Out of ashes.

di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: It feels impossible. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Impossible is coming true. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Something like this. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: It feels impossible. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa.

WARNING!
Sono trattati temi particolari come bullismo, omofobia e altre merdate simili. Se sono argomenti a cui siete particolarmente sensibili, evitate di leggere. (c’è l’happy ending, ma si passa per un mare di angst, soprattutto nel primo capitolo e in parte del secondo)
 
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Out of Ashes

Capitolo 1: It feels impossible.


 
Fin da quando era tornato a Hogwarts, Draco non si era sentito a suo agio con nessuno, neanche con i suoi compagni di casa. Passava la maggior parte del tempo isolato da tutti gli altri, da solo in qualche angolo della sua stanza o in disparte in biblioteca. Tendeva a non socializzare molto con gli altri, un po’ perché non avrebbe saputo di cosa parlare con loro, un po’ perché lo sentiva che anche gli altri non volessero avere niente a che fare con lui. Del ragazzino spocchioso e arrogante che era stato, non era rimasto che un cumulo di macerie; era distrutto, spezzato.
Era solo, la sua famiglia era stata processata e condannata, Potter aveva parlato in favore suo e di sua madre, ma solo lui era stato “graziato”. Non avrebbe dovuto essere così privilegiato, lui era colpevole, lo era sempre stato. Rispetto ad altri figli di Mangiamorte, che non si erano macchiati di alcun crimine, se non quello di essere nati nella famiglia sbagliata, lui aveva accettato il Marchio Nero e la prova che lo avesse fatto era ancora impressa sulla sua pelle, nero su bianco, benché esso fosse molto sbiadito rispetto a un anno prima. Poco contava che avesse avuto sedici anni, l’influenza negativa della sua famiglia e la paura di morire, non aveva alcuna giustificazione. Non aveva mai preso una posizione, ma aveva agito tra le fila del lato oscuro. Aveva sbagliato e doveva pagarne le conseguenze. Avrebbe dovuto marcire ad Azkaban come i suoi genitori, come tutti gli altri Mangiamorte.
Lui aveva usato una delle maledizioni senza perdono, la maledizione Imperius, su una donna per costringerla a fare ciò che voleva, aveva quasi ucciso ben due compagni di scuola (poco importava che uno di loro fosse stato Weasley) aveva cercato di uccidere il preside e aveva aperto le porte di Hogwarts ai Mangiamorte, aveva permesso loro di entrare nella scuola, di seminare il panico, di distruggere tutto e di uccidere altre persone. Poco importava che avesse cercato di proteggere Potter e i suoi amici quando erano arrivati al Manor, quella notte durante le feste di Pasqua o che avesse lanciato la sua bacchetta all’eroe del mondo magico, quando quest’ultimo si era rialzato disarmato e aveva fronteggiato Voldemort; quelle azioni lì non contavano, perché non aveva fatto nient’altro. Aveva insultato per anni i sanguemarcio per il loro stato di sangue, perché non erano puri quanto lui, un purosangue; aveva ritenuto giusto credere di essere superiore al mondo e di dimostrarlo nel peggiore dei modi: con il bullismo. Non aveva mai capito quanto le sue azioni fossero state pericolose, nocive, sbagliate.
Si era reso conto solo a diciotto anni di essere stato lui stesso quello veramente sporco e marcio. Aveva denigrato persone molto più brillanti di lui, come ad esempio la Granger, solo perché lei discendeva da una famiglia di babbani e non di maghi. E per anni aveva creduto a tutte quelle fesserie, aveva creduto di essere nel giusto, aveva creduto che fosse corretto insultarla in quel modo, insultare tutti i Weasley in quanto traditori del sangue, amici di babbani e di nati babbani, aveva ritenuto giusto vessare Paciock perché lo reputava uno sfigato, aveva creduto giusto rendere la vita di Potter un inferno, aveva ritenuto giusto cercare di mettergli i bastoni tra le ruote ogni anni e comportarsi in quel modo orribile, perché lui poteva, perché suo padre gli aveva detto che lui, rispetto agli altri, era superiore, perché il suo sangue era puro.
Aveva capito solo dopo tanti anni che non era la purezza del sangue a rendere più meritevoli, ma la purezza del proprio cuore, delle proprie azioni. Lo stesso Potter, che lui aveva insultato, sfregiato, ostacolato, gli aveva salvato la vita più di una volta durante l’ultima battaglia e lui era solo fuggito come il codardo che era. Il maledetto eroe del mondo magico aveva parlato in suo favore, prendendo ad esempio le sole due cose positive che aveva fatto, gli aveva permesso di essere scagionato – perché, signor giudice, è vero che Malfoy ha accettato il Marchio, ma aveva sedici anni. Lei cosa avrebbe fatto, a quell’età, se Voldemort, nel pieno delle sue forze, al culmine del potere, le avesse chiesto di scegliere tra il seguirlo o l’essere ucciso? – la sua eloquenza aveva colpito così tanto i giudici del Wizengamot che, al momento della "votazione", era stato emesso un verdetto unanime: non colpevole. Eppure… Draco non meritava un trattamento di favore.
Non sapeva chi era. Fin da quando era tornato a Hogwarts, si era sentito smarrito, non aveva un’identità.
Non era buono, non era cattivo, quindi chi era esattamente Draco Malfoy?
Era stato un bullo, , era stato un mangiamorte, vero, aveva vissuto anni orribili con un mostro in casa sua, aveva visto cose orribili, delle quali aveva avuto paura, era un codardo, vero anche questo, ma adesso, chi era, in realtà?
Aveva vissuto tutta la vita credendo di essere un vincente. In realtà, era solo un perdente.
Era stato cresciuto con l’idea di essere un privilegiato, un purosangue che aveva il diritto di possedere una bacchetta e di insultare chi non era come lui. Era stato cresciuto come un aristocratico, aveva imparato le regole del bon-ton, aveva imparato tre lingue straniere, aveva imparato a fare magie a sei anni con la bacchetta di suo padre, perché poteva farlo in quanto mago purosangue, aveva vissuto nella bambagia, credendo di essere un vincente, fino a che la realtà non era andata a bussare alla porta del suo castello di cristallo e gli aveva servito su un piatto d’argento sporco e arrugginito l’orrore che si celava dietro alla sua vita dorata, mostrandogli quanto in realtà fosse un perdente.
Ed era iniziato il suo lento percorso di declino.
A sedici anni, il suo mondo era cambiato, la sua vita agiata era diventata un inferno, era sprofondato in un baratro senza fondo. Aveva iniziato a vivere nella paura e nel terrore nella sua stessa casa. Si svegliava durante la notte in preda al panico, che gli attanagliava le viscere e gli impediva di respirare, aveva preso un marchio oscuro, solo per salvarsi la vita, aveva accettato di fare cose orribili, per salvarsi la vita e aveva visto tante, troppe persone morire per mano dell’uomo che lui e la sua famiglia avevano servito. Si era ritrovato, dopo la guerra ad essere nessuno, dopo aver creduto di essere importante, non aveva più una casa, un patrimonio, non aveva nulla. Non meritava nulla.
Ma chi era lui, adesso? Cos’era diventato? Perché era in quella scuola a tentare di costruirsi un futuro? Non era il suo posto, non meritava di essere a Hogwarts. Ed era questo che i suoi compagni di scuola gli ricordavano ogni giorno.
Non poteva stare in quella scuola, pulito dal suo passato, quando era ancora così sporco, con quel marchio ancora impresso sulla pelle, dopo aver combattuto al fianco di colui che aveva ucciso così tante persone, che aveva ucciso i suoi insegnanti e moltissimi dei suoi compagni di scuola. Non che provasse affetto o rispetto nei loro confronti, ma… aveva contribuito a far sì che facessero quella fine orribile. E invece lui era vivo e, dopo tutto quello che aveva fatto, era libero. Non era giusto. Non meritava di star lì a Hogwarts, non meritava di avere una seconda chance. Quello non era il posto per lui, ne era consapevole e così come lui, anche altri studenti ne erano consapevoli.
Draco sapeva di meritare ogni commento sgradevole, ogni insulto, ogni spintone, ogni vessazione contro di lui e accettava passivamente ogni cosa, accusando ogni volta i duri colpi che gli erano riservati, anzi pensava (e ne era fermamente convinto) di meritare di peggio. Molto peggio.
Non meritava compassione né pietà e questo era uno dei tanti motivi per i quali si isolava da tutti gli altri, sebbene alcune delle persone, per le quali aveva provato più rispetto, cercassero in ogni modo di coinvolgerlo di più, di farlo sentire parte di un gruppo, per dimenticare, per lasciarsi tutto alle spalle, per andare avanti con le loro vite; loro potevano, ma Draco no, non poteva né voleva. Si rifiutava ogni volta di partecipare a qualsiasi cosa, perché era accaduto troppo, non si poteva andare avanti come se niente fosse successo, le loro vite erano segnate da ciò che era accaduto… e lui, soprattutto, non meritava di andare avanti. Per questo, si ostinava a rifiutare ogni volta. Fino a che un giorno… non cedette.
Bastò solo una volta, per mandare a rotoli tutto e peggiorare la sua già precaria situazione.
Era la sera di Halloween, fuori dalle mura di Hogwarts pioveva incessantemente e tutto sembrava molto tetro e oscuro, più del solito e l’animo di Draco era in tempesta, esattamente come lo spettacolo che si manifestava fuori dalle finestre. Appena dopo la cena, il ragazzo era ritirato nella sua stanza senza parlare con gli altri. Aveva attraversato la Sala Comune senza guardare nessuno, chiudendosi nella sua stanza del dormitorio. Alcuni dei suoi compagni di stanza erano lì, lo guardarono con pietà e Draco sbuffò leggermente, decidendo di sdraiarsi sul letto ed ignorare quegli sguardi.
Si sorprese, quando i suoi compagni di casa lo invitarono ad unirsi a loro ad una piccola festa organizzata insieme ad altri studenti, nella loro Sala Comune; Malfoy rifiutò di partecipare, ma alla fine i suoi compagni di stanza insistettero così tanto da convincerlo, beh, più che convincerlo, lo trascinarono fuori dalla stanza: solo una volta, non te ne pentirai. Non avrebbe mai dovuto lasciare che prendessero il sopravvento.
Scoprì quasi subito che era stata un’iniziativa dei Grifondoro e inspiegabilmente tutti, compresi i Serpeverde, avevano accettato di partecipare.
La Sala Comune brulicava di studenti provenienti dalle altre case e c’erano davvero tante persone, ma Draco passò la maggior parte della serata isolato da tutti, fino a che non lo invitarono ad unirsi a loro per uno stupido gioco adolescenziale. Non voleva giocare, presenziava solo perché era stato quasi trascinato con la forza fuori dal suo dormitorio. Avrebbe dovuto capire che qualcosa non andasse, ma non se ne era accorto subito. Alcuni Grifondoro lo occhieggiavano come la minaccia peggiore del mondo o con disgusto, stessa cosa i Corvonero. I Tassorosso si astennero dal guardarlo, ma probabilmente anche nei loro sguardi Draco avrebbe visto qualcosa di negativo. Notò, poi che tra i grifoni, mancava Harry Potter. Nessuno chiese dove fosse l’eroe del mondo magico, ma udì alcune voci: qualcuno alluse al fatto che avesse incontri intimi con alcune "fiamme", altri semplicemente restarono in silenzio. Draco non capiva cosa stesse accadendo, in realtà. Soprattutto quando iniziarono ad offrirgli cose illegali da bere, ma per una volta decise di affogare il suo dolore nell’alcool, di dimenticare per un attimo tutto il resto e fu quello a rovinarlo. Il gioco, a cui lo avevano invitato a partecipare, consisteva nel rivelare due verità e una bugia sul proprio conto e gli altri partecipanti avrebbero dovuto “indovinare” quale tra le tre fosse la bugia; a quel punto della serata però Draco era già ubriaco – non reggeva per niente l’alcool, non era abituato a bere, i suoi lo avevano educato a mantenere sempre il controllo e non si era mai lasciato andare – e quando era stato chiesto a lui di rivelare le sue verità e la sua bugia, lui non si accorse di ciò che disse, le parole uscirono fuori da sole:  «Sono gay; una volta sono stato trasformato in un furetto; so evocare un Patronus».
Non si rese conto immediatamente di aver detto solo la verità, cos'era successo? Veritaserum o cosa? In quel momento la cosa che lo sconvolse maggiormente fu l’essersi lasciato scappare il suo più grande segreto davanti a tutti quegli altri studenti. Li vide sorridere malignamente nella sua direzione, ebbe paura di quegli sguardi e, semplicemente, fuggì nella sua stanza, sperando che quell’umiliazione bruciate che provava, fosse sufficiente per gli altri, ma si accorse che non essa era neanche lontanamente vicino ad esserlo.
 
La notizia del suo involontario coming out si espanse a macchia d’olio già dalla mattina successiva alla festa. Tutta la scuola sapeva che a lui piacessero i ragazzi e non fu positivo. Le vessazioni aumentarono: a chi lo chiamava mangiamorte, assassino, infame, pezzo di merda e altri appellativi simili, si aggiunsero coloro che lo chiamavano frocio, checca, succhiacazzi. Non che avessero mai visto Draco praticare fellatio a qualcuno, ma era un insulto comune. La sua vita ad Hogwarts divenne peggiore. Non c’era una persona che non lo fermasse per insultarlo, spingerlo o altro, solo un paio di volte era stato picchiato nel cortile, una volta mentre correva per raggiungere l’aula di Trasfigurazioni, un’altra mentre cercava solo un po’ di tranquillità, dopo l’ora di pranzo.
Era arrivato a Hogwarts, sapendo di non meritare di essere in quella scuola per tutto quello che aveva fatto, sapendo di meritare di essere maltrattato dagli altri, perché era stato un mangiamorte – l’orribile cicatrice che si era autoinflitto e che deturpava il suo braccio sinistro, non era riuscita ad eliminare il marchio nero che rappresentava ancora la prova della sua colpevolezza – perché era stato un bullo che si era divertito a tormentare le vite altrui in gioventù, perché era una persona orribile, perché non era mai andato d’accordo con nessuno, perché aveva guardato sempre gli altri dall’alto verso il basso. Non credeva di meritarlo anche per il suo orientamento sessuale, probabilmente era l’unica cosa di se stesso che non era sbagliata… ma, evidentemente, per gli altri era un motivo valido per fargliela pagare. Forse, perché lui stesso in passato aveva denigrato gli altri per lo stato di sangue, per i loro difetti, per la loro personalità; era ovvio che, adesso, le persone che aveva tormentato usassero contro di lui le sue debolezze. Dopotutto, essere omosessuali era un errore, giusto? Nella sua famiglia, essere gay era un disonore, forse peggio che l’apprezzare i babbani e i nati babbani e per questo l’aveva nascosto per tutto quel tempo, ma aveva sempre saputo che nel mondo magico non era mai stato un fattore di discriminazione così elevato. Sapeva che tutti erano tolleranti verso tutti gli orientamenti sessuali più disparati… beh, forse era vero, ma non per Draco Malfoy.
Quello era un trattamento riservato solo a lui, perché in passato aveva deriso e umiliato i ragazzi più deboli di lui per molto meno. Meritava di essere perseguitato anche per quello.
In fondo, un motivo valeva l’altro, in qualche modo doveva pagare per i suoi errori, per gli sbagli che aveva fatto, per il male che aveva arrecato al prossimo, che lo insultassero chiamandolo sporco mangiamorte oppure schifoso frocio non faceva differenza, un insulto valeva l’altro.
 

 
Draco era a disagio ogni volta che si trovava in un’aula o nei corridoi con gli altri studenti. Sentiva i loro sguardi addosso, sentiva i loro giudizi e per quanto sapesse di meritare il loro odio, non riusciva proprio ad evitare di sentirsi in quel modo. Ogni volta che lo spingevano nel corridoio, ogni volta che gli facevano cadere la borsa o i libri per terra, aspettando solo che si abbassasse per poter urlare che a lui piaceva stare a novanta gradi, sentiva una parte di sé morire lentamente. Non avrebbe mai creduto di poter passare da bullo a bullizzato, ma era qualcosa che doveva accettare, perché era solo la conseguenza delle sue azioni. Gli sarebbe sempre servito da insegnamento. Non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo in passato. Una parte di sé sapeva che era giusto che subisse ciò che lui aveva fatto subire agli altri, ma un’altra parte di sé ne era devastata e sebbene lo meritasse, non riusciva a consolarsi con quell’idea. A volte gli sembrava semplicemente di affogare nel dolore e nella disperazione.
L’umiliazione che provava ogni giorno, quando qualcuno lo additava con un nomignolo dispregiativo, non riusciva a contrastarla. A volte si chiedeva come avessero fatto le persone che lui aveva tormentato a convivere con loro stesse per tutti quegli anni. Come aveva potuto essere così crudele? Come aveva potuto far sentire una persona in quel modo?
Non sapeva darsi una risposta, ma si pentiva ogni giorno di ciò che aveva fatto. Si pentiva ogni giorno di aver tormentato altri ragazzi, di averli presi in giro per i loro difetti, per aver minato così tanto la loro autostima. Gli dispiaceva da morire, ma non sapeva come porre rimedio alla sua stupidità giovanile. Forse subire quelle angherie ogni giorno, avrebbe esorcizzato il suo passato. Cercava di autoconvincersi che fosse giusto così, per poter affrontare meglio ogni giornata scolastica, ma non faceva meno male.
Nessuno, a parte lui, meritava tutto quel dolore.
Piano piano, quelle vessazioni lo stavano spezzando, quasi quanto lo aveva fatto la guerra. Aveva quasi sedici anni, quando aveva visto sua zia Bellatrix uccidere un babbano a sangue freddo, ne aveva compiuti sedici da poco, quando si era ritrovato Voldemort davanti che gli aveva impresso quel marchio sulla pelle, aveva bruciato così tanto che a volte sentiva ancora l’eco di quel bruciore sulla pelle, ne aveva quasi diciassette quando aveva visto Piton uccidere Silente al posto suo, ne aveva compiuti da poco diciassette quando aveva visto Voldemort uccidere la professoressa di Babbanologia e darla in pasto a Nagini. Ricordava la notte in cui Potter era stato portato a casa sua per essere riconosciuto ed aveva taciuto la sua vera identità. Aveva detto di non riconoscerlo, di non essere sicuro che fosse lui. In realtà, lo aveva riconosciuto benissimo. Non poteva essere nessun altro, se non lui. Quegli occhi verdi, pieni di speranza anche nel momento peggiore, pieni di rabbia combattiva, pieni di quel qualcosa particolare che aveva spinto Draco a pensare che, forse in quel momento, avrebbe potuto fare la scelta giusta. Lo aveva coperto, non aveva rivelato la sua identità per dargli il tempo di organizzare la fuga, così che potesse continuare la sua missione, qualsiasi essa fosse e sconfiggere quel mostro. E così aveva preso la sua prima vera scelta, non una imposta. Una sua scelta personale. Era poco, pochissimo in confronto a quello che avevano fatto altri, in confronto a quello che aveva fatto Potter, ma… aveva fatto una sua piccola parte in quella guerra dalla parte giusta e per un solo momento si era sentito una persona migliore, anche se la paura e la disperazione erano state sue fidate compagne di vita fino a che Voldemort non era morto.
Potter era riuscito a fuggire, quella notte e un po’ gli piaceva pensare che avesse vinto anche grazie al suo contributo. Era ciò che si ripeteva per non impazzire del tutto, per non spezzarsi definitivamente, per pensare che forse, in profondità, anche lui poteva essere una brava persona – anche se non lo era.
Perché non le hai detto chi ero? A Bellatrix, quella notte alla villa, tu sapevi che ero io e non hai detto niente, perché? – gli aveva chiesto Potter, quando lo aveva rivisto, ma lui non aveva saputo cosa rispondere. Già, perché lo aveva aiutato? Perché aveva capito di essere spacciato e aveva voluto provare a salvarsi? Perché aveva provato a redimersi? Perché aveva visto in lui l’ultima speranza in quel mondo senza speranze?
Forse. Ma non era riuscito a dirglielo, non durante la battaglia, non quando c’erano Tiger e Goyle vicino a lui, che avrebbero potuto spifferare tutto a suo padre o a Voldemort. Così aveva taciuto e… Potter lo aveva salvato ugualmente dall’Ardemonio, era tornato indietro per portarlo fuori da una stanza invasa dalle fiamme maledette e lo aveva tirato sulla sua scopa, salvandogli la vita. Si era aggrappato con disperazione ai suoi fianchi, mentre volavano tra le fiamme incandescenti dell’Ardemonio e ricordava perfettamente il terrore che aveva provato, quando Potter, mentre le fiamme stavano per raggiungerli e lui gli ripeteva di andare verso la porta, cercava di afferrare un oggetto in caduta libera verso il fuoco; erano stati attimi di terrore, ma Potter alla fine lo aveva portato in salvo e aveva distrutto l’oggetto misterioso.
Aveva saputo solo dopo che si trattava di un horcrux e che il moro li avesse già trovati e distrutti tutti, poi sul campo di battaglia Potter lo aveva salvato di nuovo. Ricordava un mangiamorte puntargli la bacchetta contro e un lampo di luce rossa aveva metto fuori combattimento l’uomo ostile.
Potter lo aveva salvato due volte, quando lui non aveva mai fatto niente per aiutarlo, se non mentire a suo padre. Quella volta avrebbe potuto fare molto di più, avrebbe potuto impedire a Bellatrix di torturare la Granger, se l’avesse fatto, forse Potter lo avrebbe salvato anche quella volta… ma non lo avrebbe mai saputo. Ricordava la devastazione che aveva provato quando lo aveva visto senza vita tra le braccia di Hagrid. Tutte le speranze per un mondo migliore erano morte con lui… e poi, esattamente come un eroe delle leggende, Potter si era alzato e aveva affrontato Voldemort. A lui era venuto spontaneo, corrergli incontro, passare dalla parte di Hogwarts e lanciargli la sua bacchetta, non avrebbe potuto fare altro per aiutarlo in quel momento. Qualcuno avrebbe potuto vedere il suo gesto come un puro atto di egoismo, di codardia, ma dentro di sé sapeva che quella scelta l’aveva fatta quella notte al Malfoy Manor. Conosceva la sua verità e Potter sembrava aver apprezzato il suo gesto, poiché lo aveva difeso ai processi, facendo in modo che venisse assolto. Ancora non sapeva spiegarsi perché avesse fatto una cosa del genere. Insomma, lui era stato il primo ad essere stato danneggiato dalle sue vessazioni, dalle sue continue prese in giro, eppure…
Eppure, Potter non era tra coloro che gli rendevano la vita un inferno. Potter se ne stava sempre per i fatti suoi, magari con uno o due amici, in biblioteca o in cortile, ma non gli dava fastidio, semplicemente ignorava la sua presenza, com’era giusto che fosse.
Provava emozioni contrastanti dentro di sé. Si diceva di meritare quello che gli facevano, ma si chiedeva anche quando la sua punizione sarebbe finita e quando avrebbe smesso di soffrire. Perché anche se si nascondeva dietro alla sua faccia di bronzo, dentro di sé soffriva tanto. E si chiedeva come avesse potuto fare cose simili a suoi coetanei, quando era più piccolo. Si pentiva ogni giorno di tutti gli scherzi fatti a Paciock, di tutti gli insulti fatti alla Granger o ai Nati babbani in generale o a Weasley, di tutte le volte che aveva provato a mettere nei guai “San Potter”, di quando si era unito alla Umbridge per mettersi in mostra e andare per forza contro Potter e tutti gli altri studenti della scuola – se solo si fosse unito a quel gruppo, invece di seguire quella pazza psicotica, avrebbe saputo anche difendersi meglio durante la guerra – e di tutte le altre cose orribili che aveva fatto nel corso della sua adolescenza.
Vivere quell’inferno, forse gli era servito più di una reclusione ad Azkaban, era la sua pena per aver accettato il marchio, per essere stato un bullo e per essere stato Draco Malfoy. Se solo ci fosse stato un altro modo per rimediare ai suoi errori, l’avrebbe fatto, se avesse avuto un modo per tornare indietro nel tempo, l’avrebbe fatto. Sarebbe andato dal se stesso undicenne e gli avrebbe detto: sii gentile, non essere un bullo, non ti piacerà subire quello che tu fai agli altri. Sii furbo e scegli amicizie migliori, sii amico di Potter, non fartelo nemico, lui può aiutarti, lui è la speranza per un futuro migliore, privo di oscurità. Avrebbe voluto avere un amico che lo avesse aiutato nel momento in cui si era ritrovato davanti a Voldemort, avrebbe voluto supporto da qualcuno, e invece era sempre stato solo. Così solo che l’unica persona che gli era stata accanto era stata Mirtilla Malcontenta, quando si nascondeva in quel bagno, dove nessuno andava, per sfogare il suo dolore e la sua frustrazione, nello stesso bagno in cui Potter lo aveva quasi ucciso.
Se non lo avesse attaccato per primo, Potter sarebbe stato disposto ad aiutarlo e a cambiare il suo destino?
Non lo avrebbe mai saputo, perché, quando aveva visto Potter guardarlo in uno dei suoi momenti di maggiore fragilità, il suo cervello aveva smesso di funzionare e, come suo solito, si era messo sulla difensiva, aveva iniziato a duellare con l’altro e poi aveva provato a lanciare una Cruciatus contro il suo avversario… era ovvio che quest’ultimo tentasse di difendersi, ma non avrebbe mai immaginato quell’incantesimo, il Sectumsempra, nemmeno aveva sentito parlare di esso, prima di quel momento.
Non avrebbe mai dimenticato quell’incantesimo e la sensazione di star per morire, di sentire la vita abbandonare il proprio corpo. A volte, avrebbe preferito che il moro avesse avuto successo quella notte, così da non dover sopportare quella vita, ma sapeva che per uno come lui, la morte sarebbe stata solo un regalo. Evidentemente le persone preferivano che lui vivesse e soffrisse in quel modo. Non poteva chiedere a quei ragazzi di smetterla di tormentarlo, perché quando loro lo avevano chiesto a lui, Draco aveva reagito ridendo di loro, denigrandoli ancor di più, continuando a fare di peggio. Avrebbe tanto voluto non essere stato così, ma lo era stato e adesso doveva pagarne le conseguenze. Si chiedeva quando la sua pena sarebbe finita, quando avrebbe smesso di pagare per i suoi crimini, ma poi si diceva che suo padre era stato condannato prima all’ergastolo e poi la sua pena era stata tramutata in pena capitale. Era stato sottoposto al bacio del dissennatore prima dell’inizio della scuola, non aveva assistito direttamente alla cosa, ma gli era sembrato di percepire a distanza il momento in cui suo padre era stato “ucciso”, in realtà gli era toccato un destino peggiore della morte.
Beh, come pensava, la morte per quelli come loro era un lusso. Suo padre non c’era più e, sebbene non fosse stato un padre esemplare e lo avesse spinto verso la magia oscura, verso Voldemort… era comunque l’uomo che lo aveva cresciuto e che, a modo suo, lo aveva amato. A​mare era un parolone riferito a Lucius Malfoy, ma a modo suo gli aveva dimostrato affetto, ma questo era avvenuto molto prima che lui andasse a Hogwarts, moltissimo tempo prima del ritorno di Voldemort. Eppure, lui conservava ancora quei ricordi d’infanzia. Un’infanzia piena di regole rigidissime, di norme da rispettare e altre ristrettezze, piena di imposizioni e simili, ma c’erano anche ricordi felici, legati ai suoi genitori. Era stato male, il giorno dell’esecuzione di suo padre, ma non aveva avuto nessuno a cui aggrapparsi in quel momento. Non lo avrebbe mai avuto, perché lui non meritava compassione, né affetto, dopo tutto quello che aveva fatto, non meritava niente, se non quello che subiva. Gli sembrava uno scambio equo. Gli avevano risparmiato la prigione, gli avevano risparmiato la pena capitale, ma gli avevano riservato un futuro circondato da persone che non gli avrebbero mai permesso di cambiare.
Era impossibile che qualcuno potesse concedergli una chance, perché era consapevole di non meritarla affatto.
 

 
Tornare a Hogwarts era stato strano per Harry. Si era ritrovato in una scuola, che lui stesso aveva contribuito a ricostruire, durante l’estate dopo la guerra, una scuola che aveva sempre considerato casa, ma che adesso… non riconosceva più come tale, perché la violenza e l’orrore della guerra erano ancora impressi su quelle pareti.
Si parlava di “ottavo anno” per loro che erano sopravvissuti alla guerra, la McGranitt aveva deciso che tutti coloro che avevano perso un anno, avrebbero frequentato un anno supplementare per prendere i M.A.G.O. Così era stato introdotto l’ottavo anno temporaneo. Ci voleva coraggio per parlare di ottavo anno dopo una guerra, ma era ciò di cui tutti avevano bisogno. E tornare in quella scuola per il ragazzo-che-è-sopravvissuto e Salvatore del Mondo Magico fu comunque traumatico. Aveva sempre visto Hogwarts come la sua casa, anche nei momenti peggiori e quando neanche un anno prima aveva visto quella stessa casa distrutta dalla furia di un mago psicopatico, ossessionato da lui, aveva sentito di aver perso una parte di sé, insieme a tutte le persone che avevano perso la vita per lui. E non c’era bisogno che nella sua mente sentisse la voce serpentesca di Voldemort dire una cosa del genere, fin da quando al quarto anno aveva assistito alla morte di Cedric e al quinto aveva perso Sirius, era stato consapevole della sua colpevolezza. Remus, Tonks, Fred, Moody, Dobby, Edvige e tutti gli altri erano morti per colpa sua, per difendere lui o per combattere al suo fianco, perché lui a un anno di vita era sopravvissuto e Voldemort aveva dedicato la sua residuale esistenza a rendergli la vita un inferno.
Si sentiva abbastanza solo, si sentiva così fin dal due maggio 1998. 
Ron e Hermione ormai facevano coppia fissa, stavano sempre insieme, si facevano forza l’un l’altra e lui voleva lasciarli alla loro privacy. Non voleva mettersi in mezzo o essere il terzo incomodo tra di loro, quindi passava con loro il tempo in Sala Grande, durante i pasti o durante le lezioni, ma non si intrometteva tra di loro, quando, ad esempio, si mettevano su un divanetto della Sala Comune, accoccolati l’uno all’altra.
Era felice per loro, erano ancora amici e si vedevano di tanto in tanto, ma da quando aveva rotto con Ginny, beh, passare il tempo con le coppiette non era il suo passatempo preferito. Le cose con la sorella del suo migliore amico non erano andate affatto bene, lei era troppo opprimente, troppo fastidiosa, troppo petulante, troppo ossessionata e lui non era nelle condizioni mentali giuste per sopportarla. Lo accusava costantemente di non amarla abbastanza, di non essere presente per lei, di non essere più lo stesso, di essere diverso dal ragazzo che l’aveva baciata quando lei era al quinto anno e lui al sesto. Grazie al cazzo, avrebbe voluto dirle. Lui era davvero cambiato, fin dalla fine della guerra, dopo il periodo orribile di maggio-giugno, non si era sentito più lo stesso con lei, con tutti, si sentiva inadeguato in ogni situazione e più le persone gli ricordavano ciò che aveva fatto contro Voldemort, più lui le respingeva e si isolava da loro. Ginny era stata solo la prima, perché lei non faceva che parlare della guerra. Lo capiva, davvero, che avesse perso suo fratello e ne volesse parlare con lui, ma non riusciva ad essere un supporto per lei, perché stava sprofondando sotto i suoi sensi di colpa. Quando lei aveva trovato consolazione tra le braccia di un altro, allora aveva trovato la scusa per chiudere la relazione. Non aveva voluto rompere prima, perché sapeva che nessuno, neanche Ron, avrebbe capito le sue motivazioni, per fortuna quella situazione spiacevole si era risolta da sola.
Si era gettato a capofitto nel cercare di dimenticare ciò che era accaduto, di elaborare i lutti che aveva subito e, all’insaputa di tutti, aveva iniziato a vedere uno specialista, un Nato Babbano che lavorava come psicologo tra i Babbani che lo stava aiutando ad elaborare tutto
. A lui aveva confessato ogni cosa, anche il sollievo che aveva provato, dopo la rottura con Ginny. Lo vedeva ancora una volta a settimana e lui gli aveva suggerito di fare qualcosa che potesse farlo stare meglio, che lo aiutasse a scaricare la pena che provava. E Harry si era rimboccato le maniche: si era offerto come volontario per aiutare a catturare i maghi oscuri rimasti, aveva assistito e testimoniato ad un sacco di processi, il tutto mentre aiutava i professori a ricostruire la scuola dalle sue stesse macerie.

Si era completamente chiuso in quei lavori e quando l’ottavo anno era iniziato, non aveva fatto altro che ignorare tutti – a parte pochi – e cercare di prendere i M.A.G.O. Avere uno scopo lo aiutava a svuotare la mente dai pensieri pessimistici che aveva e lo aiutava ad affrontare i demoni del suo passato. Solo la preside sapeva del suo impegno settimanale. Ogni sabato, quando non c’erano le lezioni, la donna gli permetteva di usare il camino collegato alla Metro Polvere del suo ufficio, in modo che potesse raggiungere Londra per presenziare al suo appuntamento.
Un’abitudine che non aveva perso, era andare a prendere il tè da Hagrid, dopo le lezioni del pomeriggio. A volte restava lì fino a ora di cena, qualche volta schiacciava anche qualche pisolino, era l’unico posto dove riusciva a sentirsi a suo agio e a non sentirsi così… inadeguato. Hagrid era stato il primo a portarlo nel mondo della magia, ricordava ancora quando era apparso alla porta della catapecchia dei Dursley e gli aveva consegnato la sua lettera per Hogwarts. Era sempre stato lì per proteggerlo, aiutarlo durante gli anni di follia a Hogwarts. Era stato straziante sentirlo piangere, mentre lo trasportava dalla Foresta Proibita al castello, quando tutti credevano che lui fosse morto. Si era anche scusato con lui, per averlo fatto soffrire così tanto. Il mezzo-gigante aveva risposto alle sue scuse con un forte abbraccio e lo aveva invitato ad andare da lui, ogni volta che voleva. E per Harry era terapeutico.
Andare da Hagrid, parlare con lui di creature magiche strane, era qualcosa che lo faceva sentire ancora il ragazzino pieno di speranze e di gioia nei confronti della magia che era stato quando era arrivato lì. Aveva trovato una sorta di calma interiore e di via per la guarigione, quando Hagrid gli aveva proposto di aiutarlo con le creature magiche.
Harry non aveva trovato niente da ribattere e anche il suo psicologo era stato d’accordo. Un paio di mesi dopo l’inizio della scuola, aveva iniziato ad aiutarlo nella riserva, ogni volta che aveva del tempo libero. E gli piaceva anche prendersi cura delle creature magiche. Aveva instaurato un feeling particolare con i Thestral, uno in particolare, quello che Hagrid chiamava Frank, sembrava più socievole degli altri. Harry spesso lo nutriva e si prendeva cura di lui e un giorno, lo aveva accarezzato con delicatezza e l’animale magico aveva appoggiato la testa sulla sua spalla, in cerca di altre carezze. Non erano aggressivi o porta iella come molti credevano. Aveva anche rivisto Fierobecco, ribattezzato Alisecco, in modo che non avesse alcun problema con il ministero. Non che adesso il nuovo Ministro della Magia avesse particolare interesse ad eseguire l’esecuzione di un ippogrifo vecchia di quattro o cinque anni, ma era meglio evitare che si sapesse che Fierobecco fosse ancora vivo. E poi c’erano davvero così tante creature, che Harry a volte perdeva il conto delle ore che trascorreva lì. Hagrid progettava anche di adottare un cucciolo di drago, ma la McGranitt non aveva dato ancora il permesso per farlo, anche se Harry era sicuro di aver sentito Ron parlare del fatto che Charlie sarebbe venuto dalla Romania con un uovo di drago per Hagrid, ma non l’aveva detto al guardiacaccia per non dargli false speranze, non prima che la McGranitt dicesse qualcosa a riguardo.
In ogni caso, quella era la sua nuova routine: tanto lavoro con Hagrid alla riserva, tanto studio per prendere i M.A.G.O, allenamenti di Quidditch, incontri del sabato con il suo psicologo e poco tempo per socializzare o fare qualsiasi cosa “da adolescente” come gli dicevano alcuni dei suoi conoscenti.
Non era colpa di nessuno, era lui che si sentiva inadatto a tutto. Non era colpa di Ron e Hermione, che nonostante tutto cercavano di aiutarlo, quando riuscivano a scalfire la parete spessa che Harry aveva eretto attorno a sé, non era colpa di Ginny che aveva cercato consolazione tra le braccia di qualcun altro, quando lui non poteva dargliene. Non era colpa di nessuno, se non sua. Era lui che si sentiva sbagliato a tutti i livelli e non riusciva a sopportare nessuna situazione. Aveva capito di non voler più essere un Auror, di voler cambiare completamente la propria vita, di non voler più vedere morte, distruzione, violenza. Aveva bisogno di finire la scuola e di prendere del tempo per se stesso, per riflettere. Forse avrebbe giocato a Quidditch come professionista, era ancora nella squadra e non gli sarebbe dispiaciuto disputare partite e viaggiare in giro per il mondo. Almeno la gente avrebbe avuto un vero motivo per apprezzarlo. Non gli piaceva l’idea di essere ricordato come “colui che ha ucciso Voldemort”, lo faceva sentire un assassino, anche se lo aveva fatto per salvare il mondo magico.
Ad accompagnarlo, poi, durante quell’ultimo anno, c’era il suo vecchio amico: il senso di colpa, che lo divorava ogni volta che provava a dormire. Durante la giornata era così impegnato da riuscire a non sentirlo, ma quando si sdraiava nel letto, chiudeva le tende del suo baldacchino, ecco che i pensieri negativi, il dolore, il senso di colpa piombavano su di lui a ricordargli tutto ciò che aveva perso.
Allontanatosi un po’ dai suoi migliori amici storici, aveva legato un po’ di più con Neville, con lui non parlava mai della guerra, né di Voldemort. A volte studiavano insieme, altre passavano il tempo a chiacchierare di argomenti futili come Dean che ci provava con Seamus e quest’ultimo che non se ne accorgeva. Altre finivano per discutere di cosa avrebbero fatto dopo la scuola, Neville era sicuro di voler diventare un professore di Erbologia – dopotutto, aveva tantissimi Eccezionale in quella materia e amava sufficientemente le piante per poterlo fare – ma Harry non sapeva ancora cosa fare dopo i M.A.G.O e la cosa lo devastava. «Non preoccuparti» gli diceva l’amico «Vedrai che capirai cosa vuoi fare dopo la scuola».
Era da lui che era venuto a sapere della faccenda Malfoy. Da dopo i processi, Harry avrebbe voluto chiedergli come stesse, soprattutto dopo aver saputo di Lucius. Con lui non era riuscito ad avere uno sconto di condanna come nel caso di Draco – completamente assolto – e di Narcissa, che aveva avuto una riduzione della pena dall’ergastolo a 10 anni di reclusione e una serie di ristrettezze che non ricordava, ma almeno sarebbe stata libera. In realtà, lei gli aveva chiesto solo di occuparsi di Draco, la donna voleva che suo figlio avesse un futuro fuori dalla prigione. Si sarebbe fatta andare bene anche l’ergastolo se fosse servito a far uscire Draco indenne da quella storia.
Era stato da Neville che aveva saputo che Malfoy veniva preso di mira da altri studenti, soprattutto da quando era venuto fuori che lui era gay. Lui non guardava molto le dinamiche scolastiche altrui, non lo faceva con cattiveria o perché non gli importava, ma aveva passava la maggior parte del tempo libero in biblioteca, non partecipava ad attività ricreative varie o alle feste illegali che venivano organizzate nella scuola. Era concentrato su se stesso e sul superare i demoni del suo recente passato.
Impossibile, aveva commentato quando Neville gli aveva raccontato di aver visto dei Grifondoro picchiare Malfoy nel cortile. Pensava che il messaggio di quell’anno fosse chiaro: nessuna faida con nessuno. La McGranitt era stata chiara, non voleva rivedere violenza tra gli studenti, dopo aver assistito ai Carrow che facevano torturare gli studenti più piccoli. Ma sinceramente… a lui importava qualcosa di Malfoy?
Beh, un po’. Altrimenti non lo avrebbe tirato fuori dalla Stanza delle Cose Nascoste infuocata, altrimenti non lo avrebbe salvato durante la guerra né durante il processo. Tuttavia, dopo la guerra, aveva giurato a se stesso che non avrebbe più permesso a nessuno di portare dolore, scompiglio e negatività in quella scuola. Lo doveva a tutte le persone che erano morte in nome della pace, dal suo padrino a Remus, da Fred a Dobby. Avere di nuovo violenza tra quelle mura, sarebbe stato come infangare le loro memorie, rendere vano il loro sacrificio. Nessuna violenza doveva essere ammessa a Hogwarts, Malfoy era stato davvero una spina nel fianco per anni, ma anche lui meritava la pace, dopotutto quello che aveva vissuto. Lui c’era, lui lo aveva visto il terrore vero nei suoi occhi a Malfoy Manor, quando aveva finto di non riconoscerlo, dandogli la possibilità di scappare e di salvare gli ostaggi nei sotterranei. Non aveva mai capito quali fossero le reali intenzioni del biondo, ma di fatto lo aveva davvero aiutato. Gli aveva permesso di portare in salvo Luna, Olivander, il folletto, Ron e Hermione. Col senno di poi, forse avrebbe potuto portare via anche lui e tentare di salvarlo, come non aveva fatto al sesto anno, quando, invece di porgergli una mano ed aiutarlo, lo aveva aggredito e poi aveva usato quell’incantesimo su di lui. Ancora gli venivano i brividi quando pensava al corpo del biondo riverso nel sangue, che copioso usciva dal suo corpo. E sempre col senno di poi, aveva capito che, in effetti, Malfoy era uno stronzo patentato, ma non era un mostro, non come Voldemort. Non aveva mai ucciso nessuno, a differenza di Harry stesso. E aveva abbassato la bacchetta, quella notte sulla Torre di Astronomia, ne era certo, lo aveva visto, se non fossero arrivati Bellatrix e gli altri mangiamorte, Draco avrebbe accettato l’aiuto di Silente. Così, dopo aver ascoltato le parole di Neville, ripromise a se stesso che, se mai avesse visto atteggiamenti ostili nei confronti del biondo, sarebbe intervenuto e avrebbe messo fine alla cosa. Non gli importava chi era Malfoy, cosa aveva fatto e cos’era stato, la guerra era finita, tutti avevano sofferto tanto in quel periodo, nessuno meritava altro dolore, nemmeno lui.
Non si rese conto subito delle sue azioni, fu una cosa graduale. Prima iniziò a tenerlo d’occhio durante le lezioni, si assicurava sempre che nessuno gli desse fastidio, poi iniziò a farlo anche durante gli orari del pranzo e della cena. Qualche volta aveva sentito degli insulti, ma non era riuscito a capire chi fossero davvero i colpevoli. Vedeva Malfoy sempre triste, sulle sue, taciturno. Non era lo stesso Malfoy spocchioso e arrogante che aveva conosciuto negli anni precedenti, avere avuto contatti con Voldemort doveva aver spezzato anche lui, solo perché aveva preso il Marchio, non voleva dire che non avesse avuto paura di lui, alla fine tutti i suoi seguaci ne erano anche terrorizzati. Nessuno capiva che era solo un ragazzino di sedici anni, quando era stato marchiato? No, perché neanche lui l’aveva capito in un primo momento, era sempre stato convinto che Draco Malfoy incarnasse il male, prima di rendersi conto che si trattava solo di un suo coetaneo terrorizzato da un mostro che minacciava di ucciderlo. Non avrebbe mai dimenticato la sua voce spezzata, mentre rivelava a Silente la verità, Io devo ucciderla… o lui ucciderà me. Col senno di poi, doveva ammettere che, se non fosse stato per lui, non avrebbe salvato Olivander che non gli avrebbe rivelato la verità sulle bacchette e non gli avrebbe parlato della Bacchetta di Sambuco. E non avrebbero potuto recuperare l’horcrux nella camera blindata di Bellatrix. E se Malfoy non gli avesse lanciato la sua bacchetta, durante l’ultima battaglia, di certo non sarebbe stato lì, vivo a cercare di rimettere insieme la sua vita. Aveva vinto la guerra anche grazie all’aiuto di Draco Malfoy e non era giusto che lui continuasse a pagare, la guerra doveva finire anche lui, dopotutto vivere con Voldemort sotto lo stesso tetto era stata una punizione sufficiente. Persino il biondo meritava di meglio e di superare gli orrori della guerra.
Fu un pomeriggio, mentre si dirigeva verso il Lago Nero per controllare la Piovra Gigante, che si accorse di qualcosa che non andava. E fu quello il giorno in cui tutto cambiò.
 

 
Draco era in anticipo per la lezione di Rune Antiche. Aveva bisogno di prendere un po’ d’aria dopo la lezione di Pozioni più noiosa della storia delle lezioni di Pozioni (a volte gli mancava così tanto il modo di insegnare di Piton, lui rendeva la materia affascinante e interessante, per un periodo, quando si permetteva ancora di essere ottimista, pensava ad un suo futuro nel campo delle pozioni o come insegnante o come ricercatore o qualcosa del genere), per questo decise di andare sulla riva del Lago Nero, di sicuro lì non lo avrebbe disturbato nessuno. Aveva bisogno di stare da solo, nell’ultimo periodo c’erano cose che non capiva. Prima di tutto, perché Potter si ostinasse a fissarlo in quel modo, lo fissava sempre, ogni volta che ne aveva l’occasione: durante i pasti in Sala Grande, quando lo incrociava per caso nei corridoi, durante le lezioni in comune… era frustrante e non riusciva a trovare una spiegazione a quello stranissimo comportamento.
Quello sguardo verde, carico di giudizi, lo sentiva su di sé ogni volta che condividevano uno spazio comune e bruciava sulla sua pelle, bruciava più delle vessazioni che subiva ogni giorno. Era veramente insopportabile, perché non si faceva gli affari propri? Perché lo fissava in quel modo? Cosa voleva da lui? Aveva sentito che era gay e voleva iniziare a vessarlo anche lui? Non gli avrebbe dato torto, insomma, lui era stato sgradevole nei confronti di San Potter per anni, lo aveva denigrato, insultato, sfidato, odiato più di qualsiasi altra cosa, aveva fatto di tutto per essere odioso nei suoi confronti, quindi l’altro poteva solo ricambiare la moneta in quel modo. Ma non lo faceva, si limitava ad osservarlo, fissarlo e poi scostare lo sguardo quando incrociava i suoi occhi. Lo faceva impazzire quell’atteggiamento, perché non gli andava a parlare direttamente?
I suoi compagni di casa avevano provato a scusarsi con lui per la situazione in cui lo avevano cacciato – non avevamo idea che potesse accadere una cosa simile, dicevano – ma non li accusava di niente, gli altri avrebbero trovato il modo di rendergli la vita un inferno ugualmente. Era ciò che meritava.
E sì, doveva ammetterlo di aver pensato che lo avessero fatto di proposito, anche se erano dispiaciuti, forse lo avevano fatto ubriacare di proposito per fargli confessare il suo più grande segreto, per vendetta o qualcosa del genere, ma poi si erano pentiti della situazione che si era creata attorno a lui, perché magari non credevano che un coming out involontario portasse a quelle conseguenze catastrofiche. A lui non importava, anche se l’avevano fatto di proposito, era sicuro di meritare quel trattamento.
Si sedette sulle sponde del Lago Nero e sospirò, ogni tanto aveva bisogno di una pausa da tutto quello. Osservò davanti a sé e tirò le ginocchia al petto, infossandoci il viso in mezzo. Era vero, meritava tutto, ma sarebbe finita prima o poi? Qualcuno si sarebbe accorto quanto fosse devastato dentro? Qualcuno avrebbe capito che aveva imparato la lezione e che non avrebbe mai più maltrattato gli altri? Qualcuno gli avrebbe porto una mano, in segno di aiuto e di pace? No, non lo meriti.
A volte, aveva voglia di piangere, ma suo padre gli aveva sempre detto che piangere era per i deboli, per i perdenti, i Malfoy non erano deboli, non piangevano mai. Lui lo aveva fatto una volta, quando era così devastato da non sapere neanche cosa fare per non impazzire, ma aveva solo sedici anni all’epoca.
Ne aveva quasi diciannove ormai. Era un uomo. Non poteva piangere perché si sentiva solo. Inoltre era una solitudine che si era creato da solo, una solitudine che meritava, lui meritava di soffrire e di pagare per i suoi errori del passato, quindi perché avrebbe dovuto essere triste per quello? E perché qualcuno avrebbe dovuto tirarlo fuori da quella spirale di dolore? Non ne valeva la pena, per nessuno.
«Ehi ragazzi! Guardate chi c’è!»
Draco si irrigidì. Conosceva fin troppo bene quella voce, era un Corvonero, uno di quelli che faceva commenti più spietati, tra tutti gli altri ed era lo stesso che lo aveva picchiato insieme a quei Grifondoro, qualche settimana prima.
«Lasciami in pace» disse il biondo, senza alzarsi dal suo posto.
«No, vedi… devi ancora imparare la tua lezione, frocetto impertinente» quel tono lo fece trasalire, c’era qualcosa in quel tizio che gli incuteva timore, non sapeva se era la stazza o l’odio che leggeva nei suoi occhi o entrambe. Draco si alzò lentamente e raccolse la sua borsa, fece per superarlo, senza aggiungere niente, ma questo lo bloccò con una mano, spingendolo all’indietro con violenza, lui per poco non cadde.
«Non voglio problemi, non ti ho fatto niente, lasciami passare» insistette Draco, cercando di non mostrare il terrore che aveva dentro di sé. Si guardò intorno disperato, sperando che ci fosse qualche professore nei dintorni, ma questo aveva l’abilità di trovarlo quando non c’era anima viva nei paraggi. Quando erano all’interno del castello, si limitavano a commenti poco piacevoli, ma mai a cose fisiche, perché lo sapevano, se fossero stati visti dai professori, sarebbero stati puniti. Non avevano paura che Draco parlasse con loro, tutti sapevano che lui era fin troppo codardo per andare a lamentarsi con qualche professore, se accidentalmente, fuori dalla scuola, veniva picchiato. E loro erano maledettamente bravi a scovarlo quando in giro non c’era nessuno ad assistere.
Il Corvonero non disse niente, gli puntò la bacchetta contro e usò un Petrificus Totalus su di lui, prima che potesse prendere la sua bacchetta. Quello fu raggiunto da altri tizi, tra i quali riconobbe un paio di Grifondoro, tre Serpeverde e altri due Corvonero. Poi un primo calcio raggiunse il suo fianco e, sebbene fosse immobilizzato, Draco sentì un dolore allucinante, non riuscì a sfogare il suo dolore. Sopraggiunse un altro calcio, poi un pugno e altri colpi che non riuscì a distinguere, forse anche un incantesimo che non comprese.
«Non hai fatto niente?» chiese quello «Lo sai che i tuoi amichetti mangiamorte hanno sterminato la mia famiglia?» chiese colpendolo ancora «Mio fratello aveva solo undici anni, undici!» esclamò, tirandogli un pugno dritto nello stomaco «E loro lo hanno ucciso senza pietà! Tu sei come loro, tu sei un lurido mangiamorte, dovresti marcire ad Azkaban!»
Mi dispiace – avrebbe voluto dire – lo so che dovrei essere lì, non è colpa mia, se mi hanno assolto. Lo so, lo merito, lo so, lo so… – pensava. Supplicava con lo sguardo il tizio di fermarsi, ma non la smetteva, anzi, dopo qualche minuto i suoi amici si unirono a lui, iniziando a colpirlo con inaudita violenza. Draco sentiva solo dolore, ovunque e se non fosse stato pietrificato, avrebbe pianto perché tutto quello era troppo per chiunque. Dopo una serie infinita di pugni e calci, il Corvonero si alzò in tutta la sua altezza e gli puntò la bacchetta contro.
Draco chiuse gli occhi, sperando che usasse un Anatema che Uccide, solo per mettere fine a tutto quel dolore. Pronunciò un Diffindo particolarmente forte e sentì il suo braccio lacerato – non era orribile quanto il Sectumsempra, ma sentiva ugualmente il sangue fuoriuscire dai suoi vasi sanguigni – e poi un altro incantesimo che non riconobbe.
«Ehi! Lasciatelo stare!» una voce raggiunse i presenti, mentre il Corvonero tirava un altro, forte calcio dritto nello sterno del Serpeverde, seguito da un pugno in piena faccia dato da un Grifondoro «Stupeficium!» gridò il nuovo arrivato. L’incantesimo fu così forte che uno degli aggressori venne sbalzato via di almeno un paio di metri da Draco. E poi nel suo campo visivo apparve lui: l’eroe, San Potter. Si sentirono dei passi in lontananza, forse il Corvonero e i suoi amici erano andati via, scappando a gambe levate dopo essere stati beccati.
«Finite Incantatem» pronunciò il Grifondoro, abbassandosi sul biondo. Draco sentì l’incantesimo pietrificante sparire dal suo corpo, le lacrime intrappolate nei suoi occhi scivolarono sulle sue guance e strinse gli occhi per non farle notare all'altro, avrebbe voluto alzarsi e andare via, ma non riuscì a muoversi a causa del dolore che provava su tutto il corpo. 
«Malfoy? Ce la fai ad alzarti?» chiese. Il biondo scosse la testa, non aveva energia per fare niente, neanche per pensare in quel momento. Voleva solo sparire, essere inghiottito dal terreno o sprofondare nel Lago Nero, piuttosto che subire quell’umiliazione, eppure… Potter gli aveva appena salvato la vita. Lo sentì imprecare tra sé e sé, poi sentì le sue mani delicate sul viso e poi sul petto, per tastare e controllare che non avesse niente di rotto, poi lo fece sedere sull’erba, molto lentamente e infine, con una prova di forza non indifferente, passò un braccio sotto alle sue ginocchia e ne piazzò uno dietro alla sua schiena. Lo sollevò da terra come se non pesasse nulla e lo strinse a sé. Draco non avrebbe voluto sentire dentro di sé nessuna sorta di calore confortevole, ma la prima cosa che percepì dentro di sé, stretto tra quelle braccia forti, fu una sensazione piacevole e si sentì al sicuro, dopo tanto tempo.
«Ti porto in infermeria» affermò il Grifondoro, quando il suo sguardo, incrociò quello carico di domande del Serpeverde.
Il biondo annuì, incapace di fare altro e lasciò che il suo soccorritore lo portasse in infermeria in quel modo. Avrebbe dovuto sentirsi umiliato da quello, avrebbe dovuto protestare, avrebbe dovuto dirgli che non doveva trattarlo in quel modo, che non era una principessina in difficoltà, ma sentiva così tanto dolore ed era così tanto stanco di soffrire, che accettò silenziosamente il suo aiuto. Era da così tanto che nessuno era gentile con lui, che quasi pianse per la delicatezza con cui Potter lo stava trattando.
Non avrebbe dovuto sentirsi così, ma… dopo quasi tre mesi di sofferenza, quello era un piccolo sollievo.
Sentì gli sguardi giudicanti degli altri studenti che li osservavano, mentre attraversavano il corridoio e scioccamente pensò che forse lo avrebbero lasciato in pace, ora che il Grande Harry Potter aveva preso le sue difese… non doveva crogiolarsi così nell’illusione, ma decise che lo avrebbe fatto solo in quel momento, quando era un po’ deboluccio e malconcio, poi sarebbe tornato in se stesso e ad accettare tutto ciò che gli capitava.
In quel momento, però, il gesto di Potter gli scaldò il cuore.
Quando entrarono nell’infermeria, furono accolti da Madama Chips che chiese immediatamente cosa fosse accaduto. Potter spiegò brevemente ciò a cui aveva assistito e “L’ho salvato” disse alla donna. Draco sentì le sue gote tingersi di rosso senza alcun motivo e si sentì terribilmente scoperto e vulnerabile quando l’altro lo mise su uno dei lettini. Lo osservò, in attesa che anche lui andasse via e lo abbandonasse, ma Potter rimase lì. Attese con pazienza che la medimaga della scuola lo visitasse, che medicasse le sue ferite e gli desse un paio di pozioni antidolorifiche, poi quando lei andò via, dopo avergli ordinato di restare lì per il resto della giornata in osservazione, Potter si sedette accanto a lui.
«Perché non vai via?» chiese il biondo.
«Non mi va» replicò il moro «Resterò qui. In caso tu abbia bisogno di qualcosa».
«Non ho bisogno della balia, Potter» disse, cercando di risultare acido abbastanza da farlo desistere. Non voleva Potter con sé, non voleva nessuno con sé. Non voleva la sua compassione, la sua pietà, voleva restare da solo e convincersi ancora una volta, che ciò che gli era capitato fosse giusto.
«Potter, sul serio, vai via» ripeté.
«Non me ne vado» replicò ancora una volta «Posso anche restare in silenzio, ma da qui non mi muovo». Draco sentì il proprio cuore battere più forte, senza alcun motivo. Non aveva senso che si sentisse così, solo perché Potter lo aveva salvato e neanche voleva sentirsi così. Non gli rispose, semplicemente appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi, cercando di dormire. Grazie alle pozioni della medimaga, il dolore fisico stava lentamente sparendo. Il dolore che provava dentro di sé, però, faceva ancora male, era sempre presente e non sarebbe mai svanito, neanche se Potter lo aveva salvato da un’aggressione, perché dopo quella ce ne sarebbero state altre e ancora altre, fino alla fine della scuola. O forse non sarebbe mai finita e le persone avrebbero continuato ad aggredirlo, ogni volta che lo avrebbero incontrato solo perché non lo sopportavano o avevano perso qualcuno a causa di suo padre o della guerra. E inoltre, lo meritava.
Quindi che differenza faceva? Il silenzio, comunque, durò poco.
«Stavo andando a controllare la Piovra Gigante, sai?» domandò il moro retoricamente, mentre lui aveva gli occhi chiusi – come sapeva che stesse fingendo di dormire? «Ultimamente do una mano a Hagrid con le creature magiche, c’è un Thestral che è davvero simpatico, si chiama Frank». Draco avrebbe voluto dirgli a me cosa frega di questo? Ma chi te l'ha chiesto? – ma qualcosa lo fece desistere. Era bello sentire la voce di qualcuno che gli parlava in quel modo gentile. E infatti, Potter continuò a parlare della sua piccola occupazione di aiutare il guardiacaccia con la cura delle creature magiche. Gli disse di tutte le specie che c’erano, di come si occupasse di loro, nutrendole e pulendo, quando necessario, le zone in cui vivevano. Draco non capì perché, ma sentire parlare Potter in quel modo, lo fece rilassare. Non sapeva se fosse il suo tono di voce o altro, ma riuscì a farlo rilassare e… a fargli compagnia. Non doveva crogiolarsi in quello, evidentemente Potter provava solo pena per lui e voleva evitare che qualcun altro lo aggredisse, mentre era più vulnerabile del solito, ma… non riuscì ad evitarsi di sentire uno strano calore nel petto. «Le creature magiche sanno come aiutarti, sai? Ci sono anche dei cuccioli di snaso adorabili. E Hagrid ha adottato una femmina di crup incinta, i cuccioli nasceranno tra qualche mese, potrebbero piacerti» aggiunse «Ma il mio preferito resta Frank. A volte, parlo con lui».
«Quanto devi essere fuori di testa per parlare con un Thestral, Potter?» chiese con sprezzo il biondo. Si morse le labbra, pentendosi del tono usato, Potter stava cercando di essere gentile con lui e lui non sapeva ricambiare in altro modo, se non con quell’atteggiamento ostile? L’altro scrollò le spalle e sbuffò leggermente, divertito.
«Sì, lo ammetto, sono abbastanza fuori di testa, fin dalla fine della guerra» ammise «O forse lo sono sempre stato, chi lo sa, forse il mio cervello ormai si è fuso, dopo essere stato legato tanti anni a quello di uno psicopatico megalomane» asserì con una scrollata di spalle «Ma non è questo il punto. A volte fa bene fare qualcosa che ti piace, può aiutarti a distrarti dalle cose brutte che accadono». Almeno così dice il mio psicologo, aggiunse mentalmente.
«Le cose brutte che accadono come dici tu, non sono niente rispetto a quello che meriterei davvero, per tutto quello che ho fatto» disse. Perché era esattamente quello di cui si era convinto: meritava di essere emarginato, meritava di essere trattato con repulsione e meritava anche di essere il bersaglio di persone che volevano fargliela pagare per ciò che aveva fatto nel corso degli anni. Sì, meritava di pagare anche per quello che suo padre aveva fatto. Non era innocente.
«Come puoi parlare così di te stesso? Malfoy, nessuno merita di subire quello che subisci tu» disse guardandolo «Perché non hai chiesto aiuto?»
«Perché non merito di essere aiutato» rispose «E non mi farai cambiare idea. Non voglio aiuto né da te, né da chiunque altro».
«Va bene, come vuoi» replicò il moro. Draco sbuffò, tentando di girarsi su un fianco, provando un incredibile dolore al petto e al fianco, ma non demorse. Fece un paio di buffi saltelli sul letto per trovare una posizione confortevole e dare le spalle al Grifondoro e quando finalmente riuscì a stare comodo, chiuse gli occhi, mentre un paio di lacrime sfuggivano al suo controllo. Si rannicchiò su se stesso quanto poté e strinse il cuscino come se fosse stato un appiglio. Trattenne i singhiozzi che premevano per uscire dalla sua gola, li inghiottì a uno a uno, ma non riuscì a frenare le lacrime che, presto, iniziarono a scivolare copiosamente sulle sue guance, bagnando il cuscino. Non era il tipo che piangeva, lui tendeva ad incamerare tutti i sentimenti negativi, a negarli e a non esprimerli, farlo avrebbe significato mostrarsi deboli. Lui non poteva essere debole, non perché suo padre gli aveva insegnato che i Malfoy non si mostravano mai deboli, ma perché sapeva che se fosse crollato, sotto il peso di ciò che stava vivendo, di lui non sarebbe rimasto niente, se non cenere. In quel momento, quel suo presupposto fu abbattuto e tutto il dolore che aveva subito in quegli ultimi mesi, si sciolse sotto forma di lacrime amare, che silenziose scivolavano sul suo volto. Tutto per colpa di San Potter che aveva deciso di soccorrerlo e di dimostrargli gentilezza, come nessuno aveva mai fatto prima di quel momento. Perché doveva essere sempre un portatore di speranza, quel maledetto Grifondoro?
Quando un unico singhiozzo sfuggì alle sue labbra, sperò che Potter se ne fosse andato o che almeno non si accorgesse del suo stato d’animo. Non sarebbe riuscito a sopravvivere a quell’umiliazione o allo sguardo pietoso del moro.
Quel poco della dignità che gli era rimasta, si disintegrò quel pomeriggio di fine novembre.
 

 
Harry non se la sentì di lasciare da solo Malfoy, non dopo il terribile spettacolo a cui aveva assistito nemmeno un’ora prima. Qualcosa dentro di lui gli aveva suggerito che il biondo avesse bisogno d’aiuto, che necessitasse di qualcuno al suo fianco, che lo aiutasse a superare quelle difficoltà. Così decise che avrebbe riflettuto a dovere sulla faccenda, prima di decidere come procedere, ma non avrebbe perso di vista il biondo.
Era vero, Malfoy aveva fatto cose orribili, era stato una vera spina nel fianco per anni, ma non meritava di soffrire così tanto, non per le colpe di suo padre. Lui poteva capire cosa significava avere a che fare con Voldemort, aveva convissuto con la presenza di quel mostro nella sua mente per anni. Il terrore delle visioni, delle cose che aveva fatto... a volte le sognava ancora durante la notte. Malfoy aveva avuto Voldemort in casa sua, era stato suo prigioniero, aveva temuto per la sua vita durante il giorno e durante la notte. Non era giusto che continuasse a soffrire tanto.
Non giustificava le sue azioni, né il fatto che fosse stato un bullo, ma comprendeva i motivi che lo avevano spinto a compierle. Vittima della paura, si potevano fare anche cose orribili. Lui stesso aveva lanciato un incantesimo mortale contro il suo ex rivale al sesto anno. Anche il suo migliore amico Ron, mentre erano alla ricerca gli horcrux, gli aveva detto un sacco di cose orribili causa della rabbia e della paura che provava, prima di andare via e abbandonare lui e Hermione. E, come aveva detto anche nella sua testimonianza a favore del biondo, aveva solamente sedici anni quando aveva accettato; era poco più di un ragazzino, cresciuto in un ambiente teso verso la magia oscura, la sua mente era plagiata da suo padre e dalla paura di Voldemort e aveva agito sotto minaccia di morte.
La guerra era finita, nessuno meritava altro dolore e altra sofferenza, neanche Draco Malfoy, doveva fare qualcosa per cambiare quella situazione. Forse, poteva iniziare a fare qualcosa per farlo capire anche ai suoi compagni di scuola, offrendo aiuto a Malfoy e far capire a tutti che tutti meritavano perdono, anche quelli come il Serpeverde. Se lui, che era stato in prima fila nella lotta contro Voldemort e i mangiamorte, faceva un passo indietro e smetteva di ignorare ciò che accadeva al Serpeverde e riusciva a perdonarlo per il suo passato, magari quelli che erano stati dalla sua parte durante la guerra, avrebbero fatto un passo verso il perdono anche loro e avrebbero smesso di vessarlo in quel modo. Doveva guidare quel cambiamento, adesso, prima che fosse troppo tardi. Poteva essere un buon diversivo per superare il proprio senso di colpa, forse salvare Malfoy poteva aiutarlo a salvare se stesso.
Quando sentì un singhiozzo provenire dall’altro, il suo primo istinto fu quello di piegarsi verso di lui e stringerlo, ma si fermò subito. Draco non lo avrebbe apprezzato e lo avrebbe respinto, avrebbe rifiutato a prescindere qualsiasi suo gesto, così si limitò a restare lì, sperando che apprezzasse il supporto silenzioso. Non riusciva a stare lì senza far niente, senza consolarlo in qualche modo, ma dovette farsi forza su se stesso per riuscire a non farlo, a non sporgersi verso di lui per stringerlo. Draco non aveva bisogno di quello, in quel momento. O forse sì?
Non erano così tanto in confidenza da potersi comportare in quel modo. Doveva andarci piano con lui e farsi accettare lentamente, non poteva imporsi o il biondo lo avrebbe respinto a priori. Restò fermo sulla sedia e attese che Malfoy si calmasse, sperando che non si accorgesse subito della sua presenza, altrimenti non avrebbe saputo come reagire. Non ci fu bisogno di reagire, dieci minuti dopo, vide il suo corpo finalmente rilassato sulla branda e capì che si era addormentato, sfinito dal pianto e forse anche a causa delle pozioni che gli aveva somministrato Madama Chips.
Harry non si mosse da lì, restò accanto a Malfoy, fino a che, verso sera, il biondo non si destò. Si voltò verso di lui lentamente e spalancò gli occhi quando lo vide lì. Aveva gli occhi rossi e gonfi, ma il Grifondoro non glielo fece notare, si limitò a passargli un bicchiere pieno d’acqua rivolgendogli un piccolo sorriso. Draco accettò l’acqua, ancora confuso dall’atteggiamento dell’altro e bevve, fissandolo.
«Perché sei rimasto qui?» gli chiese. Lui scrollò le spalle, senza sapere cosa rispondere, esattamente, cosa avrebbe dovuto dirgli? Avrebbe dovuto dirgli che era lì perché voleva aiutarlo? Perché voleva salvarlo dalla situazione spiacevole in cui era? Non poteva usare quelle dirette parole o il biondo lo avrebbe respinto.
«Non avevo altro da fare» rispose «E ho pensato di essere più utile qui, sai, per evitare che altri ti aggredissero».
«Ti ho già detto che non ho bisogno di te, Potter» ribatté l’altro con acidità, sperando che non si notasse troppo il fatto che avesse pianto, prima di addormentarsi. Se aveva fortuna, i suoi occhi gonfi potevano essere collegati al sonno. Almeno, ebbe la decenza di non fargli presente il suo stato davvero pietoso e lo apprezzò.
«So quello che hai detto e… penso che tu abbia bisogno di qualcuno» disse semplicemente «Diversi anni fa, mi hai porto la mano, dicendomi che avresti potuto aiutarmi a conoscere le persone giuste». Draco arrossì e scostò lo sguardo, non riusciva a reggere quegli occhi verdi per troppo tempo «Non so se riusciremo a diventare amici, ma… possiamo provarci e…» Harry porse la mano destra verso di lui «Io posso aiutarti, se tu lo vuoi».
Draco deglutì, osservando quell’offerta. Quando aveva sperato che qualcuno gli porgesse una mano, nei momenti brutti? Quanto aveva sperato che qualcuno lo salvasse? Troppo spesso, ma non aveva mai creduto di meritarlo. Ma perché, allora, l’offerta di Potter sembrava essere così allettante?
Valutò i pro e i contro di quell’offerta, cercò di immaginare cosa sarebbe accaduto, di certo non sarebbe finito tutto magicamente, ma… forse sarebbe stato più tollerabile? Sicuramente i suoi amichetti Grifondoro avrebbero avuto da ridire e lo avrebbero tormentato, rendendo la sua vita un inferno peggiore di quello che già viveva… e poi cosa ne sarebbe stato di lui? Sarebbe diventato amico di Potter e poi? Non poteva funzionare, non poteva essere possibile, loro due… amici? Sembrava impossibile. Eppure Harry era lì, che gli porgeva una mano, in segno di sostegno, dopo averlo salvato da un’aggressione… era tutto troppo bello per essere vero.
Cosa doveva fare, esattamente? Accettare il suo aiuto? O era un trucco, un inganno come la festa a cui era stato trascinato dai suoi compagni di stanza e che si era rivelata una trappola, dopo il suo involontario coming out?
Deglutì, fissando la mano di Potter tesa verso di lui. Chiuse gli occhi, se avesse rifiutato il suo aiuto, avrebbe perso un'occasione… forse quello era un segno? Qualcuno gli stava dicendo che forse poteva ricominciare? Poteva smettere di soffrire?
«Dov’è il trucco?» si ritrovò a chiedere, aprendo di nuovo gli occhi, putando i suoi occhi di ghiaccio in quelli verdi – e caldi – di Potter «Vuoi umiliarmi? Dove sono i tuoi amichetti, stanno già ridendo di me, vero?»
«No. Non ti sto prendendo in giro, Draco, sono serio, la mia è un’innocua offerta di pace». Perché usava il suo nome di battesimo, in quelle situazioni? Perché non lo chiamava Malfoy con sdegno, come tutti gli altri? Perché Potter doveva essere così diverso dalla massa? Perché doveva portare luce e speranza nel suo cuore oscuro?
Draco osservò ancora quella mano, come se da essa potesse uscire Voldemort in persona, che lo avrebbe accusato di essere un filo-potteriano e quindi un traditore… e lo avrebbe torturato, prima di ucciderlo. Se solo Potter gli avesse teso quella mano in tempo, se solo Potter gli avesse stretto la mano sul treno…
Senza neanche rendersi conto delle sue azioni, afferrò la mano di Potter e la strinse. Vide un delizioso sorriso comparire sulle labbra dell’altro e lo vide annuire. Draco si chiese se avesse appena fatto l’errore più grande della sua vita.
«Appena ti sarai ripreso, verrai con me alla riserva di creature magiche».
… sì, forse lo aveva appena fatto, ma non se ne pentiva.
 

 
Già dal giorno dopo, Harry mantenne la sua promessa. Draco ne fu sorpreso. Aveva dato per scontato che Potter avesse provato a mostrargli amicizia solo per pietà. A colazione a stento si erano visti, il Grifondoro era arrivato in ritardo, quando lui aveva già finito la sua misera colazione e stava già andando via dalla Sala Grande per andare a lezione di Rune Antiche. Si entrano incrociati a metà della sala e il moro gli aveva rivolto uno sguardo strano, che lui non era riuscito a decifrare. Sperava di non vederlo a lezione o che avesse dimenticato ciò che era accaduto il giorno precedente.
Entrò nell’aula, quando non c’era ancora nessuno e si sedette in una delle postazioni più isolate. Aveva un po’ di compiti arretrati, non riusciva davvero a concentrarsi sullo studio con tutto quello che stava accadendo, ma allo stesso tempo sapeva di doversi impegnare, così da prendere i M.A.G.O. e poter ricominciare, magari lontano dall’Inghilterra.
Le prime due ore di lezione di quella giornata trascorsero con estrema lentezza, Draco rischiò di addormentarsi un paio di volte, ma cercò di tenere la concentrazione alta per evitare richiami dai professori, tuttavia la seguì con così tanto disinteresse, che quando uscì dall’aula sapeva ancora meno rispetto a quando era entrato. Fuggì da lì in fretta e sperò di non essere stato notato da nessuno. L’aggressione fisica e violenta del giorno prima bruciava ancora sulla sua pelle e stavolta quel Corvonero era riuscito ad instillare in lui la paura. Non aveva mai avuto davvero paura dei suoi persecutori, si limitavano agli insulti, alle parole forti, a qualche spintone e solo due volte erano venuti alle mani, entrambe le volte all’esterno del castello, lontano da occhi indiscreti e dagli occhi attenti dei professori, ma anche in quel caso non erano stati così violenti da mandarlo in infermeria, senza che riuscisse a muovere un muscolo, come il giorno prima. Se Potter non fosse arrivato, probabilmente gli avrebbero fatto di peggio ed era terrorizzato da questa possibilità.
Raggiunse l’aula di Trasfigurazione e occupò un posto vuoto, abbastanza distante dagli altri. Quando però vide i primi Grifondoro arrivare, cercò di essere meno visibile possibile, ma non tolse gli occhi dagli studenti che entravano in aula. E poi lo vide, era insieme ai suoi amici di sempre, sorrideva in modo abbastanza nervoso, annuiva, ma sembrava assente. Draco si voltò per fissare il suo libro, prima che l’altro notasse che lo stava guardando. Non capiva ancora perché gli avesse detto quelle cose il giorno prima, non lo capiva e lui odiava non avere le cose sotto controllo. Stava fingendo di leggere un capitolo riguardante alcuni tipi particolari di trasfigurazioni, quando qualcuno appoggiò una borsa sulla metà libera del banco, esattamente accanto a lui.
«Buongiorno!» esclamò il nuovo arrivato. Draco sussultò riconoscendo la voce di Potter, si voltò di scatto verso di lui con gli occhi spalancati, incredulo.
«Potter? Che ci fai qui?» chiese e avrebbe desiderato evitare il tremito della sua voce, ma l’altro sembrò non farci caso, perché gli rivolse un sorriso enorme e lo guardò negli occhi, facendogli sentire una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
«Ho lezione, secondo te perché sono nell’aula di Trasfigurazioni?» chiese retoricamente Harry, sedendosi accanto a lui.
«Intendo: perché sei qui vicino a me?» rettificò, notando che il moro stesse già prendendo le sue pergamene, il suo calamaio e la sua piuma d’oca. Lo guardò di traverso, senza capire le sue azioni.
«Il posto era libero, quindi mi sono seduto» rispose con semplicità il moro «Cos’è, la fiera delle domande ovvie?»
«Non so cosa sia una fiera» borbottò in risposta, con aria confusa «Qualcosa di babbano?»
«Te lo spiegherò o magari un giorno ti ci porterò» ridacchiò Harry, Draco lo guardò perplesso, senza capire a cosa si riferisse… non si era mai applicato troppo in Babbanologia e questi erano i risultati, un brivido percorse la sua schiena, quando pensò a quella materia. L’espressione terrorizzata della professoressa, che supplicava Piton di aiutarla, era impressa nella sua mente con particolare evidenza, come se fosse stata marchiata a fuoco sulle sue retine «Oggi a colazione sei andato via in fretta, non sono riuscito a salutarti».
«Se sei un ritardatario cronico non è colpa mia» soffiò, tornando a guardare il suo libro, scacciando dalla mente quel ricordo tanto orribile «Vedi di non disturbarmi».
Harry scrollò le spalle e iniziò a scribacchiare alcune formule sulla sua pergamena, in attesa che la McGranitt arrivasse. L’attuale preside non aveva lasciato il suo posto di professoressa di Trasfigurazioni, il motivo non era stato chiaro, ma una cosa era certa, quella donna non avrebbe mai lasciato l’insegnamento e riusciva a gestire tutto egregiamente, senza il minimo problema. Harry sapeva che Hermione aspirasse a diventare come lei ed era certo che ce l'avrebbe fatta.
Quando era entrato nell’aula, gli si era stretto il cuore nel notare Malfoy solo, seduto in disparte, che fingeva palesemente di leggere, era difficile andare d’accordo con lui, ma il biondo era una vittima della guerra tanto quanto lo erano lui, Ron, Hermione e tutti gli altri studenti, poteva aver sbagliato in passato, ma questo non significava che meritasse di essere picchiato in quel modo barbarico. Quando la sera prima, aveva spiegato ai suoi amici ciò che intendeva fare con il biondo, loro avevano storto un po’ il naso, memori di ciò che lui aveva fatto in passato, ma dopo che lui ebbe esposto le sue validissime argomentazioni, avevano capito e gli avevano dato il loro supporto. Non che Harry avesse bisogno del loro permesso per fare le cose, ma si era sentito sollevato a sapere di non dover lottare contro di loro. Non era stato facile neanche per lui uscire fuori dalla spirale di dolore, devastazione e tristezza in seguito alla guerra e ci stava ancora lavorando, in realtà e ne portava anche i segni sulla pelle, ma per Malfoy era più difficile. Non sarebbe stato facile, solo Merlino sapeva quanto sarebbe stato difficile, ma lui voleva aiutarlo, voleva salvarlo, voleva che anche lui capisse che, nonostante l’orribile passato e le pessime scelte sbagliate, il futuro non era poi così oscuro come credeva.
Lui, nonostante tutto, aveva sempre avuto degli amici al suo fianco, anche nei momenti più difficili. Aveva avuto e aveva ancora Ron, Hermione, Neville e tutti i suoi compagni di casa, aveva Hagrid che gli aveva permesso di avvicinarsi alle creature magiche e forse era stato proprio questo a salvarlo. Draco, invece, non aveva mai avuto nessuno, mai nessun amico vero, nessuno che gli consigliasse cosa fare o non fare, nessuno che lo sostenesse nei momenti difficili, nessuno che fosse stato lì per lui, a porgergli una mano quando era sprofondato in un baratro senza speranza, nessuno gli era stato accanto, quando Voldemort era entrato nella sua vita e aveva guidato le sue azioni come un abile burattinaio. Se ci pensava bene, Draco era sempre stato una marionetta per suo padre, per Voldemort, per tutti quelli che gli erano stati accanto, era un ragazzino viziato, forse un po’ odioso, presuntuoso e vile, ma non era crudele come voleva far credere di essere.
Nessuno poteva uscire da quel baratro senza un aiuto esterno e lui voleva aiutarlo, voleva essere lì per lui, voleva essere il qualcuno che sostituisse il nessuno perenne nella vita del biondo.
Forse poteva salvare anche Malfoy, se era riuscito a sconfiggere Voldemort, poteva farlo.
«Non ti darò fastidio» disse «Sarà come se non esistessi» aggiunse. Un sorriso triste ferì le sue labbra, aveva detto qualcosa di vagamente simile a suo zio, una volta, fortunatamente quei tempi ormai erano andati e aveva superato la fase Dursley da un pezzo, anche se a volte gli tornava in mente ciò che accadeva tra quelle quattro mura. Scacciò dalla mente quel pensiero e guardò il profilo del biondo, il quale sospirò sonoramente, perso nei suoi pensieri.
Doveva trovare un modo per aiutarlo, per farlo parlare. Doveva fare in modo che si fidasse di lui, ma non doveva essere troppo invadente, né poteva rapportarsi a lui come faceva con un qualsiasi altro dei suoi amici. Doveva trovare un modo per conquistare la sua fiducia. Forse poteva parlare con il suo psicologo di questo suo brillante piano e farsi suggerire un modo pratico per entrare nelle grazie di Draco.
La lezione della McGranitt finì un quarto d’ora prima, perché la donna aveva delle faccende riguardanti la scuola da risolvere, assegnò loro un tema di tre pergamene su particolari tipi di evanescenze e li congedò tutti.
«A che ora finisci oggi l’ultima lezione?» gli chiese Harry, mentre raccattava le sue cose. Malfoy sbuffò, ma lui fece finta di non notarlo. Sapeva con chi aveva a che fare e che non sarebbe stato facile, ma da qualcosa doveva pur iniziare.
«Adesso ho Pozioni, poi pausa pranzo e nel pomeriggio ho solo Aritmanzia».
«Forte! Abbiamo quasi le stesse lezioni, tranne Aritmanzia» replicò Harry «Allora che ne dici se facciamo coppia durante le ore di Pozioni? Tu sei piuttosto bravo da quel che ricordo».
«Disse quello che ha vinto la Felix Felicis al sesto anno» borbottò il biondo, scuotendo la testa «Apprezzo il tentativo, Potter, ma preferisco stare da solo».
«Te l’ho già detto che non ti lascio da solo e non mi rimangio la parola» disse guardandolo «Avanti, ti do l’opportunità di vantarti per avermi battuto in qualcosa» affermò «So che muori dalla voglia di farlo da anni, avevamo solo undici anni quando mi hai sfidato… ti ricordi la Ricordella di Neville?» chiese per provocarlo e il biondo annuì «O quando hai fatto comprare delle scope nuove a tutta la squadra di Serpeverde, solo per potermi dare del filo da torcere nel Quidditch?» domandò ancora «Beh, sappi che è noioso da morire senza di te» aggiunse.
Draco sbuffò e prese la sua borsa, mettendosela sulla spalla, lasciandosi tradire da un mezzo sorriso a causa delle affermazioni del moro, seguito subito dopo da un profondo sospiro, come poteva Potter essere lì, chiedergli quelle cose, e provocargli quello sconquasso nel petto? Non sapeva neanche come definire ciò che provava, ma sembrava che un barlume di speranza per un futuro migliore si fosse appena acceso nel suo cuore.
«Certo che me lo ricordo, peccato non essere riuscito a farti cadere dalla scopa in nessuna di quelle occasioni» borbottò, cercando di sembrare più acido possibile, mentre prendeva qualche istante per riflettere e mettere ordine nei suoi pensieri. Non sapeva cosa rispondere all’altro, una parte di sé voleva opporsi a quello, non voleva che Potter facesse parte della sua vita, eppure… un’altra parte di sé, desiderava così tanto essere meno solo, era stato così di sollievo avere qualcuno accanto, in quelle poche ore di lezione… Lo sguardo di Potter in quel momento era puntato su di lui, con una strana curiosità, era in attesa, aspettava una sua risposta e qualcosa gli diceva che non avrebbe chiesto di nuovo.
Poteva perdere quell’occasione? Forse no…
«Se accetto, tu taglierai e schiaccerai tutti gli ingredienti» disse, arrendendosi. La verità era che era troppo codardo per rifiutare, aveva sempre cercato di attirare la sua attenzione con il suo comportamento da stronzo e adesso che finalmente l’aveva ottenuta, non riusciva proprio a rifiutare e inoltre… non voleva essere aggredito di nuovo, se fosse stato accanto a Harry, le aggressioni sarebbero diminuite, giusto? Sperava di non sbagliarsi.
«Ci sto, per me va bene».
In silenzio, l’uno accanto all’altro, si avviarono verso l’uscita dell’aula di Trasfigurazioni, tutti i loro compagni erano già usciti, erano rimasti solo loro due in quell’aula. Eppure, entrambi sentirono che qualcosa di nuovo stesse nascendo. Un’amicizia? Forse.
«Ehi, Draco?»
«Sì?»
«Ti va di lavorare insieme al tema di Trasfigurazioni per la prossima lezione?» gli chiese.
«Non hai di meglio da fare, se non passare il tuo tempo con me, Potter?»
Harry scrollò le spalle «Non mi piace studiare da solo e… beh, Ron e Hermione sono due piccioncini ultimamente, non mi va di essere il terzo incomodo, mentre loro si sbaciucchiano» replicò con un’espressione fintamente disgustata, buffissima. Draco rifletté qualche secondo prima di rispondere, l’offerta del moro era allettante, passare il pomeriggio con lui a studiare, significava avere un pomeriggio di respiro da tutto e, dopo l’aggressione del giorno prima, aveva bisogno di stare solo cinque minuti in pace, solo un attimo per riprendersi e per poter respirare, un solo momento per poter camminare senza doversi guardare le spalle da chiunque. 
«Okay… dato che sono una persona magnanima, ti permetterò di studiare con me» replicò, sforzandosi di non suonare troppo patetico. Il sorriso che gli rivolse Potter gli scaldò il cuore. Possibile che quel tale riuscisse a sorridergli, come se nulla fosse? Che riuscisse a farlo sentire meno patetico di quanto non fosse in realtà? Che potere aveva? E perché gli veniva semplice, con lui, essere se stesso?
«Perfetto!» esclamò il moro «Allora andiamo, Lumacorno ci aspetta!»
Harry non volle cantare vittoria troppo presto, ma gli sembrò di vedere l’ombra di un sorriso sulle labbra del biondo.
Poteva ritenersi soddisfatto di quel primo, piccolo risultato, tuttavia era consapevole che la strada da percorrere era ancora lunga.



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
HOLA PEPS!
DID YOU MISS ME?
Siete vivi dopo questo pippone incredibile? LO SO, LO SO è lungo, ma non potevo tagliarlo, già dividere questa storia in tre parti è stato difficile… doveva essere una one shot, che doveva essere letta tutta insieme… ma, ecco, potrebbe essermi accidentalmente scivolata dalle dita (COME AL SOLITO).
BTW, dopo un mese di latitanza sono tornata ad importunare i vostri schermi! :D
Siete felici? Io sì, tantissimo. Mi siete mancati/e tanto! Ma non perdiamoci in chiacchiere!
Come ho scritto all’inizio del capitolo, questa storia tratta di argomenti abbastanza delicati, non intendo sminuirli o altro, anzi cerco sempre di trattarli con i guanti e spero di non aver turbato troppo chi ha letto. La trama può sembrare un po’ trita, visto che il fandom pullula di storie con Harry e Draco a Hogwarts dopo la guerra, ma… non sono riuscita ad evitare di scriverla, e spero di averla saputa rendere comunque diversa, aggiungendo cose tipo Harry e le creature magiche (non credo di aver mai letto di lui con questa passione… se mi sbaglio, fatemi un fischio!)
Comunque, spero che questa storia, per quanto breve, vi piaccia. Ovviamente – meglio metterlo nero su bianco, non sia mai che passi per omofoba – non penso nessuna delle stronzate (ops, french) che gli stronzi dicono a Draco. E sì, è vero: le cose “illegali” che ha bevuto Draco erano corrette al Veritaserum, perché gli studenti sono stronzi e vendicativi. Ma per fortuna c’è San Potter, che stavolta è meno #maicorvonero del solito e agisce, ma per noi sarà sempre un #maicorvonero <3
Nel prossimo capitolo si scoprirà di più anche sul suo dopoguerra u.u Non ha litigato con Ron e Hermione, eh, vuole solo lasciarli godere la loro storia d’amore, quindi si distanzia un po’ e trova altre occupazioni, come le creature magiche e salvare biondini a caso per passare il tempo.
E nulla, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. La storia è di tre capitoli, ma non preoccupatevi, dopo questa cosina breve mi farò perdonare con una long molto long.
Vi do appuntamento al prossimo fine settimana :D
Bye!
See you on Saturday! (Vi era mancato, vé?)
Love ya, peps! E in bocca al lupo a tutti per la riapertura delle scuole/università e per la ripresa del lavoro, io sarò qui ad accompagnarvi, farvi compagnia e farvi distrarre in questo periodo! (E chissà, magari quest’anno riesco a laurearmi anche io… AHAH, NO.)
 
PS in questo capitolo c’è un piccolo spoiler che riguarda la mia prossima storia. Non l’ho fatto di proposito, giuro, ma rileggendo me ne sono accorta, GOOD LUCK a chi riesce a beccarlo :D (e visto che sono felice di essere tornata, se non lo trovate e siete curiosi, fatemelo presente e sarete accontentati :D)
 
Fatto il misfatto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Impossible is coming true. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa.


WARNING!
Sono trattati temi particolari come bullismo, omofobia e altre merdate simili. Se sono argomenti a cui siete particolarmente sensibili, evitate di leggere. (c’è l’happy ending, ma si passa per un mare di angst, soprattutto nel primo capitolo e in parte del secondo)

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Out of Ashes

Capitolo 2: Impossible is coming true.




«Domani è domenica» esordì Harry, sedendosi accanto a Draco al tavolo dei Serpeverde, in Sala Grande, durante il pranzo. Gli occhi di tutti furono su di loro, ma al moro sembrava non importare «Ti va di fare qualcosa insieme?»
Il biondo alzò lo sguardo dal suo piatto, guardando l’altro ragazzo con un’espressione interrogativa. Non lo vedeva dalla sera precedente, a colazione neanche lo aveva visto… si era chiesto dove fosse sparito per tutta la mattinata, ma non aveva intenzione di porre domande. Dopotutto, non erano così intimi da raccontarsi tutto.
Era passato poco più di un mese da quando le cose erano cambiate per lui. Poco più di trenta giorni, durante i quali San Potter gli era stato accanto, alleggerendo un po’ il carico di problemi che gravavano sulle sue spalle. Essi non erano magicamente svaniti nel nulla, gli altri non avevano smesso di insultarlo, deriderlo, spintonarlo quando lo vedevano, ma le difficoltà quotidiane apparivano ai suoi occhi più tollerabili. Harry stava mantenendo bene la sua promessa e Draco si sentiva leggermente più sollevato. Le chiacchierate con lui gli facevano bene, anche se accettare completamente il suo aiuto, fidarsi di lui non era stato facile.
Un pomeriggio, però, lo stesso gruppo di Grifondoro-Corvonero, colpevole della precedente aggressione, aveva provato ad aggredirlo di nuovo, ma quella volta Harry aveva impedito che lo pestassero, intervenendo e frapponendosi tra loro e Draco, fronteggiando gli altri studenti. «Lasciate in pace Malfoy, vedetevela con me, se proprio volete fare a pugni con qualcuno» aveva detto, prima di portarlo via.
Sentendosi umiliato sia dalla quasi aggressione che dall’intervento di Potter, Draco si era liberato di lui ed era corso via, rifugiandosi nel bagno di Mirtilla Malcontenta, dove si era appoggiato al lavandino e aveva vomitato tutto quello che aveva mangiato a colazione, mentre un dolore terribile si dilatava nel suo petto, non era sua intenzione, non voleva che l’unico amico che aveva si inimicasse la sua stessa casa per aiutarlo. Harry lo aveva seguito nel bagno, quella volta, ed era stato come rivivere uno strano déjà-vu, solo che quella volta non c’erano stati incantesimi ostili, non c’era stato nessun Sectumsempra, non c’era stato niente di tutto quello, solo Harry che si avvicinava con lui a passo di carica e lo avvolgeva stretto tra le sue braccia, sussurrandogli con un tono dolce e morbido che era al sicuro, che non aveva niente da temere, che c’era lui a proteggerlo, che gli dispiaceva per quello che alcuni dei suoi compagni di casa avevano provato a fare, che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, mai. Draco si era aggrappato a lui, con tutta la disperazione che possedeva e si era lasciato stringere e aveva confessato. Non voleva che si inimicasse le persone per colpa sua, non voleva che restasse da solo, aveva già notato che si era allontanato dai suoi amici per stare con lui e… avrebbe dovuto sentirsi fiero e soddisfatto, avrebbe dovuto gioire di questo, invece si sentiva solo profondamente in colpa, se fosse stato il Draco di tre/quattro anni prima, sarebbe stato così fiero di se stesso, sarebbe stato soddisfatto di aver finalmente separato il magico trio, di aver ottenuto l’amicizia esclusiva di Harry Potter, ma… non era più quel Draco e sapere di averlo allontanato dai suoi amici secolari, lo distruggeva; tutto ciò che riusciva a pensare era di aver distrutto la vita di Harry, ancora una volta, quando lui voleva solo aiutarlo. Aveva cercato di sottrarsi al suo abbraccio, ma il moro lo aveva tenuto stretto così forte, con così tanta decisione che Draco si era sentito, suo malgrado, al sicuro ed era riuscito a calmarsi. Poi Harry si era aperto con lui, gli aveva spiegato come vivesse lui il dopo guerra, di come si fosse già allontanato dai suoi amici, perché aveva bisogno di ritrovare un equilibrio interiore per poter andare avanti e per potersi sentire di nuovo in sintonia con loro. Ci parlava ancora, erano ancora legati, ma… lui si sentiva distante, si sentiva il terzo incomodo tra di loro e non voleva turbare la loro relazione. Si era fatto da parte, ma non era colpa sua, lo aveva rassicurato. Tu non c’entri niente, anzi. Sento che tu sei la persona che più può capirmi. Entrambi abbiamo avuto un contatto vero con Voldemort, a differenza degli altri – gli aveva detto, sfiorandogli l’avambraccio, dove ancora il marchio nero era impresso, a quel gesto Draco tremò, ma esso riuscì a riempirgli il cuore di speranza.
Era stato così, più o meno, che si era lasciato andare e aveva davvero accettato l’amicizia di Harry Potter. A volte era ancora schivo nei suoi confronti, ma stava lavorando su se stesso, non era facile fidarsi totalmente di una persona, quando tutto il mondo intorno a sé sembrava ostile. Era difficile accettare che una persona, la più improbabile fra tante, decidesse di stargli accanto, ma si stava abituando gradualmente alla sua – fastidiosa, ingombrante, rassicurante – presenza.
«E cosa vorresti fare? Sentiamo».
«Presentarti qualcuno…» mormorò Harry con tono misterioso «Vediamoci domani alle dieci da Hagrid, okay?»
«Okay…» mormorò Draco, confuso.
«Ho gli allenamenti di Quidditch ora, ci vediamo dopo?» Draco annuì e un tenue sorriso si dipinse sulle sue labbra. Harry gli sorrise, poi uscì dalla Sala Grande, riunendosi a Weasley che lo aspettava all’uscita.
Non era poi così spiacevole essere suo amico. Non l’aveva mai davvero capito, fino a che non si erano avvicinati.
Così, il giorno dopo, alle dieci punto, Draco Malfoy si presentò alla capanna del mezzo-gigante e sbuffò, notando l’assenza di Potter, il quale sicuramente era in ritardo. Il solito maleducato che gli dava appuntamento e poi non si presentava in orario, tipico. Se già iniziavano così, Potter poteva anche dimenticarsi di ricevere la sua fiducia, tuttavia si fece coraggio e decise di bussare alla porta. Attese qualche istante e, quando la porta si aprì, i suoi occhi si spalancarono a dismisura, colmi di meraviglia: Potter era lì, davanti a lui con un sorriso sornione sul volto, un’espressione compiaciuta e… un cucciolo di snaso tra i capelli, cosa? Era vero o aveva le allucinazioni?
«Draco!» esclamò «Non credevo saresti venuto davvero» disse il moro, senza smettere di sorridere.
Draco lo guardò stranito, prima di aprire la bocca: «Potter, capisco che i tuoi capelli siano un nido per uccelli, ma… perché hai uno snaso tra i capelli?» chiese. Il moro alzò lo sguardo su di lui, perplesso, poi si toccò la testa e prese lo snaso con delicatezza e il sorriso divenne ancora più dolce e tenero. Era particolarmente bello quando sorrideva in quel modo… okay, stava davvero iniziando ad avere le allucinazioni.
«Pip, che diavolo ci fai sulla mia testa?» domandò, facendo il solletico sulla pancia della creatura «Non sono il tuo lettino!» esclamò, scuotendo la testa. Lo snaso lo guardò con un’aria dolcissima e Potter si imbronciò «Non farmi quello sguardo, non puoi venire con me!» Draco si stupì, era la cosa più buffa e adorabile a cui avesse mai preso parte: Harry Potter che parlava con uno snaso che gli faceva gli occhi dolci «E va bene!» esclamò, permettendogli di tornare sulla sua testa; lo snaso esultò e si arrampicò sul braccio di Harry, fino ad accoccolarsi in quel nido per gufi che il Grifondoro aveva al posto dei capelli. Il Serpeverde lo trovò adorabile e non riuscì ad evitarsi di ridacchiare di gusto. «Hagrid, noi andiamo, ci vediamo dopo!» annunciò «Porto Pip con me, non vuole lasciarmi andare!»
«Oh sì, tranquillo, è innamorato di te quello snaso!» esclamò allegramente il guardiacaccia «Ciao Malfoy!» lo salutò comparendo alle spalle di Potter, Draco gli rivolse un saluto quasi imbarazzato «Divertitevi!» augurò l’uomo «Non preoccupatevi, Beccuccio può essere un po’ permaloso, ma in realtà è simpaticone!» Il biondo si accigliò e guardò entrambi i presenti spaesato, chi diavolo era adesso Beccuccio? «Sono contento che tu abbia deciso di farci pace, Draco!»
Fare pace con chi? – pensò, non ebbe il tempo di chiederlo ad alta voce, che Potter lo afferrò per un braccio e lo trascinò verso la riserva di creature magiche. Draco sbiancò, non gli piaceva non conoscere le situazioni in cui veniva trascinato.
«P-Potter? D-Dove andiamo?» chiese, senza riuscire a fermare il tremito della sua voce. Una strana sensazione lo stava pervadendo e non era una sensazione piacevole, gli sembrava una crudele trappola tessuta ai suoi danni. Che Potter lo avesse illuso per tutto quel tempo? Lo avrebbe condotto da un branco di Grifondoro assetati di vendetta?
«Tranquillo, non sto progettando di ucciderti» cercò di rassicurarlo l’altro con una battuta, che fece tremare Draco come una foglia.
«Non mi rassicura per niente» borbottò il biondo «Allora… lo snaso ti adora?» chiese cercando di cambiare discorso per sentirsi più tranquillo. Potter non gli aveva mai dato segnali di essere ostile, perché adesso si sentiva in quel modo con lui? Che avesse capito che non valeva la pena perdere tempo con lui e avesse deciso di fargliela pagare per il loro passato?
«È un cucciolo, ci ho giocato un paio di volte e si è affezionato» disse, allungando una mano verso la sua testa per accarezzare il piccolo animaletto, che emise un versetto allegro «Non mi dispiace, ultimamente mi tiene compagnia». 
Draco lo guardò di sottecchi e sorrise appena anche lui, sentendo un po’ della paura che provava svanire, ma la sensazione che si trattasse di una trappola non svanì. Avanzarono ancora un po’, fino a che Harry non si fermò di botto e Draco andò a sbattere contro la sua schiena, grugnì contrariato e lo guardò spaesato.
«Ma che diavolo…?»
«Ecco, siamo arrivati» disse, poi indicò davanti a sé «Questo è il mio posto preferito di tutta Hogwarts».
«La riserva? Cosa ci facciamo qui?» chiese.
«Devi incontrare qualcuno, te l’ho detto» affermò, poi lo condusse verso i recinti delle creature più grandi. Dopo qualche passo, in lontananza Draco scorse un ippogrifo e si immobilizzò, no. Non poteva averlo davvero portato . Sperò di sbagliarsi, che stessero andando altrove, ma quando Potter lo portò davanti a quella creatura, comprese di aver capito bene. Harry avanzò senza problemi verso l'ippogrifo, Draco lo vide fare un inchino ed essa abbassò il capo, permettendogli di avvicinarsi. Lo guardò ammaliato per un attimo, a tredici anni lo aveva invidiato e così si era comportato come suo solito e aveva sottovalutato la situazione, guadagnando un graffio sul braccio. Un’altra delle sue colpe: aver fatto condannare a morte un ippogrifo che lui aveva provocato. Perché Potter perdeva tempo anche con lui? Se la creatura gli avesse fatto di nuovo del male, l’avrebbe meritato ancora una volta.
«Ciao Fierobecco!» esclamò il ragazzo, accarezzando il folto piumaggio dell’ippogrifo «Cioè» si schiarì la voce «Alisecco, perdonami», il biondo osservando la scena si ritrovò a sorridere «Ascolta, ho bisogno che tu permetta a una persona di avvicinarsi a te, okay?» l’ippogrifo lo guardò «Dagli una possibilità, non è male come sembra, credimi» Fierobecco non diede segnali di rifiuto, così Harry si voltò versò Malfoy e sorrise «Forza, Draco! Inchinati e resta fermo».
«Cosa? No, non vengo lì! Scordatelo, Potter!» esclamò il biondo. Cosa voleva dimostrare? Perché non lo lasciava in pace? Voleva davvero vederlo morto? «Preferisco vivere» borbottò.
«Forza, abbi un po’ di coraggio, Malfoy!» esclamò. Draco scosse la testa e fece un passo indietro «Non ti succederà niente, io sarò qui con te» promise Harry, con un tono di voce più dolce. Il Serpeverde ponderò bene, prima di decidere. Deglutì diverse volte, poi fece un passo indietro, aveva paura. L’ippogrifo sicuramente lo avrebbe ucciso.
«Non voglio» replicò.
«Draco» disse Harry sospirando, facendo forza su se stesso per riuscire a continuare quel discorso «Io vedo uno psicologo ogni sabato mattina, sai la prima cosa che mi ha detto, quando gli ho parlato dei miei sensi di colpa?» il biondo scosse la testa «Mi ha detto che la prima cosa da fare, era imparare a perdonare me stesso, perché non ho fatto niente di male, ma che se proprio ne sentivo la necessità, potevo iniziare a chiedere scusa alle persone. E l’ho fatto, mi ha fatto stare meglio».
«Questo vale per te, Potter, tu sei un eroe, hai salvato il mondo» disse «Io ho ferito delle persone, ho fatto del male a innocenti e ho fatto altre cose di cui non vado fiero, non bastano delle scuse» dichiarò fermamente.
«Non lo saprai mai, se non ci provi» fece porgendo una mano verso di lui «Inizia a chiedere scusa a Fierobecco, non otterrai mai la pace, se non inizi dalle piccole cose. Avanti… fidati di me».
Draco si sentì colpito da quelle parole e deglutì di nuovo, prima di fare un passo avanti, nella direzione di Potter, accettando così la sua proposta. Forse aveva ragione, forse poteva trovare un po’ di pace in quel modo.
«D’accordo, che devo fare?»
«Inchinati e aspetta che si inchini anche lui» spiegò Harry con voce melliflua, Draco eseguì, si abbassò leggermente in avanti e attese; si ritrovò a pensare che con quella voce Potter avrebbe potuto convincerlo a fare di tutto. L’ippogrifo lo fissò con fare altezzoso, poi chinò lentamente la testa «Ecco, adesso avvicinati, senza fretta» lo istruì ancora con quel tono di voce. E chi ha fretta di morire? – pensò il Serpeverde, poi si avvicinò di qualche passo con il cuore che grondava paura e, sotto indicazione del moro, tese una mano verso la creatura. Sperava solo che il Grifondoro lo proteggesse, nel caso in cui l’animale lo attaccasse.
«Siamo certi che sia sicuro?» chiese il biondo, raggiungendolo. Harry annuì e gli guidò la mano verso il piumaggio dell’ippogrifo, che emise un verso contrariato e si agitò così tanto che Draco indietreggiò spaventato e ritrasse la mano «N-Non credo che voglia essere toccato da me» disse velocemente «Penso che mi odi davvero, dopo quello che ho fatto».
«Stai calmo, non avere paura, se non lo insulti, non ti farà niente, è un bravissimo ippogrifo» disse il Grifondoro, poi si voltò verso di la creatura e gli sorrise «Vero, Beccuccio? Lascerai che Draco si avvicini di nuovo?» chiese. Fierobecco emise uno sbuffo e protese il becco in avanti, invitando il biondo ad avvicinarsi. Il ragazzo prese un profondo respiro e avanzò di nuovo, poi allungò di nuovo la mano verso di lui e attese che fosse l’ippogrifo ad avvicinarsi, tenendo la testa bassa. Dopo qualche istante, esso appoggiò il becco contro il suo palmo e Draco si ritrovò ad alzare lo sguardo verso di lui, sembrava capire gli umani… e lui gli doveva delle scuse. Era felice che, alla fine, non fosse morto davvero come credeva.
«Ehi» fece guardandolo «Mi dispiace averti quasi fatto uccidere e averti insultato» disse «Avevo solo tredici anni ed ero uno stupido» spiegò piano, accarezzandolo delicatamente, sembrava che lo stesse ascoltando «Spero che tu possa perdonarmi». Seppe che la risposta era un sì, quando l’ippogrifo si lasciò accarezzare meglio e appoggiò la testa sulla sua spalla, Draco affondò le dita tra le sue piume con delicatezza, sentendo una strana sensazione di benessere farsi largo in lui. Forse aveva ragione Potter, le creature magiche sapevano davvero aiutare. Harry non riuscì ad evitarsi di sorridere davanti alla scena.
«Ti va di fare un giro?» chiese Harry, Draco lo guardò insospettito.
«Cosa? Un giro? Dove?» chiese spaesato.
«In cielo» rispose l’altro, Fierobecco abbassò il capo per permettere a loro due di salire sulla sua groppa e Draco semplicemente tremò, no, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, no. Lo snaso di Harry fece un salto e si piazzò sulla testa dell’ippogrifo. «Stai attento, Pip, mi raccomando».
«Potter, ma cosa? No!» Harry lo ignorò, lo afferrò per i fianchi e lo caricò sul dorso dell’animale, poi salì davanti a lui, Draco si aggrappò ai fianchi di Harry, per non cadere da lì «Che diavolo fai?»
«Rilassati» fece «Non tirargli le piume, non gli piace» poi si abbassò verso Fierobecco, gli fece una carezza sul muso e sorrise «Quando vuoi, Beccuccio». L’ippogrifo prese la rincorsa e poi… spiccò il volo. Istintivamente, il biondo serrò le braccia attorno ai fianchi dell’amico e sperò con tutto il cuore che l’altro non sentisse il suo cuore battere contro la sua schiena, sarebbe stato imbarazzante. Draco affondò il viso contro la spalla di Harry e trattenne il fiato, perché si era fidato di lui in quel modo? Perché non gli aveva detto di andare al diavolo e di lasciarlo in pace? Di lasciarlo vivere?
Stavano volando, Draco poteva sentire il vento freddo del mese di dicembre tra i capelli e sul viso, ma non osava aprire gli occhi, se li avesse aperti, sarebbe caduto o qualcosa del genere. Potter portò una sua mano sopra quelle del biondo unite sul suo stomaco e una strana sensazione di calore si espanse dentro di lui.
«Apri gli occhi» disse dolcemente «Tranquillo, non ti lascio cadere» lo rassicurò «Fidati di me».
Draco sentì una strana sensazione di calore espandersi nel suo petto e le sue guance andarono a fuoco. Ma perché era salito sul quel maledetto pollo con Potter? Cosa gli aveva suggerito il cervello? Beh, Potter lo aveva caricato lì senza neanche interpellarlo...
Quando aprì gli occhi, però, pensò che ne fosse valsa la pena. Lo spettacolo davanti ai suoi occhi era meraviglioso, stavano sorvolando il Lago Nero, ghiacciato e poteva vedere davanti a sé tutto il paesaggio innevato. Era un’esperienza mozzafiato e avrebbe ringraziato sempre Potter per avergli permesso di viverla, nonostante il freddo penetrante.
Quella mattina, Draco, lì, stretto a Potter sul dorso di un ippogrifo tra le nuvole, nonostante il freddo di quel mese, si sentì finalmente libero, come non si era mai sentito in vita sua.
 

 
Le vacanze di Natale erano passate in fretta, così com’erano arrivate. Era stato un periodo tranquillo, la maggior parte degli studenti era tornata a casa per trascorrere in famiglia le festività ed erano tornati tutti dopo Capodanno, Draco aveva passato quasi due settimane in pace, in compagnia di Harry che era rimasto per occuparsi delle creature magiche e lui gli aveva dato una mano, perché non aveva niente di meglio da fare. E non si vergognava di dire che avevano legato molto più di prima.
«Vieni a Hogsmeade con me questo weekend?» Potter sopraggiunse in biblioteca, mentre Draco era impegnato in un complesso problema di Aritmanzia. Il biondo sbuffò leggermente, ma un piccolo sorriso ferì le sue labbra, mentre alzava lo sguardo su di lui. Lo snaso di Harry era cresciuto, adesso non riusciva più a stare sulla testa, per questo si appollaiava sulla sua spalla. Nessuno era in grado si separarli, ormai.
«Ancora Hogsmeade? Ci provi sempre ad invitarmi e io ti do sempre la stessa risposta, no».
Piano piano, lo stava aiutando ad uscire dalla spirale di dolore, senso di colpa e leggero masochismo che si era generata attorno a lui. Non sapeva perché, ma quel ragazzo aveva il potere di salvare le vite, davvero. A volte, si incontravano sulla torre di Astronomia, quel posto che popolava ancora gli incubi di entrambi per cercare di scacciare i rispettivi demoni e parlavano. Parlavano della guerra, di Voldemort, delle stelle, delle creature magiche, della scuola, dei loro problemi scaturiti dall’influenza negativa che il mago oscuro aveva avuto sulle loro vite. Erano, in qualche modo, riusciti a farsi forza a vicenda. Potter aveva una capacità innata che Draco non capiva: non era invadente, non insisteva sugli argomenti, non lo forzava a parlare. Semplicemente, aspettava che Draco parlasse e rivelasse ciò che lo tormentava. A volte parlava, parlava così tanto che era difficile fermarlo, altre volte se ne stavano in silenzio ad osservare il cielo notturno, qualche volta Draco parlava. La prima volta che si era aperto con lui, era stato dopo il primo lungo mese di “amicizia”, dopo l’incontro con l’ippogrifo. Erano sulla torre, avevano appena finito una lezione con la professoressa Sinistra e loro si erano trattenuti lì. Draco gli aveva parlato dell’origine del suo nome. Harry era rimasto in silenzio per tutto il tempo ad ascoltarlo. Non aveva parlato moltissimo, ma gli aveva raccontato della tradizione della famiglia di sua madre, di come gli fossero sempre piaciuti il suo nome e il significato di quest’ultimo. Era stato un primo passo e a quello ne erano seguiti molti altri.
«Allora vieni con me alla capanna di Hagrid» propose Harry.
«Potter, abbiamo un test tra meno di due settimane, non credi che sia il caso di aprire i libri?» gli chiese il biondo, alzando lo sguardo su di lui. Il moro borbottò qualcosa tra i denti e si sedette davanti a lui, incrociando le braccia. Gli veniva naturale essere un po’ sarcastico con lui, lo faceva sentire un po’… più se stesso.
«Ma è per un buon motivo, non ti ho ancora dato il tuo regalo di Natale».
«Mi hai fatto un regalo di Natale?» chiese guardandolo sorpreso, l’altro annuì «E perché, di grazia, non me l’hai dato a Natale?» chiese «Lo sai che siamo a febbraio?»
«Perché non era ancora… pronto» asserì Harry «Puoi considerarlo un… regalo di San Valentino». Il Serpeverde, suo malgrado, arrossì. Non l’aveva detto sul serio, vero? Maledetto Potter.
Draco sbuffò una breve risata e lo guardò. Il Grifondoro se ne stava seduto tranquillamente di fronte a lui e sfogliava svogliatamente un libro di Difesa contro le Arti Oscure. Non poteva smettere di guardarlo, in tutta onestà, non capiva perché il moro avesse deciso di stargli accanto e di sopportarlo, ma gli era grato. Era l’unico amico che aveva e cercava sempre di tirarlo fuori dalla bolla di solitudine in cui tendeva a chiudersi. Era fortunato che Harry Potter avesse deciso di dare a lui una possibilità e di offrirgli il suo aiuto.
«D’accordo, ma prima devo finire questo problema di Aritmanzia e poi devo scrivere il tema di Storia della Magia sullo sciopero dei Gargoyle del 1911» affermò Draco «Non ne hai uno anche tu?»
Harry sbuffò alzando gli occhi al cielo «Che materia stupida, la storia».
«Solo perché non parlano ancora di te. Un giorno scriveranno una saga di libri sulle magiche imprese di San Potter, lo Sfregiato e i poveri bambini dovranno studiare le tue nobili gesta a Hogwarts» affermò leggermente divertito, era strano, ma con Potter riusciva a sentirsi… meglio e riusciva anche ad essere se stesso, era strano, ne ignorava il motivo, ma era una sensazione che non provava da fin troppo tempo. «E io sarò in prima fila a smentire tutto e a dire che hai avuto fortuna» aggiunse, con tono canzonatorio «Già immagino il primo… San Potter contro il cane a tre teste» disse Harry ridacchiò leggermente «Oppure… Lo Sfregiato e il professore folle» il moro annuì, poco convinto dal nome «Ci sono! Harry Potter e la pietra filosofale». L’altro rise annuendo, poi si alzò dal suo posto e aggirò il tavolo per avvicinarsi a lui e sederglisi accanto. Al biondo mancò il fiato per qualche secondo, la sua vicinanza a volte lo faceva sentire strano, senza alcun motivo.
«L’ultimo è più carino degli altri due, almeno non hai storpiato il mio nome… ma ancora non mi convince tanto, dovrai impegnarti di più, chissà magari lo scriverai tu!» esclamò con tono scherzoso, rubandogli il libro di Storia della Magia, alla ricerca di appunti decenti per poter scrivere il suo tema, quelli che aveva preso durante la lezione non erano molto utili, erano solo disegnini e scarabocchi.
«Mi potrei divertire a prenderti in giro, chissà» ribatté Draco, sorridendo «Ladro di libri, prendi il tuo!»
«Mh-mh» mormorò l’altro, ridacchiando tra sé e sé «Parliamo di cose serie adesso.  Mi dai una mano con il tema di Storia della Magia?» chiese «In cambio, ti passo gli appunti perfetti dell’ultima lezione di Difesa».
«Ci sto, ma prima fammi finire il problema di Aritmanzia». Harry annuì e appellò alcuni libri, mentre Madama Pince passava accanto a loro, intimandogli di fare silenzio. Il Grifondoro ridacchiò sommessamente, mentre Draco arrossiva e colpiva l’amico scherzosamente con un pugno sulla spalla, maledicendolo per renderlo complice delle sue effrazioni. Restarono a studiare in biblioteca per ore, il Serpeverde aiutò il moro con il tema di Storia della Magia, risero insieme degli “appunti” che Harry aveva preso durante la lezione della “materia inutile”, cercando di non farsi beccare di nuovo a parlare e poi il Grifondoro passò degli appunti di Difesa contro le Arti Oscure all’altro, quelli erano stranamente più ordinati. Avevano trattato le Maledictus, streghe colpite da una vera e propria maledizione del sangue, che inizialmente erano in grado di trasformarsi a proprio piacimento in animale esattamente come un Animagus, ma poi erano condannate a mantenere l’aspetto animale per sempre. Il professore di Difesa aveva detto loro che Nagini, il serpente di Voldemort, era stata una Maledictus.[1]
Tutti e due si erano immobilizzati a sentir pronunciare quel nome, Harry aveva sentito la cicatrice bruciare per un istante e, sotto al banco, aveva afferrato istintivamente la mano di Draco, l’aveva stretta fino a che il biondo non aveva ricambiato la sua presa e gli aveva delicatamente accarezzato il dorso per tranquillizzarlo, solo così era riuscito a calmarsi e a respirare di nuovo.
«È stato difficile per te, vero?» chiese Draco «Quando il professore ha nominato… Lui».
Harry annuì, incapace di mentire al biondo «Sì, è stato terribile, per un attimo mi è sembrato che la cicatrice bruciasse» affermò, con un sospiro «Lo so che è solo suggestione, ma… a volte temo che non sia davvero morto e che comparirà ancora una volta per… sai, renderci le vite un inferno sulla terra».
«Beh, se dovesse tornare, sai…» si indicò il braccio «Si attiverebbe di nuovo, lo saprei e ti avvertirei».
«Ce l’hai ancora?»
Draco annuì «È molto sbiadito, ma c’è ancora. Ed è costantemente lì, a fissarmi e… non sono mai riuscito a… eliminarlo».
«Che intendi?» gli chiese Harry guardandolo sospettosamente. Qualcosa nelle sue parole… lo aveva fatto rabbrividire, ma non capiva cosa. Qualcosa nel suo tono di voce gli aveva mandato vibrazioni negative, doveva approfondire la faccenda, a tempo debito. Maledizione.
«Niente» rispose Draco, fissando la sua pergamena, ecco che si chiude di nuovo a riccio, pensò Harry con un sospiro. «Dobbiamo andare a cena, è tardi» disse, cambiando argomento. Si era lasciato scappare troppo, non voleva che Potter sapesse del suo segreto. Non lo aveva mai rivelato a nessuno e nessuno doveva saperlo. Harry lo guardò perplesso per qualche istante e poi annuì iniziando a raccogliere anche le sue cose. Sapeva di non poter insistere troppo, doveva lasciare che Draco si aprisse con lui piano piano. Avevano già fatto passi da gigante, rispetto all’inizio. Doveva solo essere paziente e attendere che si fidasse completamente di lui, al punto da rivelargli ogni suo più intimo segreto.
«Troverò un modo per eliminarlo del tutto» affermò Harry, mettendo una mano sul suo braccio. Draco sentì una scossa elettrica attraversare la sua schiena «Te lo prometto».
Draco sbuffò appena e gettò la testa all’indietro, trattenendo una risata. Era assurdo, Potter faceva promesse su promesse a lui, non riusciva ancora a comprenderne il motivo, forse non lo avrebbe mai fatto.
«È una magia oscura molto molto avanzata… non puoi semplicemente cancellarlo» ribatté il biondo, incrociando le braccia al petto.  Harry lo guardò dispiaciuto, ma deciso a trovare un modo per poter cancellare quel marchio dal braccio di Draco.
«Ho sconfitto Voldemort e distrutto ben cinque horcrux. Uno, quando avevo solo dodici anni. Un brutto tatuaggio magico non sarà più difficile che distruggere il diario di Tom Riddle o gettarsi nel lago ghiacciato per recuperare la spada di Grifondoro e distruggere quel dannatissimo medaglione» affermò con sicurezza «O girare tutta l’Inghilterra per trovare gli horcrux… devo continuare, per caso?»
Il biondo sbuffò e scosse la testa. Lo conosceva abbastanza da poter affermare che avrebbe trovato il modo giusto per camuffare o eliminare il Marchio, se c’era una persona che poteva farlo, quello era proprio Harry Potter, che non si arrendeva mai davanti alle difficoltà.
«E va bene, se ne sei convinto…» borbottò l’altro, lasciandosi scappare un mezzo sorriso, Harry rispose al suo sorrisetto con un occhiolino, poi si alzò in piedi e lo guardò per qualche secondo, facendogli mancare il fiato.
«Andiamo a cena. Ne riparleremo quando avrò trovato l’incantesimo per toglierti quell’affare dal braccio» promise. Draco non riuscì a nascondere la speranza nei suoi occhi a quella notizia e annuì, alzandosi e seguendo l’altro fuori dalla biblioteca, mentre una sensazione diversa, nuova faceva capitolino nel suo cuore tormentato. Potter gli aveva donato fin troppa speranza in quel periodo e non era certo di meritarla, ma non riusciva ad evitare di sentirsi sollevato, quando lui era nei dintorni. Prima o poi, avrebbe fatto i conti con i sentimenti nascenti che provava per il suo eroe.
 

 
Draco raggiunse la capanna di Hagrid in perfetto orario, come suo solito. Dopo la lezione di Rune Antiche, aveva incrociato la Granger, le aveva fatto un cenno di saluto e lei aveva ricambiato con un mezzo sorriso, fuori ad attenderla c’era Weasley, aveva alzato la mano per salutare anche lui, ma quest’ultimo lo aveva superato senza neanche guardarlo. Poteva capirlo, in realtà, Harry passava la maggior parte del suo tempo libero in sua compagnia e, beh, tra lui e il rosso non era mai corso buon sangue, ma non si sarebbe mai permesso di mettersi in mezzo all’amicizia secolare del Golden trio; non voleva che la sua amicizia con Harry diventasse un problema con gli altri due Grifondoro. Per quanto sembrasse assurdo, Potter era il suo unico amico, avrebbe azzardato a dire migliore amico e non voleva perderlo. Trascorrere il tempo con lui in biblioteca o durante le lezioni in comune era la sua parte preferita della giornata, in realtà. Era ciò che gli permetteva di affrontare gli sguardi giudicanti, le frecciatine, gli insulti; ogni sera, dopo cena, quando rientrava nella Sala Comune si sentiva sempre inadeguato a stare lì, con tutti i suoi stessi compagni di casa che lo giudicavano, chi per la sua famiglia, chi per il suo orientamento sessuale, chi per il suo marchio nero. Draco odiava quel simbolo di oscurità e di malvagità che ancora macchiava la sua pelle. Aveva fatto un terribile errore a sedici anni e ne stava pagando ancora il prezzo, non lo aveva scelto, non lo aveva mai desiderato, gli era stato imposto sotto minaccia di tortura e di morte. Nessuno di loro poteva capire ciò che aveva vissuto durante quell’estate terribile. Nessuno poteva, tranne Harry che aveva vissuto per anni con la mente collegata a quella del mostro, lui per primo sapeva cosa significasse provare sulla propria pelle tanta oscurità.
Raggiunse la capanna di Hagrid e vide dalla finestra che Harry era dentro, impegnato in una fitta conversazione con il mezzo-gigante, che sorrideva compiaciuto. Non sapeva cosa fosse accaduto, ma era certo che si trattava di qualcosa di bello, a giudicare dai loro sorrisi.
Bussò alla porta e il guardiacaccia gli rivolse un sorriso gentile, prima di invitarlo ad entrare.
«Draco!» esclamò Harry «Finalmente, credevo non venissi più» sembrava… dispiaciuto?
«La lezione di Rune Antiche, sai, alcuni di noi studiano e seguono lezioni… a differenza di altri» berciò, incrociando le braccia al petto. Harry rise davanti alla sua espressione e scosse la testa.
«Va bene, simpaticone, come vuoi».
 Lo snaso del moro, che era sul tavolo, fece uno salto verso di lui, si arrampicò sul suo braccio e si appollaiò sulla sua spalla e restò lì per alcuni minuti, in attesa di coccole.
«Uhm, Potter, perché il tuo snaso mi molesta?» chiese il biondo, accarezzando la testa dello snaso.
«Gli piaci» rispose il moro divertito «Ehi, Pip! Devo essere geloso, ora?» lo snaso fece un lungo salto e si fiondò sulla spalla del suo padrone, gli girò un po’ attorno, Harry cercò di guardarsi le spalle, ridendo e poi lo prese in braccio. «È un giocherellone, oggi ha cercato di rubare alcune cose… ehm…» fece imbarazzato «È ancora piccolo, ma sto cercando di insegnargli a non rubare ogni cosa che luccica».
«È la sua natura» fece Draco, scrollando le spalle, ridacchiò genuinamente, quando lo snaso saltò via dalla spalla di Harry e riprese a gironzolare per la capanna di Hagrid, beh lì potevano stare tranquilli, non c’erano oggetti preziosi da trovare.
«Stai bene?» gli chiese Harry, dolcemente. Draco annuì, sorridendo; sì, stava bene ed era tutto merito di Harry.
«Perché non ti siedi? Hagrid mi stava raccontando del piccolo drago che presto arriverà!» esclamò pimpante il Grifondoro.
«Hai detto d-drago?» chiese, titubante.
«Proprio così!» rispose Hagrid «La preside McGranitt ha acconsentito, Charlie arriverà dalla Romania in questi giorni con un uovo di drago. Ma sarà tutto legale, non come con Norberto» spiegò brevemente, Draco rimase con gli occhi spalancati e senza parole, Harry gli aveva parlato di quella storia, ma non credeva che la McGranitt acconsentisse davvero. «Prendi una tazza di tè? Sembra che tu ne abbia davvero bisogno». Il Serpeverde scosse la testa e guardò il suo amico con aria confusa. Il moro ridacchiò davanti alla sua buffissima espressione. Non era spaventato, solo stranito, ma l'idea di studiare un drago non gli dispiaceva.
«Hagrid desidera allevare un drago da tantissimo tempo» chiarì il Grifondoro, sorridendo «Anche io non vedo l’ora di vederlo, deve essere interessante avere a che fare con i draghi!»
«Ah… sì, eccitante» commentò sarcasticamente l’altro «Non bastavano gli ippogrifi, i thestral, e tutte quelle altre creature?» chiese. Harry scoppiò a ridere davanti alle sue domande, ma non sembrava spaventato, piuttosto era incuriosito.
«Beh, per tua fortuna, non sarà ancora argomento di studio per quest’anno» gli spiegò «Un peccato, vero?»
«Già» replicò Draco «Non sarebbe stato male, in effetti» replicò Draco sorridendo «I draghi sono creature particolarmente affascinanti».
«Bravo Draco!» esclamò Hagrid «Hai proprio ragione! Vieni a prendere il tè con noi!» lo invitò di nuovo, sorridendo. Draco si stupì, ma accettò l’invito. Restarono lì a parlare con Hagrid di draghi per un’abbondante ora. Poi Harry si ricordò del motivo per cui erano lì e mise una mano sul braccio di Draco, facendolo sussultare.
«Vieni con me, il tuo regalo è proprio qui fuori». Il biondo annuì e l’altro gli fece strada verso il giardino delle zucche di Hagrid, Pip li seguì immediatamente, senza perdere di vista Harry.
Ora che ci faceva caso, a distanza di qualche metro, si sentivano dei leggeri guaiti. Che diavolo di animali malefici voleva fargli conoscere Potter? E perché era così fissato? Non aveva pensato che forse a lui le creature magiche non piacevano e non avrebbero avuto lo stesso effetto terapeutico che avevano avuto su di lui? Maledetto San Potter.
«Ti ho raccontato, vero, che Hagrid ha adottato una femmina di crup incinta?» chiese, mentre raggiungevano un punto imprecisato del giardino, Draco annuì, ricordava vagamente qualcosa del genere, Potter parlava costantemente di quelle creature, non ricordava tutti i nuovi arrivati «Beh, ecco. I cuccioli di crup sono nati da un paio di mesi e… aspettano di essere adottati».
«E quindi…? Io cosa c’entro?»
«Potrei averne adottato uno per te» rivelò Harry. Draco non ebbe il tempo di spalancare gli occhi e di indignarsi che vide Potter indicare davanti a loro. Sbatté le palpebre e guardò nella direzione indicata dall’amico. Proprio davanti a loro, c’era un piccolo recinto di legno, al cui interno c’erano delle piccole palle di pelo che rotolavano. Draco si avvicinò lentamente al recinto e li osservò, erano adorabili.
«Ci ho messo un po’ a convincere la McGranitt, ma le ho fatto presente che se permette agli studenti di tenere gatti, gufi, rospi, kneazle, puffskein e snasi, come nel mio caso, non vedo perché non accettare anche i crup, voglio dire, guarda che carini che sono!» esclamò «Basta solo un po’ di addestramento, non sono pericolosi e tu sei perfettamente in grado di controllarne uno, ne sono sicuro» affermò con sicurezza.
«Potter, io non voglio un cucciolo di crup».
«Ti sfido» disse il moro, aprendo il recinto per entrare, invitandolo a fare lo stesso «Vieni con me e prova a giocare con questi piccoli tesori. Poi se non ti avranno suscitato alcuna emozione, potrai mandarmi al diavolo e non tornerò mai più sulla questione creature magiche, se invece ti diverti… beh, dovrai prenderti cura di uno di loro» Draco lo guardò accigliato per qualche momento, sbattendo le palpebre «Allora, ci stai?» chiese Harry, porgendogli la mano.
«Ci sto» rispose, afferrandogli la mano e stringendola con decisione. Il sorriso che gli rivolse il Grifondoro gli scaldò il cuore e parve illuminare, per un momento, l’oscurità che Draco aveva dentro al suo cuore.
Non appena varcò il recinto dei piccoli crup, insieme al moro, i cuccioli corsero verso di loro scodinzolando con le loro due codine. Oh Merlino, sono adorabili, pensò Draco. Vide Potter sedersi sul prato e prendere tra le braccia uno di quei piccoli cosini, mentre lo snaso si arrampicava sulla sua spalla e si aggrappava al suo collo, evidentemente geloso, un attimo dopo Draco vide il moro sorridere spontaneamente e il suo cuore mancò di un battito – Oh Merlino, è bellissimo – pensò.
I cuccioli abbaiavano gioiosamente, cercando attenzioni. Il Serpeverde imitò il suo amico e si sedette sull’erba; in tempo record venne investito dall’affetto e dall’allegria dei piccoli cuccioli, che cercavano in tutti i modi di giocare con lui. Ne accarezzò qualcuno, esitante, temendo che mordessero. Ridacchiò, quando uno di loro gli leccò la mano con cui lo stava accarezzando e stranamente non provò disgusto; mentre stava cercando di giocare con loro, improvvisamente alzò lo sguardo e lo vide: a qualche metro da lui, c’era un cucciolo di crup che se ne stava in disparte, appena nascosto dietro ad una delle enormi zucche, guardava verso gli altri cuccioli con aria triste e spaventata. Sembrava incredibilmente solo. Draco si alzò dal punto in cui era, sotto lo sguardo curioso di Harry, e raggiunse il piccolo crup.
«Ehi» mormorò abbassandosi sulle ginocchia, la creatura si fece indietro e guaì spaventato «Tranquillo, non ti faccio niente» sussurrò dolcemente, una dolcezza che lui non aveva mai posseduto in vita sua, che gli stava succedendo? «Lo so come ti senti, sai? Anche io non riesco a stare molto con gli altri» disse e, stupendosi di se stesso, allungò una mano verso il cucciolo «E ho paura di stare con loro, perché possono farmi del male, avevo paura anche quando ero piccolo come te…» disse piano, con dolcezza. Tese ancora la mano verso il crup e questo, sorprendentemente non si tirò indietro, ma non si avvicinò nemmeno «Non devi aver paura, posso proteggerti io» disse. Il cucciolo lo guardò per qualche istante, durante i quali Draco temette che potesse aggredirlo o morderlo, la sua mano era ancora tesa verso di lui e non voleva fare alcun gesto brusco, per non spaventarlo. Il crup fece un passetto in avanti, ma si bloccò non appena sopraggiunse Harry.
«Che fai?» chiese il moro «Oh guarda, un altro cucciolo! Non lo avevo visto!» Draco sobbalzò e istintivamente ritrasse la mano che porgeva al cucciolo. Dannatissimo Harry Potter che compariva alle spalle in quel modo.
«Shhh, Potter!» sibilò il biondo «Lo spaventi, lascialo in pace» gli disse «Sembra spaventato, non credo gli piacciano gli umani».
Il moro annuì pensieroso «Beh, allora, questi possono tornarti utili» disse Harry, prendendo qualcosa dalla tasca e porgendogliela, Draco accettò con curiosità e poi si accorse che erano dei bocconcini di carne per cuccioli di crup, così ne prese uno e lo porse al cucciolo, non appena il moro andò via.
«Vieni, guarda che ti do, non hai fame?» chiese dolcemente. Il crup lo guardò con sospetto, prima di avvicinarsi. Annusò il bocconcino che Draco teneva nella mano e poi lo assaggiò con gusto. «Ti piace? Ne vuoi un altro?» il cucciolo guaì di nuovo, ma stavolta fu un verso di gioia e saltellò intorno alla mano di Draco, scodinzolando e muovendo allegramente la sua codina biforcuta. Il ragazzo gli porse un altro dei bocconcini che Harry gli aveva ceduto e il cucciolo lo accettò, stavolta con meno sospetti. Il biondo si sedette sull’erba a gambe incrociate e iniziò a giocare con lui, il cucciolo scodinzolava, abbaiava e si rotolava nell’erba ogni volta che Draco allungava una mano verso di lui, mangiava con gioia i bocconcini quando il biondo glieli lanciava e poi, dopo un po’, si avvicinò a lui e si infilò tra le sue gambe, acciambellandosi vicino a lui per riposare. Draco sorrise dolcemente, accarezzandolo piano per non spaventarlo. Un sorriso spontaneo nacque sulle sue labbra e, sfortunatamente, si ritrovò a dare ragione a quell’idiota di Potter: era bastato un soffio e quel cucciolo gli era entrato nel cuore. Forse perché si somigliavano, entrambi non si sentivano a loro agio in pubblico, entrambi erano spaventati dal mondo…
«E va bene, dovrò dire a Potter che il suo regalo è stato veramente gradito».
«Parli di me?» chiese Harry, comparendo alle sue spalle di nuovo «Non ero io quello pazzo che parlava con gli animali?»
«Potter!» esclamò il biondo «La smetti di comparire alle mie spalle di soppiatto? Sei inquietante!»
Harry rise e si sedette accanto a lui, sull’erba. I cuccioli di crup erano quasi tutti addormentati; anche se erano cani magici, erano ancora piccoli e avevano bisogno di riposare molto.
«Allora? Immagino che il piccolo crup ti sia piaciuto».
«Ho… un feeling particolare con questo» disse piano, accarezzandolo «Penso che lo terrò».
«Allora hai perso!» esclamò Harry divertito, Draco arrossì e annuì, sorridendo appena «Te l’avevo detto che il cucciolo sarebbe stato un regalo che avresti apprezzato particolarmente».
«Cretino» borbottò Draco.
«Allora, che ne dici di un corso accelerato su come occuparsi di un cucciolo di crup?»
«Penso che sia necessario» rispose il biondo, accarezzando piano la testa del suo piccolo crup.
«Hai intenzione di dargli un nome?» chiese il moro curioso, sporgendosi per osservare la creatura magica, placidamente addormentata, acciambellata vicino a Draco Malfoy.
«Sì, penso che lo chiamerò Lupus».
«Che razza di nome è?» chiese il moro spiazzato dalla risposta «Non puoi chiamarlo, che ne so, Fido?»
Draco ridacchiò e sbuffò leggermente divertito «Razza di ignorante, io parlo della costellazione del Lupo!» esclamò «È circondata dalla costellazione dello Scorpione e quella del Centauro, appare oscurata, in realtà è una costellazione luminosa, ma, diciamo, più piccola. Non è molto estesa, però contiene alcune stelle luminosissime».
Harry lo guardò affascinato per qualche istante, quando si perdeva a parlare di stelle, Draco era bellissimo, sembrava dimenticare ogni brutta cosa e si perdeva nei meandri del suo discorso. Era semplicemente stupendo.
«Però, ne sai parecchio sulle stelle» commentò dopo un po’, facendolo arrossire. Adorava riuscire a farlo diventare tutto rosso, Draco diventava ancora più bello quando mostrava anche la sua parte timida, sebbene fosse una minima parte del suo carattere, a volte era carino vederla uscire allo scoperto.
«Sì, e poi… mi sembra una descrizione calzante, no? Gli altri crup lo oscuravano con la loro esuberanza, mentre lui si nascondeva. In realtà, brilla più degli altri» spiegò, Harry restò affascinato di nuovo da lui. Era così intelligente… era un peccato che a causa degli errori di Lucius lui pagasse ancora «E poi se ci pensi, Lupus è una parola latina, che in inglese significa lupo e un crup è un cane magico. In qualche modo è imparentato con i lupi».[2]
«Sei fantastico, lo sai?» fece Harry, il biondo arrossì ancora e scosse la testa «Mi piace, hai scelto un bellissimo nome».
«Grazie» mormorò «E a te piace, Lupus?» chiese al crup, quest’ultimo alzò la testolina, abbaiò e scodinzolò, come se stesse rispondendo . «Hai proprio ragione, sono un genio nello scegliere nomi» si vantò. Poi lo prese tra le sue braccia e lo accarezzò piano, mentre la creatura si accoccolava meglio e si addormentava di nuovo, lasciando che il biondo lo coccolasse «È adorabile, vero?» chiese retoricamente, sorridendo.
«Sì…» e non solo lui, pensò involontariamente Harry, guardando il Serpeverde.
Aiutare Draco gli aveva fatto fare passi da gigante nel suo percorso di guarigione. Il suo psicologo gliel’aveva detto, l’ultimo sabato che si erano visti. Harry non sapeva da cosa dipendesse, né perché si sentisse così, ma da quando stava aiutando Draco Malfoy ad uscire dal suo periodo nero, sentiva di essere sulla via giusta per poter stare bene anche lui. Anche i suoi rapporti con gli altri erano migliorati di netto. Si era aperto un po’ di più con Neville, era con lui che parlava, quando non era con Draco. Anche l’amico lo aveva trovato cambiato, negli ultimi mesi aveva fatto un sacco di progressi. Aveva anche chiarito una discussione non proprio finita bene con Ron. Avevano dei contrasti, ogni tanto, fin da quando lui aveva deciso di aiutare Draco, ma non era niente di grave e non c’era bisogno che il biondo lo sapesse. Non erano problemi di Ron quello che faceva nelle ore libere, Neville, invece, gli aveva solo detto di stare attento – Non vorrei vederti di nuovo come qualche mese fa, Harry, stai molto meglio adesso – lui non aveva niente da temere perché: è grazie a Draco se sto meglio, aiutare lui mi fa sentire… diverso. Come se aiutare lui a vivere sereno e a rifarsi una vita, dopo quello che abbiamo passato, possa in qualche modo compensare il senso di colpa che provo. L’amico aveva capito e lo aveva sostenuto, unendosi persino a lui e a Draco, un pomeriggio, durante un’esercitazione di Trasfigurazioni. Ma si era reso conto di sentire qualcosa per il biondino, quando lo aveva visto giocare con quel cucciolo di crup che gli aveva donato; non era quello che Harry aveva scelto, ma Draco sembrava aver stabilito un legame con quel piccoletto. Era stato settimane a parlare con Hagrid e con la McGranitt, per convincerli che Draco con un cucciolo da accudire si sarebbe sentito meglio. E non aveva avuto torto: quel pomeriggio, aveva visto il Serpeverde sorridere, rilassato e stranamente in pace con se stesso per più di mezz’ora. E il suo cuore si era riempito di una nuova emozione, qualcosa a cui ancora non sapeva dare un nome.
Sì, Harry si sentiva bene, si sentiva vivo come mai prima di quel momento. Ed era tutto merito di Draco Malfoy.
 

 
Una delle cose che Harry amava ancora, era giocare a Quidditch, la sensazione inebriante del vento tra i capelli, della velocità della scopa, l’adrenalina nelle vene quando si gettava all’inseguimento del boccino e poi la gioia di aver vinto quando riusciva ad afferrarlo, erano sensazioni che lo facevano sentire ancora vivo. Gli davano la sensazione inebriante che lui fosse ancora capace di provare emozioni forti che non fosse solo dolore. Quel dolore che lo accompagnava giorno dopo giorno e, anche se lui stava facendo di tutto per contrastarlo, per guarire da quello, esso lo perseguitava sempre quando era solo, riusciva a sedarlo solo quando volava o quando si prendeva cura delle creature magiche e… quando era in compagnia di Malfoy. Da quando cercava di aiutarlo, di salvarlo, sentiva di essere cambiato. Salvare una persona da se stessa era molto più difficile di qualsiasi altra cosa, ma ci stava riuscendo. Poteva vederlo, adesso, che Draco era tra gli spettatori della semifinale per la Coppa del Quidditch. Era felice di vederlo lì tra gli spalti, a sostenerlo – segretamente, non sia mai che mi faccia vedere a tifare per San Potter, gli aveva detto con tono divertito, quando era andato ad augurargli buona fortuna per la partita. Non appena incrociò il suo sguardo, gli sorrise automaticamente e il biondo ricambiò. Il cuore di Harry fremette, ma lui lo mise a tacere immediatamente.
Aveva dovuto insistere un po’ per convincerlo ad essere presente, ma era bello vederlo uscire finalmente dal suo dormitorio. Da quando gli aveva regalato il cucciolo di crup, poi, sembrava essersi chiuso ancor di più in quella stanza, perché diceva di non poter lasciare Lupus da solo, altrimenti gli avrebbe fatto i dispetti o si sarebbe sentito solo. Erano mere scuse, Harry lo sapeva, durante le giornate no usava il suo snaso come scusa, ma non poteva fare altro che convincerlo ad uscire da lì. Ogni tanto ci riusciva, come quel giorno. Ed era sempre un ottimo giorno per lui.
Era difficile per Harry vederlo sempre in quelle condizioni, triste, senza speranza, senza amici, avrebbe voluto fare di più per lui, molto di più, ma non poteva, perché nessuno aveva apprezzato il suo gesto di dare un’occasione a uno come lui. Harry non era d’accordo e aveva provato a convincere i suoi compagni di scuola della verità delle sue parole, ma… non ci era riuscito.  Non provava pietà per lui, ma una sincera compassione, che lo spingeva a cercare di aiutarlo in ogni modo possibile, aveva iniziato ad essergli amico, gli aveva regalato il cucciolo di crup e cercava ogni giorno di tirargli su il morale, lo ascoltava quando ne aveva bisogno, lo spronava quando aveva bisogno di una scossa. Faceva di tutto per lui, senza neanche rendersene conto e questo aiutava sia il Serpeverde che lui stesso.
Lo stadio del Quidditch era gremito di persone, molti erano lì ad assistere alla partita Grifondoro contro Corvonero di quel giorno. A Harry piaceva quella sensazione, giocare era una delle poche gioie che ancora facevano parte della sua vita. Quando entrarono in campo, scambiò un cenno d’intesa con Ron, al quale aveva passato il testimone. Era lui il capitano adesso, anche se prendeva molto in considerazione l’opinione di Harry, infatti spesso era definito dalla squadra il suo vice-capitano. A Harry stava bene, purché non stesse al centro dell’attenzione. Anche Ginny faceva ancora parte della squadra, con lei c’era una sorta di rapporto freddo, ma civile e in campo lei era sempre molto professionale. Gli altri giocatori erano nuovi, molto promettenti e bravi. I due battitori, un ragazzo e una ragazza del terzo anno, erano giovani e forti, ma molto determinati, tra i cacciatori della sua vecchia squadra restava solo Ginny, che era affiancata da altri due talentuosi ragazzi del quarto. Ron era il portiere e Harry, come al solito, il cercatore. Avevano già vinto contro i Tassorosso, due mesi prima, i quali però erano arrivati in finale dopo aver stracciato i Serpeverde durante l’ultima partita.
Quando i loro avversari entrarono in campo, Harry si mise sull’attenti, conosceva bene il battitore dei Corvonero, era lo stesso ragazzo che aveva aggredito Draco, sicuramente avrebbe provato a vendicarsi. Sapeva che era abbastanza spietato e violento nel gioco, non capiva come Madama Bumb gli permettesse di giocare ancora, lo aveva visto durante la prima partita dell’anno e gli aveva ricordato Marcus Flint di Serpeverde dei primi anni. L’ex prescelto aveva notato che fin dalla fine della guerra, molte cose erano cambiate, anche il più mite dei Tassorosso aveva sviluppato una sorta di atteggiamento ostile contro quelli che reputava una minaccia, quando il più intraprendente dei Serpeverde aveva assunto un atteggiamento più pacato, tranquillo, quasi invisibile. La guerra aveva cambiato molte cose e le persone erano lo specchio di come la società fosse cambiata. La McGranitt si batteva ogni giorno, affinché gli studenti tornati a Hogwarts vivessero in pace e in armonia tra di loro, affinché non si facessero la guerra l’un l’altro. E alcuni erano dannatamente bravi a passare inosservati, soprattutto quando se la prendevano con qualcuno che credeva di meritare tutto ciò che gli veniva fatto. Harry cercò di scacciare quei pensieri dalla mente, durante la partita, doveva concentrarsi per vincere.
Quando Madama Bumb fischiò e liberò prima i bolidi, poi il boccino e infine la pluffa, la partita iniziò. I Corvonero erano davvero agguerriti, Harry si ritrovò a schivare due bolidi a pochi minuti d’inizio della partita. Se quel tale prendeva quella partita come una questione personale, beh… anche lui lo avrebbe fatto. Cercò con lo sguardo il boccino, ma non lo trovò subito e il cercatore avversario era nella sua stessa situazione. Osservò un po’ il gioco dei suoi compagni di squadra e sorrise, quando vide che Grifondoro fosse già in vantaggio di 30 a 0, dopo la prima mezz’ora di partita. Individuò il boccino, finalmente e partì all’inseguimento della piccola pallina dorata e immediatamente fu seguito dall’altro cercatore. Lo avrebbe battuto, poco ma sicuro.
Un bolide lo sfiorò appena, ma non lo colpì e quando alzò lo sguardo per capire da chi venisse, non si sorprese di vedere il brutto muso di quel Corvonero che aveva pestato Draco, aveva ancora davanti agli occhi l’immagine di Draco pietrificato e pestato in riva al Lago Nero, rabbrividì a quel pensiero e pensò che avrebbe vinto quella partita per vendicare il biondo e avrebbe umiliato quel tale, ne era certo. Perse di vista il boccino, ma per sua fortuna anche l’altro cercatore fu distratto dal bolide, dato che gli stava alle calcagna e seguiva ogni sua mossa. Harry perlustrò con lo sguardo il campo, sperando di vedere di nuovo il boccino, ma non ci fu niente da fare. Il suo avversario sembrava aspettare una sua mossa.
Grifondoro segnò altri quattro goals, mentre Corvonero solo due. I grifoni tenevano il gioco per 70 a 20. Se Harry avesse afferrato il boccino, avrebbero vinto ad occhi chiusi. Dopo altri dieci minuti, vide il boccino e si gettò al suo inseguimento nello stesso momento in cui vide il battitore dei corvi intercettare un bolide. Harry lo avrebbe scansato facilmente, si preparò a deviare, ma il bolide non arrivò. Si guardò intorno e con suo orrore, vide il bolide che avrebbe dovuto essere diretto a lui volare ad una velocità assurda nella direzione degli spalti dei Serpeverde, dove Draco era in prima fila. Harry non ci pensò due volte, gli sembrò di vedere la scena al rallentatore. Diresse la sua Firebolt alla massima velocità verso gli spalti, rubò la mazza da battitore a uno dei suoi compagni di squadra e volò così velocemente da non rendersi nemmeno conto che stesse davvero volando. Si interpose tra Draco e il bolide, pochi istanti prima che esso lo colpisse, lo intercettò e riuscì anche a respingerlo – rispendendolo al mittente, che fu costretto a scendere a terra a causa di un piccolo danno alla sua scopa – si sincerò con lo sguardo che il biondo stesse bene, prima di tornare a giocare, ma scoprì dopo pochi istanti che il suo avversario aveva afferrato il boccino e che la partita si era appena conclusa.
Harry scese in picchiata verso il campo e raggiunse il battitore avversario infuriato. Gli altri giocatori raggiunsero anche loro il terreno scendendo dalle scope, i vincitori ancora esultavano.
«Ehi!» lo chiamò, gettando la sua scopa per terra e raggiungendolo, spintonandolo con forza «Ti ha dato di volta il cervello? I bolidi per nessun motivo devono essere scagliati verso il pubblico!»
«Cosa c’è, Potter? Ti brucia la sconfitta o che abbia cercato di colpire il tuo fidanzatino?»
«Non osare sfidarmi» sibilò «Non ti ho denunciato solo perché Draco mi ha chiesto di non farlo» sputò «Non ho dimenticato la tua faccia, so cosa hai fatto e cosa volevi fare oggi, non ti permetterò di fargli del male».
«Mi vendicherò e lo sai» sibilò quell’altro avvicinandosi a lui minaccioso «Cosa c’è? Adesso che si fa scopare da te, Malfoy pensa di avere le spalle coperte? Illuso» fece quello «Quella piccola puttanella Mangiamorte la pagherà per tutto quello che ha fatto e anche di più».
Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso. Harry partì alla carica verso di lui e lo colpì con forza sul viso. Il Corvonero rispose ai colpi e i due continuarono a picchiarsi.
«Harry!» lo chiamò Ron, ma il moro non si fermò. Lo colpì ancora due volte, prima di essere trascinato via dal suo migliore amico, Madama Bumb intervenne decretando il loro comportamento inaccettabile. Furono entrambi sospesi e puniti, ma a Harry, in quel momento, non importava. Desiderava picchiare quel maledetto idiota da settimane, mesi e non giocare un paio di partire non era un grand’affare, visto che avevano appena perso, ma quel tizio doveva lasciare Draco in pace, non doveva toccarlo né pensare di fargli del male.
«Ma sei impazzito?» gli chiese Ron, quando entrarono negli spogliatoi «Ti sei fatto sospendere per proteggere Malfoy!»
«E chi se ne frega?» fece Harry, irritato «Quel tipo aveva bisogno di una lezione».
«Harry, amico, datti una calmata, okay? Stiamo parlando del Quidditch! Abbiamo perso la partita, lo sai?»
«Quel bolide avrebbe ferito altre persone, Ron, non solo Draco» disse Harry, stringendo i pugni.
«Erano Serpeverde, che ti frega?»
«Ma sei serio?» chiese il moro retoricamente «Non avrei permesso che quel bolide ferisse nessuno, neanche i Serpeverde, quel tizio non aveva nessun diritto per far loro del male» disse «Cosa gli avevano fatto? Sentiamo!»
«Ma ti senti? I Serpeverde sono sempre stati nostri nemici ed erano… sai, alleati di tu-sai-chi».
«Non tutti i Serpeverde sono cattivi e lo sai anche tu. Devo ricordarti che è stato un Grifondoro a tradire i miei genitori? E che è stato un Serpeverde a proteggermi per tutti questi anni?» chiese retoricamente, riferendosi a Minus e a Piton; Ron fece per rispondere, ma Harry lo interruppe «Non accetto nessuna paternale sulle case, tante grazie» disse raggiungendo un box delle docce «E sì, se mi va, proteggo Malfoy, perché, Ron, lui è mio amico, la guerra è finita da un anno e, maledizione, dobbiamo smetterla con le vecchie faide, sono inutili e portano solo ad altra violenza e di certo non ne abbiamo bisogno! Non dopo quello che tutti noi, compresi i Serpeverde, abbiamo passato!» esclamò, chiudendosi la porta della doccia alle spalle. Cercò di calmarsi, ma sentiva ancora così tanta rabbia dentro, una rabbia che non sentiva dai tempi del quinto anno, quando il collegamento tra se stesso e Voldemort era diventato più forte. Harry lasciò che l’acqua calda placasse la sua ira, ma non riuscì a cancellare quella sensazione orribile. Aveva bisogno di vedere che Draco stesse bene, non sapeva spiegare quello che sentiva in quel momento, ma il sentimento di protezione che provava per lui, superava qualsiasi cosa. Si grattò il braccio destro, lì dove giaceva la cicatrice della sua disperazione più profonda. Più di quella sulla fronte, quella cicatrice gli ricordava che dal baratro si poteva risalire, ci era riuscito una volta, lo avrebbe rifatto ancora.
Si lavò lentamente, cercando di rilassare i muscoli e di placare quella rabbia che era esplosa dentro di sé così velocemente, l’aveva risucchiato. Era divampata come un Ardemonio e lo aveva bruciato dentro. Quando uscì dalla doccia, i suoi compagni erano già andati via. Si rivestì, indossando una semplice tuta e si chiuse la felpa prima di uscire dallo spogliatoio. Doveva passare in infermeria a farsi controllare i lividi e forse anche per farsi dare una pozione calmante, sentiva di averne bisogno.
Quando uscì dallo spogliatoio vide che Draco era lì. Se ne stava sulle sue, le braccia conserte al petto e l’espressione tetra. Sembrava sul punto di dirgli qualcosa di veramente spiacevole, qualcosa che Harry non era pronto ad ascoltare. Per puro istinto protettivo, Harry lo guardò in viso, per accertarsi che non vi fossero lividi, segni o qualsiasi altro segno di violenza. Le parole del Corvonero ancora gli rimbombavano nella mente e non voleva che Draco subisse altre torture.
«Ehi» lo salutò, sorridendo appena «Che ci fai qui?»
«Ti aspettavo» rispose l’altro «Facciamo due passi? Ho bisogno di parlarti».
«Oh, certo» rispose Harry, seguendolo. Draco gli fece un piccolo sorriso ed entrambi si incamminarono lungo il campo di Quidditch, che negli anni passati li aveva visti scontrarsi, farsi la guerra e prendersi a botte come due ragazzini immaturi che erano convinti di doversi odiare, a causa dei ruoli che rivestivano in quella scuola. Erano così lontani quei giorni, così distanti da loro, adesso sembravano davvero due semplici amici. C’erano voluti anni, una guerra e altre mille cose per farli maturare e far capire ad entrambi che potessero aiutarsi a vicenda, ma… meglio tardi che mai.
Draco era teso, Harry poteva notarlo a distanza di miglia, era per colpa sua? Aveva esagerato?
«Draco, tutto okay?»
«Io… Harry, cosa ti è saltato in mente? Perché lo hai fatto?» chiese guardando dritto davanti a sé «Sei… tu. Non puoi esporti in quel modo per me, non puoi perdere una partita, la semifinale per proteggere me. Io… non lo merito».
«Lo meriti» ribatté il moro, interruppe la loro passeggiata, fermandolo prima dell’uscita dal campo «Draco, qual è il problema?» chiese «Siamo amici, io proteggo sempre i miei amici».
«Ti ho sentito litigare con Weasley prima» ammise abbassando lo sguardo «Non ne vale la pena, Harry, non per me».
Il moro sorrise e gli appoggiò le mani sulle spalle, cercando il suo sguardo «Ehi, ne vale la pena. E poi non ho litigato con Ron, ho solo risposto alle sue insinuazioni».
«Eri fuori di te dalla rabbia, però» fece «Non mentire, si vedeva che a momenti gli saresti saltato addosso per picchiarlo».
Harry annuì, colpevole. Lo sapeva, aveva esagerato, ma con Ron avrebbe chiarito, loro facevano sempre pace, in un modo o nell’altro, non era un grosso problema, in quel momento. Se il rosso era ancora così immaturo da non capire che nessuno in quella scuola meritava violenza, dolore e vessazioni, allora poteva andarsene anche a quel paese, per quanto lo riguardava.
«Chiarirò con lui, non preoccuparti, ma non potevo permettere che quel bolide ti colpisse».
«Perché?»
«Perché tengo a te, perché sei mio amico e io proteggo tutti i miei amici» asserì il moro, con un tono che non ammetteva repliche. Il biondo gli sorrise appena e annuì, poi alzò lo sguardo verso di lui e storse il naso, notando un brutto ematoma sotto all’occhio, che si stava gonfiando.
«Hai picchiato quel Corvonero, vero? Il battitore?» Harry annuì «Perché diavolo l’hai fatto?»
«Mi ha provocato» rispose con una scrollata di spalle «Draco, se non fossi intervenuto, tu…» deglutì «Quel bolide avrebbe ferito te e altre persone. Non potevo permetterlo, okay?»
«Okay, grande eroe» lo canzonò, prendendolo bonariamente in giro, sorridendo appena «Ti accompagno in infermeria, okay?»
«Sì, ti ringrazio» rispose il moro. L’uno accanto all’altro si diressero verso l’ingresso della scuola e poi raggiunsero l’infermeria. Harry non riusciva a smettere di togliersi una spiacevole sensazione da dosso. Era certo che quel suo gesto non sarebbe passato inosservato, ma sperava vivamente che esso non avesse ripercussioni su Draco.
 

 
La puttana di Harry Potter.
Ecco cosa si diceva di lui, adesso. Le voci erano iniziate subito dopo la semifinale di Quidditch, quella che Harry aveva perso volontariamente per impedire che un bolide colpisse lui e altri spettatori presenti.
Draco aveva cercato di ignorare quelle dicerie, perché non gli sembrava possibile che la gente dicesse o pensasse cose del genere. Si rifiutava di credere che, oltre a tutto quello che gli dicevano giorno dopo giorno, adesso nel loro mirino ci fosse anche Harry. Non importava che lo considerassero una puttana, ma detestava che quel termine dovesse essere associato alla figura del Grifondoro per colpa sua. Lui era così dolce nei suoi confronti, sempre disponibile, sempre accomodante, sempre perfetto, sempre gentile.
Non voleva che infangassero il nome di Harry, associandolo al suo, solo perché quell’idiota aveva deciso di proteggerlo, ma non sapeva come evitarlo. Era raro che il Grande Harry Potter, colui che era stato preso nella squadra a soli undici anni a differenza di molti studenti, perdesse una partita di Quidditch, tutti ricordavano quella che aveva perso a causa dei dissennatori, al terzo anno, quando era caduto dalla scopa, ma poi… aveva sempre portato la sua squadra a vincere ogni singola partita. Era raro che perdesse, e adesso aveva volontariamente ignorato il boccino per rubare una mazza da un battitore e per respingere un bolide che stava per colpirlo. Nel momento in cui aveva visto quel bolide arrivare con una potenza assurda nella sua direzione, aveva avuto paura, ma poi improvvisamente la schiena di Potter si era frapposta fra sé e il bolide e lui aveva respinto il bolide… assurdo. Nello stesso istante in cui il cercatore di Corvonero aveva preso il boccino e Harry aveva perso la partita. Aveva perso per lui. Quel gesto era qualcosa che non aveva senso per nessuno, neanche per Draco stesso. L’unica spiegazione che tutti si erano dati era che Draco venisse protetto da Harry in cambio di favori sessuali. Ancora più assurdo del gesto di Potter, a dire la verità, come se l’eroe del mondo magico potesse davvero provare interesse per lui…
Non lo aveva detto a Harry, di solito davanti a lui nessuno diceva nulla, non volevano inimicarsi l’eroe del mondo magico, ma quando non era con lui, Draco li sentiva quei sussurri, soprattutto nella sua sala comune. Era abituato agli insulti, ma temeva che il moro potesse pensare che fosse stato lui a mettere in giro la voce della presunta relazione tra di loro. Harry era etero (o almeno così credeva Draco) e di certo non avrebbe perso tempo con uno come lui, non intimamente almeno, ma probabilmente neanche se fosse stato omosessuale, si sarebbe interessato a lui, concedergli amicizia era una questione… ma amarlo? Come avrebbe mai potuto uno come Harry Potter amare uno come Draco Malfoy?
L’unica cosa che temeva davvero di tutta quella situazione era perdere la sua amicizia, era assurdo che lui pensasse una cosa del genere proprio del tizio che aveva odiato per buona parte della sua adolescenza. L’amicizia di Harry era la cosa migliore che gli era successa dopo la guerra e temeva che quelle voci riguardo una loro improbabile e impossibile relazione potessero minare quello che c’era tra di loro. Era ingiusto, perché dovevano tirare in ballo anche lui? Cosa aveva fatto di male? Aveva solo impedito che un bolide lo colpisse in pieno e… questo gli era costato la partita. Non avrebbe dovuto essere tra quegli spalti, ma il moro aveva insistito così tanto affinché andasse che non era riuscito a dirgli di no, ma avrebbe dovuto, se solo non fosse stato lì, Harry avrebbe vinto la partita e nessuno avrebbe minacciato di rovinare la cosa migliore che gli era capitata nell’ultimo periodo.
Voleva solo chiudersi nella sua stanza e piangere, anche se non era un atteggiamento consono, aveva bisogno di stare da solo e sfogare un po’ di tutto quella negatività che stava accumulando. Se ne avesse parlato con Harry, lui avrebbe sicuramente fatto qualcosa di stupido per farli smettere, fomentando le voci. Oppure lo avrebbe abbandonato a se stesso. Non voleva nessuna delle due cose, così evitava di parlare con lui di quella faccenda. In fondo, seguivano più o meno le stesse lezioni e passavano la maggior parte delle ore libere insieme, andava bene così. 
La lezione di Erbologia con i Tassorosso era appena finita.
Era appena uscito dalla serra numero sette, quando uno dei suoi compagni di casa gli era andato addosso di proposito.
Uno spintone, un insulto, uno sputo. Sei proprio una puttana, Malfoy, correre a succhiare il cazzo di Harry Potter non cambierà le cose, resti sempre una feccia, non importa con chi scopi. Draco tremò, sentendo quella frase. Non si fece vedere colpito da essa, anzi, cercò di ignorarla. Aveva un’ora di pausa, poi avrebbe avuto la lezione di Pozioni, dove, grazie a Merlino, ci sarebbe stato anche Harry e sarebbe stato in pace per un bel po’ di tempo. Con lui accanto, nessuno osava dirgli niente di spiacevole, l’unica volta che ci avevano provato, si erano ritrovati in infermiera, vittime di una fattura. Quindi, si erano fatti furbi, adesso lo attaccavano sempre quando sapevano che non ci sarebbe stato Harry, sempre quando erano certi che lui fosse altrove. Si strinse la tracolla sulla spalla e fuggì dalle serre, raggiungendo in fretta i sotterranei. Si guardò intorno, ma prima che potesse entrare nella sua sala comune, fu afferrato per un braccio e spinto in un’aula in disuso accanto a quella di pozioni. Lo spinsero contro il muro, con la faccia pressata contro di esso, provò a dimenarsi, ma colui lo aveva afferrato con forza e lo tratteneva lì. Non vide chi era, l’aula era troppo buia per capire chi fosse. Senza che lui potesse reagire in alcun modo, venne tenuto fermo da delle braccia forti e colpito ripetutamente nello stomaco, sul viso e ovunque da un’altra persona, tentò di urlare, ma l’aggressore gli diede uno schiaffo forte, prima di lanciargli contro un “Silencio”. La voce di Lumacorno che si avvicinava all'aula adiacente risuonò nell’aula e Draco venne lasciato. Cadde per terra, mentre gli aggressori scappavano, e si rannicchiò su se stesso a causa del dolore. 
Quando riuscì a stare in piedi sulle proprie gambe, senza che esse tremassero come se fossero state fatte di gelatina, uscì da quell’aula e corse nella Sala Comune, poi senza guardare nessuno, raggiunse la sua camera e si chiuse lì, decidendo di restare lì, senza uscire neanche per la cena.
 

 
«Che hai?» Harry entrò nella camera di Draco senza neanche bussare, il biondo era lì, sdraiato sul letto con Lupus acciambellato accanto a sé. Non aveva visto l’amico né e a lezione di Pozioni né a cena. Durante la cena, si era avvicinato alla tavolata delle serpi per parlare con lui e si era ritrovato Pansy Parkinson che blaterava cose a caso su Draco che, sconvolto per qualcosa, si era rintanato nella sua camera. Sconvolto da cosa? – aveva chiesto, la Serpeverde aveva scrollato le spalle e borbottato qualcosa come le sue cose da checca. Harry si era trattenuto dall’affatturarla solo perché erano davanti a tutti e c’erano anche i professori che guardavano. Detestava non poter parlare con la McGranitt della situazione di Draco, il biondo non voleva che la preside sapesse ciò che gli capitava. Anche se tu glielo dicessi, io negherei tutto. – aveva detto quel maledetto cocciuto.
Harry, allora, cercava di esserci per lui, di non lasciarlo troppo spesso da solo e di essere un sostegno per lui, anche se si sentiva impotente ogni volta che veniva a sapere che gli era successo qualcosa di poco piacevole. Come, sicuramente, era appena capitato, ma perché Draco non lo aveva chiamato? Perché non lo aveva raggiunto? Maledetto testone.
Voleva raggiungerlo per dirgli che era riuscito a trovare l’incantesimo per modificare il marchio e invece si era ritrovato a fare i conti, di nuovo, con qualcosa che l’aveva sconvolto.
Forse, far sparire il marchio, avrebbe alleggerito un po’ il suo animo tormentato. Si era impegnato per trovare quell’incantesimo, aveva fatto un sacco di ricerche, erano settimane che cercava come un forsennato su tutti i libri di trasfigurazioni della biblioteca – reparto proibito compreso – e poi lo aveva trovato. Non era un contro-incantesimo, ma era utile per il suo scopo, non eliminava completamente il Marchio, ma lo trasfigurava in un innocente tatuaggio con un significato totalmente opposto a quello del Marchio e ne annullava ogni effetto, meglio di niente. Ed era pronto a dirlo a Draco, ma non lo aveva trovato in Sala Grande.
Harry non aveva esitato un solo istante ad andare da lui. L’ingresso della Sala Comune dei Serpeverde era aperto, forse qualcuno era appena entrato, così entrò senza troppi complimenti, guadagnandosi alcune occhiate stranite dagli altri Serpeverde, ma non gliene importava, aveva bisogno di parlare con Draco e nessuno lo avrebbe fermato. Così lo aveva raggiunto e lo aveva trovato in quelle condizioni. Aveva uno zigomo violaceo, alcune ferite e si vedeva che stava male.
«Vattene».
«No. Che ti è successo?» insistette ancora «Che ti hanno fatto?» chiese avvicinandosi a lui; allungò una mano verso il suo viso, ma il biondo si sottrasse al suo tocco «Mi stai evitando?»
«No» rispose Draco «Non avevo voglia di parlare con te, anzi non ho voglia di parlare con nessuno, voglio stare da solo».
«Cosa ti hanno fatto?» ripeté preoccupato.
«Smettila di preoccuparti per me» sibilò tra i denti, senza alzare lo sguardo «So che lo fai perché ti faccio pena, perché sei un eroe del cazzo che vuole sempre salvare tutti, ma non puoi salvare me, non puoi perché non c’è niente da salvare, merito tutto quello che mi fanno e mi dicono» disse, istintivamente si toccò l’avambraccio coperto dalla camicia bianca, Harry lo guardò dispiaciuto «È inutile che mi guardi così, Potter» sibilò «Ero un Mangiamorte. Avevo sposato le cause di mio padre e di Voldemort, ho preso il Marchio, sono stato un bullo e ho reso la vita di tutti un inferno, ho fatto entrare i Mangiamorte qui e stavo per uccidere Silente, quindi sì, Potter, lo merito».
«Cosa ti è successo?» insistette il moro, guardandolo «Fai così solo quando ti succede qualcosa di brutto» Draco lo guardò spalancando gli occhi, come faceva quel Grifondoro da strapazzo a conoscerlo così bene? «Allora?» chiese «Me lo dici o devo fare tutto da solo? Ti hanno picchiato, è evidente. Chi è stato?»
«Lascia perdere» borbottò.
«No» fece Harry «Non lo meriti e io non faccio questo perché mi fai pena».
«Ma per favore… lo sanno tutti, anche i muri che ho ragione» affermò «O anche i quadri. Quindi se vuoi farmi il piacere…» aggiunse indicando la porta. Harry scosse la testa e lo guardò scioccato per qualche istante, ragionando sul da farsi, poi si sedette sul suo letto, accanto a lui, lo guardò e appoggiò una mano sul suo zigomo, accarezzandoglielo delicatamente, mentre Lupus, infastidito, balzava giù dal letto per acciambellarsi ai piedi del letto di Draco.
«Mettiti in quella testa dura che io non ti lascio solo» sussurrò Harry, piano «Adesso mi prenderò cura di te» dichiarò. Si tolse la cravatta della divisa e la appallottolò, pronunciò un Aguamenti e la bagnò, per poi passarla delicatamente sulle ferite visibili del viso. Il biondo grugnì, mostrandogli anche quelle sul corpo. Harry strinse i pugni, cercando di non far trasparire la rabbia che provava, non verso Draco, ma per chi gli aveva fatto tutto quello. Pulì le ferite anche lì e poi prese a bacchetta, eseguendo un paio di incantesimi curativi sul biondo, guardandolo sempre con quegli occhi carichi di dolcezza. Il sollievo fu immediato e il biondo si diede dell’idiota per aver cercato di mandare via Harry.
«Meglio?»
Draco annuì e chiuse gli occhi per il sollievo «Ha-Harry?»
«Sì?»
«Resteresti con me, per un po’?»
«Certo» rispose il moro. Si tolse le scarpe e si sdraiò accanto a lui, mettendogli un braccio attorno alle spalle, il biondo si fece giusto un po’ più vicino e appoggiò la testa sul suo petto, sentendosi stranamente al sicuro. Con un incantesimo, fece cadere le tende del baldacchino e con un incantesimo silenziante isolò il suo letto dal resto della camera, così che fossero al sicuro da orecchie e da occhi indiscreti e si godette quel momento di pura pace.
Harry gli accarezzò delicatamente una spalla e lui si rilassò completamente, chiudendo gli occhi.
Restarono lì per quelle che parvero ore, poi il Grifondoro si ricordò del motivo per cui era andato lì e si mise seduto. Draco lo guardò preoccupato, come se temesse che stesse per andare via, ma Harry lo rassicurò con lo sguardo, si era solo seduto per stare più comodo: «Fidati di me» disse piano, poi gli prese il braccio tra le mani e scoprì l’avambraccio, rivelando il Marchio Nero che ancora deturpava la sua pelle. Draco tentò di liberarsi dalla sua stretta, ma Harry intensificò la presa e fu in quel momento che notò che non ci fosse solo il Marchio a deturpare quella pelle tanto candida. Il moro sentì la propria cicatrice prudere, ma non quella sulla fronte, bensì quella sul suo braccio destro. Quella che si era procurato da solo. Non era stata causata dalla magia, ma dalla sua disperazione.
«C-Che cosa hai fatto?» chiese guardandogli l’avambraccio «Draco…»
«Non sono affari tuoi» fece il biondo, ritirando il proprio braccio, approfittando dello shock dell’altro, e portandoselo al petto «Tu non sai niente, lasciami in pace».
«No. Dimmi che cosa hai fatto».
«Perché dovrei?» chiese l’altro «Io non ti chiedo costantemente perché hai il muso lungo e perché hai bisogno di stare con le creature magiche».
«È diverso, Draco! Tu hai cercato di…?»
«Sì» confessò il biondo sconfitto «E ora se vuoi…»
«Anche io» lo interruppe il moro, guardandolo negli occhi. Deglutì e tremò un momento, prima di scoprirsi il braccio destro, il Serpeverde non comprese subito il suo gesto, si chiese come mai lo stesse facendo, rifiutando nella sua mente l’idea che potesse confessargli qualcosa di grosso. Potter non parlava mai dei suoi problemi, non diceva mai nulla a riguardo. Era più chiuso di lui, il che era tutto un dire. Il Grifondoro si morse le labbra e prese un profondo respiro, realizzando che non sarebbe andato da nessuna parte con il biondo, se non si fosse aperto per primo, se non avesse rivelato per primo le proprie sofferenze; non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo, se prima non si fosse esposto, se non avesse dimostrato di fidarsi di lui. Lo pose davanti agli occhi del biondo e quest’ultimo spalancò gli occhi «Ho provato anche io… a farlo».
«Potter…» Draco pose le mani in modo delicato sul suo polso e non osò alzare lo sguardo su di lui. Dal polso all’avambraccio di Potter correva una serie di lunghe, irregolari, terrificanti cicatrici che deturpavano la sua pelle liscia, segno di una sola cosa, una cosa che fece rabbrividire Draco in modo irrazionale, anche lui aveva toccato il fondo? Anche l’eroe del mondo magico era stato sul baratro della disperazione come lui? «Ma che diavolo…?»
«Non lo sa nessuno. A parte la donna che mi ha salvato e il mio psicologo» ammise, mordendosi le labbra «Era giugno, appena un mese dopo la guerra. C’erano stati da poco i funerali e…» Harry si grattò il polso, ritraendolo dalle mani del biondo «Ero disperato, tutto quello che volevo era farla finita. Avevo perso tutto, avevo vinto la guerra, sì, ma a quale prezzo? Io ero rimasto vivo, gli altri no. E continuavo a chiedermi perché? Perché io ero sopravvissuto per la seconda volta ad un Anatema che Uccide? Perché gli altri no? Perché Teddy doveva vivere una vita senza i suoi genitori? Perché Silente mi aveva fatto questo? Perché Fred? Perché Tonks? Perché Remus?» raccontò, la disperazione di quel periodo era ancora viva dentro di lui, anche se stava cercando di guarire. Era certo che i traumi della guerra non sarebbero mai passati, non facilmente, anche se lui si stava impegnando per farlo. «Era una sera di metà giugno, comunque. Avevo bevuto parecchio, bevevo abbastanza in quel periodo. Stavo ancora con Ginny, ma lei era in lutto per la morte di suo fratello, giustamente e… litigavamo spesso. Avevamo litigato di brutto, mi aveva detto che… era per colpa mia, se Fred era morto e… lo pensavo anche io» deglutì, tremando. Draco intrecciò una mano con la sua e gliela strinse con delicatezza, per dargli supporto «Andai in un bar, uno babbano, così che nessuno del mondo magico potesse vedermi in quello stato» raccontò, sotto gli occhi sconvolti del biondo «Bevvi così tanto da non ricordarmi il mio nome e stavo così male che, davvero, non pensavo alle conseguenze delle mie azioni, più bevevo più le parole di Ginny erano forti e vere… mi nascosi in un vicolo e usai un pezzo di vetro di una bottiglia, trovato in strada».
«Harry…»
«Non ne vado fiero, se non fosse stato per la donna che mi ha trovato e portato in un ospedale babbano, penso che sarei morto quella notte» spiegò a testa bassa, la presa di Draco si intensificò e Harry gliele fu grato «Non… ragionavo lucidamente, quella sera. Mi hanno ricoverato nel reparto psichiatrico e lì ho conosciuto lo psicologo che tutt’ora mi segue. È un nato babbano che preferisce lavorare tra i babbani e…» si strinse nelle spalle «Lo vedo da allora, una volta a settimana. Adesso sto meglio, molto meglio, ma non cambia il gesto disperato che ho fatto. Non l’ho detto a nessuno» continuò a raccontare «No, neanche a Ron o a Hermione, se te lo stai chiedendo» aggiunse «Quando sono stato dimesso, la McGranitt mi ha scritto una lettera, non so se sapesse ciò che era accaduto o se avesse capito qualcosa, ma mi chiese se fossi interessato ad aiutarla con la ricostruzione della scuola, accettai perché non avevo altro da fare e… poi mi sono gettato a capofitto nei lavori di ricostruzione, mi offrii volontario per aiutare nella cattura dei Mangiamorte rimasti e testimoniai ai processi e beh, il resto lo sai» finì il suo racconto. Il biondo alzò lo sguardo su di lui e restò senza parole, gli strinse un’ultima volta la mano, prima di lasciarla lentamente.
Non credeva che il Grande Harry Potter potesse toccare il fondo in quel modo, nello stesso modo in cui lo aveva toccato lui. Draco aveva un ricordo vacuo di quando aveva provato a scalfirsi il braccio per eliminare il Marchio Nero. Era agosto, stato appena scagionato e gli avevano detto che avrebbe riavuto la bacchetta, che sarebbe tornato a Hogwarts, ma che avrebbe avuto una traccia addosso per un anno, per controllare la sua condotta. Era tornato nel maniero per recuperare alcuni dei suoi effetti personali. Non voleva vivere in quella casa enorme, non da solo, non insieme a tutta l’oscurità che ancora aleggiava in quella casa. Aveva dormito per una settimana, l’ultima di agosto, in quel posto inospitale.
La sera tra il trentuno agosto e il primo settembre, Draco aveva toccato il fondo. Aveva lanciato una sedia contro una finestra, aveva calpestato i pezzi di vetro con i piedi nudi e aveva iniziato a ferirsi prima pensando di cancellare il Marchio, poi era andato più in profondità, per cancellare se stesso. Solo la traccia magica che aveva addosso gli aveva salvato la vita. Un Auror era arrivato al Maniero e lo aveva portato al San Mungo, dove lo avevano imbottito di pozioni calmati, prima di spedirlo direttamente all’inferno: a Hogwarts. Non aveva più provato a far nulla del genere, solo perché sapeva che non sarebbe servito a niente. Poi era arrivato Potter al quale stava raccontando quella storia e non lo stava trattando come un pazzo depresso, no, gli stava mostrando gentilezza, compassione ed empatia. Lui sapeva cosa si provava a toccare il fondo in quel modo. Era l’unico che lo capiva davvero.
«Mi dispiace che tu ti sia sentito così…» riuscì a dire il biondo, mordendosi le labbra.
«Anche a me che tu abbia provato a fare una cosa del genere» replicò l’altro, appoggiandogli una mano sul ginocchio «Possiamo uscirne insieme».
«Come puoi dirlo?»
«Perché siamo più simili di quanto immagini, Draco» mormorò «Dammi il braccio».
«Che cosa vuoi fare?» gli chiese, allungando il braccio incriminato verso l’altro, sentendo una strana fiducia farsi largo in lui.
«Shhh, fidati di me» affermò il moro, facendogli l’occhiolino. Draco annuì. Sì, si fidava di lui.
Harry si schiarì la voce e strinse la bacchetta in un pugno, la puntò al braccio del biondo e sussurrò l’incantesimo, impiegò qualche minuto a ultimarlo, ma quando finì Draco si guardò il braccio esterrefatto, sul suo avambraccio, al posto del marchio nero c’era un tatuaggio che raffigurava un nodo celtico particolarmente intrecciato, Draco restò senza parole e sbatté le palpebre esterrefatto. Al posto di quell’orribile serpente che significava male, c’era un altro disegno, che indicava la continuità della vita o qualcosa del genere, Draco era certo di aver letto qualcosa su quei nodi da qualche parte su qualche libro. Era… bellissimo.
«C-Cosa…?»
«Te l’avevo detto che ti avrei cancellato quel brutto simbolo, ho cercato per settimane un incantesimo utile allo scopo, ma con scarsi risultati, fino a che non ho trovato questo» spiegò grattandosi la nuca con imbarazzo «Scioccamente, cercavo un modo, sai, per cancellare. Ma non esiste, gli errori non si possono cancellare» sospirò «Anche se vorremmo, restano lì, indelebili. Ma… possiamo imparare da essi e riprendere in mano la vita, perdonare noi stessi e andare avanti. Nel nostro caso, da maghi, abbiamo la possibilità di mascherare un po’ l’errore» disse mettendo una mano sul suo avambraccio, Draco trasalì al tocco, nessuno lo aveva mai toccato lì, non da quando aveva preso il marchio, da quando era tornato a scuola, da quando avevano scoperto il suo orientamento sessuale… era strano sentire una mano calda in quel punto «Lo so che è difficile andare avanti, ma… insieme possiamo farcela».
«Harry…» sussurrò Draco, mettendogli una mano sulla spalla, il moro lo guardò negli occhi e gli sorrise «Grazie».
«Figurati…» replicò in un sussurro, avvicinando il viso al suo. Draco restò immobile, come se cercasse di capire cosa stesse prendendo al moro, ma quest’ultimo si allontanò in fretta.
«Stai bene?» chiese il biondo «Hai assunto un’espressione strana poco fa».
«Allora, ti piace il tuo nuovo tatuaggio?» chiese Harry, ignorando la sua domanda.
«Non cambiare argomento, Potter, riesco a capire benissimo quando uno cerca di farlo».
«Sto bene, sto bene!» esclamò «Non ho niente». Non sapeva cosa gli fosse preso, aveva provato l’impulso di baciarlo. Era stato un pensiero così rapido e inaspettato che se ne era reso conto quasi subito. Aveva bisogno di una via d’uscita in quel momento e Draco sembrò capire perché annuì semplicemente; gli strizzò una spalla e gli fece un sorriso tirato annuendo.
«Sì, il tatuaggio è bellissimo». Harry gli fu grato per aver fatto cadere l’argomento. Non era pronto per mettersi a nudo in quel modo, non era pronto, doveva prima capire quali fossero i suoi reali sentimenti per il biondo. Era confuso.
«Ti dona» disse Harry «Adesso sembri più attraente».
«Mi trovi attraente, Potter?» chiese divertito, allentando un po’ i toni della conversazione.
«Uhm…» le gote di Harry si tinsero di rosso «S-Sì» rispose.
Draco arrossì e si morse le labbra, trovandolo adorabile e baciabile, in quel momento. Anche lui trovava Potter affascinante e attraente, ma il Grifondoro era etero, giusto? Non avrebbe mai provato niente per lui. Preferiva averlo come amico, piuttosto che non averlo proprio nella sua vita.
Non avere la sua presenza fastidiosa e costante, sarebbe stato come ripiombare nella disperazione dei primi mesi di scuola. E ancora non gli aveva detto delle voci che sentivano sul suo conto. Sperava solo che non la prendesse male, ma perché rischiare? Stava così bene con lui... non era il caso che lo sapesse al momento.
Alla fine, restarono nella stanza di Draco a parlare e a raccontarsi esperienze tristi passate, a cercare di farsi forza a vicenda, magari insieme sarebbero riusciti a superare i traumi e le ferite sia fisiche che psicologiche, che Voldemort e la guerra avevano lasciato su di loro. Era un sollievo poterne parlare con qualcuno che capisse davvero.
«Come va con il tuo crup?»
Draco alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, riconoscente che avesse cambiato argomento per un attimo «Benissimo! Ti va di vedere cosa gli ho insegnato nelle ultime settimane?»
«Sicuro, fammi vedere!»
Il Serpeverde chiamò il cucciolo con un fischio ed esso subito si svegliò, poi lo raggiunse di corsa, saltando sul letto e scodinzolando allegramente. Harry rimase il resto della notte con il biondo a giocare con il cucciolo di crup che si destreggiava nelle sue abilità, facendo ridere i due maghi, permettendo loro di rilassarsi un po’ e dimenticare, almeno per qualche ora, tutti i loro problemi e tutto ciò che affiggeva i loro animi. Harry rientrò nel dormitorio dei Grifondoro all’alba, dopo aver passato la nottata più strana, emotiva e… irreale della sua vita.
 


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni

[1] Info sulle Maledictus (sì, è femminile) le ho trovate su Harry Potter Wiki --> link
[2] Ovviamente, in inglese lupo è “wolf” quindi non è così ovvio sapere che “lupus” significhi “lupo”, in italiano per assonanza di suoni uno può anche arrivarci, ma in inglese la vedo difficile.
 
Hi peps!
Indovinello: chi è l'autrice sfigata che prima ha problemi con il PC e poi con l'editor? Chi, io? NAAAAH. Scusatemi il ritardo ma le congiunzioni astrali oggi erano contro di me.
BTW, eccomi qui! E benvenuti in questo nuovo capitolo! :D
Oggi parleremo del fatto che io non so scrivere poco. Lo so, questo era un pippone di quasi 15k, ma capitemi… non avrei potuto dividerlo ç_ç vi chiedo venia, davvero, per la lunghezza. Ho provato a togliere una parte e a passarla nel terzo, ma… peps, non si capiva più un ciufolo!
Ma, analizziamo come i nostri #maicorvonero del cuore riescano ad amarsi senza dirselo. (Draco che pensa che Harry sia etero, pooovero #maicorvonero, non sai niente).
Allora. Che ne pensate? Vi è piaciuto questo capitolo? :D
Personalmente, ho amato scrivere la parte con Fierobecco e quella del marchio che cambia e la partita di Quidditch con Harry super protettivo <3. Ah, a proposito, il tatuaggio nuovo di Draco lo trovate in fondo alla pagina. :D
E cosa dire, follettini e follettine? Ho reso alcuni Corvonero piuttosto stronzi (che si sono alleati con i Grifondoro, obv) per non far partire tutto sempre dai Grifondoro che poi è una dinamica che rompe un po’ LOL
Ringrazio con tutto il cuore Estel84 e Eevaa che hanno recensito lo scorso capitolo, tutti coloro che hanno visualizzato e aggiunto alle varie categorie e chi mi manda recensioni in privato, ogni feedback è sempre molto gradito! :3
Mi dispiace che la settimana prossima saremo già alla fine di questa storia ç_ç
Ma non preoccupatevi, non vi lascerò a secco! Ho già in serbo per voi una GRANDE sorpresa che arriverà molto presto su questi schermi u.u la settimana prossima fornirò più info :D Intanto vi do una news, dato che sto diventando più social, è da qualche mese che ho creato un piccolo album su fb, dove pubblico le pics relative alle storie (è ancora piuttosto scarno, ma piano piano i contenuti arriveranno!) chi fosse interessato, a vedere le mie discutibili capacità grafiche è il benvenuto nel mio gabine… ehm,(citazione sbagliata) sul mio profilo FB (Chiara Efp) e può spulciare in tranquillità le pics! Alcune sono sottospecie di collage che “riassumono” la storia, altre sono fanart trovate a caso sul web, su cui ho aggiunto frasi delle storie.
Intanto vi do appuntamento a sabato prossimo con l’ultima parte di questa short-fic!
See you on Saturday!
Love ya, peps!

 

Questo è più o meno il tatuaggio che compare al posto del Marchio Nero sul braccio di Draco. :D

                                                                                                                   
 
Fatto il misfatto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Something like this. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa.


WARNING!
Sono trattati temi particolari come bullismo, omofobia e altre merdate simili. Se sono argomenti a cui siete particolarmente sensibili, evitate di leggere.

 
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Out of Ashes

Capitolo 3: Something like this.



Era una fresca mattina di metà aprile, la primavera stava arrivando un po’ in ritardo quell’anno, ma già si potevano vedere in lontananza i primi fiori che spuntavano dall’erba. La brezza fresca di prima mattina scompigliava i capelli biondi di Draco, che passeggiava all’esterno del castello con Lupus, il cucciolo di crup, che insieme a Harry Potter, gli aveva salvato la vita. Ogni tanto gli lanciava un rametto e lui lo riportava indietro, il biondo gli faceva una carezza delicata sulla testa e lanciava di nuovo il bastone, ogni tanto gli dava qualche bocconcino per premiarlo. Era davvero rilassante e nelle ultime settimane, Draco si sentiva bene con se stesso. Non sapeva se fosse merito del fatto che al posto del Marchio Nero ci fosse un tatuaggio con un significato completamente diverso da quello precedente o dal fatto che fosse stato Harry a trasfigurare quel marchio. Le voci sulla sua presunta relazione con Harry erano arrivate alle orecchie del Grifondoro, che aveva preso piuttosto bene la notizia, non si era sconvolto per niente, anzi aveva commentato dicendo: «A loro cosa importa? Chi voglio portarmi a letto sono affari miei» e poi aveva aggiunto «Beh, almeno pensano che abbia buon gusto in fatto di ragazzi». Draco era rimasto sorpreso da questo suo atteggiamento, ma era particolarmente sollevato che avesse preso bene la faccenda.
Improvvisamente si ritrovò a pensare a Harry, al suo viso, ai suoi capelli spettinati, alla sua passione per le creature magiche, alla sua dolcezza e alla sua premura, non aveva mai incontrato una persona come lui e si pentiva ogni giorno di averlo tormentato negli anni precedenti. Provava per il Grifondoro un sentimento stranissimo, che non aveva mai provato per nessuno. Era qualcosa che lo riscaldava dentro, che prescindeva da qualsiasi altra cosa, che lo rendeva… imbarazzato e gli faceva battere il cuore in modo forsennato. Inizialmente aveva creduto che fosse solo riconoscenza, il senso di imbarazzo doveva essere dovuto al fatto di essere dipendente da lui, ma si era reso conto che non era affatto così. Non aveva ancora un nome per quello (sospettava che si trattasse di quella temutissima parola che iniziava con la “a”) ma sapeva che era qualcosa di forte. Condividevano qualcosa di… unico. Entrambi avevano affrontato un periodo oscuro che li aveva fatti sprofondare in un baratro senza fine, ma Harry era riuscito ad uscirne e… aveva tirato fuori anche lui. Gli aveva teso una mano, gliel’aveva stretta forte e non lo aveva più lasciato andare. Era diventato suo amico, lo aveva protetto, lo aveva salvato, aveva modificato il marchio ed era diventato importante per lui, essenziale. Lo aveva conquistato, senza che lui se ne rendesse conto. Il giorno prima lo guardava con gli occhi di un amico, il giorno dopo… tutto era cambiato. Non era successo velocemente, no, se ne era reso conto molto lentamente e quando si era ritrovato davanti ai suoi sentimenti, non aveva potuto negarli con se stesso, aveva dovuto ammettere la realtà dei fatti: provava qualcosa di profondo per lui. Se ne era accorto la sera in cui Harry era rimasto fino all’alba con lui, durante la quale avevano parlato, dopo essersi confessati reciprocamente il loro peggiore momento del dopoguerra, se ne era accorto quando Harry aveva ignorato le sue richieste di andare via e lo aveva curato e poi era rimasto accanto a lui e lo aveva abbracciato, se ne era accorto ogni volta che il moro aveva passato un istante con lui, in cui lo aveva fatto sentire meno solo.
A volte, quando pensava a lui o gli era vicino, sentiva qualcosa di indecifrabile espandersi nel suo petto, qualcosa che lo lasciava sempre con una sensazione strana alla bocca dello stomaco e quando lo abbracciava, sentiva una dolce sensazione di pace avvolgerlo completamente, si sentiva al sicuro tra le sue braccia. Essere consapevole di questo, però, lo faceva soffrire… Harry era etero e di certo non avrebbe mai provato qualcosa per lui. Doveva mettere a tacere quegli stupidi sentimenti che provava, doveva smetterla di essere così patetico. Averlo come amico era già sufficiente.
«Ehi, ma guarda chi c’è senza la sua guardia del corpo» la voce del suo incubo personale lo fece trasalire. No, non di nuovo. «La puttana di Harry Potter!»
Draco non rispose alla provocazione, ma fischiò, richiamando il suo crup. Voleva prenderlo e andare via da lì, prima che quel tizio decidesse di fare qualcosa.
«Cosa? Non rispondi?» il ragazzo gli si avvicinò pericolosamente e Draco indietreggiò spaventato.
«Lasciami in pace» disse a denti stretti. Lupus ringhiò e con un balzo si frappose tra il biondo e il Corvonero. Draco temette che potesse fare del male al suo crup, gli fece segno di spostarsi da lì, ma lui continuò a ringhiare contro l’aggressore.
«Altrimenti che fai? Corri da Potter e gli dici che ti ho dato fastidio?» chiese quello, sprezzante «O mi sganci contro il tuo temibilissimo cane magico?»
«Lasciami in pace. Non voglio altri problemi da uno come te».
«Saresti dovuto morire. Non meriti di essere in questa scuola, quando quelli come te l’hanno distrutta». Draco aprì la bocca per rispondere, ma dovette inghiottire a vuoto: era vero. Quelli come lui erano colpevoli di troppe morti, lui stesso aveva permesso che loro entrassero nella scuola e quella cosa non sarebbe mai cambiata. Nessuno avrebbe potuto cambiare quella cosa, neanche la sua amicizia con Potter. Cercò di pensare alle parole d’incoraggiamento di Harry, ma non ci riuscì.
«Sai che ho ragione, vero?» chiese sprezzante il ragazzo, avvicinandosi pericolosamente a Draco. Lupus provò ad attaccarlo, ma era troppo piccolo e il ragazzo con un calcio lo allontanò da lì.
«No! Lupus!» esclamò il biondo disperato «Lui non c’entra niente, è un cucciolo! Che diavolo…?»  il primo pugno lo colpì improvvisamente, non lo sentì arrivare, gli fece perdere l’equilibrio e gli mozzò il fiato nei polmoni. Dovette appoggiarsi a un albero dietro di sé per non cadere, il secondo lo stordì. Poi si sentì afferrare le mani, il ragazzo gli torse i polsi e, con uno scatto, lo spinse di petto contro il tronco dell’albero. L’impatto con la corteccia gli tolse per qualche istante il fiato, mentre il panico si faceva largo in lui. Il biondo provò a ribellarsi, a liberarsi, a dimenarsi, ma questo incrementò ancora di più la presa del ragazzo sui suoi polsi.
«L-Lasciami» mormorò agitandosi. Un ginocchio tra le gambe lo obbligò a restare fermo. Draco deglutì, non capiva cosa stava succedendo, ma gli sembrava tutto… sbagliato. Non avrebbe dovuto essere in quel posto, in quella posizione in quel momento. Deglutì e provò ancora una volta a ribellarsi, ma tutto ciò che ottenne fu una presa ancora più ferrea su di sé.
«Dai il culo a Potter, perché non condividerlo con tutta la scuola?»
«N-Non è vero!» esclamò. Era in preda al panico, ma non voleva che l’aggressore lo capisse, non voleva che si rendesse conto della paura che provava in quel momento. «Non faccio sesso con Harry, lasciami!»
«Harry, lo chiami anche per nome, adesso?» rise quello, premendo ancor di più il ginocchio tra le sue gambe. Draco trattenne il fiato, cercando di scacciare la paura e di ribellarsi, con scarsi risultati. Sentì gli occhi pungere, ma non pianse, non avrebbe mai dato la soddisfazione a quello stronzo di vederlo spezzato in quel modo. «Allora, perché non mostri le tue doti…?» chiese divertito, il biondo si dimenò ancora, scuotendo la testa, cercando di fuggire. «Potrei trattarti come la puttana che sei e smettere per un po’ di darti fastidio, non ti piacerebbe?»
«P-Preferisco essere picchiato, piuttosto che dare il mio culo a uno come te!» esclamò, tirando fuori un po’ del suo vecchio orgoglio assopito. Non seppe come, ma un'improvvisa scarica di adrenalina riuscì a farlo ribellare e a fargli tirare un calcio all’indietro, dritto nelle parti intime dell’aggressore, poi afferrò la bacchetta dalla tasca e si voltò verso di lui, puntandogliela contro. «Lasciami in pace!»
«Questa me la paghi, Malfoy» lo minacciò quello, fece per estrarre la bacchetta, ma Draco fu più rapido e con un Expelliarmus fece volare via la bacchetta del Corvonero. Egli si allontanò per recuperarla e in quel frangente molti studenti iniziarono ad uscire dalla scuola per recarsi alla lezione di Cura delle Creature Magiche, questo impedì all’aggressore di pensare ad altre mosse. «Non pensare che sia finita» detto ciò, se ne andò, lasciando il biondo completamente paralizzato dalla paura. Draco restò fermo qualche secondo, prima di lasciarsi cadere lungo il tronco dell’albero, rannicchiandosi su se stesso, per cercare di rimettere insieme i propri pezzi. Non si era mai sentito peggio in vita sua. Nessuna delle vessazioni a cui era stato sottoposto in quei mesi, lo avevano fatto sentire così. Era certo che se non si fosse opposto, se non avesse avuto quello scatto d’ira, lo avrebbe costretto a fare sesso con lui. E non voleva essere costretto a fare sesso con qualcuno… soprattutto se quel qualcuno aveva solo intenzione di fargli del male fisico.
Raggiunse in fretta il suo piccolo Lupus, che aveva cercato di proteggerlo e tirò un sospiro di sollievo, quando vide che era stato solo stordito, ma ciò non lo fece stare meglio. Lo prese delicatamente tra le braccia «Mi dispiace» mormorò, stringendolo dolcemente a sé «Mi dispiace, mi dispiace, non dovevi metterti in mezzo» singhiozzò accarezzandolo piano.
Sentì tutta la tensione, la paura e il terrore di pochi minuti prima scivolare su di lui e cercò di calmarsi, con scarsi risultati. Quando sentì abbastanza sicuro da potersi alzare, rientrò nel castello e, senza guardarsi indietro, raggiunse i sotterranei, rifugiandosi nel suo dormitorio. Aveva bisogno di tornare lì, coccolare il suo crup e sperare che quelle sensazioni orribili passassero. Aveva bisogno anche di Harry, ma quel pensiero lo fece sentire ancora peggio.
Non poteva… dipendere da lui, ma non sapeva cosa fare. Realizzò in quel momento che quelle sensazioni, quella paura non sarebbero mai passate se non avesse fatto qualcosa, se non avesse parlato con qualcuno non sarebbe mai finita. Harry gli aveva detto più volte che, nonostante i suoi errori, anche lui meritava di andare avanti e di dimenticare il passato, così quel giorno prese una decisione: decise che l’avrebbe fatto, raccolse tutto il coraggio che non aveva mai avuto nella sua vita, senza più riflettere, si scusò mentalmente con il moro per non averne parlato prima con lui e camminò velocemente fino all’ufficio della preside McGranitt. Quando lei lo ricevette, impiegò qualche istante prima di essere in grado di parlare,  ma poi le raccontò tutto quello che aveva subito in quei mesi e della sua paura di non essere creduto a riguardo, le disse degli insulti, delle volte che lo avevano pestato, le raccontò anche di Harry e dell’aiuto prezioso che gli aveva dato in quei mesi, le raccontò veramente tutto… compresi gli eventi di quella mattina e le minacce ricevute. Quel me la pagherai gli aveva fatto accapponare la pelle. La preside volle assicurarsi che stesse fisicamente bene e lo accompagnò personalmente da Madama Chips, nonostante lui le avesse detto di stare bene. Non preoccuparti, mi occuperò personalmente di questa situazione – gli disse per rassicurarlo.
Quella sera stessa, quel Corvonero venne espulso e l'espulsione servì da esempio per tutti gli altri che, in quei mesi, avevano tormentato Draco e lo avevano aggredito.
Per alcuni giorni, dopo l’espulsione del ragazzo, Draco temette una sommossa da parte dei suoi amici. Fu guardingo per alcuni giorni e il suo atteggiamento incuriosì molto Harry, che non smetteva di fargli domande a riguardo, ma lui diceva sempre di stare bene, non aveva bisogno della balia, ma poi pian piano si rese conto che nessuno gli avrebbe fatto nulla e le cose iniziarono ad andare sempre meglio.
Una notte, il nuovo – fastidioso – gufo di Potter lo svegliò nel bel mezzo di un sogno bellissimo, lasciandogli un biglietto da parte del – suo irritante – Grifondoro.
Sbuffò scuotendo la testa e lo aprì per leggerlo: esso avvertiva il Serpeverde che lui stava andando da lui per portarlo a fare una passeggiata notturna fuori dal castello. Non ebbe neanche il tempo di leggere il biglietto che, dopo pochi minuti, sentì dei passi goffi fuori dalla sua stanza, Harry era arrivato con il suo mantello dell’invisibilità davanti alla porta del suo dormitorio, maledetto lui e il giorno in cui gli aveva rivelato la parola d’ordine. Quando gli aprì la porta del dormitorio, il moro lo guardò con un enorme sorriso sul viso, storse dopo pochi istanti il naso, vedendo che fosse ancora in pigiama.
«Sei ancora conciato così?» chiese «Ti avevo detto di vestirti».
«Beh, non mi hai dato il tempo di cambiarmi, il tuo gufo è arrivato nemmeno cinque minuti fa» rispose la serpe, incrociando le braccia al petto e poi aggiunse «Che diavolo vuoi a quest’ora della notte, Potter?»
Un grugnito contrariato giunse alle loro orecchie da uno dei letti della stanza, mentre battibeccavano. Forse era il caso che abbassassero la voce per non disturbare gli altri.
L’altro scosse la testa contrariato e: «Vestiti, ti porto a vivere un’avventura notturna» disse ghignando, il suo tono non ammetteva repliche, sebbene fosse basso per evitare di dare fastidio di nuovo ai compagni di stanza dell’amico, ma questo non impedì a Draco di ribattere.
«Non voglio seguirti da nessuna parte, Potter».
«Forza, non te ne pentirai, dov’è il tuo spirito d’avventura?»
«Sotterrato, insieme alla mia dignità dal giorno che ti ho permesso di essere mio amico» ribatté con sarcasmo l’altro.
Harry rise sottovoce, ma qualcosa nella sua risata fece fremere il cuore di Draco, il quale catalogò immediatamente la sensazione come “fastidio”, poi il grifone gli prese la mano, lo guardò negli occhi e il Serpeverde sentì il proprio respiro dimezzarsi, il cuore battere con forza e la sudorazione aumentare, le sue gote divennero rosse – per fortuna nell’oscurità della stanza, non si notavano – e si perse negli occhi verdi di Harry, che brillavano nonostante la scarsa illuminazione dell’ambiente, anzi sarebbero sicuramente stati in grado di illuminare la stanza. Quegli occhi erano magnetici, dovevano essere dichiarati illegali nel mondo magico, come le maledizioni senza perdono, erano in grado di ammaliare chiunque. «Andiamo, vieni con me, ti prometto che non ti succederà niente» insistette Potter, sorridendo. E così lo convinse, maledetto sorriso illegale di Potter, imprecò mentalmente, poi annuì lentamente e si cambiò in pochi minuti, indossando un paio di pantaloni stretti e una felpa che gli aveva “regalato” Harry, ancora ricordava il giorno in cui gliel’aveva data, erano insieme in riva al Lago Nero ad occuparsi della Piovra Gigante e Draco era accidentalmente scivolato nell’acqua. Harry l’aveva aiutato ad uscire dal lago e poi gli aveva tolto i vestiti bagnati e si era tolto la felpa per coprirlo. Draco non gli aveva più restituito la felpa e Harry non gliel’aveva chiesta, quindi indirettamente gliel’aveva regalata.
Il moro lo guardò con uno sguardo penetrante che lo fece tremare tutto e gli disse: «Niente male! Mi piace quando usi le felpe, sei più carino così! Ehi, questa era mia, vero?» 
«Taci, Potter» replicò lui, senza rispondere, con le gote rosse e un adorabile sorrisetto imbarazzato sulle labbra, poi lo superò ed uscì dal dormitorio, sentendo l’altro seguirlo immediatamente.
Harry lo raggiunse e coprì entrambi con il mantello dell’invisibilità. Draco tremò leggermente, quando sentì il suo fianco strusciare contro quello del Grifondoro. Sentì ancora una volta le sue gote prendere fuoco, ma non disse nulla, gli piaceva il calore che emanava Harry e gli piaceva sentirlo a contatto con sé. Era bello avere qualcuno a cui importasse davvero di lui, era bello che ci fosse una persona, in tutto il mondo magico, che non lo considerava un inutile essere respirante, che non lo usasse come sacco da boxe. Harry gli mise un braccio attorno ai fianchi, “per nascondersi meglio sotto il mantello” e lo condusse fuori dal castello. Quando furono abbastanza lontani da esso e raggiunsero il Lago Nero, il moro tolse il mantello dalle loro teste e lo guardò. Si sedette sull’erba in riva al lago e lo invitò a sedersi accanto a lui.
«Che pace si respira qui, vero?» gli chiese Harry, mentre Draco si accomodava accanto a lui.
«Sì, è veramente rilassante qui» replicò il biondo, piegando le ginocchia verso il petto e mettendoci la testa in mezzo, guardò il lago davanti a sé e sospirò. Erano stati giorni pesanti, quelli. Dall’aggressione si era sentito terrorizzato dal mondo intero, aveva temuto ripercussioni ed era stato detestabile con l’unica persona che non lo meritava. Harry gli aveva chiesto più volte cosa fosse successo, perché si comportasse così, cosa lo avesse turbato, cosa lo spaventasse, ma lui non aveva risposto a nessuna delle sue domande, anzi aveva sempre negato dicendo di non essere spaventato, di essere solo stanco o preoccupato per un test o una qualsiasi altra scusa che inventava su due piedi. Una volta aveva persino detto di aver preso una T in pozioni e Harry… beh, non gli aveva creduto, perché lui non aveva mai preso un Troll in vita sua, in nessuna materia, tanto meno in pozioni che era la sua preferita. Ma l'altro non aveva indagato, gli aveva solo detto “Non mentirmi, quando vorrai dirmelo me lo dirai, ma non mentirmi più, per favore”. Draco era rimasto stupito dal suo atteggiamento. In fondo lo sapeva, Harry non voleva essere invadente, voleva solo che non gli mentisse e gliel’aveva promesso: non avrebbe più mentito, ma non voleva parlarne, non ancora. Harry aveva capito e lo aveva abbracciato. Lo aveva abbracciato davvero e gli aveva detto che ci sarebbe sempre stato per lui, per qualsiasi cosa. E adesso lo aveva portato in riva al lago, per farlo sentire più rilassato.
«Sembri più tranquillo» disse Harry, guardandolo «Nei giorni scorsi eri teso» osservò. Draco poteva sentire il suo sguardo su di sé, ma non disse niente, si limitò ad annuire. Il moro gli mise un braccio attorno alle spalle e lo fece avvicinare a sé. Il biondo restò perplesso qualche istante, ma poi seguì i movimenti del moro e si ritrovò con la testa sulla sua spalla. «Puoi parlarmi di qualsiasi cosa, lo sai?» sussurrò contro il suo orecchio. Il Serpeverde sentì lo stomaco in subbuglio e il cuore impazzito, poi annuì lentamente. Gli avrebbe parlato, voleva solo godersi quegli attimi di pace in sua compagnia.
«È questa la grande avventura di cui parlavi?» domandò, cambiando argomento. Si morse a lingua, dandosi dello stupido.
«No» replicò Harry «Questo è il momento in cui parliamo un po’, poi ti toccherà decidere quale sarà l’avventura: bagno nel Lago Nero o escursione nella Foresta Proibita».
«Bagno nel lago? Sei impazzito? È gelido durante la notte» disse il Serpeverde, allontanandosi da lui e incrociando le braccia al petto.
«Allora breve escursione nella foresta».
«A quest’ora? Ma è pericoloso e poi… ci sono i lupi mannari» borbottò. Il ricordo di Greyback e della paura che gli incuteva lo fece rabbrividire.
«Se non ti conoscessi bene, Draco, direi che hai una gran fifa» lo punzecchiò per distrarlo, si era accorto del suo cambio d'umore, ma non era sua intenzione spaventarlo o altro. Draco si immobilizzò. Aveva appena… detto la stessa cosa che gli aveva detto la prima volta che erano stati nella foresta proibita per punizione, insieme? Il biondo ridacchiò e lo spintonò con forza, scuotendo la testa.
«Sei un idiota!» esclamò «E quello che ha paura non sono io, sei tu».
«Certo come no».
«Bene, allora scelgo la foresta» affermò guardandolo con sfida. Harry ridacchiò e annuì, poi ritornò a guardarlo con quello sguardo carico di qualcosa che Draco non riusciva a decifrare. Allargò di nuovo il braccio e… il biondo non poté fare altro se non appoggiare di nuovo la testa sulla sua spalla. Quando il moro chiuse il braccio attorno a lui, si sentì stretto in un mezzo abbraccio, ma il senso di protezione che avvertì, lo scosse interamente. Come faceva Potter a farlo sentire sempre così? Sempre al sicuro, sempre protetto? Di quali incantesimi era capace? Perché emanava sempre tranquillità e rilassatezza? Perché con lui sentiva che nessuno avrebbe mai potuto fargli del male?
Restarono lì, in silenzio, per un’ora ad osservare la luce della luna che si rifletteva nell’acqua, ancora gelida, del Lago Nero. La mente di Draco volò per infiniti luoghi, non sapeva come avesse fatto Harry a capire che avesse bisogno di quello, era un mistero. Non aveva parole per ringraziare il moro per quello che stava facendo per lui. Non era mai stato bravo a ringraziare gli altri, non era mai stato il tipo di persona che faceva “quelle cose”, ma era necessario. Quella notte era davvero necessario, perché l’aveva aiutato a respirare di nuovo, dopo un lungo periodo di apnea.
«Grazie, Harry» sussurrò a bassa voce, chiudendo gli occhi, sistemandosi meglio contro la sua spalla, era confortevole, e quell’atmosfera rendeva tutto più magico, senza l’uso di incantesimi. «Avevo bisogno di un po’ di pace».
«Lo sapevo» replicò il moro, stringendolo di più a sé con dolcezza. Draco non sapeva come facesse Harry ad essere così dolce e affettuoso con lui, dopotutto quello che gli aveva fatto passare negli anni precedenti, ma gliene era grato. Sospirò pesantemente e annuì.
«Tu sai sempre tutto» replicò «Come fai?»
«Sto imparando a conoscerti» rispose «Non so perché non vuoi parlarmi di quello che ti tormenta, ma… io ci sono per te, per qualsiasi cosa» gli disse piano all’orecchio «Tu sei importante per me, Draco». Il biondo sentì il cuore esplodere nel suo petto e deglutì trattenendo il fiato. Cosa? Cosa aveva detto?
«Harry…» sussurrò alzando il viso verso il suo, il moro lo guardò come per chiedergli cosa volesse e gli mise una mano sulla guancia. No, non stava per… baciarlo, né stava pensando a qualcosa del genere, ma si specchiò negli occhi del moro, si perse in essi e sentì il cuore contrarsi per poi riprendere a battere più forte.
«Non… avevi parlato di una gita nella Foresta Proibita?» chiese, interrompendo bruscamente quell’intimo momento tra di loro. Non sapeva cosa sarebbe accaduto, ma non voleva ancora scoprirlo. Era spaventato da quelle “nuove cose” che stava provando e… non era pronto a niente. E forse neanche Harry lo era.
«Sì, è vero» replicò Harry, staccandosi da lui immediatamente e alzandosi dall’erba, poi gli porse la mano per aiutarlo. Draco la accettò e gli sorrise, l’altro lo tirò in piedi e per un istante, il biondo perse l’equilibrio e quasi cadde sul moro.
«Oh! Scusami, io…»
«Non preoccuparti» mormorò Harry, guardandolo negli occhi, erano di nuovo ad una distanza più che ravvicinata, il cuore di Draco sussultò di nuovo per l’ennesima volta, durante quella tranquilla nottata di luna piena. Il Serpeverde si scostò da lui con le gote rosse e il cuore che martellava nel suo petto.
«Vogliamo andare? O sei tu quello che si spaventa?» chiese sprezzante pur di non far capire all’altro il suo stato interiore «Paura, Potter?»
Harry ridacchiò scuotendo la testa: «Ti piacerebbe».
Draco gli rivolse un sorrisetto furbo e provocatorio e, senza aggiungere nulla, si avviò verso la Foresta Proibita da solo, il Grifondoro lo seguì immediatamente, anzi lo rincorse, letteralmente, raggiungendolo alle spalle, lo afferrò per i fianchi, facendolo sobbalzare; dopo un primo attimo di panico, si rese conto che fosse lui e scoppiò a ridere, ribellandosi alla sua presa, ma senza troppa voglia di essere lasciato.
«Non puoi scapparmi, Malfoy!» esclamò divertito, stringendolo. Il biondo si sentì stranamente al sicuro e pensò di non voler scappare da quella stretta confortevole. Stava bene lì con lui, realizzò. Si voltò verso di lui e lo guardò ridacchiando, poi insieme accesero le bacchette con un Lumos e si avventurarono all’interno della Foresta Proibita.
Era tetra, oscura, ma non ne aveva paura come a undici anni, anzi. Dopo tutto quello che avevano affrontato, beh, sembrava addirittura una passeggiata e poi Potter sembrava sapere esattamente dove andare, come muoversi. Sembrava averci passato molto tempo, in quella foresta. Proseguirono, stando attenti alla natura che li circondava e a qualsiasi creatura si aggirasse lì, era stranamente eccitante essere lì, in compagnia di Potter, dopo così tanti anni.
Mentre pensava questo, Draco mise un piede in fallo e quasi cadde in una radice, Harry fu lesto nell’afferrarlo per i fianchi e ad impedirgli di rotolare rovinosamente per terra e rompersi qualche arto. Il cuore del biondo sussultò, quelle braccia forti lo stringevano e quel petto muscoloso e caldo lo sosteneva. Sentì uno strano formicolio lungo il corpo.
«Stai bene?» sussurrò il moro.
«S-Sì, sto bene, grazie» replicò. Il Grifondoro lo lasciò andare solo dopo essersi accertato che stesse davvero bene e lo aiutò, galantemente, a superare quella radice ostile. A Draco i suoi modi di fare piacevano fin troppo. O forse gli piaceva lui, pacchetto completo. Proseguirono ancora, stavolta, stando molto più attenti alle radici che sporgevano dal terreno e, improvvisamente, in lontananza si sentì un ululato, il Serpeverde sussultò e afferrò istintivamente la mano dell’altro, quest’ultimo non disse niente, si limitò a stringergliela e gli sorrise teneramente. Continuarono la loro gita mano nella mano, fino a che non arrivarono in un piccolo boschetto isolato. Non sembrava esserci nessuna creatura oscura o maligna, così si sedettero sopra ad un’enorme radice, sotto un vecchissimo albero, non molto distante dal lago della foresta.
«Non molto lontano da qui c’è il campo dei centauri, dall’altro lato c’è la tana di Aragog, che ormai penso sia popolata dai suoi terrificanti figli e figlie… e lì» indicò il lago «Ho evocato il mio Patronus più potente» disse «Tu sai evocare un Patronus?» Draco a quella domanda si irrigidì e annuì «Forte, e lo evochi corporeo? Che forma ha?» chiese curioso Harry.
Draco arrossì «Corporeo, sì, è un drago, un Nero delle Ebridi, per essere precisi» il moro lo guardò con curiosità.
«Quando hai imparato?» chiese.
«Uhm, a tredici anni, quando lo hai imparato anche tu» rivelò «Ti ricordi al terzo anno quando, durante la partita, io, Tiger e Goyle abbiamo fatto finta di essere dei dissennatori e tu hai lanciato il patronus contro di noi?» Harry annuì, lo ricordava bene, i dissennatori per lui erano stati un vero incubo, per tutto il terzo anno, prima di imparare quell’incantesimo e Malfoy si era particolarmente divertito a ricordargli costantemente quel suo problema «Non sopportavo che tu sapessi evocarlo e io no. Così… ho letto sull’argomento in biblioteca e… ho imparato l’incantesimo» disse con aria mesta. Per sua fortuna, il suo senso di rivalità nei confronti del Grifondoro, per una volta, era stato provvidenziale e gli aveva salvato la vita, perché quando aveva “salvato Potter” fingendo di non riconoscerlo, Voldemort aveva punito lui e la sua famiglia e aveva lasciato tre dissennatori a casa sua, uno per ogni membro dei Malfoy traditori. Rabbrividì, se non avesse imparato quell’incantesimo, sarebbe morto nella sua stanza. Voldemort non aveva idea che lui sapesse evocare un patronus ed era stata una fortuna per lui, perché con quello aveva tenuto quei mostri fuori dalla sua stanza.
«Hai imparato? Da solo?» Draco annuì «Wow, sei un mago incredibile, io ci ho messo una vita ad impararlo…» disse Harry, facendolo gongolare per un attimo «E quali sono i pensieri felici che hai scelto?»
Un piccolo sorriso ferì le labbra del biondo «Alcuni ricordi legati alla mia infanzia, i miei genitori non sono sempre stati… come li hai conosciuti tu, sai?» fece appoggiandosi a lui, sorridendo appena «Quando ero piccolo, erano severi, sì, ma c’erano dei giorni in cui ero davvero felice. E avevo questo ricordo di mia madre che una sera entrò in camera mia e mi raccontò una delle storie del libro le Fiabe di Beda il Bardo, lo conosci?» Harry annuì «Quel ricordo mi ha aiutato ad evocare il Patronus e mi sono esercitato per tutta l’estate, di nascosto, fino a che non l’ho evocato corporeo» disse «E impararlo mi ha salvato la vita».
«Sei veramente incredibile…» mormorò Harry guardandolo con intensità, era così vicino che sarebbe bastato un alito di vento per eliminare la distanza. Draco arrossì e scosse la testa, voltandosi dall’altro lato.
«Quindi… uhm, mi hai portato qui per parlarmi delle tue magiche avventure o per farmi il terzo grado?» chiese a disagio.
«N-No, certo che no» arrossì e, sentendosi improvvisamente imbarazzato, abbassò lo sguardo. Draco riuscì a sentire l’aria divenire tesa tutta intorno a loro. Restarono in silenzio per qualche minuto, poi si sentirono di nuovo dei versi di creature selvatiche echeggiare nell’aria. Draco iniziò a maledire il momento in cui aveva seguito Harry laggiù. Si fece più vicino a lui e il moro, accorgendosi del suo timore, gli prese delicatamente una mano, stringendola tra le sue.
«Non aver paura, non può succederti niente».
«Perché? Perché sono con il prode Harry Potter?» chiese il biondo, cercando di risultare sarcastico, mentre dentro di sé sentiva mille sensazioni travolgerlo, senza che lui potesse frenarle.
«Esattamente, ti proteggerò io» affermò come se volesse flirtare. Draco si irrigidì, sentendo una brutta sensazione farsi largo in lui, che diavolo voleva dire? Fece per lasciargli la mano, ma Harry gliela strinse ancora.
«Okay, dai, adesso basta…» mormorò, cercando di liberarsi dalla sua stretta.
«Non è un problema, mi piace tenerti la mano» disse in un sussurro, ancora con quel tono seducente, ma cosa gli era successo all’improvviso? Perché lo stava prendendo in giro in quel modo? Era crudele da parte sua, non voleva essere un esperimento per Harry, avrebbe sofferto troppo.
«Non scherzare, a te non piacciono gli uomini» disse «Non dovrebbe piacerti».
Harry alzò gli occhi al cielo e sbuffò, distolse lo sguardo da quello del biondo e annuì, lasciandogli la mano visibilmente ferito.
«Giusto, hai ragione» disse, ma il suo tono parve addolorato. Draco si chiese cosa fosse appena accaduto e perché quella reazione, ma non indagò. Non erano problemi suoi. Scese di nuovo il silenzio tra di loro, fu spezzato da Harry che si alzò e suggerì di tornare al castello, perché ormai era tardi. Draco si diede dell’idiota mille volte per aver rovinato la piacevole nottata con Harry. Il moro era così pieno di buone intenzioni nei suoi confronti e lui era solo in grado di chiudere porte in faccia a chiunque, ecco perché non sarebbe mai stato felice.
«Harry?» lo chiamò piano.
«Sì?»
«Mi dispiace» disse «Possiamo restare e… parlare un po’? Ho bisogno di dirti una cosa».
«Certo» rispose Harry, rivolvendogli un sorriso un po’ triste. Si spostarono da lì e raggiunsero il lago della foresta, si sedettero in riva ad esso. Draco restò in silenzio, ponderando bene cosa dire e come dirlo. Voleva dirgli dell’aggressione, voleva che lo sapesse, quanto meno voleva che sapesse che grazie a lui aveva tirato fuori il coraggio che fin dall’inizio dell’anno gli era mancato. Prese un profondo respiro e gli raccontò di quanto accaduto, gli disse dell’aggressione, delle allusioni sessuali, delle minacce ricevute quel giorno e tutto il resto. Harry restò allibito per qualche istante, non aveva mai creduto che potessero spingersi così oltre, non avrebbe mai immaginato che tentassero di fare una cosa del genere a Draco. Improvvisamente le parole che il Corvonero gli aveva detto dopo la partita, gli tornarono in mente: «Adesso che si fa scopare da te, Malfoy pensa di avere le spalle coperte? Illuso. Quella piccola puttanella mangiamorte la pagherà per tutto quello che ha fatto e anche di più». Non aveva badato ad esse, avrebbe dovuto prestare più attenzione a quello che gli aveva detto, avrebbe potuto prevedere una cosa del genere, avrebbe potuto proteggere meglio Draco. Dannazione, come aveva fatto ad essere tanto stupido?
«E… e quando avevi intenzione di dirmelo?» chiese, stringendo i pugni, venendo travolto da una rabbia che non provava da anni. Come avevano osato aggredire Draco in quel modo? Come avevano osato tentare di fargli del male in quel modo? «Come faccio a proteggerti, se non mi parli di queste cose?»
«Non devi proteggermi sempre tu» mormorò a bassa voce «E me ne sono occupato io».
«Te ne sei occupato…? In che senso?»
«Sono andato dalla McGranitt» confessò «Le ho raccontato tutto riguardo gli ultimi mesi, anche di te e di quello che hai fatto per me» gli disse «E lei ha espulso quel tizio e… gli altri non si sono fatti più vedere».
«Davvero?» l’altro annuì e Harry gli baciò la guancia dolcemente «Sono fiero di te».
«Sei il primo a dirmi una cosa del genere» mormorò il biondo, sorridendo con le gote rosse «E… sappi che ero preoccupato per questo, temevo una ripercussione su di me da parte loro ed ero bloccato… ma sono stanco di avere paura». Harry annuì, comprendendo le sue parole. Si chiese come mai si fosse perso l'espulsione di quel tale, sarebbe stato in prima fila ad esultare. Nessuno nella scuola ne aveva parlato, dannazione. «Grazie, davvero» sussurrò e per la prima volta, fin da quando erano amici, fu lui a prendere l’iniziativa e ad abbracciare il Grifondoro, che in meno di un secondo, lo strinse forte tra le sue braccia, un abbraccio caldo, protettivo, dolce, nel quale Draco si sentì finalmente al sicuro da ogni cosa, nel quale si sentì… a casa «Avevo bisogno di passare un po’ di tempo così. Senza… preoccuparmi degli altri e di parlare del resto» sussurrò «Quindi grazie, Harry».
«Non ringraziarmi, lo faccio con piacere» sussurrò in risposta, stringendolo a sé «Possiamo restare tutto il tempo che vuoi, non voglio tornare al castello, sto bene qui con te» mormorò. Sì, aveva ragione, era piacevole e si ritrovò a sperare di essersi sbagliato riguardo a Harry, sperò che potesse esserci una possibilità che lui ricambiasse i suoi sentimenti, ma sapeva che era impossibile e lui non voleva rovinare la loro bellissima amicizia a causa di quello che provava, così si costrinse ad ignorare il battito accelerato del suo cuore e le farfalle che aveva nello stomaco vicino a lui e si convinse che fosse solo un suo amico, un ottimo, magnifico, bellissimo, perfetto amico, per il quale provava qualcosa, ma… era solo un amico, non poteva essere nient’altro per lui.
Ritornarono al castello alle prime luci dell’alba, Harry accompagnò Draco con il suo mantello fino all’ingresso della Sala Comune di Serpeverde e, prima di andare via, gli stampò un delicato bacio sulla guancia, poi si coprì con il mantello e si dileguò, lasciandosi un perplesso Draco alle spalle che si portò la mano sulla guancia appena baciata, chiedendosi se ciò che era appena successo fosse stato un sogno o meno.
 

 
Harry si svegliò di soprassalto di nuovo. Il cuore che batteva freneticamente nella cassa toracica, il respiro accelerato: aveva sognato di nuovo Draco. Aveva sognato se stesso spingere il Serpeverde contro un muro e baciarlo con passione. Si era visto mentre lasciava scivolare le mani sulla sua divisa, mentre le infilava sotto i suoi vestiti e poi si erano ritrovati sul suo letto, nel dormitorio. Aveva spogliato il biondo, lo aveva baciato, aveva cosparso il suo corpo di baci e di morsi e poi… avevano fatto l’amore, tra sospiri pesanti e gemiti. Era perennemente confuso da quello che provava per il Serpeverde. All’inizio, era davvero intenzionato solo ad aiutarlo, ad essergli amico, poi… le cose erano cambiate lentamente. Giorno dopo giorno, Draco era diventato sempre più importante per lui, come una figura fissa, un pensiero costante. Un po’ come al sesto anno, ma questa volta non aveva intenzione di scoprire cosa tramasse, stavolta voleva solo stargli vicino, essergli amico… magari essere qualcosa di più per lui. Da alcune settimane, aveva iniziato a sognarlo, sogni sempre più vividi, in cui lui e il Serpeverde si scambiavano appassionati baci, era arrivato alla conclusione che Draco gli piaceva e anche tanto, non poteva negare la forte attrazione che provava per lui, eppure… non riusciva a capire quale altro sentimento lo legasse all’altro. In quei mesi avevano legato molto, poteva azzardare a dire che fossero diventati amici o qualcosa di molto simile. Teneva molto a Draco, voleva aiutarlo a superare l’anno indenne, ma non riusciva a toglierselo dalla testa, era sempre lì, come un piccolo tarlo, sempre presente. Durante la giornata, se non lo vedeva, si chiedeva dove fosse, se stesse bene, se fosse in pericolo; quando lo vedeva sorridere, si sentiva fiero di se stesso, per averlo reso felice; quando erano insieme era irrimediabilmente felice, lo guardava e non riusciva a staccare gli occhi da lui, tuttavia non faceva mai una mossa verso di lui, perché temeva che fosse come con Ginny. Aveva creduto di essere innamorato di lei e aveva finito per deluderla, ferirla. Non voleva deludere o ferire anche Draco, non voleva farlo soffrire ancora di più, non meritava che anche lui infierisse nella sua precaria situazione.
«Non riesci a dormire?» la voce di Ron lo fece destare dal suo stato di confusione; come si era accorto che si fosse svegliato improvvisamente? Harry lo guardò perplesso e il rosso si voltò verso di lui, appoggiandosi su un fianco «Si sente il tuo cervello elaborare pensieri fino a qui e… inoltre, sono abituato, condivido la stanza con te da anni e negli anni precedenti i tuoi risvegli erano più… bruschi» gli disse a bassa voce per non disturbare gli altri tre ragazzi che dormivano «Cosa ti tiene sveglio? Sono diverse notti che non dormi bene e che sei sempre pensieroso, avanti, parlami».
Harry sospirò, fin da dopo la partita, dopo la loro discussione, i rapporti tra lui e Ron erano stati un po’ freddi, avevano chiarito, certo, ma non si sarebbe mai aspettato una conversazione del genere. Doveva dirglielo o no? «C’entra Malfoy?»
«Come sai…?»
«Perché sei il mio migliore amico, ci conosciamo da quando avevamo undici anni e siamo cresciuti praticamente insieme» lo interruppe il rosso «Quindi è lui?»
Harry annuì, rassegnato. Con Ron non l’avrebbe mai spuntata, ne era certo, quando si metteva in testa di parlare di qualcosa, non lo fermava nessuno e lui non aveva la forza di discutere in quel momento, inoltre aveva davvero bisogno di capire cosa gli stesse accadendo. Aveva sempre saputo di provare interesse anche per i ragazzi, ma non aveva mai pensato a Draco in quel senso, almeno non fino a un paio di settimane prima.
«Ti piace?» chiese Ron, come se fosse stata la cosa più logica del mondo da pensare, dopo il suo silenzio prolungato. Harry spalancò gli occhi stupito dalla sua domanda «Oh andiamo, devo fare tutto da solo?» chiese «Lo so che ti piace, è palese. Lo cerchi sempre, sei sempre felice quando sei con lui e… ti brillano gli occhi quando si parla di lui».
«Come… come te ne sei accorto?»
«Ti conosco bene» rispose Ron «Allora ci ho preso? Lui ti piace?»
«Credo… credo di sì» Harry deglutì, sentendosi a disagio «Voglio dire, non è la prima volta che mi piace un ragazzo… ma è la prima volta che mi sento così bene con lui e… vorrei che il tempo con lui non finisse mai».
«Amico, dovresti fare la prima mossa» disse Ron con semplicità.
«Cosa?» chiese l’altro spalancando gli occhi «Ron, non posso farlo. Non sono sicuro di quello che provo e non voglio rischiare di ferirlo come ho fatto con Ginny» disse, abbassando lo sguardo «Ho fatto già l’errore di lasciarmi trascinare dai sentimenti che poi… si sono rivelati infondati. Non voglio che lui soffra a causa mia, è già abbastanza triste».
«Sei un idiota, tu sei uno che dà tutto se stesso nelle relazioni. Lo so, con Ginny non è finita bene, so che tenevi a lei, ma forse… non era quella giusta e c’è stata la guerra, Harry, entrambi avevate i vostri problemi da risolvere e non riuscivate a capirvi» Harry annuì, conscio che Ron avesse ragione «Ma questo non deve frenarti dall’essere felice» continuò «Ascolta, so che sono stato pessimo nei tuoi confronti con la storia di Malfoy, ma… non avevo capito quanto fossi coinvolto. Se lui ti rende felice, Harry, dovresti fare il primo passo, perché lui, lo conosci, non lo farà mai» gli disse, il moro spalancò gli occhi sorpreso «Meriti di essere felice anche tu, dopo tutto quello che abbiamo vissuto e, sì, hai ragione, anche lui merita un po’ di serenità».
«Da quando sei così saggio?» Ron ridacchiò e scosse la testa. Per un momento pensò a un paio di giorni prima, quando Hermione lo aveva fermato nel corridoio e lo aveva trascinato in uno stanzino delle scope per pomiciare. La sua ragazza era una strega in tutti i sensi, prima lo aveva sedotto e poi lo aveva messo con le spalle al muro. Devi parlare con Harry, gli aveva detto tra un bacio e l’altro, non voglio che sia infelice e lui con Malfoy è felice, devi dirglielo tu, Ron. Lui non aveva capito le intenzioni della ragazza, non subito almeno. Ron, se tu non parli con Harry, non si convincerà mai a fare il primo passo e lo vedremo sempre triste e solo, sappiamo tutti e due che Malfoy non farà mai il primo passo. Lo sai anche tu che è innamorato di lui, lo hai visto come lo protegge? Hai visto i suoi occhi quando sono insieme o quando parla di lui? Non ha mai fatto con nessuno così. Il rosso era rimasto sulle sue per un po’, ma poi la sua ragazza aveva centrato il punto: la felicità di Harry. Tutti loro avevano sofferto, tutti solo avevano perso qualcosa, Harry portava sulle sue spalle il peso delle vittime della guerra, il peso di non essere riuscito a salvare tutti, il peso di essere stato il prescelto. E per tutto quel tempo, non aveva avuto nessuno che si prendesse cura di lui, aveva eretto una barriera attorno a sé, barriera che stata infranta solo quando aveva iniziato ad aiutare Draco Malfoy. Per favore, parlerai con Harry? Voglio solo che il mio migliore amico sia felice, tanto quanto lo siamo noi.
«Uhm… sono nato così, no?» domandò ironicamente, ridacchiando. Harry gli lanciò un cuscino e scoppiò a ridere. Neville, Seamus e Dean si lamentarono per il rumore che i due ragazzi svegli stavano facendo e i due si guardarono per un attimo, prima di rendersi conto che non avrebbero dormito affatto. Si scambiarono un’occhiata di intesa e poi uscirono dal dormitorio, raggiungendo la Sala Comune, trascorsero il resto della notte a giocare a scacchi e a prendersi in giro come non facevano da tempo. Una piccola parte di Harry sapeva benissimo che Ron gli avesse parlato per merito di Hermione, ma aveva anche scorto la sincerità nel gesto del suo migliore amico.
Per la prima volta, dalla fine della guerra, Harry si sentì di nuovo in sintonia con Ron. Il discorso con il rosso era stato utile, ma ancora non sapeva cosa fare con Draco. Doveva ascoltare il suo consiglio e gettarsi in quella missione impossibile o doveva continuare a seguire il suo istinto e aspettare il momento giusto?
 

 
Nei momenti più bui, quando sapeva di non avere alcuna via di fuga da ciò che lo circondava, quando si sentiva oppresso nella scuola a causa degli altri studenti, adesso Draco sapeva di avere un luogo in cui poter andare: nel giardino di zucche di Hagrid, proprio accanto al recinto con i piccoli crup non ancora adottati e a quello degli snasi. Il guardiacaccia gli aveva dato il permesso e con l’arrivo della primavera, il Serpeverde trovava particolarmente rilassante sedersi sull’erba con il primo sole caldo sul viso e mettersi a leggere un buon libro. Di solito, andava lì con Lupus, il quale o si accoccolava vicino a lui o si metteva a giocare con gli snasi, non andava particolarmente d’accordo con quelli della sua specie, ma i piccoli snasi erano i suoi preferiti, soprattutto quello di Harry, che non perdeva mai l’occasione di infastidire il piccolo Lupus. Draco trovava divertente la somiglianza tra lui e il suo cucciolo, entrambi restii a fidarsi degli altri, entrambi che apprezzavano la compagnia della persona o creatura più improbabile e più fastidiosa. Draco sospirò, girando una pagina del suo libro, era da tempo che le cose andavano discretamente meglio rispetto all'inizio della scuola, la giornata era stata particolarmente piatta, non era neanche stanco, ma sentiva una pesantezza strana addosso che l'aveva spinto a trovare rifugio in quel luogo. Nell’ultimo periodo, l’atteggiamento di Harry era cambiato, era diventato più distante, come se avesse intenzione di prendere le distanze da lui o qualcosa del genere. Non capiva se era parte del suo “piano” per far smettere le voci sulla loro presunta relazione o se era successo qualcosa; aveva fatto qualcosa per offenderlo? Aveva sbagliato qualcosa?
Era costantemente in dubbio, le cose erano cambiate dalla “gita” nella foresta proibita, lo aveva sentito, qualcosa nel loro rapporto era cambiato, ma non riusciva a capire cosa. Se da un lato si era reso conto dei suoi sentimenti crescenti per il moro, dall’altro temeva che lui potesse essersi pentito di tutto quello che avevano condiviso in quel periodo. Gli mandava sempre dei segnali contrastanti e lo lasciava nel dubbio.
Quando passavano il tempo insieme, era come se il moro non fosse presente, come se avesse la testa altrove, era sempre pensieroso, strano, triste. Draco non lo capiva davvero, era diverso dalla persona che lo aveva letteralmente salvato per tutto quell’anno e gli aveva donato amicizia. A volte, però, lo sentiva: Harry lo fissava, quando credeva che Draco non lo stesse guardando, il Serpeverde poteva sentire il suo sguardo bruciare sulla pelle, fino a che non si voltava e l’altro distoglieva lo sguardo, a volte sembrava in procinto di dirgli qualcosa, ma si bloccava sempre. Non capiva questo suo atteggiamento, era molto strano, ma non osava chiedere. Avrebbe preferito sapere tutta la verità, anche se dolorosa, piuttosto che rimanere in bilico.
Harry lo raggiunse e si sedette accanto a lui, senza dire niente, lo guardò per alcuni istanti, Draco alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise, il moro ricambiò il sorriso. Sembrava più rilassato, rispetto ai giorni precedenti, sembrava più… tranquillo, quasi felice.
«Sembri allegro oggi».
«Stanotte ho parlato con Ron» rispose il moro «Diciamo che… è stata una chiacchierata illuminante».
«Uhm… okay» fece Draco perplesso, deglutendo. Che Weasley avesse suggerito a Harry di lasciarlo perdere? Aveva sempre paura di quell’eventualità… scostò lo sguardo dal suo e guardò il suo libro, sentendo già di dover scappare per doversi nascondere e non farsi vedere a pezzi «Quindi, uhm…?»
«Quindi…» Harry prese la bacchetta e la puntò davanti a sé, mormorò un incantesimo che Draco non capì, poi nel suo campo visivo comparve una bellissima orchidea «…quindi vuoi venire a Hogsmeade con me questa domenica?»
«Potter, lo sai, non sono a mio agio con tutti gli altri e…» mormorò a disagio guardando il moro, aveva le gote rosse e qualche gocciolina di sudore sulla fronte. Perché Harry era così in imbarazzo? Sembrava teso ed emozionato, esattamente come lui. Non sapeva cosa stesse accadendo, ma sentì il proprio respiro accelerare.
«Non… con tutti. Solo io e te, come un…» Harry deglutì, imbarazzato «… un appuntamento» concluse quasi balbettando.
«Non prendermi in giro, Potter…»
«Non lo sto facendo».
«Attento, Potter, potrei pensare che hai cambiato sponda per me» replicò sprezzante il biondo, convinto che lo stesse prendendo in giro, ancora una volta.
Harry alzò gli occhi al cielo, non voleva ripetere la scenetta della foresta. Doveva essere meno orgoglioso e dirgli le cose come stavano, aveva ragione Ron, Draco non avrebbe mai fatto il primo passo, toccava a lui. E doveva iniziare col dirgli la verità, così che capisse che non lo stava prendendo in giro.
«Se proprio vuoi saperlo, a me piacciono sia i ragazzi che le ragazze» rivelò il Grifondoro, togliendosi un peso dallo stomaco «Non ho bisogno di etichette, ma se ti fa stare meglio saperlo, mi piacciono entrambi i sessi».
«Oh, wow» il Serpeverde spalancò gli occhi, sentendo il suo cuore riempirsi di speranza. Forse i suoi sentimenti potevano essere ricambiati? Ma allora perché non gliel’aveva detto? «E perché non mi hai detto niente nella foresta?»
Harry scrollò le spalle e abbassò la testa: «Avevi dato per scontato che mi piacessero solo le ragazze e… mi sono sentito ferito e l’orgoglio ha prevalso sul resto» replicò «In realtà, volevo dirtelo». Il biondo annuì, soppesando le sue parole. Wow, che rivelazione. Allora Harry non mentiva quando aveva detto che gli piaceva tenergli la mano? Non mentiva quando diceva che la sua compagnia gli piaceva?
«Mi dispiace, non credevo che…»
«Non preoccuparti» disse Harry, interrompendolo «È tutto okay». Draco annuì, incerto. Tra di loro calò un silenzio imbarazzante, spezzato solo dalle creature magiche che continuavano a giocare intorno a loro, come se non stesse accadendo nulla. Fu Harry a riprendere la situazione in mano.
 «Draco, tu mi piaci, okay?» confessò, sentendo il proprio cuore battere e le sue gote diventare dello stesso colore dei capelli di Ron «Vorresti uscire con me?» chiese, diretto.
Draco sentì il cuore fare un salto nel suo petto e deglutì, prima di rispondere, si sentiva emozionato, il suo cuore batteva troppo forte nel suo petto e nella sua mente sembravano essere esplose decine di fuochi d’artificio. Ma qualcosa dentro di sé lo frenò. Alzò lo sguardo su Harry, i suoi occhi trasudavano sincerità. Non lo stava prendendo in giro, realizzò in quel momento che era tutto vero e che la sua speranza stava diventando reale.
«Io… s-sì» rispose imbarazzato, accettando l’orchidea, mentre un morbido sorriso tendeva le sue labbra. Il moro rilasciò un sospiro di sollievo, tutto il suo viso si rilassò e le sue labbra si tesero nel più bel sorriso che Draco avesse mai visto su quelle labbra. Era luminoso come una stella, sembrava illuminare il suo viso. Il biondo non l’aveva mai visto così felice in quei mesi. Possibile che l’idea di avere un appuntamento con lui, lo rendesse così allegro, felice, sereno?
 
Quella domenica mattina, Draco era agitato. Le sue mani tremavano, mentre si preparava per andare a Hogsmeade con Harry. Non sapeva cosa aspettarsi da quella giornata, non sapeva cosa sarebbe successo, non sapeva che intenzioni avesse il moro. Si sistemò il colletto della camicia e ne sbottonò i primi bottoni, lasciando una porzione di collo scoperto, giusto per non sembrare troppo gessato, sperando di poter piacere a Harry. Si disse di stare tranquillo, non era per niente da sé mostrarsi così insicuro e agitato, anche se dalla fine della guerra molte cose erano cambiate, lui soprattutto era cambiato. In passato, non avrebbe mai creduto di potersi innamorare di Harry Potter e invece era successo e questo lo spaventava a morte, forse più di tutta la situazione che si era creata a scuola. Era riuscito sopportare gli insulti, gli spintoni e il resto, ma non avrebbe mai sopportato di essere rifiutato e allontanato da lui come in passato, temeva un replay del loro primo incontro. Era per questo che esitava e non faceva la prima mossa. Guardò l’orchidea che gli aveva regalato il Grifondoro e sorrise, forse però non era un male. Forse qualcosa di bello sarebbe accaduta anche lui, prima o poi, magari sarebbe accaduto proprio con Harry. Con quella nuova speranza nel cuore, uscì dal suo dormitorio, portando Lupus con sé, per lasciarlo da Hagrid, insieme allo snaso di Harry.
Quando uscì dalla Sala Comune, Harry era lì davanti a lui, indossava una t-shirt bianca, sopra la quale aveva messo una camicia a quadri con varie tonalità di rosso, e un paio di jeans stretti. I suoi capelli erano spettinati, come al solito e i suoi occhi verdi brillavano dietro quelle lenti spesse e tra le mani aveva un mazzo di fiori. Draco deglutì restando immobile. Quello era Harry?
Il moro, nel vederlo, restò a bocca aperta, e boccheggiò un paio di volte, prima di farsi avanti e porgergli i fiori.
«Wow» fece Harry «Sei davvero…» deglutì, abbassando lo sguardo sul suo collo, sentendo una scarica di brividi percorrergli tutta la schiena improvvisamente. Draco ghignò e, notando il suo imbarazzo, decise di girare la situazione a suo favore, voleva flirtare un po’ con lui per tastare il terreno, alzò il viso di Harry e proiettò i suoi occhi di ghiaccio nei suoi, accettando i fiori. Al massimo, gli avrebbe detto che lo stava prendendo in giro.
«Sono… sexy? Dannatamente affascinante?» chiese in un sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra, sentendo l’irrefrenabile voglia di baciarlo «Troppo per te?» si morse le labbra. Harry dovette battere le palpebre un paio di volte, quella era la prima volta, in assoluto, che Draco flirtava con lui in quel modo… e gli piaceva, gli faceva battere il cuore, Draco lo faceva sentire vivo. Avrebbe dovuto flirtare anche lui, avrebbe voluto farlo e metterlo in imbarazzo come il biondo stava facendo con lui, ma avere Draco così vicino a sé, lo faceva sentire emozionato a più livelli. Deglutì, sentendo di nuovo i brividi lungo la schiena.
«Sei bellissimo» riuscì a dire in un sussurro, e bastò questo complimento a far arrossire Draco come un tizzone ardente, egli lo spintonò con malagrazia e scosse la testa, Harry sorrise vittorioso. «Andiamo allora?»
Il biondo sorrise appena e annuì, insieme raggiunsero prima la capanna di Hagrid, dove lasciarono Lupus e Pip - e Draco chiese al mezzo-gigante di tenergli i fiori che gli aveva regalato Harry - e poi raggiunsero le carrozze trainate dai thestral, Draco vide Harry passare accanto a uno dei cavalli alati neri e fargli una carezza sul muso, rabbrividì al solo pensiero di toccare uno di quei cosi. Sapeva che Harry avesse un particolare feeling con una di quelle creature, ma lui… ne era terrorizzato senza motivo preciso.
Raggiunsero Hogsmeade in poco tempo, il sole era alto nel cielo e il clima era abbastanza temperato. Harry lo aiutò a scendere dalla carrozza e poi intrecciò le dita delle loro mani, sorridendogli dolcemente. Draco sorrise imbarazzato e glielo lasciò fare. Fu una mattinata particolarmente divertente e rilassante, andarono da Mielandia e Harry comprò a Draco un sacchetto pieno di dolcetti, il biondo alzò gli occhi al cielo perché posso pagarmeli da solo, grazie, ma dentro di sé, adorava le premure del moro. Per ringraziarlo del suo dolcissimo gesto, Draco si separò da Harry per un momento ed entrò da Stratchy&Sons e comprò al moro una camicia a quadri con le tonalità del verde. Il Grifondoro rise, quando la vide, e l’altro si innamorò del suono della sua risata. La indosserò al nostro prossimo appuntamento – gli disse, ammiccando, facendolo arrossire all’impazzata. Poi gli riprese la mano e continuarono la loro piccola gita a Hogsmeade.
«Dove ti piacerebbe andare?» chiese Harry, stringendogli la mano dolcemente «Insomma, mi sembra troppo scontato portarti ai Tre Manici di Scopa, e io non andrei mai da Madama Piediburro, quel posto somiglia all’Ufficio della Umbridge ed è inquietante» fece imbarazzato. Draco sorrise, adorava che il fatto che Harry fosse nella sua stessa situazione, ma forse era proprio quello che si provava al primo appuntamento, giusto? Imbarazzo, sentimenti contrastanti, felicità. Draco non lo sapeva, ma sapeva di non essersi mai sentito meglio in vita sua, Harry lo rendeva felice.
«Non so, andiamo alla Testa di Porco?» chiese divertito «Non mi dispiace andare in un posto poco frequentato dai nostri compagni di scuola e poi… così siamo originali» fece «Anche a me non piace la sala del tè di Madama Piediburro, mi ricorda troppo le sale del tè dove mi portava mia madre da piccolo… un incubo».
«Vada per l’originalità, andiamo alla Testa di Porco, mi fa piacere, saluterò il vecchio Aberforth, è da un po’ che non lo vedo». Si guardarono per un momento, trasmettendosi attraverso quello sguardo tutto ciò che provavano. Raggiunsero il locale e vi entrarono, Harry salutò calorosamente il proprietario – che a quanto pareva era il fratello del defunto preside di Hogwarts – e poi si sedettero in un posto abbastanza lontano, l’uno accanto all’altro. Harry prese due Burrobirre e raggiunse il biondo al tavolo. Non era esattamente il massimo per un appuntamento, ma per loro andava più che bene.
«Grazie» mormorò Draco, accettando la bevanda.
«Facciamo un brindisi, ti va?» chiese Harry, l’altro annuì «A noi?»
«A noi» replicò il biondo con le gote rosse, fecero scontrare i boccali e bevvero un lungo sorso della bevanda, senza smettere di guardarsi negli occhi. Il contatto visivo tra i due non si interrompeva mai, era come se entrambi stessero cercando di lanciare una maledizione sull’altro, come se fosse quello il metodo giusto per conquistarsi a vicenda.
Restarono lì a chiacchierare per un po’, mentre bevevano la loro Burrobirra, parlarono e scherzarono per almeno un’ora e si divertirono, come nessuno dei due faceva da parecchio tempo. Draco improvvisamente appoggiò la testa sulla spalla dell’altro, sentendosi stranamente felice, non si era mai sentito così bene in tutta la sua vita, non aveva mai provato niente di più bello. Quando rialzò la testa e vide che Harry lo stava fissando con uno sguardo adorante, sorrise teneramente e non riuscì più a trattenersi, eliminò la distanza che li separava, appoggiando le sue labbra su quelle del moro. Harry esitò un solo istante, prima di prendergli il viso tra le mani con delicatezza e ricambiare il bacio. Il biondo gli mise le braccia attorno al collo e lo avvicinò maggiormente a sé, per assecondare il ritmo della sua bocca. Fu un bacio lento, lungo, dolce, attraverso il quale si confessarono i sentimenti che da troppo tempo, si erano annidati nei loro cuori.
Quando si separarono, si guardarono negli occhi e si sorrisero a vicenda, consci che da quel giorno in poi le cose sarebbero cambiate definitivamente per entrambi.
 

 
«Posso contare sul tuo appoggio, Neville?» chiese Harry all’amico. Erano tutti in sala comune e Harry aveva appena esposto le sue intenzioni per il discorso che avrebbe tenuto il giorno della consegna dei M.A.G.O.
Fin da quando la preside McGranitt gli aveva proposto di farlo, lui aveva accettato senza esitazione perché sapeva esattamente cosa dire quel giorno. Voleva lanciare un messaggio, quello che avrebbe voluto lanciare fin dall’inizio, fin da quando si era reso conto del clima teso e oscuro che aleggiava su Hogwarts, non era riuscito a farlo prima, ma lo avrebbe fatto lo stesso per il bene dei studenti più giovani, tuttavia per farlo aveva bisogno del supporto dei suoi amici più fidati. Luna era stata la prima ad accettare e a dargli il suo supporto. Adesso toccava ai suoi compagni di casa.
«Conta pure su di me» rispose Neville, sorridendo. Harry si sentì sollevato, sapeva che l'amico non gli avrebbe negato il supporto, dopo tutto quello che aveva fatto per lui durante l’anno, ma sentirlo dalla sua bocca, gli fece tirare un sospiro di sollievo, guardò gli altri che ancora se ne stavano in silenzio.
«Ginny?» la rossa gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla.
«Certo, Harry, sono sempre dalla tua parte».
«Ron? Hermione?»
«Sì, certo» rispose la ragazza «La tua mi sembra un’ottima idea».
Ron storse un po’ il naso «Ma si tratta sempre di Malfoy e-» Hermione gli rifilò una gomitata tra le costole e lui si morse le labbra «Ahi!» esclamò il rosso «Stavo dicendo che è ovvio che Harry ha il mio sostegno, anche se parliamo del furetto».
Harry sorrise e li ringraziò, con il loro sostegno e quello che aveva già ottenuto dalla preside e da tutti gli altri professori, sapeva che ce l’avrebbe fatta. Quell’anno era andato ormai, la guerra era finita ed era ora che a Hogwarts si respirasse un’aria nuova, un’aria di pace e di tolleranza.
 

 
Il 30 giugno ci fu la consegna dei M.A.G.O. Sembrava assurdo essere già arrivati a quel traguardo, sembrava strano aver finito finalmente la scuola. Se si guardava indietro di un paio d’anni, Harry non avrebbe mai creduto che sarebbe giunto a quel giorno, prima della sconfitta di Voldemort, aveva sempre creduto di non arrivare alla fine dell’anno scolastico, durante i G.U.F.O. erano successe tutte quelle cose e poi aveva perso Sirius e ora… ora stava per prendere i M.A.G.O. stava per dire addio a Hogwarts dopo aver finito gli studi e non per andare alla ricerca degli horcrux. Un tenero sorriso si dipinse sulle sue labbra. Quell’ultimo anno gli aveva riservato sorprese inaspettate, ma che comunque lo avevano reso particolarmente felice. La sua sorpresa più grande era stata l’amicizia con Draco e… quello che da essa era conseguito.
Avevano studiato, avevano sudato, avevano quasi pianto di disperazione sui libri, ma eccoli lì, con il loro diploma magico tra le mani, il simbolo che avevano finito gli studi, che avrebbe permesso loro di intraprendere qualunque corso di specializzazione, in vista di una futura carriera. Avevano superato tutte le prove scritte e pratiche, alla fine si erano diplomati. L’ultima cosa da fare, prima di lasciare il castello, era mettere in chiaro la situazione che si era creata tra lui e Draco. Avevano ancora un’ultima sfida da vincere: quella tra loro stessi e i loro sentimenti. Dopo il loro appuntamento a Hogsmeade, Harry e Draco non avevano più parlato di quanto accaduto, non che non avessero avuto modo di vedersi o di parlarsi, semplicemente avevano evitato l’argomento. Harry non riusciva a dimenticare il sapore delle labbra di Draco sulle sue, quest’ultimo non smetteva di pensare a come si era sentito quel giorno, eppure nessuno dei due aveva voluto mettere in chiaro cosa stesse accadendo. Il Grifondoro, però, aveva avuto un’idea: avrebbe sfruttato il discordo di fine anno che la McGranitt gli aveva chiesto di fare per chiedergli ufficialmente di stare insieme a lui.
Quella mattina la Sala Grande era gremita di studenti, oltre a coloro che avevano finito il loro percorso di studi, molti studenti erano lì perché avevano assistito alla cerimonia di consegna dei diplomi e soprattutto perché si era diffusa la notizia che Harry Potter avrebbe tenuto un discorso per tutti quanti.
«Miei cari ragazzi» iniziò la McGranitt, dopo aver consegnato i diplomi a chi aveva superato i M.A.G.O. «Un altro anno è passato, qui a Hogwarts e molti di voi stanno per lasciare questa scuola, dopo aver concluso il loro percorso di studi» disse, voltandosi verso gli studenti che stavano alle sue spalle «Molti di voi si sono ritrovati a fare i conti con enormi difficoltà, dovute al terribile periodo che abbiamo vissuto tutti quanti durante lo scorso anno» continuò «Ecco perché ho chiesto al signor Harry Potter di parlare a tutti voi per salutarvi e invogliarvi a dare il meglio di voi stessi negli anni a venire» Harry fece un passo avanti e dagli altri studenti si levò un applauso generale, alcuni fischiarono.
«Grazie, preside» disse avvicinandosi alla donna, che gli lasciò il posto invitandolo a parlare agli studenti, ella gli strinse una spalla per incoraggiarlo, guardandolo con una strana fierezza nello sguardo e poi si allontanò. Il ragazzo prese un profondo respiro e poi si rivolse agli studenti «Ehi, come state? La preside McGranitt mi ha chiesto di fare un discorso oggi e so che molti di voi si stanno chiedendo “perché proprio lui?” è lo stesso che mi chiedo anche io!» alcuni dal pubblico ridacchiarono «Forse non sono la persona più indicata per questo… forse avreste preferito Hermione Granger, che è stata l’unica tra tutti noi a prendere tutti Eccezionale, in qualsiasi materia» continuò «Eppure, eccomi qui, dovete accontentarvi di me, qualcuno di mia conoscenza direbbe che mi piace stare sotto i riflettori, ma non è questo il caso» disse, guardando di sottecchi verso Draco che sorrise scuotendo la testa, mimandogli con le labbra che era un idiota «Quest’anno non è stato facile per nessuno tornare, ne sono perfettamente consapevole, per chi sarebbe stato facile tornare qui, dopo quello che è successo? Dopo che Voldemort aveva raso al suolo la scuola?» continuò «Ma noi siamo tornati e ci siamo ripresi la nostra scuola. Alcuni di noi hanno contribuito anche a ricostruirla… e sapete? È bello pensare che ci sono persone che si prenderanno cura del castello, anche quando noi… "vecchi" saremo andati via» continuò «Ma voglio chiedervi una cosa… siete disposti a vivere ancora un incubo? Siete disposti a vivere ancora a contatto con l’odio? Non siete stanchi del dolore, della sofferenza e della morte?» chiese retoricamente. Molti tra gli studenti deglutirono e lo fissarono «Io lo so, molti di voi hanno perso familiari, amici, conoscenti durante la guerra, io stesso ho perso un sacco di persone a me molto care, ma dobbiamo essere in grado di perdonare, dobbiamo essere in grado di andare avanti e di guardare con altri occhi chi ci sta davanti, perché tutti abbiamo perso qualcosa durante la guerra, anche chi, come Draco Malfoy stava dalla parte sbagliata». Il Serpeverde in questione sussultò sentendo il suo nome. «Non solo lui, ma molti Serpeverde sono stati trattati in modo sbagliato, solo a causa delle azioni dei loro genitori. Secondo voi è giusto?» chiese, tutti tacquero, e Harry continuò «Sapete? Anche se Draco era "dalla parte sbagliata", alla fine mi ha salvato, durante la guerra e anche dopo. Sapete che mi ha lanciato la sua bacchetta, durante l’ultimo scontro? Se non fosse stato per lui, probabilmente non sarei riuscito a vincere». Draco si morse le labbra, scuotendo la testa, ma che diavolo stava facendo quell’idiota? «Certo, molti di voi mi potrebbero rispondere che non vale la pena perdonare uno che è stato un bullo, ma posso assicurarvi che non lo è più. Era molto più giovane, quando si comportava in maniera sbagliata e se ne è pentito, non sto dicendo che dovete dimenticare ciò che ha fatto, vi sto chiedendo di perdonarlo» disse «Di perdonare lui e tutti quelli che come lui erano dalla parte sbagliata e che si sono pentiti, vi chiedo di non incolpare più i Serpeverde per qualsiasi ingiustizia. Non è vero che tutti i Serpeverde sono cattivi e senza cuore» fece «Molti di voi ricorderanno il professor Piton, oh, io l’ho odiato e non ho dimenticato tutto quello che mi ha fatto, ma sono riuscito a perdonarlo, quando ho capito perché si comportasse in quel modo, quando ho capito che, per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che proteggermi». Molti spalancarono la bocca, increduli. «Quindi… Io sono disposto a perdonare e ad andare avanti, e voi siete disposti a perdonare chi vi ha fatto un torto? Siete disposti a perdonare chi ha sbagliato, ma si è pentito dello sbaglio? Siete disposti ad andare avanti e a vivere in un mondo migliore? Un mondo di pace e speranza per tutti?» chiese, poi si voltò verso i suoi amici, chiedendo loro se fossero d'accordo con lui.
Neville fu il primo a fare un passo in avanti «Io sì» rispose «Malfoy me ne ha fatte passare tante, ma io sono disposto a perdonare lui e quelli come lui. Piton mi ha reso la vita un inferno, tanto da diventare il mio molliccio, ma lo perdono, se ci lasciamo corrodere dall’odio e dal risentimento, finiremo solo per essere come Voldemort». Harry spalancò gli occhi, non si sarebbe mai aspettato che Neville dicesse quelle parole e gliene fu grato.
«Nostro fratello è morto durante la guerra» disse Ginny, facendo un passo avanti, stringendo la mano di Ron, che la seguì subito, annuendo «Ma… io sono disposta a perdonare tutti» disse «E… vorrei dire che è vero che Malfoy agiva dal lato sbagliato, ma non è stato lui ad uccidere Fred o altri, Malfoy non ha mai ucciso nessuno, sono stati degli assassini e lui… non lo è». Harry la guardò commosso, non si aspettava quelle parole dalla sua ex, la ringraziò con lo sguardo e lei gli mimò con le labbra te lo dovevo. Il ragazzo le sorrise riconoscente e la ringraziò.
«Beh, devo ammettere che Malfoy è stato uno stronzo… ma è grazie a lui se per i Grifondoro, sono un considerato il Re del Quidditch» affermò, ghignando in direzione del biondo che arrossì «E anche io sono disposto a perdonarlo, in fondo una volta conosciuto bene, non è così male». Harry guardò il suo migliore amico con riconoscenza, aveva solo chiesto che si schierassero con lui nell’atto di perdonare in generale chiunque si fosse pentito di agire dalla parte sbagliata, non che parlassero a favore di Draco e tutto questo lo stava facendo commuovere. Il biondo, pochi passi dietro di lui, sentiva gli occhi riempirsi di lacrime, mentre il suo cuore si caricava di una nuova speranza. Non aveva mai creduto di poter essere perdonato per i suoi sbagli, non aveva mai creduto che le persone potessero davvero perdonarlo, fino a che non era arrivato Harry Potter. Cercò lo sguardo del moro, ma non lo trovò subito, sentiva il suo cuore battere in un modo totalmente nuovo… ed era solo merito suo. Ma perché aveva organizzato tutto quello? Per lui?
«Sì, anche io sono disposta a perdonare» disse Luna «Secondo me, siete tutti stati aggrediti dai Gorgosprizzi che vi sono entrati nelle orecchie e vi hanno confuso il cervello» spiegò seraficamente «Altrimenti non si spiegherebbe perché continuate a comportarvi come degli stupidi troll…» disse tornando al suo posto. Harry sorrise anche a lei riconoscente, tipico di Luna tirare in ballo i Gorgosprizzi o qualsiasi altra creatura misteriosa.
Fu la volta di Hermione di fare un passo in avanti: «Anche io sono disposta a perdonare» disse, poi guardò Draco e annuì «Draco Malfoy mi ha insultata per anni per il mio stato di sangue» disse «Per lui sono stata per anni la sanguemarcio, ma erano solo parole dette da un ragazzino che quasi non sapeva cosa significassero gli insulti. È stata Bellatrix a sfregiarmi il braccio con questa scritta» disse scoprendosi l’avambraccio, dove la cicatrice con quell’insulto si poteva ancora leggere «Alla prima occasione che ha avuto quest’anno, Draco si è scusato con me, per le sue azioni, le sue parole crudeli e anche per quelle della zia» disse «Quindi sì, sono disposta a perdonare lui e tutti quelli come lui, che si sono pentiti delle loro azioni» disse, poi si rivolse direttamente al biondo «E non farmi pentire di queste parole, Malfoy!» esclamò. Draco ridacchiò imbarazzato e annuì, davvero non capiva perché tutti avessero parlato in quel modo a suo favore. Gli occhi di tutti furono puntati su Harry, che si rivolse agli altri studenti.
«Grazie a tutti, ragazzi» fece ringraziando tutti i suoi amici che avevano contribuito in quel modo fantastico a rendere ancora più coinvolgente il suo discorso, non gli avevano detto nulla, ma era stata una piacevole sorpresa. «Ora mi rivolgo a voi, studenti di Hogwarts» annunciò «Chi di voi è con me? Chi di voi è disposto a fare questo primo piccolo passo, verso un mondo magico più giusto?» dopo un lungo momento di silenzio, la maggior parte degli studenti seduti iniziò ad alzare le mani. Qualcuno diceva “io” o semplicemente alzava la mano in silenzio, ma molti moltissimi studenti erano d’accordo con lui.
Quando il vociare smise, Harry sorrise rivolto a tutti «Grazie mille, vi sono grato per il vostro sostegno» disse «Beh, ora vorrei ringraziare la preside McGranitt per avermi dato la possibilità di parlare con voi e ringraziare tutti i miei amici per avermi accompagnato fino a questo punto e di avermi sostenuto» disse sorridendo «Auguro a chi continuerà a venire in questa scuola di trovare persone magnifiche come loro» fece indicando i suoi amici, mentre il biondo lo guardava senza parole, sbigottito, da tutto quello che aveva fatto per lui e per quelli nella sua situazione. Harry finì il suo discorso, venendo acclamato da tutti e raggiunse il Serpeverde che era ancora incredulo. Gli mise le braccia attorno al collo e lo guardò negli occhi.
«Ho una domanda anche per te, adesso» disse a bassa voce, l’altro annuì e lo incitò ad andare avanti «Draco, io ti ho perdonato mesi fa, quando siamo diventati amici… ma quell’amicizia si è trasformata in altro e... mi sono innamorato di te» il biondo scosse la testa, sentendo il cuore battere troppo velocemente, cos’erano tutte quelle nuove emozioni? Cos’erano tutti quei sentimenti positivi? Perché si sentiva sollevato, felice e leggero per la prima volta in due anni? «Sei disposto a perdonare te stesso e a ricominciare una nuova vita con me?» prese un respiro profondo e aggiunse «Vorresti essere il mio ragazzo?»
Draco deglutì, sentendosi particolarmente felice, sorrise al moro, imbarazzato e scioccato da tutto quello che aveva fatto e gli mise le mani sui fianchi e lo avvicinò a sé. «Sì» sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo con passione, ignorando tutti coloro che erano ancora intorno a loro. Sì, voleva essere felice; sì, voleva passare il resto della sua vita con Harry; sì, voleva ricominciare; sì, voleva essere il suo ragazzo; sì, voleva essere amato ed amare quello stupido Grifondoro che lo aveva salvato. E fu quello che tentò di trasmettergli con il bacio che gli diede, prendendogli il viso con entrambe le mani, per poterlo baciare meglio. Harry rispose al bacio quasi subito, avvicinandolo maggiormente a sè, poi lo strinse come se non volesse lasciarlo scappare, ma Draco non aveva intenzione di andare da nessuna parte. Sorrise contro la sua bocca e, quando si staccarono, appoggiò la fronte contro la sua, guardandolo negli occhi. Persi l’uno nello sguardo dell’altro, non si resero conto di essere ancora davanti a tutti quanti.
«Era ora!» urlò Ron, riportandoli alla realtà. Il rosso iniziò ad applaudire, coinvolgendo tutta la Sala Grande, studenti e professori compresi.
Quello, per Harry, fu il primo giorno in cui la guerra era finita davvero, perché adesso lo sapeva, era finita per tutti.
 

 
La fine della scuola aveva rappresentato un momento di grande cambiamento nelle vite di Harry e di Draco. Salire sul treno per lasciare per sempre la scuola aveva avuto un significato importante soprattutto per il Serpeverde, che si era sentito finalmente libero dal suo passato, infatti poco prima della partenza per Londra, aveva ricevuto una lettera del Ministero che dichiarava la sua traccia magica svanita, in quanto una persona influente, ma anonima aveva parlato in suo favore e aveva garantito per la sua buona condotta. Immediatamente, aveva pensato a Harry, solo successivamente aveva scoperto che era stata la preside McGranitt: la donna gli aveva detto che lo aveva osservato durante l’anno, che aveva visto il suo reale cambiamento e che le dispiaceva per non essersi accorta subito di ciò che accadeva. E aveva aggiunto che avrebbe fatto di tutto, affinché ciò che era capitato a lui, non capitasse ad altri studenti, se ne sarebbe occupata personalmente. Draco si era commosso e aveva provato l’istinto di abbracciare la preside per ringraziarla ma si era contenuto, le dimostrazioni d’affetto e di gratitudine erano ancora un campo sconosciuto per lui, ma le aveva stretto la mano e l’aveva ringraziata per ogni cosa. Quando era uscito dall’ufficio della preside, aveva trovato Harry ad attenderlo con un sorriso sornione e il suo snaso sulla spalla e, semplicemente, lo aveva baciato per ringraziarlo per tutto ciò che aveva fatto per lui quell’anno. Non avrebbe mai dimenticato i suoi errori e avrebbe sempre continuato ad imparare da essi e li avrebbe tenuti a mente per non ricadere nelle cattive abitudini, ma adesso, grazie al suo stupido Grifondoro adesso sapeva di potersi dare una seconda chance per essere felice, possibilmente con lui.
Quando erano arrivati a Londra e avevano lasciato il binario 9 e ¾ mano nella mano, si erano smaterializzati a Grimmauld Place, la casa che Harry aveva ereditato dal suo padrino e che aveva fatto rimettere a nuovo e, dopo aver fatto l’amore sull’enorme letto della camera da letto, il moro gli aveva chiesto di andare a vivere con lui, di non tornare in quell’enorme villa che era piena di oscurità, anzi gli aveva proposto di abbatterla, bruciarla, farla a pezzi. Draco aveva riso, con la testa infossata contro la sua spalla nuda, vi aveva lasciato un leggero bacio e aveva detto sì. Non voleva tornare a casa sua, non voleva vivere da solo, voleva stare con Harry e sentirsi sempre in quel modo. Sempre innamorato di lui.
Non poteva essere più felice di così e non voleva tornare indietro. In poco meno di un anno, Harry lo aveva salvato non solo dai bulli della scuola, ma anche da se stesso, dalla spirale di autocommiserazione in cui era caduto, credeva di non meritare nient’altro se non odio e violenza, Harry gli aveva dimostrato il contrario e Draco gliene sarebbe stato grato per sempre. A casa Malfoy-Potter, subito dopo il loro arrivo, erano state sistemate una cuccia per il crup di Draco e un nido per lo snaso – che però dormiva quasi sempre nella cuccia di Lupus, accanto a lui.
Ogni sera, quando si coricava accanto a lui, Draco sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo e sperava di non svegliarsi nel suo letto al Manor, da solo, senza Harry. A volte credeva che fosse troppo bello per essere vero, come un sogno.
Harry e Draco avevano deciso di trascorrere quella prima estate insieme, di andare in vacanza e staccare completamente la spina da tutto. Per loro fortuna, Luna si era offerta volontaria per badare ai loro cuccioli, così erano partiti senza avere una meta precisa, solo con il desiderio di distrarsi il più possibile da tutto ciò che quegli ultimi anni avevano rappresentato per loro, per cercare di dimenticare la sofferenza. Il dolore non era sparito, non completamente, non sarebbe mai sparito probabilmente, li avrebbe sempre accompagnati, ma adesso erano in grado di affrontarlo differentemente, insieme, come una vera squadra. Avevano girato l’Europa, erano stati in luoghi meravigliosi, avevano esplorato nuovi luoghi, affrontato nuove esperienze. Erano stati due settimane al mare, due settimane durante le quali si erano completamente distaccati dal mondo, in quel piccolo angolo di paradiso che avevano trovato in una piccola città della Grecia meridionale. Per entrambi era stato particolarmente rilassante trascorrere quei giorni lì, anche se entrambi si erano scottati al sole ed avevano trascorso gli ultimi due giorni nel letto in preda ai dolori causati dalla pelle arrossata e bruciata. Durante quella vacanza, Harry aveva anche mantenuto la parola: aveva portato Draco a una fiera. Si erano divertiti ad assaggiare tutti i tipi di cibi tipici del posto, ridendo tra di loro come due bambini.
Te l’avevo detto che ti ci avrei portato – gli aveva detto il moro, facendolo ridere.
La vacanza regalò loro una nuova consapevolezza su loro stessi e al loro ritorno in Inghilterra, erano entrambi diversi, più sereni, più rilassati, più felici. Non avevano ancora idea di cosa avrebbe riservato loro il futuro e non avevano fretta di scoprirlo, ma erano pronti a sostenersi a vicenda in ogni fase della loro futura vita. Dopotutto, erano solo due giovani che erano cresciuti troppo in fretta, a cui l’adolescenza era stata strappata via. Meritavano un po’ di pace e di tranquillità, al resto avrebbero pensato poi. Erano pronti a vivere una nuova avventura insieme e a ricostruire le loro vite dalle ceneri del loro passato, certi che ci sarebbero stati l’uno per l’altro a farsi forza a vicenda.


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps! 
Prima del mio solito delirio da note autrice, vorrei dire una cosa seria. Vorrei mandare un piccolo messaggio a tutte le persone che, in questo momento, vivono la drammatica situazione dell’essere vittime di bullismo a causa di gusti personali, orientamenti sessuali, identità di genere, nazionalità, difetti e quant’altro. Peps, non abbiate paura di parlare, di andare da chi di dovere e denunciare ciò che subite. Io, a suo tempo, ci ho messo cinque anni per farlo, non fate passare tanto tempo. Non permettete a nessuno di giudicarvi per chi siete, come siete e per cosa vi piace o non vi piace. Siate voi stessi e siate liberi di esserlo, non permettete a delle persone di merda di distruggere voi e la vostra autostima. Non abbiate paura di denunciare e far punire chi vi tormenta e chi vi fa del male. Quando io andavo a scuola, il bullismo era ancora un argomento tabù, soprattutto nella mia scuola, era un po’ come il covid, c’era ma molti ne negavano l’esistenza. Quindi niente, spero solo che chi vive una situazione brutta come questa, parli e si faccia aiutare, non serve a niente stare zitti per cinque anni (come me) e subire in silenzio. Danneggiate solo voi stessi così e date potere a chi vi fa del male, non fatelo, siate forti e chiedete sempre aiuto.
 
Fine momento serietà, ma ci tenevo troppo a dirlo.
Torniamo a noi!
Sintetizziamo come sarebbe dovuta andare la scena nella foresta, se i nostri protagonisti non fossero stati due #maicorvonero:
«No, Potter, tu sei etero»
«ETERO STO CAZZO, MALFOY» e lo spinge contro un albero e pomicia duro con lui.
E risolvono tutti i loro problemi, ma no, questi due devono essere due dannatissimi orgogliosi del ca…voletto di Bruxelles e quindi niente, non ce la fanno. Due deficienti. *face palm*
In origine, quando all’inizio Draco viene aggredito, doveva esserci Harry, poi quando ho revisionato il capitolo ho cambiato la scena, e l’ho fatto reagire, perché è pur sempre Draco Malfoy. :D e sì, si è convinto ad andare dalla McGranitt, perché Harry ha ragione, Draco ha pagato per quello che ha fatto, si è pentito e non merita altra sofferenza, giusto? GIUSTO.
Ma, ma, ma Harry non si arrende u.u e finalmente anche Ronnie mette definitivamente la testa a posto e grazie a santa Herm lo spinge tra le braccia del suo Dracuccio, com’è giusto che sia. E alla fine Harry si spara proprio le pose giganti e fa un mega discorso a tutti i bulli del cavolo invitando i ggggiovani a non essere emeriti str… cretini. E tutti i suoi amici lo supportano, perché se Harry è felice è solo merito di Dracuccio. :D
So benissimo che questo capitolo è lungo, ma ormai mi conoscete… e vabeh, sorvoliamo su questo. Come ho già detto in precedenza, era una storia da leggere tutta insieme, ma quasi 40k parole erano un po’ troppe da pubblicare tutti insieme e ho optato per dividerla in 3 parti molto lunghe.
E quindi sì, questa è l’ultima parte, OUCH. Scusate, era una one shot ç_ç
Ma non preoccupatevi e tenetevi forte: annuncio importante, sabato prossimo su questi schermi pubblicherò il prologo della nuovissima long che andrà a chiudere la “trilogia” di what if che ho scritto e sarà una roba lunghissima e drammatica e sono sicura che vi piacerà (o almeno spero ^^’) Ci ho messo una vita a concluderla, ma sono davvero soddisfatta. Quindi… niente. Ai posteri l’ardua sentenza, la settimana prossima scoprirete di più u.u
Ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno seguito questa breve storia (dai capitoli infiniti), Eevaa, Estel84 e Milakiki per aver recensito lo scorso capitolo, tutti coloro che l’hanno seguita in silenzio, aggiungendola alle varie categorie e chi mi ha mandato messaggi in privato per farmi sapere cosa ne pensava, qualunque feedback è sempre molto gradito da queste parti u.u
Grazie davvero!
Ci si becca la prossima settimana con la nuova storia, per chi volesse seguirla il titolo è “Take my hand” e parte da una scena che a me ha sempre fatto girare le palle in HP, shhhh, non dico altro. Non prometto capitoli brevi, ma molto dramma e colpi di scena :D BOOM. Vi ho già detto troppo, a sabato peps!
Grazie ancora a tutti coloro che hanno letto e che leggeranno questa storia.
Love you all <3
 
Fatto il misfatto.

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