sguardo vagamente irritato di Severus e che sembrava parlare in modo più aperto di quanto lui avesse fatto – Sul serio, Charity, chiacchiere da salotto? È questo quello che vuoi fare? Ti accontento, ma come vedi non abbiamo tè e biscotti e neanche gli Scacchi Magici. 
Charity abbassò lo sguardo colpita da una vergogna inspiegabile – vergogna per la sua afasia, per il suo temporeggiare, per la sua ritrosia di fronte alla paura di avere torto –, ma quando lo rialzò si schiarì la gola e riaggiustò il tiro di tutta quella fasulla conversazione.
"Io credo di aver capito, Severus".
"Ah, sì? Cosa credi di aver capito?"
"Tutto". Prese un respiro prima di rovesciargli addosso ogni parte di quel tutto in attesa di convalida: il suo doppio gioco, il suo non essere un vero mangiamorte e la propria teoria sulla morte di Silente.
Lui, che inizialmente aveva sollevato un sopracciglio con scetticismo, finì a quel punto per rivelare un ghigno, come se trovasse tutte quelle parole solamente divertenti.
"Quindi secondo te Albus Silente mi avrebbe chiesto di ucciderlo. Interessante. E per quale motivo? Illuminami, Charity, visto che sei così, mh, brillante. Vediamo: un piano astuto finito in tragedia oppure semplici velleità suicide dovute alle demenza senile?"
"Non lo so..." fu costretta ad ammettere in risposta e lo fece con prontezza. Era il suo principale limite, dopotutto, era quello lo scacco possibile a tutta quella gigantesca ipotesi. Eppure lei aveva ancora un asso nella manica, il dettaglio che forse fin dall'inizio l'aveva portata a riconsiderare l'apparenza di Severus e a volergli offrire la sua amicizia. Perché, dietro il cinismo, il sarcasmo e il distacco, era riuscita a dare anni prima un'occhiata anche alla sua sofferenza, alla sua rabbia e alla sua paura. Lo aveva visto come un ragazzo ferito, ben prima di conoscerlo come uomo capace di ferire. "So che non tradiresti così la memoria di Lily Evans..." si decise a dire alla fine – e quanto coraggio c'era in quel sussurro, e quanto ancora di più nel non abbassare lo sguardo. 
Severus, infatti, spalancò gli occhi e restò a fissarla con un'espressione vuota e smarrita che, seppur prevista, riuscì a sorprenderla comunque. Non erano molte le persone che potevano dire di aver visto Severus Piton dietro la maschera che si costringeva a portare, eppure ecco qui di nuovo una piccola fessura – e il ritorno dell'esplosione di sofferenza, rabbia e paura. 
"Non ho idea di cosa tu stia parlando" sibilò, avvicinandosi ulteriormente con fare minaccioso. "Ti consiglio di riflettere bene prima di fare qualsiasi allusione e..." 
"Nessuna allusione, Severus" lo interruppe con un leggero tremito nella voce, dovuto però a un'inflessione improvvisa di dolcezza che si tradusse esplicitamente in un sorriso appena accennato. "Facevo il terzo anno quando persi completamente la testa per James Potter che faceva già il settimo. Non credo lui se ne sia mai accorto ma cercavo di seguirlo ovunque... E Lily Evans era sempre con lui. Sapevo come non farmi vedere, tu non bene come credi. Guardavamo nella stessa direzione, Severus... e lì io ti ho visto. Non sapevo chi tu fossi allora, ma quello sguardo non me lo sono mai dimenticata e quello sguardo... Io per James avevo solo una stupida cotta adolescenziale, ma tu per Lily provavi qualcosa che andava di gran lunga oltre". 
Nonostante la confessione avesse reso disponibili ben più rivelazioni, stavolta Severus reagì molto più rapidamente di quanto avesse fatto prima nell'udire il semplice nome della donna che aveva amato per tutta la vita. La rabbia fu l'emozione a predominare, aveva acceso talmente i suoi occhi mentre l'aveva afferrata per le braccia che, finalmente, Charity ne ebbe paura. 
"Così credi di sapere tutto su di me?" 
Lei esitò per un attimo, era in allarme ma ancora non abbastanza da restare zitta. Forse perché, in fondo, nonostante tutto, credeva proprio di sapere. "Sì, penso di conoscerti bene". 
Il mago mollò la presa ma continuò a trattenerla con lo stesso sguardo infuriato. "Ti credi intelligente, ma la verità è che sei solo una completa stupida. Salvarti la vita è stato uno spreco di energie da parte mia, perché tu evidentemente non vuoi vivere. Parlare, pensare... di questi tempi è più pericolosa un'idea folle di un'azione in battaglia, non lo hai ancora capito? Un assaggio a distanza della minaccia di Nagini non è stato abbastanza? Dimmi, Charity, ti fa schifo la vita? Vuoi proprio, a tutti i costi, morire?"
Quell'accusa era vera: il bisogno di sapere aveva soppiantato il terrore atavico della morte e i mesi in cella paradossalmente l'avevano portata a dimenticare il rischio che aveva corso quella sera davanti a tutti i mangiamorte riuniti. Eppure, erano parole su cui non aveva davvero il tempo di riflettere in quel momento, era una prospettiva per cui avrebbe tremato dopo
"No, sicuramente voglio morire meno di quanto vuoi tu. Rischi poco forse a fare quello che fai?" 
Severus non rispose, le lanciò un'ultima occhiata furente prima di afferrarla senza reale forza per un braccio e riportarla all'interno del maniero. 
"Severus, ti prego, dimmi solo se ho ragione. Un cenno, qualsiasi cosa, io ho bisogno di saperlo". 
Solo il silenzio e il buio risposero a quel sussurro, mentre lui appariva del tutto impassibile. Superarono i corridoi e le scale per i sotterranei senza neanche scambiarsi uno sguardo; fu solo quando lei era già dentro la cella, che lui finalmente parlò. 
"Venti punti a Corvonero". Un piccolo, quasi impercettibile, sorriso si delineò rapidamente sul suo viso e Charity, nonostante la sorpresa, fu rapida a coglierlo e a ricambiarlo. 
"Solo venti?" sussurrò in risposta, quasi in tono di sfida. 
Era strano come quello spazio di ironia si fosse riaperto e come, in fondo, adesso strano non lo fosse affatto. La strega si rannicchiò vicino a Luna e tentò di addormentarsi anche lei. Ci riuscì in modo sorprendentemente facile, e la soddisfazione di aver sciolto il bandolo della matassa era meno importante della consapevolezza di aver ritrovato un amico. Anzi, di non averlo mai perso. 









***
NDA: Zan zan, finalmente Charity e Severus si confrontano. Spero che la trovata di Charity con una cotta per James Potter non sia risultata stupida o troppo banale: personalmente, mi piace questo incrociarsi a vicenda prima di conoscersi effettivamente senza prestarsi attenzione, e mi piace l'idea che lei abbia visto una vulnerabilità di lui senza che lui ne fosse consapevole. E, a parte questo, volevo anche che lei sapesse bene dell'amore di Severus per Lily ma senza che lui glielo avesse confessato; di per sè, infatti, non è un elemento sufficiente per capire la posizione di Severus (trovo che l'emento discriminante rimanga comunque la morte di Silente), ma è un tassello in più che ha rafforzato per tutto questo tempo l'ipotesi di Charity.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima! 
Facendo qualche calcolo, mancano due capitoli più un epilogo.

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