Stigma di guerra

di Monkey D Anjelika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Innocente ***
Capitolo 3: *** Violenza ***
Capitolo 4: *** Criminale ***
Capitolo 5: *** Nascita ***
Capitolo 6: *** Orfanotrofio ***
Capitolo 7: *** Padre ***
Capitolo 8: *** Madre ***
Capitolo 9: *** Assolto ***
Capitolo 10: *** Fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Il 4 maggio 1980, Josip Broz Tito morì.
E con lui anche la Jugoslavia.
La Jugoslavia racchiudeva in sé quei paesi che oggi conosciamo come i Balcani.
Dalla morte di Tito, nel giro di dieci anni, i paesi iniziano a separarsi, a dichiararsi indipendenti.
Nacquero guerre e non solo esterne, ma anche interne.
Tra il 1992 e il 1995 ci fu un conflitto divise per sempre la Bosnia Erzegovina e i suoi abitanti.
La Bosnia era già divisa prima.
Nel paese non ci sono solo i bosniaci ma anche i serbi e i croati.
Queste tre razze sono separate dalla religione: islam per i bosniaci, cristianesimo ortodosso per i serbi e cristianesimo cattolico per i croati.
E proprio questa differenza di religioni, sarà un pretesto per farsi fuori a vicenda.
Era necessario eliminare i diversi, gli impuri e unificare il paese.
I serbi volevano eliminare i mussulmani, esseri considerati inferiori.
Così iniziò la guerra. Così iniziò il dolore.
Il cielo limpido assunse un colorito grigiastro, divenne cupo e pesante.
Pesava sulla vita dei bosniaci, uccisi e ripudiati dalla loro stessa terra.
Il silenzio calò su tutto il paese. Ma presto fu riempito dagli spari, dai carrarmati, dalle grida e dai pianti.
Migliaia di famiglie furono distrutte.
Figli separati dai loro genitori, genitori separati dai loro figli.
Gli uomini vennero uccisi. Le donne furono portate in campi di concentramento dove furono violentate sistematicamente e i bambini rimasero da soli.
Divennero i genitori di se stessi, dovevano scappare dalla morte, ma non tutti ci riuscirono. 
Molti bambini morirono, mentre molti altri nacquero.
Chi fu generato dall'amore, morì.
Chi fu generato dall'odio, visse.
L'odio vinse su ogni cosa.
Quelli che erano amici, un tempo, divennero i carnefici, gli aguzzini.
L'odio invase la Bosnia Erzegovina, un odio che dopo trent'anni, ancora sopravvive.

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Capitolo 2
*** Innocente ***


Freddo.
Senti freddo.
Il tuo corpo è gelido.
Non hai nulla addosso che ti scaldi. E il clima rigido di dicembre peggiora la situazione.
Con i tuoi arti indeboliti ti stringi. Ti abbracci da solo. Un po' per scaldarti, un po' per consolarti.
Sei nascosto dietro un carrarmato lasciato lì da mesi.
Ormai quegli oggetti sono in tutto il paese.
La guerra ha invaso tutta la Bosnia Erzegovina nel giro di poco tempo.
Non c'è più un posto sicuro, solo dentro ad una bara.
E probabilmente ci finirai presto. Almeno lo speri.
Vorresti essere seppellito insieme ai tuoi genitori.
Ma lsai che i soldati non ti seppelliranno mai.
Lasceranno il tuo corpo a marcire.
Diventerà mangime per i corvi.
Rabbrividisci a quel pensiero.
Vorresti piangere, ma le lacrime ghiacciano dentro.
Alla tua età dovresti andare a scuola, giocare con i tuoi amici e fare i compiti. Invece stai patendo la fame e il freddo.
Sei da solo in un paese che non riconosci più.
Un paese devastato dalla guerra.
Ti dondoli su te stesso come un bambino autistico perso nel suo mondo.
Ormai solo la fantasia può salvarti. Immagini un futuro lontano, dove la guerra sarà solo un brutto ricordo.
Un ricordo che, però, avrà sempre un peso su tutti gli bosniaci.
Non ti importa però. Preferisci il tormento eterno al nulla.
Hai un gran desiderio di vivere, di studiare. Ti piacerebbe avere figli tuoi.
Essere quel che a te è stato tolto.
Vorresti raccontare di quegli orrori e dire di essere sopravvissuto. 
Potrai dire che Dio era con te.
Che un Dio c'è e ti ha protetto. 
Dio.... Allah... ma che differenza fa?!
Davvero tutto quel caos per la religione?! C'è altro sotto?! 
L'importante è avere qualcuno che ti ama, che sia un Dio o una persona.
L'amore è la cosa più importante.
E rimani così.
Con quel pensiero, con quelle domande mentre un proiettile ti attraversa il petto.
Sorridi.
Presto rivedrai i tuoi genitori e potrai ringraziare il tuo Dio per averti protetto fino a quel momento.
Ma poi le lacrime cancellano il sorriso dal tuo volto.
Non potrai raccontare a nessuno di quella guerra, nessuno si ricorderà di te.
I tuoi sogni cessano insieme alla tua vita.

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Capitolo 3
*** Violenza ***


Buio.
È buio attorno a te.
Non riesci a vedere dove ti trovi.
Quel luogo non ti è familiare, anche se sei lì da molto tempo. 
Quanto? Sei mesi? Un anno?
Hai perso la cognizione del tempo. 
Hai perso del tempo.
Tempo che avresti voluto passare con ti ama.
Ma sei con chi ti odia.
Con chi ti vuole distruggere sia psicologicamente che fisicamente.
E ci sta riuscendo.
Non sai come sta andando la guerra lì fuori.
Ma dentro te sì.
Il tuo nemico sta vincendo.
Tu avevi già perso in partenza.
Ti è bastato quel suo sguardo sadico e crudele per cadere. 
E quando ti ha sfiorata, sei precipitata nell'oblio.
Ora c'è solo il buio, il vuoto...
Non senti neanche più il dolore.
Ormai la violenza è parte della quotidianità. Ci sei abituata.
È normale, per te. 
Sono normali i suoi baci ruvidi sulla pelle pallida e piena di lividi.
Lividi causati da lui, da quel serbo quando ti picchia.
Segni violacei su tutto il tuo corpo
 Il corpo ancora immaturo di un'adolescente.
Ma il livido più grande lo hai dentro. 
Nell'anima macchiata, contaminata.
Ti ha sporcato quando ti è entrato dentro con violenza la prima volta.
Quando ti ha posseduto con crudeltà.
Entrava e usciva da te con foga.
Ti graffiava la pelle, mordeva il seno.
Non pensava né al tuo né al suo piacere.
Voleva solo farti del male.
E mentre tu gridavi e piangevi, lui rideva. 
Si faceva beffe di te.
Ti considerava solo una lurida mussulmana bosniaca che doveva sparire.
I serbi vogliono eliminare la tua razza.
Preghi Alah.
Lo supplichi di salvarti.
Ma sai che nessuno salverà te e quella creatura che porti in grembo.
Quella creatura che non vuoi.

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Capitolo 4
*** Criminale ***


La rabbia ti pervade la mente, ti lacera il cuore.
Stringi le mani in pugni e colpisci la porta di una stanza.
Una stanza buia, fredda e vuota.
Non c'è più nessuno.
Lei è scappata e nessuno se ne è accorto.
La sua paura non l'ha bloccata.
Evidentemente, allora, non aveva poi così paura.
Ma tu della paura ne sai ben poco.
Non puoi immaginare cosa può far fare alle persone.
Tu non hai mai avuto paura in tutta la tua vita.
Non hai paura di quelle donne violentate.
Sai che non hanno la forza di reagire.
Non hai paura dello Stato.
Sei stato autorizzato a fare del male.
Credi di essere nel giusto perché sei tutelato.
Non hai paura delle conseguenze.
Nessuno ti punirà e continuerai la tua vita come se niente fosse stato.
E allora perché sei così arrabbiato?!
Non ami quella ragazzina, era solo il tuo passatempo.
Non ami nemmeno quella creatura che porta in grembo.
Lei è solo un modo per ricordare alle vittime ciò che hanno subito.
Sei arrabbiato perché sai di aver perso.
Lei è fuggita ed è riuscita a salvare due vite.
Tu, invece, dovevi distruggerle.
Ma hai perso.
Chissà cosa penserà il generale.
Non sei riuscito a fermare una ragazzina.
A volte ti domandi che cosa penserà tuo padre.
Invece di fare l'università, stai facendo la guerra.
E tua madre?
Ha messo al mondo un criminale.
Tua figlia che penserà di te?!
E tu cosa penserai,un domani, di quell'uomo di quarant'anni senza famiglia, senza onore?!
Avrai solo colpe che ti faranno compagnia quando sarai vecchio.

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Capitolo 5
*** Nascita ***


La neve gelida ricopre i tuoi piedi.
Non senti il freddo, senti solo la paura.
Tremi al pensiero che loro possano trovarti.
 La tua fuga risulterebbe vana.
Sicuramente si sono accorti della tua scomparsa e, sai, che presto verrano a cercarti.
Ti vogliono morta insieme a lei. 
E se dovessi morire di freddo, fame o sete, per loro risulterebbe una sconfitta.
La loro fame di sterminio, non verrebbe saziata.
Con il fiatone corri per le vie di Foča.
Non c'è nessuno e ciò ti consola e spaventa allo stesso tempo.
Nessuno può fermarti, nessuno può aiutarti.
Devi cavartela da sola.
Una fitta alla pancia, ti blocca.
'Non adesso' sussurri.
Ma lei non ti ascolta.
Non ti ha mai ascoltata, nemmeno quando la supplicavi di non crescere più.
La pregavi di morire dentro te.
Quel mondo non ha niente da offrirle.
Non la desidera.
Tu nemmeno e neanche la Bosnia Erzegovina.
Quella società contorta e patriarcale non vuole quelli come lei e mai li vorrà.
Ti fai forza e ti addentri in un vicolo.
Ti accasci al suolo e rispetti la sua volontà di nascere in quel momento.
Le tue grida riempiono il silenzio della notte, sono grida di dolore che tutti potrebbero sentire.
Ma è più forte di te, ti fa male e non riesci a stare in silenzio.
Ma, presto, qualcosa di più forte sovrasta le tue grida.
È un pianto di gioia di chi è venuto al mondo.
Un pianto di tristezza di chi sa che quel mondo non l'accetta.
Con delicatezza la prendi in braccio e l'accosti al seno.
Cerchi di calmarla e con le mani piene di sangue la stringi forte.
È così piccola, così indifesa, così odiata. 
La guardi per un momento e lei ti sorride.
Come Gesù Cristo è nata il 25 dicembre.
Gesù era il Messia, il Salvatore.
Lei chi avrebbe salvato? Te da quell'orribile ricordo?
Oppure eri tu a dover salvare lei da un destino segnato?!
Hai tre scelte.
Puoi tenerla con te e amarla perché, in fondo, è anche figlia tua. 
Oppure potresti darla in adozione e sperare che cresca lontano da quella sofferenza con un padre ed una madre che l'ameranno come se fosse figlia loro. Ma se ciò non dovesse accadere?! Se dovesse crescere in un orfanotrofio senza l'amore di una famiglia?
Forse la scelta migliore è la morte.
Potresti ucciderla e risparmiarle il dolore della vita.
La scelta spetta a te.

 

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Capitolo 6
*** Orfanotrofio ***


È notte fonda e tu ancora non dormi.
I tuoi grandi occhi azzurri  guardano il letto vicino al tuo. 
È vuoto.
Anche un'altra bambina se ne è andata.
Ma lei era diversa dalle altre, lei era la tua migliore amica, la tua unica amica.
Ti senti così sola da quando lei non c'è più.
Il suo sorriso imbarazzato, i suoi occhi marroni e la sua dolcezza avevano riempito il tuo cuore di amore.
Di un amore che mai nessuno ti aveva dato.
Sei chiusa in quel luogo umido da quando sei nata e ci rimarrai ancora per un po'.
Tua madre ti ha lasciata lì e non è più tornata.
Tuo padre non sa dove sei e probabilmente non lo vuole sapere.
O forse ignora la tua esistenza
Nessuno ti vuole.
Quando coppie che non possono avere figli, decidono di adottare gli orfani, esprimono chiaramente di non volere quelli come te.
E come dargli torto.
Loro accolgono chi non ha più nessuno, chi ha perso i genitori.
Tu non li hai persi, sono vivi ma non ti vogliono.
A volte ti guardi allo specchio e ti chiedi a chi assomigli.
Da chi hai ereditato quei capelli scuri e ribelli?!
Odi quei ricci che non stanno mai come tu vorresti.
Da chi hai ereditato quegli occhi dal colore indefinito?!
Quando fuori piove si tingono di sfumature grigiastre, quando c'è il sole sono più azzurri del cielo.
Li odi.
Vorresti un colore più definito.
Ma gli occhi sono lo specchio dell'anima e rispecchiano te. 
Tu sai di essere un'unione tra una bosniaca e un serbo.
Due etnie contrastanti.
Forse la gente ti disprezza per quello.
Non hai nulla di definito.
Sei uno scarabocchio, non sei una bambina.
Sei stata dipinta mischiando colori a caso.
Persino la tua carnagione è un miscuglio.
La tua migliore amica ha la carnagione chiara, pallida.
Un'altra bambina adottata mesi prima l'aveva scura.
Da quello che hai capito, lei è nata in Africa e ha perso i genitori mentre venivano in Bosnia.
Immigrati li chiamano. 
Gli immigrati sono le persone che scappano dalla loro terra e perdono tutto.
Gli orfani sono i bambini che perdono i genitori.
Entrambi perdono qualcosa, entrambi fanno compassione.
Tu, invece, sei una bastarda.
Tu hai tutto, ma quel tutto non ti vuole.
Tu non fai compassione, tu fai pena.
E piangi.
Non sai fare altro.
Speri che le lacrime lavino il tuo dolore e la tua solitudine.
Quella solitudine che speri di colmare un gorno.
Un giorno che sembra troppo lontano.
 

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Capitolo 7
*** Padre ***


Le lacrime rigano il tuo viso. 
Le mani tremano.
Il cuore batte per abitudine.
Ormai sei morto dentro da tempo.
Sei morto nel 1995 con tua moglie e tuo figlio.
Sei morto con il massacro di Srebrenica.
Ma i tuoi organi si ostinano a sopravvivere e a funzionare come se nulla fosse.
Le lacrime bagnano la foto che tieni tra le mani.
Una vecchia foto in bianco e nero che rappresenta una giovane donna e un bambino sorridente.
Alen era sempre così allegro.
Metteva di buon umore anche te.
Ma da quando lui se ne è andato, tu hai smesso di sorridere.
Non ne hai più motivo.
Da vent'anni la tua vita è un inferno.
Prima la guerra, poi la morte di quelle due anime innocenti.
Hai perso ogni cosa nel giro di mezz'ora.
Ricordi ancora gli spari, le risate del nemico e i pianti disperati della gente.
Ricordi il sangue sparso a terra, sulle tue mani, sul volto di tua moglie.
Sospiri e sollevi lo sguardo.
Vedi fuori dalla finestra una città cupa, silenziosa.
Ognuno vive la propria vita.
Il tempo è passato veloce, ma i ricordi restano.
Le ferite sono diventate cicatrici.
Il dolore è sparito, ma il segno resta. 
La vita è andata avanti per tutti, e con lei anche il ricordo.
E sono i ricordi che ti fregano.
Ti impediscono di respirare, di amare ancora.
Ogni volta che parlavi con una donna, vedevi il volto pallido e senza vita di Azra.
Ogni volta che giocavi con i bambini dei tuoi amici, vedevi il sorriso senza vita di Alen.
I ricordi non ti lasciano in pace, ti tormentano.
Solo la morte può salvarti, ma non hai il coraggio di morire.
Devi vivere per tua moglie e tuo figlio.
Non vuoi morire per la mano di un uomo, ma vuoi aspettare la chiamata di Allah.

 

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Capitolo 8
*** Madre ***


Sospiri per l'ennesima volta.
Ti siedi sul letto e guardi fuori dalla finestra.
C'è un parco vicino casa tua.
Vedi dei bambini giocare, correre e scherzare.
Con loro ci sono madri che chiacchierano e osservano i bambini a stento.
Tu giocheresti con loro. 
Chi ha l'oro, lo disprezza.
È sempre stato così.
Tu e tuo marito avete ricevuto una notizia che ti ha scosso.
Non potete avere figli.
Lui è sterile.
A lui non importa molto.
Ama il suo lavoro e basta.
Non ha tempo per amare qualcun'altro.
Ma tu sei distrutta, a pezzi.
Hai molto amore da dare e molto da voler ricevere.
Ma il destino ha scelto così.
Ci sono tante alternative: adozione, inseminazione artificiale. 
Ma lui non vuole.
Dice che non siete fatti per fare i genitori, bisogna accettare il proprio destino.
Ma tu il destino non lo hai mai accettato. 
Tu sei una madre ma non lo hai accettato.
E il destino ha deciso di accettare la tua scelta. 
Non hai voluto tua figlia, non avrai altri figli.
Guardi il comodino vicino al letto.
Ti avvicini e cerchi qualcosa nel cassetto.
È una foto vecchia.
 È una foto di una bambina, la tua bambina.
L'hai abbandonata in un orfanotrofio. 
Non la volevi.
Era la scelta giusta per entrambe. 
Sicuramente lei, ora, ha una famiglia che l'ama e ignora le circostanze della sua nascita.
Spesso hai pensato a quella bambina senza nome e alla tua decisione.
Con il tempo hai cambiato idea.
Ti sei pentita, ma avevi diciassette anni ed eri profondamente ferita.
Non avevi alternative.
Ma ora è diverso.
Ora sei pronta ad accettarla.
Ma lei accetterà te?!
Comprenderà il tuo dolore?!
Tentar non nuoce.
Ma con che coraggio torneresti da lei.
Avrà qualcun'altro che l'ama profondamente.
Ma nessuno ama più di una madre, e ora più che mai hai bisogno di lei e lei di te.

   
 

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Capitolo 9
*** Assolto ***


I tuoi occhi sono seri e freddi.
Scrutano con attenzione il giudice davanti a te.
Non ricambia il tuo sguardo.
È distratto, vuole andarsene da lì.
Accenni un sorriso.
Non ha voglia di svolgere il suo lavoro, magari è un punto a tuo favore.
La sua testa è china, le mani tremano. 
È impaziente, mentre tu sei tranquillo.
Lo sei sempre stato Aleksandar Ilić.
Sapevi che lo Stato e la fortuna sarebbero stati sempre dalla tua parte.
Ne hai commessi di errori, ma non hai mai pagato il conto.
Qualcun'altro ha pagato quel prezzo per te, ma tu non lo sai.
Hanno pagato amaramente in dolore e lacrime.
Però, poi, la legge ti si è rivolta contro e hai passato due anni in un'aula di un tribunale.
Sei stato denunciato da una donna, una testimone protetta, della quale hai abusato sessualmente.
Quando lo hai scoperto, il mondo ti è crollato addosso.
Dopo quasi trent'anni dalla guerra, credevi di essere sfuggito ai tuoi crimini. 
Ma, evidentemente, ti sbagliavi.
Eppure non ti sei arreso.
Hai chiesto tutela al partito serbo della Bosnia e la Serbia ti ha dato il suo appoggio e sei stato affiancato dal miglior avvocato.
Inizialmente volevano condannarti ad otto anni di carcere, ma il tuo avvocato è stato bravo a contrattare.
Sa come essere persuasivo, come convincere chiunque della tua innocenza. 
"Era un periodo di guerra, un periodo difficile per tutti. Ha solo obbedito agli ordini. Ilić non è un criminale." 
Sorridi se ripensi a quelle parole. 
Quel sorriso beffardo non ha mai abbandonato quel volto scuro e segnato dalle rughe.
Siedi composto, sei vestito bene.
Sei elegante.
Vuoi sfruttare il tuo aspetto per convincere che si può giudicare il libro dalla copertina.
Un uomo così calmo, composto  e ben vestito, non può essere un assassino, uno stupratore.
Sei solo un soldato ormai pensionato.
Per i serbi e i serbo-bosniaci sei un eroe di guerra.
Un colpo di tosse ti distrae dai tuoi pensieri.
Il giudice ha deciso il verdetto.
"La corte dichiara Aleksandear Ilić, nato a Banja Luka il 10 gennaio 1954, colpevole di stupro durante la guerra e perciò dovrà pagare un risarcimento di 17000 marchi bosniaci alla vittima e sarà tenuto a conoscere la figlia Aurora Radić, se lei vorrà."
Quando il giudice terminò di pronunciare di pronunciare la sentenza, smettesti di respirare.
Sei stato dichiarato colpevole ma non è quello che ti ha turbato.
In fondo hai vinto tu.
Non passerai otto anni dentro una cella.
Ma la notizia di avere una figlia, ti ha scosso.
Ti ha riportato alla mente il ricordo di quella ragazzina e i suoi grandi occhi spaventati.
Quella ragazzina di cui hai abusato molte volte in quella stanza buia.
Lei urlava, tu ridevi e, nel mentre, una creatura cresceva nel suo ventre.
Poi lei è fuggita, e con lei anche quei ricordi.
Ti sei sentito in colpa per quello che avevi fatto, anche se non l'hai mai ammesso.
Hai preferito dimenticare piuttosto che rimediare.
Ma dovrai farlo adesso, se lei vorrà.
Forse un po' ci speri di conoscerla.
O forse no.
Non è solo tua figlia ma anche l'unico legame con il tuo passato ignobile.
Sospiri.
Hai perso una seconda volta.
Prima avevi perso la ragazza quand'era incinta, poi hai perso una figlia e la possibilità di eliminare le tue colpe.
Nonostante ciò, sei sollevato.
Nessuna cella per te.
Un uomo non può giudicarti.
Ma un giorno lo farà Dio e li perderai per una terza volta, perderai per sempre.
"Non ho più nulla da perdere. Ora sta a te decidere figlia. Io sono qui".
 
 

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Capitolo 10
*** Fine ***


Rabbia e tristezza albergano nel tuo cuore.
Emozioni troppo forti che ti stringono il cuore, infiammano il petto, annebbiano la vista.
Sei sempre stata una persona razionale.
Con i sentimenti non sei mai stata molto brava.
Forse perché nessuno ti ha mai insegnato e amato.
O, perlomeno, non ti è stato dimostrato.
Sei cresciuta  sola in un orfanotrofio.
Sei stata madre e padre di te stessa.
Le suore ti hanno trattata bene, ma eravate in troppi per ricevere amore e attenzioni costanti.
Non hai ricevuto il giusto affetto.
Nessuno ti ha insegnato a gestire le emozioni.
Così hai preferito nasconderle e fidarti solo della razionalità.
Ma la ragione, ora, non ti può aiutare.
Serve l'amore per perdonare tuo padre ed evitare di diventare come lui.
Ma non ci riesci.
Vorresti solo fargli del male, restituirgli quello che lui ha fatto agli altri.
Vuoi urlargli tutto il tuo odio.
Vorresti fargli provare il tuo dolore causato da un'infanzia senza genitori, un'infanzia passata a pagare per le sue colpe.
Ma non ne sei capace.
Tu non sei mai stata come lui, non lo sei e mai lo sarai.
Il tuo carattere freddo e distaccato è solo un'armatura che ti protegge dalla paura.
Paura di mostrare amore.
Hai paura di amare nel modo sbagliato perché non sai dare ciò che non hai mai ricevuto.
Tremi.
Le lacrime rigano il tuo viso.
Tua madre è davanti a te.
Ti tiene le mani.
Lei è lì e ti sostiene.
Vi siete ritrovate da poco più di cinque anni e avete imparato a conoscervi e rispettarvi.
Insieme avete affrontato la stigma della guerra e avete superato quel dolore che vi divideva. 
Ora vuoi fare lo stesso con tuo padre.
Hai chiesto di conoscerlo e lui ha accettato.
Ti aspetta insieme a tutte le domande che vuoi fargli.
Ma hai paura di non farcela, di non essere pronta a perdonarlo.
"Io non ci riesco" confessi a tua madre.
Lei ti sorride.
"Ormai è fatta. Tra poche ore vi incontrerete e non puoi mancare. Non si tratta di rispettare un'orario, ma si tratta di rispettare te stessa. Devi mostrargli che tu esisti e che non può più rovinarti la vita. Lo stai facendo per te, non per lui."
Accenni un sorriso.
Quelle parole ti hanno convinta.
Devi chiudere con il passato, è ora di iniziare una vita, quella vita che ti è stata negata per vent'anni.
Puoi farcela Aurora.
Ora non sei più sola.
Hai tua madre, tuo marito e quella creaturina che si sta formando del tuo ventre.
Non sei sola, non lo sei stata mai ed ora lo sai.

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