Eterocromia

di Efesia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Eterocromia

Severus Piton arrivò al maniero della famiglia Malfoy consapevole che qualcosa di grosso stesse accadendo.

Il marchio bruciava incessantemente da oltre un'ora, il signore oscuro pretendeva la sua presenza. 

Sapeva che non avrebbe potuto assentarsi da scuola al mattino, un brivido gli percorse la schiena, qualunque cosa stesse succedendo all’interno di quelle mura non sarebbe stato niente di positivo per il mondo magico, la fretta e l’impazienza non portavano mai a nulla di buono quando si trattava dell’oscuro signore.

 

Entrò nel maniero accompagnato da pensieri funesti.

Le porte intarsiate del salone, così finemente decorate non lasciavano intuire niente di ciò che stesse accadendo al loro interno. 

Severus non era preparato allo spettacolo che lo attendeva.

Sul pavimento di marmo giacevano i corpi scomposti e martoriati di più di cinquanta ragazze. 

Il sangue aveva formato un lago denso e appiccicoso, ricopriva il pavimento quasi interamente lambendo e macchiando le scarpe dei Mangiamorte. 

Tutti gli appartenenti alla cerchia ristretta aspettavano il suo arrivo addossati alle pareti, solo Voldemort sedeva sul trono al centro della stanza, completamente pulito. 

Severus fece scorrere rapidamente lo sguardo sui suoi compagni, molti avevano lo sguardo soddisfatto di chi ha appena compiuto una carneficina, solo Narcissa mostrava apertamente il proprio disgusto. Bastò un rapido sguardo per permettere al professore di pozioni di capire che quel disgusto non era dato dalle povere ragazze trucidate che giacevano ai suoi piedi quanto dal pensiero del sangue che avrebbe dovuto far scrostare dall'intero salone. 

 

-Vieni avanti Severus, sai che odio aspettare

Il suo padrone lo chiamava a sé e l'uomo non poté fare altro che attraversare il fiume di sangue e inginocchiarsi ai suoi piedi.

-Mi scuso mio signore, non volevo destare sospetti sul vecchio abbandonando le lezioni. 

Le sue parole vennero accolte con uno svogliato gesto della mano, l'oscuro era sicuramente di buon umore. 

-Lasciateci.

L'ordine impartito con una sola sibilante parola fece sparire immediatamente ogni singolo Mangiamorte dalla stanza.

Solo i padroni di casa si erano attardati. 

Severus rivolse loro uno sguardo curioso. Lucius Malfoy sorreggeva con evidente disprezzo due ragazze. I corpi gocciolavano lentamente sangue macchiando le sue vesti. Entrambe tremavano visibilmente, sconvolte da tutto ciò che avevano visto e purtroppo subito. 

-Lasciale Lucius, ora è il turno di Severus di divertirsi un po'. Date una pulita a questo posto e lasciateci soli. 

-Come desidera mio signore.

La coppia fece evanescere in rapidi gesti i cadaveri e buona parte del sangue che impregnava il pavimento, poi dopo un profondo inchino uscì dalla stanza. 

 

-Severus, ti ho chiamato qui perché ho bisogno dei tuoi servigi. 

Il signore oscuro si era alzato dal suo trono e con passo sicuro si era avvicinato all'unica ragazza che aveva ancora la forza di reggersi in piedi. 

Lo guardò afferrarle il collo con una mano, in un tocco rude ma non eccessivamente violento.

Lo sguardo che la giovane gli riservò mostrava tutto l'odio e la paura che stava provando, nonostante il terrore non abbassò lo sguardo, fissando intensamente con gli occhi castani quelli rossi e serpentini che le frugavano l'anima. 

-Questa piccola impudente da adesso è sotto la tua responsabilità, guariscile il corpo, avrà bisogno di parecchie pozioni. Mulciber non è stato gentile con te mia cara non è vero?

Un piccolo fremito le attraversò il corpo al suono sibilante della voce di Lord Voldemort.

-Guardala Severus, vorrebbe ribellarsi. Non è divertente? Ha un bel caratterino

-Si, mio signore.

Le parole faticavano ad uscire dalla sua bocca, cercò di mantenere il viso impassibile, ringraziando le proprie abilità di occlumante, ma gli occhi continuavano a correre tra le due figure femminili. 

-Ah Severus, vedo che il mio regalino ti incuriosisce.

Quella ragazza è tutta per te, non vedi una discreta somiglianza? Ho pensato ti avrebbe dato soddisfazione torturarla. Divertiti ma dopo disfatene, è un’inutile spreco di ossigeno. Non voglio altre sudice babbane in giro per il maniero. Quando avrai finito di spassartela e avrai curato questa vieni da me.

 

Lasciò la giovane, che si afflosciò a terra portandosi le mani alla gola, e con passo deciso uscì dal salone. 

Gli occhi scuri dell'uomo finalmente poterono dare spazio alle emozioni. 

Il mostro che chiamava padrone gli aveva fatto un regalo sadico, ai suoi piedi giaceva una ragazza più morta che viva, i lunghi capelli rossi erano impregnati del suo stesso sangue, ma la cosa che più infastidiva severus erano gli occhi. Quegli smeraldi, resi acquosi dalle percosse e dal terrore, così simili a quelli nella sua memoria lo colpivano nel profondo. 

 

L'uomo in nero mormorò qualcosa e un lampo verde colpì la ragazza rossa che con lei era l'ultima sopravvissuta a quella carneficina. 

Quando si girò a guardarla un brivido la scosse. Non c'era più nessuna espressione sul suo volto, come se avesse indossato una di quelle maschere argentee che portavano tutti in quella casa. L'unica cosa che riuscivano a trasmetterle quegli occhi neri era un'intensa sensazione di terrore.

L'uomo le afferrò un braccio e senza una parola la condusse via, via da quella stanza di morte, via dall'odore del sangue altrui.

Avrebbe voluto che la portasse via anche dalle paure nella sua testa. Ma questo, lo sapeva bene, non sarebbe stato possibile mai. 


 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Cap 2

Aprii gli occhi e per qualche secondo rimase immobile.

Stesa nel letto nei brevi istanti dopo essersi svegliata poteva fingere di essere a casa, avvolta nel caldo piumone celeste e piacevolmente circondata dal profumo del pane appena sfornato dal panificio sotto al suo appartamento. 

La consapevolezza di dove si trovasse arrivava però sempre troppo in fretta.

Quando era stata condotta più morta che viva in quella "cella" tutto si aspettava meno che quello.

Durante tutto il tragitto l'uomo l'aveva trascinata e sorretta, la presa dura delle sue dita contro la pelle provata dalle percosse le faceva male, sul braccio sarebbero sicuramente fioriti nuovi lividi da lì a poco.

 Scalza e sanguinante aveva faticato a stare al passo con lui. 

L'aveva condotta per tutto il tempo senza rivolgerle la parola o lo sguardo e quando si erano bruscamente fermati si era resa conto di trovarsi in una stanza da letto. Il terrore di quello che stava per succedere si era impossessato di lei e con le ultime energie aveva provato a divincolarsi, convinta che le avrebbe fatto subire quell'ultima umiliazione, l'unica violazione che il suo corpo non aveva ancora dovuto sopportare, prima di ucciderla. 

Le sembrava di sentire il tocco rude delle sue mani spingerla sul letto, i polsi stretti in una morsa, stretti tra le sue dita gelide mentre con l'altra mano le strappava di dosso lo straccio che una volta era stato il suo bel vestito blu. 

Tremò violentemente.

I suoi pensieri dovevano essere stati molto chiari visto che l'uomo le aveva immediatamente lasciato il braccio e con voce calda le aveva assicurato che non avrebbe infierito in alcun modo su di lei. 

Non aveva faticato a credere alle sue parole, ormai troppo sfinita per pensare lucidamente. 

L'uomo aveva detto il vero, le aveva fatto ingerire diverse medicine, sciroppi e liquidi disgustosi che le avevano subito donato sollievo. Poi dopo averle bendato le ferite senza proferire parola aveva lasciato la stanza. 

 

Si alzò dal letto lentamente, era stata svegliata dal rumore del vassoio che veniva posato sullo scrittoio. Ogni giorno, mattina e sera, un vassoio pieno di cibo veniva lasciato per lei, compariva come dal nulla sul tavolino. I primi giorni non si era fidata a mangiare il contenuto dei piatti, limitandosi a bere l'acqua del rubinetto del piccolo bagno presente in camera. Aveva battuto palmo a palmo la lussuosa stanza che la ospitava, conosceva ormai alla perfezione il baldacchino nero che circondava il letto, il tappeto morbido, il caminetto che si accendeva ogni sera per scaldarla e il piccolo scrittoio. Aveva passato lunghe ore chiusa nel piccolo bagno, immersa nella vasca cercando di lavare via il ricordo del sangue dal suo corpo, provando a sfregare la pelle per cancellare tutto il dolore, l'umiliazione, la paura. Inutilmente. Ottenendo solamente di arrossare ulteriormente la pelle ferita.

Il terzo giorno di prigionia sul letto era comparsa una semplice veste di lana. L'aveva indossata con gratitudine riflettendo su quanto le piccole cose possano essere sottovalutate. Non aveva sofferto il freddo ma la nudità in questo ambiente estraneo non la metteva a proprio agio. Guardare il proprio corpo ricoperto di lividi e cicatrici le faceva più male dello stomaco vuoto. 

Il quarto giorno sul vassoio col pranzo era comparso un bigliettino. 

MANGIA! 

Un'ordine. L'aveva fatta quasi sorridere, la grafia era infantile ma le lettere erano chiaramente imperative. Non si lasciò convincere.

 Il quinto giorno sul vassoio il bigliettino recitava "MANGIA per favore."

E questo le aveva strappato una risata. 

Ridere l'aveva sconvolta. Non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto così velocemente adeguarsi alla situazione. L'assenza completa di contatti con l'esterno l'aveva tranquillizzata e il silenzio assoluto che regnava nella stanza le aveva messo un gran bisogno di comunicare. Si sentiva ancora prigioniera ma piano piano stava smettendo di temere per la propria vita. Adesso il bisogno di interagire con qualcuno, di avere delle spiegazioni su cosa stesse succedendo, era diventato più impellente della fame. 

Aveva così deciso di non toccare cibo nemmeno il sesto giorno, stupita di essere ancora in grado di reggersi in piedi. Sperando così di suscitare una reazione in chi la teneva prigioniera. La noia e la curiosità la stavano consumando.

 

Severus Piton non era mai stato un uomo paziente. Sopportare i ragazzini tutto il giorno metteva a dura prova il suo controllo. Quei piccoli mostriciattoli non facevano che fargli saltare i nervi e togliere punti non gli dava tutta la soddisfazione che avrebbe voluto. In quei giorni poi ci si era messo anche il signore oscuro. 

La giovane che gli aveva affidato era un bel mistero, il suo signore gli aveva dato brevi istruzioni e alcuni obiettivi da raggiungere, poi gli aveva lasciato carta bianca. Riponeva molta fiducia in lui. 

Si sarebbe dovuto impegnare molto per svolgere il suo compito al meglio, doveva riuscire a capire quale fosse il vero obiettivo dell'oscuro e avrebbe dovuto farlo senza far insospettire il preside, non sapeva come sarebbe finita tutta quella storia ma qualcosa gli diceva di non coinvolgere Silente, non ancora, e lui si fidava sempre del proprio istinto.  

Severus si portò le mani a massaggiarsi le tempie, continuando così gli sarebbe esplosa la testa cercando di fare quadrare tutto.

La ragazza aveva avuto un'intera settimana per guarire e riprendersi dalle percosse ma quella scema non aveva mai voluto toccare cibo, mandando nel panico la sua elfa domestica e costringendolo a somministrarle pozioni ricostituenti nel sonno. Idiota. Non poteva continuare così.

Per questo, allo scoccare del settimo giorno, Severus Snape entrò nella stanza della sua prigioniera.


Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto fin qui, ed in particolare:
Giulia2034GR
max85
olimpia93
YunoGasaiBB
per averla inserita nelle preferite! 
Grazie! spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto. Sappiata che le recensioni sono ben accolte ;)

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Cap 3

 

Il rumore della materializzazione doveva averla fatta spaventare perché arrivato nella stanza Severus si trovò davanti un'immagine esilarante. La ragazza era malamente nascosta dalla tenda scura della finestra i piedi nudi spuntavano da sotto l'orlo facendola sembrare una bambina che gioca a nascondino. 

Con un gesto della bacchetta scostò rapido la tenda scoprendone l'intera figura. 

I lunghi capelli scuri cadevano lisci sulla schiena, un ciuffo importante le copriva parte del viso. I lividi sul collo stavano finalmente svanendo. Avrebbe potuto fare molto di più per guarire le sue ferite ma non aveva voluto spaventarla ulteriormente con inutilo sfoggio di magia. 

Il signore oscuro era stato molto criptico sulle vere motivazioni per cui tenevano prigioniera una babbana. Era chiaro che la volesse viva e sana, e tanto gli bastava sapere per svolgere il proprio compito. 

La ragazza gli puntava contro un bastoncino verde, appuntito. Sorrise mentalmente all'intraprendenza della giovane, appuntire lo spazzolino da denti per usarlo come arma, ingegnoso ma inutile. 

-Perchè non mangi? 

La giovane sobbalzò nel sentire la voce dell'uomo rompere il profondo silenzio della stanza. Non mosse un muscolo, ferma nella sua posizione di difesa stringendo convulsamente lo spazzolino da denti appuntito, consapevole che a poco sarebbe servito se avesse dovuto difendersi contro di lui. 

-perchè non mangi? Stai facendo impazzire la mia elfa.

-La sua elfa? 

-bene, quindi sai parlare. Iniziavo a pensare che fossi muta. Ora siediti e mangia. 

Durante il rapido scambio di battute sullo scrittoio erano apparsi un paio di vassoi, un ricco piatto di zuppa e del pane ancora caldo sprigionavano un aroma delizioso per la stanza. L'uomo inarcò un sopracciglio alla vista del vassoio riservato a lui. Poi con rapidi gesti spostò il tavolino e un paio di sedie al centro della stanza e prese posto davanti al pasto. 

-siediti e mangia, sono stufo di ripetermi. 

La ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo dall'uomo. Non si fidava del contenuto del piatto, poteva drogarla o avvelenarla, forse se avesse mangiato anche lui avrebbe trovato il coraggio di sedersi e affondare il cucchiaio in quella splendida zuppa così invitante dopo il lungo digiuno. 

L'uomo iniziò a mangiare lanciandole uno sguardo divertito, sembrava quasi le avesse letto nel pensiero e dopo la seconda convinta cucchiaiata le indicò il piatto con un elegante gesto della mano. 

-siediti, mangia, non ti farà male. E dopo potremo parlare. 

Il tono gli si era ammorbidito, scaldato dal pasto che sembrava essere davvero delizioso.  

La ragazza non poté resistere oltre. Si sedette in punta di sedia, pronta a scattare per allontanarsi, posizionò lo spazzolino appuntito vicino al piatto. Poi finalmente si avventò sulla zuppa, dimentica delle buone materie. Dopo il lungo digiuno sembrava nettare divino, capace di farle dimenticare dove si trovasse. 

Conclusero il pasto in assoluto silenzio. Terminato l'ultimo boccone di pane la ragazza arrischiò uno sguardo verso il suo rapitore, non le sembrava il termine giusto ma non avrebbe saputo come altro definirlo. 

Era più giovane di quanto avesse creduto al primo incontro, doveva avere una decina d'anni più di lei, i lunghi capelli neri gli incorniciavano il volto e gli davano un'aria pallida e lugubre,le labbra sottili e il naso adunco, che sembrava essere stato rotto e aggiustato malamente più volte, non aiutavano a rendere più armoniosa la sua figura.

Arrivata agli occhi rimase incatenata al suo sguardo. L'ossidiana rivolta verso di lei aveva un qualcosa di ipnotico e dovette sforzarsi notevolmente per distogliere lo sguardo, passandosi rapida una mano sul ciuffo, schiacciandolo in un gesto entrato ormai da tempo nei suoi automatismi. 

Quando finalmente trovò il coraggio di parlare le venne in mente una sola cosa da dire:

  • Elfa?

Le sopracciglia dell'uomo schizzarono in alto e la bocca si incurvò leggermente in un ghigno. Quella ragazza era prigioniera da una settimana, dopo essere stata picchiata, torturata ed aver visto uccidere decine di sue coetanee, e la prima domanda che gli poneva era quella? Se non avesse avuto così tanto autocontrollo sarebbe scoppiato a ridere. 

-Partiamo dall'inizio Efisia. 

-come conosci il mio nome? Dove mi trovo? Cosa vuoi da me? 

Si era ormai rotta la diga, le domande arrivavano sempre più veloci e severus sapeva che presto avrebbe perso la pazienza. 

-Conosco il tuo nome perché ho fatto ricerche su di te, so che hai 25 anni, vivi in un piccolo appartamento babbano da sola e sei rimasta orfana tre anni fa. 

Gli occhi della ragazza si allargarono ad ogni informazione su di sé che usciva dalla bocca di quell'uomo. Di nuovo la mano schiacciò il ciuffo. 

-ti trovi nella stanza che sarà tua per i prossimi tempi, finché il mio padrone non avrà deciso cosa fare di te. E io sono qui per frugare la tua mente e possibilmente per addestrarti. Non so di preciso cosa ci si aspetti da una come te però. Sfortunatamente per te non mi sono state date altre istruzioni se non "scava nella sua testa e trova un modo per farla fruttare". 

- non capisco dove mi trovo, perché dalla finestra si vede solo nebbia da una settimana? Cosa diavolo vuol dire che frugherai nella mia testa? Cosa sei uno strano psicologo pazzo? Cosa sono i babbani? Chi cazzo sei tu? 

Efisia stava iniziando ad agitarsi e più il suo tono saliva più la pazienza di Severus si sgretolava.

-Non tollero questo linguaggio in mia presenza.

La voce glaciale che uscì dalle labbra dell'uomo la immobilizzò.

-mi chiamo Severus Piton e puoi chiamarmi maestro o signore. Sono un mago. Quello che vedi alla finestra è un incantesimo, serve a non darti la possibilità di scappare, se proverai ad attraversarlo sarai colpita da cecità e dolori atroci. Ti consiglio di non provarci. 

Il tono gelido non ammetteva repliche.

E per rispondere alla tua prima domanda. Questa è Jilly, la mia elfa domestica. Risponderà alle tue domande più stupide in mia assenza. Arrivederci

Detto questo l'uomo schioccò le dita, al suo fianco apparve una piccola creatura tutta orecchie e naso a cui sussurrò rapido brevi istruzioni prima di girarsi e scomparire letteralmente nel nulla.  

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Cap 4

 

Un mago. Quell’uomo aveva veramente detto di essere un mago.

Efesia rimase immobile, lo sguardo fisso nel punto in cui Piton era scomparso. Come poteva essere sparito nel nulla? 

Aveva assistito ad alcuni spettacoli di magia da ragazzina, passava intere giornate a studiare i trucchi per provare a replicarli e per spiegare come un uomo potesse estrarre dal cilindro conigli e brocche d’acqua, adorava la magia ma non riusciva veramente a capire come lui fosse riuscito a sparire in un battito di ciglia.

La ragazza rimase immersa nei suoi pensieri ancora qualche secondo, l’espressione del viso rendeva palese la difficoltà che stava provando ad accettare la realtà. Aveva sempre amato il mondo incantato dei libri che le leggeva sua madre quando la metteva a letto e spesso aveva finto di essere una fatina o una strega giocando al parco con gli amici. A dieci anni i suoi genitori le avevano organizzato una bellissima festa a tema magia e c’era persino un castello con un drago di cartone. Perché allora il suo cervello faticava così tanto adesso ad accettare l’idea che qualcosa di vero potesse esserci in tutte le storie e le leggende sulla magia che aveva studiato per anni?

Era stata quasi un’ossessione la sua, a quindici anni aveva semplicemente smesso di parlarne dopo essersi resa conto che i ragazzini a scuola parlavano di lei come della ragazza strana, “la strema”. Avevano iniziato a chiamarla così dopo che quell’idiota di Emile l’aveva vista leggere un manuale di stregoneria per principianti, un libro per bambini preso nella biblioteca scolastica, da quel giorno era diventata “Efisia la strega scema” che poi si era accorciato in quello stupido soprannome. Oltre che bulli erano anche pigri. 

L’inarrestabile flusso di pensieri della ragazza venne interrotto da un leggero tossicchiare, lo strano esserino che era rimasto con lei nella stanza aveva aspettato pazientemente che si risvegliasse da quello stato di trance in cui sembrava essere caduta ma adesso esigeva la sua attenzione. 

-Padroncina io sono Jilly, padron Severus mi ha detto di prendermi cura di lei e rispondere a tutte le sue domande. Padron Severus molto buono, finalmente l’ha convinta a mangiare. Il cibo di Jilly non era abbastanza buono per la signorina? Jilly può punirsi molto per questo, Jilly può cucinare tutto quello che la signorina desidera se la signorina promette di mangiare!

Gli occhi della giovane divennero ogni secondo più sgranati

-Chi o cosa sei Jilly?

La giovane elfa era stata avvertita del fatto che quella ragazza babbana non sapeva nulla del mondo della magia ma questo non le impedì di indignarsi un po', gonfiò il petto rispondendo con fierezza.

-Io non sono cosa, io sono Jilly! Fedele elfo domestico della famiglia Piton! Gli elfi domestici si prendono cura delle famiglie di maghi per intere generazioni, solo grazie a noi i maghi vivono puliti e mangiano bene. Le più grandi famiglie di maghi hanno elfi che li accudiscono per intere generazioni, è un grande onore per noi vivere al loro servizio.

Io mi prendo cura di Padron Severus da, beh da pochi anni in realtà.

Le gigantesche orecchie si afflosciarono mentre sul viso della piccola creatura compariva un'espressione di terrore, le manine strette a pugno a coprirsi la bocca come a volersi zittire.

-Mi scusi padroncina, io parlato troppo, io stupida, stupida elfa. 

Efisia era rimasta immobile, sconcertata dal monologo dell'elfa, ma si rianimò velocemente quando la bestiolina iniziò a colpire ripetutamente con la testa lo spigolo del comodino. 

-Ma che fai? Fermati!

-Jilly si punisce signorina, Jilly è stata scortese. Jilly sa di essere superiore ai babbani ma Jilly non voleva fare torto a signorina. 

-Va tutto bene Jilly, ora sediamoci e raccontami per bene cosa diavolo sono i babbani. 

Non era sicura di cosa avesse fatto per fare scoppiare a piangere l'elfa ma le sembrò di averci messo una vita per riuscire a calmarla e a farla sedere. Tutta la situazione la confondeva molto, era prigioniera in una camera da letto, nella casa di un uomo che diceva di essere un mago, sapeva di non essere più nella lussuosa villa in cui era stata torturata ma non aveva idea di come avessero fatto a spostarla, si era addormentata in un letto e svegliata in un altro, eppure era straordinariamente calma ed ora aveva a che fare con questa piccola creatura isterica, una manifestazione del fatto che forse la magia esiste davvero. 

-Jilly, come posso essere così calma? Mi state drogando?

Quel sospetto lo aveva avuto sin dal primo momento, aveva controllato scrupolosamente ogni centimetro del suo corpo mentre cercava di sfregarsi via i segni degli abusi subiti ma non aveva trovato nessuna puntura e non avendo toccato cibo per una settimana non aveva idea di come potessero averla drogata.

-Drogarla? No signorina! Padron Severus non drogherebbe mai nessuno! Padron Severus fa aggiungere solo poche gocce di pozione calmante al pasto della signorina. Pozione calmante molto buona!

Efesia non vedeva dove stesse la differenza. Quindi oltre a tenerla prigioniera la drogavano. Avrebbe voluto incazzarsi, urlare e spaccare tutto, ma la calma non riusciva a abbandonare il suo corpo, doveva essere davvero roba buona quella che avevano messo nel suo piatto.  Rassegnata decise di rivolgere tutte le sue attenzioni e domande a quella strana creatura servile.

Fu così che la ragazza venne a sapere tutto, il mondo magico esisteva ed era in guerra. L'uomo che la teneva imprigionata era un mago, molto potente secondo Jilly, faceva il professore di pozioni in una scuola di magia di cui non era riuscita ad afferrare il nome ed era il servo del mago più potente del mondo, Voldequalcosa una specie di Hitler dei maghi. Insieme volevano sterminare i babbani, cioè i non maghi, cioè quelli come lei. 

Ancora non riusciva a capire cosa volesse Voldecoso da lei e perché l'avesse affidata a quel pozioni sta. Forse voleva che lo aiutasse a tagliare gli ingredienti? Era sempre stata una schiappa in chimica! 

Non le sembrava l'ipotesi giusta. Quell'uomo le aveva detto qualcosa sul frugarle nella testa. Si era dimenticata di chiedere cosa volesse dire all'elfa, ma ormai si era fatto veramente tardi e la creatura era sparita borbottando qualcosa sulla perdita di tempo prezioso e sulle pulizie. Jilly aveva la convinzione che i babbani fossero la peggior specie senziente sulla terra, inferiore anche alle acromantule (qualsiasi cosa fossero) e durante la conversazione non aveva perso l'occasione di fare notare la superiorità degli elfi su di essi, salvo successivamente punirsi severamente per aver mancato di rispetto, ancora e ancora. 

Il pomeriggio era stato estenuante ed Efisia decise di stendersi a letto, per ripensare con calma alla mole di informazioni che aveva ottenuto. Presto fu vinta dal sonno.




Vorrei ringraziarvi tutti per aver letto fin qui, in particolare chi ha messo la mia storia tra le seguite e le preferite =) grazie davvero! 
Spero di riuscire ad aggiornare con maggiore costanza da adesso in poi. 
Se notaste errori di grammatic  di battitura vi prego di segnalarmeli, non avendo una beta e lavorando sulla storia nei ritagli di tempo del lavoro non riesco a essere precisa come vorrei. 
A presto con un nuovo capitolo 
E.

 

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