Good Things Do Happen

di Natsumi92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We'll get his feathery ass here ***
Capitolo 2: *** I always come when you call ***
Capitolo 3: *** A more profound bond ***
Capitolo 4: *** If love is what you need, a soldier I will be ***



Capitolo 1
*** We'll get his feathery ass here ***


Good Things Do Happen

 

Rating: Arancione
Warnings: spoiler ultima stagione, la 15x20 non esiste
Pairing: Dean/Castiel, Sam/Eileen
Chapters: 4
Words: 7797
Plot:
Chuck è stato sconfitto. Jack è il nuovo Dio, mentre Sam e Dean possono finalmente essere gli artefici del loro destino. E la prima cosa che Dean farà, da uomo libero, sarà proprio quella di salvare il culo piumato del suo migliore amico.
Beta: quella sclerata di Julsss che, come me, non ha accettato il finale di serie

CAPITOLO 1 - We'll get his feathery ass here

«Sai, Dean, adesso che Chuck non scriverà più le nostre storie, potremmo provare a scriverle noi. Solo io e te, dovunque la strada ci porti.»

Sam fissava lo spazio davanti a sé mentre Dean era accanto a lui, entrambi appoggiati contro il grande tavolo di quella che i fratelli Winchester avevano imparato a chiamare casa.

Dean annuì, perso nei suoi pensieri. «Siamo finalmente liberi.» Prese, poi, un sorso della sua birra ghiacciata, restituendogli un po’ di quella lucidità che aveva perso dopo tutto ciò che avevano dovuto affrontare.

Jack era diventato il nuovo Dio: non sarebbe stato come Chuck, non si sarebbe intromesso, sarebbe stato un semplice osservatore. Onnipresente, sì, ma senza intervenire direttamente. E i fratelli gli credevano perché Jack era sempre stato puro e sincero ed era l’unico essere nell’intero universo a meritare quel ruolo.

Però c’era qualcosa dentro Dean che gli premeva contro il petto, minacciava di esplodere da un momento all’altro se non l’avesse fatto uscire quanto prima. Sentiva, sapeva, che non era ancora tutto sistemato. C’era ancora del lavoro da fare, qualcuno da salvare.

«E la prima cosa che faremo da uomini liberi sarà riportare indietro Cas.»

«Cas? Hai intenzione di metterti contro il Vuoto?» Sam sembrava sorpreso e al tempo stesso compassionevole. La compassione, quella che si mostra alle persone fuori di testa.

Sapeva che non era una cosa semplice: un’entità che aveva provato a mettersi contro Dio, che si era alleata con Morte, per il semplice desiderio di tornare a dormire. Dean non era nemmeno sicuro che gli esseri umani potessero avere la possibilità di parlare con lei.

In quel momento non gli importava. Non disse niente a Sam, promettendosi mentalmente di tirare nuovamente fuori il discorso il mattino successivo, dopo una sana sbronza e una lunga -- lunghissima -- dormita.

E così fecero.

Sam e Dean passarono tutta la notte, o almeno una parte di essa, a bere e a festeggiare la loro libertà. Sam decise di gettare la spugna attorno alle tre del mattino, ritirandosi nella sua stanza, mentre Dean continuava a tracannare birre su birre, aggiungendo del whisky quando il sapore della birra era diventato indistinguibile.

Non si rese conto di essersi addormentato, e non si rese nemmeno conto di stare sognando quando, inaspettatamente, si trovò circondato dal nero più totale: niente luce, niente rumori, nessuna presenza. Solo nero.

Si guardò attorno un paio di volte, confuso, finché un urlo non gli colpì le orecchie con la stessa intensità di un meteorite che colpisce la terra. Si voltò in fretta nella direzione da cui quelle urla provenivano e gli si gelò letteralmente il sangue nelle vene quando riconobbe Cas -- il suo Cas -- avvolto da un disgustoso liquame nero che stringeva, lo soffocava, lo feriva e lo dilaniava. Dean era paralizzato: voleva correre nella sua direzione per salvarlo, eppure le gambe non rispondevano ai suoi comandi, la voce non usciva. Solo il cuore batteva all’impazzata nel petto. E quando Cas notò la presenza di Dean, quando gli occhi blu del suo migliore amico si posarono su quelli verdi del cacciatore, quest’ultimo fu sbalzato nella realtà.

Si svegliò di soprassalto al suono della sveglia, impostata alle 8 in punto. Non ricordava nemmeno di essere andato a letto.

Quando raggiunse la cucina, silenziosa e vuota, la porta del Bunker si aprì annunciando l’arrivo di qualcuno.

«Ehi, Dean?»

«Sam? Dove diavolo eri?» gli chiese il maggiore, decidendo al tempo stesso che sarebbe stata una splendida idea quella di preparare dei pancake.

«Solo una corsetta mattutina. Come hai dormito?»

A quella domanda, la familiare angoscia che l’aveva attanagliato durante il sogno lo investì nuovamente. Dean deglutì, dando le spalle al fratello.

«Dobbiamo salvare Cas, Sammy.» disse dopo qualche secondo di pausa. Attese una risposta senza voltarsi, almeno non finché Sam non tirò un lungo sospiro.

«Dean, sai benissimo quanto vorrei che Cas fosse ancora con noi. Diamine, si è sacrificato per salvarti la vita. Non merita di marcire in quell’orribile posto.» Si era seduto su una delle sedie della cucina, mentre Dean metteva i pancake appena cotti su un piatto. «Però… come facciamo? Non abbiamo la minima idea di come evocare il Vuoto, di come interagire con esso.»

«Beh, lo troveremo il modo,» sentenziò Dean, stanco del pessimismo che non aveva mai caratterizzato il fratello minore. Mai, nemmeno una volta.

Dean, dentro di sé, sapeva che il motivo di quella sua cocciutaggine, di quella sua insistenza, era ben più profondo di quello che trapelava.

Castiel, prima di venire trascinato nel Vuoto, aveva aperto completamente il suo cuore al cacciatore: gli aveva detto di essere cambiato grazie a lui, che gli importava del mondo, degli esseri umani, di Jack e di Sam grazie a lui, l’aveva descritto come l’uomo più altruista e amorevole sulla faccia della terra e gli aveva detto, infine, che l’amava. L’aveva sempre amato.

Ci aveva messo un po’, il cacciatore, a rendersi conto di quello che stava accadendo attorno a lui. Billie voleva ucciderli, il Vuoto aveva aperto un varco nella stanza, Castiel lo stava fissando con lo sguardo più dolce e straziante che qualcuno gli avesse mai rivolto, e poi era scomparso. Insieme a tutto il resto.

Cas, il suo migliore amico, colui che gli aveva fatto cambiare idea sugli esseri soprannaturali, colui che l’aveva sempre protetto, l’aveva salvato e risalvato, colui che l’aveva amato sul serio, riuscendo a guardare oltre la sua corazza, aveva sacrificato la propria vita per lui.

E Dean lo sapeva, nel profondo, che Cas non lo meritava.

Perciò sì, era testardo. Ma aveva le sue dannate buone ragioni. E Sammy l’avrebbe capito, prima o poi.

Senza che Dean avesse aperto bocca, Sam sembrò leggergli dentro, ed annuì con un sorriso malinconico. «Riportiamolo a casa.»

Non passò molto tempo fino a quando al maggiore non venne un’idea semplice e geniale al tempo stesso: chiedere aiuto a Jack.

Il ragazzo era diventato parte della loro famiglia da tempo ormai, li aveva salvati, li aveva traditi, li aveva aiutati più spesso di quanto Dean potesse ricordarsi, e il cacciatore era stato duro con lui, il più delle volte. Aveva fatto una gran fatica ad accettarlo, ammise a se stesso, ma dopo tutto ciò che avevano affrontato insieme era più che sicuro che Jack fosse stata la cosa migliore che gli fosse mai capitata.

Sam accettò di buon grado, anche perché le alternative erano pressoché inesistenti. Così, quello stesso pomeriggio, provarono a chiamarlo.

Non credevano che potesse esistere un modo per invocare Dio, quello nuovo almeno. Perché si trattava pur sempre di un Nephilim, mezzo umano e mezzo arcangelo, con al suo interno il potere illimitato di Dio. Perciò, Dean pensò, chiamarlo a gran voce poteva essere la soluzione ideale.

Ma Jack non rispose mai.

Non rispose a nessuna delle loro preghiere, a nessuno dei loro richiami, non rispose neanche al cellulare. E Dean insistette a lungo, fino a notte inoltrata, finché Sam non si arrese.

«Dean, è tutto inutile. Non credo verrà.»

«Ma non ha senso! Ha promesso che sarebbe stato nei paraggi, no? In più, questa è una fottuta emergenza, potrebbe degnarsi almeno di mandarci un segnale!» Dean sbottò, spingendo via una delle sedie attorno al tavolo.

«Forse è impegnato?» il minore provò ad accampare una giustificazione, ma Dean non se la bevve. Era furioso, e rammaricato.

«Fanculo.»

Uscì a grandi falcate dalla stanza, dirigendosi in fretta verso la sua camera, non prima però di aver afferrato un paio di birre dalla cucina.

La notte passò per lo più in bianco. Ogni volta che chiudeva gli occhi, poteva vedere e sentire Castiel urlare il suo nome, perciò concluse che il sonno era sopravvalutato e che mettersi a leggere un paio di fumetti sarebbe stato senz’altro più produttivo.

Quando la sveglia suonò puntuale come ogni mattina, Dean, con ancora indosso i vestiti della sera precedente, decise di andare a farsi un giro con Baby. Quegli ultimi due giorni gli erano sembrati infiniti ed estenuanti, in più aveva letteralmente il bisogno fisiologico di un cheeseburger.

Ne pregustava già il sapore mentre afferrava le chiavi della sua Impala, diretto al garage, quando una figura snella e completamente immobile comparve nella sua vista periferica. Sobbalzò, con un po’ troppa ferocia, e riconobbe quel ragazzino dai capelli e occhi chiari che aveva cresciuto come un figlio.

Provò diverse emozioni tutte insieme: sollievo, ansia, rabbia, gioia, angoscia, furia. E quell’ultima la fece da padrona.

«Maledetto figlio di--»

«Jack!» lo interruppe Sam, sbucando da chissà dove con un sorriso fin troppo solare per i gusti di Dean.

Il ragazzo alzò la mano destra in quel modo strambo e meccanico che faceva imbestialire Dean, ed accennò un timido sorriso. «Ciao!»

«Da dove diavolo arrivi? E perché diavolo non ci hai risposto ieri? Ti abbiamo chiamato per ore, Jack, per ore!» Il tono di voce di Dean era fuori controllo, sprizzava rabbia e frustrazione, tanto forti e prepotenti che il sorriso di Jack si spense immediatamente, lasciando spazio alla confusione.

«Avevo… delle cose da fare. Mi dispiace,» rispose semplicemente il nuovo Dio, e Dean volle prenderlo a pugni seduta stante.

Sam, da bravo Winchester razionale, intercettò il fratello. «Siamo felici che tu sia qui. Abbiamo bisogno di un piccolo favore.»

Jack spostò lo sguardo da Dean a Sam, concentrato e pronto ad accettare qualsiasi richiesta provenisse da uno dei membri della sua famiglia.

«Devi salvare Cas dal Vuoto,» ordinò Dean, perentorio.

Jack li fissò entrambi, mentre la confusione si dipingeva sul suo viso angelico. «Non capisco. Cas non è più nel Vuoto.» Sam e Dean non risposero, spiazzati. Jack continuò: «È stato il primo che ho riportato indietro. Pensavate davvero che l’avrei lasciato lì? Dopo tutto quello che ha fatto per me?»

L’innocenza della domanda non passò inosservata e Dean si sentì quasi uno stupido per aver dubitato di nuovo del ragazzo. Quasi.

«Bene, allora.» intervenne Sam, confuso. «Dov’è? E perché non è venuto ad avvisarci?»

«Immagino che voglia passare del tempo da solo. Oh, però ha detto che comunque mi aiuterà con i miei nuovi poteri!» annunciò con un gran sorriso.

Dean voleva ammazzarlo.

Dean voleva ammazzare Cas e Jack.

E voleva ammazzare anche Sam, che aveva risposto al sorriso contagioso di Jack, non comprendendo che tutta quella situazione era completamente assurda.

«Porca puttana. Okay, ragazzo, tu ora porti il culo piumato di Cas qui e subito e poi puoi andare a giocare al nuovo Dio onnisciente e onnipresente quanto vuoi. D’accordo?»

«Temo di non poterti accontentare, Dean. Cas mi ha chiesto di non coinvolgervi, e io rispetterò la sua decisione.»

«Tu rispetterai--» il maggiore dei Winchester stava velocemente raggiungendo un punto di non ritorno.

«Okay, grazie mille, Jack. Anche noi rispetteremo la sua decisione,» disse Sam, lanciando un’occhiataccia al fratello.

Dean non riusciva ancora a crederci.

«Devo andare, adesso. Ho molto lavoro da fare, perciò non credo di riuscire a tornare tanto presto. Ma vi terrò aggiornati!» Disse, infine, e sparì nel nulla, veloce e silenzioso come al solito.

«Dean--»

«Sta’ zitto, Sam. Sta’ solo-- sta’ zitto.»





 


Nota dell'autrice: OMMIODDIO SONO TORNATA DOPO DUE ANNI I CAN'T BELIEVE I'M STILL HERE
Ok, mi calmo. Come va? Tutto ok? Famiglia? Lavoro? Sarei davvero interessata a sapere come sono cambiate le vostre vite in questo tempo in cui sono mancata ma, ehi, abbiamo un finale di serie da sistemare perché quello ufficiale ci ha fatto letteralmente cagare. Vero? Vero???
Tornando seri, questa storia nasce da due menti poco sane, la mia e quella di Julsss, che senz'altro conoscete e ricordate per l'angst infinito che amava mettere nelle sue storie. Siamo state male dopo il finale, la 15x20, perché veder concludere una serie di 15 anni con un episodio pieno di buchi di trama e stronzate wincestare ci ha davvero devastate.
La storia è già scritta e non attenderete molto per la pubblicazione. Spero solo che possa piacervi il finale che IO avrei preferito.
Peace and Love <3

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Capitolo 2
*** I always come when you call ***


CAPITOLO 2 - I always come when you call

 

«Dean, per favore, apri la porta.»

Era passata ormai qualche ora dalla comparsa di Jack e dalla sua assurda rivelazione, e Dean ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che Castiel non volesse incontrarlo, o comunque annunciare di essere ancora vivo.

Cosa aveva sbagliato? Dean ripensò al giorno in cui l’angelo si era sacrificato per lui, si ricordò chiaramente di non avergli risposto, di non averlo rifiutato e di non aver detto o fatto nulla che potesse, in qualche modo, offendere il suo migliore amico. Certo, ci aveva messo un po’ a metabolizzare il senso delle sue parole, ma chi ci sarebbe riuscito facilmente? Dean non aveva la più pallida idea del fatto che gli angeli potessero amare così incondizionatamente e, soprattutto, che qualcuno potesse amare lui: un essere umano danneggiato, con la lingua biforcuta ed un’insana passione per crostate e riviste porno. Nessuno lo aveva mai amato così, a parte la sua famiglia, e ciò era sempre stato un boccone difficile da mandar giù.

Il cacciatore voleva solo avere la possibilità di parlare con Cas e spiegargli che ovviamente accettava i suoi sentimenti, e non l’avrebbe mai giudicato per questo.

E se invece…? Se la confessione di Castiel fosse servita solo a pulirsi la coscienza prima di morire? E se Castiel non pensasse davvero ciò che gli aveva detto? 

Amore e dedizione erano sempre stati sentimenti fuori dalla portata di quegli stronzi soldati di Dio, perciò quasi sicuramente quelle parole erano state tutta una bugia, una dolce bugia d’addio.

E Dean accettò quella conclusione, più facilmente di quanto potesse aspettarsi.

Aprì la porta della sua stanza, alla fine, dopo i continui richiami di suo fratello. Dean fissò le proprie scarpe mentre Sam rimase in attesa.

«Dovremmo cercare del lavoro da fare,» sentenziò il maggiore.

 

I due fratelli caddero in una routine quasi maniacale: Sam si svegliava all’alba ogni mattina per la sua solita corsetta e Dean se la prendeva più comoda per preparare la colazione. Il minore manteneva i contatti con tutti i cacciatori della zona, con Bobby, Jody e Donna, aiutandoli il più delle volte con la soluzione di qualche caso di poca importanza. E si rese conto, stranamente, che nessun mostro, vampiro, licantropo, fantasma, o altro, aveva fatto la sua comparsa dalla fine di Chuck. Pensò che si trattasse di fortuna, di uno strano scherzo del destino; che tutti i mostri avessero percepito il bisogno dei fratelli Winchester di riposarsi? Sam non ne era convinto, ma gli sembrava l’unica soluzione plausibile.

Dean, intanto, passava la maggior parte del tempo in città. Guidava Baby, faceva la spesa, si occupava di mantenere vivi i rapporti con gli abitanti di Lebanon e non pensava assolutamente a Cas e al suo silenzio-stampa. O almeno ci provava.

Dopo pranzo si sedeva davanti al computer alla disperata ricerca di un caso sospetto di omicidio o di sparizione, ma neanche lui aveva granché fortuna.

Solo due settimane dopo, qualcosa attirò l’attenzione del maggiore, mentre sondava le notizie di cronaca dei giornali online: a Toulon, Illinois, tre giovani studentesse dello stesso liceo erano state trovate senza vita nella loro rispettiva cameretta, con delle strane incisioni sul petto.

«Ehi, Sammy! Ho qualcosa che potrebbe fare al caso nostro!» annunciò trionfante Dean, attirando l’attenzione di Sam, seduto di fronte a lui.

«Di che parli? Cos’hai trovato?»

«Guarda qua!» Poi girò il laptop nella direzione dell’altro, che lesse in fretta.

«Sono otto ore di strada da qui. Dovremmo riuscire ad arrivare domani mattina, se partiamo adesso.»

Non fece neanche in tempo a finire di parlare, che Dean era già balzato in piedi con le chiavi dell’Impala in una mano e un sorriso da ebete stampato in faccia.

«Che aspettiamo, allora?»

 

Sfortunatamente, dopo aver interrogato parenti e amici delle ragazze, il preside della scuola e i relativi insegnanti, i fratelli furono sempre più convinti che gli omicidi erano frutto della mente malata di un essere umano qualsiasi, perché non riuscirono a trovare assolutamente niente che potesse far pensare a qualcosa di soprannaturale.

Con grande delusione di Dean però, Sam decise comunque di provare a trovare l’assassino, così da salvare future possibili vittime.

E fu in quel momento che al biondo venne un’idea malsana e, senz’altro, poco efficace: voleva provare a pregare Cas affinché potesse dar loro una mano col caso. Dean, ovviamente, ne avrebbe approfittato per rivederlo e per parlargli.

Una volta rientrato in motel, dopo che Sam gli aveva detto che avrebbe continuato a fare qualche ricerca da solo, Dean decise di sistemarsi sullo scomodo letto e chiuse gli occhi, concentrandosi.

«Ehi, Cas? Come va?» fece una pausa, deglutendo. «Ascolta, so che hai deciso di rimanere fuori servizio per un qualche strano motivo che ancora non riesco a comprendere, ma, che ne diresti di portare il culo qui e darci una mano con questa serie di omicidi?»

Neanche lui avrebbe creduto alle sue stesse parole: non era mai successo, in dodici anni, che Dean pregasse Cas per aiutarlo a risolvere un caso, certo del fatto che l’angelo non sapesse bene come comportarsi. Dean aveva sempre alzato gli occhi al cielo quando lo vedeva concentrarsi e fingere di essere un agente dell'FBI, perché riusciva sempre, in ogni situazione, a dire o fare qualcosa di sospetto o fuori luogo. Preferiva lavorare da solo, piuttosto che fare da baby sitter al suo partner angelico.

Tuttavia, Cas poteva anche sembrargli poco sveglio, ma non era di certo stupido. Era più che ovvio che Dean stesse spudoratamente mentendo in quel momento per attirare l’attenzione dell’angelo e sapeva benissimo che non gli avrebbe risposto nemmeno in quel caso.

Ma tentar non nuoce, pensò, continuando a pregare.

Quando decise di arrendersi, però, non si fece sfuggire un bel “Vaffanculo, Cas” urlato al vuoto.

 

§


 

Castiel era immobile con lo sguardo rivolto all’orizzonte. Era in piedi su un pontile, di quelli che si affacciano su un grande lago circondato da una vasta distesa di vegetazione.
Era già stato lì, ormai quasi un decennio prima, anche se il posto non era propriamente lo stesso: una volta era entrato in uno dei sogni di Dean e l’aveva visto seduto su un pontile molto simile a quello, intento a pescare e a godersi il silenzio attorno a sé. L’angelo era riuscito dunque a trovare un posto sulla Terra che era praticamente la copia carbone del sogno del cacciatore. Castiel aveva pensato che quel luogo fosse molto significativo, perché non avrebbe mai immaginato che un uomo così tormentato come era Dean, potesse fare dei sogni così pacifici e rilassanti. Sapeva che aveva degli incubi, qualche volta, ma la contrapposizione tra quel sogno e gli incubi legati all’Inferno, l’aveva in qualche modo affascinato. 

Le preghiere di Dean le sentiva sempre: quando l’aveva afferrato e tirato fuori dall’Inferno, quando era stato in Purgatorio, quando si trovava dall’altra parte del pianeta alla ricerca di qualcosa di utile che potesse aiutare i fratelli Winchester a salvare il mondo per l’ennesima volta.
Non aveva, nemmeno una volta, perso una delle sue preghiere e l’ultima che gli aveva rivolto in Purgatorio -- qualche mese prima -- era stata quella che l’aveva convinto del fatto che amare Dean Winchester fosse la cosa giusta da fare. Era sempre stata la cosa giusta da fare, perciò aveva smesso di vergognarsene. Aveva capito, quel giorno, mentre aspettava Dean davanti al varco, che la sua felicità -- la sua vera felicità -- era morbosamente ed inevitabilmente legata a Dean Winchester. E quando Dean gli aveva detto che doveva parlargli, Castiel l’aveva zittito, perché vederlo aprire il suo cuore davanti a lui avrebbe senz’altro spinto l’angelo a confessare il suo amore. Sarebbe stata la sua fine. E quello non era ancora il momento giusto per farlo.

Poi, si era sacrificato per lui, salvandolo da Billie.

Non prima di aver detto “Ti amo”.

Non prima di accettare che Dean non avrebbe mai ricambiato.

Ma non gli era importato in quell’attimo, perché sarebbe comunque sparito e non l’avrebbe più rivisto. La cosa importante era solo salvare Dean.

Le cose, però, non vanno sempre come ci si aspetta; infatti, Jack, con uno schiocco di dita, l’aveva tirato fuori dal Vuoto e l’aveva liberato dalle catene che lui stesso si era messo ai polsi.

“Perché?” gli aveva chiesto.

“Sei mio padre, non ti avrei mai lasciato lì” aveva risposto.

Castiel era contento di essere tornato e avrebbe dedicato la sua intera esistenza a Jack, come aveva promesso a sua madre. Semplicemente non si sarebbe mai aspettato di poter rivedere Dean dopo quella dichiarazione. Era una cosa fuori dal suo controllo e non aveva la più pallida idea di come gestirla.

Avvertì un fruscìo di ali alle sue spalle, ma non si girò perché aveva chiaramente capito chi lo avesse raggiunto.

«Ciao, Cas!» la voce allegra del suo figlio adottivo gli provocò una dolce e calda sensazione all’altezza della pancia. Sorrise tra sé ed aspettò che il giovane gli si affiancasse.

«Ciao, Jack. Ti trovo in forma,» disse, cauto.

«Sono stato dai Winchester qualche giorno fa. Vorrebbero rivederti.»

Il cuore gli balzò nel petto a quelle parole, perché sapeva che quel “vorrebbero” nascondeva l’implicazione che era Dean quello che stava insistendo.

Sospirò. «Sì, lo so, avverto le loro preghiere. Come ti ho già detto, però, non me la sento di tornare al Bunker adesso.»

Jack, come se non l’avesse notato prima, si guardò attorno, pensieroso. «Che posto è questo?»

«Un posto che mi ricorda i bei tempi andati,» ridacchiò, malinconico.

«Ti ricorda Dean?»

Castiel fece scattare la testa nella direzione del ragazzo e lesse compassione nel suo sguardo. Lo fece sentire vulnerabile. «Mi ricorda Dean,» confermò, infine, con un sospiro. «Prima di essere portato via dal Vuoto, gli ho detto che lo amavo praticamente da sempre. Lui non mi ha risposto ed immagino che il motivo fosse che non avrebbe ricambiato in ogni caso. Dean è un essere speciale, altruista e coraggioso e, come ben sai, prova sentimenti in modo amplificato e ingestibile. Temo che le mie parole lo abbiano turbato, perciò ho paura di sentire cos’ha da dire.» 

L’angelo non aveva guardato Jack nemmeno una volta mentre parlava; forse perché temeva il suo giudizio o, forse, perché aveva paura che potesse sbattergli in faccia una verità troppo dolorosa da sopportare.

Ma Jack si limitò ad annuire, pensandoci su per qualche secondo. L’espressione corrucciata del suo figlioccio si contrapponeva all’aura di potere e immensità che circondava la sua anima. Poi, rispose, cogliendolo di sorpresa: «Le tue sono solo ipotesi, Cas. Non potrai mai essere sicuro al cento percento di ciò che Dean pensa o prova, non finché non glielo chiederai direttamente. In questo caso, nascondersi non mi sembra la soluzione ideale.»

La consapevolezza lo colpì in pieno, come la semplicità delle parole di Jack, che lo sconvolsero profondamente. Castiel non era coraggioso come lo era Dean e aveva sempre invidiato il cacciatore per questa sua qualità. Eppure, sentiva come se fosse arrivato il momento di cambiare le cose, di provare ad essere coraggioso come Dean, sprezzante del pericolo e pronto ad accettare qualsiasi situazione gli si potesse presentare davanti. Dopo dodici anni in cui Dean l’aveva cambiato, si rese conto che c’era ancora qualcosa che doveva sistemare di se stesso. E ringraziò Jack per averlo aiutato a capire.

«Hai ragione,» disse, semplicemente. E Jack sorrise, fiero di se stesso.

«Ehi, Cas. Avrei bisogno del tuo aiuto per una cosa, comunque.»

«Ma certo, tutto quello di cui hai bisogno. Sono qui per questo.»

«Voglio costruire un nuovo Paradiso.»





 


Nota dell'autrice: Buonasera e buon sabato, Hellers <3 Come promesso, il nuovo capitolo è qui e mi sento come se avessi corso una maratona o come se avessi appena partorito un Nephilim ç_ç È stata dura, sia perché abbiamo due POV diversi e sia perché descrivere attentamente i pensieri e le emozioni dei personaggi non è mai stato il mio forte. Ho avuto parecchia difficoltà! Ma per fortuna Julsss esiste e mi ha supportato e corretto e dato sempre ottime idee, anche se aspettare i suoi audio su whatsapp è peggio che aspettare i risultati di un esame universitario. I WANT TO DIE.
Ci tengo davvero tanto che questa storia esca fuori decentemente e, soprattutto, che possa piacervi. Lasciatemi una recensione con i vostri pensieri, se vi va, in modo tale da spronarmi a continuare.
Spoiler prossimo capitolo: DEAN E CAS SI INCONTRANO RIP ME

 

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Capitolo 3
*** A more profound bond ***


Capitolo 3 - A more profound bond


Dean era bellissimo mentre dormiva: la perfezione dei suoi lineamenti cesellati, la linea definita della mandibola, le lunghe ciglia bionde che sfioravano dolcemente gli zigomi puntellati dalle lentiggini; Castiel pensava che Dean fosse l’essere umano più bello sulla faccia della Terra. E se avesse voluto andare oltre l’aspetto esteriore, Castiel era perfettamente conscio del fatto che anche la sua anima fosse bellissima, pura e unica nel suo genere. L’angelo vedeva a fondo ed era più che certo che Dean fosse migliore di quanto lui stesso credesse di essere.

Mentre avanzava a passo lento e controllato nella stanza del motel in cui Dean stava dormendo, Castiel si chiese velocemente cosa gli avrebbe dovuto dire e portare alla luce nuovamente i suoi sentimenti era fuori discussione -- dato che su quello era stato abbastanza chiaro. Forse, avrebbe dovuto chiedergli scusa per essere sparito, oppure avrebbe dovuto semplicemente stare in silenzio ed ascoltare qualsiasi cosa l’altro avesse da dirgli. Non voleva di certo passare per quello invadente -- non era mai stato un suo desiderio -- o per quello che pretendeva una risposta chiara e concisa su ciò che provasse il cacciatore per lui. 

Una volta avvicinatosi abbastanza da sedersi sul letto, prese un profondo respiro e lasciò che tutta la tensione accumulata nei giorni precedenti gli scivolasse addosso, come acqua sulla roccia. Chiuse gli occhi e si sedette.

 

§

 

Il materasso si mosse come se qualcun altro fosse salito sul suo letto. Dean aprì gli occhi di soprassalto e notò immediatamente le spalle ricurve e gli scuri capelli mossi, come riconobbe quel vecchio trench così caratteristico. Batté le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco quell’immagine, anche se il buio della stanza non lo stava di certo aiutando. Dean si mise seduto, poggiando la schiena contro la testiera di legno del letto.

Stava facendo l’ennesimo sogno su Cas, e ringraziò mentalmente che si trattasse di un semplice ricordo del passato. Infatti, pochi secondi dopo, Cas ruotò la testa nella sua direzione, con un cipiglio sul volto, ormai diventato il suo tratto distintivo. Dean voleva sorridere, ma stranamente non ci riuscì.

«Cosa stavi sognando?» disse l’angelo, spezzando il silenzio.

Dean sbuffò una risata, rendendosi conto di ricordare perfettamente le battute che avrebbe dovuto recitare. «Sei un angelo, non dovresti già saperlo?»

Anche Cas sorrise, nonostante la sua espressione nascondesse una vena di tristezza. Il cuore di Dean si strinse nel petto.

«Mi sei mancato, Dean. Ti chiedo scusa per essere sparito.»

Il cacciatore avvertì la bile salirgli fino in gola. «Immagino che venire qui a parlarmi di persona sia una cosa troppo difficile da fare, vero?»

«Non capisco--»

«Oh, andiamo! Non prendermi per il culo!» Dean si rimise nuovamente steso, dando le spalle a quella che era convinto fosse un’immagine onirica del suo angelo. Non riusciva nemmeno a guardarlo. «Sto pregando continuamente, Cas, vorrei parlarti, o comunque rivederti, ma da quando Jack ti ha riportato in vita non ti sei degnato di venire a trovarmi, neanche per farmi sapere che sei vivo. E sono veramente stufo di questi stupidi incubi.»

«Fai degli incubi? Su cosa?»

Dean poteva sentire l’allerta di Cas nella sua voce, ma decise di ignorarla, sia perché non aveva voglia di mettersi a psicanalizzare quella scena e sia perché francamente ne aveva le palle piene. «Sta’ zitto.»

«Dean, se non mi sono fatto vedere prima è perché non me la sentivo ancora. O, meglio, non ero pronto, ma adesso lo sono,» sussurrò Cas.

Dean, a quel punto, esplose: «Sai una cosa?» iniziò, rimettendosi seduto e trafiggendo l’angelo con uno sguardo carico di puro rancore. «Credevo che tu fossi diverso dagli altri stronzi con le ali, credevo che fossi cambiato e ci ho creduto davvero quando mi hai detto che fosse merito mio. Ma adesso? Adesso sono sempre più sicuro del fatto che gli esseri celestiali non sappiano nemmeno cosa significhi la parola “amore” e che tu me l’abbia sputata in faccia solo per pulirti la coscienza.»
Il respiro di Dean era affannoso, eppure ciò non gli impedì di continuare: «Volevi evitare di farmi sentire in colpa per la tua morte, spacciandola per una tua scelta e per la tua felicità. Immagino che fossero tutte delle stronzate apocalittiche.»

Subito dopo aver pronunciato quelle parole -- dettate senza dubbio da tutta la frustrazione accumulata nei giorni passati -- qualcosa cambiò nel viso della proiezione onirica di Cas: la confusione lasciò presto spazio alla sofferenza. Gli occhi blu trasparivano dolore e angoscia e sbigottimento, ma Cas si limitò ad annuire, mormorando un veloce “Mi dispiace” a fior di labbra e volando via in un battito di ali.

Dean, ferito e stanco, chiuse gli occhi scivolando di nuovo nell’oblio.

Quando sentì bussare molto forte contro la porta, Dean saltò dal letto e raggiunse la maniglia alla velocità della luce, con ancora il cervello pressoché sconnesso.

«Ehi, Dean. Buongiorno,» annunciò suo fratello vestito di tutto punto e profumato come una rosa. «Sono appena tornato dall’ufficio dello sceriffo. Siamo riusciti a trovare l’assassino: a quanto pare era uno studente di quella scuola che non riusciva a gestire bene i rifiuti delle sue cotte.»

Dean sbatté le palpebre un paio di volte, confuso: «Ma che ore sono?»

«Quasi mezzogiorno. Ho provato a svegliarti stamattina, ma dormivi come un orso in letargo,» Sam rise, controllando velocemente il suo cellulare.

«Okay, allora, caso risolto? Grande. Prendo le mie cose e torniamo a casa.»

«Uh, sì, però prima fammi avvisare Cas. Aveva detto che avrebbe voluto pranzare con noi, ma poi non si è fatto più vivo e--»

Il maggiore si riscosse rapidamente dal torpore, sconcertato. «Cas ha detto cosa? Quando? Un attimo, hai parlato con Cas?!»

Sam corrugò la fronte. «Uhm, era davanti alla tua porta, stanotte. Mi ha salutato e abbiamo parlato di come stesse aiutando Jack con la sua nuova missione. Ehi, credevo che fosse entrato in camera tua subito dopo? Non capisco...»

«Sammy, sono io quello che non capisce! Cas non è mica venuto a trovarmi stanot--» si interruppe e la consapevolezza lo colpì con la stessa intensità di un treno in corsa. «Oh, porca puttana.»

«Ti sei sbronzato prima di dormire? Dean, lo sai che potresti avere problemi al fegato se continuerai di questo passo. E dovresti seriamente valutare la possibilità di ridurre il consumo di carne.» Sam lo aggirò, entrando nella camera e sedendosi sul letto, in attesa che il fratello si decidesse a prepararsi. 

Ma Dean era ancora immobile, stordito, con un’espressione da ebete stampata in faccia. «Stanotte Cas è venuto qui,» sussurrò, come se avesse fatto la scoperta del secolo. «Sam, stanotte Cas è venuto qui e io credevo di stare sognando e gli ho detto delle parole orribili, oh cazzo, Sam!»

Il minore, intuendo la situazione con una velocità inaudita, compose velocemente il numero di telefono di Castiel e provò a chiamarlo, ma tutto ciò che ricevette in cambio fu lo scattare della segreteria telefonica. «Credo che si sia offeso… di nuovo.»

«Fantastico! Fottutamente fantastico!»

 

§

 

Le fusa del motore dell’Impala erano l’unico rumore che riempiva l’abitacolo. Sam voleva davvero bene a Dean, lo ammirava e l’avrebbe protetto e sostenuto per sempre, ma delle volte sembrava comportarsi in maniera troppo simile a John Winchester -- quello della loro infanzia, perlomeno. 

Attese che Dean parlasse, che gli spiegasse che diavolo stesse succedendo tra quei due, per avere una visione chiara e completa dell’intera faccenda Dean-Cas così da porre fine a quel supplizio. Erano dodici anni che sopportava, dopotutto.

«Hai intenzione di spiegarmi, o…?» Sam lasciò la domanda in sospeso proprio per non fare troppe pressioni e per lasciare spazio a Dean.

«Senti, è venuto a trovarmi, ok? Credevo che fosse il mio ennesimo incubo su Cas e gli ho detto che non credevo che le sue parole in punto di morte fossero sincere. Fine della questione.»

«Parole in punto di morte...?» ripeté Sam, con una pazienza millenaria.

«Ha detto di aver fatto un patto con il Vuoto, che diceva che nel momento in cui avesse trovato la vera felicità sarebbe morto. L’ha fatto per salvare Jack,» disse Dean, il senso di colpa trapelava dalle sue parole. «Quando Billie stava per ucciderci, mi ha rivelato che la sua vera felicità era...» deglutì, non riuscendo a continuare la frase.

Sam provò ad aiutarlo, sebbene tutto ciò gli sembrasse totalmente assurdo: «Suicidarsi per te?»

«Cosa? No! La sua vera felicità era ammettere di... amarmi. Di avermi sempre amato, e di accettare il fatto che non avrei mai potuto… che non avrei mai ricambiato,» concluse, arrossendo visibilmente.

Il minore ci mise più di qualche secondo ad elaborare. Poi, sbuffò una risata: «Adesso capisco perché eri così intenzionato a riportarlo indietro, dopo aver sconfitto Chuck. Volevi dirgli che anche tu l’hai sempre amato.»

Le ruote dell’auto stridettero mentre la vettura sbandò a destra e sinistra, facendo gelare il sangue nelle vene di Sam. «Dean! Ma che diavolo?!»

«Sammy, chiudi quella cazzo di bocca o ci farai ammazzare!»

«Ah, io ci farò ammazzare? Dico, ma sei completamente impazzito, Dean? Qual è il tuo problema?»

«Piantala di bombardarmi di domande.»

«E tu rispondi almeno ad una domanda!» Sam sospirò esasperato e decise che almeno uno dei due doveva rimanere calmo, lucido e razionale. E Dean non era decisamente in grado, perciò sarebbe toccato a lui. «Quindi, fammi capire: Cas ti ha detto di averti sempre amato, è morto, Jack l’ha riportato indietro, lui è tornato, tu ti sei incazzato dicendogli… cosa, esattamente?»

«Che non credevo a ciò che mi aveva detto. Presta attenzione, Sammy! L’ho già spiegato.»

«Beh, ma tutto ciò non ha senso, però. È chiaro come la luce del sole che il rapporto che lega te e Cas è un rapporto speciale. Voi due “condividete un profondo legame”» disse Sam, facendo il segno delle virgolette con le dita ed imitando la voce roca dell’angelo.

Dean alzò gli occhi al cielo, «Beh, scusa tanto, Samantha, ma non sono bravo come te a capire i sentimenti!»

«Okay, quindi non è la fine del mondo,» lo ignorò Sam. «Puoi ancora sistemare le cose.»

«Ah, sì? E come? Visto che è uscito di nuovo fuori da tutti i radar!»

«Magari potrei provare a contattarlo io? Gli dirò che hai qualcosa da confessargli e vedrai che si presenterà.»

«Io avrei qualcosa da confessargli? Tipo cosa?!»

Sam stava per raschiare il fondo del barile che conteneva la sua illimitata pazienza. Sbuffò, pizzicandosi la radice del naso e chiudendo gli occhi, esasperato. «Se vuoi fare questo gioco, allora lo faremo. Ricordi tutte le volte in cui voi due avevate una discussione? Io potevo avvertire la tensione sessuale nell’aria, tanto da sentirmi decisamente fuori posto. E tutte le volte in cui Cas voleva sacrificarsi per noi, tutte le volte in cui l’ha fatto davvero, Dean, eri in lutto come una vedova!»

«Giuro che sto per prenderti a pugni.»

«Oppure tutte quelle volte in cui vi perdevate di vista per troppo tempo, entrambi soffrivate come cani. E vogliamo parlare di quanto fossi felice quando rispondevi alle sue telefonate? Potrei andare avanti per ore--»

«Okay! Okay, ho afferrato il concetto. Chiudi il becco,» sentenziò suo fratello, palesemente in difficoltà. «D’accordo, gli parlerò. Non so ancora cosa gli dirò, ma prometto che gli parlerò. Mi scuserò anche per essermi comportato da stronzo. Contenta, Samantha

Sam sorrise soddisfatto. «Sarò contento quando lo sarai anche tu.»





 


Nota dell'autrice: QUESTA NON È PIU' UNA SEMPLICE FANFICTION, È LA MIA MISSIONE. Credevate che vi avrei abbandonati, oggi? E invece no! Ecco il penultimo capitolo di questo finale alternativo che, nella mia testa, diventerà il finale ufficiale di Supernatural, con il tanto agognato Destiel Endgame e un Happy Ending generale per tutti i personaggi <3
Domani, se non finisce il mondo, pubblicherò l'epilogo che sarà (spero) moooolto più intenso. Grazie per aver letto fin qui, io e Julsss siamo felici che vi stia piacendo. Un bacio!

 

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Capitolo 4
*** If love is what you need, a soldier I will be ***


Capitolo 4 - If love is what you need, a soldier I will be

Due cose erano certe nella vita di Dean: la famiglia e la caccia. L’avevano aiutato a sopravvivere, a mantenere insieme i pezzi e ad evitare che il mondo del maggiore dei Winchester potesse sgretolarsi.

Negli ultimi anni, invece, se ne era aggiunta un'altra -- inaspettata e, delle volte, impossibile da controllare -- che aveva permesso a Dean di cambiare opinione su buona parte del mondo soprannaturale: Castiel.

Castiel, l'angelo del Signore che l'aveva tirato fuori dall'Inferno, l'aveva protetto, sfidato, si era sacrificato ed era morto più di una volta, solo per lui. Dean era più che consapevole di averlo trattato male molto spesso e che non si era mai meritato le parole che, purtroppo, qualche volta, uscivano dalla bocca di Dean. Si era anche scusato -- aveva perso il conto delle volte -- ma l'angelo non aveva mai pensato di tradirlo o mentirgli, se non per una giusta causa.

Dean doveva riconoscere che Cas era sempre stato fedele alle proprie parole. Tutto il contrario di quello che aveva fatto Dean, nel corso degli anni.

La strada che lo conduceva fino a Pontiac, quella sera, era poco trafficata e tranquilla. Dean aveva scelto come luogo d’incontro un posto molto significativo e sperò che anche Cas potesse rendersene conto. Sorrise tra sé e accese l’autoradio, sintonizzandola sulla prima stazione disponibile.

They say before you start a war
You better know what you're fighting for
Well, baby, you are all that I adore
If love is what you need, a soldier I will be

Dean riconobbe la canzone dei The Cab immediatamente: era una band che seguiva sin dagli esordi e si ricordò che, quando la canzone “Angel With a Shotgun” fu rilasciata, si era chiesto se il gruppo avesse mai conosciuto Castiel, perché, wow, il testo sembrava proprio essere stato scritto per lui. Tamburellò i pollici sul volante, premendo contemporaneamente il piede sull’acceleratore e tenendosi pronto a cantare il ritornello a squarciagola.

I'm an angel with a shotgun
Fighting 'till the war's won
I don't care if heaven won't take me back
I'll throw away my faith, babe, just to keep you safe
Don't you know you're everything I have?

Accostò l’Impala vicino al grande capannone abbandonato poco fuori Pontiac, e scese dall’auto, non prima di essersi strofinato i palmi sudati delle mani sui jeans. Il posto non era cambiato granché: era fatiscente, ma la struttura sembrava ancora ben solida.

Dean provò a forzare l’ingresso e alcune assi di legno si staccarono dalla porta, permettendo al cacciatore di entrare senza troppa fatica. L’interno era esattamente come l’avevano lasciato dodici anni prima, con tutti i simboli dipinti sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento. Un angolo della bocca si sollevò quando l’ondata di ricordi lo travolse e preferì non perdere altro tempo, iniziando a prepararsi.

§

«Quindi la tua idea sarebbe quella di buttare giù tutte le porte e costruire un unico ed immenso Paradiso?» chiese Castiel, soppesando bene le parole per vedere se avesse capito bene.

Jack annuì, mentre guardava il cielo terso sopra le loro teste. «Sarà proprio come la Terra, ma senza sofferenza, fame, povertà… Solo pace.» Poi si sedette su una delle panchine del parco giochi dove si erano dati appuntamento, guardando Castiel dal basso. I lineamenti delicati e ancora immaturi del ragazzo si rilassarono di più, mentre gli spiegava ciò che avrebbe voluto costruire. «Penso che Chuck volesse tenere sotto controllo ogni anima, tenerla imprigionata. È una cosa troppo lontana dai miei ideali.»

Castiel si trovò d’accordo, ricordandosi anche dei suoi fratelli angeli. Voleva trovare un modo per salvare anche loro e assegnare ad ognuno un nuovo compito, diverso da quello del soldato. Voleva insegnare loro il vero significato del libero arbitrio.

Quando aprì bocca per spiegare tutto a Jack, però, il suo telefono lo interruppe. L’aveva riacceso, alla fine, dietro consiglio proprio del nuovo Dio. Vide il nome di Sam sul display e inspirò profondamente prima di rispondere. «Ciao, Sam.»

«Ehi, Cas. Avrei qualcosa da mostrarti. Per favore, vediamoci nel luogo che ti ho mandato per sms. Non posso spiegarti, solo… sii veloce,» e riattaccò, senza permettere all’angelo di rispondere.

«Dovresti proprio andare,» intervenne Jack, come se sapesse già tutto. E Castiel non se lo fece ripetere due volte.

§

Il fruscìo di ali distintivo spezzò il silenzio, proprio nel momento in cui Dean si era fermato ed era rimasto in attesa. Davanti a lui comparve, in tutto il suo splendore, l’angelo che gli aveva scombussolato l’esistenza.

«Ciao, Dean,» Cas fece un cenno di saluto con il capo, senza muovere nessun altro muscolo.

Il cacciatore, allora, sfilò il suo vecchio accendino dalla tasca posteriore dei jeans e lo accese. Gli occhi blu dell’angelo si riempirono di confusione ma, prima che potesse fare o dire qualcosa, Dean gettò l’accendino davanti a lui ed immediatamente un cerchio di fiamme rosse si sollevò dal pavimento. «Ehi, Cas.»

Castiel si guardò attorno con l’espressione corrucciata, le labbra schiuse e il respiro accelerato. «Dean?! Cosa stai facendo?»

«Ti sto impedendo di volare via prima che io abbia finito di parlare,» confessò il cacciatore, avvicinandosi, mentre sentiva le guance iniziare a riscaldarsi. Diede mentalmente la colpa alle fiamme.

«Lo sai che ti avrei ascoltato in ogni caso. Non c’è davvero bisogno di essere così drammatici,» disse sarcastico.

Dean deglutì a fatica, chiuse gli occhi prendendo un profondo respiro e poi, finalmente, iniziò a parlare: «Allora… ci sono un po’ di cose che ho bisogno che tu senta. Prima di tutto, sono fiero di te,» Dean potè notare lo stupore dipingersi sul volto del suo angelo, ma decise di non darci troppo peso e continuò, «lo sai questo, vero? Quando stavamo combattendo contro Billie sei stato coraggiosissimo. Non hai mai… non hai mai creduto alle stronzate di Chuck.»

«Dean...»

«Sta’ zitto, okay? È già abbastanza difficile,» il cacciatore si guardò le mani, torturandosi le unghie. «Ti ho mai detto… ti ho mai raccontato di quella volta in cui ti avevo cacciato dal Bunker? Sono venuto a trovarti subito dopo e sono rimasto fuori dal Gas ‘n’ Sip per ore… perchè non… non sapevo con che faccia affrontarti. Avevo paura che tu mi urlassi contro di andarmene a quel paese, ma non l’hai fatto, perché -- anche se ti avevo trattato di merda-- tu ci sei sempre stato. Ci sei sempre stato per me.»

L’angelo fece cadere lo sguardo sulla lacrima che stava bagnando la guancia di Dean e rimase in attesa, ben conscio del fatto che il cacciatore non avesse ancora finito di parlare. Ma il silenzio si protrasse per troppo tempo, Dean si leccava le labbra, guardava ovunque tranne che il viso di Castiel, e alla fine chiuse gli occhi, come per isolarsi completamente da ciò che lo stava circondando.

«Dean, non c’è bisogno che tu dica niente, so già--»

«No, cazzo, no, non sai un bel niente, okay? Sto provando a dirti che, anch'io, Cas-- Anche io-- Porca puttana, tirare fuori tutta questa merda è davvero un’impresa titanica!» Alzò le braccia al cielo e si voltò di spalle.

«Dean, spegni le fiamme,» intervenne poi l’altro, perentorio.

Dean si girò, confuso. «Cosa?»

«Spegni le fiamme, così posso venire a baciarti.»

Lo sguardo di puro terrore che comparve sul viso di Dean fu quasi comico e il biondo se ne rese conto da solo. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, prima di leccarsi le labbra. «No, aspetta--»

«Dean.»

«Okay, okay, dammi solo-- un secondo per processare--»

«Non c’è nulla da processare, tirami fuori da questa trappola.»

E Dean, quasi come un automa, si chinò raccogliendo il secchio pieno d’acqua che aveva preparato in precedenza e, con le orecchie che gli fischiavano e la testa che girava troppo vorticosamente, spense le fiamme ed indietreggiò d'un passo, fissando il pavimento.

Mani forti e decise, ma al tempo stesso delicate come piume, si chiusero attorno al bavero della giacca di Dean, tirandolo in avanti. Quando le pallide labbra carnose si posarono sulle sue, Dean avvertì un concerto di fuochi d’artificio nella pancia e strinse gli occhi, perché era tutto troppo da sopportare.

Il bacio -- anche se durò una manciata di secondi -- sembrava pesante come un carroarmato, esplosivo come una granata e naturale come il sole che sorge ogni mattina. Le labbra si staccarono quasi subito -- troppo presto -- e il cacciatore si ritrovò a seguire Cas con la testa mentre l’angelo si allontanava.

Castiel sorrise, aprendo gli occhi e mostrando le iridi blu cariche di una cosa che Dean non sapeva definire bene, o forse non voleva farlo, perché gli faceva una paura fottuta. Essere amato incondizionatamente gli faceva paura.

«Ho sempre desiderato guardarti così da vicino, ma tu non me l’hai mai permesso,» disse, poi, Cas, con voce bassa.

Dean voleva rispondergli, ma sarebbe stata un’impresa mastodontica così, da bravo Winchester coraggioso, accorciò la distanza e baciò nuovamente Cas, questa volta portando le mani tra i soffici capelli scuri dell’altro ed inclinando la testa per una migliore angolazione che permettesse alle lingue di incontrarsi.

Si allontanò per prendere fiato, infine, consapevole che sarebbe svenuto di lì a poco se non l’avesse fatto, e posò la fronte contro quella di Cas, inspirando l’odore dell’altro.

«Ti amo anche io, Cas. Ovviamente ti amo anche io.»
 

*-*-*-*-*
 

Due mesi dopo - Lawrence, Kansas

«Una birra doppio malto al tavolo 2!» gridò Dean, facendo scivolare il boccale lungo il bancone, che fu afferrato prontamente da Claire.

«Arriva subito!» rispose la ragazza, roteando su se stessa fino a raggiungere il tavolo in questione.

«Ma non ho ordinato nessuna birra,» disse Sam, confuso, mentre Claire gli poggiava, con poca delicatezza, il boccale davanti al naso.

«L’ho ordinata io,» sorrise Eileen in direzione del suo ragazzo, afferrando e tracannando la birra con un’audacia che faceva a pugni con la delicatezza dei suoi tratti.

«Ti stimo, sorella,» Claire le diede il cinque prima di essere richiamata da un altro tavolo. «Scusate, devo andare, oggi non c’è un attimo di tregua!»

«E ci credo, sta per esibirsi una band di fama internazionale!» le rispose Jody, poggiata contro il bancone del bar.

Dean, che stava spillando un’altra birra, non batté ciglio quando avvertì i peli della nuca irrigidirsi, in una familiare sensazione che lo avvisava dell’arrivo di Castiel, alle sue spalle.

«Ciao, Dean,» disse semplicemente l’angelo, appoggiandogli una mano sulla spalla sinistra.

Il biondo sorrise, lanciando una breve occhiata al suo compagno, «Prima o poi, qualcuno ti vedrà comparire dal nulla ed inizierà a gridare.»

«No, sono stato discreto come mi hai detto, e sono arrivato dal retrobottega,» rispose lui, con tono di voce fermo e risoluto.

Dean arrossì e ammiccò: «Ti piace proprio passare dal retrobottega, eh?»

«Non-- non credo di capire il riferimento,» mormorò, confuso, inclinando la testa da un lato come un gattino arruffato.

Dean alzò gli occhi al cielo e gli passò un boccale di birra ghiacciata, mentre lui ne sorseggiava un altro. Castiel accettò di buon grado, ma non fecero in tempo a far tintinnare i bicchieri che le luci della “Family Business Roadhouse” si abbassarono e la folla che riempiva il locale iniziò a scalpitare e ad avvicinarsi al palco.

«Come va, Lawrence?!» gridò il frontman dei Kansas, mentre il resto della band finiva di accordare gli strumenti. «Per festeggiare il compleanno del proprietario di questo magnifico locale, nonché il mio carissimo amico Dean Winchester, vorrei iniziare da una delle sue canzoni preferite. Siete pronti a cantarla con noi?»

La folla urlò in assenso e la base musicale partì.

Carry on, my wayward son
There'll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don't you cry no more

Sam prese la mano di Eileen e le diede un bacio sul dorso. Lei sorrise.

Once I rose above the noise and confusion
Just to get a glimpse beyond this illusion
I was soaring ever higher
But I flew too high

Castiel parlò a voce bassa, ma Dean riuscì comunque a sentirlo: «Oggi è il mio ultimo giorno da angelo; ho chiesto a Jack di farmi diventare umano. Voglio invecchiare con te, Dean. Buon compleanno.»

Though my eyes could see, I still was a blind man
Though my mind could think, I still was a mad man
I hear the voices when I'm dreaming
I can hear them say

Dean fece scivolare la sua mano in quella di Castiel. L’angelo non si mosse, non si voltò, ma strinse di rimando le dita, per fargli sapere che c’era e che, ora più che mai, ci sarebbe sempre stato.

Carry on, my wayward son
There'll be peace when you are done

Dalla porta d’ingresso, un ragazzo dal cuore d’oro che aveva preso sulle proprie spalle il peso dell’intero universo, guardava i suoi tre padri, felici ed in pace con loro stessi. Li avrebbe protetti e avrebbe vegliato su di loro per sempre,

Lay your weary head to rest

e questo, per il momento, gli bastava.


Don't you cry no more.



 

THE END






 


Nota della beta: VABBO’ ALLORA salve a tutte, penso che sappiate chi sono, non sono morta neanche io, so viva e vegeta, un po’ acciaccata dalla vecchiaia (26 anni so già troppi), ma se oggi siamo qui è perché Supernatural è finito, un pezzo del nostro cuore è finito, finito di merda e per questo abbiamo deciso che dovevamo portare a termine una missione: RISCRIVERE STO CAZZO DI FINALE.
Questo è quello che secondo noi sarebbe dovuto succedere nella 15x20, non mi sembrava tanto complicato da mettere in scena - a parte le robe fantastiche del capannone - ma la CW fa cacare e quindi che ve devo dì, spero esca il film tra qualche anno e che mettano i cerotti sulle nostre povere cicatrici.
Per il resto spero che stiate tutti bene visti i tempi difficili e che questa piccola fanfic vi regali un po’ di gioia <3

Alla prossima (semmai sarò troppo depressa per sti due),

Julss (ora sono due s, la terza è andata a farsi benedire da Jack)


Nota dell'autrice: AMICI SIAMO GIUNTI ALLA FINE. Ho l'angoscia e, dico sul serio, ho versato molte lacrime anche mentre scrivevo. Perché, in un modo o nell'altro -- e che ci piaccia o meno -- Supernatural è giunto al termine. Ho conosciuto delle persone meravigliose in questi anni, ho stretto amicizie durature e ho condiviso con loro la bellissima esperienza che è stata la JIB8, che mi ha anche permesso di avvicinarmi a quegli stronzi di Jared e Jensen, e di abbracciare Misha. So che siete quasi tutti un po' delusi (o molto delusi) dal finale, ma sappiate che non è la destinazione, ma il viaggio che conta. E Supernatural è stato proprio questo, un bellissimo, incredibile ed indimenticabile viaggio. Vi saluto, adesso, sperando che potremo risentirci presto. Non è un addio, ma un arrivederci <3 Luana

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