Before the night come

di _Equinox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #riflesso ***
Capitolo 2: *** #cerchio ***
Capitolo 3: *** #pagine ***
Capitolo 4: *** #girasole ***
Capitolo 5: *** #mare ***
Capitolo 6: *** #corda ***
Capitolo 7: *** #salvia ***
Capitolo 8: *** #occhi ***
Capitolo 9: *** #viola ***



Capitolo 1
*** #riflesso ***


Lo specchio di camera sua presentava numerose crepe, tuttavia Shigaraki riusciva ad avere una visuale perfetta di ciò che stava accadendo. C’erano delle mani, attorno al suo petto ancora coperto dalla maglia, e stavano salendo lentamente verso il collo: non erano però quelle dei suoi parenti, che in genere portava con sé.
Le labbra calde di Dabi stavano sussurrando qualcosa vicino al suo orecchio, forse per provare a farlo rilassare, e sarebbe stato quasi piacevole se non si fosse trattato di quel sottoposto così fastidioso. Tomura aprì appena gli occhi, ma non osò puntarli in quelli dell’altro, perché, anche attraverso il riflesso, non avrebbe retto un simile sguardo così intenso.

Pensavo di non riuscire a fare in tempo per problemi con gli esami in uni, e invece eccomi qui. Sono felicissima di poter partecipare al Writober anche quest'anno - l'anno scorso scrissi nel fandom di Inazuma Eleven, mh. In ogni caso, spero di riuscire ad essere costante.
Non so che altro dire, se non che spero vi possiate godere la raccolta. Buon mese delle zucche a tutt*!
Ci vediamo domani,
Ania.

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Capitolo 2
*** #cerchio ***


Tenko stava continuando a girare in cerchio davanti alla porta di casa, indeciso sul da farsi e sulle parole da utilizzare, convinto anche che, di quel passo, avrebbe fatto un bel buco nel pavimento. Aveva appena compiuto un salvataggio eccellente, quindi non c’era effettivamente motivo di essere nervosi. Il problema principale, in quella circostanza, era però la slogatura alla spalla, inevitabile visto il modo in cui si era buttato verso l’edificio pericolante per salvare una ragazza: sapeva che il suo compagno si sarebbe arrabbiato. Fatto quindi un respiro profondo, aprì piano la serratura e, trovando le luci spente, tirò un sospiro di sollievo.
«Ho visto il salvataggio in TV»
L’eroe scattò, spaventato dalla voce del fidanzato alle sue spalle, che continuò: «Impressionante, Dust, specialmente la parte in cui salti tra due edifici pericolanti e ti rompi il braccio nel tentativo di non cadere nel vuoto e morire»
«In realtà» provò il nipote di Nana Shimura, intimidito «Mi sono solo slogato una spalla»
La stanza si illuminò di un leggero blu, prodotto dalle fiamme lievi che circondarono lo sguardo di Touya e fecero sorridere il Pro Hero, che subito gli si avvicinò per dargli un bacio a stampo e rassicurarlo.
«Stasera niente PlayStation per te» sbuffò il primogenito Todoroki, fingendosi imbronciato. Dust non poté fare a meno di ridere.

Meh, non sono soddisfatta completamente di questa fic. Il prompt "cerchio" avrebbe potuto avere tante sfaccettature, ma a me sinceramente è venuto in mente solo questo e nì, forse ci ho preso, forse (probabilmente) no. Ma che dire. La fic prende palesemente ispiranzione da questa fanart di @ijessbest e nel complesso spero vi sia piaciuta.
Ci vediamo domani!

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Capitolo 3
*** #pagine ***


La biblioteca era un posto decisamente tranquillo e a Tomura piaceva stare nelle sue vicinanze quando aveva delle ore buche a scuola. In genere si metteva nel cortile a giocare con la Switch o a leggere un libro, quando c’erano dei tavolini liberi disegnava anche. Quel giorno sembrava che la pioggia non volesse cessare di scendere, sembrava che il cielo grigio fosse particolarmente triste… O arrabbiato. Shigaraki ne approfittò per stare al caldo in mezzo alle librerie, godendosi la sala quasi vuota e il suono delle gocce contro le finestre. Sulla scrivania teneva aperto il taccuino dei disegni, mentre la matita tra le mani batteva sulla superficie in legno alla ricerca di ispirazione.
L’illuminazione arrivò quando, dopo l’ennesimo sospiro sconsolato, il ragazzo alzò lo sguardo e vide in lontananza una figura tra gli scaffali: doveva essere uno studente nuovo, visto l’aspetto del tutto sconosciuto – e uno con quei piercing, quel taglio di capelli discutibile e una simile faccia da schiaffi non passava di certo inosservato.
Tomura socchiuse appena le labbra, ammirando quel profilo morbido e quelle mani che, con cura, stavano reggendo ciò che gli sembrava un foglio pentagrammato. Senza che potesse controllarsi, la matita iniziò a scorrere sulle pagine dello sketchbook, come spinta da una forza superiore incontrollabile. Erano rari i momenti in cui l’ispirazione arrivava in maniera così folgorante da permettergli di realizzare un lavoro bello e che lo soddisfacesse del tutto. Quella giornata di pioggia fu uno di quei momenti, e Shigaraki non seppe se esserne grato o no, visto il sorriso beffardo e il cenno di mano che l’altro gli rivolse quando si accorse di essere fissato troppo intensamente.

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Capitolo 4
*** #girasole ***


Tomura continuava a fissare il vasetto davanti a sé, confuso. Non sapeva chi lo avesse portato lì, ma quella spruzzata di colore, nel bar solitamente cupo, non stava male. Shigaraki afferrò lo stelo del girasole con due dita, i capelli lunghi scivolarono morbidi davanti al viso e un sorriso impercettibile sorse sulle labbra.
Quando entrò, Dabi lo trovò in quello stato e il suo cuore perse un battito: non aveva mai visto il boss in una simile situazione, così naturale, e, nonostante tutto, non poteva fare a meno di trovarlo bello. Rimase sullo stipite della porta a guardarlo, in silenzio, finché l’altro non se ne accorse e arrossì appena.

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Capitolo 5
*** #mare ***


Dabi manteneva lo sguardo sulla distesa d’acqua davanti a lui. Le onde si infrangevano lente sulla sabbia e il suono prodotto lo stava calmando a poco a poco. La brezza stava agitando il lungo cappotto nero ed era piacevole, considerando che parte di pelle stava ancora fumando: per l’ennesima volta, aveva spinto troppo in là il quirk e in quel momento si ritrovava con un fastidioso bruciore nella parte sana di pelle. Le graffette erano bollenti e gli stavano scatenando prurito, ma sapeva che rispondere a quell’istinto avrebbe significato farsi più male. Rimase allora immobile in riva al mare, sul quale si rifletteva la luna piena, incredibilmente splendente quella sera. Sarebbe dovuto tornare già da un po’, tuttavia non gli andava di farlo in quelle condizioni.
Afferrò un pacchetto di sigarette in tasca, intento ad accenderne una per sfogare la rabbia. La nicotina non era abbastanza forte, non se paragonata al sesso con Shigaraki, unico calmante in quel periodo, ma era pur sempre meglio di niente. Sentì il fumo riempirgli i polmoni e, con un po’ di difficoltà iniziali, i muscoli del corpo iniziarono a rilassarsi. Nella sua testa, però, continuavano a risuonare le voci di quei fan del cazzo di Endeavor ammazzati poco prima e sulla pelle quasi sentiva le fiamme che lo avvolgevano da ragazzo anni prima, che lo avevano ridotto in quello stato. Era paradossale come il ricercato fosse lui, e non quel bastardo che aveva distrutto la sua stessa famiglia e veniva addirittura idolatrato dalla gente. Talmente assorto nei suoi pensieri, quasi non si accorse del cellulare che squillava: non ebbe bisogno di guardare lo schermo per capire di chi si trattasse.
«Dove cazzo sei?»
Shigaraki era arrabbiato, lo capiva dall’acidità usata nel tono di voce, ma c’era anche una nota di preoccupazione in quelle parole. Dabi aveva imparato a riconoscerla nel corso degli anni insieme e quasi sicuramente un estraneo non avrebbe saputo avvertirla.
«Non torno. Non stasera»
«Hanno parlato di te in TV, idiota, dimmi che cosa cazzo ti è venuto in mente o ti faccio a pezzi»
Aveva agito di impulso quella sera, senza consenso, il che poteva limitare la sua libertà di andare in giro come se niente fosse, ma comunque un ghigno leggero si formò sul volto del corvino.
«Che rapidità, ora sì che sono una celebrity»
«Dabi»
Il tono autoritario di Tomura mise fine alla sua sfacciataggine: tutta quella severità era riservata solo ai momenti di rabbia effettiva e, molto probabilmente, il capitano della Vanguard Action Squad si stava davvero spingendo troppo in là. Se non altro, sentire la voce del boss lo aveva calmato un minimo.
«Sono in un posto sicuro, boss. Ma non voglio tornare»
«Dimmi solo che non sei ferito»
«Ti preoccupi per me a tal punto, capo? Non pensavo»
In fondo, Dabi sapeva che quella domanda gli fosse stata rivolta perché lui era il sottoposto più forte con un quirk che poteva colpire a distanza, ma provocare il capo gli dava davvero troppa soddisfazione.
«Ti piacerebbe»
E sì, una parte di lui avrebbe voluto confermare, ma alla fine si limitò solo a ridere e a chiudere la chiamata, consapevole del fatto che Shigaraki sapeva quanto fossero utili per lui quei momenti di solitudine e di riflessione per calmarsi.
Sorrise appena.

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Capitolo 6
*** #corda ***


La corda intorno ai polsi stringeva al punto da fare quasi male, però il dolore non avrebbe comunque superato il piacere che il corpo di Dabi gli stava dando era troppo alto per pensarci.
Erano poche le cose che riuscivano a mandarlo in estasi fino a quel punto e il sesso con Dabi rientrava tra quelle – che fosse da ricevente o no, poco importava. Alla fine, nonostante si trovasse completamente esposto a quell’idiota, Shigaraki era relativamente tranquillo. Ormai erano più di due anni che si conoscevano e la fiducia reciproca non vacillava più come i primi tempi: sapeva che, anche con le mani bloccate, il corvino non avrebbe avuto motivo di fare qualcosa contro la sua volontà.
In fondo, si erano ritrovati a scopare in quel modo proprio su proposta di Tomura, in risposta all’affermazione dell’altro secondo cui il boss non potesse fare a meno di toccarlo durante le scopate. In parte era vero, perché, malgrado avesse messo su una buona massa muscolare e non fosse più magro come un tempo, Shigaraki adorava i dettagli del corpo del sottoposto.
Dabi non era mai stato eccessivamente muscoloso, ma era comunque piacevole passare le dita sui pettorali accennati o sull’addome ben definito. Era come se, ogni volta, volesse toccarlo come se fosse l’ultima e volesse imprimere la propria presenza su quel corpo. Anche in quel momento, il capo della League of Villains sentiva tale necessità, però, chiaramente, non avrebbe potuto mai ammetterlo.
Quando finirono l’amplesso e il corvino decise di liberarlo da quella costrizione, non ci volle molto prima Tomura gli poggiasse otto dita sul petto e iniziasse a muovere lentamente le mani.
«Credevo di aver torto, invece ti sei appena tradito» ridacchiò appena Dabi, mentre si rilassava sotto il tocco, tutto sommato delicato, dell’altro ragazzo.

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Capitolo 7
*** #salvia ***


Non si aspettava di trovarsi in quella situazione e, soprattutto, non si aspettava di trovarsi in quella situazione con lui, completamente da solo, in una grotta sperduta nel bel mezzo di un temporale.
Qualche bastardo aveva fatto la spia e l’esercito del re li aveva circondati nel giro di poco. A loro non era rimasto altro che combattere, ma la situazione aveva iniziato a peggiorare quando un bastardo aveva trafitto con una freccia la mano del capo e Dabi aveva usato quei maledettissimi poteri, attirando ancora di più l’attenzione. Fortunatamente, Shigaraki era stato abbastanza veloce nell’eseguire un incantesimo di teletrasporto e trascinarli via.
La League of Villains era in viaggio da giorni, avrebbero dovuto raggiungere la cittadella di Deika da ricercati, quindi avevano ben pensato di dividersi. Il capo, uno stregone dai poteri non ben definiti, non era nelle condizioni migliori per viaggiare dopo l’ultimo combattimento: la febbre che aveva contratto andava a tratti, ma quando capitava era impossibile perderlo di vista, perché diventava troppo vulnerabile. Dabi, altro stregone con una particolare affinità per il fuoco, diventava l’unico capace di dare un po’ di sollievo a quelle notti insonni, visto il calore naturale presente nel suo corpo, perciò era inevitabile assegnare a lui il ruolo di accompagnatore del boss.
«Tomura…»
In quel momento, l’albino era steso sul terreno freddo della grotta, ansimante, e con la freccia ancora bloccata nella mano. Il viso era arrossato, segno che la febbre era salita ancora. Non avevano con loro delle pozioni curative e gli incantesimi di guarigione non erano semplici da praticare se si usava un diverso tipo di magia – forse Tomura ci sarebbe anche riuscito, se non fosse stato ridotto in quello stato.
Dabi, in ginocchio accanto all’altro, stava provando ad analizzare la situazione: la loro sosta nella caverna, salvo imprevisti, sarebbe dovuta durare almeno per tre giorni, e nel frattempo dovevano preoccuparsi di non morire o essere catturati. La ferita doveva assolutamente essere medicata e in qualche modo dovevano capire come far passare quella dannata febbre.
«Tomura, hey… Devo tirarti fuori quella freccia dalla mano»
Shigaraki sembrava del tutto incosciente, il teletrasporto doveva averlo sfinito, tuttavia da un lato poteva essere un bene, visto che non avevano antidolorifici o anestetici con loro.
 
Dabi rientrò silenziosamente nella grotta, tirando un sospiro di sollievo nel trovare il capo ancora avvolto nelle coperte improvvisate ricavate dai loro mantelli. Aveva fatto un giro di perlustrazione dopo avergli chiuso la ferita con ago e filo – li portava sempre con sé per curare le proprie – nella speranza di trovare qualcosa da mangiare. Non era stato sfortunato, ma non si poteva nemmeno dire che le cose fossero andate bene: era riuscito a catturare un leprotto e a raccogliere alcune erbe, oltre a della legna da ardere.
Shiagaraki aveva ancora il volto arrossato, ma almeno tremava di meno. La grotta non era il luogo migliore per essere riparati, vista l’umidità presente all’interno, però se non altro l’accesso non era semplice – i graffi e le spine conficcate nel suo braccio a causa dei rovi all’esterno ne erano la prova.
Sistemata legna, pensò bene di scuoiare e poi infilzare la lepre e, senza il minimo sforzo, evocò delle fiamme che iniziarono a propagarsi in maniera soffusa. Era facile controllarle, per lui, proprio grazie alla propensione verso il fuoco: altri elementalisti, quelli senza affinità, si sarebbero trovati in difficoltà anche con qualcosa di tanto semplice.
Assicuratosi che fosse tutto a posto, Dabi si avvicinò alla piccola sorgente presente lì, con la fiaschetta di whiskey in mano, vuota, visto che l’alcol era stato usato per disinfettare la ferita del capo. La riempì piano e semplicemente fece scivolare al suo interno delle foglie di salvia raccolte fuori. Sarebbe stato più facile utilizzarle se avesse potuto schiacciarle, ma non avevano né un mortaio con loro, né una ciotola, quindi dovevano accontentarsi. Non sapeva se avrebbe funzionato, però provò comunque a scaldare la borraccia, nella speranza di non bruciarla completamente: l’infusione sarebbe avvenuta meglio.
«Dabi…»
La voce flebile di Tomura lo fece scattare immediatamente verso di lui. Era un buon segno il fatto che si ricordasse di essere con lui, dopotutto, e il corvino fu sollevato. Si mise in ginocchio accanto all’altro stregone, alzandogli appena il capo con un braccio e sfiorandogli la fronte: scottava ancora, ma di meno rispetto a prima.
«Boss, sono qui. Ho trovato un leprotto e delle erbe che potrebbero aiutarti a metterti in forze» cercò di spiegare.
Shigaraki aprì appena gli occhi e la bocca; le iridi rosse risaltavano comunque al buio e dalle labbra uscivano ansiti regolari.
«Siamo al sicuro qui?» domandò l’albino, provando in tutti i modi a mettere a fuoco la zona circostante: ricordava di averli teletrasportati in una grotta, ma non pensava sarebbero riusciti a sopravvivere abbastanza.
«Sembrerebbe di sì, ma devi rimetterti in forze e non possiamo viaggiare con te malato» fu la risposta decisa di Dabi, che si affrettò ad aprire la fiaschetta e ad avvicinarla all’altro.
«Non credo che farmi ubriacare sia la soluzione» sussurrò scettico il capo della League of Villains.
«Non preoccuparti, è una specie di infuso con la salvia. Credo… Non lo so, mamma lo chiamava così»
Sul viso del corvino si dipinse un’espressione malinconica al ricordo della madre, la regina del Regno di Mezzo, da cui lui era scappato. Shigaraki se ne accorse, ma non disse nulla, limitandosi semplicemente a bere quella che non si avvicinava minimamente ad una tisana, visto il leggero retrogusto alcolico dato dal whiskey presente fino a poche ore prima.
«Riesci a stare con il busto alzato? Devo girare lo spiedo…»
E Tomura annuì, poggiandosi con la schiena alla parete alle sue spalle. La luce bluastra illuminava appena la grotta, ma era talmente soffusa da essere quasi soporifera. Per cercare di tenere gli occhi aperti, allora, seguì i movimenti di Dabi. Non si sarebbe mai aspettato che ad un certo punto della sua vita si sarebbe trovato in quella situazione con il figlio maggiore del re, scappato – o forse esiliato – dal regno: all’inizio aveva fatto fatica a fidarsi, ovviamente, ma col tempo aveva avuto modo di constatare di essersi sbagliato. L’ex erede al trono credeva davvero nella loro causa e più di una volta glielo aveva dimostrato. Spesso litigavano, una volta si erano anche quasi ammazzati e, decisamente, Shigaraki non lo sopportava, però c’erano stati dei momenti in cui si erano trovati a parlare come se fossero dei vecchi amici in una locanda.
«Sembra essere buono»
La voce bassa del corvino lo destò da quei pensieri. Era tornato vicino a lui, con lo spiedo in mano. Non aveva molta fame, tuttavia era privo di energia e non poteva fare incantesimi, quindi si vide costretto a mangiare di forza la carne, che, in fin dei conti, non era così male. Quando ad un tratto sentì le palpebre farsi più pesanti e un leggero brivido percorse il suo corpo, non disse nemmeno nulla nel sentire le braccia dell’altro avvolgerlo.
«Il mio corpo emana calore naturale, serve per contrastare un po’ l’umidità della grotta» gli sussurrò all’orecchio Dabi, come se si sentisse in colpa per averlo stretto in maniera così intima – di solito, il boss odiava il contatto fisico, e anche una semplice pacca sulla spalla poteva metterlo a disagio.
Tomura non disse comunque nulla e si lasciò trasportare da quel calore, forse per colpa della debolezza o forse perché, stare in quella specie di abbraccio, lo faceva sentire un po’ più al sicuro e protetto.
Il sapore della salvia – che da quel giorno avrebbe continuato ad associare a quell’avventura – continuava ad avvolgergli il palato.

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Capitolo 8
*** #occhi ***


Shigaraki era ipnotizzato dagli occhi di Dabi, nonostante non lo avesse mai ammesso. Adorava quando in quelle iridi turchesi si riflettevano le fiamme del medesimo colore, perché sembravano brillare, o quando erano attraversati da un lampo di follia. Sapeva che il corvino li odiava, per un motivo ovviamente palese, di cui non parlavano mai, eppure il boss della League of Villains non poteva fare a meno di perdersi al loro interno.
Quella sera, dopo l’ennesimo rapporto con il corvino, era rimasto ad osservarlo mentre si accendeva una sigaretta. Il fuoco azzurro si rifletteva negli occhi e rendeva il pigmento più intenso. Probabilmente, in circostanze normali, Tomura si sarebbe inevitabilmente innamorato.

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Capitolo 9
*** #viola ***


Il viola era presente ovunque in quella stanza, partendo delle pareti e finendo al completo elegante dell’uomo davanti a lui. Shigaraki lo stava quasi odiando, ma non poteva dirlo ad alta voce: quando gli era stato detto che un membro dell’Hydra aveva richiesto i suoi servizi, non aveva potuto fare a meno di obbedire. Certo, non si sarebbe aspettato di vedere davanti a sé proprio quella persona, che adesso gli stava accarezzando il petto con le mani.
Il più piccolo non poteva fare movimenti bruschi, probabilmente nemmeno commenti sul sorriso beffardo dell’altro, considerando che lui non era né un drago puro, né un ibrido[1] come il corvino. Eppure, nonostante volesse davvero togliergli quell’espressione dalla faccia, non poteva fare a meno di considerare piacevoli quelle attenzioni: non sentiva fastidio, stranamente, nemmeno la presenza delle squame su metà dei palmi risultava spiacevole.
«Vai sul letto e stenditi, a pancia in giù» gli sussurrò all’orecchio Dabi, a voce bassa e con un tono che non si aspettava potesse essere tanto sensuale. Obbedì, annuendo piano con il capo e facendo come gli era stato comandato.
Non appena si stese sulle coperte color glicine, le luci nella stanza si spensero e l’atmosfera venne illuminata solo dalla luce fioca e azzurra prodotta dal fuoco dell’ibrido.
«Non farò nulla che tu non voglia, okay? Rilassati»
L’ultima cosa che vide, prima di essere bendato da un morbido nastro di raso, fu di nuovo quel maledetto colore viola.

 
[1]: questo è un chiaro riferimento a Dragon Raja, RPG con cui sono in fissa da diversi mesi a questa parte. Per farla breve, gli ibridi sono umani la cui genetica è stata fusa con quella di un drago, per cui possono usare degli elementi e hanno capacità superiori.

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