Mille sfumature di Sherry

di FalbaLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 初デート ***
Capitolo 2: *** 友情 ***
Capitolo 3: *** 秘密の ***
Capitolo 4: *** ライバル ***
Capitolo 5: *** 愛に戻る ***
Capitolo 6: *** 驚き ***



Capitolo 1
*** 初デート ***


Era oramai passata una settimana da quando Ai Haibara aveva fatto spazio a Shiho Myano e l’unico contatto che la ragazza aveva avuto con il mondo esterno erano state poche parole scambiate con il dottor Agasa e con lui.
Shiho sbuffò lasciando che i suoi capelli ramati si spargessero sul candido guanciale e girandosi su un fianco: con le lenzuola che ancora le lambivano la pelle nuda allungò un braccio nel buio. Tastò per alcuni secondi con decisione sulla fredda superficie del comodino prima di afferrare l’oggetto agognato. Mugugnò infastidita dalla forte luce che il display del suo cellulare stava emanando. Mentre l’oggetto si prendeva il suo tempo per accendersi la ramata si limitò ad affondare il capo nel cuscino lasciando che la sua vista si abituasse nuovamente all’oscurità. Sospirò inquieta domandandosi che ore fossero: era sicura che poco tempo prima il dottor Agasa aveva bussato alla sua porta avvisandola che sarebbe uscito quel pomeriggio, ma la scienziata aveva fatto talmente poca attenzione che neanche si ricordava il motivo. Quello che però non le era sfuggito era stato il tono preoccupato e pensieroso con cui l’inventore oramai comunicava con lei da dietro la sua porta. Un amaro sorriso si dipinse sul volto sciupato della ragazza che si raggomitolò tra le lenzuola: sapeva perfettamente che l’uomo era in pensiero per lei e che con questo suo non vivere lo stava pian piano trasportando insieme a lei in un baratro di depressione da cui non ne sarebbero più usciti.
Chiuse velocemente gli occhi lasciandosi sfuggire una lacrima solitaria: oramai il buio e la paura erano le uniche realtà che conosceva. I sogni avevano abbandonato la sua mente e cupi incubi facevano vibrare di terrore le sue provate membra. Istintivamente la ragazza scosse la testa con decisione come volesse allontanare i dolorosi ricordi dalla sua mente, ma sapeva benissimo quanto fosse inutile questo suo gesto.
Urla, spari e gocce di sangue fecero raggelare Shiho che strinse con forza le lenzuola tra le sue dita come volesse ricordarsi che quello era il presente.
Due mani ghiacciate e pallide sfiorarono con bramosia la sua pelle del collo per poi stringere con forza: Shiho deglutì a fatica sentendo il fiato venirle meno mentre la vita pian piano si allontanava sempre di più dal suo corpo. Un strano rantolio uscì dalla sua bocca carnosa e due occhi color ghiaccio si iniettarono di eccitazione aumentando sempre di più la stretta sul suo collo.
-No!- l’urlo straziante di Shiho rimbombò forte per tutta la residenza squarciando un silenzio malato. La scienziata si guardò impaurita intorno mentre percepiva chiaramente il sangue pompare forte nelle tempie. Freneticamente tastò tutto ciò che la circondava, ma le sue mani erano talmente fredde e tremanti che le sembrò di  sentire ancora quella stretta forte attorno al collo mentre sotto di lei solo il vuoto. Poi un trillo improvviso e vicino la risvegliò da quell’incubo malato che si stava sempre più confondendo con la realtà.
Senza esitazione accese la lampada lasciando che la luce spazzasse via anche i suoi ultimi tremolii.
-Era solo un incubo- sibilò la scienziata lasciando che i suoi occhi scrutassero il suo stravolto riflesso allo specchio. La sua pelle candida aveva fatto posto a un pallore malsano mentre i suoi occhi ,stanchi e ancora impauriti, era contornati da profonde occhiaie violacee che le regalavano un aspetto quasi cadaverico. Ma a Shiho tutto questo non importava, il solo sapere che questa era la realtà la faceva sentire incredibilmente leggera.
Un secondo trillo costrinse la scienziata ad abbandonare la sua immagine e a ricercare tra le candide lenzuola il suo cellulare. Una smorfia amara si dipinse sul suo volto stanco mentre si decise a leggere il messaggio.
“Come stai?”
Due semplici parole la cui richiesta lasciava poco all’immaginazione e che la scienziata sapeva benissimo a chi appartenessero. Lo eliminò immediatamente prima che nella sua mente potesse crearsi anche solo il più piccolo pensiero di rispondergli. Nonostante lui non se ne capacitasse Shiho ora aveva chiesto del tempo, tempo che sparava lenisse le sue profonde ferite, ma che inevitabilmente la stava riducendo all’ombra di se stessa.
Socchiuse le palpebre e rilassò le spalle constatando che era affamata: in quegli ultimi giorni aveva troppi pensieri nella testa e l’appetito era passato in secondo piano. Spesso perdeva la cognizione del tempo fissando le pareti buie e lasciava che la sua mente si cibasse solo della paura.
Con stizza appoggiò i piedi nudi a terra rabbrividendo al contatto con il freddo pavimento, ma non ci badò più di tanto: emozioni come quelle erano oramai l’unica cosa che le ricordavano che fosse viva. Silenziosamente aprì la porta della sua stanza lasciando che i suoi occhi vagassero per qualche istante, almeno per essere certa di essere sola. Poi, con fare aggraziato, si diresse verso la cucina dove un panino avvolto dalla carta stagnola sembrava aspettarla. Involontariamente si lasciò sfuggire un tenero sorriso mentre un foglietto del dottor Agasa le ricordava che non aveva pranzato. Solo in quell’istante la ragazza parve notare il ticchettio dell’orologio appeso al muro e curiosa osservò le lente lancette constatando che erano già le due del pomeriggio passate.
 
Shiho sospirò osservando il suo respiro condensarsi sulla finestra e offuscare il suo riflesso. Era una bellissima giornata soleggiata e, benché la ragazza facesse fatica ad ammetterlo, era contenta di quella piacevole sensazione di calore che i raggi le regalavano sul viso. Osservò di sfuggita un gruppo di piccoli bambini passare veloci davanti a casa sua segno che le lezioni anche per oggi erano finite: incurvò le labbra domandosi che giorno della settimana fosse. Ad un certo punto il trillo del campanello la fece trasalire strappandola da suoi pensieri.
Shiho si guardò intorno sentendo un sentimento di angoscia crescere sempre di più nel suo cuore: non aspettavano alcuna visita e le pareva di essere stata molto chiara con lui nel pregarlo di non farle visita. Lentamente si avvicinò alla porta lasciando che la sua mano scorresse sulla fredda maniglia, ma una volta aperta era talmente poco abituata alla luce che le ci vollero alcuni secondi per mettere a fuoco l’altra figura. Quando i suoi occhi finalmente si abituarono percepì un chiaro tuffo al cuore.
“Ehm, salve” una voce fanciullesca e imbarazzata accompagnò un viso lungo, asciutto e contornato da lentiggini. Shiho strinse con forza la maniglia tra le mani mentre le gambe iniziarono a tremarle.
“Cosa vuoi?” mormorò fredda contraendo i muscoli facciali. Il bambino però prima di parlare lasciò vagare il suo sguardo all’interno della casa come per assicurarsi che l’unica cosa sbagliata in quella abitazione che conosceva così bene fosse la sua interlocutrice.
“Non volevo disturbarla, ma stavo cercando il dottore Agasa”
“Non c’è e tornerà tardi” sibilò lei rimanendo immobile e sperando che queste sue parole servissero a dissuadere quella figura del suo passato.
“Ah va bene , grazie. Mi scusi se sono indiscreto, ma lei per caso è una sua parente?” bofonchiò il bimbo facendo combaciare i loro sguardi e osservandola con attenzione.
“Sì, sono una sua parente e mi sono trasferita da poco qui da lui” sibilò lasciando che il vento estivo trasportasse via la sua frase così poco convincente. Il bambino però non sembrò accorgersene e non trattenne un allegro sorriso.
“Ah davvero? Io sono Mitshuiko, un amico del dottore Agasa” disse allungando una mano verso di lei con fare adulto. Shiho la guardò attonita per qualche secondo prima di assecondare questo suo gesto.
“Shiho” mormorò a fior di labbra mentre quel contatto così familiare le causò un tuffo al cuore. Questa volta Mitshuiko parve accorgersi della velata tristezza che aleggiava sul volto sconosciuto, ma allo stesso tempo familiare della sua interlocutrice.
“Ti serviva per caso qualcosa di urgente dal dottor Agasa?” non sapeva neanche lei il perché di quella domanda: il suo unico pensiero fino a quel momento era stato quello di farlo andare via il prima possibile, ma quella presenza, anche se così breve, le regalava un torpore caldo e accogliente dal quale non voleva staccarsi.
“No, la ringrazio, ma volevo solo chiedergli una cosa su una persona” rispose lui scuotendo la testa e lasciando che i ciuffi ribelli gli ricadessero sulle gote lentigginose. Shiho serrò con forza le labbra osservando minuziosamente ogni suo tratto del viso: il bambino parve accorgersene e arrossì imbarazzato.
“Dammi pure del tu” mormorò la scienziata lasciando che un accennato sorriso si dipinse sul suo volto stanco. Lui annuì debolmente abbassando lo sguardo: la ramata era stata talmente tanto concentrata sui suoi pensieri che scioccamente non si era accorta del viso triste e pensieroso di Mitshuiko. Si morse nervosamente un labbro sapendo già che quello che stava per fare andava contro alle promesse che si era fatta.
“C’è forse qualcosa che ti turba?” bisbigliò abbassandosi lentamente e lasciando che i suoi scompigliati capelli ramati le ricadessero sul viso. Il bambino impacciato storse il suo viso con una smorfia giocherellando nervosamente con le mani.
“N-no” bisbigliò decisamente poco convinto.
“Sei sicuro?” domandò divertita tambureggiando con le dita sul legno della porta. Lui annuì debolmente totalmente assorto.
“Perfetto allora avviserò il dottore Agasa che sei passato” concluse alzandosi nuovamente in piedi e poggiando una mano sulla maniglia.
“In realtà” Shiho non riuscì a trattenere una espressione vittoriosa.
“Conosci per caso la bambina che abitava qui?” quella domanda fece impallidire il viso già martoriato dalla stanchezza della ragazza. Mitshuiko non parve accorgersi della sua inquietudine troppo concentrato nel calibrare le sue parole.
“Si chiamava Ai Haibara “ ci tenne a precisare mentre i suoi occhi brillarono appena pronunciò quel nome.
“Purtroppo qualche settimana fa ha raggiunto i suoi genitori in America e volevo chiedere al dottore se avesse sue notizie” precisò  il bambino grattandosi imbarazzato il capo. Shiho deglutì a fatica domandandosi da quanto tempo non sentisse più quel nome, il suo nome. La sua vita sotto le fanciullesche spoglie di una bambina le sembrava un lontano e caro ricordo che aveva interrotto per troppo poco tempo l’esistenza buia e raccapricciante nella quale stava di nuovo sprofondando.
“Era per caso una tua amica?” all’udire quella domanda Mitshuiko annuì con vigore arrossendo vistosamente. Un tenero sorriso si fece spazio sul volto contrito della scienziata. Come aveva anche solo potuto pensare per un secondo che la sua sparizione improvvisa non avrebbe incupito i cuori puri e innocenti di quei bambini che lei considerava ancora i suo migliori amici?
“La migliore bambina che io abbia mai conosciuto” ci tenne a precisare il bambino riempiendosi di un improvviso coraggio.
“Ti manca?” subito Shiho serrò le labbra con forza maledicendosi di quella domanda che le era involontariamente sfuggita dalla bocca. Cosa voleva ottenere da quel interrogativo? Voleva seriamente intristire ulteriormente Mitshuiko solo per gratificarsi?
“Molto” rispose convinto il bambino sorridendo. Dai suoi occhi non trasparì alcuna tristezza, ma solo quel grande affetto che provava per lei e che goffamente aveva provato a nasconderle.
“Sono sicura che anche tu manchi molto a lei” sussurrò sentendo sempre di più gli occhi pizzicarle. Ma quelle non erano lacrime di paura, di terrore o di tristezza: no, erano decisamente diverse da quelle che negli ultimi giorni avevano rigato ripetutamente il suo viso. Lui innocentemente le posò la mano sulla spalla e quel semplice contatto bastò per farle tornare il sorriso sulle labbra.
“Se fosse qui di fronte a te cosa vorresti chiederle?” Mitshuiko aggrottò la fronte pensoso. Si prese alcuni secondi per rimuginare come se quella fosse la risposta più importante della sua vita. Poi il suo viso lentigginoso si illuminò arrossendo lievemente.
“Le domanderei se le andrebbe di uscire con me” sibilò impacciato abbassando lo sguardo a terra.
“Se è davvero una bambina speciale come mi hai detto sono sicura che risponderebbe di sì” immediatamente gli occhi di Mitshuiko brillarono di felicità e di speranza.
“Davvero?” bisbigliò non trattenendo l’entusiasmo come se sapesse realmente che quella ragazza davanti a lui era la stessa bambina che tanto gli mancava. Shiho annuì portandosi dietro all’orecchio una ciocca di capelli ramati.
“Qualsiasi ragazza dovrebbe ritenersi fortunata ad uscire con un bambino così in gamba come te” ci tenne a precisare incrociando le braccia al petto. Mitshuiko all’udire quelle parole si dipinse di un rosso vermiglio e iniziò a balbettare qualcosa che però non venne udito da Shiho.
“Ma a me non interessano le altre bambine, io avrei voluto che il mio primo appuntamento fosse con lei” mormorò incurvando le labbra in una smorfia.
“Forse quella bambina non è così fantastica come me l’hai descritta se si è lasciata sfuggire un primo appuntamento con te” Mitshuiko guardò sbigottito la sconosciuta allontanarsi dall’uscio ed afferrare velocemente una piccola borsetta lasciata sul tavolo. Poi, senza reprimere un’aria estremamente divertita, afferrò le chiavi vicino all’uscita e richiuse la porta dietro alle sue spalle. Il bambino la osservò perplesso sistemarsi i capelli ramati in una coda prima di ritornare a volgere il suoi occhi grigi e limpidi sul suo interlocutore.
“Mitshuiko mi faresti l’onore di essere il tuo primo appuntamento?”
 
Shiho si portò istintivamente le dita al volto sentendo qualcosa di strano rigarle le guance: rabbrividì osservando il sangue vermiglio creare un orrendo contrasto con le sue pallide e tremanti dita. La presa sul suo collo intanto si fece sempre più debole mentre lo sguardo del mostro davanti a lei si perse nei suoi occhi. Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa la sua stanca figura venne brutalmente scaraventata a terra. Tutto intorno a lei iniziò a girare mentre il botto scaturito dallo schianto che la sua testa aveva fatto con il freddo pavimento le rimbombò nel cervello. Una smorfia di dolore venne accompagnata da un rantolio soffocato mentre a fatica la ragazza tentò di rialzarsi: aveva ancora la vista tremendamente offuscata, ma non le fu difficile individuare i lunghi capelli dorati sparsi a terra poco lontano da lei. L’uomo intanto la fissava con uno strano ghignò dipinto sul volto mentre copioso sangue si stava sempre più espandendo sul terreno all’altezza del suo petto. Il suo interlocutore sussurrò qualcosa, ma il dolore alla testa era talmente forte che la scienziata udì solo un flebile sussurro. Intanto intorno a lei percepì dei passi ai quali non bado: la sua più completa attenzione era unicamente riservata alle membra sempre più deboli dell’uomo affianco a lei. Lentamente strisciò fino alla sua figura: sentiva ancora le vene pulsare all’altezza del collo, ma non ci badò. Osservava sconvolta il momento che da troppo tempo pensava di desiderare, ma che ora le provocava un dolore superiore a quello fisico. Il suo interlocutore parve riconoscere la paura e il terrore visibile dai suoi occhi e si lasciò sfuggire un sorriso malato  e lussurioso: respirando a fatica alzò una mano tremante e debole in direzione della pallida guancia della ragazza sporca del suo sangue. Shiho osservò questo gesto a rallentatore come se non fosse neanche fisicamente presente in quel momento: se fino a pochi secondi prima aveva ripudiato qualsiasi contatto con quell’uomo ora provava un estremo desiderio di sentire la sua pelle sulla sua. Rabbrividì di fronte a quella considerazione mentre il cervello le ordinava di scappare, di scansarsi dal quel gesto. Ma lei non lo fece, si limitò a tremare e a guardarlo con i suoi occhi grigi ricchi di terrore.
Lui parve capire perfettamente l’orrendo conflitto che si stava svolgendo dentro quella piccola figura e rise di gusto mentre il sangue iniziò a sgorgare copioso dalla sua bocca. Shiho chiuse gli occhi con forza lasciando che le lacrime rigassero  le pallide guance mescolandosi con il suo sangue. Voleva solo sentire il suo calore sul suo viso, desiderava quel contatto malato solo per quell’ultima volta, ma questo non avvenne. La morte sopraggiunse veloce e la vita abbandonò le squarciate membra del suo aguzzino: a Shiho non rimase che fissare immobile l’uomo dalla lunga chioma bionda esalare il suo ultimo respiro. Un grido di dolore si sprigionò dal suo corpo non lasciandole neanche il tempo di capire se il senso di sollievo prevalesse su quello del rimpianto.
-Shiho?- la scienziata sbatté con decisione le palpebre risvegliandosi dai suoi ricordi. Leggermente allarmata si guardò intorno mentre nuovamente le grida allegre dei bambini e l’ abbaiare dei cani vennero uditi dalle sue orecchie.
-Scusami Mitshuiko, ero sovrappensiero- sibilò lasciandosi sfuggire un piccolo tremolio delle labbra. Lui la osservò pensieroso corrucciando la fronte come se avesse seguito in silenzio lo sprofondare della mente di Shiho in quei ricordi malati. Poi lasciò che la schiena aderisse alla scomoda panchina del parco in cui si erano diretti.
-Ti stavo per caso annoiando?- mormorò corrucciando la fronte. Shiho serrò le labbra mentre i caldi raggi solari solleticarono il suo corpo ancora tremante.
-No, assolutamente anzi mi sto divertendo molto- rispose lasciandosi sfuggire un sorriso sincero. Il bambino, di fronte a quel gesto, si illuminò.
-Aspetta qui- urlò alzandosi improvvisamente e correndo via: a Shiho non rimase che osservare confusa il bambino allontanarsi percorrendo una delle tante vie del parco. Una volta che fu sola si portò istintivamente le mani al petto. Il suo cuore batteva veloce mentre percepiva ancora perfettamente la sensazione che il caldo liquido rosso le aveva provocato scivolando sulle sue guance. Scosse la testa con decisione: quelli erano solo stupidi ricordi lontani ai quali non poteva abbandonarsi. Inspirò ed espirò lentamente per alcuni minuti rilassandosi di fronte al battito che si fece sempre più regolare. Doveva smetterla di vivere nel passato altrimenti che senso aveva avuto essere salvata quella sera? Eppure la sensazione di desiderio che quell’ultimo tocco si realizzasse era ancora forte ed era accompagnata da un sentimento di ribrezzo: non per quell’uomo che oramai era solo un oscuro fantasma del suo passato, ma per se stessa. Perché lei non si era allontanata, lei aveva ricercato nuovamente un piccolo gesto che la legasse a lui. Ma purtroppo questa sensazione non era come i violacei lividi che avevano deturpato il suo collo: loro avevano lentamente fatto posto alla sua chiara carnagione, quel sentimento l’avrebbe accompagnata per tutta la vita facendola sentire sporca e malata.
-Tieni- l’imbarazzata voce di Mitshuiko la costrinse ad aprire gli occhi che non riuscì a non sgranare. Davanti al suo pallido volto vi era una bellissima e profumata rosa rossa che teneramente il bambino le stava porgendo.
-È un regalo per te- ci tenne a precisare il suo interlocutore abbassando lo sguardo a terra e non reprimendo un lieve rossore che accompagnò la sua pelle lentigginosa.
-Grazie- sussurrò colpita lasciando che le sue dita scorressero sul verde gambo del fiore. Poi permise che i rossi pelati solleticassero il suo naso beandosi del dolce profumo.
E quel gesto così tenero e innocente la fece sentire per pochi secondi nuovamente viva.
 
-Siamo arrivati- disse seria Shiho lasciando che i suoi grigi occhi osservassero di sfuggita la casa del dottor Agasa.
-Grazie per avermi accompagnato- precisò sciogliendo i suoi capelli ramati che le ricaddero ribelli sul volto. Mitshuiko sorrise impacciato giocherellando nervosamente con le mani.
-E per questo stupendo primo appuntamento- all’udire quelle parole così sentite il bambino sgranò gli occhi lasciando che brillassero di speranza e felicità.
-Davvero ti sei divertita? – esclamò distendendo i muscoli della sua fronte. Shiho annuì chinandosi e accarezzando la spalla del piccolo con la mano.
-È stato perfetto- mormorò mentre un tenero sorriso illuminò il suo volto.
-Però manca una cosa per renderlo realmente un primo appuntamento- aggiunse e prima che Mitshuiko potesse parlare si avvicinò lentamente al suo viso. Poi, dolcemente, baciò la guancia lentigginose del bambino che immediatamente  si dipinse di rosso scarlatto. Senza aggiungere altro si alzò velocemente in piedi e al bambino non rimase che osservare confuso, ma felice la ragazza richiudere dietro di lei il cancello.
Shiho appoggiò esausta la schiena sulla porta: calde lacrime iniziarono a rigarle veloci le guance mentre strinse con forza la rosa tra le mani. Sentiva il cuore scoppiarle nel petto, ma questa volta era accompagnato da un caldo sentimento che immediatamente la fece sentire felice. Serrò le labbra con decisione lasciando che il dolce profumo della rosa la circondasse regalandole una leggerezza che pensava per sempre di aver perso. Quella sera lei non era morta, lui l’aveva salvata strappandola da un passato ricco di dolore e sconforto e lei doveva ricordarselo: lei era viva e libera. Non poteva certamente cancellare tutto ciò aveva dovuto sopportare ,ma poteva conservarlo con bramosia in modo tale che le ricordasse quanto fosse fortunata. Non sarebbe stato facile, ma a lei non importava. Ci doveva riuscire, non solo per se stessa, ma per tutte quelle persone che la amavano incondizionatamente.
Improvvisamente un trillo insistente costrinse la ragazza a levare i suoi occhi lucidi in direzione del tavolo della cucina.
“Shiho?!” una voce preoccupata si originò dalla cornetta.
“Si può sapere perché non rispondi alle mie chiamate? È tutto il pomeriggio che provo a telefonarti e mi sono preoccupato davvero!” la sgridò il ragazzo. Un sorriso involontario si dipinse sul volto felice della ragazza che fece scivolare il suo sguardo sulla rosa che ancora teneva tra le mani.
“Scusami, ero fuori” sibilò con pacatezza, ma senza riuscire a reprimere una nota allegra nel suo tono. Il suo interlocutore parve accorgersene e schioccò le labbra sorpreso.
“Sei sicura di sentirti bene?” domandò rilassando la voce e senza riuscire a capire che fine avesse fatto la ragazza triste e arrabbiata con il mondo con cui si era amaramente abituato a dialogare nell’ultima settimana.
“Non sono mai stata meglio. Oggi ho finalmente capito che voglio vivere anche io, Shinichi
 

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Capitolo 2
*** 友情 ***


Shiho si appoggiò distrutta ad una delle tante transenne: sospirò passandosi le dita sulle tempie sudate. I suoi occhi grigi osservarono in lontananza i tre piccoli Detective Boys che correvano per di fiato per le piccole stradine di quel parco divertimenti. Un piccolo sorriso comparì sul suo volto chiedendosi come facessero, nonostante l’intera giornata passata a spostarsi da una giostra all’altra, ad avere ancora così tante energie. Piegò un angolo delle labbra chiedendosi se quei bambini avrebbero mai smesso di sorprenderla. Osservò intenerita i grandi occhi di Ayumi levarsi verso il cielo sempre più buio e che stava abbandonando le sfumature calde e aranciate.
Era oramai passato un anno da quando si era impossessata del suo vero corpo, della sua vera identità e della sua vera e nuova vita eppure non era riuscita a staccarsi dalle esistenze di quei piccoli esseri. Nei loro tre piccoli cuoricini percepiva ancora una ferita non pienamente rimarginata per la scomparsa quasi improvvisa di Ai Haibara, ma con il tempo era riuscita a guadagnarsi nuovamente la loro fiducia promettendo a loro, ma soprattutto a se stessa, che non li avrebbe mai più abbandonati.
Una leggera brezza serale accarezzò dolcemente le gote rosee e accaldate della ragazza provocandole un leggere brivido che scosse le sue membra stanche. Lentamente scostò una manica del suo maglione scrutando le lente lancette del suo orologio. Nonostante si fosse fatto decisamente tardi i tre bambini l’avevano pregata di rimanere per osservare lo spettacolo di fuochi d’artificio che si sarebbe svolto a minuti.
Lei, irremovibile, non aveva accettato, ma per sua sfortuna non era venuta da sola. Il suo sguardo ricadde sulla snella ragazza che, abbandonato il braccio del giovane accanto a lei, incurvò la schiena accarezzando dolcemente la capigliatura castana e sbarazzina di Ayumi.  La bambina sorrise contenta di fronte a quel gesto mentre dal suo viso trasparì la completa fiducia che riservava per la Mouri. Shiho percepì chiaramente i muscoli irrigidirsi, ma non riuscì a capire se fosse a causa del freddo.
-Shiho- una voce squillante e acuta venne accompagnata da una mano che si posò sulla sua spalla.
-Andiamo? Gli altri ci stanno aspettando- commentò la castana non riuscendo a reprimere un fanciullesco entusiasmo. Gli occhi di Shiho si assottigliarono davanti alla Toyama mentre istintivamente si portò una mano tra i mossi capelli ramati.
-Mi riposo un attimo e poi vi raggiungo- sibilò lasciando che le sue parole fossero udite dalla sua interlocutrice solo come un sussurro. L’altra per un attimo la scrutò con attenzione prima di sorridere nuovamente allegramente. Le labbra carnose della ramata si incurvarono domandosi perché sorridesse sempre.
-Va bene, ma cerca di non perderti l’inizio dei fuochi- la ammonì accelerando il passo e dirigendosi verso il gruppetto poco lontano da loro. Shiho schioccò le labbra senza neanche farci troppo caso alle parole di Kazuha: il suo sguardo invece pareva molto più interessato. La vide chiaramente passare un pacco di popcorn a Genta che iniziò a saltellare felice per poi limitarsi, a bocca piena, a sedersi sul prato. Kazuha di fronte a quel ragazzino così buffo non riuscì a reprimere una piccola risatina alla quale si aggiunse anche quella della Mouri. Poi un ragazzo, che fino a quel momento era rimasto leggermente in disparte, si avvicinò alla ragazza di Osaka sussurrandole qualcosa nell’orecchio. Quella, in un primo momento sorpresa dalla sua richiesta, rivolse il suo dito verso di lei.
Shiho roteò gli occhi mentre le prime luci serale si riflessero sulla sua candida carnagione. Shinichi fece un passò indietro allontanandosi da Kazuha mantenendo il suo sguardo fissò sulla figura della scienziata. Poi, con un rapido gesto, le fece segno di raggiungerli lasciandosi sfuggire una smorfia allegra e contagiosa. La ramata si morse nervosamente un labbro alzando un braccio, ma questo suo gesto venne bloccato dalla figura della Mouri che si affiancò a quella del detective. Lui percepì immediatamente la sua presenza e la avvolse con un braccio lasciandosi sfuggire una espressione di pura felicità: velocemente la mano di Shiho si fece talmente pesante da costringerla ad abbassarla. Poi, cercando di non mostrare inquietudine su quel viso che Shinichi sapeva leggere alla perfezione, indicò il suo cellulare sperando che questa scusa, decisamente poco plausibile e improvvisata, le bastasse per guadagnare altro tempo da spendere in disparte. Ran ingenuamente intuì il suo presunto impegno al telefono e annuì gentilmente ritornando a regalare la sua più completa attenzione ai Detective Boys, ma Shinichi invece indugiò troppo sulla figura alta e formosa della amica corrucciando la fronte. Shiho immediatamente allontanò il suo sguardo lasciando che il display del suo cellulare illuminasse le sue iridi. Aspettò un paio di secondi fissando con finta concentrazione l’oggetto che teneva tra le mani e quando finalmente alzò gli occhi osservò che anche il Detective liceale aveva desistito dal raggiungerla e che stava parlando animatamente con le due castane.
Una piccola smorfia si dipinse sul volto contrito della scienziata che si stiracchiò non capendo quel gesto involontario: dopotutto non voleva che la raggiungesse, giusto?
Un botto di inizio spaventò Shiho mentre la gente attorno a lei si lasciò sfuggire un sussulto eccitato.
-Cosa ci fai qui? - quella domanda non la scompose affatto, ma creò solo una espressione infastidita sul suo volto.
-Ho ricevuto una chiamata importante- mentì appoggiando entrambi i gomiti sulla transenna dietro di lei. Rabbrividì di fronte a quel contatto gelato, ma non lo diede a vedere.
Heiji dal canto suo, non pienamente soddisfatto di questa sua risposta, si portò una manciata di popcorn alla bocca masticando con bramosia. Shiho alzò indispettita un sopracciglio mentre nuovamente il silenzio era calato tra i presenti.
-Potresti masticare un po’ più piano? - lo ammonì guardandolo di sbieco. Lui sbuffò sonoramente come era solito fare quando parlava con lei.
-Se non ti conoscessi penserei che hai appena concluso una telefonata con il tuo peggior nemico- la ramata si limitò ad alzare un sopracciglio non capendo a cosa quel detective di Osaka volesse alludere.
-Ma per fortuna so che l’acidità è un tratto distintivo del tuo carattere- borbottò portandosi un’altra mangiata di popcorn in bocca e stando attento a fare ancora più rumore del previsto. Shiho iniziò a tambureggiare nervosamente sulle fredde transenne chiedendosi perché non si decidesse ad andarsene.
-Allora immagino che tu non abbia voglia di tornare dagli altri- disse Heiji accartocciando il cartone che precedentemente conteneva lo snack e lanciandolo, con successo, in un cestino poco lontano.
-Esatto quindi perché non te ne vai? - rispose con tono neutrale fissandolo con insistenza. Il ragazzo di Osaka deglutì a fatica visto che quello sguardo indagatore e glaciale non lo faceva mai sentire a suo agio.
-Non posso fare compagnia alla mia amica Shiho? - domandò lui con voce divertita conoscendo perfettamente che questo avrebbe disturbato la sua interlocutrice.
-Io non sono tua amica- impassibile osservò il ragazzo accanto a lei accigliarsi.
-Io sono amica di Kudo e anche tu lo sei. L’amicizia è priva della proprietà intrinseca- specificò incrociando le braccia solo al petto. Al detective di Osaka non rimase che sospirare sonoramente domandandosi se lo faceva apposta a usare quei termini in sua presenza.
-Beh, sappi che io ti considero mia amica-
-Fai come ti pare- mormorò lei tagliente facendo per un attimo desistere il ragazzo dal rimanere, da solo e privo di difese, con lei.
-Posso dirti una cosa?- quella domanda parve prendere in contropiede la ragazza che lasciò perdere la sua espressione seccata per incurvare le labbra.
-Cambierebbe qualcosa se ti dicessi di no?- ribatté lei scrutando la pelle abbronzata di Heiji. Lui alzò le spalle mantenendo la sua aria concentrata e ignorando deliberatamente le sue ultime parole.
-Non pensavo che avresti preso l’antidoto- il suo discorso era talmente improvviso e fuori tema che lasciò per alcuni secondi interdetta la ramata.
-Avevo ipotizzato che saresti rimasta Ai Haibara- ci tenne a precisare Heiji incrociando le braccia dietro la testa. Poi, volutamente, si prese alcuni istanti per rimuginare.
-Ho sempre pensato che non avessi fatto questa scelta per te stessa, ma per qualcun altro- Shiho incurvò le labbra osservando lo sguardo di Heiji dirigersi verso il gruppetto poco lontano da loro. I muscoli si irrigidirono sapendo perfettamente a chi quello strambo ragazzo stesse alludendo.
-Ti sbagli, la mia decisione non ha avuto niente a che fare con lui- disse velocemente osservando di sbieco il cielo tappezzato di  stelle. Stava mentendo, lo sapeva benissimo, ma il suo unico obiettivo era di convincere lui, per quanto riguardava il suo cuore ci avrebbe pensato un’altra volta.
-Voglio crederti davvero, Shiho- il suo tono era calmo e sereno, privo di qualsiasi giudizio, e la ramata capì che qualsiasi cosa lei gli avesse risposto il ragazzo le avrebbe creduto, o almeno ci avrebbe provato.
-Io non so cosa tu abbia passato e non sono tenuto a saperlo: in quella terribile vicenda ho fatto solo da comparsa, ma se c’è una cosa che so è che ti meriti finalmente di vivere per te stessa- quelle parole furono accompagnate da un secondo botto che rianimò nuovamente gli spettatori accanto a loro. Shiho sorrise lasciando che dal suo sguardo sfuggisse un po’ di ammirazione per quel ragazzo. Heiji leggermente imbarazzato per questo suo gesto si grattò nervosamente la testa.
-E poi- ci tenne a precisare mentre un terzo e ultimo botto a vuoto scandì l’inizio dello spettacolo dei fuochi d’artificio.
-Sei una ragazza troppo bella e intelligente per correre dietro a un citrullo come quello- precisò non reprimendo un sorriso scaltro e sornione. Shiho, che non si aspettava decisamente quelle parole, rimase per un attimo interdetta, ma per fortuna ogni suo dubbio venne spazzato via da un primo fuoco d’artificio il cui rosso scarlatto venne riflesso nelle iridi della giovane.
I due trascorsero i restanti cinque minuti nel più completo silenzio con il capo all’insù e lasciandosi trasportare da quel meraviglioso spettacolo. Poi un ultimo botto, accompagnato da brusii di lamentale e delusione, decretò la fine di quell’evento.
-Io proporrei di tornare dagli altri, dopotutto Kazuha si starà domandando che fine io abbia fatto- mormorò Heiji con timore mentre, poco lontano da loro, la sua ragazza fissava irritata e accigliata la folla gremita di gente. Shiho annuì in silenzio mentre i meravigliosi colori dei fuochi ancora non si decidevano a lasciare la sua mente.
-Tu vai pure, io vi raggiungo subito- decretò continuando a mantenere gli occhi chiusi e permettendo al debole vento di scompigliarle leggermente la chioma. Lui alzò le spalle arrendevole prima di accelerare il passo.
-Heiji?- il suo nome, pronunciato dalla sua bocca carnosa, fece fermare la corsa del ragazzo che però non si voltò.
-Si?-
-Sei un buon amico- concluse osservandolo raggiungere gli altri.
Divertita vide la ragazza di Osaka schiumare di rabbia iniziando a tartassarlo di domande su dove fosse stato per tutto lo spettacolo e soprattutto con chi mentre Shinichi e Ran, inutilmente, tentavano di placarla. Poi la scienziata, sicura del fatto che non aveva alcuna intenzione di mettersi in mezzo all’inutile discussione, si incamminò verso il gruppetto dal quale delle scuse petulanti si levavano sempre più forti.
Forse, pensò, quel giorno aveva guadagnato un amico.

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Capitolo 3
*** 秘密の ***


Due occhi grigi, stanchi e contornati da profonde occhiaie osservavano curiosi le strade sempre più buie e isolate di Beika. Shiho sbadigliò sonoramente facendo combaciare la sua schiena con lo schienale della sedia e accavallando le gambe. Le prime luci artificiali iniziarono a illuminare i freddi marciapiedi mentre udì distintamente l’ennesimo tintinnio della campanella accompagnare il richiudere della porta del locale. Velocemente spostò il suo sguardo osservando che oramai era rimasta sola all’intero del Caffè Poirot. Sbuffò guardando di sfuggita le lente lancette del suo orologio da polso e constatando che oramai il locale si stava avvicinando alla chiusura. Senza far trasparire alcuna fretta nei suoi gesti si portò la tazzina di caffè fumante in prossimità delle labbra lasciando che il vapore solleticasse le gote eccessivamente truccante.
All’improvviso, al di fuori della vetrata, passò una figura estremamente familiare che si illuminò notando il suo volto. Gentilmente alzò una mano in segno di saluto, ma all’altra persona quel gesto non sembrò bastare.
-Shiho- una voce dolce e allegra costrinse la ramata a distogliere il suo sguardo dal cielo tappezzato di stelle.
-Ciao- rispose pacata poggiando la tazzina sul piattino di ceramica. La castana richiuse dietro di sé la porta del locale dirigendosi verso di lei senza trattenere un brivido causato dalle fredde temperature invernali.
-Come stai? Stavi per caso aspettando qualcuno?- domandò gentilmente avvicinandosi a lei e sedendosi di fronte. Shiho, a fatica, decise di reprimere una smorfia infastidita causata da quella persona così indesiderata.
-Tutto bene, grazie. Stavo solo prendendo un caffè – mentì passandosi una mano tra i capelli ramati. Ran la fissò interdetta per qualche istante non completamente soddisfatta di questa sua risposta.
-E tu? Come mai sei ancora in giro a quest’ora?- mormorò Shiho cercando di cambiare argomento: sapeva che quando la Mouri si fissava su qualcosa era difficile farla desistere dallo scovare la verità. La interlocutrice le sorrise debolmente soffiando sulle dita congelate.
-Sono andata in farmacia a prendere alcune medicine per mio padre. Sai, è a letto con la febbre da un paio di giorni- replicò alzando le spalle e lasciando che i suoi lunghi e lisci capelli le ricadessero sul petto.
-Ah- rispose la scienziata con tono neutrale osservando la piccola bustina di medicinali che la castana aveva appoggiato sul tavolo che le separava.
-Prima però sono passata a casa di Shinichi a vedere come stesse. Anche lui si è preso un terribile raffreddore-
-Lo so- tagliò corto la ramata bevendo un altro sorso del suo caffè ancora bollente. Quella stessa mattina infatti, prima di andare in laboratorio, aveva fatto visita al suo vicino di casa per assicurarsi che stesse prendendo le medicine che gli aveva consigliato.
Ran, di fronte a quella sua risposta così tagliente, inclinò il capo.
-Immaginavo- sospirò appoggiando i gomiti sul tavolo. Una nota malinconica trasparì dai suoi profondi occhi marroni, cosa che non sfuggì per niente alla ramata. Nonostante quella ragazza rappresentasse il suo più completo opposto le risultava estremamente semplice percepire i suoi pensieri.
-Allora come sta andando il tuo ultimo anno del liceo?- domandò Shiho scrutandola con insistenza. Ran arrossì lievemente di fronte a quel gesto così insistente che la faceva sentire estremamente a disagio. In realtà la sola presenza della ramata la metteva in soggezione, ma dopotutto era la migliore amica di Shinichi e oramai era una presenza fissa anche della sua vita. Indugiando studiò attentamente la carnagione pallida di Shiho smorzata dal brillante ramato dei suoi capelli. Negli ultimi mesi si era fatta crescere i capelli oltre le spalle e Ran doveva ammettere che così era anche più bella. Una smorfia amara si dipinse sul suo viso: in realtà l’aspetto fisico quasi perfetto di Shiho era evidente a tutti anche prima di quel nuovo tagliò di capelli. Era di una bellezza rara, molto inusuale, un miscuglio perfetto tra occidentale e orientale. Poi il suo carattere così misterioso la rendeva irresistibile e intrigante agli occhi di molti, persino ai suoi. Ran si era spesso domandata come apparisse lei di fianco a quella ragazza così perfetta, ma soprattutto come apparisse agli occhi di Shinichi.
-Allora?- il tono acido e lievemente scocciato scosse la Mouri dai suoi pensieri.
-Sta andando molto bene anche se so già che sentirò la mancanza del liceo- rispose frettolosamente lasciandosi sfuggire poche parole scomposte. Shiho avvicinò nuovamente la tazzina di caffè alle sue labbra socchiudendo gli occhi.
-Immagino- bisbigliò. In realtà aveva detto questa parole solo per circostanza, lei, Shiho Myano, non era mai stata al liceo né aveva potuto vivere molte delle prime esperienze alle quali la Mouri si era appena affacciata.
-Tu invece con il tuo lavoro in laboratorio?- la professione di quella ragazza poco più grande di lei era da sempre uno dei tanti misteri che accompagnavano la sua figura. Più volte aveva udito il suo fidanzato parlarne con Shiho, ma ogni volta che era troppo vicina i due cambiavano discorso. Aveva provato a confrontarsi con il detective liceale per ricavare più informazioni su quella ragazza che oramai conosceva da un paio di anni, ma che appariva ancora come una perfetta sconosciuta davanti ai suoi occhi. Lui però era sempre così vago da farle pensare che nascondesse qualcosa. A fatica deglutì mentre una domanda, che da troppo tempo attanagliava la sua mente, le solleticò le labbra.
-Tutto normale- tagliò corto la ramata che come suo solito non voleva sbilanciarsi con le informazioni.
-Mi fa piacere, immagino ti prenda molto tempo- sospirò Ran appoggiando il mento al palmo della mano e permettendo ai suoi capelli castani di ricadere sulla superficie del tavolino.
-Abbastanza - rispose Shiho increspando le labbra in una smorfia.
-In realtà- la ripresa della risposta da parte della ramata sorprese la Mouri che già si stava apprestando a pensare a un’altra domanda da rivolgerle per non cadere in quel silenzio imbarazzato che tanto la metteva a disagio.
-Nell’ultimo periodo ho avuto molto da fare- sbuffò lasciando trasparire la stanchezza sul suo viso. Ran di fronte a quella risposta incurvò le sopracciglia: effettivamente le sue visite a casa Kudo si erano fatto molto più sporadiche nell’ultimo mese. Quel pizzico di informazione personale della vita di Shiho regalò un minimo di coraggio alla castana per permetterle di indagare ulteriormente sulla esistenza misteriosa della sua interlocutrice.
-Un giorno mi piacerebbe vedere dove lavori- mormorò lasciandosi sfuggire un dolce sorriso. Shiho però si limitò a sorseggiare nuovamente il caffè.
-Ti annoieresti soltanto, non vi è niente di interessante nel mio lavoro-
-Beh, immagino che almeno ci siano dei colleghi simpatici e carini- provò a dire sperando che questa sua domanda, forse troppo avventata, non provocasse un irrigidimento nella figura della scienziata. Stranamente però Shiho si limitò a reclinare il capo d’un lato scioccando le labbra.
-A me non interessano queste cose- disse seria non lasciando trasparire alcuna emozione dal suo viso. Ran arricciò il naso rendendosi conto di essersi spinta un po’ troppo oltre.
-Scusami- bisbigliò lasciando trasparire un tremolio dal suo labbro inferiore.
-E solo che sei così bella che ho immaginato avessi molti pretendenti- continuò giocherellando nervosamente con le lunghe dita affusolate. Shiho la osservò impassibile per alcuni secondi prima di soffiare delicatamente sul caffè.
-Non farti strane idee- mormorò portandosi una ciocca ramata dietro all’orecchio e lasciando che sulla sua candida carnagione del viso venissero messe in risaltano delle violacee occhiaie.
-Su cosa?- biascicò imbarazzata la Mouri percependo come se quella strana ragazza potesse leggerle nella mente. Shiho, di fronte a questo suo commento, si lasciò sfuggire un accennato sorriso divertita da quella situazione.
-Tra me e Shinichi non c’è niente da quel punto di vista- tagliò corto la ramata lasciando che i suoi occhi grigi si specchiassero in quelli sorpresi della Mouri. Ran si sentì avvampare: provò a dire qualcosa, ma la gola era talmente secca per l’imbarazzo da impedirle di pronunciare qualsiasi tipo di parola.
-Siamo solo amici- continuò Shiho percependo la sua interlocutrice estremamente in difficoltà.
-Diciamo compagni di avventura- ci tenne a precisare non riuscendo a reprimere una breve risata che celò con maestria dietro la mano.
In quel momento Ran si sentì morire dentro dall’imbarazzo: come aveva anche solo potuto dubitare di Shinichi e del sentimento che li legava?
-Questo non spiega il motivo per cui io non ti piaccio- Shiho sorpresa alzò un sopracciglio interrogativa. La Mouri pareva aver nuovamente riacquistato un minimo di sicurezza e ora era lei a scrutarla con attenzione lasciando trasparire la determinazione nei suoi occhi.
-Ci deve sempre essere un motivo?- rispose alzando le spalle.
-Allora è vero che non ti piaccio, non me lo sono inventata-
-Non devi fartene un cruccio, probabilmente sono facilmente decifrabile solo dai detective- commentò non riuscendo a reprimere una piccola risata. Un sorriso rilassato e dolce si fece nuovamente spazio sul volto della Mouri che si domandò se fosse la prima volta che la vedeva ridere in sua presenza. Poi, senza alcun riservo, allungò la sua mano verso quella della sua interlocutrice stringendola con forza.
-Io però non mi arrendo molo facilmente-
-Sì, così mi è stato detto- rispose sincera Shiho e Ran percepì finalmente i suoi muscoli rilassarsi.
-Shiho scusami per il ritard…- una terza figura si aggiunse a quelle due ragazze: Tooru Amuro apparve da una delle porte di servizio con ancora la camicia sbottonata. Il suo sguardo sorpreso però cadde sulla mora che non si aspettava assolutamente di trovare lì.
-Tooru?-
-Ehm ciao Ran, come stai?- mormorò sorpreso il ragazzo sfoderando uno dei suoi tipici sorrisi gentili. I suoi occhi blu passarono velocemente dalla figura interrogativa della Mouri a quella composta e seria della scienziata.
Ran arricciò il naso scrutando il nuovo arrivato prima di fissare nuovamente la sua interlocutrice. Shiho, per niente interessata a quello che accadeva intorno, continuava a fissare assorta le grigie strade di Beika. La castana si morse debolmente un labbro notando solo in quel momento che Shiho si era truccata più del solito.
-Oh scusate, ma io devo proprio andare- sibilò alzandosi goffamente dal divanetto e afferrando il sacchetto di medicine da sopra il tavolo. Questo suo gesto così scomposto e imbarazzato fece comparire un sorriso divertito sul viso della scienziata.
-Ma tranquilla, è stata colpa mia che vi ho interrotte- provò a giustificarsi Rei percorrendo gli ultimi passi che lo separavano dalle due ragazze e indossando il suo cappotto.
-No, mio padre mi sta aspettando- provò a mormorare la Mouri mentre le sue guance si dipinsero velocemente di un rosso vermiglio. I suoi occhi scorrevano veloci da una figura all’altra mentre finalmente intuì il motivo per qui aveva trovato Shiho lì.
-Ma guarda che deve esserci stato un equivoco…-
-Ciao Ran- disse Shiho interrompendo le parole del biondo e mettendo fine a qualunque stupida scusa Rei stesse per accennare. Senza proferire altre parole la castana si diresse velocemente verso la porta mimando un breve inchino prima di uscire.
-Ah- immediatamente Ran si fermò sull’uscio lasciando che l’aria gelida invernale penetrasse all’interno del locale.
-Potresti non dire niente a Shinichi?- disse Shiho passandosi una mano tra i capelli ramati.
-Sai quanto può essere impiccione quando si mette di impegno- mormorò lasciandosi sfuggire un sorriso al quale la castana rispose volentieri.
-Tranquilla Shiho, sarà il nostro piccolo segreto- concluse Ran incamminandosi veloce verso casa e non riuscendo a trattenere un dolce sorriso.

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Capitolo 4
*** ライバル ***


-Wow che spettacolo! -
Shiho non badò affatto al commento che proveniva a pochi passi da lei, ma lasciò che i suoi occhi, troppo truccati per i suoi gusti, osservassero la sfilza di bancarelle lasciandola piacevolmente colpita.
-Ve lo avevo detto che non potevamo perderci un evento del genere- ci tenne a precisare Sonoko allontanando con stizza i capelli dietro all’orecchio. La ramata sospirò di fronte a quel tono che trovava estremamente petulante e fastidioso e continuò a seguire il gruppetto di cinque giovani che si trovavano a pochi passi da lei.
-Mi domando perché anche a Osaka non facciano evento così per la Festa della Luna- commentò Kazuha sbattendo le mani con fare bambinesco e lasciando che le ampie maniche del suo kimono verde smeraldo seguissero i suoi movimenti. Il ragazzo abbronzato che come lei fino a quel momento era rimasto in disparte sospirò sonoramente cosa che non sfuggì alla sua amica d’infanzia.
-Io la trovo solo una perdita di tempo- bofonchiò con faccia annoiata e lasciando ciondolare le braccia. Nonostante il forte brusio per quella fiera serale Kazuha percepì chiaramente le parole di Heji e improvvisamente si fermò di scattò reprimendo la rabbia in pugni ben chiusi.
-Immagino che avresti preferito trascorrere una ennesima serata sull’ultimo caso che ti è stato affidato- disse non celando un tono irritato che non venne minimamente captato dal detective di Osaka.
-Certo e tu più di chiunque altro lo dovresti sapere anziché obbligarci ad indossare questi stupidi costumi e dirigerci qui- continuò noncurante del rischio in cui le sue parole lo stavano mettendo. Shiho sospirò: nonostante non provasse alcun sentimento nei confronti di Heji sapeva che si stava cacciando in un guaio molto più grande di lui e lei non aveva alcuna intenzione di prenderne parte.
-Ma lo capisci quanto sei egoista? Possibile che tu non possa neanche dedicare una serata ai tuoi amici? – gli acuti di Kazuha erano talmente alti che attirarono l’attenzione di alcuni passanti che, incuriositi, rallentarono il passo per assistere alla sfuriata. Heji però non ci prestò attenzione e lasciò che il suo sguardo vagasse tra le bancherelle.
-Egoista? Io? Si dal caso che io non sia l’unico che non voleva venirci- e quasi istintivamente i suoi scuri e profondi si soffermarono sull’unica altra figura maschile del gruppo. Shinichi aggrottò le sopracciglia rendendosi conto che era lui oramai quello al centro dell’attenzione e lasciò che il suo ghigno, divertito per la sfuriata tra i suoi due amici di Osaka, svanisse all’istante.
-Neanche tu volevi venire, Shinichi? – Shiho inspirò annoiata mentre le blande e insulse parole di Ran vennero quasi sovrastate dal forte brusio delle persone.
-Bravo, sei contento? A causa delle tue patetiche scuse hai messo in mezzo Shinichi e ora lui e Ran litigheranno di nuovo- il bisbiglio decisamente irritato non sfuggì alla Miyano che non riuscì a non essere d’accordo con Kazuha. Le labbra del giovane detective infatti si stavano già muovendo in bisbigli mentre era facilmente leggibile il risentimento crescere sul volto pulito della Mori.
-Ti vorrei solo ricordare che il motivo per cui siamo qui era per far riavvicinare quei due visto che da quando Shinichi è tornato, oramai due mesi fa, non fanno altro che litigare- continuò la Toyama aumentando la stretta sul braccio del giovane che riuscì a bofonchiare solo lamenti di dolore.
Shiho schioccò le labbra scarlatte decisamente annoiata e sbadigliando con eleganza, ma nuovamente dovette trovarsi d’accordo con le parole della mora. Da quando Shinichi aveva preso l’antidoto definitivo tornando dal suo amore fanciullesco non era passato neanche in giorno durante il quale i due non si erano scannati: lei oramai era troppo corrosa dal risentimento per essere stata abbandonata per mesi senza motivi apparenti e lui frustato nel ritrovarsi in un rapporto decisamente diverso da quello idealizzato quando si trovava nei piccoli panni di Conan Edogawa. La ramata scrollò le spalle lasciando che i suoi mossi capelli ramati ricadessero sul kimono color confetto e sapientemente lavorato: sospettava che una delle principali cause dei battibecchi tra i due fosse lei e la sua presenza troppo ingrommante della vita di Kudo secondo la Mori. Ran non era assolutamente una ragazza cattiva, ma la gelosia era capace di corrodere anche gli animi più puri.
-Ragazzi! – il trillo improvviso e acuto di Kazuha interruppe all’istante una ennesima discussione sul punto di nascere tra la figlia di Goro e il giovane detective liceale.
-Che ne dite di andare a fare un giro per le bancherelle? – e prima che i due potessero obiettare furono presi sotto braccio dalla ragazza di Osaka che li trascinò via.
-Pff, che seccatura- borbottò Heji incrociando le mani dietro la nuca, ma il suo nome pronunciato con irritazione e forza lo fece desistere dal rimanere fermo e con sguardo annoiato si apprestò a seguire i tre.
-A quanto pare le coppiette se la sono filata- Shiho non prestò alcuna minima attenzione alla interlocutrice che distava pochi passi da lei, ma si limitò a raccogliere i capelli in una coda disordinata.
-E quindi siamo rimaste solo io te- ci tenne a precisare l’erede Suzuki cercando inutilmente di far scomparire alcune pieghe sul suo kimono di un giallo brillante.
-Ehi, dove vai? – esclamò dopo pochi secondi contrariata mentre la Miyano, ignorando completamente le parole irritanti della migliore amica della Mori, si stava incamminando. Shiho non si preoccupò di celare un sonoro sbuffo stizzito di fronte a quelle ennesime parole che le rivolse la castana, molte di più di quante ne avesse mai dette durante quegli ultimi due mesi trascorsi sotto le reali spoglie di Shiho Miyano. La ramata non era stupida e non le erano sfuggite le strane occhiatacce e lo sguardo di superiorità che la Suzuki le rivolgeva da quando era ritornata adulta: da Ai Haibara aveva imparato a sopportare, seppure in minima parte, il carattere frizzante e sfrontata di Sonoko eppure le aveva rivolto un insolito atteggiamento ostile da quando Shiho era entrata a far parte delle loro vite come fidata amica di Shinichi.
-Sono stanca di tutta questa gente, vado a bere qualcosa in quel locale laggiù- disse senza cercare minimamente di celare il fastidio che provava a stare in quel luogo, niente che comunque non si sarebbe potuto placare con dell’alcol.
Sonoko serrò le labbra irritata e mise le mani sui fianchi lasciando che il suo sguardo si spostasse veloce dalla figura sempre più lontana della ramata alle persone sconosciute che la circondavano e viceversa. Poi, senza reprimere un grido di rabbia e frustrazione, iniziò con prepotenza a farsi spazio tra la gente cercando di seguirla.
 
 
-Allora, hai intenzione di berlo e vuoi continuare a fissarlo? – i suoi occhi grigi e attenti fissarono con insistenza la persona seduta dall’altra parte del tavolino pentendosi di aver usato un tono forse un po’ troppo duro: non erano solo Shinichi e Ran ad essere cambiati, anche lei da quando era ritornata adulta sentiva di aver perso la spensieratezza che aveva, a fatica, guadagnato durante il periodo trascorso come Ai Haibara e percepiva chiaramente un buco di vuoto e rabbia alleggiare nel suo cuore. Sonoko non disse niente, ma le rispose con una smorfia prima di ingurgitare, tutto d’un fiato, il bicchierino di tequila che oramai da più di dieci minuti era stato lasciato sul tavolino dal cameriere. Una autentica e involontaria faccia di disgusto si disegnò sulla faccia della ereditiera mentre un ghigno divertito comparve sul volto di Shiho che nascose sapientemente bevendo un ennesimo sorso di Sherry.
-Contenta? – disse l’ereditiera con voce acuta assottigliando gli occhi in segno di sfida. Shiho non rispose, ma, ignorandola a pieno, si limitò a tornare a rivolgere la sua più completa attenzione alle strade gremite di gente di Beika. Osservò per alcuni secondi in silenzio il via vai di giapponesi e turisti tutti vestiti a festa: fissò con attenzione i volti felici e spensierati aumentando la presa sul freddo bicchiere e non badando ai sospiri annoiati della sua interlocutrice.
-Allora- mormorò estremamente annoiata la castana buttando giù un sorso di una bevanda che la scienziata non aveva neanche fatto caso le avessero portato.
-Hai intenzione di passare qui tutta la serata? – sospirò appoggiando il mento al palmo della mano inarcando le labbra in una smorfia contrariata e annoiata. Nonostante il locale non avesse alcun tipo di orologio la ramata poteva benissimo captare dall’espressione della sua interlocutrice che erano da un po’ tra quelle quattro mura.
-Sì- rispose e sperando dentro di sé che si decidesse a lasciarla sola.
-Tu sei proprio strana- replicò stizzita la Suzuki incrociando le braccia sotto al seno con un gesto fulmineo.
-Non sei obbligata a rimanere qui- rispose mantenendo la sua solita espressione impassibile e non badando ad alcuni capelli ribelli che sfuggirono dalla sua pettinatura improvvisata. All’udire quelle parole un sopracciglio di Sonoko si alzò in maniera involontaria e interrogativa poi, senza dare tempo alla scienziata di anticipare il suo gesto, si allungò sul tavolo portando la sua testa a pochi centimetri da quella della Miyano.
-Neanche tu sei obbligata ad essere così antipatica- sibilò con aria di superiorità.
-Comunque- continuò ritornando a sedere e socchiudendo gli occhi compiaciuta.
-Sono qui per una ragione ben precisa-
-E sarebbe? – domandò la scienziata sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo di fronte a quella conversazione che considerava poco stimolante.
-Tenerti d’occhio - rispose la castana con estrema semplicità appoggiando le labbra al bicchiere congelato e socchiudendo gli occhi. Shiho la fissò per alcuni nel più completo silenzio, ma la sua interlocutrice fu molto brava ad ignorare la sua occhiataccia gelida.
-Immagino abbia a che fare con Kudo – sibilò aumentando la presa sul bicchiere di Sherry oramai vuoto. Sonoko parve capire i suoi pensieri e prontamente richiamò l’attenzione di un cameriere: quando questo tornò con un secondo calice di quella bevanda alcolica il silenzio tra le due era rimasto immutato.
-Immagini bene- rispose finalmente l’ereditiera assicurandosi che la ramata avesse bevuto il primo sorso di quel vino liquoroso. Shiho sospirò non riuscendo a nascondere il nervosismo per dove quella conversazione stava andando a parare e che confermava i suoi dubbi.
-Tra me e lui non c’è niente- Sonoko annuì prontamente di fronte a quella sua affermazione provocando un crescere di irritazione nella ramata. Lei parve accorgersene e sorrise compiaciuta.
-Questo lo so, quell’imbranato ha sempre e solo avuto occhi per Ran, ma non è lui che mi preoccupa- concluse schioccando le labbra e cercando con il suo sguardo acuto quella della scienziata. La Miyano, senza scomporsi, allontanò una ciocca ribelle dalla fronte diafana deglutendo con nervosismo.
-Ti ripeto, tra me e lui non c’è niente- questa sua ennesima affermazione, questa volta decisamente più dura e tagliente, non lasciò indifferente la Suzuki che accavallò goffamente le gambe a causa del lungo kimono.  
-Senti, posso capire che per qualche decerebrato questo tuo atteggiando algido e da principessina possa piacere, ma Shinichi e Ran sono destinati a stare insieme e io, essendo la migliore di Ran, non ti permetterò di separarli- disse con sicurezza appoggiando entrambe le mani sul tavolo che le separava. Shiho sorrise di fronte a quella sua determinazione trovandola, per la prima volta, ammirabile.
-Non mi farò da parte se è questo quello che vuoi sentirti dire-
-Lo so- e nuovamente la Miyano non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto.
-E neanche io ho intenzione di farlo- concluse bevendo tutto d’un fiato la bevanda giallognola e altamente alcolico contenuta nel suo bicchiere. Shiho tornò ad osservare con curiosità le strade gremite di gente lasciando che il suo volto riacquistasse la neutralità che la caratterizzava.
-Comunque- sibilò senza lasciare che i suoi occhi grigi si separassero dalla fredda vetrata.
-Mi sono sbagliata su di te- Sonoko la guardò con curiosità mentre appoggiò a fatica la testa, che si stava facendo sempre più pesante, sul palmo della mano.
-Sei più simpatica di quanto pensassi, ma spero che non sia dovuto solo all’effetto dell’alcol- mormorò allungando verso la castana il suo bicchiere che accettò volentieri lasciando questa volta che fossero le sue di labbra ad adagiarsi sul bordo. L’ereditiera bevve un sorso non riuscendo, nuovamente, a reprimere una espressione disgustata.
-Anche io ti ho trovata più gradevole del solito. Un altro giro? - e prima che Shiho potesse anche solo rispondere un ennesimo cameriere si era accostato al loro tavolo
 


Note
Mi ritrovo a riaggiornare questa raccolta dopo un po’ di tempo e non voglio negare che sia stata abbastanza dura finire questa one shot sia perché penso di aver perso un po’ la mano sia perché, più la scrivevo, più trovavo Shiho e Sonoko OOC. Spero sinceramente di non esser troppo uscita dai personaggi anche perché ho proprio fatto fatica, ma adoravo l’idea di scrivere una storia su di loro due. Sinceramente ho voluto lasciare vago l’effettivo sentimento di Shiho nei confronti di Shinichi, diciamo che lei né lo nega né lo conferma. Spero sia potuta piacere a qualcuno, fatemi sapere cosa ne pensate.
FalbaLove

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Capitolo 5
*** 愛に戻る ***


La pioggia batteva forte, talmente forte che le foglie degli alberi parevano ballare una lenta melodia; grondava incessante scivolando via veloce, come calde lacrime sulle gote rosate. La gente correva a perdifiato alla ricerca del più piccolo riparo mentre tutto intorno era rumore, tutto batteva.
Solo una persona sembrò non farci caso e continuò la sua incessante camminata.
I capelli corvini, completamene zuppi, ricadevano scompigliati sulla sua fronte creando uno strano contrasto con il verde brillante dei suoi occhi assorti. I suoi piedi seguivano un ritmo ben preciso e incalzante e non esitarono neanche quando si trovarono di fronte a delle profonde pozzanghere: poi, ad un certo punto, la figura incappucciata di nero parve fermarsi. Si passò una mano sulla fronte, poi sugli occhi che si stroppiò due volte come se non si capacitasse di aver già raggiunto la sua meta.
Intanto la pioggia continuava a battere incessante offuscandogli la vista.
Con fare sicuro l’uomo allungò una mano aprendo il cancello e venendo circondato da quel luogo oramai troppo familiare: riprese a camminare mantenendo lo sguardo basso, dopotutto oramai conosceva amaramente alla perfezione ciò che lo circondava. Tutto attorno a lui era silenzio, emblema di un posto come quello, e solo il forte battere della pioggia sul freddo cemento scandì i passi svelti dello sconosciuto. Una solitaria goccia scivolò sulla guancia dell’uomo che parve finalmente accorgersi di essere completamente zuppo: lentamente alzò il capo osservando il cielo nuvoloso e privo di qualsiasi spiraglio di luce. Una miriade di altre goccioline batté sulla sua pelle olivastra e lui si limitò a socchiudere gli occhi serrando le labbra in un amaro sorriso: quel contatto, così freddo e fugace, riuscì finalmente a risvegliare la mente dello sconosciuto dai suoi pensieri malati riportandolo alla realtà. Come un automa percorse gli ultimi passi abbassando nuovamente lo sguardo e rifugiando le mani gelate nelle tasche dei pantaloni: le sue dita distrattamente sfiorano un pacchetto di sigarette, ma finalmente un sospiro scandì il raggiungimento della sua meta.
Non parlò, tra di loro non erano mai servite le parole, mentre il dolce sorriso della ragazza nella foto venne riflesso sulle sue iridi verdi: Akemi Myano era una ragazza come tante, dai tipici tratti giapponesi, che molti avrebbero considerato bella, ma che ai suoi occhi risultava stupenda. Con stizza Akai serrò le labbra lasciando trasparire dal suo volto provato tutto il dolore che attanagliava le sue stanche membra. La pioggia intanto aumentò ancora di più la sua intensità creando un illusionistico vetro tra la figura e la fredda lapide e Akai ebbe quasi la sensazione che, allungando semplicemente la mano, avrebbe potuto nuovamente affondare le dita tra i suoi morbidi capelli castani.
 Si schiarì la voce lasciando trasparire sul suo viso  provato una smorfia amara, ma non parlò, tra di loro le parole erano sempre state superflue: alla ragazza, quando era ancora in vita, bastava solo una fugace occhiata tra le sue iridi verdi per leggere l’anima dell’agente dell’FBI.
Cinque anni, era questo il tempo che era passato dall’ultima volta che aveva affondato le sue callose dita tra la sua morbida chioma, dall’ultima volta che aveva fatto scorrere i polpastrelli sulle sue gote pescate, dall’ultima volta che le aveva detto di amarla. Di fronte a questi pensieri così dolorosi, ma allo stesso tempo carichi di un calore che gli alleggeriva il cuore, Shuichi serrò i pungi lungo i fianchi con decisione: era inutile lasciarsi andare a questo genere di sentimentalismi, i mostri che le avevano strappato la vita oramai avevano avuto la fine che meritavano eppure non era servito a niente, non era servito a riportare lei da lui, non era servito ad alleviare quel senso di colpa che ancora pesantemente alleggiava nel suo cuore. Perché Akai Shuichi aveva commesso tanti errori nella sua vita, ma questo era stato il più grave di tutti.
Lentamente una solitaria lacrima sfuggì dal suo controllo mischiandosi alla pioggia e lasciandogli quasi l’illusione di non essersi sfuggito la consapevolezza della sua debolezza. Quasi come un automa si abbassò per posare a fianco della lapide una solitaria rosa bianca che sfiorì con stizza per colpa dello scosciare incessante: un amaro sorriso comparve sul suo volto provato alla vista di quei petali martoriati, ma non fece niente.
Improvvisamente dei solitari passi si fecero sempre più vicini, ma non sembrarono turbare affatto la figura incappucciata che malamente sollevò il colletto della giacca. I suoi occhi verdi continuarono a fissare incessantemente il volto sereno di Akemi come volessero assicurarsi che il suo sorriso non sarebbe potuto sfuggire dalla sua memoria.
-Me ne stavo andando- mormorò l’agente dell’FBI senza muovere neanche un muscolo, ma non percepì alcuna sorpresa nella figura che si era fermata a pochi passi da lui: qualsiasi altra persona si sarebbe meravigliata di essere riconosciuta senza contatto visivo, ma non lei, lei che rimase immobile lasciando che la pioggia sbattesse con violenza sul suo ombrello nero.
Poi, silenzioso come era venuto, riprese la sua incessante camminata ripercorrendo la piccola stradina che oramai conosceva molto bene i suoi passi: non la guardo né le parlò così come lei gli aveva chiesto. Per un attimo si domandò se, anche in piccola parte, facesse male anche a lei.
-Aspetta! - la sua voce squarciò in un istante il silenzio di quel luogo: Akai però non si fermò come se dubitasse che quella parola provenisse proprio da lei.
-Aspetta- mormorò nuovamente lei perdendo per una volta la compostezza che caratterizzava il suo tono di voce. E finalmente Shuichi si fermò.
-Non andare- questa volta le parole le uscirono con bramosia come se sapesse che da un momento all’altro si sarebbe pentita. L’agente dell’FBI percepì chiaramente il fastidioso rumore della ghiaia venir schiacciata dal peso della ragazza, ma non sembrò capacitarsene fino a quando il suo calore non lo avvolse, fino a quando il suo profumo, lo stesso profumo di lei, non inebriò l’aria circostante, fino a quando un ombrello nero non coprì la sua figura lasciando che la pioggia martellante cessasse di martoriare la sua figura e liberandolo di un peso che neanche lui si era accorto di avere.
-Puoi restare, se vuoi- continuò la ramata sfiorando la sua mano fredda e in quel momento Akai si domandò se riusciva ancora a ricordare cosa si provasse a percepire il calore umano di qualcuno mischiarsi con il proprio, ma non ci fu bisogno di domandarsi altro: le dita di Shiho scivolarono tra le sue sicure come a volergli dire che se lui non si ricordava più cosa volesse dire amare non era un problema perché sarebbe bastata lei per entrambi.
E così fu.

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Capitolo 6
*** 驚き ***


Sorpresa
 
-Chissà che ore sono... – la domanda quasi causale del dottor Agasa venne accompagnata, neanche a farlo apposta, dai rintocchi precisi e forti del campanile più vicino che risuonarono per undici volte.
Lo scienziato aggrottò le sopracciglia provando, senza riuscirci, ad aumentare il suo passo trafelato e traballante: il suo corpo, dalle misure abbondanti, era ulteriormente caricato da spessi indumenti invernali mentre le sue braccia erano quasi completamente cariche di svariati sacchetti. In più il freddo vento invernale sembrava non dargli pace rendendo la sua camminata ancora più faticosa e barcollante.
-Devo sbrigarmi- continuò rivolgendosi a sé stesso e immettendosi in una stradina unicamente pedonale. I suoi occhi stanchi e contornati da spessi occhiali si soffermarono per pochi secondi a guardare come fosse pressoché l’unico fuori a quell’ora, ma soprattutto quel giorno: le case gremite di gente, le decorazioni variopinte e brillanti e gli alberi adornati da luci calde e soffuse rendevano ancora più evidente come il Natale fosse sempre più vicino. In realtà, per essere estremamente sinceri, mancava esattamente un’ora all’inizio del giorno più desiderato da ogni bambino.
Hiroshi borbottò lasciandosi sfuggire dal braccio sinistro un sacchetto di un rosso accesso che, per sua sfortuna, cadde miseramente a terra svelando un piccolo pacchetto perfettamente incartato.
-Che sbadato- mormorò chinandosi a fatica e facendo attenzione a non far cadere altro. Se non fosse stato per il suo cappotto verde oliva e la sua stempiatura, sicuramente, pensò, molti bambini lo avrebbero scambiato per Babbo Natale visti tutti i regali e pacchi che stava portando. Reprimendo un lamento cercò di ricordarsi che alla fin fine la sua destinazione finale non era molto lontana e riprese, sbuffando e ansimando, la sua camminata.
Quando finalmente, girando un ennesimo cunicolo, vide in lontananza la grande e maestosa villa Kudo, Hiroshi Agasa non riuscì a non trattenere un enorme sorriso che fece ritornare l’espressione buffa e allegra che da sempre lo contraddistingueva. Cercando di evitare gli ultimi cumuli di neve, segno che a Tokyo aveva nevicato in quell’ultima settimana, finalmente si ritrovò davanti al cancello di casa sua e poté farsi sfuggire un sorriso soddisfatto. Si fermò per osservare come in tutta la via la sua dimora fosse l’unica priva di alcuna decorazione o ornamento natalizio, ma questo sembrò non turbarlo affatto. Canticchiando richiuse il cancello dietro di sé e baldanzoso si diresse verso la porta principale. Dalle grandi finestre sembrava non provenire alcuna luce segno, per un occhio poco esperto, che la casa fosse completamente disabitata e priva del suo proprietario. Ed effettivamente nell’ultimo mese era proprio stato così: il dottor Agasa si lasciò sfuggire un lieve rossore ripensando alle settimane trascorse in America con Fusae Campbell, il suo amore giovanile perso anni prima e che ora aveva finalmente ritrovato. In realtà il suo piano era quello di trascorrere anche la fine dell’anno con la donna dai capelli biondi, ma alla fine qualcosa, o per meglio dire qualcuno, gli aveva fatto cambiare idea.
-Oh, che mal di schiena- sospirò l’uomo appoggiando a terra i vari sacchetti alla ricerca, disperata, delle chiavi di casa. Nonostante dall’interno dell’abitazione non provenisse alcun rumore, o segno di vita, l’inventore sapeva benissimo che dentro vi era la ragione che l’aveva spinto a rientrare: Ai Haibara. Le sopracciglia del professore si aggrottarono di fronte al ricordo di quel nome. No, Ai Haibara non esisteva più, Shiho Myano aveva preso il suo posto. Era passato quasi un anno da quando l’Organizzazione Nera era stata definitivamente sconfitta e da quando Conan e Ai avevano preso l’antidoto eppure, proprio come un povero vecchio, Hiroshi faceva ancora fatica a chiamara la sua Ai con il nome di Shiho.
-Eppure sono certo di averle messe qui- mormorò leggermente alterato rovistando per ancora un’altra manciata di secondi dentro la profonda tasca destra del suo cappotto. Avrebbe potuto benissimo suonare e aspettare di farsi aprire da Shiho, ma a quel punto tutta la fatica di ritornare in fretta e furia, senza dire niente a nessuno, sarebbe risultata pressoché inutile. Questo sarebbe stato il primo Natale che la ramata avrebbe trascorso nei panni di Shiho Myano e lui desiderava ardentemente esserci. Dopotutto oramai Ai per lui era come una figlia e sapeva che, nonostante i diversi inviti da parte di Shinichi e di Ran per trascorrere il Natale insieme a loro, la scienziata lo avrebbe passato in solitaria. Per questo c’era lui e i numerosi regali di Natale che le aveva preso dall’America con l’aiuto di Fusae.
-Finalmente- esclamò con gioia l’inventore tirando fuori quello che sembrava un mazzo di chiavi.
-Lo sapeva che erano qui- continuò estremamente soddisfatto avvicinandosi verso la porta di casa.
Il buio e il silenzio provenienti dall’interno della sua abitazione non lo sorpresero affatto. Sorridendo per l’ordine manicale che il suo salotto aveva, un ordine che, a detta di Shiho, riusciva ad ottenere solo buttando in cantina tutte le sue inutili invenzioni, richiuse silenziosamente la porta dietro di sé. Probabilmente, pensò, Ai si trovava nel suo laboratorio. Facendo attenzione a non inciamparsi sul tappetto persiano che la scienziata tanto lo aveva pressato di comprare, Hiroshi abbandonò il suo cappotto e i relativi bagagli sul divano. Qualcosa però attirò la sua attenzione: dalla cucina, una flebile luce sembrava essere l’unico segno che quella casa non fosse completamente disabitata. Una figura infatti, mezza nascosta dall’anta, si trovava davanti al frigo probabilmente intenta a decidere cosa fare per cena.
Hiroshi tastò per alcuni secondi alla ricerca dell’interruttore per la luce non riuscendo a trattenere un enorme e sincero sorriso.
-Buon Natale, Ai- gridò eccitato accendendo la luce, ma la sorpresa non andò come se l’era immaginata. La prima cosa che infatti notò furono due natiche completamente nude accompagnate da una schiena altrettanto... nuda.
-Non ho visto niente!- gridò imbarazzato l’inventore coprendosi frettolosamente gli occhi con la mano mentre un strillo si levò per tutta la stanza.
-Mi dispiace Ai, davvero credimi, sono mortificato- mormorò Hiroshi. Dall’altra parte però non ricevette alcuna risposta, cosa strana per una come Shiho: in realtà, ora che ci pensava meglio, non era l’unica cosa strana. C’era qualcosa d’altro che sembrava non tornargli: addominali scolpiti, una chioma di un biondo chiaro e brillante e infine una pelle troppo scura.
-Si può sapere cosa è successo?- Agasa non fece neanche in tempo a ragionare su quei particolari bizzarri che la voce fredda e seccata della ramata piombò da dietro le sue spalle seguita da passi pesanti e spazientiti.
-Dottor Agasa?- sibilò sorpresa mentre il professore percepì chiaramente una terza figura fermarsi a pochi passi dietro di lui, e non davanti.
-Ai, ehm Shiho, ti giuro che non ho visto niente- borbottò l’inventore girandosi di 180 gradi. Quel movimento però sembrò risvegliare finalmente qualcosa nella mente confusa dell’inventore che, lasciandosi sfuggire un cipiglio, finalmente si tolse le mani dal volto.
-Non è possibile- borbottò confuso fissando il volto della scienziata che mostrava una espressione tra il sorpreso e il seccato.
-Ma se tu sei qui... - continuò Hiroshi.
-Mostrati chi sei, farabutto- tuonò parandosi davanti alla ragazza e riservando la sua più completa attenzione alla figura oramai quasi totalmente nascosta dietro lo sportello del frigorifero, ad eccezione di due piedi abbronzati e lunghi.
-Non è come sembra- sibilò lo sconosciuto, ma il professore fu molto più veloce ed estrasse dalla tasca dei pantaloni color kaki il cellulare.
-Dimmi, sei dell’Organizzazione? Chi ti ha mandato? Ti avverto che sto chiamando la polizia- ma l’uomo non fece in tempo a digitare tutti i numeri che una mano gli rubò il telefono dalle mani.
-La volete smettere con questo inutile teatrito?- tuonò Shiho incrociando esasperata le braccia sotto al seno, ma l’unica risposta che ottenne fu un’occhiata preoccupata e persa da parte del dottor Agasa.
-Forza, esci che devo finire di asciugarmi i capelli- continuò però imperturbabile la ramata rivolta, questa volta, allo sportello del frigorifero.
-Io non capisco- biascicò sempre più confuso l’inventore, ma la sua frase sconnessa venne interrotta per una seconda volta dalla voce dello sconosciuto.
-Le giuro, dottor Agasa, che posso spiegarle tutto- mormorò lo sconosciuto, ma questa volta il tono risultò estremamente familiare a Hiroshi. Shiho, sbuffando e sospirando, lanciò un asciugamano all’uomo misterioso.
-E ora esci, idiota- tuonò glaciale senza mostrare alcuna espressione sul viso prima di ritornare a fissare con sguardo serio il volto sempre più attonito del professore.
-Allora posso sapere come mai è già tornato?-  
-Natale... Regali... Sorpresa- sibilò ancora sotto shock l’uomo indicando i pacchetti lasciati disordinatamente sul divano. Gli occhi grigi della ragazza brillarono alla vista delle buste come quelli di una gazza ladra.
-Beh, avrebbe potuto avvertire, ma sono contenta che sia tornato- disse lasciandosi sfuggire un debole sorriso.
-Però ora vada a cambiarsi che è quasi pronta la cena. Io torno ad asciugarmi i capelli- concluse decisa scostando dal volto una ciocca bagnata e ramata. Agasa deglutì a fatica.
-Ma si può sapere chi è quell’uomo, Ai?- tuonò aggrottando le folte sopracciglia e indicando la figura ancora sapientemente nascosta. Il volto di Shiho si distese dalla sorpresa come se avesse già dimenticato la presenza di una terza persona nell’abitazione.
-Uomo?- sospirò ilare, ma non ebbe il tempo di aggiungere l’uomo.
-Ti sento!- tuonò offesa la voce sempre più famigliare al dottor Agasa. Shiho si lasciò sfuggire un sogghigno prima di ritornare a fissare l’uomo che l’aveva cresciuta.
-Ah, lui? È solo Amuro- rispose dirigendosi verso la porta del bagno e chiudendola, pochi secondi dopo, dietro di lei. Hiroshi rimase immobile per alcuni secondi sbattendo le palpebre.
-Amuro? Ma chi è... – ma all’improvviso il dottor Agasa si ritrovò privo di qualunque altra parola. L’immagine dell’ex cameriere del Cafè Poirot, scopertosi successivamente agente sotto copertura per la Polizia Nazionale Giapponese, balenò nella sua mente.
-Salve dottor Agasa- mormorò quello facendo capolinea solo con la testa da dietro lo sportello del frigorifero.
-Spero abbia fatto buon viaggio- continuò sfoderando un sorriso tirato mentre goccioline d’acqua scivolarono veloci sulle sue tempie a partire dai capelli.
-Tooru si può sapere cosa ci fai qui?- continuò sempre più confuso Hiroshi mentre il corpo nudo e scolpito dell’agente fuoriuscì finalmente da dietro lo sportello coperto, questa volta, solo da un asciugamano.
-Ecco... veramente- farfugliò il giovane grattandosi nervosamente i capelli.
-Deve sapere che io e Shiho... – bofonchiò senza dare né capo né coda alle sue parole. Un enorme sorriso si dipinse sul volto paffuto dell’inventore che si diede mentalmente dello sciocco.
-Immagino che tu stia cercando di dirmi che tu e Ai siete fidanzati- disse allegramente facendo sparire tutto lo stupore dal suo viso. Poi, senza aggiungere altro, si diresse in direzione dei fornelli dove una zuppa bolliva allegramente.
-Esatto- annuì Rei trovando che più le parole fuoriuscivano dalla sua bocca, più sembrava un emerito deficiente.
-Ma non è arrabbiato?- continuò mentre l’inventore sembrava oramai completamente rapito dal profumino emanato dalla zuppa.
-Ragazzo mio, perché dovrei esserlo?- sospirò quello estraendo un cucchiaio di legno da un cassetto e facendolo girare vigorosamente nella minestra.
-Non ci provi neanche ad assaggiarla- la voce di Shiho fece sobbalzare entrambi.
-Non è ancora cotta e in più rischierebbe di scottarsi- continuò avvicinandosi all’uomo con uno sguardo severo che avrebbe fatto tremare anche la persona più impavida.
-E tu- sibilò fissando esasperata l’Agente Zero.
-Perché non ti sei ancora andato a cambiare?- disse portandosi le mani sui fianchi.
-Suvvia Ai, non essere così dura con il tuo fidanzato- si intromise il dottor Agasa lasciando perdere, contro voglia, la zuppa e fissandoli con occhi dolci e amorevoli. Rei deglutì prima di iniziare a fare dei gesti disordinati con le mani, ma il danno oramai era fatto.
-Fidanzato?- tuonò alzando un sopracciglio la scienziata.
-Tu gli hai detto che sei il mio fidanzato?- continuò riservando occhiate di fuoco all’ex cameriere del Poirot. In quello stesso istante però forti rintocchi scandirono l’arrivo della mezzanotte mentre l’allarme della sveglia decretò la fine della cottura della minestra.
-Buon Natale, ragazzi miei- esclamò gioioso Hiroshi Agasa divorando un primo cucchiaio della zuppa deliziosa e osservando con un grosso sorriso e con fare paterno l’inizio della sfuriata da parte della ramata e delle scuse poco convinte da parte dell’ex membro dell’Organizzazione nera.

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