Flame ~ Fiamma

di Kris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo / Casa ***
Capitolo 2: *** Indizi ***
Capitolo 3: *** Medico ***
Capitolo 4: *** Chimica ***
Capitolo 5: *** Occhi ***
Capitolo 6: *** Fiamma ***
Capitolo 7: *** Missione ***



Capitolo 1
*** Prologo / Casa ***


Prologo

Sasuke percepiva l’odio ribollirgli nelle vene e attivargli il Mangekyo Sharingan nel suo occhio destro, le tre tomoe nere unirsi con un guizzo a formare un nuovo simbolo sullo sfondo rosso sangue. Il chakra del ragazzo si espandeva intorno a lui ad ondate regolari. Sakura, ferita e appoggiata all’albero dietro di lui, lo osservava in un misto di stupore e realizzazione: le balenarono in testa le parole che le erano state dette pochi mesi prima.
 

Gli Uchiha sono un clan che prova profondo amore, più di qualunque altro clan.

Ma una volta che un Uchiha conosce l’amore, nel momento in cui lo perde, quel profondo amore si trasforma in profondo odio.

 

– Avete toccato la mia famiglia – sibilò il moro, sfilando lentamente la spada che sfrigolava di elettricità.

– Siete morti.



 



 

Capitolo 1 - Casa

 

Sasuke era abituato ad avere incubi: erano iniziati dopo lo sterminio del suo clan, erano aumentati con il marchio maledetto, e si erano trasformati in compagno continuo dalla morte di Itachi. C’era stato un periodo in cui aveva quasi paura a chiudere gli occhi la sera, e la mancanza di sonno l’aveva spinto sempre più velocemente dentro quel baratro di follia in cui si trovava subito prima della guerra.

Il periodo che aveva trascorso dentro le prigioni di Konoha era stato l’ultimo in cui era stato benedetto da un sonno senza sogni: il jutsu che gli bloccava la vista e il chakra, unito allo sfinimento fisico della battaglia contro Kaguya e poi contro Naruto, aveva permesso al giovane shinobi di assaporare una pausa dai propri demoni. Non un sonno rilassante, ma per lo meno neutro.

Tuttavia, durante quello che aveva chiamato il suo viaggio di redenzione gli incubi erano tornati. Non erano più quotidiani, ma erano sempre lì: alcuni erano i soliti incubi ricorrenti come la morte della sua famiglia e di Itachi; altri erano ricordi modificati dal suo senso di colpa.

La notte precedente si era svegliato coperto di sudore dopo aver visto Naruto, Sakura e Kakashi morire davanti ai suoi occhi per mano di Madara Uchiha. La sua mente gli aveva riprodotto una versione alternativa del passato, ovvero cosa sarebbe successo se non fosse riuscito ad attivare il suo Susanoo in tempo prima dello Tsukuyomi infinito: nell’incubo, Madara li aveva presi e uccisi per far sì che l’odio di Sasuke raggiungesse nuove vette e potenziasse ulteriormente il suo potere oculare, per prenderlo come suo discepolo. Erano le tre di notte e il ragazzo non aveva più chiuso occhio, spendendo il resto della notte a fissare la luna dal cuore della foresta dove stava dormendo.

Quella notte, invece, era un incubo nuovo.

Nel sogno, Sasuke si trovava al villaggio: aveva entrambe le braccia – aveva accettato il braccio che Tsunade gli aveva costruito – e stava tenendo le mani di Sakura in quella che era una confessione dei propri sentimenti. La ragazza però aveva ritirato le mani e aveva riso.

- Davvero pensi che potrei accettare? Sasuke-kun, hai provato ad uccidermi – due volte! Sì, alla fine della guerra ti ho detto di amarti ancora, ma era per fermarti ed evitare che uccidessi Naruto. E anche se fosse stato un sentimento sincero, poi te ne sei andato di nuovo. C’è un limite a quanto una persona può essere benevolente. Sei egoista. Sei in ritardo.

Lo sguardo di Sakura era così carico di rancore che Sasuke si svegliò di scatto, tremante. Per un istante non riconobbe la stanza dell’albergo che aveva preso per quella notte di pioggia.

Sakura non gli avrebbe mai detto una cosa del genere… vero?

Premette le dita sui bulbi oculari, cercando di calmare il respiro. Cos’era questo nuovo genere di incubi? Il suo inconscio voleva gettarlo di nuovo sull’orlo della follia?

Calciò le lenzuola lontano da sé e si diresse alla finestra, la t-shirt nera appiccicata alla pelle. Fuori pioveva: si riempì i polmoni di quell’aria fresca, disperatamente, come se potesse lavare via tutto il senso di colpa che quell’incubo gli aveva risvegliato.

Era la prima volta che sognava una scena del genere da quando era partito da Konoha, sei mesi prima.

Sasuke poteva essere testardo e orgoglioso, ma non era stupido: sapeva benissimo che Sakura era l’unica ragazza con cui aveva un legame particolare. Non ci aveva mai riflettuto profondamente in passato perché qualsiasi legame l’avrebbe distratto dai suoi piani di vendetta, quindi l’aveva catalogato sotto “famiglia” insieme a quello di Naruto e Kakashi: era per quello che da genin si era preoccupato per il suo benessere, che non morisse in missione, che fosse sufficientemente carica per passare l’esame Chunin… ma nulla di più, si era detto.

Il giorno che se n’era andato dal villaggio, quando l’aveva colpita privandola di sensi e l’aveva afferrata prima che cadesse a terra, alcune lacrime gli erano cadute sul braccio. Erano tiepide, ma gli bruciavano la pelle come fuoco. Stringendo le labbra, l’aveva appoggiata sulla panchina di fianco a loro, sperando in cuor suo che un giorno imparasse ad odiarlo, rendendogli le cose più semplici. Nel vederla svenuta per mano sua, era la prima volta che aveva sentito un groppo alla bocca dello stomaco pensando a lei.

Poi l’aveva vista al covo di Orochimaru: più alta, più adulta. Sakura, l’aveva chiamata. Era ancora viva e sembrava essere in salute. Bene, aveva pensato, prima di archiviare anche quel pensiero e andare oltre: non aveva resistito due anni agli esperimenti di Orochimaru per essere distratto ora.

Poi gli era arrivata davanti gridando che avrebbe abbandonato Konoha per lui. Non ricordava bene il viso di Sakura in quel momento, la sua vista già deteriorata e la sua memoria accecata dall’ira e dal dolore della perdita. Ricordava solo la chiara sensazione di aver capito subito la trappola: Sakura era troppo onesta, troppo buona per tradire Konoha per un bastardo come lui. Magari qualche anno prima, quando la sua anima non era ancora color della notte e aveva ancora una possibilità di essere salvato, ma non in quel frangente, non dopo tutto quello che aveva fatto. Era sicuramente lì per fermarlo, forse ucciderlo. In qualche modo ne era contento: finalmente anche lei aveva aperto gli occhi e aveva iniziato ad odiarlo, rendendogli più facile tagliare gli ultimi legami. Le era riconoscente, quasi. Ma ovviamente quella sua bontà le era costata un secondo di troppo di incertezza e lui l’aveva quasi uccisa.

Perché mi torna in mente tutto questo adesso?, si chiese, il sudore finalmente asciutto. Guardò la città addormentata sotto di sé.

I fuori di ciliegio che aveva visto quella mattina stavano perdendo tutti i petali sotto la pioggia impetuosa.

Quando l’aveva rivista sul campo di battaglia, con il cuore un po’ più leggero dopo aver parlato con i vecchi Kage, era come se l’avesse rivista veramente per la prima volta da quando l’aveva lasciata su quella panchina. Era orgogliosa, coraggiosa e forte. Mostruosamente forte, aveva pensato con un sorrisetto quando l’aveva vista distruggere mezzo campo di battaglia con un pugno. Non aveva mai dubitato che il Team 7 fosse il migliore del loro anno, e confermarlo dopo tutti quegli anni gli aveva dato un moto d’orgoglio. E quando l’aveva presa prima che cadesse, esausta in quel deserto, e i suoi occhi si erano incontrati, per un secondo era sicuro che…

Sasuke si ripassò la mano sugli occhi, fermando il treno di pensieri. No, si disse, non ancora.

Qualsiasi cosa il suo inconscio volesse dirgli, qualsiasi sentimento più o meno nascosto e qualsiasi timore ad esso collegato la sua mente volesse portare a galla, Sasuke sapeva di non essere ancora pronto per affrontarlo. Aveva appena iniziato il suo viaggio di redenzione: il suo nome era ancora sinonimo di criminale di guerra, i suoi peccati troppo freschi nella memoria di tutti – soprattutto nella sua –, la sua confusione ancora troppo profonda. Catalogò l’incubo come argomento tabù e si ripromise di non aprire il coperchio di quella scatola mentale per ancora molti, molti mesi.

 

***

 

Era passato più di un anno da quando si era messo in viaggio. Per tutto il tempo Sasuke era stato periodicamente in contatto con il maestro Kakashi, ora Sesto Hokage: il ragazzo sapeva che dati i suoi precedenti Kakashi voleva tenere traccia dei suoi spostamenti – dopotutto era libero perché Kakashi e Naruto avevano perorato la sua causa. D’altra parte, Sasuke era piuttosto sicuro che fosse anche il modo in cui il maestro cercava di tenere un contatto più umano, dimostrargli che era sempre disponibile a parlare, e tenerlo informato su come andava in città. Di tanto in tanto gli affidava persino delle missioni, che generalmente gestiva e portava a termine da solo, mandandogli poi rapporti abbastanza telegrafici.

Nell’ultimo messaggio Kakashi lo avvertiva che Sasuke era stato avvistato in svariate parti del continente in combutta con dei criminali. A quanto pare la traccia chakra era la sua, e nel confermargli che avrebbe creduto alla versione della storia che Sasuke gli avrebbe dato, gli chiedeva comunque di fare chiarezza.

Qualcuno che copia il mio aspetto e la mia traccia chakra…?

Sasuke era sicuro fosse una trappola: qualcuno lo voleva, probabilmente per lo sharingan o il rinnegan – o entrambi – ma non riuscivano a trovarlo. Mettendo in giro delle sue copie e rovinandogli la reputazione pensavano di obbligarlo a tornare al villaggio.

Peccato che il piano fosse destinato a fallire per ben due ragioni. Primo, uno dei motivi del viaggio di Sasuke era proprio stare lontano dal villaggio per proteggerlo da chi voleva i suoi occhi. Secondo, la reputazione di Sasuke era già sufficientemente danneggiata da non curarsi di questi giochini. Dando la precedenza alla protezione di Konoha, decise di non rispondere ai falchi di Kakashi: avrebbero potuto essere intercettati e così facendo li avrebbe messi in pericolo.

 

***

 

Sakura, da parte sua, si preoccupava per questo silenzio di Sasuke: con questa storia stava rischiando di finire di nuovo nella lista nera dei criminali ricercati. Possibile non avesse mai sentito dire “chi tace acconsente”? Non capiva se fosse più spaventata o frustrata.

- Tranquilla, Sakura-chan. Se Sasuke non è tornato al villaggio nonostante ci siano degli impostori che si spacciano per lui, vuol dire che non pensa sia importante.

- Cosa?

- Direbbe “non chiamatemi per una stupidaggine del genere. Gestitela da soli” – disse Naruto imitando il tono arrogante di Sasuke. Sakura rise alla somiglianza.

- Sono sicuro che se fossimo in pericolo si farebbe vivo. Non è più il Sasuke di qualche anno fa che avrebbe agito d’impulso per vendicarsi a qualsiasi costo di chiunque infangasse il suo nome.

Sakura guardò Naruto e annuì gentilmente. Una volta le aveva detto che lui e Sasuke avevano questo legame fraterno che gli permetteva di capirsi con un pugno – qualsiasi cosa volesse dire. Se Naruto le diceva che Sasuke era cambiato, non poteva fare altro che fidarsi, come aveva sempre fatto. Si sfiorò distrattamente la fronte: anche lei era sicura che il Sasuke attuale fosse finalmente libero dalla nebbia di odio che gli aveva ottenebrato la mente. Altrimenti, perché le avrebbe promesso che sarebbe tornato?

 

***

 

Sasuke non aveva previsto che Sakura venisse rapita dal capo delle sue copie.

Quando aveva sentito che tale Kido, membro Anbu, non solo aveva rivendicato di aver usato il suo nome e la sua faccia per far sì che i Kage lo rimettessero nella lista criminali, ma che aveva addirittura rapito Sakura per adescarlo, Sasuke aveva deciso che era ora di occuparsi personalmente di questa mezza calzetta che aveva osato toccare i suoi legami per arrivare a lui.

Schioccò la lingua infastidito e girò sui tacchi, destinazione Konoha. Sakura in pericolo per colpa sua? Non con lui in giro. Aveva fatto una promessa, e Sasuke Uchiha ha sempre mantenuto le sue promesse.

 

***

 

Mentre si stava dirigendo verso Konoha si era imbattuto in alcuni membri Anbu ricoperti dal chakra della volpe a nove code, tuttavia non percepiva Naruto nelle vicinanze.

- Cosa sta succedendo?

Sasuke si era avvicinato, ma gli Anbu reagirono attaccandolo. In un istante Sasuke capì che dovevano essere sotto gli ordini di quel famoso Kido che lo stava cercando. Senza troppe cerimonie il ragazzo li stese con le sue tecniche di fuoco, lasciandone solo uno cosciente.

- Tu. Spiegami cosa sta succedendo.

L’Anbu lo guardò con disprezzo e sputò in terra. Sasuke fece qualche passo avanti e lo afferrò per i capelli.

- Se non me lo spieghi a parole, farò in modo di ottenere le informazioni a modo mio.

L’occhio destro si tinse di nero e cremisi, rivelando il Mangekyo Sharingan. Usandone i poteri riuscì a vedere attraverso i ricordi del nemico cosa era successo al covo di Kido: l’uomo che spiegava a Sakura come lo Sharingan si evolve tramite il dolore della perdita delle persone care, come avesse intenzione di ucciderla davanti a lui per “migliorare la qualità dei suoi occhi”, Sakura che era riuscita a scappare e a battere tutti i nemici, Naruto e gli altri che erano riusciti a raggiungerla per darle man forte. In quel punto il membro Anbu si era allontanato dal gruppo e i ricordi si interrompevano.

Sasuke lasciò cadere a terra l’Anbu sconosciuto e permise ad un sorrisetto sornione di decorargli il viso. Vedere Sakura farsi strada a suon di pugni fino all’uscita del covo gli aveva dato la stessa soddisfazione come se lo avesse fatto personalmente. L’unica cosa che lo indispettiva è che Sakura fosse venuta a sapere il segreto dello Sharingan.

Percepì dei segni di chakra che conosceva bene avvicinarsi alla scena del combattimento. Si guardò intorno: non c’erano nemici in grado di combattere, ma rimanevano dei palesi segni di ninjutsu di fuoco. Avrebbero sicuramente riconosciuto il suo operato. Tuttavia, dopo aver evitato di tornare a Konoha per tutti quei giorni, farsi trovare adesso per avere Naruto a fargli una ramanzina non rientrava nei suoi programmi.

Anche se…

Una leggera fitta gli fece capire che tutto sommato voleva assicurarsi che Sakura stesse bene. Dopotutto era stata rapita per colpa sua.

Si allontanò pochi secondi prima che i rinforzi arrivassero, e nel vedere con la coda dell’occhio una macchia di capelli rosa ciliegio, si ripromise di fare presto una breve sosta al villaggio.

 

***

 

Sakura aveva appena declinato di accompagnare Sai e Ino a cena per festeggiare la fine della missione contro Kido quando l’assistente era venuta a chiamarla per delle questioni dell’ospedale.

Alla fine Sakura era riuscita a liberarsi da sola, ma era sicura di aver intravisto il mantello di Sasuke poco distante dal covo, dove avevano trovato gli altri Anbu traditori storditi. Il ragazzo non si era fatto trovare, ma il fatto che fosse tornato perché lei era in pericolo era una verità innegabile di cui non solo lei, ma anche il maestro Kakashi, Naruto, Sai e Ino erano stati testimoni, grazie alle tracce di palle di fuoco.

Mentre l’assistente la ragguagliava sull’incontro con i ninja medici della Sabbia, Sakura stava fantasticando su quando avrebbe potuto raccontare a Sasuke tutto quello che era successo in quei giorni.

La prossima volta lo accompagnerò, qualsiasi cosa dica.

- Inoltre, per i fondi…

A sentire quel termine a Sakura tornò in mente che aveva promesso di passare dall’ufficio dell’Hokage per via dei fondi in ritardo.

- Mari, scusami! – disse improvvisamente – Prima di sera devo andare dall’Hokage per la storia dei fondi! Riusciamo a concludere l’incontro con i medici della Sabbia entro le sei?

- Ah, penso di sì, ma allora dobbiamo sbrigarci!

Le due ragazze corsero alla clinica e la mente di Sakura tornò a concentrarsi sul lavoro, lasciando le fantasticherie sul momento in cui avrebbe rivisto Sasuke a quando sarebbe tornata a casa da sola quella sera.

 

***

 

Sasuke arrivò alle porte di Konoha che il sole era già tramontato. Si guardò intorno indeciso su che strada prendere: erano passati quasi due anni dall’ultima volta che aveva messo piede su quel selciato.

C’era ancora quell’argomento – anzi, un sentimento, ma cacciava quel termine dalla sua testa non appena il suo cervello lo formulava – che aveva volontariamente evitato durante il suo viaggio. Aveva riflettuto su tante cose, dalla sua famiglia a quello che aveva fatto, a ciò che avrebbe potuto fare in futuro per Konoha; ma quel sentimento – no, argomento – che lo tormentava la notte quando le sue difese si abbassavano era ancora argomento tabù. Ogni volta che gli capitavano sott’occhio famigliole nella sua mente si illuminava il cartello di pericolo Maledizione dell’Odio degli Uchiha e relegava quel pensiero in un angolo del suo cervello.

Ora che aveva messo di nuovo piede a Konoha aveva la sensazione che non avrebbe più potuto fuggire quella riflessione a lungo. Per un istante si pentì di essere tornato e considerò di fare dietro front, ma decise che non necessariamente avrebbe dovuto affrontarlo quella sera. Decretò quindi di andare all’ufficio dell’Hokage, dove avrebbe trovato solo Kakashi e forse Shikamaru ad assisterlo. Si incamminò verso l’edificio passando per strade quasi deserte: gli abitanti del villaggio erano tutti a casa per cena, condividendo con la famiglia un pasto caldo e le avventure del giorno.

Quando Sasuke aprì la porta dell’ufficio dell’Hokage si trovò davanti non solo Kakashi, ma anche Naruto e Sakura. A farlo apposta non ci sarebbe riuscito: maledì internamente la sua sfortuna.

- Chi si vede, il ninja che non risponde alle lettere.

- Sasuke!

- Sasuke-kun?!

Sasuke sospirò. Aveva sperato di trovare solo l’Hokage, fare rapporto, prendere le chiavi di un appartamento temporaneo e andarsene a dormire. Ora anche senza usare lo Sharingan poteva prevedere una cena a base di ramen.

- Che quadretto nostalgico – commentò, le labbra che si piegavano inconsciamente in un mezzo sorriso.

Naruto gli corse incontro e gli passò un braccio sulle spalle, scrollandolo. – Sasuke, maledetto! Sapevo saresti tornato a breve!

- Da quando hai queste capacità sensitive, perdente? Sei sempre stato pessimo in quei jutsu.

Il sorriso di Naruto diventò, se possibile, ancora più evidente. – E tu sei l’anima della festa come sempre, vedo. Andiamo da Ichiraku a festeggiare! Offre il maestro Kakashi!

- Non mi pare di aver detto di volere ramen per cena…

- E a me non pare di aver detto che avrei offerto…

Naruto si imbronciò, sempre tenendo Sasuke fermo sotto il suo braccio, come se temesse che scappasse prima di riuscire ad agguantarlo per cena. Sasuke lo lasciò fare: Naruto si dimenticava che dopotutto, se davvero avesse voluto scappare, gli sarebbe bastato usare il rinnegan.

- Insomma! Sasuke torna dal suo viaggio di redenzione a sorpresa senza dover essere neppure obbligato, dobbiamo festeggiare! Vero, Sakura-chan? Diglielo anche tu!

Sakura, ancora sbalordita alla vista di Sasuke nella stanza dell’Hokage, sembrò risvegliarsi dal torpore in cui era caduta. Era lui, era il vero Sasuke. Era più alto di quanto ricordasse, i capelli gli erano cresciuti e ora coprivano totalmente l’occhio sinistro, i lineamenti del viso avevano perso l’ultima traccia di rotondità adolescenziale ed erano più fini e taglienti. Era completamente vestito di nero e solo un lieve strato di polvere che gli copriva i sandali e il bordo del mantello faceva intuire che fosse di ritorno da un viaggio. Sakura ricacciò indietro le lacrime di gioia.

- Bentornato a casa, Sasuke-kun! – sorrise felice, piegando il capo di lato.

L’occhio corvino di Sasuke e gli occhi verde smeraldo di Sakura si incrociarono, e sentì un calore familiare ma dimenticato da tempo avvolgergli lentamente il cuore.

Bentornato a casa, Sasuke. Com’è andata oggi?

Era il calore nella voce di sua madre, un sorriso gentile che faceva capolino dal salotto; era il calore nella voce di Itachi che passava per il corridoio, un libro di ninjutsu in mano.

Il calore di essere accolto dalla propria famiglia quando si ritorna da un lungo viaggio. Sentì le sue spalle sciogliersi sotto il braccio di Naruto, riconoscendo lo stesso calore nell’abbraccio ingombrante dell’amico. Chiuse gli occhi e senza accorgersene gli scappò il secondo sorriso della giornata.

- Sono tornato.

 

***

 

Fortunatamente l’intercessione di Sakura evitò a Sasuke la cena a base di ramen.

- Sasuke-kun torna da un viaggio lunghissimo, sarà stanco, invece del ramen ha bisogno di nutrienti!

- Ma il ramen è nutriente!

- È pieno di grasso!

- Appunto! È buono!

- Ma non è nutriente! E anche tu dovresti mangiare più frutta e verdure.

- Nel ramen posso metterci verdure, se voglio!

- Verdure fresche, idiota!

- Su, su – interruppe il maestro Kakashi sorridendo sotto la maschera, mosso a pietà – Che ne dite di carne alla griglia allora? Carne e verdure? Solo per questa volta, offro davvero io.

Sakura approvò subito, e anche Naruto non sembrava più così dispiaciuto all’idea di avere una costosa cena di yakiniku a scrocco. Sasuke si limitò a prendere le chiavi dell’appartamento che Kakashi gli stava porgendo, accettando qualsiasi cosa sarebbe uscita dalla diatriba tra Naruto e Sakura. Dopotutto, poteva concedersi – no, concedere loro – una cena in compagnia dopo anni di distanza dal villaggio.

E poi, anche lui era da un po’ che non mangiava in un ristorante normale…

 

A fine cena Sasuke sentì la stanchezza prendere il sopravvento come raramente gli era successo. Sentiva la testa pesante e davvero, stava sognando il letto.

Stare con questi tre è più stancante che viaggiare a piedi per mesi…

- Kakashi, dov’è l’appartamento?

- È nella zona nuova di Konoha. Ah, è poco distante dalla nuova clinica per i bambini. Sakura, puoi accompagnarlo? Tu conosci bene quella zona. – rispose Kakashi.

Sasuke lo guardò storto: avrebbe potuto trovarlo da solo senza troppi problemi. Con la coda dell’occhio vide il viso di Sakura illuminarsi all’idea di fare un pezzo di strada con lui, e decise di soprassedere.

 

La via di casa era estremamente silenziosa. Che lui non parlasse mai non era una novità, ma che Sakura non lo coprisse di parole era effettivamente strano. Le uniche volte che l’aveva vista così era perché era tesa per qualcosa – tipo l’esame Chunin, o perché stava cercando il coraggio di ucciderlo. Notò anche che la ragazza stava comunque mantenendo una certa distanza da lui, e la cosa inaspettatamente lo turbava. Che fosse arrabbiata perché non era tornato subito quando era stata rapita?

- Per quanto rimarrai al villaggio? – gli chiese infine con un sussurro.

Ah, era questo.

- Non so, ma non troppo. Sono solo di passaggio.

Sakura fece un sorriso mesto, stringendo le mani dietro la schiena.

- Quasi due anni non sono bastati ad espiare i tuoi peccati?

Sasuke sospirò. – Mi servirà probabilmente tutta la vita per quello.

- Quindi perché non farlo al villaggio?

Il ragazzo ponderò la risposta, guardandola di sottecchi.

- È complicato. – disse alla fine, rendendosi subito conto che non era una risposta decente. La ragazza, infatti, fece solo un suono di assenso senza proseguire il discorso.

- Cos’è questo centro per bambini di cui Kakashi parlava? – alla fine decise di spezzare lui stesso quel pesante silenzio.

Sakura alzò lo sguardo e finalmente lo guardò, gli occhi illuminati di un ardore che non ricordava di averle mai visto.

- È un centro che fornisce supporto e terapia ai bambini che hanno subito dei traumi.

Sasuke alzò le sopracciglia a quella spiegazione, e Sakura rispose a quella domanda non espressa guardando la luna sopra di loro.

- La guerra appena finita ha richiesto molti sacrifici e ci sono molti orfani. Tutti loro hanno esigenze diverse, ma necessitano tutti di amore e cura. E non solo la guerra. Tanti altri bambini hanno vissuto traumi di altro genere: perdita di amici, mutilazioni… Maltrattamenti fisici e psicologici da parte del proprio villaggio. È giusto che abbiano un luogo dove possano riceve il supporto necessario.

Sakura volse timidamente lo sguardo a Sasuke e sorrise.

- È un progetto che ho proposto io alla maestra Tsunade, che lo ha apprezzato e presentato al consiglio. Ci credo davvero.

Sakura poteva vedere un accenno di perplessità negli occhi di Sasuke, ma il ragazzo non riusciva a proferire parola. Più che perplessità, era lieve shock. Bambini con dei traumi… orfani…? Era questo di cui si occupava ora?

- Perché? – chiese infine, temendo di saltare a conclusioni affrettate. Sakura si fermò sui suoi passi, il sorriso non cambiò di un millimetro.

- Perché sono del Team 7 – disse semplicemente – e non voglio che altri bambini passino quello che avete passato tu e Naruto.

Anche Sasuke si fermò, la luce del lampione vicino a loro rendeva finalmente chiaro anche a Sakura lo shock malcelato sul suo viso.

- Tanti anni fa ti ho detto una cosa bruttissima: ho detto che non avere genitori è quello che rendeva Naruto indisciplinato. Però tu mi hai sgridata: mi hai detto che la solitudine è un dolore lacerante che non potevo capire. E avevi ragione. Inoltre, dire una cosa del genere a te… ero davvero una ragazzina. Non capivo né Naruto, né te. Più passano gli anni, più mi vergogno di quel momento. Ma da quel giorno ho cercato di essere più comprensiva nei confronti di Naruto. E poi… tu hai lasciato il villaggio.

Per la prima volta in quella sera, il sorriso di Sakura tremò.

- E sono stata testimone di quella solitudine divorante, delle sue conseguenze autodistruttive sui diretti interessati e su chi li circonda. Poco dopo Sai è entrato nel team 7, e anche Sai ha avuto un’infanzia terribile per colpa della Radice che l’ha trasformato in una macchina senza sentimenti. Mentre mi allenavo sotto la guida della maestra Tsunade, ho deciso che una volta diventata medico avrei trovato un modo per evitare tutto questo. Che avrei trovato un modo per far sì che non siano soli, che non siano odiati e ostracizzati dal villaggio, che siano aiutati col loro trauma.

- Perché? – chiese di nuovo Sasuke.

Il tono della voce di Sakura era dolorosamente gentile.

- Perché tutti meritano di essere amati.

Sasuke sentiva che la tenerezza di quelle parole non era di circostanza, né era un ulteriore tentativo di attirare la sua attenzione. Era una tenerezza sincera.

In quel frangente, Sasuke percepì con sicurezza che anche Sakura, in quegli anni, era cresciuta e cambiata.

Aveva sempre saputo che Sakura era una persona di buon cuore. Quando aveva lasciato il villaggio, nonostante Sakura avesse evidentemente iniziato a riflettere su quelle parole che le aveva rivolto, c’era ancora una nota egoista – resta qui, ti aiuterò io, se te ne vai per me sarà come essere completamente sola. Ma questa volta il discorso era su tutt’altro piano. Non era un progetto fatto per attirarlo (lui non sapeva neanche stesse lavorando ad un ospedale simile): era il suo modo di sviluppare tutto il male che Sasuke le aveva fatto e trasformarlo in qualcosa di… buono. E senza rendiconto personale.

La forza di quella ragazza lo sorprendeva una volta di più.

Perché tutti meritano di essere amati.

Anche dopo due anni di viaggio non era ancora sicuro di meritarselo. Sentì il coperchio di quella scatola dentro il suo cuore vibrare con violenza e chiedere di essere stappato.

- Anche tu, Sasuke-kun, te lo meriti.

Sakura sembrò leggergli nel pensiero, ma Sasuke non aveva ancora riflettuto a sufficienza sull’argomento per darle una risposta.

- …è un progetto ammirevole. – riuscì solo a dire, e lo pensava veramente.

Cosa sarebbe successo se tale luogo fosse esistito quando lui era bambino? Magari non sarebbe andato da Orochimaru. Magari avrebbe raggiunto Itachi e si sarebbe fatto raccontare la verità senza provare ad ucciderlo. Forse sarebbe riuscito a riportarlo a Konoha prima che la malattia lo divorasse. Sicuramente non avrebbe provato ad uccidere Naruto e Sakura più e più volte, pensando che tagliare i legami con le persone intorno a lui fossero l’unica via possibile per ottenere il potere.

Sicuramente, d’ora in poi molti bambini avrebbero evitato di prendere la sua stessa strada. Era davvero un progetto ammirevole.

Sakura sorrise di nuovo, contenta di ricevere quel commento dalla persona che l’aveva ispirata.

- Ha aperto da poco.

- Sarai impegnata, immagino.

- Era per questo che prima ero nell’ufficio dell’Hokage. Ma è un lavoro entusiasmante!

Vedere quel genuino entusiasmo nel viso di Sakura in qualche modo lo rasserenava a sua volta. Se pensava a com’era insicura in passato… sembrava davvero un’altra persona.

- Comunque, Sasuke-kun… il centro è quel palazzo lì in fondo, quindi l’appartamento dovrebbe essere uno di questi due palazzi.

-Ah… ok. – disse sovrappensiero, prima di realizzare che forse non era il caso di farle fare troppa strada da sola la sera. – E tu?

- Io in realtà vivo lì. Mi sono trasferita la settimana scorsa per essere vicina all’ospedale.

Sakura indicò il palazzo in fondo alla strada che avevano appena percorso. Stavano praticamente a 200 metri di distanza.

Sakura si guardò intorno, indecisa sul da farsi. Sasuke decise di interrompere quel silenzio imbarazzante tirando fuori le chiavi.

- Vado a cercare l’appartamento, allora.

- Ah… certo. Buonanotte, Sasuke-kun.

Sasuke rispose con un cenno, prima di voltarsi e confrontare il nome del palazzo che aveva davanti con quello delle chiavi.

- Sasuke-kun…

- Mh? - Il ragazzo si voltò di nuovo a guardarla, trovandola con le mani dietro la schiena che si guardava le scarpe.

- Sono contenta che il progetto del centro per bambini sia approvato anche da te.

Sakura alzò gli occhi, smeraldo liquido su pallida porcellana. Per un istante, Sasuke si ritrovò perso in quegli occhi. Senza aggiungere altro, Sakura si girò e si diresse verso il suo appartamento.

- Sakura. – la richiamò con un tono più imperioso di quanto avesse programmato. La ragazza si voltò a guardarlo.

- …grazie.

Sakura sgranò gli occhi e per un secondo sembrò sul punto di piangere, ma prima che Sasuke potesse confermarlo, si diresse a tutta velocità verso la fine della strada.

Nonostante quel “grazie” fosse sincero, con una leggera perfidia si rese conto che non gli dispiaceva vederla ancora arrossire alle sue parole dopo tutti quegli anni.

 

***

 

Ovviamente Naruto non gli dava pace.

Vero che Sasuke aveva deciso di tornare a Konoha di sua spontanea volontà – pentendosene ogni mattina e chiedendosi perché aveva ceduto alla nostalgia così facilmente – ma sapeva benissimo che non tutti erano contenti della cosa. Di conseguenza aveva deciso di spendere i primi giorni il più tranquillamente possibile, senza dare nell’occhio. Tuttavia Naruto la pensava diversamente e continuava a piombargli in casa ogni volta che aveva qualche minuto libero.

- Fa parte della mia missione farti integrare nel villaggio!

- Che missione?

- La mia missione di tuo migliore amico! – gli aveva risposto Naruto senza troppe cerimonie.

Ovviamente.

Nonostante tutto, non voleva ammetterlo, ma era contento di averlo intorno e che lo aiutasse con i suoi evidenti problemi di socializzazione.

Il primo che aveva accettato di buon grado il suo ritorno era stato Sai – il suo sostituto. Anche se per qualche giorno avevano continuato a chiamarsi reciprocamente “sostituto” e “traditore”, con estremo orrore di Sakura e sadico divertimento di Naruto e Ino, tutto sommato andavano d’accordo. Sai era negli Anbu e di poche parole, non troppo dissimile dal ruolo di vigilante di poche parole che Sasuke stava coprendo da un anno a quella parte. A quanto pare Naruto e Sakura volevano che andassero d’accordo, quindi Sasuke aveva dato fondo a tutta l’educazione che i suoi genitori gli avevano impartito per creare una discussione cordiale e si era complimentato per la peculiarità del jutsu artistico di Sai. Lo shinobi aveva sorriso, in apparenza apprezzando il commento.

- Immagino tu abbia letto il mio stesso libro.

- Che libro?

- Quello che spiega come sia necessario fare dei commenti di circostanza per creare un rapporto di amicizia. Dato che non ci conosciamo, l’unica cosa che sai di me è il jutsu artistico che ho usato contro di te da Orochimaru.

Era serio? Era un’offesa? Non capiva. Sperando in un suggerimento Sasuke fece correre gli occhi a Naruto, che si grattava la guancia a disagio. A quanto pare erano cose che diceva normalmente. Sasuke trovò ironico che il suo sostituto nel Team 7 avesse problemi di comunicazione peggiori dei suoi. Almeno lui non doveva consultare dei libri per imparare a parlare con la gente.

…o forse avrebbe dovuto farlo?

- Quindi io adesso dovrei ricambiare. Vediamo… le tue capacità con la spada sono davvero impressionanti. Immagino che avere uno dei tre ninja leggendari come maestro ti abbia reso forte, anche se quel Sennin era un criminale ricercato da tutte e cinque le Nazioni.

Sasuke era così confuso da quella conversazione e dal modo di esprimersi di Sai che Sakura decise di venirgli in aiuto, suggerendo al gruppo di rimandare la conversazione ad un altro giorno.

No, Sasuke decretò che provare a leggere il famoso libro di Sai decisamente non era una buona idea.

Shikamaru si era rivelato un po’ più ostico, ma Sasuke non lo biasimava. Non solo era la causa per cui la sua prima missione come team leader – riportarlo a Konoha – era fallita, ma aveva perso suo padre durante la guerra, e per quanto Sasuke non fosse quello che l’aveva scatenata e aveva anzi contribuito a vincerla, aveva avuto un ruolo non indifferente nei processi precedenti che l’avevano scatenata. Ma era anche una persona intelligente e lavorava per l’Hokage, quindi Naruto era sicurissimo che prima o poi Sasuke e Shikamaru sarebbero riusciti ad apprezzarsi a vicenda.

Hinata e Ino erano quelle che l’avevano accolto nella maniera più comprensiva, seguite da Choji, Shino e Lee con un tiepido atteggiamento neutro.

Ma nonostante Naruto lo costringesse a girovagare per il villaggio a compiere buone azioni e a socializzare con i loro vecchi amici, riusciva a vedere solo raramente Sakura. La ragazza era impegnata con il nuovo centro e nonostante cercasse di ritagliarsi un po’ di tempo per incontrarli per cena, più di una volta era così stanca da quasi addormentarsi sulla sedia. Sasuke stava a sentire quando raccontava delle difficoltà dei primi tempi – “i fondi sono in ritardo…” –, dei ragazzini che litigavano tra di loro…

- Sembrano Naruto e Sasuke ai primi tempi!

- Primi tempi…? – aveva chiesto subdolamente Kakashi.

- Certo, ora io e Sasuke andiamo d’accordissimo! Non è vero?

Sasuke aveva risposto con un Uhmf di circostanza che, come da copione, aveva richiamato la solita reazione di Naruto.

- Ehi, idiota, devo farti saltare anche l’altro braccio per renderti un po’ più socievole?

- Potresti rimetterci tutti e quattro gli arti prima di riuscirci.

- Ma ti dai dell’asociale da solo? Allora sei davvero il più stupido degli Uchiha.

- Sempre meglio di essere il solito perdente da una vita.

- Più di un anno in giro per il mondo e l’unica cosa cambiata in questo bastardo è iniziare a vestirsi di nero!

- Almeno non è arancione, che ninja si veste di arancione? Mai sentito parlare di mimetica?

- Naruto Uzumaki non ha bisogno di nascondersi! Sono comunque il più forte!

- Testiamo chi ha migliorato le proprie tecniche nell’ultimo anno?

- Non sottovalutare il prossimo Hokage!

In quel momento Sakura aveva sbattuto la mano sul tavolo, incrinandolo. Il suono del legno che si spezza fece sobbalzare entrambi i ragazzi e il maestro, che si voltarono verso la fonte di quel suono.

- Pestatevi di nuovo e giuro che questa volta vi starò a guardare mentre morite dissanguati.

- Su su, Sakura, stavano solo scherzando…

- E tu, maestro Kakashi, se continuerai ad istigarli mi premurerò di trovare il modo di fartene pentire. Tipo farti volare in mezzo alla loro battaglia con le mie stesse mani, o bruciando la tua collezione di Icha Icha Paradise. Non ti darò neanche la gioia di scegliere.

Da quella cena, i tre componenti maschili del leggendario Team 7 avevano smesso di accennare a “fraterne battaglie con eventuali mutilazioni” davanti a Sakura: Naruto e Sasuke erano venuti a patti con le rispettive situazioni fisiche, ma a quanto pareva lo shock di Sakura di trovarli ad un passo dalla morte era ancora troppo fresco per scherzarci a cuor leggero.

Inoltre erano piuttosto sicuri che la Sakura attuale fosse sufficientemente stanca di trovarsi in mezzo ai loro battibecchi da lasciarli davvero morire dissanguati.

A volte, però, Sakura condivideva anche le piccole vittorie che assaporava sul suo nuovo posto di lavoro, come aveva fatto in occasione della festa di compleanno di Ino.

- E questa ragazzina che non parlava con nessuno, oggi mi ha chiamata per nome! Ha finalmente parlato!

Sakura era chiaramente commossa nel raccontare di questa bambina del villaggio della Sabbia che il Kazekage le aveva affidato. Aveva perso i genitori durante la guerra e aveva rifiutato qualsiasi tipo di comunicazione per anni.

- Grandioso! Sakura-chan, sei davvero un medico fantastico! – esclamò Naruto.

- Le è rimasta appresso tutto il giorno! Nemmeno io sono riuscita a staccarla da Sakura per portarla dagli altri bambini – aveva aggiunto Ino. – Sakura è proprio nata per questo lavoro.

Sakura arrossì leggermente, continuando il suo discorso.

Sembra davvero felice.

Come al solito, Sasuke la osservava seduto al tavolo poco distante, il viso appoggiato sulla mano destra. Per qualche strano motivo – chiamato “Naruto che gli piomba in casa e lo trascina fuori a forza” – era stato invitato anche lui a festeggiare. Sempre per qualche strano motivo – chiamato “Sakura che salva Sasuke e Naruto dal presentarsi senza regalo” – aveva addirittura partecipato al regalo da parte del Team 7, con grande stupore di Ino. (Sai aveva fatto come regalo a parte un ritratto della festeggiata ad acquerello, scatenando ammirazione da parte di tutti i presenti per la somiglianza col soggetto e un gridolino di sorpresa e gioia da parte della festeggiata)

Naruto gli aveva spiegato che era la prima volta che si ritrovavano tutti insieme da quando Sasuke era tornato al villaggio, e la prima volta che festeggiavano un compleanno tutti insieme in assoluto dalla fine della guerra. Sasuke non poteva smettere di pensare che era questa la pace che suo fratello voleva proteggere con la sua morte e che Naruto aveva promesso di mantenere. Non gli sarebbe dispiaciuto continuare a proteggere questa pace: l’atmosfera di quel ristorante era davvero… doveva ammetterlo, piacevole.

Verso le undici Hinata, Choji e Lee si scusarono dalla festa, accennando all’avere una missione la mattina dopo; a ruota Sakura si alzò dal tavolo.

- Torno a casa anch’io, sono distrutta. Ancora auguri, Ino-pig!

- Grazie ancora, fronte spaziosa!

In quello Ino si girò verso Sasuke e lo fissò. Perplesso, Sasuke ricambiò lo sguardo senza capire cosa volesse da lui. Ino sembrò trattenere un sospiro.

- Sasuke-kun, fronte spaziosa sembra stanchissima, temo si addormenti su una panchina verso casa. Vivete vicini, no? Fammi un favore e seguila in maniera che non cada per terra.

- Ino, riesco a tornare a casa da sola…

- Ti sei già addormentata una volta su una panchina perché esausta dal lavoro.

Sasuke guardò Sakura con sguardo interrogativo, palesemente chiedendole con gli occhi “Sul serio?”, al che Sakura arrossì di vergogna.

- È successo solo una volta! Non serve continuare a ripeterlo, Ino-pig.

È successo sul serio!, fu la reazione divertita del ragazzo – almeno, questo è quello che Sakura lesse nel movimento di sopracciglia e lieve piega all’angolo delle labbra di Sasuke.

- Anche Sasuke-kun sembra stanco, scommetto stava pensando a quando liberarsi di noi e tornare nel suo antro per esercitarsi nelle sue espressioni facciali di uomo misterioso davanti allo specchio! – aggiunse Naruto.

Sasuke fece scorrere gli occhi tra Ino e Naruto, leggermente perplesso.

Immagino di non avere scelta.

- Naruto, idiota… - borbottò, alzandosi e prendendo il mantello appoggiato sulla sedia, ignorando la risatina dell’amico.

Fu così che si trovò sulla strada di casa con una Sakura effettivamente stanchissima ma ancora su di giri per l’evento della giornata.

- Sono così contenta per Akari-chan! Vuol dire che la clinica funziona! Certo, prima che riesca ad aprirsi completamente riguardo il trauma ci vorranno ancora mesi. Però è un primo passo!

- È un’ottima notizia – convenne lui.

Sakura si voltò, come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa.

- Domani ho il giorno libero e pensavo di uscire dal villaggio, ma non so dove.

Sasuke annuì. – Fai bene. Uno shinobi deve riposarsi per essere sempre al massimo potenziale.

- Che cosa suggerisci?

- Io? – chiese lui, preso in contropiede. Sasuke rifletté un secondo. C’era effettivamente un posto che periodicamente visitava perfetto per chiunque volesse prendersi un giorno di stacco dalla routine – o dai propri pensieri oscuri.

- Il mare.

- Come?

- La costa del Paese del Fuoco che dà sull’oceano.

- Ah, ad est? Penso di non esserci mai stata.

- È molto rilassante. – Poi aggiunse – Se vuoi riposarti dal lavoro.

Sakura si portò un dito sul mento, riflettendo. Sasuke ricordava quel gesto dai tempi in cui erano in squadra insieme.

- È una buona idea… Che zona suggerisci?

- C’è un promontorio da cui si vede la spiaggia e il mare. È piuttosto in alto, quindi non ci vanno molte persone.

- Tu ci vai spesso?

Sasuke sembrò rifletterci. – A volte.

Erano arrivati all’incrocio dove si trovava casa di Sakura.

- Mi accompagneresti? - La ragazza arrossì leggermente.

Sasuke si fermò a sua volta. In effetti era da molto tempo che non ci andava e sentiva il richiamo del mare. Ma andare da solo con Sakura sarebbe stato una specie di…

- Per evitare di perdermi. – aggiunse lei.

- Eri la migliore a leggere le mappe – obiettò il ragazzo.

La ragazza ridacchiò. – Te lo ricordi.

- Certo.

Ricordava tante cose di Sakura dai tempi del Team 7, quella era solo l’ultima della lista.

- …va bene.

appuntamento. E in quel senso lui non aveva ancora deciso cosa voleva da Konoha, o dalla sua stessa vita, se è per quello. Rientrava nell’argomento tabù. Però Sakura era la sua compagna di squadra, non aveva motivo di dirle di no, e aveva così tante cose da farsi perdonare che accompagnarla per mezza giornata era il minimo che potesse fare.

Fece finta di non notare l’espressione di estrema gioia sul viso della ragazza, e la salutò prima che fosse lui questa volta ad arrossire.

 

***

 

Si svegliò di nuovo seduto sul letto e coperto di sudore. Guardò l’orologio: non erano nemmeno le sei di mattina.

Era di nuovo un incubo, lo stesso che aveva già visto qualche mese prima: Sakura che rideva di lui e gli dava dell’egoista. Tuttavia questa volta l’incubo non gli aveva fatto la grazia di interrompersi.

Il rancore nel viso di Sakura si era tramutato in paura.

- E poi… Dopo tutto quello che è successo, l’idea che un eventuale nostro figlio sia maledetto da quegli occhi mi angoscia. L’idea che debba un giorno essere perennemente ricercato per il suo potere oculare, o essere accecato dall’odio – o diventare totalmente cieco nel vero senso della parola. Come potrei mai volere una cosa del genere per mio figlio? Come puoi chiedermelo?

Lo sguardo della Sakura del sogno era così pieno di tristezza e puro terrore che il ragazzo indietreggiò, inciampando e svegliandosi.

Ancora tremante, si passò la mano tra i capelli e si lasciò cadere sul cuscino. Sicuramente era stata una reazione alla promessa di accompagnarla al promontorio da lì a qualche ora, e al discorso sui pazienti della clinica.

Che reazione esagerata. Una volta non mi sarebbe mai successo.

Si coprì gli occhi con l’avambraccio: no, stava mentendo a se stesso. Non era solo una reazione al dialogo della sera prima. Forse la vera domanda che stava evitando era: che cosa rappresentava Sakura per lui? In quei giorni, vederla contenta lo aveva reso felice a sua volta; vederla realizzata nei suoi progetti lo rendeva stranamente orgoglioso. Non ne era del tutto sicuro, ma era un sentimento diverso dal vedere Naruto rincorrere e raggiungere il suo sogno di essere Hokage. Forse una parte molto nascosta di lui aveva iniziato ad accarezzare l’idea di una vita normale con una persona che lo amava. Poteva essere che… lui stesso…?

Sasuke strinse i denti, onestamente spaventato dalle implicazioni di quel pensiero.

La maledizione degli Uchiha.

Il segnale di pericolo lampeggiava più forte che mai.



 






Nota dell'autrice
Grazie per aver letto il primo capitolo! 
La storia è nata dall'aver finalmente letto alcune light novels di Naruto, e l'evoluzione del rapporto tra Sasuke e Sakura mi ha colpito così tanto che la mia mente ha deciso di riempire i buchi fino a raggiungere l'immagine di Sasuke Padre Di Famiglia Innamorato (!!) che c'è nell'ultima novel uscita l'anno scorso.
Sono voluta partire reinterpretando la scena finale della light novel "Sakura's Story" (il "Sono a casa/bentornato a casa") e citando il pezzo di storia con Kido che rapisce Sakura per lo sharingan di Sasuke: dato che la storia esiste già non ho voluto dilungarmi sui dettagli, ma la trovate tutta in quel romanzo!
Volendo seguire la linea del tempo canon, questo primo capitolo non ha molta azione, ma non preoccupatevi: i combattimenti arriveranno! 

È la prima fanfic a capitoli che scrivo dopo anni di stop e la prima pubblicata qui; attendo commenti e critiche costruttive! :)
Parentesi estetica: il Sasuke di questa fic è quello del blank period/Sasuke's Story: Sunrise (le ultime puntate di Naruto Shippuden, visual di Kishimoto qui) :D

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Capitolo 2
*** Indizi ***


Capitolo 2 - Indizi

 

Sakura sapeva che Sasuke era un ottimo osservatore. Era considerato da tutti un genio, ma non serviva a nulla essere un genio se non si ha la capacità di raccogliere gli indizi giusti. Sakura vedeva quell’innato spirito di osservazione in azione mentre il ragazzo scrutava il mare sotto di sé, in come faceva scorrere gli occhi dalla spiaggia alle onde, dalle persone che camminavano in riva al mare ai gabbiani, catturando ogni dettaglio nella memoria.

- Cosa vedi? – gli chiese infine, spinta dalla curiosità. Il ragazzo continuò a fissare davanti a sé, senza dare risposta. Sakura gli si avvicinò e gli si posizionò di fianco. Le voci dei bambini che giocavano con la sabbia arrivavano ovattate al loro orecchio.

- Io vedo pace.

Sasuke girò lievemente il capo, osservandola tra le ciocche di capelli neri. La sua mente stava confrontando quella ragazza, che indossava i suoi soliti abiti da ninja e un sorriso raggiante, con la kunoichi spaventata e arrabbiata del suo incubo della notte prima. Anche se i lineamenti erano gli stessi, il tono di voce, la risata, le parole stesse che la donna davanti a lui pronunciava erano completamente diversi. La sua mente stanca stava faticando a correggere la dissonanza e lo rendeva rigido alla sua presenza.

- Il mare è tranquillo solo se il tempo è buono – disse lui, il tono grave. – Si agita una volta che si alza il vento.

- Mh… Però passata la tempesta, il mare torna calmo. La tempesta è temporanea.

- Ma durante quella tempesta alcuni marinai possono morire.

- I marinai esperti sanno quando stare lontani dal mare fino a quando non si calma – suggerì lei – Perché sanno che quando il mare è in pace è benevolo e dà loro i suoi frutti.

Sentendo il suo sguardo su di lei ma non ricevendo nessuna risposta, Sakura continuò.

- Anche i pesci e i gabbiani continuano a vivere col mare nonostante questo a volte si ribelli. Pensi che sbaglino ad amarlo?

Il ritmo delle onde che si infrangevano sugli scogli era l’unico suono ad interrompere il silenzio ostinato del ragazzo.

- Non lo fanno forse perché sanno che è più il tempo in cui il mare è calmo rispetto a quando è in tempesta? E non sanno forse che il motivo della tempesta non è un capriccio, ma una reazione di difesa del mare a qualcosa che vuole disturbare la sua pace?

- Sembra una storia per bambini. Ignorare che il mare sia pericoloso è irresponsabile.

Sakura sorrise internamente: lo scetticismo del ragazzo non era cambiato di una virgola e apriva bocca solo per portare obiezioni al suo ragionamento.

- Non lo sto ignorando. Continuo solo a pensare che tutti meritino di essere amati. Anche il mare, che dà così tanto agli esseri viventi che si fidano di lui. Giudicarlo per un’ora di tempesta invece che per i giorni di calma… quello sì che è imperdonabile.

Ci fu solo un breve silenzio prima che Sakura aggiungesse con un sussurro: - Tutti noi però cadiamo in quell’errore almeno una volta.

Sasuke continuò a guardarla con la coda dell’occhio. Lo sguardo della giovane era forse un po’ malinconico, ma forte: era un binomio che aveva visto spesso in quei giorni.

- Quale? Giudicare il mare per l’ora di tempesta? O di innamorarsi del mare?

Sakura chiuse gli occhi con un sorriso triste: era davvero un bravo osservatore.

- Chissà. Forse entrambi.

La ragazza si voltò e si sedette sulla panchina dietro di loro, picchettando lo spazio di fianco a sé con la mano. Sasuke la seguì con lo sguardo e decise di sedersi dove la ragazza gli aveva indicato.

Forse stava leggendo troppo nelle sue parole, ma aveva l’impressione che con quell’ultima frase gli avesse fatto capire che anche lei – l’unica persona con Naruto ad aver sempre avuto fiducia in lui – in realtà avesse avuto un periodo in cui aveva dubitato di lui e della sua natura, in cui aveva pensato che la tempesta non dovesse mai finire. Non faticava neanche ad immaginare quale fosse il momento specifico. Dopotutto, in quel frangente avevano provato ad uccidersi a vicenda: decisamente non il picco del lavoro di squadra del Team 7.

Rimase un po’ in silenzio, il gomito appoggiato al ginocchio e il leggero vento autunnale che arrivava dall’oceano che gli spostava i capelli dal viso.

- Penso… che anche il mare, a volte, tema la tempesta.

Questa volta fu Sakura a proseguire con la politica del silenzio, obbligandolo a sviluppare quel pensiero. Il ragazzo respirò a fondo e fissò l’orizzonte.

- La tempesta… per quanto scatenata da fattori esterni, è comunque una reazione del mare, che però non può controllare. Più il mare è profondo e il vento è forte, più le onde sono alte e violente e il cielo è buio. In quel momento, sembra la tempesta non debba finire mai.

- Però prima o poi finisce e il sole torna a splendere.

Sasuke sembrò riflettere su quelle parole, e Sakura sorrise.

- A me piace la forza del mare. Ci vuole forza sia per reagire che per restare quieti a lungo. Il mare riesce a fare entrambi.

Sakura indicò con l’indice la distesa d’acqua davanti a loro.

- Guarda ora, è così bello: calmo, tinto di un colore caldo, eppure ancora sicuramente forte in profondità.

Sasuke seguì il suo sguardo e osservò il punto dove il sole del tramonto incontrava l’oceano, tingendolo di giallo e rosa. Era effettivamente una vista piacevole, diversa dal nero pece di un mare in tempesta. Il suono delle onde cullava i suoi pensieri.

- L’acqua del mare… nelle condizioni giuste, col vento e sole giusti, si scalda. – concesse lui alla fine.

- Forse è perché aspira ad incontrare di nuovo il tepore del sole il prima possibile, che il mare reagisce in maniera così turbolenta ai venti di tempesta.

- Più il calore è piacevole, più la reazione è violenta? – Assottigliò gli occhi. Con parole diverse, questa spiegazione l’aveva già sentita.

- Non è come anche noi umani reagiamo alla vita? Tutti cerchiamo amore e tepore.

Sasuke chiuse gli occhi, un leggero Tsk gli uscì dalle labbra piegate in un mezzo sorriso. Sakura si sporse in avanti, cercando di decifrare quella reazione.

- È questo che fai con i ragazzini della clinica ogni giorno? – commentò lui.

Sul viso della ragazza apparve un sorriso rilassato.

- Non esattamente. I miei pazienti sono molto più onesti del mare in tempesta.

Il ragazzo riaprì gli occhi e la vide ancora tesa in avanti, lo sguardo totalmente concentrato su di lui, i raggi solari che creavano una strana aureola rossa intorno ai suoi capelli rosa. Non vedeva paura nel suo viso, ed egoisticamente decise di indulgere in quel pensiero.

Il sole giusto…?

Forse aveva iniziato ad intravedere la risposta al suo argomento tabù. Allungò la mano destra per prendere quella di Sakura che era ora appoggiata alla panchina. Era tiepida al suo tocco più freddo, proprio come il sole del tramonto scaldava le onde fredde che si infrangevano sugli scogli sotto di loro. La Sakura del suo incubo aveva le mani fredde come il ghiaccio.

Essere… onesto…?

Fece scorrere il pollice sul dorso della sua mano, lentamente, ancora perso nei suoi pensieri. Kakashi aveva detto che non serviva un motivo per amare, ma questo non voleva dire che non servisse fiducia nell’altro. Il fatto che lei fosse innamorata di lui era uno dei segreti peggio mantenuti di tutto il villaggio, ma non era mai riuscito a capire cosa lei ci trovasse in lui. Seriamente. Lui stesso non si amava particolarmente. Però il fatto che Sakura gli avesse fatto capire che il suo affetto per lui non è stato sempre immune ai dubbi lo rendeva un sentimento già più comprensibile alla sua mente perennemente distorta dall’incertezza.

Ripensò a come erano state quelle stesse mani a fermare il marchio maledetto la prima volta che aveva preso il sopravvento. Ripensò anche a come il fattore scatenante fosse stato vedere Sakura coperta di ferite e lividi.

 

Sakura… Chi ti ha fatto questo?”

“Per favore… fermati.”

 

In quei giorni dov’era stato testimone della sua determinazione sul lavoro stava scoprendo una Sakura determinata, che aveva intravisto in passato ma che sembrava essere cresciuta mentre era lontana dai suoi occhi; quel lato, inaspettatamente, lo intrigava.

 

“Cosa vedi? Io vedo pace.”

“Giudicarlo per un’ora di tempesta invece che per i giorni di calma… quello sì che è imperdonabile.”

 

Alzò lo sguardo su Sakura, la quale osservava le loro mani con uno sguardo gentile: stranamente non la vedeva arrossire né sembrava agitata. Sasuke inspirò profondamente, reprimendo le sirene di allarme che risuonavano nella sua mente dopo l’incubo della notte prima e, con un enorme sforzo di volontà, fece cadere la metafora.

- Voglio provare a sentire com’è il calore del sole.

La ragazza alzò lo sguardo di scatto, gli occhi sgranati, senza rispondere.

- …ammesso che tu lo voglia…?

Il ragazzo sentì che questa volta era la pelle del suo viso a prendere leggermente colore, ma si costrinse a mantenere il suo occhio nero fisso su quelli di Sakura. Il discorso che gli aveva fatto finora gli aveva dato il coraggio necessario a buttare giù il primo muro intorno a sé, ma appena aveva finito di pronunciare quelle parole se n’era già pentito: non aveva considerato come reagire nel caso Sakura gli dicesse le stesse cose del suo sogno: sei egoista, sei in ritardo.

Vide gli occhi di Sakura inondarsi di lacrime e sorpreso lasciò andare la mano. Sapeva di non poter accampare diritti, ma non si aspettava che si mettesse a piangere. Almeno questa volta non le aveva trapassato il petto con un genjutsu, per i suoi canoni aveva decisamente fatto di peggio.

Sakura gli si lanciò al collo singhiozzante, sorprendendolo ancora di più; il ragazzo si irrigidì sotto quell’abbraccio decisamente più stretto di quelli che ricordava.

- Dopo tutti questi anni come pensi potrei dire di no, stupido!

Tra sollievo e imbarazzo, Sasuke sorrise.

- È la seconda volta che mi dai dello stupido in due anni. Pensavo fosse prerogativa del perdente.

- …shannaro!

Sakura sentì un nodo sciogliersi dentro di lei. Non sapeva se fosse gioia per vedere Sasuke finalmente accettare aiuto, per vederlo corrispondere finalmente i suoi sentimenti (più o meno… forse? Ci avrebbe pensato più tardi), o semplicemente perché forse voleva dire che il suo viaggio era vicino alla conclusione. Ma quel misto di sentimenti le bloccava la gola e non era riuscita a far fuoriuscire una risposta migliore di shannaro.

Un po’ titubante, il ragazzo appoggiò la mano sul capo di Sakura e fece scorrere lentamente le dita tra i capelli, sollevato. Inspirò quello che era il profumo dello shampoo di Sakura: aveva un vago ricordo fosse lo stesso profumo che aveva percepito quando si era risvegliato all’ospedale di Konoha e lei l’aveva abbracciato, decisamente troppi anni prima, ma avrebbe indagato in un altro momento se fosse vero – e sul perché il suo cervello tredicenne post-coma avesse registrato un simile dato.

Rimasero così qualche secondo, con Sakura che singhiozzava senza apparente motivo e Sasuke che le accarezzava i capelli cercando di calmarla.

Quando Sakura sciolse l’abbraccio per asciugarsi le lacrime, Sasuke percepì un’intrusione nel suo cervello.

“Sasuke-kun? Sono Ino. Mi senti?”

“…ti sento. Cosa c’è?”

“Il Sesto Hokage ti vuole parlare il prima possibile. Dove sei?”

“Fuori Konoha.”

“In quanto tempo puoi tornare? Sembra urgente.”

“…un’ora o poco più.”

“Riferisco. …e scusa l’intrusione”

Era piuttosto scocciato sia dall’intrusione sia dalla richiesta di ritorno immediato, e probabilmente Ino l’aveva capito dal cambio di tono e aveva tagliato corto, ma al momento non gli interessava essere gentile con i suoi amici.

- Sasuke-kun, cosa c’è? – chiese Sakura vedendolo fissare il vuoto.

- Ino. Mi ha contattato usando il suo jutsu. Kakashi mi vuole parlare.

Lo sguardo di Sakura si infiammò. – Che ci fa Ino-pig nella tua testa adesso? Non poteva mandare un falco?

- Probabilmente non avrebbe fatto in tempo. – rispose lui sovrappensiero alzandosi dalla panchina.

- Quando la vedo la ammazzo!

Sasuke guardò la Sakura furente davanti a sé, decisamente diversa dalla Sakura che stava piangendo sulla sua spalla fino a pochi secondi prima. Alzò le sopracciglia al repentino cambiamento d’umore e con sua enorme sorpresa gli venne da ridacchiare: un suono soffocato, ma che non ricordava nemmeno la sua gola potesse ancora produrre.

- Non c’è niente da ridere! Non era un momento da interrompere! Non ci posso credere, quando la vedo… eppure le avevo detto che ero con… ah! Non fraintendere, Sasuke-kun, non le ho detto dov’ero, ma solo…

Il ragazzo si coprì il viso con la mano per nascondere la risata e girò il capo di lato: l’espressione sempre più imbarazzata e arrabbiata di Sakura era davvero impagabile. Superava anche l’irritazione che Ino potesse sapere che erano insieme in quel momento.

- Va tutto bene. – le disse – Su, torniamo a casa.

- Ma siamo stati qui meno di cinque minuti…

- Avremo modo di tornarci.

Sakura lo osservò: era ancora palesemente divertito, forse anche imbarazzato, da tutta la situazione.

- È bello vederti di nuovo ridere, Sasuke-kun.

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia al commento, ma rilassò subito l’espressione. Con un cenno del capo indicò la vista sull’oceano che si estendeva davanti a loro.

- Oggi il mare è sereno.

Sakura guardò il tramonto e sorrise. Sembrava che qualcosa stesse finalmente andando al posto giusto dentro Sasuke e sperava solo che rimanesse così.

 

***

 

Kakashi ringraziò tutti le divinità di cui era a conoscenza per la presenza di Lady Tsunade nel suo ufficio quando annunciò a Sakura e Naruto che la missione che aveva assegnato a Sasuke prevedeva di nuovo di stare lontano dal villaggio a tempo indeterminato. Lo sguardo che Sakura gli aveva lanciato gli aveva dato l’impressione che se fossero stati soli, avrebbe sfasciato l’ufficio e seppellito il cadavere dell’Hokage prima che qualcuno se ne accorgesse.

- Maestro! Ma è appena tornato! – lamentò Naruto – Non posso almeno accompagnarlo?

- Sarà una missione lunga in comunione con il Villaggio della Sabbia. Gli ho chiesto di controllare dei resti di una civiltà perduta che il Kazekage ha trovato di recente nel deserto e significa setacciarlo in lungo e in largo usando il rinnegan.

- Ho un sacco di tempo!

- Non volevi diventare Hokage? Non hai ancora finito i tuoi studi.

- Che palle! Sono solo dei libri. Sicuramente posso imparare di più sulla geografia del mondo viaggiando con Sasuke!

- Aveva previsto questa risposta e ti ha lasciato detto “non dimenticare che anche il villaggio necessita di protezione” – gli riferì con un sorriso il maestro, e questa volta il ragazzo sembrò non avere più argomenti per obiettare. Borbottò qualcosa tra i denti sul fatto che Sasuke voleva solo fare il figo e prendersi tutta la gloria o qualcosa del genere.

- Allora posso accompagnarlo io? Sono un ninja medico, potrei essergli utile se si trovasse a combattere con dei nemici troppo forti.

- Nel caso trovi qualcuno del genere, gli ho dato espresso ordine di fare rapporto immediato e aspettare rinforzi.

- Cosa che non farà mai… - brontolò sottovoce Naruto, allacciando le dita delle mani dietro la testa.

- Esatto, sono d’accordo anch’io. Lasciami andare con lui.

- Non posso, Sakura.

- Perché no? Sei l’Hokage, sei tu che decidi chi fa parte di una missione.

- Questa volta è anche desiderio di Sasuke che tu resti qui.

Sakura sbarrò gli occhi, ferita. Cosa? Ma se solo il giorno prima le aveva detto di voler stare con lei…? Aveva forse frainteso le sue parole? Non era stato chiarissimo, e parlando per metafore forse non è esattamente facilissimo capire cosa l’Uchiha stia pensando, ma questa volta pensava di averci preso.

- Cosa ha detto l’idiota? Ha di nuovo deciso di calpestare i sentimenti di Sakura-chan e andare in solitaria? Vado a prenderlo e a rieducarlo su questo vizio di voler fare le cose da solo… – iniziò Naruto, pronto a ficcare sale in zucca all’amico a suon di pugni, come aveva fatto già più di una volta.

- Ha detto che fa parte del suo viaggio di redenzione, e che Sakura ha già una missione importante da svolgere qui e non vuole che la fermi per colpa sua.

Tsunade incrociò le braccia e fissò la sua discepola. – C’ero anch’io. Ha accennato a qualcosa come “i bambini non possono essere privati del sole” o una cosa del genere. Una frase decisamente commovente, considerato chi l’ha detta.

- Sasuke che dice una cosa del genere? Non ci credo. Sicura di aver sentito bene, nonna? Con l’età che avanza… – commentò Naruto.

- Cosa stai insinuando, Naruto?

Sakura invece trattenne il respiro. Sentì le lacrime salirle agli occhi.

 

“È un progetto ammirevole. Sarai impegnata, immagino.”

 

- Quando deve partire? – chiese invece.

- Stava aspettando i ninja della Sabbia che sarebbero arrivati stamattina, quindi sarà già alle porte della città…

Kakashi non fece in tempo a finire la frase che i due ninja erano già scattati fuori dalla finestra.

- Almeno usassero la porta…

Tsunade sorrise. – Ti aspettavi che lo lasciassero andare così?

Kakashi si appoggiò allo schienale. – Già…

Tsunade si avvicinò alla finestra e osservò i due ragazzi saltare di tetto in tetto per raggiungere il portone Aun il prima possibile.

- Devo ammettere che quel ragazzo mi ha sorpreso. Non che di partenza avessi grandi aspettative.

- Il Saggio delle Sei Vie ha detto che Sasuke è il risultato della perdita e mancanza d’amore, ma che sia Sasuke che Naruto sanno bene cosa sia. Quindi forse non è così sorprendente che, come Naruto e Gaara, sia riuscito a vedere l’importanza del progetto di Sakura.

Tsunade continuò a fissare i due ragazzi fino a quando diventarono piccoli punti in lontananza.

- Forse hai ragione. – convenne lei picchettandosi il braccio. – Gli darò più fiducia.

 

***

 

- Tutto chiaro?

- Certo.

- Naruto e Sakura chiederanno di unirsi alla missione.

- Probabile.

- Cosa vuoi fare?

Sasuke fissò il suo maestro. – Il mio viaggio di redenzione non è concluso. Inoltre sono l’unico al mondo a possedere il rinnegan, quindi l’unico a poter svolgere questo genere di missioni che richiedono di attraversare dimensioni. Naruto deve stare qui e lavorare sul resto del suo sogno, non perdere un anno a viaggiare con me.

Kakashi appoggiò il mento sulla mano. – Sono sicuro che se uscirà con qualcosa sull’importanza di vedere altri Paesi.

Sasuke sospirò. – Fastidioso perdente… Anche il villaggio necessita di protezione. Faglielo notare.

- Certamente. – sorrise il maestro. Perlomeno questa volta erano tutte motivazioni valide. Sasuke stava effettivamente cambiando. – E Sakura?

Tsunade ancora non capiva cosa la sua allieva ci vedesse in quel ragazzino, che l’aveva ferita così tante volte da perdere il conto. Lo osservava di sbieco, sulla difensiva. Eppure era abbastanza sicura di aver visto un cambiamento di espressione nell’unico occhio visibile di Sasuke alla domanda di Kakashi. Ma no, non ci avrebbe scommesso troppi soldi.

- Sakura ha la clinica per bambini. Ha appena cominciato. Allontanare il capo della missione dal resto del team all’inizio della stessa porta ad un elevato rischio di fallimento. Deve stare qui.

- Purtroppo non penso che paragonare il progetto ad una missione sia sufficiente a fermarla.

Il ragazzo sembrò riflettere un attimo. – L’altro giorno accennava ad una ragazzina del villaggio della Sabbia che stava facendo dei progressi e che ora parla solo con lei. Se Sakura si allontanasse potrebbe retrocedere, e conoscendola, non se lo perdonerebbe.

- Parli per esperienza personale? – chiese Tsunade.

Sasuke volse lo sguardo verso il Quinto Hokage.

- È un progetto che solo Sakura poteva inventare. E penso di essere la prova vivente di cosa può succedere ad un orfano lasciato in balia delle tenebre. Non è giusto che questi bambini vengano privati del sole.

Tsunade fece un mezzo sorriso.

- Sei interessante, Sasuke. Va bene, terrò d’occhio Sakura in modo che non scappi di notte per inseguirti.

Il ragazzo rispose con un cenno col capo. Kakashi era sicuro che fosse esattamente quello che voleva chiederle.

 

***

 

La missione nel deserto – che poi si espanse in altre zone del mondo ninja – durò quasi sei mesi. Sasuke non rimise piede a Konoha ufficialmente per tutta la sua durata, ma com’era suo stile, di tanto in tanto lasciava tracce del suo passaggio. A quanto pare l’aveva già fatto anche nell’anno precedente, solo che Ino e Kakashi si erano “dimenticati” di renderlo noto a Sakura e Naruto.

- Ino! Perché non me l’hai detto!?

- Ero troppo scioccata dal sapere che di ritorno da quella missione Naruto e Hinata avevano improvvisamente capito di amarsi e avessero iniziato a programmare il matrimonio alla velocità della luce!

- Dovresti essere mia amica! Sapevi quant’ero preoccupata per Sasuke-kun!

- Ti ho già chiesto scusa!

Era successo quando Naruto, Sakura, Hinata, Shikamaru e Sai erano letteralmente andati sulla luna per sconfiggere Toneri Otsutsuki, che minacciava di cancellare la terra. Quando un meteorite aveva rischiato di distruggere l’intero villaggio, Sasuke era sbucato dal nulla e l’aveva distrutto usando il suo Mille Falchi; in più nel mentre aveva riportato al villaggio il padre di Hinata, che era stato rapito qualche giorno prima e che aveva a quanto pare trovato svenuto da qualche parte lungo il suo viaggio.

- “Quando non c’è lui, sono l’unico che può proteggere il villaggio”? Che bastardo, riesce a tirarsela anche in questi momenti! – aveva commentato Naruto quando aveva sentito la storia da Ino, portandosi le mani dietro il capo. – Beh, vorrei offendermi, ma quello che è andato e tornato dalla Luna sono io, quindi questa volta vinco io!

- Qual è stata la reazione dell’Hokage? – chiese invece Sakura.

- Sembrava stupito anche lui – disse Ino, che in quanto capo della squadra sensitivi gli era stata accanto durante tutta la battaglia – Non penso l’abbia chiamato lui. Dev’essere tornato di sua spontanea volontà.

- Devo ringraziarlo per aver riportato a casa il padre di Hinata-chan, ma certo che poteva fermarsi al villaggio… vabbè che poi è passato poche settimane dopo…

Sakura avrebbe voluto chiedere molte più informazioni a Ino sulla faccenda, ma si morse il labbro. Il fatto che fosse tornato per proteggere Konoha dimostrava che anche se lontano in quegli anni era sempre stato dalla loro parte, ed egoisticamente si chiedeva se d’ora in poi avrebbe iniziato a lasciare qualche indizio anche per lei.

 

***

 

Come da suo classico stile, Sasuke mandava dei falchi messaggeri per fare rapporto solo quando aveva qualcosa di sostanzioso da comunicare, il che purtroppo era poco e raro. Questo non impediva a Naruto e Sakura di provare a contattarlo periodicamente, ma ovviamente Sasuke non rispondeva.

Sakura aveva provato a chiedere a Ino di contattarlo con la sua tecnica spirituale, anche solo per vedere se stava bene, ma Ino le aveva risposto che non sapendo bene dove fosse non poteva farlo.

- E poi, Sasuke-kun mi ha detto di non intrufolarmi mai più nella sua testa a tradimento. Non l’ha apprezzato, la scorsa volta.

- E quando te l’avrebbe detto?

- L’ha lasciato detto al Sesto Hokage. – Ino alzò le spalle. Sakura sorrise all’idea di Sasuke che aveva preso l’abitudine di usare il maestro Kakashi come una specie di segreteria telefonica.

Sakura, dal canto suo, capiva che il motivo per cui Sasuke non mandava messaggi se non strettamente necessario era per evitare che i falchi venissero intercettati e mettessero in pericolo il villaggio, ma lo stesso, si sentiva improvvisamente messa da parte.

Non è che quei cinque minuti sulla scogliera se li era sognati?

No, era sicura che non fosse un sogno. E non era neanche un’illusione. Ricordava il calore della mano di Sasuke, il leggero dubbio nei suoi occhi mentre le stava parlando, la sua risata di sollievo.

- Sasuke-kun ti ha contattata? – chiese Ino, sistemando al contempo le rose bianche in esposizione nel suo negozio di fiori. Sakura scosse la testa. Ino si girò a guardarla, una mano sul fianco.

- Non capisco come tu riesca a chiamarla una relazione.

- È una relazione a distanza, esistono anche queste.

- Io non ci riuscirei… - sospirò l’amica, tornando ai suoi fiori.

Sakura si imbronciò. Non aveva tutti i torti, però… aveva aspettato così tanti anni che mese più mese meno non le sembrava un grande sacrificio. E lui era tornato a Konoha quando lei era in pericolo. Però…

- È che abbiamo avuto così poco tempo insieme che mi riesce difficile capire se siamo connessi o meno.

Ino era sorpresa a quell’improvvisa dichiarazione di Sakura. Non aveva mai, mai messo in dubbio Sasuke di fronte agli altri. La ragazza fermò il suo lavoro e si sedette sullo sgabello, davanti alla sua amica.

- Cosa c’è che ti turba?

Sakura si tormentò il bordo del vestito.

- Quando è tornato al villaggio qualche mese fa, sono sicura che Sasuke-kun fosse diverso. Sembrava più rilassato, meno tormentato. Ma in passato ha già alternato periodi buoni e… meno buoni, e temo che nel caso qualcosa vada male in questa missione, possa tornare in quel lago di auto-odio dove torna periodicamente.

- E non sei sicura che riusciresti a sopportarlo un’altra volta.

Sakura guardò l’amica, temendo di confermare le sue parole.

Sakura aveva chiuso un occhio – entrambi gli occhi – più di una volta, ma sapeva che se voleva continuare a stare dalla parte di Sasuke, chiudere gli occhi non bastava: doveva essere pronta a capirlo sul serio, aiutarlo a superare i suoi traumi. Il problema è che Sasuke non era il genere di persona che chiedeva aiuto o lasciava entrare gli altri nel proprio cuore.

Scusami, Sasuke-kun. Ti ho detto che sarei stata il tuo sole, ma non sono sicura di riuscirci.

Ino le prese la mano vedendo che era entrata nel suo mondo di pensieri.

- Hai ragione. L’ultima volta che ho visto Sasuke-kun sembrava davvero diverso. Anche il suo chakra sembrava più tranquillo e tiepido del solito. Prova ad avere fiducia un’altra volta.

- In Sasuke-kun?

- In te stessa, fronte spaziosa.

 

***

 

Era tarda notte e Sakura era già nel suo letto quando un falco messaggero picchettò alla sua finestra. Quando lo fece entrare, il falco si posò sul suo braccio: portava un pacchetto di piccole dimensioni. Lo liberò dal suo fardello e lo depose sullo schienale di una sedia.

- Vieni, ecco il tuo premio.

Gli diede un po’ di pollo – l’unica carne che aveva a casa in quel momento – mentre apriva il pacchettino. All’interno trovò delle noci dal colore bluastro leggermente bizzarro e un telegrafico bigliettino.

 

“Trovate. S.”

 

Le tornò in mente che qualche mese prima una nuova collaboratrice della clinica arrivata dal lontano Paese del Ghiaccio le aveva parlato di queste noci deliziose delle sue terre che contenevano zinco e una proteina particolare che stimolava il sistema termocettore corporeo. Dopo settimane di zero contatti aveva deciso di scrivergli, ma non sapeva cosa potesse essergli utile e non svelare nessuna informazione sulla sua missione. Quella storiella le era sembrata carina, distante dal luogo dove si supponeva si trovasse (il deserto) e soprattutto utile.

 

“Prevengono il raffreddamento quando si dorme all’aperto e sono leggere da trasportare. Potrebbero tornarti utili, e se le cercassi? Fammi sapere se sono buone.”

 

Non aveva ricevuto risposta, ed erano passati mesi. Sakura fissò le noci che teneva in mano. Questo voleva dire che stava leggendo i suoi messaggi, e potenzialmente se ne ricordava i contenuti. E invece di dirle se erano buone o meno, gliene aveva direttamente spedite un po’.

Il cuore di Sakura si scaldò: si sentì come se stesse viaggiando con lui.

Va bene, Sasuke-kun. Proverò ad avere fiducia di nuovo. Ma che sia l’ultima volta!

 

***

 

La clinica per bambini stava dando enormi frutti e Sakura non poteva esserne più felice. La ragazzina del villaggio della sabbia, Akari, adesso parlava anche con Ino e con i suoi coetanei. Continuava ad avere qualche problema con gli uomini adulti, ma era un progresso enorme. Quando aveva riferito a Gaara i risultati, il ragazzo era sembrato estremamente soddisfatto. Le diede anche l’ottima notizia che era riuscito ad ottenere i fondi necessari per aprire finalmente la clinica gemella anche alla Sabbia e che non appena il training dei medici che si trovavano ora a Konoha fosse terminato avrebbero trovato la clinica pronta.

Alla fine dell’incontro, il Kazekage la trattenne nel suo ufficio.

- La settimana scorsa Uchiha Sasuke è passato di qua.

- Davvero!?

Gaara annuì, impassibile come sempre.

- Mi ha portato dei resti da analizzare e ha ritirato dei rotoli che l’Hokage mi aveva lasciato.

Sakura fece un sorriso non troppo convinto. Si sentiva vagamente evitata: dall’evento delle noci era passato già un mese.

- Passa di qui però non passa per Konoha…

- Mi ha detto di dirti che sta bene, e ha lasciato questo.

Gaara le stava porgendo una busta sigillata. – Per me?

- Ha fatto il tuo nome.

Emozionata, aprì la busta. C’era solo un foglio con un brevissimo messaggio.

 

“Sapevo ce l’avresti fatta. S.”

 

- Tu e Sasuke avete parlato di qualcosa? – chiese Sakura, perplessa.

- Non particolarmente. – Gaara ci pensò un attimo. – Aveva notato i lavori verso l’ospedale e mi ha chiesto se avessimo subito un attacco. Gli ho spiegato che stavamo aprendo un centro per orfani in collaborazione con Konoha.

Le tremarono le mani. Avere la fiducia di Sasuke su quel progetto le dava tutta la forza necessaria per continuare a buttarsi sempre di più a capofitto nel lavoro.

 

***

 

Era ormai aprile. Sasuke aveva appena lasciato i due membri Anbu che avevano preso in custodia Chino, Fuushin e Amuda, i responsabili del caso di umani esplosivi che avevano attaccato Konoha.

Quando i clan di ninja non erano ancora raggruppati in villaggi ed era un tutti contro tutti, gli Uchiha erano stati assoldati per cacciare il clan Chinoike dal Paese del Tuono, riuscendo a confinarli in quella che venne poi chiamata Valle dell’Inferno. Chino, l’ultima erede di quel clan funesto, una volta cresciuta aveva deciso di vendicarsi degli Uchiha attaccando Konoha e uccidendo Sasuke. Tuttavia viaggiare con lui, scoprire che aveva condiviso il suo stesso destino di ultimo sopravvissuto di un clan trucidato, e vedere con i suoi occhi come aveva deciso di cambiare la sua vita grazie all’intervento dei suoi amici l’aveva aiutata a cambiare prospettiva e si era arresa. Aveva deciso di vedere il “futuro di luce” che Naruto voleva creare e che Sasuke aveva deciso di “supportare nell’ombra”.

I due Anbu avevano riferito a Sasuke che il Sesto Hokage insisteva affinché tornasse a Konoha per fare rapporto direttamente, ma il ragazzo aveva rifiutato.

- Ho mandato il rapporto via falco messaggero ieri. Non è più necessario che torni al villaggio.

- Capisco. Riferirò al Sesto.

Li aveva guardati andarsene prima di girarsi e ricominciare il suo viaggio. Non aveva una meta precisa, ma non si stupì più di tanto quando si rese conto che i suoi piedi l’avevano portato di nuovo in riva al mare. Era questo il motivo per cui conosceva luoghi come il promontorio dove aveva accompagnato Sakura: il suono delle onde che si infrangono, la luce del crepuscolo, l’odore salato di quei luoghi avevano lo strano potere di dar pace al suo animo tormentato. Anche dopo la morte di Itachi si era trovato su una scogliera ad elaborare il lutto tra lacrime e desiderio di vendetta rinnovato.

E adesso, Sasuke, dove ti trovi? Sotto il sole o nelle tenebre?

Era una domanda che si poneva quotidianamente durante questo suo viaggio. Quel giorno non si sentiva più avvolto dalle tenebre. Dopo aver aiutato Chino ad affrontare i demoni della distruzione del suo clan usando la sua stessa esperienza come metro di paragone, si sentiva bene. Forse non era ancora completamente sotto la luce e il suo animo non era ancora completamente azzurro e limpido come il mare d’estate, ma percepiva che questo viaggio in qualche modo lo stava davvero aiutando.

Un falco gli si avvicinò e Sasuke prontamente stese il braccio.

- Un messaggio da Kakashi?

Aprì il messaggio, scritto con una grafia sgraziata. Si aiutò con le labbra per passare al secondo foglio.

- Che calligrafia pessima… è la scrittura di Naruto.

 

“Ne parlavo con Sakura-chan. Sasuke, anche se non sei al villaggio, lo stai proteggendo, proprio come le forze di polizia di Konoha!”

 

Sasuke sgranò gli occhi a quelle parole. Le forze di polizia… il suo sogno da bambino. L’ente che proteggeva Konoha e l’ordine pubblico, che aveva lo stemma della casata Uchiha come simbolo e di cui suo padre era stato a capo.

Guardò di nuovo la lettera e alcune parole – Naruto, Sakura-chan – gli rimbalzarono agli occhi; rialzò il viso al cielo con un sorriso. A parte quella brevissima sosta dopo il caso di Kido erano già due anni che era in viaggio e non tornava alla Foglia.

- Dopo tanto tempo, è ora di tornare a casa.

 















Nota dell'autrice
Grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato il primo capitolo! Mi ha fatto molto piacere! ^^ Nel cercare di dare un senso alla timeline caotica del blank period ho cambiato le coordinate temporali di questo e del prossimo capitolo tipo 10 volte, da qui il ritardo, ma ora dovrebbe filare tutto! Sasuke ha viaggiato da solo per circa 2 anni (17-19 anni), e poi con Sakura per altri due anni (19-21 anni). Con questo capitolo finiscono i 2 anni di viaggio in solitaria!

Ps: Il riferimento che il primo appuntamento SasuSaku sia stato su un promontorio sul mare viene da Boruto Ep. 17, mentre la storia completa Chinoike vs Uchiha la trovate in Naruto Shippuuden ep. 484-488 o nella novel (tradotta in Italiano da Planet Manga) "Sasuke - La Luce del Mattino".

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Capitolo 3
*** Medico ***


Capitolo 3 - Medico

 

- Ti trovo bene, Sasuke. – disse Kakashi osservando con occhio benevolo il suo ex-allievo.

- Anche tu non sei cambiato.

Kakashi chiuse gli occhi in quello che Sasuke riconosceva essere il suo tipico sorriso sotto la maschera.

- Io invece ti trovo molto cambiato.

Sasuke rispose con un semplice cenno del capo senza sbilanciarsi.

- Non solo la tua ultima missione di collaborazione con il villaggio della Sabbia esplorando quelle rovine nel deserto, ma anche i tuoi due anni di viaggio hanno portato enormi frutti. A quanto pare gli abitanti del villaggio della Sabbia sono molto contenti di vedere uno degli eroi della Quarta Guerra visitarli continuamente e condurre missioni in congiunta con il Kazekage: pare ti abbiano preso in simpatia.

Sasuke non credeva di aver fatto tutto questo: alla fine lui aveva portato avanti la sua missione e basta. I rapporti con Gaara erano molto cordiali, certo, ma non si potevano considerare migliori amici. Ok, di tanto in tanto aveva aiutato anche la polizia del villaggio della Sabbia stordendo qualche criminale che aveva incontrato durante la missione, e forse il suo passare periodicamente nei dintorni della clinica per bambini per vedere come procedevano i lavori era saltato all’occhio degli abitanti della zona…

- I rapporti commerciali con il Paese del Vento sono sempre più fitti e la gente parla. A quanto pare il fatto che tu stia proteggendo non solo il Paese del Fuoco, ma anche collaborando con i Paesi vicini migliorando la posizione di Konoha ti ha fatto guadagnare punti amabilità presso i civili e inizia a circolare la voce che tu abbia ereditato il forte senso di giustizia di tuo padre, Fugaku Uchiha.

Sasuke non sapeva bene come commentare: non era abituato a ricevere quelli che sembravano essere complimenti. Tuttavia provò uno strano sentimento di orgoglio e gioia ad essere paragonato a suo padre, il precedente capo della polizia di Konoha.

- Agisco per proteggere la Foglia. Se nel mentre riesco anche a restaurare il nome degli Uchiha…

…ne sono più che contento.

- Sai, Sasuke, quando hai detto di voler partire per un viaggio a tempo indeterminato non ero sicuro fosse una buona idea. Lasciare subito il villaggio poteva dare l’impressione che stessi scappando. Però a quanto pare questo viaggio di redenzione ti sta facendo davvero bene, quindi avevi ragione tu. Ne sono contento.

Il maestro si appoggiò allo schienale della poltrona e sorrise di nuovo sotto la maschera.

- Dunque?

Sasuke rimase un po’ spiazzato dalla domanda. – Dunque cosa?

- Hai trovato quello che cercavi?

Sembrava una domanda sincera: il suo maestro si preoccupava ancora del suo vecchio studente problematico. Sasuke pensò che dopotutto si meritava una risposta altrettanto sincera e rifletté: era partito per vedere il mondo degli shinobi con nuovi occhi, ed era riuscito a farlo. Aveva visitato non solo villaggi ninja, ma anche villaggi di civili, vedendone i problemi e aiutando dove poteva.

Aveva avuto anche un sacco di tempo per riflettere sui suoi errori, sul suo passato, sulla sua casata e sulle parole lasciategli da Itachi. Questa riflessione lunga ormai due anni l’aveva portato finalmente ad essere… stabile, oserebbe dire. Aveva messo ordine nella confusione dei suoi ricordi e dei suoi sentimenti, e gli sembrava di essere tornato ad un punto dove poteva affrontare le persone in maniera sincera, senza considerare tutti potenziali nemici o valutarli solo in base a che tornaconto potevano dargli.

Era ancora periodicamente tormentato da sensi di colpa e di non essere degno di poter vivere una vita ordinaria, ma in linea generale si sentiva finalmente una persona normale – per quanto normale uno shinobi di una casata quasi estinta poteva essere. Magari non era ottimista e spensierato come Naruto, ma pensava di essere finalmente capace di rispondere con affetto e non con odio alle persone della sua vita.

- Sì, penso di averlo trovato.

- Possiamo considerare il tuo viaggio concluso?

- …forse sì.

Apparentemente soddisfatto dalla risposta, Kakashi rovistò nel cassetto più basso della sua scrivania e tirò fuori un plico sigillato e una chiave.

- L’appartamento è lo stesso dell’altra volta. È un po’ impolverato, ma c’è tutto. Qui dentro invece ci sono le informazioni sulla tua eredità, incluso il terreno della zona Uchiha. L’altra volta sembravi di passaggio, ma se mi dici che il viaggio è concluso, ci sono cose che forse dovresti vedere. In quanto capofamiglia, intendo.

- Capofamiglia…?

Sasuke sbatté le palpebre: non ci aveva mai pensato. Sapeva che il Terzo Hokage aveva congelato (non confiscato) le proprietà della sua famiglia fino alla sua maggiore età, ma troppo preso dalla vendetta se n’era dimenticato. Tempo di diventare maggiorenne ed era sempre stato in giro per il mondo. Si sentì travolto dal peso che quel termine aveva: non era mai stato destinato ad essere il successore a capo della casata, quello era Itachi.

- Sono l’ultimo degli Uchiha. Che capofamiglia sono, se non c’è più una famiglia di cui essere a capo?

- Per ora – aggiunse Kakashi con gentilezza.

Sasuke decise di non indulgere in quel pensiero e prese il plico e le chiavi.

- Goditi il tuo riposo post-missione: ti do due settimane di libertà. In questo periodo di tempo, vorrei che considerassi anche una proposta.

 

***

 

- Sakura.

Un tono di voce basso che conosceva fin troppo bene, ma che non aveva sentito per troppo tempo, le arrivò all’orecchio. Sasuke era lì, all’ingresso della clinica, come se la stesse aspettando. Indossava un mantello scuro e i capelli neri gli erano cresciuti ancora; notò che il suo coprifronte della foglia graffiato gli pendeva da un fianco, simbolo che aveva finalmente fatto pace con il villaggio. Era davvero lui. Il viso le si illuminò.

- Bentornato a casa, Sasuke-kun!

Era buio, ma Sakura era sicura di non esserselo sognato: vide le labbra di Sasuke piegarsi in un leggero sorriso mentre le rispondeva.

- Sono a casa.

 

***

 

Sakura aveva insistito per passare velocemente a casa di Sasuke per assicurarsi che non fosse eccessivamente polverosa e insalubre.

- Sono abituato a dormire per terra in mezzo a foreste e sabbia. Un po’ di polvere non mi spaventa.

- Insisto. Non ho nessuna intenzione di sentirti tossire per una settimana.

Sasuke girò la chiave ed entrò nell’appartamento: doveva ammettere che per quanto flebile, sapeva di appartamento rimasto chiuso troppo a lungo. Mentre Sakura andava ad aprire le finestre lui attivò il contatore, facendo partire l’energia elettrica con uno schiocco.

La stanza era rimasta davvero come l’aveva lasciata – visto che ci aveva speso solo due settimane sei mesi prima, era ordinata e priva di qualsiasi tocco personale. Probabilmente Sakura aveva pensato la stessa cosa perché la vide girarsi intorno alla ricerca di qualcosa che evidentemente non aveva trovato.

- Ti farò una copia della foto del Team 7 – annunciò.

- Cosa?

- Il maestro Kakashi ce l’ha sul tavolo dell’Hokage. Anche Naruto l’ha esposta nella sua nuova casa con Hinata, così come ce l’ho io. Manchi solo tu.

Sasuke non commentò: appendere foto significava fermarsi definitivamente al villaggio. Era il modo di Sakura di controllare le sue intenzioni?

Giusto. Quali erano le sue intenzioni? La proposta di Kakashi gli ronzava in testa.

- Fa’ come preferisci – rispose lui, facendo finta di non notare il lampo di gioia che aveva visto negli occhi verdi di Sakura.

La ragazza gli propose di cucinare qualcosa, ma giustamente il frigo era spento e vuoto e Sasuke aveva delle remore a trattenerla. Naruto qualche settimana prima gli aveva scritto che Sakura era totalmente assorbita dal lavoro e non dava retta a nessuno sul riposarsi.

 

“Ma se glielo chiedi tu di prendersi dei giorni di ferie, forse ti ascolterà. Facci questo favore, Sasuke!”

 

Vedendo la ragazza girovagare per la cucina alla ricerca di cibo in scatola, Sasuke iniziava a pensare che chiederle di stare ferma fosse una missione fin troppo difficile anche per lui.

- Sakura, è parecchio tardi. Torna a casa.

- Devo ancora cenare anch’io, non mi cambia cucinare per due.

Sasuke fece vagare l’occhio scoperto dai capelli sul viso di Sakura, soffermandosi sulle occhiaie. Non ebbe necessità di dire nulla a riguardo in quanto Sakura arrossì colpevole.

- Sono solo un po’ stanca, ma non è nulla di che.

- Ti stai riposando? – le chiese, avvicinandosi al tavolo. Sakura si sedette ridacchiando.

- Anche Ino e Naruto mi chiedono la stessa cosa di continuo. Vi preoccupate tutti troppo.

Il ragazzo alzò un sopracciglio. Ne dubito.

- C’è così tanto da fare! I bambini, il nuovo progetto alla Sabbia, il training dei nuovi medici, poi ci sono le operazioni chirurgiche all’ospedale principale…

- Quindi la risposta è che non ti stai riposando – commentò lui togliendosi il mantello e lasciandolo sulla seconda sedia vuota.

- No no, ho due giorni di riposo a settimana come tutti.

- E quanti ne usi?

Sakura si coprì la bocca con la mano senza rispondere, lievemente imbarazzata.

- Immaginavo – commentò Sasuke.

Sakura guardò Sasuke dal basso con uno sguardo indecifrabile.

- Avere lo shinobi che parte per missioni lunghe mesi sgridare me per non prendere giorni di riposo… quand’è stata l’ultima volta che tu sei andato da qualche parte per riposarti?

Sasuke doveva ammettere che se l’era cercata. Si sedette a sua volta al tavolo, sospirando.

- Probabilmente quel giorno al promontorio – commentò in un impeto di sincerità. Vide Sakura sgranare gli occhi.

- Ecco! Sono mesi!

Sasuke appoggiò il gomito al tavolo, il viso sul pugno chiuso.

- Io non uso il mio chakra tutto il giorno tutti i giorni come te.

Sakura si imbronciò lievemente, indicando il Byakugo.

- Ne ho più che a sufficienza, anche per le emergenze.

Il ragazzo osservò il segno che aveva sulla fronte, lo sguardo leggermente accigliato.

- Quello è per le emergenze, non per tutti i giorni, o sbaglio?

Sakura si rese conto che non poteva vincere quella battaglia: probabilmente c’era lo zampino di Naruto.

- Chiudiamo pari? – suggerì con un sorriso timido. Sasuke la guardò: non era un pareggio, stava decisamente vincendo lui.

- Per questa volta.

Cos’era quella sensazione di familiarità che provava a chiacchierare con Sakura in quella cucina? Si sentì catapultato a quando aveva sette anni e sentiva i suoi genitori parlare in salotto da dietro la porta chiusa. Era questo che voleva dire avere una vita normale? Tornare a casa da lavoro, condividere attorno ad un tavolo le rispettive giornate di lavoro, scherzare su chi sia più stressato…

- Adesso che sei tornato al villaggio ho modo di usare quei giorni di riposo in maniera adeguata.

Il commento di Sakura lo fece tornare in sé.

- Tipo?

- Tipo, portarti da un parrucchiere. Ti sono cresciuti tantissimo i capelli.

Sasuke si toccò istintivamente la nuca, notando che effettivamente erano parecchio lunghi.

- Hai intenzione di continuare a coprire l’occhio sinistro? – chiese lei leggermente titubante.

- Ah, sì. Non posso ritirare il rinnegan e attira l’attenzione. Preferisco tenere un basso profilo quando viaggio.

- È lo stesso motivo per cui non indossi più il simbolo degli Uchiha?

Sasuke alzò le sopracciglia: aveva notato anche quello?

- Sì – fece una breve pausa cercando le parole – Pensavo di indossarlo solo quando sono al villaggio.

- Bene. Dovremo quindi andare a comprare qualche vestito nuovo e passare poi in sartoria a far cucire il simbolo Uchiha. Abbiamo già riempito due giorni. O preferisci ti accompagni Naruto?

Sasuke fece roteare gli occhi. – Così da trovarmi l’armadio pieno di arancione? Assolutamente no.

- Blu e nero?

- Blu e nero.

- Bianco? Grigio? Viola?

Sasuke si accigliò e Sakura rise all’espressione. – Scusa, ho capito, basta non sia arancione.

- Esatto.

Anche Sakura iniziava a sentire la tensione scomparirei: tutta l’insicurezza, l’ansia, anche la rabbia per essere stata lasciata indietro da Sasuke in quei mesi si stava sciogliendo, lentamente ma sicuramente, ad ogni parola di quella discussione. Quand’era stata l’ultima volta che aveva avuto una discussione così triviale con Sasuke? Forse durante le prime missioni di dog sitter o recupero gatti. Sentì il cuore riscaldarsi di gioia al ritrovare quel ragazzo che temeva fosse svanito per sempre.

- Anche i tuoi capelli sono cresciuti.

Fu il turno di Sakura di toccarsi i capelli e osservarne la lunghezza. – Ah, è vero. Volevo farli crescere.

Sasuke annuì, e a quella vista a Sakura salì un dubbio.

- È vero, a te piacciono le ragazze con i capelli lunghi.

- Non ho mai detto una cosa simile.

Sakura sbatté le palpebre perplessa. – Ma ai tempi dell’accademia girava voce…

Sasuke assottigliò gli occhi all’obiezione e Sakura capì che quel commento non era mai partito da lui. Le venne da ridere pensando che lei e Ino si erano fatte crescere i capelli sulla base di una voce fasulla.

- Non importa. Li raccolgo quando sono in ospedale, quindi lunghi o corti non cambia molto, ma le bambine della clinica a volte per giocare li vogliono pettinare, quindi volevo farli crescere un po’… ah, ma a te non interesseranno queste cose.

L’espressione di Sasuke tornò indecifrabile. Appoggiò di nuovo la testa alla mano e la fissò come se stesse cercando qualcosa nel suo viso.

- Per le bambine della clinica…? È molto da te pensare agli altri.

Sakura arrossì, non sapendo bene come prendere quel commento.

- È… un complimento?

Sasuke sbatté le palpebre e sembrò improvvisamente conscio di quello che aveva detto.

- Ah… mh.

Tra lei e Sasuke c’era solo un metro di distanza; da quella posizione Sakura poteva intravedere il rinnegan sotto i capelli corvini, cosa che di solito non riusciva a fare. Voleva spostargli i capelli e vederlo chiaramente. Cosa aveva visto, cosa stava vedendo con quegli occhi? Voleva chiederglielo, come aveva fatto quel giorno al promontorio.

Rimasero a guardarsi per qualche secondo a quel tavolo impolverato. Era come quella volta nel deserto della dimensione parallela di Kaguya: stavano confermando l’esistenza dell’altro con lo sguardo ed era tutto quello che importava. C’era qualcosa di magnetico che nessuno dei due riusciva a spiegarsi. Per un istante, Sasuke sentì l’impulso di toccarla – sfiorarle il braccio, il viso, i capelli, forse le labbra – ma prima che potesse convincersi a fare un passo, Sakura scosse la testa come se si fosse appena svegliata da un sogno.

- Sono venuta qui per aiutarti a sistemare casa, vediamo se è rimasta una spugna…

- Davvero, non serve.

- Allora… - Sakura si guardò in torno, cercando qualcosa di rapido che la facesse sentire utile. Optò per sbattere velocemente il futon fuori dalla finestra e spazzare la polvere depositata sul pavimento della camera: Sakura sapeva che Sasuke era assolutamente indipendente in tutto, però era innegabile che avere due braccia rendeva quelle due operazioni più rapide (non che Sakura glielo avesse fatto notare).

Anche Sasuke alla fine decise di arrendersi, capendo che finché non si fosse sentita utile non se ne sarebbe tornata a casa, quindi la lasciò fare mentre lui passava un panno sui mobili della cucina.

- Scusa, Sasuke-kun, ma domani devo essere alla clinica presto…

- Certo.

La salutò sulla porta e la osservò scendere le scale che conducevano al piano di sotto. Si richiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò per un minuto. Alla sua destra lo specchio gli rifletteva la sua immagine attuale: effettivamente i capelli erano diventati lunghi. E cos’era quell’accenno di rossore alle orecchie?

Ripensò alla loro chiacchierata, all’inutilità della discussione sui colori, al suo tono di voce mentre parlava del suo lavoro. Bramava altri discorsi così, inutili e banali, solo per condividere del tempo insieme e godere della presenza l’uno dell’altra. Voleva sentirla parlare di più della clinica, delle operazioni, dei problemi e delle gioie di lavoro. E sentiva che con lei si sarebbe sentito a suo agio a condividere i piccoli e grandi eventi delle missioni.

Sentirmi a mio agio…

Sasuke si passò la mano sul viso, vagamente sorpreso dalla sua epifania.

Non è che…

Adesso il cartello di avviso nella sua mente suonava a sirene spiegate.

 

***

 

Tsunade voleva bene alla sua allieva: quando molti anni prima era arrivata alla sua porta chiedendole di renderla sua discepola aveva visto la decisione di voler superare i propri limiti. Probabilmente essere nello stesso team di Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha doveva essere stato allo stesso temposia rassicurante che stressante. Dalle storie che aveva sentito, i due ragazzi da giovani erano sempre stati protettivi nei suoi confronti; allo stesso tempo, però, vedere come migliorassero in fretta l’aveva gettata in uno stato di insicurezza riguardo le proprie capacità.

Tuttavia, anche Sakura aveva un notevole talento, soprattutto considerando che al contrario degli Uchiha e Uzumaki – o anche Tsunade stessa, nipote del primo Hokage – non veniva da una famiglia benedetta da poteri straordinari. Tutti i progressi che Sakura aveva fatto erano tutti merito suo, nessun chakra sovrannaturale o poteri oculari. Era solo tanta intelligenza e cara vecchia buona volontà di rimboccarsi le maniche. Un po’ la figlia che non aveva mai avuto, Tsunade voleva vederla felice.

Ecco perché per tanto tempo non aveva capito la sua ossessione per Sasuke e avrebbe preferito che si innamorasse di chiunque altro. Non perché Sasuke fosse un cattivo ragazzo in sé – beh, non era neanche l’uomo più spensierato del pianeta, ma capiva che non l’aveva mai conosciuto prima di tutto quel caos; dopotutto, anche Orochimaru era stato un bambino piacevole prima di diventare l’uomo ossessionato dalla vita eterna che tutti conoscevano. Però se Sakura si fosse infatuata di qualcuno che fosse al villaggio più di un giorno all’anno…

Per distrarla dallo stress lavorativo del centro terapeutico per bambini, Tsunade invitava Sakura periodicamente a bere fuori con lei. Era stata una di quelle uscite che Sakura le aveva chiesto di scommettere contro di lei, e da quella richiesta Tsunade aveva capito che quella che lei pensava fosse una semplice infatuazione si era trasformata in qualcosa di diverso molto tempo addietro.

- Continua a combattere, Sakura. In fatto di uomini non posso davvero darti una mano.

- Allora, scommetti contro di me.

- Scommettere?

- Scommetti che la mia vita amorosa sarà un disastro. Le tue scommesse vanno sempre a finire male.

Tsunade aveva sorriso tutta orgogliosa.

- Va bene, lo farò.

Non era molto sicura su cosa avrebbe dovuto scommettere: la sua ultima scommessa con Jiraya non era andata bene. E quell’uomo le mancava ogni giorno… e non sarebbe mai più tornato, altro che una volta all’anno. Davvero, non voleva che Sakura finisse per sperimentare anche quel genere di dolore.

Dev’essere il contrario di quello che desidera, vero?

Aveva così deciso che avrebbe scommesso che Sasuke non avrebbe mai messo a tacere i propri demoni e non l’avrebbe mai ricambiata. Le si strinse il cuore solo a pensare di augurarle una cosa del genere, ma Sakura aveva ragione: dopotutto, lei perdeva sempre.

Quando quel pomeriggio aveva visto non senza stupore un ragazzo vestito di nero e dallo sguardo fin troppo serio insegnare ai bambini dell’ospedale a lanciare gli shuriken di legno sotto lo sguardo soddisfatto di Sakura, pensò che forse per una volta la sua sfortuna nel gioco poteva aver fruttato qualcosa di buono.

 

***

 

La sera prima Sakura aveva insistito che Sasuke venisse a trovarla in ospedale almeno una volta.

- È un centro per bambini e io sono palesemente un adulto.

- Vengono anche adulti di tanto in tanto!

- Non penso di essere il genere di persona che può dare una buona impressione in un luogo del genere…

- Sciocchezze!

Un lampo di dubbio aveva percorso gli occhi di Sasuke e una domanda inespressa - …vuoi per caso psicanalizzarmi?! – sembrava aver raggiunto Sakura nonostante tutto. La ragazza aveva riso, immaginando l’obiezione.

- Anche Naruto viene di tanto in tanto a giocare con i bambini. Non voglio farti nulla, tranquillo.

- Non… stavo pensando… – aveva iniziato Sasuke, non del tutto sicuro di come poter controbattere. Certo, se anche il perdente andava lì periodicamente, poteva andarci anche lui. E poi era curioso di vedere il luogo di lavoro di Sakura.

- E va bene. – aveva confermato con un sospiro.

- Che ne dici di domani? Di solito il mercoledì fanno attività fisica.

Il ragazzo aveva borbottato un assenso e, come promesso, il giorno dopo si era diretto al centro terapeutico poco distante da casa sua.

Fin dalla porta si era sentito a disagio. Non era un grande amante degli ospedali e l’ultima volta che aveva avuto a che fare con dei bambini era stato… quando? Non se lo ricordava nemmeno.

Il centro era nuovo e decisamente colorato: tavoli e sedie a dimensione di bambino e adulto erano ben distribuiti, creando un luogo caloroso e bilanciato. Ben poco faceva pensare ad un ospedale, sembrava di più un centro ricreativo.

Le infermiere dietro la reception lo guardarono perplesse: non era sicuro l’avessero riconosciuto, e anche se fosse, si stavano probabilmente chiedendo cosa ci facesse lì. Se lo stava chiedendo anche lui, dopotutto.

- Buongiorno. Signor…?

- …Uchiha.

- Ah, certo, la dottoressa Haruno ci ha detto che sarebbe arrivato. In fondo a destra, la dottoressa è con i bambini nel giardino interno.

- Grazie. – rispose, dileguandosi dalla reception il prima possibile.

Dottoressa Haruno…

Se ai tempi dell’accademia gli avessero detto che quella ragazzina che pretendeva sempre di sedersi al suo fianco e che lo fissava con occhi sognanti di continuo sarebbe diventata medico, non ci avrebbe creduto. Si guardò intorno, rendendosi conto che tutto quello che vedeva era stato messo in piedi dalla sua vecchia compagna di team: doveva essere stato un lavoraccio, ma traspirava solo gioia. Era genuinamente contento che il suo progetto si fosse evoluto così bene.

I corridoi erano decorati dai disegni dei bambini divisi per tema. Sasuke rallentò per guardarne qualcuno: “i miei amici”, “il mio cibo preferito”, “animali esotici”, “il mio sogno nel cassetto”. Erano tutti temi positivi e i disegni differivano nell’uso dei colori in base al bambino: più solari, più cupi. Il ragazzo si chiese se l’esporre anche le composizioni più serie non fosse una parte della terapia, qualcosa come affrontare il problema invece che nasconderlo o simile.

In qualche disegno vedeva una figura ricorrente dai capelli rosa e camice bianco che identificò come Sakura; la trovò nelle zone “il mio sogno” e “il mio idolo”. Il ragazzo sorrise internamente all’idea che fosse così amata dai bambini che cercava di aiutare.

Finalmente raggiunse la porta a vetri alla fine del corridoio che dava direttamente nel giardino interno. Non appena la aprì venne travolto da schiamazzi e urla di bambini che giocavano contenti.

Si guardò intorno osservando la scena: si ricordò dei primi giorni all’accademia, quando aveva ancora una famiglia e giocava ancora spensierato con gli altri bambini. Un moto di nostalgia – per una volta più dolceamaro che doloroso – gli fece visita.

- E tu chi sei?

Sasuke si voltò verso l’origine della voce: era un ragazzino dai capelli e occhi castani, di circa dieci anni, che di fianco a lui lo stava osservando con sguardo sospettoso.

- Cerco Sakura.

Il bambino strinse gli occhi all’estraneo che chiamava la dottoressa Sakura per nome.

- È educazione dire il proprio nome quando viene chiesto – borbottò lui lievemente imbronciato.

Sasuke lo osservò, ignorando l’obiezione. Il ragazzino alla fine indicò un gruppo di persone davanti a loro.

- La dottoressa è laggiù…

Sakura stava tenendo d’occhio un gruppo di ragazzini di circa 6-9 anni mentre si allenavano con gli shuriken; nell’avvicinarsi, notò che stava anche tenendo in braccio una bambina più piccola, di circa 4 anni.

- Ah, Sasuke-kun! – lo salutò quando si accorse della sua presenza. Lui rispose con un cenno del capo, il ragazzino castano che continuava a fissarlo di sbieco. Perché la dottoressa usava -kun con lui? Si conoscevano bene?

- Vedo che hai già conosciuto Tomo-kun.

- Più o meno.

- Chi è questo tizio? Non ha voluto dirmi il nome, è completamente vestito di nero in una giornata così calda…

Sasuke sbatté le palpebre a quell’analisi. Non era sbagliata, in effetti, però sentirsi chiamare “tizio” da un ragazzino…

Sakura rise. – Non preoccuparti, Tomo-kun. È un mio amico. Eravamo in team insieme.

Anche gli altri bambini, incuriositi dal nuovo arrivato e dalla frase appena detta dalla ragazza, smisero di allenarsi e si avvicinarono, circondandoli.

- Era in Team con la dottoressa e il Signor Naruto?

- Allora dev’essere fortissimo!

- Perché non l’ho mai visto al villaggio?

- È veramente di Konoha?

- Perché indossa un mantello?

- Come ti chiami?

- È quello che Naruto chiama “idiota”?

Sasuke si sentì travolto dalle domande che provenivano da mille direzioni diverse e guardò Sakura in cerca di aiuto, incapace di capire come comportarsi. Poteva distruggere un meteorite con un Chidori, ma i bambini non erano la sua specialità. Sakura sorrise benevola mentre cambiava braccio con cui sosteneva la bambina.

- Si chiama Sasuke ed è fortissimo. Si è diplomato col massimo dei voti nel mio anno.

- Ma Naruto non aveva detto di essere lui il primo della classe?

- Casomai l’ultimo della classe – corresse Sasuke, esprimendosi per la prima volta dopo essersi avvicinato ai bambini.

- Non ci credo, la dottoressa era sicuramente molto più intelligente di te! Lei è intelligentissima! – si imbronciò una ragazzina dai capelli biondi.

- Ah, no, era davvero Sasuke-kun il primo della classe! – disse Sakura ridacchiando.

- È vero, è la più intelligente del team. Soprattutto più di Naruto. – rispose invece Sasuke con apparente indifferenza, e la ragazzina bionda si illuminò come se avesse appena detto che c’era torta per tutti. Dalla reazione Sasuke immaginò fosse l’autrice del disegno che rappresentava Sakura come il proprio idolo.

Il giovane vide Sakura arrossire al complimento e Tomo-kun, che adesso si era frapposto tra lui e Sakura, osservarlo ancora più accigliato. A Sasuke balenò in testa che stesse agendo come protettore nei confronti della ragazza contro lo sconosciuto vestito di nero.

Beh, ha sicuramente un buon istinto, pensò amaramente.

- Sasuke-kun, perché non mostri ai bambini qualche tecnica con gli shuriken?

- Cosa?

- Casualmente si stavano allenando tutti con gli shuriken, e tu sei uno specialista nello shurikenjutsu, no? Mostragli come fai a deviare la traiettoria, sono sicura gli piacerà.

Sasuke fece per ribattere che non aveva intenzione di usare le tecniche degli shuriken degli Uchiha come spettacolo di prestigio, ma gli cadde lo sguardo sui bambini che lo stavano fissando pieni di aspettative. Quegli occhi gli ricordarono come guardava gli allenamenti con i kunai di Itachi, rapito ed emozionato dal talento del fratello, sognando di diventare anche lui bravo così. Si chiese come avrebbe reagito se Itachi gli avesse detto che non poteva restare a vedere i suoi allenamenti. Sospirò.

- E va bene…

Si posizionò davanti ai bersagli collocati a semicerchio e raccolse alcuni shuriken dalla borsa sotto il mantello. Lanciò il primo in linea retta diretto al bersaglio davanti a sé, che colpì il centro, per poi lanciarne altri due con traiettoria curva due bersagli più a destra: anche questi andarono a segno. Infine lanciò gli ultimi due in rapida sequenza facendo sì che il secondo shuriken colpisse il primo, facendo deviare il colpo di novanta gradi e colpendo il centro del bersaglio alla sua estrema destra.

- Queste sono le tre tecniche base – annunciò voltandosi, per trovare un gruppo di ragazzini che trattenevano il fiato e lo guardavano rapiti.

- Figo!

- Come ci sei riuscito?

- Che precisione!

- Insegnami come fare!

Un paio di ragazzini gli si fiondarono sulle gambe richiedendo la sua attenzione immediata per diventare suoi discepoli di shurikenjutsu. Anche Tomo-kun sembrava vagamente impressionato, e la ragazzina che aveva Sakura come idolo sembrava averlo riconosciuto come qualcuno che sì, forse non era bravo come la dottoressa, ma era degno di essere stato suo compagno di team.

Alzò gli occhi a Sakura, ancora vagamente perplesso da quella reazione. Lei gli sorrise facendogli un cenno con la testa, incitandolo a rispondere a quelle richieste.

L’idea che forse non era così casuale che stessero giocando con gli shuriken quel giorno si fece strada nella mente di Sasuke: probabilmente era il piano di Sakura fin dall’inizio, far sì che si sentisse utile e a suo agio anche dentro il villaggio, avere a che fare con persone che non lo considerassero solo come criminale.

Possibilmente, sentirsi anche se per poco un modello per bambini che condividevano le sue stesse ferite.

Le labbra serrate, lievemente imbarazzato dall’essere caduto così facilmente nella bonaria trappola di Sakura, decise di rimanere ancora un po’ lì a seguire i loro allenamenti con gli shuriken di legno. Si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto quando un paio di ragazzini – tra cui la bambina bionda – riuscirono ad applicare l’effetto di curva allo shuriken e colpire i bordi del bersaglio.

- Allora? – chiese dopo un po’ Sakura, avvicinandosi al ragazzo.

- Mh.

La ragazza si sporse per scrutarlo in viso. Sasuke ricambiò lo sguardo, osservando il sorriso fiorire sul viso della ragazza.

- Ti stai divertendo.

- Non so se chiamarlo divertimento…

- Avanti, sii onesto per una volta!

Sakura gli posò una mano sulla spalla e Sasuke sentì un brivido percorrergli la pelle. La guardò negli occhi, scorgendo solo il calore che aveva già visto al promontorio sul mare. Fece correre lo sguardo sui ragazzini che saltellavano contenti quando riuscivano a colpire un bersaglio.

- Immagino sia… rasserenante.

Sakura rise e si voltò a guardare i bambini. – Rasserenante? Beh, direi che mi accontenterò.

In quello la ragazzina bionda si avvicinò a Sasuke correndo.

- Signor Sasuke! Mi puoi mostrare di nuovo come fare per colpire lo shuriken? Posso usare due mani?

Con la coda dell’occhio vide Sakura sgranare leggermente gli occhi alla richiesta, ma non ebbe tempo di indagare in quanto la bambina iniziò a strattonargli il mantello.

- Certo… – disse il ragazzo afferrando i due shuriken di legno che gli stava porgendo.

Sakura rimase ad osservare Sasuke che si era inginocchiato al livello della bambina e le stava mostrando quanto aspettare prima di lanciare il secondo shuriken. La bambina tornò ad allenarsi, senza avere grande successo, ma comunque determinata a farcela prima che il sole tramontasse.

- Sasuke-kun, potresti avere un talento nascosto per i bambini – disse Sakura con un sorriso scherzoso.

- Io? – chiese sorpreso.

Sakura annuì. – Lei è Akari-chan.

Sasuke rifletté qualche secondo. Akari… dove aveva sentito quel nome?

- La bambina della Sabbia che parlava solo con te? – disse aggrottando le sopracciglia. Adesso che aveva collegato i puntini, aveva senso che Akari stravedesse per Sakura.

- Esatto – rispose Sakura. – Adesso parla con i bambini, ma prima di oggi si è sempre rifiutata di parlare con uomini adulti. Penso che abbia a che fare con il suo trauma. Però adesso è venuta a chiamarti: deve averti preso in simpatia.

Sasuke guardò Akari correre verso i bersagli con altri due bambini per raccogliere i vari shuriken di legno caduti. A vederla così sembrava l’immagine della gioia, non sembrava avere nessun problema a parlare con qualcuno.

- Ti sei ricordato di Akari-chan – commentò dopo qualche secondo Sakura, non celando una punta di sorpresa.

- Certo.

Sakura sapeva che Sasuke aveva un’ottima memoria, ma che si ricordasse quella storiella di poca rilevanza che aveva raccontato al compleanno di Ino mesi e mesi prima era effettivamente prodigioso.

Sentendosi osservato, Sasuke voltò leggermente la testa ad osservarla col suo occhio color onice.

- Ricordo tutto quello che mi hai detto.

Il tono era calmo, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio. Sakura sentì il cuore esploderle a quelle parole.

Lentamente, la sua mente le propose altri fatti: le noci, i complimenti per la clinica alla Sabbia… a quanto pareva ricordava tutto il fiume di parole che gli riversava addosso.

Sakura schiuse le labbra sorpresa in cerca di una risposta, e ancora i loro sguardi si allacciarono com’era successo la sera prima. La ragazza stava per rispondergli quando alcune bambine lo circondarono chiedendo l’attenzione dell’Uchiha.

- Signor Sasuke! Insegna anche a noi! Non solo ad Akari-chan!

La sorpresa di Sakura si trasformò in divertimento nel vedere il ragazzo a disagio circondato da bambine adoranti: a quanto pare, alcune cose non cambiavano col tempo.

 

***

 

Kakashi richiamò Sasuke al proprio ufficio l’ultimo giorno di riposo; tuttavia quando si presentò, l’Hokage non era lì. Perplesso, Sasuke rimase in attesa: possibile che il suo vecchio maestro avesse ripreso l’abitudine di arrivare tardi?

Nell’attesa girò intorno alla scrivania, osservando le foto nascoste da pile di documenti. Come gli aveva detto Sakura, c’era la foto fatta il giorno in cui il Team 7 era stato formato. Nell’analizzare le loro figure più giovani, cominciò ad apprezzare l’idea della ragazza di fargli un duplicato. Chissà dov’era finita la sua vecchia foto?

- Yo!

Dopo qualche minuto di attesa il maestro entrò dal finestrone dietro la scrivania dell’Hokage.

- Sul serio? Anche da Hokage?

- Ero solo uscito a prendere una boccata d’aria sulla terrazza qui sopra. Qui è pieno di polvere e fogli!

In silenzio, Sasuke si spostò di nuovo di fronte al tavolo e attese pazientemente che il suo vecchio maestro gli spiegasse perché l’aveva chiamato.

- Mi dispiace richiamarti subito all’azione, ma ho una missione che solo tu puoi compiere.

- Di cosa si tratta?

- Voglio che tu vada alle rovine del Villaggio di Uzushio a cercare una tecnica di sigillo segreta del clan Uzumaki.

- Non dovrebbe andarci Naruto, se è degli Uzumaki?

- Naruto non ha mai ereditato le conoscenze del clan. È una tecnica antica mai tramandata oralmente e leggenda vuole che sia andata perduta secoli fa, ma dev’essere custodita da qualche parte. Purtroppo come sai il villaggio è completamente distrutto e gli Anbu non sono riusciti a trovarla, ma il tuo Sharingan potrebbe vedere più di occhi normali.

Sasuke iniziava a capire dove il maestro volesse andare a parare.

- Quindi o non esiste, o è già stata trafugata. E se si parla di ninjutsu perduti…

- …Orochimaru è il nostro uomo – concluse Kakashi. – Inoltre se non sbaglio, una Uzumaki era una tua compagna di team.

Si riferiva a Karin. L’aveva scoperto anche lui solo per caso, quando il Secondo Hokage l’aveva riconosciuta. A quanto pare aveva un destino di essere perennemente inseguito dagli Uzumaki.

- Quindi vuoi che vada da Orochimaru, e se non lo sa lui, chiedere a Karin. Poi andare direttamente al villaggio.

Kakashi sorrise sotto la maschera. – Vedo che non hai perso la tua mente analitica.

- A cosa serve questo jutsu? Perché non basta uno degli altri?

- La seconda parte della missione te la spiegherò quando tornerai al villaggio col rotolo – commentò semplicemente il maestro appoggiandosi allo schienale della sedia. – Anche perché se non lo troviamo, dovremo cambiare tutto il piano.

A Sasuke non piaceva restare all’oscuro delle cose, ma una missione era una missione: gli bastava sapere cosa fare.

- Ho capito. Partirò domani.

Kakashi mugugnò, e Sasuke capì che non aveva finito.

- Cosa c’è?

- Partirai lunedì.

- Perché?

- Questa volta Sakura verrà con te e voglio lasciarle qualche giorno per prepararsi.

- Sakura?

- Pensi davvero che questa volta ti lascerà partire senza seguirti?

- È una missione di recupero, posso farcela da solo.

- Mh… non sappiamo cosa vi aspetta a Uzushio. Gira voce che alcuni ninja fuggitivi si aggirino nella zona. Avrei voluto chiedere a Naruto di accompagnarti, ma non solo temo che passiate tutto il tempo a litigare…

Kakashi ignorò volontariamente il suono irritato proveniente dal suo allievo.

- …ma d’ora in poi vorrei che vi alternaste: quando uno è fuori dal villaggio, l’altro resta in zona. Con quel meteorite penso abbiamo visto tutti come siate il sistema di protezione più efficace della Foglia.

- Sakura ha il suo lavoro qui. Assegna qualcun altro.

- Vero – confermò Kakashi – Ma negli ultimi mesi ha lavorato per rendere la clinica indipendente e poter tornare in missione. È stata lei a chiedere di tornare sul campo qualche settimana fa. Dice di non voler “perdere il tocco nell’attacco”.

Sasuke rimase in silenzio: non trovava nessun’altra obiezione accettabile.

- Questa mi sembra l’occasione ideale: tu avrai il supporto di una jonin della Foglia e ninja medico, e lei potrà tornare in missione e sgranchirsi. E poi sapendo che ci sei tu intorno sono sicuro tornerà sana e salva.

Kakashi sorrise di nuovo sotto la maschera e Sasuke era sicuro di aver intravisto malizia nei suoi occhi.

- E va bene. Partirò lunedì.

- Ottimo. Perché a minuti arriverà qui in ufficio e le spiegherò la missione. Per quanto riguarda la mia proposta della settimana scorsa…

Kakashi fissò Sasuke, che rimase impassibile.

- Data la situazione, ti darò più tempo. Quando tornerai al villaggio mi darai la tua risposta.

Sasuke fece per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta.

- A quanto pare la mia allieva è puntuale come sempre!

- A differenza del maestro… - sussurrò Sasuke voltandosi verso l’uscita, la voce sufficientemente alta per essere udito dall’Hokage.

Quando Sakura entrò nella stanza e trovò Kakashi che rideva e Sasuke con sguardo rassegnato, si chiese che momento maestro-allievo si forse persa.

 

***

 

Ovviamente il giorno della partenza avevano il corteo d’onore a salutarli.

O meglio, a salutare lei. Sasuke sapeva benissimo che nessuno era lì specificatamente per lui – o al massimo era lì solo per gettargli un’occhiata sospettosa o una minaccia più o meno velata di non farla piangere e stare attento che non si ferisse.

- Sono capacissima di difendermi da sola!

- Ma certo, Sakura-chan! – aveva risposto Naruto all’istante intimidito dal pugno alzato della compagna di team.

- Hinata! – chiamò invece lei, ignorando completamente l’amico per abbracciare la ragazza – Per un po’ non potremo più fare le nostre cene tra ragazze, ma scrivimi!

Sasuke lanciò un’occhiata a Naruto per capire cosa si fosse perso, al che l’amico rispose con un semplice “Saku-Ino-Hina”. Kakashi interruppe il momento delle due ragazze schiarendosi la gola.

- Mi raccomando, controlla che Sasuke mandi qualche rapporto di tanto in tanto.

Sakura annuì vigorosamente e Sasuke sospirò.

- Sasuke – lo chiamò Naruto con voce bassa.

- Cosa c’è?

Naruto lo fissò senza parlare per qualche secondo, probabilmente indeciso su come formulare la propria minaccia in modo convincente, ma optò per sospirare anche lui.

- Sei un bastardo, ma non sei uno stupido. Sono sicuro tu sappia cosa voglia dirti.

Sasuke assottigliò gli occhi. Sì, ne aveva una vaga idea. Spostò lo sguardo su Sakura che lo stava fissando a sua volta.

- È ora di partire, Sasuke-kun!

 







Nota dell'autrice

Buon anno! Questo capitolo doveva essere più breve, ma il potenziale fluffoso era troppo grande e le scene si sono scritte da sé... Anche loro due si meritano un po' di gioia, di tanto in tanto.
Se con questo capitolo vi porto la dose fluff, nel prossimo vi porto un po' di tension e qualche combattimento. Cercherò anche di aumentare il passo. Alla prossima :D

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Capitolo 4
*** Chimica ***


Capitolo 4 - Chimica

 

I primi giorni avevano cercato di trovare un equilibro come i bambini piccoli si avvicinano all’acqua del mare per la prima volta: titubanti e a piccoli passi. Sakura manteneva viva la discussione, con Sasuke che rispondeva a monosillabi o frasi brevi a seconda dell’umore. Se da una parte sembrava che non avessero mai smesso di compiere missioni insieme, dall’altra era come viaggiare con perfetti sconosciuti.

La divisione di ruoli era la stessa dei tempi andati senza che nemmeno ne discutessero: Sakura raccoglieva e disponeva la legna per il falò mentre Sasuke accendeva il fuoco con la sua arte del fuoco; Sasuke percepiva i chakra di altri viaggiatori a distanza e lo comunicava a Sakura tendendo il braccio; Sakura negoziava con altri viandanti o contadini per avere qualche informazione o comprare cibo.

Sakura notò anche un’altra cosa che la divertiva più del necessario: come quando erano genin, Sasuke aveva ancora problemi a svegliarsi la mattina. In quegli anni era successo di tutto, incluso lui trasformatosi in una macchina da guerra capace di evocare un mostro di chakra viola alto decine di metri, ma lo sguardo assonnato fino a quando non aveva messo qualcosa nello stomaco era lo stesso di quando aveva tredici anni. Ovviamente aveva evitato di farglielo notare.

Tuttavia, entrambi percepivano che stavano tenendo una cauta distanza l’un l’altro. I sacchi a pelo erano stesi ai lati opposti del fuoco e non c’era nessun contatto fisico di sorta. Anche nel saltare da un albero all’altro o camminando sulla strada c’era sempre un cordiale distacco tra i due. Sasuke sapeva che Sakura gli stava dando volontariamente spazio: probabilmente pensava che abituato a viaggiare da solo non apprezzasse avere qualcuno intorno, il che però non era del tutto vero. Semplicemente… Sasuke non era ancora sicuro di come proseguire quel qualcosa che aveva realizzato qualche giorno prima a casa sua. Gli tornava in mente Naruto e il suo “sono sicuro tu sappia cosa voglio dirti”.

“Prova a ferirla di nuovo e te le suono.”

Detto da un uomo sposato faceva effettivamente il suo effetto. Tuttavia era proprio perché non voleva trascinarla al suo livello che si tratteneva: sapeva che Sakura era su di giri perché Sasuke aveva accettato di portarla con sé senza troppe lamentele, e non voleva darle false aspettative. Sì, forse adesso era una persona classificabile come “normale”, ma era pur sempre l’ultimo Uchiha e il suo sangue portava con sé il rischio di ricadere nelle tenebre nel caso si affezionasse alle persone. Dopotutto l’aveva detto anche Tobirama, no?

Se avesse deciso di riconoscere quel sentimento che stava sopprimendo ormai da anni e se – ipotesi – lui e Sakura fossero diventati una coppia, se mai fosse successo qualcosa a lei o – sempre ipotesi – ai loro figli, la rabbia si sarebbe di nuovo trasformata in odio e avrebbe potuto ricadere di nuovo trappola dei propri sentimenti. Ma se in passato era solo e le conseguenze erano ricadute solo su di lui, questa volta avrebbe trascinato tutti con sé, e non voleva farlo. Non si fidava ancora di sé stesso a quel punto. Il fatto che Kakashi gli avesse gentilmente ricordato che adesso era a capo di una casata non lo aiutava.

 

***

 

Secondo le indicazioni di Kakashi, Orochimaru si era spostato presso uno dei suoi vecchi covi dove aveva fondato il villaggio del Suono. A quanto pare gli servivano dei macchinari che aveva solo lì. Sakura aveva provato a chiedergli quali erano i macchinari a cui faceva riferimento, ma Sasuke era rimasto sul vago dicendo che non ci aveva mai fatto caso.

In realtà era abbastanza sicuro si riferisse al covo dove conduceva esperimenti umani, ma non voleva che Sakura si agitasse prima del previsto. Se Konoha aveva dato l’ok voleva dire che probabilmente non stava usando cadaveri. Forse.

Quando avevano deciso di fermarsi per una pausa, Sakura vide Sasuke dirigersi verso la foresta dopo aver appoggiato borsa e mantello ma mantenendo la spada con sé.

- Sasuke-kun, dove vai?

- Allenamento.

- Posso assistere?

Sakura era genuinamente curiosa di vedere come Sasuke aveva cambiato il suo stile di combattimento ora che aveva un solo braccio, ma il ragazzo la osservò pensieroso. Sakura temette che avesse trovato la richiesta fastidiosa.

- Ah, ma se ti fa perdere la concentrazione, non importa, resto qui.

Sasuke picchettò l’elsa della spada con le dita.

- Al contrario. Potrebbe essere una buona idea.

- Come?

- Una sessione di sparring.

Sakura non poteva credere che Sasuke le stesse chiedendo di combattere con lui. Ok, non erano le mazzate a piena forza che lui e Naruto si erano dati in passato, ma sapeva che l’unico motivo per cui Sasuke chiedeva a qualcuno di combattere con lui era perché lo riconosceva come degno avversario.

- Ha senso imparare i rispettivi punti forti e deboli in vista di attacchi. Aumenta la possibilità di successo della missione e diminuisce i rischi di cadere sotto fuoco nemico. – elaborò ulteriormente, non vedendo risposta da Sakura.

Come previsto, la spiegazione di Sasuke era logica e precisa. Sakura scese dalla sua nuvola di felicità, ma considerò che aveva ragione.

- Perché no? Non ci andrò leggera perché sei tu, Sasuke-kun.

Il ragazzo sbuffò dal naso e fece un mezzo sorriso di sfida. – Non chiedo di meglio.

Si spostarono verso quello che era uno spiazzo della foresta e si prepararono uno di fronte all’altra.

- Direi di partire con arti marziali e armi – suggerì Sasuke.

- Possiamo includere anche le tecniche elementali. È più simile ad un combattimento vero.

- Come vuoi.

Sasuke rimase in attesa, il polso appoggiato sull’elsa della spada aspettando che Sakura facesse la prima mossa: si aspettava un attacco fisico diretto. La ragazza, intuendo che le stesse dando l’onore di cominciare, fece crocchiare le dita delle mani e iniziò a concentrare il chakra nei pugni.

- Cominciamo.

Sakura partì come previsto con una serie di pugni e calci carichi di chakra: essere colpito anche solo da uno di quelli avrebbe danneggiato muscoli e ossa. Sasuke ipotizzò che essendo ninja medico Sakura programmasse di riaggiustarglieli nel caso lo colpisse.

Come se le lasciassi mandare a segno un colpo.

Dopotutto, fin da quando si allenava sotto Orochimaru era in grado di tramortire centinaia di persone senza sporcarsi nemmeno i vestiti: Sakura era molto rapida, ma lui lo era di più. Li evitò tutti senza eccessivo sforzo e senza nemmeno attivare lo Sharingan.

- Sasuke-kun, se non usi lo Sharingan potrei offendermi. – lo richiamò infatti, palesemente già offesa.

Il ragazzo alzò le sopracciglia al commento e fece un mezzo sorriso beffardo. Un motivo in più per non usarlo.

Sì, decisamente si divertiva ad istigarla, fosse nel farla arrossire o canzonandola durante un allenamento.

Sakura decise di cambiare tattica: creò due copie e iniziò ad attaccare Sasuke aumentando punti di attacco. Lui continuò a schivare gli attacchi fino a quando una copia non gli piombò dall’alto crepando il suolo sotto di lui, costringendolo a sostituirsi con un pezzo di legno. Per individuare l’originale, Sasuke attivò finalmente lo Sharingan e si teletrasportò dietro di lei attaccandola con un colpo al collo che Sakura evitò prontamente, abbassandosi al terreno e attaccandolo alle gambe con un calcio in contemporanea.

Sasuke saltò in aria e soffiò la sua tipica Palla di Fuoco Suprema, obbligandola a rispondere con un attacco d’acqua. I due ninjutsu si annullarono a vicenda, creando una pozza d’acqua sul terreno.

- Mi pareva avessi affinità d’acqua – commentò Sasuke. Sakura poteva vedere come il ragazzo si stesse divertendo a combattere contro di lei e sentì un moto d’orgoglio.

Sasuke sfilò la spada iniettandovi corrente elettrica e la puntò dritta verso la ragazza, che deviò la spada di tuono con un kunai. Con la coda dell’occhio vide un lampo dirigersi verso di sé da sinistra.

Com’è possibile? Non ha il braccio sinistro.

Sakura saltò indietro, allontanandosi dal ragazzo di svariati metri. Quando tornò a guardarlo, vide che aveva posto un piede nella pozzanghera creata dal suo stesso attacco d’acqua.

Ha emesso il Raiton dalle gambe e usato l’acqua per condurre l’elettricità fino a me?

- Pensavi non me ne sarei accorta?

Sasuke fece svanire la spada di Chidori e appoggiò la lama di Kusanagi sulla spalla destra.

- No, al contrario.

Non appena finì di parlare, la ragazza si trovò legata ad un muro di legno, gambe e braccia legate da rami. Sasuke si avvicinò, picchettando il dorso della spada sulla spalla.

- Mi stupisce di più il tuo desiderio di sperimentare volontariamente lo Sharingan.

Sakura sbarrò gli occhi e si morse il labbro inferiore: era caduta nella sua trappola. Nella delusione di non vedere Sasuke usare lo Sharingan, si era dimenticata di non guardarlo negli occhi una volta che l’aveva attivato. Il Raiton con l’acqua era servito per non farle notare che era già sotto effetto del genjutsu.

- Un’illusione.

Dati i loro precedenti, Sasuke non voleva usare illusioni complesse o violente contro Sakura, per cui si limitò a crearne una basilare tenendola prigioniera del muro di legno, ben sapendo che una volta che se ne fosse accorta si sarebbe liberata dell’illusione da sola in pochi secondi.

Si avvicinò fino a pochi centimetri dal viso della ragazza.

- Continuiamo?

Sakura sorrise beffarda. – Ovviamente.

In quello l’illusione si dissolse e Sasuke sentì Sakura attaccarlo alle spalle. Si voltò e fermò il kunai diretto tra le sue scapole con la spada. La ragazza impugnava un kunai per mano e non gli dava tregua: dopo una lunga serie di parate, Sasuke decise di passare all’offensiva facendole volare via una delle due armi con il piatto della spada e attaccandola a sua volta. Sakura si difendeva bene, anche se aveva leggera difficoltà a stare dietro al ragazzo: Sasuke cambiava impugnatura della spada troppo velocemente, costringendola ad adeguare di volta in volta la sua difesa in base ai fendenti.

Sembra che la sua tecnica di spadaccino non sia minimamente influenzata dalla mancanza di un braccio.

Aveva seguito i movimenti del ragazzo fino all’ultimo, ma alla fine anche il secondo kunai le scivolò dalle mani. Si appiattì di nuovo al terreno per evitare la spada diretta dove prima c’era il suo busto. In quella posizione caricò il pugno e lo piantò nel terreno, facendo perdere stabilità al ragazzo che dovette saltare all’indietro per evitare la nuova serie di pugni che Sakura gli stava sferrando.

- Shannaro!

Con un calcio riuscì a colpirgli il polso destro e fargli volare via quella spada fastidiosa. Abbastanza sorpreso, Sasuke si ritrovò di nuovo al corpo a corpo.

Sakura vide Sasuke abbassarsi e capì che stava per iniziare la sua sequenza del Colpo Concatenato del Leone: incrociò le braccia davanti al busto per proteggersi dal primo calcio che la fece volare in alto. Era solo un allenamento e Sakura sentì che il calcio non era assolutamente a piena potenza, cosa che le permise di girarsi a mezz’aria per affrontare direttamente Sasuke con un calcio volante. Fu il turno di Sasuke di proteggersi la testa col braccio e prepararsi per la caduta.

Sasuke ricadde in piedi, ma Sakura, intenzionata a volergli dimostrare cosa poteva fare, lo stava già puntando con un pugno. Con lo Sharingan riuscì a calcolare la quantità di chakra e l’area influenzata intorno al pugno. Con un movimento fluido deviò la mano verso il suo lato destro e la bloccò a sé con il braccio: non era una mossa definitiva, ma quello che bastava per fermare uno sparring.

Entrambi ansimavano leggermente dall’esercizio appena concluso, e Sakura sentiva il fiato di Sasuke sulla sua testa – da quand’è che è così alto? – e il cuore di lui batterle sulle scapole; il braccio che la bloccava era solido e muscoloso, esattamente come lo ricordava da quel giorno nel deserto di Kaguya. Sentì le gambe indebolirsi non per la stanchezza ma per la vicinanza al corpo del ragazzo: d’istinto, sollevò la mano destra e gli batté leggermente l’avambraccio lasciato scoperto dalla maglia nera a maniche corte.

- Pari? – disse con un filo di voce.

Il ragazzo non riuscì a risponderle subito: il profumo della ragazza lo aveva leggermente stordito nel momento in cui l’aveva bloccata. Sentendo il corpo di Sakura aderire perfettamente al suo, il tocco della sua mano sull’avambraccio, il fiato corto che gli arrivava alle orecchie come un invito, percepì chiaramente che quel contatto non gli era indifferente. Un brivido gli percorse il corpo, il cuore non più intenzionato a diminuire i battiti. La lasciò andare lentamente, lottando contro i propri istinti.

- Pari – concesse lui con una voce roca che non sembrava sua.

Lei si voltò verso di lui e lo fissò negli occhi in silenzio. Rimase incantata da come lo Sharingan che la stava fissando luccicasse. Era la prima volta che lo vedeva da così vicino da anni e lo trovava più ipnotico di qualsiasi illusione.

Lo Sharingan di Sasuke registrò una goccia di sudore scorrerle dalla tempia lungo il bordo del viso, la frangia scomposta ai lati della fronte, le labbra dischiuse. Percepiva il suo fiato affannato, era ancora vicina – troppo vicina per la sua sicurezza. Prima di perdere la lucidità Sasuke fece un passo indietro e ritirò lo Sharingan.

- Sei… molto brava nel corpo a corpo.

- G-Grazie. Lady Tsunade è una brava maestra di taijutsu.

Incapace di sostenere lo sguardo oltre, Sakura voltò la testa di lato come ad osservare i crateri che aveva creato poco prima. Sasuke colse quel momento per girarsi e andare a riprendere la propria spada, cercando di ritrovare un minimo di controllo sul suo corpo.

Un altro paio di secondi prigioniero in quello sguardo verde ed era sicuro l’avrebbe baciata.

 

***

 

Quella notte Sakura non riusciva ad addormentarsi: dava la colpa a quello che era successo nel pomeriggio. Quei secondi di tensione da quando l’aveva bloccata a quando si erano allontanati le erano sembrati infiniti eppure fin troppo brevi. Quel contatto, quello sguardo le avevano risvegliato una sensazione strana verso il basso ventre che stentava a dimenticare.

Complice la notte, si trovò a desiderare di toccare di nuovo quel corpo.

Solo al pensiero sentì il volto andarle in fiamme e si coprì il viso con le mani. Si rigirò per l’ennesima volta nel sacco a pelo, cercando di convincere il proprio cervello che aveva bisogno di dormire e che ricordare il respiro di Sasuke tra i suoi capelli non era decisamente il modo ideale per addormentarsi.

Nel silenzio della notte, interrotto solo dai suoni dei pipistrelli che si muovevano tra le foglie, sentì Sasuke rigirarsi nel sonno.

Beh… Se proprio non riesco a dormire…

Si girò per voltarsi verso di lui con l’intento di ammirarlo nel sonno. Era dalla parte opposta del fuoco ormai spento, ma riusciva a distinguerne la figura arrotolata nel sacco. Nonostante non lo vedesse in viso, solo sapere che era lì, a poca distanza da lei, la rasserenava. Potevano condividere momenti, il cibo, anche quelle notti stellate…

Sasuke continuava ad agitarsi nel sacco a pelo e Sakura si insospettì. Erano ricordi molto lontani, ma le pareva che quando erano dei genin Sasuke avesse un sonno molto tranquillo: era Naruto quello che continuava a rigirarsi, svegliandosi la mattina dopo con i piedi sopra lo stomaco di Sasuke dando vita al primo litigio della giornata – peggiorato dal fatto che entrambi i ragazzi erano sempre di malumore appena svegli.

Quando lo sentì mugugnare nel sonno decise di vedere cosa non andava. Uscì dal proprio sacco a pelo e si avvicinò lentamente al ragazzo: nel buio non riusciva a vedere bene l’espressione, ma distingueva chiaramente gli occhi stretti e i denti digrignati. Fece scorrere il chakra verde nella mano e tenendola a qualche centimetro di distanza la passò sul corpo del ragazzo: il flusso di chakra era in subbuglio. Era un incubo.

Non le sembrò il caso di svegliarlo, ma non poteva fare molto altro per lui. Spostò la mano sulla fronte del ragazzo, delicatamente. L’agitazione del flusso di chakra di Sasuke le ricordava gli effetti di un genjutsu.

Alla fine illusioni e incubi sono entrambi immagini prodotte dalla mente…

I genjutsu si potevano interrompere o controllando il proprio chakra, o avendo un compagno che immetteva il suo chakra per disturbare volontariamente il flusso nel corpo. Decise di provare quella tecnica. Non era sicura che avrebbe funzionato né che non l’avrebbe inavvertitamente svegliato, ma le sembrava sempre meglio di stare con le mani in mano: convogliò di nuovo il chakra sui polpastrelli e ne trasmise qualche cauta goccia al ragazzo.

Lentamente, il respiro di Sasuke si fece più regolare e smise di agitarsi. Abituatasi alla flebile luce della luna, Sakura poté distinguere i suoi lineamenti finalmente rilassarsi nel sonno. Entrata in modalità medico, allontanò la mano e rimase ad osservarlo ancora qualche minuto per accertarsi che il flusso del chakra rimanesse stabile e l’incubo non si ripresentasse subito.

Chissà che cosa stava sognando…

Per occuparsi dei bambini aveva studiato i disturbi del sonno. Gli incubi normali avvenivano di solito poco prima dell’alba, quindi era ancora presto. Che fosse un incubo legato ai traumi… magari a quando aveva perso la sua famiglia? Sakura voleva indagare, ma sapeva che Sasuke non avrebbe mai risposto ad una domanda diretta.

Guardò il suo viso addormentato finalmente sereno, straordinariamente bello. I suoi occhi percorsero i dettagli: i capelli sparsi intorno al viso, il taglio della mascella, l’espressione rilassata totalmente diversa dal cipiglio severo che teneva durante il giorno.

Con quell’immagine rubata in mente e sperando che il resto della notte fosse più tranquillo, si diresse verso il suo sacco a pelo.

 

***

 

La mattina dopo Sasuke si svegliò con una strana sensazione, come se fosse entrato in contatto con un chakra diverso dal proprio. Tuttavia non lo percepiva dentro o intorno a sé, quindi diede la colpa ad una suggestione lasciata magari da un sogno… di cui stranamente non ricordava nulla.

Si stropicciò gli occhi: era abbastanza sicuro di aver avuto uno dei soliti incubi, ma non riusciva a ricordare quale né capiva perché non si fosse svegliato.

Gli occhi ancora velati dal sonno, scorse Sakura ancora addormentata nel proprio sacco a pelo ad un paio di metri da lui. Stranamente, questa volta era lui a svegliarsi per primo, e si sentiva anche più riposato del solito.

Me lo sarò immaginato…

 

***

 

Erano ad una giornata di cammino dal covo di Orochimaru quando Sasuke percepì che qualcosa non andava. Fermò Sakura con un braccio e tese le orecchie. Sakura lo interrogò con lo sguardo.

- C’è troppo silenzio.

Sakura tese le orecchie a sua volta: aveva ragione, non c’era il solito suono degli uccellini o degli animali del bosco che correvano. Lentamente fece correre la mano al kunai pronto al suo fianco, avvicinandosi a Sasuke e coprendogli le spalle nella formazione di difesa che usavano fin da ragazzini.

In pochi secondi sentirono il sibilo tipico di kunai nell’aria e in contemporanea saltarono per evitare l’attacco; dei kunai esplosivi saltarono in aria, creando un piccolo cratere sul posto che prima occupavano i due shinobi.

Sakura e Sasuke, divisi ai due estremi della strada, vennero inseguiti rispettivamente da due serie di piccoli esplosivi, obbligandoli ad evitarli e allontanandoli sempre di più. Data la direzione e la quantità di esplosivi, dovevano essere almeno due nemici che agivano per separarli.

Palesemente non sanno con chi hanno a che fare, se pensano che separandoci non riusciremo a difenderci.

Sakura guardò in direzione di Sasuke, che le annuì. In un istante saltarono verso la direzione dei rispettivi attacchi.

Il nemico di Sasuke era un ninja nascosto tra le fronde di un albero: prese la mira lanciando una palla di fuoco nella direzione in cui lo Sharingan vedeva l’origine del chakra nemico. Il ninja lo evitò con un salto, atterrando nel centro della strada e rispose con una tecnica di fuoco a sua volta diretta al Sasuke ancora a mezzaria.

Tsk.

Le tecniche di fuoco di questo ninja non erano potenti come quelle di Sasuke, ma combattere contro lo stesso elemento la rendeva una battaglia inutilmente lunga – e Sasuke non aveva pazienza per le battaglie lunghe.

Estrasse la spada lasciando cadere la custodia verso il terreno e non appena questa fu fuori dalla portata del fuoco vi si sostituì, avvolgendo contemporaneamente la katana nel Chidori. Il ninja nemico sbarrò gli occhi alla sostituzione ed ebbe appena il tempo di schivare la spada.

- Sasuke Uchiha!

- Siete decisamente di basso livello se attaccate senza sapere chi vi sta davanti.

Nonostante la sorpresa, il ninja nemico non sembrava intenzionato a scappare.

- Dobbiamo solo occuparvi quel che basta.

Sasuke aggrottò le sopracciglia a quel commento e si preparò ad attaccare con Kusanagi, ma intorno a sé iniziarono ad ergersi torri di fuoco.

- Arte del fuoco: muro di fuoco!

Nel frattempo Sakura stava combattendo con una kunoichi nascosta vicino alle radici di un albero: non portava nessun coprifronte. Sakura caricò il pugno verso la nemica, ma quella lo schivò muovendosi istantaneamente dietro di lei.

Sakura parò il calcio e schivò il kunai diretto al suo viso; ricaddero entrambe in piedi sul terreno, ma Sakura sentì il terreno sotto di lei cederle.

- Arte della terra: sabbie mobili!

Prima di riuscire a reagire si ritrovò bloccata fino alle ginocchia, incapacitata a saltare o a distruggere il terreno. Il nemico usava l’arte della terra, per lei che aveva affinità con l’acqua era il suo punto debole. Ci sarebbe voluta l’arte del fulmine… si voltò per vedere Sasuke che veniva circondato da torri di fuoco.

- Sasuke-kun! – chiamò iniziando ad eseguire i sigilli della sua tecnica.

Il ragazzo si voltò e incrociò lo sguardo di Sakura sempre più immersa nelle sabbie mobili e la sequenza dei sigilli, e capì all’istante quello che voleva fare.

Amenotejikara!

Le tomoe del Rinnegan si attivarono e in un secondo Sasuke e Sakura invertirono di posizione.

- Arte dell’acqua: cascate millenarie!

- Chidori nagashi – Flusso dei mille falchi!

I due nemici ebbero a mala pena tempo di capire che cosa fosse successo quando uno si trovò le proprie torri di fuoco spente da delle cascate d’acqua e l’altra vedeva le proprie sabbie mobili annullate dall’elettricità sprigionata da tutto il corpo dell’uomo davanti a lei.

- Attieniti al piano! – gridò il ninja nemico sfoderando due kunai di colore viola e lanciandoli contro Sakura. Lei li schivò, non prima di registrare il liquido sulle punte.

- Sasuke-kun! Sono avvelenati!

Il ragazzo assottigliò gli occhi mentre parava i colpi della kunoichi davanti a lui con la spada: al contrario del suo compagno, stava mirando ad infilzarlo senza sprecare i kunai lanciandoli.

- Chiudiamola in fretta.

- Sono d’accordo! – rispose Sakura caricando il pugno di chakra e attaccando l’uomo davanti a sé. Un grido dietro di lei le fece capire che Sasuke aveva probabilmente ferito la sua avversaria.

Un istante prima di mandare a segno il colpo, davanti a Sakura non c’era più il ninja ma un pezzo di legno.

Una sostituzione!

Guardandosi intorno lo cercò per trovarlo direttamente sopra a Sasuke, attaccandolo dalla sua sinistra – il lato dove gli mancava il braccio.

- Sopra di te!

Corse verso il ragazzo, il quale si voltò in tempo per far volare dietro le sue spalle il kunai che gli era stato lanciato, per concentrarsi subito su quello che ora il nemico teneva nella mano sinistra.

Alle spalle di Sasuke, lo scintillio dietro l’arma fece a capire troppo tardi a Sakura che era legato ad un filo invisibile; con uno strattone il ninja tirò a sé il kunai, che ora era diretto alla spalla di Sasuke.

Non con me in giro!

Concentrando il chakra sotto la suola dei sandali Sakura spiccò un balzo intenzionata ad afferrare il kunai prima che centrasse Sasuke, ma con un secondo strattone il ninja cambiò la traiettoria del kunai che si infilò nell’avambraccio ancora teso della ragazza.

Sasuke, che aveva seguito con la coda dell’occhio la situazione, colse l’occasione per tagliare il filo che collegava il kunai all’uomo e con un calcio lo spedì dalla parte opposta della strada.

L’uomo cadde sulla schiena, emettendo un suono che indicava un paio di costole frantumate. In quello la kunoichi apparve di fianco a lui e lo afferrò per la spalla.

- Dove avete intenzione di andare? Mi dovete delle risposte – intimò Sasuke con la spada tesa, ma la donna stava già iniziando a segnare una tecnica illusoria.

- Abbiamo finito la nostra missione – disse semplicemente prima di svanire.

Sasuke si guardò intorno con lo Sharingan per sciogliere l’illusione e capire dove fossero diretti – dentro la foresta, direzione nord-est – quando un suono soffocato lo raggiunse alle spalle: Sakura aveva sfilato il kunai dal braccio.

Si voltò a guardarla: la situazione non era grave, ma il veleno era ad azione rapida. Il Rinnegan gli permetteva di vedere il flusso del chakra turbato dall’agente esterno e come l’effetto si stesse velocemente propagando a partire dalla ferita diretto al cuore.

- Idiota! Che cosa stavi pensando?!

C’era irritazione e preoccupazione nella voce del ragazzo mentre slacciava la sua cintura bianca e la stringeva con mano esperta poco sopra il gomito, rallentando la messa in circolo del veleno. La ragazza fece una smorfia alla violenza del gesto: Sasuke non era decisamente nato per fare il ninja medico, era totalmente privo di tocco. Allo stesso tempo era palese come fosse abituato al vero campo di battaglia e all’intervento di emergenza: era lei il ninja medico, quindi quello che doveva fare era tenerla cosciente il più possibile rallentando il flusso sanguigno.

- A salvarti la vita? Quel kunai era avvelenato.

- Appunto – ringhiò lui – sono immune alla maggior parte dei veleni, lo sai!

Con la mente annebbiata Sakura registrò quell’informazione: se n’era dimenticata.

- A quanto pare… il mio corpo si è mosso da solo.

Sasuke fece schioccare la lingua: era ancora troppo irritato per apprezzare la citazione del sé stesso di qualche anno prima.

- Come vuoi procedere col veleno?

- Come…?

- Sei tu il ninja medico. Quanto ne hai in circolo? Vuoi estrarlo o usare un antidoto?

Sakura stava iniziando a sudare. Si concentrò, cercando di focalizzare fino a dove il veleno si trovasse nel suo corpo.

- Liquido colore viola… sudore, perdita di sensibilità localizzata. La cintura sta rallentando la circolazione. È limitato al braccio destro, spalla e parte alta del petto. Uno degli antidoti generici che ho in borsa dovrebbe bastare.

Sasuke seguì l’analisi e si guardò intorno, cercando la borsa che le era caduta durante il combattimento. La trovò poco distante e gliela portò. Sakura aveva gli occhi chiusi e stava cercando di tenere il battito cardiaco il più lento possibile. Decise di agire al posto suo.

- Quale?

- La fiala viola.

Sasuke cercò e trovò la fiala indicata; la ragazza aprì gli occhi e fece per prenderla, ma Sasuke fu più veloce. Tolse il tappo e le iniettò la dose direttamente nella coscia, osservando il liquido diminuire progressivamente dentro il contenitore.

- Io faccio qui, tu curati la ferita.

Mentre Sakura obbediva e avvicinava la mano avvolta da chakra verde sopra il taglio, Sasuke teneva d’occhio il chakra della ragazza con lo Sharingan. Quando vide che si era stabilizzato la sua espressione si ammorbidì leggermente.

- Ha fatto effetto. Era un veleno base. – commentò Sakura, il respiro più regolare – Sto già meglio.

- È quasi il tramonto. Appena riuscirai a camminare, ci dirigeremo verso il villaggio qui vicino. Questa notte dormiremo in una locanda e domattina indagheremo su questi ninja.

Non era un suggerimento, ma una decisione già presa. Sakura si sentì in colpa per costringerlo a cambiare i programmi.

- Scusa.

- Per cosa?

- Per essere un peso.

Sasuke la guardò in silenzio per qualche secondo prima di risponderle.

- Non ho detto che sei un peso.

- Però…

- Il ninja medico non deve ferirsi in battaglia. Non è questa la regola base che Tsunade ha creato durante la Seconda Guerra?

Sakura annuì, rossa in viso. Aveva ragione lui, ma un moto di orgoglio la spinse a rispondere.

- Però la quarta regola dice che chi possiede il Byakugo può ignorare tutte le altre.

Lo Sharingan di Sasuke si soffermò sul marchio violetto che decorava la fronte della ragazza. Non fosse che la situazione lo aveva messo in allerta, avrebbe quasi trovato spiritosa l’impertinenza di Sakura.

- Non prendere mai più kunai al posto mio – disse infine alzandosi in piedi, ritirando lo Sharingan.

Mentre Sasuke si stava contorcendo nel dubbio se potesse permettersi una vita normale, se fosse giusto donarle una vita sempre in bilico per colpa del suo sangue, non si era reso conto che il semplice fatto di viaggiare con lui era già un pericolo. E non solo perché era perennemente nel mirino di qualcuno, ma proprio perché lei stessa sembrava pronta a lanciarsi davanti a lui e fargli da scudo. Non comprendeva perché Sakura, che sembrava così volenterosa di capirlo, non riuscisse invece a concepire come tutto quell’altruismo lo mettesse in difficoltà.

Forse si era illuso: alla fine, anche se avevano condiviso molto e c’era una certa chimica, erano troppo diversi per capirsi davvero.

Sakura alzò gli occhi, ma Sasuke si stava guardando intorno probabilmente alla ricerca di eventuali altri nemici, rendendole impossibile decifrare il suo volto.

- Sasuke-kun – lo chiamò. Lui si voltò appena a guardarla con la coda dell’occhio, il rinnegan che brillava.

- Però facciamo un buon team, vero?

Il sorriso di Sakura era troppo soddisfatto per distruggerlo con i suoi pensieri negativi. Inoltre, questo poteva concederlo: riuscire a mettere in piedi una strategia che implicava uno scambio di posizione istantaneo senza nemmeno parlarsi era una cosa non da tutti.

- Aah – confermò.

Soddisfatta, Sakura slacciò la cintura intorno al suo braccio e gliela pose, pronta a ripartire.

 

***

 

Sasuke si svegliò da uno dei suoi soliti incubi: questa volta aveva visto Sakura soccombere al veleno. Per quanto spiacevole, non si stupì che il suo cervello gli avesse riportato la scena di qualche ora prima. Per una volta il suo subconscio si preoccupava di cose reali, tipo la sua compagna di missione ad un passo dalla morte. Si diresse verso il terrazzo e aprì la porta-finestra, respirando l’aria fresca della notte.

- Sasuke-kun.

Il ragazzo sobbalzò sentendo una voce alla sua destra. A pochi metri da lui, Sakura era appoggiata al balcone del terrazzino della stanza di fianco alla sua avvolta in una coperta.

- Sakura. Sei sveglia.

- L’adrenalina di oggi non mi lascia dormire. E tu?

- Un incubo.

- Capisco. – Sakura lo guardò di sbieco. – Succede spesso?

- A volte.

- Se vuoi posso preparare una miscela di erbe per aiutarti a dormire. È facile.

- Non serve. Passeranno.

- Come preferisci…

Anche Sasuke si era appoggiato al balcone e stava guardando la strada vuota sotto di loro. Non aveva intenzione di parlarne con la persona che aveva appena visto morire in sogno.

- Sasuke-kun…

- Mh?

- Quale pensi fosse la missione di quei due?

- Dopo essere tornati al “piano” hanno iniziato ad usare dei kunai avvelenati e se ne sono andati dopo averti ferita.

- Vuol dire che la missione era avvelenarci. Ma che senso ha avvelenare me, un ninja medico?

- Non si aspettavano noi due. Non avevano riconosciuto neanche me. Forse gli era stato detto di attaccare una pattuglia di Konoha e pensavano che del veleno fosse sufficiente.

Sakura sembrò riflettere su quelle parole.

- L’ho pensato anch’io. Ma se così fosse, avrebbero dovuto annullare la missione, invece hanno continuato. E se la missione non fosse necessariamente eliminare la pattuglia, ma semplicemente ritardarla?

- Perché ritardare una missione di recupero?

- Esatto – confermò Sakura – Non ha senso.

Il silenzio aleggiò tra loro fino a quando Sakura non continuò il suo treno di pensieri.

- A meno che non vogliano ritardare la missione in sé, ma semplicemente il nostro arrivo ad Uzushio.

Sasuke la guardò. – Non ha senso rifletterci troppo in piena notte. Ci penseremo domani una volta parlato col capovillaggio.

Sakura annuì e tornò a guardare la luna. Rimasero in silenzio per un po’ prima che la ragazza spezzasse di nuovo il silenzio.

- Questa immunità ai veleni… come l’hai ottenuta?

- Durante il periodo da Orochimaru. Prendevo quotidianamente un po’ di veleno, ogni giorno diverso.

- Mitridatismo – annuì Sakura riconoscendo la tecnica medica – Ricordi anche quali o quanti?

- No, ma l’intento era di rendermi totalmente immune, quindi suppongo tutti quelli più conosciuti e parecchi di sua invenzione.

- Ha senso. Però vuol dire che ci possono essere veleni di nuova generazione a cui non sei immune.

- Sakura… - Iniziò Sasuke voltandosi verso di lei, ma lei mosse le mani davanti a sé.

- Semplice riflessione medica! Non volevo insinuare nulla.

Sasuke la guardò per un istante, prima di rigirarsi con un borbottio. Dopo qualche secondo di silenzio, come se avesse cercato il coraggio per chiederlo, Sakura proseguì con il suo “questionario medico”.

- Orochimaru ti ha… cambiato anche in altro modo?

Sasuke la guardò con la coda dell’occhio. – Cambiato?

- Quell’uomo ha fatto così tanti esperimenti umani aggiungendo e togliendo pezzi… Ti ha fatto anche altre modifiche?

Per un istante il cervello di Sasuke non riuscì a seguirla e diede la colpa alla mancanza di sonno. La guardò perplesso. Cosa voleva sapere adesso?

- Modifiche…?

- Naruto diceva che ti ha visto con delle ali. Quindi mi chiedevo…

- Ah… Quelle erano il secondo stadio del marchio maledetto. Non le ho più.

Sakura sospirò. – Per fortuna…

- Mh. Però erano comode.

Sakura lo guardò, questa volta era lei quella perplessa.

- Era… ironia? O sul serio?

- Ero serio. Ma fa lo stesso.

- Oh…

Sakura sembrava trattenersi dal dire qualcosa, e Sasuke lo notò.

- Cosa c’è ora?

- Ecco… – la ragazza era un po’ imbarazzata – Naruto diceva che erano come grandi mani.

- E quindi?

- Quindi… uhm… diceva che… non erano belle da vedere.

Sasuke sbatté le palpebre. Non aveva mai fatto caso all’estetica delle sue ali. Non era esattamente quello il motivo per cui le usava: riuscivano ad aumentare la portata dei suoi salti e fungevano da buono scudo. Riusciva ad immaginare il termine usato da Naruto – probabilmente più simile a “disgustoso” che a “non belle da vedere”. Chissà come le aveva descritte Naruto e che immagine si era fatta Sakura nella sua testa. Per un istante, si chiese se gli importasse cosa Sakura pensasse del suo aspetto fisico durante la trasformazione, e non riuscendo a darsi risposta, sbuffò.

- Mio fratello mi ha tolto il marchio, non ci sono più. Problema risolto.

Il tono gli era uscito più tagliente del previsto, e decise che quello era il momento giusto per tornarsene in camera prima che la mancanza di sonno lo rendesse ancora più scorbutico, ma la voce di Sakura lo fermò.

- Scusami, Sasuke-kun. Oggi non sembro riuscire a scegliere le parole giuste. Ti sarà sembrato un commento superficiale sull’aspetto fisico. Volevo chiederti se ti facevano male.

- No – disse semplicemente. – Ad entrambi.

Sentì Sakura sospirare sollevata a qualche metro di distanza. Voleva tornarsene in camera, ma se avesse chiuso la discussione così sicuramente Sakura avrebbe pensato che fosse arrabbiato con lei, e aveva ormai capito che la serenità mentale della ragazza gli importava a sufficienza da non volere essere la causa delle sue eventuali notti insonni e sensi di colpa.

- Non ci sono modifiche fisiche sostanziali a parte l’immunità al veleno. Combattimento, ninjutsu e controllo del marchio maledetto erano i piani di allenamento base. Quanto avevo assorbito Orochimaru guarivo più velocemente, ma anche quello è andato insieme al marchio. Non c’è nulla di cui devi preoccuparti. Inoltre…

La guardò velocemente prima di voltarsi verso la porta.

- Non scusarti di continuo. Non hai nulla di cui scusarti. Quello… è il mio ruolo.

Per la seconda volta quel giorno Sasuke si allontanò dalla ragazza prima che Sakura potesse anche solo reagire alle sue parole. Rimasta sola sul balcone, la ragazza rifletté che probabilmente quell’atteggiamento – cercare di tagliare corto il discorso e scappare prima di avere una risposta – faceva parte del suo carattere di base. Da una parte provò tenerezza a quel lato leggermente infantile del ragazzo, dall’altra le veniva voglia di prenderlo per il colletto della maglia e scuoterlo. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che probabilmente Sasuke si stava crucciando su qualcosa che lei non riusciva nemmeno ad immaginare. Decise che la sua missione personale di quel viaggio sarebbe stato fargli capire che con lei poteva essere se stesso. Certo, se avesse dovuto classificarla, sarebbe stata una missione livello S…

 

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Capitolo 5
*** Occhi ***


Capitolo 5 – Occhi

 

La mattina dopo chiesero in giro dei ninja che li avevano attaccati, ma a quanto pareva non erano passati di lì. Il villaggio stava fortunatamente sperimentando un periodo molto tranquillo durante il quale non venivano attaccati né da briganti né da ninja fuggitivi. Provarono ad informarsi dal capovillaggio se avesse informazioni provenienti da altri villaggi, ma l’unica informazione era la stessa che Kakashi aveva già detto loro: un gruppo di ninja fuggitivi era stato avvistato nella zona del villaggio Uzushio.

- Forse quello che ci ha attaccato era un gruppo autonomo.

- Può essere – commentò Sasuke – O forse no. Ad ogni modo, possiamo proseguire con la nostra missione.

- Capovillaggio, ho notato che ci sono delle persone con delle fasciature. Cos’è successo?

- Ah… ultimamente c’è una malattia che imperversa nella zona. Non è quasi mai mortale, ma lascia piaghe e cicatrici sul corpo. Purtroppo il nostro villaggio è troppo piccolo per avere un medico fisso, e siccome anche gli altri villaggi ne sono colpiti, siamo in attesa che qualche dottore si liberi e riesca a venire da noi, ma la lista d’attesa è lunga…

Il cipiglio di Sakura cambiò.

- Io sono un medico. Datemi più informazioni che potete su questa malattia e farò il possibile.

- Dice davvero? Ma no, non possiamo interrompere la missione di una coppia di ninja per una cosa del genere…

- Non si preoccupi! Lo faccio volentieri! - Sakura sorrise al capovillaggio. Come se si fosse appena ricordata di qualcosa, sobbalzò e si girò verso Sasuke. Il ragazzo annuì senza dire una parola.

- Grazie, Sasuke-kun. – disse Sakura una volta usciti dall’ufficio.

- È per una buona causa.

- Mi dispiace, alla fine ti sto rallentando… - mormorò lei, lo sguardo triste.

- Mi pareva di averti già detto di non scusarti di continuo.

- Ah… scu… va bene.

Sasuke la guardò di sbieco, le labbra piegate in un mezzo sorriso.

- Orochimaru può aspettare, e Kakashi non darà problemi una volta spiegata la situazione.

- E se il piano di quei due ninja fosse stato davvero impedirci di arrivare prima ad Uzushio?

- Se quel jutsu esiste ed è difficile da trovare, Orochimaru l’ha già preso. Se è impossibile, non sarà sicuramente gente di quel livello a trovarlo prima del mio Sharingan.

Sakura sorrise: anche la sua sicurezza che sfociava nella sbruffonaggine non era cambiata più di tanto.

 

***

 

Fu così che quella che doveva essere una notte di sosta per permettere a Sakura di riprendersi dagli effetti del veleno diventò una missione di soccorso a gratis per il villaggio. Il capovillaggio offrì di pagarli, ma sia Sakura che Sasuke avevano rifiutato – l’una perché lo sentiva come un dovere di medico, l’altro perché lo inseriva nel suo programma di “fare del bene al prossimo per espiare i propri peccati”. Ma l’uomo, chiamato Katori, aveva insistito per ringraziarli in qualche modo: alla fine avevano patteggiato vitto e alloggio gratuito fino alla fine della loro permanenza come pagamento. Erano stati quindi trasferiti all’ultimo piano dell’ostello del villaggio, il quale era composto da due grandi stanze comunicanti tramite un salottino dove veniva servita loro la cena.

- Che gentili! – aveva commentato Sakura guardandosi intorno. La stanza era umile ma decorata con un notevole senso dell’eleganza, e invece dei futon entrambe le stanze avevano dei materassi. Fecero subito buon uso del salottino centrale che includeva tavola, sedie e tutto l’occorrente per scrivere. Sakura decise di chiedere a Tsunade se aveva informazioni riguardo la malattia: Sasuke la vide riempire un rotolo di piccole dimensioni in scrittura finissima con tutti i sintomi, descrivendo le ferite e le cicatrici, i casi critici che le erano stati spiegati e come pensava di curarla.

Dal canto suo, Sasuke stava preparando il rapporto per Kakashi, spiegando il motivo per cui si erano fermati e chiedendo licenza di posticipare l’arrivo al covo di Orochimaru, dove Yamato li stava attendendo all’ingresso.

Quando ebbe finito alzò gli occhi per trovare Sakura che lo stava osservando con quello che persino lui riconosceva essere uno sguardo dolce.

- Pare che non debba ricordarti di fare rapporto come mi ha chiesto Kakashi.

Sasuke sbuffò.

- Quando è necessario lo faccio. Siete voi che scrivete troppo.

Sakura rise, una risata piacevole e allegra. Nel vederla scrivere davanti a lui seduti allo stesso tavolo sentiva quella familiarità che aveva sperimentato nella sua cucina qualche settimana prima. Si ritrovò a desiderare di ripetere quella stessa scena ogni sera.

- È pronta la lettera?

- Sì.

Sasuke aprì la finestra e con due fischi richiamò due dei suoi falchi messaggeri. Attaccò il proprio messaggio alla zampa di uno dei due.

- Questo lo riconosco – disse Sakura accarezzando l’altro. - È quello che veniva da me. Riconosco la macchia bianca sul petto.

Sasuke prese il piccolo rotolo di Sakura e lo fissò alla zampa del secondo falco.

- È quello che uso per spedire pacchetti o rotoli pesanti – confermò lui guardandolo – Strano che si faccia accarezzare.

- Gli ho solo dato un po’ da mangiare una volta – si difese lei.

Una volta completati i preparativi, Sasuke li fece volare dalla finestra uno alla volta, rimanendo a guardarli per un po’ per assicurarsi che andassero nella direzione giusta.

- Sasuke-kun?

- Mh?

- Le noci erano buone. Grazie.

- Ah. Quelle. – frugò nella saccoccia e ne tirò fuori due piccole noci blu. – Sono utili viaggiando in zone fredde, come avevi detto tu. Queste sono le ultime. Tienile pure.

Sakura prese le noci che le stava porgendo e le guardò.

- Non pensavo che leggessi le mie lettere.

Sasuke chiuse la finestra e tornò a guardarla.

- Perché no?

- Perché non rispondi mai.

Sasuke non aveva mai risposto per evitare che i falchi venissero intercettati mettendo lei e la Foglia in pericolo. Non aveva nulla di cui scusarsi. Però ora che gli era stato fatto notare, si sentiva leggermente in colpa.

- Ma non importa – continuò invece Sakura. Sasuke la guardò con sguardo interrogativo.

- Perché adesso stiamo viaggiando insieme. Non devo più aspettare messaggi o pacchetti: posso vedere quello che vedi tu, e possiamo mangiare le stesse cose insieme.

Sakura sorrise e Sasuke aprì la bocca sorpreso, per richiuderla subito in un mezzo sorriso anche lui.

Insieme.

- Sei davvero fastidiosa.

- È un problema?

Sasuke le si avvicinò, guardandola negli occhi. Quel giorno a Konoha, dopo averla salutata sulla porta, aveva sperato di assaporare di nuovo quei momenti di calma quotidianità: discussioni futili sui colori dei vestiti, scherzare su chi fosse più stressato. Vedere gli stessi panorami e mangiare le stesse cose gli sembravano delle buone aggiunte alla lista di cose che gli sarebbe piaciuto provare. Le sfiorò appena una ciocca di capelli con la mano.

- Non sempre.

Si allontanò con un sorrisetto sul viso e intravide Sakura coprirsi il viso con le mani.

Divertirsi a farla arrossire era nella sua lista già da tempo.

 

***

 

Il falco di Sasuke tornò dopo due giorni seguito da altri due rapaci di Konoha: Tsunade le aveva mandato non solo una risposta, ma anche ingredienti per creare antibiotici e antidolorifici. L’ultimo falco aveva con sé un rotolo di richiamo che conteneva un paio di antidoti e una serie di tonici da battaglia che Sakura aveva chiesto le fossero mandati e che affidò a Sasuke.

- Questi portali con te.

Allo sguardo perplesso di Sasuke, Sakura sorrise.

- Ti insegnerò quale antidoto serve in che occasione.

- Ti ho già detto che…

- Sono informazioni utili e non ci stanno tutti nella mia borsa, puoi portare un po’ di peso anche tu!

Sasuke si rabbuiò, non del tutto sicuro che quella spiegazione gli piacesse e sospettando che fossero antidoti per i “veleni più moderni” che aveva citato qualche giorno prima, ma decise di accontentarla.

Mentre i giorni precedenti Sasuke aveva aiutato soprattutto il capovillaggio, quel giorno aiutò Sakura a preparare le medicine, pestando e dosando gli ingredienti – aveva copiato i gesti di Sakura con lo Sharingan – e infine dividendo in piccoli bicchierini il preparato. Non avendo le basi di arti mediche, nonostante avesse il chakra necessario per praticare la tecnica di cura che Sakura stava usando con i malati non poteva fare altro che aiutarla nelle cose più pratiche.

Vide quindi per la prima volta da vicino Sakura impartire le cure in tempo di pace: come si legava i capelli prima di indossare il camice, come la pelle del paziente si rimarginava sotto il suo alone di chakra verde, come le persone la ringraziavano come se fosse una divinità scesa sulla terra.

Vide la pelle delle dita sempre più secca per effetto dell’alcol che usava per disinfettarsi le mani ogni volta che una persona entrava nello studiolo medico che il capovillaggio Katori aveva dato loro, ma nulla sembrava offuscare il sorriso, nemmeno il chakra che di volta in volta diminuiva.

- Sakura, dovresti fare una pausa.

- Dovrei riuscire a vedere altre due persone.

Sasuke la guardò severamente: era questa la “modalità lavoro” di Sakura di cui Ino e Naruto si erano lamentati?

- Devi pranzare.

- Ma…

- Se svieni per mancanza di chakra non puoi vedere gli altri pazienti. E sono già le quattro. È quasi sera.

Sakura lo guardò con sguardo colpevole. – E va bene…

Sasuke sospirò, osservandola sistemare le bende nuove che le stava porgendo sul tavolino di fianco a sé con tocco esperto.

Lei con quelle mani screpolate dall’alcool stava salvando vite; il prossimo luogo che avrebbero visitato era invece dove la pelle delle sue mani si era rovinata per affinare la sua tecnica offensiva col fulmine e con la spada in nome della vendetta.

C’era un’infinità a dividerli, e dentro di sé sentì i primi venti di tempesta ululare.

 

***

 

Quando Sakura finì il suo dovere in quel villaggio fece in modo di lasciare una scorta di medicinali preparati da lei e Sasuke al capovillaggio: non c’erano persone in grado di impastare il chakra quindi non poteva insegnare come curare le piaghe lasciate dalla malattia, ma almeno con quelli sarebbero riusciti a resistere fino a quando un medico avesse attraversato la città di nuovo.

Raggiunto l’ingresso del covo di Orochimaru, però, l’atmosfera cambiò completamente. Il luogo era come sempre sotterraneo, come si confà ad un serpente. Yamato confermò che all’interno c’era Orochimaru con i vari membri di Taka – Suigetsu, Jugo e Karin – e li lasciò passare senza ulteriori commenti.

- Sasuke-kun, ultimamente vieni a trovarmi spesso – commentò mellifluo Orochimaru. Nonostante tutto, Sakura pensò di scorgere una certa gioia genuina nell’espressione del ninja leggendario.

- È dettato dalla necessità.

- Questa volta è con te la tua vecchia amica?

Orochimaru lanciò un’occhiata a Sakura, che rimase impassibile, le labbra piegate in un’espressione severa.

- Anche nell’atteggiamento somiglia a Tsunade. Affascinante.

- Cosa sai delle tecniche di sigillo degli Uzumaki?

L’uomo li guardò dalla sua sedia: ormai non si stupiva più che Sasuke arrivasse non annunciato nel suo covo a chiedere cose in tono imperioso.

- Cosa avrò sbagliato con te? Potresti almeno salutare il tuo maestro prima di fare domande.

- Orochimaru…

- E va bene – sospirò – I jutsu di sigillo migliori che il mondo ninja abbia mai creato, così potenti da poter sigillare dei mostri di chakra nel corpo umano. Dati i passati del villaggio della Foglia con gli Uzumaki, Konoha li conosce già tutti.

- Ce ne dev’essere uno che non è mai stato trasmesso.

- Ah, capisco. Ecco perché sei venuto tu.

Sasuke si accigliò e Orochimaru ridacchiò.

- Dev’essere un jutsu proibito. Uno di quelli che solo noi armi segrete di Konoha possiamo trovare e usare.

Armi segrete? Sakura non capiva. Si voltò verso Sasuke, ma il suo sguardo era duro come pietra.

- Tu sei un collezionista di jutsu. Mi stupisce non abbia informazioni a riguardo.

- Non sottovalutarmi – rispose Orochimaru accigliandosi a sua volta. – So che jutsu cerchi. Una mia diretta subordinata è una Uzumaki.

Sakura intuì che si riferisse a Karin: quando l’aveva curata non sapeva chi fosse, ma dopo aver scoperto che era stata colei che con Orochimaru aveva salvato la vita a Lady Tsunade durante la guerra, le era stato spiegato chi fosse e perché avesse quello strano potere curativo.

- Ti darò degli indizi, Sasuke-kun, in onore dei vecchi tempi. Ma nulla di più. Dimostrami cosa sai fare.

Con quell’ultima frase lasciò lo studio andando a richiamare Karin dal laboratorio.

- Cosa intendeva dire? – chiese Sakura perplessa. Tutto sommato le era sembrato che Orochimaru fosse effettivamente una persona controllata, addirittura disponibile ad aiutare Sasuke. Considerati i precedenti dell’uomo, aveva pensato che il loro incontro sarebbe andato molto peggio, ma non solo Sasuke era già stato lì di recente, Orochimaru li avrebbe addirittura aiutati. Sasuke, però, rimase ad osservare il vuoto senza risponderle.

Nei suoi occhi non riusciva più a percepire il calore che aveva visto nei giorni precedenti.

- Sasuke-kun…?

Il ragazzo si voltò a guardarla come se si fosse dimenticato che fosse lì con lui. Prima che Sakura potesse dar voce ai suoi dubbi, la porta si spalancò.

- Sasukeee!

- Karin.

La ragazza fece per lanciarsi su Sasuke come al suo solito quando vide Sakura.

- Sakura, giusto?

- È un piacere rivederti, Karin.

Karin sorrise debolmente: non sapeva perché stessero viaggiando insieme, ma i sentimenti di Sakura per Sasuke le erano parsi cristallini fin da quando l’aveva vista piangere. Chissà se Sasuke aveva deciso di ricambiarla? Ad ogni modo, aveva deciso che non era un buon motivo per odiare la persona che dopotutto le aveva salvato la vita.

- Anche per me.

- Spero avremo modo di parlare.

- Certo.

- Sono lieto di vedere che andate d’amore e d’accordo – interruppe Orochimaru – Ma Sasuke-kun qui ha una domanda per te, Karin.

- Cerchiamo una tecnica di sigillo degli Uzumaki ritenuta perduta da decenni. Ne sai qualcosa?

- Una tecnica di sigillo perduta…?

Karin rifletté per un po’ scavando nella memoria prima di proseguire.

- C’è una tecnica conosciuta per essere stata creata e mai usata.

- Potrebbe essere quella che cerchiamo – disse Sakura – Che tecnica?

- Permette di sigillare la forza vitale in oggetti.

- Non mi sembra una tecnica rara – commentò Sasuke.

- Si parla di forza vitale umana, e questa permette di utilizzare l’energia intrappolata. Le tecniche di sigillo normalmente rinchiudono e impediscono alla forza di fuoriuscire, mentre con questa il ninja che la usa può controllare l’energia dall’esterno e usarla a piacimento. In base a come viene usata può creare degli abomini.

- Tipo?

- Tipo… Mettiamo che la usi su di te, Sasuke, e ti rinchiuda dentro Kusanagi. Nell’usare la spada, potrei richiamarti e avrei accesso a tutto il tuo chakra, jutsu, poteri oculari. Un po’ come il tuo contratto con Manda o Garuda. E alla fine ti rinchiuderei dentro la spada: saresti intrappolato lì dentro, anima e chakra, per sempre.

- Se una tecnica del genere venisse utilizzata su delle persone… - iniziò Sakura.

- È vita eterna, ma rinchiuso dentro un oggetto e al servizio della persona che ti rinchiude, o di chiunque erediti quell’oggetto – commentò Orochimaru.

- È una maledizione estrema, ed è il motivo per cui non è mai stata usata – confermò Karin.

- È agghiacciante – sussurrò Sakura.

- Una tecnica del genere avrà sicuramente dei costi enormi – commentò Sasuke.

- Non saprei. È una leggenda, dopotutto.

- Esiste un jutsu per scioglierla?

Karin sollevò le spalle. – Non essendo mai stata usata per le implicazioni morali, probabilmente nessuno ha mai pensato a creare la contro-tecnica.

Sasuke si rabbuiò: come Izanami, la tecnica oculare degli Uchiha, nata solo quando il clan aveva iniziato ad abusare di Izanagi. Si chiese perché il villaggio della Foglia fosse interessato ad un jutsu simile.

- E dove si trova?

Karin guardò Sasuke e poi Orochimaru.

- Non ne ho idea. Ma è una storia antica, e mia madre accennava al fatto che di solito i jutsu più complessi e pericolosi erano nascosti in zone sacre del villaggio.

Sasuke si voltò di nuovo verso Orochimaru.

- L’hai trovata?

- Chissà? Ne ho collezionate così tante…

Sasuke aggrottò le sopracciglia e l’uomo sorrise.

- Controllerò la mia collezione di jutsu e ti dirò se ho qualcosa per te, Sasuke-kun. Nel frattempo potete restare qui.

- Non siamo venuti in vacanza. Quanto ci metterai?

- Qualche giorno.

Il ragazzo non sembrava estasiato dal dover restare in quel covo più di qualche ora, ma non avendo alternative, accettò di buon grado. Perplessa da quella conversazione e dall’atteggiamento improvvisamente scontroso di Sasuke, Sakura rimase a guardare, scambiando uno sguardo interrogativo con Karin.

 

***

 

Sakura ricordava il viso di quell’uomo – Sasuke l’aveva chiamato Jugo – e ricordava anche di averlo visto sul campo di battaglia durante la guerra. Sasuke le aveva brevemente spiegato che era l’originale del marchio maledetto e che veniva colto periodicamente da spasmodici attacchi di omicidio, ma più Sakura lo vedeva parlare con i pettirossi e muoversi silenzioso dentro il covo, meno riusciva a capire. La sua curiosità da ricercatrice scientifica aveva vinto e gli aveva rivolto la parola, scoprendo che aveva davvero un’indole quieta. Si era fatta spiegare bene il suo passato, come fosse andato da Orochimaru per curare i suoi istinti omicidi, e come Sasuke fosse uno delle poche persone capaci di calmarli senza rinchiuderlo in una stanza.

In quei giorni dentro il covo, lei e Sasuke non si erano visti molto; tra i due, spendeva molto più tempo con Jugo e Karin.

- Sasuke sembra ancora inquieto. – commentò l’uomo un giorno. Sakura annuì leggermente.

- Sembra abbia degli incubi, ma non me li vuole raccontare.

Jugo la guardò, indeciso su cosa dirle, prima di ricordare le parole di Karin.

- L’ultima volta che Sasuke è venuto qui, Karin ha detto che sta volontariamente lontano da Konoha per allontanare le minacce che vogliono i suoi occhi. Se si sparge la voce che Uchiha Sasuke non è mai al villaggio, Konoha non verrà presa di mira. Karin è una ninja sensitiva e riesce a capire le persone dal chakra, quindi immagino abbia percepito qualche cambiamento nel chakra di Sasuke.

- I suoi occhi…?

A Sakura tornò in mente quello che Kido le aveva detto.

- Jugo… tu cosa sai dello Sharingan?

Jugo la guardò perplesso, al che Sakura proseguì.

- Qualche mese fa un uomo di nome Kido puntava allo Sharingan di Sasuke. Mi ha rapita, dicendo che mi voleva uccidere davanti ai suoi occhi per renderli migliori.

Jugo annuì.

- Il Secondo Hokage ha detto una cosa simile durante la Guerra.

- Allora… è vero? Lo Sharingan è una reazione all’odio?

Questa volta Jugo scosse la testa di lato.

- No, parlava di amore.

Sakura sembrò sorpresa, e Jugo si chiese quanto sapesse di quella storia.

- Ha chiamato lo Sharingan “gli occhi che riflettono il cuore”.

Era una definizione che Sakura non aveva mai sentito. Lo Sharingan, così come il Byakugan, sono sempre stati considerati armi di alto livello, non… specchi di sentimenti. Sia gli Uchiha che gli Hyuga sono famosi per essere clan letali e potenti; nel caso siano anche amorevoli, stanno ben attenti ad esserlo solo dietro le porte chiuse delle loro case.

- Che cosa intendeva dire?

- Diceva che di natura gli Uchiha provano profondo amore. Una volta conosciuti questi forti sentimenti, il loro potere è inarrestabile. È per questo che quando gli viene strappato via, quel profondo amore si trasforma in profondo dolore e disperazione, che alla fine mutano in odio e vendetta. La perdita degli affetti e la delusione per la propria incompetenza rilasciano un chakra speciale che agisce sui nervi oculari.

- Dal dolore e dalla disperazione…?

Sakura trattenne il respiro. Solo pensare che Kido avesse pianificato di usare lei, una vecchia amica di Sasuke, e la sua morte per obbligare Sasuke a soffrire e poi odiare se stesso per potenziare lo Sharingan le dava la nausea.

- È per questo che il Secondo Hokage riteneva che la Maledizione dell’Odio degli Uchiha fosse dovuta al fatto che molti di loro siano di natura sensibile, rendendoli più esposti alle forti emozioni e moltiplicando il rischio di cadere nelle tenebre. E per questo gli Uchiha per generazioni hanno imparato a sopprimere qualsiasi sentimento.

- Sasuke-kun… lo sapeva?

- Dalla sua reazione, non penso sapesse tutto.

La freddezza del Sasuke adolescente iniziava ad avere senso: era naturalmente programmato a cercare di sopprimere i propri sentimenti e a tenere le distanze con le persone. Ed è vero che, se ripercorreva gli eventi del passato, riconosceva come la forza di Sasuke aumentasse man mano che qualcosa o qualcuno lo scuoteva in modo positivo o negativo: il Team 7, Gaara, Itachi…

Un’idea bizzarra le si pose davanti agli occhi: non era che anche quell’atteggiamento insolito che Sasuke dimostrava nei suoi confronti, quel cercare di voler dimostrare e accettare affetto per poi ripensarci e isolarsi di nuovo, fosse per paura di ricadere di nuovo nella voragine delle tenebre?

No, forse c’era anche quello, ma non era sicura fosse il motivo principale. Sembrava qualcosa di diverso.

Forse non voleva obbligare le persone intorno a lui – o dopo di lui – a dover vivere la Maledizione dell’Odio, solo per il fatto di essere legati agli Uchiha o di condividerne il sangue? A dover subire traumi per sviluppare lo Sharingan?

Sasuke stava seriamente giocando con l’idea di sacrificare la propria felicità personale per evitare che qualcun altro dovesse soffrire per diventare più forte?

Sakura si sentì improvvisamente stupida: pensava di aver capito il tormento di Sasuke, in realtà non sapeva assolutamente nulla.

Jugo vide Sakura tormentarsi i guanti in preda ad un conflitto interiore.

- Se vuoi saperne di più, dovresti chiederglielo direttamente.

La ragazza continuò a tenere lo sguardo basso. – Sì… penso lo farò. Grazie, Jugo.

Ma nonostante avesse detto così a Jugo, Sakura non era sicura sarebbe riuscita ad affrontare Sasuke su come avesse ottenuto il Mangekyo o anche solo sui suoi incubi. Soprattutto in quei giorni. Da quando avevano messo piede nel covo di Orochimaru il ragazzo sembrava nervoso: la ragazza non pensava fosse dovuto direttamente al ninja leggendario, né agli altri del Team Taka. Che avesse detto o fatto qualcosa lei stessa? Eppure non ricordava niente che potesse danneggiare l’umore di Sasuke.

 

***

 

Sasuke si sentiva irrequieto in quel covo. Non era Orochimaru il problema: odiava i metodi che usava per ottenere i suoi fini, ma era pur sempre uno dei tre ninja leggendari ed era stato il suo maestro. Non aveva il rapporto che Sakura aveva con Tsunade o Naruto con Jiraya, ma gli doveva buona parte della sua forza e del suo addestramento, oltre ad avergli dato la possibilità di parlare con i vecchi Hokage, dando pace al suo animo tormentato. Inoltre era sempre molto collaborativo quando Sasuke andava a chiedergli aiuto per le missioni che Konoha gli affidava: si era chiesto se magari Orochimaru non avesse effettivamente iniziato a considerarlo a sua volta un suo discepolo e non una semplice cavia o subordinato, e questo fosse il motivo per cui era l’unico a cui dava volentieri una mano.

No, il motivo della sua irrequietezza era un altro.

Essere in quel luogo gli ricordava dolorosamente il suo ruolo nella società shinobi: grazie al suo passato si era trasformato in una creatura a metà tra il bene e il male. Anche Orochimaru gliel’aveva detto l’ultima volta che lo aveva incontrato per la questione clan Chinoike.

 

“Io e te siamo le loro armi speciali, l’assicurazione da sfruttare quando succede qualcosa che non si può contrastare con il buon senso.”

“Assicurazione?”

“Ogni epoca ha le sue pecore nere e in quei casi servono forze inumane come noi. Ci sono cose che non possono essere protette solo seguendo le regole. Per questo è meglio domarci per tempo, in modo che ci sia profitto per entrambe le parti”.

 

In quegli anni aveva cercato di redimersi, e l’aveva fatto. Però come diceva Orochimaru, il modo con cui poteva contribuire alla protezione di Konoha era quello di essere un’ombra, la lunga mano nera che agisce di nascosto in maniera non necessariamente legale. Fare il lavoro sporco per tenere la facciata del Villaggio pulita. Era la strada che aveva scelto anche Itachi. Questo implicava essere continuamente in viaggio e agire in luoghi e modi moralmente discutibili.

 

“Però probabilmente i tuoi amici non hanno mai considerato questo genere di strategia.”

“Lo penso anch’io”.

 

Anche se Naruto o Sakura non l’avrebbero mai costretto a trasformarsi nella versione eccessivamente losca di un Anbu, non cambiava il fatto che effettivamente fosse la strategia migliore per il villaggio.

Se n’era dimenticato.

Si pentì di nuovo di aver desiderato una vita normale con un lavoro normale e una famiglia normale al villaggio. Più di tutto si pentì di aver inserito nel progetto Sakura: lei aveva probabilmente un futuro come capo del dipartimento medico. Era un titolo che mal si sposava con quello di mezzo criminale che portava lui.

La cosa paradossale era che mentre lui si rendeva sempre più conto di come il suo passato e il suo sangue avessero danneggiato irreparabilmente il suo futuro, Sakura sembrava amalgamarsi bene con le persone del suo trascorso e la vedeva parlare spesso con Jugo e Karin; com’era tipico suo, spargeva gentilezza in giro. Forse oltre al passato che lo inseguiva e la consapevolezza di avere un futuro incompatibile con una quieta vita familiare, anche quel fatto lo urtava: o Sakura non si stava accorgendo delle implicazioni di stargli accanto, o non le importava. In entrambi i casi, non gli andava giù.  

Più ci pensava più si rendeva conto che erano diversi come la notte e il giorno.

A questo si aggiungeva il fatto che lui e Naruto potevano aver interrotto la maledizione di Indra e Ashura, ma non avevano bloccato il fatto che lo Sharingan si sviluppasse solo grazie a traumi psicologici, e non era una cosa che era pronto ad augurare a nessuno.

Forse portare agli antichi fasti il clan Uchiha significava in realtà farlo finire con grazia. Con se stesso.

Per liberarsi la mente da quei pensieri, Sasuke si era diretto verso l’ampia sala che aveva usato in passato per allenarsi: come previsto era vuota. Decise di seguire la sua vecchia routine: tutte le variazioni del Chidori e poi lancio dei kunai in volo.

L’elettricità gli solleticava la pelle mentre modificava la forma del chakra in spada, corrente e senbon elettrici in rapida sequenza più e più volte. Chiuse gli occhi e si concentrò esclusivamente sulla sensazione del chakra che gli copriva il corpo e continuò a giocare con la forma: provò a modificarlo in lancia, in arco e freccia, a concentrarlo sulla parte inferiore del corpo, poi superiore, poi rilasciarlo con violenza tutto intorno a sé.

Ancora ad occhi chiusi si rese conto che non era più solo nella stanza.

- Sakura.

La ragazza sobbalzò leggermente all’essere chiamata: era sicura di aver soppresso completamente il chakra quando era entrata, ma evidentemente mentre Sasuke si stava concentrando sul proprio, la sua sensibilità ad influenze esterne era amplificata.

- Non volevo disturbarti.

- Cosa vuoi?

- Mi chiedevo… magari potremmo allenarci di nuovo insieme.

- No.

La risposta di Sasuke era tagliente come il Chidori che lo avvolgeva e non ammetteva repliche. Sakura non ricordava di aver mai sentito quel tono negli ultimi mesi.

- V-Va bene…

La ragazza era rapita dalla velocità con cui Sasuke stava facendo cambiare forma al proprio chakra: l’elettricità intorno al suo corpo era maestosa e potente, di un colore blu e viola intensi. Lei era una professionista del controllo del chakra, ma quel genere di manipolazione della forma del chakra era uno spettacolo per gli occhi.

- Sei ancora qui?

Sasuke aprì gli occhi e agganciò il proprio Sharingan agli occhi di Sakura: a quella vista la ragazza capì che non era decisamente il momento adatto per parlare con lui. Vedeva la tempesta in piena forza davanti lei, e non era stata Sakura a dire che il marinaio esperto sa quando allontanarsi dal mare in tempesta? Chinò il capo e fece per andarsene, accompagnata dal suono di mille falchi stridenti dietro di lei. Quando arrivò alla porta si fermò, un pensiero le attraversò la mente. Qualcosa in quello sguardo non le era piaciuto: vi aveva letto astio, e sembrava diretto a lei. Perché?

Aveva deciso che avrebbe fatto capire a Sasuke che poteva fidarsi di lei, ed era stanca di essere continuamente messa all’oscuro di quello che provava.

- No, Sasuke-kun. – disse imperiosamente, girandosi.

Sasuke la stava ancora osservando, Sharingan e Chidori attivi. Incuteva soggezione.

- “No” cosa?

- Non vado via. Spiegami cosa c’è che non va.

- Non c’è nulla che non va. Voglio allenarmi da solo.

- È da quando siamo arrivati qui che mi eviti. Cosa c’è?

Sasuke ritirò il Chidori Nagashi ma lasciò attivo lo Sharingan.

- Siamo qui per una missione, ho parlato con Orochimaru e i membri del mio vecchio team. Devo farti rapporto?

- Perché ce l’hai con me?

- Non ce l’ho...

- Smettila di sottovalutarmi.

Sakura lo interruppe e si avvicinò al ragazzo che ancora la fissava.

- Fino a qualche giorno fa sorridevi agli abitanti del villaggio. Da quando sei qui sei scontroso.

- Non sei mai stata qua. Non sai nulla di come mi comporto con loro.

- Ho sentito abbastanza da capire che l’altra volta non ti sei comportato così. L’unica differenza è la mia presenza. Perché ti dà fastidio che sia qui?

Sasuke aggrottò le sopracciglia in un cipiglio minaccioso.

- Non pensare di essere al centro del mondo. Non riguarda te.

- Menti.

Questa volta era il tono di Sakura a non ammettere repliche. Il fatto che Sasuke fosse così violento nella scelta di parole era l’ultima prova che le serviva per capire che il problema era veramente lei: era il suo modo di allontanare le persone.

- Non mi spieghi che incubi hai e non mi lasci aiutarti nonostante sia un medico. Mi dici che vuoi cambiare, e poi appena arriviamo in un posto del tuo passato ti chiudi a riccio.

Sakura fece un respiro profondo e dando fondo a tutto il suo coraggio, decise di mettere tutte le carte sul tavolo.

- Prima sembra tu mi voglia nella tua vita, ma poi mi lasci al villaggio. Iniziamo a viaggiare insieme, ma continui a tenermi lontana. Che cosa vuoi da me?

Gli occhi di Sasuke si spalancarono per un istante prima di accigliarsi di nuovo.

- Sai che cosa provo per te. Te l’ho detto mille volte. Ma cosa provi tu?

Sasuke strinse i denti: anche se lo sapeva dolorosamente bene, non voleva rispondere a quella domanda.

- Se pensi ancora di non avere motivo di amarmi, dimmelo qui e giuro che questa sarà l’ultima missione che faremo insieme. Una volta tornati a Konoha, non ti rincorrerò più.

Solo all’idea di una Sakura che non gli rivolgeva più la parola, il cuore di Sasuke fece un balzo. Per la prima volta si rese conto che i suoi fardelli emotivi rischiavano davvero non solo di mandare all’aria quei piccoli  passi che aveva fatto in quel periodo, ma anche di fare l’unica cosa che Naruto gli aveva detto di non fare: farla soffrire.

- Ma se… - la voce di Sakura tremò leggermente per la prima volta in quel discorso, come se temesse di mettere a parole i suoi pensieri – Se invece adesso c’è posto per me nel tuo cuore, ma per qualche motivo c’è ancora un ostacolo, dimmi cos’è.

Sasuke rimase testardamente in silenzio e Sakura iniziò ad irritarsi.

- È la Maledizione dell’Odio? È tuo fratello? È il tuo passato da ninja fuggitivo?

- Non sai di cosa stai parlando – sibilò Sasuke in quello che suonava terribilmente come un avvertimento.

- Allora dimmelo tu, perché io da sola non ci posso arrivare.

- Parlarne non cambierebbe né i fatti né le loro conseguenze.

- Ma mi aiuterebbe a capirti.

- E a cosa ti servirebbe capire?

In uno scatto di rabbia Sakura afferrò la maglia di Sasuke.

- Smettila di evitare l’argomento ripetendo le stesse cose! Smettila di trattarmi come se fossi ancora la tua debole compagna di team. Ho le spalle abbastanza larghe per sopportare qualsiasi peso tu ti stia portando addosso.

- È questo che non capisci, Sakura. Non ho nessuna intenzione di dividere nessun peso con nessuno.

La voce di Sasuke era calma e fredda, come se stesse solo enunciando verità assolute. Sakura si rese conto che la sua ipotesi formulata dopo aver parlato con Jugo era corretta. Sentiva sempre di più l’istinto di prenderlo a pugni, lui e il suo atteggiamento da martire: adesso capiva perché Naruto l’aveva pestato.

- Perché ti ostini così tanto?

Sasuke le afferrò il polso che gli teneva ancora la maglia; il braccio di Sakura era sottile sotto la sua mano. Strinse appena le dita per far sì che lo lasciasse, ma la presa di Sakura era ferrea.

- Te l’ho già detto, i miei peccati non ti riguardano.

- L’ultima volta che hai deciso di fare tutto da solo sei finito in un tunnel di vendetta. Io posso aiutarti ad evitarlo, lasciamelo fare!

- Non puoi evitarlo, è nel mio sangue!

- Dov’è finito il Sasuke che prende la sua vita a due mani e parte per un viaggio di redenzione? Persino il Sasuke che lascia il villaggio per cercare il potere era meno codardo di quello che ho davanti a me adesso.

- Siamo troppo diversi. Non puoi capire perché agisco così!

- Allora spiegamelo! – gridò lei tirandogli di nuovo la maglia e avvicinandolo a sé come conseguenza.

- Non cambierebbe nulla!

- Sei un bambino! Perché no!?

D’impulso, Sasuke chiuse i pochi centimetri che li separavano e le sue labbra si scontrarono con quelle di Sakura. In quello che era il primo bacio che condividevano c’era troppa rabbia e troppi sentimenti feriti da entrambe le parti per rappresentare di più di quello che era: la totale e assoluta confusione che viveva nel cuore di entrambi da mesi – anzi, anni.

- Ecco perché – disse in un sussurro.

Perché aveva capito che era innamorato di quella ragazza.

E non sapeva se fosse il sangue degli Uchiha che reagiva a questo fatto, ma solo l’idea di non poterla rendere felice lo portava ad odiarsi.

Lasciò andare il polso di Sakura, la cui mano aveva finalmente perso la presa sulla maglia nera, e abbandonò l’arena di allenamento senza aggiungere altro, lasciandola ancora sotto shock a sfiorarsi le labbra con le dita.

 











Nota dell'autrice

È con un po' di emozione che posto questo capitolo, perché è dove finalmente le carte vengono scoperte e mi rendo conto sia un'evoluzione che può piacere come no... datemi fiducia ^^;
Penso che Sakura sia sì innamorata, ma sia anche una donna forte che ha imparato a lottare per quello che vuole; dalla sua, Sasuke ha conosciuto più traumi che amore nella sua vita ed agisce più che parlare. Non bastano 2 anni di viaggio di redenzione per affrontare un PTSD come il suo.
Ma ovviamente non è finita. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Fiamma ***


Capitolo 6 – Fiamma

 

Sakura non sapeva se avesse fatto bene a spingere Sasuke all’angolo in quel modo, né sapeva se quel discorso avesse migliorato o peggiorato la situazione. L’unica cosa di cui era sicura era che se Sasuke pensava di impedirle di rovistare più a fondo nei suoi sentimenti, aveva scelto il metodo sbagliato per dissuaderla.

Almeno questo era quello che si diceva.

In realtà non aveva più visto il ragazzo per il resto del giorno, né il giorno successivo. Quando aveva provato a chiedere a Karin se sapeva dove fosse finito, lei aveva scrollato le spalle.

- Non ha detto nulla a nessuno, ma non lo percepisco dentro il covo.

Sakura sbarrò gli occhi temendo fosse partito per il resto della missione lasciandola indietro di nuovo. Intuendo il pensiero della ragazza, Karin si affrettò ad aggiungere: – Ma è ancora in zona, riesco ancora a sentirlo. Non si sta allontanando.

Sakura fece vagare lo sguardo, triste.

- È colpa mia – disse mogia.

Karin la guardò interrogativamente.

- È successo qualcosa?

Sakura non sapeva bene cosa e quanto dire a Karin. Era la sua ex compagna di team, come lei, e sempre come lei era palesemente innamorata di Sasuke.

Karin sembrò vedere il dubbio dentro gli occhi di Sakura.

- Ti va un tè?

Sakura sbatté le palpebre: Karin le stava sorridendo. Si lasciò condurre in quella che era una stanza nella parte profonda del covo: sembrava un piccolo salottino con un tavolo e due divani.

- Qui non ci disturberà nessuno – disse lei facendola accomodare. Quando si sedette, chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di inseguire il chakra di Sasuke.

- Il chakra di Sasuke è agitato, ma non sembra nulla di preoccupante. Ho visto di peggio – sentenziò aprendo di nuovo gli occhi.

Allo sguardo ancora interrogativo di Sakura, Karin spiegò: - Al ponte, quando Sasuke ha trafitto me e quasi ucciso te… quel giorno il suo chakra era freddo e spietato. Penso sia il punto più basso che gli ho visto raggiungere.

- Ah, quel giorno – ricordò Sakura – Anch’io non l’avevo mai visto così.

- Considerato che quando ha formato il Team Taka ci aveva dato ordine di non uccidere nessuno, vederlo pronto ad uccidere noi due è stato uno shock!

Karin lo disse con un tono leggero, ma Sakura capiva il vero sentimento dietro quelle parole… perché era lo stesso sentimento di profondo tradimento che aveva sentito anche lei quel giorno. Tuttavia non sapeva che fino a quel momento Sasuke avesse dato ordine di non uccidere nessuno. Al villaggio pensavano tutti che fosse sempre stato irrecuperabile, invece Sasuke era rimasto dalla parte giusta – almeno fino a quel momento.

Karin continuò la sua riflessione.

- In questi giorni è sempre stato agitato, ma c’è una punta di calore che non ricordo di avergli visto negli ultimi anni.

Karin guardò Sakura e fece un sorriso malinconico.

- Mi piacerebbe prendermene il merito, ma sono abbastanza realista da capire chi dobbiamo ringraziare.

- Per la confusione, sicuramente. Ieri… gli ho detto cose che non voleva sentire, e l’ho fatto arrabbiare.

Karin emise un suono pensieroso a labbra chiuse e prese la tazza di tè dal tavolo. Ci guardò dentro, riflettendo, prima di berne un sorso.

- Karin – chiese Sakura, indecisa su come porre la domanda – Da cosa nascono i tuoi sentimenti per Sasuke?

La ragazza rossa sgranò gli occhi, pronta a negare come faceva sempre, ma richiuse la bocca in un sorriso.

- Il chakra rivela molte informazioni della persona. Anche quello del tuo amico, Naruto, è affascinante: caloroso, confortevole, amichevole… fa venire voglia di fidarsi ciecamente.

Sakura la stava a guardare in silenzio bevendo il suo tè. Karin continuò.

- Anche il tuo mi piace molto: è amorevole, ma sicuro. Vedo chiaramente la tua voglia di aiutare il prossimo. Adesso capisco perché siete considerati i nuovi tre ninja leggendari: i vostri chakra sono diversi, ma simili.

Karin appoggiò la tazza sul tavolo e Sakura la imitò.

- La prima volta che ho visto il chakra di Sasuke nella foresta della morte ne sono rimasta abbagliata: era deciso, ma gentile. Probabilmente… volevo percepire di più quella gentilezza.

Sakura annuì: nei giorni precedenti aveva scoperto che Karin aveva partecipato allo stesso loro esame chunin e in quello Sasuke l’aveva protetta da un attacco. Era stata quella la prima volta che si erano incontrati, ma Sasuke non sembrava ricordarsene.

Karin smise di parlare e guardò in lontananza.

- Grazie, Karin.

- Di cosa?

Sakura sorrise gentilmente. – Di esserti presa cura di Sasuke in quel periodo.

Karin si voltò a guardarla e si agitò. – M-Ma cosa dici… n-n-non ho fatto nulla, lo s-seguivo e basta, ho fatto il l-lavoro p-per cui mi aveva s-scelto…

Sakura rise alla sua reazione: i suoi scatti umorali le ricordavano un po’ Naruto – probabilmente un tratto Uzumaki – e come si agitava intorno a Sasuke le ricordava un po’ la se stessa del passato.

- Il Sasuke di quel periodo era deciso a tagliare i legami con chiunque e affrontare Itachi da solo, però ha scelto di portarsi qualcuno con sé. Probabilmente se fosse stato completamente solo, sarebbe impazzito, forse morto, molto prima. Quindi devo ringraziare il Team Taka… e anche te, Karin.

Sakura chinò il capo di lato. – Io non sono un ninja sensitivo, ma sento che anche tu sei una persona che vuole il bene del prossimo, soprattutto quello di Sasuke. Sono sicura che anche lui ora riesce a vederlo, anche se non lo dirà mai a parole.

Karin rimase a bocca aperta: quella ragazza la stava veramente ringraziando per ronzare continuamente intorno a Sasuke? Non dovrebbero essere rivali? La ragazza ricordò quando l’aveva vista piangere mentre la curava sul ponte, ferita dalla spada di fulmine di Sasuke.

- Mi piacerebbe rimanessimo amiche dopo aver lasciato il covo – disse Sakura.

- Amica, con me?

Sakura annuì sorridente. Karin appoggiò il viso sul pugno, pensierosa.

- Adesso capisco…

- Capisci cosa?

Karin scosse la testa e sorrise a sua volta.

- No, niente.

La ragazza assunse un atteggiamento fiero e incrociò le braccia.

- Certo, diventare amica di quella che dovrebbe essere la mia rivale…

Sakura arrossì imbarazzata e si grattò la guancia. Lo sguardo di Karin si addolcì: se c’era una persona che avrebbe potuto far sì che Sasuke tornasse a sorridere dal cuore, probabilmente era la ragazza che aveva davanti. E, oggettivamente, anche lei sentiva che avrebbero potuto diventare amiche.

- Ma non mi dispiaci. Il tuo chakra è sicuramente migliore di quello di Suigetsu. E poi, anche noi donne abbiamo il nostro genere speciale di amicizia, o sbaglio?

 

***

 

Sasuke tornò al covo giusto quando Orochimaru aveva concluso le sue ricerche.

- La tecnica che ricorda Karin è probabilmente quella che state cercando: nella mia documentazione risulta come Tecnica del Sigillo Inanimato. È solo segnata nella lista e non ho nessuna informazione a riguardo. Dopotutto a me interessavano le tecniche per tenere o riportare in vita gli esseri viventi, non per sigillarli in oggetti. Tuttavia…

- Tuttavia?

- È una tecnica interessante, ha senso che sia stata nascosta così bene. Come concetto ricorda un po’ quell’albero che Madara Uchiha ha usato per lo Tsukuyomi infinito, con la differenza che l’albero è comunque un essere vivente.

Orochimaru sembrava affascinato da tutto quello e Sakura sentì un brivido passarle lungo la schiena. Come se l’uomo avesse notato la sua reazione, sorrise e continuò.

- C’è solo una zona dell’isola che non ho perlustrato all’epoca ed è a Sud-Est. Se è stata nascosta da qualche parte come dice Karin e io non l’ho trovata in tutti questi anni, dev’essere lì.

- Sono informazioni più che sufficienti. Partiremo domattina.

Senza aggiungere altro, Sasuke uscì dalla stanza, lasciando Orochimaru e Karin vagamente perplessi. Orochimaru spostò lo sguardo su Sakura: aveva visto Sasuke agire in modo inaspettato durante la ricerca del clan Chinoike, agendo per il bene di altri e combattendo per liberare persone che non aveva nemmeno mai visto. Che però ignorasse in maniera così eclatante la sua compagna di missione dissonava con quello che aveva visto.

Sakura notò lo sguardo di Orochimaru, ma non sapeva bene come reagire.

- Ah… grazie – disse semplicemente, non trovando idee migliori.

Fece per uscire anche lei dalla stanza quando Karin la fermò.

- Tieni. Un regalo.

Karin le stava porgendo una foto del Team Taka. Sakura la guardò con un misto di sorpresa e riconoscenza, e Karin arrossì, aggiustandosi gli occhiali.

- Dubito che Sasuke abbia ancora la sua copia, quindi ne ho fatta una. Tienila tu o la perderà di nuovo.

Ovviamente quella copia non era mai stata per Sasuke, ma per Sakura: un piccolo gesto per la sua nuova amica che l’aveva ringraziata nonostante non avesse fatto nulla. Sakura aveva capito il messaggio implicito e sorrise.

- Probabile. La custodirò io. Grazie, Karin.

La ragazza sorrise a sua volta. – In bocca al lupo.

Sakura alzò il pugno chiuso con un gesto sicuro.

- Quando puoi passa a Konoha. C’è un’ottima sala da tè che vorrei farti provare.

 

***

 

Sasuke non parlò molto durante il loro viaggio dal covo di Orochimaru fino all’isola Uzushio, tuttavia forse perché aveva sbollito qualsiasi sentimento che aveva in corpo prima della partenza non era del tutto inavvicinabile. Sfruttando quella neutralità Sakura aveva chiesto di passare per i vari villaggi di civili che si trovavano sulla strada e fermarsi un paio di giorni in ognuno per offrire alcune cure mediche; Sasuke aveva accettato, sapendo che anche se si fosse imposto di dare la precedenza alla missione, avrebbe comunque insistito.

- Lo spiegherò io all’Hokage – si offrì Sakura, e Sasuke fece solo un cenno del capo.

Sakura evitò di toccare l’argomento dell’arena di battaglia, e Sasuke fece altrettanto. Con il passare dei giorni il ragazzo cominciò a rispondere di nuovo a monosillabi, e accettò addirittura di fare delle sessioni di sparring.

Sakura sentiva che la tensione quando i loro corpi erano troppo vicini era ancora lì – forse anche più forte della prima volta – ma non appena se ne rendeva conto Sasuke entrava in modalità combattente e diventava chirurgicamente preciso nei suoi attacchi, evitando qualsiasi movimento che potesse riportarli a distanza ravvicinata.

Sakura si mordeva il labbro, ma decise di trattenersi: la sua reazione nel covo di Orochimaru le aveva dimostrato che sì, c’era posto nel suo cuore per lei. Obbligarlo a parlare dei suoi problemi prima del tempo l’avrebbe solo portato ad allontanarla. Decise di attendere che fosse lui a fare pace con se stesso. Ora che stavano viaggiando insieme, lei sarebbe stata sempre lì.

 

***

 

Per raggiungere l’isola di Uzu dal Paese del Suono dovevano attraversare tutto il Paese delle Terme in lunghezza. Era inizio estate e viaggiare attraverso un Paese dall’aria perennemente tiepida rendeva le notti all’aperto piacevoli, tranne con la pioggia: complice la particolare conformazione del terreno, in base a quanto fossero vicini alla sorgente principale la pioggia in quella zona letteralmente scottava.

Per quel motivo avevano trovato rifugio in una caverna minuscola incavata dentro il dorso di una montagna in attesa che spiovesse, ma ormai continuava da ore.

- Sembra non voler finire.

- Mh.

- Data l’ora, dovremmo restare qui la notte.

- Mh.

La caverna era davvero piccola: c’era appena spazio per stendere le gambe e forse accendere un fuoco di emergenza. Probabilmente era stata scavata proprio per aspettare la fine dei temporali e non di più.

- Che sia da accendere il fuoco?

- Data la temperatura, non è indispensabile.

- Hai ragione.

Rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, poi sentì Sakura di fianco a lui cercare qualcosa nella sua borsa e tirarne fuori penna e blocco di fogli.

- Direi posso usare questo tempo per scrivere ad Ino.

Sasuke non rispose, lasciandola fare. Quando gli cadde casualmente l’occhio sui fogli, Sakura se ne accorse e li spostò: ovviamente non voleva che vedesse cose stava scrivendo all’amica. Non che gli interessasse sapere i contenuti, gli era davvero solo caduto l’occhio. Tornò a fissare fuori dalla caverna.

- Scusa.

- Girati.

- Come?

- Schiena a schiena.

Sul serio?!

- Non stavo… vabbè – disse seccato per l’insinuazione che stesse spiando la sua corrispondenza privata, girandosi nello spazio angusto. Ora erano schiena a schiena e gli unici suoni che arrivavano alle sue orecchie era la pioggia che batteva all’esterno e la penna che correva sul foglio. Non sapendo cos’altro fare, decise anche lui di tirare fuori il rotolo e fare un breve rapporto a Kakashi.

 

“Direzione Sud-Est. Una settimana a destinazione, due con fermate nei villaggi. Prossimo rapporto all’arrivo.”

 

In meno di un minuto aveva già finito. Sospirò: per richiamare il falco avrebbe dovuto aspettare la fine della pioggia, se non voleva bollire la povera creatura. Si guardò intorno, non sapendo cosa fare. Non era più abituato a non sentire Sakura parlargli continuamente, e in quelle settimane la ragazza aveva ridotto al minimo la conversazione.

Seduti lì ognuno a scrivere la propria corrispondenza, sentendo la presenza della ragazza appoggiata alla sua schiena, la sua mente tornò a vagare verso quell’angolo di cervello dove fantasticava sull’avere una vita normale. Anche questa poteva rientrare nella lista di azioni banali da cui traeva sollievo.

Forse non vederla in viso lo avrebbe aiutato a parlare.

- Sakura.

- Sì?

- Perché sei diventata ninja medico?

Sentì la penna di Sakura fermarsi, seguita da qualche secondo di silenzio.

- Volevo diventare più forte, e volevo essere utile. Lady Tsunade rappresenta quello che volevo diventare: con le stesse mani può distruggere montagne e salvare vite.

Sasuke si guardò la mano.

- Le mie mani possono solo distruggere.

- Hanno salvato il mondo.

- Quel sigillo era sul braccio che ho perso.

- Ma la mano destra ha sciolto lo Tsukuyomi infinito.

- Con Naruto.

- E hai aiutato centinaia, forse migliaia di persone in questi anni – continuò Sakura ignorando l’obiezione – Non ho visto paura negli occhi del vecchietto a cui hai aggiustato il carro ieri. O distruzione nel campo della famiglia della settimana scorsa che hai preparato per la semina usando le tecniche della Terra.

Sasuke rimase in silenzio, continuando a guardarsi la mano come se non gli appartenesse.

- Non conosco nessun altro modo di essere d’aiuto se non essere un’ombra.

La voce di Sasuke tradiva un sentimento che Sakura non riusciva ad identificare senza vederlo in viso, ma somigliava terribilmente a rimpianto. Piegò la lettera per Ino e si guardò le mani: erano rovinate da troppo disinfettante, ma era un minimo prezzo da pagare per salvare delle vite. Si chiese se Sasuke vedesse solo del sangue sulle sue, e non la riconoscenza delle vite che aveva salvato.

- Solo shinobi forti possono consegnare altri shinobi alla giustizia – disse lei.

Sasuke sussultò: quella era una frase che gli aveva detto molti anni prima Itachi. Sakura sentì il sussulto dietro di sé, ma non ne capì il motivo; decise di continuare.

- A volte agire nell’ombra è necessario. Non siamo tutti eroi come Naruto. Anche il mio lavoro è molto modesto.

- Ma salva vite.

Sakura ridacchiò. – Certo, ho curato organi e aiutato a partorire donne, ma ho anche amputato arti e ci sono state vite che non ho potuto salvare. Dal mio punto di vista, mani che impediscono che scoppino altre guerre sono altrettanto importanti.

- Indipendentemente dai modi?

Il silenzio che ne seguì rivelò a Sasuke che la ragazza ci stava riflettendo.

- È una domanda difficile.

Le labbra di Sasuke si piegarono in un sorriso malinconico e la mano gli ricadde sul fianco. Sakura continuò la sua riflessione.

- So che quello che ti muove è sempre e comunque un profondo senso di giustizia, che è quello che muove me nel mio lavoro. A me sembra che stiamo lavorando per lo stesso bene comune in modi diversi.

Sasuke la sentì muovere la testa di lato e dopo pochi secondi percepì la mano di Sakura raggiungere la sua.

- Non so cosa ti stia preoccupando, ma probabilmente non preoccupa me – concluse la ragazza, e Sasuke era sicuro ci fosse un tono leggero, quasi scherzoso nella sua voce.

No, evidentemente no.

 

***

 

Sakura si svegliò sentendo un movimento accanto a sé. Si mise a sedere di scatto, mani in posizione difensiva: erano ancora nella piccola grotta e aveva smesso di piovere. Si guardò intorno e si rese conto che era stato l’improvviso movimento del ragazzo accanto a lei a svegliarla.

Sasuke era seduto e ansimava: aveva gli occhi sbarrati e sudore gli imperlava la fronte.

- Sasuke-kun?

Il ragazzo si voltò verso di lei come se si fosse accorto solo in quel momento di non essere da solo. Gli era capitato di avere degli incubi mentre dormivano all’aperto, ma Sakura non si era svegliata – almeno non gli era sembrato. Forse perché questa volta erano più vicini del solito dentro la grotta, a quanto pare se n’era accorta.

- Scusa. Ti ho svegliata.

Non era una domanda, ma Sakura scosse comunque la testa.

- Va tutto bene?

- Nulla di cui preoccuparti.

- Un altro incubo?

Sasuke non rispose. Sakura provò a toccargli quello che restava del braccio sinistro, nella speranza di dargli qualche conforto, ma lo sentì sussultare sotto il suo tocco.

- Parlarne potrebbe aiutarti.

- No… non serve. Passerà.

Sasuke si passò la mano sugli occhi, cercando di cancellare dalla memoria le immagini che aveva appena visto con fin troppa chiarezza. Mentre teneva gli occhi chiusi sentì la mano di Sakura allontanarsi dal braccio e per un istante quella mancanza sembrò gettarlo ancora di più nello sconforto.

- Ecco, bevi. – la sentì dire, e quando scostò la mano vide che era inginocchiata di fianco a lui con la borraccia d’acqua. Ringraziò con un cenno del capo e prese l’acqua: non appena il liquido toccò le labbra si rese conto di quanto in realtà avesse sete.

Sakura restava lì, al suo fianco, ad osservarlo: seduta, le mani appoggiate in grembo, lo sguardo attento. La luce della luna che entrava dall’ingresso cadeva poco davanti a lei, lasciandole il viso in penombra, ma era sufficientemente vicina da poter riconoscere perfettamente tutti i suoi lineamenti. Non lo stava spingendo a parlarle se non voleva, ma tutto il suo linguaggio del corpo gli stava dicendo “se vuoi, sono qui”.

Per un istante indugiò sul suo viso. Era ancora scosso dall’incubo e il respiro stava solo adesso tornando alla normalità. Non sapeva da dove nascesse quella sicurezza, ma sentiva che se c’era una persona che poteva aiutarlo, quella era lei.

- Questa volta… era il giorno dello scontro con Itachi.

Sakura annuì, come per incitarlo ad andare avanti. “Questa volta” implicava che i sogni che lo tormentavano fossero molti. Solo il pensiero le strinse in cuore.

In uno strano moto di loquacità, Sasuke le raccontò il sogno, che combaciava con la realtà. Questa volta il suo subconscio non gli aveva mostrato un finale alternativo: era la pura, semplice verità. A metà racconto, Sakura gli aveva preso la mano. Al termine del racconto, stava piangendo. Sasuke era confuso e turbato da quella reazione.

- Perché stai piangendo…?

Sakura si asciugò le lacrime con un gesto della mano, ma queste continuavano comunque a sgorgare.

- Perché… vendicare il tuo clan è sempre stato il tuo obiettivo. E l’hai raggiunto. Ma hai dovuto uccidere con le tue mani tuo fratello, e… per quanto lo odiassi… era il tuo unico, amatissimo fratello. Dev’essere stato…

Sakura sembrava alla ricerca della parola giusta negli occhi di Sasuke.

- …doloroso.

La semplicità di quella parola lo travolse. Sakura non sapeva la verità su Itachi – conoscendo Kakashi e Naruto, non l’avrebbero mai rivelata senza esplicito consenso di Sasuke – e quel giorno al ponte era solo venuta a sapere che la storia era diversa da quello che veniva detto al villaggio. Quindi lei non poteva immaginare il senso di colpa che lo attanagliava per averlo considerato un criminale quando invece era un eroe; non poteva neanche sapere della disperazione che gli suscitava l’idea che il piano di Itachi fosse sempre stato morire davanti ai suoi occhi, per renderlo più forte, per proteggerlo da tutti, per rendere lui l’eroe di Konoha.

Agli occhi di Sakura, lui stava solo soffrendo per la perdita di un fratello.

Era semplicissimo, eppure riassumeva tutto.

Ricambiò la stretta della mano di Sakura con la sua. Il suo cuore era diviso tra il volerle raccontare tutto quanto e l’uscire da quella grotta e restare solo.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Sakura gli posò una mano sulla guancia, costringendolo a guardarla in viso. Alcune lacrime solitarie luccicavano ancora negli occhi verdi.

- Non devi affrontare tutto da solo.

Con un movimento lento, lasciò la mano del ragazzo e avvolse entrambe le braccia intorno alle sue spalle, abbracciandolo. Era un abbraccio confortevole e calmante; non lo stava stringendo troppo, eppure sentiva la sua forza inondarlo come onde del mare. Il ragazzo non si mosse, spiazzato.

- Lo so che hai detto che i tuoi peccati non mi riguardano. Non ho intenzione di forzarti a dire o fare cose dove non vuoi che io metta naso. Sarò al tuo fianco se e quando avrai bisogno di me.

Sakura sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi. Forse ancora scombussolato dall’incubo, negli occhi di Sasuke si rincorrevano sentimenti che non aveva mai visto: sincera incredulità, malinconia, rimpianto, gratitudine, forse affetto. La ragazza non capiva da dove arrivassero, ma era decisa ad accettarli tutti.

Perché aveva appena capito che amava profondamente quel ragazzo a pezzi che aveva davanti e che la guardava come un bambino sperduto. Aveva capito da un pezzo che quello che provava per Sasuke non era più un’infatuazione adolescenziale, ma non era mai riuscita a definire il momento e motivo per cui quei sentimenti si erano tramutati in qualcosa di così grande. Qualcuno l’aveva accusata di avere una sindrome da crocerossina; per un periodo, ci aveva creduto lei stessa. Adesso, però, mentre si specchiava in quegli occhi per la prima volta senza difese, le era chiaro: era quella fiamma che ardeva dentro di lui, quell’enorme ventaglio di intense emozioni che la attirava come una falena verso la luce. Nella vita di tutti i giorni era così bravo a dissimularle che chiunque sarebbe rimasto stupito al vederle adesso, ma lei le aveva sempre percepite, e vederle adesso prive di qualsiasi filtro era solo scoprire il finale del film dopo mille colpi di scena.

Ora che ne aveva visto la luce voleva toccare quella fiamma, sentirne il calore, alimentarla, unirla alla sua per creare una fiamma ancora più grande, feroce, inarrestabile, bellissima.

- Sakura…

Negli occhi che lo stavano fissando, Sasuke vedeva forza. Vedeva coraggio, compassione, decisione, pazienza. Non vedeva sacrificio o pena. Vedeva una donna matura, conscia di quello che poteva e non poteva fare. Forse vedeva anche paura, ma dello stesso tipo che provava lui: di non essere abbastanza per l’altra persona. Con un lampo, capì che quello che vedeva nei suoi occhi era il famoso amore di cui parlavano tutti, quello che non aveva bisogno di un motivo per esistere.

- Non posso – sussurrò, e sentì uno strano groppo in gola che gli strozzava le parole e minacciava di inumidirgli gli occhi.

- Perché?

- Perché meriti di meglio. Hai sempre meritato di meglio di me. Del mio odio, della mia casata…

- Non sta a te decidere cosa mi merito o meno.

Istintivamente le sfiorò la guancia con la mano e sentì Sakura appoggiarcisi, accettando il contatto. Lui fece un mezzo sorriso a quella frase.

- C’è troppa bontà in te. Non posso permetterti di sprecarla.

- Continuo ad essere io quella che decide cosa fare con la mia bontà, non tu.

Complice quella luna piena, complice lo stato emotivo post-incubo, le parole rotolavano sulla lingua di Sasuke, rendendolo per la prima volta completamente sincero, sia a se stesso che a lei.

- Non posso renderti felice. Il mio sangue è maledetto: gli Uchiha sono destinati a cadere nell’odio. E tu… tu meriti gioia, non odio. Finirei per aggrapparmi a questa luce senza dare nulla in cambio. Non è giusto. Non posso… non voglio essere così egoista.

Con la mano sinistra Sakura sfiorò quella di lui che le accarezzava ancora dolcemente la guancia, e con la destra spostò dietro l’orecchio i capelli che coprivano il Rinnegan, scoprendogli completamente il viso.

- Sei ingenuo se pensi che io abbia così poca luce da essere svuotata da qualcuno. E poi… io riesco a vederla, Sasuke-kun. Io vedo chiaramente la fiamma che arde dentro di te e che tu non riesci a vedere. Dammi quella fiamma e io ti darò la mia luce.

Quella bellissima luce, che a Sasuke appariva come il primo raggio di sole che squarcia le nuvole di tempesta sopra l’oceano.

- Ma un giorno…

- Quello che succederà un giorno lo affronteremo quel giorno, insieme. Ma sono sicura che non ne avremo bisogno.

- Perché ne sei così sicura?

Sakura fece scorrere gli occhi su tutto il suo viso, fotografando quell’espressione nella sua mente. Perché lo vedo nei tuoi occhi, voleva dirgli, questi occhi non sono gli stessi di quel giorno al ponte, né quelli del bambino dell’accademia. Sono quelli di un uomo maturo che ha vissuto troppo dolore per infliggerlo agli altri, o lasciare che gli altri soffrano senza agire.

- Perché ho fiducia in te.

Un leggero sorriso le comparve sulle labbra mentre pronunciava quelle parole: mai era stata più sicura di tutto – di se stessa, di lui, di quello che c’era tra loro – come in quel momento. Si sentiva pronta a spostare montagne e prosciugare oceani se questo avrebbe portato a realizzare un futuro dove entrambi potevano essere felici.

E in quell’istante, Sasuke ebbe la certezza totale e matematica che era lei. Era sempre stata lei.

Se non posso cancellare del tutto il rischio di metterla in pericolo, allora devo eliminare quei pericoli con le mie stesse mani.

La soluzione era così semplice, eppure in quei mesi non l’aveva vista.

Ma ora sapeva che avrebbe dato la vita per renderla felice, per essere all’altezza, per non doverla più lasciare indietro.

Chiuse quei pochi centimetri che lo separavano da lei e la baciò dolcemente, come a chiedere permesso. Lei rispose al bacio, facendo scorrere la mano ferma sul bordo del suo viso fino alla nuca, immergendo le dita nei capelli corvini, avvicinandolo a sé. Il ragazzo non si ritrasse, facendo scorrere a sua volta la mano tra i suoi capelli rosa e schiudendo le labbra.

Come la prima volta c’erano troppe emozioni: c’era voglia di confermare le emozioni che avevano visto negli occhi dell’altro, forse di rassicurarsi a vicenda; c’era l’esaltazione per il futuro e per le sue promesse, ma c’era anche la paura di rompere qualcosa che sembrava antico eppure nuovo.

Più di tutto c’era un giuramento: di essere d’ora in poi sempre l’uno al fianco dell’altra.

 

 

 

 

 


Nota dell’Autrice

 

Perché la frase nel Gaiden di Karin riguardo Sakura "anche noi donne abbiamo il nostro genere di amicizia" meritava di essere sviluppata! Inoltre, la mia spiegazione sul motivo per cui a casa Uchiha ci sia una foto del Team Taka.

Adesso che Sasuke è meno tormentato e ha accettato la presenza di Sakura, è ora di far proseguire la trama...!

Nell’ultimo periodo ho avuto una serie di idee che mi hanno un po’ distratto da Flame e che si sono tramutate nelle due one-shot Perché ci sei tu e Your Eyes Only (e il sequel di quest’ultimo. Ebbene sì. Arriverà anche questo.), ma ho la trama di Flame ben chiara in testa, quindi anche questa vedrà la fine. A presto!!

 

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Capitolo 7
*** Missione ***


Capitolo 7 – Missione

 

Era come se dentro Sasuke un ingranaggio si fosse finalmente sbloccato: Sakura era strabiliata dal cambiamento che si stava sviluppando pian piano sotto i suoi occhi. Sasuke era finalmente sereno.

In principio era il Sasuke che aveva già avuto modo di conoscere ai primi tempi del Team 7, quello che faceva piccole gentilezze senza essere notato. Quando lo aveva visto raccogliere entrambi i sacchi a pelo senza una parola, le ricordò quando lo faceva da tredicenne con lei, Naruto e il maestro Kakashi. Partecipava anche di più alle discussioni, rispondendo con frasi più lunghe di monosillabi, e il tono irritato stava pian piano scomparendo dalla sua voce lasciando posto ad una nota neutra (era troppo presto per chiedere di più).

In pubblico si limitava a sfiorarle il dorso della mano con la sua mentre camminavano fianco a fianco, a guardare cosa stesse facendo affacciandosi dalle sue spalle totalmente ignorando qualsiasi concetto di spazio personale, ad avvicinarsi per parlarle a voce bassa nell’orecchio; se lei si faceva coraggio e gli prendeva il braccio o la mano non la cacciava via, indipendentemente dal fatto che fossero in pubblico o meno. La sera intorno al fuoco, però, a volte la avvicinava silenziosamente a sé mentre lei controllava la corrispondenza dall’ospedale.

Sakura stentava ancora a credere che tutto quello che stava vivendo fosse vero, al punto che non aveva ancora trovato il coraggio di dirlo a Ino: gliel’avrebbe detto di persona una volta tornata al villaggio. Adesso si godeva un Sasuke che a quanto pareva aveva preso la sua decisione di renderla felice molto seriamente – e lei non era da meno.

 

***

 

Come conseguenza dei continui stop presso i vari villaggi, il viaggio dal covo di Orochimaru all’isola di Uzu che doveva occupare poco meno di due settimane finì per occuparne il doppio. Quando dopo un mese nel Paese delle Terme e una nave noleggiata ad un pescatore avevano finalmente raggiunto quello che rimaneva del villaggio di Uzushio ciò che li aspettava era un deserto di macerie.

– Non mi stupisce che neanche Orochimaru sia riuscito a trovare molti reperti degli Uzumaki.

Sasuke non poteva che darle ragione: era uno spettacolo desolante. Se mai qualcuno avesse dovuto dimenticare gli orrori della guerra, i resti di Uzushiogakure erano il memento ideale.

– Kakashi ha detto che sono stati avvistati dei criminali in zona – disse Sasuke – Da stanotte faremo turni di veglia.

L’isola non era enorme e sapevano di dover andare a sud, ma per scrupolo avevano deciso di setacciare alcuni posti che Karin aveva accennato: templi, accademie, edifici di rappresentanza o considerabili sacri. Giusto all’ingresso del villaggio c’erano alcuni resti di un tempio che Sasuke passò a rassegna con lo Sharingan senza risultato.

– È come trovare un ago in un pagliaio, senza nemmeno sapere cosa stiamo cercando – commentò Sakura.

– I segreti dello Sharingan sono incisi su una stele. Più sono informazioni antiche, più è possibile che siano su pietra più che su carta.

Sakura guardò Sasuke: dopo due anni in giro per il mondo, aveva senso che avesse sviluppato un istinto particolare per la ricerca di informazioni nascoste. Questa missione gli era stata affidata anche per questo motivo, e Sakura aveva deciso di fidarsi di lui.

I primi giorni trascorsi in quello che doveva essere il cuore dell’isola – i resti del villaggio – furono in realtà molto tranquilli. Non furono mai attaccati da nessuno, anche se più di una volta era sembrato loro di essere seguiti.

– E se quei due ninja volessero davvero solo rallentarci e qualcuno ha già trovato la tecnica di sigillo?

Spostando con l’aiuto di Sakura una trave che bloccava l’ingresso a quello che sembrava essere un piccolo tempietto secondario, Sasuke sbuffò dal naso, unico segno che non condivideva l’obiezione.

Dentro quel luogo trovarono dipinto sul muro quello che sembrava essere lo stesso sigillo usato per rinchiudere il Nove Code dentro Naruto. Sakura tastò intorno al disegno fino a quando non trovò una piccola scanalatura: alla pressione una piccola porticina sul muro opposto si aprì, rivelando un piccolo cassetto – vuoto. Sakura sospirò.

– Karin aveva ragione: a quanto pare c’è davvero una connessione tra templi e jutsu in questo luogo.

Sasuke si guardò in torno, la fronte aggrottata.

– Domani dirigiamoci verso la zona indicata da Orochimaru. Se sono nascosti così in bella vista, è impossibile non sia già stato trovato.

Sakura lo guardò, alzandosi in piedi dalla posizione accovacciata per controllare il cassetto.

– Pensi che Orochimaru possa averci mentito e in realtà ce l’abbia lui?

– No. Non è da lui. Quindi se esiste dev’essere in quella zona.

Sakura annuì. Nessuno dei due riusciva a capire perché Konoha volesse un jutsu così pericoloso. Lei aveva ipotizzato che l’Hokage avesse ricevuto una soffiata che qualcuno (un nemico del villaggio? Una nuova Akatsuki?) lo stesse cercando e avesse optato per il “prevenire invece di curare”, ma Sasuke non condivideva la sua idea.

– È una missione divisa in due fasi, vuol dire che probabilmente la seconda parte sarà usarlo.

– Ma se persino un jutsu come quello usato dal Quarto Hokage per intrappolare metà della volpe a Nove Code ha richiesto di sacrificare la sua vita, un jutsu come questo cosa potrà richiedere?

Sasuke non rispose, ma Sakura sapeva a cosa stava pensando: attivare un jutsu simile richiede uno o più shinobi di elevato potere e il pagamento più alto era sempre la vita.

Che minaccia dovevano sigillare questa volta a costo di probabilmente sacrificare qualcuno?

 

***

 

Sotto di loro si stendeva l’oceano: fedele al nome di isola dei vortici, le onde ruggivano formando gorghi ai piedi della scogliera incitate dal vento tiepido.

– Fine del viaggio.

Sakura si guardò intorno: quell’insenatura era l’estremo sud dell’isola. Avevano cercato in lungo e in largo e non avevano trovato nulla: nell’ultima settimana avevano letteralmente rivoltato ogni roccia della costa sud-est, ma i pochi resti di strutture create da mani umane che avevano trovato non contenevano nemmeno un indizio su questo misterioso jutsu.

Quel che era forse peggio, non erano stati nemmeno attaccati né avevano visto tracce di nemici, cosa che perplimeva sia Sasuke che Sakura. Non era da Konoha sovrastimare i pericoli esterni.

Soprattutto, non potevano tornare a casa a mani vuote. Non dopo settimane di viaggio e la conferma di Orochimaru e Karin. Tuttavia, Sakura non riusciva a percepire la minima tensione da parte del suo compagno di viaggio.

– Eppure c’è una leggenda a riguardo – commentò sovrappensiero Sakura.

– Se esiste una leggenda, anche il jutsu deve esistere – fu la risposta di Sasuke. – È semplicemente nascosto.

Anche il ragazzo si stava guardando intorno, analizzando il panorama intorno a sé. Il vento gli spostava i capelli violentemente, lasciando in bella vista il Rinnegan. Alla vista dell’occhio viola di Sasuke, a Sakura venne un’idea.

– E se fosse un mondo parallelo?

Sasuke si voltò con sguardo interrogativo.

– E se gli Uzumaki avessero trovato un modo per aprire un portale e avessero nascosto il jutsu in un mondo alternativo?

– Improbabile – fu la risposta di Sasuke – Servirebbe il Rinnegan, ed è peculiarità degli Otsutsuki tramandata dalla parte degli Uchiha. Gli Uzumaki sono imparentati con i Senju.

Sakura si rabbuiò, tornando a formare nuove ipotesi.

– Se non è conservato in uno dei luoghi sacri che abbiamo perlustrato… dove si potrebbe conservare qualcosa di così pericoloso? Un luogo nascosto, o difficilmente raggiungibile… tipo…

– Dentro un mulinello.

– Prego?

Sakura si voltò verso di lui. Sasuke stava osservando il mare infuriato sotto di loro da pericolosamente vicino al bordo: i suoi occhi correvano lungo il dorso roccioso della scogliera, poi verso la schiuma bianca che si alzava.

– Sott’acqua? – il tono di Sakura era piuttosto incredulo – Con la potenza di queste onde, se fosse uno scrigno non rimarrebbe fermo nemmeno mezza giornata.

– Pensavo più ad un incavo, o una caverna – mormorò lui ancora preso dai suoi pensieri. Stava fissando un punto della scogliera dove le onde creavano un gorgo e si schiantavano violentemente sulla roccia.

– Cosa vedi?

Il suo sguardo non cambiò direzione, ma Sakura non riusciva a vedere nulla di fuori posto in quel luogo.

– Quando le onde si ritirano, vedo delle tracce di una barriera magica col Rinnegan. Il resto dev’essere sott’acqua.

– Luogo strano per una barriera.

– Luogo perfetto per nascondere cose che non vuoi cadano in mano sbagliate.

Il Rinnegan permetteva di vedere barriere magiche normalmente invisibili, come quella che circondava Konoha o altri villaggi ninja. Da quando aveva sentito la storia di Karin, gli era balenato in mente che anche questo jutsu potesse essere protetto con tecniche potenzialmente invisibili anche a poteri oculari conosciuti da tempo come il Byakugan o lo Sharingan, motivo per cui in quei giorni aveva fatto affidamento soprattutto sul Rinnegan. Nell’osservare la potenza dei gorghi sotto di loro, aveva notato solo per caso un flebile balenio – più un riflesso che una vera barriera – ma da quella distanza non poteva esserne sicuro.

– Come facciamo ad entrare? Ammesso ci sia una caverna.

Sasuke non rispose subito, continuando a scrutare la scogliera in cerca di indizi. Gli sembrava che lo scintillio fosse più chiaro di prima.

– Aspettiamo ancora qualche ora. Forse con la bassa marea diventa più accessibile.

– E per i vortici?

– I gorghi nascono da correnti diverse e di solito ci sono dei momenti in cui si fermano. Punteremo a quel momento.

Rimasero nella zona per poco più di quattro ore, attendendo che la marea scendesse: il gorgo preso di mira da Sasuke non era scomparso del tutto, ma aveva notevolmente perso potenza. Quando tornarono a controllare la situazione, Sakura continuava a non vedere nessuna differenza sul muro: doveva fidarsi di Sasuke per avvicinarsi al luogo stabilito, concentrando il chakra sui piedi per camminare sulla parete. Ad un metro dall’acqua Sasuke si bloccò, la voce quasi del tutto cancellata dal vento.

– La barriera continua sott’acqua. Creerò una bolla d’aria, dove finirà sarà anche il bordo della barriera e probabilmente il punto da cui ha origine. Colpiscilo per distruggerla. – Come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa, dopo un istante aggiunse – Non troppo forte, o distruggerai l’intera scogliera.

La ragazza annuì, facendo finta di non notare il malcelato divertimento negli occhi di Sasuke nel pronunciare l’ultima frase. Senza attendere altro Sasuke tese la mano davanti a sé: l’arte del vento iniziò a soffiare intorno a lui, facendogli svolazzare il mantello. L’area interessata andò lentamente ad aumentare sempre di più, effettivamente andando a creare un vuoto nell’acqua che si allontanava da loro spinta dalla forza del vento. Quando il ragazzo considerò la bolla d’aria sufficientemente resistente, fece un cenno del capo a Sakura; come da indicazioni, Sakura si avvicinò al punto più basso della bolla.

– Più a destra – urlò Sasuke, ancora impegnato a mantenere il vortice d’aria attivo. Seguendo le indicazioni Sakura puntò uno spuntone di roccia e lo colpì con un pugno di media intensità. Una crepa si formò sulla scogliera, e tempo qualche secondo e tra lei e Sasuke improvvisamente si formò l’ingresso di una caverna.

L’ingresso era squadrato ed evidentemente intagliato da mani umane. Era scivoloso e per metà ancora inondato dall’acqua, la cui maggior parte era tuttora tenuta lontana dall’arte del vento di Sasuke, ma all’interno il corridoio risaliva rapidamente, creando una pendenza tale da impedire all’oceano di inondare la grotta. Lo percorsero e dopo pochi metri furono davanti ad un piccolo bacino attraversato da quello che sembrava un breve ponte di pietra: raccoglieva l’acqua del mare che riusciva ad entrare con l’alta marea e probabilmente la scolava tramite una seconda uscita sotterranea.

Dalla parte opposta del ponte c’era solo una stele quadrata di circa un metro di lato adagiata sul pavimento.

– Non riesco a decifrarla – commentò Sasuke in risposta allo sguardo di Sakura. Fece scorrere le dita sui bordi della pietra: era spessa una decina di centimetri, ma non era attaccata al pavimento. Sembrava incassata in un incavo della stessa dimensione, forse un meccanismo a peso.

– Spostiamola.

Con l’aiuto di Sakura sollevò la stele e la spostò di lato. Tuttavia, non accadde nulla. Sasuke continuò a guardarsi intorno.

– Forse è un meccanismo di sicurezza come quello dei templi che abbiamo visto. Cerchiamo una scanalatura o una leva.

L’interno era buio e l’unica luce che trapelava era quella che entrava dall’ingresso, quindi andarono a tastoni: nulla. Sasuke tornò a guardare la stele, cercando di decifrarla usando lo Sharingan, ma non ci riusciva.

– Che la tecnica sia scritta sulla stele? – suggerì Sakura.

– Può essere.

– Ma è un azzardo tornare a Konoha con solo una stele.

Sasuke fece un suono di assenso. Neanche lui pensava fosse quell’incisione. Tirò fuori dal mantello uno dei rotoli che usava per raccogliere kunai e shuriken e lo srotolò sopra la stele fino a quando non trovò un sigillo vuoto. Con l’unica mano rimasta fece i segni della tecnica di confinamento e premette la mano sul sigillo.

– Nel dubbio, la porterò al centro per la decrittazione.

La stele svanì, imprigionata dalla tecnica del ragazzo.

– Ah!

All’esclamazione di Sakura, Sasuke si girò di colpo: la vide toccare il luogo da dove avevano spostato la stele. Con la scarsa illuminazione non ci avevano fatto caso, ma a quanto pareva il meccanismo era effettivamente lì sotto. Vide Sakura spostare qualcosa – terra, o alghe – e tirare un gancio che con un sordo “clack” attivò qualcosa alle sue spalle: il muro si mosse, rivelando un vano di pietra nascosto, esattamente come quello dei templi che avevano visto.

All’interno c’era uno scrigno di metallo, miracolosamente non ossidato, e al suo interno una pergamena in buone condizioni per essere evidentemente molto vecchia. Sakura la aprì con cautela e vide i familiari caratteri dell’alfabeto ninja e il disegno di quello che era indubbiamente un sigillo di confinamento.

– Direi che è un buon candidato.

– Portiamolo a Konoha.

– Se fossimo arrivati anche solo un’ora prima, non avresti visto la barriera – sussurrò sovrappensiero Sakura.

Sasuke non commentò: erano stati fortunati, se la marea non avesse già iniziato a calare non avrebbe mai visto quello sfarfallio della barriera. Non apprezzava arrivare alla soluzione delle sue missioni per mera fortuna, ma decise di non rimuginarci troppo sopra.

Tornati vicino all’ingresso ora nuovamente quasi del tutto coperto dall’acqua, Sasuke usò di nuovo l’arte del vento per ricacciare l’oceano fuori dal corridoio e scivolarono giù verso l’apertura. Ricamminarono fino alla cima della scogliera e solo una volta giunti il ragazzo sciolse di nuovo la bolla d’aria.

– Abbiamo visite – annunciò Sakura al suo fianco.

– A quanto pare – rispose Sasuke ancora guardando l’oceano che si infilava nella caverna, ora esposta dalla mancanza della barriera illusoria. Non aveva bisogno di girarsi per percepire i chakra alle sue spalle.

– Ce ne avete messo di tempo – disse una voce maschile.

– Senti chi parla.

Sasuke si voltò finalmente a guardare il corteo di ninja che stava uscendo dalla pineta alla loro destra: una decina, forse poco più.

– Abbiamo deciso di lasciar fare a voi il lavoro sporco.

Sakura prese in mano la discussione.

– Forse volevi dire che non siete riusciti a trovare il jutsu prima di noi nonostante abbiate provato a rallentarci, e non avete avuto altre alternative che aspettare che arrivassimo noi.

– Una volta saputo che c’era il famoso Sasuke Uchiha in viaggio, era palese fosse nascosto in modo che nessun ninja senza poteri speciali potesse trovarlo.

– Sentiamo, perché volete questo jutsu?

– Per distruggerlo.

– Non sarebbe bastato lasciarlo dov’era, visto com’è nascosto così bene?

– No, se la Foglia ha deciso di mandare gli eroi della guerra a trovarlo.

Sakura cercò con lo sguardo i coprifronte dei nemici, ma sembravano tutti diversi tra loro: riconobbe la Luna, il Cielo e il Fango, tutti villaggi di Paesi minori sparsi per il continente.

– Chi siete? – chiese lei, ma l’uomo nemico che aveva parlato finora, probabilmente il leader, sorrise sganciando le due asce che aveva sulla schiena.

Come se fosse il segnale che aspettavano, un nugolo di senbon si alzò verso Sakura e Sasuke dalle foglie degli alberi di fianco a loro. Prima che la ragazza potesse reagire si trovò avvolta da un chakra viola: la cassa toracica di Susanoo circondava sia lei che il suo padrone e li aveva protetti dagli aghi di metallo, che rimbalzarono sulla figura e caddero a terra inutili.

– Non mi piace essere usato – commentò serafico l’Uchiha finalmente aprendo bocca, e con un gesto fluido del braccio scheletrico di Susanoo fece volare verso la foresta tutti i ninja davanti a loro. Il leader riuscì ad evitarlo saltando solo qualche millesimo di secondo prima.

Sakura lanciò un’occhiata a Sasuke: se aveva deciso di usare Susanoo fin dall’inizio del combattimento voleva dire aveva intenzione di chiudere la battaglia in fretta. Quasi provò pena per il leader nemico e la sua scelta di parole che implicavano l’aver usato Sasuke per il suo Rinnegan: per il ragazzo, che era in giro per il mondo da più di due anni proprio per evitarlo, era una dichiarazione di guerra.

– Grazie per la protezione, Sasuke-kun – disse lei guardando le ossa di Susanoo. – Però lascia qualche ninja anche a me.

– 200 metri dentro la foresta, sei persone. Può andare?

– Ottimo.

Il Mangekyo Sharingan di Sasuke virò su di lei, scintillante e concentrato. Le labbra tese, non riuscì a proferire le parole che aveva sulla lingua – fai attenzione – ma la ragazza sembrò leggergli nella mente.

– Non ti preoccupare. Non prenderò kunai avvelenati, questa volta.

– Bene.

Con un ultimo sorriso Sakura uscì dall’area protetta da Susanoo per dirigersi verso le retrovie, lasciando Sasuke a gestire la dozzina di ninja che si erano rimessi in piedi per tornare all’assalto.

– Vi avviso che oggi non ho la pazienza di giocare – sibilò lui mentre muscolatura e armatura andavano velocemente a coprire le ossa del busto di Susanoo e una spada compariva nella sua mano viola.

La maggior parte degli shinobi davanti a lui non ebbe nemmeno il tempo di vedere la lama abbattersi di taglio su di loro che l’impatto col chakra irritato del ragazzo li aveva già storditi, mettendoli fuori gioco per le seguenti 24 ore.

 

***

 

I sei ninja nelle retrovie erano un ninja medico, due specialisti nelle illusioni, un combattente con tecniche a distanza e due esperti di corpo a corpo. Appena la videro arrivare, gli ultimi due si lanciarono all’attacco mentre i restanti quattro provavano a nascondersi.

– Voi rimanete qui con me! Shannaro!

Schivando i due ninja saltò in alto e in direzione dei fuggitivi, piantando un pugno del terreno sufficientemente potente da creare una voragine in cui caddero rovinosamente. Segnando velocemente la tecnica della terra, chiuse il cratere con una cupola.

– Va contro la mia etica di medico ferire un collega, quindi per favore, restate qui.

Si voltò ad affrontare i due ninja rimasti e la situazione diventò una battaglia su due fronti caratterizzata dalla velocità. In quel due contro uno Sakura incassò qualche colpo, ma nulla di traumatico: anche se abili, non erano nulla contro Lee o Sasuke. Con due calci li fece volare a distanza e caddero finalmente senza sensi.

In quello comparve Sasuke, il braccio di Susanoo che stringeva il leader del gruppo.

– Ti sei divertita?

– Abbastanza – confermò con un sorriso pulendosi la polvere dal vestito. Sasuke era, ovviamente, immacolato.

– Gli altri dove li hai lasciati, Sasuke-kun?

– Sono legati. Ho già mandato un falco alla Nebbia perché se li vengano a prendere. Questo, però, lo teniamo noi.

Efficiente come sempre, pensò Sakura. Il villaggio della Nebbia controllava le isole vicine a Uzu ed era quello che avrebbe potuto movimentare un gruppo adeguato di Anbu nel giro di poche ore per tutti quei prigionieri, mentre Konoha ci avrebbe messo qualche giorno a causa della distanza. Tuttavia, l’attacco era contro dei ninja della Foglia, quindi avrebbero tenuto ed interrogato loro il leader.

Ancora imprigionato nella mano di Susanoo, l’uomo provò di nuovo a divincolarsi, senza successo.

– Perché volete quel jutsu? A cosa vi serve? – chiese Sakura.

– Ve l’ho detto: non vogliamo che lo prenda Konoha.

– Chi siete?

L’uomo rimase in silenzio, e Sasuke strinse la mano di Susanoo. L’uomo gemette e Sakura squadrò il suo compagno.

– Sasuke-kun…

– È per farlo parlare prima – si difese lui, assolutamente senza nessuna traccia di rimorso.

La ragazza sospirò e tornò a guardare l’uomo.

– Come vedi, il mio compagno di viaggio non ha molta pazienza. Ti suggerisco di parlare prima che ti rompa le ossa.

– Non puoi dirgli di lasciarmi andare?

– Così potresti provare a scappare?

– Magari con le braccia libere parlerei di più…

– Mi pare di averti già detto che oggi non ho pazienza di giocare – lo interruppe Sasuke, l’occhio cremisi scintillante – Rispondi in fretta.

L’uomo lo fissò per qualche secondo: c’era modo di fuggire alla presa spettrale di quel chakra viola che partiva dal corpo del ninja? No, decisamente no. Decise di arrendersi.

– Siamo un gruppo di ninja di piccoli Paesi.

– Chi è a capo?

– La Terra della Neve.

Sakura e Sasuke si scambiarono uno sguardo perplesso: conoscevano la Terra della Neve, vi avevano fatto una missione quando erano dei genin. Lo governava una principessa che era anche un’attrice molto popolare nel Paese del Fuoco, e soprattutto, era pacifista. Inoltre, considerando che le avevano salvato la vita, non vedevano perché avrebbe dovuto attaccarli.

– La Principessa Koyuki è amica di Konoha, non ci attaccherebbe mai.

– Sono i ribelli che supportavano Doto. Negli ultimi anni hanno cercato di unire i piccoli Paesi sotto la stessa bandiera.

Sasuke aggrottò le sopracciglia. Doto era il tiranno che aveva ucciso suo fratello, il padre di Koyuki, e aveva usurpato il trono. Il Team 7 lo aveva sconfitto e adesso governava la legittima erede Koyuki, ma non aveva mai sentito parlare di ribelli che supportassero le idee di Doto.

– Spiegati. – intimò Sasuke.

– I ninja della Terra della Neve sono in svantaggio in terreni senza neve come questo, quindi avere dalla loro parte ninja abili in altre arti è fondamentale. Stanno raccogliendo seguaci tra ninja che non sono contenti di questo periodo di pace.

– Perché c’è gente che non vuole la pace?

La domanda di Sakura era legittima, ma l’uomo si infuriò.

– Ma certo, voi ninja dei cinque grandi Paesi non potete capire! Voi avete le scoperte tecnologiche, la potenza economia, siete autosufficienti in tutto. Ma per i ninja di piccoli Paesi, pace significa non avere lavoro: ora buona parte delle missioni affidate ai ninja vanno solo ai cinque Paesi e a noi non arriva quasi più nulla. Per l’economia la pace significa più commercio, ma anche essere spesso sottoposti a prezzi iniqui solo per non perdere le rotte commerciali. Se al Paese del Fuoco non va bene il prezzo che il Paese del Riso propone, può sempre iniziare a coltivarsi il riso da solo, ma il Paese del Riso non può fare a meno dei prodotti finiti del Paese del Fuoco.

– E cosa c’entra con la guerra?

– In guerra i ninja di piccoli Paesi possono lavorare come mercenari. Se i grandi Paesi non si parlano, molte missioni arrivano ai Paesi piccoli confinanti. Con le rotte più limitate, i prezzi possono essere discussi in maniera più ampia. La pace rende gli shinobi più deboli e, infine, inutili.

Sasuke e Sakura non sapevano cosa rispondere. Loro che avevano combattuto in prima linea per portare la pace erano gli stessi che avevano portato miseria ai Paesi più piccoli? Sembrava assurdo. Però si rendevano conto che loro erano nati e cresciuti nel Paese del Fuoco, il può potente anche tra i cinque grandi Paesi, e che non potevano capire la frustrazione dell’uomo.

– Faremo in modo di parlare con l’Hokage di questi problemi. Sono sicura che i Kage e i Daimyo prenderanno a cuore la situazione, in maniera che tutti possano beneficiare della pace – disse Sakura.

– Perché questa vostra alleanza vuole questo jutsu? – chiese Sasuke, tornando al discorso principale. L’uomo lo guardò stupito.

– La principessa della Terra della Neve l’ha chiesto a Konoha. Vi hanno pagato fior di soldi per averlo. Come fate a non saperlo?

 

***

 

Quando gli Anbu della Nebbia arrivarono a prendere i restanti ribelli Sasuke e Sakura si incamminarono con il leader verso Konoha. Appena oltrepassato il confine un gruppo di Anbu di Konoha, di sede ad Okashi, una città tra il Paese del Fuoco e quello delle Terme, li stava attendendo. Avrebbero scortato loro il leader alla Foglia. I due rimasero indietro per poter discutere della situazione.

– Tu lo sapevi?

Sasuke scosse la testa.

– Kakashi ha detto che il resto della missione sarebbe stato deciso se avessimo trovato il jutsu o no.

– Anche a me ha detto lo stesso.

Il leader aveva detto che la Terra della Neve aveva richiesto questo jutsu e Konoha aveva accettato dietro lauto compenso. I ribelli volevano intralciare i piani della principessa per spodestarla e rimettere in piedi un governo che prediligesse un approccio a favore dei ninja e della tecnologia. I ribelli non avevano detto agli altri Paesi alleati quali fossero i piani della principessa o che cosa volessero fare con quel jutsu.

– La storia ha troppi buchi. Riportiamo il jutsu a Konoha e facciamoci spiegare bene cosa sta succedendo.

Sakura annuì, ancora pensierosa. Il Maestro Kakashi non avrebbe mai accettato missioni solo per soldi. Dovevano parlargli direttamente.

 

***

 

Il ritorno verso Konoha fu piuttosto silenzioso, entrambi immersi nei loro pensieri su quella missione che aveva improvvisamente assunto tinte fosche.

Tuttavia Sakura nelle ultime settimane aveva visto che pian piano Sasuke aveva iniziato ad aprirsi con lei: lo faceva a pezzi, molto spesso solo per rispondere a delle domande dirette di Sakura, ma la ragazza apprezzava che le rispondesse invece di far cadere l’argomento.

Fu per quello che la sera prima di arrivare a Konoha Sakura trovò finalmente il coraggio di chiedergli del Mangekyo Sharingan, come le aveva suggerito Juugo.

– Perché questa domanda? – aveva chiesto di rimando Sasuke, ma Sakura non era riuscita a farsi venire in mente una spiegazione che non implicasse l’averne parlato col Team Taka, quindi abbassò lo sguardo colpevole. Il ragazzo sospirò.

– Cosa vuoi sapere? – le aveva semplicemente chiesto con un tono vicino alla rassegnazione. Non era esattamente il suo argomento preferito, ma sapeva di non poter evitarlo per sempre.

Sakura decise di partire dalla lontana.

– È vero che lo Sharingan aumenta di potere per degli stress emotivi?

– Sì.

– Come si è sviluppato il tuo?

Sasuke la osservò per un istante, incerto se risponderle o no.

– Se può essere più semplice mostrarmelo…

– No – tagliò corto Sasuke. Vedendo Sakura reagire al tono, fece un respiro profondo.

– L’avevo dimenticato, ma ho risvegliato lo Sharingan la prima volta il giorno del massacro della mia famiglia. Non mi sembra il caso di mostrarti una scena del genere.

– Oh. – fu il commento di Sakura.

Sasuke si prese un attimo prima di continuare.

– Lo Sharingan dall’una alle tre tomoe può essere risvegliato in molti modi, ma ciò che risveglia nello specifico il Mangekyo Sharingan è un evento solo: sperimentare la morte di una persona cara.

Sakura continuò a fissarlo: quindi il motivo per cui Sasuke, il maestro Kakashi, anche Obito avevano quel potere oculare arrivava dal trauma di perdere qualcuno. E nel caso di Sasuke…

– La stele dov’è spiegato il potere dello Sharingan parla di uccidere il proprio migliore amico.

Finalmente nella mente di Sakura alcuni pezzi iniziavano ad avere senso: l’aver conciato in quel modo Naruto quando l’aveva rincorso ai confini del Paese del Fuoco; la frase “sei vivo per un mio capriccio” che Sasuke aveva detto a Naruto la prima volta che si erano rivisti.

Però Naruto era ancora vivo.

– Inutile dire che mio fratello aveva già capito che non ci sarei riuscito.

Sasuke vide lo sguardo rattristito di Sakura. Passandosi una mano tra i capelli e prendendosi svariate pause durante la narrazione, decise di raccontarle finalmente la verità su suo fratello: la paura e il disprezzo del villaggio verso gli Uchiha, il motivo per cui quella notte lo aveva visto piangere, il colpo di stato e il ruolo della Foglia. Le raccontò anche di come Itachi fosse malato e si fosse aggrappato alla vita fino al momento in cui non avesse potuto combattere con Sasuke; com’era nei suoi piani farsi odiare al punto da farsi uccidere per mano sua, per renderlo l’eroe della Foglia e permettergli di ottenere il Mangekyo Sharingan. Le raccontò anche dell’incontro avuto grazie all’Edo Tensei e come grazie a quello fossero riusciti finalmente a riconciliarsi, anche se era troppo tardi.

Fu un racconto lungo e tempo di finirlo la luna splendeva alta nel cielo notturno. Sakura non sapeva bene come reagire a quella storia, ma Sasuke non sembrava aspettarsi una reazione.

– Lo Sharingan è un dono maledetto: un potere inimmaginabile che nasce da una sofferenza senza paragoni.

Sasuke aggiunse un po’ di legna al fuoco; le fiamme che si riflettevano nel suo occhio nero gli davano una sfumatura ancora più malinconica.

Un dono che non augurerei a nessuno.

Sakura sembrò leggergli nel pensiero e gli posò le mani sull’avambraccio, senza aggiungere una parola. Sasuke abbassò lo sguardo e osservò le mani di Sakura.

– Non c’è nulla per cui tu debba provare pena per me, Sakura.

– Ma…

– È un potere auto-limitante: usare il Mangekyo Sharingan fa perdere la vista. Te ne sarai accorta anche tu.

Ora che glielo faceva notare, ricordava come gli occhi di Sasuke sanguinassero quando aveva usato lo Sharingan quel giorno al ponte, e sembrava gli facessero male. Anche quando l’aveva afferrata, il suo sguardo sembrava offuscato. Eppure adesso sembrava vederci.

– L’unico modo per mantenere la vista e il Mangekyo è di trapiantare gli occhi di un parente stretto che ha risvegliato il Mangekyo a sua volta.

Sasuke la guardò e poté scorgere la realizzazione nella sua espressione: era troppo intelligente per non averlo capito.

– Questi sono gli occhi di Itachi.

Sasuke scostò il braccio e le mani prive di forza di Sakura ricaddero sulle sue ginocchia. Non sapeva cosa rispondergli.

– Per questo non devi provare pena. Dopotutto non solo ho rubato la vita di mio fratello, ma anche i suoi occhi. – Il sorriso che comparve sul suo viso adesso era chiaramente ironico, tinto di un odio per se stesso che per quanto provasse a nasconderlo, tornava ad affacciarsi nelle sue iridi scure. Si voltò a guardarla e vide che il suo sguardo vagava sul suo occhio nero, come se cercasse conferma di quella storia nel colore o nella forma diversi. Chissà se riesce a vedere una differenza, si trovò a chiedersi.

– Sei ancora in tempo per scappare – disse infine, con un tocco di ironia nella voce che non gli era familiare.

Quella frase sembrò risvegliare Sakura dallo stato di stupore in cui era caduta. Sbatté le palpebre come se stesse mettendo in ordine i pensieri.

– Non so bene cosa dire – ammise dopo qualche secondo – Ma se quello che mi dici è vero, Itachi era una persona che ha sempre agito per il bene del villaggio e per proteggere te.

Sakura, ancora lo sguardo leggermente confuso, tornò a guardare Sasuke.

– Non vedo nessun motivo per scappare da te.

Fu il turno di Sasuke di sembrare sorpreso.

– Non ti fa paura avere a che fare con una persona che uccide il proprio fratello e ne ruba gli occhi?

– Se è arrivato a programmare la sua stessa morte davanti a te e a spiegarti come mantenere il Mangekyo Eterno in punto di morte, sono sicura che darti i suoi occhi fosse il suo piano fin dall’inizio. Dire che glieli hai rubati non è forse un’offesa alla sua memoria?

Sasuke la guardò e Sakura inclinò la testa di lato.

– Non riesco a dimenticare come ti ha conciato facendoti rivivere il massacro della tua famiglia per ore, anche se faceva parte di un piano pensato per il tuo bene – continuò lei con un sussurro, gli occhi che tradivano come il ricordo del Sasuke tredicenne svenuto su un letto d’ospedale fosse ancora vivo nella sua memoria.

– Tuttavia, se tu l’hai perdonato per tutto, anch’io posso farlo. Piuttosto – disse con un sorriso – mi dispiace non averlo potuto conoscere meglio in condizioni normali. Da come ne parli ora sembra una persona straordinaria, oserei dire fondamentalmente buona.

Sasuke non sapeva cosa dire: Sakura sembrava effettivamente ancora confusa da tutta quella storia che le aveva lanciato addosso, ma non sembrava esserci paura in lei. Solo confusione, e una dose di tristezza.

Era la prima persona a cui aveva mai raccontato quella storia, e la prima con cui si era sentito a suo agio nell’inserire anche i suoi personali sentimenti a riguardo.

Allungò il braccio per tirarla a sé e sentì Sakura ricambiare la presa facendo scorrere le braccia lungo la sua vita.

– Anche tu sei straordinaria – sussurrò, onestamente colpito.

– Te ne sei accorto?

– Mh.

Sakura si accoccolò meglio nell’incavo del suo collo.

– Bene.

Sakura non pretendeva di capire e processare tutte quelle informazioni in una notte quando lo stesso Sasuke ci aveva messo anni, e capiva che qualsiasi ulteriore commento sul fatto sarebbe stato superfluo. Sasuke l’aveva intuito e gliene era grato. Continuava a non capire come la ragazza accettasse di venire a sapere quelle terribili verità – anzi, volesse venirne a conoscenza – nonostante avesse ormai sicuramente inteso che il peso che Sasuke si portava appresso non era comparabile con quello di qualsiasi altro uomo di Konoha, ma se c’era una donna che poteva farlo, quello era lei. Colei che prima aveva cercato di fermarlo, poi non aveva mai smesso di rincorrerlo per riportarlo al villaggio.

Rimasero così per un po’, semplicemente godendo della presenza dell’altro. Sakura capiva che ripercorrere quegli eventi era un processo difficile per lui, ma se c’era anche solo la flebile possibilità che lo aiutasse a liberarsi – o almeno convivere pacificamente – con i suoi demoni, lei sarebbe stata lì. Quella notte lo vide dormire tranquillamente e non scosso da incubi: nel suo cuore, sperava che aver finalmente parlato di suo fratello e del senso di colpa che lo affliggeva continuamente lo avesse aiutato.

 











Nota dell'autrice

Rieccomi! La vita reale ha preso il sopravvento... a rilento, ma visto che lo scheletro della storia e la divisione dei capitoli sono già fatti, devo solo trovare tempo e ispirazione per concluderli: ma giuro questa storia vedrà la fine!!

In Boruto, Sakura sa la verità sul Mangekyo di Sasuke quindi deve averlo saputo direttamente da lui. Me li sono sempre immaginati ad avere questi discorsi la sera durante il viaggio intorno al fuoco <3 Non sono completamente soddisfatta della scena, ma alla terza riscrittura ho deciso che doveva andare qui!
Disclaimer: Dal capitolo 8 il rating passerà ad arancio.

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