Una famiglia felice con risate senza fine

di missgenius
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Mostra comportamenti antisociali." 

 L'assistente sociale dall’aspetto simile a un orso, cercò di allentare la cravatta, troppo stretta sul collo, in un movimento che fece temere a Aizawa che il suo abito elegante non reggesse a quell’allungamento. Invece resse, proprio come la piccola sedia a misura di bambino che in quel momento sosteneva incredibilmente la sua mole. In qualsiasi altro ambiente si sarebbe fatto notare, ma in una stanza fatta appositamente per bambini quell’”orsetto”, Teddy, era semplicemente gigantesco. 

Shota poteva solo immaginare quanto l'uomo fosse a disagio a causa della scomoda posizione. La sedia era troppo piccola e costringeva le ginocchia in una posizione innaturale mentre il tavolo era troppo basso per essere utile a qualsiasi persona di corporatura normale.  Figurarsi per uno come lui. Ma quella non era una stanza per adulti. Era per i bambini. 

Una stanza dell’asilo nido che era stata sgomberata per loro appositamente per parlare della situazione. 

Eri. 

“Nei primi quindici minuti di gioco ha litigato due bambini che si erano avvicinati per giocare con lei. Non ha mostrato alcun interesse per nessuna delle attività proposte dalla maestra, preferendo invece guardare fuori dalla finestra e giocherellare con il suo corno. Durante l'ora della merenda ha mangiato solo una mela e la crosta di un sandwich che gli altri bambini avevano buttato nonostante avesse il suo pranzo.” 

L'orso si tolse gli occhiali che erano di diverse misure troppo piccoli per la sua struttura massiccia e li piegò con un grugnito.  

"Ho parlato con lo staff e hanno confermato che questa non è stata solo una giornata no per Eri.” 

L'orso si raddrizzò, aumentando la sua massiccia struttura. "Sig. Aizawa, sono ben consapevole del suo status di eroe e di insegnante alla UA, tuttavia devo concentrarmi su ciò che è meglio per i bambini a cui sono assegnato. E come tutore legale di Eri deve provvedere a lei. Sotto tutti gli aspetti.” 

Teddy si pizzicò il naso ed emise un sibilo simile a un sospiro. "Sono costretto a chiederle com'è la vita quotidiana di Eri." 

"È nel fascicolo.” 

L'intero incontro non era altro che una perdita di tempo, potevano lamentarsi quanto volevano ma non potevano prendersi Eri. Non potevano. E poi la bambina stava facendo progressi, era solo qui, in questo inferno con le porte colorate piene di animaletti di peluche che le cose erano diverse. 

 "Trascorre la sua giornata circondata da futuri eroi professionisti." 

"Sì, lo vedo."  

Era difficile non notare il cipiglio inciso sul viso dell'orso.  

“Ma sono in questo settore da più tempo di quanto lei sia stato un eroe. Conosco bene il mio campo così come lei conosce il suo Quirk.  E i numeri non mentono. Gli eroi, in particolare gli eroi single, sono dei genitori che lasciano a desiderare.” 

Teddy sbuffò: “Alcune sciocchezze sul proteggere i propri figli prendendo le distanze o semplicemente mettendo al primo posto il bene superiore. È quasi come se dimenticassero che i bambini sono quel bene più grande e quel futuro che cercano di proteggere ". 

Sapeva che diceva il vero. Molti dei suoi studenti che erano figli di eroi si stavano riprendendo emotivamente solo adesso. Quello però non era il suo caso.   

"E’ consapevole del fatto..." 

"Sono a conoscenza di molte cose, signor Aizawa," l'orso sistemò le carte sul tavolino. “Dalla storia di Eri, per quanto censurata, dell'importanza che ha per lei e per molti dei suoi studenti e il fatto che sia sotto la protezione della UA. È per queste ragioni che ho continuato a darle il beneficio del dubbio. Tuttavia, se la sua situazione non dovesse migliorare, mi assicurerò che venga tolta dalla sua tutela. " 

“Oh.”  

Sbatté le palpebre, sentendo i suoi occhi improvvisamente troppo asciutti mentre guardava fuori dalla finestra e vedeva Eri che lo aspettava in piedi accanto alla porta con indosso lo zaino con il gattino che le aveva regalato. Non stava parlando con gli altri bambini, non stava facendo niente. Lo aspettava pazientemente dondolandosi sui talloni. 

Quella bambina che gli era entrata nel cuore come nessuno prima d’ora. 

Quella piccola che aveva iniziato a chiamarlo papà. Non voleva perderla. A qualunque costo. 

Si girò verso l’assistente sociale. 

"Cosa dovrei fare?" 

"Per quanto al giorno d’oggi potrebbe sembrare sessista da dire, io credo che potrebbe aver bisogno di una figura femminile nella sua vita." 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTORE

La storia non è mia. E' la traduzione in italiano di una storia stupenda di un'autrice fantastica di nome Yojimbra a cui ho chiesto di poterla tradurre.

La trovate su AO3. Vi lascio il link dell'originale.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


"Grazie papà!" mormorò Eri arrampicandosi sulla sedia mentre osservava avidamente il panino con burro di arachidi e banane che le aveva preparato per cena. Non era di certo il miglior pasto che potesse esserci, e si vergognava a dire che lo faceva più di quanto ammettesse. Ma era facile e veloce da preparare e lei ne andava ghiotta. Eri canticchiava una sigla di un cartone animato mentre staccava il primo morso, tutta sorrisi e felicità adesso che era a casa. 

Era così strano. 

Eri era così solare e allegra quando era all'UA, soprattutto rispetto a quando era arrivata qui la prima volta. Forse era colpa sua per averla mandata all’asilo troppo presto. Riusciva a malapena a socializzare con gli altri studenti, sentendosi a suo agio solo di Mirio, Nejire e Izuku. Ma era per questo che voleva portarla all'asilo, quello era l'ambiente giusto per una bambina, il luogo adatto in cui avrebbe imparato a socializzare. 

Non bloccata da sola con lui. Senza dubbio aveva imparato a ringhiare contro le persone da lui. 

Inoltre, sia Mirio che Nejire si sarebbero diplomati alla fine del mese e Izuku  aveva aumentato i suoi allenamenti da quando All Might si era ritirato per padroneggiare ancora meglio il suo QUirk.  Non era giusto chiedere loro di passare del tempo extra con Eri solo per cercare di farla stare con altre persone. 

Forse quell'assistente sociale aveva ragione. 

"Eri..." 

“Sì, papà?” 

Fece una pausa. Ogni volta che lo chiamava papà avrebbe voluto correggerla. Era stata colpa di Nejire a quanto pare. Avevano visto “Il Re Leone” e aveva messo in testa quell’idea alla bambina che lui potesse diventare il suo papà.  

E non riusciva a dirglielo che lui non era suo padre. Era solo il tutore legale di Eri. Si sedette di fronte a lei mangiando un boccone del suo panino. "Non devi litigare con gli altri bambini." 

Il sorriso sporco di burro di arachidi svanì, abbassando lo sguardo sul piatto vuoto, agitandosi sulla sedia. "Lo so. Ma, ma... non mi avrebbero lasciato sola.” 

"Perché volevi essere lasciata sola?" 

Eri si strinse nelle spalle: "Non lo so". 

Tipica risposta di una bambina di sei anni. "Parlerò con gli insegnanti, se vuoi restare da sola puoi semplicemente chiederglielo, quindi niente più litigi, ok?" 

"Mmkay." 

Forse era il fatto che stava con bambini di due anni più piccoli di lei e non della sua stessa età. Ma faceva davvero differenza? Lui non riusciva a distinguere un bambino di quattro da uno di sei. 

E ancora una volta si chiese perché avessero deciso di affidarla a lui. Cioè tecnicamente lo sapeva, ma non era in grado. Non era nemmeno tecnicamente qualificato per insegnare ai suoi studenti. 

"Papà" disse Eri a bassa voce, le briciole del panino sparse sul piatto. "Ho finito." 

"Va bene, puoi andare a giocare o a guardare la TV." 

Lei annuì saltando giù dalla sedia e si avvicinò a lui, abbracciandolo per la vita, fin dove le sue braccine da bimba riuscivano ad afferrarlo. 

Giusto.  

Ecco perché. 

Attaccamento emotivo. Si era affezionato a quella piccola. 

"Tra un'ora a letto. Ti leggerò una storia.”  

Per lo meno sapeva come fare cose del genere. Anche se tutti i personaggi che inventava erano parecchio scontrosi. "Quindi assicurati di sceglierne una che ti piace." 

"Mmmkay!" Per metà inciampò, per metà corse nella sua stanza. 

Un'ora gli avrebbe dato un po’ di tempo per pensare, un po' di tempo per respirare e cercare di capire come risolvere questo problema.  

Era abituato a risolvere situazioni spinose, ma questa era una delle situazioni più difficili. Aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno di qualcuno di cui potersi fidare. 

"Dannazione" imprecò afferrando il telefono e sfogliando il piccolo elenco di contatti. Sembrava che anche All Might avesse una rubrica più grande di lui, nonostante cercasse di essere introverso e misterioso. Il gruppo di donne che conosceva e di cui si fidava era già esiguo e molte di loro erano semplicemente inadatte per ciò di cui Eri avrebbe avuto bisogno.  

Qualunque cosa fosse. 

Vecchie conoscenze come Haruno erano troppo impegnate. Midnight aveva già il suo lavoro e non era esattamente il tipo di donna che voleva intorno a Eri più del necessario. Gli rimase un solo nome. Emettendo un respiro a metà tra un lamento si sentì pervadere dall’ansia mentre fissava il suo contatto. 

Joke. In realtà non aveva veramente il suo numero sul telefono. Era rimasto lì da quella volta che aveva rubato il suo telefono per cercare di registrare il suo contatto. Lo avrebbe torturato con chiamate e scherzi inutili, e aveva recuperato il telefono prima che finisse la sua opera. 

Tuttavia, Joke era molte cose che lui non era: energica, socievole, fantastica con i bambini di tutte le età e, cosa più importante al momento, una donna. 

No, doveva esserci qualcun’altra. Chiunque altra. Doveva conoscere qualcuna che potesse aiutarlo con Eri e lasciare intatta la sua sanità mentale. 

Dannazione. 

Non c'era. 

Joke aveva tutte le giuste qualifiche. Poteva fidarsi di lei. Diavolo, era una delle poche persone a cui avrebbe affidato la sua vita – e causalmente poteva anche essere il suo contatto di emergenza per la scuola - per quanto lui odiasse ammetterlo. Valeva la pena provare. Avrebbe potuto sopportare Joke se fosse stata ciò di cui Eri aveva bisogno. 

Joke non era sempre così male se le si chiedeva  seriamente di smetterla. 

Ha selezionato il suo contatto e l'ha aperto in messenger. 

“Joke, voglio fare un discorso serio. Niente scherzi. " 

Apparve la notifica che aveva visualizzato, seguita da punti che mostravano che stava digitando. 

"Dammi cinque minuti!" 

Quasi si aspettava che rispondesse con una battuta sul fatto che il suo nome fosse Joke e non avrebbe dovuto fare scherzi. Lo ha preso come un segno positivo. Inoltre, Joke adesso era un'insegnante, poteva essere responsabile quando doveva 

Stava per aprire l’acqua nel lavandino per lavare i piatti quando bussarono ritmicamente alla porta. 

"Che succede adesso?"  

Era già nervoso, se uno dei suoi studenti avesse fatto di nuovo qualcosa di stupido, avrebbe gridato.  Non era in vena di fare da paciere tra Izuku e Bakugo, o un’altra lamentela su Mineta da parte delle ragazze. 

Aprendo la porta rimase paralizzato. Non era uno dei suoi studenti, ma Joke. 

"Hey", lo salutò con la mano, il fiatone mentre poggiava un braccio sullo stipite della porta come se fosse stata lì tutto il tempo. Non era vestita con il suo solito abbigliamento, piuttosto indossava un abito nero che la fasciava nei punti giusti. La canottiera era di un bianco candido, e l'unica cosa che spiccava era la cravatta gialla coperta di faccine sorridenti. Gli fece l'occhiolino, i capelli verdi liberi dalla sua solita bandana arancione. "Hai chiamato?" 

"Ho mandato un messaggio." La corresse arretrando per farla entrare. "E comunque al telefono, cosa ci fai qui?" 

"Oh," Il suo viso arrossì, mentre faceva i primi passi all'interno. I suoi occhi si spalancarono mentre si immergeva nel suo appartamento privato nei dormitori dell’UA. Era più grande delle stanze che avevano i suoi studenti, ancora più grande con l'aggiunta della stanza di Eri, con soggiorno, cucina, ufficio, bagno e camera da letto. 

"Wow, questa è la prima volta che vedo tuo appartamento", allargò le braccia mentre guardava in cucina. “Onestamente mi aspettavo qualcosa di un po’ meno normale. Che ne so, cumuli di spazzatura, o forse come sei gatti. " 

"Joke." Gemette. Già era pentito. Solo parlare con lei lo stava esaurendo. "Perché sei qui e perché sei vestita cosi?" 

"Ma insomma?" si tolse la giacca che aveva sopra la canotta. “Una ragazza non può vestirsi carina ogni tanto? Se proprio lo vuoi sapere avevo un colloquio nelle vicinanze e stavo tornando a casa quando mi hai mandato il messaggio. " Lei scrollò le spalle facendo un passo esagerato nella sua cucina. "E siccome hai detto - oh una banana - che volevi fare un discorso serio, ho deciso di darti la possibilità di confessarmi il tuo amore di persona." 

Joke emerse dalla cucina, la cravatta già allentata mentre in una mano aveva una banana sbucciata. 

"Ho anche detto niente scherzi." Roteò gli occhi, avvicinandosi al tavolo della cucina e mettendosi la testa tra le mani. 

"Chi ha detto che stavo scherzando?" Joke si sedette di fronte a lui, guardando la tazza mezza vuota di Eri. Ha accavallato le gambe, mostrando le sue ballerine gialle. “Di chi è questa? Sapevo che ti piacevano i gatti ma non credevo anche Hello Kitty. " 

"Quella è di Eri," sospirò tornando a sedersi. "Lei è..." 

"Chi è Eri?" Joke inarcò un sopracciglio mordendo l’ultimo pezzetto di banana e gettando la buccia sopra la spalla. È atterrato nella spazzatura in una inutile dimostrazione di abilità. 

"Lei è..." 

"Papà?" Eri uscì di corsa dal corridoio abbracciandolo di nuovo intorno alla vita e premendo un libro sul petto. “È quasi l'ora della storia. Voglio questa." 

Gli occhi di Joke si spalancarono, coprendosi la bocca con entrambe le mani mentre fissava Eri e poi lui. Il suo sorriso crebbe, sbirciando da dietro le mani mentre guardava in silenzio. 

"Va bene, arrivo subito." Posò una mano sulla schiena di Eri e le prese il libro, uno che le aveva regalato Izuku  pochi giorni dopo che era arrivata.  “Puoi prepararti per andare a letto da sola? Ho bisogno di parlare con un amica. " 

Eri si voltò a guardare Joke, i suoi occhi si spalancarono e fece un passo indietro. Ancora non era abituata a nuove persone. 

"Ciao", la voce di Joke era sorprendentemente dolce mentre scivolava dalla sedia come se non fosse mai stata lì. La sua mano si estendeva per metà verso Eri, il palmo aperto verso il soffitto e un ampio sorriso raggiante sul viso. “Sono Emi, sono un’amica del tuo papà. Come ti chiami?" 

“Eri,” sussurrò, ancora aggrappata alla sua maglietta nera.  

Il sorriso di Joke si trasformò in uno di shock. "Wow! I nostri nomi sono davvero simili, vero? Eri ed Emi, non è carino? Ehi, ”Joke si accovacciò per essere all’altezza della bambina, le mani ora saldamente appoggiate sulle ginocchia. "Lo sai che parlo due lingue? Di giorno il giapponese e di notte...?" 

Eri alzò le spalle, i suoi occhi rossi fissi su Joke. 

"Russo!" Joke iniziò a ridere. 

Shota resistette all'impulso di mettersi una mano sugli occhi finché non sentì la lieve risata di Eri. 

"Sei buffa," Eri si raddrizzò, sorridendo un po’ mentre la presa sulla sua camicia diminuiva. 

"Qual è il colmo per un’ape? Non poter entrare nell’alveare." 

 "Perchè?" Chiese anche Eri lasciando definitivamente la sua maglietta. 

"Perché hanno appena passato la cera!" 

Eri rise di nuovo, di gusto, un grande sorriso sul viso. Era passato un po’ di tempo dall'ultima volta che aveva sorriso in quel modo. E Joke l'aveva fatto in meno di cinque minuti con due battute che gli avevano fatto piangere il cuore. E senza usare il suo quirk 

Non era solo la sua ultima e unica opzione, probabilmente era il meglio che avrebbe potuto chiedere. 

"Va bene," Joke tese la mano a Eri, che questa volta prese, e una stretta di mano fu condivisa tra le due. "È un piacere conoscerti Eri, vuoi che aiuti tuo padre a leggerti la storia?" 

"Quello ..." iniziò. 

"Sì, grazie", Eri annuì con entusiasmo. Quella scintilla nei suoi occhi zittì le sue proteste. 

"Allora vai a prepararti!" Joke ha tirato le sue labbra mostrando i suoi denti assolutamente immacolati. "E assicurati di spazzolare bene quei meravigliosi dentini per un sorriso stupendo!" 

"oKay!" Eri si precipitò verso il bagno. 

"Non l'ho mai vista così entusiasta di lavarsi i denti." mormorò quando Eri scomparve nel bagno chiudendo la porta dietro di sé. "Come hai fatto?" 

"Hai solo bisogno di conoscere il trucco", Joke si alzò tornando a sedersi. 

"Non sono bravo con i bambini," ammise passandosi una mano tra i capelli, abbastanza aggrovigliati da ricordargli che aveva bisogno di fare la doccia. 

Joke si strinse nelle spalle, tirando su una gamba in grembo lasciando cadere una scarpa, che in realtà avrebbe dovuto lasciare alla porta. "Non sei bravo a rapportarti con gli esseri viventi." si tolse anche l’altra scarpa, gettandole a casaccio verso la porta. "Tranne forse per i gatti, ma sei fondamentalmente un gatto, quindi non vale." 

"Giusto." 

"Va bene, ma seriamente," il viso di Joke si fece rigido, puntandogli un dito contro. Stava per dire qualcosa di stupido. “Quando ero incinta di nostra figlia e perché non me lo ricordo? Soprattutto la parte in cui abbiamo avuto quella che presumo sia stata una fantastica nottata di s... " 

"Joke!" L'ha stoppata, sentendo il crescente mal di testa che minacciava di travolgerlo. 

“Nottata di sane risate! Che credevi volessi dire?” 

L'occhiataccia che le lanciò fece cambiare il suo tono. 

“Va bene, basta scherzi. Ma da dove viene Eri? So che in realtà non è tua. " Joke appoggiò la testa sul dito della mano, grattandosi la guancia. “Per tanti motivi. Ma non ho mai creduto che tu fossi un tipo paterno. " 

"Eri è un caso speciale", disse dolcemente incrociando le mani sul tavolo. “Ha una stranezza unica, che devo tenere d'occhio. Ma oltre a questo, ora sono il suo tutore legale e lei..." 

"Si è fatta strada nel tuo cuore, vero?" Joke sorrise, prima di schioccare la lingua con finta rabbia. "Maledizione, sono gelosa di una bambina di cinque anni." 

Non aveva torto. 

"È lei il motivo per cui avevi bisogno di parlare con me?" Joke tornò a sedersi con la schiena dritta, guardandolo fisso negli occhi, l'intensità che la rendeva utile sul campo e un’insegnante fantastica le divampò negli occhi. Non aveva mai dubitato delle sue capacità, lei dava sempre il tutto per tutto. Desiderava solo che non lo facesse con le sue battute, gli scherzi e la capacità generale di essere fastidiosa. 

Lui annuì. “Sì, è come hai detto tu, non sono bravo con le persone, figuriamoci con i bambini. Litiga con gli altri bambini, è asociale, non ascolta le maestre, semplicemente le ignora come se non esistessero.” sospirò “Non so come aiutarla. Ma penso che tu potresti. " 

"Sai che io sono un insegnante e che lavoriamo nelle stesse ore", il suo sorriso che si allargava sempre più. "E che per passare del tempo con Eri passerò anche del tempo con te?" 

"Lo so." Posò le mani sul tavolo fissandola negli occhi. "Ma ho bisogno del tuo aiuto." 

"Va bene, lo farò." Agitò la mano come se non fosse un grosso problema. 

"Veramente?" si rianimò seduto dritto sulla sedia, le sopracciglia inarcate. "Non proverai a tirarne fuori qualcosa?" 

Sbuffò incrociando le braccia davanti al petto, “Davvero Eraser? Chi pensi che io sia? Hai chiesto il mio aiuto e tu sei mio…” Sollevò un dito facendolo girare mentre cercava di trovare la parola giusta. “...amico, quindi ti aiuterò. Inoltre, Eri è super carina e ho una scusa per vederti ogni singolo giorno. " 

Oddio, non ci aveva pensato. 

"E mi aspetto che tu mi dia da mangiare ogni tanto mentre sono qui ad aiutarti con la piccola." Il sorriso di Joke crebbe di dimensione mentre si alzava, tirando il suo braccio e afferrando il libro dal tavolo. "Ora andiamo, tu puoi essere la principessa, io sarò il principe." 

 

Angolo della traduttrice:
Questo è il primo capitolo. Nella storia originale il prologo e il primo capitolo sono insieme ma ho preferito dividerlo. Personalmente adoro Joke come personaggio e credo proprio che la scrittrice abbia azzeccato in pieno la sua caratterizzazione. Ragazzi, lasciate un commento solo per il fatto che mi sono scervellata tutta la notte per pensare a che battute fare. Ovviamente la traduzione dell'originale non aveva senso in italiano. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se avete consigli, dritte o semplicemente se vi va di fangirlare allegramente insieme! 
Il prossimo capitolo verrà pubblicato sempre domenica sera. 
Di seguito vi lascio sempre il link della storia originale.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Qualcosa non andava. Eh no, c’era qualcosa che proprio non andava. 

Shota si rigirò nel suo letto, allontanando il viso dall’ostinato raggio di sole che al momento lo stava accecando. Tutto era silenzioso, camera sua immobile per come l’aveva lasciata la sera prima, la sua sveglia non suonava ed Eri non era ancora venuta a reclamare la sua colazione. 

Erano anni che non veniva svegliato dai raggi di sole. Si alzò con grugnito, sentendosi stranamente riposato; quando era stata l’ultima volta che aveva dormito, ma dormito davvero? E soprattutto, dove era Eri? 

Due serie di risate riecheggiarono attraverso le pareti del corridoio fino ad arrivare alla sua stanza. Una acuta e rumorosa, che conosceva fin troppo bene, quella di Joke, l’altra più stridula e musicale. Era Eri? Era così la risata di Eri? Doveva ammettere che era un buon segno. 

I suoi piedi toccarono il pavimento freddo e fissò la sua sveglia. Non era spenta o non puntata, era completamente scollegata. Avrebbe dovuto controllarla meglio ieri. Sapeva che staccare gli occhi da Joke per due secondi era stato un errore. Si consolò pensando che in fondo era domenica, il suo giorno libero, quindi non c’era stato un vero e proprio danno. A parte una clamorosa invasione del suo spazio personale. 

Un'altra risata venne dal soggiorno. Probabilmente avrebbe dovuto vedere cosa stavano facendo. 

Sbadigliò aprendo la porta ed entrò nella cucina soggiorno dove vide sul pavimento – non sul divano- Eri seduta ancora in pigiama con una ciotola di cereali colorati in grembo e un po’ di latte che le scolava dal mento. 

E proprio accanto c’era Joke – anche lei in pigiama- con la sua ciotola di cereali. L'unica differenza era che non era sporca di latte. Invece della sua solita bandana arancione, aveva un cappellino da notte con tanto di pon pon arancione a tenere indietro i capelli verdi ribelli. Sia lei che Eri stavano guardando un cartone animato alla TV. 

Fu Joke per prima ad accorgersi di lui, salutandolo con il cucchiaio in bocca pieno di cereali, prima di concentrarsi di nuovo sul cartone. 

“Come sei entrata?” 

Quella gli sembrava la domanda giusta da fare, considerando che aveva iniziato con Eri solo da tre giorni e che non le aveva dato le chiavi di casa. 

“Buongiorno anche a te, raggio di sole!” Il sorriso di Joke aumentò vistosamente. “Prendi una ciotola di cereali, siediti accanto a noi e preparati, i cartoni divertenti stanno per iniziare”. Fece un gesto verso la televisione con il cucchiaio pieno senza far cadere una goccia per terra. “E comunque è stata Eri a farmi entrare, le avevo promesso che se si fosse svegliata prima di te e mi avesse aperto la porta avremmo fatto un pigiama party.” 

“Ed è per questo che sei in pigiama?” chiese pizzicandosi la base del naso e dirigendosi verso la cucina. La scatola di cereali che aveva portato Joke era la più colorata che avesse mai visto, fondamentalmente zucchero allo stato puro. Lo gettò nella spazzatura senza pensarci due volte, continuando a fissare Joke mentre si preparava la colazione, due toast appena imburrati.  In un angolo c’erano due borse piene fino all’orlo di Joke. Aveva per caso intenzione di trasferirsi? 

“Beh, sì.” Joke stava ancora masticando il boccone enorme di prima. “In quale altra maniera dovrei guardare i cartoni animati della domenica mattina?” 

“Sììì” Eri alzò il cucchiaio, facendosi cadere un po’ di latte addosso. “Ops.” 

Beh, almeno sembrava felice. 

“E perché la mia sveglia è stata scollegata?” 

“Ho detto a Eri di staccarla così avresti potuto dormire un po’ di più!” 

Joke sorrise diabolicamente appoggiandosi sulla spalla della bambina. 

“Hai dormito bene papà?” Eri invece gli fece un sorriso angelico mentre si girava a guardarlo. 

Era accaduto il peggio. L'influenza corruttrice stava entrando dentro la sua famiglia. Sapeva che sarebbe successo. Ecco perché chiedere a Joke era stato un errore. Fissò Eri, trovando difficile guardarla con il suo solito sguardo torvo. Forse la corruzione era ciò di cui aveva bisogno.  

“Sì, grazie, ma per favore non staccare mai più la mia sveglia.” 

“Okay...” mormorò Eri tornando a guardare la TV mentre Joke le asciugava il mento dal latte. 

“E tu.” puntò il suo coltello da burro verso di lei. “Non insegnarle altre cose strane.” 

“Okay!” Joke imitò Eri facendola ridere di nuovo. 

Stava ridendo in una sola mattina più di quanto non avesse fatto in una intera settimana. Per quanto Joke fosse fastidiosa, i progressi di Eri in soli tre giorni erano qualcosa di grandioso. Ma quello era come si comportava a casa quando c’era lei in giro, ciò che importava era come si sarebbe comportata a scuola con gli altri bambini e gli adulti estranei. 

“Ehi,” Joke richiamò la sua attenzione “Avresti dovuto sbrigarti e fare la doccia per primo, oggi avremo una giornata impegnativa!” 

Il suo sorriso crebbe agitando le sopracciglia mentre il suo berretto cadeva a terra. “A meno che tu non voglia condividerla con me, così potremmo sbrigarci.” 

“Joke!” ringhiò guardandola torvo, mentre dava un morso al suo toast. Stava camminando sul ghiaccio sottile della sua pazienza. “Non...” 

“No!” Eri si voltò a guardare Joke. “Emi, voglio fare io la doccia con te!” 

Joke le sorrise con dolcezza. “Ma certo!” 

Shota emise un gemito. “E va bene, vado prima io a fare la doccia. Che cosa hai programmato per oggi, e soprattutto, devo per forza esserci?” 

In realtà l’unica cosa che aveva davvero voglia di fare era andare a letto e dormire per 24 ore di fila. 

“Andiamo al parco!” Joke si alzò, pulendosi la bocca con la manica e afferrando le ciotole vuote. Il suo pigiama verde a quadretti era largo, di sicuro comodo., non lasciava immaginare assolutamente nulla di quello che si nascondeva sotto. Sembrava, beh, non sembrava la solita Ms. Joke in quel momento, con vestiti attillati, sempre ad attirare l’attenzione. Sembrava più...familiare, di casa...comoda. E, in qualche modo, quella vista non lo disturbò. Anzi.  

La seguì con lo sguardo mentre metteva le ciotole nel lavandino e gli diede una pacca sul petto che lo fece sussultare. 

“Ehi, Eraser, stai ascoltando?” 

“Cosa?” Scosse la testa per liberare la mente da qualsiasi pensiero avesse. Cioè, stava pensando che Joke fosse attraente? Ovviamente aveva due occhi fin troppo funzionanti, lei era una bellissima donna, nessuno avrebbe potuto ammettere il contrario, eppure vederla in un pigiama era bastato per indurlo a pensare che forse... ecco, forse potesse essere il suo tipo. 

Aveva appena scoperto di averne uno. 

“Dio, hai davvero bisogno di così tanto caffè per funzionare al mattino?” gli diede di nuovo una pacca sul petto, poi lo prese per le spalle facendolo dirigere verso il bagno. “Andiamo al parco e tu vieni, senza se e senza ma. Adesso vai a fare una doccia e cerca di darti una sistemata. Almeno cerca di non sembrare uno zombie. Aspetta, è proprio per questo che mi piaci. Penso che l’aria da zombie sia carina. Ah, e ovviamente anche per il tuo sedere.” 

“CHE?” 

Prima che potesse ricevere una risposta si trovò dentro il bagno, con ancora in mano il toast mezzo imburrato. Gli diede un morso mentre si fissava allo specchio. Stava passando troppo tempo con Joke, e questo non faceva bene alla sua salute mentale. D'altronde faceva bene ad Eri, e questo era tutto quello che gli importava. E adesso stava per uscire in una grande avventura fuoriporta con lei e la bambina. Stava perdendo il controllo della sua vita.  

Joke ed Eri stavano aspettando davanti la porta del bagno quando finì la sua doccia veloce, il cambio di vestiti in mano e una tovaglia messa a mo’ di mantello. 

Non aveva mai visto Eri così felice di fare una doccia prima d’ora, o di fare qualsiasi altra cosa a meno che Mirio, Izuku o Nejire non fossero coinvolti.  

“Come funziona?” gli chiese Joke inclinando la testa di lato mentre si avvicinava per esaminare. Il suo viso era vicino. Troppo vicino. Molto più vicino di quanto facesse normalmente. Ma i suoi occhi non stavano guardando lui. Erano piuttosto concentrati sull’apparato tecnologico che era la doccia offerta dai dormitori della UA.  

“Devi accendere qui” disse, indicando una leva. “E poi spegnerla quando siete pulite.” si rese conto dopo un secondo della sciocchezza di quello che aveva appena detto. 

“Oh, adoro le tue risposte!” lo colpì giocosamente sulla spalla. “Ma non mi riferivo alla doccia, parlavo dei tuoi capelli. Cioè, sono perfetti, già asciutti e sembrano identici a sempre, come se non li avessi toccati.” Gli prese una ciocca scura tirandogli leggermente la testa di lato. “E sono anche più lunghi dei miei!” 

“Non toccarmi i capelli” le scacciò la mano grugnendo. 

“Non dirmi che sei segretamente calvo e indossi una parrucca tutto il tempo!” 

Gemette interiormente, ma la risatina di Eri gli impedì di risponderle male. “Puoi per favore non insegnare a Eri a fare battute a mie spese?” 

La faccia di Joke di contorse per il divertimento e tirò fuori la lingua. “Non si può insegnare ad essere divertenti, Eraser. Credimi, se fosse stato possibile avrei allenato il tuo senso dell’umorismo anni fa. O forse il contrario. Comunque, andiamo Eri spogliamoci!” 

“Sì! Spogliamoci!” 

Eri non stava neanche provando a non essere influenzata da Joke. Forse avrebbe dovuto chiedere a Nejire di passare più tempo con lei in fondo, anche se stava per diplomarsi nel giro di settimane. Sarebbe stato meglio per la sua sanità mentale. 

Per venti minuti un flusso costante di risatine e schizzi provenne ininterrottamente dal suo bagno. 

 

 

******************************************************************************* 

Il sole splendeva, il cielo terso con solo alcune soffici nuvole bianche in lontananza e un alito di vento caldo da inizio estate., anche se in realtà era solo l’inizio della primavera. Questo fu il paesaggio da fiaba che li accompagnò per i venti minuti in cui camminarono per arrivare al parco. 

Se il tempo si fosse mantenuto così buono fino all’indomani avrebbe fatto fare qualche estenuante attività all’aperto ai suoi studenti fino a che non l’avrebbero odiato. I suoi pensieri vennero interrotti per l’ennesima volta da dei verdi capelli svolazzanti. 

“Allora, dove stiamo andando?” chiese sbadigliando mentre entravano in uno dei sentieri che costeggiavano il parco. Eri era un po’ stanca per tutto quel camminare e l’aveva presa sulle spalle. Era andato in quel parco un paio di volte con la bambina e doveva ammettere che non conosceva bene quel posto anche se visto che si trovava vicino alla UE era molto frequentato da studenti e insegnanti, tanto da portare il tasso di criminalità praticamente a zero. Si fermò un attimo per far passare Cementos che faceva jogging in una tuta a dir poco imbarazzante. Un cenno di saluto e un sopracciglio alzato quando vide con chi era in compagnia fu tutto quello che si scambiarono. Per fortuna Cementos non era tipo da fare pettegolezzi. 

Guardò Joke accanto a sé, che canticchiava allegramente, come se non avesse alcun pensiero al mondo. Sotto il braccio aveva una borsa strapiena, si chiedeva se non le pesasse portarla. 

Nonostante la sua personalità estroversa indossava spesso abiti piuttosto modesti che in qualche modo la distinguevano ancora di più. Oggi aveva un abito arancione e verde che scendeva oltre le ginocchia con una camicia bianca a maniche lunghe sotto. Era da molto che non vedeva la sua solita bandana arancione, infatti anche oggi indossava un basco abbinato al vestito. Non era assolutamente un esperto di moda però era sicuro che il suo stile, qualunque esso fosse, le stava... sì, beh, le stava davvero bene. 

“Allora Eraser... dove stiamo andando? Se lasciassi decidere me questa uscita diventerebbe un appuntamento, se dovessi scegliere tu probabilmente ritorneremmo a casa. Quindi perché non lasciamo scegliere Eri?” 

“Davvero posso scegliere io?” chiese Eri, con gli occhi le luccicavano tirandogli un po’ i capelli. 

Non si lamentò minimamente. Mosse un po’ le spalle facendola sobbalzare affettuosamente. “Certo, scegli tu dove andare.” 

“Oh, allora...” iniziò a guardarsi intorno facilitata dalla posizione elevata, cercando di guadagnare qualche altro centimetro issandosi sulla sua testa. Vide il suo ditino apparire nella sua visone periferica. “Lì! Dove ci sono le papere!” 

OOOh, non l’avevo visto!” Joke guardò nella direzione indicata. Lo stagno era nascosto da alcuni alberi e cespugli. Iniziarono ad avvicinarsi. 

“Eri, lo sai che io parlo il paperese?” 

“Davvero?? Puoi parlare con le papere??” 

“Certo! Sta a sentire.” prese un respiro profondo, poi iniziò a muovere la testa e schioccare le labbra mentre faceva un suono gutturale estremamente fastidioso ed estremamente simile al verso di un’anatra. Eri ovviamente rise di cuore. Si fermò asciugandosi un po’ di saliva, arrossendo lievemente sotto lo sguardo inquisitorio di Aizawa. “Hai visto?” 

“Penso che Paperino qui farebbe spaventare le povere anatre, altro che parlare con loro.” fece scendere la bambina dalle sue spalle. 

“Emi spaventa-papere!”  Eri rise del proprio gioco di parole. 

Ehy, aspetta conosci Paperino?” Joke si mise accanto a lui, guardandolo con gli occhi spalancati. “Guardi i cartoni animati?” 

“Quando ero piccolo.” 

Woah, avresti dovuto dirmelo prima, ti avrei svegliato per guardarli insieme a noi stamattina!” 

“Per favore, no.” 

Si sedettero su una panchina a pochi metri dal laghetto, dove c’era una vera e propria area attrezzata con tavoli, sedie, barbecue e un bagno. Un luogo per famiglie.  Ciò di cui Eri aveva bisogno, pensò Shota con un piccolo tuffo al cuore.  

Appena dall’altro lato c’era un parco giochi. Le panchine erano messe in modo che i genitori potessero tenere d’occhio i bambini che si divertivano. Anche se Eri aveva sentito le urla e le risate dei bambini, sembrava non avere alcuna intenzione di raggiugerli.  

Invece si mise sulla sponda a vedere le anatre che prendevano il sole. 

Ehy Eri, ti piacerebbe dargli da mangiare?” 

I suoi occhi si allargarono e balzò in piedi sui suoi stivaletti rossi. 

“Posso?” 

“Ma certo!” Joke tirò fuori dalla borsa del pane. “Ecco qui. Puoi farlo con tuo padre, io nel mentre vado a preparare il pranzo, appena vi chiamo però venite subito perché potrei mangiare tutto io dalla fame che ho!” 

Eri era raggiante. “Certo! Papà! Vieni con me a dar da mangiare alle papere!” lo prese per una mano e cercò di trascinarlo con sé. 

 “Ehm, certo.”  non oppose resistenza stringendo quella piccola manina tra le proprie. 

Arrivati nella sponda dove c’erano più volatili Eri gli consegnò il pane, lasciandosi un grosso pezzo che gettò nel mezzo con un grande tonfo. Gli animali non se le fecero ripetere due volte e nel giro di pochi secondi il pane era sparito.  

Si inginocchiò accanto a lei. “Guarda, stacca dei pezzettini più piccoli, così.”  

Prese un pezzettino e lo lanciò ad un’anatra. 

“Così durerà più a lungo e a loro verrà più semplice da mangiare.” 

“Oh, ok.” Fece come le aveva detto. Il suo sorriso crebbe quando colpì in testa una papera che iniziò a starnazzare. “Sembra Emi!” 

Già. 

“Ehi, papà...” gettò un’altra mollica che rimase a galla solo un secondo prima che venisse mangiata. “Emi continuerà a passare del tempo con noi?” 

“Probabilmente sì.” A questo punto sapeva di non poter più tornare indietro. “Perchè?” 
“Sembra tutto più bello quando c’è lei.” Il sorriso della bambina lo convinse che avrebbe avuto Joke, o meglio Emi, nella sua vita ancora per molto tempo. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Perché nessuno notava l’enorme elefante a forma di Joke che si trovava al centro della stanza? 

Era il momento della riunione annuale dei docenti appena prima delle finali e del diploma e la maggior parte del personale si era riunita per discutere i piani dell’anno in corso. Più che altro cose basilari, come formazione di classi o piani di studio, ma alcuni argomenti contenevano dati sensibili e dovevano essere visti solo dai docenti. 

Allora perché diavolo Joke era entrata a chiacchierare con Nemuri come se fossero migliori amiche da una vita e poi si era seduta di fronte a lui sorridendogli in maniera sfacciata? 

Toshinori, alias All Might, era seduto in un angolo senza commentare nella sua forma reale, tanto che a volte dimenticava che quell’uomo era stato il simbolo della pace e pilastro della giustizia per decenni.  Hizashi invece seduto accanto a lei, la fissava in posti non appropriati, tanto che se non fossero stati amici lo avrebbe preso a pugni.  

Si fermò. Perché voleva proteggerla? No, no, doveva ritornare in sé. 

Si concentrò su Nezu, seduto su una sedia troppo grande per lui sorseggiando un thè. 

“Perfetto!”Nezu alzò il braccio. “Ora che siamo tutti, possiamo...”  
“Perché lei è qui?” La fissò, pronto a usare il suo quirk se lei avesse provato a usare la sua. 

Quelle che gli fece fu peggio. Gli sorrise. Un sorriso dolce e caldo che non nascondeva nessun rancore o secondo fine. Immediatamente quella visione gli si tatuò nelle retine, sicuro che sarebbe stata l’ultima cosa a cui avrebbe pensato prima di andare a dormire. Sentì un mortificante rossore bruciargli sulle guance. 

“Oh, dai non fare così Eraser” il sorriso di Joke crebbe di nuovo appoggiando il gomito sul tavolo, il suo compiacimento a livelli quasi letali. Qualunque colpo stesse per sferrare non era pronto. “In realtà saremo partner in molte cose adesso.” 

“Che cosa?” la fissò, prima di rivolgersi a Nezu. “Che cosa?” ripetè più lentamente. 

“La signorina Fukukado si unirà a noi come insegnante di autodifesa per il corso generale!” Nezu sollevò una delle sue zampe, con la sua voce acuta che credeva lo rendesse carino. Non lo era. “In questo modo pensiamo di poter aprire la strada al corso per eroi anche ai ragazzi meritevoli del corso generale, come è successo con Hitoshi Shinso.” 

“Il mio periodo di prova alla Ketsubutsu era terminato, quindi ho fatto domanda qui.” Fece una mezza scrollata di spalle. “Perché pensi che indossassi un abito da colloquio a cinque minuti da casa tua?”  Tirò fuori un distintivo da qualche parte. “E ho l’accesso di sicurezza per venire a vedere Eri quando voglio?” 

Avrebbero dovuto fare una assemblea di approvazione prima di essere accettata. Lei era, non importa quanto gli pesasse dirlo, il suo unico contatto di emergenza. Ma adesso sarebbero dovuti andare più a fondo. Adesso sarebbe stata una sua collaboratrice. Il che significava che le poche ore di tempo che aveva per sé stesso per meditare, mangiare e non parlare con nessuno sarebbero state solo un ricordo. 

Lanciò un’occhiataccia all’animale ratto-cane-orso. 

“Perché non sono stato informato?” 

“Conosci Emi da anni, è nella tua lista di contatti di emergenza e saresti stato di parte.” Vide Toshinori annuire distrattamente accanto a lui. “Ecco perché sei stato escluso dalla assemblea di approvazione, e comunque, dalle parole di Present Mic, sappiamo che le dai dato un ottimo giudizio.” 

I suoi occhi si contrassero. “Quando?” 

Hizashi assunse un’aria innocente e gli puntò gli indici. “Ti ho chiesto di lei qualche mese fa. Hai detto che era fastidiosa ma poteva essere seria quando era necessario, ah, sì e anche che era una grande combattente e una bravissima insegnante, tanto che i suoi studenti erano delle macchine da guerra.” 

“Yeah!” Joke imitò il gesto di vittoria finale di Present Mic, prima di prendersi il viso tra le mani e dimenarsi da una parte all’altra. "Era così romantico che sembrava una confessione d’amore.” 

Aizawa si lasciò sprofondare nella sedia, fissando il soffitto. Erano le dieci del mattino e voleva andare a dormire. Per sempre. 

“Guarda il lato positivo Eraser, sarà molto più facile per te vedermi ogni volta che vuoi!” 

 

********************************************************************************* 

“Come è andata la tua giornata all’asilo?” chiese a Eri, la sua piccola mano stretta intorno alle sue dita mentre tornavano alla UA. Era raro per lei non ricevere qualche nota per il suo comportamento, ma questa era stata la prima settimana in cui non aveva ricevuto niente. 

“Divertente!” Eri saltellò accanto a lui, l’altra mano stretta al disegno che aveva fatto. “Oggi ho pranzato con Mimi, poi abbiamo giocato a fare gli eroi, e poi abbiamo dipinto con le dita!” il sorriso di Eri era raggiante. Più ampio di quanto non fosse mai stato mentre tornava dall’asilo. “Posso mostrare a Emi il mio disegno dell’unicorno?” 

“Sono sicuro che potrai farglielo vedere la prossima volta che verrà.” il che sarebbe accaduto molto presto visto che sarebbe diventata una nuova insegnante della UA, e che quindi avrebbe alloggiato nei dormitori. Si era pentito di averle dato una copia delle chiavi della sua stanza per qualsiasi emergenza con la bambina. “In questi giorni potrebbe essere impegnata, quindi non so quando la vedremo.” 

Sperava che il trasloco, il nuovo lavoro e tutte le seccature burocratiche la tenessero lontana almeno per qualche giorno. 

“Oh.” Eri fece il broncio per un secondo prima di rianimarsi. “Va bene, poi glielo farò vedere.” 

“Allora lo metterò in un posto sicuro.” Avrebbe dovuto metterlo sul frigorifero? Avrebbe dovuto procurarsi dei magneti. “Ma chi è Mimi?” 

“Lei è mia amica!” disse Eri saltellando su una crepa del cemento. “Ha cinque anni, e presto inizierà la scuola.” 

Tra una settimana. 

“Che bello.” Almeno alla fine si era fatta un’amica della sua età. “Eri, pensi che ti piacerebbe andare a scuola?” 

 

“Posso andare a scuola con Mimi?” 

Questo era il suo intento. "Beh, se la scuola non è troppo lontana. Ma perché ciò accada dobbiamo fare buona impressione al signor Teddy, quindi avrò bisogno che tu...” fece una pausa. Cosa avrebbe dovuto fare? Comportarsi bene? E se avesse soltanto finto il suo comportamento? Cosa avrebbe detto Joke?  

“...avrò bisogno che tu sia felice e che sia buona amica con Mimi, okay?” 

“Va bene.” 

 

 

Aprì la porta della loro casa nei dormitori e subito avvertì che qualcosa non andava. Non solo i riscaldamenti erano accesi, ma c’erano un paio di odiose scarpe colorate lanciate a casaccio vicino la porta. Il profumo di spaghetti alla salsa riempiva l’aria. Leggermente bruciato. 

“Oh” udì la voce di Joke provenire dalla cucina. Pochi istanti dopo la sua testa spuntò fuori dal corridoio. Indossava una tuta arancione e aveva i capelli verdi legati in una coda. Non l’aveva mai vista in una tenuta così poco... irritante. “Siete tornati prima di quanto pensassi! Non preoccupatevi, ho quasi finito di preparare la cena!” 

Da quando era diventata una casalinga? 

Eri si staccò dalla sua mano e corse verso Joke. “Emi! Guarda! Ho disegnato un unicorno! E papà ha detto che se continuo ad essere felice posso andare a scuola con la mia amica Mimi!” 

Woah! È fantastico Eri!” Joke prese il disegno in una mano mentre con l’altra abbracciò Eri. “Oh, wow, guarda, il suo corno sembra proprio come il tuo! So dove dovrebbe metterlo tuo padre, prendo del nastro adesivo e lo mettiamo sul frigo, ok? Ah, ti piacciono gli spaghetti croccanti, vero?” 

Almeno per stasera però non avrebbe dovuto cucinare. 

 

 

Joke entrò in cucina mentre stava finendo di lavare i piatti. 

“Si è addormentata.” 

Fece un cenno di ringraziamento con la testa. Joke si accoccolò sul divano, stiracchiandosi tutta come un gatto.  

“Grazie.” 

Joke spalancò gli occhi girandosi verso di lui.  

“Per quello che stai facendo per Eri. Non posso fare finta che non sia merito tuo il suo miglioramento.” 

Joke sorrise. Di nuovo quel sorriso. Quello caldo e dolce che gli faceva perdere un battito. “E’ una bambina deliziosa. Sul serio. Se mai avessi una figlia vorrei che fosse come lei.”  

Poi lo guardò serio negli occhi. Ed ebbe paura. 

“Ti va di raccontarmi la sua storia? Perché ha tutte quelle cicatrici sulle braccia e sulle gambe? Sono quasi impercettibili, ma le ho notate mentre facevamo la doccia.” 

Aizawa fece un lungo sospiro. Si sedette vicino a lei sul divano, pronto a iniziare un discorso che continuava a fargli male. 

“Eri....è una bambina speciale. Il suo quirk è... davvero assurdo. Ed è la maledizione che le è quasi costata la vita. Hai sentito parlare di Overhaul, il villain che abbiamo arrestato dopo...” 

“Sì. Ho letto su internet. Continua.” 

“Eri... è stata letteralmente fatta a pezzi per utilizzare il suo sangue. Questa bambina è morta e risuscitata centinaia e centinaia di volte.” 

Vide Joke impallidire. 

Sarebbe stata una lunga serata. 

 


vi lascio sempre il link originale
https://www.archiveofourown.org/works/18660910/chapters/44684368?view_adult=true

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ovviamente Eri non portava ancora reggiseni.  
 
E se anche la sua bambina un giorno avesse iniziato a farlo (non ci voleva nemmeno pensare) non sarebbero stati di quelle dimensioni. 
 
Forse era di Yarurouzu, ma la possibilità che lei avesse accidentalmente scambiato cesta di lavaggio era davvero remota. Era troppo precisa per dimenticare una cosa del genere. E non avrebbe mai indossato nulla del genere. No, le due facce sorridenti su ogni coppa gli dicevano esattamente chi fosse il proprietario. 
 
Joke. 
 
In qualche modo tenere in mano quel capo di abbigliamento gli fece realizzare qualcosa che avrebbe dovuto realizzare molto tempo fa. Joke si era davvero trasferita.  
 
Alla UA.  
 
Aveva una chiave dell’appartamento nei dormitori che divideva con Eri, cucinava per loro e andava a prenderla spesso a scuola al posto suo da quando aveva iniziato le elementari due settimane prima. 
 
Come aveva fatto anche quel giorno, ragion per cui aveva avuto il tempo per pulire e fare il bucato. Joke sapeva cucinare –sorprendentemente bene, a parte l’incidente con i ramen bruciati- ma la sua capacità di sistemare era a dir poco carente. Non che fosse pigra, semplicemente non vedeva il caos. Come se fosse il suo ambiente naturale. 
 
Ma per avere del buon cibo chiudeva un occhio. Anche due. 
 
Inoltre lavorare con lei, nello stesso edificio, anche se insegnava in classi totalmente diverse dalle sue, era stato sorprendentemente normale. E anche abituarsi a vederla silenziosa, in tuta, mentre correggeva compiti era tollerabile. Più che tollerabile. Si sentiva a suo agio. 
 
Forse anche troppo. 
 
Scosse la testa e rimise il reggiseno di Joke nel suo bucato nascondendolo sotto una delle sue camicie. 
 
Tollerabile. 
 
Solo QUANDO e SE taceva. 
 
 
 
Una volta rientrato nell’appartamento posò il cesto e divise rapidamente gli abiti in tre pile, una per i suoi, una per quelli di Eri e una per la quantità abnorme di vestiti che non apparteneva a nessuno dei due. Seriamente, come aveva fatto a infilare tutti questi vestiti nella sua lavanderia? 
 
Quasi come se i suoi pensieri l’avessero evocata la porta si aprì e Joke entrò tenendo Eri per mano. Sembrava sempre la stessa con il suo tipico abbigliamento da eroe richiesto agli insegnanti, con tanto di bandana arancione. Quello che lo sorprese fu vedere la stessa bandana bianca che teneva fermi i capelli di Eri. La corruzione stava iniziando ad avere manifestazioni fisiche. 
 
“Dai, chiediglielo!” Joke rise lasciando la mano di Eri. C’era qualcosa di assurdamente piacevole nel suo sorriso mentre si toglieva le scarpe lasciandole all’ingresso. La stanza sembrava immediatamente più calda, più viva, più felice quando loro erano qui. 
 
“Papà, papà!” gridò Eri, correndo verso di lui, alcuni fogli disegnati in mano. “Oggi è successo qualcosa di incredibile! Stavo giocando con Mimi dopo le lezioni e poi si è avvicinata una donna ed era la mamma di Mimi, ed è stata carinissima, e mi ha chiesto se potevo andare a dormire da loro, e io lo vorrei tanto, ma quando ho chiesto il permesso a Emi lei mi ha detto che dovevo chiedere prima a te se andava bene, quindi posso andare a dormire da Mimi? Ti prego! Sarebbe bellissimo!” 
 
Non l’aveva mai sentita fare un discorso così lungo, e raramente l’aveva vista così felice. Sembrava una cosa normale da fare. Più che normale.  
 
“Dovrò parlare con i genitori di Mimi, ma penso che la cosa sia fattibile.” posò uno dei pigiamini di Eri mentre si voltava a guardarla con un sorriso.  
 
Eri lo abbracciò forte, poggiando la testa contro il suo petto. Ricambiò la stretta, sentendo il suo cuore che si allargava sotto il peso della bambina. 
 
Un flash lo avvisò che Joke aveva scattato una foto con il telefono. “Wow, Eraser, dovresti sorridere così più spesso, sei così carino! Lo metto subito come nuovo sfondo.” 
 
“Joke”, sospirò, guardandola torvo ma senza farsi vedere da Eri. 
 
“Rilassati, ti sto solo prendendo in giro”. Teneva il telefono in mano agitando lo schermo verso di lui. “Ho parlato con la mamma di Mimi, la signora Hagakiri, mi sono fatta dare numero di cellulare e indirizzo. Se mi dai il tuo te li giro.” 
 
“Oh, grazie.” glielo porse senza pensare. Poi inarcò un sopracciglio ritirando la mano. “Non fare nulla di strano.” 
 
“Ad esempio? Cancellare tutte le tue cartelle con immagini di gattini?” 
 
Alzò gli occhi, e tornò a guardare Eri. "Com'è andata la tua giornata a scuola per il resto? Sei ancora felice di andare alle elementari con gli altri bambini?” 
 
"Sì! È molto più bello adesso! Abbiamo quasi la stessa età e a loro piacciono molto le barzellette che Emi mi ha insegnato! E l'insegnante è super gentile! Ho anche una nuova amica che si chiama Tomo! Mimi dice che ci sarà anche lei domani sera! Oh! E c'è questo bambino nella mia classe! Si chiama Kota! Ha detto che il suo eroe preferito era Deku! Pensi che parlava di Izuku? Aveva le stesse scarpe rosse di Izuku!” 
 
Un sorriso spontaneo gli affiorò al ricordo del primo incontro di quel bambino con Midoriya, mentre accarezzava la testa della bambina. “Sì, è proprio lui. Izuku ha salvato Kota. Dovresti fartelo raccontare qualche volta.” 
 
"Wah! Davvero? È incredibile!" Eri sbatté le mani e rise. "Posso andare a parlare con Izuku ora?" 
 
"Forse più tardi, si starà allenando in questo momento, perché invece non vai a prepararti per la cena?" Guardò verso Joke, che si stava già legando i capelli in una coda alta. Osservò rapito per un attimo la nuca esposta preso da un irrefrenabile desiderio di sfiorarla e... no. Lei era ancora Ms. Joke. Non sarebbe mai stata altro. Giusto? 
 
“Okay” Eri fece una mezza giravolta andando nella sua stanza lasciandolo solo con lei. 
 
Le si avvicinò, guardandola mentre cucinava. Già si era messa al lavoro, facendo bollire l'acqua per qualcosa e friggendo del riso per un'altra cosa. Era mille volte meglio dei soliti panini che preparava. Ed è stato molto meglio anche per Eri. Aveva letto in un libro che un pasto fatto in casa e mangiato a tavola con la famiglia era importante per lo sviluppo emotivo del bambino. 
 
"Allora” iniziò cercando di sembrare il più spontaneo possibile “perché sto trovando un sacco di tuoi vestiti nel mio bucato?" 
 
“Perché sono terribilmente pigra e li lascio nel tuo bagno.” gli rispose rapida. "Il dormitorio qui ha una pressione dell’acqua favolosa e adoro la tua doccia! Batte quella del mio appartamento, di gran lunga. Ma, ehi, solo vestiti, l’intimo lo riprendo sempre!” 
 
Alzò il suo reggiseno con un dito. 
 
“Quindi questo non è tuo?” 
 
Lei sbatté le palpebre e arrossì per un secondo. "Oh, ehm, sì! Mi dispiace, non era mia intenzione che lo vedessi.” 
 
Il suo cipiglio scomparve improvvisamente sostituito da un sorriso malizioso. "Almeno non senza essere indossato.” 
 
Sentì la bocca seccarsi ma si riprese subito. 
 
"Smettila di fare battute del genere." Sospirò, buttando il reggiseno, che adesso bruciava tra le sue dita, di nuovo sul suo mucchio. "L’importante è che tu mi avvisi, per me non è un problema fare le lavatrici o che usi la mia doccia." 
 
"Oh, fantastico, quindi quando posso trasferirmi?" 
 
Cerco di trattenere l’esasperazione e si voltò per afferrare il telefono dal tavolo. "Chiamerò i genitori di Mimi." 
 
Si fermò quando vide che la sua schermata iniziale era cambiata dall'immagine standard a una foto di Eri e Joke che sorridevano. Non si è preoccupato di modificarla. Non gli importava e non aveva voglia di imparare a cambiare lo sfondo. 
 
Questo ovviamente era l'unico motivo per cui non l’ha cambiata 
 
L'unico. 
 
Continuò a ripeterselo tutta la sera. 
 
 
 
*********** 
 
“Buonanotte papà! Buonanotte Emi!” disse Eri accoccolandosi tra le coperte rosa del suo lettino dopo aver finito di leggere la storia della buonanotte. 
 
“Buonanotte tesoro” sussurrò Joke spostandole i capelli dalla fronte per lasciarle un bacio sulla fronte. “Domani prepareremo la borsa con tutto il necessario così potrai divertirti da Mimi, va bene?” 
 
“Va bene!” 
 
Aizawa si avvicinò. “Se c’è qualcosa che non va, qualsiasi cosa, chiama me o Joke, arriveremo subito.” Le diede una carezza sulla testa e le scompigliò i capelli. “Buonanotte Eri.” 
 
Gli prese la mano. “Aspetta papà. Puoi baciarmi come fa Emi?” 
 
Lanciò un’occhiataccia a Joke quando fece una risatina prima di chinarsi e darle un bacio sulla fronte. "Buonanotte piccola.” 
 
Uscirono spegnendo le luci, lasciando Eri addormentata. 
 
“Che cosa avevi da ridere prima?” 
 
“Se ci pensi...” Joke fece qualche passo verso la porta, sorridendogli in modo così dolce da fargli quasi dimenticare quanto fosse fastidiosa. Quasi. “...fondamentalmente abbiamo condiviso un bacio indiretto.” 
 
“Per favore, non usare Eri per fare battute del genere.” Si diresse verso la cucina, avrebbe avuto bisogno di bere qualcosa di forte se voleva che questo principio di mal di testa se ne andasse.  
 
“Va bene, va bene, me ne sto andando. Ci vediamo splendidi e pieni di energia domani, Eraser.” gli fece un sorriso aprendo la porta.  
 
Improvvisamente un fulmine squarciò l’aria, seguito da un tuono che fece tremare le finestre. La pioggia iniziò a cadere con violenza. Un altro rombo di tuono e la luce andò via.  
 
Aizawa sospirò pesantemente mentre iniziava a cercare le candele. 
 
“Ehm, Shota, ti dispiace se resto qui stasera? Non... non mi piacciono le tempeste.” 
 
Si girò di scatto. Era la prima volta che lo aveva chiamato per nome. Un altro tuono risuonò forte mentre lei chiudeva la porta alle sue spalle e rabbrividì al boato. 
 
“Stai scherzando? Sei seria?” 
Annuì un po' imbarazzata, potendo vedere il rossore anche alla luce flebile della candela appena accesa. “Io... ho un po’ di traumi con i temporali. Preferirei non rimanere a casa da sola. Per favore.” 
 
Aizawa ebbe un attimo di esitazione. 
 
“Va bene, certo, nessun problema. Puoi dormire nel mio letto, io posso dormire nel mio sacco a pelo. Probabilmente hai anche un cambio di vestiti qui tra quelli che ho lavato oggi, quindi puoi anche fare una doccia.”  
 
“No, la prima volta che dormirò nel tuo letto dovrà essere un’occasione speciale, per stasera dormirò sul divano.” gli fece una linguaccia prima di sorridergli radiosa, ringraziandolo ancora. 
 
Ecco. Adesso sarebbe rimasta veramente anche per la notte. Si grattò la nuca e sospirò mentre la vedeva sparire nel bagno. 
 
Le luci si riaccesero improvvisamente. Sicuramente Kaminari era stato chiamato per ripristinare il sistema elettrico. Spense la candela accesa ancora lievemente incredulo per quello che era appena successo. 
 
 
 
Sentì il rumore dell’acqua della doccia. Probabilmente avrebbe dovuto immaginare che una persona come lei avrebbe avuto qualche paura strana, come quella dei temporali. 
 
Finì di sistemare le ultime cose della cucina e poi si sedette sul divano accendendo la tv per controllare se parlassero della tempesta. Senza dubbio Eri sarebbe stata entusiasta quando avrebbe scoperto che Joke aveva passato la notte lì. Era quasi tentato di svegliarla per dirglielo, ma l’indomani mattina doveva andare a scuola. 
 
“Grazie ancora Shota”, Joke uscì dal bagno, i suoi capelli verdi sciolti sulle spalle, la sua bandana scomparsa. L'aveva di nuovo chiamato per nome. Al posto del suo completo da eroe indossava una maglia nera di tre taglie più grandi e un paio di pantaloni della tuta grigi overzise. 
 
Stava indossando i suoi vestiti. Sentì il cuore fermarsi un battito. 
 
E poi cominciò a fare cose strane tipo riprendere a battere più forte e pensare che Joke fosse davvero molto attraente. 
 
“Sì... cioè di nulla.” disse, osservandola attentamente mentre si sedeva sull’altro lato del divano. 
 
“Smettila di fissarmi in quel modo, ti si stanno per alzare i capelli, sembri pronto a usare il tuo quirk. Non userò il mio su di te. Se un giorno riuscirò a farti ridere voglio che sia perché pensi veramente che sia divertente.” 
 
Si lasciò sfuggire uno sbadiglio.  
 
Perché il suo sbadiglio era così carino? Perché stava pensando al suo sbadiglio? 
 
“Forse per farti ridere dovrei provare un altro metodo. Potrei provare a vestirmi trasandata ed essere scontrosa con te tutto il giorno. Oppure potrei usare il tuo punto debole e mettere delle orecchie da gatto. Magari sei un feticista dei gatti. Una tutina di vernice con una coda?” 
 
I suoi occhi si contrassero. E non per fastidio. Sentì il bisogno di legarsi i capelli in uno chignon disordinato, improvvisamente troppo accaldato dall’imbarazzo. Il basso cicalare della tv riempiva il silenzio tra loro, anche se con la coda dell’occhio la vide mentre stava per addormentarsi.  
 
Doveva chiederlo mentre si sentiva abbastanza stupido per farlo. 
 
“Ehi, Joke.” 
 
“Hmm?” lei sbattè le palpebre, metà sdraiata e metà seduta sul divano. 
 
“Perché continui a scherzare sul fatto di avere una relazione con me?” 
 
“Chi ti dice che io stia scherzando?” 
 
“Tu.” 
 
“Nah, lo faccio solo per non farmi pesare il tuo rifiuto.” Aprì pigramente gli occhi sorridendogli dolcemente. L'aveva vista sotto una luce diversa negli ultimi mesi, ma in quel momento era un’altra persona. Era lei, sincera e vera. “Ma in realtà il motivo per cui scherzo sempre in quel modo con te, e solo con te, dovrebbe essere ovvio. Mi piaci davvero, Shota.” 
 
Ok, questo non se l’aspettava. 
 
“Perchè?”  
 
“Hmm,” appoggiò la testa sul cuscino, pericolosamente vicino alla sua spalla. Riusciva a percepire il suo calore, il profumo del suo bagnoschiuma. L'odore dei propri vestiti su di lei. 
 
“Che ne dici di parlarne domani? Eri sarà dalla sua amica, ma mi piacerebbe lo stesso andare a fare una passeggiata.” 
 
Trovò impossibile dire di no a quel sorriso dolce, stanco e completamente irresistibile. 
 
“Certo, il tempo dovrebbe migliorare, credo sia fattibile. Non mi dispiacerebbe.” Si alzò dal divano e si grattò la nuca. “Joke...” 
 
“Chiamami Emi...” biascicò ormai quasi addormentata. 
 
“Ok, allora, buonanotte, ci vediamo domani mattina...” 
 
Ma lei stava già dormendo profondamente. Prese una coperta, coprendola. Si soffermò a guardare un ciuffo ribelle sulla sua fronte, spostandoglielo con la punta delle dita. “...Emi.” 
 
Rimase sveglio a fissare quella mano tutta la notte. 






Come al solito metto il link dell'originale, anche se devo ammettere che in questo capitolo ho modificato qualche dialogo e approfondito alcuni pensieri. Ringrazio sempre chi leggerà!

A Happy Family with Never-Ending Laughter - Chapter 4 - Yojimbra - 僕のヒーローアカデミア | Boku no Hero Academia | My Hero Academia [Archive of Our Own]

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 

 

Quei momenti insieme a Joke gli erano piaciuti. Si svegliò impaziente pronto a rivederla e passare la giornata con lei. La sua dichiarazione lo aveva lasciato quantomeno stranito. Quando entrò in soggiorno non la vide, il divano era ordinatamente sistemato e nessuna traccia della sera prima. Un vuoto inspiegabile gli artigliò il petto, prima che un paio di risate fin troppo familiari lo fecero ritornare a respirare. Emi era nella cameretta di Eri ad aiutarla a prepararsi per la sua memorabile giornata fuori.  

“Papà!” Eri si infilò velocemente il vestito smanicato arancione che Emi le stava tenendo sulla testa e corse ad abbracciarlo.  

“Buongiorno raggio di sole!” Emi lo canzonò mettendosi le mani in fianco. 

“Sono così emozionata per oggi, non vedo l’ora di andare a scuola! Emi è rimasta a dormire qui! È stato bellissimo stamattina essere svegliata dai suoi baci, dovrebbe dormire qui più spesso. Pensi che questo vestito piacerà alla mamma di Mimi? Voglio fare bella figura.” 

Aizawa fissò la bambina e la donna dietro di lei che lo guardava di nuovo con quel sorriso. E poi capì. Quella era Emi, non era Joke. E lui con Emi si trovava bene. Forse anche qualcosa di più. 

“Stai benissimo, sono sicuro che ti divertirai un sacco con le tue amiche. Mentre finisci di preparare la borsa con Emi io vado a preparare la colazione, ok?” 

“Okay!” 

Cercò di non soffermarsi troppo sulla gioia che provava nel pensare che tra poco avrebbe accompagnato Eri a scuola e lui sarebbe rimasto solo tutta la giornata con Emi dopo le loro lezioni. No, no, lui amava la sua bambina, ma aveva bisogno di continuare la chiacchierata a quattr’occhi che avevano iniziato la sera prima. Ne andava della sua salute mentale. Per tutto quel tempo lei non aveva scherzato con lui? Doveva capire. 

Consumarono la colazione tra le chiacchiere ininterrotte di Eri intervallate dai commenti di Emi, in cui mischiava gioia, ansia e tutte le emozioni che una bambina di sette anni poteva avere nei confronti della sua prima esperienza positiva nel mondo fuori. 

Emi si vestì veloce e uscì prima che ci fossero troppe persone nei dormitori. Un “Ci vediamo dopo” sussurrato e un occhiolino fu tutto quello che riuscì a condividere con lei prima che sparisse. 

La giornata passò lenta, pesante e monotona. Continuava a guardare l’orologio sperando che il tempo passasse più fretta, ma non accadde.  

Stava iniziando a perdere le speranze quando finalmente la campanella suonò. Tornò al suo appartamento. Avrebbe dovuto aspettarla lì? Sarebbe dovuto andare da lei? E poi il loro era tipo un...appuntamento? Un attimo di panico lo invase.  

No, non era un appuntamento. Erano solo due amici che dovevano parlare. Basta.  

Si tolse il costume, vestendosi con il solito jeans scuro e la maglia nera con scollo a v. Per l’occasione (“non c’è nessuna occasione, l’avrei dovuto fare comunque”) si rase e si legò i capelli in un bun morbido.  

Era ancora indeciso se andare o meno quando un familiare rumore di chiavi nella serratura lo colse.  

Emi entrò e tutta la stanza si colorò. Aveva solo dei jeans rosa e un maglione arancione col solito smiley sorridente eppure gli sembrò meravigliosa. 

Aspetta, Joke non è meravigliosa, non può esserlo. 

Ma Emi sì. 

 

 

Le previsioni avevano avuto ragione e dopo la tempesta della sera prima, quel pomeriggio l’aria era limpida e pulita, persino lui aveva voglia di andare a fare una passeggiata al parco. Avevano preso un caffè da portare via al bar dell’angolo e adesso erano seduti nella panchina più lontana dai sentieri più frequentati. Emi era stata silenziosa, troppo silenziosa e calma, e la cosa lo spaventava. 

Emi iniziò a sorseggiare il suo caffè guardando in lontananza i bambini che giocavano. “Il tuo thè è più buono.” 

“Cosa?” 

Si girò a guardarlo negli occhi per la prima volta in quella giornata. 

“Il tuo thè. Preferisco il tuo thè rispetto a questa brodaglia che hanno spacciato per caffè.” 

“Oh, beh, grazie.”  

Ritornò quel silenzio e per la prima volta nella sua vita ad Aizawa non piaceva. 

“Va tutto bene? Sei piuttosto sottotono oggi.” 

“Solo nervosa.” mormorò nel suo bicchiere, i suoi occhi verdi che lo fissarono mentre il suo sorriso cresceva. “In pratica stasera mi stai costringendo a dichiararmi.” 

“Non lo fai ogni volta che ci vediamo?” 

“In un certo senso sì. Ma come hai sempre detto tu, principalmente scherzavo. Certo, se mi avessi detto di sì avrei iniziato ad arrossire e a balbettare come una adolescente, e poi mi sarei chiesta chi fossi e cosa avessi fatto al vero Eraser.” Bevve un altro sorso di caffè, gli occhi fissi nel liquido scuro. “Ma i miei sentimenti non sono uno scherzo. Come ho detto ieri, tu mi piaci davvero Shota.” 

Rimase in silenzio non sapendo che dire, l’effetto non era diverso anche se era la seconda volta che glielo sentiva dire. Allungò un braccio sullo schienale della panchina tenendo gli occhi fissi nei suoi. Non poteva capire come facesse a piacerle. Sin da quando si erano visti la prima volta era sempre stato infastidito da lei e dal suo modo di fare e non le aveva nascosto il suo peggiore comportamento scostante. Allora, perché le piaceva? Aveva bisogno di sapere. “Ma perché?” 

Emi scrollò le spalle con un leggero sospiro che sentì a malapena. Poi si girò e recuperò il sorriso. “Ti ricordi quando abbiamo iniziato a lavorare insieme per la stessa agenzia?” 

“Sì, è stato quando ci siamo incontrati la prima volta, la signora Setsuki ci metteva sempre in pattuglia insieme.” Quel periodo era durato poco perché poi lui era diventato solista specializzandosi in lavori notturni. Avevano lavorato comunque in molte missioni sotto copertura perché erano novellini e nessuno li conosceva. 

“Esatto, quelle sono tra i miei ricordi più divertenti di quel periodo. Ma ti ricordi quando siamo dovuti andare a quella festa per riuscire a rintracciare il Villain con quel quirk di manipolazione della materia?” si mosse nervosa, accavallando le gambe sulla panchina. 

Strinse gli occhi cercando di ricordare quella notte.  

Poi la memoria tornò come un flash. Erano quasi stati beccati prima di trovare il loro bersaglio, aveva fatto a pugni con dei tipi piuttosto grossi ed era stato quasi catturato durante l’uscita da quel locale. Ma alla fine avevano avuto successo e avevano preso il villain. “Sì, siamo stati quasi scoperti e tu indossavi... un papillon?” 
“Esatto! Quella sera.” Schioccò le dita verso di lui, il solito sorriso che le illuminava il volto. “E ti ricordi perché non siamo stati scoperti?” 

“Ora pretendi troppo, sono passati quasi dieci anni.” 

Il suo sorriso svanì e si lasciò sfuggire un gemito. 

“Otto, in realtà. Avrei dovuto immaginare che non lo avresti nemmeno registrato. Cioè, l’hai fatto in maniera così spontanea.” 

“Fatto cosa?” 

“Baciarmi.” 

“Ti ho baciato?!” 

“Sì.” 
“Quando?” 

“Durante la missione.” 

Perché?” 

Emi gemette e alzò gli occhi al cielo. “Seriamente, non ne ho idea. Dovevi aver guardato qualche film di spionaggio o qualcosa del genere, perché stavamo per essere scoperti quando all’improvviso mi hai afferrato il viso e in pratica hai detto che le persone sono a disagio con le manifestazioni pubbliche di affetto, e prima che potessi capire cosa stava succedendo la tua lingua stava usando le mie tonsille come sacco da boxe.” 

“Oh.” 

Ora ricordava. Pensava che facesse soltanto parte della missione. Non ci aveva prestato attenzione più di tanto. 

“Mi dispiace, era...” 

“Non scusarti.” si morse il labbro arrossendo profondamente e alzò le spalle. “Capii perché l’avevi fatto una volta superato lo stordimento iniziale. Ma non riuscivo a togliermi quel bacio dalla mente. Non riesco ancora. Ho sentito una scintilla e prima che me ne rendessi conto ho iniziato a provare qualcosa per te.” 

“Allora ti piaccio perché ti ho baciato a caso durante una missione come copertura?” chiese, soprattutto a  stesso. 

“Sì, cioè, in realtà, mi piacevi anche prima, cioè sei sempre stato un ottimo partner e ammiravo le tue qualità e come sei in battaglia, e poi adoro, cioè no questo non lo posso dire... cioè, sì, insomma...” Emi diventò rossa e si coprì la faccia con le mani non riuscendo a dire altro. 

Non poteva farci niente. Emi non stava usando il suo quirk, ma aveva voglia di ridere. Non per lei, o per quello che stava dicendo (anzi la trovava adorabile) ma ridere di sé stesso. Per la sua stupidità nel non avere realizzato quello che aveva fatto con quel bacio. E per non averne mai parlato con Emi. La sua risata finì dopo pochi istanti. 

“Wow.” Emi gli sorrise, uno sguardo strano in volto. “Capisco perché non ridi mai, potresti far innamorare qualsiasi ragazza di te.” 

Strano, una battuta del genere lo avrebbe infastidito settimane fa. Ma ora lo faceva sorridere, lo metteva a suo agio e lo faceva sentire felice. Gli piaceva la sua vita com’era adesso, con Emi. E forse avrebbe potuto averne di più. Renderla ancora più bella. 

Una parte di lui aveva accettato quello che inevitabilmente sarebbe successo, ma anche così le parole che sentì uscire dalla sua bocca lo sorpresero. 

“Vorresti provare a baciarmi di nuovo?” chiese fissando intensamente il suo bicchiere di caffè ormai freddo. 

“Cosa hai detto?” Gli chiese guardandolo con gli occhi spalancati e un sorriso ancora più ampio. Si spinse un po’ di capelli dietro l’orecchio. “Non sento molto bene, potresti ripeterlo?” 

“Hai detto di aver sentito qualcosa durante quel bacio.” lui respirò e la guardò. Lei si morse il labbro lasciando il bicchiere per terra. “Voglio vedere se riesco a sentirlo.” 

“Ma siamo in un luogo pubblico.” 

“Le persone si sentono a disagio con le manifestazioni pubbliche di affetto.” 

Lei sorrise. “Va bene, stai fermo.” 

Si sporse sulla panchina lentamente. Era come vedere un predatore che si avvicina alla sua preda. Le sue mani erano calde quando lo toccò, i suoi occhi che non sbattevano per quanto erano fissi nei suoi. Il viso era a un respiro di distanza. 

Poi chiuse gli occhi. 

E sentì le sue labbra toccare le sue. 

Una scintilla lo attraversò. Se si poteva chiamare scintilla. Era più come un treno in corsa che gli attraversava le viscere, come l’adrenalina che aveva quando riusciva a catturare un villain, ma potente, più potente. Il suo cuore era fuori controllo e non riusciva ad avere più il controllo dei suoi pensieri. 

Il bacio si interruppe e lui aprì gli occhi trovando Emi che lo guardava, con le labbra socchiuse. Chiuse la distanza tra loro prendendole il viso a coppa, baciandola di nuovo, questa volta con più forza e impazienza. E lei ricambiò facilmente l’entusiasmo mettendosi a sedere su di lui in un movimento fluido. Stettero a baciarsi ancora così per qualche minuto staccandosi solo il tempo di respirare incurante dei lontani passanti che li ignoravano. 

Il loro baciò finì di nuovo ed Emi si alzò da quella posizione rendendosi improvvisamente conto di come era messa.  

“L’hai sentito?” 

“Lo sento ancora.” mormorò basso, le sue lunghe dita che sfioravano le sue labbra. Poteva ancora sentire il loro sapore. “È stato... incredibile.” 

“La scintilla era ancora lì per me, ma penso che sia diventata ancora più intensa.” Rise, tirando su un ginocchio e appoggiandoci la testa. “Credi che... potremmo tornare a casa? Vorrei vedere se questa cosa rimane o sparisce dopo un po’.” un sorriso malizioso si affacciò sulle sue labbra. 

“Credo che sia un’ottima idea.” 

In quel preciso istante il suo telefono squillò. Non la solita suoneria, ma quella delle emergenze. Quando vide il chiamante si rabbuiò. 

“Pronto Hizashi, che succede?” 

Emi stette a guardarlo preoccupata, mentre annuiva serio. 

“Va bene, arrivo subito.” chiuse la chiamata. 

“Devo andare. C’è stato un attacco di un villain molto potente, tiene in ostaggio dei civili, hanno bisogno di me.” maledisse chiunque fosse per aver interrotto una delle giornate più importanti della sua vita. 

“Vai, non ti preoccupare, possiamo finire il discorso delle scintille stasera appena torni nel tuo appartamento. Ti aspetterò lì. A letto.” 

 

******************************** 

Aizawa entrò cercando di fare il più piano possibile. Era notte fonda, era stanco, livido e dolorante. Il combattimento era risultato più duro del previsto. Le capacità di quel villain avevano messo in difficoltà gli Heros, e dopo diverse ore erano riusciti a far liberare tutti i civili e metterlo fuori combattimento. Era dovuto andare in ospedale per un brutto colpo al ginocchio, dove Recovery Girl gli aveva sistemato il legamento rotto. Risultato, riusciva a malapena a reggersi in piedi, figurarsi pensare di fare altro. Quando entrò in camera sua Emi era lì, proprio come aveva promesso, addormentata sul suo letto con indosso un pigiama di seta estremamente sexy. Avrebbe voluto avere la forza di svegliarla e continuare da dove avevano iniziato ma riuscì solo a farsi una doccia veloce. Poi si accoccolò accanto a lei. Istintivamente lei gli si strinse addosso. La circondò col braccio, inspirando il suo profumo a pieni polmoni. Ebbe solo il tempo di pensare che quel contatto non gli dispiaceva affatto, prima di scivolare nel sonno profondo. 

 

 

 

Angolo dell’autrice 

Allora devo ammettere che qui solo una piccola parte è della storia originale, la maggior parte della storia è tutta farina del mio sacco, semplicemente perché credo che questa parte meriti un approfondimento migliore. Mi spiace se qualcuno lo trovi sbagliato, but I don’t regret nothing. In seguito a questa modifica dovrò modificare anche il capitolo successivo. Spero che vi piaccia. Ci terrei tanto se lasciaste una recensione. Ringrazio sempre l’autrice e di seguito l’originale. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mal di schiena. 

Mal di braccia. 

Mal di testa. 

Occhi che bruciavano. 

Il più classico dei risvegli post missione. Recovery Girl gli aveva guarito solo il ginocchio, il resto era affare suo. 

E stava pure sbavando, segno di una dormita rigenerante. Una dormita con una donna tra le braccia. 

Dannazione, sta sbavando su Emi! 

Sbarrò gli occhi. 

Brutta mossa, gli bruciano da impazzire per lo sforzo di ieri. 

No, era solo il cuscino. Di Emi era rimasto solo qualche capello verde e un vago sentore di profumo. 

Si girò cercando di trovare il telefono. Forse era uscita e l’aveva chiamato.  

Perché adesso era così impaziente di sapere dove fosse? Perché c’era quella punta di delusione nel sapere che non era rimasto con lui dopo quello che si erano detti ieri? 

La luce del telefono però gli accecò gli occhi doloranti. Cercò a tentoni la boccetta di collirio versandosene una dose abbondante negli occhi. Quando la situazione fu di nuovo sopportabile recuperò lo smartphone. 

Quando vide l’orario saltò in piedi. 

Pessima decisione, l’altro ginocchio che non era messo meglio cigolò in modo preoccupante. 

Era mezzogiorno passato e aveva appuntamento per prender Eri a casa della sua amichetta alle nove e mezza. Era un pessimo genitore, gli avrebbero tolto l’affido. Avrebbe dovuto mettere la sveglia, avrebbe dovuto.... 

Il suono di risate familiari dalla cucina gli fecero rallentare la corse per il corridoio mentre cercava di vestirsi. 

Entrò nel soggiorno con il cuore che riprendeva a battere normalmente. 

Eri era lì accanto ad Emi. Stavano cucinando qualcosa, vestite con la stessa tuta rosa e arancione e un grembiule bianco. Rimase lì imbambolato a guardarle cercando di pensare qualcosa che avesse un senso, con ancora la nebbia del sonno che lo avvolgeva. 

Emi fu la prima ad accorgersi di lui. Il sorriso che gli fece fu una delle cose più belle che lui avesse mai visto. Eri si girò seguendo il suo sguardo e gli corse incontro. 

“Papà!” lo abbracciò forte e lui la strinse a sé.” È stato bellissimo, ma mi sei mancato tanto, soprattutto le tue storie.” 

“Raccontami tutto, cosa avete fatto?” 

La bambina iniziò a raccontare tutto nei minimi dettagli, dalla cena a base di pizza speciale preparata dalla mamma di Mimi, al pigiamino che aveva indossato, al cartone animato su delle principesse che avevano visto e come erano rimaste a giocare fino a sera. 

Era semplicemente entusiasta. 

Aizawa sentì il cuore riempirsi. Forse, forse, avrebbe potuto avere l’affidamento definitivo e chissà magari anche l’adozione.  Eri era migliorata tantissimo, non sembrava più la bambina di un anno prima e questo tutto grazie ad Emi. La guardò di sottecchi mentre finiva di preparare il pranzo. Non aveva detto assolutamente nulla da quando era entrato, e doveva ammettere che anche lui si sentiva un po’ imbarazzato. Come avrebbe dovuto comportarsi? Fare finta di niente? Lasciare che fosse lei a prendere l’argomento? Prenderlo lui stesso?  

“Eri, tesoro, vai a lavare le mani che il pranzo è pronto.” 

“Ok” la bambina trotterellò verso il bagno. 

Lui le si avvicinò. 

“Grazie. Per essere andata a prendere Eri.” 

“Sta tranquillo. Ricordavo che stamattina dovevi andarla a prendere, ma eri distrutto. Suppongo che ieri sia stata dura?” gli accarezzò un graffio che aveva sul viso, in maniera così spontanea e dolce che rimase immobile come se qualcuno gli avesse puntato un coltello alla gola. 

“Sì. È stato difficile il recupero degli ostaggi, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.” 

“Mi dispiace che non ti sia potuto godere il mio completino.” 

“Beh possiamo recuperare stasera.” la risposta era uscita così veloce che non registrò nemmeno di averla detta. 

Emi arrossì dolcemente. “Shota, dovrei fare io queste proposte, non mi rubare il primato di flirt impudenti.” 

Dio, voleva baciarla in quel momento. Si avvicinò lentamente incatenando lo sguardo al suo. Erano a pochi centimetri quando... 

“Che state facendo?” 

Eri entrò del tutto ignara della situazione che aveva davanti. 

Entrambi si scostarono come se si fossero bruciati.  

“Niente.” 

“Stavo guardando un piccolo graffio che si è fatto ieri il tuo papà a lavoro. Vedi proprio lì, accanto all’altra cicatrice.” 

Eri si avvicinò ad osservare. 

“Uhm, sì lo vedo. Ti fa male, papà?” 

“No. Infatti stavo dicendo ad Emi che era tutto apposto.” 

“Ah, ok.” 

La bambina si sedette a tavola sorridente e i due adulti la imitarono, incapaci di guardarsi senza arrossire come due adolescenti. 

 

 

********************************************************************************* 

 

“Papà, papà, oggi è domenica, ti ricordi, Izuku e Mirio mi portano al parco con loro! Ci saranno anche Ochako e Nejire.” 

“Certo, hanno detto che sarebbero passati a prenderti alle tre.” 

“Ah, ok. E che ore sono?” la bambina fissò intensamente l’orologio cercando di decifrare l’ora che avevano appena studiato a scuola, mentre Emi si alzava dal tavolo dove avevano appena finito di pranzare per riporre i piatti nel lavandino. 

“Quella grande si trova nel due e quella piccola di trova nell’otto...quindi...?” 

“Le due e quaranta!” 

“Sì! Brava! Dammi il cinque!” Eri le battè la manina sulla sua, ed Emi si abbassò a darle un bacio sulla testolina. 

“Ma allora devo andarmi a vestire, sennò farò tardi!” 

Si alzò correndo dalla sedia per andare verso la sua cameretta. 

“Hai bisogno di aiuto?” 

“No, papà, faccio da sola, grazie.” la sua vocina ormai dietro la porta. 

Aizawa trattenne un sorriso. Stava diventando grande. 

Emi gli si avvicinò da dietro iniziando a massaggiargli le spalle, scoperte visto che aveva legato i capelli.  

“Mi dispiace che questa settimana sia stata così impegnativa. Non abbiamo avuto modo di parlare molto.” 
“Con parlare intendi dire baciarmi fino a che non rimango senza fiato, vero? Perché sennò non ho intenzione di parlare.” 

Aizawa sbuffò per nascondere un sorriso. 

Improvvisamente le mani che stavano innocentemente sciogliendo i nodi sulle spalle iniziarono a scendere fino a trovarsi sul suo petto in una carezza seducente.  

“Abbiamo qualche minuto per parlare... da soli.  Potremmo approfittarne.” 

Il fiato di Joke gli solleticò l’orecchio, prima di lasciargli un caldo e umido bacio sul collo. 

Aspettava questo momento da giorni. Con un movimento fluido la fece sedere sulle sue ginocchia e la baciò. 

Gli sembrò di ritornare a respirare. Era dolce, calda e morbida come la ricordava, forse anche meglio. Le strinse le mani sui fianchi mentre le sue vagavano sul suo petto. Stavano appena iniziando ad approfondire il bacio quando suonarono alla porta. 

Si staccarono lentamente, continuando a guardarsi negli occhi come se la loro vita dipendesse da questo. Un po’ troppo concentrati, visto che non si accorsero che Eri era davanti lo stipite della porta che li fissava. 

“Eri!” 

Emi saltò giù dalle sue gambe in un millesimo di secondo. 

 “Vi stavate baciando sulla bocca?” 

“No! Cioè, sì...ma,ma...Vado ad aprire la porta.” Aizawa si sistemò la maglietta e andò ad aprire. 

Midoriya comparve dietro la soglia. 

“Buonasera a tutti, sono venuto a prendere Eri e... professore Aizawa, si sente bene?” Izuku aveva visto il rossore e i capelli scarmigliati, sembrava stesse per avere una crisi di qualcosa. 

“Sto bene e non fare domande idiote. State attenti a Eri come se ne valesse la vostra vita e assicuratevi di essere di ritorno prima delle otto.” 

“S-sì professore, certo.” 

Aizawa si girò per vedere se Eri era pronta. Stava parlando con Emi, sicuramente di quello che era successo prima. Vide la bambina sorridere e poi abbracciarla forte. Qualsiasi cosa avesse detto andava bene. 

“Vado anche io! Sono di pattuglia e mi aspetta un giro complicato.” 

Raccolse velocemente le sue cose e arrivò alla porta. 

“Oh, Ms. Joke, cioè professoressa Fukukado, buonasera, non l’avevo vista.” 

“Midoriya, non mentire, era impossibile non vedermi, però ti ringrazio, sto cercando di mettermi a dieta.” 

“Ciao papà, ci vediamo stasera.” Eri prese la mano di Izuku e si diressero verso la porta. 

“Ciao papà, ci vediamo domani mattina per colazione!” Eri fece il verso alla bambina salutando Aizawa. 

Lui la bloccò per un braccio e la trasse a sé per un bacio veloce. 

Emi rimase trasognata per un secondo, prima di fare un ghigno. “Professor Aizawa, potrebbero vederci.” 

“Torna presto.” 

Lo lasciò sulla porta con ancora il suo sapore sulle labbra.  

 

********************************************************************************** 

Senza Eri, senza Emi si sentiva solo. E vuoto. Completamente vuoto. Si rese conto di quanto le risate senza fine gli mancassero, i rumori di una vita vissuta, di una vita felice insieme alle persone che ami. Di una famiglia. Cosa fai della tua vita quando salvi gli altri ma non riesci a salvare te stesso dal nulla opprimente? 

Si rese conto che non riusciva a concentrarsi su nulla. Mandò un messaggio a Emi per dirle che le mancava. Dio, come si era ridotto? Eppure era la verità. 

Aspettò che arrivasse la sera cercando di correggere i compiti in classe della 2A. 

 

Puntuale come un orologio Midoriya aveva bussato alle otto alla porta del suo appartamento. 

Eri era stanca ma felice e iniziò a raccontare tutti i dettagli della giornata. Non fece domande sul bacio che aveva visto e in un primo momento ne fu felice. Non sapeva come spiegare alla bambina quello che stava succedendo perché fondamentalmente non lo sapeva nemmeno lui. Non la voleva turbare o confonderla in alcuna maniera. Le stava aggiustando le coperte quando arrivò la fatidica domanda che aspettava. 

“Papà, tu vuoi bene a Emi?” 

Si sedette sulla sponda del letto cercando di raccogliere le idee per affrontare l’argomento. Decise di prendere tempo. 

“Ho visto che mentre ero alla porta hai parlato con lei. Cosa ti ha detto?” 
“Ha detto che due persone grandi quando si vogliono tanto tanto bene si baciano sulle labbra. È un modo per esprimere l’amore che hanno. E che lei ti vuole tanto tanto bene per questo ti ha baciato sulle labbra. E poi mi ha chiesto se questa cosa mi dà fastidio.” 

“E a te dà fastidio?” 

“No, a me piace Emi. Mi piace quando sta con noi, quando cucina, quando giochiamo, quando guardiamo la tv, quando mi racconta le barzellette. Io le voglio tanto bene. Come a te. E sono felice che anche lei voglia bene a te.” 

Vide la piccola corrucciarsi. 

“Ma...quale è il problema?” 

“Se tu vuoi bene a lei poi non ne vuoi più a me?” 

Aizawa prese la piccola e la strinse a sé.  

“Piccola, questo non succederà mai. Io non sono il tuo vero papà ma ti voglio bene come se fossi mia. Non ti lascerei per nessuna ragione al mondo. Sì, voglio bene a Emi, ma quello che provo per lei è completamente diverso da quello che provo per te. Tu sei importantissima per me e voglio che tu sia felice.” 

Eri gli strinse forte le braccia intorno al collo. 

“Ok, allora. Anche Emi mi ha detto la stessa cosa.” 

Aizawa sorrise sulla sua testa.  

Donna intelligente 

Le baciò la fronte. 

“Ora ti senti più tranquilla?” 

Eri si sciolse dall’abbraccio sorridendo. 

“Sì.”  

La vide ancora pensierosa e la cosa lo preoccupava. Domanda in arrivo. 

“Ma se vi volete tanto tanto bene questo significa che Emi diventerà la mia mamma?!” 

Aizawa arrossì e si bloccò. 

“Perché i genitori di Mimi si baciavano pure sulle labbra e loro si vogliono pure tanto tanto bene e stanno come stiamo noi, sempre insieme, mangiano insieme e stanno insieme. Come noi. E poi la mamma di Mimi la aiuta a vestirsi, la aiuta a lavarsi e la prende a scuola. Come fa Emi con me!” 

Gli occhi le si illuminarono diventando enormi. 

“Potrebbe...potrebbe succedere. Non lo so. Vedi, quando due grandi si vogliono bene è molto bello, ma ci vuole un po’ di tempo per capire se...se una mamma e un papà possono stare davvero davvero insieme. Ti prometto però che appena lo saprò te lo dirò. Non è una decisione molto facile da prendere. Ecco, so che sembra facile, ma le cose da grandi...” 

Eri assunse quell’aria adulta che aveva quando l’avevano trovata. 

“Va bene, le cose da grandi sono difficili. Ok, cercate di capire, io non ho fretta. Se volete potete pure baciarvi davanti a me, non mi dà fastidio. Ecco, forse mi fa un po’ schifo, ma se a voi piace va bene.” 

Aizawa sorrise mentre guardava la sua bambina così saggia. 

“Grazie Eri. Ora dormi che domani dobbiamo andare a scuola, ok?” 

 

********************************************************************************* 

 

Si svegliò con l’odore dei pancake che invadeva la casa.  

Sorrise con ancora gli occhi chiusi. 

Emi. 

Si alzò e cercando di non fare rumore arrivò in cucina. Emi aveva le cuffie e stava cantando sottovoce una canzone parecchio movimentata mentre cucinava, quindi non lo vide o sentì arrivare quando le sue braccia la avvolsero da dietro. 

“Shota! Mi hai fatto spaventare!” 

Lui affondò il viso nell’incavo del suo collo. 

“Dillo di nuovo.” 

“Mi hai fatto spaventare!” 

“No, non quello.” 
“E cosa?” 

“Il mio nome. Mi piace quando mi chiami per nome.” 
Emi si girò per fronteggiarlo avvolgendogli le braccia al collo. 

Shota.” 

Gli diede un bacio sulla cicatrice sotto l’occhio. 

“Shota.”  

Un altro bacio sulla guancia. 

Shota.” 

Un altro bacio all’angolo della bocca. 

“Shota.” 

Le prese il viso a coppa imprigionando le sue labbra in bacio lento e profondo. Non ne aveva mai abbastanza di lei. Ne voleva di più. Doveva averne di più.  

“Buongiorno.” 

Eri entrò in cucina stropicciandosi gli occhi, ancora assonata, guidata solo dal profumo. 

Emi cercò di allontanarsi ma Aizawa la bloccò. 

“Le ho parlato ieri sera. Ci ha dato il permesso di baciarci.” 

“Davvero?” Emi scoppiò in una grossa risata, avvicinandosi a Eri con le lacrime agli occhi. 

Le posò un bacio sulla fronte. “Buongiorno tesoro. Grazie per il permesso. Mi hai fatto un grosso favore.” 

 

 

Quando Aizawa tornò a casa dopo aver lasciato Eri a scuola trovo Emi sdraiata sul divano. 

“Non hai lezione oggi?” 

“Non ricordi? Oggi All Might li porta in gita nel suo ufficio per fare vedere ai ragazzi la parte amministrativa dell’essere un eroe.” 

Aizawa le si sedette accanto. 

“Non sapevo andava anche la tua classe.” 

“Già.” 
“Quindi questo significa che siamo soli?” 

“Sì.”  

“E che abbiamo almeno altre 5 ore prima che qualcuno si faccia vivo?” 

Il sorriso di Emi si stava trasformando in un ghigno seducente mentre gli si avvicinava lentamente. 

“Sì...”  

Iniziò a tracciare i contorni del suo viso con un dito, per soffermarsi sulla cicatrice sotto l’occhio. 

“Te l’ho mai detto che ho un debole per le cicatrici?” 

“No.” 

“Adoro gli uomini con le cicatrici.” 

La sua mano iniziò a scendere sul suo collo, mentre l’altra si intrufolò sotto la sua maglia, in una carezza languida che gli fece risvegliare tutti i sensi sopiti. E altri organi che non usava più da tempo. 

“Vorrei vedere le tue. Tutte.” 

La prese fulmineo e la portò in camera da letto, senza darle il tempo di rispondere. 

 

 

 

 

 

Aveva immaginato di fare l’amore con Emi più volte in quei giorni. L'aveva immaginato come un’esplosione di passione, vestiti strappati e mobilio rotto. Magari usare la sua arma di cattura. 

Una cosa incredibilmente sexy, feroce e stremante, che li lasciasse senza fiato e con i segni addosso. 

Emi aveva un sapore squisito. Aveva coperto il suo corpo di baci, lenti e stuzzicanti, scoprendo come reagiva al suo tocco. I suoi gemiti lo incoraggiavano a continuare, ed il modo in cui lo chiamava –continuamente era droga per le sue orecchie. 

Era calda, incredibilmente morbida, perfetta in ogni parte. Si ritrovò improvvisamente sulla schiena, le sue cosce strette attorno alla vita a bloccarlo, la sua bocca sulla pelle a restituire i favori. Percorse la linea dei suoi muscoli con una perizia inaudita, scendendo lungo gli addominali nella più squisita delle torture, scoprendo i suoi punti sensibili con abilità sorprendente. 

“Sei come ti avevo immaginato.” 

Aizawa le prese le mani, la circondò con le braccia e la fece rotolare sotto di sé, la bocca sulla sua a raccogliere il gemito dei suoi affondi. “Tu no. La mia immaginazione non poteva arrivare a tanto.” 

Emi inarcò la schiena, urlando ancora il suo nome, le unghie solcarono la pelle della schiena e delle braccia. Aizawa la seguì, stringendo le lenzuola quasi a strapparle e si lasciò scivolare al suo fianco. 

Riprese fiato con lei tra le braccia: il piacere si diffuse in tutto il corpo, era estasi pura. 

La sentì rilassarsi e accoccolarsi di più contro il suo petto. 

Tuffò il viso tra i suoi capelli verde mare, respirandone il profumo. 

Sanno di lui; di loro. 

Le diede un bacio sulla fronte, prima di guardarla negli occhi. 

“Credo di essermi innamorato di te.” 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice 

Ciao. Sì, eccomi, non ero scomparsa, ma praticamente questo l’ho scritto tutto io e quindi ci ho pensato a lungo. L'ultima parte ho preso ispirazione da una storia tra le prime che ho letto su EFP e che sto praticamente a memoria, di una delle autrici più brave che esistano su questo sito. Vi lascio il link della storia se volete qualcosa di qualità. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Emi si mise seduta a letto, reggendosi il lenzuolo sul petto per non farlo scivolare -anche se ormai lui aveva visto tutto di lei-  a bocca aperta, incapace di credere a quello che aveva appena sentito. 

“Non prenderti gioco di me.” 

Aizawa si mise seduto come lei. “Non potrei mai, Emi. Di solito sei sempre stata tu quella che si prendeva gioco di me.” cercò di farle un sorriso per cercare di calmarla. Aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. 

“Emi... cosa c’è? Forse sono stato precipitoso... io non volevo che...” 

“No, no. È che... sembra troppo bello per essere vero. Io ti amo da quando ti ho conosciuto. Sono passati ‘solo’ dieci anni. Non credevo che sarebbe mai arrivato questo momento.” 

Iniziò a piangere. 

Aizawa le asciugò le lacrime con il pollice, mentre le accarezzava il viso a coppa. “E allora perché stai piangendo?”  

“Perché sono felice idiota!” e gli si buttò addosso baciandolo come se non avesse fatto altro nella sua vita.  Shota fece un enorme sforzo di volontà per staccarsi dalla sua pelle e parlare. 

“Ho un piano folle. E no, non sto scherzando.” 

Emi si allontanò da lui sorpresa. Rimase comunque sdraiata sul suo petto a braccia incrociate sotto il mento. 

“Ok, spara.”  

Per un attimo rimase incapace di elaborare quello che stava pensando. Anche perché avere le sue labbra a un millimetro dalle proprie non aiutava. 

“Sì, allora, praticamente sono mesi che vivi qui con noi, da quando ti ho chiesto di passare del tempo con Eri. Sei praticamente come una madre per lei...e so benissimo come anche lei ti adori. E anche io vorrei che tu stessi sempre qui con noi. Quindi il mio piano è semplice. Saltiamo l’intera faccenda del frequentarsi. Penso di conoscerti ormai meglio delle mie tasche. Potremmo semplicemente... ufficializzare la cosa. Vieni a vivere con noi, qui, con...me.” 

Per tutto il tempo in cui aveva parlato lei aveva tenuto gli occhi fissi nei suoi senza far vacillare il suo sorriso.  

“Desidererei con tutto il cuore che Eri mi chiamasse mamma. Amo quella bambina.” 

Sospirò guardando nel vuoto sovrappensiero. 

Aizawa avrebbe voluto un quirk per poter leggere la mente. Aveva detto quelle cose di istinto, ma si rese conto che era quello che voleva veramente. A parole e nei suoi pensieri era tutto perfetto. Praticamente vivevano come una coppia sposata. E poi non esistevano regole che impedissero loro di stare insieme o di convivere, soltanto una limitazione delle dimostrazioni di affetto davanti agli studenti. Insomma era perfetto, no? 

Però Emi ancora non gli aveva dato una risposta e stava iniziando ad avere paura. Il suo silenzio il quel momento era totalmente sgradito. Non avrebbe mai pensato di dirlo.  

Poi all’improvviso iniziò a parlare vomitando le parole. 

“E se non funzionasse? E se tra qualche mese ti rendessi conto che sono davvero insopportabile? Io forse potrei sopravvivere ma... Non voglio che Eri si affezioni a me per poi vivere questo trauma.” 

Le prese il viso tra le mani inchiodando il suo sguardo. 

“E se invece funzionasse?” la baciò delicatamente sulle labbra. 

 “E poi sono consapevole dal fatto che tu sia insopportabile sin da quando ti ho conosciuta, non penso che qualche mese in più possa peggiorare la situazione.” 

Emi fece un sorriso tirato. 

“E poi saresti la mia insopportabile.” le soffiò all’orecchio. 

Lui le prese la mano e se la portò al cuore. 

“Emi, ti prego. Stai con me.” Shota non avrebbe mai pensato che avrebbe pronunciato quelle parole in tutta la sua vita, e specialmente a lei.  

“Io ti amo. Ti amo quando sorridi, ti amo quando riesci a far ridere Eri, ti amo quando cucini e ti tiri su i capelli, ti amo quando sei in pigiama tutto il giorno e nonostante questo ti desidero lo stesso. Ti amo quando affronti villain spaventosi e poi hai paura della pioggia. Ti amo perché da quando ci sei tu la mia vita è diventata colorata. Ti amo perché mi fai sentire felice. Ti amo perché riesci ad essere te stessa, sempre e comunque. Perché sei una bella persona e una degli eroi di cui ho più stima. Amo tutto di te.” 

Emi si buttò tra le sue braccia stringendolo forte. 

“Anche io ti amo.” il suo solito sorriso le ricomparve splendente in volto. Non avrebbe potuto dire nient’altro in quel momento. Anche volendo non ci sarebbe riuscita. Semplicemente sorrise, cercando di comunicare tutto quello che sentiva con i suoi occhi, mentre annuiva.  

Shota non riusciva nemmeno a esprimere a sé stesso il tumulto interiore che provava. Se anche il mondo gli fosse crollato addosso in quel momento non se ne sarebbe nemmeno accorto. Forse era proprio quello l’amore?  

Stette qualche minuto a inspirare il suo profumo cercando di imprimerlo nella memoria. 

“Penso che potresti dover cambiare il tuo nome da eroe.” 

Emi fu presa in contropiede dal cambio repentino di argomento. 

Perchè?” gli sorrise alzando un sopracciglio verde. 

“Beh, al momento è Ms. Joke. Ma potresti doverlo cambiare in Mrs. Joke.” 

Aizawa Shota, stai per caso facendo una battuta? Tu a me?” 

Lo spinse facendolo finire di nuovo disteso mentre sentiva una risata nascergli spontanea dal petto. Le sue labbra iniziarono a reclamare il suo collo. Di nuovo. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


“Devo ammetterlo... mi aspettavo dei piccoli miglioramenti, ma questo ha superato tutte le mie aspettative!”. Il grosso orso si sistemò meglio la cravatta stretta intorno al collo, cercando di nascondere un grosso sorriso di approvazione. 

Alla fine cedette e un grosso ghigno sorridente gli attraversò il viso, mettendo con cura le sue carte sopra il tavolo. I mobili della scuola elementare erano leggermente più grandi dei mobili dell’asilo. 

“Eri ha fatto dei passi da gigante negli ultimi mesi. È socievole, tutti vanno d’accordo con lei nella sua classe, e l’unica lamentela che hanno avuto le maestre è che adora raccontare barzellette, anche durante la lezione.” 

Aizawa lanciò un’occhiataccia ad Emi seduta accanto a lui, sorridendogli come se ne andasse fiera. La corruzione era ormai stata completata. Eri adesso era perfettamente in grado di stare con gli altri. Tutto grazie all’influenza di Emi. “Quindi potrò tenerla con me?” 

“Ovviamente. Con un rapporto come questo potrei quasi essere accusato di corruzione!” l’orso fece una profonda risata gutturale che fece tremare tutto il suo morbido pelo. Con un sospiro poi si aggiustò gli occhiali tondi in equilibrio sul suo naso. “Comunque parlando seriamente, farò in modo che questi controlli diminuiscano, magari una volta l’anno.” 

“Sarebbe perfetto.”, sentì i suoi occhi brillare all’idea, cioè che Eri era considerata abbastanza in salute emotiva e fisica da non dover essere più monitorata così da vicino. Un sorriso minuscolo gli increspò il volto. Emi gli diede una leggera gomitata e gli fece l’occhiolino. Lo faceva sempre quando sorrideva. 

“Inoltre, dovrò aggiungere nel mio rapporto la sua nuova...ehm...situazione sentimentale...” Teddy girò la testa per guardare Emi, poi di nuovo lui, prima di guardare di nuovo il foglio davanti a sé che stava compilando rapidamente. “Capisco che è grazie a Ms. Joke che la bambina sia riuscita a uscire dal suo guscio. Posso sapere se questa... disposizione...sarà permanente? È necessario che lo scriva sul rapporto per eventuali svilupppi della situazione. Dobbiamo sapere se Eri potrà contare su una famiglia o no.” 

Si mosse nervoso sulla sedia, sempre a disagio nel parlare della sua vita privata, ma ancora prima che riuscisse a formulare un pensiero Emi lo precedette. 

“Oh, siamo fidanzati”, Emi agitò la mano sinistra, mostrando un anello inesistente. Poi emise un piccolo singhiozzo e guardò la mano con finto shock. “Oh, mi scusi, mi dimentico sempre di indossare l’anello, sa quando sono a lavoro preferisco non metterlo. Ma ci sposeremo la prossima estate, quando entrambi avremo più tempo libero.” 

Non erano fidanzati, e a meno che non avesse sbattuto molto forte la testa non ricordava nessun anello. 

Lo prese per una spalla e lo strinse in un mezzo abbraccio prima di dargli un bacio sulla guancia. “La nostra famiglia è piccola, ma è piena di felicità e di risate senza fine.” 

“Ah, sono così contento di sentirvelo dire! Beh, allora congratulazioni! Con una famiglia così amorevole alle spalle, circondata da aspiranti eroi, Eri crescerà benissimo!” 

“Oh, ma avremo una domanda.” Emi si allontanò tornando a sedersi al suo posto e facendo uno dei suoi famosi sorrisi irresistibili. “Possiamo adottare Eri?” 

“Certo che sì! Non appena sarete sposati il governo sarà più che felice di permettervi di adottare Eri. Purtroppo per legge se siete solo fidanzati non è possibile avviare le pratiche. Però... potrei iniziare a mettermi avanti con alcuni documenti così appena sarete marito e moglie potrete subito contare sulla mia approvazione e su quella del mio supervisore.” 

“È fantastico!” Emi si alzò su dalla sedia stringendo la grossa zampa. “Grazie mille signor Teddy. E mi raccomando, stia attendo alle belle ragazze dai riccioli d’oro che mangiano troppo!” 

“Ah, troppo tardi, ne ho sposata una e ora abbiamo tre figlie!” 

*********** 

“Allora, ho un’idea del tutto folle.” mormorò Emi mentre camminavano per andare a prendere Eri. Era più felice del normale, del genere che solitamente lo avrebbe infastidito, ma adesso non più. Immaginò che dopo essere stato con Emi per sei mesi il suo concetto di felicità era totalmente cambiato. 

“Vuoi scappare stasera, andarci a sposare in comune e adottare Eri?” 

Lei si fermò di colpo, afferrandogli il braccio. I suoi occhi verdi erano spalancati e pieni di quell’energia caotica di cui non aveva mai immaginato averne bisogno. “O mio dio! Siamo arrivati in quel punto della nostra relazione in cui possiamo leggerci nel pensiero?” 

“No, sei solo facile da leggere.”  

Canticchiava mentre guardava il parco giochi dove Eri stava giocando con i suoi amichetti. Sembrava ancora un miracolo. Era passato poco più di un anno da quando era stata salvata. Quel progresso sembrava a malapena reale. 

Emi fece il broncio, lasciando andare il suo braccio e facendo qualche passo avanti, mettendosi le mani intorno alla bocca mentre gridava per farsi sentire al di sopra delle urla dei bambini. “Eri! Tesoro! Dobbiamo tornare a casa!” 

“Okay, mamma!” il grido di Eri era a malapena udibile in quella confusione, mentre salutava i suoi amici e si dirigeva verso di loro. 

Emi si voltò a guardarlo e sorrise cose se fosse la prima volta che la chiamava così. In realtà era già da una settimana che Eri aveva iniziato a chiamarla così. E il suo cuore esplodeva di emozione ogni volta. Ecco perché sapeva che Emi voleva adottare la bambina il prima possibile. 

“Hai sentito?”  

Lui annuì e sospirò raddrizzando le spalle. L'idea non era male. Non voleva che le cose cambiassero. La sua vita era perfetta così. Amava che Eri tornasse entusiasta dalla scuola, amava vederla sorridere, avere la felicità che ogni bambina dovrebbe avere e la gioia che gli dava giorno dopo giorno nelle piccole cose, nelle piccole grandi scoperte che faceva. E amava avere Emi nella sua vita. Il fatto che fosse così piena di vita, appassionata, così attenta, così seria e dolce, tutto insieme, che si diede dello stupido per aver perso tutto quel tempo con lei. C’era qualcosa di meravigliosamente speciale svegliarsi ogni mattina con lei al proprio fianco, e avere qualcuno da amare incondizionatamente. Era vero, la loro era una famiglia. Strana, ma stupenda. 

Forse sposare Emi era semplicemente il passo successivo. Dopotutto si era ufficialmente trasferita. E ormai condividevano il letto da mesi. Per quanto volesse ricordare quella vecchia antipatia nei suoi confronti, semplicemente non c’era più. 

Per aiutare Eri erano cambiati entrambi. O forse era già nel mezzo senza rendersene conto. Emi si era fatta strada nel suo cuore come un parassita e ora rimuoverlo lo avrebbe ucciso. 

Dio, amava quella donna. 

“Papà! Mamma!” Eri corse verso di loro, lo zaino rosso che ondeggiava violentemente da una parte all’altra mentre cercava di imitare la corsa di Mirio. “Siete qui entrambi!” 

“Sì!” Emi si abbassò prendendola in braccio e stringendola forte. “Ci sei mancata così tanto che non potevamo aspettare un minuto di più prima di vederti!” 

“Già, è proprio così.” AIzawa le si avvicinò lasciandole un bacio sulla fronte e uno sulla guancia a Emi. 

La bambina prese le mani di entrambi, mentre facevano la strada del ritorno. 

Aizawa pensò che in quel momento la sua vita era più che perfetta. 

 

************************************************** 

Ultime notizie! Eraserhead e Ms. Joke si sono sposati in gran segreto al comune una settimana fa! Sembra che per l’occasione la nostra eroina del sorriso abbia indossato una bandana bianca. La redazione fa i migliori auguri alla nuova coppia! 

 

“La nostra nuova strana coppia non ha perso tempo ad allargare la famiglia. Corrono infatti voci che abbiano subito adottato una bambina che da circa un anno era in affidamento all’eroe della cancellazione. Che dire, bambina fortunata!” 

 

“Nemmeno un anno dal loro matrimonio tenuto in gran segreto e dalla adozione della loro bambina, la redazione deve fare di nuovo gli auguri alla felice coppia! La famiglia infatti presto si allargherà ancora. Le foto di Ms. Joke (o dovremmo chiamarla ormai MsrJoke?) con il pancione hanno fatto il giro del web. Che dire? Sembra proprio una famiglia dalle risate senza fine.” 

 

 

 

 

 

 

Note della traduttrice 

E con questo si chiude questa storia che ho amato alla follia. Spero che sia piaciuta anche a voi. Come al solito vi invito a lasciare un pensiero se vi va e di sotto il link della storia originale. 

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