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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Primo capitolo : L'oscurità *** Capitolo 2: *** Secondo Capitolo : Risalire. *** Capitolo 3: *** Terzo Capitolo : Scelte difficili. *** Capitolo 4: *** Quarto Capitolo: Un aiuto inaspettato. *** Capitolo 5: *** Quinto Capitolo : L'arrivo di Molly Hooper *** Capitolo 6: *** Sesto Capitolo : Prima di partire *** Capitolo 7: *** Settimo Capitolo : Il cottage. *** Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo : la confessione *** Capitolo 9: *** Nono Capitolo : Una serata difficile *** Capitolo 10: *** Decimo Capitolo : Una giornata movimentata *** Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo : Nel fondo del pozzo *** Capitolo 12: *** Dodicesimo capitolo : Parlare d'amore *** Capitolo 13: *** Tredicesimo capitolo : Ricominciare insieme *** Capitolo 14: *** Quattordicesimo capitolo : Ritrovare i ricordi *** Capitolo 15: *** Epilogo : Il testamento ***
"Togliersi la vita. Interessante
espressione: toglierla a
chi? Non è certo al morto che mancherà. La nostra
morte è qualcosa che capita a
chi resta. ~Sherlock~.
La vecchia casa a Pall Mall era
immersa nella penombra. Era quasi l'imbrunire, Mycroft Holmes era
seduto
davanti al camino spento, l'unica luce era quella che filtrava dalle
finestre,
con le spesse tende di cotone damascato.
Fissava un punto davanti a
lui senza
in realtà vedere oltre. Il suo elegante portamento era solo
un ricordo. Il bel
completo blu appariva sgualcito, come avesse affrontato una lunga
battaglia.
Aveva tolto la giacca sistemandola sulla sedia, abbandonando la
cravatta sul
tavolo. La camicia bianca ormai sciupata era arrotolata fino ai gomiti.
La sua casa antica aveva preso
l'odore stantio della mancanza di aria, del chiuso. Sembrava
rispecchiare la
sua attuale vita.
Era sempre stato soddisfatto di
quella casa ereditata dallo zio Rudy, ma ora non sentiva più
nulla per quel
posto che aveva tanto amato. Lo trovò decadente.
Si verso due dita di liquore che
gli bruciò in gola facendolo tossire. Appoggiò il
bicchiere e i gomiti sul
tavolo portando le mani bianche al volto.
Erano passati sei mesi dai fatti
accaduti a Sherrinford, sei mesi di inferno per Mycroft che non era
riuscito a
superare il dramma della sorella, rivedeva continuamente le vittime di
Eurus.
Si sentiva colpevole, angosciato, pieno di rimorsi, per non averla
fermata
prima. Eppure sapeva la pericolosità di Eurus, ma era sempre
sua sorella e
aveva tergiversato.
Forse il colpo più
grosso lo aveva
ricevuto dai genitori, quando gli aveva dovuto rivelare l'esistenza
della
sorella. Le parole sferzanti della madre lo avevano destabilizzato.
Quell'idiota, che Violet gli aveva gettato in faccia, lo aveva
ferito più
di tutti gli anni passati a mentire.
Lì si era rotto
qualcosa, che non
era più riuscito ad aggiustare. Benché Sherlock
gli avesse dato il suo
appoggio, il vaso di pandora si era aperto e le emozioni lo avevano
pervaso, e incapace
di gestirle, aveva perso il controllo di sé stesso e aveva
ceduto.
Il vecchio orologio
scandì le ore e
lo fece sussultare. Ebbe un moto di paura, come se i morti di
Sherrinford
fossero tutti lì presenti.
All'inizio era riuscito a
mascherare bene il disagio che lo prendeva, ma più il tempo
passava, più
faticava a resistere.
Si allontanò dai legami
familiari
che lo circondavano, rimase a lungo solo, si sforzò di
trovare scuse per non
andare al lavoro.
Placò le domande di
Anthea
preoccupata, frequentò poco Baker Street, e si
isolò consapevolmente sempre di
più. Si finse preso da chissà quale progetto di
governo. E sparì lentamente
senza rumore.
Il corpo e la sua mente
reclamavano silenzio, stilava classifiche e brutali analisi di
coscienza. Una
vita spesa inutilmente, lo pensò con atroce dolore.
Si accorse che il sole lentamente
tramontava, ci sarebbe stata poca luce tra poco, ma non gli
importò molto.
Sul tavolo di noce, dove era
seduto,
c’era un foglio bianco con la sua bella calligrafia impressa.
Una penna
stilografica che gli era stata regalata per Natale, e poco
più in là c'era inquietante,
il revolver del suo ombrello, con un colpo in canna.
Mycroft lo guardò e
tremò, si
sentì irrimediabilmente perduto, incapace di reagire, come
se qualcuno lo
spingesse a fare quello che aveva deciso. Ma era lui stesso che lo
esigeva,
nessuno lo istigava a farlo.
Voleva finirla quel giorno
Mycroft, voleva chiudere il suo viaggio. Era stanco. Si prese il volto
fra le
mani e rimase così per alcuni minuti.
La vecchia casa sembrava
vegliarlo, piena di rumori minacciosi, lui pensò a tutti gli
sbagli fatti, alla
vita che avrebbe potuto avere, se non si fosse arroccato in quel suo
modo di
essere fuori dagli schemi, manipolatore, freddo e solo. Sostanzialmente
solo.
Adesso che le emozioni lo
prendevano, lo divoravano dentro, la sua incapacità di
richiuderle ancora, di
affossarle come aveva sempre fatto, lo faceva soffrire in modo atroce.
Ora provava la mancanza di affetti
stabili, di sentimenti umani, di calore, di un bacio dato con passione.
Ora
avvertiva gli stessi sentimenti dei suoi detestati lenti,
pesci rossi. Ma
lui era il peggiore della specie.
Per anni la sua vita era stata
tutta rivolta a proteggere la sua famiglia, a scalare le classifiche di
tutti i
livelli dello stato che governava. Aveva il potere di fare tutto o
quasi. E
spesso non gli bastava.
Ma alla fine la cosa che lo
addolorava di più era di non essere riuscito a ricucire il
rapporto con
Sherlock, che dall'adolescenza si era irrimediabilmente interrotto. Il
lavoro
che lo aveva portato via da casa e il piccolo fratello non glielo aveva
mai
perdonato. Si era sentito abbandonato, e aveva preso strade difficili.
Così era cominciato quel
continuo
prendersi e lasciarsi, quelle frasi dolorose che col tempo Mycroft non
riuscì
più a reggere. Quel sentirsi in difetto per qualsiasi cosa
facesse il fratello
minore.
Mycroft sentiva, costantemente,
ogni volta, che la colpa era sua.
Ma le frasi sprezzanti,
l'allontanamento che Sherlock gli impose, l'essere a volte violento, lo
avevano
fatto chiudere in un atteggiamento sprezzante nei confronti di
Sherlock. Il
rapporto fraterno si era chiuso nei meandri di frasi svilenti e
offensive da
entrambe le parti.
Non esisteva fra loro nessun gesto
affettuoso. Quegli abbracci che il piccolo Sherlock gli donava erano
spariti,
come non li avesse mai ricevuti, ne dati. Le emozioni lo presero ancora
più
forte, strinse con la mano tremante la camicia sopra al cuore, dovette
fermarsi
di pensare.
Mycroft sollevò la
testa e
prese la stilografica per lasciare ancora due righe al fratello.
Scrisse quello
che aveva appena provato, si scusò per il dolore di chi
restava e non certo di
chi se ne andava.
Fece una breve pausa, aveva la
gola secca, si versò dell'altro liquore, lo bevve in un
fiato. Si lasciò
sfuggire un debole sospiro.
Chiese a Sherlock di perdonarlo
per il male che stava per fargli, di continuare senza di lui, ma con
vicino
John e la piccola Rosie.
Lui non poteva
più
proteggerlo era troppo stanco. Il suo compito lo aveva svolto fino alla
fine.
La vecchia casa sembrava
stringersi insieme a lui, riprese la stilografica e firmò il
foglio scritto con
tanto dolore.
Vacillò mentre prendeva
il
revolver, respirò incerto, in affanno. Resettò la
mente, portò la canna sulla
tempia. E chiuse gli occhi.
Nello stesso, preciso istante, il
cellulare vibrò. Era lì sul tavolo, insistente,
che non smetteva di riportarlo
indietro.
Mycroft sussultò, prima
incerto, poi incuriosito guardò quell'ultima chiamata.
Posò la pistola
trepidando.
Sherlock. Dio! Si
ritrovò l'anima
in gola. Ansimò di dolore e rabbia, di interessata
apprensione che il suo amato
fratello, avesse ancora bisogno di lui.
E rispose dandosi un contegno.
"Sherlock, che cosa vuoi?
Sono impegnato."
Mycroft cercò di essere
l'inespressivo, freddo fratello di sempre.
"Ti cercano tutti,
fratellone, sei sparito? Sei a casa vero?"
Sherlock sembrava incuriosito, ma
sentiva la voce di Mycroft incrinata, si avvicinò di
più alla casa di Pall
Mall.
Perché Sherlock era
lì fuori, che
lo cercava con lo sguardo dalle finestre.
Era da troppo tempo che non si
faceva sentire, anche Violet sua madre, chiedeva insistentemente di
lui. E
Sherlock aveva capito che Mycroft stava male. Lo sentiva nelle ossa, e
nel
cuore.
"Dove devo essere Sherlock?
Sono a casa, sbrigo del lavoro e quindi dimmi cosa vuoi."
Mycroft cercava di
recitare
bene la sua parte, ma era contento di sentire la sua voce. Dopo sarebbe
riuscito a chiudere i suoi conti con tutti, serenamente.
Sherlock lo vide seduto al grande
tavolo, lo vide incurvato sulla sedia e tremò di paura. Il
revolver era
appoggiato sul tavolo. Non gli ci volle molto a capire.
Lo intrattenne al cellulare, con
una scusa banale ed entrò piano in casa, lui lasciava sempre
aperto, sapeva
come entrare.
"Sherlock per Dio!
Arriva al dunque! "Mycroft si stava irritando, trovava inutile
conversare
su delle cose futili.
Sherlock era entrato senza far
rumore, gli fu rapidamente alle spalle.
"Credo che prenderò in
prestito una cosa Mycroft. Questa!"
Sherlock alle sue spalle
afferrò la rivoltella, mentre Mycroft si girò di
scatto e se lo trovò davanti.
Rimase immobile col cellulare in mano che quasi gli cadde.
Mycroft impallidì e non
respirò
più. Sherlock credeva sarebbe svenuto, prese un bicchiere
d'acqua dalla cucina
e glielo porse costringendolo a bere.
"Piano fratello, respira,
razza di idiota, cosa stavi per fare!"
Mycroft tremava e non
riusciva a smettere, soprattutto per la vergogna di avere Sherlock,
lì davanti.
Il fratello minore cercò
di
calmarlo, si sedette di fronte a lui, lo prese per le mani e le strinse
così
forte che Mycroft si lamentò. Era furioso e allo stesso
tempo sconvolto. Alzò
la voce quasi gridando.
"Se avessi tardato pochi
minuti, avrei trovato il tuo amato cervello sparso sul tavolo. Cristo!
Cosa ti
è preso? Mycroft!"
Sherlock implorava una
risposta sensata.
"Mi volevi condannare a
ricordarti morto in questo modo, con il tuo sangue disseminato ovunque.
E per
quale misterioso motivo vuoi chiudere la tua vita fratello."
"La mia vita è stata una
faccenda ignobilmente inutile, Sherlock!"
Mycroft scattò in piedi
lasciando
la sua stretta. Gli occhi ridotti in due linee sottili, si morse
irrequieto le
labbra sanguinando. Portò le mani sulle tempie stringendole
tanto forte che
divennero bianche.
"Inutile? Ma come sei giunto
a questo, per Dio? La tua vita inutile. Sei stato presente in ogni
attimo della
mia vita. Gesù, fratello, sei tu lo sconsiderato
adesso."
Sherlock
rifletté per alcuni
secondi.
"È stato per Eurus,
vero? Per
quello che lei ha fatto! E per mamma e papà! Per quello che
hai visto nei loro
occhi. Ma lo sai che era la scelta giusta da fare! Ti ho appoggiato."
Sherlock si
rabbuiò in
volto. "Ma in parte è anche colpa mia, nel averti pensato
sempre
forte." Ora se ne rendeva conto con amarezza.
Mycroft continuava a rimanere
muto, preso nel contorto giudizio di sé stesso.
"Vestiti! Prendi il cappotto
usciamo da questa casa."
Sherlock ebbe un moto di rabbia.
Si avvicinò a Mycroft che si lasciò guidare. Il
fratello minore lo aiutò a
mettere il Crombie nero e gli aggiustò la sciarpa.
"Fa freddo fuori e tu
hai bisogno di schiarirti le idee. Semmai nei hai una che funzioni
lì
dentro." Mycroft continuava nel suo desolato silenzio.
Presero la porta che dava sul
retro, che portava nella campagna e seguiva una mulattiera. Era
illuminata da
qualche fioco lampione, perché era giunto il buio.
L'aria sferzò il viso
contratto di
Mycroft, che rabbrividì per il freddo. Si alzò il
bavero e ficcò le mani in
tasca. Non lo faceva mai per non rovinare i suoi costosi cappotti, ma
ora
niente aveva importanza.
Un pensiero lo assalì.
Poteva già
essere morto da un'ora, sentì lo stomaco rivoltarsi, il
dolore salire fino a
farlo gemere dalla disperazione.
Sherlock lo prese sotto braccio e
quasi lo forzò a camminare.
"Non pensare a nulla fratello
mio, respira e seguimi. Forza."
I due fratelli procedevano lenti,
senza parlare, nel buio della sera. Mycroft insicuro, incespicava
vicino a
Sherlock, si stringeva nel cappotto, abbattuto.
Non poteva sorreggersi
con
il suo amato ombrello che Sherlock aveva requisito.
Le mani strette in un pugno nelle
tasche. Sollevava la testa di tanto in tanto, guardando il fratello
minore. E
non riuscì più a trattenersi. Si fermò
improvvisamente.
Mycroft sentì salirgli
una
sofferenza violenta che gli offuscò la vista. La sua mente
così unica cominciò
a vacillare, improvvisamente assente, era fisicamente distrutta.
Si nascose il volto con
le
mani, smarrito. Sentiva le gambe cedere. E sarebbe crollato se non ci
fosse
stato suo fratello.
Sherlock lo afferrò e lo
tenne
stretto, lo fece appoggiare al muretto. Poi lo abbracciò con
tutto l'amore che
poteva dimostragli. Myc affondò il volto sulla sua spalla e
soffocò la
disperazione, mentre diceva cose sconnesse, chiedendogli di perdonarlo.
Sherlock avvertì tutta
l'angoscia
del fratello e rabbrividì.
Non era più l'altero,
freddo
governo britannico, il Mycroft, scaltro e risoluto. Ora era solo suo
fratello
Myc, schiacciato dalla sofferenza e da un peso portato troppo a lungo.
Pieno di
dubbi e smarrito.
Quando si calmò,
Sherlock lo fece
camminare ancora per qualche tratto, stemperando l'ansia che lo
avvolgeva. Gli
porse un bianco fazzoletto per asciugarsi il volto umido, Mycroft lo
afferrò
esitando, mormorando un timido. "Grazie"
"Stasera vieni da noi a Baker
Street, prendi dei vestiti, starai con noi per qualche giorno.'"
Mycroft non protestò,
sapeva che
era instabile e rimanere da solo poteva portarlo a riprovarci.
Guardò il
fratello e annuì senza parlare.
Il bel viso di Sherlock si
addolcì. Aiutò il fratello maggiore ancora
stordito a prendere coraggio, mentre
il giovane Holmes realizzò quanto fosse andato vicino a
perderlo per sempre.
La luna apparve e
illuminò il
volto teso di Mycroft, i suoi lineamenti una volta così
decisi ora erano appena
accennati. La stanchezza lo segnava. Eppure Sherlock vide una luce nei
suoi
occhi grigi, che lo rincuorò.
Entrarono in casa, Sherlock prese
il foglio sul tavolo e lo diede al vecchio Holmes.
"Se queste erano le tue
ultime parole Myc prendilo, mettilo via non voglio nemmeno vederlo."
Era
irritato e allo stesso tempo addolorato.
Mycroft lo infilò dentro
la giacca
senza parlare. Ancora non riusciva a dire niente. Si limitò
a salire insieme a
lui in camera a prendere alcuni vestiti. Ma era mentalmente affaticato,
incapace di prendere qualsiasi decisione e Sherlock lo dovette aiutare.
Gli mise un cambio dentro il
borsone, cercò di coinvolgerlo, ma Myc non reagiva.
Sembrava lontano come la sorella.
Sherlock tremò, temendo che suo fratello andasse oltre, come
Eurus. Allora
perse la residua pazienza che gli era rimasta, e sferrò due
sonori ceffoni al
fratello.
"Ora metti qualcosa in quella
borsa! Mycroft fa quello che ti dico!"
Lui si scosse dolorante,
le
guance rosse, sembrò scuotersi, prese a connettere si
massaggiò il viso e
finalmente parlò.
"Per Dio fratello, mi hai
fatto male. Hai delle mani pesanti."
Sherlock fu contento di
risentire la sua voce. Quella che molte volte aveva giudicato
fastidiosa, ora
gli sembrò dolce.
"Te ne darei mille se
servisse a farti ragionare." Sherlock gli sorrise finalmente
rasserenato.
"Dio, fratello prima, mi
abbracci poi mi riempi di schiaffi. Ma devo dire che mi ha fatto bene."
Mycroft increspò le
labbra e gli
restituì un debole sorriso.
A Sherlock sembrò di
toccare il
cielo con un dito. Mai il volto sorridente di suo fratello gli era
stato così
caro.
Salirono silenziosi nel taxi.
Sherlock portava il borsone del fratello, che gli pesava come una
intera vita.
Si sedettero vicini, Sherlock avvisò del suo arrivo con il
fratello al seguito.
John fece poche domande sapeva che
quella scelta era stata dettata dalla necessità. Certo non
sospettava il
pesante perché.
Mycroft guardava fuori dal
finestrino, si stringeva nel cappotto quasi avesse bisogno di
protezione. Aveva
portato con sé il laptop, residuo del suo potere,
già vuotato da rapporti
compromettenti. Non avrebbe lasciato nulla dietro di sé che
nuocesse alla sua
famiglia.
Sherlock lo guardava ogni tanto,
non sapeva bene cosa fare con suo fratello. Non lo riconosceva
più, certo non era
il Mycroft di sempre. Era così immerso nel suo mutismo, da
farlo esasperare. Lo
scorse appoggiare la fronte sul vetro e lo chiamò.
"Mycroft, girati per favore,
puoi guardarmi? A cosa stai pensando fratello."
Lui scosse la testa, poi
finalmente disse qualcosa.
"Nulla fratellino, non penso
a nulla, non sarà facile affrontare la compassione generale
che vorrete
affibbiarmi. Ma bada fratello che io non la voglio. Io avevo deciso
Sherlock,
lo capisci? Io ero sicuro della mia scelta."
"Anche prima quando ti sei
lasciato andare, quando avevi capito l'errore che stavi per fare?"
Sherlock lo avrebbe picchiato per la sua testardaggine.
"Guardami ora, dimmi
che non ti fa piacere vedermi e parlarmi. Ed essere vivo! Stupido!"
Mycroft grugnì
sofferente. E
abbassò la testa.
"Forse hai ragione
fratellino, ma a cosa mi condanni adesso? A fingere di stare bene? A
credere
che tutto tornerà come prima? A forzare un sorriso mentre
dentro mi piego alla
vostra volontà?" Mycroft si strinse il volto fra le mani.
"Dio!
Sherlock dimmi cosa devo fare perché io, non lo so! "
Mycroft tornò a guardare
la strada
buia, mentre gli saliva prepotente la nausea.
Sherlock, se ne accorse fece
fermare il taxi lo prese per le spalle e lo spinse fuori, appena in
tempo perché
Mycroft vomitò anche l'anima.
"Va meglio fratello?
"Sherlock gli teneva la fronte, mentre piegato in due il vecchio Holmes
cercava di controllare il suo stomaco sottosopra.
Faceva freddo, tutti e due
tremavano Sherlock lo guidò verso l'auto dove il tassista li
fissava perplesso.
"Tra poco saremo a casa e
John si occuperà di te. Mycroft fammi un favore, cerca di
stare tranquillo.
Troveremo una soluzione insieme. Te lo giuro fratello non ti lascio. A
costo di
legarti."
Myc annuì oramai allo
stremo.
L'unica cosa che voleva era un letto su cui distendersi. Sherlock lo
fece
risalire, chiamò John che scendesse in strada per dargli una
mano. Mycroft era
appoggiato con la testa sulla sua spalla e respirava pesantemente.
Teneva un
fazzoletto stretto nella mano e lo stropicciava senza sosta.
Finalmente vide John sulla strada
vicino a Baker Street.
Scese non gli disse una parola,
solo un "aiutami ti prego."
John non ebbe bisogno di altro,
prese in consegna Mycroft pallido come un lenzuolo. Lo sorressero
entrambi. Il
taxi fu pagato velocemente, salirono con il vecchio Holmes che non
collaborava
per niente.
"Dimmi cos'ha, che possa
intervenire."
"Mettiamolo nella camera
degli ospiti, poi ti spiego."
Mycroft si animò quel
tanto da
riconoscere John, ma la nausea lo limitava. Lo stesero nel morbido
letto e lui
si lasciò andare.
John prese la sua valigetta e
cominciò a visitarlo. Sherlock lo aiutò a
spogliarlo, prese il borsone e tirò
fuori il pigiama.
"Ha vomitato e non smette di
agitarsi." Il fratello minore era preoccupato.
"Va prendere queste medicine
e queste fiale, porta qui tutto." John si occupò di Mycroft
lo chiamò, ma
lui non rispose subito. Poi ebbe un attimo di lucidità e lo
guardò con aria di
sfida.
"Vuoi sapere cosa ho fatto,
mio buon Watson? Tanto te lo dirà mio fratello. Ho cercato
di spararmi. Volevo
mettere fine alla mia vita, se Sherlock non fosse arrivato, ora
staresti
preparando il mio funerale."
John si fermò senza
fiato. Sapeva
la volontà di ferro di Mycroft e se aveva detto questo era
vero. Lo esaminò e
cercò di calmarlo.
Poi pensò al dolore del
suo
compagno, e si irritò.
"Non hai pensato alle persone
che ti vogliono bene? Cristo! Mycroft! "
"Perché devo pensare
sempre
agli altri John, è tutta la vita che ci penso! Ma io
esistevo per voi? Quando
mai vi siete preoccupate per me?"
Mycroft si agitò
parecchio, John
fu costretto a chiamare in fretta Sherlock per farsi aiutare a tenerlo.
"Ora dormirai Mycroft,
ti farai una gran bella dormita, le discussioni le faremo in seguito."
Sherlock tenne stretto il braccio
del fratello che si dimenava, fu veloce e abile John a infilargli l'ago
in vena
e finalmente Mycroft si addormentò stremato.
John e Sherlock chiusero la camera
e lo lasciarono dormire. Sherlock era distrutto da quello che era
successo in
quelle ultime ore.
Si sprofondò nella
vecchia
poltrona. Chiuse gli occhi con le mani giunte sotto al mento. John
confuso, si
sedette di fronte a lui, ma non disse una parola, sapeva che Sherlock
si stava
concentrando. La casa era insolitamente silenziosa, Rosie dormiva e la
sig.
Hudson era andata dalla sorella.
Ed era stato meglio così
visto,
quello che era accaduto. Mycroft era fuori controllo e John non sapeva
nemmeno
lui cosa fare.
Il fratello di Sherlock era il
fulcro degli Holmes, l'affidabile uomo del governo, dalle decisioni
veloci non
sempre legali, ma era sempre stato la sicurezza di tutti loro.
Sherlock si scosse, aprì
gli occhi
e prese a raccontare al suo compagno quello che era successo. Non
tralasciando
nulla, un racconto doloroso che Sherlock interruppe più
volte.
"John, se fossi arrivato
pochi minuti dopo, non avrei più un fratello, per Dio! Non
potevo aspettarmi
una reazione del genere da parte sua. Lui è sempre stato
così razionale. Sono
spiazzato. Devo decidere cosa fare per tirarlo fuori dal pantano in cui
sta
affondando."
Sherlock aveva gli occhi lucidi,
pieni di sofferenza e rabbia.
"Per adesso possiamo solo
sostenerlo, con farmaci adeguati che lo tengano tranquillo, che
stabilizzino
l'altalena delle sue emozioni. Dobbiamo convincerlo che per un certo
periodo li
dovrà prendere. Le crisi allo stomaco, sono dovute alla sua
mente, che si
contorce e traduce tutto in dolore fisico."
"Non sarà facile
conoscendo
mio fratello." Sherlock sbuffò seccato. "Per un certo
periodo sarà
difficile lasciarlo solo, non voglio che possa riprovarci."
"Siamo in due e troveremo
qualcuno che ci dia una mano." John era convinto di poter aiutare i due
fratelli Holmes. Sherlock intanto elaborava una condotta da tenere.
"Poi c'è il problema del
posto che ricopre, se vengono a sapere che è sopravvissuto
ad un tentativo di
suicidio, avranno timore che sia instabile, che i segreti che conosce
siano mal
riposti. Lo potrebbero obbligare ad entrare in una delle loro case di
cura per
tenerlo a bada, e non ne uscirebbe più!"
"Quindi cosa vuoi fare?
Tenerlo nascosto è quasi impossibile! "
"Potrei trovare un accordo e
ricattarli. Nel suo laptop Mycroft ha cancellato tutto per proteggerci,
e
metterci al sicuro, ma posso farlo ripristinare, con quello che
c'è dentro,
fermarli. Lo farò dichiarare, momentaneamente incapace, ne
prenderò la tutela
legale a garanzia. Lo proteggerò in modo chiaro, lo
blinderò, non dovranno
toccarlo."
"Non lo accetterà
facilmente,
Sherlock lui è troppo orgoglioso di sé stesso."
"Lo era John! Ora ha bisogno
di sicurezze, questo è un modo per tenerlo al riparo da
ritorsioni e
soprattutto che possa restare con noi. Altrimenti lo perderò
di nuovo."
"Dovrai parlargli se
sarà in
grado di comprendere, ora è decisamente indifeso."
"Vedremo domani mio caro
John, vedremo quanto è compromesso!" Il vecchio orologio
segnava l'una di
notte. Nessuno aveva mangiato quella sera.
La mattina seguente Sherlock si
alzò presto e si prese cura di
Rosie. John ancora dormiva. La sig. Hudson si era fermata dalla sorella
e
Sherlock la prese come una benedizione in quanto aveva meno spiegazioni
da
dare.
Mycroft ancora dormiva,
raggomitolato nel letto, doveva essersi girato parecchio visto le
condizioni
pietose del lenzuolo. Era arruffato, le mani strette sul cuscino, il
volto
affondato dentro.
Mycroft non dormiva mai
così! Se
lo ricordava bene il piccolo Sherlock, quando si intrufolava nel suo
letto e
lui lo sgridava perché lo metteva in disordine,
mentre era fermo immobile,
nel suo lenzuolo piatto. Ebbe il desiderio di sistemare la sua
posizione stramba,
ma lo lasciò stare, non era il momento di sentimenti
sdolcinati.
Aspettò il suo
risveglio, vide il
suo compagno sulla porta della cucina che lo guardava interrogativo.
"Dorme." Sherlock si
avvicinò e lo salutò con il solito bacio sulla
guancia.
John era quanto di migliore
Sherlock potesse aspettarsi. Dopo tanti anni il loro rapporto era
consolidato,
in una routine serena senza traumi. John aveva capito che il loro
frequentarsi
era qualcosa di più di stima e amicizia. Era amore.
Anche Mycroft che da tempo lo
aveva capito, era rimasto contento della stabilità raggiunta
da suo fratello
minore. E li aveva appoggiati senza farlo pesare. Mycroft era stato
sempre
presente, ma si teneva lontano, defilato.
Ora toccava a lui aiutarlo, anche
se sembrava un'impresa titanica.
"Vado a svegliarlo, deve
mangiare qualcosa e vediamo come reagisce." John annuì.
Sherlock entrò nella
stanza e aprì
la finestra. La luce raggiunse il fratello maggiore che si scosse,
aprì gli
occhi e non lo inquadrò subito.
"Dove sono?" Biascicò
Mycroft.
"Non te lo ricordi fratello
mio, di ieri sera?"
Myc si sfrego gli occhi per un po'
di secondi sembrò smarrito, poi ebbe un guizzo e gli
ritornò la memoria.
Dolorosa e devastante. Si girò ficcando la testa di lato
sotto il lenzuolo.
"Lasciami Sherlock, ti prego
voglio dormire."
"Non ora, ti alzi e facciamo
colazione. Ti lavi e ti vesti e scendi da lì." Sherlock lo
scoprì
improvvisamente senza tanti complimenti.
Mycroft grugnì
indispettito, ma si
tirò su e si sedette sul bordo del letto, stranito.
Obbedì, Sherlock lo
aiutò
vedendolo instabile. Mycroft si arrese, lo lasciava fare, non si
dissero nulla,
mentre Mycroft tentava di emergere dal buio della sua mente.
Lo vestì, come piaceva a
lui con i
suoi abiti tre pezzi e la camicia pulita, ma niente cravatta
perché erano
rimaste alla vecchia casa, nella fretta se le erano scordate. Mycroft
fece
notare il suo disappunto e Sherlock rise.
"Vieni, sei presentabile
fratello, andiamo."
Non che ci fosse una folla ad
aspettarli, ma Mycroft ci teneva tanto alla forma e Sherlock lo aveva
accontentato.
"Mycroft, buongiorno, come ti
senti oggi?" John lo accolse con un sorriso, il più sereno
possibile.
"Bene dott. John, ma quel
farmaco mi frastorna, è come se avessi l'ovatta nella testa.
Non riesco a
concentrarmi. E tremo, le mani, dico, non riesco a controllarle." Poi
si
fece serio.
"Mi dispiace per il mio
disdicevole comportamento di ieri sera, scusa John."
"Non ti preoccupare." Il
dottore sentì una piccola parte del vecchio Mycroft
affiorare, e si sollevò.
John si avvicinò e
notò il tremore
delle mani, ma era presto per dire se fosse il farmaco.
"Il tremore passerà
Mycroft
forse l'eccessivo stress. Lo stomaco invece?"
"Molto meglio, sento anche un
po' di fame."
"Bene, ma starai leggero oggi
Mycroft, tè e biscotti come Rosie."
Si sedette al tavolo, senza
protestare e insieme fecero colazione. Sherlock vide il fratello
abbastanza
lucido e decise di dirgli i suoi piani. Prime chiese con un cenno,
l'approvazione di John.
"Mycroft, tu ieri sera hai detto
che non sapevi cosa avresti dovuto fare. Io ci ho pensato e credi mi
sembra la
scelta migliore." Lui sollevò il volto tirato e si
aspettò cattive
notizie.
"Ho deciso che starai con
noi. Siamo d'accordo entrambi." Sherlock guardò John che
annuì.
"Ma il problema era il tuo
incarico governativo, non si può tenere nascosto a lungo
quello che è successo.
Presto capirebbero che non sei in grado di tornare al lavoro, il
problema più
grosso è che sei al corrente di troppi segreti. Sapendo che
ai sfiorato il suicidio,
ti internerebbero nelle loro strutture per avere il tuo controllo. E
credimi
fratellone, non ne usciresti più."
Sherlock si
fermò cercando
di leggere nel suo volto, che però sembrava avere
già capito qualcosa.
Mycroft si alzò mise le
mani tremanti
nelle tasche e si piantò di fronte al fratello minore.
Aspettò.
"Il tuo laptop è pieno
di
informazioni, so che tu le avrai cancellate per non darci problemi, ma
posso
recuperarle. E mi serviranno per trattare."
Mycroft sorrise, sempre
accigliato, ma tranquillo.
"Fratello mio, non hai
bisogno di recuperare dati, ho lasciato un file nella tua email per
assicurarmi
che foste al sicuro da tutto, probabilmente lo avrai già
ricevuto."
Mycroft ebbe negli occhi
il
guizzo di sempre, Sherlock intravide un breve ritorno del suo astuto
fratello
maggiore.
"Tratterò con loro,
insomma,
un delicato ricatto, loro ti lasciano a me e io gli garantisco
sicurezza."
"E come fratello? Tu
garantisci loro sicurezza? Sono io quello di cui parli, la mina
vagante."
Myc sbuffò divertito.
"Non mi
lasceranno andare facilmente."
Sherlock prese un respiro
profondo. Sapeva di urtare suo fratello.
"Ti dichiarerò incapace
di
intendere e volere, Mycroft, anche se solo momentaneamente. E mi
prenderò la
tutela legale. Sarò il tuo tutore e garantirò per
te."
Mycroft scosse la testa incredulo.
Piantò le mani bianche sul tavolo.
"Cosa farai fratellino? Vuoi
dichiarami incapace. Potrebbe essere un'idea, ma le conseguenze saranno
disastrose. Sherlock non ne uscirò più!
Perderò la mia reputazione, non avrò
più alcun credito, se mai ne verrò fuori!"
Mycroft si portò le mani sulle
tempie sconvolto.
"Non vedo altra via
fratello, non voglio che tu finisca lontano dalla famiglia, lontano da
me.
Nessuno poteva immaginare tutto questo. E comunque sarà un
problema che
affronteremo dopo."
Sherlock si alzò
cercando di
rassicurarlo.
"Non sei un incapace,
fratello, ma ho bisogno che loro si sentano sicuri, perché
garantirò. E in
cambio avrò te. Ti sembra poco Mycroft?"
Lui sembrò
tranquillizzarsi.
Sherlock lo prese per le spalle e lo guardò dritto in faccia.
"Mi comprendi fratello?
Capisci che lo faccio per aiutarti?" Mycroft rimase immobile, ma sapeva
che era la scelta migliore.
"Parlerai con Lady Smallwood,
lei forse sarà più comprensiva. Credo
rimarrà sorpresa quando ti prenderai la
mia tutela. Ero sempre io quello che mi curavo di te. Ma hai ragione
Sherlock,
il problema l'ho causato io. È giusto che paghi."
"Non è un debito,
è una sicurezza
che chiedo per te. Ma non è tutto fratello mio."
Mycroft si
irrigidì,
sospettoso.
"Cosa manca ancora,
Sherlock?"
"John di darà una cura,
che
ti aiuterà, ti impegnerai a farla." Il fratello minore era
risoluto.
"Quella che mi rende confuso
e mi stordisce? Dio, Sherlock, se è questa, non la voglio!"
Mycroft si
girò indispettito, la bocca stretta.
"Mycroft sei instabile, devi
riposare e rimanere relativamente calmo. Obbedirai a me e la seguirai.
Piano la
ridurremmo, quando comincerai a rafforzarti mentalmente. Non
è una condanna, ti
farà stare tranquillo."
Mycroft si scoraggiò
mortificato,
abbassò la testa.
"Non è quello che volevo
fratello, perché non mi hai lasciato andare? Se mi conosci
solo un poco, sai
che questa è una tortura per me."
John cercò di quietarlo.
"Mycroft, ti prego!
Sherlock si sta dannando l'anima per aiutarti, sarà solo per
un periodo e se ci
metti la tua volontà finirà presto. Mycroft
provaci almeno."
Il maggiore degli
Holmes ormai
era stanco e abbattuto, si lasciò convincere.
Dopotutto, pensò doveva
essere
morto.
"Bene fratellino, vedo
comunque che hai un piano e ti appoggerò. Farò
come vorrai. E per i nostri
genitori, cosa hai deciso?"
"Nulla, deciderai tu quando
incontrarli, ma il mio consiglio è di dirglielo."
"Soffriranno, non voglio che
accada." Mycroft soffocò un corto respiro.
"E se fossi morto, idiota!
Adesso credi che starebbero bene!!" Sherlock lo squadrò
stizzito.
Mycroft si allontanò
seccato, le
mani tormentate che si legavano strette, arrivò vicino alla
finestra e guardò
fuori.
"Hai ragione, ma dammi il
tempo di capire, come comportarmi. Tutto questo io non lo dovevo
affrontare.
Cerca di capire che provo imbarazzo. Mi porterò sempre
questo rimorso."
Si girò con aria di
sfida
guardando il fratello. "Non dovevo sopravvivere, fratello
mio."
"Pensala come vuoi stupido
testardo! Ma ora se qui e tra poco sarò il tuo tutore
legale, tu farai quello
che io ti dirò di fare." Sherlock si sentì offeso.
"Quindi credi che questo mi
fermerà? Sei un illuso se lo pensi." Mycroft lo
aggredì con cattiveria.
Sherlock lo raggiunse velocemente,
prima che John fosse in grado di fermarlo, così gli
gridò con fermezza.
"Sherlock ti sta provocando!
Vuole delle certezze, non capisci? Ha bisogno di sapere che ci sarai!"
Sherlock si bloccò a
metà strada
dandosi dell'idiota. Eppure conosceva bene suo fratello per abboccare
così
stupidamente.
"Bravo Mycroft, sei
irritante! Stavo per picchiarti, vale come certezza? Ora sei
soddisfatto?"
Mycroft sorrise, stemperando la
tensione del fratello minore.
"John è più
sereno e ha
capito. Farò come dici Sherlock, sarò ubbidiente."
Poi abbassò lo
sguardo,
divenne improvvisamente cupo. "Aiutami ad uscire da questa melma nera
in
cui mi trovo."
Capitolo 3 *** Terzo Capitolo : Scelte difficili. ***
Sherlock passò tutta la
mattina al dipartimento dove lavorava il
fratello maggiore. Si era fatto consegnare il pass e il suo cellulare.
Aveva
trattenuto il laptop di Mycroft.
Parlò con Lady Smallwood
come gli
aveva suggerito il fratello. In tasca stringeva l'ordinanza della sua
custodia.
Era ufficialmente il suo tutore.
Alicia Smallwood fu notevolmente
colpita dalla situazione di Mycroft. Non si era accorta della sua
fragilità. E
comprese subito il nervosismo di Sherlock di proteggere la debolezza di
suo
fratello. Sherlock fu semplicemente diretto, quando minacciò
di usare tutti i
file riservati in suo possesso se l'avessero infastidito.
"Alicia, Mycroft deve
rimanere sotto la mia tutela, nessuna proposta di casa di cura costosa
se lo
porterà via. Fa in modo che sia chiaro."
"E per tua sorella? Mycroft
era al corrente che Sherrinford sarebbe passato sotto la mia direzione.
Mi
aveva chiesto di prendermi carico di Eurus e io glielo avevo promesso.
Ora
capisco la sua richiesta già pensava di chiudere
con la sua vita."
Alicia era colpita dal gesto di
Mycroft, non riusciva a capacitarsi di come la sua freddezza fosse
svanita e si
fosse lasciato andare. Era dubbiosa.
Sherlock la fissava e studiava
ogni suo piccolo gesto.
Eurus passerà come mio
fratello,
sotto la mia tutela. Lui vuole così. Teme che cerchino di
mandarla via come ritorsione."
Sherlock era risoluto,
era
compito suo ora proteggere quello che rimaneva della sua famiglia.
"Alicia farò tutto il
possibile per proteggere ambedue."
"Bene Sherlock, non ci siamo
mai stati simpatici, ma la parola che ho dato a tuo fratello
sarà mantenuta.
Ricorda che ti imporranno delle condizioni, non sarà
così facile ottenere
quello che vuoi anche con le tue poco velate minacce. È
Mycroft il diplomatico
della famiglia." Alice sogghignò divertita.
"No, io vado direttamente al
sodo! Cerca di capire che voglio ritrovare mio fratello. E mantenerlo
vivo
possibilmente."
Lei rimase in silenzio,
studiandolo. Poi si arrese a tanto fervore.
"Hai la mia parola Sherlock,
ci sentiremo in seguito."
"Bene Alicia, sii sollecita.
Ma non andare da lui direttamente. Non voglio vederlo turbato!"
"Mi chiedi troppo Sherlock,
tuo fratello potrà pure ricevere una mia visita."
Alicia Smallwood aveva collaborato
e condiviso una vita intera con Mycroft. Non riusciva ha perdonarsi di
non aver
capito il suo malessere.
"Non infastidirlo Alicia
è piuttosto confuso." Lei lo salutò porgendogli
la mano e stringendo una
specie di accordo silenzioso.
Sherlock raggiunse l'ufficio del
fratello e chiese ad Anthea di prendere alcuni effetti di Mycroft. Lei
sospettava qualcosa, ma aspettò che fosse Sherlock a
parlare. Lo accompagnò
nell'ufficio dove spesso lui irrompeva pieno di rancore, mentre suo
fratello
invece lo assecondava. Gli sembrò di vederlo seduto sulla
sua costosa poltrona,
imperturbabile.
E si sentì in
colpa.
"Anthea, forse già hai
capito
che Mycroft era in difficoltà." Lui cercava di capire quanto
lei sapesse.
"Avevo visto il suo
cambiamento, ma non mi riusciva di parlargli. Mi evitava. Pensavo fosse
solo un
periodo di preoccupazioni. Ma nulla di più. Che cos'ha, si
è ammalato?"
"Tanto te lo diranno Anthea,
lui a cercato di uccidersi! E se non fossi arrivato in tempo ora sarei
qui a
portare via tutte le sue cose."
Sherlock perse il suo sorriso
attraente e si strinse nel suo Belstaff scuro, come se un brivido lo
percorresse.
Anthea era rimasta senza parole.
Dubitava di aver capito bene, non era da Mycroft lasciarsi andare. Il
suo
carattere era forte, almeno fino ad allora. Cercò di
ragionare sui fatti
accaduti giorni prima, ma non trovò nulla che l'avesse fatta
sospettare la
gravità della situazione.
"Adesso come sta?" Era
turbata e aveva appoggiato il cellulare sulla scrivania del suo capo.
Lo aveva
fatto un milione di volte, quando doveva ascoltare attentamente le sue
direttive.
"Cerchiamo di farlo stare
sereno, ma non è facile col carattere che si ritrova. Ora
sta con me. E per
proteggerlo sono diventato il suo tutore legale. Sai come vanno le cose
qua
dentro Anthea. E lui è praticamente il dipartimento stesso.
Non voglio farlo
internare per quello che è successo, non
diventerà come Eurus."
Sherlock si ritrasse nervoso,
pieno di sensi di colpa. Si appoggiò alla scrivania sfinito.
Tutto gli sembrava
così irreale e difficile. Non avrebbe mai pensato di
prendere il posto di
Mycroft.
"Hai fatto la cosa
giusta."
Anthea fece un gesto che
era
raro, lo accarezzò sulla guancia. "Ora tocca a te
proteggerlo. Lui era
costantemente preoccupato per te, per tutta la sua famiglia. Mi
rammarico di
non avere capito in quale dolore si dibattesse."
Lei aveva gli occhi lucidi. Pieni
di rimpianto per non aver visto oltre.
"Anthea, resta fedele a mio
fratello, tornerà! Forse cambiato, ma il suo lavoro
è sempre stato importante
per lui." Sherlock la fissò convinto.
"Lo farò." Anthea lo
sussurrò debolmente. Non era il posto giusto per
sbilanciarsi, ma Mycroft era
il suo capo e lei era il suo braccio destro. Era merito suo il
ruolo che
ricopriva.
Sherlock prese le poche cose che
il fratello gli aveva chiesto, ebbe la supervisione di Anthea che non
portasse
via cose compromettenti.
Sentiva una strana sensazione di
distacco, di oppressione. Quante volte suo fratello era rimasto
lì seduto a
quella scrivania ad ascoltarlo, a soccorrerlo mentre lui in cambio cosa
gli
aveva dato? Solo problemi e cinismo.
Ora doveva rimediare. Non doveva e
non poteva essere troppo tardi.
Sherlock tornò a casa
piuttosto
tardi. Era stanco e John se ne accorse subito. Mycroft si era
addormentato
sulla poltrona, lui cercò di non svegliarlo.
"Sei stravolto Sherlock, devi
mangiare qualcosa te l'ho tenuto in caldo."
John apparecchiò una
parte di
tavolo. Sherlock non protestò nemmeno, si sedette a mangiare.
"Rosie, come sta?"
Chiese visto che non la vedeva in giro.
"Dorme anche lei."
"Mycroft, invece cosa ha
fatto?"
"Ti ha aspettato, ma alla
fine è crollato. Non ha mangiato molto, ma non ho insistito.
Ha girato per la
stanza, così gli ho affidato Rosie, per un po' si
è distratto. Poi ha
cominciato ad agitarsi e l'ho mandato a riposarsi in camera. Fino a
pranzo."
John era turbato, non sapeva bene
come gestire il cognato. Soprattutto uno come Mycroft.
Sherlock si passò la
mano tra i
ricci neri, sconfortato. John lo sfiorò con un bacio.
"Ora sono legalmente il suo
tutore, ma dirgli che non può fare nulla sarà
devastante. Niente soldi, ne
computer, ne cellulari e mai solo. Non la prenderà bene."
"Sta tranquillo, vedremo di
andarci piano. E di farglielo accettare."
Sherlock e John rimasero
silenziosi. Pieni di pensieri irrequieti. Mycroft però dava
segni di risveglio.
Si agitava e lamentava.
Sherlock diede un'occhiata a John
e ottenuta la sua approvazione si diresse verso di lui. Lo
chiamò a voce bassa,
finché il fratello maggiore non aprì gli occhi
sorpreso.
"Dio, sei tornato! Mi sono
stupidamente addormentato. Scusami. Com'è andata?"
Mycroft era tra il curioso e lo
spaventato. Fissava il fratellino preoccupato. Sherlock aveva il volto
stanco
di chi si trascina un dolore nascosto.
"Starai con me, ho ottenuto
la tua tutela non ti faranno nulla fino a che ci
sarò io."
Il fratello maggiore si
massaggiò il mento, sentendo la barba che cresceva. Era
sospettoso.
"Non l'hai ottenuta così
facilmente, e se ti conosco bene li hai, diciamo, amabilmente
ricattati."
Mycroft sorrise pensando ad Alicia.
"Diciamo che se vogliono che
non trapelino certe cose, ci dovranno dare del tempo. Insomma una
tregua fino
al tuo ritorno." Mycroft si agitò improvvisamente nella
poltrona. Le
labbra strette.
"Pensi che io voglia tornare?
E tu come lo sai fratello mio!" Sherlock lo fissò quasi
incredulo.
"Non vuoi più ricoprire
il
posto che avevi? E cosa faresti del resto della tua vita?"
Mycroft si alzò
indispettito,
camminò nervosamente per la stanza. Poi si voltò
verso Sherlock.
"Adesso è prematuro
parlarne.
Non so cosa aspettarmi fratellino, non so quello che voglio. Mi sento
cambiato
e non capisco se sia un bene."
Sherlock lo comprendeva. Forzarlo
troppo era presto. Doveva dargli tempo. Doveva dargli appoggio.
Mycroft si fermò
guardando fuori
dalla finestra, si girò teso con le mani in tasca. La
mascella serrata.
Irrigidito nel corpo.
"Non posso avere più
nulla,
vero fratellino? Né soldi, né un cellulare,
né un accesso al computer. E devo
avere il tuo permesso per qualsiasi cosa. Anche se desiderassi uscire
da solo!
Potresti arrivare a negarmelo. Hai il controllo totale su di me."
Sherlock non digerì la
sfuriata. Mycroft era totalmente instabile.
"E questo per te è un
problema? Idiota! Visto che ti eri puntato una pistola sulla testa.
Volevi
morire, ti rendi conto che poca importanza possa avere, visto che devo
proteggerti da te stesso. Imbecille!"
Sherlock aveva perso la pazienza,
la stanchezza si faceva sentire e il fratello lo provocava in
continuazione. Lo
avvicinò pieno di rabbia e risentimento. Le mani strette in
due pugni. John
corse rapidamente a mettersi tra i due.
"Sherlock ti prego calmati,
lui è tuo fratello. Mycroft è spaventato ha
paura. Sa che deve affidarsi a te,
in tutto e per tutto. Lui che non chiedeva mai e prendeva soltanto.
Guardalo lo
vedi arrogante o semplicemente impaurito?"
John indicò Mycroft
dietro di lui.
Alzando la mano e puntandogli il dito contro.
Il fratello maggiore era
indietreggiato, con il volto tirato, le mani presero a tremargli.
Cercò di
nascondere il suo disagio e le ficcò svelto in tasca. La
testa era confusa, la
mente spenta. La nausea gli salì velocemente.
Barcollò e dovette appoggiarsi.
Sherlock si placò e si
disperò nel
vedere Mycroft in quelle condizioni. Era confuso. Non sapeva se era
giusto
tenerlo con loro visto le cure di cui aveva bisogno.
John fu rapido prese Mycroft lo
fece sedere sulla poltrona del salotto e gli diede un paio di compresse
per
aiutare lo stomaco. Lo fece bere qualche sorso di tè, anche
contro le sue
decise proteste. Sherlock si portò di fronte a lui e si
sedette. Si sentiva
sconfitto, non sapeva cosa fare.
Prese un respiro profondo, mentre
vedeva suo fratello sofferente. E ritrovò la voglia di
sostenerlo, per
ripagarlo per tutte le volte che l'aveva respinto.
"Mi devi aiutare fratello
mio. Devi cercare di capire che lo sto facendo per te. Stupido! Lo
faccio per
vederti sereno. Per vederti sorridere e per infastidirti, irritarti
come facevo
sempre, ma non smettendo mai di amarti fratello mio. Mycroft dammi una
mano e
io ti darò tutto me stesso." Sherlock aveva il suo cuore in
mano e glielo
offriva.
Mycroft che si era ripreso, si
appoggiò sullo schienale, sorrise debolmente.
"Mi dispiace." Lo
sussurrò appena, la sua voce tremava ma era sincero.
"Non so come posso aiutarti,
per ora ti creo solo problemi. So che ti stai chiedendo se hai fatto
bene a
tenermi con te. Hai ragione! Sono un fratello complicato. Non ti
biasimerei se
decidessi di farmi ricoverare."
Sherlock si scosse. Lo
guardò
senza distogliere lo sguardo, lo prese per le mani, gliele strinse
forte. Poi
si inginocchiò davanti alla sua poltrona.
"Tu resterai con me, non ti
lascio. Ma tu devi stare al mio fianco affidarti a me."
Mycroft si abbassò,
tentennava.
Poi si decise ed abbracciò il fratello, scosso da un fremito
di dolore e
rimorso.
Sherlock lo calmò
parlandogli
piano, lo accarezzava sulla schiena cercando di dargli quel calore che
non
riusciva a trovare e ricambiò l'abbraccio che valeva come
tutta una vita.
John li guardava dalla cucina,
disperato per il suo compagno e preoccupato per Mycroft.
Pensò velocemente di
trovare una
soluzione che permettesse a tutti di stare bene.
Ci voleva una persona che si
occupasse di Mycroft, che avesse passato la sua stessa esperienza e
pensò a
Molly. Molly Hopper.
Capitolo 4 *** Quarto Capitolo: Un aiuto inaspettato. ***
Molly dopo quello che era accaduto
a Sherrinford, non era stata
più la stessa. Sherlock sapeva di amare John e non poteva
più ingannarla.
Aveva mandato Mycroft,
che
era andato a chiarirle la situazione, in cui si erano ritrovati con
Eurus.
Sherlock benché l'amasse, amava anche John. Da sempre. E
quando il dottore si
rese conto di avere lo stesso sentimento per Sherlock, le
frequentazioni con
Molly finirono.
Mycroft mediò la
situazione,
offrendo il suo appoggio a Molly, ma lei troppo addolorata, aveva
declinato la
sua compagnia, e lui si era ritirato in silenzio. Sherlock sapeva che
Mycroft
aveva una simpatia più profonda per Molly, ma in
quel momento non poté
fare nulla.
Molly distrutta dal dolore, cadde
in depressione e divenne apatica e solitaria. Sherlock sentendo la
responsabilità del quel dolore la aiutò insieme a
John.
Lentamente con pazienza ne venne
fuori.
Rimase amica di entrambi. Li
frequentava con regolarità e molte volte si occupava di
Rosie. Così John pensò
che non era una cattiva idea chiedere il suo aiuto, anche
perché lei sapeva
quali farmaci potevano aiutare Mycroft. Così decise di
prendere l'iniziativa e
di farle visita.
"Devo uscire, che ne dici di
riposare almeno fino a cena Sherlock? Prenditi una pausa. Tu Mycroft,
ti metti
a letto invece."
Lui protestò, ma poco
convinto.
Vide nelle mani di John la solita iniezione e sbuffò
innervosito. Ma era necessaria
visto la sua instabilità mentale e tutto quello che gli
aveva provocato.
"Dio, John la tua cura mi
intontisce, non riesco a ragionare." Mycroft non riusciva ad adattarsi
ai
farmaci. Ma dovevano insistere.
"Devi dormire niente di
più,
riposare il più possibile, per adesso mio caro Mycroft
è così."
Sherlock guardava il fratello
dalla cucina e assentiva con la testa. Myc si arrese,
borbottò qualcosa di
incomprensibile, ma scoprì il braccio, mugugnando seccato.
Se ne andò in camera
infastidito,
dove si lasciò andare sul letto ancora vestito. Ma fu
prontamente ripreso dal
fratello minore.
"Mettiti almeno comodo, per
Dio! Vestito ti metti a dormire?"
Il vecchio Holmes prese a
lagnarsi, ma indossò il pigiama, poi senti il farmaco che
faceva effetto, si infilò
sotto le coperte. La sua testa sembrava fluttuare in un mare di
schiuma, non
avvertì Sherlock che lo aiutava a coprirsi. Sentì
solo la mano calda di
Sherlock sulla fronte. E poi fu il buio totale.
John lasciò che Sherlock
riposasse
per qualche ora, così uscì. Si recò a
trovare Molly per chiedergli il suo
aiuto. La trovò nel laboratorio, dove aveva incontrato la
prima volta Sherlock.
"Giorno Molly."
John entrò educatamente, lei si girò a guardarlo
curiosa.
"Buon giorno John. Hai
problemi con Rosie?" Subito si assicurò preoccupata, ma lo
vide sereno e
capì che c'era dell'altro.
"No, niente di tutto questo,
ma lo sai che sei la benvenuta e Rosie è felice quando ti
vede. Piuttosto si
tratta del fratello di Sherlock."
Lei lo guardò
incuriosita.
"Mycroft? "
Molly si ricordò dell’austero fratello
maggiore Holmes, che aveva
incontrato poche volte. È tutte dolorose.
"Diciamo che non sta molto
bene e anche in due non riusciamo ad aiutarlo. Così ho
pensato a te, che in un
certo senso puoi capirlo meglio."
"Cosa ha combinato, Mycroft
non ha bisogno di nessuno che io sappia." John si rabbuiò.
Lui sta passando un momento
difficile, un pò come quello che hai passato tu 6 mesi fa."
"Non mi dire! Mycroft fa i
conti con sé stesso? Sarebbe una
novità." Molly era divertita
al pensiero del vecchio Holmes con i rimorsi di coscienza.
"Beh, Molly, non è
proprio
così."
John era terribilmente serio,
Molly lo avvertì e si ricompose.
"Sherlock è riuscito a
fermarlo mentre stava per mettere fine alla sua vita. Stava per
suicidarsi."
John non riusciva ancora a pronunciare quella parola senza agitarsi.
"Dio scusami, non credevo
fosse andato oltre. Mi dispiace credimi, era stato gentile con me, mi
aveva
anche chiesto il permesso di aiutarmi dopo i fatti di Eurus. Ma io lo
allontanai,
ero così tanto arrabbiata con Sherlock che non volevo
intorno un altro
Holmes."
Molly era dispiaciuta,
perché
sapeva che Mycroft aveva dato tutto per Sherlock, superando ogni limite
concesso.
"Perché mi chiedi
aiutò, e
perché a me?"
"Perché sinceramente la
situazione ci sta sfuggendo di mano e forse tu potresti comprendere
meglio ciò
di cui lui ha bisogno." John era scosso e riponeva le sue ultime
risorse
su di lei.
"Anche le mie cure lo
limitano e non le sopporta, so che tu puoi aiutarmi a modulare una cura
che lo
aiuti."
"lo stai calmando o
inibendo?"
"Tutte due, ma spesso il suo
fisico non le accetta. Cerco di mantenerlo calmo e di farlo riposare,
ma
l'effetto finisce per essere devastante."
Molly si agitò confusa,
poteva
immaginare il dolore che passava nella mente in tempesta di Mycroft.
"Lui sa che potrei vederlo?
Come accetterebbe le mie visite."
"Ne parlerò a Sherlock,
decideremo che tu ci sostituisca, quando non possiamo alternarci con
Rosie.
Mycroft sa che vieni per lei, sarà facile unirti a noi. Ti
prego Molly dammi
una mano, sia per Sherlock che per lui."
John sembrava disperato. Lei
capì
che la situazione non era tranquilla, si sentiva dispiaciuta per
Mycroft. Lo
aveva sempre considerato gentile e misurato. Non si spiegava il suo
crollo
mentale.
"Va bene, fammi sapere. Ti
aiuterò, spero solo che riusciate a convincere Mycroft."
"Grazie Molly, soprattutto
perché mi trovo in difficoltà. Loro sono
così devastanti, emotivamente
parlando, così lontani e così fortemente legati.
Dio, Molly, proteggi uno e
sbanda l'altro. Calmi uno e l'altro si infiamma. A volte non so
più cosa
fare."
John si sentì
improvvisamente
stanco. Molly gli si avvicinò, gli accarezzò la
spalla con tenerezza.
"Vieni prendiamo un caffè."
Lui acconsentì senza
protestare.
Molly era la persona più disponibile e dolce che avesse mai
conosciuto. E si
sentì sollevato.
Tornato a casa, John mise al
corrente della sua decisione Sherlock. Che fu soddisfatto. Sapeva che
Mycroft
sarebbe stato al sicuro con lei e oltretutto il fratello più
vecchio nutriva
una nascosta simpatia per Molly.
Quando si svegliò lo
misero al
corrente, mentre cenavano, della nuova decisione e lui quasi si
strozzò. Molly
non gli era completamente indifferente, si sentì in difetto.
Il recalcitrante
Mycroft, che dapprima protestò con veemenza, si
adattò ad accettare la
compagnia di Molly Hopper.
Capitolo 5 *** Quinto Capitolo : L'arrivo di Molly Hooper ***
capitolo 5 L’arrivo di Molly Hooper.
"Molly si prende cura di Rosie. Non
dare inutili problemi
Myc, non resterai solo con Rosie. Ci sarà Molly."
Sherlock quietò il
fratello che già si era innervosito.
"Perché non posso curare
io Rosie quando voi non ci
siete?" Era seccato. E anche dispiaciuto.
"Perché hai bisogno
anche tu di aiuto! Quindi fai il bravo e
collabora con Molly."
Mycroft sbuffò risentito
poi però accettò suo malgrado. Non aveva
tutti i torti suo fratello, lui non era ancora pienamente responsabile
di sé
stesso.
Mentre loro uscivano
arrivò la dottoressa Hopper. Mycroft era
sulla poltrona nervoso a perdere tempo annoiato.
"Buongiorno piccolina."
Molly baciò Rosie, poi
vide Mycroft distratto e lo salutò fingendo indifferenza.
Invece lo aveva squadrato bene, lo
vide insofferente alla sua
prigionia e tediato a morte.
"Giorno Mycroft, non ci vediamo da
molto tempo, vedo che ti
hanno segregato a Baker Street." Lei rise vedendolo sbuffare seccato.
"Dottoressa Hopper sai benissimo
perché sono qui. Non fare
torto alla tua intelligenza."
Mycroft si alzò
irritato. Prese a camminare nervosamente.
Indossava una camicia chiara, le maniche arrotolate. Il gilet a righe.
Senza la
sua solita cravatta. Niente orologio. Troppo trasandato per i suoi
standard.
Ma aveva ancora lo sguardo fiero di
chi non si è ancora piegato
alla sofferenza. Gli si avvicinò guardingo, con le mani
sprofondate nelle
tasche.
"Scommetto che sai già
tutto Hopper, giusto?" Piegò il
capo di lato, sfidandola.
"Non ho bisogno di
pietà, né di comprensione."
Non sapeva nemmeno lui
perché Molly lo irritasse così tanto,
forse perché sei mesi prima lei lo aveva respinto.
"Non sono venuta per dartene
Mycroft. Sono venuta come sempre
per Rosie. I tuoi problemi non mi riguardano. "Lui accusò il
colpo, ma
abbozzò.
Molly si mise a vestire Rosie per
uscire. Cercava di placarlo, se
partivano con il piede sbagliato avrebbe avuto ancora più
difficoltà a farsi
accettare.
"Ma per ora caro Mycroft, uscirai
con me visto che non
vogliono che tu rimanga solo. Quindi fammi il piacere di prendere il
tuo
costoso cappotto e indossalo."
Mycroft era irrequieto si mordeva
il labbro, stringeva gli occhi
stizzito. Non voleva finire nella confusione di Londra, odiava i luoghi
affollati.
"Se non voglio venire?" Lui la
fissò sarcastico,
sfidandola.
"Sarà tua la colpa se
Rosie non esce!" Così dovette
cedere. E malvolentieri, si vestì. Molly sentì un
cauto ottimismo percorrerla.
"Copriti fa piuttosto freddo, non
hai un cappotto
pesante?"
"Questo cappotto non mi serviva per
andare in Siberia."
Sibilò gelidamente Mycroft.
"Bene, allora andiamo e non
lamentarti per il freddo."
Lei lo schernì
provocandolo. Mycroft la trovò estremamente irritante
e si chiese cosa avesse visto in lei di così gradevole.
Molly aveva preso Rosie e scesa
dalle scale la sistemò nel
passeggino. Poi uscì con Mycroft che le brontolava alle
spalle. Certo il freddo
era pungente, Rosie era ben protetta e anche Molly. Ma Holmes
iniziò a sentire
subito il freddo e rabbrividì.
Pazientò, strinse i
denti e camminò vicino a lei e a Rosie. Si
alzò il bavero, ma non era sufficientemente coperto. Molly
lo guardò divertita
mentre lo vedeva tremare. Prese una decisione veloce.
"Stai qui con Rosie, non ti
muovere, salgo un attimo.
Tornò poco dopo,
chiamò Mycroft nell'atrio. Anche Rosie li
guardava curiosa. Aveva un maglione di lana e una sciarpa scura.
"Indossa questo senza fiatare
Holmes." Lui sentito il
freddo, indossò sotto al cappotto il caldo maglione di
Sherlock. Molly poi gli
strinse la sciarpa al collo, lo abbottonò e gli
sistemò il bavero.
"Forza usciamo." Mycroft era
sconcertato, ma seguì Molly
senza protestare, era rimasto colpito dalla sua premura. Sentiva ancora
le sue
mani che lo sfioravano. Uno strano senso di piacere lo aveva avvolto.
Fu taciturno per tutta la strada,
l'unica che si divertiva era
Rosie. Molly fece delle commissioni per John e suo fratello. Lui si
limitò a
seguirla, senza protestare.
Lei sapeva esattamente
cosa provava, vedeva la difficoltà di
starle appresso. Fare delle cose così
futili non era nel suo stile
di vita. Aveva Anthea che se ne occupava.
"Che dici di un buon tè
caldo, Holmes? Penso che te lo sia
meritato. Passare da governare un intero paese a fare da baby sitter ce
ne
passa!"
Molly sorrise divertita, e visto
che lui non sapeva cosa
rispondere, lo prese per il braccio e lo trascinò nel bar.
Sedettero come una famiglia ad un
tavolo, e furono scambiati per
tali, anche se Mycroft protestò e precisò la
parentela con il cameriere. Molly
le si accomodò vicino, mentre Rosie mordicchiava il suo
pupazzo preferito.
"Va bene un bel tè
Mycroft?" Lui annuì silenzioso.
"Con un po' di latte, gradirei."
"Bene, scaldati un poco, stai
ancora tremando." Lui si
guardò le mani. Era preoccupato.
"Non è il freddo, le
mani mi tremano da quando devo prendere
i farmaci di John."
Era avvilito, non gli piaceva
mostrare la sua debolezza.
"Ti fanno stare male? Lo hai detto
a John?" Molly
cercava di scardinare le sue difese senza irritarlo. Era
estremamente diffidente e sospettoso.
Mycroft annuì. "Mi aveva
promesso che l'avrebbe aggiustata,
ma credo non sia possibile."
"Che altri problemi ti danno i
farmaci?"
"Mi limitano molto, la mia mente
è come se fosse rallentata,
immersa nell'ovatta. Mi sento lento e impacciato. Ma se non li prendo,
le mie
emozioni sono come un'altalena, vado in alto e poi tocco il fondo.
Torno ad
essere depresso, e questo mi spaventa. Quindi va bene così."
Mycroft
abbassò lo sguardo fissando la tazza vuota del
tè. Sembrava rassegnato.
"Si può modulare una
cura, cercando di non far soffrire
ulteriormente chi la segue. Gli inibitori vanno adattati alla persona,
e tu hai
una mente sopra la media, questo va considerato."
Mycroft la guardò pieno
di speranza, perdendo ogni risentimento.
"Puoi aiutarmi Hopper? Quando John
mi fa l’iniezione,
sprofondo nel buio totale. E se devo dirti la verità ho
paura, una terribile
paura di quel buio."
Molly gli prese la mano. Mycroft
tremava, ma la stretta calda di
Molly lo rassicurò, sentì il calore salire lento
e dargli conforto. Si rilassò.
"Ti aiuterò Holmes, ma
tu devi aiutare me. Ti chiedo di avere
fiducia. Faremo in maniera che tu ti senta meglio, ma non limitato.
Fino a
quando non potrai lentamente diminuire la dose e acquistare sicurezza."
Molly gli accarezzò la
mano.
"Sappi che la strada non
è in discesa. Quando il farmaco non
ti proteggerà, allora verrà il difficile. Le
prime 24 ore saranno accettabili,
ma scemato il suo effetto avrai 36 ore di difficoltà piena,
tra alti e bassi e
credimi Mycroft, anche molto bassi. "
Annuì, sapeva che non
era facile per lui, né per quelli che gli
volevano bene. Ma non poteva rimanere così, in una specie di
limbo.
"Quindi mio fratello ti ha
interpellato per questo. Per
aiutarmi a venirne fuori, non solo per la piccola Rosie?"
Mycroft la guardava sospettoso, ma
aveva stranamente fiducia in
lei.
"Sapeva cosa avevo passato, Holmes.
Ha pensato che fossi
la persona giusta. In più non ti scordare che sono un
medico. Puoi fidarti,
Mycroft."
"Tu sei andata in depressione a
causa di Sherlock? E ne sei
uscita?"
Lui fu dubbioso, sapeva
del suo amore per il fratello.
"Si, ma ora è tutto
passato Mycroft, siamo amici, nulla di
più. Amo la piccola Rosie, aiuto John a sentirsi
sereno, dopo la morte di
Mary."
Molly cercò di
convincerlo con una proposta che doveva
accettare. Gli prese la mano fredda e pallida.
"Se te la senti, io ho un cottage
appena fuori Londra, in
aperta campagna. Dista due km dal paese più vicino.
Solitario e tranquillo al
punto giusto per fare lunghe passeggiate e rilassarsi. Il posto per
riprenderti
in mano la tua vita."
Molly si interruppe per vedere la
sua reazione. Mycroft era
indeciso.
"Con il mio aiuto, se lo vorrai,
moduleremo la cura e poi
quando ti sentirai pronto la chiuderemo definitivamente." Molly cercava
di
essere convincente, senza forzarlo.
"Potrebbe essere pericoloso e molto
impegnativo per te
Hopper. Non riesco a capire perché tu lo voglia fare."
Mycroft scosse la testa, la
guardava negli occhi cercando di
leggere cosa la spingesse a occuparsi di lui.
"Mycroft non farti problemi, so
cosa stai passando e voglio
aiutarti. Anche se ti ho frequentato poco, sento che troveremo
un'intesa. Ti
avevo sottovalutato e voglio conoscerti meglio."
Molly tagliò il
discorso, lasciandolo Myc sorpreso. Guardò
l'orologio e capì che erano in ritardo, perfino Rosie
protestò.
"Dio, Holmes! Dobbiamo tornare,
vestiti e andiamo. E pensaci.
Ma mi aspetto una risposta positiva."
Uscirono dal piccolo pub.
Con Rosie che cinguettava felice e
Molly che trascinava un riluttante Mycroft avviluppato nella sciarpa.
Percorsero velocemente la strada e
videro l'auto nera parcheggiata
davanti Baker Street.
Mycroft si
fermò di colpo, quasi indietreggiò, le conosceva
bene le auto di servizio e quella era di lady Smallwood.
Alicia era arrivata a
lui. Molly vide Mycroft tentennare,
stingersi nel cappotto spaventato, lei gli prese il polso e lo
bloccò.
"Non devi entrare se non vuoi, sei
sotto la tutela di
Sherlock, possiamo chiamarlo."
Mycroft prese un
pò di tempo, ma riuscì a contenere l'ansia
che lo attanagliava.
"No, va bene saliamo, sicuramente
John che è a casa, lo avrà
già chiamato." Molly lo vide determinato e
acconsentì.
"Bada non sei obbligato ad
affrontarla, se non riesci a
rispondere a tono prendi tempo. Sai che ti sono vicina."
Mycroft annuì,
salì le scale avvolto nel suo cappotto nero, che
sembrava la sua ultima difesa. Le mani strette in un pugno doloroso. La
mascella contratta.
Niente che ricordasse il vecchio
autoritario Mycroft Holmes.
Molly era dietro di lui, ma pensava
come fosse dentro la sua
testa,preoccupata
di sollevarlo
dall'angoscia era discreta, ma risoluta.
Quando entrarono videro Alicia, in
piedi vicino al camino. John in
cucina che vibrava di rabbia.
"Buongiorno Alicia, non mi
aspettavo di vederti così presto.
Pensavo che mio fratello ti avesse fornito tutti i dettagli del mio
forfait. Ma
vedo che non ti è bastato."
Mycroft fu sarcastico come se un
bagliore di sé stesso fosse
tornato. Il suo cervello lavorava, ma i farmaci lo rallentavano, doveva
costantemente prendere tempo.
"Sei sempre tu mio caro Mycroft?
Anche se devo dire che ti
vedo un pò appannato." Alicia lo fissava e lo studiava.
"Vuoi capire se quello che ti ha
detto Sherlock è vero?"
Mycroft le si avvicinò. "Allora trai le tue conclusioni!"
Alicia vide il tremore delle sue
mani, gli occhi stanchi, il volto
contratto, il respiro veloce e pesante di Holmes.
" Vedo Mycroft e ora capisco." Lady
Smallwood fissò gli
altri membri della stanza ammutoliti.
"Lo sai che dovevo sincerarmi di
quello che tuo fratello ci
ha riferito. Sai che sono esigenti su questo, soprattutto su di te che
reggevi
mezzo dipartimento."
Mycroft aveva nel volto
l'amarezza di trovarsi in una
situazione difficile, che non riusciva a gestire. Molly, dietro di lui
fece un
cenno a John.
Il dottor Watson, che
fino ad allora era rimasto in silenzio
si avvicinò a Mycroft vedendo la sua faccia contratta,
cercando di proteggerlo.
"Lady Smallwood, lui non
è tenuto a risponderle, non dopo gli
accordi presi. Mycroft Holmes è tutelato dal fratello.
Avrebbe dovuto
interpellare lui. "
"Sono venuta in amicizia a visitare
un vecchio amico. Tu che
ne dici Myc?"
"Che sono stato gentile Alicia, e
ti ho risposto." Myc
sembrò reggere le emozioni che lo pervadevano, si
portò vicino ad Alicia,
la squadrò con i suoi occhi grigi pieni di risentimento.
"Digli che non abbiano timore,
sarò fedele fino alla fine al
mio impegno governativo."
Mycroft mormorò le
parole seccamente. "Ma dovevo avere
una garanzia. Lo sai che sono tutelato da mio fratello, non
sono in grado
di fare nulla. Non possiedo né cellulare, né
computer. Non sono un
pericolo Alicia! Ora è tutto in mano a lui, quindi
stai tranquilla."
"Sai già che
è tutto deciso. Sherlock ci tiene in scacco. Ma
adesso capisco che è solo per te che lo fa." Lady Smallwood
si avvicinò a
Mycroft gli prese le mani stringendole forte.
"Io appoggerò la tua
causa e quando starai bene, io ti
sosterrò." Lady Smallwood fu decisa.
Mycroft annuì, poi
sussurrò. "Poi superare tutte le onde, ma
alla fine ne arriva una che ti porta giù."
In quel momento Sherlock
entrò, con pochi passi decisi si piazzò
vicino a Mycroft come un'ala protettiva. E fu al suo fianco.
"Non erano questi gli accordi Lady
Smallwood, sai bene che
dovevo essere presente."
Si assicurò che il
fratello stesse bene, poi si mise in mezzo
minaccioso.
"Bada Alicia che non
tollererò interferenze, Mycroft è sotto
la mia tutela. Non avvicinatevi più a lui senza avermi
sentito. Sai bene che
non sono così tollerante quanto lo era Mycroft." Sherlock
era furioso,
aspettò la risposta di Alicia.
"Non voglio scavalcare la tua
tutela, e questo te ne fa onore
Sherlock. Visto tutto quello che Mycroft ha fatto per voi. È
anche poco. Ma sai
bene che loro vogliono la certezza di quello che è accaduto
e ora l'ho
visto."
Alicia distolse lo sguardo e si
indirizzò verso Mycroft, che era
indietreggiato dietro al fratello.
Mycroft cominciò a
tormentarsi le mani, notevolmente sudato,
mentre cercava di rimanere attento, ma la sua mente vacillava. Il
farmaco lo
bloccava. Inibiva il suo ragionamento. Doveva lasciare a suo fratello
il
compito di proteggerlo.
Molly lo vide oscillare e si
avvicinò. Lo fece sedere, gli fece
bere dell'acqua. Mycroft si lasciò accudire docilmente.
"Sei soddisfatta Alicia?" Sherlock
la incalzava.
"Hai visto ora? "
"So che Mycroft è in
buone mani e ti darò tutto il mio
appoggio, non biasimarmi Sherlock."
Alicia si avvicinò all'
uscita, ma prima chiese con un gesto degli
occhi il permesso a Sherlock, lui acconsentì con indulgenza.
Si avvicinò a Mycroft, e
lo accarezzò lungo la spalla tesa.
"Rimettiti in sesto Mycroft, sai
che ti voglio bene, non puoi
ignorarlo. Mi dispiace di non essere riuscita a capire il tuo disagio.
Mi eri
così vicino che il mio errore è stato ancora
più grande." Alicia lo
accarezzò sulla guancia ispida e Mycroft avvertì
la sua disperazione.
"Stai serena Alicia. È
stata una mia decisione. Non deve
essere un vostro rimpianto. "
Alicia
abbassò il capo in segno di resa, salutò
con un cenno
Sherlock e uscì.
Lui si girò subito verso
il fratello maggiore.
"Mycroft come stai? Non eri tenuto
a parlarle se non volevi.
"
"Sherlock conosco Alicia da una
vita. Non potevo ignorarla."
Cercava di asciugarsi il sudore che
gli imperlava la fronte. Ma
era un'impresa vana. Era completamente bagnato. La camicia bianca era
inzuppata
e i capelli umidi.
Molly si era offerta di aiutarlo,
ma lui la allontanò seccato. Non
riusciva a gestire le sue emozioni. E l'inibitore lo distruggeva,
cercando di
stabilizzarlo.
"Vi prego ora di lasciarmi solo. Mi
irritate di più che
l'aiuto che volete darmi."
Mycroft cercava di alzarsi, ma la
pesantezza delle gambe non lo
reggeva. Imprecò arrabbiato. Il farmaco che prendeva aveva
più effetti
collaterali che benefici.
"Fatti aiutare, non te lo
ripeterò, fratello."
Sherlock perse la
pazienza, stretto in quella situazione
assurda. John cercò di tranquillizzare tutti.
"Cerchiamo di rasserenarci. Mycroft
sei in difficoltà e lo
capisci. Quindi fatti aiutare senza protestare, vedremo di ridurre
l'impatto
del farmaco visto che il tuo cervello non è nella media e
potrebbe essere il
motivo di questi sbalzi." John poi passò al suo compagno.
"Tu Sherlock smaltisci la rabbia
per la comparsa di Alicia. E
pensa al benessere di tuo fratello."
"Tu Molly scusalo,
perché sai in che condizioni mentali si
trova." Tutti si guardarono impacciati.
Mycroft fu il primo a parlare.
"Perdonatemi, ma la mia mente non
collabora e le mie reazioni
sono incontrollabili. Molly mi dispiace, cerca di capire. Sherlock
scusami, che
altro posso dirti."
Mycroft abbassò il
capo sembrava sconfitto.
Molly gli fu vicino e lo
aiutò a togliersi la maglia, aprì la
camicia per permettergli di respirare e prendere un po' d'aria. Prese
un
asciugamano umido e lo strofinò sul collo. Myc
rabbrividì sentendo la
freschezza diffondersi.
"Stai tranquillo Mycroft, ora il
calore passerà. È il farmaco
che agisce per portare le emozioni a livelli accettabili. Non
combatterlo."
Sherlock si raddrizzò e
respirò profondamente.
"John ha ragione, trovare Alicia
qui mi ha irritato.
Avevamo un accordo, non c'era bisogno di assicurarsi della
fragilità di mio
fratello. La mancanza di rispetto è una cosa che odio."
Sherlock si avvicinò a
Mycroft, aiutò Molly a liberarlo dai
vestiti stretti.
"Hai bisogno di un bel bagno
fratello. E mi hai rovinato una
maglia!"
Sherlock sorrise, si era
rasserenato.
"Fratellone, io sto cercando di
proteggerti, ma era la tua
specialità, non la mia. Mi impegnerò di
più."
"Sherlock, tu non sai con chi hai a
che fare. È già
tanto essere riuscito a tenermi con te. Ma bada hanno Eurus con loro.
Nostra
sorella non è più sotto la mia protezione. Devi
prenderti carico anche di lei e
solo Alicia può aiutarti."
"Sono il tuo tutore legale, con te
ho ereditato anche
legalmente Eurus, stai tranquillo fratello. Alicia,
mi ha dato la
sua parola. Ma le avevo chiesto di lasciarci tranquilli e
invece, guarda
stasera in quali condizioni siamo tutti. "
Mycroft sospirò
tristemente. Eurus era sempre stata un suo
problema.
"Non potevi sapere a cosa andavi
incontro, fratellino. Sono
anni che mi destreggio in queste beghe. Mi dispiace Sherlock! Non sei
un
burocrate." Mycroft sorrise appena, sembrava che avesse smesso di
sudare.
Molly aveva ascoltato tutto.
"Cercherò un farmaco che
lo possa aiutare, Sherlock.Questo
è solo una sofferenza per tuo fratello,
non avevamo considerato che la sua intelligenza fosse oltre la media.
Questo lo
penalizza. Deve tranquillizzarsi e riuscire a riposare, ma non certo
inibirlo
al punto di renderlo un invalido"
John approvò e riprese
il discorso.
"Non possiamo soffocare la sua
mente, dobbiamo solo
stabilizzare le sue emozioni, dargli quel minimo di calma di cui ha
bisogno."
Mycroft ascoltava perplesso, era
stordito da tutti quegli
avvenimenti.
Molly allora li mise al corrente
dei suoi piani. Di portarlo con
lei al cottage per cercare di farlo uscire dal giro vizioso in cui era
piombato.
"Se Mycroft accetterà,
Sherlock me ne incaricherò io."
Lei sembrava decisa.
"Molly non è un'impresa
semplice soprattutto se sarai da
sola, tu fratello che ne dici?"
Sherlock
si rivolse al
fratello anziano, che però non rispose subito.
"Non sarò sola
perché conto sull'aiuto proprio di
Mycroft." Molly si girò verso di lui che mosse il capo
accettando la sua
proposta.
"Mi affido a te Hopper e
cercherò di collaborare."
John aveva fatto del tè
e lo versò nelle tazze. Si presero così
una breve pausa.
Era come se fossero tutti uniti per
proteggere Mycroft, che
frastornato li guardava ad uno ad uno. Non riuscendo a capire
perché si
dannavano l'anima per lui, che fino a pochi giorni prima aveva deciso
di
morire.
"Bene credo di dover fare un bagno.
Ho sudato fino all'ultima
goccia. Vado a lavarmi. E lo faccio da solo."
Mycroft si rivolse a Molly
disperato. "Ti prego trova una
cura che mi faccia stare bene. Non voglio rimanere in questo stato."
Lei lo guardò
determinata, poi lo rassicurò.
"Troveremo una cura adeguata.
Giusta per te, ma non sarà
miracolosa Mycroft se anche tu non ti impegnerai."
Lui annuì,
riuscì finalmente a mettersi in piedi. Poi scomparve
nella sua camera.
Molly salutò
gli altri.
"A domani miei cari, dite a Mycroft
che lo chiamerò. "
Sherlock aveva assorbito in parte
la rabbia. Ma John lo vedeva teso
e preoccupato.
"Stai sereno Sherlock,
Molly cercherà un farmaco
adeguato per tenere sotto controllo Myc "
"Non è questa la mia
preoccupazione, se lo conosco bene
cercherà di allontanarsi da noi. Lo sai che ha sempre amato
la sua
indipendenza." Sherlock aveva ragione, Myc non poteva accettare la
situazione difficile in cui aveva messo tutti.
"Tu credi che potrebbe andarsene?"
John lo guardò
dubbioso.
"Si, perché si sente
oppresso. Quindi ben venga la proposta
di Molly. Non so cosa fare John, non so come
aiutarlo. Prima mi
sembrava tutto chiaro, adesso non più. Per ciò
conto su Hopper. Credo che ci
sia una leggera alchimia tra loro, sei mesi fa non è
decollata, ma spero che
adesso si manifesti. "
John lo vedeva come un caso medico,
mentre Sherlock comprese che
suo fratello non aveva solo bisogno di
medicine. Mycroft aveva
bisogno di sicurezze, di sentirsi amato.
Non sapeva come dimostrarglielo il
suo amore fraterno, che
non c’era più stato per troppo
tempo. Era stato egoista, aveva
preteso da lui tutto, e poco aveva dato in cambio.
Ma forse il
rapporto con Molly poteva più che aiutarlo, addirittura
guarirlo.
Capitolo 6 *** Sesto Capitolo : Prima di partire ***
Molly si presentò il
giorno seguente per accordarsi con Mycroft
per la partenza. Lui si stava prendendo cura di Rosie e aiutava John a
preparare
la colazione.
Sherlock era uscito presto per
occuparsi di alcune pratiche
relative alla sorella. Doveva sostituire il fratello a Sherrinford.
Alicia lo
avrebbe aiutato come aveva promesso. Mycroft si era rassegnato, deluso
di
doverne restare fuori. Ma aveva consigliato Sherlock su come
comportarsi, e il
fratellino lo aveva ascoltato.
"Buongiorno a tutti." Molly
arrivò come una ventata di allegria.
“Mycroft nel pomeriggio partiamo. Sei in grado di prepararti?"
Lui la guardò
infastidito.
"Si, Hopper sono in grado!"
"Bene, perché adesso
usciamo a fare acquisti." Molly lo
guardò spensierata.
"Scusa, che acquisti? Cosa dobbiamo
acquistare!" Holmes
era sorpreso, le si avvicinò ostile.
"Abbigliamento! Mycroft non vorrai
venire in campagna con
quella specie di cappotto e con i tuoi eleganti completi. Hai bisogno
di scarpe
adatte per camminare in terreni fangosi!"
"Dio! ma dove andiamo, in battaglia
nelle lande?"
Mycroft si indispettì,
scosse la testa sconsolato. Era preoccupato
per la sua esuberanza.
"Ma dove e quanto dobbiamo
camminare, Hopper? Non faccio
maratone io."
Lei rise per il suo disappunto,
John sghignazzava dalla cucina,
riconoscendo il temperamento del vecchio Mycroft.
"Dai andiamo. Hai bisogno di alcune
cose, forza." Holmes
respirò profondamente, poi si convinse
e indossò il cappotto.
"Fa freddo, mettiti la sciarpa.
John te lo riporto più tardi,
vivo spero."
Molly trascinò il
maggiore degli Holmes, che la seguiva muto e
ostinato, nel negozio di abbigliamento più grande di Londra
e acquistarono dei
capi adatti per andare in campagna. Mycroft protestò per
tutto il tempo,
seccato, irritato mentre Molly ridacchiava di nascosto.
Alla fine gli permise di acquistare
delle cravatte per le camicie
a quadri, che Holmes odiava. Lo portò stanco e indispettito
a prendere un
caffè. Si accomodarono ad un tavolo, vicino alla vetrata.
"Allora, Mycroft abbiamo finito.
Ora sei pronto ad affrontare
l'oscura fredda campagna Inglese? E dovrai imparare ad accendere il
fuoco,
perché il riscaldamento non è propriamente il
massimo."
"Dio, Hopper mi sembra di partire
per il campeggio!"
Mycroft fece il primo sorriso della
mattinata. Molly lo trovò
stupendo. Non l'aveva mai osservato il fratello maggiore di Sherlock,
ma lo
scoprì avere un certo fascino, che la rimescolava.
Finalmente lui si scioglieva
un po'.
"Vedrai, Holmes ti dovrai dare da
fare e inizieremo delle
lunghe passeggiate, ma ci rilasseremo e se collabori staremo bene."
Molly
gli accarezzò la mano asciutta. Lui si ritrasse quasi
intimidito.
"Cosa c'è Mycroft, non
vuoi che ti tocchi? Ti
infastidisce?" Molly lo guardò stupita.
"Scusa Hopper, sono troppo
disorientato, reagisco in modo
confuso. Mi dispiace." Lui tornò ad allungare la mano,
riprese quella di
Molly. Si dava del cretino, lei era gentile e premurosa. Lui un orso,
senza
speranza.
"Scusami ancora."
"Tranquillo Holmes, forse io mi
prendo un po' troppa
confidenza, e tu hai bisogno ti tempo."
Rimasero così con le
mani allacciate, entrambi complici. Mycroft
sentiva il calore di Molly salire dritto al cuore e ne rimase turbato.
Non
riuscì però a guardarla in volto.
"Prendiamo un buon
caffè. Ti ho fatto stancare anche troppo.
E arrabbiare."
Molly lo vedeva scosso,
pensò che fosse la stanchezza, in realtà
Mycroft era smarrito per quelle sensazioni che Molly gli regalava e che
lo
emozionavano.
Non sapeva se anche lei sentiva la
stessa cosa, e aveva paura di
un rifiuto. Come sei mesi prima. Soprattutto adesso che lui non era al
pieno
delle sue facoltà. Così si tormentò e
smise di sorridere, si chiuse in un
silenzio antipatico, che Molly non comprese.
Finirono, per arrivare a Baker
Street silenziosi, mentre John li
guardò sospettoso entrare in casa.
Sherlock parlò al
fratello di Eurus, ma lo vide distratto e lo
lasciò stare.
"Non so cosa vi sia successo,
però vedete di chiarirvi, visto
che dovete passare del tempo insieme e pure isolati."
John era intervenuto vedendoli
accigliati, Molly era silenziosa e
anche Mycroft.
"Tranquillo John siamo stanchi
tutti e due, ma non è successo
nulla. "Molly cercò di rasserenare tutti. Si rivolse al
maggiore degli
Holmes con indulgenza.
"Mycroft dimmi se va tutto bene.
Partiamo sereni, ok?"
Mycroft camminò per la
stanza, poi si girò, con la faccia scura.
Il suo bel vestito stropicciato e senza cravatta. Sembrava l'ombra del
rigido
Holmes di un tempo.
"Hopper, non sono una persona
facile, e in questo momento
sono doppiamente in difficoltà. Ma non pensare che abbia del
risentimento nei
tuoi confronti. Solo ti chiedo di avere pazienza. E anche molta. Voglio
partire.Qualunque
cosa accadrà, hai la
mia fiducia."
Mycroft la guardò
risoluto con il cuore che andava a mille, una
strana sensazione per lui, sempre così misurato e freddo.
Poi si riprese e
guardò il fratello minore con dolcezza.
" Sherlock, scusa se non ho
ascoltato di Eurus, so che è in buone
mani con te."
Mycroft si lasciò andare
sulla poltrona con le mani strette sulle
tempie. Molly si sentì improvvisamente debole davanti alle
sue difficoltà, ma
era decisa a portarlo con lei via da Londra, senza interrogarsi del
perché
fosse essenziale stare con lui.
"Bene, allora oggi si parte, stai
sereno Mycroft." Molly
prese i vestiti appena acquistati e li portò nella sua
camera.
Sherlock si era avvicinato al
fratello e aveva appoggiato la mano
sulla sua spalla. Lo voleva rassicurare che sarebbe andato tutto bene.
"Mycroft, Eurus sta bene e anche
mamma e papà. Ora cerca di
rimetterti in sesto tu. Loro non sanno nulla, ma Eurus sembrava
cercarti. Vede
la tua sedia vuota e la fissa."
"È impossibile che senta
qualcosa! Pensi che abbia ancora
delle percezioni della realtà?" Mycroft
lo guardava sorpreso. E anche
terrorizzato dopo quello che avevano passato a Sherrinford.
"Chi può saperlo
fratello mio! Forse ha percepito quello che
stavi per fare, una reminiscenza della nostra fratellanza,
chissà!"
Sherlock si era seduto davanti a lui.
"Ma mamma e papà? Cosa
hai detto loro." Mycroft era
nervoso, teso per i genitori ignari di tutto.
"Che hai un forte esaurimento e che
ti stai curando lontano
da tutti. Per ora lo hanno accettato. Avrai tempo per riprenderti."
Sherlock lo fissò serio.
"Bada fratello di avere rispetto
per Molly. Lei è una brava
persona e ricorda che anche lei è incappata in un brutto
periodo."
Sherlock fu diretto e severo. Poi si addolcì e lo
consigliò senza forzarlo.
"So che nutrivi una simpatia per
Molly, non avere paura di
dirglielo, perché anche lei è interessata a te.
Non si preoccuperebbe così
tanto se non ti volesse bene. Lo capisci vero? Non scoraggiarti, lei ti
cerca,
tu dagli il modo ti trovarti."
Mycroft lo fissò
sorpreso. Sapeva che Sherlock raramente si
sbagliava a dedurre, lui non era in grado momentaneamente di farlo, il
suo
cervello era fortemente inibito. Si rilassò e
annuì. Era sollevato visto quello
che aveva provato quella mattina, quando l'aveva sfiorata dentro al pub.
"Sarò bravo fratellino.
Cercherò di non farle del male."
Myc si sentì responsabile, coinvolto fino al cuore.
"Bene, allora ti lascio partire. Ho
un cellulare per te,
vuoto, niente connessione e solo i nostri numeri. Mettilo in tasca. Hai
una
carta prepagata con dei soldi, fanne buon uso. E non allontanarti in
caso di
difficolta. Ti prego chiamami."
Sherlock lo strinse forte per le
spalle. "Ti lascio partire,
ma credimi con il cuore spezzato. Non scappare Mycroft! So che saresti
portato
a farlo. Quando ti sentirai in difficoltà, chiamami.
Promettimelo."
Mycroft lo guardò negli
occhi, senza staccarli. Ebbe
un'esitazione. Poi si rasserenò.
"Te lo prometto." Si
alzò e abbracciò il fratello. Quel
bimbetto impertinente che lo aveva fatto dannare tutta la vita. Lo
strinse così
forte da farlo sussultare. Sherlock era cresciuto ed era diventato un
uomo
premuroso.
Mycroft andò in camera a
preparare la valigia. Come aveva detto
Molly prese il necessario per poche settimane. Indossò una
camicia a quadri
blu. Il gilet dello stesso colore, che aveva scelto Molly, in morbida
lana, la
cravatta abbinata. I calzoni di velluto a coste sottile. Alla fine si
guardò
allo specchio, gli sembrò di essere un antico proprietario
terriero inglese.
Scosse la testa rassegnato. Sperando che quell'abbigliamento bizzarro
servisse
a proteggerlo dal freddo. Naturalmente indossò le scarpe che
Molly gli aveva
suggerito. Decisamente pesanti per la città, ma sicuramente
utili in campagna.
Brontolò sommesso.
Poi usci dalla stanza, sicuro delle
prese in giro del fratello,
che invece approvò il suo abbigliamento sicuramente adatto
al posto dove
andava.
"Vieni a sederti fratello! Presto
Molly sarà qui."
Mycroft era teso per la partenza,
si sedette sulla poltrona
nervoso e pieno di dubbi. Sentiva il dispiacere del distacco da
Sherlock, ma
capiva che non poteva continuare a pesare su di lui.
Molly arrivò e lo prese
letteralmente in consegna. Entrò nella
stanza con la sua presenza travolgente. E dissipò tutti i
pensieri del vecchio
Holmes. Lei si era vestita per il viaggio in campagna. Ma era carina
con i
capelli raccolti e un buffo cappello. Mycroft la trovò
raggiante, solo lei
poteva esserlo, visto dove stavano andando.
"Forza Mycroft, partiamo o
arriveremo tardi e dobbiamo
accendere il camino, te l'ho detto che il riscaldamento è un
lusso."
Sherlock sorrise guardando la faccia sconcertata di suo fratello
abituato ai
lussi basilari.
"Molly non lo farai congelare
spero? "
"Se non impara a gestire il fuoco
del camino, si!" Molly
si voltò verso Mycroft, che si era piantato in mezzo alla
camera con la valigia
in mano, smarrito.
"Gesù Hopper, ma la
legna ce l'hai? Perché un fuoco so
accenderlo. Ma tu almeno hai procurato tutto il necessario?" Il vecchio
Holmes sospirò sconsolato, guardando la compagna di viaggio
con occhi torvi.
Molly rise senza ritegno, lo prese
per il braccio e lo trascinò
via.
"Ci vediamo, a presto! Augurateci
in bocca al lupo, o il sig.
Governo inglese non partirà più."
"In bocca al lupo Molly, chiamaci
se sei in difficoltà."
John e Sherlock risero vedendo Mycroft trascinato a forza in strada.
Sherlock pensò a poche
sere prima quando lo aveva sorpreso con
l'arma in mano, e lo aveva fermato giusto in tempo, distrutto dal
dolore. Ora
la speranza di recuperarlo si faceva più netta. Molly era
quella stessa
speranza.
Il viaggio fino al cottage fu
silenzioso. Mycroft guardava fuori
dal finestrino fingendo interesse al paesaggio. Ma era teso e Molly lo
osservava di tanto in tanto stringersi nel cappotto
nuovo acquistato
insieme. Come se cercasse conforto e sicurezza. Certo era molto
cambiato dal
freddo uomo di governo che aveva conosciuto. Lei si sentiva attratta
dalla sua
insicurezza, ma era dovuta al momento difficile che stava passando.
Doveva creare un legame che lo
portasse a parlare di lui e di quello che provava.
Soprattutto capire come e
perché
era arrivato a decidere di chiudere la sua vita.
Molly si sentiva angosciata nel
vederlo dibattersi nei pensieri cupi che lo prendevano e lo rendevano
improvvisamente taciturno.
"Mycroft, va tutto
bene? Siamo quasi arrivati. Dobbiamo accendere il camino e
devi aiutarmi.
Te la senti?"
"Certo Hopper, non sono invalido,
so portare la legna e so accendere un camino."
Holmes si girò verso di
lei, che
guidava attenta. La trovò attraente anche avvolta com'era da
una giacca pesante,
ma il volto era sereno e Mycroft si sentì stranamente
protetto.
Il cottage edificato in un unico
piano, piccolo e ben tenuto, spuntò lungo la
strada immerso da alberi e da
una siepe che continuava lungo un fossato. La prima casa che si vedeva
era molto
lontana e Mycroft ebbe timore che fossero troppo isolati. Molly
sembrò leggere
la sua paura.
"Tranquillo, il paese non
è
lontano, stai sereno. Comunque dovrai camminare se vorrai mangiare. I
negozi di
alimentari stanno lì. Quindi preparati."
"Gesù Hopper, ma dove mi
hai
portato! È carino il cottage, ma sembra una prigione! "
Finalmente si
lasciò andare ad una risata sincera.
"Morirò di freddo e di
fame!
Se non altro non dovrò fare niente per procurarmi un'arma."
Rise ancora e
lei ne fu contenta.
"Ma smettila! Sig.
Perfettino. Scendi che entriamo." Lo spinse giù dall'auto
senza tanti
complimenti.
La vecchia casa era immersa nel
buio e fredda, decisamente ghiacciata. Molly accese le luci e insieme
sistemarono le valige in due delle tre camere del cottage.
Molly aveva un letto matrimoniale,
quella di fronte, dove sistemò Mycroft, un letto ad una
piazza. Lui lasciò la
valigia per andare da Molly che lo chiamava dalla sala, dove si trovava
un
ampio divano e due poltrone sistemate davanti al camino. Di fianco
c'era una
libreria e un televisore. Molly gli indicò la porta sul
retro della cucina.
"Holmes, dietro c'è la
legnaia, mettiti i guanti da lavoro e porta un pò di legna
con la cesta che
troverai fuori. Io sistemo la spesa in frigorifero e accendo quel poco
di
riscaldamento che funziona." Lui si avviò indeciso, Molly
gli mollò uno
scappellotto affettuoso sulla testa.
Mugugnò, ma
uscì al freddo.
"Copriti, stupido! Mettiti la
sciarpa." Molly prese la sua e gliela avvolse attorno al
collo.
Mycroft rimase confuso da quel
gesto gentile. Non si era ancora abituato alla spontaneità
di Molly. Mormorò un
impercettibile. "Grazie, Hopper."
Tornò dopo un po'
trascinando una
cesta di legna di varie dimensioni. Sul caminetto trovò
tutto quello che gli
serviva. Si tolse la giacca e rimase con il gilet in camicia a
trafficare,
finché una bella fiamma arse e diffuse un soddisfacente
calore.
"Molly vieni, senti che
tepore!" Mycroft stese le mani per scaldarsi e si sedette di fronte al
fuoco.
"Molly? Allora ti ricordi
come mi chiamo. Beh, è un passo in avanti, anche se va bene
Hopper."
"Molly, Margaret o Hopper,
che differenza c'è? Sei sempre tu giusto?"
Si sedette vicino a lui
che
era sereno mentre fissava il fuoco che lo riscaldava. Sentì
il suo profumo di
dopobarba e la sua vicinanza la fece tremare.
Avrebbe voluto
abbracciarlo,
ma dopo l'episodio del pub, non era sicura che lui fosse pronto. Si
limitò a
stargli vicino, sentendo il suo braccio che la sfiorava.
"Molly che hai? Tremi? Hai
freddo? Vieni più vicino. Sono io quello che di solito trema
non portarmi via
il primato." Rise e fu bellissimo vederlo rilassato.
Mycroft la fece avvicinare di
più,
le passò un braccio sulle spalle. La strinse con
delicatezza, senza malizia.
Molly trasalì. Si rese conto che Mycroft le
piaceva, sia nella sua
debolezza che nella sua arroganza.
Non era possibile! Pensò
arrabbiata con sé stessa. Era perdutamente innamorata del
secondo Holmes.
Rimasero così a
scaldarsi, poi
Molly si decise di preparare la cena.
"Che ne dici Holmes di
mangiare qualcosa, magari una zuppa calda. Ti va?" Lui la
guardò
chiedendosi dove potesse trovare della zuppa, visto che erano arrivati
da poco.
"L'ho portata da casa
Mycroft, l'ho fatta con le mie mani. Tranquillo niente scatolame per
ora."
Molly riusciva a leggere i
pensieri del suo coinquilino, la sua difficoltà di adattarsi
alla nuova
situazione. Mycroft non aveva ancora aperto il suo cuore, ma si
impegnò ad
essere presente e si mise ad apparecchiare la tavola insieme a lei.
Ancora infreddoliti mangiarono. La
casa non era ancora del tutto calda, così dopo cena andarono
davanti al camino
e si misero sotto la coperta e accesero il televisore.
Nessuno dei due era
particolarmente interessato ai programmi serali. Mycroft dava segni di
stanchezza,
ma rinunciò a coricarsi subito, per fare compagnia a Molly.
"Stai sotto la coperta,
Holmes, staremo più caldi."
"Gesù Hopper, nemmeno
quando
ero un ragazzino ho sofferto tanto freddo. Se questa è la
cura, finirò per
uscire dalla depressione e morire di polmonite." Riuscirono a ridere
insieme di quella situazione assurda.
Lui rabbrividì di
stanchezza e di
freddo. Così accettò di avvicinarsi a lei e di
coprirsi. Non aveva nemmeno
voglia di protestare, data la situazione e appoggiata la testa sullo
schienale,
si addormentò subito. Molly lo vide rilassarsi.
Cercò di concentrarsi su
un
programma televisivo, ma anche lei era stanca, finì per
lasciarsi andare. Così
si addormentarono tutti e due, con il televisore acceso e il caminetto
che
crepitava lento.
Fu solo molto tardi che lei si
svegliò, la casa si era finalmente calda e fuori pioveva. Le
imposte avevano
cominciato a sbattere. Il suo coinquilino dormiva profondamente sotto
la
coperta.
Guardò l'ora e
sospirò avvilita,
doveva ancora fare l'iniezione a Mycroft e non poteva assolutamente
saltarla.
Così per prima cosa
chiuse le
finestre del cottage. Preoccupata di non averlo fatto prima. Lasciare
aperto in
un luogo cosi isolato non era da responsabili.
Doveva svegliare Mycroft, ma visto
che dormiva sereno decise di lasciarlo lì, sull'ampio
divano. Lo sdraiò meglio,
e lo coprì per bene, visto che non si era nemmeno
mosso.
Preparò la fiala e fu
talmente
delicata ad iniettarla che lui sussultò appena. Gli fece una
delicata carezza
sul viso e lo lasciò riposare tranquillo.
Molly andò nella sua
camera, si
mise a letto, ma tenne aperta la porta da dove poteva vederlo.
Si addormentò esausta,
era stata
una giornata lunga. Ma il sentimento verso di lui cresceva, e si
sentiva in
difetto.
Come avrebbe potuto essere
inflessibile nei suoi confronti se lo amava. Avrebbe finito per
perdonargli
tutto e questo non doveva succedere, non finché lui non
fosse stato al sicuro
dalle sue paranoie.
Mai avrebbe pensato di innamorarsi
di Mycroft Holmes.
Lo sbirciò dormire
avvolto nella
coperta, gli sembrò così tremendamente fragile.
Il cuore gli prese a battere
forte. Sapeva che quell'uomo era molto più problematico di
Sherlock. Ma lo
amava, niente da discutere, era così e lo doveva accettare.
Capitolo 8 *** Ottavo Capitolo : la confessione ***
Mycroft si svegliò per
primo. Vide la luce filtrare da sotto le
finestre. Si rese conto di aver passato la notte lì, sul
divano. Era avvolto da
una pesante coperta, che gli dava un piacevole tepore, rimase
lì a goderselo
ancora un po'.
I suoi vestiti ormai erano
irrimediabilmente sgualciti, ma sapeva che Molly aveva deciso per il
suo
meglio. Vide la manica arrotolata e capì che lei non si era
dimenticata della
sua cura.
Si rilassò contento di
non aver
provato l'angoscia, che sentiva quando gli iniettavano i farmaci.
Rimase così nel
dormiveglia, ma
vedendo la stanza di Molly aperta che dormiva tranquilla, ebbe
l'impulso
di stendersi vicino a lei.
Il camino era spento e cominciava
a fare freddo. Sperò che Molly non si irritasse con lui, non
aveva altri fini
la sua scelta. Aveva solo bisogno di stare al caldo.
Si alzò e
andò nel suo letto, si
infilò sotto le coperte. Sentì il bisogno di
starle vicino.
Lei dormiva serena,
emanava
un dolce calore. Mycroft rabbrividì e si sistemò
accanto a lei. Chiuse gli
occhi, si riaddormentò. Molly gli dava calma e
tranquillità. Si sentì bene e
quieto, dopo tanto tempo.
Fu quando il vecchio l'orologio a
colonna scandì le dieci del mattino che Molly si
svegliò. E si ritrovò Mycroft
nel letto che le dormiva vicino, infilato sotto le coperte vestito
ancora dalla
sera prima.
"Ehi pigrone! Se ti eri
svegliato per primo potevi chiamarmi! Mycroft dobbiamo fare la spesa ed
è già
tardi."
Molly lo scosse, ma lui non voleva
alzarsi.
"Holmes, per piacere dobbiamo
uscire, avanti alzati e sistemati fai una doccia."
Molly lo tirò
giù dal letto, lui
borbottò imbarazzato stiracchiandosi.
"Avanti Mycroft, hai dormito
abbastanza! Va a cambiarti e dammi questi vestiti da portare in
lavanderia."
"Hopper, Gesù lasciami
riprendere." Mycroft la guardò di sbieco. "Sono l'ammalato,
giusto?
Ho i miei diritti!"
"Dai, stupido! Muoviti
c'è da
camminare. Sennò non mangi!" Alla fine Mycroft si
fece rapidamente
la doccia, si rasò e si cambiò i vestiti. Ma era
troppo tardi, Molly decise di
andare a fare provviste con l'auto.
"Sei fortunato Holmes, oggi
ti risparmi la camminata perché siamo in ritardo.
Ma non farlo più, la
prossima volta chiamami."
Mycroft annuì
senza protestare,
si era vestito con la solita cura. Ma Molly lo redarguì
ancora.
"Non farlo più! Mycroft,
se
vuoi stare a letto di più va bene, ma io devo
alzarmi. Non intralciarmi
nella conduzione della casa."
"Molly, ti prego ho capito,
ma dormivi così bene, mi dispiaceva chiamarti." Il
vecchio Holmes si
sentì colpevole di averla messa in apprensione.
Scesero in paese ad acquistare del
cibo e del necessario per la casa.
Mycroft era imbronciato e
rimase sulla sue per un po'. Molly lo ignorò seccata dal suo
comportamento, lo
avrebbe picchiato volentieri. La esasperava, a volte finiva per essere
capriccioso.
Non erano riusciti a fare un
minimo di colazione. E questo non piaceva a Molly che voleva che
Mycroft si
alimentasse in modo corretto.
Tornarono al cottage
muti,
con le borse della spesa colme. Lui sempre antipatico nel suo
silenzio
ostinato.
"Spero che la smetterai di
fare il bambino Holmes! Almeno aiutami a preparare
il pranzo. Dio!
sei abituato a essere servito, vero Sig. Perfettino?"
Molly sbottò
senza freni.
Non sopportava il suo atteggiamento di livore.
Il risultato fu che Mycroft si
risentì ancora di più e fu cupo per tutto il
tempo.
Molly smise di interessarsi a lui,
che comunque rimase lì in cucina. Prepararono insieme un
pasticcio di patate e
della carne. Mycroft lavorava in silenzio con le maniche della camicia
arrotolate, ma fini per sporcarsi. Molly allora gli mise un grembiule
per
proteggere i pochi vestiti rimasti. Se continuava così
sarebbe rimasto senza
cambi.
Lui affettava le patate, Molly si
preoccupò improvvisamente per il suo tremore.
"Sta attento a non tagliarti,
altrimenti faccio io." Non fece in tempo a finire la frase che lui si
piantò il coltello sul pollice. E sanguinò
abbastanza da dover intervenire.
"Gesù Mycroft! Nemmeno
avvisandoti! Fa vedere." Molly si spazientì.
Lo raggiunse e
tamponò la
ferita. Lui imprecava sottovoce e malediceva le sue mani insicure.
"Ecco che ne ho combinata
un'altra! Si vede che oggi non è giornata." Era corrucciato
e in più si
era anche sporcato di sangue la camicia. Si scoraggiò per
essere così stupido.
Molly gli mise un solido cerotto e
lo fece sedere a guardare. Meglio non rischiare che si facesse
ulteriori danni.
"Almeno fammi fare qualcosa,
Molly." Lui non voleva essere un peso.
"Vai dal camino e vedi che
non si spenga. Ci penso io qui."
Era ancora arrabbiata. Quasi lo
cacciò. Mycroft a volte era pesante da gestire.
Lui si accorse della sua
irritazione e non replicò. Si senti goffo e inutile. Lui che
era stato
indirettamente a capo di un governo. Capì di essere fuori
luogo, incapace di
aiutarla.
Ravvivò il camino e
visto che
Molly era distratta a preparare il pranzo, si infilò la
giacca e uscì
sconfortato.
La giornata gli sembrò
greve già
in partenza. Camminò senza allontanarsi troppo. Il vento lo
fece trasalire, si
alzò il bavero e rimase con le mani in tasca a guardare gli
stormi di uccelli
che migravano. Almeno loro sapevano cosa fare, ma lui? Cosa ci faceva
lì? Che
vita lo aspettava?
Il cielo era terso e nell'aria si
sentiva l'umidità che odorava di muschio e di pioggia. Lo
stesso inconfondibile
odore di quando pioveva a Musgrave e Sherlock voleva uscire a sporcarsi
nelle
pozzanghere.
Così finivano per essere
sgridati
dalla madre, anche se lui non ne aveva colpa.
Sherlock continuava a correre
dappertutto,
lui aveva il suo daffare a rincorrerlo per calmarlo. Si
rammentò che Eurus
li guardava dalla finestra.
A lei la pioggia non piaceva. La
odiava, ma forse odiava già tutti. Mycroft, lui
così sagace, non l'aveva
capito. Cercava di farla scendere con loro, ma lei alzava le spalle
indispettita e se ne andava. La lasciva sola, e non la aiutava.
Eurus era la sorella troppo
intelligente, che non era mai riuscito a comprendere, forse nemmeno ad
amare.
Il suo cruccio più grande.
Sentì la mano di Molly
battergli
sulla spalla. Poi appoggiarsi stretta a lui.
"Brutti ricordi Myc? Cosa fai
qui? Mi hai fatto spaventare, dimmelo che esci."
Molly aveva percepito in
lui
l'affiorare di vecchi conflitti interiori, il suo volto era teso e gli
occhi
acuti si erano spenti. La sua voce fu rassicurante e Holmes
abbandonò i suoi
pensieri. Il suo volto tornò ad essere sereno.
"Scusami, non volevo impensieriti,
oggi combino solo danni. Volevo respirare un po'." Molly si
portò di
fronte.
"Scusami tu, invece. Sono
stata stupida, non dovevo arrabbiarmi. E invece non ti ho aiutato molto
oggi."
Molly lo accarezzo sulla guancia
infreddolita. Lo prese sottobraccio e lo guidò verso casa.
"Vieni a mangiare? Mi fai
compagnia?"
Mycroft
rientrò senza
parlare. Tolse il cappotto, ravvivò il fuoco e si sedette
con Molly a pranzo.
Trovò tutto buono e mangiò silenzioso. La
guardava, lo aveva finalmente
perdonato.
Improvvisamente guardando il suo
dito fasciato si schernì. "Molly sono riuscito a
distruggermi il pollice!
Sono un cretino. Un emerito cretino."
"Non sei cretino, semmai io
avrei dovuto capire che tremare non ti aiutava a usare un coltello.
Mycroft
basta sentirti in colpa."
Il vecchio
Holmes abbassò lo
sguardo e Molly capì che non era una giornata buona per lui.
Provò a farlo
parlare, ma fu reticente, non gli uscì alcuna parola.
"Mycroft Holmes, che ti
succede, sei molto taciturno oggi, non ti va di dirmi il
perché? So
ascoltare se vuoi." Lei cercava di spronarlo ad aprirsi, tenere tutto
dentro non lo aiutava.
Un sorriso teso apparve sulle sue
labbra, chiuse gli occhi con un sospiro. Che utilità poteva
avere raccontargli
i suoi dolori e le sue angosce. Poi fisso Molly con l'aria di chi non
sapeva bene
cosa fare.
"Molly mi dispiace di averti
trascinato in questa storia, non capisco perché tu sia qui.
Non ci siamo mai
frequentati molto. Eppure mi sopporti, e non mi fai mancare nulla.
Dimmi in
realtà perché lo fai?"
Si era convinto di capire le sue
motivazioni. Molly gli prese la mano per calmare la sua inquietudine,
lo vedeva
affaticato. Lei era indifesa davanti alle sue richieste.
"Mycroft, sei mesi fa ho
provato anch'io le tue stesse sensazioni. Fu tuo fratello ad aiutarmi,
insieme
a John. Non fu facile accettare il cambiamento di vita di Sherlock. E
devo dire
che sbandai."
Gli strinse più forte la mano. Mycroft la
ricambiò solidale.
"Tu eri venuto a scusarti per
lui, io mi arrabbiai molto che Sherlock non fosse venuto di persona.
Così
quando mi offristi il tuo aiuto lo rifiutai. E commisi un errore,
perché tu
centravi poco nelle sue scelte."
Lei chinò il capo di
lato fissando
Mycroft che sembrava risarcito dal suo passato rifiuto.
"Così quando John mi
chiese
aiuto accettai per diciamo, riparare a quel torto, ma anche
perché sapevo
quello che stavi passando."
Molly si alzò e
andò dietro a
Mycroft e cercò di massaggiargli le spalle. Dapprima incerta
che lui lo
gradisse, poi visto che non protestava, cercò di farlo
rilassare. Si fece
coraggio e si avventurò nel suo vissuto.
"E tu, mio caro Mycroft
Holmes, quali fantasmi si agitavano dentro la tua testa per arrivare a
decidere
di farla finita. Adesso vedi di quanto amore ti circonda Sherlock, non
sei mai
stato solo."
Mycroft protestò piano,
ma prese a
sciogliersi.
Non riusciva a dire a
Molly
cosa lo aveva portato a quella insana idea senza provare rabbia. Si
levò in
piedi rapidamente e si scostò da lei.
Camminò verso il camino,
seccato e
agitato. Prese a torturarsi le mani che iniziarono a tremare, poi si
girò verso
di lei in tono di sfida.
"Sei curiosa Hopper? Ti
diverti a vedere come sono diventato! Scommetto che anche tu mi
sopportavi
appena. Come del resto tutti quelli che mi stavano intorno. Certo ero
arrogante, vero Hooper? Ero quello a cui si chiedeva di risolvere i
problemi,
senza che nessuno si accorgesse quanto mi costava. Invece avevo anch'io
un
cuore, sotto la giacca."
"Myc, non mi diverto affatto
a vederti così! Questo mi dispiace detto da te." Molly era
distante da
lui, ma ne sentiva la sofferenza.
Myc fu assalito dall' angoscia,
mentre i suoi pensieri vagavano in tutte quelle le azioni fatte per suo
fratello e per gli altri, da cui non era mai arrivato nemmeno un
ringraziamento.
Quante volte aveva salvato la vita
a Sherlock? Quante volte aveva agito quando le cose gli erano sfuggite
di mano?
Che utilità aveva veramente per suo fratello, se non quella
di intervenire in
caso di bisogno. Ma Eurus era stata la sua totale disfatta. Lei lo
aveva
accartocciato in sé stesso.
Mycroft era logorato,
ficcò le
mani in tasca con le labbra strette, il volto solcato da rughe
profonde.
Molly non disse nulla lo lasciò sfogare. Camminava avanti e
indietro nervoso. E
diede volto alle sue paure.
"Dopo quello che era
successo a Sherrinford, con la mia disastrosa gestione di Eurus, il
rapporto
con Sherlock non fu idilliaco.
Poco alla volta lo persi e ci
allontanammo. Mi resi conto di non sopportare più il suo
sarcasmo, compreso
quello di John. Sherlock aveva una certa stabilità con lui.
Una nuova famiglia.
Io non ne facevo parte. Avevo capito che il mio compito di fratello
maggiore
era finito.
Perfino Eurus non aveva
più
bisogno di me. E i miei genitori, ancora arrabbiati per la bugia su di
lei, si
erano defilati."
Mycroft prese ad ansimare, si
fermò a toccare con le dita sottili il tavolo, come se
stesse ripercorrendo le
sue azioni.
"Non sopportavo più
nulla
Molly, non riuscivo a governare le mie emozioni, odiai l'apatia di
Eurus e la
difesa incondizionata che i miei genitori le davano.
Lei era un'assassina patologica,
ma era mia sorella. Presi a stare male con me stesso, per non essere
riuscito a
proteggere i miei fratelli, e andai sempre più
giù. Nemmeno il lavoro mi
aiutava.
Alla fine pensai di avere fallito
tutto. Che la mia vita era stata inutile. Non avevo affetti, nessuno di
loro mi
cercava, non ero riuscito a farmi amare, mi sentivo responsabile di non
averli
salvati."
Mycroft si era fermato al centro
della piccola sala, respirando affannato. Molly lo avvicinò
lentamente.
"Provavo una sofferenza che
mai avevo sentito prima e per non vivere una emotività che
non mi apparteneva,
piena di rimpianti e solitudine, pensai di chiudere la mia vita. E
sarebbe
bastato poco."
Era arrabbiato con sé
stesso. Mycroft chiuse gli occhi. Era stato stupido, testardo e in un
certo
senso ridicolo. Si interruppe aspro, guardò Molly dritta
negli occhi.
Boccheggiò, cercò aria.
"Avevo già la pistola
alla
tempia, quando chiamò Sherlock. Fui curioso, lo ammetto,
risposi, mi salvai per
la sua chiamata. Molly, quattro settimane fa sarei stato tuo cliente
all'obitorio."
Mycroft Holmes, il governo
britannico, l'uomo di ghiaccio si paralizzò pieno di
disperazione. Piantò le
mani sul tavolo sorreggendosi. Molly aveva due lacrime che scendevano
sul suo
viso pallido.
Non gli importò di come
avrebbe
reagito, lo abbracciò con tutta forza che aveva. E decise di
rivelargli i suoi
sentimenti.
"Myc , non so come e
perché
sia accaduto, ma ho scoperto di amarti. Ora lo sai. Amo la tua attuale
insicurezza, la tua dolcezza, quel essere a volte tagliente, ma mai
violento.
Sei gentile e sai essere premuroso. Prendila come vuoi mr. Holmes, ma
è questo che
provo per te."
Molly lo baciò sulla
guancia.
Mycroft non era troppo sorpreso, sapeva e aveva visto nei suoi occhi il
sentimento crescere. Molly era troppo protettiva nei suoi confronti.
Lui ammise che
un'attrazione tra loro era maturata lenta, come se un filo sottile si
fosse
fatto più robusto e ora li legasse stretti. Si
decise di dirle quanto
quel sentimento fosse reciproco, quanto lui fosse innamorato della sua
dolcezza.
"Molly, io provo lo stesso
per te. Ma la mia situazione è difficile, temo che i farmaci
offuschino la mia
mente rendendomi debole e incapace di capire quello che provo veramente
per te.
Io non voglio farti del male."
Mycroft ricambiò il suo
abbraccio.
Aveva paura di deluderla ed era una sensazione spiacevole.
"Gesù, Hopper sono
così confuso,
ti desidero così tanto, ma ho paura di non sapere quello che
faccio. Dammi del
tempo, voglio uscire da questa condizione, voglio stare bene e dirti
che ti amo con
assoluta sicurezza."
Mycroft pallido era sconfortato,
tremava e vacillava mentre cercava di tenere Molly vicino lui. Lei lo
guidò delicatamente,
lo fece sedere sul divano, mentre gli parlava lenta, rassicurandolo che
avrebbe
aspettato la sua guarigione.
Mycroft sentiva la
necessità del
suo contatto. La voleva sua. " Un bacio, Molly Hooper, vorrei un tuo
bacio, ne sento il bisogno."
Molly si intenerì, gli
prese
delicatamente il volto fra le mani e lo baciò sulle labbra
tremanti.
Mycroft sentì il suo
sapore così
dolce e un brivido lo attraversò. Tutto il suo complicato
mondo costruito in quegli
anni, cessò di esistere. Sentì che niente poteva
più addolorarlo, nemmeno tutta
la sofferenza tutte le angosce passate.
"Molly sei la persona
più dolce che abbia mai conosciuto. Spero di non deluderti,
non sai quanti
problemi ti porterò. Ancora non te ne rendi conto. Sono
complicato Molly. Ti
sei innamorata della persona sbagliata."
Mycroft si
alzò dal divano
barcollando un po'. Molly lo prese per le braccia e lo sostenne, lo
fece girare
verso di lei.
"Prendo tutto il pacchetto
Myc, i problemi, la depressione, la tua rabbia, il tuo dolore. Prendo
Mycroft
Holmes. E ne avrò cura. Ora lasciati aiutare ne
usciremo insieme, non
respingermi."
Lo guidò verso il
caminetto e lo
fece stendere sul divano, lentamente senza forzarlo. Era stanco,
pallido e
senza forze e Molly lo percepiva dolorosamente. Lo fece mettere comodo,
lo
coprì.
"Riposa, ne hai bisogno, io
sono qua."
Mycroft stremato si
lasciò andare.
Non aveva né la forza, né la voglia di
opporsi si sentiva svuotato.
Gli bastò poco e dopo
due calde
carezze di Molly si addormentò. Era quasi le tre, del primo
pomeriggio insieme.
Molly si occupò della
cucina in
silenzio, poi si sistemò vicino a lui col portatile a finire
del lavoro.
Mycroft a volte si agitava, ma lei
lo calmava stringendogli il braccio o dandogli una carezza leggera. Il
volto
tirato del maggiore degli Holmes si distese a poco a poco e lo vide
dormire
profondamente come se si fosse liberato di un peso.
Non era facile da gestire Holmes,
la sua fama e la costruzione meticolosa della sua persona, lo avevano
portato
lontano dagli affetti. Poche volte lo aveva visto cedere ai sentimenti
e ora
Molly si chiedeva se uscito da quel periodo difficile sarebbe ritornato
il
vecchio Mycroft, freddo e manipolatore.
Inoltre Molly era consapevole che
poteva ricadere nel suo folle gesto, ma sperava che l'amore che gli
aveva
dichiarato lo salvasse e salvasse anche lei.
Sospirò piano e si mise
a
lavorare. Il tempo avrebbe deciso di loro, ma lei avrebbe combattuto
fino
all'ultimo, fino a che Mycroft non fosse stato salvo, con lei o senza
di lei. E
questo era tutto.
Capitolo 9 *** Nono Capitolo : Una serata difficile ***
Nono Capitolo : Una serata difficile
Il loro primo giorno nel vecchio
cottage trascorse
tranquillo. Mycroft riposò fino a sera e lei lo
lasciò fare.
"Molly, mi hai lasciato
dormire per troppo tempo. E le nostre passeggiate? " Lui si
stiracchiò
rilassato.
"Diciamo che oggi si fa
pausa." Molly gli diede un buffetto leggero sulla guancia.
Lui sia
alzò e ravvivò il fuoco nel camino. Ora il volto
di Holmes si era colorato, non
era più pallido come la mattina. Anche le rughe sulla fronte
si erano distese.
Si avvicinò
incuriosito al
laptop dove Molly si era persa a leggere.
"Posso guardare cosa fai,
Hooper? Sono un po' annoiato."
Gli fece posto. "Non credo ti
interessino, sono insetti, sto cercando quelli autoctoni. Molti si
cibano dei
cadaveri e ci servono per stabilire i luoghi del ritrovamento dei
corpi."
Mycroft fece una smorfia di
ribrezzo.
"Dio Molly! Sono disgustosi.
Io trovo già orribili i ragni."
"Mycroft è il mio
lavoro, ti
ricordi che seziono cadaveri e sono medico forense. Mio dolce Governo
Inglese,
alla fine volete sempre risposte nei casi di omicidio. E le volete in
fretta." Lei non prese sul serio le sue smorfie schizzinose. E si
concentrò sul lavoro che non approdava a nulla.
"Peccato che questi graziosi
animaletti siano descritti in lingue difficili da tradurre, alcuni
vengono
ritrovati in paesi poco menzionati."
Mycroft guardò
interessato il
computer. "Posso aiutarti se vuoi, così faccio
qualcosa di buono, te
li traduco io. Dammi una mezzora e vedo cosa posso fare."
Lei
lo fissò seria, poi prese a sorridere pensando che si
burlasse di lei.
"Cinese, giapponese, coreano,
russo. Mycroft sei pazzo! E come fai? Nemmeno il traduttore ci azzecca,
se non
sbagliando in maniera vergognosa."
Myc la guardò divertito
con un
sorriso pieno. "Non mi conosci proprio Molly Hopper! In due ore ho
imparato il serbo, che aveva radici slave con prestiti da turco e
tedesco,
tutto per salvare il mio caro fratellino prigioniero. È vero
che il mio
cervello è inibito e funziona solo al 30 percento, ma fammi
provare."
"Va bene ti lascio il
portatile. Vado in cucina e vedo di imbastire la cena."
Molly giudicò positivo
che si
interessasse a qualcosa, pur di non vederlo annoiato girare per il
cottage. Si
spostò nella piccola cucina, ogni tanto gettava lo sguardo
su di lui assorto
nel suo lavoro. Era consapevole che piccoli passi in avanti erano stati
fatti,
però la strada le sembrava ancora lunga e impervia.
Ma era fiduciosa come
una bambina a cui era stato fatto un regalo inaspettato. Myc.
Mycroft si immerse nei
suoi studi delle lingue e non si accorse nemmeno del passare del tempo.
Annotava la traduzione in un foglio appoggiato sul tavolo, si era messo
comodo
slacciando la cravatta e tolto la giacca rimanendo con il gilet e la
camicia a
quadri che tanto detestava. Ogni tanto si fermava riflettendo,
sollevava lo sguardo,
cercava Molly, regalandole un sorriso riconoscente.
"Hopper, sono insetti inquietanti,
credo di odiarli già dal primo impatto. Come fai a
sopportare questi esseri
orribili."
"Ti ricordo che faccio
autopsie. Di persone! Quelli sono il minimo sindacale."
Lei rise divertita, e
finì
per dargli un bacio sulla fronte. Ma lui ne reclamò uno vero
e la prese per la
vita attirandola a sé.
" Posso piccola dottoressa
amante degli insetti, darti un bacio? "
"E me lo chiedi, Mycroft?
Fallo e basta."
Lui le premette delicatamente le
labbra sulla sua bocca rosea che sapeva di te alla vaniglia e fremette
di
piacere. Poi la baciò con una passione che nemmeno lui si
aspettava.
E si scusò
imbarazzato.
Molly si stupì alla sua delicatezza, lo prese per la nuca
accarezzandolo e
stringendolo allo stesso tempo. Riprese a baciarlo dove lui si era
fermato. Mycroft
si sentì trasportare, mentre il suo corpo non rispondeva
più hai suoi comandi,
ma il desiderio prevaleva e faceva quello che la natura dettava. Si
imbarazzò
tanto da doversi staccare da Molly.
Lei capì e dolcemente lo
rassicurò.
"Avremo tempo Mycroft. Tutto
il tempo che ti serve." Lui confuso si scusò e
cercò di rimettersi al
lavoro.
Si sciolse lentamente
dall'imbarazzo e i suoi occhi grigi brillarono, mentre la guardava
incantato.
"Molly mi fai un effetto che
non provavo da tempo, nonostante i farmaci! Ti prego sii paziente."
Mycroft scosse la testa sconsolato, le diede un casto bacio sulla
fronte e
tornò al computer.
Mezzora dopo le consegnò
le
traduzioni, scritte con una calligrafia squisita, d'altri tempi.
Indossò la
giacca e si sentì soddisfatto di essergli stato utile.
"Ecco Hopper, le descrizioni
dei tuoi insetti rari e repellenti. Spero di non mi farai cenare
adesso."
Sghignazzò sereno, mentre la raggiungeva in cucina.
"Come hai fatto Myc a
imparare così rapidamente, dei vocaboli che non conosci. "
Lo guardò ammirata e
stupita.
"È sempre stata la mia
croce,
ma anche il mio orgoglio. Questa intelligenza oltre la media, che ho
avuto a
corredo della mia vita. Ma che ha distrutto Eurus e portato
alla droga
Sherlock. Una condanna se non sai gestirla. Io l'ho nutrita con la
solitudine e
nel comportamento gelido che ho dovuto adottare, un distacco e un
prezzo alto
da pagare Molly."
Lui si era
inquietato nuovamente,
in bilico tra passato e presente, tra l'amore di Molly e le sue
incertezze.
"
Adesso Myc ci sono io
vicino
a te." Lei cercava di confortarlo vedendolo vacillare ancora.
"Hooper, ho molta strada da
percorrere, lo sai cosa stavo per fare."
Si passò la mano sulla
fronte rabbrividendo.
I suoi occhi cambiarono all'istante e divennero sospettosi. Era
instabile, i
suoi cambi di umore erano repentini.
"E se ci riprovassi Molly? Ci
hai pensato? Quando ti fermerai di darmi i farmaci, non sai come
reagirò.
Potrei trascinarti nel vuoto. " Era dubbioso in piena crisi
regressiva.
"È per questo che siamo
qui
isolati, perché ti voglio tirare fuori dalla depressione in
cui sei caduto.
Perché voglio averti vicino con tutta me stessa. Mycroft ora
sento che sarà
diverso, perché ti amo."
Molly gli si parò
davanti con
violenza. "Io non ti lascerò affondare Myc, sono un'egoista
e voglio
passare la mia vita con te."
Mycroft indietreggiò,
impaurito da
tanta sicurezza e finì per aggredirla verbalmente, sconvolto.
"Molly, piccola dolce Molly!
Non sai quasi nulla di me. Sei troppo fragile, sei troppo innocente.
Finirò per
seppellirti nei miei stessi problemi."
Lui accorciò
lo spazio che
li separava e le gridò. "Sei un'incosciente!"
Nel momento in cui
Mycroft vide il suo movimento, capì cosa stava per fare. Se
avesse voluto
fermarla sarebbe stato facile, ma sapeva che lei ne aveva un disperato
bisogno
e si preparò arrendevole.
Lei lo schiaffeggiò con
tutta la
forza e la disperazione che aveva accumulato. Senti il
bruciore dello
schiaffo sulla guancia, ma non si mosse, né
reagì."
Molly si allontanò
nascondendo le
lacrime, lui prese i fogli sparsi sul pavimento e li
posizionò sul tavolo.
Lasciò che si
sfogasse mentre
apparecchiava nervosamente la tavola, poi la raggiunse e la strinse per
le
spalle.
"Molly basta adesso!
Perdonami, cerchiamo di prendere quello che ci viene concesso. Ma stai
sicura
che farò di tutto per guarire. So che mi stai aiutando
molto, e te ne sono
grato."
Molly si voltò con gli
occhi pieni
di lacrime e lo accarezzò sulla guancia che aveva colpito
con tanta rabbia. Lui
le prese la mano, la portò sul suo cuore. La tenne stretta
per un po' cercando
di rassicurarla. Lei era amareggiata, ma ancora tenacemente innamorata.
Si prepararono la cena in
silenzio mentre
Myc le passava il cibo, la sfiorava piano, sentendo tutto il dolore per
il male
che era riuscito a farle per l’ennesima volta.
Così la serata
finì scivolando
lenta e malinconica, davanti al televisore e al tepore del camino.
Molly non si avvicinò,
Myc si
adeguò, rimanendo con la testa appoggiata allo schienale.
Mentre la stanchezza
di quella giornata lo vinse e gli fece chiudere gli occhi.
La sua mente era alterata, stanca
quanto lui.
Non c'era nient'altro su
cui
potesse concentrarsi in quel momento per allievare il
dispiacere. Né il
dolore di Molly, né il suo erano prevedibili. Con le mani
tremanti si strinse
la stoffa della giacca sopra il cuore, si addormentò
così.
Molly si preoccupò
vedendolo con
la mano stretta in quel modo. Ma il risentimento che provava ebbe il
sopravento. Si convinse che stava bene.
Ma era combattuta tra la
preoccupazione e la rabbia. Si barcamenò tra i sentimenti
che la dilaniavano.
Poi cedette. Si avvicinò a Mycroft con la voce rotta.
"Stai bene Myc. Mi fai
preoccupare."
Lui si risvegliò e con
gli occhi insonnoliti
annuì.
"Molly sto bene stai
tranquilla, sono stanco. Forse è meglio che tu mi faccia
l'endovena, così vado
a letto." Ma si tormentava Mycroft, di dolore, di
solitudine,
di rimpianti.
Continuava a fissare Molly
cercando di accarezzarle il volto. Ma si sentiva le braccia pesanti e
non
riuscì ad arrivare al suo volto. Molly lo aiutò
ad alzarsi e lo portò a letto,
pentita del suo comportamento.
Lo spogliò con
dolcezza,
mentre gli parlava piano, prima di addormentarlo. Sapeva che lui temeva
quel
momento. Gustarono insieme un tè caldo seduti sul bordo del
letto, mentre lui
continuava a dirle che sarebbe stato bene.
Molly aveva il cuore devastato, lo
strinse a sé, leggeva la disperazione sul suo viso. Adesso
capiva perché lui
era cosi indeciso del loro rapporto.
Myc sapeva di non essere tutto
sé
stesso, ma solo una parte, la parte più debole di tutto il
suo corpo. Molly lo
fece stendere e si preparò l'endovena che lui tanto odiava,
ma stavolta si
sorprese vedendo che lui le porgeva il braccio deciso.
"Ancora poche volte, Molly e
poi combatterò per uscirne. Mi basta sapere che tu sarai con
me."
Molly si fece seria e prima di
addormentarlo lo baciò. Prima sulla fronte poi sulle guance
e per ultimo sulle
sue labbra fresche.
Mycroft la guardava
fissò, mentre
gli infilava l'ago nella vena, ma era sereno e chiuse gli occhi
lasciandosi
andare. Lui odiava il buio che lo portava via.
Molly lo coprì, gli
sistemò le lenzuola affinché
fosse comodo, spense le luci.
Fu allora che
Molly pianse
e singhiozzò distrutta.
Mycroft la uccideva, le sottraeva
le forze. Era vulnerabile, senza alcuna difesa. Aveva la
capacità di renderla furiosa,
eppure il suo amore cancellava tutto e lasciava solo il dolore feroce
di non
riuscire a guarirlo.
Perché
alla fine quello che le
importava era di restituire Myc alla vita. Qualunque vita lui volesse.
Capitolo 10 *** Decimo Capitolo : Una giornata movimentata ***
La mattina fu Mycroft a svegliarsi
per primo, si fece la doccia
cercando di non svegliare Molly che dormiva tranquilla.
Riuscì a radersi
benché le mani
tremassero ancora. Fece attenzione a non tagliarsi, poi andò
in cucina a
preparare la colazione. Voleva fare una sorpresa a Molly.
Tostò il pane e
preparò la spremuta, prese la sua marmellata preferita e
accese l'acqua per il
tè. Quando tutto fu pronto si occupò di ravvivare
il camino.
Quella mattina si sentiva bene,
aveva dormito senza sognare, senza agitarsi. Sperava di passare la
giornata
piacevolmente, evitando problemi inutili a Molly.
Finì per entrare armato
di un
dolce sorriso in camera sua.
"Hopper! Sveglia dormigliona,
dai Molly. Dopo non lamentarti che è tardi." Molly
brontolò aprì un occhio
solo per guardarlo, poi rimbrottò divertita Myc, con il
vassoio della colazione.
"Gesù, ma a che ora ti
sei
alzato? "
"Molly sono quasi le nove
cosa credi?" Myc si fece serio.
Lui posò il vassoio nel
letto
cercando di non rovesciare tutto. Lei gli indicò il tavolino
che stava di
fianco al letto. Si sedettero vicini, senti il profumo dei
suoi abiti
puliti, mista al dopobarba. Si era rasato finalmente senza riempirsi di
tagli.
L'abbigliamento accurato, anche il nodo della cravatta era perfetto.
Molly sentì un bisogno
urgente di
baciarlo. Ma si limitò a sfiorarlo sulla guancia, e
peggiorò la situazione
sentendo la sua pelle calda e liscia.
Non si trattenne gli
prese
il viso con le mani e si portò sulla sua bocca, lo
baciò con passione. Mycroft,
l'austero fratello di Sherlock, non si scostò e la
ricambiò dolcemente. Le
labbra di Molly erano morbide e odoravano di arancia della spremuta.
"Questo è il
più
dolce buongiorno che abbia ricevuto da diverso tempo" Myc si
scostò da lei
accarezzandola piano.
"Ce ne saranno molti. Myc, io
ci conterei molto. "
La colazione finì in
fretta, Molly
si preparò per uscire. Volevano andare a passeggiare, anche
il freddo era
pungente.
"Ti voglio portare al
laghetto che non dista molto da qui. È pieno di uccelli che
svernano, anatre
selvatiche e altro. Non ti divertirai, ma imparerai qualcosa sulla
fauna della
campagna inglese." Molly indossò il cappotto pesante, e si
avvolse nella
sciarpa di lana. Aiutò Myc a indossare la giacca pesante e
le scarpe che gli
aveva fatto acquistare per poter affrontare il freddo della campagna.
Myc non aveva abiti
sportivi adatti a una vita diversa da quella che faceva a Londra, dove
chiaramente non erano necessari.
Lui sempre
così elegante e
preciso, ora sembrava un'altra persona.Galantemente lui le
aprì la porta, e si
avviarono a passeggiare nel freddo intenso.
Dapprima Myc
rabbrividì, ma
poi mentre Molly lo incitava a muoversi senti il calore confortarlo.
Molly ogni
tanto si fermava a tirarlo per la manica mentre lui si fermava e
sbuffava,
distratto da tutto quello che vedeva. Raggiunsero il posto che Molly
gli aveva
descritto mentre camminavano, lei lo riempiva di informazioni, tanto
che alla
fine Myc sapeva tutto sulla campagna circostante.
Informazioni che una vita
prima, avrebbe ritenute ridicole, ma ora dette da Molly sembravano
piacevoli ed
essenziali.
Il laghetto che gli apparve
davanti, non era un grande, ma seppur isolato era frequentato da
parecchia
gente. Molly aveva ragione era pieno di volatili che starnazzavano e si
immergevano nelle acque gelate. La gente intorno si divertiva a
fotografare e
sembrava felice. Capì che bastava poco nella vita per essere
sereni.
E lui un posto come
quello
lo aveva visto solo quando era bambino. La sua vita era stata piena
solo di
uffici anonimi e del Diogene Club.
Mycroft era intirizzito, non era
abituato a stare all'aria aperta.
"Molly, capisco che faccia
parte della tua terapia per aiutarmi, ma mi farai raffreddare.
Camminare va
bene, ma qui sembra l'antartico! "
"Esagerato! Eri abituato al
tuo caldo ufficio, mr. Governo inglese? Ora non più, quindi
muoviti! Più avanti
c'è un pub e ti concedo un pò di calore!"
Molly si era resa conto
di
aver spinto troppo Myc, che ora faticava di più a starle
dietro da quando erano
usciti.
Dentro al pub lui
acquistò un po'
di colore, gli fece prendere una cioccolata calda con i biscotti, aveva
bisogno
di energia. Sapeva che a lui piacevano i dolci, spesso Sherlock lo
prendeva in
giro.
"Molly, sento freddo fino
alle ossa. Poi torniamo spero, non sono ancora così in
forze." Lui la
guardava con la faccia mortificata, era dispiaciuto di essere
così debole.
"Lo so, ti ho spinto un po'
troppo." Molly gli prese le mani e le massaggiò per
scaldarle. "Ora
scongelati e poi torniamo a casa."
Mycroft si
lasciò andare
alle sue carezze, aveva fiducia di lei. Ma era ancora difficile per
ora,
tornare alla normalità. Si confortarono a vicenda,
scaldandosi e parlottando
fitti.
Nel piccolo pub c'era parecchia
gente era molto affollato.
Improvvisamente ci fu un
parapiglia e un tipo vestito malamente urtò una vecchia
signora tentando di
rapinarla. Le strappò via lo zaino e corse verso l'uscita.
Praticamente verso
di loro che erano l'ultimo tavolino vicino alla porta. Molly ebbe un
attimo di
paura, perché vide negli occhi di Myc il guizzo del fratello
più giovane.
Sapeva che sarebbe intervenuto, era lo stesso sguardo di Sherlock.
Mycroft benché non fosse
avvezzo a
situazioni del genere, si alzò rapido, afferrò il
tipo per il braccio e lo
bloccò con una velocità che lasciò il
rapinatore di stucco.
Questo tentò
di colpire
Holmes con un pugno, ma fu lento e Mycroft, con altrettanta forza lo
spinse
lungo a terra e gli fu sopra chiudendogli il braccio dietro la schiena,
facendolo urlare dal dolore. Lo tenne saldo finché
arrivò un poliziotto che
prestava servizio al laghetto.
Molly fu subito vicino a
Mycoft e si assicurò che stesse bene. Lui aspettò
di consegnare l'individuo al
poliziotto. Mycroft si riassettò , ma fu prudente, non gli
piaceva il clamore
suscitato.
"Ben fatto signore! La prego
lasci le sue generalità al mio collega." Il poliziotto e
mezza sala si
complimentò con lui. Mycroft invece guardò
Molly allarmato.
"I documenti! Molly." Le
sussurrò piano.
"Non ho i documenti. Sono
lontano dal mio tutore, Sherlock è a Londra. E se non ti ha
fatto una delega,
sono nei guai."
Molly scosse la testa,
preoccupata, non aveva deleghe perché nessuno ci aveva
pensato.
"Mycroft vediamo se riusciamo
a sistemare le cose lo stesso. Cosa ti possono fare?"
"Trattenere, Molly,
finché
non arriva Sherlock! Questa non ci voleva." Mycroft si
irritò molto. Era
infastidito dalla situazione, prese a innervosirsi tirandosi il polsino
della
camicia.
Quando giunse il poliziotto Molly
parlò per lui, fu chiara ed esaustiva. Ma purtroppo
nonostante il gesto
altruista, Mycroft finì nei guai
"Dottoressa Hopper, sono
costretto a trattenere il suo amico, non potrei lasciarlo andare senza
crearmi
dei seri problemi. Si risolverà tutto rintracciando il
fratello, ma per
ora." Il sergente di polizia si girò verso Mycroft, "Sig.
Holmes
dobbiamo portarla con noi."
Mycroft aveva il disappunto
scritto in faccia. Mai in tutta la sua carriera si era visto fermare
dalla
polizia che lui stesso dominava. Ma abbozzò e
annuì al sergente.
"La dottoressa potrebbe
venire con noi? Soprattutto perché non so dove mi portiate."
Mycroft aveva
cambiato rapidamente espressione, aveva cominciato ad allarmarsi e
voleva la
vicinanza di Molly.
"Certo Mr. Holmes verrà
con
noi, alla stazione di polizia di Stamford Hill e lì vediamo
di risolvere la
cosa, non si preoccupi."
Mycroft non riusciva a
distogliere lo sguardo da Molly, si sentiva perduto, non aveva che lei.
Era
inquieto e agitato dalla situazione assurda in cui si era cacciato. Lui
Mycroft
Holmes, il governo inglese.
Molly aveva già mandato
un
messaggio a Sherlock. Poi si occupò di trattenere la rabbia
di Mycroft
che si era fatto instabile.
"Molly, dico, nessuno ha
pensato che io avessi con me, un minimo di documenti. Mi concederai che
sono
stato completamente fuori di me ultimamente per prendere decisioni in
merito!"
Lui era seccato oltre il
consentito.
Molly cercò di
tranquillizzarl e seduta sul sedile posteriore dell'auto
della polizia
cercava di placarlo. Gli teneva la mano, ma lui la allontanò
e si ritrasse.
Sbuffò rabbioso.
"Scusa Hopper, ma adesso
è
meglio che mi lasci sbollire un poco. Non sono proprio lucido."
Lui si strinse nella giacca
afferrando il bavero per proteggersi da cosa poi non lo capiva. Tanto
meno da
Molly. Era completamente irrazionale il suo comportamento. Ma
capì che le
doveva una minima spiegazione.
"Molly, cerca di comprendere
che non mi sono mai sentito tanto umiliato. Ero abituato a ben altro.
Tutto
questo mi sembra una condanna, per quello che ho cercato di fare."
Lui era troppo furioso
perché lei
potesse intervenire, così decise di non dire nulla e
lasciarlo smaltire la
delusione e l'impotenza di salvare sé stesso, da quella
posizione scomoda in
cui si trovava, lui che aveva avuto in mano tutto lo stato.
Il viaggio fu breve, ma carico di
tensione. Mycroft mantenne la calma, anche se lei vedeva il suo viso
contratto,
che cercava di seppellire le sue emozioni e rimanere freddo e
impassibile. Ma
sapeva bene Molly, che non avrebbe resistito a lungo.
Pregò che Sherlock
arrivasse
presto, prima che Mycroft crollasse. Gli mandò un ulteriore
messaggio, dove gli
implorava di sbrigarsi.
Vennero fatti accomodare in una
sala di aspetto troppo scarna per essere accogliente. Poche sedie e
nulla da
distrarsi. Non era fredda, ma nemmeno comoda per rimanere lì
allungo. Mycroft
dapprima cominciò a camminare nervoso, poi fini per
stancarsi e si sedette
vicino a Molly. Era sudato, aveva cominciato a cedere. Il tremore alle
mani era
riapparso.
"Molly non so quanto tempo
riuscirò a reggere, dimmi che mio fratello è
vicino! Non voglio finire in
ospedale, mi porterebbero via i servizi del mio governo. Alicia non
aspetta
altro." Holmes era pallido, nervoso e stanco.
"Sta tranquillo, sta
arrivando, tra poco sarà qui. Sei stato coraggioso, Mycroft
non pagherai per il
tuo gesto. Stai vicino a me e riposa un pò." Lei lo fece
appoggiare con la
testa sulla sua spalla. E lo viziò con carezze dolci e fu
partecipe del suo
dolore.
"Chiudi gli occhi Myc, ti
tengo io calmati." Mycroft si aggrappò a lei in tutti i
sensi sia nella
stanchezza fisica che in quella mentale. E riuscì a
rilassarsi quel tanto da
aspettare l'arrivo di Sherlock.
Lui non si rese conto di quanto
passò. Senti la voce di Sherlock che parlava oltre la porta
e si svegliò. Molly
lo aiutò a tirarsi in piedi, senza farlo apparire troppo
spossato. Sherlock
entrò con il sergente che teneva dei documenti in mano.
"Fratello mio, scusa la mia
dimenticanza, ma è tutto chiarito, e si va a casa." Sorrise
con un gesto
intesa verso Molly, poi prese suo fratello sottobraccio e lo trascino
fuori
alla svelta.
"Grazie di tutto sergente.
Cercherò di esser più attento con mio fratello."
Mycroft stava per
replicare, ma Sherlock fu veloce a portarlo fuori costringendolo a
rimanere
muto. E lo spinse in auto.
"Veloce Molly andiamo."
Il fratello minore era ansioso di andarsene via in fretta.
"Cosa hai combinato
Sherlock?" Myc digrignò i denti stizzito. "Cosa hai fatto a
mie
spese? In cosa mi hai cacciato?"
"Fratello mio, hai voluto
fare l'eroe? E io in poco tempo dove avevo i documenti per portarti via
di lì?
"
"E quindi?" Myc lo
guardava esasperato, sapeva dei metodi del fratello.
"Diciamo qualche firma
falsa." Mycroft si portò le mani in faccia, sconfortato,
quasi volesse
nascondersi.
"Dio, e se lo scoprono? Mi
metti con le spalle al muro, fratellino, cosi ti tolgono la tutela. E
io sono
del governo."
"Stai tranquillo fratellone
non se ne accorgeranno e domani stesso con l'aiuto di Lestrade saranno
sostituiti con gli originali. Adesso mi premeva portarti a casa."
Sherlock
sorrise prendendolo per la giacca e spingendolo contro lo schienale
dell'auto.
"Ora sereno, basta
preoccupazioni." Mycroft non riuscì a replicare doveva per
forza affidarsi
al fratello.
Giunti al vecchio cottage Molly
rimase zitta, e lasciò i due fratelli chiarirsi. Mycroft era
rassegnato e si
lascò andare sul divano
"Fratello ho commesso un
errore, ma rimedierò l'importante è che tu sia
con noi. Ho una delega per
Molly, che è autorizzata a prendersi cura di te. Ora puoi
girare tranquillo con
lei." Sherlock cercava di sminuire l'accaduto.
"Grazie fratellino, visto che
adesso mi sento come un pacco scaricato da uno all'altro di voi. Sono
ammirato
da come mi trattate!"
"Siamo sempre preoccupati per
te, mi pare ovvio e non fare scenate inutili, lo sai quanto
è difficile la
situazione in cui ti trovi." Mycroft aveva perso la pazienza
sbottò senza
freni, urlò tutto il suo disappunto. Guardò
stremato suo fratello, che sedeva
sul divano, troppo tranquillo per quello che aveva causato.
"E se non volessi rimanere
con voi? Ora basta compassione. Non te l'ho chiesto io, tutto questo!
Sei un
irresponsabile fratellino!"
Sherlock si alzò
arrivando a pochi
centimetri dal viso di Myc. Lo minacciò con lo sguardo.
"Sto facendo tutto il
possibile per te, almeno fossi riconoscente. Cosa pretendi fratello
mio! Che
possa riparare senza danni a quello che stavi per fare a tutti noi!
Idiota, tu
sei l'irresponsabile!"
"Basta ora! Mycroft non
essere stupido, non siamo pietosi con te! Lo sai bene."
Molly intervenne decisa tra i due,
rivolgendo un sguardo rabbioso verso Mycroft. Lo fronteggiò
ostile era
esasperata dal suo comportamento. Quei continui cambi di umore erano
devastanti.
"Abbiamo sbagliato, ma ora
basta. Sei tu che non vuoi finire in una clinica governativa e Sherlock
fa di
tutto per tenerti fuori. Quindi faresti bene a stare zitto!"
Mycroft Holmes si zittì,
non se lo
aspettava da Molly, accusò il colpo prese il suo cappotto e
uscì.
"Lasciatemi solo per un po'.
Datemi tregua, vi chiedo questo favore a tutti e due.
Tornerò ve
l'assicuro."
Molly si strinse a Sherlock, era
già pentita.
"Lasciamolo fare Molly, si
sente sottopressione e questo non lo aiuta." Sherlock si
avvicinò al suo
viso. La scrutava attento.
"Come sta andando tra vuoi
due? Mi sembra che siate innamorati, entrambi. Non credo di sbagliarmi."
"Andava tutto bene fino a
stamattina, tuo fratello si era sciolto, quel tanto da poterlo
sostenere. Ma è
pieno di dubbi sulla sua condizione e perde il controllo facilmente.
Piomba in
questi momenti dove è irrazionale e attacca tutti."
Molly prese Sherlock per le mani.
"Lui sa essere dolce e amabile, ma allo stesso tempo diventa rigido
chiuso
nei suoi principi! Come si può cambiare una persona che per
anni ha vissuto
così." Molly era sconfortata i suoi occhi si erano fatti
tristi.
"Solo il tuo amore Molly
potrà aiutarlo e la tua pazienza. Se solo riuscissimo a
fargli entrare in
quella zucca che gli vogliamo bene! Si è vero! forse siamo
stati assenti, ma il
suo modo di fare non ci ha mai aiutato ad avvicinarlo." Sherlock si
spostò
verso la finestra e lo vide in lontananza camminare piano.
"Vorrei correre a prenderlo,
ma devo lasciarlo fare Molly." Anche lei si avvicinò e lo
vide in
lontananza sparire, mentre le si stringeva il cuore.
"Non farà cose stupide
vero
Sherlock?"
"Molly non lo so cosa
c'è
nella sua testa, diamogli fiducia." Si fece cupo. "Ho una sorella
pazza e un fratello che ha cercato di uccidersi. Non sono
più sicuro di nulla,
lui per me era una roccia. Ora so che era pieno di
fragilità."
Capitolo 11 *** Undicesimo Capitolo : Nel fondo del pozzo ***
Mycroft
camminò lentamente avvolto nel cappotto e nella
sciarpa di lana. Le mani le teneva al riparo in tasca, non aveva preso
con sé i
guanti. Il cuore che batteva a mille. Era infreddolito, le gambe
divennero poco
a poco rigide.
Era sfibrato da tutto quello che
aveva passato nella mattina. La mente sconnessa era invasa dai dubbi.
Persino l'amore per Molly
lo
disturbava, non capiva se era un sentimento sincero o dovuto alla sua
condizione. E suo fratello adesso era così amorevole e
vicino da spiazzarlo.
Per anni non c'era mai stato, il cuore di Mycroft si piegò
nel rancore.
Adesso invece era troppo
presente. Ora che avrebbe potuto essere già morto da giorni
e in quel modo
dissennato.
Pensò che fossero i
farmaci che
gli somministravano che non lo aiutavano a capire quello che
in realtà
provava. La sua testa ovattata, la sua mente lenta, forse era quello
che Eurus
provava quando la sedavano. Ed erano i suoi ordini, gli ordini di un
fratello
che non c'era mai stato per lei...
La famiglia prima di tutto, ma non
era sempre stato così. Eurus si era persa, lui l'aveva
lasciata andare al suo
destino. Il suo più grande fallimento, non era riuscito a
proteggerla, aveva
avuto paura e l'aveva abbandonata. Il fallimento dell'amore fraterno lo
addolorava e lo aveva portato sul baratro. Riuscì unicamente
a salvare suo
fratello. Ma a quale prezzo!
Camminò ancora,
affollato di pensieri e
finì per allontanarsi troppo. Era gelato, si sedette su un
vecchio tronco che
costeggiava una siepe di alloro. Si rese conto non di sapere dove era.
Aveva
freddo, fino al cuore fino alle ossa. Rabbrividì
incontrollato, gli passò
rapidamente per la testa che poteva non farsi trovare più.
Sarebbe giunta
l'ipotermia e avrebbe chiuso il discorso di quattro settimane prima.
Avrebbe
semplicemente dormito e... fine dei giochi.
Con le mani si
coprì gli
occhi, stordito, preso da un malessere scuro senza soluzione. Logorato,
sfinito
e.. solo.
Ma subito con
prepotenza vide
Molly. La sua Molly.
Il suo sorriso disteso,
la sua dolcezza, il suo calore e quel avere cura di lui, che lo faceva
stare
bene. Lei non pretendeva nulla in cambio, non era come tutti gli altri.
E i
baci, quei baci caldi che lo facevano capitolare. Il suo amore gli fu
improvvisamente nitido, come uno squarcio tra le nubi dopo un
disastroso
temporale quando il sole vince sul buio. Ebbe paura di perderla. Ebbe
paura di
non rivederla.
Si rese conto di temere la morte,
l'oscurità dell'oblio. Sentì la voglia
impetuosa di vivere, che non
aveva avvertito settimane prima quando reggeva la pistola nella
mano.... Voleva
ritornare .... E stare con lei e con tutti quelli che lo avevano
sorretto. Si
rese conto che non era compassione, era amore. Ora lo vedeva
chiaramente.
Si ricordava il dolore sul volto
disperato di suo fratello quando lo aveva trovato con l'arma in mano. E
le
apprensioni di John, che non voleva apparire, ma lo incitava in
disparte a
lottare.
Ficcò la mano nella
giacca e prese
il cellulare. Sherlock rispose dopo 2 squilli.
"Fratello, mi sono perso. Non
so dove sono, ma devo aver camminato parecchio. C'è una
siepe di alloro e un
vecchio tronco, sono seduto qua."
Sentì Molly dire a suo
fratello
che sapeva dove era, si fece passare il cellulare.
"Myc arriviamo, ma
alzati e muoviti è troppo freddo perché tu stia
fermo."
"Molly sono troppo
infreddolito, ho i piedi ghiacciati." La sua voce era debole, ma lui
non
se ne rendeva conto. Lei rapidamente riempì un termos di
tè e afferrò una
coperta. Molly continuava a parlargli mentre era già in
macchina con Sherlock.
Allo stesso tempo gli indicava la strada.
Fecero pochi km e lo videro in
fondo alla mulattiera. Scesero velocemente per raggiungerlo. Mycroft
sorrise
quando li scorse. Cercò di alzarsi, ma era ghiacciato, le
gambe rigide e fu
costretto a rimanere fermo.
"Finalmente ti sei deciso a
chiamare stupido! Sei congelato! Sherlock gli mise la coperta addosso e
Molly
lo fece bere il tè caldo. Le sue mani era così
fredde che lei dovette aiutarlo.
Riprese un pò di colore. Mentre la bevanda lo
scaldava. Sherlock aveva
preso a massaggiargli le gambe che tremavano. Lo scrutò
severo scavandogli
dentro.
"Ci hai pensato un
pò troppo fratello, spero che ora ti sarai schiarito i
pensieri."
Mycoft lo guardò e gli
sorrise,
rigenerato. "Voglio avere tutto il tempo che mi sarà
concesso per importunarti e
godere della tua faccia seccata mentre mi scaccerai da Baker Street in
malo
modo."
"Non succederà
più fratello.
Non più!" Sherlock si rasserenò, scosse
la testa trattenendo un
corto respiro di sollievo, lo prese per un braccio e lo alzò.
"Fratello dobbiamo camminare
fino all'auto, fatti forza, si va a casa." Lo sorressero camminando
lentamente, non lo rimproverarono, lo aiutarono semplicemente senza
parlare.
Adesso sarebbe stato più facile, Mycroft Holmes aveva
acquisito la
consapevolezza del suo disperato gesto.
Molly salì dietro con
lui si
sentì serena nel vederlo alleggerito dal dolore. Lo tenne
coperto cercando di
scaldarlo. I suoi vestiti erano freddi e non lo aiutavano. Tremava
senza
riuscire a controllarsi, ma il suo atteggiamento era cambiato.
"Perdonatemi, ma mi è
servito. Ora vedo tutto più chiaro. Il fondo del pozzo
adesso è alle mie
spalle."
Si girò verso lei, con
la coperta
sulle spalle percorso dai brividi. "Molly ti amo. Scusa Sherlock,
fratello
mio, devo baciarla."
Myc le diede un bacio con le
labbra più ghiacciate che avesse mai sentito. Ma era pieno
di calore, e lei
prendendogli il volto fra le mani, lo ricambiò.
"Voi due, là dietro
potreste
contenervi?" Rise Sherlock, sciogliendo la tensione che lo aveva
accompagnato nelle ultime ore.
Giunsero al vecchio cottage e
portarono Mycroft al caldo di fronte al camino. Gli tolsero i vestiti e
lo
lasciarono in camicia e calzoni. Molly lo massaggiava dal lato destro,
spalle,
braccia, mani, e il fratello dall'altro. Cercavano di riscaldarlo
rapidamente.
Sherlock poi gli prese le gambe infreddolite e le strofinò
con forza.
Mycroft si lamentava per il vigore
che ci mettevano. Ma sentiva il calore salirgli finalmente da dentro.
"Dio, fate piano, mi fate
male." Si lamentò inascoltato.
"Ti sfregherei con la carta
vetrata, stupido! Stavi per congelare." Sherlock ci metteva tutto
l'impegno possibile a recuperare suo fratello dall'ipotermia.
Era consapevole che il fratello
maggiore era sceso ancora una volta nell'abisso, ma stavolta era
risalito da
solo. Ed era un buon segno, ora Mycroft aveva voglia di vivere e questa
era
senza ombra di dubbio la via della guarigione. Myc li fermò,
ne aveva abbastanza.
"Sto bene, vi prego basta!
Vorrei solo bere qualcosa di caldo. E rivestirmi, vi giuro che non
sento più
freddo."
Sherlock annuì e Molly
gli portò
del latte caldo che macchiò con un pò di
caffè. Come piaceva a lui. Gli misero
ancora la coperta sulle spalle, per non rischiare di vederlo tremare,
mentre
lui bevve avidamente.
"Fa piano Myc è
bollente." Molly lo accarezzava sulla nuca cautamente, quasi temesse di
infastidirlo. Ora la sua pelle era tiepida e stava riprendendo
un colore
normale.
Sherlock capì che era
ora di
lasciarli soli, Myc si era ripreso così si
sentì desideroso ti tornare da
John e Rosie.
"Molly te lo lascio in
consegna, vedi di non strapazzarlo troppo. E tu fratello bada di
contenere i
tuoi istinti, non maltrattare Molly. "
Sherlock si avvicinò al
fratello
maggiore. "Conto che tu non voglia più scendere nel pozzo
fratello, mi
spezzeresti il cuore."
Mycroft si ricordò la
frase che gli aveva detto qualche natale fa e sorrise
amareggiato. Tutto
l'amore per Sherlock era lì in quelle due
scarne parole.
Che era tutto ciò che
Mycroft
aveva cercato di fargli capire, l'amore che aveva per lui,
così scontroso e
sfuggente. E annuì.
"Ora non più fratellino,
ora
ho Molly con me. "Sherlock gli strinse forte la mano sulla la spalla e
uscì raccomandando a Hooper di chiamarlo se avessero avuto
bisogno.
"Fate i bravi, per piacere,
lo dico a tutti e due." Sherlock svolazzò via nel suo
Belstaff nero,
felice di tornare da John e Rosie.
"Molly non voglio più i
farmaci, basta voglio uscirne. Non mi importa se è troppo
presto. Stasera
voglio che tu non mi dia niente." Lei lo guardò dubbiosa.
"Potrebbe essere più
duro
uscirne, sentiresti un distacco forte, potresti non
sopportarlo."
Lei era preoccupata da
questa decisione così improvvisa, però era anche
contenta che lui fosse così
determinato. Lo aiutò ad indossare dei vestiti
più caldi e lasciò cadere
l'argomento.
Myc era stanco, ma Molly
riuscì lo
stesso a fargli mangiare qualcosa poi lo lasciò riposare.
Gli rimboccò le
coperte e dopo aver sistemato in cucina lo raggiunse e si
infilò sotto le
coperte, lo trovo raggomitolato stretto su di un lato, con ancora il
corpo
freddo e lo abbracciò per scaldarlo. La luce dalle finestre
iniziava già a
scendere. Molly si addormentò così fissando il
calare della sera, lui respirava
tranquillo e fu grata alla sorte di averlo incontrato,
quell'uomo così
singolare, ma che le faceva battere forte il cuore.
Fu solo verso sera quando il vento
fece sbattere le imposte che si svegliarono. Mycroft vide Molly vicino
a lui e
la strinse, ora la sua pelle era calda, Molly sentì il suo
tepore piacevole avvolgerla.
Myc si era fatto serio, avvicinò il suo viso. " Molly Hopper
vorrei tanto
baciarti."
"E me lo devi sempre
chiedere, Myc? Fallo e basta." Lei lo stuzzicò ridendo e lo
baciò prima
che lui ci provasse. Finirono così stretti allacciati,
accarezzandosi pieni di
passione. Lui si fermò all'improvviso, titubante, lo sguardo
addolcito.
"Molly io sono sicuro dei
miei sentimenti voglio che tu lo sappia e se vuoi aspettare io ti
rispetterò."
Mycroft le teneva il viso
dolcemente con le mani che ora non tremavano più. Molly lo
baciò con slancio,
provocata dalla sua vicinanza.
"Mr. Mycroft Holmes ti
desidero da molto e non voglio aspettare, l'hai detto tu di prendere
quello che
ci viene dato ogni giorno, quindi ti prego amiamoci ora."
Mycroft la toccava con la mano
dolcemente, percorrendo ogni parte del suo corpo, la baciava lungo il
collo
facendola fremere, risaliva accarezzandole i capelli e la guardava
negli occhi
pieno di amore quasi scoprendola in quel momento.
"Hai degli occhi buoni mia
piccola Molly, sei una persona speciale dott.ssa. Hopper. Sei stata
indulgente
con me anche troppo. Come potrò mai ripagarti?"
Lei lo accarezzò sulla
nuca
solleticandolo e baciandolo, coprendo ogni parte del suo viso gentile
che era
stato spesso cupo e tirato. Mai aveva visto i suoi occhi
così trasparenti da
leggerci dentro tutto il dolore che aveva passato e quello che ancora
lo
aspettava. Ma fu un attimo, lo strinse così forte da farlo
sussultare.
"Myc promettimi che mi dirai
sempre quali sono i fantasmi che ti perseguitano. I dubbi, i dolori
perché io
possa aiutarti."
Lui si scostò un poco,
le prese le
mani e le portò sul suo petto. "Te lo prometto, ma sii
paziente con me,
Molly non abbandonarmi se mi vedi scostante, sai quale persona hai
davanti, non
sarà sempre facile."
La risposta di lei fu un lungo
bacio profondo che trascinò lui nell'eccitazione della
passione, del desiderio
del suo corpo, fu smanioso di scoprirla e bramoso di essere in lei. Si
spogliarono con fervore senza mai distogliere lo sguardo dai loro
volti. E
Molly rispose con impeto guidandolo piano, e conducendolo dentro di lei
con un
ardore che lo lasciò senza fiato. Ansimarono, trepidarono e
fremettero d'amore
così persi da non capire dove fossero, lontani dai pensieri
oscuri di lui e
dalle giornate angosciose di Molly.
L'amore li avvolse e li sostenne,
ora potevano contare su questo, su questo sentimento che li avrebbe
fatti
andare avanti a qualsiasi costo.
Rimasero vicini con i loro cuori
che battevano insieme, quello di Mycroft ora più leggero,
che ripercorreva
quella sera buia a Pall Mall con più coscienza, e quello di
Molly che si
rilassava vicino a quell'uomo tanto enigmatico che l'aveva affascinata.
Myc si levò per
ravvivare il
caminetto. Era intento a sistemare la legna con perizia, sempre
così
meticoloso, che Molly rise divertita riconoscendo l'indole del vecchio
Mycroft.
"E dai Hooper, ci vuole una
certa abilità anche con la legna da ardere. Che diamine.
Potrebbe cadere
l'intera nazione se fallisco. Non sia mai detto!" Myc canzonava
sé stesso.
E lei lo scoprì divertente, un lato che non conosceva.
"Stupido, smettila sei
già
adorabile così."
Finirono per cenare davanti al
camino acceso, avvolti dalla coperta e si ritrovarono a ridere della
mattina
più strana che fosse accaduta. Molly si sentì
appagata vicino a lui, si ritrovò
serena e incantata dal suo modo di essere così singolare,
che desiderò baciarlo
ancora, mentre lui si difendeva ricambiandola e schernendosi rilassato.
"Molly mi consumerai prima di
domani mattina."
"Perché cosa posso farci
se
stasera hai il sorriso più affascinante che abbia visto in
questi giorni."
"Sorriderò
più spesso te lo
prometto." Molly si rabbuiò preoccupata in volto e lui
capì il perché.
"Molly te l'ho già detto
che
voglio sospendere tutta la cura, ti prego non ti cruciare, se mi stai
vicino ce
la farò. Non saranno tutti giorni buoni, ma ti prometto ne
verrò fuori. Ora ho
il tuo amore, che dubbi poi avere piccola." Lui era deciso, le prese la
mano con convinzione e la tenne stretta nella sua, cercando di
trasferirle
tutta la sua forza.
"D'accordo Mr. Mycroft Holmes
io ci sarò, quindi va bene." Molly le assicurò il
suo appoggio e tutta la
comprensione possibile.
La sera trascorse
quieta finirono
vicini, lui la tenne fra le sue braccia e andarono a dormire pronti ad
affrontare i giorni difficili che sarebbero arrivati.
Capitolo 13 *** Tredicesimo capitolo : Ricominciare insieme ***
Il giorno dopo Molly fu la prima ad
alzarsi, preparò la colazione,
mentre lui si vestì mettendoci tutta la cura di quando era
il Mycroft Holmes
del governo inglese. Si era sbarbato senza tagliarsi ora che le sue
mani erano
ferme. Aveva indossato una camicia chiara su cui non aveva fatto
mancare una
bella cravatta in blu, aveva il gilet di panno a quadri delicati e i
pantaloni
a coste in tinta. Aveva messo anche il fermacravatte e l'orologio da
taschino
che non portava da tempo.
Molly ne fu felice e con bacio
impetuoso lo travolse d'affetto.
"Sei bellissimo, Myc e sono
contenta di ritrovare il sig. Holmes."
"Dott.ssa Hopper che bacio
travolgente! Potrei volerne uno molto più spesso." Mycroft
la prese per i
fianchi e la strinse a sé.
Molly era sorridente
perché lo
vedeva rilassato, anche se ancora i farmaci lo proteggevano, dovevano
solo
aspettare le prossime ore. Decise di farlo passeggiare per tenerlo in
attività
e non farlo pensare. Lo incitò a vestirsi per uscire, lo
coprì per bene, e
passarono la mattinata a camminare lungo il laghetto attorniati da
anatre che
starnazzavano.
Stavolta al pub
riuscirono a
bere la cioccolata rilassati. Salutarono anche il poliziotto
che non dava
segni di avere visto irregolarità nelle carte di Sherlock.
Solo più tardi
seppero che Lestrade le aveva già sostituite.
"Si sta bene oggi Myc, la
giornata è mite, ti ha graziato. Così non ti
lamenterai del freddo! Scommetto
che rimpiangi il tuo caldo ufficio." Lei lo inquadrò
curiosa, mentre
percorrevano il viale del laghetto.
"Non rimpiango nulla
Molly, forse il tepore dell'ufficio, ma stare con te è
perfetto. Non mi sono
mai sentito sereno come ora. Ho fatto una vita difficile, ho creduto
che il
lavoro fosse tutto, e ho trascurato gli affetti. Il mio errore
più
grande."
Le poggiò un bacio sulla
fronte.
Molly lo ricambiò con un gesto affettuoso, una carezza
sentita sul suo volto
infreddolito. Intanto un giro di anatre starnazzava
felice tutt’intorno,
li fece sorprendere e stringere divertiti.
Mycroft sembrava reagire bene,
Molly lo osservava spesso senza però farglielo pesare. Solo
verso sera dopo il
ritorno a casa e un pomeriggio tranquillo, divenne un pò
nervoso. Mangiò poco.
Molly lo coccolò parecchio e glielo fece notare.
"Lo so Molly, non ti
preoccupare mi sento un pò inquieto tutto qui."
Mycroft capiva che stava per
arrivare
la tempesta tanto temuta e cercava di non preoccuparla.
All'inizio
controllò la sua
instabilità e ci riuscì almeno per un po'.
Ma Molly aveva sentito
l'irrequietezza che cresceva dentro di lui e lo aveva fatto mettere
comodo con
dei caldi vestiti da casa. Lo teneva vicino con la testa sulle sue
ginocchia
steso lungo il divano. Gli massaggiava lenta le tempie, cercando di
sciogliere
la tensione che era improvvisamente comparsa sul suo volto.
"Mycroft dimmi tutto quello
che senti, solo così posso aiutarti, promettimelo."
Lui annuì sollevando la
testa e
guardandola negli occhi ansiosi.
"Hopper stai serena se mi
sento cedere e qualcosa non va, ti avverto." Molly mise una musica
rilassante, rimasero così, mentre lei si occupava di
calmarlo e Myc finì per addormentarsi.
Ma la tranquillità non
durò molto
quella sera. Mycroft cominciò ad agitarsi verso la
mezzanotte, si svegliò con
lo stomaco sottosopra. Erano le avvisaglie che la cura era svanita. E
che ora
camminava con le sue gambe.
Molly lo fece stendere a letto e
visto che non poteva dargli farmaci per calmarlo gli
somministrò delle medicine
per aiutare lo stomaco.
Mycroft si
abbandonò a lei,
si lasciò andare alle sue cure, fece quello che
Molly gli diceva. Bevve il
te che le aveva preparato, si stese con una borsa di acqua calda sullo
stomaco,
per calmare i dolori.
Myc non parlò molto si
limitò a
dire quello che sentiva. Era agitato, irrequieto, tormentato dai
ricordi, ma si
sforzava di mantenere la calma.
Molly si preparò a
passare la
notte con lui. Si infilarono nel letto, coperti e al caldo. Lei gli fu
vicino
tutto il tempo, calmandolo, parlandogli dolcemente e mettendolo comodo
quado si
agitava perché non riusciva a trovare pace. A volte sudava e
si bagnava così
tanto che lei lo doveva asciugare. Ma gli era sempre vicina, non si
allontanava
mai.
Myc spesso si lamentava del
freddo, per subito dopo scoprirsi per il caldo. E lei era
sempre lì, lui
lo sapeva e non si abbatteva e sopportava. Riusciva
a mormorarle che
andava tutto bene. Molly lo baciava sulle labbra che bruciavano, mentre
le
sorrideva debolmente. Poi si assopiva e farneticava frasi incerte,
e lo
sosteneva, sempre presente.
Sapeva che Myc doveva essere certo
della sua presenza. Così tra dolorosi risvegli e ricadute,
la notte passò e
solo verso mattina Mycroft si addormentò.
Molly vide che respirava con
regolarità, non era sudato e si era posizionato di fianco
con il volto rivolto
verso di lei. Era calmo e allora anche lei chiuse gli occhi, con il
volto
vicino al suo, sentendo il suo respiro che la lambiva. Si
addormentò con la
mano appoggiata sulla guancia di Mycroft.
Il sole li disturbò
perché invase
la stanza, lui aprì gli occhi ferito dalla luce. Molly gli
dormiva rannicchiata
vicino, la mano appoggiata sul suo petto l'altra sul suo fianco. Era
deliziosa,
così addormentata piena di amore.
Mycroft si sentiva molto meglio,
pensò che il peggio fosse passato, rimase incantato a
guardarla e si sentì
felice, felice di non essere morto quella dannata sera, quando aveva
stupidamente pensato che la sua vita fosse un fallimento.
Molly era la cosa più
bella che
gli fosse capitata, come poteva
immaginare che sarebbe entrata in
quel modo nella sua vita. Si emozionò. Ora aveva
una nuova possibilità.
Molly si svegliò con la
mano di
Myc che la teneva stretta sui fianchi. Lui si era riaddormentato
esausto vicino
a lei. Lo vide tranquillo e decise che era ora di svegliarlo.
"Myc, dobbiamo alzarci, ti
devi fare una bella doccia. E devi mangiare qualcosa." Molly lo
pizzicò
sulla guancia ispida con tenerezza.
"E ti devi radere!" Lui
sbuffò facendo finta di essere arrabbiato, ma in
realtà la afferrò e la coprì
di baci.
"Farò come mi ordini, ma
prima voglio un compenso di baci." Lei lo spinse da parte ridendo.
"Avanti Myc alzati o passeremo tutto il giorno a letto. Pigrone."
Molly finì in cucina a
preparare
la colazione.
Lo spinse in bagno sotto la doccia,
gli preparò i vestiti stesi sul letto. Si era rasserenata,
vedeva che lui aveva
recuperato la notte difficile, passata quasi in bianco.
Holmes arrivò in cucina
perfettamente vestito con gli abita che lei le aveva lasciato.
"Molly non pretendere che mi
metta a mangiare di tutto. Vorrei solo del latte..." fece una smorfia
disgustata.
"Macchiato con il caffè.
Ormai ti conosco mio caro Mycroft Holmes. Ma ci mettiamo qualche fetta
biscottata. Va bene?" Lei insisteva e lui si lasciò guidare.
"D'accordo piccola
dottoressa. Farò come dici." Si sedette al tavolo poco
convinto. E riuscì
a mangiare il minimo che lei gli impose.
"Lo stomaco andrà
meglio,
abbi fiducia Myc." Lo guardò e lo analizzò
attenta. C'era qualcosa che la
preoccupava.
"Cosa ti succede, non sembri
tranquillo. Abbiamo un patto, dimmi quello che ti agita."
"La mia testa è ancora
confusa. Come se le mie facoltà mentali si fossero messe a
viaggiare al massimo
senza controllo, ho difficoltà a mantenerle in ordine."
Lui mangiò
silenzioso, ma
improvvisamente sopraffatto da quel disastro mentale, si
alzò nervoso, e teso
prese a camminare per la stanza.
Molly si avvicinò
cercando di
capire come aiutarlo. Mycroft riceveva informazioni da qualsiasi cosa
gli
gravitasse attorno. Il più piccolo oggetto gli trasmetteva
indizi. Ma
arrivandogli tutti insieme, incominciò a non riuscire
più a gestirli.
Lo vide allarmarsi, lui prese a
inquietarsi, senza riuscire a trovare pace.
"Myc, vuoi uscire a
distrarti? Forse l'aria fredda potrebbe aiutarti."
Ma era frastornato dal dover
gestire una quantità di sensazioni che gli arrivavano
improvvise. Aveva bisogno
di calmarsi entrando nel suo palazzo mentale, ma gli era precluso dalla
mancanza di qualcuno che lo aiutasse ad accedervi.
"Molly ho bisogno di
mio fratello. Ho bisogno del suo aiuto per calmare la mia mente, solo
lui sa
gestire il mio palazzo mentale."
Myc si stringeva la testa fra le
mani esasperato. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi, la
frustrazione
aumentava sempre di più.
" Sherlock può condurmi
nei
miei ricordi e mettere fine alla confusione."
"Lo chiamo, vedrai che
sarà
qui presto." Molly cercò di tranquillizzarlo lo fece
stendere sul divano.
Si accorse che gli dava fastidio la luce, così
oscurò la stanza.
Chiamò Sherlock che
capì la
situazione e promise di arrivare il più presto possibile.
Molly sapeva che non
era facile riportare Mycroft alla normalità, si
sentì disarmata, mentre lo
guardava con le mani strette sulle tempie. Si fece vicina,
lui appoggiò la
testa sulle sue ginocchia.
"Aspettiamo Sherlock insieme,
ora rilassati e non pensare a nulla. Ne uscirai Myc, pensa solo che ti
amo."
Lei lo
accarezzò sulla
fronte tesa, cercando di sciogliere la tensione.
Capitolo 14 *** Quattordicesimo capitolo : Ritrovare i ricordi ***
Fu quasi buio quando
arrivò il fratello più giovane. Erano rimasti
sempre lì sul divano cercando di superare quel momento.
Nessuno dei due aveva
sentito la fame. Mycroft in una specie di dormiveglia, senza sogni.
Molly vinta
dalla stanchezza della notte precedente, incapace di staccarsi da lui.
"Ehi! voi due, sono arrivato."
Sherlock entrò come un ciclone,
vide la situazione e si adoperò paziente. Con lui c'era
John, che si occupò
subito di tutti e due.
Svegliò Molly e le
intimò di preparare del tè. Controllò
che Myc
stesse bene poi Sherlock si avvicinò e fece alzare il
fratello maggiore,
parlandogli piano.
"Myc sono qui, ora vediamo di
sistemare questa tua testa, che
non vuol funzionare a dovere."
"Molly sta bene? Ho
perso la cognizione del tempo!" Si passò la mano stanca
sugli occhi con un
debole sorriso.
"Ti sta preparando un bel
tè caldo." Sherlock
si sedette vicino a lui. Cercando di
capire come aiutarlo.
"Ma è sera?" Myc era
allarmato, "Molly non ha
mangiato!"
"Tranquillo c'è John con
lei, si occuperà di farla stare
bene. Ora dimmi cosa vuoi fare."
Mycroft si girò verso il
fratello minore e si sentì protetto. Era
lì con lui, ne fu contento.
"Solo il mio palazzo mentale
può aiutarmi con tutti gli
stimoli esterni che ricevo. Ho bisogno di ordine, tu lo sai quanto
è difficile
concentrarsi solo sulle cose che ritieni necessarie. Non riesco a
gestire la
mia mente, come se tutti i miei ricordi fossero confusi e disordinati.
Devo in
qualche modo ripristinarlo." Mycroft si lamentò sofferente.
"Devi
guidarmi ho bisogno del tuo aiuto, tu sei parte della mia vita e sai
quello che
ho vissuto."
"Bene fratellone. Bevi il
tè di Molly e iniziamo." Molly
gliene porse una tazza, che lui bevve in
fretta. Poi si girò verso John preoccupato, mentre
accarezzava la mano di
Molly.
"John, ti prego occupati di lei, si
è stancata tanto, troppo
per me." Lui annuì, silenzioso.
"Sto bene, Myc." La
dottoressa Hopper gli fu vicino. E lo
rassicurò.
"Mycroft, Molly deve starti vicino,
hai bisogno di sapere che
lei è con te!" Sherlock
lo prese
per il braccio e lo invitò a concentrarsi per entrare nel
suo palazzo mentale.
"Vai fratello, ti
troverò.Impegnati ed entra." Mycroft appoggiato a Molly si fece
forza e iniziò
a polarizzare la sua mente con difficoltà, ma in poco tempo
fu dentro.
Quello era il posto, il rifugio di
Mycroft, completamente
stravolto. Tutte le stanze del suo ordinato palazzo mentale erano
aperte, i
ricordi confusi sparsi ovunque. Vide comparire Sherlock e si
sentì sereno, ora
lui lo scortava.
"Mycroft è un vero
disastro la tua mente. Devi mettere
ordine. Comincia con le memorie di quando eravamo piccoli."
Sherlock si diresse verso i ricordi
della loro infanzia, insieme
presero ad evocarli, portandoli dentro alla stanza che Mycroft aveva
assegnato
loro. Tutta la vita dei fratelli Holmes era nelle loro menti, che si
faceva
vivida, a volte doleva o allietava. Così sistemarono un poco
alla volta i
ricordi travagliati di Mycroft, chiudendo di volta in volta le porte
delle
stanze. Sherlock lo seguiva confortandolo silenzioso, lo aiutava quando
sapeva
dove mettere mano, dove la vita vissuta insieme li aveva avvicinati e
poi
allontanati.
"Ora fratello, fermiamoci un
pò a riprendere fiato."
Sherlock spinse il maggiore ad uscire dal palazzo mentale. Dovevano
fermarsi
per ricominciare in seguito.
Si ritrovarono davanti al camino,
si guardarono in faccia. Molly
che abbracciava Mycroft, John seduto vicino a Sherlock. Le persone che
li
amavano di più. Si sorrisero complici, consapevoli che tutto
stava cambiando.
Si fecero forza insieme e ripresero
il loro viaggio dentro il
palazzo mentale di Mycroft.
Lui era quasi riuscito a
padroneggiare i suoi ricordi, Sherlock lo
incitava ad andare avanti. Lo seguiva dentro la sua mente senza
forzarlo, con
comprensione. Lento e attento a non ferirlo. Insieme rividero nei
ricordi di
Mycroft, la notte dell'incendio di Musgrave.
Eurus la loro sorellina,
appiccò il fuoco senza alcun rimorso. Si
salvarono appena in tempo e da allora il maggiore degli Holmes protesse
il
fratello più piccolo, con un affetto costante.
Sherlock avvertì
straziante dentro di sé il dolore di Mycroft, quando
avvallò la sua reclusione. Per anni ne portò la
pena. La sua bugia lo rendeva
debole ogni giorno di più.
Capì
molte cose del suo complicato
fratello maggiore, lentamente fu conscio delle angosce che lo avevano
portato
alla tragica decisione di uccidersi.
E la videro ambedue sorpresi,
quella stanza di Pall Mall, dove
nella notte Mycroft stava per mettere fine alla sua vita. Una enorme
porta
spalancata sul buio. Myc vi entrò senza che Sherlock avesse
avuto il tempo di
fermarlo.
Mycroft si girò affranto.
"Fratello, lo devo fare, devo
vedere quello che stava per
succedere."
Myc era titubante, ma si fece forza
e percorse la stanza. La vide
intrisa del suo dolore. Fu invaso con violenza dall'angoscia che aveva
provato
in quel momento. Avvertì lo stesso identico abbandono, la
profonda lontananza
da qualsiasi affetto, la sensazione di fallimento.
Si lasciò andare, cadde
seduto sulla stessa sedia, la piccola arma
appoggiata, il suo testamento scritto in bella calligrafia sul tavolo.
Le mani
strette sul volto.
Sherlock lo vedeva, e cercava di
chiamarlo, ma il suo amato e
complicato fratello maggiore come in trance, non rispondeva. Decise
rapidamente. Uscì dal palazzo mentale di Mycroft, subito si rivolse alla
sbalordita Molly, che
stava vicino a suo fratello.
John si strinse a Sherlock quando
vide il suo volto nervoso.
"Molly, devi intervenire, Myc deve
sentire tutto il tuo
amore. È in difficoltà, è in quella
maledetta sera, parlagli, fa qualsiasi cosa
che lo aiuti a sentirsi amato." Sherlock
fu risoluto, sapeva che erano alla
svolta definitiva.
Molly annuì e senza
indugio, prese a stringere forte per le spalle
Mycroft, cominciò
ad accarezzarlo
parlandogli all'orecchio intimamente, colma di amore e di affetto.
Sherlock approvò con il
viso addolcito, poi con un fugace bacio a
John si allontanò.
"Sta vicino a Molly, sorreggila ne
avrà bisogno."
Sherlock si concentrò, ritornò dal
fratello. Lui era ancora lì
immerso nel buio, seduto a quel tavolo, ma ora la voce di Molly lo
raggiungeva
e lo rincuorava.
Una tenue luce cominciò
ad illuminare la stanza desolatamente
cupa.
Mycroft sentì chiara la
sua voce ed ebbe un sussulto. Molly ora
era entrata nella sua vita, in modo prepotente. Non faceva parte di
quella
stanza folle, lei era la vita, che lo cercava, lo reclamava arrogante.
Sherlock riuscì a
muovere qualche passo avvicinandosi, ma si fermò
vedendo che suo fratello reagiva alla presenza del sentimento di Molly,
che
piano invadeva la stanza e la illuminava.
La sua angoscia sparì
lentamente e in modo costante.
Fu allora che Mycroft
reagì. Vide tutto molto più chiaro.
"Molly, sei sempre presente, il tuo
amore è chiaro come
questa luce che porti nel buio che mi avvolgeva."
Mycroft si alzò e si
diresse deciso verso il fratello minore. La
schiena diritta, il volto sereno. Lo prese sottobraccio lo
trascinò fuori.
"Vieni fratellino, muriamo per
sempre questa porta, non
voglio più vederla." Spinsero insieme la pesante imposta
scura e in un
mutuo accordo la chiusero per sempre.
Sherlock aspettò che il
suo dolore svanisse e lo osservò come
fosse la prima volta. Gli occhi grigi acuti, la sua bocca sottile, le
rughe
increspate sulla fronte, le mani magre, ma forti.Guardò il volto di Myc, come non faceva da
tempo.
Perché era scontato che
lui ci fosse. Era scontato che suo fratello
Mycroft ci fosse sempre, con lui e per lui. Si emozionò gli
prese la mano e lo
spinse fuori.
"Vai fratello, ora è
tutto finito, va da lei."
Mycroft annuì e si
ridestò vicino a Molly. La baciò con tanto
slancio da sorprenderla. John si staccò per lasciarli alla
loro intimità e
sorrise andando ad abbracciare Sherlock che si era destato.
Il giovane Holmes si sentiva felice
che quell'incubo fosse finito.
Sapeva che aveva avuto le sue colpe, ma ora era deciso a essere un buon
fratello. Per quanto Mycroft glielo permettesse.
Myc e Molly non riuscivano a
staccarsi. Molly lo fermò con
dolcezza, lui la fissò con i suoi occhi grigi ora luminosi.
"Dobbiamo ringraziare tuo fratello
e John per la pazienza che
hanno avuto. Mycroft sei stato aiutato e protetto con tutto l'amore
possibile."
Lui la guardò,
capì quanto fosse saggia quella piccola donna
decisa. Andò verso suo fratello e lo abbracciò.
"Grazie, Sherlock, la cura non
è un vantaggio, ma stavolta mi
ha letteralmente salvato."
Sherlock lo strinse forte, Mycroft
vide i suoi occhi luccicare. Forse
una lacrima? Non se lo chiese, ma ciò gli bastò.
Strinse la mano di John. "Abbi cura
del mio fratellino dottore,
lui è stato perseverante e alla fine ha avuto la sua
ricompensa. La sua
famiglia perfetta, insieme a te e Rosie."
"Alla fine Mycroft Holmes si
è arreso ai sentimenti e
all'amore! L'Inghilterra finirà a rotoli, Ice Man." John lo
apostrofò
ridacchiando.
"Vedremo mio buon dottore, ho
sempre la mia parte da
interpretare in futuro." Mycroft sorrise sornione.
"Fratello mio, quando ti senterai
di riprendere il tuo
lavoro, io ci sarò. Parlane con Molly."
Mycroft annuì senza
replicare, lì condusse alla porta del cottage.
Molly
gli era vicina, lo
teneva per la mano. Li videro partire per Londra con la consapevolezza
di un
nuovo inizio.
Molly ritornò vicino al
caminetto acceso, voleva scaldarsi.
Mycroft si staccò donandole un bacio sulla fronte.
"Rimani lì Molly,
dobbiamo
fare un'ultima cosa." Andò velocemente nella camera e
tornò con un foglio
in mano. Glielo porse incerto.
"Che cosa è?" Chiese
stupita.
"Il mio testamento. Quello
che io avevo lasciato poche settimane fa. Le mie ultime richieste."
Lei si scostò
agghiacciata,
respinse la mano che teneva il foglio.
"Non le voglio leggere
Mycroft, né ora, né mai."
"È per quello che te lo
consegno, lo voglio gettare nel fuoco insieme a te. Cominceremo una
vita nuova.
Forse complicata, ma se il tuo amore mi ha salvato adesso, non credo mi
sentirò
mai solo o in difficoltà. E io ci sarò sempre per
te Molly. Non lo scordare."
Presero il foglio tenendolo
stretto insieme e lo gettarono nel fuoco che avvampò e
bruciò in un attimo
tutto il dolore passato di Myc.
Pezzi
di carta incenerita
danzarono nelle fiamme, poi scomparvero per sempre.
"Molly Hooper ti
amo. Prendiamo quello che la sorte ci darà
ora e per sempre."
Molly lo strinse e lo avvicino a
sé. Lo percorse con gli occhi in ogni centimetro del suo
volto sereno. E poi lo
baciò con tutto l'amore che aveva coltivato in quei giorni.
Lui le sollevò il
viso e la ricambiò premuroso.
La luce del giorno sparì
lentamente, ma a loro non importava nulla. C'era la bellezza del loro
amore,
che risplendeva e faceva battere forte i loro cuori pieni di
cicatrici.