L'avidità è una forma di egoismo

di myloveiskind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***


Hinata Shoyo non sapeva quando aveva iniziato ad amare Tobio Kageyama. Forse fin dal primo incontro, fin da quando, ancor prima di diventare il suo più grande alleato, lo aveva considerato il suo più grande nemico o forse ancora, quando per la prima volta avevano unito le forze, quando lo strano duo si era formato. Hinata sapeva solamente che il suo cuore quando lo vedeva faceva fatica a trattenersi, che se non fosse stato ancorato ad una cassa toracica sarebbe saltato fuori solamente per affidarsi completamente alle mani di Kageyama. Hinata lo sapeva e lo teneva per sé, cercava di sopprimere i suoi sentimenti, di sotterrarli in una zona bruciata del suo cuore, perché sapeva che l'unico modo per proteggere prima Tobio, poi la loro pallavolo era quello di non rendere i suoi sentimenti espliciti, mai.

Quello si era detto, ma ad una settimana di distanza quella stupida regola che si era autoimposto sembrava logorare tutto quello a cui aveva tenuto fino ad allora.

Avevano litigato. Non era una novità per loro. Litigavano per le alzate, litigavano per i voti, litigavano per le competizioni stupide in cui si coinvolgevano vicendevolmente, litigavano per tante piccole cose e molto spesso ma quel litigio era diverso. Non era stato uno dei soliti bisticci di due minuti in cui dopo qualche insulto volato da entrambe le bocche sarebbero ritornati a parlare come se nulla fosse accaduto, perché nulla accadeva realmente nel loro linguaggio in codice, no quello era il loro primo vero litigio, uno di quelli che rischiava di consumare e strappare i rapporti. Una settimana di distanza e Hinata ancora sentiva i pugni volati nella palestra sulla sua pelle. Bruciava e non per le ferite fisiche ma per le parole che lo avevano scalfito sotto la pelle. Kageyama Tobio probabilmente non sapeva nulla sul concetto di fiducia ed Hinata non pretendeva che lo comprendesse, solo che l'avesse, come l'istinto che aveva in campo, perché lui di Tobio si fidava.

«Hinata.» ci mise un po' prima di alzare lo sguardo su Sugawara. Hinata non era il tipo che pensava e ripensava alle cose, anzi, era il tipo che agiva, impulsivo come in campo faceva, diceva e pensava per istinto ma quando si trattava di Kageyama poteva dedicargli interi capitoli della sua testa.

«Ultimamente ti vedo un po' sovrappensiero, è per Kageyama?» Sugawara si era accovacciato di fianco a lui. Le sue scarpe strisciarono sul pavimento della palestra mentre stendeva le gambe e si allungava per afferrare la borraccia.

Hinata non era solito isolarsi sempre circondato da voci che fossero quelle dei suoi compagni di squadra o quelle dei suoi amici e famigliari, le loro voci vibravano sempre dentro al suo stomaco. In quei momenti in cui si ritirava a pensare però, era il silenzio a rimbombargli, come se potesse essere eco, nel petto, perciò si voltò sorpreso non appena sentì Sugawara raggiungerlo nel momento di pausa concesso loro dal coach.

«È così evidente?» Durante quella pausa Hinata era rimasto qualche attimo in disparte scivolando lungo il muro della palestra a pensare, forse aveva gettato qualche occhiata di troppo a Kageyama o forse erano state solo le grandi doti d'intuizione di Sugawara a leggergli il pensiero.

«Avete litigato è normale rimuginarci su.» Sugawara alzò le spalle.

Hinata sprofondò nei suoi pensieri ancora una volta. «Non è per quello, voglio dire è per il litigio ma stavo pensando ad altro.»

Sugawara rimase in silenzio aspettando che fosse lui a continuare. «Sugawara-san cosa mi diresti se ti confidassi che sono innamorato di Kageyama?»

L'espressione di Sugawara si aprì colta alla sprovvista.

«E che lo sto evitando per non doverlo affrontare? E che il litigio mi ha dato un pretesto per farlo?»

Hinata alla fine non riuscì a trattenersi aveva il cervello in confusione. Si sentiva intrappolato come un topo in gabbia e non vedeva vie di uscita.

«Questa sì che è una sorpresa, però non capisco, perché lo stai evitando?»

Hinata s'infilò le mani nei capelli. «Aaah.» fece frustrato. 

«Non voglio rovinare il nostro rapporto. Se lo facessi sarebbe un problema per lui e per tutti.» Hinata non aveva smesso di pensarci in quei giorni ed era giunto alla conclusione che le probabilità che Kageyama lo rifiutasse fossero più alte di quelle in cui lo avrebbe ricambiato, il che portava alla naturale conclusione che il loro rapporto si sarebbe deteriorato se avrebbe aperto bocca. In pratica era giunto alla conclusione che doveva farsi bastare la loro amicizia, che doveva proteggere quello che aveva già con Kageyama con i denti e con le unghie.

Sugawara lo guardò confuso, poi ridacchiò. «Non è per niente da te, di solito non pensi molto a cosa potrebbe causare problemi agli altri.»

Hinata lo guardò scioccato. «Che intendi dire?»

Sugawara ci rifletté un secondo, forse per trovare le parole giuste. «Voglio dire che di solito sei il tipo che prende quello che vuole senza pensarci due volte.» ed era chiaro a cosa si stesse riferendo Sugawara in quel momento. Voleva fare la veloce strana e si era imposto non ammettendo repliche da nessuno.

«Sugawara-san dimmi cosa devo fare.» lo supplicò tirandosi leggermente i capelli. Prima o poi sarebbe impazzito.

Suga sospirò. «Non penso ci sia niente che possa dirti in realtà alla fine fai sempre quello che vuoi fare no?»

«Non è vero.» provò a protestare un po' infantilmente Hinata pur rendendosi conto che Sugawara aveva ragione. Era la prima volta che si faceva tanti problemi, probabilmente ci teneva davvero tanto a Kageyama per lasciare che fosse il suo semplice istinto a guidarlo.

«Continua a pensare, alla fine comunque sono sicuro che farai quello che sentirai sarà giusto fare.» Sugawara gli arruffò i capelli prima di invitarlo a raggiungere il campo. 

***

Kageyama era arrivato decisamente in anticipo. Anche se era estate il breve vento che soffiava davanti al parcheggio vuoto gli pizzicava la pelle. Non aveva mai immaginato che la notte estiva potesse portare così tanto freddo o forse non era tanto l'aria appesantiva a fargli venire i brividi ma un altro tipo di freddo.

Preso il suo latte alle macchinette automatiche non gli rimase niente da fare perciò si sedette ad aspettare, il cellulare alla mano a scorrere e a indugiare sul numero che avrebbe voluto comporre. Alla fine forse preso da un moto di coraggio improvviso, forse preso da un moto di incoscienza si ritrovò con il cellulare all'orecchio in attesa che dall'altro lato qualcuno lo degnasse di una risposta.

«Tobio-chan, si può sapere perché mi chiami a quest'ora?» Oikawa rispose con tono infastidito. Kageyama non ci diede peso, se aveva risposto voleva dire che era interessato un minimo a quello che voleva dire oppure che gli avrebbe dato qualche consiglio in cambio di qualche altra umiliazione, non che a Tobio importasse davvero, conosceva Oikawa.

«Si tratta-»

«Si tratta del gamberetto come al solito, non è vero?» con tono di supponenza Oikawa prese la parola prima che lui potesse dire niente.

«Oh avanti cos'è successo? Non riesci a scendere dal trono? Oppure sei così tanto spaventato di essere sceso che ci vuoi risalire? Tobio-chan sei proprio uno stupido.»

Kageyama strinse il cartone di latte ormai finito, avrebbe dovuto saperlo che chiamare Oikawa non era una buona idea.

«L'unica cosa che puoi fare è, come ti ho già detto, dargli quello che vuole, ti sei pure inchinato per quel consiglio, ho anche la foto.»

Kageyama strinse le labbra. «Non posso.» era una confessione che per la prima volta non faceva solo a sé stesso ma anche a qualcun altro.

«Non puoi o non vuoi?» la voce di Oikawa risuonò leggera e sincera.

«Sei proprio uno stupido, ti stai comportando come il solito re egoista se continui così Chibi-chan si stancherà di te.»

Quelle parole pesarono più di quanto Kageyama avrebbe mai immaginato. Se non gli dava quello che voleva si sarebbe stancato? Lui gli era necessario, aveva bisogno delle sue alzate.

«Voglio dargli le alzate che vuole, ma-»

«No, tu non vuoi, sei proprio un codardo Tobio-chan e non dirmi che ancora non hai capito. Risolvi i tuoi dissidi interiori, anzi non risolverli così sarà più facile batterti.»

«Dissidi interiori? Oikawa-san io sto benissimo.»

Oikawa fece un lungo respiro. «Non sono il tuo psicologo Tobio-chan e ora basta sei il mio nemico io non ti devo proprio niente.»

Prima che Kageyama potesse chiedergli qualcos'altro Oikawa gli chiuse il telefono in faccia. Dissidi interiori? Lui non aveva dissidi interiori.

Pensò di richiamarlo una seconda volta ma proprio quando riprese a scorrere la rubrica indeciso sul da farsi vide Daichi e Sugawara arrivare dal fondo della strada ed il bus si stava accostarsi al parcheggio. Un messaggio da parte di Oikawa comparve sullo schermo.

"Stupido, stupido, stupido!" Kageyama quasi poteva sentire la sua voce.

Non smise di pensare un attimo a quello che Oikawa gli aveva detto, nemmeno sull'autobus, ad una distanza notevole da Hinata che aveva intrapreso una conversazione animata con Nishinoya e Tanaka. Hinata era sempre così socievole che non era difficile da credere che prima o poi avrebbe trovato qualcun altro ad alzargli la palla, anzi un giorno sarebbe sicuramente successo. Kageyama scacciò via quei pensieri. Più andava a fondo sui suoi sentimenti più sentiva una stretta cingerli lo stomaco.

Vide con la coda degli occhi Hinata ridere ad una battuta di Nishinoya e per la prima volta si chiese se lui avesse mai riso così a qualcosa che aveva fatto o detto lui. Probabilmente mai. Kageyama non era il tipo da battute che facevano ridere qualcuno. In pochi istanti si rese conto che probabilmente avrebbe voluto essere il contrario.

Smise di fissare Hinata quando sentì lo sguardo di Tsukishima su di sé dall'altro lato del suo sedile. I loro sguardi si incrociarono malauguratamente a metà strada per qualche secondo poi Kageyama si appoggiò al finestrino e chiuse gli occhi. Odiava quel quattrocchi, sembrava sempre saperne una più del diavolo.

Le voci in sottofondo si dissiparono presto quando Daichi li riprese mandandoli a dormire ma per Kageyama da quando aveva smesso di sentire Hinata parlare non era rimasto che un brusio di sottofondo. La verità era che da quando avevano litigato il suo mondo era diventato incredibilmente silenzioso. Kageyama si appoggiò al finestrino con gli occhi stretti che cercavano di prendere sonno. Normalmente avrebbe sentito Hinata di fianco a lui con il respiro pesante sulla sua spalla, fastidioso come al solito ma famigliare. Si sarebbero addormentati l'uno sull'altro: Hinata sulla sua spalla, Kageyama sulla sua testa. Quella volta, invece Kageyama si ritrovò ad addormentarsi contro il duro e freddo finestrino che non aveva nulla a che fare con il dolce calore che Hinata avrebbe emanato.

N.D.A. 

Salve a tutti, non sono molto brava in questo tipo di cose quindi non mi dilungherò tanto. Questa è la primissima fanfiction che pubblico quindi qualsiasi tipo di commento è ben accetto. Detto questo la storia è già terminata. In tutto sono cinque capitoli che pubblicherò ogni martedì quindi non ci dovrebbero essere ritardi se non per causa di forza maggiore. 

Alla prossima settimana! 

- Jo

 

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


Non erano mai stati tanto vicini e tanto lontani allo stesso tempo aveva pensato Hinata quel primo mattino in caffetteria. Fino ad allora era stato tutto così normale, tutto così naturale che non si erano mai fatti tante domande su cosa fossero, amici, rivali, erano loro ed andava bene così ma ad ogni secondo che passava, Hinata non poteva che farsi la fatidica domanda: a lui manco come a me manca lui?

Non era un semplice ignorarsi vicendevole. Se fosse stato così sarebbe stato più facile per entrambi evitare di guardarsi ma nell'aria che li avvolgeva non c'era solo la testardaggine dell'uno e l'orgoglio dell'altro, era più un'aria elettrizzata che non aspettava che il momento giusto per scaricarsi. Era successo già un paio di volte, Hinata che lo guardava per poi distogliere lo sguardo e sentirsi il suo di sguardo addosso. In ogni caso aveva preso la sua decisione, che fosse cambiato lui o che fossero cambiati insieme non avrebbe indietreggiato, non nella pallavolo almeno.

Alla fine per quanto avessero cercato di evitarsi erano finiti a passare quella prima notte a pochi centimetri di distanza. Era successo quasi per caso con i Senpai che fin troppo rumorosi avevano preso posto vicino all'unica finestra da cui passava un po' d'aria declamando che i primini essendo primini sarebbero stati vicino alla porta da cui passava solo la corrente calda dei corridoi. Hinata aveva disteso il suo futon quasi in contemporanea con quello di Kageyama e quando si erano accorti della troppa vicinanza avevano messo tra di loro una breve distanza che per quanto breve era necessaria per ribadire quanto fermi erano rimasti sulle loro idee.

Alla prima partita però, Hinata si ricredette. Erano nel mezzo dell'ultimo set, Hinata aveva saltato applicando gli insegnamenti del vecchio Ukai per schiacciare sulla loro veloce. L'alzata però non era arrivata come al solito, non aveva nemmeno sfiorato la sua mano che era caduta a breve distanza da lui. d Hinata bastò quello per capire che c'era qualcosa di diverso in Kageyama. Era atterrato sul pavimento della palestra e come una calamita e il suo magnete i loro sguardi si erano incontrati dopo tanto tempo. Assomigliava alla sensazione della loro prima veloce ma era ancora lontana dalla connessione che avevano in campo e che fino al litigio avevano avuto. Era durato poco più di un secondo che Hinata si era girato dall'altra parte con un sorriso soddisfatto nascondendolo a Kageyama. Fossero state diverse le cose, probabilmente Hinata gli avrebbe detto qualcosa come "Uno a zero Bakageyama" ma con la tensione come velo fra loro il suo sorriso di soddisfazione guardando ovunque tranne che lui bastava e avanzava.

Stare dentro al campo era difficile ma mai tanto complicato quanto quella distanza ravvicinata di quando ne erano fuori. Hinata poi lo evitava con più sforzi di quanto non facesse Kageyama. Voleva del tempo per pensare sui suoi sentimenti ma la verità era che se pensava che si sarebbero affievoliti si sbagliava di grosso.

«Vi state evitando.» constatò Kenma il loro primo minuto libero dagli allenamenti.

Hinata lo guardò sorpreso. Da quando lo aveva incontrato, aveva sempre pensato che Kenma fosse più il tipo che capiva le cose ma che poi se le teneva per sé perché pensava che i problemi altrui erano problemi altrui e che lui non si doveva intromettere, di sicuro non si aspettava quella affermazione diretta.

«Mh mh, eravamo in disaccordo sulla veloce ma credo che alla fine abbia ceduto e deciso di assecondarmi. Il re egoista non è poi così egoista.» Hinata rise. Alla fine l'aveva spuntata lui: sarebbero avanzati insieme. Sorrise al solo pensiero.

«Re egoista?»

Hinata annuì.

«È il soprannome che gli hanno dato alle medie per il suo brutto carattere ma tu non chiamarlo così altrimenti si arrabbia.»

Kenma rimase in silenzio per qualche secondo. «Beh immagino che era impossibile che rimanesse con le mani in mano, soprattutto con uno come te in squadra.»

«Ma no, cosa dici...» gongolò al complimento senza nemmeno sforzarsi di nascondere l'evidente soddisfazione che quella frase gli aveva dato.

«Se lui è egoista tu probabilmente sei troppo avido.» se ne uscì infine Kenma guardandolo di sottecchi. Hinata dovette fare un'espressione costernata dalla sorpresa perché Kenma non gli staccò gli occhi di dosso quasi sembrava gli volesse rivelare il segreto dell'universo.

«Shouyo a volte sei così insaziabile che ti trascini dietro tutti quanti, quell'alzatore di certo non poteva rimanerne fuori.»

«Ah, Sugawara-san ha detto qualcosa del genere.» commentò ripensando a quello che gli aveva detto un paio di giorni prima l'alzatore: che agiva sempre senza preoccuparsi dei problemi che poteva causare.

Poi ripensò al termine che aveva usato Kenma: "avido". Non ne conosceva alla perfezione il significato, non era mai stato bravo in letteratura giapponese, ma era sicuro che potesse riferirsi alla fame che aveva in campo e che era perfettamente conscio di avere. Eppure per quanto conscio fosse della sua continua fame non aveva idea di come si riflettesse al di fuori di sé stesso.

«Nella pallavolo di certo non sei altruista.»

Hinata lo guardò mentre si spostava i capelli dietro all'orecchio. Aveva abbassato il game-boy da un pezzo e adesso la schermata si era annerita.

Avido nella pallavolo lo era sempre stato, quello non era una reale novità. Voleva migliorare, probabilmente quello era il desiderio che più bruciava per essere realizzato nel suo stomaco. Hinata sperava solo di non essere troppo avido in amore. Quando si era accorto di essersi innamorato di Kageyama aveva provato a tutti i costi di proteggere lui e la sua pallavolo dai suoi sentimenti, come se l'amore fosse davvero una semplice freccia scoccata da cupido la cui ferita seppur evidente poteva essere coperta con un cerotto. Si era convinto di aver sepolto quella fame da qualche parte dentro di lui ma se davvero aveva coinvolto Kageyama nella pallavolo doveva stare attento a non travolgerlo anche con i suoi stupidi sentimenti.

Kenma lo guardò da sotto le ciglia.

«Mi piace.» ammise dopo un po'. Era la seconda volta che lo ammetteva così apertamente a qualcuno. Si sentì stupido e al contempo sollevato, davvero non aveva altri modi per affrontare quel tipo di cose da solo. Non era mai stato bravo ad imbottigliare i suoi sentimenti, anzi non lo aveva mai fatto e confidarli a qualcuno era stata la soluzione più immediata che aveva trovato, come quando il bicchiere stava per traboccare e allora si trasferiva parte dell'acqua in un altro contenitore.

Il volto di Kenma si dischiuse sorpreso. Hinata ponderò la sua reazione e quando comprese che non c'erano ulteriori sentimenti dietro alla sua espressione lasciò fluire le parole.

«È come lo descrivono nei manga, quando senti tutte quelle cose nella pancia. Kageyama mi piace davvero tanto.» le gote gli si arrossarono.

«Ah, adesso capisco.» Hinata lo guardò interrogativo.

Kenma fece un piccolo sorriso malizioso. «Parli davvero tanto di lui.»

Hinata arrossì. Non se ne rendeva davvero conto, per lui stare con Kageyama era naturale come respirare e parlare di lui o con lui qualcosa di abitudinario come mangiare o giocare a pallavolo. Ora capiva quanto era cotto di Kageyama, con tutto quello stare con lui o parlare di lui era solo naturale che si fosse preso una bella sbandata.

«Glielo vuoi dire?»

Hinata a quella domanda entrò in crisi. «No! Voglio dire, no. Ti immagini come sarebbe giocare a pallavolo insieme se lui mi dovesse rifiutare?»

«Imbarazzante.»

«Esatto imbarazzante.»

«E poi anche se mi dovesse ricambiare potremmo avere problemi quando giochiamo, praticamente saremmo un problema per tutti.»

«Mi basta essergli amico.» concluse più o meno convinto ma era chiaro dall'espressione di Kenma che non lo sembrava per nulla.

Hinata affondò la testa tra le ginocchia i suoi pensieri giravano in tondo, non c'erano vie di uscita.

Kenma lo osservò. «Hai intenzione di smettere di giocare a pallavolo?»

«No!»

«Smetterà di piacerti?»

«No.» si rese conto solo dopo aver risposto di averci messo meno di qualche secondo a rispondere a quella domanda.

Kenma alzò le sopracciglia per non dar voce ad un "visto" che anche se non era stato formulato Hinata aveva sentito forte e chiaro. Non avrebbe rinunciato a nessuno delle due cose perché nascondere non era rinunciare.

Kenma scosse la testa. Era chiaro che stesse pensando a qualcosa ma non diede voce ai suoi pensieri e Hinata decise di non chiedergli niente non era sicuro di poter accettare qualsiasi cosa gli avrebbe detto.

«Andiamo a cena?» cambiò totalmente discorso. Forse se avesse smesso di parlarne per abbastanza tempo avrebbe dimenticato i suoi sentimenti per qualche istante. Hinata si scrollò i pantaloni prima di alzarsi ed offrire una mano a Kenma. Quando Kenma l'afferrò per tirarsi in piedi, come richiamato dal suo nome, rimasto implicito per quasi tutta la conversazione, Kageyama fece la sua comparsa da dietro la colonna e Hinata quasi non si scontrò contro la sua spalla. Kageyama grugnì quella che doveva essere una scusa prima di sorpassarlo a grande velocità e andare verso la palestra.

Poco più che un incrocio di sguardi, una parola mezza biascicata e il cuore di Hinata aveva preso a battere forte nel petto. No, Hinata non sarebbe mai stato in grado di proteggere per sempre nessuno ammise a sé stesso e a Kenma quando i loro sguardi si scontrarono complici.

***

Kageyama era frustrato. Aveva sfogato parte di quella frustrazione con il servizio al salto ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare ogni volta che saltava erano quelle mani unite.

All'immagine che era stata in grado di sbloccare un ricordo a cui fino ad allora non aveva dato peso: lui ed Hinata in autobus, l'uno accanto all'altro, spalla contro spalla, Kageyama troppo stanco persino per dormire che aveva semplicemente chiuso gli occhi per rilassarsi e Hinata che gli era crollato sulla spalla. All'inizio non ci aveva fatto caso era una cosa normale, una cosa loro poi però aveva sentito le dita di Hinata raggiungere le sue. Era un tocco leggero, non era come tenersi le mani, non era come intrecciare le dita con quelle di qualcun altro eppure era la cosa più intima che Kageyama avesse mai avuto con qualcuno. Non era stato che un breve contatto eppure era come se la sua memoria tattile fosse rivenuta a galla all'improvviso a ricordargli che anche quei sentimenti esistevano.

E si sentiva legittimato a dire che li odiava per essere rivenuti a galla proprio in quell'occasione, intrappolandolo in quella doppia dimensione. Lo strano sentimento che aveva bruciato nella pancia quando aveva visto le mani di Hinata intrecciate a quelle di qualcun altro e la memoria di quel ricordo a cui non aveva mai dato peso ma che adesso sembrava aver preso una nuova importanza nella sua testa.

Oikawa aveva ragione, doveva risolvere i suoi stupidi dissidi interiori o non sarebbe mai riuscito in quelle alzate.

"Ti stai comportando proprio da re egoista" "Non mi dire che non hai ancora capito, se qui c'è un idiota quello sei tu."

Tutto d'un tratto era diventato la voce della sua coscienza e Kageyama odiava particolarmente quella vocina soprattutto quando gli ribadivano le parole che aveva già ascoltato da un pezzo e a cui stava cercando ancora una spiegazione logica.

Alla fine aveva ripreso l'allenamento con le nuove alzate. S'impegnava come sempre, per le persone era un talento naturale ma la verità era che s'impegnava come chiunque altro. Probabilmente Kageyama riprese le alzate con uno spirito diverso perché se prima faticava per la difficoltà adesso c'era qualcos'altro che lo bloccava.

«Kageyama-kun vuoi fare una pausa?»

Yachi si fermò al centro della palestra, il cesto dei palloni vuoti.

Kageyama annuì e si sedette sulla panchina prima di raggiungere la borraccia. Aveva bisogno di prendere una pausa dai suoi pensieri. Quel circolo continuo non faceva altro che ripetersi in loop nella sua testa, soprattutto quando ci si metteva anche la voce di Oikawa.

«Puoi andare se vuoi, è tardi.» propose a Yachi. Ancora non capiva cosa la spingesse a stare fino a quell'ora ad aiutarlo, se fosse stato con Hinata lo avrebbe capito, per quanto odiasse ammetterlo sarebbe stato capace di convincere chiunque ad assecondarlo ma lui di certo non faceva lo stesso effetto alle persone.

«No, va bene così alla fine siamo venuti qui per questo.» Kageyama sollevò lo sguardo su di lei e dovette fare una faccia strana perché la vide chiaramente arrossire ed evitare il suo sguardo per piegarsi a raccogliere i palloni.

«Credo di essere bloccato.»

Non si rese nemmeno conto di averlo ammesso ad alta voce e quando ne divenne consapevole arrossì violentemente per l'uscita inaspettata.

Kageyama non era un tipo loquace. Non era neanche il tipo che si confidava con chi che sia, anzi non era uno che si confidava e basta, ma in un momento stagnante come quello probabilmente era andato alla ricerca di un consiglio che nemmeno sapeva di volere.

Ovviamente colse di sorpresa anche Yachi perché ci mise un paio di secondi per rispondergli.

«Bloccato? È perché non ti alleni con Hinata? Voglio dire di solito vi spronate sempre a vicenda quindi magari ti manca ed è per quello che sei bloccato.»

Il rossore sul suo viso crebbe di colpo.

«Que-quell'idiota non mi manca affatto! Non ho bisogno che lui mi sproni per dare il meglio di me.»

«No, no hai ragione.» Yachi cercò di portare via il velo pesante d'imbarazzo che era caduto fra di loro.

Kageyama sospirò. Il suo cuore per qualche motivo batteva più forte nella cassa toracica a pensare ad Hinata. Imbronciato si allungò sulla panchina coprendosi gli occhi con lo asciugamano stava per dire qualcosa di cui non voleva pentirsi ma non aveva voglia di farsi vedere in faccia quando lo avrebbe fatto. Non pretendeva davvero qualche consiglio da Yachi ma il suo cuore non era una scatola chiusa a cui poteva semplicemente togliere il coperchio senza svuotarla.

«Io... speravo che Hinata mi capisse, per questo non l'ho mai considerato solo un compagno di squadra, ma anche un a-amico, il...primo.» lo disse così piano, con il rossore che ormai raggiungeva le orecchie che il cuore minacciava di uscire dal suo petto. Inciampò sulla parola amico come se la pronunciasse per la prima volta ma la verità era che probabilmente era la prima volta che considerava qualcuno in quel modo. Dopo essere stato solo per tanto tempo Hinata infatti era stato un fulmine a ciel sereno che gli aveva riempito le giornate e pensava davvero di aver trovato una persona che la comprendesse solo che adesso che non parlavano e che l'unica soluzione per riparare quella crepa era la loro veloce aveva davvero bisogno di sbloccare quella stretta allo stomaco.

Anche se non poteva vederlo dato che cercava di nascondere il suo imbarazzo dietro ad un asciugamano bagnato, il volto di Yachi si aprì sorpreso per l'ennesima volta. «Credo che Hinata mi abbia detto qualcosa di simile dopo il litigio.»

«Davvero?»

Kageyama si tolse di fretta l'asciugamano dagli occhi per qualche strano motivo il suo cuore prese a battere più veloce nel petto. Yachi annuì in piena riflessione, alla fine batté le mani come se d'improvviso avesse afferrato il ricordo che stava cercando.

«Ha detto qualcosa come "Per me Kageyama non è solo un amico ma un par-t-ner"» la sua voce si affievolì quando si rese conto che forse rivelargli quel tipo cose non fosse giusto ma alla fine era troppo tardi per ritirare qualsiasi cosa.

Kageyama non aveva idea di come quelle parole riuscirono a risollevarlo. O probabilmente ne aveva una vaga idea ma era troppo per il suo orgoglio ammetterlo a sé stesso quindi spinse la vocina della coscienza che aveva assunto la stessa voce di Oikawa per spingerla giù e mutarla finché non sarebbe stato in grado di accettare la spiegazione che già sapeva di avere. Accolse solo lo sciogliersi della stretta allo stomaco e la sollevazione momentanea che quelle parole gli avevano dato.

«Kageyama-kun?»

«Riprendiamo?»

N.D.A.

Bentornati in questo nuovo capitolo, a quanto pare tra i tanti doni di cui kamisama mi ha dotato non c'è sicuramente quello della decisione dato che ho riscritto questo capitolo almeno una decina di volte prima di esserne soddisfatta cosa che comunque non ne sono pienamente. In realtà è un capitolo abbastanza di passaggio ma fondamentale per quello che verrà dopo, il prossimo sarà molto più movimentato e inizieranno ad arrivare al pettine i nodi più importanti della storia.

Come sempre mi piace avere un riscontro quindi se volete lasciare un commento sentitevi liberi di farlo. Alla prossima settimana!

- Jo

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Quando Kuroo dopo gli allenamenti aveva suggerito il gioco del re, Hinata non aveva potuto fare a meno di annuire esaltato, portandosi dietro un Kenma che poco entusiasta gli si era seduto di fianco. Tsukishima allo stesso modo era stato trascinato da un Bokuto piuttosto esaltato che lo aveva praticamente costretto a non scappare dal tavolo. Quando si erano ritrovati faccia a faccia, Hinata aveva messo su un sorriso di sfida.

«Ti batterò.» aveva dichiarato alla sua faccia insofferente.

«Come se si potesse battere qualcuno ad un gioco del genere.» aveva alzato gli occhi al cielo Tsukishima.
Alla fine si erano ritrovati in sei seduti attorno ad uno degli ultimi tavoli sparecchiati della caffetteria a riciclare le bacchette inutilizzate della cena. Akaashi era stato quello che con pazienza si era messo a scrivere i numeri sul lato piatto delle bacchette. Sei bacchette, cinque numeri e una sola con la corona, chi la prendeva aveva il potere di dare ordini agli altri.

«L'unica regola è che gli ordini del re sono imprescindibili.» aveva spiegato Kuroo.

«Solo una manche.» era stata la seconda cosa che aveva detto, eppure si erano ritrovati a giocare per più di un turno, obbedendo ad ordini che andavano da quelli più assurdi a quelli più imbarazzanti di rivelare segreti reconditi e brutte figure. Si stavano divertendo tutti, Tsukishima probabilmente quello che si stava divertendo di più anche se non lo avrebbe mai ammesso. Soprattutto quando per due volte consecutive si era ritrovato ad essere re. Hinata ovviamente non si era sprecato e lo aveva accusato di barare, Tsukishima però si era limitato a lanciargli un'occhiata piatta delle sue senza preoccuparsi di rispondergli ed erano andati avanti a giocare con un'espressione che probabilmente nascondeva il divertimento che stava veramente provando.

«Oh ma chi si vede il re in persona.» erano al termine di un'ennesima manche quando la voce di Tsukishima proruppe fin troppa divertita portando l'attenzione di tutti quelli del tavolo al re della corte. Hinata quasi non sussultò dallo spavento. Kageyama si era fermato solamente per riempirsi la borraccia e probabilmente se ne sarebbe andato senza troppi complimenti se non fosse stato per Tsukishima.

«Sai stiamo facendo una cosa interessante: il gioco del re, lo conosci? Lo sarebbe ancora di più se ci fosse un re in persona a giocarci.» un sorriso particolarmente irriverente si dipinse sul suo volto e a vederlo di sottecchi, Hinata ebbe paura.

«Pensavo fosse un gioco stupido.» commentò a bassa voce Kuroo facendo scoppiare a ridere Bokuto e guadagnandosi una breve ma pur sempre incisiva occhiataccia da parte di Tsukishima.

Mentre temeva per la sua stessa vita, Hinata cercò di supplicarlo con lo sguardo ma probabilmente la sua occhiata venne colta con ancora più irriverenza da Tsukishima che sorrise smaliziato.

«Non mi va.» Kageyama gli gettò a malapena un'occhiata prima di rispondergli gelido e avrebbe anche continuato per la sua strada se Tsukishima avesse lasciato perdere ma così non fu.

«Cos'è hai paura di perdere ad un gioco che porta il tuo nome?» Hinata sperò che tutto il cuore che Kageyama dicesse di no. Tutti sapevano quanto Tsukishima traesse piacere nel provocare Kageyama e quale migliore momento se non il gioco del re per lanciargli una delle sue frecciatine?

«O forse non ci consideri nemmeno dei sudditi per degnarci della tua presenza? È così non è vero re?»

Kageyama questa volta s'irritò per davvero «Sta zitto e non mi chiamare in quel modo.»

«Fammelo fare tu, dare ordini è la tua specialità, non è vero? Se peschi la bacchetta giusta potresti pure ordinarmi di stare zitto per tutta la vita.»

E Tsukishima dovette toccare uno dei nervi scoperti di Kageyama perché quello si girò con un sorriso irriverente.

«Oh sarebbe un piacere.»

Kageyama si sedette irritato proprio di fianco a Tsukishima che più che divertito spostò la sua sedia per lasciargli spazio. 

Ovviamente evitarono di guardarsi anche solo per un secondo, anzi Hinata che fino ad allora era stato il più rumoroso al tavolo si fece improvvisamente più silenzioso, con lo sguardo che vagava ovunque tranne che sull'espressione impassibile che Kageyama aveva stampato in volto.

«Oh guarda, guarda questa volta sono io il fortunato.» Non appena finirono di pescare, Kuroo girò la bacchetta della corona e Hinata ebbe un attimo di sollievo. Almeno non era Tsukishima pensò ma dall'espressione grave che Kenma fece al suo fianco presto comprese che non era necessariamente una buona cosa.

Nonostante fosse stato Kuroo a proporre il gioco non era ancora riuscito ad ottenere la bacchetta del re quindi fu solo naturale che sul suo volto si compose un sorrisetto più che divertito quando ottenne quello che voleva da tutta la serata.

Quando li squadrò uno ad uno poi, la tensione crebbe al tavolo.

«Mh...mh...»

«Scegli e basta, non imparerai improvvisamente a leggere nella mente delle persone.» fece piatto Kenma.

«Ci sono! Ordino al numero 5 di confessare la sua prima cotta.» fece infine Kuroo come se avesse avuto un'illuminazione improvvisa. Hinata controllò per la terza volta che il suo numero non fosse il numero cinque e fu sollevato quando si rese conto che no, per una volta la fortuna gli sorrideva. Come poi uno schiaffo in pieno viso il suo sollievo venne sostituito da pura e semplice paura quando un più che riluttante Kageyama girò la sua di bacchetta.

«Non ne ho mai avuta una.» Ed Hinata sentì il suo sguardo sfiorarlo appena prima di quella breve ma concisa risposta. Una risposta fin troppo glaciale per uno come Kageyama che la maggior parte delle volte era intenso e diceva le cose esattamente per come le pensava.

Kuroo però assottigliò gli occhi insoddisfatto. «Mh non ci credo, tutti ne hanno avuta una.»

«Io no.»

«Allora... la prima persona da cui ti sei sentito attratto?»

Kageyama sospirò e abbassò gli occhi sul tavolo.

«Una ragazza della mia scuola.» rispose alla fine.

Non che Hinata si aspettasse che rispondesse in maniera diversa ma quando lo sentì ammettere ad alta voce che sì aveva provato attrazione per qualcuno, si rabbuiò.

«E com'è?» insistette Kuroo.

«Nella media immagino, è carina.» rispose improvvisamente lasciando la maschera stoica che aveva messo su arrossendo appena sulle guance. Hinata lo guardò di soppiatto mentre la sua espressione si faceva tesa.

Tsukishima scoppiò a ridere. «Il re che trova attraente qualcuno nella media? Impossibile.»

Kageyama gli lanciò un'occhiataccia irritata ma Tsukishima non spostò la sua espressione divertita nemmeno di una virgola.

«Come si chiama la fortunata?» continuò Kuroo che ancora non si era saziato abbastanza.

«Pensavo fosse un solo ordine.»

Kuroo non abbandonò il suo sorriso felino ma alzò le mani in segno di resa.

«Okay, hai ragione, ma dato che sono curioso della vita sentimentale dei miei giovani kohai...»

«Ma se sono più grande di te.» Bokuto gli gettò un'occhiata di sbieco.

«Solo di un paio di mesi.»

«...il numero due deve confessarsi alla sua cotta.» Kuroo riprese dove aveva lasciato in sospeso.

Un silenzio pesante si levò dal tavolo.

«Che scocciatura.» Kenma scoprì la sua bacchetta.

Hinata si chiese se fosse solo una sua impressione ma notò lo sguardo febbricitante di Kuroo. Probabilmente, pensò, era quello a cui voleva arrivare fin dall'inizio. Non aveva neppure il suo solito sorrisetto divertito, sembrava solo un felino in attesa del suo compenso.

«Shoyo.» La voce di Kenma gelò Hinata al suo posto. Si voltò solo per scoprire che Kenma gli si era avvicinato abbastanza perché potesse distinguere le pagliuzze dorate fra le sue ciglia.

Hinata si sentì in soggezione. Quando gli si era avvicinato così tanto? Hinata arrossì per l'imbarazzo mentre il viso Kenma non rimase indifferente come si sarebbe aspettato. Era serio, estremamente serio ed Hinata temette davvero ciò che sarebbe potuto accadere. Kenma gettò uno sguardo all'altra parte opposta del tavolo, Kageyama? Esattamente come faceva con le finte nella pallavolo.

«Mi piaci.» ritornò a guardarlo e il cuore di Hinata perse un battito.

«Eh?»

Nello stesso momento in cui Kenma pronunciò quelle parole la sua voce venne sovrastata dal rumore di una sedia strisciata sul pavimento. Un secondo più tardi Kageyama non era più al tavolo.

Hinata si voltò per seguirlo con lo sguardo ma non riuscì neanche a scorgere la sua espressione mentre girava le spalle e senza dire una parola si allontanava. Il suo stomaco fece una capriola quando realizzò cos'era appena successo e guardò terrorizzato Kenma che però già si stava scostando dal suo viso.

«Forse adesso ha capito.» commentò riprendendo il gameboy.

Hinata lo guardò scioccato. «Lo-lo hai fatto apposta?» 

«Almeno adesso hai la tua risposta.» Kenma gli fece un breve sorriso. Hinata lo fissò sconvolto. Che Kageyama si fosse alzato di scatto non appena Kenma aveva pronunciato quella frase voleva dire che si era ingelosito? Si alzò di scatto, doveva parlargli.

«Continuate pure senza di me.»

***

Kageyama arrivò al bagno con una morsa allo stomaco che non lo voleva lasciare. Nemmeno il ricordo di Hinata di pochi minuti prima: il viso arrossito, gli occhi sgranati, le labbra così vicine a quelle di qualcun altro sembravano essersi inchiodati nella sua mente.

Dovette sciacquarsi la faccia con forza per togliersi dalla testa quell'immagine sgradevole. Odiava quella sensazione allo stomaco odiava sentirsi in quel modo, odiava aver realizzato cos'era quel sentimento che nascondeva da un pezzo in fondo al suo cuore. Sperava solo di svegliarsi, sperava solo che fosse solo un altro dei suoi incubi, che nulla di quello che era successo era reale. Si pizzicò persino le braccia ma si arrese all'idea che fosse solo un sogno quando sentì i passi di qualcuno farsi vicino al bagno. Si nascose nello scompartimento più vicino. Nella realtà stava scappando dalle persone ma internamente stava solo scappando da sé stesso, ancora una volta troppo debole per ammettere a sé stesso quello che provava davvero.

Qualcuno entrò in bagno. Sentì un sospirò, vide delle scarpe avanzare fino all'ultima porta per poi tornare indietro, udì poi dell'acqua scorrere, poi anche chiunque fosse entrato se ne uscì come era entrato. Kageyama scivolò lungo la porta fino a toccare il pavimento freddo. Il battere veloce del suo cuore l'unico rumore che interrompeva quel gelido silenzio.

Era la seconda volta che perdeva qualcosa a cui teneva.

Non aveva idea di che ore fossero quando uscì dal bagno, sapeva solo che il corridoio si era fatto silenzioso. Entrò in camera che tutti erano già addormentati e si limitò a infilarsi nel suo futon. Sentì chiaramente lo sguardo di Hinata su di sé senza nemmeno girarsi. Lo aveva aspettato? Kageyama strinse gli occhi sforzandosi di prendere sonno. L'ultima cosa che voleva fare era affrontare Hinata.

Quando Kageyama si svegliò quella mattina, la sua missione era semplice: evitare Hinata. Più di quanto non facesse di solito. Era riuscito ad evitarlo alla colazione svegliandosi in anticipo, aveva chiesto a Yachi di aiutarlo come al solito, questa volta nella palestra principale: più persone e meno probabilità che Hinata gli si avvicinasse. Percepiva il suo sguardo insicuro su di sé che voleva approcciarlo ma Kageyama non era in nessun modo pronto per parlargli. Non voleva sentire nulla di quello che aveva dire. Non voleva neanche sentire nulla di quello che la sua testa gli suggeriva dalla sera prima.

Voleva solo dimenticare. Voleva solo assicurarsi di avere abbastanza tempo per mettere appunto l'alzata ancora bloccata da quella sensazione in mezzo al petto, voleva schiarirsi la gola per congratularsi con Hinata, ritornare ad essere amici in un modo o in un altro perché più gli stava lontano più lo voleva vicino.

In ogni caso, stare completamente lontano da Hinata era impossibile. La partita di esercitazione era iniziata da poco quando dopo il primo set c'era stata la pausa. Kageyama che fino ad allora non aveva fatto altro che accumulare stress su stress con quelle alzate mancate ne approfittò per prendere una boccata d'aria. 

Era improvvisamente peggiorato.

Pensava di aver risolto quel problema che lo bloccava dal fare quelle alzate ma si sbagliava di grosso. Il peso al petto non se ne sarebbe mai andato. Kageyama si sedette sulla panca, poi, involontariamente incontrò gli occhi che da tutta la giornata aveva evitato di incrociare. Il suo sguardo parlava già abbastanza per lui. Per sua fortuna Hinata non fece in tempo ad avvicinarsi che Sugawara lo prese da parte per parlargli di qualche tattica da attuare contro l'asso della Nekoma. Ovviamente essere proprio contro di loro non aiutava per niente Kageyama. Non aiutò poi per niente vedere Hinata che si avvicinava all'alzatore della squadra avversaria per sussurrargli qualcosa nell'orecchio. Kageyama si alzò forse un po' troppo in fretta perché Sugawara gli lanciò un'occhiata stranita ma lui se la scrollò di dosso e andò a chiedere un altro asciugamano a Yachi.

«Kageyama-kun va tutto bene?» gli chiese la ragazza evidentemente preoccupata.

Kageyama le lanciò uno sguardo interrogativo pur consapevole che probabilmente l'espressione che indossava non era una delle migliori.

«No è che ti vedevo un po'...»

«Sto benissimo.» fu un po' troppo brusco che vide la ragazza aumentare solamente la sua dose di preoccupazione.

«Grazie.» cercò di rimediare prima di avviarsi in campo.

Ricominciarono il secondo set che Kageyama non si era calmato per niente. Sentiva lo stomaco sottosopra e sapeva perfettamente che doveva rimettersi in buona forma se voleva fare quelle alzate. Non era nemmeno l'unico a non essere in forma. Per quanto lo evitasse era comunque inevitabile che lo osservasse. Hinata e i suoi movimenti erano cambiati eppure non ne azzeccava nessuna. Si chiese se il suo costante evitarlo lo avesse messo in agitazione e fosse lui la causa indiretta della sua frustrazione. Kageyama per qualche motivo si sentì in colpa. A contornare quelle orribili prestazioni c'erano le sue espressioni di delusione. Da quanto tempo era che non schiacciava una palla?

Presto le parole di Oikawa tornarono a tormentarlo. Lui che non voleva dare le alzate ad Hinata. Non aveva alcun senso.

Metà del secondo set contro la Nekoma ed Hinata non sembrava per niente nel gioco. Era perché stavano giocando contro il suo ragazzo?

Kageyama fece una smorfia al solo pensiero e si rabbuiò.

Così capitò quasi inconsciamente.

Gli alzò la palla ma non ci fu nessuna mano a schiacciarla, nessuna mossa goffa a coprire l'errore, solo la palla che cadeva lunga fuori dal campo, piedi incollati al pavimento e una schiena voltata.

Kageyama gelò sul posto, gli occhi sgranati.

La sua paura più grande si era appena realizzata.

Aveva sbagliato di nuovo. Avrebbe perso un'altra squadra? Le ricordava perfettamente le spalle girate dei suoi compagni. Ricordava ancora fin troppo bene quell'orribile sensazione. Era di nuovo solo sul suo trono, Oikawa aveva avuto ragione fin dall'inizio? Sapeva perfettamente com'era quella sensazione eppure era anche peggio rispetto alla prima volta.

Era come essere sott'acqua. Non sentiva nulla di quello che era intorno a lui ma sentiva perfettamente il suo cuore battere nella cassa toracica agitato e il respiro mozzato come se stesse per affogare.

«Cosa diamine era quella?» fu la prima cosa che sentì quando emerse momentaneamente dall'andare alla deriva.

La rabbia gli esplose dentro al petto.

Afferrò Hinata per la divisa. «Avevi detto che avresti saltato a tutte le mie alzate!»

Lasciò la presa pochi secondi dopo sgranando gli occhi. Sospesa nell'aria era rimasta solo una terribile realizzazione. La realizzazione di tutto quello che non aveva capito o meglio che aveva fatto finta di non capire. Lui dipendeva da Hinata tanto quanto Hinata dipendeva da lui ed era semplicemente terrorizzato dall'idea di perdere la prima persona che nella sua vita aveva promesso di schiacciare tutte le sue alzate, la prima persona che nella sua vita aveva promesso di rimanere al suo fianco. 

Non se ne accorse nemmeno di avere il respiro disordinato, solo quando Daichi gli mise una mano sulla schiena si rese conto di quanto stava tremando.

«Avanti, respira.» gli disse con la sua voce rassicurante ma Kageyama non riusciva a muoversi tanto era rimasto scioccato da quelle realizzazioni. Qualcuno chiamò il time-out, qualcun altro tentò di raggiungerlo, ma Kageyama aveva le labbra secche e il cuore andato in frantumi.

Hinata davanti a lui aveva gli occhi sgranati. Neanche lui sapeva cosa dire?

Stava avvenendo una seconda volta: essere abbandonato dai suoi compagni di squadra. Quello però era completamente diverso perché Hinata non era solo un compagno di squadra e lui non voleva perdere anche il suo unico amico.

Kageyama ancora più sconvolto smise di fuggire da ciò che aveva sempre saputo. Era per quello che le alzate non andavano a segno, era per quello che se l'era presa tanto durante il litigio: voleva che Hinata dipendesse da lui, almeno nella pallavolo.

«Kageyama?»

Voleva che Hinata dipendesse dalle sue alzate e non era nemmeno solo quello, lui voleva Hinata. Quello era il desiderio che aveva fatto tanta fatica ad accettare e adesso ne pagava le conseguenze, non era cambiato per niente, era rimasto il solito re egoista che voleva tanto tenersi stretta la prima cosa che accettava di stare con lui.

«Kageyama?» la voce di Hinata gli arrivò da lontano.

Quando finalmente lo mise a fuoco lo vide con un'espressione costernata dalla preoccupazione.

«Kageyama?»

«Sono qui.» Hinata avanzò di un passo, le sopracciglia arcuate, gli occhi grandi.

«Quella non era l'alzata che si ferma, ho pensato che ti stessi arrendendo.» 

Kageyama si calmò appena, certo che non era l'alzata che voleva, si era trattenuto a causa di quel suo desiderio egoista. Si era trattenuto perché aveva realizzato che se non poteva avere Hinata nella vita lo voleva nella pallavolo ma poi come ad assecondare quello stupido desiderio Hinata gli era scivolato via dalle mani e non era saltato.

«Kageyama non smetterei mai, mai, per nessun motivo di schiacciare le tue alzate, te l'ho promesso.»

E Kageyama ricominciò a respirare bene, desiderando che quelle parole gli s'incidessero dentro al petto perché voleva che Hinata restasse al suo fianco, il più a lungo possibile. 

N.D.A

Salve a tutti, non ci credo che siamo già al terzo capitolo. Siamo arrivati finalmente alla svolta più importante della storia sempre contornata dal dolore, ma prometto che dal prossimo capitolo Kags non soffre così tanto (forse). 

Per i chiarimenti, sì, il gioco del re esiste veramente e ovviamente non mi sono potuta trattenere dall'usarlo sui nostri due eroi. 

Detto questo alla prossima settimana!

-Jo

 

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


Hinata aveva guardato Kageyama di sottecchi per tutta la giornata. Alla fine erano ritornati a parlare quasi normalmente, la tensione che li aveva avvolti per tutto quel tempo sembrava aleggiare ancora ma non in maniera così soffocante come aveva fatto nei giorni precedenti.

Quella sera Hinata era esausto. Amava quel tipo di stanchezza, che lo riempiva di soddisfazione per l'impegno che metteva durante tutta la giornata ma dopo un pomeriggio esauriente come quello voleva solo appoggiare la testa sul cuscino e risvegliarsi rigenerato. Era ormai deciso verso il dormitorio quando sentì dei rumori provenire dalla palestra principale. Kageyama era al centro del campo, i palloni con cui si stava allenando sparsi in maniera disordinata, probabilmente non aveva fatto una sola pausa da quando aveva iniziato.

«Credo si sia sbloccato.»

Hinata quasi non balzò dall'altro lato della palestra quando una voce femminile gli giunse d'improvviso dalle spalle.

«Yachi-san sei tu!»

«S-scusa non volevo spaventarti.» la ragazza si grattò in imbarazzo la testa.

«Oh no, è solo che mi hai colto alla sprovvista. Cosa intendi dire che si è sbloccato?»

Yachi abbassò appena la voce. «Beh ecco credo che sia qualcosa che gli hai detto tu.»

Hinata la guardò perplesso, si stava riferendo a ciò che era successo durante la partita.

«Presto avrò le mie alzate?» chiese allora a Yachi.

L'espressione della ragazza si allargò in un sorriso. Yachi se ne andò qualche secondo dopo mentre Hinata rimase sulla soglia senza riuscire ad andarsene o ad entrare.

Aveva sbloccato Kageyama. E se da una parte ne era felice, dall'altra si sentiva terribilmente in colpa per avergli fatto dubitare della fiducia che riponeva in lui. Quando, durante gli allenamenti, lo aveva visto andare in panico in quel modo il suo cuore aveva avuto un tuffo. Era ovvio che pensasse ancora al passato, Kageyama aveva ancora paura di poter essere abbandonato e Hinata si era odiato e si odiava ancora per averglielo fatto pensare anche solo per un secondo. Il suo corpo però aveva agito d'istinto: quella non era l'alzata che si fermava e lui non era saltato. Lo aveva fatto inconsciamente ma senza malizia, era un sempliciotto quando si trattava di agire. L'espressione che aveva fatto Kageyama però gli aveva spezzato il cuore. Il suo viso si era contratto spaventato, per un secondo aveva letto nei suoi occhi una paura che era diventata esplicita solamente con le parole che erano seguite. Per fortuna era riuscito a trovare le parole giuste in un momento così sbagliato aveva sorriso amaramente a sé stesso Hinata.

«Oi, sei venuto per disturbarmi o mi vuoi aiutare?» la voce di Kageyama interruppe il ricircolo dei suoi pensieri. Hinata lo mise a fuoco, Kageyama lo fissava con le labbra increspate vicino alla rete.

«È una sfida?» Si scambiarono un breve sguardo e in meno di pochi secondi si ritrovarono a fare a gara a chi raccoglieva più palloni e a chi impilava più coni. Era sempre divertente competere per quelle piccole cose.

E Hinata avrebbe dimenticato anche il modo strano in cui batteva il suo cuore nella cassa toracica se non fosse stato per quel breve sfioramento di mani che rese l'aria statica non appena afferrarono il carrello dei palloni contemporaneamente. Probabilmente Kageyama non ci fece nemmeno caso, pensò Hinata ritraendosi non appena si accorse del contatto istantaneo eppure il suo corpo ogni volta che si trovavano vicini era sin troppo reattivo.

«E comunque ho vinto io.» fece Kageyama chiudendo il cesto porta palloni di ferro.

«Ma se l'ultimo pallone l'ho messo io.»

«Appunto ho vinto io.»

Hinata si morse appena il labbro rilassandosi appena. Erano ritornati quasi alla normalità, quasi. I suoi occhi vagarono nello sgabuzzino semibuio finché non si posarono sulla figura di Kageyama che ancora doveva posare gli ultimi coni.

Si rese conto di essere banale quando non riuscì a spostare gli occhi dalle sue labbra. Per qualche secondo Hinata immaginò davvero che ci si sarebbe potuto avvicinare tanto quanto bastava per unirle con le sue ma si riscosse presto da quel pensiero. Dopo quello che era successo alla partita, Hinata aveva deciso di aspettare per dirgli qualsiasi cosa, non voleva rischiare di avvicinarsi ad un burrone che avevano già sfiorato, un punto di non ritorno. Eppure a stargli così vicino, si sentiva incredibilmente elettrizzato, una sensazione che aveva cercato di elaborare per non sentirsi così impacciato ogni volta che gli si avvicinava.

«Mi manchi.» come per fermare qualsiasi azione avesse potuto compiere, le parole scivolarono dalle sue labbra prima che potesse connetterle al cervello. Non appena si rese conto di ciò che aveva detto avvampò.

Kageyama si voltò verso di lui sorpreso.

«N-nel senso mi manca fare le nostre veloci quindi muoviti a darmi quelle alzate.» corresse il tiro all'ultimo, tirando un sospiro di sollievo quando vide le spalle di Kageyama rilassarsi.

Per quanto fosse vero che gli mancava giocare in sincronia con lui in campo, in realtà gli mancava semplicemente il rapporto che prima avevano e che pian piano stavano recuperando. Ormai però tutto stava cambiando, dubitava davvero che sarebbero rimasti gli stessi anche alla fine del gioco.

«Anche a me.» rispose poi Kageyama che con gli occhi guardò ovunque tranne che nella sua direzione.

Hinata rise al suo evidente imbarazzo e gli diede qualche pacca sulla schiena prima di avviarsi verso il corridoio.

«Non essere imbarazzato, Kageyama-kun» cercò di farsi scivolare di dosso anche il suo di rossore mentre il cuore gli si riscaldava nel petto. Forse leggeva troppo nelle righe, ma sapere che anche per Kageyama era lo stesso lo rese assurdamente felice.

«Senti chi parla.» ribatté l'altro che riscossosi dalle sue stesse parole lo aveva raggiunto al di fuori della palestra.

Colto in fallo le guance di Hinata ripresero a bruciare mentre cercava una giustificazione valida per la sua uscita. «Per i tuoi standard ci stai mettendo anche troppo.» disse alla fine completamente in panico.

«Ho capito, ho capito, ci sto lavorando, non essere impaziente.»

Hinata alzò gli occhi al cielo quasi involontariamente. Era stato fin troppo paziente.

***

La veloce strana ritornò ad un giorno di distanza dalla fine del ritiro.

Non erano sul campo da molto tempo, ma Kageyama si era fatto trascinare come un'idiota da Hinata. Non si erano nemmeno guardati, Kageyama aveva sentito la sua presenza e, come se la sua aurea fosse stata più forte della sua stessa presenza fisica, gli aveva alzato la palla dritta nel palmo della mano, che dritta nel campo avversario aveva sferzato l'aria in due.

«Ce-ce l'abbiamo fatta?» Hinata si voltò incredulo verso di lui. Kageyama lo vide con gli occhi luccicanti di gioia. I suoi occhi non facevano che viaggiare da lui alle sue mani, un sorriso gli spaccava in due il viso.

«Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo fatta!» quando finalmente realizzò che si, ce l'avevano fatta, Hinata iniziò a saltellare felice sul suo posto. Colto dall'entusiasmo di quel primo tentativo, Hinata gli si gettò al collo, Kageyama colto completamente alla sprovvista barcollò indietro e cadde di schiena.

«Kageyama ce l'abbiamo fatta!» Hinata si sollevò leggermente con le mani. I loro visi erano talmente vicini che Kageyama riusciva a vedere il viso arrossato per la fatica e gli occhi grandi di Hinata pieni di soddisfazione. Il nodo nel suo stomaco era scomparso. Hinata era sopra di lui con un sorriso a trentadue denti e l'unica cosa che Kageyama riusciva a sentire oltre al peso piuma che gli gravava sulle costole era lo stomaco in balia di un'emozione completamente nuova. Non poteva crederci che per tanto tempo aveva negato quel sorriso ad Hinata, al solo vederlo a quel modo non riusciva a distogliere gli occhi.

«Lo so, lo so e ora spostati idiota.» borbottò imbarazzato. Hinata però non si scostò.

«Sapevo che ce l'avresti fatta.» il suo sorriso si allargò. Kageyama distolse lo sguardo. Hinata era talmente raggiante che stava diventando anche accecante.

Il cuore di Kageyama si fermò per pochi secondi. Tutto si aspettava meno che quei complimenti uscire direttamente dalla bocca di Hinata.

«E sta zitto, idiota.» mormorò con le guance in fiamme.

Hinata ridacchiò prima di alzarsi e tendergli la mano. «Non essere timido Kageyama-kun.»

«Non sono timido.» lo riprese Kageyama. Come lui era felice della nuova veloce ma probabilmente era troppo concentrato sulle mani sudate di Hinata e sul rossore scomposto sul suo viso per abbandonarsi completamente a quella felicità.

«Ce l'avete fatta!» sia Hinata che Kageyama si voltarono. Yachi era contenta quasi quanto loro che aveva un sorriso largo per tutto il viso.

Lo strano duo era tornato.

Quel pomeriggio Kageyama era sulle nuvole, in parte per la veloce in parte per Hinata. Da quando lo aveva visto sorridere in quel modo non era riuscito a distogliere lo sguardo dal suo viso. Hinata era per la maggior parte del tempo con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia ma sapere di aver provocato uno di quei sorrisi per Kageyama era una sensazione diversa, come se tutti i pianeti si fossero allineati nel modo giusto.

«Vederti allenare con Hinata è proprio differente.» commentò Yachi quando le si avvicinò per prendere la borraccia.

«Cosa intendi dire?»

«Niente, solo che hai un'espressione completamente diversa da quella che facevi quando ero io ad aiutarti.»

Mise le mani avanti. «Non che intenda dire qualcosa di male, solo che sono contenta che siate ritornati quelli di sempre.»

Kageyama incespicò alla ricerca di parole adatte da dire. Non era una cosa da tutti i giorni sentirsi dire quel tipo di cose. Il tempo che però ci mise per mettere in fila due parole in croce per quanto banali che Kiyoko li interruppe.

«Hitoka-chan, puoi aiutarmi con queste?»

Yachi s'illuminò poi gli sorrise «Ora scusa, ci vediamo più tardi Kageyama-kun.» lo salutò prima che potesse dire qualcosa.

Kageyama la seguì con lo sguardo mentre raggiungeva Kiyoko, la bocca paralizzata anche perché potesse borbottare un banale grazie. Aveva i capelli biondi, la pelle liscia, un bel sorriso eppure anche se i suoi denti perfettamente bianchi si aprivano sinceri ogni volta che ci parlava, il sentimento che provava quando la guardava era ben diverso da quello che gli dava il sorriso di Hinata. Kageyama che aveva ancora lo sguardo sovrappensiero su Yachi, vide chiaramente Kiyoko allungare una mano per accarezzarle i capelli e le sue guance arrossire. Kageyama si voltò di scatto come se si fosse reso conto in un secondo di ritardo che si era intromesso in qualcosa di intimo.

Il rumore di una palla che si stampava sul viso di Hinata poi lo distrasse. Quando si girò verso di lui, il naso stava gocciolando sangue e due membri dell'Ubugawa erano su di lui preoccupati.

«Sto bene, sto bene, davvero.» parlava a fatica mentre gli altri due ragazzi lo guardavano preoccupati.

«Sono abituato.»

«Questo è vero, probabilmente sono più i palloni che ha preso in faccia che quelli che ha ricevuto.» affermò Kageyama avvicinandosi. Nonostante le parole che gli uscirono come presa in giro bella e buona però, afferrò Hinata per un braccio e lo trascinò nel cortile.

«Quella era davvero cattiva.» fece contrariato Hinata sedendosi sulla ceramica del lavandino.

«Mi sei sembrato Tsukishima.»

Kageyama inorridì. «Non dirlo mai più.»

Come un automa poi aprì la cassetta del pronto soccorso per tagliare la garza.

«Tieni premuto.» gli ordinò quasi perentorio mentre si chinava per bagnare l'asciugamano d'acqua fredda. Quando ritornò al suo viso si rese improvvisamente conto di quanto fossero vicini. Si rese anche conto che la pelle di Hinata era incredibilmente morbida e calda sotto la sua mano e di come le sue labbra erano dischiuse e a pochi centimetri dalle sue. Quando si rese conto dei pensieri che stava avendo, Kageyama si riscosse. L'aria estiva si era fatta pesante. Distolse lo sguardo dalle sue labbra e lo fissò in quello di Hinata, ma lui non lo stava guardando davvero.

«Oh beh, immagino che anche tu abbia un lato del genere.» mormorò a bassa voce.

«Cosa?»

Kageyama lo guardò interrogativo ma Hinata strinse le labbra come se avesse cambiato idea all'ultimo.

«Potevi chiedere a Yachi.» fece invece cambiando argomento.

«Era impegnata mica potevo disturbarla.» arrossì di colpo. La verità era che voleva semplicemente stargli vicino. Certo di solito erano Yachi o Yamaguchi ad occuparsi di quel tipo di cose ma se si trattava di Hinata poteva pure accettare di incrostarsi le mani con un po' di sangue se questo voleva dire che poteva stargli vicino. Che lo volesse o meno infatti Hinata lo attraeva come una calamita e prima che se ne potesse accorgere aveva iniziato a cogliere tutti i momenti per stare con lui, che si trattasse di stare gomito a gomito nella caffetteria o che volesse dire dormire fianco a fianco.

«Da quando ti preoccupi di non disturbare le persone?»

Hinata alzò lo sguardo su di lui.

«Adesso sei tu quello che assomiglia a Tsukishima.»

Hinata fece una mezza smorfia per quanto gli fosse possibile, immobilizzato com'era tra la garza che teneva premuta poco sopra le narici e l'asciugamano bagnato che invece Kageyama stava tamponando contro la radice del naso.

«Non è che ti sei preso una cotta per Yachi?»

Kageyama smise di colpo di tamponare il naso di Hinata confuso.

«Di cosa stai parlando?»

«Solo che dato che avete passato tanto tempo insieme ultimamente ho pensato che magari potessi esserti innamorato.» alla fine Hinata alzò le spalle come se non gli importasse realmente. 

Kageyama lo fissò, Hinata sfuggi per quanto possibile dal guardarlo.

«Mi stai dicendo che tu t'innamori di tutti quelli con cui passi un po' di tempo?»

«Non dire sciocchezze.»

«E allora non fare domande idiote, idiota.»

Kageyama si scostò improvvisamente ricordandosi dell'alzatore della Nekoma. Quasi avrebbe preferito un'altra risposta. Gli occhi di Hinata brillarono di una luce diversa e Kageyama non poté fare a meno di allontanarsi scottato al solo pensiero che potesse star pensando a quell'alzatore.

«Fallo da solo.» Sospirò pesantemente prima di mettergli l'asciugamano in mano. Improvvisamente non voleva più essere attratto da quel magnete.

N.D.A

Pubblico questo capitolo con qualche ora di ritardo e un'odissea di contorno, questo perché il mio computer ha deciso di non voler collaborare, per fortuna grazie alle mie doti purtroppo non innate da hacker sono riuscita a risolvere i problemi tecnici.

Si tratta del penultimo capitolo e i nostri due eroi sono quasi arrivati al momento clue di un altro tipo odissea.

Sperando che il mio computer non mi abbandoni un'altra volta, alla prossima settimana!

-Jo 

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


«Sei un idiota.»

Non appena Kageyama gli girò le spalle, Hinata si infervorò. Poi non ebbe alcuna pazienza perché raggiunse l'asciugamano e glielo lanciò contro come se sarebbe bastato quello a dar sfogo ai suoi sentimenti.

«Si può sapere cosa ti prende?» Kageyama si voltò gli restituì l'asciugamano irritato.

Hinata alzò incredulo le sopracciglia. «Non sono io quello che dovrebbe rispondere a questa domanda.»

Frustrato scese dal lavandino e lo raggiunse. Era semplicemente arrabbiato. Arrabbiato che un minuto prima Kageyama gli stesse asciugando il sangue dal naso come se fosse stato qualcosa che facevano tutti i giorni e che il minuto dopo si fosse allontanato con quella freddezza senza motivo apparente.

Kageyama si morse la lingua quando Hinata lo raggiunse, erano ad un soffio dal litigare di nuovo, ma lui non ne aveva voglia, non un'altra volta. Perciò corrucciò lo sguardo e prima che Hinata potesse dire qualsiasi cosa, schioccò la lingua e se ne andò con la gelosia che gli bruciava nel petto.

Hinata sospirò pesantemente e prima che potesse rifletterci anche la rabbia si assopì, era solo stanco.

Quella notte Hinata fece fatica a dormire, in parte per la conversazione che aveva avuto con Kageyama, in parte per il caldo. Era immerso in un continuo ricircolo di pensieri che non smetteva di tormentarlo e che si alternava dalle sue mani sul suo viso allo schioccò di lingua finale. Alla fine si arrese e aprì gli occhi, il futon di fianco a lui era vuoto.

Trovare Kageyama non fu nemmeno tanto difficile. Il bagno era vuoto e la cucina era silenziosa la porta della palestra invece semiaperta. Quando l'aprì Hinata sentì subito un vento caldo proveniente dall'esterno avvolgerlo. La porta che dava sul cortile era aperta. Kageyama era seduto sugli scalini della porta esterna.

«Sono ancora arrabbiato.» si annunciò avvicinandoglisi di soppiatto.

Kageyama quasi non saltò dallo spavento. Hinata trattenne la breve risata che altrimenti gli sarebbe scappata rivelando quanto in realtà stesse mentendo e gli si sedette accanto. Il cielo limpido di quella notte era il suo panorama preferito e vivere in montagna gli dava sempre la possibilità di vederlo. Con Kageyama al suo fianco era però un panorama completamente diverso.

Kageyama dall'altra parte non appena Hinata gli si era seduto accanto aveva sentito l'aria elettrizzarsi di colpo. Stargli vicino diventava ogni giorno più difficile. Voleva solo avvicinarglisi tanto da sentire il calore del suo corpo ed invece ogni volta si ritrovava ad allontanarsi per lasciargli lo spazio necessario per respirare.

«Cos'è hai fatto un brutto sogno?»
Hinata gli gettò un’occhiata, Kageyama però non lo guardava, aveva gli occhi rivolti al cielo e le stelle riflesse nelle iridi. Era davvero bello. Hinata si riscosse dai suoi stessi pensieri. Più stava insieme a Kageyama più s’innamorava, era una causa persa.

Kageyama arrossì. L'unico motivo per cui si era alzato nel bel mezzo della notte era stato per allontanarsi da Hinata. E invece per l'ennesima volta aveva fatto la scelta sbagliata: ora non era più solo vicino ad Hinata, non sentiva solo il suo respiro, ma la sua voce e vedeva i suoi occhi ambrati così brillanti alla fioca luce della luna.

«Pensavo fossi arrabbiato.»

Hinata sospirò. «Lo sono e tu sei frustrante.»

«Io frustrante!»

«Sì, tu frustrante, hai sempre quell'espressione corrucciata perché non puoi semplicemente dirmi cosa ti passa per quella stupida testa?»

Probabilmente Hinata fu il primo ad esplodere in quella tensione malcelata con tutta la frustrazione che si era accumulata in fondo allo stomaco. Ormai aveva lasciato che i suoi sentimenti traboccassero e non era sicuro che sarebbe riuscito a controllarli un'altra volta.

Kageyama sgranò gli occhi e si voltò verso Hinata sorpreso. Aveva un'espressione determinata in volto come se stesse per schiacciare una delle sue alzate e per qualche motivo il suo cuore cominciò a rimbombargli nelle orecchie per quanto era rumoroso nel suo petto. Per la seconda volta si rese conto di quanto fossero vicini, talmente vicini che i centimetri che li separavano non erano altro che spazio vuoto da riempire.

«Dico sul serio, è più spaventoso vederti in silenzio tutto il tempo. Sapere che stai pensando qualcosa ma che non mi parlerai. Sei così testardo a volte, anzi tutto il tempo.»

La voce di Hinata si ammorbidì di colpo. Kageyama lo guardò abbassare lo sguardo sulle sue mani e improvvisamente si sentì in colpa, non aveva idea di quanto Hinata fosse preoccupato per lui anzi non pensava si preoccupasse così tanto.

«Scusa.» Kageyama disse alla fine. Odiava vedere quell'espressione addosso ad Hinata. Odiava qualsiasi altra espressione che non fosse la felicità addosso ad Hinata.

Hinata quasi non credette alle sue orecchie. «Cosa? Kageyama che chiede scusa? Il sogno era così brutto?» subito iniziò pronto a prenderlo in giro. Le guance di Kageyama presero fuoco.

«Sta zitto idiota, non lo ripeterò un'altra volta.»

Kageyama assunse tutto d'un tratto un'espressione strana. Hinata lo notò subito. Gli occhi che tentennavano, le sopracciglia arcuate e le labbra che tremavano appena. A vedere Kageyama in quel modo anche Hinata si fece estremamente serio.

«Credo di essere stato egoista. Mi sono opposto alla schiacciata con gli occhi aperti perché non volevo che tu diventassi indipendente, volevo che rimanessi dipendente dalle mie alzate.»

Kageyama rimase sorpreso da sé stesso nel riscoprirsi con la voce forte e chiara a dire quelle cose ad Hinata. Non era che una parte di quello che gli frullava per la testa da giorni ma forse avrebbe terminato quel silenzio che Hinata tanto detestava. E poi, Hinata meritava di sapere dei sentimenti egoisti che aveva covato per troppo tempo nel suo cuore, perché per quanto potesse sforzarsi non riusciva a smettere di essere il re egoista che tutti conoscevano.

«Era questo?»

Hinata rimase a bocca aperta non tanto per quello che disse quanto perché realizzò che entrambi avevano avuto la stessa paura. Per la prima volta nella sua vita Kageyama dava voce ai suoi sentimenti. Non lo aveva detto esplicitamente ma quello che nascondeva dietro quelle parole era un "ho avuto paura di perderti" che Hinata comprendeva alla perfezione. Quante volte quella paura lo aveva perseguitato?

Kageyama tentennò ma alla fine annuì.

«In ogni caso ho sbagliato un'altra volta.» ammise anche se nella sua testa non si riferiva tanto alla pallavolo quanto ad Hinata e all'alzatore della Nekoma.

«Sì, sei stato veramente egoista Kageyama-kun.» ammise Hinata. Dentro di sé però era ingiustamente e stupidamente felice. Se da una parte era perfettamente conscio di quanto effettivamente egoista era stato da parte di Kageyama non volerlo rendere indipendente dall'altra non poteva fare a meno di essere felice per quel sentimento di gelosia che aveva dimostrato di avere nei suoi confronti. La cosa che però lo rendeva ancora più stupidamente contento era che Kageyama glielo aveva detto. Erano due a zero per lui.

«Adesso mi odi?» Kageyama non avrebbe potuto biasimare Hinata se lo avesse fatto.

Hinata sgranò gli occhi quando sentì quella domanda riecheggiare nell'eco della notte. Un sibilò d'aria si frappose tra loro.

«Cosa? No, no, non potrei mai odiarti, voglio dire non mi aspetto che tu cambi, va bene anche così, anche se rimani il re egoista, se qualcosa non mi andasse semplicemente te lo direi.»

Kageyama rilassò i muscoli anche se non del tutto convinto.

«E poi Kageyama-kun, non potrei mai odiare la persona che mi piace.»

Prima che potesse riflettere, le parole lasciarono le labbra di Hinata. Quando si rese conto di quello che aveva detto Hinata sgranò gli occhi sorpreso da sé stesso e da come aveva parlato senza nemmeno un secondo di esitazione. Alla fine lo aveva fatto, lo aveva detto. Si era rilassato così tanto che persino le connessioni mente-bocca si erano scollegate per qualche secondo.

«Cosa? M-ma l'alzatore della Nekoma...si è dichiarato l'altra volta, pensavo che tu e lui...» provò a dire in maniera sconnessa Kageyama. Era sconvolto. Doveva aver sentito male.

«Quello era uno scherzo, Kenma lo sapeva, che mi piaci dico...e io pensavo di non dirti niente ma alla fine se tu pecchi di egoismo io pecco di avidità.»

Il viso di Hinata era in fiamme. Il cuore che minacciava per davvero di uscirgli dal petto se Kageyama fosse rimasto in silenzio ancora a lungo.

«Kageyama, io...tu mi piaci davvero moltissimo ma va bene anche se non mi ricambi, non devi sentirti obbligato. Voglio dire non smetterei di schiacciare le tue alzate per nulla al mondo e poi possiamo restare amici, sono solo un sacco avido e volevo qualcosa in più ma va benissimo così io...»

Il cuore di Kageyama aveva preso a battere forte. Non riuscì a sentire più a sentire una singola parola del discorso sconnesso di Hinata, doveva ancora processare quelle due parole che erano divampate nel suo stomaco e che avevano accelerato il suo battito cardiaco più di quanto la sua vicinanza non lo avesse fatto: mi piaci. Il suo cuore era pieno di Hinata e c'era forse solo un altro modo per riempirlo più di quanto già non lo fosse.

«K-kageyama?» Hinata si riscosse dalle parole disconnesse solo quando sentì una mano gelida raggiungergli la guancia e vide gli occhi di Kageyama sfiorare le sue labbra.

«Hinata, voglio... posso fare qualcosa di avido anch'io?» Kageyama parlò con voce soffice. Hinata lo fissò con le labbra che chiedevano una sola cosa, nei suoi occhi questa volta vedeva sé stesso. Per un momento si chiese se anche lui aveva Kageyama negli occhi, già che gli era entrato nel cuore e nella testa non ne sarebbe rimasto sorpreso se avesse preso anche quella parte di lui.

«Sì, ma solo se io posso fare qualcosa di egoista.» gli sussurrò di rimando.

Bastò quello che i loro cuori si mossero in sincronia, come nella pallavolo. Le loro labbra s'incontrarono a metà strada, come sempre per tutte le cose che li riguardavano. Fu un primo bacio leggero intervallato da uno scambio di sguardi che urlava chiaramente che non era abbastanza. Nemmeno il velo d'imbarazzo che si colorò sulle loro guance poté fermare quel forte desiderio.

Riavvicinarsi fu automatico. Hinata si sporse per prendere di più e Kageyama lo seguì a ruota con le sue mani che non facevano altro che accarezzargli il viso e tirarlo più vicino.

Quando cominciarono, non smisero di cercarsi un secondo, le mani di Hinata accarezzarono Kageyama per tutto il viso, dietro le orecchie, tra i suoi capelli, perché non ne aveva mai abbastanza di lui, quelle di Kageyama gli strinsero il volto, lo tirarono vicino. Hinata scivolò sulle sue gambe facendo cozzare i loro fianchi, mentre le mani di Kageyama s'infilarono sotto la sua maglia. Hinata gemette nella sua bocca quando sentì quelle dita sfiorargli i fianchi e lambirgli le scapole. Kageyama sgranò invece gli occhi non appena udì quel rantolo soffocato sulla sua bocca. Quando si separarono lo fecero solo per guardarsi negli occhi e brandire quel poco d'aria che era necessario per respirare, un velo d'imbarazzo si dipinse su entrambi i loro volti.

«Kageyama...»

«Hinata...»

Sospirarono i nomi l'uno dell'altro a pochi centimetri dal baciarsi di nuovo.

«Stai piangendo?» lo sguardo di Kageyama si fissò su Hinata quando lacrime calde presero a scendere lungo le sue guance. Hinata sgranò gli occhi quando realizzò di come i suoi sentimenti erano straripati non solo dalle sue labbra ma anche dai suoi occhi.

«Sono solo felice.» le labbra di Hinata si distesero in un sorriso e Kageyama non poté fare a meno di affondare il viso nel collo di Hinata.

«Hinata anche tu, anche tu mi piaci.» Hinata sentì il respiro di Kageyama sulla sua pelle e rabbrividì, il cuore non avrebbe mai smesso di battergli così veloce nel petto, perché quello era l'effetto che Kageyama gli faceva.

***

Kageyama si risvegliò che il sole stava sorgendo timido tra le chiome folte del boschetto che rado si distendeva di fronte alla scuola. Si era addormentato con Hinata in un groviglio di braccia e gambe e ancora aveva le sue mani appoggiate sui suoi fianchi mentre Hinata era scivolato lungo il suo petto addormentato. Kageyama aveva ancora la sensazione delle sue labbra impressa sulle sue. Il calore che sprigionava Hinata era rassicurante, più caldo di qualsiasi sole, di qualsiasi estate.

«Mh, Kageyama?» Hinata si scostò appena dal suo petto. C'erano tante cose che gli piacevano di Kageyama ma i suoi occhi erano la sua cosa preferita. Erano belli quando erano pieni di stelle, erano belli quando erano pieni di sole ma erano ancora più belli quando erano pieni di lui e Hinata desiderava essere sempre nei suoi occhi.

Hinata fece per staccarsi dal suo petto, ma Kageyama lo strinse a sé. Le gambe facevano male e la posizione in cui avevano dormito era scomoda ma ancora non si voleva muovere, voleva che quel momento durasse per l'eternità.

«E comunque siamo tre a zero per me.» commentò Hinata che con il viso appoggiato sul suo petto sentiva il cuore di Kageyama battere veloce, forse alla stessa velocità del suo.

«Si può sapere di cosa diamine stai parlando?»

«Niente, solo che mi devi tre meatbuns o tre baci, scegli tu.»

Kageyama non se lo fece ripetere due volte che gli tirò su il mento e lo baciò. Era arrivato ad un punto tale che poco gli importava di aver perso se tanto il pegno era quello di baciare Hinata. Le sue labbra sembravano più un premio che una punizione.

«Dovresti perdere più spesso.» commentò Hinata.

«Posso farlo senza dover scommettere qualcosa?» si lamentò Kageyama quando Hinata gli si alzò di dosso.

Quando anche lui si alzò fece fatica a reggersi in piedi, che dovette aggrapparsi alla porta a scomparsa con le gambe addormentate. Hinata rise.

Kageyama arrossì al solo suono della sua risata. Da quando era diventato così sensibile a qualsiasi cosa facesse Hinata?

«Non ridere razza d'idiota, ci siamo addormentati in una posizione scomodissima.»

Si costrinse a non pensare ai loro compagni di squadra

«Io però sto benissimo.» Hinata fece qualche passo in palestra per poi ritornare all'uscio dove Kageyama faceva ancora fatica a reggersi in piedi a causa del formicolio alle gambe. Kageyama gli lanciò un'occhiataccia. Mentre Hinata gli si era addormentato contro, lui aveva dovuto fare i conti con le scalinate.

«E comunque.»

Hinata si chinò su di lui e lo baciò. Kageyama si sfiorò appena le labbra con le dita. Baciare Hinata era improvvisamente diventata la sua cosa preferita.

«Puoi farlo tutte le volte che vuoi, non aspettavo altro.»

N.D.A

Quando ho iniziato a pubblicare questa storia non avevo idea di finirla esattamente al compleanno di Tobio è come se gli avessi un mini regalo improvvisato. In ogni caso sono contenta di averla conclusa e ringrazio anche chi l'ha seguita fino a qui.

Sto pensando ad un breve sequel concentrata sulla Kuroken e collegata a quest'altra storia, è solo una bozza nella mia testa ma mi farebbe comunque piacere sapere se qualcuno è interessato.

Detto questo vi auguro buone vacanze!
 

-Jo

 

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