La Notte del Lupo di Cida (/viewuser.php?uid=22415)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO 1
Era il crepuscolo e, quindi, l’ora migliore per la caccia al
cervo.
Jackson soffiò sulle mani intirizzite dal freddo e una
nuvola di vapore acqueo
gli donò un attimo di calore: quello stupido mantello rosso,
ora piegato nella
bisaccia, era certamente un pugno in un occhio in mezzo alla foresta
innevata
e, di conseguenza, non il miglior alleato di un cacciatore, tuttavia,
svolgeva
egregiamente il suo compito di tenere al caldo e, ora che ne era
sprovvisto, lo
comprendeva più che mai.
Eseguì alcuni esercizi per le dita, in modo da non lasciarle
intorpidire: la
luce ormai stava scemando e, da lì a poco, la luna sarebbe
sorta nel cielo.
Imprecò fra sé, già pronto a rientrare
con il magro bottino di una sola lepre
quando, improvvisamente, un maestoso cervo maschio entrò nel
suo campo visivo.
Era magnifico ma anche decisamente troppo grosso per essere trasportato
da lui
soltanto che, incurante della Notte del Lupo imminente e di tutte le
leggi del
suo villaggio, si era addentrato in solitaria nella foresta.
Fortunatamente,
ben presto, gli fu chiaro il motivo della presenza di
quell’esemplare: dal
fitto sottobosco, si fece avanti un nutrito gruppo di femmine, di cui
una
giovane e meravigliosa, assolutamente perfetta per essere issata in
spalla una
volta pulita.
Drizzò l’arco stretto nella sua mano e
incoccò la freccia con una maestria tale
da non fare alcun rumore, perse solo un secondo a contemplare la
profanità del
suo gesto ma non c’era piacere in quel che stava facendo,
solo pura
sopravvivenza, la carne era fondamentale per superare un inverno
così rigido:
scoccò.
Il taglialegna più aitante della città
finì di scaricare
l’ultima cassa del suo carro, ancora allacciato ai finimenti
della sua fidata
renna Sven, sul bancone a lui dedicato del mercato cittadino. Quello
era il
centro pulsante del villaggio: non erano una comunità
numerosa, per cui
l’economia delle famiglie si basava più su
semplici baratti che non su veri e
propri scambi monetari, chi aveva le capacità adatte
assumeva il ruolo
appropriato e sopperiva a chi non poteva o non aveva il tempo di
dedicarsi a determinate
attività. Le uniche ricchezze erano, di fatto, custodite dal
capo villaggio che
le utilizzava per mandare avanti quei pochi commerci con i paesi
vicini, di
cui si occupava personalmente assieme al resto della sua famiglia.
Quella mattina, però, non c’era il solito allegro
vociare di sempre, tutti
erano in tensione e in attesa del resoconto relativo alla Notte del
Lupo appena
trascorsa. Ormai, erano passati anni dall’ultima vera
tragedia che li
aveva colpiti e le recenti notizie riferivano, ogni tanto, di alcuni
capi di
bestiame spariti nei villaggi vicini ma, nonostante questo, nessuno si
sentiva
libero di abbassare la guardia. Perciò anche quel giorno
aveva indossato il suo
mantello rosso, come le norme imponevano: per quanto surreali fossero
alcune di
esse, avevano davvero giovato alla serenità del villaggio da
quando erano state
messe in atto e non sarebbe, di certo, stato lui a minare quel periodo
di pace
apparente.
Si diede un’occhiata intorno, era molto presto e gli
avventori erano ancora
pochi ma lei era già lì, a
girare fra le bancarelle dall’altra parte
della strada. Lei non ne aveva una propria, chi
necessitava degli
interventi della sua famiglia si recava direttamente al laboratorio
della
sorella che, al momento, sembrava non essere in sua compagnia. Si
riscoprì per
niente dispiaciuto di quel fatto: Elsa sapeva davvero essere glaciale
con quel
suo sguardo freddo e tagliente. Anna, al contrario, era raggiante,
esuberante
e, sebbene il colore dei suoi occhi fosse molto simile a quello
dell’altra, il
suo sguardo sprizzava gioia e curiosità per il mondo, era
indomita così come
suggerivano i suoi capelli fulvi ai quali, purtroppo doveva ammettere,
la mantella rossa non sapeva
rendere il giusto merito. Nonostante i suoi diciotto anni era
un’inesauribile
fonte di guai ma tutti la adoravano per questo. Lui, dal canto suo, era
cotto
di lei almeno da un paio d’anni ma, purtroppo, non aveva
abbastanza coraggio
per dichiararsi, troppo timoroso del giudizio della sorella che
sembrava
bollare come inetti tutti quelli su cui posava lo sguardo. Come quelle
due
ragazze potessero essere legate dal sangue era un mistero per tutti.
Un sonoro tonfo, sul bancone accanto al suo, lo strappò dai
suoi pensieri,
facendolo sobbalzare «Pensi che riuscirai mai a farti
avanti?» lo canzonò una voce familiare alle sue
spalle.
«Cavolo Jack, mi hai fatto prendere un colpo! Quante volte ti
ho detto che non
devi fare queste cose da cacciatore con me?» lo riprese,
portandosi una mano al
petto pronto a scoppiare.
«Mi spiace» gli rispose l’altro con finto
rammarico, finendo di sistemare il
suo bottino di caccia «Ormai ce l’ho nel sangue,
sono troppo bravo. E a
proposito di cooolpi…» canticchiò,
invitandolo a voltarsi con un’espressione
eloquente sul viso.
Fu così che il cuore gli fece una nuova capriola
nella cassa toracica,
nel trovarsi di fronte l’oggetto dei suoi pensieri.
«Ciao Kristoff» lo salutò lei con un
leggero rossore sulla gote, probabilmente
dovuto al freddo, anzi, di sicuro dovuto al freddo,
mica era imbarazzata
perché stava parlando con lui, o
sì?
Vedendolo imbambolato, Jackson alzò gli occhi al cielo e gli
rifilò una
gomitata nel costato.
«Ah, ehm… uh… ciao, Anna» si
riprese, più o meno, quello «Come mai da queste
parti?»
La ragazza lo guardò confusa «A chiederti del
legname che ti ha commissionato
mia sorella?» chiese, come se la cosa fosse ovvia
«Perché l’ha fatto, no?
Oddio, non l’ha fatto, che figura»
Il cacciatore si strizzò l’attaccatura del naso,
rassegnato, chiedendosi che
razza di figli sarebbero mai potuti uscire da due così.
Per non si sa quale grazia divina, Kristoff si riprese «Certo
che l’ha fatto ma
visto il grosso quantitativo ho già predisposto per farvela
consegnare e scaricare,
così non dovrete preoccuparvi di nulla»
«Grazie» gli sorrise lei riconoscente.
Lui si perse in quel sorriso, per un tempo che gli parve infinito.
«Bacialaaaa» gli disse l’altro
nell’orecchio usando, però, un volume
deliberatamente elevato in modo da farsi sentire anche da lei.
Anna, di fatti, avvampò mentre il taglialegna gonfiava le
guance irritato «Jack, tu
sei un…»
«Idiota» completò per lui una tagliente
voce femminile. Il cacciatore,
voltandosi, incontrò lo sguardo glaciale della maggiore
delle due sorelle.
«E
puzzi di morto» concluse lei, allargando appena le narici.
Quello non si scompose «Ma davvero, Fiocco di Neve?
Chissà mai perché?» la
sfidò, mostrandogli le carcasse sul tavolino.
Elsa deglutì, come se ne fosse nauseata: se dalla carne
ancora sanguinolenta o
da lui in particolare, non era dato saperlo. «Sei di nuovo
andato a caccia da
solo nella Notte del Lupo» constatò «Sei
uno sconsiderato, dov’è la tua
mantella?» lo riprese da sotto al suo cappuccio. Se era vero
che il rosso non
donasse alla giovane Anna, lo era altrettanto che, invece, esaltasse
alla
perfezione la sua figura eterea.
«Eccola qua, nonnina» le
spiegò l’altro, prendendola dalla bisaccia e
sventolandola platealmente prima di portarsela alle spalle
«Oh, adesso sì che
mi sento sicuro: in fin dei conti, il rosso non è di
certo un colore che
sarebbe in grado di attirare Satana in persona, mi
proteggerà di sicuro
da questa terribile bestia che le leggi del nostro capo villaggio
tengono
lontana, talmente bene che – in prossimità di una
nuova Notte del Lupo – lui se
ne va. Questo dovrebbe farvi capire quanto lui stesso creda alle sue
regole»
concluse sprezzante.
La vide arricciare le labbra, irritata – estremamente
irritata – con tutta
probabilità stava pure stringendo i denti, visto
com’era contratta la sua
mascella. Per Jack, tuttavia, infastidirla era un richiamo
pressoché
irresistibile: più lei lo investiva di ondate cariche di
gelido disprezzo, più
lui si riparava sotto coltri di pungente sarcasmo. Eppure, nonostante
tutto
l’astio che gli riversava costantemente addosso, era sempre
da lui che andava a
cercare la selvaggina, nonostante non fosse certamente
l’unico cacciatore del
villaggio anche se, in effetti, era di sicuro il più bravo:
silenzioso, rapido,
letale, sembrava nato per cacciare.
Sospirò, decidendo che l’aveva torturata fin
troppo «Cosa mi hai portato,
Fiocco di Neve?» o forse no.
Elsa mise mano al suo cestino e ne estrasse un
pugnale dalla lama lunga
e lucente, dall’impugnatura chiara in legno di pino,
finemente levigata.
Assottigliò gli occhi e lo piantò di punta nel
legno del tavolino «Questo»
Jack trasalì, perché aveva quella netta
sensazione che l’avrebbe volentieri
piantato da un’altra parte? Nella sua carne, per esempio?
Cercò di ricomporsi e
lo prese, soppesandolo: era meraviglioso, perfetto per adattarsi alla
sua mano,
leggero ed estremamente affilato. Inconsapevolmente sorrise nel vedere
un fiocco
di neve magistralmente cesellato sotto la lucidatura del legno. La
bravura con
cui quella ragazza riuscisse a fare un mestiere prettamente maschile
era fonte
di pettegolezzi e stupore per tutto il villaggio ma non per lui: lui
non ne era
per niente stupito, anzi, ne era sinceramente ammirato. Chiaramente lei
non
avrebbe mai dovuto scoprirlo, fu per questo che, invece, disse
«Sì, carino, ma
funziona?»
Lei sbuffò e recuperò, con malagrazia, il
coltello dalla sua mano, sebbene con
un’impercettibile accortezza a non fargli male «Per
eventuali problemi del
filo dovrai porgere le tue rimostranze al fabbro, non a me»
afferrò un pezzo
della pancia della carcassa del cervo e affondò nella carne:
la lama scivolò
via come se si trovasse all’interno di un panetto di burro
«Ma mi pare che non
sia questo il caso» constatò «Questo lo
prendo io» gli fece presente, adagiando
nel suo cestino il trancio appena tagliato «E la
pelle?»
«E’ già dal conciatore, puoi andare da
lui se ti serve»
L’altra annuì ma non riuscì a
rispondere, in quanto il suono di una campanella
attirò l’attenzione di tutti verso il centro della
piazza dove Hans, il figlio
del capo villaggio, stava prendendo posto per dar notizia
dell’evolversi della Notte
del Lupo appena trascorsa. Deglutì in tensione, avvertendo
la sorella farsi più
vicina: si strinsero l’un l’altra per farsi forza,
assieme.
«Cittadini» prese parola il giovane «Sono
lieto di comunicarvi che non si sono
verificati attacchi nel nostro villaggio, né in quelli delle
immediate
vicinanze» l’atmosfera si fece improvvisamente
più leggera «Tuttavia, la
spedizione di mio padre riporta che il mese scorso una stalla sia stata
divelta
con conseguente razzia del bestiame in un paese oltre le montagne,
perciò vi preghiamo
di non abbassare la guardia e continuare ad usare tutte le accortezze
stabilite. A breve saranno disponibili le merci recuperate, potrete
venire a
prendere la vostra razione quanto prima. E’ tutto»
Jack tirò le labbra di lato in una smorfia «Certo,
come no» commentò sprezzante
«Di nuovo solo voci e niente prove»
«Perché devi essere sempre così
scettico?» fu la voce dell’amico a riprenderlo,
questa volta.
«Andiamo Kristoff! Quando è stata
l’ultima volta che è successo qualcosa
qui?»
La faccia atterrita del taglialegna gli fece comprendere di aver
decisamente
parlato troppo.
«Già, quando?» lo congelò
Elsa con un’occhiata di puro disprezzo, mentre
cercava di rincuorare la sorella – dagli occhi già
colmi di lacrime – con una
carezza «Andiamo via, Anna»
La comprensione si fece largo sul volto del cacciatore «Oh,
cazzo…» sbottò
mentre le vedeva sparire fra il resto della gente «Kristoff,
occupati tu della
mia bancarella per favore»
Non attese nemmeno una risposta e si lanciò subito al loro
inseguimento. Per
una volta non poté fare a meno di essere assolutamente
d’accordo con lei: era
un perfetto idiota.
Elsa sollecitò, premurosa, la sorella a precederla nella
strada verso casa, poi, prese un grosso respiro e, indurendo lo
sguardo, si
voltò di scatto «Smettila di urlare il mio
nome» ammonì il suo inseguitore «Ci
guardano tutti»
Jack riprese fiato, che si fottessero quei bigotti curiosi
«Perché ve ne siete
andate così? Andiamo, lo sai come sono fatto, spesso non
penso prima di
parlare, non avreste dovuto prendervela così tanto»
La ragazza inarcò le sopracciglia e sgranò gli
occhi, quelle erano davvero le
peggiori scuse che avesse mai sentito in vita sua «Noi non avremmo
dovuto prendercela?» sbottò
«E’ tutto un gioco per te, non è
vero? Perché devi sempre sminuire ogni cosa?»
«Perché tu devi sempre ingigantirla,
invece?» si difese l’altro.
«I nostri genitori sono
morti, trucidati dal lupo a cui tu non credi e,
non solo, ne parli con una leggerezza disarmante e io ingigantisco la
cosa?» furiosa, si voltò, decisa più
che mai a non perdere con lui un secondo
di più. Avvertire la sua mano, a bloccarla, sulla spalla
sinistra rallentò il
suo proposito. Girò nuovamente il viso nella sua direzione,
sprezzante:
allontanò quella mano con stizza «Non osare
toccarmi mai più» quasi gli ringhiò
contro.
Jackson rimase un attimo disorientato da quella reazione, dovette
sbattere le
palpebre un paio di volte prima di tornare pienamente in sé
«Volevo chiedervi e
chiederti
scusa, d’accordo?» riuscì finalmente a
confessare «Mi dispiace di
essermi comportato come un arrogante spocchioso, non volevo in alcun
modo
sminuire la tragedia che vi è capitata cinque anni
fa» si pentì, sincero «Scusami»
L’espressione di lei non si addolcì
«Delle tue scuse non so che farmene»
concluse, andandosene una volta per tutte.
Il cacciatore calciò un cumulo di neve lì
accanto, si arruffò i capelli
irritato ed imprecò. Che cosa le aveva mai fatto per
meritarsi tutto quel
disprezzo? Dov’era finita quella graziosa bambina con cui amava così
tanto giocare? Timida, sì, ma intelligente e coraggiosa,
desiderosa di
avventure tanto quanto lui, forse di più. Era andata,
sparita, persa in quegli
otto anni di malattia in cui nessuno l’aveva più
vista. Ne era uscita sedicenne
- dopo la tragica morte dei genitori - ormai donna, meravigliosa e
glaciale. Tutti
avevano dato la colpa al trauma subito ma, mentre gli anni passavano e
Anna
diventava sempre più solare, Elsa non cambiava di una
virgola, anzi,
peggiorava.
Jackson si ritrovò a pensare che, forse, anche quella
bambina era morta laggiù
– nel bosco – assieme ai suoi genitori, fagocitata dalle
fauci del lupo.
Ebbene sì, sono
tornata.
Proviamo a
rilanciarci in una mini long in un nuovo universo alternativo.
Questa storia mi
è stata
ispirata da un edit trovata su Pinterest della locandina di Cappuccetto
Rosso Sangue in cui
al posto dei protagonisti c'erano Elsa, Jack e Hans e mi è
ripartito il trip per la favola di Cappuccetto Rosso che è
una
delle mie preferite, come i muri di casa mia possono confermare,
infatti
indovinate un
po' chi era il mio personaggio preferito in Once Upon a Time? Peccato che, poi, me l'abbiano tolto ç_ç Ma bando alle ciance...
Qui i nostri
personaggi preferiti
tornano ad essere più giovani e hanno, di fatto, le stesse
età del primo film di Frozen: Anna ha diciotto anni, Kristoff venti e
Elsa ventuno. Ho
ipotizzato Jack più grande di Elsa di un anno.
Lo sapete che il
richiamo al
canone per me è irresistibile perciò anche qui
Elsa
è stata segregata per 8 anni a causa di una misteriosa
malattia
e, chiaramente, Agnarr e Iduna sono passati a miglior vita, pace
all'anima loro.
Per chi ha
già seguito Seasons, avrete
intuito - anche se non si vede - che ho deciso di riutilizzare una
vecchia conoscenza... non vi mancava, suppongo XD
Fra i nostri due
adorati, questa volta, ho voluto inserire un po' di attrito... non vi
resta che scoprire il perché.
Mio caro Jack, la
figlia che
uscirà da Anna e Kristoff sarà favolosa e te ne
innamorerai prima di subito... hai poco da fare lo spiritoso ;)
Spero che questo
primo capitolo vi
abbia incuriosito, non so bene con quale frequenza
aggiornerò
questa volta, è un periodo un po' incasinato, abbiate
pazienza.
Al solito vi
ringrazio per aver
letto, se vorrete lasciarmi due parole per farmi sapere che ne pensate,
ovviamente, mi farete molto felice.
Alla prossima
Cida
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO 2
La notizia che qualcosa fosse andato storto all’ultima
battuta di caccia era arrivata al villaggio ben prima
dell’effettivo rientro
della squadra. Sulle tracce di un cinghiale dalle dimensioni imponenti,
uno dei
cani era finito in un piccolo dirupo e si era inesorabilmente ferito.
Gli
uomini avevano ben presto cominciato a litigare sul fatto di lasciarlo
o meno al
suo destino, spaccando il gruppo a metà: una parte aveva
proseguito nelle
ricerche e l’altra era rimasta nel tentativo di recuperare il
povero animale.
L’ironia del destino, tuttavia, aveva voluto che fosse
stato proprio quest’ultimo
manipolo di uomini a trovarsi faccia a faccia con la terribile preda,
trasformatasi d’un tratto da cacciata a cacciatrice. Il primo
ad essere
caricato fu il signor Mattias: sceso a recuperare il cane e issatolo
fra le
braccia, fu sopraffatto alle spalle dalla bestia arrabbiata. A nulla
era
servito l’intervento di Jack che aveva allungato il proprio
arco nel vano
tentativo di facilitargli la risalita, l'uomo venne colpito sul fondo
della schiena e
scalzato via come una marionetta, l’impatto fu talmente
potente che l’arco
dell’altro si spezzò e la corda, rinculando,
colpì al volto il suo
proprietario. Nonostante il dolore, Jackson non perse tempo e, senza
pensarci
due volte, si lanciò con il pugnale sguainato sulla groppa
dell’animale, prima
che potesse caricare nuovamente. L’impatto della lama nella
carne lo scosse fin
dentro le ossa: il cinghiale emise un grido disumano, grugnì
e si dimenò finché
non riuscì a liberarsi dal fastidioso peso che aveva
addosso. Con il coltello
ancora piantato nel poderoso collo, era più che mai
intenzionato a cercare
vendetta sui suoi assalitori ma, fortunatamente, una pioggia di frecce
di
copertura, lo costrinse alla ritirata. Indebolito e ferito, concluse la
sua
corsa quando incrociò il cammino del resto della squadra.
Alla luce di questi
fatti, fu presto chiaro che ci sarebbe voluto più di un
carro per riportare
bottino e feriti. E così il primo gruppo era rientrato con
la richiesta di
aiuto che, in particolare, aveva raggiunto Kristoff mentre era nella
bottega
del falegname, ritrovatosi a parlare di cose inutili, nel tentativo
– vano – di
trovarci la giovane Anna. Il taglialegna era partito subito, allarmato,
preoccupato per le sorti del suo amico e lasciato la proprietaria, di
punto in
bianco, da sola con il suo lavoro.
Elsa non avrebbe saputo dire da quanto l’altro fosse andato
via, concentrata
com’era sulla sua nuova commissione.
«Se continui a limare ancora un po’, quella sedia
finirà per diventare uno
sgabello» la voce della sorella, per poco, non la fece
sobbalzare.
«Ti ho presa alla sprovvista?»
trasecolò, per sorridere subito dopo «Allora
qualcuno, qui, è davvero preoccupato»
«Non dire sciocchezze…» la riprese,
tornando al suo lavoro.
«Sono tornati» le buttò lì
per osservarla, poi, qualche minuto in silenzio.
Sorrise di nuovo nel vedere il suo palese nervosismo «Dato
che vuoi saperlo: è
un po’ malconcio ma sta bene, quello che ne ha risentito di
più è stato il
signor Mattias che, poveretto, non potrà sedersi per un
po’» la mise al
corrente, non riuscendo a trattenere una risata «Ah,
ovviamente anche il
cinghiale non ne è uscito bene»
Elsa aggrottò le sopracciglia e si bloccò
nuovamente «Non te l’ho chiesto»
Anna riprese a sghignazzare «Oh, sì che
l’hai fatto» celiò «Mica
sempre bisogna
parlare per farsi capire»
Prima che l’altra potesse ribattere, la porta della bottega
si aprì senza
troppe cerimonie: solo una persona si permetteva di entrare a quel
modo.
Rapida, si affrettò ad indossare la finta gonna a nascondere
i pantaloni che
utilizzava per lavorare e si sistemò meglio sul viso la
bandana che usava per
proteggere il viso e la bocca dalle schegge di legno e dagli odori
troppo
intensi. Già era mal vista nel suo ostinarsi a fare un
mestiere da uomo, se
l’avessero scoperta, fra le altre cose,
anche ad indossare i pantaloni,
probabilmente, l’avrebbero bruciata seduta stante.
«Capo villaggio» lo salutò con riverenza
la più giovane delle sorelle.
Friederik la degnò appena di un cenno del capo, rivolgendosi
subito alla
maggiore «Ho qui i nuovi ordini, come al solito i vostri
lavori sono
stati molto apprezzati»
Elsa non ne gioì, mantenne la sua solita aria fredda e
distaccata: prese
l’incartamento e scorse la lista rapidamente, annuendo alla
fine «Bene»
«Alla nostra dimora c’è il carro con i
materiali provenienti dagli altri
villaggi, quando avrete deciso, venite da noi e
parlate con mio figlio
Hans: potrete prendere quel che vi serve o vi
interessa»
«Vi ringrazio» questo non poté evitare
di dirlo. Nel mentre lo guardava
allontanarsi si liberò il viso e tirò un profondo
respiro. Pensò che la
presenza di nuovi materiali significava che gli ultimi commerci erano
andati
davvero bene ma, quelle rare volte che parlava con lui, aveva sempre
quella
vaga sensazione che il capo villaggio scegliesse con cura ogni parola
che decideva
di rivolgerle e che, per qualche ragione, spesso sottintendesse
più di quello
che voleva farle credere.
Quando la porta di casa cigolò, aprendosi, una ragazzina dai
lunghi capelli castani alzò di scatto la testa dal tavolino
e la preoccupazione
sparì dai suoi occhi, lasciando spazio ad un lampo di
felicità «Jack!» scattò
rapida verso il fratello che, un po’ meno baldanzoso del
solito, stava
rientrando proprio in quel momento.
Una mano sulla fronte, le impedì di travolgerlo con tutto il
peso del suo
amore.
«Ehi, calma, Valanga» la apostrofò lui
«Ho avuto momenti migliori» le fece
presente, scompigliandole la frangia.
Lei si liberò dalla sua presa con una risata
«E’ vero che avete preso quel
cinghiale enorme?» volle sapere, eccitata.
«Verissimo» le confermò, sedendosi con
una leggera smorfia «Era talmente grosso
che, per issarlo sul carro, hanno dovuto prenderlo in sei!»
le raccontò con il
suo solito entusiasmo, cercando di mimare con le braccia la mole enorme
della
preda.
La sorella sospirò ammirata «La prossima volta
posso venire anche io con voi,
Jack?»
«Solo se la mamma vorrà»
«E la mamma non vuole» l’arrivo della
donna in questione mise subito un freno
ad ogni loro possibile piano. Si avvicinò al figlio
più grande e gli prese il
mento con una mano, costringendolo a puntare lo sguardo nel suo,
identico sia
nel taglio che nel colore «Solo tu potevi rischiare di
perdere un occhio per
salvare un cane»
Jackson liberò il viso «Un cane e il signor
Mattias» puntualizzò «Comunque sia
il mio occhio è ancora qui» portò una
mano sulla sua, come a rincuorarla,
avrebbe potuto accadere di peggio ma non era successo, quella era la
cosa
importante.
«Perché non posso andare a caccia anche
io?» tornò alla carica, invece, la
ragazzina.
Ellen Overland alzò gli occhi al cielo
«Perché il cacciatore non è un mestiere
da donne, Emma» cercò di spiegarle.
«Elsa fa il falegname e nessuno le dice niente»
ribatté piccata, gonfiando le
guance.
«Elsa fa il falegname perché suo padre
è morto troppo presto per combinarle un
buon matrimonio ma, se avesse un po’ di sale in zucca, quella
benedetta ragazza
dovrebbe smettere di fare ciò che fa quanto prima e trovarsi
una buona
sistemazione»
Jack aggrottò le sopracciglia «Che
intendete?»
La donna sospirò «Intendo che non necessariamente
non dirle niente, significa
che venga approvato ciò che fa. Perciò se chi
l’aiuta in segreto, si
facesse avanti e le chiedesse di sposarlo, forse,
tutti questi
pettegolezzi smetterebbero prima che si trasformino in qualcosa di
più serio»
«Aiutarla in segreto? Avete mai visto il suo laboratorio? Ha
dei macchinari
pazzeschi, non ha bisogno di nessun aiuto per spostare le
cos… Un momento» un
lampo di comprensione saettò nei suoi occhi nocciola
«Voi pensate che sia io
ad aiutarla?»
«Non lo penso solo io, lo pensa tutto il villaggio. Eravate
così amici da
piccoli, prima della sua malattia, che nessuno crede ai vostri pubblici
battibecchi. Tutti sono convinti che lo facciate a posta, per mantenere
il
vostro segreto»
«Noi non abbiamo nessun segreto: mi odia
sul serio, chiederle di
sposarmi?» rise sarcastico «Volete vedermi morto,
per caso?»
«Però lei ti piace, non è
vero?»
Jack non riuscì ad evitare di arrossire «Se anche
fosse? Io non piaccio a lei…»
Non avrebbe saputo dire perché, ma la donna aveva il vago
sospetto che la sua convinzione
non fosse del tutto esatta «Fossi in te proverei ad essere un
po’ meno
spocchioso e cercherei di decidermi, prima che ci pensi qualcun altro:
gira
voce che il figlio del capo villaggio voglia proporsi»
Il cacciatore strabuzzò gli occhi «Chi,
Hans?» Elsa ne avrebbe fatto un sol
boccone di quel damerino.
Una leggera cantilena in sottofondo, lo ridestò dai suoi
pensieri: era la voce
di Emma che blaterava di matrimoni e di fiori. Avvertendo il proprio
nome accostato
a quello della ragazza, si decise a prestarvi più attenzione
«Sposami, Elsa…» la
sentì imitare una voce profonda mentre, saggiamente, si
allontanava sempre più
da lui «No, sei troppo brutto e puzzi»
continuò imperterrita, salendo di tono.
Jack assottigliò gli occhi «Pulce!»
tuonò «Adesso me la paghi!» e si
lanciò al
suo inseguimento.
Elsa ripassò mentalmente se avesse effettivamente
commissionato ogni cosa di cui aveva bisogno, era convinta di
sì «E’ tutto»
confermò al ragazzo di fronte a lei.
Hans
annuì e finì di scrivere gli ultimi appunti sul
foglio del suo ordine «Bene,
come al solito provvederemo a farti recapitare il necessario
direttamente alla
bottega»
«Ti
ringrazio» gli disse, un attimo prima di ricalarsi il
cappuccio sul viso,
pronta a congedarsi. L’altro comprese che, se voleva fare la
sua mossa, doveva
farla subito. La superò rapido e fece scattare un braccio in
avanti
intrappolandola, di fatto, fra lui stesso ed il muro
«Aspetta, c’è una cosa che
devo dirti»
La vide
irrigidirsi e portare il suo sguardo, improvvisamente tagliente, nella
direzione di quella mano che, a pochi centimetri dal suo viso, le stava
bloccando il passo «E sarebbe?» volle sapere,
riportando l’attenzione su di
lui.
Il giovane
prese un grosso respiro «Sposami, Elsa»
buttò fuori, tutto d’un
fiato «Saprò prendermi cura di te e di tua
sorella»
Lei
sgranò gli occhi, sorpresa. «Sposarti?» Aveva capito bene?
Quel piccolo
fremito che le vide agli angoli della bocca, come se stesse
trattenendo una risata, lo irritò «Sposarti,
sì. Perché, ti diverte?» il suo
tono si fece improvvisamente più duro «Pensi che
non sia abbastanza per te? La
mia famiglia è la più ricca del villaggio, tu e
tua sorella non dovreste più
preoccuparvi di nulla, potresti smettere di giocare a fare il falegname
e
trovare finalmente il tuo posto»
L’ilarità
si spense immediatamente sul volto dell’altra «Il
mio posto in casa e
in cucina, intendi?»
«Il
tuo posto come padrona»
gonfiò il petto «Sono l’uomo giusto per
te,
lo sai»
«Lo
so?» ripeté Elsa, inarcando un sopracciglio
sarcastica «Mi pare evidente
che non sai niente di me ma desideri sposarmi perché,
ovviamente, io non
posso sapere cosa sia meglio per me e per mia sorella ma,
certamente, lo può sapere un uomo come te» smise di
guardarlo e si voltò
di nuovo, più che mai intenzionata a riprendere il suo
cammino «Fammi passare»
quasi gli ordinò.
Hans
ritirò il braccio, la vide superarlo senza degnarlo di un
ulteriore
sguardo e sentì la collera montargli nel petto
«E’ per il cacciatore, vero?»
La ragazza
si bloccò, portando ancora una volta l’attenzione
nella sua
direzione «Che c’entra lui adesso?»
«Lo
sanno tutti chi è ad aiutarti nel tuo lavoro, è
impossibile che tu riesca a
fare tutto quanto da sola. I vostri stupidi
litigi non incantano nessuno»
ghignò perfido «Mi domando come lo ripaghi dei
servigi che ti offre»
Elsa strinse
i denti «Trovo che il tuo sia un metodo di corteggiamento
quanto
mai curioso» lo provocò.
«Non
è un corteggiamento, ti sto offrendo un contratto: contratto
che sarà in
grado di prevenire qualsiasi tipo di guaio in cui delle ragazze sole
come voi
potrebbero capitare»
«E’
una minaccia, per caso?»
«Che
cosa succede qui?» la voce imponente del capo villaggio mise
fine al loro
diverbio.
Hans
distolse lo sguardo e non disse una parola, al contrario Elsa non
l’abbassò «Niente, me ne stavo
andando» fece presente, sistemandosi la mantella
e la sciarpa a coprire il viso dal freddo esterno «Vi
ringrazio ancora per la
vostra disponibilità»
Friederik la
guardò andare via e attese, in silenzio. Solo quando
sparì dalla
loro vista, aprì bocca «Gradirei che mi mettessi
al corrente quando decidi di
fare certi tipi di proposte» rimproverò il figlio
senza neanche guardarlo.
«Ma
padre…» protestò quello «Sono
un uomo, ormai»
«Un
uomo che vive sotto il mio tetto»
gli ringhiò contro il genitore,
arpionandolo per il mantello con una rapidità tale da fargli
sbattere le
palpebre per la sorpresa «Quella ragazza non è
roba per te: se non fossi
accecato dalla sua bellezza, ti saresti già accorto che
ormai è perduta,
non sprecare altro tempo con lei»
Grazie per essere arrivati in
fondo a questo nuovo capitolo.
Siamo proprio sicuri, sicuri che Elsa sia totalmente indifferente al
nostro caro Jack(son)?
Non ho resistito a mettere un piccolo cameo del Tenente Mattias di
Frozen 2 che, poraccio, si è beccato una zannata di
cinghiale
dove il sole non batte.
Ho provato a cercare se fosse effettivamente possibile che la corda
tesa di un arco potesse essere pericolosa se questo si spezza ma non ho
trovato niente in merito (né a favore, né
contro), nel
caso passatemela ^^
Questa volta c'è anche un po' di famiglia di Jack e la
sorella
è proprio quella per cui si sacrifica prima di diventare
Jack
Frost, pare non abbia un nome canonico ma Emma è quello
più quotato.
Non so se nei libri la madre è mai citata ma mi piace l'idea
che
le donne Overland abbiano tutte un nome che cominci per E
(sì,
anche quelle acquisite XD) per cui ho scelto Ellen.
Ebbene anche Friederik ha fatto la sua adorabile comparsa,
chissà cosa combinerà questa volta il malefico
duo.
Come al solito grazie per il vostro sostegno!
Alla prossima
Cida
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO 3
La Luna Rossa era
destinata ad illuminare il cielo quella
notte ed il villaggio era, inaspettatamente, in festa: non per adorare
l’astro
portatore di sventura, bensì per esorcizzarne i malefici
influssi. Era chiamata
la
Festa dei Fuochi: ne venivano accesi
a decine così che la luce delle
loro fiamme potesse spazzare via l’oscurità con i
suoi demoni, i suoi fantasmi
ed i suoi lupi.
Come ogni notte di luna piena, il capo villaggio non sarebbe stato
presente,
già partito da qualche giorno, con il solito manipolo di
uomini, per mandare
avanti le relazioni con le comunità vicine.
L’organizzazione era, quindi, tutta
nelle mani di suo figlio Hans ed era proprio con lui che Kristoff aveva
appena
finito di parlare, per comprendere di quali pire da preparare avrebbe
dovuto
farsi carico e dove posizionarle. Era, stranamente, agitato ma non per
il
compito che gli avevano assegnato – assolutamente di poco
conto per un
taglialegna esperto come lui – ma per l’obiettivo
che si era prefissato: al
diavolo la timidezza, avrebbe chiesto ad Anna di passare quella serata
con lui.
Tuttavia, la cosa era più facile a dirsi che a farsi
perché, nonostante la
festa, si trattava pur sempre di una notte di luna piena e il giovane
ben
sapeva quali terribili ricordi potessero rischiare di riaffiorare nella
mente
della ragazza, ai quali si aggiungeva la quasi totale simbiosi in cui
le
sorelle sembravano vivere durante quei momenti. Kristoff,
però, aveva il netto
sospetto che Anna, a differenza di Elsa, anelasse a partecipare a
quell’evento
ed era più che mai intenzionato a non lasciarsi sfuggire
quell’intuizione,
sperando con tutto il cuore nella sua correttezza. Ad onor del vero,
aveva già
avuto almeno due possibilità differenti di farsi avanti ma,
guarda caso,
nessuna di quelle sembrava abbastanza adatta: la terza, lo sentiva,
sarebbe
stata quella buona. Completamente preso dai suoi propositi, camminava
senza effettiva
cognizione di dove stesse andando e di ciò che lo
circondasse e, così, finì per
colpire inesorabilmente qualcuno che, altrettanto distratto, ebbe la
sfortuna
d’incrociare il suo cammino. Improvvisamente vigile, si
prodigò immediatamente
ad aiutare la minuta figura a rimettersi in piedi, salvo pietrificarsi
non
appena capì contro chi avesse sbattuto
«Anna!» pigolò con una voce,
improvvisamente, di un’ottava più alta
«Stai bene?»
«Più o meno» cercò di
rassicurarlo, accettando di buon grado l’aiuto che le
veniva offerto, senza riuscire ad evitare di arrossire non appena lo
toccò «Scusami,
ero – come al solito – con la testa fra le
nuvole»
«Oh no, sono io a dovermi scusare, anche io avevo altro a cui
pensare» le fece
presente, scompigliandosi i capelli della nuca, cercando di non morire
di
imbarazzo per avere ancora la mano della ragazza stretta nella sua.
«Anna»
esordì, ora o mai più «Ti piacerebbe
venire questa se…»
«Sì!» lo anticipò lei,
felice, quasi saltando sul posto.
«Che?» sbottarono assieme, prima di diventare
più rossi delle loro stesse
mantelle.
Anna si morse il labbro inferiore «Volevi chiedermi di
passare la serata con
te, no?» chiese conferma nervosa «O non volevi? Se
non volevi scusami, non imparo mai: parlo sempre
troppo…»
«No, no» cercò di fermarla lui.
«Allora non volevi sul serio» constatò
affranta, fraintendendo terribilmente le
intenzioni dell’altro.
«Sì, cioè, no»
andò completamente in crisi Kristoff: si impose di calmarsi,
prendendo un grosso respiro «Certo che volevo chiederti di
venire alla festa
con me»
Lei
s’illuminò nuovamente «Allora la mia
risposta
è sì, sì e
ancora…» il suo
sguardo scivolò impercettibilmente sulla figura della
sorella
che, in linea
d’aria, spuntava appena dalle spalle del taglialegna, intenta
a
cercare di
liberarsi, invano, da una conversazione in cui non avrebbe voluto
essere e il
suo entusiasmo inesorabilmente scemò «…
no»
«Perfetto…» annuì contento il
ragazzo per, poi, inarcare un sopracciglio
perplesso «No?» sussurrò deluso.
«Mi dispiace» si scusò, piena di
vergogna: liberò la mano dalla sua e se la
portò lungo il fianco, impacciata «Mi sarebbe
davvero piaciuto venire con te
questa sera ma non posso lasciare sola mia sorella»
«Ho capito, dispiace molto anche a me»
tentò di sorriderle per rassicurarla ma
con scarso successo «Ci vediamo in giro allora» si
congedò mesto.
Anna lo guardò allontanarsi e sospirò affranta.
«Perché l’hai fatto?» le
chiese Elsa, affiancandola.
L’altra trasalì «Per te, l’ho
fatto per te: non posso lasciarti sola in una
notte come questa»
La maggiore sorrise «Non solo puoi ma devi» le prese
una mano «Sono
tutti troppo eccitati per questa festa, nessuno farà caso se
me ne andrò un po’
prima del previsto, non servirà che mi controlli, la strada la so»
cercò
di rassicurarla.
«Ma io…»
«Niente ma…»
bloccò la sua protesta sul nascere «Avvertivo la
tua voglia
di accettare da laggiù: pensa a te stessa, per una
volta»
Anna spostò il peso da un piede all’altro,
indecisa.
Elsa alzò gli occhi al cielo e sbuffò
«Allora, ti decidi ad andargli dietro o
no?»
Così la vide scattare sull’attenti per poi
lanciarsi all’inseguimento
dell’altro: un uragano di pura grazia che
rischiò di strapparle una
risata. Quando finalmente lo raggiunse, la felicità che vide
disegnarsi sul
volto di entrambi le scaldò il cuore. Il sorriso che le
salì spontaneo sulle
labbra, però, lo nascose sotto al cappuccio.
Elsa
si era assicurata di farsi vedere in giro da più
persone possibili quel giorno, consegnando la maggior parte dei suoi
lavori pronti ma, adesso che stava per calare la sera, era
giunto il momento di avviarsi. Il cammino che l’aspettava era
lungo ma, al
solito, non ci avrebbe messo molto a coprirlo. Controllò
rapidamente la sua
bisaccia contenente un cambio d’abito, per ogni evenienza, e
una discreta
quantità di cibo di vitale importanza. Spese un ultimo
pensiero per la sorella
e sperò con tutto il cuore che potesse godersi, in santa
pace, una serata di
spensieratezza e alleggerirsi, per una volta, di quel fardello che
portava con
assoluta dedizione nonostante non fosse il suo. Finalmente pronta a
partire, la
mano le tremò impercettibilmente sull’uscio quando
comprese che c'era qualcuno
fuori ad aspettarla: anche senza bisogno di guardare, già
sapeva di chi si
trattasse. Non aveva il tempo di aspettare che se ne andasse e non
c’era modo
di sgattaiolare via inosservata, affrontarlo era l’unica
soluzione possibile.
Così, sperando di risolverla rapidamente, prese un
grosso respiro ed uscì.
Al solo sentir cigolare la porta, gli occhi di Hans si posarono su di
lei
immediatamente, lo vide dare un ultimo sorso a quello che doveva essere
un
boccale di birra – non ci volevano chissà quali
capacità per capire che fosse l’ennesimo
– e pulirsi appena il labbro superiore con il dorso della
mano.
«Te ne stai andando?» le chiese, evidentemente
ancora abbastanza attento da
notare la sua tenuta «Non sei tu quella terrorizzata dai
lupi?» continuò,
allargando le braccia con fare teatrale «Senza contare che la
festa dei fuochi
è nata per te: l’ultima luna rossa non festeggiata
ha portato la tua malattia,
saresti davvero scortese
e sciocca
ad andartene»
La ragazza trasalì, che cosa sapeva? Lo sondò per
un attimo: nulla, decretò.
Hans era perfido, sì, ma non così folle da essere
lì altrimenti «Perché sei
qui?»
Lui alzò le spalle «Per la prima volta in vita
mia, ho visto tua sorella presenziare alla
festa, in compagnia di Kristoff. Ho pensato che, forse, volessi venire
anche tu
ma che fossi bloccata con qualche commissione, magari avevi bisogno di una
mano»
Il sottinteso in quelle parole la investì in pieno
«Sei ubriaco»
«E’ possibile che abbia bevuto qualcosa in
più del solito, sì, ma al diavolo…
è
una festa, no? Perché non vieni a divertirti un
po’ anche tu?»
L’altra s’irrigidì «Non mi
interessa»
Hans scosse
la testa
«Elsa, Elsa, Elsa…» sospirò
«Sempre
così rigida…» si avvicinò
di un passo «Sempre così
inarrivabile…» un
altro passo «Solo il lupo ti fa
paura, nessun altro, neanche mio padre»
Le stava facendo perdere fin troppo tempo «A te
sì…»
Lui sgranò gli occhi ma solo per un momento, poi un ghigno
laterale apparve
sulle sue labbra «Ma quanto siamo insolenti» le
disse, prendendole il mento con
una mano.
Elsa titubò indecisa, reprimendo con fatica il primo impulso
che il cervello
le aveva inviato al resto del corpo: nonostante fosse ubriaco, era
decisamente
ancora troppo in sé per dimenticare quel che sarebbe
seguito, il che sarebbe
stato un enorme problema. Tuttavia, il passare del tempo poteva essere
un
ostacolo altrettanto grande «Lasciami stare» gli
intimò, liberando il viso.
Hans non si scompose «Altrimenti?»
La ragazza
allargò impercettibilmente le narici: no,
non lui, non adesso.
«Altrimenti te la vedrai con me» lo
avvertì una voce alla sue spalle. Il figlio
del capo villaggio non aveva bisogno di vederlo per sapere che dietro
di sé
aveva la persona più ovvia «Ma guarda un
po’ chi è venuto latrando di
corsa in soccorso della sua padrona»
«Meglio essere cane che stronzo» gli rispose a tono
Jackson «Che c’è, sei triste
perché il paparino non c’è a vedere la
bella festa che hai organizzato?»
L’altro alzò appena le sopracciglia
«Almeno io un padre ce l’ho»
colpì dritto
nel segno.
Il cacciatore strinse istintivamente i pugni «Vattene
via»
«Agli ordini» acconsentì quello,
canzonandolo con un finto inchino «Ti lascio
alla tua
ricompensa»
diede un'ultima occhiata alla giovane e si allontanò.
Jack non comprese a cosa si riferisse e non gli interessava saperlo,
c’era solo
una cosa importante in quel momento «Stai bene?»
In quella domanda, Elsa percepì tutta la sua preoccupazione
ma non aveva più
tempo, doveva liquidarlo in fretta «Sì, il tuo
intervento non era necessario»
«Non mi sembrava»
Doveva colpirlo e subito, puntò gli occhi taglienti nei suoi
«Nessuno ha
chiesto il tuo aiuto»
Non poteva averlo detto sul serio.
«Ma si può sapere che problema hai con
me?»
La vide prendere fiato per, probabilmente, investirlo nuovamente di
gelido
disprezzo ma, improvvisamente, i suoi occhi si sgranarono e, rapida, lo
spinse
via, facendolo finire a terra in un battito di ciglia. Stupito, si
accorse solo
in quel momento che il colpo di bastone, caricato da Hans alle sue
spalle,
aveva miseramente mancato il suo bersaglio. Indispettito da quel
comportamento
infame, scalciò con rabbia e disarmò quello che,
a tutto gli effetti, era appena
diventato il suo avversario e, rimessosi in piedi, caricò un
destro poderoso
che si schiantò, senza troppi complimenti, sulla faccia
dell’altro.
Elsa avvertì l’odore del sangue ancor prima che le
nocche dell’uno lacerassero
le labbra dell’altro, doveva allontanarsi il più
in
fretta possibile ma la mano di Jackson, determinato
più che mai a non lasciarla andare senza una
spiegazione, arpionò
la sua bloccandola ancora una volta «Rispondimi»
L’espressione di lei si fece improvvisamente terrificata: la
vide guardare il
cielo, poi le loro mani unite, infine, portarsi quella libera al petto
«Lasciami
andare, per favore» lo supplicò.
Il fantasma della sua amica d’infanzia gli folgorò
per un attimo la mente, lasciò
la presa e la guardò allontanarsi. L’impulso a
seguirla si spense non appena
sentì il suo nome pronunciato, ancora e ancora, da
un’angosciata ed
estremamente familiare voce femminile. Lasciò Hans a terra
dolorante e le andò
incontro.
«Madre…» la sorresse per le spalle non
appena la raggiunse «Che succede?»
«Jack» lo chiamò nuovamente lei, come ad
assicurarsi che il figlio fosse
effettivamente lì, gli occhi colmi di lacrime «Tua
sorella è sparita»
Fra
Emma e Jack passavano ben dieci anni di differenza. Il
primo parto di Ellen era stato incredibilmente duro e aveva rischiato
di
portarsi via madre e figlio in un solo colpo ma, incredibilmente, le
preghiere
di Jørgen erano state ascoltate ed il miracolo era avvenuto
senza, però,
risparmiare il pagamento di un duro prezzo: la donna non avrebbe potuto
mai più
avere figli. Nonostante questo, gli anni erano passati felici, anni in
cui il
piccolo Jackson cresceva, giorno dopo giorno, con una
curiosità
esasperata per
quel mondo che aveva rischiato di non vedere. Anche Jørgen
era
un grande cacciatore ed era, appunto, da lui che Jackson aveva
perfettamente ereditato questa dote. La
caccia, però, era un’attività altamente
pericolosa
e, durante una battuta sfortunata,
l’uomo si ritrovò privato di una gamba e di tutta
la sua
voglia di vivere.
Erano stati mesi terribili, in cui l’aria grave di sogni
infranti
e rimpianti
saturava, come melma, le mura della loro casa. Fu Jack a trovare il
padre a
giocare
con un pugnale pericolosamente rivolto verso i polsi e, forse,
furono proprio i suoi occhi di bambino ad evitargli di trovare il
coraggio a
far scendere quella lama senza possibilità di ritorno. Poi,
un nuovo miracolo era
accaduto ed Ellen era rimasta incinta della piccola Emma. La gioia era
tornata
a risplendere in quella casa ma, nonostante tutto, il corpo di
Jørgen era ormai
corroso da quel tempo passato a struggersi nel dispiacere e un male
misterioso
se l’era portato via improvvisamente. Non c’era da
stupirsi che Ellen considerasse
i propri figli come i suoi tesori più preziosi e fosse,
spesso, un po’ troppo
apprensiva nei loro confronti ma, indubbiamente, i due non facevano
niente per
sedare i suoi timori, anzi.
Così, la
giovane Emma – dodici anni di spirito d’avventura e
ribellione pura –
si era legata i capelli in una coda di cavallo, aveva rubato un pugnale
del
fratello, issato in spalla il piccolo arco che lui le aveva regalato in
segreto, caricato qualche freccia ed era partita per emulare le gesta
del suo
eroe, incurante degli avvertimenti della madre e, soprattutto, della
luna piena
- rossa di sangue - ormai alta nel cielo. I conigli, come ben sapeva,
erano
animali notturni e non c’era niente di meglio che cacciarli a
quell’ora, Jack
glielo diceva sempre. Infatti, da un piccolo cespuglio, fece capolino
proprio
una di quelle tenere creature dal pelo morbido, le orecchie lunghe e la
coda a
batuffolo. La ragazzina perse un secondo di troppo a contemplarne la
tenerezza:
quello alzò di scatto le orecchie e terrorizzato
scappò via. Lei imprecò, era
sicuramente contro vento e il piccolo doveva aver avvertito il suo
odore, un
errore da vera novellina. Tuttavia, la raffica gelida che la
investì in pieno
viso le dimostrò di non essersi sbagliata, non aveva
commesso sbaglio alcuno.
Rabbrividì ma non per il freddo, si voltò verso
il refolo caldo che le aveva
appena soffiato sul collo, non
riuscì nemmeno ad aprire bocca: di fronte
a lei aveva il lupo bianco più grosso e minaccioso che
avesse mai visto, i suoi
occhi di brace la puntavano bramosi e le sue fauci bavose schioccavano
nell’aria, pregustandosi il sapore della preda che avrebbero
assaporato di lì a
poco. Un cupo ringhio rombò nel petto dell’animale
e quando alzò il muso per
ululare alla luna, lei – finalmente –
urlò.
Nuovo anno, nuovo
aggiornamento.
Non so nemmeno se farvi gli auguri o no, visto come sono andate le cose
l'anno scorso... diciamo altro giro, altra corsa? Cerchiamo di correre
nel miglior modo possibile.
Al solito grazie per aver letto questo nuovo capitolo e scusate la
lunga attesa, purtroppo il tempo da dedicare alla scrittura si
è
notevolmente ridotto ma ciò non implica che voglia smettere,
solo avrò bisogno di più tempo fra un capitolo e
l'altro.
Che dire, il grande lupo cattivo ha fatto la sua comparsa... gli indizi
sulla sua identità cominciano ad essere ormai chiari (anche
se,
in realtà, c'è chi ha già compreso
pure con quelli
più torbidi ^^) ma siamo appena all'inizio...
Chi mi conosce già sa che, per quanto ami Elsa e Jack, ho
una
profonda adorazione per la pucciosità dei Kristanna...
perciò un po' di dolcezza per cominciare questo nuovo anno,
prima di un sacco di guai XD
Sperando che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto - se vorrete farmi
sapere le vostre impressioni, ovviamente, mi farete felice - vi lascio.
Alla prossima
Cida
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO 4
La luce dei fuochi sapeva davvero essere suggestiva ed
affascinante: le fiamme parevano danzare
nell’oscurità, aprendo squarci rossi
vermigli nel buio della notte, come se la bestia sconosciuta e potente
sanguinasse ferita e fosse sul filo di perdere quell’eterna
battaglia fra la
luce e le ombre.
Anna,
più che mai decisa a seguire il suggerimento di Elsa e
credendola al
sicuro, si era lasciata andare e aveva vissuto con trasporto quegli
attimi che,
per una volta, aveva deciso di concedersi. In realtà, si era
ben presto resa
conto che della festa non le importasse granché, tutto
ciò di cui aveva bisogno
era rappresentato dalla timida e impacciata presenza del ragazzo al suo
fianco:
certo, forse era solo colpa del riverbero dei fuochi se i suoi occhi
brillavano
ogni volta che si posavano su di lei ma Anna, da inguaribile romantica
qual
era, preferiva credere che sotto ci fosse dell’altro. Quando,
seduti su di un
muretto un pochino appartato rispetto al resto della folla, la mano di
lui
aveva cercato timidamente la sua, il cuore le aveva fatto una capriola
nel
petto e si era ritrovata istintivamente a stringere quelle dita ruvide
senza,
però, avere il coraggio di guardarlo, ringraziando
mentalmente il calore del
falò che mitigava il rossore delle sue guance.
Nel momento
in cui la sua stretta era stata ricambiata, Kristoff aveva
rischiato un mezzo infarto. Quella serata era stata semplicemente
perfetta: certo,
forse avrebbe potuto essere un po’ più sicuro,
fare qualche figuraccia in meno
ma, nonostante tutto, lei era lì, non era scappata, non
aveva rifiutato la sua
mano. Deglutì quando la sentì rilassarsi contro
la sua spalla, adagiandovi
piano il capo: che si fosse addormentata? Trovò il coraggio
di abbassare lo
sguardo sul suo viso e trovò i suoi occhi azzurri aperti e
concentrati sulle
fiamme al centro della piazza: era di una bellezza disarmante. Si
umettò le
labbra improvvisamente secche e, colto da un improvviso impeto di
coraggio,
allungò l’altra mano ad accarezzarle il viso,
invitandola delicatamente a
voltarsi verso di lui. Si chinò quel tanto che bastava per
arrivare alla sua
altezza: la vide abbassare le palpebre e dischiudere le labbra, pronta
a ricevere
quel bacio che lui aveva tutta l’intenzione di darle. Prima
che riuscisse a
farlo, però, un ululato terrificante si alzò
dal profondo della foresta: lei sgranò gli
occhi improvvisamente pieni d’angoscia «Oh, no! No,
no, no…» blaterò, alzandosi
di botto mentre il caos scoppiava attorno a loro.
«Anna,
io…» cercò di tranquillizzarla ma lei
scosse la testa, nel panico.
«Non
posso più stare qui» lo anticipò
«Mi dispiace Kristoff, io devo andare »
Il
taglialegna la vide scappare via senza degnarlo di un ulteriore
sguardo,
abbassò il capo affranto e chiuse gli occhi, incapace di
trattenersi dal
pronunciare quella frase che ancora spingeva per uscire dalla sua gola
«Io: ti
proteggerò io»
Qualcosa di
morbido, umido e delicato si posò sulla sua bocca mentre un
dolce
profumo gli scombussolò i sensi. Aprì gli occhi e
si ritrovò ad un soffio dal
viso della ragazza, le sue labbra – che si erano appena
staccata dalle sue –
tirate in un sorriso nervoso «Grazie» gli
sussurrò prima di sparire nuovamente.
Kristoff si
portò una mano al viso disorientato, incredulo
«Prego…»
Emma era
nel panico: il lupo di fronte a lei si prendeva gioco della sua
angoscia, combattuto fra l’idea di
sbranarla subito ed
il lasciarsi andare al divertimento della caccia, sembrava quasi
la
incitasse a scappare via. Certo, come se le sue gambette paralizzate
dal
terrore avessero potuto fare qualcosa contro la stazza di quella bestia
infernale. Si domandò se dovesse fingersi morta, come con
gli orsi - spacciata
per spacciata – quando, improvvisamente, l’animale
allargò le narici e si voltò
verso il fitto degli alberi, richiamato da un odore impossibile da
ignorare,
gli occhi sgranati, il pelo ritto e le fauci ringhianti, colanti di
bava.
La
torcia che Jackson sorreggeva con una mano, scivolò a
terra e si spense miseramente: il lupo a cui non credeva, che
denigrava, era
proprio
lì davanti ai suoi occhi, a pochi passi da sua sorella, ed
era la belva più
spaventosa che avesse mai visto.
Deglutì, cercando di rinsaldare la presa sul suo pugnale che, per
quanto affilato,
probabilmente lo avrebbe difeso tanto quanto una manciata di trucioli
di legno.
Doveva assolutamente richiamare la sua attenzione, mettere Emma al
sicuro: fece
leva su tutto il suo coraggio che, nonostante tutto, non l'aveva abbandonato e gridò «Ehi!»
Non
servì dire altro: nessuna frase degna di un salvatore,
nessuna battuta
brillante su quel cagnolino troppo cresciuto, il
tempo di sbattere gli
occhi e il lupo era già lì, addosso a lui. Il
puro istinto, nient’altro che
quello, portarono il cacciatore a mettere in atto la prima regola di
difesa in
caso di attacco da parte di canidi impazziti: proteggere la gola,
offrendo il
braccio. Il dolore che provò non appena le fauci della
bestia gli dilaniarono
la carne riempì la sua vista di scintille
luminose creando strani
disegni nell’oscurità, avvertì la sua
gola gridare dal dolore senza alcun
controllo su di essa, poi arrivò il bruciore: di
un’intensità tale che si
ritrovò a sperare che l’arto gli venisse staccato
di netto il prima possibile.
Un
dardo infuocato si schiantò a terra, ad un passo dalla
sua spalla, ed il
lupo, incredibilmente, allentò la presa: aveva paura delle
fiamme! Per pura
sopravvivenza mise a tacere il dolore e recuperò, con il
braccio sano, la
freccia dal terreno con tutto l’intento di conficcarla nel
collo dell’animale.
«No!»
un urlo femminile lo bloccò e
un’altra freccia cadde, allontanando il suo
assalitore «Non farle del male»
Jack
sgranò gli occhi «Cosa?» davanti a
lui, a sua protezione, si stagliò una
figura femminile vestita di cuoio, balestra alla mano e altre armi
addosso, al
momento, difficili da identificare: una cacciatrice.
«Anna?» gli sembrò di
riconoscerla ma non ne fu sicuro, confuso com’era dal dolore
e dall’oscurità.
Lei
non lo considerò «Emma!»
urlò alla ragazzina ancora lontana e attonita
«Vieni
subito qui!»
Quella
parve riscuotersi e, incespicando un paio di volte, la raggiunse
al più
presto prima di pietrificarsi nuovamente di fronte allo stato del
braccio del
fratello «Jack…» calde lacrime
iniziarono a salirle agli occhi.
«Guardami»
la scosse l’altra, mettendole
le mani su entrambe le spalle «Io
adesso accenderò un fuoco e poi andrò ad
allontanare il lupo: tu pensi di
riuscire a prenderti cura di Jack mentre non ci
sarò?»
Emma
scosse il capo, più volte «No, non andare
via, non lasciarci da soli» la
supplicò.
Un
altro potente ululato si espanse nell’aria, la giovane si
ritrovò la
ragazzina terrorizzata fra le braccia e dovette metterci tutta la sua
buona
volontà per trattenersi dall’imprecare
«Sta lontana» gridò verso il fitto del
bosco «Lo so che è difficile con lui
qui ma credo in te: saprai
controllarti»
Pregò
seriamente che la sua fiducia non fosse mal riposta.
Quando avvertì
alcuni rumori nelle vicinanze, però, il cuore le
saltò in gola, salvo
tranquillizzarsi alla vista del chiarore di una torcia
«Kristoff!» sgranò gli
occhi incredula «Sei pazzo? Perché mi hai
seguita?»
Il
taglialegna fu stupito tanto quanto lei «Anna, cosa sta
succedendo? Come sei
vest… Sant’Iddio, cosa è successo a
Jack?» in un attimo si unì al loro gruppo
«Amico, il tuo braccio» constatò ma in
risposta ricevette solo lamenti
«Aiutatemi: dobbiamo subito portarlo al villaggio»
«No!»
lo bloccò prontamente la ragazza.
L’altro
scosse la testa confuso «Come no?
Morirà dissanguato. Emma, aiutami a
portare via tuo fratello» non aveva nessuna intenzione di
ascoltarla, era
innamorato, sì, ma non per questo era disposto a perdere il
suo amico pur di
darle ascolto.
«Non
morirà qui» gli fece presente Anna
risoluta «Ma lo farà se lo porterete al
villaggio: Jack è stato morso da un lupo in questa notte di
piena Luna Rossa,
cosa credete che gli faranno?»
«Morso
da un lupo?» Dio, l’avrebbero
decapitato seduta stante e ne avrebbero
bruciato i resti senza rimpianti «Che ne sarà di
lui? Cosa dobbiamo fare?»
«State
qui» gli suggerì, cominciando ad
estrarre un fagotto dalla sua bisaccia
e a spargere alcune erbe attorno a loro.
«Cos’è?»
«Strozzalupo,
lo terrà lontano»
spiegò, prima di uscire dal cerchio appena
disegnato per dargli fuoco subito dopo, così da creare una
barriera a
protezione degli altri tre «Kristoff, prenditi cura di loro:
Jack straparlerà,
ti supplicherà di ucciderlo o di tagliargli il braccio, non
farlo, ti prometto
che guarirà. Io e Elsa sapremo prenderci cura di
lui»
Il
ragazzo era confuso, chi diavolo era colei che aveva davanti? Che fine
aveva
fatto la sua dolce, tenera e goffa Anna? «Ma tu chi
sei?»
Lo
sguardo di lei si velò appena «Sono sempre io,
fidati di me, per favore»
sorrise affranta «Tornerò al più presto
da voi: nel frattempo, ti supplico, fai
che quel fuoco non si spenga» gli lanciò il resto
delle erbe e sparì
nell’oscurità.
La versione ufficiale fu che Emma, scappata per emulare le
gesta del fratello, fosse stata attaccata da un gigantesco orso bruno.
Jack,
assieme al suo fidato amico Kristoff, era riuscito a raggiungerla in
tempo e a
mettere l’animale in fuga. Un orso ferito, però,
poteva essere fonte di guai
estremi per il villaggio, i suoi animali e i suoi abitanti,
così Jack aveva deciso di
continuare a dargli la
caccia da solo finché non lo avesse definitivamente ucciso o
non fosse stato
abbastanza lontano da ritenere le loro case al sicuro. Fortunatamente
il
ragazzo era considerato abbastanza folle da formulare realmente un
pensiero del
genere, così nessuno aveva dubitato della
veridicità di quel racconto ed Emma
aveva accettato stoica la lavata di capo della madre e la terribile
punizione
che ne era seguita: non aveva protestato, la parte che la riguardava
era
assolutamente vera, anzi, fin troppo bonaria nei suoi confronti
perché,
saggiamente, celava il fatto che il fratello fosse, in
realtà, stato gravemente
ferito dal morso di un lupo.
Agli occhi e
alle orecchie di tutti, quindi, non era arrivata la notizia di
alcun incidente: nessun capo di bestiame ucciso, nessuna persona
attaccata e,
così, quegli ululati lontani nella notte vennero considerati
come i
discorsi di un
semplice branco di passaggio, sebbene i visi delle persone rimanessero
tirati e
sibilasse fra loro il lezzo della paura.
Kristoff
aveva fatto del suo meglio per supportare quella storia, anche se
mentire non era mai stato il suo forte e farlo di fronte ad Ellen era
stata
davvero dura. Era Elsa a tenerlo aggiornato sulle condizioni di salute
di Jack,
non l’aveva mai vista in quello stato: stanca, preoccupata,
come se fosse rosa internamente
da un inestinguibile senso di colpa, eppure quella sera neanche era
presente.
Che cosa gli sfuggiva?
Le sorelle
non si erano più viste assieme, impegnate nel loro compito
alterno
di prendersi cura del cacciatore, e con Anna non aveva più
parlato: lui la
evitava e lei non lo cercava. Era un comportamento sciocco il suo, ne
era
consapevole, ma la realtà era che non riusciva a togliersi
quell’immagine dalla
testa: lei bardata da cacciatrice, i capelli raccolti sul capo, il
collo nudo,
il corsetto stretto sulla camicia e, soprattutto, quei pantaloni di
cuoio che
l’avvolgevano come un guanto, turbandogli inesorabilmente
ogni notte che ne era
seguita. Poteva pensare a quelle cose mentre il suo migliore amico era
a lottare
fra la vita e la morte? Che razza di uomo era?
Jackson, dal
canto suo, non avrebbe saputo dire dove si trovasse, le palpebre
troppo pesanti per avere la forza di aprirle. Il braccio gli procurava
un patimento
infernale, un bruciore che dal punto del morso risaliva lungo la
spalla,
rilasciando stilettate di dolore in grado di mettere fuori uso ogni sua
terminazione nervosa. Era questo che significava morire?
E’
tutta colpa mia…
Aveva udito
una volta.
E’
tutta colpa di Hans… aveva ribattuto
un’altra voce Te lo dico io
dove gliela pianterei una freccia a quel…
Non
ricordava più cosa ne fosse seguito.
Staccalo,
staccalo!
Aveva detto
qualcuno con un timbro roco, così simile al suo.
Poi era
caduto, di nuovo, in un vortice interminabile di dolore, bruciore e
improvviso sollievo, panni umidi sulla fronte e sul collo, una mano
morbida
stretta nella sua, bende cambiate, odori di unguenti e di morte.
Era certo
che qualcuno si stesse prendendo cura di lui ma non avrebbe saputo
dire chi, probabilmente non era una persona soltanto. Nei suoi
pensieri, però,
c’era un unico volto, forse, l’ultima speranza di
un condannato a morte.
Solo una
volta, richiamato da un leggero sciabordio d'acqua, era riuscito ad
aprire appena le palpebre per incontrare una
schiena candida spuntare da un corsetto allentato, mentre una treccia
bionda
lasciava
intravedere un collo snello e si andava a posare su una spalla
deturpata da una
terribile cicatrice. Confuso era scivolato di nuovo
nell’oblio, un solo nome
sulle labbra.
Eccomi…
E
ancora incubi fatti di zanne affilate e occhi di brace:
Scappa, Emma, scappa!
Emma
è al sicuro…
Il lupo esiste,
esiste!
Lo so…
Ci mangerà…
Non lo farà…
Un giorno,
improvvisamente e semplicemente, il dolore era sparito.
Aprì gli occhi ed
incontrò quelli azzurri e pieni di lacrime di Elsa
«Sei sveglio…» la sentì
sussurrare fra i singhiozzi e lì capì, era
certamente morto: quella notte il
lupo doveva, per forza di cose, averlo ucciso e dilaniato in mille
pezzi.
Grazie per essere arrivati in
fondo anche a questo nuovo capitolo.
Ebbene sì, il lupo ha colpito - ancora mi riservo di non
svelare
ufficialmente la sua identità ma, diciamo, che è
sempre
più lampante - e ad andarci di mezzo non è stata
Emma ma
il povero Jack.
L'arrivo di Anna è stato provvidenziale per arginare quella
che poteva essere
una tragedia, tuttavia chi ha visto Cappuccetto Rosso Sangue sa cosa
comporti il fatto di essere morsi da un lupo (mannaro, sì)
in una notte di piena Luna Rossa, tuttavia penso sia facilmente immaginabile per tutti.
Allo stesso modo Kristoff comincia a farsi delle domande ma i suoi
dubbi sono un pelino
disturbati dalla visione di Anna modello
Van Helsing XD
Su Jack ed Elsa, non mi esprimo... se vi va, fatelo voi ;)
Vi anticipo che il prossimo aggiornamento sarà praticamente
tutto Jelsa-centric e, per chi ha già seguito Seasons, ci
tengo
a ricordare che sarà il capitolo
5 ;)
Grazie a tutti quelli che leggono questa storia (anche
silenziosamente), a chi la lista e a chi ha piacere di lasciarmi le sue
impressioni che sono sempre apprezzate.
Alla prossima
Cida
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO 5
Jack continuava a ripetersi che quella notte non sarebbe
accaduto nulla di strano, era stato morso da un lupo solo un
po’ più grande del
normale, non potevano davvero
esistere i lupi mannari.
Quando si
era ripreso, l’arrivo di Anna aveva dato modo ad Elsa di
ricomporsi con una velocità sorprendente e, senza dargli
possibilità di replica,
lo avevano messo al corrente di alcune
parti della storia che gli erano
rimaste
oscure e della versione che era stata fatta circolare al villaggio.
Finalmente
tornato a casa, sua madre gli aveva riservato il solito trattamento di
Emma e, furente per tutti quei giorni in cui era stato lontano, gli
aveva di fatto impedito di riprendere il suo ruolo all'interno del
villaggio. Così le giornate
passavano monotone scandendo, inesorabilmente, l’avvicinarsi
della nuova luna
piena, mentre le notti erano spesso accompagnate da occhi azzurri che
si
tramutavano in occhi di brace. Era tutto perfettamente normale, aveva
rischiato
la vita, doveva per forza di cose aver avuto qualche strascico. Eppure
era
nervoso, perché non era uno sciocco e aveva notato alcuni
cambiamenti in se
stesso: era spesso agitato, quasi mai stanco e la sua bocca tendeva a
riempirsi
di saliva alla vista della carne cruda sui banchi del mercato. Potere
della
suggestione, nient’altro che quello, lo ripeteva come un
mantra ma non riusciva
a crederci davvero e, man mano che la giornata scorreva via, era sempre
più
angosciato. Timore che poteva apertamente avvertire ogni volta che
incrociava
gli occhi di sua sorella e quelli del suo amico Kristoff, i quali
cercavano di
nasconderlo dietro a doti di pessimi attori. C’erano,
inoltre, altre due
persone che lo tenevano sotto controllo costantemente, forse le uniche
che
avrebbero potuto aiutarlo a quietare i suoi timori, ma se cercava di
avvicinarle trovavano sempre un motivo per evitarlo. Come se fosse
stata richiamata dai suoi pensieri, Elsa
apparve
con la sua mantella rossa, al limitare del suo campo
visivo, all’imbocco
di un vicolo che spariva in mezzo ad un gruppo di case. La vide puntare
gli
occhi nei suoi, anche lei lo aveva scorto: non avrebbe saputo dire
perché ma avvertì
chiaramente il suo invito a seguirla. Lo fece.
Raggiunto il
luogo, però, una strana sensazione di pericolo
iniziò a farsi
largo dentro di lui: girò un angolo e trovò una
figura dargli le spalle. In
allarme le prese un braccio e la face voltare
«Anna?» la riconobbe confuso
«Dov’è
tua sorella?»
La ragazza
portò le mani unite davanti al viso in segno di scusa
«Mi dispiace»
Jack non
riuscì a chiederle per cosa, avvertì un sibilo e
riuscì a voltare
appena la testa prima di venire colpito, scivolò
nell’incoscienza.
Jackson
riprese i sensi, si portò una mano istintiva al capo,
ricordandosi di essere stato assalito ma, incredibilmente, non
avvertì alcun
dolore. Percepì immediatamente la presenza di un'altra
persona con lui e
guardando meglio,
infatti, c’era qualcuno lì davanti, dapprima dai
contorni poco
nitidi ma, pian piano,
sempre più chiari: Elsa. Mise a fuoco anche quello che la
ragazza aveva dietro alla spalle e non gli ci volle molto per
comprendere, erano chiusi dentro una gabbia.
«Mi hai colpito con una pala in testa» disse
«Volevi uccidermi, Fiocco di Neve?»
«Ucciderti?» rispose quella, inarcando un
sopracciglio «Sappi che si è rotta»
«Scusa se non me ne dispiaccio» celiò
«Se volevi che ti seguissi, dovevi solo
chiedere»
Elsa tirò le labbra di lato, sarcastica «Ti
saresti fatto rinchiudere senza
domande?»
Lui ricambiò la sua espressione «Probabilmente
no…» concesse «Mi hai imprigionato
qui perché credi possa diventare un lupo questa
notte?»
Gli occhi di lei si velarono improvvisamente «Non
è che lo credo, lo so…»
Jack rise, nervoso «Dai, non puoi dirlo seriamente»
La ragazza si irrigidì «Vuoi dirmi che non hai
cominciato ad avvertire
cambiamenti dentro di te? Non mentirmi e non fare lo stupido, non lo
sei mai
stato»
Il cacciatore sgranò gli occhi «Voleva essere un
complimento?»
Elsa si rilassò «Forse…»
«Quindi ora te ne andrai e mi lascerai qui?»
«Io non me ne andrò»
«Cosa?» sbottò l’altro
preoccupato «Non puoi stare con me, se mi
trasformerò in
lupo…» non finì la frase. La raggiunse
rapido e la scostò, cercando di liberarsi: non appena le sua
mani afferrarono le sbarre, però, le ritirò
immediatamente «Cosa c'è qui sopra?[1]»
chiese,
guardandosi i palmi scottati.
«Argento...»
«Argento?» sgranò gli occhi
«Apri
immediatamente questa porta ed esci di qui» le
intimò agitato, cos’era tutto
quel calore che gli stava salendo dal braccio?
«Non posso» confessò l’altra
«Non ho le chiavi»
Lui la raggiunse e la prese per le spalle, disperato
«Perché l’hai fatto?»
Per la prima volta da che erano cresciuti, Elsa lo guardò
dolcemente «Perché
sono come te»
Jack non ebbe nemmeno il tempo di meravigliarsi: il respiro si fece
corto, il
petto pesante e il bruciore, Dio, era
insopportabile. Vide la ragazza
portarsi una mano alla spalla sinistra, un’espressione
sofferente sul viso, e
accasciarsi con un ansito. Allungò una mano per aiutarla ma
tutto quello che
avvertì fu lo scrocchio delle prime ossa rotte: le sue gambe
spezzate lo
costrinsero in ginocchio togliendogli il fiato, poi fu solo buio, fu
solo
dolore.
Il
lupo bianco scrollò il pelo e si alzò su tutte e
quattro le zampe, i suoi occhi rossi si puntarono in quelli gialli e
confusi di un altrettanto gigantesco lupo grigio, forse ancor
più grosso. Era chiaramente disorientato e spaventato. Lo
sentì ringhiare e lo vide lanciarsi contro le sbarre, nel
vano tentativo di liberarsi,
morderle per poi guaire non appena il metallo entrava in contatto con
la carne: sciocco,
non avrebbero
ceduto mai, ci aveva provato già così tante
volte.
Quello spostò lo sguardo nella sua direzione, infastidito,
come se avesse percepito il suo insulto.
Femmina…
Oh, se n’era già accorto, perspicace.
Sbuffò e lo invitò a fare quel che volesse, per
quanto la riguardava poteva anche spaccarseli tutti i denti che si
ritrovava.
Il lupo grigio puntò le orecchie verso l’alto e
arricciò il naso.
Tu non mi comandi…
La lupa lo guardò con aria di sufficienza.
Invece sì…
Lo vide scuotere il capo allarmato, in risposta al brillio nei suoi
occhi di brace che aveva appena lacerato, con uno sguardo, il suo
orgoglio di maschio. L’altro, però, era giovane e
appena nato
e ci mise giusto mezzo secondo per decidere di sfidare la
sua posizione di Alpha. Scoprì i denti e ringhiò.
Lo vedremo…
Schioccò le mascelle e scattò.
L’altra scartò la sua carica senza
difficoltà, mandandolo a schiantarsi sulle sbarre dietro di
lei: fu il suo turno di attaccare.
Si saltarono addosso e si azzuffarono, l’aria riempita di
ringhi e guaiti, in un confondersi di pellicce bianche e grigie ben
presto macchiate dal colore rosso del sangue. Il lupo maschio aveva
dalla sua parte una maggior potenza, aumentata ulteriormente dalla sua
prima luna
piena ma, allo stesso tempo, ciò lo rendeva
impulsivo, incapace di elaborare una strategia di combattimento:
istintivamente mordeva e colpiva tutto ciò che gli capitava
a tiro. La lupa, invece, sapeva esattamente quello che stava facendo,
per questo quasi non fiatò quando le mascelle di lui si
serrarono su una delle sue cosce, semplicemente si rotolò a
terra, approfittando dello slancio, per schiacciarlo fra il pavimento
di
pietra ed il suo peso: il cranio di lui scrocchiò e
mollò subito la presa. Non gli lasciò neanche il
tempo di capire che cosa fosse successo: fulminea lo
sovrastò con tutto il suo corpo e affondò senza
indugio i denti nella sua gola. Il sapore ferroso e dolciastro del
sangue le inebriò i sensi.
Chi comanda?
Il lupo grigio guaì di dolore, sgranò gli occhi e
abbassò le orecchie, mentre la coda si rintanava mestamente
fra le zampe posteriori.
Tu…
Elsa aprì gli occhi sul
freddo pavimento di quella che una
volta al mese diventava la sua prigione, il viso di Jack si
delineò
immediatamente nell’oscurità della caverna: era
impiastricciato di sangue, il
proprio ed il suo, ma non sembrava particolarmente sofferente. Si
tirò a sedere
e prese piena consapevolezza della loro lotta avvenuta la notte
precedente,
certo, col passare degli anni la sua mente si era fatta man mano
più lucida
durante la trasformazione ma era solo tornando umana che riusciva
effettivamente a mettere a fuoco tutto quanto.
L’altro, al contrario, trasformato in lupo per la prima volta
era niente di più
di puro istinto assassino e dominatore, in nessun modo avrebbe potuto
controllarsi, per questo rinchiuderlo in quella gabbia con lei era
stata l’unica
soluzione possibile per evitare che i suoi occhi gialli si tingessero
di
azzurro[2].
Sorrise compiaciuta al ricordo di
come l’avesse
rimesso al suo posto,
quando aveva osato sfidare la sua autorità di Alpha, ma era
anche estremamente
contenta del fatto che avesse, alla fine, accettato di far parte di
quello che,
a tutti gli effetti, era diventato il suo branco.
Proprio in quel momento, anche Jackson riaprì gli occhi -
ritornati alla loro
calda tonalità nocciola – e, con un rantolo, la
imitò portandosi a sedere.
Mentre i segni su di lei erano del tutto guariti, quelli sulla pelle di
lui
erano ancora evidenti ed alcuni continuavano a sanguinare appena[3].
Proprio
l’odore di quel sangue, misto al sudore, risvegliò
in lei il lupo assopito – l’influsso
della luna ancora troppo vicino – così tanto che
allargò istintivamente le
narici per annusare meglio e un
altro piccolo particolare le accese
altri tipi di istinti.
«Sei nudo» constatò prima di coprirsi
rapida gli occhi, avvampando per
l’imbarazzo e non solo.
«Si può dire la stessa cosa di te, Fiocco di
Neve» affermò lui con un’occhiata
deliberatamente sfrontata, fomentata dall’inconscia sicurezza
del lupo che ora
albergava dentro di lui.
Jack, dal canto suo, non sapeva davvero da dove gli venisse tutta
quella spavalderia
che, al di là di ogni aspettativa, lo portò ad
avvicinarsi a lei e a scostarle
le mani dal volto «Guardami» la invitò
e, quando lei obbedì, provò un immenso
piacere a vederla così, con i capelli arruffati e le gote
arrossate sulla
carnagione pallida, diamine, quanto era
bella?
Portò una mano a
sfiorarle la grossa cicatrice che le deturpava la spalla sinistra e,
senza
controllo alcuno sulle sue azioni, abbassò il capo a posarvi
sopra un impudico bacio
«Tu sei il lupo» constatò, soffiando
sulla sua pelle.
Quante volte aveva chiesto perdono a Dio per essersela immaginata nuda
e ansante
sotto di sé? Troppe.
Elsa, invece, a Dio non credeva più, non dopo che aveva
permesso che la
trasformassero in quel mostro orrendo in grado di uccidere i suoi
stessi
genitori. Per cui non aveva mai cercato redenzione quando i suoi
sentimenti di
bambina, nei confronti del suo amico d’infanzia, si erano
trasformati in quei
desideri che la gente avrebbe definito indecenti se solo
l’avessero scoperta a
contorcersi sotto alle coperte con il cuscino fra i denti per non svegliare,
con i
suoi gemiti, la sorella che dormiva ignara al piano di sopra. Il lupo
che era
in lei amplificava questo suo desiderio e lo fomentava con quello di
lui,
portandogli gli odori della sua bramosia e del suo amore,
perché sì, i
sentimenti dell’altro non erano mai stati un mistero per lei:
per questo non le
rimaneva che trattarlo con freddezza, allontanarlo, per reprimere quel
costante,
irresistibile impulso di mangiarlo[4].
«Sì» confessò, quindi, con un
sospiro. Fece leva su tutta la poca razionalità
rimastale e gli accarezzò il viso, spingendogli appena il
mento per fargli
riportare lo sguardo nel suo «E adesso anche tu»
gli sfiorò la cicatrice ancora
fresca sul braccio destro e gli occhi le si inumidirono «Mi
dispiace»
Lui l’abbracciò di scatto e accolse la sua
richiesta di perdono, dandole
rifugio nell’incavo fra il collo e la spalla «Che
cosa è successo questa notte?»
sviò il discorso per allontanarla dai suoi sensi di colpa e
per cercare di
colmare quel vuoto che lo confondeva.
«Rinchiuderti qui, con me, è stato necessario per
evitare che facessi qualcosa
di cui potessi pentirti» gli spiegò, rimanendo fra
le sua braccia «Ci siamo
battuti»
Jack sgranò gli occhi e la allontanò quel tanto
che bastava per cercare sul suo
corpo segni di ferite. Nonostante il sangue che la macchiava, non ne
trovò «Ti
ho fatto del male?»
«Certo che me ne hai fatto» non avrebbe saputo dire
perché ma la sua
espressione terrificata la divertì e le strappò
un sorriso «Come io ne ho fatto
a te» gli spiegò per tranquillizzarlo
«Ma come vedi io sono già guarita, lo
stesso non si può dire di te»
Incapace di resistere ancora ai suoi occhi addosso che la scrutavano
dappertutto
e a quel calore
che, dal basso ventre, si stava irradiando nel resto del suo corpo gli
si avvicinò nuovamente e, questa volta, fu
il suo turno di
avvicinare le labbra alla sua pelle: gli lasciò una scia di
piccoli baci sulla
clavicola e salì verso il collo, raccogliendo con la lingua
il sangue rappreso
della ferita lasciata dal proprio morso. Il sapore di lui le trasmise
in un
attimo tutta la sua eccitazione, allargando il suo sorriso da
predatrice: in
quel preciso momento non aveva bisogno di particolari
capacità lupesche[5]
per
rendersene conto, bastava semplicemente abbassare lo sguardo.
«Che cosa stai facendo?» boccheggiò lui,
pietrificato.
«Allevio il tuo dolore» fu la risposta che gli
fornì e Jack non poté fare a
meno di notare che, dove la sua lingua passava il malessere diminuiva[6]
ma,
decisamente, non era quella di guarire la sua priorità al
momento. In un impeto
di puro istinto le afferrò il viso con entrambe le mani e,
con un ringhio,
aggredì la sua bocca, appropriandosene, appagando finalmente
quel desiderio che
lo tormentava da anni. La morse, la baciò e la
esplorò, sperimentando sapori
del tutto nuovi e amplificati in maniera tale da mandare fuori uso ogni
suo
pensiero razionale. La sentì avvinghiarsi al suo corpo,
ricambiando quel bacio
con tutta se stessa, avvertì i suoi seni morbidi schiacciati
sul petto e si
ritrovò a percorrere con le dita la pelle setosa della sua
schiena, per
affondare, poi, i polpastrelli nella carne soda delle sue natiche,
spingendola
ancor più verso di sé. Si riscoprì,
invece, abbastanza lucido da constatare
che, in tutte le sue fantasie, non le aveva mai reso abbastanza
giustizia. Bramoso
di possederla cercò di farla sua ma, inaspettatamente, lei
gli si oppose.
«No» gli ansimò sulla bocca
«Decido io quando» lo ammonì con un
sorriso
indecente, mentre un lampo rosso saettava nei suoi occhi chiari[7].
Né il suo corpo né la sua mente poterono
impedirsi di sottostare all’autorità
dell’Alpha: si lasciò spingere sul pavimento in
completa balia delle sua mani,
dei suoi baci e dei suoi morsi. Lei lo
sovrastò ancora per un attimo e
l’unica cosa che Jack riuscì a pensare fu: fai
di me ciò che vuoi. Non
aveva emesso alcun suono ma era sicuro che lei avesse compreso ogni
singola
parola. Di nuovo si abbassò su di lui e, per entrambi, non
ci fu più spazio per
nessun altro pensiero.
L'identità
del lupo è stata ufficialmente svelata e alcuni tasselli
hanno
cominciato a rimettersi al loro posto, tuttavia vi posso assicurare che
non sono tutti ;)
Ma
decisamente fra Jack ed Elsa c'è stata LA svolta XD e
spero che non vi abbia deluso.
Per
quanto riguarda le capacità dei licantropi non ho
seguito un
unico filone letterario per cui saranno un mix di tante
realtà
diverse e opportune modifiche, pian piano, verranno svelate (alcune
potete trovarle già nelle note all'interno del testo).
Detto
questo taccio e vi lascio, sperando che questo capitolo sia stato di
vostro gradimento e che sia stato lui a parlare al posto mio.
Come
sempre vi ringrazio per accompagnarmi in questa avventura.
Alla
prossima
Cida
[1]
L'argento è un metallo molto duttile, per cui le sbarre
della gabbia ne sono solo ricoperte come ulteriore deterrente per i
tentativi di fuga del Lupo.
[2]
Gli occhi dei licantropi possono essere di tre colori: rossi, se sono
di grado Alpha (come Elsa); gialli, per i Beta e gli Omega, dalla prima
trasformazione e tali rimangono finché non uccidono
qualcuno, in
quel caso diventano azzurri.
[3]
Le ferite inferte dagli Alpha ci mettono più tempo a guarire
nonostante l'incredibile capacità di ripresa dei licantropi.
Per
questo Elsa è già guarita mentre Jack no.
[4]
Come tutte le favole e fiabe Cappuccetto Rosso nasconde una morale che,
in realtà, va ben al di là del semplice "mettere
in
guardia dagli sconosciuti". La componente sessuale, soprattutto nelle
sue versioni più antiche, è fortissima ed il lupo
non
è che un predatore assetato di un ben preciso tipo di
innocenza
delle giovani che si affacciano all'adolescenza, rappresentata appunto
dall'iconica mantella rossa.
Addirittura in alcune di esse, invita Cappuccetto a spogliarsi e a
sdraiarsi a letto con lui prima di mangiarla.
Per questo Elsa non aveva altro modo di tenere Jack al sicuro se non
cercando di trattarlo male, con freddezza per farlo stare lontano da
lei il più possibile così da proteggerlo da quei
sentimenti e desideri che, come lupo, si trasformavano nell'impulso
finale di divorarlo. Ora che anche lui è un lupo, come dire,
questo problema non esiste più.
[5]
Shilyss,
l'ingresso di questa parola nel mio vocabolario lo devo a te e al tuo
Loki <3 Te l'avevo detto che leggere di desiderio mascherato da disprezzo
mi aveva fatto sorridere enormemente, ora sai ufficialmente il
perché.
[6]
I licantropi hanno la capacità di alleviare il dolore
altrui,
facendosene carico. Abusare di questo potere può ucciderli.
In
realtà basta un semplice tocco... spero non me ne vogliate
se,
in questo caso particolare, ho optato per qualcosa di più
sensuale ;)
[7]
Mi rendo conto che i ragazzi - che, sì, sono alla loro
effettiva prima esperienza - risultino un pelino troppo sgamati
ma volevo rendere il fatto che, in quel preciso momento, di umano hanno
solo la forma e poco altro mentre è il loro lato animalesco
a
prevalere.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO 6
Al villaggio Kristoff non brillava per la sua intelligenza,
anzi, dai più era creduto come un giovane tutto muscoli e
ben poco cervello. In
verità, però, scemo non lo era affatto, era solo
molto timido e ciò non lo
aiutava, di certo, a renderlo un mago della dialettica. Proprio per
questa sua
virtù apparentemente nascosta, ora che sapeva cosa guardare, aveva
cominciato a mettere assieme tasselli a cui, fino a quel momento, non
aveva
dato molta importanza. Si era, perciò, reso conto che non
era in grado di
ricordare l’ultima volta che aveva visto Elsa girare per il
villaggio nelle
sere di luna piena e aveva riconosciuto nei comportamenti
dell’amico, dopo che
era stato morso, gli stessi strani atteggiamenti che più
volte aveva notato
nella ragazza ma a cui non era mai riuscito a dare una spiegazione.
Ecco perché
Elsa sembrava così distrutta dal destino toccato al
cacciatore, perché
ne era
stata la causa.
Finalmente comprendeva quella sensazione di gelo che lo
assaliva quando lei lo guardava, non era solo il timore di non essere
abbastanza
– e va bene, quello di sicuro era un fattore influente
– ma anche il sentirsi
inconsciamente una preda. Oh, indubbiamente le sorelle avrebbero dovuto
raccontargli molte cose: era stufo di essere tenuto
all’oscuro, era stanco di
essere messo da parte e, poco importava, se ciò avrebbe
significato dover
affrontare Anna una volta per tutte, era più che mai
intenzionato ad andare a
fondo della questione. Il destino, però, aveva ben altro in
serbo per lui e per
tutti: la bottega del falegname era già entrata nel suo
campo visivo, quando si
era levato il grido.
Elsa aprì gli occhi nuovamente, sempre sul pavimento della
sua
fredda cella ma fra le braccia di Jackson che ancora sonnecchiava
tranquillo.
Per la prima volta da che era stata trasformata in lupo, si sentiva
felice e un
po’ meno sola. Alzò lo sguardo su di lui e si
perse a contemplarne il viso
rilassato. Chissà perché le ritornò
alla mente Hans con le sue assurde proposte
di matrimonio: sorrise al pensiero delle sue già vane
speranze di poter
competere con il cacciatore ora, e finalmente, disteso al suo
fianco.
Non solo lo reputava più bello - d’altra parte, la
bellezza era un fattore
assolutamente soggettivo – ma Jack aveva una
particolarità che nessun altro
possedeva: era libero. D’accordo, sapeva anche essere
irritante, estremamente
irritante,
ma non sottostava a nessun canone prettamente imposto e sfidava
apertamente quelli a cui non riusciva a dare un significato. Era
l’unico uomo
in tutto il villaggio che non la temesse o la ritenesse fuori luogo
nella sua
posizione, a lui non importava che lei avesse preso le redini del padre
svolgendo quello che, a tutti gli effetti, era un lavoro prettamente
maschile, anzi,
ne era sinceramente ammirato. Oh sì, cercava in tutti i modi
di non darlo a
vedere ma il lupo non si poteva ingannare, non senza artefatti.
Passò una mano
sulla sua mandibola, avvertendo sotto ai polpastrelli la barba ispida
che
cominciava a crescere, lo vide sorridere sotto a quel tocco.
«Non lo sai che è scortese fissare gli altri,
Fiocco di Neve?»
Lei si lasciò contagiare dal suo sorriso «Tanto
quanto far finta di dormire,
suppongo»
Lo sentì sghignazzare e una mano si strinse nella sua,
soffermandosi ad
accarezzarne le dita ed il palmo «Ora mi è chiaro
come mai la tua pelle è
morbida nonostante il mestiere che fai»
Avvampò «Che?»
Questa volta il suono di una vera e propria risata
riecheggiò nella loro prigione e avvertì
le sue braccia stringerla ancora più forte «Non
avrei mai creduto di
ritrovarla, sai?»
«Di chi parli?»
«Della mia amica d’infanzia preferita» le
spiegò, aprendo gli occhi di
colpo e guardandola con un’intensità tale da farla
arrossire ancora di più «Toglimi
un’altra curiosità, perché ti
comportavi a quel modo con me?»
Elsa non fu sorpresa da quella domanda ma anziché
rispondergli a parole, decise
di farglielo comprendere «Annusami»[1]
Lui sgranò gli occhi «Che?»
«Puoi fare, per una volta, come ti dico?» lo
rimproverò, sbuffando leggermente «O
ti devo obbligare?»
L’altro si zittì, non era del tutto gradevole la
sensazione che l’autorità
dell’Alpha ti lasciava addosso, obbedì senza
costrizioni e abbassò il capo per
sprofondare il naso nei suoi capelli biondi e morbidi,
inspirò. Avvertì gli
odori di tutto quello che avevano
appena vissuto insieme e dovette
sforzarsi di concentrarsi sul resto: c’erano note di legno,
di colla, di pino, di
neve… aveva un profumo la
neve?
E cos’era quell’ultima fragranza,
incredibilmente dolce e avvolgente? Non era qualcosa di papabile,
sembrava
quasi… «Non è possibile»
sbottò incredulo, scostandosi di colpo.
Elsa assottigliò gli occhi, piccata «Fammi
capire» lo riprese sarcastica «Tu
percepisci che ti amo e questa
è la tua reazione? Se già non sapessi
quello che provi, sarei mortalmente offesa»
«Scusa eh» si schermì Jackson
«Mi hai sempre trattato come il peggior pezzo di
sterco mai espletato su questa Terra, puoi concedermi un po’
di sano stupore?» ci
pensò un po' su «Che intendi per quello che
provo? Vuoi
dirmi che hai sempre saputo tutto?» quasi
si strozzò sull'ultima parola.
Lei annuì, con un’espressione eloquente:
sì, sapeva proprio tutto di
quello che riusciva a suscitare nel giovane cacciatore.
Il ragazzo si passò una mano sul viso, disperato
«Oh, cazzo…»
La risata che gli regalò fu una delle cose più
belle a cui avesse mai assistito
negli ultimi anni, era praticamente una vita che non la sentiva ridere
a quel
modo.
«Erano
proprio
questi tuoi desideri il problema» la sentì
nuovamente
azzerare le
distanze fra loro, costandogli la mano che si era portato a coprire gli
occhi «Poiché alimentavano i miei»
confessò,
poco prima di unire
ancora una volta le labbra alle sue.
In quel bacio Jack riuscì a percepire ognuno di quei
pensieri, arditi tanto
quanto i suoi, la sua brama, la sua fame. Non
poté fare a meno di
staccarsi da lei per riservarle un’occhiata divertita
«Mi stai dicendo che ti
imponevi di odiarmi per non divorarmi?»
«Ah-ha…» gli rispose lei,
improvvisamente stufa di sentire altre parole.
Tuttavia, quando le loro bocche s’incontrarono ancora una
volta, lui non la
ricambiò ma distese le labbra in un sorriso malandrino
«Per quanto mi farei volentieri
mangiare di nuovo da te: mi
duole informarti che non siamo più soli,
Fiocco di Neve»
Elsa sgranò gli occhi e arrossì violentemente,
maledì le sue consolidate
facoltà lupesche che l’avevano tradita in quel
momento di trasporto ma
ringraziò quelle di Jack, assolutamente nuove e impossibili
da ignorare. Si
sedette in una maniera più consona, a coprirsi e a coprire
il cacciatore dietro
di lei «Anna» pigolò «Vieni
fuori»
L’altra avanzò nella penombra, ad occhi semichiusi
e il viso in fiamme «Io…
ouch» imprecò, scontrando contro ad una parete
«Non ho visto niente» si
giustificò «Magari ho sentito qualcosa, ma non ho visto niente
di niente…»
La menzogna
sarebbe stata
palese anche per chi non fosse stato dotato di capacità
sovrannaturali: Jackson sghignazzò senza ritegno, beccandosi
un’occhiata di truce rimprovero da
parte della sua compagna di prigionia.
La più giovane delle sorelle si avvicinò alla
loro cella e, sempre cercando di
guardare il meno possibile, allungò una mano fra le sbarre
passando ai
prigionieri alcune cose «Vi ho portato degli abiti e del
cibo»
Il solo sfrigolare della carta e il profumo della carne,
causò un sonoro
gorgogliare di ventri, risvegliando lupi affamati i cui appetiti non
erano
stati soddisfatti, almeno non tutti.
«Sia chiaro, voi due non uscirete di lì
finché non sarete sazi e
vestiti»
dichiarò Anna, senza mezze misure «E io che
pensavo di avervi dato
abbastanza tempo…» bofonchiò,
arrossendo nuovamente. Intenzionata più che mai
ad evitare di posare - anche solo per sbaglio - lo sguardo
all’interno della
gabbia, si dedicò a controllarne i cardini e le giunture,
constatandone la
perfetta resa «Direi che le tue modifiche hanno retto
egregiamente»[2]
Il cacciatore ingollò il primo boccone, mentre finiva di
vestirsi «Tue
modifiche?» sorpreso, si rivolse verso la ragazza impegnata
nelle sue stesse
azioni «Vuoi dire che questa l’hai costruita
tu?»
«No» gli occhi di lei si velarono «Sono
stati i nostri genitori, io l’ho
modificata due volte soltanto: ora, per contenerci in due»
spiegò, mentre Anna
si decideva, finalmente, ad aprirli «E cinque anni fa, dopo
la prima volta che
ha fallito»
La mano della sorella si strinse istintivamente nella sua mentre Jack
assorbiva, in un attimo, il peso straziante di quelle parole: Agnarr e
Iduna
avevano rinchiuso la propria figlia in quella prigione per anni, una
sola volta
al mese o per più tempo, quando pensavano di non riuscire a
tenerla a bada? Non
volle saperlo, mentre avvertì un’ondata di collera
ribollirgli nel petto. Le
lacrime che le vide scendere sulla guance, però, spostarono
la sua attenzione
su un altro punto, forse ancora più terribile del
precedente, sgranò gli occhi «Non
puoi essere stata tu…»
«Sì, invece» confessò, piena
di odio verso se stessa «Mi sono risvegliata fra i
loro corpi, il loro sangue in bocca…» strinse a
pugno la mano libera,
conficcandosi le unghie nella carne.
«Elsa, smettila, adesso basta» la riprese Anna, gli
occhi umidi, vedendo le
prime gocce rosse colare sul pavimento.
L’altra sorrise amara, riaprì il palmo e
mostrò la ferita che si rimarginava in
un battito di ciglia «Perché non mi hanno lasciata
morire quando sono stata
morsa? Sarebbe stato meglio per tutti: mamma e papà
sarebbero ancora vivi e tu…»
si rivolse a Jack «…non saresti diventato un
mostro, come me»
Il ragazzo avrebbe voluto dire un sacco di cose, cercare di
rassicurarla, dirle
che non gli importava ma la realtà dei fatti era che non
riusciva ad aprire
bocca, la gola stretta in un nodo impossibile da sciogliere:
avvertì umido sul
petto e solo allora si rese conto delle lacrime che gli scendevano
dalla
guance. Si portò una mano al viso, incredulo, il lupo dentro
di lui aveva
permesso che il dolore delle sorelle lo investisse come un fiume in
piena ed
era tanto, troppo da sopportare. Improvvisamente tirò su col
naso e assottigliò
gli occhi, mentre anche Elsa si metteva istintivamente a protezione di
Anna «C’è
qualcuno…»
Entrambi in tensione, si rilassarono solo quando percepirono di chi si
trattasse.
«E’ Kristoff…»
constatò Jack, raggiungendole a sua volta.
Elsa si voltò verso la sorella «Ti sei fatta
seguire?» la rimproverò.
La minore si portò una mano al petto, contrita
«No, sono assolutamente sicur…»
«Non l’ho seguita» la
giustificò il taglialegna, appena entrato nel loro campo
visivo, senza sapere precisamente perché «Sven sa
seguire le tracce» fece
presente, stupendo tutti i presenti. Si guardò attorno e
prese fiato, era
contento di vedere il suo amico in forma e, allo stesso tempo, avrebbe
voluto
cantarne quattro alle sorelle per averlo trattato da sciocco e,
soprattutto, ad
Anna per non essersi fidata di lui ma c’era una questione ben
più urgente da
affrontare. Notò la gabbia alle loro spalle
«E’ qui che siete stati questa
notte?» chiese, palesando il fatto di aver compreso ogni cosa.
Vide Elsa stringersi nelle braccia colpevole, Jack le cinse subito le
spalle
con fare protettivo «Sì…» fu
lui a rispondere.
«Ne siete sicuri?»
«Molto
sicuri»
confermò Anna, avvampando «Li ho aperti io, poco
fa»
«E non c’è pericolo che siate potuti
uscire?»
«No» rispose la maggiore risoluta «Se ne
fossimo usciti, ti assicuro che non ci
saremmo rientrati…»
Kristoff sospirò sollevato «Grazie al cielo, non
siete stati voi»
«A fare cosa?» chiese il cacciatore preoccupato.
«Ad uccidere, questa mattina al villaggio è stato
trovato il corpo di una
persona»
Rientrare di corsa al villaggio sulle spalle di Jack – data
la necessità di percorrere in breve tempo una grande
distanza -
fu per Kristoff
un’esperienza tutt’altro che gradevole, nello
scendere al
limitare dei suoi
confini dovette respirare a pieni polmoni più volte nel
cercare
di tenere a
freno la nausea. Quando raggiunsero il centro della cittadina, vi
trovarono già
tutta la popolazione riunita. Jack lasciò la mano di Elsa
con
una muta
preghiera di stare attenta, lui doveva assolutamente cercare sua madre
e sua
sorella. L’amico non era stato in grado di rassicurarlo sulle
loro condizioni ed era, perciò, alquanto preoccupato.
Fortunatamente, le trovò un poco in disparte rispetto al
resto
della folla
e, con grande sollievo, le strinse forte in un abbraccio. Ellen, nel
ritrovarsi
finalmente quel figlio sciagurato di fronte, letteralmente sparito da
un
giorno, trattenne a stento le lacrime «Dove sei
stato?»
«Al sicuro» cercò di tranquillizzarla,
passando allo stesso tempo una carezza
sulla testa di sua sorella, tentando di spiegarle – senza
parlare – che lui non
c’entrava niente con quella storia.
«Quello che è accaduto questa notte è
inaccettabile» esordì Friederik al centro
della piazza, evidentemente rientrato in anticipo dai suoi soliti
viaggi
esplorativi «Mio figlio è stato ucciso,
trucidato» continuò, più collerico che
dispiaciuto «Siamo stati ingannati, il lupo è fra
noi e non ce ne siamo mai
accorti»
Un brusio concitato si alzò fra tutti gli abitanti, fra
espressioni di
spavento, imprecazioni e sputi di scongiuro.
«E’ giunto il momento che venga allo
scoperto» continuò il capo villaggio,
estraendo una boccetta da sotto la sua mantella «Questo
è infuso di strozzalupo»
«Non vorrete farcelo bere?» protestò
qualcuno «Lo strozzalupo è pericoloso»
«Solo se avete qualcosa da nascondere» lo
rassicurò quello e, come riprova
delle sue parole, si portò il recipiente alle labbra e se le
bagnò appena. Fece una smorfia di disgusto «Avete visto? Non
è buono ma, di certo,
non è letale. Comunque sia, non serve berlo, anche solo
l’odore è tremendamente
fastidioso per quelle bestie infami»
La maggiore delle sorelle tremò, lo sapeva molto bene.
«Tu e Jack dovete andare via, subito…»
bisbigliò Anna al suo fianco, talmente
sottovoce che soltanto il suo udito superumano avrebbe potuto sentire.
Non riuscì a muovere un passo «Elsa!»
sentire quella voce chiamare il suo nome
la raggelò «Vieni qui ragazza» la
invitò «Tutti qui credono che tu sia strana:
da sola a portare avanti l’attività di tuo padre,
tutti si chiedono come tu
faccia a farti carico di tutto quel lavoro. A voler essere sinceri,
verrebbe da
pensare tu abbia qualche abilità particolare,
perché non ci dimostri che ci
sbagliamo?»
«Non andare…» la pregò la
sorella, bloccandola per un braccio.
«Devo… voi allontanatevi» le
suggerì, prima
di liberarsi e fare alcuni passi verso il centro della piazza,
finalmente
aveva compreso: lui già sapeva. Pensava
di essere sempre stata naturale
nel nascondere il fastidio che la sua presenza – carica di
strozzalupo – le provocava[3].
Il lupo era inibito da quell’erba e non era riuscita mai a
percepire le sue
emozioni e, a quanto pareva, senza di esso l’istinto umano si
era fatto miseramente
ingannare.
Chiuse gli occhi per un momento, imponendosi di schermarsi dai sibili
maligni
che già sentiva guizzare sulle bocche della gente, dal
rancore e dall’odio che
montava nei loro cuori, rischiando di mandarla in pezzi.
L’empatia del lupo era
indubbiamente uno dei suoi poteri più grandi ma anche il
più terribile da domare.
Dall’altro lato, Jack avvertì esattamente le
stesse cose e già comprese: non
sarebbe finita bene. Sospinse madre e sorella in avanti
«Raggiungete Kristoff e
Anna»
«Perché?» chiese Ellen, confusa.
«Fate come vi dico» gli intimò risoluto.
Emma guardò il fratello e annuì, prese
per mano la madre e la costrinse a seguirla.
«Allora?» la invitò nuovamente il capo
villaggio «Avvicinati e sentine l'odore»
«Sono io ad aiutarla» Jack alzò la voce
in mezzo al chiacchiericcio di tutti
gli altri «Lo sospettavate, no? Beh, è la
verità» mentì con grande naturalezza,
mentre cercava di farsi largo e raggiungerli, prima che fosse troppo
tardi.
La notizia innescò un nuovo moto di reazione da parte della
folla, tuttavia,
Friederik non si scompose «Beh, da qualcuno dovremmo pur
cominciare» e, con una
rapidità inaspettata, colmò quella breve distanza
che ancora lo separava da lei.
Elsa venne investita pienamente da quell’odore terrificante,
si sentì prendere
per un braccio con forza, cercò di resistere ma invano
– era davvero così
annichilente il potere di quella pianta? – avvertì
la testa bloccata da una
morsa d’acciaio e un liquido nauseabondo riempirle la bocca.
Sgranò gli occhi,
la gola in fiamme e lo stomaco contorto in una morsa brutale,
finì in ginocchio
e, inesorabilmente, vomitò.
«Lupo!» gridò il capo
villaggio, sfoderando la spada «Ti farò saltare la
testa, bestia immonda!»
L’urlo di Anna si perse nel tumulto della folla, ma il
fendente mortale non
terminò la sua corsa, prontamente bloccato da una mano di
Jackson «Non la
toccherete» gli ringhiò contro ma
l’odore di strozzalupo fu troppo anche per
lui, trattenne a stento un conato mentre gli occhi iniziavano a
lacrimare.
«Sei tu l’altro»
sibilò quello, spingendolo via senza sforzi. Jack
improvvisamente capì che non avrebbe potuto fare nulla
contro di lui e la folla
inferocita che stava per esplodere da un momento all’altro,
inoltre, non avrebbe potuto
contare su Elsa, ancora sconquassata da spasmi violenti. Aveva solo una
soluzione al momento: la prese fra le braccia e scappò,
investendo
letteralmente chiunque osasse mettersi sul suo cammino.
Kristoff mise mano alla sua ascia che, saggiamente, aveva deciso di
portarsi
appresso «Togliamoci di qui, immediatamente»
affermò risoluto alle donne
accanto a lui.
Anna si girò disperata verso il punto in cui i due giovani
erano spariti «Io
devo andare ad aiutarla, è mia sorella»
Il taglialegna la bloccò per un braccio, rude, provocandole
una smorfia di
dolore sul viso «Credimi, da morta non riuscirai ad aiutare
proprio nessuno»
Vi
aspettavate che Jack ed Elsa, ora che sono lupi, potessero
già vivere assieme felici e contenti?
Nossignore, non
c'è pericolo!
Se
le cose non si complicano un po' non sono contenta, che volete farci?
Il passato oscuro delle sorelle è venuto alla luce ma pare
che
ci sia un nuovo giocatore a nascondersi fra il fitto del bosco.
Per chi ama il personaggio di Hans, perdonatemi se l'ho ucciso. Io sono
convinta che per Frozen sia stato un ottimo e inaspettato villain e non
lo odio per niente, anzi, lo trovo estremamente furbo e carismatico
(quando non assapora l'aria di successo, in quel caso perde un pochetto
di furbizia, peccando un tantinello di superbia). Non nego di essere
anche estremamente convinta che quel cazzottone nel film ed il finir a
spalar letame se li sia ampiamente meritati ma, ecco, qui non
c'è rimasto secco perché mi sta sul gozzo, ci
tenevo a
farvelo sapere. Chiaramente non posso dire di più che se no,
poi, spoilero.
Al solito vi ringrazio per aver letto e del sostegno che date a me e a
questa storia recensendo, listando o semplicemente leggendo.
Alla prossima
Cida
[1]
Probabilmente lo avrete già intuito dal capitolo precedente,
i
licantropi sono in grado di percepire le emozioni e i sentimenti delle
persone tramite gli odori. Di fatto sono dotati di un'estrema empatia.
[2]
Elsa
non è solo un falegname ma anche un fabbro, questa seconda
capacità però la tiene nascosta al resto del
villaggio
perché l'avrebbe resa ancor più sospetta. Per cui
sì, il pugnale dato a Jackson lo aveva fabbricato
interamente lei,
sebbene abbia mentito al riguardo.
[3]
Ecco spiegato il motivo per cui Elsa tendeva a coprirsi il viso in
presenza di Friederik.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
CAPITOLO 7
La fuga era stata precipitosa ma non per questo meno curata.
Il villaggio era in subbuglio, l’odio e la paura avevano
immediatamente
infiammato il cuore della gente e per Anna, Kristoff, Emma ed Ellen
scappare
era stata l'unica soluzione possibile. Sapevano che li avrebbero
inseguiti e,
di conseguenza, era stato necessario mettere in atto un piano per
depistare le loro
tracce che, altrimenti, sarebbero state più che mai
rivelatrici sulla neve ed il fango. Per questo motivo Sven era stato
fatto partire da solo senza
finimenti
e con alcune provviste legate in groppa, sapeva benissimo la strada da
seguire,
Kristoff aveva preso Emma sulle spalle e
si era avviato per primo mentre Anna ed Ellen, indossando stivali da
uomo
riempiti con delle stoffe, erano partite più tardi battendo
un'altra via ma più breve. In
questo modo se qualcuno si fosse messo alla ricerca dei loro passi
avrebbe
trovato le impronte di una renna solitaria, di un uomo corpulento e di
due
giovani in cerca di avventure. Quando le due donne avevano lasciato il
villaggio, il laboratorio delle sorelle già stava bruciando.
Ora dormi
bimba
mia, tieni stretta questa mano…
Una
voce calda, una mano affusolata e morbida a stringere
la sua piccola e candida...
Nel cielo non
c’è
luna e il lupo è ben lontano…
Strofe di
una nenia sussurrate per far addormentare i più
piccini…
Ma se, invece,
è
alta è piena, la notte sua sarà
Parole
intrise di un cupo avvertimento, oscuro per una
piccola di soli otto anni che aveva tutta l’intenzione di far
vedere agli altri
bambini che lei non aveva paura, che non bisognava davvero essere
maschi per
avere coraggio.
Non esser
sciocca,
stai al riparo o lui ti mangerà
Quando le fauci del
lupo si erano serrate sulla sua
spalla sinistra, il rosso della luna nel cielo si era mescolato a
quello del
suo stesso sangue ed era diventato il suo ultimo ricordo, ultimo
assieme al
dolore.
Elsa si tirò a sedere di
colpo, gli occhi dilatati dalla
paura, il respiro accelerato e il battito del cuore che le rimbombava
all’impazzata nelle orecchie. Avvertì una presenza
alle sue spalle e,
terrorizzata, attaccò per difendersi.
I
suoi colpi
finirono prontamente bloccati da due mani che le si serrarono
attorno ai polsi ma con un’inaspettata delicatezza.
«Calmati»
la invitò una voce dolcemente «Sono io»
Nel
riconoscerlo, il suo sguardo riprese subito lucidità ma era
così stanca,
spossata e stava ancora così male che non riuscì
ad aprire bocca, semplicemente
si abbandonò fra le sue braccia. Braccia che la strinsero e
la cullarono,
mentre due labbra si posavano morbide fra i capelli sudati
«Scotti ancora da
morire…» gli sentì dire, preoccupato.
Un leggero sciabordio anticipò l’arrivo
di un panno umido e fresco sulla fronte «Io non so davvero
che altro fare»
Non
lo
sapeva nemmeno lei, era la prima volta in vita sua che ingeriva dello
strozzalupo, si augurò di averne vomitato abbastanza per
sopravviverne, solo il
passare del tempo avrebbe risolto questa domanda fatale. A Jack,
però, decise
di non dirlo «Non mi lasciare,
stai qui con me»
«Non
ti lascio» le sussurrò, stringendola ulteriormente.
Si
sdraiarono assieme su di un modesto giaciglio nella grotta nascosta
nel
fitto della foresta. Elsa chiuse di nuovo gli occhi e si
lasciò cullare dal
battito del cuore che arrivava dal petto a cui era appoggiata, un ritmo
regolare che ebbe il potere di calmarla e farla scivolare pian piano in
un
sonno profondo, senza sogni.
Ellen Overland era stata costretta ad ingoiare non uno, ma
un intero stagno di rospi. In un battito di ciglia aveva dovuto
abbandonare la
casa in cui aveva sempre vissuto, sentire sui suoi figli e su di
sé il peso di
un pericolo mortale e venire a conoscenza di come quella ragazza, che
avrebbe tanto
volentieri accolto in famiglia, fosse la causa di tutto e, non solo,
aveva
rischiato di uccidere Emma e condannato Jack al suo stesso destino. Il
lungo viaggio,
però, l’aveva costretta a tenere la bocca chiusa,
concentrata sulla fatica e
sul timore agghiacciante di essere raggiunte da un momento
all’altro dai loro
inseguitori.
Arrivata
alla grotta, la gabbia in cui Elsa era solita rinchiudersi aveva reso
la storia che le era stata raccontata un po' meno irreale ed il peso
che
quelle ragazze si portavano addosso l’aveva colpita come un
pugno e,
finalmente, li aveva visti: sdraiati su un grezzo giaciglio, Elsa
dormiva agitata,
girata su un fianco e, alle sue spalle, Jack la cingeva con un braccio
e teneva
la testa posata alla sua. Sembrava assopito a sua volta ma, in
realtà, poteva
chiaramente avvertire il suo sguardo su se stessa e sulla giovane Anna
lì con lei, non si era neanche mosso, come se già
sapesse la loro
identità. Lo vide diverso,
più selvaggio e si disse che la suggestione poteva giocare
brutti scherzi,
quello che non poté far a meno di capire, però,
fu che suo figlio improvvisamente
aveva smesso di essere il suo bambino e si era fatto uomo ed era
sicura, non
avrebbe in alcun modo potuto allontanarlo da Elsa, a meno di non
togliergli un
pezzo di cuore e fare una cosa del genere sapeva benissimo a cosa
avrebbe
portato. Chiuse gli occhi e sospirò, non l’avrebbe
mai permesso.
Quando anche Kristoff ed Emma avevano raggiunto quel luogo,
che da prigione si era trasformato in rifugio, era stato ben presto
chiaro che
le poche provviste che erano riusciti a caricare su Sven, assieme ad
alcune pelli e
armi per ogni evenienza, non sarebbero mai bastate per più
di qualche giorno.
Jackson
aveva categoricamente rifiutato l'aiuto dell’amico e si era
diretto
nella caccia da solo, sicuro di saper badare a se stesso - ora
più che mai - mentre,
con Elsa fuori dai giochi, tutte le forze dovevano concentrarsi a
proteggere il
loro posto sicuro in caso ce ne fosse stato bisogno.
«Mettiti
così, brava» suggerì Anna alla giovane
Emma «bilancia un po' di più il
peso sul piede di appoggio… lancia»
Un piccolo
stiletto fendette l'aria e andò a piantarsi su una tavoletta
di
legno accostata ad una parete.
«Ce
l'ho fatta» esultò la ragazzina, prendendo le mani
di quella che si era
appena improvvisata sua insegnante.
«Sì!»
si unì l'altra orgogliosa ed, insieme, si misero a
saltellare dalla
contentezza.
Un leggero
sbuffo arrivò alle loro orecchie
«Kristoff» si bloccò
d’improvviso
la più grande «Da quanto ci stai
guardando?»
«Abbastanza
da aver compreso di non farti arrabbiare mai»
celiò, con un mezzo
sorriso divertito.
«E’
bravissima, non è vero?» chiese conferma Emma, con
gli occhi pieni di
ammirazione.
«Già»
confermò il taglialegna «Una sorpresa
continua»
Anna si
disse di essere una sciocca, non poteva essere adorazione
quell’espressione che si era appena dipinta sul viso di lui, Gesù, le
sue stupide guance potevano anche evitare di arrossire.
Improvvisamente
in imbarazzo, Kristoff si schiarì la voce «Da
quant’è che sai
fare queste cose?» chiese, sinceramente curioso.
L’espressione
della ragazza si velò appena «Da quando
è stato chiaro che Elsa
non sarebbe più stata la stessa dopo che è stata
morsa: dovevo imparare a
gestirla e a difendermi in caso di necessità»
«Quindi
non sei goffa? Fai solo finta?»
Anna
scoppiò in una risata cristallina «Oh no, la sono
per davvero! Sono piena
di cicatrici: questa è una» tirando su una manica,
mostrò una piccola striscia
bianca all’interno dell’avambraccio
«Questa un’altra» continuò
mostrando
l’altro braccio «E poi ne ho un’altra
qui» disse, iniziando a far uscire la
camicia dalle braghe che indossava ma, improvvisamente, si
bloccò «Aspetta…
che?» arrossì vistosamente «Questa
è meglio non fartela vedere»
Il giovane
al suo fianco che, con la sua temperatura corporea, sarebbe stato in
grado di sciogliere un intero blocco di ghiaccio solamente posandovi
sopra la
faccia, inspirò a fondo nel tentativo di calmarsi e
l’occhio gli cadde su un
piccolo segno sulla fronte dell'altra «E questa?»
le
chiese, sfiorandole i capelli.
Lei
alzò lo sguardo e si scostò appena la frangia,
lasciando ben visibile un
segno sulla tempia destra, normalmente nascosto «E’
stata mia
sorella…»[1] si strinse
le mani al petto
«Non sapeva ancora dosare la sua forza, è
stato un incidente che ci ha quasi uccise entrambe: è da
lì che ha cominciato a
rinchiudersi anche durante il giorno»
«Anna…»
cercò di rincuorarla lui, posandole una mano sulla spalla.
«Perché
non vi baciate?» s’intromise Emma fra i due.
Kristoff
trasalì, buttando gli occhi al cielo «A volte mi
dimentico di chi tu sia
sorella…»
Durante tutte le battute di caccia a cui aveva partecipato
nella sua vita, Jackson non aveva mai provato quello che stava provando
in quel
momento. Nel fitto del bosco si era sempre sentito come un ospite,
talvolta
sgradito, ma non quel giorno: quel giorno si sentiva a casa. Era come
se fosse,
improvvisamente, entrato a far parte dell’ambiente stesso,
sentiva ogni odore,
ogni presenza e, dentro di sé, la consapevolezza di cosa e
come colpire per
assicurare la sopravvivenza del suo branco.
La caccia doveva
essere
mirata, giusta, per non alterare l’equilibrio. Inoltre come
avrebbero potuto
conservare a lungo grossi quantitativi di carne? La Primavera, ormai,
era sbocciata e non nevicava da un po' e quella rimasta non avrebbe
avuto la forza sufficiente per costruire una ghiacciaia. Senza
contare che rimanere fermi in quel posto era altamente rischioso
perché,
sebbene fossero lontani dal villaggio, rischiavano di non esserlo abbastanza.
Sbuffò,
improvvisamente nervoso, il lupo
all’erta: che cosa stava
succedendo?
Controllò
il suo bottino di caccia e decretò che era sufficiente, non
era
tranquillo, doveva rientrare. Quando mosse il primo passo,
però, un fruscio
impercettibile al limitare del suo campo visivo, diede un nome a quella
sensazione che aveva cominciato a premergli nel petto: pericolo, da
cacciatore
era appena diventato preda.
Elsa scivolò via dal sonno lentamente e, ancora prima di
riprendere completamente il contatto con la realtà, si
ritrovò sommersa da una valanga
di emozioni. C’era qualcuno a vegliare su di lei che,
giustamente, aveva tutte
le ragioni del mondo a provare nei suoi confronti quei sentimenti
contrastanti.
Grazie al lupo
ben sapeva dell’affetto profondo che aveva
sempre nutrito per
lei e non le era oscuro che non le sarebbe dispiaciuto affatto averla
come
nuora, cosa di cui era sempre stata intimamente felice, ma questo era prima,
ora era tutto cambiato, ora sapeva. Aprì gli occhi e la
cercò con lo
sguardo «Ellen…»
Lei trasalì «Elsa! Come ti senti?»
«Meglio» rispose, senza effettivamente mentire: era
stanca e spossata ma,
almeno, quella sensazione terribile era sparita e anche la febbre se
n’era
andata.
«Jack è andato a caccia» la mise al
corrente la donna, impacciata «Mentre Emma
è a fare Dio solo sa cosa con tua sorella»
La ragazza tirò le labbra in un piccolo sorriso, non si
poteva certo dire che
non cercasse di fare del suo meglio per mettere a tacere il suo
risentimento «Grazie
per esservi presa cura di me»
L’altra si schermì appena «Ci
mancherebbe…»
«Mi dispiace…» si scusò Elsa
e, istintivamente, si azzardò a coprirle una mano
con la sua: l’avvertì fremere per un attimo e
l’impulso che l’altra ebbe di
ritirarla la investì come una raffica di vento gelida,
tuttavia, non lo fece.
Decise di continuare «Per colpa mia avete dovuto abbandonare
la vostra casa, ho
condannato vostro figlio al mio stesso destino e ho seriamente messo in
pericolo la vita di Emma» la guardò negli occhi,
colpevole «Avete tutto il
diritto di odiarmi, io non vi biasimo»
L’amarezza, con cui quelle parole vennero pronunciate, fece
calare fra le due
un irreale silenzio che venne, ben presto, interrotto da una terza voce «Tu non mi
hai messa in pericolo»
Entrambe si voltarono verso colei che aveva appena parlato
«Emma» pronunciò la
madre in un soffio.
La ragazzina le raggiunse e si mise a sedere sul giaciglio vicino ad
Elsa, in
modo da vederla bene in faccia e farle comprendere che di lei non aveva
paura «Quando
ero davanti al lupo c’era
una domanda a cui non riuscivo a
dare una risposta:
perché non mi aggrediva? Perché sembrava mi
esortasse a scappare via? In quel momento
pensavo che volesse solo divertirsi con me e non negarsi il piacere
della
caccia ma, quando ho scoperto che il lupo eri tu,
ho finalmente capito:
tu volevi davvero che io scappassi, per non farmi del male. Avresti
potuto
uccidermi cento volte prima dell’arrivo di Jack ma non
l’hai fatto, perché non
volevi» le sorrise incoraggiante «Non sei il lupo
cattivo, credimi…»[2]
«Vero?» confermò Anna,
appena giunta assieme a Kristoff «E’ una cosa che
le ripeto spesso ma, nonostante il suo udito incredibilmente
sviluppato, sembra proprio
che non
riesca a sentirci da quelle orecchie»
Tutte quelle rassicurazioni, di certo, non sarebbero bastate a mitigare
l’assoluto disprezzo che provava per se stessa ma, per un
attimo, Elsa si
permise di lasciarsi invadere da quella sensazione di calore che solo
l’affetto
delle persone care riusciva a sprigionare e un piccolo sorriso si
disegnò sul
suo viso.
Quel gradevole conforto, però, venne spazzato via da un
improvviso gelo che le
cristallizzò il petto: sgranò gli occhi e si
portò una mano al cuore
tremendamente pesante, un gemito le scappò dalle labbra
serrate.
«Cos’hai?» le chiese preoccupata la
sorella, subito al suo fianco.
«Jack» riuscì a dire con
difficoltà «E’ in pericolo»
Ellen drizzò subito la testa, allarmata «Come fai
a saperlo?»
«Io… non lo so, lo sento e basta» se era
perché fosse stata lei a trasformarlo
o perché erano parte dello stesso branco non era importante
al momento «Io devo
andare» sentenziò, alzandosi con fatica.
Anna e Kristoff la sorressero prontamente «Tu non andrai da
nessuna parte così
ridotta» la ammonì la sorella
«Andrò io, dimmi dove»
«Non so spiegartelo»
«Allora ti seguirò»
«No!» quasi le ringhiò contro la
maggiore, mentre un lampo rosso scintillava
nei suoi occhi chiari.
«Elsa?» la richiamò l’altra
sorpresa «Che ti succede?»
La ragazza piegò appena la testa di lato, come a reprimere
quel fastidioso
calore che aveva cominciato ad irradiarsi dalla sua spalla sinistra. Non
era
possibile «Andate via»
Anna si rifiutò di credere al sospetto che le era appena
passato per la mente «Ehi,
non scherzare…» tremò «Non è tempo di
luna piena ed è giorno, maledizione!»
Elsa chiuse gli occhi, stringendo i denti
«Scappate… ora!»[3]
La minore comprese che non l’avrebbe ripetuto
un’altra volta.
Avevano appena messo, tutti e quattro, i piedi fuori dalla grotta che
il primo
ululato aggredì le loro orecchie.
Ellen aveva il fiato corto, non per la corsa che stava sostenendo
bensì per la
paura: un conto era aver ascoltato quella storia surreale trovandosi
costretta,
per forza di cose, a credervi, un altro era prendere piena
consapevolezza di
esserci dentro. Per questo le sue gambe si bloccarono di colpo, non
appena il
lupo bianco caracollò a pochi passi dai suoi piedi, con gli
occhi rossi
scintillanti, il pelo arruffato e le zanne scoperte. Trattenne a stento
un
singhiozzo e registrò appena l’urlo di ammonimento
che la giovane Anna rivolse
alla sorella nella sua forma animale, la sentì ringhiare e
si rannicchiò su se
stessa ma, avvertito un leggero movimento, trovò il coraggio
di alzare la
testa e raggelò.
Emma, appena stagliatasi a protezione della madre, lasciò le
braccia rigide
lungo i fianchi e strinse, istintivamente, sia i pugni che i denti
«Tu non
mi farai del male, tu non mi farai del male…»
sussurrò in gola, senza
nemmeno aprire la bocca.
Il lupo si fece sempre più vicino, poteva sentire il calore
del suo fiato sul
viso: smise anche di respirare ma non abbassò lo sguardo. Ci
fu uno sbuffo e un
fruscio, quando rilasciò un sospiro Elsa era già
lontana.
Davanti a quella scena, il cuore di Anna si riempì di
commozione: lo sapeva che
sua sorella non era così pericolosa come credeva, se solo
non fosse stata così
testarda «Kristoff» esordì, ridestando
il ragazzo dallo stato d’incredulità in
cui era appena scivolato «Prestami Sven, per
favore…»
«Cosa? Non vorrai mica…»
balbettò, comprendendo le sue intenzioni «Vengo
con te»
«No» gli rispose gentile, prendendogli le grosse
mani fra le sue «Loro hanno
bisogno di te» si alzò in punta di piedi a
lasciargli un leggero bacio su una
guancia «Abbi fiducia in me, li riporterò
qui»
Jack cadde a terra con un tonfo sordo. Rotolò supino
rantolando, la vista annebbiata dal sangue, il suo. Era giorno,
maledizione, come poteva esserci un lupo? Perché
era chiaro che quello
che lo stava braccando non fosse un semplice esemplare: se Elsa, nella
sua
forma animale, era imponente questo era grande quasi il doppio e la sua
pelliccia era folta e fulva come un turbinio di fiamme. Ed era proprio
come un
turbine che lo aveva travolto: a nulla erano valse le sue nuove
capacità, da
umano non poteva niente contro di lui. La bestia stava decretando,
assalto dopo
assalto, morso dopo morso, la sua fine e il tutto nel più
totale silenzio:
c’era come uno schermo a proteggerla e lui non riusciva a
percepire nessun
pensiero, nessuna emozione, nessun odore. C’era solo una cosa
chiara: voleva
vederlo morto.
Provò
a far leva sulle braccia per rialzarsi e fare non sapeva nemmeno lui
cosa,
ma il lupo piombò
sulla sua schiena, schiacciandolo con
tutto il suo peso e
conficcandogli gli artigli nella carne. Urlò dal dolore e
chiuse gli occhi,
aspettando che le sue fauci calassero su di lui per staccargli la testa
di
netto.
Tutto quello
che avvertì, invece, fu un colpo secco e
un’improvvisa leggerezza.
Riaprì gli occhi confuso e la sua vista annebbiata gli
mostrò la figura di un
meraviglioso lupo bianco che si ergeva a sua protezione
«Elsa» gemette «Perché
sei venuta?»
Ti
proteggerò…
La
sua determinazione, tuttavia, non lo rincuorò: era ancora
debole, poteva
sentirlo, e il suo avversario sembrava tanto, troppo potente rispetto a
lei,
ora più che mai. Era sicuro che anche lei lo sapesse ma non
per questo si
sarebbe tirata indietro.
Sta’
attenta…
La
lotta fra i due Alpha cominciò: il lupo bianco lottava per
proteggere,
le motivazioni dell’altro, invece, rimanevano oscure e per
quanto lei si
ostinasse ad interrogarlo sul chi fosse e cosa volesse, le sue domande
si
perdevano nell’aria gelida eppure era maledettamente sicura
che lui capisse
ogni cosa. Per quale motivo non le rispondeva? Cosa aveva da
nascondere? E, soprattutto,
cos’era quell’inaspettato senso di
familiarità che l’aveva colta appena lo
aveva visto?
Un
improvviso attacco laterale la fece cadere al suolo per la prima volta,
schivò un morso appena per un soffio e scalciò
con le zampe posteriori,
ferendolo al muso. Si rialzò e partì al
contrattacco.
Jack, ancora
a terra, imprecò, maledicendosi per la sua
inutilità: era
preoccupato, quasi terrorizzato da quel che sarebbe potuto accadere.
Elsa era
sempre più lenta e gli attacchi dell’altro stavano
diventando sempre più
mirati, come se solo fino a quel momento si fosse semplicemente
divertito a
giocare con lei. Tremò quando la sentì uggiolare
di dolore sotto l’ennesimo
colpo e crollare a terra. Lo guardò negli occhi.
Scappa…
Lo
implorò.
No, io non ti
lascio…
Dev…
La
conclusione di quel pensiero non gli arrivò: il dolore delle
fauci del
lupo rosso che le si serravano sulla gola divenne il suo dolore.
Un
urlò disumano graffiò la sua stessa gola e, con
un’energia inaspettata,
piombò sulla groppa del suo avversario: ormai disarmato, lo
colpì con quello
che aveva, le sue mani. Gli schiantò i pugni sulla testa,
sul naso, cercò
persino di cavargli gli occhi ma quello non mollava la presa.
Gli
afferrò
il muso, infilando direttamente le mani nella sua bocca, nel disperato
tentativo di riaprirgliela mentre la sua pelle veniva perforata dalle
sue zanne
«Lasciala maledetto bastardo, lasciala, lasciala»
Fu in quel
momento che saettò la prima freccia.
Il lupo
rosso ringhiò quando la punta d’argento si
piantò nella sua coscia, si
scrollò in un impeto di rabbia e dolore, scalzando Jack
dalla sua groppa e
facendolo volare via come una manciata di foglie secche. Una seconda
freccia lo
colpì di nuovo, questa volta poco sotto
l’attaccatura di una delle zampe
anteriori, perforando il polmone, e subito dopo un’altra
ancora: finalmente
lasciò la presa. Non aspettò di scoprire se
l’intenzione, della cacciatrice
appena giunta, di centrarlo in un occhio e trafiggergli il cervello
fosse
supportata o meno dalla giusta abilità: con il fiato che
cominciava a mancargli
dall’organo sull’orlo del collasso,
scappò.
Anna scese
rapida da Sven e si precipitò dalla sorella,
s’inginocchiò al suo
fianco e mosse le mani tremanti sulla sua pelliccia candida macchiata
di
sangue, non l’aveva mai toccata nella sua forma animale, mai.
«Elsa»
la chiamò «Apri gli occhi, ti prego»
Il lupo
bianco sbuffò, alzò appena le palpebre senza
metterla a fuoco realmente
e le richiuse praticamente subito, esausto.
Alla ragazza
girò la testa: Elsa aveva perso, assieme alla lotta, anche
il suo ruolo
di Alpha così i suoi occhi non erano più rossi
come il sangue e, anche se solo
per un attimo, avevano rivelato il loro reale colore, scintillando
dorati prima
di scivolare nel buio dell’incoscienza.[4]
Grazie
per aver letto questo nuovo capitolo.
La situazione si è decisamente movimentata: il terzo lupo si
è fatto avanti e, sebbene non abbia parlato, con le sue
azioni
ha messo abbastanza in chiaro le sue intezioni.
I nostri eroi sono braccati su più fronti ma, nonostante la
tensione, i meravigliosi Kristanna (♥) riescono comunque a
regalarci un momento di spensieratezza anche se si riconfermano le
vittime preferite dei terribili fratelli Overland XD
Non so di preciso quanti capitoli ci saranno ancora ma ci stiamo,
inesorabilmente, avvicinando alle battute finali.
In qualunque modo avrete piacere di palesarvi - recensendo, listando o,
semplicemente, leggendo - mi farete molto felice.
Al prossimo capitolo
Cida
[1] Come nel canon, Elsa ha
ferito Anna alla testa quando erano bambine. Come? Lo scoprirete presto
;)
[2]
Ecco perché, in realtà, il lupo non ha attaccato
la
giovane Emma nonostante ne avesse avuto tutto il tempo e, anzi, la
esortasse a scappare via.
[3]
Fra le varie ricerche, ho trovato su Wiki che talvolta lupi mannari e
licantropi si differenzino per via che il primo si trasforma contro la
propria volontà mentre il secondo si può
trasformare
ogni volta che vuole senza perdere la ragione. Dunque, questa cosa mi
ha intrigato moltissimo e, per questa storia, ho scelto che,
inizialmente, possano trasformarsi solo tramite la luna piena e
facendosi dominare completamente dagli istinti. Man mano che
l'esperienza aumenta (Elsa, ad esempio, è un lupo mannaro da
tredici anni) acquisiscono diverse capacità, riuscendo pian
piano ad essere sempre più lucidi ed imparando a
trasformarsi
quando lo desiderano. Elsa è in fase di transizione in
entrambi
i casi: non ancora perfettamente lucida ma, come avete visto, lo
è sempre un
pochino di più
e si è trasformata in caso di necessità, ossia
per
aiutare Jackson, nonostante fosse giorno e la luna piena non fosse
imminente.
[4]
Si può essere Alpha per indole o per vittoria, di base
bisognerebbe uccidere l'Alpha per prenderne il posto ma qui, ho deciso,
che basta vincere un combattimento. Elsa è sempre stata
Alpha
per indole, sin dalla sua prima trasformazione, perciò Anna
non
ha mai potuto vedere il reale colore degli occhi della sorella almeno
fino in questo momento e se vi ricordate cosa ho detto in merito...
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
CAPITOLO 8
La trasformazione inaspettata di Elsa, ferita ed esausta, si
era ben presto invertita, lasciandola nuda in un letto di sangue, fango
e neve.
C’era voluto l’arrivo claudicante di Jack per
riscuotere Anna: assieme
l’avevano coperta con quel poco che avevano a disposizione e,
dopo un’intensa
lotta di sguardi e rassicurazioni, erano riusciti ad issarla su Sven,
comprensibilmente non così propenso dall’avere in
groppa due predatori di tale
portata, poiché assieme a lei vi era salito anche Jack in
modo che i due
potessero darle più calore possibile ed alleggerire anche
lui, provato dalle
profonde ferite dell’Alpha, del peso di riuscire a tenere il
passo.
Anna era sinceramente dispiaciuta del dolore che i due erano costretti
a patire
ma, al tempo stesso, era sollevata: finché avessero avuto la
testa attaccata al
collo non avrebbe dovuto temere per la loro vita. Per questo aveva
chiesto a
Jack l’ultimo sforzo di non cedere alla stanchezza e rimanere
vigile nel caso
il misterioso lupo rosso avesse deciso di rifarsi vivo e, per lo stesso
motivo,
la balestra era ancora carica nella sua mano, così come le
altre due di
supporto. Era piuttosto sicura che non li avrebbe attaccati di nuovo,
non in
quel momento almeno, perché per disfarsi delle frecce che
gli avevano colpito i
polmoni sarebbe stato costretto ad invertire la trasformazione e
l’argento
avrebbe ritardato ulteriormente il suo processo di guarigione,
lasciandolo
fuori dai giochi almeno per un po’. Tuttavia era sempre
meglio tenersi pronti
per ogni evenienza, quello aveva tutta l’aria di essere
decisamente più
pericoloso ed esperto di sua sorella.
Una volta raggiunta la grotta, Kristoff, Ellen ed Emma erano accorsi
preoccupati ed erano rimasti per un attimo in uno stato di shock nel
vedere le
condizioni dei due ragazzi, per cui era toccato alla
più giovane delle sorelle
cercare di fargli forza e tranquillizzarli, invitandoli a prestargli i
primi
soccorsi e a lasciarli riposare. Potevano, sì, alleviare il
loro dolore ma
c'era un solo e unico alleato che avrebbe permesso la loro guarigione:
il
tempo.
Solamente dopo che i feriti furono medicati e gli animi calmati, Anna
si
concesse un leggero ristoro in un piccolo anfratto di cui la grotta era
piena,
rinfrescandosi con un po' di neve, sapientemente lasciata a sciogliere,
il
collo sudato dalla fatica e dalla tensione.
Fu proprio mentre stava lasciando nuovamente i capelli liberi di cadere
sulle
spalle, le quali spuntavano nude dalla camicia allentata, che qualcuno
la
raggiunse e, nel riconoscerlo, per poco non si rovesciò la
tinozza dell’acqua
addosso «K-Kristoff...» balbettò,
coprendosi istintivamente con le mani.
«Ah» schizzò sull'attenti lui
«Non pensavo fossi qui, ero venuto a prendere un
po' d’acqua pulita per Jack e...»
«Non fa niente» cercò di tagliare corto
lei, rilegando velocemente i lacci alla
bell'e meglio e cercando di evitare di sprofondare nella vergogna
«Avevo
finito, fai pure»
Kristoff cercò di non allungare troppo lo sguardo e si
dedicò al suo compito,
deglutì all'improvviso oppresso da quel silenzio che era
calato fra loro «Come
stai?» le chiese, per spezzare la tensione ma anche per la
preoccupazione di
quello che la ragazza aveva vissuto.
«Bene» rispose l'altra subito: un meccanismo
automatico che negli anni aveva
imparato a far scattare all'arrivo di domande scomode perché
quel segreto, che
lei e sua sorella custodivano, era talmente pericoloso da non poter
commettere
errori lasciandosi scappare una parola di troppo.
«Stai bene... sul serio? »
cercò conferma lui, non poteva essere vero,
quella non poteva essere Anna, oh sì, d'accordo, stava per
pensare la sua
Anna, e allora? «Tu vuoi dirmi che trovare tua sorella a
battersi contro un
altro lupo mannaro che ha lasciato lei e Jack in fin di vita non ti ha
fatto né
caldo né freddo?»
La ragazza sospirò, era una sciocca, che motivo aveva di
continuare a
mentirgli? Nessuno «Vuoi che ti dica che
trovare mia sorella fra le
fauci di quel mostro mi ha terrorizzata?» l'adrenalina
trattenuta fino a quel
momento esplose tutta d'un colpo «Certo che lo ha fatto! Ma
colpirlo, quello
no, perché per proteggere Elsa farei di tutto...»
strinse i pugni «Sì, mi
spiace immensamente che lei e Jack siano feriti e soffrano ma il fatto
che
siano lupi mi solleva perché so
già che guariranno» alcune lacrime di
tensione le sfuggirono dalle ciglia «Ma sai che
c'è? La verità è che sono
felice che mia sorella abbia perso, perché così
ho
finalmente avuto la conferma
di quello che ho sempre creduto, quello che mi ha sempre sostenuto in
questi
anni e non mi ha fatto vacillare mai al suo fian…»
Due labbra sulle sue la fecero zittire di colpo, la ragazza
lasciò che le mani
di Kristoff le si posassero sul viso e si aggrappò alle sue
spalle rimanendo,
per una volta, senza altro da dire.
Dai
Elsa, fammi volare!
No Anna,
è troppo
pericoloso…
Non
lo sarà se mi riprenderai. Dai: ti prego, ti prego,
ti prego!
Un piccolo
sbuffo
E va
bene…
Un primo volo
e
gridolini eccitati, poi un altro e vere e proprie risate
Più
in alto, più in alto!
Un ultimo
slancio
particolarmente lungo, tanto dal rischiare una piroetta scomposta.
La rovinosa caduta bloccata solo grazie ad una forza ed una
rapidità fuori dal
comune.
Anna, potevi
romperti l’osso del collo!
Ma
tu mi hai preso, te l’avevo detto! Dai, rifacciamolo!
No…
Sì!
Una piccola
mano
stretta ad un esile braccio
Ti ho detto di
no!
La spinta
appare
solo leggera ma, in realtà, sprigiona una forza in grado di
far volare via quel
corpicino come un sacco vuoto.
Il rumore di una testa, che sbatte su un sasso, agghiaccia; il sangue,
che si
espande sul terreno, raggela.
Anna!
Mani candide
tinte
di rosso, lacrime cadono e il dolore nella testa esplode, prende il
cranio e lo
spacca a metà
Padre, Madre!
Passi
concitati,
respiri affannati.
Elsa,
che cosa hai fatto? Non lo controlli più.
E’
stato un incid…
Elsa?[1]
La mano di Jack scivolò dal collo candido su cui, fino ad un
attimo prima, era lievemente appoggiata e il suo corpo fu scosso da un
leggero
spasmo. Elsa aprì gli occhi di colpo, allarmata da quel
senso di sollievo che
aveva messo a tacere all’improvviso la maggior parte del
dolore «Sciocco,
perché l’hai fatto?»
Capì
immediatamente quel che era successo e le fu subito chiaro come mai
quel
doloroso ricordo era tornato a pungolarle la mente sotto forma di sogno
proprio
in quel preciso momento, per metterla in guardia.
L’altro
mugolò spossato «Io… non lo so...
desideravo solo che tu
stessi meglio»
Elsa non
poté evitare di sorridere «Sarei guarita comunque,
proprio come te…»
gli passò una carezza sul viso sudato «Devi
imparare a controllare questo
potere, prima di utilizzarlo, altrimenti ti
ucciderà» proseguì verso il petto
ma una mano si strinse improvvisamente nella sua «N-non
riprendertelo…»
«D’accordo…»
si chinò a lasciargli un leggero bacio a fior di labbra
«Adesso
riposa ancora un po’»
Elsa
aveva
aspettato che Jack si riaddormentasse e, incapace di stare ferma ora
che lui
aveva dato una spinta notevole al suo processo di guarigione, aveva
deciso di
uscire nella mattinata appena sorta. Non si era allontanata molto,
consapevole
del rischio, i sensi bene all’erta ma, quando
avvertì il pericolo di
un’aggressione imminente, anziché irrigidirsi si
sciolse in un sorriso e si
lasciò travolgere dalle braccia della sorella.
«Sono così felice che ti sia
ripresa!» esultò quella, stringendola forte
«Questa volta mi hai fatto prendere un colpo, quando ti ho
vista nelle grinfie
di quel coso ho pensato seriamente di essere
arrivata troppo tardi» il
solo ricordo le velò lo sguardo di lacrime.
«Ehi!» cercò di rincuorarla la maggiore,
prendendole il viso e asciugandole con
i pollici le gote bagnate «Sei arrivata in tempo e mi hai
salvata, di
nuovo»
La vide annuire e tirare su con il naso, commossa. Scosse appena la
testa e le
prese una mano «Coraggio, rientriamo…
così saremo più tranquille e potrai
raccontarmi»
Anna rise e si lasciò trascinare dentro «Mai che
ti si possa fare una
sorpresa…»
L’altra sghignazzò «Beh, so che muori
dalla voglia di dirmi qualcosa ma non so
cosa. Per cui, avanti… la tua agitazione mi ha messo
curiosità»
La più giovane prese fiato «Il lupo rosso ti ha
battuto… tu non sei più un
Alpha»
Elsa inarcò le sopracciglia, presa in contropiede
«Che c’entra questo adesso?»
domandò
confusa, come potevano quelle parole sposarsi con l’assoluta
gioia che l’altra
emanava?
«Ho visto i tuoi occhi…»
La stava prendendo in giro? Il respiro le si bloccò nel
petto e serrò le
palpebre, il cuore già stretto in una morsa di gelido
ghiaccio, azzurro
come i suoi occhi da assassina…
«… erano gialli!»
«Cosa hai detto?» chiese conferma, portandosi una
mano alla testa che aveva
improvvisamente iniziato a girare «Non puoi mentirmi su
questo» sussurrò,
incapace di crederle perché del suo risveglio
ricordava ogni cosa.
«Come potrei farlo?» Anna, invece, la mano se la
portò al cuore «Non la senti
la mia felicità, maledizione?» si batté
il petto una volta, due «Non puoi
sentire solo quello che ti fa comodo»
Aveva ragione: era sincera, credeva veramente a quel che diceva ma non
poteva
essere vero «E se ciò che abbiamo sempre creduto
fosse sbagliato?»
Avvertì il suo nervosismo ancor prima di vederlo riflesso
sul suo volto «Io non
ho motivo di dubitare degli studi di mamma e papà»
la vide stringere i denti
«Perché non vuoi ammettere che non
sei il mostro che credi?»
«Perché sono io ad
essermi risvegliata fra i loro corpi
martoriati, sono io ad aver avvertito il
loro sapore nella mia
bocca, sono le mie notti ad essere
tormentate dal loro ricordo»
quasi ringhiò in risposta, arrabbiata con lei, con se stessa
e con la sua
memoria vuota «Se non sono stata io, come me lo spieghi
questo?»
«Io non lo so» sbottò Anna a sua volta
«Ma abbiamo appena scoperto che non sei
la sola e non sto parlando di Jack ma di quel mostro che
vi ha
quasi ucciso, quello sì che lo era, non tu»
cercò di ragionarci su «E se ce ne
fosse stato un altro anche allora? E tu fossi intervenuta per
salvarli?»
s'illuminò «Anzi io sono certa che sia
stato
così, io non ho mai creduto fossi
stata tu e a maggior ragione non lo farò da adesso in
poi»
Era vero, Elsa lo aveva sempre saputo: Anna non l'aveva mai considerata
capace
di quell'atto ed era, forse, per quello che l'aveva sempre sostenuta,
sacrificando moltissimo di se stessa pur di starle accanto. La
convinzione
dell'altra riuscì a farsi strada nel suo cuore: non
era lei la colpevole? Crollò in
ginocchio e, per la prima
volta in vita sua, il petto divenne meno pesante e il sollievo le
inondò gli
occhi di lacrime «Non sono stata io»
singhiozzò.
Le braccia della sorella l’avvolsero nuovamente
«E’ così…» le
confermò
sinceramente commossa. Ascoltò i suoi singhiozzi in
silenzio, poi, le lasciò un
bacio fra i capelli e si rialzò, invitandola a fare
altrettanto «C’è un’altra
cosa che devo dirti: ho parlato con Kristoff e siamo
d’accordo che non possiamo
più stare qui»
«Volete andare via?»
Anna sbuffò appena «Non è che
vogliamo, dobbiamo: abbiamo bisogno
di un pasto diverso dalla cacciagione, di essere abbastanza lontani da
Friederik e dal suo proposito di ucciderci ma, soprattutto, abbiamo
bisogno
di una casa e per noi intendo tutti,
anche
tu»
Esattamente come temeva, vide Elsa sgranare gli occhi e scuotere la
testa
«Trovare un altro villaggio? Uno dove Friederik non abbia
già fatto arrivare la
verità? Ci vorranno giorni e giorni di
cammino e noi non li
abbiamo, lo sai»
«E
se
non ne avessimo bisogno? Ti ho vista davanti ad Emma ed Ellen
ieri: tu
riesci a controllarti anche se, per qualche ragione che mi sfugge,
continui a
negarlo a te stessa» la rimproverò, esasperata dal
suo comportamento «Le
temperature sono più miti, nel caso non trovassimo un
rifugio possiamo
permetterci di accamparci nel bosco, mantenendo acceso un fuoco, con te
e Jack
nessun animale oserebbe avvicinarsi, basterà fare dei turni
di guardia per chi
ci sta dando la caccia. Quando giungerà la Luna Piena, tu
non ci farai del male
e potremmo legare Jack nella rete d'argento di papà, se
necessario. Quando,
finalmente, saremo abbastanza lontani da qui, potremo azzardarci ad
entrare in
qualche villaggio, magari non tutti insieme, recuperare un carro,
rubarlo se
serve... e andare ancora più lontano e trovare un villaggio
che non abbia mai
sentito parlare di noi, oppure possiamo costruircelo un posto»
«Un
posto solo per noi? Delle
casette in mezzo al bosco, magari?
Rubare? Ma ti senti?» quasi le
scappò una risata amara «Tu
non
consideri una cosa importante: io ho morso
Jack e non l'ho ucciso solo perché sei arrivata tu ad
impedirmelo»
«Oh
Elsa, sai benissimo che con lui non avresti potuto controllarti:
perché
continui a farti carico di cose che non dipendono da te? Quando
riuscirai a vederti come ti vedo io? Questa non
è vita e lo sai benissimo
anche tu»
La maggiore
sospirò «Ci penserò,
d'accordo?» le strinse le mani e le sorrise,
sperando che bastasse per farla quietare almeno per un po'. Anna
piegò le
labbra in una smorfia poco convinta ma, alla fine annuì, e
si allontanò.
«Non
ci penserai...» la riprese Jack sarcastico, uscendo
finalmente da
quell’angolino buio da cui aveva, praticamente, ascoltato
tutto. Era ancora visibilmente
provato ma, perlomeno, riusciva a stare dritto sulle proprie
gambe.
Quella punta
di delusione che gli avvertì nella voce non la
gradì «Te lo ha
suggerito il lupo?» gli
rispose a tono, pronta a ricoprirsi di
quell'armatura di gelo che gli anni e l'abitudine avevano fatto
diventare la
sua più fedele alleata.
«Non
ne ho bisogno...» lui, però, non le diede corda
«Ti conosco da un po’ di
tempo, non credi?»
«Non
mi conosci affatto...» lo ferì, lo
percepì immediatamente.
«Perché
fai di nuovo così? Perché adesso?» le
chiese, sinceramente confuso
«Vuoi allontanarmi perché già sai che
sono d'accordo con tua sorella? Questo
posto non è più sicuro: siamo troppo vicini al
villaggio è solo questione di
tempo prima che ci trovino e poi c'è questo nuovo lupo,
come mi ha
trovato una volta sarà in grado di farlo di nuovo. Non
è stato un attacco
casuale, Elsa, voleva uccidermi»
«Allontanarci
da qui è troppo pericoloso, che ne sarà di Anna,
tua madre, tua
sorella e Kristoff quando giungerà la Luna Piena e non ci
sarà niente a
fermarci?» ribatté testarda.
Il
cacciatore le prese le mani, cercando di essere incoraggiante
«Tu sai
controllarti, mi terrai a bada: useremo la rete che ha detto tua
sorella, berrò
infuso di strozzalupo per indebolirmi se non avremo
alternative»
«Io
non mi so controllare» ringhiò rabbiosa,
liberandosi dalla sua presa
«Smettetela di darlo per scontato»
«Hai
intenzione di passare il resto della tua vita chiusa in quella
gabbia?»
questa volta fu la pazienza di Jack ad esaurirsi «Ora che
puoi trasformarti
quando meno te lo aspetti perché non ti ci rinchiudi anche
adesso?»
La ragazza
strinse istintivamente i pugni «Perché non vuoi
capire che rimanere
qui è la cosa migliore per entrambi?»
«Perché
questa volta hai torto, non puoi decidere per me: tu non sei
più il mio
Alpha» si pentì di aver pronunciato quelle parole
non appena le sentì
abbandonare le sue labbra: fu investito dal suo dolore «Io
non volev...»
«Oh
sì che volevi...» lo interruppe lei,
assottigliando gli occhi glaciali «Il lupo
ti ha solo dato il coraggio di dirlo»
«Siete
pronti?»
Kristoff
chiuse la bisaccia con un colpo secco e alzò
lo sguardo verso Anna «Quasi...» sospirò
«Tua sorella è tornata?» lo chiese per
un di più, di fatti non si stupì quando lei gli
fece un cenno di diniego con la
testa. Sbuffò «Ho provato a chiedere a Jack se
sapesse qualcosa: mi ha guardato
in un modo che ho pensato seriamente volesse sbranarmi...»
cercò di scherzare,
accennando appena un sorriso «Fortunatamente si è
accanito contro un ciocco di
legna: lo ha aperto a metà… a mani
nude»[2]
deglutì a vuoto.
Anna
sghignazzò appena «E’ molto difficile
per loro
controllare la rabbia, cercate di lasciarlo in pace o di concentrarlo
su
qualcosa dove possa sfogarsi: grazie a nostro padre, Elsa ha scoperto
che
incanalare le sue energie nel lavoro aveva il potere di calmarla.
Provate a
farvi venire in mente qualcosa per Jack ma, per l'amor del cielo, non
toccatelo
finché non sarà più
tranquillo» ci pensò su per un attimo
«Ah, e vi suggerisco
caldamente di non nominare mia sorella… almeno per un
po’»
Il
giovane taglialegna si fece scappare uno sbuffo
appena divertito ma l’ilarità sparì
velocemente dal suo volto «Sei sicura di
non voler venire con noi?»
Lei
sorrise e gli passò una carezza sul viso «Ehi, non
sto dicendo che rimarrò qui per sempre ma io la devo
aspettare. Vedrai: la convincerò
e grazie alla sua velocità vi raggiungeremo prima di quanto
ti aspetti» gli
disse, incoraggiante.
«Lascia almeno che ti lasci Sven…»
titubò appena «Per ogni
evenienza…»
In quella proposta lei ci lesse tutto quello che lui non aveva il
coraggio di
dirle: la preoccupazione che non riuscisse nel suo intento e rimanesse
troppo
indietro per raggiungerli; il timore che scegliesse di non seguirli
«D’accordo»
concesse, come riprova della sua assoluta buona fede «Vi
siete organizzati come
vi ho detto?»
Kristoff
annuì «Sì, io e Emma abbiamo una delle
tue
balestre, lei ha alcuni dei tuoi stiletti e io la mia ascia, Ellen
porterà lo
strozzalupo che non è molto pesante ma, allo stesso tempo,
la proteggerà e
Jack, beh, lui credo sappia badare a se stesso…»
questa volta fu il suo turno
di alzare una mano a passarle le dita ruvide sulla guancia morbida
«Dimmi che
non correrai alcun rischio»
«Stai
tranquillo: è mia sorella, non mi farà del
male»
Anna
avvertì
il rientro di Elsa quando il resto del gruppo era già
partito da un po’, era
stata via a lungo: la discussione con Jackson doveva averla innervosita
davvero
molto per farla allontanare per così tanto
tempo, era una
cosa che non faceva
mai. Non appena se la trovò di fronte, le sembrò
per un attimo diversa: la
mandibola contratta, lo sguardo più duro. Scosse la testa,
associando la sua
espressione ad una rabbia non ancora sbollita che cercava, a quanto
pare a
stento, di trattenere «Finalmente sei
tornata…»
«Se
ne sono andati…» constatò, non era una
domanda «Perché tu sei rimasta?»
Se le avesse
mollato uno schiaffo in piena faccia, forse, le avrebbe fatto meno
male «Perché sei mia sorella, l’unica
famiglia che mi rimane, non avrei mai
potuto andare via»
«Ma
è quello che vuoi, no?» la degnò appena
di un’occhiata sprezzante «Perciò
fallo, costruisciti una nuova famiglia con Kristoff… vattene
via»
«Non
puoi averlo detto sul serio…» quasi
boccheggiò, ferita «Smettila di
scavalcarmi, guardandomi dentro… e, se non puoi evitare di
farlo, almeno abbi
la decenza di guardare tutto: io voglio che tu venga con
noi, non
ti
voglio lasciare, non qui, non da sola»
L’altra,
però, rimase impassibile a quelle parole «Hai
già lasciato Ellen, Emma
e Kristoff da soli alle prese con un mostro, vuoi portargliene un
altro?»
«Elsa,
che stai dicendo?» quasi non le sembrava di riconoscere la
sorella nella
persona che aveva di fronte.
«Che
devi
andare via…»
«No, io so che
insieme potremo trovare una soluzione!»
«Come? Pensi davvero che
riuscirete a gestirci entrambi? Che potere
hai tu per fermare Jack, per fermare me?![3]»
La
più giovane strinse i denti e le afferrò un
braccio risoluta «No, io non
me ne vado senza di te»
Elsa
abbassò lo sguardo freddo e tagliente sulla mano della
sorella «Sì,
invece, vai!»
si liberò dalla sua presa con un semplice movimento,
talmente
rapido da risultare quasi impercettibile all’occhio ma con
una potenza tale da
scalzare l’altra dalla posizione in cui si trovava.
Solo gli
anni di esperienza riuscirono a non trovare Anna completamente
impreparata: impossibilitata ad opporre qualsiasi tipo di resistenza ad
una
forza come quella, irrigidì il corpo e portò in
avanti il collo in attesa dell’impatto
contro il muro, cercando di concentrare il contraccolpo sulla schiena
allenata
e non sbattere la testa. Quando questo avvenne, però, non
poté fare a meno di
lasciarsi scappare un mugolio di dolore.
Giusto
davanti a quella scena, qualcosa sembrò scattare nella
maggiore «Anna…»
sussurrò e, come se le costasse un’enorme fatica,
allungò una mano verso di
lei.
«Non
mi toccare…» la bloccò invece
l’altra, mentre lacrime di rabbia e
frustrazione le rigavano il volto «Va bene, continua pure
così: rifiuta il mio
amore, quello di Jack… non potrai mai amare nessuno se prima
non imparerai ad
amare te stessa. Sai che ti dico? Rimani da sola, se proprio ci tieni
tanto…
questa volta non ti supporterò, anche io me la merito una
possibilità…»
Elsa la
guardò rimettersi in piedi a fatica e superarla senza
degnarla di un ulteriore
sguardo. Avrebbe voluto gridarle di fermarsi, che non era sua intenzione
colpirla, che sì era una testarda senza speranza ma solo
perché aveva paura,
paura di fare del male alle persone che amava ma la realtà
era che non riusciva
ad immaginarsi una vita senza di lei, senza Jack. Tuttavia non
fiatò, né si
mosse: la gola serrata e il corpo immobile. Tutto ciò che
poté fare fu il
vederla sparire oltre l’ingresso della grotta
perché quella, di fatto, era
l’unica cosa che le era stata
concessa.
Qui
si necessitano delle delucidazioni: no, non sono improvvisamente
impazzita perché, sebbene alcune battute che Elsa e Anna si
scambiano sul finale siano
esattamente le stesse che pronunciano in Frozen dentro al
castello di ghiaccio (ci sono inoltre diverse citazioni sparse un po'
ovunque di
entrambi i film), il modo in cui Elsa le pronuncia mi rendo conto possa
sembrare
OOC ma è assolutamente voluto, chiaramente c'è un
perché e, fra le righe, ci sono già diversi
indizi per farsi delle idee al riguardo.
Inoltre so bene che la Anna dei film non avrebbe mai abbandonato Elsa
in questo modo ma qui c'è una sostanziale differenza fra la
vera Anna e quella di questa storia: in Frozen l'aver ritrovato la
sorella dopo anni e anni di allontamento le ha innescato un
attaccamento talvolta morboso che spesso le impediva di vedere le reali
necessità di Elsa e di cui si accorge solo quando la perde
(e capisce di dover fare
la cosa giusta) mentre qui lei le è sempre, sempre, rimasta
accanto: l'ha sostenuta, protetta, vegliata, sacrificando praticamente
tutto di se stessa, credendo in lei quando Elsa era la prima a
non farlo e questo rifiuto così freddo, questo muro
che l'altra innalza finendo poi con il colpirla, scatenano la rabbia e
l'esasperazione che la porta, in questo momento, ad allontanarsi. Ci ho
pensato a lungo e mi è sembrato un comportamento plausibile,
all'interno del contesto. Spero sia così anche per voi.
Insomma c'è una grossa e gigantesca crisi da risolvere...
ovviamente per sapere come, e se, si risolverà, non vi resta
che attendere il prossimo capitolo. Se sarà l'ultimo o no,
non lo so perché lo sto ancora scrivendo. Trovare il tempo
materiale per mettere giù due righe è sempre
molto complesso, scusate per questi aggiornamenti così radi.
Al solito vi ringrazio per il sostegno che date a questa storia con le
vostre letture, recensioni e aggiunta alle liste.
Cida
[1]
Esattamente come in Frozen, Anna viene accidentalmente ferita dalle
capacità soprannaturali della sorella (immagino vi siate
accorti che la scena è praticamente identica, solo un tantinello più
cruenta) ed è proprio a questo episodio che Anna si riferiva
nel capitolo precedente quando ha mostrato la cicatrice sulla tempia a
Kristoff: se Elsa non fosse intervenuta per curarla - cosa avvenuta per
puro istinto - sarebbe di sicuro morta ed è per questo che,
qui, la stessa Elsa perde i sensi all'arrivo dei genitori, dato il
troppo dolore che ha messo anche lei in serio pericolo di vita.
[2]
Se vi ha ricordato Captain America, era esattamente quello il suo scopo
XD
[3]
In Frozen Elsa, in
realtà, dice: "Che potere hai tu per fermare questo Inverno? Per
fermare me?", ditemi che avete capito questa chicca e vi
amerò per sempre <3
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
CAPITOLO 9
Once
his teeth were bared
Though,
I really got scared
Well, excited and scared
Stavano camminando da molto tempo, quando Jackson si era fermato di
colpo: la sera stava
calando, le temperature
pure,
sua madre e sua sorella erano stanche, alcune delle sue bende erano
sospettosamente umide e l’angoscia di Kristoff di
allontanarsi troppo dalla
ragazza lasciata indietro, che la sua empatia animale gli faceva
avvertire,
stava seriamente rischiando di mandarlo fuori di testa. Nonostante la
Primavera
fosse sbocciata, le previsioni di Anna si erano rivelate errate, era
ancora troppo
freddo
per accamparsi all’addiaccio ma il fiuto del lupo si era
rivelato un ottimo alleato
anche in questo caso. Quando l’orso gli aveva ringhiato
contro, pronto ad
attaccarlo per aver invaso il suo territorio, era ancora talmente tanto
arrabbiato per il comportamento di Elsa che gli era bastato guardarlo
negli
occhi per convincerlo ad abbandonare il suo rifugio senza opporre
inutili
resistenze. La sua tana non era di certo comoda o profumata ma era
abbastanza
grande da permettere a tutti di rimanere al caldo e al riparo.
Mentre gli altri cominciavano a prendere sonno dopo una cena frugale,
era
rimasto sveglio accanto al fuoco fuori dalla tana - e lontano dalla
sacca di
strozzalupo - a vegliare sulla sua famiglia, i sensi
all’erta. Così fu il solo
ad avvertire gli zoccoli di Sven avvicinarsi a tutta
velocità, ancora non era
entrato nel suo campo visivo che già aveva compreso: Anna
era da sola.
Quando lei gli era arrivata vicino ed era scesa dalla groppa
dell’animale, la
luce del fuoco gli aveva mostrato due occhi distrutti dal pianto.
«Mi dispiace…» gli aveva sussurrato e
lui aveva avvertito tutto il suo dolore,
il suo sentirsi inadeguata e incapace di valicare quel muro che la
sorella
aveva costruito. Per questo l’abbracciò, per darle
conforto ma fu un errore
perché l’odore di Elsa su di lei era ancora
maledettamente presente e il suo
cuore si spezzò una volta di più. La
invitò a raggiungere Kristoff prima che il
formicolio, che aveva iniziato a pizzicargli gli occhi, si trasformasse
in
qualcos’altro. La felicità dell’amico
che, assonnato, si era ritrovato la
ragazza che amava fra le braccia non l'avvertì[1] ma
anche il
solo immaginarla
ebbe il potere di risollevarlo e, suo malgrado, la mente ed il cuore
tornarono a colei che non li aveva raggiunti perché si era
barricata dietro ad
una coltre di gelo e non era disposta a cedere sulle sue
convinzioni. Le
gambe gli diedero l’impulso improvviso di mettersi a
correre, tornare
indietro per affrontare quella testarda e impossibile,
caricarsela
in spalla se necessario e portarla lì con loro ma
l’orgoglio lo mise a tacere
perché, no, non
l’avrebbe fatto: lei aveva scelto e, per due volte, aveva
deciso di non
seguirli. Aveva lasciato andare sua sorella, aveva lasciato
andare lui.
Era mattina
quando avvertì la
presenza di un cacciatore sulle loro tracce, un cacciatore esperto che
si
teneva sottovento per evitare di palesare la sua presenza ma pur sempre
un
umano che, per quanta accortezza potesse mettere nei suoi passi o nei
suoi
movimenti, non poteva sottrarsi all'udito finissimo del lupo che ora
albergava
nel giovane Jackson. Suggerì alla sua famiglia e ai suoi
amici
di continuare a
comportarsi normalmente per non allarmarlo e si defilò,
rapido e silenzioso
come un'ombra.
Il
mantello rosso che
copriva la misteriosa figura non dava adito a dubbi, era qualcuno del
loro
villaggio. Era già pronto a saltargli addosso per metterlo
fuori gioco quando,
improvvisamente, il suo odore gli investì le narici.
Stupito, gli si avvicinò
piano e solo quando fu a pochi metri da lui, che ancora gli dava le
spalle
ignaro, si azzardò ad aprire bocca
«Mattias...»
Quell'uomo
grande e grosso urlò senza dignità, portandosi
una mano al petto, in
chiaro procinto di scoppiare «Cristo ragazzo,
non sono più così
giovane da permettermi certi spaventi»
Malgrado
tutto, Jackson non poté far a meno di sorridere
«Eppure lo sapete che
non si deve andare nella tana del lupo»
mise subito in chiaro.
Lo
sguardo dell'altro si incupì appena «Quindi
è vero...»
Il
giovane annuì ma non abbassò la guardia
«Che cosa siete venuto a fare qui?»
Mattias
sospirò e portò una mano sotto al mantello,
facendolo irrigidire «Prima
dimmi una cosa: siete stati tu o Elsa ad uccidere Hans?»
«No...
ma temo vi dobbiate fidare solo della mia parola»
«Me
la farò bastare...» affermò, riportando
lo sguardo nel suo «Ho cacciato con
te infinite volte, si può dire che ti abbia visto diventare
un uomo, inoltre mi
hai salvato la vita: penso che di te ci si possa fidare»
tirò fuori dalla
mantella una piccola sacca «Non ti preoccupare» lo
rassicurò «E' solo un po' di
formaggio e qualche altra provvista che, immaginavo, avrebbe potuto far
comodo»
allargò ulteriormente le braccia per mostrargli che alla
cintola, oltre alla
faretra, aveva solo il suo pugnale «Non sono venuto per
attaccarvi: se le
dicerie sul vostro conto non fossero state vere non avrei avuto bisogno
di
difendermi. In caso contrario... beh, non credo avrei potuto far molto
contro
due lupi, anche
con tutte le armi
di questo mondo» inarcò un
sopracciglio, quasi divertito «Ma, a quanto pare, ci troviamo
in una situazione
che non avevo preso in considerazione...»
«Il
fatto che fosse vero ma che, al tempo stesso, non avreste dovuto temere
per
la vostra vita?» Jack diede voce ai pensieri dell'altro e si
concesse di rilassarsi,
guidato dall'istinto che gli mostrava chiaramente come l'uomo non
fosse una
minaccia «Beh, non dovete... non fino alla prossima luna
piena, almeno» ghignò
appena.
«Stai
cercando di convincermi a scappare da qui a gambe levate?»
«No,
sto cercando di capire perché sto avvertendo in voi il
desiderio di
restare»
Mattias
sbuffò leggermente e si mise a sedere «Sono stato
io a suggerire al
resto degli abitanti infervorati di bruciare le vostre
case...» confessò,
puntando lo sguardo in quello del giovane «L'odio che gli ho
visto negli occhi,
le cose che hanno detto su ognuno di voi quando, fino al giorno prima,
godevano
del tuo lavoro e di quello di Elsa, conversavano amabilmente con tua
madre... non potevo sopportarlo, così ho deciso che
non gli
avrei permesso di
trovarvi. Per questo ho fatto bruciare tutto, in modo che i cani non
avessero
più nulla di vostro da annusare, potrei anche aver
lasciato inavvertitamente il
recinto delle cagne aperto... sai com'è, la
Primavera...» questa volta fu il
suo turno di ghignare «Non sentivo di appartenere
più a quel posto, per questo
ho provato a pensare a quale via avresti potuto prendere nel caso
avessi deciso
di spostarti verso un nuovo villaggio e, dopo un po' di buchi
nell'acqua,
eccomi qui» si mise le mani sulle ginocchia e si
rialzò in piedi «Sono un uomo
solo, Jack, tuo padre era un mio buon amico e tu sei per me come un
figlio» gli
occhi gli si inumidirono appena «Se mi vorrete, sono pronto a
darvi una mano»[2]
Le
gambe di Elsa si fermarono solo quando furono certe di aver raggiunto
la
loro destinazione: smettere di essere la padrona del proprio corpo era
stato
come diventare improvvisamente un’estranea in
quell’ammasso di ossa e tessuti
in cui aveva sempre vissuto e, per questo, si sentiva umiliata e, al
tempo
stesso, arrabbiata – se non furiosa - per come era stata costretta a
comportarsi con Anna.[3] Il richiamo
del lupo rosso era stato impossibile
da
ignorare, quella volta come adesso e, dentro di sé,
già tremava per quello che
avrebbe potuto costringerla a fare ancora.
Nonostante
tutto, però, fu con immenso stupore che si accorse dei passi
di
uomo che
si stavano avvicinando al luogo di quell’appuntamento
fissato, marchiato,
nella sua mente: erano deliberatamente sfrontati, voleva farsi udire -
preannunciare quasi - e, quando i primi sentori di strozzalupo
arrivarono ad arricciarle
le narici, i suoi occhi si sgranarono del tutto nel riconoscerlo
«Friederik…»
sussurrò a denti stretti.
L’aveva
trovata. Nonostante le sue capacità, non sarebbe stata in
grado di
sopportare le proprietà di quell’erba maledetta,
non le rimaneva che fuggire.
Ferma…
L’ordine
dell’Alpha le trapassò il cervello e
bloccò ogni suo muscolo. La
comprensione si fece improvvisamente largo nei suoi pensieri,
mozzandole il
respiro «Siete voi…»
quasi boccheggiò «Com’è
possibile?»
Il capo
villaggio si liberò del cappuccio e il suo volto le
diede una nuova
prova a favore della sua scoperta: lungo il labbro superiore, una
sottilissima
linea di pelle più chiara risaliva verso il naso, un segno
praticamente impossibile
da notare che mostrava una ferita in via di guarigione, proprio
lì, dove lei aveva colpito il lupo rosso durante il loro
scontro
«Per lo strozzalupo, intendi?» le
disse «E’ solo questione di
abitudine...»[4]
Elsa fece
istintivamente mezzo passo indietro «Che cosa volete da
me?»
Lui le
dedicò una lunga occhiata, dall’alto verso il
basso «Il fatto che anche
tu fossi un lupo è sempre stato perfetto per me, non mi
interessava la tua
testardaggine nel perseguire il mestiere di tuo padre, le tue creazioni
portavano prestigio al villaggio e finché gli sciocchi
paesani
continuavano a pensare che il giovane cacciatore ti aiutasse, tutto
sarebbe
andato per il verso giusto: tu saresti stata il capro espiatorio
perfetto se,
per qualsiasi motivo, non fossi riuscito a controllarmi nei nostri
confini…»
Una nuova
terribile consapevolezza arrivò a pungolarle la mente
«Voi avete ucciso Hans…»
«E’
stata colpa vostra!» Friederik quasi ringhiò
«Ero già lontano, come al
solito, ma voi
avete
deciso di rimanere insieme e il richiamo di
due lupi è stato troppo, persino per me: erano anni che non
mi trasformavo
contro la mia volontà» indurì la
mascella «Hans mi ha trovato poco prima della
mia mutazione e da sciocco, anziché pensare a cosa sarebbe
potuto diventare
come lupo
al
mio fianco, ha provato ad uccidermi» quasi rise
«Mica per
liberare il villaggio dal mostro, oh no: per
prendere il mio
posto!
Ma la realtà dei fatti è che moriva di paura, non poteva che
finire in
un modo soltanto» puntò gli occhi nei suoi
«Tu, invece, non mi hai mai temuto,
nonostante non riuscissi a percepire alcunché da me. Visto
quel che è successo,
pensavo che fosse necessario liberarmi di voi ma, poi, ho visto la
magnifica
creatura che sei diventata, nonostante fossi indebolita dallo
strozzalupo.
Ancora non riesci a trasformarti a comando ma già non hai
più bisogno della
luna piena: ti avrei portata via se non fosse arrivata tua sorella…»
«Portata via?
Per che cosa? Fare di me la vostra compagna?» lo
incalzò con disgusto.
«Per
fare di te mia
figlia...
che è quello che sei»
Fu come un
lampo: nel momento in cui l'altro finì di pronunciare quelle
parole, i suoi ricordi la portarono alla notte in cui era iniziata la
sua
maledizione, in cui il rosso della luna nel cielo e quello del suo
stesso
sangue, finalmente, finivano per mescolarsi e mettere in luce il
mantello del
suo assalitore, esattamente del medesimo colore.
«Se
è vero che siete così in grado di controllarvi
perché lo avete fatto?» gli
gridò contro, portandosi una mano al
petto «Ero solo una bambina!»
«Ero più
giovane allora e tu una bambina
sciocca
che quella notte ha
deciso di uscire senza la
sua
mantella
e con addosso l'odore di Iduna…»
«Mia
madre?» chiese incredula «Non è
possibile, lei
era sposata…»
«Anche io lo ero e con questo? Dovresti sapere che per noi
la morale
degli uomini non ha importanza… quante volte, nel calore del
tuo letto, hai
sognato di sbranare il giovane
cacciatore?» colpì dritto nel segno
«Certo, mentre eri umana riuscivi a resistere ma,
dimmelo mia cara,
che cosa è successo la prima volta che te lo sei trovata
davanti come
lupo?»
Lei si morse istintivamente il labbro inferiore, colpevole, e non si
azzardò a
replicare.
Friederik ghignò compiaciuto «Quando tua madre e
tuo padre sono arrivati nel
nostro villaggio, lei era già appesantita dalla tua
gravidanza ma, nonostante
questo, era la donna più bella che avessi mai visto e
sì, la desideravo
enormemente. Iduna, però, era anche molto intelligente e
si è ben presto
accorta del mio interesse per lei, così ha sempre fatto in
modo di non trovarsi
mai da sola con me. Io ero già capo
villaggio a quel tempo ed ero troppo
esposto per poter mettere a rischio il mio segreto, così ho
cominciato a
viaggiare sempre più spesso e a sfogarmi
nei villaggi vicini: convincere tutti a mettere la mantella
rossa
è stato tremendamente
facile e, in questo modo, sarei riuscito a riconoscerli
nel caso mi fossero
capitati davanti nel momento sbagliato»
sospirò «Ma tu volevi essere la
più coraggiosa, non è vero? E, invece, sei stata
solo la più stupida»
«Perché non mi avete uccisa?»
sibilò fra i denti.
«Perché tuo padre ci ha
trovato e mi ha cacciato con la sua torcia… oh,
non guardarmi con quel disprezzo negli occhi» la riprese
sarcastico «E smettila
di disprezzare te stessa, vieni con me Elsa, ti mostrerò le
meraviglie che siamo
in grado di fare, cose che non hai mai osato nemmeno pensare: imparerai
a non
soffrire più gli effetti dello strozzalupo, a trasformarti
quando vorrai, non
ci sarà villaggio che potrà sottrarsi al nostro potere»
«N-no…» balbettò lei,
cercando di opporsi con tutta se stessa al lampo rosso
che era appena brillato negli occhi verdi dell’altro.
«Non resistermi, ragazzina…»
inspirò furioso ma, improvvisamente, alzò le
sopracciglia, folgorato da un’illuminazione
«Capisco:
hai ancora troppi legami
con la tua natura umana per poter abbracciare senza rimpianti la tua
nuova vita
animale» si passò deliberatamente la lingua sui
denti e la fece schioccare sul
palato «Credo sia giunto il momento di andare a
caccia…»
Quell’eccitazione che le crebbe nel petto la
raggelò e, per la prima volta
davanti a lui, Elsa tremò «Oh
no…»
«Oh sì…»
L’arrivo
del Signor Mattias nel gruppo aveva avuto il potere di risollevare gli
animi, non solo per le
provviste che aveva portato in dono ma anche per la speranza di poter
cambiare
i loro piani e permettersi, tramite lui, di avvicinarsi ai villaggi con
largo
anticipo rispetto a quanto avevano preventivato perché,
sebbene chiunque di
loro avrebbe potuto essere stato segnalato dalle voci messe in giro da
Friederik, era impensabile che la stessa cosa fosse stata fatta per
Mattias che
tutti credevano, sì, sulle loro tracce ma per ben altri
scopi.
Stavano
già camminando da diverse ore quando un odore inaspettato,
sospinto dal
vento, si fece largo nelle narici di Jack, gonfiandogli il petto di
aspettativa.
Se si concentrava poteva udire, fra il trambusto
della sua comitiva, i suoi
grandi balzi che – salto dopo salto – la stavano
inesorabilmente avvicinando:
aveva cambiato idea, li stava raggiungendo.
«Elsa!»
la voce di Anna riecheggiò fra il fitto degli alberi, ancor
prima che
lui stesso riuscisse a girarsi per vedere le sorelle a pochi passi
l’una
dall’altra e, sebbene gli desse le spalle, riusciva
chiaramente a percepire le
lacrime di commozione che riempivano gli occhi della più
giovane. C’era
qualcos’altro, però, che gli arrivava forte e
chiaro, come una nota stonata in
quella che avrebbe dovuto essere una dolce armonia: terrore.
Per questo
quando vide l’espressione di Elsa e l’altra fare il
primo passo verso di lei,
sgranò gli occhi allarmato e scattò.
Anna
non avrebbe saputo dire com’era finita fra le braccia di
Kristoff, aveva
sentito come uno strappo e, in un battito di ciglia, si era ritrovata
allontanata dalla sorella e nella stretta salda di quel giovane che ora
la
guardava confuso, tanto quanto lo era lei stessa. Esattamente nel posto
in cui era fino ad un attimo prima, ora, c’era Jackson che
serrava i polsi di Elsa fra le sue mani, la schiena fremente in un
enorme
sforzo di contrastare la resistenza dell’altra, che diavolo
stava succedendo?
«Che
ti prende?» chiese Jack, sinceramente confuso.
Lei
non rispose, si divincolò e cercò di colpirlo di
nuovo ma, ancora una volta,
fallì.
Fermami…
Lui scosse il capo.
Fermarti?
Ma che dici?
L'altra
allargò impercettibilmente gli occhi.
Jack!
Mi senti?!
Certo
che ti sento, perché non dovrei?
Nonostante
tutto la loro connessione sembrava non essersi spezzata.
Il
nuovo colpo che arrivò lo trovò impreparato e lo
ferì al viso. Si toccò con
le dita la guancia e trovò i polpastrelli macchiati di
sangue.
Perché?
Non
sono io…
La
sua voce implorante gli perforò ancora una volta la mente e,
finalmente, comprese: era sotto il controllo dell'Alpha.
Non
ebbe il tempo di risponderle che lei lo assalì nuovamente.
Elsa
attaccava per colpire, ferire mentre Jackson rispondeva per deviare,
difendersi: era chiara la direzione che quella lotta stesse prendendo,
tuttavia
erano troppo veloci per permettere ad Anna, o a chiunque, di
intervenire: il
rischio di mancare Elsa e colpire Jack al suo posto era troppo elevato
ma,
soprattutto, voleva colpirla davvero?
D'improvviso
il giovane cacciatore si sbilanciò e cadde, rimanendo
così alla mercé della sua
assalitrice. Lei gli piombò addosso, caricandogli tutto il
peso sullo stomaco e
spezzandogli il fiato. Ancora una volta due mani si alzarono ed
andarono ad
intercettare un colpo pericolosamente mortale.
Devi
fermarmi...
Io
non posso, non ci riesco a farti del male - nonostante tutto
le
regalò
un sorriso furbo - Non in questa forma, almeno...
Ma
tu devi farlo, devi, o vi ucciderò tutti!
Io
non ci credo... Tu sei più forte di così, tu non
ti fai manipolare!
Io
non sono forte... Sono solo tanto stanca... Per favore…
I
suoi occhi si serrarono nel disperato tentativo di ricacciare le
lacrime che
le stavano salendo agli occhi, occhi che - tuttavia - si sgranarono nel
sentire
la presa ferrea sui suoi polsi allentarsi.
No,
no... Cosa stai facendo?
Coraggio,
uccidimi... Anche io sono stanco di vederti così, facciamola
finita!
Le
braccia di Jackson scivolarono verso il basso e si adagiarono sul
terreno ai
lati della testa: si arrese, semplicemente.
Il
braccio di Elsa, invece, scattò - con tutta l'intenzione di
fracassare quella testa
che, solo fino a pochi giorni prima, aveva accarezzato così
tante volte e
altrettante, di più, avrebbe voluto
accarezzare per recuperare tutto
quel tempo perso in un modo così stupido - ma il suo attacco
non
arrivò a destinazione: la
mano sinistra intercettò la destra e la bloccò,
ad un soffio dal viso di lui e,
proprio in quel momento, una freccia la colpì sulla spalla
esposta, l'argento
penetrò la carne, lasciando una scia di dolore bruciante che
le strappò un
grido e la fece accasciare al fianco dell'altro.
«Anna
ma cos...?» le chiese Kristoff incredulo.
La
ragazza scosse appena la testa, la balestra ancora carica nella sua
mano «Non
sono stata io...»
«Questo
è stato pazzesco!» quasi urlò
Mattias estasiato, di fronte al
colpo magistrale appena scoccato dalla giovane Emma.
«Anna,
la rete!» la voce di Jack riuscì a riscuoterla.
Una volta
recuperata, gli fu subito al fianco, deglutì mentre la
dispiegò sulla sorella «Scusami...»
L’altra
annuì impercettibilmente e gemette quando l'argento
entrò in contatto
con la sua pelle, lasciandole scie arroventate sulla pelle pallida.
«Che
le è preso?» chiese preoccupata.
«Sta
eseguendo gli ordini...» le spiegò il cacciatore.
«Di
chi?»
Jack
alzò il capo allarmato «Cazzo...»
gridò «Madre!»
Il
lupo rosso quasi travolse la donna con la sua carica, facendola
crollare a
terra.
Ellen, dolorante e tremante, allungò disperatamente la sacca
di strozzalupo
verso quella bestia infernale che, in quel momento, la guardava bramoso
con
quei suoi occhi di brace, nel disperato tentativo di allontanarla. Le
mascelle
del lupo schioccarono e, in un attimo, squarciarono il sacco senza che
questi
battesse ciglio.
Solo
l’intervento di Mattias gli impedì di attaccare di
nuovo: ringhiò,
infastidito dal colpo di pugnale che aveva appena ricevuto al costato.
La
bestia si liberò di quella stupida arma priva
d’argento semplicemente
scrollandosi, la ferita si rimarginò all’istante.
«Buon
Dio…» deglutì spaventato
l’uomo, improvvisamente incapace di muoversi
davanti a quel mostro invincibile. Il lupo ringhiò
nuovamente e lo colpì con
una potente zampata e il suo corpo volò per
alcuni metri,
facendolo schiantare contro ad un albero, il braccio dove lo aveva
appena
colpito era una scarica di dolore.
Il
lupo scattò ancora ma la sua corsa verso il ferito
venne bruscamente
deviata da una spallata di Jackson, certo, non poteva competere contro
di lui
in forma umana ma la sua nuova forza doveva pur servire a qualcosa. Non
fece
in tempo
ad alzarsi che una freccia scoccata da Anna gli si conficcò
nella schiena e una di Emma gli perforò una delle cosce.
L’argento, questa volta, lo fece
ululare di dolore, facendolo rimanere alla mercé del
taglialegna armato della sua ascia che,
come un fulmine,
piombò su di lui, caricando tutta la forza in quel
fendente che fece calare sulla
sua testa, pronto a staccargliela di netto.
Per
quanta forza Kristoff avesse, però, non fu sufficiente: la
lama entrò nel
collo dell’animale solo per metà ma su di essa non
c’era traccia d’argento e, così, la sua
guarigione non fu ritardata. Il lupo parve
quasi sogghignare,
scrollò il grosso collo e si liberò
dell’accetta con una cascata di sangue e, ancora una volta,
attaccò.
Il
giovane taglialegna urlò di dolore quando le fauci della
bestia si serrarono
sul suo di collo e, in quello stesso istante, Anna si spezzò
«Kristoff, no!»
C’è
una voce nell’oscurità, così simile a
quella che ha appena urlato.
E’
lui ti dico!
Come
fai ad esserne sicura?
Ho
visto la cicatrice che ha sulla schiena, esattamente dove tu hai
bruciato
il lupo: è stato lui a mordere Elsa!
Se
è così dobbiamo dirlo a tutti al villaggio...
No,
non possiamo, nessuno ci crederà, lui è il capo
mentre
noi saremo per sempre gli
stranieri...
Hai
ragione, soprattutto, non devono sapere di Elsa: la
uccideranno…
Dobbiamo
trovare un modo per farlo uscire allo scoperto.
Ti
ha sentita?
Ero
lontana e avevo lo strozzalupo,
non può averlo fatto...
I
discorsi si perdono nella foga, nella rabbia, nella fame della
trasformazione e improvvisamente,
portata dal vento, arriva quella voce:
Agnarr,
no!
Ed
infine quell’odore: così familiare,
così dolce, così terrificante.
Il
giovane lupo bianco impazzisce nella sua gabbia, si dimena, morde,
sbatte finché la bocca non si
riempie del suo
stesso sangue e le sbarre finalmente cedono.
E poi corre e corre in quella foresta, fino ad arrivare a quei corpi
martoriati,
già privi di vita, a cui non riesce - non può -
credere, per questo li
scrolla con ciò che ha - le sue zampe, i suoi
denti - ma quelli non si
muovono perché, semplicemente, non possono più.
E allora ulula nell’aria del mattino tutto il suo dolore ed
è allora che li sente: quei due
occhi rossi su di sé ma non c'è più
tempo, la trasformazione s'inverte e,
semplicemente, scivola
nel buio dell’incoscienza.
«Tu…»
sibilò Elsa, ancora
imprigionata nella rete d’argento. Nonostante il dolore, fece
leva sulle
braccia portandosi carponi «Sei stato tu!»
scosse
la testa mentre i suoi occhi
chiari si tingevano nuovamente di rosso «Tu li hai
uccisi!» questa volta
ringhiò e, con un urlo disumano, si trasformò.
La rete semplicemente volò via e il lupo bianco, furioso,
scattò: gli occhi rossi,
gli occhi di un Alpha.[5]
Piombò sull’altro lupo con una velocità
disarmante, allontanandolo dal corpo
inerme del taglialegna. Attaccò, morse, graffiò:
instancabile, insensibile alle
ferite dell’argento, a quei pochi colpi che
l’altro, completamente preso in
contropiede, riusciva a mettere a segno.
Com’è possibile? Tu dovresti essere
mia…
Io non sono di nessuno.
Morse.
Tu li hai uccisi!
Dilaniò.
Tu la pagherai!
Il lupo rosso si liberò dalla sua presa.
Se è questo che hai deciso, allora morirai assieme
a loro!
Contrattaccò.
Così, lupo bianco e rosso si affrontarono nuovamente,
entrambi feriti, entrambi
non disposti a cedere. Per quanto Elsa potesse essere
inarrestabile
nella sua furia, però, aveva pur sempre passato tutta la
vita a reprimere
quella
parte di sé mentre Friederik, al contrario, quella natura
l’aveva continuamente
allenata, fortificata, la lotta fra loro sarebbe stata sempre impari.
Per questo il lupo rosso riuscì a sovrastarla e ad
imprigionarle una coscia
fra le sue zanne e, per quanto lei si dimenasse, non mollò
la presa.
Tuttavia c'era una cosa che a Friederik mancava e con cui, di certo,
non aveva fatto i conti, una cosa fondamentale
che,
sebbene tendesse spesso a dimenticarselo,
Elsa aveva in
abbondanza: l’amore di una
famiglia.
Bastò un cenno del capo che i fratelli Overland si
compresero subito: Jack fece
leva con le mani e permise ad Emma di saltare molto più
in alto del normale,
cosicché una freccia d’argento andò a
conficcarsi
dall'alto nella schiena del lupo rosso – fra capo
e collo – e, approfittando del suo dolore,
Jackson lo caricò a testa
bassa, piantandogli alcuni degli stiletti di Anna – al
momento fuori dai
giochi – nel costato. L’assedio del lupo rosso sul
bianco, finalmente, cessò.
Il giovane si avvicinò alla sua compagna e gli
passò
una carezza sulla pelliccia candida
impiastricciata di sangue.
Stai bene?
Jack!
Quel richiamo spaventato riuscì a far scattare il
cacciatore ancora prima
di aver effettivamente compreso quel che stesse succedendo: vide solo
la sua mano
spingere la
sorella e avvertì i denti dell’altro serrarsi sul
suo collo, stringere,
strattonare.
Il lupo bianco sgranò gli occhi e provò ad
alzarsi ma la sua zampa posteriore
dilaniata cedette, uggiolò
frustato e ringhiò arrabbiato, raspando disperatamente con
quelle anteriori, nel vano tentativo di raggiungerli. Non poteva
permettersi di
perdere anche lui, non poteva, non
poteva.
Jack, però, non si abbandonò al dolore, anzi,
carico di adrenalina e d'istinto di sopravvivenza, ghignò
per l'intuizione che gli aveva appena attraversato la mente
«Emma,
colpiscimi, presto!»
«Cosa?» sbottò la minore in un mare di
lacrime «Non posso!»
«Devi!» le urlò contro lui, mentre
l’altro cominciava a trascinarlo via «Andrà tutto bene, te
lo prometto…»
Emma portò le mani alla balestra per caricarla ma quelle
tremavano troppo e non
ne volevano proprio sapere di fare il loro lavoro.
Improvvisamente una freccia venne scoccata: da Anna.
Il colpo non era perfetto ma a Jack questo non interessava, quando la
freccia fu abbastanza vicina per trapassargli il petto, lui mosse
rapido
una mano e la
intercettò: agguantò l’asta e ne
deviò il percorso, la puntò verso
l’alto e se
la conficcò nella spalla, proprio lì, dove le
fauci del lupo rosso erano
serrate.
Il dolore ed il bruciore dell’argento si sommarono a quello
dei denti piantati nella sua carne ma
spinse, spinse fino a che non avvertì lo schiocco.
La presa sulla sua spalla si allentò e il lupo rosso si
accasciò al suo fianco,
gli occhi vitrei, il respiro assente: il cervello trapassato dalla
freccia con
la punta d’argento.
La mano di Anna era rimasta inerme,
accanto alla balestra adagiata sul terreno, lo sguardo assente sul
corpo del
giovane sdraiato accanto a lei. Il morso di Friederik era troppo
profondo, il
sangue zampillava copioso dalla sua terribile ferita, non
c’era alcuna Luna Rossa nel cielo, Kristoff non si sarebbe
trasformato, semplicemente
sarebbe
morto, lì, tra le sue braccia.
Neanche si accorse di Ellen che cercava di bloccare quella
copiosa
emorragia o delle sue parole che la esortavano ad aiutarla, niente, era
già a
pezzi e, man mano che il colorito del ragazzo si faceva sempre
più cianotico,
si sgretolava un pochino di più.
«A-Anna…» solo la voce di lui ebbe il
potere di ridestarla. Trasalì e
strinse forte con le sue quella mano che si era alzata debolmente da
terra
«Grazie a Dio sei salva…»
Le lacrime le inondarono gli occhi, impedendole di vedere quel piccolo
sorriso
che si era appena disegnato sulle labbra dell’altro
«Non parlare…» lo implorò
«Non affaticarti…»
«Devo, invece… non voglio morire senza prima
averti detto che ti amo»
Lei si accasciò su di lui, stringendo i denti
«Anch’io ti amo: non lasciarmi,
non lasciarmi…»
ma lui non le rispose
più e, così, appoggiò la fronte sul
suo
petto, distrutta, prese fiato e gridò
«Elsa!»
Jackson le adagiò la sorella al fianco, ora avvolta nel
calore
del mantello di lui dacché la sua trasformazione si era
invertita e la sua gamba era, al momento, fuori uso.
Elsa la strinse in un forte abbraccio «Ci penso io: dopo
tutto quello che hai fatto
per me in questi anni, è giunto il momento di
sdebitarmi»
Anna singhiozzò, comprendendo quello che l’altra
avesse in mente «Ma se lo
farai, tu…»
Non c’era possibilità che la ragazza sopravvivesse
al guarire un colpo mortale
di quel tipo, soprattutto non ora che era già stanca e
ferita «Io te lo devo…»
alzò, il suo sguardo su Jack e lo guardò, in
cerca di perdono «Mi dispiace ma devo
farlo»
Il giovane strinse i denti ma annuì, tuttavia, prima che la
mano di lei si
posasse sul collo di Kristoff, gliela bloccò con la sua
«Ancora non hai
imparato a non farti carico di tutto, vero?» era stanco ma le
sorrise comunque
«Facciamolo insieme»
Elsa strinse quella mano con forza e fu il suo turno di sorridergli,
poi la posarono contemporaneamente sul
giovane il cui
battito, ormai, era sempre più debole. Il dolore si
impadronì dei loro corpi e
delle loro menti ma non lasciarono la presa, la mantennero ancora e
ancora.
Quando Jack ed Elsa crollarono sfiniti ai lati di Kristoff, lui
- finalmente - riaprì gli
occhi.
Per
i mercati del Nord, fra la calca di gente, è
possibile trovarvi una ragazza - talvolta accompagnata dal suo giovane
sposo, altre da quella che pare essere la sua esuberante sorella -
intenta a barattare oggetti di rara qualità. Il suo aspetto
intimorisce perché ricorda quello della strega che popola le
storie oscure narrate ai più piccini, così dal
dissuaderli dall'avventurarsi da soli nei boschi ma basta parlarle, o
vederla sorridere appena, per comprendere che non può essere
lei l'inquietante megera: i suoi capelli sono semplicemente biondi e i
suoi occhi azzurri come il cielo.
I capelli della strega, invece, sono così chiari da
sembrare neve e i suoi occhi di ghiaccio, si dice, siano in grado di
congelare chiunque osi incrociare il suo sguardo. Ella pare nascondersi
fra le imponenti foreste dell'estremo Nord e che le tre modeste casette[6]
in cui dimora con i suoi schiavi - sapientemente nascoste
nel fitto degli alberi - siano protette da due enormi bestie infernali.
Il modo per raggiungerle nessuno la sa, ma si crede sia necessario
lasciare la via maestra e addentrarsi nelle ombre sinistre del bosco.
Gli avventori che si azzardano ad avvicinarsi a quei luoghi, capirete,
non sono poi molti. Tuttavia, si racconta – per voce di quei
pochi che vi sono capitati per casualità del fato
– che non sia raro incontrare in Estate, fra i cespugli di
fragole selvatiche e i praticelli in fiore, una piccola bambina dai
capelli color del grano raccolti in due deliziose treccine e grandi
occhi nocciola[7],
coperta da una sgargiante mantella rossa. Nonostante sia sola e non vi
sia traccia alcuna dei suoi genitori, nessuno si azzarderebbe mai a
farle del male per via del grande lupo grigio con cui è
solita giocare e del maestoso lupo bianco che li sta a guardare.
Ebbene
sì, anche questa storia è finita e ci lascio un
pezzo di
cuoricino come per tutte le cose che durano da un po' e poi trovano la
fine.
Vi dirò, forse provo ancor più malinconia di
quando ho finito Seasons...
Scrivere di Elsa e Jack lupi, Anna cacciatrice, Emma e la sua
parlantina mi è piaciuto enormemente e spero che seguire le
loro
avventure (e quelle di tutti) sia piaciuto anche a voi.
Come qualcuno di voi aveva già intuito, il lupo cattivo di
questa storia non è mai stato Elsa,
bensì quel viscidone di Friederik, nel suo confronto con lei
non
ho resistito a mettergli in bocca quel mia cara
da lupo di Cappuccetto Rosso e tutto il discorso sul mostrarle le
meraviglie di essere un licantropo che lasciano Elsa eccitata e
terrificata al tempo stesso è ispirato alla canzone
"I know
things know" dal musical Into
the Woods, da cui sono tratti anche i versi che avete
trovato all'inizio.
Arrivare a questo finale è stata durissima, il tempo
è
stato molto tiranno e questa lotta che avevo ben chiara in testa -
anche se le sue dinamiche sono cambiate più volte, tipo
tutti i
possibili futuri di Doctor Strange ^^ - ma non ne voleva proprio sapere
di
venire fuori su carta.
Questo capitolo, come vi sarete accorti, è più
lungo dei
precedenti ma c'erano ancora molte cose da dire e battaglie da
combattere, spezzarlo non avrebbe avuto molto senso.
Vi ringrazio per aver letto questa storia, per averla listata ne i
preferiti, seguite e ricordate ma, soprattutto,
ringrazio di
cuore chi mi ha sostenuto in questa avventura, con il suo entusiasmo e
il suo affetto, sia per queste mie righe che per questi personaggi e,
sì, dai, anche un po' per me. Vi abbraccio tutte enormemente
♥
Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno con questo finale.
Cida
[1]
Kristoff è troppo vicino al sacco di strozzalupo, l'empatia
di
Jack è bloccata ma può comunque facilmente
immaginare le
emozioni dell'amico.
[2]
Mattias doveva avere solo un cameo nel secondo capitolo ma mi
dispiaceva troppo lasciarlo fra quelle persone che non avrebbero
battuto ciglio nell'uccidere Elsa, Jack e le loro famiglie, non dopo
aver
condiviso gran parte della vita con loro, soprattutto con Jack. Per cui
mi è sembrata tremendamente da lui l'idea di raggiungerli
per
aiutarli senza aver prima dimenticato di depistare i loro inseguitori.
[3]
Ecco finalmente spiegato perché Elsa è stata
così
dura con Anna nel capitolo precedente e, soprattutto, perché
l'abbia
colpita: nel momento in cui si è allontanata per via del
litigio
con Jackson, è stata avvicinata da Friederik nelle sue
sembianze
di lupo rosso che le ha ordinato di allontanarsi da tutti (è
anche per questo che è stata via molto più del
solito).
[4]
Questa cosa del fatto che Friederik sia immune allo strozzalupo per
averne assunto negli anni piccole quantità, è
ispirata a
Katherine Pierce (ah, quanto l'amavo) della serie TV di
Vampire Diaries che faceva la solita cosa però con
la Verbena.
[5]
E' vero, Elsa avrebbe dovuto perdere il suo status di Alpha dopo che
è stata sconfitta da Friederik, cosa che in
realtà ha fatto ma, come
detto, Elsa è un Alpha di indole e ho pensato che scoprire
che
il suo attuale capo-branco fosse, in realtà, colui che ha
ucciso
i suoi genitori potesse essere una discreta spinta per poter
riaccendere in lei questa fiamma. Spero vi sia piaciuto.
[6] Ebbene sì, alla fine le
casette nel bosco (come quella della nonna di Cappuccetto Rosso) le
hanno costruite davvero ;)
[7] No, non è la figlia di
Elsa e Jack (non sono ancora pronta per vedere i miei adorati
ghiaccioli con prole ç_ç) ma è Freja
(il mio
headcanon per la figlia di Anna e Kristoff, per chi non lo sapesse) -
perché non può mancare mai - che gioca con gli
zii *-*
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