La Notte del Lupo

di Cida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

    



    Era il crepuscolo e, quindi, l’ora migliore per la caccia al cervo.
Jackson soffiò sulle mani intirizzite dal freddo e una nuvola di vapore acqueo gli donò un attimo di calore: quello stupido mantello rosso, ora piegato nella bisaccia, era certamente un pugno in un occhio in mezzo alla foresta innevata e, di conseguenza, non il miglior alleato di un cacciatore, tuttavia, svolgeva egregiamente il suo compito di tenere al caldo e, ora che ne era sprovvisto, lo comprendeva più che mai.
Eseguì alcuni esercizi per le dita, in modo da non lasciarle intorpidire: la luce ormai stava scemando e, da lì a poco, la luna sarebbe sorta nel cielo. Imprecò fra sé, già pronto a rientrare con il magro bottino di una sola lepre quando, improvvisamente, un maestoso cervo maschio entrò nel suo campo visivo. Era magnifico ma anche decisamente troppo grosso per essere trasportato da lui soltanto che, incurante della Notte del Lupo imminente e di tutte le leggi del suo villaggio, si era addentrato in solitaria nella foresta. Fortunatamente, ben presto, gli fu chiaro il motivo della presenza di quell’esemplare: dal fitto sottobosco, si fece avanti un nutrito gruppo di femmine, di cui una giovane e meravigliosa, assolutamente perfetta per essere issata in spalla una volta pulita.
Drizzò l’arco stretto nella sua mano e incoccò la freccia con una maestria tale da non fare alcun rumore, perse solo un secondo a contemplare la profanità del suo gesto ma non c’era piacere in quel che stava facendo, solo pura sopravvivenza, la carne era fondamentale per superare un inverno così rigido: scoccò.


    Il taglialegna più aitante della città finì di scaricare l’ultima cassa del suo carro, ancora allacciato ai finimenti della sua fidata renna Sven, sul bancone a lui dedicato del mercato cittadino. Quello era il centro pulsante del villaggio: non erano una comunità numerosa, per cui l’economia delle famiglie si basava più su semplici baratti che non su veri e propri scambi monetari, chi aveva le capacità adatte assumeva il ruolo appropriato e sopperiva a chi non poteva o non aveva il tempo di dedicarsi a determinate attività. Le uniche ricchezze erano, di fatto, custodite dal capo villaggio che le utilizzava per mandare avanti quei pochi commerci con i paesi vicini, di cui si occupava personalmente assieme al resto della sua famiglia.
Quella mattina, però, non c’era il solito allegro vociare di sempre, tutti erano in tensione e in attesa del resoconto relativo alla Notte del Lupo appena trascorsa. Ormai, erano passati anni dall’ultima vera tragedia che li aveva colpiti e le recenti notizie riferivano, ogni tanto, di alcuni capi di bestiame spariti nei villaggi vicini ma, nonostante questo, nessuno si sentiva libero di abbassare la guardia. Perciò anche quel giorno aveva indossato il suo mantello rosso, come le norme imponevano: per quanto surreali fossero alcune di esse, avevano davvero giovato alla serenità del villaggio da quando erano state messe in atto e non sarebbe, di certo, stato lui a minare quel periodo di pace apparente.
Si diede un’occhiata intorno, era molto presto e gli avventori erano ancora pochi ma lei era già lì, a girare fra le bancarelle dall’altra parte della strada. Lei non ne aveva una propria, chi necessitava degli interventi della sua famiglia si recava direttamente al laboratorio della sorella che, al momento, sembrava non essere in sua compagnia. Si riscoprì per niente dispiaciuto di quel fatto: Elsa sapeva davvero essere glaciale con quel suo sguardo freddo e tagliente. Anna, al contrario, era raggiante, esuberante e, sebbene il colore dei suoi occhi fosse molto simile a quello dell’altra, il suo sguardo sprizzava gioia e curiosità per il mondo, era indomita così come suggerivano i suoi capelli fulvi ai quali, purtroppo doveva ammettere, la mantella rossa non sapeva rendere il giusto merito. Nonostante i suoi diciotto anni era un’inesauribile fonte di guai ma tutti la adoravano per questo. Lui, dal canto suo, era cotto di lei almeno da un paio d’anni ma, purtroppo, non aveva abbastanza coraggio per dichiararsi, troppo timoroso del giudizio della sorella che sembrava bollare come inetti tutti quelli su cui posava lo sguardo. Come quelle due ragazze potessero essere legate dal sangue era un mistero per tutti.
Un sonoro tonfo, sul bancone accanto al suo, lo strappò dai suoi pensieri, facendolo sobbalzare «Pensi che riuscirai mai a farti avanti?» lo canzonò una voce familiare alle sue spalle.
«Cavolo Jack, mi hai fatto prendere un colpo! Quante volte ti ho detto che non devi fare queste cose da cacciatore con me?» lo riprese, portandosi una mano al petto pronto a scoppiare.
«Mi spiace» gli rispose l’altro con finto rammarico, finendo di sistemare il suo bottino di caccia «Ormai ce l’ho nel sangue, sono troppo bravo. E a proposito di cooolpi…» canticchiò, invitandolo a voltarsi con un’espressione eloquente sul viso.
Fu così che il cuore gli fece una nuova capriola nella cassa toracica, nel trovarsi di fronte l’oggetto dei suoi pensieri.
«Ciao Kristoff» lo salutò lei con un leggero rossore sulla gote, probabilmente dovuto al freddo, anzi, di sicuro dovuto al freddo, mica era imbarazzata perché stava parlando con lui, o sì?
Vedendolo imbambolato, Jackson alzò gli occhi al cielo e gli rifilò una gomitata nel costato.
«Ah, ehm… uh… ciao, Anna» si riprese, più o meno, quello «Come mai da queste parti?»
La ragazza lo guardò confusa «A chiederti del legname che ti ha commissionato mia sorella?» chiese, come se la cosa fosse ovvia «Perché l’ha fatto, no? Oddio, non l’ha fatto, che figura»
Il cacciatore si strizzò l’attaccatura del naso, rassegnato, chiedendosi che razza di figli sarebbero mai potuti uscire da due così.
Per non si sa quale grazia divina, Kristoff si riprese «Certo che l’ha fatto ma visto il grosso quantitativo ho già predisposto per farvela consegnare e scaricare, così non dovrete preoccuparvi di nulla»
«Grazie» gli sorrise lei riconoscente.
Lui si perse in quel sorriso, per un tempo che gli parve infinito.
«Bacialaaaa» gli disse l’altro nell’orecchio usando, però, un volume deliberatamente elevato in modo da farsi sentire anche da lei.
Anna, di fatti, avvampò mentre il taglialegna gonfiava le guance irritato «Jack, tu sei un…»
«Idiota» completò per lui una tagliente voce femminile. Il cacciatore, voltandosi, incontrò lo sguardo glaciale della maggiore delle due sorelle.
«E puzzi di morto» concluse lei, allargando appena le narici.
Quello non si scompose «Ma davvero, Fiocco di Neve? Chissà mai perché?» la sfidò, mostrandogli le carcasse sul tavolino.
Elsa deglutì, come se ne fosse nauseata: se dalla carne ancora sanguinolenta o da lui in particolare, non era dato saperlo. «Sei di nuovo andato a caccia da solo nella Notte del Lupo» constatò «Sei uno sconsiderato, dov’è la tua mantella?» lo riprese da sotto al suo cappuccio. Se era vero che il rosso non donasse alla giovane Anna, lo era altrettanto che, invece, esaltasse alla perfezione la sua figura eterea.
«Eccola qua, nonnina» le spiegò l’altro, prendendola dalla bisaccia e sventolandola platealmente prima di portarsela alle spalle «Oh, adesso sì che mi sento sicuro: in fin dei conti, il rosso non è di certo un colore che sarebbe in grado di attirare Satana in persona, mi proteggerà di sicuro da questa terribile bestia che le leggi del nostro capo villaggio tengono lontana, talmente bene che – in prossimità di una nuova Notte del Lupo – lui se ne va. Questo dovrebbe farvi capire quanto lui stesso creda alle sue regole» concluse sprezzante.
La vide arricciare le labbra, irritata – estremamente irritata – con tutta probabilità stava pure stringendo i denti, visto com’era contratta la sua mascella. Per Jack, tuttavia, infastidirla era un richiamo pressoché irresistibile: più lei lo investiva di ondate cariche di gelido disprezzo, più lui si riparava sotto coltri di pungente sarcasmo. Eppure, nonostante tutto l’astio che gli riversava costantemente addosso, era sempre da lui che andava a cercare la selvaggina, nonostante non fosse certamente l’unico cacciatore del villaggio anche se, in effetti, era di sicuro il più bravo: silenzioso, rapido, letale, sembrava nato per cacciare.
Sospirò, decidendo che l’aveva torturata fin troppo «Cosa mi hai portato, Fiocco di Neve?» o forse no.
Elsa mise mano al suo cestino e ne estrasse un pugnale dalla lama lunga e lucente, dall’impugnatura chiara in legno di pino, finemente levigata. Assottigliò gli occhi e lo piantò di punta nel legno del tavolino «Questo»
Jack trasalì, perché aveva quella netta sensazione che l’avrebbe volentieri piantato da un’altra parte? Nella sua carne, per esempio? Cercò di ricomporsi e lo prese, soppesandolo: era meraviglioso, perfetto per adattarsi alla sua mano, leggero ed estremamente affilato. Inconsapevolmente sorrise nel vedere un fiocco di neve magistralmente cesellato sotto la lucidatura del legno. La bravura con cui quella ragazza riuscisse a fare un mestiere prettamente maschile era fonte di pettegolezzi e stupore per tutto il villaggio ma non per lui: lui non ne era per niente stupito, anzi, ne era sinceramente ammirato. Chiaramente lei non avrebbe mai dovuto scoprirlo, fu per questo che, invece, disse «Sì, carino, ma funziona?»
Lei sbuffò e recuperò, con malagrazia, il coltello dalla sua mano, sebbene con un’impercettibile accortezza a non fargli male «Per eventuali problemi del filo dovrai porgere le tue rimostranze al fabbro, non a me» afferrò un pezzo della pancia della carcassa del cervo e affondò nella carne: la lama scivolò via come se si trovasse all’interno di un panetto di burro «Ma mi pare che non sia questo il caso» constatò «Questo lo prendo io» gli fece presente, adagiando nel suo cestino il trancio appena tagliato «E la pelle?»
«E’ già dal conciatore, puoi andare da lui se ti serve»
L’altra annuì ma non riuscì a rispondere, in quanto il suono di una campanella attirò l’attenzione di tutti verso il centro della piazza dove Hans, il figlio del capo villaggio, stava prendendo posto per dar notizia dell’evolversi della Notte del Lupo appena trascorsa. Deglutì in tensione, avvertendo la sorella farsi più vicina: si strinsero l’un l’altra per farsi forza, assieme.
«Cittadini» prese parola il giovane «Sono lieto di comunicarvi che non si sono verificati attacchi nel nostro villaggio, né in quelli delle immediate vicinanze» l’atmosfera si fece improvvisamente più leggera «Tuttavia, la spedizione di mio padre riporta che il mese scorso una stalla sia stata divelta con conseguente razzia del bestiame in un paese oltre le montagne, perciò vi preghiamo di non abbassare la guardia e continuare ad usare tutte le accortezze stabilite. A breve saranno disponibili le merci recuperate, potrete venire a prendere la vostra razione quanto prima. E’ tutto»
Jack tirò le labbra di lato in una smorfia «Certo, come no» commentò sprezzante «Di nuovo solo voci e niente prove»
«Perché devi essere sempre così scettico?» fu la voce dell’amico a riprenderlo, questa volta.
«Andiamo Kristoff! Quando è stata l’ultima volta che è successo qualcosa qui?»
La faccia atterrita del taglialegna gli fece comprendere di aver decisamente parlato troppo.
«Già, quando?» lo congelò Elsa con un’occhiata di puro disprezzo, mentre cercava di rincuorare la sorella – dagli occhi già colmi di lacrime – con una carezza «Andiamo via, Anna»
La comprensione si fece largo sul volto del cacciatore «Oh, cazzo…» sbottò mentre le vedeva sparire fra il resto della gente «Kristoff, occupati tu della mia bancarella per favore»
Non attese nemmeno una risposta e si lanciò subito al loro inseguimento. Per una volta non poté fare a meno di essere assolutamente d’accordo con lei: era un perfetto idiota.



    Elsa sollecitò, premurosa, la sorella a precederla nella strada verso casa, poi, prese un grosso respiro e, indurendo lo sguardo, si voltò di scatto «Smettila di urlare il mio nome» ammonì il suo inseguitore «Ci guardano tutti»
Jack riprese fiato, che si fottessero quei bigotti curiosi «Perché ve ne siete andate così? Andiamo, lo sai come sono fatto, spesso non penso prima di parlare, non avreste dovuto prendervela così tanto»
La ragazza inarcò le sopracciglia e sgranò gli occhi, quelle erano davvero le peggiori scuse che avesse mai sentito in vita sua «Noi non avremmo dovuto prendercela?» sbottò «E’ tutto un gioco per te, non è vero? Perché devi sempre sminuire ogni cosa?»
«Perché tu devi sempre ingigantirla, invece?» si difese l’altro.
«I nostri genitori sono morti, trucidati dal lupo a cui tu non credi e, non solo, ne parli con una leggerezza disarmante e io ingigantisco la cosa?» furiosa, si voltò, decisa più che mai a non perdere con lui un secondo di più. Avvertire la sua mano, a bloccarla, sulla spalla sinistra rallentò il suo proposito. Girò nuovamente il viso nella sua direzione, sprezzante: allontanò quella mano con stizza «Non osare toccarmi mai più» quasi gli ringhiò contro.
Jackson rimase un attimo disorientato da quella reazione, dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di tornare pienamente in sé «Volevo chiedervi e chiederti scusa, d’accordo?» riuscì finalmente a confessare «Mi dispiace di essermi comportato come un arrogante spocchioso, non volevo in alcun modo sminuire la tragedia che vi è capitata cinque anni fa» si pentì, sincero «Scusami»
L’espressione di lei non si addolcì «Delle tue scuse non so che farmene» concluse, andandosene una volta per tutte.
Il cacciatore calciò un cumulo di neve lì accanto, si arruffò i capelli irritato ed imprecò. Che cosa le aveva mai fatto per meritarsi tutto quel disprezzo? Dov’era finita quella graziosa bambina con cui amava così tanto giocare? Timida, sì, ma intelligente e coraggiosa, desiderosa di avventure tanto quanto lui, forse di più. Era andata, sparita, persa in quegli otto anni di malattia in cui nessuno l’aveva più vista. Ne era uscita sedicenne - dopo la tragica morte dei genitori - ormai donna, meravigliosa e glaciale. Tutti avevano dato la colpa al trauma subito ma, mentre gli anni passavano e Anna diventava sempre più solare, Elsa non cambiava di una virgola, anzi, peggiorava.
Jackson si ritrovò a pensare che, forse, anche quella bambina era morta laggiù – nel bosco – assieme ai suoi genitori, fagocitata dalle fauci del lupo.



Ebbene sì, sono tornata.
Proviamo a rilanciarci in una mini long in un nuovo universo alternativo.
Questa storia mi è stata ispirata da un edit trovata su Pinterest della locandina di Cappuccetto Rosso Sangue in cui al posto dei protagonisti c'erano Elsa, Jack e Hans e mi è ripartito il trip per la favola di Cappuccetto Rosso che è una delle mie preferite, come i muri di casa mia possono confermare, infatti indovinate un po' chi era il mio personaggio preferito in Once Upon a Time? Peccato che, poi, me l'abbiano tolto ç_ç Ma bando alle ciance...
Qui i nostri personaggi preferiti tornano ad essere più giovani e hanno, di fatto, le stesse età del primo film di Frozen: Anna ha diciotto anni, Kristoff venti e Elsa ventuno. Ho ipotizzato Jack più grande di Elsa di un anno.
Lo sapete che il richiamo al canone per me è irresistibile perciò anche qui Elsa è stata segregata per 8 anni a causa di una misteriosa malattia e, chiaramente, Agnarr e Iduna sono passati a miglior vita, pace all'anima loro.
Per chi ha già seguito Seasons, avrete intuito - anche se non si vede - che ho deciso di riutilizzare una vecchia conoscenza... non vi mancava, suppongo XD
Fra i nostri due adorati, questa volta, ho voluto inserire un po' di attrito... non vi resta che scoprire il perché.
Mio caro Jack, la figlia che uscirà da Anna e Kristoff sarà favolosa e te ne innamorerai prima di subito... hai poco da fare lo spiritoso ;)
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito, non so bene con quale frequenza aggiornerò questa volta, è un periodo un po' incasinato, abbiate pazienza.
Al solito vi ringrazio per aver letto, se vorrete lasciarmi due parole per farmi sapere che ne pensate, ovviamente, mi farete molto felice.
Alla prossima
Cida

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

    



    La notizia che qualcosa fosse andato storto all’ultima battuta di caccia era arrivata al villaggio ben prima dell’effettivo rientro della squadra. Sulle tracce di un cinghiale dalle dimensioni imponenti, uno dei cani era finito in un piccolo dirupo e si era inesorabilmente ferito. Gli uomini avevano ben presto cominciato a litigare sul fatto di lasciarlo o meno al suo destino, spaccando il gruppo a metà: una parte aveva proseguito nelle ricerche e l’altra era rimasta nel tentativo di recuperare il povero animale. L’ironia del destino, tuttavia, aveva voluto che fosse stato proprio quest’ultimo manipolo di uomini a trovarsi faccia a faccia con la terribile preda, trasformatasi d’un tratto da cacciata a cacciatrice. Il primo ad essere caricato fu il signor Mattias: sceso a recuperare il cane e issatolo fra le braccia, fu sopraffatto alle spalle dalla bestia arrabbiata. A nulla era servito l’intervento di Jack che aveva allungato il proprio arco nel vano tentativo di facilitargli la risalita, l'uomo venne colpito sul fondo della schiena e scalzato via come una marionetta, l’impatto fu talmente potente che l’arco dell’altro si spezzò e la corda, rinculando, colpì al volto il suo proprietario. Nonostante il dolore, Jackson non perse tempo e, senza pensarci due volte, si lanciò con il pugnale sguainato sulla groppa dell’animale, prima che potesse caricare nuovamente. L’impatto della lama nella carne lo scosse fin dentro le ossa: il cinghiale emise un grido disumano, grugnì e si dimenò finché non riuscì a liberarsi dal fastidioso peso che aveva addosso. Con il coltello ancora piantato nel poderoso collo, era più che mai intenzionato a cercare vendetta sui suoi assalitori ma, fortunatamente, una pioggia di frecce di copertura, lo costrinse alla ritirata. Indebolito e ferito, concluse la sua corsa quando incrociò il cammino del resto della squadra. Alla luce di questi fatti, fu presto chiaro che ci sarebbe voluto più di un carro per riportare bottino e feriti. E così il primo gruppo era rientrato con la richiesta di aiuto che, in particolare, aveva raggiunto Kristoff mentre era nella bottega del falegname, ritrovatosi a parlare di cose inutili, nel tentativo – vano – di trovarci la giovane Anna. Il taglialegna era partito subito, allarmato, preoccupato per le sorti del suo amico e lasciato la proprietaria, di punto in bianco, da sola con il suo lavoro.
Elsa non avrebbe saputo dire da quanto l’altro fosse andato via, concentrata com’era sulla sua nuova commissione.
«Se continui a limare ancora un po’, quella sedia finirà per diventare uno sgabello» la voce della sorella, per poco, non la fece sobbalzare.
«Ti ho presa alla sprovvista?» trasecolò, per sorridere subito dopo «Allora qualcuno, qui, è davvero preoccupato»
«Non dire sciocchezze…» la riprese, tornando al suo lavoro.
«Sono tornati» le buttò lì per osservarla, poi, qualche minuto in silenzio. Sorrise di nuovo nel vedere il suo palese nervosismo «Dato che vuoi saperlo: è un po’ malconcio ma sta bene, quello che ne ha risentito di più è stato il signor Mattias che, poveretto, non potrà sedersi per un po’» la mise al corrente, non riuscendo a trattenere una risata «Ah, ovviamente anche il cinghiale non ne è uscito bene»
Elsa aggrottò le sopracciglia e si bloccò nuovamente «Non te l’ho chiesto»
Anna riprese a sghignazzare «Oh, sì che l’hai fatto» celiò «Mica sempre bisogna parlare per farsi capire»
Prima che l’altra potesse ribattere, la porta della bottega si aprì senza troppe cerimonie: solo una persona si permetteva di entrare a quel modo. Rapida, si affrettò ad indossare la finta gonna a nascondere i pantaloni che utilizzava per lavorare e si sistemò meglio sul viso la bandana che usava per proteggere il viso e la bocca dalle schegge di legno e dagli odori troppo intensi. Già era mal vista nel suo ostinarsi a fare un mestiere da uomo, se l’avessero scoperta, fra le altre cose, anche ad indossare i pantaloni, probabilmente, l’avrebbero bruciata seduta stante.
«Capo villaggio» lo salutò con riverenza la più giovane delle sorelle.
Friederik la degnò appena di un cenno del capo, rivolgendosi subito alla maggiore «Ho qui i nuovi ordini, come al solito i vostri lavori sono stati molto apprezzati»
Elsa non ne gioì, mantenne la sua solita aria fredda e distaccata: prese l’incartamento e scorse la lista rapidamente, annuendo alla fine «Bene»
«Alla nostra dimora c’è il carro con i materiali provenienti dagli altri villaggi, quando avrete deciso, venite da noi e parlate con mio figlio Hans: potrete prendere quel che vi serve o vi interessa»
«Vi ringrazio» questo non poté evitare di dirlo. Nel mentre lo guardava allontanarsi si liberò il viso e tirò un profondo respiro. Pensò che la presenza di nuovi materiali significava che gli ultimi commerci erano andati davvero bene ma, quelle rare volte che parlava con lui, aveva sempre quella vaga sensazione che il capo villaggio scegliesse con cura ogni parola che decideva di rivolgerle e che, per qualche ragione, spesso sottintendesse più di quello che voleva farle credere.

    Quando la porta di casa cigolò, aprendosi, una ragazzina dai lunghi capelli castani alzò di scatto la testa dal tavolino e la preoccupazione sparì dai suoi occhi, lasciando spazio ad un lampo di felicità «Jack!» scattò rapida verso il fratello che, un po’ meno baldanzoso del solito, stava rientrando proprio in quel momento.
Una mano sulla fronte, le impedì di travolgerlo con tutto il peso del suo amore.
«Ehi, calma, Valanga» la apostrofò lui «Ho avuto momenti migliori» le fece presente, scompigliandole la frangia.
Lei si liberò dalla sua presa con una risata «E’ vero che avete preso quel cinghiale enorme?» volle sapere, eccitata.
«Verissimo» le confermò, sedendosi con una leggera smorfia «Era talmente grosso che, per issarlo sul carro, hanno dovuto prenderlo in sei!» le raccontò con il suo solito entusiasmo, cercando di mimare con le braccia la mole enorme della preda.
La sorella sospirò ammirata «La prossima volta posso venire anche io con voi, Jack?»
«Solo se la mamma vorrà»
«E la mamma non vuole» l’arrivo della donna in questione mise subito un freno ad ogni loro possibile piano. Si avvicinò al figlio più grande e gli prese il mento con una mano, costringendolo a puntare lo sguardo nel suo, identico sia nel taglio che nel colore «Solo tu potevi rischiare di perdere un occhio per salvare un cane»
Jackson liberò il viso «Un cane e il signor Mattias» puntualizzò «Comunque sia il mio occhio è ancora qui» portò una mano sulla sua, come a rincuorarla, avrebbe potuto accadere di peggio ma non era successo, quella era la cosa importante.
«Perché non posso andare a caccia anche io?» tornò alla carica, invece, la ragazzina.
Ellen Overland alzò gli occhi al cielo «Perché il cacciatore non è un mestiere da donne, Emma» cercò di spiegarle.
«Elsa fa il falegname e nessuno le dice niente» ribatté piccata, gonfiando le guance.
«Elsa fa il falegname perché suo padre è morto troppo presto per combinarle un buon matrimonio ma, se avesse un po’ di sale in zucca, quella benedetta ragazza dovrebbe smettere di fare ciò che fa quanto prima e trovarsi una buona sistemazione»
Jack aggrottò le sopracciglia «Che intendete?»
La donna sospirò «Intendo che non necessariamente non dirle niente, significa che venga approvato ciò che fa. Perciò se chi l’aiuta in segreto, si facesse avanti e le chiedesse di sposarlo, forse, tutti questi pettegolezzi smetterebbero prima che si trasformino in qualcosa di più serio»
«Aiutarla in segreto? Avete mai visto il suo laboratorio? Ha dei macchinari pazzeschi, non ha bisogno di nessun aiuto per spostare le cos… Un momento» un lampo di comprensione saettò nei suoi occhi nocciola «Voi pensate che sia io ad aiutarla?»
«Non lo penso solo io, lo pensa tutto il villaggio. Eravate così amici da piccoli, prima della sua malattia, che nessuno crede ai vostri pubblici battibecchi. Tutti sono convinti che lo facciate a posta, per mantenere il vostro segreto»
«Noi non abbiamo nessun segreto: mi odia sul serio, chiederle di sposarmi?» rise sarcastico «Volete vedermi morto, per caso?»
«Però lei ti piace, non è vero?»
Jack non riuscì ad evitare di arrossire «Se anche fosse? Io non piaccio a lei…»
Non avrebbe saputo dire perché, ma la donna aveva il vago sospetto che la sua convinzione non fosse del tutto esatta «Fossi in te proverei ad essere un po’ meno spocchioso e cercherei di decidermi, prima che ci pensi qualcun altro: gira voce che il figlio del capo villaggio voglia proporsi»
Il cacciatore strabuzzò gli occhi «Chi, Hans?» Elsa ne avrebbe fatto un sol boccone di quel damerino.
Una leggera cantilena in sottofondo, lo ridestò dai suoi pensieri: era la voce di Emma che blaterava di matrimoni e di fiori. Avvertendo il proprio nome accostato a quello della ragazza, si decise a prestarvi più attenzione «Sposami, Elsa…» la sentì imitare una voce profonda mentre, saggiamente, si allontanava sempre più da lui «No, sei troppo brutto e puzzi» continuò imperterrita, salendo di tono.
Jack assottigliò gli occhi «Pulce!» tuonò «Adesso me la paghi!» e si lanciò al suo inseguimento.

    Elsa ripassò mentalmente se avesse effettivamente commissionato ogni cosa di cui aveva bisogno, era convinta di sì «E’ tutto» confermò al ragazzo di fronte a lei.
Hans annuì e finì di scrivere gli ultimi appunti sul foglio del suo ordine «Bene, come al solito provvederemo a farti recapitare il necessario direttamente alla bottega»
«Ti ringrazio» gli disse, un attimo prima di ricalarsi il cappuccio sul viso, pronta a congedarsi. L’altro comprese che, se voleva fare la sua mossa, doveva farla subito. La superò rapido e fece scattare un braccio in avanti intrappolandola, di fatto, fra lui stesso ed il muro «Aspetta, c’è una cosa che devo dirti»
La vide irrigidirsi e portare il suo sguardo, improvvisamente tagliente, nella direzione di quella mano che, a pochi centimetri dal suo viso, le stava bloccando il passo «E sarebbe?» volle sapere, riportando l’attenzione su di lui.
Il giovane prese un grosso respiro «Sposami, Elsa» buttò fuori, tutto d’un fiato «Saprò prendermi cura di te e di tua sorella»
Lei sgranò gli occhi, sorpresa. «Sposarti?» Aveva capito bene?
Quel piccolo fremito che le vide agli angoli della bocca, come se stesse trattenendo una risata, lo irritò «Sposarti, sì. Perché, ti diverte?» il suo tono si fece improvvisamente più duro «Pensi che non sia abbastanza per te? La mia famiglia è la più ricca del villaggio, tu e tua sorella non dovreste più preoccuparvi di nulla, potresti smettere di giocare a fare il falegname e trovare finalmente il tuo posto»
L’ilarità si spense immediatamente sul volto dell’altra «Il mio posto in casa e in cucina, intendi?»
«Il tuo posto come padrona» gonfiò il petto «Sono l’uomo giusto per te, lo sai»
«Lo so?» ripeté Elsa, inarcando un sopracciglio sarcastica «Mi pare evidente che non sai niente di me ma desideri sposarmi perché, ovviamente, io non posso sapere cosa sia meglio per me e per mia sorella ma, certamente, lo può sapere un uomo come te» smise di guardarlo e si voltò di nuovo, più che mai intenzionata a riprendere il suo cammino «Fammi passare» quasi gli ordinò.
Hans ritirò il braccio, la vide superarlo senza degnarlo di un ulteriore sguardo e sentì la collera montargli nel petto «E’ per il cacciatore, vero?»
La ragazza si bloccò, portando ancora una volta l’attenzione nella sua direzione «Che c’entra lui adesso?»
«Lo sanno tutti chi è ad aiutarti nel tuo lavoro, è impossibile che tu riesca a fare tutto quanto da sola. I vostri stupidi litigi non incantano nessuno» ghignò perfido «Mi domando come lo ripaghi dei servigi che ti offre»
Elsa strinse i denti «Trovo che il tuo sia un metodo di corteggiamento quanto mai curioso» lo provocò.
«Non è un corteggiamento, ti sto offrendo un contratto: contratto che sarà in grado di prevenire qualsiasi tipo di guaio in cui delle ragazze sole come voi potrebbero capitare»
«E’ una minaccia, per caso?»
«Che cosa succede qui?» la voce imponente del capo villaggio mise fine al loro diverbio.
Hans distolse lo sguardo e non disse una parola, al contrario Elsa non l’abbassò «Niente, me ne stavo andando» fece presente, sistemandosi la mantella e la sciarpa a coprire il viso dal freddo esterno «Vi ringrazio ancora per la vostra disponibilità»
Friederik la guardò andare via e attese, in silenzio. Solo quando sparì dalla loro vista, aprì bocca «Gradirei che mi mettessi al corrente quando decidi di fare certi tipi di proposte» rimproverò il figlio senza neanche guardarlo.
«Ma padre…» protestò quello «Sono un uomo, ormai»
«Un uomo che vive sotto il mio tetto» gli ringhiò contro il genitore, arpionandolo per il mantello con una rapidità tale da fargli sbattere le palpebre per la sorpresa «Quella ragazza non è roba per te: se non fossi accecato dalla sua bellezza, ti saresti già accorto che ormai è perduta, non sprecare altro tempo con lei»



Grazie per essere arrivati in fondo a questo nuovo capitolo.
Siamo proprio sicuri, sicuri che Elsa sia totalmente indifferente al nostro caro Jack(son)? 
Non ho resistito a mettere un piccolo cameo del Tenente Mattias di Frozen 2 che, poraccio, si è beccato una zannata di cinghiale dove il sole non batte.
Ho provato a cercare se fosse effettivamente possibile che la corda tesa di un arco potesse essere pericolosa se questo si spezza ma non ho trovato niente in merito (né a favore, né contro), nel caso passatemela ^^
Questa volta c'è anche un po' di famiglia di Jack e la sorella è proprio quella per cui si sacrifica prima di diventare Jack Frost, pare non abbia un nome canonico ma Emma è quello più quotato.
Non so se nei libri la madre è mai citata ma mi piace l'idea che le donne Overland abbiano tutte un nome che cominci per E (sì, anche quelle acquisite XD) per cui ho scelto Ellen.
Ebbene anche Friederik ha fatto la sua adorabile comparsa, chissà cosa combinerà questa volta il malefico duo.
Come al solito grazie per il vostro sostegno!
Alla prossima
Cida

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

    



    La Luna Rossa era destinata ad illuminare il cielo quella notte ed il villaggio era, inaspettatamente, in festa: non per adorare l’astro portatore di sventura, bensì per esorcizzarne i malefici influssi. Era chiamata la Festa dei Fuochi: ne venivano accesi a decine così che la luce delle loro fiamme potesse spazzare via l’oscurità con i suoi demoni, i suoi fantasmi ed i suoi lupi.
Come ogni notte di luna piena, il capo villaggio non sarebbe stato presente, già partito da qualche giorno, con il solito manipolo di uomini, per mandare avanti le relazioni con le comunità vicine. L’organizzazione era, quindi, tutta nelle mani di suo figlio Hans ed era proprio con lui che Kristoff aveva appena finito di parlare, per comprendere di quali pire da preparare avrebbe dovuto farsi carico e dove posizionarle. Era, stranamente, agitato ma non per il compito che gli avevano assegnato – assolutamente di poco conto per un taglialegna esperto come lui – ma per l’obiettivo che si era prefissato: al diavolo la timidezza, avrebbe chiesto ad Anna di passare quella serata con lui. Tuttavia, la cosa era più facile a dirsi che a farsi perché, nonostante la festa, si trattava pur sempre di una notte di luna piena e il giovane ben sapeva quali terribili ricordi potessero rischiare di riaffiorare nella mente della ragazza, ai quali si aggiungeva la quasi totale simbiosi in cui le sorelle sembravano vivere durante quei momenti. Kristoff, però, aveva il netto sospetto che Anna, a differenza di Elsa, anelasse a partecipare a quell’evento ed era più che mai intenzionato a non lasciarsi sfuggire quell’intuizione, sperando con tutto il cuore nella sua correttezza. Ad onor del vero, aveva già avuto almeno due possibilità differenti di farsi avanti ma, guarda caso, nessuna di quelle sembrava abbastanza adatta: la terza, lo sentiva, sarebbe stata quella buona. Completamente preso dai suoi propositi, camminava senza effettiva cognizione di dove stesse andando e di ciò che lo circondasse e, così, finì per colpire inesorabilmente qualcuno che, altrettanto distratto, ebbe la sfortuna d’incrociare il suo cammino. Improvvisamente vigile, si prodigò immediatamente ad aiutare la minuta figura a rimettersi in piedi, salvo pietrificarsi non appena capì contro chi avesse sbattuto «Anna!» pigolò con una voce, improvvisamente, di un’ottava più alta «Stai bene?»
«Più o meno» cercò di rassicurarlo, accettando di buon grado l’aiuto che le veniva offerto, senza riuscire ad evitare di arrossire non appena lo toccò «Scusami, ero – come al solito – con la testa fra le nuvole»
«Oh no, sono io a dovermi scusare, anche io avevo altro a cui pensare» le fece presente, scompigliandosi i capelli della nuca, cercando di non morire di imbarazzo per avere ancora la mano della ragazza stretta nella sua. «Anna» esordì, ora o mai più «Ti piacerebbe venire questa se…»
«Sì!» lo anticipò lei, felice, quasi saltando sul posto.
«Che?» sbottarono assieme, prima di diventare più rossi delle loro stesse mantelle.
Anna si morse il labbro inferiore «Volevi chiedermi di passare la serata con te, no?» chiese conferma nervosa «O non volevi? Se non volevi scusami, non imparo mai: parlo sempre troppo…»
«No, no» cercò di fermarla lui.
«Allora non volevi sul serio» constatò affranta, fraintendendo terribilmente le intenzioni dell’altro.
«Sì, cioè, no» andò completamente in crisi Kristoff: si impose di calmarsi, prendendo un grosso respiro «Certo che volevo chiederti di venire alla festa con me»
Lei s’illuminò nuovamente «Allora la mia risposta è sì, sì e ancora…» il suo sguardo scivolò impercettibilmente sulla figura della sorella che, in linea d’aria, spuntava appena dalle spalle del taglialegna, intenta a cercare di liberarsi, invano, da una conversazione in cui non avrebbe voluto essere e il suo entusiasmo inesorabilmente scemò «… no»
«Perfetto…» annuì contento il ragazzo per, poi, inarcare un sopracciglio perplesso «No?» sussurrò deluso.
«Mi dispiace» si scusò, piena di vergogna: liberò la mano dalla sua e se la portò lungo il fianco, impacciata «Mi sarebbe davvero piaciuto venire con te questa sera ma non posso lasciare sola mia sorella»
«Ho capito, dispiace molto anche a me» tentò di sorriderle per rassicurarla ma con scarso successo «Ci vediamo in giro allora» si congedò mesto.
Anna lo guardò allontanarsi e sospirò affranta.
«Perché l’hai fatto?» le chiese Elsa, affiancandola.
L’altra trasalì «Per te, l’ho fatto per te: non posso lasciarti sola in una notte come questa»
La maggiore sorrise «Non solo puoi ma devi» le prese una mano «Sono tutti troppo eccitati per questa festa, nessuno farà caso se me ne andrò un po’ prima del previsto, non servirà che mi controlli, la strada la so» cercò di rassicurarla.
«Ma io…»
«Niente ma…» bloccò la sua protesta sul nascere «Avvertivo la tua voglia di accettare da laggiù: pensa a te stessa, per una volta»
Anna spostò il peso da un piede all’altro, indecisa.
Elsa alzò gli occhi al cielo e sbuffò «Allora, ti decidi ad andargli dietro o no?»
Così la vide scattare sull’attenti per poi lanciarsi all’inseguimento dell’altro: un uragano di pura grazia che rischiò di strapparle una risata. Quando finalmente lo raggiunse, la felicità che vide disegnarsi sul volto di entrambi le scaldò il cuore. Il sorriso che le salì spontaneo sulle labbra, però, lo nascose sotto al cappuccio.

      Elsa si era assicurata di farsi vedere in giro da più persone possibili quel giorno, consegnando la maggior parte dei suoi lavori pronti ma, adesso che stava per calare la sera, era giunto il momento di avviarsi. Il cammino che l’aspettava era lungo ma, al solito, non ci avrebbe messo molto a coprirlo. Controllò rapidamente la sua bisaccia contenente un cambio d’abito, per ogni evenienza, e una discreta quantità di cibo di vitale importanza. Spese un ultimo pensiero per la sorella e sperò con tutto il cuore che potesse godersi, in santa pace, una serata di spensieratezza e alleggerirsi, per una volta, di quel fardello che portava con assoluta dedizione nonostante non fosse il suo. Finalmente pronta a partire, la mano le tremò impercettibilmente sull’uscio quando comprese che c'era qualcuno fuori ad aspettarla: anche senza bisogno di guardare, già sapeva di chi si trattasse. Non aveva il tempo di aspettare che se ne andasse e non c’era modo di sgattaiolare via inosservata, affrontarlo era l’unica soluzione possibile. Così, sperando di risolverla rapidamente, prese un grosso respiro ed uscì.
Al solo sentir cigolare la porta, gli occhi di Hans si posarono su di lei immediatamente, lo vide dare un ultimo sorso a quello che doveva essere un boccale di birra – non ci volevano chissà quali capacità per capire che fosse l’ennesimo – e pulirsi appena il labbro superiore con il dorso della mano.
«Te ne stai andando?» le chiese, evidentemente ancora abbastanza attento da notare la sua tenuta «Non sei tu quella terrorizzata dai lupi?» continuò, allargando le braccia con fare teatrale «Senza contare che la festa dei fuochi è nata per te: l’ultima luna rossa non festeggiata ha portato la tua malattia, saresti davvero scortese e sciocca ad andartene»
La ragazza trasalì, che cosa sapeva? Lo sondò per un attimo: nulla, decretò. Hans era perfido, sì, ma non così folle da essere lì altrimenti «Perché sei qui?»
Lui alzò le spalle «Per la prima volta in vita mia, ho visto tua sorella presenziare alla festa, in compagnia di Kristoff. Ho pensato che, forse, volessi venire anche tu ma che fossi bloccata con qualche commissione, magari avevi bisogno di una mano»
Il sottinteso in quelle parole la investì in pieno «Sei ubriaco»
«E’ possibile che abbia bevuto qualcosa in più del solito, sì, ma al diavolo… è una festa, no? Perché non vieni a divertirti un po’ anche tu?»
L’altra s’irrigidì «Non mi interessa»
Hans scosse la testa «Elsa, Elsa, Elsa…» sospirò «Sempre così rigida…» si avvicinò di un passo «Sempre così inarrivabile…» un altro passo «Solo il lupo ti fa paura, nessun altro, neanche mio padre»
Le stava facendo perdere fin troppo tempo «A te sì…»
Lui sgranò gli occhi ma solo per un momento, poi un ghigno laterale apparve sulle sue labbra «Ma quanto siamo insolenti» le disse, prendendole il mento con una mano.
Elsa titubò indecisa, reprimendo con fatica il primo impulso che il cervello le aveva inviato al resto del corpo: nonostante fosse ubriaco, era decisamente ancora troppo in sé per dimenticare quel che sarebbe seguito, il che sarebbe stato un enorme problema. Tuttavia, il passare del tempo poteva essere un ostacolo altrettanto grande «Lasciami stare» gli intimò, liberando il viso.
Hans non si scompose «Altrimenti?»
La ragazza allargò impercettibilmente le narici: no, non lui, non adesso.
«Altrimenti te la vedrai con me» lo avvertì una voce alla sue spalle. Il figlio del capo villaggio non aveva bisogno di vederlo per sapere che dietro di sé aveva la persona più ovvia «Ma guarda un po’ chi è venuto latrando di corsa in soccorso della sua padrona»
«Meglio essere cane che stronzo» gli rispose a tono Jackson «Che c’è, sei triste perché il paparino non c’è a vedere la bella festa che hai organizzato?»
L’altro alzò appena le sopracciglia «Almeno io un padre ce l’ho» colpì dritto nel segno.
Il cacciatore strinse istintivamente i pugni «Vattene via»
«Agli ordini» acconsentì quello, canzonandolo con un finto inchino «Ti lascio alla tua ricompensa» diede un'ultima occhiata alla giovane e si allontanò.
Jack non comprese a cosa si riferisse e non gli interessava saperlo, c’era solo una cosa importante in quel momento «Stai bene?»
In quella domanda, Elsa percepì tutta la sua preoccupazione ma non aveva più tempo, doveva liquidarlo in fretta «Sì, il tuo intervento non era necessario»
«Non mi sembrava»
Doveva colpirlo e subito, puntò gli occhi taglienti nei suoi «Nessuno ha chiesto il tuo aiuto»
Non poteva averlo detto sul serio.
«Ma si può sapere che problema hai con me?»
La vide prendere fiato per, probabilmente, investirlo nuovamente di gelido disprezzo ma, improvvisamente, i suoi occhi si sgranarono e, rapida, lo spinse via, facendolo finire a terra in un battito di ciglia. Stupito, si accorse solo in quel momento che il colpo di bastone, caricato da Hans alle sue spalle, aveva miseramente mancato il suo bersaglio. Indispettito da quel comportamento infame, scalciò con rabbia e disarmò quello che, a tutto gli effetti, era appena diventato il suo avversario e, rimessosi in piedi, caricò un destro poderoso che si schiantò, senza troppi complimenti, sulla faccia dell’altro.
Elsa avvertì l’odore del sangue ancor prima che le nocche dell’uno lacerassero le labbra dell’altro, doveva allontanarsi il più in fretta possibile ma la mano di Jackson
, determinato più che mai a non lasciarla andare senza una spiegazione, arpionò la sua bloccandola ancora una volta «Rispondimi»
L’espressione di lei si fece improvvisamente terrificata: la vide guardare il cielo, poi le loro mani unite, infine, portarsi quella libera al petto «Lasciami andare, per favore» lo supplicò.
Il fantasma della sua amica d’infanzia gli folgorò per un attimo la mente, lasciò la presa e la guardò allontanarsi. L’impulso a seguirla si spense non appena sentì il suo nome pronunciato, ancora e ancora, da un’angosciata ed estremamente familiare voce femminile. Lasciò Hans a terra dolorante e le andò incontro.
«Madre…» la sorresse per le spalle non appena la raggiunse «Che succede?»
«Jack» lo chiamò nuovamente lei, come ad assicurarsi che il figlio fosse effettivamente lì, gli occhi colmi di lacrime «Tua sorella è sparita»

   
    Fra Emma e Jack passavano ben dieci anni di differenza. Il primo parto di Ellen era stato incredibilmente duro e aveva rischiato di portarsi via madre e figlio in un solo colpo ma, incredibilmente, le preghiere di Jørgen erano state ascoltate ed il miracolo era avvenuto senza, però, risparmiare il pagamento di un duro prezzo: la donna non avrebbe potuto mai più avere figli. Nonostante questo, gli anni erano passati felici, anni in cui il piccolo Jackson cresceva, giorno dopo giorno, con una curiosità esasperata per quel mondo che aveva rischiato di non vedere. Anche Jørgen era un grande cacciatore ed era, appunto, da lui che Jackson aveva perfettamente ereditato questa dote. La caccia, però, era un’attività altamente pericolosa e, durante una battuta sfortunata, l’uomo si ritrovò privato di una gamba e di tutta la sua voglia di vivere. Erano stati mesi terribili, in cui l’aria grave di sogni infranti e rimpianti saturava, come melma, le mura della loro casa. Fu Jack a trovare il padre a giocare con un pugnale pericolosamente rivolto verso i polsi e, forse, furono proprio i suoi occhi di bambino ad evitargli di trovare il coraggio a far scendere quella lama senza possibilità di ritorno. Poi, un nuovo miracolo era accaduto ed Ellen era rimasta incinta della piccola Emma. La gioia era tornata a risplendere in quella casa ma, nonostante tutto, il corpo di Jørgen era ormai corroso da quel tempo passato a struggersi nel dispiacere e un male misterioso se l’era portato via improvvisamente. Non c’era da stupirsi che Ellen considerasse i propri figli come i suoi tesori più preziosi e fosse, spesso, un po’ troppo apprensiva nei loro confronti ma, indubbiamente, i due non facevano niente per sedare i suoi timori, anzi.

Così, la giovane Emma – dodici anni di spirito d’avventura e ribellione pura – si era legata i capelli in una coda di cavallo, aveva rubato un pugnale del fratello, issato in spalla il piccolo arco che lui le aveva regalato in segreto, caricato qualche freccia ed era partita per emulare le gesta del suo eroe, incurante degli avvertimenti della madre e, soprattutto, della luna piena - rossa di sangue - ormai alta nel cielo. I conigli, come ben sapeva, erano animali notturni e non c’era niente di meglio che cacciarli a quell’ora, Jack glielo diceva sempre. Infatti, da un piccolo cespuglio, fece capolino proprio una di quelle tenere creature dal pelo morbido, le orecchie lunghe e la coda a batuffolo. La ragazzina perse un secondo di troppo a contemplarne la tenerezza: quello alzò di scatto le orecchie e terrorizzato scappò via. Lei imprecò, era sicuramente contro vento e il piccolo doveva aver avvertito il suo odore, un errore da vera novellina. Tuttavia, la raffica gelida che la investì in pieno viso le dimostrò di non essersi sbagliata, non aveva commesso sbaglio alcuno. Rabbrividì ma non per il freddo, si voltò verso il refolo caldo che le aveva appena soffiato sul collo, non riuscì nemmeno ad aprire bocca: di fronte a lei aveva il lupo bianco più grosso e minaccioso che avesse mai visto, i suoi occhi di brace la puntavano bramosi e le sue fauci bavose schioccavano nell’aria, pregustandosi il sapore della preda che avrebbero assaporato di lì a poco. Un cupo ringhio rombò nel petto dell’animale e quando alzò il muso per ululare alla luna, lei – finalmente – urlò.



Nuovo anno, nuovo aggiornamento.
Non so nemmeno se farvi gli auguri o no, visto come sono andate le cose l'anno scorso... diciamo altro giro, altra corsa? Cerchiamo di correre nel miglior modo possibile.
Al solito grazie per aver letto questo nuovo capitolo e scusate la lunga attesa, purtroppo il tempo da dedicare alla scrittura si è notevolmente ridotto ma ciò non implica che voglia smettere, solo avrò bisogno di più tempo fra un capitolo e l'altro.
Che dire, il grande lupo cattivo ha fatto la sua comparsa... gli indizi sulla sua identità cominciano ad essere ormai chiari (anche se, in realtà, c'è chi ha già compreso pure con quelli più torbidi ^^) ma siamo appena all'inizio...
Chi mi conosce già sa che, per quanto ami Elsa e Jack, ho una profonda adorazione per la pucciosità dei Kristanna... perciò un po' di dolcezza per cominciare questo nuovo anno, prima di un sacco di guai XD
Sperando che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto - se vorrete farmi sapere le vostre impressioni, ovviamente, mi farete felice - vi lascio.
Alla prossima
Cida

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

    



      La luce dei fuochi sapeva davvero essere suggestiva ed affascinante: le fiamme parevano danzare nell’oscurità, aprendo squarci rossi vermigli nel buio della notte, come se la bestia sconosciuta e potente sanguinasse ferita e fosse sul filo di perdere quell’eterna battaglia fra la luce e le ombre.
Anna, più che mai decisa a seguire il suggerimento di Elsa e credendola al sicuro, si era lasciata andare e aveva vissuto con trasporto quegli attimi che, per una volta, aveva deciso di concedersi. In realtà, si era ben presto resa conto che della festa non le importasse granché, tutto ciò di cui aveva bisogno era rappresentato dalla timida e impacciata presenza del ragazzo al suo fianco: certo, forse era solo colpa del riverbero dei fuochi se i suoi occhi brillavano ogni volta che si posavano su di lei ma Anna, da inguaribile romantica qual era, preferiva credere che sotto ci fosse dell’altro. Quando, seduti su di un muretto un pochino appartato rispetto al resto della folla, la mano di lui aveva cercato timidamente la sua, il cuore le aveva fatto una capriola nel petto e si era ritrovata istintivamente a stringere quelle dita ruvide senza, però, avere il coraggio di guardarlo, ringraziando mentalmente il calore del falò che mitigava il rossore delle sue guance.
Nel momento in cui la sua stretta era stata ricambiata, Kristoff aveva rischiato un mezzo infarto. Quella serata era stata semplicemente perfetta: certo, forse avrebbe potuto essere un po’ più sicuro, fare qualche figuraccia in meno ma, nonostante tutto, lei era lì, non era scappata, non aveva rifiutato la sua mano. Deglutì quando la sentì rilassarsi contro la sua spalla, adagiandovi piano il capo: che si fosse addormentata? Trovò il coraggio di abbassare lo sguardo sul suo viso e trovò i suoi occhi azzurri aperti e concentrati sulle fiamme al centro della piazza: era di una bellezza disarmante. Si umettò le labbra improvvisamente secche e, colto da un improvviso impeto di coraggio, allungò l’altra mano ad accarezzarle il viso, invitandola delicatamente a voltarsi verso di lui. Si chinò quel tanto che bastava per arrivare alla sua altezza: la vide abbassare le palpebre e dischiudere le labbra, pronta a ricevere quel bacio che lui aveva tutta l’intenzione di darle. Prima che riuscisse a farlo, però, un ululato terrificante si alzò dal profondo della foresta: lei sgranò gli occhi improvvisamente pieni d’angoscia «Oh, no! No, no, no…» blaterò, alzandosi di botto mentre il caos scoppiava attorno a loro.
«Anna, io…» cercò di tranquillizzarla ma lei scosse la testa, nel panico.
«Non posso più stare qui» lo anticipò «Mi dispiace Kristoff, io devo andare »
Il taglialegna la vide scappare via senza degnarlo di un ulteriore sguardo, abbassò il capo affranto e chiuse gli occhi, incapace di trattenersi dal pronunciare quella frase che ancora spingeva per uscire dalla sua gola «Io: ti proteggerò io»
Qualcosa di morbido, umido e delicato si posò sulla sua bocca mentre un dolce profumo gli scombussolò i sensi. Aprì gli occhi e si ritrovò ad un soffio dal viso della ragazza, le sue labbra – che si erano appena staccata dalle sue – tirate in un sorriso nervoso «Grazie» gli sussurrò prima di sparire nuovamente.
Kristoff si portò una mano al viso disorientato, incredulo «Prego…»

      Emma era nel panico: il lupo di fronte a lei si prendeva gioco della sua angoscia, combattuto fra l’idea di sbranarla subito ed il lasciarsi andare al divertimento della caccia, sembrava quasi la incitasse a scappare via. Certo, come se le sue gambette paralizzate dal terrore avessero potuto fare qualcosa contro la stazza di quella bestia infernale. Si domandò se dovesse fingersi morta, come con gli orsi - spacciata per spacciata – quando, improvvisamente, l’animale allargò le narici e si voltò verso il fitto degli alberi, richiamato da un odore impossibile da ignorare, gli occhi sgranati, il pelo ritto e le fauci ringhianti, colanti di bava.
La torcia che Jackson sorreggeva con una mano, scivolò a terra e si spense miseramente: il lupo a cui non credeva, che denigrava, era proprio lì davanti ai suoi occhi, a pochi passi da sua sorella, ed era la belva più spaventosa che avesse mai visto.  Deglutì, cercando di rinsaldare la presa sul suo pugnale che, per quanto affilato, probabilmente lo avrebbe difeso tanto quanto una manciata di trucioli di legno. Doveva assolutamente richiamare la sua attenzione, mettere Emma al sicuro: fece leva su tutto il suo coraggio che, nonostante tutto, non l'aveva abbandonato e gridò «Ehi!»
Non servì dire altro: nessuna frase degna di un salvatore, nessuna battuta brillante su quel cagnolino troppo cresciuto, il tempo di sbattere gli occhi e il lupo era già lì, addosso a lui. Il puro istinto, nient’altro che quello, portarono il cacciatore a mettere in atto la prima regola di difesa in caso di attacco da parte di canidi impazziti: proteggere la gola, offrendo il braccio. Il dolore che provò non appena le fauci della bestia gli dilaniarono la carne riempì la sua vista di scintille luminose creando strani disegni nell’oscurità, avvertì la sua gola gridare dal dolore senza alcun controllo su di essa, poi arrivò il bruciore: di un’intensità tale che si ritrovò a sperare che l’arto gli venisse staccato di netto il prima possibile.
Un dardo infuocato si schiantò a terra, ad un passo dalla sua spalla, ed il lupo, incredibilmente, allentò la presa: aveva paura delle fiamme! Per pura sopravvivenza mise a tacere il dolore e recuperò, con il braccio sano, la freccia dal terreno con tutto l’intento di conficcarla nel collo dell’animale.
«No!» un urlo femminile lo bloccò e un’altra freccia cadde, allontanando il suo assalitore «Non farle del male»
Jack sgranò gli occhi «Cosa?» davanti a lui, a sua protezione, si stagliò una figura femminile vestita di cuoio, balestra alla mano e altre armi addosso, al momento, difficili da identificare: una cacciatrice. «Anna?» gli sembrò di riconoscerla ma non ne fu sicuro, confuso com’era dal dolore e dall’oscurità.
Lei non lo considerò «Emma!» urlò alla ragazzina ancora lontana e attonita «Vieni subito qui!»
Quella parve riscuotersi e, incespicando un paio di volte, la raggiunse al più presto prima di pietrificarsi nuovamente di fronte allo stato del braccio del fratello «Jack…» calde lacrime iniziarono a salirle agli occhi.
«Guardami» la scosse l’altra, mettendole le mani su entrambe le spalle «Io adesso accenderò un fuoco e poi andrò ad allontanare il lupo: tu pensi di riuscire a prenderti cura di Jack mentre non ci sarò?»
Emma scosse il capo, più volte «No, non andare via, non lasciarci da soli» la supplicò.
Un altro potente ululato si espanse nell’aria, la giovane si ritrovò la ragazzina terrorizzata fra le braccia e dovette metterci tutta la sua buona volontà per trattenersi dall’imprecare «Sta lontana» gridò verso il fitto del bosco «Lo so che è difficile con lui qui ma credo in te: saprai controllarti»
Pregò seriamente che la sua fiducia non fosse mal riposta. Quando avvertì alcuni rumori nelle vicinanze, però, il cuore le saltò in gola, salvo tranquillizzarsi alla vista del chiarore di una torcia «Kristoff!» sgranò gli occhi incredula «Sei pazzo? Perché mi hai seguita?»
Il taglialegna fu stupito tanto quanto lei «Anna, cosa sta succedendo? Come sei vest… Sant’Iddio, cosa è successo a Jack?» in un attimo si unì al loro gruppo «Amico, il tuo braccio» constatò ma in risposta ricevette solo lamenti «Aiutatemi: dobbiamo subito portarlo al villaggio»
«No!» lo bloccò prontamente la ragazza.
L’altro scosse la testa confuso «Come no? Morirà dissanguato. Emma, aiutami a portare via tuo fratello» non aveva nessuna intenzione di ascoltarla, era innamorato, sì, ma non per questo era disposto a perdere il suo amico pur di darle ascolto.
«Non morirà qui» gli fece presente Anna risoluta «Ma lo farà se lo porterete al villaggio: Jack è stato morso da un lupo in questa notte di piena Luna Rossa, cosa credete che gli faranno?»
«Morso da un lupo?» Dio, l’avrebbero decapitato seduta stante e ne avrebbero bruciato i resti senza rimpianti «Che ne sarà di lui? Cosa dobbiamo fare?»
«State qui» gli suggerì, cominciando ad estrarre un fagotto dalla sua bisaccia e a spargere alcune erbe attorno a loro.
«Cos’è?»
«Strozzalupo, lo terrà lontano» spiegò, prima di uscire dal cerchio appena disegnato per dargli fuoco subito dopo, così da creare una barriera a protezione degli altri tre «Kristoff, prenditi cura di loro: Jack straparlerà, ti supplicherà di ucciderlo o di tagliargli il braccio, non farlo, ti prometto che guarirà. Io e Elsa sapremo prenderci cura di lui»
Il ragazzo era confuso, chi diavolo era colei che aveva davanti? Che fine aveva fatto la sua dolce, tenera e goffa Anna? «Ma tu chi sei?»
Lo sguardo di lei si velò appena «Sono sempre io, fidati di me, per favore» sorrise affranta «Tornerò al più presto da voi: nel frattempo, ti supplico, fai che quel fuoco non si spenga» gli lanciò il resto delle erbe e sparì nell’oscurità.

      

    La versione ufficiale fu che Emma, scappata per emulare le gesta del fratello, fosse stata attaccata da un gigantesco orso bruno. Jack, assieme al suo fidato amico Kristoff, era riuscito a raggiungerla in tempo e a mettere l’animale in fuga. Un orso ferito, però, poteva essere fonte di guai estremi per il villaggio, i suoi animali e i suoi abitanti, così Jack aveva deciso di continuare a dargli la caccia da solo finché non lo avesse definitivamente ucciso o non fosse stato abbastanza lontano da ritenere le loro case al sicuro. Fortunatamente il ragazzo era considerato abbastanza folle da formulare realmente un pensiero del genere, così nessuno aveva dubitato della veridicità di quel racconto ed Emma aveva accettato stoica la lavata di capo della madre e la terribile punizione che ne era seguita: non aveva protestato, la parte che la riguardava era assolutamente vera, anzi, fin troppo bonaria nei suoi confronti perché, saggiamente, celava il fatto che il fratello fosse, in realtà, stato gravemente ferito dal morso di un lupo.
Agli occhi e alle orecchie di tutti, quindi, non era arrivata la notizia di alcun incidente: nessun capo di bestiame ucciso, nessuna persona attaccata e, così, quegli ululati lontani nella notte vennero considerati come i discorsi di un semplice branco di passaggio, sebbene i visi delle persone rimanessero tirati e sibilasse fra loro il lezzo della paura.
Kristoff aveva fatto del suo meglio per supportare quella storia, anche se mentire non era mai stato il suo forte e farlo di fronte ad Ellen era stata davvero dura. Era Elsa a tenerlo aggiornato sulle condizioni di salute di Jack, non l’aveva mai vista in quello stato: stanca, preoccupata, come se fosse rosa internamente da un inestinguibile senso di colpa, eppure quella sera neanche era presente. Che cosa gli sfuggiva?
Le sorelle non si erano più viste assieme, impegnate nel loro compito alterno di prendersi cura del cacciatore, e con Anna non aveva più parlato: lui la evitava e lei non lo cercava. Era un comportamento sciocco il suo, ne era consapevole, ma la realtà era che non riusciva a togliersi quell’immagine dalla testa: lei bardata da cacciatrice, i capelli raccolti sul capo, il collo nudo, il corsetto stretto sulla camicia e, soprattutto, quei pantaloni di cuoio che l’avvolgevano come un guanto, turbandogli inesorabilmente ogni notte che ne era seguita. Poteva pensare a quelle cose mentre il suo migliore amico era a lottare fra la vita e la morte? Che razza di uomo era?
Jackson, dal canto suo, non avrebbe saputo dire dove si trovasse, le palpebre troppo pesanti per avere la forza di aprirle. Il braccio gli procurava un patimento infernale, un bruciore che dal punto del morso risaliva lungo la spalla, rilasciando stilettate di dolore in grado di mettere fuori uso ogni sua terminazione nervosa. Era questo che significava morire?
E’ tutta colpa mia…
Aveva udito una volta.
E’ tutta colpa di Hans… aveva ribattuto un’altra voce Te lo dico io dove gliela pianterei una freccia a quel…
Non ricordava più cosa ne fosse seguito.
Staccalo, staccalo!
Aveva detto qualcuno con un timbro roco, così simile al suo.
Poi era caduto, di nuovo, in un vortice interminabile di dolore, bruciore e improvviso sollievo, panni umidi sulla fronte e sul collo, una mano morbida stretta nella sua, bende cambiate, odori di unguenti e di morte.
Era certo che qualcuno si stesse prendendo cura di lui ma non avrebbe saputo dire chi, probabilmente non era una persona soltanto. Nei suoi pensieri, però, c’era un unico volto, forse, l’ultima speranza di un condannato a morte.
Solo una volta, richiamato da un leggero sciabordio d'acqua, era riuscito ad aprire appena le palpebre per incontrare una schiena candida spuntare da un corsetto allentato, mentre una treccia bionda lasciava intravedere un collo snello e si andava a posare su una spalla deturpata da una terribile cicatrice. Confuso era scivolato di nuovo nell’oblio, un solo nome sulle labbra.
Eccomi…
E ancora incubi fatti di zanne affilate e occhi di brace:
Scappa, Emma, scappa!

Emma è al sicuro…
Il lupo esiste, esiste!
Lo so…
Ci mangerà…
Non lo farà…

Un giorno, improvvisamente e semplicemente, il dolore era sparito.
Aprì gli occhi ed incontrò quelli azzurri e pieni di lacrime di Elsa «Sei sveglio…» la sentì sussurrare fra i singhiozzi e lì capì, era certamente morto: quella notte il lupo doveva, per forza di cose, averlo ucciso e
dilaniato in mille pezzi.



Grazie per essere arrivati in fondo anche a questo nuovo capitolo.
Ebbene sì, il lupo ha colpito - ancora mi riservo di non svelare ufficialmente la sua identità ma, diciamo, che è sempre più lampante - e ad andarci di mezzo non è stata Emma ma il povero Jack.
L'arrivo di Anna è stato provvidenziale per arginare quella che poteva essere una tragedia, tuttavia chi ha visto Cappuccetto Rosso Sangue sa cosa comporti il fatto di essere morsi da un lupo (mannaro, sì) in una notte di piena Luna Rossa, tuttavia penso sia facilmente immaginabile per tutti.
Allo stesso modo Kristoff comincia a farsi delle domande ma i suoi dubbi sono un pelino disturbati dalla visione di Anna modello Van Helsing XD
Su Jack ed Elsa, non mi esprimo... se vi va, fatelo voi ;)
Vi anticipo che il prossimo aggiornamento sarà praticamente tutto Jelsa-centric e, per chi ha già seguito Seasons, ci tengo a ricordare che sarà il capitolo 5 ;)
Grazie a tutti quelli che leggono questa storia (anche silenziosamente), a chi la lista e a chi ha piacere di lasciarmi le sue impressioni che sono sempre apprezzate.
Alla prossima
Cida

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5



       Jack continuava a ripetersi che quella notte non sarebbe accaduto nulla di strano, era stato morso da un lupo solo un po’ più grande del normale, non potevano davvero esistere i lupi mannari.
Quando si era ripreso, l’arrivo di Anna aveva dato modo ad Elsa di ricomporsi con una velocità sorprendente e, senza dargli possibilità di replica, lo avevano messo al corrente di alcune parti della storia che gli erano rimaste oscure e della versione che era stata fatta circolare al villaggio. Finalmente tornato a casa, sua madre gli aveva riservato il solito trattamento di Emma e, furente per tutti quei giorni in cui era stato lontano, gli aveva di fatto impedito di riprendere il suo ruolo all'interno del villaggio. Così le giornate passavano monotone scandendo, inesorabilmente, l’avvicinarsi della nuova luna piena, mentre le notti erano spesso accompagnate da occhi azzurri che si tramutavano in occhi di brace. Era tutto perfettamente normale, aveva rischiato la vita, doveva per forza di cose aver avuto qualche strascico. Eppure era nervoso, perché non era uno sciocco e aveva notato alcuni cambiamenti in se stesso: era spesso agitato, quasi mai stanco e la sua bocca tendeva a riempirsi di saliva alla vista della carne cruda sui banchi del mercato. Potere della suggestione, nient’altro che quello, lo ripeteva come un mantra ma non riusciva a crederci davvero e, man mano che la giornata scorreva via, era sempre più angosciato. Timore che poteva apertamente avvertire ogni volta che incrociava gli occhi di sua sorella e quelli del suo amico Kristoff, i quali cercavano di nasconderlo dietro a doti di pessimi attori. C’erano, inoltre, altre due persone che lo tenevano sotto controllo costantemente, forse le uniche che avrebbero potuto aiutarlo a quietare i suoi timori, ma se cercava di avvicinarle trovavano sempre un motivo per evitarlo. Come se fosse stata richiamata dai suoi pensieri, Elsa apparve con la sua mantella rossa, al limitare del suo campo visivo, all’imbocco di un vicolo che spariva in mezzo ad un gruppo di case. La vide puntare gli occhi nei suoi, anche lei lo aveva scorto: non avrebbe saputo dire perché ma avvertì chiaramente il suo invito a seguirla. Lo fece.
Raggiunto il luogo, però, una strana sensazione di pericolo iniziò a farsi largo dentro di lui: girò un angolo e trovò una figura dargli le spalle. In allarme le prese un braccio e la face voltare «Anna?» la riconobbe confuso «Dov’è tua sorella?»
La ragazza portò le mani unite davanti al viso in segno di scusa «Mi dispiace»
Jack non riuscì a chiederle per cosa, avvertì un sibilo e riuscì a voltare appena la testa prima di venire colpito, scivolò nell’incoscienza.

    Jackson riprese i sensi, si portò una mano istintiva al capo, ricordandosi di essere stato assalito ma, incredibilmente, non avvertì alcun dolore. Percepì immediatamente la presenza di un'altra persona con lui e guardando meglio, infatti, c’era qualcuno lì davanti, dapprima dai contorni poco nitidi ma, pian piano, sempre più chiari: Elsa. Mise a fuoco anche quello che la ragazza aveva dietro alla spalle e non gli ci volle molto per comprendere, erano chiusi dentro una gabbia.
«Mi hai colpito con una pala in testa» disse «Volevi uccidermi, Fiocco di Neve?»
«Ucciderti?» rispose quella, inarcando un sopracciglio «Sappi che si è rotta»
«Scusa se non me ne dispiaccio» celiò «Se volevi che ti seguissi, dovevi solo chiedere»
Elsa tirò le labbra di lato, sarcastica «Ti saresti fatto rinchiudere senza domande?»
Lui ricambiò la sua espressione «Probabilmente no…» concesse «Mi hai imprigionato qui perché credi possa diventare un lupo questa notte?»
Gli occhi di lei si velarono improvvisamente «Non è che lo credo, lo so…»
Jack rise, nervoso «Dai, non puoi dirlo seriamente»
La ragazza si irrigidì «Vuoi dirmi che non hai cominciato ad avvertire cambiamenti dentro di te? Non mentirmi e non fare lo stupido, non lo sei mai stato»
Il cacciatore sgranò gli occhi «Voleva essere un complimento?»
Elsa si rilassò «Forse…»
«Quindi ora te ne andrai e mi lascerai qui?»
«Io non me ne andrò»
«Cosa?» sbottò l’altro preoccupato «Non puoi stare con me, se mi trasformerò in lupo…» non finì la frase. La raggiunse rapido e la scostò, cercando di liberarsi: non appena le sua mani afferrarono le sbarre, però, le ritirò immediatamente «Cosa c'è qui sopra?[1]» chiese, guardandosi i palmi scottati.
«Argento...»
«Argento?» sgranò gli occhi «Apri immediatamente questa porta ed esci di qui» le intimò agitato, cos’era tutto quel calore che gli stava salendo dal braccio?
«Non posso» confessò l’altra «Non ho le chiavi»
Lui la raggiunse e la prese per le spalle, disperato «Perché l’hai fatto?»
Per la prima volta da che erano cresciuti, Elsa lo guardò dolcemente «Perché sono come te»
Jack non ebbe nemmeno il tempo di meravigliarsi: il respiro si fece corto, il petto pesante e il bruciore, Dio, era insopportabile. Vide la ragazza portarsi una mano alla spalla sinistra, un’espressione sofferente sul viso, e accasciarsi con un ansito. Allungò una mano per aiutarla ma tutto quello che avvertì fu lo scrocchio delle prime ossa rotte: le sue gambe spezzate lo costrinsero in ginocchio togliendogli il fiato, poi fu solo buio, fu solo dolore.



    Il lupo bianco scrollò il pelo e si alzò su tutte e quattro le zampe, i suoi occhi rossi si puntarono in quelli gialli e confusi di un altrettanto gigantesco lupo grigio, forse ancor più grosso. Era chiaramente disorientato e spaventato. Lo sentì ringhiare e lo vide lanciarsi contro le sbarre, nel vano tentativo di liberarsi, morderle per poi guaire non appena il metallo entrava in contatto con la carne: sciocco, non avrebbero ceduto mai, ci aveva provato già così tante volte.
Quello spostò lo sguardo nella sua direzione, infastidito, come se avesse percepito il suo insulto.
Femmina…
Oh, se n’era già accorto, perspicace. Sbuffò e lo invitò a fare quel che volesse, per quanto la riguardava poteva anche spaccarseli tutti i denti che si ritrovava.
Il lupo grigio puntò le orecchie verso l’alto e arricciò il naso.
Tu non mi comandi…
La lupa lo guardò con aria di sufficienza.
Invece sì…
Lo vide scuotere il capo allarmato, in risposta al brillio nei suoi occhi di brace che aveva appena lacerato, con uno sguardo, il suo orgoglio di maschio. L’altro, però, era giovane e appena nato e ci mise giusto mezzo secondo per decidere di sfidare la sua posizione di Alpha. Scoprì i denti e ringhiò.
Lo vedremo…
Schioccò le mascelle e scattò.
L’altra scartò la sua carica senza difficoltà, mandandolo a schiantarsi sulle sbarre dietro di lei: fu il suo turno di attaccare.
Si saltarono addosso e si azzuffarono, l’aria riempita di ringhi e guaiti, in un confondersi di pellicce bianche e grigie ben presto macchiate dal colore rosso del sangue. Il lupo maschio aveva dalla sua parte una maggior potenza, aumentata ulteriormente dalla sua prima luna piena ma, allo stesso tempo, ciò lo rendeva impulsivo, incapace di elaborare una strategia di combattimento: istintivamente mordeva e colpiva tutto ciò che gli capitava a tiro. La lupa, invece, sapeva esattamente quello che stava facendo, per questo quasi non fiatò quando le mascelle di lui si serrarono su una delle sue cosce, semplicemente si rotolò a terra, approfittando dello slancio, per schiacciarlo fra il pavimento di pietra ed il suo peso: il cranio di lui scrocchiò e mollò subito la presa. Non gli lasciò neanche il tempo di capire che cosa fosse successo: fulminea lo sovrastò con tutto il suo corpo e affondò senza indugio i denti nella sua gola. Il sapore ferroso e dolciastro del sangue le inebriò i sensi.
Chi comanda?
Il lupo grigio guaì di dolore, sgranò gli occhi e abbassò le orecchie, mentre la coda si rintanava mestamente fra le zampe posteriori.
Tu…

    Elsa aprì gli occhi sul freddo pavimento di quella che una volta al mese diventava la sua prigione, il viso di Jack si delineò immediatamente nell’oscurità della caverna: era impiastricciato di sangue, il proprio ed il suo, ma non sembrava particolarmente sofferente. Si tirò a sedere e prese piena consapevolezza della loro lotta avvenuta la notte precedente, certo, col passare degli anni la sua mente si era fatta man mano più lucida durante la trasformazione ma era solo tornando umana che riusciva effettivamente a mettere a fuoco tutto quanto.
L’altro, al contrario, trasformato in lupo per la prima volta era niente di più di puro istinto assassino e dominatore, in nessun modo avrebbe potuto controllarsi, per questo rinchiuderlo in quella gabbia con lei era stata l’unica soluzione possibile per evitare che i suoi occhi gialli si tingessero di azzurro[2]. Sorrise compiaciuta al ricordo di come l’avesse rimesso al suo posto, quando aveva osato sfidare la sua autorità di Alpha, ma era anche estremamente contenta del fatto che avesse, alla fine, accettato di far parte di quello che, a tutti gli effetti, era diventato il suo branco.
Proprio in quel momento, anche Jackson riaprì gli occhi - ritornati alla loro calda tonalità nocciola – e, con un rantolo, la imitò portandosi a sedere.
Mentre i segni su di lei erano del tutto guariti, quelli sulla pelle di lui erano ancora evidenti ed alcuni continuavano a sanguinare appena[3]. Proprio l’odore di quel sangue, misto al sudore, risvegliò in lei il lupo assopito – l’influsso della luna ancora troppo vicino – così tanto che allargò istintivamente le narici per annusare meglio e un altro piccolo particolare le accese altri tipi di istinti.
«Sei nudo» constatò prima di coprirsi rapida gli occhi, avvampando per l’imbarazzo e non solo.
«Si può dire la stessa cosa di te, Fiocco di Neve» affermò lui con un’occhiata deliberatamente sfrontata, fomentata dall’inconscia sicurezza del lupo che ora albergava dentro di lui.
Jack, dal canto suo, non sapeva davvero da dove gli venisse tutta quella spavalderia che, al di là di ogni aspettativa, lo portò ad avvicinarsi a lei e a scostarle le mani dal volto «Guardami» la invitò e, quando lei obbedì, provò un immenso piacere a vederla così, con i capelli arruffati e le gote arrossate sulla carnagione pallida, diamine, quanto era bella? Portò una mano a sfiorarle la grossa cicatrice che le deturpava la spalla sinistra e, senza controllo alcuno sulle sue azioni, abbassò il capo a posarvi sopra un impudico bacio «Tu sei il lupo» constatò, soffiando sulla sua pelle.
Quante volte aveva chiesto perdono a Dio per essersela immaginata nuda e ansante sotto di sé? Troppe.
Elsa, invece, a Dio non credeva più, non dopo che aveva permesso che la trasformassero in quel mostro orrendo in grado di uccidere i suoi stessi genitori. Per cui non aveva mai cercato redenzione quando i suoi sentimenti di bambina, nei confronti del suo amico d’infanzia, si erano trasformati in quei desideri che la gente avrebbe definito indecenti se solo l’avessero scoperta a contorcersi sotto alle coperte con il cuscino fra i denti
per non svegliare, con i suoi gemiti, la sorella che dormiva ignara al piano di sopra. Il lupo che era in lei amplificava questo suo desiderio e lo fomentava con quello di lui, portandogli gli odori della sua bramosia e del suo amore, perché sì, i sentimenti dell’altro non erano mai stati un mistero per lei: per questo non le rimaneva che trattarlo con freddezza, allontanarlo, per reprimere quel costante, irresistibile impulso di mangiarlo[4].
«Sì» confessò, quindi, con un sospiro. Fece leva su tutta la poca razionalità rimastale e gli accarezzò il viso, spingendogli appena il mento per fargli riportare lo sguardo nel suo «E adesso anche tu» gli sfiorò la cicatrice ancora fresca sul braccio destro e gli occhi le si inumidirono «Mi dispiace»
Lui l’abbracciò di scatto e accolse la sua richiesta di perdono, dandole rifugio nell’incavo fra il collo e la spalla «Che cosa è successo questa notte?» sviò il discorso per allontanarla dai suoi sensi di colpa e per cercare di colmare quel vuoto che lo confondeva.
«Rinchiuderti qui, con me, è stato necessario per evitare che facessi qualcosa di cui potessi pentirti» gli spiegò, rimanendo fra le sua braccia «Ci siamo battuti»
Jack sgranò gli occhi e la allontanò quel tanto che bastava per cercare sul suo corpo segni di ferite. Nonostante il sangue che la macchiava, non ne trovò «Ti ho fatto del male?»
«Certo che me ne hai fatto» non avrebbe saputo dire perché ma la sua espressione terrificata la divertì e le strappò un sorriso «Come io ne ho fatto a te» gli spiegò per tranquillizzarlo «Ma come vedi io sono già guarita, lo stesso non si può dire di te»
Incapace di resistere ancora ai suoi occhi addosso che la scrutavano dappertutto e a quel calore che, dal basso ventre, si stava irradiando nel resto del suo corpo gli si avvicinò nuovamente e, questa volta, fu il suo turno di avvicinare le labbra alla sua pelle: gli lasciò una scia di piccoli baci sulla clavicola e salì verso il collo, raccogliendo con la lingua il sangue rappreso della ferita lasciata dal proprio morso. Il sapore di lui le trasmise in un attimo tutta la sua eccitazione, allargando il suo sorriso da predatrice: in quel preciso momento non aveva bisogno di particolari capacità lupesche[5] per rendersene conto, bastava semplicemente abbassare lo sguardo.
«Che cosa stai facendo?» boccheggiò lui, pietrificato.
«Allevio il tuo dolore» fu la risposta che gli fornì e Jack non poté fare a meno di notare che, dove la sua lingua passava il malessere diminuiva[6] ma, decisamente, non era quella di guarire la sua priorità al momento. In un impeto di puro istinto le afferrò il viso con entrambe le mani e, con un ringhio, aggredì la sua bocca, appropriandosene, appagando finalmente quel desiderio che lo tormentava da anni. La morse, la baciò e la esplorò, sperimentando sapori del tutto nuovi e amplificati in maniera tale da mandare fuori uso ogni suo pensiero razionale. La sentì avvinghiarsi al suo corpo, ricambiando quel bacio con tutta se stessa, avvertì i suoi seni morbidi schiacciati sul petto e si ritrovò a percorrere con le dita la pelle setosa della sua schiena, per affondare, poi, i polpastrelli nella carne soda delle sue natiche, spingendola ancor più verso di sé. Si riscoprì, invece, abbastanza lucido da constatare che, in tutte le sue fantasie, non le aveva mai reso abbastanza giustizia. Bramoso di possederla cercò di farla sua ma, inaspettatamente, lei gli si oppose.
«No» gli ansimò sulla bocca «Decido io quando» lo ammonì con un sorriso indecente, mentre un lampo rosso saettava nei suoi occhi chiari[7].
Né il suo corpo né la sua mente poterono impedirsi di sottostare all’autorità dell’Alpha: si lasciò spingere sul pavimento in completa balia delle sua mani, dei suoi baci e dei suoi morsi. Lei lo sovrastò ancora per un attimo e l’unica cosa che Jack riuscì a pensare fu: fai di me ciò che vuoi. Non aveva emesso alcun suono ma era sicuro che lei avesse compreso ogni singola parola. Di nuovo si abbassò su di lui e, per entrambi, non ci fu più spazio per nessun altro pensiero.




L'identità del lupo è stata ufficialmente svelata e alcuni tasselli hanno cominciato a rimettersi al loro posto, tuttavia vi posso assicurare che non sono tutti ;)
Ma decisamente fra Jack ed Elsa c'è stata LA svolta XD e spero che non vi abbia deluso.
Per quanto riguarda le capacità dei licantropi non ho seguito un unico filone letterario per cui saranno un mix di tante realtà diverse e opportune modifiche, pian piano, verranno svelate (alcune potete trovarle già nelle note all'interno del testo).
Detto questo taccio e vi lascio, sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e che sia stato lui a parlare al posto mio.
Come sempre vi ringrazio per accompagnarmi in questa avventura.
Alla prossima
Cida


[1] L'argento è un metallo molto duttile, per cui le sbarre della gabbia ne sono solo ricoperte come ulteriore deterrente per i tentativi di fuga del Lupo.
[2] Gli occhi dei licantropi possono essere di tre colori: rossi, se sono di grado Alpha (come Elsa); gialli, per i Beta e gli Omega, dalla prima trasformazione e tali rimangono finché non uccidono qualcuno, in quel caso diventano azzurri.
[3] Le ferite inferte dagli Alpha ci mettono più tempo a guarire nonostante l'incredibile capacità di ripresa dei licantropi. Per questo Elsa è già guarita mentre Jack no.
[4] Come tutte le favole e fiabe Cappuccetto Rosso nasconde una morale che, in realtà, va ben al di là del semplice "mettere in guardia dagli sconosciuti". La componente sessuale, soprattutto nelle sue versioni più antiche, è fortissima ed il lupo non è che un predatore assetato di un ben preciso tipo di innocenza delle giovani che si affacciano all'adolescenza, rappresentata appunto dall'iconica mantella rossa. Addirittura in alcune di esse, invita Cappuccetto a spogliarsi e a sdraiarsi a letto con lui prima di mangiarla. Per questo Elsa non aveva altro modo di tenere Jack al sicuro se non cercando di trattarlo male, con freddezza per farlo stare lontano da lei il più possibile così da proteggerlo da quei sentimenti e desideri che, come lupo, si trasformavano nell'impulso finale di divorarlo. Ora che anche lui è un lupo, come dire, questo problema non esiste più.
[5] Shilyss, l'ingresso di questa parola nel mio vocabolario lo devo a te e al tuo Loki <3 Te l'avevo detto che leggere di desiderio mascherato da disprezzo mi aveva fatto sorridere enormemente, ora sai ufficialmente il perché.
[6] I licantropi hanno la capacità di alleviare il dolore altrui, facendosene carico. Abusare di questo potere può ucciderli. In realtà basta un semplice tocco... spero non me ne vogliate se, in questo caso particolare, ho optato per qualcosa di più sensuale ;)
[7] Mi rendo conto che i ragazzi - che, sì, sono alla loro effettiva prima esperienza - risultino un pelino troppo sgamati ma volevo rendere il fatto che, in quel preciso momento, di umano hanno solo la forma e poco altro mentre è il loro lato animalesco a prevalere.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6


    Al villaggio Kristoff non brillava per la sua intelligenza, anzi, dai più era creduto come un giovane tutto muscoli e ben poco cervello. In verità, però, scemo non lo era affatto, era solo molto timido e ciò non lo aiutava, di certo, a renderlo un mago della dialettica. Proprio per questa sua virtù apparentemente nascosta, ora che sapeva cosa guardare, aveva cominciato a mettere assieme tasselli a cui, fino a quel momento, non aveva dato molta importanza. Si era, perciò, reso conto che non era in grado di ricordare l’ultima volta che aveva visto Elsa girare per il villaggio nelle sere di luna piena e aveva riconosciuto nei comportamenti dell’amico, dopo che era stato morso, gli stessi strani atteggiamenti che più volte aveva notato nella ragazza ma a cui non era mai riuscito a dare una spiegazione. Ecco perché Elsa sembrava così distrutta dal destino toccato al cacciatore, perché ne era stata la causa. Finalmente comprendeva quella sensazione di gelo che lo assaliva quando lei lo guardava, non era solo il timore di non essere abbastanza – e va bene, quello di sicuro era un fattore influente – ma anche il sentirsi inconsciamente una preda. Oh, indubbiamente le sorelle avrebbero dovuto raccontargli molte cose: era stufo di essere tenuto all’oscuro, era stanco di essere messo da parte e, poco importava, se ciò avrebbe significato dover affrontare Anna una volta per tutte, era più che mai intenzionato ad andare a fondo della questione. Il destino, però, aveva ben altro in serbo per lui e per tutti: la bottega del falegname era già entrata nel suo campo visivo, quando si era levato il grido.

    Elsa aprì gli occhi nuovamente, sempre sul pavimento della sua fredda cella ma fra le braccia di Jackson che ancora sonnecchiava tranquillo. Per la prima volta da che era stata trasformata in lupo, si sentiva felice e un po’ meno sola. Alzò lo sguardo su di lui e si perse a contemplarne il viso rilassato. Chissà perché le ritornò alla mente Hans con le sue assurde proposte di matrimonio: sorrise al pensiero delle sue già vane speranze di poter competere con il cacciatore ora, e finalmente, disteso al suo fianco. Non solo lo reputava più bello - d’altra parte, la bellezza era un fattore assolutamente soggettivo – ma Jack aveva una particolarità che nessun altro possedeva: era libero. D’accordo, sapeva anche essere irritante, estremamente irritante, ma non sottostava a nessun canone prettamente imposto e sfidava apertamente quelli a cui non riusciva a dare un significato. Era l’unico uomo in tutto il villaggio che non la temesse o la ritenesse fuori luogo nella sua posizione, a lui non importava che lei avesse preso le redini del padre svolgendo quello che, a tutti gli effetti, era un lavoro prettamente maschile, anzi, ne era sinceramente ammirato. Oh sì, cercava in tutti i modi di non darlo a vedere ma il lupo non si poteva ingannare, non senza artefatti. Passò una mano sulla sua mandibola, avvertendo sotto ai polpastrelli la barba ispida che cominciava a crescere, lo vide sorridere sotto a quel tocco.
«Non lo sai che è scortese fissare gli altri, Fiocco di Neve?»
Lei si lasciò contagiare dal suo sorriso «Tanto quanto far finta di dormire, suppongo»
Lo sentì sghignazzare e una mano si strinse nella sua, soffermandosi ad accarezzarne le dita ed il palmo «Ora mi è chiaro come mai la tua pelle è morbida nonostante il mestiere che fai»
Avvampò «Che?»
Questa volta il suono di una vera e propria risata riecheggiò nella loro prigione e avvertì le sue braccia stringerla ancora più forte «Non avrei mai creduto di ritrovarla, sai?»
«Di chi parli?»
«Della mia amica d’infanzia preferita» le spiegò, aprendo gli occhi di colpo e guardandola con un’intensità tale da farla arrossire ancora di più «Toglimi un’altra curiosità, perché ti comportavi a quel modo con me?»
Elsa non fu sorpresa da quella domanda ma anziché rispondergli a parole, decise di farglielo comprendere «Annusami»[1]
Lui sgranò gli occhi «Che
«Puoi fare, per una volta, come ti dico?» lo rimproverò, sbuffando leggermente «O ti devo obbligare?»
L’altro si zittì, non era del tutto gradevole la sensazione che l’autorità dell’Alpha ti lasciava addosso, obbedì senza costrizioni e abbassò il capo per sprofondare il naso nei suoi capelli biondi e morbidi, inspirò. Avvertì gli odori di tutto quello che avevano appena vissuto insieme e dovette sforzarsi di concentrarsi sul resto: c’erano note di legno, di colla, di pino, di neve… aveva un profumo la neve? E cos’era quell’ultima fragranza, incredibilmente dolce e avvolgente? Non era qualcosa di papabile, sembrava quasi… «Non è possibile» sbottò incredulo, scostandosi di colpo.
Elsa assottigliò gli occhi, piccata «Fammi capire» lo riprese sarcastica «Tu percepisci che ti amo e questa è la tua reazione? Se già non sapessi quello che provi, sarei mortalmente offesa»
«Scusa eh» si schermì Jackson «Mi hai sempre trattato come il peggior pezzo di sterco mai espletato su questa Terra, puoi concedermi un po’ di sano stupore?
» ci pensò un po' su  «Che intendi per quello che provo? Vuoi dirmi che hai sempre saputo tutto?» quasi si strozzò sull'ultima parola.
Lei annuì, con un’espressione eloquente: sì, sapeva proprio tutto di quello che riusciva a suscitare nel giovane cacciatore.
Il ragazzo si passò una mano sul viso, disperato «Oh, cazzo…»
La risata che gli regalò fu una delle cose più belle a cui avesse mai assistito negli ultimi anni, era praticamente una vita che non la sentiva ridere a quel modo.
«Erano proprio questi tuoi desideri il problema» la sentì nuovamente azzerare le distanze fra loro, costandogli la mano che si era portato a coprire gli occhi «Poiché alimentavano i miei» confessò, poco prima di unire ancora una volta le labbra alle sue.
In quel bacio Jack riuscì a percepire ognuno di quei pensieri, arditi tanto quanto i suoi, la sua brama, la sua fame. Non poté fare a meno di staccarsi da lei per riservarle un’occhiata divertita «Mi stai dicendo che ti imponevi di odiarmi per non divorarmi?»
«Ah-ha…» gli rispose lei, improvvisamente stufa di sentire altre parole. Tuttavia, quando le loro bocche s’incontrarono ancora una volta, lui non la ricambiò ma distese le labbra in un sorriso malandrino «Per quanto mi farei volentieri mangiare di nuovo da te: mi duole informarti che non siamo più soli, Fiocco di Neve»
Elsa sgranò gli occhi e arrossì violentemente, maledì le sue consolidate facoltà lupesche che l’avevano tradita in quel momento di trasporto ma ringraziò quelle di Jack, assolutamente nuove e impossibili da ignorare. Si sedette in una maniera più consona, a coprirsi e a coprire il cacciatore dietro di lei «Anna» pigolò «Vieni fuori»
L’altra avanzò nella penombra, ad occhi semichiusi e il viso in fiamme «Io… ouch» imprecò, scontrando contro ad una parete «Non ho visto niente» si giustificò «Magari ho sentito qualcosa, ma non ho visto niente di niente…»
La menzogna sarebbe stata palese anche per chi non fosse stato dotato di capacità sovrannaturali: Jackson sghignazzò senza ritegno, beccandosi un’occhiata di truce rimprovero da parte della sua compagna di prigionia.
La più giovane delle sorelle si avvicinò alla loro cella e, sempre cercando di guardare il meno possibile, allungò una mano fra le sbarre passando ai prigionieri alcune cose «Vi ho portato degli abiti e del cibo»
Il solo sfrigolare della carta e il profumo della carne, causò un sonoro gorgogliare di ventri, risvegliando lupi affamati i cui appetiti non erano stati soddisfatti, almeno non tutti.
«Sia chiaro, voi due non uscirete di lì finché non sarete sazi e vestiti» dichiarò Anna, senza mezze misure «E io che pensavo di avervi dato abbastanza tempo…» bofonchiò, arrossendo nuovamente. Intenzionata più che mai ad evitare di posare - anche solo per sbaglio - lo sguardo all’interno della gabbia, si dedicò a controllarne i cardini e le giunture, constatandone la perfetta resa «Direi che le tue modifiche hanno retto egregiamente»[2]
Il cacciatore ingollò il primo boccone, mentre finiva di vestirsi «Tue modifiche?» sorpreso, si rivolse verso la ragazza impegnata nelle sue stesse azioni «Vuoi dire che questa l’hai costruita tu?»
«No» gli occhi di lei si velarono «Sono stati i nostri genitori, io l’ho modificata due volte soltanto: ora, per contenerci in due» spiegò, mentre Anna si decideva, finalmente, ad aprirli «E cinque anni fa, dopo la prima volta che ha fallito»
La mano della sorella si strinse istintivamente nella sua mentre Jack assorbiva, in un attimo, il peso straziante di quelle parole: Agnarr e Iduna avevano rinchiuso la propria figlia in quella prigione per anni, una sola volta al mese o per più tempo, quando pensavano di non riuscire a tenerla a bada? Non volle saperlo, mentre avvertì un’ondata di collera ribollirgli nel petto. Le lacrime che le vide scendere sulla guance, però, spostarono la sua attenzione su un altro punto, forse ancora più terribile del precedente, sgranò gli occhi «Non puoi essere stata tu…»
«Sì, invece» confessò, piena di odio verso se stessa «Mi sono risvegliata fra i loro corpi, il loro sangue in bocca…» strinse a pugno la mano libera, conficcandosi le unghie nella carne.
«Elsa, smettila, adesso basta» la riprese Anna, gli occhi umidi, vedendo le prime gocce rosse colare sul pavimento.
L’altra sorrise amara, riaprì il palmo e mostrò la ferita che si rimarginava in un battito di ciglia «Perché non mi hanno lasciata morire quando sono stata morsa? Sarebbe stato meglio per tutti: mamma e papà sarebbero ancora vivi e tu…» si rivolse a Jack «…non saresti diventato un mostro, come me»
Il ragazzo avrebbe voluto dire un sacco di cose, cercare di rassicurarla, dirle che non gli importava ma la realtà dei fatti era che non riusciva ad aprire bocca, la gola stretta in un nodo impossibile da sciogliere: avvertì umido sul petto e solo allora si rese conto delle lacrime che gli scendevano dalla guance. Si portò una mano al viso, incredulo, il lupo dentro di lui aveva permesso che il dolore delle sorelle lo investisse come un fiume in piena ed era tanto, troppo da sopportare. Improvvisamente tirò su col naso e assottigliò gli occhi, mentre anche Elsa si metteva istintivamente a protezione di Anna «C’è qualcuno…»
Entrambi in tensione, si rilassarono solo quando percepirono di chi si trattasse.
«E’ Kristoff…» constatò Jack, raggiungendole a sua volta.
Elsa si voltò verso la sorella «Ti sei fatta seguire?» la rimproverò.
La minore si portò una mano al petto, contrita «No, sono assolutamente sicur…»
«Non l’ho seguita» la giustificò il taglialegna, appena entrato nel loro campo visivo, senza sapere precisamente perché «Sven sa seguire le tracce» fece presente, stupendo tutti i presenti. Si guardò attorno e prese fiato, era contento di vedere il suo amico in forma e, allo stesso tempo, avrebbe voluto cantarne quattro alle sorelle per averlo trattato da sciocco e, soprattutto, ad Anna per non essersi fidata di lui ma c’era una questione ben più urgente da affrontare. Notò la gabbia alle loro spalle «E’ qui che siete stati questa notte?» chiese, palesando il fatto di aver compreso ogni cosa.
Vide Elsa stringersi nelle braccia colpevole, Jack le cinse subito le spalle con fare protettivo «Sì…» fu lui a rispondere.
«Ne siete sicuri?»
«Molto sicuri» confermò Anna, avvampando «Li ho aperti io, poco fa»
«E non c’è pericolo che siate potuti uscire?»
«No» rispose la maggiore risoluta «Se ne fossimo usciti, ti assicuro che non ci saremmo rientrati…»
Kristoff sospirò sollevato «Grazie al cielo, non siete stati voi»
«A fare cosa?» chiese il cacciatore preoccupato.
«Ad uccidere, questa mattina al villaggio è stato trovato il corpo di una persona»

   

    Rientrare di corsa al villaggio sulle spalle di Jack – data la necessità di percorrere in breve tempo una grande distanza - fu per Kristoff un’esperienza tutt’altro che gradevole, nello scendere al limitare dei suoi confini dovette respirare a pieni polmoni più volte nel cercare di tenere a freno la nausea. Quando raggiunsero il centro della cittadina, vi trovarono già tutta la popolazione riunita. Jack lasciò la mano di Elsa con una muta preghiera di stare attenta, lui doveva assolutamente cercare sua madre e sua sorella. L’amico non era stato in grado di rassicurarlo sulle loro condizioni ed era, perciò, alquanto preoccupato. Fortunatamente, le trovò un poco in disparte rispetto al resto della folla e, con grande sollievo, le strinse forte in un abbraccio. Ellen, nel ritrovarsi finalmente quel figlio sciagurato di fronte, letteralmente sparito da un giorno, trattenne a stento le lacrime «Dove sei stato?»
«Al sicuro» cercò di tranquillizzarla, passando allo stesso tempo una carezza sulla testa di sua sorella, tentando di spiegarle – senza parlare – che lui non c’entrava niente con quella storia.
«Quello che è accaduto questa notte è inaccettabile» esordì Friederik al centro della piazza, evidentemente rientrato in anticipo dai suoi soliti viaggi esplorativi «Mio figlio è stato ucciso, trucidato» continuò, più collerico che dispiaciuto «Siamo stati ingannati, il lupo è fra noi e non ce ne siamo mai accorti»
Un brusio concitato si alzò fra tutti gli abitanti, fra espressioni di spavento, imprecazioni e sputi di scongiuro.
«E’ giunto il momento che venga allo scoperto» continuò il capo villaggio, estraendo una boccetta da sotto la sua mantella «Questo è infuso di strozzalupo»
«Non vorrete farcelo bere?» protestò qualcuno «Lo strozzalupo è pericoloso»
«Solo se avete qualcosa da nascondere» lo rassicurò quello e, come riprova delle sue parole, si portò il recipiente alle labbra e se le bagnò appena. Fece una smorfia di disgusto «Avete visto? Non è buono ma, di certo, non è letale. Comunque sia, non serve berlo, anche solo l’odore è tremendamente fastidioso per quelle bestie infami»
La maggiore delle sorelle tremò, lo sapeva molto bene.
«Tu e Jack dovete andare via, subito…» bisbigliò Anna al suo fianco, talmente sottovoce che soltanto il suo udito superumano avrebbe potuto sentire.
Non riuscì a muovere un passo «Elsa!» sentire quella voce chiamare il suo nome la raggelò «Vieni qui ragazza» la invitò «Tutti qui credono che tu sia strana: da sola a portare avanti l’attività di tuo padre, tutti si chiedono come tu faccia a farti carico di tutto quel lavoro. A voler essere sinceri, verrebbe da pensare tu abbia qualche abilità particolare, perché non ci dimostri che ci sbagliamo?»
«Non andare…» la pregò la sorella, bloccandola per un braccio.
«Devo… voi allontanatevi» le suggerì, prima di liberarsi e fare alcuni passi verso il centro della piazza, finalmente aveva compreso: lui già sapeva. Pensava di essere sempre stata naturale nel nascondere il fastidio che la sua presenza – carica di strozzalupo – le provocava
[3]. Il lupo era inibito da quell’erba e non era riuscita mai a percepire le sue emozioni e, a quanto pareva, senza di esso l’istinto umano si era fatto miseramente ingannare.
Chiuse gli occhi per un momento, imponendosi di schermarsi dai sibili maligni che già sentiva guizzare sulle bocche della gente, dal rancore e dall’odio che montava nei loro cuori, rischiando di mandarla in pezzi. L’empatia del lupo era indubbiamente uno dei suoi poteri più grandi ma anche il più terribile da domare.
Dall’altro lato, Jack avvertì esattamente le stesse cose e già comprese: non sarebbe finita bene. Sospinse madre e sorella in avanti «Raggiungete Kristoff e Anna»
«Perché?» chiese Ellen, confusa.
«Fate come vi dico» gli intimò risoluto. Emma guardò il fratello e annuì, prese per mano la madre e la costrinse a seguirla.
«Allora?» la invitò nuovamente il capo villaggio «Avvicinati e sentine l'odore»
«Sono io ad aiutarla» Jack alzò la voce in mezzo al chiacchiericcio di tutti gli altri «Lo sospettavate, no? Beh, è la verità» mentì con grande naturalezza, mentre cercava di farsi largo e raggiungerli, prima che fosse troppo tardi.
La notizia innescò un nuovo moto di reazione da parte della folla, tuttavia, Friederik non si scompose «Beh, da qualcuno dovremmo pur cominciare» e, con una rapidità inaspettata, colmò quella breve distanza che ancora lo separava da lei.
Elsa venne investita pienamente da quell’odore terrificante, si sentì prendere per un braccio con forza, cercò di resistere ma invano – era davvero così annichilente il potere di quella pianta? – avvertì la testa bloccata da una morsa d’acciaio e un liquido nauseabondo riempirle la bocca. Sgranò gli occhi, la gola in fiamme e lo stomaco contorto in una morsa brutale, finì in ginocchio e, inesorabilmente, vomitò.
«Lupo!» gridò il capo villaggio, sfoderando la spada «Ti farò saltare la testa, bestia immonda!»
L’urlo di Anna si perse nel tumulto della folla, ma il fendente mortale non terminò la sua corsa, prontamente bloccato da una mano di Jackson «Non la toccherete» gli ringhiò contro ma l’odore di strozzalupo fu troppo anche per lui, trattenne a stento un conato mentre gli occhi iniziavano a lacrimare.
«Sei tu l’altro» sibilò quello, spingendolo via senza sforzi. Jack improvvisamente capì che non avrebbe potuto fare nulla contro di lui e la folla inferocita che stava per esplodere da un momento all’altro, inoltre, non avrebbe potuto contare su Elsa, ancora sconquassata da spasmi violenti. Aveva solo una soluzione al momento: la prese fra le braccia e scappò, investendo letteralmente chiunque osasse mettersi sul suo cammino.
Kristoff mise mano alla sua ascia che, saggiamente, aveva deciso di portarsi appresso «Togliamoci di qui, immediatamente» affermò risoluto alle donne accanto a lui.
Anna si girò disperata verso il punto in cui i due giovani erano spariti «Io devo andare ad aiutarla, è mia sorella»
Il taglialegna la bloccò per un braccio, rude, provocandole una smorfia di dolore sul viso «Credimi, da morta non riuscirai ad aiutare proprio nessuno»



Vi aspettavate che Jack ed Elsa, ora che sono lupi, potessero già vivere assieme felici e contenti?
Nossignore, non c'è pericolo!
Se le cose non si complicano un po' non sono contenta, che volete farci?
Il passato oscuro delle sorelle è venuto alla luce ma pare che ci sia un nuovo giocatore a nascondersi fra il fitto del bosco.
Per chi ama il personaggio di Hans, perdonatemi se l'ho ucciso. Io sono convinta che per Frozen sia stato un ottimo e inaspettato villain e non lo odio per niente, anzi, lo trovo estremamente furbo e carismatico (quando non assapora l'aria di successo, in quel caso perde un pochetto di furbizia, peccando un tantinello di superbia). Non nego di essere anche estremamente convinta che quel cazzottone nel film ed il finir a spalar letame se li sia ampiamente meritati ma, ecco, qui non c'è rimasto secco perché mi sta sul gozzo, ci tenevo a farvelo sapere. Chiaramente non posso dire di più che se no, poi, spoilero.
Al solito vi ringrazio per aver letto e del sostegno che date a me e a questa storia recensendo, listando o semplicemente leggendo.
Alla prossima
Cida

[1] Probabilmente lo avrete già intuito dal capitolo precedente, i licantropi sono in grado di percepire le emozioni e i sentimenti delle persone tramite gli odori. Di fatto sono dotati di un'estrema empatia.

[2] Elsa non è solo un falegname ma anche un fabbro, questa seconda capacità però la tiene nascosta al resto del villaggio perché l'avrebbe resa ancor più sospetta. Per cui sì, il pugnale dato a Jackson lo aveva fabbricato interamente lei, sebbene abbia mentito al riguardo.

[3] Ecco spiegato il motivo per cui Elsa tendeva a coprirsi il viso in presenza di Friederik.


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7


   

    La fuga era stata precipitosa ma non per questo meno curata. Il villaggio era in subbuglio, l’odio e la paura avevano immediatamente infiammato il cuore della gente e per Anna, Kristoff, Emma ed Ellen scappare era stata l'unica soluzione possibile. Sapevano che li avrebbero inseguiti e, di conseguenza, era stato necessario mettere in atto un piano per depistare le loro tracce che, altrimenti, sarebbero state più che mai rivelatrici sulla neve ed il fango. Per questo motivo Sven era stato fatto partire da solo senza finimenti e con alcune provviste legate in groppa, sapeva benissimo la strada da seguire, Kristoff  aveva preso Emma sulle spalle e si era avviato per primo mentre Anna ed Ellen, indossando stivali da uomo riempiti con delle stoffe, erano partite più tardi battendo un'altra via ma più breve. In questo modo se qualcuno si fosse messo alla ricerca dei loro passi avrebbe trovato le impronte di una renna solitaria, di un uomo corpulento e di due giovani in cerca di avventure. Quando le due donne avevano lasciato il villaggio, il laboratorio delle sorelle già stava bruciando. 

    

Ora dormi bimba mia, tieni stretta questa mano…

Una voce calda, una mano affusolata e morbida a stringere la sua piccola e candida...

Nel cielo non c’è luna e il lupo è ben lontano…

Strofe di una nenia sussurrate per far addormentare i più piccini…

Ma se, invece, è alta è piena, la notte sua sarà

Parole intrise di un cupo avvertimento, oscuro per una piccola di soli otto anni che aveva tutta l’intenzione di far vedere agli altri bambini che lei non aveva paura, che non bisognava davvero essere maschi per avere coraggio.

Non esser sciocca, stai al riparo o lui ti mangerà

Quando le fauci del lupo si erano serrate sulla sua spalla sinistra, il rosso della luna nel cielo si era mescolato a quello del suo stesso sangue ed era diventato il suo ultimo ricordo, ultimo assieme al dolore.


    Elsa si tirò a sedere di colpo, gli occhi dilatati dalla paura, il respiro accelerato e il battito del cuore che le rimbombava all’impazzata nelle orecchie. Avvertì una presenza alle sue spalle e, terrorizzata, attaccò per difendersi.
I suoi colpi finirono prontamente bloccati da due mani che le si serrarono attorno ai polsi ma con un’inaspettata delicatezza.
«Calmati» la invitò una voce dolcemente «Sono io»
Nel riconoscerlo, il suo sguardo riprese subito lucidità ma era così stanca, spossata e stava ancora così male che non riuscì ad aprire bocca, semplicemente si abbandonò fra le sue braccia. Braccia che la strinsero e la cullarono, mentre due labbra si posavano morbide fra i capelli sudati «Scotti ancora da morire…» gli sentì dire, preoccupato. Un leggero sciabordio anticipò l’arrivo di un panno umido e fresco sulla fronte «Io non so davvero che altro fare»
Non lo sapeva nemmeno lei, era la prima volta in vita sua che ingeriva dello strozzalupo, si augurò di averne vomitato abbastanza per sopravviverne, solo il passare del tempo avrebbe risolto questa domanda fatale. A Jack, però, decise di non dirlo «Non mi lasciare, stai qui con me»
«Non ti lascio» le sussurrò, stringendola ulteriormente.
Si sdraiarono assieme su di un modesto giaciglio nella grotta nascosta nel fitto della foresta. Elsa chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò cullare dal battito del cuore che arrivava dal petto a cui era appoggiata, un ritmo regolare che ebbe il potere di calmarla e farla scivolare pian piano in un sonno profondo, senza sogni.

      

    Ellen Overland era stata costretta ad ingoiare non uno, ma un intero stagno di rospi. In un battito di ciglia aveva dovuto abbandonare la casa in cui aveva sempre vissuto, sentire sui suoi figli e su di sé il peso di un pericolo mortale e venire a conoscenza di come quella ragazza, che avrebbe tanto volentieri accolto in famiglia, fosse la causa di tutto e, non solo, aveva rischiato di uccidere Emma e condannato Jack al suo stesso destino. Il lungo viaggio, però, l’aveva costretta a tenere la bocca chiusa, concentrata sulla fatica e sul timore agghiacciante di essere raggiunte da un momento all’altro dai loro inseguitori.
Arrivata alla grotta, la gabbia in cui Elsa era solita rinchiudersi aveva reso la storia che le era stata raccontata un po' meno irreale ed il peso che quelle ragazze si portavano addosso l’aveva colpita come un pugno e, finalmente, li aveva visti: sdraiati su un grezzo giaciglio, Elsa dormiva agitata, girata su un fianco e, alle sue spalle, Jack la cingeva con un braccio e teneva la testa posata alla sua. Sembrava assopito a sua volta ma, in realtà, poteva chiaramente avvertire il suo sguardo su se stessa e sulla giovane Anna lì con lei, non si era neanche mosso, come se già sapesse la loro identità. Lo vide diverso, più selvaggio e si disse che la suggestione poteva giocare brutti scherzi, quello che non poté far a meno di capire, però, fu che suo figlio improvvisamente aveva smesso di essere il suo bambino e si era fatto uomo ed era sicura, non avrebbe in alcun modo potuto allontanarlo da Elsa, a meno di non togliergli un pezzo di cuore e fare una cosa del genere sapeva benissimo a cosa avrebbe portato. Chiuse gli occhi e sospirò, non l’avrebbe mai permesso.

    Quando anche Kristoff ed Emma avevano raggiunto quel luogo, che da prigione si era trasformato in rifugio, era stato ben presto chiaro che le poche provviste che erano riusciti a caricare su Sven, assieme ad alcune pelli e armi per ogni evenienza, non sarebbero mai bastate per più di qualche giorno.
Jackson aveva categoricamente rifiutato l'aiuto dell’amico e si era diretto nella caccia da solo, sicuro di saper badare a se stesso - ora più che mai - mentre, con Elsa fuori dai giochi, tutte le forze dovevano concentrarsi a proteggere il loro posto sicuro in caso ce ne fosse stato bisogno.
«Mettiti così, brava» suggerì Anna alla giovane Emma «bilancia un po' di più il peso sul piede di appoggio… lancia»
Un piccolo stiletto fendette l'aria e andò a piantarsi su una tavoletta di legno accostata ad una parete.
«Ce l'ho fatta» esultò la ragazzina, prendendo le mani di quella che si era appena improvvisata sua insegnante.
«Sì!» si unì l'altra orgogliosa ed, insieme, si misero a saltellare dalla contentezza.
Un leggero sbuffo arrivò alle loro orecchie «Kristoff» si bloccò d’improvviso la più grande «Da quanto ci stai guardando?»
«Abbastanza da aver compreso di non farti arrabbiare mai» celiò, con un mezzo sorriso divertito.
«E’ bravissima, non è vero?» chiese conferma Emma, con gli occhi pieni di ammirazione.
«Già» confermò il taglialegna «Una sorpresa continua»
Anna si disse di essere una sciocca, non poteva essere adorazione quell’espressione che si era appena dipinta sul viso di lui, Gesù, le sue stupide guance potevano anche evitare di arrossire.
Improvvisamente in imbarazzo, Kristoff si schiarì la voce «Da quant’è che sai fare queste cose?» chiese, sinceramente curioso.
L’espressione della ragazza si velò appena «Da quando è stato chiaro che Elsa non sarebbe più stata la stessa dopo che è stata morsa: dovevo imparare a gestirla e a difendermi in caso di necessità»
«Quindi non sei goffa? Fai solo finta?»
Anna scoppiò in una risata cristallina «Oh no, la sono per davvero! Sono piena di cicatrici: questa è una» tirando su una manica, mostrò una piccola striscia bianca all’interno dell’avambraccio «Questa un’altra» continuò mostrando l’altro braccio «E poi ne ho un’altra qui» disse, iniziando a far uscire la camicia dalle braghe che indossava ma, improvvisamente, si bloccò «Aspetta… che?» arrossì vistosamente «Questa è meglio non fartela vedere»
Il giovane al suo fianco che, con la sua temperatura corporea, sarebbe stato in grado di sciogliere un intero blocco di ghiaccio solamente posandovi sopra la faccia, inspirò a fondo nel tentativo di calmarsi e l’occhio gli cadde su un piccolo segno sulla fronte dell'altra «E questa?» le chiese, sfiorandole i capelli.
Lei alzò lo sguardo e si scostò appena la frangia, lasciando ben visibile un segno sulla tempia destra, normalmente nascosto «E’ stata mia sorella…»[1] si strinse le mani al petto «Non sapeva ancora dosare la sua forza, è stato un incidente che ci ha quasi uccise entrambe: è da lì che ha cominciato a rinchiudersi anche durante il giorno»
«Anna…» cercò di rincuorarla lui, posandole una mano sulla spalla.
«Perché non vi baciate?» s’intromise Emma fra i due.
Kristoff trasalì, buttando gli occhi al cielo «A volte mi dimentico di chi tu sia sorella…»

   

    Durante tutte le battute di caccia a cui aveva partecipato nella sua vita, Jackson non aveva mai provato quello che stava provando in quel momento. Nel fitto del bosco si era sempre sentito come un ospite, talvolta sgradito, ma non quel giorno: quel giorno si sentiva a casa. Era come se fosse, improvvisamente, entrato a far parte dell’ambiente stesso, sentiva ogni odore, ogni presenza e, dentro di sé, la consapevolezza di cosa e come colpire per assicurare la sopravvivenza del suo branco. La caccia doveva essere mirata, giusta, per non alterare l’equilibrio. Inoltre come avrebbero potuto conservare a lungo grossi quantitativi di carne? La Primavera, ormai, era sbocciata e non nevicava da un po' e quella rimasta non avrebbe avuto la forza sufficiente per costruire una ghiacciaia. Senza contare che rimanere fermi in quel posto era altamente rischioso perché, sebbene fossero lontani dal villaggio, rischiavano di non esserlo abbastanza.
Sbuffò, improvvisamente nervoso, il lupo all’erta: che cosa stava succedendo?
Controllò il suo bottino di caccia e decretò che era sufficiente, non era tranquillo, doveva rientrare. Quando mosse il primo passo, però, un fruscio impercettibile al limitare del suo campo visivo, diede un nome a quella sensazione che aveva cominciato a premergli nel petto: pericolo, da cacciatore era appena diventato preda.

  

    Elsa scivolò via dal sonno lentamente e, ancora prima di riprendere completamente il contatto con la realtà, si ritrovò sommersa da una valanga di emozioni. C’era qualcuno a vegliare su di lei che, giustamente, aveva tutte le ragioni del mondo a provare nei suoi confronti quei sentimenti contrastanti.
Grazie al lupo ben sapeva dell’affetto profondo che aveva sempre nutrito per lei e non le era oscuro che non le sarebbe dispiaciuto affatto averla come nuora, cosa di cui era sempre stata intimamente felice, ma questo era prima, ora era tutto cambiato, ora sapeva. Aprì gli occhi e la cercò con lo sguardo «Ellen…»
Lei trasalì «Elsa! Come ti senti?»
«Meglio» rispose, senza effettivamente mentire: era stanca e spossata ma, almeno, quella sensazione terribile era sparita e anche la febbre se n’era andata.
«Jack è andato a caccia» la mise al corrente la donna, impacciata «Mentre Emma è a fare Dio solo sa cosa con tua sorella»
La ragazza tirò le labbra in un piccolo sorriso, non si poteva certo dire che non cercasse di fare del suo meglio per mettere a tacere il suo risentimento «Grazie per esservi presa cura di me»
L’altra si schermì appena «Ci mancherebbe…»
«Mi dispiace…» si scusò Elsa e, istintivamente, si azzardò a coprirle una mano con la sua: l’avvertì fremere per un attimo e l’impulso che l’altra ebbe di ritirarla la investì come una raffica di vento gelida, tuttavia, non lo fece. Decise di continuare «Per colpa mia avete dovuto abbandonare la vostra casa, ho condannato vostro figlio al mio stesso destino e ho seriamente messo in pericolo la vita di Emma» la guardò negli occhi, colpevole «Avete tutto il diritto di odiarmi, io non vi biasimo»
L’amarezza, con cui quelle parole vennero pronunciate, fece calare fra le due un irreale silenzio che venne, ben presto, interrotto da una terza voce «Tu non mi hai messa in pericolo»
Entrambe si voltarono verso colei che aveva appena parlato «Emma» pronunciò la madre in un soffio.
La ragazzina le raggiunse e si mise a sedere sul giaciglio vicino ad Elsa, in modo da vederla bene in faccia e farle comprendere che di lei non aveva paura «Quando ero davanti al lupo c’era una domanda a cui non riuscivo a dare una risposta: perché non mi aggrediva? Perché sembrava mi esortasse a scappare via? In quel momento pensavo che volesse solo divertirsi con me e non negarsi il piacere della caccia ma, quando ho scoperto che il lupo eri tu, ho finalmente capito: tu volevi davvero che io scappassi, per non farmi del male. Avresti potuto uccidermi cento volte prima dell’arrivo di Jack ma non l’hai fatto, perché non volevi» le sorrise incoraggiante «Non sei il lupo cattivo, credimi…»[2]
«Vero?» confermò Anna, appena giunta assieme a Kristoff «E’ una cosa che le ripeto spesso ma, nonostante il suo udito incredibilmente sviluppato, sembra proprio che non riesca a sentirci da quelle orecchie»
Tutte quelle rassicurazioni, di certo, non sarebbero bastate a mitigare l’assoluto disprezzo che provava per se stessa ma, per un attimo, Elsa si permise di lasciarsi invadere da quella sensazione di calore che solo l’affetto delle persone care riusciva a sprigionare e un piccolo sorriso si disegnò sul suo viso.
Quel gradevole conforto, però, venne spazzato via da un improvviso gelo che le cristallizzò il petto: sgranò gli occhi e si portò una mano al cuore tremendamente pesante, un gemito le scappò dalle labbra serrate.
«Cos’hai?» le chiese preoccupata la sorella, subito al suo fianco.
«Jack» riuscì a dire con difficoltà «E’ in pericolo»
Ellen drizzò subito la testa, allarmata «Come fai a saperlo?»
«Io… non lo so, lo sento e basta» se era perché fosse stata lei a trasformarlo o perché erano parte dello stesso branco non era importante al momento «Io devo andare» sentenziò, alzandosi con fatica.
Anna e Kristoff la sorressero prontamente «Tu non andrai da nessuna parte così ridotta» la ammonì la sorella «Andrò io, dimmi dove»
«Non so spiegartelo»
«Allora ti seguirò»
«No!» quasi le ringhiò contro la maggiore, mentre un lampo rosso scintillava nei suoi occhi chiari.
«Elsa?» la richiamò l’altra sorpresa «Che ti succede?»
La ragazza piegò appena la testa di lato, come a reprimere quel fastidioso calore che aveva cominciato ad irradiarsi dalla sua spalla sinistra. Non era possibile «Andate via»
Anna si rifiutò di credere al sospetto che le era appena passato per la mente «Ehi, non scherzare…» tremò «Non è tempo di luna piena ed è giorno, maledizione!»
Elsa chiuse gli occhi, stringendo i denti «Scappate… ora!»[3]
La minore comprese che non l’avrebbe ripetuto un’altra volta.
Avevano appena messo, tutti e quattro, i piedi fuori dalla grotta che il primo ululato aggredì le loro orecchie.
Ellen aveva il fiato corto, non per la corsa che stava sostenendo bensì per la paura: un conto era aver ascoltato quella storia surreale trovandosi costretta, per forza di cose, a credervi, un altro era prendere piena consapevolezza di esserci dentro. Per questo le sue gambe si bloccarono di colpo, non appena il lupo bianco caracollò a pochi passi dai suoi piedi, con gli occhi rossi scintillanti, il pelo arruffato e le zanne scoperte. Trattenne a stento un singhiozzo e registrò appena l’urlo di ammonimento che la giovane Anna rivolse alla sorella nella sua forma animale, la sentì ringhiare e si rannicchiò su se stessa ma, avvertito un leggero movimento, trovò il coraggio di alzare la testa e raggelò.
Emma, appena stagliatasi a protezione della madre, lasciò le braccia rigide lungo i fianchi e strinse, istintivamente, sia i pugni che i denti «Tu non mi farai del male, tu non mi farai del male…» sussurrò in gola, senza nemmeno aprire la bocca.
Il lupo si fece sempre più vicino, poteva sentire il calore del suo fiato sul viso: smise anche di respirare ma non abbassò lo sguardo. Ci fu uno sbuffo e un fruscio, quando rilasciò un sospiro Elsa era già lontana.
Davanti a quella scena, il cuore di Anna si riempì di commozione: lo sapeva che sua sorella non era così pericolosa come credeva, se solo non fosse stata così testarda «Kristoff» esordì, ridestando il ragazzo dallo stato d’incredulità in cui era appena scivolato «Prestami Sven, per favore…»
«Cosa? Non vorrai mica…» balbettò, comprendendo le sue intenzioni «Vengo con te»
«No» gli rispose gentile, prendendogli le grosse mani fra le sue «Loro hanno bisogno di te» si alzò in punta di piedi a lasciargli un leggero bacio su una guancia «Abbi fiducia in me, li riporterò qui»

  

    Jack cadde a terra con un tonfo sordo. Rotolò supino rantolando, la vista annebbiata dal sangue, il suo. Era giorno, maledizione, come poteva esserci un lupo? Perché era chiaro che quello che lo stava braccando non fosse un semplice esemplare: se Elsa, nella sua forma animale, era imponente questo era grande quasi il doppio e la sua pelliccia era folta e fulva come un turbinio di fiamme. Ed era proprio come un turbine che lo aveva travolto: a nulla erano valse le sue nuove capacità, da umano non poteva niente contro di lui. La bestia stava decretando, assalto dopo assalto, morso dopo morso, la sua fine e il tutto nel più totale silenzio: c’era come uno schermo a proteggerla e lui non riusciva a percepire nessun pensiero, nessuna emozione, nessun odore. C’era solo una cosa chiara: voleva vederlo morto.
Provò a far leva sulle braccia per rialzarsi e fare non sapeva nemmeno lui cosa, ma il lupo piombò sulla sua schiena, schiacciandolo con tutto il suo peso e conficcandogli gli artigli nella carne. Urlò dal dolore e chiuse gli occhi, aspettando che le sue fauci calassero su di lui per staccargli la testa di netto.
Tutto quello che avvertì, invece, fu un colpo secco e un’improvvisa leggerezza. Riaprì gli occhi confuso e la sua vista annebbiata gli mostrò la figura di un meraviglioso lupo bianco che si ergeva a sua protezione «Elsa» gemette «Perché sei venuta?»
Ti proteggerò…
La sua determinazione, tuttavia, non lo rincuorò: era ancora debole, poteva sentirlo, e il suo avversario sembrava tanto, troppo potente rispetto a lei, ora più che mai. Era sicuro che anche lei lo sapesse ma non per questo si sarebbe tirata indietro.
Sta’ attenta…
La lotta fra i due Alpha cominciò: il lupo bianco lottava per proteggere, le motivazioni dell’altro, invece, rimanevano oscure e per quanto lei si ostinasse ad interrogarlo sul chi fosse e cosa volesse, le sue domande si perdevano nell’aria gelida eppure era maledettamente sicura che lui capisse ogni cosa. Per quale motivo non le rispondeva? Cosa aveva da nascondere? E, soprattutto, cos’era quell’inaspettato senso di familiarità che l’aveva colta appena lo aveva visto?
Un improvviso attacco laterale la fece cadere al suolo per la prima volta, schivò un morso appena per un soffio e scalciò con le zampe posteriori, ferendolo al muso. Si rialzò e partì al contrattacco.
Jack, ancora a terra, imprecò, maledicendosi per la sua inutilità: era preoccupato, quasi terrorizzato da quel che sarebbe potuto accadere. Elsa era sempre più lenta e gli attacchi dell’altro stavano diventando sempre più mirati, come se solo fino a quel momento si fosse semplicemente divertito a giocare con lei. Tremò quando la sentì uggiolare di dolore sotto l’ennesimo colpo e crollare a terra. Lo guardò negli occhi.
Scappa…
Lo implorò.
No, io non ti lascio…
Dev…
La conclusione di quel pensiero non gli arrivò: il dolore delle fauci del lupo rosso che le si serravano sulla gola divenne il suo dolore.
Un urlò disumano graffiò la sua stessa gola e, con un’energia inaspettata, piombò sulla groppa del suo avversario: ormai disarmato, lo colpì con quello che aveva, le sue mani. Gli schiantò i pugni sulla testa, sul naso, cercò persino di cavargli gli occhi ma quello non mollava la presa. Gli afferrò il muso, infilando direttamente le mani nella sua bocca, nel disperato tentativo di riaprirgliela mentre la sua pelle veniva perforata dalle sue zanne «Lasciala maledetto bastardo, lasciala, lasciala»
Fu in quel momento che saettò la prima freccia.
Il lupo rosso ringhiò quando la punta d’argento si piantò nella sua coscia, si scrollò in un impeto di rabbia e dolore, scalzando Jack dalla sua groppa e facendolo volare via come una manciata di foglie secche. Una seconda freccia lo colpì di nuovo, questa volta poco sotto l’attaccatura di una delle zampe anteriori, perforando il polmone, e subito dopo un’altra ancora: finalmente lasciò la presa. Non aspettò di scoprire se l’intenzione, della cacciatrice appena giunta, di centrarlo in un occhio e trafiggergli il cervello fosse supportata o meno dalla giusta abilità: con il fiato che cominciava a mancargli dall’organo sull’orlo del collasso, scappò.
Anna scese rapida da Sven e si precipitò dalla sorella, s’inginocchiò al suo fianco e mosse le mani tremanti sulla sua pelliccia candida macchiata di sangue, non l’aveva mai toccata nella sua forma animale, mai.
«Elsa» la chiamò «Apri gli occhi, ti prego»
Il lupo bianco sbuffò, alzò appena le palpebre senza metterla a fuoco realmente e le richiuse praticamente subito, esausto.
Alla ragazza girò la testa: Elsa aveva perso, assieme alla lotta, anche il suo ruolo di Alpha così i suoi occhi non erano più rossi come il sangue e, anche se solo per un attimo, avevano rivelato il loro reale colore, scintillando dorati prima di scivolare nel buio dell’incoscienza.[4]


Grazie per aver letto questo nuovo capitolo.
La situazione si è decisamente movimentata: il terzo lupo si è fatto avanti e, sebbene non abbia parlato, con le sue azioni ha messo abbastanza in chiaro le sue intezioni.
I nostri eroi sono braccati su più fronti ma, nonostante la tensione, i meravigliosi Kristanna (♥) riescono comunque a regalarci un momento di spensieratezza anche se si riconfermano le vittime preferite dei terribili fratelli Overland XD
Non so di preciso quanti capitoli ci saranno ancora ma ci stiamo, inesorabilmente, avvicinando alle battute finali.
In qualunque modo avrete piacere di palesarvi - recensendo, listando o, semplicemente, leggendo - mi farete molto felice.
Al prossimo capitolo
Cida


[1] Come nel canon, Elsa ha ferito Anna alla testa quando erano bambine. Come? Lo scoprirete presto ;)
[2] Ecco perché, in realtà, il lupo non ha attaccato la giovane Emma nonostante ne avesse avuto tutto il tempo e, anzi, la esortasse a scappare via.
[3] Fra le varie ricerche, ho trovato su Wiki che talvolta lupi mannari e licantropi si differenzino per via che il primo si trasforma contro la propria volontà mentre il secondo si può trasformare ogni volta che vuole senza perdere la ragione. Dunque, questa cosa mi ha intrigato moltissimo e, per questa storia, ho scelto che, inizialmente, possano trasformarsi solo tramite la luna piena e facendosi dominare completamente dagli istinti. Man mano che l'esperienza aumenta (Elsa, ad esempio, è un lupo mannaro da tredici anni) acquisiscono diverse capacità, riuscendo pian piano ad essere sempre più lucidi ed imparando a trasformarsi quando lo desiderano. Elsa è in fase di transizione in entrambi i casi: non ancora perfettamente lucida ma, come avete visto, lo è sempre un pochino di più e si è trasformata in caso di necessità, ossia per aiutare Jackson, nonostante fosse giorno e la luna piena non fosse imminente.
[4] Si può essere Alpha per indole o per vittoria, di base bisognerebbe uccidere l'Alpha per prenderne il posto ma qui, ho deciso, che basta vincere un combattimento. Elsa è sempre stata Alpha per indole, sin dalla sua prima trasformazione, perciò Anna non ha mai potuto vedere il reale colore degli occhi della sorella almeno fino in questo momento e se vi ricordate cosa ho detto in merito...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8


   

    La trasformazione inaspettata di Elsa, ferita ed esausta, si era ben presto invertita, lasciandola nuda in un letto di sangue, fango e neve.
C’era voluto l’arrivo claudicante di Jack per riscuotere Anna: assieme l’avevano coperta con quel poco che avevano a disposizione e, dopo un’intensa lotta di sguardi e rassicurazioni, erano riusciti ad issarla su Sven, comprensibilmente non così propenso dall’avere in groppa due predatori di tale portata, poiché assieme a lei vi era salito anche Jack in modo che i due potessero darle più calore possibile ed alleggerire anche lui, provato dalle profonde ferite dell’Alpha, del peso di riuscire a tenere il passo.
Anna era sinceramente dispiaciuta del dolore che i due erano costretti a patire ma, al tempo stesso, era sollevata: finché avessero avuto la testa attaccata al collo non avrebbe dovuto temere per la loro vita. Per questo aveva chiesto a Jack l’ultimo sforzo di non cedere alla stanchezza e rimanere vigile nel caso il misterioso lupo rosso avesse deciso di rifarsi vivo e, per lo stesso motivo, la balestra era ancora carica nella sua mano, così come le altre due di supporto. Era piuttosto sicura che non li avrebbe attaccati di nuovo, non in quel momento almeno, perché per disfarsi delle frecce che gli avevano colpito i polmoni sarebbe stato costretto ad invertire la trasformazione e l’argento avrebbe ritardato ulteriormente il suo processo di guarigione, lasciandolo fuori dai giochi almeno per un po’. Tuttavia era sempre meglio tenersi pronti per ogni evenienza, quello aveva tutta l’aria di essere decisamente più pericoloso ed esperto di sua sorella.
Una volta raggiunta la grotta, Kristoff, Ellen ed Emma erano accorsi preoccupati ed erano rimasti per un attimo in uno stato di shock nel vedere le condizioni dei due ragazzi, per cui era toccato alla più giovane delle sorelle cercare di fargli forza e tranquillizzarli, invitandoli a prestargli i primi soccorsi e a lasciarli riposare. Potevano, sì, alleviare il loro dolore ma c'era un solo e unico alleato che avrebbe permesso la loro guarigione: il tempo.
Solamente dopo che i feriti furono medicati e gli animi calmati, Anna si concesse un leggero ristoro in un piccolo anfratto di cui la grotta era piena, rinfrescandosi con un po' di neve, sapientemente lasciata a sciogliere, il collo sudato dalla fatica e dalla tensione.
Fu proprio mentre stava lasciando nuovamente i capelli liberi di cadere sulle spalle, le quali spuntavano nude dalla camicia allentata, che qualcuno la raggiunse e, nel riconoscerlo, per poco non si rovesciò la tinozza dell’acqua addosso «K-Kristoff...» balbettò, coprendosi istintivamente con le mani.
«Ah» schizzò sull'attenti lui «Non pensavo fossi qui, ero venuto a prendere un po' d’acqua pulita per Jack e...»
«Non fa niente» cercò di tagliare corto lei, rilegando velocemente i lacci alla bell'e meglio e cercando di evitare di sprofondare nella vergogna «Avevo finito, fai pure»
Kristoff cercò di non allungare troppo lo sguardo e si dedicò al suo compito, deglutì all'improvviso oppresso da quel silenzio che era calato fra loro «Come stai?» le chiese, per spezzare la tensione ma anche per la preoccupazione di quello che la ragazza aveva vissuto.
«Bene» rispose l'altra subito: un meccanismo automatico che negli anni aveva imparato a far scattare all'arrivo di domande scomode perché quel segreto, che lei e sua sorella custodivano, era talmente pericoloso da non poter commettere errori lasciandosi scappare una parola di troppo.
«Stai bene... sul serio? » cercò conferma lui, non poteva essere vero, quella non poteva essere Anna, oh sì, d'accordo, stava per pensare la sua Anna, e allora? «Tu vuoi dirmi che trovare tua sorella a battersi contro un altro lupo mannaro che ha lasciato lei e Jack in fin di vita non ti ha fatto né caldo né freddo?»
La ragazza sospirò, era una sciocca, che motivo aveva di continuare a mentirgli? Nessuno «Vuoi che ti dica che trovare mia sorella fra le fauci di quel mostro mi ha terrorizzata?» l'adrenalina trattenuta fino a quel momento esplose tutta d'un colpo «Certo che lo ha fatto! Ma colpirlo, quello no, perché per proteggere Elsa farei di tutto...» strinse i pugni «Sì, mi spiace immensamente che lei e Jack siano feriti e soffrano ma il fatto che siano lupi mi solleva perché so già che guariranno» alcune lacrime di tensione le sfuggirono dalle ciglia «Ma sai che c'è? La verità è che sono felice che mia sorella abbia perso, perché così ho finalmente avuto la conferma di quello che ho sempre creduto, quello che mi ha sempre sostenuto in questi anni e non mi ha fatto vacillare mai al suo fian…»
Due labbra sulle sue la fecero zittire di colpo, la ragazza lasciò che le mani di Kristoff le si posassero sul viso e si aggrappò alle sue spalle rimanendo, per una volta, senza altro da dire.

    

Dai Elsa, fammi volare!

No Anna, è troppo pericoloso…

Non lo sarà se mi riprenderai. Dai: ti prego, ti prego, ti prego!

Un piccolo sbuffo

E va bene…

Un primo volo e gridolini eccitati, poi un altro e vere e proprie risate

Più in alto, più in alto!

Un ultimo slancio particolarmente lungo, tanto dal rischiare una piroetta scomposta.
La rovinosa caduta bloccata solo grazie ad una forza ed una rapidità fuori dal comune.

Anna, potevi romperti l’osso del collo!

Ma tu mi hai preso, te l’avevo detto! Dai, rifacciamolo!

No…

Sì!

Una piccola mano stretta ad un esile braccio

Ti ho detto di no!

La spinta appare solo leggera ma, in realtà, sprigiona una forza in grado di far volare via quel corpicino come un sacco vuoto.
Il rumore di una testa, che sbatte su un sasso, agghiaccia; il sangue, che si espande sul terreno, raggela.

Anna!

Mani candide tinte di rosso, lacrime cadono e il dolore nella testa esplode, prende il cranio e lo spacca a metà

Padre, Madre!

Passi concitati, respiri affannati.

Elsa, che cosa hai fatto? Non lo controlli più.

E’ stato un incid…

Elsa?[1]

 

    La mano di Jack scivolò dal collo candido su cui, fino ad un attimo prima, era lievemente appoggiata e il suo corpo fu scosso da un leggero spasmo. Elsa aprì gli occhi di colpo, allarmata da quel senso di sollievo che aveva messo a tacere all’improvviso la maggior parte del dolore «Sciocco, perché l’hai fatto?»
Capì immediatamente quel che era successo e le fu subito chiaro come mai quel doloroso ricordo era tornato a pungolarle la mente sotto forma di sogno proprio in quel preciso momento, per metterla in guardia.
L’altro mugolò spossato «Io… non lo so... desideravo solo che tu stessi meglio»
Elsa non poté evitare di sorridere «Sarei guarita comunque, proprio come te…» gli passò una carezza sul viso sudato «Devi imparare a controllare questo potere, prima di utilizzarlo, altrimenti ti ucciderà» proseguì verso il petto ma una mano si strinse improvvisamente nella sua «N-non riprendertelo…»
«D’accordo…» si chinò a lasciargli un leggero bacio a fior di labbra «Adesso riposa ancora un po’»

      

   Elsa aveva aspettato che Jack si riaddormentasse e, incapace di stare ferma ora che lui aveva dato una spinta notevole al suo processo di guarigione, aveva deciso di uscire nella mattinata appena sorta. Non si era allontanata molto, consapevole del rischio, i sensi bene all’erta ma, quando avvertì il pericolo di un’aggressione imminente, anziché irrigidirsi si sciolse in un sorriso e si lasciò travolgere dalle braccia della sorella.
«Sono così felice che ti sia ripresa!» esultò quella, stringendola forte «Questa volta mi hai fatto prendere un colpo, quando ti ho vista nelle grinfie di quel coso ho pensato seriamente di essere arrivata troppo tardi» il solo ricordo le velò lo sguardo di lacrime.
«Ehi!» cercò di rincuorarla la maggiore, prendendole il viso e asciugandole con i pollici le gote bagnate «Sei arrivata in tempo e mi hai salvata, di nuovo»
La vide annuire e tirare su con il naso, commossa. Scosse appena la testa e le prese una mano «Coraggio, rientriamo… così saremo più tranquille e potrai raccontarmi»
Anna rise e si lasciò trascinare dentro «Mai che ti si possa fare una sorpresa…»
L’altra sghignazzò «Beh, so che muori dalla voglia di dirmi qualcosa ma non so cosa. Per cui, avanti… la tua agitazione mi ha messo curiosità»
La più giovane prese fiato «Il lupo rosso ti ha battuto… tu non sei più un Alpha»
Elsa inarcò le sopracciglia, presa in contropiede «Che c’entra questo adesso?» domandò confusa, come potevano quelle parole sposarsi con l’assoluta gioia che l’altra emanava?
«Ho visto i tuoi occhi…»
La stava prendendo in giro? Il respiro le si bloccò nel petto e serrò le palpebre, il cuore già stretto in una morsa di gelido ghiaccio, azzurro come i suoi occhi da assassina…
«… erano gialli!»
«Cosa hai detto?» chiese conferma, portandosi una mano alla testa che aveva improvvisamente iniziato a girare «Non puoi mentirmi su questo» sussurrò, incapace di crederle perché del suo risveglio ricordava ogni cosa.
«Come potrei farlo?» Anna, invece, la mano se la portò al cuore «Non la senti la mia felicità, maledizione?» si batté il petto una volta, due «Non puoi sentire solo quello che ti fa comodo»
Aveva ragione: era sincera, credeva veramente a quel che diceva ma non poteva essere vero «E se ciò che abbiamo sempre creduto fosse sbagliato?»
Avvertì il suo nervosismo ancor prima di vederlo riflesso sul suo volto «Io non ho motivo di dubitare degli studi di mamma e papà» la vide stringere i denti «Perché non vuoi ammettere che non sei il mostro che credi?»
«Perché sono io ad essermi risvegliata fra i loro corpi martoriati, sono io ad aver avvertito il loro sapore nella mia bocca, sono le mie notti ad essere tormentate dal loro ricordo» quasi ringhiò in risposta, arrabbiata con lei, con se stessa e con la sua memoria vuota «Se non sono stata io, come me lo spieghi questo?»
«Io non lo so» sbottò Anna a sua volta «Ma abbiamo appena scoperto che non sei la sola e non sto parlando di Jack ma di quel mostro che vi ha quasi ucciso, quello sì che lo era, non tu» cercò di ragionarci su «E se ce ne fosse stato un altro anche allora? E tu fossi intervenuta per salvarli?» s'illuminò «Anzi io sono certa che sia stato così, io non ho mai creduto fossi stata tu e a maggior ragione non lo farò da adesso in poi» 
Era vero, Elsa lo aveva sempre saputo: Anna non l'aveva mai considerata capace di quell'atto ed era, forse, per quello che l'aveva sempre sostenuta, sacrificando moltissimo di se stessa pur di starle accanto. La convinzione dell'altra riuscì a farsi strada nel suo cuore: non era lei la colpevole? Crollò in ginocchio e, per la prima volta in vita sua, il petto divenne meno pesante e il sollievo le inondò gli occhi di lacrime «Non sono stata io» singhiozzò.
Le braccia della sorella l’avvolsero nuovamente «E’ così…» le confermò sinceramente commossa. Ascoltò i suoi singhiozzi in silenzio, poi, le lasciò un bacio fra i capelli e si rialzò, invitandola a fare altrettanto «C’è un’altra cosa che devo dirti: ho parlato con Kristoff e siamo d’accordo che non possiamo più stare qui»
«Volete andare via?»
Anna sbuffò appena «Non è che vogliamo, dobbiamo: abbiamo bisogno di un pasto diverso dalla cacciagione, di essere abbastanza lontani da Friederik e dal suo proposito di ucciderci ma, soprattutto, abbiamo bisogno di una casa e per noi intendo tutti, anche tu» 
Esattamente come temeva, vide Elsa sgranare gli occhi e scuotere la testa «Trovare un altro villaggio? Uno dove Friederik non abbia già fatto arrivare la verità? Ci vorranno giorni e giorni di cammino e noi non li abbiamo, lo sai» 
«E se non ne avessimo bisogno? Ti ho vista davanti ad Emma ed Ellen ieri: tu riesci a controllarti anche se, per qualche ragione che mi sfugge, continui a negarlo a te stessa» la rimproverò, esasperata dal suo comportamento «Le temperature sono più miti, nel caso non trovassimo un rifugio possiamo permetterci di accamparci nel bosco, mantenendo acceso un fuoco, con te e Jack nessun animale oserebbe avvicinarsi, basterà fare dei turni di guardia per chi ci sta dando la caccia. Quando giungerà la Luna Piena, tu non ci farai del male e potremmo legare Jack nella rete d'argento di papà, se necessario. Quando, finalmente, saremo abbastanza lontani da qui, potremo azzardarci ad entrare in qualche villaggio, magari non tutti insieme, recuperare un carro, rubarlo se serve... e andare ancora più lontano e trovare un villaggio che non abbia mai sentito parlare di noi, oppure possiamo costruircelo un posto»
«Un posto solo per noi? Delle casette in mezzo al bosco, magari? Rubare? Ma ti senti?» quasi le scappò una risata amara 
«Tu non consideri una cosa importante: io ho morso Jack e non l'ho ucciso solo perché sei arrivata tu ad impedirmelo»
«Oh Elsa, sai benissimo che con lui non avresti potuto controllarti: perché continui a farti carico di cose che non dipendono da te? Quando riuscirai a vederti come ti vedo io? Questa non è vita e lo sai benissimo anche tu»
La maggiore sospirò «Ci penserò, d'accordo?» le strinse le mani e le sorrise, sperando che bastasse per farla quietare almeno per un po'. Anna piegò le labbra in una smorfia poco convinta ma, alla fine annuì, e si allontanò.
«Non ci penserai...» la riprese Jack sarcastico, uscendo finalmente da quell’angolino buio da cui aveva, praticamente, ascoltato tutto. Era ancora visibilmente provato ma, perlomeno, riusciva a stare dritto sulle proprie gambe. 
Quella punta di delusione che gli avvertì nella voce non la gradì «Te lo ha suggerito il lupo?» gli rispose a tono, pronta a ricoprirsi di quell'armatura di gelo che gli anni e l'abitudine avevano fatto diventare la sua più fedele alleata.
«Non ne ho bisogno...» lui, però, non le diede corda «Ti conosco da un po’ di tempo, non credi?»
«Non mi conosci affatto...» lo ferì, lo percepì immediatamente.
«Perché fai di nuovo così? Perché adesso?» le chiese, sinceramente confuso «Vuoi allontanarmi perché già sai che sono d'accordo con tua sorella? Questo posto non è più sicuro: siamo troppo vicini al villaggio è solo questione di tempo prima che ci trovino e poi c'è questo nuovo lupo, come mi ha trovato una volta sarà in grado di farlo di nuovo. Non è stato un attacco casuale, Elsa, voleva uccidermi»
«Allontanarci da qui è troppo pericoloso, che ne sarà di Anna, tua madre, tua sorella e Kristoff quando giungerà la Luna Piena e non ci sarà niente a fermarci?» ribatté testarda.
Il cacciatore le prese le mani, cercando di essere incoraggiante «Tu sai controllarti, mi terrai a bada: useremo la rete che ha detto tua sorella, berrò infuso di strozzalupo per indebolirmi se non avremo alternative»
«Io non mi so controllare» ringhiò rabbiosa, liberandosi dalla sua presa «Smettetela di darlo per scontato»
«Hai intenzione di passare il resto della tua vita chiusa in quella gabbia?» questa volta fu la pazienza di Jack ad esaurirsi «Ora che puoi trasformarti quando meno te lo aspetti perché non ti ci rinchiudi anche adesso?»
La ragazza strinse istintivamente i pugni «Perché non vuoi capire che rimanere qui è la cosa migliore per entrambi?»
«Perché questa volta hai torto, non puoi decidere per me: tu non sei più il mio Alpha» si pentì di aver pronunciato quelle parole non appena le sentì abbandonare le sue labbra: fu investito dal suo dolore «Io non volev...»
«Oh sì che volevi...» lo interruppe lei, assottigliando gli occhi glaciali «Il lupo ti ha solo dato il coraggio di dirlo» 

   

    «Siete pronti?»
Kristoff chiuse la bisaccia con un colpo secco e alzò lo sguardo verso Anna «Quasi...» sospirò «Tua sorella è tornata?» lo chiese per un di più, di fatti non si stupì quando lei gli fece un cenno di diniego con la testa. Sbuffò «Ho provato a chiedere a Jack se sapesse qualcosa: mi ha guardato in un modo che ho pensato seriamente volesse sbranarmi...» cercò di scherzare, accennando appena un sorriso «Fortunatamente si è accanito contro un ciocco di legna: lo ha aperto a metà… a mani nude»[2] deglutì a vuoto.
Anna sghignazzò appena «E’ molto difficile per loro controllare la rabbia, cercate di lasciarlo in pace o di concentrarlo su qualcosa dove possa sfogarsi: grazie a nostro padre, Elsa ha scoperto che incanalare le sue energie nel lavoro aveva il potere di calmarla. Provate a farvi venire in mente qualcosa per Jack ma, per l'amor del cielo, non toccatelo finché non sarà più tranquillo» ci pensò su per un attimo «Ah, e vi suggerisco caldamente di non nominare mia sorella… almeno per un po’»
Il giovane taglialegna si fece scappare uno sbuffo appena divertito ma l’ilarità sparì velocemente dal suo volto «Sei sicura di non voler venire con noi?»
Lei sorrise e gli passò una carezza sul viso «Ehi, non sto dicendo che rimarrò qui per sempre ma io la devo aspettare. Vedrai: la convincerò e grazie alla sua velocità vi raggiungeremo prima di quanto ti aspetti» gli disse, incoraggiante.
«Lascia almeno che ti lasci Sven…» titubò appena «Per ogni evenienza…»
In quella proposta lei ci lesse tutto quello che lui non aveva il coraggio di dirle: la preoccupazione che non riuscisse nel suo intento e rimanesse troppo indietro per raggiungerli; il timore che scegliesse di non seguirli «D’accordo» concesse, come riprova della sua assoluta buona fede «Vi siete organizzati come vi ho detto?»
Kristoff annuì «Sì, io e Emma abbiamo una delle tue balestre, lei ha alcuni dei tuoi stiletti e io la mia ascia, Ellen porterà lo strozzalupo che non è molto pesante ma, allo stesso tempo, la proteggerà e Jack, beh, lui credo sappia badare a se stesso…» questa volta fu il suo turno di alzare una mano a passarle le dita ruvide sulla guancia morbida «Dimmi che non correrai alcun rischio»
«Stai tranquillo: è mia sorella, non mi farà del male»

  

    Anna avvertì il rientro di Elsa quando il resto del gruppo era già partito da un po’, era stata via a lungo: la discussione con Jackson doveva averla innervosita davvero molto per farla allontanare per così tanto tempo, era una cosa che non faceva mai. Non appena se la trovò di fronte, le sembrò per un attimo diversa: la mandibola contratta, lo sguardo più duro. Scosse la testa, associando la sua espressione ad una rabbia non ancora sbollita che cercava, a quanto pare a stento, di trattenere «Finalmente sei tornata…»
«Se ne sono andati…» constatò, non era una domanda «Perché tu sei rimasta?»
Se le avesse mollato uno schiaffo in piena faccia, forse, le avrebbe fatto meno male «Perché sei mia sorella, l’unica famiglia che mi rimane, non avrei mai potuto andare via»
«Ma è quello che vuoi, no?» la degnò appena di un’occhiata sprezzante «Perciò fallo, costruisciti una nuova famiglia con Kristoff… vattene via»
«Non puoi averlo detto sul serio…» quasi boccheggiò, ferita «Smettila di scavalcarmi, guardandomi dentro… e, se non puoi evitare di farlo, almeno abbi la decenza di guardare tutto: io voglio che tu venga con noi, non ti voglio lasciare, non qui, non da sola»
L’altra, però, rimase impassibile a quelle parole «Hai già lasciato Ellen, Emma e Kristoff da soli alle prese con un mostro, vuoi portargliene un altro?»
«Elsa, che stai dicendo?» quasi non le sembrava di riconoscere la sorella nella persona che aveva di fronte.
«Che devi andare via…»
«No, io so che insieme potremo trovare una soluzione!»
«Come? Pensi davvero che riuscirete a gestirci entrambi? Che potere hai tu per fermare Jack, per fermare me?![3]»
La più giovane strinse i denti e le afferrò un braccio risoluta «No, io non me ne vado senza di te»
Elsa abbassò lo sguardo freddo e tagliente sulla mano della sorella «Sì, invece, vai!» si liberò dalla sua presa con un semplice movimento, talmente rapido da risultare quasi impercettibile all’occhio ma con una potenza tale da scalzare l’altra dalla posizione in cui si trovava.
Solo gli anni di esperienza riuscirono a non trovare Anna completamente impreparata: impossibilitata ad opporre qualsiasi tipo di resistenza ad una forza come quella, irrigidì il corpo e portò in avanti il collo in attesa dell’impatto contro il muro, cercando di concentrare il contraccolpo sulla schiena allenata e non sbattere la testa. Quando questo avvenne, però, non poté fare a meno di lasciarsi scappare un mugolio di dolore.
Giusto davanti a quella scena, qualcosa sembrò scattare nella maggiore «Anna…» sussurrò e, come se le costasse un’enorme fatica, allungò una mano verso di lei.
«Non mi toccare…» la bloccò invece l’altra, mentre lacrime di rabbia e frustrazione le rigavano il volto «Va bene, continua pure così: rifiuta il mio amore, quello di Jack… non potrai mai amare nessuno se prima non imparerai ad amare te stessa. Sai che ti dico? Rimani da sola, se proprio ci tieni tanto… questa volta non ti supporterò, anche io me la merito una possibilità…»
Elsa la guardò rimettersi in piedi a fatica e superarla senza degnarla di un ulteriore sguardo. Avrebbe voluto gridarle di fermarsi, che non era sua intenzione colpirla, che sì era una testarda senza speranza ma solo perché aveva paura, paura di fare del male alle persone che amava ma la realtà era che non riusciva ad immaginarsi una vita senza di lei, senza Jack. Tuttavia non fiatò, né si mosse: la gola serrata e il corpo immobile. Tutto ciò che poté fare fu il vederla sparire oltre l’ingresso della grotta perché quella, di fatto, era l’unica cosa che le era stata concessa.


Qui si necessitano delle delucidazioni: no, non sono improvvisamente impazzita perché, sebbene alcune battute che Elsa e Anna si scambiano sul finale siano esattamente le stesse che pronunciano in Frozen dentro al castello di ghiaccio (ci sono inoltre diverse citazioni sparse un po' ovunque di entrambi i film), il modo in cui Elsa le pronuncia mi rendo conto possa sembrare OOC ma è assolutamente voluto, chiaramente c'è un perché e, fra le righe, ci sono già diversi indizi per farsi delle idee al riguardo.
Inoltre so bene che la Anna dei film non avrebbe mai abbandonato Elsa in questo modo ma qui c'è una sostanziale differenza fra la vera Anna e quella di questa storia: in Frozen l'aver ritrovato la sorella dopo anni e anni di allontamento le ha innescato un attaccamento talvolta morboso che spesso le impediva di vedere le reali necessità di Elsa e di cui si accorge solo quando la perde (e capisce di dover fare la cosa giusta) mentre qui lei le è sempre, sempre, rimasta accanto: l'ha sostenuta, protetta, vegliata, sacrificando praticamente tutto di se stessa, credendo in lei quando Elsa era la prima a non farlo e questo rifiuto così freddo, questo muro che l'altra innalza finendo poi con il colpirla, scatenano la rabbia e l'esasperazione che la porta, in questo momento, ad allontanarsi. Ci ho pensato a lungo e mi è sembrato un comportamento plausibile, all'interno del contesto. Spero sia così anche per voi.
Insomma c'è una grossa e gigantesca crisi da risolvere... ovviamente per sapere come, e se, si risolverà, non vi resta che attendere il prossimo capitolo. Se sarà l'ultimo o no, non lo so perché lo sto ancora scrivendo. Trovare il tempo materiale per mettere giù due righe è sempre molto complesso, scusate per questi aggiornamenti così radi.
Al solito vi ringrazio per il sostegno che date a questa storia con le vostre letture, recensioni e aggiunta alle liste.
Cida

[1] Esattamente come in Frozen, Anna viene accidentalmente ferita dalle capacità soprannaturali della sorella (immagino vi siate accorti che la scena è praticamente identica, solo un tantinello più cruenta) ed è proprio a questo episodio che Anna si riferiva nel capitolo precedente quando ha mostrato la cicatrice sulla tempia a Kristoff: se Elsa non fosse intervenuta per curarla - cosa avvenuta per puro istinto - sarebbe di sicuro morta ed è per questo che, qui, la stessa Elsa perde i sensi all'arrivo dei genitori, dato il troppo dolore che ha messo anche lei in serio pericolo di vita.

[2] Se vi ha ricordato Captain America, era esattamente quello il suo scopo XD

[3] In Frozen Elsa, in realtà, dice: "Che potere hai tu per fermare questo Inverno? Per fermare me?", ditemi che avete capito questa chicca e vi amerò per sempre <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9




Once his teeth were bared
Though, I really got scared
Well, excited and scared


    Stavano camminando da molto tempo, quando Jackson si era fermato di colpo: la sera stava calando, le temperature pure, sua madre e sua sorella erano stanche, alcune delle sue bende erano sospettosamente umide e l’angoscia di Kristoff di allontanarsi troppo dalla ragazza lasciata indietro, che la sua empatia animale gli faceva avvertire, stava seriamente rischiando di mandarlo fuori di testa. Nonostante la Primavera fosse sbocciata, le previsioni di Anna si erano rivelate errate, era ancora troppo freddo per accamparsi all’addiaccio ma il fiuto del lupo si era rivelato un ottimo alleato anche in questo caso. Quando l’orso gli aveva ringhiato contro, pronto ad attaccarlo per aver invaso il suo territorio, era ancora talmente tanto arrabbiato per il comportamento di Elsa che gli era bastato guardarlo negli occhi per convincerlo ad abbandonare il suo rifugio senza opporre inutili resistenze. La sua tana non era di certo comoda o profumata ma era abbastanza grande da permettere a tutti di rimanere al caldo e al riparo.
Mentre gli altri cominciavano a prendere sonno dopo una cena frugale, era rimasto sveglio accanto al fuoco fuori dalla tana - e lontano dalla sacca di strozzalupo - a vegliare sulla sua famiglia, i sensi all’erta. Così fu il solo ad avvertire gli zoccoli di Sven avvicinarsi a tutta velocità, ancora non era entrato nel suo campo visivo che già aveva compreso: Anna era da sola.
Quando lei gli era arrivata vicino ed era scesa dalla groppa dell’animale, la luce del fuoco gli aveva mostrato due occhi distrutti dal pianto.
«Mi dispiace…» gli aveva sussurrato e lui aveva avvertito tutto il suo dolore, il suo sentirsi inadeguata e incapace di valicare quel muro che la sorella aveva costruito. Per questo l’abbracciò, per darle conforto ma fu un errore perché l’odore di Elsa su di lei era ancora maledettamente presente e il suo cuore si spezzò una volta di più. La invitò a raggiungere Kristoff prima che il formicolio, che aveva iniziato a pizzicargli gli occhi, si trasformasse in qualcos’altro. La felicità dell’amico che, assonnato, si era ritrovato la ragazza che amava fra le braccia non l'avvertì[1] ma anche il solo immaginarla ebbe il potere di risollevarlo e, suo malgrado, la mente ed il cuore tornarono a colei che non li aveva raggiunti perché si era barricata dietro ad una coltre di gelo e non era disposta a cedere sulle sue convinzioni. Le gambe gli diedero l’impulso improvviso di mettersi a correre, tornare indietro per affrontare quella testarda e impossibile, caricarsela in spalla se necessario e portarla lì con loro ma l’orgoglio lo mise a tacere perché, no, non l’avrebbe fatto: lei aveva scelto e, per due volte, aveva deciso di non seguirli. Aveva lasciato andare sua sorella, aveva lasciato andare lui.

   

    Era mattina quando avvertì la presenza di un cacciatore sulle loro tracce, un cacciatore esperto che si teneva sottovento per evitare di palesare la sua presenza ma pur sempre un umano che, per quanta accortezza potesse mettere nei suoi passi o nei suoi movimenti, non poteva sottrarsi all'udito finissimo del lupo che ora albergava nel giovane Jackson. Suggerì alla sua famiglia e ai suoi amici di continuare a comportarsi normalmente per non allarmarlo e si defilò, rapido e silenzioso come un'ombra.
Il mantello rosso che copriva la misteriosa figura non dava adito a dubbi, era qualcuno del loro villaggio. Era già pronto a saltargli addosso per metterlo fuori gioco quando, improvvisamente, il suo odore gli investì le narici. Stupito, gli si avvicinò piano e solo quando fu a pochi metri da lui, che ancora gli dava le spalle ignaro, si azzardò ad aprire bocca «Mattias...»
Quell'uomo grande e grosso urlò senza dignità, portandosi una mano al petto, in chiaro procinto di scoppiare «Cristo ragazzo, non sono più così giovane da permettermi certi spaventi»
Malgrado tutto, Jackson non poté far a meno di sorridere «Eppure lo sapete che non si deve andare nella tana del lupo» mise subito in chiaro.
Lo sguardo dell'altro si incupì appena «Quindi è vero...»
Il giovane annuì ma non abbassò la guardia «Che cosa siete venuto a fare qui?»
Mattias sospirò e portò una mano sotto al mantello, facendolo irrigidire «Prima dimmi una cosa: siete stati tu o Elsa ad uccidere Hans?»
«No... ma temo vi dobbiate fidare solo della mia parola»
«Me la farò bastare...» affermò, riportando lo sguardo nel suo «Ho cacciato con te infinite volte, si può dire che ti abbia visto diventare un uomo, inoltre mi hai salvato la vita: penso che di te ci si possa fidare» tirò fuori dalla mantella una piccola sacca «Non ti preoccupare» lo rassicurò «E' solo un po' di formaggio e qualche altra provvista che, immaginavo, avrebbe potuto far comodo» allargò ulteriormente le braccia per mostrargli che alla cintola, oltre alla faretra, aveva solo il suo pugnale «Non sono venuto per attaccarvi: se le dicerie sul vostro conto non fossero state vere non avrei avuto bisogno di difendermi. In caso contrario... beh, non credo avrei potuto far molto contro due lupi, anche con tutte le armi di questo mondo» inarcò un sopracciglio, quasi divertito «Ma, a quanto pare, ci troviamo in una situazione che non avevo preso in considerazione...»
«Il fatto che fosse vero ma che, al tempo stesso, non avreste dovuto temere per la vostra vita?» Jack diede voce ai pensieri dell'altro e si concesse di rilassarsi, guidato dall'istinto che gli mostrava chiaramente come l'uomo non fosse una minaccia «Beh, non dovete... non fino alla prossima luna piena, almeno» ghignò appena.
«Stai cercando di convincermi a scappare da qui a gambe levate?»

«No, sto cercando di capire perché sto avvertendo in voi il desiderio di restare»
Mattias sbuffò leggermente e si mise a sedere «Sono stato io a suggerire al resto degli abitanti infervorati di bruciare le vostre case...» confessò, puntando lo sguardo in quello del giovane «L'odio che gli ho visto negli occhi, le cose che hanno detto su ognuno di voi quando, fino al giorno prima, godevano del tuo lavoro e di quello di Elsa, conversavano amabilmente con tua madre... non potevo sopportarlo, così ho deciso che non gli avrei permesso di trovarvi. Per questo ho fatto bruciare tutto, in modo che i cani non avessero più nulla di vostro da annusare, potrei anche aver lasciato inavvertitamente il recinto delle cagne aperto... sai com'è, la Primavera...» questa volta fu il suo turno di ghignare «Non sentivo di appartenere più a quel posto, per questo ho provato a pensare a quale via avresti potuto prendere nel caso avessi deciso di spostarti verso un nuovo villaggio e, dopo un po' di buchi nell'acqua, eccomi qui» si mise le mani sulle ginocchia e si rialzò in piedi «Sono un uomo solo, Jack, tuo padre era un mio buon amico e tu sei per me come un figlio» gli occhi gli si inumidirono appena «Se mi vorrete, sono pronto a darvi una mano»[2]

      

    Le gambe di Elsa si fermarono solo quando furono certe di aver raggiunto la loro destinazione: smettere di essere la padrona del proprio corpo era stato come diventare improvvisamente un’estranea in quell’ammasso di ossa e tessuti in cui aveva sempre vissuto e, per questo, si sentiva umiliata e, al tempo stesso, arrabbiata – se non furiosa - per come era stata costretta a comportarsi con Anna.[3] Il richiamo del lupo rosso era stato impossibile da ignorare, quella volta come adesso e, dentro di sé, già tremava per quello che avrebbe potuto costringerla a fare ancora.
Nonostante tutto, però, fu con immenso stupore che si accorse dei passi di uomo che si stavano avvicinando al luogo di quell’appuntamento fissato, marchiato, nella sua mente: erano deliberatamente sfrontati, voleva farsi udire - preannunciare quasi - e, quando i primi sentori di strozzalupo arrivarono ad arricciarle le narici, i suoi occhi si sgranarono del tutto nel riconoscerlo «Friederik…» sussurrò a denti stretti.
L’aveva trovata. Nonostante le sue capacità, non sarebbe stata in grado di sopportare le proprietà di quell’erba maledetta, non le rimaneva che fuggire.
Ferma…
L’ordine dell’Alpha le trapassò il cervello e bloccò ogni suo muscolo. La comprensione si fece improvvisamente largo nei suoi pensieri, mozzandole il respiro «Siete voi…» quasi boccheggiò «Com’è possibile?»
Il capo villaggio si liberò del cappuccio e il suo volto le diede una nuova prova a favore della sua scoperta: lungo il labbro superiore, una sottilissima linea di pelle più chiara risaliva verso il naso, un segno praticamente impossibile da notare che mostrava una ferita in via di guarigione, proprio lì, dove lei aveva colpito il lupo rosso durante il loro scontro «Per lo strozzalupo, intendi?» le disse «E’ solo questione di abitudine...»[4]
Elsa fece istintivamente mezzo passo indietro «Che cosa volete da me?»
Lui le dedicò una lunga occhiata, dall’alto verso il basso «Il fatto che anche tu fossi un lupo è sempre stato perfetto per me, non mi interessava la tua testardaggine nel perseguire il mestiere di tuo padre, le tue creazioni portavano prestigio al villaggio e finché gli sciocchi paesani continuavano a pensare che il giovane cacciatore ti aiutasse, tutto sarebbe andato per il verso giusto: tu saresti stata il capro espiatorio perfetto se, per qualsiasi motivo, non fossi riuscito a controllarmi nei nostri confini…»
Una nuova terribile consapevolezza arrivò a pungolarle la mente «Voi avete ucciso Hans…»
«E’ stata colpa vostra!» Friederik quasi ringhiò «Ero già lontano, come al solito, ma voi avete deciso di rimanere insieme e il richiamo di due lupi è stato troppo, persino per me: erano anni che non mi trasformavo contro la mia volontà» indurì la mascella «Hans mi ha trovato poco prima della mia mutazione e da sciocco, anziché pensare a cosa sarebbe potuto diventare come lupo al mio fianco, ha provato ad uccidermi» quasi rise «Mica per liberare il villaggio dal mostro, oh no: per prendere il mio posto! Ma la realtà dei fatti è che moriva di paura, non poteva che finire in un modo soltanto» puntò gli occhi nei suoi «Tu, invece, non mi hai mai temuto, nonostante non riuscissi a percepire alcunché da me. Visto quel che è successo, pensavo che fosse necessario liberarmi di voi ma, poi, ho visto la magnifica creatura che sei diventata, nonostante fossi indebolita dallo strozzalupo. Ancora non riesci a trasformarti a comando ma già non hai più bisogno della luna piena: ti avrei portata via se non fosse arrivata tua sorella…»
«Portata via? Per che cosa? Fare di me la vostra compagna?» lo incalzò con disgusto.
«Per fare di te mia figlia... che è quello che sei»
Fu come un lampo: nel momento in cui l'altro finì di pronunciare quelle parole, i suoi ricordi la portarono alla notte in cui era iniziata la sua maledizione, in cui il rosso della luna nel cielo e quello del suo stesso sangue, finalmente, finivano per mescolarsi e mettere in luce il mantello del suo assalitore, esattamente del medesimo colore. 
«Se è vero che siete così in grado di controllarvi perché lo avete fatto?» gli gridò contro, portandosi una mano al petto «Ero solo una bambina!»
«Ero più giovane allora e tu una bambina sciocca che quella notte ha deciso di uscire senza la sua 
mantella e con addosso l'odore di Iduna…»
«Mia madre?» chiese incredula «Non è possibile, lei era sposata…»
«Anche io lo ero e con questo? Dovresti sapere che per noi la morale degli uomini non ha importanza… quante volte, nel calore del tuo letto, hai sognato di sbranare il giovane cacciatore?» colpì dritto nel segno «Certo, mentre eri umana riuscivi a resistere ma, dimmelo mia cara, che cosa è successo la prima volta che te lo sei trovata davanti come lupo?» 
Lei si morse istintivamente il labbro inferiore, colpevole, e non si azzardò a replicare.
Friederik ghignò compiaciuto «Quando tua madre e tuo padre sono arrivati nel nostro villaggio, lei era già appesantita dalla tua gravidanza ma, nonostante questo, era la donna più bella che avessi mai visto e sì, la desideravo enormemente. Iduna, però, era anche molto intelligente e si è ben presto accorta del mio interesse per lei, così ha sempre fatto in modo di non trovarsi mai da sola con me. Io ero già capo villaggio a quel tempo ed ero troppo esposto per poter mettere a rischio il mio segreto, così ho cominciato a viaggiare sempre più spesso e a sfogarmi nei villaggi vicini: convincere tutti a mettere la mantella rossa è stato tremendamente facile e, in questo modo, sarei riuscito a riconoscerli nel caso mi fossero capitati davanti nel momento sbagliato» sospirò «Ma tu volevi essere la più coraggiosa, non è vero? E, invece, sei stata solo la più stupida»
«Perché non mi avete uccisa?» sibilò fra i denti.
«Perché tuo padre ci ha trovato e mi ha cacciato con la sua torcia… oh, non guardarmi con quel disprezzo negli occhi» la riprese sarcastico «E smettila di disprezzare te stessa, vieni con me Elsa, ti mostrerò le meraviglie che siamo in grado di fare, cose che non hai mai osato nemmeno pensare: imparerai a non soffrire più gli effetti dello strozzalupo, a trasformarti quando vorrai, non ci sarà villaggio che potrà sottrarsi al nostro potere»
«N-no…» balbettò lei, cercando di opporsi con tutta se stessa al lampo rosso che era appena brillato negli occhi verdi dell’altro.
«Non resistermi, ragazzina…» inspirò furioso ma, improvvisamente, alzò le sopracciglia, folgorato da un’illuminazione «Capisco: hai ancora troppi legami con la tua natura umana per poter abbracciare senza rimpianti la tua nuova vita animale» si passò deliberatamente la lingua sui denti e la fece schioccare sul palato «Credo sia giunto il momento di andare a caccia…»
Quell’eccitazione che le crebbe nel petto la raggelò e, per la prima volta davanti a lui, Elsa tremò «Oh no…»
«Oh sì…»

   

    L’arrivo del Signor Mattias nel gruppo aveva avuto il potere di risollevare gli animi, non solo per le provviste che aveva portato in dono ma anche per la speranza di poter cambiare i loro piani e permettersi, tramite lui, di avvicinarsi ai villaggi con largo anticipo rispetto a quanto avevano preventivato perché, sebbene chiunque di loro avrebbe potuto essere stato segnalato dalle voci messe in giro da Friederik, era impensabile che la stessa cosa fosse stata fatta per Mattias che tutti credevano, sì, sulle loro tracce ma per ben altri scopi.
Stavano già camminando da diverse ore quando un odore inaspettato, sospinto dal vento, si fece largo nelle narici di Jack, gonfiandogli il petto di aspettativa. Se si concentrava poteva udire, fra il trambusto della sua comitiva, i suoi grandi balzi che – salto dopo salto – la stavano inesorabilmente avvicinando: aveva cambiato idea, li stava raggiungendo.
«Elsa!» la voce di Anna riecheggiò fra il fitto degli alberi, ancor prima che lui stesso riuscisse a girarsi per vedere le sorelle a pochi passi l’una dall’altra e, sebbene gli desse le spalle, riusciva chiaramente a percepire le lacrime di commozione che riempivano gli occhi della più giovane. C’era qualcos’altro, però, che gli arrivava forte e chiaro, come una nota stonata in quella che avrebbe dovuto essere una dolce armonia: terrore. Per questo quando vide l’espressione di Elsa e l’altra fare il primo passo verso di lei, sgranò gli occhi allarmato e scattò.
Anna non avrebbe saputo dire com’era finita fra le braccia di Kristoff, aveva sentito come uno strappo e, in un battito di ciglia, si era ritrovata allontanata dalla sorella e nella stretta salda di quel giovane che ora la guardava confuso, tanto quanto lo era lei stessa. Esattamente nel posto in cui era fino ad un attimo prima, ora, c’era Jackson che serrava i polsi di Elsa fra le sue mani, la schiena fremente in un enorme sforzo di contrastare la resistenza dell’altra, che diavolo stava succedendo?
«Che ti prende?» chiese Jack, sinceramente confuso.
Lei non rispose, si divincolò e cercò di colpirlo di nuovo ma, ancora una volta, fallì.
Fermami…
Lui scosse il capo.
Fermarti? Ma che dici?
L'altra allargò impercettibilmente gli occhi.
Jack! Mi senti?!
Certo che ti sento, perché non dovrei?
Nonostante tutto la loro connessione sembrava non essersi spezzata.
Il nuovo colpo che arrivò lo trovò impreparato e lo ferì al viso. Si toccò con le dita la guancia e trovò i polpastrelli macchiati di sangue.
Perché?
Non sono io…
La sua voce implorante gli perforò ancora una volta la mente e, finalmente, comprese: era sotto il controllo dell'Alpha.
Non ebbe il tempo di risponderle che lei lo assalì nuovamente.
Elsa attaccava per colpire, ferire mentre Jackson rispondeva per deviare, difendersi: era chiara la direzione che quella lotta stesse prendendo, tuttavia erano troppo veloci per permettere ad Anna, o a chiunque, di intervenire: il rischio di mancare Elsa e colpire Jack al suo posto era troppo elevato ma, soprattutto, voleva colpirla davvero?
D'improvviso il giovane cacciatore si sbilanciò e cadde, rimanendo così alla mercé della sua assalitrice. Lei gli piombò addosso, caricandogli tutto il peso sullo stomaco e spezzandogli il fiato. Ancora una volta due mani si alzarono ed andarono ad intercettare un colpo pericolosamente mortale.
Devi fermarmi...
Io non posso, non ci riesco a farti del male - nonostante tutto le regalò un sorriso furbo - Non in questa forma, almeno...
Ma tu devi farlo, devi, o vi ucciderò tutti!
Io non ci credo... Tu sei più forte di così, tu non ti fai manipolare!
Io non sono forte... Sono solo tanto stanca... Per favore…
I suoi occhi si serrarono nel disperato tentativo di ricacciare le lacrime che le stavano salendo agli occhi, occhi che - tuttavia - si sgranarono nel sentire la presa ferrea sui suoi polsi allentarsi.
No, no... Cosa stai facendo?
Coraggio, uccidimi... Anche io sono stanco di vederti così, facciamola finita!
Le braccia di Jackson scivolarono verso il basso e si adagiarono sul terreno ai lati della testa: si arrese, semplicemente.
Il braccio di Elsa, invece, scattò - con tutta l'intenzione di fracassare quella testa che, solo fino a pochi giorni prima, aveva accarezzato così tante volte e altrettante, di più, avrebbe voluto accarezzare per recuperare tutto quel tempo perso in un modo così stupido - ma il suo attacco non arrivò a destinazione: la mano sinistra intercettò la destra e la bloccò, ad un soffio dal viso di lui e, proprio in quel momento, una freccia la colpì sulla spalla esposta, l'argento penetrò la carne, lasciando una scia di dolore bruciante che le strappò un grido e la fece accasciare al fianco dell'altro.
«Anna ma cos...?» le chiese Kristoff incredulo.
La ragazza scosse appena la testa, la balestra ancora carica nella sua mano «Non sono stata io...»
«Questo è stato pazzesco!» quasi urlò Mattias estasiato, di fronte al colpo magistrale appena scoccato dalla giovane Emma.
«Anna, la rete!» la voce di Jack riuscì a riscuoterla. Una volta recuperata, gli fu subito al fianco, deglutì mentre la dispiegò sulla sorella «Scusami...»
L’altra annuì impercettibilmente e gemette quando l'argento entrò in contatto con la sua pelle, lasciandole scie arroventate sulla pelle pallida.
«Che le è preso?» chiese preoccupata.
«Sta eseguendo gli ordini...» le spiegò il cacciatore.
«Di chi?»
Jack alzò il capo allarmato «Cazzo...» gridò «Madre!»
Il lupo rosso quasi travolse la donna con la sua carica, facendola crollare a terra. Ellen, dolorante e tremante, allungò disperatamente la sacca di strozzalupo verso quella bestia infernale che, in quel momento, la guardava bramoso con quei suoi occhi di brace, nel disperato tentativo di allontanarla. Le mascelle del lupo schioccarono e, in un attimo, squarciarono il sacco senza che questi battesse ciglio.
Solo l’intervento di Mattias gli impedì di attaccare di nuovo: ringhiò, infastidito dal colpo di pugnale che aveva appena ricevuto al costato. La bestia si liberò di quella stupida arma priva d’argento semplicemente scrollandosi, la ferita si rimarginò all’istante.
«Buon Dio…» deglutì spaventato l’uomo, improvvisamente incapace di muoversi davanti a quel mostro invincibile. Il lupo ringhiò nuovamente e lo colpì con una potente zampata e il suo corpo volò per alcuni metri, facendolo schiantare contro ad un albero, il braccio dove lo aveva appena colpito era una scarica di dolore.
Il lupo scattò ancora ma la sua corsa verso il ferito venne bruscamente deviata da una spallata di Jackson, certo, non poteva competere contro di lui in forma umana ma la sua nuova forza doveva pur servire a qualcosa. Non fece in tempo ad alzarsi che una freccia scoccata da Anna gli si conficcò nella schiena e una di Emma gli perforò una delle cosce. L’argento, questa volta, lo fece ululare di dolore, facendolo rimanere alla mercé del taglialegna armato della sua ascia che
, come un fulmine, piombò su di lui, caricando tutta la forza in quel fendente che fece calare sulla sua testa, pronto a staccargliela di netto.
Per quanta forza Kristoff avesse, però, non fu sufficiente: la lama entrò nel collo dell’animale solo per metà ma su di essa non c’era traccia d’argento e, così, la sua guarigione non fu ritardata. Il lupo parve quasi sogghignare, scrollò il grosso collo e si liberò dell’accetta con una cascata di sangue e, ancora una volta, attaccò.
Il giovane taglialegna urlò di dolore quando le fauci della bestia si serrarono sul suo di collo e, in quello stesso istante, Anna si spezzò «Kristoff, no!»


C’è una voce nell’oscurità, così simile a quella che ha appena urlato.

E’ lui ti dico!

Come fai ad esserne sicura?

Ho visto la cicatrice che ha sulla schiena, esattamente dove tu hai bruciato il lupo: è stato lui a mordere Elsa! 

Se è così dobbiamo dirlo a tutti al villaggio...

No, non possiamo, nessuno ci crederà, lui è il capo mentre noi saremo per sempre gli stranieri...

Hai ragione, soprattutto, non devono sapere di Elsa: la uccideranno…

Dobbiamo trovare un modo per farlo uscire allo scoperto.

Ti ha sentita?

Ero lontana e avevo lo strozzalupo, non può averlo fatto...

I discorsi si perdono nella foga, nella rabbia, nella fame della trasformazione e improvvisamente, portata dal vento, arriva quella voce:

Agnarr, no!

Ed infine quell’odore: così familiare, così dolce, così terrificante.

Il giovane lupo bianco impazzisce nella sua gabbia, si dimena, morde, sbatte finché la bocca non si riempie del suo stesso sangue e le sbarre finalmente cedono.
E poi corre e corre in quella foresta, fino ad arrivare a quei corpi martoriati, già privi di vita, a cui non riesce - non può - credere, per questo li scrolla con ciò che ha - le sue zampe, i suoi denti - ma quelli non si muovono perché, semplicemente, non possono più.
E allora ulula nell’aria del mattino tutto il suo dolore ed è allora che li sente: quei due occhi rossi su di sé ma non c'è più tempo, la trasformazione s'inverte e, semplicemente, scivola nel buio dell’incoscienza.

 

«Tu…» sibilò Elsa, ancora imprigionata nella rete d’argento. Nonostante il dolore, fece leva sulle braccia portandosi carponi «Sei stato tu!» scosse la testa mentre i suoi occhi chiari si tingevano nuovamente di rosso «Tu li hai uccisi!» questa volta ringhiò e, con un urlo disumano, si trasformò.
La rete semplicemente volò via e il lupo bianco, furioso, scattò: gli occhi rossi, gli occhi di un Alpha.[5]
Piombò sull’altro lupo con una velocità disarmante, allontanandolo dal corpo inerme del taglialegna. Attaccò, morse, graffiò: instancabile, insensibile alle ferite dell’argento, a quei pochi colpi che l’altro, completamente preso in contropiede, riusciva a mettere a segno.
Com’è possibile? Tu dovresti essere mia…
Io non sono di nessuno.
Morse.
Tu li hai uccisi!
Dilaniò.
Tu la pagherai!
Il lupo rosso si liberò dalla sua presa.
Se è questo che hai deciso, allora morirai assieme a loro!
Contrattaccò.
Così, lupo bianco e rosso si affrontarono nuovamente, entrambi feriti, entrambi non disposti a cedere. Per quanto Elsa potesse essere inarrestabile nella sua furia, però, aveva pur sempre passato tutta la vita a reprimere quella parte di sé mentre Friederik, al contrario, quella natura l’aveva continuamente allenata, fortificata, la lotta fra loro sarebbe stata sempre impari. Per questo il lupo rosso riuscì a sovrastarla e ad imprigionarle una coscia fra le sue zanne e, per quanto lei si dimenasse, non mollò la presa.
Tuttavia c'era una cosa che a Friederik mancava e con cui, di certo, non aveva fatto i conti, una cosa fondamentale che
, sebbene tendesse spesso a dimenticarselo, Elsa aveva in abbondanza: l’amore di una famiglia.
Bastò un cenno del capo che i fratelli Overland si compresero subito: Jack fece leva con le mani e permise ad Emma di saltare molto più in alto del normale, cosicché una freccia d’argento andò a conficcarsi dall'alto nella schiena del lupo rosso – fra capo e collo – e, approfittando del suo dolore, Jackson lo caricò a testa bassa, piantandogli alcuni degli stiletti di Anna – al momento fuori dai giochi – nel costato. L’assedio del lupo rosso sul bianco, finalmente, cessò.
Il giovane si avvicinò alla sua compagna e gli passò una carezza sulla pelliccia candida impiastricciata di sangue.
Stai bene?
Jack!
Quel richiamo spaventato riuscì a far scattare il cacciatore ancora prima di aver effettivamente compreso quel che stesse succedendo: vide solo la sua mano spingere la sorella e avvertì i denti dell’altro serrarsi sul suo collo, stringere, strattonare.
Il lupo bianco sgranò gli occhi e provò ad alzarsi ma la sua zampa posteriore dilaniata cedette, uggiolò frustato e ringhiò arrabbiato, raspando disperatamente con quelle anteriori, nel vano tentativo di raggiungerli. Non poteva permettersi di perdere anche lui, non poteva, non poteva.
Jack, però, non si abbandonò al dolore, anzi, carico di adrenalina e d'istinto di sopravvivenza, ghignò per l'intuizione che gli aveva appena attraversato la mente «Emma, colpiscimi, presto!»
«Cosa?» sbottò la minore in un mare di lacrime «Non posso!»
«Devi!» le urlò contro lui, mentre l’altro cominciava a trascinarlo via «Andrà tutto bene, te lo prometto…»
Emma portò le mani alla balestra per caricarla ma quelle tremavano troppo e non ne volevano proprio sapere di fare il loro lavoro.
Improvvisamente una freccia venne scoccata: da Anna.
Il colpo non era perfetto ma a Jack questo non interessava, quando la freccia fu abbastanza vicina per trapassargli il petto, lui mosse rapido una mano e la intercettò: agguantò l’asta e ne deviò il percorso, la puntò verso l’alto e se la conficcò nella spalla, proprio lì, dove le fauci del lupo rosso erano serrate.
Il dolore ed il bruciore dell’argento si sommarono a quello dei denti piantati nella sua carne ma spinse, spinse fino a che non avvertì lo schiocco.
La presa sulla sua spalla si allentò e il lupo rosso si accasciò al suo fianco, gli occhi vitrei, il respiro assente: il cervello trapassato dalla freccia con la punta d’argento. 

  

    La mano di Anna era rimasta inerme, accanto alla balestra adagiata sul terreno, lo sguardo assente sul corpo del giovane sdraiato accanto a lei. Il morso di Friederik era troppo profondo, il sangue zampillava copioso dalla sua terribile ferita, non c’era alcuna Luna Rossa nel cielo, Kristoff non si sarebbe trasformato, semplicemente sarebbe morto, lì, tra le sue braccia.
Neanche si accorse di Ellen che cercava di bloccare quella copiosa emorragia o delle sue parole che la esortavano ad aiutarla, niente, era già a pezzi e, man mano che il colorito del ragazzo si faceva sempre più cianotico, si sgretolava un pochino di più.
«A-Anna…» solo la voce di lui ebbe il potere di ridestarla. Trasalì e strinse forte con le sue quella mano che si era alzata debolmente da terra «Grazie a Dio sei salva…»
Le lacrime le inondarono gli occhi, impedendole di vedere quel piccolo sorriso che si era appena disegnato sulle labbra dell’altro «Non parlare…» lo implorò «Non affaticarti…»
«Devo, invece… non voglio morire senza prima averti detto che ti amo»
Lei si accasciò su di lui, stringendo i denti «Anch’io ti amo: non lasciarmi, non lasciarmi…» ma lui non le rispose più e, così, appoggiò la fronte sul suo petto, distrutta, prese fiato e gridò «Elsa!»
Jackson le adagiò la sorella al fianco, ora avvolta nel calore del mantello di lui dacché la sua trasformazione si era invertita e la sua gamba era, al momento, fuori uso. 
Elsa la strinse in un forte abbraccio «Ci penso io: dopo tutto quello che hai fatto per me in questi anni, è giunto il momento di sdebitarmi»
Anna singhiozzò, comprendendo quello che l’altra avesse in mente «Ma se lo farai, tu…»
Non c’era possibilità che la ragazza sopravvivesse al guarire un colpo mortale di quel tipo, soprattutto non ora che era già stanca e ferita «Io te lo devo…» alzò, il suo sguardo su Jack e lo guardò, in cerca di perdono «Mi dispiace ma devo farlo»
Il giovane strinse i denti ma annuì, tuttavia, prima che la mano di lei si posasse sul collo di Kristoff, gliela bloccò con la sua «Ancora non hai imparato a non farti carico di tutto, vero?» era stanco ma le sorrise comunque «Facciamolo insieme»
Elsa strinse quella mano con forza e fu il suo turno di sorridergli, poi la posarono contemporaneamente sul giovane il cui battito, ormai, era sempre più debole. Il dolore si impadronì dei loro corpi e delle loro menti ma non lasciarono la presa, la mantennero ancora e ancora. Quando Jack ed Elsa crollarono sfiniti ai lati di Kristoff, lui - finalmente - riaprì gli occhi.

  

    

Per i mercati del Nord, fra la calca di gente, è possibile trovarvi una ragazza - talvolta accompagnata dal suo giovane sposo, altre da quella che pare essere la sua esuberante sorella - intenta a barattare oggetti di rara qualità. Il suo aspetto intimorisce perché ricorda quello della strega che popola le storie oscure narrate ai più piccini, così dal dissuaderli dall'avventurarsi da soli nei boschi ma basta parlarle, o vederla sorridere appena, per comprendere che non può essere lei l'inquietante megera: i suoi capelli sono semplicemente biondi e i suoi occhi azzurri come il cielo.
I capelli della strega, invece, sono così chiari da sembrare neve e i suoi occhi di ghiaccio, si dice, siano in grado di congelare chiunque osi incrociare il suo sguardo. Ella pare nascondersi fra le imponenti foreste dell'estremo Nord e che le tre modeste casette[6]
in cui dimora con i suoi schiavi - sapientemente nascoste nel fitto degli alberi - siano protette da due enormi bestie infernali. Il modo per raggiungerle nessuno la sa, ma si crede sia necessario lasciare la via maestra e addentrarsi nelle ombre sinistre del bosco. Gli avventori che si azzardano ad avvicinarsi a quei luoghi, capirete, non sono poi molti. Tuttavia, si racconta – per voce di quei pochi che vi sono capitati per casualità del fato – che non sia raro incontrare in Estate, fra i cespugli di fragole selvatiche e i praticelli in fiore, una piccola bambina dai capelli color del grano raccolti in due deliziose treccine e grandi occhi nocciola[7], coperta da una sgargiante mantella rossa. Nonostante sia sola e non vi sia traccia alcuna dei suoi genitori, nessuno si azzarderebbe mai a farle del male per via del grande lupo grigio con cui è solita giocare e del maestoso lupo bianco che li sta a guardare.



Ebbene sì, anche questa storia è finita e ci lascio un pezzo di cuoricino come per tutte le cose che durano da un po' e poi trovano la fine.
Vi dirò, forse provo ancor più malinconia di quando ho finito Seasons... 
Scrivere di Elsa e Jack lupi, Anna cacciatrice, Emma e la sua parlantina mi è piaciuto enormemente e spero che seguire le loro avventure (e quelle di tutti) sia piaciuto anche a voi.
Come qualcuno di voi aveva già intuito, il lupo cattivo di questa storia non è mai stato Elsa, bensì quel viscidone di Friederik, nel suo confronto con lei non ho resistito a mettergli in bocca quel mia cara da lupo di Cappuccetto Rosso e tutto il discorso sul mostrarle le meraviglie di essere un licantropo che lasciano Elsa eccitata e terrificata al tempo stesso è ispirato alla canzone "I know things know" dal musical Into the Woods, da cui sono tratti anche i versi che avete trovato all'inizio

Arrivare a questo finale è stata durissima, il tempo è stato molto tiranno e questa lotta che avevo ben chiara in testa - anche se le sue dinamiche sono cambiate più volte, tipo tutti i possibili futuri di Doctor Strange ^^ - ma non ne voleva proprio sapere di venire fuori su carta. 
Questo capitolo, come vi sarete accorti, è più lungo dei precedenti ma c'erano ancora molte cose da dire e battaglie da combattere, spezzarlo non avrebbe avuto molto senso.
Vi ringrazio per aver letto questa storia, per averla listata ne i preferiti, seguite e ricordate ma, soprattutto, ringrazio di cuore chi mi ha sostenuto in questa avventura, con il suo entusiasmo e il suo affetto, sia per queste mie righe che per questi personaggi e, sì, dai, anche un po' per me. Vi abbraccio tutte enormemente ♥
Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno con questo finale.

Cida

[1] Kristoff è troppo vicino al sacco di strozzalupo, l'empatia di Jack è bloccata ma può comunque facilmente immaginare le emozioni dell'amico.

[2] Mattias doveva avere solo un cameo nel secondo capitolo ma mi dispiaceva troppo lasciarlo fra quelle persone che non avrebbero battuto ciglio nell'uccidere Elsa, Jack e le loro famiglie, non dopo aver condiviso gran parte della vita con loro, soprattutto con Jack. Per cui mi è sembrata tremendamente da lui l'idea di raggiungerli per aiutarli senza aver prima dimenticato di depistare i loro inseguitori.

[3] Ecco finalmente spiegato perché Elsa è stata così dura con Anna nel capitolo precedente e, soprattutto, perché l'abbia colpita: nel momento in cui si è allontanata per via del litigio con Jackson, è stata avvicinata da Friederik nelle sue sembianze di lupo rosso che le ha ordinato di allontanarsi da tutti (è anche per questo che è stata via molto più del solito).

[4] Questa cosa del fatto che Friederik sia immune allo strozzalupo per averne assunto negli anni piccole quantità, è ispirata a Katherine Pierce (ah, quanto l'amavo) della serie TV di Vampire Diaries che faceva la solita cosa però con la Verbena.

[5] E' vero, Elsa avrebbe dovuto perdere il suo status di Alpha dopo che è stata sconfitta da Friederik, cosa che in realtà ha fatto ma, come detto, Elsa è un Alpha di indole e ho pensato che scoprire che il suo attuale capo-branco fosse, in realtà, colui che ha ucciso i suoi genitori potesse essere una discreta spinta per poter riaccendere in lei questa fiamma. Spero vi sia piaciuto.

[6] Ebbene sì, alla fine le casette nel bosco (come quella della nonna di Cappuccetto Rosso) le hanno costruite davvero ;)

[7] No, non è la figlia di Elsa e Jack (non sono ancora pronta per vedere i miei adorati ghiaccioli con prole ç_ç) ma è Freja (il mio headcanon per la figlia di Anna e Kristoff, per chi non lo sapesse) - perché non può mancare mai - che gioca con gli zii *-*

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