Fili d'argento

di _FallingToPieces_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il colore dei suoi occhi ***
Capitolo 2: *** Buonanotte, allora ***
Capitolo 3: *** Differenze d'età ***
Capitolo 4: *** Siamo pari, streghetta ***



Capitolo 1
*** Il colore dei suoi occhi ***


CAPITOLO 1

Il colore dei suoi occhi



 

A chiunque le avesse chiesto perché amava tanto Difesa contro le Arti Oscure, avrebbe detto che voleva semplicemente imparare tutti gli incantesimi esistenti per contrastare il Male, quello che tra le altre cose aveva spazzato via la sua famiglia

Ma non era vero, ed era anche una motivazione banale.

Chi gliel
avrebbe chiesto, poi? Nessuno a scuola le rivolgeva la parola. Eppure si preparava, forse per un qualcosa che non sarebbe mai accaduto, impacchettando una spiegazione che avrebbe scansato ogni dubbio, perché era certa che qualcuno in aula si fosse accorto di quanto fissava il nuovo professore.

La sua amica Elizabeth bisbigliava sempre di nascondere gli occhi
a cuoricino, ridacchiando per l’espressione stampata sul suo viso arrossato.

La verità: a Olivia piacevano il professore e le arti oscure, era irrimediabilmente affascinata da entrambi. Di Remus Lupin sapeva ben poco. Intanto, il nome. E l’età; questa solo perché Elizabeth glielo aveva domandato, visto che lei non avrebbe mai avuto il coraggio di essere così sfacciata. Ai due elementi sopraccitati, poteva aggiungere il colore degli occhi (ma non ne era troppo sicura, di rado l’aveva guardato da vicino), dei capelli e forse indovinare l’altezza.

Era un mago purosangue o mezzosangue? Cosa gli piaceva fare nel tempo libero? Aveva mai ucciso qualcuno? Come controllava la creatura che dimorava dentro di lui?

Olivia si poneva sempre molte domande sul professor Lupin, e la maggioranza di queste non trovava risposta.

Durante la lezione incentrata sulle paure e come sconfiggerle, si era chiesta ininterrottamente che cosa temesse Remus Lupin, quali sembianze avrebbe preso il molliccio dinanzi a lui, e lì forse la sua curiosità era stata placata un poco.

Era accaduto proprio nel suo turno di affrontare il molliccio, due martedì addietro. Davanti a tutta la classe, Olivia non aveva retto la pressione, non era riuscita a nascondere la sua grande paura a tutti quegli spettatori indiscreti. Un grosso lupo dal manto grigio si era materializzato nella stanza e subito aveva preso a ringhiare.

Lupin, in quel momento, le aveva lanciato un’occhiata allarmata e sconcertata. Aveva anche perso un pizzico del suo abituale controllo, mentre cautamente la affiancava per intervenire.
Olivia si era apprestata a liberarsi da sola del lupo pronunciando la formula, Riddikulus!, e frattanto che questo si trasformava in qualcosa di buffo o iniziasse a cantare con una voce da soprano, il professore aveva agitato la bacchetta e fatto scomparire il molliccio. La lezione introduttiva era terminata di lì a breve, e l’uomo aveva congedato tutti con qualche sorriso distratto.

Per diciassette giorni aveva evitato di incrociare lo sguardo di Olivia. In aula parlava rivolgendosi a tutti, ma su di lei non si tratteneva mai più di mezzo secondo, quanto bastava per farlo appena deglutire e voltare verso la lavagna.

Olivia capì che l’avrebbe trattata in quel modo fino alla fine del trimestre, e quello era un periodo bello lungo. Erano a scuola e lui era il suo insegnante; poteva soltanto rassegnarsi a quella mancanza di attenzione e, in qualche modo, comprenderne la ragione.

Girò la pagina del grosso libro, soffermandosi sull’incantesimo per creare una barriera protettiva. Forse a Olivia la parte che piaceva di quella materia era l’analisi delle arti oscure, alla mera difesa era poco interessata.

«I più studiosi di voi, o i più pratici, sapranno senz’altro come neutralizzare...»

Lupin s’interruppe. Olivia aveva sollevato il mento e lo fissava, in attesa del continuo della frase.

«... come neutralizzare un troll di montagna.»

«Professor Lupin, signore, scusi» intervenne Elizabeth, sventolando la mano in aria così vigorosamente che la coda di Olivia si mosse. «Detesto fare la maestrina, ma i troll di montagna fanno parte del programma del primo anno.»

«Secondo» borbottò Olivia, appena udibile.

«Secondo!» si corresse. «Insomma, quando eravamo dei pivellini. Ora siamo adulti, signore.»

Lupin guardò entrambe, quasi interdetto, poi annuì, si sciolse in un sorriso teso rivolto a tutta la classe e disse: «La vostra compagna ha ragione. Mio errore. Elizabeth, vuoi dirci tu di cosa… Anzi, no, Olivia, di’ alla classe l’argomento di oggi.»

Olivia non amava parlare davanti alla gente e il professore in quelle settimane doveva essersene accorto. Cercava di metterla a disagio?

Consultò per un attimo il manuale alla pagina giusta, con un’occhiata rapida, e lesse il nome di uno spiritello malvagio.

«Licantropi?» azzardò, e posò nuovamente lo sguardo su quello di lui.

No, naturalmente non era quello l’argomento. La licantropia l’avevano studiata sul finire del terzo o quarto anno ed erano al settimo.

Remus Lupin deglutì ancora e si fece più pallido, ma se ne resero conto in pochi.

Elizabeth accorse subito a precisare quale fosse il tema del giorno e quel silenzio si diradò, seguito dal commento entusiasta di un loro compagno, che giurò di aver incontrato lo spirito dei boschi nel nord della Scozia.

La spiegazione fu interessante solo a tratti, e Olivia per qualche istante si dispiacque di averlo posto così in difficoltà da distrarlo sul lavoro.

Al cambio dell’ora, poco prima della cena, Lupin raccolse la sua valigetta sgualcita e si affrettò a lasciare l’aula.

«Che succede con Lupin?» Elizabeth scoccò una lunga occhiata all’amica. «Si è pietrificato!» bisbigliò. «La tua risposta l’ha…»

Olivia percepì una fitta alla testa. Erano cinque notti che non chiudeva occhio. «È un problema suo» si limitò a rispondere. Ma quando il dolore passò, rifletté. «Pensi che qualcuno abbia notato che c’era qualcosa di strano?»

«Più strano di sentirti parlare per la prima volta? Credo che non abbiano notato gli sguardi che vi lanciate, no.»

Olivia sorvolò su quel commento. Si conoscevano da sei anni, sapeva com’era fatta. «Perché mi guarda così, secondo te?» le chiese, mentre si dirigevano nella Sala Comune dei Serpeverde. «Come lo interpreti?»

«Aspetta» la fermò Elizabeth, con un cenno del palmo. La parola segreta per accedere fu pronunciata dal prefetto e tutti si aggregarono alla fila che confluiva nella sala. Solamente quando furono sole nella camera da letto, Elizabeth riprese: «Ho la sensazione che qui non sia il suo comportamento a dover essere interpretato, ma il tuo.»

Olivia si tolse la giacca e si abbandonò sul letto, per ammirare il soffitto alto. «Cioè? Cos’ho fatto?»

«Lo provochi, Liv. Ti ho visto mentre gli sorridevi. E lo fissi sempre. Non è che sei innamorata di lui?»

Olivia immediatamente si mise a sedere. «Non dire mai più una cosa del genere» disse. Notando che l’altra stava per rabbuiarsi dinanzi a quel cambio di umore, sbuffò sonoramente e scosse il capo. «Certo che no. È vecchio! So che quelli anziani piacciono a te, te lo lascio volentieri.»

Elizabeth allora sorrise. «Lupin non mi interessa. Per niente. Sai chi trovo terribilmente attraente?»

Le tre compagne di stanza entrarono, deposero i libri e uscirono chiacchierando fitte.

«Sirius Black!» sussurrò Elizabeth, gli occhi illuminati.



Angolo Autrice
Buonasera!
E' davvero strano postare qualcosa su EFP dopo anni, quasi ho dimenticato come funziona l'editor.
Questa ff è frutto della noia e del grande vuoto provocati dal terribile periodo in cui stiamo vivendo, ma è qualcosa che ho tenuto chiuso nella mia mente per non so quanto tempo; c'era sempre, in me, il desiderio di scrivere di Sirius e Remus, ma niente di ciò che la mia penna tracciava risultava soddisfacente. Anche questa storia potrebbe non esserlo, ma mi sono convinta a condividirla ^-^
E' solo il primo capitolo, e si apre con Olivia. Il prossimo sarà invece incentrato su Gwen, l'altra protagonista. Ho deciso che i capitoli si susseguiranno in questo modo e, spero, saranno tutti piuttosto brevi.
Qualche piccola precisazione:
- tra le note ho inserito anche FemSlash ma non sono sicura che sia definitivo, perché riguarda un'idea che non è completamente sviluppata e che probabilmente non sfocerà in una coppia vera e propria.
- confesso che i libri li ho riletti un po' di tempo fa e non sono certa di ricordare tutto, di non fare scivoloni o scrivere cose assurde. In caso di inesattezze, perdonatemi. Cercherò di "prendere appunti" su eventuali scene o dinamiche utili magari guardando la maratona di HP che comincia da stasera.
- so che il molliccio non sarebbe da programma del settimo anno, ma per esigenze di trama ho preferito scrivere che la lezione sulle più grandi paure degli studenti fosse una sorta di lezione introduttiva che Lupin fa con tutte le classi (oppure è già così e non si pone il problema?).
Per concludere, devo dirvi che ho pronti soltanto altri due capitoli oltre a questo; l'ispirazione va e viene, la testa è da un'altra parte e molto spesso ho solo voglia di cancellare questa fanfiction. Però mi impegnerò il più possibile per portarla avanti.
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio di cuore per aver letto. Non confido troppo di ricevere recensioni, ma nel caso mi sbagliassi: grazie, grazie, grazie ^^
Alla prossima,
_FallingToPieces_

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Capitolo 2
*** Buonanotte, allora ***


CAPITOLO 2

Buonanotte, allora



 

La Stamberga Strillante era un posto cupo e pregno di un silenzio ingombrante. Non vi era quasi mobilia, e là dove si aveva la fortuna di trovarla bisognava vedersela con grossi insetti, polvere e ragnatele.

Gwen non la odiava né la temeva, ma tra quelle mura scricchiolanti si sentiva a disagio dacché vi aveva messo piede.

Sirius Black incrementava il disagio, trasformandolo quasi in paura.

L’aveva osservato abbuffarsi di cibo e ridacchiare tra sé. Per quasi tutto il tempo che avevano trascorso insieme sotto quel tetto, aveva ridacchiato.

Gwen deglutì, quella sera, guardando la luna dalle fessure tra i tavolati della finestra sporca.

«Luna piena, eh?» borbottò lui, gustandosi con avarizia un piatto di uova. Gwen le aveva recuperate nel mondo babbano, ma non era sicura che fossero ancora buone. Del resto, non le interessava più se Black stesse male per un’intossicazione alimentare. Più? No, non le era mai interessato.

Annuì, a questo pensiero o come risposta al borbottio.

«Sei sempre così chiacchierona?» commentò l’uomo, dopo aver bevuto con piacere un bicchiere di vino rosso, anche questo rubato da una bettola poco lontana.

«Non sono abituata a parlare con gli assassini» ribatté lei, e distolse lo sguardo dal suo, attento e penetrante.

Sirius Black smise improvvisamente di assaltare il bacon bruciato che spuntava tra i pezzetti di uova strapazzate. Le regalò un’occhiata lunga e fissa, quasi sorpresa. A Gwen, che controllò di sfuggita, sembrò di cogliere della delusione.

«Touché» sorrise infine lui, e riprese la forchetta in mano. I capelli unti e disordinati gli ricadevano già sulla fronte.

Gwen si strinse nella maglia, rabbrividendo ad un tratto per il freddo che filtrava dagli spifferi. Stette per avvisarlo che sarebbe andata a letto, ma non avrebbe avuto senso dirglielo. Tanto non gli sarebbe importato. E, soprattutto, a lei non importava farglielo sapere.

Si limitò a sorpassarlo, non senza esitare (e non senza lanciargli uno sguardo obliquo), e salì le scale quasi di corsa. Si sdraiò nella brandina, tutta rosicchiata dai tarli, della camera in fondo al corridoio e si rannicchiò, accorgendosi con rammarico di aver dimenticato la coperta di sotto.

Non sarebbe scesa a recuperarla, non voleva incrociare gli occhi sofferenti e ambigui di quell’assassino, non voleva mostrarsi così rigida in sua presenza e non voleva sentirsi a disagio.

Non c’era neanche il cuscino. Solo la branda dal materasso duro, un armadio di legno scuro e il letto a baldacchino in stile barocco, che le sembrava così comodo e caldo ma che, per orgoglio, all’inizio di quella convivenza forzata, aveva rifiutato. Non aveva voluto accettare la concessione di quel criminale, non si era fidata della sua strana gentilezza, e aveva preso per sé il giaciglio sistemato nell’angolo polveroso e circondato da ragni.

Ora se ne pentiva, come si era pentita tutte le notti precedenti. Non avrebbe ceduto, però.

Si disse di resistere, se lo ripeté sottovoce, stringendosi le ginocchia al petto. Aveva un obiettivo, e Black era un mezzo per raggiungerlo.

Ma era attratta da lui. Lo sentiva, lo sapeva. L’aveva capito guardandolo la prima volta di sottecchi, quasi sei settimane prima. Nonostante la sporcizia addosso, l’odore che emanava, lo sguardo da pazzo furioso e la fama che lo precedeva.

Udì dei passi avvicinarsi, sulle scale. Chiuse immediatamente gli occhi.

L’olezzo che si accostò a lei le fece figurare di averlo davanti. Il cuore le balzò in gola.

Cercò di restare immobile, mentre le mani di Black stendevano una coperta sul suo corpo minuto. Era certa di star sudando.

Sirius Black sorrise, o liberò uno sbuffo dal naso. Gwen non capì, non potendo vedere. Perché ridere? Rideva di lei?

In quel momento, la sua unica preoccupazione era quella. Assurdo. Avrebbe dovuto tremare al pensiero che lui potesse aggredirla, o ucciderla come si diceva che avesse fatto con tredici persone per mezzo di un’unica maledizione.

«Buonanotte, allora.»

Non l’avrebbe uccisa. Gwen ne era sicura, ne fu sicura. Aveva colto una sfumatura divertita nella sua voce.



Angolo Autrice
Buonasera!

Eccoci con il nuovo capitolo, molto corto anche questo. Era già pronto, così mi sono detta "perché aspettare?" e ho aggiornato. In realtà aspettavo di vedere se le recensioni sarebbero salite, devo ammetterlo. Così non è stato, ma non importa, mi fa comunque piacere condividere questa storiella con chi abbia voglia di leggerla ^^
In ogni caso, menzione particolare a cussolettapink per aver letto e commentato così tempestivamente. Grazie 
In questo secondo capitolo ho introdotto Gwen e si è visto Sirius. Io spero davvero di averlo descritto in maniera decente e fedele all’originale, è stradifficile avere a che fare con personaggi simili. Come vi è sembrato?
Immagino avrete un sacco di dubbi e sarete confusi, io stessa lo sono, ma piano piano, se la storia procederà bene, ogni cosa si andrà delineando in modo chiaro.
Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate finora, sarebbe molto utile e mi riempirebbe di felicità! Vi ringrazio per aver letto!
_FallingToPieces_

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Capitolo 3
*** Differenze d'età ***


CAPITOLO 3

Differenze d'età



 

La vita a Hogwarts procedeva come sempre, ma Olivia iniziava ad annoiarsi. Era tutto un susseguirsi di lezioni, pranzi e cene nella Sala Grande, compiti, partite di Quidditch a cui non le interessava assistere (ma Elizabeth se la sarebbe presa mortalmente, se non l’avesse guardata giocare), ripassi per gli esami, moniti dei professori, chiacchiere sul fuggitivo Sirius Black…

«A che pensi, tesoro?»

Olivia sollevò lentamente lo sguardo e, quando si accorse che a chiamarla tesoro non era stata l’amica, lo riabbassò e continuò a sfogliare il manuale di Difesa contro le Arti Oscure.

Marcus Flint la irritava dal primo anno, sebbene lui fosse invece convinto di lusingarla con le sue attenzioni speciali.

La osservava mordendosi il labbro inferiore in uno sguardo che credeva seducente, mentre addentava un grosso pezzo di pane e lo masticava rozzamente.

Olivia stette per richiudere il libro e andarsene con una smorfia, ma con la coda dell’occhio scorse il professor Lupin giungere con passo tranquillo, diretto al tavolo degli insegnanti.

Allora sorrise, voltò rapidamente pagina fino a ritrovare la dettagliata illustrazione di un lupo mannaro e appoggiò la guancia sul palmo, inclinando la testa. «A te, Marcus» rispose, sbattendo le ciglia e spostando di poco il libro a sinistra, in modo che Lupin passando vedesse quell’immagine.

Qualche Serpeverde del sesto anno e un paio del terzo sogghignarono e improvvisarono un breve coro da stadio.

Derrick Menders diede una gomitata sulle costole a Flint e gli lanciò un’occhiata eloquente. «La prossima gita a Hogsmeade la farete insieme, come due fidanzatini, ne sono sicuro.»

«Ma di cosa vuoi essere sicuro tu, razza di idiota… E prima dovrà passare sul mio cadavere, ovviamente!» esclamò una voce femminile, e afferrò la mano di Olivia per tirarla su. «Vieni, devo parlarti! Liv?»

Olivia si era fermata con una scarpa posata sulla panca e l’altra a terra. Aveva intercettato lo sguardo di Lupin, ora seduto accanto a Piton e Binns, quel tanto che bastava per accorgersi che l’uomo s’era fatto pallido.

Raccolse il manuale, si sistemò distrattamente la divisa e seguì l’amica fino ad una stanza vuota confinante con la sgombra Sala d’Ingresso.

«Che succede?» chiese a Elizabeth, corrugando la fronte. «Perché tanta fretta? Stai male?»

«Sto male, sì. Sono a tanto così dal vomitare!»

Olivia si accostò a lei e le fissò il ventre. «Non sarai…»

«No, per la barba di Merlino, no» la liquidò lei, scuotendo vigorosamente il capo. «Diggory è un tale gentiluomo, non vuole neanche sfiorarmi…»

«Ha solo quindici anni, Liz.»

«Io ne ho diciassette, non è chissà quale differenza d’età. E poi, mi prendi in giro quando ho una cotta per quelli maturi, mi critichi se invece sono giovani… Di questo passo mi boccerai anche il Principe Azzurro, quando arriverà!»

Olivia su questo sorvolò, sapendo bene che l’amica ci credeva ciecamente. Lo aspettava sin da bambina, o così diceva.

«E vorrei ricordarti che a te piace uno che ha il triplo dei tuoi anni!» aggiunse Elizabeth. «Niente prediche da te, quindi.»

Olivia tentò di fare il calcolo, ma il suo cervello affaticato e privato del sonno non collaborava. «Il triplo? Quanti anni pensi che abbia?»

«Be’, cinquanta?»

Evidentemente si era dimenticata, all’inizio del mese, di averglielo domandato direttamente. Olivia, che certo ricordava l’età precisa, non le fece notare niente. «Così tanti? Non credo. Sembra vecchio ma non lo è. E togliti questa sciocchezza dalla testa. A me non piace. Te l’ho già detto l’altro giorno» tagliò corto, stupendosi di averle anzitutto retto il gioco. «Ma perché stai per vomitare?»

«Flint!» esclamò Elizabeth, con gli occhi sgranati, e si avvicinò così tanto che l’altra poté contarle le lentiggini sul viso. «Gli facevi gli occhioni dolci, ti si vedeva da lontano! Ma che ti salta in mente? Quello è un animale! Ti prenderà sul serio se lo provochi! E ti devo ricordare che due anni fa, durante un’amichevole, mi ha fatto cadere dalla scopa solo perché mi ero lasciata distrarre dal sorrisino di Baston? E siamo nella stessa squadra! Stai fraternizzando con un grande esponente della parte marcia del mondo maschile.»

Olivia socchiuse le palpebre e si strofinò la tempia. Quanto sapeva strillare Elizabeth! Avrebbe potuto benissimo fare a gara con la Signora Grassa del dipinto che portava alla Torre dei Grifondoro. «Non fraternizzo con un… con lui, Liz» borbottò. «Non so neanche perché gli ho dato corda. È la prima e ultima volta, ok? Ti scaldi per niente.»

«Di solito non dai retta a quell’essere spregevole… Mi fa venire il voltastomaco, quello lì… Ma io lo so perché oggi l’hai fatto.»

«Perché?»

«C’era Lupin. Passava in quel preciso istante!»

«Quindi?»

«Be’…» Elizabeth parve perdere coraggio sotto il suo sguardo ammonitore. Aveva capito che le sue insinuazioni su lei e il professore non le piacevano. «Volevi… farlo ingelosire… Ecco tutto.»

Olivia sospirò. Ne aveva abbastanza. Lupin non le interessava per quel motivo. «Maledizione, perché devi sempre fare la pazza quando credi che io abbia una cotta per qualcuno?» la rimproverò, più duramente del previsto. «Non mi allontanerò da te, se è questa la tua paura. Non avrò nessuna storia finché sarò qui, così tu non potrai spettegolare o giudicarmi per ogni mio singolo gesto. E per tua informazione» aggiunse, furibonda, «ho qualcun altro per la testa. Lasciami vivere!».

Elizabeth la osservò battendo le ciglia, gli occhi smeraldo ora umidi. Non si era aspettata una reazione simile.

Olivia fu però la prima a prendere e andarsene. Non sopportava quei pettegolezzi. Non si era invaghita di Lupin né mai sarebbe accaduto. Quell’uomo era solo un codardo e, senza nemmeno saperlo, le aveva impedito di stare liberamente con la persona a cui teneva di più al mondo.

Raggiungendo le segrete e scendendo ulteriori scalini per dirigersi al dormitorio femminile, si gettò sul letto e assestò un pugno al soffice cuscino.

Si rese conto, all’improvviso, di aver davvero civettato con Flint nel momento esatto in cui era passato Lupin.

Il suo obiettivo era un altro, ma si era trovata a volerlo fare ingelosire. Era assurdo.

No, Elizabeth si sbagliava. Per anni le era stata addosso come un’ombra, invidiosa di chiunque le si avvicinasse, maschi o femmine che fossero. Era lei ad aver agito per gelosia, immaginandosi sotterfugi col professore che in realtà non esistevano.

Olivia si distese sulla schiena e guardò determinata il soffitto alto, scuotendo il capo. Lupin era il mezzo giusto per arrivare al potere e alla coronazione di un sogno, nient’altro, non il destinatario di una sciocca cotta adolescenziale.

Per tutti i fantasmi, avrebbe persino avuto il coraggio di ucciderlo, come punizione per ciò che aveva fatto anni prima, fissandolo in quei suoi tristi e begli occhi verdi e pronunciando la maledizione imperdonabile.



Angolo Autrice
Bentrovati! ^^
Con questo capitolo ci siamo spostati su un piano più adolescenziale (quasi infantile, oserei dire?), che non ho intenzione di mantenere ma che, a volte, essendo Olivia una studentessa di appena diciassette anni, va per forza affrontato. Spero non sia troppo cringe, diciamo così dai.
Ho inserito Flint e fatto un accenno veloce a Diggory e Baston, giusto per non allontanarmi troppo dall’opera originale e dalla sua bellissima atmosfera. Qui Remus si è visto pochissimo, ma come avrete capito riveste un ruolo importante nel piano di Olivia, che piano piano emergerà.
Ho notato un errore del capitolo precedente, che ho subito corretto: mi sono confusa e ho citato il Paiolo Magico, che ovviamente trovandosi a Londra è molto lontano da Hogsmeade, dove si nascondono Gwen e Sirius.
E, niente, vi ringrazio se siete arrivati fino a qui! Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate finora, davvero mi fareste felicissima! Anche ricevere delle critiche mi aiuterebbe nella scrittura.
E’ un pochetto triste non avere quasi riscontri, in effetti ahaha
Alla prossima!
_FallingToPieces_

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Capitolo 4
*** Siamo pari, streghetta ***


CAPITOLO 4

Siamo pari, streghetta



 

Gwen si svegliò e sospirò pesantemente, di nuovo a contatto con la realtà. Scosse la testa, inorridita dalla reazione che la scena appena vissuta tra le braccia di Morfeo le aveva provocato.

Era stato solo un sogno. Sbagliato ma inesistente, astratto, effimero.

Strofinò il viso sul cuscino sottile, pensando avventatamente che purtroppo era stato solo un sogno. Per qualche istante, fissando assonnata le assi del soffitto, aveva sperato che così non fosse. L’orrore nella sua espressione si fece ancora più marcato, di fronte a questa contraddizione.

Così si alzò, gettò via la coperta infeltrita e si schermò la vista con le dita, infastidita dai raggi solari che penetravano dalla finestra sporca.

Il baldacchino era vuoto. Gli lanciò un’occhiata corrucciata e scese al piano inferiore, posando con delicatezza le pantofole sugli scalini. Affacciandosi sulla sala principale, l’unica che conservasse davvero la parvenza di un ambiente abitato e funzionale, si accorse che Black non c’era.

Era uscito? Le strade di Hogsmeade erano affollate anche a quell’ora, lo avrebbero notato subito, con il suo aspetto da vagabondo, i vestiti logori e sformati e il volto scavato. Era ricercato, e se l’avessero trovato… La mente di Gwen scelse di non proseguire su quella linea, non resse l’incertezza di cui quell’interrogativo era pregno.

Camminò fino al centro della stanza, sollevò dal tavolo una tazza sbeccata e il bicchiere appoggiato lì accanto e trattenne un’imprecazione. Per cinquanta e più giorni l’aveva avuto solo per sé ma non si era mai arrischiata ad avvicinarlo, limitandosi a sorvegliarlo da lontano; come poteva essere scappato senza che se ne avvedesse?

Scagliò la tazza contro la parete, e questa si frantumò in mille pezzi che, cadendo, innalzarono la coltre di polvere del pavimento.

«Bel lancio! Ora ce ne rimane soltanto una. È davvero un peccato.»

La ragazza spalancò gli occhi e la bocca, da cui scaturirono una serie di respiri affannati, e non osò voltarsi. «Dov’eri?» sussurrò.

«Nel delizioso bagno al piano di sopra, in piacevole compagnia.»

In bagno, sullo stesso corridoio sudicio su cui dava la camera da letto. Gwen non aveva neppure pensato di controllare. Era saltata subito alla conclusione sbagliata.

«La piacevole compagnia ovvero i ragni giganti» precisò lui, e attese una risata.

Lei non rise né sorrise. Immobile, inspirò aria dal naso e restò a contemplare le assi di legno sotto le proprie scarpe consumate. Era stata impulsiva. Quasi due mesi di fredda e tranquilla convivenza rovinata da una scenata senza senso.

«Di’ un po’, pensavi fossi uscito?»

Gwen annuì e, per calmarsi, bevve il succo d’arancia residuo nel bicchiere. Non si calmò affatto, perché subito dopo si rese conto degli aloni opachi che correvano sul bordo. Black ci aveva bevuto per primo, la sua saliva aveva intaccato il vetro.

«Be’, devi ritenermi piuttosto stupido, oltre che pazzo» concluse l’uomo, superandola per raccogliere i cocci di porcellana. Sogghignava. Gwen poteva vederne il profilo teso, i denti scoperti intramezzati da lunghe ciocche di capelli unti. Si volse all’improvviso, con la velocità di un felino, e la inchiodò con iridi che brillavano di una luce strana. «Hai detto il mio nome, questa notte. Sembravi agitata. Spavento i tuoi sogni?»

Lei deglutì sotto il suo sguardo fisso. Qualcosa in lui dava l’impressione di un animale che stesse per spiccare un balzo, bramoso di sbranare la preda. Non seppe rispondergli, nemmeno con un cenno di diniego. Ciò che aveva sognato malauguratamente non recava spavento.

«Bene, lo prendo come un sì» sorrise, ma fu un sorriso inerte, differente da quelli intrisi di sarcasmo che le riservava dall’inizio. C’era della delusione, come poche mattine prima a colazione? «Siamo pari, streghetta» esclamò, puntandola con un frammento di tazza.

«Pari?»

«Tu spaventi me.»

Gwen si domandò in che modo potesse sortire quell’effetto su un uomo adulto con la sua reputazione. Si discostò di qualche passo. «Perché dovrei spaventarti?» chiese, sospettosa. Non riusciva mai a interpretare la sua mimica né immaginare i pensieri che gli passavano per la testa.

«Guardati» la esortò Black, rialzandosi. Avanzò e lei, seppur tesa, stette ferma senza battere ciglio. «Rimani sempre sulla difensiva, fredda come il ghiaccio, e dici che non ti piace parlare con gli assassini. Ma non hai mai pensato di scappare, no» le sorrise di nuovo, con occhi statici. I lineamenti erano distesi eppure inespressivi. «O di consegnarmi ai Dissennatori. La tua calma è stata quanto di più spaventoso ci fosse in questo posto, fino alla sfogo di poco fa. Finalmente, Gwen

La ragazza smise per un attimo di essere fredda com’era stata dipinta. Sapeva il suo nome. Non glielo aveva mai detto ma lui lo sapeva.

Se avesse sfoderato ora la bacchetta, minacciando di ucciderlo per averla punta sul vivo? Lui sapeva anche che quella bacchetta era ormai inutilizzabile?

«Ho conosciuto qualcuno più crudele di te» disse lentamente. «E mi sono abituata ad averci a che fare. La paura passa in secondo piano, ma a volte il disgusto per la feccia come voi prevale ancora.»

Sirius Black non ribatté. Qualcosa, di quel discorso, l’aveva colpito. Restò a fissarla.

Giunta di sopra, lei sollevò subito il braccio per strofinarsi ferocemente le labbra che, bevendo da quel bicchiere, erano entrate a contatto con la sua saliva.

Gwen.

Il suo nome pronunciato da lui assumeva una sfumatura diversa. Le trasmetteva una sensazione che non aveva mai sperimentato, calore che si irradiava nel petto e cuore in tumulto.

Con le nocche piantate sull’angolo della bocca, esitò e deglutì. Infine, si leccò le labbra e arrossì.



Angolo Autrice
Buongiorno! ^^
Ecco il nuovo capitolo, anche se a distanza di qualche giorno. Non avevo grande ispirazione né motivazione, ma spero ne sia uscito qualcosa di piacevole.
Sarei davvero felice di sapere che ne pensate di questa storia!
Grazie per aver letto.

Alla prossima!
_FallingToPieces_

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