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di 18Ginny18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

L'usuale armonia che provocava il cinguettare degli uccellini e il suono di quello strano oggetto babbano -di cui lei non ricordava il nome- che bagnava i prati, rendevano tutto ciò che la circondava piacevole.
Quel piccolo paesino le piaceva moltissimo; aveva iniziato ad abituarsi a tutta quella tranquillità. Godric's Hollow le sarebbe mancata, ne era certa.
Il supermercato babbano era poco lontano da casa. Era interessante seguire lo stile di vita dei babbani, a volte si fermava a pensare che forse le sarebbe piaciuto vivere come loro. Lontano dalla magia... molti maghi e streghe avevano rinunciato, per amore o per semplice curiosità. Era facile camuffarsi tra i babbani, talmente facile da tentarti.
Giunta a casa, Ginevra scaricò la spesa sul tavolo della cucina e riempì scaffali e frigorifero di cibo e bevande. Sistemò il disordine in soggiorno e, prima di andare a dormire, preparò il bucato da mettere in lavatrice.
Dalle scale rimbombavano risate; a passo di corsa Sirius raggiunse il soggiorno seguito da un Remus alquanto infuriato. Sfoggiava dei bei baffi rosa, ma ovviamente non per sua scelta.
- Sirius Black – ringhiò quest'ultimo. - Ridammi la mia bacchetta!
Il suddetto interessato stava usando la bacchetta di Remus come un gratta schiena, dopodiché decise di restituirla al suo proprietario... o almeno così sembrava.
Prima che Remus riuscisse a riprendere possesso della sua bacchetta, Sirius se la infilò nei pantaloni facendo inorridire il lupo mannaro.
- OH MERLINO! CHE SCHIFO! - sbraitò Remus.
A quel punto, Sirius recuperò la bacchetta e la restituì al suo amico con un sorriso smagliante. - Ecco, adesso è pulita.
- Io ti ammazzo.
Ginevra si chiedeva se ridere o meno dato che avevano iniziato a correre per tutta la casa come due ragazzini.
Optò per la prima opzione.





ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti!
Inizio col ringraziare tutti voi per essere arrivati fino a qui, siete molto coraggiosi per continuare a leggere i miei abomini!
Dunque, dopo tanti giorni di assenza, questo è quello che è venuto fuori dalla mia testolina da psicopatica :)
Questa breve FF parlerà di ciò che successo prima e durante la Coppa del Mondo di Quidditch, poiché ho lasciato un buco in 'Secrets'.
Spero che vi piaccia e che lascerete un commentino qui sotto. La vostra opinione è importante per me.
A breve pubblicherò un nuovo capitolo in 'Light and Darkness', se volete fateci un salto ;)
Grazie ancora per avermi sopportato. Spero che leggerete anche il prossimo capitolo aahhah
A presto,
18Ginny18

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Caro Cedric,
Ho tante cose da raccontarti e non vedo l'ora di rivederti alla Coppa del Mondo! Ci pensi? Sarà la prima volta che ci vedremo fuori da Hogwarts. Lo so, questa è l'ennesima lettera in cui te lo scrivo, ma sono così felice all'idea di poterti riabbracciare... Soltanto poche ore e saremo di nuovo insieme. Mi manchi tantissimo e non faccio altro che pensarti. Ho molta nostalgia dei tuoi baci, i tuoi abbracci... e dei tuoi bellissimi occhi che amo tanto.


Una volta scritta quella piccola lettera, concludendo con i saluti e ripetendo ancora una volta quanto fosse felice e emozionata all'idea di rivederlo, Ginevra la ripiegò e corse subito al piano di sotto dove Remus e Sirius stavano facendo colazione.
- Ehi, principessa – la salutò suo padre.
- Ehilà, papino – canticchiò lei, saltellando di qua.
Si stava dirigendo al trespolo dove il gufo di Remus, Piumino, era adagiato. Era un gufo comune, ed era terribilmente carino e dolce. Non appena la vide iniziò a bubolare*, lei lo salutò con qualche carezza affettuosa e una volta consegnatagli la lettera destinata a Cedric, Piumino volò via dalla finestra e Ginevra prese posto accanto al padre servendosi di pane e marmellata di pesche.
Da quando si erano trasferiti nella loro vecchia casa, a Godric's Hollow, e Remus con loro, si sentiva davvero completa e felice. Ovviamente anche prima lo era, ma da quando Sirius era tornato nella sua vita tutto era cambiato. Era tutto perfetto e i suoi desideri finalmente erano diventati realtà. Aveva di nuovo il suo papà.
Desiderava soltanto che anche Harry potesse essere felice quanto lei, anziché restare ancora dai Dursley. L'unico pensiero che riusciva a rallegrarla era che presto lo avrebbero salvato da quegli stupidi babbani, portandolo lì Godric's Hollow dove finalmente sarebbero potuti essere di nuovo una famiglia.
- Lunastorta – lo chiamò Sirius, con tono mieloso.
- Che vuoi? - brontolò Remus, che era alle prese con un panno umido di disinfettante. Ginevra cercò di nascondere un sorriso divertito nel vedere il modo in cui il suo padrino puliva la bacchetta. Quella bacchetta aveva visitato un luogo che una bacchetta non avrebbe mai dovuto conoscere.
Sirius picchiettò le dita sul tavolo. - Hai intenzione di tenere il muso per sempre?
Remus finse di pensarci. - Non lo so... Però ti garantisco che se ti uccidessi tornerei a sorridere.
Come risposta il lupo mannaro ricevette una pernacchia.
- Non ti dico dove te la infilo la bacchetta se non la smetti...
Questa volta la minaccia ebbe un effetto immediato per Sirius, abbandonò il sorriso gongolante e lo guardò con serietà. - Non oseresti.
- Ah, io oserei!**
Ginevra rise sommessamente. Adorava quando si punzecchiavano e poi arrivavano alle minacce.
- Ragazzi, scusate se vi interrompo – disse poi a malincuore, dando un'occhiata veloce all'orologio sul muro, - ma credo proprio che sia l'ora che io vada. I Weasley mi aspettano.
Remus annuì, pronto ad accompagnarla. Sirius, invece, gonfiò le guance, come un bambino. - Devi proprio? Dopotutto ci saranno altre occasioni come queste... ti basterà aspettare altri trent'anni.
- Sirius – lo richiamò il suo amico. - Non fare il bambinone. Ne avevamo già parlato.
- Ma... - la piccola protesta dell'animagus sfumò immediatamente, perché bastò il sopracciglio inarcato di Remus Lupin a frenarlo. Per questo preferì brontolare tra sé e sé.
- Non ti preoccupare, papà - lo rassicurò Ginevra. - Ci rivedremo tra due giorni.
Gli diede un bacio sulla guancia, dopodiché diede la mano a Remus e si smaterializzò.
Dopo una frazione di secondo si trovarono nel cortile di casa Weasley, la Tana.
Prima di smaterializzarsi ancora, Remus accompagnò la ragazza fino alla porta dove un'arzilla Molly Weasley le saltò addosso, soffocandola in un abbraccio. - Oh, bambina mia! - la salutò Molly, senza lasciarla andare. - Era da troppo tempo che non ti vedevo. Come stai? Hai mangiato? Vieni, ti preparo qualcosa.
Quando finalmente Molly la lasciò andare, Ginevra riuscì a riprendere fiato. Era ormai abituata da anni all'affetto della donna, ma aveva dimenticato la forza che metteva in un abbraccio.
Una volta in cucina la ragazza salutò la sua omonima, la piccola Weasley, che si gustava una ciotola abbondante di porridge. - Ehi Gin, come va? - disse tra una cucchiaiata e l'altra, invitandola a sedersi al suo fianco.
Arthur Weasley e Hermione erano seduti lì accanto, ma non si accorsero nemmeno che fosse arrivata Ginevra, poiché erano immersi in una conversazione riguardo il mondo babbano. Hermione stava cercando di rispondere a tutte le domande che Arthur continuava a porle, entrambi sembravano divertirsi un mondo. Arthur Weasley era sempre stato un grande appassionato del mondo babbano. Adorava montare, smontare o persino modificare ogni tipo di oggetto babbano, naturalmente lontano dagli occhi della moglie. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, disse quando anni prima Fred, George e Ginevra lo sorpresero nel capanno a giocare con un tostapane.
Ginevra sorrise quando ricordò che per fargli mantenere il segreto, il signor Weasley diede loro una montagna di cioccolato e caramelle.
Era sempre stato bello passare le giornate alla Tana, per lei era come una seconda casa.
La chiacchierata tra il signor Weasley e Hermione durò finché non scese il resto della truppa.
Prima di prendere posto come un gruppo di zombie assonnati, Fred e George mandarono un bacio a Ginevra. - Buongiorno, raggio di sole – fu il loro saluto.
Un'appisolato Ron Weasley le sbadigliò un: “Ciao, Gin”. Harry, invece, quando la vide corse ad abbracciarla, sussurrando al suo orecchio: - Mi sei mancata sorellina.
La ragazza sbuffò un sorriso. - Guarda che sono più grande di te, Potter – disse, per poi sussurrare a sua volta che era mancato molto anche a lei.
- Allora, pronti per partire? – chiese poi il signor Weasley, elettrizzato, al gruppo di zombie che prendeva posto a tavola. - Oh, Ginevra cara. Quando sei arrivata?
Molly si spazientì. - Se a quest'ora non torturavi la povera Hermione con le tue sciocchezze, ti saresti accorto del suo arrivo.
Davanti a quel rimprovero Arthur chinò il capo. - Ti chiedo scusa, amore mio. È che ero molto interessato alle chelevisioni.
Hermione cercò di non ridere. - Televisioni, signor Weasley.
Il signor Weasley arrossì. - Ah, ecco perché non riuscivo a capire a cosa c'entrassero le chele. Pensavo che dentro queste scatole ci fossero dei poveri granchi!
I ragazzi risero sommessamente.
- Forza, sono già le otto! Sbrigatevi, altrimenti farete tardi! - li incitò Molly.
- È già ora? – sbadigliò Fred. – Ma io devo ancora fare colazione!
- Dove sono Bill, Charlie e Per-Per-Percy? – chiese George senza riuscire a soffocare un grande sbadiglio.
- Be’, loro si smaterializzano. – disse la signora Weasley, posando il tegame sul tavolo e cominciando a versare il porridge nelle ciotole. – Così possono dormire un po’ di più.***
- Quindi sono ancora a letto – brontolò Fred, tirando a sé la sua ciotola di porridge.
- George! – disse la signora Weasley severa e tutti sobbalzarono.
- Cosa c’è? – esclamò George, tenendosi una mano sul cuore, cercando di rallentare il suo respiro accelerato.
- Che cos’hai in tasca?
- Niente!
- Non raccontarmi storie!
La signora Weasley puntò la bacchetta verso la tasca di George e disse: - Accio!
Alcuni piccoli oggetti dai colori vivaci sfrecciarono fuori dalla tasca di George; lui tentò di fermarli ma li mancò, e quelli filarono sulla mano tesa della signora Weasley.
- Vi avevamo detto di distruggerle! - disse furibonda, mostrando quelle che sembravano delle caramelle.
Ginevra sbarrò gli occhi per la sorpresa. Fin da quando erano bambini Fred e George sognavano di aprire un negozio di scherzi tutto loro e, più volte, avevano cercato di coinvolgerla, di farla entrare in società con loro. Lei aveva preso sempre la cosa a ridere, immaginando però di lavorare insieme ai suoi migliori amici per tutta la vita. “Sarebbe bello”, pensò all'epoca, ma non credeva che i gemelli avessero continuato a coltivare l'idea del negozio di scherzi senza dirle una sola parola.
- Ci abbiamo messo mesi a inventarle! – urlò Fred mentre sua madre le gettava via, ma gliene caddero alcune e George riuscì a raccoglierle prima che qualcuno se ne accorgesse.
- Ma perché questi due scapestrati, che mi ritrovo come figli... – sbraitò ancora la signora Weasley. - Perché non siete come Bill, Charlie o Percy, dico io?
- Puoi sempre rinnegarci – ribatté Fred, brusco.
- Non azzardarti ad usare questo tono con me, George – disse lei.
George rise falsamente ilare.
- Come fai a non distinguerci? Sono io George – le urlò con voce leggermente incrinata.
- Sarà meglio lasciarli soli – disse il signor Weasley, allontanando tutti fuori dalla cucina.
Ma anche se lontani, si potevano ancora sentire le loro urla in tutta la casa, tanto da riuscire a svegliare Bill, Charlie e Percy che scesero al piano inferiore chiedendosi quale fosse il problema di tanta baraonda.
Il signor Weasley, con voce calma e risoluta, intimò loro di tornare a dormire, mentre ai più giovani attorno a lui chiese di andare a prendere una boccata d'aria in giardino, pensando che in quel modo le urla non arrivassero alle loro orecchie.
Si sbagliava.
- Tu sei nostra madre! Ci abbiamo sempre riso sopra, ma dovresti essere la prima riconoscerci – diceva Fred.
- Non riesci a distinguerci, ma vorresti che fossimo come Percy, Bill e Charlie! – l'accusò George. – A te non interessa quello che vogliamo noi. Non ti interessano i nostri sogni! Nooo… a TE interessa solo quello che vuoi TU!
Quello che ne seguì fu un sonoro schiaffo e un silenzio di tomba.
Quando i gemelli uscirono dalla cucina, sbattendo la porta alle loro spalle, George aveva la guancia arrossata e le sue mani tremavano dalla rabbia.
Vedendoli in quello stato Ginevra si sentì impotente. Molly non aveva mai alzato un dito sui suoi figli, neanche uno.
Quando Arthur entrò nuovamente in cucina la trovò accasciata su una sedia col volto fra le mani. Piangeva silenziosamente, ma quando il marito le fu vicino si lasciò stringere in un forte abbraccio. Si odiava per quello che aveva fatto e se avesse potuto sarebbe sicuramente tornata indietro nel tempo per rimediare al suo errore.
Insomma, quando partirono l'atmosfera non era delle più distese. I gemelli erano fumanti di rabbia, con lo zaino in spalla uscirono e attraversarono il cortile senza dire una sola parola. La signora Weasley, ancora un po' scossa per l'accaduto, uscì anche lei in cortile e, dopo un bacio sulla guancia del marito, augurò a tutti di divertirsi.
I ragazzi provarono molta pena per lei, sapevano che era mortificata. Ma chi lo avrebbe fatto capire a quelle teste calde di Fred e George?
- Sarà meglio partire adesso. La Passaporta non aspetta nessuno – disse il signor Weasley.
Faceva freddo e la luna brillava lieve nel cielo. Ma l’orizzonte mostrava l’avvicinarsi dell’alba. ***





*verso caratteristico del gufo.
**citazione “Shark Tale”.
***Da “Harry Potter e Il Calice di Fuoco – La Passaporta” (un po' modificata).

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


I gemelli erano di umore nero. Ginevra avrebbe voluto parlare con loro dell'accaduto ma sapeva che, se solo ci avesse provato, loro avrebbero reagito bruscamente e l'avrebbero allontanata. Ormai li conosceva fin troppo bene. Dovevano rimanere soli ancora per un po' per sbollire la rabbia.
Ron e Harry le camminavano accanto e quest'ultimo non faceva altro che domandare cosa fosse una Passaporta, che tipo di oggetto fosse... era così elettrizzato che sembrava un bambino che andava per la prima volta alle giostre. La piccola Weasley lo trovava terribilmente carino e Hermione non faceva altro che punzecchiarla, insistendo che doveva essere lei a fare la prima mossa con il ragazzo.
- Ma sei matta? - esclamò la piccola Weasley, facendo voltare Harry e tutto il resto del gruppo, così da diventare rossa dall'imbarazzo e desiderare di sparire in quel preciso istante.
Harry le sorrise impacciato.
È così dolce e carina quando diventa rossa”, si trovò a pensare ma subito dopo si diede dello stupido. “No, Harry. È la sorellina del tuo migliore amico”.
Attraversarono a fatica l'umido viale scuro che portava al villaggio, il silenzio rotto solo dai loro passi.
Harry aveva le mani e i piedi congelati.
Il signor Weasley continuava a controllare l'ora.
- Ehi, papà! – disse Ron, stanco. – Manca ancora molto?
Il signor Weasley arrestò il passo e annunciò: - Siamo arrivati! Ora ci serve solo la Passaporta - disse scrutando il terreno intorno. - Non dev'essere grossa... avanti...
Si sparpagliarono per cercarla e Ginevra approfittò dell'occasione per avvicinarsi ai gemelli. Loro avevano ancora l'aria furiosa, ma concordarono di non parlare nemmeno per un secondo di ciò che era successo con la madre. Preferivano distrarsi e parlare con la loro amica, anziché deprimersi.
Per le mutante di a pois di Merlino! Loro erano i gemelli Weasley: terrore degli insegnanti e re degli scherzi! Nulla avrebbe mai abbattuto il loro umorismo e il loro modo di essere.
- Allora... come hai passato l'estate senza di noi?
Lei sorrise, con Fred e George era sempre stato così. Sapeva che quei musi lunghi non sarebbero durati al lungo.
Raccontò loro di suo padre e di quanto fosse felice di riaverlo nella sua vita e parlò anche di tutti gli scherzi che il povero Remus Lupin era costretto a subire per causa sua. Questo fece sorridere i due ragazzi e Ginevra ne fu felice. Certo, George aveva la guancia un po' arrossata ma lei sapeva che i gemelli Weasley erano forti e che niente avrebbe mai scalfito la loro pellaccia dura. Ma si vedeva lontano un miglio che non erano a loro agio in quel momento... probabilmente erano in imbarazzo. Delusi. Feriti.
Non era facile mandare giù una pillola tanto amara, era stato terribile ciò che era successo quella mattina. Molly era ovviamente a pezzi, ma Fred e George lo erano ancor di più. Avevano sputato fuori tutto ciò che avevano sempre pensato, tutto ciò che si erano tenuti dentro per tanti anni ma che erano sicuri che non avrebbero mai detto. Purtroppo il danno era fatto e loro erano troppo orgogliosi per chiedere scusa, anche se desideravano farlo con tutto il cuore.
Bisognava avere solo molta pazienza con i gemelli Weasley, non era necessario forzarli. Prima o poi avrebbero fatto la cosa giusta.
- Devo dirvi una cosa – enunciò in fine Ginevra. - Vi sembrerà un po' strano e confuso, ma vi spiegherò tutto in ogni dettaglio.
Fred e George la guardarono, incuriositi.
Finalmente lei aveva deciso di confessare ai suoi migliori amici che Harry era suo fratello. Era stanca di tenere un segreto così grande a Fred e George. Loro erano più che amici per lei, più che fratelli. Ma da dove poteva cominciare?
Ad un tratto un grido lacerò l'aria immobile.
- Qui, Arthur! Qui, vecchio mio, l'abbiamo trovata!
Dopo svariati minuti di disperata ricerca della Passaporta, due alte sagome si stagliavano contro il cielo stellato sull'altro lato della collina.
- Amos! - esclamò il signor Weasley sorridendo mentre avanzava verso l'uomo che aveva gridato, seguito dai suoi figli e i suoi ospiti.
A quel punto Ginevra decise di rinviare la conversazione ad un altro momento.
- Scusa, Amos. Ma alcuni di noi hanno fatto fatica ad alzarsi – disse stringendo in un abbraccio l'uomo che aveva d'avanti. - Lui è Amos Diggory, ragazzi. Lavora con me al ministero. E credo che conosciate tutti suo figlio Cedric.
Lo sguardo di Cedric era rivolto verso Ginevra e sfoggiava uno dei suoi meravigliosi sorrisi che lei amava tanto.
Man mano che si avvicinava il cuore di lei faceva le capriole. Non pensava che lo avrebbe rivisto così presto.
Gli era mancato moltissimo e non vedeva l'ora di stringerlo in un forte abbraccio.
Cedric salutò i gemelli, che risposero con appena un cenno per poi spostarsi verso i loro fratelli. Odiavano vedere Cedric Diggory vicino a Ginevra, ma non lo avrebbero mai ammesso.
- Ciao – disse Cedric non appena fu d'avanti alla sua amata.
- Ciao – rispose lei, ampliando il suo sorriso – Mi sei mancato.
- Mi sei mancata anche tu – le sue dita calde sfioravano il suo viso e lei si beò di quel piccolo contatto. Poi Cedric la prese per i fianchi e, lentamente, l'attirò a sé. Chiuse gli occhi e si chinò su di lei, con un gesto meccanico. Le loro labbra stavano per sfiorarsi con delicatezza, ma al suono della voce del signor Diggory dovette ritrarsi.
- Ced, hai dimenticato le buone maniere? - chiese il padre con tono falsamente austero. - Tu devi essere Ginevra, dico bene? – disse poi alla ragazza. - Mio figlio mi ha parlato molto di te. È un vero piacere conoscerti, finalmente! Devo ammettere che sei più carina di come ti ha descritta.
- Papà! – Cedric divenne rosso, il suo sguardo era carico di rimprovero per il padre.
- Che c'è? – rispose invece il signor Diggory, ignorando il fatto che avesse appena messo in imbarazzo il figlio.
- È un vero piacere conoscerla, signor Diggory – disse Ginevra stringendogli la mano.
Per lei era una situazione un po' strana: non sapeva affatto come comportarsi e aveva paura di fare una figuraccia davanti al signor Diggory. Però era certa che se fosse successo, Fred e George l'avrebbero tormentata in eterno ricordandole ogni errore. Riusciva già ad immaginarli...
Per sua fortuna l'attenzione del signor Diggory andò verso qualcun altro. - Per la barba di Merlino! È Harry Potter il giovanotto davanti a me?
- Ehm... sì – rispose Harry.
Era ormai abituato alla curiosità della gente e alle occhiate che tutti lanciavano alla cicatrice, ma si sentiva sempre più a disagio. Ma prima che il signor Diggory potesse dirgli qualcosa, Cedric andò in suo soccorso. - Papà è meglio andare. Il tempo sta per scadere e c'è il rischio che perdiamo la partita se continui a chiacchierare.
Il signor Diggory s'imbronciò. - Guastafeste.
Harry fu grato del tempestivo intervento di Cedric e in quel momento la simpatia che provava per lui salì molto; da meno uno era arrivato a uno. Ma questo non toglieva il fatto che lo avrebbe tenuto d'occhio. Dopotutto doveva proteggere sua sorella da quelle mani da pervertito.
Sorella... gli sembrava ancora strano affibbiare quel termine a Ginevra Black. Sorrise al pensiero che lei era stata la prima con cui aveva fatto amicizia sull'Hogwarts Express. Se Sirius non fosse evaso probabilmente non sarebbe mai venuto a sapere la verità. Prima era solo al mondo, senza una famiglia che gli volesse bene e adesso aveva una sorella e un padrino. La speranza di andare a vivere sotto lo stesso tetto non lo aveva abbandonato neanche per un solo istante.
- Ragazzi, dobbiamo andare! – disse il signor Weasley, avvicinandosi a uno stivale vecchio e ricoperto di fango che il signor Diggory teneva in mano. - Dovete solo toccare la Passaporta, tutto qui, basterà un dito...
Con un po' di difficoltà, a causa degli zaini gonfi, tutti e dieci si strinsero attorno al vecchio stivale.
- Siete pronti? - chiese il signor Weasley guardando il suo l'orologio da taschino. - Tre... Due... Uno...
Successe in un attimo. Era come se fossero stati risucchiati da un vortice che li strattonava da una parte all'altra. L'importante era non mollare la presa dallo stivale. Poi ognuno di loro toccò bruscamente il suolo e la Passaporta piombò a terra con un tonfo sordo.
Il signor Weasley, il signor Diggory e Cedric erano in piedi, anche se sembravano piuttosto scossi; tutti gli altri erano per terra.*
Una volta che tutti quanti riuscirono a rimettersi in piedi si avviarono verso un campo nebbioso, dove vi erano delle lunghe file di tende dai vari colori.
Camminando tra loro si poteva notare che molti maghi avevano tentato di camuffarsi, fallendo miseramente, perché non potevano fare a meno di esibirsi e dar sfogo all'entusiasmo per le loro squadre: Irlanda e Bulgaria.
Non si erano mai visti tanti maghi radunati in un solo posto.
Cedric aveva intrecciato la sua mano a quella di Ginevra, senza mai lasciarla. A volte le sussurrava quanto le fosse mancata e quanti baci avrebbe voluto darle.
Lei gli sorrideva, le sue guance diventavano più rosee ad ogni complimento o frase poetica che Cedric le dedicava. Insomma, tante cose dolci e carine tra fidanzati... ma Fred e George, a pochi passi dietro di loro, non accettavano di vedere scene di quel genere. Quando Cedric Diggory era nei paraggi, i gemelli non lo perdevano di vista nemmeno un secondo, giustificando il loro “attaccamento” nei confronti della loro amica come una sorta di... amore fraterno. In realtà erano solo stupide scuse per non ammettere quanto fossero gelosi di quel Tassorosso.
- Questo è il nostro posto – disse poi il signor Weasley con un gran sorriso.
Avevano raggiunto il limitare del bosco in cima al campo, e lì c'era uno spazio vuoto, con un piccolo cartello piantato per terra che diceva 'Weezley'.**
Per nulla arrabbiato, signor Weasley trovò molto divertente quel piccolo errore e mormorò tra sé sé: “I Babbani e il loro umorismo”.
Ridacchiò, dopodiché si rivolse al suo collega.
- Ci vediamo alla partita, Amos.
- Ci vediamo alla partita, vecchio mio – lo salutò il signor Diggory, senza smettere di sorridere. I due uomini sembravano molto euforici.
Cedric, invece, sorrise malinconico alla ragazza. - Ci vediamo dopo, piccola – le promise.
Ginevra annuì. - Ci vediamo dopo.
Lui strinse ancora la sua mano e la lasciò andare lentamente, senza però smettere di guardarla negli occhi. Fece un passo indietro e si fermò, Ginevra lo tirò a sé mettendosi sulle punte dei piedi, fino a portare la bocca all’altezza della sua. Lo baciò piano e poi sorrise. - Ti voglio bene, Ced.
Anche se un po' deluso, Cedric ricambiò il sorriso. Avrebbe voluto sentire un “Ti amo”, ma non voleva forzarle la mano.
Continuò a guardarla anche mentre si allontanava, fino a quando sbatté contro una signora.
- E stai attento!
- Mi scusi. - Era molto imbarazzato, ma non abbandonò il suo sorriso smagliante e Ginevra non poté fare a meno di ridere per quella scenetta. Lo trovava incredibilmente carino anche quando era un po' impacciato.
Si avvicinò al gruppo di teste rosse, che ammirava il signor Weasley montare una piccola tenda con l'aiuto di martello, pali e picchetti. Una volta finito era molto soddisfatto di sé stesso. - Ah! Casa, dolce casa. – disse il signor Weasley, scostando il lembo della tenda per far entrare i ragazzi.
Fred e George si scambiarono un sguardo scettico.
- Stai scherzando, vero? – disse Fred, ma il signor Weasley lo ignorò, entrando nella tenda.
I suoi figli lo seguirono, così come Hermione. Harry e Ginevra, invece, rimasero fuori dalla tenda ancora per un po'.
- Tu che dici? – Harry era a dir poco confuso ma visibilmente curioso, voleva entrare in quella tenda e scoprire quale magia potesse far entrare così tante persone in una piccola tenda. - Come faranno Bill, Charlie e Percy?
Con una scrollata di spalle Ginevra lo invitò ad entrare. - Entra e lo scoprirai.
Lei non era per niente curiosa, poiché conosceva quella tenda meglio di chiunque altro. Dopotutto quella tenda era di suo zio Ted e sapeva che l'avrebbe prestata al signor Weasley.
Guardando quella vecchia tenda ricordò le numerose giornate a campeggiare con la famiglia Tonks e, sopratutto, l'ultima scampagnata la settimana prima che Nymphadora andasse a per la prima volta Hogwarts.
Quella tenda era stata la testimone dei loro scherzi più divertenti. In quell'occasione la cugina pagò a caro prezzo per tutti gli scherzetti che le aveva fatto nel corso degli anni. Come quella volta in cui Ginevra, che all'epoca aveva solo sei anni, le aveva riempito il letto di lucertole e, subito dopo, le aveva messo un secchio pieno di fango sulla testa. E, nonostante Nymphadora le aveva fatto diventare i capelli blu per vendetta, per Ginevra fu una bellissima giornata ed era sicura che avrebbe sempre ricordato quel giorno con un sorriso malinconico.
Harry, invece, non era mai stato in campeggio in vita sua; i Dursley non lo avevano mai portato in vacanza, preferendo lasciarlo con la signora Figg, un'anziana vicina. Finalmente poteva fare ciò che i Dursley non gli avevano mai permesso. Quando era nel mondo dei maghi era libero.
“Forse è così che si è sentito Dobby quando gli ho dato il mio calzino”, pensò Harry con un sorriso.
Una volta entrato nella tenda rimase a bocca aperta. Era entrato in quello che sembrava un appartamento di tre stanze un po' vecchiotto, completo di bagno e cucina. **
- Chiudi la bocca, Harry, o ti entreranno le mosche – lo prese in giro Ginevra non appena entrò nella tenda.
- Ho già detto che adoro la magia? - chiese lui, con l’aria di un bambino il giorno di Natale.
- Forse non te ne sei accorto, Harry, ma da quando sei entrato l'hai detto già tre volte – lo canzonò Fred.
- Be', staremo un po' stretti ma credo che ce la faremo. Dopotutto sarà solo per una notte – disse il signor Weasley, dando un'occhiata ai quattro letti a castello e al letto matrimoniale stipati nella camera. - Bene, ragazzi, disfate i bagagli e scegliete i vostri letti. Oh, e a tal proposito... ragazze, vi dispiacerebbe dormire tutte insieme nel letto grande?
- Non si preoccupi, signor Weasley. Staremo benissimo – rispose Hermione.
Al suono di quelle parole gli occhi dei gemelli scintillarono di una luce strana e sui loro volti apparvero dei sorrisetti maliziosi, ma nessuno vi fece caso.
- Ron! Esci dalla cucina, tutti siamo affamati – lo rimproverò il signor Weasley quando lo vide con le braccia cariche di cibo.





*Da “Harry Potter e Il Calice di Fuoco – La Passaporta” (un po' modificata).

**Da “Harry Potter e Il Calice di Fuoco – Bagman e Crouch” (un po' modificata).

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Dopo aver disfatto i bagagli, Harry e Ginevra si persero in chiacchiere, ritrovandosi a ridere delle vicende di casa Dursley, per poi affrontare un argomento piuttosto serio. Quell'estate Harry aveva iniziato ad avere degli incubi su Voldemort. Dal giorno in cui ebbe il primo incubo, iniziò a confidarsi con Ginevra e Sirius, la sua unica famiglia, scrivendo una lettera ogni giorno senza trascurare il minimo dettaglio. Pensava che probabilmente loro erano gli unici in grado di capirlo, ma non riusciva comunque a liberare la sua mente da quelle immagini spaventose e, sopratutto, non riusciva a capire perché gli bruciasse tanto la cicatrice ogni volta che si svegliava.
Harry non sapeva cosa fare, si sentiva inerme, come se i suoi sogni fossero reali.
Forse lo erano. Forse Voldemort stava tornando.
Quel pensiero lo fece subito rabbrividire.
Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, aveva bisogno di sfogarsi e Ginevra era lì per lui. - Ho fatto lo stesso incubo dell'altra notte – disse alla sorella.
Si sedette sul bordo del letto e lei gli fu subito vicino.
- La cicatrice ti ha fatto di nuovo male?
Harry annuì, sconsolato. - È sempre lo stesso sogno e... ho paura che quell'uomo sia davvero morto – ammise amareggiato. - Hai trovato qualche informazione... sulle cicatrici da maledizione?
Lei scosse la testa. - Purtroppo non ho trovato nulla, Harry. Ma continueremo a cercare. Potremmo chiedere al professor Silente. Sono sicura che lui avrà le risposte... Anche se non credo di potermi fidare di lui, ormai.
Un sorriso amaro si fece strada sul viso appuntito e magro di Harry. - Voleva proteggerci – ribatté.
- Be', avrei voluto almeno saperlo! Sono stata ingannata. Diciamocelo, Harry, ero un pedone sulla sua scacchiera. A cosa serviva tutto quel teatrino? Prima Serpeverde, poi Grifondoro... Poi scopro di avere due anni in più di quanto credessi... È tutto un gran casino! Solo un vecchio pazzo come lui poteva avere un'idea del genere.
Harry annuì, comprensivo. - Però adesso sappiamo la verità e sono felice che tu sia mia sorella.
I suoi occhi verde smeraldo le trasmettevano una strana sensazione di calore, come se dentro quegli occhi vi fosse il riflesso di quella vita avrebbero potuto vivere insieme, come una vera famiglia. In quegli occhi... riusciva a scorgere sua madre.
- Sono felice anch’io, Harry. Ma a volte... - esitò un'istante. - Non ti chiedi mai cosa sarebbe successo se non ci avessero separato?
Lui la strinse a sé in un abbraccio tenero e protettivo. Le baciò la fronte e le sussurrò dolcemente: - Adesso siamo qui, insieme. Niente potrà mai separarci. Te lo prometto, sorellina.
Ginevra gli mostrò un sorriso rassicurante. Poi sciolse l’abbraccio e, istintivamente, poggiò la mano sul braccio destro.
- Che cos’hai? – chiese Harry, visibilmente preoccupato. – Ti fa male la cicatrice?
- No. Non preoccuparti è solo che… non voglio che gli altri la vedano – borbottò, passandosi una mano tra i capelli.
In cuor suo sapeva che non avrebbe dovuto dire a Harry gli effetti che il graffio le provocava, ma lui era suo fratello. Non voleva nascondergli niente.
- Tranquillo – lo rassicurò con un sorriso. - Va tutto bene.
- Che cosa state confabulando voi due? - li interruppe una voce maschile che Ginevra riconobbe all'istante. Fred si avvicinò a lei con il gemello. - Tramate contro Ronnie?
- Che maleducati! Non ci hanno nemmeno invitato - continuò George con un sorriso furbo.
La ragazza venne contagiata da quel sorriso. - Ora che mi ci fate pensare, Ron non sospetterebbe mai del suo migliore amico…
Harry guardò la sorella. - Stai scherzando… vero?
- Forse sì… forse no.
Si spintonarono giocosamente. Poi Ginevra scoccò un bacio sulla guancia a Harry, i gemelli erano sconcertati. C’era troppa complicità tra quei due… “Non è che c’è del tenero?”, il solo pensiero gli fece gelare il sangue nelle vene. Ginevra non poteva essere attratta da Harry Potter, no?
Meglio togliersi il dubbio.
- Balcky, toglietemi una curiosità… - disse Fred. - Diggory sa che c’è qualcosa tra voi due?
Col viso in fiamme, Harry spalancò gli occhi e li fissò sulla ragazza. - Non gliel’hai ancora detto?
- Be’, volevo aspettare il momento giusto per dare una notizia del genere! – replicò lei.
Harry sospirò. - Non posso darti torto. Però, Ron e Hermione lo sanno già, quindi... - fece uno sguardo allusivo, come per dire: "Datti una mossa! Diglielo".
L’espressione confusa dei gemelli convinse Ginevra che era arrivato il momento di vuotare il sacco, tralasciando la storia del graffio e del lupo. Per quello non era ancora pronta. - Harry è mio fratello.
Se Fred avesse appena bevuto un sorso d'acqua, l'avrebbe sputata fuori per la sorpresa. La guardò, stralunato. - Fratelli? Ma... Com'è possibile?
Per quanto la notizia lo avesse sconvolto, George andò subito verso di lei e le diede un colpetto sulla fronte. - Perché non ci hai detto niente?
- È uno scherzo?
Ginevra rise nervosamente. - Non è uno scherzo, ragazzi. Harry è davvero mio fratello. Be’… fratellastro, ma è una storia lunga.
E fu così raccontò tutto. Ma proprio tutto. Non tralasciò nemmeno un piccolo dettaglio.
Si sentiva come una bomba pronta ad esplodere e confidarsi con i gemelli era il modo migliore per liberare la mente e togliere quel macigno dal cuore. Si fidava di loro e non voleva avere segreti. Voleva sentirsi finalmente libera e loro sarebbero stati primi a conoscere tutta la verità.
Alla fine del racconto, George sorrise. - Ma è fantastico, Gin! Ma perché non c'è l'hai detto prima?
- Silente mi ha obbligato a mantenere il segreto e poi, quando Harry è venuto a saperlo, sono andata via con mio padre e... Non volevo darvi una notizia di questa portata per lettera. Avevo bisogno di parlarvi faccia a faccia.
- Certo che è strano… ma è comunque molto bello che lo abbiate scoperto. - Sorridendo, Fred le afferrò la mano. Era felice che avesse aspettato così tanto per rivelare quel segreto. Sapeva di essere importante per lei, anche se non nel modo in cui sperava.
- È bello avere un fratello – gli confidò Ginevra guardando Harry con dolcezza.
Fred sbuffò. - Questo perché tu ne hai uno solo… prova con sei e poi ne riparliamo.
Lei arricciò il naso e gli diede un buffetto sulla testa, facendo ampliare il sorriso di Fred. Adorava quando lo faceva.
George si avvicinò a Harry e gli passò un braccio attorno alle spalle. - Quando lo direte agli altri?
- Non abbiamo ancora deciso – disse Harry. - Ma pensavo che potremmo dirlo oggi. Via il dente, via il dolore, no?
- Secondo me dovreste dirlo a tutti mentre mangiamo – nel dirlo, Fred aveva un ghigno divertito sul volto, della serie: “Sarebbe uno spettacolo magnifico scoprire chi sarà il primo a strozzarsi”.
- Fred!
- Scherzavo, Blacky. Sono un bravo bambino io.
Se il signor Weasley non li avesse chiamati, probabilmente avrebbero continuato a parlare senza neanche accorgersi del tempo che passava.
- Dunque... ognuno di noi avrà un compito. Harry, Ron e Hermione andranno a prendere dell’acqua – disse il signor Weasley distribuendo un bollitore e due pentolini ai tre ragazzi. Poi si rivolse a sua figlia con un gran sorriso. - Ginny, cara, tu pulirai un po’. Fred e George, invece, andranno a raccogliere la legna per il fuoco.
- Abbiamo il fornello – disse Ron, - perché non possiamo...
- Ron, sicurezza anti-Babbani! - disse il signor Weasley, con l'aria di uno che pregusta qualcosa di speciale. - Quando i veri Babbani vanno in campeggio, cucinano sul fuoco all'aperto, li ho visti io!*
Ron sbuffò, contrariato, ciononostante annuì e insieme ai suoi amici uscì dalla tenda. Sua sorella, invece, armata di piumino per la polvere, iniziò a spolverare sedie e tavoli canticchiando serenamente.
La sua omonima, che era l’unica a cui non era stato affidato un compito, si chiese se avrebbe dovuto aiutarla o aspettare che il signor Weasley le dicesse cosa fare.
- Vieni con noi, Gin? - le chiesero Fred e George prima di uscire dalla tenda, ma prima che lei potesse rispondere, il signor Weasley parlò. - No, ragazzi. Ginevra mi serve qui, ho bisogno di una mano in cucina. Sempre se non ti dispiace... Sai Molly è l'unica a saper cucinare, ma lei odia il Quidditch e la mia bambina non sa nemmeno come rompere un uovo – mormorò piano, attento che la piccola Weasley non lo sentisse.
- No! Papà, non farlo! – disse Fred, facendo finta di correre a rallentatore.
- Sarà un vero piacere, signor Weasley – rispose Ginevra, lanciando uno sguardo di fuoco a Fred che smise di fare il buffone.
- Bene – gongolò il signor Weasley. - Appena porterete la legna io cercherò di accendere il fuoco come farebbe un Babbano. Non sarà tanto difficile, no?
- Dite addio agli effetti personali - disse George. - Brucerà tutto, lo sento.
Non appena Ginevra gli fu vicino gli diede un leggero scappellotto in testa. Lui protestò con un “Ahia!” e lei continuò con un “Idiota!” dopodiché iniziarono a rincorrersi, ridendo, ma il signor Weasley stroncò tutto il divertimento in men che non si dica. - Non fate i bambini. Abbiamo un sacco di cose da fare – disse accompagnando Fred e George fuori dalla tenda. - E non tornate a mani vuote! - intimò con tono bonario.
Così, non potendo obbiettare, Fred e George andarono ad eseguire il loro compito.
Ginevra, invece, andò dritta in cucina.
Guardò all'interno del mini frigo e lo trovò pieno di cibo; uova, peperoni, melanzane, formaggi di ogni tipo e chi più ne ha più ne metta. Ricordò che quel piccolo aggeggio Babbano, puntualmente modificato da Ted Tonks e Arthur Weasley, era in grado di riempirsi di cibo ogni volta che qualcuno lo apriva e bastava pensare a un cibo particolare che quello appariva. E non gli occorreva energia elettrica. In poche parole l'idea migliore che fosse venuta ai due uomini.
La ragazza iniziò a disporre tutti gli ingredienti necessari per un pranzetto delizioso. Come antipasto avrebbe fatto dei sandwich al pomodoro, dopodiché un bel tortino di verdure e delle semplici fettine di carne impanate.
Per prima cosa iniziò a disporre le fette di pane in cassetta sul tavolo e tutti gli ingredienti necessari per fare i sandwich, che preparò in pochi minuti.
Cominciò a sbucciare carote e cipolle per il tortino di verdure, dopodiché tagliò a tocchetti le verdure e eseguì ogni passaggio della ricetta che ricordava a memoria. Era il suo piatto forte, dopotutto. Per sua fortuna la base per la torta era apparsa nel frigo, così avrebbe risparmiato tempo nella preparazione
Alla fine inserì il tortino nel forno, anch'esso utilizzabile senza elettricità, e impostò il timer per 25 minuti a 200°.
In assenza del fuoco su cui cucinare la carne, sbirciò fuori dalla tenda in direzione del signor Weasley. Fred e George avevano portato la legna, ma non erano nella tenda. Il signor Weasley non riusciva assolutamente ad accendere il fuoco ma non si poteva dire che non ci stesse provando. C’erano una marea di fiammiferi spezzati che ricoprivano il terreno intorno a lui, ma sembrava divertirsi come non mai. Ginevra sapeva come utilizzare i fiammiferi, ma non voleva rovinargli lo spasso.
Così, per occupare il tempo, decise di preparare un dolce che poi avrebbe fatto cuocere nel forno: una torta al cioccolato. Poteva ammettere con fierezza che quello era il dolce che le veniva meglio.
Mentre preparava l'impasto notò che lì vicino c'era una vecchia radio. Attirata dall'idea di ascoltare un po' di musica, allungò la mano e con fare distratto l'accese.
La musica era molto orecchiabile, forse era di quel vecchio gruppo babbano, “i Bottles”, forse. Iniziò a canticchiare il motivetto e a ballare, fino a quando una voce non la fece trasalire.
- Ti piacciono i Beatles?
Ginevra si voltò di scatto, trovando i sorrisi divertiti dei gemelli e di Charlie Weasley. Quest'ultimo era appoggiato allo stipite della porta con la spalla. George, che era appena entrato in cucina insieme al gemello, piegò la testa da un lato e le fece l'occhiolino. “Cavolo quanto è bella!”, pensò tra sé e sé.
Fred, invece, si sedette sul tavolo della cucina con le gambe a penzoloni. - A quanto pare questa ragazza è piena di sorprese! - disse, agguantando una mela dal cesto di frutta accanto a lui.
- Charlie! Che bello vederti! - Superando i gemelli, Ginevra si buttò su Charlie.
Lui rise e la sollevò, facendola volteggiare prima di rimetterla a terra.
Ginevra si guardò intorno. - Dov'è Dora? Sono secoli che non la vedo!
- Sta aiutando mia sorella.
Notò che nonostante l'abbronzatura e i capelli più corti, Charlie Weasley era sempre lo stesso. Sorriso incluso. Peccato che non si potesse dire lo stesso per le cicatrici.
Ginevra allungò una mano e toccò la nuova cicatrice sulla guancia. - Vedo che ti piacciono ancora i draghi! - lo rimproverò burbera.
- E tu continui a fare esperimenti in cucina quando tua zia non è nei paraggi? - rimbeccò Charlie, sfiorandole il naso con un dito. - A proposito... È cioccolato quello che vedo?
- Sì, ma tu non ne avrai nemmeno un po'.
Charlie sorrise e allungò un braccio intorno alle spalle di Ginevra. - Ne sei sicura? Sono il tuo primo amore, dopotutto.
Col viso in fiamme, Ginevra pregò che il terreno si aprisse per inghiottirla. Dannazione... se l'è ricordato.
In quel momento maledì Ron per averlo spifferato ai quattro venti. Certo, erano molto piccoli all'epoca... ma l'imbarazzo era rimasto immutato e il fatto che Charlie si divertisse un mondo a prenderla in giro le faceva desiderare si scavarsi la fossa.
Qui giace una ragazza, morta per la vergogna.
Ridendo, Charlie la strinse a sé. - Oh, ma che carina che sei quando diventi rossa! Dai, fatti dare un bacino... - disse con fare scherzoso.
- Ora che ci penso eri piuttosto ridicola quando eri piccola! - Fred, diede un morso alla mela. - Charlie di qui, Charlie di là… Sai, a volte entrava nella tua stanza e abbracciava il tuo cuscino – disse al fratello.
Diventando ancora più rossa per l'imbarazzo Ginevra spinse via Charlie e fulminò Fred con lo sguardo. - Avevo sei anni - ribatté, cercando di sembrare disinvolta. - E comunque smettetela di prendermi in giro! Uscite da questa stanza e lasciatemi cucinare, altrimenti digiunerete tutti e tre.
- E io che centro? - protestò George.

Nel tardo pomeriggio si udì un sonoro e profondo gong che rimbombò da qualche parte oltre i boschi, e in un solo istante lanterne verdi e rosse si accesero tra gli alberi, illuminando il sentiero che portava al campo.
- È ora! - disse il signor Weasley, eccitato come tutti loro. - Avanti, andiamo!*
Tutti si affrettarono a entrare nel bosco, seguendo il percorso illuminato dalle lanterne. L'atmosfera di eccitazione febbrile era talmente contagiosa; Harry non riusciva a smettere di sorridere, non solo perché era felice di assistere alla sua prima partita alla Coppa del Mondo, ma anche perché aveva finalmente rivelato ai Weasley che Ginevra era sua sorella. Bill era quasi caduto dalla sedia quando Harry lo urlò a tavola, (seguendo il folle suggerimento di Fred e George), Percy, invece, li scrutava in silenzio ma a Harry non importava. Quello era il giorno più bello della sua vita.
- Sono secoli che non vedo una partita di Quidditch – disse Charlie, con un sorriso malinconico.
- Ti prego, non fare il nostalgico – lo prese in giro Nymphadora, dandogli un tenero buffetto sulla spalla.
Charlie la tirò a sé. - Be’, non posso evitare di farlo se ripenso al nostro primo bacio.
Lei cercò di trattenere un sorriso. - La tua prima partita da Capitano… Come dimenticarlo?
- Che schifo – brontolò Ron, disgustato. - Non potreste parlare di queste cose da un’altra parte?
- Come al solito tu non capisci niente – lo rimbeccò la sorella. - Io lo trovo così romantico… Sai, Herm, è successo subito dopo che Charlie ha preso il boccino. Era andato verso le tribune di Tassorosso e… - sospirò. - L’ha baciata davanti a tutti.
- Ripeto: Che schifo – continuò Ron.
- È stato romantico quasi come quello tra Gin e Cedric – continuò la piccola Weasley, ignorando il fratello.
Bill Weasley si rivolse a Ginevra. - Chi è Cedric? Il tuo fidanzatino? - Il cui sorriso malizioso era inequivocabile.
Ginevra divenne rossa come un pomodoro.
- È il figlio dell’amico di papà, viene a scuola con noi – spiegò Ron. - Ed è anche il Cercatore di Tassorosso.
- Ed è anche molto carino e intelligente – disse Hermione spintonando giocosamente l’amica.
- Un’idiota, vorrai dire – borbottò Fred, acido.
- Parli così solo perché sei geloso – lo rimbeccò la sorella.
Fred aggrottò le sopracciglia. - Sì… certo! - sbuffò.
- Oh, quindi questo Cedric... è il ragazzo di cui mi hai scritto? - chiese Nymphadora con un sorrisetto malizioso.
- Dai, parlami di questo bacio - insistette Bill.
- Sei stata tu a prendere l’iniziativa o è stato lui? - la prese in giro Charlie, dando manforte al fratello.
- Avete finito con l’interrogatorio?
- Dai, non fare l’antipatica. Vogliamo sapere com’è questo ragazzo!
- Be’, siete fortunati – rispose George, fingendosi entusiasta. - State per incontrarlo.
Camminarono nel bosco per venti minuti, parlando e scherzando a voce alta, finché uscirono all'aperto e si ritrovarono all'ombra di uno stadio gigantesco dove uno sciame di streghe e maghi urlanti si erano già piazzati davanti l’ingresso.
Una volta staccati i biglietti, il gruppo del signor Weasley continuò a salire finché non arrivarono in cima, e si ritrovarono in una piccola tribuna posta nel punto più alto dello stadio.*
Ginevra si guardò intorno, in cerca di Cedric, ma non riuscì a trovarlo.
- Amos! - gridò il signor Weasley allegramente. - Hai visto che posti meravigliosi?
- Non c’è dubbio. Sono i migliori!
Il signor Diggory era già arrivato, ma di Cedric non vi era traccia. Al suo posto vi era un uomo asiatico di mezz’età dai folti baffi neri e dai lineamenti affilati che si presentò con il nome di Hu Chang, stringendo la mano al signor Weasley. - Amos ci ha parlato molto di lei. Spero che diventeremo ottimi amici.
Gli occhi del signor Chang si rivolsero al gruppetto di ragazzi attorno al signor Weasley e, come se non potesse farne a meno, sorrise.
- Quanti volti giovani e pimpanti! Ha dei figli splenditi, Arthur.
- Oh, la ringrazio. Ma, purtroppo, non sono tutti figli miei. Solo quelli rossi – disse il signor Weasley indicando i suoi figli. - Questa è Hermione, un’amica di Ron… lui è Harry e…
L’uomo rivolse a Harry un sorriso raggiante quando udì il suo nome. - Harry…? Allora non scherzavi, vecchio mio! - esclamò, guardando il suo amico Amos Diggory. - Sono felicissimo di conoscerti, ragazzo – disse stringendogli la mano con vigore.
Un po’ a disagio, Harry sorrise. Non sapeva cosa dire.
- Hu, caro, non importunare questo povero ragazzo – lo rimproverò la donna alle sue spalle. - Non vorrai farlo scappare, vero?
Il signor Chang arrossì, colpevole, e guardò la moglie.
Lei gli sorrise amorevolmente, dopodiché si presentò ai Weasley e ai loro ospiti.
La signora Lin Chang era una donna dai lineamenti delicati e dal sorriso gentile. I suoi capelli neri erano legati in una acconciatura molto elaborata che le donava un’aria elegante. Il suo abito era di seta blu risaltava ogni centimetro del suo corpo.
Harry e Ron ne rimasero molto colpiti, non avevano mai visto una donna tanto bella.
- Mia figlia Cho ci raggiungerà a momenti. È andata a prendere qualcosa da sgranocchiare – disse il signor Chang, rivolgendosi più a Harry che agli altri, con occhi carichi di aspettativa.
Harry ne rimase quasi sconcertato, chiedendosi perché lo stesse guardando in quel modo.
- È un ottima idea! Andiamo a comprare qualcosa anche noi! - esclamò Ron facendolo quasi trasalire. Bill e Charlie seguirono il fratello verso l’area ristoro, sperando di non trovare molta folla.
- Portatemi la cioccolata! - urlò loro Nymphadora.
- Oh, c’è anche Malfoy – borbottò il signor Diggory agli altri due uomini al suo fianco.
Hermione fu l’unica del gruppo a sentirlo.
Si voltò in fretta, fino a incrociare la figura di Draco Malfoy. Lui non si era accorto di essere osservato, preso com’era dalla conversazione con la donna che Hermione immaginò essere sua madre. Con loro c’era Lucius Malfoy, Hermione aveva avuto la sfortuna di conoscerlo due anni prima, al Ghirigoro. Era stato molto scortese con lei e la famiglia Weasley. Non era altro che un uomo borioso e insopportabile.
Draco Malfoy somigliava moltissimo a suo padre, ma il carattere c’entrava ben poco. Ciò che li rendeva simili erano il fascino e la bellezza e, con il passare degli anni, sembrava che Draco stesse superando il padre in quelle qualità che li rendevano simili. Anche sua madre era una donna molto bella, bionda, alta e slanciata. Hermione si perse ad ammirare la sua figura, chiedendosi se anche lei avrebbe avuto un fisico del genere in futuro.
La signora Malfoy era bella e sapeva di esserlo.
A differenza della signora Chang, lei aveva una acconciatura molto semplice, con alcune ciocche di capelli che le cadevano sulla spalla. Indossava un abito di raso verde smeraldo con le maniche lunghe e una piccola scollatura che faceva risaltare la forma del suo seno. Gli uomini non potevano fare a meno di guardarla, ammirati, mentre attraversava le tribune col suo passo regale. Anche in uno stadio, in mezzo alla folla e alla confusione dei tifosi, lei sembrava a suo agio, anche se non era uno di quei posti lussuosi che era abituata a frequentare.
- Ah, Lucius! - lo accolse il Ministro della Magia a braccia aperte.
Lui rispose con un sorriso accennato e una stretta di mano. - Grazie per l’invito, Cornelius.
- Era il minimo che potessi fare – rispose il Ministro. Poi rivolse la sua attenzione alla signora Malfoy. - Narcissia, siete un incanto – disse inchinandosi di fronte a lei e baciandole la mano. - Come sempre, d’altronde – aggiunse, senza smettere di fissarla.
La signora Malfoy gli sorrise, cordiale, e si affiancò al marito.
Per quanto il signor Malfoy fosse un uomo bello e affascinante, per Hermione rimaneva un maleducato e odioso purosangue. Bastava vedere il modo in cui guardava i “Mezzosangue” nelle file più avanti.
“All’inizio lo era anche Draco…”, si trovò a pensare la riccia. “Però poi mi ha chiesto scusa e si è sempre comportato… bene. Anzi, era proprio gentile. L’opposto del padre!”.
Si perse a guardarlo ancora un altro po’ e dovette ammettere che era diventato ancora più carino durante l’estate.
Ad un tratto lui incrociò il suo sguardo e le sorrise, ma non disse nulla.
Colta in flagrante, Hermione si sentì avvampare e voltò la testa di scatto.
“Maledizione!”, imprecò tra sé e sé.
La signora Chang richiamò la sua attenzione e quella di tutto il gruppo. - Ragazzi, perché non andate a sedervi? La partita inizierà tra poco – disse, accompagnando le parole con un candido sorriso.
Fred e George non se lo fecero ripetere due volte. Non vedevano l’ora di accaparrarsi i posti migliori prima della partita.
Hermione approfittò dell’occasione per sedersi e cercare di dimenticare il sorriso del bel Serpeverde.
“Perché non riesco a togliermelo dalla testa?”.
Quando anche Ginevra prese posto con Nymphadora, vide Cedric a pochi metri davanti a sé.
Fece per andargli incontro, ma quando si accorse che era in compagnia di una ragazza, si bloccò. Lei era alta, magra, con lunghi capelli neri e lucenti e una risata contagiosa.
Ginevra sentì il suo cuore fermarsi. Le sembrava che il mondo le stesse cadendo addosso, schiacciandola.
- Ehi, tutto bene? - chiese la cugina, preoccupata.
Non ricevendo alcuna risposta, Nymphadora seguì la direzione del suo sguardo. - Quello è Cedric? Chi è quella ragazza?
- Vorrei tanto saperlo anch’io…
Seguì Cedric con lo sguardo, senza perderlo di vista nemmeno per un secondo. Lui rideva, tirava a sé la ragazza e le accarezzava la testa con una mano.
Il modo in cui la guardava infastidì molto Ginevra. Prima guardava me in quel modo...
Ma la situazione peggiorò quando la ragazza gli diede un bacio sulla guancia, Ginevra voleva polverizzarla all'istante.
- Cho! - esclamò il signor Chang alla ragazza dai lunghi capelli neri. - Vieni qui, tesoro mio. Voglio presentarti qualcuno.
Cedric e Cho si avvicinarono, stando a braccetto come una coppietta felice e innamorata. Inutile dire quanto fosse aumentato il fastidio della giovane Black e quanto, invece, fosse aumentata la felicità dei gemelli Weasley vedendo quella scenetta.
Forse Cedric si toglierà dai piedi, finalmente. Questo pensiero spinse i gemelli a pregare che scoppiasse una scenata e che la loro amica lasciasse quel Diggory una volta per tutte. Si sarebbero battuti per fare in modo che accadesse, se necessario.
- Harry, lei è mia figlia Cho. Cho lui è Harry Potter – disse il signor Chang con tono forzatamente trattenuto, ma si vedeva lungo un chilometro quando fosse emozionato e orgoglioso.
Harry le sorrise, imbarazzato, continuando a chiedersi perché il signor Chang lo guardasse in quel modo strano.
Ginny Weasley, invece, sentiva già di odiare quella ragazza, senza nemmeno conoscerla. Sembrava pronta a farle esplodere la testa col pensiero. Fred, che le sedeva accanto, aveva notato il suo sguardo omicida provando una certa empatia. - È inutile provarci. Non funziona, ci ho già provato – le sussurrò scherzosamente.
- Secondo te a lui piace?
Fred sospirò. - No, tranquilla. Anzi sembra che voglia scappare…
Quando la piccola Weasley notò il comportamento di Harry si tranquillizzò. Fred aveva ragione: Harry stava cercando la via di fuga più vicina, ma senza trovarla.
- Cho è una Corvonero, frequenta il quinto anno ed è anche la Cercatrice della squadra – si pavoneggiò il padre. - Ma penso che questo lo sai già, non è vero Harry?
Davanti allo sguardo bonario dell’uomo, Harry si sforzò di sorridere educatamente, iniziando a capire cosa volesse da lui. Per sua fortuna Cedric lo salvò dalla situazione scomoda per quella che era la seconda volta in un solo giorno.
- Ehi, Gin! - esclamò e Harry sgusciò via verso Hermione e i gemelli, sfuggendo al signor Chang.
Il Tassorosso, invece, si avvicinò alla sua ragazza con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, ma il sorriso si spense non appena vide l’espressione truce di lei. - Tutto bene?
- Magnificamente – sbottò lei, incrociando le braccia al petto, impegnandosi al suo meglio per fingere indifferenza.
- Che idiota! - mormorò Nymphadora, trattenendosi dal ridere.
Possibile che quel ragazzo fosse talmente stupido? Oppure lo faceva apposta?
Cedric sembrava confuso, sopratutto davanti allo sguardo contrariato di quella ragazza dai capelli viola al suo fianco. - Volete delle api frizzole?
- No, grazie.
- Vuoi che lo sistemo io? - le sussurrò Nymphadora, pronta ad estrarre la bacchetta.
- Cedric!
In un batter d’occhio la Corvonero si avvinghiò al suo braccio. Ginevra cercò di non guardarla, sentiva che se l’avesse fatto l’avrebbe stritolata e le avrebbe staccato tutti capelli uno a uno.
- Dai, andiamo a sederci. La partita sta per cominciare!
Prima che lui potesse dire qualcosa in merito, Cho lo costrinse ad allontanarsi sotto lo sguardo infastidito di Ginevra. Anche quando presero posto, a un metro di distanza da lei, Cedric non smise di guardarla nemmeno per un’istante. Continuava a chiedersi perché fosse tanto scontrosa nei suoi confronti. Doveva parlarle, ma non gli restava che aspettare la fine della partita.
- Che faccia tosta! - borbottò Ginevra alla cugina. - Ha avuto pure il coraggio di chiedermi se andava tutto bene! Ho voglia di spaccare quella sua faccia da…
La sua imprecazione venne sovrastata dalla voce del Ministro della Magia, Cornelius Caramell, che echeggio per tutto lo stadio: - Buonasera! Come Ministro della Magia è per me un grande piacere accogliervi tutti, sì ognuno di voi, alla finale della quattrocentoventiduesima Coppa del Mondo di Quidditch! Abbia inizio la partita!





*Da Harry Potter e il calice di fuoco – capitolo 8 – La Coppa del Mondo di Quidditch (un po’ modificato)


ANGOLO AUTRICE:
Ehilà!
Sono tornata e sono viva, tranquilli...
*omino di passaggio* NON CI INTERESSA!
T-T 
Ok, basta scherzare. Tanto lo so che sono divertente come un... NON MI VIENE UN ESEMPIO, VA BENE???
Scusate, sono stressata T-T
Mi dispiace di averci messo così tanto a pubblicare un nuovo capitolo, ma non avuto molto tempo da dedicare alle mie storie nonostante la quarantena.
Per farmi perdonare, sto scrivendo più capitoli possibili così da poter pubblicare più spesso.
Spero che il capitolo vi piaccia e che continuerete a seguire la storia.
A presto,
18Ginny18

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

- KRUM PRENDE IL BOCCINO, MA VINCE L’IRLANDA! Santo cielo, che partita! Credo che nessuno di noi se lo aspettasse! - urlò il commentatore alla fine della partita.
La folla era in delirio.
- È stata una partita fantastica! – esultò Charlie, felice come un bambino a Natale.
- Peccato che non sia potuta durare di più… - concordò suo fratello Bill.
- Puoi dirlo forte, ragazzo – gli fece eco il signor Chang.
Erano tutti imbottigliati nella folla in uscita dallo stadio verso il campeggio. Canti rauchi si levavano nell’aria notturna mentre ripercorrevano il cammino lungo il sentiero illuminato dalle lanterne.
Cedric provò più volte ad avvicinarsi a Ginevra, ma Cho non glielo permetteva: - Ho paura di perdermi tra la folla – diceva e lui non se la sentiva di lasciarla da sola.
La verità era che il Tassorosso era troppo gentile e, a volte, troppo ingenuo. Cho ne approfittava, ovviamente. Voleva passare più tempo possibile con lui e allontanarlo da quella che era la sua fidanzata.
“Ma non per molto”, fu il pensiero carico di soddisfazione della Corvonero.
Infatti, lei era convinta che, una volta confessato il suo amore per lui, Cedric avrebbe lasciato Ginevra su due piedi.
Non le avrebbe detto di no, ne era certa.
Aumentò la stretta sul braccio di Cedric e gli si avvicinò ancora di più, lui la strinse tra le braccia con fare protettivo e questo mandò Ginevra su tutte le furie.
Quando finalmente raggiunsero le tende, le tre famiglie si divisero. Cedric approfittò dell’occasione per allontanarsi, con la sua solita gentilezza, da Cho.
- Ti raggiungo dopo, papà – disse sbrigativo.
Il signor Diggory gli sorrise bonario e s’incamminò verso la loro tenda. - Beata gioventù e i loro amori - lo sentì sospirare mentre correva verso Ginevra.
- Ehi – le sorrise.
Lei lo fissò per un secondo. Poi si voltò per andarsene.
Le corse dietro. - Che ti prende? Sei arrabbiata con me? Ho fatto qualcosa di sbagliato?
- Cosa te lo fa pensare? - Il suo tono era sprezzante e al ragazzo non sfuggì.
Ginevra continuava a camminare impettita verso la tenda, ma lui la bloccò.
- Ti prego, dimmi cosa è successo.
Gli scoccò un’occhiata fulminante. - Fai sul serio?
Incrociò le braccia al petto e, senza rendersene conto, iniziò a battere nervosamente il piede destro sul terreno. - Carina la tua amica… quando avevi intenzione di dirmi che siete intimi? - chiese seccamente.
Lui aggrottò la fronte, confuso. Fissò lo sguardo su di lei, cercando di capirla. - Intimi? Cosa… non capisco.
- Lascia perdere! - esplose Ginevra.
Gli voltò le spalle e camminò spedita verso la tenda. Cedric provò a chiamarla, ma lei fece finta di non sentire.
A quel punto, lui scattò.
La prese per un polso, bloccandola per la seconda volta. - Ma che diavolo ti prende?
Le persone lì attorno iniziarono a guardarli.
- Perché non sei con Cho? Si starà chiedendo dove sei finito.
Cedric aprì e chiuse la bocca senza parlare, poi sentì un sorriso sbocciare sulle sue labbra. - Sei… sei gelosa?
Ginevra ispirò profondamente. - Gelosa! Io? Cosa te lo fa credere? Solo perché hai passato tutto il tempo con lei che ti stava avvinghiata al braccio? O forse perché vi abbracciavate e lei ti riempiva di baci così spesso che mi veniva la voglia di lanciarle più maledizioni possibili fino a polverizzarla? - finse di pensarci un attimo. - Prova a rifletterci!
- Sei gelosa di Cho?
- Cedric! - chiamò una voce in lontananza.
Infastidita, Ginevra alzò gli occhi al cielo. - Parli del diavolo...
Cedric la tirò a sé prima che potesse scappare un’altra volta. Incrociò il suo sguardo e le sorrise, dispiaciuto. - Scusa, non pensavo fossi gelosa.
Lei sbuffò, contrariata, e distolse lo sguardo dai suoi occhioni da cucciolo. Erano il suo punto debole e non aveva alcuna intenzione di cedere.
- Cho è come una sorellina, per me. La conosco da quando avevo cinque anni! Lei è solo… molto affettuosa e non vuole essere lasciata da sola. Tu sei la mia ragazza e… - esitò qualche istante, - non posso fare a meno di te.
Ginevra lo fissò, restando a lungo in silenzio.
Non sapeva cosa fare.
Forse era solo paranoica. Se Cho era come una sorellina per Cedric… non doveva temerla. Ginevra voleva bene a Cedric, non voleva perderlo… ma era troppo orgogliosa per ammetterlo.
Cedric le scostò una ciocca ribelle dal viso.
- Cedric! - continuò a chiamare a gran voce la Corvonero, lo stava cercando.
Ginevra sospirò, cercando di calmare l’istinto di agguantare la bacchetta e puntargliela contro. - Non si arrende, devo dargliene atto.
Quelle parole lo fecero ridere di gusto. - Ti adoro quando sei gelosa. Potrei abituarmici – disse.
Per quanto avesse provato a non farlo, Ginevra gli sorrise.
Poi, incapace di trattenersi, lui la strinse in un tenero abbraccio e la baciò. Le loro labbra si fondevano in un bacio senza fine, dal quale lei si lasciò trasportare senza esitare.
“Sei troppo debole, Black”, si rimproverò.
Cho li guardava da dietro una tenda lì vicino, provando invidia.
“Dovrei essere io al suo posto! Perché Cedric preferisce lei a me? Sono molto più carina e lo conosco meglio di chiunque altro!”, pensò Cho tra sé e sé. “Sarai mio, Cedric, in un modo o nell’altro”.
- Cuginetta? Che fai non entri? - la chiamò Nymphadora dalla tenda. - Oh, scusate… Fate con calma...
Anche se controvoglia, i due ragazzi si separarono.
Lui appoggiò la fronte sulla sua e le infilò le dita nei capelli. - Sono perdonato?
- Forse - sussurrò lei, godendosi quella carezza.
A quel punto, Cho decise di uscire fuori dal suo nascondiglio e di andare a separare la giovane coppietta.
- Eccoti qua! - cinguettò, aggrappandosi al braccio di Cedric. - Ti ho cercato dappertutto! Voglio comprare dei fuochi d’artificio per festeggiare la vittoria. Vieni con me?
Cedric le rivolse un sorriso gentile. - Certo – rispose, poi guardò Ginevra, un po’ esitante. - Non ti dispiace, vero?
Ginevra annuì, aveva ormai capito che Cho Chang non era una ragazza abituata a sentirsi dire di no, tuttavia sentiva che, per quanto fossero paranoici i suoi pensieri, poteva fidarsi di Cedric. Ma ignorava gli oscuri pensieri della giovane Corvonero.
- Vai, tranquillo. Ci vediamo domani.
- Bene! - esclamò prontamente Cho, tirando Cedric per il braccio.
Con un gran sorriso sulle labbra, Ginevra cominciò a camminare all'indietro. - Non farmene pentire, Diggory – gli urlò prima che sparisse tra la folla insieme a Cho.
Voltandosi in modo da non cadere, Ginevra si diresse verso la tenda per poi sparire al suo interno. Guardandosi intorno, notò che nessuno aveva voglia di dormire e, a giudicare dalla confusione fuori dalla tenda, nemmeno i tifosi irlandesi.
Il signor Weasley aveva deciso che i suoi figli e i loro amici potevano stare svegli ancora un po’ per prendere un’ultima cioccolata tutti insieme prima di andare a dormire. Dopodiché andò subito in cucina a preparare le bevande e, quando i suoi figli si offrirono di aiutarlo, lui insistette di non averne bisogno. - Nel frattempo, perché non fate un gioco tutti insieme? - disse.
- Ho io il gioco perfetto! - esclamò Charlie, gioioso. Guardò Nymphadora. - Tesoro, prendi le carte.
Ognuno di loro prese posto attorno al tavolo, mentre Charlie spiegava le regole del gioco che stavano per fare. Percy sembrava l’unico contrario alla cosa; avrebbe preferito leggere un buon libro piuttosto che fare uno stupido gioco.
- Dov’eri finita? - le chiese Harry quando vide la sorellastra.
- Era con il suo fidanzato – cinguettò Nymphadora armeggiando con delle carte da gioco babbane come una vera esperta.
Charlie era seduto al suo fianco e le passò un braccio sulle spalle. - Ah, allora avete fatto pace!
- Dovevi vedere com’erano avvinghiati!
- Sei sempre la solita impicciona! - la rimbeccò giocosamente la cugina, per niente imbarazzata da quelle parole.
- Ci sei andata a letto?
- Bill! - lo rimproverò Percy, scioccato. - Ti sembra il caso? Ci sono delle signorine, qui! E poi papà potrebbe sentirti – sussurrò infine, tenendo d’occhio il signor Weasley che era in cucina. Per loro fortuna era intento a trafugare una fetta di torta al cioccolato avanzata dal pranzo.
Ron incrociò le braccia al petto. - Ecco perché non voleva aiuto – borbottò imbronciato, ma come al solito nessuno gli diede ascolto.
- Solo perché non sai come nascono i bambini, Perc, non vuol dire che gli altri non lo sappiano! - lo prese in giro Bill, guardandolo dritto negli occhi. - Tu no, Ginny. Tu sei ancora troppo piccola. Tappati le orecchie!
Percy lo trucidò con lo sguardo. - Per tua informazione, io so benissimo come nascono i bambini – bofonchiò, le guance erano leggermente imporporate.
Bill e Charlie strabuzzarono gli occhi, sorpresi. - Dopo ti aspetta un interrogatorio, sappilo! - lo minacciò Charlie.
Fu Harry a riportare l’attenzione su Ginevra. - Allora? Lo avete fatto? No, aspetta… non sono sicuro di volerlo sapere.
Fred e George finsero di non ascoltare, ma provarono comunque molto fastidio al solo pensiero di Cedric e Ginevra avvinghiati l’uno all’altra.
Notarono che Bill e Charlie avevano iniziato a scrutarli in un modo strano, come per valutarli. Così, per non destare sospetti, iniziarono a prendere in giro Ron per la sua “venerazione” nei confronti del Cercatore Bulgaro Viktor Krum. Ma era ormai troppo tardi nascondersi, perché i loro fratelli maggiori li avevano scoperti.
- Allora? Lo avete fatto sì o no? - chiese Charlie senza distogliere lo sguardo dai gemelli. Sul volto aveva un sorrisetto malizioso che contagiò anche Bill.
Scuotendo la testa, esasperata, Ginevra prese posto su una sedia vicina alla sua amica Hermione che, nell’attesa che il gioco iniziasse, si era immersa nella lettura. Era talmente concentrata da non accorgersi quale fosse la natura dell’argomento che avevano sollevato Bill e Charlie.
- Non è successo niente di quello che pensi – rispose Ginevra.
Fred e George si sentirono come se fossero liberati di un’enorme peso. Si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo e quel dettaglio non sfuggì ai loro fratelli. Era ormai scattato un tacito accordo tra loro due: dovevano stuzzicarli fino a farli esplodere di gelosia.
- Neanche una strusciatina?
- Charlie!
- Che c’è? Domandare è lecito e rispondere è cortesia! - replicò lui.
- Be’, non so dove vuoi andare a parare, Charlie, ma credo proprio che questi non siano affari tuoi – sentenziò Ginevra, regalandogli un sorriso. - È una questione privata.
Poi abbassò lo sguardo concentrandosi sulle carte da gioco che sua cugina aveva appena distribuito.
- Ha ragione – sentenziò la cugina. - Io mica racconto le nostre cose personali! Smettetela di fare i ficcanaso.
- Non è giusto, però – protestò Bill. - Voi che ne pensate, ragazzi? - Si rivolse a Fred e George, che raggelarono sul posto.
- Vi prego, basta! - sbottò Harry all’improvviso. - Non voglio che questo pensiero mi tormenti in eterno.
Quando iniziarono a giocare a carte Bill e Charlie sembravano aver chiuso l’argomento ma ogni tanto punzecchiavano i gemelli con frasi sussurrate come: “ - Quel Diggory è davvero fortunato!”, “- Chissà se tra qualche anno ci sarà uno sgambettio di piedini qua e là”.

Quando il signor Weasley decise che era arrivato il momento di andare a dormire, ognuno di loro iniziò a prepararsi per la notte.
Dopo aver indossato il pigiama con una maglietta a maniche lunghe, per nascondere la cicatrice, Ginevra si distese sul letto insieme a Hermione. Dall’altra parte del campeggio si sentivano ancora i canti e l’eco di festeggiamenti.
Nella tenda era quasi caduto il silenzio. Charlie e Nymphadora si sbaciucchiavano l’uno tra le braccia dell’altra e Bill li punzecchiava dal letto accanto lanciandogli contro delle palline di carta mentre la sua sorellina lo intimava a smettere tirandogli i capelli; non aveva ancora sonno, così aveva deciso di stare un po’ insieme a lui, dato che non lo vedeva da tempo. Harry e Ron, invece, parlavano della partita, di Krum e delle sue manovre spettacolari. Percy fingeva di dormire, con la speranza che prima o poi tutta quella confusione si concludesse. Hermione leggeva ancora il suo amato libro, ma si distraeva più volte, ripensando agli occhi del bel Serpeverde.
“No, Hermione. Smettila di pensarci”, intimò a sé stessa. Ci riuscì… ma solo per cinque secondi.
La giovane Black, invece, si era addormentata in pochi attimi. Accadeva spesso, ormai, e faceva sempre lo stesso sogno.
Vedeva un calice.
Un calice dal quale uscivano delle fiamme blu e biancastre, non emettevano alcun calore. Erano fredde, come il ghiaccio. Ma, ad un tratto, quelle fiamme divennero rosse e un pezzo di pergamena bruciacchiata fuoriuscì dal calice. Sembrava ci fosse scritto qualcosa, ma Ginevra non riuscì nemmeno ad avvicinarsi per leggerlo, perché un verso acuto e straziante la fece crollare sulle sue gambe e tappare le orecchie con le mani. Poi udì un grido di dolore che le fece accapponare la pelle.
- È stato ucciso un ragazzo! – riecheggiò una voce.
Mentre delle figure incappucciate avanzavano verso di lei, Ginevra venne circondata dalle fiamme che fuoriuscirono dal calice.
- Il Signore Oscuro sorgerà… di nuovo.
Si svegliò di soprassalto, grondante di sudore.
Il signor Weasley entrò nella tenda, urlando. - Dobbiamo andare via. Subito!
Senza preoccuparsi di prendere una giacca, Ginevra uscì dalla tenda insieme agli altri. Ci fu un’esplosione improvvisa, che li fece sobbalzare. Bagliori sinistri, tende incendiate. Esplosioni, grida di terrore e fragorose risate provenienti da una schiera di figure incappucciate, che torturavano ogni persona che intralciasse il loro cammino.
Ginevra incominciò a tremare. Le sembrava di essere ancora nel sogno.
Le persone correvano e urlavano disperate: - I Mangiamorte! Arrivano i Mangiamorte, scappate!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

- Presto ragazzi. Correte, nascondetevi! – gridò il signor Weasley, impugnando la bacchetta. - Bill, Charlie, Percy venite con me. Tonks, resta con i ragazzi. Li affido a te. Rimanete uniti!
- Su, venite – disse Nymphadora, trascinando i ragazzi verso il bosco.
Fred prese sua sorella per mano, mentre con l’altra teneva la bacchetta.
Iniziarono a correre senza guardarsi indietro neanche una volta, Nymphadora era in testa al gruppo con la bacchetta illuminata.
Poi Ron gettò un grido di dolore. Era disteso a terra, Harry corse subito ad aiutarlo a rialzarsi.
Nymphadora e gli altri non si accorsero di nulla e continuarono a correre. Gli unici rimasti indietro erano Harry, Ron, Hermione e Ginevra.
- Sono inciampato su una radice – sbottò Ron, rialzandosi.
- Be’, con dei piedi di quelle dimensioni è difficile evitarlo – disse una voce alle loro spalle.
Hermione la riconobbe immediatamente. Non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per sapere chi fosse.
- Draco – disse la giovane Black.
Corse ad abbracciarlo e lui rise. - Ciao, cugina.
- Stai bene? Sei ferito?
- Sano come un pesce, tranquilla.
Hermione non riuscì a resistere, si voltò e lo vide appoggiato a un albero, decisamente rilassato. Le braccia incrociate e un ghigno malizioso sul suo volto. I suoi occhi saettarono su Hermione, la squadrava dalla testa ai piedi facendola imbarazzare. Iniziò ad avanzare lentamente, verso di lei.
- Vai a farti fottere da un troll - disse Ron, mettendosi davanti a lei con fare protettivo.
- Modera il linguaggio Weasley. Soprattutto davanti a delle ragazze.
Hermione strabuzzò gli occhi, sorpresa. “Da dove esce tutta questa galanteria?”, si chiese.
- È meglio che vi muoviate. Non ci vorrà molto, prima che riconoscano la Granger.
In quello stesso istante l’esplosione di una bomba echeggiò dal campeggio, un lampo verde illuminò per un attimo gli alberi attorno a loro.
- Che cosa vorresti dire? - esclamò Hermione in tono di sfida.
Avanzò verso di lui, con sguardo fiero. Non voleva starsene zitta in un angolo a subire le sue provocazioni.
Lui avanzò a sua volta.
- Non dovrei dirlo, ma mi preoccupo per te, Granger – le sussurrò, sfiorandole il viso con le dita.
Quel gesto le provocò dei brividi lungo tutta la schiena. Era una sensazione piacevole e voleva che continuasse, ma la parte razionale di lei la costrinse a reprimere quei brividi.
“Lui vuole solo giocare… vero?”.
Poi Draco riprese a parlare con un tono di voce più alto, in modo che tutti gli altri potessero sentire. - Stanno cercando i Babbani. Se non volete che la prendano vi conviene correre.
- E questo come dovremmo interpretarlo, Malfoy? - sibilò Harry.
- Vedila un po’ come ti pare, Potter. Se credi che non possano riconoscere una nata babbana, restate pure dove siete. Io ho di meglio da fare – disse, andando verso il tronco su cui era appoggiato poco prima.
- Draco, vieni con noi. Non è sicuro stare da soli – disse Ginevra, avvicinandosi al cugino.
- Non importa, sto bene così. E poi, non credo che a Lenticchia faccia piacere la mia compagnia.
- Dove sono i tuoi genitori? - Ginevra poggiò una mano sulla sua spalla.
- In giro - disse con fare non curante.
- Saranno sicuramente là fuori con un cappuccio in testa! – esclamò Ron con irruenza.
- Anche se fosse, non verrei a dirlo a te. – Malfoy alzò lo sguardo verso Ron, e Hermione vide i suoi bellissimi occhi grigi diventare lucidi.
- Io non lo lascio, resto con lui – disse Ginevra, girandosi verso il fratello. – Voi andate.
- Allora rimarrò anch’io. – Harry la affiancò.
- Voi due siete pazzi! – esclamò Ron, isterico.
- Ron, ti prego – lo ammonì Hermione.
Inavvertitamente, incrociò la figura del biondo e si sentì avvampare quando vide il sorriso mozzafiato che le stava rivolgendo. Spostò la sua attenzione altrove borbottò tra sé e sé: - Calmati, Hermione. Sta calma...
Draco ampliò il suo sorriso e scosse la testa.
Adorava quella Grifondoro.
Nessuno sembrò accorgersi di quel piccolo scambiò di sguardi tra i due, dal momento che Ron continuava a sbraitare come un pazzo.
- Non potete stare con questa serpe! Vi pugnalerà alle spalle non appena ne avrà l’occasione! - sbottò tutto d’un fiato.
- Ah! Stai dicendo che tutti i Serpeverde sono dei meschini, infami e schifosi doppiogiochisti? - replicò Ginevra con tono di sfida.
- Sì. Cioè, voglio dire no. No – Ron sgranò gli occhi e cominciò a parlare a raffica. Aveva detto le parole sbagliate al momento sbagliato. - Be’, tu sei diversa. Tu eri una Serpeverde e poi non sei come lui.
- Perché, lui com’è?
- Lo sai benissimo com’è.
- Sai, Ron, a volte mi chiedo cos’hai al posto del cervello! - tuonò Ginevra all’improvviso, facendolo sobbalzare per la sorpresa. - Cosa ti ha fatto Draco per meritarsi un trattamento del genere? È vero, ha sbagliato in passato, ma sono passati anni ormai! Non puoi mettere da parte quello stupido orgoglio e quei pregiudizi del cavolo che ti ritrovi, per un momento soltanto, e cominciare a pensare un po’?
Il volto di Ron divenne tutto rosso, ma non per rabbia.
Quelle parole lo avevano colpito come una doccia fredda. Boccheggiò un paio di volte, senza sapere come ribattere.
A quel punto il Serpeverde decise di calmare gli animi.
- Gin, non preoccuparti per me, so cavarmela. E poi… i miei genitori verranno a prendermi - disse Draco con un sorriso appena accennato.
Era grato alla cugina per la sua solidarietà e la sua gentilezza, ma sapeva di non poter andare con lei. Doveva tenere fede alle parole di sua madre.
Nasconditi, nel bosco”, gli aveva detto. “Non avere paura e non tornare indietro per nessuna ragione al mondo. Sarai al sicuro”.
- Non se ne parla, Draco, io non voglio lasciarti qui da solo. Tu vieni con noi! – ribadì lei, cocciuta. Guardò il fratello. - Giusto?
Harry annuì. Non provò nemmeno a fermarla, sapeva che quando sua sorella si metteva in testa una cosa era impossibile fermarla.
Ci fu una seconda esplosione. I Mangiamorte si stavano avvicinando.
A quel punto Draco si trovò davanti a una scelta: aspettare da solo o correre in cerca di un riparo migliore insieme agli altri.
Draco si passò una mano sul viso e sospirò. - Va bene, verrò con voi. Però ci conviene correre.
Dopotutto sua madre gli aveva detto di nascondersi e non di stare fermo. Almeno era in buona compagnia, fatta eccezione per quel Weasley.
Iniziarono a correre, proprio come aveva suggerito Draco, inoltrandosi nel fitto della foresta.
Hermione, che era solo a qualche palmo di distanza dal Serpeverde, provò un tuffo al cuore mentre mille pensieri e domande si affollavano nella sua mente. Il suo unico pensiero era Draco, e non poteva farne a meno.
Ripensò a ciò che era successo poco prima; alle sue labbra, al suono della sua voce, al tocco delicato delle sue dita, al suo splendido sorriso e alla sue parole.
Mi preoccupo per te, Granger”, aveva detto. E poi l’aveva chiamata “nata babbana” e non Mezzosangue come aveva fatto in passato.
Perché Draco Malfoy si preoccupava per la sua incolumità? Cosa gli importava se i Mangiamorte l’avessero presa?
Quando furono abbastanza lontani dal campo, rallentarono il passo. Ginevra si affiancò al cugino mentre Harry, Ron e Hermione scambiavano qualche parola con un gruppo campeggiatori spaventati, probabilmente erano nati babbani.
Draco non si accorse della cugina, perché aveva lo sguardo fisso su Hermione. Si sentì completamente stregato da lei e, per dirla tutta, quei pantaloncini corti che lei indossava non gli dispiacevano affatto. Mettevano in risalto quelle che per lui erano le sue parti preferite. Avrebbe voluto lasciarle una scia di baci lungo tutto il corpo e…
“Non fare il pervertito, Draco!”, si rimproverò e rise di se stesso. “Sono un povero idiota. Come ha fatto la Granger a ridurmi così?”.
Ripensò al suo sorriso irresistibile e al quel dolce profumo che, in un brevissimo istante, era riuscito a memorizzare. “Perché mi fai questo, Granger?”.
- Allora, quando ti dichiarerai a Hermione? - gli domandò la Ginevra, con un ghigno malizioso appena accennato.
Draco sobbalzò. - Cosa?
- Oh, piantala, Malfoy! Lo sanno praticamente tutti che le sbavi dietro!
- Cosa? - ripeté il biondo ad occhi sgranati.
- Be’, non proprio tutti… Però si capisce, dai!
Lui alzò gli occhi al cielo e sospirò. - Ti detesto, lo sai vero?
Ginevra gli sorrise serafica. - Lo so, ma questo non mi impedirà di stare qui con te a tenerti compagnia.
- Ma quanto sono fortunato! - borbottò lui, ricevendo uno buffetto sulla testa.
Iniziarono a battibeccare come due bambini e poi, quando Ginevra iniziò a chiedergli perché si era nascosto nel bosco, abbassarono la voce, in modo tale che gli altri non li sentissero e parlarono con tono più serio. Draco le raccontò cosa era successo dopo la partita, facendole promettere di non parlarne con nessuno.
- Yaxley, un vecchio amico di mio padre, lo aveva intrattenuto in una discussione abbastanza animata, poi era sparito. Mio padre era molto agitato, ma non quanto mia madre. È stata lei ha pregarmi di nascondermi – spiegò Draco, con tono cupo. - Ho paura che il tuo amico Weasley abbia ragione. Loro sono sotto uno di quei mantelli.
Ginevra poggiò una mano sulla sua spalla. - Non dire così. Ron non sa quello che dice. Lui parla a vanvera! - sbottò infine.
Draco alzò un sopracciglio e storse il naso. - So quello che stai cercando di fare, ma non funzionerà. Anche se lo apprezzo molto.
Si spintonarono giocosamente finché Harry non richiamò la loro attenzione. - Dobbiamo muoverci, altrimenti non troveremo più gli altri.
- Agli ordini, Potter – scherzò Draco.
Ron roteò gli occhi e sospirò, infastidito, e iniziò a marciare.
Continuarono a camminare mentre i Maghi del Ministero accorrevano da ogni parte per raggiungere il campo, ma Nymphadora e gli altri non si vedevano da nessuna parte.
- Non devono essere andati così lontani – disse Ron estraendo la bacchetta e accendendola per illuminare il sentiero. Harry frugò nelle tasche della giacca in cerca della sua bacchetta, ma non riuscì a trovarla.
- Ah, no, non è possibile… Ho perso la bacchetta!
- Stai scherzando?
Harry si guardò attorno, cercò dappertutto, ma la sua bacchetta non si vedeva.
- Forse è rimasta nella tenda – disse Ron.
- Forse ti è caduta dalla tasca mentre correvi – suggerì Hermione ansiosa.
- Sì – disse Harry, - forse…
Di solito portava sempre con sé la bacchetta nel mondo magico, e ritrovarsi senza nel bel mezzo di una situazione come quella lo fece sentire molto vulnerabile.
Un’altra forte esplosione echeggiò dal limitare del bosco.
- Muoviamoci e troviamo gli altri – disse Ron, guardò Hermione nervosamente.
Era terrorizzato dall’idea che Malfoy potesse avere ragione su Hermione. Lei era più in pericolo di tutti loro. Poi ripensò alle parole di Ginevra e si sentì in colpa. Dopotutto Draco Malfoy non si comportava più come un tempo… Forse era vero che doveva mettere da parte orgoglio e pregiudizi. Ma poteva fidarsi davvero di Malfoy?

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

- È tuo fratello? - urlò Draco, sconvolto.
- Tecnicamente è il mio fratellastro, ma è una storia lunga – precisò Ginevra.
- Porco Godric! Ma perché non me ne hai mai parlato? Sono tuo cugino!
Lei arricciò il naso e storse la bocca. - Be’, non è colpa mia – si giustificò. - Silente mi ha proibito di parlarne e Harry lo ha saputo solo tre mesi fa!
Draco la fissò per qualche secondo, poi guardò Harry, assottigliando lo sguardo. - Non vi somigliate per niente. Com’è che siete fratelli?
Harry si lasciò sfuggire una piccola risata. - Abbiamo la stessa madre… ma il padre diverso – spiegò.
Era un po’ imbarazzato. Dopotutto non era facile dare una spiegazione senza avere il timore di essere giudicato ma, per qualche strana ragione, Malfoy gli diede la sensazione contraria. Era semplicemente curioso e un po’ offeso che Ginevra non glielo avesse detto prima.
Il Serpeverde strabuzzò gli occhi. - Sul serio? Wow… e perché Silente non voleva che lo sapeste?
Ginevra fece spallucce. - Lo sai com’è fatto quel vecchio pazzo. Sembra divertirsi con le vite degli altri.
- E scommetto che hai scoperto tutta questa storia quando Silente ti ha “rivelato” che aveva soggiogato il cappello parlante e che aveva mentito su tutto il resto, vero? - domandò il Serpeverde e Ginevra annuì. - Sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa! Avevi sempre un’espressione strana e, per un periodo, ho pensato che fossi innamorata di lui – indicò Harry con cenno del capo. - Lo guardavi con gli occhietti a cuoricino…
- Occhietti a cuoricino? - domandò Harry, poi ebbe un brivido. - Che schifo! Solo il pensiero mi fa vomitare.
- Ma smettetela! - disse Ginevra con una risata. Diede un bacio al fratellastro, per poi rubargli gli occhiali. - Vediamo come mi stanno… Oh, Merlino! Sei proprio cieco! - esclamò, ridendo.
- Ahah. Molto maturo da parte tua, Gin – Harry cercava di recuperare i suoi occhiali ma non vedeva molto bene. Andava a tentoni e Ginevra gli girava intorno per confonderlo.
Draco sorrise.
Era felice per Ginevra, ma era comunque un po’ invidioso.
Lui aveva sempre sognato di avere un fratellino o una sorellina fin da quando era un bambino, tuttavia suo padre gli ripeteva: “Volevamo un figlio perfetto e abbiamo avuto un figlio perfetto”.
In realtà Draco sapeva benissimo che il suo desiderio non si sarebbe mai avverato perché i suoi genitori avevano già lottato molto per avere un figlio. Ricordava ancora il giorno in cui aveva pregato la madre di avere un fratellino, aveva solo sei anni e allora pensava che bastasse schioccare le dita o fare un semplice incantesimo per averne uno, ma non si aspettava affatto che quella richiesta facesse soffrire la madre. Quel giorno Narcissa era scoppiata in lacrime e Draco si sentì in colpa per giorni e giorni, ma non poteva sapere come stavano realmente le cose. Era solo un bambino, dopotutto.
Allora la sua elfa personale, Pops, gli aveva confidato che, per quanto ci avessero provato, i Malfoy non erano riusciti ad avere figli, prima di lui. Narcissa aveva perso tre gravidanze e questo la faceva soffrire molto.
Queste cose succedono, purtroppo”, diceva la vecchia elfa, “ma Pops pensa che succede tutto per una ragione. I padroni hanno avuto un dono meraviglioso, Pops lo sa. Il padroncino Draco è il dono e Pops è qui per lui.
Da quel giorno non aveva più chiesto un fratellino.
Draco si rabbuiò e abbassò lo sguardo sulle sue lucide scarpe nere, ormai sporche di fango, e inforcò il piede nel terreno ancora di più.
Hermione si era avvicinata di qualche passo e, anche se non alzò gli occhi su di lei, Draco riconobbe il suo profumo. Fece un piccolo sorriso e mantenne lo sguardo basso. - Cosa ti porta qui, Granger?
- Mi chiedevo se andasse tutto bene - rispose con voce segnata dalla preoccupazione.
Un angolo della bocca di lui si sollevò in un sorriso sghembo. - Ti preoccupi per me?
- Io… - Hermione cercava le parole giuste da usare, le sue guance erano diventate rosse. Si sentiva in qualche modo stupida davanti a lui, come se il suo cervello smettesse di funzionare ogni volta che lo guardava. - Volevo solo sapere se stavi bene. Sembra di sì, quindi… - girò i tacchi, pronta ad andarsene.
- No, aspetta – Draco le aveva afferrato la mano, lei si voltò incrociando ancora una volta i suoi occhi di ghiaccio.
- Resta qui, ti prego – mormorò Draco.
Hermione aveva le guance e la gola in fiamme per il rossore, non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Perché Draco Malfoy le faceva quell’effetto?
Le le loro dita si intrecciarono e quel tocco provocò a entrambi una scarica di brividi. Si sorrisero. Sarebbero potuti rimanere in quel modo, a guardarsi negli occhi, per molto tempo. Forse per sempre. Ma una voce ruppe quel momento. Qualcuno aveva gridato.
Non era un grido di terrore bensì un incantesimo.
- MORSMORDRE!
Una nube verde e lucente sbucò dall’oscurità che invadeva il bosco. Si levò sempre più in alto: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione.
Hermione strinse istintivamente la mano del ragazzo e lo guardò, terrorizzata. Era pallida, ma non quanto lui. Sembravano due fantasmi.
All’improvviso, nel bosco tutto attorno a loro esplosero le grida.
- Dobbiamo andare via, subito – mormorò Draco, le strinse la mano e Hermione si sentì al sicuro, protetta.
Annuì e andarono verso gli altri.
Harry non capiva perché tutti gridassero, ma l’unica causa possibile era l’improvvisa comparsa del teschio, come un sinistro cartellone al neon. Scrutò l’oscurità in cerca della persona che aveva evocato il teschio, ma non vide nessuno.
- Chi è là? - gridò di nuovo. Fece qualche passo in avanti, Ginevra lo afferrò per il dorso della giacca e lo tirò indietro.
- Harry, ma sei impazzito? Adesso ti metti a cercare i Mangiamorte? Muoviti!
- Mangiamorte? Ma che succede? Cosa sono i Mangiamorte? - chiese Harry, scosso nel vederla tanto pallida e terrorizzata.
- I Mangiamorte sono i seguaci di Voldemort e quello è il Marchio Nero, Harry. Il segno di Voldemort – esclamò lei, continuando a tirarlo.
- Voldemort? – chiese Harry, sconvolto.
- Harry, corri e basta! – gemette Ron, sfrecciando attraverso la radura. Hermione correva dietro di lui, mano nella mano con il giovane Malfoy; ma prima che potessero fare più di qualche passo affrettato, una serie di scoppiettii annunciò l’arrivo di una ventina di maghi, che apparvero dal nulla e li circondarono.
Harry si voltò di scatto e realizzò all’istante: ogni mago aveva la bacchetta in mano e ogni bacchetta puntava dritto su lui, Ron, Hermione, Ginevra e Draco. Senza riflettere, urlò: - GIÙ! - Afferrò Ron e Ginevra e li tirò a forza per terra. Draco lo imitò, facendo da scudo a Hermione.
- STUPEFICIUM! - ruggirono venti voci. Una serie di lampi di luce rosso vivo rimbombarono alle loro spalle.
- Fermi! – urlò una voce che i ragazzi riconobbero subito. - BASTA! Quello è mio figlio!
Harry alzò la testa e vide il signor Weasley che avanzava verso di loro con aria terrorizzata, facendosi largo tra gli uomini del Ministero insieme a Bill e Charlie.
- Ragazzi... state tutti bene? – disse il signor Weasley con voce tremante. Li aiutò a rialzarsi, controllandoli uno ad uno, incluso Draco Malfoy; era un po’ sorpreso di vederlo, ma lo diede a vedere solo per un’istante. - Tutto bene, ragazzo?
Draco annuì e ricevette una piccola pacca sulla spalla dall’uomo.
- Stiamo bene, papà – lo rassicurò Ron.
- Dove sono gli altri? - domandò Charlie, guardandosi attorno con aria inquieta.
Ron abbassò lo sguardo, colpevole. - Era buio, ci siamo separati.
Per un attimo, negli occhi di Charlie balenò un lampo di assoluto terrore. Pregò con tutto se stesso che Nymphadora e i suoi fratelli stessero bene.
- Togliti di mezzo, Arthur – disse una fredda voce asciutta alle loro spalle.
Ginevra lo riconobbe subito e iniziò digrignare i denti. Era Bartemius Crouch, l’uomo che aveva arrestato Sirius Black e lo aveva sbattuto ad Azkaban senza processo. Colui che le aveva portato via il padre.
Era rimasto sempre lo stesso dall’ultima volta che lo aveva visto: baffetti a spazzolino, bombetta sulla testa, l’abito perfettamente stirato, la cravatta perfettamente annodata, gli occhi fuori dalle orbite e il volto teso di rabbia.
- Chi di voi lo ha evocato? – esplose Crouch, il suo sguardo tagliente scattava su ognuno dei ragazzi. - Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?
Lui e gli altri maghi del Ministero li stavano accerchiando, le bacchette puntate.
Ginevra avanzò verso di lui, ma il signor Weasley la bloccò per il braccio. - Non fare sciocchezze – l’avvertì con voce bassa, in modo che solo lei potesse sentire. Sapeva che dentro di lei ci fosse del risentimento per quell’uomo, ma non voleva che si cacciasse nei guai.
Per lei non era facile trattenersi, avrebbe voluto correre verso quell’uomo e staccargli la testa a morsi. Se lo meritava.
Bill non disse nulla, la trattenne per la spalla e lei si calmò un po’.
- Non abbiamo fatto niente! - disse Ron.
- Non mentite! - continuò Crouch, urlando. - Siete stati scoperti sulla scena del reato.
- Reato? Non siamo stati noi! - disse Harry, indicando il teschio in alto.
- Barty - sussurrò il padre di Cho Chang, - sono solo dei ragazzi. Non sarebbero mai stati in grado di evocare il Marchio Nero. E poi tra di loro c’è Harry Potter! Ti pare possibile che lui possa evocarlo?
Nessuno sembrava voler contraddire le parole del signor Chang, né evidenziare l’assurdo comportamento di Crouch: sembrava un pazzo.
Poco dopo perlustrarono la zona, trovando tra i cespugli l’elfa domestica del signor Crouch, Winky. Era svenuta e tra le sue manine ossute teneva stretta la bacchetta di Harry. La poverina era stata trovata nel punto esatto in cui era stato evocato il Marchio Nero dunque non fu tanto difficile trarre le conclusioni, anche se sbagliate.
Quando riprese i sensi cercò di rispondere a tutte le domande che le venivano poste, ma era spaventata; tremava come una foglia.
- Insomma – disse il signor Diggory, lo sguardo duro mentre fissava Winky che cercava di rannicchiarsi ai suoi piedi. - Hai trovato questa bacchetta, eh, elfa? E l’hai raccolta e hai pensato di diverti un po’, eh?
- Ha un nome – esclamò Draco, stanco di sentir chiamare la creaturina “elfa” con quel tono denigratorio.
Hermione ne fu piacevolmente sorpresa. Non si sarebbe mai aspettata che Draco Malfoy reagisse in quel modo ed era felice che la pensasse come lei.
- Come, prego? - replicò il signor Diggory, come se non avesse capito bene.
Draco non si scompose. Parlò con tono sicuro e deciso: - Ha un nome. Non si chiama elfa.
Il signor Diggory alzò un sopracciglio, poi guardò di nuovo l’elfa. - Vuoi parlare o no, Winky? – pronunciò quel nome con disprezzo e Draco si trattenne dal ribattere. Sentiva di odiare quell’uomo con ogni cellula del suo corpo e Hermione provava lo stesso. Non era lo stesso uomo che aveva conosciuto solo qualche ora prima. Il signor Diggory era spassoso, allegro e simpatico.
L’uomo che le stava davanti in quel momento era odioso, freddo, senza cuore. Non credeva possibile che fosse la stessa persona.
- Io non fa magie come quella, signore! - squittì Winky mentre le lacrime le scorrevano ai lati del naso bitorzoluto e schiacciato. - Io l’ha… io l’ha… io l’ha solo raccolta, signore! Io non fa il Marchio Nero, signore, io non sa come si fa!
- Be’, lo vedremo presto – ringhiò Diggory, per niente colpito dalle sue lacrime. - C’è un modo semplice per scoprire l’ultimo incantesimo lanciato da una bacchetta, elfa, lo sapevi?
Draco strinse la mano a pugno, con forza, tanto che le nocche sbiancarono.
Winky, invece, tremò e scosse la testa affannosamente, le orecchie svolazzanti, mentre Diggory alzava di nuovo la sua bacchetta e puntava l’estremità contro quella di Harry.
- Prior Incantatio! - gridò e un enorme teschio con la lingua do serpente sbucava dal punto in cui le due bacchette so toccavano, ma era solo una pallida ombra del teschio verde alto sopra di loro: il fantasma di un incantesimo.
Ci fu un gran trambusto. Amos Diggory accusò la piccola Winky di aver evocato il Marchio Nero, nonostante lei continuasse a giurare di non averlo fatto. Crouch prese provvedimenti e la punì, donandole dei vestiti. Quel gesto le diede la libertà, ma per lei era un incubo.
Winky era disperata, piangeva e pregava il signor Crouch: - Padrone, no! Ti prego!
- Non sono più il tuo padrone – disse lui gelido. La guardava con disprezzo, come se fosse l’essere più ripugnate della terra.
Winky piangeva così forte che i suoi singhiozzi echeggiarono per tutta la radura.
Calò un silenzio molto teso, interrotto dal signor Weasley che disse di voler potare i ragazzi nella tenda.
Ginevra continuò a guardare il signor Crouch con occhi fiammeggianti, senza stupirsi troppo del suo comportamento nei confronti della povera elfa. Era un uomo senza cuore e l’odio che provava verso di lui stava crescendo a dismisura.
Seguì il signor Weasley e gli altri fuori dalla radura e tra gli alberi, ma non proferì parola con nessuno. Restò in disparte, la testa bassa e gli occhi fissi sul terriccio umido. Quando Draco e Hermione iniziarono a parlare della povera Winky e del modo in cui era stata trattata, Ginevra seguì poco e niente di quella conversazione. Era ancora furiosa con il signor Crouch e, sopratutto, con se stessa. Avrebbe voluto fargliela pagare per tutta la sofferenza che le aveva dato portandole via suo padre e si maledì per non aver assecondato il suo desiderio di farlo a pezzi e lasciarlo lì a marcire.
Quando raggiunsero il limitare del bosco, furono costretti a fermarsi.
Una gran folla di maghi e streghe dall’aria spaventata si era riunita lì, e quando videro il signor Weasley venire verso di loro, molti gli si affrettarono incontro tempestandolo di domande su ciò che era successo.
Il signor Weasley li liquidò subito, attraversò la folla e guidò i ragazzi nel campeggio. Era tutto tranquillo; gli uomini incappucciati erano spariti, anche se alcune tende distrutte fumavano ancora.
Prima di allontanarsi e tornare alla sua tenda, Draco ringraziò la cugina, Harry, Hermione e il signor Weasley per la loro gentilezza. Salutò Ron anche Ron con un cenno del capo, ma lui fece finta di niente e si voltò dall’altra parte.
Dalla tenda dei Weasley spuntò la testa di Nymphadora.
- Charlie, che cosa sta succedendo? State tutti bene? - chiese Nymphadora, ansante.
Charlie non esitò un’istante e corse ad abbracciarla. Lei ricambiò, sorpresa. - Va tutto bene? - domandò guardandolo dritto negli occhi.
- Avevo solo bisogno di abbracciarti – disse Charlie con voce un po’ tremante.
Nymphadora lo squadrò in viso, ma non disse nulla. Il modo in cui l’aveva guardata le aveva fatto capire che ne avrebbero parlato in un secondo momento.
- Perché vi siete allontanati? - domandò a Harry e gli altri.
- Ron era caduto – sbottò Ginevra con voce impassibile. Camminò con passo spedito e furioso verso la tenda e quando vi entrò trovò Fred e George.
- Ehi, va tutto bene? - domandò Fred, affiancandola insieme al gemello.
- Una meraviglia! - esclamò Ginevra, e quando raggiunse il letto che condivideva con Hermione e la piccola Weasley, si lasciò cadere a braccia spalancate e affondò il viso nel cuscino.
George inclinò la testa da un lato e disse: - Perché avverto del sarcasmo?
Ginevra sospirò.
Capì che era meglio sfogarsi con loro due, anziché tenere tutto dentro e lasciare che la rabbia e il risentimento per quell’uomo crescessero in lei.
Quando parlò, la sua voce era leggermente ovattata dal cuscino, ma i due ragazzi riuscirono comunque a sentirla. - Ho visto l’uomo che ha sbattuto mio padre ad Azkaban.
- E com’è stato? - domandò Fred, un po’ esitante.
- Orribile. Volevo rompergli l’osso del collo – disse. - Non l’ho fatto, ma avrei voluto. - Alzò la testa dal cuscino e abbassò lo sguardo sulle pieghe del cuscino. - Secondo voi sono pazza? Intendo pazza pazza se dico di voler…
Lasciò la frase in sospeso, tuttavia i due ragazzi capirono a cosa si stava riferendo.
Si scambiarono un’occhiata, ma non dissero nulla. Si sdraiarono ai lati del letto, al suo fianco, e l’abbracciarono.
- Forse sei pazza solo un pochino – disse Fred, mostrandole quel “pochino” con le dita.
- Ma devi esserlo se vuoi essere nostra amica, credevamo lo avessi capito! - continuò George, facendole tornare il sorriso.
- E comunque puoi sempre fare a pezzi quel tizio la prossima volta, Blacky – scherzò Fred. - Ovviamente noi due ti aiuteremo a occultare il cadavere.
Ginevra scoppiò a ridere. - La prossima volta?
Fred spalancò occhi. - Vuoi farlo adesso?
- Ma piantala, idiota! - sbottò lei, assestandogli una cuscinata in pieno viso.
- Idiota? A me? Ora ti faccio vedere io, Blacky!
Si mise a cavalcioni su di lei e cominciò a farle il solletico, facendola dimenare disperatamente. George, invece, le bloccava le braccia.
- Fred… Ti prego. Basta! – disse tra una risata e l’altra. - George, sei un traditore!
George fece spallucce. - Me ne farò una ragione…
Lei odiava quando le facevano il solletico e loro lo sapevano benissimo, per questo continuavano a farlo. Altrimenti che gusto c’era? Dopotutto loro si divertivano un mondo a torturarla, qualunque metodo usassero, e lei doveva farsene una ragione. Farle il solletico era il loro metodo preferito fin da quando erano bambini. Uno dei pochi punti deboli che conoscevano della ragazza.
- Ma che diavolo succede qui? - esclamò una voce alle loro spalle.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8


- Ma che diavolo succede qui? - esclamò una voce alle loro spalle.
Fred e George si voltarono verso la voce e Ginevra ne approfittò per liberarsi. - Cedric!
Non appena lo vide, si alzò e con un sorriso radioso andò verso di lui.
Quando lo raggiunse vide che non c’era nemmeno l’ombra di un sorriso sulle sue labbra, tutto ciò che riusciva a percepire era lo shock nei suoi occhi. - Che succede?
- Che succede? - ripeté lui. - Hai anche il coraggio di chiedermelo?
La fulminò con lo sguardo, ma lei non riuscì a capirne il motivo. Aspettò con il fiato sospeso che lui parlasse di nuovo, ma lui girò i tacchi e se ne andò furioso.
Ginevra non esitò un’istante e lo seguì. - Ehi! - tuonò. - Si può sapere che ti prende?
Cedric arrestò il passo e si voltò, lentamente. - Fai sul serio?
- Dobbiamo continuare a farci domande o ti sei deciso a dirmi che succede?
Incrociò le braccia al petto e attese.
Cedric sbuffò dal naso, ma non la guardò. - Che diamine ci facevi su quel letto insieme ai gemelli Weasley?
Ginevra lo guardò perplessa. - Cosa?
- Mi hai sentito.
Lei rimase sorpresa da quel tono duro. - Ced… io…
Ci fu una pausa. Poi Ginevra rise divertita quando capì la sua interpretazione. Inutile dirlo, il Tassorosso fraintese. Prese quella risata come una conferma.
Abbassò lo sguardo. - Proprio come pensavo – disse.
Tornò su suoi passi, ma ben presto dovette fermarsi. Ginevra lo afferrò per il braccio.
- Ti prego, aspetta...
- NO! Non aspetterò neanche un secondo – si liberò dalla sua stretta con uno strattone e continuò a camminare verso la sua tenda, facendosi strada tra i capannelli di persone spaventate.
Ormai era chiaro che Cedric non voleva sentire ragioni, ma Ginevra era molto più testarda di lui. Gli corse dietro e lo fermò, di nuovo.
- Sei un’idiota.
- Grazie tante – borbottò lui, ferito. - Devi dirmi nient’altro o posso andare?
- Come puoi credere che io possa tradirti! E con due ragazzi, che poi sono anche i miei migliori amici!
- Be’, allora tu non hai visto come ti guardano.
- Ma fammi il piacere! - sbuffò lei, senza dare alcun peso alle sue parole. - Lo sai benissimo che non farei mai niente per farti soffrire.
Cedric s’imbronciò. Rimase in silenzio ancora qualche istante e poi la guardò. - Quindi… Voi tre non…
- No! - esclamò Ginevra. - E mi stupisce che tu possa pensarlo! Soprattutto dopo che siamo stati attaccati da un branco di Mangiamorte!
A quel punto il Tassorosso si lasciò sfuggire un sospiro e sorrise, sollevato.
L’abbracciò forte e la riempì di baci su tutto il viso. - Mi era venuto un colpo.
- Gelosone – lo sfotté lei.
- Ah, quindi tu puoi essere gelosa di Cho e io non posso esserlo dei tuoi amici?
- Guarda che è ben diverso. Essere gelosa è il mio dovere – affermò lei.
Cedric sorrise. - Va bene. Va bene.
La guardò per un istante e i loro occhi si incontrarono. Si persero l’uno nell’altro senza dire nulla e rimasero abbracciati fino a quando le loro labbra non si toccarono. Un bacio, due baci… Non volevano più separarsi.
Era stata una notte terribile e non sopportavano l’idea di rimanere separati ancora.
- Dormi con me stanotte? - La voce di Cedric vibrò per l’emozione.
Ginevra sentì in brivido percorrerle la schiena e le sue guance andare in fiamme. - Dormire insieme? - disse, cercando di non balbettare.
Cadde il silenzio.
Cedric aggrottò la fronte. - Non… Non ti va?
Ginevra non riuscì a rispondere. Qualcuno stava chiamando Cedric a gran voce.
Il ragazzo si voltò appena, ma senza sciogliere l’abbraccio. Vide suo padre, che batteva un piede a terra con impazienza. Era in compagnia di Cho e dei signori Chang, lo stavano aspettando con gli zaini pronti in spalla.
- Ced! - tuonò il signor Diggory. - Dobbiamo tornare subito a casa!
Cedric era sorpreso, non si aspettava affatto quel cambio di programma e men che meno di vedere lo sguardo furente del padre.
- Non accetto obiezioni – continuò il signor Diggory, impedendogli di aprire bocca. - Vieni subito qui.
- Ma che gli prende? - mormorò Cedric tra sé e sé.
Il signor Diggory stava guardando Ginevra in modo strano e all’inizio lei non ne capì il motivo, poi ricordò le sue parole: si trovavano in quella radura, sotto il Marchio Nero ed erano circondati dai membri del Ministero. “Se non ricordo male qui abbiamo la figlia di un traditore, nonché il miglior alleato di Voldemort. Potrebbe essere stata lei a evocarlo”, aveva insinuato il padre di Cedric, ma lei non gli aveva prestato molta attenzione. In quel momento era concentrata sul signor Crouch.
Ma, in quel momento, lo sguardo di fuoco del signor Diggory non lasciava molto alla fantasia: era più che convinto che lei fosse coinvolta con l’evocazione di quel marchio.
Non le importava, ovviamente. Ormai aveva capito com’era fatto quell’uomo e non si stupì più di tanto. Probabilmente era pronto a far cambiare idea al figlio, allontanarlo dalla progenie dei Black; pazzi assassini per eccellenza nonché grandi sostenitori di Voldemort.
- Muoviti, Ced! Dobbiamo andare – sbraitò ancora il signor Diggory.
Anche se non era d’accordo con la scelta del padre, Cedric dovette allontanarsi da Ginevra, con la promessa che le avrebbe scritto il giorno dopo.
Ovviamente Cho approfittò subito dell’occasione per avvinghiarsi al braccio del bel Tassorosso.
L’unica cose che poté fare Ginevra quando li vide smaterializzarsi, fu tornare alla sua tenda.
Una volta al suo interno, trovò Bill e Percy seduti al tavolino della cucina, mentre Hermione medicava il naso di quest’ultimo con metodi babbani.
Il resto della famiglia Weasley era radunato nel soggiorno insieme a Nymphadora e Harry.
Il signor Weasley stava raccontando ciò che era successo alla radura.
Ginevra oltrepassò la stanza, in silenzio, fino a raggiungere la cucina. Bill aveva una ferita sul braccio e cercava di tamponare il sangue con un lenzuolo, quindi Ginevra prese delle bende e iniziò a medicargli la ferita.
- Vuoi fare concorrenza a Charlie? - gli domandò con ironia.
Bill fece un mezzo sorriso. - Le cicatrici mi donano… fanno colpo sulle ragazze.
Lei rise piano e continuò a medicarlo con delicatezza, mentre il suo orecchio prestava attenzione alla conversazione nell’altra stanza.
- Quindi nessuno sa chi ha evocato il Marchio? – chiedeva Nymphadora.
Fu Charlie a rispondere. - Il signor Crouch e il signor Diggory hanno accusato quasi tutti in quella radura… Secondo me hanno esitato troppo prima di andare a cercare il vero colpevole. Se non fossero stati così idioti da accusare degli adolescenti, lo avrebbero preso!
- Erano tutti spaventati, non possiamo biasimarli – disse il signor Weasley. - Dopotutto non si vedeva il Marchio da tredici anni. È stato come rivedere Voi-Sapete-Chi.
- Io non capisco – disse Ron accigliato. - Voglio dire… è pur sempre solo una sagoma in cielo…
- Ron, Tu-Sai-Chi e i suoi seguaci mostravano il Marchio Nero tutte le volte che uccidevano – spiegò il signor Weasley. - Il terrore che ha provocato… non ne hai idea, sei troppo giovane. Ma immagina di tornare a casa e trovare a casa e ritrovarti il Marchio Nero che incombe sul tuo tetto, sapendo quello che stai per trovare dentro… - il signor Weasley rabbrividì. - Il terrore più grande per chiunque… il più grande in assoluto…
Calò il silenzio e Bill chiamò l’attenzione di Ginevra.
- Va tutto bene? - chiese, piano. - Prima ti ho visto con il tuo ragazzo… Cecil, giusto?
Ginevra alzò lo sguardo e cercò di sopprimere un sorriso. - Si chiama Cedric – lo corresse. - E comunque va tutto bene, papà orso. Non preoccuparti – disse facendo un nodo alla benda sul suo braccio.
- Però me lo diresti se le cose non dovessero andare bene, vero? Se doveste discutere su qualsiasi cosa...
- Certo – rispose Ginevra con un sorriso. - Te lo prometto.
- Gin, sei come una sorella per me e farei di tutto per proteggerti – disse, serio. - Tutti noi lo faremmo. Ti prego, non cacciarti nei guai.
- Con guai intendi…
- Parlo di quello che è successo stanotte. Del signor Diggory, Crouch... – disse, poi la guardò negli occhi. - Cosa avresti fatto se non ti avessimo fermata?
- Possiamo parlare d’altro, per favore?
Bill non rispose, si limitò ad annuire in maniera impercettibile. - Voglio solo che tu non faccia cazzate, Gin. Diggory e Crouch non saranno né i primi né gli ultimi ad avere dei pregiudizi su di te. Però noi saremo sempre dalla tua parte.
Questo lei lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Chiunque penserebbe al male davanti al nome ‘Black’. Ma i Weasley c’erano sempre stati per lei, erano come una seconda famiglia e voleva un mondo di bene ad ognuno di loro.
Sorrise. - Grazie, Bill.
Gli diede un bacio sulla guancia e lui ricambiò il suo sorriso.
- Adesso tutti a letto – disse il signor Weasley, alzandosi in piedi. - Dormiremo qualche ora e poi cercheremo di prendere una Passaporta domattina presto per andarcene da qui. - Poi si rivolse ai suoi figli. - Se vostra madre viene a sapere cos’è successo si spaventerà da morire.
Ognuno di loro tornò a letto, ma nessuno di loro riuscì a riprendere sonno; erano quasi le tre del mattino. Erano tutti molto preoccupati e non facevano che pensare a ciò che era successo quella notte, sopratutto Harry.
Tre giorni prima si era svegliato con la cicatrice che gli bruciava. E quella notte, per la prima volta dopo tredici anni, il Marchio di Voldemort era comparso nel cielo. Coincidenze? Be’, lui non la pensava affatto così.
Ginevra si avvicinò a lui con passo felpato e, nonostante il letto fosse un po’ stretto per entrambi, si sdraiò al suo fianco e si abbracciarono stretti. Non si scambiarono nemmeno una parola, ma Harry era sicuro che anche lei la pensasse come lui.
Si addormentarono poco dopo, con lo stesso cupo pensiero: C’è qualcosa di strano nell’aria… e Voldemort ne è coinvolto”.


Il signor Weasley li svegliò dopo poche ore di sonno. Usò la magia per ripiegare la tenda, e lasciarono il campeggio più in fretta che poterono.
Raggiunsero la brughiera, trovando un gran numero di maghi e streghe attorno al custode delle Passaporte, tutti insistevano per andarsene dal campeggio il più presto possibile.
Dopo aver fatto una coda che sembrava infinita, il signor Weasley riuscì a recuperare una Passaporta per tornare a Stoatshead Hill prima ancora che il sole sorgesse. Parlarono molto poco durante il tragitto, tanto erano esausti, il loro unico pensiero era fare un’abbondante colazione. Alla curva del sentiero, La Tana apparve ai loro occhi, e un grido echeggiò nell’aria.
- Oh, grazie al cielo, grazie al cielo!
La signora Weasley, che evidentemente li stava aspettando in giardino, corse loro incontro, con indosso ancora le pantofole, il viso pallido e teso, e una copia stropicciata della Gazzetta del Profeta stretta in mano. Con lei c’era Remus, anche lui era molto pallido e aveva delle occhiaie scure, come se quella notte non avesse dormito affatto. Quando raggiunse in poche falcate Harry e la sua figlioccia, li abbracciò forte. - State bene? - chiese, agitato. - Eravamo in pensiero per voi. Molly mi ha contattato quando ha visto che sull’orologio le lancette erano tutte su “pericolo mortale” e poi abbiamo ricevuto la notizia dal Profeta solo qualche ora fa…
Harry lo guardò, confuso. Poi la signora Weasley gettò le braccia al collo del marito, e La Gazzetta del Profeta cadde a terra. Harry guardò in giù e lesse il titolo: SCENE DI TERRORE ALLA COPPA DEL MONDO DI QUIDDITCH, completo di foto balenante in bianco e nero del Marchio Nero sopra le cime degli alberi.
- State tutti bene… ero così preoccupata…– mormorò la signora Weasley agitatissima, liberando il signor Weasley dalla stretta e fissando tutti gli atri con gli occhi arrossati, - siete vivi… oh, ragazzi…
E con gran sorpresa di tutti, afferrò Fred e George e li strinse in un abbraccio così serrato che le loro teste cozzarono.
- Ahia! Mamma… ci stai strangolando…
- Vi ho sgridati prima che partiste e non lo meritavate! - esclamò la signora Weasley, e cominciò a singhiozzare. - Non ho pensato ad altro! E se Voi-Sapete-Chi vi avesse catturato e… Sono una pessima madre! Oh, Fred… George… Mi dispiace!
- Mamma… - mormorò George con le lacrime agli occhi. Guardò il fratello e entrambi ricambiarono l’abbraccio della madre. Non potevano tollerare di vederla in quello stato. Dovevano risollevarle l’umore in qualche modo e sarebbero rimasti lì ad abbracciarla tutto il giorno, se fosse stato necessario.
- Non sei una pessima madre. Sei una madre meravigliosa - disse Fred. - Il problema è che hai due pessimi figli.
I singhiozzi della signora Weasley divennero sempre più forti e sembrava non voler lasciare i suoi figli per nessuna ragione al mondo.


Tutti entrarono in casa, eccetto Harry, Ginevra, Remus e il signor Weasley.
- Credo sia meglio che io riporti Ginevra dal padre… - disse Remus al signor Weasley.
Per un breve istante gli occhi di Harry si erano illuminati di speranza. Sirius gli mancava molto, ma sapeva che non poteva raggiungerlo, almeno finché le acque non si fossero calmate. Poi avrebbero potuto anche pensare di ricominciare tutto da capo. Diventare una famiglia, vivere mille avventure e, chissà, magari anche viaggiare in giro per il mondo.
Il signor Weasley annuì. - Grazie per essere rimasto con Molly, Remus. Lo apprezzo molto. - Poi abbracciò Ginevra e le accarezzò la testa con fare paterno. - Ci vediamo alla stazione – disse, dopodiché tornò dalla moglie.
Harry guardava la sorella e il suo ex professore con un sorriso malinconico e lei capì. - Mi dispiace tanto, Harry – ammise.
- Lo capisco – disse Harry. - Solo che… non è facile. Vorrei tanto seguirvi.
Remus poggiò una mano sulla sua spalla. - Lo so, Harry. E credimi, Sirius vorrebbe tanto che tu lo facessi. Lo vorremmo tutti… Purtroppo non è possibile.
- Lui verrebbe a prenderti anche nel cuore della notte, se solo potesse.
Quelle parole lo fecero sorridere. - È un po’ inquietante…
Risero spensierati, poi arrivò il momento di salutarsi.
Ginevra abbracciò i fratello, sussurrandogli all’orecchio: - Comportati bene, quattrocchi.
Le labbra di Harry si curvarono mentre la stringeva tra le braccia. - Anche tu.
Salutò Remus con un cenno del capo e li guardò smaterializzarsi prima di raggiungere i Weasley nella piccola cucina della Tana.
Quando Remus e Ginevra si materializzarono a Godric’s Hollow, davanti alla porta di casa di Sirius, lei si rese conto quanto gli fosse mancato il padre. Certo erano passate solo poche ore, ma in quel momento si sentiva come la signora Weasley. Aveva un gran bisogno di riabbracciarlo.
Aprì la porta e corse in cucina, dov’era sicura di trovarlo, e lui era lì: seduto d’avanti a una bottiglia di Whisky Incendiario con la testa fra le mani.
- Papà! – esclamò, correndo ad abbracciarlo.
Lui si voltò appena in tempo per accoglierla fra le braccia. - Ho avuto tanta paura, piccola mia! Stai bene… Stai bene…
Le diede un piccolo bacio sulla fronte e lei si sentì al sicuro.

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