The Accidental Malfoy (Malfoy Per Caso) di Rumaan (/viewuser.php?uid=193024)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Decisione ***
Capitolo 2: *** La Terribile Notizia ***
Capitolo 3: *** L'Amara Verità ***
Capitolo 4: *** Conversazioni ***
Capitolo 5: *** Appuntamenti Ed Incontri ***
Capitolo 6: *** Mariti E Mogli ***
Capitolo 7: *** I Peccati Del Padre ***
Capitolo 8: *** Giochi ***
Capitolo 9: *** Piani E Organizzazioni ***
Capitolo 10: *** Nuovi Inizi ***
Capitolo 11: *** La Calma ***
Capitolo 12: *** Lo Scandalo ***
Capitolo 13: *** Discussioni ***
Capitolo 14: *** Decisioni E Dilemmi ***
Capitolo 15: *** Cibo Per La Mente ***
Capitolo 16: *** Due Passi Avanti ***
Capitolo 17: *** Cambio Di Marea ***
Capitolo 18: *** Chiusure ***
Capitolo 19: *** Quadri ***
Capitolo 20: *** Disarmo ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** La Decisione ***
Cap 1
Disclaimer:
Harry Potter appartiene in toto a J.K. Rowling. La storia è stata scritta senza
scopo di lucro, a fini puramente artistici e di intrattenimento.
N.B. Questa storia è una traduzione. La versione originale la
potete trovare al seguente link:
fanfiction.net/s/8127864/1/The-Accidental-Malfoy
Malfoy Per Caso
(The Accidental Malfoy)
La Decisione
Ginny mise
sul tavolo tè e biscotti. Harry aveva invitato Hermione per un pranzo
infrasettimanale quella mattina al Ministero, e lei si era fiondata
sull’opportunità, dato che l’altra alternativa per la serata era la pizza
fredda che aveva comprato durante il fine settimana.
“Non che mi
lamenti o altro, qual è il motivo di questa improvvisa serata assieme?”, chiese
Hermione.
“Abbiamo delle
novità, e visto che non potrai partecipare al pranzo dai Weasley questa
domenica, pensavamo di dirtelo prima che a tutti gli altri”, disse Harry.
“Sono
incinta”, disse eccitata Ginny.
“Oh, Ginny,
è fantastico!”, disse Hermione. “Da quanto lo sai?”.
“Sono solo
di otto settimana, ma ci conosci, siamo sempre troppo elettrizzati per tenere
il segreto fino alla fine del trimestre”.
Hermione
strinse Ginny in uno stretto abbraccio, e diede ad Harry un buffetto sulla
guancia. Era genuinamente eccitata per loro, ma parte di lei si sentiva
disperatamente triste mentre realizzava che Harry e Ginny stavano per avere un
altro figlio. Non era colpa loro se lo voleva anche lei, ma non capiva come
potesse fare dato che continuava a vedere i suoi amici aggiungere sempre più
bambini alle proprie famiglie.
Dopo un po’
di tempo, Hermione si scusò ed andò al bagno. Stava facendo del suo meglio per
sembrare allegra della notizia, ma riusciva solo a pensare che sarebbe stato
l’ennesimo bambino non suo. Harry e Ginny avevano già James ed Albus, e quello
sarebbe stato il terzo.
La cosa tra
i due era diventata seria appena finita la guerra. Si erano fidanzati appena
prima che Ginny tornasse ad Hogwarts per l’ultimo anno. Harry l’avrebbe sposata
appena finita la scuola, ma Ginny aveva resistito fino ai ventuno anni. Erano
entrambi giovani, e lei non vedeva la necessità di correre. Hermione aveva
pienamente supportato la sua decisione. James era nato dopo poco.
Hermione si
lavò la faccia e si tamponò il viso. Cercò dei segni che dimostrassero il suo
recente pianto, ma gli occhi erano a posto, niente gonfiore o pelle rossa ad
incastrarla. Mentre tornava di sotto, non poté fare a meno di sentire la
conversazione tra Ginny ed Harry.
“Quel nuovo
Auror in ufficio, è bello”, commentò Ginny.
Hermione si
fermò e spiò dalla porta aperta. Non era carino origliare, ma aveva il
presentimento si trattasse di lei.
Harry guardò
sospettosamente sua moglie. “Non posso dire di non averlo notato, ma che
importa?”.
“Non credi
sarebbe perfetto per Hermione? Potremmo invitarli entrambi per cena, e vedere
come va”, suggerì Ginny.
Harry scosse
la testa. “Quando la smetterete tu e Molly di tormentare Hermione con questa
storia? Troverà qualcuno con i suoi tempi; lascia che sia sé stessa”.
Ginny
sospirò. “Non diventa più giovane, Harry. Potrebbe non ammetterlo, ma è sola.
Credevo si sarebbe messa a piangere quando le abbiamo detto che sono di nuovo
incinta. Non fa alcuno sforzo per frequentare qualcuno”.
“Si tratta
di Hermione, è testarda. Più le parli di incontrare qualcuno, più si chiude in
sé stessa e rifiuta. Comunque, è diversa. La maggior parte dei ragazzi non lo
capisce. Credono solo sia autoritaria e so-tutto-io. Molti sono intimiditi dal
ruolo principale che ha avuto durante la guerra. Ha bisogno di qualcuno che sia
sicuro di sé, che non abbia paura che lei sia sé stessa”.
Hermione
concordò con quando aveva detto Harry, non avrebbe risposto ai costanti
tormenti sulla sua vita amorosa. Lui la conosceva bene, ma non poté fare altro
che sentirsi ancora più depressa di quando era andata al bagno. Si rattristò
anche per non essere riuscita a prenderli in giro. Non glie ne voleva per star
avendo un altro figlio. Era felice fossero così contenti, ma lei voleva
trovarsi nella stessa situazione.
Hermione
rimase in piedi di fronte alla Clinica Media De Braun in Svizzera, cercando di
calmare le farfalle nello stomaco. Aveva venti minuti prima dell’appuntamento,
ma era nervosa. Parte di lei le diceva di correre lontano e non fare un passo
così drastico, ma l’altra che la spingeva le stava urlando di oltrepassare la
porta e farlo.
Ecco perché
si trovava all’esterno della discreta entrata della migliore clinica magica di
fertilità, in esitazione.
Non aveva
sentito il suo orologio biologico tintinnare finché non aveva raggiunto i
trent’anni. C’era qualcosa di pauroso in quel numero. Ricordava da piccola di
aver pensato che a trent’anni si fosse vecchi. Quando ne aveva venti, i trenta
sembravano distanti anni luce. Essendo giovane e senza impegni, appena uscita
da Hogwarts con dei M.A.G.O. imponenti, aveva fatto una lista di dove si
sarebbe trovata a trent’anni. Ovviamente, la sua carriera era piuttosto in
alto. Aveva predetto che si sarebbe trovata a capo del Dipartimento di
Controllo della Magia entro quel tempo. Ciò non si era esattamente avverato, ma
era noto fosse lei la sostituita del Capo attuale. Ripassando mentalmente la
lista, si ricordò di averci messo anche “moglie” e “madre”, non in alto quanto
la carriera, il che la fece sentire un po’ meglio, ma c’erano comunque.
Aveva
trovato la lista in questione qualche settimana dopo aver compiuto gli anni,
mentre traslocava in una casa più grande, ed aveva capito di volere un figlio
con o senza un compagno stabile, ma non voleva uscire con un ragazzo qualsiasi
per restare incinta. Avrebbe preferito farlo ufficialmente in un laboratorio
sterile, dove poi il padre non sarebbe potuto andare a reclamare diritti.
Hermione voleva essere una mamma, ma non era sicura di voler diventare una
moglie.
Quindi
quello era stato ciò che l’aveva portata all’esterno della Clinica in Svizzera,
stringendosi le mani e pensando se farlo o meno. Se n’era quasi andata per
sette volte. Non era certa di farcela. I nervi le stavano facendo venire la
nausea, non si sentiva così ansiosa dalla guerra. Era una decisione così
importante, ma sentiva fosse necessaria. Passeggiò di fronte all’entrata,
mentre continuava a dibattere con sé stessa. Il lato sensibile di lei le stava
suggerendo di tornare a casa e farsi una tazza di tè. Non sei tu, le diceva. Il
lato più sconsiderato le fece invece notare quanto stanca fosse di essere
lasciata indietro. Aveva una carriera di successo ed un bel gruppo di amici, ma
fine. Era l’unica senza un compagno. Ed il lato sconsiderato vinse.
Hermione
prese un respiro profondo e spinse la porta. L’atrio era preciso come si aspettava.
I divani di pelle color cioccolato sembravano costosi e comodi, mentre le
pareti color crema portavano appesi quadri originali. C’era una lavagna di
fianco al banco informazioni, con foto di bambini e lettere di ringraziamento,
che davano un senso di casa alla stanza. In qualche modo, questo la rassicurò.
Le immagini dei bambini gorgoglianti le diedero una sensazione di calore,
facendole pensare di aver preso la decisione giusta.
Fece sapere
alla receptionist che era lì, poi si sedette s sorseggiò la tazza di tè che le
venne portata. Diede uno sguardo ai vari giornali e riviste disponibili, e
cercò di non ridere per quando stranamente ordinario fosse il processo. Era
come trovarsi dal dentista per un normale controllo ai denti, piuttosto che una
discussione per l’inseminazione artificiale con un dottore.
Venne
chiamata per vedere il suo medico, il dr. Nicola Hedges. L’inseminazione
artificiale era stata sviluppata nel mondo Babbano, e la magia aveva apportato
solo qualche cambiamento al processo. I Guaritori che volevano specializzarsi
nel campo dovevano ottenere una laurea in medicina babbana. Hermione si asciugò
i pami sudati sulla gonna, prima di offrire la mano al Dr. Hedges.
“Signorina
Granger, è un piacere incontrarla”, disse il Dr. Hedges, prima di scortarla
alla sedia dall’altra parte della scrivania. Hermione fece i soliti
convenevoli, e si sedette.
“Ora, gran
parte di cui parleremo oggi è piuttosto tecnico, ma voglio informarla delle diverse
opzioni mediche disponibili per lei”, iniziò il Dr. Hedges. “Ci sono molti modi
per una fecondazione artificiale. La prima procedura, più usata, è
l’inseminazione intracervicale, che riproduce il modo naturale, ed è l’opzione
che le raccomanderei”, spiegò il Dr. Hedges.
Hermione
voleva ridere per l’ansia del processo. Le stava venendo spiegato in una tale
maniera che tutto ciò a cui riusciva a pensare era a come Ron sarebbe rimasto a
bocca aperta a fissare il dottore come se non fosse stato lì. Si schiarì la
gola, e guardò il suo taccuino. Aveva una domanda importante, che la
preoccupava da quando si era informata sul processo. “Mi spiace interromperla,
Dr. Hedges, ma ho sentito che il tempo è vitale in questo tipo di procedura. In
uno dei libri che ho letto, dicevano che avrei a disposizione solo dodici ore
per restare incinta”.
“Beh, è un
po’ più complicato di così, ma se riuscissimo a trovare il momento perfetto di
fertilità, allora certo, le possibilità di gravidanza aumentano”.
“É una cosa
che potete fare? Ho visto dei kit per l’ovulazione da casa”.
“Sì, faremo
dei test per mappare il suo ciclo mestruale”.
Hermione
annuì di nuovo, e colpì una pagina nel taccuino. Il Dr. Hedges le spiegò gli
altri tre metodi, ma visto che tutti avevano più specifiche restrizioni,
Hermione decise di accettare il suo consiglio.
Una volta
che i tecnicismi furono risolti, il Dr. Hedges condusse Hermione in una piccola
sala d’attesa. Era ciò che la spaventava di più. Parlare del processo andava
bene, era clinico e piuttosto distaccato da ciò che sarebbe realmente successo.
Invece scegliere un donatore sarebbe stato difficile.
“Questa è la
stanza dove teniamo tutte le informazioni sui donatori. Come può vedere,
cerchiamo di rendere l’esperienza comoda il più possibile. Ha pensato al
criterio di scelta che userà?”.
“Sì, so cosa
sto cercando”, replicò. Aveva la sua lista, e sarebbe stata attenta. Non
cercava cose superficiali come altezza, colore degli occhi o dei capelli, era
più interessata ai test di intelligenza ed alle carriere. Voleva il meglio per
il suo potenziale figlio, il che significava trovare un suo simile in fatto di
intelletto.
“Offriamo
anche una selezione di donatori Babbani. Ovviamente, sono tutti di successo, in
un modo o nell’altro”.
“Oh, voglio
un padre mago, altrimenti lo avrei fatto nel mondo Babbano”, informò Hermione
il Dr. Hedges. Avrebbe preferito il padre biologico fosse un altro mago. Era
stupido, visto che non avrebbe fatto alcuna differenza nelle abilità magiche
del bambino se uno dei genitori lo era, ma comunque, non sapeva perché, si
sentiva più a suo agio a mantenere l’intero processo all’interno del Mondo
Magico.
“Ok. Beh, si
prenda il tuo tempo per guardare le varie biografie. Non facciamo fretta a
nessuno. Può chiamare la receptionist se vuole del tè o del caffè, e quando
avrà fatto la sua scelta”.
Di nuovo,
Hermione sentì l’urgenza di ridere. Sembrava stesse scegliendo un divano od una
cucina, piuttosto che il padre di suo figlio.
Alla fine,
scelse un Guaritore. Pensò che, unite alle sue, le doti fossero ottime. Era
anche di media altezza, con i capelli castani e gli occhi marroni, le piaceva.
Significava il bambino avrebbe avuto probabilmente i suoi stessi capelli ed
occhi e, per qualche motivo, le importava. Probabilmente perché pensava a lui
come completamente suo, anche se non era biologicamente possibile.
Completato
il tutto, Hermione stava tornando a Londra. Prenotò i successivi due
appuntamenti per il mese prossimo, ed avrebbe trascorso una settimana in
Svizzera con il pretesto di sciare. Ciò le avrebbe dato il tempo di inventare
una storia su una relazione del tempo di una vacanza, che intendeva utilizzare
per spiegare la gravidanza. Non voleva che nessuno sapesse della drastica
decisione dell’inseminazione artificiale. La sua famiglia ed i suoi amici non
avrebbero approvato, e poi ci sarebbero stati i tentativi di affibbiarle
qualche altro amico single. Non voleva affrontare tutto l’estenuante processo
per poi scoprire che non ci sarebbe stato alcun bambino in arrivo.
Sei
settimane dopo, Hermione era di nuovo in Svizzera. Era il momento, ed era
comprensibilmente nervosa.
“È sicura di
volerlo fare, Hermione?”, chiese il Dr. Hedges. “Non è troppo tardi per
cambiare idea”.
“Sono
sicura”, disse fermamente, e lo era davvero. In realtà, era un po’ eccitata.
Aveva un formicolio ora, quando pensava al futuro. Aveva preso una decisione
che avrebbe cambiato tutto per sempre, e non vedeva l’ora.
“Bene.
Capisce anche che l’inseminazione artificiale non le garantisce la gravidanza”,
chiese il Dr. Hedges. Hermione annuì. “Usiamo un metodo simile a quello dei
Babbani, ma invece di utilizzare medicinali Babbani per aumentare le
possibilità di rimanere incinta, usiamo una pozione della fertilità, che
abbiamo scoperto essere più efficace. Questa pozione non avrà alcun effetto sul
feto, se dovesse concepire. Tutto è stato preparato per la procedura, e
l’inseminazione avverrà in pochi minuti. In ogni caso, le chiediamo di rimanere
sdraiata e ferma per almeno i trenta minuti successivi, per diminuire il
rischio di perdite ed aumentare le possibilità di concepimento”, la informò il
Dr. Hedges.
Hermione
storse il naso. Era preparata, ma averlo sottolineato in quel modo era strano.
Ovviamente sapeva di aver bisogno del seme per rimanere incinta, ma era la
parte più strana. Sarebbe stato quello di uno sconosciuto, e sarebbe stato
inserito con un ago. Era completamente l’opposto di come aveva immaginato
l’inizio della sua gravidanza, prima di prendere quella decisione.
Hermione era
distesa sul letto dell’ospedale, mentre cercava di non pensare a ciò che stava
accadendo nel suo utero in quel momento. Non voleva davvero gonfiare le
speranze di rimanere incinta la prima volta. Sapeva che la biologia non era una
cosa semplice e si potevano volere anche diversi tentativi, ma non riusciva a
sopprimerne il barlume. Non sarebbe più stata Hermione Granger, la donna che
viveva per il lavoro. Sarebbe stata Hermione Granger, madre della piccola Iris
Granger.
Sperava
davvero avrebbe avuto una bambina, ed aveva scelto il nome Iris perché
significava “speranza” nel linguaggio dei fiori. Iris era anche il nome di una
dea greca, il messaggero che collegava gli dèi agli uomini. Le piaceva. Lei
aveva rinunciato a così tanto per il bene dell’umanità, ed anche il suo nome
derivava dalla mitologia.
Si massaggiò
il ventre ed incrociò le dita per tutti i trenta minuti. Davvero non voleva
rifare la procedura d’accapo. Non voleva nemmeno continuare ad inventarsi
relazioni passeggere per dare una spiegazione delle sue fughe. Non aveva senso
tornare dalla Svizzera come se non avesse incontrato nessuno e poi dopo un mese
raccontare che non solo aveva avuto un flirt, ma era anche incinta.
"Che ti
succede, Hermione?”, chiese Ginny, mentre Hermione vagava per la cucina
preparando li pranzo.
Povera
Ginny, era assolutamente sfinita. Avere già due bambini attivi durante i primi
mesi della gravidanza, quando in realtà avresti voluto solo dormire, non era
facile. Non aiutava nemmeno il fatto che Harry fosse stato promosso a Capo del
Dipartimento Auror, ed avesse iniziato a lavorare per lunghe ore anche nei
finesettimana. A Ginny non importava. Era fiera di Harry, ed aveva anche una
grande famiglia che la aiutava quando poteva. Al momento, James ed Albus erano
con Molly, che ospitava sempre almeno uno dei suoi nipoti dato che non
sopportava la Tana vuota.
“Che
intendi?”, chiese.
“Beh, è da
quando sei tornata dalla Svizzera che cerchi di sopprimere l’entusiasmo”.
Hermione sorrise.
Ovviamente non poteva dirle cosa stesse realmente succedendo, ma era il momento
di iniziare a raccontare la storia di copertura. “Ho incontrato un ragazzo lì”,
disse.
Ginny si
sedette più dritta. “Parla”, comandò. “Ora!”.
“Beh, si
chiama Thibault, è francese ovviamente”, disse.
“Promettente”,
commentò Ginny. “E che aspetto ha?”.
“Era alto,
abbronzato e bello”, disse Hermione in una finta voce sognante. “Ed abbiamo
flirtato per tutta la vacanza”.
“Flirtato?”,
chiese Ginny con voce delusa.
“Oh, sì. Non
è stato nulla di serio. Ma ho capito che è passato così tanto da quando, beh,
lo sai. E lui flirtava con me con quel delizioso accento francese, così una
cosa ha tirato l’altra…”.
“Allora
intendi rivederlo?”, chiese la rossa.
“Oh, no. Era
una cosa senza scopo. Davvero, non ho bisogno delle complicazioni di una
relazione a distanza, in questo momento”, si inventò allegramente.
“Oh”, disse
distratta Ginny. Hermione sapeva cosa le avrebbe detto. Lei e Molly la
tormentavano da anni, ed anche quella volta l’amica non la deluse. “Hermione,
quando ti sistemerai? Perfino Neville è sposato”.
Hermione
sospirò. La cosa più irritante del Mondo Magico era il conservatorismo innato.
Il matrimonio era di rigore. Era insolito per una strega non avere una
relazione seria a trent’anni. “Ginny, sai che vorrei diventare la prossima
Silente. Vivrò a lungo, e sarò la migliore Preside che Hogwarts abbia mai
avuto”, la prese in giro Hermione.
Ginny roteò
gli occhi. Una risposta come quella da parte sua significava che non era preparata
ad infilarsi in una conversazione simile. Ginny non poté non preoccuparsi, al
pensiero. Hermione stava iniziando a rinchiudersi per sempre nel suo ufficio.
Hermione
percepì il proprio entusiasmo aumentare, mentre tornava in Svizzera. Aveva
programmato un test di gravidanza in caso di scomparsa del ciclo, ed ormai era
in ritardo di una settimana, il che non le era mai successo. Beh, eccetto
quella volta in cui stava dando la caccia agli horcrux con Harry e Ron.
All’epoca ne aveva saltati parecchi, a causa dello stress ed il terrore.
Il Dr.
Hedges la invitò ad entrare in ufficio. “Hermione, buone notizie. È incinta”.
Hermione
sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Sorrise tremolante al Dr. Hedges. “Grazie
mille”, disse, per una volta insicura su cosa dire. Non riusciva a crederci.
Aveva funzionato, al primo tentativo oltretutto. Aveva passato l’ultimo mese a
sopprimere l’eccitazione, convincendosi di non essere incinta e che ci
sarebbero probabilmente parecchi tentativi prima di riuscirci.
“Ora”, disse
il Dr. Hedges. “Deve contattare il suo ginecologo quando tornerà a casa. Sarà
in grado di darle dei consigli e sostegno per i prossimi passi della
gravidanza”.
Era un po’
spaesata. Aveva passato tutto il tempo a pensare sul come sarebbe rimasta
incinta, piuttosto che a cosa sarebbe successo dopo. “C’è molta differenza tra
cure mediche Babbane e magiche?”, chiese, volendo qualche informazione di base.
Il Dr.
Hedges scosse la testa. “In realtà, no. La differenza maggiore sta
nell’antidolorifico che le verrà dato durante il parto. Ovviamente, al San
Mungo usano pozioni per il dolore, invece che l’epidurale. Ma il resto sarà
molto simile. Incontrerà alcune ostetriche che le dipaneranno ogni
preoccupazione potrebbe avere, controlleranno il cuore del bambino e
prenderanno le misure della sua pancia. Ovviamente si recherà in ospedale per
ogni controllo”.
Hermione
annuì. Per il momento, sembrava normale. Si era persa tutto il percorso con
Ginny, dato che lei di solito portava sua madre per queste cose. Non che
Hermione la incolpasse. Anche lei avrebbe voluto Molly per aiutarla a
prepararsi, probabilmente. C’era qualcosa di rassicurante in quella donna che
era riuscita a partorire sette volte, una delle quali due gemelli.
Ringraziò il
Dr. Hedges ed uscì, massaggiandosi lo stomaco. “Ciao, piccola Iris”, mormorò.
“Non vedo l’ora di incontrarti”.
Decise di
aspettare prima di dire a qualcuno che fosse incinta. Era la cosa più dura che
avesse mai fatto. Voleva urlare la notizia dai tetti per l’eccitazione, e
l’aveva scoperto solo da una settimana, ma sapeva anche che nella grande
maggioranza dei casi gli aborti spontanei accadevano durante le prime dodici
settimane di gravidanza, e voleva passassero prima di dire qualcosa. Per il
momento aveva tenuto sotto controllo il desiderio comprando una marea di libri
su bambini e gravidanze.
Un paio di
settimane più tardi, Hermione si svegliò a causa dell’insistente picchiettare
di un gufo ad una delle sue finestre. Si mise sul fianco ed alzò, mentre lo
stomaco decideva di rivoltarsi. Wow, si sentiva così male. Balzò in bagno, dove
più che vomitare ebbe dei conati. Non riusciva a decidere cosa fosse peggio, se
vomitare realmente o la secchezza in gola che non le faceva sparire la nausea.
“Che mi combini, Iris?”, mormorò, mentre si asciugava la fronte con un
asciugamano.
Si diresse
in cucina per fare entrare il gufo, che stava ancora becchettando la finestra.
“Ok, calmati. Non ti hanno mai detto che la pazienza è una virtù?”, disse al
gufo, mentre quello entrò ed arruffò le penne irritato. Prese la busta, e gli
diede del pane.
Cara
signorina Granger,
dopo aver
controllato i nostri rendiconti di laboratorio, abbiamo notato qualche
discrepanza con il suo fascicolo e vorremmo fissare un appuntamento con lei il
prima possibile. Se potesse inviarmi una lista di date ed orari che sarebbero
confacenti, potremmo accordarci.
Grazie in
anticipo per il suo tempo e la sua cooperazione.
Sinceramente
vostro,
Sebastian De
Braun
Direttore
Hermione
lesse la breve lettera varie volte, prima di digerirne il contenuto. Il cuore
le batteva forte, mentre la sua mente passava velocemente in rassegna gli
scenari peggiori. Riusciva solo a pensare che il suo bambino sarebbe nato con
qualche difetto genetico orribile appena scoperto sul donatore. Diventò verde
per qualche minuto, prima di tornare velocemente in bagno, vomitando
immediatamente.
|
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Capitolo 2 *** La Terribile Notizia ***
Cap 2
La Terribile Notizia
Hermione si
asciugò i pami sudati sui pantaloni. Non credeva di essere mai stata così
nervosa in vita sua, il che includeva i M.A.G.O. Il cuore le batteva forte, e
lo stomaco non si era ancora sistemato da quando aveva ricevuto la lettera.
Sperava di poter dare la colpa alle nausee mattutine, ma la crescente ansia
dell'appuntamento che si avvicinava non la aiutava. Gli ultimi due giorni erano
stati un incubo. Aveva passato la maggior parte delle ore in cui era sveglia a
pensare a scenari terribili. Il che l'aveva fatta girare e rigirare nel letto
mentre avrebbe dovuto dormire, ed ora aveva delle occhiaie enormi e nere sotto
gli occhi, ed i capelli indomati a testimoniare il tutto.
Spinse la
porta della clinica, e venne immediatamente accolta dalla receptionist
sorridente. Hermione non poté non guardare verso la lavagna con le foto di
bambini sorridenti. E se la notizia fosse stata di un'orribile malattia
genetica che l'avrebbe costretta ad abortire? O se ci fosse stata una
complicazione, e non avrebbe più potuto avere figli? Hermione sentì la
disperazione crescere.
Invece di
aspettare nell'atrio, quel giorno venne scortata dritta nell'ufficio del
direttore, il che la rese solo più nervosa. Ad ogni modo, supponeva fosse il
protocollo per ogni incidente così grave.
"Signorina
Granger", disse un uomo alto e tedesco che si avvicinava per stringerle la
mano.
"Signor
De Braun", replicò Hermione.
"Prego,
mi chiami Sebastian", sorrise lui.
Hermione
sorrise di rimando, e gli offrì la stessa cortesia. Si sedette dal lato opposto
della piuttosto imponente scrivania, e si massaggiò lo stomaco. Ormai di
recente era diventata un'abitudine.
"Hermione.
Mi scuso per averla dovuta far tornare in clinica, dopo che il trattamento è
stato un successo", iniziò Sebastian.
"Spero
perdonerà la mia poca garbatezza, ma come può immaginare, sono piuttosto in
ansia. Le dispiacerebbe arrivare dritto al nocciolo e dirmi cos'è
successo?", chiese onestamente Hermione.
Sebastian
sembrò preso un po' alla sprovvista. Probabilmente si era preparato il
discorso. "Sì, certo, capisco tutto ciò le faccia saltare i nervi".
Hermione
sorrise ed annuì incoraggiante. "Sfortunatamente, c'è stato un disguido in
laboratorio con i campioni dei donatori. Sembra che quello che aveva scelto sia
stato scambiato con quello di un altro cliente", spiegò Sebastian.
La sua
reazione iniziale fu di sollievo puro. Poteva convivere con il fatto che il suo
donatore ideale non sarebbe stato il padre di suo figlio. Non è che avessero
avuto persone indesiderabili nei registri. Ogni donatore era rigorosamente
controllato e vagliato. Magari il padre era uno sportivo, piuttosto che un
accademico. Non era così terribile. Almeno suo figlio avrebbe avuto l’opportunità
di essere in grado di volare con competenza su una scopa.
“È possibile
visionare il fascicolo del nuovo donatore?”, chiese lei, sorpresa di quanto
calma suonasse. Aveva ancora i serpentelli nello stomaco, ma si sentiva molto
più positiva di quanto fosse stata durante gli ultimi giorni.
Sebastian sembrò
in difficoltà. “Beh, mi dispiace dirlo, ma è qui che la cosa si complica,
Hermione”.
“Cosa
intende?”, chiese Hermione, domandandosi quanto ciò potesse essere problematico.
“Il fatto è
che il campione scambiato con il suo, non proveniva da un donatore, bensì da un
potenziale padre. Un padre che vuole assolutamente far parte della vita di suo
figlio”.
Alzò di scatto
la testa. Al momento, non riusciva a capacitarsene. “Ma io ho deciso
specificamente per una donazione perché non volevo che il padre biologico avesse
alcun ruolo nella vita di mio figlio”.
Sebastian
allargò le braccia. “Mi dispiace davvero, Hermione. Tutto ciò che posso fare è
ridarle i soldi che ha pagato, ed offrirmi di metterla in contatto con un buon
consulente legale”.
Lei non ne
rimase particolarmente compiaciuta. “Quindi mi sta suggerendo che il padre
biologico di mio figlio cercherà di mettersi in contatto?”.
Sebastian annuì
tristemente. “Infatti, Signorina. So che sarà esattamente ciò che farà questo
cliente. Lo ha detto chiaramente durante il nostro incontro di ieri. Fino ad
ora abbiamo tenuto segreta la sua identità, che gli sarà rivelata solo dopo una
sentenza del tribunale”.
Lei chiuse
gli occhi per la disperazione. Si stava trasformando in un disastro. Ok, non
era brutto come una malattia genetica, ma ora si parlava di andare in
tribunale. Non aveva preso in considerazione un padre, nella sua vita;
sarebbero sempre state lei e la piccola Iris. Ora c’era potenzialmente in ballo
un ricorso per tenere lontano il padre biologico. O Merlino, un processo
avrebbe significato far trapelare la notizia, e tutti avrebbero saputo che era
incinta. Il Settimanale delle Streghe, Rita Skeeter in particolare, cercava sempre
di accalappiare pettegolezzi del “Trio d’Oro”. Tutto questo le avrebbe garantito
un articolo in prima pagina.
Poi ci
sarebbe stata la delusione di Harry, Ron e Ginny. Non avrebbero capitò perché si
era rivolta a questo procedimento, mentre loro cercavano sempre di metterla in
coppia con qualche loro amico o collega. Ginny si era perfino offerta di
organizzarle un appuntamento con una delle sue ex compagne delle Harpies.
Hermione aveva fermamente rifiutato l’offerta, assicurando all’amica che non
stava assolutamente sopprimendo qualche tendenza omossessuale. Era preoccupata,
più di tutto, dei suoi genitori; sarebbero rimasti davvero sconvolti dalla sua
decisione.
Venne risvegliata
dai suoi pensieri da qualcuno che bussava alla porta. Si voltò in allarme, e
vide un arrabbiato Draco Malfoy aspettare sull’uscio. La receptionist, dietro
di lui, agitava le mani. “Non sono riuscita a fermarlo, Signor De Braun”.
“Signor
Malfoy, non può piombare qui dentro”, protestò Sebastian.
“Sì, posso. Mi
rifiuto di essere messo all’angolo da deboli banalità di etica per non darmi il
nome della donna. Stiamo parlando di mio figlio”, disse con rabbia.
Hermione
grugnì, mentre interiorizzava le implicazioni del discorso di Malfoy. Avrebbe
avuto un figlio con Draco Malfoy. Voleva piangere. L’intera decisione le si
stava ritorcendo contro.
“Signor Malfoy,
le ho spiegato diverse volte che, a causa del contratto della Signorina
Granger, non posso divulgare la sua identità a meno che non mi sia chiesto tramite
specifico ordine del tribunale”, disse frustrato il direttore.
Ottimo! Pensò lei. L’hai appena fatto. Sebastian sembrò realizzare la stessa cosa, e
si voltò a mo’ di scuse verso Hermione con uno sguardo di puro orrore in viso. Lei
non riusciva a turbarsi. Malfoy era nella stessa stanza con lei, e non è che
non l’avesse riconosciuta. Fece girare la sedia, per affrontare lo sguardo duro
della sua nemesi di scuola.
Draco Malfoy
imprecò, mentre guardava la donna seduta dietro il direttore. Non poteva
capitare a lui. Era già abbastanza grave che i suoi piani di paternità fossero
svaniti, ma ora scopriva anche che la strega incinta non era altri che Hermione
Granger, la piaga della sua esistenza ad Hogwarts. Osservò la donna che ormai portava
in grembo l’erede dei Malfoy. Non sembrava fosse cambiata molto dai tempi della
scuola. I capelli erano ancora una massa indomabile e, a differenza di molte
altre ragazze, non si preoccupava di truccarsi per migliorare l’aspetto. Lei lo
guardò dall’alto in basso con un’espressione da secchiona con la puzza sotto al
naso che riservava ai Serpeverde, lui in particolare.
“Se non le
dispiace, signor Malfoy, vorrei continuare a spiegare la situazione alla
signorina Granger. Se volesse accomodarsi nell’atrio, potremmo discutere delle
sue opinioni più tardi”.
Draco inarcò
il sopracciglio destro; non rispondeva bene agli ordini “Malfoy, esci”, sbottò
la Granger.
“Non devo
parlare con lei, De Braun”, disse, ignorando completamente il comando della
Granger. “Si assicuri solo che ci sia una stanza libera dove io e la Granger
potremmo poi parlare”.
“Temo di
aver bisogno del permesso della Signorina Granger, per quello”.
Lei sembrava
voler caldamente rifiutare. Draco pensò di decidere per lei. “Granger, tu ed io
parleremo. Possiamo farlo qui, lontano da occhi ed orecchie indiscreti, o ti rintraccerò
da qualche parte, un posto molto più pubblico”.
Lei lo
osservò, ma ovviamente lo conosceva troppo bene per sapere che avrebbe
mantenuto la minaccia. “Ok, accetto di parlare con Malfoy appena concluderemo
questo incontro”, disse formalmente a De Braun.
Draco annuì
ad entrambi gli occupanti della stanza, prima di seguire fuori la receptionist,
chiaramente sollevata. Si sistemò di nuovo dietro la scrivania e continuò il
proprio lavoro, gettandogli di tanto in tanto occhiate di disapprovazione.
Lui sospirò.
Suo padre avrebbe avuto dei gattini, ed Astoria ne avrebbe fatto un disastro. Si
accigliò, pensando a sua moglie. Si trovava in quel casino per colpa sua.
Draco sogghignò
verso la collezione di giornali sul tavolo di fronte a lui. Non voleva rimanere
ad annoiarsi mentre aspettava la Granger, aveva cose da fare. Doveva assicurarsi
di essere pronto per qualsiasi evenienza possibile gli fosse capitata; non doveva
assolutamente andare peggio di così.
Il telefono
della receptionist suonò, e lei gli si avvicinò. “La signorina Granger ha
terminato il colloquio”, lo informò.
Lui si alzò
e la seguì verso una piccola sala per i consulti. Strinse le labbra, mentre vide
che la Granger aveva preso posto dietro la scrivania. La sua espressione di
scherno gli ricordava quella della McGranitt, e si sentì uno studente briccone che
stava per essere ripreso. Beh, non avrebbe fatto il suo gioco. Chiuse la porta
in faccia alla receptionist, e ci si mise contro.
Hermione si
accigliò, mentre assimilava la presenza di Malfoy nella stanza con le braccia
incrociate ed un profondo solco in fronte. L’ansia per la situazione ritornò.
“Volevi
parlare, Malfoy”, iniziò lei, mentre il Serpeverde sembrava contento di
rimanere a fissarla.
Lui si
avvicinò, e lei non poté evitare di arricciarsi in modo protettivo verso lo stomaco.
“Non pensare nemmeno di fare del male a me od al bambino”, disse nel panico.
Malfoy la
derise e prese la sedia dal lato opposto. “È bello sapere che pensi io sia un
depravato”, sottolineò.
Hermione gli
lanciò uno sguardo sprezzante. “Se la penso così su di te, magari è perché la
mia vicinanza a te mi ha dimostrato quanto tu sia poco gentile. E no, non
abortirò”, disse, determinata di levargli quell’idea dalla testa.
Lui la ignorò
completamente. “Di quante settimane sei?”.
“Sette”,
replicò lei.
“Il tuo compagno
sa che non è suo figlio?”.
“Non ho un
compagno”, mormorò.
Malfoy si
avvicinò ancora di più. “Cosa, Granger? Non riesco a capire i tuoi sussurrii”.
“Non ho un
compagno”, sbottò lei e lo guardo.
Il sopracciglio
di lui si alzò. “Non hai un compagno? Allora perché sei in una clinica per la
fertilità?”.
“Solo perché
non c’è nessuno nella mia vita, non significa io non voglia un figlio”,
ringhiò.
“Sei incinta
per donazione”, ne dedusse lui, ed iniziò a ridere.
Hermione
spinse indietro la sedia e si alzò. “Non ne parlerò con te, Malfoy. La mia
gravidanza non ti riguarda”.
“Calmati,
Granger, e risiediti. A meno che tu non te ne sia accorta, porti in grembo mio
figlio, il che è un mio affare”.
“No, non lo è”,
disse fermamente. “Puoi anche essere il padre biologico, ma non avrai niente a
che fare con questo bambino”.
Lui si alzò,
mise le mani sulla scrivania, e si sporse minacciosamente verso di lei. “Se
credi che sparirò dalla tua vita e ti lascerò allevare da sola l’erede dei Malfoy,
devi ripensarci”.
“Allora vai,
fai un altro prelievo e metti incinta chiunque sia la sfortunata donna che avevi
scelto per essere la madre del tuo prezioso erede”, disse aspra, incrociando le
braccia sulla difensiva.
Hermione lo
guardò, mentre una miriade di emozioni attraversavano il viso di Malfoy. Di
solito era così chiuso e riservato che non si riusciva mai a capire a cosa
stesse pensando, ma lei notava rabbia, delusione e tristezza. “È un po’ più
complicato di così, e non vedo perché dovrei spiegarlo a te”.
Lei si
strinse le braccia al petto. “Per lo stesso motivo che mi hai appena detto. Sei
il padre del mio bambino, quindi credo di sapere cosa possa esserci di così
complicato. Comunque, non sei sposato? Non puoi usare un altro campione con tua
moglie?”.
Hermione venne
presa alla sprovvista dalla rabbia che gli oscurò il volto. C’era qualcos’altro
in quel matrimonio, oltre ai problemi di fertilità? Lui sembrò combattevi
qualche secondo, prima di tornare ad indossare la faccia da poker. “Non so che uomo
tu credi io sia, ma non c’è assolutamente possibilità che io convenientemente
sparisca, sapendo che mio figlio è lì fuori e non conosce il suo stesso padre”.
“Devo
davvero rispondere? Eri un viziato monumentale ad Hogwarts, ed a malapena riesco
a pensare che potresti accettare un piccolo Mezzosangue a braccia aperte come
figlio”, sputò. “In ogni caso, non causerebbe qualche problema alla tua
cerchia, sapendo che sarà Mezzosangue? Il lignaggio più puro dei puri terminerà”.
“Non fa
differenza, un Malfoy Mezzosangue ora esiste, che mi piaccia o no”, disse
Malfoy.
“Nessuno
deve saperlo. Deve essere un segreto”, pregò lei, sperando che Malfoy
proteggesse il suo patrimonio di sangue puro da qualsiasi potenziale figlio. Se
a lei fosse toccata la sfortuna peggiore ed avesse avuto un figlio identico a
Malfoy, avrebbe trovato il modo di spiegarlo.
“No! Non ti
lascerò andare via. Voglio vedere mio figlio”, insistette lui.
Hermione era
stanca, e le stava venendo mal di testa. Non era riuscita a mangiare molto prima
di partecipare all’incontro; la nausea mattutina e l’ansia le avevano fatto rigettare
tutto tranne che una mela. “Beh, non puoi. Ho appositamente cercato un donatore
così da non avere le complicazioni di un padre”, disse lei.
“Non mi
interessa. È un tuo problema, non mio. Io farò parte della vita di questo bambino”.
“No, invece”,
battagliò lei. “Il mio contratto con la clinica diche che il donatore non ha
alcun diritto di provare a contattare me od il bambino”.
“Penso sia
un errore della clinica, ed il mio contratto rende nullo quel termine, Granger”,
disse compiaciuto Malfoy.
“Lo vedremo”,
sbottò lei, alzandosi in piedi e fuggendo dalla stanza.
“Spero tu
abbia un buon rappresentante legale, Granger”, le urlò dietro.
La famiglia
Malfoy era uscita dalla guerra praticamente senza scotto. Nonostante tutti sapessero
che Lucius Malfoy aveva mentito riguardo all’essere stato sotto maledizione
Imperius durante il primo regno di terrore di Voldemort e che era stato
presente al suo fianco sin dalla sua resurrezione, lui e Draco erano riusciti
ad evitare di essere spediti ad Azkaban. Il Wizengamot aveva loro risparmiato
questa ignominia, con disgusto di Hermione. Almeno la loro reputazione era
stata distrutta, ed avevano passato qualche anno ai margini, mentre coloro che
consideravano inferiori, come Hermione erano arrivati in cima.
Ad ogni
modo, con qualche donazione ben piazzata ed un comportamento esemplare, Lucius
si vedeva ancora girare per i corridori del Ministero. Draco era riuscito a
farsi strada nel Consiglio Direttivo di Hogwarts, e svolgeva parecchi affari in
Diagon Alley ed Hogsmeade. I Malfoy erano tornati in pista, ed Hermione lo
odiava. La faceva infuriare, ed ora avrebbe dovuto affrontarli da sola. Non era
sicura di esserne in grado, così depressa e con la nausea. Si smaterializzò di
nuovo nel suo appartamento, e si mise a piangere sul divano.
Nel
frattempo, Draco era frustrato. Perché doveva capitare con la strega più
testarda del mondo? Una cosa giocava a suo favore: almeno non aveva una
relazione con qualcuno. Una madre single era più facile da battere in aula rispetto
ad una sposata o con un compagno da lungo tempo.
Grazie all’innata
abilità dei Malfoy di tenere le vite private estremamente tali, nessuno tranne
la famiglia di Astoria sapeva dei problemi nel loro matrimonio. Voleva tenersela
stretta fino all’ottenimento della custodia del bambino, e poi l’avrebbe
scaricata. I Greengrass non si sarebbero lamentati, dato che Draco possedeva i
loro affari di famiglia, e se volevano mantenere l’agiatezza e la loro
posizione in società avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa.
Ad ogni
modo, dopo aver notato quanto stanca fosse la Granger, pensò che magari un po’
di pressione gli avrebbe permesso di ottenere ciò che voleva. Poteva persino ottenere
la custodia esclusiva, e pagarla per ulteriori trattamenti, così che potesse
avere in seguito un altro bambino. Non è che lei si fosse affezionata a questo perché
era il risultato di una relazione amorosa, si era rivolta ad un donatore
dopotutto.
Quel pensiero
portò Draco a riflettere sul perché. Non poteva dire di aver visto molto la
Granger od i suoi stupidi amici dopo la guerra. Sapeva ciò che gli serviva dagli
incessanti articoli che la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato subito dopo.
Sapeva che Potter aveva preso il comando del Dipartimento Auror non tanto tempo
prima, mentre Weasley, idiota qual era, lavorava come dipendente di suo fratello.
Comunque, le notizie sulla Granger erano state scarse, dato che si manteneva
lontana dai riflettori. Sapeva solo che lavorava da qualche parte, piuttosto in
alto, nel Dipartimento di Regolazione per la Legge sulla Magia, e che aveva
scritto e fatto approvare diverse leggi per il benessere degli elfi domestici, il
che l’aveva fatta maledire da suo padre. Erano finiti a dover liberare i loro
tre elfi domestici, ed offrirgli una paga; c’ertamente, nessun Malfoy si
sarebbe sognato di fare una cosa simile di propria spontanea volontà.
Non che gli importasse, ma era strano vederla ridotta
ad una donazione per avere il bambino che sembrava desiderare così
ardentemente. Beh, si sbagliava di grosso se pensava che sarebbe stata in grado
di negargli accesso a suo figlio. Non sarebbe successo. Si smaterializzò di
nuovo al Manor. Doveva parlare con suo padre e pianificare cosa fare.
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Capitolo 3 *** L'Amara Verità ***
Cap 3
L'Amara Verità
Hermione non
era una che piangeva per tanto tempo. Se lo fosse stata, non si sarebbe mai
ripresa dai primi e terribili mesi ad Hogwarts e, se non l’aveva abbattuta il
suo isolamento iniziale, sicuramente non avrebbe permesso alle minacce di Draco
Malfoy di fermarla ora. Si rese conto che avrebbe dovuto fare ciò che non
avrebbe mai voluto: raccontare esattamente ai suoi amici come era rimasta
incinta. Oh, e soprattutto dire loro che era incinta.
Si alzò dal
divano e lavò via le lacrime dal viso. Gli ormoni l’avrebbero uccisa. Si sedette
alla scrivania e prese alcune buste e delle piume, pensando per un momento se
raccontare tutto ad Harry e Ginny e dire loro di passare la notizia a Ron. Ron
era sfuggente, il più delle volte, ed il suo temperamento quando si trattava di
Malfoy non era mai stato stabile, ma sia lui che Harry erano migliori amici, e
sapeva quanto doloroso fosse essere tagliati fuori. Così, preparò una lettera
per entrambi, chiedendo loro di andare a trovarla la sera successiva a cena,
nel suo appartamento. Ciò le avrebbe dato ventiquattr’ore per preparare
esattamente cosa dire loro, il che non sarebbe stato facile.
Hermione
maledisse la propria sfortuna ancora una volta. Perché, tra tutti, proprio Malfoy?
Non potevano fare lo scambio con qualche altro donatore, o con qualcuno che avrebbe
fatto a finta di esserlo ed avesse permesso alla clinica di pagargli il trattamento
successivo? No, lei doveva avere l’idiota più colossale come padre di suo
figlio, uno che non voleva nascondere sotto il tappeto il figlio Mezzosangue. Si
strofinò la fronte. Magari lui avrebbe ritrovato la ragione una volta parlato
con il padre. Non riusciva ad immaginarsi Lucius Malfoy contento per l’inclusione
di un bambino non purosangue nell’albero genealogico dei Malfoy.
Hermione si
sentì un pochino curiosa sulla ricerca dei trattamenti di fertilità di Malfoy.
aveva sempre pensato che gli incroci tra purosangue si sarebbero rivelati
fatali. Ultimamente la scelta tra streghe e maghi purosangue era troppo
limitata. Anche i traditori come i Weasley erano imparentati con la maggior parte
delle famiglie suprematiste. L’enfasi di mantenere la linea pura non poteva
continuare ancora per molto senza gravi conseguenze per i figli e sembrava che,
nel caso di Malfoy, ciò significasse avere difficoltà a procreare. Cercò di non
ridere, ma non ci riuscì. Dopo si sentì cattiva, ma davvero – Malfoy, il ragazzo
che era stato così arrogante per la sua dinastia magica, aveva bisogno di una
tecnologia Babbana per far continuare il suo purissimo lignaggio. Era divertente,
se pensata in quel modo.
Non aveva
prestato molta attenzione ai Malfoy dopo i loro processi post-bellici. Si era
irritata per l’ingiustizia di avergli fatto evitare la prigione. Poteva perdonare
Narcissa, dato che aveva mentito a Voldemort e dato ad Harry la possibilità di
prendere di sorpresa lo psicopatico ed ucciderlo ma, secondo lei, Lucius e
Draco Malfoy meritavano sicuramente Azkaban. Draco aveva invocato di essere
stato costretto a diventare Mangiamorte. Sfortunatamente, aveva ragione. Gli era
stato ordinato di uccidere Silente, e la sua famiglia sarebbe morta se avesse
fallito. Comunque, non riusciva in ogni caso ad immaginare quel piccolo e
tronfio sedicenne a rifiutare il Marchio Nero.
Probabilmente
lo considerava un grande onore. Per Lucius, come avesse fatto il Wizengamot a
credere che “avesse disertato”, durante la battaglia finale, non riusciva a
concepirlo. Si erano bevuti le scuse di come non volesse andarsene prima perché
preoccupato per sua moglie e suo figlio. Harry aveva assicurato Hermione che
era vero; Voldemort si era auto-invitato a Malfoy Manor ed aveva preso la
bacchetta di Lucius per punirlo, e lei sapeva di doverci credere perché glie lo
aveva detto Harry, ma non riusciva a non essere scettica. Trovava difficile
credere che non fosse stato un grande onore per i Malfoy ospitare Voldemort in
casa propria. Harry aveva insistito che Lucius dicesse la verità, ed Hermione
era rimasta incredula di quanti fossero rimasti sconvolti dalle commoventi
suppliche.
I Malfoy si
erano tenuti lontani dai riflettori per un po’, ma Hermione aveva visto il
piccolo trafiletto nella Gazzetta del Profeta che raccontava del matrimonio tra
Draco ed Astoria Greengrass. C’era anche una foto di accompagnamento, e lei
aveva riso per la loro rigidità in posa solenne, anche se il sorriso di Astoria
sembrava quello di un gatto che aveva catturato il canarino. Non aveva più
pensato alla coppia finché Malfoy non si era presentato alla porta di Sebastian
De Braun quella mattina. Ora riusciva solo a pensare che quella coppia non si
sarebbe assolutamente avvicinata alla sua piccola Iris.
Draco arrivò
a casa, esausto. Appena aveva scoperto chi fosse la madre di suo figlio, si era
reso conto che avrebbe affrontato una battaglia. Attraversò Malfoy Manor ed
andò dritto alla biblioteca, dove sapeva ci sarebbe stato suo padre. Lui sedeva
dietro la scrivania, mentre leggeva delle carte. Non si scomodò ad alzare la
testa, mentre il suo unico figlio entrava dalla porta. “Allora?”, chiese.
Draco non sapeva
come spiegare la situazione a suo padre. Da un lato, voleva disperatamente che
la casta dei Malfoy prosperasse. Di solito, i Malfoy si assicuravano
precocemente un erede dopo il matrimonio, preferibilmente entro il primo anno. Ormai
Draco era vicino ai trent’anni, era sposato da quando ne aveva ventitré, e
ancora nessun segno di un bambino all’orizzonte. “È più complicato di quanto
pensassi”, replicò.
“Possiamo
pagarla?”, rispose Lucius.
Draco fece
una smorfia. “Non lei. Ha una morale di ferro”.
Suo padre
alzò lo sguardo, con un’espressione vagamente preoccupata. “Chi è?”.
Non sapeva
come dargli la notizia. Lucius non era mai stato un fan della “ragazza Granger”.
Si lamentava sempre con lui per averle permesso di superarlo negli esami a
scuola. Non capiva quanto fosse intelligente la Mezzosangue e quanto dotata fosse
per la magia. Decise che non c’era modo di indorare la pillola. “La Granger”.
Suo padre ghignò
appena. “Draco, non credo sia il momento di scherzare”.
“Non sto scherzando,
padre. È la Granger. Porta in grembo il prossimo erede Malfoy”, disse
seriamente.
Lucius
sussultò e si avviò verso il ripostiglio dove teneva gli alcolici, versando due
bicchieri. “Beh, la cosa si è fatta interessante”, sottolineò.
Draco fece
una smorfia. Interessante non ci si avvicinava nemmeno.
“Quindi cosa
ha detto?”, chiese Lucius.
“Sperava
sarei stato felice di sparire perché il bambino sarà un Mezzosangue”.
Lucius fece
appena una smorfia. Un erede mezzosangue non era nei suoi piani. “Mmm… non è l’ideale.
Ma un erede mezzosangue è meglio che niente. Potremmo sempre tenere Astoria sottochiave
per nove mesi e fare a finta sia un Purosangue”.
“Se eredita
i capelli della Granger, no. E comunque, dubito lei svanirebbe sommessamente”.
“Beh, un Mezzosangue
potrebbe tornarci utile. Molti sospettano ancora delle nostre motivazioni. I tempi
stanno cambiano, ed un figlio così cementerebbe la famiglia Malfoy nella nuova
società”.
“Sarebbe
difficile da far digerire alla cerchia dei Purosangue”.
Lucius lo
derise. “Non ho paura delle famiglie Purosangue. Molte di loro ci devono soldi,
ed ho troppi panni sporchi su di loro”.
Lui si
inchinò alla conoscenza suprema di suo padre sul come cavarsela nelle politiche
purosangue. Lo aveva fatto con successo per gran parte della sua vita, a parte
in quei due anni in cui erano stati resi ridicoli e presi in giro dal Signore
Oscuro. “Lei è chiara, non vuole che faccia parte della vita di suo figlio”.
“Non possiamo
pagare suo marito? Di sicuro non vorrà allevare il figlio di un altro uomo”.
“Qui si fa
un po’ più facile, per noi”, informò Draco suo padre. “La Granger non è
sposata, non ha una relazione, ed era alla clinica per iniziare una gravidanza
con un donatore”.
Lucius
sorrise. “Ora si che le cose si mettono bene per noi”.
“Sì, stavo
pensando che dovremmo tenerci buona Astoria fino al processo. In questo modo
posso presentare il nostro matrimonio come felice, un matrimonio che possa
procurare una relazione stabile ed amorevole tra due genitori”, disse.
“Mmm… è un buon
piano, Draco, ma preferirei che i nostri nomi non venissero spiattellati sulla Gazzetta
del Profeta, ma accadrà se finiremo in tribunale. Non vogliamo che il mondo
pensi abbiamo problemi di fertilità”, commentò Lucius.
“Se?”, sottolineò
lui. “Parliamo della Granger. Sicuramente non ci darà il bambino e sparirà di
nuovo sotto la roccia dalla quale è uscita”.
“No, lo so. È
una Grifondoro ed amichetta di Potter. Togliersela di torno sarà più difficile
che con un pidocchio, ma prima io proverei un’altra tattica. Credo dovresti provare
ad avvicinarti a lei, e convincerla a lasciarti il bambino”.
Draco non
riuscì ad evitare la risata che gli scappò di bocca. “Sei pazzo? Non ci cascherà
mai”.
“Provaci,
Draco. Dobbiamo tentare di mantenere la cosa più segreta possibile. Mentre lo farai,
io contatterò Horatio ed inizierò a lavorare al caso contro di lei. Almeno, ci
procurerà un po’ di tempo”, disse Lucius.
Lui
sogghignò alla natura maligna di Lucius. Non era così illuso da pensare che
sarebbero riusciti a togliere il bambino alla Granger senza combattere, ma gli
avrebbe dato tempo per costruire il caso. Horatio Devereux riusciva a far
accadere cose che altri rappresentanti legali non potevano. Erano i legali dei
Malfoy da più tempo di quanto nessuno potesse ricordare; come fosse riuscito a
tenere Lucius fuori da Azkaban per Draco era un mistero, aveva ricevuto solo un
anno di condizionale. Se qualcuno poteva fargli avere questo figlio, era
Horatio.
Hermione si
era preparata per la cena di rivelazione. Per evitare qualsiasi comportamento
irrazionale, aveva preparato i piatti preferiti di Ron e ed il dolce preferito
di Harry. Fortunatamente, sarebbero state presenti anche Ginny e Luna, esperte
nel tenere in riga i mariti.
Non ricordava
un momento in cui era stata più nervosa di dire qualcosa ad Harry e Ron. Sentì il
suono del caminetto. Prese alcuni respiri profondi per calmarsi, prima di
attraversare l’appartamento verso il soggiorno.
Per il
momento, tutto andava come previsto. Harry e Ron erano in splendida forma, ed
il cibo era stato spazzolato. Hermione stava preparando il caffè in cucina da
servire con il dessert. Lo stomaco le si era annodato, e le mani le tremavano,
il che non era l’ideale quando si stava versando acqua bollente. Sapeva di
doversi calmare, ma era più facile da pensare che da fare. La confusione e
delusione dei suoi amici non la voleva. Non avrebbero capito il suo desidero di
avere un figlio senza un compagno accanto.
“Puoi
farcela”, mormorò tra sé Hermione ed imprecò quando versò la caffettiera,
seminando vetri rotti e grani di caffè per la cucina.
“Che cosa puoi
fare? Perché di sicuro non riesci a fare il caffè”, osservò Ginny, entrando
nella stanza.
“Ha ha!”,
replicò Hermione prima di roteare la bacchetta e riparare la caffettiera, spazzando
nel cestino i grani di caffè.
“Allora, mi
dici perché sei così tesa sta sera?”.
“Non sono
tesa”, obiettò lei.
“Certo che
no. Ecco perché non riesci a fare un semplice caffè”, commentò Ginny. “Perché ho
la sensazione che si tratti di qualcosa di piuttosto importante? Sei stata in
ansia per tutta la sera”.
“Non è vero”,
protestò.
Ginny le
lanciò un’occhiata come per dire “non mi prendi in giro”.
Hermione
sospirò. “Va bene. Ho delle novità, ma non sono buone”.
“Siediti, prima
di rompere qualcos’altro”, disse Ginny, adocchiando le mani tremanti di
Hermione e cercando di completare il compito al posto suo, riempiendo la
caffettiera con del caffè fresco ed aggiungendo un tè alle erbe per lei. “Ha a
che fare con il tuo flirt? Ti ha trasmesso qualche malattia?”.
Hermione la
guardò e scoppiò a ridere. “Davvero, Ginny. Credo di sapere come prendermi cura
della mia salute”. Ma a metà risata, Hermione iniziò a piangere.
Ginny la
guardò in allarme. Lei non piangeva. Mai.
“Vieni,
siediti”, disse, guidando Hermione su uno degli sgabelli per la colazione.
Agguantò dello Scottex e glie lo diede perché si asciugasse le lacrime.
“Scusa”,
disse Hermione. “Non so cosa mi sia preso. Mi sento così instabile emotivamente
al momento”.
“Se non ti conoscessi,
direi che sei incinta. Gli ormoni sono una spina nel fianco.
La sua
espressione terrorizzata fece fermare Ginny. “Per la barba di Merlino! È questo,
vero? Sei incinta?”. Lei non riuscì a fare altro che annuire. “Il tizio! Almeno
sai qualcosa di lui, per dirglielo?”.
Quello era
ciò che Hermione avrebbe sperato, se il suo piano fosse andato come doveva. Avrebbe
potuto dare la colpa della gravidanza ad un comportamento sconsiderato ed
insolito, e dire che il padre l’aveva lasciata da un momento all’altro, ma ora doveva
dare una spiegazione difficile. “Prendiamo caffè e tartine. Lo spiegherò quando
saremo seduti”.
“Aspetta.
Lascia che ti faccia una camomilla. La caffeina non fa bene al bambino, e
neanche a te visto lo stato in cui sei”.
Portarono i
vassoi nella sala da pranzo di Hermione, dove lei si assicurò di riempire per
bene i piatti di Harry e Ron prima di sedersi.
Prese un
respiro profondo. Ora o mai più. “Devo dirvi una cosa”, iniziò. “Preferirei mi
ascoltaste fino alla fine, prima di intervenire. Non è una cosa che volevo
dirvi, e penserete sia diventata pazza, ma per favore ascoltatemi ed urlate
quando avrò finito”.
Tutti si
bloccarono e la fissarono, e lei si sentì ancora più nervosa. Il fascio di nervi
allo stomaco non stava migliorando, e le nausee non aiutavano. Stava per
vomitare a causa dello stress per la situazione. Decise che l’unico modo per uscirne
era chiudere gli occhi e dirlo. “Non sono davvero andata in Svizzera a schiare,
e non ho avuto una storia con un tizio francese di nome Thibault. In realtà,
sono andata in una clinica della fertilità per l’inseminazione artificiale”.
Hermione
sentì i singulti scioccati degli amici, ma sapeva che non sarebbe riuscita a
continuare se avesse aperto gli occhi per vedere le loro reazioni. “Comunque,
qualche settimana fa ho scoperto di essere incinta”.
“Sei
incinta?”, esclamò Ron.
Lei aprì gli
occhi irritata, e vide le espressioni felici e scioccate degli amici. “Per
favore, Ron, non è finita”.
“Aspetta,
cosa dovresti dire ancora?”.
“La parte
peggiore di tutta la situazione. La prima parte è andata secondo i piani. Volevo
dirvi di essere rimasta incinta dopo la fantomatica relazione”.
Ginny fece una
smorfia. “Non posso credere che ci avresti mentito a riguardo”.
Hermione si
prese la testa tra le mani. “Non è che lo volessi, ma non credevo avreste
compreso”.
“Giusto, non
capisco. Se vuoi un figlio così tanto, perché non frequenti nessuno? Sono passati
anni da quando hai avuto un fidanzato”, disse Ron.
“Non è così
semplice. Non c’è nessuno lì fuori con cui io voglia uscire. Vorrei ci fosse,
ma non mi piace nessuno, e non inizierò una relazione solo perché voglio un
figlio. Preferisco essere un genitore single, che essere incastrata in una
relazione tormentata ed avere un figlio in mezzo a tutto questo”.
“Ma Hermione,
di recente non hai provato a frequentare nessuno”, disse Harry.
“Ho giurato
che dopo Anthony non sarei uscita con nessun altro, a meno che non ne fossi
entusiasta. Chiunque mi hai presentato mi ha lasciata indifferente”.
“Sei troppo
esigente, ecco il tuo problema”, la rimproverò Ron.
“Sta zitto,
Ron. Hermione ha ragione a volere qualcuno che provi dei sentimenti per lei”,
disse Luna. Hermione sorrise grata all’ex Corvonero. Luna era l’unica che non la
stava guardando male. Non era convenzionale, e non rimaneva sconvolta da queste
cose.
“Allora chi è
il donatore?”, chiese Ginny, riportando la conversazione sulla questione.
“Sono
anonimi. Ho scelto qualcuno con un alto quoziente intellettivo e buoni M.A.G.O.,
che ora lavora come Guaritore. In ogni caso, all’inizio di questa settimana ho
ricevuto una lettera in cui dicevano che c’era stato un errore nei miei dati. Ho
fissato un appuntamento con il direttore della struttura due giorni fa, e si è
scoperto che c’è stato uno cambio di campioni in laboratorio. Il padre di mio
figlio non è il donatore che avevo scelto”, disse velocemente.
Ginny iniziò
a ridere, e tutti la guardarono sconvolti. “Mi spiace”, disse lei. “Solo non
credo di farcela più. Prima Hermione sente il bisogno di andare in clinica per
avere un bambino, e poi quella clinica fa casino”.
“Non riderai
più quando scoprirai chi è il padre”, disse tetra Hermione.
Catturò l’attenzione
di tutti. Fissò i volti rapiti di fronte a lei, prima di abbassare gli occhi
sul dolce neanche toccato. “Come stavo dicendo, c’è stato un errore in laboratorio,
ed il mio campione è stato scambiato con quello di un’altra coppia. Il risultato
è che ora porto in grembo il figlio di Draco Malfoy”.
Regnò il silenzio. Per qualche
minuto, nessuno disse nulla. Hermione ormai si stava torturando le mani, in
attesa dell’inevitabile esplosione. “Beh, congratulazioni Hermione. Io, per
prima, sono molto eccitata della nuova aggiunta. Sarà così bello ora che anche
tu avrai un bambino”, disse Luna.
Ron guardò
incredulo sua moglie. “Come fai a farle le congratulazioni? Non è un evento
felice. È una dannata farsa”.
“Ron!”, esclamò Luna.
“Non chiamarmi
Ron! Lo è. Hermione è uscita di testa ed ora è incinta di un Mangiamorte”.
I nervi di
Hermione crollarono, e scoppiò a piangere volando di sopra nella sua stanza. Gli
ultimi giorni l’avevano distrutta, e non voleva fare altro che seppellire la
testa sotto il cuscino e non uscire mai più. Sentì il suono di passi salire le
scale, e si strinse maggiormente nel letto.
“Hermione”, la chiamò dolcemente Harry. Percepì un
peso sul letto, mentre lui le si sedeva a fianco e le accarezzava la schiena. “Sai
com’è Ron. Non voleva rispondere in malo modo come ha fatto”.
“Beh, ha ragione. Ho incasinato tutto. Com’è possibile
che sia successo a me, e con Draco Malfoy, tra tutti?”.
“Non è colpa tua. È la clinica che ha fatto un casino.
Non potevi pensare ad un risvolto del genere”.
“È ridicolo. E quanto tutto questo finirà in tribunale
e verrà spiattellato sui giornali, tutti rideranno di me. Sono la so-tutto-io
che non riesce a tenersi un uomo e che ricorre ad una donazione per avere un
figlio”, mormorò.
“Se qualcuno dirà qualcosa su questa storia, si
ritroverà colpito dalla Fattura Gambemolli di Ginny. Ma perché dovresti finire
in tribunale?”.
Lei si sedette e si asciugò gli occhi. “Malfoy si è
presentato all’appuntamento in clinica. Invece che essere felice di nascondere
sotto al tappeto un potenziale figlio Mezzosangue, vuole vantare i suoi diritti
sul bambino”.
Harry la guardò stupefatto. “Intendi che vuole davvero
prendersi il bambino?”.
Lei annuì, mentre un paio di lacrime le rigavano le guance.
“Pensavo avrebbe provato a convincermi ad abortire, ma parla di portarmi in
tribunale così da poter vedere suo figlio”.
“Sono sicuro non succederà. Intendo, Lucius non
sosterrà mai il riconoscimento di un Malfoy Mezzosangue. Anche se dovrai stare
attenta quando andrai in giro, non vorrei che i Malfoy ti lanciassero qualche
maledizione e perdessi accidentalmente il bambino”.
Hermione sembrò terrorizzata, e si strinse protettiva
lo stomaco. Lui comprese ciò che aveva detto. “Scusa. Avrei dovuto parafrasarlo
meglio. Non preoccuparti. Non lascerò ti accada nulla”.
“Non posso perdere questo bambino, Harry. Non potrei
sopportare di dover fare una cosa del genere un’altra volta. I risvolti emotivi
mi ucciderebbero”.
Harry le baciò la fronte. “Ti sostengo io, ok? Se
Malfoy vuole fare la guerra, presto capirà che non se la prenderà solo con te,
ma anche con me e Ron”.
Lei gli sorrise debolmente. “Grazie. Credi dispiacerà
agli altri se non torno di sotto? Vorrei solo dormire. Il primo trimestre è
davvero faticoso, ed ho avuto un paio di giorni difficili”.
“Vai a dormire, Hermione. Noi sistemeremo di sotto, e voglio
tu metta a dormire anche il cervello. Non rimanere sveglia ad analizzare tutto all’infinito”.
Harry tornò
lentamente di sotto dagli amici in attesa. Faticava a capire l’intera
situazione. La vita non era mai stata semplice per Hermione. Tornò in sala da
pranzo. “Come sta?”, chiese Ginny.
“Sta bene. È
stanca e triste, ma starà bene. L’ho rassicurata che la sosterremo”.
“Non riesco
a credere avrà un figlio da Malfoy”, disse Ron per la cinquantesima volta.
“Mi ha detto
che la sta minacciando di portarla in tribunale se non gli permetterà di vedere
il bambino”.
Ginny sussultò.
“Ma non vorrà riconoscere il bambino. Hermione è una Mezzosangue. I Malfoy si vantano
del loro lignaggio”.
“Sembra
questo non sia il caso. Ma non vorrei nemmeno escludere che lui voglia solo
procurarle uno stress talmente forte da farle perdere il bambino”.
“O magari
vuole il figlio tanto quanto lo vuole Hermione”, suggerì candidamente Luna.
Ron fece una
smorfia. “Si tratta di Malfoy. Che se ne fa del figlio di Hermione? È sposato,
no?”.
Ginny annuì.
“Con la sorella di Daphne Greengrass”.
“Beh,
ovviamente hanno qualche problema a concepire se cercavano aiuto in una clinica
della fertilità”, fece notare Luna.
Sia Ron che
Harry scoppiarono a ridere. Ginny roteò gli occhi. Tipico degli uomini, giudicare
la propria mascolinità con la capacità di mettere incinta una donna. “Questa situazione
è colpa nostra”.
“Che abbiamo
fatto?”, chiese confuso Ron.
“Abbiamo
lasciato che Hermione si seppellisse di lavoro. Da troppo tempo non frequenta
seriamente qualcuno. Piuttosto, le abbiamo permesso di diventare una specie di
zia zitella”, disse Ginny.
“Io obietto.
Tu e mamma l’avete stressata a morte con la faccenda degli appuntamenti. Secondo
me le avete messo così tanta pressione che l’avete spinta nella direzione opposta”,
si lamentò Ron.
“Almeno io
ci ho provato. Tu ed Harry siete terribili. Siete rimasti felicemente fermi a
guardarla rimanere sola, perché per voi nessun uomo è abbastanza per lei”,
sbottò Ginny.
“Non è
giusto. Mi piacerebbe vedere Hermione felice, ma non la spingerò in una
relazione. Comunque, è ovvio che non ha funzionato quando ci hai provato te”.
“Almeno io
ci provo. Il che è più di quando si possa dire di te”, urlò Ginny.
Harry batté
una mano sul ginocchio della moglie rabbiosa. “Tesoro, farti alzare così la
pressione non fa bene al bambino. Comunque, tutta questa discussione su cosa
avremmo potuto fare per evitare la situazione non cambierà il fatto che
Hermione ci si trovi”.
Ginny mormorò
qualcosa sul trattare con condiscendenza gli uomini, ma Harry la ignorò. “Dobbiamo
assicurarci di tenere d’occhio le intenzioni di Malfoy. non saranno buone.
Cercherà di farsi dare il bambino da Hermione”.
“Il furetto
scoprirà che dovrà passare sul nostro cadavere, prima di toccare la nostra
Hermione”, disse mortalmente Ron.
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Capitolo 4 *** Conversazioni ***
Cap 4
Conversazioni
Ginny
osservò la sua amica, di solito razionale, che andava avanti e indietro per il soggiorno.
Hermione aveva deciso di raccontare ai suoi genitori della difficile situazione
in cui si trovava, e quel giorno era oggi. Per Ginny era ovvio che Hermione non
volesse davvero farlo, e di sicuro la sua cespugliosa amica non aveva bisogno
di altro stress.
“Hermione,
non devi farlo ora. La gravidanza è davvero agli inizi”, disse, cercando di
ragionare con lei.
“Ma se non
me la tolgo dai piedi, penderà su di me come la spada di Damocle”.
“Ora sei un
po’ melodrammatica, non credi?”, suggerì piano Luna.
“Non conosci
i miei genitori. Non capiranno”.
Ginny le
afferrò le mani. “Devi calmarti. Tutto questo stress non ti fa bene”.
Hermione si
sedette sul divano ed iniziò con gli esercizi di respirazione che le stava
insegnando Ginny. “Mi dispiace di star dando di matto. Ma tutta questa
situazione mi fa davvero paura”.
“Certo che è
così. Non è normale”.
Hermione
sorrise grata a Ginny, che stava facendo del suo meglio per trasmettere la
propria calma, oltre che provando a risolvere ogni timore di Hermione su gravidanza
e parto. Non era facile, visto che la donna era un disastro di emozioni al
momento. Ginny non aveva mai visto Hermione così al limite, ma ovviamente la
gravidanza aveva la brutta abitudine di portare con sé anche quello.
L’unica cosa
buona di aver lasciato il Quidditch professionale era che Ginny poteva passare
molto più tempo con gli amici. Non la chiamavano più per dei ritiri di
allenamento e per le partite in tutto il Paese; ora lavorava per la Gazzetta
del Profeta, come corrispondente di Quidditch. A parte partecipare a partite e
conferenze stampa, poteva praticamente lavorare da casa.
Anche Luna
era arrivata a sostenere la sua amica. Come ricercatrice per Newt Scamander,
lavorava spesso da casa, sfogliando libri e cercando di rintracciare menzioni
storiche di qualche strana e meravigliosa specie di fauna o flora che studiava.
Al momento era impegnata in uno di quei progetti, e passava a casa di Hermione
ogni giorno, cercando di distrarla dai pensieri chiedendole consiglio su questo
e quello. Di solito non lo faceva, dato che Hermione non era la persona dalle
vedute più larghe, ma sapeva che la gravidanza e lo stress potevano calmarsi se
distratte.
Molto più
tranquilla, Hermione si alzò ed afferrò la borsa, marciando verso il caminetto.
“Bene, non ci sarà mai un buon momento per raccontarlo”, disse alle amiche.
“Quindi, dovrei proprio farlo ora e togliermelo dai piedi. Vorrei solo non aver
raccontato così tanto di Malfoy ai miei genitori mentre ero ad Hogwarts.
Auguratemi buona fortuna!”.
Sia Ginny
che Luna rimasero a guardare, mentre l’amica spariva con la Metropolvere.
“Credi starà
bene?”, chiese Luna. “Una di noi non sarebbe dovuta andare con lei?”.
“No, dà di
matto perché sua madre penserà sia stata affrettata, ma se la caveranno. Le
vogliono bene, e conoscono i sacrifici che ha fatto per loro durante la guerra.
Non sono i tipi che disconoscerebbero la propria figlia o qualcosa del genere”.
Ginny si
accasciò sul divano. “Sono più preoccupata per Harry. L’ha presa davvero male”.
Luna strinse
le labbra. “Ron ne parla di continuo a vanvera, ma non farà nulla”.
“Vorrei
poter dire lo stesso di Harry. Si è portato a casa i fascicoli sui Malfoy, e li
sta passando al setaccio. Mi ha assicurato che non proverà ad arrestarli con
accuse inventate, ma sta cercando di capire il loro modus operanti. Non vuole
che Hermione lo sappia, ma ha davvero il timore che potrebbero provare a farle
qualcosa”.
Luna scosse
la testa. “Almeno non stressano Hermione con le loro teorie e tirate. Per
quanto riguarda Malfoy, credo voglia davvero un figlio, ecco perché non è
preoccupato sarà un mezzosangue”.
L’espressione
di Ginny si oscurò. Luna continuava ad insistere sulla sua teoria che Malfoy
volesse davvero un figlio per motivi legittimi, ma lei non ne era sicura. Sua
cognata poteva essere naïve, e le piaceva credere nel lato migliore delle
persone. “Magari Malfoy, ma Lucius è abbastanza deviato da fare del male ad
Hermione”.
Luna scrollò
le spalle. “Forse. Comunque, credo tu li stia giudicando tutti un po’ troppo
frettolosamente. Dalla caduta di Voldemort sono stati dei cittadini modello.
Perché dovrebbero cambiare proprio ora?”.
“Lucius ha
già più volte messo da parte la maschera da innocente. Non mi fido di
quell’uomo”.
Luna rimase
saggiamente in silenzio. La rossa aveva ogni motivo per non fidarsi di Lucius
Malfoy. In ogni caso, lei prendeva per buona la parola di Draco Malfoy. Sentiva
che le cose non erano così limpide come pensava l’amica Grifondoro. Le ultime
volte che aveva visto Malfoy non le era sembrato felice. Era più che possibile
avesse problemi personali, il che spiegava come mai fosse stato alla clinica di
fertilità. Sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, comunque. Suo marito ed i suoi
amici sarebbero sempre stati sospettosi riguardo alle intenzioni di Malfoy.
Vedendo come
fosse agitata Ginny, Luna le batté una mano sul ginocchio. “Dubito Harry farà
qualcosa di avventato”.
Ginny si
strofinò gli occhi. “Spero proprio di no. Non capisco come potrebbe aiutare
Hermione così”.
Dopotutto, i
timori di Ginny si dimostrarono corretti. Due giorni dopo, Harry si era
imbattuto in Malfoy al Ministero. Il biondo stava conversando con diversi
membri di alto rango del Wizengamot, con la solita faccia tronfia. Harry aveva
stretto gli occhi, e lo aveva seguito lungo il corridoio, aspettando che si
staccasse dal gruppo.
“Malfoy”, lo
chiamò.
L’ex
Serpeverde si fermò ed irrigidì le spalle quando riconobbe la voce.
“Potter”,
disse voltandosi. “A cosa devo il piacere?”.
“Dovrei
parlare con te”.
Malfoy
sospirò. “Immagino tu intenda nel tuo ufficio?”.
“Sarebbe
meglio, sì”.
“Fai strada,
allora”.
Camminarono
in silenzio finché raggiunsero l’ufficio di Harry. Lui chiuse la porta ed andò
dietro la scrivania a prendere posto, offrendo l’altra sedia a Malfoy. L’ex nemesi
di scuola si sedette languidamente.
“Voglio
parlarti di Hermione”.
“Come ho
fatto a non pensarci?”, replicò sarcastico Malfoy.
“Perché le
fai questo?”.
“Che cosa?”.
“Minacciarla
di azioni legali e stressarla finché non riesce nemmeno a dormire”.
“Senti.
Voglio rendere la cosa più amichevole possibile, ma non capisco perché voi
Grifondoro non riusciate ad immaginare perché io voglia far parte della vita di
mio figlio”.
Harry rise.
“Malfoy. In alcun modo, per tutta la nostra conoscenza, hai mai dato il minimo
segno che un figlio con una Mezzosangue sarebbe stato bene accetto”.
“Ciò che
pensavo a riguardo ormai è teorico. Il bambino esiste. Non c’è niente che io
possa fare a riguardo”.
“Perché non
puoi semplicemente fare a finta che non esista?”.
“Mettiti per
un momento nei miei panni, Potter. So che è difficile per un ottuso come te.
Faresti lo stesso? Abbandoneresti un bambino perché è stato un incidente?”.
Harry non
voleva riconoscere la verità nelle parole di Malfoy. Se fosse stato qualcun
altro, tipo Terry Boot o Justin Finch-Fletchley, sarebbe stato più che felice
di considerare la cosa. Ma si trattava di Malfoy. Non pensò di replicare alla
frecciatina sulla propria ottusità. “Voglio che lasci in pace Hermione”.
“Non la vedo
da quando siamo stati in Svizzera”.
Lui rimase
senza parole. “Non mi fido né di te né di tuo padre, se riguarda il bambino”.
Malfoy roteò
gli occhi. “Non dirmelo. Dovremmo farle capitare qualche terribile incidente,
così che cada ed il bambino muoia”.
“Non ci
giurerei”.
“Credo tu stia,
piuttosto, spettacolarmente, perdendo di vista il punto”.
“Che
punto?”.
“Ciò che tu,
più di tutti, dovresti sapere”.
Harry era
confuso. La conversazione stava iniziando a girarci intorno. “Dillo e basta”.
“Il bambino che
la Granger porta in grembo è un Malfoy. Perciò non importa che sia mezzosangue
o meno?”.
“E perché?”.
“Come sei
diventato un Auror, non lo capirò mai. Pensavo doveste essere intelligenti. Hai
visto in prima persona cosa farebbe un Malfoy per un altro Malfoy”.
Harry
arrossì, mentre capiva a cosa si stesse riferendo. L’amore di Narcissa Malfoy
per suo figlio aveva superato ogni desiderio potesse avere nel vedere Voldemort
ed i Purosangue trionfare. Malfoy applaudì lentamente. “Ben fatto, Potter. Hai
fatto due più due”.
“Ritieniti
avvisato. Vi osserverò, tutti quanti”.
“Non mi
aspetterei niente di meno da te. In ogni caso, vorrei ricordarti che almeno una
volta ti sei sbagliato riguardo i Serpeverde ed i loro motivi”.
Non ci volle
più di un momento perché capisse a cosa si stesse riferendo Malfoy. Si sentiva
ancora in colpa per aver completamente mal giudicato Piton.
Rimase a
guardare mentre il biondo si alzava.
“Vorrei dire
che è stato un piacere, ma sappiamo entrambi sarebbe una bugia”, disse Malfoy,
mentre si avvicinava alla porta.
Draco si
passò le mani tra i capelli, mentre lasciava l’ufficio di Potter. Dannato
Prescelto e la sua abilità di intromettersi negli affari di tutti. Si era
rifiutato di spiegargli esattamente perché voleva un ruolo nella vita del
figlio. Ad ogni modo, tutto ciò che gli aveva detto era vero. I Malfoy si
prendevano cura gli uni degli altri, prima di qualsiasi altra cosa.
Attraversò
l’atrio, verso i caminetti. Lanciò un po’ di Polvere volante in una grata vuota
e tornò a casa a Malfoy Manor. La prima cosa che udì quando arrivò fu il tono
piagnucolante di sua moglie. Si premette le dita in cima al naso, mentre
Astoria apparve nella sala.
“Draco, dove
sei stato? Dovevamo pranzare con Theo e Andrea”.
“Ti ho detto
la settimana scorsa che avevo degli appuntamenti al Ministero, oggi, e non
sarei riuscito a venire”.
“Pensavo
avessimo deciso che li avresti posticipati. Andrea voleva mostrarmi il suo
nuovo giardino, ed io volevo assicurarmi che il panorama non fosse meglio di
quello del Manor”.
Lui riusciva
a percepire l’irritazione a salire. “NO, Astoria, tu l’hai deciso. Io ti ho
detto che questo incontro era molto più importante che un paio di piante”.
Lei mise il
broncio. “Mi sono dovuta presentare imbarazzata senza di te”.
“Magari la
prossima volta mi ascolterai, quando ti dirò qualcosa”.
“Sarebbe
bello se prendessi in considerazione i sentimenti di tua moglie”, sbottò lei, prima
di uscire.
Draco chiuse
gli occhi. “Salazar mi salvi da qualsiasi altra strega”, mormorò.
“Draco, non
siamo tutte come Astoria”, disse sua madre divertita, mentre entrava nella
stanza.
“A volte è
difficile ricordarselo”, gracchiò Draco.
“Prendi del
tè con me”, suggerì Narcissa.
Draco sapeva
che era il codice per “dobbiamo parlare”, così seguì la madre nel salottino
privato. Lei aveva tutta l’eleganza e le maniere che Astoria voleva ma non
sarebbe mai stata in grado di replicare. Per qualche motivo, ciò lo rendeva
felice. Per quanto lo riguardava, Astoria non sarebbe stata abbastanza nemmeno
per pulirle le scarpe.
Si sistemò
in una delle poltrone iper-imbottite di sua madre. Mentre le stanze da
ricevimento di sotto erano stilose e formali, il che le rendeva scomode, le
stanze private al Manor erano molto più accoglienti. Un elfo domestico apparve
nella stanza con una teiera che mise con attenzione sul tavolo tra madre e
figlio. Narcissa ne versò ad entrambi una tazza, e gli offrì un dolcetto.
“Ora, mi racconti
cosa succede?”, chiese lei, lasciando cadere la facciata da “Lady del Manor” ed
andando dritta al sodo.
“Non sono
sicuro di cosa tu intenda, Madre”.
“Ora puoi
smetterla, Draco. Potrebbe funzionare con i tuoi sottoposti, ma non sarai mai
bravo come tuo padre a fingere l’ignoranza, ed io lo vedo”.
“Suppongo
mio padre non ti abbia parlato?”.
“Conosci
Lucius, non mi dice mai nulla, a meno che non debba. Dice che vuole
proteggermi. Stupido uomo”, disse Narcissa.
Draco
ringhiò internamente. Sperava suo padre avrebbe smesso di trattare sua madre
come se fosse fatta di porcellana. Di conseguenza, lei era andata da lui, ed
era anche brava. “Cosa vuoi sapere?”.
“Ti stai
liberano di quell’irritante ragazza di sotto? Volevo lo facessi anni fa, quando
per la prima volta ce ne hai parlato, ma ti sei lasciato convincere da tuo
padre che prima avreste dovuto avere un erede”.
“Vorrei
averti ascoltato”.
“Anche io,
Draco. Sei stato infelice praticamente da subito. Avresti potuto sposare
qualcuno che ti piacesse davvero, se avessi chiesto il divorzio allora”.
“Ad essere
onesto, Mamma, non credo mi sposerò mai di nuovo”.
Narcissa
guardò tristemente il figlio. La chiamava mamma sono quando era davvero
depresso. L’intero matrimonio con Astoria lo stava facendo invecchiare
prematuramente. Sembrava sempre stressato. Di solito le persone normali non lo
notavano, ma lei riusciva a notare la pressione che lo sovrastava.
“Non dirlo,
caro. Troverai qualcuna che ti renderà felice”.
“Inizio a
pensare che avrei dovuto sposare Pansy. Almeno non mi irrita”.
Lei fece una
smorfia. “No, piuttosto vi sareste uccisi. Comunque, lei ed Adrian sono molto
felici”.
Lui sospirò.
Sua madre aveva ragione. Non importava quanto volesse bene ed ammirasse Pansy,
non avevano funzionato come coppia. Era stata la sua prima ragazza, e l’unica
delle ragazze con cui era stato con la quale era rimasto amico. Ora lei era
felicemente sposata con Adrian Pucey, ed avevano due adorabili figli che Draco
viziava da far schifo.
“Hai ragione
come sempre, Madre”.
“Ma non è
questo che ti stressa”.
Lui pensò un
attimo se dire qualcosa a sua madre. Meno persone erano invischiate in quel
casino meglio era, ma dopotutto era sua madre. Odiava che le si tenessero dei
segreti, e se non fosse riuscita in quel momento a cavargli qualcosa, quando lo
avrebbe scoperto sarebbe stata impossibile da trattare.
“Ricordi che
io ed Astoria siamo andati in Svizzera per un trattamento di fertilità il mese
scorso?”.
“Sì”,
replicò Narcissa. “Non dirmi che è incinta”. Il disgusto che aveva usato una
volta lo avrebbe divertito, ma non in quelle circostanze.
“Sarai
sollevata dal sapere che non lo è”.
Lei emise un
sospiro di sollievo. “Allora perché sei così teso?”.
“C’è stato
uno scambio al laboratorio. Il mio campione non è finito ad Astoria, ma a
qualcun altro, e lei è incinta”.
Si fermò per
permettere a sua madre di digerire la notizia. Non era facile.
Ammirevolmente,
Narcissa non ci mise molto a continuare con le domande. “Chi è la donna che
porta in grembo tuo figlio?”.
Draco fece
una smorfia. Più restava zitto e più difficile era. Neanche a sua madre piaceva
molto Hermione Granger. “La Granger”, disse semplicemente.
“La Granger?
L’amica di Potter? Quella con quei terribili capelli?”.
“L’unica e
sola”.
Narcissa si
accasciò sulla sedia. “Oh!”, disse solo.
“É dire poco”.
“Beh, cosa
vuoi che dica? Credo di dovermi trattenere, date le circostanze. La Granger,
quell’orribile ragazza che va in giro da zingara per Diagon Alley. Ed ora mi
dici che è la madre del mio unico nipote”.
Lui fece una
smorfia. Ecco la reazione che si aspettava da sua madre. La osservò, mentre
prendeva dei respiri profondi.
“Ne hai
parlato con lei?”, chiese, una volta recuperato il controllo.
“Ho
interrotto il suo appuntamento con De Braun”.
“Come la sta
prendendo?”.
“Non molto
bene. All’inizio pensava volessi farla abortire. Non vuole che io abbia alcun
diritto sul bambino”.
“Non può
farlo, non è vero?”.
Lui scrollò
le spalle. “Ho messo Horatio a lavorare sul caso. È complicato. Lei era andata
per il programma di donazione, quindi il contratto che ha stipulato dice che il
padre biologico non avrebbe avuto alcun diritto di vedere il bambino”.
“Riuscirebbe
a fermarti dal farlo?”.
“Non lo so.
Papà spera riusciremo a tenere la questione lontano dal tribunale, ma non vedo
come. Pensa io debba ammaliarla per farmi dare il bambino”.
Narcissa
arricciò le labbra. “Tuo padre ha sempre sottovalutato Potter ed i suoi amici.
Lei non mi sembra il tipo che abbandonerebbe suo figlio perché lo cresca
qualcun altro”.
“Non lo è”.
“Seguirai l’assurdo
piano di tuo padre?”.
“Farò un
tentativo. Nessuno di noi ne beneficerebbe se la cosa andasse di fronte ad un
giudice. E comunque, ci farebbe guadagnare tempo”, replicò.
Uno dei
primi cambiamenti fatti alla gestione del Ministero dopo la caduta di Voldemort
era stato l'implemento di un vero e proprio sistema di giustizia, basato sui
tribunali Babbani. C'erano stati troppi ricorsi in cui alcuni individui avevano
abusato del proprio potere a scapito dell'intera comunità: partendo dai
tribunali autoritari di Barty Crouch Senior fino alla Corte presieduta a
"salto di canguro" da Cornelius Caramel, che aveva cercato di
espellere Harry Potter da Hogwarts per aver praticato la magia anche se
minorenne.
Draco pensò
nuovamente alla conversazione con Potter. "Forse sarà meglio se stiamo in
guardia per un po'", suggerì.
Narcissa
alzò un delicato sopracciglio, in segno di domanda.
“Potter oggi
mi ha agguantato al Ministero, e messo in guardia sulla Granger”.
“Pensa che
le faremo del male?”, chiese lei indignata.
“Credo sia
esattamente ciò che pensa”, lamentò Draco.
Narcissa
rimase silenziosa e arrabbiata, prima che la sua mente si spostasse su altri
problemi “E che mi dici di Astoria?”.
Lui grugnì. “Cerco
di non pensare a lei. Sarà meglio non abbia idea di ciò che sta succedendo, o
cercherà solo di usarlo per manipolarci, e penso staremmo meglio senza tutto
questo”.
Sua madre
scosse le spalle. “Cosa stavi pensando di fare con quella ragazza, non lo capirò
mai”.
“Non lo stavo
facendo”, replicò asciutto lui.
Hermione era
immersa a ripassare la nuova legge sull’utilizzo inidoneo dei manufatti
Babbani. Il Ministero stava cercando di darci un giro di vite. Alcuni maghi e
streghe potevano vedere la cosa come uno scherzo innocuo nei confronti di
qualche ignaro Babbano, ma molti ancora credevano nei vecchi ideali e si divertivano
ad adescarli. Le avevano assegnato il compito di dirigere la squadra che
avrebbe introdotto sanzioni più pesanti per tali comportamenti.
Ci fu un
leggero bussare alla porta, e la testa di Harry spuntò. “Hai cinque minuti
liberi?”, chiese.
“Per il mio
Auror preferito? Certo”.
Lui entrò nell’ufficio,
chiuse la porta e si sedette sulla sedia di fronte, agitandosi.
Lei lo
guardò divertita. “Harry, qualsiasi cosa ti preoccupi, dilla e basta”.
Alzò lo sguardo
e le sorrise. “È così ovvio che ci sia qualcosa che non va, vero?”.
“Quando continui
a contorcerti così, sì”.
“Mi sono
imbattuto in Malfoy”, disse d’impulso.
Il cuore di
lei smise di battere per un momento, prima di andare in tachicardia. A giudicare
dal disagio di Harry, l’incontro non era andato bene. E se Malfoy gli avesse
detto che stava preparando il caso da portare in tribunale?
Hermione stava
passando più tempo libero possibile a leggere tutto ciò che poteva sul diritto
di famiglia del mondo magico, ma ciò che aveva trovato fino a quel momento non
era stato incoraggiante. Essendo più vecchio stampo rispetto ai Babbani, il
padre mago aveva molti più diritti automatici, qualsiasi fossero le circostanze.
Una cosa invece a suo favore era il fatto che sarebbe stato un caso unico. Niente
del genere era mai successo prima nella comunità magica inglese, e lei si stava
aggrappando a quella speranza.
“Cos’è
successo?”, chiese.
“Non
arrabbiarti con me, ok? Diciamo che gli ho parlato della situazione”.
Harry”,
disse lei, e grugnì.
“Lo so,
Hermione, ma non potevo non farlo. Sai come divento”, disse lui a propria
difesa.
Lei annuì. In
realtà, non poteva essere arrabbiata. Darsi subito da fare per affrontare ciò
che minacciava lui od i suoi amici era una cosa molto da Harry, e lo faceva da
quando si erano incontrati, quindi non poteva davvero lamentarsi ora.
“Com’è
andata?”.
Lui storse
il naso. “In tutta onestà, non lo so. Non si è comportato come mi aspettavo”.
Si intrigò. “Che
intendi?”.
“Beh, era il
solito arrogante insopportabile, irritante in generale. Ma mi aspettavo reagisse
in modo diverso riguardo tutta la situazione”.
Le iniziarono
a sudare le mani. Harry la stava spaventando. “Tipo come?”.
“Sembra
voglia davvero questo bambino”, disse lui.
Il suo cuore
ebbe un tuffo. Non voleva sentire cose del genere, ma che lui ne era
indifferente ed insisteva a far parte della sua vita solo per punire il centro
medico per aver fatto casino, e lei per essere… beh, lei.
“Ha iniziato
a dire di come il fatto che sia un Malfoy surclassasse la parte del mezzosangue”,
continuò Harry.
Lei si
nascose la testa tra le mani. “Davvero, Harry, non voglio sentire. Voglio fare
a finta che lui mi stia solo prendendo in giro, perché è questo ciò che fa”.
L’amico
emise un suono comprensivo. “Mi spiace, ma non credo affatto sia questo il
motivo. Sembrava abbastanza triste per la faccenda”.
“Non
iniziare a sentirti in colpa per lui!”, esclamò alzando la testa per guardarlo
negli occhi.
“Non lo
faccio!”, obiettò lui. “Ma mi ha chiesto di mettermi nei suoi panni. Se io fossi
nella sua posizione e che ne so, magari la Parkinson, fosse incinta, di certo
non sparirei”.
“Non mi ha
messa incinta nel senso tradizionale! C’è solo stato uno scambio in un
laboratorio. Non iniziare a pensare da paparino, o ti affatturo e nemmeno Ginny
riuscirà a riconoscerti”.
“Ok, ok! Rilassati
un po’”.
“Non ci
riesco. Penso solo a questa situazione. Dovrei concentrarmi a leggere questa
legge da presentare al Wizengamot, ma riesco solo a pensare a quale sarà la
prossima mossa di Malfoy. Ed ora tu mi dici che provi pena per lui”.
“Penso
davvero ciò che ti ho detto la scorsa settimana, Hermione. Io ti sosterrò, e lo
farò sempre”.
Hermione
sorrise all’amico con gli occhi verdi. “Grazie, Harry. Avevo davvero bisogno di
sapere che i miei amici saranno con me. Ho paura, e mi sento sola”.
“Ehi”, disse
lui, andando dietro la scrivania ed inginocchiandosi di fianco a lei. “Non
sarai mai sola”.
“E se mi
porta via il bambino?”, singhiozzò lei.
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Capitolo 5 *** Appuntamenti Ed Incontri ***
Cap 5
Appuntamenti ed Incontri
Quella
mattina era il primo appuntamento di Hermione con l’ostetrica, e l’ansia la
stava uccidendo. Praticamente stava saltellando sulla sedia, mentre aspettava
che la chiamassero. Ora la gravidanza sembrava molto più realistica. Per il
momento, si trattava solo di nausea persistente, e di dura realtà che stava
portando in grembo un figlio con mezzo DNA di Draco Malfoy. Oh, e pianti.
Tanti, tanti pianti.
“Puoi stare
ferma?”, la ammonì Ginny.
“Non ci
riesco. Sono così eccitata”.
“Ma va? Non
è così favoloso, sai”.
“Oh, zitta.
Non lo è per te, perché è la tua terza volta. Mi ricordo quanto eri esaltata
per ogni piccolo appuntamento con James”, precisò Hermione.
Ginny
sorrise con piacere. “Lo so”.
Hermione
aveva preso appuntamento alla clinica del San Mungo, in una piccola ala annessa
sul retro, lontana dal caos dell’ala principale.
“Spero che
l’ostetrica sia gentile”, mormorò Hermione.
“Lo sarà di
sicuro”.
Hermione
controllò l’orologio per quella che sembrava la ventesima volta e sbuffò, dato
che non aveva ancora fatto passare quei dieci minuti necessari affinché
arrivasse l’ora del suo appuntamento. Afferrò un giornale, ed iniziò a
sfogliarlo rapidamente.
La mano di
Ginny scese e fermò quel voltare di pagine frenetico. “Calmati”.
“Non ci
riesco, non so cosa ci sia che non va in me. Non sono mai stata così nervosa
prima d’ora”. Si voltò allarmata a guardare Ginny. “E se mi dicono che c’è
qualcosa che non va nel bambino? Intendo, davvero, come può essere normale
mescolare il mio DNA con quello di Malfoy?”.
“Hermione,
oggi non faranno alcun esame. È troppo presto per sentire il battito del cuore,
e non farai un’ecografia fino alla dodicesima settimana. Comunque, sono sicura
che il bambino sia perfettamente sano”.
Lei iniziò a
stringersi le mani. “Lo so. Sono solo molto nervosa”.
Ginny le
sorrise. “Lo vedo”.
“Signorina
Granger? L’ostetrica ora può riceverla”, la chiamò la receptionist dall’altro
lato della sala.
Hermione
prese diversi respiri profondi, prima di alzarsi. “Augurami buona fortuna”,
disse a Ginny.
“Non ti
servirà”, replicò la rossa.
“Stanza
numero 4”, la informò la receptionist, mentre Hermione le passava di fianco.
Annuì un
grazie, ed attraversò le porte. Il corridoio sembrava continuare all’infinito.
Di solito non era davvero così nervosa, ma niente per il momento era andato per
il verso giusto con quella gravidanza.
Bussò alla
porta numero 4, ed una voce profonda rispose “Entri pure”.
Hermione
esitò per un minuto, prendendo un paio di respiri profondi e strofinandosi le
mani sudate sui pantaloni, prima di aprire la porta. Rimase in stato di shock
per un momento, dato che nella stanza era seduta Millicent Bulstrode, mascolina
come ad Hogwarts.
“Signorina
Granger, prego entri e si sieda”, disse la Bulstrode, come se non fossero
andate a scuola insieme e non l’avesse mai bullizzata.
Lei si mosse
verso la sedia indicata con le gambe tremanti. Perché viveva nell’area di
pertinenza del San Mungo? Perché non aveva preso quel piccolo cottage in fondo
alla strada di Harry e Ginny a Godric’s Hollow? Si sarebbe trovata in una
clinica completamente diversa.
La Bulstrode
allungò una mano grassoccia ad Hermione. “Sono Millicent Bulstrode, e sarò la
sua ostetrica. La maggioranza dei suoi appuntamenti saranno con me”.
Ottimo,
pensò Hermione mentre le stringeva la mano. “Non sapevo avessi fatto medicina”,
balbettò. Beh, non sarebbe rimasta seduta lì facendo a finta di non conoscerla.
“Non ne sono
sorpresa. A malapena abbiamo qualche amico in comune”.
No, ma uno
dei tuoi amici è il padre del mio bambino, pensò. Di sicuro non le avrebbe rivelato la cosa,
quindi sorrise debolmente.
“Ok, ora che
ci siamo presentate, ti spiegherò ciò che succederà durante questo appuntamento
e ti spiegherò le opzioni che avrai. Ma prima, devo chiederti qualche
dettaglio”, chiese la Bulstrode, prendendo una cartella arancione dal cassetto
ed aprendola.
Ci vollero
venti minuti per le informazioni generali, inclusi peso, altezza, data
dell’ultimo ciclo ed informazioni sulle malattie ereditarie nella sua famiglia.
La Bulstrode
passò in rassegna il documento e si accigliò. “Mi spiace, sembra che il tuo
medico di base abbia tralasciato qualsiasi dettaglio riguardo al padre.
Potresti dirmelo? Al momento abbiamo in lista solo Elizabeth Granger come
parente prossimo”.
Lei arrossì.
Odiava quella parte irritante: dover spiegare che il padre non sarebbe stato
una presenza attiva nella vita di suo figlio. “Non ho un compagno”.
La Bulstrode
alzò lo sguardo, essendosi già preparata a scrivere i dettagli. Hermione si
agitò leggermente. Sembrava stesse per iniziare ad interrogarla su tutta la
situazione. Per fortuna, la professionalità non le permise di fare nulla. “Oh,
ok”, disse piatta. “Di solito preferiamo prendere in considerazione la salute
di entrambi i genitori, per essere pronti ad ogni eventualità. Sei a conoscenza
di qualche rischio?”.
C’è il
rischio che il bambino diventi un viziato dalla faccia appuntita, pensò Hermione. “Non che io
sappia”, replicò.
“Qualche
parente del padre ha problemi di salute di cui dovremmo essere a conoscenza?”,
continuò la Bulstrode.
“No”,
rispose lei. A meno che non possa essere compresa la tendenza a diventare
Mangiamorte.
La Bulstrode
la guardò e le lanciò un sorriso piuttosto forzato. “Queste erano le domande
noiose. Ora, dobbiamo discutere dei tuoi programmi e delle lezioni che puoi
frequentare”.
Hermione le
fu grata. Fino ad allora, l’intero appuntamento era stato deprimente. Pensava
che la gravidanza sarebbe stata deliziosa e le avrebbe donato radiosità. In
realtà, si stava rivelando nient’altro che stressante. Si avvicinò. “Ho letto
delle varie opzioni di parto, e mi piacerebbe un parto in acqua. È possibile al
San Mungo?”.
“Sì,
offriamo le stesse possibilità reperibili negli ospedali Babbani, ed abbiamo
anche un nuovo centro che è stato aperto questa estate. Posso prenotarti una
visita, se vuoi”.
“Sarebbe
ottimo, grazie”.
Il resto
dell’appuntamento continuò su argomenti simili. Hermione uscì piena di
foglietti illustrativi sulle varie opzioni, inclusi corsi di respirazione,
importanza di una dieta sana, e sui vari stati della gravidanza.
“Allora,
com’è andata?”, chiese Ginny appena riapparve.
Hermione
sorrise piano. “Bene”.
La rossa
sembrò confusa. “Cosa c’è che non va? Eri tutta eccitata prima di entrare”.
Lei guardò
per un attimo la receptionist, che osservava con interesse le due amiche.
“Prendiamoci una tazza di tè, poi ti spiego”.
Hermione la
guidò verso un piccolo bar lontano dalla strada principale affollata. Sospirò
di sollievo mentre si sedeva, e prese un sorso di cioccolata calda che aveva
ordinato.
“Beh?”, le
chiese Ginny.
“Non credo
alla mia fortuna. Indovina chi è la mia ostetrica? No, tanto non indovineresti
mai. Dovrò avere a che fare con Millicent Bulstrode!”, strillò Hermione.
Ginny rimase
a bocca aperta per un minuto, prima di scoppiare a ridere.
“Non è
divertente!”.
“Scusa”,
disse Ginny con un singulto. “Solo che sembri destinata ad essere circondata da
Serpeverde per tutta la gravidanza”.
Lei si prese
la testa tra le mani. “Sono dannata”, si lamentò pessimisticamente.
Ginny le
accarezzò la testa. “No, non lo sei. Sei solo un po’ sfortunata”.
“Sfortunata
è dire poco. Prima la clinica di fertilità scambia i campioni, ed ora ho la
Bulstrode come ostetrica. Potrebbe andare peggio di così?”.
“Non voglio peggiorarti
la giornata, ma sì, credo peggiorerà, dato che Malfoy è appena entrato dalla
porta”.
Hermione
sollevò la testa, e piantò gli occhi dritti in quelli grigi della sua vecchia
nemesi, ora padre di suo figlio non ancora nato.
Draco
cercava di leggere l’ultimo resoconto da parte del Capo dei Dirigenti di
Hogwarts, ma stava miseramente fallendo. Il casino con la Granger occupava la
sua mente. Mise giù il resoconto, e si pizzicò il naso, voltando la sedia per
guardare fuori dalla finestra. Ciò che vide lo fece accigliare: sembrava che
Astoria stesse cercando di fare la ramanzina a sua madre ancora una volta. Gli
venne risparmiato di dover intervenire dal suono proveniente dal caminetto.
“Draco?”,
chiamò Millicent.
Voltò la
sedia verso il fuoco. “Sono qui”, replicò.
“Volevo
farti sapere che la Granger ha appena partecipato al suo primo appuntamento”.
“E?”.
“Le ho
nascosto il Galeone, come mi hai chiesto”.
Lui sorrise.
“Grazie, Millie”.
“Mi dirai
come mai sai che la Granger è incinta?”.
“Più tardi”,
disse lui mentre attraversava la stanza per afferrare il cappotto ed usciva
dalla stanza.
“Mi devi un
favore”, gli urlò dietro lei.
Draco era
piuttosto orgoglioso del Galeone tracciante che aveva inventato qualche anno
prima. Si era rivelato molto utile per chiudere trattative di affari. Era in
grado di “accidentalmente” imbattersi in coloro che erano interessati agli
affari, e precedere tutti i competitori. Ora lo usava senza scrupoli sulla
Granger. Ciò lo divertiva, visto che era stata lei a dagli l’idea con i Galeoni
dell’Esercito di Silente, ed era rimasto piacevolmente compiaciuto quando aveva
scoperto che sarebbe stata in cura da Millie. Significava che sarebbe saputo
quando si sarebbero svolti gli appuntamenti.
Raggiunse la
Granger mentre lei usciva dall’ospedale. La seguì discretamente da dietro due
streghe. Aveva notato che la donna ricciuta sembrava sconvolta e piuttosto
tesa. Aveva aspettato mentre le due sceglievano un bar e si sistemavano. Non
voleva andare di fretta e dare loro una possibilità maggiore di fuggire.
Aspettò dieci minuti, prima di fare la sua mossa. Quando entrò, la Granger
aveva la testa tra le mani, e la Weasley femmina trovava qualcosa molto
divertente. Tutto cambiò quando lei lo notò e, in qualche secondo, la Granger
aveva alzato la testa e lo aveva fissato. Draco non sarebbe rimasto intimidito
da quello sguardo di rimprovero, ormai perfezionato da quando aveva tredici
anni.
“Granger”,
la salutò, mentre si avvicinava alle Grifondoro.
“Che ci fai
qui?”, soffiò lei.
“È un bar,
cosa credi che faccia?”.
“Beh, dai a
comprare da bere da qualche altra parte”.
“È il modo
di parlare al padre di tuo figlio?”.
La Granger
si guardò attorno, paranoica, prima di voltarsi di nuovo verso di lui. “Zitto,
qualcuno potrebbe sentire”.
Lui roteò
gli occhi, prese una sedia e si sedette. “Siamo nel bel mezzo della Londra
Babbana, ed appena sussurro. Chi vuoi si interesserebbe?”.
“Perché ti
siedi?”.
“Pensavo
sarebbe stata una buona idea parlare”.
“Beh, io non
voglio parlarti”, replicò lei petulante.
Lui ignorò
le sue proteste e chiamò un cameriere con la mano. “Posso avere un Americano
bianco ed un croissant alle mandorle?”.
“Deve andare
al bancone per ordinare”, lo informò il cameriere.
Draco si limitò
a fissare il ragazzo dall’alto in basso, finché lui iniziò ad agitarsi, a
disagio per il continuo sguardo. Alla fine, annuì ed andò a prendere
l’ordinazione.
“Non puoi
farlo”, disse la Granger con uno sbuffo. “Le persone non solo qui solo per
servire te”.
“Gli darò la
mancia. Quante persone vengono in posti del genere e si preoccupano di farlo?”.
“Non è
questo il punto”, iniziò a dire lei.
“Davvero
litigheremo su questo? Per Salazar, donna, vuoi litigare troppo”.
La osservò
divertito, mentre le narici della Granger si allargavano. Sembrava stesse per
lanciarsi in una delle sue tirate, prima che la piccola Weasley si
intromettesse. “Hermione, smettila di permettergli di farti uscire dai
gangheri. Ascolta ciò che dice, se ne andrà prima”.
Draco ghignò
nella sua direzione. “Non sono spesso d’accordo con un Weasley, ma ha ragione”.
La Granger
incrociò le braccia e lo guardò con scherno. “Beh, allora? Sto ascoltando”.
Ora che la
bruna ostile lo stava ascoltando, non era sicuro di come continuare. “Come stai?”.
Lei alzò un
sopracciglio. “Sei venuto qui a fare casino solo per chiedermi questo?”.
“Granger,
rispondi alla domanda!”, sbottò, conscio di quanto fosse inadeguata e non
apprezzando il fatto che ora entrambe le donne lo stessero fissando.
“Sto bene. Beh,
lo starei, se svanissi dalla mia vita!”.
Lui la
ignorò. “E il bambino?”.
“Lei sta
bene, per quando ne so”.
Draco ne
rimase frustrato, e grugnì appena. La piccola Weasley rise divertita. “Cosa?”,
le ringhiò.
La rossa
ghignò ma smise, e gli diede qualche informazione utile. “Per il momento la
gravidanza procede bene. Hermione ha delle nausee terribili, ma è un buon
segno”.
Lui annuì.
Non avrebbe detto alla moglie di Potter che era grato della sua intromissione.
Ci fu una piccola pausa, mentre il cameriere tornava con l’ordine di Draco. Lo mise
giù malamente di fronte al biondo sbattendolo più forte del necessario, ma lui
non gli stava prestando attenzione, mentre notava invece la pila di volantini
sul tavolo ed iniziava a sfogliarli.
“Almeno
potevi dire grazie”, lo rimproverò la Granger.
Lui mugugnò
qualcosa. Non era interessato a fare il gentile con un qualunque ragazzino
viziato che lavorava in una catena di caffetterie. Piuttosto, le sventolò un volantino.
“Cosa sono?”.
La Granger
sospirò drammaticamente. “Non che ti riguardi, ma se questo ti farà andare via
prima… Sono andata al primo appuntamento con l’ostetrica, e quelle sono le informazioni
che mi ha dato”.
Lui iniziò a
leggerli, ignorando quello che dimostrava chiaramente la nascita. Mirò a quello
sulla dieta, leggendo velocemente il contenuto. Poi guardò la tazza che la Granger
stava stringendo in mano. “Cosa bevi? Qui dice che non dovresti bere caffè”.
“Davvero? Vieni
qui, leggi uno stupido volantino, ed inizi ad istruirmi su cosa dovrei o non
dovrei bere? Comunque”, continuò lei, iniziando a leggere, “un caffè una volta
o due al giorno, non farà del male al bambino. Ma, per tua informazione, non
sto bevendo caffè. Mi fa venire la nausea”.
“Perché non
mi hai detto dell’appuntamento? Ho il diritto di sapere”, replicò lui,
sentendosi stupido e perciò sentendo il bisogno di attaccare.
“Ti ho già
detto che non voglio tu sia coinvolto in questa gravidanza”.
“Granger,
metà figlio è mio. Senza di me, non avresti un bambino”.
“Sì, invece.
Avrei un figlio con il donatore che avevo scelto!”, sottolineò testarda.
“Astoria non
è incinta”, fece notare furbamente lui.
“Ciò la dice
più lunga sui problemi di fertilità delle famiglie purosangue, piuttosto che
sul donatore che avevo scelto”.
“Cosa?”.
“Beh, ovviamente
tu hai un problema, altrimenti perché avresti dovuto andare in una clinica
della fertilità per mettere incinta tua moglie?”.
“Non c’è
niente che non vada in me”, disse lui risentito, punto sul vivo dalle due divertite
donne che sedevano di fronte a lui e lo giudicavano.
“È una mossa
tipicamente maschile: incolpare la donna per tutti i problemi”.
“Ciò che
dici non ha senso, Granger. Se ci fosse qualcosa che non va in me, allora perché
tu sei incinta?”.
“Probabilmente
avevi bisogno di DNA fresco per riuscire a riprodurti. Sai ciò che dicono sul
continuare a mischiarvi tra di voi: causa problemi genetici”.
Draco si passò
una mano tra i capelli, agitato dalla direzione che la conversazione stava
prendendo. Non aveva dato molto peso a ciò che la Granger avesse pensato sul perché
lui ed Astoria stessero usufruendo dei servizi di una clinica di fertilità, ma
non gli piaceva dove stava andando a parare. Ed era tutto peggiore a causa
della Weasley che ascoltava con avidità.
“Mi rifiuto
di discutere di questo con te”, sbottò.
La bruna
scosse la testa e si voltò con un sorriso verso la femmina Weasley. “Oh, guarda.
Sembra che siamo riuscite a ferire il delicato ego maschile di Malfoy”.
Lui scostò
indietro la sedia, irritato. “Non sai di cosa parli!”, ruggì, prima di andarsene
in fretta e furia.
Hermione guardò
l’alto Serpeverde che usciva dal bar. “Sembra abbia funzionato”, disse soddisfatta.
Ginny guardava
pensierosa la porta. “Cosa?”, chiese Hermione.
“Beh, è
strano. Malfoy sembrava scioccato e confuso all’idea”.
“Dove vuoi
andare a parare?”.
“È solo che
se lui ed Astoria avessero davvero cercato di avere un figlio ed avessero avuto
bisogno di trattamenti di fertilità, non sarebbe stato così oltraggiato dalla
tua insinuazione. Probabilmente avrebbe già inventato una scusa”.
“Andiamo,
Gin, è Malfoy. Probabilmente non gli piaceva il fatto che io stesso mettendo in
discussione la sua abilità di procreare. Sai come sono gli uomini, e quello in
particolare ha già abbastanza orgoglio”.
Ginny
strinse le labbra. “Può essere, ma c’era qualcosa di strano. Non credo per
niente fosse quello il motivo”.
“Allora perché
mai avrebbe avuto bisogno di trattamenti di fertilità con sua moglie?”.
“Non lo so,
ma conoscendo Malfoy probabilmente è qualcosa di intricato”.
Hermione scrollò
le spalle. Non avrebbe sprecato altro tempo quel giorno a pensare al viscido
biondo. Anche se prenderlo alla sprovvista aveva fatto miracoli per il suo
umore. Si sentiva più forte rispetto alle ultime settimane.
Poi un’idea che
la disturbava le balenò in mente. “Hai bevuto la scusa di Malfoy che fosse qui
a prendere da bere?”.
“Beh, è un
bar”.
“È un po’
strano, comunque, non trovi? Tra tutti i bar dell’intera Londra Babbana, lui
sceglie questo. E prima di tutto, cosa ci fa nella Londra Babbana?”.
Ginny la
guardò. “So dove vuoi arrivare, ma potrebbe essere solo una coincidenza”.
“Ma ho
Millicent Bulstrode come ostetrica”.
“Non lo
farebbe!”, esclamò la rossa.
“Perché no? Non
è che io possa esattamente provare il fatto che abbia raccontato a Malfoy del
mio appuntamento con lei”.
“Ma è arrivato
almeno dieci minuti dopo di noi”.
“Può essere
un Malfoy, ma non è stupido. Per farlo sembrare una coincidenza, ci ha dato un
po’ di tempo. Se ci avesse seguite subito, allora sarebbe stato davvero
inquietante”.
“No! Davvero,
non lo farebbe. Sarebbe un’assoluta violazione del segreto professionale”.
“Sarebbe
anche una cosa completamente Serpeverde da fare”, sottolineò lei.
Ginny scosse
la testa. “Spero davvero non l’abbia fatto, ma tu mi stai facendo iniziare a
pensare che sia davvero ciò che è successo”.
“Immagino
che l’unico modo per scoprirlo sia vedere se mi incontrerà per caso anche dopo
il prossimo appuntamento”.
“Beh, se lo
fa, allora potremmo sicuramente avere qualcosa in mano per mettere nel sacco la
Bulstrode. Ti libererebbe dal problema di averla come tua ostetrica”.
Hermione
annuì. Iniziò a raccattare le sue cose, dato che doveva tornare al lavoro. Le avevano
dato la mattinata libera per l’appuntamento, ma la aspettavano di ritorno dopo
pranzo. Si zittì, mentre radunava i volantini, prima di notare che la scaletta
di appuntamenti era sparita.
“Quel
dannato furbastro Serpeverde!”, esclamò.
Ginny la guardò
curiosa. “Si è preso il mio foglio con gli appuntamenti!”, urlò Hermione. “Ora
non avrà bisogno della Bulstrode per sapere quando sarà il prossimo”.
Ginny grugnì
ma aiutò Hermione a radunare i volantini rimasti. Un galeone rimase tra loro. “Tieni,
devi aver perso dei soldi”.
“Oh, grazie”,
disse sorpresa Hermione, prima di metterlo in tasca.
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Capitolo 6 *** Mariti E Mogli ***
Cap 6
Mariti e Mogli
Astoria
vagava sconsolata per Malfoy Manor, camminando verso la scalinata principale.
Era annoiata, e sembrava che ultimamente tutto ciò che facesse fosse girare
senza scopo. Socializzava con gli amici, ovviamente, ma al momento tutti sembravano
sottolineare l’assenza di Draco, che stava diventando una cosa troppo
frequente.
Suo marito
stava davvero iniziando a creare problemi. I giorni in cui avrebbe fatto
volentieri tutto ciò che lei gli chiedeva erano passati da un pezzo, ormai
felice di non essere più un reietto. Ora si deliziava nel farla infuriare.
Aveva anche pensato che il proprio prestigio avrebbe continuato a crescere,
finché fosse rimasta sua moglie, ma tristemente non era andata proprio così.
Anche se poteva essere l’Ape Regina tra gli amici, gli altri purosangue
tendevano ad ignorarla, preferendo deferire a Narcissa. Per quando riguardava
gli amici di Draco, non l’avevano mai accolta con calore. Pensava fosse perché
erano gelosi, e sicuramente Pansy e Millicent lo erano. Nessuna di loro era
riuscita ad accalappiarlo, ed anche se erano rimasti amiche di Daphne non
mostravano nient’altro che sopportazione verso di lei.
Sospirò,
sopraffatta dallo stato delle cose. Voleva essere trattata con più rispetto.
Dopo tutto, se non fosse stato per lei, Draco sarebbe stato ancora ai margini
della società, evitato per essere stato un Mangiamorte fallito. Lei
personalmente aveva risollevato le sorti dei Malfoy, e le avevano dato qualche
credito? No! Piuttosto, parlavano sempre di eredi e doveri.
Astoria si
fermò, mentre sentiva una voce provenire dallo studio di Draco. Non aveva
capito dove i piedi la stavano portando, dato che tendeva ad evitare la stanza
quando possibile. Prima di tutto, era dove Draco tendeva a passare il tempo a
lavorare su cose noiose, che lo allontanavano dal doverla accompagnare a vari
eventi sociali. Secondariamente, era monotono, pieno di carte di lavoro e tomi
polverosi, senza niente di divertente o luminoso od arioso.
Stava per
andarsene e tornare al salotto, quando udì la voce di Pansy. “Draco, sei sicuro
Astoria non possa sentirci?”.
“No, non
viene mai da queste parti. Perché credi io passi così tanto tempo qui dentro?”.
Astoria si
pietrificò. Come osava suo marito parlare in quel modo di lei agli altri? Era
oltraggioso. Si avvicinò alla porta e spiò dalla fessura. Riusciva a vedere il
marito, Pansy e Millicent radunati attorno al caminetto. Draco, come al solito
ultimamente, sembrava stressato. Se non fosse stato attendo, sarebbe
invecchiato malamente. Non le importava di sé stessa, ma avrebbe dato un altro
motivo agli amici per fare gli stronzi. Il suo bel aspetto era uno dei motivi
per cui le amiche erano così gelose. Quello, ed i soldi. Sapeva sarebbero
saltate nel suo letto in un attimo, che fossero amiche o meno, il che la fece
rabbrividire. Se non fosse stato per il fatto che l’avrebbe tradita, sarebbe
stata più che felice che ciò accadesse. Trovava il sesso disgustoso. Era così
pieno di sudore, e le spettinava i capelli. Era stata sollevata quando Draco si
era trasferito dalla stanza che condividevano come coppia sposata ed erano
smesse le relazioni sessuali.
“Che
intendi? Perché dovresti voler evitare Astoria?”, chiese Millicent.
Astoria vide
il marito sospirare. Non osare, pensò. Non poteva sopportare il pensiero
che quelle due donne avrebbero saputo che lei e Draco non erano felicemente
sposati. Lei non era mai piaciuta loro, e non si erano preoccupati di
nasconderlo. Erano così noiosamente disapprovanti nei suoi confronti.
“Astoria ed
io abbiamo problemi da anni ormai. Praticamente viviamo vite separate”.
“Perché non
ce lo avresti detto?”, chiese Pansy.
“Nessuno lo
sa, a parte la famiglia di Astoria. Preferiamo provare a mantenere le
apparenze”.
“Oh, Draco!
Siamo i tuoi amici. Puoi dirci tutto. Non diremmo una parola”.
“Lo so, ma
sapete com’è la mia famiglia: teniamo alla nostra privacy. Comunque, ve lo dico
ora, e non vi nasconderò nulla”.
Astoria
incrociò le braccia ed aggrottò la fronte in direzione del marito. Di cosa
parlava? Era strano da giorni. Beh, più del solito, visto che comunque non era
che sprizzassero faville di norma.
“Bene. Ora,
perché segui la Granger?”.
“Sì, Draco,
mi devi delle risposte. Se la Granger scoprisse che ti ho detto
dell’appuntamento, perderei il lavoro. E mi piace il mio lavoro”, disse
Millicent.
Astoria si
fermò e si mise una mano sulle labbra. Stava per iniziare a mangiucchiarsi le
unghie, prima di rendersi conto di dover preservare la manicure. Non se le
mangiava da quando era una ragazzina, e non avrebbe iniziato di nuovo. Rovinava
davvero le mani.
“Ciò che vi
dirò non dovrà essere saputo, deve rimanere in questa stanza. Non puoi nemmeno
dirlo ad Adrian, ok Pans?”.
“Sì, sì,
capito. Ora parla”.
“Io ed
Astoria stiamo andando in una clinica di fertilità, che ci aiuti a concepire”.
“Oh, mi
spiace, Draco. Non avevo capito avessi problemi di fertilità”, disse
comprensiva Millicent.
Draco si passò
una mano agitata nei capelli. “Io non ho problemi di fertilità! Perché
tutti lo pensano?”.
“Perché le
cliniche si chiamano di fertilità per un motivo”, replicò sarcasticamente
Millicent.
Astoria
rimase a guardare mentre il marito prendeva un profondo respiro e si
raddrizzava. “Beh. Non ci andiamo per quel motivo, ma perché non facciamo sesso
da anni”.
Astoria
strinse le labbra per la rabbia. Come osava Draco divulgare cose del genere al
gruppo di groupies di fronte a lui?
“Cosa?”,
esclamò scioccata Pansy. “Le cose vanno così male?”.
Draco annuì.
“Mi serve un erede. Appena ne avrò uno, mi libererò di lei.
Astoria
strinse gli occhi. Quella era nuova. Lucius le aveva fatto firmare quel
ridicolo contratto quando Draco aveva iniziato a far trapelare la possibilità
di un divorzio, e lei lo aveva firmato contenta, pronta a sacrificare il suo
corpo per un anno così da mantenere la sua posizione di moglie. Ma non le
avevano detto che l’avrebbero cacciata via. Pensò di nuovo a Chris Harper, il
fidanzato che aveva quando aveva incontrato Draco. Lui l’aveva messa in
guardia, dopo averlo mollato, di non cercare di fregare i Malfoy.
"Certo,
al momento potrebbero non avere molta fortuna, Astoria, ma presto torneranno
alla ribalta ed a meno che tu non voglia fare la parte della moglie perfetta ti
renderanno la vita una miseria”.
“Oh, per
favore, Chris, smettila di essere così acido. Questa è la mia opportunità, e la
prenderò al volo. In ogni caso, Draco sarà così grato che una ragazza voglia
stare con lui, ed il mio posto sarà assicurato”.
Chris le
lanciò uno sguardo pietoso. “Non sei così esperta come credi in questi giochi.
Draco ora potrebbe rimanere folgorato da te, ma non contare che duri”.
Lei rise
leggermente. “Andiamo! Chi dice che non posso tenermi un uomo per più di
qualche anno?”.
Lui la
guardò. “Sono stato il tuo ragazzo, ricordi? All’inizio fai la dolce e cara, e
sei davvero convincente tesoro, ma non ci riesci a lungo”.
Lei si buttò
indietro i capelli. “Continuerò finché avrò l’anello al dito”.
“Buona
fortuna, allora. Ma fai attenzione ed ascolta le mie parole: i Malfoy giocano
con il potere da più tempo di chiunque riesca a ricordare. Fa parte di loro, e
nonostante Draco possa avere in sé un po’ della compassione della madre può
ancora essere senza remore quando vuole”.
“Per favore!
È Draco! È bravo a parlare ma quando si tratta di fare qualcosa non è mai
capace di farla davvero. Lo abbiamo scoperto ad Hogwarts”.
Lui rise.
“Draco giocava ad un gioco da adulti quando non era altro che un ragazzo. Ma
mettiti contro i valori familiari dei Malfoy, e te ne pentirai. La mia famiglia
lo sa grazie alla mia prozia. Doveva sposare Abraxas ma lo ha tradito ed è
stata subito cacciata. Abraxas si assicurò che non avesse altre offerte di
matrimonio da altri purosangue, e dovette sposare il Babbano con il quale
l’aveva tradito”.
“Non sono
così stupida da tradirlo”.
“Lo so. Sei
un animale a sangue freddo, ma Draco no. È più romantico di quanto dicano gli
altri”.
“Sono solo baggianate.
Non conosci abbastanza Draco da saperlo”.
“È quello
che credi. Io ero sdraiato sul divano della sala comune quando Draco e Pansy si
sono lasciati. Tutti pensano sia stato lui a rompere, ma io so la verità: lo ha
lasciato lei perché non lo amava, e lui ne è rimasto devastato”.
“Mi rendi
solo le cose più facili. Grazie a te, ora so quanto patetico sia. Dovrebbe
essere facile farmi mettere l’anello al dito”.
Astoria
venne riscossa dai propri pensieri da Pansy. “Oh, no, è terribile, Draco.
Sicuro di non poter far rinascere il matrimonio? Eravate così felici
all’inizio”.
“Ero solo ed
infatuato. Astoria sembrava essere tutto ciò che volevo, ma in realtà è sciatta
ed alla ricerca di soldi”.
Astoria
arricciò le labbra, mentre guardava Pansy stringere Draco in un enorme
abbraccio.
“Ma cosa ha
a che fare con la Granger?”, chiese Millicent.
Draco si
passò una mano tra i capelli. “Qui si fa complicato”.
“Più
complicato di una coppia senza problemi di fertilità che si rivolge ad una
clinica piuttosto che fare sesso?”.
“Sembra di
sì, Millie. C’è stato uno scambio con i campioni al laboratorio, e la Granger
aspetta mio figlio”.
Millicent
sputò il succo di zucca, mentre Pansy inorridiva. Il che non era nulla in
confronto alla reazione di Astoria. La mascella le cadde, e rimase a guardare
imbambolata attraverso lo spiraglio. Il primo pensiero fu di gratitudine per
non essere rimasta incinta. Avrebbe potuto essere il figlio di uno sconosciuto.
Sarebbe stato abbastanza brutto dover superare il proprio disgusto per i bambini
nell’avere un figlio con Draco, ma quello di un estraneo? Sarebbe stato
terribile.
Poi la
realtà della situazione la colpì. La Granger, Hermione Granger, era incinta del
prossimo erede Malfoy. Ormai anche la più piccola possibilità di mantenere la propria
posizione attraverso un figlio, era svanita.
“Per favore,
dimmi che stai scherzando”, disse debolmente Pansy.
“Tristemente,
no. È incinta, ed io sono il padre”.
“Ciò spiega perché
era così restia a dare informazioni sul padre, all’appuntamento”.
“Che farai
con Astoria?”.
“Per il
momento, vedrò come si evolverà la situazione, ma Astoria ormai è storia
vecchia”.
“Era ora,
Draco. È terribile”, disse Pansy.
“Non è incinta
anche lei, vero?”, chiese Millicent.
“Grazie a
Salazar, no!”.
Astoria
strinse gli occhi e lanciò loro un ultimo sguardo, prima di fluttuare via silenziosamente
lungo il corridoio. Tornò nella sua stanza, e si sedette sul bordo del letto. Doveva
pensare se da quel casino sarebbe riuscita a trarne qualcosa. Se Draco pensava
di scaricarla come se fosse stata un ingrediente scaduto per una pozione, avrebbe
dovuto pensarci due volte. I suoi pensieri volarono a Lucius. Non poteva sapere
che una Sanguesporco fosse incinta del suo prezioso erede Malfoy. Sicuramente
poteva contare sul fatto che lui volesse mantenere in lignaggio puro. Se davvero
Draco pensava di escluderla senza problemi, si sarebbe ricreduto.
Di nuovo
allo studio, Draco era ignaro che sua moglie avesse sentito tutto.
“Chi altro lo
sa?”, chiese Pansy.
“I miei
genitori e la Granger, ovviamente, e credo tutti i suoi amici. So che lo ha detto
a Potter, dato che ho avuto il piacere di essere scortato nel suo ufficio un
paio di giorni fa ed assistere alla sua ribellione. Oh, ed il mio avvocato”.
“A tuo padre
va bene?”.
“Sorprendentemente
sì. Credo sia arrivato al punto in cui voglia io abbia un figlio, e non gli
importi chi sia la madre”.
Pansy
sorrise sarcastica. “Non riesco a credere di essere testimone del giorno in cui
Lucius Malfoy è felice che una Nata Babbana porti in grembo l’erede”.
“Ma se sei
il padre, perché avevi bisogno che piazzassi il galeone tracciante nelle cose
che le ho dato?”, chiese Millicent.
“Perché non
vuole io mi avvicini a lei od al bambino”, disse, massaggiandosi le tempie con
le dita.
“Cosa? Può farlo?”,
chiese Pansy, oltraggiata.
Lui scrollò
le spalle. “È ciò su cui ho messo Horatio al lavoro. Se il suo contratto con la
clinica si rivelerà essere vincolante, allora non potrò mettere bocca nella
vita di mio figlio”.
“Ma Draco,
vuoi un figlio da anni”.
Si alzò e voltò
le spalle alle due amiche. Non voleva vedessero le lacrime che aveva negli
occhi, ma Pansy aveva ragione. Desiderava un figlio da tempo. Ne voleva più di
uno, ed aveva fantasticato sull’avere una famiglia allargata quando aveva
sposato Astoria. Ovviamente, lei era stata felice di assecondarlo finché aveva ottenuto
l’anello al dito.
L’aveva
incontrata nuovamente qualche anno dopo la guerra. Lo aveva affascinato con la
sua natura dolce. Lui stava cercando di ricostruire il nome della sua famiglia,
e lei gli aveva rassicurato l’ego con il comportamento attento e le parole
gentili. Lo aveva attirato il fatto che lei volesse davvero ascoltarlo, e lui
le aveva svelato quanto fosse stressante la propria vita. Non aveva capito
fosse una bisbetica. Aveva nascosto la sua natura fino al fidanzamento.
Aveva reso la
sua vita un inferno negli ultimi sette anni. Le importava solo del nome dei Malfoy
e dei soldi. Non aveva dubbi che avrebbero riconquistato la loro posizione
nella comunità magica. Non l’avevano mai davvero persa nei circoli purosangue,
e non ci sarebbe voluto molto prima che fossero tornati alla ribalta. All’inizio,
aveva preso le sue parole come un volere che lui riguadagnasse la propria
reputazione per mettere a tacere la depressione, ma presto gli aveva fatto
comprendere che tutto riguardava comunque lei. Voleva vivere come avevano fatto
le precedenti mogli Malfoy: comandando.
Aveva permesso
a suo padre di convincerlo a rimanere sposato con l’arpia e continuare a
provare ad avere l’elusivo ma necessario erede Malfoy. Suo padre aveva enfatizzato
quanto fosse importante che il lignaggio continuasse, ed una volta che il bambino
fosse nato avrebbe potuto liberarsi di sua moglie. Così lui aveva acconsentito.
Dopo tutto, era cresciuto sapendo che la dinastia Malfoy era una delle più antiche
e prestigiose. Non poteva lasciarla estinguere.
Poi si era
scoperto che Astoria non voleva un figlio. Prendeva gli anticoncezionali di nascosto,
un dettaglio che aveva portato Draco al limite. Si era quindi rifiutato di
dormire ancora con lei, che poi comunque era un po’ che la cosa non lo soddisfava
più. Suo padre aveva trovato la soluzione: inseminazione artificiale. Astoria
poteva portate a termine la gravidanza, partorire, e poi dare il bambino a
Draco in cambio di una buonuscita. Lucius Malfoy aveva pensato a tutto con un
contratto vincolante di ferro, che Astoria era stata costretta a firmare.
Ovviamente,
non sapeva che si sarebbero poi sbarazzati di lei. Le piaceva troppo essere
sposata con un rampollo delle famiglie purosangue più potenti, e non ci avrebbe
rinunciato facilmente. Lucius aveva preparato il contratto in modo tale che
Astoria avrebbe pensato di assicurarsi un posto a vita nella famiglia, se
avesse avuto un figlio. Draco aveva acconsentito solamente perché non voleva
cercare un’altra ragazza purosangue da mettere incinta dopo il divorzio con Astoria.
Avere un erede avrebbe significato che avrebbe potuto godersi la vita senza il
fiato di suo padre sul collo.
Non gli
dispiaceva affatto del casino che era successo. In realtà, non voleva i geni
mercenari di Astoria in famiglia. Avevano già abbastanza tratti malevoli, ma
non era nemmeno troppo sicuro che avrebbe voluto trovarsi fregato così drammaticamente
come in quel momento.
Qualcuno gli
mise una mano sulla schiena, e venne distolto dalle sue fantasie deprimenti. Si
voltò, per vedere Pansy. “Sai che siamo tutti con te. Non importa cosa succede,
saremo lì ad aiutarti”.
Lui sorrise
alla sua ex ragazza ed amica di lunga data. “Lo so. Mi rassicura”.
“Non tenerti
tutto dentro di nuovo. Non c’è nulla di sbagliato nell’ammettere di avere problemi
con il matrimonio, e non è che sia esattamente una sorpresa. A nessuno di noi è
mai piaciuta Astoria”.
“Lo so, ma
sai come sono fatto, Pans. Il mio orgoglio non mi permette di aprirmi”.
“Il tuo
orgoglio è ciò che ti sta frenando dall’essere felice!”.
Millicent,
che non era mai stata una favorevole ai momenti emozionanti, si intromise. “Allora,
cosa farai con la Granger?”.
Draco si
passò una mano tra i capelli. “Non lo so. Mio padre spera riuscirò in qualche
modo a convincerla a cooperare, ma non credo sia possibile. Mi odia, e non si
vergogna di dimostrarlo”.
“Vale
comunque la pena tentare, no?”, chiese Millicent.
Lui scrollò
le spalle. “Immagino di sì. Meglio che portare la cosa in tribunale”.
“Cercheremo
di scoprire ciò che possiamo su di lei, vero Millie?”.
“Certo”
acconsentì Millicent. “Anche se tiene le cose per sé, comunque. Non sento
parlare di lei da anni”.
“Ogni
informazione che riuscirete a scoprire sarà importante”, commentò Draco.
Le due donne
si alzarono, pronte ad andarsene. “Non fare il ramingo, Draco. Adrian l’altro
giorno si lamentava che non ti vediamo abbastanza. Hai iniziato a rinchiuderti”.
“Gli affari
mi tengono impegnato tutto il tempo”.
“Perché credo
questa sia solo una scusa di convenienza?”.
“Perché
precisamente lo è, Pans”, disse Millicent.
Lui non poté
fa altro che ghignare. “Ok, non mi andava di socializzare. Ci proverò di più”.
Pansy gli puntò
minacciosamente un dito. “Sarà meglio! Adrian ha bisogno di un Cercatore per la
partita di Quidditch di sabato. Ho promesso che ti avrei costretto ad accettare
di giocare”.
“Oh, non lo
so, Pans. Non sono davvero dell’umore per il Quidditch”.
Lei si avvicinò
e giocò con una ciocca di capelli. “Lavori troppo. Invecchierai prima del tempo
e perderai quei lussuosi capelli se non ti rilassi maggiormente. Non accetto un
no come risposta. Adrian ha prenotato un campo nel nord di York Moors. Ci vediamo
al Paiolo Magico in Little Fryup alle dieci, sabato mattina, e farai meglio ad
esserci!”.
“Ok, ok,
verrò”.
“E vedi di giocare
al meglio, Draco. Non mi piace perdere”, disse Millicent.
"Hermione!
Grazie a Merlino sei qui!”, esclamò Ginny appena la bruna arrivò con la Polvere
Volante.
“Qual è l’emergenza?”.
“Harry non
mi lascerà giocare! Dice che è troppo rischioso ora che sono incinta. Digli che
è un idiota”.
“Ginny, sii
realistica. E se ti colpisse un Bolide o una cosa del genere?”, la pregò Harry.
“Sei ridicolo.
Starò bene!”.
“Allora perché
quando giocavi con le Harpies ed eri incinta andavi sempre in congedo?”.
“Quello era
Quidditch professionale. Ovviamente non potevo giocare incinta. Qui si tratta
solo di una partita tra amici di sabato”.
“Non voglio
correre rischi!”.
“Hermione! Diglielo!”.
Lei osservò
i due che litigavano. “Ehm, sono sicura che Ginny non correrebbe alcun rischio
con il bambino, Harry”.
La rossa la
guardò grata, mentre Harry si accigliava. “Non sono convinto…”, iniziò.
“Per favore,
tesoro. Starò davvero attenta”.
“Non pensarci
nemmeno, amico”, disse George, entrando in cucina. “Se la lascerai giocare, mi
giocherò la carta di fratello maggiore e glie lo proibirò”.
Ginny mise
le mani sui fianchi. “Non mi puoi dare ordini!”.
“Forse no,
ma ti prenderò e legherò alla sedia, se non ci ragioni”.
La strega,
feroce brandì la bacchetta. “Provaci, e ti lancerò talmente tante maledizioni
che non sarai in grado di giocare”.
“Siamo tre
contro una”, disse Ron dietro a George. “Giocheremo con un branco di Serpeverde,
il che significa che faranno il gioco sporco, quindi non pensarci nemmeno”.
Ginny lanciò
in aria le mani. “Siete ingiusti”.
“Comunque,
non vuoi tenere compagnia ad Hermione?”, chiese Harry.
“Non mettermi
in mezzo usandomi come scusa,”, disse Hermione, obiettando alla tattica.
“Sai che
Hermione porta sempre un libro, quindi non è che conti su di me per
intrattenerla”.
I tre uomini
rimasero di fronte a lei, studiandola. “Non giocherai, è l’ultima parola”,
disse con enfasi George.
“Tra l’altro,
dove andiamo?”, chiese Hermione, sperando di allentare la tensione.
“Pucey ha
prenotato un campo a Little Fryup, il che significa che Ginny non giocherà proprio.
Il tempo può diventare ventoso e pericoloso”, disse Harry, ritrovando la spina dorsale
ora che era spalleggiato da Ron e George.
Ginny si era
seduta su una sedia del tavolo, con le braccia incrociate. “Siete patetici”.
“Patetici o
meno, il bambino viene prima”, sottolineò il marito.
George si
strofinò le mani. “Ok, ora che abbiamo sistemato tutto, andiamo?”.
La sorella
lo guardò, rifiutando di guardare gli altri due ed indirizzandosi verso Hermione.
La bruna non poté non sorridere: non c’era dubbio che Harry avrebbe trovato un
modo per farsi perdonare dalla moglie durante la giornata.
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Capitolo 7 *** I Peccati Del Padre ***
Cap 7
I peccati del padre
Lucius aggrottò
la fronte, sentendo bussare alla porta. Doveva davvero finire di completare l’ultima
versione del testamento, prima che fosse troppo tardi.
“Avanti”,
abbaiò.
Il solco in
fronte diventò ancora più profondo, quando la porta si aprì e comparve la
nuora.
“Cosa vuoi,
Astoria?”, chiese.
“Devo parlarti”.
“L’ho
capito, altrimenti non mi disturberesti mentre sono occupato”.
Lei arrosi
ma entrò comunque nella stanza. Lui sospirò, mentre si sedeva sulla sedia di
fronte alla scrivania. Sembrava sarebbe stata una visita lunga. Mise via il
plico su cui stava lavorando, assicurandosi che i suoi occhi curiosi non potessero
vederlo. Astoria poteva non riuscire a stare al passo con i Malfoy quando si
trattava di intrighi, ma era sempre una Serpeverde.
“Come posso
aiutarti?”, chiese.
“Si tratta
di Draco”, replicò.
“E cosa lo
riguarda?”
Astoria si
morse un labbro, chiaramente insicura su come procedere. Lui era l’unica
persona nella casa con cui doveva fare attenzione. Era come se sapesse che l’avrebbe
distrutta, se avesse fatto un passo falso. “Ho sentito una cosa, l’altro giorno”.
“Cioè?”
La nuora lo
guardò da sotto le ciglia, cercando di giocarsela bene. Doveva fare molto di
più, dato che non avrebbe mai eguagliato Narcissa.
“Presto ci
sarà un Malfoy mezzosangue”.
Lucius
strinse gli occhi. Astoria ovviamente non sapeva che lui già ne fosse a
conoscenza, il che significava che era andata da lui per creare problemi.
“Davvero? Ed
esattamente come è successo? Per quanto ne so, e credimi, lo saprei, mio figlio
ti è sempre stato fedele”.
Astoria non
chiede come avrebbe fatto a saperlo. Sapeva già della sua cattiva abitudine di
essere a conoscenza di tutto ciò che accadeva all’interno della famiglia Malfoy.
Era una delle prerogative di essere a capo del Maniero, gli elfi domestici
erano obbligati ad informarlo di ogni notizia che sentivano, e loro origliavano
molto più di quanto tutti credessero. Bastava pensare a Dobby.
“Draco non
te l’ha detto?”.
“Detto cosa?”.
Astoria lo
guardò per un breve momento, come se stesse analizzando la sua risposta. Lucius
non ci cadde, comunque.
“Beh, c’è
stato uno scambio di campioni alla clinica, e quello di Draco è stato dato ad
una donna diversa”, spiegò. Poi si zittì, dandogli il tempo di rispondere.
Lui non disse
nulla, ma le fece cenno di proseguire.
“Hermione Granger
è incinta. Porta in grembo il prossimo erede Malfoy”, disse in tono drammatico.
Lucius si
scrocchiò le dita, e la osservò. “Immagino tu sia venuta da me perché faccia
qualcosa a riguardo. Cos’hai in mente di preciso?”.
Non era mai
stata una cattiva idea capire prima cosa gli altri volessero, prima di rivelare
la tua mano. Ma stava faticando a non rimetterla al suo posto e mandarla via.
Lei gesticolò.
“Impedire che accada! È ridicolo: un Malfoy mezzosangue e non con una Nata
Babbana qualsiasi, ma con la migliore amica di Potter. Liberarci del problema!”.
Ci fu in
silenzio pesante. Astoria sembrava in ansia, come se si aspettasse che lui
iniziasse a mettere sul piatto delle idee. Lui invece era più concentrato nel
cercare di mantenere un contegno. Come poteva quella ragazza insulsa entrare
nel suo studio, sedersi e dirgli di liberarsi di un Malfoy non ancora nato? Che
il bambino fosse mezzosangue o meno, la famiglia significava tutto per lui.
“Liberarci
del problema?”, soffiò minacciosamente allungandosi lungo la scrivania.
La nuora si
ritrasse allarmata, vedendo la rabbia repressa sul suo viso.
“Sei davvero
così stupida da pensare che non lo sapessi? Che non fossi la prima persona a
cui Draco si è rivolto? Credi davvero che saresti stata tu a portarmi questa notizia?”.
“Io…”,
balbettò lei.
“Ed osi stare
lì seduta, dicendomi di liberarmi del problema? Chi sei tu, per ordinare ciò
che devono fare i Malfoy? Tu non sei nulla!”.
“Sono sua
moglie”, si infuocò Astoria.
Lucius fece
una smorfia. “Bella moglie che sei! Gli hai negato un figlio, ed hai usato
questa famiglia come pista di lancio per il tuo stesso interesse”.
“Io l’ho
ricreato! È grazie a me che tu e lui contate ancora qualcosa”.
Lui rise appena.
“Stupida, insignificante ragazza. Credi di aver avuto qualcosa a che fare con
il ripristino del nome dei Malfoy? Che i Greengrass
siano così importanti da aver ristabilito una grande famiglia come la mia?”.
Lei si strinse
le mani e guardò in basso, insicura su cosa dire.
“Il tuo
silenzio mi dà ragione, mia cara. Tuo padre è in grado di tenere uno stile di
vita dispendioso grazie ai soldi e l’acume negli affari dei Malfoy. Draco ha
ribaltato le sorti dei Greengrass, non il contrario. Noi saremmo nella
posizione in cui siamo con o senza di te”.
“Se fosse
vero, allora come mai Draco era così disperato nel volermi frequentare?”.
Un piccolo e
semplice sorriso gli nacque sulle labbra. “Vuoi davvero che ti risponda? La lussuria
può far fare ad un uomo ogni sorta di cose stupide. E tu sei una delizia che a
volte può intrattenere. Mi sono particolarmente divertito in come tu abbia
cercato di surclassare mia moglie, fallendo miseramente, ovvio. La mia Narcissa
ha cervello ed acume tali alla sua bellezza. Ciò la rende piuttosto
formidabile. Tu non sei altro che una stupida ragazzina che gioca in un modo di
cui non ha alcuna esperienza”.
Astoria sembrò
messa in un angolo. Aprì la bocca, ma non riuscì a rispondere. Suo suocero
aveva usò l’opportunità per mettere a segno l’ultimo colpo e liberarsi di lei
una volta per tutte.
“Ma ora che Draco
ha messo incinta un’altra donna, hai superato la mia benevolenza e non ho scopi
per te. Ti voglio sparita entro la fine della settimana”.
Lei lo
guardò scioccata. “Cosa intendi?”.
“Devo
davvero dirlo? Non sei più la benvenuta in questa casa, e se sarai ancora qui alla
fine della settimana istruirò gli elfi domestici di rimuoverti, con la forza se
necessario”.
“Non puoi
farlo!”.
Lui ghignò. “Sono
il padrone di casa. Posso fare ciò che voglio”.
Il viso di
Astoria diventò rosso per la rabbia, mentre si alzava dalla sedia e sbatteva le
mani sulla scrivania. “Te ne pentirai. Fosse l’ultima cosa che faccio, te la
farò pagare”.
Lui roteò
gli occhi. “Ragazza, sono sopravvissuto al Signore Oscuro. Credi avrò paura di
te?”.
“Lo vedremo”,
disse lei, prima di voltarsi e sparire dalla stanza.
Narcissa scivolò
silenziosamente nell’ombra, ed osservò la nuora indignata affrettarsi lungo il
corridoio, lontano dallo studio di Lucius. L’aveva seguita, dato che non le piaceva
lo sguardo disgustato che aveva tenuto per tutto il giorno. Ed il suo istinto
aveva avuto ragione. La giovane strega non aveva in mente nulla di buono.
Rimase insicura
vicino alla porta, mentre guardava il marito sospirare, avvicinarsi un plico ed
iniziare a scrivere.
Aspettò finché
Lucius ebbe finito qualsiasi cosa su cui stesse lavorando così furiosamente. Sapeva
bene di non doverlo disturbare quando era impegnato. Se voleva la sua completa
ed assoluta attenzione, era meglio aspettare che non fosse distratto dagli
affari. Il contrario le sarebbe servito se voleva che lui approvasse qualcosa
che normalmente non avrebbe approvato. Non era sempre facile vivere con un
maschio alfa, ma Narcissa aveva trovato il modo di gestire il carattere del
marito. Al momento aspettava pazientemente, preoccupandosi mentalmente dei guai
che Astoria poteva causare alla famiglia ed al figlio.
Lucius finalmente
alzò la testa, e notò la moglie in silenzio. “Cissy! Da quando sei lì?”.
“Non tanto”,
mentì Narcissa. Si divertiva a guardarlo quando lui non era a conoscenza della
sua presenza.
“Dovevi
interrompermi”, disse lui.
“Sembravi
occupato. Non volevo sconcentrarti”.
Lucius sorrise,
un sorriso che solo lei vide, prima di alzarsi e fare il giro della scrivania. Le
baciò la mano, prima di accompagnarla al divano sotto la grande finestra. Anche
dopo tutti quegli anni, la carineria vecchio stile le faceva battere il cuore
più velocemente.
“Va tutto
bene?”, chiese lui.
“Ho sentito
la conversazione con Astoria”.
Lui sospirò
e si lisciò i capelli. “Non voglio te ne preoccupi. Posso gestire un patetico
tentativo di vendetta”.
“Non dubito
lei non sia al tuo livello, in queste cose, ma potrebbe lo stesso causare
problemi. Sa della Granger, e ciò potrebbe danneggiarci”.
Lui scosse
la testa. “Non voglio che tu stia in ansia per questo. Sarà arrabbiata e
scontrosa per qualche giorno, ma con qualche parola precisa a suo padre se ne
andrà dalle nostre vite”.
“Creto tu ti
stia sbagliando, Lucius. Non hai passato così tanto tempo con lei come me, e quando
eri nei paraggi è sempre stata attenta. Ma quella ragazza è davvero odiosa, e
vorrà distruggere questa famiglia”.
Lui rise,
divertito. “Andiamo, Narcissa. Ci vorrà qualcosa in più di lei, perché accada. Guarda
cosa abbiamo passato negli ultimi dieci anni”.
“Lei sa
molte cose. Draco all’inizio le raccontava tutto. Potrebbe creargli molti
problemi”.
Lui strinse
le mani. “Non c’è bisogno di stare in ansia. Qualsiasi cosa ci lancerà addosso,
ce ne preoccuperemo a momento debito”.
“Devi fare
attenzione, caro. È già una situazione complicata, e lei potrebbe smuovere
ancora di più le acque”.
“Prima dobbiamo
concentrarci sul problema della Granger”.
“Perché hai
accettato così facilmente questa gravidanza? Non ho mai neanche pensato che un Malfoy
mezzosangue ti sarebbe stato bene”.
Lui sembrò
combattuto per un momento, quasi come se stesse pensando a se dirglielo o meno.
Lei lo lasciò decidere, sapendo che non avrebbe dovuto mettergli fretta. Stupidamente,
gli piaceva pensare che lei fosse delicata ed incapace di sopportare cattive
notizie. Era peggiorato dopo la Grande Battaglia, irritato da come le sue
decisioni avevano messo la moglie ed il figlio in pericolo.
Finalmente aprì
la bocca. “C’è qualcosa che non ti ho detto”.
Narcissa
strinse gli occhi. “Che intendi?”.
“Non sono
stato bene”.
“Che intendi
con questo?”.
“Da un po’
seguo una terapia regolare al San Mungo, per una malattia potenzialmente
letale. In effetti, mi sta uccidendo, ed i Guaritori non sono sicuri di cosa
fare”.
Narcissa lo
fissò per un lungo momento, mentre cercava di digerire la notizia. Come aveva
potuto non sapere che il marito era malato? E non leggermente, ma seriamente? All’improvviso
divenne rabbiosa, saltando su dal divano e piazzandosi di fronte a lui.
“Non riesco
a crederci, Lucius Malfoy. Ho accettato l’idea ridicola che hai di proteggermi
per gli ultimi dieci anni, ma questo? Questo sta diventando troppo. NON puoi
nascondermi cose del genere”.
Lui mise i
gomiti sulle ginocchia, e si prese la testa tra le mani. “Mi dispiace. Non volevo
vedere ancora una volta la paura nei tuoi occhi, Cissy. L’ultima volta mi ha quasi
ucciso”.
Lei si
abbassò, alzandogli la testa così che potesse guardarla negli occhi. “Supereremo
anche questa, e lo faremo insieme”.
“Non sono
così fiduciosi, al momento”.
“Da quanto
lo sai?”
“Tre anni. I
sintomi sono iniziati circa cinque anni fa, ma mi ci è voluto un po’ per andare
al San Mungo”.
Narcissa si
sedette. “Così tanto?”, sussurrò.
Lucius la
sollevò e se la mise in grembo. Lei lo circondò con le braccia, e nascose il
viso nel suo collo. Rimasero così a lungo, senza muoversi o parlare, semplicemente
confortandosi a vicenda per la presenza dell’altro.
Lui le sorrise.
“La mia ragazza”.
Lei si voltò
verso di lui. “Dimmi cosa sanno”.
“Credono sia
il risultato di un’esposizione continuata ad una magia oscura insolita. Io ero
presente quando il Signore Oscuro ha iniziato a sperimentare nuovi incantesimi”.
“E potrebbe essere
fatale?”.
“Non ne sono
sicuri, ma i miei sintomi non sono incoraggianti. Sembra che ogni volta che mi
capiti un attacco, il mio corpo diventi più debole”.
“Attacco?”
“Mi capitano
attacchi dolorosi, come se fossi sotto l’incantesimo Cruciatus. Inizio a
tremare, sudare, mi manca il respiro ed a volte svengo”, spiegò.
Narcissa sussultò.
“Come hai fatto a nascondermelo?”.
“Con molta
fortuna, ed il fatto che inizio a sentirmi strano prima che il vero attacco
abbia inizio. Il che significa che di solito invento qualche scusa per andare
in ospedale od isolarmi”.
“Come fanno
i Guaritori a non sapere di cosa si tratti? Se l’unico che ne soffre?”
Lui scrollò
le spalle. “Non ne sono sicuri. Credono che chiunque fosse presente agli
esperimenti di Lord Voldemort potrebbe esserne affetto”.
“Pensano?
Pensano e basta? Come fanno a non saperlo? Non sei di certo l’unico rimasto vivo
che era presente a quelle sessioni!”.
Lucius sospirò.
“La gran parte del cerchio ristretto è ad Azkaban, che non è famoso per gli
effetti positivi sulla salute. Guarda quanti sono morti negli ultimi dieci
anni. Rabastan, Avery, Mulciber, Dolohov e Rawle, per dirne alcuni. Potrebbero essere
morti per la disperazione di Azkaban, od a causa della malattia”.
“Rodolphus?”.
“Chi lo sa? È
malato, ma c’era da aspettarselo visto quanto tempo ha passato ad Azkaban”.
“Non confrontano
i suoi sintomi con i tuoi?”.
Lui la
guardò. “È in prigione. Non è che gli diano esattamente tute le cure necessarie”.
Lei si morse
un labbro. “Quindi ora che succede?”.
“Continuiamo
come prima”.
“Devi dirlo
a Draco”.
“No, non gli
darò anche questo peso”.
Narcissa gli
lanciò uno sguardo. “Merita di saperlo! Hai già permesso a tutto questo di
influire sulla sua vita”.
“L’ho tenuto
nascosto proprio perché non lo facesse”, sbottò lui.
“Come puoi
dire una cosa del genere quando lo hai spinto a rimanere con Astoria per avere
un figlio?”, infierì lei.
Lui si passò
una mano tra i capelli. “Voglio assicurarmi che saremo pronti, quando accadrà
il peggio”.
“Esattamente!
Ecco perché deve saperlo”.
“È già
abbastanza stressato”.
“Lucius, non
trattarlo come un bambino. Non è stupido. Si chiede già perché tu abbia
completamente accettato un Malfoy mezzosangue”.
“Lo so! Ma
non voglio aggiungergli un altro peso”.
“Ma lo hai già
fatto. Prendi decisioni che lo riguardano direttamente. Hai appena cacciato sua
moglie”.
“Davvero
stai per arrabbiarti per questo? Sono anni che vorresti liberarti di lei”.
“Voglio che lui si liberi di lei. Non è una
decisione che devi prendere tu. È di Draco, e lui l’ha tenuta qui solo perché lo
volevi tu”.
“Voglio il
meglio per questa famiglia, ed al momento abbiamo bisogno di un altro erede. Per
precauzione”.
Lei si
accigliò. Riusciva ad essere molto veloce nell’accantonare Draco e la sua
felicità. “Non vuoi che Draco sia felice come lo siamo noi?”.
Lui le
lanciò uno sguardo impaziente. “Cissy, so che Draco significa tutto per te. Anche
per me. Ma la cosa più importante al momento è assicurare la dinastia Malfoy”.
“E se la
Granger mettesse al mondo una bambina? Avresti un erede, ma non continuerebbe
la dinastia”.
“Da centinaia
di anni non ci sono Malfoy femmine”.
“Beh, non c’è
neanche mai stata una madre Nata Babbana prima”.
Lucius si
passò una mano tra i capelli, spettinandoli. “Non sono sicuro di cosa fare in
questa situazione, e se Astoria fosse più accettabile l’avrei tenuta qui”.
“Perché?”.
“Niente di
tutto questo è semplice. Horatio sta studiando le leggi a riguardo, e non
sembra la cosa sia a noi favorevole”.
Narcissa guardò
il marito. “Che intendi? Il bambino è un Malfoy, e noi abbiamo molto di più da
offrirgli rispetto alla Granger”.
“Una
situazione del genere non è mai accaduta prima nel mondo magico bretone. Sarebbe
un caso giuda. Ed a peggiorare le cose, le leggi a riguardo non sono complete. In
effetti, i nostri tribunali non sono nemmeno completamente efficienti. Se fosse
accaduto prima dell’introduzione del sistema giudiziario, probabilmente ci
saremmo portati via il bambino. Il Wizengamot è vecchio stampo. La maggioranza sarebbe
rimasta inorridita che una Sanguesporco volesse avere un figlio al di fuori del
vincolo matrimoniale, ed avrei potuto anche dare a qualcuno una tangente. Ma questi
nuovi tribunali sono diversi, e si basano molto sulle leggi Babbane. Horatio mi
ha detto che in un tribunale Babbano, i diritti tendono a propendere per la
madre. Prenderebbero in considerazione anche il nostro passato, il che non ci
gioca a favore”.
“Ecco perché
hai suggerito a Draco di incantare la ragazza”.
“All’inizio
l’ho suggerito solo perché volevo tenere la cosa fuori dai tribunali. Non c’è bisogno
di trascinare il nome dei Malfoy nel sistema legale e sui giornali. Ma da quando
ho parlato con Horatio, sono arrivato alla conclusione che potrebbe essere l’unico
modo in cui potremmo ottenere il bambino”, disse.
“Non funzionerà
mai”.
“Draco
riesce ad essere affascinante, se ci si mette”.
Narcissa tossì.
“Si parla della Granger. Non c’è amore tra i due. Lo vedrà con sospetto”.
“Lo so”,
disse stancamente Lucius. “Ma non so che altro fare. È imperativo avere un
erede”.
Guardò il
marito con tristezza. Non avrebbe mai pensato che avrebbe vissuto il giorno in
cui si sarebbe disperato per avere un Malfoy mezzosangue. Ciò, più di tutto,
testimoniava quanto seria fosse la sua malattia.
Il cuore di
Astoria batteva veloce. Come aveva potuto andare così male? Invece che essere
oltraggiato e determinato a liberarsi di quell’abominio di feto, Lucius aveva
usato la cosa come una scusa per liberarsi di lei. Dov’era la gratitudine per i
suoi servizi a quella stupida famiglia? Si era già preparata a diventare grassa
e brutta solo per dare loro una nuova generazione, e quali erano i
ringraziamenti? Il divorzio! Chi era Lucius Malfoy per decidere cose del
genere, comunque? Era sposata con Draco, non con lui.
Si sedette
sul letto e cercò di calmarsi. Non le avrebbe fatto bene rimanere sconvolta. Doveva
pensare, e velocemente, a meno che non volesse che tutto ciò per cui aveva
lavorato fosse distrutto.
Lucius aveva
ragione per alcune cose. I Greengrass in effetti contavano sulle conoscenze dei
Malfoy per vivere come facevano. Non erano mai stati parte dell’élite
purosangue né particolarmente ricchi. Ma lei era sempre stata ambiziosa di ottenere
una posizione migliore. A differenza di Daphne, non era contenta di essere ai
margini della società ed il matrimonio con un Malfoy le aveva offerto la
possibilità di scalare la vetta nella società. Qualcosa in cui si era
impegnata.
Ad ogni
modo, al momento era in procinto di essere cacciata, ed era pronta a combattere
con le unghie e con i denti. Nonostante le parole di Lucius contassero molto,
non erano decisive. Draco riusciva a diventare testardo a volte, e lei aveva
bisogno che lui la volesse lì.
Era tempo di
utilizzare di nuovo il suo charm. Poteva ancora riuscire ad incastrare il
marito. Poteva perfino riuscire a far giocare a suo vantaggio quella
gravidanza. Se non erano preoccupati che il bambino fosse mezzosangue, allora lei
non avrebbe più dovuto preoccuparsi di averne uno. Poteva rimanere magra, e
senza mocciosi.
Si avvicinò
allo specchio, ed analizzò il proprio corpo. Aveva solo ventisette anni, ed
aveva un aspetto ottimo, essendo riuscita a mantenerlo come quando ne aveva diciotto.
I lineamenti erano più che piacevoli, simmetrici e classici. Sorrise. Draco non
avrebbe potuto resisterle, visto quello che aveva in mente.
Era il
momento di andare a Diagon Alley, scegliere i completi intimi più sexy che
avrebbe potuto trovare, e sedurre il marito ancora una volta.
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Capitolo 8 *** Giochi ***
Cap 8
Giochi
Draco,
inconsapevole dei cambiamenti che stavano accadendo a Malfoy Manor, sedeva nel
salotto dei Pucey, mentre aspettava che sia Pansy che Adrian radunassero le
loro cose.
“Tesoro, hai
visto le mie protezioni?”, chiese Adrian da qualche parte di sopra.
“Sono dove le
hai lasciate dopo l’ultima partita”, rispose Pansy.
“E cioè
dove?”.
“Non lo so! Le hai messe
tu. Hai cercato
nel ripostiglio vicino alla camera di Alex?”.
“Pans, per favore
aiutami! Non riesco a trovarle da nessuna parte, e dovevamo essere lì dieci
minuti fa”.
“Per amor di
Salazar”, urlò lei, e Draco la sentì salire al piano superiore.
Aspettò trenta
secondi, prima di sentire la prossima inevitabile conversazione.
“Come mai io
le ho trovate in meno di un minuto? Perché non hai cercato come si deve? O usato
Accio?”.
“Davvero? Dov’erano?”.
“Esattamente
dove ti ho detto di guardare: nel ripostiglio dove tieni tutta l’attrezzatura da
Quidditch”.
“Ma sono
sicuro di averci guardato”.
“Non devi
aver guardato abbastanza”.
Draco ghignò.
Era sempre la stessa storia tra i due ogni volta che li vedeva. Si beccavano in
continuazione ma l’amore reciproco era incancellabile. Il sorriso gli svanì,
mentre pensava alla sua, di situazione. Avrebbe voluto avere una relazione
simile, ma sfortunatamente il divario tra lui e sua moglie era troppo grande. Tristemente,
aveva capito che Astoria era completamente assorbita da sé stessa, e si interessava
solo finché ciò le dava qualche beneficio.
“Draco! Sei qui!”,
esclamò Pansy mentre entrava nella stanza. “Quando sei arrivato?”.
“Poco fa, e
non preoccuparti. Mi ha dato il benvenuto Sippy, ma gli ho detto di non
disturbarti”, disse lui, sapendo quanto si scaldasse Pansy se avesse pensato
che qualcuno non era stato salutato come si deve in casa sua.
Pansy annuì.
“Sono felice tu sia venuto. Non ero sicura lo avresti fatto”.
“Non oserei,
dopo le tue minacce l’altro giorno”.
“Non ti ho minacciato”,
disse lei, dandogli un buffetto sul braccio.
Draco vide
Adrian entrare nella stanza, dietro Pansy. “Ehi, Adrian, controlla tua moglie. Mi
schiaffeggia”.
“Se ti fa uscire
dal Manor e smetterla di fare l’asociale, allora mi va bene”.
Il biondo
roteò gli occhi. “Ed hai troppa paura di tua moglie per dire qualcosa”.
Adrian fece
a finta di non sentire. “Comunque, dovevano incontrare Potter dieci minuti fa,
quindi faremo meglio ad andare”.
“Aspetta un
attimo, nessuno ha detto che avremmo giocato contro Potter”, obiettò Draco.
Gli amici lo
ignorarono e lo presero a braccetto verso la Metropolvere. “Mi prendete in
giro, vero? Io non giocherò contro di lui”.
“Peccato,
Draco. Ho bisogno di un Cercatore, e tu ora sei qui”.
Lui grugnì. Non
giocava a Quidditch da anni, ed ora lo avrebbe fatto contro un giocatore che
non aveva mai battuto. Le cose non potevano peggiorare.
Ovviamente, Draco
capì di avere torto quando si rese conto, un minuto dopo, di essere entrato al
Paiolo Magico e che la Granger era lì. Doveva capirlo. Partecipava ad ogni partita
di Potter, nonostante quello sport non le piacesse.
“Ti ucciderò”,
soffiò in direzione di Pansy, che almeno ebbe la grazia di sembrare colpevole.
“Non sapevo
sarebbe stata qui!”.
“Parliamo di
Potter. Riesce a sopravvivere per un secondo senza il corteo dei rossi e la
Granger?”.
Pansy scrollò
le spalle. “Immagino ciò ti darà la possibilità di parlare con lei. Sai,
mettere in azione il piano di tuo padre”.
“Sì, perché essere
circondato dai Weasley mi aiuterà in questo”.
“Smettila di
essere così negativo”.
Lui le
lanciò uno sguardo oltraggiato, ma sembrò accettare il consiglio, mentre camminava
verso la Granger.
“E quello a
cosa era riferito?”, chiese Adrian a sua moglie.
“Niente di
cui tu debba preoccuparti”.
“Perché ogni
volta che dici una cosa del genere, significa che in realtà devo farlo?”.
Lei gli
diede un buffetto sulla guancia. “Sciocchino!”.
"Ahia!”,
disse Hermione, quando Ginny le lanciò una gomitata nelle costole e la trascinò
via da Dean e Katie, con i quali stava parlando. Hermione si voltò verso di
lei, irritata. “Perché lo hai fatto?”.
“Non voglio
che ti preoccupi, ma Malfoy è qui”.
“Cosa? Dove?”,
chiese, andando nel panico e guardandosi intorno.
“Proprio
qui, Granger”.
Si voltò
nuovamente, e si trovò davanti Malfoy, scopa in spalla, rilassato e felice. Perché
doveva essere lì? Non lo aveva mai visto ad alcuna delle precedenti partite che
i suoi amici avevano giocato con gli ex Serpeverde.
“Che ci fai
qui?”, chiese accusatoria.
Lui sventolò
la scopa nella sua direzione. “Gioco. Cosa credi che faccia?”.
“Non ti ho
mai visto prima a queste partite”.
“Sì, beh,
non me lo hanno mai detto. E che bella coincidenza, dato che ho l’occasione la
dolce madre di mio figlio”.
Lei strinse
gli occhi al suo sarcasmo, prima di incrociare le braccia sulla difensiva e
guardarsi attorno per vedere se qualcuno avesse sentito. “Dillo un po’ più
forte, e mi assicurerò che mio figlio non abbia alcun padre biologico”.
“Almeno
ammetti che ho un ruolo”.
“Una
piccola, minuscola parte, che per fortuna è finita. Ora vai e disturba qualcun
altro”.
Lui la guardò,
ma prima che potesse replicare con qualcosa di tagliente, intervenne Ginny. “Farete
così ogni volta che vi incontrerete?”.
“Cosa?”,
chiese Hermione all’amica, sorpresa.
“Beh,
intendo, non è molto produttivo. Potete litigare sul fatto che vi troviate entrambi
in questo casino finché non diventerete blu in faccia, ma non cambierà la
situazione”.
“Da che
parte stai?”.
“La tua,
Hermione, lo sai. Ma devi ammettere che devi sederti con Malfoy, e discutere
della cosa come adulti maturi”.
Lei distolse
gli occhi da Ginny verso Malfoy, che ghignava soddisfatto. Se si fosse trattato
di qualcun altro, era sicura sarebbe riuscita a stare meno sulla difensiva ed
avrebbe cercato di trovare un compromesso. Ma era Malfoy, ed era difficile
liberarsi dei sospetti. Ancora non era sicura di quale fosse il suo fine, e non
si fidava.
“La piccola
Weasley ha ragione. Dobbiamo parlarne come si deve”.
“Beh, non lo
farò qui. È il posto meno adatto”.
“Ma ammetti
che dobbiamo parlare?”, la pressò il biondo.
Lei sospirò.
Immaginò di doverlo fare. Non poteva continuamente nascondere la testa sotto la
sabbia, ed anche se avrebbe potuto avere maggiori diritti legali con il nuovo
sistema da poco introdotto nella comunità magica, pregiudizi e abitudini erano
lenti a cambiare. I Malfoy avrebbero avuto ottenuto più consenso, se fosse
stato svelato il tutto. C’era anche il fatto che lui avrebbe potuto offrire al
bambino una vita famigliare stabile, il che avrebbe fatto bella figura in tribunale.
Era in momenti come quello in cui sperava si essere una Babbana.
“Va bene, ti
parlerò. Facciamo il prossimo fine settimana”.
“È troppo
lontano”.
Lei roteò
gli occhi. Ovviamente lui avrebbe ribattuto per ogni piccola cosa. Probabilmente
andava contro ogni suo codice personale accettare qualsiasi cosa lei avrebbe suggerito
senza discutere. “Quando, allora?”, chiese.
“Nella
settimana entrante, dopo il lavoro. Sono libero lunedì, mercoledì o giovedì”.
Beh, di
sicuro non sarebbe stato lunedì. Mancavano solo due giorni, e lei voleva più
tempo per prepararsi. “Mercoledì”, disse.
“Dove?”.
“Da qualche
parte tra i Babbani. Non tratterò questo argomento dove qualcuno potrebbe sentirci”.
Lui annuì. “Ok,
ma allora devi trovare un altro posto. E Granger, deve essere facile da trovare”.
Lei si
scervellò per cercare di trovare un posto simile. Si ricordò di averlo incontrato
dopo l’appuntamento con la Bulstrode. Era ancora sospettosa a riguardo, ma
significava che avrebbe potuto andare da qualche parte vicino al San Mungo,
meno trafficato rispetto al Paiolo Magico, e con meno probabilità che qualche
mago potesse riconoscerli.
“Che ne dici
del bar dove ti ho visto l’altro giorno?”.
Con la coda
dell’occhio, Hermione vide Ginny osservarla, ma lei era più interessata alla
reazione di Malfoy. Notò la mascella di lui indurirsi, cosa che non avrebbe
notato se non fosse stata attenta.
“Ricordami
dove si trovava?”.
“Lei strinse
gli occhi. “Mi hai seguita, vero?”.
“No! Certo
che no!”.
“Se fosse
così, come mai non ti ricordi dove si trova?”.
“Mi ci sono
trovato per caso, avevo sete”.
“Eravamo in
Oxford Street, è pieno di locali in cui prendere da bere, e non ti credo per
niente”.
Lui tossì. “Ok,
ti ho seguita”.
Hermione guardò
Ginny, che alzò un sopracciglio, prima di riportare l’attenzione su Malfoy. “Parleremo
più tardi di questo e del ruolo della Bulstrode. Per ora, di darò le indicazioni
per arrivarci”.
Rovistò
nella borsa finché trovò un pezzo di carta, dove scrisse le indicazioni
talmente facili che anche un bambino le avrebbe seguite, e le diede al biondo. Lui
si accigliò quando lesse i dettagli ed il linguaggio semplice che aveva usato.
“Non sono Weasley,
Granger”.
“Dopo il tuo
comportamento, non puoi criticare nessuno”.
Malfoy
sembrò voler dire qualcosa di antipatico, ma a quanto parve ci pensò due volte.
Se avesse iniziato con gli insulti, non lo avrebbe sicuramente incontrato. Invece,
lui annuì e le allungò una mano. Era la prima volta che lei lo toccava
volontariamente, ed era strano. Si aspettava che lui se le sarebbe pulite sulla
divisa da Quidditch e si sarebbe lamentato riguardo germi di Sanguesporco, ma
semplicemente si voltò ed andò a parlare con la Bulstrode.
“Vedi, non è
stato così brutto”, le fece notare Ginny.
“No, grazie
a te”.
La rossa
sospirò. “Andiamo, Hermione. Devi smetterla di pensare solo a te stessa. Condividi
un figlio con Malfoy, e continuare a nascondere la testa sotto la sabbia non
cambierà la cosa. Ed a meno che tu non voglia che la questione vada in tribunale
e nei giornali, ti suggerisco di provare a trovare un compromesso con lui”.
“Ma io non
voglio avere la custodia condivisa”.
Ginny le
mise le braccia intorno. “Lo capisco, davvero. Ma potresti non avere scelta.
Prima lo capisci, meglio sarà”.
Il cuore di
Hermione perse un battito. Ginny aveva ragione, non poteva negarlo. Per quanto
volesse tenere fuori Malfoy, c’era la possibilità che il tribunale gli desse
comunque accesso al figlio. Merlino, loro figlio. Non era più solo suo. Ed era
ovvio che Malfoy non sarebbe sparito, e lei doveva farci i conti.
Draco non si
sentiva così positivo da tempo, e lo dimostrò mentre giocava. Ovviamente, non
aveva battuto Potter al Boccino, ma c’erano delle cose che aveva imparato ad
accettare invecchiando, ed il fatto che non lo avrebbe mai surclassato era una
di quelle.
La conversazione
con la Granger gli aveva dato qualche speranza. Ok, gli era ancora ostile ed
era ovviamente arrabbiata, ma aveva accettato di incontrarlo. Magari sarebbero
stati in grado di trovare un accordo. E, se fosse stato davvero fortunato,
sarebbe riuscito a convincerla a dargli la custodia del bambino se le avesse
pagato le cure. In quel modo, entrambi avrebbero potuto andare per la loro
strada senza essere legati per la vita.
Fece una
smorfia, realizzando di star ancora una volta andando troppo veloce. L’ultima
volta che l’aveva fatto, era finito a sposare Astoria. Il che era un errore che
non voleva ripetere tanto presto. Comunque, davvero non riusciva ad immaginare
la Granger non affezionata a quel figlio in particolare. Era un tipo
sentimentale. Oltretutto, c’era il fatto che Potter ed i suoi amici erano sempre
riusciti a confonderlo. Erano irritanti.
Sospirò mentre
saliva la scalinata secondaria che portava alle sue stanze private. Voleva farsi
una lunga e calda doccia. Giocare, quel giorno, gli aveva fatto capire quanto
tempo era passato dall’ultima volta che si era allenato.
Aveva passato
gli ultimi anni a prendere in mano le redini degli affari dei Malfoy da suo
padre. Non era ancora sicuro del motivo per cui Lucius avesse avuto così tanta
fretta di istruirlo. Di solito, gli eredi Malfoy portavano avanti una carriera
in qualcosa che gli interessasse, prima di occuparsi degli affari di famiglia. Suo
padre si era specializzato in oggetti stregati. Ma comunque, Lucius era sempre
stato troppo coinvolto nelle Arti Oscure. Draco stesso preferiva Artimanzia e
la risoluzione dei problemi. Forse suo padre voleva assicurarsi che Draco non
si mettesse nella sua stessa posizione quando Abraxas era morto all’improvviso.
Lucius era stato lasciato da solo a raccapezzarsi sulla miriade di affari in
cui i Malfoy avevano investito, e gli ci era voluto parecchio prima di
riuscirsi.
Draco lanciò
la scopa e l’equipaggiamento da Quidditch nel ripostiglio in cui li teneva, ed
iniziò a spogliarsi, pregustandosi la doccia. Si trascinò per la stanza, prima
di bloccarsi sconvolto dalla scena di fronte a lui.
Distesa sul
letto, coperta da dell’intimo costoso, c’era sua moglie.
Percorse con
lo sguardo la sua figura, ed alzò un sopracciglio. Non si preoccupava di fare
tanto da quando avevano iniziato a frequentarsi. All’ora, si era prodigata per
presentarsi come la donna perfetta, e lui ci era cascato. Ora, invece, l’istinto
di auto-conservazione si fece sentire. Per prenderlo alla sprovvista in quel
modo, significava che lei voleva qualcosa, e non si fidava neanche un po’.
“Bella
partita, Draco? Ti va un massaggio per rilassare i muscoli?”, chiese con voce
sexy, battendo la mano sul letto in modo suggestivo.
“Che cosa
vuoi, Astoria?”, chiese secco.
Vide la
rabbia passarle negli occhi, ma lei fece uno sforzo ammirevole nel sopprimere
la risposta che lui sapeva stava morendo dalla voglia di dargli. “Devo volere
qualcosa? Sei mio marito”.
“Quando ti
fa comodo”, mormorò. “Non facciamo da sesso da più tempo di quanto possa
ricordare. Cosa ti ha portato a questo?”.
Lei si alzò
in piedi e ciabattò per la stanza verso di lui, arrivandogli di fronte e mettendogli
una mano sul petto. “Magari mi mancavi”, disse languida, guardandolo da sotto
le ciglia.
Lui le tolse
malamente la mano, allontanandosi finché non raggiunse l’armadio, ed incrociò
le braccia. “Ne dubito. Per mancarti, prima dovrebbe importarti qualcosa di me”.
“Sei
ingiusto, Draco. Sai che mi importa”.
Si passò una
mano sul viso. “No, ti importa di quello che ha comportato il matrimonio. Il nome,
il Manor, la ricchezza, e la posizione che ti ha dato in società. Cerchiamo di
non fingere”.
Allora la
sua maschera cadde. Ripescò il vestito, rivestendosi e mettendosi le mani sui
fianchi. “Perché non puoi rendere la cosa più semplice? Se solo avessi accettato
la mia proposta, ci saremo potuti riconciliare e continuare ad essere felici”.
“Astoria,
siamo assolutamente incompatibili e non siamo felici da anni. Dubito che un po’
di sesso potrebbe mettere una pezza alle enormi carenze nel nostro matrimonio”.
“Che intendi
con il fatto dell’infelicità? Ovviamente, siamo stati felici”.
Draco sospirò.
“Davvero, Astoria? Sei così illusa? Ci vediamo a malapena”.
“Perché sei impegnato
al lavoro, ed io sono impegnata a fare la brava moglie ed a socializzare con i
nostri amici”.
Lui fece una
smorfia. “Una brava moglie? Mi fa ridere. Ed io scelgo di essere impegnato a
lavoro, piuttosto che tornare a casa in questa farsa di matrimonio”.
Lei sbuffò. “Sei
impossibile, ecco cosa. Non sei mai contento”.
“No, non è
che io sono impossibile. E potrei essere felice, facilmente. Ma tu non hai ciò
che serve per rendermi tale”.
“Nessuno può
renderti felice. Sei deprimente, e succhi via felicità e bontà da tutto”, sbottò
amaramente lei.
Draco si
allontanò irritato dalla moglie. “Sei così assorbita da te stessa che non
riesci a vedere oltre ciò che vuoi”.
“Io sono assorbita
da me stessa? Da che pulpito. Almeno io non mi siedo in un angolo e mi lamento.
Io cerco di andare avanti con la mia vita”.
“E che mi
dici del fatto che ciò che ho passato io quando ero un bambino è una cosa che
nessuno dovrebbe conoscere?”.
“Oh, eccoci
di nuovo. Sei una lagna. Cos’è successo al vecchio Draco? Quello che era
conscio del suo valore e lo faceva sapere a tutti”.
“Sono
cresciuto, Astoria. Una cosa di cui tu non saprai mai nulla. Ho imparato delle
lezioni ed ho dovuto cambiare, altrimenti non ci troveremmo nella posizione in
cui siamo”.
“Santo
Salazar, sei patetico. Se ti rallegrassi, Draco, staremmo bene. Ma invece fai
la piagola. Pensavo avessi smesso con il comportamento autocommiserativo,
invece nulla”.
“Ho smesso,
ma tu ora non riesci a capire che le cose sono diverse. Il mondo è cambiato. Non
è come prima. Non puoi aggrapparti a ciò che era, non è più possibile né tollerato.
Con l’ultima guerra abbiamo perso troppo”.
“Potresti,
se fossi intelligente”.
Lui sbottò. “Sei
così infantile. Siamo sotto osservazione. Il fatto potrebbe esserti sfuggito,
ma il Ministero ci tiene d’occhio con insistenza”.
“Potresti
farti leccare i piedi dal Ministro. Tuo padre lo faceva”.
“Ed è
precisamente il motivo per cui non possiamo essere felice. Non la vediamo allo
stesso modo su nulla. Non capisci nulla che non sia potere, status e soldi”.
“Sei un
Malfoy, sei fatto per pensare a quelle cose. Cosa c’è che non va in te?”.
Lui si strofinò
stancamente gli occhi. Non importa quante volte ne parlassero, Astoria sembrava
incapace di capire perché loro non potevano vivere come avevano fatto le
precedenti generazioni Malfoy. Non capiva che i Malfoy erano sempre stati bravi
a cambiare politica per rimanere al potere. Lui e Lucius avevano fatto sforzi enormi
per non continuare a sbagliare come un tempo. Se volevano rimanere influenti, avrebbero
dovuto accettare il cambiamento. Non era stata una decisione difficile, dopo
tutto quello che era successo. Sua madre aveva felicemente approvato,
assicurandosi di essere vista supportare giuste cause, ma Astoria lo aveva
trovato impossibile.
“Non capisci
come al solito, Astoria. Non capirai mai, ed è il problema più grande fra noi”.
“Sei debole.
Non avevi ciò che serviva per diventare Mangiamorte, e non hai ciò che serve ora
per rendere felice tua moglie. Non sei nemmeno riuscito a tenerti la Parkinson,
quanto lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per te. Ti ha riconosciuto come la piccola
e triste persona che sei, ed ha scaricato il tuo patetico sedere”.
Lui sentì la
rabbia ribollirgli dentro, ma si rattristò quando capì che Astoria aveva
ragione. Le voltò le spalle. “Esci! Non voglio più vederti. In effetti, puoi
benissimo uscire dal Manor e dalla mia vita per sempre”.
Lei lo
guardò sdegnata. “Sia tu che tuo padre pensate di essere troppo bravi per me,
ora che la Granger porta in grembo tuo figlio”, rise amara. “Buona fortuna nel
metterti contro di lei, Draco. Se ricordo bene, non hai mai vinto contro di lei
o Potter”. E con ciò svolazzò via dalla stanza.
Draco si sedette
sul letto. Un litigio con Astoria era proprio ciò che gli serviva per
trasformare in peggio la giornata decente. L’unica cosa che aveva capito di lui
era quali bottoni premere per fargli più male possibile. E lo aveva fatto di
nuovo, scavando nella sua personalità e con Pansy.
Nonostante le
apparenze, non era davvero sicuro di sé. Oh, lo nascondeva bene, ma era ciò che
gli era stato insegnato a fare. I Malfoy non mostrano incertezza od esitazione.
Quanto era più giovane, gli era stato più facile credere nella propria
superiorità innata. Dopotutto, aveva sempre avuto ciò che voleva, un circolo di
amici adoranti ed un padre da cui correre se le cose non andavano come voleva.
Ma quegli
anni da Mangiamorte gli avevano insegnato che la vita aveva un modo strano di
essere imprevedibile. La sua facile esistenza era stata gettata dalla finestra,
e lui era rimasto con la consapevolezza che alla fine un nome e la ricchezza
non significavano molto. Di sicuro davano una mano, ma alla fine non potevano
sopprimere alla mancanza di carattere o convinzione.
Da quanto il
suo mondo era stato stravolto, era diventato meno sicuro di sé e del suo ruolo.
Non aveva aiutato nemmeno il fatto che anche suo padre fosse uscito dalla
guerra molto sminuito. Era stato l’unica persona sulla quale poteva contare nel
mostrargli quanto significasse il nome dei Malfoy, ed era sparito quella notte
all’Ufficio Misteri. Lucius era passato dall’essere un Mangiamorte estremamente
sicuro ad un tirapiedi fallito. E Voldemort si era assicurato di punirli
entrambi.
Pensare a
suo padre gli fece ricordare che Astoria in qualche modo aveva saputo della
Granger e del bambino. Non erano buone notizie, soprattutto perché le aveva
appena detto di uscire dalla sua vita. Era troppo, per una così bella giornata.
Dire che Astoria
era arrabbiata, era poco. Nessuno la poteva rifiutare. Nessuno. Essersi esposta
così per Draco ed essere così duramente rifiutata era umiliante. E non solo, l’aveva
cacciata! Ancora non aveva nemmeno parlato con suo padre, ma era arrivato alla
stessa conclusione di Lucius. Beh, lei non lo avrebbe sopportato. Si rifiutava
di essere messa da parte e scaricata quando meglio confaceva agli arroganti
uomini Malfoy.
Camminò verso
le sue stanze private, cercando di pensare a cosa poter fare per punirli. Sapeva
avrebbe dovuto avere a che fare con la Granger ed il bambino. Il tanto
importante erede Malfoy.
Il primo
pensiero era stato di rintracciarla e maledirla, il che avrebbe messo in
pericolo il bambino. Ma l’aveva presto abbandonato perché troppo rischioso. Oltretutto
tutti sapevano quanto veloce fosse la Granger con la bacchetta, e ci sarebbe
stata la possibilità concreta che lei ne fosse uscita conciata male. Ad ogni
modo, non era lei il vero problema, ma Draco. Aveva bisogno di qualcosa che lo
avrebbe ferito nel profondo, nell’orgoglio o nella famiglia. Camminò su e giù,
mentre si scervellava.
Ad un certo punto si fermò e fissò fuori dalla finestra,
prima che la sua attenzione venisse catturata da qualcosa sulla scrivania. Lo osservò
un momento, prima di sorridere. Oh, sì! Se avesse giocato bene le sue carte,
avrebbe potuto trascinare il loro nome nel fango, distruggergli la reputazione
ed uscirne senza macchia. Sarebbe stata una situazione perfetta.
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Capitolo 9 *** Piani E Organizzazioni ***
Cap 9
Piani ed Organizzazioni
Draco passò
la domenica mattina ad organizzare tutto ciò che gli sarebbe servito per la
settimana impegnativa che lo aspettava. Non era la cosa che sognava quando era
giovane, e ciò era parte del motivo per cui si sentiva più vecchio dei suoi
anni. In verità, si era rivolto al lavoro come panacea per tutti i problemi nel
suo matrimonio. Poteva dimenticarsi di quanto fosse pazza Astoria e perdersi
negli investimenti, anche se ora capiva che non era la cosa più salutare del
mondo. Aveva solo fatto finta che i suoi problemi non esistessero
Si accigliò
sentendo bussare alla porta. Odiava essere disturbato fino a quando non avesse
finito. Gli dava sempre sui nervi, e di solito nessuno voleva assistervi.
“Avanti”,
sbottò, continuando velocemente a scrivere sul plico.
“È il modo
di parlare a tuo padre?”.
Draco alzò
sorpreso lo sguardo, prima di accantonare tutto. Aveva pianificato di andarlo a
trovare dopo pranzo.
“Padre”, lo
accolse. “Siediti”.
Suo padre
prese una sedia dalla scrivania e si sedette, incrociando le mani sul bastone.
“Dobbiamo
parlare di Astoria”, disse Lucius, aprendo la conversazione.
Draco
sospirò, mentre pensava al loro litigio della notte precedente. “Sì, dobbiamo”.
“Sa della
Granger”.
“Sì, lo sa.
Come fai a saperlo?”.
“È venuta da
me ieri mattina, chiedendomi di fare qualcosa del bambino. Credo pensasse avrei
potuto fargli del male in qualche modo”.
Draco sentì
immediatamente la rabbia nelle vene. Era sorpreso dai propri sentimenti paterni
verso il feto, ma il pensiero che qualcuno volesse fargli del male lo faceva
infuriare. Credeva che gli sarebbe servito del tempo per adattarsi alle
circostanze, ma appena gli era stato comunicato che sarebbe diventato padre, si
era sentito felice, e preoccupato. Il fatto che sua moglie avesse cercato di
tramare alle sue spalle per azzerare le sue possibilità di diventare padre era
oltremodo sconvolgente.
“Cos’ha
fatto? La ucciderò”.
“Draco, non
puoi permetterti che le emozioni ti influenzino. Dobbiamo ragionarci senza
rabbia”.
“Facile
dirlo, non è tuo il figlio di cui si parla”.
“No. Ma è
mio nipote, e sai che avrei avuto più figli se avessi potuto”.
Draco
sospirò. I suoi genitori avevano cercato disperatamente di avere un secondo
figlio, ma era stato impossibile, ed all’epoca il mondo magico non era a
conoscenza dei trattamenti di fertilità.
Non che suo
padre si sarebbe avventurato nel mondo Babbano, comunque.
Si passò una
mano tra i capelli. “Quindi, cosa le hai detto?”.
“Cosa credi?
Le ho detto che entro la fine della settimana doveva radunare le sue cose e
sparire dal Manor”.
Draco rise.
Era divertente che suo padre fosse arrivato alla sua stessa conclusione.
“Cosa c’è di
buffo?”, chiese Lucius.
“Le ho detto
la stessa cosa la scorsa notte”.
“La scorsa
notte?”.
“Sì. Sono
tornato dalla partita di Quidditch e lei ha cercato di sedurmi”.
“Di
sedurti?”, chiese divertito suo padre.
Non poté
evitare che le guance gli si arrossassero. Anche se aveva ventinove anni, era
ancora imbarazzante fare certe conversazioni con un genitore.
“Sì, pensava
di poter provare a ricucire il matrimonio. Ora so perché. Le avevi già detto
che i suoi giorni qui erano contati”.
“Ha
minacciato di farmela pagare”.
“Beh, se
pensava di farlo attraverso me, è in ritardo di sette anni. Ha perso ogni
attrattiva che prima poteva avere”.
“Beh, è
bello sapere che non pensi più con una certa tua parte anatomica”.
Draco lanciò
a suo padre uno sguardo, al che Lucius alzò un sopracciglio.
“Quindi
adesso?”, chiese.
“Ora mettiamo
Horatio sul caso, e gli facciamo preparare i documenti del divorzio”, replicò
Lucius.
“Immagino
sia troppo cercare di presentarci come una famiglia felice ormai”.
“Astoria non
ci asseconderebbe mai, a meno che non le garantissimo di rimanere permanentemente
sua moglie”.
“Beh, non
succederà”, ringhiò lui.
“Bene.
L’importante è sciogliere questo matrimonio con pubblicità minima. Specialmente
se speriamo di presentare al mondo un Malfoy in nove mesi. Non starebbe bene
che la vera storia uscisse, o che sembri tu abbia avuto una relazione. Infangherebbe
la tua reputazione”.
Era
d’accordo. Si era appena riguadagnato la reputazione, e non era pronto a
vederla nuovamente trascinata nel fango. “Come facciamo a convincere Astoria ad
un divorzio civile?”.
“Pensavo di
parlare con suo padre sta sera. O mette in riga sua figlia, o ci riprenderemo
tutti i soldi che abbiamo investito nei suoi affari. Cadmus Greengrass adora il
lusso. Non rischierà di perdere tutto”.
Draco annuì.
L’unica cosa che aveva sempre reso Lucius bravo nel nuotare nelle acque torbide
della politica era la sua innata comprensione dei desideri delle persone, e
come giocarli a suo favore. L’ultima volta che aveva fallito era stata quanto
li aveva invischiati per la seconda volta con il Signore Oscuro. Aveva
sottostimato Potter e la tenace convinzione che il Bambino che è sopravvissuto
aveva. Senza dubbio, se Lucius avesse capito la forza e la profondità
dell’Ordine della Fenice, avrebbe disertato molto prima della battaglia finale.
Ma ormai era il passato. Se c’era una cosa che suo padre conosceva, era la
mentalità purosangue.
“Credi sarà
in grado di mettere in riga sua figlia?”.
Lucius ci
pensò un momento. “Onestamente non lo so. Spero che la paura di perdere tutto
lo spingerà a costringerla a comportarsi come si deve”.
Le labbra di
Draco si strinsero. Astoria era tenace quando le cose non andavano come voleva.
Gli ricordava la versione dodicenne di sé stesso: viziato, abituato a fare a
modo suo. Se non fosse passato per la dura realtà della guerra, sarebbe stata
la moglie perfetta. Sarebbero stati la coppia più egoista, viziata ed arrogante
che il mondo avrebbe visto.
Ma le cose
erano cambiate, e mentre lei non voleva riconoscerlo, Draco era più che conscio
di aver dovuto credere. Le responsabilità lo avevano colpito e reso un po’ acido.
Risentiva della perdita di sicurezza che aveva una volta. Ad ogni modo, questo
Draco più forte e realistico era più bravo a fronteggiare la situazione del
momento.
“E se
Astoria scegliesse di fare la testarda e rifiutasse di lasciare il Manor?”,
chiese a suo padre.
“Non
preoccuparti, ci ho già pensato. Ho già detto agli elfi domestici di
allontanarla, usando anche la forza se necessario”.
“Speriamo di
non dover ricorrere a misure così drastiche”.
“Oh, non lo
so. Credo mi divertirei alla vista di Astoria maltrattata, dopo il modo in cui
mi ha parlato”, disse Lucius, chiaramente divertito dalla prospettiva.
Draco non poté
evitare il ghigno che gli si stampò sulle labbra alle parole del padre. Lucius
certamente aveva carattere, e non era debole di cuore. Essere la nuora non la
esimeva dalla sua perfidia, se avesse cercato di mettergli i bastoni tra le
ruote.
“C’è
un’altra cosa di cui volevo parlarti”, disse Lucius, sistemandosi sulla sedia
poco a suo agio.
Si accigliò.
Non vedeva suo padre così nervoso nel parlare con lui da quando... beh, non lo
aveva mai visto così.
“Devo
parlarti del perché ti ho spinto a rimanere con Astoria quanto mi hai proposto
la prima volta il divorzio”.
“Perché
volevi un erede purosangue che portasse avanti il nome”.
“Sì e no”.
“Cosa
intendi?”, chiese Draco, ormai veramente confuso.
Lucius si
mise le mani sulle gambe e guardò il pavimento. “Non volevo dirtelo così, ma
tua madre ha insistito. Ancora non sono sicuro di volerti addossare anche
questo peso”, disse, prima di fermarsi chiaramente esitante sul continuare o
meno.
“Per favore,
Padre. Se mia Madre vuole che tu me lo dica, allora è importante”.
Entrambi
sapevano che aveva ragione. Narcissa non spingeva nessuno dei due, a meno che
non lo considerasse necessario. Certamente non le piaceva interferire senza
motivo nel loro rapporto.
“Lo so”,
sospirò Lucius. “Solo non volevo farlo”.
Draco rimase
seduto con pazienza, aspettando che il padre trovasse le parole. Era ovvio che
si trattasse di una bomba, e sapeva che suo padre stava cercando di capire come
limitare l’esplosione senza fare troppi danni.
“Sono
malato”, disse Lucius, ovviamente decidendo che la bruta onestà fosse il modo
migliore di procedere. “E non intendo un pochino malato. Sto effettivamente
morendo”.
La testa gli
pulsò, mentre cercava di digerire l’informazione. “Cosa?”, chiese debolmente.
“Sono malato
ormai da cinque anni o giù di lì. I Guaritori al San Mungo ci stanno lavorando
ma per ora non riescono a trovare una cura. Credono sia perché ero presente quando
il Signore Oscuro sperimentava con la magia. Ecco perché ti ho spinto a
prendere in mano gli affari prima che tu fossi pronto. Non volevo farlo, volevo
che ti godessi la giovinezza, ma avevo paura di morire all’improvviso e che tu
ti trovassi impreparato”:
Il primo
pensiero di Draco fu di sollievo nell’aver avuto ragione sui motivi che lo
avevano spinto a dargli in mano gli affari. Poi, la realtà della situazione che
Lucius gli aveva appena spiegato lo colpì, ed il dolore fu quasi
insopportabile. Dopo tutto quello che avevano passato, perdere suo padre per
una malattia sconosciuta e probabilmente incurabile era impensabile. Nonostante
cosa pensassero gli estranei, i Malfoy erano una famiglia unita, e lui si era
sempre sentito amato dai genitori. Nonostante suo padre potesse sembrare
disinteressato o troppo duro, sapeva che era fiero di lui.
“Non può
succedere”, fu tutto ciò che riuscì a dire.
Lucius sorrise
a metà. “Credimi, figliolo, vorrei fosse così. Ma la verità è che devo
preparare tutto nel caso morissi. Ecco perché ti ho spinto ad avere un figlio
con Astoria”.
“Mi sono
domandato perché fossi così serio nel volerla tenere”.
“Non sono
stupido, Draco. Sapevo che se avessi ottenuto il divorzio ci sarebbe voluto
tempo prima che ti fossi deciso a sposarti di nuovo. Ma non sono sicuro avremo
tempo per questo. Volevo assicurarmi ci fosse un erede in arrivo, prima di
morire”.
“Smettila di
dirlo”, disse agitato mentre si passava distratto una mano tra i capelli.
“Perché? È
la verità. Sto morendo, Draco. È il motivo per cui ho fatto del mio meglio per
assicurarmi di velocizzare le cose e dirti tutto ciò che ti serve per diventare
il capo in questa casa”.
Lui si alzò
e fece vagare lo sguardo fuori dalla finestra, quasi assente, prima di voltarsi
verso l’armadietto degli alcolici, prendere del Firewhiskey e trangugiarlo.
Tossì appena, mentre l’alcool gli bruciava la gola.
“Ne vuoi un
po’?”, chiese, offrendo al padre il bicchiere.
“No, certo
di stare lontano dall’alcool. Potrebbe innescare un attacco”.
“Ne hai
avuto uno il giorno in cui ti ho detto della Granger”.
Lucius
sogghignò. “In quelle circostanze, credo di poter essere scusato”.
Draco rise,
ma senza divertimento. Si risedette, cullando il Firewhiskey tra le mani. “Ora
che facciamo?”.
“Continuiamo
come sempre. È un peccato che con Astoria sia scoppiato tutto proprio ora, ma forse
sarà la nostra fortuna. Come te la cavi con la Granger?”.
“La vedrò
mercoledì sera. La ragazza Weasley le ha messo un po’ di sale in zucca, e lei
ha accettato di incontrarmi per discutere”.
“È una cosa
positiva, no?”.
“Non lo so.
Mi è ostile, e vede questo bambino come solo suo. Non c’è possibilità che ci
rinunci”.
Lucius giocò
con le dita. “Forse dovremmo rivedere un po’ la cosa. Ho parlato con Horatio, e
lui crede sia difficile otterremo la custodia esclusiva del bambino. Ha parlato
con un avvocato esperto di diritto familiare Babbano, e gli ha spiegato la
situazione. Secondo i tribunali babbani, la Granger molto probabilmente otterrebbe
la custodia, a te spetterebbe il diritto di visita. Se il Wizengamot è
determinato ad imitare i Babbani a riguardo, allora dobbiamo essere realistici”.
Draco annuì.
Non era una grande sorpresa. Aveva fatto un po’ di ricerche da solo a riguardo.
“Il diritto di visita potrebbe andare”.
Suo padre
gli lanciò uno sguardo penetrante. “Non diventare compiacente, Draco. Non è di
certo l’ideale. Nessun Malfoy è mai cresciuto fuori le mura del Manor da quanto
William il Conquistatore ci ha assicurato la terra. Sto solo mettendo sul
piatto l’opzione per praticità. Voglio che il bambino cresca qui, conosca il suo
passato e ciò che significa essere un Malfoy”.
“Se mai porterà
il cognome Malfoy”, commentò amaramente Draco.
La testa di
Lucius scattò in alto, ed era ovvio che lui non ci aveva mai pensato. “No”,
disse, lanciando in aria la mano. “Pretendo che il bambino abbia il cognome
Malfoy. Non è negoziabile”.
“Non devi
avere quel tono con me! Se dovessi scegliere io, il bambino crescerebbe qui
senza sapere nulla della Granger, ma sfortunatamente sembra sia lei al comando”.
“Devi farle
capire quanto questo sia importante, Draco. Il bambino deve essere
pubblicamente riconosciuto come un Malfoy”.
“Dammene la
possibilità, papà! Le ho appena fatto accettare un vero incontro, e nonostante
tutto non è stato grazie a me”.
“Datti da
fare. Ero serio quando ho detto di utilizzare il tuo fascino. Devi fartela
amica e farla accettare questo, almeno”.
“Perché credo
sia più semplice da dire che da fare?”.
Lucius
sembrò rilassarsi un po’. “Nessuno ha mai detto sarebbe stato facile. Ed i Grifondoro
sono sempre stati testardi”, disse con una punta di umorismo.
“Sì, ottimo”,
grugnì Draco.
Suo padre si
sporse in avanti, allungò la mano e la batté sulla spalla di Draco. “Devi avere
fiducia in te stesso, Draco. Puoi dare una svolta alla situazione, devi solo
crederci”.
Draco non
poté far altro che pensare che le cose sarebbero state molto più complicate, ma
ora non era il momento di dare questo peso a suo padre. Ci avrebbe provato, per
vedere come sarebbe finita. Dopotutto, non aveva mai provato prima ad essere
carino con la Granger.
Hermione era
seduta nell’ufficio del suo avvocato, spalleggiata da Harry e Ron. Non era mai
stata così grata di avere un buon giro di amici come lo era stata nelle ultime
settimane. Invece che giudicarla, la sostenevano fermamente, che fossero d’accordo
con la sua decisione iniziale o meno.
Era una buona
cosa che avesse quelle amicizie, perché le cose sicuramente non stavano andando
come avrebbe voluto, ed era grata che Harry e Ron le avessero detto che l’avrebbero
accompagnata all’appuntamento con l’avvocato, nonostante fosse lunedì mattina.
“Cosa
intende con il fatto che Malfoy potrebbe ottenere il diritto di visita?”.
“Non è una
situazione come le altre, Hermione, e devi riconoscerlo”, disse pacatamente Lucy
Gordon, il suo avvocato.
“Lo so, ma
sicuramente il mio contratto esclude qualsiasi ruolo del padre biologico”.
“Se il
campione appartenesse al donatore, sì. Ma il Signor Malfoy non è il donatore. Si
è recato alla clinica De Braun per avere un figlio. Ciò mette in gioco anche il
suo contratto, ed un tribunale probabilmente deciderebbe di affidarti custodia
con residenza, ma permettendogli le visite. Un figlio ha bisogno sia del padre
che della madre, ed i tribunali tendono a far sì che ciò accada nella maggior
parte dei casi”.
“Il bambino
avrebbe delle figure paterne. Un mucchio”, disse Ron, intromettendosi nella
conversazione.
Lucy lanciò
uno sguardo irritato nella sua direzione. “Ne sono sicura, Signor Weasley, ma ciò
che importa è che il Signor Malfoy è il padre biologico, ed ha dei diritti”.
Il cuore di
Hermione perse un battito. Nel profondo lo sapeva già, ma non rendeva la
notizia meno devastante. Le sue speranze di riuscire in qualche modo a far
prevalere il suo contratto ed invalidare quello di Malfoy stavano svanendo
velocemente.
“Non esiste
un modo per usare l’errore della clinica a mio vantaggio, specialmente riguardo
i contratti?”, chiese.
L’avvocato scosse
la testa. “L’unico ruolo che ora la clinica avrebbe è se lei decidesse di
citarli in giudizio per l’errore”.
Hermione
sospirò. Aveva già affrontato la situazione con i genitori, che erano oltraggiati
dall’errore medico. Avevano esposto la possibilità di citazione, ma lei non ne
era tanto interessata. Non aveva bisogno di soldi e certamente neanche dello
stress di trascinare un altro caso per le aule. Il primo con Malfoy sarebbe
stato già abbastanza umiliante.
“Se vuole
proseguire in quella direzione, posso metterla in contatto con un bravo avvocato.
Io non sono una specialista in quel campo”, si offrì Lucy.
Lei scosse
la testa. “Grazie, ma al momento non mi interessa”.
“Probabilmente
è meglio concentrare le energie su una causa alla volta”, la mise in guardia l’avvocato.
“Quindi,
crede che sia meglio offrire a Malfoy il diritto di visita e sperare in un
accordo stragiudiziale?”, chiese Hermione
“Guardi, è
ancora troppo presto. Non voglio farle prendere una decisione ora. Non abbiamo
nemmeno prenotato un tribunale ancora, né sentito nulla dal rappresentante
legale del Signor Malfoy. Ma non voglio nemmeno darle un consiglio legale
irrealistico, ecco perché desidero sia preparata al fatto che il Signor Malfoy avrebbe
molta probabilità di far parte della vita di suo figlio”.
“C’è la
possibilità che ottenga la custodia esclusiva? Sicuramente presenterebbe una condizione
famigliare migliore”.
Sia Harry
che Ron si avvicinarono ad Hermione, chiudendo i ranghi al solo timore di una
cosa del genere. Era commossa. La faceva sentire molto più sostenuta, come se
avesse potuto affrontare qualsiasi cosa ancora una volta. I suoi due migliori
amici erano bravi a farla sentire invincibile nonostante le possibilità che la
sopraffacevano.
“Di nuovo, è
troppo presto per saperlo. Presenterà istanza per la custodia esclusiva?”,
chiese Lucy.
Hermione
scosse la testa. “Non lo so, ma mi sento di dover essere preparata a tutte le
possibili alternative. Non riesco ad immaginare che Malfoy voglia un mio
intervento, a meno che non sia necessario. Non abbiamo un passato dei migliori”.
“Beh, tutto
ciò che posso dirle è che se lei non ha grandi possibilità di ottenere la
custodia esclusiva, lui ne ha ancora meno, senza tenere in conto il passato
famigliare”.
“Potrebbe
corrompere il tribunale?”, chiese Harry.
Lucy scosse
la testa. “No, e questo è il motivo maggiore per cui il Wizengamot ha
deliberatamente preso spunto dai tribunali Babbani. Vogliamo estirpare corruzione
e tangenti dai casi legali. Ecco perché ora ci sono professionisti che si
occupano dei casi, invece che lasciare che le persone si rappresentino da sole.
Lei dovrebbe saperne qualcosa, Signor Potter”.
Harry annuì
ed Hermione ripensò al ridicolo processo che lui aveva dovuto affrontare prima che
il loro quinto anno ad Hogwarts iniziasse. Si sentiva molto più sicura sapendo
che il sistema era ormai molto più professionale rispetto ad allora, quando
Caramel faceva la parte di Pubblico Ministero, Giudice e Giuria. Perfino al professor
Silente non sarebbe dovuto essere permesso rappresentare Harry. Era felice che
ormai nulla del genere potesse succedere, ancora di più considerando i
trascorsi di Lucius Malfoy con il Wizengamot.
Quindici minuti
dopo, l’incontro si era concluso, ed erano diretti verso un posto decisamente
migliore.
“Dannazione,
non riesco a credere che quel povero bimbo avrà davvero Malfoy nella sua vita”,
risse Ron, dopo che si sedettero in un bar vicino.
“Non farlo,
Ron”; disse Hermione con un ringhio.
“Come ti
senti a riguardo?”, chiese Harry.
Lei scrollò
le spalle. “Non lo so. Vorrei esserne rimasta sorpresa, ma ho letto abbastanza
sul diritto di famiglia di recente per rimanere scioccata da ciò che ha detto
Lucy. Mi fa sentire meglio riguardo all’incontro in cui Ginny mi ha praticamente
forzato ad andare”.
“Che
incontro?”, chiese Ron, con la bocca piena di salsicce.
“Ho
accettato di incontrare Malfoy mercoledì sera”.
“Cosa? Perché?”,
chiese il rosso.
Hermione
roteò gli occhi. “Perché, come ha sottolineato tua sorella, devo provare a fare
l’adulta. Potrei non volerlo nella vita di mio figlio, ma come hai appena visto
potrei non avere molta scelta a riguardo”.
“L’intera
situazione fa schifo”, disse Ron.
“Non dirlo a
me. Provaci tu, quando hai il corpo fuori controllo dalla rabbia e gli ormoni che
continuano a farti piangere”.
Entrambi i
ragazzi inorridirono. Avevano visto Hermione piangere più spesso durante le
ultime settimane che in qualsiasi altro momento della loro amicizia.
Hermione si
rallegrò un pochino. Ron poteva non essere la persona più acuta, ma riusciva
sempre a renderla più felice, ed al momento ne aveva bisogno. L’intera
gravidanza le stava dando troppi problemi.
“Vuoi che
veniamo con te?”, chiese Harry.
Lei gli
sorrise ma scosse la testa. “No, credo sia meglio se ci incontreremo da soli. Comunque,
sarebbe davvero sciocco se mi presentassi con la scorta. Vorrei riuscissimo a
trovare un accordo da persone mature, e quello non sarebbe il modo migliore di
iniziare”.
“Saremmo
felici di rimanere nelle vicinanze, se ti facesse sentire più sicura”.
“Dubito mi
farebbe qualcosa. Credo che se avesse voluto farlo, avrebbe già fatto la sua
mossa ormai”.
“Lo so e
sono d’accordo, soprattutto dopo la mia conversazione con lui. Ma intendevo per
supporto emozionale”, disse Harry.
“No, dovrei
cavarmela”.
“Hai pensato
a sporre denuncia alla Bulstrode?”, chiese.
Hermione ci
aveva pensato. Era scandalizzata che la strega ex Serpeverde abusasse del
proprio potere in quel modo. Non era accettabile tradire il segreto professionale.
Quando era tornata al lavoro dopo l’appuntamento, era rimasta arrabbiata ed era
stata molto vicina allo scrivere una lettera di lamentele al Capo del reparto
Maternità magica al San Mungo e cambiare ospedale. Poi la rabbia era calata, ed
aveva pensato ai potenziali benefici se avesse usato con cautela l’informazione.
“Ad essere
onesta, penso lascerò perdere”.
“Cosa?”,
chiese Ron, sputacchiando. “Ha assolutamente abusato della propria posizione. Potresti
metterla nel sacco. Dovresti metterla
nel sacco”.
“Potrei, ma
potrei anche usarlo a mio vantaggio. Non voglio fargliela scampare. So che ama
il suo lavoro, ho chiesto in giro. E le parlerò a riguardo. Questa azione mi ha
dimostrato che è vicina a Malfoy, e lui al momento non ha molta voglia di
elargire informazioni. Penso la userò per dei ragguagli”.
Harry fischiò,
mentre Ron la guardò scioccato ed ammirato.
“Cavolo, Hermione,
sei sicura di non aver dovuto finire a Serpeverde?”, chiese Ron.
Lei sorrise.
“Forse. Se non avessero odiato i Nati Babbani così tanto”.
“Beh, di certo
dimostri abbastanza ingegno. Prima con Rita Skeeter al quarto anno, ora questo”,
disse Harry.
“Entrambe dovevano
prevederlo. Anche se ad essere onesti, la Bulstrode non è esattamente a livello
della Skeeter. Quella donna è sia pazza che malvagia”.
“Se vuoi che
arrestiamo la Bulstrode, fammelo sapere. Ciò che ha fatto è illegale, ne sono
sicuro”, si offrì Harry.
Lei prese
sia la mano di Harry che quella di Ron, stringendole. “Siete i migliori amici
che una ragazza potrebbe desiderare”.
“Ma per
favore, non iniziare a piangere di nuovo, Hermione”, disse Ron, con sguardo fintamente
impaurito.
Lei gli
lanciò una crosta di pane.
In città,
mentre Hermione si divertiva a colazione con i suoi migliori amici, una
bellissima donna bruna camminava a Diagon Alley diretta verso un palazzo alto e
scintillante che era stato costruito qualche anno prima.
Mentre entrava
nell’atrio immacolato, passò le mani lungo il vestito perfetto, sapendo di
avere un aspetto meraviglioso. Il trucco era perfetto, e non c’era un capello
fuori posto. Voleva esattamente quello, una facciata fredda ed efficiente. I tacchi
risuonarono sul pavimento di marmo, mentre si avvicinava alla reception.
La receptionist
dietro la scrivania sembrava impressionata, quando lei si fermò a
fronteggiarla.
“Come posso
aiutarla, signora?”, le chiese.
Astoria si
accigliò per un momento. Preferiva essere chiamata signorina, dato che aveva
solo ventisette anni, anche se non voleva apparire giovane o gioviale. Se così
fosse stato, la persona che stava per incontrare l’avrebbe mangiata viva.
“Potrebbe
per favore dire a Rita Skeeter che ha una visita?”.
“Se potesse
sedersi laggiù in sala d’attesa, le farò sapere che è qui. Signora…?”.
“Mi sta
aspettando”, disse Astoria, non volendo dare alla ragazza il piacere di
soddisfare la curiosità. Era anche conscia dell’importanza di tenere la visita
più segreta possibile. Meno persone lo sapevano, meglio era.
La receptionist
annuì, convinta dalla sua aria sicura, e non le domandò il nome. Astoria si
fece strada verso i divani della sala d’attesa. Venne inghiottita con grazia dal
divano di fronte alla scrivania, e prese languidamente in mano l’ultima uscita
del Settimanale Strega.
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Capitolo 10 *** Nuovi Inizi ***
Cap 10
Nuovi Inizi
Rita Skeeter
sorrise, mentre accompagnava l’ospite nella sala conferenze che aveva preparato
quella mattina. Se aveva ben compreso la personalità di Astoria Malfoy, la giovane
strega avrebbe voluto sentirsi importante. Tè, caffè, ed una selezione di
pasticcini che erano già stati distribuiti sul tavolino a completare la
facciata da trattamento VIP.
Mentre si
sistemavano, si domandò cosa potesse raccontarle Astoria. Il gufo che le aveva
mandato era stato irritantemente vago, ma diceva di avere delle informazioni
sul marito che avrebbe trovato molto interessanti. Rita non era stata una
giornalista professionista per oltre trent’anni per nulla. Si era specializzata
in scandali, e quello poteva rivelarsi il più grande. I Malfoy erano
notoriamente riluttanti. Era praticamente impossibile ottenere informazioni
personali su di loro che non fossero già stati resi noti. Erano sfuggenti.
Erano riusciti a tenere Lucius fuori da Azkaban non una, ma due volte.
“Allora,
Astoria. Posso chiamarti Astoria?”.
“Sì, la
prego. Signora Malfoy mi fa sentire così vecchia”, replicò la bruna.
“Ottimo!
Allora, Astoria, di cosa volevi parlarmi?”.
Osservò la
giovane strega comporsi, incrociare le gambe e mettere delicatamente una mano
sulle ginocchia.
“Ho qualcosa
di succulento da condividere riguardo mio marito, Draco Malfoy. Ma lo farò ad
una condizione: devo rimanere una fonte anonima”.
Rita era
intrigata. Era insolito per un Malfoy rompere i ranghi e discutere di altri
membri della famiglia con la stampa, e lei era pronta ad acconsentire a quasi
tutto per ottenere la storia.
“Certo,
Astoria. Non ci sarà bisogno di nominarti nell’articolo che pubblicheremo”.
“Oh, spero
sarà una serie di articoli, e credo la penserà come me quando avrà sentito
cos’ho da dire”.
Lei si avvicinò,
prendendo un taccuino ed una Penna Prendiappunti dalla borsa. “Non ti dispiace
se prendo appunti vero?”, chiese.
“Credo
sarebbe meglio se lo facesse, Rita”.
“Allora, tuo
marito, Draco. Che cosa combina?”.
“Beh,
diciamo solo che si trova in una carta situazione, con una certa Hermione
Granger”, disse Astoria, tentatrice.
Rita si
sedette, ora più interessata. Dire che detestava Hermione Granger era poco.
Quella disgustosa piccola secchiona le aveva distrutto la carriera, e le ci
erano voluti anni per raccogliere i pezzi. Non era mai stata riassunta
dalla Gazzetta del Profeta. Invece, si era sistemata al Settimanale Strega,
nient’altro che un giornaletto di gossip privo di quell’onore e gloria che
portava lavorare per il primo giornale magico della Gran Bretagna. Non pagavano
nemmeno così bene.
Almeno
nessuno la ricattava più. Non c’era motivo di rimanere un Animagus non
registrato, se la Granger fosse rimasta in giro a controllare che non lo usasse
come si deve.
“Per favore,
continua Astoria. Come puoi vedere, sono tutta orecchie”.
Il mercoledì
sera arrivò troppo velocemente per la pace mentale di Hermione. Si era sorbita
un discorso di incoraggiamento da parte di Ginny durante il pranzo di quel
giorno, sul fatto di stare calma e non permettere agli ormoni di dettare le sue
azioni.
“Non capisco
perché tu sia così determinata sul fatto che dovremmo andare d’accordo”, aveva
detto Hermione all’amica rossa.
“Perché
Harry mi ha detto ciò che è successo all’incontro con l’avvocato, e con ogni
probabilità voi due dovrete cooperare per prendevi cura del bambino”, aveva
replicato Ginny.
Lei aveva
sospirò. Poteva aver avuto qualche giorno per digerire e metabolizzare la
deprimente notizia di Lucy, ma non significava che fosse venuta a patti con il
dover potenzialmente avere a che fare con Malfoy per il resto della sua vita.
“Lo so, ed
hai ragione, ma non rende le cose più facili”.
Ginny le
aveva preso le mani. “Certo che no, tesoro. Ma te lo dico io: anche i padri
sono importanti nella vita dei figli. E so che non avevi programmato un padre
nella vita del bambino, il che sarebbe andato bene se la cosa si fosse risolta
come volevi. Ma non è successo, Hermione, e se lui vuole farne parte, allora
devi dargliene l’opportunità. Non sarebbe corretto nei confronti del bambino,
se non lo facessi”.
Ginny aveva
ragione, Hermione lo sapeva. Ma non riusciva a superare il problema che si
trattasse di Malfoy. Che il figlio fosse per metà suo.
Era ancora poco
convinta che Malfoy anche solo volesse essere un buon padre. Per il momento, lo
aveva solo sentito parlare dell’essere il prossimo erede Malfoy, ed ai suoi
occhi quello non era importante. Comunque, bastava vedere come quel tipo di
ragionamento avesse incasinato Draco. Non era sicuramente stato un ragazzo
bilanciato, ben allevato e socialmente corretto. Si era comportato da snob
odioso, che bullizzava gli altri. E lei non si sarebbe accordata per tutti i
figli del mondo, se lui avesse pensato di aver diritto a qualsiasi cosa a causa
del cognome che portava.
Il che la
fece pensare ai cognomi. Godric, un altro argomento di cui discutere. Dubitava
che i Malfoy avrebbero accettato di avere un figlio con un cognome diverso, ma
Hermione sicuramente voleva che la piccola Iris si chiamasse Granger. Avrebbero
dovuto imporle il fardello di un doppio cognome? Granger-Malfoy o
Malfoy-Granger.
Inarcò un
sopracciglio. Stava diventando ridicolamente complicato, e non era ancora
nemmeno incinta da dodici settimane.
Si chiarì i
pensieri, mentre si avvicinava al bar. Non sarebbe stato di nessun aiuto
arrivare con un aspetto distrutto. Doveva rimanere lucida durante l’intera
conversazione, altrimenti avrebbe rischiato di cadere in tentazione e lanciare
dell’acqua bollente sull’irritante ex Serpeverde.
Hermione
rimase piacevolmente sorpresa di vedere che Malfoy era già lì. Almeno
dimostrava di prendere la cosa seriamente. Avrebbe scommesso che sarebbe
arrivato in ritardo solo per dimostrarle che poteva lasciarla ad aspettare.
Camminò
introno al tavolo in cui si era sistemato, compiaciuta del fatto che avrebbe
offerto loro un po’ di privacy, dato che l’area non era affollata. Quando
arrivò al tavolo, lui si alzò e lei rimase sorpresa della cortesia vecchio
stile, non essendoselo aspettato né avendolo mai sperimentato prima. O almeno,
non da Malfoy. Prese la sedia e si sedette, mentre lui la imitava.
“Scusa, non
ho ordinato per te dato che non sapevo cosa avresti preferito”, disse,
indicando la propria tazza.
Il
sopracciglio le si alzò. Si stava davvero comportando al meglio. Magari avrebbe
potuto funzionare, se avessero continuato a trattarsi con quel livello di
rispetto.
“Non fa
nulla, vado ad ordinare qualcosa”, replicò.
“No, rimani
lì”, disse lui, prima di sventolare un braccio e chiamare il cameriere.
Hermione
vide che si trattava dello stesso ragazzo che li aveva serviti la prima volta.
Quella volta sembrava meno sorpreso dalle azioni di Malfoy, e si avvicinò con
meno riluttanza.
“Sì,
signore?”, chiese lui.
“La mia amica
vorrebbe ordinare”, replicò Malfoy.
Lei lanciò
al povero ragazzo uno sguardo di scuse, prima di dargli ordinare. Poi voltò gli
occhi verso Malfoy.
“Smettila di
guardarlo come se fosse un elfo domestico. Viene pagato per lavorare qui”.
“S’, ma in questo
bar non fanno servizio al tavolo”.
“Me lo hai
detto l’ultima volta. Gli ho dato una lauta mancia. Così alta che lo
distoglierà dal pensiero”.
Lei sospirò.
Non c’era motivo di parlare ancora. Avrebbero sempre avuto opinioni diverse sul
trattare quelli che facevano quel lavoro.
Rimasero
seduti nel silenzio imbarazzante, mentre aspettavano che la sua ordinazione
arrivasse, e lei riusciva a sentire i nervi tendersi. Sperò di riuscire a
trovare qualcosa da dire per rompere il silenzio pesante, ma non ci riuscì. Rimase
sorpresa quando si rese conto di non conoscere per nulla Malfoy. Non aveva idea
dei suoi interessi o di cosa gli piacesse, aveva solo dei preconcetti nati a
causa del suo terribile comportamento a scuola.
Una volta che
la sua bevanda arrivò, si sdraiò sulla sedia e soffiò sul tè per raffreddarlo. Alzò
gli occhi, e vide che Malfoy la stava osservando. Era un po’ sconcertante.
“Allora”,
disse lei, nel tentativo disperato di rompere il silenzio.
“Come ti
senti?”.
Lei sorrise.
La conversazione stava prendendo la stessa piega dell’ultima volta. Anche se in
realtà quel giorno era determinata a rimanere civile e non punzecchiare Malfoy,
così che se ne sarebbe andato di colpo.
“Sto bene”.
“E le nausee?
Sono passate?”.
“No, di
solito non si riducono fino all’inizio del secondo trimestre”.
“Oh!”.
La tensione
ed il silenzio tornarono.
Prese un
respiro profondo. Dovevano parlare come si deve delle loro alternative e di ciò
che avrebbero fatto. Per la sua stessa salute mentale, doveva sapere
esattamente cosa lui volesse fare.
“Ok, inizio
io a parlare. Noi non di conosciamo davvero, io non ho idea di cosa succeda nella
tua vita e sono sicura che la cosa sia reciproca. Ma in qualche modo dovremmo
cooperare, per il bene del bambino. Ho parlato con il mio avvocato, e so che è
improbabile che il mio contratto con la clinica venga ritenuto vincolante rispetto
al tuo desiderio di avere un ruolo nella vita del bambino”.
Hermione
rimase ad osservare, mentre la linea rigida delle spalle di Malfoy si rilassava
un pochino, ed il disagio svaniva dal suo viso. All’inizio non se ne era resa
conto, ma ora che si era rilassato, riusciva a capire che lui era stato teso ed
a disagio tanto quanto lei.
“Non discuterai
i miei diritti di far parte della sua vita”.
Lei esitò,
per un momento insicura. Di solito non lo era, ed una volta che aveva preso una
decisione la rispettava. Quindi, se gli avesse detto che gli avrebbe garantito le
visite, lo avrebbe fatto. Non si sarebbe rimangiata la parola, era la sua
natura.
“No, non lo
farò”.
Lui la
guardò un po’ sospettoso, come se stesse soppesando le sue parole e stesse
cercando di capire se dovesse fidarsi o meno.
“Cosa ti ha fatto
cambiare idea?”.
“Dubito ti
avrei mai negato un ruolo nella vita del bambino. Ero solo scioccata e
spaventata, il che mi ha fatto andare sulla difensiva. Ma so che avere entrambi
i genitori può fare una grande differenza, e non negherei l’opportunità a mio
figlio”.
“E non
cambierai idea?”.
Non poteva
incolparlo per volerne essere sicuro. Lei avrebbe fatto lo stesso, se fosse
stata al suo posto. “No, ti do la mia parola”.
Malfoy
annuì, non facendo altre domande. Ovviamente, sapeva abbastanza di lei per sapere
che era una donna d’onore.
“Ok. Beh,
questo rende le cose molto più facili”.
“Cercherai
di ottenere la custodia esclusiva?”, chiese nervosamente lei, sapendo di avergli
dato rassicurazioni quando lei invece non ne aveva alcuna. Riusciva a sentire i
nervi stringerle lo stomaco. La sua risposta poteva significare una catastrofe
completa o l’opposto.
Lui la guardò
direttamente negli occhi, con l’espressione seria. “Avevo pianificato di farlo,
soprattutto perché tu facevi la difficile. Ma, come te, ho parlato con il mio
avvocato ed è improbabile che il tribunale mi dia ragione”.
Lei avvolse
le mani attorno alla tazza di tè, mentre il sollievo le inondava il corpo.
“Quindi cosa
facciamo?”, chiese.
Lui sorrise
appena. “Non ne sono sicuro. Sto ancora cercando di capacitarmi del fatto che
non dovrò combatterti su tutto”.
Hermione abbassò
lo sguardo verso il tavolo. Riusciva a sentire il peso emotivo degli ultimi
mesi, ma al momento si sentiva anche più ottimista. Dovevano provare a
continuare a comunicare, essere onesti su ciò che volevano. Se fossero riusciti
a farlo, magari la cosa poteva anche non dimostrarsi quel completo disastro che
si era prefigurata in mente.
“Ma vorrei
chiederti una cosa, Granger”.
Lei voltò di
nuovo gli occhi verso di lui. “Cosa?”.
“Voglio far
parte di questa gravidanza. Vorrei venire con te agli appuntamenti”.
Lei fece una
smorfia. Quello non l’aveva programmato. Gli appuntamenti erano personali,
erano i momenti in cui metteva in discussione il proprio corpo e l’effetto
della gravidanza su di esso. “Non lo so”.
Lui si tese
immediatamente, con un’espressione di sospetto sul viso. Lei allungò le mani. “Non
è come pensi. Non voglio deliberatamente tenerti fuori, ma gli appuntamenti
sono intimi e sarebbe imbarazzante averti lì”.
“Che ne dici
delle ecografie? Mi piacerebbe davvero essere presente”.
Lei annuì. Era
un buon compromesso. Se era pronta a renderlo partecipe della vita del bambino,
allora sarebbe stato giusto che lui partecipasse alle ecografie. “Ok, questo si
può fare”.
Lui sembrò
rilassarsi completamente, perdendo quel controllo alla Malfoy ed adagiandosi
sulla sedia in una posizione più naturale rispetto a quella rigida che aveva
mantenuto da quando era arrivato.
“Non credere
che io sia colpita o felice da come la mia fiducia sia stata abusata da te e la
Bulstrode”, iniziò lei, determinata a fargli sapere quanto fosse uscito dai
gangheri. Rimase compiaciuta nel vedere il suo sguardo colpevole.
“Non sapevo
come altro farti parlare con me”.
“Potevi
chiederlo”.
Lui tossì. “Non
avresti accettato”.
“Lo avrei
fatto”.
Lui le lanciò
uno sguardo incredulo. “Sei qui oggi solo perché la Weasley ti ha costretta”.
Fu il suo
turno di sentirsi un po’ colpevole. Probabilmente aveva ragione. Era stata
Ginny a farla andare quel giorno, e se non fosse successo avrebbe continuato a
rifiutarsi di discutere con lui. Era stata un po’ infantile nelle reazioni da
quando aveva scoperto chi fosse il padre, ma in sua difesa poteva dire che era
stato uno shock enorme e che lui non era nemmeno stato limpido sulle sue
intenzioni o la sua vita personale.
“Comunque,
non è questo il punto. La Bulstrode è la mia ostetrica, ed ha infranto la
segretezza aiutandoti. Potrei farla licenziare”.
Malfoy la
guardò un momento. “Lo faresti?”.
“Dimmi perché
non dovrei?”, chiese lei, alzando un sopracciglio.
“Ama il suo
lavoro, e lo ha fatto per me”.
“Quindi?”.
Lui scrollò
le spalle, quasi riconoscendo la debolezza del suo ragionamento. “Anche tu hai
infranto le regole per i tuoi amici”.
Hermione
rise. “Questo è quello che sai dire? Mi aspettavo di meglio da te, Malfoy. Sì,
ho infranto alcune regole nell’aiutare Harry a sconfiggere un incredibilmente
potente mago oscuro, che voleva sterminare tutti quelli che non si accordavano
ai suoi piani. Ciò che ha fatto la Bulstrode non rientra affatto nella stessa
categoria, ed è stato molto peggio. Ci sono giuramenti professionali a riguardo”.
Rimase a
guardarlo, mentre lui si passava distrattamente una mano nei capelli. “Hai
ragione, e non ti incolpo se volessi farle rapporto, ma per favore Granger,
dalle un’altra possibilità. Ti prometto che non userò mai più il nostro legame
per ottenere informazioni. È davvero un’ostetrica bravissima, ed ho dovuto
implorarla perché mi aiutasse”.
“Non credere
che non ne parlerò con lei”.
“Mi aspetto
tu lo faccia”.
“Bene”,
disse lei, distogliendo lo sguardo e prendendo un altro sorso del suo tè, che
si stava rapidamente raffreddando.
Il silenziò
tornò tra loro, ma almeno era meno pesante del precedente. Diede anche ad
Hermione un momento per pensare. Non si aspettava che l’incontro andasse così
bene, ed era felice che fossero riusciti ad essere d’accordo su così tante
cose. Ma brancolava ancora nel buio riguardo alle sue personali circostanze e
sul perché lui volesse così tanto far parte della vita del bambino. Sapeva che
la clinica aveva offerto a Malfoy trattamenti gratuiti con Astoria finché non
fosse rimasta incinta. Avevano offerto anche a lei un simile accordo, se avesse
dato il bambino a Malfoy. Quella era l’occasione perfetta per chiederglielo.
“Che mi dici
di Astoria? Come si sente a riguardo?”, chiese.
La testa di
lui si alzò di scatto dalla contemplazione del proprio caffè. “Cos’ha a che
fare Astoria con tutto questo?”.
“Lei è tua
moglie. Ha tutto a che fare con questo”:
“Il suo
ruolo non ti riguarda”.
Hermione
strinse gli occhi. “Avrà contatti con mio figlio, il che la rende un mio
affare. Se voleva rimanere incinta, sarà felice di dover aiutare ad allevare il
figlio di un’altra donna?”.
“Non c’è
conflitto. Va tutto bene”, disse lui, di poco aiuto.
Lei si
accigliò. Perché le sembrava le stesse nascondendo qualcosa? Se andava davvero
tutto bene, perché avrebbe voluto aprirsi e dirle qualcosa?
“Perché dovrei
crederti? Ad essere onesta, non sembra che vada tutto bene”.
“La mia
relazione con mia moglie non ha nulla a che fare con te. Non ha rilevanza nella
tua vita o in quella di nostro figlio”, sbottò lui.
“Mi permetto
di dissentire”, disse lei, diventando ancora più sospettosa.
“Smettila,
Granger. Se avessi voluto parlare con te, lo avrei fatto. Ora, se è tutto, devo
andare”.
Si alzò in
piedi mentre parlava, e lei lo osservò. Perché Malfoy scappava sempre appena la
conversazione riguardava lui?
“Fammi
sapere quando farai l’ecografia. Mia madre mi ha detto che dovrebbe essere
intorno alla dodicesima settimana. È giusto?”, chiese lui.
Lei annuì. “Ti
manderò un gufo con data, ora e luogo”.
Lui annuì
brevemente, prima di voltare i tacchi e lasciare il bar. Hermione rimase a pensare
come l’incontro si fosse trasformato da cordiale a lui che si rifiutava di rispondere.
Qualcosa non andava nel matrimonio di Malfoy, e lei era determinata a sapere di
cosa si trattasse, specialmente se poteva andarci di mezzo suo figlio. Non
avrebbe permesso a nessuno dei suoi figli di entrare in un ambiente familiare
infelice.
Controllò l’agenda
magica, e picchiettò il dito contro lo specchietto del venerdì: doveva vedere
la Bulstrode in mattinata. Tenersi stretta l’ostetrica Serpeverde poteva giocare
a suo vantaggio, se fosse riuscita ad estorcerle delle informazioni.
Astoria
sorrise, mentre chiudeva l’ultima valigia. Era giovedì, erano passati quattro
giorni dal suo incontro con Rita Skeeter e mancava solo un giorno alla sua
rimozione dal Manor, come aveva promesso Lucius. Non dubitava che il patriarca
Malfoy l’avrebbe fatta andare via con la forza, se non se ne fosse andata da
sola per quel momento. Ma in realtà non aveva intenzione di rimanere. Aveva pianificato
tutto, e non vedeva l’ora di assistere alla rovina. Se Draco pensava di potersi
liberare di lei senza problemi, avrebbe avuto una sorpresa.
Chiamò un
elfo domestico dei Greengrass, e gli ordinò di portare le valigie alla Loggia. Strinse
le labbra, mentre lanciava un ultimo sguardo alla stanza che l’aveva ospitata
per gli ultimi sette anni. Non era un tipo sentimentale, ma sapeva che quella
era la fine delle sue ambizioni di diventare una leader nei circoli purosangue.
Come Greengrass, non aveva il prestigio necessario, senza un matrimonio di
spicco. E dubitava altamente che qualche altro ragazzo purosangue di spicco
sarebbe stato interessato a sposarla, appena i suoi progetti con la Skeeter
fossero stati rivelati. Sentì una stretta allo stomaco, mentre realizzava che i
suoi sogni non si sarebbero avverati.
Poi però si
rese anche conto di non essere una persona che sarebbe stata felice di obbedire
alle regole altrui. Se lo fosse stata, si sarebbe piegata alle richieste dei
Malfoy di essere una perfetta mogliettina. No, i suoi desideri erano cambiati. Avrebbe
fatto scalpore nel mondo in modo diverso. Si sarebbe creata una piccola
nicchia, solo e soltanto sua.
Astoria chiuse
fermamente la porta dietro di lei, e ticchettò lungo il corridoio, giù per la
scalinata principale, e verso la stanza della Metropolvere. Non si sarebbe data
pena di salutare gli ormai ex suoceri. Ormai non avevano più potere su di lei,
e non potevano più farle sapere il loro disprezzo.
Aveva anche
scelto di andarsene prima che la notizia uscisse. Doveva essere pubblicata la
domenica, così da darle la possibilità di andarsene da Malfoy Manor e firmare
il divorzio, assicurandosi il futuro finanziario della sua famiglia. Sorrise cattiva,
al pensiero di quel divorzio di ferro. Era un tipico contratto da Lucius. Era determinato
a farla andare via con il minimo scompiglio, ed aveva offerto a suo padre tutti
i possibili incentivi perché la cosa funzionasse. Ciò che non aveva capito, era
che Astoria si faceva giustizia da sé. Suo padre non aveva alcun potere sulle sue
azioni, ed obbediva solo se le andava. Questa volta era stata più che felice di
dare l’apparenza di una figlia obbediente. Non aveva alcun desiderio di
litigare per i soldi ed era stata felice di accettare quel divorzio così
fruttuoso.
“Dove vai?”,
chiese Draco, interrompendo i suoi pensieri.
Alzò lo sguardo,
e vide il suo stressato ex marito uscire dalla stanza in cui lei stava per
entrare. “Me ne vado. Dove credi stia andando?”.
“Te ne vai?”.
Lei gli lanciò
uno sguardo divertito. “Sì, Draco caro. Dopo tutto, non sono più tua moglie”.
“Hai firmato
l’accordo?”.
Lei sorrise
dolcemente. “Ma certo. Tuo padre è stato così adamantino sul fatto che dovessi
farlo prima di andarmene. È persino andato da mio padre, e gli ha fatto
pressione per assicurarsi che accettassi”.
Draco
strinse gli occhi, sospettoso. “E finisce così? Niente caos, piagnistei, rifiuti
di andarsene?”.
Lei si tolse
un immaginario pelucco dalla manica. “Per quanto sia sorprendente, riconosco
quando una cosa è finita, e questo matrimonio è completamente distrutto”.
“Te ne
andrai senza creare problemi?”.
“Naturalmente!
Cosa ti aspettavi?”.
Lui si accigliò,
come se non riuscisse a comprendere le sue azioni. Si era sempre divertita ad
ingannare le persone, ed in quel momento il suo ex marito si stava rivelando
davvero divertente, con i suoi sospetti.
“Per quanto sia
stato divertente Draco, la mia famiglia mi aspetta. Ti auguro tutto il meglio
con la Granger. Sono sicuro ne avrai bisogno”. E buona fortuna anche con i giornali, ripeté mentalmente.
Gli diede un
leggero buffetto sulla guancia mentre lo sorpassava ed entrava nella stanza della
Metropolvere. Si avvicinò con grazia al caminetto, lanciò un po’ di Polvere Volante
e scomparve tra le fiamme smeraldine.
Draco rimase
a guardare, mentre la sua ex moglie spariva dalla sua vita. Qualcosa non andava,
lo sentiva. Tutto doveva andare secondo la volontà di Astoria, era una cosa che
aveva imparato. Ma questo era stato troppo facile.
Sospirò. Tra
lei e la Granger, si sentiva tirato di qua e di la, ed anche perseguitato. Invece
che sentirsi sollevato nell’essersi finalmente liberato della donna che era
riuscita a renderlo infelice negli ultimi anni, si sentiva a disagio, come se
qualcosa di grosso stesse per accadere, qualcosa che avrebbe sollevato un
grande polverone.
Si passò una
mano sul viso. Quando era diventata così complicata la sua vita? Voleva solo
essere felice. Forse i peccati precedenti della sua famiglia lo avrebbero reso
impossibile. Magari era destinato a passare per sempre da un disastro all’altro.
Soffiò una risata amare, mentre pensava a quanto era stato insopportabile da bambino.
Se solo avesse potuto tornare a quegli anni in cui tutto era stato così sicuro
e certo.
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Capitolo 11 *** La Calma ***
Cap 11
La Calma
Per prima
cosa, il venerdì mattina Draco si avviò verso la biblioteca, dove sapeva
avrebbe trovato suo padre. Da che riuscisse a ricordare, Lucius aveva sempre
passato i venerdì mattina ad organizzare e rivedere la grande biblioteca
Malfoy. Suo padre era orgoglioso di quanto fosse estesa la collezione di
famiglia. Avrebbe poi passato i pomeriggi a perlustrare le librerie in Diagon
Alley, cercando qualcosa da aggiungervi. La familiarità della routine in
qualche modo rassicurò Draco, dopo il caos degli ultimi mesi. Era bello saper
che alcune cose non sarebbero mai cambiate.
“Padre?”,
chiamò.
“Sono qui”,
replicò lui, e si diresse verso il fondo, trovando Lucius nella sezione
Trasfigurazione.
“Draco, cosa
posso fare per te?”.
“Astoria se
n’è andata ieri”.
“Sì, lo so.
Gli elfi domestici mi hanno informato. Ho sistemato i cancelli, e non potrà
tornare senza invito”.
Draco annuì
un po’ assente. La sensazione di disagio allo stomaco non era sparita durante
la notte. In effetti, era aumentata. Non aiutava il fatto che i suoi sogni avessero
prefigurato un’Astoria in cerca di vendetta, che riusciva a rendere la sua vita
un inferno.
Lucius smise
di fare quello che stava facendo, e Draco sentì i suoi occhi trapassarlo. “Cosa
non va, figliolo? Non dovresti essere felice di esserti finalmente liberato di
lei?”.
“Beh, sì, lo
sono. Ma c’è qualcosa che mi sfugge”.
“Che
intendi?”.
“Era troppo
felice di andarsene. Conosco molto bene le sue ambizioni per bermi la storia
che sappia di essere stata sconfitta. Mi ha già preso in giro una volta, e non
riesco a fare a meno di pensare che l’abbia fatto di nuovo”.
Suo padre
rise di gusto. “Draco, sei troppo sospettoso per il tuo stesso bene. Non dirà
che non hai ragione di temere, ma questa volta non hai nulla di cui
preoccuparti”.
“È stato
troppo facile, papà”.
“Perché ci
siamo assicurati di non lasciarle alcun spazio di manovra. Ho minacciato Cadmus
di quello che sarebbe accaduto se Astoria non avesse accettato il divorzio
velocemente e senza clamore. Come predetto, non aveva desiderio di perdere la
sua posizione in società”.
“Ma, vedi,
io non me la bevo. Cadmus ha già provato a costringere Astoria a fare delle
cose in passato, ma lei ha sempre rifiutato”.
“Andiamo,
Draco. È una ragazza intelligente, e sa quanto viene sconfitta”.
“Ecco il
motivo. È intelligente, e usa il cervello senza scrupoli per ottenere ciò che
vuole”.
“Stai
seriamente suggerendo che quella stupida piccola ragazzina sia riuscita a
farmela?”.
Draco si
morse un labbro e ci pensò su. “Ho solo un presentimento”.
Suo padre gli
batté una mano sulla spalla e gli lanciò uno sguardo divertito. “Credo tua
madre abbia ragione. Devi uscire e divertirti di più. Stai permettendo al
pessimismo di governarti la vita”.
“Magari hai ragione”,
replicò Draco, mormorando.
“Oggi che
fai?”.
“Ho una
serie di appuntamenti a cominciare dalle undici di questa mattina, e finirò
alle sei questa sera, dopo l’appuntamento con Horatio”.
“Lavori
troppo. Cancella gli appuntamenti, esci, vai da Pansy ed Adrian. Scommetto
saranno felici di sapere che Astoria ormai è acqua passata”.
“Non posso.
Li ho presi da secoli, e sai com’è il Ministro. Diventa così stizzito se gli si
cancella qualcosa”.
Lucius
annuì. “È vero. La cosa sarebbe anche peggiore se fosse un Malfoy a farlo. A
volte credo accetti di incontrarci solo a causa delle enormi donazioni che
abbiamo fatto alla sua campagna”.
Draco roteò
gli occhi. Alcuni in società erano rimasti sospettosi sulle loro intenzioni,
specialmente quelli che erano stati nell’Ordine. Non importava quanto duramente
lui e suo padre cercassero di dimostrare d’essere cambiati, i mormorii sulle
loro intenzioni erano rimasti. Il Ministro non faceva eccezione, nonostante
avesse accettato bellamente il loro supporto finanziario. Forse era perché
Sturgis Podmore non aveva mai superato il fatto di essere stato messo sotto
Imperio dai Mangiamorte ed era stato usato per entrare al Reparto Misteri.
“Perché
incontri Horatio?”, chiese suo padre.
“Devo
parlargli dell’incontro con la Granger di mercoledì”.
La testa di
Lucius si alzò di scatto. “Ah, sì. Abbiamo solo parlato di Astoria. Ha
accettato di farti tenere in contatto con il bambino?”.
“Sì. Siamo
riusciti a rimanere civili, è stata una svolta. Beh, finché non ha deciso di intromettersi
nei miei affari con Astoria”, replicò Draco, ricordandosi le domande con un
cipiglio.
Suo padre
latrò una risata. “Scommetto che è andata bene”.
“Parliamo
della Granger. Non è felice finché non sa tutto”.
“Perché non
le hai detto che stavate divorziando?”.
“Glie lo
dirò quando sarò pronto. Mi rifiuto di essere tirato per i fili. E secondo,
volevo prima parlare della nuova situazione con Horatio”.
“Ha senso,
ma non aspettare troppo. Se deve fidarsi di te, non vorrai che senta una cosa
del genere da qualcun altro”.
“Ok.
Comunque, dovrei andare a lavorare”.
Lucius lo
prese per le spalle. “Cerca di non lavorare troppo, Draco. La vita è troppo
breve per sopportare così tante preoccupazioni”.
Sentì un
velo di tristezza assalirlo, alle parole del padre. Lucius aveva ragione. La
vita era troppo breve. Bastava guardarlo: stavano appena riuscendo a rimettere
in sesto la famiglia, e Lucius era gravemente malato, senza cure in vista. La
sensazione che lo sopraffece al pensiero che suo padre non sarebbe più stato
con loro era insopportabile.
Hermione si
sedette nella sala d’aspetto al San Mungo, e ripassò mentalmente la lista di
domande che aveva preparato per la Bulstrode. Se Malfoy avesse continuato a
rimanere in silenzio sulla sua vita privata, allora non si sarebbe sentita in
colpa ad usare gli stessi suoi metodi per scoprire tutto. E poi, aveva iniziato
prima lui.
Ovviamente,
ciò non significava non provasse sensi di colpa. Non poteva farne a meno. Era
una donna di moralità ferrea, al contrario di Malfoy, che era viscido. E non
era felice di dover essere così subdola solo per ottenere alcune semplici
informazioni sulla sua vita privata che le spettavano, considerando che avevano
in comune un figlio.
Aspettò che
la receptionist la chiamasse. Era la stessa dell’altra volta, e la adocchiava
con interesse. Il modo depresso in cui Hermione se n’era andata l’ultima volta
non era passato inosservato, e nemmeno la sua attuale espressione. sospirò.
Osservare le persone era probabilmente la cosa migliore del lavoro da
centralinista, quindi non poteva giudicarla. Anche se essere scrutata non l’aiutava
a migliorare la sensazione di ansia.
Ancora una
volta, le venne detto di recarsi alla stanza numero quattro, cosa che fece,
bussando appena prima di afferrare la maniglia e marciare all’interno.
“Signorina
Granger, come si sente?”, chiese molto professionale la Bulstrode.
Hermione si
lasciò cadere in una sedia, e lanciò alla strega uno sguardo di scherno. “Non
usare le maniere professionali con me, so cos’hai fatto”.
L’ostetrica
sembrò confusa alla sua frase e per il tono da battaglia. “Mi spiace, Granger,
ma non so davvero cosa intendi”.
“Malfoy ha
confessato, quindi non ti conviene fare la finta tonta. Ti darò la possibilità
di convincermi a non fare rapporto al tuo capo”.
Hermione
rimase leggermente mortificata, quando la Bulstrode diventò bianca come uno
straccio e sembrò che stesse per cadere in ginocchio. Allungò una mano tremante
verso Hermione.
“Per favore,
di norma non farei una cosa del genere”.
“Beh, lo
spero dannatamente! Hai abusato della tua professione per dare al tuo amico la
possibilità di perseguitarmi. È oltraggioso, Bulstrode, e sei fortunata che non
ti abbia già fatto rapporto”.
“Posso
organizzarti un appuntamento con un’altra ostetrica. Capirei perfettamente se
non ti fidassi di me per la tua salute”.
Lei alzò un
sopracciglio. “Oh, no! Non te la caverai così facilmente. Mi devi un favore, ed
il mio piano è assicurarmi di ottenere le informazioni che voglio”.
L’ex
Serpeverde sembrò presa alla sprovvista, mentre la osservava. “Cosa vuoi?”.
“Voglio che
il tuo accordo con Malfoy sia reciproco”.
La Bulstrode
si accigliò. “Non ho accesso ai movimenti giornalieri di Draco, e non ho
nemmeno un Galeone tracciante”.
“Un Galeone
tracciante?”, chiese Hermione.
“Non ne
sapevi nulla?”.
“Ovviamente.
Ragguagliami”.
“Draco ha
inventato questi Galeoni che possono tracciare chiunque li possieda. Li
affibbia a coloro con i quali è in affari, in posti in cui di solito non li
troverebbero mai così che non li spendano. Poi si imbatte in loro, e spesso
ottiene un incontro amichevole ed informale, il che gli dà un vantaggio sui
rivali”.
“Quella
serpe strisciante”, disse Hermione, quasi ammirata. “Ne hai messo uno nei miei
foglietti illustrativi, vero?”.
La Bulstrode
ebbe almeno la grazia di arrossire prima di annuire ed assumere un’espressione
vergognosa, mentre guardava i documenti di Hermione aperti sulla scrivania.
“Beh, ciò
non peggiora gran che la tua situazione”, disse Hermione, notando l’espressione
speranzosa sul viso dell’ostetrica. “Ma nemmeno la migliora. Se vuoi tenerti il
lavoro, ti suggerisco di rispondere alle domande che sto per farti e di non
preoccuparti di alcuna lealtà tu possa avere nei confronti di Malfoy”.
L’ostetrica
deglutì rumorosamente. “Cosa vuoi sapere?”.
“Malfoy ed
Astoria. Cosa succede?”.
“Oh,
Granger, non credo davvero di essere la persona giusta per rispondere”.
“Ma eri la
persona giusta per mettermi un dispositivo GPS addosso ed informare il tuo
amico del mio appuntamento?”.
La strega
arrossì ancora una volta con espressione colpevole, prima di diventare confusa
mentre digeriva le parole di Hermione. “GPS? Cos’è?”.
“Una cosa
Babbana, non preoccuparti di questo ora. Risponderai alla mia domanda o no?”.
Hermione si
compiacque quando l’istinto di autoconservazione della Bulstrode prevalse sulla
lealtà verso Malfoy.
“Hanno
problemi grossi nel loro matrimonio. Draco non è felice da anni, ma si è tenuto
tutto dentro. L’ha raccontato a me e Pansy solo di recente”, spiegò concisa ed
efficiente.
Hermione si
prese un momento per analizzare la questione. La reticenza di Malfoy iniziava
ad avere senso. Ecco perché non voleva condividere la cosa con lei. Voleva
mantenere tutto sotto silenzio nel caso in cui il loro accordo fosse saltato ed
avesse dovuto andare in tribunale per la custodia. Non era stupida. Sapeva che
Malfoy avrebbe promosso la facciata da famigliola felice per cercare di
dimostrare che avrebbe potuto allevare un figlio meglio di una madre single.
“Se sono
così infelici, perché cercano di avere un figlio? E perché sono andati alla
clinica?”.
La Bulstrode
le lanciò uno sguardo poco colpito. “Credo tu abbia incontrato Lucius in
diverse occasioni, e probabilmente sei a conoscenza dell’importanza che il nome
dei Malfoy ha in generale per lui”.
I pezzi stavano
iniziando ad andare al proprio posto. Era rimasta confusa dalla reticenza che
Malfoy aveva dimostrato nell’aprirsi sulle cose più semplici, a se era stato
messo sotto pressione dal padre per continuare il nome dei Malfoy nonostante il
matrimonio infelice allora aveva senso. Ma la cosa rendeva Hermione ancora più
determinata al non voler mettere suo figlio in una situazione del genere.
Sembrava anche che Lucius fosse al comando.
“Qual è
l’accordo con Lucius?”, chiese.
La Bulstrode
si accigliò, confusa per la domanda. “Cosa intendi?”.
“Perché
Lucius ha accettato l’idea di un bambino mezzosangue?”.
“Da come ha
detto Draco, è disperato nel volere un erede”.
Hermione ci
pensò su. Qualcosa non le sembrava vero in quella risposta. Non pensava che la
Bulstrode le stesse mentendo, era ovviamente pietrificata dalla paura che lei
le facesse rapporto. Ma non c’era alcuna possibilità che Lucius avesse
accettato la fine della sua preziosa stirpe purosangue senza una buona ragione.
“Qualche motivo
particolare?”.
La Bulstrode
scrollò le spalle e tornò a guardare i documenti di Hermione. L’espressione
tesa sul suo viso dimostrava chiaramente quanto fosse scontenta dell’intera
conversazione. Magari le sarebbe servito come avvertimento nel non oltrepassare
nuovamente la linea di confine tra lavoro ed amicizie. In realtà, aveva proprio
saltato il confine a piè pari, e la conseguenza era stata dover ragguagliare
Hermione sulla vita privata di Malfoy.
“Ok,
riconosco che tu possa non sapere i motivi personali che hanno spinto Lucius ad
accettare il bambino, e mi hai dato abbastanza informazioni”.
L’ex
Serpeverde emise un enorme sospiro di sollievo e sembrò davvero sollevata del
fatto che non le avrebbe chiesto di rivelare altri dettagli sui Malfoy. “Vuoi
che rimanga la tua ostetrica?”.
Hermione ci
pensò un momento. Sarebbe stata in grado di fidarsi della Bulstrode? Osservò
con cura l’ostetrica, che stava facendo del suo meglio per non darci peso. “Che
tu ci creda o no, sì, ne sono felice. Hai dimostrato una preoccupante mancanza
di professionalità, ma posso comprendere i legami di lealtà tra amici. E dubito
seriamente farai di nuovo una cosa del genere, perché non ti darò una seconda
possibilità e mi assicurerò tu sia licenziata”.
La Bulstrode
annuì. “No, credo sia giusto dire che rimarrò fuori da questa faccenda per la
mia stessa sanità mentale. Comunque, dovrò dire a Draco di questa
conversazione”.
“Non mi
aspetterei nient’altro”, disse Hermione.
Non era
sicura di come avrebbe reagito Malfoy. Si sarebbe infuriato che fosse riuscita
ad ottenere così tante informazioni sulla sua vita privata. Beh, era stato lui
ad iniziare ad usare quei metodi, quindi non poteva lamentarsi se lei avesse
fatto la stessa cosa.
“Ok, allora
torniamo al motivo per cui sei qui. Hai già ricevuto la data per l’ecografia?”.
Hermione
scosse la testa. “Avrei dovuto?”.
La Bulstrode
strinse le labbra. “Sì, controllerò il motivo del ritardo. Ce l’ho scritto qui,
quindi almeno posso dirti orario e data. È fra due settimane, venerdì 4
giugno”, disse prima di interrompersi.
“Cosa?”,
chiese Hermione.
“Permetterai
a Draco di partecipare?”.
“Cos’ha a
che fare questo con te? Non hai appena detto che saresti rimasta
professionale?”.
“Beh, sì. Ma
sapevi che il giorno dopo è il compleanno di Draco?”.
Lei si
zittì. Sapeva che Malfoy era più giovane di lei, e che il suo compleanno cadeva
vicino a quello di Harry, ma non aveva mai saputo il giorno esatto. Perché
avrebbe dovuto? L’unica cosa che sapeva era che sarebbe stato dopo il 2 giugno,
perché era ancora minorenne quando aveva cercato di uccidere il Professor
Silente.
“E cos’ha a
che fare con tutto questo?”.
La Bulstrode
sembrò di nuovo a disagio. “So che gli piacerebbe partecipare. Significherebbe
molto per lui”.
Non c’era
bisogno di raccontarle che si era già accordata con Malfoy perché partecipasse.
Ma era l’occasione buona per avere ancora qualche dettaglio. “Perché
significherebbe molto?”.
“Vuole
davvero dei figli, li ha sempre voluti. Potrebbe non sembrare il tipo più
paterno ed amorevole, ma è lì, nascosto da qualche parte”.
Non ci fu
nulla per Hermione da aggiungere. Era strano pensare a Malfoy in modo diverso,
piuttosto che ad una persona fredda. Ma era buono a sapersi, specialmente ora
che aveva acconsentito a farlo partecipare nella vita del bambino.
“Ok, beh,
grazie, Bulstrode. Quando ci vedremo di nuovo?”.
“Attorno
alla sedicesima settimana. Inizieremo ad ascoltare il battito del bambino
durante tutti i controlli, dato che saremo in grado di percepirlo. E tu
dovresti anche iniziare a sentirlo muoversi. Inizierà sembrandoti una
sensazione leggera di sfarfallio, e diventerà più forte mentre il bambino
cresce”.
Hermione si
accarezzò gentilmente lo stomaco. Non vedeva l’ora che la pancia si vedesse e
di riuscire a percepire il bambino. Per quel momento, per fortuna le sue nausee
sarebbero sparite. Faceva davvero fatica la mattina, dato quanto si sentiva
male.
Narcissa
sorrise teneramente, mentre osservava Lucius muoversi nel Ghirigoro, cercando
più libri per allargare la biblioteca dei Malfoy. I viaggi del venerdì
pomeriggio a Diagon Alley erano sempre attesi con ansia. Non si era ancora mai
annoiata, nonostante facessero la stessa cosa da anni. In realtà al momento la
cosa aveva assunto un’aria amara, visto che non sapeva quando sarebbe stata
l’ultima volta che vi si sarebbero recati assieme.
Osservò il
marito mentre sceglieva e si spostava verso di lei. Lei aggiunse alla pila
qualche nuova uscita. Le piacevano da matti i gialli sugli Auror. Lucius andò a
pagare, mentre lei aspettava alla porta. Poi sarebbero andati al Paiolo Magico
per un drink e qualcosa da mangiare. Da quanto Hannah Abbot aveva preso in
gestione il locale, era molto più pulito ed il cibo era molto buono.
Fortunatamente, dato che era venerdì, il marito della Abbott, Neville Paciock,
sarebbe stato impegnato ad insegnare, quindi non c’era pericolo di incontrarlo.
Era sempre un po’ imbarazzante quando succedeva, e non c’era da rimanerne
stupidi, considerando il fatto che Lucius aveva combattuto contro di lui nel
Reparto Misteri.
Una volta
che si furono seduti in un piccolo tavolo nell’angolo, con bevande e pasticcini
di zucca, Lucius si rilassò sulla sedia. “Hai parlato con Draco, da quanto
Astoria se n’è andata?”, chiese a sua moglie.
Narcissa
affilò lo sguardo. Di recente, si preoccupava per il figlio. Nonostante avesse
finalmente divorziato dalla moglie pasticciona, continuava ad essere stressato.
“L’ho visto appena ieri”.
“È venuto a
parlarmi questa mattina, prima di andare al lavoro”.
“Cosa c’è
che non va?”, chiese.
“Crede che
il divorzio sia stato troppo facile e che Astoria stia pianificando di darci
problemi”.
Lei sospirò.
“Mi domandavo perché fosse così stressato. Tu cosa ne pensi?”.
“Credo sia
paranoico. Dubito che Astoria sia in grado di fare qualche danno reale”.
“Ne sei
sicuro? Può essere incredibilmente vendicativa”.
“Ho messo in
chiaro le cose con suo padre. Se volevano guadagnarci qualcosa dall’accordo,
avrebbero dovuto tenerla in riga. Mi affido all’amore di Cadmus per la
ricchezza, perché ciò avvenga”.
Narcissa si
morse un labbro. Era un’abitudine che aveva sin dall’infanzia e che cercava di
controllare di fronte agli altri. Ad ogni modo, se ne dimenticava in compagnia
di coloro che amava e di cui si fidava. “Ma l’accordo è stato firmato, ed hanno
preso i soldi. Come sai che Astoria non mescolerà le carte, ora?”.
“Non lo so,
ma sono fiducioso che Cadmus sia in grado di tenere ordine in casa propria”.
Sperava di
potersi sentire così fiduciosa come il marito ma, come Draco, sapeva che il
patriarca Greengrass era molto meno dittatoriale rispetto a Lucius. Le figlie
se lo rigiravano, e lui glie la dava sempre vinta. Ciò aveva fatto in modo che
le due giovani donne pensassero di meritare qualsiasi cosa volessero. Daphne
era molto meno pretenziosa di Astoria. Era felice delle piccole cose, come
dimostrato dal matrimonio con Colin Warrington, che aveva un lavoro solo perché
il suocero l’aveva assunto. Draco era tornato dagli uffici dei Greengrass molte
volte lamentandosi di quell’idiota. Ma Astoria era ambiziosa, e Narcissa non
credeva avesse all’improvviso perso i suoi sogni silo perché Lucius non l’aveva
più voluta come Malfoy.
“Mmm, vorrei
avere fiducia in Cadmus quanto te, ma non c’è motivo di preoccuparsi”.
Lucius
sorrise alla moglie. “Vedi? È esattamente ciò che ho detto a Draco. Quel
ragazzo diventa sempre più pessimista man mano che invecchia. Cosa non darei
per ridargli un po’ di quella fiducia che aveva prima della guerra”.
Lei tossì.
“Draco era un piccolo viziato. Ad un certo punto doveva crescere, ed è
diventato un uomo come si deve”.
Il marito
sospirò. “Lo so, sono fiero di lui. Sta facendo un egregio lavoro con i nostri
affari, meglio di quanto mi sarei mai aspettato. Ma odio vederlo così depresso”.
“Dagli
tempo, Lucius. È stato infelice così a lungo che non sono sicura si ricordi
cosa significhi godersi la vita. Spero che questo bambino gli porti motivi per
sorridere”.
“Se la
Granger non lo irrita a morte prima”.
Narcissa si
accigliò. “Pensavo se la cavassero meglio. Sembrava molto più ottimista, lui”.
“Sì, ma lei
è impicciona, e vuole sapere di Draco ed Astoria”.
“Draco me ne
ha accennato. Deve dirglielo. Come madre, posso capire il suo desiderio di
conoscenza, per il bene del bambino”.
Lucius
ghignò. “Doveva esserci una prima volta. Hai ammesso di capire il punto di
vista della Granger”.
Lei si alzò
indignata dalla sedia. “Non significa che la ragazza mi piaccia”.
Lui rise,
mentre la seguiva verso la porta. “Non l’ho pensato neanche per un momento,
cara”.
Si voltò ad
affrontare il marito divertito, mentre apriva la porta. “Non fare lo
strafottente”, disse, prima di sbattere contro un gruppo in entrata.
“Mi
dispiace”, iniziò a dire, prima di capire chi fosse. La giovane donna che stava
causando così tanti problemi al figlio. Degli occhi marroni sconvolti si
fissarono ai suoi, ed il silenzio si fece assordante, mentre continuavano a
rimanere lì, a fissarsi muti.
Una presa
salta si strinse al suo gomito e la spostò un po’ di lato. Suo marito stava
annuendo alle tre donne di fronte a lui. “Signorina Granger, Signora Potter,
Signora Weasley”, mormorò Lucius, gentile.
“Salve,
Signore e Signora Malfoy. Come sta Draco?”, replicò la strana ragazza
Lovegood-Weasley.
Riusciva
sempre a prendere Narcissa in contropiede con i suoi modi gentili ogni volta
che li incontrava. Non era l’atteggiamento che si sarebbe aspettata da qualcuno
che era stato imprigionato per mesi nelle sue segrete.
“Molto bene.
Gli dirà che hai chiesto di lui”, rispose Lucius.
La Weasley
sorrise in risposta, e stava per spostarsi con le amiche, quando Narcissa
parlò. “Signorina Granger, come si sente?”.
La ragazza
si fermò e voltò la testa, prima di rispondere esitante “Sto bene”.
Narcissa
guardò la Granger più da vicino. Sembrava stanca, provata, un po’ spenta. Non
riuscì a reprimere il piccolo sorriso che le spuntò sulle labbra. “Ha ancora le
nausee?”.
La Granger
strinse sospettosa gli occhi. “Perché?”.
“Perché
sembra sia così. Ho avuto lo stesso problema con Draco”.
La giovane
strega sembrò stupida per la risposta. “Sì, è un giorno no”.
“Si assicuri
di prendersi cura di sé e di mio nipote”, disse imperiosa, prima di svolazzare
fuori dalla porta con Lucius al seguito.
Hermione
rimase a guardare i due Malfoy che se ne andavano, un pochino scombussolata
dall’esperienza.
“Beh, è
stato strano”, sottolineò Ginny.
“Credo solo
vogliano davvero un nipote”, disse Luna.
“Tu vedi il
buono in tutti”, replicò Ginny.
Hermione
rimase silenziosa mentre prendevano da bere al bancone, prima di avviarsi verso
il loro solito tavolo sul retro.
“Perché eri
così sospettosa?”, chiese Luna quando si furono sedute.
“Non lo so.
Non è mai stata amichevole con me, in passato. Pensavo volesse offrirmi una
pozione o qualcosa del genere”.
“Credo non
sarebbe una di quelle che fanno bene”, disse Ginny.
Hermione
rise. “No! Credo di essere un po’ paranoica, tutto sommato. Harry non è stato
d’aiuto, quanto come prima cosa mi ha messa in guardia sul fatto che volessero
farmi del male”.
“Da quanto
conosci Harry ormai, Hermione? Se non sospetta qualcuno di qualcosa di
malvagio, non è felice”, disse divertita Ginny.
“Lo so, lo
so! Immagino che le vecchie abitudini siano dure a morire, e sono sempre stata
sospettosa nei confronti di quei due, sin dalla prima volta che li ho
incontrati”.
“Non dirlo a
me”, mormorò Ginny.
Luna scosse
la testa.
“Comunque,
questo fine settimana verrai alla Tana, Hermione?”, chiese la rossa, cambiando
argomento.
“Penso di
sì. Perché?”.
“È solo che mamma
si lamenta del fatto che non ti fai vedere da secoli alla grigliata della
domenica. Credo sia incavolata perché non le dai l’opportunità di nutrire te ed
il bambino”.
Hermione
evitava le chiassose cene domenicali alla Tana da quando erano iniziate le
nausee. Il suo senso dell’olfatto era diventato così sottile che aveva scoperto
di avere la nausea solo al sentore di qualche cibo che non anelava. Ad ogni
modo, aveva da poco trovato la cura: pane bianco e margarina. Di solito non le
piaceva, preferiva piuttosto del pane integrale, più sano. Ma le nausee avevano
stravolto completamente le sue abitudini alimentari, e richiedevano più
carboidrati. Di sicuro la colpa era dei geni Malfoy.
“Sì, credo
di avere la nausea sotto controllo, almeno”, disse, scavando nella borsa alla
ricerca della ciotola con il panino. “A proposito, devo mangiarmelo prima di
diventare incapace di fare altro”.
Luna e Ginny
risero, mentre lei procedeva ad addentare lo spuntino. Fece loro la linguaccia,
solo perché loro non avevano mai avuto problemi di nausee con la gravidanza.
Hermione era
felice di essere andata alla Tana, quando uscì dal camino ed annusò il profumo
di patate arrosto. Le cene alla brace di Molly erano spettacolari, ed a quanto
sembrava anche il bambino l’aveva scoperto, a giudicare dai morsi della fame
che le erano venuti. La casa era zeppa come al solito, con bambini che
correvano in giro tra le gambe di tutti. Non vedeva l’ora che anche la sua
piccola Iris si unisse a loro.
“Hermione!
Sei venuta!”, urlò Molly, avvicinandosi di corsa per soffocarla in un enorme
abbraccio.
“Mi conosci,
sai che non posso rimanere lontana troppo a lungo”.
“Come te la
cavi?”, chiese, prendendo le guance di Hermione ed analizzandole il viso.
“Sono
stanca, ma credo di aver finalmente capito come tenere a bada le nausee. Non mi
sento più tutto il giorno come una mandria di ippogrifi mi fosse passata sopra”.
Molly rise. “Aspetta
solo di sentirlo, ti sembrerà di essere usata come una palla da Quidditch”.
“Io e Fred
eravamo destinati a diventare battitori dal concepimento”, disse George di passaggio,
dando ad entrambe le donne un bacio sulla guancia mentre si affrettava verso la
finestra per far entrare il gufo che doveva consegnare alla madre il
Settimanale Strega.
“Dimmi se
vuoi qualcosa di particolare da mangiare, Hermione. Non è un disturbo. Sono diventata
un asso a cucinare un sacco di piatti, sin da quando sono rimasta incinta la
prima volta. E soprattutto quando ho avuto Ginny, con altri sei marmocchi in
vari stati dell’infanzia”.
Hermione ringraziò
con un cenno del capo e si diresse verso Harry e Ron, che le avevano lasciato
libera una sedia in mezzo. Osservò la tavolata di persone ridenti, dove tutti
davano una mano a preparare il cibo e sospiravano. Adorava quel posto. La Tana la
faceva sempre sentire al sicuro, amata ed allegra.
“MA CHE…!”.
Il silenzio
scese, mentre tutti si voltavano per capire a cosa si riferisse George, che
aveva un’espressione di rabbia inusuale. Sbatté il giornale che teneva in mano,
e lo fece scivolare lungo il tavolo finché si fermò esattamente di fronte ad
Hermione, che sbiancò drasticamente alla vista della copertina.
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Capitolo 12 *** Lo Scandalo ***
Cap 12
Scandalo
Draco
fischiettava diretto in giardino, con la scopa appoggiata alla spalla destra.
Quella mattina aveva seguito l’istinto di trarre il massimo da quella bella
giornata di maggio, ed aveva deciso di farsi un giro invece che sedersi alla
scrivania a spulciare documenti d’affari. Suo padre aveva ragione, la vita era
troppo breve e se non fosse stato attento l’avrebbe passata a non far altro che
lavorare. Comunque, aveva deciso fosse arrivato ormai il momento di assumere
un’assistente personale perché gli organizzasse l’agenda. Almeno gli avrebbe
risparmiato un sacco di tempo.
Camminò
allegramente attraverso l’immenso e curato campo dei Malfoy. Era in ritardo per
il pranzo, e suo padre non ne sarebbe stato felice. Il pranzo della domenica
era sacrosanto, per usare le sue parole, ed a nessuno era permesso fare tardi.
A renderlo ancora più importante, quel giorno era il fatto che sarebbe stato il
primo senza Astoria dopo sette lunghi anni. Draco non vedeva l’ora di scoprire
quanto tutti sarebbero stati rilassati.
Osservò la
figura rigida del padre e quella della madre che lo confortava con una mano
sulla spalla, mentre entrava dalla finestra alla francese aperta.
“Andiamo,
papà! Non è così male, non posso avere più di cinque minuti di ritardo”.
E si fermò.
Suo padre non gli diede una risposta strisciante né ci fu uno sguardo
rassicurante di sua madre. Piuttosto, Lucius si piegò, causando il frastuono di
stoviglie, prima di cadere sul pavimento ed iniziare a contorcersi
violentemente.
Sua madre
gli lanciò uno sguardo vuoto. “Non rimanere lì!”, urlò. “Chiama un Medimago,
ora!”.
A quel grido
nel panico, Draco si appoggiò alla porta, aggrappandosi per un breve momento
alla cornice e guardando il padre che ancora si contorceva a terra, prima di
schizzare nel suo studio e lanciare una chiamata di emergenza al San Mungo
tramite Metropolvere.
Meno di un
minuto dopo due Guaritori si affrettavano dal camino.
“Da questa
parte”, disse rapidamente, facendoli accorrere alla sala da pranzo informale
dove sua madre aveva spostato Lucius lontano da qualsiasi oggetto a terra e gli
teneva la testa.
“Ce ne
occupiamo noi, signora”, disse uno dei Guaritori prendendo il suo posto, mentre
l’altro iniziava a prendere il ritmo delle convulsioni.
Sua madre
gli si affiancò impaurita, stringendosi forte le mani.
Quando le
convulsioni si fermarono, Lucius venne rimesso in posizione supina.
“Gli daremo
un attimo per riprendersi, prima di capire se debba essere ricoverato in
ospedale”, disse il Guaritore. “Nel frattempo, potreste dirmi se è stato
qualcosa in particolare ad innescare l’attacco? Stiamo cercando di trovare un
collegamento, per definire lo schema”.
“Ha ricevuto
delle notizie sconvolgenti. Per un po’ è rimasto sconvolto, poi è diventato
rigido, è caduto sul pavimento e le convulsioni sono iniziate”, disse Narcissa.
Draco guardò
sorpreso la madre. Doveva essere stato qualcosa di straordinario per aver
causato una reazione del genere a suo padre, che di solito era calmo e
composto. Il Guaritore annuì e se lo appuntò, prima di iniziare a consultarsi a
bassa voce con il collega per cinque minuti buoni.
I due Malfoy
non poterono far altro che rimanere a guardare. Draco percepiva la madre ancora
tremante, e lui era troppo intorpidito per capire qualcosa. La serietà della
malattia gli apparve con forza, e gli fece ricordare che ancora una cura non
era stata trovata, per cui Lucius poteva morire da un momento all’altro.
Alla fine,
finirono di consultarsi e decisero di portare il padre all’ospedale. A quanto
pareva, il battito del cuore era ancora troppo irregolare perché gli
permettessero di rimanere al Manor. Volevano ricoverarlo per tenerlo in
osservazione.
“Dateci
mezz’ora per sistemarlo, signora Malfoy. Poi potrete venire a trovarlo”.
Draco tolse
gli incantesimi di protezione, per permettere loro di smaterializzare Lucius al
San Mungo. Dopo averli riposizionati, si voltò verso la madre. “Ok, dimmi cos’è
successo”.
Lei si era
seduta molle nella sedia che di solito usava Lucius, ed indicò debolmente un
giornale di fronte a lei. Lo afferrò e lo fissò per un bel pezzo, incapace di
comprendere cosa ci fosse sulla copertina.
“Quella puttana!”,
imprecò.
"La
Principessa di Potter ed il giovane e sposato Malfoy beccati con le mani nel
sacco”, disse Ron, leggendo ad alta voce il titolo offensivo.
Il silenzio
che permaneva nella cucina, di solito rumorosa, era assordante, il che fece
sentire Hermione ancora peggio. Distolse gli occhi, mentre digeriva la foto in
copertina sul Settimanale Strega. Ovviamente era stata scattata durante il suo
incontro con Malfoy il mercoledì precedente, ma da un angolo che li faceva
sembrare intimi. Il corpo di lei era allungato lungo il tavolo, con lo sguardo
basso. Le tazze oscuravano le loro mani, ma sembrava se le stessero stringendo.
Quello che rendeva la cosa peggiore era il modo intenso in cui Malfoy la
fissava. Poteva essere scambiato per uno sguardo bruciante di passione,
piuttosto che una concentrazione diretta al discorso che gli stava facendo sul
permesso di contatti con il bambino. Oh, Merlino! Pensò. Il mio
bambino sarà definito illegittimo.
“Cos’è?”,
chiese Harry, afferrando il giornale e girandone le pagine.
Lei osservò da
oltre la spalla, e ruggì quando vide nuove foto del loro incontro, inclusa una
in cui lei si guardava attorno furtiva prima di entrare nel bar.
“È una
schifezza! Sentite: “L’ex Mangiamorte Draco Malfoy e la sua signora, la nata
Babbana Hermione Granger, si incontrano segretamente nella Londra Babbana,
portando avanti una tresca che secondo una fonte certa continua da anni. Il
nostro Settimanale Strega è stato testimone di uno di questi incontri questo
mercoledì, quando ha seguito una pista e si è imbattuto nella coppia traditrice
in un bar, dove si sono incontrati dopo il lavoro. Come mostrano le nostre foto
esclusive, la passionale coppia si è goduta un caffè, con sguardi intensi e
tenuta di mani. La moglie da ormai sette anni di Malfoy, Astoria, si dice sia
distrutta dalla notizia, e che sia fuggita e tornata al maniero della famiglia
Greengrass””.
Harry
rilanciò il giornale sul tavolo, disgustato, e venne preso da Ginny, che
sembrava diventare sempre più rossa man mano che leggeva. “È quella mucca, Rita
Skeeter”, disse.
Hermione si
riscosse dallo stupore grazie ad una mano calda che le venne messa sulla spalla.
Alzò lo sguardo e vide il viso di Ron. “Stai bene?”, chiese, la voce carica di
preoccupazione.
Lei aprì la
bocca ma si accigliò quando non uscì alcun suono. Era così stupita da essere
rimasta senza parole. Riusciva a percepire le lacrime raggrumarsi negli occhi e
fece del suo meglio per ricacciarle indietro. Non avrebbe pianto per una cosa
del genere. Non era la prima volta che la Skeeter sbandierava bugie su di lei,
e dubitava sarebbe stata l’ultima. Si guardò le mani intrecciate, prima di schiarirsi
la gola. “Non so cosa dire”.
“Le faremo
causa. Come si chiama quella cosa che si vede nei programmi alla tua TV Hermione?
Diffamazione. Ecco, le faremo causa per diffamazione”, disse arrabbiato Ron.
Hermione
rise. Dapprima leggermente, per poi trasformarla in una grassa e
incontrollabile risata. “Scusa”, mormorò, asciugandosi le lacrime sulle guance.
Non riusciva più a capire se stesse ridendo o piangendo. Ci vollero parecchi
fazzoletti e pacche sulle spalle prima che i suoi due migliori amici
riuscissero a farla smettere. Per una volta, i Weasley erano seduti in
silenzio, dandole il tempo di reagire a quella storia dell’orrore.
“Ron, sei un
Auror. Sai che per la legge magica non esiste né diffamazione né calunnia”, disse
Ginny. “Se ci fossero, la Skeeter sarebbe già stata portata in tribunale
milioni di volte in passato”.
“Mi fa
piacere sapere che tu e Draco ve la caviate meglio”, disse Luna alzando appena
la testa dal giornale che le era stato dato e guardando Hermione. “In queste
foto sembra molto più felice di quanto lo vedevo con Astoria”.
Tutti guardarono
Luna divertiti, ma non dissero nulla. Erano tutti abituati ai suoi commenti su
cose che non riguardavano l’argomento principale.
“Beh,
dovrebbero”, disse Ron, ignorando la moglie e rispondendo al commento della
sorella.
“Che cosa
farai?”, chiese Angelina, la moglie di George, ad Hermione.
“Non lo so. Immagino
dovrò parlare con Malfoy e vedere se ha qualche idea su chi possa aver fatto tutto
questo. Qualcuno ha detto alla Skeeter che ci saremmo incontrati, ma ovviamente
non ha raccontato la vera versione. È un peccato si sia registrata come
Animagus, ormai non posso più minacciarla con quello”.
“Credi sia
stata la Bulstrode?”, chiese Ron. “Dopotutto, ha detto a Malfoy del vostro
appuntamento”.
Hermione
scosse la testa. “No. È una buona amica dei Malfoy e non getterebbe il suo nome
nel fango in questo modo”.
Audrey, la
moglie di Percy, sembrò stesse per strozzarsi. “Scusa”, disse. “È solo che poi hanno scritto cose
ancora più ridicole più sotto. Ascolta: “La
moralista eroina, Hermione Granger, ha fatto carriera nel mondo magico cercando
di portare dei miglioramenti al trattamento delle creature magiche, soprattutto
per gli elfi domestici. Ora invece scopriamo quando davvero sia ipocrita
Hermione. A quando pare, le mogli sembra non facciano parte della categoria di
coloro che devono essere trattati con rispetto”. Continua sulla stessa linea”.
Molly
schioccò la lingua in disapprovazione, prima di trafficare con astio nel
bancone della cucina e tirare fuori della carta ed una piuma.
“Cosa fai,
mamma?”, chiese George.
“Non supporterò
queste idiozie. Cancello l’iscrizione a quel… quello schifo. Come osano
stampare delle bugie così disgustose?”.
Hermione a
ciò si sentì meglio, soprattutto perché, quando aveva avuto dei problemi simili
con il settimanale durante il Torneo Tremaghi, Molly aveva creduto al giornale
e si era comportata di ghiaccio con lei, finché Harry non aveva chiarito tutto.
Sorrise a
Molly. “Grazie. Significa molto per me”.
“Sappiamo
tutti la verità, care, e ti supporteremo fermamente”.
E la
matriarca Weasley aveva ragione. Osservando le persone intorno al grande tavolo
della cucina, vide provenire da loro solo amore e supporto. Sapeva che il resto
della comunità magica non sarebbe stato così comprensivo e sarebbe stato più incline
a credere alle bugie, ma finché avesse avuto un forte gruppo di amici avrebbe
potuto sopportare tutto.
La porta
della cucina si aprì ed apparve Arthur, mentre si strofinava il viso con la
bacchetta. “Buon pomeriggio, Weasley”, disse stancamente.
“Vieni papà,
siediti”, disse Percy, alzandosi dalla sedia in cui di solito sedeva Arthur.
Molly gli si
affrettò incontro, portandogli una tazza di tè e richiamando il latte dal
frigo, mancando per poco la testa di Percy mentre questo si spostava verso un’altra
sedia.
“Pensavo non
dovessi più partecipare alle retate, dato che ora non fanno più parte del tuo
lavoro”, rimproverò Molly il marito.
“Erano a
corto di personale nel reparto di Uso Improprio dei Manufatti Babbani. La moglie
di Wayne Hopkins è entrata in travaglio e sai che nessuno conosce quel
dipartimento bene quanto me”.
Molly sbuffò
ma lisciò con amore i capelli del marito. Hermione sorrise a quello scambio di
effusioni ed osservò i loro figli con le mogli. Molly ed Arthur erano un
esempio meraviglioso di felicità coniugale per i figli, e lo dimostravano. Neanche
un singolo Weasley si era imbarcato in un matrimonio infelice. Nemmeno George,
che aveva sposato la ragazza del gemello morto.
Sospirò ed abbassò
lo sguardo, sentendosi più sola che mai. Era difficile non sentire la mancanza
di un compagno quando eri circondato da coppie sposate. Era un peccato che quel
giorno Charlie non fosse presente. Almeno non sarebbe stata l’unica persona
single al tavolo. Charlie era sposato con il suo lavoro, proprio come Hermione.
L’unica differenza era che lui non aveva alcun desiderio di sposarsi ed avere
una famiglia. Molly gli ricordava sempre che ormai fosse arrivato il momento di
sistemarsi, ma Charlie scherzava sempre sul fatto che nessuna donna avrebbe
potuto amarlo tanto quanto i suoi draghi.
Revitalizzato
dal tè, Arthur osservò i presenti. “Allora, il Settimanale Strega ha lanciato
qualche scandalo o controversia di cui dovrei essere a conoscenza?”.
Era proprio
il tipo di commento sarcastico da Arthur, una leggera frecciatina sul fatto che
nella sua famiglia sarebbe sempre accaduto qualche dramma. Il patriarca si
guardò attorno, confuso dalla reazione di tutti loro.
“Cos’ho
detto?”, chiese.
Tutti gli
occhi si posarono su Hermione, che fece una smorfia ed allungò la mano. Fleur le
passò il giornale, e lei lo diede ad Arthur perché lo leggesse.
“Sono in
prima pagina”, disse in modo da nascondere il dolore che le causava guardarne
la copertina.
Arthur sbattè
gli occhi rapidamente diverse volte, come se non credesse a ciò che vedeva,
mentre leggeva l’articolo pieno di odio. Si accigliò. “Ho dovuto portare
Woodfield al San Mungo. È stato attaccato da una maledizione lanciata da degli
schiaccianoci”.
Tutti gli
uomini attorno al tavolo si agitarono, non a proprio agio.
“Eravamo
stati mandati a raccoglierli. Quando sono arrivato, ho visto Lucius Malfoy che
veniva ricoverato d’urgenza. Non sembrava fosse cosciente, ed è stato
circondato velocemente dai Guaritori. Ho chiesto se avessero bisogno di qualcuno
del Ministero che li aiutasse. Sapete che i Malfoy hanno un mucchio di nemici,
ma mi hanno assicurato che non si trattava di nulla del genere. Ora invece
posso capire cosa sia successo”.
“Ottimo”,
mormorò Hermione. Riusciva solo a pensare ai possibili gossip che sarebbero
nati, se Lucius fosse morto per quello. Per causa sua. La macchia Sanguesporco
nella sua famiglia.
Draco si
sentiva indolenzito, mentre si avviava al San Mungo tenendo la mano di sua madre.
sapeva che al di sotto della superficie calma che dimostrava, c’erano rabbia,
paura ed ansia. Voleva solo arrivare in tempo nella privacy del Manor prima che
tutti i sentimenti eruttassero.
Percepì Narcissa
inciampare, e la sorresse. Lei lo guardò con gli occhi pieni di paura, il che
lo fece sentire inutile. Come poteva assicurarle che tutto sarebbe andato bene,
quando invece anche lui aveva il terrore di arrivare e sentirsi dire che Lucius
era morto? Merlino! Cosa avrebbe fatto in quel caso? Non poteva affrontare quel
caos senza Lucius a guidarlo. Suo padre era riuscito a diventare Mangiamorte. Nonostante
l’opinione della gente, tra di loro c’era un legame profondo. Sì, suo padre
aveva avuto aspettative poco realistiche. Sì, era rimasto deluso del fatto che
Draco fosse stato battuto dalla Granger agli esami e da Potter a Quidditch. Ma gli
aveva sempre voluto bene, e Draco si era sempre sentito amato.
Strinse gli
occhi, mentre ripensava ad Astoria. Non c’era alcun dubbio che ci fosse lei
dietro a quella storia. Era stata troppo contenta e felice del divorzio. L’unica
cosa che la rendeva felice era fare a modo suo. Poteva non essere più una
moglie Malfoy, ma si era assicurata di ottenere vendetta ed aveva trascinato il
loro nome nel fango nel mentre.
Raggiunsero finalmente
il quarto piano, dove erano ricoverati quelli colpiti dalle maledizioni. Vennero
fermati da un Guaritore, prima di arrivare al letto di Lucius.
“Signora Malfoy,
sono Holly Ashfiled, la Capo Guaritrice di questo dipartimento. Mi occupo di suo
marito sin dal principio. Ora, vorrei assicurarle che sta bene. Si è appena
svegliato ed è un po’ imbronciato, ma a parte quello non ci dovrebbero essere
effetti duraturi dall’attacco di oggi”.
Draco strinse
la mano della madre, che ancora tremava nella sua presa.
“Ricorda qualcosa?”,
chiese.
“Oh, sì. Non
deve preoccuparsi, la sua memoria non è in alcun modo alterata. Non è mai successo,
durante tutta la sua malattia”.
Più che
sentire, Draco percepì il grande sospiro di sollievo della madre, e si rese
conto che con le rassicurazioni della Guaritrice un po’ della tensione
accumulata sulle spalle se n’era andata. La Guaritrice aprì la porta del corridoio.
“È nel letto
23, stanza 9”, li informò.
Oltrepassarono
la porta. Sua madre ora si muoveva più leggiadramente. Trovarono facilmente la
stanza. Il respiro di Draco si fece più corto, quando vide il padre. La vulnerabilità
di Lucius era evidente, ora che lo vedeva con i capelli scomposti, raccolti e
stopposi piuttosto che lunghi e lisci come li aveva sempre visti. Aveva gli
occhi gonfi e iniettati di sangue, probabilmente per le pozioni che aveva preso,
ma neanche le convulsioni avevano aiutato.
Narcissa si
fece sfuggire un lamento, e suo padre allungò una mano perché lei la prendesse.
Gli corse incontro, mentre qualche lacrima le scivolava lungo il viso.
“Cosa succede?”,
chiese Lucius.
Lei scosse
la testa ed inghiottì un paio di volte, ovviamente cercando di riguadagnare un
contegno. “Ci hai spaventato”, disse.
“Lo so”,
replicò lui, accarezzandole leggermente la guancia. “Ma sto bene, e non vado da
nessuna parte”.
Narcissa appoggiò
il viso sul suo palmo e chiuse gli occhi.
Draco non
poté non sentirsi fuori luogo, mentre guardava la tenera scena tra i genitori. Era
ciò che voleva anche lui. Non un matrimonio a pezzi con una donna con il cuore
di pietra od un figlio in provetta. Voleva l’amore e l’affetto, e tutto ciò che
comportavano. Oh, non era infantile. Di tanto in tanto sentiva i genitori
litigare, soprattutto dopo la guerra con lo stress di dover ricostruire tutto. Ma
i battibecchi non duravano mai a lungo, ed alla fine il loro matrimonio
sembrava diventare saldo ogni volta di più. Non c’era amarezza tra di loro.
“Figliolo?”.
Draco alzò
lo sguardo e vide il padre chiamarlo con l’altra mano. Gli sorrise e si mosse
verso l’altro lato del letto, prendendogli gentilmente le spalle.
“Non farlo
di nuovo, papà”.
“Farò del
mio meglio, ma non posso garantire che non succederà di nuovo”.
L’atmosfera si
appesantì, mentre digerivano la notizia. La realtà era che la malattia di Lucius
poteva solo peggiorare. Lo stava lentamente uccidendo, ed a meno che non
avessero trovato una cura sarebbe andato per sempre.
“Sono ancora
arrabbiato che tu me l’abbia tenuto nascosto. Come facevi a tenere segreti
attacchi come questo?”, chiese Narcissa.
“Prima di
oggi non sono mai stati così. Credo sia stato lo shock a scatenarlo più forte. E
ti devo delle scuse, Draco”.
Lui guardò
curioso il padre.
“Mi avevi
avvertito su Astoria. Mi avevi detto che era stato troppo facile, e non ti ho
ascoltato”.
Draco scrollò
le spalle, non particolarmente felice di aver avuto ragione. Avrebbe preferito continuare
ad avere Lucius che rideva di lui per essere paranoico e pessimista. “Speravo
di avere torto”, replicò.
“Beh, lo speravamo
tutti”, disse Narcissa, prima di sospirare ed affossarsi nella sedia per i visitatori.
“Hai parlato
con la Granger?”, chiese Lucius.
Draco gli
lanciò uno sguardo incredulo. “Ho a malapena dato un’occhiata al giornale. Sono
stato un po’ distratto”, disse.
“Bene,
capisco. Ora la mia mente è un po’ lenta”.
Il dolore lo
trafisse ancora una volta. Suo padre non era mai lento a capire. Cercava sempre
di prefigurarsi le conseguenze di qualsiasi cosa, anche se non sempre aveva
successo, come provava la scenata di Astoria.
“Concentriamoci
sul portarti al Manor, e poi ci preoccuperemo di questo”, disse Narcissa
perentoria.
“Sembra una
buona idea, mamma”, disse con un sorriso rivolto verso di lei.
Rimase compiaciuto
di notare il colorito roseo che stava riacquistando. Non le piaceva vederla
troppo pallida.
Un Guaritore
scelse quel momento per entrare nella stanza, facendo loro chiudere il discorso.
I Malfoy non lavavano i panni sporchi in pubblico.
Mentre tornava
nell’atrio del San Mungo, Draco avrebbe dovuto essere cieco per non notare gli
sguardi ed i commenti che lo seguivano. Non era nulla di nuovo. Gli avevano
riservato un trattamento simile per qualche anno dopo la guerra. Ma era un
ricordo spiacevole di quando fosse seria la situazione che dovevano affrontare
lui e la Granger. Proprio quando sembrava fossero riusciti ad appianare le
differenze, una catastrofe gli si abbatteva contro. Come se le cose non avessero
potuto diventare più incasinate di quanto già non fossero.
Sospirò e si
rifiutò di reagire, come il suo pubblico si aspettava. La sua vita amorosa che
non esisteva poteva essere discussa dalla stampa, ma ciò non significava che avrebbe
dato di matto come tutti speravano.
“Draco!”, lo
chiamò una voce femminile dalla reception.
Si voltò e
vide Millie saltellare verso di lui.
“Devo
parlarti”, disse quando riuscì a farsi strada tra gli impiccioni.
“Vieni al
Manor”, replicò. “Ci saremo solo noi”.
“Dove sono i
tuoi genitori? E perché sei qui di domenica?”, chiese.
“Storia
lunga”, mormorò, sapendo che quelli più vicini a loro stavano cercando di
origliare.
Millie capì la
situazione, ed a parte uno sguardo confuso per l’interesse che stavano
attirando non disse nulla, camminando semplicemente di fianco a lui verso le
connessioni con la Metropolvere.
Una volta
che furono al sicuro nello studio di Draco, Millie diede sfogo alle domande che
la stavano ovviamente mangiando viva.
“Cosa
succede, Draco? Perché tutti ci fissavano e perché eri al San Mungo?”.
Lui avanzò
verso la scrivania e si accigliò, vedendo il giornale e l’offensiva pubblicazione
in prima pagina. A quanto sembrava, lo aveva posizionato lì un elfo domestico,
probabilmente pensando di essere d’aiuto. Lo aprì di scatto, scandagliandone
brevemente il contenuto ed ignorando i soffi impazienti di Millie. Si accigliò
di nuovo, prima di chiudere di botto il giornale e lanciarlo all’amica.
“Che diavolo
è questo?”, chiese lei.
“L’articolo
che ha fatto finire mio padre al San Mungo. Ha scatenato un attacco”.
“Attacco?”.
Draco si
strofinò una mano sugli occhi, ricordando di non aver ancora raccontato agli
amici delle condizioni del padre. “Mio padre è malato. Lo seguono al San Mungo
da un paio d’anni e non sono sicuri di cosa si tratti. È il motivo più grande
per cui vuole così tanto quel bambino con la Granger”.
Lei gli
lanciò uno sguardo infelice. “Mi spiace davvero”.
“Sì, anche a
me. Ancora non sappiamo se potrà essere curato o meno”.
Millie lo
fissò con gli occhi spalancati. “Wow, Draco. Stai passando davvero un anno difficile”.
Lui fece una
smorfia. Era un eufemismo.
L’amica tornò
a guardare il giornale, prima di alzare la testa e guardarlo di nuovo. “Astoria?”.
Lui annuì. “Molto
probabile. Non riesco a pensare a nessun altro che volesse fare una cosa del
genere. Le uniche persone a cui l’ho raccontato al di fuori della mia famiglia
siete tu e Pansy, e dubito che qualche amico della Granger voglia fregarla. Il che
la lascia come unica candidata, visto anche il fatto che non è esattamente
innamorata della famiglia Malfoy al momento”.
Millie continuò
a leggere il giornale, spalancando sempre di più gli occhi. “È davvero una cosa
orribile”.
“Beh, dicono
che neanche le pene dell’inferno siano superiori ad una donna infuriata”.
“E pensare che
volevo dirti che la Granger mi ha chiesto informazioni su di te durante l’ultimo
appuntamento”.
“Cosa?”.
“Mi ha
minacciata di farmi rapporto per averti detto del suo appuntamento ed averle
messo un Galeone addosso, se non le avessi raccontato ciò che voleva sapere. E sai
quanto io ami il mio lavoro, Draco”.
Lo sapeva, e
non poteva incolparla per volerlo salvare. “Cosa voleva sapere?”.
“Di te ed
Astoria”.
“Ora non
importa, comunque”, disse, indicando il giornale.
“Ma saprà
chi è stato?”.
Draco scrollò
le spalle. “Probabilmente no, ma non è che possa tenerlo segreto. Grazie alla
mia cara ex moglie, la Granger ed io saremo passati sotto la lente d’ingrandimento.
Aspetta solo che inizi a mostrarsi”.
Millie annuì
concorde, prima di avvicinarsi e prendergli la mano. C’era tutto tranne tristezza
negli occhi di lei. Era una delle cose che adorava di Millicent Bulstrode,
aveva un’empatia eccezionale. Non in molti andavano oltre il suo aspetto e
scoprivano la sua personalità sensibile al di sotto. Poteva essere scontrosa,
ma avrebbe fatto di tutto per gli amici.
“Ti
supporteremo, Draco. Lo sai, vero? Io e Pans, ci assicureremo di fare da scudo
a te e la Granger, se sarà necessario”.
Lui sorrise
e le strinse la mano. “Lo so, Millie. Sei un’amica speciale”.
Suo padre
tornò dal San Mungo solo la mattina seguente. Potevano mandarlo a casa la notte
prima, ma la Guaritrice voleva tenerlo in osservazione per esserne sicura.
Draco andò nella
stanza di Lucius quando si fu sistemato. Suo padre sembrava molto più sé stesso.
Aveva i capelli legati con il solito nastro nero, seduto a letto che faceva del
proprio meglio per ignorare la moglie affaccendata e gli elfi domestici.
“Draco!”, lo
chiamò, appena entrò nella stanza. “Proprio chi volevo vedere”.
“Cosa posso
fare, padre?”.
“Vai al
Ministero e scova la Granger. Dobbiamo parlare della risposta a questo
oltraggio, e lei deve essere presente”.
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Capitolo 13 *** Discussioni ***
Cap 13
Discussioni
Hermione
maledisse la propria incapacità di dichiararsi malata quando in realtà non lo era
affatto. Gli sguardi meravigliati ed i sussurri che la seguivano per il
Ministero le stavano dando il tormento. Attualmente stava cercando di evitare
di recarsi in mensa per pranzo: non riusciva ad immaginare niente di peggio che
stare seduta in quella stanza ed avere a che fare con le speculazioni ed i
pettegolezzi svolazzanti attorno a lei.
Era rimasta
piuttosto male sentendo alcuni commenti cattivi e sibillini che le erano stati
rivolti, uno addirittura da parte di una collega del dipartimento con la quale
era andata ragionevolmente d’accordo. Sembrava l’additassero come la donna
scarlatta, la spezza-famiglie. Sospirò. L’altra donna sarebbe sempre stata
mortificata. E lei non aveva nemmeno avuto una relazione.
Voltò la
sedia per osservare il paesaggio fuori dalla finestra incantata. Sperava che il
dipartimento meteorologico avesse preso nota del suo umore ed avesse preparato
una tempesta, invece il sole spendeva luminoso, immerso in un cielo
perfettamente blu.
Qualcuno
bussò. Rimise la sedia a posto ed osservò cautamente la porta, prima di
affermare calma “Avanti”.
Apparve una
zazzera di capelli neri, e lei si rilassò. “Harry!”.
“Aspettavi
qualcun altro?”.
“Con la
giornata che mi ritrovo oggi, non mi sarei sorpresa se fosse stato qualcuno con
il coraggio di alludere ad una questione di lavoro per poi farmi domande
riguardo quella storia”.
“Già, ho
pensato proprio a quel motivo, quando non ti ho visto in mensa. Così ti ho portato
del cibo”, disse lui, mostrandole una busta di carta.
Non credeva
sarebbe riuscita a tenere giù neanche una briciola, me il profumo di patate al
forno le arrivò al naso e si rese conto di essere molto affamata.
“Grazie”,
disse grata, mentre lui entrava nell’ufficio e le piazzava davanti l’involucro.
Harry
estrasse una busta identica, e si sedette sulla sedia di fronte a lei. “Pensavo
anche avessi bisogno di un po’ di compagnia”.
Lei gli
sorrise. Ecco ciò che amava di Harry: l’empatia che provava per chiunque
dovesse affrontare un brutto momento.
“Quanto è
brutta la situazione laggiù?”, gli chiese.
“Nessuno ha
avuto il fegato di chiedermi qualcosa, ma il silenzio che è calato quando sono
entrato in mensa è stato rivelatore”.
Lei grugnì.
Era dieci volte peggio del suo quarto anno ad Hogwarts. Almeno la scuola poteva
contenere un numero limitato di persone. Il Ministero era più grande e, se
possibile, ancora più propenso al pettegolezzo di una manciata di ragazzini.
“Ottimo”,
mormorò, prima di punzecchiare una patata ricoperta di formaggio e burro fuso.
Harry rise
sentendo il verso di pura gioia che lei emise dopo il primo morso. La patata di
lui era grande la metà, con meno formaggio ed includeva dei fagioli arrosto.
“Ginny non mentiva sul tuo amore per le patate”.
“Non riesco
a farne a meno. Le desidero, e niente di salutare come le patate bollite, ma
piuttosto patatine fritte o ripiene dei più grassi condimenti. O meglio ancora
le patatine del sacchetto; potrei mangiarne un pacchetto gigante al sale ed
aceto”.
“Non ti
piacciono nemmeno di quel gusto”.
“Lo so!”.
“Sono solo
contento non si tratti di qualcosa di davvero disgustoso. A Ginny per un
periodo è piaciuto il gusto del metallo, e la trovavo a leccare le chiavi”.
Hermione
rise divertita.
“Finalmente.
Sapevo ci sarebbe stata una risata in te, da qualche parte”, sottolineò lui.
“Sai che non
riesco a rimanere troppo depressa con te o Ron che mi rallegrate”.
Qualcun
altro bussò alla porta, ed Hermione si accigliò. Non poteva essere Ron, che al
momento si trovava in vacanza a celebrare l’anniversario di matrimonio con
Luna. Spostò di lato la mezza patata rimasta, e permise l’entrata di chiunque
si trattasse. La porta si spalancò e rivelò Malfoy, per cui lei si alzò di
scatto, in stato di shock.
“Sei
pazzo!”, sibilò. “Non puoi arrivare qui proprio oggi!”.
Lui serrò la
porta alle proprie spalle e ci si appoggiò contro, con un orrendo ghigno sul
viso. “Perché? Ciao anche a te, Granger”.
“Che cosa
vuoi?”, chiese lei, tornando a sedersi.
Malfoy
ignorò la sua domanda diretta, spostando invece l’attenzione su Harry.
“Potter”, disse accondiscendente.
Harry annuì
di rimando.
“Beh?”,
chiese ancora lei, mettendosi le mani sui fianchi e soffiando.
“Rilassati,
Granger. Sono arrivato ad ora di pranzo perché sapevo sarebbe stato un momento
meno impegnato, ed ho anche usato l’incantesimo di Disillusione prima di
bussare al tuo ufficio”.
Lei si
rilassò leggermente, mollando la tensione sulle spalle. Almeno aveva avuto il
buon senso di prendere delle precauzioni. L’ultima cosa di cui aveva bisogno
quel giorno era che la piccola visita di Malfoy finisse in prima pagina sui
giornali, a conferma, nella mente di tutti, del fatto che avessero una
relazione clandestina.
“Perché sei
qui?”.
“La tua
presenza è richiesta a Malfoy Manor”.
Lei alzò un
sopracciglio a quel comando e non riuscì ad evitare il contatto diretto con gli
occhi di Harry, che sembrava avesse ricevuto tutti i propri regali di Natale in
anticipo. Lui sapeva bene come reagiva ad ordini del genere; Malfoy ovviamente
no.
“Scusami?”,
chiese lei, estremamente gentile, dandogli l’opportunità di riformulare
saggiamente la frase. Ma sembrava che Malfoy fosse ottuso come sempre.
“Sapevo che
quei capelli ti rendono un po’ sorda. Ho detto che devi venire al Manor”.
“Mi spiace,
ma da quando tu comandi ed io eseguo?”.
Malfoy
finalmente sembrò capire. Guardò prima Hermione, poi Harry, ed infine fece una
mezza battuta. “Oh Grange Granger, per favore, verresti al Manor?”.
Lei ignorò
il tono sarcastico. “Perché?”
Lui roteò
gli occhi. “Credevo dovessimo sederci e discutere di ciò che è successo ieri”.
“Vero, ma
perché a casa tua?”.
“Dove altro
potremmo incontrarci? In un altro cafè? Abbiamo visto che bene che è andata
l’ultima volta”.
“Perché non
a casa mia?”.
“Perché mio
padre vuole essere presente, ed attualmente è confinato a letto su ordine del
Medimago”.
“Tuo padre?
E perché dovrei discutere con lui di questo?”.
“Potrebbe
esserti sfuggito, ma il nome dei Malfoy è stato trascinato nel fango assieme al
tuo, e questo ha a che fare anche con lui”.
Harry le
tirò un calcio da sotto la scrivania, e lei si voltò a guardarlo. Lui scosse la
testa all’obiezione che stava per fare. Hermione sospirò e pensò che in fondo
avrebbe dovuto acconsentire, non importava quando non volesse trovarsi
di fronte a tutti i Malfoy.
“Bene, verrò
da te dopo il lavoro, ma Harry viene con me”.
“Sai,
Granger, puoi anche fare qualcosa senza che Potter ti tenga la mano”,
sottolineò Malfoy.
"Non
verrò da sola. Prendere o lasciare”.
“Bene”,
disse lui con un sospiro. “Facciamo alle 18?”.
Hermione
diede un’occhiata ad Harry, prima di acconsentire con la testa.
“Ok, beh, mi
allontano dai tuoi capelli prima che questo posto diventi di nuovo affollato.
Comunque, credo che la Donnola ti abbia contagiato”, disse Malfoy.
“Cosa?”,
chiese confusa.
Lui indicò
la patata. “Quella è sicuramente una porzione da Donnola”.
Hermione tossì
mentre lui lasciava l’ufficio, ridendo al proprio patetico tentativo di fare
una battuta.
“Magari
dovrebbe provare ad essere incinto”, mormorò.
Una risata
leggera di Harry la fece voltare verso di lui, che stava cercando di nascondere
il divertimento. “Non è divertente”, disse lei con un sibilo.
“Non lo so.
Malfoy ha ragione: è una patata che solo Ron proverebbe a mangiare”.
"Dunque?”,
chiese Lucius, quando Draco, tornato dal Ministero, andò dritto nella stanza
del padre.
“Arriverà
dopo il lavoro. Per quanto irritante sia, porterà Potter con lei”.
Suo padre
scrollò le spalle. “Me l’aspettavo. È sempre stato un tipo da mettersi in
mezzo”.
“O magari ha
solo bisogno di supporto emotivo. Questo non è esattamente territorio neutrale,
e la sua unica e sola visita qui non è stata proprio piacevole”, precisò
candida Narcissa.
Quando sua
madre la mise in quel modo, Draco si sentì un po’ in colpa. In realtà non aveva
davvero pensato molto ai sentimenti della Granger, più che altro era
focalizzato sul problema da affrontare ed era passato molto tempo dall’ultima
volta che aveva pensato a quel terribile ultimo anno di guerra ed allo stress
che aveva sopportato quando Potter e gli amici erano stati trascinati a Malfoy
Manor. I propri sentimenti non sarebbero stati nulla, in confronto a quelli
della Granger; era anche stato piuttosto rozzo nell’invitarla.
Entrambi gli
uomini Malfoy si guardarono, non a loro agio con l’opinione di Narcissa.
“Ad ogni
modo”, disse senza tono Lucius, cercando di continuare la conversazione, “lei
verrà, il che è un bene. Abbiamo bisogno sia qui per discutere di come
rispondere allo scandalo”. Quando la guerra era alle porte, Lucius non si
sentiva mai a suo agio. Draco aveva sempre pensato fosse perché suo padre
sapeva quanto sbagliate fossero le sue azioni ma odiasse ammetterlo, perfino
con se stesso.
Draco annuì,
sospirò ed uscì scusandosi. Doveva davvero tornare agli affari. Aveva sprecato
abbastanza tempo di quel lunedì a pensare al caos che la sua vendicativa ex
moglie aveva creato.
Ad ogni
modo, non gli venne concesso quel lusso quando raggiunse il proprio studio. Lì,
seduta sul divano con un sopracciglio alzato ed una copia del Settimanale
Strega, c’era Pansy.
“Iniziavo a
chiedermi se tu e la Granger foste fuggiti insieme”.
“Non ora,
Pans. Davvero, non sono dell’umore”.
“Dove sei
stato? Ho aspettato che arrivassi per almeno un’ora”.
“Almeno i
miei elfi domestici ti hanno regalmente intrattenuta”, disse lui, indicando i
rimasugli di ciò che prima era stato un pranzo, sul tavolino da caffè.
“Assieme a
Rita Skeeter ed alla sua fonte anonima, che presumo si tratti di chi è
descritta qui come… oh sì, la giovane moglie, distrutta e tradita, di Malfoy”.
Ovviamente, tutti sappiamo che la reale descrizione dovrebbe essere “Astoria,
mucca maligna e acida”, ma immagino che ciò non le avrebbe permesso di giocare
così bene la carta della simpatia”.
Draco non
riuscì a non sorridere. Il resoconto di Pansy era la cosa più bella che avesse
sentito negli ultimi giorni. “Allora l’hai visto anche tu?”.
Lei gli
lanciò uno sguardo incredulo. “Mi prendi in giro, vero? Davvero qualcuno della
comunità magica non l’ha ancora visto? Anche quelli che disdegnano solo con lo
sguardo il Settimanale Strega l’hanno letto”.
Draco si
afflosciò sul lato opposto del divano e grugnì. Pansy gli batté una mano sul
ginocchio, in segno di conforto. “Non preoccuparti Draco, significa solo che
sei l’attrazione principale”.
“Ottimo!
Essere il pettegolezzo principale per la stampa è proprio ciò di cui ho
bisogno”.
“Beh, ad
essere onesti, la tua famiglia lo è già da un bel po’ ormai. Solo che prima erano
solo speculazioni. Quindi, come risponderete?”.
“Ancora non
ne sono sicuro. Non sono incline a far uscire la verità, ma non ho nemmeno
avuto un minuto per pensare a delle alternative”.
Pansy lo
guardò con occhi tristi. “Sì, ho parlato con Millie ieri sera. Come sta
Lucius?”.
“Sembra
bene, ma è confinato a letto”.
Gli occhi di
lei si spalancarono. Non riusciva a figurarsi il patriarca Malfoy eseguire tali
ordini. Odiava rimanere bloccato a fare nulla, specialmente in tali situazioni.
“Come la sta prendendo lui?”.
Draco aveva
letto tra le righe. “Non credere che non stia macchinando. Significa solo che
non è stato in grado di andare ed intimidire la Skeeter nel suo ufficio, ma ha
pensato a qualcosa, dato che mi ha ordinato di portare qui la Granger più
tardi”.
“Sembra sarà
divertente”.
“Già,
porterà Potter. Sarà una bella riunioncina”, disse sarcasticamente.
Pansy non
riuscì ad evitare la risata. “Rallegrerà il morale”.
“Beh,
probabilmente sarà terribile, ma deve succedere. Che mi piaccia o meno,
dovremmo avere a che fare con le bugie di Astoria, e la Granger deve essere
coinvolta”.
“Sono sicura
sarà estasiata, quando scoprirà che è stata la tua ex moglie a causare tutti
questi problemi”.
“Già, sarà
una conversazione divertente. Oh, ed il fatto che Astoria sia effettivamente la
mia ex moglie”.
Lei scosse
la testa, incredula. “Non riesco a credere che tu non abbia detto nulla di
concreto alla Granger. Ti starebbe bene se decidesse di sacrificarti per
tirarsi fuori da questo casino”.
“Perché
avrei dovuto rivelarle la mia vita privata per soddisfare la sua curiosità?”.
“Hai troppi
problemi di fiducia, Draco. A meno che non ti sia sfuggito, porta in grembo tuo
figlio. Dovrai scendere a patti con lei per il prossimo futuro, il che indica
che dovrai fidarti di lei ad un certo punto”.
Lui si passò
una mano tra i capelli. Pansy aveva ragione, ma non era sicuro fosse una cosa
che era pronto ad affrontare. Non aveva motivo di fidarsi della Granger, e non
le piaceva nemmeno molto. Di sicuro non voleva che i suoi due migliori amici
sapessero dettagli intimi della propria vita. Nonostante fosse in grado di
riconoscere i meriti a Potter o Weasley quando ce ne fosse occasione, ancora lo
repellevano. E sapeva che non sarebbe stato in grado di sopportare i loro
sguardi derisori nel momento in cui avessero saputo di come era andata all’aria
la sua vita privata.
Le emozioni
che gli scorrevano nella mente non erano nuove a Pansy. Inclinò la testa con
fare saccente, prima di decidere di aver pena di lui e lasciarlo infossarsi nel
lavoro. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che gli affari erano il suo
meccanismo di difesa, e che avrebbe avuto bisogno di tutta la compostezza che
aveva, per sopravvivere all’incontro serale con i genitori, la Granger e
Potter.
Se c’era una
cosa che Draco odiava, erano i tumulti. Sapeva che la cosa aveva a che fare con
gli ultimi due anni ad Hogwarts, e l’aver capito che tutto ciò che gli avevano
insegnato crescendo erano solo una marea di spazzatura. Aveva sconvolto la sua
vita, e gli ci era voluto un po’ per riprendersi; esternamente, comunque. Non
era sicura lui si fosse davvero ripreso, ed il fiasco del matrimonio non lo
aiutava. Aveva bisogno di una donna che lo sostenesse e gli dimostrasse lealtà.
Qualcuno che prendesse quel pessimismo che aveva sviluppato e lo trasformasse
in qualcosa di positivo. Aveva bisogno che qualcuno gli ricordasse cosa potesse
riservare la vita.
Sospirò. Non
vedeva Draco felice da così tanto tempo che non sapeva nemmeno se avesse potuto
esserlo di nuovo. Il ragazzino arrogante e pieno di sé era diventato un adulto
depresso e triste. Oh, lo nascondeva bene. Quelli che non lo conoscevano
vedevano solo la ricchezza e la noncuranza, e supponevano fosse atterrato
ancora su entrambi i piedi. Ma Pansy, che era stata messa a parte di tutte le
paure ed i sogni quando si frequentava, sapeva che non era così. Anelava la
felicità che vedeva intorno a sé. Il profondo ed assoluto amore che i suoi
genitori condividevano, la soddisfazione e la felicità che lei aveva con
Adrian, perfino l’appagamento infuso in tutto l’essere di Potter e che tutti
scorgevano.
“Farei
meglio ad andare”, disse. “Adrian si starà chiedendo dove mi sia cacciata”.
Lui annuì,
alzandosi lentamente dal divano e dirigendosi verso la scrivania.
Lei gli
prese il braccio, commossa dallo sguardo di disperazione sul suo viso. “Andrà
tutto bene, Draco. Potrebbe rivelarsi una cosa migliore di quanto ti
aspettassi”.
Lui la
osservò, con gli occhi piatti e spenti. “Grazie per cercare di farmi sentire
meglio, Pans”.
Sapeva che
non le aveva creduto. Si allungò per dargli un bacio sulla guancia, prima di
afferrare la copia del Settimanale Strega e lanciare una manciata di Metropolvere
nel camino.
Come
previsto, Adrian la stava aspettando. “Dove sei stata, tesoro?”, chiese.
“Sono andata
da Draco”, replicò lei un po’ assente, ancora concentrata a pensare su come
aiutare l’amico.
“Ah”, disse
consapevole Adrian. “Come se la cava?”.
“Al solito.
Sai, espressioni depresse, mancanza di speranza nel mondo, generale incapacità
di fidarsi di chiunque sia estraneo al suo piccolo cerchio di amici e
familiari. Vorrei solo ci fosse un modo per dimostrargli che non tutto deve per
forza essere così deprimente”.
“Peccato che
lui e la Granger non si frequentino davvero”.
“Perché dici
così?”.
“Non lo so,
ma lei è il tipo di donna che gli potrebbe fare bene. Non glie ne fregherebbe
niente dei soldi, non gli farebbe passare lisce le cavolate, e lo scuoterebbe
un po’. Nonostante abbiano cambiato idea sul sangue per espediente, i Malfoy
sono ancora troppo attaccati al vecchio stampo. Draco non ha mai frequentato
nessuna che non fosse purosangue”.
“Draco non
ha mai frequentato molte donne, punto”, precisò Pansy.
“Vero, ma
non è che ci abbia neanche mai pensato. Si è permesso di convincersi di essersi
innamorato di Astoria perché lei rappresentava tutto ciò gli avevano inculcato
avrebbe dovuto sposare. Se fosse stata Mezzosangue, non l’avrebbe mai
calcolata”.
Lei ci pensò
su. Adrian aveva messo in luce una cosa alla quale lei non aveva mai pensato.
Draco non aveva mai pensato fuori dagli schemi, era sempre rimasto nella
bambagia del mondo purosangue, avventurandosene al di fuori solo per ragioni
politiche o di affari. Ma ciò non cambiava davvero una persona: lo faceva per
spettacolo o per i soldi. Osservò ancora una volta il giornale, mentre la foto
di Draco e della Granger assumeva un nuovo significato.
“Magari è
una buona cosa. Ho cercato di dirlo a Draco, ma solo per non farlo sentire
troppo giù”.
Il marito
non era lento di comprendonio, e sapeva dove la sua mente stava andando a
parare. “La Granger lo cambierebbe in modo drastico, ma non credo sarebbe una
cattiva idea. Lo sosterrebbe, anche”.
“Mi chiedo
se…”, disse Pansy
“Stanne
fuori, Pans. Deve rendersene conto da solo. Non devi spingerlo, deve venire da
lui.
Lei annuì
concorde, ma guardò di nuovo la copertina di Settimanale Strega con un
piccolo sorriso. “Perché credo che niente sarà più lo stesso? Astoria voleva
distruggerlo, ma potrebbe appena averlo realizzato”.
Hermione si
asciugò i palmi sul vestito. Era nervosa per l’intera faccenda dell’incontro.
Le girava nella mente dall’ora di pranzo. Perché Lucius Malfoy voleva la sua
presenza al Manor? Non riusciva a fare a meno di pensare che non ne sarebbe
venuto fuori nulla di buono. Che, in qualche modo, quello avrebbe cambiato
tutto. Non era sicura del perché, ma qualcosa di istintivo le sembrava indicare
che non ci sarebbe stata via di ritorno.
“Stai
bene?”, chiese Harry, con una mano posata sulla spalla in segno di conforto.
“Credo di
sì. Non lo so, c’è qualcosa che mi fa pensare che questa sarà una svolta”.
“Che
intendi?”.
Lei si
accigliò, frustrata per non essere in grado di rappresentare ciò che voleva
dire. Non che sapesse davvero cosa fosse. Guardò l’amico, che la stava
osservando preoccupato.
Gli sorrise
rassicurante. “Non badare a me. Penso di starmi solo facendo prendere
dall’ansia”.
“Ti sta bene
tornare al Manor?”.
Lei rabbrividì
appena. “È strano. Non pensavo a quello da parecchio”.
“Bene.
Dobbiamo buttarci la guerra alle spalle, per essere in grado di vivere”.
“Hai
ragione, ma in qualche modo sembra io sia dannata ad un legame con i Malfoy”.
La mano di
Harry le strinse involontariamente più forte la spalla. “Sei sicura di volerlo
fare?”, le chiese, con l’ansia evidente nel tono.
Lei scosse
la testa, come per cercare di allontanare quella strana sensazione. “Sto solo
facendo la sciocca. Facciamolo e chiudiamo la questione”.
La mano di
lui le strinse il polso. “Non devi farlo, Hermione. Non devi loro nulla. Se non
ti senti a tuo agio, non devi andare”.
Nonostante parte
di lei, per un breve istante, avesse voluto accettare il consiglio di Harry, si
rese conto di dover andare. Per una qualche ragione l’idea di un cambiamento,
perfino uno che comprendesse Malfoy, non poteva essere così male. Ad ogni modo,
lei non poteva continuare così.
Gli sorrise
appena ed un po’ falsamente. “Starò bene. Comunque, mi conosci. Sarei divorata
dalla curiosità se non andassi a scoprire ciò che vuole Lucius da me”.
“Come ci
andremo?”.
“Malfoy mi
ha mandato un gufo, dicendo di usare la Metropolvere. A quanto pare, ci sono
giornalisti accampati fuori i cancelli del Manor”.
Harry annuì
e la seguì fuori dall’ufficio, dove l’aveva incontrata, verso l’atrio
affollato, dove le persone continuavano ad andare e venire dai camini ogni
pochi secondi. Lo sguardo feroce che aveva in volto faceva desistere chiunque
avesse intenzione di cedere alla curiosità ed andare a chiederle qualcosa sulla
supposta relazione. Lei non riuscì a non sorridere. Dopo aver passato anni ad
essere la sua guardia del corpo, era bello che lui le ricambiasse il favore. Le
cose non avrebbero mai potuto mettersi troppo male, se avesse avuto l’amico al
proprio fianco.
Mentre Hermione
prese la metropolvere, cercò di stabilizzare il respiro, che era diventato
rapido. Non avrebbe avuto un attacco di panico. Era solo una casa, ed aveva superato
ciò che era successo durante la guerra anni prima. Lanciò la polvere nel
camino, e disse l’indirizzo.
Alla fine, l’ansia
venne rimpiazzata da un interesse leggero. Era arrivata in ciò che credeva
essere la stanza dei viaggi. Non era mai entrata in un posto simile all’interno
degli antichi manieri magici, se non contava l’occasione della cattura. Ovviamente,
aveva letto tutto a riguardo ed era affascinata dalle possibili variazioni. Per
esempio, tali stanze permettevano alle persone di entrare via Metropolvere, ma poi
non erano in grado di andare oltre. Le porte delle altre stanze erano protette,
in modo tale che i visitatori non voluti ne rimanessero intrappolati all’interno.
Ci doveva essere uno spioncino da qualche parte, dove la famiglia poteva vedere
chi fosse arrivato.
Prima che
avesse il tempo di guardarsi attorno come si deve nella stanza spartana,
apparve Malfoy.
“Grazie per
essere venuta, Granger”.
Lei annuì
ma, prima che potesse rispondere, il camino si rianimò e sputò Harry. Continuò a
guardarsi attorno, mentre Malfoy salutava l’amico.
“Allora, dov’è?”,
chiese. “Non riesco a trovarlo”.
Malfoy ed Harry
si voltarono verso di lei, con identiche espressioni confuse in viso.
“Lo
spioncino”, spiegò.
Harry rise
appena, mentre il sopracciglio di Malfoy si alzò mentre indicava un grande
specchio. “Quello è un falso specchio”, disse.
“Ovviamente”,
mormorò lei.
“Comunque,
se siete pronti, i miei genitori attendono”.
L’allusione
ad una domanda non venne perso da Hermione, e fu grata che Malfoy fosse stato
abbastanza sensibile da capire che sarebbe stato traumatico per entrambi.
“Dove
andiamo?”, chiese Harry, chiaramente sperando di non essere diretti verso un
posto che avevano già visitato.
“Lo studio
di mio padre. È di sopra”.
Mentre Malfoy
li guidava dal corridoio su per la scalinata principale, Hermione non riuscì a
non pensare alla differenza che potesse fare una visita se non si fosse
terrorizzati. Ora poteva guardarsi attorno con interesse. Sicuramente Malfoy
Manor era affascinante. La prima parte era formale, fredda ed intimidatoria ma,
mentre attraversavano il corridoio due piani superiore, ciò che li circondava
cambiava in spazi più caldi ed accoglienti. I decori erano ancora sfarzosi ed impressionanti,
ma mancava il marmo, il che rendeva tutto più caloroso.
Malfoy si
fermò di fronte a delle gigantesche porte di legno e bussò.
Si sentì la voce
di Lucius che dava loro il permesso di entrare. Mentre Malfoy si voltava per
farli passare, Hermione diede ad Harry una veloce stretta sul braccio. Nonostante
Lucius l’avesse disprezzata, lei non aveva avuto gli stessi trascorsi che
invece aveva Harry. Gli era estremamente grata per aver messo tutto ciò alle
spalle solo per supportarla.
La stanza in
cui entrarono era decorata di blu, dall’azzurro chiaro dei muri al blu scuro e
vellutato delle tende tirate, che donavano una magnifica vista su un giardino
formale ed un laghetto. Lucius era mollemente seduto su una poltrona, con
addosso una favolosa vestaglia di broccato sopra ad una maglia e ad un paio di
pantaloni, che automaticamente la fecero pensare di libri di Georgette Heyer. Seduta
di fianco a lui, con la schiena dritta, si trovava Narcissa. Aveva uno sguardo
di ghiaccio ed altero, come sempre.
“Signorina Granger,
Signor Potter. Grazie per essere venuti”, disse Lucius. “Vi prego di scusarmi
se vi ho accolto nelle mie stanze private invece che in un salotto appropriato”.
Hermione invece
era felice di trovarsi lì, piuttosto che di sotto. Presumeva ci fosse più di un
salotto, come in tutti i manieri antichi, ma era contenta di aver evitato l’orrore
potenziale di trovarsi nello stesso posto in cui era già stata.
“Va bene
così, signor Malfoy”, replicò gentilmente Harry.
Lei si
risvegliò dai propri pensieri, e sorrise gentile nella direzione di Lucius.
“Prego,
sedetevi”, disse Lucius.
I due amici
si sedettero sul divano di fronte a lui. Hermione notò che Malfoy sedeva di fianco
al padre. Sembrava che lei ed Harry dovessero combattere contro di loro, ma
cercò di respingere quel pensiero. Non avrebbe fatto bene a nessuno se fosse
andata sulla difensiva.
“Draco,
credo sarebbe una buona idea se ragguagliassi i nostri ospiti riguardo a ciò
che è successo”, disse Lucius al figlio.
Hermione sapeva
che non si trattava di un suggerimento, bensì di un ordine. Dovette sopprimere
il sorriso che le stava per nascere. Sembrava che non importasse quando vecchio
fosse Malfoy, visto che continuava a prendere ordini dal paparino.
Malfoy sospirò,
guardandola per un momento, prima di fissare a vuoto il muro dietro di lei. “Sappiamo
chi ha dato la storia in pasto alla Skeeter”.
“Lo sai! Perché
non hai detto nulla prima”, lo interruppe lei.
“Perché era
meglio avere questa conversazione ora”.
“Allora chi
è stato?”.
“Astoria”.
Hermione si
accigliò. “Perché tua moglie farebbe una cosa del genere? Vuole tutti pensino tu
abbia una relazione?”.
“Io ed
Astoria abbiamo divorziato la scorsa settimana. Questa è la sua vendetta per la
famiglia”.
Hermione era
scioccata. Sapeva dalla Bulstrode che le cose non andavano bene tra Malfoy e la
moglie ma comunque non si aspettava quella novità. Guardò Harry, altrettanto
sconcertato. Ad ogni modo, ciò spiegava perché Astoria non ci fosse a quell’incontro
così spiacevole.
“Cosa? Quando
me lo avresti detto? Sicuramente la scorsa settimana sarebbe stato il momento
perfetto per dirmi che ti trovavi nel bel mezzo di un divorzio”.
“Magari
dovremmo concentrarci sulla situazione attuale”, disse placido Lucius.
Lei lanciò
uno sguardo a Malfoy, per fargli capire che quella conversazione era tutt’altro
che conclusa, e spostò l’attenzione sul Malfoy più anziano. “Presumo lei abbia
qualche piano, dato che ci ha chiamati”.
“Beh, almeno
so di non doverle spiegare le cose, Signorina Granger”.
“Non credo
sia mai stato un problema, per me”.
“No, ricordo
come fosse sempre la prima della classe, ad Hogwarts”.
Lei alzò un
sopracciglio, come a sfidarlo nel dire qualcosa sulle sue origini babbane, ma
sembrava che Lucius avesse imparato la lezione e non avrebbe fatto allusioni.
“Ad ogni
modo, oggi ho pensato parecchio al riguardo, e credo di aver trovato una
soluzione al problema che Astoria ci ha lasciato”, disse Lucius.
Dato che
Narcissa sembrava l’unica a non essere intrigata, Hermione suppose fosse già a
conoscenza di ciò che il marito stava per proporre.
“Credo sia
inutile negare la storia. Dubito che ci crederebbero in molti, dunque penso sia
nel nostro miglior interesse assecondarli”, disse Lucius.
“Sta
scherzando, vero?”, chiese Hermione. “Perché non possiamo semplicemente dire la
verità?”.
“Per quanto
mi addolori, devo dare ragione alla Granger”, disse Malfoy.
“Vuole
davvero che vengano svelati i suoi motivi sul perché ha cercato un’inseminazione
artificiale, signorina Granger?”.
Beh, no che
non voleva. Ma non voleva nemmeno passare per il tipo di donna che se la faceva
con un uomo sposato. “Non vedo come assecondare queste bugie possa fare meglio”.
“Ed è sicura
che tutti crederebbero alla verità? Specialmente quando le bugie creano uno
scandalo così interessante”, disse Lucius.
Hermione guardò Harry, che scrollò le spalle impotente. Se qualcuno
conosceva il potere delle bugie, quello era lui. “Ma sicuramente potremmo far
confermare tutto dalla clinica”, disse lei.
“Nonostante mi piacerebbe avere la sua fiducia nell’umanità, signorina
Granger, sono a conoscenza di come funzioni realmente il mondo. Non ci vorrebbe
molto prima che qualcuno suggerisca che i soldi dei Malfoy abbiano comprato la
versione della clinica”.
“Quindi? Sta suggerendo che Hermione e Malfoy confermino l’idea ridicola di
avere una relazione?”, chiese Harry.
“Intendo, signor Potter, dare una spintarella molto più romantica, e
sacrificare me stesso come il motivo per cui l’hanno tenuta nascosta”.
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Capitolo 14 *** Decisioni E Dilemmi ***
Cap 14
Discussioni e Dilemmi
Hermione non
poté sopprimere la risata che le apparve sulle labbra mentre osserva il Malfoy
più anziano.
"Come,
prego??", chiese sconcertata.
"Voglio
che lei e Draco facciate a finta di avere una relazione romantica e segreta, e
che io abbia rifiutato di assecondare il divorzio da mia cognata purosangue per
permettere a Draco si scambiarla con una Nata Babbana”.
Doveva dare
del credito a Lucius. Aveva pensato ad una bugia decente da raccontare al
pubblico, ma lei non lo avrebbe assecondato.
“Nonostante
io apprezzi i pensieri che ci ha messo in tutto questo, signor Malfoy, non
passerò per una che ha avuto una relazione con un uomo sposato”.
“Vorrei ci pensasse,
signorina Granger. È una spiegazione che la gente berrebbe. La etichetteranno
come un melodramma scritto malamente, ed è un’opportunità per lei e Draco di
uscire come amanti calunniati. Sono più che felice di passare per il cattivo”.
Hermione catturò
Harry con la coda dell’occhio mentre si toglieva gli occhiali e li puliva con
un lembo dell’abito. Anche lui era stato preso in contropiede.
“Sa cosa
dirà la gente, non è vero, Lucius?”, disse Harry. “Affermeranno che i suoi
determinati sforzi di riabilitare il nome di famiglia non sono stati altro che
uno show”.
Un piccolo
sorriso spuntò sul viso di Malfoy. “Non è niente che non abbia mai sentito. Non
molte persone sono disposte a credere che i miei pensieri sulla purezza del
sangue siano cambiati. Forse nemmeno lei, signor Potter”.
Harry annuì
appena. Era vero che Hermione aveva tentato varie volte di parlare sia con lui
che con Ron su come solerte fosse Lucius a spazzare via ogni conseguenza delle
sue precedenti azioni. Ma quello non era il momento di accertarne la veridicità
o meno. Ad ogni modo, lei notò che Lucius non stava né negando ma né
confermando quei sospetti.
Piuttosto,
si voltò verso Malfoy junior. “Davvero saresti felice di startene seduto lì e
figurare come uno senza spina dorsale, che non riesce a far fronte al padre
all’età di 29 anni?”.
Lui le
lanciò uno sguardo. “Granger, ciò che non hai mai capito sono le dinamiche di
una famiglia purosangue. Non sarebbe considerato strano se accondiscendessi ai
desideri di mio padre nella scelta di una moglie. Lui è il capo della famiglia
e, come tale, la sua opinione è tenuta in grande considerazione”.
Lei soffiò
ed incrociò le braccia. “Beh, io non ci sto ad una tale ridicola sciarada.
Credo scoprirete che la verità ci porterà benefici maggiori”.
“Ne è
sicura, signorina Granger? Crede che il pubblico voglia credere a qualcosa di
banale come un incidente in un laboratorio clinico che le ha causato di
rimanere incinta di mio nipote?”.
“Per quanto
mi riguarda, non c’è bisogno che nessuno sappia, al di fuori dell’immediato
circolo, della mia condizione, tanto meno che si tratta del figlio di Malfoy”.
“La verità
arriverà ad un certo punto, soprattutto quando inizierà a vedersi. Non ci vorrà
molto perché la gente inizi a spettegolare sulle origini della gravidanza”.
Hermione
riconobbe che era vero. “Motivo in più per metterci una pezza ora. Scriverò una
lettera al Settimanale Strega, lamentando del loro inaccurato articolo e
spiegando che io e Malfoy ci siamo incontrati solo per discutere di affari”.
“E di che
affari si tratterebbe?”, chiese Lucius.
“Non lo so.
Ma non dovrebbe essere difficile pensare a qualcosa”.
Malfoy fece
una smorfia. “Granger, abbiamo mai avuto bisogno di incontrarci negli ultimi
dodici anni? Sembrerà strano, se ora ci mettiamo a dire all’improvviso di
lavorare insieme”.
Narcissa,
che fino a quel momento era rimasta in silenzio, parò. “Questa è una situazione
davvero disgustosa, signorina Granger e, nonostante apprezzi le sue
preoccupazioni, credo che mio marito abbia trovato la via d’uscita migliore”.
Hermione si
voltò verso la matriarca. Rimase sorpresa nel vedere della simpatia negli occhi
di Narcissa, il che la fece moderare un poco la risposta. “Sia come sia, io
preferirei presentare una situazione più veritiera”.
Lucius fece
un sorriso rassegnato. “Avevo sperato di convincerla, signorina Granger, ma
rispetto la sua decisione. Draco, accompagna i nostri ospiti, per favore”.
Sia Hermione
che Harry si alzarono e seguirono Malfoy alla porta. Hermione si voltò, prima
di uscire. Alzò un sopracciglio, mentre Lucius lasciava cadere la postura
regale per accasciarsi nella poltrona con un cipiglio di dolore.
Calò il
silenzio, mentre i tre vecchi compagni si avviavano verso la stanza dei viaggi.
Quella volta, Hermione era persa nei pensieri, e non diede bado a ciò che la
circondava. Era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava in Lucius Malfoy. Il
giorno prima era stato ricoverato al San Mungo e, nonostante avesse mantenuto
un’aurea di benessere, sembrava essere una facciata. Magari era il motivo per
cui era così propenso a riconoscere un erede Mezzosangue.
Quando
raggiunsero la stanza, Harry sospinse Hermione verso la Metropolvere.
“Un minuto,
Harry. Vai tu. Devo parlare di un paio di cose con Malfoy, prima”.
Harry le
lanciò uno sguardo indagatore, ma annuì e, con un grugnito di accondiscendenza
verso Malfoy, lanciò una manciata di polvere nel camino, sparendo in un lampo
di fiamme verdi.
Lei si voltò
verso il biondo, che la guardava con interesse.
“Se dovremmo
domare la tempesta, Malfoy, dobbiamo iniziare ad essere più aperti l’uno con
l’altro. Abbiamo deciso di avere contatti di qualche genere per il bene del
bambino, quindi non mi piace essere continuamente tenuta all’oscuro di cose
importanti della tua vita”.
Lui abbassò
la testa, come se stesse pensando alla risposta. Il silenzio si protrasse,
mentre continuava a contemplare il pavimento. Nel momento in cui stava per
aggredirlo verbalmente, irritata dal silenzio, lui alzò la testa e la guardò
dritta negli occhi.
“Ok, ci
proverò”.
“Cosa
significa esattamente?”, chiese, con l’irritazione evidente.
“Esattamente
quello”, disse lui con un soffio, prima di allontanarsi e passeggiare su e giù
per la stanza. “Senti, non sono bravo in queste cose. Non mi fido facilmente, e
non condivido informazioni personali con persone di cui non mi fido”.
“Va bene, ma
questa non è una situazione normale. Capisco tu non voglia che io sia a
conoscenza di tutto, mi sento allo stesso modo, ma non abbiamo molta scelta. La
tua ex moglie non ha preso di mira solo te, ma anche te”.
“Dubito che
Astoria abbia pensato molto a te. Si è sempre trattato di colpire me dove mi
avrebbe fatto più male: la mia famiglia”.
“Ma il fatto
è che io sono stata presa nel fuoco incrociato. Tutto questo sta avendo un
impatto negativo più su di me che di te. Ecco perché ho bisogno tu cominci ad
essere onesto. Districarti tra i tuoi problemi matrimoniali e non parlarmi del
divorzio la scorsa settimana, non va bene”.
Lui sospirò.
“Ok. Sarò più onesto con te in futuro”.
“E
risponderai alle mie domande”, lo interruppe.
Lui la
rimproverò. “Hai idea di quanto siano noiose le tue domande?”.
“Malfoy, mi
dirai o meno ciò che ho bisogno di sapere?”.
“Ok, ti
terrò informata. Ma non mi impegno a rispondere a tutte le tue domande. Quelle
che ti riguardano direttamente vanno mene, altrimenti non hai bisogno di
sapere”.
“Questo è
quello che chiedo”.
“Oh, ne
dubito fortemente”, mormorò.
Hermione
tossì ma non si preoccupò di rimbeccare. Aveva ottenuto più di quanto sperasse
da quella conversazione. Si avviò verso il camino e prese una manciata di
Metropolvere. Stava per lanciarla nelle fiamme, quando esitò e si voltò
nuovamente verso Malfoy.
“Tuo padre
sta bene? Ho sentito che è stato al San Mungo, ieri”.
“Questo,
Granger, non rientra tra i tuoi problemi”.
Lei strinse
le labbra per l’irritazione. “E questo non rientra nella politica di onestà
reciproca cui abbiamo aderito”, sottolineò.
Lui le
lanciò uno sguardo, ma sembrò decidere di risponderle. “Attualmente stanno
investigando riguardo una malattia sconosciuta. La situazione di ieri gli ha
causato delle convulsioni”.
“Ha una
malattia misteriosa che causa convulsioni?”.
Malfoy
annuì.
“Quali sono
i suggerimenti terapici del San Mungo?”.
“Molte cose,
alcune contraddittorie. Non sanno cosa ci sia che non va”.
“C’è qualcosa
che posso fare per aiutare?”.
“L’ultima
volta che ho controllato lavoravi al Ministero, non come Guaritrice. Cosa pensi
di poter fare esattamente?”.
Lei scrollò
le spalle, riconoscendone la verità, anche se le sue parole erano intrise di
sarcasmo. “Se hai bisogno di parlare o di qualcos’altro…”, di offrì.
“Sì, ottimo,
grazie Granger. Mi assicurerò di venire da te se avrò bisogno di scaricarmi,
piuttosto che da qualche amico stretto. Scommetto che i tuoi due amici
adorerebbero sapere tutto di Lucius Malfoy e della sua malattia”.
Hermione
stava per infuriarsi, prima di rendersi conto che in realtà lui la stava
provocando solo perché era scosso ed un po’ spaventato. Gli si avvicinò e gli
posò leggera una mano sul braccio. “Lo penso davvero, Malfoy. Se hai bisogno di
parlare, puoi sempre venire da me”.
Lui guardò
la mano appesa al suo braccio, prima di scrollarla. “Potter non si starà
chiedendo dove sei finita? Se rimarrai ancora, probabilmente tornerà con la
cavalleria, nel caso io avessi deciso di rapirti e tenerti ostaggio finché
nascerà il bambino”.
Lei sorrise
appena. Harry si sarebbe preoccupato sempre di più. “Vuoi che ti mandi una
copia della lettera che indento inviare all’editore di Settimanale Strega?”.
“Certo, e se
sosterrai la ridicola storia che ci siamo incontrati per discutere di affari,
ti suggerisco di dire che ti stavo intervistando per un possibile posto alla
scuola di Hogwarts per Governatori. È l’unica cosa che abbiamo in comune”.
Lei annuì.
Era una buona idea, qualcosa cui la gente avrebbe creduto. Nonostante non le
piacesse il piano di Lucius, sapeva perfettamente che la versione di verità che
lei voleva propugnare era noiosa e dunque inappetibile per chi fosse a caccia
di scoop.
“Beh, ci
vediamo in giro, Malfoy”.
“Sì… e
Granger, mi dispiace di non averti detto del divorzio. Immagino di essere un
po’ sulla difensiva quando si tratta di cose private”.
Hermione
sorrise tentennante, prima di gettare la polvere nel camino e scomparire.
Quel sabato
seguente, Draco era sistemato alla scrivania. Era difficile credere che solo
una settimana prima stesse volteggiando a tre metri da terra. Tutta la sua
positività riguardo al futuro era stata portata via durante la settimana più
provante che avesse mai vissuto.
Il clamore
dei media che circondava lui e la Granger non si era spendo. Piuttosto, la Gazzetta
del Profeta si era intromesso, pubblicando lunghi articoli
speculativi sulla relazione. La sua immagine pubblica era così negativa che un
paio di affaristi si erano distanziati, facendo cadere alcuni importanti
accordi.
Al momento
teneva in mano l’ultima edizione di Settimanale Strega. Rita Skeeter ci
stava mettendo del suo. Doveva ammettere che lui ne usciva meglio, in confronto
alla Granger. Non era sicuro di ciò che l’ex Grifondoro avesse fatto perché la
Skeeter la odiasse così tanto, ma dalla giornalista proveniva vetriolo. Assieme
ad alcuni infuocati articoli, c’erano le inevitabili foto di entrambi, scattate
dagli instancabili fotografi che apparivano in qualsiasi luogo magico pubblico.
Era stata
pubblicata anche la lettera della Granger. Era stata brava a dipingere una
plausibile alternativa per la situazione, ma la risposta dell’editore al di
sotto non era positiva. Ethel Scuttelbutt metteva in chiaro che non credeva ad
una parola della spiegazione e non credeva dovessero nemmeno i lettori.
Tristemente, nonostante la strega cespugliosa fosse una rispettata eroina di
guerra, Draco sapeva che i lettori avrebbero seguito l’editore.
Ci fu un
pussare veloce alla porta dello studio, e sua madre entrò con calma.
“Cosa c’è
che non va, madre?”, chiese. “Mio padre sta bene?”.
“Sì, sta
bene. Ha fatto una breve passeggiata nel giardino delle rose ed ora riposa al
piano di sopra”.
Draco
sorrise. Era un bene che suo padre si fosse alzato, anche se l’ultimo attacco
sembrava averlo spossato più dei precedenti. Ora aveva bisogno del supporto del
suo bastone decorato per camminare. I segni non erano particolarmente
incoraggianti. I Guaritori non arrivavano a nulla, e Draco iniziava a percepire
che avrebbe perso il padre.
“Sono venuta
a parlarti della signorina Granger”.
Lui si passò
una mano sulla fronte, dove ormai si era fissato un solco. “E di cosa?”.
“Credo
davvero che voi due dovreste pensarci e seguire il consiglio di tuo padre”.
“E fare a
finta di avere un grande amore come risolverebbe la situazione?”.
“Porterebbe
dalla vostra parte il pubblico. Le solite storie di amanti predestinati che
sconfiggono i pronostici e rompono i pregiudizi familiari sono sempre
popolari”.
“Ma saremmo
ugualmente una coppia adultera, ed Astoria sarebbe ancora una donna
oltraggiata”.
“Sì, ma con
un PR giusto potremmo voltare la cosa a nostro favore. Pensaci: potresti
ottenere ciò che vuoi. Anche che il bambino cresca qui come un Malfoy”.
Draco si
accigliò. “Perché credi che ci sarebbe questa conseguenza?”.
“Tuo padre
ci ha ragionato. Crede che se tu e la Granger giocaste ad essere una coppia per
la stampa, potreste annunciare il fidanzamento entro un paio di mesi. Inscenare
i genitori estatici e sposarvi prima che il bambino sia nato”.
Lui si
allontanò di colpo dalla scrivania con un grugnito e si avvicinò alla finestra,
guardando fuori ma senza vedere. “Pensavo voleste vedermi felice”.
“Lo voglio, Draco”.
“Allora
perché state cercando di spingermi ad un altro matrimonio infelice? Perché è
questo che sarebbe. La Granger mi odierebbe per averla manipolata a farlo e, se
mi sposassi di nuovo, vorrei fosse per amore”.
“Ti sentirai
diversamente, quando il bambino sarà nato”.
“Che
intendi?”.
“Non vorrai
rinunciarci. Vorrai che viva sotto il tuo tetto, dove puoi averlo vicino ogni
volta che vorrai, e la Granger farà altrettanto. Nessuno dei due vorrà
scambiarselo per le visite. Te lo dico ora, Draco, sarai tu il perdente nel
lungo tempo. Per come va la legge ora, lei otterrà più diritti di te”.
Lui afferrò
gli infissi così forte che le nocche gli diventarono bianche. “Lo so, ma che
scelte mi rimangono?”.
“Segui il
piano di tuo padre. Incanta la Granger, ed avrai ciò che vuoi”.
Draco tossì.
“Non è così facile. Credo di conoscere quella donna meglio di voi due, e non è
una che si fa convincere a fare niente, soprattutto in un piano come questo.
Piuttosto, se dovessi farlo, la spingerei ancora più lontana e prima che me ne
renda conto lei si sarà assicurata che io non possa avere alcun accesso al
bambino”.
“Provaci.
Hai pensato anche al marchio che dovrà affrontare il bambino per essere nato
fuori dal matrimonio?”.
Ci aveva
pensato anzi, più che pensato. I genitori non sposati erano rari nel mondo
magico. In effetti, lui non ne aveva mai incontrati. Potevano aver divorziato
in seguito, ma anche quelli erano rari. Sapeva che invece era piuttosto normale
tra i Babbani, mentre la comunità magica era più conservatrice. I valori
familiari erano considerati la chiave per la loro sopravvivenza.
Si passò
distrattamente una mano nei capelli, prima di voltarsi ed affrontare sua madre.
“Lo so, ma non premerò per un matrimonio. Non conosci la Granger, madre, se
credi che un argomento del genere la possa invogliare. Se solo sospettasse che
io voglia fare una cosa del genere, rescinderebbe tutti gli accordi e
torneremmo a farci la guerra in tribunale, il che è meno desiderabile dello
scandalo”.
Sua madre
sospirò e sprofondò con grazia in uno dei divani che aveva fatto mettere nello
studio, proprio di fronte al caminetto. “Sono preoccupata, Draco, riguardo ciò
che accadrà a questa famiglia. Tuo padre…”, si interruppe, incapace di
continuare.
“Starà bene.
Abbi fiducia nei Guaritori mamma, troveranno una cura”.
"Provo
a rimanere positiva, ma inizio a perdere la speranza. È così fragile
dall’ultimo attacco. Credo che nascondercelo lo abbia reso ancora più debole.
Invece che prendersi il tempo per recuperare, si è sforzato di tornare in piedi
ed apparire normale”.
Il dolore lo
squarciò, mentre vide una lacrima spuntare dagli occhi di sua madre e scenderle
sulla guancia. Non voleva affrontare la realtà. Suo padre stava morendo, e sua
madre stava andando in pezzi.
“Per favore,
non piangere. Ce la farà. Niente sconfigge Lucius Malfoy”.
“Non puoi
sconfiggere la morte, caro”.
“Shh, non
morirà”, obiettò lui, prima di allungare le braccia verso la madre e stringerla
in un abbraccio stretto.
Narcissa
pianse per un po’, prima di ricomporsi e rilassare la testa sulla sua spalla.
“Mi
dispiace. Ho avuto tuo padre al mio fianco per così tanto tempo che non so se
saprò cosa fare se non ci sarà più. E questo bambino significa così tanto per
lui. Se solo riuscissi a portare la Granger ed il bambino in famiglia, so che
lui si sentirebbe meglio e sarebbe un toccasana per la sua malattia”.
Internamente,
Draco si sentiva come se si stesse rompendo qualcosa. Sapeva che sua madre non
lo stava deliberatamente manipolando, ma era esattamente ciò che stava facendo.
Non voleva deludere suo padre ma, al tempo stesso, sapeva che spingere la
Granger ad un qualche tipo di relazione scandalosa sarebbe stata la cosa
peggiore per tutti.
“Lascia che
me ne occupi io, Madre. Premere per un falso matrimonio, ora come ora, non
farebbe altro che danneggiare quel poco di fiducia che io e la Granger stiamo
costruendo”.
Lei gli
baciò la guancia e gli sorrise. “Tutto ciò che chiedo e che ci pensi.
Preoccuparsi di tutto questo non fa bene a tuo padre”.
Hermione
riposò la fronte contro il tavolo della cucina. Era andata esattamente come i
Malfoy avevano predetto: il Settimanale Strega non era interessato ad
altro che sordido gossip. Era sopravvissuta al resto della settimana, con tutti
i fischi, le parole sussurrate, gli sguardi malevoli, sicura che quelli che la
stavano giudicando si sarebbero rimangiati tutto. Invece non aveva funzionato
come voleva e, ora che l’adrenalina era sparita, si sentiva consumata e stanca.
Chiuse gli
occhi e si abbandonò ai sentimenti di disperazione per un breve momento. Poi si
alzò ancora una volta dalla sedia. Non avrebbe dato a quelle persone la
soddisfazione di sapere che l’avevano abbattuta. Non c’era alcuna possibilità
che Hermione Granger si barricasse in casa, troppo spaventata per mostrarsi in
pubblico.
No, si
sarebbe comportata come in una normale domenica. Sarebbe andata a Diagon Alley
per rifornirsi di ingredienti per le pozioni che le mancavano ed a comprare un
regalo per il compleanno di James Potter, che si stava avvicinando. Poi sarebbe
andata alla Tana per il pranzo. Non si sarebbe nascosta, imbarazzata per
qualcosa che non aveva nemmeno fatto.
Il coraggio
di Hermione resistette al Paiolo Magico, alla farmacia Slug & Jiggers ed al
negozio di giocattoli Babbitty Rabbitty. Poi iniziò a rimpiangere di essere
uscita. Stava guardando dei giochi di Quidditch, soppesando la delizia che di
Harry nell’avere un boccino giocattolo e la furia di Ginny alla vista di una
piccola mazza da battitore. James era una forza della natura come gli zii
gemelli, ed Hermione ci avrebbe scommesso la casa sul fatto che sarebbe stato
un ottimo Battitore, piuttosto che Cercatore come il padre.
I mormorii furiosi
dietro di lei le fecero distogliere l’attenzione dalla difficile decisione, e
si voltò verso la fonte di quel rumore. Tre donne, ovviamente amiche, stavano
non distanti da lei e la guardavano dall’alto in basso con astio. Mormoravano
tra di loro, ma si interruppero mentre lei le affrontava.
Hermione non
era mai stata una timida al confronto, e non avrebbe iniziato in quel momento.
“C’è
qualcosa che posso fare per aiutarvi?”, chiese con tono cortese ma deciso.
Le donne
sembrarono prese in contropiede, come se si aspettassero di vederla fuggire dal
negozio di fronte alla loro disapprovazione.
La più
tronfia soffiò cattiva. “È deplorevole vedere una come te in un negozio per
famiglie”.
“Cosa
dovrebbe significare?”.
“Sai
esattamente ciò che intendo. Disgraziate come te dovrebbero stare da altre
parti, come da Fun and Frolics. Un posto adatto a tipi come te”.
Il
sopracciglio di Hermione si alzò, quando sentì nominare il negozio di lingerie.
Era specializzato nell’intimo più sexy e scandaloso… beh, in realtà si trattava
solo di brandelli di pizzo. Ci era stata solo una volta, appena prima il
matrimonio di Ginny, ed era arrossita al genere di intimo che aveva scelto lei
da indossare. E non è che lei fosse una puritana.
In un altro
momento sarebbe stata divertita all’idea di dover fare compere lì, ma non
quella settimana, dopo tutti i pettegolezzi.
“Come osi?
Come osate tu e le tue amichette impiccione laggiù credere di sapere qualcosa
di me o in quali negozi dovrei essere la benvenuta?”.
Ci furono mormorii
oltraggiati dalle altre donne. Nuovamente, la più tronfia rispose per il
gruppo.
“Perché? Tu,
sgualdrina senza vergogna. Come osi rimanere lì impalata e parlare a persone
perbene in questo modo?”.
“Oh, dunque
vi chiamate persone perbene? Credo di preferire vecchie impiccione ficcanaso”.
Una di loro
si piazzò di fronte ad Hermione e le afferrò il braccio in una presa salda. “Le
ruba uomini non sono benvenute qui, e sono più che felice di andare a riferire
al direttore che avrà o te o noi come clienti”.
Non
apprezzando la restrizione di libertà, Hermione estrasse la bacchetta, facendo
fermare il gruppetto.
Qualcuno
rise divertito di fianco a loro, nel mezzo del piccolo gruppo di persone che si
erano fermate a guardare. “Se fossi in voi, le toglierei le mani di dosso. Sono
stata dalla parte sbagliata troppe volte”, biascicò una voce che Hermione
conosceva troppo bene.
Il gruppo
inferocito si voltò a guardare la figura esile di Pansy Parkinson.
“Sono affari
che ti riguardano?”, chiese l’impicciona.
“Per niente.
Ma considerate l’avviso la mia buona azione giornaliera. A meno che, ovvio, non
vi piaccia far visita al San Mungo. La Granger è un asso nelle fatture”.
Il gruppo di
vecchie babbione osservò la bacchetta sfoderata di Hermione con una sorta di
esitazione, come di solito accade in caso di ripensamenti. Lei trasse vantaggio
dalla momentanea pausa per strattonare il braccio lontano dalla presa della
strega, prima di rimettere al suo posto la mini-mazza da battitore e puntare il
naso per aria.
“Vorrei dire
che è stato un piacere conoscervi, ma sarebbe una bugia”, disse altezzosa. “Forse
la prossima dovreste imparare a guardare oltre i pettegolezzi scandalistici,
prima di accostarvi a persone perfettamente innocenti, vacche giudicone”.
Hermione non
si diede pena di aspettare per vedere se il gruppo avesse qualcosa da ridire;
si voltò ed uscì dal negozio con tutta la dignità che poteva permettersi. La modesta
folla che si era radunata a guardare non l’aveva aiutata. E tantomeno la gratitudine
che in quel momento provava per la dannata Pansy Parkinson. Non apprezzava
essere messa in tali situazioni e, se si fosse trovata davanti a Malfoy, probabilmente
sarebbe stata felice di iniziare un bel litigio.
I sentimenti
repressi la fecero procedere arrabbiata ed a grandi falcate lungo Diagon Alley,
lanciando occhiate a chiunque sembrava volesse guardarla.
“Granger,
forse vorresti aspettare”, la chiamò da dietro la Parkinson.
Hermione si
fermò e prese un respiro profondo, prima di voltarsi.
“Che cosa
vuoi, Parkinson?”.
“Beh, un
grazie sarebbe carino”.
Il sopracciglio
di Hermione si alzò, ma quell’uscita l’aveva fatta diventare ancora più irascibile.
“Avevo tutto
sotto controllo, ma grazie”.
“Certo che
sì”, replicò l’ex Serpeverde, con una punta di sarcasmo. “Ma, nonostante sia
stato carino ricevere un ringraziamento, avevo un altro motivo per volerti
seguire. Ti avanza una mezz’ora di tempo?”.
“Perché?”.
“Voglio
parlarti”.
“E di cosa
dovremmo parlare?”.
“Oh, non lo
so. Di un certo biondo e del figlio che condividete”.
Hermione la
zittì velocemente e si guardò attorno, per vedere se qualcuno avesse sentito
ciò che aveva detto la Parkinson. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era
trovare la notizia della sua gravidanza sulla Gazzetta del Profeta il giorno seguente.
“Mi
aspettano alla Tana tra un’ora, ma immagino di avere tempo per bere qualcosa. Se
dobbiamo discutere di questo però andremo nella Londra babbana”.
La Parkinson
scrollò le spalle. “Per me è uguale”, disse. “Fammi strada”.
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Capitolo 15 *** Cibo Per La Mente ***
Cap 15
Cibo per la Mente
Pansy non
riuscì a trattenere la risata divertita, mentre interiorizzava l’espressione
stupita della Granger. Ordinò una tazza di caffè per sé, ed una cioccolata per
la strega incinta.
“Non è così sconvolgente,
Granger. I tempi cambiano, e le persone con loro”.
“Immagino di
sì. Ma è comunque strano pensare a te che possiedi denaro Babbano ed
interagisci così facilmente fuori dal mondo magico”.
“All’inizio
non è stato facile. Ma quando iniziano a controllare ogni tuo movimento, è
meraviglioso quanto velocemente si riesca ad adattarsi alle cose nuove”.
“Buono a
sapersi che ci siano stati dei cambiamenti”.
“Più di
quanti tu sappia. È difficile rimanere aggrappati alle vecchie maniere quando
sono state sconfitte in modo così completo, soprattutto se hai capito quanto
fossero manchevoli”.
“Quindi non
credi più che la purezza del sangue sia così importante”.
“Sì e no.
Sono una purosangue orgogliosa”. Pansy notò l’astio di Hermione a quella frase.
“Aspetta, lasciami spiegare prima di saltarmi alla gola. Non c’è nulla di male
nell’essere orgogliosi delle proprie origini o del fatto di discendere da una
lunga stirpe di maghi e streghe. Il problema si presenta quando inizi a dettare
a chi sia concesso di accedere alla magia ed a chi no. Od affermare che i lignaggi
purosangue debbano rimanere tali”.
“Credo di
avere un problema anche con la terminologia. Cosa significa esattamente puro, e
perché io sono esclusa dall’esserlo?”.
Pansy
scrollò le spalle. “Non puoi avere tutto. È come siamo stati descritti per
centinaia di anni. Ma sì, non hai tutti i torti. Anche se perfino i tuoi amici
Weasley si chiamano purosangue e descrivono gli altri come Nati babbani o
Mezzosangue, che lo intendano in senso negativo o meno”.
Dallo
sguardo sul viso della Granger, Pansy seppe di aver centrato il punto.
“In realtà
comunque non ti ho chiesto di farmi compagnia per discutere di etichette”.
La strega
cespugliosa smezzò un sorriso. “DI cosa volevi parlare?”.
“Draco”.
“Cosa di
preciso?”.
“Volevo
chiederti di andarci piano. Al momento sta passando un momento difficile”.
La Granger
fece una smorfia.
“Ok, forse
non tanto quanto te con la stampa. Ma le cose non sono facili nemmeno per lui.
Astoria ha deciso di lanciare uno scandalo nel peggior momento possibile”.
“Alludi alla
misteriosa malattia di Lucius?”.
Pansy rimase
sorpresa. Sapendo quanto taciturno fosse Draco, nonostante le sue recenti
confidenze, davvero non credeva avrebbe raccontato alla Granger della malattia
del padre. La cosa lo aveva ferito nel profondo e ciò che lo faceva soffrire di
più di solito le teneva per sé.
“Sembra sia
il mio momento di sorprenderti”, disse la Granger. “Lucius voleva incontrarmi,
dopo che lo scandalo è uscito. Ho capito che c’era qualcosa che non andava in
lui, ed ho messo Malfoy alla prova a riguardo”.
“E te lo ha
detto?”.
“Non aveva
molta scelta, considerando che avevamo appena stretto un patto sull’essere
onesti l’uno con l’altra. Non ho molto apprezzato scoprire dei suoi problemi matrimoniali
dalla Bulstrode, né che avesse divorziato dopo che la sua ex moglie
avesse deciso di fare la vacca vendicativa e di pubblicare bugie che mi
riguardano nei giornali”.
Pansy fece una
smorfia. Ecco perché sta velocemente arrivando alla conclusione che Hermione
Granger sarebbe stata perfetta per Draco. Con una conversazione era riuscita a
fare ciò che lei non era mai stata in grado per tutta la durata della loro
amicizia.
“Ben fatto
anche solo per essere riuscita a farglielo ammettere. Ha raccontato a me e
Millie dei suoi problemi con Astoria solo qualche settimana fa, ed io ho
scoperto di Lucius solo la scorsa settimana”.
“La sua
malattia è davvero così senza speranza come sembra?”.
“Adrian ci
stava lavorando all’ospedale, l’altro giorno. I Guaritori del reparto Danni da
Incantesimo lo ha chiamato per sapere qualcosa sulle nuove pozioni reperibili
sul mercato. Sembravano particolarmente interessati a quelle sperimentali. Non
ci ha messo molto a fare due più due e capire che sono ancora allo sbando nello
scoprire come trattare Lucius”.
“Praticamente
non hanno alcuna idea”.
Pansy scosse
tristemente la testa. “Sembra proprio di sì. Adrian si è impicciato in modo
discreto. Le uniche cose che gli hanno detto, ovviamente senza fare nomi,
non sembravano molto promettenti”.
La strega
cespugliosa abbassò lo sguardo sulla propria bevanda. “È strano. Non c’è
assolutamente alcun affetto represso tra me e Lucius, e dubito che lo perdonerò
mai per le sue azioni mentre eravamo a scuola. Ma è comunque il nonno di mio
figlio. Ed odierei che mio figlio non avesse tutti i nonni”.
“Personalmente,
non riesco ad immaginare il mondo magico senza Lucius. È sempre stato una
presenza importante”, disse lei, ignorando la smorfia della Granger. “Ascolta,
questo è il motivo principale per cui volevo parlare con te. Draco sarà devastato
nel momento in cui suo padre non sarà più con noi. Se vogliamo che non cada a
pezzi, avrà bisogno di qualcosa di importante che conti su di lui”.
“Ma
sicuramente sua madre…”.
“Si
rimetterà in sesto per Narcissa, senza dubbio. Ma non è ciò che intendo. Avrà
bisogno che qualcuno sia lì per lui. Qualcuno che gli dia un motivo per non
ritirarsi dietro ai muri che si è costruito. Praticamente, avrà bisogno di te e
del bambino”.
La Granger
scosse la testa. “Parkinson, questo va al di là di ciò che io e Malfoy abbiamo
concordato. Sì, avremo questo figlio in comune, ma fine”.
“Ed io ti
chiedo di passare oltre. Ti chiedo di provare ad essergli amica. Se i Guaritori
non riusciranno a guarire Lucius solo tu potrai dargli qualcosa che il resto di
non sarebbe in grado”.
“Credo tu ci
abbia pensato troppo”.
“Senti,
condividerete un legame: il bambino. Per cui dovrete lavorare assieme, fare
compromessi di tutti i tipi per problemi complicati. Ma Granger, sto dicendo
che potrebbe esserci più di quello. In poco tempo ti ha detto tante cose che ha
tenuto nascoste anche ai suoi amici di lunga data”.
“Solo perché
doveva essere più onesto per il bene del...”.
“Bambino”,
finì Pansy per lei. “Esattamente, Granger. Non ti chiedo di essere la sua nuova
migliore amica, ne ha già due. Ti chiedo di essere quella persona che si trova
al di fuori della sua solita vita. Qualcuno da qui può andare e sfogarsi”.
“Parliamo di
Malfoy. Non credo di sfoghi”.
Pansy smezzò
un sorriso. “No, non lo fa. Imbottiglia tutto ma tu, per qualche ragione, hai
già fatto breccia, anche se non intenzionalmente. Immagina cosa potresti fare,
se ti ci mettessi d’impegno”.
“Non lo so.
Mi stai chiedendo molto”.
“No, è solo
impressione. Non vuoi avere un rapporto cordiale con lui, per il bene del
bambino?”.
“Beh, certò,
ma questo è più complicato”.
“Solo se lo
rendi tale”.
“È una
risposta così Serpeverde”.
“Sì, e Draco
è un ex Serpeverde. Non sto facendo l’ottusa deliberatamente, capisco le tue
riserve. Semplicemente non credo siano importanti. Ne beneficereste sia tu che
il bambino. Provaci, Granger. È tutto quello che ti chiedo”.
Con quelle
parole, Pansy finì il caffè e si alzò. “Siamo state molto civili”, disse con un
sorriso.
“Almeno non
mi accusi di essere una rovina famiglie”.
Lei rise.
“Non c’era nulla da rovinare. Ed in ogni caso Draco è sicuramente a digiuno per
quanto riguarda le, com’è che hanno detto le vecchie babbione? Ruba uomini”.
“Che
simpatica”.
“Pensaci”,
disse facendo l’occhiolino, prima di lasciare la Granger al tavolo che la guardava
con un’espressione scioccata.
Pansy,
arrivata a Charing Cross Road, finalmente rilasciò il sorriso gioioso che
voleva disperatamente fare durante la conversazione. Adrian poteva aver ragione
del dire che Draco avesse bisogno di sviluppare dei sentimenti per la Granger
da solo, ma sicuramente non significava che lei non avrebbe potuto istruirla
sulla sua personalità. E magari anche darle qualche spunto su ciò che sarebbe
potuto accadere tra di loro.
Hermione
rimase seduta sconvolta al cafè. Davvero la Parkinson le aveva suggerito ciò
che pensava? Di certo quello non sarebbe successo. Sicuramente era ovvio
a tutti quelli che avevano frequentato Hogwarts che lei e Malfoy erano
assolutamente incompatibili.
Diede
un’occhiata all’orologio sul muro ed imprecò piano. Era in ritardo per il
pranzo domenicale dai Weasley.
Nella fretta
di arrivare in tempo alla Tana, Hermione non aveva avuto il tempo di processare
commenti e sguardi che le lanciavano quando arrivò di corsa al Paiolo Magico ed
usò la connessione Metropolvere per arrivare ad Ottery St. Catchpole.
Inciampò
uscendo dal camino alla Tana proprio mentre tutti si sedevano al tavolo.
“Hermione!
Eccoti qui. Ci chiedevamo dove dovessi andare”, disse Molly avvicinandosi per
darle un abbraccio.
“Scusate, ho
perso tempo a Diagon Alley”.
Harry le
lanciò uno sguardo preoccupato. “Non hai avuto problemi, vero?”.
“Qualcuno. Una
vecchia babbiona pensava spettasse a lei buttarmi fuori da Babbitty Rabbitty”.
“Cosa?”,
chiese Ron, oltraggiato.
“Pansy
Parkinson era lì ed ha calmato gli animi prima che io riuscissi ad affatturare
qualcuno”.
“La
Parkinson?”, disse incredulo Ron.
“Lo so. È stato
trano, ma sono in ritardo perché ha voluto prendere un caffè con me, dopo”.
Questa volta
Ron non la interruppe, rimanendo con un’espressione stupita.
“Di cosa
voleva parlare?”, chiese Ginny.
“Credo
volesse soprattutto dirmi di non fare troppo la dura con Malfoy”.
“Immagino
che lui o Lucius glie l’abbiano chiesto”, supposte Harry, ed istantaneamente
gli uomini Weasley fecero una smorfia.
Tra Hermione
e la famiglia Weasley non c’erano segreti. Si comportavano come cugini
estremamente affettuosi, e lei non aveva avuto alcun rimorso a raccontare loro la
proposta di Lucius. Gli uomini Weasley erano diventati immediatamente iperprotettivi.
Hermione veniva considerata alla pari di Ginny, una sorellina onoraria che
aveva bisogno di essere protetta da uomini predatori o manipolativi come i
Malfoy. Lei aveva roteato gli occhi e li aveva informati di essere più che in
grado di badare a sé stessa, il che aveva messo fine al picco di
testosterone mentre i mormorii riguardo a quale subdolo piano Lucius e la sua
prole stessero macchinando erano continuati.
Lei scosse
le spalle. “Ne dubito. Ma anche se l’avessero mandata non mi avrebbe fatto
cambiare idea sul piano. Ho passato una settimana bruttissima ma ciò non significa
voglia sacrificare la mia integrità nel tentativo di giocare alla famiglia
felice con Draco Malfoy”.
“Giusto Hermione,
fagliela vedere!”, disse entusiasta Ron in un modo un po’ strano, vista la
bocca piena di patate arrosto.
Decidendo di
porre fine alla conversazione, Hermione prese coltello e forchetta e si servì
una porzione di ciò che sembrava una deliziosa fetta di roastbeef.
A pomeriggio
inoltrato Hermione si trovava seduta in una delle vecchie poltrone nel giardino
della Tana, picchiettando sulla tazza da tè. Era stata una giornata estiva
meravigliosa, ed il verdeggiante paesaggio del Devonshire era riuscito a tranquillizzarla.
Era in momenti come quelli che apprezzava davvero essere una strega: poter fare
spese a Diagon Alley, nel cuore di Londra, in mattinata e poi passare un
rilassante pomeriggio nel Devon era una cosa che di norma avrebbe richiesto un
viaggio in macchina di almeno cinque ore.
Un passo leggero
di piedi nudi attirò l’attenzione di Hermione lontano dal tramonto, facendole girare
la testa verso una sorridente Luna, che si sedette a gambe incrociate nella
poltrona di fianco a lei.
“Il Devon è
sempre stata la mia contea preferita”, disse Hermione. “Da piccola ci venivo
con i miei genitori. Prendevamo in affitto una casetta a Dartmoor e passavamo
il tempo scalando i Tors. Quelle vacanze rimarranno sempre uno dei miei ricordi
più cari. Ho ancora un barattolo di sassolini che ho comprato quando avevo otto
anni alla Casa dei Marmi in Bovey Tracey”.
Luna
sorrise. “Dartmoor è un posto speciale, ecco perché ti piace. Mia mamma mi ci
portava a passeggiare tra i vecchi cerchi di pietra. C’è un sacco di magia
latente, lì”.
“Davvero?”,
chiese Hermione. “Non ci ho mai riflettuto molto ma i cerchi e le pietre di
Merrivale sono il posto in cui ho provato per la prima volta la magia. Una pecora
era rimasta incastrata, e la volta al di sopra si era spezzata in due. Aveva paura
e continuava a sanguinare. I miei genitori stavano discutendo se andare o meno
da uno dei fattori per metterli al corrente, mentre io sono riuscita a farla levitare.
Avevo sei anni, e loro non riuscivano a capire cosa fosse successo. Si convinsero
che io avessi in qualche modo mostrato alla pecora una via d’uscita”.
Luna rise
sommessamente ed Hermione sorrise pensando alla propria infanzia. Ormai sembrava
così lontana. La cosa più difficile che aveva scoperto nel diventare una strega
era stata l’inevitabile distanza che si era frapposta tra lei e la sua famiglia
di Babbani. C’era una barriera naturale che si frapponeva, dato che loro non
avrebbero potuto capire la sua vita come avrebbero invece potuto fare se fosse
diventata una maestra od una dottoressa.
Le circostanze
della sua gravidanza non avevano avvantaggiato le cose. Sua madre non riusciva
a capire perché avesse voluto perseguire quella strada nonostante avesse di
fronte a lei ancora molti anni di gioventù. Suo padre non capiva perché una
clinica babbana non sarebbe stata un’opzione migliore. Non erano nemmeno molto
felici che il padre fosse Malfoy. Sapevano tutto riguardo quella famiglia con
pregiudizi sul sangue, avendo presenziato di persona allo scontro tra Lucius ed
Arthur al Ghirigoro l’estate del suo secondo anno ad Hogwarts. Inoltre,
arrivata a casa, lei aveva raccontato loro molte cose riguardo Draco e la sua
personalità malvagia durante la scuola.
“C’è
qualcosa di cui vorresti parlare, Hermione?”, chiese Luna, distogliendola dai
propri pensieri. “Sento tu non ci abbia raccontato tutto a pranzo”.
Era proprio
ciò che Hermione non aveva capito di star aspettando, e proveniva dalla persona
perfetta. Nonostante fosse molto più in confidenza con Harry, Ron e la famiglia
Weasley, Luna le offriva un tipo di amicizia diversa, meno convenzionale ma giudicava
anche di meno. Inoltre, non era solita alla rabbia ma possedeva una personalità
calma e riflessiva, della quale lei era sempre stata gelosa. Le sue idee
strambe mascheravano il fatto di quanto Luna si sentisse a suo agio con sé stessa.
Non temeva le prese in giro e nemmeno sembrava soffrire di quei dubbi
esistenziali che a volte attanagliavano Hermione, che invece sembrava sicura di
sé in superficie.
“Credi abbia
fatto un errore a rifiutare la proposta di Lucius?”, mormorò.
Luna la
osservò attenta. “Cosa te lo fa pensare?”.
“Beh, è solo
che tutto ciò sta diventando molto complicato. Pensavo davvero di avere una
possibilità di far cessare i pettegolezzi dando una mia versione della verità,
ma sembra che non stia funzionando per nulla”:
“E fare a finta
di avere una relazione con Draco renderebbe le cose più semplici?”.
Hermione scrollò
le spalle. Davvero non lo sapeva, ma non era nemmeno sicura di quanto a lungo
ancora avrebbe potuto sopportare i pettegolezzi.
“Forse le
farebbe diventare più accettabili, ha suggerito Lucius”, disse.
Luna inclinò
la testa. “Credo tu abbia fatto la cosa giusta. Non credo ne sarebbe uscito
nulla di buono nel fare a finta di essere innamorata di Draco. Capisco la
tentazione, ma dubito che entrambi sareste riusciti a fingere così bene”.
Hermione
sorrise grata all’amica. Aveva proprio bisogno della calma rassicurazione di
aver fatto la scelta migliore. Distolse l’attenzione dall’ex Corvonero e tornò
a fissare il tramonto.
“Comunque, credo
avreste più successo nel creare una relazione duratura se vi permetteste di
fidarvi l’uno dell’altra”.
Ciò la fece tornare
sull’attenti. “Cosa?”, chiese voltando la testa verso Luna con lo shock dipinto
in volto.
Luna non
disse nulla e rimase a fissarla con un sorriso giocoso.
“Perché tutti
mi dicono cose del genere?”, chiese Hermione.
“Oh? Allora non
sono la prima a dirtelo?”.
“La
Parkinson ha fatto un commento esplicito riguardo a Malfoy sull’essere maturo
per essere raccolto, se volessi”.
Luna rimase
in silenzio e bevve un sorso di tè. Hermione non era stupida, sapeva che l’amica
aveva altro da dire. “Cosa, Luna? Per favore, dillo e basta”.
“Non sono
sicura tu sia pronta a sentirlo”.
“Mettimi
alla prova. Sono una bambina cresciuta”.
“Beh, è solo
che ho notato quanto siate soli sia tu che Draco”.
Hermione si
infervorò. “Non sono sola!”.
“Non in
tutti i sensi, no. Hai un bel gruppo di amici, ma non ti sei mai data tanta pena
per una relazione. E, ad essere onesta, da quanto ti sei lasciata sfuggire,
credo che le cose tra te ed i tuoi genitori potrebbero andare meglio”.
Lei abbassò
lo sguardo sulla tazza. In qualche modo Luna riusciva sempre ad arrivare al
cuore del problema. Lo aveva fatto durante la scuola con Harry, ed ora si stava
dimostrando altrettanto saggia.
“A volte
credo che questa sia la maledizione dei Nati babbani. Non appartenere davvero a
nessun posto”.
“Tu
appartieni a questo mondo, Hermione. Non posso dire nulla riguardo al mondo
Babbano, ma di sicuro appartieni a questo posto”.
Hermione le
sorrise caldamente. “Grazie. Non so cosa ci sia che non va in me sta sera, ma
mi sento così triste”.
“Stai
passando un brutto momento. La gravidanza non è mai facile per quanto riguarda
le emozioni e, come ciliegina, bugie sul tuo conto vengono stampate sui
giornali e gli estranei credono che ciò gli dia il permesso di sputare sentenze”.
“E non aiuta
nemmeno il fatto che sia i tuoi amici che i vecchi nemici sembrino pensare che
dovrei essere ingabbiata con un ex Mangiamorte”, disse piccata.
Luna rise. “Era
solo un’osservazione, sia per me che per Pansy. Io voglio vederti felice, e
penso che lei voglia lo stesso per il suo amico”.
“Dubito che
avere una relazione sentimentale con Draco Malfoy mi farebbe felice, e vice
versa”.
“Oh, non lo
so. Ti ho già detto che lui sembra più felice in tua compagnia di quanto lo
vedessi con Astoria”.
“E quante
volte l’hai visto con lei?”.
“Qualche
volta, ma io non sono ostile come te, Ron ed Harry. Ci ho parlato varie volte,
e si è anche scusato per la mia prigionia a Malfoy Manor durante la guerra”.
Hermione guardò
l’amica con la bocca aperta.
“Davvero non
è così cattivo come pensate voi tre. È cresciuto molto e non è lo stesso
ragazzino arrogante che era a scuola”.
“Beh, è già
qualcosa almeno”.
“Apri la
mente, Hermione. Potresti scoprire che ti sorprenderà”, disse Luna battendole
una mano, prima di alzarsi e tornare alla Tana.
Hermione
rimase seduta sulla poltrona. Quel giorno le aveva dato molto a cui pensare. Forse
era il momento di smetterla di rimuginare così tanto sul passato e concentrarsi
sul futuro. Dopotutto, Malfoy sarebbe stato parte della sua vita per molto
tempo, grazie al figlio che condividevano.
Draco passeggiava
nella grande cucina sul retro di Malfoy Manor. Era un cimelio dei vecchi tempi,
con un imponente caminetto, che una volta veniva usato per arrostire la carne
allo spiedo, e vari piani di lavoro con un tavolo di legno al centro. Vi si
trovavano anche varie dispense e mensole in vari punti della stanza e le enormi
finestre affacciavano sul giardino usato per coltivare verdure ed erbe aromatiche.
Normalmente il
luogo brulicava di elfi domestici che correvano tra cucina e giardino ma, a
quell’ora della notte, era silenzioso. Quello era il suo momento preferito per
razziare la dispensa, prepararsi una tazza di tè e sedersi sulla panca
posizionata vicino al tavolo. Si sedette proprio lì, mangiando il bel pezzo di
torta alla frutta che si era appena preparato. Era un bel posto per raccogliere
i pensieri.
Era stato a
casa di Millie. Lei aveva organizzato una cena per presentare il nuovo
Guaritore che aveva iniziato a frequentare. Draco lo ricordava vagamente ad
Hogwarts. Era più vecchio di cinque anni e Corvonero, il che non lo aveva di
certo fatto entrare nella lista di suoi interessi. Ma era anche un tipo
gentile, che sembrava trattare bene Millie. Pansy aveva apprezzato immediatamente
il suo aspetto: cappelli castani lucenti ed occhi blu perforanti. Il che aveva
fatto storcere il naso sia a Draco che ad Adrian, mentre Millie era
semplicemente arrossita.
Il rumore di
passi leggeri lo fece voltare dalle finestre scure alla porta. Sua madre entrò
in silenzio e si bloccò sorpresa quando vide il figlio già seduto a tavola.
“Draco!
Quando sei arrivato?”.
“Circa venti
minuti fa”.
“Millie non
ti ha nutrito abbastanza?”, chiese lei, con un sopracciglio alzato.
Lui guardò
la torta e sorrise divertito. “In realtà sì. Mangio solo per fare qualcosa”.
“È carino il
suo nuovo ragazzo?”.
“Sembra
abbastanza piacevole e piuttosto affascinato da Millie”.
“Ottimo. Ne ha
bisogno, visto come l’ha trattata Ludovic”.
Draco grugnì
alla menzione dell’ex fidanzato, che si era dimostrato essere un traditore e
truffatore.
“Già. Beh,
se la dovesse trattare allo stesso modo io ed Adrian avremmo qualcosa da dirgli”.
Narcissa di
sedette di fianco al figlio con un bicchiere d’acqua.
“Vuoi che ti
faccia una tazza di tè?”, chiese Draco.
“No, mi
farebbe rimanere sveglia. Ma, visto che sei qui, vorrei dirti una cosa”.
Draco ruggì
mentalmente. Al momento sentiva di non riuscire a sopportare altre
informazioni. Era stato già abbastanza brutto quando Pansy lo aveva preso da
parte alla festa per raccontargli di come avesse dovuto intervenire per fermare
la Granger dall’affatturare qualche vecchia strega che l’aveva importunata a Diagon
Alley quel giorno. Non voleva sentirsi male per la situazione in cui aveva messo
la ragazza, ma non riusciva a farne a meno. Se non fosse stato per la sua ex
moglie vendicativa, i giornali e la gente in generale non le avrebbero dato la
caccia.
“Non c’è
bisogno di fare quella faccia”, disse sua madre con un sorriso. “Non è niente
di brutto. Si tratta del tuo compleanno la prossima settimana”.
Con i
recenti tumulti nella sua vita, si era completamente dimenticato che sarebbe
diventato trentenne quel sabato.
“Cosa di
preciso?”.
“Beh, volevo
fare una festicciola”.
Questa volta
lui grugnì. “Mamma! Davvero non credo sia il momento adatto per una festa”.
“Oh, sta
zitto, Draco. Non compi trent’anni tutti i giorni”.
“Non c’è
molto da festeggiare. Ho trent’anni, sono divorziato ed avrò un figlio in
provetta con una donna che mi odia nel profondo”.
Sua madre lo
guardò con disapprovazione. “Non c’è da meravigliarsi che le cose siano così
ingarbugliate, se diventi così depresso a riguardo. Faremo una festicciola, che
ti piaccia o meno”.
“Mamma! Compio
trent’anni, non cinque! Credo di poter decidere ciò che voglio”.
“Peccato, perché
ho già mandato gli inviti. La solita gente, ma mi chiedevo se volessi invitare
anche la Granger. Credo dovrebbe esserci”.
“Non
creerebbe più speculazioni?”.
“Non è che
ci saranno i giornalisti. Comunque, la gente dovrà abituarsi all’idea del
vostro legame, anche se avete declinato l’idea di tuo padre”.
“Credi
davvero che sia il momento giusto?”.
“Non esiste
il momento giusto, Draco”.
Lui annuì,
rassegnato. “Ok, manda un invito alla Granger. Faresti meglio a mandarne uno
anche a quegli ottusi dei suoi amici ed alle mogli. Dubito vorrebbe partecipare
senza supporto morale”.
Mentre sua
madre sorrideva felice per il suo suggerimento, lui aveva già iniziato a lamentarsi
di come sarebbe stata la festa.
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Capitolo 16 *** Due Passi Avanti ***
Cap 16
Due Passi Avanti
Hermione
riusciva a sentire le farfalle svolazzare nello stomaco, mentre camminava nervosamente
verso il reparto neonatale del San Mungo per la prima ecografia. Aspettava quel
momento da quando aveva scoperto di essere incinta. Sarebbe stata la prima
immagine del bambino e dire che fosse eccitata sarebbe stato poco. Era anche
leggermente preoccupata. L’obiettivo maggiore della visita era controllare se
il bambino fosse a rischio sindrome di Down. Il pensiero di scoprire qualcosa
di peggiore le faceva venire l’ansia, così come la prospettiva di essere
accompagnata da Malfoy.
Sarebbero stati
insieme, come una coppia normale.
Si guardò intorno
e vide che Malfoy era già lì, ad adocchiare i libri sulla gravidanza poco a suo
agio. Non riuscì a trattenere il sorriso mentre interiorizzava quanto fuori
luogo sembrasse. Probabilmente non aiutava nemmeno il fatto che l’unico altro
uomo presente fosse assieme ad una donna incinta, mentre lui sedeva lì da solo,
cupo.
Hermione pensò
di dover sbrigarsi e permettergli un po’ di sollievo. Lui emise un sospiro di
sollievo udibile, mentre gli si sedeva di fianco.
“Grazie Salazar!”,
disse lui. “Mi lanciavano sguardi strani. Credo che quel tipo laggiù pensasse
io avessi qualche feticismo per le donne incinte e volessi sua moglie”.
Ad Hermione
scappò una risata. “Scusa, mi hanno trattenuta in ufficio. In realtà avevo
paura di arrivare in ritardo”.
Furono gli
sguardi che le lanciarono quando era arrivata che le fecero comprendere l’orribile
scenario. Avrebbe voluto prendersi a sberle per non averci pensato prima. Si guardò
attorno, notando che le altre coppie e la receptionist avevano gli occhi
incollati a loro, come se non potessero crederci.
“Che stiamo
facendo?”, soffiò al biondo.
“Cosa?”.
“Questa è stata
l’idea più stupida di sempre! Avremmo dovuto travestirti! Con tutte le
supposizioni su di noi, perché ci siamo presentati nel reparto neonatale?”.
Malfoy scrollò
le spalle, come se l’idea non gli fosse nuova. “La notizia della gravidanza sarebbe
uscita prima o poi”.
Lei strinse
gli occhi. “Avevi già pensato che ci sarebbe stata la possibilità, vero?”.
“Ad essere
onesti, Granger, sono sorpreso che tu non l’abbia fatto. Anche se il personale
della clinica fosse abbastanza professionale da tenere la bocca chiusa, dubito
che le coppie laggiù farebbero altrettanto”.
Hermione le adocchiò
nervosamente. Sussurravano tra loro, il che poteva trattarsi di qualsiasi cosa,
ma continuavano a lanciare occhiate furtive a lei e Malfoy.
“Potrebbero
non dire nulla”, disse, più per la speranza che l’aspettativa.
“Certo che
lo faranno. Scommetto che verranno anche pagati profumatamente per l’informazione.
Probabilmente abbastanza da potersi permettere una nursery decente”.
Lei grugnì e
si prese la testa tra le mani. “Questo è un incubo!”.
“Ricomponiti,
Granger. Stai aumentando l’intrattenimento”.
“L’hai fatto
di proposito, vero? Credi che se la notizia venisse fuori accetterei l’idea di
tuo padre”, soffiò furiosa.
Calò il
silenzio per qualche spiacevole secondo, prima che Malfoy l’afferrasse
saldamente per il braccio. “Ora ascoltami bene, irritante e paranoica donna. Ti
ho mai dato impressione di voler assecondare mio padre? Ti ho messa sotto
pressione? O ti ho permesso di rispondere alle insinuazioni dei giornali come
volevi?”.
Il tono basso,
arrabbiato e misurato che Malfoy aveva usato era più minaccioso di quanto
avrebbe potuto essere una sfuriata. Provò del rimorso per le accuse fatte un
momento prima. Era vero: non aveva mai menzionato il piano dopo che lei l’aveva
rifiutato. Il fatto era che le stava frullando per la testa e l’aveva detto
cercando una scusa, perché troppo insicura su cosa fare e la possibilità reale
che la notizia della sua gravidanza sarebbe stata su tutti i giornali il giorno
dopo l’aveva fatta diventare ancora più sospettosa.
“Scusa”,
mormorò. “Immagino che questo, dopo l’invito alla tua festa di compleanno, mi abbia
fatto aumentare la sfiducia”.
“Potevi
rifiutare l’invito, invece che mandare praticamente subito una risposta
affermativa”, disse Malfoy con tono irritato.
Lei non
riuscì a tenere a bada il senso di colpa, arrossendo. A dire la verità era
rimasta sorpresa di averlo ferito. E di certo lui lo era molto.
“Il mio
primo pensiero è stato che si trattasse di un gesto da parte di tua madre, e
non credevo di doverlo rifiutare”.
Gli occhi di
lui incontrarono i suoi, mentre cambiava espressione per trasformarla in qualcosa
di più caloroso. “Era una sorta di offerta di pace da parte sua. Sono contento
te ne sia accorta”.
Lei gli sorrise.
“Sarà la nonna di questo bambino. Sarebbe terribile se fossimo ai ferri corti”.
Gli occhi di
Malfoy si piegarono ammaliatori, mentre un sorriso gli nasceva sul viso ancora
una volta. Lo stato d’animo precedente scomparve, mentre si allungava e le toccava
esitante il polso, come se il tocco gentile fosse un concetto a lui estraneo. “Lo
apprezzerà”.
Hermione
sapeva di dover probabilmente distogliere lo sguardo e studiare i manifesti sul
muro ma quel caloroso e più avvicinabile Malfoy era intrigante, e lei non
riusciva a non fissarlo. Senza l’espressione fredda e dura, era molto più
attraente. Per la prima volta da quando Sebastian Braun le aveva dato la
notizia dello scambio, si trovò ad essere ottimista sul futuro. Questo era un
Malfoy con cui poteva discutere, magari anche essere amica, il che era incredibile
se si pensava ai livelli di sfiducia ed ostilità che correvano tra di loro.
“Signorina
Granger, l’ecografo la può ricevere. Proceda lungo il corridoio, stanza due”, la
chiamò la receptionist, distruggendo completamente il momento.
Il sangue le
corse alle guance, mentre Hermione si alzava imbarazzata e seguiva Malfoy nel
corridoio.
Camminarono in
silenzio fino alla stanza due, ed Hermione bussò alla porta. Quando abbassò la
mano, tremava appena. Era li momento. Il primo sguardo al bambino. L’ecografo
li fece entrare, ed Hermione aprì la porta mentre Malfoy la richiuse alle sue spalle.
Il medico
alzò lo sguardo ed Hermione notò la breve confusione quando vide chi la
accompagnava.
“Buongiorno signorina
Granger e… signor Malfoy, vero?”.
“Sì”, rispose
Hermione.
“Ok. Beh, è
un bene ci siate entrambi per la prima ecografia. Se potesse sdraiarsi su quel
letto, signorina Granger, io preparo tutto”.
Il medico le
si affrettò intorno, mentre Hermione si issava sul letto ed il telo di carta si
appallottolava mentre cercava di mettersi comoda.
“Ottimo.
Ora, se può abbassarsi i pantaloni, iniziamo subito”.
Aprì il
bottone dei jeans e li abbassò appena sotto lo stomaco. Il medico li abbassò
ulteriormente, appoggiando un telo di carta al di sopra e tra le sue cosce.
“Sentirà un
po’ freddo”, disse il medico, prima di spalmare un gel chiaro sulla parte bassa
della sua pancia. “Riuscite entrambi a vedere lo schermo?”.
Hermione lanciò
uno sguardo alla sua sinistra, dov’era seduto Malfoy. Lui osservava lo stesso
schermo del medico, mentre lei vedeva quello direttamente di fronte. “Sì”, risposero.
L’apparecchio
venne posizionato sul gel, ed Hermione guardò ansiosa. Riusciva solo a vedere
un’immagine sgranata, con varie macchie bianche. Come poteva sapere quale fosse
il bambino? Il medico canticchiò, mentre spingeva l’apparecchio avanti ed
indietro, da un angolo all’altro. Più la cosa si faceva lunga e più Hermione diventava
nervosa. Stava avendo una gravidanza fantasma?
Alla fine, dopo
quelli che sembravano cinque minuti, il dottore sorrise ed indicò una piccola
macchia bianca. “Ecco, questo è il bambino”.
Ora che lo
aveva indicato, Hermione riusciva a vederlo, e fece un sorriso. Oh, sei bellissimo
pensò, percependo le lacrime agli occhi.
“Ciao, bimbo”,
mormorò.
“Scusa”,
disse Draco mentre lasciavano l’ospedale.
“Per cosa?”,
chiese la Granger.
“Non ho
pensato di chiederti se volessi sapere il sesso del bambino”.
“Va tutto
bene. Sapevo che è troppo presto perché si possa sapere”.
“Oh”, disse
lui. “Allora, vuoi saperlo all’ecografia delle venti settimane?”.
“Sì. Non vedo
l’ora che nasca. Voglio preparare tutto in anticipo e comprare un sacco di
vestiti, ma non di un tono neutrale. Anche se, se sarà una bambina, non vorrò
niente di rosa”, disse.
Lui sorrise
al tuo tono entusiastico ed il bisogno di essere organizzata. Gli ricordava la
Granger di Hogwarts. Una volta tutto ciò lo avrebbe disgustato, ma si stava abituando
a lei e stava scoprendo che era più piacevole di quanto avrebbe potuto
immaginare.
“Devi
tornare subito in ufficio o vuoi prendere qualcosa da mangiare?”, chiese.
Lei lo
guardò sorpresa. “Mi sono presa il pomeriggio. E certo, non ho avuto tempo per
pranzare come si deve”.
“Conosci qualche
posto qui intorno?”.
“Dipende. Cosa
ti piace?”.
“Non mi fa
differenza”, disse lui, scrollando le spalle.
Alla fine si
buttarono sul cibo asiatico e, quando si furono sistemati ed ebbero ordinato, l’imbarazzo
della situazione stava facendo pentire Draco dell’offerta. Forse era una pazzia
pensare che potessero costruire un qualche tipo di relazione amichevole.
“Cosa c’è?”.
Lui alzò lo
sguardo dai noodles con i quali stava giocando e vide che la Granger lo
guardava con la stessa espressione solare che aveva visto in ospedale.
“Cosa faremo?”,
chiese.
“Che
intendi?”.
Draco indicò
lo spazio tra di loro. “Riguardo a questo… a noi”.
Lei si
accigliò. “Non capisco cosa intendi”.
La frustrazione
salì. “Come faremo ad avere una qualche sorta di relazione? Riusciamo a
malapena a parlarci senza che la cosa diventi un litigio o imbarazzante. Non va
bene, se dobbiamo cercare di allevare un figlio insieme. Non voglio che nostro
figlio pensi che i silenzi siano normali. Voglio pensi che i suoi genitori si
piacciano, ma non so nemmeno se sia possibile. Come facciamo a dimenticare il
passato e questo casino in cui ci troviamo? Chi vogliamo prendere in giro? Non siamo
pronti a crescere questo bambino. Come faremo anche solo a spiegare com’è stato
concepito?”.
Finì di
parlare con il fiato che gli usciva pesante. Riusciva a sentire il sangue sulle
proprie guance e distolse lo sguardo, all’improvviso imbarazzato dalle emozioni
che gli erano appena sfuggite. Calò il silenzio e si rese conto di essersi
appena sfogato con la Granger. Cercò di ricostruire le proprie difese, recuperando
la maschera inespressiva.
“Non farlo”,
disse la Granger afferrandogli il polso. “Non chiuderti in te stesso”.
Lui la
guardò. Sembrava un po’ sconvolta, ma aveva un piccolo sorriso sulle labbra.
“Cosa?”,
chiese in imbarazzo.
“Niente”, disse
lei e lui strinse gli occhi, il che la fece ridere. “Ok, era una bugia. In
realtà, sono contenta”.
“Contenta?”,
chiese lui confuso.
“Sì. Beh,
anche un po’ scioccata. Ma dopotutto, sono felice che tu sia appena esploso. Mi
rende speranzosa”.
“Speranzosa?”.
Ormai si sentiva stupido a ripetere le sue parole come fossero domande, ma di
certo non era la reazione che si aspettava.
La Granger
si allungò, spingendo via il piatto per arrivare più vicina a lui. “Significa
che ti importa. Intendo, sapevo che volevi che questo bambino facesse parte
della tua vita e che fosse importante per te e la tua famiglia ma, ad essere
onesta, non ero sicura se fosse perché hai bisogno di un erede o perché ti
importa sul serio”.
“Certo che mi
importa. Non sono una macchina senza sentimenti”, disse lui.
Lei rise di
nuovo. “Non per essere sgarbata, ma non è che io abbia mai visto questo lato di
te”.
Draco si passò
una mano sulla nuca, mentre lei si riappropriava del piatto e si metteva in
bocca una grande forchettata di noodles.
“Non sono bravo
ad aprirmi”, disse alla fine.
Lei roteò
gli occhi. “Tu credo, Draco?”.
Lui strinse
le labbra divertito. “Non possiamo essere tutti Grifondoro pazzi ed emotivi”.
Ciò gli fece
guadagnare una bacchettata sulle nocche. “Simpaticone!”.
“Quindi da
dove cominciamo?”.
“Beh, verrò
alla tua festa e ci rassegneremo al fatto che la mia gravidanza sarà su tutti i
giornali domani”.
“È un’affermazione
molto ottimista”.
Lei gli
sorrise quasi timidamente. “All’improvviso ho scoperto di non essere poi così
depressa a riguardo”.
E la speranza
gli scoppiò nel petto. Il sollievo gli fece rilassare le spalle dalla postura
tesa che aveva assunto, mentre un sorriso gli nasceva sulle labbra.
Hermione guardò
il giornale di fronte a lei e fece una smorfia. Come Malfoy aveva predetto, la
loro visita alla clinica era stata schiaffata in prima pagina. Si chiese quando
la Gazzetta del Profeta avesse smesso di essere un giornale serio e
fosse diventata un giornaletto scandalistico. Poi ricordò le loro maligne bugie
su Harry anni prima. Alcune cose non cambiano mai, pensò.
Sospirò e si
alzò, lisciandosi il vestito e sistemandosi le ciocche di capelli che erano sfuggite
dalla crocchia. Si voltò ed esaminò la pancia allo specchio. Era strano pensare
che ci fosse un piccolo umano che cresceva dentro di lei. Un piccolo uomo che
condivideva i suoi geni e quelli di Malfoy. Qualche settimana prima, la cosa l’avrebbe
spaventata a morte. Ma stava iniziando a credere che sarebbero arrivati ad un
intendimento. Si rese conto che lo sviluppo le piaceva.
Aprì la
porta della camera, pronta ad unirsi agli altri che erano arrivati venti minuti
prima. Sorrise, mentre sentiva le voci dal piano di sopra. Trotterellò di sotto
ed entrò nel salotto, dove Ginny finiva di dare gli ultimi ritocchi ai ragazzi.
“Non riesco
a credere che andremo alla festa di compleanno di Malfoy”, grugnì Ron, mentre
Ginny gli annodava la cravatta. “O che debba vestirmi come una scimmia”.
Harry annuì
concorde. Aveva perso la battaglia con Ginny e le aveva permesso di ingellargli
i capelli, così che per una volta fossero in ordine. “Personalmente, non vedo
cosa ci sia di male nei jeans e qualche bevuta al bar”.
“Smettila di
lamentarti”, disse Ginny. “E ricorda che lo fai per tuo nipote o nipotina”.
“Hai letto la
Gazzetta del Profeta oggi?”, chiese Ron.
Harry annuì.
“Immagino sarebbe comunque venuta fuori prima o poi, ma ora fa sembrare una
bugia il racconto di Hermione”.
“Se mai
dovessi incontrare quell’uccellino della Greengrass, sarei molto tentato di
darle un pugno”, mormorò Ron.
“Non ne vale
la pena, Ron. Come ha detto Harry, doveva uscire prima o poi”, disse Hermione.
Ron la
scandagliò. “La stai prendendo meglio di quanto avrei immaginato”.
“Credo di
aver finalmente raggiunto un accordo con Malfoy”.
“Davvero?”,
chiese scettico Harry.
“Già. Praticamente
mi ha vomitato addosso quanto fosse terribile il nostro rapporto e come
sarebbero state brutte le cose per il bambino. Mi ha fatto ricredere su di lui,
davvero”.
“Beh, almeno
gli importa”, disse Ginny.
“Esattamente”,
replicò Hermione. “Fino a prima non ero davvero sicura di quanto volesse in
realtà questo bambino”.
“Sicura non
fosse una tattica per farti diventare più comprensiva?”, chiese Harry.
Ginny gli
fece segno di stare zitto.
“Cosa?”,
chiese Harry sulla difensiva. “Lo chiedo solo perché io ero lì quando Lucius ha
cercato di manipolare Hermione in una relazione scandalosa”.
“No, era di
sicuro reale. Dopo era così imbarazzato. Intendo, Malfoy prima di ieri non ha
mai davvero mostrato qualche emozione”.
Ron storse
il naso. “Non sono nemmeno convinto sappia cosa siano”.
“È
semplicemente solo”, disse Luna, emergendo dalla cucina con un bicchiere d’acqua
in mano.
“Non di
nuovo”, mugugnò il marito.
“No, credo
Luna abbia ragione”, disse Hermione. “Pansy mi ha praticamente detto che lui
non si apre davvero con i suoi amici e, da quello che dicono tutti, la sua relazione
con Astoria era terribile. È come se fosse intrappolato a causa dei doveri
verso la sua famiglia”.
Harry fece
una smorfia. “Non capirò mai perché le famiglie Purosangue impongano una tale enfasi
sui doveri piuttosto che sulla felicità”.
Ron rise. “Non
è qualcosa che puoi imputare ai Weasley”.
“Beh”, disse
Hermione, “con questo bambino la famiglia Malfoy dovrà cambiare. Non permetterò
in alcun modo che mio figlio sia spinto ad un matrimonio infelice solo per il
bene del casato”.
“Nessuna
famiglia purosangue permetterebbe che tuo figlio sposi uno dei loro”, la prese
in giro Ron. “Sarà un Mezzosangue”.
Lei rise,
riconoscendo la verità. “Anche se credo che i Purosangue stiano cambiando.
Pansy non cerca altro che spingere assieme me e Malfoy”.
Ron scoppiò
a ridere ed Hermione gli diede un pugno sul braccio.
“È quasi ora”,
disse Harry, ignorando l’amico. “Ormai la guerra è finita da più di dieci anni.
Non c’è più posto per quegli ideali”.
“Per quanto
affascinante sia questa analisi sull’ideologia Purosangue”, disse Ginny, “se
non ci muoviamo arriveremo in ritardo”.
“E comunque questa
è la nostra opportunità per verificare veramente quando siano aperti gli amici
Purosangue di Malfoy nei confronti miei e del bambino”, disse Hermione facendo
l’occhiolino.
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Capitolo 17 *** Cambio Di Marea ***
Cap 17
Cambio di Marea
La festa era
ormai arrivata al culmine, prima che Draco riuscisse ad avere un momento per sé
e se la svignasse velocemente verso il balcone, all’esterno della sala da
ballo, che sua madre aveva illuminato con candele svolazzanti e sfere di luce
colorate. Era incredibilmente bello, ma non coincideva con il suo umore.
Più vecchio
diventava, più odiava il proprio compleanno e l’enorme “affare di Stato” che
era diventato. Tutto ciò lo rendeva incredibilmente conscio del fatto che la
sua vita gli fosse sfuggita di mano e di come la cosa lo rendesse infelice.
Tempo addietro, una stanza gremita di arrampicatrici sociali che gli cantavano
le lodi e lo riempivano di regali era tutto ciò che avrebbe voluto; alla fine
ne aveva sposata una, anche se intimamente sapeva quanto vuota fosse. Con un
figlio proprio in arrivo aveva capito di volere di più, ma non era sicuro di
come ottenerlo.
“È qui che
ti sei nascosto”, disse Hermione mentre lo raggiungeva. Era rimasto a guardare
il giardino. Il tramonto si stava trasformando in un buio luccicante che
rappresentava appieno il suo umore, così non rispose.
“Credo sia andata bene, considerando tutto”, continuò lei, ignorando la mancata
risposta.
“Nessuno ti
ha detto qualcosa di male, vero?”, chiese Draco, all’improvviso preoccupato di
cosa avrebbe potuto subire. Aveva preso da parte gli amici prima che la festa
cominciasse, minacciando di maledirli se avessero messo a disagio Hermione.
“Il solito
scambio di battute, niente di diverso da quello che mi aspettassi”.
Draco non
era sicuro di aver capito cosa lei intendesse. Era nel senso generale, o nel
senso Serpeverde? Perché in senso generale non sarebbe stato un problema.
Nonostante ciò che gli altri pensavano, lui ed i suoi amici avevano davvero
senso dell’umorismo, tutt’altro che crudele. E se invece intendeva nel senso
Serpeverde? Poteva solo significare ingiurie e derisione. Anche se in realtà
sicuramente non riusciva ad immaginarsela fare a finta di nulla, in quel caso.
Era rimasto
sorpreso nel vederla completamente a suo agio alla festa. Non si era appiattita
ansiosamente al muro, bensì era arrivata come una ventata d’aria fresca, la
vita e l’anima della casa, ignorando i sussurrii e gli sguardi che l’avevano
accolta. Si era imbambolato nel vederla ballare in pista, prima con Adrian, poi
con Theo ed infine con Blasie. Sembrava aver stregato anche loro, se avesse dovuto
interpretare i sorrisi e le risate che erano volati. Theo era persino arrivato
a dargli una manata sulla schiena, congratulandosi per la sua fortuna, il che
non faceva presagire nulla di terribile.
Aveva deciso
di non indagare oltre. Hermione non era certo un tipo timido o reticente. Era
piuttosto sicuro che se i suoi amici fossero stati spiacevoli nei suoi
confronti ne avrebbe sentito sicuramente direttamente da lei, e di certo non si
sarebbe trattenuta.
Hermione
voltò la schiena verso il giardino, sporgendosi contro la balaustra del
balcone. “Allora, perché sei qui fuori tutto solo?”.
Draco
scrollò le spalle. “Non sono dell’umore. Odio queste cose”.
Lei alzò un
sopracciglio. “Pensavo fosse esattamente ciò che ti piace”.
“Un tempo lo
era. Ora lo vedo per ciò che è: un sacco di persone finte, che fanno a finta di
interessarsi al fatto che sono più vecchio di un anno”.
Lei fece una
smorfia. “È un quadro piuttosto pessimista”. Allontanò una mosca immaginaria,
mentre lui apriva la bocca per litigare. “Hai parecchi amici lì dentro. A loro
importa, e sono genuinamente preoccupati per te”.
Draco
arricciò il naso. “Preoccupati per me. Certo!”.
Lei arricciò
le sopracciglia in disapprovazione. “Ti ha davvero fregato, vero?”.
“Cosa? Di
chi stai parlando?”.
“Astoria. È
riuscita a trasformarti in questa specie di essere umano cinico che
automaticamente allontana chiunque”.
Draco si
voltò. Non avrebbe ascoltato certe cose, soprattutto non da lei. Non voleva
parlare di Astoria. Era piuttosto sicuro di non voler mai più parlare della sua
ex moglie, e sicuramente non voleva chiacchierare degli effetti che lei aveva
avuto sulla sua personalità. L’ultima volta in cui aveva liberato le proprie
emozioni con una donna aveva finito per sposarla.
Hermione
fermò con un braccio il suo tentativo di fuga. “Non farlo, Draco. Non scappare
a nasconderti solo perché non vuoi avere una conversazione che ti mette a
disagio”.
Scompigliandosi
agitato i capelli, lui si voltò nuovamente. “Non posso. Non sono come te, pieno
di sicurezza ed autostima, che parla di qualsiasi cosa con chiunque. È troppo,
troppo personale, e non sono pronto”.
Hermione si
mise le mani sui fianchi nel modo, familiare anche a Draco, che aveva usato
tante volte ad Hogwarts quando era esasperata dai suoi amici. “Credi sia facile
per me? Che riesca a saltellare in casa tua, venire alla tua festa con i tuoi
amici e comportarmi come noi, o questa gravidanza, e tutto quanto quello che è
successo nelle ultime 12 settimane o quel che è non sia nulla? Non credo nemmeno
tu comprenda, Draco Malfoy, lo sforzo che mi ci è voluto per avvicinare i tuoi
amici ed essere amichevole. Non tanto tempo fa mi chiamavano Mezzosangue e
storcevano il naso al mio passaggio”.
La vergogna
gli arrivò alla testa e si ritrovò incapace di guardarla negli occhi. Non
intendeva dire quello. Non era così insensibile.
“Scusa, non
intendevo questo. Solo io non…. Non sono bravo a raccontare. Pensavo l’avessi
capito, dopo ieri”, disse accarezzandosi il collo ed evitando il suo sguardo.
Cos’aveva
quella donna per essere in grado di entrargli sottopelle? Aveva passato anni a
sviluppare un controllo di cui andava fiero. Nessuno aveva penetrato la
barriera che si era creato attorno, a meno che lui non glie lo permettesse, ma
ora lei era lì ed in meno di due giorni era riuscita a procurargli un
esaurimento. Due volte.
Una leggera
fragranza floreale gli fece sollevare il viso e si ritrovò a fissarla negli
occhi. Aveva colto il momento di distrazione per avvicinarsi più di quando
avesse mai fatto.
“Draco, va
bene lasciarsi andare. Non devi essere sempre così super controllato tutto il
tempo. Non è naturale”.
Il fiato di lei
gli si infranse sulla guancia e si trovò a sporgersi, prima di riprendersi e
tornare con i piedi per terra.
“Non conosco
altro modo”, ammise.
Sorridendo
appena, Hermione alzò una mano sulla sua guancia. “Allora è il momento di
imparare. Questo bambino non avrà un ghiacciolo come padre”.
Il calore
che sprizzava dal viso di lei toglieva il fiato e si rese conto che ciò era
esattamente il motivo per cui ispirava lealtà a tutti i suoi amici.
Quell’amorevole, empatica e dolce donna aveva sopportato i colpi che la vita le
aveva inferto e si era rialzata. Non le importava un fico secco di ciò che il
mondo pensasse di lei e, se ci teneva a qualcuno, avrebbe combattuto al suo
fianco fino alla fine. All’improvviso aveva capito che non gli sarebbe
dispiaciuto averla accanto.
Hermione
riuscì a resistere a tutti i tentativi di Narcissa di riportarla nella sala da
ballo, quando li trovò all’esterno. Aveva sospinto Draco di nuovo in casa per
spegnere le candeline, facendo l’occhiolino e lanciando un sorriso cospiratorio
ad Hermione. Hermione aveva riso, pensando al fatto che lui sicuramente non aveva
bisogno né voleva delle candele sulla torta, e si era goduta lo sprazzo di
giocoso rapporto che Draco aveva con sua madre.
Una mano le
andò sulla pancia, mentre pensava a ciò che il futuro avrebbe avuto in serbo
per lei ed il suo bambino. Sperava avrebbe avuto la stessa vicinanza che c’era
tra Draco e Narcissa, per quanto starno potesse sembrare. Poteva non essere
proprio evidente, ma i Malfoy erano una famiglia estremamente affiatata. Fece
una smorfia di disappunto, pensando alle prime settimane di gravidanza ed a
quanto impaurita fosse alla prospettiva di avere un figlio che ne sarebbe
entrato a far parte.
Forse
iniziava ad importarle anche di Draco. La paura ed i sentimenti di repulsione
che le erano rimasti dopo la guerra erano ormai spariti. Ora riusciva a vedere
oltre e sapeva che Draco era vulnerabile tanto quanto lei, a volte anche di più
perché disperatamente infelice, solo ed alla ricerca di una famiglia. Che lei
sapesse tutto questo aveva reso Draco molto più indulgente, aveva fatto in modo
che lo scudo con cui si proteggeva fosse più comprensibile e lei sicuramente
capiva il suo desiderio di crearsi una famiglia da chiamare propria. Lei voleva
esattamente la stessa cosa, nonostante fosse molto legata ai suoi amici.
Il rumore di
un bastone che picchiettava sul marmo le fece voltare la testa. Alzò un
sopracciglio, alla vista di Lucius che le andava incontro.
“Ah, è qui,
signorina Granger. Mia moglie mi ha detto dove l’avrei trovata”.
“Mi stava
cercando?”, chiese sorpresa.
“I suoi
amici, il signor Potter ed il signor Weasley, la stavano cercando. Ho detto
loro che l’avrei cercata”.
Il pensiero
di Harry e Ron che si avvicinavano a Lucius per chiedere dove lei potesse
trovarsi la fece divertire come non mai e non riuscì a reprimere una risata, che
le sfuggì dalle labbra.
“Qualcosa la
diverte, signorina Granger?”.
“Per favore,
mi chiami Hermione. Signorina Granger mi fa sentire incredibilmente vecchia”,
rispose lei, ignorando la domanda.
“Come
desideri, Hermione”, disse lui.
Hermione
notò contenta che non le aveva chiesto di risponderle. Ora che sapeva dove
fosse, si aspettava che Lucius se ne andasse, o che le chiedesse di tornare
dentro e cercare gli amici. Invece lui rimase fermo, posando una mano sul muro
del paio.
“Narcissa ha
fatto un lavoro meraviglioso con i giardini”, fece casualmente notare lui.
“Davvero?”.
“Sì. Per
quanto sia difficile da immaginare, quando mi ha sposato erano in uno stato
pietoso. Nessuno li curava più da generazioni”.
“Avrei
pensato ci sarebbero stati squadre di giardinieri, per fare tutto questo”.
Lucius si
voltò e le sorrise. “Oh, mi hai capito male. Non erano maltenuti, solo non
c’era fantasia. Alberi e siepi immacolate, ma niente fronzoli né così tante
varietà di fiori. Narcissa invece ne ha passione, sai, e la prima cosa che ha
fatto come mia moglie è stato cambiare tutto ed introdurre una varietà di
colori e fragranze. Ha fatto dare le dimissioni al Capo Giardiniere”.
Hermione
rise leggera, immaginandosi un giardiniere imbellettato rosso di rabbia per gli
ordini di Narcissa di piantare più fiori. Lucius la osservò con uno sguardo
pieno di calore ed un sorriso sulle labbra. Era qualcosa che non avrebbe mai
immaginato di vedere, diretto a lei, e si chiese in che modo il patriarca
Malfoy la considerasse.
“Il
cambiamento è un bene, a volte è necessario”, disse lui, con tono
significativo.
Hermione lo
studiò attentamente, aggrottando le sopracciglia. Intendeva ciò che pensava
lei?
Una piccola
smorfia di scherno gli spuntò sul volto. Non di odio, ma divertita, mentre lo
fissava affascinata. “Oh sì, Hermione, intendo esattamente ciò che credi. Tu
vai bene per Draco, per questa famiglia”.
“Lo dice
solo perché vuole io riconsideri il suo piano?”, disse senza pensare.
“Per quanto
possa sorprenderti, no. Credo genuinamente tu lo sia, anche se non riusciresti
a crederlo”.
“Ma sono una
Nata Babbana. Dubito le faccia piacere il pensiero di un nipote Mezzosangue”.
“Questa è una
delle cose che ammiro di te, Hermione. Non ci vai per il sottile, arrivi
direttamente al punto. Credo sia un difetto della mia età, ormai sono passati i
momenti in cui mi divertivano i giochetti mentali. O forse è la mia malattia.
Adesso credo di non averne né il tempo né la pazienza”.
Non c’era
niente che lei potesse rispondere così rimase in silenzio, aspettando che lui
si spiegasse meglio. Lucius sospirò e si allungò sulla balaustra, appoggiando
il bastone in modo che non cadesse, prima di incrociare i piedi. “Non insulterò
la tua intelligenza facendo a finta che un nipote Mezzosangue facesse parte
delle mie cose preferite, ma la vita ha uno strano modo di ribaltare ciò che
credevi di volere, o ciò che credevi fosse il meglio, mostrandoti che in realtà
sarebbe il peggio. Prendi Astoria, ad esempio. Pensavo che se avessi tenuto
assieme il matrimonio, rifiutato di supportare Draco quando è venuto da me per
discutere del divorzio, avrei finalmente avuto un nipote, uno che potesse
continuare il lignaggio Malfoy e la purezza allo stesso tempo. Quanto sbagliato
è stato quel pensiero? Ma almeno ci ha portato nella situazione in cui ci
troviamo”.
“Sta davvero
cercando di dirmi che lo sbaglio della clinica sia stata una buona cosa?”.
“Precisamente.
Ed è ciò che intendevo quando ho detto che la vita mi dimostra dove sbaglio. Tu
sei tutto ciò che Astoria avrebbe dovuto essere. Hai fatto aprire Draco, l’hai
aiutato a buttare giù il muro che si era costruito, e trovo che questo sia
molto più importante per me rispetto al pensiero che i Malfoy non saranno più
Purosangue”.
Hermione non
riuscì a trattenere uno sguardo scettico. Sembrava troppo facile. Quello era
Lucius Malfoy, l’uomo che era stato uno dei più fedeli sostenitori di Lord
Voldemort. Era un po’ troppo da digerire sentirgli dire che il sangue di suo
nipote non era poi questa gran cosa.
“Mi perdoni
se la trovo una cosa un po’ troppo di convenienza, Lucius”.
“Mi stupirei
del contrario, Hermione. Dubito anche crederei a me stesso, se mi trovassi
nella tua posizione. C’è dell’astio tra te e questa famiglia e non c’è motivo
di fare a finta non sia così, ma non dovrà esserlo sempre. Magari è questa mia
malattia che mi ha costretto a riconoscerlo”.
“Se mi
perdona la franchezza, quanto è malato?”.
Il dolore lampeggiò
negli occhi di lui. “Sto morendo. I miei Guaritori non riescono a trovare
alcuna cura ed io divento più debole ogni giorno che passa”.
Non se lo
aspettava, ma una fitta di tristezza le trapassò il cuore. Quell’uomo
orgoglioso, che aveva fatto così tanto per fare del male a lei ed i suoi amici,
se ne stava andando in sordina ed in qualche modo sembrava sbagliato. “Non c’è
nulla che possano fare?”.
“Oh, ci
provano sempre. Sono la cavia personale del San Mungo, ma niente funziona. Mi
hanno sottoposto a troppa magia sperimentare, ed il più delle volte
estremamente dannosa. Ormai la vedo come una rivincita per i miei peccati”.
“Ma ci sarà
per la nascita del bambino, vero?”. Si pentì Immediatamente di aver pronunciato
quelle parole, troppo egoiste da dire ad una persona malata terminale. Era
anche ridicolo presumere che comunque lui ne sapesse qualcosa.
“Lo spero
molto”, disse lui. “Ma se non ci sarò, allora sono abbastanza egoista da
chiederti una cosa”.
“Tipo
cosa?”, chiese lei, lo stomaco chiuso per la direzione che quella conversazione
stava prendendo.
“Dai a Draco
una possibilità. Una vera, non solo perché avrete questo bambino assieme ma
perché c’è qualcosa che potrebbe nascere tra voi due. Lo vedo nel modo in cui
ti guarda, ma è confuso e non vuole fidarsi ancora dei propri sentimenti, non
dopo Astoria. Il che è il motivo per cui adesso sto parlando con te piuttosto
che con lui”.
“Pensavo di
stargli già dando una possibilità essendo qui, invece che combattere in
tribunale per la custodia del bambino. Almeno, per me è così”.
“Lo è, ma
spero di poterti sollecitare ad andare un po’ oltre. Non ho ideato il piano per
mettervi assieme solo per bontà d’animo. All’epoca cercavo di trovare un modo
per tenere questo bambino in famiglia per più di una qualche visita
settimanale, e credevo che manipolarvi entrambi in una finta relazione mi
avrebbe portato il risultato sperato. Ad ogni modo, non ero preparato a quanto
saresti stata testarda”, disse con una risata.
“Sono felice
che non abbia funzionato”.
Lucius le
lanciò uno sguardo divertito. “Ma ciò non significa che avessi torto”.
“Aspetti un
attimo”, lo interruppe Hermione, ma una mano alzata di Lucius fece cadere tutte
le obiezioni.
“Non
intendevo riguardo alla manipolazione, ma il potenziale fra te e Draco. Esiste,
è reale. L’ho visto questa sera, ed anche gli altri. Hai idea di quante persone
mi abbiano messo in guardia dalla bufera mediatica? Non capiscono perché tu e
Draco continuiate a perseverare con la finzione, che non sei un oggetto. La
storia della gravidanza questa mattina, assieme a degli sguardi che vi siete
lanciati, per non parlare che siete spariti entrambi per un bel po’, sembra ne
abbia messo a tacere qualunque dubbio sulla veridicità”.
Hermione
sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. “Ma la mia storia è vera! Non abbiamo
avuto una sordida relazione!”.
“E se non ci
fosse chimica tra voi, credo che molte persone ci crederebbero. Ma hai notato
che gli occhi di Draco non si sono mai staccati da te da quando sei entrata?
Sapeva esattamente dove fossi in ogni istante, si metteva in modo da poterti
vedere. E sapevi che ha minacciato di ferire i suoi amici, appena prima della
festa, se ti avessero detto qualcosa di offensivo o sgarbato?”.
Lei lo fissò
sconvolta. Di sicuro stava esagerando.
“Lo vedo il
dubbio dentro di te, Hermione, ma non sto mentendo. Ti dico questo perchè so
che Draco non lo farà mia, anche se ha capito cosa significa”.
“Ma..
sicuramente, non c’è niente”.
“Oh, non
credo sia innamorato di te. Non ancora, almeno. Ma c’è del potenziale, e ciò
che devi chiederti, Hermione, è se sei abbastanza coraggiosa da buttarti”.
“Chi ha
detto che lui mi piaccia? O che io voglia anche solo iniziare qualcosa con
lui?”.
L’occhiata
che Lucius le lanciò era da insulto. “Magari vuoi fare a finta di crederci, ma
se non provassi nulla per lui non saresti qui sta sera”.
Lei soffiò
aria nelle guance, irritata dalla sua insinuazione. “Abbiamo fatto un patto per
provare ad essere amici, per il bene del bambino”.
Lui scosse
la testa. Il ghigno che gli era spuntato le faceva vanire voglia di prenderlo a
pugni. “Le persone con il vostro passato non provano a diventare amici. Voi vi
vivete accanto, al Massimo riconoscendo la reciproca presenza”.
“Non è vero.
Io e Pansy Parkinson abbiamo fatto uno sforzo per essere amichevoli”.
“E mi
stai dicendo che lo avresti fatto, se non aveste avuto Draco in comune?”.
Aprì la
bocca per rispondere a tono, ma non aveva nulla da dire, così si accigliò. Con
uno sguardo pieno di significato lui si rimise dritto, afferrò il bastone
ancora una volta e ritornò alla festa, lasciandola a fissare a vuoto verso i
giardini del Manor.
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Capitolo 18 *** Chiusure ***
Cap 18
Chiusure
“Noi non… beh, io non sapevo se invitare o meno Malfoy”, di corresse
Ginny, dato lo sguardo di Harry.
Hermione si trovava dai Potter per un’altra cena nel bel mezzo della
settimana. Visto che i disordini della sua vita si stavano sistemando, aveva
trovato un po’ di tempo per le piccole cose come le cene con gli amici. Era bello
tornare alla routine, ora che i giornali avevano smesso di accamparsi fuori da
casa sua e seguirla ovunque. Ovviamente, ciò non significava si sarebbero
tenuti alla larga da lei e Draco se fossero usciti assieme in pubblico.
“Perché dovresti invitarlo?”.
“Beh, inviteresti mai Harry a cena senza di me?”, chiese Ginny con un
sorriso in volto.
“No, perché siete una coppia e sarebbe… Oh! Davvero divertente Ginevra, ma
io e Draco non siamo una coppia”.
Ginny alzò un sopracciglio, evidentemente incredula. Hermione alzò le
braccia. “Ok, andiamo d’accordo e non avrei mai pensato sarebbe arrivato un
giorno in cui l’avrei detto. Ma siamo solo amici, niente di più”.
“Niente di più? Mmm… I credo, Hermione, ma molti non lo faranno”.
“Harry!”, disse Hermione, chiedendo al suo migliore amico un intervento.
“Ehi, non coinvolgermi. Se dici che non c’è niente tra te e Draco, allora cavatela
da sola”, disse Harry, mentre si spingeva gli occhiali sul naso con uno sguardo
scherzoso.
“Cosa? Non mi credi nemmeno tu?”.
“Credo che tu e Draco vi frequentiate? No. Ma non chiedermi se penso che voi
due possiate frequentarvi, perché non sono sicuro ti piacerebbe la
risposta”.
“Siete entrambi impossibili”, disse Hermione con un broncio.
Harry si allungò verso di lei, prendendole le mani sul tavolo, ormai senza
più quel sorriso di prima. “Sai
che non sarebbe male, vero? Intendo, voi due avete gestito decisamente bene
tutto questo. Siete riusciti a diventare amici, il che è tutto dire,
specialmente se tieni conto da dove vieni”.
Hermione rimase toccata dalle parole di Harry. Lei e Draco avevano fatto un
grande sforzo nel buttare il passato alle spalle ed ora erano al punto in cui,
se si incontravano per pranzo o andavano assieme a comprare delle cose per il
bambino, non sembrava più tanto imbarazzante. Le piaceva quella nuova
comprensione reciproca e Draco era molto più interessante di quanto avesse
immaginato. Ma nonostante ci avesse pensato da quel compleanno, Hermione non
aveva idea se se la sentisse o meno di portare oltre quell’amicizia. Era rimasta
sveglia più di una notte a pensare alle possibili opzioni.
E poi c’era Draco stesso. Non aveva dato segni di voler essere qualcosa in
più per lei, oltre che essere un padre. A volte sperava che le cose fossero un
po’ meno complicate e soprattutto di capire ciò che lei stessa pensava.
“Non lo so Harry. Non penso nessuno dei due sia pronto a fare un passo del genere”.
“Forse perché voi due analizzate tutto troppo”, si intromise Ginny, facendo traballare
il tavolo con la sua pancia, mentre si alzava. “Lo giuro, divento più grossa ad ogni
gravidanza”.
Hermione sorrise, guardando Ginny vestita con gli abiti che di solito usava
quando ormai era al termine. Era
adorabile. Harry si alzò di scatto, prendendole i piatti dalle mani e disse:
“Siediti, amore. Non c’è bisogno di starci dietro. Ora è il tuo turno di
rilassarti”.
“Rilassarmi! Come se
fosse possibile con voi ragazzi”.
Harry rise. “Effettivamente ci tengono su chi va là, ma visto che sta sera
sono da Molly tu puoi rilassarti e dormire domani mattina”.
Ginny sospirò. “Aspetta e vedrai, Hermione. Se fossi in te, coglierei al
volo ogni occasione di stare a letto perché appena mio nipote o nipotina arriverà
potrai dire addio ai sogni”.
Hermione si accarezzò il proprio pancione, pensando a quanto velocemente
stesse procedendo la gravidanza.
“La prossima settimana ti diranno il sesso?”, chiese Harry.
“Io e Draco ne abbiamo parlato la volta scorsa e abbiamo deciso di volerlo
sapere”.
Harry lanciò uno sguardo a sua moglie. “Vedi, Hermione e Malfoy si
comportano normalmente. Vogliono sapere se tenere o meno i vestiti da maschio”.
“Oh, sta zitto!”, replicò di cuore Ginny.
Harry voleva disperatamente sapere cosa sarebbe stato il prossimo figlio, ma
era una tradizione Weasley mantenere la sorpresa. Hermione sapeva quanto sperasse
in una femmina e si era imbattuta in una borsa piena di piccoli vestitini nel
suo ufficio, qualche giorno prima. Lui aveva sostenuto appartenessero ad un collega
che stava per avere una figlia, ma lei sapeva per certo di chi si trattasse e
sapeva anche che avrebbero sicuramente avuto un maschio.
“Narcissa non vuole nemmeno aspettare di sapere il sesso. Mi ha invitata sabato,
vuole che veda la nursery al Manor e le dica cosa mi piacerebbe tenere”.
“Ti trasferisci?”, chiese Ginny, alzando un sopracciglio.
Hermione le lanciò uno sguardo glaciale. “Smettila! Voleva ridecorare per
quando il bambino rimarrà da loro, e pensava mi sarebbe piaciuto darle qualche
consiglio”.
Harry rise. “Faccio ancora fatica ad accettare quanto siano amabili Narcisa
e Lucius”.
“Vogliono disperatamente un nipote. Mi avrebbero accolto a braccia aperte
anche se fossi stata una piovra”.
Ginny mormorò in disaccordo. “O forse non sono completamente ciechi e
riconoscono quanto su sia migliore di quanto si aspettassero”.
Hermione rise ma prese la mano della sua amica. “Immagino tutto sia
possibile, ora che i Malfoy hanno davvero accettato un mezzosangue”.
“Se c’è qualcosa che mi dà speranza per il nostro mondo, è proprio questo”,
disse serio Harry. “Chi avrebbe mai pensato, quindici anni fa, che tutto questo
sarebbe stato possibile? Ma se anche Lucius può imparare che il sangue non
conta, allora ho fiducia”.
Ci fu un momento di silenzio, mentre tutti metabolizzavano il discorso. Hermione
ripensò ai giorni di scuola ed a quanto fosse stata cattiva la famiglia Malfoy.
Se qualcuno, a quel tempo, avesse detto alla sé stessa quindicenne che avrebbe avuto
un figlio con Draco Malfoy, prima avrebbe riso e poi l’avrebbe maledetto. Sorrise
appena, mentre ricordava di come sognasse di sposare Ron, far parte della famiglia
Weasley ed avere un posto permanente nel mondo magico.
Beh, in realtà si era ritagliata da sé il suo posto, di cui ne sarebbe stata
fiera; non aveva bisogno di far parte di una famiglia magica per sentire un’appartenenza.
Per di più, avrebbe cresciuto suo figlio nel mondo magico. Voleva fargli
provare l’esperienza di nascere nella magia e in tutto ciò che essa comportava.
Era eccitata alla prospettiva di diventare madre e di avere un supporto anche
da parte del padre. Se tutto fosse andato secondo i piani, tutto ciò l’avrebbe
comunque fatto, ma si sarebbe trovata sola. Comunque, ormai si era acclimatata
nella nuova realtà ed aveva fatto presto a scoprirne i vantaggi.
Un sospiro di Ginny interruppe i suoi pensieri. “Tuo figlio avrà cose meravigliose.
Immagina quanto sarà bella la
nursery a Malfoy Manor”.
“Sarò felice finché non scorgerò qualche decorazione che rappresenta dei
babbani soggiogati sul lettino”, disse scherzosamente Hermione. La risata che
ne seguì ruppe quella sfera di pesantezza.
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La differenza tra le sale formali e quelle per la famiglia, a Malfoy Manor,
era sempre un motivo di meraviglia per Hermione. Non importava quante volte ci
fosse entrata negli ultimi mesi e, a parte il compleanno di Draco, si era
ritrovata soprattutto nell’ala più privata della dimora. L’eleganza rimaneva. Non credeva che una
casa, sotto le grinfie di Narcissa, non potesse esserlo, ma alcuni piccoli
tocchi qua e là la rendevano più accogliente.
Sorrise, mentre procedevano per il corridoio che portava alla nursery e
Narcissa emise un suono d’irritazione alla vita della scopa e della divisa da Quidditch
che erano state malamente appoggiate alla porta.
“Un giorno brucerò le cose da Quidditch di Draco”, disse Narcissa, mentre
dava una stoccata di bacchetta e le riponeva in un armadio. “Non importa quante
volte gli dica di non lasciare cose in giro, non manca mai di farmi inciampare
in quella dannata scopa”.
“Harry sarebbe d’accordo con lei. L’incapacità di Ginny di riporre il
vestiario da Quidditch lo ha fatto uscire di testa per anni”.
Narcissa rise leggera. “Non avrei mai pensato che un giorno avrei scoperto
di avere qualcosa in comune con Harry Potter”.
Ad Hermione non venne data possibilità di replica, perché Narcissa aprì una
doppia porta e rivelò un’enorme e luminosa nursery. Era sicuramente più grande
di quanto fosse necessario per un solo bambino, circa quanto un intero monolocale,
ma sicuramente era bellissima. Le finestre ricoprivano un’intera parete e
davano sulla parte est del giardino.
“È stata costruita nell’ala est per fare in modo che potesse filtrare la
luce mattutina”, disse Narcissa. “Le finestre sono rinforzate con la magia,
così che non accadano incidenti”.
“È enorme”, disse Hermione.
“Oh, lo so. È una cosa ridicola, in effetti. Draco trotterellava qui dentro,
quando era piccolo. Ma è stata costruita in tempi diversi, quando avere famiglie
allargate era la norma”.
Hermione si costrinse a non chiedere il motivo per cui Narcissa non avesse
avuto altri figli, visto quanto le piacessero. Ci era voluto un po’ perché le
si affezionasse, più che con Lucius, quindi non voleva intromettersi più del
necessario.
Piuttosto, gli occhi di Hermione osservarono la stanza. In quel luogo Draco
era cresciuto, aveva dormito e giocato. Notò il lettino in fondo e rimase in
contemplazione. Aveva scherzato quando, a casa Potter, aveva menzionato un lettino
intagliato, ma ormai non poteva davvero stupirsi. Era di solida quercia, sembrava
molto antico, ed aveva creature magiche tra cui unicorni, draghi, manticore e sfingi
che risalivano sulle gambe e le sbarre. Ci passò una mano, apprezzando il
lavoro a mano. Era bellissimo e riusciva ad immaginarsi mentre metteva a
dormire suo figlio. Sicuramente non aveva niente a che fare con quello che
aveva comprato lei da John Lewis.
“Non è adorabile?”, chiese Narcissa. “Sono stata così grata che i Malfoy già
ne avessero uno, dato che mia madre mi aveva offerto quello dei Black. Credo tu
abbia vissuto a Grimmauld Place per un po’, quindi non ti ci vorrà molta
immaginazione per capire che di sicuro non volevo accettare l’offerta”.
Un lettino con decorati dei babbani soggiogati le spuntò nella mente ed
Hermione represse una risata, che fece sorridere Narcissa. “I Malfoy,
nonostante le idee sulla purezza del sangue, apprezzando davvero la bellezza”.
“Qualcosa che avete in comune, se suo marito ha ragione”.
Fu il turno di Narcissa di ridere. “Oh sì, mi piacciono le cose belle. È stata
la prima cosa che mi ha attratta di Lucius, ed ho subito immaginato quanto sarebbero
stati belli i nostri figli.
Hermione ignorò l’uso del plurale. Qualcosa la tratteneva ancora dal chiederle
perché ne avesse avuto solo uno. “Beh, Draco di certo è venuto bene”.
Il sorriso di Narcissa si aprì maggiormente, mentre lanciava uno sguardo di
approvazione ad Hermione. “Non
ero sicura l’avessi notato”.
Hermione riusciva a sentirsi le guance imporporarsi, ma decise che avrebbe
parlato, piuttosto che atteggiarsi a ragazzina innamorata. “Credo bisogni essere ciechi per non farlo”.
“Sì, beh, il mondo a volte può esserlo”.
“È vero. Draco si sentiva colpevole per questo, quando eravamo giovani”, disse
Hermione.
Notò subito il barlume di vergogna negli occhi di Narcissa, ma non era
imbarazzata di averlo detto. Sì, i Malfoy potevano non essere facili da gestire
prima della guerra, ma non si sarebbe scusata dato che erano state le loro azioni
a metterli in certe situazioni. Non significava, comunque, che non potesse apprezzare
il loro cambiamento.
“Ascolta, riguardo a quello…”, iniziò Narcissa, ma Hermione alzò una mano.
“Non l’ho detto per avere delle scuse, Narcissa. Di tutta la famiglia, è quella
che ha meno di cui fare ammenda, ed ho buttato alle spalle le differenze sia
con Draco che con Lucius. Non porto rancore e sicuramente voglio avere un buon
rapporto con voi, per il bene di questo bambino”.
Narcissa le fece un sorriso esitante. “Credo che, se qualcosa può provare
quanto ci sbagliassimo io e Lucius, sia la grazia con cui ti sei destreggiata
in questa situazione”.
“Non credo di essere stata così graziosa all’inizio”, disse Hermione.
Ciò fece spuntare un’altra risata dalla signora Malfoy. “Non te ne farò una
colpa. Il primo trimestre è sempre il più duro”.
Hermione ripensò ai cambi d’umore, a quanto si sentisse stanza, le nausee
assillanti, e scrollò le spalle. “Non sarò io a dissentire”.
“Ma io e Lucius ti siamo grati per averci perdonato abbastanza da
permetterci di far parte della vita di nostro nipote. Altre nella tua
situazione non sarebbero state così generose, considerando il passato”.
“È importante per me che questo bambino abbia una famiglia, sia magica che
non”.
Hermione fece del suo meglio per ignorare le lacrime che le si stavano
accumulando. Non avrebbe dato sfogo agli ormoni. Anche Narcissa però era un po’
commossa.
“Avevo sperato che questa nursery riprendesse vita, ancora una volta”,
mormorò Narcissa. “Quando Draco ha sposato Astoria, pensavo che avrebbero voluto
una famiglia allargata. I Greengrass hanno sempre avuto un sacco di figli ma,
mentre gli anni passavano, ho rinunciato a quel desiderio e sperato di averne
almeno uno”.
Hermione la raggiunse e le prese la mano. “E adesso ce l’ha”.
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Il rumore della serratura che scattava fece alzare la testa di Draco dai documenti
che stava cercando di leggere, prima che la sua presenza fosse richiesta a
pranzo.
“Sei ancora qui?”, chiese suo padre, mentre entrava.
Mentre Lucius si posizionava alla luce di una delle finestre, Draco notò
quanto si appoggiasse al bastone e si accigliò. Sapeva che non avrebbe dovuto
dire niente. Suo padre diventava ancora irrequieto quando si parlava della sua
malattia e non avrebbe ammesso di provare dolore. Se lo avesse fatto, Narcissa
lo avrebbe immediatamente spedito a riposo a letto, e Draco sapeva quanto lui
lo odiasse.
“L’ultima volta che ho ficcato il naso, tua madre stava tirando fuori i tuoi
vecchi vestiti da neonato”.
Draco grugnì.
“Dovresti preoccuparti”, continuò Lucius. “Hermione era una chioccia, mentre
sparlava di quanto fossero deliziosi”.
Draco sorrise al pensiero. La cosa più sorprendente di tutta la situazione
era il rapporto che Hermione era riuscita a costruire con i suoi genitori. In qualche
modo, durante le ultime settimane dopo il compleanno, era diventata parte integrante
della famiglia. Non c’era un fine settimana in cui Narcissa non la invitasse
per il pranzo domenicale, anche se Draco sapeva che lei rifiutava così spesso perché
aveva già impegni con i suoi genitori ed i Weasley. Sembrava una sua qualità,
riuscire a mettere d’accordo tre famiglie completamente diverse senza mai ferirne
nessuna.
Tra le altre cose, due settimane prima, Hermione aveva annunciato fosse
arrivato il momento, per Draco, di conoscere i suoi genitori. Così l’aveva invitato
all’inevitabile grigliata della domenica. Era stato il momento più imbarazzante
della sua vita. I genitori di Hermione non avevano fatto mistero della loro
disapprovazione e, nonostante fosse ovvio quanto amassero la figlia,
sicuramente non approvavano la sua scelta.
Lo avevano anche accolto molto freddamente, il che aveva svelato chiaramente
quanto Hermione avesse raccontato degli anni di scuola. Ricordava di averli
visti brevemente a Diagon Alley, quando suo padre ed Arthur Weasley si erano
messi a discutere. Era stato appena prima del terzo anno? No, forse il secondo.
Sirius Black non era ancora fuggito da Azkaban. Ad ogni modo, quel ricordo non
aveva sicuramente aiutato a far rilassare i Granger.
In seguito, Hermione aveva detto che era stato un successo. Ma se riteneva
tale qualche risposta secca e un paio di brevi sorrisi, allora solo Merlino
poteva sapere quanto pessime fossero le sue aspettative.
“Sono fiero di te, figliolo”.
Quelle parole fecero allontanare di scatto Draco dai documenti sui quali
stava inconsciamente disegnando delle figure. Con un mormorio e un gesto della
bacchetta, li fece sparire. Ciò gli diede anche modo di schiarirsi la voce per
l’emozione.
“Grazie papà, ma perchè?”.
“Per come hai gestito tutta la questione. Avresti potuto propendere anche tu
per una relazione finta, ma non hai voluto ed avevi ragione. Ciò che avete ora
tu ed Hermione è molto meglio di ciò che io avrei immaginato”.
Accigliandosi, Draco allungò lo sguardo verso la seduta di suo padre. “Sono
contento di saperlo, ma perché me lo dici ora?”.
Un lampo di dolore attraversò il viso di Lucius. Se Draco non lo avesse
studiato a lungo probabilmente se lo sarebbe perso.
“Va tutto bene?”.
“Non voglio farti carico anche di questo”, iniziò a dire suo padre.
“Ne abbiamo già parlato”, lo interruppe Draco. “Hai nascosto a me e mamma la
tua malattia per troppo tempo, ed hai promesso che non ci sarebbero più stati
segreti, che non avresti più cercato di nasconderti”.
I battiti del cuore di Draco accelerarono, mentre l’ansia gli attanagliava
lo stomaco ed il silenzio tra i due si allungava. Riusciva a vedere il cervello
di suo padre al lavoro, mentre cercava di dire qualcosa. Il fatto che dovesse
fare così non portava niente di buono.
Lucius prese un respiro profondo, prima di aprire la bocca. “Non mi rimane molto”.
“Che significa”.
Per un momento un moto d’irritazione passò negli occhi di Lucius. “Sai cosa significa, Draco. Sto morendo”.
“No!”, obiettò lui. “No! I guaritori ci stanno ancora lavorando, troveranno
qualcosa. Devono farlo”.
Suo padre scosse tristemente la testa. “Sono a corto di tempo. Riesco a
sentirlo”.
“Stai solo facendo lo stupido. È ovvio che non puoi”.
Appena quelle parole lasciarono le sue labbra, Draco seppe di essere in
negazione. Il viso di suo padre glie lo disse, e sapeva che ormai non aveva più
tempo. La combinazione di stanchezza e tristezza aveva reso Lucius molto più
vecchio di quanto non fosse qualche settimana prima.
“Mamma?”, disse lui.
“Non ho detto una parola a tua madre. Non posso. È così felice, Draco. Non era felice da un pezzo e non
posso portarglielo via”.
Il discorso si interruppe, ma Draco non aveva bisogno che continuasse. Il
fardello di ciò gli sarebbe arrivato sulle spalle. Lucius glie lo stava facendo
capire, ma la parte egoista di Draco quasi sperava che se lo fosse tenuto per sé.
Cosa avrebbe dovuto fare di
quell’informazione?
Stava morendo.
Quella parola gli echeggiò nella mente, facendogli provare un brivido lungo
la schiena, mentre il panico prendeva possesso del suo corpo e, per un momento,
gli mancò il respiro, che rimase intrappolato nella gola. Stava soffocando al
pensiero della morte di suo padre.
Stava morendo.
Si passò una mano tra i capelli, per riportarsi alla realtà.
“Draco”, disse dolcemente suo padre, aiutandolo a focalizzarsi con uno
guardo pieno di calma.
“Ok”, disse lui, balbettando appena. “Sto bene. Posso farcela”.
“So che puoi. Possono non essere sempre stato di supporto o non aver accettato
i tuoi sentimenti, ma quei giorni sono andati. E mi vergogno nel dire che ci è voluto
che questa famiglia arrivasse sull’orlo del baratro perché io capissi. Avrebbe dovuto
essere diverso dal primo giorno”.
“Papà, non farlo”.
“No, devo togliermi questo peso dal petto. Ho bisogno che tu lo sappia, perché
tu non faccia lo stesso errore. Non
essere il padre che sono stato io, Draco”.
“Non lo sarò”, disse Draco, mentre le lacrime gli facevano perdere la voce. “Sarò
il padre che sei ora”.
Nei suoi trent’anni, Draco poteva dire con certezza di non aver mai visto
suo padre piangere. Nemmeno nei giorni più bui, quando il Signore Oscuro comandava
il Manor e li aveva posti agli arresti domiciliari.
Ora non riusciva a fare altro che stare seduto in silenzio, mentre un paio
di lacrime sfuggivano dagli occhi di Lucius e scendevano lungo le guance, prima
di essere velocemente spazzate via. Un rumore di fogli ruppe quel momento.
“Prendi”, disse uso padre, mentre gli allungava una busta sigillata.
Draco si schiarì la voce. “Non dovrebbe averli Horatio, se è quello che penso?”.
Un sorriso appena accennato spuntò sulle labbra di Lucius. “Non è il
testamento. No, quello Horatio ce l’ha già e, perché tu lo sappia, l’ho
modificato così che sia incluso anche il bambino”.
Se si fosse trattato di un altro momento, in cui suo padre non stava morendo,
allora sapere che Lucius aveva accettato volontariamente un figlio Mezzosangue
gli avrebbe riscaldato il cuore. Ma Draco non riuscì a non sperare che quella modifica
non fosse necessaria.
“Ciò che voglio sia fatto per il funerale”.
Draco lo fissò, sotto shock. “Ma Horatio…”.
“Sì, avrei potuto dargli anche queste. Ma volevo le avessi tu”.
Prendendole dalla mano di Lucius, Draco notò che le sue invece stavano
tremando. Si alzò e si avviò verso il mobile bar, sbloccando la serratura con la
bacchetta. Un pannello si spostò, rivelando una cassaforte. Vi ripose i
documenti, sperando ci sarebbero voluti molti mesi prima di doverli riprendere.
Fatto questo, si voltò verso Lucius, che annuì silenziosamente prima di
alzarsi ed uscire dalla stanza. Draco poteva giurare che i suoi passi risuonavano
un po’ più leggeri.
Rimase lì, con i pensieri in tumulto, finché non suonò la campanella del
pranzo.
Ripensandoci, Draco avrebbe fatto tesoro di quella giornata. Hermione e
Narcissa erano arrivate dalla nursery contente ed eccitate, piene di progetti
per il bambino, e Lucius sorrideva in modo accecante, intervenendo qui e lì con
qualche suggerimento per le decorazioni. Un’atmosfera felice si era infusa in tavola
e Draco aveva faticato a ricordare un altro momento simile. Sicuramente era
successo prima della guerra, prima della resurrezione dell’Oscuro Signore.
I suoi stessi pensieri erano stati banditi, mentre osservava la mano di Hermione
che si accarezzava dolcemente la pancia ogni tanto. Aveva grugnito quando sua
madre aveva preso gli album delle sue foto da piccolo, per mostrare ad Hermione
tutte quelle più imbarazzanti. Lucius era rimasto alle loro spalle, per tutto
il tempo con una mano appoggiata sulla spalla di Narcissa.
Le risate e l’atmosfera allegra rimasero con lui finché, quella sera, i
guaritori apparvero alla Metropolvere, in risposta ad una chiamata urgente. Rimasero
a mezz’aria come un caldo abbraccio, mentre il corpo senza vita di suo padre
lasciava il Manor per l’ultima volta, e le urla di sua madre gli riempivano le
orecchie.
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Capitolo 19 *** Quadri ***
Cap 19
Quadri
Non era il
primo funerale magico a cui Hermione partecipava. No, il primo era stato quello
del professor Silente al sesto anno, quando era stato assassinato. Due anni
dopo aveva partecipato ad un altro, a cui non avrebbe mai voluto andare; l’immagine
di George, trascinato via a forza dalla tomba di Fred, mentre piangeva ed
urlava, era impresso nella sua memoria.
Questo era
invece il primo funerale tradizionale purosangue, e c’era un’aria completamente
diversa. Nessuno piangeva, nemmeno Narcissa, che sedeva stoica e controllata
con addosso un grande paio di occhiali da sole. Se Hermione non l’avesse
conosciuta, avrebbe pensato che la morte di Lucius non le avesse fatto alcun
effetto. Non dimostrava alcuna emozione.
Negli ultimi
giorni aveva assistito invece ad un ampio spettro di emozioni al Manor, dove
Narcissa si rifiutava di alzarsi dal letto, nascosta sotto una pila di cuscini
e coperte con il viso rosso per il pianto costante. Aveva dovuto essere
incantata come un bambino piccolo, per mangiare qualche cucchiaio di zuppa.
A porte
chiuse, le emozioni dimostrate da Narcissa erano capibili. Lei e Lucius erano
profondamente innamorati e non importava quando calma e raccolta Narcissa
sembrasse, Hermione sapeva quanto stesse soffrendo.
Ad ogni
modo, Hermione era più preoccupata per Draco. La reazione di Narcissa era sana,
prevedibile ed in qualche modo facilmente gestibile, anche se prosciugava le
forse. La facciata di ghiaccio dietro cui Draco si stava nascondendo era invece
molto peggio. Ci si era ritirato, chiuso e freddo. Aveva efficientemente
predisposto il funerale, seguendo alla lettera le volontà di Lucius, ma non lo
aveva ancora visto versare una lacrima. La disturbava questa mancanza totale di
emozioni.
Si voltò
verso di lui, stringendogli la mano. L’aveva fatta scivolare nella sua poco
prima, durante la cerimonia. Lui non l’aveva respinta, il che era
incoraggiante, ma non aveva intrecciato le dita alle sue. La mano era rimasta
ferma, immobile, ma Hermione non si era scoraggiata. Sapeva di quanto support
avesse bisogni Draco, anche se non riusciva a capacitarsene nemmeno lui stesso.
“Andiamo”,
le disse con tono piatto. “Al Manor ci sarà la rivelazione”.
“La
rivelazione?”, chiese Hermione, ma Draco non la sentì. Le aveva lasciato la
mano e si era allontanato, come se tuta la situazione non fosse altro che un
inconveniente.
Hermione
mise una mano sulla spalla di Narcissa, facendo del suo meglio per non lanciare
a Draco uno sguardo di disapprovazione. Come previsto, i giornalisti erano in
attesa ed ogni disaccordo tra i partecipanti sarebbe stato messo sotto la lente
d’ingrandimento.
“Narcissa”,
sussurrò piano Hermione, mentre la donna rimaneva seduta in prima fila.
“Andiamo, è il momento”.
“Oh, sì”,
replicò Narcissa. “La rivelazione”.
La vedova di
Lucius si alzò, sbilanciandosi un po’ sui tacchi che portava, così Hermione le
mise una mano sul comito, per dare un po’ di sostegno. Sapeva che non era il
momento per chiederle che cosa fosse questa rivelazione.
Venti minuti
dopo si trovavano nella galleria dove erano appesi i quadri dei Malfoy. Hermione
si ritrovò seduta di fianco a Millicent.
“Allora, sta
per essere rivelato il quadro di Lucius?”, chiese.
Milli annuì.
“È tradizione che sia fatto qui, nella galleria, ma il quadro può essere spostato
in seguito”.
Hermione
annuì a sua volta. Aveva visto molti ritratti dei vari parenti Malfoy un po’
ovunque, al Manor. Alcuni le soffiavano minacciosi quando la vedevano, ma a lei
ne piaceva uno in particolare. Era posizionato nella nursery e rappresentava
Helena. Narcissa le aveva spiegato che poteva rappresentare un altro paio di
occhi ed orecchie in grado di tenere d’occhio il bambino ed eventualmente
cercare aiuto se necessario. Hermione aveva sorriso, all’idea di aver portato
il baby monitor ad un livello completamente nuovo.
Aveva
chiesto a Draco qualche rassicurazione sul fatto che sarebbe stato spostato, se
lei avesse avuto qualche progetto nefasto nei confronti del bambino. Draco le
aveva lanciato uno sguardo divertito ma, quando si era reso conto di quanto
fosse seria, aveva concordato. Poi le aveva preso la mano e l’aveva presentata
ufficialmente ad Helena.
Il ritratto
aveva chiocciato attorno alla pancia di Hermione, chiedendole un’infinità di
domande sulla gravidanza e su come lei si sentisse, tanto che aveva fatto
impallidire quelle di Narcissa in confronto. Hermione aveva afferrato il
braccio di Draco quando lui aveva raccontato ad Helena delle sue paure ma lei
aveva riso, facendole capire di non esserne rimasta offesa. Aveva poi allontanato
Draco per il tè ed ordinato ad Hermione di prendere una sedia.
“Nessuno ti
ha raccontato di me?”, aveva chiesto ad Hermione, una volta sistemata sulla
sedia a dondolo.
Hermione
aveva scosso la testa.
“Immaginavo.
Vedi, di solito mi nascondono sotto al tappeto. Sono lo scheletro nell’armadio
di cui si vergognano”.
“Che cosa
hai fatto?”.
“Mi sono
innamorata di un babbano”.
Gli occhi di
Hermione si allargarono a dismisura. “Cosa? Quando?”, balbettò.
“Oh, parecchi
anni fa. Sono vissuta nel quattordicesimo secolo, quando la divisione tra maghi
e babbani era molto più flebile. All’epoca c’erano dei babbani che lavoravano
al Manor ed io mi sono innamorata di uno stalliere”.
Helena era
rimasta in silenzio qualche minuto, con gli occhi pieni di tristezza mentre
rispolverava i ricordi. “Ovviamente, mio padre lo scoprì”, mormorò. “Ma ormai
ero già incinta. Uccise il mio amante e mi confinò nella mia stanza. Non potevo
uscire e mi venne rifiutato qualsiasi aiuto medico. Senza aiuto, mio figlio
morì appena qualche ora dopo la nascita. Solo allora mio padre premise ai
guaritori di visitarmi. Dissero che ero sana, ma non avrei mai più potuto
lasciare il Manor. Mio padre bandì tutti i lavoratori Babbani e nessuno di loro
ha mai più messo piede qui dentro da allora”.
Ci fu un
momento di silenzio ed Hermione si ritrovò a piangere. “Mi dispiace tanto”,
disse, mentre le parole le sembravano inadeguate.
Helena aveva
sorriso. “Non ho avuto un vita felice, né come ritratto, finché la nonna di
Draco non mi ha portata nella nursery quando era incinta di Lucius. Sono
rimasta qui da allora”.
Quando Draco
tornò, Hermione stava ormai chiacchierando con Helena, a suo agio come con una
vecchia amica.
In quel
momento, Hermione percepì le lacrime farsi largo nei suoi occhi, mentre
guardava Draco staccare il telo di velluto che copriva il ritratto di Lucius.
Era strano pensare che quell’uomo aveva attivamente combattuto contro la sua
esistenza nel mondo magico per gran parte della sua vita. Tutta la rabbia che
aveva provato per lui era ormai scomparsa. Riusciva solo a pensare che suo
figlio avrebbe conosciuto il nonno solo come un ritratto sul muro e sperò
nuovamente che fossero riusciti a trovare una cura.
Senza più il
panno, il quadro di Lucius aprì gli occhi, sbattendo più volte le ciglia come
se si fosse svegliato da un sonno profondo. Scandagliò la folla che era stata
invitata, prima di catturare gli occhi di Narcissa. Hermione rimase a guardare,
il cuore in tumulto, mentre la vedova Malfoy si avvicinava con le lacrime agli
occhi, le dita protese e tremanti, per accarezzargli il viso dipinto. Narcissa
non si mosse, mentre Lucius scambiava convenevoli con i presenti, finché non
rimasero solo Narcissa, lei e Draco.
Lucius la
guardò con quegli occhi grigi per la prima volta, ed Hermione si meravigliò di
quanto fossero monotoni in confronto a quelli veri che l’avevano guardata solo
qualche settimana prima, con un sorriso per qualcosa che Narcissa aveva detto.
Era lui, ma non esattamente. Probabilmente era uno degli aspetti della magia
cui Hermione avrebbe fatto più fatica ad adattarsi, anche dopo tutti quegli
anni.
“Prenditi
cura del piccolino”, disse il ritratto, mentre Draco le prendeva la mano e la
conduceva via dalla galleria, di nuovo verso la sala da ballo.
“Non
dovremmo aspettare Narcissa?”, chiese Hermione mentre giravano l’angolo,
voltando il collo per controllare che la donna stesse bene.
“”No, vuole
passare un po’ di tempo con mio padre”.
“Draco, sei
sicuro di sentirti in grado di andare di sotto?”.
“È mio
dovere”, replicò Draco, mentre osservava la scalinata principale sempre più
vicina. “Mio padre non vorrebbe che lasciassi gli ospiti senza supervisione per
troppo a lungo”.
Hermione
avrebbe voluto dare più voce alle sue preoccupazioni, trascinarlo per un
braccio e farlo fermare. Avrebbe voluto avere abbastanza confidenza da forzarlo
a guardarla negli occhi, così da poter rompere quella barriera di ghiaccio che
aveva eretto. Ma così non era, e si sentiva inerme mentre lo seguiva giù per le
scale e lo osservava scambiare le chiacchiere di cortesia con gli ospiti, come
se la situazione fosse normale.
L’ecografia
della ventesima settimana doveva essere un momento felice, in cui avrebbero
scoperto il sesso del bambino ed avrebbero potuto veramente cominciare a fare
progetti. Era il momento che Hermione aveva aspettato sin dall’inizio della
gravidanza.
Ma Draco
camminava rigido di fianco a lei, facendola sentire tutt’altro che eccitata. In
effetti, era ansiosa, preoccupata che sarebbe rimasto un guscio e che avrebbe
fatto retrocedere il loro rapporto. Dagli tempo, si disse per la
milionesima volta, ma la bolla di sconforto non se ne andò. Non c’era più stato
nulla da parte sua, nemmeno una piccola crepa nel muro che si era costruito.
Hermione
aveva sperato che lo avesse creato per superare funerale, una specie di difesa
così che potesse organizzare il tutto e gestire la burocrazia inopportuna. Ma
il funerale era passato da cinque giorni, ed ancora non era cambiato nulla.
Non mancava
di dare attenzioni alla madre invece, si assicurava che Narcissa si sentisse
amata e che non rimanesse troppo a lungo seduta di fronte al ritratto di
Lucius. Ma questa continua mancanza di emozioni faceva prudere le mani ad
Hermione per il desiderio di prenderlo a sberle finché non gli fosse uscito
qualcosa.
Mentre si
allontanavano dal San Mungo, si sentiva solamente oltremodo irritata. Non era
arrivato niente da parte sua, nessuna reazione quando il sonografo aveva
annunciato che erano in attesa di una bambina. La bolla di contentezza che le
si era creata appena aveva sentito la bambina scalciare si era dissipata ad un
freddo “grazie” che Draco aveva mormorato.
Hermione
aspettò finché non furono abbastanza distanti dall’ospedale prima di prendergli
un polso e trascinarlo lungo una strada laterale, con una velocità che fece
rimanere Draco di stucco.
“Cosa?”,
sbottò.
“Cos’hai? Ti
irrita che il bambino non sia un maschio?”.
“Che domanda
è questa?”.
“Una a cui
voglio tu risponda!”, disse rabbiosa.
“Ovviamente
non mi importa che non sia un maschio”.
“O forse non
ti importa, punto”, disse lei, mentre l’ira cresceva.
Una parte di
lei, quella che stava guardando con obiettività la situazione, fu felice di
notare una vampata di calore sulle guance di lui, che si stavano tingendo di
rosso.
“Mi spiace
di non fare i salti di gioia, al momento. Potrebbe esserti sfuggito, ma mio
padre non è ancora diventato freddo nella tomba”.
“No! Non te
lo permetto! Non ti comporterai come se fossi io quella irragionevole a
chiederti qualcosa. Persino Narcissa ha dimostrato più interesse di te, Draco”.
Il viso di
lui si trasformò nel ghigno strafottente che non aveva più visto da quando
frequentavano Hogwarts. Per un momento, sperò tornasse a non avere alcuna
espressione.
“Mi dispiace
così tanto di rovinarti la parata di gioia, Granger, ma non possiamo fare tutti
a finta sia tutto rose e fiori”.
“Non ti
chiedo questo. Non ti chiedo di fare a finta di nulla, ma è nostra figlia,
Draco”.
“Cosa vuoi
da me?”.
“Qualcosa!
Qualsiasi cosa oltre a questa versione da ghiacciolo che ti sei imposto”.
“Penso tu mi
abbia appena detto che non vuoi io finga”.
La rabbia
gli apparve in volto ed aveva le spalle così rigide che sembravano sul punto di
spezzarsi, tanto che lei si calmò all’improvviso e gli si fece vicina. “Draco, lasciami
entrare. Posso aiutarti. Noi, possiamo aiutarti”, disse, portando la mano di
lui sulla sua pancia.
Draco la
ritrasse e sputò “Nessuno può aiutarmi. Né tu né il tuo bambino”.
Hermione si
tirasse come scottata. Il mio bambino? Era passato un pezzo dall’ultima
volta in cui ci aveva pensato in quei termini. Ad un certo punto, pensava fosse
tutto ciò che aveva sempre voluto: che Draco se ne lavasse le mani e facesse a
finta di non condividere nulla con lui. Ma ciò era accaduto prima che
riuscissero a creare quella sorta di amicizia, quando ancora il pensiero di
avere a che fare con la famiglia Malfoy, ogni giorno, le faceva venire da
vomitare.
“Il mio bambino?”,
mormorò, prima di fare una giravolta e sparire nella folla di Oxford Street, con
le lacrime agli occhi.
Draco rimase
per un po’ a fissare il punto vuoto in cui era sparita. Cosa c’è che non va in te? Chiese a se stesso. Non aveva idea del motive per cui
avesse detto quelle cose.
Sì che lo
sai! Volevi ferire qualcuno allo stesso modo in cui stai soffrendo tu, ed
Hermione era un facile bersaglio.
Rimase sconvolto
dalla verità di quel pensiero. Voleva sbottare, diventare crudele e cattivo,
infliggere qualche pena a qualcuno, così che la disperazione che provava ogni giorno
se ne andasse, anche per un breve momento.
Il problema
era che ora si sentiva peggio che mai.
Era stato
felice nel vedere quella piccola immagine in bianco e nero sullo schermo. La
nostra bambina aveva pensato mentre lanciava uno sguardo ad Hermione con un
ghigno, mentre le guance di lei arrossivano. Non l’aveva mai vista più felice
ma, persino quella comprensione e la tenerezza che gli erano nati nello stomaco,
non erano state in grado di rompere il rigido autocontrollo che stava
mantenendo su di sé. Aveva avuto paura che persino un sorriso avrebbe spezzato
la sua compostezza e che le lacrime per la morte di suo padre si sarebbero
fatte strada. Non voleva che una cosa del genere succedesse al San Mungo e, ad
essere onesti, nemmeno scoppiare in lacrime davanti ad Hermione. Non era
nemmeno sicuro di poter smettere, se avesse iniziato. Il suo rigido
autocontrollo era l’unica cosa che lo tratteneva dal cadere a terra in quel
momento.
Guarda dove
tutto questo ti ha portato, disse la voce nella sua testa, come se fosse stato il Professor Piton a
parlare. Aveva seguito le orme del suo vecchio Capo Casa e distrutto un’amicizia
a causa della sua incapacità ad aprirsi?
Orgoglio, pensò. Permettere all’orgoglio
di sopraffarti è la maledizione della famiglia Malfoy.
Un moto di
rabbia lo pervase. Aveva distrutto tutto ciò che aveva meticolosamente
costruito durante le ultime dieci settimane o giù di lì. Lei non si sarebbe
fidata mai più, ormai. Non dopo quelle parole. Diede un calcio al pavimento,
lanciando via un sassolino lungo la strada.
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Capitolo 20 *** Disarmo ***
Cap 20
Disarmo
Draco era
seduto nel bagliore scuro del suo studio, con le tende di velluto pesante
chiuse strette alle finestre. Non era sicuro di dove si trovasse sua madre, ma non
sarebbe rimasto sorpreso nel trovarla chiusa nelle sue stanze. Ormai usciva di
rado e, quando lo faceva, lui non riusciva a sopportare il dolore che le cambiava
i lineamenti.
Prese un altro
sorso dalla bottiglia di Firewhiskey che teneva in mano. Ricordava un giorno in
cui aveva pensato che la sua vita sarebbe stata più facile se suo padre fosse
morto, quando era venuto faccia a faccia con la realtà del compito che gli era
stato assegnato dall’Oscuro Signore. All’epoca, aveva sognato di essere nato in
una famiglia diversa, una dove suo padre non era un Mangiamorte che aveva
fallito. In quel momento, la colpa di quei pensieri lo ricorreva, rodendogli l’anima.
Come se
stesse cercando di causarsi ancora più dolore, i suoi pensieri lo portarono ad
Hermione e mentalmente si ritrasse. Non importava quanto imbottita fosse la sua
mente, era conscio di quanto avesse incasinato le cose. Non la vedeva né sentiva
da quella lite per strada, quattro giorni prima. Sapeva che avrebbe dovuto rimediare,
andare a scusarsi, in ginocchio se necessario, ma il pensiero di quegli occhi
marroni arrabbiati che dardeggiavano nei suoi lo facevano scappare, piuttosto
che portarlo a risolvere il problema.
Alcune cose
non cambiano mai, pensò
amaramente. Era sempre stato bravo a scappare.
Il rumore
proveniente dalla connessione alla Metropolvere non riuscì a distoglierlo dai
propri pensieri. Ad ogni modo, lo fece invece la luce che irruppe all’improvviso,
facendogli strizzare gli occhi.
“Ma che..”
mormorò, appena venne scostata anche l’altra tenda, mentre gli anelli che la
sorreggevano sbatacchiavano tra loro.
“Sto intervenendo”,
disse il tono deciso di Pansy Parkinson.
Lui alzò lo
sguardo e riconobbe la sua impuntata amica che lo osservava, con Millicent poco
distante.
“Oh, andatevene!”,
mormorò. Non era dell’umore per sopportarla.
Un dito gli
comparve sotto il mento e gli fece alzare la testa dal petto. “Tutto questo è
ridicolo, Draco. Devi rimetterti in sesto”.
“Facile per
te a dirsi. Hai ancora un padre”.
“Sì, ma ho
perso mia madre, se ricordi, a dodici anni. Quindi, risparmiati l’autocompassione
per qualcun altro”.
In un impeto
di vergogna gli si colorarono le guance. Come aveva potuto dimenticarlo? Le aveva
passato un’infinità di fazzoletti, nella sala comune dei Serpeverde.
La bottiglia
di Firewhiskey gli venne sottratta di mano con la forza e rimpiazzata da un bicchiere
alto, pieno di liquido trasparente. Dubitava fosse un gin e tonic ed un piccolo
sorso confermò si trattasse di acqua. Si sciacquò la bocca, disgustato.
“Ridammi la
mia bottiglia!”. Intendeva dirlo come un ordine, ma invece che comandina la voce
gli uscì lieve e supplicante.
Patetico, pensò. Ecco a cosa mi sono ridotto: un
bimbo piagnucolone, che chiede pietà.
“No”, disse
vigorosamente Millicent. “Tornerai sobrio e tornerai nel mondo reale, a
supportare tua madre come hai promesso a tuo padre avresti fatto”.
Milli non menzionò
né Hermione né il bambino, ma Draco riusciva chiaramente a percepire la critica
nei suoi occhi e nel suo tono. Fece una smorfia. “Non esce da giorni dalle sue
stanze”.
“Oh,
davvero?”, chiese sarcastica Pansy. “Allora chi è che si è presentato a casa
mia per chiedere aiuto?”.
Il senso di
colpa si intensificò, andando a posarsi sulla bocca dello stomaco. “Ma..”,
iniziò a dire.
“Niente
scuse, Draco. Sei tu che non sei uscito. È stata Hermione a portare avanti la
baracca, qui. È stata lei a sedersi con Narcissa ed aiutarla a venire a patti
con la morte di Lucius”.
“Hermione è
stata qui?”, chiese tagliente.
Non era così
ubriaco da mancare di notare lo sguardo che si lanciarono le due donne.
“Sì, è stata
qui”, replicò Pansy in tono più sottomesso.
Draco si
prese la testa tra le mani. Era stato così fuori di sé da non rendersi nemmeno
conto che Hermione era stata in quella casa. E diverse volte, a sentir dire.
“Merlino, sono patetico”. Grugnì, quando si rese conto di averlo detto ad alta voce.
Una fialetta
gli venne messa nella mano libera e lui la bevve ancora prima di sentire cosa
fosse. La stanza girò più volte per qualche secondo, prima che la mente gli si
schiarisse e gli arrivasse all’improvviso un grande mal di testa. “Dannazione!”, imprecò.
“Draco!”,
protestò Millicent. “Almeno dovresti aspettare che ti dica cosa stai bevendo”.
“Millie, me
l’hai data tu. Dubito volessi avvelenarmi, hai avuto opportunità migliori di
questa”.
“Oh, non lo so”,
disse pensierosa lei. “Non essendo in te eri sicuramente un bersaglio invitante”.
“Smettila,
donna. Allungami quella pozione contro la sbornia che stai nascondendo da
qualche parte”.
Millicent
gli tese la fiala appena troppo distante perché la raggiungesse, forzandolo ad
alzarsi dalla sedia. Le gambe quasi gli cedettero per lo sforzo e dovette
allungarsi per metà scrivania, prima di riuscire a fregargliela. La bevve velocemente
e percepì il sollievo al mal di testa, nonché gli occhi smettere di bruciargli.
“È bello
averti di nuovo con noi, Draco”, disse Millie.
“Ok, allora
l’intervento è andato a buon fine. Cosa vuoi fare ora? E non provare nemmeno a
dirmi che non hai un piano”, disse lui.
“Dal tuo
odore, direi che una doccia è appena arrivata al secondo punto sulla lista”,
disse Pansy con un sorriso.
“Seriamente
Draco, quando ti sei cambiato l’ultima volta?”, chiese Millie, chiudendosi
teatralmente il naso.
Lui non
rispose, dato che non lo ricordava. L’ultimo ricordo coerente che aveva era
essere arrivato con la Metropolvere dopo il litigio con Hermione ed essersi
seduto alla scrivania, nel tentativo di dimenticare tuto.
“Dannate
donne”, mormorò sottovoce, mentre trascinava i piedi fuori dall’ufficio e si dirigeva
nella sua stanza.
Sentendosi
più umano dopo la doccia, dei vestititi puliti ed una tazza di tè, Draco tornò
nello studio. Nei quaranta minuti in cui era stato via, erano accadute diverse
cose. Le tende erano state aperte, facendo entrare nella stanza una luce calda
e gialla. Anche le finestre erano state aperte, per permettere al profumo delle
rose del giardino di sua madre di permeare l’aria. La scrivania ed il tavolino
da caffè di fronte al caminetto erano stati ripuliti dalle bottiglie vuote e
dai piatti incrostati. Ora sul tavolino giacevano prelibatezze dal profumo così
invitante che il suo stomaco si lamentò del trattamento riservatogli negli
ultimi giorni.
“Vieni e
mangia qualcosa, Draco”, disse Millicent.
Draco si avviò
verso la poltrona, posizionata di fronte al divano in cui sedevano Millie e
Pansy. Si sedette anche lui e prese un piatto vuoto, dando un’occhiata al
pranzo prima di servirsi dei muffin con sopra delle uova strapazzate.
Mentre mangiava
fecero silenzio, la sua mente focalizzata sul compito che stava portando a
termine. Riuscì a guardare le amiche solo dopo essersi pulito la bocca con un
fazzoletto ed essersi versato una tazza di caffè. Loro lo
stavano fissando, con identiche espressioni divertite.
“Cosa?”,
chiese sulla difensiva. “Avevo fame”.
“Lo vedo”,
replicò Pansy, sorseggiando piano il suo caffè. “Narcissa in effetti aveva detto
di non ricordare l’ultimo tuo pasto”.
Draco avrebbe
volute ribattere quanto solo per non darla loro vinta, ma si rese conto di non
riuscire a ricordarlo nemmeno lui. Vedeva solo immagini sfocate ed elfi domestici
che passavano. Non era nemmeno sicuro di quanto tempo era passato da quanto era
tornato a casa da quell’appuntamento all’ospedale, arrabbiato e deluso da se
stesso. Scorse la Gazzetta del Profeta in un angolo del tavolo e lo raccolse
velocemente. Secondo la data, erano passati ormai sei giorni. Non male come temeva,
ma avrebbe reso difficile scusarsi con Hermione.
“Hermione quindi
è stata qui”, commentò, cercando di suonare casuale, ma gli riuscì una domanda
ansiosa.
Sussultò
quando gli occhi di Pansy incontrarono i suoi, Pansy invece si addolcì. “Sì”, disse.
“L’hai vista?”, chiese lui.
Pansy scosse
la testa. Draco si voltò verso Millie, che ripetette il medesimo gesto. “Il
prossimo appuntamento è tra un altro paio di settimane”.
“Ottimo. Il
che significa che dovrò fare una bella chiacchierata con mia madre”.
Ma prima,
Draco doveva riprendersi fisicamente, così si riempì nuovamente il piatto.
Draco trovò Narcissa
un’ora dopo, nel suo salotto privato. Il ritratto di Lucius aveva preso il posto
d’onore, splendente sopra il caminetto.
“Allora sei
vivo?”, chiese Narcissa con un tono di disapprovazione mentre entrava. “Iniziavo
a chiedermi se avrei dovuto organizzare un secondo funerale in meno di un mese”.
Draco
sobbalzò a quel tono tagliente ed evitò deliberatamente di incrociare gli occhi
con quelli del ritratto di Lucius, che lo stava fissando come se fosse stato un
Kneazle.
“Mi dispiace
per la mia mancanza di autocontrollo, Madre”, disse formale.
Lei sospirò
e si voltò totalmente a guardarlo, mettendo giù il ricamo con cui si teneva occupata.
Si sentì in colpa, vedendo le occhiaie viola che le tingevano il viso e le
nuove linee di espressione in fronte, come se fosse rimasta accigliata per
giorni.
“Oh, Draco!”,
disse. “Sei uno stolto come tuo padre, a volte”.
Nonostante le
parole scoraggianti, gli sorrise affettuosa e gli fece gesto di sedersi sul
divano di fianco a lei. Lui vi ci sprofondò e Narcissa gli mise una mano sul ginocchio.
“Hai fatto un disastro, ragazzo mio”, disse piano.
“Lo so”.
“L’hai
ferita molto con le tue parole e le tue azioni”.
Non aveva
nemmeno bisogno di chiedere a chi sua madre si stesse riferendo. “Credi possa perdonarmi?”.
“Dipende”,
disse sua madre. “Sei pronto a lasciarla entrare?”.
“Cosa intendi?”, chiese Draco.
Lei sorrise tristemente. “Ricordi la nostra conversazione prima di questa situazione?”.
Draco annuì.
Sembrava passata un’eternità, mentre in realtà erano stati solo tre mesi prima.
“Ricordi quanto
avessi sperato che divorziassi da Astoria anni fa?”.
Lui fece una
smorfia. “Sì. Beh, hai esaudito quel desiderio”.
“Sì, e
questa casa ne è molto felice. Ho anche espresso il desiderio che ti
risposassi, felicemente questa volta”.
“Ed io ho
detto che non l’avrei fatto”, rispose Draco.
“Ti ho detto
che avresti trovato la donna giusta che ti avrebbe fatto cambiare idea. Ed è
successo Draco, l’hai trovata”.
“Se ricordo
bene, avevi cose tutt’altro che carine da dire riguardo ad Hermione”.
Narcissa
rise. “Hai ragione, è vero, e ciò significa che anche io posso sbagliarmi ogni
tanto”. Si protese verso di lui, prendendogli la mano. “È lei, Draco. La donna
che può, che ti ha reso felice. Quando abbiamo parlato, tu eri stressato ed
infelice. Sembravi anni più vecchio di quanto non fossi, ed ero preoccupata che
tutta l’ansia ti avrebbe portato precocemente alla tomba. Ma prima..” Narcissa
esitò ingarbugliata, prima di prendere un respiro profondo e continuare. “Prima
che tuo padre morisse, eri molto più felice e libero di come io ti abbia mai visto
prima della guerra. È stata lei, Draco”.
“Ed io ho rovinato
tutto. Con una stupida frase, ho rovinato tutto”.
“Sì, ma non
sei senza speranza. È arrabbiata e ferita, ma ci tiene, ragazzo mio”.
Draco si alzò
e fece qualche passo agitato per la stanza. “Non puoi saperlo mamma, non puoi”.
“No, non
posso, ma lo vedo. E l’ho visto ogni volta che è stata qui e lanciava sguardi
speranzosi alla porta del tuo studio quando ci passava davanti”.
“Probabilmente
pensava a tutte le possibili maledizioni da lanciarmi”, disse pessimista.
“Non dubito
che ne abbia pensate parecchie, ma comunque non ti ferirà”.
Per la prima
volta dalla morte di suo padre, la speranza infuse l’anima di Draco. Se fosse
riuscito a sistemare le cose, se Hermione avesse capito quanto gli dispiaceva per
quelle parole, ci sarebbe stata la possibilità di riconquistare la fiducia che
aveva perso in un unico momento di rabbia.
“Come
rimedio?”, chiese, incerto su come procedere. Non si era mai trovato prima in
quella posizione.
Si alzò
anche Narcissa e gli prese il viso tra le mani. “Devi essere onesto con lei, su
quanto significhi per te. Non c’è via d’uscita, Draco. Non avere paura di aprirti e
lasciare entrare qualcuno. Hai passato le ultime sei settimane a scappare dai sentimenti,
impaurito dal confrontarti con ciò che sapevi nel profondo, ma Hermione non
accetterà niente di meno da te. Ti chiederà onestà, e tu glie la darai. Glie lo
devi”.
Draco boccheggiò,
impaurito del rifiuto, tanto che per un momento tutto l’ottimismo scomparve. Ma
strinse la mascella ed annuì determinato. Era arrivato il momento di trovare il
coraggio.
Hermione
riusciva a sentire Ginny sfrazzare nelle credenze, diventando sempre più
irritata ad ogni sportello che apriva. Ci fu finalmente un ultimo botto ed un
suono di passi, mentre tornava in salone.
“Come fai a
non avere neanche una singola oliva in casa, Hermione?”, chiese sconsolata,
abbassandosi sul divano con la grazia scomposta di una donna che aveva passato
da qualche giorno il termine per il parto.
“Prima di
tutto, perchè l’odore mi faceva venire la nausea; secondo, perché solo vederle
mi faceva correre in bagno”.
“Ma è
successo settimane fa”, disse con lamento la sua amica rossa. “Se potessi avere
solo un’oliva, so che questo bambino finalmente mi accontenterebbe e verrebbe fuori”.
Hermione
sorrise. Le voglie di salato di Ginny mentre era incinta erano leggendarie e le
olive erano le sue preferite.
“Il bambino
arriverà, le olive no”, disse allegra Hermione.
“Sarà
meglio. L’ostetrica ha minacciato di indurmi il parto se non nascerà entro la
fine della prossima settimana”.
“Strano che
qualcuno non abbia ancora creato una pozione per rendere tutto più facile”,
disse Hermione.
Ginny rise. “Ci
sono delle cose per cui neanche la magia può aiutare. Strega o babbana, la biologia
della gravidanza rimane la stessa”.
Accarezzandosi
la panica, Hermione disse: “Grazie a Merlino! Se fosse sostanzialmente diversa
mia madre andrebbe nel panico. Almeno questa è un’esperienza che possiamo
condividere”.
Più la gravidanza
di Hermione avanzava, più i suoi genitori si eccitavano. Ormai la
disapprovazione per le sue azioni era passata, portata via dal pensiero che sarebbero
diventati nonni. Nonostante non si fossero ancora messi l’animo in pace riguardo
a Draco, Hermione sapeva che non avrebbero dimostrato il loro rancore verso il
padre del nipote.
Il pensiero
di Draco le fece tornare un dolore familiare al petto. Doveva ancora
presentarsi e scusarsi per quelle parole e, più ci metteva, più il divario
sembrava aumentare. Voleva avere un ruolo nella vita del bambino oppure aveva ormai
deciso di lavarsi le mani di entrambe?
“Smettila!”,
ordinò Ginny.
“Di fare cosa?”.
“Di
preoccuparti e pensare a lui. Se si comporterà come un gigantesco idiota non
merita né te né la bambina nella sua vita. E comunque, è lui che ci perde”.
Hermione non
era mai stata più grata al supporto di amicizie che si era creata, soprattutto
nell’ultima settimana. Harry ed i Weasley le si affaccendavano intorno, non permettendole
di cadere nei suoi miseri pensieri. Narcissa le aveva inviato diversi inviti a
pranzo, rifiutando un no come risposta e dichiarando che, nonostante suo figlio
fosse un idiota, non c’era nulla che potesse rendere lei indesiderata al Manor.
Era stata sorprendente, ma ben accetta.
Un rumore alla
connessione Metropolvere fece allertare Hermione e Ginny imprecò. Alzandosi dal
divano, Hermione si diresse nello studio in cui vi era il caminetto. Si fermò,
con il sangue che le correva al cervello, alla vista di chi si trovava di
fronte a lei.
Sembra più
magro, fu il suo
primo pensiero, seguito da un impeto di rabbia che la scosse.
“Che ci fai
qui?”, chiese di getto, lanciando uno sguardo glaciale al mazzo di fiori che
lui reggeva in modo precario in una mano.
“Sono venuto
a scusarmi”, replicò Draco, senza un vero tono di scuse, e le allungò i fiori.
“E quelli dovrebbero placarmi?”.
Draco sembrò
perso per un momento, quando lei si rifiutò di muoversi. “Beh, sì”.
Hermione
alzò un sopracciglio e si stupì nel vedergli un leggero colore sulle guance. Lui
si voltò, appoggiando il mazzo sulla scrivania. “Io ehm… io non stavo bene”,
disse tornando a fronteggiarla, con le mani lungo i fianchi.
“E ti ci
sono voluti sei giorni per capirlo”.
“No, l’ho
capito appena ho detto quelle cose”.
“E quindi? Hai
deciso di aspettare sei giorni prima di venire a dirmelo?”, chiese lei, ormai perdendo
le staffe.
“Hermione?”,
urlò Ginny dal soggiorno. “Chi è? Va tutto bene?”.
“È Malfoy e
se ne sta andando”, urlò di rimando Hermione.
“No, non me
ne vado!”, urlò Draco.
“Sì invece!”,
soffiò Hermione.
“Hai bisogno
che venga lì?”, chiese Ginny, chiaramente preoccupata.
“No, va tutto
bene. Posso gestire Malfoy”.
“Lancia un
urlo se ti serve. La gravidanza amplifica le mie fatture orcovolanti”,
schiamazzò maliziosa Ginny.
“Ha ragione,
sai”, disse Hermione. “I suoi fratelli sarebbero felici di testimoniarlo e se
non te ne sarai andato entro il mio tre le permetterò di usarla su di te”.
“Per favore,
Hermione, ascoltami”, disse Draco.
“E perché dovrei?”
“Perchè
voglio sistemare le cose, per il bene della nostra bambina”.
“Oh, è
diventata di nuovo nostra adesso?”.
Draco sospirò
e si passò agitato una mano tra i capelli. “Ascolta, non sono bravo in queste
cose. Non lo sono mai stato ma so che, se voglio ricostruire quella fiducia che
avevamo priva, devo scusarmi”.
“Quindi ti
scusi solo per renderti più facili le cose, invece perché dovresti?”, chiese
Hermione, intensamente irritata dalle sue parole senza tatto.
“No! Non è
ciò che intendevo”, disse frustrato Draco. “Davvero faccio schifo in queste
cose Hermione. Tu credi che con il mio passato dovrei avere qualche esperienza
ma davvero non ne ho, quindi sto facendo un casino ma per favore ascoltami”.
Hermione si
ammorbidì, alla luce di quell’onestà. Incrociò le braccia, poco incline a
dimostrarsi più dolce e soprattutto sapendo che, se lo avesse perdonato subito,
lui non le avrebbe permesso di entrare. “Vai avanti,
sto ascoltando”.
Lui si fece
qualche passo più vicino, come per appoggiarle le mani sulle spalle ma poi ci
ripensò e le rimise giù. “Ho fatto un casino, non solo per ciò che ho detto dopo
l’ecografia ma anche nel tenerti lontana. È che non sono mai stato bravo a lasciare
avvicinare qualcuno”, disse prima di ridere amaramente. “L’ultima persona con
cui mi sono lasciato andare è Astoria ed ha visto com’è andata”.
“Non sono Astoria,
Draco. Pensavo l’avessi capito”.
“L’ho fatto.
È solo che…”, esitò per un momento, cercando di riguadagnare un po’ di
compostezza prima di fare un respiro profondo e parlare di nuovo. “Va contro il
mio istinto, ok? Non sono bravo a lasciar entrare le person, nemmeno Pansy. Poi
è successo lo scambio al laboratorio ed all’improvviso io e te eravamo legati. In
qualche modo, nonostante le ostilità, siamo riusciti a smetterla con i litigi
ed i sospetti. Per la barba di Merlino, abbiamo persino sopportato Astoria e la
sua bravata e, all’improvviso, tu non sei più solo una spina nel fianco che
porta a spasso mio figlio ma un’amica, che è riuscita a farsi strada nel mio mondo.
Mia madre ti adora e mio padre, persino lui, ha cantato le tue lodi prima di,
beh lo sai..”. Si interruppe di nuovo, prendendo un altro respiro profondo. “Ma
sei diventata importante per me, non solo perchè port mio figlio ma perché sei
tu. Poi mio padre è morto, ed è diventato tutto troppo. Non sono preparato per
tutte queste emozioni. Non sono mai stato bravo a sbrogliarle”.
Draco si
zittì ed Hermione vide le mani che gli tremavano. Le sorrise, prima di
guardarsi i piedi e lei percepì l’affetto che aveva provato per lui in quelle
settimane tornare a galla. Forse non era una causa persa.
Draco alzò
nuovamente la testa, incontrando gli occhi di lei con un’intensità che la fece
rabbrividire. “Sono sopravvissuto gli ultimi dieci anni controllando le mie emozioni
e non permettendo alle delusioni di intaccarmi. Ma tu hai distrutto i miei
muri, Hermione, e non ero preparato. Ho cercato di ricostruirli per riprendere
il controllo, ma ti ho solo fatto soffrire ed ho sofferto io”.
Prendendo un
altro respiro profondo e stringendosi nelle spalle, Draco le si avvicinò e le
accarezzò leggero una guancia. “Sai cos’ho fatto negli ultimi
sei giorni?”.
Hermione
annuì muta, incapace di dare voce ad una risposta a causa dei battiti
accelerati del suo cuore.
“Ho bevuto
fino a star male, nella speranza di poter seppellire questi sentimenti che mi hai
estorto. Ho giurato che una volta divorziato da Astoria avrei chiuso con le
donne, ma non avevo ancora incontrato una strega così testarda, intensa e
meravigliosa da farmi cambiare idea”.
“Intendi me?”,
chiese insicura lei, nel disperato tentativo di ottenere una risposta.
Draco rise scosso.
“Sì, intendo te. E non volevo che mi piacessi, tantomeno volevo innamorarmi di
te quando tutto questo è iniziato”.
“Mi ami?”.
Esitò prima
di annuire, quasi stesse per decidere se mettere a nudo tutte le sue emozioni. “Per
favore, dimmi che non ho sprecato qualsiasi opportunità avrei potuto avere con
te”.
Hermione invece
era contenta l’avesse fatto, non avrebbe accettato niente di meno che il tutto.
“Oh, Draco”, disse con calore, prendendogli la mano e stringendola gentilmente.
“Hai quasi rovinato tutto”.
“Per favore,
dimmi che mi darai un’altra occasione”.
“Solo se mi
prometti di continuare ad essere onesto con me”.
Draco rise. “Non posso prometterlo,
ma ci proverò. Non mi riesce facile”.
“È tutto ciò
che chiedo”, disse Hermione, prima di avvicinare il viso al suo. Le sfuggì un
singhiozzo, mentre le loro labbra si incontravano. “Stupidi ormoni”.
Draco si
ritrasse e le catturò una lacrima con il dito. “Speravo fosse in circolo qualche
altro tipo di ormone della gravidanza”.
Lei rise, felice
che di quell’attimo un po’ stupido dopo quella conversazione così intensa. “I
miei ormoni devono ancora decider se baci bene, prima di andare in quella direzione”.
“Odierei
doverli far aspettare”, mormorò Draco, prima di premere nuovamente le labbra
sulle sue.
Hermione
ormai aveva le labbra gonfie, quando una chiamata d’aiuto giunse dal salotto. “Ehm..
odio interrompere qualsiasi cosa stia succedendo lì dentro, e per favore ditemi
che vi state solo baciando, ma credo che le mie acque si siano rotte!”.
Hermione
sorrise contenta, si asciugò le lacrime e le urlò dietro. “Meno male che ti sei portata il borsone!”.
Spingendo
Draco verso la Metropolvere, Hermione disse: “Rintraccia Harry. Ci vediamo all’ospedale”.
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Capitolo 21 *** Epilogo ***
Cap 21 - Epilogo
Epilogo
Hermione non ricordava di essersi
mai sentita così stanca. Nemmeno durante l’ultimo anno della guerra, tutti
quegli anni prima, quando non dormiva né mangiava abbastanza e la paura era
così palpabile da renderle difficile addormentarsi. Più che altro, però erano
state quella sorta di tensione senza fine e le notti insonni durante le quali
la preoccupazione le rodeva l’animo, che l’avevano consumata per mesi. Persino nell’euforia
a seguito della battaglia finale, con Harry vivo, Voldemort finalmente
scomparso e l’ansia di poter morire ormai dissipata, le era rimasto un profondo
senso di tristezza per tutte quelle perdite.
Questa cosa, invece, era completamente
diversa. L’adrenalina le scorreva nelle vene e la faceva tremare
incontrollabilmente Hermione non era preparata al dolore del parto: nonostante
sua madre lo avesse comparato a dei dolori da ciclo un po’ più forti e nonostante
tutti i libri che aveva letto per prepararsi al momento, il dolore era comunque
arrivato di sorpresa. Per di più c’era anche il fatto di essere rimasta in
travaglio da ormai ventiquattro ore e trenta minuti, durante le quali il suo
corpo aveva preso vita propria ed alla fine aveva sentito il bisogno di
spingere.
Ora, mentre osservava quel corpicino
sul suo stomaco, non riusciva a provare altro che meraviglia. Lei e Draco (e
quella clinica Svizzera, anche se rifiutava di pensarci troppo) avevano creato
quella bimba perfetta e tutto il dolore dell’ultimo giorno era già stato spunto
nei meandri della mente, mentre la piccola, esausta quanto lei, giaceva sulla
sua pancia. Millie l’aveva definito un contatto “pelle a pelle”, quando le
aveva chiesto se avrebbe voluto farlo subito dopo il parto. A quanto sembrava, avrebbe
aiutato a creare un legame più forte tra mamma e figlio. Tutto ciò a cui
Hermione riusciva a pensare era che le avrebbe dato l’opportunità di vedere
davvero sua figlia, dalla punta della peluria riccia e bruna che le copriva la
testa alle manine e piedini che si chiudevano.
Una mano spuntò da dietro di lei e
le allontanò qualche ciuffo ribelle dalla fronte, dandole poi un bacio sulla
guancia. Draco si sedette di fianco a lei.
“È perfetta”, disse lui, mentre si
avvicinava per far scorrere gentilmente un dito lungo la schiena della bambina.
Loro figlia pianse appena e Draco si
scostò come un gatto a cui era stata pestata la coda. “Oh Merlino, non le ho
fatto male vero?”.
Hermione rise, ma si sentiva scossa
e senza fiato. “Ne dubito. Molly mi ha assicurata che i neonati sono più difficili
da rompere di quanto sembrino. Probabilmente era solo sorpresa”.
“Eccoci qui, mammina”, disse l’ostetrica
arrivando con un asciugamento per prendere la bambina. “È il momento di vestire
e pesare la piccola, mentre a te daranno qualche punto”.
Hermione voleva protestare, voleva
che quel momento durasse per sempre, ma l’ostetrica era già sparita velocemente.
Draco si fermò abbastanza da darle un bacio sulla fronte prima di lasciarla,
ovviamente per la voglia di andare a vedere cosa avrebbero fatto a sua figlia.
Hermione rimase nelle mani della
capo ostetrica, che reggeva una fiala di anestetico. “Qualcosa per lenire il dolore
mentre ti ricucio la ferita”.
Ci vollero almeno quaranta minuti
prima che riuscisse a vedere di nuovo la bambina. L’ostetrica l’aveva medicata
in tempo record e lei era stata trasferita dalla sala parto ad una stanza lungo
il corridoio dove ora era a letto. Si sentiva un po’ meglio, dopo il cambio di
camicia da notte ed una tazza di tè. La bambina era rannicchiata nelle braccia
di Draco, con indosso una tutina giallo pallido e la scritta “ciao mondo” sul
davanti.
“Mamma ha finito, Iris”, disse Draco
con un tenero sorriso, mentre osservava la figlia.
“Stavo pensando che forse non
dovremmo chiamarla così”, disse Hermione. “Non come primo nome, almeno”.
Draco si accigliò. “Ma a te piace. Lo
avevi scelto ancora prima di rimanere incinta”.
“Lo so”, disse Hermione. “Ma pensavo
sarebbe bello chiamarla Lucia”.
Gli occhi di Draco scattarono verso
i suoi, mentre gli spuntava un piccolo sorriso. “Sei sicura?”.
Lei annuì ed iniziò a stropicciare
nervosamente la coperta tra le dita, mentre aspettava la risposta di Draco.
Un sorriso gli illuminava il volto. “A
mia madre piacerebbe molto, ed anche a me”, disse, con gli occhi che
brillavano.
Draco non credeva
di aver mai visto prima tre persone così diverse sedute al tavolo della cucina
di Molly Weasley. Una decina di anni prima, o giù di lì, un tale gruppetto
sarebbe finito a sguainare le bacchette e lanciarsi maledizioni.
Ed io spalmato
a terra con qualcosa di schifoso in faccia, pensò con un sorriso.
La felicità
aveva uno strano modo di lenire i dolorosi eventi passati e trasformarli in
qualcosa da affrontare con un sorriso.
“Pfff, che immondizia
che ultimamente fanno passare per giornalismo”, disse Ron con un borbottio, mentre
lanciava l’ultima edizione della Gazzetta del Profeta sul tavolo che occupava
gran parte della cucina.
Il giornale
atterrò vicino a Draco, che strizzò gli occhi alla vista dell’ennesimo articolo
calunniante.
“Il parto
della nuova Malfoy
La veterana
di guerra, nonché ruba consorti, Hermione Granger, ha dato al nuovo marito,
Draco Malfoy, una femminuccia. Fonti vicine alla coppia dicono siano elettrizzati
dalla nuova vita dopo la tragica fine del patriarca della famiglia, Lucius, nei
primi mesi dell’anno”.
L’articolo
continuava in modo simile, presentando i fatti adornati in stile succulento. Dall’altro
lato della pagina si trovava un’enorme foto della sua ex moglie, con un’espressione
corrucciata.
“Draco ha
detto addio alla bellezza purosangue a causa di un bambino?
La reporter
della Gazzetta del Profeta, Rita Skeeter, intervista l’ex moglie dal cuore
spezzato, Astoria Greengrass, riguardo ad amore, divorzio ed il suo stesso desiderio
di avere un figlio nonostante i problemi di fertilità”.
Draco grugnì
così forte che Lucia iniziò a svegliarsi tra le sue braccia, lamentandosi lievemente
per essere stata distolta dal suo sonnellino. Si alzò, cullandola gentilmente
per farla tornare a dormire.
“Le farai
causa?”, chiese Ron, dimostrando la sua totale inesperienza con i bambini,
visto che aveva completamente ignorato i lamenti di Lucia.
Draco rispose
in tono frustrato. “No. Hermione questa mattina era indiavolata ma poi si è
calmata ed abbiamo deciso che al momento non c’è bisogno di avere altre luci puntate
addosso”.
Harry, con
Lily che smangiucchiava allegra un pezzo di pane sulle sue gambe, annuì concorde.
“Non avrebbe senso. Non si
scuserebbero”, disse, con il tono di qualcuno che aveva già affrontato affari
simili con la Gazzetta.
Lucia
finalmente chiuse gli occhi e tornò a dormire. “Bel lavoro!”, disse Harry con
un sorriso.
Draco stava giusto
per congratularsi con se stesso per non aver svegliato Hermione, che si stava
facendo un meritato riposino dopo essere rimasta sveglia tutta la notte a far
mangiare Lucia, ma la porta si aprì di colpo ed entrò sua moglie che
sbadigliava, con i capelli tutti arruffati.
“Era Lucia a piangere?”.
“Ehm...”, disse Draco.
“Sì, ma è
tornata a dormire. Draco ormai è un esperto”, disse Ron, facendogli l’occhiolino.
“Vuoi del caffè?”.
“Oh sì, ti
prego!”, disse Hermione con un altro sbadiglio.
“Perché non
torni a dormire?”, chiese Draco.
Prima che potesse
rispondere, la porta si aprì nuovamente per far entrare George, Ginny ed un po’
di aria fredda.
“Ehi!”, sbottò
Draco. “Chiudete la porta!”.
Ginny alzò
gli occhi al cielo. “Rilassati, Draco. Lucia non si ammalerà per un filo di
aria fresca!.
“Potrebbe!”,
rispose lui, stringendo meglio la copertina attorno a sua figlia.
“A chi va una
partita a Quidditch?”, chiese George. “Oppure rimaniamo qui a spettegolare
tutto il giorno?”.
Draco sentì
una fitta di desiderio. Da quanto aveva ricominciato a giocare la domenica,
aveva riscoperto quanto gli piacesse volare, ma da quanto era nata Lucia non
aveva più potuto farlo visto che doveva aiutare Hermione il più possibile.
I suoi occhi
volarono involontariamente verso la moglie, che lo guardava con un sorriso.
“Vai!”,
disse Hermione, prendendo Lucia. “Tra l’altro è quasi ora della pappa”.
“Sei sicura?”,
chiese Draco. “Potresti dormire ancora un po’”.
“No, ora mi
sento bene e comunque ti meriti un po’ di svago. Ti occupi di Lucia tanto
quanto me”.
Draco le
passò la bambina mentre George annuiva, prima di voltarsi verso Harry con un volto
interrogativo.
“Io rimango
con Hermione e le ragazze”, disse Harry.
“Avete un’ora!”,
borbottò Molly, appena entrata nel salone con i ferri da calza che lavoravano
dietro di lei. “La cena sarà in tavola”.
“Sì, mamma”,
risposero in coro i fratelli Weasley.
“Due contro
tue”, disse George. “Io prendo Ginny”.
“Non è
giusto”, si lamentò Ron.
“Ehi! Non c’è
niente che non vada nel mio modo di giocare”, protestò Draco.
George, Ginny
e Ron fecero una smorfia. “Dimentichi che abbiamo giocato tutti ad Hogwarts”, disse
Ginny.
“Mi oppongo”.
“Risparmiati
la rabbia per la partita, Malfoy”, disse George con tono divertito. “Potrebbe
aiutarti a giocare meglio”.
“Alcune cose
non cambiano mai”, disse Harry, mentre Hermione ascoltava il chiacchiericcio
svanire verso il campo dietro la Tana.
“Ma sono
felice che alcune cose lo facciano”, rispose lei, guardando amorevolmente una
testa bionda che si allontanava.
Lucia si
stiracchiò contro di lei, voltandosi verso il suo petto con le labbra
arricchiate. Era affamata.
Sono davvero contenta che certe cose cambino, pensò.
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