Pluviophile di Asia Dreamcatcher (/viewuser.php?uid=205428)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia al profumo di té ***
Capitolo 2: *** Gocce di sale ***
Capitolo 1 *** Pioggia al profumo di té ***
-too quietly
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Questa storia partecipa alla challenge "Thing you said" indetta da Juriaka sul formu di EFP
♦
Pioggia
al profumo di tè
-
- Eita
socchiude gli occhi e abbandona il capo contro la finestra aperta,
ascoltando il ticchettio sinfonico della pioggia. L'aria umida e
fresca gli accarezza il bel volto e un tenue sorriso increspa le sue
labbra; gli piace il rumore della pioggia, pare una melodia sentita
molto tempo addietro e di cui non rimembra le note, e gli piace
ancora di più godersi quella piccola pausa fra la fine delle lezioni
e l'inizio dell'allenamento con la squadra.
- La
porta dell'aula scorre, mentre il pinch server è ancora
immerso in quell'atmosfera placida e silenziosa; l'alta figura di
Satori Tendō avanza con il suo
solito passo strascicato e l'aria baldanzosa.
- Eita
solleva la palpebra e rifila un'occhiata infastidita, che vuole
essere d'avvertimento, al centrale, che alza le mani,
agitandole come se volesse rassicurarlo sul fatto che non è lì per
infastidirlo.
- Satori
arriccia le sottili labbra in un sorriso sghembo, mentre si siede sul
banco accanto al compagno, infischiandosene di una possibile e
sgradita invasione del suo spazio personale.
- «Hai
bisogno di qualcosa, Tendō?», il
tono è brusco. Lo è sempre, non perché abbia qualcosa contro di
lui o qualcun altro, ma quello è semplicemente il suo timbro, la sua
voce è sempre stata scura, sicura a tratti aggressiva. A volte cerca
di essere più misurato, ma con Tendō
non serve, lui sa, lui capisce, come se la sua abilità di lettura
non si esaurisse solo nella pallavolo.
- «Mi
piace l'odore della pioggia»
cantilena in risposta, senza di fatto rispondere. Semi si volta a
guardarlo, la cadenza della sua voce gli ricorda il rumore della
pioggia, si ritrova a sorridere senza sapere bene il perché. «E
che odore avrebbe la pioggia?»,
chiede socchiudendo nuovamente le palpebre e tornando a godersi
l'atmosfera distesa, quasi sognante.
- Il
centrale
osserva attento l'algido profilo di Eita; è elegante, fiero, col
naso ben dritto, gli zigomi alti e le labbra ben disegnate. Le sue
lunghe dita tamburellano inquiete sul bordo freddo della finestra,
mentre la bocca si schiude, ma le parole rimangono impigliate fra le
morbide screpolature delle labbra. Distoglie le iridi carminio,
posandole sulle foglie autunnali che possiedono il medesimo colore.
Allunga il dito affusolato, raccogliendo le piccole gocce
scintillanti, per poi portarsele a un palmo dal naso. Inspira
profondamente e Eita segue i suoi movimenti lievemente perplesso ma
in fondo intrigato.
- «Profuma
di tè. Hai presente il Matcha? Quello che viene usato per il Cha no
yu*. Ecco, mi ricorda
qualcosa di molto antico, che porta con sé una strana malinconia...
Come se i sentimenti vi si fossero sciolti e mescolati dentro»
risponde infine, con tono
spensierato, come se le sue parole non racchiudessero qualcosa di
molto più profondo.
-
Semi non capisce se dovrebbe sentirsi
turbato da quelle parole che – come scatole cinesi – avvolgono
sfumature e sensi reconditi, ma in verità sente di concordare con
lui, ammirato da quella definizione di cui gli sfuggono i contorni.
- «Oggi
una ragazza della tua sezione è venuta a dichiararsi» dice
con noncuranza e non nota come le dita nervose del compagno abbiano
avuto un fremito, tradendo impercettibilmente la sua figura
altrimenti rilassata.
- «Ah
sì. Sei stato crudele a rifiutare così Kimiko-chan,
SemiSemi!»cantilena.
Eita sbuffa, falsamente indispettito da quel nomignolo che Tendo gli
ha imposto quasi a forza, ma di cui sentirebbe la mancanza, anche se
non lo ammetterebbe mai.
- «Mpf.
Non sono tipo che illude le persone, mi spiace»,
replica osservando la reazione del compagno, che annuisce come se
stesse canticchiando fra sé.
- «Che
ragazzo maturo il nostro SemiSemi»
- «Piantala
di chiamarmi SemiSemi!» sbotta
sospirando pesantemente.
- «Piuttosto,
SemiSemi perché non vuoi legarti a nessuno?» domanda;
i suoi occhi cremisi sono quieti e fissi, tutto in lui è fermo ma
non sereno, è quasi una stasi prima dello scoppio e ancora una volta
Eita avverte un senso più profondo, qualcosa scivola nel fondo del
suo stomaco tirandolo pesantemente verso la solida terra. I suoi
occhi gravitano sul volto magro e affilato del centrale,
che non sorride ma nemmeno giudica. C'è qualcosa in quel viso che
molti reputano inquietante, anche per Semi è così, ma in modo
decisamente diverso, che non riesce a afferrare – così come tutto
in lui –. Satori è così dannatamente fumoso, esasperante,
imprevedibile che lui non può fare a meno di rimanerne abbagliato. È
un enigma di cui cerca disperatamente la soluzione, a Semi gli enigmi
sono sempre piaciuti.
- «Che
razza di domanda è Tendō?»
alza lo sguardo al soffitto e le iridi scure si perdono nel formulare
la risposta «Perché non voglio nessuno»
borbotta alla fine, scocciato, mentre il suo sguardo scivola da sotto
le sue lunghe ciglia cercando di carpire i segreti di quel volto, non
soddisfatto da quell'immobilità che non associa alla figura del
centrale, replica «E
tu? Perché non stai con qualcuno?».
-
Satori gli sorride con mestizia e Eita
sussulta interiormente colpito, probabilmente lo ha messo a disagio e
forse per la prima volta nessun trucco adorna quel viso sottile. Non
risponde, o meglio non fa in tempo e chissà se gli avrebbe mai
risposto, Goshiki irrompe nel loro silenzio con l'esuberanza che lo
contraddistingue e che non lo fa accorgere che forse abbia appena
interrotto qualcosa.
-
I due ragazzi annuiscono pensierosi, ma è
Semi che si muove per primo seguendo il kohai, scambiando un lieve
cenno col compagno, che ancora non proferisce parola.
-
Satori lo guarda sfilargli accanto
«Perché tu non vuoi nessuno» sussurra piano, troppo perché
Semi riesca a sentirlo – pare quasi gli sia sfuggito dalle labbra
come alito di vento –, ma va bene così. Non è ancora il momento,
e Tendō si chiede se arriverà mai quel momento per lui.
-
Semi si affaccia dalla porta dell'aula,
lo guarda spazientito, ma nelle sue iridi scorge una timida
scintilla, lo sta aspettando, lo vuole aspettare.
-
«Ah, SemiSemi che animo nobile! Mi
stavi aspettando, eccomi!» cantilena allegro ritrovando la sua
sagacia.
-
«Che cavolo dici, Tendō!? E muoviti
o faremo tardi».
*Cha no yu: cerimonia del té giapponese
__________________________________________________Dreamcatcher's corner
Hola
a todos! Eccomi tornata con questa oneshot senza pretese sulla
sfiga-ship TenSemi, ma che io amo tanto. Questa è la prima di
una serie di ff che hanno come "sfondo" la pioggia, elemento che mi
piace molto e che mi piace ancora di più inserire nelle mie
storie.
Bene spero che abbiate gradito, ringrazio chiunque sia giunto fin qui e vi do appuntamento alla prossima ff!
Prompt utilizzato per la challenge:
14- Thing you said too quietly/Cose che hai detto troppo a bassa voce
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Capitolo 2 *** Gocce di sale ***
Gocce-di-sale
*Spoiler alert
Gocce
di sale
-
- La
pioggia scendeva incessante e picchiettava dolcemente contro il vetro
appannato della finestra; scie lucenti scivolavano ritmiche rendendo
difficile guardarvi attraverso.
- Lo
sguardo nocciola di Yaku seguiva pigramente il percorso di quelle
goccioline argentee; il corpo avvolto da un tepore stordente ma
sereno. A fatica si districò dall'incrocio di gambe e mani che lo
serravano stretto, timorose di perderlo.
- Il
libero si sollevò dall'enorme e moderno futon e si diresse verso le
finestre appannate, all'esterno pareva fosse sera viste le scure nubi
gonfie di pioggia, che non sembravano ancora paghe, l'acqua scendeva
implacabile tagliando il panorama urbano sfumandone i contorni e
rendendo tutto indefinito. Yaku trovava quel tempo di tardo autunno
estremamente rilassante, offrendogli la migliore scusa per rifuggire
il mondo esterno e godersi piacevolmente le proprie confortevoli mura
casalinghe, di cui sentiva sempre più spesso la mancanza. Non era
l'appartamento in sé a mancargli, malgrado il bilocale si trovasse
in una posizione ottimale e fosse decorato in modo impeccabile –
mixando sapientemente linearità moderna e essenziale con il calore
del legno –, quanto colui con cui lo condivideva, e che in quel
momento gli ammiccava da uno dei palazzoni che si intravedevano dalla
finestra.
- L'immagine
ammiccante e tragicamente affascinante di Lev Haiba si stagliava su
uno degli svariati cartelloni pubblicitari che tappezzavano Tokyo.
Yaku sorrise sprezzante a quell'immagine, in quanto la figura
slanciata e trascendente del modello riposava beatamente alle sue
spalle, fra le lenzuola candide e pulite. Il suo sguardo scivolò
dietro di lui, le labbra – prima piegate in una smorfia tronfia –
si tinsero di una sfumatura dolce e appagata. Lev si stiracchiò,
come una gatto alla ricerca di attenzioni, le nivee palpebre ancora
abbassate, le fini sopracciglia, però, si corrucciarono leggermente
mentre le braccia nude avvertivano la mancanza del suo corpo –
prima stretto tra loro.
- Il
giocatore gli si avvicinò, decidendo di essere magnanimo, e
premiarlo posandogli un tiepido bacio fra i setosi capelli argentei.
- «Yaku-san»
mormorò il modello con voce roca, mentre le grandi mani affusolate
si mossero cercandolo affannosamente.
- «Ssh!
Riposa, abbiamo tempo»,
replicò Yaku posandogli la mano sulla guancia fredda come l'aria
mattutina di novembre.
- Lev
sollevò le palpebre, le iridi smeraldine – acute e vibranti – lo
osservarono con chiarezza. «Bugiardo».
- Un'espressione
sofferente comparve sul volto del libero, per poi lasciare
immediatamente posto a una più seria e condiscendente.
- «Lev»
il suo nome parve quasi un bonario rimprovero «Lo
so.», disse semplicemente.
Non riusciva a dirgli altro e nemmeno farsi un mea
culpa. I rispettivi lavori, li
portavano spesso a passare anche lunghi periodi distanti l'uno
dall'altro. Quell'appartamento era il loro
posto. Il tempo smetteva di
scorrere fra quelle mura.
- Yaku
fece poi un sorrisetto arrogante e a Lev parve quasi rivedere il
liceale sicuro e autoritario, quello che gli aveva impresso un segno
dentro, senza che lui se ne rendesse conto, se non molto tempo dopo.
- «Le
cose potrebbero andare diversamente stavolta, sai?» mormorò
sulle sue labbra, mentre con lo sguardo lo pregava. Il modello
sospirò pesantemente e le guance gli bruciarono; il suo corpo
rispose naturalmente a quella supplica, tendendosi appena verso il
suo volto e accogliendo la sua bocca sulla propria. Era fredda, come
sempre, e tumida – gli ricordava la pioggia. Forse perché il loro
primo bacio – scambiato d'improvviso e con l'avventatezza di chi
vuole perdere ogni brandello di razionalità in quel gesto, era stato
sotto la pioggia. Quelle gocce gelide si erano presto mischiate alle
stille salate che si era inconsapevolmente ritrovato a versare,
piangendo come se gli fosse stato fatto dono di qualcosa che non
sapeva nemmeno lui di volere, ma che stava aspettando da molto tempo.
- «Ma
sentitelo, non ti starai sopravvalutando, Yaku?»,
lo prese in giro il russo e, per tutta risposta, Yaku lo morse
dispettoso sulle labbra.
- «Sono
uno dei migliori liberi in circolazione! Perché non dovrebbero
prendermi in Nazionale!?» ribatté
sicuro, battendosi il pugno sul petto. Lev sorrise – c'era un che
di felino nella sua espressione – orgoglioso di quella sicurezza e
certo che quella volta la permanenza a Tokyo del suo giocatore
preferito sarebbe stata sicuramente lunga.
_________________________________________________________________________Dreamcatcher's corner
Eccomi
tornata! Siamo nel post time-skip e questa è la mia personale
visione di come sono evolute le cose tra Lev e Yaku, io li adoro!
Bene breve vaneggio a parte, sono aperte le scommesse per la prossima
ship di questa raccolta. Grazie a chiunque di voi giungerà fino
a qui e a chi lascerà una sua opinione ^^
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