Pluviophile

di Asia Dreamcatcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia al profumo di té ***
Capitolo 2: *** Gocce di sale ***



Capitolo 1
*** Pioggia al profumo di té ***


-too quietly

Questa storia partecipa alla challenge "Thing you said" indetta da Juriaka sul formu di EFP





Pioggia al profumo di tè

Eita socchiude gli occhi e abbandona il capo contro la finestra aperta, ascoltando il ticchettio sinfonico della pioggia. L'aria umida e fresca gli accarezza il bel volto e un tenue sorriso increspa le sue labbra; gli piace il rumore della pioggia, pare una melodia sentita molto tempo addietro e di cui non rimembra le note, e gli piace ancora di più godersi quella piccola pausa fra la fine delle lezioni e l'inizio dell'allenamento con la squadra.
La porta dell'aula scorre, mentre il pinch server è ancora immerso in quell'atmosfera placida e silenziosa; l'alta figura di Satori Tendō avanza con il suo solito passo strascicato e l'aria baldanzosa.
Eita solleva la palpebra e rifila un'occhiata infastidita, che vuole essere d'avvertimento, al centrale, che alza le mani, agitandole come se volesse rassicurarlo sul fatto che non è lì per infastidirlo.
Satori arriccia le sottili labbra in un sorriso sghembo, mentre si siede sul banco accanto al compagno, infischiandosene di una possibile e sgradita invasione del suo spazio personale.
«Hai bisogno di qualcosa, Tendō?», il tono è brusco. Lo è sempre, non perché abbia qualcosa contro di lui o qualcun altro, ma quello è semplicemente il suo timbro, la sua voce è sempre stata scura, sicura a tratti aggressiva. A volte cerca di essere più misurato, ma con Tendō non serve, lui sa, lui capisce, come se la sua abilità di lettura non si esaurisse solo nella pallavolo.
«Mi piace l'odore della pioggia» cantilena in risposta, senza di fatto rispondere. Semi si volta a guardarlo, la cadenza della sua voce gli ricorda il rumore della pioggia, si ritrova a sorridere senza sapere bene il perché. «E che odore avrebbe la pioggia?», chiede socchiudendo nuovamente le palpebre e tornando a godersi l'atmosfera distesa, quasi sognante.
Il centrale osserva attento l'algido profilo di Eita; è elegante, fiero, col naso ben dritto, gli zigomi alti e le labbra ben disegnate. Le sue lunghe dita tamburellano inquiete sul bordo freddo della finestra, mentre la bocca si schiude, ma le parole rimangono impigliate fra le morbide screpolature delle labbra. Distoglie le iridi carminio, posandole sulle foglie autunnali che possiedono il medesimo colore. Allunga il dito affusolato, raccogliendo le piccole gocce scintillanti, per poi portarsele a un palmo dal naso. Inspira profondamente e Eita segue i suoi movimenti lievemente perplesso ma in fondo intrigato.
«Profuma di tè. Hai presente il Matcha? Quello che viene usato per il Cha no yu*. Ecco, mi ricorda qualcosa di molto antico, che porta con sé una strana malinconia... Come se i sentimenti vi si fossero sciolti e mescolati dentro» risponde infine, con tono spensierato, come se le sue parole non racchiudessero qualcosa di molto più profondo.
Semi non capisce se dovrebbe sentirsi turbato da quelle parole che – come scatole cinesi – avvolgono sfumature e sensi reconditi, ma in verità sente di concordare con lui, ammirato da quella definizione di cui gli sfuggono i contorni.
«Oggi una ragazza della tua sezione è venuta a dichiararsi» dice con noncuranza e non nota come le dita nervose del compagno abbiano avuto un fremito, tradendo impercettibilmente la sua figura altrimenti rilassata.
«Ah sì. Sei stato crudele a rifiutare così Kimiko-chan, SemiSemi!»cantilena. Eita sbuffa, falsamente indispettito da quel nomignolo che Tendo gli ha imposto quasi a forza, ma di cui sentirebbe la mancanza, anche se non lo ammetterebbe mai.
«Mpf. Non sono tipo che illude le persone, mi spiace», replica osservando la reazione del compagno, che annuisce come se stesse canticchiando fra sé.
«Che ragazzo maturo il nostro SemiSemi»
«Piantala di chiamarmi SemiSemi!» sbotta sospirando pesantemente.
«Piuttosto, SemiSemi perché non vuoi legarti a nessuno?» domanda; i suoi occhi cremisi sono quieti e fissi, tutto in lui è fermo ma non sereno, è quasi una stasi prima dello scoppio e ancora una volta Eita avverte un senso più profondo, qualcosa scivola nel fondo del suo stomaco tirandolo pesantemente verso la solida terra. I suoi occhi gravitano sul volto magro e affilato del centrale, che non sorride ma nemmeno giudica. C'è qualcosa in quel viso che molti reputano inquietante, anche per Semi è così, ma in modo decisamente diverso, che non riesce a afferrare – così come tutto in lui –. Satori è così dannatamente fumoso, esasperante, imprevedibile che lui non può fare a meno di rimanerne abbagliato. È un enigma di cui cerca disperatamente la soluzione, a Semi gli enigmi sono sempre piaciuti.
«Che razza di domanda è Tendō?» alza lo sguardo al soffitto e le iridi scure si perdono nel formulare la risposta «Perché non voglio nessuno» borbotta alla fine, scocciato, mentre il suo sguardo scivola da sotto le sue lunghe ciglia cercando di carpire i segreti di quel volto, non soddisfatto da quell'immobilità che non associa alla figura del centrale, replica «E tu? Perché non stai con qualcuno?».
Satori gli sorride con mestizia e Eita sussulta interiormente colpito, probabilmente lo ha messo a disagio e forse per la prima volta nessun trucco adorna quel viso sottile. Non risponde, o meglio non fa in tempo e chissà se gli avrebbe mai risposto, Goshiki irrompe nel loro silenzio con l'esuberanza che lo contraddistingue e che non lo fa accorgere che forse abbia appena interrotto qualcosa.
I due ragazzi annuiscono pensierosi, ma è Semi che si muove per primo seguendo il kohai, scambiando un lieve cenno col compagno, che ancora non proferisce parola.
Satori lo guarda sfilargli accanto «Perché tu non vuoi nessuno» sussurra piano, troppo perché Semi riesca a sentirlo – pare quasi gli sia sfuggito dalle labbra come alito di vento –, ma va bene così. Non è ancora il momento, e Tendō si chiede se arriverà mai quel momento per lui.
Semi si affaccia dalla porta dell'aula, lo guarda spazientito, ma nelle sue iridi scorge una timida scintilla, lo sta aspettando, lo vuole aspettare.
«Ah, SemiSemi che animo nobile! Mi stavi aspettando, eccomi!» cantilena allegro ritrovando la sua sagacia.
«Che cavolo dici, Tendō!? E muoviti o faremo tardi».



*Cha no yu: cerimonia del té giapponese

__________________________________________________Dreamcatcher's corner
Hola a todos! Eccomi tornata con questa oneshot senza pretese sulla sfiga-ship TenSemi, ma che io amo tanto. Questa è la prima di una serie di ff che hanno come "sfondo" la pioggia, elemento che mi piace molto e che mi piace ancora di più inserire nelle mie storie.
Bene spero che abbiate gradito, ringrazio chiunque sia giunto fin qui e vi do appuntamento alla prossima ff!

Prompt utilizzato per la challenge:
14- Thing you said too quietly/Cose che hai detto troppo a bassa voce

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Capitolo 2
*** Gocce di sale ***


Gocce-di-sale

*Spoiler alert

Gocce di sale

La pioggia scendeva incessante e picchiettava dolcemente contro il vetro appannato della finestra; scie lucenti scivolavano ritmiche rendendo difficile guardarvi attraverso.
Lo sguardo nocciola di Yaku seguiva pigramente il percorso di quelle goccioline argentee; il corpo avvolto da un tepore stordente ma sereno. A fatica si districò dall'incrocio di gambe e mani che lo serravano stretto, timorose di perderlo.
Il libero si sollevò dall'enorme e moderno futon e si diresse verso le finestre appannate, all'esterno pareva fosse sera viste le scure nubi gonfie di pioggia, che non sembravano ancora paghe, l'acqua scendeva implacabile tagliando il panorama urbano sfumandone i contorni e rendendo tutto indefinito. Yaku trovava quel tempo di tardo autunno estremamente rilassante, offrendogli la migliore scusa per rifuggire il mondo esterno e godersi piacevolmente le proprie confortevoli mura casalinghe, di cui sentiva sempre più spesso la mancanza. Non era l'appartamento in sé a mancargli, malgrado il bilocale si trovasse in una posizione ottimale e fosse decorato in modo impeccabile – mixando sapientemente linearità moderna e essenziale con il calore del legno –, quanto colui con cui lo condivideva, e che in quel momento gli ammiccava da uno dei palazzoni che si intravedevano dalla finestra.
L'immagine ammiccante e tragicamente affascinante di Lev Haiba si stagliava su uno degli svariati cartelloni pubblicitari che tappezzavano Tokyo. Yaku sorrise sprezzante a quell'immagine, in quanto la figura slanciata e trascendente del modello riposava beatamente alle sue spalle, fra le lenzuola candide e pulite. Il suo sguardo scivolò dietro di lui, le labbra – prima piegate in una smorfia tronfia – si tinsero di una sfumatura dolce e appagata. Lev si stiracchiò, come una gatto alla ricerca di attenzioni, le nivee palpebre ancora abbassate, le fini sopracciglia, però, si corrucciarono leggermente mentre le braccia nude avvertivano la mancanza del suo corpo – prima stretto tra loro.
Il giocatore gli si avvicinò, decidendo di essere magnanimo, e premiarlo posandogli un tiepido bacio fra i setosi capelli argentei.
«Yaku-san» mormorò il modello con voce roca, mentre le grandi mani affusolate si mossero cercandolo affannosamente.
«Ssh! Riposa, abbiamo tempo», replicò Yaku posandogli la mano sulla guancia fredda come l'aria mattutina di novembre.
Lev sollevò le palpebre, le iridi smeraldine – acute e vibranti – lo osservarono con chiarezza. «Bugiardo».
Un'espressione sofferente comparve sul volto del libero, per poi lasciare immediatamente posto a una più seria e condiscendente.
«Lev» il suo nome parve quasi un bonario rimprovero «Lo so.», disse semplicemente. Non riusciva a dirgli altro e nemmeno farsi un mea culpa. I rispettivi lavori, li portavano spesso a passare anche lunghi periodi distanti l'uno dall'altro. Quell'appartamento era il loro posto. Il tempo smetteva di scorrere fra quelle mura.
Yaku fece poi un sorrisetto arrogante e a Lev parve quasi rivedere il liceale sicuro e autoritario, quello che gli aveva impresso un segno dentro, senza che lui se ne rendesse conto, se non molto tempo dopo.
«Le cose potrebbero andare diversamente stavolta, sai?» mormorò sulle sue labbra, mentre con lo sguardo lo pregava. Il modello sospirò pesantemente e le guance gli bruciarono; il suo corpo rispose naturalmente a quella supplica, tendendosi appena verso il suo volto e accogliendo la sua bocca sulla propria. Era fredda, come sempre, e tumida – gli ricordava la pioggia. Forse perché il loro primo bacio – scambiato d'improvviso e con l'avventatezza di chi vuole perdere ogni brandello di razionalità in quel gesto, era stato sotto la pioggia. Quelle gocce gelide si erano presto mischiate alle stille salate che si era inconsapevolmente ritrovato a versare, piangendo come se gli fosse stato fatto dono di qualcosa che non sapeva nemmeno lui di volere, ma che stava aspettando da molto tempo.
«Ma sentitelo, non ti starai sopravvalutando, Yaku?», lo prese in giro il russo e, per tutta risposta, Yaku lo morse dispettoso sulle labbra.
«Sono uno dei migliori liberi in circolazione! Perché non dovrebbero prendermi in Nazionale!?» ribatté sicuro, battendosi il pugno sul petto. Lev sorrise – c'era un che di felino nella sua espressione – orgoglioso di quella sicurezza e certo che quella volta la permanenza a Tokyo del suo giocatore preferito sarebbe stata sicuramente lunga.

_________________________________________________________________________Dreamcatcher's corner
Eccomi tornata! Siamo nel post time-skip e questa è la mia personale visione di come sono evolute le cose tra Lev e Yaku, io li adoro! 
Bene breve vaneggio a parte, sono aperte le scommesse per la prossima ship di questa raccolta. Grazie a chiunque di voi giungerà fino a qui e a chi lascerà una sua opinione ^^

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