Crepe

di Beeble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosa desideri veramente, Samael? ***
Capitolo 2: *** Giorni di umana normalità ***
Capitolo 3: *** Umane paure ***
Capitolo 4: *** La crepa più profonda ***
Capitolo 5: *** Fotogrammi e screenshoot ***
Capitolo 6: *** Un po’ di nuova normalità ***
Capitolo 7: *** Stranezze, ricordi e piccoli gesti ***
Capitolo 8: *** Monopoli: probabillità e imprevisti ***



Capitolo 1
*** Cosa desideri veramente, Samael? ***


1. Cosa desideri veramente, Samael?

 

Lucifer con il volto illuminato fissa il padre, Dio, e pronuncia la parola



 

Il tempo immobile, i tre angeli con le ali spiegate, il fiato corto, Mazekin a terra, incosciente.

“Papà” era stato Lucifer il primo a parlare.

“Figlioli… io non voglio che litighiate”

Trascorsero alcuni secondi e nessuno fu in grado di fare alcunché.

Poi Amenadiel si inginocchiò. In fondo la sua fedeltà era sempre andata al paradiso e al Padre, era rientrato nelle sue grazie anche se aveva scelto di restare sulla terra, fra gli umani, con suo figlio.

Lo stesso fece Michael: compiacere il Padre era quello che gli era sempre riuscito meglio. Anche se Dio sapeva tutto, aveva sempre trovato qualche trucchetto per distrarlo dallo scoprire i piani di vendetta che stava portando avanti.

 

Lucifer no, aveva portato avanti la ribellione a testa alta.

Quando era stato scoperto non si era nascosto, aveva detto di essere l’ideatore e il capo della rivolta.

Quando lo avevano punito per ciò che aveva osato fare, quando anche alcuni dei suoi stessi fratelli lo avevano umiliato, lui aveva affrontato ogni cosa a testa alta.

Senza battere ciglio.

Quando suo padre aveva deciso di bandirlo dal paradiso per mandarlo a governare gli inferi aveva solo fissato negli occhi suo Padre e gli aveva detto la stessa parola che aveva appena pronunciato. La stessa parola che aveva pronunciato l’ultima volta che si erano visti.

L’ultima volta suo Padre si era voltato e se ne era andato lasciando ad altri il compito di portarlo all’inferno.

Stavolta stava guardando proprio lui.

Non guardava Amenadiel, non guardava il suo fratello gemello.

Fissava lui, il suo figlio prediletto, con gli occhi lucidi.


 

“Samael” disse “Lucifer...” aggiunse.


 

Michael mosse impercettibilmente la testa. Era infastidito da tanta cortesia nei confronti del figlio.

Del figliol prodigo.

Come aveva potuto non pensarci.

Era quello che suo fratello era diventato. Il figliol prodigo che torna alla casa del Padre dopo aver sbagliato e dopo aver deluso il Padre centinaia di volte.

Ma Lucifer non voleva tornare a casa, suo Padre si sarebbe infuriato e avrebbe condannato Lucifer ad altre migliaia di eoni da tra cenere e fuoco.


 

“Non avevo un piano, ero arrabbiato quando ti bandii. Nulla di questo era un mio piano. Eccetto il piccolo dono dato alla donna che ami. Il dono di vederti come sei.”

Dio sorrise appena nella direzione di Amenadiel.

“Per la prima volta dalla ribellione hai a cuore la vita di altre persone e non per interesse personale, per via di un favore, per qualche ragione egoistica. Quindi dimmi Samael, cosa desideri veramente?”

Quella di suo Padre era una semplice domanda, ovviamente avrebbe potuto tirargli fuori qualsiasi verità volesse, ma glielo chiese semplicemente.

Nella mente di Lucifer tutto si fece chiaro e cristallino.

Sapeva bene cosa stava per dire alla detective qualche minuto prima, aveva capito cosa contava davvero.

“Invecchiare con Chloe”

“Sia” rispose il Padre. “Ti lascerò le tue ali e il tuo potere. Con quelli e con la tua esistenza mortale dovrai dimostrare di essere degno del paradiso se vorrai trascorrere l’eternità con lei.”

Ogni peso sembrò scrollarsi dalle spalle di Lucifer. Iniziare una nuova vita senza il peso, ma con tutto ciò che aveva imparato dalla precedente, sarebbe stato più facile. O forse più difficile, ma avrebbe fatto in modo di riuscire in ciò in cui non aveva mai smesso di credere.

 

“Amenadiel, alzati” il fratello più grande si alzò. Dio parlò con lui sottovoce e non davanti a tutti come aveva fatto con Lucifer.

Anche l’uomo chiese di invecchiare con Linda e di poter continuare a svolgere anche il suo servizio di angelo, quando ce ne fosse stato bisogno. Gli chiese anche di benedire la sua famiglia e proteggerla. Dio sorrise “Sai che lo faccio da sempre con tutti... io non ho mani, ho le vostre mani*”.

 

“Michael, alzati” disse infine al terzo fratello, ancora inginocchiato.

“So tutto - disse mettendogli la mano sulla spalla - le manipolazioni, gli inganni, i tentativi di nascondermi tutto”.
Le labbra dell’uomo si aprirono solo per chiudersi di nuovo senza riuscire a pronunciare nulla.

“Ti perdono figliolo, ma devi tornare a casa con me ed imparare di nuovo a distinguere fra il bene e il male… però... mi hai aperto gli occhi su qualcosa che credevo non avrei mai visto...”

Il suo sguardo si posò sulla donna stesa a terra priva di sensi, una guerriera.

“Padre, no!!” Lucifer si mosse velocissimo e si frappose fra il padre e Mazekin.

Dio sorrise di nuovo al figlio.

“Lo avevo capito che tenevi anche a lei… Non la toccherò cancellando la sua esistenza dalla faccia della terra, solo ti chiedo di ridarle l’anello, ha poteri inimmaginabili, forse un giorno, potrebbe riuscire ad avere ciò che desidera ardentemente...”

Lucifer era sconvolto.

Il padre non voleva annientare il demone, anzi, aveva visto qualcosa in lei...

Così Lucifer si sfilò l’anello e lo mise nella mano semichiusa dell’amica.

“Perdonami” le sussurrò solo con le labbra socchiuse.

 

E così, dopo aver fissato Amenadiel e Lucifer un’ultima volta sfiorò il braccio del terzo e in un lampo di luce, come era arrivato se ne andò con il gemello di Lucifer, restituendo al tempo il suo flusso e riportando ogni cosa al suo posto.

 

Lucifer con gli occhi lucidi della detective fissi sui suoi.

Amenadiel camminava all’interno della centrale. Rallentò il passo per realizzare cosa era accaduto.

Maze all’ingresso della centrale, intenta a fissare l’anello che aveva fra le mani e a realizzare che il diavolo in persona le aveva chiesto scusa. Che Dio non l’aveva sfiorata cancellandola dall’esistenza.

 



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*da una poesia preghiera Raoul Follereau

Note dell'autrice

Una sera avevo bisogno di esorcizzare in qualche modo questa pandemia portandola dai nostri eroi.
In qualche modo, se l'affrontano loro, la affrontiamo anche noi, di nuovo.
Poi ho provato a darle una forma seria e sensata.
Questo è il primo capitolo, fatemi sapere che ve ne pare.

 

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Capitolo 2
*** Giorni di umana normalità ***


2. Giorni di umana normalità
 


 

“Chloe” ripetè Lucifer.

Le sue ciglia si abbassarono e si rialzarono.

“Io ti amo…

Il volto della detective si schiuse in un sorriso

“mi dispiace di averci messo così tanto a dirlo… sono più avvezzo alle dimostrazioni pratiche” Lucifer ammiccò ma la detective capì cosa voleva dire.

 

Nella sua mente le immagini vivide di lui che la seguiva anche se gli aveva chiesto di non farlo, lui che si faceva sparare, lui che l’aveva coperta con le sue ali (ormai aveva scoperto che quell’immagine confusa che ricordava non era frutto della sua immaginazione).

Chloe gli prese il volto fra le mani e lo baciò così intensamente che avrebbero potuto dimenticare il pranzo, la cena e anche la colazione del giorno seguente con facilità.

“C’è un’altra cosa che devo dirti...”

“Posso prendermi il giorno libero… Trixie è a scuola” disse baciandolo di nuovo “Posso ascoltarti fino alle 15.30” gli sussurrò poi all’orecchio con tono decisamente non innocente.

“Detective!” esclamò lui sorridendo e seguendola tenendo una mano sul suo fondoschiena.

 

Il viaggio in macchina fu breve e, una volta raggiunta casa Decker lo spazio per le parole fu davvero poco. Pochissimo.

La passione infiammò i cuori e i corpi dei due strappandoli ad ogni pensiero razionale.

 

 

 

Le scarpe eleganti e lucide di Lucifer erano abbandonate nell’ingresso accanto a quelle che Chloe usava al distretto.

Uno dopo l’altro i vestiti lasciavano una scia che raggiungeva la camera.

Ormai era passata un’ora da quando erano entrati dalla porta di casa.

Accoccolati sotto le coperte stavano ancora guardandosi negli occhi con il cuore pieno di sentimenti troppo grandi.

 

“Prima, Amenadiel ha fermato il tempo, poi io e lui abbiamo fatto a botte con Michael e Maze e infine è arrivato mio padre...”

Gli occhi della detective si allargarono fino a risultare in uno sguardo interrogativo.

“Intendi… tuo padre… Padre?” domandò scuotendo leggermente il capo.

“Sì, l’unico e inimitabile” rise Lucifer.

“E?” lo incalzò la donna impaziente.

 

“Gli ho chiesto di diventare mortale” disse come se stesse raccontando cosa aveva mangiato a colazione.

“Tu… cosa?”

“Volevo invecchiare con te Chloe” disse alzando le spalle e sistemandole i capelli dietro le orecchie con un gesto delicato.

Chloe sembrava di nuovo immobile, come quando Amenadiel aveva bloccato il tempo. Poi però le palpebre avevano iniziato a battere e le lacrime avevano iniziato a scendere.

Lucifer non sapeva cosa fare. Non era ancora pratico di lacrime.

“Ho detto qualcosa di sbagliato?” le lacrime aumentarono.

Poi la detective lo baciò di nuovo.

“L’amore, quando è troppo, non possiamo contenerlo nel nostro corpo, ecco, esce dalle lacrime” spiegò lei a fior di labbra.

“Ti amo detective” rispose lui sentendo l’angolo del suo occhio bagnarsi.

 

Fu così che quel giorno arrivarono in ritardo a prendere Trixie a casa da scuola.

La piccola monella li aveva guardati per niente convinta delle scuse che avevano accampato.

Avrebbe scoperto cosa le stavano nascondendo.


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Grazie Baldr, kirax94 e
Ele28081986 per le vostre recensioni!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto... dal prossimo entrerò nel vivo del tema che vorrei trattare...

A presto!


 

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Capitolo 3
*** Umane paure ***


3. Umane paure


 




 

Chloe e Lucifer stavano insieme ormai da 3 mesi.

Trixie aveva capito il segreto che avevano provato a nascondere.

Aveva anche capito che Lucifer non mentiva e quindi aveva chiesto direttamente a lui “Tu e la mamma siete fidanzati?” gli aveva chiesto fissandolo dritto negli occhi.

Lui aveva risposto con un candido “Sei sveglia piccola umana!”.

 

Ogni tanto Lucifer andava a prendere Trixie a casa da scuola.

In realtà da un mese Trixie non andava più a scuola. Non si poteva.

Anche il Lux era chiuso da un mese. L’apertura di ogni tipo di locale dove potessero crearsi gruppi di persone era stata vietata da un’ordinanza.

 

Quella maledetta pandemia aveva portato via un pezzo alla volta, la normalità.

All’inizio Trixie aveva preso bene la notizia di avere qualche giorno di vacanza in più.

Aveva insegnato a Maze a giocare a UNO per poi costringerla a partite interminabili.

Aveva fatto le ore piccole con Lucifer e Chloe a giocare a Monopoli.

Anche se molto tardi, Lucifer rientrava sempre al Lux per la notte.

 

Dopo un paio di settimane la scuola si era organizzata: le lezioni erano ricominciate online.

Trixie a cui non piaceva stare ferma, a volte girava per la casa con il tablet in mano.

 

Era stato divertente all’inizio. Chloe ogni tanto l’aveva portata alla centrale per seguire le lezioni. Alla bambina era piaciuto vedere mamma e papà lavorare insieme a Lucifer, a Maze e ad Ella.

A volte erano davvero buffi. Quando non c’erano lezioni Trixie metteva la colonna sonora degli Avengers sul tablet al massimo volume, sistemava bene le cuffie sulle orecchie e infine immaginava che ognuno di loro avesse un superpotere.

Maze aveva la superforza (poteva sollevare un camion con le sue sole mani), Ella possedeva la vista a raggi X (per nasconderlo al mondo usava quegli strani occhiali nel suo laboratorio), Lucifer invece poteva volare (non come Ironman, ma magari con un paio di ali).

Poi c’era papà, lui poteva correre alla velocità della luce (era per quello che arrivava sempre puntuale a prenderla quando doveva passare qualche giorno con lui), mamma invece sapeva leggere nella mente delle persone (ogni tanto socchiudeva un occhio e capiva subito cosa avevano combinato le persone).

 

All’inizio l’influenza che si stava diffondendo sembrava un’influenza che al massimo poteva far star male chi era più anziano, chi era più fragile.

Poi le notizie dal resto del mondo avevano iniziato a preoccupare.

Dalla Cina, poi dall’Italia e poi da ogni nazione iniziarono ad arrivare le notizie di centinaia e poi migliaia di persone morte, di ospedali e sistemi sanitari al collasso.

Anche le persone giovani e adulte morivano per colpa di questo virus che avevano chiamato Covronavirus. Un nome che risuonava sempre più spesso nelle conversazioni fra le persone.

 

La centrale non era più un posto sicuro, era meglio che Trixie restasse casa.

La maggior parte delle volte Lucifer stava con lei: i consulenti erano stati inseriti nella lista del personale non essenziale alla centrale e con il Lux chiuso aveva comunque ben poco da fare. E poi con la piccola si divertiva in attesa che tornasse la madre. La piccola Decker aveva l’intelligenza della madre e la sfacciataggine del padre.

Inoltre lui sapeva ancora tutte le lingue del mondo e poteva aiutarla per i compiti di spagnolo o italiano senza difficoltà. Trixie aveva un talento particolare, di tanto in tanto insisteva per fare conversazione con Lucifer in una delle lingue che studiava. Lucifer doveva sforzarsi di non usare termini troppo difficili anche se la bambina era curiosa, una volta imparato il significato di una parola, poteva scommetterci che l’avrebbe infilata nella frase seguente.

 

 

Nemmeno il lockdown, la misura imposta dal governo per cui si limitavano le uscite da casa a ciò che era strettamente essenziale, fermava il lavoro alla centrale di polizia: ladri, assassini ed ogni genere di canaglia non avevano rispetto per alcuna regola.

Chi compiva un reato non portava di certo una mascherina.

 

La situazione si protraeva ormai da un mese.

Le mascherine scarseggiavano, spesso al distretto si riutilizzavano le stesse per più giorni.

Oppure ci si arrangiava con quelle di stoffa autoprodotte.

Gli ospedali iniziavano a far fatica a gestire la situazione. Anche lì a Los Angeles, si convertivano normali reparti ospedalieri in reparti di terapia intensiva. Si costruivano ospedali da campo dove c’erano grandi spazi liberi come aeroporti, ormai quasi inutilizzati.

Le industrie e i servizi non essenziali erano stati chiusi.

Ai supermercati si faceva la fila per entrare e si guardava con sospetto chiunque si avvicinasse troppo.




 

Una sera Chloe era arrivata a casa ed erano ormai le undici passate.

Aveva salutato velocemente Lucifer ed era andata alla porta della camera della figlia.

L’aveva solo guardata dormire, la camera era illuminata fiocamente dalla luce di una piccola sfera stellata che teneva sempre accesa la notte, da quando l’aveva ricevuta il Natale precedente dal padre.

Lucifer la vide scivolare lentamente sullo stipite della porta fino a sedersi a terra.

Chiudere piano la porta e appoggiare la testa sulle ginocchia.

Le fu accanto in un momento.

“Che succede?” le chiese.

“Non...” Chloe faceva fatica a respirare o meglio… faceva respiri veloci e superficiali.

“Luci...” provò di nuovo.

Lucifer si sedette accanto a lei e la strinse semplicemente a sé.

Il cuore di lei batteva all’impazzata, tremava appena.

Per cinque minuti le baciò i capelli, le carezzo la schiena, la testa, le guance.

Era stato in grado solo di dire stupidamente solo “Sono qui, andrà tutto bene, Chloe sono qui, ti amo”.

Quando la donna riuscì a risollevare il volto era rigato di lacrime. Ogni certezza, ogni futuro, ogni speranza sembrava sbriciolarsi sulla terra dove stava camminando. C’era Lucifer a tenerle la mano per non farla annegare nella marea che sembrava salire. Faceva tutto dannatamente male.

 

 

Quello era stato solo il primo attacco di panico di una lunga serie.

Ormai Lucifer se ne accorgeva quasi prima di lei, le era accanto prima che crollasse.

Avrebbe sollevato il mondo sulle braccia se questo avesse potuto sollevarla dal suo dolore.

Non poteva. Poteva starle accanto ed alleviarlo aiutandola a risollevarsi ogni giorno.






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Il capitolo parla in qualche modo di Lucifer e Chloe, ma anche di me... Ho scritto tutto ciò nel tentativo di esorcizzare e raccontare una parte di ciò che ho vissuto...
Spero anche che possa in qualche modo, calzare anche ai personaggi.

Un grande GRAZIE a chi ha messo la storia fra le seguite e le ricordate.
In particolare grazie a kirax94 , Baldr (andate a leggere qualche sua fic su Lucifer, ne ha scritte di davvero carine!) , Beba42491234 e Inf4nity (anche lei ha qualche fic interessante su Lucifer!) per le recensioni lasciate.

Al prossimo capitolo
Fabiola


 

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Capitolo 4
*** La crepa più profonda ***


 

4. La crepa più profonda


 

 

Ogni giorno sembrava composto di crepe nel muro.

Le crepe del giorno prima che venivano stuccate alla bell’e meglio.

Le nuove crepe che sembravano rendere ogni giorno la struttura più instabile.

Eppure la vita continuava ad andare avanti. Doveva andare avanti.

 

 

Poi un pomeriggio, sulle 18.00 il telefono di Lucifer aveva squillato: “Luci...” la voce della donna sembrava rotta.

“Chloe… cosa è successo? Sei ferita?”

“Luci…” poi solo singhiozzi.

“Ti prego parlami, dimmi che stai bene, che stanno tutti bene alla centrale…”

“Io sto bene” riuscì a dire tirando su con il naso.

Luci rilassò la schiena: stava per far uscire le ali per essere da lei in un istante.

“Dimmi che c’è?” la pregò lui.

“Non torno a casa stasera...” silenzio. Lucifer le lasciò il suo tempo. Ora che sapeva che stava bene, riusciva ad aspettare che avesse la forza di parlare. Quei tempi duri gli avevano insegnato molto sulla comunicazione, su Chloe, su di sé, sul genere umano in generale.

 

“Oggi eravamo tutti di sorveglianza alla manifestazione, ricordi? – iniziò lei – doveva essere pacifica, ma poi tutte quelle persone senza mascherine...” Chloe si bloccò di nuovo.

“Alcuni hanno lanciato dei petardi, ed è stato il caos, persone ovunque...”

“Sono stata a contatto con centinaia di persone senza mascherina e anche se io la portavo è troppo rischioso tornare a casa… il distretto ci ha messi tutti in isolamento… dicono che se non abbiamo un luogo isolato dove stare ci pagheranno una stanza d’hotel.”

“Non se ne parla… io sto qui con Trixie e tu vai al mio appartamento sopra il Lux...”

“Lucifer… io… non volevo chiedertelo...”

“Sai che farei di tutto per te, detective...” sorrise lui con gli occhi umidi.

“Passo più tardi a darti la buonanotte?” chiese ancora con la voce leggermente roca.

“Luci… sei umano adesso...”

Un paio di mesi prima Lucifer aveva avuto il primo raffreddore della sua esistenza. L’aveva trovata persino un’esperienza emozionante il primo giorno, salvo iniziare a lamentarsi con l’intero distretto di polizia il giorno seguente. Ora era vulnerabile, era umano.

“Detective...” sussurrò solo lui comprendendo quello che gli stava dicendo.

 

 

Alla mente dei due apparvero immediatamente, come era già accaduto, le immagini di altri momenti passati insieme che ora assumevano un significato così diverso.

Chloe che si gettava sul corpo di Lucifer per proteggerlo dall’esplosione e lui che si stupiva perché lei avrebbe sacrificato la sua vita pur di proteggerlo.

L’immagine di Lucifer che tornava all’inferno per salvarla, per salvare il mondo e la sua amata, dal male che poteva scatenarsi se l’inferno fosse stato senza un re.

Lucifer che si gettava davanti all’ascia destinata alla donna. Anche se avrebbe potuto morire perché vulnerabile per via della sua vicinanza.

 

Stavolta per non mettere in pericolo la vita l’uno dell’altro, la vita di Trixie, era richiesto il sacrificio più grande.

Stare separati.

 

Era la crepa più profonda delle precedenti quella che si stava allargando.

Era l’Amore che doveva essere distante per essere tale.

 

“Per quanto tempo?”

“Quindici giorni… se non avrò sintomi e se il tampone sarà negativo potrò tornare a casa...”

 

 

Trixie si sporse dalla porta della cucina dove stava facendo i compiti e chiese a Lucifer:

“Che dice la mamma, torna prima stasera?”



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Ringrazio le 85 persone che hanno letto il precedente capitolo.
Un grazie anche alle 5 persone che la seguono, alle 2 che l'hanno inserita fra le ricordate e una persone che l'ha inserita fra le preferite.

Se ve la sentirete di lasciare un commento, anche piccino piccino, ve ne sarò grata. Tutto ciò che scrivo ovviamente non è solo finzione e immaginazione, ma parte di ciò che ho provato o provo in questa situazione.

Buona settimana a tutti!
Fabiola

 

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Capitolo 5
*** Fotogrammi e screenshoot ***


5. Fotogrammi e screenshoot

 

 

Lucifer si alzò dal divano.

Ora c’era lui con Trixie. Nessuno avrebbe potuto farlo al suo posto, nemmeno volendo.

Dan e Chloe erano entrambi in isolamento.

Raggiunse la bambina che si stava destreggiando con due squadre ed una matita su un foglio da disegno.

Si sedette accanto a lei e radunò mentalmente le forze e sperò di riuscire a farlo nel modo migliore possibile.

“Trixie...” disse con voce calma “la mamma dovrà stare al Lux per un po’… al lavoro hanno detto che deve stare un po’ di tempo da sola...”

Trixie lo fissò negli occhi. Se Lucifer riusciva ad omettere la verità con gli altri gli occhi della sua piccola umana preferita erano come un rilevatore di omissioni per lui.

Era come se avesse una sorta di potere su di lui.

“in isolamento… la mamma sta bene ma deve stare lì per un po’ perché...”

Lucifer deglutì. Fare il genitore in quel momento era dannatamente complicato

“… se dovesse essere ammalata non vorrebbe far ammalare te oppure me...”

Gli occhi di Trixie si riempirono di lacrime, provò a ricacciarle indietro ma non funzionava.

Un giorno Chloe gli aveva detto che il troppo amore può traboccare nelle lacrime.

Tese la mano a Trixie e in un istante se la trovò fra le braccia. La stringeva come una neonata.

Sembrava essere improvvisamente più piccola. “Sono preoccupato anche io” ammise solo.

Gli sembrava giusto non essere ipocrita. Gli sembrava corretto farle capire che non era la sola a soffrire.

 

 

 

 

 

Chloe era entrata nell’appartamento vuoto sopra al Lux.

Il pianoforte. Quanti ricordi.

Il letto sfatto. Non aveva potuto non stendersi lì, avvolta dal profumo di Lucifer per poter fingere, socchiudendo gli occhi, che tutto fosse normale.

Poi aveva notato che sulla testiera del letto c’erano delle foto incastrate. Si sollevò per andare a vederle. Non sapeva quando erano state scattate, probabilmente una delle volte in cui Lucifer era andato a prendere Trixie a casa da scuola.

Erano quelle foto fatte alle macchinette in cui si scattavano quattro foto con le facce più strampalate. Ne aveva due file.

Dagli occhi di Chloe scesero due grosse lacrime. In quel posto esatto c’era qualcosa di entrambe le persone che amava di più al mondo.

 

Lucifer l’aveva chiamata per dirle con un po’ di imbarazzo dove trovare dei vestiti da donna se doveva cambiarsi… anche se le aveva promesso che le avrebbe portato davanti alla porta dell’appartamento qualcosa dal suo armadio a casa (avrebbe portato tutto volando non appena Trixie si fosse addormentata).

Chloe inoltre aveva ricevuto da Lucifer istruzioni su dove trovare un portatile con connessione ad internet in modo da poter fare una videochiamata con Trixie.

 

Nel frattempo Lucifer aveva ordinato un dispositivo per connettere la televisione nel salotto e una webcam per avere sempre Chloe a portata di vista o di orecchio in qualunque posto della casa fossero.

 

Quella sera si connetterono con il tablet di Trixie.

“Mamma!” esclamò subito lei.

Il cuore di Lucifer mancò un battito. Chloe indossava una sua camicia come il giorno del suo compleanno in cui l’aveva trovata nel suo appartamento così, appena sotto le coperte.

“Scimmietta!” aveva detto Chloe.

E da abile madre quale era si era fatta raccontare tutta la giornata di Trixie prima di passare ai discorsi più difficili.
“Mamma quanto tempo devi stare distante?”

“Due settimane Trix… ma sarò sempre qui… quando vuoi mi chiami, sono sempre qui...”
La bambina aveva annuito e aveva appoggiato la testa al braccio di Lucifer.

Lucifer aveva spiegato ancora un paio di cose sulla casa a Chloe.

“Luci” gli disse Chloe sottovoce.

Il programma fece un trillo.

Lucifer toccò la notifica e vide quello che Chloe gli voleva mostrare.

Lui e Trixie addormentata che ormai aveva la testa appoggiata sulla gamba di Lucifer.

La mano di Lucifer sulla sua testa.

 

Con un altro tocco tornò alla videochiamata… sorrise solamente.

“Grazie” disse lei.

“Tutto questo… se abbiamo tutto questo è grazie a te” disse Lucifer controllando il nodo alla gola che gli stava salendo.

“Ho visto le foto...” disse indicando la testiera del letto… “è così dolce”

L’uomo sorrise solo sfiorando lo schermo in corrispondenza del volto della sua detective.

 

“Ti devo chiedere un altro favore… riusciresti a far collegare anche Dan a questo account per le videochiamate… so che voi due non siete sempre...”

“Certo…” la anticipò lui “è il padre di Trixie… e le vuole bene… vedo se gli faccio avere una connessione decente… non può sopravvivere alla quarantena con una connessione del paleozoico...” scherzò sottovoce.

Chloe lo guardò solo sorridendo.

Lucifer spostò delicatamente Trixie di lato. Le mise un cuscino sotto la testa e la coprì con il plaid che usava sempre Chloe.

 

Poi andò a riempire una valigia con i vestiti preferiti di Chloe, qualche indumento intimo, qualche pigiama.

Poi la vide. La collana che le aveva regalato. Non la portava al lavoro, aveva paura di perderla.

La prese fra le mani.

Dalla porta della camera vedeva ancora la piccola Trixie illuminata dalla luce fioca del tablet che aveva lasciato acceso lì accanto.

Il momento perfetto non esisteva.

Si frugò nel taschino della giacca e dopo qualche secondo richiuse la scatola della collana e la infilò nella valigia per Chloe insieme a tutto il resto.

Si avvicinò di nuovo al tablet solo per dirle “Arrivo”.

Poi uscì dalla porta sul retro e con qualche battito di ali raggiunse il Lux.

Aveva un passaggio per arrivare all’ascensore dal tetto.

Lasciò nell’ascensore la valigia e poi si rialzò in volo per raggiungere il terrazzo.

Chloe lo vide e fu lì in un attimo. Un vetro a separarli.

Fronte contro fronte.

Le mani dell’uno su quelle dell’altro.

Qualche millimetro a separarli.

“Ti amo” disse solo guardando la detective negli occhi.

“Ti amo anche io”.

Lontani o vicini il loro amore non poteva finire.

 

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Un grazie alle 42 persone che hanno letto lo scorso capitolo.
Grazie anche alle 6 che l'hanno messa fra le seguite, alle 2 che l'hanno messa fra le ricordate e a chi l'ha messa fra le preferite.

Se qualcuno vuole lasciare un commento, anche brevissimo, è super apprezzato!


 

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Capitolo 6
*** Un po’ di nuova normalità ***


5. Un po’ di nuova normalità

 




 

Lucifer era tornato a casa da Trixie.

La piccola era ancora profondamente addormentata. L’uomo le aveva sfilato le scarpe per poi portarla a letto e sistemarle sopra le coperte.

Lui si sistemò sul divano avvolto nel plaid beige di Chloe. Non si sarebbe sentito a suo agio a dormire nel letto di Chloe. Anche se l’avevano condiviso molte volte, non si era mai fermato a dormirci la notte, non gli sembrava giusto.

Cullato dal pensiero di quel dolce segreto che non aveva condiviso con nessuno si addormentò.

Lucifer non era abituato a dormire a lungo, pur essendo umano, i ritmi della gestione del Lux lo avevano abituato a poche ore di sonno.

Quindi alle 5.00 del mattino era già in piedi. Aprì leggermente la porta di Trixie giusto per controllare che fosse ancora lì, se stesse bene.

Dormiva abbracciata al peluche mostriciattolo che le aveva regalato Maze.

 

Mentre la fissava nella penombra delle prime luci del giorno, Lucifer si suo padre si fosse mai, metaforicamente, affacciato alla porta dell’inferno per vedere come stava. Aveva messo da parte il suo rancore per lui, ma ancora si faceva molte domande al riguardo.

 

Poi decise di preparare una colazione dolce per Trixie, tanto valeva non tentare nemmeno ad avvicinarsi ai toast, non gli sarebbero riusciti come sapeva farli la detective.

Recuperò del latte, del cacao, della farina e dello zucchero.

Poi dallo smartphone sfogliò qualche notizia del giorno. Chloe da un mese era ossessionata dai numeri, non appena il bollettino usciva correva a guardarlo in maniera quasi ossessiva. Lucifer non sapeva se questo le facesse più male che bene, ma aveva immaginato che ciascuno, in quella situazione doveva trovare il modo per sentire di avere il controllo.

Lui invece scorreva solo i titoli. I numeri gli ricordavano troppo l’inferno e i giorni trascorsi lì.

Gli ricordavano che lui, Chloe, Trixie, Ella, tutti gli umani che conosceva, avrebbero potuto diventare solo numeri. Non era un pensiero edificante con cui svegliarsi il mattino o con cui addormentarsi la notte.

Così per scrollarsi di dosso tutto ciò chiuse il browser e avviò whatsapp.

Scrisse a Chloe per prima “Quando sei sveglia scrivimi così avviamo la videochiamata. Siamo resistiti a distanze maggiori.”

Poi mandò un messaggio a Dan “Dovrebbe arrivare un corriere. Ritira tutto. Modem e computer non dovrebbero essere difficili da avviare, ma se ci sono problemi chiamami”.

Dan non era tipo da tablet, il computer, più stabile, più pratico faceva al caso suo.

Lucifer non ci aveva pensato un attimo, aveva pagato tutto con la sua carta di credito e aveva fatto spedire tutto all’indirizzo del suo “fratello di bracciale”. Aveva fatto anche addebitare qualche mese di connessione internet sul suo conto.

Infine scrisse ad Ella “Come stai?”. Messaggio stupido, ma la sua amica avrebbe capito che voleva esserle vicino.

Maze aveva continuato a lavorare con loro. Ma non si era mai fermata a parlare con Lucifer di cose che non fossero di lavoro e men che meno della faccenda dell’anello di Lilit.


 

Poi iniziò a preparare la cioccolata calda. Densa e molto zuccherata.

Ne preparò una tazza per sé e una per Trixie. Avrebbe voluto portarne una anche alla detective ma non voleva rischiare che la piccola si svegliasse mentre era via.


 

Così pian piano con le due tazze fra le mani andò a sedersi sul bordo del letto di Trixie.

“Buongiorno” le disse piano.

La bambina si stropicciò gli occhi e lo fissò con gli occhi socchiusi.

“Cioccolata?”

I suoi occhietti si spalancarono.

“Sìììììì” fu seduta e in un secondo aveva in bocca la cioccolata forse ancora un filo troppo calda.

In quel momento il telefono di Lucifer emise uno di quei suoni fastidiosi. Uno di quelli predefiniti.

Dava fastidio a tutti tranne che a lui.

Era un messaggio di Chloe, si era svegliata.

“Andiamo, diamo il buongiorno alla mamma al tablet”

 

Si rese appena conto di aver usato la parola mamma esattamente nel modo in cui la usano i padri.

 

Così fecero colazione davanti al tablet mentre Trixie rideva perché Chloe non riusciva a far funzionare la macchina del caffè dell’angolo bar di Lucifer.

 

Più tardi arrivò anche da loro il corriere e Lucifer collegò la tv alla connessione internet e ad una webcam in modo da poter sempre essere connessi con Chloe.


 

Nel pomeriggio, dopo una lunga telefonata con Dan, riuscirono a vederlo nella videochiamata.

Sembrava stanco ma Trixie, per fortuna non sembrò farci caso.

Gridava ancora un po’ troppo al microfono del computer, ma sarebbe andata meglio con il passare dei giorni.

Chloe disse a Luci cosa poteva cucinare per cena e tutto sembrò stranamente nuovamente normale, in qualche modo.

Mentre Chloe girava alla ricerca di qualcosa da cucinare nell’appartamento sopra al Lux, Lucifer notò che la valigia che aveva portato a Chloe era ancora chiusa. Probabilmente, a giudicare da ciò che portava, stava ancora indossando solo abiti suoi.

Ognuno trova il suo modo per convivere con il dolore.



 

Qualcuno sceglieva modi mortali per imbrigliare l’eternità.





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Un grazie enorme a Yunomi che ha letto e recensito alcuni dei capitoli precedenti.
So che in questo capitolo si muovono poche cose, ma spero di riuscire a movimentare un po' il prossimo.
Grazie anche alle 65 persone che hanno letto lo scorso capitolo.
Se vi va di lasciare una recensione, anche piccolina, ne sarei contenta.

A presto, Fabiola

 

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Capitolo 7
*** Stranezze, ricordi e piccoli gesti ***


6. Stranezze, ricordi e piccoli gesti

 

 

Quando Chloe si alzò il mattino dopo si rese conto che doveva assolutamente farsi una doccia… anche se sarebbe stato incredibilmente strano usarla da sola, in assenza di Lucifer.

E soprattutto avrebbe dovuto aprire la valigia.

Lo sapeva che era stupido ma non voleva farlo. Disfare la valigia sarebbe stato come accettare quella situazione temporanea. Non era pronta.

Chloe aprì la zip della valigia gialla, ci infilò la mano e tirò fuori la prima cosa che trovò.

Un paio di pantaloni color caramello. La rituffò, la fortuna le fece afferrare un girocollo nero.

Trovò l’intimo nella tasca esterna. Nel suo disordine, Lucifer aveva un ordine tutto suo di fare le valigie e Chloe lo aveva imparato anche se da quando stavano insieme erano riusciti a ritagliarsi un solo weekend insieme.

Trixie era rimasta da Dan. Loro due invece erano fuggiti alla spiaggia del loro primo bacio.

Mentre si mette sotto il getto di acqua calda con gli occhi socchiusi torna a quei giorni.

 

Lucifer aveva affittato un piccolo bungalow sulla spiaggia. Stesi sul letto potevano vedere le onde del mare infrangersi dolcemente sul bagnasciuga.

“Non te l’ho mai chiesto, perché mi hai baciato dopo che ti avevo elencato tutti i motivi per cui non ero degno di te?” aveva chiesto con quella sua ingenuità che faceva tenerezza a Chloe.

Lei aveva riso appena “Era la più bella dichiarazione d’amore inconsapevole che avessi mai ricevuto, ci credevi davvero…” si era fermata un istante prima di riprendere “e perché in fondo nessuno di noi crede di essere degno, nessuno Lucifer, umani e esseri celesti, come hai scoperto...”.

“No, detective, tu hai sempre meritato…” ma non aveva saputo finire la frase, l’aveva solo stretta a sé.

“Te? Qualcuno di migliore? Qualcuno di peggiore?” aveva sorriso accarezzandogli la barba che pungeva appena.

Si era accoccolata fra le sue braccia e aveva continuato: “Credo che l’amore non si meriti, né il più grande, né il più piccolo, né il migliore o il peggiore. Qualunque amore non può mai essere meritato completamente. Altrimenti non sarebbe amore…”.

Più tardi quella notte Lucifer l’aveva fatta vestire con un maglioncino e un giaccone invernale e l’aveva portata per la prima volta a vedere la costa dall’alto.

Le vertigini erano niente a confronto con lo spettacolo che si godeva da lì.

 

Chloe tornò alla realtà, le era sembrato di sentire un rumore.

Chiuse l’acqua, si avvolse velocemente un asciugamano attorno al corpo e si maledisse per aver lasciato sul comodino della camera la pistola di ordinanza. Come poteva essere entrato qualcuno con tutta la sorveglianza del Lux?


“Chloe, dove ti sei cacciata?”

Chloe tirò un sospiro di sollievo e uscì dalla modalità attacco o difesa. Era la voce di Maze.

 

“Maze cosa ci fai qui?” disse dalla porta del bagno. “Potrei essere contagiosa”.

Maze senza farsi alcun problema, come al solito, entrò in bagno come se fosse stata casa sua. Forse in effetti lo era pensò Chloe distraendosi.

 

“Mi hanno messo in quarantena, ti rendi conto. Mezzo dipartimento a casa e loro mettono la loro miglior cacciatrice di taglie in quarantena per precauzione! Cazzo io sono ancora un fottuto demone! Le vostre malattie non possono farmi nulla...” disse alzando gli occhi al cielo.

“E tu te ne stai qui da sola e nessuno mi dice che diavolo è successo, ero preoccupata”

 

 

Chloe rimase a fissarla con un misto fra gratitudine e confusione... “possiamo parlarne fra 5 minuti… ti dispiacerebbe...” suggerì.

 

“Mh” disse Maze con una delle sue espressioni di sufficienza. E uscì dalla stanza così com’era entrata.

 

Chloe scosse il capo riordinando i pensieri che, al solito, avevano iniziato ad affollarle la testa.

Maze non doveva farsi assolutamente vedere da Trixie.

Pure il rapporto con Lucifer era molto formale ultimamente. Senza contare che ne avrebbe sofferto sapendo che lei poteva starle accanto mentre lui no. Con gli altri (ignari di tutto) era assolutamente fuori discussione. Maze doveva stare fuori dalle videochiamate, questo era certo.

 

 

Quel mattino quando si era alzata Trixie si era ricordata che la mamma, la sera prima, le aveva detto di farsi il bagno. Stando a casa era facile dimenticarsi di tutto. Inoltre c’era qualche giorno di vacanza quindi non c’erano nemmeno le lezioni online da seguire.

Appena fatto colazione avvisò Lucifer.

“Ti… serve qualcosa?” chiese lui molto incerto.

“No” disse lei con il solito cipiglio.

Si diresse con passo deciso verso il bagno ma poi rallentò fermandosi.

“Mi asciugheresti i capelli quando ho finito?” chiese.

“Ci posso provare ma non prometto grandi risultati...” accettò lui.

 

In mezzo alla schiuma, con le orecchie immerse nel silenzio dell’acqua calda Trixie ripensò al weekend passato con papà, quello in cui mamma era andata a fare un piccolo viaggio con Lucifer.

Con due giorni di tempo a disposizione aveva convinto fin troppo facilmente papà ad insegnarle qualche mossa di autodifesa.

Papà non avrebbe disturbato la mamma per chiederle se avrebbe approvato.

Ma a Trixie non piaceva essere indifesa, ma non voleva nemmeno fare del male a nessuno.

Voleva solo mostrare qualche mossa ai compagni nell’ora di ginnastica, voleva solo che chi le dava fastidio la smettesse. Anche se aveva delle amiche davvero in gamba: le dicevano sempre di lasciar stare quei compagni così sciocchi da prenderla in giro.

Con papà si erano divertiti un mondo. Si era lasciato colpire di proposito più di qualche volta, la ragazzina lo sapeva, ma alla fine papà le aveva davvero insegnato molto. Anche sulle situazioni in cui usarlo e quelle da cui fuggire. Aveva tradotto le parole da poliziotto in modo che anche lei capisse di che parlava. Avevano passato il sabato sera a guardare Karate Kid e a riprodurre in modo ridicolo le mosse del film.

 

Svuotata la vasca, asciutta e rivestita tornò in salotto da Lucifer con il phon in mano. C’era anche mamma in videochiamata sul nuovo televisore del salotto.

Dopo qualche chiacchiera Lucifer si mise all’opera. No, non era molto bravo constatò trixie, ma non era nemmeno troppo male: non le bruciava la testa come a volta faceva ancora papà, ma non sapeva far star giù i capelli come sapeva fare mamma.

 

Chloe li fissava sorridendo dallo schermo led.

Forse una lacrima era sfuggita dai suoi occhi mentre li guardava.



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Capitolo di transizione... se vi è piaciuto dimostrate il vostro supporto anche con due parole in recensione.
A presto.

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Capitolo 8
*** Monopoli: probabillità e imprevisti ***


7. Monopoli: probabillità e imprevisti

 

La scuola era ricominciata, Chloe stava bene, Lucifer sentiva intensamente la sua mancanza ma non non correva il rischio di annoiarsi a casa con Trixie.

Lucifer aveva avuto modo di videochiamare Ella nei giorni precedenti… Era giù di morale, stanca e abbattuta. Lei era la regina degli abbracci ed ora era chiusa in casa senza poter nemmeno parlare di persona con nessuno. Pur non essendo stata in mezzo alla mischia con Chloe e gli altri era in centrale quando avevano portato alcuni arrestati dalla manifestazione, ed era meglio che anche lei stesse in quarantena. Ella era stata dolce ed esuberante anche se Lucifer aveva percepito che stava facendo davvero fatica. Così l’aveva invitata a giocare con loro a Monopoli quella sera.

Era sabato, settimo giorno dell’isolamento di Chloe e Trixie non sarebbe andata a scuola il giorno dopo e avevano organizzato con Chloe di videochiamarsi alle 20.30: Trixie avrebbe mosso anche la pedina della madre e Lucifer quella di Ella.


 


 

Dopo cena, mentre si lavava i denti Trixie si trovò a ripensarci… l’aveva visto quando aveva convinto Lucifer ad asciugargli i capelli. Aveva risposto di “no” al suo “TIPREGOTIPREGOTIPREGO” almeno 10 volte. Poi aveva ceduto. E l’aveva notato mentre gli asciugava i capelli. Lui non l’avrebbe presa bene, lo sapeva. E il fatto che lei lo sapesse gli avrebbe bruciato anche di più.


 


 

Lucifer stava lavando i piatti a mano perché era un modo per scacciare i pensieri dalla mente o almeno per fingere di riuscirci. In realtà la cosa gli rimuginava in mente da giorni.

Era quasi sicuro di averla vista, ma era stato un attimo. La domanda era perché Chloe non gli avesse ancora detto nulla. Anche se era comprensibile la sua incertezza.


 


 

“Se ci siamo tutti iniziamo!” aveva decretato Lucifer dopo i saluti e qualche chiacchiera con Chloe e la signorina Lopez i cui volti erano uno accanto all’altro sullo schermo del televisore.


 

“Fermi tutti!” disse Ella con la sua miglior voce entusiasta “Dobbiamo decidere cosa c’è in palio per chi vince o la punizione per chi perde...”

Trixie alzò la mano come se fosse a scuola “Allora… se Lucifer perde io dico a tutti il segreto su di lui che ho scoperto”.

Ella scoppiò a ridere ma fu l’unica. “Dai ragazzi, sarà divertente, chissà che segreto avrà scoperto la piccola detective...” disse la giovane donna ridendo fra qualche colpo di tosse.

“E se vinco invece Lucifer deve imparare a farmi le trecce” Lucifer e Chloe si scossero dai loro pensieri.

“Piccola umana è ingiusto che la tua punizione e il mio premio siano entrambe punizioni per me!” protestò Lucifer con la bocca ancora secca per la preoccupazione.

“Va bene!” rispose Trixie facendo spallucce “Allora decidi il tuo premio e la mia penitenza”

Quante possibilità c’erano che il piccolo demonio l’avesse beccato con le ali? Era stato sempre molto attento… e poi c’era la questione di Ella, l’avrebbe mandata fuori di testa saperlo… o quantomeno avrebbe violato l’isolamento per prenderlo a schiaffi…

“Se perde, Trixie passerà l’aspirapolvere per una settimana” sospirò Lucifer con gli occhi al cielo (Dio solo sapeva quanto rumore facesse quell’attrezzo infernale). “Ma se vinco…” ci pensò un attimo “decido io cosa si guarda in tv prima di cena”.

Trixie fece una faccia fintamente sconsolata. Quella bambina avrebbe potuto benissimo fare l’attrice!

“Mi piace l’idea dei segreti” disse pensosa Ella

“Allora se Chloe perde deve svelare un segreto che nemmeno Lucifer sa...”

“E se vinco… potete farmi avere a casa una di quelle torte al cioccolato con il cuore di cioccolato fuso dentro?” tutti la fissarono divertiti; lei fece spallucce “mi mancate troppo, devo pur compensare”.

Risero di nuovo e infine Chloe disse decisa “se vinco mi fate avere un plaid di quelli tutti morbidosi… avete presente… quelli in cui avvolgersi...” “ma se perdi signorina Lopez, tu devi mantenere la promessa fatta quella sera quando non eravamo propriamente sobrie...” ammiccò lei. Ella si portò una mano alla fronte facendo una faccia delle sue.

 

Era l’inizio della partita di Monopoli più assurda che avessero mai fatto.

Trixie si trovò in un attimo con la proprietà di Parco della Vittoria e Viale dei Giardini.

Chloe pagò due volte la tassa di lusso ma evitò le proprietà della figlia (sulle quali stava edificando anche numerose case).

Ella si era presa Corso Ateneo e Via Accademia e aveva provato numerose volte a trattare con Lucifer per prendesi Piazza Università ma lui alzava sempre troppo il prezzo.

Lucifer era infastidito dal fatto di possedere Vicolo Stretto e Vicolo Corto ma molto orgoglioso delle 3 stazioni che era riuscito a conquistare. Peccato che ora si trovasse in prigione da 2 turni.

 

Mano a mano che giocavano tutti si erano pressochè dimenticati dei premi e delle punizioni presi dal divertimento di star giocando tutti insieme anche se distanti.

 

D’un tratto Trixie finì sulla casella “Imprevisti”.

Iniziò a leggere “IMPREVISTI”.

E in quel momento Ella iniziò a tossire, era già successo quella sera, ma era qualche colpo di tosse e loro avevano cercato di non essere paranoici… Ma la tosse di Ella non smetteva…

“Ella…” ma lei non riusciva a rispondere mentre continuava a tossire…

“Chiama un’ambulanza...” disse a Chloe… “io chiamo... i rinforzi...”

 

Lucifer guardò Trixie che era immobile, spaventata… “vieni qui” le disse “tanto sai già tutto no…?”

 

Così fece qualcosa che non aveva mai fatto.

Tenne Trixie stretta a sé, tirò fuori le ali e pregò.

 

 

Le ali si chiuserò in un cerchiò di fronte a Lucifer, quasi a racchiudere la bambina… poi si illuminarono leggermente… “Azrael” sussurò “lei ha bisogno di te… non portarla con te, ti prego...”.

 

Trixie osservava con gli occhi lucidi e attonita la scena.

Ma c’era in qualche modo pace in quell’istante, nonostante il caos.

Lei aveva scoperto che Lucifer aveva un paio di capelli bianchi.

Non aveva idea che avesse un paio di vere ali da angelo.
 


L'immagine non è mia ma potete trovala qui

 



Angolo dell'autrice
Non ho assolutamente riletto quindi siate clementi... Un saluto e un "grazie" a tutti quelli che seguono questa fic ;)

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