I giorni della Fiamma Nera

di _Niente_Paura_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Ciao! Voglio fare un gioco con te! Tranquillo non sono l'enigmista.
Il testo è pieno zeppo di citazioni, vediamo se siete così bravi nello scovarne almeno qualcuna.





 
I giorni della Fiamma Nera




Capitolo 1


1. Come tutto iniziò


Tanto tempo fa, prima che la piaga dei demoni si originasse e si diffondesse, Stadibrant era un regno come gli altri.
Anche in quei tempi antichi la famiglia reale era sempre la stessa, e a quel tempo regnava Kniverod, famosa e rinomata maga.
A quei tempi la famiglia reale dimorava presso Castel d'Avorio, una grande struttura ellittica e biancastra, costruita con mattoni di calce.
Presentava archi a sesto acuto, e guglie che svettavano su per il cielo. Vi erano quattro torri d'avvistamento, le quali erano posizionate ai quattro punti cardinali; altre quattro, posizionate equidistanti dalle torri d'avvistamento erano più basse, adibite all'osservazione del cortile interno.
L'arredo era assai sfarzoso, ed il porpora la faceva da padrone, così da spezzare con i pavimenti fatti interamente d'avorio.
La sala del trono era meravigliosa. Ampia e spaziosa, con una vetrata colorata alle spalle dello Scranno. Esso era il vero protagonista della sala: alto, pomposo ed assolutamente scomodo; ma del resto tale oggetto rappresentava il potere, come poteva essere mai comodo?
La regina Kniverod a tale spiegazione preferiva riderci su, ma non ci si soffermava mai più di tanto, non amava particolarmente pensare a quanto fosse pesante il fardello di regnante.
Del resto, la regina non amava aprirsi con le persone. Preferiva di gran lunga rimuginare sui suoi pensieri, ed abbandonarsi a loro per ore. Poi successivamente li avrebbe appuntati, con rigorosa precisione, dentro il suo taccuino. Ne aveva a decine di quei libricini, e nel corso della sua vita avrebbe riempito un intero scaffale di quella roba. Tali scritti vennero custoditi ad Arcana Bibli, secolare biblioteca, costruita ancor prima di Castel d'Avorio. Tale sontuosa struttura si trovava poco distante dal castello, proprio dinanzi una piazza.
La regina era una donna alta e snella, un seno piccolo, così come il sedere. Il collo, alto e sottile, sosteneva una testa leggermente allungata con le guance scavate. Le labbra sottili spesso erano serrate e raramente da lì vi trapelava anche un solo sorriso.
Lunghi capelli rossicci venivano tenuti saldamente da una semplice acconciatura austera.
Portava sempre lunghi abiti dai colori scuri e preferibilmente con il colletto alto, sui quali teneva le mani giunte sul ventre piatto, con le braccia gracili piegate leggermente.
Era sicuramente una figura molto elegante, pur rimanendo molto semplice. Raramente indossava gioielli, solamente un anello che non toglieva mai. Diceva fosse un amuleto, che le permetteva di poter controllare meglio la propria magia.
Ciò incuriosiva sia i praticanti di magia, sia i non avvezzi a tale arte, ma nonostante ciò Kniverod non era tanto predisposta a spiegare di più su questo amuleto. A dir la verità Kniverod non era molto avvezza a spiegare le cosa in generale. Fu per tale motivo che delle sue conoscenze ciò che non fù scritto andò perduto.


Un giorno, Kniverod annunciò di dover partire per il nord, fuori dai confini di Stadibrant.
Aveva ricevuto una lettera da parte di un suo vecchio amico, e fu costretta ad una partenza frettolosa. Il perchè preciso non si è mai saputo, questo non è altro che uno dei tanti misteri che la storia si porterà con sé nella tomba. Chi è il detentore della verità? Chi la conosce in fondo? A volte neanche chi sa i fatti non sa quale sia la risposta. Ammesso e concesso ce ne sia una.
– Allora io vado – Sibilò la regina tenendo strette le redini del cavallo.
– Mia regina, prima che vada...– Kniverod si voltò verso il fido consigliere.
– Edgar, non ho tempo da perdere –
– Mi prometta che farà ritorno – Esitò per qualche istante la regina, poi dischiuse le labbra senza saper che rispondere.
– Non faccio promesse senza che io sappia con certezza di poterne mantenere le parole – Disse infine. Ingoiò l'amaro rospo il consigliere, e lasciò andar via l'amata regina. Strinse forte i pugni, ed osservò la donna allontanarsi velocemente a cavallo. La osservò fin che fosse possibile, poi quando tramontò all'orizzonte, distolse lo sguardo rammaricato e preoccupato.
Dopo circa cinque giorni, Kniverod superò i confini del regno, abbandonando un paesaggio a lei familiare. Quel che l'attendeva fuori dai confini, era un qualcosa di già visto, ma pochissime volte.
Alti pini contornavano la strada composta da ciottoli, grandi pianure s'estendevano per chissà quanti chilometri, ed ogni tanto, una casetta dalla quale usciva del fumo dal comignolo.
Passò un'altra settimana, e finalmente giunse a destinazione.
Una strana conformazione rocciosa si ergeva fiera dinanzi a lei: roccia scura, ricoperta da alcuni strati di terra.
Solo alcuni arbusti e cespugli bassi avevano il coraggio di crescere in cima a queste strane montagne.
Kniverod tirò fuori la lettera: all'interno vi erano delle indicazioni per poter trovare il rifugio. Scese da cavallo, e si avvicinò ad una parete rocciosa trainandolo con le redini.
– Ostende mihi –
Poggiò una mano sulla parete. D'improvviso una luce partì dalla mano della donna, delle spaccature che s'allargavano per tutta la parete rocciosa. Queste spaccature sembrarono attivare un meccanismo, il quale fece aprire una fessura che altro non era se non l'entrata.
Così la donna, insieme al cavallo, s'addentrò nella fessura buia. Appena entrarono il passaggio alle loro spalle si chiuse rumorosamente, facendo sobbalzare il cavallo.
Il corridoio era buio, freddo ed umido, ma del resto era una caverna scavata all'interno di una montagna.
Dopo alcuni attimi ecco arrivare la luce, appena uscita dal corridoio, si trovò dinanzi ad una spirale rocciosa, la quale sembrava sfidasse le leggi della fisica. Si snodava verso l'alto, un sottile strato di terra che formava una spirale che s'allargava verso l'alto e si stringeva verso il basso. Sotto lo strato terroso fuoriuscivano delle sottili radici, appartenenti alle piante che avevano deciso di dimorarvi sopra, ma la donna non si pose tante domande, in quanto era consapevole del tipo di magia praticata dal suo vecchio amico.


Arrivata finalmente in cima, legò il cavallo ad una trave di legno e bussò ripetutamente alla porta.
La casa che stava in cima alla spirale era molto piccola, composta da mattoni essiccati di fango e paglia. Un comignolo basso e tozzo era appena visibile, e da esso strabordava del fumo biancastro.
La porta era bella spessa, e piuttosto semplice. Molto probabilmente abete, dato che era l'unico albero visibile nelle vicinanze.
Sporgendosi dalla spirale. Guardando di sotto, era possibile vedere, oltre ad un tappeto di Abeti, una voragine, dentro la quale la spirale affondava le radici.
– Un attimo! Quanta fretta.– Borbottò una voce chiaramente disturbata.
Appena questo aprì la porta, si trovò a pochi centimetri il muso lungo di Kniverod.
Si prese un bello spavento il poveretto, il quale dopo alcuni istanti scoppiò a ridere.
– Oh! Finalmente sei qui, vecchia!– L'espressione di Kniverod non cambiò minimamente, e in maniera molto seccata entrò nella casetta.
– C'è poco di cui essere allegri. Sbrighiamoci a fare questa cosa.– Posò lo zaino di fretta e furia, precipitandosi già all'uscita.
Vinz, il caro amico della sovrana, era un uomo basso e con la pancia ben pronunciata; era calvo e portava un folto pizzetto grigio. Questo si portò davanti la regina, e la condusse ad una scalinata più tosto ripida, la forma di tale scala seguiva la spirale, rendendo la discesa poco piacevole.
Non v'erano rumori nei pressi, solo un fastidioso e ripetitivo gracchiare di corvi. Com'era possibile che vi fossero corvi all'interno, questo era un mistero per Vinz, il quale sosteneva di non averne visto uscire neanche uno.
Quando arrivarono all'entrata della voragine, la strada si fece più stretta, divenendo un tunnel claustrofobico che sprofondava nelle viscere della terra per chissà quanti chilometri.
Si addentrarono in quel buco assai buio, e Kniverod, con l'ausilio della magia e del suo dominio, riuscì a far luce grazie ad una fiammella flebile sul palmo della mano.
Le pareti fredde ed umide erano assai vicine fra loro, rendendo il passaggio estremamente claustrofobico. A tratti s'aveva la sensazione di dovervi soffocare all'interno,
ma nonostante ciò, Kniverod non mostrò alcun accenno di paura, non che fosse stupida, era consapevole che quella grotta non era sicura, ma il panico certamente non avrebbe aiutato.
I corvi gracchiarono ancora, ed i loro versi stridenti echeggiavano attraverso le pareti di quella stretta galleria.
La galleria continuava per tanti metri, ed ad ogni passo quel luogo diveniva sempre più buio, fino a diventare completamente nero. Solo la fiamma di Kniverod riusciva a far capire qualcosa ai due avventurieri, tingendo di rosso le pareti rocciose. Alla fine del percorso giunsero verso quello che sembrava un baratro senza fine. Ora il verso dei corvi era molto vicino, l'opprimente gracchiare di quelle creature riecheggiava nelle loro teste.
Vinz provò a lanciare un sasso dentro la voragine, ma non riuscì a sentirne la caduta. Incuriosita da questa peculiarità, Kniverod segno qualcosa sul suo taccuino.
– Vinz, fatti da parte. Voglio provare a comunicare.–
– Dici con i corvi? – Chiese Vinz abbastanza titubante.
– Sì, devono per forza essere qui.–
Così, senza esitazione, l'uomo si allontanò di qualche passo, in modo da non entrare nel raggio di Kniverod.
Quello che vide, fu un qualcosa che mai prima d'ora aveva visto. La sovrana, dopo aver raggiunto la concentrazione necessaria, incanalò l'energia e la convogliò nell'oscurità, sotto forma di un raggio violaceo. Ma nonostante ciò, l'interno dell'abisso sembrò non illuminarsi.
Questo, fu il primo avvistamento di quello che successivamente verrà chiamato Abisso.
Incredulo Vinz osservava la scena, mentre dall'altra parte sembrò levarsi un urlo quasi meccanico. Si tappò d'istinto le orecchie, cosa che però non fece Kniverod, la quale sembrava capisse quel suono .
In quel momento stava dialogando, con qualunque cosa vi fosse dall'altra parte. Il vento gelido s'insinuò nella caverna, scompigliando i capelli di Kniverod. Uno stormo di corvi emerse dall'Abisso, ed investì in pieno i due maghi, facendo così cadere rovinosamente Kniverod a terra.
– Kniverod! Tutto bene?– Cercò d'afferrare il braccio di questa, che stava sdraiata su di un fianco, cercando di alzarsi.
– Sì, sto bene. Andiamocene da qui. –
– Cosa ti ha detto quella voce?– Un attimo di esitazione da parte della sovrana, cosa assai strana da parte sua. Questa si alzò di scatto e tenendo per la mano il suo amico, corse veloce verso l'uscita.
– Cosa è successo Kniverod? –
– Ci avevi visto giusto Vinz, lì dentro c'è qualcuno. –
– Chi?– La donna aveva il fiatone, gli occhi erano sbarrati e fissi sulla voragine,
– Gente di altri mondi.– L'uomo assai perplesso la prese per le braccia e la scosse.
– Sii chiara! Dannazione!–
Lo guardò dritto negli occhi, poi ritornò alla voragine.
– Non lo so Vinz, erano persone! Non sapevano un bel niente!– Vinz la osservò sconcertato
– E allora il suono metallico? Parlavi anche tu in quel modo.– Una faccia stranita da parte della sovrana.
– Ho parlato normalmente per tutto il tempo.–


Non se ne accorsero immediatamente, ma da quel giorno le cose cambiarono. E cambiarono anche abbastanza in fretta.
Fatto ritorno a Stadibrant, la regina ricevette notizie sconcertanti da ogni parte del regno. Era come se ogni cosa avesse preso vita. Si cominciò a parlare di demoni, creature che fino all'ora erano state relegate a leggende popolane. I morti ritornarono dall'oltretomba, sotto forma di demoni dell'aldilà.
La gente ebbe paura, non capendo cosa stesse succedendo. Ed ebbero assai timore, quando notarono tutti che i corvi adesso erano strani, come se li stessero osservando.
Kniverod quindi, decise di dedicare tutte le sue forze nello studio di questi fenomeni, fondando a conti fatti una nuova scuola di magia : La Negromanzia, in particolar modo lei si specializzò in demonologia.
Kniverod divenne la prima negromante, la prima a poter parlare coi demoni.
Affinò il più possibile la sua capacità, e scrisse tutto ciò che riuscì a capire nei suoi taccuini, i quali ancora oggi risiedono nella biblioteca della odierna Torre Cinerea.
Quando ella raggiunse la fine della sua vita, stava sdraiata sul letto. La pelle rugosa e secca aveva vissuto una lunga vita, ed all'età di novant'anni finalmente era pronta a spirare.
La sera della sua morte, entrando dalla finestra della sua camera si presentò un demone. Questo era fumoso, il volto annerito ma con alcuni tratti somatici appena distinguibili.
La voce era metallica e le corde vocali sembravano stessero per cedere. Sgranò gli occhi la vecchia Kniverod, osservando quella strana creatura. Con quel poco di energie che aveva in corpo, sibilò parole tremanti, che appena uscirono dalla bocca.
– Un demone dell'oltretomba– tossicchiò appena, poi continuò – Sei venuto per porre fine alle mie sofferenze? –
- Non solo, cara – Sorrise genuinamente sotto la fitta nebbia nera che s'allargava in viso. - Sono qui per allietarti con una profezia, per poi concederti il sonno eterno – Distese il collo l'anziana, chiudendo gli occhi.
- Non mentirmi demone, non esiste il sonno eterno – Una vena di disagio parve comparire sul volto del demone.
- Dopo essere morta, la mia anima si staccherà dal mio corpo – Tossì violentemente, costringendo il suo fragile corpo a piegarsi. – E resterà intrappolata in questa dimensione –
Il demone ascoltava stupita le parole della donna, come se non capisse cosa stesse dicendo.
– Così si creano i demoni dell'oltre tomba – Si sforzò di voltarsi verso quella figura fumosa, dopodiché le sorrise dolcemente – Immagino che il mio spirito non abbia più memoria dopo la morte – Ancora un altro colpo, ed il sangue uscì dalla sua bocca, macchiando il lenzuolo bianco.
– Oramai è troppo tardi per capire. Lascia che la morte ti porti sollievo – Il demone con le sue mani ossute si avvicinò al corpo dell'anziana, e le sistemò le mani sopra il ventre.
– Per secoli gli uomini cercheranno di debellare la piaga dei demoni, ma senza riuscirci, ma arriverà un giorno, non molto lontano, in cui delle fiamme nere ci circonderanno. E sarà allora che il corvo non avrà più nulla da vedere.– Dette queste parole indietreggiò il demone, le sorrise dolcemente accarezzandole le mani. Kniverod a sua volta le sorrise di rimando, e dopo aver chiuso gli occhi esalò il suo ultimo respiro. Ma prima d'andare, il demone prese il suo taccuino e vi scrisse la profezia nell'ultima pagina.

2. Cambiamenti


Passarono i secoli dalla morte di Kniverod, e si susseguirono molti sovrani, ma nessuno seppe dare un concreto aiuto per ciò che riguardasse la piaga dei demoni.
A quei tempi regnava il sovrano Brann, lontano discendete della famosa negromante. Esso era un uomo di media altezza, ingobbito ormai dall'età. La testa era ricoperta da radi boccoli candidi come la neve, il volto era coperto dal medesimo colore, ed a circondare le sottili labbra vi era un pizzetto ben curato.
Vestiva molto bene il sovrano, il quale indossava una pesante tonaca color porpora sopra il corpo gracile. Era molto elegante, e alle dita portava tre anelli, di cui uno era l'amuleto appartenuto aKniverod in persona.
Ormai il sovrano era giunto alla fine della sua vita; da un paio di mesi era stato costretto a letto per via degli acciacchi della vecchiaia, ma nonostante la situazione, l'anziano sembrava non troppo preoccupato.
– Ho vissuto senza rimpianti – Rispondeva sempre verso i due figlioli, i quali lo guardavano con rammarico.
I due figli erano entrambi maschi, ma nati da due matrimoni diversi.
Il primogenito si chiamava Svart. Un ragazzo alto, dai capelli neri e lisci che arrivavano alla nuca e due occhi dalle iridi dorate. Sicuramente colori peculiari per quelle zone.
La pelle era assai chiara, mentre il volto era smunto e le labbra sottili. Tratti somatici assai simili alla regina Kniverod, ''qualità'' che causava non poco fastidio in Arakria, la seconda moglie del sovrano, ed anche a Birken, il secondogenito di Brann.
Quest'ultimo assomigliava a sua volta al padre, ma in lui vi era anche una forte influenza materna. Il viso più tondo rispetto al fratello, gli occhi grandi e verdi, le labbra un po' più polpose, ed infine i capelli ricci di un marrone scuro.
Era sicuramente un bel ragazzo, più corpulento rispetto al maggiore, ma anche un po' più basso.
Questo era un gran oratore, molto più spigliato rispetto a Svart. Mentre il primogenito preferiva starsene sulle sue e studiare le arti magiche, l'altro intratteneva lunghe chiacchierate con gli ospiti.
Ma nonostante i due fratelli fossero così diversi, non avevano mai dato accenno di detestarsi.
Ora che i due erano nella stessa stanza con il padre, mentre questo morente sorrideva loro, tale gesto sembrava non aver causato alcun problema.
– Birken, figlio mio … Potresti lasciarci soli un attimo? – Forse per la prima volta vide in volto l'invidia di suo fratello, m non ci fece tanto caso sul momento, si limitò a guardarlo stranito Svart, con le sue iridi dorate.
– Svart, tu sei il più grande … Sai che quando morirò, il trono sarà tuo. – Tossì il vecchio, adocchiando un punto imprecisato della stanza. Lo riprese Svart, poggiando la mano sulla sua spalla con aria assai preoccupata.
– Padre, cosa volete dirmi? – Lo incoraggiò il giovane con un dolce sorriso. Il sovrano gli sorrise di rimando, osservandolo a sua volta. Dolci sguardi di un padre che doveva essere molto affettuoso nei suoi riguardi.
– Il compito che ti aspetta è sicuramente ingrato, ed io non sono riuscito a dare il mio contributo. – – Svart, promettimi che farai del tuo meglio.– Gli occhi lucidi del sovrano s'intrecciarono con lo sguardo titubante del giovane Svart, il quale sul viso aveva impressa l'espressione di chi conosce la portata di quel compito, del fardello che gli spettava, anche se non sapeva se ce l'avrebbe fatta.
– Lo prometto.– e pronunciando quelle fatidiche parole gli strinse forte le mani, due lacrime solcarono il viso del corvino. Le mani tremanti del sovrano furono strette forte del primogenito, il quale lo guardava intensamente, come a cercar speranza negli occhi di un uomo che stava per morire.
– Bravo figliolo, ora va'.– Restò perplesso il giovane, e lo guardò come a cercar risposte
– Vorrei trascorrere un po' di tempo con mia moglie. Sai … Prima di morire– abbozzò un sorriso sbilenco e stanco. Annuì Svart, ed uscì fuori dalla stanza mentre gli occhi vigili del padre lo scrutavano.


Passarono le ore, poi giorni, ma ancora Arakria non voleva saperne d'uscire. La sua presenza non sembrava disturbare il sovrano, che non accennava alcuna obiezione alla presenza della moglie e quella sporadica del figlio.
Notando che anche Birken potesse entrare, Svart provò ad entrare a sua volta nella stanza del padre morente.
Quasi stentò a crederci quando Arakria gli si piazzò dinanzi, impedendogli l'accesso. Era una donna bassa, molto formosa e con un volto tondeggiante.
Era una donna assai corpulenta, ma di sicuro non avrebbe fatto fatica a sbalzarla via.
– Cosa sei venuto a fare? Tuo padre ha bisogno di riposo – Rispose acida questa, e a tratti infastidita. Quasi non la riconobbe in quegli atteggiamenti sguaiati ed ineducati.
– Sono venuto a sapere come sta mio padre – Questa storse il naso indignata, e voltando lo sguardo verso il letto del sovrano sputò veleno dalla bocca.
– Come vuoi che stia? – Sbuffò, come se fosse una cosa inaccettabile che un figlio venisse a visitare il proprio padre.
– Posso entrare?– Chiese Svart cercando di mettere da parte del risentimento crescente.
– Ah! Adesso vuoi entrare? Quando tuo padre è sul letto di morte?– sguardo inferocito da parte sua, mentre dall'altra parte v'era uno Svart che massaggiandosi la tempia, implorava la calma di non abbandonarlo.
– Cosa vorreste insinuare? – obbiettò il corvino a denti stretti. Arakria tutta infuriata lo guardò fisso, con gli occhi infiammati.
– Non ho tempo da perdere con te! Lasciaci in pace, almeno fino a quando mio maritò non sarà morto – e detto ciò provò a chiudergli la porta in faccia, ma questo prontamente piazzò il piede sull'uscio, bloccando la chiusura.
– Dovreste sapere che si da del lei a persone di un certo rango. Ma del resto da dei porci non mi aspetto il rispetto– e sprezzante sfilò via il piede per poi fare un inchino ed andarsene via, lasciando quella donna di stucco. Questa scrollò le spalle, e borbottando qualcosa contro il corvino, chiuse la porta.


Già da tempo Castel d'Avorio non esisteva più; solo ceneri e rovine restavano, ed una torre solitaria annerita dal grande incendio. Tale avvenimento era rimasto impresso nei cuori della gente, e la storia del tragico incendio si tramandò di generazione in generazione.
La luce prima o poi sarebbe scomparsa, e quella torre nera altro non era che l'avvisaglia dei giorni della Fiamma Nera.
Dopo tale incidente fu disegnato immediatamente un nuovo castello, il quale si sviluppava intorno alla torre Nera. Più che un castello pareva un grande sistema di torri di varie altezze realizzate con mattoni in pietra vulcanica. Il suo nome era Forte Fenice.
Davanti quella che era la nuova reggia, vi era una piazza, la quale esisteva addirittura prima della costruzione di Castel d'Avorio.
Era una semplice piazza, con il pavimento realizzato con dei semplici ciottoli grigiastri. Al centro una fontana raffigurante un eroe ormai dimenticato.
Tante strutture sono state costruite lì attorno, tante sono cadute in disuso e poi riutilizzate, ma una sola restava immutata nei secoli, la meravigliosa e secolare Arcana Bibli.
Il principe Svart era solito andarci e passarci intere giornate, studiando dozzine e dozzine di libri. Spesso tramontava il sole e neanche si accorgeva che fosse ora di rincasare. Come di normale amministrazione andò presso la secolare biblioteca.
In vero era da un paio di mesi che aveva perso l'abitudine, in quanto suo padre morente aveva scosso la quotidianità del ragazzo.
Seppur col cuor pesante ripensando agli avvenimenti spiacevoli di qualche ora fa, il ragazzo si diresse verso Arcana Bibli.
Una volta varcata la soglia si guardò bene attorno, lo sguardo dorato incrociava gli enormi scaffali ed i bibliotecari che ordinavano i libri. Era un luogo assai affollato, ma di norma molto silenzioso, tranne quando rincasava un esploratore. Divertente come esploratori e bibliotecari fossero così opposti, era una cosa che incuriosiva non poco Svart, il quale sotto i baffi rideva sempre al ritorno di uno di questi.
Fu una lieta scoperta quando dopo un paio di minuti sentì riaprire lo spesso portone di Arcana. Si voltò e rintracciò una magra figura avvolta da un panno di lino verdastro, un turbante sul capo che copriva il viso e lasciava una fessura per gli occhi color nocciola.
Assottigliò gli occhi, cercando di capir chi fosse quella figura. Che fosse un esploratore l'aveva già capito, osservando lo zaino di Arcana Bibli stracolmo di tesori e mappe.
La figura srotolò il turbante lasciando intravedere una morbida barba lunga ma curata, gli occhi vispi di un color nocciola erano dietro due lenti graduate. Un sorriso si stampò sul viso del nuovo arrivato, così come su Svart.
– Da quanto tempo Svart! – Esclamò l'uomo andando incontro a quest'ultimo ed abbracciandolo. L'altro d'altro canto ricambiò l'abbraccio stringendolo forte a sé.
– Troppo tempo amico mio! – L'espressione del principe era assai sollevata e rilassata, chiuse gli occhi per qualche istante ispirando per bene e saggiando il sapore di sabbia dell'amico. L'uomo in questione si chiamava Logan, esploratore di Arcana Bibli, e Vice capo della sua sezione. Era un bravissimo ragazzo, anche se assai sbadato e con la testa fra le nuvole, ma era proprio questo ciò che amava Svart di lui. Era uno spirito libero, curioso e instancabile e sopratutto fedele amico.
Era un uomo di media altezza, sicuramente più basso di Svart e Birken. Non possedeva i tratti tipici di Stadibrant, infatti esso proveniva dal deserto di Sukkrage, vicino alla dimora dei draghi e della Gente Bianca.
Il volto allungato e piccolo, il collo era alto e la corporatura esile. Aveva dei morbidi capelli marroncini e li portava ad una media lunghezza, ma quello che più colpiva di lui era lo sguardo. Aveva un dolce sorriso, il quale però trasmetteva sicurezza e forse un pizzico di spavalderia. Portava quasi sempre le braccia incrociate e la testa alta, cercando sempre un dettaglio nascosto nella parete.
Aveva trent'anni, ma sicuramente nell'atteggiamento era rimasto un ragazzino sognatore.
Passò non poco tempo ed i due andarono a chiacchierare in una delle serre di Arcana, onde evitare di disturbare eventuali fruitori della biblioteca pubblica.
Andarono in una delle serre secondarie, abbastanza piccolina ma comunque sufficiente per contenere un paio di piante. Mentre Logan dava spuntatine ai cespugli di rose, Svart l'osservava incuriosito ma silente. Fu l'esploratore a interrompere il silenzio, mantenendo lo sguardo sui cespugli e dando le spalle al principe sogghignò leggermente.
– Allora Svart, cosa mi racconta il mio bel principe? – Un sorriso sornione sul volto dello studioso, il quale aveva appena deciso di voltarsi verso l'amico per qualche istante, tempo d'ottenere risposta da parte di questo.
– Da dove cominciare … Sono successe troppe cose dalla tua partenza – Strinse dolcemente il mento tra il pollice l'indice socchiudendo gli occhi dorati. L'altro si voltò verso il cespuglio, aspettando pazientemente risposta.
– Comincia dall'avvenimento più vicino, per poi andare a quello più lontano – Suggerì l'amico dai capelli nocciola. Senza troppa esitazione Svart vuotò il sacco
– A quanto pare la moglie di mio padre ha qualcosa contro di me, ma non capisco il perchè –
Logan ridacchiò, poi si voltò verso Svart con un sopracciglio inarcato
– Sicuro che sia una cosa assurda? Non so … hai mai sentito parlare di gelosia? – Al che sgranò gli occhi il corvino – Voglio dire, sei il primogenito e non sei suo figlio. Una gelosia sensata –
Scosse la testa Svart, cercando di mandar via i brutti pensieri.
– Allora perchè sta venendo fuori questa storia? – Se la rise di gusto Logan, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma era chiaro a lui da esterno, non da chi è offuscato da sentimenti e legami. – Andiamo, lo sai pure tu. Passati una mano sul cuore e pensa attentamente ai loro atteggiamenti. Non c'è stata una volta dove ti hanno dato l'impressione di non tenerci alla tua persona? –
Gli occhi del principe divennero sempre più pensierosi, così come l'espressione crucciata. Vedendo tale reazione si ammorbidì l'amico, andando a dargli una pacca sulla spalla.
– Non è sicuro quel che penso io, ma è molto probabile. Ti prego Svart, non illuderti e sta' attento – Uno sguardo d'intesa fra i due – Io sono e sarò sempre dalla tua parte – Aggiunge un secondo dopo, poi lo strinse forte in un abbraccio.


La sera era ormai calata, e Svart era già rientrato da un paio d'ore. Questo non volle cenar difronte la sua matrigna, e anche se sperava in cuor suo di suscitarle una qualche reazione con il suo comportamento, solo il silenzio gli fu concesso.
Triste e solo, il corvino decise di bussare alle stanza di Birken. Ora che ci pensava era sempre stato lui a cercar Birken, era stato sempre lui a preoccuparsi per lui, mai il contrario. Una fitta al cuore, ma preferì stringere i denti e bussare alla stanza. Mai come allora quel corridoio gli era parso ignoto e freddo.
Quando fu aperta la stanza, sull'uscio v'era Birken. Da sempre aveva quell'espressione? L'aveva sempre visto così sprezzante? Qual'era la ragione di quell'atteggiamento freddo misto a sorpresa. Era normale che lui fosse lì a chiarire, lui era Svart, suo fratello.
Eppure Svart ebbe la netta sensazione che quello non fosse Birken, che suo fratello fosse stato rimpiazzato da un qualche fantoccio.
– Birken … io … io sono venuto … – questo, scocciato ed infastidito sbuffò ; ciò fece sgranare gli occhi di Svart, oramai increduli.
– Non capisco, perchè ti stai comportando così? – Questo si voltò dall'altra parte
– Perchè ti sei rifiutato di cenare con mia madre? – Un tono di risentimento salì dalla gola di Birken, quasi stentava a crederci stesse accadendo realmente.
– Tu non c'entri niente in questa situazione –
– Sì, ma hai ferito qualcuno vicino a me –
– Ed io? Io non sono nessuno per te? Non abbiamo la stessa importanza ai tuoi occhi? Sono tuo fratello! – Un attimo di silenzio, un silenzio assordante e pesante, ricolmo d'odio, risentimento. Mai prima d'ora era stato ferito, e mai più sarà trafitto in tale maniera. Ingoiò il rospo amaro ed indietreggiò atterrito.
– Siamo fratellastri, ricorda – Parole fredde, che mai avrebbe immaginato potessero uscire dalla bocca di quel ragazzo che tanto aveva amato. Nessuno era stato amato come lui, neanche la sua promessa, neanche suo padre. Quante cose gli aveva confidato. Ogni volta che aveva bisogno di conforto o voleva esultare, chiamava lui, ma solo ora capì che quel meraviglioso sentimento non era ricambiato.
– Addio Birken, ammesso e concesso sia realmente esistito il Birken che io ho conosciuto –




3. Rotto


Tempo fa, Kniverod forgiò una lancia. Tale oggetto possedeva una punta romboidale d'ossidiana, il manico nero era intarsiato ed impreziosito da rifiniture dorate.
La scelta della punta in ossidiana non era affatto casuale, questo materiale s'era scoperto fosse il punto debole dei demoni, qualsiasi fosse la loro classe e provenienza. Quest'arma fu tramandata, insieme alla corona dorata.
Svart stava maneggiando questa pregiata arma, la osservava con aria stupita ed esterrefatta. Passò l'indice sulla parte piatta della punta, poi sfiorò il filo dell'arma.
Quasi non credeva questa meravigliosa lancia dovesse divenire sua. Mentre lui osservava con meraviglia tale arnese, dietro lui v'era Arakria, i quali occhi erano arcigni come quelli di un falco.
Si voltò il giovane corvino, gli occhi dorati incrociarono quelli della donna. Essa ebbe un sussulto, e quasi fosse stata disturbata si voltò d'altra parte.
– Sono venuta a dirti di andare da tuo padre, non ha molto tempo – Disse lei con voce stridula ed acida. Annuì e non proferì parola alcuna Svart, non degnandola completamente di alcuno sguardo. Lei non esisteva più, era solo nessuno.
Una volta entrato nella stanza del padre, notò immediatamente quell'atmosfera cupa. Il silenzio aleggiava ingordo sulle teste dei presenti, solo il fiato mozzato del sovrano s'udiva. Con ampie falcate, Svart si diresse al suo letto, vedendo avvicinarsi la figura morente di suo padre.
Quasi non gli pareva vero, un uomo che ricordava gagliardo, vigoroso e forte, ora era divenuto l'ombra di sé stesso. Ma del resto la morte rende tutti uguali, miseri esseri inermi.
Occhi grigiastri, che cercavano disperatamente il figlio e quando lo vide ebbe un rapido sospiro.
Con le ultime forze rimaste il sovrano cercò di prendere le forti mani di Svart, sollevò lo sguardo e fissò quelle iridi dorate, contemplando quel figlio che sembrava lo avesse amato così tanto.
– Figlio … nella mia vita … ho capito solo una cosa … – Una flebile voce uscì da quelle labbra tremanti e da quel volto sciupato – Il destino è crudele … figliolo … e gli uomini … sono miserabili … – Una lacrima solcò il viso del sovrano ormai stremato – Essi vivono nel terrore della morte … ma fuggendo da essa … la rincorrono … – Le parole erano biascicate, ma non voleva saperne di fermarsi, stringeva con tutte le sue forze le mani del figlio. Nel mentre Svart era in ginocchio, alla destra del padre e pendeva dalle sue labbra.
– Io ti affido questo regno … spero tu possa essere un sovrano migliore … di quello che io sono stato – Sul volto si dipinse un sorriso tirato – Trova … la fiamma nera … Svart … trova un modo– e così dicendo si lasciò andare sul letto, ormai fin troppo stanco pure per parlare.


Quel giorno Svart fece ritorno ad Arcana Bibli, con la speranza di trovare Logan. Caso fortuito ancora non era partito per la successiva spedizione, era ancora lì a bisticciare con la Mentore di Arcana, Nadieta. Quella donna era proprio insopportabile, una sessantenne nel corpo di una quarantenne. Faceva innervosire Svart, figuriamoci uno spirito libero come Logan.
Nell'istante in cui Svart trovò Logan, sentì una trafila di lamentele da parte di Nadieta. Erano richieste assurde, che mai Logan avrebbe accolto. Infatti dopo poco tempo s'allontanò da quest'ultima. Colse la palla al balzo Svart, ed andò a rintracciare Logan.
– Oh! Principe Svart, quale onore riavervi qui in biblioteca, mi dica pure cosa cerca – Nadieta stava a pochi metri da loro, con le mani giunte ed il volto rivolto verso il corvino e il sottoposto. Questi si voltarono lentamente, mentre Logan accennò un sorriso nervoso per poi darsela a gambe con scuse, Svart restò lì, seppur di malavoglia.
– Buon giorno signora Nadieta, volevo svolgere una ricerca in merito ad una profezia – dichiarò immediatamente il principe osservando la donna. Ella era una donna di media altezza, capelli color biondo cenere ed una soffice pelle chiara. Gli occhi erano vispi e di un color nocciola, mentre le labbra appena carnose spesso s'inclinavano in un sorriso.
– Capisco, mi può dire quale di preciso ? – era una donna assai disponibile ed era un vero piacere passar del tempo con lei, se non fosse per quegli scatti d'improvvisa pazzia che ogni tanto le saltavano fuori.
– La profezia della Fiamma Nera – a tale risposta il volto della donna s'incupì e fece cenno di seguirla. Nadieta lo condusse davanti uno scaffale che all'apparenza era uno come gli altri, ma bastava prendere un libro, per poi rendersi conto che questi erano dei taccuini su cui vi erano annotati pensieri e supposizioni, e a volte dei risultati di ricerche.
– Quello che cerca nessuno l'ha mai capito, ma magari Kniverod potrebbe aiutarla principe – Nadieta adocchiò Svart per un lungo istante, poi chinò il capo – Se vi serve altro aiuto, consultate pure la scuola di Negromanzia, ne sapranno sicuramente di più – Annuì il corvino con aria comprensiva.
Le pagine dei taccuini erano tutte ingiallite e sottili, sfogliava quei manufatti con estrema cautela. Ogni qual volta che sentiva il frusciare di una pagina, aveva la sensazione che questa si sarebbe sgretolata sotto le sue mani.
Fra le pagine antiche e le parole alte e strette, sembrava quasi non ci fosse nulla, ma invece ecco comparir le prime notizie. Queste stavano sparse ed in penombra, ma ora che Svart andava leggendo, ecco che pian piano emergevano.


Non so cosa diavolo sia quel pozzo, ma ho sentito delle voci. Erano umane, esattamente come me! Anche loro chiedevano chi fossi, per chissà quale motivo, Vinz non ha sentito nulla di tutto ciò”


Sono comparse delle creature qualche minuto fa, non le avevo mai viste. Erano eteree, come i fantasmi delle ballate. Dicono di essere spiriti, spiriti dei fiumi, delle montagne … Non ne sto capendo più nulla”


Demoni, credo sia questa la giusta parola che definisce queste strane creature. Credo che abbiano qualcosa a che fare con quel baratro.”


Dopo circa un paio d'ore passate a cercare indizi fra i taccuini, arrivò la Mentore alle spalle di Svart e con tono pacato lo richiamò alla sua attenzione
– Mi scusi Principe Svart, ma credo dovrebbe ritornare – Sollevò il capo questo, andando ad osservare il volto preoccupato della donna.
– Per quale motivo Mentore ? – Tossicchiò nervosamente la donna, poi distogliendo lo sguardo dal viso di Svart biascicò una timida frase
– Vostro padre … il nostro sovrano … è morto – Era chiaro che la donna non trovasse il modo di dare una notizia così dura. Da poco era giunta alle sue orecchie, e già era calato il silenzio in tutta la città.
Si bloccò il tempo attorno al giovane principe, il quale d'improvviso percepì l'intero mondo crollargli addosso. Le pupille si restrinsero e le nocche sbiancarono talmente tanto vennero strette. Il torpore prese il sopravvento sul corvino, adagiandolo in un mare di freddo torpore ed insensibilità. Lui non sentiva d'appartenere a quella realtà, non era vero, non era mai morto nessuno, ma era tutto vero e si ruppe qualcosa quando vide il gelido cadavere del padre.
Toccò le mani giunte sul ventre, fredde come il mare d'inverno, poi diede un bacio su quella morbida guancia, ma nulla sorse in lui, neanche un pigro sentimento. Non v'era nulla dentro Svart, se non il nero puro e profondo.
La luce che illuminava gli occhi del corvino era sinistra, non erano più vispi e vivaci come quelli d'un tempo.
Il corpo del defunto sovrano venne adagiato sulla pira, ed un singhiozzo da parte d'Arakria s'udì in tutta la piazza. Le fiamme avvamparono la catasta di legno, poi avvolsero il corpo inerme di Brann e se l'inghiottirono. Fiamme riflesse sugli occhi di Svart, oramai privi di alcuna emozione, le labbra serrate in una gelida pace d'emozioni.
Arakria oramai era raggomitolata su sé stessa e pianse tutte le sue lacrime, mentre il figlio Birken la teneva stretta a sé con gli occhi fissi sulla pira in fiamme.
Brann era morto, ed ora il testimone andava passato.


Il cambiamento di Svart non passò inosservato, ma inizialmente tale cambiamento, s'attribuì alla scomparsa del padre. Anche se a dirla tutta Arakria non era di tale opinione, né tanto meno Birken. Dicevano fosse più uomo che bestia, che non fosse adatto a governare, ma su quale base lo dicessero, questo proprio gli altri non lo sapevano. Così i due furono semplicemente ignorati, e sperarono che Svart ritornasse quello d'un tempo, ma le cose non sembravano affatto migliorare.
Che il primogenito fosse sempre stato strano non v'era alcun dubbio, quei capelli neri come la pece e quegli occhi dorati non erano per nulla normali.
Quando nacque, il bambino uscì dall'utero della madre accompagnato da budella e una sostanza nera. Ovviamente la madre morì sul colpo, ed il sovrano restò solo con il bambino, anche sé non impiegò tanto tempo a ritrovar moglie.


Era un giorno come gli altri, le nuvole s'erano dissipate, il sole era alto nel cielo e la vita sembrava procedere come se nulla fosse.
L'incoronazione di Svart era ormai alle porte, i preparativi si sentivano dentro il forte annerito. I Nobili di tutto Stadibrant erano giunti dai loro possedimenti per assistere all'incoronazione del loro nuovo sovrano. Da poco giungeva la principessa Berenice, non che sposa del futuro Re Svart.
Questa era una bellezza esotica che attirava spesso lo sguardo su di sé. La pelle biancastra, con un timido accenno di rosato sotto gli occhi e sulle guance morbide. I capelli sottili erano argentati, spesso venivano legati in una stretta treccia a spiga di pesce.
Berenice faceva parte di quell'etnia chiamata “gente bianca”, ed il motivo di tale nome era più che ovvio. Chi faceva parte di quest'etnia possedeva dei lineamenti smussati e delicati, i colori della pelle, degli occhi e dei capelli erano tendenti al bianco.
La donna appena arrivata all'entrata di Forte Fenice, non potè fare a meno di osservare la struttura ed il panorama mozzafiato che si godeva da lì.
Il forte si trovava proprio al di sopra d'una collina, era visibile l'intera capitale, anche se da lì pareva un grande tappeto di tetti e guglie.
Osservò il forte, notando una leggera differenza nei mattoni tra una torre e le altre. Pareva che l'intero fortino si sviluppasse a partire da questa, ed effettivamente così era.
Alte torri svettavano su per il cielo, al di sopra dei tetti spioventi con delle tegole verdi e brillanti come lo smeraldo.
La ragazza osservava i dettagli gotici della struttura nera, mentre dei corvi gracchiando rumorosamente si posarono su dei davanzali osservandoli. Gargoyle sopra i tetti di prismarino, alti e stretti vasi era posizionati agli angoli delle inferriate.
Berenice dopo aver scrutato con cura l'intera abitazione, entrò seguendo la servitù che l'aspettava sulla soglia della porta.


Fu immediatamente sera, ed i preparativi per la cerimonia divennero ancor più soffocanti e frenetici. Svart era stato tirato a lucido, doveva dar il meglio di sé in tale sede. La pelle levigata e vellutata venne incipriata, i capelli corvini vennero lavati e le mani ed i piedi vennero levigati, liberandoli da eventuali calli.
La corona d'oro massiccio fu messa a nuovo, lustrata in ogni minimo intarsio. La lancia fu riparata ove fosse necessario, riportando la punta in vetro di drago al suo antico splendore. L'anello fu lustrato per poi essere infilato al dito medio del futuro sovrano.
Svart pareva un'altra persona sotto quella luce così regale. Seppur d'aspetto rimaneva uguale, così come nel portamento, lo sguardo era cambiato. Assente, triste, offuscato. Non proferiva parola da quando il padre era morto, accennava un sì biascicato od un no con il cenno della testa.
Seppur fosse passato un paio di giorni, questo lasso di tempo non sembrava fosse bastato al giovane Svart per riprendersi, ma nonostante questo fardello sul cuore non esitò minimamente nell'adempiere ai suoi doveri da sovrano.
Nera l'armatura di cui fu rivestito, rossi gli intarsi che impreziosivano le lastre di metallo. Rosso il pennacchio dell'elmo che teneva nel braccio destro.
Aprì l'immenso portone di legno con ambe le mani, i palmi premettero sulle assi e dai cardini fuoriuscì uno stridente rumore.
Silenzio in sala, una miriade di gente era accalcata sul tappeto rosso e dorato ed attendevano un suo passo.
Deglutì Svart, osservando i presenti con un pizzico di pressione. Gli occhi da sbarrati cercò di riportarli alla normalità, fessure dorate che saettavano da una parte all'altra.
Avanzò d'un passo, poi di un altro. Ampie falcate che lo condussero per tutto il tappeto fino alla sua fine.
Si fermò dinanzi delle brevi scalinate, salì queste dopo aver visto il cerimoniere. S'inginocchio e rivolse lo sguardo verso il basso.
Il fiato del pubblico era mozzato, non una mosca osava proferir parola, solo il cerimoniere dischiudette la bocca per lasciarsi fuggire delle frasi d'apertura, ma Svart non le sentiva era tutto così offuscato e veloce.
– Principe Svart, giura sul suo onore, sulla sua vita e sulla sua progenie? –
– Lo giuro – Rispose secco lui
– Giura di onorare il paese con i suoi servigi, di rispettarlo e di servirlo al massimo delle sue possibilità ?–
– Lo giuro –
– Io nomino Svart, di casa Rejen, primo del suo nome, protettore del regno di Stadibrant e ricercatore della Fiamma Nera – Poggiò con dolcezza la corona sul capo corvino dell'ormai Re. Svart ora si alzò ed osservò la platea che l'osservava trepidante. Prese in mano la lancia che gli fu posta e la baciò.
– Lunga vita al Re! – e da lì s'udirono forti applausi da parte dei nobili nella sala. Svart cercò disperatamente nella folla un viso a lui amico, ma non trovò nessuno. Fu allora che capì d'essere solo.




 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Capitolo 2


1. Una rivelazione nel passato


Prima che Brann morisse e i rapporti tra i due principi si spezzassero, Birken usava commemorare la tomba della regina Kniverod, così da poter entrare nelle sue grazie ed aver protezione.
Era un giorno come gli altri, il vento soffiava forte e i corvi gracchiavano. Era dinanzi l'entrata del cimitero reale, e tante lapidi erano distese ordinatamente a schiera, ogni tanto interrompeva la fila un pino o una siepe, oppure una grande statua marmorea raffigurante un angelo.
Entrò il giovane, guardandosi bene intorno. Occhi sgranati fissavano le lapidi nere ed i fiori accostati sulle tombe. Tra le mani stringeva un mazzo di tulipani gialli, mentre accelerava il passo divenuto sempre più svelto.
Giunto nel mezzo dell'appezzamento di terreno si fermo, ormai arrivato dinanzi un'alta statua anch'essa fatta di marmo. Questa raffigurava una donna alta dai lineamenti duri e severi, una corporatura esile e slanciata coperta da una tonaca elegante. I capelli erano raccolti in un morbido chignone e lo sguardo severo puntava dritto al basso, proprio dove si trovava il giovane. Questo messo a disagio, passò una manata tra i ricci marroncini, poi poggiò con dolcezza i tulipani difronte la lapide biancastra, ormai rovinata nei secoli.
Tossicchiò nervosamente il ragazzo, poi si sedette giungendo le mani e bisbigliando parole di preghiera.
Lui ancora non sapeva cosa stesse facendo, ma ciò che bisbigliava era una forma molto primordiale di Negromanzia.
Un colpo leggero di vento leggero scompigliò i capelli di Birken, sollevò il mantello porpora. Le mani giunte, gli occhi chiusi e le labbra dischiuse mormoravano parole sacre rivolte alla regina Kniverod.
S'illuminarono gli occhi della statua, ma non ebbe il coraggio di guardar l'artefice di quell'evocazione, si limitò a continuare nella sua preghiera con fervore, fin quando fu proprio una figura ad alzargli il mento con le sottili ed ossute dita.
Quando alzò lo sguardo notò immediatamente il volto scurito, era come se non l'avesse o quanto meno fosse indefinito. Una chiazza nera al posto del volto, mentre il corpo era pallido come la carta.
Non osò aprir bocca Birken, osservando quella figura snella e slanciata con quelle dita ossute che sfioravano le sue guance.
– Chi osa disturbar il mio secolare riposo, e per qual motivo? – una voce metallica uscì dal volto oscurato, e quasi non credeva alle proprie orecchie il giovane principe Birken. Sgranò gli occhi, mentre lui paralizzato dalla paura non riusciva minimamente a muoversi né tanto meno parlare.
– Allora? Sto aspettando te ragazzo – balbettò qualcosa Birken, poi finalmente riuscì a comporre una frase di senso compiuto
– Io … io volevo solo … solo avere il vostro favore … – Una gracchiante risata uscì dalla figura eterea che ora stava al disopra del giovane e l'osservava dall'alto in basso
– Sei proprio un delizioso bambino – dalla coltre nebbia nera s'intravide un sorriso e due occhi fiammeggianti – Almeno hai capito chi sono vedo – sopirò leggermente la donna
– Voi … siete Kniverod? – un'altra risata da parte dello spirito
– Certamente, e tu chi saresti? Un mio antenato? – annuì Birken ora molto più a suo agio. Il demone dell'oltretomba si avvinò al suolo e si piegò verso il ragazzo. Era sera e non v'era nessuno nelle vicinanze, a parte quegli assillanti ed opprimenti corvi.
– Ma conferma i miei sospetti, non sei tu il principe primogenito – restò spiazzato a tale domanda
– Sì … sì, sono Birken il secondogenito … Come fate a sapere queste cose ? –
– Ma dimmi, conosci l'arte della Demonologia? – Fece cenno di diniego il ragazzo, e quello che ottenne fu un verso spazientito da parte dello spirito – Quale graziosa e gaia coincidenza! Non sei per nulla consapevole del prodigio da te compiuto! – osservò per bene lo spirito, a tratti incredulo – Oh giovane, non è mica inconsapevole della straordinaria impresa da te compiuta? Ma non c'è motivo di serbare tanto stupore per un mio discendente – un ampio sorriso bianco comparve nella macchia nera – Ordunque ragazzo, mi rivelasti qualche minuto addietro di voler il mio favore, ma giovane stolto, non sai che i Demoni d'oltretomba non possono modificare il piano materiale? Ma sta' tranquillo, ti rivelerò altresì una informazione importante, ti svelerò il segreto della Fiamma Nera, ma ti comando di farne buon uso.– un attimo di pausa, così da poter scrutare arcigna il ragazzo – Capelli neri come il carbone, occhi dorati come quelli di un falco, sono colori assai strani ma comunque presenti sul volto alieno. Si spezzerà qualcosa dentro, e noterai come l'uomo diventerà bestia. Nero diverrà il suo sangue, nere le unghie delle mani ed aguzzi diverranno i denti. Sarà dunque compiuta la trasformazione … ed allora vedrai, proprio vicino a te , la Fiamma Nera. –






2. La malattia


Forte Fenice era costellato di ritratti, ma uno in particolare aveva attirato l'attenzione di Berenice, la quale aspettava l'arrivo del futuro marito. Era un ritratto di Svart, dipinto giusto qualche anno fa.
Svart a quel tempo era sicuramente di bell'aspetto, piacente e con un portamento elegante ma anche affabile. I neri capelli cadevano morbidamente sui zigomi alti e gli occhi dorati penetravano affondo nello sguardo lucente della ragazza.
Questa si presentava come un esile figura avvolta in un abito largo color azzurro, mentre i lunghi capelli bianchi e mossi erano raccolti da un fermaglio a forma di scaglia.
Intanto nel corridoio, uno Svart assai frettoloso s'accingeva ad incontrare Berenice. Lo sguardo era scostante, mentre l'andatura diveniva sempre più meccanica e rigida. Con ampie falcate Svart si stava avvicinando alla sala dei ricevimenti, ove l'aspettava la futura sposa.
Portava una larga camicia bianca e neri pantaloni infilati in alti stivali in pelle anch'essa nera. Le mani erano lunghe ed eleganti, queste erano avvolte da dei morbidi guanti in velluto nero.
Entrò in tale stanza sbattendo la porta ed entrando come una furia, era palese che la morte del padre l'avesse scosso non poco. Le orbite segnate e solcate di nero, gli occhi dorati brillavano d'una luce assai strana e le labbra pendevano pericolosamente verso il basso. Una cosa che saltava immediatamente all'occhio di Berenice, oltre all'atteggiamento brusco, era un ricorrente ghigno da parte del futuro sposo, il quale mostrava dei denti da una forma abbastanza aguzza.
Si avvicinò con cautela Berenice, l'osservò per bene e chinò il capo
– Piacere di conoscerla altezza – sibilò appena Berenice accennando un inchino, cercando di mascherare lo stupore relativo all'aspetto del giovane. Bofonchiò qualcosa il nuovo Re, poi sollevò gli occhi gelidi verso la donna
– Il piacere è mio Lady Berenice – la voce suadente uscì dalla gola del Re, il quale adocchiava la ragazza e la squadrava dall'alto in basso – Com'è stato il viaggio? Faticoso? – ed aggiungendo tale quesito si accomodò su una poltrona, invitando Berenice con i gesti a far lo stesso.
– Oh no, il viaggio è stato molto piacevole! Sembra volato il tempo! Una volta giunta nella capitale, be' sono rimasta molto colpita dalla bellezza di questa! – un sorriso timido nacque sul volto scavato di Svart, il quale con lo sguardo penetrante solcava l'animo della giovane.
– Sono assai felice che le piaccia, sa trascorrerà molto tempo qui – un sorriso di rito da parte della ragazza, mentre dall'altro sorrise con fare assai piacente.
– Eh be', in effetti ha ragione – una breve risata dalla donna, la quale sistemava nervosamente i bianchi capelli – Sono rimasta molto più colpita però dal Forte. È veramente maestoso, anche se incute un po' di timore –
– Come biasimarla Lady Berenice, la storia del Forte non è esattamente la più felice – lo sguardo dorato andò verso la finestra ed il sorriso si perse per qualche istante – Una storia tragica quella di Castel d'Avorio, ma dalle sue ceneri nacque il Forte, ecco perchè Forte Fenice – la donna l'osservò incuriosita ma al contempo timorosa – Sa, quel giorno ci fu un grosso incendio. I draghi attaccarono il nostro castello e ridussero in cenere gran parte della capitale. Capisce perchè il nostro matrimonio è così importante? La gente ha bisogno di fidarsi della Gente Bianca, ha bisogno di ricredere nei draghi, solo così potremmo avere una possibilità contro questa piaga –
– Mi scusi Mio Signore, questo lo so … ma non sapevo addirittura la mia gente avesse distrutto questa capitale – Scoperchiò i denti Svart, guizzando lo sguardo feroce verso questa
– Certo! Ogni parte ha una sua versione della storia, non esisterà mai un'unica verità –


Poco dopo l'incontro con la futura sposa, Svart si precipitò fuori dalla stanza come una furia. Con ampie falcate percorse l'intero e lungo corridoio. Si diresse alle stalle, dove chiese della carrozza reale. Nel mentre s'era messo un soprabito porpora ed un cilindro nero sulla testa, così da proteggersi dal freddo dell'esterno.
Non impiegarono molto a sistemarla, passò più tempo nell'aspettare il cocchiere che sistemare i cavalli. Il sovrano Svart era dentro la carrozza nera intarsiata d'oro, uscì la mano avvolta in un guanto di velluto nero e fece cenno di partire al cocchiere.
Il viaggio non era tanto lungo, bastava circa un'ora per arrivare alla meta, ovvero la sede principale della scuola di Negromanzia.
La carrozza dopo qualche attimo si fermò, e Svart scostando le tendine porpora adocchiò l'esterno. Stavano dinanzi Arcana Bibli, e con gli occhi socchiusi osservava il cocchiere andargli ad aprire la porta.
Poco dopo l'incontro con la futura sposa, Svart si precipitò fuori dalla stanza come una furia
– Non c'è tempo cocchiere, vada lei all'interno e vada a cercare l'esploratore Logan. Digli che il Re lo sta convocando con la massima urgenza – annuì questo e s'addentrò nella biblioteca, per poi uscirne dopo qualche attimo con Logan al seguito. Una volta entrato nella carrozza nera, si mise a sedere e con lo sguardo stupito osservò l'amico
– Che succede? –
– Devo andare alla scuola di Negromanzia, ed ho bisogno di qualcuno fidato al mio fianco – sospirò amaramente Logan e distogliendo lo sguardo dal corvino scosse il capo
– Ne abbiamo già parlato, avrai qualche tuo parente di cui puoi fidarti … Io non sono credibile a corte, non posso rivestire una carica così importante –
– Va bene, non sarai la mia Mano, ma potrai almeno darmi un aiuto? C'è bisogno di avere del sangue nobile pure per quello? – rispose Svart assai infastidito
– D'accordo, ti aiuterò, ma ricordati che sei tu il Sovrano, non io – ma già Svart aveva smesso d'ascoltarlo, portò fuori dal finestrino l'elegante mano avvolta nel guanto nero, e fece cenno di partire al cocchiere.
Calò il silenzio fra i due, mentre Svart stava dinanzi il finestrino, e con aria nostalgica osservava lo scorrere della vita sotto i suoi occhi. Le case pian piano si abbassavano e divenivano più rade, dando spazio a sconfinati campi arati e pascoli verdeggianti, poi il nulla.


La brezza leggera scompigliava i bianchi capelli di Berenice, mentre gli occhi cerulei lacrimavano a causa del vento. Stava seduta sopra una marmorea panchina nel giardino del Forte, nel mentre la ragazza leggeva un libricino in pelle.
Poco più in là s'avvicinava una figura dai gentili boccoli marroni, con lo sguardo assai docile adocchiava l'eterea figura con una certa curiosità
– Posso sedermi vicino a lei Lady? – La voce di Birken destò dai pensieri Berenice, la quale levò lo sguardo sul giovane e fece un cenno affermativo – Allora, cosa ne pensa della capitale? –
– Ad essere sincera me l'aspettavo diversa, sa dai nostri testi si evinceva che voi foste dei barbari, invece sembrate persone normalissime anche se fin troppo colorate – Nel mentre parlava con vivacità, la donna richiuse il libro e lo poggiò sulle cosce. Alle affermazioni di Berenice, Birken non riuscì a trattenere un sorriso divertito
– In effetti siamo molto più colorati rispetto alla sua gente, ma sappi che è del tutto normale trovarci strani, forse un po' offensivo darci dei barbari. Ci sono differenze tra le varie culture e chi non viaggia non è abituato a queste eventualità e quindi resterà con più facilità spiazzato –
– Mi scusi, ma lei non si è presentato. Penso che lei sappia chi sono, ma mi rammarica dirle che io non sappia il suo nome – annuì Birken e sfoggiando un ampio sorriso prese la delicata mano di Berenice per baciarla
– Lord Birken, secondogenito della casata Rejen, al suo servizio –
– Senza offesa, ma siete assai diverso da vostro fratello. Siete … ecco … siete meno … strano – abbozzò un sorriso storto il ragazzo, osservando la donna cercando di non far trapanare alcuna emozione
– Non è la prima farmelo notare sa? In effetti io ed il sovrano abbiamo poco e niente in comune, mi sembra più che evidente che siam fatti di paste diverse – un sorriso comparve sul volto di Birken, il quale osservava ammiccante la donna, la quale però sembrava sottrarsi a quel contatto visivo
– Davvero? – annuì di rimando l'uomo, più che convinto, poi d'improvviso la faccia si fece più cupa e prese le mani della giovane Berenice stringendole forte.
– Quel che le sto per rivelare non deve dirlo ad anima viva, capito ? – La donna sgranò gli occhi cerulei e serrò la bocca, poi timidamente fece cenno di sì – Bene … lo dico per la sua incolumità – socchiuse gli occhi Birken e sospirò amaramente – Svart è esattamente ciò che sembra, una bestia. Quando nacque fuoriuscì da sua madre accompagnato da una melma nera, sin da piccolo presentava … ecco … stranezze – Che tipo di stranezze? – – Tralasciando i capelli e gli occhi di quel colore strano, il suo sangue era assai scuro e i denti divenivano sempre più aguzzi … fino ad arrivare ad oggi e al suo aspetto odierno – deglutì Berenice e smarrita voltò gli occhi su di Birken
– Ed io cosa potrei mai fare ? –
– Tutte queste stranezza confermano che Svart sia la Fiamma Nera, anni addietro ottenni una profezia dal Demone Kniverod … quel che le chiedo non è facile Lady Berenice –
– Me lo dica – disse lei determinata
– Dovremmo uccidere Svart –
– E perchè mai dovremmo uccidere la Fiamma Nera? Non era l'unica arma a disposizione per poter sconfiggere la piaga dei Demoni ? –
– Tecnicamente sì, ma dovrà pur esserci un altro modo. Non sono molto convinto che farsi avvolgere dalle fiamme nere sia uno scenario gradito –
– Ma Lord Birken! Non può modificare il corso della natura! Altrimenti saranno guai seri! –
– Ci rifletta su Lady Berenice –


– Sai, a volte sento come un vuoto dentro di me … ma non riesco a capire cosa mi manca – disse Svart con gli occhi fissi nel vuoto. Provò ad avvicinarsi Logan, e poggiare delicatamente una mano sulla spalla, ma bruscamente si scostò il corvino – A volte mi sembra di non essere mai stato felice, che tutto ciò che vivo è una menzogna … dimmi Logan, anche tu ti senti così a volte? – Fece cenno di diniego questo, mentre s'allontanava un po' dall'amico – Vedi, è questo quel che odio delle persone, il loro silenzio. Loro non sanno mai che dire quando gli si pone una domanda del genere –
– E chi saprebbe risponderti? Nessuno può, solo tu sai cosa ti rende così malinconico e scostante – Adocchiò Logan per un lungo istante, gli occhi dorati affondarono nella carne del ricercatore, il quale ebbe la netta sensazione di non aver mai conosciuto Svart
– Credo che a questo mondo non ci si può fidar di nessuno. Come diceva mio padre : “Il destino è crudele e gli uomini sono miserabili” – abbozzò un sorriso nervoso Logan in risposta alla frase del corvino
– Secondo me stai diventando troppo paranoico, è normale esserlo dato l'enorme responsabilità che hai addosso, ma hai persone al tuo fianco che possono aiutarti e coprirti le spalle – scrutò l'amico e gli sorrise di rimando
– Forse hai ragione –
Oramai erano giunti ad un sistema di casette sperdute nel bosco. Il cocchiere aveva seguito la strada principale, ma dopo un po' di tempo fu costretto ad intraprendere una stradina secondaria che pian piano si proseguiva diveniva sempre meno agibile.
Adesso che stavano dinanzi quelle casupole, il cocchiere andò ad aprire ai due uomini. Quando uscì il sovrano, una flotta copiosa di gente s'accalcò nelle vicinanze della carrozza, era chiaro che fossero a conoscenza della sua visita.
– Halea! Io sono il vostro nuovo sovrano, Svart – A tale presentazione i sudditi chinarono il capo in segno di riverenza.
– Come immagino già sappiate, sono venuto qui per controllare le vostre ricerche sulla Piaga – uno fra loro si fece avanti e fece un regale inchino
– Sire, noi tutti siamo a conoscenza del motivo della vostra visita. Permettete che mi presenti, il mio nome è Logarius, sacerdote della via Rossa – annuì il Sovrano – Ora, con il vostro permesso vorrei accompagnarvi dinanzi quello che è il Vescovo della scuola di Negromanzia – annuì Svart e seguì l'uomo con al seguito Logan.


Col tempo la scuola fondata da Kniverod subì alcuni cambiamenti, e da le uniche due vie, ovvero la Negromanzia e la Demonologia, si ricavarono altre vie.
Per la via della Negromanzia vi erano la via Rossa e la via Nera. Mentre per quanto riguardasse la Demonologia non v'era alcuna diramazione.
Se la Via della Demonologia era rimasta presso che la stessa dai tempi di Kniverod, la situazione era ben diversa per la via della Negromanzia.
Demonologia era un arte che poteva essere praticata da chiunque e facilmente, tant'è che libri di quel ramo fossero trovabili in Arcana Bibli, ma più complesso risultava lo studio di Negromanzia.
Anzi tutto per poter studiare Negromanzia vi erano solo due opportunità, o essere il sovrano oppure scegliere di vivere all'interno di quella che era la Chiesa Negromante e divenire un monaco.
Qualora si fosse scelto di divenire monaco, comunque non era sufficiente per studiare tale arte, ma urgeva passare un addestramento e superare un esame.
Il perchè la Negromanzia era un arte così difficile da ottenere era più semplice di quel che sembrerebbe. Tale arte era assai oscura , richiedeva non poche energie per poter esercitarla a dovere. E come se non bastasse, i demoni spesso e volentieri riuscivano a sopraffare i negromanti, e per tal motivo era necessario un duro addestramento.
S'era formata una piccola cittadina, poco lontana dalla capitale, e lì risiedeva l'intera organizzazione.
Logarius appena giunse dinanzi lo studio del Vescovo, chinò il capo poi bussò.
– Sì? – Si udì la voce di un uomo dall'altra parte
– Sua Maestà Svart è arrivato, ed ha con sé un accompagnatore –
– L'accompagnatore resti fuori – rispose la voce dietro la porta con un tono che non ammetteva alcuna replica
– Mi scusi Vescovo, ma lui è una persona fidata –
– Non importa, lei sa delle regole! Non è un monaco, quindi non può recepire neanche una sola informazione riguardante la Negromanzia –
– Lui è una persona assai fidata –
– Poco importa, non si fanno eccezioni in questo luogo! Neanche per il Re – serrò forte i pugni il corvino, volgendo lo sguardo su Logan, il quale allargò le braccia.
Così, dopo qualche sospiro, Svart decise d'entrare nella stanza.
– Era poi così difficile Sire? – L'uomo stava seduto dinanzi la finestra, stava dando le spalle al sovrano. Questo non doveva essere fin troppo anziano, ma comunque presentava il capo brizzolato. Con cautela Svart s'avvicinò e provò a tossicchiare, per attirar la sua attenzione
– Giovane Re, l'ho sentita che entrava. Cosa si aspetta? Che io mi alzi? Davvero vorrebbe far alzare un povero vecchio? – Girò il capo, volgendo le sue iridi scure sulla figura alta e smilza del sovrano. D'altro canto Svart non disse nulla, se non sbuffare vistosamente – Come? Non mi avete corretto sull'età? Pensavate davvero fossi così vecchio? – Al che il giovane corvino sgranò gli occhi ed avanzò verso l'interlocutore
– Sbaglio o ero venuto per discutere sulla piaga? Cosa importa se lei è vecchio o meno? – ruggì Svart digrignando i denti e cercando d'allargare le dita che parevano gli artigli d'una belva pronta ad attaccare
– Oh! Si calmi Sire, e sieda qui di fianco – e nel mentre gli indicava la seggiola proprio accanto alla sua. Si guardo bene intorno, forse un po' spaesato, poi però si mise a sedere, osservando incuriosito quell'uomo dall'aspetto così ordinario.
– Dunque, lei già sa della premonizione avuta da Kniverod no? Almeno dovrebbe essere di dominio pubblico –
– Tutti i suoi taccuini sono di dominio pubblico – Puntualizzò schietto e seccato il sovrano
– Quanta impazienza! Si vede proprio che lei è un giovane – Abbozzò un lieve sorriso il Vescovo, poi sospirò per un breve istante – Dunque, sono secoli che si cerca una cura per questa piaga. Sono stati in molti, prima di me, a provarci, ma hanno fallito. Guardando a mente lucida, credo che sia molto più probabile che continueremo a fallire … la Fiamma Nera apparirà quando sarà il momento –
– Vescovo … lei non può dire questo, deve avere fiducia e sperare … altrimenti se molliamo noi, che cosa dovrà fare il popolo? – il tono di voce di Svar era assai cupo ed al contempo turbato. Annuì il vescovo a tale osservazione
– Corretto, ma ciò non toglie che ormai è tutto inutile, non posso continuare a cercare un qualcosa che forse non esiste –
– Come osa dire ciò? Si rende conto che secoli di culto si basano su quella dannatissima Fiamma Nera? Certo che esiste! Deve esistere! – Svart s'alzò in piedi e continuava a fissare sprezzante il Vescovo – Vuole far il codardo? Bene! Lo cercherò io stesso quella dannatissima Fiamma! – il volto smunto del corvino s'avvicinò pericolosamente al viso del vescovo, il quale poteva sentire il gelido respiro sul collo – Tanto dalla mia parte ho anche la Gente Bianca – a tale risposta s'irrigidì il Vescovo, senza più alcuna parola da proferire se non un bieco
– Se ne vada –


– Come è possibile che ti abbia cacciato via? – Logan aveva gli occhi sgranati mentre parlava con Svart, il quale stava con gli occhi fissi sul paesaggio che scorreva sotto i loro occhi
– Ha farfugliato qualcosa come “Non è stata trovata ora una cura, perchè dovremmo trovarla ora”, penso sia convinto che la Fiamma Nera salterà fuori a prescindere se noi la cerchiamo o meno, e cercarla non accelererà i tempi, almeno secondo lui – rispose il corvino sospirando amaramente
– Cosa dirai al tuo popolo allora? Di aspettare e pregare? I demoni infestano le nostre vite da fin troppo tempo, abbiamo bisogno di pace – Logan assai preoccupato si sporse in avanti, come per attirare maggiormente l'attenzione del sovrano, ma questo era più che attento alle parole dette dall'amico
– Come se non lo sapessi! Ovvio che non posso dire determinate sciocchezze, se perdo la fiducia io la perderanno anche loro e se mai accadrà una cosa del genere, be' saremo fottuti – a tale affermazione arretrò Logan, riposizionandosi con la schiena aderente allo schienale. Nel mentre lo scalpitare degli zoccoli era appena udibile, poiché lo scrosciare della pioggia era talmente tanto fracassante, da oscurare gli altri rumori. Svart osservò per bene il cielo con aria preoccupata, diede uno spintone a Logan così d'attirare la sua attenzione. Gli indicò il finestrino con aria preoccupata
– Credi che verranno ? –
– I demoni non perdono occasione per turbare le vite dei vivi – fece una smorfia preoccupata Logan, poi in fretta e furia prese il libro di Demonologia
– Sono i demoni dell'acqua, l'unica cosa che possiamo fare è tenere in bocca del sale e non ingoiarlo – suggerì con distacco Svart mentre prendeva un sacchetto
– Come fai ad esserne certo? –
– C'è un diluvio fuori, cosa vuoi che siano? –
– Come la mettiamo con i fulmini ?–
– Dammi le mani e ripeti insieme a me – rimbeccò Svart, il quale si mise un mucchietto di sale in bocca, poi porse un po' di sale all'amico. Quello che ne seguì fu un tentativo disperato di allontanare dei demoni che cominciarono a sentirsi da lontano.
Svart con cura pose nei palmi della mano del pepe, poi con i palmi rivolti verso l'alto formò un cerchio con le mani di Logan.
– Verum, sine mendacio certum et verissimum, quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superrius, est sicut quod est inferius : ad perpetranda miracula rei unius – tale frase fu pronunciata con difficoltà, in quanto Svart teneva ancora il sale in bocca e lo teneva nella parte sottostante la lingua, tale procedimento fu fatto anche da Logan, il quale seppur inesperto di demonologia, già aveva effettuato tale pratica.
Le voci dei demoni si fecero più forti, non erano voci umane, non erano concepibili da mente umana. Vennero i brividi al cocchiere, il quale continuava imperterrito a far correre i cavalli, i quali oramai erano più che impauriti, non gli restava che porre fiducia nel sovrano e nell'accompagnatore di quest'ultimo.
La frase sembrò far effetto sui demoni, ma si doveva continuar con quel racconto in quella lingua antica e dimenticata. Bisognava ricordar ai demoni com'era stato creato il mondo e che loro non ve ne facevano parte.
– Et sicut omnes res fuerunt ab uno, mediatione unius; sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptione. – Ancora una volta i demoni liberarono in aria quel verso così stridente da far raggelare il sangue a qualsiasi creatura di questo mondo
– Pater eius est sol, mater eius luna ; portavit illud ventus in ventre suo :nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. –
Le nuvole nere che s'erano abbassate fino in terra, pian piano si stavano alzando verso l'alto. Tale fenomeno era ricorrente quando dei demoni si stavano per palesare in quel luogo.
Logan diede un occhiata fugace, e sorrise notando la dipartita dei demoni. Sputò immediatamnte il sale e si spalmò sul vetro.
– Logan, non essere mai precipitoso coi demoni, una loro ritirata può essere solo una strategia da parte loro – lo ammonì Svart con un tono di rimprovero
– Sì, ho capito, ma adesso sembrano essere andati via –
– Appunto, sembrano –


Passarono i giorni da quell'attacco, e da allora Svart non uscì neanche una volta da Forte Fenice. Sicuramente aveva i suoi impegni, ma di certo era una cosa assai strana che non andasse ad Arcana Bibli per prendere in prestito dei taccuini di Kniverod.
Infatti l'uomo era assai strano, ormai divenuto apatico ed asociale, stava rinchiuso nella biblioteca reale a leggere ogni giorno.
Il popolo ormai aveva perso le speranze, in quanto era stata diffusa la notizia che la scuola di Negromanzia avesse chiuso i battenti, ed il sovrano invece che porre rimedio al panico generale, preferì rinchiudersi dentro quella biblioteca, senza neanche uscir per mangiare o svolgere i primari bisogni.
Fu tirato a forza fuori per il giorno delle sue nozze. Il volto adirato, l'espressione tirata e i pugni stretti. Però oltre a quel carattere asociale vi era qualcosa di assai strano, la sua pelle era divenuta grigiastra e delle vene cominciarono a disegnarsi sulle braccia e le mani.
Era come se qualcosa l'avesse corroso, come se fosse stato infettato da qualche rara malattia. Lo visitarono i dottori di corte, ma non vi fu nulla da fare, una cura proprio non si trovava.
Gli occhi dorati erano ancora lì, così come i morbidi capelli neri, ma la gentilezza ed il garbo che possedeva fino a qualche mese fa sembrò essersi perso chissà in quale momento, oramai era divenuto l'ombra di sé stesso.



N.D.A.

Le frasi in latino sono tratte da un famoso testo antico, La Tavola di smeraldo.


 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Capitolo 3


1. La bestia


La cappella dentro cui si stava svolgendo il matrimonio non era poi così grande, ma lo era abbastanza per contenere una buona parte di nobili che accorrevano d'ogni dove per osservare il matrimonio reale.
Berenice impaziente aspettava che Svart si degnasse di presentarsi all'altare, ma passò molto tempo prima che riuscissero a tirarlo fuori da quella dannata biblioteca.
La donna aveva un'aria truce dipinto sul volto, nonostante avesse un velo davanti il viso erano ben visibili le lacrime e l'umiliazione che cavalcava al di sopra di quei lineamenti così fini e delicati. Gli occhi cerulei fissavano l'entrata, mentre le gote s'arrossavano visibilmente, così come la punta del naso. Nessuno sapeva cosa dire, ma infondo cosa vuoi dire ad una donna lasciata sola all'altare?
La piccola figura in piedi sull'altare piangeva silenziosamente, mentre le mani tenevano strette le rose bianche.
Nella sala sembrava non si potesse respirare talmente era cupa e tesa l'atmosfera, ma vi fu un sospiro generale quando sull'uscio comparve una figura.
Alto, dallo sguardo ancor più arcigno, ed i tratti del volto completamente stralunati ed accentuati. Magro e sghembo come un albero in inverno, Svart s'avvicinò alla futura sposa, la quale senza troppe cerimonie lo osservò inorridita per poi voltarsi verso colui che avrebbe consacrato la loro unione.


Calò la notte, ed i novelli sposi stavano nello stesso letto. Entrambi erano distesi con il ventre rivolto verso l'alto. Si voltò su di un fianco Berenice, cercando di capire cosa diavolo passasse per la testa di quell'uomo, ma Svart non si voltò, continuò a fissare il muro
– Ma si può sapere cosa c'è che non va? – chiese la donna osservandolo con gli occhi sgranati, ma non vi fu alcuna risposta – Allora? Cosa ti è successo? Perchè … non sei normale? – e nel dire ciò provò a strattonarlo per le braccia, questo si voltò molto lentamente verso di lei
– C'è qualcosa che mi sta mangiando lentamente, ma non so cosa … è da quando sono nato che sento come dei corvi dentro la mia testa e dei vermi dentro lo stomaco – fece una faccia inorridita Berenice ed indietreggiò leggermente – Prima gracchiavano di rado, ma da quando mio padre è morto, gracchiano in continuazione –
– Questo lo hai detto ai medici vero? –
– Certo, ma non mi hanno creduto, dicono che uscendo e prendendo aria mi passerà, ma io continuo a sentirli Berenice e dicono cose orribili –
– Tipo cosa? – ma non ricevette alcuna risposta, al che riprovò a chiederglielo – Cosa ti dicono?– un sorrisetto nacque sul volto di Svart, il quale si voltò verso la sposa. Questa notò come i bulbi oculari prima bianchi, ora fossero nero pece e che dalle cavità fuoriuscisse un liquido melmoso di un color nero. Cosa diamine era? Pareva pece!
– Svart … Svart … – ma non proseguì la giovane, poiché le fu tappata la bocca con delle ossute mani del Re. Queste s'erano allungate a dismisura, così come le unghie divenute nere.
Fece distendere la donna e con l'altra mano le accarezzò la guancia morbida. Tante lacrime cominciarono a fluire dagli occhi fino al mento, mentre questa singhiozzava sotto le mani del corvino.
– Sai cosa mi dicono i corvi ? Impadronisciti di lei, affonda nella sua carne – quel che ne seguì fu una visione sfocata da parte della donna, la quale distendeva il collo verso l'alto, cercando di non veder Svart e non vederlo mentre abusava del suo corpo. Strinse forte le lenzuola, provò a mordere il palmo dell'uomo, poi s'irrigidì completamente, non riuscendo a capir cosa stesse succedendo. Solo quando tutto fu finito lo capì, sentendo del liquido freddo sul ventre e su altre parti intime del corpo. Non ebbe il coraggio di scappare, semplicemente si voltò dall'altra parte e cercò di dormire.


Il giorno seguente Svart corse ad Arcana Bibli ed in fretta e furia cercò Logan, il quale era come suo solito invischiato in una furiosa lite con la mentore Nadieta.
Il volto era stralunato, il colorito di pelle strano ed il sudore solcava la sua fronte, appena vide l'amico quassi lo investì
– Ho bisogno di te, adesso! – a tale interruzione Nadieta l'osservò assai stranita
– Mi scusi Sire, tutto bene? – chiese questa avvicinandosi con garbo al ragazzo, ma questo accennò un timido sì, poi volse lo sguardo a Logan, il quale scrollò le spalle
– Immagino sia importante, dai andiamo, ma chiariremo al più presto questo discorso Nadieta! –
– Non sono stata io a farti sparire quelle cartacce! Sei tu che le lasci in giro – ma non continuò il discorso, anche perchè Svart con impazienza lo stava trascinando via alla ricerca di un posto più intimo.
Entrarono nello studio di Logan e dopo che questo chiuse a chiave sbattè le spalle contro di questa ed osservò stupito l'amico
– Cosa c'è di così urgente ? –
– Ieri … ho fatto quel che i corvi mi dicevano di fare –
– Cosa? Mica hai ucciso qualcuno vero? – fece cenno di no Svart, ma ciò non bastò a placare Logan, il quale s'era incassato la testa fra le mani
– Ho … ho abusato di mia … moglie –
– Cosa? – Logan distolse lo sguardo dall'amico e fece qualche passo con gli occhi chiusi e scuotendo la testa
– Dico io, capisco che hai perso tuo padre, capisco che hai questa … malattia? Ma cosa ti dice il cervello Svart! Dico io, è tua moglie! – Svart atterrò lo sguardo, voleva essere altrove, voleva non essere più lui, non aveva più il controllo sulla sua vita, sulle emozioni e sulle sue azioni
– Devi assolutamente farti curare Svart! Non può andare avanti ! –
– Lo so – risposa il corvino, il quale s'era seduto sul pavimento. Osservò per bene il corvino e quasi gli parve di non riconoscerlo affatto.
– Cosa ti hanno detto i dottori ? –
– Che questa sia melanconia –
– Melanconia un paio di palle! Hai delle vene spesse quanto una zucchina! – sospirò ancora una volta l'esploratore, rimirando distrattamente Svart – Ma dimmi, nei taccuini di Kniverod, quando vengono accennati 'sti benedetti corvi? – ci pensò su qualche attimo il ragazzo
– Erano dentro l'Abisso – entrambi sgranarono gli occhi – Logan, mica c'entra qualcosa con la Fiamma Nera ? – coprì il volto con le mani callose Logan, poi sospirò
– Io credo proprio di sì – e fu in quell'esatto momento che il mondo di Svart, un tempo semplicemente appeso ad un filo, implose


Birken avanzava baldanzoso in quei corridoi del Forte, ed ad ogni passo sussultava Svart, il quale lo seguiva a testa bassa.
Il concilio in seduta straordinaria s'era riunito ed ora Svart li osservava come un cucciolo indifeso.
– Così il nostro sovrano è la Fiamma Nera – disse Birken squadrandolo da capo a piedi – In vero mi fu fatta una premonizione da Kniverod in persona – tutti nella sala sussultarono
– Com'è possibile che uno come te potesse aver contatto con un Demone dell'Oltretomba? – chiese il Vescovo della scuola sciolta
– Non so bene come io abbia fatto – ma fu immediatamente interrotto dall'autorità
– Folle! Folle e sciocco! Con ogni probabilità t'ha sopraffatto ed hai travisato le sue parole! – digrignò i denti Birken ed alzando il collo ed erigendo la schiena scrutò il vescovo
– Quindi non vole sentire cosa m'ha detto Kniverod? –
– Assolutamente no, non è una fonte attendibile – così ingoiò il rospo Birken e si mise a sedere
– A noi Sire, prego si sieda – e senza proferir parola il corvino si sedette
– Dunque, ieri notte s'è verificato uno spiacevole episodio. La Regina mi ha descritto la raccapricciante scena dove avrebbe visto i suoi bulbi oculari divenire neri e da essi colare del liquido nero, lo stesso a quanto pare di quello fuoriuscito durante la vostra nascita – tossì l'uomo poi continuò – A mio parere lei è la Fiamma Nera, e dato che ci deve liberare dai mali … immagino dovremmo condannarla a morte – strabuzzò gli occhi Svart
– Cosa? Perchè mai dovrei essere condannato a morte? Solo perchè esito? –
– Quel che leggiamo nella profezia è abbastanza chiaro, lei ci condannerà alla morte ed appiccherà il fuoco a questo mondo – sorrise il vescovo
– Non capisco, non ha senso –
– Lei è venuto al mondo per distruggerci, be' noi non glie lo permetteremo, quindi noi del concilio, dopo aver valutato attentamente il caso, la condanniamo a morte. Domani mattina verrà trafitto con la lancia reale, poiché con le creature magiche occorre usar l'ossidiana, come lei ben sa –
– Magica? Ma cosa diavolo blaterate? –
– Questo è quanto Sire –


2. La fine


Biascicava i passi, lenti e pesanti, così come la testa che a stento si voleva alzare, forse appesantita dalla corona, forse perchè non v'era più forza e basta.
Svart avanzava, mentre delle guardie lo tenevano per le braccia con la loro saldissima presa. Un corridoio lungo, che quasi non vi pareva avesse una fine, poi da lontano s'incominciò ad intravedere la luce che illuminava la bluastra oscurità del sotterraneo.
Saggiò per poco tempo l'aria fresca del mattino, poi bruscamente fu strattonato dentro quella ch'era una gabbia. Come un animale lo rinchiusero lì dentro, senza neanche una sedia, solo un po' di paglia, ma il suo sguardo non indugiò né sulla gabbia, né sulla paglia, ma sul cielo.
Il cielo era privo di nuvole quel giorno, era bello che terso ed il sole pigramente illuminava piacevolmente le strade.
I cavalli neri si misero in moto, e cominciarono a trainare la gabbia contenente il sovrano.
Più s'avvicinavano alla piazza dell'Eroe dimenticato, e più la folla si faceva densa ed informe. Per l'occasione avevano allestito un piccolo patibolo, il quale stava per essere scrutato per bene da Svart, che ormai era ridotto a più bestia che uomo.
Lo tirarono a forza fuori dalla gabbia, rimanendo curvo su sé stesso fu condotto ai gradini, mentre la folla ruggiva contro di lui
– Ammazzatelo! –
– Con lui tutta questa disgrazia finirà! –
– Non ne posso più di questi demoni che mi ronzano in testa, vi prego, uccidetelo –
Alzò il viso Svart, osservando la folla informe con gli occhi incavati e solcate da profonde occhiaie. Denti bianchi ed aguzzi s'intravedevano dalle labbra tenute dischiuse.
Senza alcuna esitazione s'inginocchiò dinanzi il boia, mentre gli occhi dorati erano fissi sulla sua gente ormai al limite della sopportazione. Tutti avevano superato il punto di rottura, compreso lui, e non v'era più modo di tornare indietro.
– Il condannato vuol dire le sue ultime parole? – La voce di Birken gli arrivò da dietro, esattamente come una pugnalata. Questo stava esattamente a pochi passi da lui, ed osservava la scena con un'espressione serafica.
Annuì Svart, e continuando ad osservare la folla pronunciò un breve discorso ricolmo d'amore verso il mondo
– Oggi io muoio per voi, è mio dovere da sovrano anteporre il bene del regno al mio. Spero che con la mia morte, anche i demoni vengano trascinati con me – e detto questo abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi.
Al segnale di Birken il boia infilzò sullo sterno Svart, tra le mani del boia v'era la lancia nera, e la punta d'ossidiana si bagnò immediatamente di sangue, sangue ormai divenuto nero come la pece.
Tossì Svart, sputando gocce nere sulle travi di legno, ma gli occhi rimasero chiusi per bene e dalle labbra uscivano parole di preghiera
– Prendete la mia anima, il mio sangue … e lasciate stare la mia gente – parole sottili, pronunciate con una fioca forza che pian piano abbandonava il corpo del corvino.
Un altro colpo da parte della lancia, e a questo giro trafisse il cuore del giovane Svart. Un secco dolore pervase per qualche attimo il ragazzo, poi vi fu solamente buio per lui.
Il cadavere dell'ex sovrano rimaneva in ginocchio grazie al sostegno della lancia d'ossidiana, ma una volta sfilata via, il cadavere cadde a terra dolcemente. Non v'era più vita in lui, e nella folla vi fu un rapido sospiro, seguito dal rammarico e dispiacere di aver sacrificato il loro Sovrano.


Passarono i mesi e Berenice stava dinanzi la finestra, a godere di quella dolce brezza leggera. Accarezzava il ventre assai gonfio, cercando di rassicurare la creatura che stava crescendo all'interno e che si stava preparando per uscire.
Cantava una dolce melodia, poi chiuse gli occhi e sospirò dolcemente, come a voler scrollare via i cattivi pensieri.
Una lacrima solcò il suo viso, puoi un'altra, fino a quando non si ritrovò sommersa nelle lacrime ed ebbe la sensazione quasi d'affogare, di non poter respirare, come se vi fosse qualcosa sopra lo sterno.
Dal nulla ecco una contrazione, poi un'altra ancora. Urlò lei, cercando di sdraiarsi sul divano. Le urla arrivarono alle orecchie dei servi, i quali accorsero immediatamente nella stanza.
Berenice aveva cominciato ad urlare per il forte dolore e nel mentre la mani erano fisse sulla pancia contenente il bambino
– Spinga! – le urlavano – Spinga più forte!– le intimavano, ma lei proprio non riusciva a far meglio di così. Ormai il viso era tinto di un rosso acceso, ed il sudore bagnava la fronte.
Un urlo disumano ruppe il muro del suono, investendo i corridoi di Forte Fenice, dal sesso della donna fuoriuscì un liquido melmoso e nero, e tra questo e le interiora della donna, fuoriuscì un bambino, il quale immediatamente pianse riempiendo i polmoni d'aria e cominciando ufficialmente a vivere.
Presero il bambino, lo pulirono e chiusero gli occhi a quella povera donna di Berenice morta di parto, esattamente come la madre di Svart.

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