How Bad Can I Be?

di Miryel
(/viewuser.php?uid=534956)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


[ About Evil Morty - Morty Smith&Rick Sanchez - Introspettivo - Minilong]




Evil Morty Analysis: R&M Theory | Rick And Morty Amino
HOW BAD
  CAN I
  BE?



«Nobody exists on purpose, nobody belongs anywhere, everyone is gonna die.»
Morty Smith
 

| Capitolo I 




 
 
 

                 

          Non è la mano di Rick, che lo trascina fuori dal letto, stavolta. Le riconoscerebbe tra mille, quelle dita affusolate strette intorno alla sua caviglia, senza alcuna gentilezza – invece queste, ora, sono dolorose. E Rick non è mai doloroso, almeno non con i gesti. 

Morty apre gli occhi di scatto e sente il pavimento passargli scivoloso lungo la schiena, e il suo corpo viene tirato via, inghiottito poi dal buio di casa. Non vede niente, sente solo passi decisi che gli rimbombano nella testa, ancora non del tutto sveglio per capirci qualcosa. Sa solo che la bocca impastata non gli permette di urlare o di protestare per quella brutalità che gli stanno dedicando e, quando viene buttato come un sacco di patate in una stanza, sbatte la testa e si lamenta, massaggiandosela. La luce si accende, lo acceca per qualche secondo, poi rivela il garage di Rick, ma non c’è suo nonno, di fronte a lui... ma un altro Morty. Una sua copia esatta. Almeno così sembra, se non fosse che porta una benda nera su un occhio, un vestito elegante – impeccabile e un ghigno sinistro che gli fa ombra tra le rughe d’espressione. Qualcosa che Morty non conosce. Qualcosa che Morty non è mai stato.  

La sua copia si china su di lui e, alzando un dito verso la sua faccia e muovendolo come a dire “no”, lo colpisce alla testa con un pugno e Morty quasi perde i sensi. Sente l’altro schioccare le dita; un rumore familiare di portali che si aprono riecheggia nelle sue orecchie che fischiano a causa di quella botta e, poco dopo, si sente prendere di peso e qualcuno lo lega ad un sedia; strettissimo. Così forte che nemmeno contemplare di scappare sembra il pensiero giusto; anzi, sembra quasi pericolosa solo l'idea di provarci. Sente qualcosa di umido scendergli dal naso. Raggiunge la bocca e ne avverte il sapore sgradevole del ferro. È sangue. 

«Un bel posticino, questo. Era una vita che non entravo in uno dei garage del nonno», sentenzia quello, un Morty decisamente oscuro, ricoperto di ombre e di troppi sorrisi sfrontati. Un Morty troppo poco Morty, per poter esistere in quella realtà. Basta lui a provare paura e solitudine per tutti  e due. Per tutti i Morty che esistono in ogni fottuto universo. 

«C-chi… chi… accidenti sei?»

«Che domanda stupida, Morty Smith», sentenzia. Il suo ghigno si spalanca. «Io sono te. O, almeno, una delle innumerevoli copie di te. L’originale, forse. Qualcuno dice che io sia il Morty più Morty di tutti. Forse hanno ragione», risponde quello e alza le spalle. Poi ride, divertito da quella prospettiva, che invece a Morty fa rabbrividire. 

«Nessun… nessun Morty è più Morty di altri.» 

«E questa stronzata chi te l’ha raccontata, Rick?» 

«Può darsi, ma ho… ho… avuto modo di scoprirlo da me. Rick lo ha solo co-confermato.» Cerca di tirare fuori un po’ di palle, quelle che non ha mai avuto. Aggrotta le sopracciglia, indignato, ma questo genera solo più ilarità, in quell’ospite indesiderato. 

«Oh, ho capito. Sei uno di quei Morty che ancora si aggrappa a dei momenti felici e crede nelle cazzate di Rick. Uno di quelli che non si è ancora abbandonato alla cruda realtà», sghignazza la sua controparte oscura, camminando avanti e indietro – il suono dei tacchi delle scarpe eleganti che si infrange con un leggero riverbero in quel garage vuoto. Le mani dietro la schiena e il mento alzato fieramente. Meno Morty di quanto lo sia qualunque altro Morty.

«I-i-io… io non credo di averli più vissuti, dei momenti felici. Da molto, molto tempo!», esclama lui, ed è determinato a non lasciarsi sopraffare da quei modi. Bruschi, crudeli e schietti a tal punto da farlo rabbrividire. Nemmeno Rick è così oscuro. O forse è solo abituato a quell’ombra che lo divide da suo nonno e che non riesce a cancellare. 

«Ah, sì? Nemmeno con il vecchio pazzo?» 

«Con Rick è complicato», risponde, più sicuro. Non ha nemmeno balbettato. Eppure non è nemmeno certo di aver detto la sacrosanta verità. Con Rick è complicato sul serio, ma non sa in che modo. Ci sono momenti in cui si sente un suo pari, quando il nonno gli chiede – chiedere? No, Rick non chiede mai! Prende e non dà mai. Egoista e crudele fin dentro all’anima – di affiancarlo in qualche avventura, e altri momenti in cui si sente al di fuori di un nucleo – quello nel cuore di Rick – in cui nessuno è il benvenuto, siccome quel dannato vecchio non lascia mai uno spiraglio aperto dove intrufolarsi. Anche solo per un po’. Anche solo per condividere qualcos’altro che non sia un viaggio intergalattico dove rischiano ogni volta di morire. Come se entrambi non cercassero altro che quella fine, in una vita che non appartiene più a nessuno dei due, da quando la dimensione da cui vengono è diventata invivibile e si sono rifugiati in quella dove si trovano. Morty finge di non ricordarlo, ma sa che quella famiglia non è davvero la sua. Che quella Beth, il suo vero Morty, lo ha perso in un’esplosione per colpa di un errore di calcolo – un errore di Rick, anche se lui non lo ammetterebbe mai; uno dei tanti, che ha uccisi quegli altri e ha permesso loro di intrufolarsi in quelle vite come rimpiazzi. Morty se lo ricorda bene, il momento in cui ha seppellito se stesso in giardino. E ricorda altrettanto bene i giorni successivi a quello, dove si sentiva un estraneo in un mondo che lo conosceva fin troppo ma che in realtà non sa davvero niente, di lui. Un bel niente.

Ci ha messo una vita ad imparare a fingere che in verità va tutto bene e che niente è cambiato. 

«Con Rick è sempre complicato», sbuffa l’altro Morty, mentre si sistema la cravatta con fare distratto. «Ecco perché sono qui», sentenzia poi; smette di camminare avanti e indietro e lo fronteggia. Piega la schiena e ce l’ha a due centimetri dalla faccia. Il suo ghigno è gelido come il ghiaccio, distaccato. Una micidiale macchina mortale, un soldato calcolatore, un dannato stronzo che porta la sua faccia e una benda nera sull’occhio destro. Le spalle dritte, mai piegate alla perenne e distruttiva inadeguatezza che ogni fottuto Morty si porta dietro. Sono identici, eppure così diversi e, se non fosse che conosce Rick molto più di chiunque altro, lo paragonerrebbe a lui.

No, nemmeno Rick è così distante dai sentimenti. Li prova, ma li chiude in una bolla d’aria fragile come il vetro. Prima o poi si romperà, Morty lo sa, ma non aspetta quel momento con trepidazione, piuttosto con il terrore delle conseguenze. Quelle che ha imparato a gestire col tempo, ma mai completamente<1>.

«S-se… se… se cerchi la portal gun, sa-sappi che…» 

«La portal gun?», lo fredda subito l’altro, alzando una mano davanti alla sua faccia. Scoppia a ridere. Così forte che la sua testa si reclina all’indietro. Morty ha quasi la sensazione che possa staccarsi dal suo corpo da un momento all’altro. «Sai da dove vengo? La Cittadella è piena di Rick a cui rubarla! Come se ne avessi bisogno. Ne ho una tutta mia. Da dove accidenti pensi che sia arrivato?» Schiocca le dita. Due portali si spalancano dietro di lui, e due Rick armati di fucile lo affiancano. Uno a destra e uno a sinistra. Troppo silenziosi per essere dei Rick. Troppo sottomessi.

A Morty non fa più né caldo e né freddo vedere suo nonno duplicarsi, triplicarsi, quintuplicarsi. Non ha nemmeno paura di non saperlo riconoscere, tra i tanti. Il Rick che lo trascina in giro per le infinite realtà che esistono nello spazio-tempo ha occhi diversi. Ogni Rick ha occhi diversi, proprio come ogni Morty. Nessuno è veramente uguale all’altro. Forse è un sollievo, forse no. 

«Co-co-cosa vuoi, allora?»

Il Morty cattivo piega le labbra all’ingiù. Un’espressione pensierosa gli si spalanca sul viso – Morty non sa se sia ironica, oppure no. Si liscia il mento con una mano e poi alza le sopracciglia. «L’unica cosa che ti appartiene davvero, Morty Smith. Il tuo Rick», dice, infine, meno velenoso di quanto non sia stato fino ad ora, poi si rimette dritto sulla schiena. Ricomincia a camminare avanti e indietro. È snervante. «Tuo», ripete poi, sbuffando via una risata. «Lo sappiamo entrambi che non è davvero il tuo Rick, non è così?.» 

«Nessuno appartiene a nessuno», mormora, e sente dolore ai polsi. Le corde stringono troppo, fanno male. Lasceranno il segno. Gli viene da piangere. 

«No, e per quanto possa sembrare assurdo, sono d’accordo con te ma… in termini prettamente familiari, di vero legame, il tuo Rick non è mai stato tuo. Né di Beth, né di Summer. Siete solo una copia, di una copia, di una copia… o per meglio dire: un rimpiazzo.»

«N-nemmeno io appartengo a… a… a questa famiglia. Non per davvero. La mia vera famiglia è… altrove», risponde Morty, la voce tremula. Vorrebbe che fosse più sicura; vorrebbe possedere la stessa sfrontatezza di quel Morty. Almeno per un po’. Almeno per ora. Solo per non farsela sotto come sempre.

Ha affrontato mille avventure diverse, sfiorato la morte in più occasioni, ma confrontarsi con un se stesso così opposto, lo annichilisce. È un po’ come affrontarsi e non saperlo fare. 

L’altro Morty non sembra interessato a quella storia. Non gli interessa di nessun altro Morty che non sia lui – e non gli interessa di nessun altro Rick che non sia quello con cui Morty ha a che fare. 

«Perché?», chiede Morty, solo, e distoglie lo sguardo, quando non riesce a sostenere quello dell’altro, troppo crudele. 

Quello si avvicina ancora e lo fronteggia. Schiocca di nuovo le dita e i due Rick al suo fianco puntano i fucili sulla testa di Morty, che indietreggia quel tanto che la corda gli possa permettere. Strizza gli occhi, ha paura di morire ma è già pronto. Non ha messo in conto la possibilità di uscire vivo da quel garage; è sopravvissuto a qualsiasi cosa, e ora a ucciderlo sarà se stesso

«Perché, chiedi? Perché il tuo Rick non è speciale più di altri, come vuole farti credere. Perché non è l’unico uomo più intelligente dell’universo. Perché va in giro a raccontare frottole e abbandona la famiglia non appena le cose si fanno scomode. Perché il tuo Rick non ti appartiene, ma appartiene a me.» 

«Co-cosa? No, non può essere, lui non mi ha mai detto c-» 

Il Morty cattivo ride. Sguaiatamente. La sua risata rimbomba tra le pareti e nel cuore. Lo fa vibrare e lo lacera, lo rompe. Lo spezza in mille frammenti di vetro. Morty non lo sente nemmeno più battere.

«Il tuo Rick è il mio Rick originale, che ti piaccia o no, Morty Smith», sentenzia, alla fine, dando voce a quello che Morty temeva, ma a cui non avrebbe mai creduto e al quale forse continua a non credere. Rick glielo avrebbe detto. Rick lo avrebbe fatto. Rick… no, non lo avrebbe mai fatto. Mai. Perché è un bugiardo, un infame e un dannato stronzo insensibile. Apre gli occhi e li infila in quello scoperto dell’altro; il suo ghigno si allarga, soddisfatto. Dalla sua delusione o dal coraggio appena mostrato? Morty non lo sa.

«Dunque dimmi dov’è, o ti faccio saltare la testa e lo scopro da solo analizzando il tuo cervello spappolato.» 

I due Rick armati gli spingono le armi contro la tempia. Fanno male, malissimo. Sente già il calore dei proiettili nella testa. Chiude di nuovo gli occhi. 

Rick non merita niente, né il rispetto né il silenzio di Morty, che può riservargli un’esistenza ancora lunga a discapito della sua. Morty potrebbe parlare e salvarsi, ma Morty non è Rick. Morty è dannatamente leale e puro. E continuerà ad esserlo fino alla fine dei suoi giorni. 

«Allora?», lo incalza l’altro, e la sua voce si rompe in una sfumatura di impazienza.

«Allora cosa, Morty? Sono qui. Sono sempre stato qui, razza di idiota.» 

Si voltano tutti, verso quella voce e nessuno, per secondi interi, ha il coraggio di dire niente.

Niente di niente. E Rick li guarda, inespressivo, dalla porta del garage, come se nessuno stesse per uccidere suo nipote. Come se non gli importasse un accidente delle conseguenze.

Morty pensa che, da quella vasca d’acido che avrebbe dovuto insegnare loro qualcosa, non ha imparato niente nemmeno lui.

 


Continua...
 


 <1> Riferimento alla puntata “l’episodio della vasca d’acido” dove Morty ha a che fare proprio con le conseguenze. (MA QUANTO è BELLO QUELL'EPISODIO?)
 

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
https://www.google.pl/search?q=frame bw png | Arabesco png, Imagem para  capa, Vetores
Note Autore:
______________


 

 MA SALVE! Forse non importa a nessuno, ma ho finito di vedere recentemente Rick&Morty – me la sono tipo divorata e, dopo l’episodio della Cittadella dei Rick, mi è balenata in testa questa storia. Ho cercato su internet varie teorie e per quanto questa che il Rick di Morty, sia il Rick originale di Evil Morty non mi faccia impazzire, devo dire che è stata però il carburante per spingermi ad iniziarla, dunque eccomi qui! Sarà una minilong e, spero con tutto il cuore che non venga abbandonata come altri miei progetti. Di solito non pubblico in corso d’opera ma sono sincera: non vedevo l’ora di buttarla in pasto al mondo per avere qualche feedback e capire se sto affrontando bene il tutto e se i personaggi sono IC. 

 

Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! 



 


Team Piercey
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
  Vintage Scissors Drawing Icons PNG - Free PNG and Icons Downloads  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


[ About Evil Morty - Morty Smith&Rick Sanchez - Introspettivo - Minilong]




Evil Morty Analysis: R&M Theory | Rick And Morty Amino
HOW BAD
  CAN I
  BE?



«Nobody exists on purpose, nobody belongs anywhere, everyone is gonna die.»
Morty Smith
 

| Capitolo II




 
 

             

              I Morty restano sempre i Morty, e i Rick restano sempre i Rick.

A volte, malgrado le differenze date da esperienze diverse, ci sono dei difetti che non si possono cambiare nelle persone, nemmeno se queste ultime si somigliano così tanto da far tremare le gambe. E, malgrado quel Morty sia così sicuro di sé, condivide con tutti gli altri un difetto che mai niente potrà cancellare: la determinazione ingiustificata. 

Che sia per pura giustizia o per un tornaconto personale, Rick ha imparato che ogni Morty non è in grado di demordere, nemmeno quando finge di farlo per assecondare un suo volere e nemmeno quando servirebbe solo arrendersi. E, questo, a volte li distrae da tutto il resto; così tanto che, nemmeno un Morty arguto come quello, si è accorto della sua presenza sulla porta, troppo impegnato a fare del male. E nessuno si è accorto che Rick era lì, a guardare qualcun altro che non fosse lui a maltrattare suo nipote. Solo che lui, con la psicologia di Morty, non ha mai giocato così sporco. Forse perché non serve, forse perché, dentro di sé, lo sa che quel ragazzino non se lo merita. 

Il Morty più oscuro lo guarda, ancora chino sulla figura schiacciata di suo nipote e, rizzandosi sulla schiena, mette su un sorriso crudele e incrocia le mani dietro di sé, austero. La soddisfazione gli attraversa gli occhi come una cometa che scintilla nel cielo, all’improvviso. Lo squadra da capo a piedi. Rick glielo lascia fare solo perché, dopotutto, non ha più niente da nascondere.

«Appena in tempo. Anche se non sei qui per un caso e… non è strano che tu ti sia palesato proprio un momento prima che gli facessi saltare il cervello?», gli chiede, poi fa cenno agli altri due Rick di allontanarsi da Morty, e per quanto Rick stia cercando di non dare a vedere che la cosa gli interessi, si sente sollevato. Sebbene Morty lo guardi sconvolto, più di molte altre volte – forse mai così tanto e, incastrate negli occhi, bolle di lacrime restano ferme in attesa di scendere lungo le guance. Solo che forse è la rabbia, che le trattiene ferme lì, come se Morty non volesse dar loro soddisfazione di piangere. A nessuno di loro. 

È quasi morto per salvarlo e Rick non gli ha ancora detto niente. Niente di niente. Lo guarda solo, e sa che Morty ha quella parola, stretta tra i denti, che vorrebbe urlargli in faccia con tutta la potenza di quella vocetta stridula che si ritrova. Bugiardo, vorrebbe dirgli, e Rick sa di esserlo e non replicherebbe nemmeno.

«L’universo è pieno di Morty», replica solo. Incrocia le braccia al petto e sbuffa. Si finge scocciato e un po’ lo è, ma più di tutto è annichilito dal passato che ritorno, da ricordi che non vuole ricordare, da momenti di vita che sono stati solo errori. Errori che con il Morty con cui condivide le sue avventure ha sempre cercato di non commettere, lasciando che la purezza e la determinazione potessero sempre vincere su quel lato nascosto che Morty si porta dietro, che non conosce ancora, e che Rick spera non conoscerà mai. Solo per non vederlo diventare così, come il suo vero Morty: rancore, rabbia, odio e crudeltà. Nessuna insicurezza, solo una mente geniale nel corpo di un ragazzino a cui sono mancati troppi affetti.

«È quello che ti racconti per non sentirti in colpa? Lo sappiamo tutti e due che non è vero, Rick», risponde l’altro, mellifluo. Si umetta le labbra e poi alza l’occhio scoperto verso il cielo, ridendo. 

«I sensi di colpa li lascio ai comuni mortali e a Jerry. Ogni Morty ha le sue debolezze che non possono essere raddrizzate. Tu non sei un’eccezione, Ciclope», ribatte, e quando Morty si muove sulla sedia, agitato, gli lancia solo un’occhiata veloce, prima di tornare a confrontarsi col suo errore più grande. L’unica cosa che ha creato e che avrebbe dovuto distruggere all’istante, non appena gli è sfuggita di mano. 

«È la tua patetica ironia che non può essere aggiustata, vecchio pazzo. Gli anni ti hanno ammorbidito, e questo fantoccio senza anima ti è più a cuore di quanto tu possa credere. O non saresti qui. Scappare ti avrebbe dato un buon vantaggio su di me, il prezzo sarebbe stato solo la sua vita  e quella della sua famiglia. La sua, non la tua.» 

«Nemmeno la mia!», lo corregge Morty, passando lo sguardo adirato da quello della sua controparte malvagia a quella di Rick, che vorrebbe solo dirgli di tacere e di non complicare le cose; che il suo ruolo, in quella faccenda, è finito e che non vuole che sia coinvolto. Troppo pericoloso, troppo rischioso. Non vuole che muoia ed è sceso a patti con questo sentimentalismo già da un po’. 

La sua merda resta sua e la deve affrontare senza fuggire. Negli anni ha capito che la fuga porta solo conseguenze sempre più irrimediabili e, a volte, dolorose. 

Quella vasca d’acido, dopotutto, forse qualcosa gliel’ha insegnata. 

«Nessuno ha chiesto il tuo parere, Morty!», gli urla, lanciandogli un’occhiata severa.

«No? Be’, sono qui perché tu sei un dannato figlio di puttana, bugiardo e menefreghista! Sono qui perché per colpa delle tue stronzate vengo coinvolto in cose che non mi competono! Il mio parere conta quanto il tuo e il giorno in cui te ne renderai conto io n-» 

«Ehi, che arroganza!», esclama il Morty malvagio, non prima di aver esordito con una risata secca. Indica Morty con il pollice, rivolgendo lo sguardo su Rick, a cui hanno iniziato a tremare le mani, troppo vicine alla pistola laser nascosta sotto al camice. «Non è forse così che è iniziata? Con me che mi ribellavo a te, nonno?» 

«Tu sei un caso a parte, stronzetto! Lui è solo un idiota che non capisce quanto sia stupido – e pericoloso,  intromettersi in faccende che non lo riguardano.»  

Il Morty cattivo ridacchia dietro all’indice alzato davanti la bocca, poi alza le spalle. «Stavo per sparagli in testa: un po’ la cosa lo riguarda.» 

«Ma è me che vuoi, lui era solo il mezzo per trovarmi. Mi hai trovato, dunque smettila di tergiversare e dimmi cosa vuoi», lo incalza, cercando di nascondere il desiderio di dirgli che ha un solo obiettivo, ora come ora: vuole che liberi Morty e lo lasci andare via, lontano, e che non lo cerchi più. È un Morty come un altro, non c’entra niente, ha solo la sfortuna di essere incappato nel Rick sbagliato. 

«Ah-a. Non così in fretta! Non pensi che il tuo fantoccio dovrebbe sapere? Le tue bugie vanno smascherate, Rick. Ha il diritto di sapere perché io sono qui e perché sono così. Ma, soprattutto, ha il diritto di sapere perché lui non lo è.»

L’aria puzza d’acido appena evaporato. Corrode i polmoni e l’anima, forse anche il cuore, ma Rick lo tiene chiuso in un armadio fatto dello stesso materiale di un bunker antiatomico. Non vuole sentire niente e non permette al suo corpo di reagire ai sentimenti, ma è difficile. Ciò che prova è pura chimica; formule matematiche che costruiscono stati d’animo e legami, ma sono così difficili da accantonare, certe volte, che nemmeno lui ne è padrone. Non sempre. E ora non è esattamente il momento giusto per provare ogni cosa. 

«Non penso gli interessi», taglia corto, e Morty si agita ancora su quella sedia che lo tiene prigioniero. Scalcia, scalpita, non ha controllo. È arrabbiato e Rick lo sa, e se lo merita, ma non vuole peggiorare le cose.

«Invece mi interessa!» 

«No che non ti interessa! Non ti riguarda e stanne fuori, razza di idiota! Ogni Morty ha la sua storia, e questa non è la tua!»

«Mi hanno quasi ucciso per le tue cazzate, Rick!» 

«E non lo hanno fatto, dunque sta’ zitto e non costringermi a fa-» 

«Okay, ora basta, bambini! Trovo estremamente divertente vedervi battibeccare, ma sono già stufo e non ho intenzione di ascoltare un secondo di più. Lui vuole sapere e tu sei la persona giusta per raccontare. Non è bello che un nonno racconti una bella storia al proprio nipote?», interviene l’altro, e fa un passo verso di lui. Sembra più alto. Più alto di qualsiasi altro Morty, ma la verità è che è solo più dritto. Non ha quell’insicurezza addosso che lo piega in avanti, come ogni accidenti di Morty che non sia stato cresciuto a quel modo. Non c’è traccia di paura, non ci sono denti digrignati dal senso di inadeguatezza che è parte di tutti gli altri che non siano lui. Non c’è uno sguardo che vaga ovunque, senza meta, privo di un punto fermo. Ma il punto fermo di quel Morty è lui, Rick. Il suo obiettivo, il suo fine. La sua vittima. La sua vendetta.

«Una bella storia? Questa? Cosa dovrei dirgli? Che tu sei il mio Morty originale e che condividiamo lo stesso universo? Fine del racconto, non è stato tanto difficile e penso che lo avesse capito già quando glielo hai detto tu, con quel tuo fare del cazzo», risponde, sbrigativo. Alza le mani a mezz’aria e gliele mostra. «Se devi ammanettarmi  e portarmi via, fallo subito. Odio le attese del cazzo. Sono per i perditempo e per i film d’azione di quarta categoria.» 

L’altro Morty gli fa cenno di abbassare le mani. Schiocca la lingua, quasi irritato dalla sua finta accondiscendenza. «Ci sono molti dettagli che andrebbero esplicitati, ma forse sono troppo dolorosi, per uno come te», lo sfida, facendo un passo avanti. Piega la schiena e lo guarda. 

Rick lo studia, ma c’è il nulla dietro quello sguardo. È criptico, nasconde troppe cose che Rick non può più vedere da tempo, in quel Morty. Sposta lo sguardo sull’altro, accigliato e deluso e, con un sospiro gli si rivolge.

«Vuoi davvero sapere tutto, Morty?» 

«Ogni cosa», risponde suo nipote, con un tono di rimprovero che in altre occasioni lo farebbe ridere, ma non oggi. Così è in trappola. Circondato dai vecchi ricordi e dalla disperazione di non potersene creare degli altri, in quell’universo, con quel Morty al quale, ormai lo sa, è affezionato. 

«E sia», esordisce, poi fa un altro sospiro e torna indietro nel tempo, a troppo tempo prima. A un bambino piccolo stretto tra le braccia che gli sorride e che non sa ancora parlare. Gli esterna i suoi sentimenti con occhietti scuri e frizzanti e gli fa sentire nel cuore sentimenti deboli, che gli ricordano sempre il momento in cui, tra quelle braccia, aveva tenuto Beth. Una Beth piccola e ignara di essere figlia del padre peggiore del mondo. «C’è un universo dove tu e Summer siete stati cresciuti secondo uno schema scientifico e educativo ben preciso, lontani dalle influenze logoranti dei vostri genitori, dove nessuno di voi due si è mai sentito un errore – nel caso di Summer una gravidanza non gradita, nel tuo caso un inutile recipiente di paure e irrequietudine.» 

«Per merito tuo, Rick», interviene il Morty oscuro, ma il suo non è un complimento, sembra più un’accusa. Incrocia le braccia al petto e, con un ghigno beffardo, lancia uno sguardo anche all’altro Morty, incredulo, ancor più inadeguato di quanto non lo sia normalmente. Rick sa di avergli messo davanti la realtà della propria esistenza; gli ha appena sbattuto in faccia i motivi per il quale lui e Summer sono così… strani e contorti, diversi dai loro coetanei, distrutti, alla continua ricerca di un posto di appartenenza e di una buona parola da parte dei loro genitori, sempre così dannatamente in conflitto tra loro. Così spesso da dimenticarsi che i figli vanno amati e non dimenticati o resi solo un errore irrimediabile; un fallimento. 

E Rick, il fallimento, lo legge negli occhi di Morty ogni cazzo di giorno. E quell’altro Morty – il suo, quello originale, ha avuto la fortuna di vivere una vita diversa, migliore, ma a che prezzo?

«Merito? Immagino che questa stracazzo di ironia pungente tu l’abbia ereditata tutta da me.» 

«Ho ereditato un bel po’ di cose, da te. L’errore più grande è stato quello di permettermelo. Ma vedo che con lui hai aggiustato il tiro.» 

«C-che… che significa? Come è possibile che io e Summer, nel tuo universo, non siamo… non siamo così?», chiede Morty, e dentro quella domanda Rick sente una richiesta d’aiuto, strascico di quella delusione che non abbandona la voce di Morty. Sembra chiedergli di aggiustare le cose anche lì, semmai sopravvivranno. Sembra chiedergli di migliorargli la vita e di renderlo una persona migliore. Come se Rick potesse…

«Usa il cervello, Morty! Vi ho cresciuti io! Pensi sul serio che tua madre e quel fallito di tuo padre siano in grado di riuscirci? Con te e la Summer che conosci non è stato così, perché le cose erano diverse! Ho avuto il compito di occuparmi di voi, specie di te. Di questo te. Tenerlo lontano da Jerry e Beth non ha fatto altro che annullare un’indole che è nella natura dei Morty, qualcosa che tu e tutti gli altri vi portate dietro: l’inadeguatezza. Un Morty disintossicato da un legame distorto come quello è pura arroganza e intelligenza. Un mostro, un pericolo, e sono stato un vero coglione a non capire che l’uomo più intelligente dell’universo non poteva che creare questo.» 

«Non siamo così male, sai? Svanita l’insicurezza siamo molto più di ciò che la gente pensa», dice il Morty cattivo, rivolgendosi al suo sosia, con una certa soddisfazione, e senza perdere mai quel tono tagliente che lo differenzia così tanto da ogni Morty.

Suo nipote è senza parole. Occhi spaesati lo scrutano alla ricerca di risposte sensate, e ha di nuovo gli occhi carichi di lacrime. Ora sono lo specchio della paura. La paura di aver mandato all’aria una vita intera, per colpa delle influenze sbagliate. «I miei genitori…» 

«Morty, lo sai anche tu che è così. Loro sono quello che sono, e non hanno fatto altro che perderdersi in cazzate, vomitando addosso a voi due le loro frustrazioni. Siete diventati dei recipienti di malessere e rabbia e non fate altro, tu e Summer, che cercare l’approvazione di qualcuno. E la pretendente da me. Perché, malgrado tutto, io non vi ho mai dato modo di sentirvi sbagliati.» 

«C-cosa? Rick, queste sono cazzate! Cazzate! Non fai altro che mortificarmi ogni volta che sbaglio qualcosa o quando non faccio quello che dici! Non fai che mettermi di fronte alla mia incapacità di sapermi adattare! Non fai altro che contraddirmi, ogni volta che cerco di condividere qualche idea!» 

«E tu non smetti di combattere e insistere, pezzo di merda ingrato! La tua determinazione è la prova che è così. Con la tua famiglia non ci provi nemmeno, a farti sentire! Con me sì, perchè lo sai, Morty. Lo sai!» 

«Cosa? Cosa so?»

«Che, malgrado tutto, lui ti ascolta», risponde l’altro Morty, al posto di Rick e non gli toglie nemmeno le parole di bocca perché, per come è fatto, non lo avrebbe mai ammesso. Non ammetterebbe mai che vuole Morty nelle sue missioni suicida perché dà colore al tempo e lo rende meno frammentato, più lineare. Condividere con lui gli piace, lo fa sentire meno solo, per quanto la solitudine, in un certo senso, Rick pensa di meritarla e di volerla, ma non è sempre così. Nessun essere umano può rimanere solo troppo a lungo. 

Ha bisogno di Morty tanto quanto Morty ha bisogno di lui — di quella figura paterna che gli è sempre mancata e che ha trovato in suo nonno; non in Jerry, non sia mai combini qualcosa di buono, quel fallito del cazzo. E Rick ha bisogno di quel compagno che capisce o che, anche quando non lo fa, si adatta e finge di farlo. Che non lo ferma, che gli riconosce meriti e errori, senza mai davvero giudicarlo. Morty lo ammira e non dovrebbe, ma va bene così. Anche solo per sentirsi vivo in un universo che gli va stretto stretto pur essendo infinito. 

«L’errore più grande che ho fatto. Ascoltarti e darti modo di prendere il controllo», dice Rick, rivolto al suo Morty, quello originale, che alza le spalle e ridacchia, soddisfatto da quell’ammissione.

«Avresti dovuto capirlo: crescere un Morty senza dargli un freno avrebbe generato una macchina da guerra. Razionale, calcolatore, intelligente, arrogante e con in mano la tua scienza e il tuo sapere. Un Morty che assimila il tuo cinismo e lo fa suo, restando al di fuori il ragazzino puro e gentile che sarebbe dovuto diventare. Ogni Morty cresciuto senza di te è un pupazzo debole che puoi plasmare a modo tuo, come un pezzo di argilla rinsecchito. Io no, Rick. Io sono diverso.» 

«Tu sei un piccolo pezzo di merda che non dovrebbe nemmeno esistere! Sei il mio errore più grande, il mio fallimento universale e avrei dovuto spararti in testa il giorno in cui ho deciso di andarmene!» 

«Andartene? No, Rick, tu non sei andato via. Tu sei scappato. Le cose ti erano sfuggite di mano e hai deciso di abbandonarmi su quel pianeta, sperando con tutto il tuo cuore che io non me la cavassi. E invece no, il Consiglio Interdimensionale dei Rick mi ha trovato – o meglio, mi sono fatto trovare, e la scalata è iniziata nell’esatto momento in cui ho scoperto che te ne andavi a zonzo per i multiversi, scappando ancora, e ancora… perché è questo che sai fare, nella tua miserabile vita: scappare! Scappare via da me!» Lo dice con una tale carica di rabbia che, se avesse meno controllo sul suo corpo, Rick indietreggerebbe. Non ha controllo invece su quella situazione, perché è così vera che fa rabbia. Fugge, è vero, lo ha sempre fatto sin da quando Diane è morta. Da quando l’ha vista morire di fronte ai suoi occhi e non ha potuto fare niente per salvarla. Si proclama Dio ma è solo un debole e, nella testa, ha solo tanta merda racchiusa nella scatola cranica fusa a una mente geniale capace solo di creare casini. 

«Rick…?», lo chiama Morty, e sebbene non abbia detto niente, in quel richiamo ha percepito il desiderio di sentirsi dire che non è così. Che non è fuggito, che non ha mentito, che non scapperà ancora. 

Nonno è qui, non scappa più. L’ho promesso, resto con voi fino alla fine. Giuro che non fuggo più dalla mia famiglia. L’ho promesso a Diane.

Solo che, malgrado lo pensi, non sa dirlo e non ci crede. Solo che, ora come ora, se avesse la possibilità di fuggire, lo farebbe solo per salvare Morty e la sua famiglia, quella di cui lui fa parte solo a metà. Proprio come ha fatto quella volta, quando si è consegnato alla prigione intergalattica con la speranza che la famiglia Smith potesse risanare qualcosa, nel loro intricato percorso infelice. Lo sa, che ogni famiglia Smith, ha bisogno di una vita senza Rick, per funzionare davvero...

«È vero. Ho sperato che qualche stracazzo di mostro alieno ti divorasse vivo e mi liberasse per sempre di questo dannato errore di calcolo che sei, Morty!», esclama, rivolto ancora all’altro Morty, quello sbagliato, quello che non rispecchia tutti gli altri. Quello che è il suo Morty originale ma che si differenzia troppo dal resto del gregge. L’unico Morty che non può controllare ma che, in passato, ha controllato lui. Una sensazione orribile di impotenza che riaffiora anche in quel frangente, dove sa che quel controllo è tornato ad annichilirlo e che lui non può farci niente di niente. Dove il Morty legato lo guarda e si sente messo da parte, come sempre, non riuscendo a capire che è solo per il suo bene e che, se glielo ha tenuto nascosto, era solo per mantenere una dignità che Rick sa di non possedere più. 

«Sei così codardo che non hai nemmeno avuto il coraggio di ammazzarmi con le tue mani!» L’altro Morty stringe i denti. C’erano aspettative, in quel Morty, sebbene al tempo avesse smesso di dargli retta e di assecondarlo, solo perché troppo cosciente delle proprie potenzialità. Qualcosa che li ha divisi, distrutti e resi uno la nemesi dell’altro. Così simili, ma quel Morty provvisto di una razionalità e una pazienza che lo ha reso più potente, più pericoloso e distruttivo – un Morty che non pecca dei difetti di un vecchio scienziato. Così Rick ha una sola missione ora e, per quanto gli occhi neri e grandi di quel neonato gli tornino alla mente ogni volta che lo guarda, indebolendo il suo cuore, sa che ha una sola scelta ed è l’unica che abbia davvero senso. 

«Allora che cosa vuoi da me?» Lo incalza, infine, perché quello che c’era da dire è stato detto. Morty, quello con cui ha condiviso avventure fino a ieri, ha ascoltato abbastanza e non ha ricevuto risposte, solo calci in faccia, come sempre. Allora è meglio chiudere lì quella faccenda, in un solo modo. Consegnare se stesso e lasciare che, per una volta, nessuna fuga si sommi al suo repertorio. 

Come quella volta in prigione, ma stavolta senza ritorno. 

«Voglio te. La tua testa, il tuo cervello, il tuo sapere! Voglio succhiarti via ogni accidenti di ricordo e farlo mio, estendere il mio genio fondendolo al tuo! Comandare la Cittadella non mi basta, voglio l’universo, voglio tutto! E  questo è l’unico modo. L’unico modo! E l’unico Rick che può darmi tutto questo, sei tu!» 

«Oh, capisco! Dunque quella volta è stata abbastanza fallimentare, eh! Non ci sei riuscito totalmente, a portarmi via ogni ricordo e alimentare il tuo fantoccio Rick con il mio genio<1>», lo prende in giro, con sufficienza e un sorrisetto di scherno atto solo a farlo irritare, ma pare impossibile. Troppo calcolatore, troppo razionale, troppo fermo. Quel Morty è inspiegabilmente privo del senso di sorpresa che contraddistingue ogni altro Morty.

«Errare è umano, nel mio caso è stato illuminante. Non mi serviva mettere su alcun teatrino, e con la Cittadella nelle mie mani, è stato molto più semplice raggiungerti senza che nessuno potesse contestarmi o dubitare di me. Ti stupirai di vedere che, dall’ultima volta che sei venuto, le cose sono molto cambiate lì. Non c’è Morty o Rick che non mi obbedisca», spiega, e infila le mani nelle tasche, soddisfatto. 

Soddisfatto. Fa quasi rabbia ogni volta che lo vede attraversato da questo sentimento, che brilla nel suo occhio scoperto. Nell’altro occhio deve aver impiantato un qualche dispositivo di controllo, che muove la Cittadella a proprio piacimento e la piega al suo volere. Qualcosa che Rick sarebbe in grado di costruire per dominare il mondo intero ma che non mette in atto per quel briciolo di civiltà e umanità che gli sono rimaste dentro al cuore.

Così guarda Morty, quello buono, insicuro e tremante – che ormai non trema nemmeno più. Ha solo addosso l’ansia di veder finire tutto, e la speranza che lo faccia nel migliore dei modi. Lo ha trascinato ovunque e, malgrado tutto, hanno condiviso molto più di quanto poteva sperare e, anche se vorrebbe negarglielo, gli deve quel tentativo di salvarlo. Di salvarli entrambi, perché Rick non è pronto a morire, figurarsi a lasciare che un ragazzino gli rubi il sapere e lo faccia proprio, smontando il suo ego smisurato. 

«Non tutti i Rick», dice, e con un gesto fulmineo, tira fuori la pistola laser e gliela punta alla tempia. I due Rick, rimasti fino a quel momento silenziosi accanto a Morty, si muovono veloci e imbracciano le loro armi contro di lui. Il Morty cattivo, invece, non lascia che una sola piega gli  sul viso, anzi allarga il suo ghigno e sospira. 

«Il Rick più intelligente dell’universo, eh?», lo canzona, poi lancia uno sguardo ai due Rick, pronti a eseguire ogni suo ordine. «Sei proprio sicuro che sia una mossa saggia? Ho un asso nella manica, o pensi davvero che io sia un idiota, come ogni dannato Morty.»

Rick sbuffa divertito. «Un asso nel culo? Appena ti sparerò avrai già trasferito la tua coscienza in uno di quei Rick e mi sparerai? E per sicurezza ne hai portati due? Prevedibile, la meticolosità data dall’ansia: una prerogativa di voi Morty.» Stringe di più la pistola tra le mani e lancia uno sguardo a Morty, il suo Morty, pietrificato. 

«Un piano prevedibile, per uno come te. Eppure inespugnabile. Ho due possibilità, ma sono certo me ne servirà una sola. Toglimi quella pistola dalla fronte, Rick e nessuno si farà del male.» Il Morty arrogante schiocca le dita; i due Rick tornano a puntare le armi sul Morty legato sulla sedia e Rick ha un tremolio nel cuore, che gli fa saltare un battito. Stringe gli occhi, sa cosa fare. È l’unico modo. L’unico accidenti di modo.

«D’accordo», dice calmo, poi si pianta l’arma alla tempia e fa un passo avanti. Gli altri sussultano sulle spalle, presi alla sprovvista, e ne fanno uno indietro, spiazzati. 

Morty lo guarda con gli occhi sbarrati, la bocca spalancata e nuove lacrime che gli arrossano le guance. Lo supplica di smetterla, di non farlo, con un filo di voce che a malapena si percepisce; forse Rick lo ha solo immaginato. 

Spinge di più la pistola alla tempia, troppo determinato a non fallire di nuovo. Stavolta no.

L’uomo più intelligente dell’universo – e il più infelice.

 
 


Continua...
 


 <1>  Nella puntata “Incontri ravvicinati del Rick-Tipo, Evil Morty tentava di assimilare i ricordi di Rick. 

 
Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
https://www.google.pl/search?q=frame bw png | Arabesco png, Imagem para  capa, Vetores
Note Autore:
____________


 

 Ma salve, gente di mare!
No, non demordo e sinceramente scrivere questa storia mi sta piacendo da impazzire ç__ç Magari non è un fandom molto seguito e del quale si leggono fanfiction, ma sono felice di aver voluto provare a buttare giù tutto questo, e sono felice di essermi messa alla prova su qualcosa che fonde introspezioni e azione, cosa che difficilmente riesco ad affrontare, paradossalmente scrivendo spesso sui supereroi. Grazie mille a chi è passato e mi ha lasciato un parere negli scorsi capitoli ** 
Siete i miei Morty preferiti ♥

Grazie mille a chi è arrivato fin qui, fatemi sapere cosa ne pensate e se vi ho confuso ancora di più le idee ♥

Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! 



 


Team Piercey
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
  Vintage Scissors Drawing Icons PNG - Free PNG and Icons Downloads  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


[ About Evil Morty - Morty Smith&Rick Sanchez - Introspettivo - Minilong]




Evil Morty Analysis: R&M Theory | Rick And Morty Amino
HOW BAD
  CAN I
  BE?



«Nobody exists on purpose, nobody belongs anywhere, everyone is gonna die.»
Morty Smith
 

| Capitolo III




 
 
 

                 

          

              Se esiste un dio, in questo istante, sta ignorando il mondo. Ha voltato lo sguardo altrove, su cose meno importanti; cose che hanno di certo più bisogno della sua attenzione e, per quanto Morty non ci creda più, in quell’entità celeste a cui suo nonno si paragona troppo spesso, si ritrova a balbettare il suo nome – ad invocarlo, debolmente, tra le labbra bagnate dalle lacrime e un dolore lancinante ai polsi. Li strattona, vorrebbe liberarsi, solo per fermare Rick e poi prenderlo a pugni fino a fargli perdere i sensi. Vuole fargli del male; tutto il male possibile, che non è nemmeno paragonabile a quello che sta provando lui, in questo momento, mentre il nonno si spinge quella pistola contro la tempia, arrogandosi il diritto di tenere su un’espressione sicura e divertita, come se ci fosse davvero qualcosa da ridere, ora come ora. Come se quel gesto, semmai lo compirà, potesse donare a qualcuno un conforto. No, nemmeno alla sua controparte malvagia arrecherebbe un vantaggio, ma solo la perdita di dati sensibili, di file, di informazioni. Perché per quello stronzo, Rick è solo questo: un recipiente di tutto, di ogni cazzo di cosa che esiste nel mondo. Troppo sapere incanalato nel corpo di un vecchio burbero e volgare, ma che dentro nasconde un pezzo di cuore che ancora pulsa. 

Ed è questo che lo ha spinto a un gesto simile, e Morty lo sa; e, sebbene non dovrebbe sentirsi il motivo per il quale Rick lo sta facendo, lui si sente in questo modo lo stesso, perché è fatto così. Si darebbe la colpa persino della fine del mondo, se arrivasse ora, in questo istante. 

Il Morty malvagio fa un passo indietro, quando Rick ne fa uno in avanti e minaccia di premere il grilletto, stretto intorno ad una mano che non trema nemmeno, anche se dovrebbe. Come cazzo fa a non avere paura di morire? Come cazzo fa a fare una cosa del genere senza sentirsi lontanamente intimorito dalla morte?

«Rick», lo chiama l’altro Morty,  e il nonno sbuffa divertito, prima di piegarsi verso di lui, alla ricerca di uno sguardo, che quello ricambia, ma stavolta è privo di quella luce malvagia che lo ha caratterizzato fino a quel momento, perché aveva la situazione sotto controllo e ora non più. Ora è un Morty come un altro. 

«Che accidenti vuoi? Vuoi il mio cervello, e poi? Mi ucciderai, immagino. Un Rick del mio calibro è potenzialmente pericoloso, per uno come te. Tenermi vivo non ti converrebbe, dico bene?» 

«Supposizione esatta, razza di idiota, dunque perché non fai semplicemente quello che ti dico? Moriresti comunque, in ogni caso», risponde l’altro, tra i denti, nel vistoso e patetico scenario di un ragazzino che sta perdendo la calma. Si mastica per un secondo il labbro inferiore. 

«Non è lo stesso, stronzo! Se il mio destino è quello di crepare, sarò io a decidere come! Ho il controllo su ogni dannata cosa; su di me, su di te, su Morty, sull’universo! Sono Dio, figlio di puttana!»

«D’accordo, fa’ pure! In ogni caso mi prenderò ciò che voglio», ridacchia il Morty malvagio, dopo una pausa passata a osservare qualcosa che non ha trovato: ovvero un motivo per cui Rick stia facendo questo. Solo che Morty ha capito benissimo le sue intenzioni, e forse sono pure peggio di ciò che lo aspetta se seguirà gli altri alla Cittadella dei Rick. Suo nonno non ha scelta, ma sceglie di scegliere e lo fa, in ogni caso, perdendo se stesso… perché prendendosi la responsabilità della propria morte, potrà ancora vincere. Perché Morty ha capito, ha capito fin troppo bene cosa vuole fare. Pensano tutti che sia stupido, ma è l’unico, tra loro, ad aver compreso le vere intenzioni di Rick. 

«Non penso, stronzetto. È una pistola laser, questa. Da una distanza del genere posso distruggere ogni singola molecola del mio cervello e, a te, resterà solo l’ennesimo fantoccio senza vita; un burattino. Spero proprio che esista un oltrevita, perché non mi voglio perdere la tua faccia, quando le tue manine luride si infileranno nella mia scatola cranica e non troveranno un bel niente da sgraffignare.» Come cazzo fa a trovare tutto questo estremamente divertente? Come fa a ridere persino in faccia alla morte, mettendoci di mezzo il cazzo di orgoglio e la sua finta onnipotenza? Come fa a non prendere niente sul serio, nemmeno questo? Rick è un cazzone, ma ha dimostrato spesso una finissima e nascosta sensibilità, e a Morty sembra solo di essere il protagonista di un accidenti di incubo. 

«Rick?!», urla, tra le lacrime – di rabbia, stavolta.

Rick lo fredda sul posto alzando la mano libera verso di lui. «Sta’ zitto, Morty! Ti ho detto di starne fuori!» 

«Che cazzo stai facendo?», chiede, ignorando quel monito, troppo preso dal momento per poter sorvolare. Troppo coinvolto, sebbene Rick pensi che non lo sia. 

«Stanne fuori!», lo ammonisce l’altro Morty, alzando anche lui una mano verso di lui, mentre l’altra si stringe in un pugno di pura impotenza. «Sta cercando di salvarti, per questo fa il gradasso con minacce sterili! Taci, prima che ti faccia fuori.»

«Salvarlo? No, io sto cercando di toglierti il privilegio di prenderti qualcosa che non è tuo e che non sai gestire, Morty: il mio genio.» 

«È la mossa più stupida che io abbia mai visto in vita mia!», ride l’altro, ma c’è un vibro nervoso in quel gesto e, il tremore nelle spalle, tradisce il suo intento di risultare ancora padrone della situazione. Rick ne sembra estremamente soddisfatto, quando piega la bocca in un sorriso orribilmente appagato. 

«Vita? Quattordici anni di vita? Che uomo navigato, sei? Scopare con le tue copie di Jessica e comandare la Cittadella non fa di te un uomo adulto.» 

«Rick, stai perdendo il punto della situazione: ti spari in testa e tutto ciò che farai non sarà di certo risparmiare la vita del tuo finto nipote. Avrò comunque ciò che voglio; ci sono milioni di Rick che sono quasi alla tua altezza.» Il tentativo di farlo ragionare sembra quasi patetico, ora come ora. Morty la vede, la difficoltà nel suo occhio sano, di cercare alla svelta una soluzione che non implichi la soluzione peggiore. Monta scuse, soluzioni che non sono risolutive, ma solo palliativi. Morty lo vede, lo sa, perché in ogni caso, anche se quello che ha davanti non gli assomiglia del tutto, non è esattamente il suo opposto. Il panico annichilisce i Morty, li schiaccia, li rende stupidi, anche se non lo sono. 

«Quasi! Nessun Rick è me, e tu è me che vuoi!»

«E tu, invece, cosa vuoi per non farlo? Quale prezzo chiedi?» 

Trattative. La prova che in ogni caso ognuno di loro ci perderà qualcosa, ma il Morty cattivo è intenzionato a tenersi fuori da quell’equazione. Incrocia le braccia dietro la schiena e attende, alzando fieramente il mente, che però trema. Trema di impazienza. Trema di paura. 

Rick sbuffa divertito. «Ora ragioniamo», esordisce, poi Morty sente i suoi occhi addosso per un attimo. Sembrano dirgli tutto e niente, poi smette di guardarlo serra le labbra, prima di proseguire. Sembra stia assaporando il sapore delle parole, prima di proferirle. «Lascerai in pace la famiglia Smith, libererai Morty, non ti avvicinerai mai più a questa famiglia e, qualunque cosa tu voglia fare, lascia stare questa realtà. Per il resto, distruggi quello che vuoi!» 

Scende un silenzio rotto solo dal rumore sottile delle corde che si tendono, quelle che ancora tengono Morty legato a quella sedia. Non sente più le braccia e nemmeno le gambe e i piedi, sotterrati sotto la sedia, legati tra loro, che bloccano ogni proposito di fermare quella pazzia che il nonno sta cercando di commettere: quella trattativa che non vede nessuno di loro vincitore.

Il Morty cattivo alza le sopracciglia, spalanca l’occhio scoperto, poi piega la bocca in sorriso e, poco dopo, reclina la testa e inizia a ridere. La sua risata riecheggia nel garage come l’urlo di un mostro prigioniero del caos. Si posa una mano sulla fronte, come se volesse darsi un contegno; scrolla le spalle e sbuffa via un ultimo frammento di quella risata, che è pura soddisfazione. Torna ad essere meno Morty di quanto lo sarebbe chiunque. 

«Tutto qui? Vuoi che salvi loro e la dimensione in cui vivono? Il controllo dell’universo comprenderebbe ogni cosa ma, ehi, un’eccezione per un vecchio amico posso farla!»

«Io non sono tuo amico, Morty. Sono tuo nonno, e non mi sta bene nemmeno questo. Dunque, abbiamo un accordo?» 

L’altro Morty lo squadra da capo a piedi con una mano sul mento, poi lo indica. 

«Solo se ammetterai, dunque, di tenere a questo… pupazzo», dice, sprezzante, lanciando a Morty un’occhiata che lo trafigge al petto. Lo fa sussultare. Non sa cosa dire – o meglio, non sa come dirlo. Avrebbe così tanto da esternare, ora come ora…

«Non l’ho forse ammesso dicendo che voglio la salvezza di questa dimensione? Sei forse sordo?», asserisce Rick, con uno schiocco della lingua che fa quasi ribrezzo – quasi quanto il suo sguardo fermo, con ancora quella pistola puntata alla testa. 

«Non lo hai detto, stupido vecchio! Voglio che tu lo ammetta, ora, dicendo qualcosa tipo ci tengo, sono un sentimentale e non posso sopportare di perdere il mio adorato nipote! Ecco, una cosa così. Gradirei che ci mettessi del sentimento, e magari un po’ di poesia.» Prese per il culo date da un potere sconfinato incastrato tra uno schiocco di dita, che comanda i suoi Rick, la Cittadella e, presto, l’intero universo.

Un Morty arrogante è un Morty pericoloso. Un Morty arrogante non è un Morty. In nessun mondo. Il Morty meno Morty di tutti. 

Rick lo guarda come se quella sfida non lo avesse scalfito in alcun modo, e forse è così, ma Morty è convinto che la vera motivazione è che suo nonno è sceso a patti con la morte, l’ha accettata e dunque non ha nulla da perdere. Nemmeno la dignità. 

Vorrebbe che non lo dicesse e che, per qualche ragione, non farlo potesse salvarli tutti e due, o almeno solo il nonno. Perché sua madre ha aspettato tanto il suo ritorno, e perderlo ancora la distruggerebbe. Forse molto più di quanto lo farebbe perdere suo figlio. 

Rick gli lancia un’occhiata, come se volesse dirgli che a quelle stronzate non ci deve nemmeno pensare. Come se gli avesse letto la mente facendogli una scansione al carbonio. Rick, questa capacità di capirlo anche solo con uno sguardo, dopotutto l’ha sempre avuta. 

«D’accordo. Ci tengo, lo faccio per lui e la sua famiglia e voglio che siano salvi; è l’unico desiderio che ho. Contento, ora?»

Morty cattivo lo squadra di nuovo, poi fa un passo avanti, sicuro di sé. Sembra pensarci come se fosse davvero importante, che Rick lo abbia detto, ma la verità è che è solo divertito da quella situazione dove ha tutto nelle sue mani, il controllo di ogni cosa, persino della propria paura. Morty pensa che vorrebbe essere così, ma allo stesso tempo vorrebbe non esserlo, se queste sono le conseguenze di una tale sicurezza in se stessi. 

Un po’ come Rick, ma almeno lui ha ancora dei principi. 

«Non male. Non mi ha totalmente soddisfatto, ma da te non potevo aspettarmi di più.»

«Bene», dice Rick, lapidario. «Dunque abbiamo un accordo?» 

L’altro ride, e quando il nonno gli mostra la mano per stringerla, quello aspetta qualche secondo prima di alzare la sua. Gli lancia un’occhiata scettica, che svanisce poi nella pazzia di un occhio che brama ogni cosa e che ora può averla. «Abbiamo un accordo, Rick.» 

«No! Rick! Rick!», urla Morty, ma è troppo tardi. Si stringono la mano e, mentre la scuotono, Rick ride. Ride di gusto, ma con una freddezza che spiazza. 

Ride, perché Rick ha vinto. 

«Ben fatto, idiota!», esclama, e poi succede. Succede, e Morty spalanca gli occhi. 

Lo sparo infrange il muro del suono, così tanto che forse nemmeno lo ha sentito. Vede solo schizzare via dal lato destro della testa del nonno pezzi di cervello bruciato e sangue, che si schiantano contro la parete e, poco dopo, il tonfo a terra del corpo di Rick è una bomba atomica nella testa. Silenzioso, immobile, morto. 

Rick è morto, lo ha fatto. Si è sparato, e Morty sa il perché. Sa che non c’è dignità in quel gesto e che, se lo ha fatto, è per restare un uomo libero. Nemmeno la pietà lo ha scalfito, ma ha voluto credere in quell’accordo. Morty malvagio gli ha stretto la mano, ha giurato di non torcere un capello alla famiglia Smith e a quella dimensione, solo che quel pezzo di merda non manterrà mai quella promessa, Morty lo sa, e dunque è stato tutto inutile. Tutto dannatamente inutile. 

Piange. Non ha fatto altro da quanto è entrato in quel garage e, se avesse le mani libere, ora come ora, si coprirebbe la bocca e gli occhi, ma questo solo per non guardare, per non vedere quello che è un incubo ricorrente che alla fine si è compiuto, anche se non lo ha mai raccontato e ammesso, persino a Rick. Soprattutto a Rick. 

Rick non doveva mai sapere quanto Morty è sensibile. Fino a che livello. Fino a quel livello, che ora non ha alcun motivo di nascondere o annichilire per dimostrarsi migliore di quello che è. 

L’altro Morty è immobile, con la mano ancora a mezz’aria, sconvolto; fissa il corpo morto di Rick e non proferisce parola, si limita solo a restare gelato in mezzo al fallimento che lo attende, ora che non potrà più avere ciò che voleva. L’ultimo obiettivo, distrutto. Il cervello di Rick carbonizzato, che ancora emette fumo dal buco nella testa. Gli occhi spalancati sul soffitto. 

Lo stesso soffitto che Morty sente crollargli addosso, come un macigno, mentre il cuore gli salta troppi battiti. 

Rick è morto e, con lui, ogni speranza ; per la prima volta Morty si rende conto di quanto qualcosa che sembrava non avesse poi così tanta importanza, invece ne ha.

 
 


Continua...
 



 

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
https://www.google.pl/search?q=frame bw png | Arabesco png, Imagem para  capa, Vetores
Note Autore:
______________


 

 Salve a tutti!
Ed eccoci qui, al penultimo capitolo di questa piccolissima Minilong dedicata a Rick&Morty e la teoria di Evil Morty – a cui ho cercato di dare uno spessore.
Dite che sto tergiversando sul finale? Nah, non lo sto facendo e invece sì.
Che posso dirvi, se non che... non vi resta che leggere e scoprire cosa è successo! Morty è qui che sbraita i suoi "Oh, geez! Oh, man! Rick, you stupid asshole!" E altre cose carine verso il nonno che tutti vorremmo ♥
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento alla prossima settimana con l'epilogo 

Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! 



 


Team Piercey
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
  Vintage Scissors Drawing Icons PNG - Free PNG and Icons Downloads  

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV - Epilogo ***


[ About Evil Morty - Morty Smith&Rick Sanchez - Introspettivo - Minilong]




Evil Morty Analysis: R&M Theory | Rick And Morty Amino

HOW BAD
  CAN I
  BE?





«Nobody exists on purpose, nobody belongs anywhere, everyone is gonna die.»
Morty Smith


 

| Capitolo IV - Epilogo






 
 
 

  

            Morto. È morto. Morto, morto, morto, morto. Morto! 

Prima esisteva e ora non più, e la mente di Morty è come glassa che gli cola via dalle orecchie: un annullamento autoimposto da una psiche che non riesce ad assimilare quella perdita e, al tempo stesso, è uno tsunami di emozioni che lo ha travolto e si sente annegare in un mare fatto di pece e oscurità. Niente sembra reale, ogni pensiero pare sfuggirgli di mano, come un palloncino attaccato ad una corda che vola via, e si perde per sempre nel cielo. Poi esplode quando, come Icaro, è troppo vicino al sole. Esplode, come una bomba ad orologeria che sembrava in attesa di scoppiare da una vita.

«N-non… non… t-tu… che cosa… tu glielo hai lasciato fare! Non avresti do-dovuto! Non avresti dovuto, tu n-»  

Il Morty cattivo si volta verso di lui, con uno scatto fulmineo: l’occhio esposto spalancato sul nulla, privo di emozioni, di calore, di freddezza, di cattiveria e di amore. Annullato di ogni cosa, pregno solo del nulla assoluto. Nemmeno la delusione. 

«Ha fatto tutto da solo!», urla, ad un tratto e, senza controllo, tira un calcio alla sedia di Morty., che cade all’indietro, sbatte la testa e non può nemmeno prendersela tra le mani. Emette un mugolio di dolore, poi stringe i denti. Fa male, malissimo. Il contatto con il pavimento è stato devastante. Vede tutto annebbiato. 

L’altro Morty gli si avvicina, si piega sulle ginocchia e lo tira per i capelli, alzandogli la testa a pochi centimetri dalla sua. «È tutta colpa tua! Solo tua! Se non… se non si fosse ammorbidito così per te, ora sarebbe nel mio laboratorio a farsi stuprare da un macchinario super sofisticato e non qui, a marcire sul pavimento del vostro fottutissimo garage! Sentiti in colpa, Morty! È crepato per te, e io ti ammazzo lo stesso! Avrai la fine che meriti, piccolo pezzo di merda inutile che non sei altro! Chissà che cazzo ci avrà visto, in te!» 

«Gli spariamo?», interviene uno dei Rick, rimasto silenziosi fino a quel momento, imbracciando il fucile. 

«No, me ne occupo io! Ma non qui!», dice l’altro, nervoso, ammonendo l’iniziativa di aprire bocca di quel Rick a quanto pare sottomesso. Un Rick che non è Rick. In alcun modo. 

«U-U-Uccidimi qui», lo supplica Morty, e l’altro sembra prendere quella richiesta come un motivo in più per fare tutto il contrario di tutto. Lo slega velocemente, con le mani che tremano e, tirando fuori una pistola da dietro la schiena, lo tira su e gliela punta addosso. Come se Morty potesse mai fare niente per ribellarsi e scappare via, mentre torna a puntare lo sguardo sul corpo morto di Rick, ogni istante più pallido. La chiazza di sangue sotto di lui si allarga e diventa sempre più nera. Morty trema, ma non riesce a distogliere gli occhi. 

«Con me!», gli ordina l’altro Morty, poi fa cenno a uno dei Rick di aprire il portale esortandolo con una dura pacca sulla spalla e, quando i due sottoposti lo fanno, muove il mento indicando loro di entrare. Non appena lo fanno, Morty si sente strattonare di nuovo di fronte al pulsare di quel verde che lo ha accompagnato per molte avventure e che ora è il varco che lo porterà alla morte. 

I due Rick spariscono e, non appena anche loro stanno per fare quel passo, il Morty cattivo si ferma. Si gira verso Rick, poi di nuovo verso il portale. 

«Coglioni», mormora e lascia andare Morty, cominciando a ridere di gusto. A ridere con un tale trasporto che, se fosse una situazione diversa, riderebbe anche lui. 

«C-Che… che accidenti…», prova Morty, mentre quell’altro si avvicina al corpo di Rick, e vorrebbe urlargli di stargli lontano, di rispettare quello che il nonno ha fatto e il perché lo ha fatto. Ma ferma quell’intento quando il Morty cattivo prende la portal gun dalla giacca di Rick e la usa per chiudere il portale. Senza motivo. O forse sì, ma gli sfugge quale potrebbe essere. Ha la testa troppo annebbiata dalla disperazione di aver perso Rick, per poter formulare un pensiero coerente.

«Oh, cazzo! Avrei dovuto fare l’attore, il pezzo di merda mi riesce proprio bene! Dopotutto non è tanto difficile, per me», dice ancora l’altro, poi si gira verso Morty e si pianta le mani ai fianchi. Un ghigno di pura soddisfazione si apre – si spalanca sul suo viso e, subito dopo, si toglie la benda dall’occhio; due fili si staccano in modo inquietante da altri due che gli penzolano dal bulbo oculare e, mentre lo guarda, mugugna. «Tecnologia avanzata un par di balle. Questa cosa avrei potuto costruirla all’asilo. Stupido idiota, come ha fatto a prendere il comando di una Cittadella intera, piena di Rick?» Scuote la testa, amareggiato. Con quel modo familiare che gli fa saltare un battito al cuore.  

«Ma che acc-», inizia Morty, sconvolto, anche se sta iniziando a capire; forse ha davvero capito e, quando sente di nuovo le lacrime agli occhi, ne è certo. 

«Dio santo, Morty! Sei veramente lento a capire!», sorride il Morty malvagio… che è Rick. Senza alcun dubbio. È Rick, che è sempre pieno di sorprese. Rick, che non fa mai niente se non ha una soluzione. Rick, che piuttosto che morire distruggerebbe l’universo e, forse, c’era pure andato vicino. 

«R-Rick?», balbetta Morty, e sebbene sia tutto chiaro, ora, racchiuso in una stretta di mano che non era un accordo ma un bluff – l’unico contatto che il nonno e l’altro hanno avuto, si sente confuso. 

Rick, nel corpo dell’altro Morty, ride di nuovo. Gli posa una mano sulla spalla, ed è quasi un abbraccio; quello che Morty forse un po’ vorrebbe, in questo momento, perché è in preda all’ennesimo crollo psicologico. Uno che, stavolta, non può gestire. 

«Pensi che solo lui sia in grado di trasferirsi in altri corpi? Questo tipo di tecnologia l’ho inventata io!» Apre la mano: appiccicato sul palmo c’è un chip nero, minuscolo, con un pulsante rosso al centro «Gli ho stretto la mano e ho azionato il dispositivo. Mi sono trasferito nel suo corpo un attimo prima di spararmi. Così, quello lì, non sono io.» C’è una certa soddisfazione nel suo sguardo, mentre lo dice e, quando si voltano entrambi a guardare di nuovo quel corpo senza vita, quasi pare che non sia davvero Rick, steso per terra. Pare che non sia altro che un pupazzo senz’anima, ma che comunque, fino a poco prima, pulsava di vita. 

Morty rabbrividisce. Morty pensa alle conseguenze perché, sì, dopotutto quella vasca d’acido è servita davvero a qualcosa.

«Rick… Rick, hai… ucciso… il tuo vero Morty.» 

«Ehi! Frena con le accuse! Prima di tutto se non avessi sincronizzato in tempo lo sparo e poi il trasferimento di coscienza, ora sarebbe il mio cervello, quello spappolato. E poi nessun Rick vuole un nipote del genere. Nessun Rick sarebbe capace di controllarlo. Era pericoloso e andava fermato, punto. Non farti troppe domande, Morty. È stato giusto così.» 

«Ma lui… lui era…» 

«Cosa? Un vero stronzo? Arrogante, patetico? Che altro, Morty? Ho un altro milione di aggettivi da affibbiargli. E nessuno di questi ha pietà di lui. Ho infiniti nipoti, in giro per gli universi, ma nessuno di loro è un tale pezzo di merda. Non mi mancherà, Morty.» Rick si slaccia la cravatta e sbottona il primo bottone della camicia, come se stesse soffocando nei vestiti e in quel corpo minuto e debole. Morty lo guarda come si guarderebbe un pazzo e non un nonno geniale che ha appena salvato la sua vita e, probabilmente, quella dell’intero pianeta. Sa che lo ha fatto per una giusta causa e che, dopotutto, a lui ci tiene davvero… ma questo è davvero il prezzo che ha dovuto pagare? Perdere l’unica cosa autentica che gli era rimasta? L’unico Morty che è nato nel suo stesso universo? L’unico che ha visto nascere, crescere, cadere, rialzarsi e sbagliare tutto? 

Lo pensa con una patetica innocenza, che si espande troppo spesso in pensieri positivi persino su chi non li merita, ma Morty lo sa, che la sua innocenza, l'ha persa il giorno in cui ha seppellito se stesso. E questo è un colpo troppo grosso da mandare giù. Troppo doloroso. 

«Co-cosa… cosa faremo, ora?» 

Rick sbuffa e si stiracchia la schiena, poi lo guarda come se Morty gli avesse appena chiesto la luna o un gelato al veleno. 

«Prima di tutto ci occuperemo della Cittadella. Non appena scopriranno cosa è successo, torneranno per cercare il loro Presidente – ammetto che mi piacerebbe moltissimo continuare a ricoprire questo ruolo e lasciare che facciano tutto quello che voglio, ma mi annoio facilmente e la Cittadella è un posto di merda! Dunque…», dice, poi prende il dispositivo a forma di benda, se lo attacca di nuovo all’occhio e, un attimo dopo, sussulta. «Uoooo, devono aver fatto un gran bel botto, dopo questa!» 

«Rick! Che accidenti hai fatto?», chiede Morty, ma ha capito benissimo che cosa è successo. Lo ha capito fin troppo bene. Rick lo ha fatto: ha distrutto la Cittadella usando lo stesso dispositivo che la controllava, perché è un genio e può farlo; perché a volte è giusto, ma senza principi. Fa sempre quello che Morty non farebbe mai. Non questo Morty. 

«Ho…», rutta, «sistemato le cose», spiega Rick, sfilandosi di nuovo la benda e buttandola a terra. La calpesta e la distrugge con un colpo di tacco, come se fosse una sigaretta appena finita di fumare. Come se non avesse sterminato un pianeta intero.

«C-come?» 

«La pacca sulla spalla di quel Rick», dice, indicando con il pollice il punto esatto dove prima c’era stato il portale. «Gli ho attaccato addosso un microchip che ho rapidamente collegato a questo coso. È burp esploso e con lui ogni essere vivente che condivideva con lui tracce di DNA nel raggio di qualche metro. Una Cittadella popolata solo di Morty e di Rick non ha molto di cui sperare, in certi casi. Ovviamente è tutto circoscritto a quella realtà e… sì, lo so che te lo stai chiedendo ma no, la possibilità che vi sia rimasto qualche sopravvissuto è davvero bassa. E anche fosse, non ci interessa. Il loro leader è morto, e senza la benda non possono essere controllati. Si renderanno conto di essere liberi… sempre se, come ho detto, ci sono dei sopravvissuti», asserisce. Incrocia le braccia al petto, chiude gli occhi. Come se nulla fosse successo. 

Morty è sconvolto. Molto più di quanto non lo sia stato in altre occasioni. Ci sono troppe cose che non riesce a sostenere, sopra al manto debole del suo animo fragile e, ancora una volta, l’emotività che da sempre lo contraddistingue esplode in un pianto, che non lo libera, piuttosto lo condanna a una vita spesa a vedere troppi se stessi morire e troppi Rick artefici di quei destini. Non gli importa se quel Morty era cattivo, non gli importa se voleva  ucciderli e distruggere l’universo. Non gli importa se non c’era niente di morale, nelle sue azioni. Gli importa che ogni essere umano ha una propria indipendenza e che ognuna di esse andrebbe rispettata, ma il prezzo di una tale giustizia lo paga sempre col dolore e… e forse è stufo. È stufo perché forse gli manca la vita triste e monotona dei suoi brutti voti a scuola e dei suoi fallimenti in amore. Gli manca essere normale e, tutto questo, con Rick non può più riaverlo indietro. Quello che sa, poi, è che anche se Rick se ne andasse, le cose non tornerebbero mai come prima. 

«Ehi, ehi. No, Morty, no!», esclama Rick, goffamente e quando Morty alza lo sguardo sul suo, lo trova con un labbro stretto tra i denti, mortificato. Colpevole. «Non sentirti in colpa per quello che è successo! Siamo vivi! Ora non mi resta che trasferire la mia coscienza in un corpo nuovo, identico al mio, e tutto tornerà come prima! È successo un milione di volte!» 

«M-ma non… non così, Rick! Perché finiamo sempre per ammazzarci a vicenda?»

«Non siamo noi, ricordi? Sono… sono altri Rick e altri Morty. Non siamo mai davvero noi. È diverso!», cerca di rassicurarlo. Gli appoggia un’altra mano sulla spalla, ed è l’unico gesto che Morty sa di poter chiedere. Rick non si spingerà mai oltre quello, non gli darà mai l’abbraccio di conforto che chiede. Lo priverà sempre di quelle attenzioni paterne che gli mancano. Ed ora ha paura che le cose possano cambiare ancora.

«E… e se diventassi anch’io, così? E se fosse il destino di ogni Morty, questo?»

«No, non lo è. Tu non… non puoi diventare così.»

«Perché sono stupido? Perché non ci arrivo? Perché non sono abbastanza come te?», lo rimprovera. Si asciuga le lacrime con il dorso della mano, ma queste non smettono di scendere dai suoi occhi; gli fanno male, bruciano. Non ha mai pianto così tanto in vita sua. E da quando Rick è lì, lo fa sempre più spesso, eppure… eppure non vuole che se ne vada. 

Rick sospira, in risposa. Lo guarda colpevole. Quello sguardo ha più risposte di mille parole, ma Morty questa volta le vorrebbe sentire dalla bocca di suo nonno. Per inventare ancora l'onestà, come quella volta in cui l’hanno fatto per colpa di una vasca d’acido. 

«Non sei abbastanza come me, no. Non sei un cinico bastardo, incapace di esternare le proprie emozioni, che non sa legarsi – o sa farlo senza saperlo dimostrare. Non sei uno che fugge, non scappi dai problemi e dalla tua famiglia, quando le cose si fanno scomode. Quel Morty poteva tornare a casa, e ha deciso di crearsi un suo impero, scegliendo la solitudine, come ho fatto io in passato. Tu non sei così.» 

Morty apre appena la bocca, per un attimo ammutolito da quel tentativo di dimostrargli che vale qualcosa, ma senza mai dirlo direttamente; è molto più di quanto possa chiedere e, per ora, va bene così. 

«Come tutti gli altri Morty?» 

«Come ogni Morty giusto che vive nel proprio universo. Ma tu sei il Morty più Morty di tutti.» Rick sorride, e a Morty sembra quasi di vederlo, il viso di suo nonno, mentre lo fa. Sa che non è vero che è il Morty più Morty, anche se sogna di esserlo da quando sono stati alla Cittadella e ha scoperto questo fatto. Non lo è, il più degno è morto, e forse… forse Rick ha ragione, forse è meglio essere uno fra i tanti, che il solo e unico, ma senza affetti. «Vado a cambiarmi», dice poi Rick e sparisce per un po’ nella botola al centro della stanza. 

Morty passa quel tempo che lo separa dal rivedere suo nonno a rimuginare. Non è davvero convinto che Rick gli sia così affezionato da preferirlo ad altri. Non crede che ci sia qualcosa in lui che lo rende diverso da altri Morty. Uno varrebbe l’altro, non vi sarebbe differenza, proprio come la sua famiglia, quella dove ora è ospite, che non è davvero la sua, ma a volte riesce a dimenticare quel particolare e vivere normalmente, come se lo fosse; perché differenze sostanziali non ce ne sono: Jerry è un fallito, Beth è infelice e Summer è una stronza a cui vuole un gran bene. Sono loro, eppure non lo sono e questo… questo è affascinante e allo stesso tempo terribile. 

Si copre il viso con le mani e, stanco, non sa se vuole davvero continuare con le sue avventure con Rick. Prima di quel momento lo facevano sentire unico, non condiviso e, di certo, il preferito del nonno. Ma ora è cambiato tutto; si sente come se avesse raggiunto l’età adulta nel giro di pochi secondi, senza passare per quegli anni indispensabili a crescere davvero, gradualmente, forse senza nemmeno accorgersene. 

Rick ritorna. Sente i suoi passi sulle scale di metallo del bunker, poi la botola si chiude con un tonfo e, quando lo fronteggia di nuovo, Morty si scopre la faccia e lo guarda. È di nuovo lui, maglietta celeste, camice bianco e un monociglio inconfondibile. Uno dei tanti Rick, ma il più Rick di tutti. Forse non merita nemmeno il privilegio di fargli da spalla. Forse il nonno meriterebbe qualcuno che vale qualcosa. Basta così poco, per essere migliori di lui...

«Ti senti meglio?», chiede Rick, ma lo dice come se conoscesse già la risposta. 

Morty annuisce, ma sta mentendo. Ha un vuoto dentro che non riesce a colmare e no, non può andare avanti così, non ne ha la capacità. Non ne ha la forza. Allora alza la testa e lo fronteggia, con il solo intento di sfidarlo e dirgli tutto, di ammettere che loro due, insieme, sono capaci solo a distruggersi e rovinarsi la vita. 

Ma non fa in tempo a tirar fuori quel coraggio, perché di fronte ai suoi occhi c’è una pistola che non ha mai visto, ma che in qualche modo è familiare. Vede solo una luce blu che gli colpisce il volto, poi cade all’indietro; qualcuno lo prende al volo. Infine è solo il buio dietro le pupille chiuse, e i ricordi di frammentano lentamente, fino a sparire. 


 

Rick And Morty Silhouette posted by Christopher Sellers


 

«Morty? Morty?» È la voce di Rick, che lo chiama, impaziente. Sente mani poderose che lo scuotono e, un attimo dopo, apre gli occhi con una fatica ignobile. Ha la testa che gli scoppia e, di sottofondo, rumori sconnessi che non riesce a distinguere, finché non vede di fronte a sé la TV accesa e Rick, nel suo campo visivo, che gli è praticamente di fronte, piegato su di lui e tenta di svegliarlo.

«R-Rick? C-che… che accidenti è successo?»
«Cosa è successo, chiedi? Ti sei addormentato di fronte alla TV intergalattica! Ti sei perso il finale del Grande Fratello con le pannocchie!», sbuffa, indignato, incrociando le braccia al petto e tamburellando un piede a terra; un rumore sordo contro il tappeto, che ha lo stesso impatto di unghie contro una lavagna, nella testa di Morty. 

«A-addormentato? Non ci posso credere, non mi sono mai addormentato guardando la TV intergalattica», dice, sconvolto, posandosi una mano sulla fronte: è sudata e bollente. 

Rick lo guarda senza dire niente, poi gli scosta bruscamente la mano e vi posa la sua. «Uho! Accidenti, scotti come una piastra da hamburger! Hai la febbre, Morty!» 

«No, no! Io non… non ho… non ho la febbre! Sto bene! Po-possiamo persino partire per una classica avventura di Rick e Morty, no?», chiede, speranzoso, e sente dentro al cuore che è tutto ciò di cui ha bisogno ora, e non sa nemmeno il perché. Sa solo che ha necessità di ritrovare un equilibrio con Rick, di assicurarsi che è ancora la sua spalla, la sua preferita, anche se è certo che non sia così. 

Rick lo fissa senza alcuna espressione facciale, poi sbuffa e si spiaccica una mano sulla faccia, esasperato. «Non voglio mocciosi malati nella mia navicella! E tu sei malato. Ce ne staremo a casa finché non ti riprenderai, e spero che accada presto, Morty. Non rinuncio ai miei tentativi suicida tanto facilmente!», esclama, poi si siede a peso morto accanto a lui, col telecomando stretto tra le mani, iniziando a fare zapping.

Morty si volta e lo osserva, e dentro ha tante domande che non riesce nemmeno a focalizzare, sopite dentro di lui e, in qualche modo, fanno un male cane.

«Rinunci perché senza di me sei perso, eh!» 

«No! Burp, rinuncio perché da solo mi annoio.»

«Perché non ammetti che sono il tuo preferito, una buona volta?» 

«Perché non lo sei, Morty!» 

«Allora è Summer, la tua preferita?» 

«Abbiamo già affrontato questo discorso, calcolo il mio affetto verso di voi su una scala che va da un dito a una trave di metallo arrugginita su per il culo! Sotto quel punto di vista siete identici!» 

«Allora siamo i tuoi preferiti entrambi?»

«Hai un modo distorto di vedere l’affetto paragonato al dolore, Morty», sospira Rick, poi si volta a guardarlo e, quando Morty lo vede sorridere, capisce molto più di quanto potrebbe. Si stupisce di quando un silenzio e labbra distese in quel modo possano dare tanto conforto. «Ma non partirò con Summer, e questo ti basta.»

Sì, gli basta. Dopotutto la febbre non è la fine del mondo; quella, forse, dovrà combatterla nella prossima avventura e, onestamente, non vede l’ora.

 
 


Fine
 



 

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
https://www.google.pl/search?q=frame bw png | Arabesco png, Imagem para  capa, Vetores
Note Autore:
______________


 

 Ciao gente di mare **
Sono veramente contenta di aver mantenuto la promessa di concludere questa minilong e, anche se è solo un esperimento su questo nuoovo fandom e quindi so di dover migliorare l'IC dei personaggi, mi sono divertita molto a creare la trama e spero di aver reso bene il colpo di scena **
Non credo che smetterò presto di tartassarvi i gingilli con Rick&Morty, ormai sono entrata in un loop senza fine e ho una miriade di idee su questo fandom che devo ASSOLUTAMENTE mettere su carta e, a dire il vero, molte sono ancora su Evil Morty ** 
Grazie a chi ha seguito la storia, a chi l'ha listata, a chi l'ha recensita e spero di ritrovarvi qui a farmi compagnia con questi due pazzi ** Fatemi sapere cosa ne pensate del finale, se vi va ♥

 

Get Schwifty ♥



 


Team Piercey
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

Caps from Dimension c-132 — lillayfran: Focus on science
  Vintage Scissors Drawing Icons PNG - Free PNG and Icons Downloads  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3945495