Inkheart- dietro la copertina

di Marydb13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- tre ombre nel buio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- L'arrivo al villaggio ***



Capitolo 1
*** Prologo- tre ombre nel buio ***


La storia è ambientata 3 anni prima dell’inizio del romanzo (o del film). Non sapendo in che anno è ambientato, con precisione, ho deciso di fingere che l’anno in cui è uscito il film (2008), sia anche quello in cui inizia Inkheart. Spero che in questo fandom ci sia ancora qualche anima pia che abbia voglia di leggere questo piccolo esperimento e, se dovesse piacere a qualcuno, prometto di proseguire il racconto.
 
Breve premessa:
Avete presente una di quelle sere autunnali in cui tutto quello che si chiede è bersi un qualcosa di caldo e poi andare a letto presto? E’ proprio in una di queste sere che inizia la nostra storia, con la protagonista, che, appena tornata dal conservatorio, non desiderava altro che dedicarsi a tali dilettevoli attività. Silvia, questo è il suo nome, è una normalissima studentessa di quarta liceo classico, con un amore per incondizionato per la letteratura e la musica, passione ereditata da entrambi i genitori. Il padre, pianista di successo, trascorre molto tempo lontano da casa per via del suo lavoro, lasciando la moglie, insegnante di musica presso il conservatorio di Genova, da sola con i due figli: Silvia di 17 anni e Luca di 13. Nonostante le difficoltà indotte dalla distanza, la loro famiglia ha la fortuna di potersi definire molto unita e questo si rifletteva, chiaramente, sui due ragazzi. Sorella e fratello vengono spesso presi amichevolmente in giro dai compagni, perché ritenuti troppo buoni ed ingenui, ma hey, che si aspettano, con due genitori che hanno la testa ancora più sulle nuvole delle loro? Ma un po’ di fantasia e pura ingenuità non sono forse un bene, in un mondo colorato da un’unica scala di grigi? Che male possono fare?

 
Prologo- Tre ombre nel buio.
Come tutto ebbe inizio.
 
14 novembre 2005, h 23,00
Provincia di Genova (Casa di Silvia)
 

Silvia si svegliò di soprassalto, udendo la voce di suo fratello che gridava “Mamma!”. Impietrita dal grido e ancora un poco confusa per via del brusco risveglio, impiegò qualche secondo prima di riuscire a metabolizzare quanto stesse succedendo. Non fece, però, nemmeno in tempo ad alzarsi che la porta della sua camera fu spalancata da un losco figuro che, nonostante la scarsa illuminazione, la ragazza avrebbe potuto giurare di non aver mai visto in vita sua. L’uomo non pareva essere troppo alto, ma era difficile a dirsi, tra il buio e la paura che le ottenebrava i sensi. Non che l’altezza contasse particolarmente, dato che lo sconosciuto che si stava avvicinando lentamente verso di lei imbracciava un fucile. Il terrore che provava, tuttavia, non fu sufficiente per impedirle di notare che qualcosa nella camminata dell’uomo non quadrava. Sembrava quasi che stesse zoppicando?

“Oddio, deve essersi ferito gravemente ad una gamba… Ma perché continua a camminare? Vuole rischiare di aggravare ulteriormente la propria situazione” questo fu il primo pensiero che ebbe in quel momento e, complice il panico che le ottenebrava la mente, non riuscì ad esimersi dal domandare: ‹‹S-signore ha bisogno d’aiuto? Se continua a sforzarsi la sua ferita alla gamba peggiorerà…››
L’uomo, stupito dall’inaspettata domanda, si arrestò sul posto e rivolse, per la prima volta da quando era entrato, la sua attenzione sull’occupante della stanza. Avendo ricevuto l’ordine di fare una retata nelle case del borgo vicino per “recuperare” qualche nuova recluta per il suo capo e di abbattere qualunque ostacolo avesse incontrato sul suo cammino, non aveva prestato molta attenzione a chi si trovava davanti. Incuriosito dal quella dolce voce tremante, tuttavia, decise che, per quella sera, poteva anche fare un’eccezione. Non appena ebbe acceso la luce, ringraziò la sua buona stella per aver esitato: davanti a lui, una graziosa ragazza che non doveva avere più di 16 anni. Aveva dei lunghi capelli biondi leggermente ondulati, caratteristica assai rara in quelle terre, da quanto aveva potuto capire, ma la cosa che lo colpì maggiormente furono quei due meravigliosi pozzi azzurri, così simili ai suoi, eppure così diversi. Se il colore era davvero molto simile, lo sguardo era un altro paio di maniche: quello sguardo così genuino e spaventato non aveva nulla da spartire con il proprio, temprato dagli orrori del mondo in cui era nato e cresciuto.

Le ragazze al villaggio erano poche e, comunque, avvicinarle era difficile, data l’attenta supervisione di Mortola. A quanto pare quella vecchia megera, di tutte le buone caratteristiche che poteva attingere dal genere femminile, aveva dovuto scegliere proprio la solidarietà femminile. In più, ogni secondo che passava, si rendeva sempre più conto che la fanciulla davanti a sé non avesse nulla a che vedere con le serve di Capricorno ed una cosa era sicura: non se la sarebbe lasciata scappare per nulla al mondo.
La luce, intanto, aveva permesso a Silvia di analizzare un po’ meglio la situazione e, la prima cosa che notò fu il fatto che l’uomo paresse in perfetta salute. L’unica spiegazione ai suoi goffi movimenti, sembrava, dunque, essere una problematica congenita o derivante da un’incidente che doveva aver compromesso l’utilizzo del suo arto sinistro. Seppure non sapesse nulla di quell’uomo che, tra l’altro si era introdotto con la forza nella sua abitazione (armato, per giunta), ne ebbe pietà. Questo fu probabilmente il motivo per cui, notando il suo sguardo avido, pensò subito di proporgli: ‹‹Se ha fame, in cucina abbiamo dell’arrosto con le mele e della torta al limo…››
Il ghigno divertito dell’uomo, tuttavia, le fece intuire che la necessita che lo spingeva ad avvicinarsi pericolosamente a lei non fosse la fame. O, per lo meno, non quella fame. Colta da un’improvvisa consapevolezza, impallidì improvvisamente ed iniziò a tremare come una foglia.

‹‹L-la prego… n-non si avvicini. H-ho paura›› implorò la ragazza, paralizzata dal terrore.
‹‹Così è ancora più divertente›› ghignò l’uomo, continuando ad avanzare, mentre già pregustava la sua meritata ricompensa.
‹‹N-no, per favore…›› vedendo che non voleva saperne di fermarsi, la ragazza fece la cosa più istintiva che le venne in mente: si nascose sotto le coperte, come una bambina che teme che un mostro possa sbucare da sotto il suo letto e farle del male.
Lo strano individuo, particolarmente divertito dalla scena, decise di prendersela comoda: voleva pregustare ogni singolo istante del suo gioco perverso. Lentamente, si sedette sul bordo del letto, accanto a lei e posò una mano sull’involucro-umano, quasi a volerla rassicurare in qualche modo. Da quella posizione poteva percepire nettamente il tremore della ragazza, che stava quasi muovendo il materasso. L’idea che una creatura tanto innocente fosse proprio lì davanti a lui, in sua più completa balia, non fece altro che accrescere la sua eccitazione.

Con estrema lentezza, sollevò il bordo alto della coperta, rivelando due meravigliosi occhi azzurri velati di pianto.
‹‹Bona sera, principessa›› ridacchiò lui, malevolo, mentre la poverina, terrorizzata, arretrava fino a toccare con la schiena la testiera del letto. Il cuscino stretto tra le braccia, come se da esso dipendesse la sua stessa vita.
‹‹T-ti prego, non farmi del male›› tentò ancora lei, ma, rendendosi conto che lo sconosciuto non pareva affatto toccato dalle sue parole, perse le speranze. Nascose la testa dietro al cuscino, mentre le lacrime le sgorgavano ancora più copiose di prima. Si sentiva totalmente indifesa in quel momento e la cosa non faceva altro che aumentare la sua frustrazione. Ma del resto, che cosa poteva fare lei da sola contro un uomo decisamente più forte di lei, e armato, per giunta?
‹‹Tranquilla, bambolina: sarà una serata indimenticabile… o almeno, per me›› ridacchiò lui, mentre si sfregava le mani, pregustando già ciò che sarebbe avvenuto dopo… se la porta della stanza, non fosse stata spalancata per la seconda volta. Perché diavolo non gli era venuto in mente di chiuderla a chiave?

‹‹Cockerell, dannazione! Ti vuoi muovere? Sono tre giorni che non dormo in un letto decente e ti posso assicurare che se per colpa tua non riusciamo a tronare entro un’ora…›› iniziò ad inveire un uomo dai capelli scuri e decisamente più basso di quello che aveva scoperto chiamarsi Cockerell. Accortosi della presenza di Silvia, tuttavia, mutò improvvisamente tono: ‹‹Bene, bene, bene. Che cos’abbiamo qui? Cockerell, non dirmi che pensavi di tenertela tutta per te! Non siamo forse tuoi amici?›› ridacchiò lui, malevolo, mentre si avvicinava al letto.
Quell’uomo era, se possibile ancora più inquietante del precedente, con quel suo sorrisetto sadico e il coltello affilato che continuava a passarsi agilmente tra le dita. Non sapeva perché, ma qualcosa le diceva che se fosse riuscito ad avvicinarla, le avrebbe fatto cose addirittura peggiori dell’uomo precedente. Istintivamente, si avvicinò di più a Cockerell e si nascose dietro la sua schiena, senza smettere di tremare.
‹‹Che diavolo vuoi, Basta? Noi non siamo amici e se anche fosse ti posso assicurare…›› si interruppe un attimo, percependo lo spostamento di peso sul materasso. Notando la mossa della sua preda, non riuscì ad esimersi dal ghignare, compiaciuto, e pavoneggiarsi con il suo eterno rivale: ‹‹A quanto pare non piaci nemmeno a lei: guarda come si getta tra le mie braccia››

‹‹A me non sembra particolarmente entusiasta alla prospettiva: sta piangendo come una fontana›› fece notare una terza voce, che si dimostrò appartenere ad un uomo dalla corporatura piuttosto robusta e dalla stazza imponente.
‹‹Pensi forse che potrebbe preferire un tipo rozzo come te, Nasopiatto? Ti sei guardato in faccia? Non c’è nessun motivo al mondo per cui… Hey!›› Cockerell si interruppe, scioccato, alla vista della ragazzina che si rifugiava velocemente dietro il compare che aveva appena deriso. Come diavolo era possibile?
‹‹Dicevi?›› ridacchiò il chiamato in causa, seppure nemmeno lui riuscisse a comprendere le motivazioni della ragazzina. Dei compagni lui era, certamente, quello con l’aspetto più rivoltante.
‹‹Tsk! Non mi importa cosa preferisce quella piccola svitata: ciò che conta è che io l’ho vista per primo e, dunque, mi spetta di diritto›› ringhiò lui, di rimando.
‹‹Il capo sono io e solo io posso decidere chi si merita cosa. E quella ragazza è troppo bella per due tipi rozzi come voi›› decretò Basta, per nulla intenzionato a cedere di fronte ai suoi sottoposti.

‹‹Fino a prova contraria il capo è Capricorno. Vedremo che cosa ne penserà lui di tutta questa storia›› si oppose Cockerell. Se c’era una cosa che non riusciva a sopportare era il fatto che il suo rivale riuscisse sempre a rigirarsi la frittata come più gli aggradava, ottenendo per sé ciò che spettava agli altri. Ma questa volta non avrebbe ceduto: non avrebbe fatto il suo gioco. Se lui non poteva avere quella ragazza, allora avrebbe fatto in modo che non l’avesse neanche lui. E poi, c’era pur sempre la speranza che Capricorno condividesse la sua posizione. Sarebbe stato un trionfo ancora più grande.
Come previsto, il solo nome del loro capo ebbe l’effetto di placare il lama-munito. Era l’unico argomento per Basta che potesse competere con le sue assurde superstizioni: ‹‹Tsk. E sia, dunque. Poniamo la questione di fronte a Capricorno: sarà lui a decidere per tutti. Ma ora sbrighiamoci: la mia voglia di dormire supera perfino quella di s*****e in questo momento››

‹‹Lo stesso non si può dire di me… Trepido all’idea di ricevere il mio premio›› sghignazzò l’altro.
I loro discorsi non fecero altro che spaventare ulteriormente la poveretta che, ormai, era divenuta più pallida dell’intonaco delle pareti. Temendo che le gambe le potessero cedere da un momento all’altro, Nasopiatto la afferrò per i fianchi e se la caricò in spalla, badando bene di non danneggiare con la sua troppa forza quelle fragili membra. Sarebbe stato un peccato romperla così presto. ‹‹Allora, che cosa stiamo aspettando?›› disse, precedendoli giù dalle scale.
L’azione dell’uomo provocò un urletto spaventato alla ragazza, che non si aspettava assolutamente una tale mossa. Il panico che l’aveva spinta a trovare rifugio dietro l’unico energumeno che non pareva avere cattive intenzioni nei suoi confronti, ora si era dissolto, lasciando lo spazio al dubbio. Che fosse esattamente come gli altri due, per non dire peggio, a giudicare dalla sua forza immensa? Dove la stava portando? Chi era quel Capricorno di cui sembravano avere tanta paura? Silvia si augurava solo che il loro Capo non avesse la stessa predilezione dei suoi sottoposti per veder soffrire delle ragazzine indifese.

Mentre scendevano le scale, i suoi pensieri si rivolsero alla madre ed al fratellino. Sperava con tutto il cuore che non gli avessero fatto del male, ma non aveva il coraggio di manifestare queste sue preoccupazioni, temendo di offrire loro un pretesto per “completare” il loro lavoro, qualora se ne fossero dimenticati. Mentre l’uomo che la stava trasportando percorreva il breve tragitto che conduceva verso la porta d’ingresso, tuttavia, Silvia non riuscì a sopprimere il desiderio di lanciare delle fugaci occhiate di qua e di là, nella flebile speranza di trovare almeno uno dei due in salute. Ciò le avrebbe sicuramente dato la forza per resistere alle insidie che l’avrebbero attesa nel luogo in cui stavano andando. Il suo vano tentativo, tuttavia, non passò inosservato.
‹‹Stai cercando qualcuno, principessa?›› la voce profonda dell’uomo con i capelli rossi, le fece mancare un battito. No, ti prego, fa’ che non gli faccia del male!
‹‹N-no›› balbettò lei, terrorizzata all’idea che, se avesse dato la risposta sbagliata, le sue previsioni avrebbero potuto avverarsi.
‹‹Imparerai presto che mentirmi non porta nulla di buono›› le sussurrò lui, dopo essersi avvicinato al suo orecchio, dato che nel frattempo il colosso l’aveva posata a terra. Con la sua stazza faticava a passare dalla porta anche senza la presenza di un’altra persona sulle spalle.

Il suo alito sulla pelle, unito alle parole taglienti le provocarono un brivido che le percorse tutta la spina dorsale. Il suo incarnato passò dal bianco-intonaco al rosso fuoco nell’arco di tre centesimi di secondo, suscitando le risate degli altri due. La vergogna per l’ennesima umiliazione la fece passare dal rosso al viola e poi di nuovo al bianco, sempre in un intervallo di pochi millesimi di secondo. Non era colpa sua se in meno di due minuti aveva avuto più contatti con dei maschi che nel resto della sua vita. Del resto, era una ragazza riservata, perennemente con la testa sulle nuvole: preferiva isolarsi dal resto del mondo, piuttosto che avere delle relazioni reali con le persone.
Approfittando di quell’attimo di distrazione, Cockerell era sparito in cucina, ritornando pochi minuti dopo con uno spaventatissimo Luca.
‹‹Luca!›› come lo vide, fece per corrergli incontro, ma Cockerell, anticipando le sue mosse, lo mise sotto tiro con il fucile. A quella vista la ragazza si gelò sul posto: non avrebbero suo fratello sotto i suoi occhi solo per darle una lezione, vero?
‹‹V-vi prego, non fategli del male! E’ solo un bambino…›› li implorò lei, mentre Basta approfittava della sua distrazione per riacciuffarla e puntarle il coltello alla gola.
‹‹Che crescerà e ci darà la caccia per vendicarsi›› completò la frase lui, facendole gelare il sangue nelle vene ‹‹A meno che non lo addestriamo in modo tale che diventi fedele unicamente al grande Capricorno e alla sua causa››

‹‹Cosa?!›› esclamarono i due fratelli all’unisono. Silvia non avrebbe mai lasciato che quei brutti delinquenti deviassero il suo dolce fratellino ed anche lui pareva dello stesso avviso, dato che aveva preso a dimenarsi come un matto, incurante dell’arma puntata addosso. Che tra parentesi, non era un’esperta d’armi, ma era abbastanza sicura che il fucile non si impugnasse in quel modo. Da quando in qua una persona sola era in grado di bloccare una persona e minacciarla allo stesso tempo con un’arma così lunga? Suo fratello dovette pensarla allo stesso modo, perché assestò un bel calcio alla gamba danneggiata dell’uomo, causandogli una fitta lancinante. Cockerell fu costretto a mollare la presa e Luca ne approfittò per correre dalla sorella, ma non fece in tempo neanche a respirare, che fu prontamente sollevato per il cappuccio della felpa da Nasopiatto.
‹‹Maledetto moccioso! Adesso vedi che cosa…›› gli ringhiò contro il rosso, per poi puntargli di nuovo il fucile contro, con estremo orrore della ragazza. Silvia non fece, però, in tempo ad implorare pietà che Basta gli ordinò di fermarsi: ‹‹Metti giù quel fucile, idiota. Non riesci a centrare neanche un gatto addormentato a meno di 30 centimetri da te e pensi di poter colpire un moccioso urlante a dieci metri? Smettila di far sfigurare le giacche nere e ragiona, per una volta, prima di agire››
‹‹Maledetto…›› sibilò Cockerell in sua direzione, ma eseguì comunque l’ordine ed abbassò il fucile. Un’idea improvvisa, tuttavia, gli fece tornare il buon umore ed il sorriso sulle labbra. ‹‹Il ragazzo ci serve intero, ma nessuno mi vieta di rivalermi sulla loro dolce mammina›› ghignò in direzione dei due fratelli, per poi iniziare a salire le scale, con un incedere lento, ma inesorabile.

‹‹No, MAMMA! Fermati, tu brutto…›› il ragazzo sembrò calibrare bene le parole, in modo da rivolgergli l’insulto più adatto per descrivere la sua persona, e, dopo un attimo di pausa, selezionò quello giusto: ‹‹CATTIVO!››
I tre energumeni, vuoi perché si aspettavano chissà quale nome, vuoi perché erano abituati maledizioni decisamente peggiori di quella, scoppiarono a ridere come dei deficienti.
Il ragazzino non parve pensarla allo stesso modo, poiché, attanagliato dai sensi di colpa, si affrettò a scusarsi per il calcio e l’orribile insulto.
‹‹Ha chiesto pure scusa hahaha›› si mise a sghignazzare Nasopiatto, rischiando di lasciarsi scappare Luca, tanto era piegato in due dalle risate.
‹‹Il ragazzino è un fenomeno: diventerà la nostra nuova mascotte!›› gli fece eco Basta, agli occhi del quale era divenuto subito simpatico nel momento in cui aveva colpito il suo rivale alla gamba malandata. Chiunque umiliava quel perdente di Cockerell diventava automaticamente suo amico.
‹‹Lo dici solo perché mi ha colpito a tradimento›› lo rimbeccò, appunto, il compare, sentendosi punto nel vivo. Sapete cosa se ne faceva lui delle patetiche scuse di un moccioso? Un c***o.
‹‹Ma no, ma come ti viene in mente!›› ridacchiò lui, senza nemmeno sforzarsi di apparire sincero.

‹‹Guardati le spalle, Basta…›› gli sibilò l’altro di rimando.
‹‹Grazie per il consiglio, ma penso proprio che inizierò a preoccuparmi quando avrai imparato a centrare almeno un obbiettivo con il tuo giocattolino›› e, prima che Cockerell potesse replicare, si affrettò a cambiare argomento: ‹‹Ed ora muoviamoci: non ho nessuna intenzione di passare un’altra notte in bianco per due inetti come voi››
‹‹Hey, aspettate un attimo, per favore, devo controllare come sta mia madre: ho sentito le sue urla prima›› tentò di convincerli Silvia, con scarso successo. Vedendo che nessuno dei tre sembrava intenzionato ad assecondare la sua richiesta, si convinse che sua madre versasse in condizioni gravissime e ricominciò a piangere come se non ci fosse un domani.
Accortosi del problema, Nasopiatto, che non aveva nessuna intenzione di farsi un’ora di viaggio in macchina con una donna che gli strillava nelle orecchie, si costrinse a rivelarle: ‹‹E’ svenuta poco dopo il nostro arrivo. Sta bene››. Parlò a bassa voce, non avendo nessuna intenzione di farsi dare del “pappamolle” dagli altri.
‹‹D-davvero?›› domandò lei, timidamente.
‹‹Sì, e se ora pensi di…›› l’uomo si interruppe per lo shock. La ragazzina l’aveva appena abbracciato?

‹‹Grazie›› gli sussurrò lei, sincera, per poi arrossire violentemente ed arretrare di qualche passo. Maledetto agire d’impulso: che figure le faceva fare? La vana speranza che almeno gli altri due non se ne fossero accorti, sfumò nel momento esatto in cui udì Cockerell esclamare, sbigottito: ‹‹Hey, ma le hai fatto un incantesimo, per caso? Da quando in qua le ragazze, invece di scappare alla tua vista, ti abbracciano?››
‹‹Evidentemente sono il suo preferito›› li prese in giro lui, mentre obbligava sorella e fratello a salire in macchina, seguiti da Cockerell. A Basta spettava il posto del guidatore, mentre lui avrebbe occupato quello del passeggero, come al solito. Per la prima volta rimpianse di essere troppo alto per potersi sedere sui sedili posteriori. La sola idea che Cockerell potesse approfittare della sua posizione privilegiata per fare i propri comodi gli faceva ribollire il sangue nelle vene. E lo stesso parve pensare Basta, poiché ordinò che il fratellino di Silvia si sedesse al centro, in modo da fare da spartiacque tra il rivale e la ragazza.

Nonostante l’ultima precauzione, Cockerell iniziò fin da subito ad insidiare la fanciulla, non curandosi minimamente della presenza del ragazzino che, in tutta risposta, lo colpiva alla gamba, ogni volta che gli vedeva “allungare troppo le mani”. Per quanto riguarda la fanciulla in questione, nel dubbio, continuava a piangere come se non ci fosse un domani, mentre diceva il rosario. Una scena che ricordava il rapimento di Lucia Mondella, ma i nostri tre rapitori, ahi loro, non poterono nemmeno ridere di tale confronto. L’analfabetismo è una brutta bestia...
Sarebbe stato un luuungo viaggio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- L'arrivo al villaggio ***


Capitolo 1- L’arrivo al villaggio
La mela della discordia si chiama Silvia.
 

L’onesta brigata¹ giunse, finalmente a destinazione quando la mezzanotte era già suonata da un pezzo, per immensa gioia di Basta che, come aveva già dato ad intendere, non vedeva l’ora di fare after con la squisitissima compagnia di due cerebrolesi, un moccioso impertinente ed una fanciulla piangente. Ecco, appunto, era talmente stanco che ora si metteva pure a parlare in rime. Ci mancava solo quello: già doveva limitare drasticamente il suo “repertorio” linguistico a causa della presenza del ragazzino. Di solito non si faceva così tanti problemi, ma per quella settimana ne aveva avuti a sufficienza di prigionieri traumatizzati. Se il fratellino della gnocca ragazza era sensibile anche solo un centesimo di quanto aveva dimostrato di essere lei, non era sicuro che il suo cervello stanco avrebbe retto il colpo.
Parcheggiò l’auto “alla buona” vicino al refettorio. Avrebbe dovuto svegliarsi presto per spostarla, onde evitare di incorrere nelle ire della megera maniaca del controllo, ma sentiva che non avrebbe potuto guidare un minuto di più. Non voleva rischiare di distrarsi, o peggio, addormentarsi al volante. (Che carino, Bastie, tieni così tanto alla nostra incolumità? Nd: Cockerell. Temo per la carrozzeria, imbecille! L’ho appena fatta riverniciare. Nd: Basta)
Stremato, estrasse le chiavi da cruscotto e fece segno agli altri di scendere. Prima chiudevano quella faccenda e prima poteva adempiere al tanto atteso appuntamento con il suo letto a tre piazze e mezzo. (Molto in stile “Ciccia, siamo in lettonia”. Nd: me)

Notando che, però, gli altri tergiversarono, pensò che fosse il caso di richiamarli civilmente. Così civilmente da mettere in fuga tre cinghiali, una colonia di ghiri e un gruppo di scout che si era accampato nelle vicinanze. Svegliò inoltre quasi la metà degli abitanti della neo-costituita “Dittatura indipendente di Capricorno il terribile”, comprese le guardie di vedetta sul ponte, che il giorno seguente ebbero perfino l’ardire di lamentarsi. Ciò che il pover’uomo non aveva preso in considerazione era il fatto che l’improvviso silenzio calato nella vettura era dovuto all’addormentamento dei due fratelli, che, prosciugati dalle forti emozioni del giorno, erano crollati dopo la prima mezz’ora di viaggio.
Inutile dire che, appena rinvenuti dallo stato comatoso in cui erano caduti, l’uno iniziò ad urlare e dimenarsi come un forsennato, l’altra riprese a piangere con la stessa frequenza di prima, manco fosse un disco rotto.

A questo punto, temendo che i due indemoniati le due povere vittime innocenti potessero infastidire Capricorno a tal punto da causare delle ritorsioni nei loro confronti, Basta si immolò per la causa ed andò a riferire a capricorno i dettagli delle ultime missioni. In comune accordo con i due compari, tuttavia, avrebbe incresciosamente omesso il particolare della prigioniera, in modo che una tale bellezza non “andasse sprecata”. Il giorno seguente avrebbero denunciato la sua presenza e, approfittando del buon umore che di solito il loro capo dimostrava nelle prime ore diurne (quando i sogni di massacri e carneficine erano ancora nitidi nella sua mente), avrebbero cercato di convincerlo a lasciargliela come “cameriera personale”.
Giunto di fronte alla porta d’accesso agli appartamenti privati del suo signore, tuttavia, Basta trovò un’altra amara sorpresa. La nonna della famiglia Addams Mortola lo attendeva al varco, pronta a trovare una scusa per farlo cadere in disgrazia agli occhi di Capricorno (come sempre) e farlo sostituire da un uomo-fantoccio più controllabile. Non avrebbe mai potuto ottenere un potere legittimo, ma del resto, nemmeno lo desiderava (non era un ragionamento possibile per una donna nata in una società improntata alla più assoluta discriminazione di genere, come quella di “Inkheart”). E poi, macchinare nell’ombra era decisamente più malvagio e divertente.

‹‹Come osi, tu, inutile ratto di fogna, anche solo pensare di infastidire Capricorno ad un orario del genere?›› non perse, infatti, tempo a sibilargli.
‹‹M-ma sono certo che Capricorno vorrà sapere…›› tentò di placarla lui, ma fu prontamente interrotto dalla megera: ‹‹Sono certa che qualunque cosa potrà aspettare domani››
‹‹Teoricamente dopo la mezzanotte si passa già al giorno successivo, per cui è già domani. Quindi, se vuoi scusarmi, vado a terminare il mio lavoro›› ghignò lui, straf******e, per poi incamminarsi baldanzosamente verso la sua meta. Il fatto che quell’arpia non gli andasse particolarmente a genio era risaputo; tuttavia, non poteva rischiare di esagerare e contrariare, così, Capricorno. Anche se nessuno ne capiva ancora il motivo, il loro signore sembrava tenere molto in considerazione quella donna. Mettersi contro di lei era come minacciare Capricorno in persona. Senza contare che…
‹‹Fai un altro passo e mi assicurerò che il tuo inutile corpo sia la materia prima del mio prossimo esperimento…›› gli ringhiò lei, incollerita per il tono saccente dell’uomo.
‹‹Non mi fai paura, vecchia››
‹‹O forse potrei lasciarti in vita ancora per un po’ e godermi le tue grida mentre cerchi invano di annullare la maledizione che ti avrò scagliato contro›› aggiunse la donna, ben sapendo di aver toccato un tasto dolente.

Ecco, appunto. L’uomo si immobilizzò immediatamente sul posto e ruotò lentamente la testa in direzione di Mortola, temendo che anche il suo più piccolo movimento avrebbe potuto essere scambiato per un atto di ribellione: ‹‹N-non oserai, vero?››
‹‹Oso eccome, e farai meglio a cambiare atteggiamento, Basta: quando mi incroci nei corridoi devi chinare la testa e chiamarmi “signora”, hai capito bene?›› gli urlò lei, gambe ben piantate per terra, mani sui fianchi e sguardo battagliero.
‹‹S-se mi scagli contro un maleficio tutto il villaggio saprà che sei una strega e ti bruceremo sul rogo, come più si addice a quelle della tua razza›› basta provò ad ostentare una sicurezza che non possedeva, nella speranza che la donna decidesse che fosse meglio desistere.
‹‹Figuriamoci: nessuno crederà ad una parola. Sei la persona più emozionabile e superstiziosa che io abbia mai incontrato e lo sanno tutti. Crederanno che tu sia in preda ad un’altra delle tue assurde follie e non si interesseranno minimamente alla cosa›› gli rispose, lei, per le rime. Sapeva il fatto suo, non c’era che dire.
*****

Tornato alla macchina “con le pieve nel sacco”, si trovò ad invidiare i due compagni che erano riusciti a scampare l’ennesima umiliazione da parte della megera. Iniziava quasi a pensare che, quando si doveva scegliere chi avrebbe sostituito Volpe di Bragia (rimasto nel libro) come braccio destro di Capricorno, gli altri si fossero fatti indietro proprio in previsione degli scomodi oneri che tale posizione comportava. E lui che si era sempre vantato di essere stato scelto in qualità di uomo più fidato ed abile nei “lavori” commissionatigli! L’orgoglio era proprio una brutta bestia.
Il suo umore, tuttavia, migliorò leggermente alla vista della scena che gli si prospettava di fronte, una volta giunto dove aveva lasciato gli altri. Cockerell pareva, se possibile, ancora più malridotto rispetto a quando lo aveva lasciato e la colpa era probabilmente imputabile al moccioso. La riprova di ciò era il rosso che tentava di impallinarlo, con scarso successo, mentre gli intimava di smetterla di muoversi e di lasciarsi colpire. Luca, che era rimasto perfettamente immobile per tutto il tempo, lo fissava con un sopracciglio sollevato. E se un ragazzino di 13 anni si rendeva conto che l’atteggiamento dell’uomo era talmente imbarazzante da rendere superflua qualsiasi battuta, doveva essere davvero alla frutta.

Ma l’umiliazione più grande era toccata a Nasopiatto che, aveva dovuto consolare la fanciulla e, in particolare, passarle i fazzoletti di stoffa. Oltre ad essere un compito particolarmente poco gratificante e virile per un uomo del suo mestiere, aumentava i suoi già numerosi complessi. Perché tutti potevano avere un naso e lui no? Ora capiva come doveva sentirsi il Pifferaio quando il padre della sua ultima fiamma gli aveva tagliato il naso. Se avesse potuto tornare indietro nel tempo, avrebbe evitato di prendersi gioco di lui.
Trattenendo a stento le risa, richiamò la loro attenzione, ponendo così fine alle loro sofferenze. Riassunta velocemente la situazione (ovviamente badò bene di non accennare ai ricatti della vecchia arpia), il fuoco del discorso cadde sui due prigionieri. I due fratelli furono contesi in egual misura: la prima per il suo piacevole aspetto e il fanciullo per la sua tempra. Cockerell voleva approfittarne per vendicarsi per le numerose umiliazioni inflittegli, Basta aveva, invece, tutto l’interesse per impedirglielo. Un nemico in più per Cockerell significava un alleato in più per lui, senza contare che, essendo lui l’addetto agli addestramenti delle reclute, era sempre in cerca di nuovi “discepoli”.

‹‹In assenza di Capricorno le decisioni le prendo io e vi sfido a metterle in discussione›› annunciò Basta, il cui sguardo stanco doveva aver assunto dei connotati ancora più cupi ed inquietanti del solito, dato che, per la prima volta nella storia, i due non parvero protestare. E non dovette nemmeno estrarre il coltello per dare più credito alla minaccia.
‹‹In quanto responsabile delle reclute, il ragazzino è sotto la mia giurisdizione. Per stasera lo terrò d’occhio io, dato che non ho nessuna intenzione di farmi tutto il tragitto fino all’edificio comune dei novellini a quest’ora››
‹‹E come pensi di tenerlo d’occhio da addormentato? Sentiamo!›› volle indagare Cockerell, ancora desideroso di farla pagare moccioso.
‹‹E tu come pensi di farlo nelle condizioni in cui ti trovi?›› lo sf***è lui. L’altro soffocò ringhio che poco aveva di umano, ma poi decise di lasciar correre per una volta: non aveva nessuna intenzione di venire sventrato da un maniaco assassino in carenza di sonno.
‹‹E la ragazza?›› si limitò a domandare. Se non poteva mettere le mani addosso alla piccola peste, si sarebbe rifatto con la sua dolce sorellina.
‹‹Viene come, ovviamente›› annunciò lui ovvio.
‹‹C-cosa? Cosa ti fa pensare di avere il diritto di prenderti la mia preda. L’ho vista prima io e quindi è mia!››
‹‹Ti ricordo che il capo sono io e, dunque, le mie decisioni non si discutono. E poi… come possiamo essere così crudeli da dividere due fratelli?›› ghignò lui divertito, per poi indirizzare un’occhiata malevola in direzione di Silvia, che iniziò a tremare e piangere più forte di prima (e a bloccare la circolazione del braccio destro di Nasopiatto che, però, non ebbe il coraggio di dirglielo. Se fosse scoppiata a piangere ancora più forte, non era sicuro che i suoi timpani avrebbero retto il colpo).

‹‹Se devi controllare il moccioso, come pensi di poter fare i tuoi comodi con lei? Vuoi forse traumatizzare il tuo nuovo discepolo?›› gli fece notare Cockerell.
Rendendosi conto di essersi appena fregato con le proprie mani, Basta fu costretto a cedere, seppur contro voglia. Una cosa era sicura: un giorno l’avrebbe fatta pagare anche per quello.
Profondamente soddisfatto per l’inaspettata vittoria, il rosso si diresse con passo baldanzoso (per quanto possibile, considerata l’entità dei danni alla gamba) verso la tanto agognata “ricompensa”. Ricompensa che, invece di restarsene buona ad attendere il verdetto dei suoi rapitori, era indietreggiata di parecchi metri, trascinandosi dietro il povero Nasopiatto che, più per pietà che per altro, aveva deciso di assecondarla.
Se quest’ultimo non era intervenuto nella contesa, non era certo perché non desiderasse la sua piacevole compagnia. Semplicemente, era consapevole del proprio aspetto avrebbe messo in fuga qualsiasi essere dotato di sensori visivi e non aveva nessuna intenzione di essere umiliato per l’ennesima volta di fronte ai compagni d’armi. La sua decisione non gli impedì, tuttavia, di provare un senso di nausea nei confronti dell’atteggiamento improponibile dimostrato dagli altri due. Non che lui fosse uno stinco di santo, intendiamoci, ma perfino lui possedeva quel minimo di orgoglio che gli impediva di umiliare così una donna. Cosa gli costava aspettare di arrivare in camera da letto per fare gli sbruffoni? Lui stesso, qualche volta, si era imposto con la forza (E lo dici così? Infame, maschilista e… cattivo! Nd: tutti. Che colpa ne ho se nel mio mondo funziona così? Nd: Nasopiatto. E ti sembra, forse, una scusa accettabile? Nd: tutti), ma per lo meno aveva avuto la decenza di non sbandierarlo ai quattro venti e umiliare la povera sventurata di turno davanti ai compagni.
Forse fu proprio questa consapevolezza a imporgli di non muoversi, quando la ragazza si nascose dietro di lui, nell’estremo tentativo di evitare di essere trascinata via da Cockerell.

‹‹Hey, vedi di scansarti! Non ho nessuna voglia di perdere altro tempo›› lo ammonì il rosso, rendendosi conto che, complice la gamba che gli rallentava i movimenti, non riusciva a bypassare il suo scudo umano.
Vedendo che Nasopiatto pareva indeciso sul da farsi, Silvia, dando fondo a tutto il suo (esiguo) coraggio, si decise finalmente a dire la sua: ‹‹N-no, non lasciare che mi porti via… mi farà del male››
‹‹Su, non fare tanto la difficile›› fece Cockerell, esasperato, mentre tentava nuovamente di afferrarle un braccio, con scarso successo. Perché quei due ragazzini dovevano essere così dannatamente veloci?
‹‹Che c’è, Nasopiatto, vuoi forse portartela a letto anche tu?›› lo derise Basta, conscio di aver toccato il suo punto debole ‹‹Chissà se, però, anche lei sarà dello stesso avviso… Non che Cockerell sia questa gran bellezza, con quegli assurdi capelli che si ritrova, hahaha Ma per lo meno lui un naso ce l’ha!››
‹‹Si chiama moda, ignorante: una cosa che i tuoi capelli dal colore indefinito non hanno mai visto nemmeno su una copertina›› lo rimbeccò il rosso, profondamente offeso dal suo commento. Se c’era una cosa che non sopportava era la gente che criticava il suo modo di vestire o la chioma (tinta) di cui andava tanto fiero.
L’acido commento di Basta, tuttavia, riuscì a scalfire anche il muro impenetrabile del colosso che, abbassò inavvertitamente la guardia per pochi istanti. Ciò diede, comunque, l’occasione a Cockerell per superarlo e recuperare la ragazzina recalcitrante. ‹‹Gente, è stato bello, ma è tempo che io che questa bellezza ci assentiamo. Non invidiatemi troppo, anzi, ora che ci ripenso potete invidiarmi quanto volete, hahaha›› ironizzò lui, infatti, mentre la trascinava con sé.

‹‹Hey, tu, dove credi di andare con mia sorella? Lasciala andare subito, razza di…persona orribile!›› Luca cercò di raggiungere i due, ma fu prontamente afferrato da Basta e, per quanto si dimenasse, non riuscì a fargli allentare la presa nemmeno di un millimetro.
Silvia era talmente terrorizzata che non riusciva più nemmeno a piangere, figurarsi ad opporre resistenza. Il contatto della sua mano sulla pelle le faceva rivivere quegli attimi terribili che aveva vissuto nel momento in cui quell’uomo folle aveva fatto irruzione nella sua stanza. Il solo pensiero di dover rimanere ancora da sola con lui la paralizzava completamente. Una volta raggiunta la sua abitazione, avrebbe voluto continuare quello che aveva interrotto poche ore prima? La paura era tale da farle seriamente dubitare di riuscire a raggiungere la casa prima di svenire. E, date le circostanze, era abbastanza convinta che perdere i sensi fosse la condizione ottimale per affrontare ciò che l’aspettava quella notte.
Con non sapeva neppure lei quale forza, si voltò un’ultima volta verso l’uomo che, al momento le appariva il più affidabile: ‹‹Non mi lasciare da sola con lui… ti prego!››
Quelle due semplici parole, unite al suo sguardo terrorizzato, ma carico di speranza, allo stesso tempo, ebbero l’effetto di smuovere (un minimo) il suo animo duro. Quella era in assoluto la prima volta che una donna lo guardava direttamente negli occhi senza timore, per non dire con uno sguardo carico di aspettativa. Se qualcuno glielo avesse detto poche ore prima, si sarebbe messo e non ci avrebbe creduto. Fu, forse, per questo che si azzardò ad afferrare Cockerell per una spalla, bloccando, così la sua marcia.

‹‹Hey, che diavolo ti prende?›› si lamentò quello, stufo di perdere tempo prezioso.
‹‹Mi sembra che la ragazza abbia messo bene in chiaro che non ha nessuna intenzione di venire insieme a te›› affermò lui, con una sicurezza che non pensava nemmeno di possedere. Non era abituato a prendere iniziative: di solito si limitava a seguire gli ordini senza porsi ulteriori domande. Che gli era preso tutto d’un colpo?
‹‹Sei diventato il suo cavaliere personale, per caso? Da quando ti fai mettere i piedi in testa da una donna?››
L’insulto fece quasi perdere le staffe a Nasopiatto, che lo afferrò per il colletto della giacca e lo tenne sollevato all’altezza della sua faccia, mentre gli ringhiava contro: ‹‹Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, CHIARO?››
‹‹Mettimi subito giù, razza di…›› il lamento di Cockerell fu, però, interrotto da Basta che, divertito dall’inaspettato evolversi degli eventi, aveva maturato un’idea interessante: ‹‹Due cavalieri che combattono per la stessa dama, ma che carini… Perché non lasciamo che sia proprio le a scegliere?››
La proposta lasciò tutti perplessi. E Cockerell, per nulla contento all’idea di poter perdere il suo premio (Manco Agamennone quando litiga con Achille per Briseide. Nd: me), si affrettò ad ammonire la fanciulla: ‹‹Pensi davvero che il tuo cavaliere si comporterà diversamente da me una volta che sarete rimasti da soli? Credi ancora troppo alle favole, principessa››

‹‹Può darsi… ma almeno lui è stato gentile con me!›› le parole della ragazza ebbero l’effetto di far scoppiare a ridere i tre contendenti. Nasopiatto gentile? Quella sì che era buona! Alla faccia del credere troppo alle favole
Una volta riuscito, finalmente a ricomporsi, Nasopiatto le rivolse parole fredde, ma sincere: ‹‹Se pensi davvero che io sia una persona gentile, hai completamente sbagliato persona. Io sono crudele come e forse più di tutti gli uomini che incontrerai in questa cittadella. Minaccio, rapisco e uccido le persone: questo è il mio lavoro e quello che sono. Sei libera di scegliere me, se credi, ma sappi che verrai tratta esattamente allo stesso modo in cui ti tratterà chiunque altro qua dentro›› Da quando in qua riusciva ad elaborare dei ragionamenti così acuti?
Se gli altri erano rimasti di stucco di fronte alla sua risposta, figuratevi la faccia che fecero quando videro la ragazza annuire lievemente, per poi raggiungerlo, rivolgendogli un timido sguardo che celava ancora una punta di paura.
Soddisfatto dal colpo di scena senza precedenti che lo aveva visto vincitore della contesa, Nasopiatto l’afferrò per un braccio, incominciando ad incamminarsi verso la sua modesta abitazione. Un ampio ghigno che gli contornava il volto sfigurato, mentre ancora non riusciva a credere alla propria inaspettata fortuna.
*****

Il tragitto fu più complesso del previsto, dato che Silvia era in pigiama e, con tutto quello che le era capitato quella notte, non aveva avuto nemmeno il tempo di indossare le scarpe. Il che poteva dimostrarsi alquanto problematico per una fanciulla di fragile costituzione, a novembre, di notte, con l’umidità che caratterizzava l’entroterra ligure ed una location caratterizzata da una vasta pineta. La poveretta tremava dal freddo e dopo pochi passi era già riuscita a ferirsi ai piedi, seppur in maniera lieve. Temendo di contrariare l’uomo con cui avrebbe dovuto trascorrere le successive dodici ore, tuttavia, si astenne dal manifestare qualunque pensiero al riguardo.
La cosa non sfuggì, però, all’occhio attento dell’uomo (non che ci volesse un genio, dato che il tremore della ragazza si stava trasmettendo anche a lui, che la trascinava per un braccio), che si trovò costretto a cederle la giacca e portarla in braccio fino a casa. Da quando in qua una giacca di pelle riesce a combattere il freddo invernale, vi chiederete. Da quando il “prestante” porta una taglia grande dieci volte tanto quella di colui al quale viene prestata. Se a lui arrivava appena al di sotto della vita, a Silvia faceva da cappotto.
Giunti finalmente a destinazione, il colosso fece, finalmente, “smontare” il passeggero abusivo davanti alla porta d’ingresso. Mentre l’uomo cercava le chiavi, Silvia cercò di reprimere l’impulso di ringraziarlo per la sua ennesima gentilezza (tale e quale a suo fratello: se non diceva “grazie” e “scusa” almeno un centinaio di volte al giorno, rischiava di esplodere). Non si addiceva decisamente alla situazione in cui si trovava.

La casa era piccola ed evidentemente trascurata, ma la ragazza dovette ammettere che, a dispetto di quanto ci si potesse aspettare da un uomo del genere, non era messa, poi, così male. Del resto, Nasopiatto vestito da cameriera in stile manga giapponese, con grembiule recante lo slogan “Certezze di una donna: essere consapevole che le cose, o te le fai tu, o te le fai tu”, non ce lo vedeva un granché. Tale immagine le diede, però, la forza spirituale necessaria per seguirlo fino alla camera padronale, senza svenire o versare lacrime (più del dovuto). Forza che si dissipò completamente nel momento in cui varcò la soglia di quello che si prospettava essere l’incubo peggiore della sua breve vita.
Nasopiatto attraversò la stanza con disinvoltura (del resto, non era lui la vittima sacrificale in quel momento) e, con altrettanta disinvoltura iniziò a sbottonarsi la camicia, senza curarsi minimamente della sua ospite. Quest’ultima, intuendo ciò che stava per fare, serrò immediatamente gli occhi e si voltò dalla parte opposta. Raccolti gli ultimi rimasugli di energia, riuscì a pronunciare, con appena un filo di voce: ‹‹P-posso andare un attimo in bagno, mentre ti metti il pigiama?››

‹‹Ma io non mi sto mette…›› l’uomo non fece in tempo a terminare la frase, che la ragazzina era già sparita dietro la porta di legno scuro che separava la camera dal bagnetto privato. Ma secondo lei per quale assurda logica avrebbe dovuto cambiarsi per poi doversi spogliare di nuovo? Donne: chi le capiva era bravo.
Mentre aspettava che la biondina uscisse da quell’antro muschioso in cui il genere femminile risiede il 75% del suo tempo, si lasciò cadere sul letto, sospirando. Ma perché per una volta nella vita non gli poteva capitare un lavoretto semplice?
*****

Nel frattempo, la suddetta fanciulla si era barricata nel bagno, sperando di riuscire quantomeno a ritardare il confronto con il tizio sospetto che l’attendeva dall’altra parte. Non che una porta chiusa spessa tre millimetri e mezzo (com’è uso tra i parsimoniosi liguri) vecchia e mezza scardinata potesse essere un grande scudo, ma certe vote illudersi aiuta a sopravvivere.
Lo sguardo vagò, per prima cosa, alla ricerca di una seconda via di fuga, che risultò essere una graziosa finestrella… affacciata su un dirupo. A meno che non fosse riuscita a trasformarsi in una Winx nei successivi cinque minuti, poteva tranquillamente escluderla dalla mappa mentale che stava costruendo in previsione di un tentativo di fuga futuro. Doveva solo riuscire a bypassare il colosso nella stanza accanto, fuggire nei boschi a piedi nudi, trovare il suo fratellino in un villaggio sconosciuto, tramortendo il maniaco assassino col coltello e trovando una strada che potesse condurli al centro abitato più vicino. Ma chi voleva prendere in giro? Non aveva neanche il coraggio di ammazzare i ragni che tessevano la loro ragnatela sopra il suo letto, figurarsi affrontare i loschi individui che l’avevano trascinata in quella brutta situazione. Era senza speranze.

Tuttavia, rimanere chiusa in bagno a piangersi addosso non l’avrebbe aiutata a trovare una soluzione. L’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stato fare infuriare il signor Nasopiatto, che non sembrava un tipo particolarmente paziente, e peggiorare ulteriormente la sua già precaria situazione. L’unica opzione possibile era uscire da quella porta e affrontare la situazione come più si conviene ad una donna adulta. Del resto l’uomo che l’aspettava là fuori pareva una persona piuttosto civile (Ma dove?! Nd: Basta e Cockerell), nei limiti del possibile, data la sua carriera non particolarmente “onorevole”. Magari si sarebbe pure dimostrato comprensivo nei suoi confronti e avrebbe deciso di non farle del male, almeno per quella sera. Doveva solo pensare positivo.
Con questo pensiero in testa, si avvicinò alla porta a passo sicuro e… diede un altro giro di chiave, per poi correre nell’angolo più lontano e rannicchiarsi su sé stessa, mentre ricominciava a piangere come se non ci fosse un domani. No, non ce la poteva fare.
*****

Nasopiatto, che non si era mai distinto per pazienza, quella sera si era superato, attendendo addirittura 22 minuti. Inizialmente l’aveva lasciata fare, sperando vivamente che quella piccola concessione gli permettesse, poi, di non doversi relazionare con una fanciulla piangente, ma con una un pochettino più calma. Rendendosi, però, conto che, indipendentemente dal tempo trascorso, il pianto e i singhiozzi non diminuivano minimamente, si decise a rassicurarla, scegliendo con estrema cura le parole: ‹‹Hai cinque secondi per uscire. Altrimenti sfondo la porta e scopri di cosa dovresti davvero avere paura››
Inutile dire che dopo meno di tre secondi Silvia era davanti a lui, in ginocchio, implorandolo di non ucciderla. Quando voleva sapeva essere… persuasivo.
Resosi conto di avere, forse, leggermente esagerato, si sentì in dovere di vincere la pigrizia ed alzarsi dal letto che, dopo quasi 48 ore senza dormire, iniziava ad assumere un’aria abbastanza invitante. Le si avvicinò con estrema lentezza, per poi abbassarsi alla sua altezza e cercare di confortarla come meglio poteva. Non essendo molto avvezzo a questo genere di cose, ebbe non poca difficoltà a trovare le parole adeguate. I primi tentativi non fecero altro che peggiorare la situazione, e con essa il parziale allagamento della stanza (come faceva a non essersi ancora disidratata, a fuia di piangere?). Provò persino a posarle una mano su una spalla, ma quella dovette prenderlo per un tentativo di strangolamento, perché iniziò a tremare come una foglia e perse anche quel poco di colorito che le era rimasto in volto. Persino da quella posizione, si poteva udire chiaramente il battito velocissimo del suo cuoricino terrorizzato.

Temendo che le potesse seriamente venire un infarto e, quindi di dover compilar carte a non finire per spiegare a Basta e Capricorno come fosse potuto accadere (cosa al quanto difficile, dato che al villaggio erano tutti analfabeti), si costrinse ad accantonare i piani per la serata. Si rialzò sospirando, per poi sedersi sul letto, con aria stanca. Una volta accertatosi che Silvia non manifestasse alcuna intenzione di approfittare della sua distrazione per scappare, si concesse di sdraiarsi comodamente sotto le coperte. Del resto era stata una giornata pesante per entrambi.
Attese qualche minuto, affinché la fanciulla si calmasse un poco, dopo di che le propose, senza tanti giri di parole: ‹‹Ragazza? Senti, facciamo un patto: io ho sonno, tu sei terrorizzata. Se vieni a dormire senza fare storie, per stasera non ti faccio niente››
‹‹D-davvero?›› domandò lei, soffiandosi il naso per l’ennesima volta (Tanto i fazzoletti non li lava mica lei, la principessa! Nd: ragazze addette al bucato).
Lui le annuì, stanco, per poi battere con una mano sul letto, per farle segno di raggiungerlo sotto le coperte.

Silvia si avvicinò al letto, titubante, cercando una scusa per prendere un po’ di tempo. Non che non si fidasse delle parole dell’uomo, ma si sa, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. La prima cosa che le venne in mente fu, appunto, domandare quale fosse l’interruttore per spegnere le luci e, nonostante le indicazioni dell’uomo, ne schiacciò una dozzina (più volte, per altro), prima di individuare quello corretto. Chiunque fosse passato nei pressi della casa in quel momento, avrebbe pensato ad un’infestazione di spettri.
Una volta terminato l’arduo compito (Nasopiatto non ebbe il coraggio di dirle che c’era un secondo interruttore proprio accanto al letto), sollevò le coperte e si sdraiò sul bordo del letto, cercando di evitare ogni possibile contatto. Era pur sempre una ragazza all’antica: i suoi le avevano insegnato che non si dorme con i maschi sotto lo stesso tetto, figuriamoci con uno sconosciuto! Per non parlare del fatto che, data la sua timidezza estrema, non aveva mai avuto modo di comunicare con la componente maschile più del necessario. Ed ora non aveva la minima idea di come comportarsi. Alle sue insicurezze personali si sommava il terrore di infastidire l’uomo in qualche modo, spingendolo a cambiare idea sulla sua situazione. Senza nemmeno accorgersene, aveva ricominciato a tremare, in parte per la paura e in parte per il freddo che, essendo la struttura priva di riscaldamento, si faceva sentire nonostante le coperte.

La cosa non sfuggì all’uomo che, non avendo molta esperienza in campo di donne, decise di tentare con una tecnica che aveva visto applicare qualche volta nelle sue terre. Una tecnica che permetteva ad un rapitore di tenere la sua prigioniera sotto controllo, al caldo, ed evitarle l’imbarazzo: avvolgerla stretta in una coperta. (Seriamente? Nd: tutti. Funziona davvero, vi giuro! Nd: Nasopiatto). Fu così che Silvia, senza nemmeno rendersene conto, si trovò avvolta in una spessa coperta di lana, come un involtino. L’involucro era talmente spesso ed attorcigliato che non sarebbe riuscita a muovere nemmeno un dito, figurarsi a scappare, cosa su cui contava Nasopiatto. Giusto per essere prudenti, tuttavia, la trasse a sé, in modo da poterle circondare la vita (forse, la stoffa falsava la percezione) con un braccio. Tendeva ad avere un sonno particolarmente pesante e non aveva nessuna intenzione di farsi sfuggire la bella prigioniera tra le dita, a maggior ragione ora che l’aveva a portata di mano e non ne aveva ancora usufruito.

L’effetto coperta parve funzionare egregiamente, perché Silvia non provò quasi imbarazzo nonostante la vicinanza dell’uomo. ‹‹Nasopiatto?›› domandò timidamente.
‹‹Hmm›› grugnì lui, che non vedeva l’ora di appisolarsi.
‹‹Grazie››
L’uomo non fece in tempo a risponderle, che era già sprofondata nel mondo dei sogni. “Sembra un gattino” si ritrovò a ridacchiare l’uomo fra sé e sé, mentre cercava una posizione comoda per poter imitare la compagna di stanza. Per la prima volta dopo quasi vent’anni, si addormentò con il sorriso sulle labbra.
 
Note:
1- Riferimento ironico al termine utilizzato da Giovanni Boccaccio nel Decameron per indicare il gruppo di giovani protagonisti.
 
Angolo autrice:
Anche il capitolo di oggi non è lunghissimo, ma la colpa è degli esami hahaha. Dal prossimo faranno la loro comparsa anche gli altri personaggi… Per ora i nostri “eroi” si sono confrontati solo con due ragazzini calmi, pacati e all’antica, ma cosa succederà con degli adolescenti “moderni”? Queste ed altre risposte nel capitolo di domenica prossima!
PS. Le critiche costruttive sono ben accette (no, seriamente, penso che siano l’aiuto più grande per chi, come me, gioca a fare lo scrittore), quindi non fatevi problemi.

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