L'Ombra Oscura e la Dama Scarlatta

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Giorno 1 ***
Capitolo 3: *** Giorno 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’Ombra Oscura e la Dama Scarlatta

Prologo

 

Verona, 1531

Una donna in abiti scarlatti correva con tutta la forza che aveva per le strade della città, diretta nella chiesa. Era ferita, ma correva comunque, cercando di dimenticare il dolore e trovare la forza nella sua determinazione.

-Dama Scarlatta, non puoi fuggire- la prendeva in giro una voce che sembrava seguirla nell’ombra, e saltava da un tetto all’altro inseguendola.

La donna cercò di mischiarsi nelle ombre della notte per seminarla, ma sapeva che era impossibile.

La sua unica occasione era entrare nella chiesa.

Peccato che l’ombra oscura avesse capito i suoi piani.

Le si parò davanti proprio a pochi metri dall’edificio, saltando con riflessi felini e atterrando in piedi.

In mano aveva un bastone da passeggio, ma la Dama Scarlatta sapeva che era molto più di questo, e si preparò ad affrontarlo, anche se era debole e molto provata, viste le ferite e il sangue che ne usciva, sporcando gli abiti già rossi.

Lanciò un’occhiata alla porta alle spalle del suo rivale. Doveva solo distrarlo, fare qualche metro, e sarebbe stata al sicuro.

-Ombra Oscura, cos’altro vuoi da me?- chiese, in tono stanco -Hai vinto- si indicò le ferite.

L’ombra oscura le lanciò un’occhiata eloquente, rigirandosi il bastone tra le mani. I suoi occhi erano neri quanto la sua anima in quel momento.

-Sai cosa voglio, non giriamoci intorno. E da quanto ho capito è quello che vuoi anche tu, no?- sollevò una mano, aspettando che la donna gli desse qualcosa. Ma lei non ne aveva la minima intenzione. Già una volta aveva fatto l’errore di fidarsi dell’uomo davanti a lei, un errore che aveva causato morte, ingiustizia e molti pericoli per la popolazione di Verona. Non poteva permettergli di continuare a fare come voleva. C’era troppo, in gioco.

Inconsciamente portò le mani alle orecchie, per proteggere gli orecchini che indossava, e si guardò intorno, cercando qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse aiutarla.

E sul tetto dell’edificio, che l’aspettava preoccupata, trovò la soluzione.

Doveva solo prendere un po’ di tempo, distrarre talmente tanto il suo nemico che non si sarebbe accorto di nulla.

-Sai che non farò di nuovo lo stesso errore, Ombra Oscura- gli disse, con odio, allontanandosi di un passo.

-Oh, lo so. Lo so che sei troppo brava e pura per fare ciò che vuoi. Ma diciamolo, chi ha creato queste regole? È stato l’universo, Dio forse? No, sono create da uomini che non capiscono cosa si può provare nelle situazioni estreme. Ride delle cicatrici altrui chi non è stato ferito. Ed entrambi siamo stati feriti abbastanza da capire che fare un piccolo male è un prezzo insignificante per il bene superiore- cercò di convincerla. Era un bravo oratore. Carismatico, con la risposta pronta. Era normale che l’avesse rigirata bene prima. Ma la Dama Scarlatta non era più così ingenua. Aveva visto il male che lui aveva causato e avrebbe continuato a causare se avesse continuato.

-Bene superiore? Il bene personale, semmai. Tu non sarai mai felice se continuerai a calpestare gli altri per una piccola gioia. Se pensi che puoi cambiare il corso delle cose. La vita va in una sola direzione, e ormai la direzione che tu hai scelto ti porterà solo alla rovina. E dopo quello che hai fatto…- lo guardò con odio -…meriti di marcire all’inferno dal quale provieni- 

La Dama Scarlatta sapeva di aver appena colpito nel segno, e si preparò a schivare proprio mentre l’Ombra Oscura si gettava contro di lei, troppo veloce perché ferita potesse evitarlo del tutto.

Si preparò all’impatto, che però non venne.

Perché l’Ombra Oscura si immobilizzò di scatto, e cadde a faccia a terra.

Un puntino violaceo si intravide alla base del collo, brillante nonostante l’oscurità della notte.

Dama Scarlatta sollevò la testa, e puntò gli occhi in quelli di una donna più grande di lei, che riconobbe nonostante la maschera e i vestiti gialli e neri.

-Presto, venite prima che si sblocchi, signorina- la incoraggiò la donna mascherata, ma Dama Scarlatta non aveva ancora finito con l’uomo ai suoi piedi.

Gli si inginocchiò davanti.

L’unica cosa che lui riusciva a muovere erano gli occhi, che la guardavano con odio, sfidandola ad avvicinarsi e subire la sua ira. Occhi neri come l’inchiostro, occhi corrotti da un male più grande di loro.

Dama Scarlatta controllò la mano destra dell’uomo, e fece per prenderla tra le proprie.

Vide lo sguardo di Ombra oscura mutare. Non era più strafottente. Era quasi spaventato.

-Signorina, che state facendo?- chiese la donna vestita di giallo, preoccupata.

Dama Scarlatta esitò. La mano emetteva bagliori neri, e prendere l’anello che portava era praticamente un suicidio. Anche Ombra Oscura lo sapeva, e la paura era stata superata da uno sguardo sicuro di sé e di sfida.

Ma Dama Scarlatta non credeva che avrebbe avuto un’altra occasione.

Racimolando tutta la sua determinazione, prese la mano e sfilò l’anello dal dito.

L’Ombra oscura fece cadere il travestimento. Gli abiti neri lasciarono posto a una casacca rovinata, i capelli lunghi si sciolsero. Gli occhi si schiarirono, diventando ambrati come sabbia baciata dal sole.

Ed erano sconvolti e furiosi.

La mano di Dama Scarlatta, coperta da guanti rossi, iniziò a immobilizzarsi e diventare grigia, ma non gli diede peso.

I suoi orecchini l’avrebbero protetta, almeno per un po’.

Corse al massimo delle sue forze verso la donna vestita di giallo, che la aiutò a reggersi in piedi e la scortò dentro la chiesa, preoccupata dalle sue condizioni.

-Signorina, non avrestee dovuto. È pericoloso- cercò di metterla in guardia.

-Frate Lorenzo è già dentro?- chiese la Dama Scarlatta, che non aveva tempo da perdere e sentiva le sue forze calare sempre di più.

La donna vestita di giallo annuì.

-Vi sta aspettando. Il vostro messaggio ha preoccupato entrambi- affermò, tenendola salda.

-Lo so, ma era necessario. E temo abbiate motivo di preoccuparvi- confessò Dama Scarlatta, tossendo sangue e reggendosi con più forza all’amica.

-Signorina!- si preoccupò ulteriormente la donna in giallo, prendendola di peso e posandola sulla prima panca che trovò.

Un prete le raggiunse immediatamente.

-Frate, venite. È molto ferita e ha toccato l’anello di Ombra Oscura- spiegò in breve la donna in giallo, con le lacrime agli occhi.

Il frate si affrettò ad avvicinarsi, e a controllare le sue condizioni.

-Hai corso un grande rischio, è una fortuna che indossavi gli orecchini. Ora però quel ragazzo potrà entrare, dobbiamo sigillare le entrate- si rivolse alla donna travestita, che annuì.

-Me ne occupo io, Frate Lorenzo. Voi proteggete la signorina per favore- supplicò al frate, che annuì.

Alla Dama Scarlatta si chiudevano gli occhi, ma trovò la forza di porgere l’anello verso il frate, che lo prese un po’ titubante.

-Tieni gli orecchini, cerco un altro Miraculous che possa fare al caso tuo- le consigliò, armeggiando in un cofanetto che aveva portato con sé.

Dama Scarlatta scosse la testa.

-No, prendi i Miraculous e portali il più lontano possibile da qui- disse in un sussurro, prendendogli il polso per fermarlo.

Frate Lorenzo la guardò sorpreso.

-Dama Scarlatta, deve curarsi, è l’unico modo per superare il Cataclisma è…- cercò di farla ragionare, ma la dama non voleva sentire ragioni.

Si tolse gli orecchini con difficoltà, e sentì la stanchezza colpirla come un macigno.

Riuscì comunque a trovare la forza di mettere gli orecchini tra le mani del frate, che la guardava sconvolto senza sapere esattamente cosa fare.

-Vai lontano. Francia, o Inghilterra. Porta i Miraculous via da qui. Lui non deve prenderli- lo incoraggiò.

-Dama Scarlatta…- il frate era senza parole.

-Ho bisogno di qualcosa per Pollen, si è scaricata e non sono riuscita… signorina!- la donna in giallo era tornata, gli abiti pregiati sostituiti da una veste da cameriera rinascimentale e con un kwami che la seguiva servile.

Appena vide la Dama Scarlatta senza maschera e in quelle condizioni, corse in tutta fretta al suo fianco.

-Nicoletta… mi dispiace. Spero ti assegnino una ragazza migliore nel tuo prossimo incarico- le disse la Dama in un sussurro.

La sua mano destra era del tutto grigia e immobilizzata, e il grigiore si stava espandendo molto più velocemente, trasformandola quasi in una statua di cenere.

-Nessuno sarà mai meraviglioso quanto voi. Vi prego, Frate Lorenzo, fate qualcosa- supplicò al prete, che però sospirò, sconfitto.

-Vorrei, ma la corruzione di Ombra Oscura è troppo forte-

-Porta i Miraculous lontani. Dove lui non potrà trovarli- ripetè la Dama Scarlatta, prima di chiudere gli occhi.

Il grigio le stava raggiungendo il petto, e si espandeva nel resto del corpo.

Ormai era questione di istanti.

-Signorina- sussurrò Nicoletta, trattenendo a stento i singhiozzi.

-Signorina!- disse con più forza, ma lei non la ascoltava più.

Seppellì il volto tra le braccia, e cominciò a piangere senza trattenersi.

Il frate abbassò la testa e le mise una mano sulla spalla, in segno di conforto. I suoi occhi erano lucidi.

-Giulietta…- sussurrò la cameriera, come ultima cosa, prima di rassegnarsi definitivamente all’idea che la sua protetta non c’era più.

 

 

-Oh, Giulietta, Giulietta, perché sei così imbranata, Giulietta?- la stava prendendo in giro Alya, che aveva accompagnato la migliore amica e il resto della sua classe all’aeroporto, dove avrebbero preso l’aereo che li avrebbe portati tutti a Verona per la gita scolastica.

Beh, quasi tutti.

Alya infatti doveva restare a casa per badare alle due sorelle minori, e Nino aveva deciso di restare a sua volta, per farle compagnia e perché la città degli innamorati non sarebbe stata la stessa senza la sua ragazza.

Anche se c’era un altro motivo di fondo.

Infatti i due ragazzi avrebbero badato alla città in veste di supereroi momentanei mentre Ladybug e Chat Noir erano in vacanza. Ufficialmente i due supereroi principali erano fuori città alla ricerca di Papillon dopo averlo sconfitto definitivamente, ma la verità era che lo scontro li aveva visti perdenti, ma le conseguenze erano minime, e Ladybug aveva preferito raccontare una piccola bugia per non scatenare il panico.

Chat Noir aveva approvato, e Alya si era trovata d’accordo.

Nino non sapeva l’identità dei due, ma aveva comunque accettato l’incarico con gioia, fidandosi completamente della sua ragazza.

Sarebbero andati in giro per Parigi come Carapace e Purplefly. Alya aveva il Miraculous della farfalla, dato che quello della volpe era ancora in mano a Nathalie e in questo modo Parigi si sarebbe sentita più al sicuro, dato che era dimostrato che i due amati supereroi avevano consegnato il Miraculous che li aveva terrorizzati nelle mani di qualcuno di fidato che l’avrebbe usato solo per il bene.

Marinette si sentiva un po’ in colpa ad abbandonare la città e prendersi una vacanza nonostante tutto quello che era successo, ma in ogni caso non c’era molto che potesse fare, dato che Fu le aveva espressamente sconsigliato di utilizzare il Miraculous a meno che non fosse estremamente necessario.

Anche per Adrien era lo stesso discorso. Non sapevano le eventuali conseguenza, ma avevano deciso di seguire il consiglio e di restare a terra.

Perciò una vacanza a Verona sembrava l’ideale per scaricare la tensione. E a Marinette sembrava anche l’ideale per provare ad avvicinarsi un po’ ad Adrien. 

Avevano avuto momenti romantici, e qualche appuntamento non dichiarato tale, ma con tutto quello che era successo non avevano avuto ancora il tempo di parlare della loro relazione, ed entrambi speravano di ufficializzarsi con la gita nella città dell’amore.

Certo, sempre che Marinette fosse riuscita a partire.

-Grazie al cielo ci sei tu, Alya!- esclamò, prendendo il passaporto dalle mani dell’amica. Lo aveva quasi scordato a casa, e stavano per imbarcarsi.

-Ricorda di videochiamarmi ogni sera! E sappi che appena torni abbiamo un appuntamento a quattro in programma, non fare che non vi mettete insieme, tu e Adrien!- Alya le mise pressione, in tono deciso, facendo arrossire l’amica, che lanciò un’occhiata verso il ragazzo dei suoi sogni, che la stava guardando a sua volta mentre parlava con Nino e le fece un saluto un po’ imbarazzato.

Marinette ricambiò, sempre più rossa, poi lanciò un’occhiataccia ad Alya, che si stava trattenendo per non ridere.

-Non metterci fretta, sai che sono successe tantissime cose!- cercò di ribellarsi all’imposizione, anche se era la prima che avrebbe voluto tornare da Verona con una situazione sentimentale diversa.

-Lo so, ma so anche che vi siete innamorati l’uno dell’altra in tutte le forme possibili, quindi datevi una svegliata, e per una settimana dimenticate i problemi- obiettò Alya. Marinette doveva ammettere che aveva la sua logica.

Gli ultimi tempi non avevano avuto un minuto di respiro, tra le interviste, il ritorno di mamma Agreste e i problemi con i miraculous, senza contare compiti e attività. Ma in un contesto diverso, lasciando i problemi a Parigi, non c’era assolutamente nulla che potesse andare storto. Nulla che potesse mettersi tra lei e Adrien.

-Ciao a tutti! Spero di non essere in ritardo, ci tenevo a partire con tutti voi, anche se il pilota personale di Jugghead Stone si era proposto di portarmi direttamente a Verona, per farmi un favore- una voce piuttosto conosciuta e parecchio disprezzata infranse le speranze di Marinette come vetro di Murano.

-Lila, ben arrivata. Ci fa piacere averti qui per la gita di classe- la accolse Madame Bustier, con un grande sorriso materno.

Marinette si prese la testa tra le mani.

-Annulla l’appuntamento- disse ad Alya in un sussurro.

-Suvvia, davvero pensi che Lila possa essere un problema?- la incoraggiò Alya, dandole qualche pacca sulla spalla per confortarla.

Per tutta risposta Lila corse dritta verso Adrien e gli saltò addosso.

-Adrien, quanto tempo! Come stai? Ho sentito di tuo padre, mi dispiace tanto. Se posso fare qualcosa, conosco un investigatore privato davvero ottimo- iniziò a lisciarsi il ragazzo, che accennò un sorriso e annuì mostrando un interesse che sicuramente non gli apparteneva, ma era troppo educato per scansarla via.

-Dicevi?- Marinette continuò ad autocommiserarsi. Alya non sapeva bene cosa dire.

Quando però Adrien lanciò un’occhiata di scuse a Marinette, e le fece un sorriso rassicurante, quest’ultima si sentì molto più sicura.

Perché quello non era più il sorriso della sua cotta, era il sorriso del suo partner. E non doveva dubitare dell’affetto che provava per lei.

Quella settimana sarebbe andata bene. E Lila non avrebbe rovinato nulla.

La sua convinzione non si rivelò del tutto vera, ma neanche del tutto falsa.

Ma mai Marinette avrebbe potuto pensare che il maggiore ostacolo della settimana si sarebbe rivelato essere dentro di loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ecco qui. 

Per chi non mi conoscesse, ciao! 

Questa storia è uno spin-off/seguito di un mio precedente lavoro: Under the Bright Stars, e si svolge a metà di un mio altro lavoro: Corrupted.

Ma penso si possa leggere anche senza aver letto le storie precedenti, perché parla di tutt’altre faccende, e questo prologo da un’infarinatura generale della situazione a Parigi.

Ci saranno sette capitoli e un epilogo, uno per ogni giorno della settimana, e la storia si alterna tra passato e presente.

Spero davvero che vi piacerà, ci sto mettendo molto impegno.

Purtroppo a causa di assenza quasi totale di motivazione e con il sempre maggiore carico di studio non sono del tutto certa di riuscire a mantenere il ritmo di una volta a settimana, e potrei slittare a due volte a settimana o farlo quando finisco un capitolo, senza ammazzarmi.

Per il momento ho completato il primo capitolo e sono a metà del secondo.

Quindi parecchio indietro purtroppo.

Comunque spero di non fare aggiornamenti troppo distanti.

Ogni commento è ben accetto.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 2
*** Giorno 1 ***


L’ombra oscura e la dama scarlatta

Giorno 1

 

Verona, 1529

Un giovane dai capelli rossi correva con tutto il fiato che aveva in corpo tra le strade della città, inseguito dalle guardie cittadine a protezione dei tesori della chiesa.

Il motivo per il quale era inseguito con tale astio era facilmente intuibile: aveva derubato i tesori. E questo era un atto sacrilego oltre ogni immaginazione. 

Ma non aveva preso nulla di troppo importante, alla fin fine. E di certo niente di sacro e inviolabile, o almeno così credeva. Solo qualche gioiello che avrebbe potuto sfamare la sua famiglia per qualche settimana, o essere investito in alcool od oppio. Sebbene fosse un ladro, il giovane aveva intenzione di far fruttare il denaro per la prima cosa. Non era una persona cattiva, anche se tutto il mondo lo vedeva come tale.

Ma per vendere i gioielli per prima cosa doveva assolutamente seminare le guardie, alle quali si era aggiunto anche il prete in persona, molto più veloce di quanto il giovane avrebbe sospettato.

L’occasione perfetta si presentò non appena raggiunse il centro di Verona, più precisamente una casa parecchio grande con un cortile sul retro al quale si affacciava un balcone di pietra.

Perché dalla finestra che dava sul piano terra, il giovane scorse un viavai di persone mascherate, e niente era meglio di una festa in maschera per confondersi tra la folla e far perdere le sue tracce.

Si introdusse dal balcone, e rubò qualche abito da una delle stanze per fingersi mascherato. Poi scese senza farsi notare al piano di sotto.

Era molto abile ad agire nell’ombra e non farsi scoprire. L’unico motivo per cui le guardie lo stavano inseguendo, a dirla tutta, era che aveva annunciato la sua presenza nel tentativo di aiutare un povero credente che era caduto dalle scale, e non riusciva più a muoversi. A volte il ladro credeva di essere davvero troppo buono per fare quel lavoro, ma era abile, perciò in qualche modo compensava.

Un volta confuso tra la folla, il giovane nascose al meglio la sacca con la refurtiva, e prese qualcosa da bere, con cenni di saluto al resto degli ospiti, che finse di riconoscere.

Lanciò qualche occhiata alla finestra per controllare che le guardie non lo stessero seguendo, ma quando colse la figura di una donna in abito scarlatto, che parlava con grazia ad una signora di mezza età che a prima vista sembrava una nutrice, l’attenzione del ragazzo venne completamente catturata da lei, e dimenticò del tutto le guardie che cercava di seminare.

Era una giovane donna in età da marito, dai lunghi capelli castani e gli occhi scuri. L’incarnato pallido e gli abiti pregiati indicavano che fosse chiaramente di ceto alto. Aveva una bellezza fuori dal mondo, e un’eleganza fuori dal comune. 

Sicuramente, nella precaria situazione in cui si trovava, il ladro non doveva neanche pensare di avvicinarsi a lei. Poteva essere la padrona di casa e cacciarlo subito via, o chiamare le guardie e far ricominciare la sua fuga, sempre che fosse riuscito a scappare prima che arrivassero. Eppure non riuscì a trattenersi, e bevendo da un bicchiere di cristallo, sistemandosi la maschera in modo da essere ancor meno riconoscibile, le si avvicinò, e cominciò ad osservarla, sempre più da vicino.

La vide sorridere, salutare gli ospiti con un cenno, intrattenere conversazioni mondane e favorire piatti tipici. Non si accorse di lui, ed era molto meglio così.

Senonché, mentre rifletteva sul fatto che era proprio il caso di uscire e tornare dalla sua famiglia, al passaggio di un uomo piuttosto grosso, il giovane la perse di vista.

Fu questione di pochi istanti. Un attimo prima era lì, a pochi metri da lui, e un attimo dopo era scomparsa nel nulla.

L’uomo si mise sull’attenti, e si guardò intorno cercandola, ma prima che potesse fare alcunché, sentì la fredda punta di una lama a contatto con la sua schiena, e una dolce voce di donna che gli parlò direttamente all’orecchio, in un sussurro risentito.

-Pensavate che non mi fossi accorta che mi spiate da tutta la serata? Non siete tra gli invitati- lo accusò la voce, premendogli il coltello sulla schiena.

Sebbene la situazione difficile, l’uomo non riuscì a trattenere un sorrisino colpito.

-Mi complimento, principessa. Di solito sono piuttosto bravo a passare inosservato- commentò, alzando leggermente le mani in segno di resa, e voltandosi verso di lei, che lo lasciò fare senza però lasciar andare il coltello.

Da vicino era mille volte più bella, e il suo sguardo duro e determinato la rendeva ancora più attraente. 

-Non abbastanza, a quanto pare. Chi siete voi? Un ladro pronto a derubarci?- chiese lei, senza troppi giri di parole.

Il ladro piegò la testa, un po’ in difficoltà.

-Beh, sì e no. Non sono venuto a rubare qui, ma ammetto di aver rubato prima, e di essere venuto qui a nascondermi. Ho intenzione di restituire la casacca dei padroni di casa e la maschera, però, non vi preoccupate- cercò di tirarsi fuori dai guai, iniziando ad indietreggiare. Purtroppo, la nobildonna lo spinse contro un muro bloccandogli ogni via di fuga.

Nessuno degli ospiti si accorse di nulla, per fortuna, e mantennero entrambi dei toni rilassati.

-Sarà meglio, dato che sono oggetti dei miei genitori. Dovrei chiamare le guardie- lo minacciò, ma non sembrava sincera. Lo guardava incuriosita e molto più tranquilla di quanto il ladro pensasse fosse possibile.

-È probabile che dovreste, ma non credo che voi lo farete- la sfidò, avvicinandosi e premendosi contro il coltello.

Lei inarcò le sopracciglia.

-E per quale motivo lo credete, sentiamo- accolse la sfida, con uno scintillio negli occhi.

-Perché vi piaccio, che domande. Non temete, faccio questo effetto a tutte- scherzò, togliendo una ciocca di capelli davanti al viso.

La dama alzò gli occhi al cielo, ma non trattenne un sorrisino divertito.

-Sono sempre più convinta che chiamerò le guardie, ma prima ho un ultimo dubbio. Perché mi fissavate e cosa avete rubato?- chiese, decisa.

-Ho rubato solo qualche gioiello per sfamare la mia famiglia, e vi guardavo perché siete oggettivamente la donna più bella che io abbia mai visto- ammiccò, in tono sensuale.

La donna scosse la testa, e storse il naso. 

Ma prima che potesse ribattere, lui continuò.

-Credo che non dovrete chiamare le guardie, sono appena arrivate- commentò, guardando fisso un punto alle spalle della ragazza, che si girò di scatto, con una certa preoccupazione.

Ma non c’era nessuno dietro di lei, tranne i suoi invitati. 

Quando la consapevolezza la colpì, e si girò nuovamente verso l’ostaggio, lui era già sparito. 

Lo vide di sfuggita alla finestra, le fece un saluto, e scappò via, prima che lei potesse raggiungerlo o tirargli il coltello.

Beh, non avrebbe potuto tirargli il coltello in ogni caso, perché lui era riuscito abilmente a scambiarlo con un cucchiaio preso su un tavolo accanto, e lei non si era accorta di nulla.

La dama strinse i pugni, stizzita, e iniziò ad avviarsi fuori dalla casa, decisa a recuperarlo, anche se la miriade di gente non glielo rendeva molto possibile. La sua nutrice, Nicoletta, poi le venne quasi addosso, fermandola del tutto.

-Signorina, vi ho cercata dappertutto- esordì, senza fiato.

-Scusatemi, Nicoletta, ma sono un po’ di fretta- cercò di congedarla, ma lei la trattenne.

-No, è davvero importante. È passato Frate Lorenzo, c’è stato un furto alla chiesa- iniziò a spiegarle, agitata, trascinandola in una stanza vuota per parlare più liberamente evitando di farsi sentire.

-Sì, lo so- tagliò corto la donna, ripensando all’uomo che le era appena scappato dalle mani.

-Dice che ha rubato un anello importante- continuò Nicoletta, capendo solo in parte il significato delle parole che stava riferendo.

La dama rimase di sasso.

-Ha detto altro?- chiese poi, dandole tutta la sua attenzione.

-Non è certo, ma pensa che il ladro possa essere Romeo Montecchi- aggiunse poi Nicoletta, sventolandosi agitata una mano davanti al viso.

La donna rimase per qualche secondo immobile e in silenzio, poi si prese la testa tra le mani, sbuffando e dandosi mentalmente della stupida.

Non solo si era appena infatuata di un ladro di Miraculous, che le era anche scappato dalle mani, ma era anche il suo peggior nemico.

Poteva andare peggio di così?!

Il ladro di Miraculous, nel frattempo, era uscito con un grande sorriso e deciso a tornare presto in quella casa per continuare la conversazione con la stupenda ragazza che lo aveva conquistato subito, magari con il coltello dalla parte del manico, stavolta.

Una volta fuori dalla casa, si guardò intorno per controllare che non ci fossero guardie pronte all’esterno, e impallidì notando una scritta in pietra accanto alla casa dalla quale era appena uscito.

“Capuleti”.

Non trattenne un’imprecazione. La giovane donna aveva detto che i vestiti da lui “presi in prestito” erano dei genitori, perciò i proprietari della casa. E questo significava che la donna bellissima era la sua più grande rivale, Giulietta Capuleti.

Beh, niente di troppo grave, alla fine. Non avrebbe permesso ad una faida di impedirgli di rivederla e restituirle ciò che aveva preso.

E magari farsi anche restituire il suo cuore, già che c’era.

 

 

Museo di Castelvecchio, Verona, Presente

Marinette sorrideva senza riuscire a trattenersi, con le guance leggermente rosse e lo sguardo vagamente sognante.

Il viaggio in aereo fino all’aeroporto di Verona e quello in autobus fino a lì, senza neanche una sosta in hotel, non era stato poi così lungo, ma la ragazza lo aveva passato tutto il tempo accanto ad Adrien, sebbene Lila e Chloe avessero fatto di tutto per accaparrarsi il ragazzo, ed era stato stupendo.

Perché quella era la prima gita scolastica di Adrien, ed era eccitato come un bambino la notte prima di natale.

Il ché significava che avevano chiacchierato della gita per tutto il tempo, ed era la conversazione più lunga e casuale che avevano avuto da quando avevano scoperto le rispettive identità. 

E Marinette si era resa conto che parlare con Adrien non era più accompagnato da rossore evidente, imbranataggine e balbettii, ma era decisamente più naturale. Proprio come era parlare con Chat Noir.

Quando arrivarono al museo, Marinette avrebbe tanto voluto poter passare un’altra ora in pullman a parlare con il ragazzo, sebbene il museo fosse una delle tappe che la interessavano di più.

Beh, non tanto quanto Venezia e il museo archeologico di Verona, che sua nonna le aveva sempre dipinto come uno dei suoi preferiti.

-Sai, ho sentito che proprio in questo periodo c’è una mostra speciale, al museo. Sono davvero curioso di sapere di che si tratta- commentò Adrien, studiando a fondo l’opuscolo.

-Sai, Adrien, sono già venuta qui, qualche tempo fa. Se vuoi posso dirti tanti piccoli aneddoti. Conosco un’archeologa piuttosto importante che mi ha rivelato un sacco di cose- Lila li raggiunse, e si appoggiò al braccio di Adrien, facendogli quasi perdere la presa sull’opuscolo.

-Grandioso, Lila. Io sono abbastanza informato sul museo, ma potresti aiutare Chloe. L’ho sentita dire che non sa assolutamente nulla al riguardo- con un grande sorriso ed eleganza, Adrien scansò la pretendente indesiderata, e indicò la vecchia amica d’infanzia, che si stava lamentando con Sabrina del vecchiume contenuto nel museo.

-Oh… beh… abbiamo una guida ufficiale. Io parlavo di informazioni sconosciute che…- cercò di risollevarsi Lila, ma Adrien la interruppe, sempre con la massima calma.

-Non vorrei distrarmi dalle informazioni della guida, ma potremmo parlarne dopo la visita, se ti fa piacere. A te, Marinette, interessa?- le chiese Adrien, incoraggiante.

Marinette si sentì riempire di calore alla consapevolezza che lui considerasse importante la sua opinione, dando per scontato che sarebbero stati insieme anche dopo la visita.

Era quasi come se fossero già una coppia, ed era una sensazione davvero stupenda.

-Certo, perché no. Anche se al momento vorrei concentrarmi sulla guida ufficiale. Scusa, Lila, ma non sono mai stata al museo, e non ne so molto- le fece un sorrisino angelico. Ormai era finito il tempo in cui si irritava per ogni bugia di Lila. Finché era consapevole di sapere la verità e che Adrien la sapeva a sua volta, andava tutto bene. E poi non voleva rovinarsi la gita scolastica a causa di Lila. Alya aveva ragione, doveva concentrarsi solo sull’esperienza, e lasciare a casa i brutti pensieri.

-Allora a dopo, Lila. Oh, vieni, Marinette, è arrivata la nostra guida. Voglio essere il più vicino possibile!- Adrien salutò la compagna con un cenno e prese Marinette per il polso, prima di trascinarla verso i professori.

Lila fumava di rabbia, e li seguì a distanza.

-Vorrei che la smettesse di attaccarsi al mio braccio così. È davvero fastidioso- commentò Adrien, storcendo il naso, mentre si avvicinavano.

-Dovresti dirglielo, sai- provò a suggerirgli Marinette.

-Non sarebbe scortese?- osservò Adrien.

-Il consenso è più importante della cortesia. E poi è il modo che la determina, e so che tu sapresti dirlo senza risultare affatto scortese. È nella tua natura gentile- rispose Marinette, con un grande sorriso incoraggiante.

Adrien la guardò intenerito, poi spostò lo sguardo sulle loro mani. Teneva ancora stretto il polso della ragazza.

Si affrettò a lasciarlo, arrossendo appena.

-Spero di non essere troppo appiccicoso. È che sono così eccitato, e non vedevo l’ora di stare un po’ con te lontano dai drammi di Parigi- ammise il ragazzo, sottovoce, accennando un sorriso imbarazzato.

Marinette ricambiò il sorriso, e scosse la testa.

-A me fa solo piacere. Condivido il pensiero- confessò.

L’entrata definitiva nel museo interruppe la conversazione.

La visita fu davvero interessante, e i due ragazzi rimasero per tutto il tempo appiccicati, commentando ogni tanto qualcosa che li aveva particolarmente colpiti.

Non si isolarono però dal resto della classe.

Durante una breve pausa i due si unirono anche a Rose e Juleka, commentando dei dipinti davvero straordinari, e cercarono di includere Kim e Alix, che erano i meno interessati alla visita.

Tutto procedeva alla perfezione, almeno finché non arrivarono alla mostra speciale.

-Una delle nostre migliori ricercatrici ha allestito una mostra di vecchi manufatti, che si narra appartenessero all’Ombra Oscura e alla Dama Scarlatta- iniziò ad illustrare la guida. Era molto competente, e teneva alta l’attenzione proponendo parecchi aneddoti e curiosità. Marinette dubitava che Lila sarebbe stata all’altezza.

-Chi erano l’Ombra Oscura e la Dama Scarlatta?- chiese Rose, incuriosita, mentre procedevano per le teche piene di vestiti, gioielli, trucchi e qualche arma.

Marinette fu colpita dal ritratto di una giovane donna dai capelli castani e gli occhi scuri, con il volto coperto da una maschera, e rimase leggermente indietro.

Adrien non si accorse di nulla, troppo preso da una scultura di un uomo con un cappuccio e le mani artigliate.

-Non conoscete la Dama Scarlatta e l’Ombra Oscura? Ma cosa insegnano a scuola, di questi tempi?- commentò divertita la guida, per poi spiegare -Un’antica leggenda veronese narra di un pericolosissimo criminale: un ladro che agiva nell’ombra della notte, prendendo tutto ciò che poteva e lasciando resti di cenere da una parte all’altra. Si faceva chiamare l’Ombra Oscura. Ma una donna, una meretrice in abiti scarlatti con un grande desiderio di giustizia, cercava in tutti i modi di fermarlo: La Dama Scarlatta. Si sono inseguiti per anni, molti sostengono fossero dotati di poteri demoniaci e angelici, e che fossero amanti segreti. È probabile che la storia di Romeo e Giulietta tragga origine anche da questa leggenda- spiegò la guida, attirando l’attenzione di Adrien e Marinette, che si guardarono, pensando alla stessa cosa.

-Se volete avvicinarvi, c’è un’interessante storia dietro questo arazzo- la guida li incoraggiò a raggiungerlo, e Marinette decise di lasciar perdere il ritratto, anche se aveva un ché di decisamente familiare, e fece per tornare nel mezzo del gruppo.

Non aveva fatto i conti con Lila, purtroppo.

Era rimasta indietro, e approfittò della distrazione della classe, troppo concentrata sull’arazzo, e del suo isolamento, per farle lo sgambetto e spingerla verso una teca.

Fu tutto talmente veloce che Marinette quasi non si accorse cosa fosse successo.

Sapeva solo che un secondo prima era in piedi e camminava velocemente verso la guida, e un secondo dopo cadeva senza potersi rimettere in equilibrio dritta verso una teca con pezzi di valore inestimabile.

L’unico ad accorgersi della cosa fu Adrien, che si precipitò su di lei cercando di bloccare la sua imminente caduta, ma finì solo per venire trascinato a sua volta, dritto verso il vetro, che si scheggiò e fece scattare l’allarme.

La classe sobbalzò, e si girarono tutti preoccupati verso Marinette e Adrien, a terra.

Marinette si iniziò a massaggiare la testa, ma l’intervento di Adrien aveva impedito che la sbattesse con la massima forza, perciò era stata davvero fortunata.

Le guardie di sicurezza entrarono con riflessi fulminei, lanciando occhiate di fuoco ai due ragazzi, ancora a terra.

La guida superò gli studenti scioccati per controllare le condizioni dei due ragazzi.

-State bene, cosa è successo?- chiese, preoccupato, porgendo una mano verso di loro per aiutarli ad alzarsi.

Marinette accettò l’aiuto, e grazie anche ad Adrien si alzò tremante. Ma prima che potesse spiegarsi, Lila parlò per lei.

-Marinette è inciampata. Che disastro!- commentò scuotendo la testa e indicando la crepa.

-Marinette!- la rimproverò Madame Bustier -Mi dispiace davvero tanto. Chiamerò la scuola. Risarciremo i danni- si rivolse poi alla guida, desolata.

-Non è nulla, l’importante è che non si sia fatta male. Ma credo che dovremo concludere qui la visita e mettere in sicurezza l’area- la guida cercò di calmare l’insegnante, anche se il tono era un po’ freddo, e si rivolse verso le due guardie di sicurezza.

-Si può sapere cosa ti è saltato in mente?!- una voce carica di astio si rivolse a Lila, facendola sobbalzare, presa in contropiede da tale veemenza. Marinette ci mise qualche secondo a rendersi conto che la voce apparteneva ad Adrien, che la stringeva ancora con fare protettivo, e guardava Lila con una luce dura negli occhi verdi. Una luce che Marinette non credeva di aver mai visto. Forse solo quando avevano combattuto contro Papillon, quella fatidica notte alla torre Eiffel.

Rimase interdetta come il resto della classe. Nessuno credeva fosse possibile vedere Adrien arrabbiato. Era un raggio di sole.

-Adrien, ma di che stai parlando? Io non ho fatto niente- cercò di giustificarsi Lila, assumendo la sua migliore faccia da cane bastonato.

-L’hai spinta!- insistette Adrien, stringendo Marinette più forte, e facendole quasi male.

Lila sgranò gli occhi e spalancò la bocca.

Era davvero un’ottima attrice. I suoi occhi si riempirono di lacrime.

-Cosa?! Non è vero! Non lo farei mai. Sapete tutti quanto tengo alla mia classe. E poi guardavo l’arazzo quando Marinette è caduta- tentò di giustificarsi.

-Adrien, l’hai vista, per caso?- cercò di indagare Madame Bustier, un po’ in difficoltà.

Adrien esitò. Non l’aveva vista. Neanche Marinette l’aveva vista, a dirla tutta, ma entrambi sapevano che era stata lei.

-Non servono prove per sapere che lei…- provò ad obiettare Adrien, infiammandosi.

-Non fa niente, Adrien. Va tutto bene- Marinette gli mise una mano sulla spalla, cercando di calmarlo. Non voleva sollevare un polverone. Si sentiva troppo stanca all’improvviso e non voleva rischiare che Lila se la prendesse ulteriormente con lei o con Adrien. La conosceva abbastanza da sapere che era capace di rivoltare l’intera classe contro di loro e non voleva passare il resto della gita isolata e in punizione.

Adrien sbatté le palpebre un paio di volte, e al tocco di Marinette si rilassò istantaneamente, come uscendo da una specie di trance.

Sospirò, e dedicò tutta l’attenzione verso la ragazza che sorreggeva, allentando la presa su di lei.

-Scusa, non so cosa mi sia preso. Stia bene, Marinette?- chiese, controllando la sua testa, e tornando l’Adrien di sempre.

Lila però non sembrava minimamente apprezzare lo scambio appena avvenuto.

-In assenza di prove, mi vedo costretta a mettervi in punizione entrambi. Anche per assicurarmi che stiate bene. Non potrete partecipare alle attività serali per due giorni- decise infine Madame Bustier, facendo cenno al resto della classe di seguirla fuori, dato che la mostra stava per essere chiusa.

Rimasero la mezzora successiva seduti su un muretto fuori dal museo, mentre Madame Bustier parlava con i responsabili del museo e cercava di sistemare le cose.

-Grande Marinette! Ti ringrazierò per sempre per aver interrotto la mostra. Era davvero una pizza- le stava dicendo Kim, cercando senza successo di farla sentire meglio, e guadagnandosi un’occhiataccia ben nascosta di Adrien.

-Mi dispiace, ragazzi- disse solo Marinette, accettando di buon grado il ghiaccio che Rose le stava mettendo sulla testa.

Non era solo il mal di testa, però, a non farla stare bene. Quando era andata a sbattere aveva sentito qualcosa di particolare dentro di lei, come se una forza antica si fosse appena risvegliata. E gli orecchini erano sembrati bollenti, per un attimo. La faccenda la preoccupava, così come lo scatto inaspettato di Adrien, che era rimasto in silenzio, pensieroso a sua volta.

-Dovrebbero davvero metterti un collare, Dupain-Cheng, non riesci a fare un passo senza combinare un pasticcio- commentò invece Chloe, che la guardava irritata mentre si sistemava le unghie.

-Chiudi il becco, Chloe!- la riprese Alix, incrociando le braccia.

Marinette apprezzò davvero la partecipazione della sua classe. Ma doveva ammettere che in quel momento avrebbe tanto voluto avere Alya accanto.

E la punizione, a dirla tutta, le dava molto più fastidio di quanto avesse dato a vedere, perché non credeva proprio di meritarla, e le serate erano l’unico momento libero che avevano.

Molto presto, Madame Bustier tornò nel gruppo, e la classe salì sul pullman che li avrebbe finalmente portati all’hotel.

-Come ti senti, Marinette?- chiese Adrien, sedendosi accanto alla compagna.

La ragazza accennò un sorriso.

-Molto meglio, grazie. Mi dispiace che ti sia preso una punizione anche tu- abbassò lo sguardo, mortificata.

-No, dispiace a me. È colpa mia. Non avrei dovuto perdere le staffe così. Giuro che non so cosa mi sia preso. Ma ero completamente fuori di me al pensiero che ti potesse essere capitato qualcosa. Sono davvero felice che stai meglio- Adrien le accarezzò la testa, facendola arrossire.

-Potremmo sempre vedere un film in camera, se vuoi. Ho portato il tablet e Alya ha scaricato parecchie cose- gli propose, senza neanche pensare alle implicazione che quella frase avrebbe potuto avere.

Quando entrambi se ne accorsero, sgranarono gli occhi e arrossirono, distogliendo lo sguardo.

-Beh, sì, mi farebbe piacere- sorrise poi Adrien, cercando di mantenere la mente innocente. Era solo un film -Ci vediamo verso le nove in camera tua?- chiese. Adrien dormiva da solo, perciò sarebbe stato ancora più fraintendibile. Mentre Marinette aveva come compagna di stanza Lila. Pensare alla rabbia che avrebbe avuto se fosse tornata dalla serata e li avesse visti insieme, Marinette non riuscì a trattenere un sorrisino trionfante, e annuì.

-Mi sembra un buon piano- commentò, prospettando la bella serata.

 

Hotel, Verona, Presente

Dopo cena, Marinette decise che era meglio non mettersi subito in pigiama. Adrien l’aveva già vista così, ma non voleva aggiungere al pigiama il contesto della camera da letto, perciò rimase vestita, prese il tablet, e lo collegò ad internet per la videochiamata obbligatoria ad Alya.

Erano le nove meno un quarto, aveva ancora tempo, e poi se anche Adrien fosse venuto prima, non credeva sarebbe stato poi un grande problema.

-Allora, come sta la mia italiana preferita?- chiese Alya, rispondendo dopo il primo squillo, con un grande sorriso curioso ed eccitato.

-Pensavo che la tua italiana preferita fosse Lila- la provocò Marinette.

Alya fece una smorfia di disgusto.

-Oh, non me ne parlare. Da quando mi hai raccontato tutto quello che ha fatto  mi sento un’idiota totale ad essermi fidata di lei- commentò, roteando gli occhi.

Marinette ridacchiò.

-A proposito di Lila, non indovinerai mai cosa è successo oggi, a causa sua- esordì poi, iniziando a raccontare la giornata.

Senza che Marinette se ne rese conto, si erano già fatte le nove e mezza, quando finì il resoconto, e Alya era a bocca aperta.

-Non so cosa commentare prima- ammise, senza parole.

-Eh, già. Giornata davvero piena. Mi sei mancata- Marinette si sdraiò sul letto, soffocando uno sbadiglio.

-La leggenda della Dama Scarlatta e l’Ombra Oscura mi interessa un sacco, però. Devo assolutamente fare qualche ricerca al riguardo- disse poi Alya, appuntandosi qualcosa sul telefono.

-E a proposito di persone mascherate. Come è andato il tuo primo giorno da sola a Parigi come Purplefly?- chiese poi Marinette, cambiando argomento.

Alya si illuminò.

-È stato grandioso! Beh, non ho fatto molto, in realtà. Solo un giro di controllo e un minuscolo problema con degli animali scappati dallo zoo, non mi sono neanche serviti gli akuma. Ma è stato comunque fantastico! Amo essere Purplefly- Alya iniziò a raccontare eccitata.

Sebbene le facesse sapere sentire l’amica così emozionata, durante il suo resoconto un po’ confusonario, a Marinette iniziarono a chiudersi gli occhi.

-Ehi, sveglia, bella addormentata! Adrien dovrebbe arrivare a momenti- Alya le sventolò la mano davanti alla telecamera, attirando la sua attenzione.

-Già dovrei chiudere la chiamata e aspettarlo. Il tablet si sta anche scaricando- commentò la ragazza, posando un attimo il congegno per prendere il caricatore.

Purtroppo per attaccarlo dovette spegnere la luce.

-Forse è il caso di lasciarti. Non addormentarti prima che il principe azzurro arrivi, mi raccomando. Domani voglio solo buone notizie- Alya si sfregò le mani malefica.

Marinette alzò gli occhi al cielo.

-Non posso prometterti niente, ma ci proverò- alzò le mani.

Dopo un paio di saluti, la chiamata si interruppe.

Erano quasi le dieci, ma di Adrien non c’era nessuna traccia.

Prima che Marinette potesse pensare di chiamarlo al telefono o controllare la sua camera, però, crollò addormentata, senza poterlo assolutamente controllare.

 

 

Museo di Castelvecchio, Verona, Presente

Una figura oscura, coperta da una maschera nera, era entrata nel museo con parecchia facilità, senza farsi notare dal guardiano notturno e senza far scattare alcun allarme. Era rinfrancante constatare che alcune cose non cambiavano mai, nonostante fosse decisamente fuori allenamento.

Osservava una teca nel reparto delle mostre provvisorie, circondata da nastri di sicurezza, e con il vetro scheggiato. Abbastanza scheggiato da far passare l’aria, ma mai qualcosa di più corposo.

Beh, non ancora.

Osservò con occhi pieni di interesse gli oggetti che la teca conteneva: un paio di anelli, una collana di rubini, e un coltello dalle rifiniture in argento. Parecchio pregiato, e non molto signorile, questo è certo.

Erano anni che non vedeva quel coltello, ma non avrebbe mai scordato neanche un dettaglio.

Accennò un sorriso, un sorriso privo di qualsivoglia calore. Malevolmente divertito da ciò che aveva intenzione di fare.

Il coltello non era abbastanza affilato da fare alcun male, ormai, ma la figura non aveva intenzione di utilizzarlo.

Sollevò la mano destra, e sfiorò la teca con l’indice.

Il vetro si ridusse in mille pezzi, senza neanche far scattare l’allarme, e si trasformò in fretta in polvere che si confuse con il pavimento del museo di anticaglia.

La figura oscura prese il coltello, e il malvagio sorriso si espanse.

La lama gli restituì il riflesso: due occhi verdi circondati da un alone nero, e capelli biondi e lunghi coperti da un cappuccio.

Alzò lo sguardo verso il ritratto della donna dalla maschera rossa, e con un veloce movimento della mano lo tagliò a metà, con precisione nonostante la lama poco affilata.

Poi si girò il coltello tra le mani, e si avviò lentamente verso l’uscita, senza temere di essere scoperto o fermato.

-Dama Scarlatta… sto tornando- sussurrò tra sé, senza trattenere una risatina.

Non vedeva l’ora di finire ciò che aveva iniziato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate davvero tanto per il ritardo enorme. È stato un periodo davvero pesante e l’ispirazione per qualsivoglia storia era sotto i tacchi. Sono praticamente sparita da EFP. 

L’ispirazione non è ancora del tutto tornata, ma dato che questo capitolo era già pronto ed è passato del tempo, ho deciso di pubblicarlo. Non prometto aggiornamenti settimanali, perché ora come ora mi è impossibile, e oltretutto temo che sforzandomi e mettendomi fretta potrebbero uscire dei capitoli orrendi, quindi la storia verrà aggiornata, ma più lentamente. 

Mi dispiace davvero.

Ma finirò, prima o poi. Questo ve lo posso assicurare.

Dopotutto il progetto non è troppo ampio, ed è già abbastanza organizzato.

Parlando del capitolo, uhhh c’è l’incontro tra Romeo e Giulietta. Non è proprio come tutti lo ricordiamo, mi pare. 

Marinette e Adrien sono tenerelli, Lila è irritante e… chi sarà mai la figura al museo? (insomma, è palese, ma fingiamo non lo sia).

Spero che il capitolo sia interessante, spero di pubblicare presto il prossimo.

Grazie a tutti quelli che nonostante le mie mancanze seguono ancora la storia, spero di non deludervi.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 3
*** Giorno 2 ***


L’ombra oscura e la dama scarlatta

Giorno 2

 

Verona, 1529

Giulietta Capuleti era appoggiata al proprio balcone, pensierosa e nervosa, sfiorando distrattamente gli orecchini che indossava.

-Qual è il problema, Giulietta? Se sei nervosa a causa del miraculous del gatto nero non temere, sono sicura che lo recupererai presto- tentò di rassicurarla Tikki, il suo kwami, appoggiata sulla sua spalla intenta a mangiare della frutta.

-Non è solo il furto a preoccuparmi. Ma il ladro. Non riesco a perdonarmi di essermelo lasciato scappare. E non riesco a credere che avevo un Montecchi davanti e non ho fatto assolutamente nulla- la ragazza sbuffò, delusa da sé stessa, e fece perdere lo sguardo all’orizzonte.

-Io trovo che questa faida sia insensata. Quel ragazzo non sembrava cattivo come la tua famiglia lo fa intendere- provò a suggerire Tikki, in tono mite.

-Stai scherzando, Tikki? Ha rubato alla chiesa, ha preso il miraculous del gatto nero e mi ha anche privata del coltello di famiglia! Senza contare che non ha restituito le maschere ai miei genitori- si lamentò Giulietta, incrociando le braccia e facendo sorridere divertita Tikki.

-Credo che tornerà a restituire il malloppo, almeno il tuo. Te l’ha promesso, dopotutto- continuò a supporre, ottimista.

-Non se ha scoperto che sono una Capuleti. Lo trovo piuttosto improbabile- insistette Giulietta, per poi sospirare -Credi che mentisse dicendo di aver rubato per sfamare la sua famiglia?- chiese poi, ricordando le parole del ragazzo.

-Non credo proprio. Da ciò che mi hai raccontato i Montecchi non se la passano bene, dopo tutti gli scandali avvenuti- osservò il kwami, finendo di mangiare e iniziando a svolazzarle attorno.

-Sì, ma sono strettamente connessi con la criminalità veronese. Dovrebbero essere piuttosto ricchi. Almeno è quello che mio padre… inizio a dubitare di molte cose, in effetti. Era vestito con abiti umili. Ma se fosse davvero un criminale possedere il miraculous del gatto nero potrebbe essere davvero pericoloso. Domani dovrò assolutamente aprire una caccia sfrenata per recuperarlo- si ripromise, determinata.

Tikki la squadrò dalla testa ai piedi, con sguardo di chi la sapeva lunga.

-Se dovesse venire come ti comporteresti?- indagò, curiosa.

-Che domande. Mi trasformerei in un attimo e lo abbatterei per poi farmi riconsegnare tutto quanto- rispose lei, di getto.

-Ricorda che la tua identità deve rimanere un segreto- le fece notare Tikki.

-Giusto… beh, allora… insomma… so di doverlo attaccare, in qualche modo. Non serve che mi testi, Tikki- cercò di tirarsi fuori dai guai la ragazza. Tikki ridacchiò.

-Non era una prova. Non hai alcuna intenzione di provare a parlare con lui?- chiese il kwami, con tono che aveva un sottotesto piuttosto chiaro: Tikki sapeva già che Giulietta avrebbe preferito di gran lunga parlare con lui.

La ragazza, però, era convinta che non fosse la scelta che Tikki avrebbe approvato, e cercò di negare con la massima forza.

-Parlare? E che mai potrei dirgli? Oh, Romeo, Romeo. Caro dolce Romeo. Restituitemi ciò che avete rubato in nome della nostra attrazione sbocciata al chiaro di luna. E io sarò vostra per sempre- recitò, in tono finto ed esagerato, che fece ridere ulteriormente Tikki -Oltre ad essere una richiesta stupida, sono piuttosto certa che non ci cascherebbe- aggiunse poi la ragazza, sbuffando ulteriormente.

-Chi lo dice? In realtà ero venuto a restituirvi tutto gratis, ma se posso avervi per sempre lo accetto di buon grado- una voce proveniente dal tetto fece sobbalzare Giulietta così vistosamente che quasi cadde dal balcone. Tikki si nascose in tutta fretta tra le grosse pieghe del suo vestito.

-Romeo?! Cosa ci fate qui? Come siete salito sul tetto?!- esclamò la ragazza, sconvolta, alzando lo sguardo e incontrando gli occhi ambrati del ragazzo, che sembravano brillare al chiaro di luna. Era appoggiato al tetto come se fosse cosa da poco, vestito con una casacca rovinata e con i capelli sciolti che gli ricadevano sulle spalle. Oltre ai suoi occhi, a brillare era anche un anello che portava al dito. Giulietta pensò subito al peggio, ma cercò di arrivarci per gradi. Non poteva affrontarlo di petto, quindi doveva effettivamente provare a parlarci.

-Vi avevo promesso che sarei tornato a restituire gli abiti presi ai vostri genitori. E credo che questo sia vostro- si rigirò il pugnale tra le dita, giocherellandoci con naturalezza. 

Aveva letteralmente il coltello dalla parte del manico.

-Già, gradirei che me lo restituiate, criminale!- Giulietta sollevò la mano in tono freddo, cercando di apparire il più distaccata possibile, ma senza riuscire a trattenere il fastidio della posizione di inferiorità.

Romeo non sembrò prendersela, ma ampliò il sorriso, e continuò a rigirarsi il pugnale tra le mani.

-Andiamo per gradi, principessa. Se vi restituissi subito il pugnale temo che cerchereste di utilizzarlo contro di me. Spero che non biasimiate la mia prudenza- 

-Davvero temete una giovane e inerme signorina di buona famiglia?- Giulietta sbatté le ciglia nella sua migliore imitazione di una brava ragazza a modo, senza alcun successo.

-Visto il modo minaccioso in cui lo tenevate tra le mani, ieri notte, sono piuttosto certo che sapreste come utilizzarlo. E vedete, non ho intenzione di morire proprio oggi. Ma tornando al motivo per cui sono qui. Sareste così gentile da restituire questi abiti ai vostri genitori? Credo che se lo facessi di persona finirei in prigione, e vorrei risparmiarmi la fatica di scappare- Romeo si sporse leggermente dal tetto per tenderle gli abiti “presi in prestito” la sera precedente.

Giulietta li prese con circospezione, continuando a guardarlo storto senza potersi trattenere.

-La prigione è il vostro posto. Soprattutto dopo il furto che avete compiuto alla chiesa- lo accusò, posando gli abiti e incrociando le braccia.

Romeo si rabbuiò leggermente.

-Vi ho già detto che ho solo rubato per il benessere della mia famiglia. La chiesa ha centinaia di cimeli di grande valore di cui non ha bisogno. Dopotutto, il ruolo della chiesa è aiutare i bisognosi, non credete?- cercò di spiegarsi, in tono difensivo.

Giulietta non era propriamente contraria a quell’affermazione, ma non poteva permettersi sentimentalismi.

-Rubare è sbagliato. E vista la vostra famiglia, sono piuttosto certa che abbiate parecchie risorse per procurarvi da mangiare- non riuscì a trattenersi la ragazza.

-Io non sono la mia famiglia- Romeo strinse i denti, e scosse la testa, deluso dalla piega che la conversazione aveva preso.

-Sapete, signorina Capuleti, speravo davvero che potessimo mettere da parte le nostre divergenze familiari. Credevo che foste diversa dalle altre, e non nego di sentirmi decisamente attratto dalla vostra forza e bellezza. Ma temo di essermi sbagliato. Tenete il vostro pugnale. E vi prometto che non mi rivedrete mai più- porgendo con referenza il pugnale, Romeo si alzò pronto a scappare via.

Giulietta era rimasta così congelata dalle sue parole che prese il cimelio senza neanche rifletterci, e quando aprì la bocca per ribattere, scusarsi o trasformarsi per acciuffarlo, lui era già sparito tra le ombre della notte.

Rigirandosi il coltello tra le mani, Giulietta sospirò, e si appoggiò al balcone.

-Giulietta… stai bene?- le chiese Tikki, dispiaciuta, tornando visibile e fluttuandole intorno.

-Ha ragione, sono stata troppo fredda e l’ho giudicato troppo frettolosamente. Ma sono andata nel panico. Non sapevo cosa fosse giusto fare. Vorrei dargli un’occasione, ma so di dover essere responsabile e una brava coccinella. Quindi devo restare fredda… ma sembra così diverso. Così buono, in fondo- iniziò a commiserarsi. 

Sembrava forte e sicura di sé, ma dubitava molto delle sue capacità. Aveva il miraculous della coccinella da poche settimane, e non era del tutto certa di meritarselo. Era giovane, dopotutto, inesperta e donna, cosa che in quel periodo non prometteva molto bene, sebbene lei si battesse per una parità dei sessi almeno minima.

-Giulietta, il miraculous si basa molto sulla mente, e su ciò che è giusto, ma per ottenere l’equilibrio devi anche seguire il tuo cuore- le consigliò Tikki, dandole qualche pacca sulla testa.

Giulietta sospirò.

-Oh, Romeo, Romeo. Perché sei tu, Romeo? Non potevi essere qualcun altro? Non potevi rendere il mio lavoro facile? Vorrei seguire il cuore, ripudiare il mio nome e seguirti nella notte- ammise, parlando alla luna come se fosse l’uomo che si era dileguato poco prima -…ma non posso. Ho troppo peso sulle mie spalle. Se ci incontrassimo in altre circostanze. Se tu non fosse Romeo e io non fossi Giulietta. Vorrei un mondo dove i nomi non siano così importanti- si rivolse a Tikki.

-È un mondo che possiamo provare a costruire insieme- le suggerì la kwami, sorridendole incoraggiante.

-Dovremmo rientrare. Domani vedrò di recuperare il miraculous, e magari proverò a scusarmi- rientrò in camera, pronta per andare finalmente a dormire.

Senza essere a conoscenza che l’oggetto dei suoi dubbi e dei suoi sfoghi non era scomparso nella notte, ma si era semplicemente mimetizzato tre le sue ombre.

E sorrideva soddisfatto dalle nuove informazioni.

-Hai sentito, Plagg? Le piaccio!- commentò con il suo kwami, eccitato.

-Sai che sorpresa- Plagg alzò gli occhi al cielo, per niente impressionato -Ora per favore puoi darmi il formaggio? Ho fame!- si lamentò poi.

-Certo, certo. Fammi prima tornare a casa- e dopo essersi trasformato con il nuovo gioiello magico che aveva deciso di tenere con sé, Romeo scomparve per davvero, tra le ombre della notte.

 

Hotel, Verona, Presente

Adrien non riusciva a tenere gli occhi aperti, ed era molto strano perché aveva dormito come un sasso, quella notte. Neanche il tempo di rientrare in camera dopo cena e prepararsi per andare da Marinette ed era completamente crollato. Non si ricordava neanche esattamente come, a dire il vero. Era praticamente svenuto sul letto e quando si era alzato quella mattina, grazie a Madame Bustier che aveva bussato a ogni camera, si era trovato lì, a malapena coperto e ancora con vestiti e scarpe addosso.

Eppure non riusciva a tenere gli occhi aperti, come se fosse stato sveglio tutta la notte.

Sbadigliando si avviò in mensa, e fu uno degli ultimi. Notò subito Marinette, in un angolo che parlava concitata con Rose e Juleka.

Appena lo notò gli fece un saluto, e lui iniziò ad avvicinarsi, sentendo quasi la stanchezza sparire.

-Adrien! Ti ho tenuto il posto!- lo interruppero due voci che parlarono all’unisono e gli si aggrapparono alle braccia, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Lila e Chloe poi si lanciarono due occhiatacce reciproche.

-Grazie, ragazze, ma devo parlare con Marinette- cercò di scrollarsele gentilmente di dosso, ma loro non demorsero.

-Ma… Adrikins, sei stato con Marinette tutta ieri. Pensavo fossimo amici- Chloe lo tirò verso di lei, con sguardo da cane bastonato.

-Mi avevi promesso di passare un po’ di tempo con me, ieri. Non pensavo fossi tipo da rimangiarti le promesse- Lila lo tirò più delicatamente, con espressione ugualmente ferita.

Adrien voleva restare calmo e cercare un compromesso. Magari potevano sedersi tutti e quattro insieme, oppure poteva dividere il tempo.

Ma quando vide l’espressione preoccupata di Marinette, già pronta ad intervenire per salvarlo, e si rese conto di quanto gli desse fastidio essere trattato in quel modo, non riuscì a mantenersi calmo, e sbottò. Non fu estremamente sgradevole, né alzò la voce, ma era un gesto molto lontano da lui, che fece rimanere di stucco le due ragazze.

Si liberò con uno strattone le braccia.

-Non ho promesso niente a nessuno. Non vi è passato per la testa che forse mi piace stare con Marinette perché lei non cerca di forzarmi a fare cose che non voglio? E per inciso, mi da davvero fastidio quando vi appoggiate e me in questo modo, e vi chiedo gentilmente di smetterla. Ora vado da Marinette. Se volete starmi vicino così tanto venite voi, non obbligatemi a raggiungervi- e senza neanche guardarle si avviò dalla ragazza dai capelli scuri, la cui espressione divenne ulteriormente preoccupata.

-Adrien, tutto bene?- chiese, notando le occhiaie e la sfuriata molto poco da lui.

-Sì, sono solo stanco. Mi dispiace non essere venuto in camera tua ieri. Sono crollato appena entrato nella mia stanza- Adrien si sedette tranquillo, come se non fosse successo niente. 

Lila e Chloe erano già tornate al loro posto, cercando di non attirare ulteriormente l’attenzione, e Adrien non voleva pensare a loro.

-Non preoccuparti, sono crollata anche io a un certo punto. Vuoi che ti vada a prendere qualcosa?- Marinette sembrò capire che era meglio non nominare le due ragazze e andrò dritta al sodo.

-Non preoccuparti, vado io, devo solo…- Adrien fece per alzarsi, ma un giramento di testa improvviso per poco non gli fece perdere l’equilibrio. 

Marinette lo afferrò appena in tempo.

-Sicuro di stare bene?- chiese nuovamente, controllandogli la fronte per essere sicura non scottasse, ma sembrava normale.

Adrien arrossì leggermente a quel contatto, e si sedette.

-Forse ho dormito male- provò a supporre, anche se non aveva molto senso. Aveva dormito come un sasso e quasi dieci ore di fila. Al massimo poteva aver dormito troppo.

-Vado a prenderti qualcosa. Un cornetto al cioccolato e un caffè vanno bene?- chiese Marinette, alzandosi senza che lui potesse fermarla e controllando il cibo rimasto.

-Mi sembra perfetto. Conosci bene i miei gusti- Adrien le sorrise riconoscente e rimase seduto ad aspettarla.

Rose gli lanciò un’occhiata maliziosa.

-Allora… tu e Marinette…?- iniziò a chiedere, ma Juleka la interruppe, probabilmente notando che le guance del ragazzo si erano già fatte rosse.

-Hai sentito le ultime notizie? Pare che abbiano rubato al museo di Castelvecchio- rivelò, con la solita voce bassa e timida. 

-State parlando del furto al museo?! Ne stavo giusto discutendo con Nathaniel. Sapete che la teca era quella dove Marinette è andata a sbattere?- si introdusse nel discorso Alix, piegando la testa verso di loro dal tavolo accanto.

Adrien rimase a bocca aperta.

-Cosa? Davvero? Proprio ieri sera?- chiese, sconvolto. La coincidenza era davvero incredibile.

-Già! Hanno rubato un pugnale. Credete possano aver approfittato della crepa nel vetro?- iniziò a supporre Alix.

Rose la guardò storto.

-Non è colpa di Marinette! È solo una coincidenza!- ci tenne a dire, anche se nessuno aveva fatto supposizioni al riguardo.

-Ecco a te, Adrien. Di cosa stavate parlando?- la Marinette in questione arrivò con un piatto di cornetti e il caffè, che per poco non fece cadere a causa della sua goffaggine. In quello Adrien doveva ammettere che non somigliava affatto a Ladybug, ad eccezione del loro primo incontro da supereroi.

-Del furto al museo- spiegò Nathaniel, entrando nella conversazione.

Marinette sbiancò.

-Già, il pugnale della Dama Scarlatta- annuì, sedendosi pensierosa -Che brutta storia- 

-La polizia ha qualche indizio?- chiese Adrien, con una curiosità che non gli apparteneva del tutto.

-Nessuna impronta digitale. Le telecamere hanno ripreso una figura completamente nera e coperta da una maschera e un cappuccio- spiegò Alix, alzando le spalle.

Rose prese il telefono, e lo mostrò ai due ragazzi.

-Ci sono solo alcune foto. Purtroppo gli articoli sono in italiano- disse, un po’ abbattuta.

-Potremmo chiedere a Lila- provò a suggerire Juleka, cercando la ragazza con lo sguardo.

-Aspetta, fammi provare- Marinette prese il telefono e cercò di ricordare qualcosa delle lezioni di italiano di sua nonna.

-Furto al museo di Castelvecchio… figura mascherata. Ombra oscura? Sembra che il vetro sia scomparso nel nulla e c’è solo… della cenere?- alzò lo sguardo su Adrien, con un minuscolo dubbio che iniziava ad aggirarsi nella sua testa.

Il ragazzo osservava l’articolo con un sorrisetto che sembrava quasi soddisfatto.

Emise quello che sembrava l’accenno ad una risata divertita, ma che divenne presto un colpo di tosse.

Non capì neanche lui cosa fosse successo, ma per un attimo, mentre osservava la scena e sentiva il riassunto di Marinette, si era dissociato dal suo corpo, e gli era venuta una voglia assurda di ridere. Riuscì a trattenersi a stento, e non capì l’origine di quelle emozioni così strane.

Cercò di distrarsi mangiando il cornetto.

-Ha preso il pugnale e ha tagliato il ritratto della Dama Scarlatta- concluse Marinette, tornando all’articolo e porgendo il cellulare a Rose, che lo rimise in tasca.

-Credete sia tornato dalla tomba per vendicarsi?- suppose Juleka, interessata.

-Credete che Papillon possa aver akumizzato qualcuno?! Magari il proprietario del museo o qualcosa del genere- osservò Rose, un po’ preoccupata.

-Papillon è stato sconfitto, e il Miraculous della farfalla è il possesso di Purplefly, è impossibile che sia un akumizzato- la rassicurò Marinette, anche se il furto aveva decisamente qualcosa di misterioso. 

Adrien si limitò a masticare il cornetto, quasi forzandosi, perché pensare a Papillon, suo padre, scomparso nel nulla gli aveva chiuso la gola.

-Allora forse è un supercattivo italiano che imita l’Ombra Oscura? Magari ha anche lui un Miraculous?- continuò a speculare Alix, eccitata da tutta la faccenda.

Marinette si tirò fuori dalla conversazione.

-Adrien, com’è il cornetto?- chiese al ragazzo, per cambiare argomento, notando il suo fastidio.

-Non buono come quelli della tua pasticceria- Adrien le fece un occhiolino molto da Chat Noir, che la fece sorridere e arrossire leggermente.

-Mi segno l’informazione per quando torniamo a Parigi- promise la ragazza, facendolo sorridere a sua volta.

Un cornetto, un caffè e la sua più cara amica, collega e cotta. Gli bastavano queste tre cose per risollevargli il morale. 

Anche se c’era un tarlo fastidioso nella sua testa, come un virus dormiente in attesa di essere nuovamente risvegliato.

 

Balcone di Giulietta, Verona, Presente

C’è qualcosa di davvero strano nel visitare il balcone di Giulietta da single. 

Vedi decine di coppie felici in fila per farsi la foto, parecchi biglietti di chi si strugge d’amore e da un lato soffri perché non hai l’altra metà della mela, dall’altro non è così male evitare una fila per un amore che nella maggior parte dei casi non è destinato a durare per sempre.

Inoltre se hai solo quindici anni e stai studiando Romeo e Giulietta sai che non sono esattamente un modello da seguire. Si sono conosciuti, sposati illegalmente e sono morti nel giro di poco tempo. Non è il tipo di amore che Marinette aspira ad avere.

Eppure, sia lei che Adrien, raggiunta la prossima meta della loro gita, durante una visita guidata per la città, non possono fare a meno di pensare a quanto sarebbe bello essere là in coppia… essere una coppia, loro due. 

-Ragazzi, per la visita faremo gruppi da due e uno da tre. Avete un’ora per visitare la casa e scattare le foto o lasciare bigliettini. Ci vediamo poi sotto al balcone. Ora vi passerò i biglietti- Madame Bustier spiegò la situazione, iniziando a distribuire i biglietti di ingresso per visitare la casa.

Adrien e Marinette si girarono l’uno verso l’altro in una muta richiesta di stare insieme. Non che fosse da chiedere. Praticamente i gruppi da due si formarono istantaneamente: Ivan e Mylene, Rose e Juleka, Max e Ivan, Alix e Nathaniel, Sabrina con Chloe, anche se quest’ultima adocchiava Adrien con sguardo di fuoco. Oltre a Marinette e Adrien c’era una sola persona che restava fuori.

-Adrien, Marinette, posso unirmi a voi?- chiese Lila, con sguardo innocente e modi educati. Teneva le mani dietro la schiena imbarazzata e non osò avvicinarsi ad Adrien.

Beh, seppure un’ottima attrice, i due ragazzi apprezzarono questa attenzione.

-Va bene, Lila- acconsentì Adrien, cercando in qualche modo di rimediare per averla trattata troppo freddamente. A dire il vero avrebbe voluto restare solo con Marinette, ma sapeva dal principio che sarebbe stato impossibile farlo in quella tappa.

Almeno non c’era anche Chloe.

-Sapete, è una delle mie mete preferite. Vorrei tantissimo fare una foto sul balcone di Giulietta- cominciò a dire la ragazza, mettendosi tra Adrien e Marinette cercando di non far notare che li stava chiaramente separando.

-Mi sembra un’ottima idea. Che ne dici se vai sul balcone e io e Marinette ti aspettiamo giù e ti facciamo la foto?- propose Adrien, con un sorriso innocente, nascondendo i suoi veri intenti bene quanto la grande bugiarda.

-Non saprei, non dovremmo separarci- provò ad obiettare Lila, non riuscendo ad evitare di far trasparire la sua evidente irritazione dalla piega che aveva subito preso la conversazione.

-Ho un’idea. Potremmo fare un giro insieme e attendere insieme in fila per il balcone e poi quando è il tuo turno io e Adrien scendiamo e ti facciamo la foto. Così staremo insieme la maggior parte del tempo- propose Marinette, talmente abituata ormai ad evitare ogni possibile akuma che anche quando non ce n’era bisogno cercava in tutti i modi di mantenere calmi gli animi.

Certo, la sé di poco tempo prima, così insicura sulla propria cotta, non ci avrebbe pensato due volte a cercare ogni scusa per allontanare Lila da Adrien, ma a pensarci adesso, dopo tutto quello che era successo, quella ragazza non era più il nemico spaventoso che credeva fosse.

Era una ragazza sola che utilizzava enormi bugie per ottenere tutto ciò che voleva. Ma se si basa la propria vita su menzogne, non ottieni mai nulla di reale.

Marinette non sapeva da dove le venisse tale ottimismo, ma era decisa a tenerselo stretto, per una volta.

Lila la squadrò per un minuto buono, indecisa se fidarsi o no di lei, ma alla fine convenne che era l’idea migliore per fare la foto da una buona angolazione e passare più tempo possibile con Adrien.

La prima mezzora la passarono all’interno, ma presto Lila insistette per mettersi in fila al balcone, dato che Chloe sembrava in procinto i unirsi a loro e l’italiana non aveva intenzione di dividersi Adrien anche con lei.

Beh, dividersi non era la parola giusta. Più che altro si stava prendendo qualche pezzo qua e la rubandolo a Marinette.

I due ragazzi infatti non avevano smesso un secondo di chiacchierare tra loro, e sebbene Lila cercasse di entrare nella conversazione, dopo poche frasi ritornava ad essere nuovamente ignorata.

Non riusciva a credere che si fossero uniti tanto in così poco tempo?! Forse si erano avvicinati lavorando insieme? A saperlo, anche Lila avrebbe iniziato a lavorare per Gabriel Agreste.

-Sai, Lila, mancano solo un paio di persone prima di te, forse è meglio che io e Marinette scendiamo, così riusciremo a fare la foto senza perdere troppo tempo- propose Adrien, interrompendo i pensieri infastiditi della compagna di classe.

-Sei sicuro di non voler fare la foto anche tu, Adrien? Marinette potrebbe scattarla da sotto e noi sembreremmo proprio Romeo e Giulietta. Mi farebbe così tanto piacere- Lila tentò di rubare qualche momento solo con Adrien, ma non era il suo giorno fortunato.

-Romeo in realtà è sotto al balcone, non sopra- obiettò infatti Marinette, ricordando la tragedia di Shakespeare.

-Già, io e Marinette ci avviamo, così non ci metteremo troppo tempo e non intaserai la fila- Adrien non se lo fece ripetere due volte, e fece per prendere Marinette per un polso e trascinarla via con sé.

-Allora Marinette potrebbe farci una foto tu come Romeo ed io come Giulietta- insistette Lila, venendo bellamente ignorata ma impossibilitata a seguire i due per non rischiare di perdere il posto nella fila.

Una volta fuori dalla portata d’orecchio, Adrien sospirò.

-Che stress. Perché insiste così tanto?!- osservò, rallentando il passo e avviandosi lentamente sotto al balcone, per passare più tempo possibile da solo con Marinette.

-Forse dovresti essere più chiaro su quello che provi per tutte le ragazze che ti stanno attorno- ridacchiò Marinette, tenendo il passo e non lasciandogli la mano.

-Non credo che servirebbe, sono irresistibile- atteggiandosi come Chat Noir, Adrien fece qualche posa da modello, facendo ridere ulteriormente la sua accompagnatrice.

-Se continui così perderai un’ammiratrice, Romeo- lo prese in giro, dandogli due colpetti sulla testa per farlo tornare normale.

-Ow, che pugnalata al cuore. Perdere l’unica persona che voglio conquistare- Adrien si mise una mano al petto, melodrammatico, e Marinette alzò gli occhi al cielo, senza riuscire a non arrossire.

-Sarà meglio sbrigarci prima che Lila inizi a sclerare- Marinette accelerò il passo e troppo presto i due si ritrovarono sotto il balcone.

Lila non era ancora arrivata, così Marinette e Adrien ne approfittarono per guardare un po’ il cortile.

La statua di Giulietta era davvero bella, e i centinaia di biglietti appesi al muro intenerirono parecchio Marinette. Chissà quante storie contenute in quelle lettere avevano trovato un lieto fine.

Marinette si girò verso Adrien per condividere il proprio pensiero ottimista, ma le parole le morirono in gola quando notò il suo sguardo. Il compagno, infatti, fissava la statua di Giulietta con un cipiglio severo, quasi arrabbiato.

-Adrien, va tutto be…?- Marinette provò ad attirare la sua attenzione, ma la domanda preoccupata venne interrotta dalla voce di Rose, che la chiamò con una certa urgenza da una panchina poco distante, con un foglio in mano e occhi da cucciolo

-Marinette, Marinette! Hai una penna? Volevo scrivere una lettera a Giulietta!- le spiegò, saltellando da una parte all’altra e facendole cenno di avvicinarsi.

Marinette armeggiò nella borsa, ma era piuttosto certa di avere una penna. Dopotutto si portava sempre appresso un blocco per appunti, nel caso le venisse ispirazione per eventuali bozzetti.

-Certo, arrivo subito. Adrien, vado un attimo dai ragazzi, ci pensi tu a Lila?- Marinette mise una mano sulla spalla del compagno per attirare la sua attenzione, e il ragazzo si girò verso di lei come se fosse appena uscito da una trance, e le sorrise.

-Certo, ci penso io. Vai pure- la rassicurò, con la solita adorabile gentilezza.

Proprio in quel momento, mentre Marinette approcciava gli altri amici, Lila fece la sua spettacolare comparsa sul balcone, e quando vide che Adrien era da solo, pronto a farle la foto, le si illuminarono gli occhi.

-Oh, Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo! Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome…- iniziò a recitare, dritto verso Adrien, in una ammirevole interpretazione e nella palese speranza che lui ricambiasse.

Lui non sembrò cogliere l’invito, e la fissò confuso e con la testa piegata da un lato.

Purtroppo, poco distante, Madame Bustier era ricomparsa e non si era persa la sentita recitazione di una delle sue allieve preferite, e sembrava entusiasta quanto lei dalla situazione.

-Oh, Lila! Che bella idea quella di interpretare la scena. Adrien, perché non continui?- suggerì quindi, tirando fuori il telefono per fare un video.

Avevano imparato il dialogo a memoria come compito in classe, quindi quello era un ottimo ripasso.

-Devo continuare ad ascoltarla o rispondere a ciò che dice?- recitò Adrien, con ben poca convinzione.

Lila continuò la sua parte, e il ragazzo lanciò un’occhiata di scuse verso Marinette.

L’amica si limitò a sorridere ed alzare le spalle.

Erano finiti i tempi in cui si lasciava condizionare da Lila e si ingelosiva per un nonnulla. Lei e Adrien ne avevano passate troppe, ormai, e Marinette aveva ormai imparato che un semplice discorso romantico non significava nulla se non c’era l’intenzione. 

Ed era palese che in Adrien non c’era l’intenzione.

-…Rinuncia quindi al tuo nome, Romeo, e in cambio di quello, che tuttavia non è una parte di te, accogli tutta me stessa- Lila concluse il monologo, e guardò Adrien aspettandosi una risposta.

Il ragazzo l’accontentò, ma invece di rivolgersi a lei, guardò Marinette.

-Ti prendo in parola, d’ora in avanti non sarò più Romeo, ma l’Ombra oscura, se vi garba, mia signora- cambiò però completamente atteggiamento a metà frase, e aggiunse pezzi che non erano assolutamente presenti nella versione originale.

-Che?- chiese Lila, sorpresa.

-Adrien, cosa stai dicendo? L’opera non fa così- commento Madame Bustier, confusa.

-Adrien…- Marinette azzardò qualche passo verso di lui, ma mentre si avvicinava, una bizzarra serie di eventi colsero alla sprovvista tutti coloro che avevano iniziato a seguire la faccenda.

Adrien si prese la testa tra le mani e si piegò in avanti, con un verso dolorante. Marinette si affrettò a raggiungerlo, ma le ginocchia le cedettero, e cadde rovinosamente a terra, iniziando a piangere senza riuscire a trattenersi.

Era un’emozione così inaspettata e ingiustificata che Marinette ci mise qualche secondo a rendersi del tutto conto di cosa stesse succedendo, e quando tornò del tutto in sé, sembrava come se il mondo fosse andato avanti senza di lei per qualche minuto.

Lila era già scesa. Lei e Chloe erano piegate verso Adrien. Madame Bustier stava parlando con delle guardie di sicurezza che si stavano avvicinando a loro mentre Rose, Alix e Nathaniel la stavano sorreggendo e offrendo dell’acqua.

-Che è successo?- chiese Marinette, guardandosi intorno confusa e cercando di avvicinarsi ad Adrien, che si stava alzando a sua volta e aveva appena sollevato la testa verso di lei, preoccupato.

-Siete collassati entrambi un secondo, poi tu sei stata stranissima. Ti sei guardata intorno come se non riconoscessi il luogo e hai fissato Adrien come se fossi spaventata, o arrabbiata, borbottando qualcosa sull’Ombra Oscura- spiegò Alix, l’unica non abbastanza sconvolta da essere del tutto ammutolita.

Marinette era senza parole. Non ne aveva alcun ricordo.

Si portò le mani alle orecchie, dove gli orecchini sembrava che le stessero bruciando la pelle, e cercò una scusa al volo per giustificare il mancamento.

-Devo aver avuto un calo di zuccheri. Ho mangiato poco a colazione. Mi dispiace avervi fatto preoccupare- mentì, alzandosi e sentendo in fretta le forze che le tornavano.

-Signorina, sta bene?- chiese una delle guardie allertate dalla professoressa, avvicinandosi per controllare la situazione, con un francese molto elementare.

-Sì, sto bene. Mi sento benissimo- la rassicurò lei, con un grande sorriso, prima di avvicinarsi ad Adrien, che stava venendo interrogato da un’altra guardia.

-Sto bene, agente. Forse ho preso una leggera insolazione, e ho dormito poco, questa notte- mentì anche Adrien, con la stessa espressione di Marinette.

-Scommetto che quei due hanno passato la notte svegli e insieme a fare chissà che cosa- commentò Kim, giunto da poco, e tirando gomitate maliziose verso Max. Marinette sperò davvero di essere stata l’unica a sentirlo, perché la sola idea che anche Adrien immaginasse quello che le era appena venuto alla mente era troppo imbarazzante da sopportare.

Ma aveva problemi più urgenti di un pettegolezzo.

-Adrien, tutto bene?- chiese Marinette, una volta che gli agenti se ne furono andati.

-Sì, io…- la risposta del biondo venne interrotta da Lila e Chloe, che gli si pararono davanti come a proteggerlo da Marinette.

-Gira a largo, Dupain-Cheng. Sta messo già abbastanza male senza che tu peggiori la situazione con la tua imbranataggine- la insultò Chloe.

-Non voglio certo sminuirti, ma forse tenervi insieme è pericoloso. Siamo già a due incidenti- commentò invece Lila, abbastanza forte da farsi sentire da Madame Bustier.

-Non vorrei certo allontanarvi, ragazzi, ma forse è meglio che nelle successive attività a coppie siate separati, per sicurezza. Adrien può restare con Lila, e Marinette può andare nel gruppo di Chloe e Sabrina- suggerì la professoressa, pensierosa.

-Cosa?! Non può stare con Sabrina e basta e farmi stare con Adrikins?- chiese Chloe, stringendosi al braccio di Adrien, che sembrava in procinto di staccarselo pur di evitare quel fastidioso contatto.

-No, Chloe, la mia decisione è presa. Magari lavorando insieme andrete anche più d’accordo- suggerì la professoressa, sempre gentile ma irremovibile.

Marinette avrebbe voluto obiettare, ma sapeva che sarebbe stato inutile.

Si limitò a sospirare, e annuire, lanciando una triste occhiata verso il ragazzo nascosto dalle due arpie.

Non aveva mai riposto molte speranze in quel viaggio, a dire il vero, ma stava andando tutto molto peggio di quanto avrebbe pensato.

Mentre rientravano nell’autobus per continuare il tour della città, che comprendeva anche il pranzo, Adrien riuscì ad avvicinarsi abbastanza a lei da sussurrarle qualcosa all’orecchio.

-Parliamo dopo cena-

E Marinette non era mai stata così felice di essere in punizione.

 

Hotel, Verona, Presente

Il resto della giornata era stato piuttosto tranquillo, dato che non c’erano state ulteriori attività divisi in coppie, ma Marinette doveva ammettere che non vedeva l’ora di tornare in camera, parlare con Adrien, e cercare di capire cosa fosse successo sotto al balcone.

Più ci pensava e meno riusciva a capacitarsi della stranezza della situazione.

Sicuramente i Miraculous avevano a che fare con gli eventi, ma come era possibile? Che centrasse il desiderio espresso da Papillon? Master Fu aveva intimato a Marinette di non utilizzare il Miraculous a meno che non fosse estremamente necessario. Forse era instabile. Ma perché cancellarle la memoria? E perché mai avrebbe dovuto parlare dell’Ombra oscura?

Passò la cena a rimuginarsi, perdendosi le chiacchiere di Alix, Nathaniel, Juleka e Rose, e quando finalmente fu l’ora di tornare in camera, riuscì a raggiungere Adrien per parlare.

-Adrien, vengo in camera tua o tu vieni nella mia?- chiese, pronta ad agire, e non pensando a quanto equivoca potesse sembrare quella frase. Per fortuna non se ne accorse, o sarebbe diventata più rossa della sua tuta da supereroina.

-Oh, salve. Mi dispiace ma sono molto stanco, stasera. Che ne dici di parlarne domani? Ho davvero bisogno di dormire- Adrien le lanciò un’occhiata scostante e un sorriso falso, che lasciò Marinette interdetta per qualche secondo.

-Cosa? Non possiamo parlare almeno cinque minuti? La situazione è strana e magari potremmo chiamare Master Fu e…- Marinette gli mise una mano sulla spalle per fermarlo e farlo ragionare, ma Adrien si liberò dalla sua presa con uno strattone.

-…e farci tornare a Parigi? No, grazie! È stato un mancamento di poca importanza. Dobbiamo solo riposare entrambi. Buonanotte, coccinella- Adrien la superò con un occhiolino e la precedette in corridoio, lasciandola immobile e incredula.

Adrien si comportava in maniera davvero bizzarra. La faccenda si faceva sempre più strana.

Marinette tornò in camera sua decisa a chiamare Alya e mettersi in contatto con Fu tramite Purplefly, ma si interrompe poco prima di avviare la chiamata.

Forse stava esagerando. Non aveva senso agitarsi tanto per quello che con tutta probabilità era davvero un calo di zuccheri, o un colpo di sonno, o una conseguenza della botta alla testa che aveva ricevuto il giorno prima.

Perché rovinare la giornata di Alya e mettere inutilmente in allerta Fu quando poteva semplicemente stare un po’ più attenta e indagare da sola.

Le arrivò una videochiamata da Alya proprio mentre ponderava se parlare o tenersi tutto dentro, e decise per il momento di non tirare fuori l’argomento, e rispondere e basta.

-Ciao, Alya, come va?- chiese, con un sorriso un po’ forzato.

L’amica non sembrò rendersi conto che qualcosa non andava, perché era troppo entusiasta.

-Pretendo che tu mi faccia una statua per essere la migliore amica del mondo!- esordì infatti, portando il volto in primissimo piano e quasi spaventando Marinette.

-Woo, che ha fatto Purplefly quest’oggi?- chiese Marinette, divertita dal suo entusiasmo.

-Deduco dal tuo sbandierare ai quattro venti la mia identità che sei da sola in camera, quindi ti dirò tutto…- Alya ridacchiò, schiarendosi la voce e cercando di creare un po’ di suspence. Marinette decise che non le avrebbe rovinato la soddisfazione con le sue paranoie.

-Su, racconta!- incoraggiò invece l’amica, che decise di sputare il rospo.

-Ho sventato una rapina nella tua pasticceria!- le rivelò, orgogliosa.

Marinette, già pronta ad esultare, impallidì.

-Cosa?! Hanno tentato di rapinare la mia pasticceria?! Mamma e papà stanno bene?- chiese, preoccupata.

-Certo! Non è stato facilissimo perché il ladro era molto organizzato e un sostenitore di Papillon, ma ho creato il mio primo akuma buono, tua madre, e ho arrestato il manigoldo senza che rubasse nulla, ci puoi giurare!- le rassicurò Alya, facendosi la croce sul cuore.

-Sei davvero la migliore amica del mondo. Avrei tanto voluto vedere mia madre akumizzata a fin di bene- commentò Marinette, rassicurata. 

Chiacchierarono per un’altra mezzora delle rispettive giornate. Marinette raccontò della punizione di Madame Bustier, ma non accennò all’improvvisa perdita di memoria e gli strani riferimenti a Ombra Oscura e Dama Scarlatta.

Alla fine, il sonno iniziò a chiuderle le palpebre.

-Oggi niente Adrien?- chiese Alya, provando a svegliarla.

-Dice di aver dormito male, e che preferisce andare a letto presto. Almeno domani potremo uscire la sera insieme agli altri- Marinette cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno.

-Sperando che le solite terze incomode non rovinino tutto. Pretendo quell’appuntamento a quattro, appena tornati. Non scordarlo- Alya era determinata.

-Lo spero quanto te. Ma adesso è meglio chiudere, mi sta salendo un grande sonno- Marinette sbadigliò, e Alya sembrò capire.

-Fa sogni d’oro, Marinette. Domani devi essere sveglia e pimpante per l’operazione Giardino Segreto 2.0- la incoraggiò, decisa.

Marinette ridacchiò, e dopo i rispettivi saluti, chiuse la chiamata.

Si stiracchiò, ripensando ai fatti salienti della giornata, e toccando con attenzione gli orecchini.

Per fortuna li aveva portati in gita, perché se qualcuno avesse provato a rubarli sarebbe stato pericoloso.

Aprì la sua borsetta con attenzione e accarezzò Tikki. Il kwami non si era ancora ripreso dall’uso dei Miraculous che aveva fatto Papillon, e dormiva la maggior parte del tempo. Marinette avrebbe tanto voluto poter chiedere aiuto a lei.

Decise di non pensarci, mettersi in pigiama, e andare a dormire.

 

Balcone di Giulietta, Verona, Presente

Una figura con un mantello e una maschera nera giocherellava distrattamente con il pugnale che aveva trafugato il giorno prima. Dapprima tenendolo in equilibrio sul dito, poi lanciandolo e riprendendolo al volo.

Sembrava annoiato e in attesa di qualcosa, o qualcuno. Era appollaiato sulla balaustra del balcone di Giulietta, e il suo sguardo era fisso sulla statua nel cortile sotto di lui.

Dopo l’ennesimo lancio del coltello, esso non gli ritornò in mano.

Sorrise.

-Speravo proprio che mi raggiungessi qui- commentò l’uomo, alzando la testa e puntando gli occhi verdi verso la figura appena arrivata, con il coltello in mano ben stretto come arma e abilmente in equilibrio sul tetto.

Indossava un corsetto rosso con pois neri, leggins scuri e una gonna corta con simile design. Al volto portava una maschera da carnevale di Venezia che lo copriva quasi interamente. I suoi capelli, neri con riflessi bluastri, erano acconciati in maniera davvero elegante.

-Che ci fai qui, Ombra Oscura?- chiese la nuova venuta, puntandogli il coltello contro.

Ombra Oscura non perse il sorriso, che anzi si ampliò. Un sorriso senza alcuna traccia di emozione ad eccezione di una cieca rabbia.

-Non lo so. Suppongo di essere un’anima errante che vaga nella terra per sfuggire all’inferno che merito. Piuttosto mi chiedo cosa ci faccia tu, qui. Pensavo che la pura Dama Scarlatta fosse già in Paradiso, accudita dagli angeli. Non vedevi l’ora di morire, dopotutto- la figura nera si stiracchiò, iniziando a camminare sulla balaustra e sentendosi il padrone della situazione.

La mano di Dama Scarlatta tremava leggermente, ma cercava in tutti i modi di apparire decisa.

-Sono qui per fermarti. Come ho sempre fatto e sempre farò- annunciò, preparandosi già a colpire.

-Forte, allora abbiamo lo stesso scopo. Anche se il mio si avvicina di più al: distruggere ogni singola traccia di te dall’intero universo!- gli occhi di Ombra Oscura brillarono, la sua mano destra si caricò di potere distruttivo, e attaccò la sua rivale.

Dama Scarlatta evitò il primo attacco, e ricambiò con il pugnale, che però era del tutto inutile, ormai, almeno contro gli esseri umani.

Colpì con la massima potenza il braccio di Ombra Oscura, ma gli procurò solo una ferita superficiale, facendolo ridacchiare.

-Ci andiamo giù pesante, coccinella- commentò l’uomo, per niente turbato, prendendo il bastone con la mano libera e iniziando ad attaccare la donna su due fronti.

Lei iniziò a schivare, con grande abilità, usando lo yoyo per deviare i colpi del bastone.

Lo scontro passò preso dal balcone al tetto, ed infine sul cortile.

Dama Scarlatta lanciò il coltello con un gesto abile in modo che facesse il giro di un boomerang, e approfittò della distrazione di Ombra Oscura, troppo impegnato a schivarlo, per afferrargli il bastone con lo yoyo e disarmarlo.

-Non puoi sconfiggermi. Questa volta non permetterò che semini il panico a Verona- lo minacciò, tenendo il bastone e lo yoyo con entrambe le mani.

Affrontare la sua nemesi le aveva donato nuova sicurezza, e gli occhi azzurri dietro la maschera mandavano scintille.

Ombra Oscura iniziò ad indietreggiare, andando quasi a sbattere contro la statua di Giulietta.

-Hai vinto una battaglia, forse. Ma non la guerra- le promise, sollevando la mano destra dietro di lui e colpendo la statua, che sparì in un cumulo di cenere.

Dama Scarlatta sobbalzò, e gli si avvicinò pronta a fermarlo definitivamente.

-Non arrabbiarti tanto, non ti somigliava neanche. Tu eri molto più bella- Ombra Oscura le fece un occhiolino, e con un balzo tornò sul tetto, sfuggendo alla ragazza.

Dama Scarlatta provò a riacchiapparlo con lo yoyo, ma il commento l’aveva destabilizzata, e sbagliò la mira, lasciandoselo sfuggire tra le ombre della notte.

La donna era pronta ad inseguirlo, ma un attacco di tosse la fece accasciare a terra.

Il bastone le sparì dalle mani, segno che il rivale si era ritrasformato.

E capì che probabilmente era il caso di fare altrettanto.

-Vincerò io la guerra. È una promessa!- annunciò al nulla, rimettendosi in piedi e tornando da dove era venuta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora, da dove cominciare?

Magari dal fatto che ho aggiornato a Febbraio e siamo a Ottobre… quasi?

Scusate per il ritardo gigantesco. Tralasciando l’ispirazione a terra, e alcuni esami che ho dovuto fare, sono anche stata impegnata in altri progetti e ultimamente la mia passione per Miraculous è un po’ scesa (in realtà è scesa già dall’inizio della terza stagione, quindi potete immaginare). Ma questa storia troverà una conclusione, dovessi metterci anni. Sono troppo affezionata alla trama che ho scelto, anche se contraddirà un triliardo di cose che vengono dette dalla terza stagione in poi ma dettagli.

Spero che qualcuno ci sia ancora a leggere questa storiella scritta con poche pretese ma molta determinazione, e se vi andasse di lasciare una recensione posso assicurarvi che accelereste il processo creativo ^^’

Ma niente pressioni. Visto il ritardo non pretendo e non merito assolutamente nulla se non delle critiche, probabilmente.

Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo in meno di otto mesi (cavolo è stata una gravidanza con parto prematuro) e spero ancora di più che almeno questo capitolo vi piaccia.

C’è la famosa scena del balcone… x2. E un combattimento finale che non so scrivere.

E momenti pucciosi tra Adrien e Marinette, che ripagano un po’ del fatto che effettivamente succeda poco.

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