Keep your heart broken

di Mahlerlucia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Third year boy ***
Capitolo 2: *** Figured out ***
Capitolo 3: *** Connected ***



Capitolo 1
*** Third year boy ***



Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Lime, Missing moment
Personaggi: Tetsurou Kuroo, Kenma Kozume
Pairing: #KuroKen
Tipo di coppia: Yao
i
 


Third year boy
 



Il soffitto sembrava inesorabilmente fissarlo come a volersi imporre sulla sua incurabile pigrizia che da tempo si muoveva in perfetta simbiosi con un inguaribile senso d’inadeguatezza. Giusto per non smentirsi mai, aveva trascorso l’ennesima notte con gli occhi sbarrati di fronte ad uno schermo dentro al quale era riuscito a sconfiggere chiunque gli capitasse a tiro arrivando sino al livello finale, quello in cui avrebbe dovuto ricomporre tutti gli indizi raccolti in seguito al superamento di ben ventiquattro quadri.
Le sue occhiaie quella mattina ricoprivano la metà delle sue guance, ma non lo avrebbero mai disturbato quanto l’idea di doversi alzare per andare a scuola e incontrare bipedi della sua stessa specie che avrebbero di sicuro trovato una scusa qualunque per cercare di conversare con lui: i compiti – c’erano compiti? Porca… sì! Gli esercizi di algebra! – il pranzo, le pulizie, la palestra, la pallavolo.
La pallavolo... chi me lo ha fatto fare... Chi!

Non avrebbe mai potuto immaginare che il terzo anno da trascorrere tra le aule e i corridoi della Metropolitan Nekoma High sarebbe stato persino più arduo di quella prima frazione da totale sprovveduto, visto e considerato che si trovava ad un passo dal termine di un percorso che lo avrebbe dovuto vedere quanto meno “abituato” a certi ritmi e a determinate situazioni. Al contrario, a mano a mano che i giorni passavano riusciva con sempre maggiore fatica ad evitare di sentire un senso di vuoto misto a solitudine che gl’impediva di restare sereno persino mentre si dedicava ai suoi videogiochi prediletti.

Come ti è venuto in mente chiedermi davanti a tutti di diventare il nuovo capitano?
Come ho potuto accettare sotto l’effetto inattaccabile di quel sorriso con cui mi hai trascinato dentro ad ogni tua cazzata?

Una leggera brezza avvolgeva quella tiepida giornata di metà autunno, mentre con passo indeciso Kenma Kozume si dirigeva verso la fermata della metropolitana. Uno youtuber che seguiva da tempo stava parlando da oltre mezzora delle mosse infallibili di alcuni personaggi di un recente gioco della Namco che doveva ancora provare, un picchiaduro stile Tekken, ma dai toni decisamente più i-tech. Non si trattava esattamente del genere di realtà virtuale per cui impazziva, ma qualunque scemenza sarebbe andata ugualmente bene pur di non fargli avvertire l’assenza di chi, ogni mattina, soleva sedersi al tuo fianco senza mai smettere di tenerlo d’occhio, allo scopo di rimproverarlo in maniera bonaria, scrutandolo quasi al pari di un padre che non riusciva a smettere di osservare il proprio figlio mentre questo continua a fare di testa sua.
Erano solo poche fermate su di un’unica linea, ma da quando non aveva più nessuno con cui chiacchierare –chiacchierare, io?! – quel tragitto da pendolare sembrava davvero non finire mai, costringendolo, di tanto in tanto, a concentrarsi sulla rappresentanza umana che lo circondava; cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno, specie in frangenti in cui si sarebbe sentito sicuramente più tutelato.

Incontrare Tora nei dintorni del cortile sull’entrata non era mai stato un bene, dato che non aveva ancora imparato altro modo per potersi avvicinare a lui se non quello di urlare il suo nome a squarciagola o appioppargli soprannomi che avrebbero fatto rabbrividire chiunque.
Kenma aveva sempre pensato che non tutti meritassero di essere considerati senpai per il semplice fatto di aver raggiunto un certo grado scolastico; Tora rappresentava questa sua idea ancor più di quanto non lo avesse già fatto Tetsurou l’anno precedente. E ce ne voleva!

Le lezioni trascorsero con la solita noia mortale che si trascinavano da casa gli stessi insegnanti ogni singolo giorno; fortuna che era riuscito a raffazzonare i compiti di matematica nell’ora di letteratura, approfittando della palese miopia del professor Yoshima. Ricevette anche un apprezzamento dall’insegnante al momento della consegna, come se averli svolti solo una mezzora prima li avesse resi più interessanti rispetto a quelli dei compagni. Entrambi sapevano ed entrambi avevano deciso di fingere che fosse tutto nella norma, per il quieto vivere.
Durante la ricreazione aveva ricevuto per e-mail un invito per recarsi all’open-day di un’università telematica consigliatagli anche da suo padre. Peccato che non avesse nemmeno una facoltà di suo interesse.
Aprì Instagram ritrovandosi sotto il naso chi aveva perso la consuetudine di farsi sentire come un tempo, accompagnato dal suo amico d’infanzia dal quale sembrava invece non riuscire a staccarsi nemmeno sotto tortura. Avevano entrambi imboccato la strada degli studi universitari, per quanto tutti sapessero che Bokuto avesse brillantemente superato il provino per entrare a far parte di una rinomata squadra di seconda divisione di Ōsaka. Il like di Akaashi era scontato quanto quello di Shouyou. Un po’ più indigesto gli risultò quello di quel Tsukishima dalla simpatia inesistente.
Chiuse i social all’istante per infilarsi nuovamente gli auricolari. Quel pomeriggio stesso sarebbe passato a comprare il picchiaduro di cui sentiva assoluta necessità. Lui che si faceva remore persino a cercare la paletta per le mosche in piena estate, sostenendo che il loro ronzio fosse meno fastidioso di almeno l’ottanta percento delle voci umane che lo circondavano quotidianamente.
 
 
***
 

“Kozume-san, cosa consigli per la prossima partita contro la Karasuno?”

Di restare a casa sotto le coperte e guardarla comodamente dal tablet!
Non poteva di certo permettersi di rispondergli a quel modo, specie da quando gli era stato cucito addosso quel ruolo da capitano che non aveva la minima idea di come gestire in maniera credibile. Le matricole e gli altri kōhai che lo conoscevano già dall’anno precedente – tra i quali lo stesso Lev – si fidavano ciecamente di lui e del suo fiuto infallibile quando si trattava di scovare i punti deboli degli avversari. Vi erano dei momenti in cui tutti quei ragazzi che lo fissavano dall’alto verso il basso sembravano pendere completamente dalle sue labbra, da quelle poche parole che era spesso costretto a proferire nel goffo tentativo di motivare la sua squadra, nell’assurda pretesa di poter assomigliare un minimo a quel leader carismatico che aveva terminato il suo percorso scolastico in quella stessa palestra giusto qualche mese prima.

“Ecco...”

Il problema principale risiedeva proprio nel fatto che non aveva consigli concreti da dare, specie quando si trattava dei suoi avversari più acerrimi. Era soprannominato il “cervello della squadra” dall’anno precedente, ma non aveva mai avuto la pazienza e la meticolosità necessarie per aggiornare lo schedario che si era creato per inserire tutte le caratteristiche di ogni singolo giocatore appartenente alle squadre contro le quali avrebbe dovuto giocare. Quando capitava, chiedeva qualche appunto ad Akaashi; ma da quando quest’ultimo gli aveva consigliato di considerare la sua personale visione del gioco a discapito di quella altrui capì quanto in realtà lo stesse gentilmente invitando ad alzare il sedere per andare a studiarsi ogni singola partita da sé. O almeno quella era stata la sua magra interpretazione.

Lev continuava a fissarlo con quel suo sorriso colmo di spontaneità, ma allo stesso tempo ridicolo come poche altre cose al mondo. Kenma si sentiva osservato e giudicato, così come in debito di una risposta che in quel momento non riusciva a mettere assieme dandole una parvenza di rilevanza. Scostò gli occhi da quello sguardo che non lo avrebbe mollato sino a nuovo ordine, e iniziò a fissare il soffitto senza una reale motivazione. Posò due dita sul mento corrucciato e finse di pensare a chissà quale diavoleria filosofica. In realtà gli balenò per la mente che il suo abbonamento semestrale al servizio a domicilio di Game Stop sarebbe terminato quello stesso week-end.
Cosa cazzo mi viene in mente in un momento del genere? Kenma, svegliati!

“... Lev, devi solo impegnarti. Poco importa quanto siano forti e imprevedibili gli altri.”

Era riuscito a mettere insieme ben due frasi che pulsavano di reminiscenze di egemonia, per quanto avrebbe volentieri fatto a meno di qualunque forma di potere gli fosse mai stato concesso all’infuori dei suoi adorati contesti irreali.
Notò all’istante il volto del russo illuminarsi in maniera concitata, quasi avesse appena assistito ad un discorso del suo presidente in diretta mondiale. Strinse il pugno e lo sollevò al cielo, come se la sua esagerata statura non gli permettesse già di sovrastarlo al pari di una giraffa che si affianca ad un pulcino bagnato.

“Hai ragione, capitano. Sai, non ci avevo mai pensato... è inutile stare ad impazzire sui pro e i contro degli avversari. Ognuno di noi dovrebbe focalizzarsi sulle proprie qualità e... cercare sempre di dare il meglio. Proprio come mi aveva detto Kuroo-san lo scorso anno!”

Kuroo-san.
Prima o poi quel nome sarebbe venuto fuori. Sarebbe stato praticamente inevitabile all’interno di quello che per ben tre lunghi anni era stato il suo spazio vitale, un territorio di cui conosceva odori e dettagli, fatto di persone che lo frequentavano e di numerose necessità al riguardo. Per quanto tendesse a fingere estrema superficialità in molti dei suoi atteggiamenti e attraverso le pessime battute che non riusciva a trattenere nemmeno a pagarlo, non si faceva mai sfuggire il benché minimo dettaglio.
Kenma ancora non poteva quantificare il numero di volte in cui gli aveva sottratto la console per evitare che si perdesse all’interno dei suoi abissi simulati su schermo mentre avrebbe dovuto prestare attenzione al campo e alle indicazioni del mister. Gli aveva ribadito più volte che lo faceva solo ed esclusivamente per il suo bene, inducendolo a sentirsi come un tabagista che aveva deciso da tempo di provare esaltanti esperienze che potevano andare ben oltre la semplice nicotina.

Si limitò ad annuire, ma più con l’intento di tagliare corto con quella conversazione che per reale approvazione rispetto a ciò che era stato detto. Cercò il solito elastico nero che teneva in una delle enormi tasche della tuta per legarsi quei capelli che nell’ultimo periodo si era ostinato a lasciar crescere, infischiandosene persino di quella ricrescita che oramai lo aveva quasi completamente riportato al suo colore naturale.
Seguì con la coda dell’occhio Yamamoto mentre cercava di attirare l’attenzione dell’unica ragazza del primo anno che aveva deciso di candidarsi come manager di una squadra che fino ad allora ne aveva tranquillamente fatto a meno. Peccato che lei non lo considerasse minimamente, lanciando spesso e volentieri sorrisi e sguardi languidi a quel capitano che di uscire con l’ultima arrivata non ne voleva proprio sapere.

“Michiko-kun... hai visto che bella schiacciata ho effettuato?”

Neanche Bokuto si riduce tanto quando vuole attirare l'attenzione.
Di contro la ragazza gli sorrideva appena, socchiudendo gli occhi e muovendo il collo in maniera da far ondeggiare i suoi lunghi capelli castani. Kenma non ne aveva mai capito il senso, se non quello di farsi in qualche modo notare. Sperava in cuor suo che non stesse insistendo proprio con lui.
Shibayama si presentò in palestra con la solita mezzora di ritardo, reduce dal corso di recupero di fisica, materia che da sempre gli era stata indigesta e per la quale avrebbe dovuto recuperare diverse prove andate male nel corso del primo anno.

“Scusatemi per il ritardo. Vado a prepararmi e sarò subito disponibile. Oggi ho avuto la prova finale di recupero e sto incrociando pure le dita dei piedi nella speranza che sia andata bene... Kozume-san, scusami.”

Doveva ammettere che la battuta sui piedi era riuscita a strappargli un mezzo sorriso, ma non avrebbe mai voluto che la cosa trapelasse più del dovuto. Un inchino completo con tanto di espressione contrita gli era parso sin troppo, tanto che si limitò ad alzare il pollice per fargli intendere che – per quel che gl’importava – era tutto a posto.
Non che non fosse interessato alle vicissitudini dei suoi compagni di squadra, sia chiaro. Semplicemente non era in grado di aprirsi appieno alle loro richieste, alla stima che riponevano in lui, al rispetto che sentivano nei suoi riguardi per il solo fatto di avere un ruolo, di essere un senpai senza nemmeno aver capito cosa avesse fatto di tanto speciale per diventarlo.
Una semplice questione anagrafica non può fare così tanta differenza...

Ogni giorno gli allenamenti scorrevano nella sua mente con la stessa routine, con le consuete regole da ricordare, con i monologhi da team chef che non riusciva a concludere se non fissando a lungo il linoleum ambrato che ricopriva l’intera area del rettangolo di gioco, adocchiando il grande orologio appeso sopra l’uscita di sicurezza.
Mister Nekomata non perdeva mai occasione per domandargli se stesse bene, se avesse notizie di Kuroo, così come di Yaku e di Kai. La risposta era sempre affermativa, ma priva di qualunque forma di approfondimento.
La verità era che l’unico che sentiva – con frequenza sempre più ridotta – era Tetsurou e che, per ciò che concerneva la sua salute psico-fisica, preferiva avvalersi della facoltà di stringersi in sé stesso, infognato nella rassegnazione di non poter essere davvero compreso da nessuno.
Fortunatamente l’anziano allenatore non aveva la consuetudine di insistere più del dovuto, nonostante sapesse bene che alcune questioni quotidiane non erano affatto facili da affrontare per un ragazzo dal temperamento chiuso e riservato come quello di Kozume. Da quando era rimasto privo di quella guida capace di condurlo ovunque, anche opponendosi alla sua stessa volontà, appariva ancor più smarrito di quanto non lo avesse già dimostrato in passato. Difatti le sue domande non erano casuali; di certo le sue risposte sarebbero state sempre quelle, mai utili per scovare realmente nel profondo del suo animo ferito.

“Kozume-san, che ne dici di andare a cenare tutti assieme al nuovo Izakaya che hanno aperto appena fuori Nerima?”

Di nuovo i grandi occhi verdi e sottili di Haiba lo stavano fissando con un’allegria dalla provenienza a lui ignota; nel corso di alcune giornate particolarmente negative era arrivato persino a domandarsi se almeno una volta nella vita lui avrebbe mai potuto trasmettere la stessa serenità a qualcuno. Ma questo era un dubbio che si poneva con ancora maggiore enfasi in tutte le occasioni in cui si ritrovava a trascorrere del tempo con Shouyu. Era impossibile non innamorarsi a prima vista dell’esuberanza che caratterizzava da sempre la mascotte della squadra dei corvi di Sendai, metaforicamente parlando... e non solo.

“Ma figurati se Pudding Head si degna di passare qualche ora lontano dalla sua Play. Non scherziamo.”

“Tora, sei talmente antiquato da usare ancora il termine ‘Play’. E per la cronaca, i miei capelli sono tornati quasi completamente scuri.”

“Certo, altrimenti come potresti tentare d’imitare Kuroo-san? Ti piacerebbe essere un capitano che vale almeno la metà di quanto valeva lui, non è vero?!”

Shibayama e Inuoka si scambiarono diverse occhiate titubanti per capire se fosse il caso o meno d’intervenire in difesa di chi, in fondo, non aveva fatto nulla di male per meritarsi quella disapprovazione pubblica. D’altronde, per nessuno dei membri della Nekoma era mai stato un segreto il fatto che Taketora non avesse mai completamente accettato la decisione di Kuroo e del mister di eleggere Kenma come nuovo capitano. L’ace aveva chiesto dei chiarimenti a tal proposito, ma le risposte che aveva ricevuto non lo avevano mai soddisfatto appieno. Nemmeno il paragone con Tanaka lo aveva consolato, dato che non era di certo il suo punto di riferimento principale.

“Sei ingiusto, Yamamoto-san. Cosa c’entrano i capelli con il valore delle persone? Nessuno sarà mai come Kuroo-san perché siamo tutti diversi. Ed è giusto così.”

Oh, sta’ zitto Lev. Non mi costringere a darti ragione o, peggio ancora... a doverti ringraziare.
L’occhiataccia che gli fu riservata da colui che osò contraddire non lo turbò particolarmente, per quanto si trattasse comunque di un compagno di squadra e di un senpai a cui doveva rispetto. In realtà quello non sarebbe mai mancato da parte sua, ma d’altro canto non gli sarebbe affatto dispiaciuto sapere che questo tipo di devozione potesse manifestarsi con una certa reciprocità, com’era giusto che fosse all’interno di casi come il loro.   
Rispose con un sorriso la cui unica intenzione era quella di smorzare toni che non avrebbe voluto vedere andare oltre.
Reazione che si spense nell’attimo in cui notò il suo capitano infilarsi gli auricolari già perfettamente collegati alla sua piccola Psp.

“Comunque non riesco a venire con voi. Ho delle dirette da seguire e non so per quanto ne avrò. Ti ringrazio comunque per l’invito, Lev.”

Ecco, mi è toccato comunque ringraziarlo. Lo sapevo!

“Ah, ehm... figurati. È un peccato, ma se hai le tue faccende da sbrigare non insisterò, Kozume-san.”

Kenma, puoi chiamarmi anche solo Kenma.
Ma non ebbe la volontà di dirglielo, considerando che il giorno dopo sarebbe tornato nuovamente a chiamarlo per cognome, da bravo kōhai quale era sempre stato.
 
 
***
 

Entrò in casa tentando di non farsi sentire. Non doveva essere poi un’impresa tanto ardua dato che suo padre era immerso nella visione del notiziario della sera mentre sua madre armeggiava con una frusta e una padella nell’angolo cottura che si trovava dalla parte opposta. Si avviò in direzione delle scale con l’intento di andare rapidamente a rintanarsi in camera sua quando il mazzo di chiavi che aveva in mano scivolò sull’asse di legno che ricopriva il primo gradino, generando un rumore secco che riuscì ad attirare l’attenzione di entrambi i presenti.

“Oh Kenma, sei tu. Mi è preso un colpo quando ho sentito quel rumore...”

“Scusa, mi sono cadute le chiavi.”

“Non ti preoccupare. Piuttosto, è quasi pronta la cena. Scendi appena puoi.”

Le omelette non mi piacciono e lo sai.
Ancora una volta si limitò ad annuire, lanciando una rapida occhiata a suo padre che nel frattempo aveva iniziato ad apparecchiare e lo salutava da lontano con la mano, neanche fossero in stazione pronti a separarsi definitivamente su di un treno in partenza per chissà quale stramba destinazione.
Contraccambiò velocemente quel convenevole dai toni infantili, per poi risalire sino al corridoio del piano superiore. Aveva già lanciato lo zaino sul letto e pigiato il tasto di accensione del suo laptop quando si accorse che sua madre si era palesata sulla porta facendolo quasi sussultare per la sorpresa.

“Tesoro, domani prendo appuntamento dal parrucchiere?”

Questa volta non riuscì a nascondere il tedio che quell’assurda richiesta gli stava arrecando da qualche settimana a quella parte. Sollevò il viso in direzione del lampadario a forma di astronave con fare scocciato, per poi voltarsi di scatto, quasi come a voler fermare sul tempo quella ramanzina che oramai aveva imparato a menadito.

“Mamma, ti ho già detto che non ho alcuna intenzione di tagliarli o di sistemare la tinta. Va bene così.”

La signora Kozume, da sempre patita dell’ordine e della precisione, sospirò con fare esageratamente affranto. Appena mezz’ora prima aveva terminato una lunga discussione col marito incentrata sui cambiamenti che aveva notato in Kenma nell’ultimo periodo, soprattutto da quando aveva iniziato il fatidico terzo anno. Era sempre più assente, ancor più limitato nel suo piccolo mondo virtuale; regredito a quello stato embrionale che aveva prolungato quasi fino al termine della scuola primaria, periodo in cui – fortunatamente – aveva conosciuto quell’anima buona di Kuroo.

“Eh va bene, come vuoi. Ah, dimenticavo! Ha telefonato Tetsurou. Ha detto che non riesce a mettersi in contatto con te. Come mai?”

Bravo, Kuroo! Oltre ad essere stronzo sei pure bugiardo!
 
 

 
Enfolding your love in my heart
By the dawn I'll become
The road keeps us apart
For some time I'll be gone…










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Quest’anno per una serie di motivi personali non riesco a stare dietro al ritmo del #Writober, per cui ho deciso di virare su una mini-long #KuroKen che mi frullava in testa da un po’ di tempo. In totale sono previsti tre capitoli dai toni un po’ “accesi”, dato che i nostri due micetti hanno un po’ di cose lasciate in sospeso da dover assolutamente chiarire.

Primo capitolo. Angry Kitty Kenma.
Questo capitolo è una sorta di prologo che vede il nostro Little Pudding alle prese con i suoi doveri di senpai e capitano al terzo anno di liceo. Chiaramente per lui le cose non sono affatto semplici sia per questioni caratteriali e “fobiche” che per la mancanza di quel “sostegno” a cui si era aggrappato con tutto sé stesso nel corso degli anni precedenti. E chi ha letto il manga sa bene che non si tratta solo del “periodo Nekoma”, dato che i due erano vicini di casa e amici sin da bambini.
Ma perché il nostro KodzuKen è così affranto dall’atteggiamento del suo ex capitano? E perché quest’ultimo è diventato un po’ meno presente nella sua vita? So cosa state pensando... ma quello non sarà il fulcro di tutto! Stay tuned! ;)

Il titolo riprende quello della canzone ‘Keep your heart broken’ dei The Rasmus. Al termine del capitolo ne ho riportato la prima strofa.
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

Al prossimo capitolo,

Mahlerlucia
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Figured out ***



Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Lime, Missing moment
Personaggi: Tetsurou Kuroo, Kenma Kozume
Pairing: #KuroKen
Tipo di coppia: Yao
i
 


Figured out
 



“Su quale pianeta ti sei trasferito per arrivare a dire ai miei che non riesci a metterti in contatto con me?”

Tetsurou lesse il messaggio mentre era fermo al rosso di uno dei principali incroci di Shibuya. Non riceveva sue notizie in maniera spontanea da oltre una settimana e la cosa stava seriamente iniziando a farlo preoccupare. In realtà non aveva insistito più del dovuto per cercare di contattarlo; sapeva bene che quella non poteva essere la tattica migliore per approcciarsi a lui, specie in una situazione che non gli lasciava presagire nulla di troppo raccomandabile. Le ragioni, ovviamente, non gli erano ancora ben chiare.
L’uomo a bordo del suv che si trovava dietro alla sua utilitaria suonò più volte il clacson, ricordandogli che forse avrebbe dovuto almeno liberare l’incrocio una volta scattato il verde, se poi voleva dedicarsi totalmente ai dubbi esistenziali che lo legavano a quello che credeva essere sempre stato uno dei suoi migliori amici. Credeva, appunto.

Una volta trovato parcheggio nei pressi dell’università, decise di comporre il suo numero con l’ingenua convinzione che parlarsi in maniera diretta si potesse rivelare più utile che non rispondere a un messaggio arrivato su WhatsApp con una valenza ancora da approfondire, ma che sicuramente lasciava pochi dubbi sulla sua negatività.

“Pronto...”

Il tono di voce gli era parso fin da subito contrariato, ma poteva ritenersi fortunato anche solo per il fatto che avesse risposto. In fin dei conti, rendersi irreperibile non avrebbe di certo favorito il ruolo da ‘dimenticato dal mondo’ che aveva deciso di auto-assegnarsi per non scontrarsi in maniera diretta con le proprie responsabilità. Tanto per cambiare.

“Buongiorno. È il servizio consegne di Nintendo.”

“Se anche solo avessi avuto un minima possibilità di entrare a far parte del world team della Nintendo non avresti nemmeno avuto bisogno di iscriverti all’università.”

“Mah! La cultura è importante. Spero che tu sia davvero convinto di voler proseguire i tuoi studi dal prossimo anno, Kenma!”

Calò un imbarazzante silenzio capace di scoperchiare un passato che non era mai stato accantonato da nessuna delle due parti; sarebbe stato praticamente impossibile.
Come al solito Kozume non era preparato alle premure che il suo ex capitano si permetteva ancora di riservargli dopo tutti quegli anni d’immancabile vicinanza. Anche se, a dire il vero, negli ultimi mesi le cose sembravano essere cambiate quel tanto che era bastato a creare quel sottile strato di diffidenza che lo aveva reso più freddo e scostante nei suoi confronti.

“Kenma?!”

“Che c’è?”

Kuroo sospirò nella speranza che quel rimpallo del fulcro del ‘problema’ – se così poteva essere davvero definito – potesse finire quanto prima. Non sarebbe di certo stato facile affrontare qualcosa di praticamente ignoto con un personalità ermetica come quella del setter della Nekoma, ma se non ci avesse almeno provato se ne sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni.

“In realtà mi dovresti chiarire tu cosa c’è che non va. Lo sai che ho provato a chiamarti e a scriverti nei giorni scorsi, per cui... non capisco il senso del tuo messaggio.”

“Non mi va di parlarne al telefono in uno dei tuoi rari ritagli di tempo all’interno della tua nuova vita da matricola universitaria.”

Kenma, stai parlando seriamente?
Tetsurou cercò di trattenere tutta la sua frustrazione per poi gettarla via in un lungo e sconsolato sospiro sommesso. L’ennesimo.
Più si sforzava di comprendere quale grave errore avesse mai potuto commettere per essere trattato con quell’aria di sufficienza e ancor più si ritrovava a non capirci nulla.

“D’accordo. Allora possiamo vederci nel prossimo week end, se ti va. Dopo la partita ovviamente.”

“Prima avresti da fare?”

La domanda fu diretta quanto un destro in un occhio. Non riusciva proprio a capacitarsi del senso di questi continui rimandi ai suoi impegni, ancor meno dei cenni alla sua scarsa disponibilità nei suoi confronti.
Kenma, che ti prende?

“No, semplicemente non voglio crearti distrazioni o cose di questo genere.”

“Certo, come no. Inventatene un’altra.”

Click.
Non gli lasciò il tempo di rispondere, che chiaramente avrebbe seguito a ruota quello che gli sarebbe servito per realizzare appieno ciò che aveva appena sentito. Kenma non riponeva più in lui la fiducia di un tempo, non credeva alle sue parole e alle sue promesse; ma soprattutto, lo trattava al pari di un traditore che lo aveva colpito nel profondo.
Aveva riattaccato senza aggiungere altro, senza spiegargli quello che gli passava per la testa, senza dargli nemmeno l’opportunità di pentirsi rispetto a questioni che senza un dovuto chiarimento non sarebbe mai stato in grado di mettere a fuoco in autonomia.

Rimise il telefono in tasca, per nulla attratto dall’idea di tentare una seconda chiamata. Come minimo avrà staccato il telefono o, nella peggiore delle ipotesi, bloccato il suo numero.
Cercò di seguire come meglio poté la lezione di Macroeconomia, anche se durante la pausa decise di rinunciare alla seconda parte. Non avrebbe avuto alcuna utilità, dato che tutto ciò che si ricordava rispetto agli argomenti che erano stati affrontati fin lì era legato al fatto che il professore avesse un forte accento originario della prefettura di Ōsaka.
Nel remoto tentativo di schiarirsi un po’ le idee, si recò al nuovo bristot che avevano aperto dall’altra parte della piazza su cui affacciava l’edificio in cui risiedeva la facoltà di Economia.
Nabuyuki era seduto ad uno dei tavoli laterali, in compagnia del suo tablet e di un manuale dall’immancabile copertina verde.

Oya oya! Sei preso o posso sedermi?”

“Tetsurou! Tempo fa non mi avresti chiesto il permesso nemmeno per poter entrare in bagno mentre facevo i fatti miei. Dev’essere successo qualcosa di serio, per cui... accomodati.”

“Ti ho sempre voluto bene, ma mai al punto tale da venire a guardarti come mamma ti ha fatto di proposito.”

“E per fortuna aggiungerei! Come va la vita tra gli economisti del futuro più prossimo?”

L’ex capitano della Nekoma si guardò attorno con l’aria di chi avrebbe voluto saltare a piè pari la risposta a quella domanda, perfettamente conscio di non essere ancora completamente convinto di aver scelto la facoltà più adatta a lui. L’unica – magra – consolazione proveniva di tanto in tanto da Bokuto e dal suo ignaro entusiasmo; difatti era il solo ad essere convinto che una laurea del genere gli avrebbe fatto guadagnare tantissimi soldi, nonostante avesse provato più volte a convincerlo a non accantonare in toto la sua carriera da pallavolista. Fortuna che il novantanove percento della sua immensa capacità persuasiva tendeva a riversarsi sul ‘povero’ Akaashi, lasciando possibilità di ampio respiro al resto del suo immenso universo.

“Si atteggiano a grandi tuttologi e sono convinti di far soldi puntando su assurdità imprenditoriali.”

“Tu, invece, mi sembri un po’ meno convinto...”

Un ragazzo ed una ragazza entrarono nel locale tenendosi per mano e sussurrandosi parole incomprensibili ma che lasciavano di continuo sorrisi sulle loro labbra rapite; se non si fossero trovati in un luogo pubblico e discretamente affollato si sarebbero certamente fatti meno remore per quel che concerneva la loro più naturale intimità. Lei portava capelli a caschetto di un biondo acceso, colore che inevitabilmente lo riportò con la mente all’anno precedente e – inutile negarlo – ad una persona in particolare. E giusto per restare in tema, si prese la briga di ordinare un’abbondante fetta di torta di mele, accortamente offerta da quello che doveva essere, per forza di cose, il suo compagno.
Erano così piacevoli da osservare ed invidiare che Kuroo per un attimo riuscì a distrarsi dallo sguardo indagatore di Kai.

“Dipende. A cosa ti stati riferendo?”

“Dimmelo tu. Siamo qui per questo, giusto?!”

“Veramente tu eri qui a farti i famosi fatti tuoi.”

“Fatti miei che ho messo da parte per poter parlare con te. Si può sapere perché tergiversi così tanto?”

Per un attimo immaginò Bokuto usare con estrema convinzione il termine ‘tergiversare’ per poi voltarsi in direzione di un sempre attento Akaashi allo scopo di chiedergli se lo avesse usato in maniera corretta e, senza alcun imbarazzo, quale fosse il suo reale significato. Quel sentimento di dipendenza reciproca e privo di alcun pregiudizio morale era sempre esistito tra quei due ed era qualcosa che avrebbe tanto voluto condividere a sua volta con Kenma.
A dire il vero, chi si divertiva più spesso a correggerlo e a smentirlo non era lui, bensì Tsukishima.
Ma era davvero necessario essere continuamente redarguiti? E se ‘qualcuno’ avesse deciso di non metterci becco proprio perché aveva sempre dato peso ed importanza alle parole per quello che erano senza incorrere nella ricerca di doppi sensi più o meno forzati?

“Kenma...”

“Immaginavo che potesse essere lui il centro dei tuoi pensieri in questo periodo. Sono passati eoni dall’ultima volta in cui mi hai parlato di Tsukishima con lo stesso entusiasmo di un tempo.


Dal tavolo della coppia felice arrivò una sonora risata. Il ragazzo stava mostrando alla sua fidanzata un video la cui colonna sonora sembrava provenire dal mondo del k-pop. A Kuroo pulsavano le orecchie solo a sentir nominare quel genere musicale che tanto impazzava tra i suoi coetanei senza un apparente motivo.

“Con lui ormai è acqua passata, per quanto ogni tanto mi capita di sentirlo ancora.”

Nabuyuki lo stava fissando trattenendo ogni tipo di commento gli balenasse per la testa in quel contesto. Aveva stabilito che non avrebbe forzato nulla, che sarebbe stato Tetsurou a decidere cosa rivelargli o meno rispetto a ciò che era successo in passato e quello che stava succedendo ancora con Kenma. Non che fosse un mistero per tutti coloro che erano transitati nell’universo Nekoma il fatto che Kuroo avesse palesemente trascurato il suo amico d’infanzia per quel ragazzone che non faceva altro che schivarlo e mostrare tedio ad ogni sua insistenza.
In cuor suo avrebbe voluto parlargli di tutte le volte in cui Kozume gli aveva chiesto di lui con gli occhi lucidi di malinconia dopo averlo visto scappare via al termine degli allenamenti. Avrebbe desiderato lasciargli intendere che non era possibile che non si fosse mai reso conto di quanto lo avesse messo da parte in quel periodo, per poi cercare di riavvicinarsi a lui come se nulla fosse accaduto, giusto perché si trovavano nel bel mezzo delle ultime settimane di liceo da poter trascorrere assieme.

“E Kenma-kun? Riesci a sentirlo?”

Domanda tagliente, diretta, dal velato duplice significato che Kuroo aveva colto al primo colpo. Se per il diretto interessato avevano funzionato le secchiate d’acqua gelida in pieno viso di Fukunaga, per lui le stilettate verbali di un sempre accorto Kai sorbivano lo stesso identico effetto.

“Più o meno sì. Mi rimprovera implicitamente di non concedergli troppo tempo.”

L’ex vicecapitano si strinse il mento tra il pollice e l’indice, onestamente sorpreso di quell’affondo di quel kōhai che col passare del tempo era diventato sempre più chiaro nonostante l’oscurità invalicabile del disagio che spesso avvertiva quando tentava di socializzare e di farsi comprendere dagli altri. Sapeva bene che Kuroo aveva usato l’avverbio ‘implicitamente’ per il semplice fatto che lo aveva mandato direttamente a quel paese. I loro battibecchi erano per lui – così come per Morisuke – talmente familiari che con l’inizio dell’era universitaria di tanto in tanto ne avvertiva quasi la mancanza.

“E tu pensi che abbia ragione?”

“... probabilmente... sì.”

“Ti ricordi dove abita, vero?”

Come potrei dimenticarmelo? Come potrei non ricordarmi del posto in cui ho passato la stragrande maggioranza dei miei pomeriggi dall’inizio delle scuole elementari fino a quando... fino a quando... oh, per gli dèi, che cazzo ho combinato? Perché... perché... sono stato tanto egoista e cieco da non rendermi conto di come si sarebbe sentito...
Se solo Kai avesse potuto  immaginare quante volte Tetsurou si fosse fatto prendere dall’impulso di mollare qualsiasi cosa stesse facendo in quel frangente per correre dal suo migliore amico per capire per quale maledettissimo motivo fosse tanto scostante nei suoi confronti, se solo avesse realizzato mesi prima quanto era diventato importante per chi, prima di incontrarlo, non aveva nemmeno il coraggio di uscire dalla porta di casa se non aggrappandosi disperatamente ad uno dei suoi genitori... se solo non si fosse lasciato trasportare in maniera eccessiva, quanto ridicola, da una cotta che non lo avrebbe mai portato da nessuna parte, se non nel baratro della disperazione per non essere stato accettato per quello che era...
Se solo fossi stato meno idiota in tutto e per tutto!

“Ho passato la mia infanzia e la mia adolescenza ad aspettare che finisse un livello piuttosto che l’altro all’interno della sua stanza, sono entrato a qualsiasi ora del giorno venendo accolto ogni volta come quel fratello che Kenma non ha mai avuto... vuoi che mi possa mai scordare di quella che è stata praticamente la mia casa e la mia famiglia?”

Nabuyuki aveva sentito parlare a quel modo il suo amico in un’unica altra occasione: dopo la sconfitta al torneo Nazionale contro la Karasuno, una volta che si era finalmente convinto del fatto che la sua carriera da capitano della Nekoma era ufficialmente conclusa. La voce rotta, le lacrime trattenute a stento agli angoli degli occhi oramai lucidi e arrossati, un dito a coprire le labbra tremanti; i ricordi che si susseguivano tra i suoi pensieri al pari di uno di quei rullini fotografici di vecchio stampo una volta che venivano riavvolti all’interno del circuito di una qualunque macchina fotografica.
Kenma era stato per Tetsurou quello che Tetsurou era sempre stato per Kenma, in una proporzione dai termini interscambiabili, ma dall’equivalenza ineccepibile. La differenza risiedeva semplicemente nel fatto che il più giovane c’era sempre stato, seppur immerso continuamente nel suo piccolo mondo virtuale; il maggiore – colui che avrebbe dovuto da sempre fornire il buon esempio e sostenere il più giovane nei momenti più difficili – aveva preso un’involontaria deviazione in direzione di una meta sconosciuta e in definitiva mai realmente raggiunta.

“Allora va’ da lui e parlagli! Mi rendo conto che non è semplice, ma chi lo conosce meglio di te? Gli hai parlato per una vita intera, gli hai aperto un mondo che in fin dei conti non gli dispiace, tanto che lo scorso anno ti ha addirittura ringraziato per questo. Hai sbagliato? Pazienza! Se ci tenete l’uno all’altro come io e te sappiamo ti perdonerà e riuscirete a chiarire.”

Hey, Kai. Sei proprio carino lo sai?!”

“Mah... ora mi trasformo in Fukunaga e ti tiro una secchiata di coca-cola in faccia!”

“Che spreco!”

I due si fissarono per qualche istante prima di scoppiare a ridere assieme, ignari di avere tutti gli sguardi di coloro che in quel momento sostavano all’interno del bistrot puntati addosso. Persino la ragazza dai capelli dorati aveva iniziato ad osservare il ‘gatto nero’ con aria sorniona, complice la sua innata abilità nel comprendere le emozioni e le necessità delle persone. Non a caso era iscritta al secondo anno della facoltà di Psicologia.
 
 
***
 

Il tragitto da Shibuya a Nerima non era particolarmente lungo, seppur piuttosto trafficato. Geograficamente erano separati a mala pena da una quindicina di chilometri, mentalmente erano distaccati da intere galassie equiparabili ad infiniti livelli da dover superare dopo aver sconfitto il nemico più arduo: la volontà di potersi finalmente parlare con il cuore in mano, senza remore e senza alcun timore di offendere o – nella peggiore delle ipotesi – ferire l’altro.
Kuroo si augurava solamente di non presentarsi davanti alla porta di casa sua in una di quelle rarissime serate in cui aveva deciso di uscire con Lev o con Akaashi, dato che non aveva alcuna intenzione di avvertirlo del suo arrivo. In caso contrario si sarebbe sicuramente fatto negare.
Kenma, quando ti ci metti sei peggio di una prima donna. 

Lasciò l’auto nel parcheggio posto ad un centinaio di metri dall’abitazione, per non dare nell’occhio. Avvicinandosi all’elegante villetta si rese immediatamente conto del fatto che i signori Kozume non erano in casa. Il garage era completamente spalancato e vuoto. Al contrario, al piano superiore spiccava una luce capace d’innescare un sorriso carico di gioia e sollievo a chi, un tempo, alzava lo sguardo dal ciglio della strada per capire se l’inquilino più giovane fosse ancora nel pieno delle sue battaglie virtuali senza porsi alcun limite temporale.

Suonare il campanello sarebbe stato un azzardo, senza contare che lo avrebbe distratto da chissà quale ingarbugliatissimo stratagemma da dover apprendere per incrementare punteggio ed energia all’interno di un game che di sicuro stava esplorando per la prima volta; la prima e sicuramente l’ultima.
Si tolse le scarpe lasciandole ordinatamente nel genkan, accanto ad un altro paio dal colore appariscente ma dal numero inferiore. Sorrise ripensando al momento in cui gliele aveva mostrate con orgoglio e desiderio di sentirsi dire che, una volta tanto, anche lui poteva mostrare buon gusto nei suoi personali acquisti. Cosa che, a dirla tutta, capitava molto di rado.
Salì le scale in punta di piedi, cercando di provocare meno rumore possibile. Una volta giunto ad un soffio dalla porta della sua stanza, si arrestò e si lasciò travolgere dal vociferare dei personaggi di quel Kindom Hearts di cui aveva tanto sentito parlare. Ma oltre i suoni emanati dalla tivù e dalla console, non riusciva a percepire nient’altro.
Tetsurou si palesò sull’uscio, scrutando un fagotto umano nascosto sotto il doppio strato di un plaid dalle fantasie feline. Riuscì ad intravedere solamente le mani perennemente in movimento per dar vita a quel joystick dal quale sembrava dipendere il suo intero universo, anche se così non era. Per fortuna.

“Kenma! Quante volte ti ho detto di non giocare con i video games prima di andare a letto? Troppa realtà virtuale non concilia il ciclo del sonno, lo sai.”

Il più giovane fece un balzo tale da ritrovarsi in piedi senza neanche comprendere appieno in che modo avesse potuto muovere le gambe e il busto. Il joystick finì sul pavimento, così come il plaid e i manga che aveva provato a leggere poco prima nel vano tentativo di liberare la mente dalle solite paure d’abbandono. Si voltò verso colui che gli aveva causato uno spavento talmente forte da provocargli una sottospecie di infarto, mostrandogli due occhi sbarrati al punto da poter essere paragonati a quelli del protagonista di un film horror nel momento esatto in cui si ritrovava faccia a faccia con lo spirito che infestava la casa o il castello di turno.

“Ku-Kuroo... cosa diavolo ci fai qui?”

“Passavo a controllare che le luci del quartiere fossero tutte spente. Questa era ancora accesa e così mi sono chiesto se fossi impegnato con qualche bella ragazza del posto...”

Kenma abbassò il viso e puntò lo sguardo alienato su uno dei tanti volumi di One Piece che giravano per casa. L’impulso iniziale fu quello di prenderlo e lanciarglielo direttamente in faccia per tutta una serie di motivi che non aveva mai avuto la forza di esplicitare ma che, in qualche modo, lo tormentavano da diversi mesi a quella parte. Poi pensò che recuperare l’intera serie non era stata impresa facile – soprattutto dal punto di vista economico – e decise quindi di desistere. Ma il cuscino era pur sempre a portata di mano.

Tetsurou se lo ritrovò in faccia ignorandone il motivo, pur non essendosi mai aspettato chissà quale calda accoglienza da parte del suo migliore amico. Lo prese al volo prima che potesse ricadere sul pavimento col rischio di macchiarsi, ma fu interrotto dal tono e dalla perentorietà delle poche parole del capitano della Nekoma.

“Va’ via!”

Sollevò un sopracciglio sperando che l’altro stesse solo scherzando, che si fosse innervosito per il semplice fatto di averlo spaventato e distratto dalla conduzione del suo passatempo preferito. Ma Tetsurou oramai aveva imparato a sue spese che sarebbe stato meglio per tutti evitare di definire la sua dipendenza dai videogiochi con quell’accezione non propriamente positiva.

“Perché dovrei?”

“Tornatene da dove sei venuto, tanto non hai più bisogno di me. Così come io non ho più bisogno di te.”

Quelle parole colpirono la sua sensibilità al pari di un caterpillar che non aveva alcuna intenzione di arrestarsi nonostante fossero presenti persone al centro della strada. Una violenza che lo schiaffeggiò nel profondo sino a ricordargli che se erano arrivati sino a quel punto, forse la responsabilità non era da attribuire solamente a lui. Avere a che fare con Kenma Kozume non era mai stata cosa semplice, nonostante fossero passati anni, nonostante fossero cresciuti assieme, al pari di due fratelli che non potevano più fare a meno l’uno dell’altro.
Ed è esattamente per questo che in quell’occasione si ritrovavano a odiarsi sino ad arrivare a comprendere di scoppiare d’amore reciproco.

Kuroo si avvicinò a lui afferrandogli entrambi i polsi, senza mai stringerli più del dovuto. In barba alle pretese e a un tentativo di morso sul braccio, lo sollevò sopra una spalla per poi scaraventarlo sul letto. Si accostò al suo viso adirato con l’intento di guardarlo dritto negli occhi, ma non ci riuscì. Una gomitata improvvisa, guidata perlopiù dalla rabbia impulsiva del momento, gli provocò un dolore tale da costringerlo ad accasciarsi ai piedi del letto per tamponare quel caldo rivolo rosso che stava cominciando a colare dalle sue narici. Non si sarebbe mai permesso di macchiare le lenzuola con ‘tracce’ tanto compromettenti.

“Ku-Kuroo... io...”

Kenma finalmente realizzò quanto grande fosse la collera che covava nei suoi confronti da quando lo aveva messo da parte per rincorrere i suoi obiettivi; comprese quanto fosse importante ciò che provava e aveva sempre provato per lui, nonostante le sua promesse lasciate in sospeso... e non sempre per sua totale responsabilità.

“Non di breoggubare. Ora si verma!”

S’inginocchiò di fronte a lui poggiando la fronte alla sua spalla, piangendo tutte le lacrime che aveva trattenuto con il mero intento di non apparire debole e indifeso, con la paura di non risultare ancor più pesante rispetto a come già veniva etichettato tra coloro che dicevano di conoscerlo ma che, in realtà, non sapeva davvero nulla sul suo conto. Tutti tranne lui, l’unico capace di percepire quanto fosse radicato il dolore che si portava nel petto sin da bambino.

“Mi-mi dispiace! Perdonami...”

“No, berdonami du.”
 
 

 
… You promise you swallow your tears when I leave you
You promise to follow the leads I would give you,
You said you would crawl in the dark from the laughter
You said you would long after me ever after... 










 
 
Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Quest’anno per una serie di motivi personali non riesco a stare dietro al ritmo del #Writober, per cui ho deciso di virare su una mini-long #KuroKen che mi frullava in testa da un po’ di tempo. In totale sono previsti tre capitoli dai toni un po’ “accesi”, dato che i nostri due micetti hanno un po’ di cose lasciate in sospeso da dover assolutamente chiarire.

Secondo capitolo: Ancora più Angry Kenma!
Ragazzi, io ho sempre sostenuto che il più “malefico” tra i due fosse proprio il nostro gattino indifeso solo in apparenza. Ricordate che in alcune official art lo stesso Furudate lo ha rappresentato in atteggiamenti poco rassicuranti nei confronti dei poveri corvi di Sendai?! Ecco, adesso è il turno di Kuroo-san. Diciamo che quando si affeziona a qualcuno, Kenma deve dimostrarlo a modo suo.
Come vi avevo già accennato nell’Angolo dell’autrice del precedente capitolo, tutta la questione relativa al ‘KuroTsukki affair’ è marginale rispetto a quello che realmente intercorre tra questi due, specie se considerate il fatto che Kuroo ha rinunciato da tempo all’altissimo e biondissimo della Karasuno e che Kenma ha finalmente realizzato (da qui il titolo del capitolo) che per arrivare sino a quel punto ci ha messo a sua volta del suo – tra la necessità di dover fare un lavoro approfondito su sé stesso e la sua gelosia impellente – per far allontanare Tetsurou da sè.
E nel prossimo capitolo cosa succederà? Stay tuned! ;)

Il titolo riprende quello della canzone ‘Keep your heart broken’ dei The Rasmus. Al termine del capitolo ho riportato il bridge che precede il ritornello.
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

Al prossimo capitolo,

Mahlerlucia
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Connected ***



Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Lime, Missing moment
Personaggi: Tetsurou Kuroo, Kenma Kozume
Pairing: #KuroKen
Tipo di coppia: Yao
i
 


Connected
 



“Ancora non si ferma?”

Tetsurou sollevò gli occhi con fare apparentemente scocciato, come a lasciar intendere che non aveva di certo scelto lui di prendersi una gomitata in pieno setto nasale. Mosse appena le labbra nel tentativo di formulare una risposta che non arrivasse a compromettere ulteriormente la situazione già in stallo, ma l’imbarazzo per l’impossibilità di articolare i suoni come avrebbe dovuto lo convinse ad arrestarsi ancor prima di cominciare.
Rovesciò la testa all’indietro, poggiando il collo all’altezza del materasso; Kenma lo invitò immediatamente a tirarsi su e a tenere il capo rivolto in avanti, senza mai smettere di tamponare le narici con frammenti di quel rotolo di carta igienica che oramai stava terminando.

“Devi mettere la testa in giù, altrimenti rischi d’ingoiare tutto il sangue!”

L’ex capitano della Nekoma tornò a raddrizzare la schiena mimando un ipotetico vampiro pronto a leccarsi le labbra dopo aver succhiato il sangue delle sue vittime. Senza ombra di dubbio aveva avuto la sfortuna di provare sapori molto meno tollerabili rispetto al gusto metallico della sua stessa emoglobina, ma ancora una volta preferì non opporre resistenza ai comandi di chi già nutriva un astio nei suoi riguardi ancora da decifrare.
Il più giovane osservò quel gesto apparentemente puerile, ma dalla connotazione decisamente erotica. Si voltò meccanicamente dal lato opposto, fingendo di essere impegnato nella ricerca di un nuovo pacchetto di fazzoletti da lanciargli addosso. E a dirla tutta, stava seriamente iniziando a temere che stesse perdendo troppo sangue.
Che diavolo ho combinato, per gli dèi!

Kuroo si alzò da terra e si diresse in autonomia verso il bagno. Sentiva lo sguardo attento del suo migliore amico bruciargli sulla schiena al pari di una telecamera pronta a far scattare ogni tipo di allarme in caso di necessità. D’altronde, l’interesse mostrato per le sue condizioni di salute lo stava rendendo ben più vulnerabile del previsto.
Se solo ne avesse avuto la capacità e le possibilità, Kozume lo avrebbe seriemente sottoposto ad una radiografia completa accompagnata da una tac, giusto per non farsi mancare nessun dato medico utile per poter comprendere se la sua impulsività avesse generato danni seri nel cervello già fuso del suo ex senpai. Controllò scrupolosamente che la sua andatura fosse eretta, priva di oscillazioni o perdite di equilibrio di alcun genere. Ma non si reggeva neanche alle pareti o alle maniglie delle porte, per fortuna.
Ma di cosa mi preoccupo? Non l’ho di certo colpito sulla nuca o in fronte! Forse avrei dovuto...

Denma!”

Denma?!

“Oh, si può sapere chi è questa Denma?! La sorella di Tsukishima?!”

La provocazione arrivò nel momento meno propizio, visto e considerato che Kuroo era ancora completamente preso da quell’emorragia che – seppur in quantità inferiore – continuava a farsi beffe di lui da entrambe le narici.
Sollevò il busto dal lavandino macchiato di rosso per puntare gli occhi direttamente sul viso del setter. Continuò a mantenere la piccola garza che era riuscito a trovare nell’armadietto dei medicinali sotto al naso, ma per evitare di frapporsi a quella piccola scintilla che – con ogni probabilità – avrebbe generato quella discussione che entrambi tenevano in sospeso da troppo tempo, il fiotto di sangue decise finalmente di fermarsi.

“Ah, ehm... era una battuta. Come va ora?”

“Si è fermato. Era solo un piccolo sfogo.”

“Dicevi sempre qualcosa di simile quando andavamo a giocare insieme.”

L’espressione austera che Tetsurou metteva in campo ogniqualvolta si ritrovava a fare una paternale ad uno dei suoi kōhai assunse sfumature ben più rilassate. I ricordi d’infanzia avevano preso il sopravvento su qualsiasi discorso potesse venir fuori ora che il ‘problema’ di cui Kenma esitava a parlare era comunque venuto a galla. Mostrò un sorriso malizioso che mise subito in guardia l’altro, ponendolo persino di fronte all’esigenza d’indietreggiare di qualche passo per svignarsela nella sua stanza.
Kuroo fece appena in tempo ad afferrarlo per un polso, lasciando che la garza impregnata di liquido rosso rappreso cadesse sulle piastrelle lucide del pavimento, senza macchiarle. Dall’altra parte non arrivò poi troppa resistenza... nemmeno un insulto ad indicare che non aveva nessuna intenzione di essere trascinato a destra e a manca all’interno del suo stesso appartamento.

“Possiamo ancora giocare insieme.”

“Sì, certo. Tu all’università e io ancora al liceo?”

“E questo cosa c’entra con Tsukki?”

Tsukki. Non hai neanche il buon gusto di evitare quel ridicolo nomignolo con cui ti diverti a chiamarlo. Beh... so che non è esattamente una tua ‘esclusiva’ però... però cazzo, Kuroo! Davanti a me non esiste alcun ‘Tsukki’, ok?!
Non avrebbe mai racimolato il coraggio necessario per mettere insieme una conclusione di tale portata emotiva. Ma era chiaro che avesse intuito l’uso di un secondo escamotage per evitare di girare intorno all’ostacolo principale: la gelosia!
 

 
***

 
“No, tu mi devi spiegare quale sia il problema!”

“Ti ho detto che non c’è nessun problema. Punto e finito!”

“Quindi mi avresti quasi rotto il naso per... niente?”

Kenma tornò a fissare lo schermo del suo computer fingendo maggior interesse per quel livello che non aveva ancora ultimato a causa del suo arrivo improvviso, piuttosto che per lui. Aggrottò la fronte udendo quella domanda dal tono sarcastico alla quale non avrebbe voluto rispondere nemmeno sotto minaccia di fucilazione immediata.
Nella stanza calò un silenzio scomodo, interrotto solamente dai sottofondi standardizzati di quel videogame che oramai non stava appassionando più nemmeno il diretto interessato. Dì li a qualche giorno avrebbe di sicuro scritto una recensione negativa sul sito ufficiale della casa di produzione.
Se una cosa mi annoia, la devo evitare!

Tetsurou si alzò dal materasso e, senza alcun preavviso, andò a staccare il joystick dalla console, in modo da impedire al più giovane di continuare ad ignorarlo allo scopo di rifuggire dalle sue stesse responsabilità. Fece roteare il cavo davanti al viso un paio di volte, come a voler attirare ancora una volta l’attenzione di chi aveva preferito voltarsi in direzione della finestra per deviare ancora una volta quei bramati contatti diretti con il suo ex capitano.

“La prossima mossa sarà chiedermi se ho mangiato in maniera appropriata?”

Kuroo si stupì di quell’affermazione al pari di chi doveva sentirsi considerato talmente prevedibile da risultare persino noioso. Storse la bocca e provò a strattonare il filo nel vano tentativo di sottrarre i comandi dalle mani del setter; ovviamente, quest’ultimo se ne accorse e strattonò a sua volta, facendo tendere il cavo in maniera fin troppo pericolosa per i suoi standard. I suoi grandi occhi sgranati segnalarono al maggiore che forse era il caso di darsi una regolata, specie se non voleva tornare a sanguinare.

“Hai mangiato in maniera appropriata, Kyanma?”

Kozume scattò a sua volta in piedi, pronto a lanciargli dietro quel joystick che tanto andava difendendo giusto pochi istanti prima. Se da una parte non sopportava il fatto che attribuisse soprannomi affettuosi a terze persone – e a una in particolare – dall’altra non riusciva a tollerare nemmeno che certe oscenità in codice venissero indirizzate direttamente a lui. In fondo si trattava di uno dei tanti controsensi di cui il “cervello” della Nekoma era saturo.

“Può darsi, Gatto del malaugurio!”

“Non è una risposta, Micetto striato!”

“Come mi hai chiamato?”

Kyanma del mio cuore!”

“Kuroo, se non la smetti su-”

Non gli concesse il tempo utile per poter terminare quel rimbrotto a cui era oramai abituato. Gli si parò davanti poggiandogli entrambe le mani sulle spalle, per poi scendere lungo la schiena e costringerlo contro il suo petto. Lo abbracciò con fare puerile, stringendolo fino a sentirlo nuovamente lamentarsi per la mancanza d’aria. Gli concesse tregua per un attimo, trattenendolo comunque per una mano.
Il suo viso aveva improvvisamene acquistato un delizioso colorito tendente al rosso, il ché non fece altro che facilitargli il compito. Ogni conferma di cui aveva assoluto bisogno era racchiusa in quella reazione spontanea e apparentemente ingiustificata.

“Kenma, seriamente... Scusami.”

Erano passati anni dall’ultima volta che lo aveva visto piangere, sempre a causa di dolori fisici o sconfitte virtuali. Man mano che col tempo la loro amicizia si era consolidata, le sue risposte agli eventi poco propositivi che potevano capitargli a tiro si erano ‘limate’, fino a ridursi a qualche espressione facciale esageratamente contrariata o disgustata o, nella peggiore delle ipotesi, a un nuovo auto-isolamento fatto di piccole strategie lenenti e mondi alternativi in cui riusciva ad ambientarsi con estrema facilità.
Nonostante questo, avrebbe potuto giurare di aver visto una lacrima quasi impercettibile rotolare giù dalla sua guancia imporporata. Lo osservò mentre la scacciava via facendo passare rapidamente il palmo della mano aperto lungo il viso, senza rendersi conto nell’immediato di avergli solamente confermato ciò che aveva indovinato sin dall’inizio.

“Un... un po’ tardi, non credi?”

Tetsurou sospirò, sperando di tutto cuore che non fosse realmente arrivato oltre il limite della sua già scarsa pazienza. Sospirò sommessamente mentre tentava di mettere insieme i pensieri più lucidi che potesse racimolare al fine di poter giustificare l’ingiustificabile: la sua distanza negli ultimi mesi. Era un dato di fatto di fronte al quale non avrebbe potuto di certo far finta di nulla o pensare di cavarsela con un semplice ‘tanto ora con Kei è tutto finito, lui ha scelto chi ha saputo stargli vicino da sempre, come avrei dovuto fare io sin dal principio’. Ma non avrebbe funzionato tanto facilmente con la testardaggine di Kenma, contro il suo inespugnabile scudo psicologico fatto di rabbia e desiderio di trovare davvero qualcuno che potesse comprenderlo come meritava.
Una sbandata di troppo aveva generato una crepa talmente evidente nel suo cuore da non consentirgli nemmeno di schivare quei colpi camuffati dal consueto sorrido beffardo. Oramai non credeva più alle sue parole, non come un tempo perlomeno.

“Sicuramente sono in ritardo. Anzi, in estremo ritardo. Avremmo dovuto parlarne tempo fa, ne sono consapevole e ti chiedo scu-”

“E quando avremmo potuto parlarne, di grazia? Quando eri troppo impegnato a memorizzare gli orari dei treni diretti a Sendai sull’App della Shinkansen? O quando ti trovavi proprio lì, negli orari più disparati per non essere visto da nessuno?”

Le sue parole ti lasciarono l’amaro in bocca. Ancora una volta aveva sentenziato qualcosa di realmente inconfutabile, appesantendo il tutto con l’ammissione d’interesse nei confronti dei tuoi spostamenti, almeno in un primo momento. Il vezzo di controllare e annotare gli orari dei treni che portavano nella principale città della prefettura del Miyagi era già cominciato l’anno precedente, quando ancora militava tra le fila della Nekoma High. Più volte Kenma lo aveva visto smanettare su siti e funzionalità che si occupavano di trasporti pubblici; in più occasioni lo aveva aspettato mentre perdeva tempo a scrivere messaggi che su WhatsApp venivano puntualmente ignorati o liquidati con un paio di monosillabi come uniche risposte. Il suo costante impegno di persuasione non veniva mai ricompensato come avrebbe tanto desiderato, fino alla doverosa – e sofferta – rottura definitiva. Ovviamente, non era dato sapere quanto negativamente fosse stata considerata da chi, in conclusione, aveva preso ben altre decisioni.

 “Non mi sembra di essermi mai comportato in maniera differente con te. E non mi serviva guardare gli orari dei treni per venire a cercarti perché abiti a cento metri da casa mia... per cui...”

“Per cui... se hai intenzione di prendermi per il culo, smettila subito!”

“Non è assolutamente mia intenzione. Altrimenti non sarei nemmeno venuto qui. Lo sai bene, Kenma.”
 
“No, io non so più niente di te. Non so più cosa sei diventato e cosa vuoi da me. Il Kuroo di un tempo è solo un ricordo della mia mente.”

In tutta quella dispersione emotiva racchiusa nei pochi metri quadrati, Tetsurou non aveva mai lasciato il polso del più giovane nemmeno quando quest’ultimo aveva tentato di opporre resistenza. Le ultime sberle vocali ricevute lo indussero a stringere ulteriormente la presa, portando l’altro a gemere per il dolore che stava iniziando a provare.
Ma non disse nulla, quasi non desiderasse perdere quella presa che finalmente aveva ricondotto il suo adorato ex capitano a lui.

“Kenma, io ora sono qui e sono rimasto quello di sempre, almeno per te che mi conosci più di chiunque altro. Ho perso la testa per un’altra persona per qualche tempo e so che difficilmente perdonerai e dimenticherai questo mio allontanamento, ma sono il primo a chiederti scusa perché sono consapevole di averti fatto del male. Però tu mi devi lasciare la possibilità di spiegare tutto una buona volta!”

Kozume sentì stringere anche l’altro polso e d’impeto si ritrovò ad indietreggiare verso il suo stesso letto. Si ritrovò supino sul copriletto con l’intensità dello sguardo di Kuroo ben salda sul suo viso incredulo. Non vi era più tristezza e rassegnazione nei suoi tratti, nemmeno quel consueto sorrisetto da gatto infingardo con il quale spesso si divertiva a prendere bonariamente in giro lui e i suoi compagni di squadra. La serierà e la determinazione nei propri intenti avevano preso il sopravvento su qualsiasi atteggiamento passato avesse potuto mostrare nei suoi confronti, quando l’intero universo che li circondava – compresi loro stessi – era convinto che fossero solamente due buoni amici che avevano imparato a comprendersi e a rispettarsi.
Kuroo allargò le braccia del compagno intorno alla sua testa e continuò a tenerlo fermo senza fare troppa pressione, scegliendo di abbandonare gli esili polsi per passare ad intrecciare direttamente le dita di entrambe le mani alle sue. Il gesto lasciò Kenma completamente senza fiato, specie quando realizzò di avere il naso dell’altro a pochi centimetri dal suo. I contorni violacei generati dall’impatto di qualche minuto prima lo fecero sentire ancora una volta in colpa.
E se avesse davvero il setto nasale fratturato?

“Kuroo...”

Oya!”

Oya un corno! Che intenzioni hai?”

“Beh, diciamo che mi hai fatto talmente innervosire che ho quasi voglia di mangiarti.”

“Questa sarebbe la famosa spiegazione che avresti tanto voluto darmi?”

“Beh, sì. Sarà una spiegazione molto ‘pratica’!”

Kozume fece per cercare di difendersi, ma nel momento in cui realizzò che stava per colpire ancora una volta il suo povero naso dolorante si arrestò. Voltò la testa in direzione della sua libreria carica di manga ed iniziò a leggere qualche titolo con l’unico intento di distrarsi da tutta quell’assurda situazione. Fu in quel momento che avvertì qualcosa di caldo e umido muoversi lentamente lungo il suo collo dalla pelle diafana.
Kuroo aveva iniziato a rilasciargli dei piccoli baci sino alla guancia, arrivando poi a trattenere il lobo dell’orecchio tra i denti. Lo sentiva tremare sotto l’effetto dei suoi gesti inaspettati, completamente in soggezione sotto l’effetto di quell’erotismo adolescenziale non propriamente conosciuto prima di allora. Lo vide voltarsi appena per evitare che iniziasse a mordergli ogni singolo centimetro del suo viso; ma mai mossa si sarebbe potuta rilevare più azzardata: difatti il maggiore ne approfittò per posare flebilmente le labbra alle sue, in attesa che le naturali reazioni fisiologiche potessero poi far sì che Kenma si lasciasse finalmente andare nei confronti di qualcosa che, in fondo, attendeva con disperazione, seppur nascondendosi nell’incoscienza della sua giovanissima età unita alla più totale inesperienza.

Non riuscì a divincolarsi da quella morsa, ma nemmeno insistette in maniera sincera per farlo. Restò immobile sino al momento in cui Tetsurou non riuscì a fargli dischiudere la bocca quel tanto che sarebbe bastato per permettere alla sua lingua di entrare, di farsi spazio tra quei territori tanto bramati, ma ancora completamente inesplorati. Sbarrò gli occhi e sbiancò all’idea di dover affrontare qualcosa di tanto importante senza avere la minima idea su come falro. Del resto, Mario Bros si era sempre limitato a portare in salvo la principessa al termine di ogni quadro, ma non aveva mai avuto modo di verificare come i due finissero per festeggiare all’interno del castello.

Le dita della matricola universitaria iniziarono a districarsi tra i suoi capelli chiari cercando di metterlo a proprio agio, provando a fargli intendere che non c’era assolutamente nulla di male in quello che stava succedendo, salvo casi di forti contrasti irrisolti per i quali si stavano entrambi impegnando per rilevare un minimo spiraglio di luce.
Percepì ancora una volta l’esitazione dell’altro, accostata a qualche lieve gemito in grado di sopravvivere alla volontà di soppressione dovuta al cocente imbarazzo. I suoi occhi si schiusero appena, in cerca di quella sicurezza che solo la presenza di Kuroo riusciva ancora a infondergli, nonostante tutto.

“Non sono capace di fare queste cose... fanno sudare.”

Tetsurou si sollevò appena per poter ricambiare il suo sguardo contornato da un rossore che gli ricordava moltissimo la tinta unita della sua vecchia divisa da capitano. Gli sorrise senza mai smettere di carezzargli i crini morbidi e dal doppio colore. Ripensò al pudore che aveva sempre mostrato ai suoi compagni nei momenti in cui si erano ritrovati tutti assieme nello spogliatoio al termine di ogni singolo allenamento; atteggiamento che non era andato a mutare nemmeno nel corso del suo ultimo anno in veste di capitano. Ripensò anche al suo effettivo tedio nei confronti della fatica o di qualsiasi attività che comportasse sforzo fisico e ‘lotte estreme’ contro la forza di gravità.
Tanti tasselli delle loro giovani esistenze erano già stati incastrati a dovere poco prima del loro breve periodo di lontananza; alcuni di essi erano andati inevitabilmente perduti, forse per sempre; altri erano stati sostituiti con elementi ancor più adattabili ai cambiamenti intervenuti; altri ancora necessitavano di ulteriore tempo per poter trovare la loro corretta collocazione.
Una cosa era certa: il puzzle della loro intricata relazione non era ancora stato ultimato. E non lo sarebbe stato ancora per molto tempo.

“Allenarsi fa sempre bene.”

“E che razza di allenamento sarebbe... questo?”

“Mmm... hai ragione. Forse più che un ‘allenamento’, sarebbe meglio considerarlo come una sorta di tirocinio formativo nei confronti della vita. Intendo dire la ‘vita vera’, chiaramente. Non videogiochi e-”

Kenma gli posò una mano davanti alla bocca, da una parte esasperato da quel discorso che oramai sentiva da anni da tutte quelle persone che dicevano di essere preoccupate per lui e per quella che oramai definivano con l’odioso termine di ‘dipendenza’. Lui stesso aveva provato più volte a farlo ragionare su quanto sarebbe stato utile centellinare il tempo trascorso al cospetto di quei piccoli e grandi schermi davanti ai quali passava innumerevoli ore ogni giorno. Stesso discorso valeva per i manga, anche se questi ultimi venivano quanto meno tollerati, in primis dalla sua esigente famiglia.

Quel flusso inarrestabile di pensieri legati al suo passato, al suo presente e alla constatazione dei suoi numerosi difetti lo aveva per un attimo allontanato mentalmente dal contesto in cui si era cacciato quella sera, senza neanche realizzarlo appieno. Ritornò al ‘qui e ora’ solamente nel momento in cui avvertì le labbra umide di Kuroo posarsi su quelle stesse dita con le quali aveva avuto il coraggio di zittirlo, seppur solamente per pochi istanti. La sua lingua cominciò a muoversi in maniera sempre più confidenziale tra le nocche e il dorso, sino a inglobare le piccole falangi al pari di un rigenerante ghiacciolo al limone in piena estate.
Kozume non aveva la benché minima idea di come reagire di fronte a quello a cui Tetsurou – il bambino della porta accanto, il compagno di mille avventure e disavventure scolastiche e sportive – lo stava sottoponendo. Non riusciva a comprendere per quale strambo motivo il suo corpo non riuscisse a ribellarsi al suo volere come la parte più razionale della sua mente gli stava ordinando da un pezzo. Si sentiva come se lo stesse trasportando in un'altra dimensione a lui, fino a quel momento, totalmente ignota.
Il dettaglio che maggiormente lo inquietava, se proprio doveva dirla tutta, era la stupefacente sensazione di calore ed eccitazione che avvertiva nel bassoventre. Gemette più volte cercando di trattenersi quanto meglio poteva, senza però mai riuscire ad ingannare la percezione di chi aveva sognato per tante di quelle notti quel momento da averne perso il conto.

Kuroo si appropriò ancora una volta le sue labbra, questa volta senza essere vittima di alcun tipo di ostruzione. Al contrario, il compagno di aggrappò in maniera esasperata alla sua felpa, prima con la sua piccola mano destra, poi con la sinistra. Una presa che durò giusto pochi secondi, il tempo che occorreva per arrivare sino a lui e cingerlo come avrebbe già fatto da tempo, se solo non si fosse distratto dietro a qualcuno la cui spropositata altezza appariva quasi irreale ai suoi occhi.

“Kenma...”

“Zitto, non parlare. Se ti metti a blaterare fesserie come tuo solito sarai costretto a fermarti e... io non voglio!”

Finirono fronte contro fronte, ma Kenma non aveva la forza per sollevare il viso allo scopo di guardarlo dritto negli occhi. Poche altre volte nella sua vita si era sentito tanto in soggezione, per quanto fosse piuttosto diffidente per indole. Nonostante questo, poteva perfettamente immaginare il sorriso che Tetsurou stava mostrando in quel frangente; lo stesso che aveva palesato tutte le volte aveva avuto la pazienza di vegliare su di lui e sulla sua apparente abulia.

“Ok. E cosa vorresti?”

Kozume chiuse di nuovo gli occhi e strinse le labbra con fare terrorizzato. In cuor suo sperava che quel turbamento interiore fosse dovuto semplicemente alla sua totale mancanza d’esperienza sessuale, ma sapeva bene che c’era anche dell’altro. Qualcosa di decisamente più intenso e profondo.

“Pro-prometti di non ridere!”

Non era una domanda, ma un ordine trasmesso con una certa perentorietà, seppur sentenziato con un flebile filo di voce.

“E perché dovrei ridere?”

“Perché non mi è mai successo prima. Cioè, voglio dire... da solo è diverso...”

Kuroo sollevò il mento del più giovane in un gesto inspiegabilmente impulsivo. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito! In realtà ci aveva più volte sperato ma... averne avuto finalmente la conferma da parte del diretto interessato aveva riempito il suo cuore di una gioia talmente incolmabile da lasciarlo praticamente incapace di reagire nell’immediato.
Kozume Kenma che di tanto in tanto si diletta nell’autoerotismo? E io dov’ero in tutto ciò?

“Kenma... tu... ehm... tu hai mai avuto un orgasmo?”

Ok, ora mi stacca direttamente il naso dalla faccia e lo getta nel sacchetto dell'immondizia.
Il setter lo fissò con l’espressione più incredula che gli avesse mai visto mascherare il viso da diversi anni a quella parte. Era rimasto così sconcertato da quella domanda altamente personale e mirata da riuscire a malapena a estrapolare l’insulto più idoneo per poter sottolineare la sua più totale indelicatezza.

“Sei un idiota! Che cazzo di domande mi fai?”

“Un attimo fa hai detto che hai avuto le tue piccole esperienze. Mi sbaglio forse?”

“Ti ho detto che è stato diverso.”

“Ok. Ma ora qual è esattamente il problema?”

Mi stai chiaramente provocando. Lo vedo da quella tua faccia da schiaffi che non riesco a smettere di fissare, maledettissimo Kuroo!
L’istinto lo indusse a prendere Tetsurou per un lembo della felpa per poterlo avvicinare a lui, al fine di sussurrargli all’orecchio ciò che lo teneva sulle spine sino a non permettergli quasi più di ragionare con lucidità.
Aveva notato lo sguardo attonito del maggiore per quell’improvvisa presa di posizione che probabilmente non si aspettava, ma non riuscì a fare a meno di mettere il tutto in secondo piano, ancora una volta indaffarato a trattenere quell’attrazione che mai avrebbe dipinto come tanto potente.

“Sono eccitato e non so come uscirne. Renditi utile alla causa, per favore.”

Un soffio leggero di corde vocali fece arrivare quelle poche – ma più che sufficienti – parole sino ai suoi pensieri, accartocciandoli e buttandoli in un angolo in maniera definitiva. Un nuovo capitolo del libro della loro vita era appena stato consegnato alle stampe.
L’ex capitano della Nekoma fece scivolare una mano tra le gambe del più giovane, fino a constatarne l’evidente erezione. Quel semplice tocco bastò per generare uno spasmo lungo la schiena che lo costrinse nuovamente ad ancorarsi a lui per non impazzire completamente.

“Non dovrebbe essere così... così devastante. È che non ho idea di come...”

“Ti riporto una notizia esclusiva, da edizione straordinaria del telegiornale: è tutto a posto! Sai... sono messo anch’io allo stesso modo, se proprio vuoi saperlo.


L’occhiolino che gli dedicò lo fece quasi commuovere, seppur – come suo solito – fece di tutto per trattenere le proprie emozioni primordiali. Ma a Kuroo non occorreva sapere o vedere altro per avere un quadro piuttosto chiaro dello stato d’animo di quello che fino a poco tempo prima non era altro che il suo migliore amico.

Kyanma, ti fidi di me?”

“Non chiamarmi così! E comunque non siamo sul Titanic!”

“Scusa, puoi ripetere la risposta?”

Un deciso sospiro sommesso prima di abbattere ciò che rimaneva delle ultime barriere rimaste ancora miracolosamente in piedi. Un altro frangente nel quale potersi concedere un’ultima remora che presto sarebbe stata spazzata via dal suo sguardo onesto e paziente.
Un passato recente da mettere definitivamente da parte affinché, oltre a loro, altre due persone potessero essere felici di condividere quel sentimento che col tempo si stava evolvendo da ‘semplice’ amicizia a qualcosa di ben più complesso, al pari di una farfalla finalmente liberatasi dal suo essere mera crisalide.

“Sì, mi fido. Mi sono forse perso per strada, ma mi sono sempre fidato.”

“Anch’io, Kenma. Anch’io non mi sono mai fidato tanto di una persona come mi fido di te. Per questo ti ho messo al timone di quella banda di scapestrati senza avere mai il minimo ripensamento.”

“Nemmeno adesso?”

“Ho detto... mai!”

 
***


In attesa di un’alba che avrebbe costretto Tetsuro a tornare nel pieno del caos di Shibuya, Kenma scoprì per la prima volta cosa volesse dire perdere il controllo sotto i gesti affrettati – ma saldi – di chi condivideva lo stesso istintivo desiderio dai tempi in cui non era possibile raccontarlo a parole. Questo non solamente a causa di banali questioni legate al pudore, ma anche – e soprattutto – per la naturale immaturità adolescenziale che impediva loro di dare un ordine a quelle sensazioni fisiche e mentali che con sempre maggior frequenza facevano capolino all’interno dei loro sogni ad occhi chiusi... ma anche aperti.
Non fu un rapporto completo, ma tanto bastò ad entrambi per ritrovarsi per qualche ora oltre la comune realtà quotidiana, oltre le idee sbagliate che si erano costruiti l’uno dell’altro nel corso di quel maledetto lasso temporale che li aveva visti muoversi in direzioni completamente opposte. Un errore che sarebbe potuto costare loro molto più di quanto potessero anche solo ipotizzare alla loro ancor tenerissima età. Uno sgarbo a cui erano stati in grado di sottrarsi con l’aiuto della loro forza di volontà unita al desiderio di continuare a fidarsi e a sostenersi reciprocamente.

Perché entrambi sapevano bene di essere perfettamente connessi, in qualunque modo lo si volesse intendere.
 


 
 
… My love will grow black if you heart get stolen
Just promise to keep your heart
One day I'll come back if the door's still open
Just promise to keep your heart broken.










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Quest’anno per una serie di motivi personali non riesco a stare dietro al ritmo del #Writober, per cui ho deciso di virare su una mini-long #KuroKen che mi frullava in testa da un po’ di tempo. In totale sono previsti tre capitoli dai toni un po’ “accesi”, dato che i nostri due micetti hanno un po’ di cose lasciate in sospeso da dover assolutamente chiarire.

Terzo capitolo: Connessi (una fatica per trovare il titolo per loro più ovvio... e nemmeno sono ironica).
Parto col dire che ho scelto di proposito di non rendere i due personaggi esageratamente “zuccherosi” sia per non rischiare l’OOC che per rendere il tutto più calzante alla situazione. Aggiungo che sono contenta di essere riuscita a scrivere oltre 10.000 parole (sommando i 3 capitoli) dedicate a questi due pirloni che meritano tanto amore.
Sì, Kenma si era davvero preoccupato dell’epistassi infinita di Kuroo, anche se poi è partito in quarta con i sui soliti discorsi che continuano a girare attorno allo stesso punto (Tsukki, ti vogliamo bene ugualmente).
Tra una battuta e un insulto, arriviamo finalmente all’avvicinamento che tanto aspettavamo! Niente di troppo romantico, come dicevo. Ho cercato di rendere il tutto il più realistico possibile considerando l’inesperienza (sì, più o meno XD) di Kenma e il desiderio mai nascosto da parte di Kuroo (figuriamoci XD).
Beh, l’importante è che i due si siano riconciliati (per i chiarimenti definitivi ci sarà poi tempo), per quanto nel corso del primo “round” non siano andati oltre i baci e una simpatica fellatio. Suvvia, una cosa alla volta, cari lettori. ;)

Il titolo riprende quello della canzone ‘Keep your heart broken’ dei The Rasmus. Al termine del capitolo ho riportato il ritornello.
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,


Mahlerlucia




 

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