Bilanci e filosofie di un'apocalisse personale

di Bloodred Ridin Hood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Comitato di bentornato ***
Capitolo 3: *** Nave in avaria ***
Capitolo 4: *** Colpa del design ***
Capitolo 5: *** Protocollo di sicurezza ***
Capitolo 6: *** Arti marziali ***
Capitolo 7: *** Simpatia ***
Capitolo 8: *** Furia da strada ***
Capitolo 9: *** Questione d'etica ***
Capitolo 10: *** Questione d'estetica ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Premessa:
Questa storia è il risultato della noia da weekend del primo maggio in quarantena.
In un momento della vita in cui inizi a considerare le fanfiction come una sorta di droga digitale, del tipo che vorresti smettere per dedicarti ad altro (altri hobby o magari scrivere quelle originali che hai in cantiere da secoli), ma per qualche ragione ci ricadi sempre… ecco che ti viene in mente, parlando per caso con gente, una nuova idea per una storia in quel solito fandom sfigato che non riesci ad abbandonare, nonostante non ti caghi più il gioco da anni. XD
E mica ce la fai a resistere, perché tanto sei a casa, senza niente da fare e hai improvvisamente un'irresistibile voglia di scriverla! E quindi niente… eccoci qui.
Il prologo è diciamo una premessa necessaria, ma è il capitolo più strano e meno rappresentativo di quello che sarà lo sviluppo vero e proprio della storia. Vi farete un'idea migliore dal secondo capitolo. 
È una storia da adulti e non nel senso piccante del termine. XD

E dopo questa pessima pubblicità, vi auguro una buona lettura! 

 

 

 

Prologo


La fine di tutto. Di un incubo durato troppi anni, che ha portato con sé troppo dolore, che ha versato troppo sangue.
Quel momento che aveva disperatamente e febbrilmente atteso per anni, per cui aveva commesso crimini imperdonabili, sacrifici insormontabili, è finalmente arrivato.
Davanti alla bocca di quel vulcano dove tutto si è concluso, il ragazzo si gira e guarda il soldato che lo sta raggiungendo in quel momento. I suoi occhi sono ancora bianchi, i canini appuntiti, la pelle grigiastra.
Spinge indietro la testa e lancia una risata stridula, acuta, piena di malvagio godimento, un suono terrificante che squarcia il cielo sopra quello scenario infernale, tra fuoco e fumi di zolfo.
“Jin!” lo chiama il soldato biondo.
Il ragazzo smette di ridere, ma continua a guardare il cielo con aria soddisfatta. Poi chiude gli occhi e la sua pelle inizia a riprendere lentamente il suo colorito naturale, rientrano le corna e le ali di piume nere.
“Jin… cos’è successo là dentro?”
Jin riapre gli occhi, dove la luce demoniaca si sta gradualmente affievolendo nelle sue iridi.
“È finita Lars.” dice, con una voce ancora non del tutto umana “È finita per sempre.”
“Kazuya è…” chiede Lars guardando oltre il vulcano.
“Oh sì.” sussurra con un veloce cenno di assenso.
Solleva una mano e la chiude a pugno lentamente davanti ai suoi occhi.
“Posso avvertire il suo potere.” sussurra “Lo sento fluire dentro di me come una scarica elettrica.”
Riprende a ridacchiare malignamente, e stavolta la sua voce è quasi completamente naturale.
“Il mio corpo è in totale fermento.” aggiunge piano.
Torna a guardare l’altro, con gli occhi adesso di un naturalissimo nocciola chiaro.
“E questo potere è sotto il mio fottutissimo controllo adesso.” conclude con un ghigno malvagio.



 

Tokyo, Sede centrale Violet Systems
8 ore dopo

 

Jin Kazama aveva più volte immaginato come sarebbe stato il giorno in cui il mondo sarebbe stato finalmente libero dalla minaccia di Heihachi e Kazuya Mishima. Per anni questa fantasia era stata l’unica ragione di vita, l’unico pensiero consolatore che lo faceva arrivare a fine giornata.
In tutti i suoi piani però, l’estirpazione di quel male del mondo avrebbe dovuto includere anche la sua stessa distruzione. Anche lui era portatore di quella terribile maledizione e anche lui si era rivelato ugualmente pericoloso e come suo nonno e suo padre anche lui meritava di essere cancellato dal mondo.
Non aveva mai preso in considerazione la prospettiva di una sua eventuale sopravvivenza. Aveva da tempo rinunciato all’idea di poter vivere una vita normale, di poter coltivare rapporti d’amicizia con altre persone. Avrebbero soltanto complicato le cose. Era molto più comodo troncare qualsiasi rapporto e comportarsi da stronzo per tenere lontani gli altri il più possibile. Per quanto dolorosa, non c’era altra soluzione.
Il suo era un destino dal quale nessuno poteva fuggire e Jin Kazama l’aveva dolorosamente accettato da tempo. Lui doveva necessariamente morire, assieme a suo nonno e a suo padre. Quella maledetta linea di sangue doveva morire con lui.
Jin guarda il proprio riflesso sullo specchio del bagno della sala conferenza della Violet Systems e deglutisce.
Ogni volta che si era trovato sul punto di morire, che fosse un proiettile piantato in testa, demoni dall’oltretomba o esplosioni, quello stronzo di demone aveva sempre preso il sopravvento per salvargli il culo, impedendogli di lasciare questo mondo prematuramente.
Questo però era successo finché non aveva avuto la minima idea di come controllare il suo amico con le ali.
“Ora è diverso invece…” sussurra allo specchio “Decido io se e quando farti uscire.”
Si volta verso la finestra alla sua sinistra.
“Se ora mi buttassi dal centoquattresimo piano, mi spappolerei a terra e tu non potresti fare niente per impedirmelo.” torna a guardare allo specchio con aria di sfida “Tu moriresti con me.”
Stringe i pugni contro i bordi del lavandino.
“Perché tu sei me, adesso.”
Aveva sempre sbagliato nel considerare la sua controparte demoniaca come un’entità a sé stante, come un ospite indesiderato, un parassita dentro il suo corpo.
Era stato solo quando aveva accettato il fatto che non sarebbe riuscito a sconfiggere Kazuya Mishima senza venire a patti con quel potere, che aveva capito che lui e il suo amico demoniaco non erano altro che due versioni della stessa persona. Esisteva lui ed esisteva la sua capacità di sprigionare quell’enorme potere, che a volte… semplicemente sfuggiva al suo controllo, lasciando libero sfogo alla peggiore versione di sé stesso.
“In pratica non sei altro che una cazzo di forma grave di disturbo bipolare.” ringhia a quello specchio “Ma ti ho in pugno adesso. Non potrai impedirmi di morire se lo vorrò.”
Respira nervosamente. La finestra è sempre lì.
Uno splendido tramonto illumina il cielo di Tokyo. È una bellissima serata per andarsene.
Chiude gli occhi.
Alla fine anche questo momento è arrivato. Dopo ventiquattro lunghi anni negati, molti dei quali trascorsi cercando di soffocare ogni minimo soffio di emozione ed umanità… anni e anni spesi per creare quella maschera di insensibilità. Ma ha la possibilità di essere libero adesso.
Il cuore batte forte contro il suo petto.
“Jin?” Lars bussa contro la porta “Siamo pronti. Ti stiamo aspettando.”
Non aveva mai considerato l’idea di poter sopravvivere, ma… non aveva neanche mai considerato l’idea di poter imparare a convivere con il demone. Crescere con lui, come in un certo senso aveva imparato a fare anche Kazuya.
Potrebbe uccidersi stasera, sotto questo bellissimo tramonto e potrebbe finire tutto così. Oppure… e per questa seconda opzione ci vorrebbe davvero coraggio… oppure potrebbe affrontare le conseguenze delle sue azioni e continuare a vivere.

“Arrivo.” risponde a Lars raddrizzandosi sulla schiena.
Esce dal bagno e segue lo zio verso la sala conferenze della Violet Systems.
Entra nella stanza. Al tavolo lo aspettano già Alisa Bosconovitch, sua ex-guardia del corpo personale, Nina Williams, sua ex-agente per le operazioni speciali, che alla fine gli è rimasta segretamente fedele anche dopo aver perso il controllo della zaibatsu un anno prima e Lee Chaolan, l’altro suo zio, padrone di casa e aiuto fondamentale nel piano di disfatta della famiglia Mishima.
“Jin! Eccoti qui finalmente!” esclama Lee invitandolo a prendere posto con un cenno della mano “Spero che tu ti sia potuto riposare almeno qualche ora.”
Jin si siede senza dire niente.
Ovviamente no, non era riuscito a rilassarsi neanche un minuto dopo la battaglia della sua vita.
Lars lo guarda serio, andando a sedersi a fianco a lui.
“Senti Jin, è inutile stare a girare intorno alla questione, la tua situazione è complicata.” esordisce lo svedese “Su di te è stato emesso un mandato di cattura internazionale. È una cosa seria.”
“Lars, il ragazzo si starà ancora riprendendo, avrei voluto offrirgli un tè prima di parlargli di queste cose!” esclama Lee, non troppo contento.
“Capisco le tue intenzioni Lee, ma Jin non è un bambino e penso sia il caso di affrontare la realtà il prima possibile.” ribatte lui “Anche perché non possiamo permetterci di perdere tempo.”
“Jin-san, sei accusato di crimini contro la pace, per aver causato delle guerre illegittime e per aver violazioni delle convenzioni di pace.” lo informa Alisa “Probabilmente verrai condannato al carcere a vita.”
“Non ti devi preoccupare però!” interviene Lee “Ho pensato a tutto io.” 
Jin alza lo sguardo seguendo la conversazione con occhi spenti.
“Un intervento di plastica facciale per renderti irriconoscibile, ho già trovato l’equipe giusta.” Lee sorride, un cinquantenne che non ha mai conosciuto zampe di gallina.
“Nuovo passaporto, nuova vita. Sei ancora l’erede della Mishima Zaibatsu. Potrai prendere un po’ di fondi e poi sparire nel nulla.” continua tracciando una nube immaginaria nell’aria “Andrai a vivere nel lusso in un’isola caraibica e te ne starai lì a fare da bravo fino alla fine dei tuoi giorni.”
“Ci abbiamo riflettuto a lungo. È la soluzione migliore.” sottoscrive Lars.
Jin ascolta in silenzio.
“Ovviamente il piano vale anche per te, Nina.” aggiunge Lee con un sorriso.
Lei solleva lo sguardo su di lui, ma non risponde.
“Perché… dopo le cose che ho fatto…” prende parola Jin per la prima volta “Perché volete aiutarmi?”
Lee e Lars si scambiano un’occhiata difficile.
“Jin, non prendiamoci in giro. Quello che hai fatto è deprecabile e niente potrà mai cancellarlo…” risponde Lars evitando di guardarlo “Ma è innegabile che persino tu sei vittima di questa maledetta storia e, dopotutto, pensiamo che persino tu abbia diritto ad una seconda possibilità.”
“Questo vale anche per te, Nina.” aggiunge Lee “Non è mai troppo tardi per imparare a vivere come un adulto funzionale che contribuisce legalmente alla comunità.”
Lei inarca le sopracciglia e gli rivolge un’occhiata gelida.
“No.” risponde Jin con fermezza.
Tutti i presenti si voltano da lui.
“Cosa vuol dire no?!” chiede Lee confuso.
“Farò quel che deve essere fatto.” risponde inespressivo “Domani mi costituirò davanti alla corte internazionale.”
Segue uno scomodo silenzio, rotto solo dalla risata amara del suo ex-braccio destro.
“Ho sempre pensato che fossi troppo delicato per fare il criminale.” commenta Nina con una certa superiorità, poi torna seria “Comunque, lui potrà fare quel che vuole, ma io, plastica facciale a parte, ci sto.”
Lee forza un sorriso, annuisce sbrigativamente a Nina e torna a guardare suo nipote con preoccupazione. Jin fa per tirare indietro la sedia e alzarsi.
“Jin…” Lars appoggia una mano sullo schienale della sedia per fermarlo “Capisco il tuo punto di vista, probabilmente avrai molti sensi di colpa e questo ti fa molto onore, ma…”
“Non è questione di sensi di colpa. Con quelli ho imparato a convivere tempo fa.” ammette “Semplicemente… non sta a voi stabilire se ho diritto o meno ad un’altra possibilità.”
“Jin-san… sul serio?” chiede Alisa stupefatta.
“Jin, sei un ragazzo giovane…” cerca di argomentare Lee “Hai ancora mille possibilità davanti a te…”
“Jin ha ragione.” commenta Nina Williams incrociando le braccia davanti al petto.
“Oh Nina, per favore! Parli proprio tu che hai appena accettato l’offerta?!” sbotta Lee.
“Ho detto che ha ragione, non che condivido le sue idee.” chiarisce lei “Voi non avete alcuna autorità in merito. Quindi se ha deciso di rispettare la legge e di consegnarsi, deve poter fare ciò che ritiene giusto.”
Jin spinge indietro del tutto la sedia e si alza.
“No, aspetta. Non devi per forza decidere adesso.” cerca di fermarlo Lee “Non è il caso di prendere decisioni affrettate.”
“Ho già deciso.” ripete lui con assoluta freddezza “Domani mattina mi costituirò. Non riuscirete a farmi cambiare idea.”
“Ma Jin! Ti rendi conto che potresti non uscire mai?!” insiste Lee.
“Perché è così importante quello che mi succederà?” aggrotta le sopracciglia, sinceramente curioso.
“Perché in un modo o nell’altro siamo pur sempre la tua famiglia.” risponde lo zio con fermezza “E sappiamo che nessun giudice potrà mai capire a fondo i tuoi motivi.”
Jin sospira.
“Apprezzo il vostro impegno. Ma un nuovo nome, una vita di lusso ai Caraibi… è qualcosa più sul tuo stile, Lee. Decisamente non fa per me.”
Lee inspira nervoso, guarda Lars, anche lui spiazzato dall’esito di questa conversazione. Si riavvia i capelli argentati.
“No, non te lo permetteremo!” dice poi battendo con forza una mano sul tavolo.
Jin osserva stupito quella reazione. 
È interessante il modo in cui il suo quasi sconosciuto zio adottivo sembri così determinato a salvarlo e ad offrirgli la possibilità di poter vivere una seconda vita. Forse Lee sente che, anche se in misura e modalità totalmente differenti, lui e Jin sono stati vittime delle stesse forze malvagie. O semplicemente non se la sente di far ricadere tutte le responsabilità su un ragazzo di appena ventiquattro anni che, fino a prova contraria, ha comunque sacrificato tutto per liberare il mondo da una minaccia terribile.
Una cosa è certa, non sembra disposto a cedere facilmente e questo, dal punto di vista di Jin, potrebbe diventare un problema. C’è bisogno di qualcosa che lo convinca velocemente.
“Ah no?” chiede con un ghigno crudele “Perchè Lee? Cosa avresti intenzione di fare per fermarmi?”
Sorride più a fondo, mostrando i denti che si allungano accompagnati da uno strano luccicchio negli occhi.
“Jin, porca puttana!” urla Lee perdendo improvvisamente ogni velo di apparente eleganza.
Tutti si alzano improvvisamente e indietreggiano di qualche passo. Alisa estrae le motoseghe seguendo il suo istinto, pronta a proteggere i suoi compagni. Sa bene però, come tutti nella stanza, che basterebbe una sola parola d’ordine del suo originale protetto, per costringerla a cambiare schieramento in meno di un secondo.
La tensione nella stanza è palpabile, tutto dipende da Jin, che è in vantaggio schiacciante.
“Hey, sta’ calmo ragazzino!” lo avverte Nina glaciale.
“Jin che cazzo fai?!” chiede Lars allarmato.
Lee lo osserva pallido, senza emettere fiato, paralizzato dal ricordo di anni e anni di terrore per il Devil di Kazuya.
Jin ridacchia.
“Tranquilli.” dice poi in finto tono amichevole, ancora parzialmente trasformato “Era solo per ricordarvi che… no, non potete fermarmi in alcun modo!”
Lee finalmente riprende a respirare, poi il capo della Violet Systems torna a sedersi.
“Va bene, messaggio recepito.” dice calmo.
Jin distende i muscoli del collo e può tornare al suo aspetto originario.
“Quindi invece di un chirurgo ti devo trovare un avvocato, uno molto bravo.” continua Lee prendendo il telefono dalla tasca della giacca, con mani tremanti “Va bene.”
Alisa ritira le motoseghe, ma rimane in allerta, analizzando meticolosamente la scena. Nina Williams torna a sedersi, senza un minimo cambio d’espressione. Lars guarda il nipote con preoccupazione.
Jin va verso la porta, poi sospira.
“Vado a stendermi un po’.” dice con la mano sulla maniglia “Domani mi aspetta una lunga giornata.”

 

Tokyo, 30 maggio 2006
Si è concluso questa mattina il processo del tribunale internazionale di giustizia contro Jin Kazama, leader del gruppo industriale e finanziario Mishima, accusato di numerosi reati nell’ambito dei crimini contro la pace.
L’imputato è stato giudicato colpevole davanti alla corte e condannato all’ergastolo con possibilità di liberazione anticipata. All’imputato è stata concessa l’attenuante in seguito alla presa in esame da parte della corte di alcuni elementi, informazioni ritenute non condivisibili col pubblico, che sono state archiviate come segreti di stato internazionali.


 

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Capitolo 2
*** Comitato di bentornato ***


PREMESSA
So che l’ho già introdotta brevemente con il prologo, ma questo in un certo senso sarà il vero primo capitolo e quindi ha bisogno forse di un’ulteriore presentazione.
Ultimamente, dopo averla criticata per anni, sto rivalutando la trama di T6 e in particolare le interazioni tra Jin e Lars. E sarà proprio il confronto e il dialogo tra questi due personaggi il focus della storia e in particolare Jin visto attraverso gli occhi di Lars. Poi certo, compariranno anche altri personaggi, ci saranno vari cameo, ma i protagonisti principali resteranno quei due.
Per quanto riguarda il genere si potrebbe definire come uno slice of life in ambiente di lavoro.

La tematica amorosa sarà presente in una certa misura, ma rimane comunque in un piano di sfondo.
In questa storia mi sono permessa di toccare argomenti come diritto ed economia, e oltre ad essere queste materie totalmente fuori dalla mia competenza, certe cose sono consapevolmente irrealistiche, ma anche qui sono elementi di sfondo, non importanti per la storia vera e propria, quindi vi prego di non fossilizzarvi su queste eventuali incoerenze.
(Che poi, mi metto sempre mille di questi problemi, ma poi mi ricordo che sto scrivendo su Tekken su EFP e che al massimo la leggeranno in tre in dieci anni, quindi che mi preoccupo a fare? 😂)
Detto questo, buona lettura!


 


 

 


2
Comitato di bentornato




 

Tokyo, 16 aprile 2018
Quartier generale della Mishima Zaibatsu
Ore 07.35

 

Lars Alexandersson tamburella nervosamente il piede contro il pavimento del cupo atrio della sede centrale della Mishima Zaibatsu, quello scuro grattacielo che si alza minaccioso nel cuore di Marunouchi.
Ha sempre pensato che quel posto mettesse l’angoscia solo a guardarlo, ma questa mattina l’aura negativa racchiusa tra quelle pareti, con quel pavimento scuro e quelle statue decorative, sembra essere ancora più soffocante di quanto non ricordasse.
Forse è dovuto al fatto che dodici anni fa pensava di aver chiuso definitivamente con quella parte dolorosa del suo passato, pensava che non avrebbe più messo piede dentro la sede della zaibatsu. E invece ora, dopo tanto tempo, si trova di nuovo lì ed è come essere ripiombato nella realtà dopo la fine di un sogno.
“Lars, tutto bene?” Alisa piega la testa in avanti con sguardo preoccupato.
Lars sospira, incrocia le braccia davanti al petto e si spinge all’indietro contro lo schienale della poltroncina.
“Più o meno.” ammette.
Neanche lui è sicuro di sapere perché si senta così nervoso. Probabilmente oltre all’aura negativa racchiusa in quell’edificio c’è anche il fatto che dopo dodici lunghi anni sta per rivedere suo nipote. Suo nipote che è stato scarcerato neanche una settimana fa e che per qualche ragione ha chiesto di vederlo.
Lars cambia di nuovo posizione sulla sedia.
Sì, è inutile girarci attorno. L’idea di un nuovo incontro con Jin lo preoccupa, e non poco. Oltre al fatto di non sapere che cosa l’abbia spinto a cercare un nuovo contatto con lui, c’è anche il fatto che Jin è sempre stato una persona complicata con cui avere a che fare, e Lars non ha la minima idea di come questi anni di reclusione l’abbiano potuto cambiare.
Certo, stando a sentire quel che dice Lee, il ragazzo sembra aver messo totalmente la testa a posto. Plausibilmente il fatto di non avere più i Mishima più anziani tra i piedi non dovrebbe dargli motivo di fare niente di stupido, o almeno questo in linea teorica. Perché la verità è che non si può mai sapere che cosa frulli davvero nella testa di quel ragazzo.
Si dice comunque che in prigione abbia sempre mantenuto una condotta pressoché perfetta, mai un incidente, mai una rissa e che sia stato scarcerato proprio perché non più ritenuto un individuo socialmente pericoloso.
L’avvocato di Lee aveva avuto una giustissima intuizione nel decidere di condividere con le autorità del mondo informazioni dettagliate sull’esistenza di Azazel e del gene del diavolo con tanto di dimostrazione pratica. Non solo Jin aveva dimostrato di essere ormai in grado di poterlo controllare totalmente, ma aveva anche messo a disposizione il suo potere in caso di necessità, come arma a disposizione dell’umanità nel caso altre forze soprannaturali si fossero risvegliate. Offerta davanti alla quale la corte internazionale non si era potuta tirare indietro.
E pare comunque che Jin abbia cercato di darsi da fare durante questo periodo. Pur non potendola gestire direttamente, come proprietario della zaibatsu, ha dato ordine da dietro le sbarre di devolvere gran parte delle azioni e di impegnarsi in opere di beneficenza e di ricostruzione. Cose che, naturalmente non possono cancellare del tutto i vecchi rimorsi contro di lui, ma hanno comunque in qualche modo aiutato a mitigare le acque.
Per lo meno il ragazzo sta facendo concretamente qualcosa e gli sforzi sono comunque riconosciuti. Insomma, processo e condanna a parte, sembra che Jin ce la stia mettendo tutta per fare quel che è giusto e per rimediare, per quanto possibile, alle conseguenze delle sue azioni.
Per quanto riguarda l’opinione pubblica poi, le guerre non sono ovviamente mai giustificabili, ma si dicono anche tante strane cose in giro riguardo la storia di quel ragazzo e la sua famiglia. Saranno stupide teorie complottistiche forse, ma quel video testimonianza in cui Kazuya Mishima assume le sembianze di una creatura mostruosa sembrava spaventosamente autentico.
Quel che è certo è che sembra che Jin Kazama abbia effettivamente liberato il mondo da delle minacce peggiori di lui e comunque nemmeno la corte internazionale si è sentita di rinchiudere effettivamente quel ragazzo fino alla fine dei suoi giorni.
Sì, d’accordo tutto quanto, ma perché ha espressamente chiesto di vedere lui e Alisa?
Per quanto Lars si sia sempre sforzato di capirlo, fin dal loro primo incontro durante quel terribile anno, rimane sempre qualcosa di incomprensibile in Jin. Quel ragazzo tiene sempre una parte di sé completamente celata, che rende impossibile capire cosa stia realmente pensando dietro quel velo di inespressività. Qualcosa che lo rende quindi totalmente imprevedibile e in una certa maniera sempre potenzialmente pericoloso.
Lars si morde nervosamente il labbro inferiore e dà un'occhiata all'orologio.
Quello che poi ha trovato più strano in assoluto, tra le varie cose raccontate da Lee che ha sempre mantenuto un contatto col nipote in questi anni, è stato scoprire come Jin abbia in qualche modo cercato di riprendere il controllo della sua vita personale.
È forse la dimostrazione che il ragazzo ha davvero intenzione di adeguarsi alla società e a vivere il resto della sua vita come un onesto e tranquillo cittadino? O anche quella è una farsa?
Impossibile esserne certi, ma almeno stando ai racconti di Lee sembra che durante gli anni di reclusione Jin abbia ripreso gli studi, si sia laureato e, cosa assolutamente inconcepibile… si sia sposato.


“Mi prendi in giro?!” aveva chiesto Lars a Lee la sera prima, un’ora dopo essere atterrato a Tokyo.
Suo fratello adottivo aveva ruotato gli occhi.
“So che è incredibile, ma no. Non ti prendo in giro.” aveva risposto Lee “Il nostro nipotino, criminale di guerra internazionale, si è sposato.”
Si era instaurato un lungo momento di pausa.
“Ma sei sicuro?”
Lee aveva fatto di sì con la testa.
“Anche io ho faticato a crederci, Lars. Chi mai avrebbe immaginato che uno così potesse avere interessi di quel tipo?!” aveva continuato poi “Ma è così. Ci sono dei lati di Jin che evidentemente esistono, ma lui non ama mostrare. Ma sai Lars qual è la cosa peggiore?!”
Lars aveva corrugato le sopracciglia, ancora troppo confuso per provare ad indovinare che cosa potesse essere.
“Qual è?”
“Che quell’idiota non mi ha detto niente e non mi ha invitato ad assistere.” aveva risposto allora Lee battendo un colpo sulla scrivania.
Sembrava offesissimo e Lars poteva capirne il motivo, dato che si era insinuato nella vita di Jin, seppur un po’ forzatamente, come una figura paterna.
“Me l’ha detto solo dopo aver già concluso tutto! Molto casualmente, alla mia domanda di come avesse trascorso il mese! Ci pensi?!” Lee si era portato una mano davanti alla fronte “Quindi non solo scopro improvvisamente che Jin a quanto pare ha un’anima! Non solo scopro che evidentemente non ero l’unico a fargli regolarmente visita in carcere, ma viene fuori che nel mentre quella peste si è pure sposato! Senza dirmi niente!”
“Sì, ma chi mai può aver sposato uno del genere?!” aveva chiesto a quel punto Lars allarmato “Dev’essere per forza un matrimonio di convenienza o una cosa così. Quel pazzo sta sicuramente macchinando qualcosa, te lo dico io!”
Ed era stato allora che Lee si era messo a ridere, scuotendo la testa.
“Lars, i tuoi sono dubbi legittimi, queste cose le ho pensate anche io, ma... ho indagato e credimi, non sembra niente di tutto ciò.” aveva risposto poi “E fidati, se tutta questa situazione ti sembra strana, quando vedrai la persona che ha sposato rimarrai ancora più di stucco.”

“Lars, è arrivata l’auto!” esclama Alisa, risvegliandolo dai suoi pensieri.
La ragazza coi capelli rosa indica le porte di vetro.
La limousine scura si ferma davanti all’entrata dell’edificio, si apre la portiera posteriore.
Alcune guardie si dispongono sui lati di un corridoio immaginario che parta dall’auto fino all’ingresso del palazzo.
“Tutti in posizione!” esclama la donna a capo della divisione della Tekken Force incaricata di accogliere il grande capo stamattina.
Le truppe si dispongono ordinate sul grande atrio vuoto.
Lars si accorge di stare trattenendo il respiro quando nota una testa di capelli corvini uscire dalla vettura. Jin esce dall’auto, si sistema gli occhiali da sole, guarda per un attimo quel corteo di soldati senza una vera espressione, poi si incammina rapido verso l’edificio, seguito a ruota da un paio di soldati-guardie del corpo.
“Ci siamo.” sussurra Lars a bassa voce, alzandosi in piedi “Tra qualche minuto lo rincontreremo faccia a faccia.”
Jin entra nell’edificio, guarda confuso davanti a sé, fa ancora qualche passo in avanti, quando un fracasso improvviso lo costringe a fermarsi.
Le truppe della Tekken Force iniziano ad esibirsi in una sorta di parata militare, con tanto di musica della banda, coriandoli colorati e vari striscioni di benvenuto che vengono calati dal soffitto.
Bentornato signor Presidente!
“Ma che diavolo fanno? Sono impazziti?!” chiede Lars a denti stretti camminando velocemente verso il centro della sala.
È vero che questa è per lo più gente nuova e che nessuno deve avergli passato un rapporto sul carattere e i gusti del capo, che dopo tutti questi anni di sua assenza nessuno conosce. Ma questo sarebbe fin troppo pacchiano persino per uno normale, o chiunque non abbia manie di culto della personalità come Heihachi.
Lars arriva a pochi passi da Jin.

Una soldatessa si ferma davanti al suo capo tenendo tra le braccia un enorme mazzo di fiori.
“Bentornato signor Presidente!” esclama a voce alta.
Jin la osserva immobile, col naso leggermente arricciato, la bocca semiaperta, lo sguardo nascosto dietro gli occhiali scuri.
La donna gli porge il mazzo di fiori, che Jin si limita ad osservare incerto.
“E tu chi saresti?” chiede gelido.
Solo a quel punto la comandante inizia a mostrare un vago imbarazzo.
“Caposquadra Rizal della divisione 14 della Tekken Force signore!” si presenta col saluto militare.
Lars si affretta a prendere il mazzo di fiori al posto del nipote e a rivolgerle un sorriso di cortesia.
“Il signor Kazama è molto grato per il vostro pensiero.” dice, lanciando al nipote un’occhiata di rimprovero.
Forse per certe cose sarà pure cambiato un po’ durante questi anni, ma per altre sembra essere rimasto lo stesso ragazzo insensibile e gelido che ricordava.
“È stato molto gentile da parte vostra.” aggiunge Alisa affiancandosi a Jin sull’altro lato e piegando cortesemente il capo in avanti “Il signor Kazama ringrazia tutta la Tekken Force.”
Jin guarda entrambi, poi annuisce serio davanti alla caposquadra dell’esercito.
“Sì, vi ringrazio.” risponde sbrigativamente, iniziando ad attraversare la sala.
Con un cenno della mano invita le guardie del corpo a non seguirlo più, poi guarda distrattamente Lars e Alisa.
“Voi due, nel mio ufficio!”



“Jin, che diavolo di comportamento era quello?!” chiede Lars chiudendo la porta dell’ufficio direzionale.
“Di che parli?” risponde Jin atono.
Si ferma al centro della stanza e guarda il suo ufficio per la prima volta dopo dodici lunghi anni.
“Con la soldatessa della Tekken Force.” precisa Alisa “Il tuo atteggiamento non è stato cortese!”
“Ah quello.”
Jin riprende a camminare e va a prendere posto dietro alla scrivania. Dopo tutto quel tempo si risiede sul trono per la prima volta.
“Questa gente non ti conosce, Jin. Sarebbe stato carino mostrare un po’ più di gratitudine!” continua Lars andando ad appoggiare i fiori sulla scrivania.
Jin lo guarda, sembrando poco interessato.
“Sono soldati, non li pago per essermi amici!”
“Non è questo il punto!” ribatte Lars.
“Prego, sedetevi.” Jin li invita a quel punto a prendere posto.
Lars sospira nervosamente e si siede, Alisa fa lo stesso.
“Dico sul serio, Jin. Sarebbe ora di iniziare a comportarti meglio con le persone.”
A quel punto l’uomo più giovane mostra un vago fastidio.
“Presumo che potrei provarci.” risponde Jin con un sussurro “Ma anche loro avrebbero potuto pensarla meglio, non credi?”
Lars aggrotta le sopracciglia.
“Sono fuori dal carcere da meno di una settimana.” ricorda con un sibilo “Da dove gli è venuto in mente che avessi voglia di assistere ad una parata militare?!”
Lars e Alisa rimangono impietriti, poi Jin sospira e si ricompone dopo quella quasi ammissione di debolezza.
“D’accordo, avete ragione.” continua poi in tono più gentile “Più tardi chiamerò quella soldatessa e mi scuserò!”
Lars e Alisa si scambiano un’occhiata confusa.
“Dirò che non sono ancora abituato a queste manifestazioni di cortesia e che mi sono trovato un po’ in imbarazzo.” continua Jin parlando in tono calmo “Dite che può andare?”
Lars annuisce esterrefatto.
Non solo sta promettendo di fare delle scuse, ma sta anche chiedendo un loro parere per qualcosa che dodici anni fa avrebbe trovato totalmente futile.
“Direi di sì.” mormora Lars.
“Bene.” conclude Jin.
Poi prende la sua valigetta, la apre e comincia a tirare fuori delle cartelle che dispone sul piano della scrivania.
Lars e Alisa lo osservano in silenzio. È una situazione decisamente imbarazzante. Questo in situazioni normali sarebbe probabilmente il momento di fare saluti e convenevoli, dato che tecnicamente non si sono ancora salutati, ma… si tratta pur sempre di Jin, che continua ad essere poco abituato appunto a manifestazioni di cortesia. E poi come ci si saluta con qualcuno che ha appena finito di scontare una pena?

“E quindi… come va?” inaspettatamente è proprio Jin a rompere il ghiaccio.
“Bene.” risponde Lars.
“Bene.” replica Alisa.
“Bene.” annuisce Jin in risposta aprendo una cartella.
“E… a te?” chiede poi Lars doverosamente “Ti trovo bene, nonostante…”
Jin si ferma e gli rivolge un'occhiata penetrante.

“... nonostante la prigione?” completa atono.
Lars annuisce, un po’ a disagio.
È la verità però, non un semplice convenevole. È più o meno come lo ricorda. Certo, è cresciuto e ha l’accenno di qualche segno del tempo sul viso, forse ha anche perso un po’ di tono muscolare, ma d’altronde non dev’essere stato semplice mantenere inalterato il suo severissimo regime di allenamenti anche in prigione. Però è sempre lo stesso Jin, almeno da fuori.
“Sì, beh… non è semplice, ma sto cercando di abituarmi a quella che tutti definiscono vita normale.” risponde il nipote senza espressione “Certo, ho veramente tanto da imparare. A questo punto della vita non ho neanche più idea di che cosa sia la normalità, ma alla fine non mi lamento. Anzi, dodici anni di carcere in confronto all’ergastolo iniziale… direi che non ho proprio il diritto di lamentarmi di niente. Specialmente considerati i miei reati.”
Parla con una brutale onestà che fa seguire un'altra pausa di silenzio imbarazzantissimo.
Jin prende un fascicolo dalla cartella e inizia a sfogliare.
“Quindi voi due… Lee mi ha detto che siete una coppia adesso.” anche stavolta è lui a riprendere il discorso.
Gli altri due annuiscono.
“Ok.” annuisce anche Jin senza muovere un muscolo della faccia.
Lars lo guarda con cautela. Ricorda benissimo quali fossero le opinioni di Jin riguardo al suo legame con Alisa. Quindi le cose sono due, o ha cambiato opinione o che ce la stia mettendo tutta per mostrarsi comprensivo.
“Congratulazioni.” aggiunge poi con un minuscolo sorriso.
E non un sorriso cattivo, come gli unici sorrisi che sembrava in grado di fare dodici anni fa. No, quello è, seppur minuscolo, un vero sorriso.
Ok, questo è fin troppo strano. Lars apre la bocca sconcertato.
“Grazie.” risponde Alisa positivamente sorpresa.
“Congratulazioni? Non hai davvero niente di cattivo da dire?” non riesce a trattenersi Lars.
Jin abbassa lo sguardo sui suoi fogli.
“Che c’è? Non posso semplicemente essere felice per voi?”
“Non è questo il punto, è che… hai fatto capire mille volte cosa pensavi a riguardo e…”
Jin sospira e guarda lo zio un po’ infastidito.
“Lars, non rendere le cose più difficili di quanto già siano! Nel caso tu non l’abbia notato mi sto sforzando di imparare ad essere una persona migliore.” si lamenta.
Lars lo studia in silenzio.
“È vero.” continua Jin con un soffio “Tu e Alisa: ho sempre pensato che fosse strano e in un certo senso lo penso ancora. Ma va bene così, non mi interessa esprimere giudizi sulle scelte di vita altrui.”
Torna a concentrarsi su quei fogli.
“Cerca di capirmi, avevo sempre considerato Alisa come una specie di mio super computer!” poi si blocca, guarda Alisa e increspa la fronte “Scusa Alisa, so che sei in grado di provare dei sentimenti. Non voglio offenderti, ma è solo per farmi capire.”
“Scuse accettate.” annuisce lei confusa prima di guardare Lars esterrefatta.

Jin Kazama le ha appena chiesto scusa.
“E poi arrivi tu che non solo inizi a comportarti con lei come se fosse una persona reale, ma addirittura… te ne innamori.” continua Jin “E non si tratta neanche di una confusione momentanea perché a quanto pare la cosa è seria!”
Si ferma ancora e li guarda tutti e due.
“E per di più, stai invecchiando, mentre lei sembra ancora una liceale. Quindi sì, è un po’ strano e probabilmente nei prossimi anni lo sarà sempre di più.” poi si ferma e sospira con uno sguardo triste “Ma la vita è già abbastanza difficile così com’è senza stare a sprecare tempo pensando a cosa sia o non sia strano, non pensate?” 
Lars e Alisa si scambiano l’ennesima occhiata di perplessità.
“Quindi se voi siete felici, lo sono anche io per voi. E che vogliate crederci o no, lo dico sul serio.” conclude sembrando effettivamente sincero.
Alisa sorride.
“Lee-san sta sperimentando un modo di modificare il mio aspetto in modo da imitare l’invecchiamento di una persona reale.” condivide a quel punto con lui “Comunque direi che il tuo è un passo in avanti, Jin-san!” 
“Direi di sì.” concorda Lars, positivamente colpito.
Jin annuisce in segno di apprezzamento.
“Mi fa piacere che lo pensiate.” dice in tono gentile, spiazzandoli sempre di più.
Poi torna a guardare i suoi fogli.
“Quindi… vivete in Svezia giusto?”
“Sì.” risponde Lars. 
“Ad…” Jin fa una smorfia confusa “... Uppsàla.”
“Ùppsala.” Lars gli corregge l’accento e lo guarda confuso “Jin? Cosa stai leggendo? Hai cercato delle informazioni su di noi per caso?” 
“Cosa fate per vivere?” continua l’altro ignorando la domanda.
“Gestiamo un’attività di prodotti di alimentazione biologica.” risponde Alisa con un sorriso.
“Sì, ma perché hai cercato informazioni su di noi?” insiste Lars sospettoso.
Jin abbassa il foglio e guarda sorpreso Lars, con aria vagamente divertita.
“Sul serio?” chiede “Dalle armi al riso integrale? Questo sì che è un drastico cambio di rotta!”
“Ero stanco della vita da soldato dopo… la battaglia finale. Ma mi spieghi che cosa stai macchinando?”
“Mm, stanco della guerra. Capisco.” risponde Jin con un sorriso amaro “E ti piace quello che fai? Ti soddisfa?” 
“Molto.” risponde Lars prontamente “Organizziamo anche fiere stagionali e…”
“Perché vorrei che tu diventassi mio socio qui, Lars!” Jin neanche lo fa finire.
“Che cosa?!” Lars spalanca la bocca.
Guarda quei fogli sulla scrivania.
“Andiamo!” sogghigna Jin “Pensavi che vi avessi chiamato qui dalla Svezia solo per salutarvi?” 
Lars deglutisce. Improvvisamente Jin torna ad assomigliare vagamente a quello che ricordava.
“No e in effetti mi stavo chiedendo che cosa avessi da dirmi per cui era necessario vederci di persona!”
Jin si appoggia comodamente allo schienale della sua sedia.
“Lars, non so se lo sai, ma Heihachi non ha mai scritto un testamento.” esordisce “Lo stronzo forse era seriamente convinto che non sarebbe mai morto.”
Lars ascolta con preoccupazione.
“Quindi poi con la morte sua e di Kazuya, la zaibatsu è tornata automaticamente a me, perché ero l’unico discendente di Heihachi ancora in vita.”
A questo punto guarda Lars con un sorrisetto malvagio.
“Ma noi sappiamo che non è esattamente così, vero? Lars, tu hai lo stesso diritto di stare dietro questa scrivania che ho io. Anzi, forse tu in quanto suo figlio hai pure un po’ più diritto di me.” 
“No, ma io non ho intenzione di rivendicare nessuna eredità e…” interviene a quel punto Lars.
“Sì, lo immaginavo.” ribatte prontamente Jin interrompendolo “Ma il problema è che sono esausto, qui c’è un sacco da fare e…  sinceramente mi sono un po’ rotto i coglioni di dover fare tutto da solo.”
Lars lo guarda sconcertato.
“Ma io… no, Jin! Non se ne parla!” protesta Lars come se gli fosse stata appena proposta una follia.
“Sentiamo un po’, quanto guadagni con le tue lenticchie biologiche?!” lo sfida l’altro a quel punto “Io qui ho alcuni dati e…”
“Non è questione di soldi!” insiste Lars “Mi piace la mia vita in Svezia con Alisa, non ho assolutamente intenzione di tornare in questo buco tetro! Se non hai voglia di gestire la zaibatsu da solo trovati qualcun'altro o vendila!”
Jin non risponde e si volta da Alisa.
“Giusto, Alisa! Ovviamente ho una proposta anche per te!”
“Che cosa?!” Lars alza le mani sempre più disorientato.
“Alisa, che ne diresti di tornare a ricoprire il tuo vecchio ruolo di guardia del corpo?” chiede Jin “Intendo dire, non esattamente come prima… stavolta saresti sotto contratto, e parlo di un’assunzione vera e propria.” 
“Un’assunzione?” ripete Alisa incerta. 
“Sì, con salario, ferie e tutto il resto.” continua Jin “Ovviamente l’assicurazione medica nel tuo caso è inutile, ma certamente avresti a disposizione la tecnologia della zaibatsu per ogni eventuale guasto o intervento di manutenzione. Se però nel mentre preferisci continuare a farti aggiustare da Lee per me non ci sono problemi.”
Alisa rimane a bocca aperta per qualche secondo.
“Vorresti che tornassi a farti da guardia del corpo?” mormora Alisa confusa.
Jin sospira e corruga di nuovo la fronte.
“Sapete, ho cercato di sistemare i miei casini negli ultimi anni, ma… è ancora pieno di gente là fuori che vorrebbe uccidermi o comunque rovinarmi la vita.” spiega “E come potrete capire ho bisogno di tutelarmi in qualche modo e di prendere qualche misura di sicurezza per difendere me e chi mi sta vicino.”
“Intendi dire…” dice Lars incerto.
“Mia moglie è un po’ restia a farsi seguire da una guardia del corpo.” riprende Jin “O per lo meno da una che non sia un animale peloso di duecento chili.”
“Cosa?” fa Lars sicuro di non aver sentito bene.
“Ma sono certo che potrebbe finalmente darmi ascolto se a proteggerla ci fosse qualcuno come te, Alisa.”
La guarda fissa per qualche secondo.
“Quindi non dovrei più proteggere te, ma… lei?”
Jin annuisce.
“Non preoccuparti. È molto più simpatica di me, te lo assicuro. Per quanto riguarda me, credo di potermela cavare da solo e con l’aiuto del… beh, lo sapete.” sogghigna.
Alisa e Lars si incrociano lo sguardo ancora una volta.
“Ti prego Alisa, pensaci.” conclude infine Jin col tono più gentile che Alisa abbia mai sentito uscire dalle sue labbra.
“Aspetta, aspetta solo un secondo…” bofonchia Lars incredulo.
Jin si alza, riprende gli occhiali da sole e cammina verso la porta a vetri che dà sulla terrazza.
“Ovviamente non mi aspetto che mi diate una risposta oggi, ma tra un attimo se volete possiamo iniziare a vedere qualche cifra.
No, ma…" farfuglia Lars "Dove vai?! 
Vi lascio un po’ di tempo per iniziare a parlarne tra di voi.” dice infilandosi una sigaretta tra le labbra “Io vado a fare un po' di ora d'aria.” 
Condivide quella perla d’umorismo carcerario ed esce, lasciandoli soli dentro a quella stanza.
Lars e Alisa, si prendono una manciata di secondi per riflettere sulla conversazione appena finita.
“Assurdo!” esclama Lars con un sospiro “Non riesco a credere che ci abbia trascinato qui per questo!”
“Ovviamente diremo di no, giusto?” chiede Alisa a bassa voce.
“Ovviamente!” conferma Lars subito “Neanche a pensarci. Non può uscire dal carcere e pensare di riportarci qui così… Ci siamo già fatti una vita altrove! Lasciandoci la storia di questa famiglia alle spalle! Non avremmo neanche dovuto accettare di venire!”
“Poverino però.” commenta Alisa “Dopotutto ha pure cercato di essere gentile.”
“Alisa, è di Jin che parliamo! Forse è stato gentile proprio perché voleva convincerci! È uno scaltro mainipolatore! Non mi fido di lui!” risponde Lars “E sicuramente non posso venire a lavorare qui con lui! Me ne sono andato apposta! Volevo respirare un’aria diversa! … Alisa? Alisa che stai pensando?” chiede poi notando uno strano sguardo sul viso della compagna. 
“In effetti però, come avevi detto anche tu prima del processo, siamo pur sempre la sua famiglia.” nota Alisa “E ora ci chiede aiuto.” 
“Alisa…” Lars raggrinzisce la fronte.
“L’abbiamo pur sempre lasciato dodici anni in carcere, Lars.” dice a bassa voce.
“È lui che ha deciso di costituirsi!” ribatte l’uomo.
“Sai a cosa mi riferisco. Non l’abbiamo mai contattato, non siamo mai andati a trovarlo. Al contrario di Lee, siamo completamente usciti dalla sua vita.”
Lars sospira, senza ribattere.
“Alisa, ne abbiamo già parlato. Lee si è convinto che era la sua missione fargli da padre, io non ho alcuna intenzione di fargli da fratello maggiore. Non gli dobbiamo assolutamente niente. Non devi sentirti in debito con lui!”
Lars la guarda confuso.
“Alisa… ci stai pensando veramente?”
Lei si stringe nelle spalle.
“Non lo so, ma dico solo che forse dovremmo prenderci un po' più di tempo per pensare.”

 

 


 









 

 


NOTE:
Avrei voluto ambientare questa parte della storia nel nostro presente attuale, ma dato che stiamo vivendo eventi straordinari, non mi è sembrato il caso di far scarcerare Jin in piena pandemia, quindi ho traslato di qualche anno il presente fittizio.
Edit Ottobre 2020: Ho cambiato idea riguardo all'ambientazione temporale e ho spostato il tutto di qualche anno nel passato. lol



 

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Capitolo 3
*** Nave in avaria ***


3
Nave in avaria

 

Biiiiiip
L’erogatore di bevande ha finito, Lars apre lo sportellino ed estrae il suo bicchiere di caffè. Come si volta per uscire dalla sala relax del ventottesimo piano, della sede centrale della Mishima Zaibatsu, incrocia lo sguardo amichevole di una soldatessa della Tekken Force.
“Buongiorno signore!” lo saluta. 
“Buongiorno.” risponde lui educatamente.
Un attimo fa era pronto ad uscire dalla stanza, una volta presa la sua bevanda, ma la soldatessa lo guarda come se desiderasse dirgli dell'altro. Lars la guarda con un po’ di incertezza.
“Volevo… augurarle buona fortuna per il suo primo giorno di lavoro!” dice a quel punto la donna chinando il capo in avanti.
“Grazie…” risponde lui stupito. 
Non si aspettava di venire riconosciuto da qualcuno. Questo è appunto il suo primo giorno di lavoro e anche se si deve essere già diffusa la notizia di un nuovo co-presidente, è alquanto inaspettato che qualcuno sappia già riconoscerlo.
“Immagino che non si ricorderà di me, ma ci siamo già incontrati.” spiega la soldatessa timidamente “Sa, il giorno che il signor Kazama è tornato dalla sua… pausa!” 
Lars non può fare a meno di trovare interessante quella scelta di lessico.
“Il signor Kazama era in imbarazzo per la nostra festa di bentornato forse un po’ eccessiva per i suoi gusti, ricorda?” abbassa un po’ il tono di voce “Io stavo iniziando ad entrare nel panico ma per fortuna lei è arrivato e ha salvato la situazione.” 
Lars sorride. Adesso è tutto chiaro. Ecco perché è stato riconosciuto dunque. Quella soldatessa deve aver memorizzato il suo nome durante quella occasione.
“Certo! Ricordo bene!” risponde Lars a quel punto.
“Sa, signore… è vero che sono un soldato e tutto quanto, ma in certe situazioni sociali… ho un piccolo problema di lacrima facile.” ammette la soldatessa abbassando il tono di voce “È proprio più forte di me, non posso farci niente! E quando ho visto l’espressione del signor Kazama, ho pensato che… beh, che sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro.”
Fa una pausa e lo guarda con immensa gratitudine.
“Ma poi è arrivato lei e quell’altra donna.” continua “Vi sono estremamente grata. Mi avete salvato da una pessima figura quasi inevitabile.”
La soldatessa esprime la sua riconoscenza piegando il capo in avanti.
“No, ma si figuri!” cerca allora di tranquillizzarla Lars con un sorriso “Il signor Kazama a volte ha dei modi di fare un po’... particolari e possono essere interpretati come… scortesi. Abbiamo semplicemente fatto quel che era giusto fare.”
La soldatessa si risolleva e sorride ancora una volta.
“Sarò felice di lavorare per un capo come lei!” 
Lars ricambia il sorriso e annuisce.
“Ne sono contento.” dice poi allungando la mano “È stato un piacere conoscerla…?”
“Caposquadra Josie Rizal, signore!” gli ricorda la soldatessa, stringendogli la mano.
“Lars Alexandersson, molto piacere.”
“Lars?” una voce annoiata lo richiama da dietro.
Jin si è appena fermato davanti all'entrata della saletta, notando la presenza dello zio. Guarda la scena con un’espressione vagamente critica.
“Buongiorno signore!” la comandante Rizal si irrigidisce e fa il saluto militare.
Tutti gli altri presenti nella saletta relax smettono di colpo di parlare e di badare ai loro affari e salutano prontamente il presidente.
A quel punto a Lars non sfugge un'increspatura che va a insinuarsi nella fronte di Jin.
“Buongiorno.” risponde lui con fare sbrigativo.
Poi guarda lo zio.
“Lars, quando hai finito ti aspetto nel mio ufficio.”

 

“Benvenuto. Buon primo giorno di lavoro!” dice Jin accogliendo Lars nel suo ufficio.
Lo aspetta a braccia conserte, appoggiato in piedi contro il bordo della sua scrivania.
“Grazie.” risponde Lars chiudendo la porta.
“Come procede la ricerca dell’appartamento?”
Lars va a prendere posto sulla poltroncina davanti alla scrivania.
“Diciamo che ci stiamo ancora lavorando.” ammette non troppo felice “Non è esattamente l’impresa più semplice del mondo trovare un appartamento con un angolo di giardino dove sia possibile tenere due piantine in questa metropoli.”
Jin fa un mezzo sorriso.
“Mi fa piacere sapere che non sarà l’aver accettato la mia offerta a farti abbandonare la tua nuova passione per le piantine biologiche.” commenta “Iniziavo a sentirmi quasi in colpa.”
Lars lo guarda di sbieco senza fiatare. Quando hai a che fare con qualcuno così poco espressivo come lui, è veramente difficile imparare a capire le sfumature del suo umorismo, ammesso che esista. E non sai mai quanto di quel che esce dalla sua bocca sia genuino o se ti sta ancora una volta sfottendo col suo strano modo di fare.
“Non arrenderti comunque, sono certo che prima o poi si libererà la casa giusta per voi.” riprende Jin.
“Comunque, eccomi qui!” cambia discorso Lars con un sospiro “Da dove si comincia?”
“Mm. Subito al dunque. Ne deduco che non stai più nella pelle.” osserva Jin.
Poi si alza, fa il giro della scrivania e si siede sul suo trono. Lì apre un fascicolo che era stato lasciato a fianco al computer.
“Cominciamo…” dice con assoluta tranquillità spingendo il fascicolo verso Lars “Dal trovare insieme una soluzione per evitare la bancarotta!”
Lars inarca le sopracciglia e prende i fogli con un gesto fulmineo.
“Bancarotta?! Vuoi prendermi in giro?!” sbotta. 
Jin si schiarisce la gola.
“E me lo dici così?! Me lo dici adesso?!” continua Lars.
Jin si accomoda contro lo schienale con un sorrisetto colpevole.
“Sì, forse sarebbe stato più corretto accennarti qualcosa prima di coinvolgerti.”
Lars lo guarda con rabbia. In momenti come questi vorrebbe semplicemente riempirgli la faccia di schiaffi.
“Non preoccuparti, Lars.” riprende poi l’altro con assoluta flemma “Per cose come queste si trova sempre una soluzione.”
Lars inizia a sfogliare le pagine del fascicolo con un evidente nervosismo.
“Questi sono i bilanci degli ultimi anni. Come saprai ho dovuto apportare un po’ di modifiche alla struttura della zaibatsu, tanto per cominciare ho dovuto pagare tutte le spese processuali più una serie di multe salatissime…”
Lars lo guarda sconvolto. 
“E poi diciamo che sotto consiglio di chi cura la visibilità della zaibatsu ho avuto bisogno di investire un bel po’ sul mio senso di colpa o, usando altri termini... l’immagine mia e della zaibatsu stessa.”
Lars chiude gli occhi e ascolta con fastidio quella frase colma di cinismo.
“Immagine?”
A volte i suoi discorsi sono davvero inascoltabili.
“Quindi vorresti dirmi che hai la coscienza pulita?” lo sfida aggressivo “Non hai neanche un senso di colpa?”
Jin esita prima di rispondere.
“Pensi questo di me?” chiede inespressivo.
“Non lo so!” ammette l'altro con rabbia “In realtà non sono mai riuscito a capire come funzioni la tua testa! Come non riesco a capire perché mi hai trascinato qui! Senza dirmi che rischiavamo la bancarotta!”
Jin annuisce, soddisfatto della risposta e prende a giocare con il tappo di una penna, abbassando lo sguardo.
“Sensi di colpa.” ripete serio “È ovvio che ne abbia, o invece di farmi processare me ne sarei andato a fare la bella vita ai Caraibi. Ma fidati, per i sensi di colpa sperperare soldi a destra e a manca non fa assolutamente differenza.” fa una piccola pausa poi alza gli occhi sul suo interlocutore “La coscienza non è qualcosa che si può lavare con il denaro, ne convieni?”
Lars rimane ad ascoltare quell'enigma vivente di suo nipote, ma non insiste. Un attimo fa parlava come un cinico bastardo e adesso sembra effettivamente pentito.
Jin cambia posizione sulla sedia.
“Tornando a noi, dicevo che con tutte queste spese e investimenti gli affari di famiglia ne hanno un po' risentito.” 
Lars sospira.
“Un po' risentito.” ripete Lars critico, scoraggiato da quei terribili numeri.
“Sì, d’accordo… la situazione è seria, ma non così grave. Adesso ascoltami.” procede Jin senza perdere la sua compostezza “Abbiamo pur sempre i nostri servizi finanziari. Gli interessi dei prestiti fatti negli ultimi anni ci stanno aiutando a restare un po’ a galla. Vedi qui?”
Indica una parte del rapporto.
“Tipo… questo?” chiede Lars indicando una riga che contiene delle cospicue entrate.
Jin solleva lo sguardo oltre il tavolo e fa un sorriso strano.
“Mm sì, quelle nello specifico sono le entrate per un progetto che ho finanziato poco dopo essere stato arrestato.” spiega evasivo “In realtà era nato più come una sorta di favore personale più che una vera strategia di mercato.”
“Aspetta un secondo.” lo ferma Lars incerto “Favore personale?”
L’altro annuisce.
“Sì beh… ma hanno insistito comunque per restituirmi tutto fino all'ultimo, interessi compresi. Quindi alla fine non è diverso da un qualsiasi prestito. E devo dire che ironicamente ora ci sta aiutando un bel po'.”
Lars rimane a bocca aperta.
“Che c’è?” chiede Jin non capendo quella reazione “Volevo dare una mano a due amiche a lanciare il loro progetto.” spiega come se niente fosse.
Lars è sempre più incredulo.
“Due amiche?” ripete quelle parole come se appartenessero ad un idioma sconosciuto.
Insomma, qui non si parla di investire in reputazione o di pagare delle multe… ha seriamente aiutato qualcuno solo per amicizia?! 
“Sì, beh… una delle due nel mentre l'ho sposata.”
Lars apre la bocca e torna a leggere i dati.
“Questo è il parco dei divertimenti quindi!” realizza “Hai finanziato il parco dei divertimenti di tua moglie!”
Ancora non è riuscito a farsi un’idea di che tipo di essere umano possa aver avuto il coraggio di accasarsi con uno come Jin. Certo, sia Lee che Alisa descrivono questa persona misteriosa come diametralmente opposta da lui e… incredibilmente gentile.
Tra le poche informazioni più concrete che Lars ha a disposizione poi c’è il fatto di essere la direttrice di un popolare parco dei divertimenti qui a Tokyo, il cui ufficio direttivo è infatti diventato il luogo dove Alisa si reca tutti i giorni per la sua nuova occupazione.
“È sempre stata matta per quei parchi!” commenta Jin evitando il contatto visivo “Ne progettava uno da quando aveva dodici anni, ne ha visitati una quantità esagerata in varie parti del mondo, studiandone i dettagli per anni, ogni singolo particolare. Le serviva solo un piccolo aiuto finanziario per partire e adesso il suo è il secondo parco più popolare della regione. Dopo Disneyland ovviamente.”
Lars lo guarda con uno strano sorriso.
“Wow! È stato carino da parte tua darle una mano.”
Lui lo guarda serio, inarca un po’ le sopracciglia e non risponde.
“Tornando a noi…” risponde cambiando argomento, quasi come se quel mezzo complimento l'avesse innervosito “Dobbiamo trovare una soluzione per cambiare le cose in fretta e non perdere altri soldi, perché non ho la minima intenzione di fallire!”
Dobbiamo?!” ripete Lars “Mi hai praticamente trascinato in una nave che sta andando a fondo e ti aspetti che io abbia la soluzione a portata di mano?!”
“Tranquillo, nessuno andrà a fondo.” replica Jin con assoluta sicurezza “Per anni la nave non ha avuto nessuno o quasi al timone, ma adesso siamo qui, in due, pronti a riprendere in mano la situazione. Siamo perfettamente in tempo per frenare questa caduta e comunque ho già pensato a qualche opzione!”
Lars solleva leggermente le mani, lasciando cadere il fascicolo sulla scrivania.
“Sentiamo.”
Jin prende i fogli, li guarda ed evidenzia un valore con una penna.
“Dobbiamo eliminare alcune di quelle spese che non fruttano niente e investire su altre cose più proficue. Ad esempio, io comincerei col liberarci…” rigira il fascicolo “... della Tekken Force!”
“La Tekken Force?” Lars guarda il valore della spesa annuale a bocca aperta “Vuoi eliminare la Tekken Force?” ripete dispiaciuto.
“Che ce ne facciamo di un esercito ormai?” chiede Jin “È solo uno spreco di soldi! Aveva un senso finché c’era Heihachi con le sue manie da dittatore mancato, o… d’accordo, anche quando c’ero io durante quel particolare periodo, ma adesso?”
Lars non può fare a meno di pensare alla soldatessa incontrata poco prima in sala relax. Così felice del suo lavoro e di augurargli un buon inizio di carriera.
“Ma… la Tekken Force è un corpo storico ormai!” ribatte “Esiste da più di cinquant’anni, è conosciuta in tutto il mondo!”
“Sì! E per quale ragione?!” Jin alza di colpo la voce.
Lars indietreggia un po’. Jin sospira e rilassa l’espressione. 
“Scusami.” dice poi più calmo “È solo che credo sia la tua nostalgia a parlare adesso! Ma mi serve che tu sia lucido e razionale. Abbiamo un problema grosso. Le entrate sono di gran lunga inferiori alle uscite, la Tekken Force ci costa un sacco di soldi e di fatto di un esercito non ce ne facciamo più niente! Anzi, in un certo senso la sua permanenza stessa danneggia la mia immagine! Hai visto anche tu prima, appena mi vedono mi fanno il saluto militare… non lo posso soffrire!”
“Quanti… dipendenti abbiamo per la Tekken Force?” vuole sapere Lars.
“Ho fatto fare dei tagli pesantissimi da quando mi hanno arrestato… dovrebbero essere sui cinquemila adesso.”
Cinquemila soldati. Un numero praticamente insignificante comparato a quello di quindici anni fa, quando Lars era parte del corpo e la Mishima Zaibatsu era al culmine del suo successo economico.
Ma sono pur sempre cinquemila persone, ognuna delle quali con le proprie vite, i propri sogni, famiglie da mantenere.
“Non possiamo mandare a casa cinquemila persone così come se niente fosse, Jin! Ci dev'essere un'altra soluzione!”
Jin lo guarda nervoso.
“Lars, se non lo facciamo adesso e falliamo, succederà la stessa cosa nel giro di qualche anno.” replica tagliente “Il problema è che allora non saranno solo in cinquemila a finire per strada!”
“Li mettiamo a fare qualcos’altro!” propone Lars.
“Sono soldati, Lars! Sono specializzati in quello! Che ti aspetti che si mettano a fare?!”
“I soldati, appunto!” risponde Lars riflettendo.
Jin lo guarda incerto.
“Mi stai prendendo per il culo o hai effettivamente qualcosa in mente?” chiede.
“Possiamo trasformare la Tekken Force in un’accademia e un’agenzia privata di agenti specializzati in difesa.” ragiona Lars “Quindi servizi di guardie del corpo per vip, squadre di vigilanza, servizi di questo tipo… sfrutteremo l’immagine internazionale della Tekken Force per operare in ambito nazionale e internazionale.”
Jin non sembra troppo convinto. 
“Mi sembra irrealistico riuscire ad impegnare tutti quei soldati in un progetto del genere.” esprime i suoi dubbi “Anche se dovesse funzionare, credo non potremmo comunque evitare di fare dei tagli.”
“Avremo bisogno di analizzare l'idea.” si convince Lars “Ma per il momento non mi sento di escludere nessuna possibilità.”
“Vuoi iniziare… con l’occuparti di questo quindi?” chiede Jin incerto. 
Lars riprende in mano i bilanci e ci riflette.
“Sì.” annuisce “La cosa mi sta a cuore. Voglio vedere se davvero non c’è un altro modo.”
“Come vuoi. Ho fatto liberare l'ufficio qua a fianco.” Indica Jin con un cenno della testa “Puoi sistemarti lì. Era l'ufficio del vice di Heihachi, ovviamente questo è più grande, ma… sai com’è, io ci sono da prima.”
Lars sospira e alza gli occhi al soffitto.
“Me ne farò una ragione, Jin.” borbotta “Sono giusto un tantino più turbato dal fatto che non mi hai detto niente di questa situazione di merda fino a che non c'ero in mezzo!”
Si alza e inizia a camminare verso l’uscita della stanza.
“Ah, Lars!” Jin lo blocca prima che possa uscire.
L’altro si ferma.
“Non ti stai facendo tutti questi scrupoli perché hai fatto amicizia con quella soldatessa in sala relax, giusto?” chiede tagliente “Perché devi capire che non puoi permettere che le tue simpatie personali influenzino le decisioni in fatto di affari.”
Lars assottiglia gli occhi.
“Parla quello che tra mille altre spese presta milioni alle amiche!”
Jin lo incenerisce con lo sguardo.
“Comunque no, non mi sto facendo influenzare da simpatie personali.” riprende poi Lars “Ma non posso neanche trattare le persone come se fossero dei numeri!” ribatte con un sibilo raggiungendo la porta “E farò il possibile per salvare il contratto di quelle persone!”
“Molto bene, Lars.” risponde Jin accendendo il computer “Io avrei trovato una soluzione molto più veloce, ma è proprio per il tuo modo diverso di vedere le cose che ti ho…” fa un piccolo sorriso crudele “... trascinato qui.”
Lars scuote la testa tra sé e sé, resiste alla tentazione di mandare a quel paese il nipote e lascia quell’ufficio.






 

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Capitolo 4
*** Colpa del design ***


4
Colpa del design

 


“E quindi il tuo piano per la Tekken Force può funzionare?” chiede Jin con le mani appoggiate sulla ringhiera del terrazzo.
Potrebbe.” lo corregge Lars “O per lo meno, questo è ciò che mi hanno detto gli analisti. Ma sì, secondo loro possiamo provare a trasformarla in un'impresa commerciale.”

Jin annuisce piegandosi in avanti sui gomiti.
“Continuo a pensare che se ce ne liberassimo direttamente risparmieremmo un sacco di soldi e di fatica, ma apprezzo il tuo sforzo, Lars.” osserva.
Chiude gli occhi e si gode il calore del sole, la carezza del vento sulla pelle, il rumore della città che si muove sotto di loro. 
“Certo, non sarà semplice, ma…” sospira Lars “Credo sia la cosa migliore che possiamo fare per queste persone.”
“Va bene, Lars.” acconsente Jin “Vediamo un po’ più da vicino il tuo progetto.”
Lars annuisce.
“Ho lasciato il rapporto lì sulla tua scrivania.” dice tornando verso la porta a vetri per l’ufficio del nipote.
Rendendosi conto di non essere seguito però, si ferma a metà strada.
“Beh, che fai? Non vieni?” alza un sopracciglio.
Jin lo guarda e sembra rifletterci un attimo.
“Potresti portarmelo qua fuori?” chiede poi senza allontanarsi da quella ringhiera.
“Che?" fa Lars confuso.
“Per favore.” aggiunge l'uomo più giovane con uno sguardo enigmatico.
“Sono il tuo socio, non il tuo assistente!” protesta l'altro.
“Lo so, scusa." 
È così strano che abbia iniziato ad usare correntemente quella parola che sembra ancora così fuori luogo sentirla pronunciata con la sua voce. Lars lo guarda spaesato.
“È che…” riprende l'altro un po' titubante “Probabilmente ti sembrerà stupido, ma mi sento soffocare a stare là dentro.” 
E come lo dice torna a guardare oltre la ringhiera, nascondendo il volto dalla vista dell’altro.
Lars si porta una mano sopra gli occhi per schermare il sole e cercare di vederci meglio. Quel ragazzo continua ad essere un mistero irrisolvibile per lui.
“Stare lì dentro ti dà fastidio?”
Jin annuisce, senza smettere di guardare il panorama della città illuminata dal sole accecante della tarda mattinata.
“Ed è una cosa che ha a che fare…” 
Lars si ferma un attimo. È sempre molto a disagio quando si tratta di dover toccare quell’argomento. 
“... con l’essere stato in prigione per tutti quegli anni?”
Dopo questi giorni di lavoro a fianco a lui ha notato in effetti che a Jin piace passare molto tempo all’aperto. Forse l’aria aperta gli permette di assaporare meglio quella libertà che per tanti anni gli è stata negata. Sarebbe certamente comprensibile, ma addirittura avere repulsione di quello spazio chiuso? Beh, questo è qualcosa che di certo Lars non si sarebbe aspettato da uno come lui.
“Presumo di sì, in parte.” risponde Jin “Ma… è proprio quell'ufficio, quell’arredamento a darmi sui nervi.”
“L’arredamento?!” Lars fa qualche passo indietro.
Si volta a guardare l'interno dello studio oltre le finestre, poi torna a scrutare la schiena di Jin, riportando ancora una mano contro la fronte. 
“In che senso l’arredamento?!”
“L’hai detto anche tu il primo giorno, no?” Jin gira leggermente la testa verso lo zio “Quando hai detto che non volevi tornare in questo buco tetro, o qualcosa del genere.” 
Lars corruga la fronte.
“Beh, presumo sia una questione di gusti.” risponde poi “Io sono più per altri tipi di stili e colori, ma…”
“No, avevi ragione, è un fottuto buco tetro!”
Lars guarda disorientato il nipote che continua a dargli le spalle.
“Beh, un tempo ti piaceva.” commenta poi.
Jin sospira nervosamente.
“Stavo attraversando una fase, ok?” riprende secco “Ero giovane, disperato e con un demone dentro che non riuscivo a domare. E per qualche ragione mi sembrava molto figo circondarmi di cose che riflettessero il mio tormento interiore e che mi facessero sentire una specie di signore oscuro di sto cazzo!”
Lars ascolta basito.
“Ma a pensarci oggi mi sento semplicemente ridicolo.” continua Jin senza voltarsi “Perché ad un certo punto la vita va avanti. E quando si finisce per trascorrere più di dieci anni dentro una cella buia, scura e soffocante in compagnia dei tuoi rimorsi, l’idea di tornare a lavorare nello studio di Dracula non è più tanto piacevole!” 
“Sul… serio?!” domanda Lars scettico. 
Tutto questo gli sembra semplicemente assurdo.
“Stare lì dentro ti fa sentire così tanto a disagio?”
La sua era una genuina curiosità, ma Jin la prende come quasi come una provocazione. Finalmente si volta di nuovo.
Lì dentro, Lars, ci sono alcuni dei ricordi peggiori della mia vita, ok?!” sbotta “Ricordi di cose orribili che non si potranno mai cancellare!”
Lars resta immobile, sorpreso da questo cambio d'umore.
Jin sospira, poi si ricompone doverosamente.
“Scusa.” dice abbassando il tono di voce “Ma sì, dico sul serio. Quell’arredamento mi dà sui nervi.” 
Lars si avvicina lentamente.
“Mi dispiace, stavo solo cercando di capire.” dice sentendosi in dovere di scusarsi.
Jin torna a guardare la città.
“Nel breve periodo in cui Heihachi ha ripreso in mano la zaibatsu non ha avuto il tempo di rimodificare l’aspetto della sede e è rimasto tutto esattamente come l’avevo lasciato io.” riprende a spiegare “A volte mi sembra di essere ripiombato di nuovo in quegli anni, capisci cosa intendo?”
“Cambieremo l’arredamento, allora. Non è il caso che tu ti senta così.” propone Lars.
Jin sogghigna.
“Sì, dato che non abbiamo nient’altro da pagare, vero?! Vuoi tenere l’esercito e adesso ristrutturare pure gli uffici?! Lars, ma sei serio?!” chiede acido.
Lars accetta la critica, senza fiatare.
Poi Jin lo guarda e sa che vorrebbe scusarsi di nuovo.
“Abbi pazienza, quello che intendevo dire è che non possiamo buttare altri soldi perché io ho uno stupido problema con l'aspetto dei mobili!” spiega poi con più calma “Sarebbe proprio irrispettoso nel mezzo di mille tagli ricomprare l’arredamento dell’ufficio!”
“Jin, la sindrome post traumatica non è uno stupido problema!” asserisce l'altro.
Jin aggrotta la fronte, resta a fissarlo per qualche secondo, poi volta la faccia profondamente turbato.
“Ecco, mi sono già pentito di avertene parlato.” si lamenta “Quando fai così, e inizi a dare nomi alle cose sei insopportabile!”
“Le ho solo dato il nome giusto!” risponde Lars severo “È comprensibile dopo ciò che hai dovuto affrontare. Anzi, questo ti rende più umano di quello che pensavo.”
Si appoggia alla ringhiera a fianco a lui. Jin storce le labbra, amaramente divertito da quell'insinuazione.
Più umano di quello che pensavi?” ripete a denti stretti.
“Eri poco più che un adolescente.” riprende Lars “Alle prese con delle responsabilità enormi, hai dovuto prendere delle decisioni terribili… e ora che il tempo sta passando, probabilmente vedi tutto sotto nuove prospettive.”
Jin deglutisce.
“Cos’è, adesso vorresti giustificarmi perché ero un ragazzino?!” chiede con un soffio.
“Giustificarti?” Lars scuote la testa deciso “No, quello mai.”
Jin continua a guardare l’orizzonte da dietro gli occhiali da sole, stringe le labbra.
“Ma hai avuto il coraggio di prenderti le tue responsabilità e di affrontare le conseguenze delle tue azioni, quando avevi la possibilità di scappare.” continua Lars a bassa voce “Hai già pagato davanti alla giustizia e pagherai per sempre davanti alla tua coscienza, Jin. Non ha senso che continui a tormentarti più del necessario.”
Jin ci pensa in silenzio per per dei lunghi secondi, poi annuisce appena.
“D’accordo.” dice piano tornando a mettere da parte le emozioni “Buttiamo quell'arredamento di merda allora.”
Lars annuisce con un piccolo sorriso. 
Jin lo guarda casualmente, tornando totalmente inespressivo.
“Vuoi occupartene tu quindi?” gli chiede.
“Io?!”
“Voi del nord Europa siete famosi per il gusto in fatto di design, no?” continua l'altro “Io per gli ultimi dodici anni non ho visto molto altro oltre che letti a castello, tavoli di mensa e cessi del carcere.”
“Hey aspetta, ma…”
“E puoi star certo che non sono stato io a scegliere l’arredamento di casa mia.”
Lars lo guarda a bocca aperta.
“Ma mi raccomando, cerca di non spendere troppo! Una cosa semplice andrà più che bene. Ah, e vorrei anche un tavolo da mettere qui fuori.” aggiunge indicando lo spazio della terrazza “Così quando fa bel tempo posso venire a lavorare qui.”
Lars lo guarda basito in silenzio.
“Non… non era tutto uno stratagemma per assegnarmi questo compito vero?!” sibila a bassa voce.
L’altro ruota appena la testa, con un accenno di sorriso sul volto.
“Non essere sciocco, Lars.” risponde “Non sei mica il mio assistente.”
Poi torna a dargli le spalle, a godersi il sole, il vento e il panorama. 


 


 

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Capitolo 5
*** Protocollo di sicurezza ***


5
Protocollo di sicurezza

 

Il telefono fisso dell’ufficio di Jin comincia a squillare. Continuando a tener d’occhio lo schermo del computer, prende la cornetta e se la porta all’orecchio.
“Sì?” chiede distrattamente.
“Matsuda dalla reception, signore.” risponde la voce dall’altra parte “È arrivata la squadra per l’installazione della nuova cabina ascensore per l’ala est.”
“Quindi?” risponde Jin un po’ sorpreso di essere stato disturbato solo per quel motivo “Non capisco, c’è qualche problema?”
“Signore, il responsabile dell’operazione insiste che la debba necessariamente incontrare.”
“Cioè? Vuole incontrare me?” ripete Jin incerto di aver capito bene “Il responsabile dell’installazione dell’ascensore?!”
“Mi dispiace signore, insiste che è urgente ed è una cosa importante.”
“Non ho tempo per parlare con un tecnico, adesso!” risponde infastidito “Mandatelo da Tatsuki se proprio ha da reclamare qualcosa!”
“Mi dispiace signore, non siamo riusciti a fermarlo, è riuscito a salire al primo piano. Credo voglia arrivare direttamente nel suo ufficio!”
“Che cosa?!” Jin si alza di colpo spingendo la sedia all’indietro “Perché non è stato fermato dalla squadra di guardia all’ingresso?”
“Mi dispiace signore, la squadra di turno all’ingresso si è spostata momentaneamente a soccorrere l’autista di un furgone qua dietro che ha avuto un malore e…”
Ma Jin non ascolta più, abbassa leggermente la cornetta del telefono, sentendosi raggelare.
Nessun installatore di ascensori può avere qualcosa di così urgente e importante da comunicare al presidente della zaibatsu, tanto da fargli scavalcare i passaggi d’obbligo.
Questo è un attentato. Questo è qualche disperato che si vuole vendicare di persona. Non c’è altra spiegazione.
Rialza la cornetta.
“Mi ascolti bene!” riprende a parlare seriamente “Allerti la sicurezza e la polizia! Dia l’ordine di evacuare subito l’edificio dai dipendenti e dai visitatori!”
“Come? Signore, ma non credo che…”
“È un ordine!” urla al telefono, prima di riagganciare violentemente.
Apre il primo cassetto della scrivania ed estrae una pistola e un ricetrasmettitore militare ad archetto che si infila nell’orecchio.
“Alisa, mi senti?!” chiede aprendo la conversazione mentre carica la pistola.
“Forte e chiaro!” risponde lei.
“Abbiamo un problema, un intruso si è appena infiltrato nella zaibatsu. Sta cercando me.” spiega brevemente “Qui ci penso io. Trova Xiao e tieni d’occhio la situazione al parco nel caso sia un attacco combinato. Alisa… massima allerta.”
“Ricevuto!”
Squilla di nuovo il telefono. Jin solleva la cornetta.
“Jin!”
“Lars!”
“Che diavolo succede? Mi ha detto la reception che hai dato l'ordine di evacuare l’edificio!”
“C’è un intruso che ha scavalcato i controlli del primo piano!” spiega “E la cazzo di Tekken Force non era lì a fermarlo, Lars!”
“Ma come…”
“Per che cosa li paghiamo a fare se non sono neanche in grado di fermare un intruso? Un intruso! Non dieci, uno!” continua adirato “Tutto questo mentre ci sono ancora centinaia di persone là fuori che mi vorrebbero morto!”
“Jin, evidentemente questi anni di tranquillità e i tagli hanno abbassato il livello di prestazione delle truppe, non so…”
“Aspetta, ho un’altra chiamata.”
Preme il pulsante nel telefono e attiva l’altra linea.
“Matsuda dalla reception, signore.”
“State evacuando l’edificio?”
“Sì, ma… è scoppiato il panico, signore. Sono passati almeno due anni dall’ultima esercitazione per il protocollo d’emergenza ed è il caos totale!”
Jin sospira nervosamente e passa una mano sulla fronte. Ecco un’altra cosa da aggiungere all’ordine del giorno della prossima riunione dei dirigenti. Ripassare i dannati protocolli di sicurezza!
“Che mi dice dei rinforzi della Tekken Force?”
“Stanno cercando di salire ai piani superiori, ma molto a fatica! Sono rallentati dal flusso di persone che scappa senza controllo, signore.”
Jin inspira a fondo e stringe la cornetta con ancora più forza.
“Ma signore, mi permetto di esprimere la mia umile opinione, credo che la situazione sia stata presa un po’ troppo seriamente, l’uomo non sembrava avere un atteggiamento minaccioso e…”
“Mi ascolti molto bene.” sibila Jin “Uscite subito dall’edificio anche voi dell’accettazione. È un ordine.”
“Jin-san?”
Jin abbassa la cornetta e riattiva il microfono.
“Alisa, ti sento.”
“L’ho trovata. È qui con me. La situazione qui è nella norma.”
“Grazie Alisa. Aggiornami se ci sono novità.”
Jin chiude il microfono e preme il pulsante del telefono fisso per mettersi di nuovo in collegamento con l’ufficio di Lars.
“Lars?”
“Sono qui!”
“Sto per uscire a vedere la situazione.” prende in mano la pistola.
“Aspetta… sei sicuro di…”
“È me che vuole! Devo fermarlo prima che possa far del male a qualcuno!” dice con un sussurro “Lars, non avrò altre vite sulla coscienza.”
“Ma non puoi andare ad affrontarlo da solo! Potrebbe essere armato!”
Jin osserva la pistola e si prende qualche secondo per riflettere. Oggetto odioso la pistola, ma la sua vista è in grado di paralizzare dalla paura chiunque se la ritrovi puntata contro.
Gli scappa un sorriso malefico, mentre prende la sua decisione. Sarà proprio la paura la sua arma vincente. Apre il cassetto e rimette a posto la pistola.
“Jin, mi hai sentito?” ripete Lars “Potrebbe essere armato!”
L’altro emette una risata bassa e inquietante.
“Io lo sono di più.” risponde con voce demoniaca.
“COSA?! JIN NO!” urla Lars dall’altra parte “Sei impazzito?! Vuoi farti vedere in quel modo?!”
“Sono certo che il mio aspetto lo convincerà a non fare cazzate!” continua l’altro “Si arrenderà e nessuno si farà male.”
“Ma Jin! Non pensi a cosa succederebbe se si sapesse in giro, se trapelasse la notizia…”
“Quale notizia? Che l’attentatore aveva assunto delle droghe ed era in preda a un delirio quando è stato neutralizzato?”
“D’accordo, magari la gente comune non ci crederà, ma il governo…”
“Andiamo Lars, non mi risbatteranno dentro solo perché mi sono fatto vedere con corna e denti appuntiti! Dopotutto non esiste una legge che vieti di farlo.” risponde Jin con un risolino malvagio “E poi lo sto facendo per mettere in sicurezza la vita di tutte le persone qua dentro.”
“Jin…”
“Stiamo perdendo tempo Lars, io vado.”
Chiude il telefono e cammina velocemente verso la porta dell’ufficio. Poi si blocca, sentendo il rumore di passi veloci provenire da fuori.
Rimane in attesa, davanti alla porta, ad aspettare con un sorriso malvagio e i canini in bella mostra.
La porta si apre e…
“Per l’amor del cielo!” esclama Lee Chaolan impallidendo e facendo un balzo all’indietro.
Jin torna serio e inarca le sopracciglia.
“Lee? E tu che diavolo ci fai qui?!”
Jin si avvicina, lo afferra per il colletto e lo spinge con forza dentro la stanza.
“Hey, lasciami! Che fai?!” protesta lo zio “Non mi piace che ti avvicini a me quando sei in questo stato. Te l’ho detto un sacco di volte!”
“Sta’ zitto! Sono così perché c’è un attentatore in giro per l’edificio!” spiega l’altro sbrigativamente “Tu resta qui nascosto. Nel primo cassetto della scrivania c’è una pistola, nel caso avessi bisogno di difenderti.”
Jin fa per andarsene.
“Un attentatore?” ripete Lee confuso “È per quello che ho trovato tutto questo casino uscendo dall’ascensore? Gente che urla, che corre…”
Jin si ferma e annuisce.
“Sì, un intruso. Ha finto di essere il responsabile dell’installazione del nuovo ascensore per l’ala est e ha scavalcato i controlli di sicurezza accedendo al primo piano.”
Lee ascolta sorpreso, poi spalanca la bocca come se avesse improvvisamente capito qualcosa e infine scoppia a ridere.
“Ma no!” esclama divertito “Ho capito che è successo! È un terribile equivoco, Jin!”
“Che cosa?” si gira l’altro.
La porta dell'ufficio si spalanca.

“Jin!” esclama Lars arrivato di corsa dal suo ufficio, poi nota anche l’altro uomo dentro alla stanza “Lee?!”
“Non c’è nessun attentatore!” spiega Lee con un gran sorriso, risistemandosi il colletto della camicia e la cravatta “Sono io il responsabile degli ascensori che ha saltato i controlli di sicurezza! La Violet Systems è la casa di produzione dei vostri ascensori e sono venuto a salutare di persona.”
“Sei venuto… a salutare di persona.” ripete Jin con un soffio.
“Perché diavolo hai scavalcato i controlli?!” vuole sapere Lars
Ci hai fatto spaventare, Lee!
“Quelli della reception insistevano che dovevo prendere per forza un appuntamento per parlare con uno di voi due!” risponde prontamente Lee “Ma io non potevo mica tornare un altro giorno! Anche io sono un tipo impegnato, ma trovo sempre cinque minuti per salutare qualcuno che passa a trovarmi!”
Jin e Lars si scambiano un’occhiata silente.
Jin attiva il microfono.
“Alisa, ci sei?”
“Sono qui.”
“Falso allarme.” sibila “Era solo… Lee che ci faceva visita.” lo guarda con rabbia.
“Ricevuto.”
Jin chiude la comunicazione.
“Comandante, qui Alexandersson.” dice Lars al telefono “Annullare l’operazione. Falso allarme, ripeto, falso allarme. Fate rientrare tutti. Non c'è più bisogno della polizia.”
La telefonata è ancora in corso quando viene distratto da un urlo, un bagliore rosso e un rumore tipo elettrico alle sue spalle.
Si volta e spalanca la bocca dalla sorpresa. Chiude in fretta la chiamata.
“Jin per la miseria, che diavolo ti prende?!” sbotta allarmato.
“Mio dio, fallo smettere!!” urla Lee terrorizzato davanti al nipote che ha appena lanciato un raggio di luce dalla fronte davanti ai suoi piedi.
Una piccola striscia di fumo si alza dal buco nella moquette.
“Non avevi voglia di seguire le regole, ah?” sibila Jin camminando minacciosamente verso lo zio più vecchio “Perché tu sei speciale e trasgressivo, vero?!”
Spara un altro raggio, questa volta alla destra del malcapitato. Va a colpire la libreria, alcuni libri cadono a terra.
“Cerca di darti una calmata, maledetto psicopatico!” continua adirato Lee buttandosi a terra e andando a rifugiarsi sotto la scrivania “Se vuoi affrontarmi, fallo senza l’aiuto di quel tuo amico demone di merda! Combattiamo ad armi pari!”
“Jin, ti prego.” interviene Lars alzando gli occhi al soffitto “Lee ha sbagliato, siamo tutti d’accordo, ma discutiamone da persone civili, dai! Non c’è bisogno di fargli sporcare le mutande!”
“Persone civili?! È chiedere troppo a lui!” sbotta Lee indignato “Sarà pure un adulto sulla carta, ma in realtà è ancora un ragazzino prepotente, dispettoso e indisciplinato!”
“Ragazzino prepotente, dispettoso e indisciplinato?!” ripete Jin facendo il giro della scrivania a passi minacciosi.
“Oh ti prego!” mormora Lee ritrovandosi in trappola.
Jin si inginocchia per guardarlo più da vicino.
“Sono responsabile per tutte le persone qua dentro e mi hai fatto credere ci fosse un attentato in corso.” sibila con uno sguardo terrificante “Mi hai fatto perdere dieci anni di vita dalla paura!”
Lee si schiaccia contro i pannelli della scrivania.
“E ora tu li stai facendo perdere a me a guardarmi con quella faccia da demone di merda.” risponde Lee a denti stretti “Quindi siamo pari in un certo senso, no?”
Jin mantiene il contatto visivo per qualche secondo, poi fa una mezza smorfia e decide che in effetti così può bastare.
“Suppongo di sì.” biascica mentre gli occhi riprendono colore.
Sogghigna e porge una mano a Lee, che ricambia lo sguardo e la stretta. Jin lo aiuta a rialzarsi.
“Ma la prossima volta, prendi un dannato appuntamento!” lo avverte con voce di nuovo umana “O avvisaci privatamente, almeno!”
Lee si risistema la giacca e sbuffa.
Lars scuote la testa, mentre riprende la cornetta del telefono e si prepara a fare un’altra telefonata.
“Non dovresti essere così estremo con lui comunque.” osserva rivolgendosi a Jin “Ricordati che, anche se l’aspetto inganna, Lee inizia ad avere una certa età! Non è il caso di farlo spaventare così.”
Jin alza le sopracciglia e guarda pensieroso lo zio dai capelli argentati.
“Hey! Come ti permetti?!” ringhia intanto Lee offesissimo “Che cazzo vuol dire una certa età?! Non sono mica un anziano!”
Jin sospira con una vaga espressione colpevole.
“Accidenti Lars, non ci avevo pensato. Devo ricordarmi di andarci più leggero con lui!”
“Hey, brutto stronzetto con le ali! Cosa staresti implicando?!” 


 

 



 

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Capitolo 6
*** Arti marziali ***


6
Arti marziali

 

Il falso attentato alla zaibatsu aveva messo in evidenza due carenze fondamentali, conseguenze della cattiva autogestione degli ultimi dodici anni. E queste erano ovviamente il mancato aggiornamento regolare dei piani di evacuazione, ma anche il drastico abbassamento di efficienza delle truppe della Tekken Force.
Ed era stato dopo un’attenta verifica delle prestazioni dei soldati da parte dei due leader in persona, che era stata chiara la necessità di misure urgenti da prendere in quell’ambito.
Lars raggiunge il suo socio in terrazza, o più precisamente nel suo nuovo secondo ufficio all’aperto.
“Allora, come ti sembra?” chiede arrivando sotto al gazebo da giardino.
Jin mette giù le sue carte ed espira un filo di fumo.
“Prima tu.” risponde.
Lars sospira e prende posto al tavolino da giardino, o più precisamente scrivania da esterno.
“Che idea ti sei fatto?” chiede più precisamente Jin.
Lars Alexandersson, ex-soldato, ex-membro della Tekken Force si era occupato di verificare le squadre dal punto di vista delle loro capacità in termini di preparazione militare.
“La qualità si è molto abbassata rispetto ad altri tempi, questo è innegabile.” dice al nipote “Ma sono fiducioso che possiamo avere un margine di rientro. Voglio pensare che la situazione non sia poi così disperata.”
Vuoi pensare. Mmm.”
Jin annuisce, anche se non del tutto convinto.
“Che c’è?” fa Lars.
“Sei sempre stato quello più idealista tra noi due, Lars.” osserva Jin picchiettando la sigaretta sul posacenere “Quindi sono abituato a prendere ogni cosa che esce dalla tua bocca e a peggiorarla per dieci.”
Lars sospira, ma non ha comunque il coraggio di ribattere.
“Che mi dici della tua verifica?” chiede mettendosi a braccia conserte, non aspettandosi niente di piacevole.
Jin Kazama, primo dan di karate stile Mishima - ripudiato quasi vent’anni fa -, quarto dan di karate tradizionale, due volte vincitore ufficiale del torneo del Pugno d’Acciaio, si era preso come incarico quello di verificare le loro competenze in fatto di arti marziali.
“Come dicevo, io al contrario di te sono sempre stato un realista, Lars.” risponde serio “E penso che la Tekken Force non abbia mai toccato un livello così basso come quello che ho visto oggi.”
Lars sospira e scuote la testa. Jin si riporta la sigaretta alle labbra, la punta si colora di arancione.
“Sono proprio così pessimi?” vuole sapere Lars.
“Pessimi?” ripete Jin increspando la pelle tra le sopracciglia “Lars, quella gente non ha la minima idea di che cosa significhi mantenere una preparazione atletica! Sono svogliati, lenti, non hanno il minimo concetto di disciplina, di allenarsi tutti i giorni, di migliorarsi… di prendersi cura del proprio corpo!”
Lars alza un sopracciglio e rivolge al nipote un’occhiata critica, mentre lo guarda immettersi nei polmoni una nuova dose di catrame, nicotina e monossido di carbonio.
“Wow, questo è molto ironico!” non riesce a trattenersi dal commentare Lars.
Jin sogghigna.
“Sì, d’accordo.” risponde, recependo il messaggio “Va’ al diavolo, non sono io ad essere preso in esame qui.”
Lars rotea gli occhi.
“Comunque… come pensavi di procedere allora?” chiede.
“Ci servono istruttori di arti marziali, e subito.” dice Jin schiacciando quel che resta della sigaretta contro il posacenere “Non ha alcun senso pensare di sfruttare in senso commerciale la Tekken Force se il livello è questo!”
Lars annuisce.
“Su questo sono d’accordo.”
“E un’altra cosa… non possiamo delegare questa selezione ad altri.” aggiunge Jin “Nessuno qui è più preparato di noi su questo fronte, quindi saremo noi due a seguire personalmente i colloqui.”


“Grazie mille, può bastare così. Il suo contatto ce l’abbiamo, le faremo sapere.” Lars congeda il candidato di turno, che lascia la sala.
Appena la porta si chiude, Lars si volta dal suo socio in affari intento a rigirarsi una penna tra le dita.
“Che ne pensi?” chiede il biondo.
“Non mi convince.” risponde schietto Jin.
Lars alza i palmi delle mani.
“Perché? È una delle persone più qualificate che abbiamo visto finora!” ribatte Lars rileggendo il curriculum.
“Oh sì, un’esperienza niente male…” risponde Jin “... dentro al dojo!”
Lars lascia cadere i fogli sul tavolo e alza lo sguardo al soffitto esasperato.
“Non ci credo! Ancora con questa storia?!” brontola.
“Tu non capisci, Lars! Questa è la Tekken Force! Non una palestra di ragazzini! Come faremo ad emergere nel mercato se non portiamo niente in più degli altri?!”
“Sì, ma così non andiamo da nessuna parte però! Perché non si presenterà nessun Rambo a questi colloqui!”
Jin sospira.
“Beh su questo non hai tutti i torti.” risponde “Infatti inizio a pensare che sia stato tutto uno spreco di tempo!”
Lars evidenzia il nome dell’ultimo candidato preso in esame.
“Pensa quel che vuoi, ma a me questo è piaciuto.” ribatte “E dato che la gestione della Tekken Force la sto seguendo io, mi prendo anche la facoltà di avere più voce in capitolo di te.”
Jin sospira di nuovo.
“Se solo avessi tempo li addestrerei io!” dice amareggiato.
“Ah ecco qual è il punto!” esclama Lars “È impossibile trovare una persona adeguata perché nessuno è più forte di te?! Se ti aspetti di trovare un curriculum con ho combattuto sulla bocca di un vulcano con qualche mio familiare, possiamo benissimo fermarci qui!”
“Non ho detto questo!” risponde l’altro accigliato.
La porta si riapre ed entra il nuovo candidato. Jin e Lars lasciano perdere le dispute mentre un uomo occidentale un po’ avanti con gli anni si piazza al centro della sala.
Jin alza lo sguardo e corruga un po’ la fronte osservando quell’uomo dall’aria familiare.
“Benvenuto, signor…?” chiede Lars.
“Phoenix. Paul Phoenix!”
Jin continua a studiarlo, pensando che effettivamente anche quel nome non gli sembra del tutto nuovo.
Qualcuno conosciuto in carcere forse? C’era qualche straniero in effetti, e questo ha l’aria di poter essere stato un detenuto un tempo.
“Mmm… ci ha fatto avere il suo curriculum, signor Phoenix?” chiede confuso Lars, cercando il nome tra i vari fascicoli.
L’altro scuote la testa.
“Nah.” risponde con un mezzo sorriso.
Lars alza un sopracciglio.
“Come? Non ha presentato il curriculum?”
“Un curriculum? No, non è nel mio stile.” ripete l’uomo “Che bisogno ho io di presentare un curriculum, quando per un pelo non sono stato il vincitore del torneo del Pugno di Ferro per ben due volte?”
“Cosa?” chiede Lars sorpreso.
Jin, che stava continuando a studiarlo in silenzio, cambia improvvisamente espressione.
“Vedo che ti sta tornando la memoria finalmente!” sogghigna Paul notando il cambio nel viso dell’uomo più giovane.
“Sì, certo. Ora mi ricordo di te. Il biker americano.” dice Jin “Scusa se non ti ho riconosciuto subito, ma… sei un po’... cambiato e non ho una buona memoria con i nomi.”
Paul lo guarda fintamente offeso.
“Hey! Anche tu sei cambiato, ma non sono stato mica a fartelo notare!”
“Cioè ha partecipato ai tornei?” chiede Lars a bassa voce.
Jin annuisce.
“Chiedo scusa. La cortesia non è tra le mie qualità più apprezzate.” si rivolge poi a Paul con un mezzo sorriso “Ma cosa intendevi con il fatto che hai quasi vinto due tornei?”
Gli occhi di Paul iniziano a brillare di un misto di rabbia e orgoglio. Solleva un pollice all’aria.
“Prima volta: secondo torneo, rimango bloccato in un dannatissimo ingorgo stradale e non posso presentarmi all’incontro con Kazuya Mishima.” tuona “Gli viene data la vittoria a tavolino.”
Sembra così arrabbiato che potrebbe uscirgli del fumo dalle narici da un momento all’altro. Aggiunge un secondo dito.
“Seconda volta: terzo torneo, vinco contro tutti i miei avversari. Tra cui il figlio di Kazuya Mishima, il mio vecchio avversario.”
Jin muove la bocca in un minuscolo sorriso.
“Ma per un dannato equivoco esco e vado a festeggiare troppo in fretta e non mi rendo conto…” fa una pausa, mentre una vena gli pulsa pericolosamente sulla fronte “Non mi rendo conto... che c’era un ultimissimo incontro, al quale non mi presento, vengo squalificato e al mio posto chiamano…”
“Chiamano me.” annuisce Jin “Ricordo bene. Ho vinto quell’ultimo incontro e sono stato dichiarato vincitore del torneo.”
“Ecco, appunto.” Paul lo guarda furente.
“Che c’è?!” chiede Jin inarcando le sopracciglia “Hai del rancore dopo tutti questi anni?”
Paul stringe le mascelle e scuote la testa.
“No, non posso dare la colpa a te, ovviamente.” dice, ma poi gli punta un indice contro “Ma non scordare mai che ti ho battuto! Sono io il vero vincitore morale del terzo torneo!”
Lars si schiarisce la voce.
“Come mai è qui signor Phoenix?” si inserisce a quel punto “Vorrei capire se si tratta solo di una rivendicazione d’orgoglio o se effettivamente è interessato all’offerta di lavoro.”
Paul abbassa lo sguardo e si imbroncia un po’.
“Sono interessato.” borbotta.
“Allora sarebbe stato utile consegnare il curriculum, come tutti gli altri candidati.” continua Lars tagliente “Sarebbe sicuramente stato un miglior biglietto da visita, non crede?”
Paul infila le mani in tasca e si stringe nelle spalle, con l’aria da bambinone rimproverato, nonostante la folta e incolta barba grigia.
“Non ho portato un curriculum perché non saprei neanche che cosa scriverci. Non ho avuto un impiego fisso per la maggior parte della mia vita.” risponde con un rantolo “O comunque ho fatto un po’ questo, un po’ l’altro… ma che importa? La mia vera, unica passione sono le arti marziali. E da quando non ci sono più i tornei di una volta non è la stessa cosa! Ho pensato che forse lavorare con la Tekken Force potrebbe aiutarmi a riaccendere quel fuoco.”
Lars sospira.
“Grazie del suo tempo, signor Phoenix, può bastare. Le faremo sapere!”
Paul guarda Jin.
“Ci penserete vero?” chiede “Mi chiamerete per una dimostrazione? Ho una certa età, ma sono forte come sempre, eh!”
“Ci penseremo Paul.” promette Jin serio.
L’altro annuisce ed esce dalla stanza.
Jin guarda Lars con aria di rimprovero.
“Perché sei così in fissa con i curriculum?!” gli rinfaccia, quando la porta è chiusa “Sei stato odioso!”
Lars alza le sopracciglia. Jin che dà dell’odioso a lui?
“Mi prendi in giro? Odioso?!” ripete Lars interdetto “Mi stai chiedendo perché è importante presentarsi ad un colloquio di lavoro con il curriculum?”
Jin alza gli occhi al soffitto.
“Lars, te l’ho già spiegato. Questo non è un lavoro qualsiasi!”
Lars lo guarda incredulo per qualche secondo.
“Hey, aspetta! Non starai mica prendendo in considerazione quel tizio, vero?” indica la porta.
Jin riprende a giocherellare con la penna.
“Beh, almeno lui è forte davvero. Hai sentito anche tu, ha battuto persino me una volta.”
“Oh per l’amor del cielo, Jin!” protesta Lars “Avrà più di sessant'anni, non ha mai avuto un lavoro stabile, la Tekken Force è sull’orlo del fallimento… vuoi veramente dare un compito così delicato ad un tipo così?”
Jin aggrotta le sopracciglia.
“Non eri tu che una volta hai parlato dell’importanza di avere una seconda possibilità nella vita?”
Lars sospira nervosamente.
“Sì, d’accordo. Ma non quando ci sono migliaia di stipendi in ballo!”
“Senti, sarà pur vero che Paul non ha mai avuto lavori stabili e tutto il resto, ma le arti marziali lo appassionano veramente e fidati… è uno che sa cosa significa allenarsi duramente. E passione e allenamento duro sono quello di cui abbiamo bisogno adesso per fare la differenza!” argomenta Jin.
Lars si prende qualche secondo per pensare.
“Jin, dici sul serio? Saresti pronto a prendere un rischio del genere?”
“Io dico che potremo per lo meno fargli fare una prova e vedere come se la cava.”
Lars distoglie lo sguardo e sospira.
“D’accordo, solo se prendiamo anche il mio candidato però!”
“Affare fatto.” accorda Jin e si abbassa per segnare il nome di Paul Phoenix sul foglio. Non è il caso di rischiare di dimenticarlo di nuovo.
Si apre di nuovo la porta ed entra il nuovo, ultimo candidato. Si ferma al centro della sala.
Jin alza lo sguardo dal foglio e rimane di stucco.
“Buonasera, lei è…?” chiede Lars.
“Non ci posso credere!” sussurra Jin con una smorfia divertita.
“Non dirmi che conosci anche lui.” sibila Lars senza guardarlo.
“Temo di sì.” sospira Jin.
“Anche questo ha partecipato al torneo?”
“Ovviamente sì.”
“È passato molto tempo, eh Kazama?!”
Jin sogghigna.
“Direi di sì. L’ultima volta che ti ho visto usavi ancora la tinta per capelli.”
“Ok, qualcuno mi potrebbe dire gentilmente il nome del candidato?” chiede Lars impaziente.
“Hwoarang!” risponde l’uomo al centro della sala.
“Hwoa Rang? Qual è il nome e quale il cognome?” chiede Lars scorrendo lo sguardo tra i fogli.
“No, niente nome e cognome. Solo… Hwoarang!” ripete come se fosse un nome leggendario “Un unico nome.”
Lars corruga la fronte.
“Che vuol dire un unico nome? È un nome o un cognome?!”
“Lascia perdere Lars.” sussurra Jin “Questo è più matto di quello di prima.”
Lars guarda il nipote con aria disorientata.
“Ti ho sentito, bastardo! Vieni a dirmelo in faccia se ne hai il coraggio!” esclama Hwoarang con un ghigno stampato in faccia.
Jin risponde a quello sguardo di sfida.
“Come va, Hwoarang?” chiede poi, parlando più seriamente “Come te la stai passando? So che non vivi più qui.”
Anche l’altro si fa finalmente più serio.
“Bene. Sono qui di passaggio per roba di lavoro.” risponde, poi continua con i convenevoli “Tu? Tutto bene?”
“Non mi lamento.” risponde anche Jin “Mi fa piacere vedere che il tuo occhio va meglio.”
Hwoarang lo guarda di sbieco.
“Comunque…” riprende Jin “Sei interessato al lavoro o hai mi stavi cercando per sfidarmi?”
Hwoarang fa una smorfia, poi scoppia a ridere di gusto.
“Venire a lavorare per te?!” ripete come se avesse sentito la più grande idiozia del secolo “Mai nella vita, Kazama! Ovviamente è la seconda cosa che hai detto! Ho aspettato tutti questi anni che uscissi dal carcere per venire a pestarti come ti meriti!”
Lars alza gli occhi al soffitto e mette da parte i curricula.
“Bene, allora se non è interessato al lavoro può accomodarsi fuo… Jin?!”
Lars guarda il nipote che si è appena alzato e si sta mettendo in tensione i muscoli del collo.
“Xiao sa che sei qui?” Jin continua a conversare con Hwoarang, ignorando lo zio completamente.
“Certo. L’ho incontrata per pranzo.” risponde l’altro casualmente “E stasera ceno con voi.”
“Ecco.” annuisce Jin con una mezza smorfia “Non sarà felice dei lividi.”
“No!” concorda l’altro con un ghigno “Dai, muoviti! Ti aspetto qua fuori.”
“Jin, sei impazzito? Cosa hai intenzione di fare?” chiede Lars, mentre Hwoarang cammina verso la porta.
“Rilassati, Lars. Tanto qui abbiamo finito, era l’ultimo candidato.” risponde il nipote togliendosi la giacca dell’abito “E poi… è da vent’anni che rimando questo incontro. Credo sia arrivato il momento di concludere la cosa, una buona volta.”
“Ma è una follia!” esclama Lars “Non c’è motivo di combattere!”
“È una follia, lo so.” concorda Jin “E considerando che non mi scontro con nessuno da più di dieci anni e che sono ancora un bel po' arrugginito, probabilmente perderò.”
Toglie tutti gli effetti personali dalle tasche e li appoggia sul tavolo.
“Ma sai, Lars.” aggiunge “Dopo tutto questo tempo glielo devo.”
“Seriamente, che problemi avete voi ex-partecipanti di questi tornei?!”
Jin sogghigna.

“Che vuoi che ti dica, Lars? Evidentemente ci manca l'adrenalina e l'ebbrezza di sputare sangue.” risponde casualmente “Ci fai da arbitro?”
 



 

 

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Capitolo 7
*** Simpatia ***


7
Simpatia

 

Lars esce dal suo ufficio e si chiude la porta alle spalle, godendosi i primi secondi di pausa pranzo.
Il carico di lavoro degli ultimi giorni per trovare un piano di salvataggio della Tekken Force è stato insormontabile. Lunghe sessioni di lavoro straordinario, ore di sonno sacrificate e lo stress di un trasferimento nella tanto a lungo cercata casa con un quadrato di terra coltivabile stanno iniziando a chiedere il conto.
In ascensore Lars chiude gli occhi e si massaggia le tempie con due dita, cercando di alleviare il pungente mal di testa.
Arriva al pian terreno e si dirige verso la sala ristoro sul retro. Ultimamente si è preso l’abitudine di lavorare un po’ oltre l’orario della pausa consona, per poi potersi godere una maggiore tranquillità durante il pranzo. Quando raggiunge il banco della gastronomia ci sono poche persone prima di lui, non ci vorrà più di cinque minuti.
Si mette in fila dietro ad una donna intenta a scrivere sul suo smartphone con un mini-peluche appeso e aspetta il suo turno.
I due banconisti si liberano quasi contemporaneamente e la donna e Lars si avvicinano per essere serviti.
Lo svantaggio maggiore di una pausa pranzo posticipata è che in gastronomia non rimane più molta scelta dopo una certa ora e bisogna accontentarsi di quel che si trova. Un prezzo che comunque Lars è sempre stato disposto a pagare pur di evitare il casino dell’ora di punta.
Dopo aver ordinato il quantitativo giusto di verdure, legumi e proteine per un bilanciato apporto di vitamine ed elementi essenziali per il proseguimento della giornata, lo sguardo di Lars cade inevitabilmente sull’area dei dolci.
Carboidrati e grassi idrogenati. Tanto dannosi, quando incredibilmente capaci di risollevare il morale persino nella giornata più faticosa. Zuccheri, cibo per il cervello, capaci di rilasciare quella piccola quantità di dopamina che può dare un indiscutibile aiuto rimettere in sesto una giornata no.
Lars riflette. Ha perso il conto dell’ultima volta in cui si è concesso una porcheria come quella. Ma una volta ogni tanto si può anche fare, giusto? Specialmente in una giornata fiacca come questa, giusto?
“E… questo!” Lars si decide a puntare il dito contro il vetro, indicando quell’unico donut invitante, ciccione, con la glassa di cioccolato e tanti zuccherini colorati sopra.
E a quel punto nota un altro dito con lo smalto rosa perlato a pochi centimetri dal suo, che indica la stessa ciambella, l’ultima rimasta. Poco sotto a quel dito riconosce lo smartphone con il peluches appeso che ha notato poco fa.
Lars guarda con imbarazzo la donna che era in fila prima di lui. Lei risponde allo sguardo con un sorriso amichevole. I banconisti attendono incerti un compromesso tra i due clienti.
“Ops!” la donna ritrae il dito, scoppiando a ridere.
Lars le rivolge un sorriso gentile, un sorriso stanco.
“Non è un problema, la prenda pure lei.” dice tranquillamente.
Poi fa un cenno al banconista di servire l’altra cliente.
“Ma no! È sicuro?” chiede lei.
Lars annuisce convinto.
Va tutto bene. Evidentemente non era destino che oggi si concedesse quello sfizio.
“È stato molto gentile da parte sua!” riprende la donna, mentre riceve la busta col suo ordine da portare via.
Lars sorride a sua volta, ricevendo il suo vassoio, ma si accorge che la donna lo sta guardando con aria un po’ pensierosa.
“Giornata dura?” gli chiede, mentre entrambi pagano il conto.
Lars la guarda un po’ stupito. Non immaginava si notasse così tanto.
“In effetti sì.” ammette “Sono stati dei giorni un po’ faticosi.”
La donna annuisce comprensiva. Risistema la carta di credito nel portafogli e prende la sua busta. Prima di andare si ferma davanti a lui.
“Tenga.” dice prendendo un sacchetto di carta dalla sua busta e appoggiandolo sul vassoio di Lars.
“Cosa?” fa lui disorientato.
“Ho apprezzato molto il suo gesto, ma… credo che oggi ne abbia più bisogno lei di me.” dice mostrando un bel sorriso “Un po’ di cioccolato le farà tornare un po’ il buon umore, ne sono certa!”
Detto ciò lo supera e si muove a passi svelti verso l’uscita della sala.
Lars guarda il sacchetto con il donut sul suo vassoio, poi si volta.
“Hey, no! Aspetti!” cerca di richiamarla, ancora confuso “Almeno mi faccia renderle i soldi!”
Lars la segue fuori dalla sala. Cammina velocemente, ma non può correre troppo o il pranzo rischierebbe di cadere dal vassoio. Non riesce a raggiungere la donna e non può far altro che fermarsi quando la vede sparire dietro alle porte automatiche di un ascensore.
Lei lo nota e lo saluta con la mano libera, che ancora tiene il cellulare col peluche.
“Non si preoccupi!” lo rassicura sempre sorridente “E cerchi di non affaticarsi troppo, mi raccomando!”
L’ascensore si chiude e Lars resta imbambolato. Non ha mai visto quella donna prima d’ora, manco sa in quale ufficio, reparto o piano lavori. Sospira, chiedendosi se mai avrà la possibilità di incontrarla di nuovo e restituirle il favore.
Torna a guardare quel sacchetto e non può fare a meno di sorridere, ripensando a quanto il gesto gentile di una persona sconosciuta possa già in un certo modo rendere migliore la giornata.


Quando Lars torna in ufficio, dopo appena mezz’ora di pausa pranzo, chiama al fisso di Jin. Deve ancora parlargli del rapporto aggiornato riguardo alla Tekken Force e non ha avuto il tempo di farlo tutta la mattina. Il telefono squilla, ma lui non risponde. Lars rotea gli occhi annoiato. Dev’essere tornato a lavorare in terrazza. Lo chiama al cellulare, anche quello squilla a vuoto. Benissimo, deve essere andato a lavorare in terrazza dimenticando il cellulare dentro all’ufficio.
Sospira, ed esce dalla stanza. Attraversa quei trenta metri di corridoio che lo dividono dall’ufficio di Jin ed apre la porta senza bussare. Ufficio vuoto, come si aspettava e cellulare abbandonato sulla scrivania a lampeggiare, come si aspettava.
Attraversa la stanza, prende il cellulare dalla scrivania e va a raggiungerlo in terrazza.
“Jin!” lo chiama aprendo la porta finestra.
Si porta un braccio davanti agli occhi per ripararsi dalla luce accecante del sole del primo pomeriggio.
“Almeno tieniti il cellulare a portata di mano, dannazione!” cammina quasi alla cieca verso la scrivania da esterno.
“Sono ancora dentro la mia pausa!” risponde lui annoiato seduto sotto l’ombra “Almeno per altri…” controlla l’orologio “... sedici minuti ho diritto ad un po’ di pace e silenzio.”
In effetti a volte Jin si concedeva la sua pausa ancora più tardi di lui, cosa che Lars oggi non aveva considerato.
“D’accordo, te li lascio qui.” dice Lars avvicinandosi al tavolino/scrivania da esterno.
Ed è solo quando appoggia il fascicolo e il telefono di Jin che Lars nota un altro telefono lì sul tavolino. Un telefono con un mini-peluche appeso.
Lars alza lo sguardo di colpo, tornando a schermarsi gli occhi con una mano e si accorge solo in quel momento che suo nipote non è solo, c’è qualcun altro sulla sedia-sdraio a fianco alla sua. Qualcuno con cui Jin tiene le dita intrecciate a metà tra le due sedie. Qualcuno con uno smalto rosa perlato e un sottile anello all'anulare sinistro.
Lars si raggela per un momento nonostante il caldo del pomeriggio pre-estivo. Non può credere ai suoi occhi.
“Che mi hai portato comunque?” chiede Jin con voce annoiata.
Lascia la mano dell'altra persona, si raddrizza e prende il fascicolo per dargli un'occhiata.

Anche la donna sull’altra sdraio si mette a sedere e solleva gli occhiali da sole per guardare meglio l’ultimo arrivato.
Adesso non ha più i capelli sciolti come prima, sono ritirati in due codine basse, ma ha riconosciuto subito quel sorriso gentile. Lo stesso che ha visto in sala ristoro neanche un’ora prima.
“Hey! Ci rivediamo!” esclama allegra.
“Lo conosci?” chiede Jin, guardando molto distrattamente quelle pagine.
Poi chiude il fascicolo, poco interessato, e lo riabbandona sul tavolo. 
“È quello del bar di cui ti parlavo prima.” spiega la donna.
Jin si volta da Lars.
“Ah, quindi è lui la ragione per cui non ho potuto mangiare il mio mezzo donut.”
Lei annuisce.
“Era buono?” chiede a Lars con un sorriso compiaciuto “Va meglio adesso, vero?”
Lars a sua volta abbozza un vago sorriso e annuisce, ancora mezzo intontito dallo shock.
“Lo era e… sì, va meglio.” conferma “Grazie ancora, davvero. Non era necessario. Sei stata gentilissima.”
“Sentito che ha detto? Non era necessario.” le ripete Jin piano.
Lei gli risponde con un'occhiata fintamente arrabbiata.
“Comunque questo è Lars, il mio socio e mezzo-zio.” le spiega Jin a quel punto “Assistente all’occorrenza.”
Lei apre la bocca sorpresa, poi torna a guardare male Jin.
“Assistente?! Non lo starai trattando male, spero!” gli dà una spintarella contro il braccio.
Jin sogghigna e si rimette comodo contro lo sdraio.
Lars è ancora paralizzato.
“Quindi tu…” riesce a dire finalmente guardando la donna.
“Xiaoyu.” Jin si sente di dover concludere le presentazioni.
“Molto piacere!” esclama lei, porgendo la mano a Lars “Oggi avevo il pomeriggio libero e sono venuta a fare visita per pranzo a questo qua!”
Lars annuisce confuso. È incredibile, finalmente questa donna misteriosa ha un volto. Ed è lo stesso volto della ragazza gentile che gli ha ceduto un donut poco prima. È lì, davanti a lui, con le sue codine e il sorriso sempre sulle labbra.
Ci sarebbero circa un milione di cose che vorrebbe chiederle, ma si limita semplicemente a rispondere a quella stretta di mano.
“Piacere.” dice.
“Finalmente ci conosciamo!" commenta lei "Jin mi ha parlato tanto di te! Anche Alisa in realtà. Ma soprattutto Jin!” poi si riabbassa gli occhiali da sole e torna ad appoggiarsi allo schienale dello sdraio. 
Poi si porta una mano vicino alla bocca, come se stesse per rivelare un segreto.
“Era molto felice quando hai accettato di lavorare qui!” 
“Ohi, ma che dici?! Guarda che poi ci crede!” interviene Jin un po' accigliato
“Lars, stava scherzando!”
Xiaoyu scoppia a ridere. 
“Come no!”
Ha una risata cristallina, contagiosamente allegra. Come diavolo ha potuto una così...

“... quando vedrai la persona che ha sposato rimarrai ancora più di stucco.”

Lee aveva ragione. Alisa aveva ragione. Avevano entrambi dannatamente ragione. Lars deglutisce davanti a quell'evidenza. Ora lo vede con i suoi occhi. 
La moglie di Jin - e fa ancora molto strano mettere insieme queste parole - è simpatica!!

“Ohi, ti sei incantato?” chiede Jin alzando un sopracciglio.
“No! Scusate. Stavo solo ricordando una cosa.” sorride Lars a quel punto, scuotendo la testa come per allontanare quei pensieri “È meglio che vi lasci finire la vostra pausa in tranquillità. Ho una montagna di lavoro che mi aspetta in ufficio.”
“Mmm.” annuisce Jin “Va bene. Ti chiamo dopo, come leggo questo!” dice facendo un cenno verso il fascicolo, mentre l’altra mano va a rintrecciarsi con quella di Xiaoyu.
“Buona serata Lars!” saluta lei “Speriamo di rivederci presto!”


 



 

NOTE:
Una delle cose che ho sempre apprezzato dell'idea della XiaoJin è il suo incredibile potenziale comico. Insomma, sono un edgelord mezzo-demone sul punto di distruggere il mondo e una ragazza dolce con le codine che va in giro con un panda. Cioè dai! 
Non piaceranno a tutti, ma per me combinazioni del genere sono oro lol.

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Capitolo 8
*** Furia da strada ***


8
Furia da strada

 

Jin e Lars raggiungono il garage sotterraneo della sede centrale della Mishima Zaibatsu. Si fermano davanti ad una delle auto aziendali.
“Dammi le chiavi, guido io.” dice Jin.
Ora che il piano di salvataggio della Tekken Force sembra dare i primi segnali di risposta positiva, c’è un’altra branca in crisi su cui serve prendere immediate decisioni. Si tratta dell’azienda della zaibatsu che opera nel settore dell’abbigliamento, con sede operativa a Hamamatsu, che proprio stamattina i due presidenti visiteranno di persona.
Lars, senza farsi troppe domande, passa le chiavi al suo socio. Non che gli dispiaccia guidare di solito, ma saranno quasi tre ore di tragitto da qui ad Hamamatsu e a quell’ora del mattino, con il traffico congestionato metropolitano, è decisamente più rilassante fare il passeggero più che l’autista.
Prendono posto a bordo del veicolo, allacciano le cinture, Jin sistema sedile e specchietto retrovisore e può accendere il motore.
“Diciassette anni.” dice sistemandosi gli occhiali da sole sul naso.
“Diciassette anni, cosa?” ripete Lars confuso.
“Penso sia opportuno avvisarti che sono diciassette anni che non tocco un volante.” spiega l’altro casualmente.
“Sei serio?!” Lars si appiattisce contro il sedile mentre l’auto scatta in avanti all’improvviso.
Jin abbozza sorriso.
“Vivevo ancora con Heihachi l’ultima volta che ho guidato una macchina. Poi ho sempre avuto autisti o la moto.” riprende a spiegare, facendo manovra per uscire dal parcheggio, decisamente più velocemente del normale. 
“Hey!” urla Lars col cuore in gola “Sei impazzito completamente?! Fermati subito e fammi scendere! Rallenta almeno!”
“Tranquillo!” interviene l’altro con la sua solita flemma, uscendo dal garage sotterraneo e scavalcando un marciapiede “Non avrò troppa dimistichezza con le auto, ma guidavo una moto, non ho dimenticato le regole della strada.”
“Che c’entra?! Non è la stessa cosa!” protesta Lars aggrappandosi alla maniglia in seguito ad un altro scatto “Di certo hai dimenticato come usare quei pedali però!”
Jin aggrotta le sopracciglia.
“... Mi abituerò in un attimo.” replica poi tranquillamente.
Arrivano ad un incrocio. La macchina rallenta, il motore inizia a soffrire, si spegne la vettura. Qualcuno da dietro suona il clacson. Jin assottiglia gli occhi guardando dallo specchietto retrovisore, sbuffa e riavvia il motore.
“In effetti credo che Heihachi prediligesse il cambio automatico nelle sue auto.” riflette a voce alta “Non credo di aver mai fatto troppa pratica con questo aggeggio.”
“Basta! Fai guidare me!” brontola Lars tirando il freno a mano e facendo per aprire lo sportello.
“Non credo proprio.” sibila Jin bloccando la chiusura elettronica della sua portiera.
“Fammi uscire, maledetto psicopatico!” protesta Lars maneggiando la maniglia bloccata con impeto.
“Sta’ zitto, devo solo fare un po’ di pratica!” ribadisce Jin “Vedi di darti una calmata! Non guido così male e ti ricordo che ho una validissima patente! Arriverai a Hamamatsu sano e salvo.”
“Come se avessi intenzione di farti guidare fino a Hamamatsu! Tu sei fuori di testa! È chiaro che hai bisogno di pratica, ma il centro di Tokyo il lunedì mattina non è decisamente il posto migliore dove farla.”
“Hey Lars, ti ho mai raccontato di quella volta che con Hwoarang abbiamo fatto una gara di velocità proprio su questo cavalcavia?” sogghigna Jin alzando un dito dal volante per indicare il ponte.
“Spero sia un tuo maldestro tentativo di fare ironia!” sussurra Lars gelido.
“Ormai dovresti sapere che l’ironia non è il mio forte.”
“Accosta e fammi uscire immediatamente!” urla il più grande.
“Sta’ calmo. Ovviamente ero giovane e stupido, non farei mai cose così pericolose adesso.” spiega in tono quasi offeso “Ma insomma, era per farti capire che genere di guidatore esperto ero, con la mia moto.” fa una pausa e sospira infastidito “Ora devo solo riuscire ad entrare in confidenza anche con questa stronza.”
“Sei incredibile!” sbotta Lars incredibilmente arrabbiato.
“Certo che le auto di oggi non sono per niente come quelle che ricordavo.” riprende Jin ignorando lo stato d’animo dell’altro “Sono delle dannate astronavi! Tutti questi sistemi di sicurezza, videocamera per la retromarcia, sensori di posizione, sistemi di frenata automatica… è quasi impossibile che qualcosa vada storto.”
“Jin… giuro che se esco vivo da quest’auto ti strangolo con le mie mani.”
“Oh, non sono da te queste minacce di violenza!” commenta Jin con un ghigno “Comunque sai che non riusciresti mai ad uccidermi così, vero?”
Lars sospira e si porta una mano davanti agli occhi.
“Sta' calmo.” riprende Jin tranquillo “Come ti ho detto, devo solo entrare in confidenza con la macchina. Vedrai che per il viaggio di ritorno neanche ti accorgerai della mia mancanza di esperienza.”
“Il viaggio di ritorno?!” Lars gli lancia un’occhiata gelida “A costo di legarti e infilarti dentro al bagagliaio tu non guiderai durante il viaggio di ritorno!”
“Te l’ho già detto.” Jin risponde con un sorriso crudele “Non riusciresti ad uccidermi, figuriamoci a legarmi!”
“Al diavolo tu e i tuoi dannatissimi poteri!”
La macchina si spegne un’altra volta, qualcuno suona da dietro.
Lars sospira riprendendo la calma.
“Ti rendi conto che stai rallentando il traffico?!” cerca di farlo ragionare “Se proprio vuoi fare pratica ti posso portare io qualche volta, ma non all’ora di punta e non qui!”
“Non credo proprio. Significherebbe doverti vedere anche fuori dall’orario di lavoro.” risponde Jin ripartendo.
“Va al diavolo!” sbotta Lars perdendo la pazienza.
“Questo tizio di dietro mi sta infastidendo.” commenta piano Jin lanciando un altro sguardo allo specchietto retrovisore “E credo mi abbia appena fatto un gestaccio.”
Lars si gira a dare un’occhiata e nota il guidatore dell’altra macchina, incazzatissimo e intento a gesticolare.
Sospira.
“Beh, stai guidando da schifo e hai spento la macchina già due volte, probabilmente gli stai facendo perdere tempo.”
Jin continua a lanciare occhiate serie allo specchietto retrovisore.
“Non è una buona ragione per mandarmi a quel paese in quel modo.”
“No, ma sembra il tipo di persona con cui non vale la pena mettersi a discutere. Ignoralo, ti prego.” sospira Lars "Ci manca solo di dover litigare con uno sconosciuto in vena di attaccar briga.”
Si fermano ad un semaforo rosso e Jin guarda indietro ancora una volta. L’auto di prima si ferma dietro di loro. L’uomo apre lo sportello.
“Oddio…” sibila Lars, poi guarda Jin severo “Qualsiasi cosa dica, ti prego! Non provocarlo!”
Jin gli risponde con un’occhiata vuota.
L'automobilista esce dalla macchina e chiude lo sportello con un colpo talmente forte da far tremare la carrozzeria. È un tizio letteralmente enorme, sembra superare largamente i due metri d'altezza e ha lo sguardo da pazzo.
“Ma porca miseria, ma dovevi proprio infastidire il tizio dall'aspetto più minaccioso di tutta Tokyo?!” commenta con un soffio.
“Guardalo, sembra proprio uno di quei gradassi che sfruttano la loro imponenza per incutere timore agli altri.” sibila Jin sprezzante.
“Non che tu sia esattamente piccolino.” gli fa notare l’altro.
L’uomo bussa al vetro. Jin si volta lentamente e abbassa il finestrino.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiede come se nulla fosse.
L’uomo lo guarda furente di rabbia.
“Mi hai fatto perdere due semafori!” ringhia con un soffio inquietante “Per colpa tua ho mezz'ora di ritardo!”
“Ti prego, non aizzarlo.” raccomanda Lars a denti stretti “E fa’ guidare me, per la miseria!”
“Mi dispiace, ho avuto qualche problema col cambio.” si scusa Jin tranquillamente, ignorando lo zio. 
Poi sogghigna. 
“Ma non diciamo assurdità, se hai mezz’ora di ritardo non è di certo per colpa mia.” aggiunge.
Lars chiude gli occhi e sospira drammaticamente.
“Ti odio.” fa sapere al nipote.
L’omaccione sgrana gli occhi e digrigna i denti.
“Come ti permetti maledetto bastardo?! Hai spento la macchina dieci volte! Perché cazzo ti sei messo alla guida se non sai guidare?!”
“Su questo non ha tutti i torti.” sussurra Lars.
“Vieni fuori se ne hai il coraggio!” lo sfida lo sconosciuto, che poi calcia con forza la ruota anteriore della vettura.
Jin lo fulmina con lo sguardo.
“Datti una calmata!” dice serio.
“Mio dio, questo è fuori di testa.” commenta Lars piano “Scusati subito e fallo calmare!”
“Non sono io a dovermi scusare qui.” brontola Jin in risposta.
“Vieni qui fuori.” continua il tizio iniziando a battere forte sullo sportello.
“Jin… che diavolo vuoi fare?!” chiede Lars preoccupato notando il ghigno sulle labbra del nipote, mentre si porta una mano agli occhiali da sole.
“Credo che una lezione d’umiltà gli farebbe bene.” dice sottovoce per farsi sentire solo da Lars.
“Jin NO!”
Jin si volta verso il finestrino, sfilando gli occhiali.
“No.” ripete pacato “Non posso.”
L’uomo ridacchia divertito.
“Cos’è?! Hai paura?!” continua a provocarlo.
“No. Sono appena uscito di prigione e non ho intenzione di tornarci.” spiega.
Lars si copre la faccia con le mani.
“E questa cosa sarebbe?! Una minaccia?! In prigione?! Un giacca e cravatta come te?! Per cosa ti avrebbero arrestato?! Evasione fiscale?”
E a quel punto le labbra di Jin tremano di fastidio.
“Non proprio.” sussurra con la sua altra voce.
Lars sospira rassegnato.
Lo scocciatore impallidisce e arretra barcollando, poi senza aggiungere altro trottola all’indietro verso la sua auto, rischiando di inciampare un paio di volte.
Jin si risistema gli occhiali sul naso, con molta nonchalance, e fa richiudere il finestrino.
“Dovevi per forza arrivare a tanto?” chiede Lars tagliente.
“Che dovevo fare? Uscire e affrontarlo come mi ha chiesto?” fa Jin, rimettendo in moto allo scattare del verde.
“È che… ne abbiamo già parlato, non credo che dovresti far vedere gli effetti del Devil in giro così.” argomenta Lars.
“L'hai sentito anche tu. O era quello o erano i pugni. Ho scelto la cosa più pulita.”
Lars non commenta.
"Anche io la pensavo come te un tempo, ma non hai idea di quante risse ho evitato in questo modo negli ultimi anni.” dice allora Jin “Sai non c’è esattamente della bella gente in prigione. E mostrare un po’ i tuoi poteri è un ottimo metodo, pacifico…” precisa “... per convincere gli altri detenuti che non hai intenzione di essere coinvolto nelle loro stronzate.”
Jin esegue una perfetta ascesa di marcia.
“Tutti si tenevano a debita distanza.” riprende “E questo mi ha permesso non solo di proteggere i ragazzi più fragili, ma anche di portare un po’ di ordine e pace nel settore. Cosa che è stata particolarmente apprezzata dalla direzione, tra l’altro.”
Fa una pausa.
“In un certo senso si potrebbe dire che il Devil mi ha aiutato a mantenere una condotta esemplare, cosa che mi ha fatto guadagnare diversi premi e vantaggi.” continua Jin “È molto ironico, non credi?”
Lars sospira.
“Se è davvero come dici, effettivamente lo è.”
“Questo mi ha fatto capire che a volte anche le tue peggiori maledizioni possono tornare utili.” riprende Jin “E non lo dico solo perché volare è decisamente più comodo che guidare.”
Lars si volta a guardarlo con occhi sgranati. Jin sembra serissimo.
“Ti prego Jin, dimmi che questa era una battuta.”
Jin abbozza un minuscolo sorriso, poi si schiarisce la voce.
“Credo però sia arrivato il momento che mi compri una macchina. Per questo volevo fare un po’ di pratica.”






 

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Capitolo 9
*** Questione d'etica ***


9
Questione d'etica


È sera e Lars e Jin arrivano davanti all’auto nel parcheggio dello stabilimento di Hamamatsu, pronti per rimettersi in viaggio verso casa.
“A te.” dice Jin in tono stanco, porgendo le chiavi all’altro “Hai detto che ti saresti rifiutato di fare il viaggio di ritorno con me, no? Se guidassi di nuovo io torneresti in autobus, vero?”
Lars prende le chiavi e si muove verso il posto del guidatore.
“No dai. Alla fine non sei andato poi così male." deve ammettere Lars "Dopo la prima terribile mezz’ora.”
Prendono entrambi posto nell’abitacolo e trascorrono un paio di secondi in silenzio, con preoccupazione palpabile.
“Non ne avevi idea, vero?” chiede Lars, accendendo il motore.
“Ovviamente no!” risponde subito l’altro “Durante il mio primo periodo di gestione, tutta l’economia della zaibatsu era stata convertita in industria bellica e non mi sono mai interessato di controllare che cosa producessero prima le varie filiali!” si giustifica “E neanche negli ultimi anni ovviamente ho potuto controllare!”
Lars sospira.
“Dobbiamo assolutamente fare qualcosa.” asserisce guardando quello stabilimento con aria drammatica.
“Assolutamente!” concorda Jin “Bruciare tutto e far ripartire qualcosa di totalmente nuovo dalle ceneri.”
Lars annuisce serio.
“Insomma, io non ho la pretesa di capirci qualcosa di moda.” riprende Jin “Ma quei cappotti leopardati… tutta quella roba che sembrava essere uscita direttamente dal suo armadio… quei perizomi!” dice con disgusto “Mi sembrava di avvertire la sua presenza. Lì, in mezzo a noi. È stato orribile.”
“Troveremo dei nuovi esperti, dei nuovi stilisti e faremo ripartire tutto da zero.” promette Lars “Dopo il salvataggio della Tekken Force, ora ci occuperemo di questo progetto.”
Jin sospira e annuisce.
Seguendo le istruzioni del navigatore, Lars lascia la zona industriale e raggiunge l’autostrada in completo silenzio.
Lancia ogni tanto qualche occhiata furtiva a Jin, che guarda silenzioso lo scorrere dell’area rurale dal finestrino.
“Che c’è?” chiede l'altro accorgendosi di essere osservato.
“Niente, pensavo che semplicemente…” osserva Lars “Potremmo parlare.”
“Parlare?” ripete Jin poco convinto “Sono esausto e tecnicamente l’orario di lavoro è finito. Riprendiamo il discorso direttamente domani.”
“Non dico parlare di lavoro, ma semplicemente… parlare. Tra di noi.” rettifica Lars.
Jin lo guarda pensieroso.
“E di cosa vorresti parlare?”
Lars alza le spalle.
“Non so, di quello che vuoi.” risponde.
“Non sono bravo in queste cose, ormai dovresti saperlo.” risponde Jin, tornando a guardare fuori dal finestrino “Non sono mai stato un tipo loquace.”
“Questo non è del tutto vero.” ribatte a quel punto Lars “Da quando ci siamo rincontrati sei diventato un po’ meno silenzioso.”
“Tu dici?” risponde l’altro poco convinto.
“Sì, anche se…”
“Anche se?”
“Beh, ci vediamo tutti i giorni e per certi versi mi sembra di conoscerti da una vita. Ma allo stesso tempo…” inizia Lars “... non so assolutamente niente della tua vita personale. Non ho idea di cosa ti piaccia fare fuori dal lavoro, quali siano i tuoi interessi.”
Jin sogghigna.
“Non sono una persona così interessante, credimi.” dice.
“Beh, ma se mi raccontassi qualcosa di te, mi aiuterebbe a capire meglio che tipo di persona ho davanti.” continua Lars.
Jin corruga la fronte.
“Quindi vuoi sapere cosa faccio quando non sono a lavoro?” ripete incerto.
“Per esempio.” 
“Non saprei. Cose normali. Sto a casa. Mi alleno.”
“Tutto il tempo? Non hai altri interessi oltre ad allenarti?”
“Ovvio che non passo tutto il tempo ad allenarmi. Non lo so, faccio le cose che fanno tutti, guardo la televisione… cammino.”
“Cammini?”
“Sì.” risponde ancora stupito da questa improvvisa curiosità “Ti sembra così strano?"
Lars sorride.
"No, affatto. Ma lo trovo interessante."
"Mi è mancato molto stare a contatto con la natura." spiega Jin "Vivo in un quartiere abbastanza verde. Non sarà come vivere a Yakushima, ma è meglio di niente.” 
"Quindi vai spesso a passeggiare?”
Jin sospira.
“Abbastanza. A volte ne approfitto per portare fuori Panda.”
Lars aggrotta le sopracciglia.
“Panda?” 
“L’animale domestico di Xiao. Non ti ho mai parlato del panda che vive in casa mia?”
Lars esita per qualche secondo, poi scoppia a ridere.
“Wow, Panda! Un nome simpatico per un cane!”
Jin lo guarda in silenzio per qualche secondo, poi sogghigna e lascia correre l'equivoco.
"Vedi? Ora so qualcosa di te che non sapevo.” riprende Lars “Ti piace la natura e ti piacciono i cani.”
“Già, mi piacciono i cani. Comunque continuo a pensare che hai delle curiosità molto strane, Lars.”
“Solo perché sto cercando di risolvere il gran mistero che è il mio socio-nipote?” ride l'altro “Andiamo Jin, il viaggio è lungo e noioso. Non c'è niente di male nel fare due chiacchiere per conoscerci meglio.”
Jin non risponde e torna a guardare la strada.
“In realtà… ci sono molte cose di te che mi hanno sorpreso recentemente.” riprende Lars serio “Che mi hanno fatto rivalutare completamente l’idea che avevo di te.”
“Mi hai conosciuto durante il periodo più basso della mia vita.” osserva l’altro con un sussurro “Direi che è un sollievo sentire che hai cambiato idea su di me!”
“Immagino di sì.” considera Lars “Ed è solo dopo averti conosciuto un po’ meglio, che ho capito che durante quegli anni stavi recitando una parte che si discosta un bel po’ dalla persona che sei realmente.”
“Dobbiamo per forza parlare di questo?” si lamenta Jin “Ti ho già detto che non mi sento a mio agio quando cerchi di psicanalizzarmi.”
Lars sorride.
“Scusa.” risponde “In realtà cercavo di farti un complimento.”
“Grazie tante, lo apprezzo, ma davvero, non è necessario.” dice l’altro augurandosi di chiudere lì il discorso.
Lars però, non ha ancora finito.
“In realtà però, tra le varie cose, c’è una cosa del nuovo te che mi ha sorpreso in modo particolare.”
“... Credo che la prossima volta sarò io a prendere l’autobus.”
Lars ride.
“Cos’è che ti ha sorpreso così tanto?!” chiede poi il più giovane, rassegnandosi a non poter sfuggire a quell’intervista.
Lars guarda per un attimo la mano sinistra di Jin e quell'anello all'anulare.
“Mi sarei potuto aspettare qualsiasi cosa da te in dieci anni… ma di trovarti sposato?! Beh, lo ammetto, mi ha sorpreso molto.” ammette "Insomma, quel che voglio dire io è… avrei capito se fosse successo più avanti, dopo la scarcerazione, dopo magari aver cambiato vita completamente… ma ti sei sposato mentre eri ancora in prigione! E… quando ti ho conosciuto di certo non mi sembravi minimamente interessato a certi aspetti della vita, ecco.”
“Certo che no!” conferma Jin come se fosse scontato “Sai com'è, ero impegnato a dichiarare guerra all'umanità e nel mentre a pianificare la mia autodistruzione.”
Lars lo guarda in silenzio, chiedendosi se non abbia osato un po’ troppo.
“Ma sì, capisco che dal tuo punto di vista, per il momento in cui mi hai conosciuto, debba esserti sembrato strano.” continua Jin in tono un po’ più calmo.
“Beh, sì.” ammette Lars “E dopo aver conosciuto… lei, onestamente sono rimasto ancora più confuso. Non fraintendermi, Xiaoyu sembra una persona deliziosa, solo molto, molto… molto diversa da te.”
“Non credo che avrei mai potuto sopportare di vivere con una persona simile a me.” osserva l'altro amaramente “Comunque, nel caso te lo stessi chiedendo, non è una di quelle invasate che scrivono lettere d'amore ai criminali in carcere e poi finiscono per sposarli.”
“No! Non lo stavo pensando assolutamente.” risponde subito Lars “È chiaro che la cosa, qualsiasi cosa fosse, andasse avanti da prima.”
Jin annuisce.
“In realtà ci conosciamo da quasi vent’anni.” rivela “Heihachi l’aveva portata a casa con noi, dopo aver visto come era stata in grado di mettere al tappeto un’intera squadra della Tekken Force, a quindici anni.” 
Lars lo guarda dubbioso. 
“E parlo della Tekken Force dei tempi di Heihachi, non quella parodia di esercito che abbiamo visto i mesi scorsi!”
“Xiaoyu avrebbe messo al tappeto una squadra della Tekken Force a quindici anni?” ripete Lars scettico “Per quale ragione?”
“Voleva convincere Heihachi ad aprirle il suo parco dei divertimenti dei sogni.” risponde l'altro con naturalezza “Ti avevo accennato che è un chiodo fisso che si porta dietro da un bel po’, giusto?”
Lars lo guarda di sbieco e sospira.
“Jin, se non avevi voglia di parlarne bastava dirlo, senza bisogno di inventare queste assurdità.” commenta leggermente infastidito.
Jin si volta spaesato.
“Aspetta, cosa?! Credi che ti stia prendendo in giro?”
“Andiamo, ti aspetti veramente che possa credere ad una storia del genere?!” Lars ruota gli occhi.
“È successo davvero, brutto idiota! Non c’è nessuna assurdità!” asserisce Jin.
“Mettere al tappeto la Tekken Force a quindici anni?! Per un motivo del genere?” replica Lars “Non assomiglia minimamente alla ragazza dolce, gentile ed equilibrata che ho conosciuto io.”
“Oh certo, perché cinque minuti di conversazione su chi dovesse mangiare quell'ultima ciambella ti sono bastati per capire certe cose!” ribatte Jin “Dolce e gentile, d’accordo, il più delle volte lo è. Equilibrata… beh, qui dipende da che cosa intendi per equilibrata, Lars. Ricordati che ha pur sempre sposato me!”
Lars lo guarda dubbioso per un momento. Sembra serissimo.
“Stai dicendo che non è uno scherzo quindi?” chiede incredulo “Non mi stai prendendo in giro?”
“No!” risponde secco Jin, senza lasciar trasparire alcun intento ironico “È andata esattamente come ti ho detto.”
“E quindi… Heihachi l’ha portata a Tokyo con voi?” ripete Lars.
Jin annuisce e torna a guardare davanti a sé.
“Sì.” risponde tornando calmo.
“In casa con voi?”
“Sì. Frequentavamo la stessa scuola, ci allenavamo nella stessa palestra, studiavamo nella stessa biblioteca, passavamo molto tempo insieme e…”
“E…?”
Jin risponde con un’occhiata eloquente.
“Oh.” esclama Lars a quel punto recependo il messaggio “Quindi stavate insieme già allora?”
Non riesce a immaginare come possa essere stato Jin da adolescente.
“È un po’ più complicato di così.” risponde l’altro distogliendo lo sguardo “Eravamo ragazzini e io avevo già i miei problemi. Ma diciamo che durante quel periodo a casa di Heihachi… abbiamo condiviso qualcosa che l’ha convinta a non smettere mai di provare a salvarmi. Per quanto fosse un'impresa disperata.”
“Veramente?" fa Lars.
Jin si fa serio e annuisce.
“Ho cercato di tenerla lontana, al riparo da questa storia in tutti i modi possibili, sparendo per anni, arrivando ad essere crudele con le parole… ma lei semplicemente non si è mai arresa. Mi diceva che potevo ancora cambiare le cose, potevo ancora salvarmi.” fa una pausa “Mi conosceva abbastanza bene da capire che il mio strano comportamento doveva avere un fine ultimo e aveva intuito come intendevo concludere la mia missione.”
Lars ripensa con dispiacere alla ragazza gentile e sorridente che ha conosciuto in sala ristoro.
“Non immaginavo ci fosse dietro una storia così delicata.” ammette.
“Ormai dovresti saperlo, tutto quello che mi riguarda è una storia delicata.” risponde Jin un po' scocciato “Ed è una delle ragioni per cui non amo parlare di me.” finisce con un'occhiataccia.
“Cosa è successo poi?” osa chiedere Lars “Come vi siete ritrovati?”
“È venuta a vedermi in carcere appena le è stato permesso.” racconta Jin “E lì ci siamo parlati di nuovo senza maschere, per la prima volta dopo anni. Le ho chiesto scusa.” fa una pausa in cui nasconde il viso guardando altrove “Non ero esattamente in un bello stato in quel periodo. Continuavo a chiedermi se davvero avessi preso la decisione giusta.”
Lars lo guarda confuso.
“Cioè farti arrestare invece di seguire il piano di fuga di Lee?”
Jin aspetta qualche secondo prima di rispondere.
"Certo." risponde con un soffio, evitando lo sguardo di Lars.
L'altro lo guarda dubbioso. C'è qualcosa di molto strano nel modo in cui ha risposto. Sta per chiedere ulteriori spiegazioni, ma Jin riprende a parlare.
“Quindi dicevo… in questo modo abbiamo in un certo senso riallacciato i rapporti." racconta "Il primo periodo era un colloquio di persona ogni due mesi, telefonate da dieci minuti una volta alla settimana e flusso di lettere continuo. Mi raccontava la sua vita, le cose che faceva, del mondo là fuori che andava avanti, notizie delle persone che conosciamo.” fa una pausa “Mi faceva sentire un po' meno recluso. Ancora una volta, nonostante tutto, lei mi era vicina."
"Capisco."
"Poi qualche anno più tardi mi hanno rivisto la condanna, ho ottenuto qualche agevolazione e persino qualche permesso d'uscita di quarantotto ore.” un’altra pausa “E… qui non starò a raccontarti i dettagli, ma una cosa tira l'altra e più o meno a quel punto abbiamo cominciato a comportarci come una specie di coppia.”

Jin si volta da Lars.
“Lo trovi strano, vero?"
"Come?"
"Lei così pura, così innocente, io un criminale internazionale.” si spiega meglio Jin "Era questo che intendevi con molto diversa da me, no?"
"Beh, non per forza, ma..."
“No, hai ragione, Lars. Ammetto che questo dilemma etico mi ha consumato per un bel po’." dice piano Jin "Non sai quante volte le ho detto che meritava di meglio, che le avevo già causato abbastanza problemi, e che era pazza a voler avere ancora aver a che fare con me.”

Lars ascolta senza fiatare. 
“L'ho esasperata così tanto al punto che un giorno, durante un mio permesso d'uscita, ha incrinato la superficie del tavolo di casa sua con un pugno, prima di ricordarmi che non la pensava assolutamente come me e che non intendeva ripetermelo mai più.” ricorda Jin.
“Ha incrinato la superficie del tavolo?” ripete Lars stupito, ricordando il sorriso gentile della ragazza che tanto stona con i racconti di Jin.
Jin annuisce.
“Il tavolo l'ha dovuto ricomprare, ma almeno non erano le mie costole.” ironizza.
“E tu che le hai detto?”
“Beh, io mi sono arrabbiato, ovviamente.” risponde “Le ho detto che se intendeva comportarsi in quel modo stupido poteva arrangiarsi, andare al diavolo e se voleva rovinarsi la vita del tutto a questo punto poteva anche sposarmi.”
Lars ascolta confuso.
“Cos…” riflette su quelle parole.
“E l’ha fatto davvero.” termina Jin.
“No, aspetta, le hai chiesto in quel modo di…”
Jin lo guarda un po' infastidito.
“Non ho intenzione di rispondere ad altre domande su questo argomento.” dice acido “Fatti bastare quello che ho detto.”
Lars sorride, divertito da quella reazione di acida timidezza.
“D'accordo, non scaldarti! Cercavo solo di capire. È una storia un po' strana dopotutto.”
“Beh, tutta la nostra situazione è un po' strana, lo ammetto.” riprende il più giovane “Ma anche tu in fatto di stranezze non scherzi, Lars. Non sei proprio nella posizione di poter parlare degli altri.” 
Lars sorride autoironico.
“Touchè.” dice, poi guarda il nipote “Comunque a proposito di stranezze, se anche tu hai qualcosa che vorresti sapere di me chiedi pure.” lo invita tranquillamente.
Jin lo guarda con un mezzo sorriso.
“No, non credo sia il caso.” 
“Dico sul serio, non mi dà fastidio.” insiste Lars “So che hai ancora molte perplessità sul mio rapporto con Alisa. Forse posso aiutarti a capire meglio il mio punto di vista.”
Segue una pausa.
“Sei sicuro?” chiede poi Jin non del tutto convinto “Non ti offenderai?”
“Vivo con lei da dodici anni. Sono piuttosto a mio agio con le mie scelte di vita. Non ho paura dei tuoi possibili giudizi.”
Jin ci riflette in silenzio per un po', poi annuisce.
“D'accordo. Beh, non ti chiederò come è cominciata perché, come ricorderai, l’ho visto in diretta streaming. Mio malgrado.” comincia “Quello che mi chiedo piuttosto è... fino a che punto Alisa è paragonabile ad una persona?”
Jin lo espone come un altro dilemma filosofico.
“Quindi è questo che vuoi sapere?” chiede Lars con un mezzo sorriso “Devi capire che Alisa è praticamente una persona, anche se di un materiale diverso.” inizia a spiegare “Non è un essere vivente, è vero, ma è in grado di elaborare pensieri ed emozioni paragonabili ai nostri. E alla fine cosa sono gli esseri umani se non delle macchine biologiche in grado di produrre pensieri ed emozioni complesse? Noi abbiamo reazioni biochimiche alla base del nostro funzionamento, lei ha meccanismi elettronici. Cambia la forma, ma la sostanza è la stessa.”
Jin riflette su quella risposta, scrutando l'altro.
“È un punto di vista interessante, ma Alisa al contrario delle persone è programmabile.” osserva non troppo convinto “E sappiamo che non esiterebbe a mettere da parte le sue emozioni e la sua etica se solo glielo chiedesse il programma.”
“Beh, ovviamente ci sono delle differenze strutturali.” replica Lars, poi lo guarda obliquo “E comunque Lee ha modificato il programma. Non è più soggetta al tuo comando, quindi non ci provare neanche.” finisce severo.
Jin sogghigna.
“Tranquillo, non avevo intenzione di aizzarla di nuovo contro di te.” 
Poi riflette su ciò che Lars gli ha detto.
“Quindi Alisa ha un’intelligenza sociale paragonabile a quella di una persona reale, dici.” 
“Esatto.” conferma Lars “Era una funzione fondamentale per quello che era il suo scopo originario. In caso di attività di spionaggio era importante che non desse per niente nell'occhio.”
“E da questo posso arrivare a capire che con Alisa sia possibile stringere un legame d'amicizia bilaterale, che ci si possa affezionare e che lei a sua volta possa affezionarsi a qualcuno. Ma…” fa una pausa “che mi dici del resto?”
Lars inarca le sopracciglia.
“Il resto?”
Jin evita lo sguardo, un po’ imbarazzato.
“... Hai detto tu che potevo chiedere quello che volevo e che non ti saresti offeso.”
“Cosa mi stai chiedendo esattamente?” 
“Beh, non mi risulta che sia solo un rapporto di amicizia quello tra te e lei.”
Lars resta immobile con gli occhi puntati sulla strada.
“Oh.” dice, capendo finalmente dove voglia arrivare.
“Sinceramente non ce lo vedo Bosconovitch a progettare un algoritmo che possa simulare la sessualità di un essere umano in un robot, sempre che sia possibile farlo.” riprende Jin “Quindi mi chiedo… come funzioni tra voi due, dato che… beh, anche quello è un aspetto piuttosto importante in una relazione. Di solito.”
“Bosconovitch effettivamente non l'aveva progettato.” risponde a bassa voce Lars, tenendo lo sguardo dritto sopra il volante.
Jin ci riflette per qualche secondo.
“Quindi non…”
“Ho detto che Bosconovitch non l'aveva progettato.” ripete Lars cambiando leggermente l’intonazione della frase.
Jin cambia leggermente espressione e guarda lo zio sorpreso.
“Lee?! Hai chiesto a Lee una patch anche per quello!” ragiona a voce alta “Certo! Bosconovitch non lo farebbe, ma Lee sì. Decisamente sì!”
“Non l’ho chiesto io!” ci tiene a precisare Lars a quel punto “È stata Alisa a volerlo! Alisa desidera immensamente poter essere il più simile possibile ad un essere umano. Desiderava sperimentare quello che sentiamo noi e… i programmatori di Lee sono riusciti a… dargliene un'idea!”
“Quindi… si può davvero fare?”
Lars alza le spalle.
“Ovviamente non sapremo mai fino a che punto si possa avvicinare alla sensazione reale, ma… sembra funzionare.” risponde Lars piano.
Jin riflette, visibilmente colpito.
“Incredibile.” commenta tra sé e sé “Certo, mi mette i brividi, ma devo ammettere che vista così è un po’ meno triste di quello che pensavo.”
Lars lo guarda storto, incerto su come prendere quella considerazione.
“È assurdo pensare a cosa si riesca a fare oggi con la tecnologia.” riprende poi Jin pensieroso “Imitare in modo così completo la struttura di un essere umano, intendo.” 
“Beh, non è normale tecnologia, comunque. Il lavoro del dottor Bosconovitch è praticamente unico nel suo genere e…”
“Sì, ma… ti immagini se ce ne fossero altre?” lo interrompe Jin con aria vagamente allarmata “Dotate di loro pensiero. Pensa, un esercito di macchine umanoidi potenzialmente letali che girano con autonomia di pensiero.”
Lars lo guarda confuso.
“Un giorno potrebbero decidere di organizzarsi, ribellarsi. Diventare un pericolo per l’umanità.”
Lars lo guarda con fare ironico.
“Ma tu guarda, ti mette ansia l’idea che possa esistere qualcosa di potenzialmente più forte di te, eh?” 
“Come?” Jin lo guarda storto.
“Un pericolo per l’umanità.” continua l’altro “Non ti sembra uno scenario un po’ familiare? Non è già successo qualcosa di simile per via di una famiglia di umani con qualche goccia di sangue demoniaco?”
Jin apre la bocca sconcertato.
“Hey, questo è davvero un colpo basso, Lars.” si lamenta offesissimo “Io dicevo sul serio, pezzo d’idiota! Hai mai visto Terminator?!”
L’altro ridacchia.
“Certo, hai ragione. Potrebbe succedere.” poi lo guarda di sbieco “Fossi in te comincerei col fare in modo di non inimicarmi troppo Alisa, per il momento.” 

 


 

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Capitolo 10
*** Questione d'estetica ***


10
Questione d'estetica

 

“Muoversi!! Che fate ancora lì?! Come è possibile che ho il doppio dei vostri anni e il doppio del vostro fiato?! Chi è il migliore? Chi è il migliore?! Non vi sento! Più forte! Rispondete, se non volete fare altri venti giri dell’edificio!”
“Tu, Paul!!” urlano le reclute della Tekken Force disperate, costrette a salire le scale esterne del grattacielo per il riscaldamento pre-addestramento mattutino.
L’istruttore scoppia a ridere fragorosamente e riprende la sua corsa skip in testa alle reclute come se niente fosse.
Jin osserva la scena soddisfatto dalla sua terrazza. Phoenix avrà pure un atteggiamento un po’ eccentrico, un po’ megalomane e fuori dal comune, ma non c’è dubbio che stia facendo sudare quei soldati. E i progressi iniziano a vedersi.
“La gioventù è questione di fiato! È tutta questione di fiato!” continua ad urlare Paul, con il respiro solo appena affannato, sparendo dietro l’angolo.
Jin si accende la prima sigaretta della giornata e non riesce a non sorridere pensando all’ironia della situazione. Questione di fiato.
Emette una prima nuvola di fumo e ripensa a quando quella stupida abitudine si è insidiosamente fatta strada nella sua vita. Non è stata una questione estetica per lui, non è stata una questione di moda, non la voglia di trasgressione e neanche curiosità. Era semplicemente un altro esasperato gesto di autolesionismo, di dichiarato odio per sé stesso, per quella vita maledetta, come l'abitudine di dormire tre ore a notte e di mangiare solo quando occasionalmente se ne ricordava. Non ha provato sostanze più distruttive solo perché gli serviva conservare una costante lucidità, ma ha comunque adottato tutta quella serie di abitudini poco salutari, invalidate dalla assoluta convinzione che la sua impeccabile forma fisica era comunque garantita da un aiuto di natura demoniaca, il tanto che bastava per raggiungere i suoi obiettivi. E poi c'era anche quella convinzione, quasi certezza, che non avrebbe comunque avuto il tempo di morire per via del suo stile di vita. Molto più realisticamente parlando, la sua fine sarebbe arrivata per mano di un qualche demone, di qualche suo familiare, o persino di sé stesso, entro i venticinque anni d’età.
Questa convinzione però, poteva aver senso fino a che demoni e familiari erano ancora in circolazione. E adesso che di anni ne aveva quasi trentasette, e stava effettivamente provando a condurre un’esistenza quanto più normale possibile, tra i lasciti di quel periodo maledetto rimaneva ancora quella stupida dipendenza da nicotina, il cui peso col passare del tempo si faceva sempre più pesante. Perché in fin dei conti questa vita sarà pure da prendere così come viene, ma finché è possibile - e il demone dentro di te non è più un problema così debilitante - cercare di continuare ad esistere il più a lungo possibile non sarebbe poi così una cattiva idea.
Jin riflette osservando quell’oggetto in combustione tra le sue dita, così amato e così odiato al tempo stesso.
“Signore?” una delle assistenti apre la porta finestra del terrazzo.
Jin si volta all’indietro.
“Sono arrivate le candidate per la nuova linea della filiale di moda.” comincia “Sono state selezionate dalle risorse umane, dovrebbero discutere la loro idea con lei. Le ho lasciato la cartella col resoconto del loro colloquio sulla scrivania. Stanno aspettando fuori dal suo ufficio.”
“Fuori dal mio ufficio?” ripete Jin corrugando la fronte “Che ci fanno fuori dal mio ufficio?! Le mandi da Alexandersson! Se ne doveva occupare lui di questo!”
“Signore, le avevo mandate dal signor Alexandersson come era scritto sull’ordine del giorno, ma lui le ha rimandate indietro. Pare che le candidate abbiano espressamente chiesto di poter vedere lei!”
“Non mi importa di quello che chiedono le candidate!” risponde acido “È un compito di Alexandersson! Io ho altro in programma per oggi!”
La donna sospira.
“A questo punto devo informarla che il signor Alexandersson si è fatto carico dei suoi impegni del giorno, così che lei sia libero di ricevere le signore.”
“Che cosa ha fatto?!” esclama Jin arrabbiandosi “E chi gli avrebbe dato il diritto di decidere?!”
“Onestamente non lo so, signore! Ma mi creda sulla parola, non è affatto semplice dover seguire gli ordini di due capi che non sono mai d’accordo tra di loro!” risponde stanca l’assistente “Credo sia meglio che ne parliate voi faccia a faccia!”
Fa per rientrare dentro all’ufficio.
“Beh, comunque dica a quella gente che io oggi non ho intenzione di ricevere nessuno!”
L’assistente si ferma a metà strada e torna indietro.
“Signore, mi dispiace, si sono già accomodate!” dice osservando preoccupata attraverso il vetro della finestra.
Jin inspira silenziosamente un’altra dose di fumo.
“Gli avevo espressamente detto di aspettare fuori, non so cosa dire…” continua la donna mortificata.
“Shibaru, non si preoccupi. Ci penso io a buttarle fuori tra un attimo.” risponde l’uomo con un sibilo “Ma se lo vede, dica pure ad Alexandersson che questa non gliela faccio passare liscia.”
La donna annuisce e torna dentro all’ufficio.
Jin cerca di sbirciare la situazione dentro la stanza, oltre la vetrata. Vede Shibaru gesticolare e dire qualcosa davanti alle due persone che aspettano sedute di fronte alla sua scrivania, poi l’assistente scuote la testa ed esce dalla stanza.
Una delle due donne si volta a guardare verso la terrazza, Jin torna subito a girarsi verso la città sbuffando infastidito. Ma che razza di modi sono questi? Entrare in un ufficio e sedersi come se niente fosse prima di essere stati invitati?!
Questa Lars l’avrebbe pagata. Oh, se l’avrebbe pagata!
“Buongiorno! Si può?”
Jin si volta di nuovo esterrefatto.
Una donna occidentale sulla trentina con dei lunghi capelli biondo platino si è appena permessa di raggiungerlo sulla sua terrazza.
“Lili, torna subito qui! Sei impazzita?! Che razza di figura di merda mi stai facendo fare?!” la richiama un’altra donna asiatica più o meno della stessa età dalla porta finestra aperta.
“Wow, è un posticino interessante questo!” commenta la ragazza bionda guardandosi intorno e notando l’arredamento “Un ufficio all’aperto! Puoi lavorare e nel mentre prendere il sole, è geniale! Dovrei farlo anch'io!” sorride a Jin.
Lui continua ad assistere alla scena incredulo.
“Mi scusi ma che…” inizia a dire, ma è fin troppo confuso per creare una frase coerente “Insomma come…”
La donna sogghigna e si avvicina a lui con passo deciso.
“Cos’è tutta questa formalità? Sarà pure passato un po’ di tempo, ma non mi dirai che ti sei dimenticato di me, Kazama.”
Jin solleva gli occhiali da sole fin sopra la testa e la guarda accigliato, infastidito da quella maleducazione e presupponenza.
“Non ho la minima idea di chi tu sia, ma certamente non hai alcun permesso di stare qui!” sbotta mettendo da parte ogni cortesia “Vattene da sola o chiamo la sicurezza!”
“Oddio, Lili!” esclama l’altra donna andando a ripescarla.

Le afferra un braccio, poi guarda Jin imbarazzata. 
“Mi dispiace per questa intromissione!”
La donna bionda si divincola dalla presa dell’altra e sostiene lo sguardo di Jin.
“Non ricordi chi siamo?” sogghigna la donna di nome Lili “Certo, immagino che la superstar del torneo del pugno di ferro non abbia mai prestato troppa attenzione agli altri partecipanti in gara, non è vero? Non eravamo alla tua altezza?!”
Jin alza gli occhi al cielo. Ecco un'altra ex partecipante al torneo che avrà chissà quale conto in sospeso con lui. 
“Che vuoi che ti dica, non partecipavo a quei tornei con l'intento di farmi degli amici.” risponde acido.
La donna lo guarda con rabbia.
“Azienda petrolifera Rochefort.” dice facendosi seria “Ti dice qualcosa?”
Jin esita per qualche secondo, poi ammorbidisce l’espressione.
“Ecco, vedo che inizi a ricordare.” sogghigna la donna.
Jin annuisce.
“Ho restituito quegli stabilimenti alla tua famiglia anni fa.” dice poi tornando confuso “Che diavolo vuoi ancora?”
“Ehm, penso sarebbe meglio per tutti se ci sedessimo e ne parlassimo con calma e professionalità.” interviene a quel punto l’altra donna.
Poi guarda la bionda con rabbia.
“Questo ovviamente se il signor Kazama avrà voglia di invitarci a sederci dentro al suo ufficio, dopo questa sceneggiata!”
“Il signor Kazama? Anche tu con queste formalità Asuka?!” ride Lili “Siete pure cugini!”
“Cosa?” Jin corruga la fronte sempre più confuso.
La donna di nome Asuka si copre la fronte con una mano.
“Che c’è? È la verità!” 
“Tappati quella bocca, Lili!”
“Ma sta’ zitta tu, Asuka! Che ho detto di male?!”
“Ti avevo espressamente chiesto di non fare menzione di quella cosa!”
“Che male c’è?!”
Jin si riporta la sigaretta alle labbra e osserva incerto quello scambio di battute, come se assistesse ad una sitcom.
“Non dovevi dirlo e basta!”
“Sì, ma perché?!”
“Perché non ha niente a che vedere con il motivo per cui siamo qui!” risponde quell’Asuka.
“Perché siete qui?” ripete allora Jin intervenendo a quel punto “Vorrei capirci qualcosa anche io!”
La donna di nome Lili scoppia a ridere.
“Ma per la filiale di moda, è ovvio!”
“E ora non sarà mai disposto a considerarci dopo aver visto la tua pazzia!”
“Ma vedrai come cambierà idea dopo aver dato un’occhiata alla mia collezione!” continua Lili rivolgendosi a Jin con un sorriso suadente.
“Ok, siete qui seriamente per affari?" chiede Jin con sospetto.
“E per che altro sennò?” lo sfida Lili.
“Chiedermi un risarcimento? Minacciarmi? Uccidermi?” ipotizza Jin “Vi metto in chiaro fin da subito che non ho intenzione di morire e non riuscirete ad ammazzarmi.”
Lili sogghigna.
“Non hai intenzione di morire?” ripete “E allora che ci fai con questa?!”
Lili allunga una mano e con un gesto veloce colpisce la sigaretta di Jin, la fa cadere sul pavimento e la schiaccia sotto la suola della sua scarpa tacco 12.
Jin osserva la scena paralizzato dallo stupore, con le dita ancora a mezz’aria.
Asuka spalanca la bocca e guarda l'altra agghiacciata.
“Ma sei completamente impazzita?!” chiede poi.
“Che c'è? Gli ho fatto solo un favore!” poi si gira da Jin “Che poi, oltre agli ovvi rischi per la salute che tutti conoscono, c'è anche una questione estetica lo sai? Hai idea di quanto siano in grado di imbruttirti queste cose? Per adesso sembri ancora abbastanza giovane e carino, ma tra un paio d'anni quelle già abbastanza evidenti linee in zona occhi, fronte e bocca saranno molto, molto peggio di così e la tua pelle si raggrinzirà e ingiallirà... e fidati che a quel punto nessuno vorrà più aggiungerti nella classifica dei dieci CEO più sexy dell'anno…”
“Che cos…” mormora Jin esterrefatto.
Asuka strattona Lili all'indietro e la zittisce premendole una mano sulle labbra.
“Mi dispiace tanto, non doveva andare così.” dice poi a Jin “Lili è una stilista, io le faccio da manager. È brava, ma come si sarà notato è anche un po' fuori di testa. Avevamo portato un'idea per la nuova linea d'abbigliamento, ma mi rendo conto che il colloquio non sia andato molto bene… hai! Lili sto cercando di salvarci la faccia se non te ne fossi resa conto!”
Lili le ha appena morso un dito per liberarsi la bocca.
Jin la guarda ancora più sconcertato, fin troppo disorientato per arrabbiarsi sul serio.
“Non gli hai detto che siete cugini!”
“Oh sei incredibile!” sbotta Asuka paonazza di rabbia.
Giusto! L'aveva accennato anche poco fa.

“Siamo cugini?” ripete Jin con preoccupazione, in mezzo a tutto quel caos.
Asuka lo guarda con un po' di imbarazzo e annuisce.
“Sei una Mishima?” domanda allarmato.
Un'altra discendente segreta di Heihachi?! Ce ne sono altri in giro per il mondo?! O… potrebbe essere imparentata con gli Hachijo e allora sì che sarebbero guai! 
La donna scuote subito la testa.
“No! Mi chiamo Asuka Kazama.” precisa.
Perfetto, pericolo scampato. Jin tira un sospiro di sollievo interno. 
“Sai che la famiglia di tua madre era originaria del Kansai, giusto? Osaka nello specifico.” dice Asuka.
“Mi dispiace, non so praticamente niente della famiglia di mia madre.” risponde lui.
Asuka annuisce.
“Beh, sì. Era originaria di Osaka e io e te effettivamente siamo imparentati, ma comunque questo non ha importanza.” riprende “Ci dispiace aver sprecato il tuo tempo, ci dispiace aver invaso i tuoi spazi in maniera così maleducata, togliamo il disturbo…”
Inizia ad arretrare, trascinandosi dietro la socia.
“Un momento…” le ferma Jin poi.
“Sì?” fa Asuka preoccupata.
“Sto riflettendo.”
È da folli il fatto che lo stia solo considerando, sa che probabilmente se ne pentirà prima o poi, ma è questione di intuito.
Le altre due lo guardano in silenzio.
“Per essere state mandate qui avete superato il primo colloquio.” riflette Jin.
“Oh sì! E alla grande!” conferma Lili “La nostra linea è piaciuta un sacco al team degli esperti! Abbiamo della roba buona!”
“E poi avete incontrato il mio socio.” sibila Jin maledicendo mentalmente Lars.
“Sì, ma abbiamo chiesto di poter parlare con te, visto che ci conoscevamo già!” spiega Lili “E lui è stato disponibilissimo.”
Jin sospira, scuote la testa fra sé e sé e inizia a camminare verso la porta finestra.
“Avete portato qualcosa da farmi vedere?” chiede poi aprendo l’anta e facendo loro cenno di entrare nella stanza.
Le due si scambiano un’occhiata colma di sorpresa, Lili poi mostra un sorriso compiaciuto.
“Certo, abbiamo un book dimostrativo con tutta la collezione!” risponde Asuka entrando dentro all'ufficio “Perché? Ti interessa vederlo?”
Jin segue Lili all'interno della stanza e chiude la porta a vetri.
“Avanti, sedetevi e ne parliamo seriamente, prima che cambi idea e vi butti fuori!”
“Wow, Asu-chan! Hai visto?!” sibila Lili andando ad accomodarsi.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così davanti alla gente!” soffia Asuka.
Jin alza gli occhi al soffitto.
“Per favore, inizio a sentirmi come il terzo incomodo ad un appuntamento se continuate a parlottare così tra di voi!” commenta Jin raggiungendole alla scrivania.
“Uh, davvero?!” ridacchia Lili, poi si gira dall'altra “Hey, hai sentito che ha detto?!”  
Asuka abbassa lo sguardo un po’ arrossendo visibilmente.
Jin prende il rapporto su di loro, lasciato dalla sua assistente sopra la scrivania e inizia a leggere l’esito del loro colloquio e il giudizio degli esperti del settore.

“Posso sapere come mai… ehm... non ci hai buttato fuori?” vuole sapere poi Asuka.
Lili le dà una gomitata, tirando fuori il book dimostrativo dalla sua borsa.
“Sta' zitta! Che sei, scema? Gli dai idee?!” sibila porgendo il book a Jin.
Lui lo prende e mettendo da parte il rapporto della prima selezione inizia a dare un'occhiata al loro materiale.
“È solo una curiosità…” sussurra Asuka all’altra.
Jin le ignora e continua a sfogliare le pagine del book.
“Beh, tieniti queste curiosità per te!”
Jin si schiarisce la voce, per richiamare l'attenzione su di sé.
“Allora, non farò finta di capirne di questa roba.” comincia dopo un po' “Ma avete ottenuto un’ottima valutazione dagli esperti e deve pur sempre voler dire qualcosa.”
Jin guarda Lili. 

“Tu sei completamente pazza, fastidiosa e maleducata all'eccesso. Ma è vero che a volte follia ed eccentricità sono sinonimo di genialità, specialmente in campo artistico.”
Lili sorride soddisfatta.

Jin guarda Asuka.
“Tu sembri quasi a posto e potresti fare da portavoce per l'artista e occuparti del management come già stai facendo.”
Asuka spalanca la bocca sconcertata.
“Ci stai assumendo?” mormora un po' troppo sorpresa.
Lili le dà una forte gomitata.

“Non così in fretta.” risponde Jin “Dico solo che, per quanto solo l'idea di poter ripetere un'esperienza come quella di oggi mi faccia venire l'orticaria, sembrate effettivamente avere una proposta interessante… e penso che se ne possa per lo meno discutere.”
“Non te ne pentirai!” promette Lili “So che ho una personalità un po’ effervescente e non ho molti freni, ma tanto non ci vedremo quasi mai, no? La nostra sede sarà ad Hamamatsu, no?”
“Sì, e questa è una delle ragioni per cui non sto scartando l’idea a priori.” ammette Jin. 
Poi allunga la mano sulla cornetta del telefono e fa un mezzo ghigno.
“Scusatemi un secondo. Ho bisogno di consultarmi col mio socio.”
Preme il tasto per attivare la chiamata rapida.
“Sì?” Lars risponde dall’altra parte.
“Brutto stronzo.”
“Sì, Shibaru me l’ha detto e sinceramente non capisco perché ti sia arrabbiato tanto. Non appena le ho fatte entrare la bionda ha iniziato ad insistere che avrebbero preferito parlare con te, che eravate vecchi amici.”
“Ha detto così?”
“Sì, ha detto che hanno partecipato entrambe ai tornei. Perché, non era vero?”
“Era vero.” conferma Jin “E quindi di che avete parlato?”
“Di niente, gli ho detto di aspettare fuori e che avrei visto che cosa potevo fare. Poi ho scambiato i nostri programmi della giornata e le ho mandate da te. C'è qualche problema?”
“Hai fatto tutto senza chiedermi che cosa ne pensavo.” ringhia Jin.
“Esatto, perché sei stronzo e ogni tanto queste cose te le meriti!”
Jin fa una smorfia.
“Ah, è così?” sibila “Ma quindi... non ci hai parlato molto? Insomma, non ti sei fatto un’idea su di loro?”
“No, no… perché?”
Jin sogghigna e guarda le due divertito.

“Era una curiosità.” risponde.
“Ma è finito il colloquio?” chiede Lars “Come è andata?”
Jin riaggancia la cornetta senza rispondere e guarda le altre con un sorriso malefico.
“Credo che anche il mio socio abbia il diritto di conoscervi.” dice “Lili, voglio che tu vada nel suo ufficio a spiegargli perché dovrebbe assumerti. Voglio che tu gli descriva la tua arte dando liberamente sfogo alla tua personalità, nel modo più eccentrico, esuberante, estremo... fastidioso possibile!”
Lili lo guarda spalancando gli occhi, piena di eccitazione.
“Sarà divertente! Non sto già nella pelle!”
Anche Asuka spalanca gli occhi, ma con orrore.
“Oddio, no! È già stato un disastro con te!” protesta “La butterà fuori! Non accetterà mai di prenderci!” 
“Tranquilla, io starò a guardare e me ne assumo totalmente la responsabilità.” continua Jin con un sorriso diabolico “Voglio solo ricordare al mio socio che non mi piace che mi vengano cambiati i programmi senza essere consultato.”






 

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