Del turbamento dell'anima

di girlinadarkroom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Juniper ***
Capitolo 2: *** Rylan ***
Capitolo 3: *** Juniper ***



Capitolo 1
*** Juniper ***


Juniper
June si passò il rossetto color ciliegia sulle labbra dalle linee morbide, portandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli profumati. Chiuse la collanina e si controllò allo specchio un’ultima volta prima di scendere le scale. Le sfuggì un sospiro dalla giovane bocca quando gli occhi, nel riflesso, incontrarono la fede all’anulare. Anche se erano già trascorsi un paio di anni, non si era ancora abituata a indossarla. Nell’ultimo periodo, poi, le pareva sfuggente, come se le sue dita si fossero a tal punto assottigliate da sentirla scivolare via, così si ritrovava spesso a cercarla e toccarla, quasi afferrarla.

Nessuno, durante gli interminabili corsi prematrimoniali, le aveva spiegato come le sarebbe realmente cambiata la vita una volta conclusosi il giorno di festa. Sin da piccola aveva assecondato il sogno e la fantasia che la società le aveva inculcato nella mente: diventare una perfetta donna di casa. Così aveva abbandonato gli studi una volta diplomatasi, poiché studiare non le sarebbe più servito – soprattutto perché le ragazzine troppo curiose e saputelle non riescono a trovare marito – e si era dedicata completamente a portare a termine il nuovo compito. Aveva iniziato imitando ogni movimento della madre, aveva imparato a cucinare, rammendare, stirare, cercando di fare il possibile per essere alla sua altezza. Poi lo aveva incontrato - quello giusto, quello perfetto-, ed era stata corteggiata, riempita di attenzioni e regali, e avevano seguito insieme tutte le regole, completato correttamente tutti i passaggi, come, appunto, partecipare agli incontri del pastore. Tutto pur di rendere il futuro marito orgoglioso. James se lo era meritato: era un uomo meraviglioso, senza ombra di dubbio. Usciva per andare al lavoro poco dopo il sorgere del sole e tornava con il tramonto, sempre con un piccolo mazzo di fiori in mano. Le dava un bacio sulla guancia e si sedevano insieme a tavola; divorava la cena, sempre perfetta, e le raccontava cosa era capitato in ufficio quel giorno. E lei lo ascoltava felice, dando vita nella mente a quei suoi brevi racconti che spesso terminavano con l’apertura di una bottiglia di birra sul divano, mentre lei sorseggiava una bibita dalla cannuccia, con il rossetto sempre impeccabilmente steso sulle labbra. Ogni sua azione ruotava attorno a quel momento che, però, con il passare del tempo aveva iniziato a divenire più breve: James tornava sempre un poco più tardi, sempre più stanco, sempre più irritato. Il più delle volte mangiava velocemente qualche boccone e si addormentava sulla poltrona dopo la seconda birra. E aveva smesso di portarle a casa i fiori.
 
Durante il giorno, mentre attendeva il suo ritorno, le capitava spesso di ritrovarsi seduta al tavolo della sala, sovrappensiero, a fissare fuori dalla finestra i bambini giocare e le tate spingere le carrozzine, seguite dalle madri. Non la turbava tanto l’assenza di risate infantili in casa, quanto la sensazione di essere invisibile.
Le visite delle vicine erano diminuite con il passare del tempo e, dopo pochi mesi dal loro trasferimento, l’arrivo di una nuova coppia in dolce attesa aveva attirato la loro intera attenzione e, d’un colpo, si erano dimenticate di lei.
«Se domani dovessi scomparire», rifletteva di tanto in tanto, «nessuno se ne accorgerebbe».
E un tale pensiero scatenava in lei reazioni contrastanti: se da una parte si sentiva triste a non essere il punto di riferimento di qualcuno, a non influenzare o essere semplicemente partecipe della vita altrui, dall’altra provava un dolcissimo piacere: sarebbe stata libera di sparire in qualsiasi momento e nessuno lo avrebbe impedito. A parte suo marito, ovviamente, ma non sarebbe mai fuggita da lui, anche se la sua mancanza di interesse la stava ferendo nel profondo, più di quanto fosse disposta ad ammettere. Infatti, inconsapevolmente, la delusione aveva iniziato ad avvelenare l’idea perfetta che aveva di lui.

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Capitolo 2
*** Rylan ***


Rylan

Quel che contraddistingueva Rylan da tanti uomini della sua età non era la pelle, chiara e cosparsa di lentiggini, e neanche l’altezza - era tanto alto quanto gentile, gli dicevano. Era l’animo: puro. Era come se la sua mente fosse permeata da una patina di innocenza che scacciava i pensieri negativi, tutti quelli subdoli e maligni, e lo induceva a trovare qualcosa di buono in ogni persona che incontrava lungo il proprio cammino, fatto che lo rendeva pericolosamente vulnerabile. Ma quel che rischiava maggiormente di spezzare quell’animo dolce era la spada di Damocle che gli pendeva sulla testa dal momento che era venuto al mondo, poiché tutto era già stato deciso, ancor prima della sua nascita: non era padrone del proprio avvenire. In quanto figlio di un pastore, era obbligato a sottostare a ferree regole e destinato a grandi cose.  Ben istruito e cresciuto a contatto con ideologie tanto caritatevoli quanto opprimenti, si era sposato con la prima ragazza che aveva baciato ed era stato sin da subito pronto a dar vita con lei ad una numerosa famiglia, seguendo le orme del padre e fiero di poterne portare avanti il nome. Passava gran parte della giornata con costui e il fratello poco più piccolo, all’interno della comunità, apprendendo tutti gli insegnamenti che quell’uomo austero poteva offrirgli. Ma nei momenti di quiete, quando il vivere si placava, sgattaiolava nella biblioteca del paesino vicino, alla ricerca di libri proibiti – di filosofia, storia, letteratura -, libero di tanto in tanto di sfuggire a quella quotidianità, ma facendovi sempre ritorno, seguito da un perenne sentimento di vergogna.
Ad un certo punto, qualche anno dopo il diploma e il matrimonio, qualcosa aveva iniziato ad andare storto. I figli non arrivavano e le aspettative si facevano ogni giorno più enormi e pressanti. Eredi, eredi, eredi, eredi. Non facevano altro che chiedergli quello. Non figli, ma eredi. Ci pensava durante il giorno, li sognava di notte. I non nati gli stavano avvelenando l’animo. Ma se la sua forza gli aveva impedito di non cedere e crollare, lo stesso non poteva dire della moglie. A poco a poco aveva iniziato a bere: in principio solo alla sera, prima di andare a dormire, poi anche a pranzo. Un bicchiere era sempre seguito da un altro. Un altro ancora. E allora le parole le uscivano dalla bocca sempre più amare, più taglienti. Puntava il dito, lontano da sé, verso chi rimaneva. E chi se non lui? E mentre quella guerriglia sgretolava le mura domestiche, le speranze della famiglia avevano preso a dirigersi altrove, verso il fratello più giovane, sicuramente più pronto per quel ruolo di uomo perfetto e tanto desideroso di esserlo. La sua parlantina era notevole. Sapeva sempre cosa dire e come dirlo. Dotato di ingegno, poteva uscire indenne da qualsiasi situazione spiacevole. Ed era bravo a nascondere i propri difetti e a depistare i curiosi. Divenne sempre più attivo all’interno della collettività, affiancando il padre tanto nelle occasioni importanti quanto nei compiti quotidiani. Si prese lo spazio di Rylan, gli rubò il tempo e lo privò del proprio destino. Improvvisamente, si trovò libero di divenire chi voleva essere, ma totalmente impreparato e spaesato. Ovunque rivolgesse gli occhi, scorgeva oscurità, come se le tenebre fossero calate attorno a lui. Allungava le mani, per cercare di diradarle, ma non trovava nulla se non infinite domande prive di risposte. Non era più qualcuno, ma nessuno. Nessuno che avrebbe voluto essere qualcuno, qualcuno di cui essere fiero. Ma si sentiva solo un fallito.
Trascorse un anno durissimo. Le giornate erano interminabili, ma terribili erano le nottate, sempre insonni. Una di queste, mentre fissava un punto indistinto sul soffitto biancastro, avvertì un peso all’altezza del petto che, con ogni tramonto, si fece sempre più opprimente. Nell’immobilità del letto, gli occhi spalancati gli bruciavano e una sensazione sconosciuta gli rendeva la bocca amara. Per la prima volta in vita sua, provò paura.
E proprio quel sentire gli fece comprendere che era sul punto di non sentire più. Si trovò a temere la piattezza, l’assenza di proporzioni e di profondità. Lo attanagliò il terrore di quel che risiede nel fondo grigiastro del fondo stesso, il punto dove non arrivano né la luce né le tenebre, dove domina il nulla e il sentimento è annientamento.

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Capitolo 3
*** Juniper ***


Juniper

Capitava che si svegliasse avvertendo nel profondo una fitta di inadeguatezza. Le macchiava la bocca e le faceva percepire come sbagliata la sua voce, i suoi pensieri, il suo trovarsi lì, in quella casa, in quel letto, in quel corpo. Si alzava disorientata, camminava confusa e cercava allo specchio una risposta, ma rimaneva sempre più turbata: i lineamenti del viso le raccontavano una storia diversa da quella con cui era cresciuta e che le si era radicata nella mente. Si faceva coraggio, si rinfrescava, si sistemava: cercava di rendersi più familiare, ma certe volte era particolarmente difficile. L’inquietudine non si placava.
La cosa che più la turbava era che, nel silenzio di quella casa, era costretta ad affrontare i propri pensieri. Comparivano su ogni superficie riflettente: sulle cornici dei quadri, sui vasi, sul posacenere, sulle posate. Erano ovunque. Così, colta da una stanchezza macchiata d’ira, aveva radunato tutto nel centro del salotto. Le pareti erano divenute spoglie, i cassetti vuoti, i mobili privi di oggetti. Tutti i pensieri si trovavano per terra, ammucchiati, probabilmente ammaccati o scheggiati; e cosa avrebbe dato per distruggerli in quell’istante: avrebbe gioito sentendoli frantumarsi, fino a diventare polvere, che avrebbe preso tra le mani e steso sui palmi congiunti, e sarebbe corsa fuori per soffiare via quelle rovine di pensieri, sentendosi più leggera, più libera.
Invece, aveva passato le ore successive a ripulire e a rimettere tutto esattamente al proprio posto, da persona responsabile quale era. Ma, ogni giorno che passava, avvertiva sempre di più scorrerle nelle vene quell’impulso di distruzione, tanto che sembrava fosse diventato la sua seconda pelle. Ed era sempre più complicato placarlo e fermare lo sfrigolio della mente. Così, non le restava che concentrarsi sull’ostentare perfezione.

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