Radioactive

di Manu_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Bucarest, 12 settembre 1968, ore 9:10.

L'interno del vecchio autobus partito da Pantelimon alle nove di quella giornata ondeggiò pericolosamente quando il grosso veicolo, gentile dono dell'alleato sovietico ormai obsoleto di otto anni, superò il confine del settore due della capitale per convergere verso il centro.
Lo scossone generò non pochi improperi da parte dei passeggeri, ma su di lei, così concentrata sul libricino dalla copertina ingiallita che teneva fra le mani da quando si era imbarcata, non produsse il minimo effetto.
Fu bensì una frenata fin troppo brusca da parte dell'autista, causa una macchina che aveva incautamente ignorato il semaforo rosso, che la poveretta si trovò sbilanciata in avanti, e solo la cintura le impedì di affondare la faccia nello schienale in pelle sudicia del sedile davanti.
Ripreso il controllo di se, si accorse che il testo le era volato fra le mani, allora spostò lo sguardo verso il basso, sperando che non fosse schizzato dal lato opposto del mezzo.
Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra sottili, il libro era caduto contro lo schienale e le era rimbalzato ai piedi, le bastò chinarsi e recuperarlo.
Il secondo sospiro fu di fastidio, non l'aveva distratta il rumore della pioggia, il chiacchiericcio dei pendolari, il naso pieno e i continui slittamenti del mezzo, ma alla fine la sua lotta per mantenere la concentrazione si era conclusa in una tragica disfatta.
Si impose di riportare gli occhi sul libro dalla copertina che doveva aver passato di certo delle giornate migliori, il testo si presentava come un libretto sottile dalla copertina giallastra (qualche anno fa doveva essere stata bianca) con timbrato sopra in inchiostro nero il familiare stemma della bandiera nazionale, quello di un paesaggio idilliaco illuminato da un sole nascente e su cui svettava una sonda petrolifera, il tutto circondato da covoni di grano dorato, e sotto di esso il titolo del libro scritto a caratteri cubitali:

Constituţia
Republicii Socialiste România.
La prima parola in inchiostro nero, le altre in rigorosamente in rosso, allo stesso modo della stella che campeggiava sullo stemma nazionale.
Entrato in vigore da poco più di tre anni, il testo della costituzione adottata sotto il governo del compagno Ceaușescu aveva mandato nel panico non pochi studenti freschi di studi di diritto che si apprestavano a completare gli studi nelle scuole secondarie di secondo grado e di quelli che operavano negli atenei universitari, assieme ovviamente a tutte quelle persone per cui la conoscenza più o meno corretta della costituzione sarebbe stata fondamentale nei concorsi di lavoro presso i più disparati enti statali.
Poco male, solo una cosa in più da memorizzare.
Si concesse un secondo per stiracchiarsi e combattere la sonnolenza tipica di chi è costretto ad alzarsi più presto di quanto sia abituato a fare, poi tornò a sfogliare il testo fino alla pagina dove si era interrotta.
È importante che faccia una buona impressione.


Pentagram City, 20 Ottobre 2020, ore 12:45.

Come ogni mattina, Mihaela aprì gli occhi tardi, con la mente annebbiata e il corpo dolorante.
Si svegliò con le braccia verso l'alto, intente a presentarsi ad un superiore, alzare le mani davanti alle autorità o lottare contro una minaccia invisibile, non ne aveva idea, ma come da prassi prima ancora di notare le proprie braccia, gli occhi della donna vennero investiti dalla luminescenza del proprio corpo.
Trattenendo una bestemmia, l'anima peccatrice chiuse lestamente le palpebre, per poi tornare a rigirarsi nel suo giaciglio, che per un'altra notte ancora si era salvato dal finire avvolto da fiamme radioattive, il che era un bene, se avesse provocato un altro incendio l'unica stanza che le avrebbero riservato di lì in avanti sarebbe stato il seminterrato, e lei non aveva molta voglia di stare a cacciare i topi, già il suo stato le imponeva fin troppe problematiche senza che ci si mettessero anche quelle abitative.
Girandosi su se stessa con la grazia di una balena spiaggiata, non poté fare a meno di notare che qualcosa le si era mosso in mezzo ai capelli e le era caduto sul collo.
Sospirò.
Altra prassi mattutina: pulirsi dagli insetti.
Si passò la mano sul collo, sui capelli, e poi prese ad ispezionare le coperte, smise di contare gli insetti morti dopo essere arrivata a venti.
Altro simpatico scherzo del suo stato fisico: la sua luminescenza attirava orde di insetti che puntualmente morivano per il contatto radioattivo o per una fiammata sparata in un momento di particolare lucidità, ma visto che il letto e molte altre cose erano infiammabili e utilizzare i propri poteri da incazzata o (e) assonnata poteva produrre conseguenze disastrose, ormai si era arresa all'idea di svegliarsi circondata da insetti morti ogni mattina.
Ma il peggio veniva quando qualche bestiola sopravviveva, dava vita alla propria stirpe di piccoli mutanti radioattivi e terrorizzava con essi l'appartamento, inutile dire che poi le lamentele andavano tutte a lei.
Già, non era facile avere un buon rapporto con i vicini, specie se questi per colpa sua rischiavano di essere aggrediti da insetti, o radiazioni, o insetti radioattivi.
Che poi non erano neanche il pericolo maggiore fra quelli a cui andavano incontro le persone che osavano starle vicino, fra le radiazioni che potevano alla lunga danneggiare i loro corpi o il calore radioattivo che nel momento sbagliato poteva aumentare fino a ustionare chiunque fosse troppo impudente da avvicinarsi, non era un mistero che fosse la meno gradita del vicinato.
Sinceramente, era convinta che se il proprietario non aveva ancora provato a buttarla fuori di lì era per terrore più che per pietà, beh per quello e perché ormai la stanza era invivibile per qualsiasi altra anima dannata a parte lei.
Compreso ormai che i cattivi pensieri le stavano inquinando la giornata, Mihaela decise che poteva permettersi di alzarsi dal letto prima di passare un'altra ora a rimuginare sui propri problemi da mostro radioattivo.
Alzatasi dal giaciglio e ripulito questo dall'esercito di insetti morti in maniera non proprio indolore, e concentratasi abbastanza per ridurre la propria luminescenza verdastra e calore corporeo, la demone si trascinò nel bagno per una doccia veloce.
Entrata nella piccola stanza adibita a bagno e poi nella cabina doccia, si assicurò di mettere l'acqua alla temperatura più bassa che potesse regolare, non che ci fosse pericolo del contrario visto il pessimo stato delle tubature dell'edificio.
Conclusa la doccia, tornò nella sua stanza, un monolocale dalle pareti intonacate ormai rovinate e la moquette graffiata e strappata in più punti, e avvolta nell'asciugamano, si diresse verso l'appendiabiti più vicino e portò le mani sull'unico capo di abbigliamento che per qualche strano motivo sembrava resistere ai suoi involontari poteri distruttivi:
Una divisa militare color beige che aveva sicuramente passato giorni migliori, ricoperta qua e là di toppe e cuciture e con non pochi strappi sui bordi del colletto e delle maniche, ma che conservava ancora i dettagli di un passato rispettabile (beh, per qualcuno che credeva ancora ad un'ideologia morta e sepolta dal secolo scorso).
Un paio di spalline gialle, ma dai bordi blu e attraversate orizzontalmente da due righette celesti che emergevano dallo sfondo baige della divisa, entrambe erano decorate verso l'esterno da tre stelline metalliche, e verso l'interno da un distintivo sempre a forma di scudo raffigurante due fucili incrociati, e ancor più verso l'interno, un tondino metallico a completare il tutto.
Dal colore dorato e dai bordi blu come quello delle spalline erano inoltre le due spighette di grano cucite sul colletto dell'uniforme, uniforme che concluse le decorazioni nella zona delle spalle e del collo, per il resto rimaneva spoglia e uniforme, senza medaglie di sorta, ma solo varie tasche tenute chiuse da bruni bottoni metallici.
Passò la mano sulla divisa che la accompagnava da quando era finita all'altro mondo, e di cui avrebbe fatto volentieri a meno se non fosse che per qualche motivo qualcuno lassù aveva deciso che dovesse essere il suo abito per il resto della sua non-vita, assieme ai pantaloni abbinati, agli stivali scuri e pesanti, e alla cintura, insomma, a tutto l'equipaggiamento di ordinanza.
Beh, considerate le altre problematiche quella del vestito era poi la meno grave, pertanto si decise ad indossarlo con la solita rassegnazione con cui iniziava le proprie giornate.
Fatto questo, andò a piazzarsi davanti allo specchio, non che avesse qualche motivo per curare il proprio aspetto (considerando cosa era solito fare il suo corpo era assai improbabile che qualcuno le si sarebbe avvicinato, aspetto curato e meno, né lei era famosa per essere in cerca di compagnia), ma un'ispezione mattutina per controllare eventuali danni della serata prima, scovare la presenza di insetti morti fra i vestiti (molte zanzare avevano scelto le tasche dell'uniforme come confortevole rifugio dove tirare le cuoia) e assicurarsi che il proprio corpo non fosse troppo luminescente (sintomo di una maggiore “attività nucleare” all'interno del suo corpo).
Per fortuna quello che vide la soddisfaceva.
Il suo corpo, quello di una donna smagrita che aveva superato la ventina e che non arrivava al metro e settanta, pareva come al solito: di un grigiore innaturale, chiaro come il cromo e uniforme per tutta la pelle, e ancora più chiari erano i capelli lisci e bianchi che le scendevano fin dietro le spalle.
A fare da contraltare a quella tragica assenza di colore, che assieme al viso affilato la faceva sembrare più a una statua che ad un organismo vivente, vi era però una tenue luminescenza verdastra che in un dato momento sembrava diffondersi su tutto il corpo e in quello dopo limitarsi alla zona degli occhi.
Questi al contrario parevano dominati dal verde, che faceva di loro l'unico elemento colorato in un corpo altrimenti incolore, un tono verde acceso dominava infatti il bulbo oculare, sebbene sotto di esso si potevano intravedere i contorni di un'iride e una pupilla nerastra, che in alcuni momenti pareva lottare per riemergere dal mare verde, e in altri farsi seppellire da esso.
Mihaela si concesse qualche secondo, e giudicata stabile la condizione del proprio corpo, decise che ora poteva concentrarsi sul primo obbiettivo della giornata:
Aveva fame, e fingendo che non fosse ormai l'una passata, uscì dalla stanza e si avviò a fare colazione.
Poi rientrò, si era quasi dimenticata...
Avanzò verso il proprio giaciglio, no, non era lì per riordinare le coperte.
Afferrò il letto e lo allontanò dal muro, facendo attenzione a non bruciare il sostegno in legno su cui si manteneva il materasso.
Rimosso il letto, si piegò in avanti, verso il muro, dove un settore di intonaco dalla forma squadrata la attendeva, a quel punto rimosse la lastra d'intonaco con tutta la delicatezza di cui era capace, rivelando una piccola cassaforte che più che altro pareva la versione in miniatura di un armadietto tipico di una soap opera con protagonisti dei liceali.
La cassaforte si presentava come un sottile scatolone in metallo ricoperto di vernice color foglia, dotato di una piccola manovella scura, che la donna non perse tempo a girare.
Inserita la giusta combinazione, la cassa dentro al muro si aprì, rivelando un ampio fondo colmo di banconote, almeno tremila dollari, una scatola da scarpe chiusa, e una lettera aperta.
Sorrise, i soldi erano il resto del tesoro che aveva ottenuto la settimana scorsa quando assieme ad una demone ragno che aveva conosciuto il giorno prima si era ubriacata e aveva inaspettatamente vinto un premio in denaro di diecimila dollari che si erano divise.
Ok, in realtà erano meno di diecimila dollari visto che si erano ubriacate, avevano offerto da bere ad un intero bar, e poi avevano passato il giorno seguente a riprendersi dalla sbronza, a ricordare cosa era successo e, fatto questo, a dare la caccia ai soldi, che in parte erano stati spesi da altri.
Ma il bottino era comunque notevole, e negli ultimi giorni Mihaela aveva mangiato più abbondantemente di quanto fosse abituata a fare di solito, e forse si sarebbe cercata qualche bravo sarto per sistemarle la divisa.
Se proprio era condannata a passare il resto della sua non vita con un singolo capo d'abbigliamento, tanto valeva curarlo al meglio delle possibilità.
Comunque non aveva aperto la cassa per contare i soldi, prese la lettera, le era arrivata la sera precedente, e aveva deciso di custodirla lì visto che non poteva permettersi di perderne il contenuto.
La ripose in una delle tasche interne dell'abito, poi richiuse la cassaforte, incastrò nel muro la lastra di intonaco e riposizionò il letto al suo posto.
Fatto questo, poté lasciare quel disastro trascurato che era la sua stanza d'appartamento.
Ripensando al contenuto della lettera, era sicura che sarebbe tornata troppo stanca per rimettere in ordine.
Sì, conoscendo il mandante, aveva una lunga giornata davanti a sé.




Nota dell'autore
Per essere la prima fanfiction che scrivo su questo fandom, credo di potermi dire soddisfatto da questo piccolo prologo, spero la cosa valga anche per voi.
Anticipo che eventuali perplessità sulla particolare “natura” del personaggio verranno chiarite nel capitolo successivo, a partire da come funziona (o come sembra che funzioni) il suo corpo.
Detto ciò, spero che questa storia possa divertirvi quanto mi sto divertendo io a scriverla, e ovviamente consigli e correzioni da parte vostra sono sempre ben accetti!

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II


SBAM!
La porta le venne chiusa in faccia con una forza tale che gli stipiti di legno consumato sussultarono come spaventati, mentre il rumore della chiave che lottava contro la serratura faceva presupporre che presto qualcuno avrebbe dovuto chiamare un ferramenta per uscire di stanza, o i pompieri.
Ferma in mezzo al corridoio, ad almeno un metro dalla porta chiusa, Mihaela non aveva bisogno di spiegarsi il perché di quanto accaduto.
Aveva fatto solo pochi metri dalla propria stanza che almeno tre porte si erano chiuse di colpo, un demone che stava passando di lì si era gettato dalla finestra, e Mihaela avrebbe giurato di aver sentito almeno tre persone che scendevano le scale di furia.
Sospirò, sempre la stessa storia da ben quarantaquattro anni.
Non che avessero torto a farlo, come poteva testimoniare la fiammella verdastra che si era appena accesa sul lungo tappeto rosso spento (qualche decina di anni fa doveva essere stato color tramonto), che la donna si apprestò ad estinguere con lo stivale.
Da quando era rinata come demone, il suo corpo era mutato drasticamente, non tanto a livello estetico, a parte i colori di pelle e capelli, e della luminescenza verdastra, su quel piano lì era stata decisamente più fortunata di una larghissima parte degli abitanti dell'inferno (il tizio della porta appena chiusa non aveva braccia, ma tentacoli), ma rispetto a quando era viva il suo corpo rispondeva ad una natura totalmente nuova.
Radioattività.
Mihaela non era certa di come funzionasse, e tanto meno era convinta di poterlo spiegare in termini scientifici, ma il suo corpo si comportava come se al proprio interno avvenisse un continuo processo di fusione nucleare.
Ciò, oltre a generare una fastidiosissima luminescenza verdastra più o meno intensa a seconda dell'ora del giorno e di altri fattori, si ripercuoteva sulla sua vita principalmente tramite due fenomeni:
Il più intuitivo, era quello della radioattività, il suo corpo lavorava come una centrale nucleare, spargendo radiazioni nell'ambiente circostante a ritmo costante, se la cosa per lei non era affatto un problema, discorso diverso era per tutte le altre forme di vita (pardon, non vita) nei paraggi: indebolimento, dolore, sviluppo di tumori e deformazioni, i demoni che le stavano vicini presto o tardi avrebbero iniziato ad accusarne gli effetti.
L'altro grande problema, era il calore, siccome il suo corpo lavorava come se avesse un reattore nucleare al suo interno, spesso questo raggiungeva temperature altissime, tanto da rendere il suo corpo incandescente per gli altri demoni.
Ma il vero problema arrivava quando il calore era tale da farle provocare incendi involontari come quello sperimentato sul tappeto, l'ennesimo di una lunga serie, che potevano andare da piccoli danni all'ambiente circostante... alla distruzione di interi edifici.
Entrambe le problematiche originavano dal processo di fusione, pertanto andavano di pari passo: se le cose attorno a lei iniziavano a prendere fuoco, allora anche l'attività radioattiva era alle stelle.
Diversamente, la radioluminescenza mutava in maniera indipendente dai processi interni al suo corpo, in dati momenti era assente, in altri (sopratutto la notte) accecante, e Mihaela non era certa se il processo ubbidisse a delle leggi scientifiche o se semplicemente qualcuno lassù aveva decretato che come punizione per i suoi peccati fosse condannata ad essere tormentata dagli insetti ogni notte.
Il punto era, che quando il tuo corpo emette radiazioni e genera incendi radioattivi a danni dei tuoi vicini, non c'è da sorprendersi se poi la loro reazione è quella di chiudersi in camera e sperare che sparisca il più velocemente possibile.
A parti invertite non si sarebbe comportata diversamente, anzi, si sarebbe presa una scala per scendere dalla finestra, perché i suoi vicini di piano lo ignoravano, ma in quel corridoio doveva aver disseminato così tante radiazioni da renderlo inabitabile per gli altri demoni al pari della propria stanza.
Il pensiero le strappò quasi un sorrisetto crudele, finché il gorgoglio dello stomaco non le ricordò che doveva ancora fare colazione.
Pertanto accelerò il passo, ignorò la cabina dell'ascensore (rotto da un mese) e prese le scale verso il piano terra.
Era l'una passata, ormai la maggior parte delle persone doveva essere a pranzare fuori (almeno chi poteva permettersi pranzo e affitto allo stesso tempo), o se non altro era fuori, quindi poteva sperare di godersi una colazione in santa pace.
Scesa una lunga rampa di scale dove un secondo tappeto spelacchiato scendeva lungo dei gradini di legno tarlato, da cui emergeva un corrimano in metallo arrugginito, che qualche ventina di anni prima doveva aver sostituito un precedente corrimano in legno a sua volta distrutto dall'opera incessante delle tarme (o, perché no, delle tarme radioattive).
La scala terminò nell'atrio dell'edificio, a quel punto a Mihaela bastò avviarsi verso l'interno, e dopo un breve tratto di corridoio poté entrare in una grande stanza pulita un poco meglio rispetto al resto delle aree comuni.
Sebbene ogni stanza fosse dotata di un piccolo frigorifero, l'area per mangiare era una sola per tutto il complesso: una sala cucina di medie dimensioni dove chi voleva poteva andare a consumare qualche pasto caldo a patto che se lo preparasse da solo, in alternativa c'era una non vastissima scelta fra brioche e vecchi biscotti che ogni tanto la direzione dell'albergo sostituiva quando si ricordava che il cibo andato a male non era proficuo per gli affari, purtroppo appena entrò dentro, dovette dire addio a fare colazione in pace:
Seduto a capo tavola dell'unico grande tavolo rettangolare disponibile in sala, stava pranzando l'ultima persona che Mihaela avrebbe voluto incontrare quella mattina e in qualsiasi altro giorno in generale: il suo vicino.
Alto e massiccio, dalle spalle larghe e il fisico imponente, l'anima dannata se ne stava a capotavola, con il corpo interamente ricoperto da una tuta di contenimento grigio scura, la mano sinistra era avvolta da un guanto nero pece come gli stivali, mentre la mano destra non esisteva, al posto di un braccio organico, l'uomo era dotato di un imponente braccio robotico, dalla cui estremità fuoriusciva... una forchetta.
Se di norma quell'equipaggiamento avrebbe potuto spaventare intere folle di anime dannate, vederlo adoperato per mangiare, specie nella sua maniera particolarmente posata e elegante, aveva un che di ridicolo, oltre che di grottesco.
A completare l'opera vi era poi la maschera, la cui zona degli occhi era occupata da un'unica visiera rossastra attraverso cui si potevano intravedere gli occhi scuri del proprietario, mentre la zona della bocca, ora rialzata per permettergli di mangiare, era occupata da un dispositivo di aerazione da cui partivano due spessi tubi che, attraversando le spalle, lo collegavano ad un curioso dispositivo sulla schiena, una scatola metallica che doveva fungere da deposito di ossigeno... o qualcos'altro, Mihaela non aveva idea di cosa ci fosse lì dentro.
Diversamente, sapeva chiaramente cosa ci fosse nel secondo dispositivo, quello sulla zona del torace, merito anche della luce rossastra che fuoriusciva dai due spessi vetri che dominavano la parte superiore del contenitore.
Sostanze chimiche, che il tizio di fronte a lei era pronto a iniettarsi in qualsiasi momento.
E se lei lo sapeva, era perché, purtroppo, conosceva fin troppo bene il suo vicino: Innozenz, chimico nazista vissuto ai tempi della seconda guerra mondiale, rappresentante del regime più sanguinoso della storia umana ora tornato in vita come un imponente bestione dotato di un arsenale chimico di tutto punto... che se ne stava seduto davanti a lei a mangiare wurstel e crauti come un qualsiasi pensionato che fa colazione, pranza e cena sempre all'interno dell'appartamento.
Non a caso era l'unico demone presente in zona a parte Mihaela (ma solo perché gli altri si erano allontanati dalla sala come avevano sentito che il mostro radioattivo si era svegliato).
Fortunatamente, se ne stava seduto al suo posto in silenzio, ignorandola con cordialità, e così pareva determinato a fare, consumando il proprio pasto con una metodica lentezza che nessuno avrebbe giurato potesse appartenere ad un omaccione come lui, gustando morso per morso il suo pranzo non troppo abbondante.
E sembrava interessato a ignorarla per gustarsi in piena tranquillità il suo pranzo, senza sgradevoli demoni radioattivi a rovinarglielo.
E così era determinato a fare, se non fosse che Mihaela, nel momento stesso in cui si accomodò all'altro capotavola (il posto più lontano dall'altro demone) dopo essersi adeguatamente rifornita, ebbe l'ardire di appoggiare la propria ciotola di cereali e yogurt senza la giusta delicatezza, e ciò provocò un rimbombo abbastanza forte affinché il nazista potesse dirsi infastidito.
In silenzio, Innozenz alzò lo sguardo, puntando la visiera contro la demone davanti a lui.
Ma non disse nulla, e la cosa sarebbe potuta finire lì, se non fosse che quando riabbassò lo sguardo, notando la grande tazzona di cereali, comprese che la vicina non stava pranzando, e questo turbò ancora di più il suo maniacale tempo dell'ordine.
<< Che... orribile mancanza di organizzazione. >>
La sua voce si disperse lungo la sala come un eco minacciosa, poi tornò a mangiare, non era ancora a metà piatto.
Mihaela si risparmiò di rispondergli, afferrò il cucchiaio e inizio a mangiare a sua volta.
Altro errore.
Malgrado Innozenz si sforzasse di rimanere concentrato sul proprio piatto, non poteva fare a meno di sentire l'orribile suono di masticamento che proveniva dall'estremità opposta del tavolo, il suono di masticamento di una persona che stava consumando il proprio pasto ad una velocità impressionante.
Passarono dieci secondi prima che il chimico perse la pazienza.
<< Potresti smetterla? >>
La demone si fermò, ma solo per scoccare un'occhiataccia ostile al suo vicino.
Avrebbe fatto volentieri a meno di ingozzarsi se non fosse che la temperatura interna del suo corpo rovinava in poco tempo la qualità del cibo.
Ovviamente questo era già stato spiegato tempo addietro, ma ciò non avrebbe impedito a Innozenz di ripetere la richiesta, e la richiesta di Innozenz non avrebbe impedito a lei di mangiare nella maniera più comoda.
Affondò il cucchiaio nella ciotola, tirò su un boccone che da solo era metà del piatto di Innozenz e se lo ficcò in bocca, riprendendo a trangugiare con maggior veemenza di prima.
Del resto, prima concludeva la colazione prima poteva lasciare quel nevrotico alle sue turbe.
Innozenz dal canto suo, non aveva però intenzione di assistere a quello scempio un secondo di più, adesso non era sgradevole solamente da sentire, ma anche da vedere.
<< Ti ho detto di smetterla! >>
Le sue grida la spingevano a mangiare più veloce, sporcandosi le labbra nel tentativo di far entrare quanto più cibo possibile, cosa che esasperò il suo vicino fino al punto critico.
Accadde all'improvviso, beh in realtà era abbastanza scontato che sarebbe accaduto, ma un secondo prima Innozenz era seduto al suo posto a guardarla in cagnesco, quello dopo era in piedi, con i pugni alzati (almeno il sinistro, al posto del pugno destro c'era ancora la forchetta) che fece ricadere sul tavolo con forza tale da far crepare il legno mentre lo schianto fece tremare l'intera sala.
<< MI HAI SENTITO COMUNISTA? PIANTALA E FAI LA SERIA! >>
Esasperata, Mihaela si alzò battendo i pugni a sua volta, dei segni di bruciatura si formarono dove batté le mani, ma anziché alzare la voce optò per portare a se la ciotola, accostarla alle labbra, e sotto lo sguardo sconvolto del suo vicino, rovesciarne il contenuto in bocca.
Pietrificato, Innozenz osservò la demone ingoiare tutto d'un fiato una quantità di cibo pari al doppio del proprio pranzo, e fatto questo, la vicina posò con violenza la ciotola sul tavolo, esibendo un orripilante paio di baffi rosati da cui pendeva qualche cereale.
A questo punto la demone inflisse il colpo di grazia alla salute mentale del suo odiato vicino, strofinandosi la manica sul viso per pulirsi dallo yogurt, facendo ben attenzione a produrre il rumore più fastidioso possibile nello strusciare il tessuto dell'abito contro la sua pelle.
Fatto questo, appoggiò le mani sul tavolo, facendo attenzione a non bruciare di nuovo il legno, puntando lo sguardo contro la visiera rossastra del crucco di merda.
Il chimico la osservò in silenzio, se Mihaela avesse potuto vedere attraverso la maschera, si sarebbe trovata davanti ad un'espressione carica di disgusto, sdegno, e rabbia.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Innozenz sospirò con tutte le sue forze, mentre si risistemava la maschera, Mihaela poteva udire un minaccioso ribollio, proveniente da quelle sostanze che il crucco di merda custodiva in quella scatola sopra il petto.
Il tedesco si drizzò con fare marziale, fissandola con l'intensità di una pressa idraulica, forse immaginando proprio di schiacciarla fino a ridurla ad una poltiglia anonima.
Poi, dopo una breve pausa, le parlò con tono affilato.
<< Mia madre mi ha sempre detto che tutte le altre donne erano delle poco di buono, e mio padre ha sempre detto che fra comunisti e cani la differenza è poca, e tu, tu sei la prova che avevano entrambi ragione. >>
Mihaela inspirò a fondo, poi lanciò via la ciotola, ignorando il suono di ceramica infranta.
Squadrò il vicino per qualche secondo, e mentre lui se ne stava ritto come un palo, lei si protese in avanti, piegandosi sul tavolo e appoggiando le mani sopra di esso, senza curarsi tanto della sua integrità.
Un sorriso irritato le dipinse il volto, mentre i suoi occhi puntavano il vicino come due spilli.
A quanto pare avrebbero litigato anche oggi.
<< Se tua madre se ne intende di cosa sia una cagna, mi chiedo se... >>

Un'esplosione demolì il muro che separava la sala mensa dal corridoio, disseminando quest'ultimo di macerie mentre la demone sfrecciava sotto la pioggia di calcestruzzo e proiettili provenienti dalla stanza adiacente.
Una seconda esplosione distrusse il muro di fronte all'area demolita, mentre da questa si affacciava l'imponente figura di un Innozenz, sta volta armato con un cannone al posto del braccio mancante.
<< Come hai chiamato... MIA MADRE?! >>
Mihaela si nascose dietro l'angolo di un corridoio laterale, fra tutti gli insulti rivolti ad Innozenz (di persona e non) le mancava ancora quello nei confronti di sua madre, chi l'avrebbe mai detto che fosse così suscettibile sull'argomento.
Ebbe appena il tempo di cacciare la testa fuori per vedere dov'era, che fu costretta ad abbassarla per evitare un terzo proiettile, che devastò l'ingresso dell'edificio, ed a giudicare dalle urla, anche qualche demone che stava passando di lì.
Saltato il suo nascondiglio, iniziò a correre lungo il tratto che la separava dall'uscita, mentre il suo inseguitore iniziava a rincorrerla, da come si poteva intuire dai passi pesanti che avevano iniziato a devastare il corridoio.
Ma l'inseguimento ebbe breve durata, e venne interrotto da un violento rumore di crollo.
Confusa, Mihaela tornò indietro, per vedere che il corridoio era crollato dentro il seminterrato dell'appartamento, e Innozenz adesso si trovava sotto qualche strato di macerie.
Alla demone bastò guardarsi i piedi per capirne la causa, e si lanciò all'indietro per non cadere a sua volta, mentre il pavimento in legno collassava sotto il calore delle incandescenti fiamme verdastre che avvolgevano parzialmente il corpo della donna.
<< Rahat. >>
Per fortuna lei non era pesante quanto il suo inseguitore, e per non fare la sua stessa fine iniziò a correre lungo il corridoio che gradualmente si disfaceva sotto ai suoi piedi, incapace di placare il proprio nervosismo, e con esso alla crescita del proprio calore corporeo.
Sfrecciando in avanti come una dannata, travolgendo (o sciogliendo) qualche demone di passaggio, corse fino a raggiungere l'ingresso, per poi saltare attraverso la porta abbattuta ed atterrare sul terreno sterrato che divideva l'edificio dal marciapiede.
Si rotolò sui sassolini e il terriccio per qualche secondo prima di fermarsi, rimase a terra a riprendere fiato fino a quando le fiamme non si estinsero e la sua temperatura non tornò alla normalità.
Poi rivolse lo sguardo all'edificio distrutto, a cui si affacciò non appena si rimise in piedi... tutto il corridoio del piano terra era crollato.
Di Innozenz nessuna traccia, ma poco male: sicuramente era vivo ed avrebbe avuto tutto il tempo per sbollire l'accaduto.
Nel mentre che il nazistone riposava sotto le macerie, lei avrebbe svolto il suo incarico.
Frugando nella tasca interna della divisa, tirò fuori la lettera, per fortuna era riuscita a concentrare la maggior parte del calore nella zona delle gambe, ed a parte svariate bruciature, il contenuto era ancora leggibile:
Vieni al Lusten appena puoi e mostra il biglietto nella busta, sai dove trovarmi. M.
Certo che il mittente avrebbe potuto essere un po' meno parco di parole.
Ma tutto sommato meglio così: se avesse accidentalmente incenerito la lettera almeno non si sarebbe persa nessuna informazione essenziale.
Guardandosi dietro, sperò che il suo vicino avesse il tempo di sbollire la rabbia prima del suo ritorno, non era certa che sarebbe stata in vena di un secondo litigio a lavoro finito.
In quanto ai danni... di quello se ne sarebbe parlato in un secondo momento.




Nota dell'autore
Il personaggio di Innozenz appartiene a
Thanos 05, che ringrazio caldamente (per il personaggio, per l'aiuto con i dialoghi e per la correzione del testo), e colgo l'occasione per avvisare che non sarà l'unico OC esterno ad apparire nella storia.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III


Come ogni altro giorno, il cielo di Pentagram City si presentava rossastro, attraversato da nubi nerastre e colmo di inquietanti satelliti a forma di pentagramma, pentagramma che oltre ai satelliti appariva anche sulla volta celeste, sovrastando la città come una cupola malefica.
Sommersa in quel panorama desolante, Mihaela camminava a testa bassa lungo il marciapiede disastrato, ignorando le erbacce che si arrampicavano fra le lastre di cemento rovinate, e gli alberi che si inframezzavano nelle zone dove la copertura del marciapiede era stata rimossa da tempo.
A suo agio anche nel percorso dissestato, la donna schivava facilmente gli ostacoli senza rallentare il proprio andazzo, a differenza di quando si trovava nel proprio appartamento e la politica da adottare era “fare meno danni possibile”, incenerire qualche albero o casa lungo la via non costituiva decisamente un problema.
Ormai lo aveva imparato da tempo, in qualche modo il suo potere doveva uscire fuori, l'importante era che lo facesse nella misura di non danneggiarla, aveva cambiato residenza troppe volte negli ultimi quarantaquattro anni!
E se per la sua stabilità abitativa doveva squagliare qualche lampione lungo la via, la cosa aveva il suo benestare.
Come ogni altro giorno, le strade erano invase di rifiuti, materiali e umani (o demoniaci?), decine fra imp e anime dannate se ne stavano sedute o sdraiate sul marciapiede, nei vicoli e su qualche tetto, oltre la metà di loro non aveva una casa in cui stare, o a causa delle continue guerre fra overlord e bande, o semplicemente non l'avevano mai avuta.
Tutte future vittime del prossimo sterminio di massa che vivevano alla giornata, bevendo, sballandosi e dormendo senza curarsi di essere calpestati o uccisi da qualche killer di passaggio, nella speranza di una rapida fine delle loro esistente od in qualche nuovo overlord bisognoso di crearsi un seguito senza impegno od in qualche banda in cerca di disperati da reclutare.
A guardarli, stesi e annichiliti in mezzo ai passanti, Mihaela non poteva fare a meno di chiedersi se passargli sopra e scioglierli fosse da considerarsi un atto di pietà.
Nel dubbio li lasciò lì dov'erano, che fosse per lei o per gli angeli quelle povere anime erano ormai condannate.
Parlando di non avere un tetto sopra la testa, sperava che l'appartamento non fosse collassato dopo la sua ultima discussione con il vicino.
Era ancora dolorante per l'atterraggio di prima, ma considerando che in quel momento Innozenz si trovava probabilmente sotto un intero piano di detriti, poteva considerarsi vincitrice fino al giorno dopo.
Forse, abituati com'erano a vederli battibeccare, non sarebbe stato assurdo pensare che qualche inquilino avesse preso a segnarsi il punteggio su una lavagnetta.
Se la cosa era da considerarsi divertente o triste non la sapeva neanche lei.
In ogni caso, non era quella merdina nazista ciò a cui doveva pensare.
Continuò a camminare lungo una via che aveva ormai imparato a conoscere bene, specie durante le sue uscite notturne, dove le tenebre offrivano una parziale schermatura allo squallore che regnava sovrano per le strade.
La sua camminata proseguì fino a quando il marciapiede non divenne sempre meno disastrato e la quantità di barboni iniziò a diminuire sensibilmente, così come la quantità di furti e aggressioni che avvenivano poco accanto a lei (l'inferno non è proprio un bel posto dove mettersi a fare una passeggiata).
Presto fu nel quartiere giusto, e a quel punto fece l'unica cosa che poteva fare: aspettare l'orario di apertura.
Il posto dove stava andando apriva di notte, per quel che ne sapeva, e per quanto la lettera suggerisse una certa urgenza, dubitava fortemente che la persona che cercava si sarebbe trovata sul posto.
Ma purtroppo per lei, quel piccolo diverbio con il vicino aveva rovinato i suoi piani di poltroneria fino a tarda sera, e adesso si trovava con una spropositata quantità di tempo libero che non aveva idea di come impiegare.
Sollevò un sopracciglio.
Questa per lei era una sensazione familiare, quante volte nella sua vita passata era stata costretta a sopportare snervanti attese?
Più di quante ne ricordava, eppure da quando era all'inferno non le era mai capitato.
Beh, poteva dire di aver appena trovato uno dei lati positivi del vivere all'inferno.
Certo, cosa aveva da attendere all'inferno? Niente, dormiva, mangiava, accettava qualche lavoro richiesto sulla base delle sue “capacità particolari” e per il resto del mese tirava avanti a cibo a basso costo e dormite in camera sua con serate al locale quando aveva soldi da buttare.
Il che era un po' triste, ma se non altro non doveva preoccuparsi della propria stabilità abitativa, problemi radioattivi a parte.
Si fermò davanti ad un parco, se così si poteva chiamare, un postaccio malandato stretto in pochi metri quadri da una recinzione tagliata in più punti, con il terreno dominato perlopiù da terriccio scuro tappezzato da qualche occasionale macchia d'erba.
Sembrava il posto perfetto per le mire di qualche pedofilo, e forse era per questo che non c'erano bambini nei paraggi.
Meglio così, meno persone a cui sarebbe apparsa patetica.
Entrò, certa che nessun maniaco sessuale o serial killer di bambini si sarebbe avvicinato a lei anche mentre dormiva, e presto, sulla panchetta in legno meno disastrata fra quelle disponibili, aspettò di addormentarsi.
Purtroppo la cosa non avvenne, sia perché aveva già passato le prime tredici ore della giornata a dormire sia perché quella panchina era scomoda come l'inferno.
Sospirò con amarezza.
Tutto sommato non le sarebbe dispiaciuto essere aggredita da qualche killer, avere qualcosa contro cui lottare (in maniera fortemente unilaterale) e difendersi appariva preferibile allo starsene seduta in silenzio.
Purtroppo per lei questo era ciò che la giornata sembrava riservarle, pertanto afferrò un bastoncino caduto dall'unico albero sul piazzale, ignorò l'inquietante cigolio dell'altalena vicina provocato dal vento, e prese a disegnare cerchi sulla sabbia.

Era già buio quando finì di consumare la cena.
Dopo aver passato ore ad annoiarsi sulla panchina e disegnare cerchietti con il bastone, alla fine si era addormentata di nuovo, poi una volta sveglia si era resa conto di avere urgentemente bisogno del bagno.
Pertanto era entrata nel primo locale che aveva trovato sulla strada, un minuscolo ristorante asiatico gestito da uno sgradevole demone mantide dotato per chissà quale assurda legge della natura di una folta peluria sotto la bocca, che andava a comporre un'ancora più sgradevole barba.
Mancavano ancora un po' di ore all'apertura, e siccome le pareva sgradevole usare il bagno senza prendere nulla, aveva provveduto subito ad ordinare del ramen, un piatto che aveva provato non troppo tempo fa dopo essere stata all'oscuro della sua esistenza malgrado fosse in circolazione da... beh all'inferno probabilmente da sempre, comunque si ricordava che le era piaciuto.
Il problema è che anche dopo averlo finito mancava ancora del tempo, e siccome non ci teneva ad abbandonare la sua postazione per tornare ad aspettare fuori, ma le sembrava ancora più sgarbato rimanere a scroccare il posto a sedere (per quanto fosse l'unica cliente al suo interno), provvide ad ordinarne un altro, ma il problema si ripresentò più tardi, e quindi...
Niente, se il suo corpo radioattivo faceva il suo lavoro avrebbe digerito senza problemi ciò che a molti altri demoni avrebbe dato una forte indigestione.
Del resto qualche vantaggio oltre all'accorciare le file il suo corpo doveva pur averlo, certo c'era da dire che aveva speso tre volte quanto premeditato.
Forse doveva farsi meno problemi e minacciare di sciogliere il proprietario.
In ogni caso, aveva risolto il problema dell'attesa, del bagno e dell'appetito, pertanto si alzò e, pagato il conto (sul serio, dovrebbe approfittarsene di più), si incamminò verso il locale.
Tempo due minuti e si fermò davanti ai cinque gradini dell'entrata, così ben tenuta da apparire come una dichiarazione di guerra allo squallore circostante.
Mihaela alzò lo sguardo, lasciandosi illuminare il viso da un'intensa luce al neon.
Sopra di lei, una grande e luminosa insegna dai caratteri in corsivo splendeva di un neon violaceo che di notte si avvicinava al cremisi:
“Lusten Club”
Un sorriso nervoso sfuggì alla donna, di solito non entrava in questo posto... alla luce del sole, ma quello non era il caso.
Non che ci fosse nulla di cui vergognarsi in questa vita, che potevano farle, ucciderla?
Scosse la testa e salì i gradini, raggiungendo l'ampia entrata del locale fino ad arrivare alle porte, nere e dai vetri scuri e trasparenti, con cui far intravedere l'interno quel tanto che bastava per rendere il locale appetibile a qualche demone di passaggio che avesse avuto con se abbastanza soldi da spendere per la serata.
Varcò l'ingresso, e quando la porta si chiuse dietro di lei, poté constatare che era ancora viva e vegeta.
Nero e fucsia, questi erano i colori del Lusten, in netto contrasto con lo squallore della strada, il bar e night club più frequentato di quella parte della città si presentava come un locale curato, malgrado la sua clientela fosse tutto meno che di alta classe.
Tutt'altro, gli avventori erano gli stessi barboni che avrebbe potuto incontrare il giorno dopo e il giorno prima a chiedere l'elemosina sulla strada, con la sola differenza che questi avevano i soldi per entrare.
Ampio e accogliente, l'assenza di finestre e la presenza di vetri oscuranti all'entrata impediva alla luce solare di entrare, e la luce al neon, unica fonte di illuminazione, faceva in modo che il locale sembrasse immerso nell'oscurità ventiquattrore su ventiquattro, dando l'impressione ai suoi avventori di essere entrati in un sogno.
Un sogno dominato dai fumi dell'alcool, e in senso più letterale dai fumi di varie sostanze stupefacenti che venivano consumate regolarmente tanto dagli avventori quanto dallo staff del locale.
Come ogni notte, la clientela se ne stava ammassata attorno ai tavoli dove si agitavano le ballerine, eccetto per chi era più interessato ad annegare i propri dispiaceri che a guardare la squadra di avvenenti demoni che si agitavano intorno al palo.
Oppure aspettavano solo la carica giusta per farlo.
Ma non solo per stare a guardare, ma per fare molto di più.
Il Lusten, night club e bordello, attività che a Pentagram City non avrebbe mai sofferto di assenza di clientela, o di manodopera.
<< Hic! E così mi ha supplicato di non mangiargli la testa “Scusami! Se sapevo che facevi il culo a tutta la mia banda assalivamo qualcun altro, non uccidermi ti prego!” Hic! >>
Un suono di schianto seguitò da un sonoro rutto (e da un applauso) echeggiò per il locale, segno che qualcuno aveva appena mandato giù una quantità di birra superiore al sangue che aveva in circolo.
Cercando la fonte del rumore con lo sguardo, gli occhi di Mihaela si posarono su due demoni sedute al bar:
La prima, quella che aveva battuto il pugno sul bancone (e che pareva aver buttato giù una quantità d'alcool superiore al sangue che aveva in circolo), si presentava come una procace demone dalla pelle scura e violacea, dai cui corti capelli a caschetto, sempre viola ma accesi, spuntavano fuori due antenne da cavalletta.
Il suo aspetto a parte quei colori improponibili era perlopiù umano, eccezion fatta per le antenne, i denti decisamente troppo seghettati per un essere umano, per non parlare poi di quelle appendici consistenti in due lame affilate che di tanto in tanto fuoriuscivano dal sotto dei suoi avambracci, collegate ad essi da una strana struttura chitinosa, per poi estendersi in avanti.
Mihaela non aveva mai visto niente di simile, forse l'immagine più immediata che poteva richiamare alla mente era quella di una mantide, e di certo non si augurava di infilare il suo collo sotto quelle lame spaventose, splendenti di un'inquietante aura violacea.
<< Potrei mettermi a ridere, se non fosse solo la quinta volta che lo racconti! Mi sto pentendo di non averti uccisa prima. >>
Accanto a lei, un ugualmente procace (ma anche più agghindata, a differenza della compare il cui abbigliamento si riduceva a dei pantaloni neri attillati e un top rosso vivace) demone leonessa, sembrava in lotta con se stessa per non mettere le mani sul collo della compagna di bevute.
Tutta ricoperta da un manto di pelliccia bianca, come bianchi erano i fluenti capelli legati in un turbine di trecce bianche, l'altra demone scrutava con fare fra lo stoico e l'irritato la compagna di bevute.
Se a prima vista il suo aspetto le era parso meno assurda, Mihaela dovette ricredersi quando intravide i suoi occhi, intenti a scrutare con ostilità quella demone che non si capiva se fosse una sua amica o la sua futura vittima.
Un occhio era celeste, con la pupilla verticale bianca, l'altro invece era giallo, e la pupilla era assente, di contro gli occhi dell'altra demone erano verdi.
Difficile dire chi fosse la più bizzarra delle due, se la cavalletta viola o la leonessa vestita con mimetica e pantaloncini corti ed il seno fasciato, come una militare in qualche giungla desolata.
<< Piuttosto, mi dici perché ti hanno attaccata? >>
La cavalletta alzò le spalle e tirò giù un altro bicchiere.
<< Urlavano qualcosa sul non entrare in questo locale, io ho risposto facendoli entrare in una bara. >>
Per festeggiare la propria vittoria ordinò di nuovo da bere, il numero dei bicchieri vuoti accanto a lei superavano di tre volte quelli della compagna.
Mihaela decise che non aveva bisogno di ascoltare altro, e fece per andarsene, ma purtroppo per lei un demone particolarmente alticcio ebbe la bellissima idea di tentare un approccio con le due, mettendosi dietro di loro e allargando le mani sui loro fondoschiena.
Risultato?
Nemmeno il tempo di arrivarci che il demone si trovò proiettato dall'altra parte del locale, investendo una Mihaela che aveva avuto sì la prontezza di voltarsi prima della tragedia ma la sfortuna di essere rimasta nella traiettoria sbagliata.
Il demone (morto o vivo che fosse) le finì addosso con una forza micidiale, e lei venne sparata in avanti, scontrandosi contro una folla intenta ad ammirare delle prosperose ballerine esibirsi attorno ai pali e mandando gambe all'aria non poche persone.
Per fortuna il volo fu breve, e cadde sul pavimento prima di schiantarsi contro qualche muro (merito di tutte le persone a cui era andata addosso), finendo con il ritrovarsi faccia a terra, circondata da almeno una decina di demoni messi peggio di lei.
<< Fan... culo. >>
Intontita dai ripetuti schianti e dal borbottio di fondo, Mihaela iniziò a sollevarsi dal pavimento tenendosi la fronte, per fortuna una delle ballerine parve intervenire in suo aiuto.
<< Tutto bene, dolce- >>
<< Sì, graz- >>
Appena alzò lo sguardo, le parole le morirono in gola.
Davanti a lei, con una delle tante braccia attaccate al palo, un'avvenente demone ragno dal pelo bianco ricoperto di macchiette viola come viola erano i suoi occhi (a cui si aggiungevano varie decorazioni a forma di occhio, sempre rigorosamente viola), le stava porgendo la mano con fare incerto per aiutarla a rialzarsi.
La demone emergeva fra le altre ballerine per la sua grande altezza, intorno ai due e settanta, di cui venti centimetri li doveva alla lunga coda di cavallo su cui correva una linea viola che la divideva in due parti uguali,
Ma il dettaglio su cui Mihaela si stava soffermando in quel momento era il fatto che la ballerina non stesse indossando nient'altro che un paio di mutande, quelle e l'elastico che le teneva il codino, decorato con una familiare vedova nera e fiori vari.
La donna non poté fare a meno di soffermarsi sul corpo della ballerina, in particolare sotto al petto, dove si estendeva una macchia a linee scure che doveva essere più di una semplice voglia.
Però no.
Non era il fatto che fosse nuda la cosa sconvolgente, considerando il tipo di locale in cui Mihaela era entrata e in cui era già stata più volte di quanto avrebbe mai ammesso, no, la cosa sconvolgente era che lei quella ballerina la conosceva bene, ed il pensiero andò subito alle banconote custodite nella cassaforte.
Le banconote che le due avevano guadagnato qualche giorno fa dopo una delirante avventura con quel patetico imp.
L'altra demone rimase a guardarla interdetta, poi sorrise compiacente.
<< Sai, non pensavo fossi tipa da donne! >>
<< INFATTI NON LO SONO! >>
Quando i demoni circostanti si voltarono verso di lei, Mihaela comprese che forse, forse, aveva risposto a voce più alta di quanto fosse necessario.
<< C-comunque, buona serata! >>
Senza dare il tempo alla demone ragno di replicare, si rialzò su quattro zampe e prese lo slancio in avanti, allontanandosi a velocità sostenuta verso un corridoio, incurante delle fiammelle radioattive che lasciò dietro di se sul pavimento e su altri avventori, prontamente estinte dai membri dello staff.
Dopo un iniziale smarrimento, un sorriso furbetto comparve sulle labbra della ballerina.
<< Credo mi prenderò cinque minuti di pausa. >>
Con nonchalance, scese dal palchetto, avanzando senza pudore in mezzo alla platea di demoni disorientati.
Ciò non impedì ad un tarchiato demone dalle fattezze taurine di andarle dietro a prenderle la mano.
<< Ehi tesoro, sei libera? >>
Un sorriso malevolo affiorò sulle labbra della donna.
<< Sono in pausa, cerca un'altra ragazza. >>
Cercò di andarsene, ma l'avventore non pareva intenzionato a mollare l'osso.
<< Ma io non cerco un'altra ragazza... >>
A questo puntò la demone liberò la mano con forza e schioccò all'interlocutore un'occhiataccia più intensa di una pugnalata.
<< Se hai tanta voglia, ficcati un remo nel culo e vedi come ti passa! >>
Il cliente recepì il messaggio e si allontanò, e adesso che il cugino brutto del minotauro si era levato dalle palle, la demone poté dirigersi verso il corridoio con passo ondeggiante.

<< Hai il- >>
<< Prendi! >>
Sbattuto il biglietto VIP sul petto dell'immenso buttafuori con una pressione tale da lasciargli involontariamente una bruciatura a forma di mano sul petto, Mihaela aprì con forza la porta biancorossa e si chiuse all'interno della stanza.
Una volta da sola, iniziò a inspirare profondamente.
Che dire, non era un incontro che si era aspettata, certo, Sherry le aveva detto che spesso lavorava ballando (e non solo) in vari locali, ma chi l'avrebbe mai detto che fra tutti i bordelli e night club della città, sarebbe andata a ballare lì proprio quella specifica sera!
Non che ci fosse nulla di male, assolutamente, eccetto per la sua reazione.
Nel senso, non c'era nulla di male se una persona che conosceva la vedeva in quel locale, e non c'era niente di male se lei vedeva una persona nuda che conosceva ballare sul palco.
Ah, quarantaquattro anni senza stare in intimità con nessuno la rendeva una frana nei rapporti sociali, beh, avrebbe trovato spiegazioni in un secondo momento, adesso doveva aspettare quella persona.
Era certa di essere nella stanza giusta, non quella VIP ovviamente, ma il biglietto oltre alla stanza dei clienti più affezionati apriva le porte anche per l'ufficio del gestore.
C'era da dire che il termine ufficio era parecchio improprio, la stanza altro non era che una stanza da letto particolarmente larga, non certo il posto perfetto per viverci dentro ma abbastanza per consumare una notte di passione con qualche partner ben disposto.
Si trovò a deglutire, pensando che quello era un dettaglio di cui aveva già fatto esperienza, e nel pensarci non si accorse della porta che si aprì alle sue spalle e poi si richiuse, proprio non si accorse di avere qualcuno appena dietro di lei fino a quando la sua nuca non iniziò ad avvertire una familiare sensazione di morbidezza.
Appena se ne accorse, la demone sbarrò gli occhi e saltò in avanti, come scottata, mentre una voce per lei molto familiare le arrivò all'orecchio sotto la forma di una risatina malefica.
<< Che cattiva che sei, non si scappa così dalle persone. >>
Mihaela si girò, ma ancora prima di farlo sapeva già bene chi si sarebbe trovata davanti.
<< Melanie... mi hai fatto chiamare. >>
Davanti a lei si ergeva una demone dalla bellezza statuaria, al di sopra di qualsiasi ballerina presente nel locale:
Alta, e parecchio più di Mihaela, con un gradevolissimo corpo a clessidra dalle curve ben evidenti, la proprietaria del Lusten si muoveva con fare leggiadro per la stanza, senza curarsi di chiudere la porta (nessuno avrebbe osato entrare senza permesso), squadrando la demone radioattiva con i suoi ipnotici occhi da predatrice, dalla sclera grigio scura, l'iride più chiara, tendente al bianco e la pupilla fucsia luminosa, per poi sedersi comodamente su un divanetto vicino.
Mihaela non aveva dubbi sul perché fosse la più richiesta ma allo stesso tempo la più irraggiungibile del locale, la donna, in fatto di fattezze, somigliava ad un comune essere umano, ma comune lei non lo era per niente.
I suoi capelli, fucsia accesi con alcune ciocche nere, scendevano fino a sfiorarle il fondoschiena, mentre qualche ciuffo le scendeva sui seni e, al massimo, sul viso, vicino al suo naso dritto e appuntito, come appuntito era il suo mento.
La sua pelle era semplicemente priva di imperfezioni, si presentava come bianca e liscia, ma in alcune parti assumeva alcune sfumature azzurrine più o meno intense di zona in zona.
Non c'era dubbio che fosse lei la proprietaria di un locale che significava “lussuria”, ogni parte del suo corpo sembrava un'allusione al piacere, dai seni generosi, le curve abbondanti e le labbra carnose color azzurro scuro.
A questa bellezza naturale si aggiungeva certamente una grande cura per il proprio corpo, il viso, dalle sopracciglia eleganti alle ciglia degli occhi, folte e lunghe di color fucsia scuro.
Malgrado il corpo fosse quasi totalmente privo di tratti sovrannaturali, i suoi occhi, ipnotici, severi e predatori allo stesso tempo e la sua altezza statuaria le conferivano un'invisibile aura di pericolo anche quando se ne stava mezza sdraiata sul divano.
Come se la natura non l'avesse resa abbastanza seducente, ad aumentare il suo sex appeal contribuiva il suo body attillato, che ben si curava di evidenziarle le forme generose, lasciando scoperta un'ampia scollatura e la zona dell'ombelico, mentre nella zona delle gambe l'unico indumento era rappresentato da calze nere dai contorni fucsia che le lasciavano scoperte la parte superiore delle cosce e parte del piede, fra cui le dita.
A completare l'opera, dei lunghi guanti neri che le coprivano le braccia, terminanti in una folta pelliccia rosa chiaro.
<< Ti ho fatta chiamare, sì, avrei bisogno di aiuto per una faccenda delicata, ed ho pensato: perché non approfittarne per dare lavoro ad una mia cara amica? >>
Un'altra risatina, sempre con quel tono fra il serio ed il seducente che rendeva alla demone radioattiva impossibile decifrare le sue intenzioni, con quella donna era difficile capire quando voleva solo parlarti e quando cercava di sedurti, sempre se per lei non fosse la stessa cosa.
<< Siediti, da brava, e serviti pure. >>
Mihaela si sedette su una poltrona un po' troppo grande per la sua stazza, e notò solo allora di avere affianco un tavolino con qualche snack, gentilmente offerto dalla padrona del locale.
<< Scusa, che maleducata, non ti ho chiesto come stai, ammetto che mi ero un po' preoccupata quando ho saputo che un certo albergo non poco lontano da qui aveva perso buona parte del piano terra, ma sono felice di vedere che stai bene, dolcezza. >>
Un brivido attraversò la mano di Mihaela mentre afferrava un bicchiere pieno di brandy che evidentemente era stato piazzato sul tavolino in attesa che entrasse lei.
<< Vedo che sei ben informata... allora, per quale motivo hai dovuto mandarmi una lettera? Voglio dire, facevi prima con un messaggio... >>
Melanie rispose stiracchiando le braccia e posizionandosi in modo, se possibile, da apparire ancora più seducente, e questo, Mihaela lo sapeva, era il suo modo per dirle, “non fare domande stupide, sciocchina”.
<< Overlord, di questi tempi non puoi mai sapere chi legge i tuoi messaggi, poi non volevo che non lo leggessi perché ti si era sciolto il telefono. >>
Il ragionamento non aveva tutti i torti, Mihaela lasciava sempre il cellulare a casa come se fosse un telefono fisso, o almeno faceva così dopo il terzo che le si era sciolto addosso, il vestito resisteva pure al suo calore e alle radiazioni... ciò che gli veniva messo dentro no.
<< E anche se fosse? Devo dedur- >>
Non poté finire che l'avvenente proprietaria del Lusten le sorrise, come si sorride ad una bambina che ha risolto un problema elementare.
<< Che il nostro nemico è un overlod? Probabile. >>
Mihaela deglutì, non amava prolungare una discussione più del necessario, Melanie la fissò alzando un sopracciglio.
<< Potresti essere più loquace ai nostri incontri, sai, mi piacerebbe fare un po' di conversazione ogni tanto... >>
La demone radioattiva sospirò.
<< Scusami, è stata una brutta giornata, sai... il piano terra. >>
<< Oh, scusami tu, spero allora che questa missione non sia un... >>
Mihaela scosse la testa.
<< Nessun problema, infliggere dolore a qualcuno che se lo merita è un ottimo modo per sfogare lo stress. >>
<< Perfetto cara! >>
Melanie si mise in piedi quasi di scatto, e poi incrociò le braccia ed iniziò a camminarle attorno a passetti più o meno veloci.
<< Vedi, sai che questo locale ha un certo ruolo negli equilibri di poteri in questa città, non credo serva spiegartelo. >>
Mihaela annuì, il Lusten si trovava circondato da più territori appartenenti ad overlord vari o piccole bande, e malgrado lo “scacchiere politico” della città fosse soggetto a continui cambiamenti, la posizione del Lusten negli ultimi tempi, se non dalla sua creazione era rimasta più o meno la stessa: quella di una zona franca in mezzo a tanti potentati locali, dove membri di tutte le fazioni potevano andare a divertirsi, o incontrarsi per negoziare alleanze e tregue senza timore di trovarsi a fare una fine bruttissima.
Sinceramente, Mihaela ignorava come mai nessun overlord si fosse preso la briga di rivendicare questo locale per se, forse conveniva a tutti avere un porto franco dove negoziare a svagarsi, ma qualcosa le diceva che sotto c'era ben più di questo.
Fatto sta che il locale apparteneva soltanto alla sua proprietaria, e che il suo flusso di guadagni certamente poteva fare gola a molti.
<< Ecco, diciamo che da qualche settimana a questa parte qualcuno ha deciso che la nostra attività non gli va a genio, certo, nessuno ha osato attaccare al locale, farebbe una fine orribile prima ancora di salire i gradini. >> nel dirlo, Melanie ridacchiò con una certa soddisfazione, tanto da far pensare a Mihaela che quell'eventualità dovesse già essersi verificata qualche giorno fa.
<< Ma fuori dal locale, i nostri clienti sono vulnerabili, e di recente qualche banda si diverte a terrorizzarli e... ucciderli con qualche arma angelica di contrabbando, e questo non fa bene agli affari, oltre a rendermi davvero triste. >> simulò un broncio.
Mihaela in tutto questo rimaneva ad ascoltarla in silenzio, incapace di staccare lo sguardo dalla figura che le camminava vicino.
<< Immagino tu abbia capito dove voglio arrivare, dolcezza. >>
<< Devo trovare queste persone, e ucciderle? >>
<< Brava bambina, esatto, sono certo che basterà a far capire al loro mandante, perché sono certa non sia opera di qualche banda da due soldi, che con il Lusten non si scherza, capisci, preferisco non andare in giro per vicoli a dare la caccia a questi criminali, ciò non gioverebbe all'immagine del locale. >>
La proprietaria si fermò dietro la poltroncina della demone radioattiva, appoggiando le mani sullo schienale per poi mettersi a sussurrare con tono seducente.
<< Che ne dici? >>
<< Accetto, dimmi dov- >>
<< Grazie dolcezza! >>
In un attimo le braccia della demone le si avvolsero attorno alle spalle, mentre la guancia della proprietaria finì attaccata alla sua, in quel momento Mihaela poteva sentire il proprio calore corporeo aumentare vertiginosamente, mentre un inquietante suono di sfrigolio proveniva dal volto di Melanie, che però sembrava non risentirne affatto.
Tutt'altro, la proprietaria accostò le labbra all'orecchio della sua ospite, sussurrandole con voce maliziosa mentre le sue dita si posavano sulle braccia della donna radioattiva.
L'indice destro iniziò a disegnarle cerchietti immaginati sul braccio della divisa.
<< Ovviamente è prevista una ricca ricompensa, in denaro e, se avrai voglia... >>
<< Ok ok puoi passare! >>
In un attimo, la porta si spalancò, e la sagoma di Sherry entrò rapidamente in stanza, dopo essersi cautamente abbassata per non sbattere la testa contro lo stipite dell'ingresso.
Mihaela non poté fare a meno di notare che indossava ancora gli abiti da lavoro.
Sherry invece, accortasi che erano in più di due in quella stanza, lasciò morire in gola qualsiasi cosa stesse per dire.
<< Oh, scusate, vi lascio finire quello che state per fare? >>
Melanie si era già messa dritta, mentre Mihaela per la prima volta si era ritrovata a pregare, a pregare che quello che era passato per la mente di Sherry non fosse quello che aveva appena immaginato.
<< Oh no, dolcezza, entra pure, stavo giusto per farti chiamare, ti andrebbe di guadagnare qualche centone in più? >>
Non era nemmeno arrivata a metà della parola “centone” che un sorriso vi vivo interesse affiorò sul volto di Sherry, che non perse tempo ad appoggiarsi sensualmente alla parete vicina con una delle sei braccia, mentre con altre due provvide presto ad aggiustarsi il seno.
<< In quale stanza? >>
Una risatina sfuggì dalle labbra della padrona dell'edificio, Mihaela invece stava soltanto cercando di non prendere fuoco assieme alla poltrona.
<< Non è quel tipo di lavoro, potrai conservare le tue arti amatorie per la prossima volta che avremo bisogno di una ballerina, in realtà avrei bisogno che cercate delle persone e... le convinciate a non farmi i dispetti. >>
Evidentemente Sherry doveva conoscere abbastanza bene Melanie da comprenderne il gergo, perché si limitò ad annuire con complicità.
<< Chi dobbiamo ammazzare? >>
<< Delle amabili personcine che hanno deciso di mettere in discussione la nostra politica di neutralità, aggrediscono i nostri clienti e danneggiano tutti noi, un ottimo motivo per far capire a chiunque sia il mandante che certi gesti andrebbero evitati. >>
In tutto questo, Mihaela assisteva attonita alla discussione.
Era un caso, o Melanie sapeva che si conoscevano? Beh, una donna come lei poteva benissimo avere occhi ovunque... ma tutto sommato una missione in compagnia non le dispiaceva, specie se la compagnia non era quella di un merdoso nazista scorbutico con la routine quotidiana di un pensionato.
Terminato di spiegare, Melanie non si prese nemmeno la briga di chiedere se la cosa andava bene, si limitò a battere le mani, e la guardia del corpo di prima entrò in stanza, facendo molta attenzione a starsene quanto più lontana possibile dall'ospite radioattiva.
Raggiunta Sherry, le consegnò delle chiavi di una macchina, gentile da parte di Melanie prestarle un mezzo.
Ma gli occhi di Mihaela vennero subito catturati da una bizzarra figura che sembrava aspettare fuori dalla stanza, non era una guardia del corpo, ma un demone molto... strano, un essere composto da vegetali e con una testa costituita in buona parte da una grossa zucca agghindata con un largo cappello.
Se ne stava in piedi a bere, ricoperto da un trench dello stesso marrone scuro del cappello, sembrava un detective.
Questi, come si accorse di essere osservato, ricambiò lo sguardo, e Mihaela non poté che interrogarsi sulle intenzioni di quell'individuo, che non le parevano delle migliori.
<< Abbiamo un accordo allora, confido che non mi deluderete. >>
Riportò lo sguardo su Melanie.
<< Ah sì, certamente... >>
Sherry lanciò le chiavi a Mihaela, che le prese al volo.
<< Vado a cambiarmi allora, poi andiamo a calciare qualche culo! >>
La demone radioattiva sorrise, forse tutto sommato non sarebbe stata una brutta giornata.




Nota dell'autore
Il personaggio di Sherry appartiene ad
Aladidragocchiodiluce, e l'avventura più volte citata fra lei e la protagonista è narrata nella fanfic Una notte all'inferno.
Il personaggio di Melanie, e tutta l'idea relativa al Lusten Club appartengono invece a
Golden Fredbear, ringrazio caldamente entrambi per avermi prestato i loro oc, essenziali per dare una trama a questa storia, oltre che per renderla più divertente da scrivere.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV


La dacia scura, veicolo d'eccellenza delle forze dei servizi segreti della Repubblica Socialista di Romania, sfilava silenziosamente lungo una strada a cinquanta chilometri da Bucarest, sotto un cielo notturno senza stelle.
Con le palpebre che minacciavano di chiudersi da un momento all'altro e la gola secca per la mancanza di idratazione, la donna teneva le mani sul volante, attenta a non perdere di vista la piccola trabant bianca, l'automobile del popolo della Repubblica Democratica Tedesca, cui stava dietro da più tempo di quanto avrebbe voluto.
Non era mai stata fatta per le lunghe attese, e fra tutte le missioni che potevano darle, difficile che ce ne fosse una peggiore di queste: seguire un sospetto dissidente e riferire dei suoi spostamenti, dissidente che ormai doveva aver notato di essere inseguito e aspettava soltanto che lo facessero accostare per sbatterlo dentro.
Se non altro era stata messa alla guida, a differenza del suo collega, non aveva acquisito la capacità di addormentarsi in auto, specie laddove la strada si faceva scoscesa e le curve frequenti.
Ma lì, sulla nuova autostrada che collegava Bucarest a Nădlac, ed in particolare sul relativamente dritto tratto Bucarest-Pitești, il suo Mircea riusciva ad appisolarsi come un bambino.
Spostò lo sguardo sulla figura del compagno, sorridendo al suo corpo addormentato.
Avrebbe tanto voluto mettergli le mani al collo per essersi messo a dormire nel bel mezzo di una missione ed averla lasciata sola a condurre una noiosissima opera di pedinamento (o inseguimento), visto che pareva improbabile che il fuggiasco sulla trabant non si fosse accorto di un mezzo della Securitate alle sue calcagna da qualche ora.
Sospirò, avrebbe strozzato il suo collega più tardi.
Non vedeva l'ora della promozione, era in servizio da pochi anni ma avrebbe dato tutto per un comodo lavoro negli uffici della Direzione per il Controspionaggio, o della Direzione per le Truppe di Sicurezza, o a quel punto le sarebbe andato bene anche spostarsi nella Direzione Generale per le Operazioni Tecniche: pagate per stare tutto il giorno ad intercettare chiamate.
Voleva proprio vedere quanto sarebbe durato uno di quei centralinisti a stare tutta la notte dietro una trabant mezza scassata.
Anche se le sarebbe mancato guidare la dacia nera... ma se ne sarebbe comprata una volta diventata un pezzo grosso, e l'avrebbe usata per andare a Costanza e trascorrere le proprie vacanze sulle rive del Mar Nero.
Rise, con se stessa e di se stessa. 
Una promozione prima dei quaranta era poco probabile a meno di non entrare nel letto del dirigente giusto, e sinceramente giacere con uno di quei relitti era peggio che farsi un mese di lunghe guide notturne.
Ma pensare al suo nuovo ufficio la aiutava ad affrontare la stanchezza, la schiena indolenzita ed il russare di Mircea.
Improvvisamente, la trabant si portò fuori strada si fermò.
Mihaela fece altrettanto, ma prima di uscire si ricordò di rimuovere la sicura dalla pistola.



La NIA verde pisello, una vecchia auto che vantava di essere il plagio più accurato in circolazione di una nota compagnia coreana (non tanto nota a lei però), rischiò di schiacciare almeno il secondo barbone quando qualche bastardo, quella mattina, ebbe avuto la genialissima idea di lanciare la propria spazzatura direttamente dalla finestra del condominio, centrando appieno il vetro della macchina.
Ciò non scompose Mihaela, ma la irritò abbastanza da non farle prestare attenzione al semaforo verde, che bruciò senza ritegno passando sul piede di un povero sventurato.
Era stata irresponsabile, non nell'ignorare il semaforo, ovviamente, ma nell'essersi messa a guidare nonostante bastasse uno scatto di nervosismo o qualche bidone lanciato sul parabrezza di troppo per portarla a fondere il posto del guidatore.
Ma dopo quarantaquattro anni senza stare al volante, la tentazione di provare ancora una volta la sensazione di stringerne uno era troppo allettante per lei.
Ora, la sensazione di stringere il volante non si era rivelata tanto entusiasmante quanto aveva sperato, in compenso era sollevata di vedere che non aveva perso la capacità di guidare.
In più il tutto era meno stressante senza il timore di ricevere multe o farsi chiedere i danni da qualche demone investito per sbaglio, tutto sommato vivere all'inferno aveva i suoi vantaggi.
Crunch crunch.
Accanto a lei, in barba a qualsiasi buon senso sul “non stare troppo vicino ad una letale fabbrica di radiazioni” (e alle norme sulla sicurezza stradale di qualsiasi paese), Sherry se ne stava seduta con il sedile tirato all'indietro e le gambe appoggiate sul cruscotto a consumare un pacchetto di patatine.
Tornata a vestire la solita camicetta bianca dai bordi e i bottoni dorati (come nei guanti e negli stivaletti viola scuro) e la minigonna rosa tenuta da una cintura color cuoio, Sherry non aveva ancora detto una parola da quando erano uscite dal locale.
Mihaela aveva teorizzato che fosse per prima, ma in realtà stava solo finendo di mangiare, e dopo aver sondato il fondo del sacchetto nella vana ricerca di qualche patatina rimasta, non tardò ad attaccare bottone nella sua solita maniera: la più diretta possibile.
<< Quindi... ti piacciono le donne? >>
Per poco Mihaela non mancò una curva che l'avrebbe portata a schiantarsi contro un edificio, in compenso investì almeno tre imp che quel giorno avevano scelto di camminare sul marciapiede sbagliato.
<< Avevo detto di no! >> 
<< Scusa scusa! Ma quando ero entrata sembravate sul punto di... >>
<< Quella è una situazione particolare. >>
Sherry alzò un sopracciglio, non era proprio la spiegazione più esaustiva che poteva darle.
Cercò di nuovo sul fondo del sacchetto, ma non trovando nulla per la seconda volta, lo appallottolò per gettarlo dal finestrino.
<< Cioè è l'eccezione che conferma la regola? >>
Un'altra violenta sterzata, questa volta fu un demone capra a finire sotto le ruote.
<< Non proprio... >>
<< E allora ti piacciono le donne. >>
<< Non è così! >>
Questa volta Mihaela riuscì ad evitare di spargere altro sangue sul cofano dell'auto, ma solo perché non stava attraversando una curva e la strada era libera.
<< Scusa, ma allora non riesco a capire. >>
La demone radioattiva sospirò.
<< Diciamo che ha due grandi pregi. >>
Sherry rimase un attimo interdetta, poi si portò le mani sul seno.
Mihaela sorrise.
<< Ok, quattro, ma non mi riferivo alle gemelle... >>
La demone scosse la testa non appena l'amica tentò di portare due delle sue quattro mani sul didietro.
<< Lei è una sorta di mutaforma, può manipolare il suo corpo a piacimento, questo vuol dire che a contatto con il mio, il suo non si scioglie come gli altri... la maggior parte delle volte, e quando succede può rimettersi a posto in un attimo. >>
La demone ragno annuì.
<< Quindi... >>
<< Sì, e il secondo pregio, oltre al fatto che può stare a contatto con me senza fare una bruttissima fine, è che... beh, è una mutaforma, per il piacere dei clienti può trasformare il proprio corpo o parti di esso in qualsiasi cosa possa farli contenti. >>
Mise molta enfasi sulle ultime due parole, poi approfittò di un semaforo rosso per guardare la compagna d'avventura negli occhi.
<< Qualsiasi cosa. >>
Scandì con decisione la parola qualsiasi.
<< Oh... quindi tu e lei... >>
<< Sì. >>
<< E quando succede tu le chiedi di... >>
<< Sì. >>
<< E lei allora... >>
<< Cambiamo argomento, per favore. >>
La demone radioattiva iniziò a guardarsi attorno, alla ricerca di tracce sospette.
Sherry fece altrettanto, poi il semaforo tornò verde, e onde evitare l'incessante rumore del clacson delle auto dietro la loro, Mihaela riprese a guidare.
Stavano pattugliando le strade attorno al Lusten, le vie più probabili da cui affluivano clienti e dipendenti del locale, nella speranza di cogliere qualche banda di criminali nell'atto di seminare il terrore.
Non proprio la tattica degna di un investigatore, ma il Lusten Club era un bordello, mica una centrale di polizia, e nessuno si era degnato di raccogliere testimonianze, fornire un identikit degli aggressori o segnalare i luoghi dove le aggressioni erano più frequenti.
Per farla breve, stavano facendo le cose a caso, non che avessero potuto fare altrimenti: le persone aggredite venivano perlopiù uccise, o comunque non andavano al Lusten a riferire dell'accaduto.
L'unico dato certo, è che le aggressioni avvenivano presumibilmente in due fasce orarie: prima dell'apertura, quando iniziavano ad arrivare i dipendenti della prima fascia oraria, e durante tutta la notte, quando iniziavano ad affluire orde di clienti e vi erano i vari ricambi dei e delle dipendenti.
Ciò che giocava a loro favore, è che Pentagram City è una città nella più totale anarchia, dove puoi tranquillamente essere aggredito per strada senza che nessuno muova un dito per aiutarti, quindi i criminali non avrebbero usato chissà quale discrezione, avrebbero potuto aggredire qualcuno anche accanto a loro.
Non dovevano far altro che essere nel posto giusto al momento giusto.
<< Quindi... qual'è il piano? >>
<< Girare con la macchina finché non viene aggredito qualcuno. >>
<< Davvero? Ehm non per offendere la tua professionalità ma da qualcuno che ha lavorato per i servizi segreti... >>
Mihaela sorrise cordialmente.
<< Offendila pure, non siamo mai stati dei detective: inseguivano i sospettati riferiti dai commissari, intercettavamo telefonate e piazzavamo telecamere nelle abitazioni, non erano richieste grandi doti deduttive per questo lavoro... >>
<< E come fate a sapere se una persona interrogata è sincera o mente? >>
<< Gli infilavamo la testa in un sacco di feci fino a quasi asfissiarlo, che domande! >>
La demone ragno rimase interdetta per qualche secondo.
Poi si ricordò che stava parlando con una persona che aveva vissuto la propria vita in un regime dittatoriale, chissà quante altre cose assurde per lei erano normali!
Sorrise, sarebbe stato divertente vederla all'opera. 
<< Allora, dobbiamo solo stare sedute ad aspettare? >>
<< Affermativo, poi appena troviamo gli aggressori basta catturarne uno vivo, semplice e veloce! >>
<< Eeee se non dovessimo trovare nessuno? >>
<< Ripeteremo la missione domani, ma questa volta ci portiamo del cibo dietro. >>
<< Sembra emozi- >>
L'occhio destro di Sherry si spalancò di scatto quando vide una sagoma familiare percorrere il marciapiede in direzione del Lusten, e con tutta la discrezione possibile, posò la mano sulla spalla della compagna per indicarle che, forse, avevano trovato una pista...

Una demone coniglio alta appena un metro e cinquanta cercò di non bestemmiare per la decima volta da quando il suo autobus aveva avuto un incidente ed era stata costretta a farsi tutta la strada a piedi, con conseguente ritardo al lavoro!
Con solo un impermeabile grigio a coprire quello che avrebbe esibito davanti al pubblico, la piccola demone avanzava a passi veloci sperando che la padrona del locale sarebbe stata comprensiva per quella volta, quel lavoro le serviva come l'ossigeno se non voleva passare il prossimo sterminio a nascondersi sotto un ponte nella speranza che non le crollasse addosso.
Scacciò quel pensieri con orrore prima di avventurarsi in un vicolo abbastanza grande da far passare un camion, solo per trovarsi spinta all'indietro.
Soffocò un gemito mentre cadde sul sedere, fu tutto così rapido che non vide nemmeno arrivare le mani dell'aggressore, lunghe zampacce pelose che si serrarono sulle sue orecchie.
Iniziò ad urlare, ma l'aggressore ignorò le sue proteste, sollevandola da terra e attaccandola al muro di un vecchio edificio in cemento, l'impatto fu talmente forte da aprire qualche crepa nell'intonaco.
<< Ma salve, cagna, vai da qualche parte? >>
A reggerla era un demone alto e magro, una specie di grossa formica ricoperta da pelo scuro, ed i suoi compari erano altrettanto affascinanti.
<< Si accettano clienti solo al locale... >>
<< Oh, ma noi non siamo qui per fare quello. >>
Quando la prostituta si ricordò delle voci su clienti e dipendenti aggrediti e uccisi sulla strada per il Lusten, gli occhi si spalancarono dal terrore mentre il suo corpicino iniziò a scalciare come posseduto, l'aggressore fece per insultarla di nuovo solo per beccarsi uno sputo in un occhio.
<< Stronza! Volevo fare un lavoro pulito ma adesso ti massacro! >>
Alzò la mano destra per mettergliela al collo, ma non fece in tempo, in un attimo il vicolo si illuminò di bianco, ed il rumore di ruote che strusciavano su gomma fu talmente forte da sovrascrivere i suoi pensieri.
Fu questione di secondi, e un ingombrante corpo metallico fece irruzione nel vicolo, schiacciando uno degli aggressori sotto di esso, separandolo dal terzo compare.
Un rumore di spari, e l'altro aggressore cadde a terra, la formica demone fu abbastanza intelligente da capire che doveva scappare, lasciò andare la prostituta e si lanciò fuori dal vicolo, ma l'auto lo aveva superato, e la portiera si aprì davanti a lui prima che potesse accorgersene.
Si schiantò contro essa e cadde, la portiera si staccò e gli finì addosso.
<< Cazzo, spero che Mel non se la prenda. >>
Una voce seccata, chiaramente femminile, esplose da dentro l'auto, prima che il demone potesse rialzarsi, due mani incandescenti gli furono addosso, lo afferrarono per le braccia e, serrandogliele dietro la schiena.
La coniglia era già evaporata, ma a Mihaela non importava, con forza rialzò il demone e lo spinse contro il muro, mentre Sherry lasciava l'auto per immobilizzare il compare ferito.
La formica riacquistò i sensi quando il dolore bruciante iniziò a farsi sentire con cattiveria dove la donna lo stava trattenendo, e non era semplice calore, iniziava a sentire odore di bruciato!
Ma alla sua avversaria non importava, una mano lasciò il suo braccio solo per afferrargli la testa e spingerla contro la parete, allargando le crepe sull'intonaco e facendone crollare qualche tratto mentre le mandibole del malcapitato si piegavano per l'impatto.
<< Chi ti manda? >> 
Un secondo colpo per poco lo accecò da un occhio e gli gonfiò parte del volto, e come se non bastasse anche la nuca gli stava andando a fuoco, poi sentì la mano tirargli con forza un antenna, ustionandogliela prima di assestarli un pugno sempre sulla nuca.
<< Posso continuare tutto il giorno. >>
Per il demone era troppo, prima che Mihaela potesse schiacciargli la faccia una terza volta, la sua giacca si aprì rivelando un secondo paio di braccia, più piccole delle altre, al livello delle vita.
Queste si scattarono all'indietro con la velocità di una molla, abbattendo i gomiti sulla vita della donna,
La demone sentì le costole incrinarsi ed arretrò, mollando la presa sul mostro formica, questi si girò, squadrando l'avversaria per ma prima volta, i suoi occhi la fissarono con orrore, e una delle braccia secondarie scattò in avanti colpendola al collo.
Mihaela smise di respirare, appoggiandosi una mano al collo mentre si accasciava contro il tettuccio, il suo avversario, a giudicare dall'urlo, si era pentito di aver colpito quella caldaia vivente, e non perse un attimo a scappare.
Quando le tornò il respiro, il dolore lasciò presto il posto alla rabbia.
<< MERDA! TIENILI FERMI! >>
Non fece in tempo a sentire la risposta di Sherry che si trovò a correre lungo la strada, il demone formica era alto, molto, e con poche falcate la stava già seminando.
Si pentì all'istante di non essere salita in auto, ma a questo punto non voleva lasciare la presa, voleva squagliare quello stronzo! 
Corse, senza guardare la strada, una macchina le finì addosso solo per sciogliersi ancor prima di colpirla, Mihaela ora aveva due motivi per correre: prendere quella merdina ed evitare di affondare nell'asfalto sciolto.
Il bastardo aveva le gambe enormi, ma lei aveva passato la sua vita ad inseguire dissidenti, non avrebbe mollato facilmente.
Lo seguì dall'altro lato della strada e poi lungo i vicoli che si aprivano fra gli edifici cadenti, era più lenta del demone, ma tutti gli ostacoli che lui doveva superare o scavalcare a lei le si scioglievano davanti.
L'inseguito scavalcò un cancello in fil di ferro a fatica, ancora intontito dal dolore, ma la luce verdastra che emergeva alle sue spalle fu un ottimo incentivo a darsi una mossa, specie quando sentì l'ostacolo sciogliersi alle sue spalle, schizzando a giro metallo fuso.
Minuto dopo minuto la demone iniziò a sentirsi affannata, certo aveva passato la sua vita ad inseguire dissidenti, ma si era dimenticata che gli ultimi quarantaquattro anni all'inferno erano stati l'esatto contrario, non si era proprio tenuta allenata da quando era lì.
Tutto sommato era fuori allenamento, e di parecchio.
Rimase senza fiato e si piegò sulle ginocchia, del suo avversario non vi era più traccia.
<< Fecior... de curva... >>
Se non altro, si era placato anche il colore, quindi poté lasciarsi cadere in avanti a riprendere energie.

<< Ecco, ora state fermi, stronzetti. >>
Con un deciso strattone, Sherry terminò l'ultimo di una lunga serie di nodi con cui aveva legato le funi gentilmente prestate da Melanie per immobilizzare gli aggressori.
Tutte quelle strane richieste fatte da vari clienti le avevano insegnato giusto qualche trucchetto.
I due sfortunati, un ratto albino e senza pelo e un ridicolo mostriciattolo a forma di pianta grassa, simile a un cactus, rispettivamente quello a cui aveva sparato nel naso e quello che avevano investito, erano stati fatti sedere contro il muro, volutamente sopra una pozzanghera.
Una pozzanghera che a giudicare dall'odore non era stata creata dalla pioggia.
<< Senti, troi- >>
Il ratto albino non fece in tempo a completare l'insulto che si ritrovò con la canna di una mitragliatrice nel naso.
<< Sarò una troia, ma una troia italoamericana! >>
La conversazione non proseguì per qualche secondo.
<< Quindi... ehm... cosa vuol dire? >>
Un sorriso crudele affiorò sulle labbra della demone ragno.
<< Che se non ti moderi con le parole... beh non posso ucciderti ma posso farti pentire di essere vivo. >>
La canna scivolò ancora di più nel naso del ratto, strappandogli un altro gemito.
<< I-improvvisamente mi è tutto chiaro. >>
Il suo compare si guardò bene dal commentare, a differenza del suo amico non aveva un naso abbastanza grande da farci entrare un'arma.
<< Bravi bambini. >>
Sherry tirò fuori la canna, per poi notare con disgusto la massa di muco che si era formata attorno al metallo dell'arma.
<< Bleah... >>
<< Sono raffreddato! >>
Un calcio in testa zittì il prigioniero, mentre un familiare suono di stivali la avvisò del ritorno dell'amica, e infatti Mihaela si fece viva dall'uscita del vicolo, Sherry non aveva bisogno di chiedere per capire che l'inseguimento non era andato bene.
<< Ti è sfuggito? >>
Mihaela annuì.
<< Non fartene una colpa, abbiamo preso quello che ci serve. >>
Con nonchalance, la demone ragno sollevò il ratto per il collo, poi arricciò il naso non appena si accorse che aveva un odore tremendo, e lo lasciò cadere di faccia sulla pozzanghera!
<< Che schifo! >>
Mihaela si avvicinò in silenzio, avrebbe trovato quella formica e gli avrebbe fatto pentire di essere nato in un'altra occasione, adesso aveva tutto quello che le serviva per sfogare un po' di frustrazione.
Sherry sollevò il ratto per la seconda volta, questi ormai stava rimpiangendo di non essersene stato zitto come il suo compare, che assisteva in silenzio alla scena.
Dopo riaverlo messo a sedere, il demone ragno iniziò a fingere di pulirsi le unghie.
<< Allora, credo che ci sia arrivato anche tu a cosa accadrà adesso, o fate i bravi bambini e vuotate al sacco o ve lo faremo vuotare noi, ma con le cattive, cosa scegliete? >>
Il ratto tirò su col naso.
<< Nulla di quello che potrete farci sarà peggio di quello che ci farà il nostro capo se parliamo! >>
Sherry rise, civettuola.
<< Oh, forse è così, ma punto uno: il vostro capo è lontano, noi siamo qui e siete nelle nostre mani, punto due: lasciate che vi presenti la mia amica. >>
Con un gesto elegante, Sherry si fece da parte lasciando posto a Mihaela, che iniziò a squadrare il prigioniero.
Ci teneva che la sua amica si tirasse un po' su il morale.
L'ex poliziotta scrutò quel ratto deforme da cima a fondo: era brutto come la morte, non c'era altro da aggiungere.
Ciononostante, si fece avanti e si chinò all'altezza del suo interlocutore, il ratto non sembrava molto spaventato, effettivamente, rispetto a Sherry, Mihaela aveva ben poco di minaccioso, non era alta, non aveva un aspetto inumato, era solo una donna vestita male e con la pelle strana.
Bene, ora doveva fargli cambiare idea.
Squadrò a lungo il ratto, in attesa di una sua azione: un commento sarcastico, una provocazione, qualsiasi cosa sarebbe andata bene, ma dopo averle prese da Sherry, il demone aveva capito che non era il caso di aprire la bocca, cionondimeno continuava a guardare Mihaela con un incredulo disprezzo.
La donna capì che doveva pensarci lei.
Si schiarì la gola, poi sfregò le dita contro il palmo, a imitazione del gesto disinvolto della collega.
<< Allora, mi pare di capire che non vuoi collaborare. >>
<< E a me pare di capire che non sei quella intuitiva del duo. >>
Mihaela bypassò l'insulto, che si scavasse la fossa.
<< Devo prenderlo come un sì, peccato, vedi, quello che hai fatto non è una bella cosa, mai pensato che le tue azioni possono far soffrire le persone che hai intorno oltre a te stesso? >>
Un silenzio imbarazzato calò su tutti i presentì, anche Sherry osservò l'amica con sorpresa.
Cos'era quell'improvviso tono da maestra d'asilo?
Sembrava come quando era giovane e i poliziotti andavano alla sua scuola per dire agli studenti di non fare uso di droghe, e inutile dire che aveva sempre ignorato quella raccomandazione.
<< Cazzo è, una predica? >>
<< No, sono serissima, vedi, non che io creda che ci sia un ordine superiore a regolare il destino e le azioni degli abitanti del creato, ma una regola universale credo esista, le azioni hanno sempre delle conseguenze, beh le azioni di un certo livello, tipo la tua. >>
Sherry era ancora più confusa, sembrava davvero una poliziotta a scuola, e menomale che era un agente della polizia segreta!
<< Ed ora ci saranno delle conseguenze? Tipo il fatto che sono legato a sorbirmi sta conversazione di merda? >>
<< In parte, ma le conseguenze più gravi vengono dopo. >>
<< Ah sì? Tipo? >>
Erano le parole che aspettava, durante la conversazione Mihaela si era concentrata nell'incanalare il calore nella punta delle dita, ed ora, con uno scatto fulmineo, le fece saettare contro il viso del demone pianta, non ebbe nemmeno il tempo di sorprendersi che gli occhi si squagliarono mentre le unghie affondavano all'interno di qualsiasi cosa ci fosse al posto del cranio, l'urlo che lo sfortunato cacciò fu violento e raggelante.
Con altrettanta rapidità Mihaela sfilò fuori le dita, lasciando che il mostro pianta cadesse con il viso nella pozzanghera, le fiamme che lo stavano divorando si spensero subito, ma l'anima dannata non volle alzare il viso dal liquido, rimanendovi sopra a cacciare urla, che poi si trasformarono sempre di più in gemiti.
Sherry non si era fatta impressionare più di tanto, ma il ratto stava guardando la scena con orrore.
<< A scanso di equivoci, no, non è un patetico tentativo di farti venire i sensi di colpa per una persona che per quanto ne so non conosci neanche, ma siccome eri tanto curioso delle conseguenze ho pensato fosse doveroso darti una dimostrazione pratica prima di fartele provare in prima persona. >>
La carne floscia e biancastra del roditore si fece ancora più pallida, gli occhietti rossi fissi sulle dita della demone, dove il calore aveva bruciato via ogni residuo della carne del suo collega.
<< Sai, non so se la mia amica te ne ha parlato, ma in vita ero un agente della Securitate? La conosci? Non so, non voglio sapere quando e dove sei nato, fatto sta che era una polizia segreta di un regime dittatoriale, e quando lavori nella polizia segreta, beh, finisci con l'avere molto a che fare con stronzetti come te, capisci? >>
<< Io non... >>
Mihaela gli appoggiò la mano sulla guancia, come ad imitare una carezza, che però strappò un primo gemito di dolore al demone e lo riempì di terrore su quando la sua aguzzina si sarebbe potuta spingere in fondo.
Sherry si piegò in avanti, con ghigno beffardo.
Non si sarebbe mai aspettata questa trasformazione da silenziosa e remissiva ad aguzzina da film thriller, ma non le dispiaceva, e per nulla al mondo avrebbe perso l'opportunità di unirsi al gioco.
<< Mi sa che anche tu non sei quello sveglio del gruppo, vedi, quando parli con un ufficiale e l'ufficiale ti fa le domande, tu rispondi, quindi, hai capito cosa ha detto la mia amica? >>
Il ratto annuì, era stato abituato ad essere catturato e picchiato, ma mai prima d'ora era stato così terrorizzato, da solo, con il suo collega incosciente e quelle due creature mostruose che gli ghignavano davanti.
Compreso che il loro prigioniero era al limite della sopportazione, Mihaela sfregò di nuovo le mani sul palmo, come un macellaio che affila il coltello prima di tagliare una bella bistecca.
<< Allora, tu hai detto che nulla di quello che faremo sarà al livello di quello che ti farà il tuo capo? Non ne sono sicura, ma sarò buona e ti crederò, il problema però è: preferisci essere torturato prima da me e poi dal tuo capo, od essere collaborativo e farti torturare solo dal tuo capo? >>
<< V-va bene va bene! Parlerò... parlerò... >>
Socchiudendo le palpebre come una maestra che aveva appena finito di disciplinare un alunno dispettoso, Mihaela appoggiò i gomiti sulle gambe e si mise in posizione d'ascolto, accanto a lei, Sherry fece altrettanto.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V


La formica pelosa, avvolta nel suo impermeabile scuro, correva affannosamente tra gli edifici di uno dei quartieri più degradati di Pentagram City, inciampando e imprecando a più riprese contro cumuli di immondizia o barboni addormentati, che conseguentemente si svegliavano con una bestemmia sulle labbra.
L'alba sembrava inseguire il demone come un killer silenzioso, togliendogli ripari dove si sarebbe potuto nascondere per sfuggire a quell'orribile notte.
Sotto il vestito, stringeva il coltello, un tempo punta di lancia dell'arma di uno sterminatore, che il loro capo gli aveva fatto recapitare per “occuparsi dei clienti più violenti”.
Beh, che quella donna fossa una cliente o no, certamente era violenta, troppo!
Non era un overlord, ma davvero ciò lo salvava da una morte orribile? Se avesse continuato a sciogliergli la carne, sarebbe sopravvissuto?
Scacciò quel pensiero con una smorfia, mentre si portava la mano alla nuca per tastare la bruciatura che gli deturpava l'esoscheletro, qualsiasi cosa toccò la sua mano era molliccia... e viscosa.
Ripensandoci, morire sarebbe stato mille volte meglio che sopravvivere in quello stato, ma questo non lo tranquillizzava, era palese che quella donna era stata ingaggiata per dargli la caccia, lo avrebbe trovato e avrebbe completato il lavoro, sciogliendolo prima che potesse anche solo provare ad avvicinarle il coltello al collo.
Terribile, veramente terribile.
Zoppicando dopo una caduta particolarmente violenta, si trascinò lungo una rotonda, si era allontanato dalla città abbastanza a lungo da essere finito nella periferia, in un quartiere dominato da villette a schiera (o dalla cosa più simile ad esse che si poteva tirare su con materiali di recupero) costruite intorno all'ampia rotonda.
Un posto adorabile per viverci in famiglia, beh se si era un imp e non si avevano alte aspettative, un posto che presto sarebbe diventato un inferno, il che è tutto dire visto dove si trova!
Perché ne era certo, i suoi compari avrebbero parlato, sicuramente lo avevano già fatto, e lei sarebbe arrivata.
Si trascinò verso una delle villette, che in realtà altro non era che una vecchia costruzione rettangolare con una saracinesca come porta, il tetto piatto e delle finestre improvvisate.
Accasciatosi addosso al portone metallico, bussò debolmente per qualche secondo, tre colpi, come d'accordo, finché la saracinesca non si alzò facendolo cadere a terra.
Quelle ferite lo avevano proprio ridotto male...
<< Petar? Ma come cazzo sei messo? >>
Ignorando le parole del mostro caprino che lo aveva accolto, la formica strisciò nell'edificio e trovò la forza di rimettersi in piedi, i presenti lo squadravano perplessi, immersi come pipistrelli nell'oscurità dell'edificio, una vecchia officina rovinata dove avevano stipato armi, quelle per fare del male e quelle per uccidere.
Attorno a lui, almeno una decina fra demoni e imp armati con mazze, coltelli e pistole se ne stavano seduti contro le pareti, scrutando con sospetto il nuovo arrivato.
Appoggiandosi ad un tavolo in legno con stampata sopra una mappa del quartiere dove sorgeva il Lusten, dove erano state evidenziati i principali vicoli e punti d'ingresso, il demone riprese fiato, e si guardò intorno, contando uno ad uno i componenti della squadra, constatando che ben quattro persone, oltre ai due che erano andati assieme a lui, mancavano all'appello.
<< Se cerchi Bojan e Mirko, sono partiti poco fa. >>
A rispondergli fu lo stesso sgorbio che lo aveva accolto prima.
<< E allora sono fottuti, e gli altri due? >>
<< Non sono ancora tornati. >>
<< Allora sono fottuti! >>
I demoni si fecero ancora più perplessi.
<< Hanno... ingaggiato delle guardie, o peggio. >> 
Agitando la mano nel buio, Petar accese una lampada, illuminando l'area fra le proteste di chi si era addormentato, e mettendo in bella mostra le bruciature sulla nuca e sulle braccia.
<< E fanno sul serio... hanno preso i miei compagni e verranno qui, verranno qui e allora saranno cazzi enormi per tutti, no Jan, non quelli che piacciono a te. >>
Una risata strozzata riecheggiò fra le fila dei demoni, nessuno di loro sembrava seriamente convinto che quella serata sarebbe stata la loro fine.
<< Ma mi volete ascoltare sì o no?! >>
Uno dei compari, una creatura alta e pallida la cui testa a forma di triangolo ribaltato e le grandi corna arcuate sembravano comporre una gigantesca U nello spazio sopra la la fronte, avanzò cautamente verso Petar, con un sorriso pacificatore stampato sul volto.
<< Beh, quello che dici è obbiettivamente un problema, ma abbiamo un amico scelto apposta per questi lavori. >>
La formica nera non parve capire sul momento, poi il demone che gli era venuto incontro si fece da parte, e quello che Petar vide seduto sul fondo del rifugio provvisorio gli fece pensare che forse, dopotutto, non erano spacciati come credevano.
<< E tu pensi di poter gestire un mostro radioattivo che scioglie qualsiasi cosa? Perché è questo che ci sta venendo a prendere! >>
La figura in penombra si limitò ad annuire, e Petar si augurò che la loro fiducia fosse ben riposta.
<< Bene, ma forse se ce ne andiamo e basta... >>
Un imp dall'occhio mancante entrò di corsa nell'edificio, schiantandosi contro una pila di scatoloni, che finirono con il cadere sulle teste dei suoi colleghi.
<< Che cazzo fai?! >>
<< La vedetta. >> ammise l'imp alzando le braccia tremanti.
<< E abbiamo visite. >>
Petar si trovò a soffocare un'imprecazione mentre ordinava a tutti i presenti di uscire, presto la disordinata decina si riversò fuori dal garage, prendendo posizione davanti alla saracinesca alzata con tutte le armi e gli oggetti contundenti che avevano a disposizione.
Il demone formica alzò gli occhi in avanti appena in tempo per vedere un'auto verde pisello dalla portiera mancante e con il cofano ammaccato che stava correndo a tutta velocità verso di loro.
Subito si levò il fuoco contro l'auto, decine di proiettili si abbatterono sulla zona frontale distruggendo il parabrezza, amputando lo specchietto rimasto e facendo esplodere i fari accesi.
Ma ciò fu inutile, prima ancora che i proiettili iniziassero a crivellare il veicolo, due figure scure si lanciarono dalla portiera mancante, lasciando correre il veicolo contro lo sparuto gruppo di demoni.
Petar se ne accorse solo quando fu troppo tardi, e l'ultima cosa che vide prima del buio fu il volante dell'auto contro cui si ruppe le mandibole dopo che il veicolo lo aveva preso in pieno impalando il suo stomaco sui resti seghettati del parabrezza distrutto.



Sherry si alzò in piedi con eleganza mentre l'automobile dal nome più brutto che avesse mai udito spariva all'interno del rifugio (Rifugio? Quello?) trascinando una manciata di demoni con se e schiacciando un imp sotto la ruota anteriore destra.
La vettura scomparì all'interno dell'edificio, dal cui interno si propagò un violento boato con conseguente fuoriuscita di fumo, di una ruota in fiamme e di un grosso demone peloso che si buttò sull'asfalto per rotolarsi nel tentativo di spegnere le fiamme.
Nel mente che la banda brancaleone cercava di darsi un contegno, la demone ragno si guardò attorno, alla ricerca della compagna.
La trovò con la faccia sull'asfalto.
<< Ehm tutto bene? >>
<< Sono... decisamente fuori allenamento. >>
Non senza affanno, il poco atletico ex agente di polizia segreta si mise in piedi barcollando, per poi far spostare lo sguardo sull'edificio in fiamme e sullo sparuto gruppo di occupanti nel panico.
<< Questo mi ripaga del dolore alla faccia? >>
Massaggiandosi il viso, la donna radioattiva e la sua partner si fecero avanti, incalzando i demoni impanicati.
Questi provarono a puntarle le armi contro, ma in meno di un secondo le braccia di Sherry da quattro divennero sei, tutte armate di mitragliatrice.
Pochi spari, e presto tutti i presenti si trovarono disarmati.
<< LA MIA GAMBA! >>
Ed un orrendo demone capra era rimasto azzoppato, ops.
A giudicare dai loro sguardi terrorizzati rivolti a loro ed al loro rifugio, il sopravvissuto di prima era arrivato prima delle due, e aveva avuto modo di metterli in guardia.
Peccato che non avevano avuto l'intelligenza di fuggire.
Le due rimasero a guardarli per qualche secondo, poi si guardarono fra loro.
Mihaela capì che avrebbe dovuto dire qualcosa.
<< Allora... per quanto i vostri amici siano stati orribilmente torturati, giurano di non sapere chi era il mittente, e che al massimo può saperlo solo il capo della vostra banda. >>
Si schiarì la gola, erano abbastanza lontani e doveva farsi sentire.
<< Quindi, che ne dite di consegnarlo e continuare a vivere? >> continuò per lei la demone ragno.
<< Se la risposta è che qualcuno verrebbe a torturarvi, allora ci impegneremo a darvi una morte veloce. >>
Il fatto che Mihaela lo stesse dicendo con il tono di un grigio funzionario che applica una sanzione amministrativa di per se era più terrificante che sentirglielo dire con un sorriso da killer sul viso.
<< Ma siamo aperte anche ad altre alternative, solo, muovetevi. >>
Un demone, quello peloso che aveva appena finito di lottare con il fuoco, si fece avanti grattandosi la folta peluria facciale con imbarazzato.
<< Sì... ecco... il capobanda credo sia appena stato schiacciato da quell'auto. >>
<< Oh. >>
Un venticello si alzò, trascinando una mezza dozzina di foglie secche sul tratto d'asfalto che divideva le due donne dal gruppo di malviventi.
<< Allora nel caso lo avessi ucciso... per prima cosa verificherò quanto hai detto torturandovi a turno, e se davvero nessuno sa indicarmi il mandante, vi ucciderò e la faremo finita. >>
Un coro di urla si levò dal gruppo di demoni quando il mostro radioattivo fece per avvicinarsi, ma appena arrivò a metà strada, i suoi occhi catturarono un familiare scintillio in fondo al rifugio.
No.
Cazzo.
Mihaela si buttò a terra di schiena un secondo prima che il proiettile di bazooka la prendesse in faccia, il siluro continuò a viaggiare oltre di lei ed andò a schiantarsi con un palazzo poco lontano, da cui si levarono una decina di urla di sorpresa e terrore.
Sherry mise subito mano alle mitragliatrici e le puntò tutte e sei contro il garage.
In quel momento il gruppetto riprese fiducia e ripiegò verso il rifugio, inneggiando all'inaspettato campione.
Campione che Mihaela non aveva tardato a riconoscere.
Mentre si rimetteva in piedi, le sue orecchie catturarono un altrettanto familiare suono di passi pesanti, e come previsto, dall'oscurità di quel garage malandato, emerse la familiare figura di un nazista gigante rivestito da una tuta protettiva.
<< Tu? >>
<< TU?! >>
<< Lui? >> chiese Sherry, senza la più pallida idea di cosa stesse succedendo.
<< Voi?! >> si aggiunsero in coro i demoni.
Calò il silenzio, Mihaela ed Innozenz, il suo odiato vicino, si scrutarono minacciosi.
<< Credevo... ti stessi godendo un giorno di ferie nel seminterrato. >> cercò di esordire cordialmente.
<< Ed io che speravo che stessi andando ad un corso per imparare le buone maniere a tavola, e invece ti trovo qui a rovinarmi la giornata, di nuovo, e dire che ci avevo sperato che fra tutti i demoni radioattivi dell'inferno non fossi per forza tu quello che stava venendo a rovinarmi la giornata... e invece eccoti! >>
Il nazista puntò minacciosamente il braccio cannone contro le due intruse, mentre Sherry si chinò accanto alla compagna, mentre gli occhi rimanevano fissi sul bestione, scrutandolo con circospezione.
<< Non posso fare a meno di notare che vi conoscete. >>
Mihaela annuì.
<< È il mio vicino, che ora mi spiegherà cosa cazzo ci fa qui. >>
Conoscendolo, dietro la sua visiera rossastra si stava formando uno sgradevole cipiglio.
<< Lavoro, l'affitto non lo pago di certo stando a poltrire tutto il giorno come te. >>
<< E per lavoro vai ad aggredire prostitute?! >>
<< Primo, ripulire le strade dalla promiscuità è dovere di ogni buon cittadino e di ogni buon cristiano. >>
Il bestione giunse le mani a preghiera e volse lo sguardo al cielo, Mihaela sospirò mentre Sherry non sapeva se scoppiare a ridere o avere paura. 
<< No aspetta... e lo stare all'inferno non ti crea problemi? >>
<< Nessuno è perfetto agli occhi del signore, secondo, non serve che io scenda in campo per rimuovere le puttane, mi limito ad intervenire quando qualcuno viene a creare problemi... come te! Sapevo che eri cagna, ma non pensavo andassi pure a donnacce! >>
Mihaela sentì il bisogno di corrergli addosso per strappargli la faccia.
<< Per tua informazione, mi ha ingaggiato la titolare del bordello che volete fare fallire! Ora dimmi, ne sai qualcosa su chi vi ha mandato? >>
Innozenz scosse la testa.
<< No, solo che mi hanno dato molti soldi, e se lo avessi saputo di certo non lo avrei detto a te, cagna rossa! Non solo devo sopportare il tuo disordine, la tua mancanza di buone maniere e la tua masticata da carrarmato, questo è troppo! E poi chi è quella? Ti sembrava il caso di portarti dietro una prostituta?! >>
<< Ehm per tua informazione, in questo momento sono qui in qualità di mercenaria come la mia amica. >>
Mihaela sentiva così tanta voglia di tagliarli il cazzo e farglielo ingoiare che per un attimo non si era resa conto che l'asfalto attorno ai suoi piedi stava iniziando a sciogliersi, Sherry sì, per questo ebbe la prudenza di allontanarsi, mentre la donna radioattiva avanzava a passi pesanti verso il nazista.
Innozenz fece altrettanto.
<< Oh, scusa tanto se il mio corpo radioattivo crea problemi alla tua vita da eunuco in pensione, dimmi chi cazzo fa il pranzo in albergo ogni giorno! >>
<< Un attento risparmiatore che spera di per- >>
<< ERA UNA DOMANDA RETORICA! NON ME NE FREGA UN CAZZO DEI TUOI ORARI! >>
<< ED A ME NON ME NE FREGA UN CAZZO DEL TUO STUPIDO CORPO! E POI NON SONO IO QUELLO CHE FA COLAZIONE ALL'UNA DEL POMERIGGIO! >>
<< LA COSA TI DA FASTIDIO? CONTINUERÒ A FARLO DAVANTI A QUEL TUO MUSO DI MERDA! TU PIUTTOSTO! IMPARA A PRANZARE COME LE PERSONE NORMALI! >>
<< TU PRANZERESTI IN MANIERA NORMALE?! >>
Senza nemmeno che se ne accorgessero, i due erano adesso faccia a faccia, a pochi centimetri l'uno dall'altra, dai tubi della tuta di Innozenz fuoriuscivano nuvole incandescenti di chissà quali sostanze tossiche, mentre l'asfalto attorno a Mihaela stava iniziando ad assumere una consistenza troppo liquida rispetto alla norma.
Attorno a loro, i demoni e Sherry si erano messi in cerchio per assistere alla zuffa, ben attenti a non avvicinarsi più del necessario, onde evitare avvelenamento, ustioni e qualche mutazione poco gradita.
I due avversari si squadrarono con ostilità, a cui diedero ben presto voce con insulti all'indirizzo dell'avversario, del suo paese di provenienza e dell'ideologia politica.
Dopo che si furono sgolati abbastanza, si presero qualche minuto per riprendere fiato, mentre gli spettatori si chiedevano come fosse possibile trovare così tante offese in una sola discussione.
Il nazista fece per parlare, ma la donna radioattiva gli rubò le parole di bocca.
<< Comunque, sono stata pagata per farvi smettere di aggredire prostitute e clienti, quindi, se in nome del senso di buon vicinato... >>
<< BUON VICINATO? Sei la peggior vicina che qualcuno potrebbe mai avere, mangi a orari improponibili, sei trascurata, fai rumori disgustosi a pranzo, dissemini scorie radioattive a giro per l'edificio, squagli l'ascensore e questa mattina mi hai seppellito sotto il piano terra! >>
Mihaela guardò oltre l'avversario, notando una Sherry sempre più perplessa dalla piega che stava prendendo la situazione.
<< Dovresti essere tu ad andartene e fare un favore a me! >>
<< A te?! Sta mattina mi hai sparato contro, brutta palla di merda! >>
<< Rimane comunque un DECIMO delle cagate che hai fatto tu, cagna rossa! >>
Mihaela trafisse la visiera rossastra con la forza dello sguardo.
<< Ripetilo, merdina, ripetilo solo una volta e... >>
<< E cosa? >> tuonò il nazista.
<< Mi prendi a pugni? >>
<< Pensavo più a “Ti farò rimpiangere in lacrime il giorno in cui sei uscito ricoperto di sangue dall'utero marcio di tua madre!” >>
Come le due sillabe che compongono la parola madre uscirono dalle sue labbra, Mihaela si trovò ad avvertire l'ostilità di Innozenz tutta in un colpo, poteva guardare attraverso il vetro rosso e vedere la sua voglia di sbriciolarla, era questo che la gente chiama “istinto omicida”?
Evidentemente, Innozenz non aveva digerito l'offesa di quella mattina, e se non l'aveva aggiunta alla lista delle recriminazione era solo per evitare di farle venire l'idea di ripeterlo.
Ma a lei non fregava un cazzo di essere diplomatica, non in quel momento.
<< Sì, dall'utero di quella gran puttana di tua ma- >>
Il pugnò arrivò prima ancora che potesse avvertirlo, tutto sommato insultargli la madre non era stata un'ottima idea.
Sentì il sangue bagnarle la lingua mentre il suo corpo volava sopra le teste dei demoni ed atterrava sull'asfalto.
Lo schianto le irrigidì la schiena, le cose non stavano decisamente andando come avrebbe voluto.
Urla di esultanza proruppero subito, per poi essere sostituite dal grido di guerra di quel nazista sotto steroidi.
Appena riaprì gli occhi, trovò Innozenz torreggiante sopra di lei, intento a caricare il colpo con il braccio destro, alla cui estremità si era formata una sfera chiodata.
Il corpo della demone reagì prima che potesse deciderlo, il terreno divenne molle, e Innozenz cadde di lato, urlando bestemmie mentre il suo braccio sinistro affondava nell'asfalto fuso.
<< ARALO! ARALO! >>
Le urla di Sherry la riportarono alla realtà, senza perdere un attimo si girò su se stessa, aggrappandosi al corpo di Innozenz e facendo peso su di lui per non affondare nell'asfalto fuso.
In un attimo gli fu sopra il petto, affondandogli le ginocchia sopra le costole per spingerlo verso il basso mentre cercava un punto dove colpire.
Decise che la zona meno protetta era quella del collo, e iniziò a tempestarlo di pugni assieme al viso nella speranza di togliergli il respiro e lasciarlo intontito, ma il bestione aveva la scorza dura, e la sua mano sinistra si serrò presto sul collo della rivale.
<< ARALO! FINISCILO! >>
Ai margini del lago di asfalto sciolto, Sherry incitava l'amica, uno dei demoni la sorpassò per sporgersi in avanti!
<< NON ASCOLTARLA! UCCIDI LA VAAAAAAH! >>
Per un attimo l'attenzione degli astanti si diresse sull'urlo agonico del demone ricoperto di peluria, con i denti di Sherry affondati nel suo collo.
Prima che qualcuno potesse reagire la demone ragno si lanciò all'indietro con i canini che rilucevano di liquido corrosivo, mentre il demone colpito cadde in quel lago infernale che era diventato il tratto di strada su cui Mihaela e Innozenz stavano lottando con il collo sciolto in buona parte.
La demone ragno si trovò tutti i demoni addosso, ma non esitò a far fuoco con le mitragliatrici.
Si fottano i testimoni! 
Mihaela tornò a concentrarsi sul bestione che la stava soffocando, nel tentativo di togliersi la sua mano sinistra.
Non ci riuscì, non era forte come lui, allora le strinse ed aumentò il proprio calore, presto le dita iniziarono ad affondare nel tessuto del guanto, Innozenz gridò di rabbia e dolore, strinse di più la presa e fece leva su di lei per tirarsi in alto.
Appena riuscì ad alzare la schiena quel tanto che bastava, un violento suono di sfiatatoio assordò le orecchie di Mihaela, e nel giro di un secondo il nazista e la sua avversaria si trovarono avvolti da una spessa coltre di fumo giallastro.
Non passò neanche un secondo che la demone rigettò la cena sul braccio del nazista, questi finse di non farci caso o avrebbe vomitato dentro la sua maschera, e rafforzò la presa sul collo.
Sangue iniziò ad uscire dal naso e dalla bocca dell'ex agente, quella sostanza la stava uccidendo, le mancava aria e non solo per lo strangolamento.
Il terrore di una seconda morte spinse il suo corpo a difendersi al posto suo, fiamme gialle e verdi avvolsero la sua figura e quella del nazista, lui urlò e lasciò la presa, e lei si lanciò all'indietro, atterrando dove l'asfalto era ancora solido.
L'ombra di Sherry calò su di lei come un mantello protettivo, mentre proiettili e urla rimbombavano nelle sue orecchie, ringraziò mentalmente l'amica per tenere alla larga i pesci piccoli mentre recuperava il respiro e le forze, dal canto suo Sherry era troppo impegnata per chiederle se stava bene, ma non dubitava che si sarebbe rialzata e avrebbe cavato gli occhi a quel crucco del cazzo!
Il tonfo di un demone che cadeva sopra l'asfalto ebbe per lei l'effetto di una sveglia, Mihaela si rimise in piedi lasciando che l'amica si allontanasse, le rivolse un'occhiata fugace, per fortuna non le aveva fatto prendere fuoco per sbaglio.
I pesci piccoli erano in fuga o a terra, il che era un bene, ma davanti alle due si ergeva il vero grande boss.
Riemerse dalla pozza incandescente, Innozenz non aveva una bella cera esattamente come la sua avversaria, ma era ancora in piedi.
Le protezioni, pur ricoperte di materiale fuso e costellate di bruciature nerastre, avevano tenuto, ed ora da dietro la sua visiera scrutava l'avversaria con un astio che lei poteva benissimo avvertire su di se.
<< Ehm idee? >> chiese la demone ragno, puntando tutte le sue bocche da fuoco contro il gigante.
Appena Innozenz fece un passò avanti, Sherry sparò furbamente contro la zona della visiera, ma questo il nazista doveva esserselo aspettato, il suo braccio meccanico scattò all'insù lasciando che i proiettili rimbalzassero sull'arto arma mentre lasciava alle protezioni sul corpo il compito di incassare il resto dei colpi.
Mihaela e Sherry arretrarono, ma l'arretramento si trasformò in corsa quando il gas tossico di prima tornò a farsi sentire, o almeno così pensava Mihaela finché non notò che non solo il colore era più acceso, ma che la pelle dei demoni rimasti a terra prese presto a corrodersi a contatto con la sostanza.
E no cazzo questo era troppo!
Con una velocità che non credeva di possedere, superò con Sherry il limitare del quartiere, allontanandosi dalla nebbia giallastra.
Quando furono abbastanza lontane dalla coltre di fumo, presero a riprendere fiato accanto a un'abitazione diroccata... che venne presto fatta crollare da un colpo di cannone.
<< Cazzo! >>
Mihaela si buttò in avanti schivando i detriti, Sherry fece altrettanto, la piccola villetta in legno rovinato esplose in centinaia di frammenti e schegge, mentre le due atterravano sull'erba rovinata del prato.
Altre cannonate sparate dal braccio di Innozenz esplosero nelle vicinanze, il tetto di una casa saltò in aria, e un cratere si aprì in un giardino vicino.
<< Rimpiango di aver lasciato l'auto... >>
Accanto a lei, Sherry si puliva dalla polvere.
<< Non avrei mai detto che fosse un mammone. >>
<< Come minimo sua madre lo avrà allattato fino a sette an- >>
Un grosso proiettile sfrecciò in mezzo alle due e disintegrò il muro, costringendo le due a ripararsi dai detriti.
Mihaela si guardò intorno, seguendo la rotta d'arrivo del proiettile per capire da dove fosse arrivato, ma Innozenz la individuò per primo.
Tenaglie meccaniche si chiusero sulla vita di Mihaela, che all'improvviso si ritrovò trascinata in avanti, con i piedi che non toccavano più terra.
Durò una manciata di secondo, e si fermò bruscamente quando l'appendice meccanica rientrò nel braccio metallico del nazista, il rinculo fu così brusco da schiacciarle lo stomaco, solo allora capì che Innozenz l'aveva agguantata sfruttando uno dei tanti ridicoli gadget del suo braccio arma.
Provò a contrattaccare alzando il braccio, ma Innozenz si era preparato in anticipo, il suo enorme pugno si schiantò sul viso della donna radioattiva, con così tanta forza da farle scattare la testa all'indietro.
Lo fece ancora e ancora, fino a romperle il naso e ammaccarle il viso, poi dovette ritrarre il braccio quando il rivestimento del guanto riprese a bruciare, e prima che potesse assestare un nuovo colpo, le tenaglie si sciolsero a causa del calore, e l'avversaria cadde sul nudo asfalto.
L'impatto la riportò indietro negli anni, sotto un cielo azzurro in un villaggio di campagna, il calcio che Innozenz le piantò sulle costole la fece tornare ai tempi in cui se ne stava isolata nella sua camera d'ospedale, a fissare con occhi esausti la lampada del soffitto mentre cercava di non pensare ai capelli che cadevano ed al dolore che le lacerava il corpo.
Con un altro calcio si ritrovò a testa in su nel fango durante un giorno di pioggia, il momento meno glorioso del suo addestramento, e con un altro ancora a quando, da poco arrivata all'inferno, un muro le era crollato addosso a causa dei suoi poteri.
Poi i suoi occhi smisero di vedere, e il suo corpo cessò di muoversi.
Il nazista ritirò lo stivale dalla suola carbonizzata, guardò soddisfatto quella cagna rossa ridotta all'impotenza, e fece per darle il colpo di grazia, ma appena alzò il pugno per finirla, un proiettile gli frantumò la visiera e trapassò il suo cranio, ciò non era sufficiente ad ucciderlo, ma di certo lo fece incazzare.
Ricordò improvvisamente di non essere immortale, e si coprì la faccia con l'arto metallico, girando su se stesso ed abbassandolo di tanto in tanto per controllare dove si fosse posizionata l'altra avversaria.
Lo capì quando un bidone dell'immondizia gli finì in testa, ogni atomo del suo corpo gridò di repulsione mentre l'odore acro e umido di quella che tanto tempo fa doveva essere stata della frutta fresca entrò nel suo naso, e fu solò con una spaventosa forza di volontà che il chimico si impedì di vomitare.
Ridusse il bidone a brandelli, solo per trovarsi ancora più coperto di immondizia, una buccia di banana si era attaccata alla visiera coprendogli il lato che non era stato distrutto dal proiettile.
<< Dove sei?! Dove sei che ti sego in due! >>
Un secondo bidone fu la sua risposta, sta volta Innozenz riuscì a deviarlo con il braccio metallico, non senza un nuovo brivido di repulsione.
Fu allora che vide la demone ragno seduta sopra un camino, con tutte le bocche da fuoco puntate verso di lui.
Innozenz prima verificò che avesse esaurito l'immondizia da lanciargli, poi sorrise dietro la maschera protettiva.
<< Pensi che basti così poco per uccidermi? >>
Con grande sorpresa di Innozenz, Sherry gli sorrise a sua volta.
<< No, ma quello sì. >>
Fu allora che il chimico comprese di aver fatto un terribile errore, provò a voltarsi, ma non abbastanza in fretta da respingere Mihaela, la donna radioattiva balzò sul suo fianco e avvolse le braccia attorno alla sua testa, poi con uno scatto agile si tirò sulla sua schiena, avvolgendo le gambe attorno alla vita dell'avversario.
Bruciava da morire, ancora peggio dell'asfalto fuso, e le già logorate protezioni di Innozenz non potevano salvarlo dal calore, e da quello che sarebbe venuto dopo.
<< Che stai facendo?! >>
Agirò il braccio destro, ricoprendola di pugni sul viso e gomitate, alla schiena, nel tentativo disperato di scrollarsela di dosso, ma ad ogni colpo il calore aumentava d'intensità, sciogliendo il metallo del braccio, e logorando le protezioni.
Decise allora di liberare il gas tossico contenuto nei grandi contenitori attaccati alla sua tuta, Mihaela tossì, sanguinò dal naso e vomitò i propri succhi gastrici incandescenti sulla sua nuca, ma non mollò, Innozenz si sentiva come se un sole gli stesse crescendo sulla schiena, il rumore del metallo fuso e sfrigolante ed il bagliore verdastro lo assordavano e accecavano al tempo stesso.
<< COSA. CAZZO. STAI. FACENDO?! >>
Pur con il gas che le bruciava gli occhi e la gola, Mihaela riprese fiato fino a riempirsi i polmoni, e poi si assicurò di urlargli direttamente nelle orecchie.
<< UN CAZZO DI MELTDOWN NUCLEARE... ED È TUTTO PER TE, STRONZO! >>
Dal lontano tetto dove Sherry si era rifugiata non appena aveva intuito il piano della collega, la demone ragno assisté all'innalzarsi di un gigantesco fungo radioattivo, ben visibile anche fuori città.



<< Signorina Funar? >>
Dritta come una colonna di marmo, Mihaela se ne stava di fronte ad una spessa cattedra in legno all'interno della stanza più spoglia che avesse mai visto.
Rigida e asciutta, la sua presenza era in piena contraddizione rispetto a quella dell'adiposo funzionario del Dipartimento di Sicurezza dello Stato da cui entrambi dipendevano, che, vestito in abiti civili, esibiva una stempiatura alla Mao Zedong mentre se ne stava mollemente seduto su una pacchiana poltrona rossastra.
Non proprio l'aspetto di un irriducibile servitore dello stato, ma del resto l'aspirazione della donna era quella di occupare un giorno un comodo posto di scrivania proprio come quel grassone.
<< Signore. >>
<< Come abbiamo appena detto, in questi ultimi anni il Dipartimento di Sicurezza dello Stato sta procedendo ad un importante riassestamento dei propri ranghi, e la selezione tende a favorire quegli elementi della Direzione delle truppe di sicurezza che si sono mostrati più efficienti e fedeli. >>
Mihaela annuì, la prospettiva di vent'anni di duro lavoro per una promozione stava svanendo a favore del più grande colpo di culo della sua intera vita.
<< E il vostro operato all'interno della Direzione ha piacevolmente impressionato i vostri supervisori, i quali mi hanno comunicato che sareste più che lieta di essere promossa ad un compito più esclusivo, oltre che di maggiore rilievo, i vostri sforzi per la repressione dei nemici della rivoluzione sono stati definiti come... encomiabili. >>
<< Le vostre parole mi onorano, commissario. >>
<< Funar, è la Direzione ad essere onorata di conferirvi il vostro nuovo incarico. >>
<< Ne sono lieta, commissario. >>
Dentro di se Mihaela stava trattenendo il desiderio di mettergli le mani al collo, era in quella stanza da un'ora e ancora non sapeva cosa avrebbe fatto, o meglio, su quale poltrona avrebbe fatto riposare il culo.
Il funzionario sorrise.
<< Cosa vi è stato riferito riguardo i compiti del Servizio K? >>
Mihaela volle mordersi la lingua, a quanto pare la scrivania avrebbe dovuto aspettare ancora... ma era un passo avanti.
Non conosceva molto il Servizio K, se non tramite voci, voci poco rassicuranti sui suoi membri e sul loro lavoro.
Ma se significava una paga migliore e sopratutto il non farsi più tre ore in macchina la notte, allora ne valeva la pena, e poi ai funzionari del dipartimento non piaceva molto la parola no.
<< Non molto, a dire il vero, ma qualche mio compagno del dipartimento... >>
Il funzionario la fermò protendendo le mani in avanti.
<< I vostri superiori provvederanno ad istruirvi a riguardo, vi basti sapere che la lotta ai nemici della rivoluzione non può essere condotta allo stesso modo contro tutti, a volte il dipartimento deve agire in maniera tale che la sua azione non venga riconosciuta... e per farlo sta diventando importante avvalersi dei nuovi mezzi messi a disposizione dalla ricerca scientifica. >>
Mihaela squadrò confusa l'ometto pelato, non era proprio una risposta soddisfacente, l'uomo lo sapeva meglio di lei.
<< Saprete tutto a tempo debito, cioè molto presto, i vostri superiori vi chiameranno fra poco, per il resto vi abbiamo detto tutto, potete lasciare la stanza... >>
Mihaela portò rapidamente e rigidamente la mano destra di fronte al cappello, e fatto il saluto militare, uscì dalla stanza.
Lasciato l'ufficio del commissario, la donna attraversò il corridoio che l'avrebbe portata all'uscita.
Nel farlo, finì con il fermarsi davanti ad uno specchio che aveva incrociato.
I suoi incerti occhi scuri si riflettevano sulla superficie mentre la donna provvedeva a riaggiustarsi i capelli biondi, provveduto a risistemare il suo aspetto, si rimise il cappello.
Non poteva certo fare brutta impressione ora che stava venendo promossa.



Quando Mihaela riaprì gli occhi, non ebbe bisogno di uno specchio per capire che era in una condizione particolare.
Più nello specifico, era sdraiata a terra con l'abito bucherellato (beh, nulla di strano considerando che era saltata in aria), il corpo dolorante (altra conseguenza dell'azione più avventata della sua non vita), e che altro... ah, era ricoperta da tenui fiamme verdastre che l'avvolgevano per intero.
Non sentiva caldo, né freddo, per lei era come se non ci fossero, a parte la fastidiosa visione delle lingue di fuoco che si agitavano davanti ai suoi occhi.
Altro dettaglio curioso: era notte, doveva aver dormito un bel po'.
<< Ehi... tutto bene? >>
Facendo volare lo sguardo attorno a sé (anche perché non aveva la forza di muovere il corpo), si rese presto conto che non era sola.
Qualcosa come sei o sette imp le si erano seduti attorno e la stavano usando per scaldarsi, ed in mezzo a loro, svettando per la sua altezza, sedeva Sherry.
Strano, non pensava sarebbe rimasta qui ad aspettare che si svegliasse, beh ok ora si stava facendo un film lei, magari poteva aver fatto una bella passeggiata nel mentre che calava il sole, inoltre nessuno riusciva a passare tutto quel tempo fuori senza avere bisogno di un bagno.
Ciononostante l'essersi fatta trovare lì quando poteva essere da qualche altra parte ad accumulare capitale con il suo bellissimo corpo rimaneva un gesto da apprezzare, anche se difficilmente qualcuno si sarebbe avvicinato ad un cumulo di fiamme radioattive, beh a parte qualcuno tanto stupido o disperato come quegli imp.
Probabilmente avrebbero rimpianto la loro scelta fra qualche giorno.
Beh, gli imp non erano importanti al momento.
Trovò la forza di sorridere alla sua collega.
<< Quanto... >>
<< Parecchio tempo, ma è passato solo un giorno >>
Senza il minimo interesse per lo scambio di parole fra le due donne, gli imp tirarono fuori un pacchetto di marshmallow, e tirati fuori i cilindretti di zucchero, li infilzarono su dei bastoncini improvvisati creati con le macerie dello scontro per poi metterli a cuocere sopra la demone.
Non se ne curò, dopotutto che male c'è a fare del bene senza muovere un dito?
Anche se probabilmente in quel momento gli imp si stavano facendo più male che bene a mangiare con lei?
<< E Innozenz? >>
<< Evaporato... ma non saprei dirti se in senso letterale o figurato. >>
Fantastico, si era fatta esplodere e forse quel nazista era ancora vivo, se lo avesse rivisto al ritorno si sarebbe guardata bene dal rivolgergli la parola.
Sospirò.
<< Incrocerei le dita se il mio corpo non fosse a pezzi... gli altri? >>
<< Credo non ci daranno più problemi, e che l'overlord abbia imparato la lezione, quindi è stato un successo! Ma ehm... cosa ti è successo? >>
Mihaela ci pensò per qualche secondo, arrivando alla conclusione che anche lei non ne sapeva più di tanto.
<< Beh... non so se sono in grado di spiegarlo ma credo sia quello che nel linguaggio tecnico si chiama “fusione del nocciolo”. >>
Sherry alzò un sopracciglio.
<< Detto più terra terra? >>
<< Sì, scusa, ecco, praticamente... la reazione nucleare che avviene all'interno del mio corpo è diventata così incontrollata da avermi fatto esplodere. >>
Seguì un minuto di silenzio, che Sherry sfruttò per infilzare un marshmallow a sua volta.
<< Sei... esplosa? >>
<< Sono esplosa. >>
Altro minuto di silenzio.
<< E... >>
<< Non saprei, ma probabilmente fra l'incazzatura, il fatto che ho smesso di reprimere il processo di reazione nucleare al mio interno, e l'istinto omicida verso Innozenz dovrei aver perso un po' il controllo. >>
Sherry mangiò il marshmallow, masticandolo con lentezza.
<< Veramente chiedevo se sapevi per quanto tempo avresti continuato ad essere un falò vivente. >>
<< Ah... non ne ho idea. >>
Un altro minuto di silenzio, di cui Sherry approfittò per prendere un secondo marshmallow.
<< Vuoi... >>
<< Una secchiata d'acqua? Sì, grazie. >>
<< Sei certa che funzioni sul fuoco radioattivo? >>
<< … Non ne ho idea. >>

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Epilogo


Dopo un'esaustiva serata di balli, sudore e altre attività divertenti con i clienti del Lusten Club, Sherry si era ritirata negli spogliatoi del locale per cambiarsi e rientrare nel suo appartamento.
Domani la ballerina che aveva dovuto sostituire sarebbe rientrata, ma la bella Melanie le avrebbe fatto sapere se e quando le fosse servita una nuova sostituta, in verità la matrona del bordello non si sarebbe fatta problemi ad assumerla a tempo pieno, ma Sherry non era per uno stile sedentario, amava cambiare aria e visitare nuovi e vecchi locali.
Del resto non si diventa famosi ballando nudi su un solo palcoscenico.
Fatta una calda doccia assieme ad altre ed altri avvenenti colleghi, la demone ragno si era affrettata a cambiarsi con la sua familiare giacca rosa e bianca per poi uscire dall'edificio.
Ma invece di tirare subito dritto verso l'ingresso, fece una deviazione per l'ufficio della proprietaria, dal quale un familiare demone composto da radici e vegetali (fra cui una grossa zucca come volto) era appena uscito.
<< Entra pure. >>
La voce di Melanie la chiamò ancora prima che avesse il tempo di bussare, ma Sherry preferì non interrogarsi su delle ipotetiche doti sensitive della proprietaria di uno dei club erotici più frequentati di tutta Pentagram City.
Entrata, non perse tempo ad accomodarsi sulla stessa poltrona dove la volta precedente aveva trovato seduta la sua amica, mentre Melanie, sempre come la volta prima, se ne stava sdraiata sul fidato divanetto.
La succube mutaforma sorrise come la vide entrare.
<< Eccoti dolcezza, scusa se non ho potuto riceverti prima, ma ultimamente ho più visitatori del solito. >>
In piena antitesi alla rigidità dell'ultima ospite della padrona, Sherry alzò le spalle ed accavallò le gambe per mettersi più comoda.
<< Fa niente, figurati, ti conosco abbastanza da sapere che non è da te non ripagare i favori. >>
Melanie batté le mani in segno d'assenso.
<< Esattamente, ecco la ricompensa. >>
Con nonchalance, una lunga coda dall'estremità romboidale fuoriuscita dal fondoschiena della mutaforma si allungò fin dietro il divanetto, per poi riemergere con attaccata una grossa sacca scura.
Appoggiata la sacca sul tavolino di cristallo che separava le due, Sherry poté constatare la generosa quantità di banconote al suo interno, per qualche settimana si sarebbe trattata davvero bene.
<< Spero non ve la siate presa se vi ho fatto attendere qualche giorno, ma volevo essere sicura che non vi fossero ulteriori attacchi ai miei clienti ed ai miei dipendenti. >> sussurrò con finto tono drammatico.
<< E così è stato, è un peccato non essere riusciti ad identificare il mandante, ma chiunque ha pagato quei delinquenti adesso sa che il Lusten non tollera ingerenze nei suoi affari. >>
Il sorriso tagliente con cui terminò la frase fece percepire a Sherry la natura ferina che si nascondeva dietro il viso seducente della proprietaria.
Natura che di certo le doveva essere di aiuto visto il ruolo che ricopriva, che andava aldilà della semplice gestione del locale.
<< Quindi non avete più problemi? >>
<< Al momento no, ma nel caso il nostro mandante segreto non avesse imparato la lezione, mi assicurerò che questa volta il nome venga fuori... e poi, beh, non sono l'unica a cui preme la neutralità di questo posto, e quella persona si farà più di un nemico. >>
Sherry annuì soddisfatta, le piaceva il posto, sarebbe stato un peccato trovarlo in macerie od al servizio di qualche stronzetto borioso, poi Melanie pagava bene.
<< Parlando d'altro, come sta Mihaela? Ho dovuto spedirle la ricompensa visto che non poteva venire... >>
<< Non sta malissimo, ma mi ha detto che per qualche giorno resterà a riposo... tra l'altro, la cosa vale anche per il suo vicino, che era fra i delinquenti che avevano assoldato contro di te. >>
<< Allora mi auguro per lui una lentissima guarigione. >> sussurrò Melanie con una scintilla malevole negli occhi << O la prossima volta subirà qualcosa di molto peggiore di un'esplosione atomica. >>



Era l'una già da dieci minuti, e come suo solito, Mihaela stava facendo colazione ad un orario decisamente irregolare, e come solito del suo vicino, Innozenz stava finendo di consumare una zuppa di patate con carote e wurstel tagliati a cubetti che lui era solito chiamare kartoffelsuppe.
A Mihaela era sembrato il piatto che mangerebbe un vecchio malato, ed un vecchio malato era ciò che sembrava il suo vicino, ricoperto di fasciature, con la visiera ancora spaccata e l'armatura bruciata e ricucita con materiale di fortuna che avrebbe dovuto sostituire non appena si fosse ripreso.
La donna radioattiva però non era da meno, con il viso ricoperto di lividi, un braccio fasciato, ed il vestito a brandelli, ricoperto di toppe di fortuna e altri rimedi improvvisati che Mihaela era certa non avrebbero retto al primo stress (o ad un suo sfortunato aumento di temperatura), il che significava che aveva tutto l'interesse ad impegnarsi per non litigare con il vicino.
Ed a riprova della sua volontà di condurre una mattinata (nel caso di Innozenz pomeriggio) pacifica, ma anche perché il suo corpo era troppo dolorante per fare più del necessario per nutrirsi, Mihaela si era limitata ad un vasetto di yogurt al caffè a cui non aveva aggiunto né cereali né altro onde evitare di infastidire il crucco con la sua “masticata da carrarmato”.
Innozenz a sua volta si era risparmiato per una buona volta dal fare commenti sulle irregolari abitudini alimentari della vicina.
Ma la loro tregua era finita qui, non vi furono da nessuna delle due parti né scuse né parole, ed essendo gli unici presenti in sala pranzo (troppe vittime erano state causate dalle loro litigate in anni di convivenza), il posto risultava talmente silenzioso da mettere i brividi.
Il nazista a dire la verità sembrava a suo agio, tralasciando la colazione all'una di Mihaela, pareva non aver mai pranzato così bene da anni.
Forse era la prima volta da quando mangiavano assieme che riusciva a godersi un pasto.
Consumarono i loro magri pasti velocemente, beh in realtà solo Mihaela, ma siccome era arrivata dopo di lui (come sempre), i due finirono quasi allo stesso tempo, si alzarono allo stesso tempo, riposero le stoviglie allo stesso tempo, e lasciarono la stanza quasi contemporaneamente, senza guardarsi, senza rivolgersi la parola, senza nemmeno mettersi a discutere su a chi appartenesse la vittoria nello scontro di ieri.
Per Mihaela lei aveva vinto mandandolo k.o. con l'esplosione, per Innozenz lui aveva vinto perché si era rialzato prima di lei, ed a posizione invertite l'una avrebbe usato gli argomenti dell'altro per dichiararsi vincitrice e viceversa, pertanto decisero di tacito accorso di lasciare che l'altro la pensasse come voleva, per il bene loro e del pavimento da poco ristrutturato.
Camminarono assieme, senza fare nessuno sforzo per distanziare l'altro o mostrare il proprio disappunto nello stare vicini, entrambi si erano affrettati a finire per evitare questa eventualità e come risultato erano rimasti intrappolati in questa situazione, e nessuno voleva iniziare a litigare scattando in avanti, ma neanche cedere il passo all'altro e camminargli dietro.
Per fortuna quella piccola tortura si interruppe non appena raggiunsero le rispettive stanze, l'una di fronte all'altra, e vi entrarono quasi allo stesso tempo.
Rimasta, sola, Mihaela zoppicò fino al suo letto e si lasciò cadere sul materasso.
Dopo l'esplosione e l'incendio radioattivo si era sentita svuotata, come se anni e anni di energia atomica accumulatasi all'interno del suo corpo fosse svanita tutta d'un colpo, Sherry aveva potuto riportarla all'appartamento senza trovare qualche strano attrezzo per raccoglierla.
La cosa però non era durata, e anche se si sentiva ancora debilitata, Mihaela avvertiva che il processo di fusione al suo interno era tutt'altro che fermo, e presto sarebbe tornata alla normalità.
Fino ad allora si sarebbe concessa il giusto riposo.
Portò il braccio buono sotto il letto e tirò fuori la borsa di banconote gentilmente offerta da uno dei corrieri di Melanie.
Iniziò a contare i soldi, e solo allora notò la presenza di qualcosa di inaspettato assieme al denaro della ricompensa: un sacchetto di plastica.
Lo tirò fuori, il sacchetto era trasparente e poté osservarne subito il contenuto, una tuta scura, un pezzo unico (vide non appena lo tirò fuori) che la ricopriva dai piedi fino al collo.
L'abito era gradevole, e non dubitava che se Melanie glielo aveva mandato era perché poteva indossarlo senza temere di distruggerlo.
Osservò bene il regalo, per come si sentiva non lo avrebbe provato immediatamente, ma a guardarlo pareva essere un abito più adatto per andare in missione la notte che non ad indossarlo durante il giorno, perciò rimaneva il problema che il suo unico abito vero e proprio era in condizioni pietose... ma avrebbe trovato un modo per risolvere la situazione più avanti.
Spostò il letto e scoprì la cassaforte, dove infilò le banconote, la cassaforte era tornata piena (non tanto per il numero delle banconote in se ma per le sue modeste dimensioni), e Mihaela si ripromise che una volta tornata in forma si sarebbe trattata bene, per prima cosa facendo colazione con qualcosa di diverso dallo yogurt.
Subito dopo, mise il regalo di Melanie nell'armadio, promettendosi di provarlo non appena si fosse sentita in grado di farlo, finalmente quel mobile aveva acquisito un utilità.
Prima di chiudere l'armadio, notò un pezzo di carta che spuntava fuori dalla cima della tasca, lo prese e lo lesse.
“Spero ti piaccia il mio regalo, mi sono personalmente assicurata che possa valorizzare a dovere il tuo bel corpicino, M.”
Le guance color metallo della donna si scurirono, mentre il foglietto bruciava fra le sue mani, ma ciò nonostante apprezzò quelle parole, i gesti d'affetto non erano molto comuni all'inferno.
Improvvisamente si sentì esausta... doveva ancora riprendersi del tutto, pertanto si sdraiò sul materasso e chiuse gli occhi, per un po' non voleva saperne di missioni, gang e cazzi vari...



La coltre di grandi nuvole bianche donava al cielo un aspetto deprimente, e proteggeva il suo pallido viso dall'azione dei raggi solari.
In linea assieme ad una ventina di nuove reclute, lei ascoltava la voce dell'istruttore, un uomo tarchiato dai capelli tanto scuri quanto oleosi, che con un tono eccessivamente alto per quelle che erano perlopiù informazioni tecniche, spiegava loro come utilizzare il dispositivo radioattivo, un curioso aggeggio delle dimensioni di un orologio da polso, per avvelenare i dissidenti all'estero senza compromettersi con le autorità locali.
Da quando era stata reclutata nel Servizio K, le era stato insegnato tutto quello che poteva sapere per svolgere il loro “servizio di annichilimento dei dissidenti”.
Il loro compito si basava sulla somministrazione di materiale radioattivo, gentilmente offerto dall'alleato sovietico, a tutti quei dissidenti la cui morte violenta avrebbe potuto infangare la reputazione del partito.
Non si trattava pertanto di semplici oppositori e intellettuali non allineati rinchiusi nelle prigioni, ma anche di tutti quei funzionari di partito con una diversa visione sul metodo di conduzione della rivoluzione proletaria, rivali politici del presidente Ceaușescu, e tutte quelle persone scomode ma di contro cui non sussistevano prove sufficienti per una condanna formale, tutte persone la cui morte sarebbe dovuta avvenire comodamente per cause naturali.
L'uso del dispositivo era limitato alle missioni estere, dove non potevano certamente portarsi dietro intere bare di plutonio, e l'uso del materiale radioattivo in se non era sempre necessario per provocare un decesso che poteva essere dichiarato avvenuto per “cause naturali”, ma l'uso di questa nuova arma avrebbe rimosso gli ostacoli più immediati al compiersi della rivoluzione.
Mihaela non era certa di questa scelta, ma erano stati assicurati che le protezioni che erano loro state fornite ed il dispositivo erano “di provata efficacia”, parole a cui credeva non tanto per cieca fiducia nelle istituzioni di regime quando per necessità di convincersi che non la stessero mandando a morte certa.
Avrebbe eliminato i dissidenti con ogni mezzo a disposizione pur di raggiungere un'alta posizione nel Dipartimento di Sicurezza dello Stato, e le radiazioni non facevano eccezioni.
Le dispiaceva di non poter condividere tutto questo con Mircea, ma la segretezza era un requisito fondamentale per le azioni e l'esistenza del Servizio K (esistenza non troppo segreta viste le voci che giravano da prima ancora che ne entrasse fra i ranghi).
Non era così male a dirla tutta, certo, non era la scrivania che sperava, ma sarebbe stata pagata meglio, avrebbe avuto accesso ad una migliore unità abitativa e il suo ottimo servizio le avrebbe aperto altre porte ancora.
O almeno sperava, ma per tutta la vita le avevano insegnato ad essere ottimista, non viveva forse nel primo mondo? Nel paradiso socialista? Non erano forse nelle mani di persone illuminate che li avrebbero guidati verso un giusto futuro?
Si augurava di sì, o avrebbe seriamente messo in discussione tutto quello che sapeva.
Guardò alla sua destra ed alla sua sinistra, la maggior parte dei presenti veniva dalla sua stessa Direzione per il Controspionaggio, ma l'istruttore aveva detto che le reclute del Servizio K venivano estratte dagli elementi più efficienti e fidati di tutti i settori: paramilitari, spie, intercettatori di chiamate, controllori di passaporti, guardie carcerarie, spie che spiavano la stessa Securitate per conto del leader del paese, tutti convertiti in sicari di stato.
Se si aspettavano che lei lo considerasse un onore, lei li avrebbe accontentati.
Quando l'istruttore le assicurò al polso quello strano orologio radioattivo, lo trovò pesante, non tanto per il peso effettivo, quanto per il cambiamento che comportava.
Ora non si torna indietro, le dice l'istruttore, e lei annuisce mentre ammira il dispositivo.
Ora non si torna indietro, e nulla sarà più come prima.




Nota dell'autore
Mi scuso per il finale che si è fatto attendere più di quanto avrei voluto, ma la storia non poteva rimanere incompiuta, ho adorato scrivere di Mihaela e spero che questa brevissima long possa essere una buona base per futuri lavori.
Se così non fosse, è stato divertente comunque, ci tengo a ringraziare lettori e recensori, in particolare
Thanos 05, Aladidragocchiodiluce e Golden Fredbear, senza i quali questa storia non sarebbe esistita.
Per il resto, vi saluto e spero in un 2021 migliore dell'anno appena passato.

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