À l'amour comme à la Revolution

di Starfallen
(/viewuser.php?uid=995691)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nouveau départ ***
Capitolo 2: *** Des moments ***
Capitolo 3: *** Préparatifs ***
Capitolo 4: *** Masque ***
Capitolo 5: *** Nouvel An - premièr partie ***
Capitolo 6: *** Nouvel An - deuxième partie ***
Capitolo 7: *** Une matinée en ville ***
Capitolo 8: *** Sous le parapluie ***
Capitolo 9: *** Au milieu de la nuit ***
Capitolo 10: *** Annonces ***
Capitolo 11: *** À cheval ***
Capitolo 12: *** Louis Joseph ***
Capitolo 13: *** Perdu ***
Capitolo 14: *** Pensées ***
Capitolo 15: *** Joyeux carnaval ***
Capitolo 16: *** L'heure du thé ***



Capitolo 1
*** Nouveau départ ***


19/12/1780

 
Era una fredda e cupa mattina d’inverno quel giorno, non era come gli altri.
La domestica scostò le cortine del letto a baldacchino, rivelando chi vi dormiva. La ragazza si destò con un gorgoglio insonnolito: “Mylène… che ore sono?” – “Buongiorno mademoiselle, sono le otto e mezza”.
 
Controvoglia la ragazza si alzò dal letto e prese la vestaglia e, mentre si sistemava i lunghi capelli neri si diresse verso la finestra per ammirare la prima neve della stagione: “I suoi genitori l’attendono per la colazione.”   
La ragazza annui: “Bene, ti ringrazio, è già arrivata Alya?” Mylène annuì.
“Perfetto, allora mandamela, così può aiutarmi a vestirmi.”
 
La ragazza annuì e dopo una riverenza uscì dalle sue stanze.
 
Tutto era cambiato negli ultimi anni, le sue abitudini, la sua posizione sociale, la sua vita, ma cercava di non dimenticare chi era, e da dove realmente arrivava, soprattutto perché l’ambiente che ora la circondava non avrebbe perso occasione di ricordarglielo.
Erano trascorsi due anni esatti dalla nascita di Madame Royale, la figlia e ancora unicogenita del re, ed era quel giorno che tutto intorno a lei aveva cominciato a cambiare.
 
Se prima di allora le avessero detto che sarebbe andata a vivere in una delle residenze più chic di Parigi, probabilmente la sua reazione sarebbe di sicuro stata “scomposta e sguaiata”com’era solta definirla quella bacchettona della sua istitutrice, madame Mendeleiev. 
Mal sopportava quella donna, era talmente rigida e inquadrata da non lasciar dubbio sulle sue origini polacche.
 
Bussarono alla porta, e Marinette si desto dai suoi pensieri.
“Si, avanti” si sistemò, onde evitare figure sconvenienti.
“È permesso mademoiselle?“ Marinette guardò storto la ragazza che era apparsa sull’uscio della porta: “Smettila ed entra Alya!”
 
 
****
 
Le dita scorrevano veloci e leggiadre sui tasti del clavicembalo, di tanto in tanto lanciava un rapido sguardo allo spartito per controllare l’andatura. Ma non era necessario, conosceva a memoria quella melodia. Nonostante fosse prima mattina a lui non importava, gli piaceva fare esercizio subito dopo colazione, lo auitava ad affrontare meglio la giornata. Il rumore dello strumento non nascose il cigolio della porta della sua sala privata che si apriva, rivelando sua madre sulla soglia: “Ti disturbo mon minou?” Adrien sorrise a quel soprannome: “Maman ti prego, non sono più un bambino.” Disse alzandosi per accogliere sua madre con un elegante baciamano.
 
Emilie sorrise al gesto di suo figlio, ancora le sembrava incredibile quanto fosse cresciuto e che splendido giovane stava diventando: “Ti prego tesoro, stavi suonando divinamente, continua!” – “Come desiderate madre.”
Adrien le sorrise e riprese a suonare, sua madre si sedette su un divanetto poco distante dal figlio, ascoltandone la melodia.
 
Con la coda dell’occhio Adrien scrutava la madre, elegantissima nel suo prezioso abito di seta blu cobalto che fasciava perfettamente il suo corpo. Il corpetto era impreziosito da splendide rifiniture d’oro e smeraldi incastonati che riflettevano i suoi occhi.
Era meravigliosa, per lui nessun’altra dama di corte poteva eguagliarla in bellezza, grazia ed eleganza.
 
“Hai più avuto modo di invitare mademoiselle Bourgeois alla soirée di questa sera?” – Adrien sollevò un sopracciglio contrariato, smise di suonare e si voltò in direzione della madre.
“Madre, io… non vorrei si facesse un’idea sbagliata, dopo tutto un invito formale da parte mia sarebbe sconveniente, considerando poi, non siamo fidanzati, non ufficialmente.” 
 
“Hai perfettamente ragione tesoro, però dovresti….”– “Adrien!”
Gabriel Agreste irruppe bruscamente nella stanza, sia Adrien che sua madre si alzarono per accogliere l’uomo.
“Buongiorno padre…” – “Lo sarebbe, se i tuoi comportamenti fossero consoni!” Adrien abbassò lo sguardo mortificato dalle parole del padre.
“Padre io pensavo…” – “Non pensare! Ho incontrato André Bourgeois, e mi ha riferitoche non c’è stato nessun invito formale da parte tua  verso sua figlia!”
 
Emilie s’intromise: “Lo sappiamo caro, infatti ne stavamo parlando prima che…” –“Taci Emilie! Non giustificarlo come tuo solito, è un uomo ormai lascia che si assuma le sue responsabilità!” –disse in tono perentorio l’uomo - “Ha solo 13 anni!” – “Esatto! Tu a quell’età ti sei sposata ricordi?” 
 
“Cosa c’entra? Io sono una donna, ed è giusto così, ma lui è appena ragazzo, anche se aspetta qualche anno non succederà niente! Anzi, magari darà anche il tempo a mademoiselle Bourgeois di sbocciare definitivamente!”A quelle parole Adrien arrossì violentemente non aspettandosi tanta schiettezza da parte della madre.
 
“Emilie, non devi in alcun modo intrometterti in questo tipo di decisioni, e devi smetterla di essere così condiscendente con nostro figlio! Prima o poi dovrai staccarti da lui ed è meglio che cominci ad abituarti all’idea!” A quelle parole Emilie abbassò lo sguardo e rimase in silenzio.
“Ora, per quanto riguarda te” – disse rivolto al figlio - “All’ora di pranzo vedrò Bourgeois, e voglio sentirmi dire che accompagnerai formalmente Chloé alla soirée di questa sera!”
 
Gabriel non attese la risposta del figlio, ed usci in a passo spedito dalla stanza. Sul volto di Adrien lo sconforto era evidente: “Tesoro…”, Emilie gli si avvicinò prendendolo tra le sue braccia, il ragazzo non rifiutò il gesto d’affetto dalla madre, e si lascò cullare come quando era un bambino.
 
****
 
“Ahia!! Alya fai piano, non mi devi soffocare col corsetto!” Detestava quei fastidiosi indumienti erano molto più costretti e decisamente più indecenti rispetto a quelli con cui era cresciuta. Detestava che le sue grazie fossero esposte in quel modo.

La moda di anno in anno si faceva decisamente più spudorata e libertina rispetto alla più castigata che aveva conosciuto da bambina del popolo: “Non ti preoccupare chérie, ho quasi fatto.” 

Chiuse i lacci con un nodo e prese la sottana, Marinette la indossò e la sistemò intorno al panier: “Quale colore preferisci indossare oggi? Vuoi il rosa cipria o un più audace Pompadour? O vuoi fare l’insolente e optare per rosso intenso e caldo?” – la guardò con un pizzico di malizia - “Rosa cipria, semplice e sobrio.” – “Ah, Marinette, Marinette, Marinette, sempre la solita e prevedibile ragazza!” la canzonò la ragazza, la corvina alzò un sopracciglio contrariata.
 
“Sarà, ma è solo per la giornata, poi vedrai cos’ho in serbo per stasera.”Sorrise furbescamente: “Ho confezionato un abito per l’occasione.” Non era più andata ai balli in maschera dalla nomina a marquise di suo padre e al conseguente innalzamento del suo status sociale.
 
“Allora è deciso? Evviva!! Ti voglio favolosa per questa sera! E sentiamo, come hai fatto a convincere tuoi?” – “Beh... insomma… potrei non avrelo ancora fatto.” – Disse strizzando un’occhio e facenso la linguaccia – “Non ci credo! E come pensi di fare? Sgattaiolare via di nascosto?” 
 
Quella sera fortunatamente non era richiesta la presenza sua e della sua famiglia alla soirée a casa di Madame Elizabéth, la sorella del re, a causa del decesso dell’imperatrice d’Austria il ricevimento per il secondo compleanno di Madame Royal sarebbe stato solo per pochi intimi.
 
Era felice di trascorrere una bella serata in città con la sua amica come hai vecchi tempi, con qualche agevolazione in più. Finalmente dopo tanto tempo potevano godersi una sera insieme quasi come quando erano piccole, solo che questa volta sono avrebbero solo giocato a fare le nobil donne nella vecchia  locanda dei genitori di Alya, ma avrebbero partecipato ad un ballo in maschera, da gran signore!
 
Non le sarebbe dispiaciuto mancare a quella stupida festa, considerando che Versailles per quanto spettacolare potesse essere vista dall’esterno, all’interno era un marcio covo di vipere. 
Da bambina aveva sempre fantasticato su quel mondo a lei vietato, non voleva altro se non far parte anche lei di quella schiera di dame alla moda dell’alta società.
 
E magari perché no? Un giorno avrebbe potuto essere come Madame Bertin, modista personale di Sua maestà la regina! 
Ma si era dovuta ricredere col tempo, purtroppo quando il sogno era diventato realtà si era resa conto che in realtà si trattava solo di quello, un sogno.
 
Le dame dell’alta socetà erano solo delle megere annoiare e colme fino al midollo del loro ego e represse dai loro privilegi, in quella gabbia dorata erano avvizzite. In pratica tutta la bellezza era rinchiusa solo nei loro abiti.
Era felice di non partecipare tanto spesso alle feste in società, il loro ingresso era sempre accolto da un silenzio glaciale rotto solo dai bisbiglii insolenti delle dame altolocate.
Ogni volta si sentiva esattamente come alla sua cerimonia d’ingresso in società.
 
Ricordava ancora quella sensazione che si provava a sfilare difronte a facce austere che ti fissavano dall’alto in basso, si sentiva esattamente come una mucca, indecisa solo sul se in mostra per essere venduta o sulla strada per il patibolo…
 
“Aspetta e vedrai, tu dovrai solo regermi il gioco.”- “Wow, siamo diventate davvero audaci!” Marinette si specchiò sorridendo: “Non ho intenzione di sfigurare questa sera, sopratutto  non avrò di nuovo tutti gli occhi puntati addosso, anzi proprio per questo voglio divertirmi come si deve.”  
 
Disse mentre Alya le sistemava i nastri nei capelli, mentre lei sceglieva i gioielli. “Tranquilla tesoro, saremo favolose!” Sistemò uno spillone nella sua acconciatura: “Fatto! Non per vantarmi, ma è uno dei miei lavori migliori.” – “Grazie amica mia, sei la migliore!” – “Come sempre.” Le due ragazze si abbracciarono.
“Ora andiamo, che i miei ci aspettano.”
 
 
****

 
Buon giorno a tutti! Spero di avervi incuriositi con questo primo capitolo.
Ho voluto unire due mondi che personalmente  che per chi come me è crescuto a pane e Lady Oscar da bambino comprenderà perfettamente, infatti i nostri protagonisti preferiti si muovono nello stesso contesto storico a me personalemte molto caro.
Che dire, se non spero vivamente che questa idea alternativa vi piaccia tanti quanto è piaciuto a me scrivenre. 
Fatemi sapre presto le vostre opinioni in merito.
Xoxo Starfallen  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Des moments ***


****
 
“Ahia! Fai attenzione razza d’incompetente!” – “Mi… mi perdoni mademoiselle…” – “Datti una mossa, tra non molto dovrò presenziare alla colazione con mia madre, e devo essere impeccabile!”la domestica acconciò l’ultima ciocca bionda della ragazza, che nel frattempo ammirava il suo riflesso nello specchio, intenta a truccarsi con rossetto e blush.
Doveva essere perfetta, doveva dimostrare a sua madre di essere una degna Bourgeois. La figliaperfetta di André e Audrey Bourgeois. 
 
La sua vita era perfetta! La sua era una delle famiglie più ricche e potenti di Francia, da generazioni, poteva vantare antenati fin dai tempi di Francesco I, erano poche ormai le famiglie di Francia che presentavano sulla carta un’ascendenza così antica. 
E non solo, ogni fanciulla nel regno avrebbe dato tutta se stessa per avere anche solo un decimo di quanto aveva lei, ne era perfettamente cosciente. Non solo a livello materiale, infatti non era solo estremamente ricca, ma era anche imparentata – se pur alla lontana – con il re, per questo ci si aspettava da lei tutta una serie di obblighi sociali e precisi doveri morali, divrsamente dagli altri lei doveva essere d’esempio.
 
Mademoiselle, ho finito con i capelli, le serve altro?” – “Si! Prendimi la parure di perle e opale, su, forza!”  
Mentre lanciava un’occhiataccia a quell’incompetente della sua domestica continuava a ripensare a quanto fosse bello essere lei. Suo padre duca di Borgogna e sua madre un tempo duchessa di Aquitania era ora una delle dame che facevano parte dell’enturage della regina.
 
E come se questo non fosse abbastanza era fidanzata – o meglio ancora promessa – al più bel rampollo dell’alta società, e suo grande amico, Adrien Agreste! 
Fortunatamente era suo coetaneo, non sarebbe finita come quella smorfiosa di sua cugina Clodine, con un sudicio vecchio di quarant’anni più vecchio di lei.
Quella ridicola smorfiosa la prendeva continuamente in giro quando era più piccola. Ma il Karma l’aveva punita, il padre, suo zio Marc Antoine le aveva imposto un vecchio barone puzzolente della Contea di Porhoët. E quel vecchio che aveva il vizio del’’alcool aveva sperperato il suo patrimonio lasciandola sul lastrico, trascinandola sul fondo con lui.
Se lo meritava. Dopo anni di prese in giro quella era la giusta punizione! Lei invece avrebbe sposato un bel giovane, esponente di una delle famiglie più ricche e potenti di Francia.
Qualcuno bussò alla porta : Prego, entrate pure. La domestica andò ad aprire: Mademoiselle, leho portato la colazione”. Chloè guardò stranita il  maggiordomo: “C’è un errore Jean Michel, devo fare colazione con mia madre…” – “Mademoiselle, sua madre ha preso una carrozza per andare al Trianon da sua maestà”. Cholè  lo guardò inebetita.
Sentì improvvisamente gli occhi pizzicarle : “Sabrina!” – disse imperativa alla domestica – “Portami immediatamente il cappotto, cappello e manicotto!” – “Mamademoiselle mademoiselle…” –“Ubbidisci!” La ragazza si affrettò ad esegure gli ordini, mise in tutta fretta il cappotto alla sua signora che si affrettò ad uscire.

****

“Oooh Marinette, che emozione, ancora non posso credere che andremo a quella festa! Mi sembra ancora impossibile!”- “Ho capito, ma abbassa la voce Alya, non ho detto niente ai miei, quindi cerca di non rovinare tutto gridando per casa!” le due ragazze si stavano incamminando verso la sala da pranzo. Le insistenze di Alya sulla festa di quella sera cominciavano a seccarla.
“E poi un ballo in maschera, nessuno ci riconoscerà!” – “Lo so bene, e intendo cogliere l’occasione per divertirmi come una volta.” La ragazza esultò, era felice di sentir parlare così la sua amica, Marinette era una ragazza molto dolce e timida e era stata sempre molto rigida nei suoi comportamenti, cosa che si era accentuata ancora di più negli ultimi tempi, visti tutti i cambiamenti che c’erano stati nella sua vita. Ora toccava a lei, la sua migliore amica scioglierla un po’.

“Bada bene, che questa volta non intendo riportarti a casa di peso!” – “Certo che no! Questa volta avremo la carrozza!”Marinette scosse la testa: “Non vedo l’ora di mostrarti cosa indosserai questa sera, ho tenuto i modelli nascosti a tutti, un po’ per sicurezza un po’ perché so quanto ti piacciono le sorprese!”- “Waa! Spero sia qualcosa di seducente, questa sera voglio fare conquiste!” – “Sei senza ritegno!” Le due ragazze risero nuovamente di gusto.
Una volta arrivate davanti alla porta della sala da pranzo Alya aprì le porte e lasciò che la sua amica la precedette nel salone.                                      
La sala della colazione era ovale, non molto grande, i decori erano sfarzosi ma non pacchiani in stile neoclassico, il colore predominante infatti era il bianco, con i decori in oro opaco, non la sfumatura sfavillante e ai limiti del pacchiano che era tipica dello stile roccocò.

Erano, più delicati, uno stile quello, che si stava lentamnte affermando anche alla corte di Versailles.
Alle pareti non vi erano ritratti di avi illustri, inquanto non ne poteva vantare, al loro posto sua madre, la dolce Sabine aveva fatto riempire gli spazzi con splendidi e delicati quadri floreali, o raffiguranti nature morte.
I suoi genitori erano entrambi seduti al tavolo quando le ragazze arrivarono nella sala :“Buongiorno madre, buongiorno padre”Marinette eseguì come meglio potè una riverenza davanti ai suoi genitori : “Buongiorno anche a te Marlene!” – “Buongiorno a lei mademoiselle”.

“Marinette tesoro, siedi”suo padre la invitò a prendere posto con loro. Marinette si sedette e prese posto tavola riccamente imbandita, si servì dal vassoio con due croissant e delle confetture:“Allora tesoro”– esordì sua madre–“Trascorso bene la notte? Come stanno andando le lezioni di cucito?” Gli occhi della ragazza s’illuminarono: “Oh mamma! È meraviglioso, mademoiselle Bustier mi sta insegnando un sacco di cose!” 

L’entusiasmo con cui la ragazza rispose fece sorridere entrambi i genitori: “Sono contento figlia mia, ah, a proposito, è pronto il mio farsetto per stasera?” – Marinette restò attonita per qualche istante, doveva ricucire la rouche sul farsetto di suo padre, ma se n’era completamente dimenticata 
“Presto lo sarà papà… ho solo avuto qualche problema… con l’attacatura del girocollo.” suo padre alzò un sopracciglio confuso: “Com’è possibile? Io ti avevo solo chiesto di rammendarmi il polsino sinistro.” Marinette stropicciò nervosamente la tovaglia sotto il tavolo per non farsi accorgere dal padre.
“Si, ma io ho colto l’occasione per rifinire anche quela parte li…”Sorrise cercando di essere convincente, non voleva di certo deludere suo padre, e nemmeno rivelare involontariamente ai suoi genitori che quela sera avrebbe preso parte con Alya al ballo in maschera.
 
“D’accordo tesoro, però sappi che entro questa sera mi servirà.” - “Non tarderò molto… lo prometto”.
Tom inarcò un sopracciglio perplesso da quell’affermazione:“In che senso non tarderai tesoro?” – Marinette si maledisse mentalmente per quella defaiance – “Volevo dire… non tarderò a ultimare il lavoro papà.”Sorrise cercando di nascondere il suo disagio, lanciò uno sguardo complice alla sua amica, in piedi in un angolo in attesa di un cenno di uno di loro.

 
****

Il suo comportamento nei confronti suoi e di suo figlio era stato totalmente inaccettabile! Poco le importavano le motivazioni, che non erano comunque delle attenuanti ! Le doveva inannzi tutto rispetto, lei se lo meritava e lo esigeva, specie da suo marito, nel corso del loro matrimonio lei aveva imparato non solo ad esigerlo ma anche a prenderselo, quando sentiva che lui non gliene portava abbastanza.
Sapeva che Gabriel non lo faceva apposta, era fatto così, era sempre stato un pò spigoloso di carattere, ma era riuscita ad abbattere i muri che un tempo li dividevano inesorabilmente, solo la pazienza e la buona volontà li aveva fatti inaspetatamente avvicinare.

Il loro rapporto non era sempre stato così. Il loro inizio era stato tutto fuorchè idilliaco. Si erano sposati ad appena tredici anni lei e diciannove lui, un matrimonio combinato, come di consueto per gente del loro rango, inizialmente non programmato, soprattutto perchè inizialmente le inclinazioni di Gabriel sembravano protendere verso la sorella  Amèlie. 
Poi però la scelta era ricaduta su di lei.
Lei non aveva dovuto fare altro che acconsentire, come doveva fare una brava ragazza di buona famiglia. In cuor suo però avrebbe voluto urlare. E dopo la loro prima notte di nozze i rapporti si erano letteralmente congelati. Per un lungo periodo quasi totalmente interrotti.


Gabriel si era buttato sull’amministrazione delle sue proprietà e del commercio di cotone, mentre lei si dedicava alle sue passioni, come l’equitazione o il tiro con l’arco e con la scusa dei fioretti religiosi aveva opportunamente tenuto lontano il marito dal suo letto.
Fortunatamente avevano trovato un punto d’incontro Emilie lo ricordava come se fosse trascorso solo un giorno, invece erano già quindici anni. 
Subentrò nel corridoio che portava all’anticamera della stanza da lavoro di Gabriel, e una volta alla porta bussò: “Avanti” – “Gabriel, tesoro, disurbo?”La donna sbirciò appena dalla porta e vide che non era solo: “No amore mio vieni pure, abbiamo finito monsieur Sancoeur, se dovessero esserci problemi e in ogni caso non esiti a tenermi aggiornato.

“Tres bien mosieur, aurevoire” –“Aurevoire.” Monsieur Sancoeur si congedò da entrambi i coniugi. 
Rimasti soli, Gabriel si lasciò sprofondare sulla sedia dietro la sua scrivania, Emilie che fino a quel momento era rimasta in disparte gli si avvicinò e circondò il collo con le braccia.
“Tesoro? È successo qualcosa? Ti vedo preoccupato.” Gabriel rispose all’abbraccio della moglie, era il caso di metterla al corrente, da anni ormai era sua stretta collaboratrice oltre che compagna di vita, da quando aveva cominciato a coinvolgere anche lei nei suoi affari, questi erano triplicati, almeno fino a quel momento. Tanto valeva giocare a carte scoperte e sipegarle la situazione, non l’avrebbe risolta, ma sicuramente avrebbe trovato un’escamotage: “Emilie ma belle monsieur Sancoeur era qui per informarmi che le vendite del cotone hanno nuovamente avuto un calo.
 
La donna inarcò un sopracciglio perplessa, aveva sentito che la regina aveva intenzione di limitare l’utilizzo del cotone, ma da quando si era trasferita al Trianon aveva poche occasioni di incontrarla tanto spesso.
Dovevano trovare una soluzione immediatamente.
“Ti prometto che troverò una soluzione, mon cher.” – Gabriel si alzò raggiungendo la moglie: “Non sarà facile e  potrebbe ritenersi necessario che tu scenda a compromessi mio caro, sappilo!”
 
Gabriel inarcò un sopracciglio: “E cioè?” – Emilie sorrise furbescamente, aggirò la scrivania e comincò a rovistare tra le sue carte, analizzandone i contenuti.
“Gabriel, mio caro, dai bilanci deduco che abbiamo avuto un significativo calo delle vendite!” – “Già, non ho detto niente per non farti preoccupare.” 
 
Emilie alzò gli occhi dalle carte e guardò negli occhi il marito addolcendo lo sguardo: “Per questo stamattina eri tanto agitato.” – “A proposito” – Gabriel si avvicinò a sua moglie cingendole la vita – “Volevo scusarmi con te per il mio comportamento.” – “Non ti devi scusare solo con me, ma anche con nostro figlio.” Le mani di Gabriel cominciavano a muoversi audaci: “Gabriel! Sono seria.” – disse la donna ridendo – “Va bene, ma adesso voglio godermi un po’ mia moglie!”

 
****
 
Ed eccoco di nuovo qui con un nuovo capitolo. 
Finalmente riesco a pubblicare il capitolo con due giorni di ritardo sulla tabella di marcia causa problemi con la tecnpologia. So che non ci siamo mossi molto nè nel tempo nè tanto meno nello spazio, putroppo i primi capitoli saranno un pò statici ma prometto che quando verrà il momento saprò farmi perdonare!
Ringrazio di vero cuore chi mi ha recensita, ma anche tutti voi che mi leggete in silezio. un abbraccio e al prossimo capitolo.



                      
 
 
 
 
 
 
 
 
     

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Préparatifs ***


****
 
“Andiamo amico, devi farlo per forza?” – “Purtroppo si, non ho altra scelta.” Nino roteò gli occhi visibilmente frustrato all’idea: “È un’ingiustizia! Stasera ci sarà un ballo in maschera in città, sai qunato li adoro, e andarci senza di te sarà una noia.” 
Adrien era frustrato quanto lui all’idea di non poter partecipare, ma aveva dei doveri da svolgere se pur di mala lena.
 
“Ti supplico cerca di non rendere le cose più persanti di quanto già non siano.” Disse quella frase con tono leggermente più alto di quanto avesse voltuo, e sfortunatamente la sua voce rimbombò per tutto il corridoio, grazie al cielo era semi deserto.
 
Si stavano dirigendo verso gli appartamenti dei Bourgeois, Adrien aveva chiesto al suo amico di accompagnarlo, come sostegno morale.
Mentre camminavano, dal senso opposto videro giungere due dame, che, se pur di appena qualche anno più grandi non mancarono di rivolgere loro sguardi lascivi, che prontamente Nino ricambiò.
 
Quando furono abbastanza lontani il ragazzo guardò complice l’amico: “Adrien, ma hai visto quelle due? Ce n’è abbastanza per entrambi.” – “Smettila Nino, sei osceno!” – “Perché? Amico devi credermi quando ti dico che è tutto divertimento. Dovresti provare.”
Adrien roteò gli occhi quasi infastidito dalle continue insinuazioni del suo amico. 
 
Nino sorrise furbescamente all’amico: “Credimi amico, è una di quelle cose bisogna provare per comprenderle.”Adrien scosse la testa divertito, da quando il suo amico era stato con quella cameriera l’estate passta sembrava non essere più in se.
Da quando era successo non sembrava più in grado di pensare ad altro.
 
Lui dal canto suo faticava a comprendere il suo modo d’intendere l’amore, ma infondo l’attesa per lui non era un problema, infondo, il dsuo destino era già segnato dal matrimonio con mademoiselle Bourgeois, quidi secondo la sua logica sarebbe stata lei la sua prima ed unica donna.
Non gli piaceva l’idea di essere infedele, secondo lui era un oltraggio che nessuna donna meritava di subire.
 
“Adrien? Adrien mi stai ascoltando?” – la voce di Ninoriscosse Adrien dai suoi pensieri – “In verità no amico, potresti ripetermi quanto hai appena detto?”. Nino rise di gusto all’onestà sfrontata del suo amico: “In verità volevo proporti un piano, per stasera, così da permetterti di venire con me al ballo in maschera.” 
 
I verdi occhi di Adrien guizzarono vivaci verso il suo amico: “Allora dimmi. Sono tutto orecchi.”
 
****
 
Quando teminò la colazione Marinette si diresse in camera sua, per raccogliere l’eserciziario di latino e letteratura, considerando che la sua istitutrice sarebbe arrivata a momenti.
 
Si prospettava un’intensa mattinata di studio, e se da una parte le piaceva aver accesso a quella forma privilegiata d’istruzione a cui non avrebbe avuto accesso, dall’altra sapeva di non avere molta testa per la morfologia o le desineze dei verbi, ed era un male perché queste cose richiedevano un’applicazione rigorosa.
 
Ma la sua vivace testolina riusciva a pensare solo al ballo di quella sera, a quanto non vedesse l’ora di andarci e a quanto fossero belli i vestiti che aveva appositamente cucito per l’occasione.
I suoi avrebbero di certo richiesto la sua testa se l’avessero scoperta.
 
Rise nervosa a quel pensiero, mentre si dirigeva nello studio, ma era intrigata all’idea di fuggire per una sera e svagarsi un po’.

Mentre era intenta a fare quelle considerazioni sentì bussare alla porta: “Avanti.” – “Mademoiselle”– Mylène entrò e s’inchinò –“L’istitutrice è qui per voi.” – “Falla entrare.” La ragazza s’inchinò: “Grazie Mylène!”

 
 
****
 
La sua intuizione si era rivelata geniale, schiarirsi le idee passeggiando nel giardino innevato della reggia aveva decisamente giovato al suo spirito.
Quella bianca e soffice coperta avvolgeva tutto ciò che si poteva ammirare perdita d’occhio, le dava un senso di pace.
 
Chloé sfilò una mano dal manicotto e accarezzò il soffiie manto di neve su una delle statue. Era così bianca e pura, bellissima, ma anche gelida e spietata. Per certi versi era come sua madre, come la sua mente formulò quel pensiero gli occhi cominciarono nuovamente a pizzicarle.
 
“Acquamarina
 
Alessandrite
 
Agata
 
Ametista…”
 
Quando era nervosa elencava sempre le pietre preziose che tanto amava per calmarsi.
Si portò la mano libera al volto toccandosi gli occhi e sforzandosi di non piangere. Cercò di non pensare né a sua madre né al fatto che stava ovviando a quella che era sua la promessa mancata di presentarla ufficialmente alla regina e sperare in un posto tutto per lei al Trianon.
 
Demantoide
 
Diamante
 
Diopside
 
Ematite…”
Respirava mentre ripeteva quell’esercizio, e quando fu totalmente calma decise che finalmente era arrivato il momento di tornare nei suoi appartamenti, doveva ancora ultimare la sua mise per la soirée di quella sera. Inizialmente aveva sperato in un invito da parte di Adrien, ma a quel punto dubitava sarebbe arrivato.
 
Con questo pensiero imboccò la scalinata che conduceva ai suoi appartamenti.
Non appena abbe imboccato la seconda rampa di scale sentì in lontananza dei frenetici ticchetii di scarpette, ben presto si rese conto che si trattava di Sabrina: “E tu che diavolo ci fai qui?” - chiese stizzita – “Dovresti essere nelle mie stanze a rassettare!” – “Mademoiselle…” disse la ragazza mentre si teneva il petto per lo sforzo.
 
Mademoiselle, sono venuta ad avvisarvi che monsieur Agreste è nei vostri appartamenti e ha chiesto di voi.– Gli occhi di Chloé si illuminarono di ritrovata gioia e un sorriso le si dipinse sul viso.
“Che stai aspettando allora? Andiamo! Non vorremo farlo di certo aspettare!” 
 
Comiciò a correre lungo la scalinata incurante dei richiami di Sabrina che arrancando le stava dietro.
 
Quando arrivarono agli appartamenti della famiglia Bourgeois Chloé si spoglio del cappotto e del manicotto, quasi lanciandoli addosso a Sabrina.
Si diede una sistemata al vestito, mentre aspettava le grazie di Sabrina: “Allora? Ti decidi?” disse stizzita.
 
Cercando di non far cadere gli indumenti della sua signora Sabrina aprì la porta lasciando entrare Chloé.
 
La prima cosa che vide varcando la soglia era proprio Adrien, elegantissimo e bellissimo nella sua marsina damascata, purtroppo non era venuto da solo, ma con quel suo quallido amico, ma provò comunque a mostrarsi cordiale.
“Adrien caro!!! Che piacere averti qui!” – girò lo sguardo verso Nino – “Nino.” – “Bonjour mademoiselle.” 
 
Chloé tornò a concentrarsi interamente sul biondo che le sorrideva, non le sembrava quasi vero: “Volete accomodarvi” – “Merci Chloé, ma non possiamo trattenerci a lungo, sono qui solo per chiederti se….” Adrien fece una pausa che a Chloé sembrò infinita.
 
Il ragazzo trasse un profondo respiro:“Se fosse di tuo gradimento, questa sera avrei paicere di accompagnarti alla soir…” – “SII!!”. 
Non lasciò nemmeno terminare la frase al ragazzo. Le brillavano gli occhi, a stento credeva a quanto stava succedendo! Finalmente una svolta positiva!
“Volevo dire, sarà per me un onore essere accompagnata da te cher Adrien!” Gli porse la mano destra, lui la prese delcatamete eseguendo quello che agli occhi di Chloé era uno dei suoi impeccabili baciamano.
 
A stento riuscì a trattenere un risolino: “Allora a più tardi Chloé.” – “A più tardi mon cher!” gli sorrise sgonante mentre guardava i ragazzi uscire dalle sue stanze, e quando entrambi furono usciti si abbandonò sulla chaise – long con un sorriso felice sul viso.
 
****
 
19/12 ore 16:30
 
“Dai Alya, sbrigati, vieni fuori e fammi vedere come ti sta!” Marinette era adagaiata sul divanetto della sua stanza, mentre mangiucchiava dei macarons e sorseggiava del thé al gelsomino.
“Sul serio tesoro, come hai fatto ad abituarti a questi abiti? Sfidano ogni logica!” Alya uscì da dietro il paravento con indosso un elaborabto abito.
 
Une robe à la Francaise in seta arancio e crema, sul corpetto si alternavano fiocchi di entrambe le tonalità. Le rouches che adornavano il corpetto non erano eccessive ma decorative al punto giusto.
Adornevano anche elegantemente le grandi maniche in pizzo che coprivano civettosamente i gomiti.  
Mentre la gonna color crema le ricadeva morbida fino ai piedi.
 
Alya si specchio e per poco non rimase abbagliata da quello che vide: “Marinette… è…. È bellissimo!” – “E tu lo indossi divinament!”
Marinette si alzò, e cinse le spalle della sua amica felice: “Saremo le più belle questa sera, è sicuro!” affermò felice la rossa, facendo un giro su se stessa, e mimando delle smorfie da grand dama.
 
Entrambe risero: “Oh Alya, vedrai che ci divertiremo, dobbiamo solo fare attenzione a non attirare attenzioni inopportune!” – “Parla per te fanciullina, io stasera intendo divertirmi a dovere, e se qualcuno oserà importunarmi saprò difendermi.”  Lanciò all’amica uno sguardo complice.
 
 Le due scoppiarono a ridere felici, ma proprio in quell’istante le porte della stanza di Marinette si aprirono e Sabine fece il suo ingresso.
Le ragazze sbiancarono e Alya corse a nascondersi dietro il paravento, marinette rimase ferma immobile, pietrificata, come quando veniva sorpresa nelle cucine a tarda notte a mangiare.
 
“Maman… che.. che ci fate voi qui?” Sabine sorrise e con un semplice gesto della mano invitò la figlia a sedersi, Marinette ubbidì, le gambe le tremavano dalla paura.
Quando fu seduta vide sua madre sedersi difronte a lei: “Alya, vieni qui e siedi con noi.” 
 
La ragazza ubbidì, uscì timidamente da dietro il paravento e andò a sedersi accanto alla sua amica. Entrambe tenevano il capo colpevoli: “Allora” – Esordì Sabine, nonostante tutto aveva un tono dolce  – “Chi di voi due vuole spiegarmi cosa state confabulando?”
 
         ****

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Masque ***


“Allora? Sei pronta mon amie?”- Disse la ragazza mentre sistemandosi la maschera sul viso.
Marinette che si trovava davanti a lei era elettrizzata, non poteva crederci di essere davvero riuscita a convincere sua madre.
 
****
 
“Bambina mia, ti ringrazio per la tua sincerità, ma sai come la penso su queste cose!” - “Dai mamma ti prego, solo questa volta, ti prometto che non tarderemo.” – “Sei troppo piccola Nettie, e la sera è troppo pericoloso!”
Marinette però cercò di non darsi per vinta: “Ti prometto che saremo a casa prima di papà, quindi massimo per l’una!” – “Mezzanotte e mezza!” – “L’una meno dieci…”
Sabine la guardò di traverso, sospirò poi però diede il suo consenso.
 
****
Era felice di quella piccola vittoria, anche durante tutto il tragitto si era sentita un po’ in colpa nei riguardi di sua madre. 
Ma ora che erano finalmente arrivate i sensi di colpa avevano lasciato il posto all’euforia. In più doveva ammettere con se stessa che gli abiti che aveva cucito erano davvero favolosi.
 
Quasi sperava di essere notata quella sera: “Ehii, Marinette, sveglia!!” Alya le schioccò le dita davanti agli occhi un paio di volte: “Sono qui Alya, è che sono troppo emozionata!!” – “Allora andiamo?” la ragazza emise un gridolino eccitato: “Assolutamente!” così dicendo aprì di scatto la porta della carrozza e si precipitò fuori.
Non poteva credere di essere davvero li, ad una festa al Palais Royal, ammirava il teatro in tutto il suo splendore, abbellito dalle luci e decorazioni della festa.
 
“Marineeette!!” la voce squillante dela sua amica la riportò alla realtà: “Sei sempre la solita, stavi lasciando la maschera nella carrozza!”disse la mora agitando l’oggetto fuori dall’abitaccolo. Con un balzo scese anche lei, chiudendosi la porta alle spalle: “Merci Mourice, va pure, ci vediamo qui davanti per l’una meno venti.” – “L’una  e mezza!!” – “No Alya.” Ringraziò il conducente che la salutò alzandosi il cappello.
 
“Vieni qui ragazzina.”Alya le si avvicinò alla sua amica con la maschera e gliela sistemò sul viso: “Grazie Alya, allora? Come sto?” disse facendosi ammirare dall’amica.
“Sei divina, anzi, lo siamo entrambe, ora sbrighiamoci, stasera mi voglio divertire!”risero entrambe e si affrettarono ad entrare.
 

 
****
 
Si portò una mano alla bocca per coprire lo sbadiglio che gli era uscito inavvertitamente. Quella soirée si stava rivelando ancora più tediosa di quello che si aspettava. Quel ricevimento era semplice, forse il più semplice a cui avesse mai partecipato, non vi erano più di una cinquantina di persone, proprio come gli aveva detto sua madre. 
Per fortuna non vi era ancora traccia di suo padre, probabilmente era stato trattenuto dai suoi affari, e lo sarebbe stato ancora a lungo, in genere quando si tratteneva oltre una certa ora c’erano buone probabilità che sarebbe rimasto sulle sue scatrofie per tutta la notte. 
 
“Adrien, mon cher sei stanco?”La voce di Chloè lo distolse dai suoi pensieri, si girò verso la ragazza che gli sorrideva, conosceva Chloé e sapeva che aveva ancora voglia di ballare, ma lui voleva evitare considerando che era già alla ricerca di una scusa per defilarsi. 
“Perdonami Chloé, stamani mi sono alzato presto e domattina dovrò fare altrettanto per…” – “Ma che peccato! La festa è appena cominciata e monsiur già si congeda.” 
 
Un brivido percorse la schiena del ragazzo, non poteva essere, non adesso, e soprattutto non lui.
 
 
****  
 
Era tutto magnifico, ogni cosa intorno a lei le sembrava uscita da uno di quei romanzi che tanto le piaceva leggere nel tempo libero. 
Lo scalone dell’Operà era adornato ad hoc per il ballo di quella sera, scesero lungo lo scalone in direzione della pista da ballo, Marinette percorse con lo sguardo la ringhiera, ricolma di vegetazione.
 
Somigliava ad un rigoglioso cespugio, come quelli presenti nel parco della reggia, svettavano anche diversi animali tra le fronde, da un’elegante pavone che troneggiava in cima alla scalinata, alle piccole e deliziose farfalle adagiate sui fiori.
 
“Andiamo! La sala è da quella parte, voglio ballare fino allo sfinimento questa sera! Ma prima…”– la voce di Alya la distolse dai suoi pensieri, vide la sua amica acciuffare al volo due calici di champagne  – “Salut mon amie!” – gliene porse uno, e lei senza indugio lo prese -“Salut!”
Mandarono giù la bevanda tutta d’un fiato: “Mmmh..” – “Che c’è ragazzina? Due anni nell’alta società non ti hanno abituata allo champagne?”
 
Marinette si coprì la bocca con la mano: “No, se consideri che è la prima volta che lo bevo!”  
Si guardarono intorno, ammirando le maschere e i vestiti delle persone che affollavano il teatro, non vedevano l’ora di cominciare la loro serata 
“E dunque arrivato il momento?” – “Decisamente, Andiamo!”abbandonarono le coppe su un ennesimo vassoio di passaggio e si diressero convinte più che mai verso la sala. 
 
****
 
Adrien si precipitò lungo la scalinata che conduceva alle scuderie.
Era vergognosamente in ritardo, ma era sicuro che Nino avrebbe compreso una volta spiegato.

Non era ceramente sua la colpa se quel rognoso damerino di monsieur Couffaine lo aveva sorpreso proprio all’ultimo. Era di soli due anni più grande di lui, ma si era sempre sentito trattato da quel finto aristocratico con una sufficienza che riteneva intollerabile. Decisamente non lo sopportava, e, inultie dire che il sentimento era reciproco.  

 
Già da qualche tempo i due erano in apera competizione tra loro, da fuori poteva sembrare un’amichevole tra due ragazzi dotati entrambi di uno straordinario talento per la musica, ma Adrien l’aveva presa sul personale da quando Luka l’aveva apertamente definito “mediocre”, quando egli stesso si trovava a corte per i meriti del padre, non per il proprio talento – e sicuramente non per rango - che Adrien stesso riconosceva esserci, ma a suo parere non era nulla di eccezionale.  
 
“Amico, alla buon ora!” – Nino lo accolse all’ingresso delle scuderie – “Cominciavo a pensare che non saresti venuto.” – “Hai ragione amico, purtoppo sono stato trattenuto da un… imprevisto…”Disse mentre si accingevano ad entrare per prendere i rispettivi cavalli.
Nino alzò un sopracciglio: “Perché ho l’impressione che ‘Imprevisto’ non sia la parola che volevi usare?” – “Perché mi conosci.” 
 
Gli lanciò un’occhiata eloquente mentre montavano: “Luka?” – “Già…”
Disse il ragazzo atono.
“Forza, muoviamoci.” Adrien diede di speroni e il cavallo partì al galoppo, seguito subito da Nino.
 
Dopo circa una mezz’ora arrivarono finalmente all’Operà. 
Come promesso, il duca di Chartres aveva messo a loro disposizione le sue stranze, adiacenti al padiglione dove si svolgeva la festa: “Allora amico, sei pronto a fare strage di fanciulle?” – “A me basta passare una sera in anonimato, lontano dalla corte e da chi mi conosce.” – “E sedurre qualche bella e intrigante femmina!” Adrien alzò gli occhi al cielo mentre indossava la maschera nera che ne risaltava ancora di più il verde brillante degli occhi, si scrollò i capelli e si fece una coda e come tocco finale aggiunse un cappello anch’esso nero in velluto con una piuma grigia.
 
“Allora? Come sto?” – “Wow, fortuna che è tua intenzione passare inosservato!” – disse Nino di rimando, mentre si allacciava la maschera a mezzo viso.
“Ed io?” Si lasciò ammirare, nel suo farsetto verde ricamato in oro.
“Sei un figurino! Ora andiamo, ci siamo persi anche troppo di questa festa!” Adrien era impaziente di lasciare gli appartamenti del duca per scendere a ballare.
 
Spinse letteralmente il suo amico fuori, dirigendosi alla balconata per scrutare l’abiente sottostante. La sala ampiamente illuminata era gremita di persone il cui vociare riempiva completamente gli spazi di tutta l’Operà, assieme al soave suono degli archi.
“Wow che spettacolo!” – “Puoi ben dirlo amico! Guarda che fauna!”
Il biondo rise, ma non poteva dagli torto, anche se avevano il volto coperto da delle maschere la maggior parte delle fanciulle presenti sembravano essere davvero carine.
   
****
 
Dopo la quinta pirouette consecutiva si rese conto che la testa cominciava a girarle.
Ormai aveva perso il conto di quanti balli consecutivi aveva già sostenuto, ma a ricordarglielo c’erano i suoi piedi doloranti, decise che era arrivato il momento di prendersi una pausa e di cercare Alya.
Sperando di trovarla in fretta.
 
Finalmente la musica finì, decise che era il momento migliore per prendere congedo dal suo cavaliere: “Mi scusi monsieur, ma ho bisogno d’aria. Ma non sparite, tenetevi pronto per quando tornerò!” – “A vostra disposizione mademoiselle!” s’inchinò galantemente e lei gli sorrise.
Si mise subito alla ricerca di Alya, per quanto glielo concedesse il dolore ai piedi per il troppo danzare. La cercò per altri dieci minuti buoni, quando d’mprovviso la vide in cima allo scalone da cui erano arrivate.
“Eccola! Ma con chi sta parlando? Oh stelle che completo orrendo!”
 
Pensò, appena entrambio entrarono nel suo campo visivo, Alya stava parlando con un giovane in marsina verde e oro, sembrava una conversazione particolarmente intrigante, considerato che sentiva la sua amica ridere giuliva dal fondo delle scale.
 
Decise di raggiungerla quanto meno per avvisarla che di li a una mezz’ora Mourice sarbbe arrivato con la carrozza per portarle a casa.
Era a pochi metri da lei, quando un forte crampo al piede che aveva appena appogiato a terra la fece sbilanciare e sarebbe sicuamente rotolata giù per le scale se non l’avessero prontamente afferrata.
 
Sentì una mano tirarla con decisione in direzione opposta a quella del fondo della scalinata, subito dopo finì letteralmente addosso al giovane che per un soffio l’aveva salvata. 
Maledì mentalmente la sua goffaggine.
“Vi ringrazio monsieur, davvero graz…” – così dicendo si tirò su e non appena alzò gli occhi sul giovane che l’aveva presa al volo ne rimase imbambolata e ancora aggrappata alle braccia del suo salvatore.
 
Due meravigliosi occhi verdi incornicati da una maschera nera la stavano fissando in apprensione: “Sta bene mademoiselle?
 
****
Quella festa era decisamente migliore di quella da cui era scappato qualche ora prima, aveva danzato parecchio e sia lui che Nino avevano flirtato con diverse dame.
Ora stava sorseggiando dello champagne appoggiato in cima allo scalone mentre parlava del più e del meno con l’ennesima fanciulla. Anche Nino era impegnato ogni tanto gli lanciava un’occhiata per vedere se avesse nuovamente cambiato damigella, ma conversava con la stessa ragazza da ormai più di mezz’ora.
 
Quella ragazza doveva avere qualcosa di speciale per aver incantato così il suo amico.
Spostò nuovamente lo sguardo verso la sua interlocutrice che civettava agitando il ventaglio, Adrien le sorrise educatamente, non stava davvero prestando attenzione al discorso che stava facendo la signorina.
 
Improvvisamente dal fondo dello scalone vide spuntare una fanciulla, avvolta in uno splendido abito rosso, con maschera dello stesso colore e delle piume tra i capelli.
Non appena la vide salire lo scalone congedò la damigella per dirigersi verso quella fanciulla, saliva a fatica e zoppicava leggermente, probabilmente aveva danzato troppo.
 
Improvvisamente la vide poggiare male un piede, si affrettò per evitarle una rovinosa caduta lungo lo scalone, la prese al volo e la trasse a se con un movimento fulmineo e la mise in salvo.
“Vi ringrazio monsieur, davvero merc…” la sua voce cristallina gli risuonò nelle orecchie e quando alzò lo sguardo su di lui rimase incantato.
 
Una maschera rossa con dei leggeri decori neri incorniciavano due splendidi occhi azzurri brillanti e vivaci, due guance rosee e labbra color ciliegia. I capelli neri erano adornati da due piume una rossa e una nera erano raccolti in una pettinatura non troppo alta e lasciava ricadere tre boccoli per incorniciarle meglio il viso.
Il vestito era anch’esso rosso con deleicati ricami neri che riprendevano la tonalitò della sua maschera, e le rouche nere che percorrevano i bordi del vestito davano al tutto un tocco di classe, senza appesantire l’insieme.
 
“Sta bene mademoiselle?” Fu tutto quello che riuscì a dire, la ragazza lo fissava con la bocca semi aperta e gli occhi sgranati.
“Oui…”disse la fanciulla cercando di rimettersi in piedi e risistemarsi. 
Quando la ragazza fu finalmente in piedi Adrien non potè quasi resistere nell’ammirarla mentre si sistemava il vestito.
 
“Desolata monsieur, non era mia intenzione…” incespicò sulle sue stesse parole, Adrien lo trovò adorabile: “Non vi preoccupate mademoiselle, piuttosto, siete certa di stare bene?” – “Si, si si! Sono solo maladroit[i].”In quel momento una dama un po’ troppo ubriaca la spinse da dietro e lei gli scivolò nuovamente tra le braccia.
 
 “Précisément! Maladroit…” - disse rialzandosi –“Inoltre è il mio primo ballo qui all’Operà, non immaginavo tutta questa calca.” - “Non vi preoccupateMaladroit, se devo essere onesto anche per me è la prima volta.” Disse scendendo qualche gradino e porgendole la mano.
“Mi concedete il prossimo ballo mademoiselle?”   
 
“Desolata, purtoppo il mio tempo questa sera sta per scadere, stavo recandomi dalla mia amica, prima d’imbattermi in voi monsieur.” Disse con quella frase con fare talmente millefluo e intrigante da far risvegliare all’istante tutta la sua innata sfacciataggine che normalmente celava.
“Allora è la vostra serata fortunata mademoiselle.” – le strizzo un occhio – “Ah, e da quando un gatto nero è simbolo di fortuna?” –chiese divertita lei. 
 
“È questo ciò che vi ricordo?” – domandò sempre più intrigato da lei e da quella conversazione – “Oui.” Assentì la giovane: “Très bien, allora immagino di ricordarvi un Chat noir per il mio aspetto.” – vederla ridere alla sua allusione gli diede conferma delle sue parole – “ Quindi se io sono la sfortuna, voi mademoiselle siete la fortuna, quindi rifacendomi al vostro delizioso vestito che ne riprende le tonalità, mi permetto di chiamarvi Coccinelle.”
 
La vide mentre scoppiare a ridere come se il ragazzo avesse detto la cosa più divertente del mondo, non ne rimase offeso, anzi si unì a lei. 
“Non posso nemmeno darvi torto monsieur, e mi complimento con voi per il vostro spirito d’osservazione!” – “Merci mademoiselle.” 
 
“Ah, grazie al cielo, eccoti qui, finalmente! Dobbiamo andare, hai visto che ore sono?” 
Una ragazza dai capelli castano ramati comparve all’improvviso, era la stessa che qualche minuto addietro stava civettando col suo amico Nino, che neanche a dirlo si palesò subito dopo la giovane.
 
“No chérie che….”Improvvisamente sbiancò alla vista dell’orario segnato dal gtande orologio che troneggiava al di sopra dello scalone: “Merde!” quell’espressione colorita strappò ad entrambi un ghigno per quanto fu spontanea.
“Sono davvero dispiaciuta monsieur, ma è davvero molto tardi e la carrozza ci attende!” Si scusò
 
“Carrozza? Allora è una nobile.”   
 La ragazza fece per allontanarsi ma Adrien la trattenne per un solo istante: “Comprendo mademoiselle.” – s’inchinò a baciarle elegantemente la mano – “È stato un onore poter parlare con voi per qualche breve ma prezioso minuto!”
Quando rialzò il capo la vide mentre lo fissava dall’alto, completamente immobile, con gli occhi sgranati e le guance arrossate. Se non fosse stato per la sua amica che prese a trascinarla sarebbe rimasta li. Sarebbe rimasta con lui tutta la sera, di questo Adrien ne era certo.
 
 
****
Marinette era ancora intontita da quello che era appena successo, ma non aveva il tempo di pensarci perché era già tardissimo.
L’una meno cinque, davvero non poteva crederci come quello che sembrava essere un lasso di tempo incredibilmente breve nella realtà era molto di più.
 
“Dai su. Ci siamo quasi, ecco Mourice!” Le due corsero in direzione del veicolo appostato strategicamente. Quando finalmente fuono nell’abitaccolo si tolsero la maschera e si guardarono complici: “Allora, chi era il giovane con cui stavi parlando?” Chiese curiosa Marinette: “Oh nessuno, tu piuttosto! Ho visto che anche tu hai fatto conquiste!” – “Ma che vai a pensare!” disse arrossendo.
 
Guardò fuori dal finestrino, ammirando le luci dell’Operà allontanarsi nella notte.
 
 
[i] Maladroit àin francese, maldestra
 
 
Considerazioni finali
 
Buon Natale, buon anno e buon nuovo capitolo a voi.
Chiedo venia se nello scorso capitolo non ho scritto niente alla fine ma l’editing mi ha dato problemi, e siccome sono un disastro con la tecnologia me ne sono accorta solo quando ormai era troppo tardi
 
Sono tremendamente in ritardo nella pubblicazione di questo capitolo – e anche di diverse recensioni – non solo a causa delle feste, ma purtroppo anche a causa della sessione invernale e di un ultimo esame che non vuole saperne di andare in porto, a causa di ciò purtoppo non so quando potrò postare il prossimo.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche perché finalmente i due si sono incontrati!!!! – fuochi d’artificio in sottofondo –
Ho cercato di ricreare una situazione simile a quella del primo episodio con alcune varianti data l’ambientazione della storia e le dinamiche in generale.
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nouvel An - premièr partie ***


1 Gennaio 1781     
 
L’atmosfera di festa che si respirava alla reggia nel giorno di Capodanno era qualcosa di semplicemente magico, le luci, la musica, persino le persone che normalmente avrebbe trovato odiose le sembravano usciti da un romanzo cavalleresco.
La Galerie des Glaces una delle sale più maestose del palazzo era gremita di persone dell’alta società provenienti da tutta la Francia che erano state invitate a Versailles dalla famiglia reale per i tradizionali auguri di inizio anno.
 
Era davvero un luogo incantevole, man mano che percorreva la sala si specchiava nelle arcate dorate che riflettevano la sua immagine.
 
La musica era divina e la pista da ballo al centro della sala, affollata, in attesa dell’arrivo dalla famiglia reale la gente presente al ricevimento si stava concedendo le più svariate tra le sofisticate frivolezze.
“Bambina mia, non smetterò mai di dirti quanto sei splendida con questo vestito.”
 
Indossava un vestito in Lampas en soie rosa fragola con gonna e ricami neri, dietro uno strascico appena accennato. L’acconciatura non troppo alta e ricca di riccioli era impreziosita da nastrini e un piccolo filo di perle che s’incastrava alla perfezine nella pettinatura. 
 
Sua madre le si avvicinò per sistemarle meglio la collana che indossava, sotto un delizioso collarino arricciato rosa in voile, spiccavano tre file di perle nere che risaltavano non solo i suoi occhi azzurri, ma anche la sua pelle candida.
Senza contare lo splendido effetto che avevano sul suo abito rosa fragola, incorniciato da rouches e fiocchi neri che cadevano morbidi sul petto.
 
“Sei pronta? Ricordati di inchinarti, sorridere e rispondere garbatamente, se oltre a presenterci i loro auguri, i sovrani ti dovessero interpellare.” – “Oui maman, e prometto che cercherò di evitarvi figure sconvenienti.” Sabine accarezzò affettuosamente la guancia della figlia: “Posso andare a ballare ora?” – “Ouì mon cœur, allez vuos!”
 
Marinette sorrise felice e si diresse verso la pista da ballo.
 
 
****
 
“Allora amico? Che vogliamo fare dopo? ” – “Non lo so, tu cosa vuoi fare?” Nino guardò l’amico con tedio, l’unica cosa che entrambi volevano in quel momento era ritrovare le giovani conosciute al ballo in maschera: “Vuoi battere a tappeto tutte le strade di Parigi?” – “È una proposta allettante, non sei l’unico rimasto incantato quella sera!” Disse il ragazzo frustrato.
Adrien teneva testa e braccio appoggiati su una delle vetrate dell’immensa galleria che davano sul parco, Nino era al suo fianco che fissava assieme a lui l’esterno della reggia.
Il biodo si alzò facendo leva sull’avanbraccio e si volse verso la galleria.
 
Guardò il suo amico e poi la sala, il contrasto tra il calore che emanava la Galerie des Glaces adornata a festa e lo spento e freddo paesaggio invernale dei giardini era impressionante, ma anche magnifico.
 
Adrien si guardò intorno, sperando, illudendosi di essere ancora al Palais de l’Operà, e di rivedere quella giovane con cui aveva danzato e che aveva giocosamente corteggiato, ma del cui fascino era rimasto inesorabilmete vittima.
Purtroppo non sapeva niente di lei, se non che aveva capelli neri, profondi occhi azzurri, non era molto, per non dire niente.
 
Di una cosa però era certo, avrebbe riconosciuto i suoi occhi tra mille, a costo di girare tutta Parigi e dintorni l’avebbe trovata.
Ma prima sarebbe dovuto uscire dal palazzo, e qui arrivava il difficile, suo padre non gli avrebbe mai permesso di allontanarsi dalla reggia per recarsi in città.
 
“Nonostante siano presenti le più raffinate bellezze di Francia, il mio pensiero torna sempre a quella sera.” – “Scusa ma non eri tu quello che aveva giurato di non innamorarsi?” Adrien canzonò l’amico che sembrava aver rivisto la sua posizione di qualche mese prima: “Innamorarsi è per deboli!” Gonfiò il petto e cecò di imitare la sua voce.
 

“ ‘Nino Lahiffe non è uno che si innamora, lui seduce e basta!’ ” – “Smettila, non è affatto divertente!” – “Ah, questo lo dici tu!” Rise di gusto dando una giocosa spinta all’amico, ma l’euforia dei due giovani purtroppo durò poco.

Adrien vide infatti suo padre e sua madre fare la loro comparsa nella sala, notò subito l’espressione seccata di suo padre, probabilmente dovuta alla sua assenza: “Nino, la baldoria è finita, i miei sono arrivati e farò bene a raggiungerli, prima che mio padre si indispettisca troppo.” – “Non ti preoccupare amico, Je te vois plus tard.” – “A plus tard.”

Raggiuse i suoi genitori, sua madre si stava complimentando con la Marchesa de Boulainvilliers, una donna particolarmente corpulenta, per una qualche ragione che sicuramente gli avrebbe dato noia.


“Ah Adrien, mon cœur, vien.” Emilie tese la mano verso il figlio, come a volerlo invitare a prendere parte alla conversazione: “Madre. … padre. Marchesa.” - “Mon Dieu Gabriel, Emilie, vostro figlio è davvero un bel giovanotto!” – Adrien abbassò lo sguardo in imbarazzo – “Mercì madame, anche voi siete radiosa.” Il ragazzo eseguì uno dei suoi impeccabili inchini con baciamano.
 
La donna rimase estasiata e rise maliziosamente a quella galanteria: “Delizioso, assolutamente delizioso.” Adrien le rivolse un sorriso di cortesia: “Ho sentito che sei anche un eccellente musicista!” – “Oui madame, suono le clavecin.” – “Allora vorrà dire che ti chiederò di suonare alla prossima soirée che organizzerò!” Emilie era entusiasta all’idea.
 
Absolutmot! Saremmo felici di prendervi parte madame!” – “Allora vedrò di organizzarne una al più presto! Ah perdonatemi vado a salutare il Conte di Vergennes.”
 
Adrien tirò un sospiro di sollievo, purtroppo nonostante la sua compostezza, la robustezza di quella dama lo aveva parecchio scombussolato, non era da lui allungare l’occhio sulle grazie di una donna, ma le proporzioni della marchesa e la propria statura non avevano aiutato a declinare quei particolari.
Scosse la testa per liberarsi la mente, guardò sua madre che gli sorrise dolcemente.
 
“Signore, quant’è seccante quella donna!” – “Non essere volgare Gabriel! E comunque è una cara conoscente, e per tanto almeno a questa festa le devi un minimo della tua considerazione!” Ribadì solenne la donna, Gabriel le rivolse un sorriso di sfida che stupì Adrien, sua madre era l’unica in grado di strappargli dei veri sorrisi, di qualsivoglia natura.
 
Guardate chi sta arrivando!Disse Emilie assottigliando leggermente lo sguardo e alzando appena la guardia, il ragazzo seguì con lo sguardo la madre che puntava fisso sulla famiglia Bourgeois ‘Sublime’ pensò con sarcasmo ‘Adesso ti costringeranno nuovamente ad esibirti, buon anno anche a te Adrien!’ 
Andrè ed Audrey Bourgeois stavano puntando giusto nella loro direzione, immancabilmente Chloè era al loro seguito.
 
Madame Bourgeois sembrava avere indosso il sole, il suo abito di seta dorata rifletteva ogni spiraglio di luce, aiutata anche l’importante collana di oro bianco e diamanti che portava al collo. I diamanti del girocollo formavano dei motivi floreali, e sul petto della donna si adagiava un grosso fiocco di diamanti, con al centro un topazio grande quanto una noce, il cui pendente spariva nella scollatura. 
 
Al contrario monsieur Bourgeois insossava marsina e calzoni di velluto blu scuro e argento, risaltando ulteriormente l’abito già di per se indiscreto della moglie. Non l’avrebbe mai ammesso, ma quella donna lo metteva tremendamete in soggezione.
 
Adrien, massimo rigore mi raccomendo! ” – “Lascialo stare Gabriel.” lo rimbeccò la moglie – Il n'est pas le problème, ma quella maliarda dal color du soleil che sta arrivando!” Adrien rise appena alla considerazione fatta da sua madre, sapeva che mal sopportava Audrey Bourgeois, quella donna civettava sempre troppo spudoratamente con suo padre, se n’era accorto persino lui, e quell’allocco di suo marito non era in grado di metterle un morso e tirare le redini, ma fortunatamente sua madre sapeva farlo!
Purtroppo sua figlia tendeva ad emularla, e aveva nei suoi riguardi un attaccamento morboso che il giovane sopportava a fatica. E da quando i loro genitori avevano accennato alla possibilità di unire le loro famiglie, le attenzioni di Chloè si erano fatte ancora più insistenti.
 
“Maman, volete che vi vada a prendere altro champagne?” cercava un modo per defilarsi da quella situazione ed evitare di dover ballare.
Suo padre lo fulminò con lo sguardo, Adrien si sentì colto in fallo e abbassò lo sguardo, non aveva scampo: “Tu non ti muovi di qui!” Disse imperativo Gabriel.
 
“Gabriel, Emélie” – Adrien lanciò una rapida occhiata alla madre, sapevano entrambi che Audrey aveva di proposito sbagliato il suo nome per provocarla,  Emilie aveva assottigliato lo sguardo feroce e nascose adeguatamente la sua insofferenza dietro un sorriso al vetriolo – “Ci tenevamo a rinnovare i nostri più sinceri auguri per il nuovo anno!”
 
La donna appoggiò con grazia i gomiti in vita, e fece svettare velocemente lo sguardo su tutti i componenti della famiglia Agreste, per poi soffermarsi nuovamente sui due cognugi: “Lo stesso vale per noi cara Audrey, allora, state trascorrendo in modo piacevole questo ricevimento?” – “Si, devo dire però che da qualche tempo queste feste mancano di originalità! Ma è risaputo che gli eventi più ineressanti si svolgono al Trianon ormai!”
 
“Maman, avevi promesso che un giorno mi ci avresti portata.” – “Taci Charlotte , non è né il momento, né il luogo per discutere di queso!”
 
Adrien sapeva che Emilie rimaneva ogni volta impietrita difronte alla freddezza di quella che era sua madre.  Chloé non se lo meritava, la donna era seriamente dispiaciuta per lei, per quanto possibile, nonostante i suoi impegni Adrien sapeva che si stava prodigando per prenderla sotto la sua ala.
 
 “Adrien caro.” - Disse amorevolmente – “Perché non porti Chloé a danzare.” – Gli strizzò un occhio per incoraggiarlo – “Stanno suonando un delizioso menuet. Anzi, perché non ci andiamo tutti?” -
“Danser? Cherie, dovresti avere più riguardo di te stessa.” – Disse velenosa Audrey – “Te souviens cosa successe alla reine Anne quando scivolò danzando!*” Dopo quella infelice uscita di madame Bourgeois, Adrien scivolò via portandosi dietro Chloé, non era il caso di lasciarla ad assistere allo scontro verbale che si sarebbe sicuramente scatenato.
 
 
****
 
Fece l’ultima riverenza al suo chevalier cercando di non sbilanciarsi, purtroppo il minuetto era terminato e il complesso stava iniziando a suonare  qualcosa di più allegro, Marinette non aspettava altro.
L’unico problema era che non ricordava bene i passi della chappeloise**, e quando la musica partì, e senza pensarci troppo cominciò a ballare cercando di copiare i movimenti della dama davanti a lei.
 
Passè
 
Passè
 
Passè
 
Passé
 
Rond et change
 
L’unica nota negativa di quella tecnica era che purtroppo non riusciva ad andare a tempo con la musica queindi era irrimendiabilmente in ritardo.
Dopo il secondo change de direction la coreografia prevedeva il cambio di partener, eseguì la giravolta sotto il braccio del suo cavaiere, eseguì anche il giusto port des bras, ma qualcosa andatò storto perché mentre apriva il braccio sinistro questo finì direttamente nello stomaco del suo partner.
Désolé monsieur.” –  Si scusò mortificata, fortunatamente il giovane la prese sul ridere - “Non vi preoccupate mademoiselle.” Disse il giovane dietro di lei. Quando Marinette ne sentì la voce sgranò gli occhi “Non può essere…”
 
****
 
Quando raggiunsero la pista da ballo complesso musicale aveva cominciato a suonare il motivo più allegro della chappeloise, Adrien prese la mano destra di Chloè.
Cominciarono a danzare, eseguendo i passi saltellati a ritmo della musica:  “Oh Adrien caro.” Disse mielosa la bionda, il ragazzo le sorrise educatamente: “Sono così felice di danzare con te.” –  Chloé si avvicinò tentando di scoccargli un bacio durante un change de direction, ma prontamente Adrien lo evitò facendole fare una giravolta improvvisata, per poi farla passare sotto il suo braccio.

Fortunatamente il cambio di compagna lo salvò da un ennesimo assalto da parte della ragazza.
Guardò Chloé allontanarsi con uno sguardo triste negli occhi, per raggiungere il nuovo chevalier, gli dispiaceva vederla così, ma illuderla sarebbe stato peggio.
 
Non prestò particolare attenzione alla dama che si trovava davanti a lui.
Fu un grave errore di valutazione da parte sua perché senza alcun preavviso venne colpito dritto nello stomaco da un braccio.
Désolé monsieur.” Una vocina mortificata si scusò con lui.
Era la fanciulla che danzava davanti a loro poco prima, la conosceva solo di vista, poichè non visitava spesso la corte.
 
 “Non vi preoccupate mademoiselle.” Disse cordialmente, quando la ragazza si voltò a guardarlo qualcosa di lei lo colpì. Vide i suoi occhi di un azzurro cristallino risplendere alla luce delle candele, le prese la mano per condurla nella danza, notò quasi subito che faticava ad andare a tempo.
 
“Perdonatemi monsieur… non sono molto pratica.” – “Non vi preoccupate mademoiselle, state andando bene.” – “Vi ringrazio.” La vide sorridere e questo gli scaldò inaspettatamente il cuore. Quando arrivò il momento del cambio di partner ad Adrien dispiaque, la fece girare sotto il suo braccio continuando però a gardarla di sottecchi.
Per qualche motivo quella fanciulla aveva catturato il suo interesse.
 
Ballò con altre due giovani prima di ritrovarsi nuovamete a ballare con Chloé: “Adrien, mon cher! Ti sono mancata?” Il ragazzo le sorrise sperando di tenerla buona mentre la sua attenzione era rivolta altrove: “Adrien! Mi ascolti?”
L’insistenza della ragazza lo costrinse a prestarle attenzione: “Oui Chloé, dimmi, di cosa hai bisogno?” – “Qu'est ce que vous regardes? vide la bionda indirizzare lo sguardo verso la coppia davanti a loro.
 
“Anche tu hai notato la ridicola acconciatura di quella li?” rise la bionda. Il tono di scherno da lei usato infastidì non poco Adrien. Fece per replicare quando uno squillo di trombe sancì l’arrivo della famiglia reale e la chiusura delle danze.
 
 
****
 
Quando le loro maestà fecero il loro ingresso nella Galerie tutti s’inchinarono al loro passaggio. Le loro maestà Luigi XVI e Maria Antonietta, seguiti da Madame Royal percorsero solennemente i 73 merti che li separavano dai loro troni opportunamente spostati per la tradizionale cerimonia degli auguri d’inizio anno.
 
Quando arrivarono alla loro meta, in sala ci fu un momento di risistemazione da parte degli ospiti, di modo da farsi trovare pronti nel momento in cui le famiglie avrebbero ricevuto e presentato gli auguri ai sovrani.
Fu proprio in quel momento che Marinette ringraziò la sua buona stella, nonostante la calca, riconobbe – oltre alla stazza di suo padre – la calla che svettava sull’acconciatura di sua madre.
“Devo ricordarmi di ringraziare Simone per il consiglio!” pensò mentre seguiva il fiore, cercando di fare il più veloce possibile.
 
“Oh! Eccoti qui Nettie, meno male giusto in tempo!” La donna tirò un sospiro di sollievo quando finalmente la vide: “Vieni qui mon cœur, dobbiamo solo aspettare adesso.”
Approfittò per darsi una sistemata al vestito mentre attendevano il loro turno, intanto la cerimonia aveva avuto inizio, e le prime famiglie a cominciare dai fratelli del re, avevano già preso a sfilare.
 
Richiamò a se tutto il contegno che possedeva, doveva cercare di non mettere in piedi uno dei suoi soliti teatrini, doveva ricordarsi di camminare nel modo più elegante possibile, e di restare stabile sulle sue ginocchia durante il lungo inchino davanti ai reali.
Nulla doveva andare storto, pena la pubblica umiliazione.
 
Cercò di distogliere la sua mente da quei brutti pensieri, diede uno sguardo alle prime famiglie che si apprestavano a ricevere gli auguri.
Non le parve di riconoscere nessuno, però rimase abbagliata dai vestiti che le sfilavano davanti. Avevano fatto tutte grandi acquisti in vista delle feste, e si vedeva, senza ombra di dubbio quello era uno dei motivi per cui amava andare a corte.
 
****
Era li. Era il suo momento, stava percorrendo la galleria preceduta solo dai suoi genitori. Alzò il mento e raddrizzò ulteriormente le spalle, per mettere in mostra la vistosa spilla in citrino e perle che le aveva donato il padre proprio quella mattina, e che lei aveva sapientemente appuntato sul suo meraviglioso vestito.

Aveva fatto bene a scegliere un colore come il verde scuro, con rouches ed engageantes viola. Il corpetto dell’abito era minuziosanmente decorato con delle preziosissime filagrane che formavano dei ghirigori indistinti ma comunque molto eleganti. Al centro del petto troneggiava il pezzo forte, la sua mise doveva fare colpo sulla regina.
Monsieur, Madame et mademoiselle Bourgeois!Il paggio annunciò i loro nomi, si avvicinarono ai troni dei sovrani rivolgendo loro un solenne e profondo inchinio. “Buon anno monsieur Bourgeois, buon anno madame!esordì distrattamente il sovrano: Buon anno monsieur, buon anno cara Audrey!– anche la regina espresse i suoi auguri – Bonne Année mademoiselle, ogni volta che vi vedo siete sempre più graziosa.”

Chloé non ci poteva credere! Era il suo momento: “Merci Votre Majesté. A vous aussì. Si ritirarono, stando sempre inchinati mentre si diressero verso l’uscita laterale posta sulla sinistra.
La ragazza era assolutamente entusiasta che finalmente la regina le aveva rivolto la parola, per farle un complimento poi! Sua madre ne sarebbe stata di certo felice, e forse avrebbe riconsiderato la proposta di portarla con se al Trianon, forse, magari, un giorno.

****

Forza Marinette! Manca poco e sarà il vostro turno. Non devi sbagliare!” Cercava di forzarsi ad appoggiare un piede davanti all’altro e di non scappare via. La sfilata era molto bella da ammirare, ma viverla era per Marinette fonte di alta tensione.
E l’essere particolarmente goffa di certo non giovava a suo favore.
Sentiva l’araldo annunciare le famiglie che li precedevano, i cuore sembrava pulsarle dritto in gola.
Si guardò intorno, con la mente le parve di tornare a un’anno e mezzo prima, a quando avevano fatto ufficialmente il loro ingresso in società, la situazione in effetti era molto simile a quella domenica mattina.

Il ricordo le attraversò la mente come un lampo.
Era novembre, una mattinata particolarmente fredda e uggiosa, lei e la sua famiglia avevano partecipato alla messa e una volta fuori furono costretti a sfilare davanti a tutta l’alta nobiltà di Francia.
Quell’occasione aveva indosso uno splendido abito all’andrienne in damasco rosa con ricami d’argento, l’ultimo acquisto, fatto apposta per quella speciale occasione all’atelier di Madame Bertin.
Il disagio che provò quella mattina nel Salone dei Nobili era pari a quello provato in quel momento, mentre percorreva la Galerie per raggiungere il baldacchino reale.
Si sentiva esposta, come una delle torte che si trovavano sul tavolo o peggio, una giovenca, esibita per il semplice piacere dei compratori.

Monsieur, Madame et mademoiselle Dupain!” – “Merde!” si ritrovò a pensare appena sentì il nome della sua famiglia: “D’accordo Marinette, ricorda, tre inchini, come ti ha insegnato Huart e cerca di non sembrare troppo goffa quando ti sflierai i guanti!
Arrivati davanti ai reali s’inchinaro nell’attesa che i sovrani rivolgessero loro gli auguri: “A tutti voi un sentito augurio di buon anno!” disse il re.
Marinette s’impose di restare stabile sulle sue ginocchia, cercò di non ridere, aveva notato come fosse saltato malamente un bottone dalla marsina finemente ricamata del re quando questi aveva tirato in detro il petto per respirare.

La stazza di quell’uomo le ricordava quella di un toro, ma non certo nel senso virile del paragone, era un uomo piuttosto flaccido.
Al contrario Sua Maestà la regina esibiva un portamento impeccabile e seppur a prima impressione pareva una persona austera, in realtà era una donna molto dolce,  e, a differenza di come veniva descritta nei bassifondi della città era una donna generosa e amabile.
Marinette l’ammirava molto, anche per questo motivo stare al suo cospetto la intimoriva.
Bonne Année monsieur, bonne année madame… mademoisellepoi d’untratto, accadde l’impensabile – “Interessante accostamento di colori mademoiselle, ma ditemi, come mai avete scelto il nero?Stava parlando con lei? Era veramente successa una cosa del genere?

Mademoiselle?  È tutto a posto?” – “Oui… oui Votre Majesté” – “Tres bien, allora prego rispondete.” Le mani di Marinette stavano sudando, e stropicciando malamnete la stoffa del vestito per il nervoso, non ci poteva credere!
“Bhe… è… è uno splendido colore, si abbina con tutto, in più…” – trasse un profondo respiro prima di terminare la frase, nella sala era calato il silenzio più totale. Tutti la stavano fissando, e non sapeva nemmeno lei se fosse un bene o un male – “In più è il vostro colore Majesté…” deglutì nervosa.

“Mi piace il vostro spirito mademoiselle, ed anche il vostro stile, spero di vedervi più spesso a corte!” – “Grazie maestà…”
Si ritirarono nel corridoio laterale, le sue gambe tremavano ancora per l’emozione: “Oh, mon cœur” – sua madre l’abbracciò improvvisamente – “Sei stata bravissima davvero! Ma cos’hai? Ti vedo pallida.” – “Sto bene maman, ho solo bisogno di un pò d’acqua…”
Continua…..
****
 
* La regina Anna moglie di Luigi XIII scivolò durante una festa mentere era incinta, la caduta provocò un aborto.
 
** Tipo di danza più in stile rinascimentale che barocca
 
Considerazioni finali
 
Eccomi qui, finalmente sono tornata con il capitolo che idealmente sarebbe dovuto uscire appunto il primo gennaio, ma cause di forza maggiore hanno deciso il contrario.
Spero di aver compensato la lunga assenza con un capitolo bello lungo.
 
Per la cerimonia degli auguri mi sono completamente ispirata all’episodio di Lady Oscar dove i reali presentavano i loro auguri ai nobili di Francia.  
 
Come avete avuto modo di leggere entrano ufficialmente in scena anche gli altri membri della famiglia Bourgeois e si comincia a vedere quale sia il loro rapporto con gli Agreste, con una simpaticissima Audrey e le sue battute al vetriolo nei riguardi di Emilie.
 
Non vi preoccupate, perché nei prossimi capitoli delineerò meglio le singole storyline e verranno a galla moooolte cose.
Per adesso è tutto, un bacio e a voi la linea!
 
Starfallen
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nouvel An - deuxième partie ***


****
“Com’è possibile che Sua Maestà abbia rivolto tali complimenti a quell’essere inutile?” Chloé era livida di rabbia, non era possibile che l’ultima arrivata era stata considerata più di lei!
Si stava sforzando di capire cosa la regina avesse visto in quella nullità che ora era circondata da altre stupide oche che probabilmente erano attratte più dal fatto che la regina le avesse rivolto due parole che non da lei in quanto tale.

Assottigliò lo sguardo e indignata cominciò a sventolarsi con il ventaglio nervosa. Doveva prendersi una piccola rivincita, la buona stella di quella smorfiosa non sarebbe stata luminosa ancora per molto.
Lei si trovava vicino ai suoi genitori che stavano parlando con la duchessa di Chartres. Quest’ultima si stava complimentando con sua madre per la sua nuova ed enotme collana di diamanti che suo padre le aveva regalato.

“Oh Audrey tesoro, questa collana è davvero meravigliosa!” –“Oui, je souis d’accord!” disse la donna come se la contessa avesse appena espresso un’ovvietà. 
“Charlotte, renditi utile e vammi a prendere qualcosa di rinfrescante!” – “Oui maman...”Si diriesse verso l’ala ovest della Gallerie dovera stato imbandito un immenso tavolo imbandito con le più sofisticate prelibatezze.

C’era veramente di tutto! Dalla selvaggina appena cacciata e fresca di giornata, ai più raffinati dolci provenienti dalle migliori pasticcerie del regno.
D’istinto si diresse verso i dolci, aveva puntato dei cestini in pastafrolla con crema al limone, i suoi preferiti! Ma qualcosa la fece desistere anche solo dal toccarli, sapeva che se ne avesse mangiata anche solo una non si sarebbe fermata li, e non poteva rovinarsi la linea!

Doveva mantenere la sua attuale taglia il più possibile…
Si costrinse a dirigersi verso la frutta: “Fuit, maman voleva qualcosa che la rinfrescasse, giusto?” Un riso, che trovò alquanto scomposto, la distrasse dalla sua riflessione: “Tu guarda!” – pensò malevola mentrequell’antipaticasi avvicinava ignara del fatto che presto sarebbe stata punzecchiata da une petite abeille.  
 
****

La cerimonia degli auguri era terminata da alcuni minuti, e Adrien comiciava ad avere caldo, troppo, quasi da soffocare.
Lanciò un’occhiata verso la sala, ora che tutti avevano ricevuto gli auguri ufficiali da parte della famiglia reale la situazione era in stallo, erano tutti in attesa del cenno del re che sanciva l’inizio alle danze. Tutti i nobili erano intenti a chiacchierare tra loro, o per scambiarsi gli auguri o semplicemente per conversare e cercare così di invitare qualche fanciulla a ballare non appena fosse stato possibile.

Adrien guardò i suoi genitori che stavano conversando con madame e monsieur De Clermont, avrebbe voluto chiedere loro il permesso di andare a cercare quanto meno Nino, così da poter stare in compagnia di qualcuno della sua età, ma non voleva essere ripreso dal padre che, se infastidito, l’avrebbe sicuramente rimproverato per ciò che lui considerava un capriccio infantile, costringendolo a restare con loro.
Da lontano vide l’abito verde di Chloé, che si stava dirigendo verso la tavola imbandita : “Padre, posso raggiungere Chloé? Vorrei invitarla a ballare.” – Adrien guardò il padre che si limitò a guardarlo in maniera algida.
Era contrariato? Indifferente? Felice? Non era dato saperlo- “Oui mon cœur, Gabriel, per te va bene?” La madre gli diede manforte, ma al suo cenno d’assenso Adrien si affrettò a salutare i De Clermont, e si volatilizzò velocemenete, per timore che suo padre cambiasse idea.

Seguì la direzione di Chloé, per dare l’impressione di star andando da lei per poi andare a cercare Nino e cercare di convincerlo a scendere nel cortile interno a prendere una boccata d’aria fresca.
Non ce la faceva più a stare fermo li nella Galerie, voleva uscire anche solo per far riposare gli occhi, tutto quel vociare e tutte quelle persone cominciavano a fargli girare la testa.
Si appoggiò ad una delle tante candeliere presenti nella galleria, stremato da quella infinita giornata, non vedeva quasi l’ora di andare a dormire.

“Wow, amico hai una faccia, tutto bene?”Nino sbucò dal nulla e quasi lo fece spaventare: “E tu da dove salti fuori? Ti stavo cercando.” – “Ero al tavolo a mangiare della frutta, ma come è arrivata Chloé ho preferito eclissarmi. Ed è stato un peccato.”
“E come mai?” – lo sguardo di Nino si fece eloquete, e Adrien alzò gli occhi alcielo. “Hai voglia di scendere a prendere un pò d’aria?” – “Certo, ma ti secca se prima torniamo a prendere qualcos’altro da sgranocchiare?” -“Assolutamente.”
Si diressero verso il tavolo per prendere qualcosa che il suo amico potesse mangiare: “Però, graziosa la nuova arrivata!”disse Nino puntando la ragazza a cui la regina aveva rivolto I suoi complimenti durante la cerimonia.
Adrien indirizzò lo sguardo verso la fanciulla che si trovava nei pressi del tavolo, stava mangiando dei lamponi glassati, quando la vide, addolcì inconsapevolmente lo sguardo “Ha le labbra dello stesso colore… cosa?” 

Si sorprese a fare quell’osservazione, mentre osservava la fanciulla che riconobbe come la sua deliziosa ex compagna di danze. Chissà perchè non ci aveva fatto caso prima.
Improvvisamente vide Chloé con la coda dell’occhio avvicinarsi di soppiatto, come quando da bambini tendeva agguati a suo cugino Felix. E sapeva  che ciò non prometteva niente di buono.
“Nino, dammi un secondo!” – “Ehi, sei tu quello che voleva uscire mon ami,andiamo quando lo dici tu!” – gli sorrise complice, anche lui aveva notato le mosse furtive della bionda, e voleva assolutamente vedere come si saebbe evoluta la situazione.

Adrien aggirò il tavolo per fermare Chloé, ma si rese conto troppo tardi di aver sbagliato lato del tavolo, arrivò prima della bionda, ma si ritrovò davanti alla fanciulla che prima stava ammirando.
Lei sollevò lo sguardo dal pasticcino che stava gustando poco prima che lui arrivasse: “Desidera, monsieur…?”
La sua voce lo riscosse appena: “Rien mademoiselle… volevo solo…” Vide la ragazza fare una strana smorfia, che non seppe come interpretare. Con un gesto fulmineo la vide portare una mano verso una delle tasche del vestito: “Ma che…. Oh! Maledizione!”
Un riso tanto vittorioso quanto spocchioso tagliò l’aria come una lama.

Chloé aveva riempito uno dei guanti della poverina con della salsa di pomodoro e carne per poi rimetterglielo in tasca facendo sporcare tutto l’abito. Cercò di rimediare procurandole dei tovaglioli, ma ormai il tessuto era irrecuperabile.
“Mademoiselle, lasciate che vi aiuti…” – “E per che mai?! Voi siete certamente complice di questa… Saloppe! E siete riuscito anche troppo bene nel vostro intento!” – “Ma come vi permettete? Che razza di screanzata!”

La situazione pareva fuori controllo, le due ragazze parevano sull’orlo di una violenta lite.   
“Siete davvero una volgare popolana! Nessun titolo potrà mai darvi una briciola de noblesse!” – “Beh, se vuol dire non essere una spocchiosa viziata come voi allora è un bene!” lo sguardo di Adrien svettava dall’una all’altra come se stesse fissando una frenetica partita di pallacorda.
 
Mesdamoiselles, per favore non è il caso di…” – “Silence!la corvina lo guardò come se volesse mangiarlo. D’accord, tres bien!” disse dopo aver ripreso contegno, il suo fare autoritario lo colpì molto, non sapeva la sua età ma si vedeva che era più o meno sua coetanea, in quel momento però, gli sembrò decisamente più matura.
 
La vide pulirsi in modo grossolano il vestito con un tovagliolo, provò a ripulire anche il guanto, ma anche quello era ormai irrimediabilmente rovinato.
Quando finì di pulirsi, raddrizzò le spalle e fece per andarsene, si girò “I miei complimenti a tutti e due!”Disse per poi alzare la testa ed andarsene definitivamente, lasciando Adrien con l’amaro in bocca.
 
****
 
Ancora non riusciva a credere a quello che era successo! Il suo fiato era ancora a metà per l’emozione.
Non aveva avuto neanche il tempo per riprendersi che subito fu accerchiata da altre dame, venute a complimentarsi con lei mentre alcune semplicemente erano curiose. Guardò confusa la madre, non sapeva cosa fare, come comportarsi, era la prima volta che si ritrovava al centro dell’attenzione generale, era si un po’ spaesata, ma anche spaventata.
“Maman…” – disse quasi stringendosi a lei – “Sta tranquilla Nettie, sono solo curiose, non aver paura.” Il sorriso rassicurante della madre le diede coraggio e si staccò dalle sue gonne e si fece avanti.
“Bonjour mesdames…”esordì incerta.

“Oh mademoiselle, è incredibile quanto successo poc’anzi!” – esordì una delle ragazze, aveva i capelli biondi, grandi occhi azzurri e un’abito rosa tuffy e rouches bianche – Je souis Rose, Rose Lavillant.”Disse facendo una piccola révérence.
“Loro invece sono Juleka e Aurore.” Le presentò anche le altre due ragazze che erano li con lei. “È un piacere mesdamoiselles. Je souis Marinette.
Trascorse assieme a quelle ragazze un delizioso quarto d’ora prima che fossero via via richiamate dalle rispettive famiglie.
Avevano chiacchierato molto, nonostante le differenze le era parso di piacere loro per quello che era e non per quello che aveva.

In ogni caso erano stato esteso un invito per un thé di li a cinque giorni, certo era che avrebbe prima dovuto chiedere il permesso ai suoi, ma non aveva saputo declinare l’offerta! 
Un sorrisino colpevole le si disegnò sulle labbra ripensando a quanto si sentisse sfrontata per il suo gesto, venne però poi attirata dal profumo degli arrosti, esposti sul tavolo a pochi metri da lei.
Sentì un lieve languorino, e decise dunque di avvicinarsi per vedere cosa c’era ad adornare la tavola.
Una volta li osservò estasiata le pietanze che erano esposte, aveva l’imbarazzo della scelta.

C’era della carne di cervo, decorata con rondelle di arancia caramellata e accompagnata con salsa di mirtilli e patate, un salmone immenso, adagiato su un letto di asparagi e spinaci. E ancora un intero cingniale ancora fumante in bella mostra, con una mela in bocca e ciuffi di rosmarino il cui profumo si fondeva perfettamente a quello della portata.
Ciò che però l’attirò particolarmente fu il tavolo dei dolci, con esposte ogni tipo di leccornia e sfizioseria immaginabile. Era risaputo che la regina aveva una forte debolezza per i dolci, ma non né mangiava quasi mai se non a colazione e raramente la si vedeva cedere durante il giorno.

A lei però nessuno avrebbe detto niente se l’avessero vista prenderne qualcuno!
Si sfilò i guanti e li mise in una delle tasche del vestito, poi allungò una mano e prese una crostatina al limone. “Accidenti quanto sono buone!”le ricordavano tanto quelle che rubava dal bancone della pasticceria dei suoi quando era solo una bambina, ne prese un’altra per poi puntare dierttamente alla frutta candita.
C’erano sia frutti semplici che glassati, e guisto perché era una giornata di festa, decise di fare qualche strappo alle regole e  agguantò un lampone glassato. Era assolutamente delizioso.
Mentre lo gustava lanciò un rapido sguardo alla magnifica sala, sperando in una rapida riapertura delle danze, ma nel frattempo lei almeno aveva come consolarsi.

Aveva appena preso in mano un bignè quando un ticchettio che le si stava velocemente avvicinando distolse la sua attenzione, si voltò e vide che le si era avvicinato un giovane. Lo riconobbe, aveva ballato con lui non più tardi di un paio d’ore prima ed era stato molto cortese con lei. Lo guardò chiedendosi cosa potesse volere da lei dato che non parlava, ma si stava limitando a fissarla.
Sapeva bene che non avrebbe dovuto rivolgergli la parola per prima, però la situazione si stava facendo imbarazzante, perciò si fece coraggio e parlò per prima, sperando di non offenderlo: “Desidera,monsieur…?”

Lui la guardò con stupito e lei si sentì in imbarazzo per essere stata tanto sfrontata.
Rien mademoiselle” – avvertì una certa agitazione nella sua voce ma non ne comprese il motivo - “Volevo solo…” D’improvviso percepì che qualcosa non andava, qualcosa le faceva particolarmente peso in una delle tasche. Si portò una mano per all’altezza di quel peso che percepiva, qualcosa di caldo colava dalla tasca.

Allarmata voltò lo sguardo:“Ma che…. Oh! Maledizione!” Guardò il suo povero vestito tutto sporco di salsa al pomodoro e carne. Era allibita, come poteva essere successo!In quello stesso istante un riso malevolo le fece assottigliare lo sguardo. 
Vide una ragazza bionda con un abito verde ridere in modo trionfante, e ciò la fece infuriare davvero!  
Ecco perché quel giovane l’aveva avvicinata, voleva distrarla! Si affrettò ad afferrare dei tovaglioli per cercare di limitare i danni che erano già molti.
Il sugo era colato lungo tutto l’abito macchiando terribilmente il tessuto, questo contribuì notevolmente a farla infuriare ancora di più.
“Mademoiselle, lasciate che vi aiuti…” –disse il giovane Ma cosa vuole fare ancora?!”pensò nervosa non voleva di certo il suo aiuto!
“E per che mai?! Voi siete certamente complice di questa… Saloppe! E siete riuscito anche troppo bene nel vostro intento!” 
 
Sbottò nervosa:“Ma come vi permettete? Che razza di screanzata!”sentì dire alla bionda con fare, se possibile, ancora più spocchioso.
“Siete davvero una volgare popolana! Nessun titolo potrà mai darvi una briciola de noblesse!” – “Beh, se vuol dire non essere una spocchiosa viziata come voi allora è un bene!”
gonfiò le guance e sbatté un piede per terra, in quel momento non le sarebbe importato nemmeno se il suo gesto le avrebbe fatto saltare la fibbia d’avorio delle sue scarpette di satin.
 
Mesdamoiselles, per favore non è il caso di…” –ancora il giovane che provava a mettersi di mezzo, ma a quel punto Marinette non né poté più - Silence!” disse guardando direttamente il biondo, il suo sguardo doveva avergli fatto capire che non ammetteva repliche infatti questi si ammutolì all’istante.
 
Doveva controllarsi, in altre occasioni niente l’avrebbe fatta desistere dallo schiaffeggiare quella stupida oca bionda, ma doveva darsi un contegno e non fare scenate, primo perché non era il luogo adatto, secondo non era il caso di dare addito a stupidi pettegolezzi, visto che si trovava in un ambiente che avrebbe ingigantito ogni sua azione.
Trasse un profondo respiro riacquistando un contegno:D’accord, tres bien!provò a ripulirsi il vestito, ma né quello né il guanto sarebbero stati facilmente recuperabili, neanche dopo diverse passate d’argilla.
 
Quando “finì” si raddrizzò sulle spalle e fece per andarsene, ma non aveva ancora finito:“I miei complimenti a tutti e due!” disse con tono acido ai due, dopo di che girò sui tacchi e se ne andò. Voleva solo trovare i suoi genitori per chiedergli di poter tornare a casa, era stanca e voleva andarsene, non ne poteva più di stare li. 

****

 

Considerazioni finali
  
Siamo arrivati finalmente alla fine di questa movimentata festa di Capodanno, abbiamo anche il tanto odiato scontro tra Adrien e Marinette che ho cercato di ricreare nonostante non sia stato facile trovare un’alternativa alla gomma da masticare, ma alla fine è arrivata la soluzione.
Cosa succederà adesso a quei due? Si chiariranno o continueranno ad odiarsi? 
Anche alcuni comportamenti di Chloé – e non mi riferisco a quelli che adotta per compiacere la madre-  troveranno spazi per i chiarimenti in un capitolo apposito che spero di pubblicare al più presto, considerando anche i vari impegni, penso di riuscire a pubblicare il prossimo, che è in fase di rifinitura proprio in questi giorni, entro fine mese, ma non voglio tirarmela hahahahah!Ora, spero di aver soddisfatto le aspettative e la lunga attesa, grazie a tutti per il supporto che mi dimostare, un abbraccio e a presto!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Une matinée en ville ***


****
 
“Ricordami perché ho accettato di venire con te.” – “Perché sei la mia migliore amica e perché avevi bisogno di una ventata di normalità, dopo tutti quei thé a palazzo!” Marinette lanciò un’occhiata in tralice la sua amica che ricambiò con una strizzata d’occhio e una linguaccia giocosa.
 
“È vero che avevo bisogno di normalità, ma sant’iddio questo posto è sempre disgustoso!” disse coprendosi il naso con la mano, il tanfo che si respirava al mercato del pesce era sempre disgustoso, secondo solo alle concerie lungo la Senna, contando che erano quasi due anni che non ci metteva piede, doveva ammetere che quella era una delle poche cose della sua vecchia vita che non le mancava affatto.
 
Il famoso mercato del pesce di Parigi si svolgeva settimanalmente in Rue Daguerre, quel luogo era sempre affollato nonostante fosse uno dei punti più disgustosi della città, ma in quei giorni Marinette sarebbe andata dovunque pur di staccare dalla corte.
Non perché non si trovasse bene con le sue nuove amiche, ma riteneva giusto ricordarsi qual’era la realtà da cui arrivava..
 
“Marinette! Signorinella, cos’è mai tutta questa volgarità?” Marinette rise e le diede un leggero spintone: “Sbaglio o proprio tu paravi di normalità mia cara? E poi, siamo al mercato, s’insospettirebbero di più se mi mettessi a recitare i blasoni di ogni famiglia nobile del paese.” – “L’araldica proprio non ti va giù amica mia.” Rise euforica Alya.
 
“Decisamente no, e come se non bastasse quella sorcière vuole che le impari in ordine alfabetico…” disse Marinette con tono quasi sconfortato.
Avevano deciso di andare insieme al mercato per passare una giornata come ai vecchi tempi, approfittando di una rara giornata soleggiata di fine Febbraio, Marinette sorrise felice per quella ventata di normalità, finalmente si sentiva a suo agio e nonostante lo schifo di quel posto era contenta di essere li.
 
****
 
Il sole splendeva alto quella mattina, quasi non sembrava inverno, poteva sentirne il calore sul viso, era una sensazione piacevole. Non gli capitava di uscire spesso dalla reggia perciò voleva godersi quei rari momenti di libertà che aveva, e soprattutto ringraziare sua madre, con una scusa era riuscita a convincere il padre a farlo uscire.
 
“Non capisco Emilie, perché non puoi mandare un servitore in città invece di nostro figlio?” – “Semplice mon cher, perché i servitori parlano, spettegolano, sai quanto ci metterà la voce a fare il giro della reggia?” Adrien aveva origliato quelle parole che provenivano dalla stanza adiacente a quella in cui il giovane stava svolgendo i propri compiti di russo.
 
Di cosa stava parlando sua madre? E perché tanta segretezza?
“Ti prego Gabriel, lascia che sia lui ad andare.”  
 
Non sapeva il vero motivo di quella spedizione, o quali fossero i veri intenti dei suoi genitori, soprattutto considerato che non gli era stato spiegato nulla, se non che doveva recarsi dallo speziale per prendere delle erbe per la madre, e sicuramente non voleva deluderla.  
 
“Ehi amico, ci sei ancora?” la voce di Nino lo riportò alla realtà. Adrien aprì gli occhi e si voltò nella sua direzione: “Stavo solo respirando l’aria della libertà.” – “Come sei melodrammatico, infondo a palazzo non si sta poi così male.” – “Vero, ma fuori c’è un mondo!”
Nino gli rivolse uno sguardo beffardo, Adrien sapeva dove voleva andare a parare: “Un mondo fatto di belle cittadine!”
 
Adrien lo ignorò deliberatamente, si trinse il Tabarro nero in fenltro pesante e diede di speroni al cavallo che partì al galoppo lungo le strade poco trafficate dell’ancora periferia cittadina.
Dentro di se sperava di metterci più tempo possibile, per non dover dire addio così presto a quello sporadico alito di libertà.
 
Da lontano si incominciva ad intravedere la città, era dalla sera della festa in maschera al Palays de l’Operà che non ci si recava e, con la scusa che sua madre si fidava solo di lui per quella commissione aveva finalmente l’occasione per recarsi in città a cercare sia le erbe di cui necessitava lei, sia quella ragazza, anche se questa parte era quella meno facile da mettere in pratica, non conoscendo l’ubicazione della sua dimora ed essendo Parigi una delle città più grandi d’Europa non sarebbe stata un’impresa facile.
 
****
 
Le due ragazze voltarono l’angolo in direzione dell’ex locanda dei genitori di Alya, ora gestita da Nora, sorella maggiore della ragazza e dal marito.
Erano quasi arrivate al ponte, entrando nel Beaugrenelle, la locanda di Nora si trovava in Rue Duranton, non lontano da dove si trovavano: “Avevo dimenticato quanta strada ci fosse dal mercato alla locanda.” – “Mademoiselle è abituata bene ormai.” – “Sei una sfacciata! E se non ci fosse i rischio di rovesciare il panier uno spintone non te lo toglierebbe nessuno!”
 
Alya rise entrando nelle cucine della locanda: “Noraaa!! Siamo qui, e abbiamo il pesce!” la ragazza chiamò a gran voce la sorella.
Si avvicinò al tavolo dove appoggiò il panier, segiuta dalla sua amica: “Eccovi qui finalmente!” – una giovane donna molto robusta comparve sulla soglia della porta che dava sulla parte anteriore della locanda, pulendosi le mani sul grembiule che portava in vita – “Li avete pescati direttamente nella Senna?”
 
“Se devi avvelenare qualcuno basta che vai dallo speziale e chiedi della cantarella.” - Alya rubò uno spicchio di mela – “È a pochi metri da qui, non devi neanche cambiare arrondissement.” Marinette rise appena a quella affermazione, sapevano bene quanto fosse tossico il lungo Senna a causa degli scarichi delle concerie.
“Mettili pure nella ghiacciaia, quando tornerà Etienne se ne occuperà lui!”
 
“Allora ragazzine, come vanno le cose ai piani alti?” – “Oh, niente di entusiasmante, le giornate sono tutte uguali e le compagnie sono quasi tutte snob e tediose.” Disse Marinette mentre Nora serviva loro un bicchiere di latte: “Questi nobili, sono tutti uguali! Mi sorprende che non ti abbiano ancora venduta.”
 
Quelle parole fecero andare di traverso il latte a Marinette che cominciò a tossire: “Nora!! Marientte è ancora troppo giovane per sposarsi, ha compiuto dodici anni da nemmeno sei mesi.” Alya intervenne indispettita dalla pungente osservazione della sorella.  La donna inarcò un sopracciglio contrariata: “E allora? È grande abbastanza, anche la piccola Polignac* si è sposata l’anno scorso e non aveva nemmeno dodici anni.”
 
Marinette abbassò lo sguardo a disagio per quella constatazione, sapeva solo che i suoi non avevano ancora preso decisioni al riguardo, ma era ben conscia che sarebbe arrivato anche per lei quel momento.
Se doveva essere onesta con se stessa nemmeno lei sapeva a cosa sarebbe andata incontro, e nemmeno il perché i suoi genitori stessero procrastinando questo momento.
“Probabilmente la Polignac non ha nemmeno concesso alla figlia il tempo necessario a diventare una moitié femme!
 
Le due giovani si scambiarono uno sguardo interrrogativo non comprendendo il senso di quelle parole, poi guardarono Nora non comprendendo il senso delle sue parole: “Cosa intendi con moitié femme Nora? ” Chiese coraggiosamente Alya: “Nostra madre non te ne ha ancora parlato?” – “Evidentemente no, visto che non stiamo capendo.”
 
Nora sospirò quasi spazientita: “Allora, facciamo così” – Disse mentre si puliva le mani sul grembiule, poi prese un coltello e cominciò a tagliare le verdure da mettere nel pentolone – “Ne parlate con le vostre madri, e poi, se ne avrete, risponderò alle vostre domande più scomode.”
“Ma Nora, noi due abbiamo la stessa madre, perché non puoi dirmenlo e basta?!” – “ NO!” La donna fu irremovibile lasciando incuriosite e deluse le due giovani.  
 
****
 
“Allora le ha trovate?” – “Oui monsieur, trifoglio rosso, foglie di lamponi, foglie d’ortica, Agnocasto, Actaea, Cammissonia e more rosse.” Disse lo speziale, Adrien annuì soddisfatto.
“E per l’olio di lino?” – “Quello arriverà tra un paio di settimane.” – “D’accord!” - Il giovane estrasse dalla tasca il portamonete, si lasciò scivolare sul palmo guantato cinque luigi d’argento –“Ve lo pago comunque in anticipo, monsieur.” – esegui quel gesto con estrema naturalezza, senza aspettare la reazione dello speziale glieli porse .
 
“Mercì monsieur, buona giornata!” disse uscendo con in mano il suo prezioso acquisto.
“Eccoti finalmente!” – “Perdonami Nino, ma è stato necessario più tempo del previsto per trovare alcune erbe.” Adrien sistemò il saccetto in una tasca inerna del tabarro per essere sicuro di non perderlo. Nino aveva aspettato fuori per rispettare la riservatezza dell’acquisto e tenere il cavallo dell’amico.
 
“Hai trovato tutto?” – disse porgendogli i finimenti del suo destriero, il biondo prese le redini e accarezzò il muso dell’animale – “Si e no, dovremmo tornare tra un paio di settimane per l’ungueto.” – “Parfait! Così magari la prossima volta possiamo fermarci a bere qualcosa alla locanda qui vicino!” – “Si, possiamo….”
   
S’interruppe quando notò Nino intento a fissare qualcosa che si trovava probabilmente dietro di lui: “Nino? Sei ancora qui con me?” Cercò di riacquistare l’attenzione del suo amico, ma questi pareva in una sorta di trance.
“Adrien… ti direi di girarti, ma poi verremo scoperti.” – il biondo alzò un sopracciglio, cntinuava a non comprendere lo strano comportamento del suo amico – “Tra non molto capirai.” Sorrise beffardo il giovane indicando solo con un cenno del capo ciò che si trovava dietro di lui.
“Secondo te cosa voleva dire tua sorella?” – “Ah io proprio non né ho idea cara.” Adrien non potè credere alle proprie orecchie! “Questa voce…” Girò appena la testa e con la coda dell’occhio vide spuntare due fanciulle che, a prima vista potevano risultare due semplici popolane per come erano vestite, ma Adrien sapeva bene che per una di loro si trattava solo di una copertura.
 
“Non può essere….” – “Beh, caro il mio Adrien, pare che la fortuna ci abbia sorriso!” vide Nino lanciare una rapida occhiata, lui dal canto suo si girò di spalle per non farsi notare quando le giovani passarono loro affianco, sapeva di non essere una presenza gradita alla fanciulla, infatti ogni volta che l’aveva vista a corte o gli era capitato di incontrarla per i corridoi, non appena provava ad approcciarla lei si voltava o se ne andava, girando la testa stizzita.
 
La vide passare loro affianco, era vestita semplicemente, il corsetto era allacciato sul davanti e come il resto del suo abbigliamento s’intravedeva appena sotto il pesante mantello che le copriva le spalle, mentre i capelli che Adrien sapeva essere di un intenso nero corvino, erano nascosti da una deiziosa cuffietta.
 
“Che c’è? Hai paura che ti riconosca?” – “NO!” – si affrettò a giustificarsi il biondo – “È solo che… so di non andarle a genio, tutto qui.” Nino inarcò un sopracciglio a quella reazione: “Non ci credo!” – “Cosa?” Chiese il biondo quasi non cogliendo il perché di quella affermazione.
“Non ti sei chiarito con lei, non le hai detto che l’unica colpevole in tutto quello che è successo è Chloé!” – “No, non l’ho fatto, semplicemente perché non me la sento di denigrare così Chloé. Non se lo merita!”
 
“Stiamo parlado della stessa Chloé giusto? Alta più o meno così” – segnò pressapoco la sua altezza con una mano – “Capelli biondi, spocchiosa come poche?” – “Smettila Nino! Ti do ragione, ha un sacco di difetti, ma credimi, la conosco e so che è migliore di come si comporta.” Gli si dipinse in volto un sorriso triste a quel pensiero.
 
“Come no.” – disse Nino montando in sella al suo cavallo – “Tu resta pure qui a struggerti per la tua futura sposa, io nel frattempo voglio scoprire dove abitano quei deliziosi pasticcini.”
Non ebbe nemmeno il tempo di replicare che il suo amico diede di speroni e si diresse sulla Rue Monge, dove le due avevano svoltato.
Si diede uno scossone e montò anch’egli a cavallo e raggiunse il suo amico.
 
****

Uscirono dalla locanda piene di dubbi e di domande sul discorso che Nora aveva fatto loro, proprio non riuscivano a capirlo: “Secondo te cosa voleva dire tua sorella?” – “Ah io proprio non né ho idea cara.”
Erano sempre più perplesse, ma sicuramente ne avrebbe parlato con sua madre.
 
Svoltarono l’angolo in Rue Monge dirette sull’Ile de San Luois, verso casa di Marinette, era quasi ora di pranzo e suo padre, per quanto monsieur Dupain fosse tollerante verso la sua unica figlia diventava sempre più intollerante verso i suoi numerosi ritardi.
“Certo che però, potevi farci venire a prendere dalla carrozza!” – “Oh andiamo Alya, ti stai viziando troppo!”
Marinette diede un pizzico alla sua amica e prese a correre lungo la strada, ridendo: “Razza d’insolente!”
 
Alya la rincorse ridendo anche lei per quella piccola biricchinata, corsero entrambe finchè il fiato lo consentì, e quando entrambe furono esaute si fermarono per riprendere fiato.
“Uff… non è stata una grande idea correre!” – “Guarda che sei stata tu a cominciare!” scherzò Alya, tra un tentativo di regolarizzare il respiro e l’altro Marinette le sorrise: “Il vero colpevole è questo corsetto! Ti ricordi quando non eravamo costrette ad indossaro che corse riuscivamo a fare?” – “Vero, ma a cinque anni non c’è molto da reggere.”
Sorrise con fare maliziosamente allusivo.
 
“Beh, sicuramente tu non hai molto nemmeno adesso!” La punzecchiò Marinette: “Che razza di vipera che sei diventata!” – “Forse un po’.” – sorrise con fare innocente – “Però mi vuoi bene lo stesso!” – “Per tua fortuna è così!”
Prese sotto braccio l’amica ed entrambe ripresero la strada di casa.
 
Dopo circa un quarto d’ora di strada passarono il ponte dell’Ile e dopo altri cinque minuti di strada furono nei pressi dell’ Hôtel : “Vieni, entriamo dalla porta del giardino, voglio prendere delle melagrane dall’albero.”
Alya non obbiettò alla decisione dell’amica e presero la strada che conduceva all’entrata del giardino.
 
Entrambe inconsapevoli di essere state seguite.
 
****
 
“Dunque abita li.”

Adrien sorrise guardando le due giovani entrare da una piccola porticina del vecchio Hôtel Lambert: “E dunque, quali sono le tue intenzioni adesso che sai dove abita?” - chiese Nino – “Adesso torniamo a casa anche noi!”

****
 
 
*Aglé di Polignac, diventata – God know why -  Charlotte nell’anime di Lady Oscar, ma, a differenza di quanto accade nella serie, nella realtà dei fatti si sposa davvero a dodici anni con il duca de Gramont.
 
 
Considerazioni finali
 
Eccoci qui con un nuovo capitolo, visto che brava? Sono riuscita a finire di revisionarlo in quello che per me è un tempo record, dato che in questi giorni riesco ad avere più spazio da dedicare alla storia e ne sono felice.
Ma ora torniamo ai nostri personaggi, in questo capitolo abbiamo Marinette e Alya che si godono una spensierata giornata in città come “ai vecchi tempi”, ma anche qualcun altro è nei paraggi per un’importante missione.
 
Cosa dovrà mai farci Emilie con quelle erbe? E a cosa faceva riferimento Nora? Per avere le risposte non dovete far altro che restare sintonizzati.
 
Un caloroso Grazie a tutti coloro che lasceranno un commento, ma anche a voi lettori silenziosi, un abbraccio e al prossimo aggiornamento!
 
Starfallen

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sous le parapluie ***


****
 
Era una calda tarda mattina di inizio Marzo, e Marinettte era felice di recarsi alla reggia per una piacevole passeggiata nei giardini della reggia con le sue nuove amiche.
Dall’inizio dell’anno si era recata molto spesso a palazzo, merito delle due parole che la regina le aveva rivolto quel giorno alla cerimonia d’inizio anno, quelle poche parole le avevano dato al notorietà sufficientre, che da sola avrebbe conquistato dopo eoni in quel covo di serpi.
 
Ma le ragazze che aveva conosciuto grazie all’interessamento della regina le sembravano essere delle giovani a modo. Ma la prudenza non era mai troppa, per il momento sarebbe stato saggio non esporsi.
 
La carrozza rallentò in vista del palazzo, e attraversato l’imponente cancello dortato la carrozza si arrestò nel cortile, non troppo distante dall’ingersso. Non aspettò che Maurice smontasse da cassetta per scendere, era già abbastanza in ritardo da se, e non aveva tempo per ulteriori convenevoli.
 
Una volta scesa sistemò il caraco e raddrizzò la pettinatura, prese l’ombrellino parasole e il ventaglio, entrmbi abbandonati sul sedile dell’abitaccolo, mise immediatamente il ventaglio in una delle tasche del vestito e aprì subito l’ombrellino per ripararsi, pregando che la molla, già difettosa non cedesse definitivamente proprio quel giorno.
Il sole non era particolarmente forte, anzi c’era forse qualche nuvola di troppo, comunque non era il caso di rischiare di rovinarsi il colorito, aveva la fortuna di avere un maquillage de lune al naturale senza bisogno di troppi ritocchi.    
 
Percorse velocemente l’entrata del palazzo dirigendosi spedita verso i giardini sul retro dell’edificio, dove era attesa dalle altre.
Avevano deciso di fare una passeggiata prima di ritirarsi per il thè  - o la cioccolata - che avrebbero consumato più tardi quel pomeriggio.
Una volta nel cortile, fortunatamente notò subito il gruppetto delle ragazze riunite vicino all’enorme scalinata: Regardez, è arrivata Marinette, ora possiamo andare.” Sentì dire a Juleka.
 
Vide distintamente che la ragazza era a braccetto con un giovane, alto e particolarente distinto. Indossava una marsina di un intenso blu cobalto con brache dello stesso colore e una camiciola bianca che spuntava dalle maniche: “Chi mai sarà quel giovane così affascinante?” pensò tra se e se.
 
“Bonjour mesdamoiselles!” – salutò allegra, quando finalmente fu loro vicina – “Bonjour Marinette!” dissero in coro le ragazze salutandola calorosamente. Il ragazzo sollevò il suo sguardo da Juleka, e guardò intensamente nella sua direzione, tanto che si sentì quasi in soggezione: B.. bonjour monsieur.” Disse provando ad inchinarsi, ma il giovane la fermò, prendendole la mano e baciandola delicatamente.
 
Quel gesto le fece tornare alla memoria il giovane che aveva conosciuto al ballo in maschera all’Operà. Ma perché ora pensava a quel giovane, quando quello che le si trovava davanti non gli somigliava per niente?
 
La guardò dritta negli occhi, e lei poté ammirarne gli occhi azzurri restandone estasiata: “Bonjour mademoiselle, è un vero piacere conoscervi.” - Le sorrise e lei ricambiò – “Je souis Luka Couffaine, fratello di Juleka.”
Ecco perché le erano sembrati così intimi.
“Ah si? E vi ha tenuto chiuso nell’armadio per tutto questo tempo?” – fece quella domanda con una punta d’ironia, cosa che fece ridere tutti i presenti – “No no, sono stato a Salisburgo.” - Disse ancora ridendo – “Dovevo sbrigare delle faccende urgenti, ma sono felice di essere tornato.” Disse sorridendole di nuovo in modo galante.
 
“Bene mesdamoiselles a malincuore devo prendere congedo da voi, sua maestà aspetta moi e nostro padre al Trianon.” – “Pranzerete con la regina?” – chiese Marinette con ingenua curiosità – “Oh no. Suonerò per lei e per i suoi ospiti.” – “Voi suonate monsieur?” – “Oui mademoiselle, suono il violino.”
Marinette sgranò gli occhi estasiata a quella scoperta.
 
Luka prese congedo dalla sorella dandole un bacio sulla fronte, e poi anche dalle altre ragazze e con particolari riguardi nei confronti di Marinette, lasciandola interdetta.
Nous voulons allez?” disse Aurore incentivando le ragazze a scendere lungo la scalinata per dirigersi verso la splendida Fontana di Latona: “Allora, come ti è sembrato mio fratello?”   
 
 
****
 
Il sole filtrava dalla finestra inondando la sua stanza di una luce mervigliosa che scaldava le fredde pareti di pietra col suo soffice tepore.
Chloé era sdraiata sul suo letto, con le mani giunte in grembo, mentre fissava un punto indefinito del soffitto terribuilmente spoglio e triste del convento.
Solo il profumo dei gigli adagiati nel vaso sul tavolino al centro della stanza le faceva compagnia.
Detestava stare li, l’aria austera e rigida che si respirava nel convento di Panthémont* era soffocante per lei.
 
Era pur vero che si trattava della sua educazione e Panthémont e la Préservation erano due dei migliori conventi dove essere educate, però per lei restava una prigione.
Sicuramente non si sarebbe mai abituata alla vita morigerata e semplice che conducevano le suore, una vita lontana dal modo e da quelle che loro definvano “Futili frivolezze”. Ma cosa potevano saperne loro, in fondo con i voti avevano rinunciato senza mezzi termini a vivere!
 
Non potevano di certo pretendere anche da lei un simile stile di vita nella quotidianità, non è ammissibile che una persona del suo rango, salvo una sua decisone contraria al termine del suo corso di studi, conducesse una vita fatta di stenti e rinunce! Lei personalmente non avrebbe resistito nemmeno un giorno.
 
Ma una cosa del genere non era né possibile né tanto meno la sua volontà, visto che il suo destino si prospettava radioso e felice accanto al giovane più bello del mondo, chiunque l’avrebbe invidiata, se possibile più di quanto già non fosse.
Sorrise al pensiero di lei ed Adrien come marito e moglie, felici e contenti con i loro bambini, non che ne volesse tanti, le sarebbe bastato un bel maschietto, per renderlo felice. Sarebbe certamente stato biondo come loro due, e indubbiamente meraviglioso perché un figlio loro non  sarebbe potuto essere altrimenti.
 
“Ah, ecco dove ti eri cacciata!” la porta della sua stanza si aprì e una giovane dai lunghi capelli castani raccolti in un’elegante ma semplice crocchia e occhi da cerbiatta fece capolino dentro la stanza, interrompendo il dolce sogno della bionda.
Era Juliette de Claujère, la sua compagna di stanza, nonché grande amica: “Oui, avevo bisogno di riposare un po’ gli occhi, ho dormito male la notte passata e la lezione di matematica oggi è stata molto pesante, e noiosa.” Disse Chloé mettendosi a sedere sul letto.
 
Juliette la raggiunse e le si affiancò prendendole le mani: “Sicura che vada tutto bene? Sai che a me puoi dire tutto.” La ragazza annuì, poi si alzò stringendosi con le braccia all’altezza dello stomaco ed iniziò a camminare per la stanza: “Si, è solo che la cena di ieri sera era un po’ pesante e mi è rimasta sullo stomaco.” – Juliette inarcò un sopracciglio - “Non dire sciocchezze! Ho visto che non hai mangiato quasi niente ieri sera! Ed anche stamattina a colazione hai toccato poco niente, non credere che non me ne sia accorta Chloé!”
 
Chloé si morse il labbro inferiore: “È perché sto… sto facendo un fioretto ecco, l’ho ammesso!” disse voltandosi di spalle per evitare di tradirsi in qualche altro modo, sapeva che Juliette avrebbe notato qualunque suo tentennamento.
“E per quale motivo, di grazia?” insisté la ragazza incrociando le braccia al petto, non avrebbe mollato facilmente e Chloé ne era conscia.
 
Cercò nella sua mente una scusa decente, ma per sua sfortuna non vi riuscì: “Chloé, tesoro, la devi smettere con questa storia!” – “Tu non capisci Juliette, non posso permettermi di…” – “Di fare cosa? Di fare qualcosa che ti consente di sopravvivere?” Juliette non capiva, non poteva capire.
Perciò quando le fece quella domanda lei a malin cuore fù costretta a mentirle: “Promettimi che ricomincerai a mangiare!” – “D’accord.” Le due ragazze si abbracciarono.
“Ora andiamo o chi la sente poi suor Marie.” - “ Quella vecchia strega! Io non ho sicuramente intenzione!”
Uscirono ridendo dalla loro stanza dirette alla lezione di canto.
 
****
 
Emilie fece il suo ingresso nei suoi appartamenti, sospirò esausta mentre si scioglieva da sotto il mento il nodo del grande cappello a falda larga riccamente ornato di decorazioni floreali.
Avrebbe tanto voluto stendersi e riposare dopo la lunga cavalcata.
 
“Mon amour, sei tornata finalmente!” - l’accolse calorosamente il marito, felice di averla nuovamente accanto a se – “Mi sei mancata così tanto in questi giorni!” Gabriel le andò incontro, abbracciandola, felice di averla nuovamente li con lui: “Mi sei mancata come l’aria.” – “Oh su via, quanto sei melodrammatico, sono stata via tre giorni appena.”
 
“Tre giorni di troppo per me.”disse per poi baciarla con passione, se non fosse stato per Emilie che gli scivolò via dalle braccia ridente sicuramente non si sarebbe fermato li.
“Vacci piano! Nostro figlio è distante appena due stanze da qui, e sta studiando.” – “Oh, ma Adrien è grande ormai!”
Emilie rise a quell’affermazione.
 
“Non esageriamo adesso.” Guardò il marito con una luce giocosa negli occhi.
Gabriel le restituì uno sguardo d’amore alla moglie mentre si liberava del caraco, era stata troppo tempo distante da lui, e ora voleva solo recuperare il tempo che aveva trascorso lontano, o meglio, al Trianon con la regina e i suoi favoriti: “Ci sono novità?” Fece quella domanda in maniera del tutto innocente, ma dallo sguardo che Emilie gli rivolse capì che aveva fatto centro in qualcosa.
 
“Emilie, che cosa mi nascondi?” – “I… Io niente…” sorrise con finto fare innocente, ma ormai Gabriel la conosceva troppo bene: Ne me dites pas raconter des salades** ma belle!” – “No sono seria, non nascondo nient..” nel frattempo l’uomo le si era avvicinato prendendola per i fianchi per stuzzicarla.
Lei rise tentando di divincolarsi, ma fu tutto inutile: ”Dai Gabriel smettila! Hahaahhahaha!! E va bene…. Va bene confesso!” disse la donna in preda ad una crisi di riso.
 
A quelle parole Gabriel arrestò la sua tortura: “Allora, confessa.” – “Solo una cosa ti chiedo amor mio.” La donna guardò intensamente il marito come a fargli capire che si trattava di una cosa seria – “Tutto quello che desideri.” – “Devi mantenere il massimo riserbo sulla questione, almeno finchè non verrà dato l’annuncio ufficiale!”
Gabriel annuì intuendo l’entità della rivelazione che gli avrenne fatto la moglie.
 
“Sua Maestà crede di essere in attesa!” a quell’affermazione Gabriel roteò gli occhi: “Speriamo che questa volta almeno sia un maschio. Piuttosto ma belle,vous…” – la donna fece segno di diniego con il capo e un velo di mestizia le offuscò lo sguardo. Gabriel le cinse la vita con un braccio attirandola a se: “Non fartene una colpa, c’è ancora speranza!” – “Nel frattempo, abbiamo comunque un figlio meraviglioso. Anche se avrei tanto voluto una bimba tutta mia, a cui donare il mio anello, una volta cresciuta.”
 
“A tal proposito, mi chiedevo se non fosse arrivato il momento per Adrien, di chiedere ufficialmente la mano di Chloé.” – “Conosci già la mia opinione a riguardo, perché cerchi ostinatamente la mia approvazione su qualcosa di cui ti ho più volte detto di non essere d’accordo?”
 
L’uomo si accigliò: “Davvero non ti capisco Emilie, dici sempre che tieni a Chloé, che per te è come una figlia, ma non ti garba l’idea che sposi Adrien.” – “Hai ragione sul fatto che ho molto a cuore quella giovane, però non credo che sarà la giusta compagna per nostro figlio.” Emilie si accigliò, incrociando le braccia al petto contrariata, sapeva bene quanto suo figlio fosse legato alla giovane Bourgeois e quanto anche lei fosse devota nei suoi riguardi, non la rendevano però compatibile con suo figlio, almeno sentimentalmente.
 
Certamente come amica nemmeno lui tutto sommato disdegnava, ma oltre a quello, il filo s’interrompeva.
Ma Gabriel sembrava non riuscire a rendersene conto, e la sua ostinazione avrebbe reso tutti infelici, irrimediabilmente.  
“Hanno già un forte legame d’amicizia, ed è un ottimo punto di partenza, l’amore verrà col tempo.” – “Gabriel, una cosa non né include necessariamente un’altra, e se non dovesse nascere mai amore da parte sua? Questo te lo sei chiesto?” – la donna continuò ad insistere sulla sua posizione.
 
“Non dovranno necessariamente amarsi, lei dovrà solo dargli un erede, poi se la vedranno loro a tempo debito.” – “Perché lei è solo questo giusto? Un involucro che ti darà un bambino?” – quei discorsi la stavano facendo infurirare parecchio, come poteva Gabriel essere talmente freddo e distaccato, infondo si stava discutendo del futuro del loro unico figlio.
 
“Oh andiamo Emilie, non fare l’ingenua.” – “Et tu ne fais pas le connard! Perché sei così cinico da voler condannare tuo figlio all’infelicità?” – “Lo scopo di un’unione per gente del nostro rango è quello di generare un erede, al fine di non far estinguere il nome della famiglia, l’amore è solo una fortunata coincidenza, ma non è indispensabile.”
A quelle parole Emilie si sentì mancare, sapeva che suo marito aveva ragione, purtroppo la dura legge – non scritta - della linea dinastica non prevedeva, anzi quasi scoraggiava l’amore tra due persone.
  
Nonostante lei stessa avesse inizialmente subito sulla sua pelle quest’ingiustizia aveva sempre sperato un giorno di non far subire lo stesso ai suoi figli.
Ma si rendeva conto che forse aveva peccato d’ingenuità.     
“Faccio chiamare Adrien.” – “D’accord.” Rispose laconica la donna.
 
 
****
 
Il suo anello, ecco, solo questa ci mancava, Adrien era più sconfortato che mai dopo la conversazione avuta con i suoi genitori, anche sua madre gli era parsa del suo stesso avviso, mentre ascoltavano entrambi passivamente le parole cheuscivano dalla bocca di suo padre.
Guardò lo spledido gioiello risalente al XIII secolo che fino a poche ore prima si trovava al dito della madre, era meraviglioso.
 
Era un anello di fidanzamento composto da una corona di piccole foglie di mirto realizzate con piccoli smeralde e i fiori in diamanti, che circondavano un cuore composto da due parti una in diamante e l’altra in rubino, alla base il monile era completamente in oro.
 
Non poteva star succedeno davvero quello, non così presto, lui stesso non si sentiva ancora pronto per compiere quel passo.
Ma perché suo padre aveva tanta fretta? Cosa ci avrebbe guadagnato da quell’unione?
Dopo tutto Chloé non era ancora nelle condizioni di sposarsi, o almeno era ciò che aveva dedotto da quel poco che aveva compreso dai discorsi contorti  che gli aveva fatto sua madre.
 
Prima delle nozze per la ragazza era necessaria la convocazione - o visita, non aveva ben capito – du marquis. Aveva anche chiesto chi fosse questo fantomatico marquis, ma a quella domanda la madre aveva ridacchiato e cambiato immediatamente discorso.
Si domandava il perché di tanta segretezza, voleva solo chiedere a costui di aspettare a convocare la ragazza, almeno qualche anno.  
 
Mentre era assorto in quei pensieri guardò fuori dalla finesta dei suoi appartamenti, gli immensi giardini pululavano di dame e cortigiani che, approfittando del bel tempo, girovagavano godendosi quei primi giorni di calura primaverile.
Aprì per l’ennesima volta la scatolina contenente il prezioso, poi la richiuse con uno scatto nervoso. Decise che era arrivato assolutamente il momento di uscire per schiarirsi le idee, tanto ormai la sua concentrazione per affrontare le declinazioni dei sostantivi russi era andata a farsi benedire!
 
˜
Fissava il dragone serpiforme posto al centro della fontana, che eruttava ininterrottamente acqua dalle fauci da ormai una quindicina di minuti.
Si sentiva esattamente come l’affascinante animale mitologico, che veniva abbattuto dai cherubini, così come si sentiva lui, abbattuto da obblighi e aspettative di un fututo che era già stato scritto senza la sua approvazione e possibilità di cambiamento.
 
Purtroppo rimuginare davanti al bassin du dragon non avrebbe risolto magicamente i suoi problemi.
Iniziò a passeggiare lungo lo splendido viale di Tigli che costeggiava gli adorabili boschetti à l’anglais, sforzandosi di pensare a qualunque cosa non riguardasse la sua sfera personale.
Il sole alto nel cielo, il canto degli uccelli che sereni volavano in cielo, il vociare delle dame che provenivano da oltre i petite bosquet.
 
Fu proprio nei pressi del bosquet de l’obélisque che le sue riflessioni subirono una battuta d’arresto.
Un coro di risate attirò la sua attenzione, sbirciò attraverso le fronde degli alberi e guardò oltre l’alta colonna d’acqua, e v’intravide un gruppo di giovani fanciulle.
Le riconobbe quasi subito mademoiselle Couffaine e mademoiselle Lavillant, dato che le vedeva tutti i giorni, delle altre due fanciulle presenti l’unica a cui era interessato era seduta sul bordo della fontana e gli stava – seppur involontariamente – dando le spalle come se in qualche modo sapesse della sua presenza.
 
“Noi andiamo al Grand canal, Marinette, tu cosa vuoi fare?” – “Vi raggiungo tra un attimo, il tempo di sistemarmi la scarpetta.” Non poteva credere alle sue orecchie, la provvidenza sembrava sorridergli, forse quella era la sua occasione per scagionarsi e chiarire il malinteso.
‘Marinette, che nome delizioso’ pensò inconsciamente, mentre le si avvicinava cercava nella sua mente quale fosse il modo più cortese per approcciarla e soprattutto di non farla scappare di nuovo.
 
La vide li, seduta su bordo della fontana mentre si stava sistemando le scarpine, sotto il sole, l’ombrellino poggiato era per terra, non preoccupandosi minimamente di risciare di prendere un colorito troppo scuro, e godendosi al contempo la calura ed il fresco dato dalle fontane.
Quando finalmente le fu vicino esordì: “Bonjour mademoiselle!”
Lei si spaventò, non aspettandosi il suo arrivo – o quello d’altri – Adrien la vide voltarsi verso di lui con un movimento tramestio, che le fece perdere l’equilibrio e finire direttamente nella fontana.
‘Perfetto, adesso ti odierà ancora di più’ pensò fissando inerme quella scena.
“Ancora voi! Siete incredibile monsieur, ci sono gatti neri che mi hanno portato più fortuna di voi!” – “Come prego?” la sua frase fu solo un sussurro che probabilmente lei nemmeno udì, perché quelle parole lo colpirono quasi come uno schiaffo.
 
Si affrettò a raggiungerla per darle una mano ad uscire dalla fontana, la prese per un gomito, ma lei lo ritrasse con un gesto secco, perdendo nuovamente l’equilibrio. Si appoggiò al bordo e ne uscì completamente fradicia, e il vestito totalmente zuppo.
“Mademoiselle io…” – “No. Niente mademoiselle, avete fatto abbastanza anche per questa volta, monsieur.” - Sottolineò l’ultima parola con la sua solita punta di acidità che aveva avuto anche durante la cerimonia di capodanno – Au revoir.”
 
Girò sui tacchi e se ne andò, lasciando un Adrien sconfortato e affranto.
Il ragazzo strinse i pugni, si girò, tirando un calcio ad una pietra, che finì contro un oggetto ben preciso. Le parasol!’ nella fretta di andarsene si era dimenticata l’ombrellino parasole.
Lo raccolse da terra, e in uno slancio di adrenalina prese a rincorrerla:Mademoiselle!” svoltò l’angolo del boschetto, lanciò un’occhiata alla sua destra e poi alla sua sinistra, la vide proprio nel punto in cui la strada biforcava.
 
Notò che nel cielo si stavano formando dei nuvoloni carichi di pioggia, quella era decisamente una giornata storta.
 
Mademoiselle!” la chiamò nuovamente a gran voce, la vide distintamente irrigidirsi - nonostante la lontananza – guardare da ambo i lati della strada per poi prendere la direzione del Grand Trianon.
La rincorse, era inspegabilmente veloce, nonostante sapeva per esperienza personale quanto quelle dannate scarpine da donna fossero scomode.
Mademoiselle! Mademoiselle, vi prego fermatevi!” – “Volete lasciarmi in pace monsieur? Che cosa volete da me?” la sentì dire, era alquanto seccata e non pareva intenzionata ad arrestare la sua corsa.
 
La raggiunse sullo scalinato dell’edificio, le afferrò delicatamente per un braccio: “Laisse-moi!” ritrasse il braccio con un movimento brusco, troppo, rispetto al necessario per liberarsi, ma sufficiente a farla sbilanciare.
Fortunatamente Adrien la prese al volo: Mademoiselle, siete un tantino maladroit.
Lei sgranò gli occhi, tanto da permettere al biondo di scorgere una delicata sfumatura più chiara, che risaltava ulteriormente quei bellissimi occhi azzurri.   
 
L’aiutò a rialzarsi: “E voi siete un insolente!” – gli diede le spalle proseguì fin sotto il Peristilio in marmo. Nel frattempo alcune lievi gocce di pioggia avevano cominciato a cadere.
Adrien la raggiunse:Mademoiselle, aspettate.” – inaspettetamente lei lo ascoltò e si girò verso di lui – “So che le circostanze in cui ci siamo incontrati sono state alcuanto infelici. Ci tenevo solo a favi sapere che i miei intenti non erano affatto volti ad arrecarvi danno.”
 
Lei lo fissò attonita con gli occhi sgranati.
Ç'est vraiment très jolie. Ancora una volta un pensiero involontario gli attravresò la mente prima che lui stesso potesse rendersene conto, non era la prima volta che gli capitava in compagnia di quella giovane.
Aprì il suo ombrellino e glielo porse, lei lo prese, continuando a fissarlo intensamente con quegli splendidi occhi azzurri.
Lui le sorrise dolcemente, e notò le sue guance assumere una sfumatura scarlatta che la rese ancora più graziosa.
 
In lontananza si setì riecheggiare un tuono, con un brontolio sommesso.
 
“Non abbiamo avuto modo di presentarci mademoiselle. Je souis Adrien Agreste.” Le fece un inchino galante, poi tornò a guardarla, attendendo che anche lei gli si presentasse, pur conoscendo già il suo nome.
Stava quasi per aprir bocca quando il suo ombrellino si richiuse di scatto, avvolgendole totalmente la testa.
Evidentemente la molla doveva aver ceduto, Adrien non riuscì a trattenere una risata spontanea, gli ci vollero alcuni secondi per fermarsi e pensare che probablimente l’avrebbe offesa.
Tuttavia fu felice di constatare che lei non pareva affatto offesa, e con suo immenso sollievo notò che anche lei si era unita a lui, ridendo della sua stessa sbadataggine.
 
Guardò il suo sorriso finchè inaspettatamente non si tramutò in un brivido di freddo, solo in quel momento gli tornò in mente il fatto che lei fosse ancora bagnata a causa della caduta nella fontana.
Senza ulteriori indugi si sfilò il giustacuore in velluto e glielo mise sulle spalle, si costrinse a non indugiare con lo sguardo sulle forme della giovane, che risaltavano per colpa del fischu che essendo completamente bagnato era diventato totalmente trasparente e aveva fatto presa sul suo petto senza ritegno.
   
“Venite, entriamo, altrimenti rischerete di prendervi un malanno.”
 
****
 

 
* Convento di Panthémont à presente anche nell’anime “Il Tulipano nero – la stella della Senna” era veramente un convento d’élite dove venivano istruite le giovani di buona famiglia. L’educazione che veniva loro impartita era prettamente di storia – ovviamente riguardante la famiglia della giovane -, conversazione, danza e ovviamente morale e religione.
 
**raconter des salades à modo di dire francese che vuol dire sostanzialmente: “Non raccontarmi frignacce”
 
 
Considerazioni finali.
 
Eccomi, ce l’ho fatta, sono tornata con un nuovo capitolo in tempo per iniziare bene il mese di Marzo.
Che dire se non che abbiamo finalmente quella che è forese la scena più amata della serie che spero vivamente di essere riuscita nell’impresa, anche perché a differenza dell’originale qui mi sono presa la libertà di concluderla diversamente.
A questo punto lascio la parola a voi, fatemi sapere la vostra nei commenti, io vi abbraccio e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Un bacio!!

Starfallem 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Au milieu de la nuit ***


Avvertenze:all’interno di questo capitolo in particolare è presente una scena forte riguardante il disturbo alimentare, e siccome vorrei tutelare i lettori più sensibili e dare la possibiltà a tutti di leggere il capitolo in tutta sicurezza ho deciso di contrassegnare questo e i successivi POV che conterranno scene forti con i quattro asterischi evidenziati in rosso (****) così i lettori più sensibili potranno scegliere se proseguire o saltare il capitolo in questione.
Graze per l’attenzione e buona lettura. 

 
 
****
  
Il cuore le batteva forte, sentiva le guance in fiamme, le mani sudate e le tremavano gambe mentre lui le faceva strada all’interno della stanza  palazzo, con una tale nonchalance ed eleganza che non la lasciò indifferente, come se fosse di sua proprietà. 
La fece accomodare su una sedia accanto al caminetto all’interno de la salle des Seigneurs, fece cenno ad un valletto che in tempo record accese un caldo fuoco.
Lo vide mentra dava disposizioni ad un altro servitore, però non capì di cosa si trattasse.
 
“Ora potete riscaldarvi mademoiselle, vi lascio.” – “Cosa fate? Ve ne andate e mi lasciate qui da sola?” Lo vide arrossire violentemente a quell’affermazione.
“Ma… mademoiselle d… dovete cambiarvi, non potete tenervi quei vestiti, sono fradici, rischiate di prendervi un malanno…” – “Ma io non ho vestiti di ricambio.”    
A quella sua affermazione lui sorrise, anche se ancora un po’ in imbarazzo: “Vi ho fatto prendere uno degli abiti che mia madre tiene qui perché pensavo voleste cambiarvi….”

 
˜
“Marinette? Marinette mi ascolti?” –la voce di Alya la riscosse da quel dolce ricordo. Nell’ultima settimana aveva pensato spesso a quello che era accaduto quel giorno, e soprattutto a quel giovane che lei aveva tanto biasimato dopo gli avvenimenti di Capodanno, ma che adesso lo vedeva sotto una luce completamente nuova. 
Era stato un vero cavaliere con lei, l’aveva aiutata senza chiedere niente in cambio e soprattutto senza approfittarsi della situazione.
 
“Tutto bene?”-le chiese la sua amica vedendola particolarmente distratta quella sera – Oui, sono solo sovrappensiero.”Disse guardando la sua amica dallo specchio.
Se ne stava con i gomiti appoggiati sul tavolo della toilette sorreggendo la testa con le mani, mentre Alya le pettinava i capelli e la preparava per la notte.
“Hai più fatto quella domanda a tua madre?” chiese a brucia pelo Alya con la sua solita curiosità: “S.. si, ma devo ancora decidere come prendere ciò che mi ha detto…” – “Perché cosa ti ha detto?” chiese la mora guardandola da di traverso dallo specchio: “Probabilmente lo stesso che ti ha detto tua madre.”Cercò di dissimulare meglio che potè, ma il suo tono la tradì completamente, facendo inevitabilmente insospettire Alya, a cui, come lei stessa ben sapeva, non sfuggiva mai niente.
 
Difatti l’occhiata che ricevette dalla sua amica fu particolarmente eloquente. “E sentiamo, come hai preso il fatto di non poterti lavare in quei giorni?”disse incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio:
“Come scusa?”si girò e la fissò sconvolta a quell’insinuazione: “Ah Ha! Lo sapevo, non hai chiesto niente a tua madre!” disse Alya con tono trionfale.
‘Beccata!’ pensò Marinette imbarazzata.
 
Erano trascorse alcune settimane da quando lei ed Alya erano andate da Nora, ma ancora non aveva avuto li coraggio di fare quella domanda a sua madre.
Diverse volte era stata sul punto di farlo, ma ogni volta le tornava in mente la reazione della sorella di Alya e la sua ostinazione a non volerne parlare, e questo le dava da pensare che fosse un argomento di cui era meglio non sapere niente.
Ma in realtà la curiosità continuava ad assillarla.
 
Abbassò rapidamente lo sguardo in imbarazzo, era assurdo come non le si potesse nascondere niente. 
“Perché non l’hai ancora fatto Marinette?” – “Io….” Si strinse nelle spalle a disagio, Alya sorrise dolcemente a quella sua reazione, capiva perfettamente il suo punto di vista e sapeva che quel discorso poteva sconvolgerla parecchio, però era giusto che sapesse.
“Oh tesoro, sarò sincera, l’argomento non sarà tra i tuoi preferiti, ma è giusto che tu sappia, perché ti serve sapere.” – “Ma di cosa si tratta, puoi almeno darmi un indizio?” Alya prese uno sgabellino e le si sedette vicino, le prese le mani tra le sue e fece un profondo respiro. 
“È una cosa del tutto naturale in realtà.” S’interruppe non sapendo come proseguire.
 
“Ti basti sapere che è qualcosa che dopo la prima volta che arriva, si ripresenta puntuale tutti i mesi, proprio come unmarquis.” – “E quando dovrebbe arrivare? Cosa mi devo mettere per riceverlo? Alya ridacchiò a quelle domande, Marinette s’indispettì appena, in fondo nemmeno lei era al corrente della cosa da molto tempo, e conoscendola probabilmente aveva fatto un bel terzo grado alla povera Marlene.
    
“È permesso? Nettie sono la mamma.” Sabine fece il suo ingresso nella camera della figlia, trovando le due giovani intente a parlare sorrise dolcemente.
 “Ho interrotto qualcosa?” – “No, affatto madame.” – Disse Alya alzandosi dallo sgabellino e facendole un inchino rispettoso – “Stavamo solo parlando, ma lei conosce la questione sicuramente meglio di me.”Marinette la guardò di traverso quando la sentì pronunziare quelle parole:“Tesoro, va pure a casa, finisco io di preparare mia figlia.” Disse dolcemente la donna ad Alya mentre si avvicinava alla figlia: “Marlene è giù nelle cucine che ti attende, non farla aspettare.” – sorrise dolcemente – Merci madame.” 
Alya le fece nuovamente un inchino, poi abbracciè l’amica – A demain mon amie!” – “A demain.
 
Una volta che Alya ebbe chiuso la porta dietro di lei Sabine prese la spazzola laccata in madreperla dal tavolo da toeletta e cominciò a spazolare dolcemente i lunghi capelli neri della figlia: Allor mon cœur, mi vuoi rendere partecipe dei vostri discorsi?” 
 

 
****
 
‘Accidenti Adrien dove ti sei cacciato?’Emilie camminava nervosamente avanti e indietro, il suo splendido abito verde damascato con decori in fili d’argento frusciava e il corto strascico danzava nell’aria da lei mossa, le scarpette di raso ticchettavano sulla pavimentazione scandendo il ritmo del suo nervosismo.
L’ultima volta che aveva visto il figlio quella mattina stava studiando, altro non gli aveva raccomandato di essere presente quella sera per la cena con tutta la famiglia Bourgeois.
 
Poi nel pomeriggio quando le era stato comunicato che si era recato in città, ma ormai erano trascorse diverse ore da quella comunicazione, la donna cominciava a preoccuparsi, soprattutto perché temeva la reazione di Gabriel.
“Emilie sei pronta?” Gabriel entrò nella sua stanza regolandosi il bavero del giustacuore: Oui mon amour.” Gli si avvicinò sistemandogli il fazzoletto che portava al collo, gli sorrise e gli lasciò un bacio all’angolo della bocca per addolcirlo. 
 
“Dov’è Adrien?” eccola, la domanda che tanto temeva: “È… arriverà presto, gli ho chiesto un favore.” Gli strizzò l’occhio, sperando di convincerlo. Gabriel mostrò appena un’espressione seccata, ma sembrò credere al fatto che l’assenza di Adrien fosse dovuta a lei.   
“Cominciamo, lui non tarderà.” Disse la donna con fare millefluo, prendendo le mani del marito e pregando per un tempestivo ritorno del figlio.
 

 
˜
La cena stava ormai volgendo al termine, e di Adrien ancora non vi era traccia, la donna cominciava ad essere davvero agitata per una miriadi di ragioni diverse. Suo figlio era sparito e Gabriel era sempre più insofferente alla sua assenza ed Emilie lo sapeva bene, all’apparenza sembrava conversare tranquillamente con Bourgeois, ma lei sapeva benissimo che in realtà era la calma prima della tempesta.
 
Le mani della donna erano sotto il tavolo e stropicciavano compulsivamente i lembi della tovaglia, mentre ascoltava – o almeno ci provava – i vuoti discorsi di Audrey Bourgeois su quanto avesse trovato ridicola l’idea avuta da Raumont sulla disposizione dei pulpiti nel teatrino privato della regina al Trianon.
 
Guardò Gabriel, mentre sorseggiava il vino con calma apparente, ma nemmeno lei sapeva bene cosa gli stesse passando per la mente.
Si girò a guardare Chloé, che se ne stava buona buona seduta composta al suo posto, aveva ancora dei ceci nel piatto, e ne stava facedo rotolare distrattamente uno avanti e indietro con la forchetta. 
Chlodettefiniscila di giocare col cibo! Non hai più cinque anni!” – la riprese Audrey con voce isterica, che incrinò parecchio l’atmosfera.
 
“Chloé, tesoro, stanno arrivando i dolci, gradisci la mousse al cioccolato o la torta al limone?” la ragazza non fece intempo a parlare che subito la madre s’intromise: “Nessuno dei due! Emelie tesoro, hai visto quant’è in sovrappeso Clarisse?” – “Audrey cara….” – “Taci Andrè!”
Emilie fece slittare lo sguardo da Chloé ad Audrey, quella donna era in torto, la ragazza era perfettamente in linea con il fisico che avrebbe dovuto avere una giovane della sua età, anzi forse era anche troppo asciutta.
 
Guardò Audrey e si costrinse a sorriderle: “Ma chereAudey, il dolce non lo si nega mai a nessuno, o mi sbaglio?” – Chloé la guardava come se le avesse detto la cosa che più voleva sentirsi dire, le strizzò un’occhio complice – “Quindi.”
Fece cenno al servitore di servire alla giovane la mousse, ma con lo sguardo vide Audrey fulminare la figlia.
Je vous remercie madame, ma sono satura di cibo. Non ho più appetito.”Ma un gorgoglio proveniente dal suo stomaco rivelò la verità.
 
Vide la giovane spalancare gli occhi imbarazzata: Je suis vraiment désolé…” – “AH! Sei sempre la solita!” disse la donna stizzita, Chloé era mortificata, ed Emilie dispiaciutissima per quella povera ragazza.
Voleva credere che quella donna non fosse diretta discendente di qualche strega sfuggita ai roghi di Salem, ma ogni volta che apriva bocca le confermava il contrario.
 
Guardò dispiaciuta la povera Chloé. Per rimediare a quella penosa scena appena messa in piedi da sua madre decise che l’indomani le avrebbe inviato una partecipazione per prendere insieme il thè. 
E chissà, magari avrebbe presenziato anche Adrien.
 

 
****
 
Camminava avanti e indietro davanti a quella porticina da ormai diverso tempo. Era nervoso, molto nervoso, non aveva mai fatto una cosa del genere e si rendeva perfettamente conto che la sua azione era un rischio sotto tutti i fronti, ma da quando si erano chiariti avevano parlato di molte cose e aveva scoperto che anche lei aveva di recente preso parte ad un ballo in maschera all’Operà.
 
Il suo cuore aveva perso un battito a quella rivelazione e qualcosa nella sua mente era scattato, come una molla quando lei l’aveva paragonato ad un gatto nero.
Un dubbio assillante gli martellava nella testa da giorni, doveva sapere se era leiquella sera, doveva avere delle risposte perché non riusciva a smettere di pensare a quella giovane incontrata al ballo in maschera, e Marinette gli era sembrata così somigliante, non solo nell’aspetto, ma anche per come si sentiva quando le stava vicino.
 
Per questo si trovava li, con indosso quell’uniforme da moschettiere nera, con cappello in velluto e piuma annessi, in mano aveva la maschera che doveva ancora indossare, per il resto era esattamente la stessa mise che aveva indossato quella sera. 
Non aveva osato chiederle nulla, e onestamente si continuava a domandare anche lui il perché, dopotutto sarebbe stato più facile che entrarle in casa in quel modo. 
Ma ormai quello che era fatto era fatto, e magari se l’avesse visto e riconosciuto dandogli così la sua conferma, in caso contrario avrebbe dovuto ricominciare la sua ricerca dall’inizio.
Prese coraggio, indossò la maschera ed entrò.

 
˜
La fortuna gli aveva sorriso quella sera, perché dopo pochi istanti dal suo arrivo l’aveva vista spuntare dalle porte che davano sul giardino.
Era adata a sedersi sul bordo della fontana, ma aveva un’aria strana, sembrava sovrappensiero, quasi turbata.
 
Mentre la osservava, nascosto dietro i cespugli si chiese cosa poteva esserle successo. Stava staccando le corolle di margherite che crescevano ai piedi della fontana per metterle nell’acqua.
Dopo averne staccate un paio immerse la mano e iniziò a muovere delicatamente l’acqua.  
Era il momento giusto per agire, si mosse, cercando di uscire dal cespuglio, adagio, cercando di non farsi sentire, per non spaventarla.
 
Aveva fatto appena qualche passo verso di lei quando: “Nettie, tesoro, sei in giardino?” – “Oui maman! Sono alla fontana.”
‘Maledizione!’ pensò Adiren. 
“Tesoro, tutto bene?” vide la donna avvcinarsi alla figlia, e con premura l’avvolse in un caldo scialle, abbracciandola dolcemente.
“Oui maman, sono solo…” – “È per ciò di cui abbiamo parlato?”
Lei annuì timidamente: Oh mon cœur, non hai motivo di preoccuparti. M'auras toujours pour t'aider!” 
 
Chissà di cosa avevano discusso, di qualunque cosa si trattasse l’aveva turbata molto, e il modo dolce in cui la donna stava consolando la figlia gli ricordava molto come sua madre cofortava lui.
Sorrise a quel pensiero.
“Forza tesoro.” – disse la donna alzandosi – È ora di andare a dormire.” - “Posso restare solo cinque minuti?” chiese lei con fare innocente.
La donna le sorrise caldamente, e accarezzò teneramente una guancia della figlia: “E va bene, ma solo cinque minuti, passerò in camera tua a darti la buonanotte e voglio trovarti sotto le coperte.” – “Grazie, grazie mamma!” si alzò per farsi abbracciare dalla madre, per poi risedersi.
 
Osservò la donna andare via, ma quando fu finalmente lontana esitò visto che Marinette era già turbata da se, non voleva essere causa di altri dissesti. Ma il destino decise per lui quella sera.
Un lembo della sua camicia rimase impigliato in un ramo infido che prima lo costrinse a tornare indietro e poi, non contento, gli squarciò la camiciola ferendogli leggermente una spalla.
Non aspettandosi tutto ciò Adrien emise un rantolo, abbastanza forte da essere udito dalla ragazza che inevitabilmente si spaventò.
Qui est là?” chiese con esitazione, ma anche con un’incredibile fermezza.
 
Mademoiselle, mademoisellenon vi allarmate.” – “Chi siete?” Era riuscito ad allarmarla, si liberò dai rami e le si palesò.
Lei si era alzata in piedi stringendosi addosso le peignoir*di broccato rosa per coprirsi, era si spaventata, ma leggeva una particolare determinazione i quegli occhi cristallini.
N'ayez pas peur mademoiselle, je suois seul…” – “Un Chat!”
 
Come l’aveva chiamato? “Chi siete? Che cosa volete? Denaro?” Era molto nervosa, doveva solo riuscire a calmarla.
“No, è solo che…” poi un lampo di genio, colse una rosa arancione e, con movimenti lenti e controllati le si avvicinò. 
Quando le fu vicino le si inchinò, porgendole la rosa che brillava sotto la fioca luce di una torcia posta in lontananza. 
Alzò lo sguardo verso di lei, che ormai lo fissava attonita, si soffermò sul suo splendido viso. I capelli, lunghi e neri erano raccolti in una treccia che le ricadeva morbida sul davanti, gli occhi azzuri che ancora lo fissavano incerti, svettavano da lui alla rosa, quasi poteva vedere i pensieri formarsi in quella graziosa testolina.
Cercò di sbloccare la situazione: À la plus gracieux.” In uno slancio d’audacia azzardò un occhiolino, che la fece arrossare le gote.
La trovò adorabile: “Pensate di confondermi?” – in che senso? – “Il dilemma della mela**con una rosa gialla, pittosto banale, monsieur?”   
Adrien sorrise mestamente a quell’osservazione acuta: “Su una cosa avete torto, mademoiselle.” – lei lo guardò appena accigliata, ma lui proseguì ugualmente – “Si tratta di una rosa arancione.” La esibì meglio alla luce.
“E queste rose vanno date solamente à la plus gracieux.” Disse quelle parole con estrema naturalezza, quasi se ne stupì lui stesso.
La vide rivolgerli uno sguardo decisamente non convinto: “E voi mademoiselle, lo siete.”“V… voi non siete qui per questo monsieur.” Disse esitante.
Lui restò spiazzato, in fondo le aveva detto il vero, era li per lei e per scopre se fosse effettivamente lei la ragazza a quella festa.
“Ho detto il vero mademoiselle, vi ho vista l’altra sera ad una festa in città, e non ho saputo resistevi.” Lei si era ammutolita, vedeva i suoi occhi muoversi da un lato all’altro fissando un punto indefinito del pavimento. Probabilmente stava cercando di capire, lui allora optò per un approccio più diretto, voleva vedere l’effetto che avrebbe sortito il suo gesto .
Le si avvicinò ulteriormente, s’inginocchiò al suo cospetto e le prese delicatamente la mano, tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi, cercado di trasmetterle sicurezza, l’ultima cosa che voleva era farla spaventare.
Portò la sua candida e piccola mano alle proprie labbra, sfiorandola appena con le labbra.
La sentì tremare ma non la ritrasse. Quando alzò lo sguardo su di lei aveva gli occhi sgranati e le gote ancora più arrossate, era quasi la stessa espressione che aveva quella sera.
“Nettie, sei ancora in giardino?” sobbalzarono entrambi sentendo la voce della madre di lei che la richiamava in casa. 

Lei non rispose, e preoccupato di darle problemi decise che era arrivato il momento di ritirarsi, lasciò la rosa tra le sue mani, ma non prima di averle lasciato un ultimo bacio sul dorso: Ce fut un plaisir, mademoiselle!”
Le strizzò un occhio e si dileguò nell’ombra della notte, lasciando la ragazza ammutolita e visibilmente confusa.
 
  
****
 
Chloé chiuse quasi sbattendo la porta della sua stanza si buttò sul letto, era da quando aveva avuto conferma del fatto che Adrien non si sarebbe presentato alla cena di quella sera che sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.
Affondò la faccia nel cuscino e lasciò le lacrime libere di scorrerle lungo le guance e sul cuscino.
 
Dopo poco sentì bussare alla porta: Un moment.” Si alzò di scatto e si asciugò in fretta le lacrime, prese il fazzoletto di lino dalla tasca del vestito e vi si soffiò il naso.
Si mise seduta composta, inspirò profondamente, riprese tutto il suo contegno e poi esordì: Avant!” – Mademoiselle .” Jean Marc entrò con un vassoio tra le mani.
 
“Avete portato tutto?” –monsieur Jean annuì e si diresse verso il tavolino posizionato vicino al caminetto – “Merci, ora andate chiamare Sabrina!” si avvicinò al tavolino e sollevò la chloche ed esaminò ciò che vi si trovava sotto. ‘Perfetto’ sorrise amaramente guardando il contenuto.
Quando Sabrina fece il suo ingresso richiuse la chloche e lasciò che la sua cameriera la spogliasse dall’abito all’andrienne in broccato indaco indossato, inutilmente, per piacere ad Adrien alla cena di quella sera.
Sabrina la aiutò ad uscire dall’abito, che poi adagiò sulla chaise lounge, sciolse i lacci che tenevano legato l’imponente panier, poi passò al corsetto.
 
Quando rimase solo con la camiciola, Sabrina andò a prenderle la veste da notte e Chloé ne approfittò per osservarsi allo specchio. Si lisciò la camiciola, dapprima semplicemente guardandosi, poi comiciò a stringersi addosso la camicia, per vedere eventuali pinti in cui il suo corpo faceva difetto.
Nulla di quello che vide le piacque.
 
“Su, sbrigati Sabrina! Si può sapere quanto ti ci vuole?” cominciava a stizzirsi della lentezza della sua domestica. La poverina affrettò il passo per raggiungere la sua signora, con la camicia da notte e la peignoirin seta gialla.
Una volta che Sabrina le ebbe cambiato la camiciola da giorno con quella da notte, e acconciato i capelli per la notte, Chloé la congedò in modo scostante.
 
Rimase nuovamente sola, a fissare il suo riflesso nelllo specchio del tavolo da toletta, il fuoco crepitava timidamete nel caminetto emanando un soffice tepore.
Improvvisamente una lacrima solitaria le rigò il nuovamente il viso, e la malinconia s’impssessò nuovamente di lei.
Poi successe tutto in un attimo, si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia e con poche falcate raggiunse il tavolino su cui era stata lasciata la chloche.
 
Scoperchiò con violenza in vassoio rivelando la grossa torta al cioccolato ricoperta di crema e panna montata che vi era sotto.
Impugnò decisa la forchetta e cominciò a mangiare con foga istintiva, quasi rabbiosa, riversando sul dolce tutta la rabbia e la frustrazione che provava, e che aveva tenuto dentro per tutta la sera, come se divorare nervosamente quel dolce potesse in qualche modo liberarla.
 
Dopo una manciata di minuti della torta era rimasto solo il ricordo, la ragazza era ora rannicchiata sotto il tavolino, la faccia sporca di torta e gli occhi ancora pieni di lacrime. Cos’aveva fatto? Ora nella sua testa i sensi di colpa si andavano sommando alla frustrazione, i suoi pensieri vortricavano nella sua mente e più il tempo scorreva più la colpa le cresceva dentro.
 
Si diresse verso il letto, da cui estrasse il vaso da notte, poi si diresse nuovamente al tavolino, prese la saliera ed un cucchiaino e lo portò alla toletta dove vi erano una caraffa con un bicchiere di cristallo, lo riempì, poi immerse il cucchiaino d’argento nella saliera e lo riversò nel bicchiere, non era la prima volta che lo faceva, e ogni volta che ripeteva quei gesti si sentiva sempre in una sorta di trance.
Girò per qualche secondo il composto, e mandò giù.
 
Sentì il sale raschiarle la gola, e poco dopo arrivò anche l’altro sintomo. Un forte gorgoglio e un conato proveniente direttamente dallo stomaco la fece scattare, si portò una mano alla bocca per evitare di rimettere sul pavimento, e si diresse di corsa vrso il vaso da notte, dove si piegò liberandosi di quel peso.
 
Rimase li piegata finchè non si liberò di tutto. Una volta finito si rialzò, svuotò il restante contenuto del bicchiere nel vaso da notte e si versò un nuovo sorso per sciacquarsi la bocca. Non si sentiva meglio, ma peggio, ora alla frustrazione e alla tristezza si sommavano i crampi allo stomaco.
Si strinse lo stomaco e si adagiò sul suo letto e si rannicchiò su di un lato, afferrò il suo orsacchiotto di pezza e lo strinse al cuore.
Quella notte si addormentò così.
 

 
****
 
*peignoir = vestaglia 
 
**Citazione dal mito delle nozze di Peleo e Teti, con la rosa al posto della mela. 
 
 
Convenevoli finali
 
Eccomi nuovamente da voi, so che è quasi passato un mese dal mio ultimo aggiornamento, purtroppo ho davvero poco tempo in questo periodo, e credetemi, stando molto poco a casa causa “scuola” – tutto il mondo in DAD io in presenza per farvi comprendere la mia situazione – che mi sta impegnando otto ore al giorno di lezioni più un’oretta buona sia all’andata che al ritorno, sto avendo davvero poco tempo per revisionare i capitoli, quindi sinceramente, non so quando potrebbe arrivare il prossimo.
 
Ma tornando al presente, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante la scena forte che spero non abbia creato disagi a nessuno.
Chloé è forse il mio personaggio preferito della serie e anche li, sono assolutamente convinta che la maggior parte dei problemi che abbia siano dovuti alla madre, ovviamente qui è sviluppata su un piano differente, e  - so che l’ho già detto altre volte – presto capiremo perché. 
 
Non posso dirvi tutto subito, se no che gusto ci sarebbe? >.<
 
Abbiamo anche una dolce scenetta Marichat che è la parte più dolce di tutto il capitolo, mi è piaciuto proprio tanto scriverla, nonostante la mia preferita del quadrilatero è un’altra.
 
Spero di aver soddisfatto le vostre aspettative e soprattutto di e spero che perdonerete il ritardo e le future – e si spera sporadiche – lunghe attese.
Fatemi assolutmente sapere cosa ne pensate, e noi ci rivediamo come sempre al prossimo captolo!
Un bacione
 
Starfallen

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Annonces ***


 
Marzo 1781
 
 
****
 
Adrien scese a rotta di collo le scale che conducevano ad uno dei cortili interni della reggia, era in estremo ritardo per la lezione di scherma, monsieur D'Argencourt non sarebbe stato sicuramente felice di questa sua mancanza di puntualità.
Arrivò finalmente in fondo alle scale e si fermò un istante per riprendere fiato, si diede una rapida sistemata, aggiustandosi il tricorno che portava sulla testa e la spada che portava sul fianco e si diresse di corsa verso il cortile ovest, sotto gli appartamenti del sovrano, dove si tenevano le esercitazioni.
 
Cercò di fare più velocemente che poteva. Perché doveva fare sempre tutto così di fretta?
La risposta era semplice, se la sentiva ancora bruciante sulla pelle, era rimasto troppo a lungo a pensare cosa scrivere sul biglietto di scuse da fare recapitare alla povera Chloé per la sua imperdonabile assenza alla cena di qualche sera prima. 
 
Infatti, dopo essere tornato dalla sua improvvisata notturna a casa di Marinette era rientrato nei suoi appartamenti era inizialmente felice di essere riuscito a vederla, non aveva avuto del tutto la conferma dei suoi sospetti, ma sentiva che quell’intreccio stava diventando un filo sempre più lineare.
 
Purtroppo una volta rientrato si era scontrato con la dura realtà, ovvero i suoi genitori. E se sua madre nel rivederlo le era sembrata quasi del tutto sollevata e preoccupata al tempo stesso, capì il motivo della sua apprensione quando incontrò lo sguardo severo ed algido di suo padre.
Erano entrambi seduti sul divanetto situato nell’anticamera della sua stanza da letto, evidentemente lo stavano aspettando.
 
C’era uno strano silenzio e tensione nella stanza, che Adrien aveva percepito non appena vi aveva messo piede.
 
Gabriel lo fissava con i suoi penetranti occhi grigi che lanciavano fulmini nella sua direzione, un brivido corse pericolosamente lungo la sua schiena: Regardez qui nous honoré de sa présence!Peccato che la cena sia finita da più di un’ora.” 
La cena, se n’era completamente dimenticato.
Gabriel si alzò, e gli andò vicino, restando a qualche centimetro di distanza, lo fissò arcigno per alcuni minuti dalla cima della sua statura.
 
Poi un fruscio, seguito da un colpo secco spezzò il silenzio che si era creato. Adrien si ritrovò sul pavimento con la parte lesa del volto dolorante ed arrossata, sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi: “Dovevi fare una sola cosa!” – proseguì il padre furioso – “Presenziare alla cena di stasera! La tua assenza ci ha messi in forte imbarazzo, oltre ad aver offeso i coniugi Bourgeois, e la tua futura sposa!” 
Tuonò.
 
Si puntellò sugli avambracci per cercare di tirarsi su da terra, guardò di sottecchi sua madre, lei sarebbe voluta intervenite lo sapeva bene, ma in quel momento avrebbe solo peggiorato le cose.
“E come se non bastasse hai fatto preoccupare a morte tua madre – che in un primo momento ha anche cercato di coprirti -, ma adesso basta! Non metterai più piede fuori dalla reggia, o dalle tue stanze fino a nuovo ordine!” tuonò Gabriel, con il tono più imperativo di sempre.
 
“Ti sarà concesso allontanarti da qui solo per le lezioni di scherma e poco altro. Ora vedi di trovare un modo intelligente per scusarti con Chloé!” 
E detto questo, Gabriel Agreste scomparve oltre la soglia della porta diretto nelle sue stanze.
 
“Alla buonora monsieur Agreste! Vous prendez votre temps.” – “Mi perdoni monsieur D'Argencourt…” – “Su, su, si sbrighi a riscaldarsi così possiamo cominciare la lezione.”
Adrien annuì, si sfilò il giustacuore in raso, rimanendo in camicia e gilet, prese una spada da allenamento e cominciò il suo riscaldamento tagliando nervosamente l’aria con diversi affondi.
 
“Ce la siamo presa comoda.” – Nino gli si avvicinò sorridendo – “Ti sei intrattenuto troppo a lungo nel letto della tua bella questa notte?” Adrien strabuzzò gli occhi a quell’irriverente affermazione. 
Aveva raccontato a Nino della sua idea, ma non aveva avuto modo di riferirgli com’era andata. Nella mente vedeva ancora cristallina l’immagine di Marinette, avvolta nelpeignoirche cercava di coprire pudicamente il suo corpo.
 
“Come ti viene in mente? Non oserei mai...”  
Nino ghigno malefico nel vedere l’amico arrossire dallo sconcerto a quella sua affermazione: “Solo tu puoi introdurti in casa di una fanciulla senza provare a sedurla!” 
“Cosa avresti fatto Agreste?!” – 
Ecco, ci mancava solo quel serpente – “Ti saresti introdotto in casa di una giovane? Lo sai vero che tratta di effrazione, cosa direbbe vostro padre?” – “Vedi di girare a largo Couffaine.” Soffiò nervosamente Adrien, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era essere infastidito anche da lui.
Luka inarcò un sopracciglio, quasi divertito dalla sfrontata insolenza di quel piccoletto. 
 
Nous sommes particulièrement insolents aujourd'hui Agreste. N’est pas?”– “Ho le mie questioni di cui occuparmi, e l’ultima cosa che voglio è sentire i tuoi commenti su questioni che NON ti riguardano.”
Gli si avvicinò con aria di sfida, Luka era più alto di lui di diversi centimetri, ma in quel momento Adrien si sentiva quasi eminente.
 
Quell’insolente ghignò ancora, e Adrien già indispettito a sufficienza moriva dalla voglia di tirargli un pugno dritto su quella faccia da schiaffi, ma l’ultima cosa che voleva era finire nuovamente nei guai per aver provocato una colluttazione. Fece un respiro profondo e provò a rasserenarsi, si ritrasse e face per andarsene, ma Luka non voleva desistere.
 
“Che fai? Fuggi? Oltre ad essere un ratto sei anche un vigliacco?”Eh no, questo non lo tollerava! 
“Non ti permettere!” disse sguainando la spada, si girò a guardare Luka, era furente: “Ti sfido a duello!” – con un movimento deciso si sfilò il guanto e lo gettò ai piedi di Luka -“Vedremo se quando avrò finito con te avrai ancora voglia di infastidirmi!”
 
I due giovani impugnarono le rispettive spade pronti per sfidarsi apertamente.
 
 
****
 
Si stavano dirigendo nelle stanze del re, era arrivato giorno in cui la regina aveva deciso che era ufficialmente arrivato il momento di mettere al corrente lui e alla corte delle sue condizioni. 
Lei, Madame Elisabetta, la principessa di Lamballe, la duchessa di Polignac e Audrey Bourgeois, stavano percorrendo, in un silenzio rotto solamente da qualche risolino divertito, mentre percorrevano la Galerie in direzione della Salle du Congrès per dare a sua maestà l’annuncio ufficiale. 
 
Ora che conferma era stata data.
 
“Madame, la vostra trovata è stata davvero molto ingegnosa.” – le aveva detto la regina mentre erano in carrozza – “Come conoscevate questo metodo?” – “Mio padre era appassionato di storia antica, in uno dei papiri che amava ha ritrovato delle iscrizioni che parlavano di questo metodo usato dalle donne per avere la certezza della loro condizione.”
Emilie ridacchiò appena, ripensando a suo padre Bernard,che quando lei era solo una bambina, la prendeva sulle ginocchia e le faceva leggere i suoi libri sull’antico egitto, e, a differenza di sua sorella Amelie che aveva sempre disdegnato la storia, preferendo altre arti come il canto o il ballo, lei invece si era appassionata, in particolare al modo in cui gli antichi si servivano delle erbe.
 
Durante le sue ricerche aveva trovato delle iscrizioni particolari, aveva discusso con suo padre della sua scoperta, lui aveva stroncato le sue ricerche dicendo che “Una signorina per bene non si interessa di certe questioni!” sequestrando i fogli su cui stava traducendo.
Ma lei non aveva desistito e approfittando delle frequenti assenze del padre era riuscit a recuperare le sue ricerche che, come aveva dedotto, parlavano di un antico metodo – a quanto risultava, molto attendibile - usato dalle donne egiziane come comferma del loro stato di gravidanza*.
 
Lei stessa, una volta sposata l’aveva utilizzato per accertarsi delle sue condizioni e si era rivelato affidabile, infatti mesi dopo era nato il suo Adrien, e lei non poteva esserne più felice.
Aveva riflettuto a lungo sul se azzardarsi a parlarne con a regina durante la sua prima gravidanza, pur sapendo che Madame era una donna moderna e di larghe vedute a differenza di molti nobili della corte – compreso qualcunodel suo enturage – ma questa volta era andata decisa, e infatti alla regina era piaciuta questa sua iniziativa.
 
Le donne arrivarono di fronte al grande portone, dietro le cui porte vi era l’anticamenra della Salle du Congrès, dove il re stava conferendo con i ministri. Non appena il valletto che era di guardia alla porta le vide s’inchinò profondamente difronte alla regina, che rispose abbassando apena il capo: “Monsieur.” – esordì Sua maestà - “Riferite al re che ho bisogno di conferire in privato con lui immediatamente! Andate a chiamarlo e riferitegli che lo attenderò qui nell’anticamera!”
 
Riferì quell’ordine con una tale serietà che a qualcuna scappò un risolino impertinente.
“Oui, Votre majestè!” Questi le si inchinò nuovamente per poi sparire dietro una seconda porta.
L’attesa non fu lunga, infatti dopo solo una manciata di minuti la porta si riaprì, mostrando l’imponente e massiccia figura del re: “Bonjour mia regina, a cosa devo il piacere della vostra visita?” 
Le donne non dissero una parola, tutte si limitarono ad inchinarsi profondamente seguendo i mivimenti della regina.
 
“Che succede, trovo molto strano questo vostro rispetto dell’etiquette”rise l’uomo, riferendosi alla ben nota insofferenza della consorte nei riguardi dell’etichetta di corte: “Veramente maestà.” – disse la regina ancora a testa bassa e con tono più serio che mai– “Sono venuta qui da voi per denunciare un fatto altamente increscioso che si è verifcato.” Fece una pausa ad effetto.
 
Per sua fortuna Emilie aveva il capo chino perché non potè esimersi dal lasciarsi sfuggire un sorriso divertito: “Vedete… uno dei vostri sudditi ha osato darmi un calcio al ventre!”- “Che cosa?!?! Chi ha osato…” 
In quel momento Antonietta si sollevò e cominciò a ridere, assieme a lei tutto il suo enturage si lasciò andare a risatine divertite.
 
Il re parve subito alcuanto spaesato da quella inaudita reazione delle donne, gli ci vollero diversi secondi per colgliere i segni dello scherzo fattogli dalla moglie: “Siete… siete per caso incinta Madame?” La regina annuì e ilvolto dell’uomo s’illuminò dalla feilcità: “Presto avremo un altro bambino, grazie a madame Agreste ho avuto la conferma proprio in questi giorni e sono venuta a comunicarvelo!” 
 
“Ho sia lode a Dio! Avremo un altro bambino! Grazie madame per il vostro aiuto!” – “Ho solo fatto il mio dovere vostra maestà!” 
Emilie sorrise sinceramente contenta per la felicità provata dalla sua regina nel sapere che sarebbe stata di nuovo mamma, nel profondo del suo cuore sperava di poter dare anche lei presto questa notizia al suo amato Gabriel.  
 
 
****
 
Era una così bella giornata quella, non aveva potuto trattenersi dal domandare alla sua istitutrice il permesso di poter fare lezione all’aperto.
E, se madame de Mendeleiev le aveva negato il permesso, per via delle sue molteplici insofferenze verso gli insetti e la natura in generale, mademoiselle Bustiersi era rivelata più flessibile e le aveva concesso di tenere la sua lezione di ricamo e cucito fuori al fresco.
 
Ed era li che si trovavano, nel giardino sedute sotto le fronde del castagno che cresceva rigoglioso. L’aria fresca le accarezzava il viso mentre ricamava uno dei suoi fazzoletti di cotone col il nuovo punto a spina di pesce insegnatole da mademoiselle Bustier, il leggero venticello si alzò quanto bastava per sollevare appena i bordi del fazzoletto, dato che non erano incastrati nel telaio svizzero che stava utilizzando per il ricamo.
 
D’un tratto un fruscio inatteso la fece sobbalzare appena e voltare di scatto veso il cespuglio da cui proveniva il rumore: “Tutto bene mademoiselle?” – Marinette si voltò verso la donna, e le sorrise per rassicurarla – Oui oui, è stata solo un fruscio molesto.” Riprese a fare il suo lavoro, cercando di concentrarsi, ma era sempre vigile, aveva ancora la guardia alta per quello che era successo qualche sera prima.
Non aveva detto a nessuno di quella misteriosa visita, neanche ad Alya, nonostante l’avesse vessata con le sue domande sulla provenienza di quella rosa che ora si trovava in un grazioso piccolo vaso sul suo tavolo da toletta.
 
Continuava a ripensare a quel misterioso giovane che aveva fatto irruizone in casa sua, non poteva negare lo spavento, ma come si era destreggiato sia con le parole che con i gesti, era stato – considerando tutto – estremamente galante.
Ripensò a quanto accaduto, lei era li, in quel giardino che ripensava al discorso tenutole da sua madre sul fantomatico marquise, che l’aveva turbata  molto, e le parole di conforto da lei pronunciate, non erano bastate a rincuorarla. Era perciò scesa in giardino, a prendere un po’ d’aria e a cercare sollievo nella notte, e li era successo.
Dal cespuglio di rose era comparso quel giovane, non l’aveva riconosciuto in un primo momento, ma era il giovane che veva incontrato al ballo in maschera. Cosa ci faceva li in casa sua? E soprattutto, come sapeva che lei viveva li? Si era fatta tutte quelle domande, e ripensato ai suoi gesti, forse era vero che era li per lei, che l’avesse riconosciuta? Ma dove potevano essersi incontrati, dato che non si erano più visti dal ballo in maschera?
 
Ripensò a lui, doveva essere di buona famiglia, perché era a conoscenza della mitologia classica, e i suoi modi erano troppo galanti. Ripensò alla sua divisa da moschettiere, sebbene si vedeva essere parecchio datata era di ottima fattura, il suo buffo cappello in feltro, quei capelli biondi e quei gentili occhi verdi che tanto le ricordavano quelli di monseur Agreste, arrossì appena, come le capitava spesso quando pensava a lui...
“Ahia!” – “Oh santa Caterina**! Mademoiselle fate attenzione!” Marinette si era punta il medio sinistro*** con l’ago mentre era assorta nei suoi pensieri, ora una piccola goccia di sangue si andava formando sul dito.
 
“Venite mademoiselle.”  La donna le si avvicinò e le prese dolcemene la mano, e la condusse verso la fontana, dove le immerse la mano lesa. Lei ebbe appena un sussulto al contatto con l’acqua fredda: “Deduco che il lavoro vi è entrato proprio nella pelle.” Disse scherzosamente la donna, Marinette ricambiò la sua allegria – “Oui, mademoiselle oggi sono più distratta del solito.” La donna la osservò: “Ho notato, c’entra per caso un giovane?” 
 
Com…? Cos…? Come faceva a saperlo? Marinette sgranò gli occhi e arrossì appena colta in flagrante. 
“Come fate a saperlo mademoiselle?”–  la donna rise nuovanete con aria complice – “Non lo sapete? Ogni dito delle vostre mani ha un significato particolare.” – alzò la sua manina e la rivolse verso il palmo – “La mano sinistra è la mano dei sentimenti, pungersi un dito specifico ha dei signficati precisi, e voi mademoiselle vi siete ferita al dito dell’amore.” 
 
Mademoiselle Bustier le strizzò un’occhio complice e Marinette sgranò gli occhi sbalordita era stata tradita da un ago, non ci poteva credere nemmeno lei.
 
 
 
****
 
 
 
* Nell’antico egitto infatti le donne usavano questa sorta di “test di gravidanza” che consisteva nel fare pipì in un sacchetto di orzo e farro, che germogliavano se una donna era effettivamente incinta, aveva un’attendibiltà del 75%. 
 
**Santa Caterina è convenzionalmente la santa delle sarte
 
*** È una credenza delle sarte, ogni volta che ci si punge un dito – in questo caso si tratta della sinistra legata al cuore, mentre la destra è quella del lavoro -  in questo caso il medio della mano sinistra è il dito legato all’amore.
 
 
 
Considerazioni finali:
 
Auguri a tutti voi di buona Pasqua in ritardo e buona pasquetta ancora in tempo per fortuna!
Eccomi qui, finalmente sono riuscita ad aggiornare – amen gloria – hanno fatto in tempo ad essere rilasciate ben 2 puntate della serie e lo speciale Shangai durante la mia assenza….
 
Lo so, non ci siamo mossi molto, ma c’erano dei punti che non potevo saltare perché più in la alcune cose ritorneranno nella trama, e con questo volevo aggiungere dei tasselli in più per facilitare la comprensione di alcuni avenimenti futuri, come nel caso della rivalità tra Luka e Adrien che vedrete, si farà sempre più accesa per via di qualcuno, mi sembra superfluo specificare chi sia >.< , preparatevi perché ne vedremo delle belle.
 
Ho aggiunto un piccolo Ester egg – visto che è periodo – direttamente dell’anime di Lady Oscar nel POV di Emilie, mi è sempre piaciuta un sacco quella scena e non ho resistito dal riproporla qui!!!
 
Vi avviso già che nel prossimo capitolo che è già in revisione ci sarà un salto temporale e tante novità in arrivo. 
Spero che i capitolo sia stato di vostro gradimento e spero di avervi rallegrato le feste con questo piccolo regalo!
 
Un bacione e alla prossima.
 
Starfallen

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** À cheval ***


Fine Giugno 1781
 

****

 
Non c’era davvero niente di meglio che trascorrere una giornata all’aria aperta per smaltire i mesi di clausura trascorsi tra le mura del convento che per sua fortuna non avrebbe rivisto fino a settembre.
Ma ora non era il caso di penare a Panthémont.
 
Una giornata a cavallo si poteva solo essere un toccasana paragonabile solo al rientro a corte per lei, l’unica nota negativa era l’assenza di Juliette che era partita per Cherbourg con la sua famiglia subito dopo la fine delle lezioni e per via della cagionevole salute della madre non si sarebbero viste per tutta l’estate.
Si erano abbracciate sulla soglia del cancello del convento, promettendosi di scriversi spesso, poi Juliette era salita sulla carrozza con i suoi genitori per dirigersi verso la Normandia, mentre lei sola sulla sua carrozza in direzione della reggia.
 
Ma, ora che era finalmente a casa puntava solo a passare quanto più tempo possibile col suo adorato Adrien, e nella splendida giornata che li attendeva avrebbe sicuramente sfruttato ogni momento possibile per stare al suo fianco, inoltre non aveva avuto modo di ringraziarlo di persona per le splendide peonie che le aveva inviato qualche mese prima, per scusarsi della sua assenza alla cena con la sua famiglia.
 
Era rimasta molto colpita dalla spontaneità del suo gesto, la conosceva così bene da indovinare anche il suo fiore preferito.
Lui era davvero perfetto! 
 
Pensò alle diverse occasioni che avrebbero avuto in quella meravigliosa giornata di luglio che miracolosamente era abbastanza ventilata, e non afosa ed insopportabile, come cavalcare insieme fianco a fianco o fare una romantica passeggiata nel boschetto.
Sorrise quasi inconsciamente pensando a ciò mentre finiva di sistemare i finimenti della sua giovenca, Jean Antoine invece le stava sistemando la sella en berceau*, mentre Sabrina – che sembrava essere sparita nel nulla – era andata a prenderle lo sgabellino per consentirle di salire in maniera decente.
 
‘Ma dove accidenti è finita?’ Si domandò alquanto seccata mentre si sistemava la reningotte, aveva scelto uno splendido completo in seta rossa con il doppio petto in satin blu, i bottoni laccati d’oro risaltavano sul suo petto con un intreccio alla militare, in mano aveva i guanti in seta bianca e il frustino.
La sua acconciatura era semplice, senza troppi fronzoli perché preferiva tenere i capelli parzialmente sciolti quando cavalcava, infatti aveva optato per una semplice crocchia bassa che non le costringeva troppo la testa, e come tocco di classe indossava un delizioso tricorno nero bordato di velluto rosso. 
 
Si voltò, chiedendosi scocciata dove si fosse andata a cacciare, quando finalmente Sabrina si palesò traballante e con il panchetto, lei roteò gli occhi seccata, ma quello che vide oltre la sua ancella la fece irritare ancora di più del suo assurdo ritardo.
Adrien, il suo Adrien era li, a non più qualche metro da lei con quel suo ridicolo amico, e invece di raggiungerla stava li, a dare corda a quella… quella… petite rat ecco cos’era!
Un’altra cosa che non fu affatto felice di constatare era che tra loro sembrava esserci una certa intesa.
‘Ridicolo! Assolutamente ridicolo!’ pensò.
 
Come osava quella dare tanta confidenza al Suo futuro marito? Come si permetteva?
Sabrina arrivò, e depose ai suoi piedi lo sgabellino: “Finalmente! Sei andata a prenderlo direttamente nelle Americhe?” – “Mi perdoni mademoiselleChloé la ignorò, si volse, e sollevandosi appena le vesti salì sul panchetto, Jean René le porse la mano per farla salire.
 
E una volta su infilò la gamba destra nel fources alto e si sistemò adeguatamente il vestito per non sembrare una svergognata.
Finalmente si trovava ad un livello degno di lei, voltò nuovamente il capo in direzione di Adrien, che ora stava – a quanto le sembrava – salutando Nino, di cui Dio solo era a conoscenza dei suoi indecenti programmi, ma a lei questo non importava.
 
Tornò a rivolgersi verso il vero oggetto del suo interesse che stava montando a cavallo, con innata classe ed eleganza, ma nel vederlo non avvertì nel suo cuore la capriola che si aspettava.
Scosse la testa scacciando quel pensiero, le fu facile quando vide una cosa a suo giudizio inaudita!
 
Anche quella nullità si era finalmente decisa a salire, ma… ma come accidenti l’aveva fatto? Au califourchon**?
‘Che volgare svergognata, dove si crede d’essere?’
Inarcò un sopracciglio sconcertata, era dai tempi di Diane de Poitiers*** che a corte non si assisteva ad una simile indecenza.
Cosa poteva aspettersi in fondo da quella petite rat proveniente direttamente dai bassifondi della città, soprattutto ora che si stava mettendo in mostra in quel modo scandaloso.
Incitò il suo cavallo a muoversi, voleva distogliere il suo sguardo da quello spettacolo ridicolo, e concentrarsi sulla bellezza e sulla perfezione di quella giornata.
 
 
 

****

 
Alya prese il lembo del lenzuolo e lo tirò verso il fondo del letto, nel frattempo Mylen stava aprendo le finestre per mandar via l’odore della notte e arieggiare la camera di Marinette.
 
Sorrise pensando alla sua amica che ora probabilmente stava cavalcando serena, magari proprio con il giovane di cui le aveva tanto parlato, al punto che ormai le sembrava quasi di conoscere.
Un pochino la invidiava, non le sarebbe dispiaciuto prendere parte anche lei alla gita a cavallo nei giardini della reggia, immaginava già l’aria fresca sferzarle il viso e il vento scompigliarle i capelli.
 
Era una splendida sensazione, sopratutto considerando quanto l’aria dalla città fosse irrespirabile d’estate, con il caldo torrido che faceva ristagnare i cattivi odori del lungo Senna.
Anche se lei poteva dirsi senz’altro fortunata, perché da quando la vita della sua più cara amica era cambiata in meglio, altrettanto aveva fatto la sua, e quella della sua intera famiglia.
 
Per tutti loro era un vero onore essere entrati a servizio della famiglia Dupain, non solo per l’amicizia che legava Sabine e Marlene, ma anche monsier Tom era un uomo come pochi, in più avevano inconsciamente salvato la loro situazione familiare.
Infatti era grazie a loro se Nora si era potuta sposare, avendo in dote la locanda e preservando la vecchia attività di famiglia che altrimenti sarebbe andata in mano a terzi, in più avevano evitato a lei e alle sue sorelline una vita fatta di rischi continui.
 
Nora era l’unica che poteva cavarsela, anche discretamente vista la sua imponenza fisica ma lei, o Ella o Etta avrebbero corso molti più rischi cosiderata l’abituale clientela della locanda.
Ma li, in una casa benestante circondata dalle persone migliori del mondo non poteva accaderle niente, a lei come alle sue sorelle, in più la cara Sabine aveva insistito – sfidando e vincendo anche l’ostinazione di suo padre – per far studiare sia lei che le bambine, infatti Alya a differenza di altre cameriere sapeva sia leggere che scrivere, e quest’ultima cosa le piaceva un sacco, adorava riportare sul suo diario – anche se in realtà si trattava prettamente di fogli sparsi – tutti i fatti che le accadevano durante il giorno.
 
Anche Marinette aveva la stessa abitudine, ma lei ora teneva i fogli elegantemente raccolti e legati inseme da un nastro di seta e lo teneva riposto accuratamente del suo scrittoio, mentre i suoi erano sparsi alla rinfusa nel soppalco che faceva da camera a lei e alle sue sorelle.
 
Bonjour mes filles!” – “Bonjour madame!” Madame Dupain entrò nella stanza con uno splendido mazzo di fiori e le ragazze fecero una profonda riverenza: “Sono appena tornata da una passeggiata in città e passando vicino al negozio dei Lorène**** non ho saputo resistere dall’acquistare dei fiori.” – “ E avete fatto bene madame!” disse senza remore la giovane – “I loro sono i fiori più belli di tutta Parigi!”
  
“Hai perfettamente ragione, in più Simone è una ragazza veramente deliziosa.” Disse avvicinandosi al tavolino da toeletta della figlia, dove vi era adagiato un vasetto, decisamente troppo piccolo per il buquet che la donna teneva in braccio.
“Aspettate madame, vado a prenderne un altro!” – “Merci Alya.”  La donna le sorrise amorevolmente, lei le fece una veloce riverenza e si affrettò ad uscire per dirigersi frettolosamente verso le cucine.
 
 

˜

“Maman, c’è abbastanza acqua nella brocca o devo andare alla fontana?” – “No mon cœur, quell’acqua è lurida, devi uscire e andare ad attingere alla fontana.”  
Annuì e si diresse verso la porta della cucina che dava sull’esterno dell’abitazione con il grosso vaso cinese in potcellana bianca con splendidi dragoni decorativi blu cobalto che madame si era fatta spedire dal suo paese d’origine tra le mani e sbucò nella vietta che costeggiava il fiume.
 
Si diresse lungo la via e dopo pochi metri svoltò nel vicolo dove si trovava una graziosa fontanella in pietra che sgorgava acqua fresca che riversava nel suo bacino.
Si sporse appena, facendo attenzione a non riempire troppo il vaso e soprattutto cercando di non romperlo: “Dunque siete di servizio oggi mademoiselle!”  
Sobbalzò appena ma senza mollare però la presa sul vaso, sapeva a chi apparteneva quella voce e quando si alzò incrociò lo sguardo color nocciola del suo interlocutore, era tornato dunque, era stato un ragazzo di parola.
 
 

****

 
Gabriel alzò gli occhi dai bilanci di amministrazione dei suoi terreni su cui aveva lavorato tutta la notte, finalmente i conti tornavano, e le entrate erano tornate regolari. Bene, un problema in meno di cui doversi preoccupare.
 
Ora aveva solo bisogno di un consulto finale con sua moglie sugli ultimi dettagli per le esportazioni all’estero e poi poteva tornare a “godersi” ciò che rimaneva dell’estate, magari avrebbero trascorso alcune settimane nel nord, nella loro residenza in Normandia.
Ma di tutto ciò ne avrebbero discusso al di lei ritorno.
 
Raccolse tutte le sue infinite scartoffie, come le definiva affettuosamente Emilie, dove erano elencati in modo ben preciso ed ordinato tutte le entrate dei locatari che i potenziali committenti esteri e non, per poi dirigersi verso i suoi appartamenti, voleva approfittare della solitudine per riposare.
 
Emilie si era recata con Adrien alla gita a cavallo nei terreni confinanti alla reggia, prevista per quel giorno, così lui aveva tutto il tempo per sbrigare i suoi affari senza troppi pensieri, purtroppo negli ultimi mesi Adrien era diventato difficile da gestire, e con Emilie spesso assente faticava a tenerlo a freno.
Amava suo figlio quasi quanto sua moglie, ma doveva ammettere con se stesso di non essere in grado di gestire le sue esuberanze.
 
In più c’era tutta la questione – ancora in corso – dell’affare americano con Bourgeois che si sarebbe concluso una volta che il conflitto che si stava combattendo oltre oceano fosse arrivato ad una fine, e come atto finale il matrimonio dei loro figli avrebbe suggellato definitivamente l’accordo e l’unione delle loro famiglie, non appena la figlia di questi fosse stata pronta.
Sapeva che Adrien non era felice all’idea, ma doveva imparare a conviverci, prima l’avrebbe fatto, meglio sarebbe stato per lui e per tutti loro.
 
Emilie era molto più brava di lui nel comprendere e soprattutto nel gestire il figlio, infatti erano molto simili, non solo nell’aspetto, ma anche nell’animo, tra loro c’era un’intesa perfetta, e lui tante volte si sentiva come se fosse di troppo.
Con quel pensiero che gli brulicava in testa, attraversò l’anticamera, e spinse la porta della stanza da letto: “Ben arrivato mon cher.”
 
La voce soave di sua moglie gli arrivò alle orecchie prima ancora di incontrare il suo sguardo. Per la sorpresa fece cadere i fogli a terra: “Oh, attento!” Emilie si alzò e gli andò incontro, mentre lu l’ammirava avvicinarsi, leggiadra e magnifica, avvolta in un bellissimo vestito à l’anglaise di un arancione che ne risaltava i meravigliosi capelli biondi come il grano a primavera.

Si piegò con lei per raccogliere le carte che gli erano cadute sul pavimento: “Devi fare attenzione mon cher, vous êtes tres maladroit!” gli strizzò l’occhio malandrina, lui la fissò imbambolato per alcuni istanti prima di sistemarsi gli occhiali sul naso e ridarsi un contegno: “Emilie, ti sembra il caso?” – “Pour faire quoi?” chiese con finta aria innocente.

Si rialzarono con ciascuno in mano dei fogli e si diressero al tavolo dove prima era seduta la donna, per sistemare i fogli.

All’uomo non passò inosservato il grazioso piattino in porcellana bianca di sevres finemente decorato in cui lei aveva riposto delle pêches che stava gustando prima del suo arrivo: “Come mai non sei andata alla gita?” – “Oh, non me la sono sentita, questa mattina mi sono svegliata e ho avuto qualche capogiro.”

Gabriel inarcò un sopracciglio a quell’affermazione: “Sicura di star bene?”

Il sorriso caldo e amorevole che gli rivolse gli fece capire che non c’era niente che non andasse.L’ammirò mentre sistemava i suoi fogli con una cura e una meticolosità che erano tutte sue, aveva qualcosa di particolare, se possibile, ai suoi occhi sembrava ancora più bella del solito, lei voltò lo sguardo e gli sorrise teneramente, ricambiò il suo sorriso, per poi tornare a soffermare la sua attenzione sul suo spuntino: “Di grazia, quante ne hai già mangiate?” – “Un po’, perché?”

“Sembra che siano diventate il tuo pasto preferito da qualche… settimana a questa parte.” – “Hai ragione, sembra proprio che non possa farne a meno.” Depose i fogli ed impugnò la forchettina d’argento con cui infilzò la parte restante della pesca.

Lo guardò con la sua solita espressione furba, le ricordava tanto la faccia di una bambina che ha combinato una marachella e cerca di non farsi punire dal padre.

“Emilie, stai cercando di dirmi qualcosa.” – Non era una domanda, conosceva bene quell’espressione, l’aveva più volte vista sul viso della moglie e di un Adrien ancora infante, e sapeva bene che voleva dire: ‘Ho combinato qualcosa e sono colpevole!’ 

L’uomo inarcò un sopracciglio, non sapeva se stare al suo gioco oppure iniziare a preoccuparsi: “Emilie mon amour, sai che non amo le sorprese, perché non mi dici cos’hai combinato?”

Le si avvicinò ulteriormente, le cinse la vita con un braccio e l’attirò a se con fare maliziosamente sospetto: “Per la cronaca mon cher, cette chose l’abbiamo combinata insieme.” Le ultime parole lei gliele sussurrò lasciva all’orecchio. Poi si allontanò un poco, per ammirare il marito in viso.

I suoi occhi grigi erano sgranati e le guance appena arrossate, dal canto suo Emilie non potè trattenersi dall’esibire un sorriso malizioso, fece poi sfarfallare le ciglia con finto fare innocente.
Nella testa di Gabriel si affollavano un’infinità di pensieri su Emilie ed il suo strano comportamento, aveva parlato di capogiri giusto? Non né era più certo perché quando sua moglie cominciava con quei suoi giochetti faticava a restare lucido.

La vide mentre infilzava con la forchettina l’ennesima pesca, la guardò assottigliando lo sguardo, un pensiero andava formandosi nella sua testa, ma… non poteva essere.

“Emilie… tu…?” Il sorriso che gli rivolse sciolse ogni dubbio:Oui, o meglio, è molto probabile.” Gabriel la guardò sconvolto, non ci poteva credere, era passato così tanto tempo dall’ultima volta che a stento ricordava com’era riceverne notizia.

Un brivido gli attraversò la schiena e con uno slancio di entusiasmo prese la moglie per i fianchi, la sollevò e la fece volteggiare in aria.

“Oh amore mio ma è meraviglioso!” – “Volevo aspettare a dirtelo, ma i sintomi si stanno facendo sempre più insistenti e presto l’avresti scoperto comunque.”
“Perché volevi aspettare?” – “In caso… beh, sai, ricordi com’è sempre andata, dopo Adrien…” – “Lo so, ma stavolta sarà diverso, vedrai.” La baciò con tutta la passione che aveva in corpo e lei rispose con estrema naturalezza, circondandogli il collo con le braccia.

“Allora, direi che è il caso di festeggiare.” – disse l’uomo stringendo saldamene a se la moglie – “Non vedo perché no.”

Si baciarono appassionatamente fino a perdere il controllo.  

 

****

 
“Andiamo amico, non puoi abbandonarmi così, non è leale da parte tua!” Disse Adrien mentre lui e Nino scendevano la scalinata del cortile, dove li attendevano i loro valletti che stavano finendo di preparare i loro cavalli per l’imminente passeggiata nei pressi della reggia.
“Desolato, ma come te, anche io ho le mie indagini da svolgere.” – “Andare alla locanda a fare mambassa non è indagare.” Replicò piccato il biondo, sapeva che da qualche tempo a quella parte Nino si recava spesso in una locanda della capitale a fare, il signore solo sapeva cosa, dato che non gli aveva mai detto nulla.
 
A lui era stato appena revocato il divieto di uscire dalle proprie stane ma  sfortunatamente non gli era ancora concesso varcare i cancelli della reggia. Per questa ragione non gli era stato più possibile tornare a trovare Marinette a casa sua. Si erano però rivisti alcune volte nel cortile della reggia, avevano anche più volte passeggiato nei pressi delle tante fontane dei giardini – si era personalmente assicurato di non farla avvicinare troppo – conversando spensierati.
 
Era davvero una piacevole compagnia la sua, quando erano insieme gli sembrava che il tempo si fermasse: “Guarda il lato positivo, alla scampagnata parteciperà anche il tuo filarino.” – “Finiscila Nino! È estremamente offensivo nei suoi riguardi!” – il moro inarcò un sopracciglio e alzò le braccia in segno di scuse – “Comunque, non dovendo dar corda a me, avrai tutto il tempo per occuparti di lei.”
 
Mosse la testa con fare allusivo, Adrien volse lo sguardo dove indicava l’amico, e la vide, graziosa ed adorabile nel suo vestito à l’anglaise bianco crema con degli elaborati decori verde mela, mentre collaborava col mozzo di stalla nella sistemazione dei finimenti, lei stava sistemando il morso nella bocca del suo cavallo, con estrema naturalezza e padronanza della situazione.
La fissava completamente rapito, non si rese neanche conto di aver arrestato il passo, finché Nino richiamò la sua attenzione dal fondo della scalinata.
 
Allor, vuoi restare tutto il giorno a contare le nuvole o ti spicci?” Adrien si riscosse e lo raggiunse, poi lo prese sottobraccio di prepotenza e lo trascinò, senza dire una parola, in direzione della ragazza: Bonjour mademoiselle!” esordì una volta che le furono vicino.
Evidentemente il loro arrivo fu una sorpresa per lei, perché sobbalzò facendo cadere rovinosamente a terra il secchio contenente le carote del cavallo, rovesciarne il contenuto.
 
Mon dieu, êtes vous monsieur Agreste!” – disse portandosi una mano al petto per sentire i battiti del suo cuore, nel tentativo di calmarsi, aprì appena il fishu per allentare la pressione sul busto - “Desolé mademoiselle, non era mia intenzione farvi paura!” – “Oh no no no monsieur, non dovete truccarvi… je voulais dire crucciarvi.” – gli rivolse un sorriso, sincero ma anche molto nervoso, probabilmente era ancora scossa dallo spavento ma non voleva dirlo per non offenderlo.
 
“Siete emozionata per la passeggiata di oggi?” – “OUI!” – disse slanciando in aria le braccia con molto entusiasmo, poi, essendosi resa conto dell’aver praticamente urlato, sorrise in modo teso, e cercò di ridarsi un contegno – “Sono molto contenta, considerato che amo andare a cavallo, il nostro stalliere, che è anche il padre della mia più cara amica, mi ha fatto appassionare!”
La ragazza sorrise, e i suoi spledidi occhi celesti s’illuminarono.
 
Per un istante il suo dolce sorriso gli parve quello di sua madre e il biondo ebbe un tuffo al cuore.
Mademoiselle, mi dispiace interrompervi.” – la voce di Nino ruppe il magico momento che si era creato tra loro, ed Adrien dovette ammettere con se stesso di essersi completamente scordato della sua presenza – “Ho urgenza di sbrigare delle commissioni e mi servirebbe il mio amico.” – “Ah, non venite con noi monsieur?” – “No mademoiselle, sarà per un’altra volta.” Così dicendo presero congedo da lei.
 
Quando furono ai loro cavalli e adeguatamente distanti da lei il moro esordì: “Amico, credimi se ti dico che è già tua, ed anche tu mi sembri parecchio infatuato.” – “Ancora con questa storia? Ti dico che non è così, è già buono se tollera la mia presenza.” Nino rise scrollando la testa, come fa chi sa di avere a che fare con un caso perso: “Dammi retta, la tollera eccome la tua presenza, in tutti i sensi!”
Lo sguardo interrogativo che gli rivolse fece alzare gli occhi al cielo al moro.  
 
“Lascia perdere.” – disse con tono quasi esasperato, alle volte l’ingenuità di quel ragazzo raggiungeva dei livelli tali che nemmeno lui sapeva come gestire, si voltò ed inforcò la staffa e con un rapido movimento montò a cavallo – “Te lo spiegherò quando sarai più grande. Ci vediamo alla soirèe!” E così dicendo diede di speroni, girò il cavallo e sfrecciò in direzione del cancello principale.
Adrien lo guardò allontanarsi, sospirò, si volse verso il suo splendido frisone nero alto e possente, inforcò e montò anche lui.
 
Dal metro e settanta del suo stallone vedeva tutto lo splendido panorama dei giardini della reggia da un’altra prospettiva.
Vide certamente Chloé, che stava cominciando a far passeggiare la sua giovenca per farla riscaldare, e poco dopo vide Marinette che montava a cavallo… ad arcione? Questa era nuova!
Chi se l’aspettava questa sorpresa, lui di certo ne era particolarmente intrigato!
 
Sicuramente l’avrebbe sfidata, chissà se era vero che le donne cavalcavano meglio au califourchon.
Ma questo decise che lo avrebbe scoperto da solo una volta partiti.
 

˜

Purtroppo non era andata come aveva tanto ardentemente sperato, poco prima della partenza infatti era si erano presentati – con un ritardo a dir poco vergognoso – entrambi i fratelli Couffaine, e Luka, con la penosa scusa di assicurarsi di proteggere e all’occorrenza soccorrere la sorella aveva monopolizzato l’attenzione di Marinette.
 
E come se già non fosse abbastanza sgradevole osservare quel serpente cercare di circuire la ragazza, Chloé aveva preso lui in ostaggio, come un’ape su di un gelsomino, già dalla partenza. Ora che avevano raggiunto il luogo dove si sarebbe svolto il pick – nick organizzato dalle dame più âgée, lui nel mentre stava legando i finimenti del suo cavallo ad uno dei rami dell’albero.
Una volta terminato ripeté la stessa azione col cavallo di Chloé.
 
Mademoiselle, aspettate, vi aiuto a smontare!” – Come sentì Luka pronunziare quelle parole e strinse i pugni tanto da far sbiancare le nocche – Adrien.” – “No grazie monsieur, faccio da me.”
Si rilassò nell’udire Marinette declinare l’offerta di Luka: Adrien.” – Guardò con insistenza in direzione dei due, quando vide la ragazza smontare da cavallo e accarezzare dolcemente l’animale… “ADRIEN!”
 
Le continue richieste di attenzione di Chloé lo costrinsero a distogliere lo sguardo dal vero oggetto delle sue attenzioni.
“Mi aiuti a scendere?” – “Oui Chloé.” – Si avvicinò al cavallo della bionda e tese le braccia, aspettando che la ragazza si lasciasse scivolare lungo il fianco dell’animale.
Quando fu a terra si accollò al suo braccio: “Vogliamo andare a fare una passeggiata sulle rive del lago?”
Chiese languida la ragazza, Adrien sospirò affranto, sia per la situazione in cui si trovava, che per quello che vedeva.
 
Marinette e Luka a braccetto insieme, che si dirigevano verso il punto in cui era stato allestito il convivio, storse il naso, doveva trovare il modo di raggiungerli.
“Chloé, stanno cominciando a distribuire il pranzo, vogliamo approfittarne?” La vide sgranare gli occhi, si scostò da lui come se avesse detto una cosa inaudita, poi sorrise nervosamente: Oui… come vuoi tu…” l’espressione sul viso di Chloé lo fece preoccupare: “Sicura che vada tutto bene?” appoggiò premurosamente una mano sul suo braccio, lei annuì, ma comunque non si convinse.
Purtroppo non aveva tempo per indagare, perciò di sua iniziativa si diressero dove tutti si erano riuniti i partecipanti, e con suo immenso sollievo, vide Marinette insieme alle sue amiche, e non più vicino a Luka.
 
Sentiva una strana sensazione, all’altezza dello stomaco da quando Couffaine le si era affiancato durante la cavalcata, che però non riusciva a spiegarsi.
Sentiva le mani formicolare e fremere dalla voglia di afferrarlo per il bavero e rifilargli un pugno deciso sulla faccia.
Una dama porse loro un piatto con della carne fredda e foglie d’insalata.
 
Prese il piattino in porcellana e lo porse alla bionda: “Tieni Chloé, mangia pure quello che vuoi, io non ho molta fame.” – “S… sei… sei sicuro Adrien caro?” Annuì e i sedette sulla tovaglia, Chloé lo imitò sedendosi vicino a lui, ma non toccando alcun che di quello che vi era nel piatto.
Dal canto suo Adrien non ci fece nemmeno troppo caso, impegnato com’era nell’osservare Luka e soprattutto Marinette.
 
Decise che non gli importava delle conseguenze, ma da quella sera sarebbe tornato a far visita alla ragazza.
 
 

****

 
Smontò da cavallo accanto a monsieur Couffaine, in un primo momento si era sentita in imbarazzo per essere l’unica fanciulla a cavalcare come un uomo, mentre tutte le altre fanciulle cavalcavano aggraziatamente all’amazzone, purtroppo per lei non c’era stato verso di imparare quel tipo di monta, o meglio, al passo non riscontrava problemi, certo era forse un po’ scomoda ma il vero problema arrivava quando il cavallo era lanciato al galoppo – anche solamente al trotto in vero – e lei perdeva rapidamente il ritmo, rischiando di cadere rovinosamente.
E considerata la sua goffaggin e il suo essere maldestra, aveva deciso che non era il opportuno rischiare, evitando così le sue solite figure.
 
Ma monsieur Couffaine era stato davvero cortese, rassicurandola, e facendole capire che non ci fosse nulla di male, anzi questa sua peculiarità la rendeva unica a corte.
Non poté nascondere, almeno a se stessa, quanto quella considerazione -fatta per altro da un giovane così distinto – la lusingasse.
Una volta che ebbe poggiato a terra i piedi a terra recuperò il suo ombrellino parasole, e la sua borsa di cuoio in cui teneva dentro il suo telaio per ricamare e dei fogli da disegno.
 
Si volse verso monsieur Couffaine che le rivolse un sorriso, ma non fu l’unica cosa che vide, infatti, qualche metro più in la si trovavano anche monsieur Agreste insieme a quell’antipatica che il giorno di capodanno le aveva rovinato il vestito con il sugo di carne.
 
Si domandò come mai, un animo nobile come il suo perdeva il suo tempo con una persona tanto disprezzabile!
“Tutto bene mademoiselle?” – Marinette tornò a guardare Luka: Oui, monsieur.” – “Ho notato un’ombra scendere sui vostri splendidi occhi, per questo volevo assicurarmi che andasse tutto bene.”
Gli sorrise, cercando di sembrare più sincera possibile: Oui monsieur, Il n'y a rien de mal.
Lui le offrì il suo braccio, per condurla nel punto in cui tutti si erano riuniti, lei accettò di buon grado la sua cortesia, e, quando furono nel punto in cui erano tutti riuniti, con suo grande piacere vide che avevano già cominciato a distribuire il pranzo.
 
In un angolo più esterno della tovaglia vide anche le sue amiche che come la videro la salutarono: “Marinette, vieni qui a sedere con noi!” – “J'arrive mes amie!” disse sventolando la mano nella loro direzione.
“Vi lascio andare mademoiselle, spero di avere l’onore di passare altro tempo con voi più tardi.”
Disse il ragazzo catturandole una mano e scoccandovi un bacio sul dorso, Marinette non poté fare a meno di arrossire a quel gesto.
 
“A dopo allora, monsieur…” disse allegramente.
Involontariamente il suo subconscio le fece fare ancora il paragone col giovane mascherato, che purtroppo non era più venuto a farle visita dopo quell’unica volta.
Magari era stata anche colpa sua, col suo atteggiamento poteva averlo spaventato o lui stesso aveva avuto dei problemi.
Si congedò da monsieur Couffaine con un sorriso e si diresse verso le sue amiche continuando a pensare a Chat Noir, come l’aveva giocosamente soprannominato, chiedendosi se mai l’avrebbe rivisto.
 
 

˜

 
‘Che giornata!’ pensò Marinette, una volta rientrata nelle sue stanze si era cambiata e rinfrescata, quella sera Alya – stranamente silenziosa quella sera –  le aveva chiesto di organizzare una serata di chiacchiere, come facevano già abitualmente ogni mese, anche se quella sera era particolarmente stanca per via della giornata inensa che aveva avuto, ma era comunque felice di trascorrere del tempo con lei. Dopo averla aiutata con le sue abluzioni era momentaneamente scesa in cucina a preparare una tisana, così avrebbero potuto chiacchierare allegramente, magari sarebbero uscite sul terrazzo, godendo dell’aria fresca della sera.
 
Ora era adagiata sul suo letto fresca e profumata nella sua camicia da notte in lino e stava approfittando della solitudine per poter stare – finalmente – un po’ sdraiata a pancia in su sul suo enorme materasso, in realtà voleva soltanto riposare.
 

A cena aveva raccontato entusiasta la sua giornata ai suoi genitori: “Nel pomeriggio con mademoiselle Aurore e le altre abbiamo confezionato delle coroncine con margherite ed altri fiori che abbiamo trovato nel meraviglioso campo che era nei pressi del luogo in cui ci siamo fermati.” - Aveva detto euforica mentre si serviva del gâteau di patate, accompagnata da foglie d’insalata – “E poi monsieur Agreste ha… ha fatto degli apprezzamenti su alcuni miei disegni fatti per il ricamo.” A quella sua affermazione la madre le aveva rivolto uno sguardo indagatore, accennando il suo sorriso particolare: “Non è il giovane che si è complimentato con te, alla festa a casa di madame de Noailles due settimane fa, per la tua esibizione con l’arpa?” - Marinette finse di fare mente locale poi rispose in maniera più naturale che potè Oui maman, c'est lui.”

Sua madre fece nuovamente quel suo sorriso.
Decise che era meglio non raccontare della sua pessima figura fatta durante il gioco della mosca cieca, quando da bendata era inciampata su un sasso e lui l’aveva afferrata al volo facendola ritrovare adagiata tra le sue braccia – aveva distintamente riconosciuto la sua voce, come poteva non riconoscerla? – “Tutto bene mademoiselle?” Le aveva sollevato appena la benda per constatare che lei stesse effettivamente bene.

Lei dal canto suo era rimasta a fissarlo imbambolata, con gli occhi sgranati e la bocca semi aperta senza dargli una vera risposta, ma annuendo semplicemente con il capo.

Quante maledizioni si era tirata per essere stata tanto sciocca solo lei lo sapeva.  

“Non sai quanto sono felice di vederti così euforica bambina mia.” – le aveva detto suo padre – “Ma cerca sempre di comportarti in modo dignitoso, perché rappresenti tutti noi.”
Marinette alzò gli occhi al cielo senza farsi accorgere: “Suvvia Tom, tua figlia è una fanciulla giudiziosa, e sa come ci si comporta.” – “Oh, ma non dubito certo di lei, ma stare troppo tempo tra quella gente potrebbe fuorviarla.”

Ed ecco che suo padre tornava a farsi castelli in aria, certo lei era conscia che quel mondo aveva i suoi difetti – a cominciare da mademoiselle Bourgeois – ma lei era perfettamente in grado di tenerla al suo posto, come quando aveva fatto quello sprezzante commento su di loro e sulle coroncine che stavano rifinendo, facendo quasi piangere mademoiselle de Lavillant. 
Ça n'arrivera pas papa, te lo prometto.”
Di questo era certa, aveva promesso a se stessa due anni prima che non averebbe mai permesso che la sua nuova condizione sociale di corrompere il suo spirito, lei sarebbe sempre rimasta la stessa Marinette che giocava con Alya nella panetteria dove lavorava sua madre quando era una bambina, prima che l’attività politica di suo padre gli permettesse di acquistare quella e altre.

 
Sorrise al ricordo di quando era piccola, a volte le mancava la semplicità della sua vecchia vita, non che disprezzasse tutte le innumerevoli agevolazioni che la sua nuova condizione le offriva, ma ora aveva un nome e questo portava tanti obblighi e aspettative, mentre prima a nessuno avrebbe importato alcun che delle sue azioni.

Si alzò dal letto e andò ad aprire il suo amato carillon che subito liberò una dolce melodia, in fine si diresse alla finestra e uscì sul balcone ad ammirare la luna, che quella sera si mostrava come una falce, i capelli che aveva deciso di lasciarli completamente sciolti a ondeggiare nella fresca brezza notturna, avrebbe indossato la cuffietta più tardi, ora li voleva lasciare liberi dato che erano rimasti costretti nell’acconciatura tutto il giorno.
Si diresse verso l’ampia balconata del suo terrazzino privato, dove il glicine cresceva rigoglioso.
 
Si sedette sul parapetto, si accoccolò appoggiando la testa sulle ginocchia e chiudendo gli occhi, mentre ascoltava la dolce musica del monile, non seppe dire per quanto tempo rimase li quando: Bonne soire mademoiselle!”
Marinette sobbalzò e aprì di scatto gli occhi, in pochi secondi riportò le gambe oltre il cornicione e si nascose dierto una delle colonnine presenti sul balcone.
Quando dopo pochi istanti si riebbe e la curiosità la vinse, quindi sbirciò appena e cercò nell’oscurità per individuare il punto da cui proveniva quella voce ‘Che sia…?’
 
Era come se i suoi pensieri avessero d’un tratto preso forma, vide emergere dall’oscurità una figura che si avvicinava sempre più al suo balcone: Qui est là?” chiese allarmata, ma non appena la figura si avvicinò la luce delle torce ne rivelò i capelli biondi e il volto celato dalla maschera che ne incorniciava gli occhi verdi: C’est moi, le vôtre Chat.”
Lei rise appena, si portò una mano sulla bocca per coprirsela, non voleva offenderlo: “È colpa mia, è passato tanto, troppo tempo dal nostro ultimo incontro mademoiselle, non mi sorprende che non vi ricordiate di me.”
 
Nonostante la distanza dal suo interlocutore Marinette riuscì a percepire chiaramente una nota d’amarezza nella sua voce: Desolè.” – disse uscendo definitivamente dall’ombra e mostrandosi a lui – “Non vi ho dimenticato monsieur, solo non siete più venuto a trovarmi.”
Vide il giovane alzare il suo sguardo verso di lei e sorriderle, istintivamente cercò di coprirsi ma subito si ricordò che non aveva indossato la vestaglia per uscire sul terrazzo.   
 
“Ne sono coscente, e non sapete quanto me ne rammarico Mylady.” - Disse con un tono estremamente suadente ma anche intriso di rammarico – “Sfortunatamente ho avuto dei problemi… personali.” – “Spero non per causa mia!” si affrettò ad assicurarsi lei, sporgendosi appena dalla balconata.
“Affatto mademoiselle, il responsabile sono solo io” Parlava continuando a tenere il suo sguardo incollato a lei, quasi non potesse farne a meno: “Ma se vorrete da questa sera in avanti verrò a farvi visita finchè ne avrete piacere Mylady.”
 
Lo vide mentre le strizzava un occhio da lontano, lei si sentì arrossire appena, fortunatamente erano distanti e lui non poteva vedere quel particolare:“Come mai non siete in giardino questa sera?” – “Ho detto ai miei genitori che sarei andata a letto presto.” – “Immagino che la cavalcata di oggi sia stata estenuante.” – “Come lo sapete!?”
Lo vide distintamnte sobbalzare a quella sua non esattamente domanda: “Mi avete seguita forse?” – “Meglio ma chère, vi ho vista partire con il gruppo.”
 
Sgranò gli occhi a quella sua affermazione, allora anche lui frequentava la reggia! “Allora ci siamo, con tutta probabilità già incontrati monsieur.” – “Absolutment! Ed abbiamo anche conversato.
Ora era davvero intrigata, quindi avevano anche già avuto un confronto,
voleva approfondire assolutamente quel discorso, purtroppo non sapeva quanto tempo potevano avere a disposizione, e ancora non se la sentiva di svelare ad Alya quel suo piccolo segreto.
 
“A cosa state pensando mademoiselle?” – “Oh, rien monsieur.” disse portandosi una mano al petto, sentiva il suo sguardo scorrerle lungo il corpo: “Siete davvero graziosa quando siete assorta, lo sapete?” Il rossore che le invase le guance a quell’affermazione non fu affatto discreto, al contrario, tantè che lo vide distintamente ghignare per la reazione che le aveva indotto.
 
“V… verrete anche domani sera monsieur?” – chiese con non poca titubanza, temendo di essere sfacciata – “Solo se volete che ritorni mademoiselle.” –  lei annuì distintamente e lui le rivolse un sorriso che le mozzò il fiato per alcuni secondi – Tres bien, allora vi lascio al vostro dolce riposo Mylady, a domani.” – “A domani monsieur.” Lo vide rivolgerle un’ultima occhiata e un galante inchino per poi sparire nella notte.
 
Sospirò, travolta da mille emozioni, rientrò nella sua stanza dove richiuse il carillon che cessò la sua dolce melodia. Rimase li immobili per diversi istanti, fin quando non sentì dei leggeri colpi alla porta: “Avanti.” Disse senza starci troppo a riflettere, la maniglia si abbassò e comparve Alya, che teneva in mano un vassoio con teiera e tazzine: “Scusa se ci ho messo tanto, trovare il finocchietto è stata un’impresa, mia madre l’aveva infilato per non so quale ragione tra le spezie pepate. Che hai? ”
 
‘Nemmeno il tempo di entrare!’ pensò ridente.
“Rien Alya, sono solo un po’ indolenzita per la cavalcata.” – disse alzando le braccia e stiracchiandosi un poco – “Vieni, andiamo sulla terrazza, c’è un bel fresco e si sta proprio bene.” Così dicendo andò incontro all’amica aiutandola e dirigendosi sul balcone: “Ora possiamo fare due chiacchiere solo tu ed io.”
 

****

 
 
* sella en berceau = sella specifica per la monta all’amazzone, in voga già a partire dalla seconda metà del 500 grazie a Caterina de Medici che introdusse questo stile alla corte di Francia. Questo tipo di monta, considerato più decente per una donna resterà in voga fino al secondo dopoguerra.
 
** califourchon = monta ad arcione, considerata esclusiva degli uomini
 
*** Amante di Enrico II di Francia che era nota per cavalcare ad arcione, ragione per cui Caterina de Medici brevettò la monta all’amazone considerata meno volgare.
 
**** Piccola citazione dall’anime del  “Il Tulipano nero – la stella della Senna-“
 
 
 
  Considerazioni finali:
 
Sono tornata finalmente - squilli di tromba di sottofondo - dopo praticamente un mese ce l'ho fatta a pubblicare!
Scusate se mi sono fatta attendere, purtroppo questo mese si sono accavallate 10000 cose e il tempo è voltato, tant’è che nemmeno io me ne sono resa conto, in più il POV di Alya ha richiesto più tempo del previsto perché non mi convinceva mai del tutto, e alla fine purtroppo ho dovuto ridurlo parecchio.
 
In compenso spero di aver rimediato con questo bel capitolo bello lungo – 6000 e rotte parole - e intenso, dove abbiamo un time skip e una piacevole gita a cavallo in cui i nostri protagonisti si rilassano e si godono una spensierata giornata di fine giugno, ognuno con i propri alti e bassi.
Per quanto riguarda Chloé, continuiamo se pur cautamente ad esplorare la sua dimensione psicologica ed emotiva, in più la sua mise è liberamente ispirato al ritratto di Lady Seymour Worsley, da cui è stato anche tratto uno splendido film con Natalie Dormer.
 
Il nostro caro Adrien ha finalmente finito di scontare parte dei suoi arresti domiciliari, quindi può prendere parte anche lui alla passeggiata e sperimenta un’emozione nuova, la gelosia >.<
E se pur non totalmente libero riesce comunque ad eludere la punizione e nella notte si presenta nuovamente da Marienette, è uno dei miei momenti preferiti, spero sia piaciuto anche a voi.
 
Detto questo ora passerò alla revisone del prossimo capitolo, non faccio più pronostici su quando uscirà per non tirarmela hahahahahahaha
Mi auguro che sia stato di vostro gradimento, ora fatemi sentire cosa ne pensate.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Louis Joseph ***


 
22 ottobre 1781
 
Il sole cominciava a fare capolino e ad illuminare timidamente la stanza da letto di Emilie.
Erano a malapena le nove quando la donna si rigirò nel letto, per accoccolarsi dolcemente tra le braccia del marito che le dormiva tranquillamente accanto. Sorrise quasi inconsciamente, dato che si trovava ancora in stato di dormiveglia, fu proprio in quell’istante che sentì il marito muoversi e circondarle la vita con un braccio.
 
Emilie aprì appenagli occhi per guardarlo, e con sua immensa sorpresa lo trovò già sveglio che la guardava dormire sorridendo: Bonjour mon amour.” - Le disse Gabriel con un tono pieno d’amore – “Come stai? O meglio, come state?” le accarezzò appena il ventre leggermente rigonfio da sopra la camiciola da notte.
 
La donna rise di gusto a quelle piacevoli attenzioni: “Dai Gabriel, smettila!” – Squittì – “Mi fai il solletico!” Finse di sfuggirgli mentre lo sentiva circondarle la vita, infatti non oppose alcuna resistenza quando il marito l’attirò a sé.
“Quali intenzioni avete monsieur?” - chiese con finto fare innocente – “Suvvia madame, non fate l’ingenua, non vi si addice.”
Gabriel affondò il viso nel collo della moglie che rispose immediatamente, circondandogli le spalle con le braccia.
Purtroppo l’idillio durò appena pochi istanti, difatti, un servitore irruppe brutalmente nelle loro stanze alla disperata ricerca della donna.
I due si sistemarono, alquanto seccati: “Madame… la regina chiede urgentemente di voi…” – “Cos’è capitato?” chiese Emilie mentre si risistemava alla bell'e meglio.
“Sua Maestà è entrata in travaglio!”
 

˜

 
Raggiunse gli appartamenti della regina più in fretta che poté. Trovò molto insolito che le porte non fossero aperte* in un primo momento fu impedito anche a lei di entrare, ma quando Madame sentì la sua voce ordinò, quasi urlando, di lasciarla passare, e così entrò. Una volta dentro però si dovette ricredere, in fondo la situazione era decisamente più controllata e facilmente gestibile, data la solennità e la delicatezza del momento la regina aveva adottato la migliore delle soluzioni.
Le levatrici erano all’opera, una trappava le pezze e controllava la temperatura dell’acqua, messa a scaldare sul caminetto, mentre le altre finivano di sistemare il letto su cui era adagiata la sovrana. Il dottor Lasson era li pronto a qualsiasi evenienza.
 
Tutta quella situazione la ributtò indietro nel tempo di ben quattordici anni ormai, quando lei aveva dato alla luce Adrien nella residenza di famiglia in città.
Sorrise e si portò una mano sul ventre, presto sarebbe ricominciato tutto da capo anche per lei con un nuovo fratellino o sorellina per il suo adorato bambino, che ormai bambino non era più.   
S’inchinò sempre per rispetto al re e alla regina, anche se quest’ultima non prestò particolare attenzione alla sua formalità.
“Oh, Emilie! Finalmente siete arrivata!” – “Oui maestà, perdonatemi, ho fatto prima che ho potuto.” la donna fece per parlare, ma l’arrivo di una nuova contrazione la fece invece urlare di dolore.
 
Emilie si diresse da Gabrielle, la duchessa di Polignac, che se ne stava in un angolo assieme alla principessa di Lamballe.
“Si sono già rotte le acque?” chiese discretamente alla principessa di Lamballe.
La donna fece segno di diniego con la testa ‘Allora perché nessuno qui la sta facendo camminare?’  pensò incredula.
Sua Maestà urlò di nuovo, a quel punto decise di prendere in mano la situazione: “Tu!” – si rivolse con tono deciso ad un’ancella che se ne stava in disparte – “Recati nelle mie stanze e fatti dare dalla mia domestica l’essenza di lavanda, svelta.”
La ragazza annuì e si diresse in tutta fretta fuori dalle stanze della regina da cui si era già radunata tutta la corte, il cui vociare ormai arrivava distintamente alle sue orecchie.
 
Il suo pensiero corse a suo figlio, che con buone probabilità si trovava esattamente lì fuori.
Ma ora non aveva tempo per pensarci, una volta ancora doveva pensare alla regina, che doveva partorire senza rischi per lei e possibilmente anche del nascituro.     
“Venite.” - Disse a una delle levatrici – “Dobbiamo farla camminare, per far rompere le acque.” – “Madame, non dovete fare sforzi nelle vostre condizioni.”
Emilie sorrise grata per l’accorgimento della levatrice, si avvicinò alla regina per rassicurarla: “Adesso majesté dovete alzarvi in piedi e camminare, dobbiamo far rompere le acque.”   
 
 

****

 
‘È una cosa inaudita! E totalmente inaccettabile’ era quello che Audrey pensava continuamente, ormai da diverse ore, da quando era stata data notizia dell’inizio del travaglio della regina.
E a lei non era stato permesso entrare, come alla maggior parte della corte.
 
Non era mai successo prima d’ora, alla nobiltà era sempre stato concesso presenziare ai parti reali, lei stessa aveva preso parte alla nascita di Madame Royal, e, in quanto amica della regina era suo preciso diritto presenziare, anche adesso!
Si stava sventolando nervosamente col ventaglio da diverso tempo ormai, osservando il salone con aria altamente stizzita.
Alzò gli occhi al cielo mentre osservava quell’inutile di suo marito conversare come se niente fosse con il duca d’Alençon, come faceva quello sconsiderato a far finta di nulla?
Fortunatamente dal fondo della Galleria vide la luce in fondo a quel tunnel di mediocrità che si dirigeva verso di lei.
Avvolto da un’elegantissima marsina in pregiata seta baige chiaro con gilet finemente decorato con degli splendidi ricami a tema naturalistico, faceva il suo ingresso il suo adorato Gabriel, con il figlio al seguito e – fortunatamente – privo dell’ingombrante presenza della moglie di cui non vi era traccia.
Decise di piantare definitivamente in asso quell’inutile di André e si diresse senza indugi verso Gabriel.
 
Oh bonjour, mon cher Gabriel!” disse con la voce più seducente che le riuscì, sbatté civettosamente le lunghe ciglia dorate, cercando di risultare più affascinante possibile.
Comment ça va?” - chiese come se non lo vedesse da dieci anni – Tres bien chere Audrey.”  Rispose l’uomo, lei gli porse elegantemente una mano, lui la prese ed eseguì un baciamano a suo avviso impeccabile.
 
Où est-ce Emilie?” fece quella domanda con finta curiosità, non le interessava davvero dove fosse, per quello che la riguardava avrebbe anche potuto restarci per sempre, visto e considerato che data la sua assenza lei avrebbe potuto avere il suo adorato Gabriel tutto per sé.
 
“Non lo sai? È dentro ad assistere la regina, l’ha fatta chiamare questa mattina, praticamente all’alba.” A quelle parole Audrey sentì montare dentro una rabbia furiosa. QUELLA… quella, era stata chiamata nelle stanze della regina per assisterla durante il travaglio, e sicuramente anche al parto, mentre LEI, era fuori come se fosse una sconosciuta qualsiasi?
Ridicolo! Assolutamente RI – DI - CO – LO!
 
Cercò di non far trapelare troppo la sua indignazione iniziando ad agitare ulteriormente il ventaglio: Allor, secondo te sarà maschio o femmina?” chiese con tutta la nonchalance di cui era capace.
“Speriamo che almeno questa volta sai maschio!” – “Concordo, sono ben undici anni che aspettiamo l’arrivo di un erede!”
Mentre annuiva alle sue parole le venne quasi da ridere ripensando all’imbarazzante situazione in cui si era trovata la coppia reale agli inizi, e con inizi intendeva ben sette anni di matrimonio.
Erano state piazzate delle scommesse già quando la pancia aveva iniziato a crescere. Lei e madame de Breteuil avevano lanciato la sfida – all’insaputa della regina ovviamente - sul sesso del nascituro e altri membri della loro cerchia si erano uniti a loro in quella piccola sfida. Madame aveva puntato 1500 livres su un maschio mentre lei – raddoppiando – aveva puntato su una femmina sostenendo senza troppe remore che il semplice fatto che fosse rimasta incinta una seconda volta fosse un miracolo.   
Era assurdo che una coppia – specie se quella reale - restasse senza figli così a lungo, un conto era non considerarsi più o negarsi una volta nato almeno un figlio, ma non concepirne proprio era ridicolo!
Lei stessa dopo la nascita di Clodette aveva preso le distanze dal marito, ma c’era anche da dire che aveva rischiato di morire per metterla al mondo, e sicuramente non ci teneva a ripetere quella svilente esperienza.

Ormai la sala gremita era di gente che aspettava un responso dalle stanze della regina che dall’altro lato della porta continuava a lanciare urla di dolore.
Audrey cominciava a domandarsi sempre più scocciata quanto ancora avrebbero dovuto aspettare, li fuori come comuni plebei per avere la conferma della sua vittoria, con i soldi della vincita avrebbe sicuramente comprato dei gioielli, e un vasto assortimento di stoffe per dei nuovi vestiti da sfoggiare nelle prossime occasioni.
 
Iniziò a sventolarsi spazientita, guardò Gabriel reprimere uno sbadiglio: “Sta andando per le lunghe no? Emilie non teme che possa capitarle lo stesso?” lo vide inarcare un spracciglio perplesso.
“Emilie?” – disse quasi ridendo – “Assolutamente, troverà qualche suo rimedio particolare quando sarà il momento, proprio com’è stato per Adrien.”  Disse lanciando appena uno sguardo al figlio che stava conversando poco lontano con Juliette de Claujère.
 
‘Figuriamoci, quella strega!”  A lei non aveva di certo prestato alcun tipo di consiglio durante la sua gestazione, e di certo non si era presa tanto disturbo quando sua figlia aveva tentato di ucciderla nel venire al mondo, nonostante fossero passati ormai tredici anni, la memoria di quei giorni di agonia che avevano preceduto la nascita erano marchiati a fuoco nella sua mente e lo sarebbero stati per sempre. 
Un vociare improvviso che si estendeva dagli appartamenti della regina attirò la sua attenzione, da lontano potè scogere l’odiosa figura di Emilie fare capolino dalla porta, non udì le sue parole, ma le urla di giubilo che seguirono non lasciavano spazio a dubbi.  
 

****

 
Quella mattina Marinette si era svegliata di buon’ora, si era vestita, semplicemente dato che per quel giorno non aveva in programma di recarsi alla reggia per vedere le sue amiche, aveva indossato un semplice vestito di cotone azzurro a strisce cobalto e una gonna di seta rosa. Aveva indossato solo una collana di perle e la cuffietta, poi aveva preso la sua Bibbia rilegata in pelle e si era recata nella piccola cappella di casa per assistere alla funzione.
 
Aveva pregato molto e sinceramente per la regina e per il nascituro, che fosse sano e soprattutto che fosse maschio, - come sospettava sua madre - visto che ormai considerate le sue condizioni era solo questione di giorni prima del grande evento, ma durante il sermone si era colpevolmente distratta, incapace di a mettere un freno agli innumerevoli pensieri che affollavano la sua mente.
 
Pensava alle sue amiche certo, che ormai erano diventate molto importanti per lei, anche se con nessuna si era aperta come sapeva di poter fare con Alya, aveva pensato, e tanto anche al misterioso giovane che ormai le faceva visita quasi tutte le sere, il loro era diventato ormai un appuntamento fisso, che si ripeteva tutte le sere, saltava solo nei giorni in cui vi erano feste importanti.
Si divertiva molto in sua compagnia e grazie a lui che la stava aiutando ad affinare le sue conoscenze e le sue maniere.
 
Era una cosa nata per caso pochi mesi prima, una sera lei si era attardata a studiare matematica, c’era un conto che non voleva saperne di uscire nella maniera corretta e lei ci si stava arrovellando su da prima della cena.
Infatti quella sera si era fatta trovare così dal suo chevalier en noir, al loro solito posto alla stessa ora ma con in mano i fogli degli esercizi.
 
Nel trovarla così l’aveva canzonata appena, lei non se n’era davvero risentita ma aveva fatto finta per farlo sentire in colpa, riuscendoci.
“Non volevo offendervi prruncesse.” – “Ma l’avete fatto monsieur.” -Aveva detto sostenendo un finto broncio – “Allora lasciatevi aiutare, così rimedierò alla mia offesa.”
Si finse accigliata: “Pensate davvero possa bastare questo?” – “Non siate crudele, guardate che sono bravo in matematica.” – “Vous êtes un effronté monsieur, ecco la verità.” L’aveva canzonato lei.
 
Da quella sera era diventata una piacevole abitudine.
Quando la raggiungeva a tarda sera, prima parlavano degli argomenti più vari spesso accompagnati da tisane e piccole leccornie, poi se erano dell’umore, lui le insegnava qualcosa, che fossero semplici nozioni storiche o di cultura generale, oppure si dilettavano nel giocare a carte o l’accompagnava mentre provava e riprovava i passi di danza e di portamento, grazie a lui era migliorata molto e di questo gli era molto grata.
 
Le piaceva stare in sua compagnia, era un giovane sveglio, brillante e anche di bell’aspetto ma ciò che provava quando erano insieme non era minimamente paragonabile alle sensazioni che provava quando i suoi occhi si soffermavano su monsieur Agreste, le sembrava di perdere il controllo di sé stessa.  
Era quasi incapace di formulare frasi di senso compiuto, le sudavano le mani, il cuore accelerava il battito, sentiva le gambe tremarle e anche la sua goffaggine sembrava peggiorare.
Non riusciva a capire perché il suo comportamento mutasse così radicalmente e quando si era confidata con Alya, la ragazza si era messa a ridere: “Oh, mon amie.” – le aveva detto amorevolmente“Si vede lontano mille miglia che ne sei innamorata.”
E aveva ragione, accidenti se aveva ragione, era da quando si erano ritrovati sotto i portici del Gran Trianon che si era resa conto di aver completamente stravolto l’opinione che aveva di lui, aveva cominciato a provare qualcosa di più, e il sentimento era lentamente cresciuto in quei mesi. Era un giovane talmente bello e gentile, sapeva suonare divinamente il clavicembalo e tirava di spada come un vero soldato della guardia reale, e cosa più importante era incredibilmente cortese e il suo era davvero un animo nobile.
 
Si portò una mano sulla guancia perché sentiva il rossore invaderle prepotentemente le guance, il suono della campanella che annunciava la comunione la riscosse, e quando il prete ebbe terminato la consacrazione si alzò per andare a prendere la comunione e tornò al posto sospirando.
In sottofondo sentiva le parole del sacerdote: Quod ore súmpsimus, Dómine, pura mente capiámus: et de múnere temporáli fiat nobis remédium sempitérnum. Corpus Tuum, Dómine…. Amen.”   
 
“Dóminus vobíscum.” - Disse il sacerdote eseguendo un inchino davanti all’altare con tono camtilenante – “Et cum spíritu tùo.” – “Ite, missa est.” - “Deo grátias.”
“Benedícat vos Omnípotens Deus: Pàter, et Fìlius, et Spìritus Sànctus.”Eseguì il segno della croce in aria – “Amen.
Marinette si alzò dal suo posto e si segnò prima di uscire dalla cappella, in direzione della sala da pranzo per la colazione.
 
Ma mentre era in direzione della sala vide i suoi genitori venirle incontro, vestiti pronti per uscire: Papà, maman, qu'est-il arrivé?” – “Stiamo andando alla reggia bambina mia.” – le rispose suo padre – “È giunta notizia dal palazzo che la regina è entrata in travaglio, e tu verrai con noi per assistere.” Concluse sua madre.
Marinette sgranò gli occhi a quella notizia, dunque presto ci sarebbe stato un nuovo membro della famiglia reale: “Noi andiamo mon cœur, vuoi venire con noi?” – “Oui maman, devo solo andare a prendere il soprabito.” – “Sbrigati, ti aspettiamo in carrozza.” 
Quando arrivarono era ormai tarda mattinata, praticamente mezzogiorno e, accidenti, mai avrebbe pensato di vedere la Galerie gremita a quel modo, le sembrava che l’intera Francia fosse li.
In qualche modo era in effetti così, tutto il regno era col fiato sospeso in attesa di questa nascita, sarebbe stato il sospirato erede al trono, o un’altra principessa reale? Solo l’attesa avrebbe dato una risposta.
 
“Nettie, tuo padre deve discutere d’affari con il conte de Fontanges, tu vuoi andare dalle tue amiche?” – “Va bene maman.” - “Non allontanarti troppo però.”  Lei annuì gioiosa e presto zampettò via alla ricerca del suo piccolo circolo.
Fortunatamente non ci mise molto a trovarle, il vestito di mademoiselle Rose era di un rosa talmente sgargiante che l’avrebbe visto persino dal fondo dei giardini, e naturalmente lì con lei erano radunate anche le altre in attesa di notizie.
Ridacchiò appena tra sé e sé per quella sua sciocca considerazione.
"Bonjour mesdamoiselles, Comment ça va?” - “Oh Marinette bonjour a vous.” – esordì allegramente Rose vedendola arrivare – Allor, ci sono cambiamenti?” – “Ancora no, siamo ancora tutti in attesa.” Disse mademoiselle Aurore mentre iniziava a sventolarsi con il suo nuovo ventaglio azzurro bordato d’argento.

“Sono così emozionata, secondo voi sarà un maschio o una femmina?” – “Mia madre dice che a giudicare dalla forma della pancia sarà un maschio.” Esordì Marinette, tutte le ragazze la guardarono stranite.
“In che senso scusa?” – “Non so come onestamente, mi ha solamente detto di aver sempre saputo che sarei stata femmina…” non era del tutto certa di ciò che aveva detto, e si domandò se fosse stata una cosa saggia dire quella cosa che poteva sembrare un’assurdità.
“Comunque.” – proseguì mademoiselle Couffaine: “Mio padre sostiene che la nascita di un erede rafforzerà la posizione della regina.” “Infatti.” -  riprese Aurore – “La nascita di un figlio maschio gioverebbe non solo alla Francia, che avrebbe così un erede ma sua maestà avrà adempiuto ai suoi doveri di donna, ovvero dare un erede al marito.

Quelle parole colpirono Marinette in faccia con la stessa violenza di un ceffone, certo, lei sapeva che un giorno, - sempre più vicino – anche lei sarebbe stata una moglie e madre, ma in cuor suo sperava ardentemente non andare in sposa a qualcuno solo per essere un oggetto volto solo alla procreazione. Certo, lei amava i bambini, tante volte quando era più piccola e viveva ancora al piano superiore della panetteria di suo nonno, aveva badato ai bambini del vicinato e l’aveva fatto con estremo piacere, ma voleva anche qualcosa di più da un suo eventuale matrimonio.
Tutto l’amore che vedeva tra i suoi genitori, un rapporto dove vigesse il reciproco rispetto.
Suo padre si confrontava sempre con sua madre per prendere delle decisioni di qualsivoglia natura.

“Non lo so, so solamente che quando due persone si sposano dopo un po’ normalmente nascono dei figli, mio fratello è nato appena un anno dopo il matrimonio, poi sono arrivata io.” – “Marinette tu invece ne sai qualcosa?” La domanda di Rose la riscosse dalle riflessioni che le stavano affollando la mente, alzò lo sguardo e confessò: “Scusate mes amies, non prestavo attenzione al discorso, dicevate?” – “Stavamo discutendo sul come nascono i bambini, quando l’ho chiesto a mia madre ha semplicemente detto che una donna con figli non ha più la possibilità di avvicinare un unicorno**, e questa cosa non mi piace per niente.” Esordì Rose gonfiando appena le guance.

Le ragazze risero appena a quella buffa reazione: “Sta di fatto che nessuna di noi ha una risposta certa.” Il silenzio calò mestamente, ma rimasero nell’aria alcuni risolini divertiti.
“Qualcun’altra ha anche solo delle idee a riguardo?” chiese Rose con curiosa innocenza, Marinette abbassò lo sguardo per non incontrare lo sguardo delle altre che avevano cominciato a lanciarsi occhiatine curiose alla ricerca di risposte, non si era mai posta la domanda in effetti, non sapeva nemmeno lei se aveva fatto bene o meno.
Improvvisamente mademoiselle Rose ebbe un leggero mancamento: “Rose! Ma chère!” Juleka si allarmò immediatamente nel vedere Rose che si accasciava, cominciando a respirare affannosamente portandosi una mano al petto, in un primo momento anche a Marinette montò il panico, poi però prese in mano la situazione: “Slacciatele il corsetto, presto!” – “Cosa?” dissero le altre con sgomento: “Sbrigatevi!” si mosse velocemente e slacciò parzialmente il corsetto della sua amica che lentamente riprese a respirare con regolarità.

Comment ça va?” – chiese una Juleka meno agitata – ma comunque ancora in apprensione -, strinse le mani alla sua amica – Beaucoup mieux, merci ma belle.Disse la bionda poggiando una manina su quella della sua amica per rassicurarla.
Mentre aiutava mademoiselle Rose a recuperare si avvicinò loro monsieur Couffaine: Bonjour mesdamoiselles, mademoiselle Dupain.” Le prese dolcemente una mano e la salutò con un baciamano, lei in risposta s’inchinò appena, sorridendo.
“Perdonate mesdamoiselles, Jul, nostro padre mi ha mandato a chiamarti.” – “Ma Luka, non posso lasciarla qui così…” – “Jul ti prego, sai che non ama aspettare.”   Juleka abbassò lo sguardo sconsolata e – dopo uno scambio di sguardi con mademoiselle Lavillant – precedette il fratello: Mesdamoiselles.”

S’inchinò alle fanciulle che ridacchiarono tutte euforiche.

Ti senti meglio adesso Rose?Marinette era ancora in apprensione per il mancamento avuto prima dalla sua amica, fortunatamente il sorriso vivace che le rivolse la fece tranquillizzare, a lei come a tutte le altre.
Lentamente si rialzò, ancora barcollante infatti le ragazze si adoperarono per aiutarla e quando fu finalmente in piedi tutte si tranquillizzarono definitivamente.
 
“Vogliamo scendere a prendere un po’ d’aria?” -  propose Aurore – “Così vi riprenderete più velocemenete.” – “Si, è una buona idea, ma se ci fossero novità ce le perderemmo.” – “Resterò io qui.” Si propose Marinette – “Verrò ad avvisarvi nel caso succedesse qualcosa.”
“Siete sicura mademoiselle?” La ragazza annuì convinta.
 
D’accord, nous allons ci vediamo poi.” – “À tout à l’heure.”
Ecco, adesso che era rimasta sola e in attesa di un responso poteva tornare tranquillamente dai suoi genitori, magari quella sera avrebbe chiesto delucidazioni a sua madre sull’argomento di cui avevano discusso poc’anzi, con lei sapeva che poteva parlare di qualunque cosa e questo la rassicurava molto, inoltre era incredibilmente abile a trovare le parole più semplici e quando serviva, delicate per spiegarle le cose.
Pensando ciò cominciò a muoversi nella galleria, era piuttosto freddo, forse perché era rimasta troppo a lungo ferma sul posto, muoversi un po’, per raggiungere i suoi genitori le avrebbe sicuramente giovato.
“Bonjour mademoiselle.”  Due parole, due singole parole che fecero dissolvere buona parte dei suoi pensieri, non aveva bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattava, infatti quando volse lo sguardo incontrò due splendidi occhi verdi.
 
‘Stai calma Marinette, stai calma, respira e soprattutto rispondi!” – si ripetè velocemente quelle parole nella mente prima di rispondere al suo interlocutore - Bonjour a vous monsieur… ça… ça va?” Il sorriso genuino che le rivolse fece risvegliare una miriade di farfalle nello stomaco.
“Volete la verità? Ora decisamente meglio.” – Comment prier? Cosa intendete monsieur?’ Non osò dare voce a quel suo pensiero.

“Mattinata intensa?” – “Solitaria e monotona mademoiselle, niente di che.” Questa volta il suo sorriso era triste e malinconico, gli prese una mano per confortarlo, il gesto fu automatico, non riuscì a trattenersi: Je souis tres désolé monsieur.” non si rese subito conto del suo gesto, ma come vide il suo sguardo posarcisi sopra si ritrasse, l’ultima cosa che voleva era offenderlo.
“Se mai dovreste aver bisogno di confidarvi sappiate che sarò molto lieta di comportarvi…. je voulais dire ascoltarvi.”
Gli rivolse un caldo sorriso di conforto a cui lui rispose, facendole tremare le gambe.

“Sono davvero fortunato mademoiselle, ad avervi come amica.”

‘Un’amica’ Non ebbe troppo tempo per pensare troppo a quell’aggettivo da lui usato, perchè improvvisamente si udì un vociare insistente proveniente dagli appartamenti della regina attirò l’attenzione di entrambi, e una bellissima dama con i capelli biondi come il grano d’estate era sulla porta degli appartamenti di Sua Maestà: “Venite!” lo sentì dire, poi improvvisamente avvertì il calore della sua mano avvolgere la sua, trattenne inconsciamente il respiro per non seppe nemmeno lei quanto tempo, e quando si riebbe, si trovavano molto vicini alla porta e poteva vedere chiaramente la donna.

“Sono lieta di annunciare, che sua maestà la regina ha dato alla luce un maschio sano e forte!” Marinette sgranò gli occhi dalla felicità, non ci poteva quasi credere! Subito dopo che quella donna ebbe dato l’annuncio tutta la galleria esplose in urla di felicità, di lì a poco il bambino sarebbe stato mostrato a tutti i suoi futuri sudditi.

“Finalmente è nato il Delfino, non è una splendida notizia?” disse monsieur Agreste, che in preda all’entusiasmo non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere che la strinse in un abbraccio che lasciò Marinette di sasso.
Non se lo aspettava, non se lo aspettava davvero tant’è che il tempo che trascorse tra le sue braccia le sembrò un’eternità, che però volò via in un soffio.

E quando sciolse l’abbraccio la guardò negli occhi, sentiva le gambe instabili – fortuna che le stava tenendo le mani, altrimenti sarebbe svenuta - e il cuore martellarle nel petto tanto forte che credeva che anche lui potesse sentirlo.
Erano talmente vicini che avrebbe potuto vedere i suoi pensieri, decise che era il caso di staccarsi immediatamente se non voleva dare addito a pettegolezzi: “Ma che diavolo state facendo!?” Una voce gracchiante e sgradevole interruppe quel magico momento.
Una donna alta, bionda e con due occhi di ghiaccio li stava fissando arcigna, o meglio, fissava lei come se volesse fulminarla. 
“VOI, mademoiselle dovreste solo vergognarvi! Stare tra le braccia di un giovane già promesso ad un’altra, siete una volgare svergognata!”
Era successo esattamente ciò che avrebbe voluto evitare, in più la scoperta di cui era appena venuta a conoscenza aveva scatenato in lei un turbinio di emozioni prese immediatamente possesso della sua mente: ‘Come promesso? Quindi è vero, sono un’impudente…’
“Io…” – “Madame, ma come vi permette voi di trattare così mia figlia?” Si rese a stento conto dell’intervento improvviso di sua madre, perché lei ormai sentiva tutto ovattato.  

È… è promesso ad un’altra… Sono solo una sciocca…’  Non solo quella donna l’aveva umiliata, ma ora si sentiva incredibilmente delusa e affranta, le lacrime cominciarono a premerle agli angoli degli occhi e ad offuscarle la vista prima che se ne rendesse conto, doveva allontanarsi velocemente da lì, non doveva piangere in pubblico, indietreggiò di qualche passo come un automa, non si rendeva del tutto conto di quanto stava facendo, sapeva solo di volersi allontanare il più in fretta ed il più possibile da li.
 
Si voltò e cominciò a correre verso le scale che si trovavano poco distanti: “Mademoiselle!” Sentì la sua voce chiamarla, ma non gli prestò attenzione, continuò a correre lungo la scalinata, cercando di non inciampare nei suoi stessi piedi o nel vestito mentre correva e piangeva, ormai lontana dalla maggior parte dei cortigiani.

Era ormai lontana dalla corte, vedeva – se pur in modo molto sfocato – ormai la luce del cortile di servizio, una volta li si sarebbe fermata definitivamente e avrebbe sfogato tutto il suo dolore e frustrazione: ‘Sei una sciocca Marinette, Qu'as-tu pensé?’

 
Come poteva non averci pensato prima? Come aveva potuto essere tanto sciocca? Ovviamente la scalogna non l’aveva ancora vessata abbastanza, infatti tutti i suoi sforzi per restare in piedi vennero meno.
 
Inciampò miseramente nei suoi piedi e cadde sul marmo freddo.
Rimase lì, inerme a piangere sul pavimento per qualche istante: “Mademoiselle!” - ‘Cos…?’ sentì la voce di monsieur Agreste chiamarla dalla tromba delle scale.
‘No, non adesso, non voi monsieur …’ cercò di rimettersi in piedi poggiando i palmi sul pavimento, ma lui in un lampo le fu vicino, sentì le sue mani prenderla gentilmente per le spalle e aiutarla a rialzarsi.
 
“Mademoiselle, oh per l’amor di Dio non piangete, guardatemi.”
Le disse gentilmente, ma non voleva guardarlo in faccia, il suo cuore era a pezzi e poi si vergognava troppo di sé stessa, improvvisamente sentì il morbido contatto del lino contro la sua guancia, le stava asciugando le lacrime, ma lei non aspettandoselo si ritrasse appena e lo guardò negli occhi.
 
 
 

****

 
L’attesa era infinita, i minuti scorrevano lenti come le ore quel giorno.
Non era nemmeno riuscito a vedere sua madre perché era stata convocata nelle stanze della regina molto presto, quindi quella mattina aveva fatto colazione da solo nella sua camera per poi essere convocato da suo padre e insieme si erano diretti nella Galerie dove si erano ammassati tutti gli esponenti della nobiltà e non solo.
 
Alzò gli occhi al cielo, era ancora inizio giornata e lui già non vedeva l’ora che finisse, così da poter riabbracciare sua madre e trascorrere la sera con lei, tanto, considerato che la regina era entrata in travaglio quella mattina presto voleva significare che sarebbe finita in fretta giusto?
Era quello che sperava perché non voleva passare tutto il giorno a sentire Audrey Bourgeois che civettava con suo padre.
 
Mentre ascoltava distrattamente la conversazione dei due adulti avvertì un improvviso fruscio di stoffa alle sue spalle, ma non fece in tempo a voltarsi che due mani gli coprirono gli occhi e una voce esordì: Devine qui est-ce?” impossibile non capire di chi si trattasse!
“C’est vous Juliette! Come potrei non riconoscerti?” disse ridendo, anche la giovane rise, sciogliendo l’intreccio delle sue dita davanti ai suoi occhi.
 
Adrien si voltò verso di lei, e l’immagine della ragazza apparve interamente, gli fu subito evidente che avesse appena lasciato il convento perché indossava ancora il tipico abito blu scuro con pettino verde e fichu legato adeguatamente e l’immancabile rosario, la veste semplice di tutte le fanciulle che studiavano a Panthémont.
Allor, come stai? Mi sembra di non vederti da un secolo!” – “Meravigliosamente, se così può dire una che conduce una noiosa vita di clausura a Panthémont. Tu piuttosto, che mi racconti di nuovo?
Si portò una mano dietro la nuca in imbarazzo, c’era così tanto che voleva raccontarle, ma allo stesso tempo gli sembrava che la maggior parte delle cose fosse totalmente irrilevante.
 
“Oh in realtà non c’è molto da dire, anche perché immagino che Chloe ti abbia già riferito tutto. A proposito, è qui con te?” – vide un’ombra attraversare i suoi grandi occhi da cerbiatta – “No, è rimasta a Panthémont, non credo che i suoi l’abbiano fatta convocare…” storse le labbra in una smorfia preoccupata.
“Come sta?” chiese sinceramente preoccupato per lei: “Onestamente? C’è qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa.”
 
Anche lui si era reso conto durante l’estate trascorsa che qualcosa non andava nella ragazza, ma non aveva indagato molto e ora si chiedeva se avesse fatto male ad indagare di più.
D’un tratto il suo sguardo slittò attraverso le sagome dei cortigiani vide monsieur Couffaine farsi largo, probabilmente stava andando dalla sorella, ma purtroppo seguendolo con lo sguardo un brivido gli corse ferocemente lungo la schiena quando vide chi altri era giunto alla reggia.
‘Razza di viscido serpente’ pensò assottigliando lo sguardo, strinse i pugni fino a farsi male quando lo vide fare il cascamorto con l’oggetto del suo interesse, la sua ira però scemò non appena lo vide allontanarsi con la sorella.
 
“Adrien?” – Juliette lo guardò interrogativa – “Ci sono, perdonami Juliette.” – “Vedo che ci sono ancora contrasti tra te e monsieur Couffaine?” il biondo annuì con un cipiglio ben marcato sul viso: “Già, e a quanto mi sembra di capire le cose tra voi non sono migliorate.” – “Anzi.” Disse il biondo con un tono leggermente acido mentre continuava a fissare insistentemente una cuffietta che teneva raccolti degli splendidi capelli neri.
 
Vide che anche Juliette voltare lo sguardo nella sua direzione: “Non è quella fanciulla a cui la regina ha rivolto poche parole lo scorso Capodanno?” – Adrien annuì ed un sorriso gli si dipinse sul volto al ricordo della festa di capodanno, il loro incontro.
“Si, è proprio lei.” Il tono gli uscì inconsciamente trasognato e la mora se ne accorse e gli lanciò un’occhiata quasi divertita.
 
“Vedo che qualcuno è affascinato da la belle paysanne.” – il biondo sgranò gli occhi ed arrossì leggermente – “No, non è come credi, è solo un’amica. Un’ottima amica.”
Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe di raso azzurro cielo, per non incontrare lo sguardo indagatore della ragazza, che sapeva, aveva inarcato un sopracciglio contrariata.
“Ricordati solo una cosa, sei promesso alla mia migliore amica, divertiti pure con lei quanto ti pare, ma non osare ferire Chloé! O te la vedrai anche con me Agreste.”
 
“Ora vado, i miei genitori mi staranno aspettando. Con permesso.” Juliette si congedò lasciandolo di sasso, non aveva dimenticato il suo fidanzamento con Chloè, come poteva dimenticarsene ora che suo padre e monsieur Bourgeois avevano fissato la data per annunciare il loro fidanzamento a marzo.
Questo sempre perché loro due avevano desiderio di affrettare i tempi, cosa che era completamente in contrasto con la sua volontà, l’unica nota positiva era che non avevano ancora fissato una data per le nozze e la speranza che ciò avvenisse il più tardi possibile.
 
Si riscosse dai suoi pensieri, lanciò un’occhiata fugace a suo padre che era ancora in compagnia di madame Bourgeois e l’ultima cosa che aveva intenzione di fare era proprio sentirsi oggetto di indesiderate attenzioni. Si voltò verso dove si trovava il gruppetto di fanciulle e con suo immenso stupore si rese conto che Marinette era rimasta sola: Chissà come mai. 
Si ritrovò a chiedersi, si sistemò al meglio la marsina ed il gilet: ‘Poco male, glielo domanderò io stesso’.
 
La raggiunse in fretta e per fortuna lei era mossa di appena pochi metri: “Bonjour mademoiselle.”  
La vide voltarsi con molta più compostezza del solito, un po’ ci rimase male, alle volte era davvero buffa ed adorabile nel modo in cui si spaventava.
Ghignò appena al pensiero di farle una canzonatura come quando le faceva visita la notte nelle sue vesti mascherate.
Bonjour à vous monsieur… ça… ça va?” Eccolo lì, quel suo delicato balbettio accompagnato da un lieve rossore sulle gote che la distingueva e che tanto lo faceva sorridere, infatti anche questa volta sortì quell’effetto.
 
 “Volete la verità? Ora decisamente meglio.” Ed era vero, tanto per avere il buongiorno quella mattina gli era stato comunicato, una volta vestito e preparato, che sua madre non avrebbe fatto colazione con lui e suo padre perché era stata convocata negli appartamenti della regina, per assisterla.
Suo padre si era chiuso nel suo studio a finire di lavorare, gli aveva lasciato detto che quando sarebbe stato il momento di recarsi verso gli appartamenti della regina l’avrebbe fatto chiamare.
 
Perciò aveva consumato una lauta colazione alquanto deprimente, poi avrebbe dovuto studiare, ma aveva preferito stendersi sulla chaise dormeuse in broccato, con un buon romanzo ed un piattino di macarons.
“Mattinata intensa?” – “Solitaria e monotona mademoiselle, niente di che.”
Era vero, la sua presenza era come un raggio di sole, la sua sola presenza riusciva a farlo sentire vivo, d’un tratto sentì un calore improvviso, la sua manina: Je souis tres désolé monsieur.”
Non si aspettava quel suo gesto, fu inaspettato, ma incredibilmente piacevole, si sentì scaldare il petto come in poche altre occasioni gli era capitato, per questo quando lei ritrasse la mano ci rimase un po' male.
 
“Se mai dovreste aver bisogno di confidarvi sappiate che sarò molto lieta di comportarvi…. je voulais dire ascoltarvi.” Sapeva che era sincera, e per questo quando la guardò i suoi occhi erano colmi di ammirazione e gratitudine, era davvero unica.
“Sono davvero fortunato mademoiselle, ad avervi come amica.” E lo pensava davvero.
D’un tratto avvertì la tensione crescere nella galleria, e la gente raggrupparsi intorno alle stanze della regina, lanciò un’occhiata verso le porte e ne vide uscire sua madre, dovevano esserci novità.
Non ci pensò su nemmeno un istante: “Venite!”
Prese la mano della sua lady e la portò con sé vicino all’immensa porta per sentire meglio l’annuncio che avrebbe fatto sua madre: “Sono lieta di annunciare, che sua maestà la regina ha dato alla luce un maschio sano e forte!”

Sua madre si voltò e guardò nella loro direzione sorridenogli, era la prima volta che la vedeva quel giorno, ed era semplicemente radiosa.
“Finalmente è nato il Delfino, non è una splendida notizia!” Non era una vera domanda, ma l’entusiasmo che lo invase prese il sopravvento e di getto senza pensarci troppo l’attirò a sé preso dall’entusiasmo e l’abbracciò quasi avvolgendola.
Fu talmente istintivo da non fargli pensare a niente, né alle eventuali conseguenze del suo gesto né a niente. L’abbracciò per un lungo istante, ma non appena l’avvertì irrigidirsi sotto di sé sciolse l'allaccio distanziandosi lui appena per primo ma le teneva ancora le mani, un leggero rossore le colorava le gote, forse l’avventatezza del suo gesto l’aveva messa in imbarazzo.

Evidentemente aveva colto nel segno giacché sentì le sue manine districarsi maldestramente tra le sue per sciogliere l’intreccio che ancora li univa.
Era troppo concentrato su di lei che tutto si sarebbe aspettato in quel momento meno che: “Ma che diavolo state facendo!?” la gracchiante voce di Audrey Bourgeois ruppe la magia che si era creata.
“VOI, mademoiselle dovreste solo vergognarvi! Stare tra le braccia di un giovane già promesso ad un’altra, siete una volgare svergognata!”

‘Come prego? Ma come osa?’
 
Madame, come vi permettete?” – quelle parole gli uscirono spontanee Mademoiselle non c’entra.” – “Monsieur Agreste, come vi permettete…” – “No, come vi permettete voi di… “ – “Di trattare così mia figlia?” Una donna minuta dai tipice tratti orientali si parò prontamente a difendere la figlia.
Adrien sapeva bene che si trattava di Sabine sua madre, diverse volte l’aveva vista sporgersi dal suo balconcino per chiamare la figlia che si attardava per colpa sua, lui prontamente si nascondeva per non farsi scoprire.
 Si voltò a guardare Marinette che nel frattempo si era tirata in disparte. Cercò il suo sguardo, ma niente continuava a guardare per terra e ad indietreggiare. Inoltre aveva distintamente notato il pallore avvolgerle il viso.
“Mademoiselle? Mademoiselle tutto bene?” quel suo comportamento non gli piaceva: “Mademoiselle…” Fece per prenderle la mano ma lei con un movimento molto rapido si voltò e fuggì in direzione della scalinata del cortile della Regina.
“Mademoiselle!” urlò sconsolato. Cosa doveva fare? Rincorrerla? E se avesse voluto stare sola? Adrien strinse sconsolato i pugni lungo le braccia:‘Al diavolo!’ pensò, e con uno scatto prese a correre nella sua direzione cercando di raggiungerla.
Quando imboccò la tromba delle scale sentì distintamente il frenetico ticchettio delle sue scarpette sulla pavimentazione, poi uno stridio ed un tonfo. 
 
“Mademoiselle!” affrettò il passo scese due gradini alla volta per raggiungerla più infretta possibile.
In un baleno la raggiunse, e la prese per le spalle quando un sussulto la scosse, e lui intuì che stava piangendo: “Mademoiselle, oh per l’amor di Dio non piangete, guardatemi.”
Purtroppo lei si ostinava a tenere basso lo sguardo, non voleva costringerla, ma voleva cercare di confortarla, senza pensarci estrasse il suo fazzoletto di lino e le asciugò i lacrimoni che le rigavano il viso.
 
Lei sobbalzò, non aspettandosi quel contatto, e fu in quel momento che lei lo guardò.
Quando incontrò i suoi grandi occhi azzurri gli si strinse il cuore nel vederli lucidi ed arrossati per colpa del pianto causato da quella strega di madame Bourgeois, vide un lampo di dolore adombrarle gli occhi: ‘Cette maudit harpie!’ pensò, decise di prendere la situazione in mano: “Venite.”
La prese per mano e la fece alzare, una volta in piedi finì di asciugarle gli occhi, era incredibilmente graziosa anche in quella spiacevole circostanza, non potè esimersi dal pensarlo notando le sue ciglia scure imperlate di lacrime.

“Mademoiselle, non dovete dare peso alle parole di quella donna, è sempre crudele ma voi non avete motivo di dar peso alle sue vuote parole.” La sentì tirare su col naso mentre lo fissava esitante, cercò di dire qualcosa quando d’un tratto un colpo di cannone sparato a salve*** dalla cima del palazzo la fece urlare di terrore, istintivamente lei si trinse a lui: Mademoiselle, state calma.” – disse ridacchiando appena a quella sua reazione che invero non gli dispiaceva affatto, anzi tutto l’opposto – “Sono solo i rituali colpi di cannone.” Lei lo sentì sogghignare e si ritrasse appena: “Vi divertite a burlarvi di me, monsieur?” – “Non oserei mai mademoiselle, il mio unico intento era farvi smettere di piangere e vedo con gioia di essere riuscito nel mio intento.”

Le sorrise e nuovamente vide le sue guance imporporasi e questo lo fece rincuorare: “Venite, tra non molto sarà buio, e cominceranno a lanciare i fuochi d’artificio in onore del Delfino.” La guardò dolcemente e le prese una mano, lei si focalizzò subito su quel suo gesto sgranando i suoi occhioni azzurri: “Se voi volete…” – lei tornò a guardarlo negli occhi – Je connais un endroit charmant où les admirer.” La vide trattenere il fiato a quella sua richiesta, sperò di non essere stato troppo avventato nella sua richiesta :“N… non so…” – disse facendo saettare lo sguardo dalle loro mani ai suoi occhi – “Non dovrei… visto quanto appena accaduto.” Abbassò nuovamente gli occhi.
“Oh, vi prego non date peso alle parole di quell’harpie!” la vide ridachiare e di questo fu più che felice: “Pensiamo solo a ripristinare il vostro splendido sorriso. Vedrete, non vene pentirete.” Le trizzò un’occhio per incoraggiarla, la vide pensarci un po su poi prese coraggio.
“Va bien, però solo per pochi minuti, non voglio far preoccupare mia madre.” Le sorrise acconsentendo, la prese per mano e la condusse con se verso la loro prossima meta.
 
 

****

 
 “Madame.” Il re si avvicinò alla regina che giaceva nel suo letto stremata dalla fatica del parto: “Avete esaudito i nostri voti e quelli della Francia.” – la regina sorrise piena di gioia nell’udire quelle parole – “Siete l’orgogliosa madre del Delfino di Francia!” La nutrice si avvicinò al letto con il bambino tra le braccia e lo depose tra le braccia della madre.
 
Finalmente era tutto finito.
Emilie rientrò nelle sue stanze a sera inoltrata, stanca e stremata, quasi come se a partorire fosse stata lei: ‘Non ancora’ pensò divertita, mentre si slacciava la parte anteriore del corsetto per liberare, almeno in parte, il petto dalle costrizioni, lasciandosi poi scivolare dolcemente sulla chaise longue, nell’anticamera della stanza da letto.
Si accarezzò dolcemente il ventre, la giornata appena trascorsa era stata colma di emozioni, ma anche molto stancante per lei.
Era stata molto contenta che sia la regina che il piccolo fossero riusciti a superare quella difficile prova indenni e soprattutto era felice che finalmente ora la posizione a corte della regina fosse ufficialmente stabile.
Da quella sera e per molte altre a seguire ci sarebbero stati festeggiamenti in tutto il regno, ma ora la donna voleva dedicarsi solo a lei, e al suo bambino.
 

“Avant d'aller dormir, mon enfant
Envoyez-moi un baiser d'amour
Pense un peu à moi, pense à moi pourquoi
Avant de dormir, je pense à vous…”

 
Cominciò a canticchiare una tenera ninna nanna che a suo tempo aveva cantato anche al suo dolce primogenito, mentre si accarezzava quel piccolo rigonfiamento che spuntava da sotto la stoffa.
 

“Avant d'aller dormir, mon enfant
Tu sentiras le cœur battre
Dans le noir, mon ombre viendra
Et lentement il te caressera
Dans ce moment divin
Je vais rêver de toi tremblant…”

 

Maman vous êtes ici?” – “Oui, mon minou, vien!” si voltò verso di Adrien che era appena entrato, fece per alzarsi, ma il suo dolce bambino la fermò, mettendole delicatamente una mano sulla spalla, era sempre così premuroso il suo dolce Adrien.
Quando la raggiunse le sorrise sedendosi affianco a lei: “Come mai non sei rimasto a festeggiare?” – “Non vi ho vista per tutto il giorno e volevo sapere come stav…” lo vide distogliere quasi subito lo sguardo e abbassarlo in imbarazzo, non comprese subito il motivo del suo improvviso disagio, poi il si ricordò del suo pettino, era ancora slacciato.Sorrise quasi canzonatoria, suo figlio era davvero un cucciolo: “Suvvia tesoro, non devi imbarazzarti.” – richiuse il pettino di un paio di filze e lui arrossì appena - “Tu stesso ti sei nutrito proprio da qui.

Maman!” Emilie rise di gusto nel vedere l’espressione sconcertata e il volto ormai paonazzo del figlio.
“Cambiando discorso.” – lo vide rivolgerle un’espressione grata – “Chi era la giovane che ti era affianco nella Galerie? Era veramente graziosa.” Una strana luce illuminò gli occhi smeraldini del figlio: “Oh, si tratta di mademoiselle Dupain.” – portò una mano dietro la nuca, e con questo semplice gesto la donna intuì che gatta ci covava. – “È una fanciulla molto gentile e di buon cuore, trovo piacevole la sua compagnia.” Eccola lì, la conferma che cercava.“Non sarai per caso innamorato, mon chou d'amour?” - Lei inarcò un sopracciglio nel vederlo strabuzzare gli occhi a quella sua considerazione “innocente” – “NO! Maman, elle est just une amie…Adrien non era affatto bravo a mentire, o semplicemente a tenerle nascosto troppo a lungo qualcosa, ma chiunque avrebbe potuto leggere l’imbarazzo sul suo viso e intuire la poca convinzione della sua affermazione   

Non fece in tempo ad esternare quel suo pensiero, perché un leggero movimento dentro di lei la fece sussultare: “Si è mosso…” fu appena un sussurro: “Adrien, mon cœur senti.” Prese la mano del figlio e la posizionò nel punto in cui aveva sentito il bambino muoversi, e con sua immensa gioia si mosse nuovamente tirando leggero colpetto.
Emilie sentì i suoi occhi velarsi di lacrime dalla gioia, aveva scordato ormai da tempo quella splendida sensazione. Guardava Adrien che meravigliato teneva ancora la mano sul suo grembo, lo guardò con tutto l’amore del mondo, presto il suo gattino non sarebbe più stato solo. Un fratellino - o sorellina – avrebbe presto fatto parte della loro vita.
 
 
 

****

 
 

  • Il parto della regina fino al 1781 aveva luogo in pubblico – come generalmente avvenivano tutte le cose riguardanti i sovrani -, perché c’era bisogno di testimoni che confermassero che fosse effettivamente la regina a partorire, ma dopo la nascita di Madame Royale, Maria Antonietta abrogò questa usanza, consentendo solo ad alcuni membri della corte di assistere ai tre parti successivi. Questo, insieme a tante altre piccole cose contribuirono ad aumentare l’ostilità nei suoi confronti dai vari membri della corte.

 

  • Secondo una credenza medievale l’unicorno, ovvero un animale puro poteva essere avvicinato soltanto da una fanciulla vergine, di conseguenza una donna sposata e per tanto non più pura non aveva possibilità di avvicinarlo.

 
***Colpi di cannone sparati a salve = era tradizione delle famiglie reali sparare 101 colpi di cannone a salve per annunciare la nascita di un figlio.
Quando invece si trattava di una bambina ne venivano sparati solo un’ottantina.
 
 
Convenevoli finali:
 
Sono tornata, dopo tempo immemore lo so, ma sfortunatamente nonostante tutta la mia buona volontà mi è stato impossibile pubblicare prima a causa del corso che mi lascia sempre meno tempo ed energie da dedicare alla stesura e successiva pubblicazione.
La buona notizia – per voi - è che quest’anno salterò a piè pari le vacanze, quindi andrò avanti a pubblicare senza l’interruzione della pausa estiva, si spera in modo molto più regolare, ma non faccio promesse.
 
Detto questo spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e preparatevi ai prossimi capitoli, perché il vantaggio delle lunghe attese è che spesso sono lautamente ricompensate!!
Buona serata e see u next!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Perdu ***



 
Avvertenze: all’interno del capitolo è presente una scena forte, anche questa volta per garantire la sicurezza dei lettori più sensibili il POV è contrassegnato dai quattro asterischi rossi (****)
 

 
 
Dicembre 1781


 
Marinette si portò una mano alla bocca per celare uno sbadiglio improvviso, cercando di non farsi scoprire dalla sua istitutrice: “Nel 1477, alla morte dell'ultimo duca capetingio, Carlo il Temerario, il territorio del Ducato di Borgogna venne annesso direttamente ai domini reali di Francia, mentre la Franca Contea venne trasferita agli Asburgo attraverso il matrimonio di sua figlia, Maria di Borgogna, con l'imperatore Massimiliano I​ d’Asbugo.”
Stavano parlando di un argomento davvero molto interessante, la Borgogna e la sua storia sul finire del XV secolo, le piaceva la storia, per questo si sforzava di prestare quanta più attenzione possibile, ma era troppo stanca.

La notte passata infatti si era coricata molto più tardi del suo solito perché lei e Chat Noir si erano intrattenuti in un’intensa partita di ramino*: “Mademoiselle, devo ammettere che siete davvero accorta, create scale e tris con molta più sicurezza.” – “Vuol dire che ho avuto un buon insegnate.” Aveva ribattuto con una punta di malizia, quel ragazzo la stava trasformando in una sfacciata.

Avevano trascorso la serata nelle sue stanze, era stata lei a invitarlo ad entrare, in una sera particolarmente fredda qualche mese addietro, non se l’era sentita di scendere, ma non aveva intenzione di rinunciare al loro incontro, perciò aveva lasciato un bigliettino sulla fontana e l’aveva atteso sul balcone.
Quando lui era giunto nel suo cortile l’aveva osservato dalla balconata: “Che ne dite di cambiare emplacement ce soire?” aveva detto con un pizzico d’insolenza.

E, con le dovute precauzioni, avevano spostato i loro incontri li.

Sicuramente era un’ottima distrazione, quand’era in sua compagnia era uno degli sporadici momenti in cui non pensava a monsieur Agreste, le dispiaceva usarlo in quel modo, ma aveva deciso di mettere a tacere sui suoi sentimenti per lui, visto e considerato che era promesso in matrimonio a niente poco di meno che mademoisellle Chloé Bourgeoisla creatura più irritante di tutta la Francia, inoltre lui non avrebbe tratto alcun beneficio dal contrarre matrimonio con una come lei, non solo per via delle sue origini non nobili, i motivi in realtà erano molteplici, a partire dall’esiguità della sua dote e tanti altri fattori con cui aveva dovuto fare i conti.
Perciò aveva deciso di concentrarsi su qualunque cosa non lo riguardasse, infatti trascorreva sempre più spesso tempo con le sue amiche quando si recava a palazzo, o con loro o con monsieur Couffaine che era sempre tanto gentile nei suoi riguardi, e quando capitava aveva piacere di stare di compagnia di monsieur Agreste, cercava comunque di evitare quando possibile d’incontrarlo, perché ogni volta che lo vedeva tutti i suoi sforzi per resistergli venivano puntualmente buttati alle ortiche.

Sentiva distintamente il cuore accelerare ed il respiro farsi rado, per non parlare delle farfalle che si liberavano nel suo stomaco e dei brividi che sentiva ovunque lungo il corpo…

“Mademoiselle!” – “OUI!” disse balzando in piedi per lo spavento, sbattè inavvertitamente le mani sullo scrittoio facendo rovesciare la china dell’inchiostro, che si riversò rovinosamente sui fogli e sulle sue engageantes di pizzo: “Oh no…” – “Mademoiselle siete un vero disastro! Un po’ contegno.” – Ribattè severa madame de Mendeleiev tant’è che Marinette scatto come un soldatino – “Ah, siete davvero maldestra! Quindici minuti di pausa così vi potrete dare una sistemata.”
Disse risedendosi alla scrivania: Merci madame.” Fece una piccola e frettolosa riverenza alla sua istitutrice e si precipitò oltre la stanza dello studio, attraversando di corsa la sala della musica fino a giungere nella propria stanza.

Per sua fortuna entrando vide che erano ancora presenti sia Alya che Mylène che stavano… stavano tenendo in mano dei fogli e ridacchiando in modo giulivo: “Cosa ci sarebbe tanto da ridere, di grazia?” domandò chiudendo la porta dietro di se, le due sobbalzarono colte in flagrante, Mylène lasciò cadere i fogli per lo spavento: “Ah, Marinette sei tu.” – “Qu'est-ce que vous –faites?” disse curiosa avvicinandosi a loro.

Si piegò per raccogliere i fogli caduti a Mylène per ispezionarne il contenuto, non le servì molta arguzia per capire mbre 1781di cosa si trattava.

Guardò le sue amiche con un cipiglio sul viso: “Seriamente mes amies? Non pensavo v’interessaste ai pamphlet, io personalemte trovo che siano di pessimo gusto.” – “Oh andiamo, non essere così rigida, in fondo sono solo vuote ciance, forse un tantinello troppo sconce per i tuoi gusti è vero, ma chi lo sa, magari un giorno potrebbe tornarti utile con…” – “Smettila Alya! Da quando ti sei trovata il corteggiatore stai diventando quasi oscena!” Ribadì Marinette leggermente stizzita.

Era venuta a conoscenza del filarino della sua amica da un paio di settimane, stava passeggiando in giardino, durante una piccola pausa dalla sua lezione d’arpa, passeggiare l’aiutava sempre a rilassarsi, in più adorava la magia di Dicembre. Stava ammirando dei boccioli di bucaneve che sarebbero sicuramente fioriti di li a qualche giorno, quando all'improvviso aveva sentito delle risate, e da quanto le era sembrato di capire due persone stavano si intrattenendo fuori dalle mura.

Un’altra risata, era chiaramente una ragazza e Marinette conosceva benissimo quella risata.

Si alzò e si diresse verso la porticina del giardino, voleva aprire il portone, ma così si sarebbero accorti di lei, perciò decise che avrabbe adoperato lo spioncino. Si alzò sulle punte per aprire il portellino e guardare fuori, purtroppo per lei, non essendo molto alta doveva sostenersi sulle punte alla ricerca di chi sapeva lei.  
E infatti eccola li, seduta sulla gradinata della fontana e avvolta nel suo soprabito invernale Alya che intratteneva una conversazione alquanto interessante con un giovane, che però non riusciva a vedere bene, ma da come si comportavano l’uno con l’altra si capiva che ci fosse della confidenza tra loro.


Così una volta terminata la sua lezione l’aveva fatta chiamare, con la scusa di volere un tè caldo, e ne avevano parlato, o meglio Alya si era fatta pregare e non poco: “Suvvia Alya, lo sai che a me puoi dirlo, non lo saprà nessuno.” – “Non penserai mica di cavartela con solo questa garanzia.” – aveva ribadito decisa, poi l’aveva scrutata attentamente sfoderando il suo sguardo indagatore – “Anche tu mi nascondi qualcosa petite fille, me lo sento.”

“Ho notato che qualcuno ha dei nuovi e costosissimi fili di seta nella sua scatola del cucito. E so che non li hai presi tu!” A quelle parole il cuore di Marinette aveva perso un battito, dannazione a lei e alle sue sensazioni, non capiva nemmeno lei se la sua arguzia fosse da considerare un dono o maledizione, in quel momento però il dubbio non c’era.
“Di… di cosa stai parlando? Hahahahaah” –– “Non osare mentirmi, altrimenti tutta Parigi avrebbe sentito tua madre urlarti dietro per il futile sperpero.”
Marinette rise nervosa, Alya le si avvicinò ulteriormente tanto che potè scorgere le pagliuzze d’orate nei suoi occhi castani, Marinette indietreggiò appena col capo

“Ummh… Alya?” – “Facciamo così.” – aveva detto poi risistemandosi sulla sua sedia – “Io ti dico il mio, solo se tu mi dici il tuo, affaire conclue?” – “Oui, J'en suis!”
E così lei aveva rivelato dei suoi incontri notturni, ma anche Alya aveva confessato un segreto altrettanto succulento, da qualche mese infatti la sua amica aveva una liaison con un giovane di cui però aveva tenuto segreta l’identità.  
Più o meno come stava facendo lei, con l’unica differenza che Marinette non conosceva per davvero l’identità del suo Chat Noir.

“Suvvia Marinette, sono cose che vanno provate prima o po..” - “Alya smettila! Adesso sbrigatevi, madame de Mendeleiev  mi aspetta.” – aveva detto con una certa fretta e un pizzico di stizza, non sopportava quando Alya faceva certe allusioni –“E lei odia attendere.” Disse cominciando a sfilarsi i cordini dell’engageantes che si era macchiata d’inchiostro.

Alya prese una manica dal cassetto mentre Mylène sfilò la manica dal vestito di Marinette, che poi ripose nella bacinella, intanto Alya agganciò la manica ed il pizzo.
“Dai Marinette, non fare così.” – Marinette abbassò lo sguardo su di lei e la guardò: “E va bene, ma tu smettila con certi echi, lo sai che m’infastidiscono.”    

Alya sorrise ed annuì, ed altrettanto fece Marinette: “Bene, ora devo andare, ci vediamo dopo.”
 

˜

Il resto della giornata proseguì tranquilla per Marinette, ma nel tardo pomeriggio quando si trovava in camera sua a ricamare Alya entrò nella sua stanza con uno sguardo angustiato: “Alya, è capitato qualcosa?” – la ragazza semplicemente le si avvicinò, e  senza dire una parola estrasse dalla tasca del grembiule una lettera accuratamente ripiegata e chiusa con un sigillo in ceralacca nera. Ma mancava il timbro dello stampino.
Marinette prese la lettera tra le mani e la scrutò attentamente: “Da dove arriva?”
Alya non disse una parola, si limitò ad indicarle il sigillo. In un primo momento non capì il suo riferimento, poi una luce le si accese nella mente e omprese di chi si potesse trattare.
 
Ruppe il sigillo e ricompose la carta dalla piega che le era stata data, e li in un’elegante grafia vi erano poche parole, ma che non lasciavano spazio ad altre interpretazioni:
 

Mademoiselle, purtroppo a causa di uno spiacevole imprevisto
non mi sarà possibile farvi visita per diverso tempo.
Devo recarmi a nord con la mia famiglia, ma prometto di riservarvi
un posto nei miei pensieri tutte le notti.
Nella speranza di rivedervi presto, vi chiedo solo la grazia di
non essere dimenticato da voi.
Con il sogno nel cuore di rivedervi presto
Per sempre vostro umile servitore
Chat Noir”

 
Marinette lesse quelle poche righe decine di volte prima di alzare lo sguardo verso Alya: “Allora che dice?” – “Dice… dice che se ne deve andare…” –“COSA?!” – “Si… ha avuto un’imprevisto in famiglia e per un po’ non sarà via.” Era molto amareggiata, non poteva nasconderlo né avrebbe avuto senso farlo.
Lesse un’altra volta la missiva, ma questa volta vide di più, delle macchie opache e concentriche sparse un po’ ovunque sul foglio di pergamena che in alcuni punti avevano fatto leggermente sbavare l’inchiostro.
Sottopose la sua scoperta ad Alya: “Secondo te cosa sono queste?” – la ragazza diede uno sguardo più da vicino, esaminò attentamente la carta pergamena ed infine sentenziò: “Non vi è alcun dubbio, si tratta di lacrime.”
 
‘Pourquoi jamais de larmes? Cosa sarà successo?’ pensò rattristata da quell’ulteriore pensiero. Solo il tempo le avrebbe dato una risposta.
 
 

****

 
Il valletto entrò nella stanza della musica dove le donne si erano riunite quella mattina.
“Majesté i gioiellieri Böhmer e Bassenge chiedono di essere ricevuti da voi.” Audrey interruppe di colpo il riso che le era nato spontaneo dall’irriverente considerazione fatta da Gabrielle.
Le sue orecchie golose fiutarono subito l’opportunità di comprare qualche nuova collana o bracciale, o qualunque cosa avrebbe potuto comprare, tanto avrebbe chiesto i soldi ad André.
Al massimo avrebbe fatto le moine ad Anthony - il suo gigolo – per farsi regalare qualcosa di carino.
 
Sua Maestà sospirò: “Certamente, fateli entrare, vediamo cos’hanno di nuovo da proporre.” Il valletto prese congedo e quando richiuse le porte la principessa di Lamballe alzò gli occhi al cielo.
“Cosa c’è che non va Resie?” – “Rien majesté.”“Suvvia, vi conosco troppo bene.” Continuò la regina punzecchiando un po’ la sua amica: “Mi domando solo cosa ci facciano ancora qui, sono passate meno di tre settimane dall’ultima volta che li avete ricevuti. Spero solo che non cerchino di rifilarvi nuovamente quel collier madame.
 
Audrey fece una smorfia seccata: Sempre la solita noiosa bacchettona’ era lei a mettere sempre un freno alla regina, se fosse stato per lei e per Gabrielle ogni notte sarebbe stato un carnevale.
Il valletto spalancò nuovamente le porte facendo entrare i gioiellieri, gli occhi della donna cominciarono a brillare, non sapeva e non le importava il costo di qualche suo piccolo vezzo.

 

˜

Poteva esistere qualcosa di più bello dei gioielli di Böhmer e Bassenge? Dopo due ore passate ad ammirare i più splendidi artefatti di gioielleria fracese era certa di no.
Indubbiamente, le proprietà, le carrozze erano cose altrettanto meravigliose, ma non nulla era al pari di abiti e gioielli, quelli erano da lei considerati il modo migliore per ostentare la propria ricchezza ed il proprio prestigio all’interno della società.
Infatti la parure d’occhi di gatto** color blu grado che stava ammirando in quel momento era un’esatta dimostrazione, senza contare che collana e orecchini sarebbero sicuramente stati un incanto su di lei, quel colore in particolare risaltava divinamente sia con il suo incarnato che col suo colore di capelli.

“Monsieur Böhmer, monsieur Bassenge questa parure è semplicemente divina!” - "Se a madame può interessare abbiamo anche dei fantastici boucles d'oreilles di smeraldi, che starebbero d’incanto su di voi.”

Gli occhi di Audrey brillarono dalla meraviglia, fosse stato per lei avrebbe acquistato tutti i gioielli che su cui aveva posato gli occhi quel pomeriggio.
Ma il più bello di tutti, il più maestoso, sfavillante ed esageratamente irridescente di tutti restava la splendida collana di diamanti che monsieur Bassenge teneva adagiata su uno splendido cuscino di velluto viola e che reggeva ora con entrambe le mani.
La donna l’ammirava estasiata, un tripudio di diamanti di tutte la dimensioni - 647 diamanti da 2,800 carati per l’esattezza – con fiocchi andavano a comporre una M, come l’iniziale di sua maestà, che si univa al centro, sfrangiando in una cascata di diamanti.
Le estremità erano sfrangiate con piccole lacrime scintillanti, per finire le tre arcate superiori che andavano a decorare il girocollo erano anch’esse abbellite da lacrime di diamante, al cui centro si trovava il pendente che scivolava dolcemente nella scollatura, rendendo il decoltè maliziosamente seducente.
 
Peccato solo che il gioiello avesse un prezzo astronomico, un milione e seicentomila livres. Né Andre né nessun altro le avrebbe dato quei soldi, quindi l’unica speranza di poter ammirare quella meraviglia al collo era continuare a sperare che la regina rinsavisse e finalmente si decidesse ad acquistarlo.
Majesté, posso riportare alla vostra attenzione il nostro miglior articolo?” – “Toujours avec cette histoire monsieur Bassenge?”

Disse la regina con un leggero cipiglio sul viso.

“Sapete cosa penso del vostro gioello, specialmente se non è stato commissionato su mio ordine, ma per ordine del nonno di mio marito, e per donarlo a chi poi? Alla sua maîtresse! Potrei quasi ritenermi offesa da voi monsieur.” il gioielliere chinò ultreiormente il capo a quell’affermazione  della sovrana. – “Lungi da me volervi offendere Majesté…”
Maria Antonietta dunque proseguì: “Inoltre, il suo costo è davvero esorbitante, anteporrei al suo posto l’acquisto di un vascello. È decisamente più utile visti i tempi.” – “Con il dovuto rispetto maestà.” – esordì Audrey con una punta d’ironica insoleza – “Se ci pensate è più sicuro affrontare un piccolo investimento per questo magnifico manufatto, piuttosto che per una galea.” – “E per quale motivo chère Audrey?

Un sorriso furbo si disegnò sul volto della donna: “È semplice maestà, i collier a differenza delle navi non affondano!”

L’ilarità che suscitò la sua affermazione purtoppo non sortì l’effetto da lei sperato, infatti anche quella volta i gioiellieri se ne andarono con il prezioso monile, che ancora una volta restava invenduto, erano quasi dieci anni che provavano a venderlo senza successo, che incredibile spreco per dei diamanti.

Dopo circa un quarto d’ora dal deludente congedo dei due gioiellieri fece il suo ingresso madame Agreste, direttamente dall’appartamentino del Delfino: “Majesté, vostro figlio è sveglio, ho pensato fosse il caso di avvisarvi.”
La stava osservando con superficialità, ormai non poteva più indossare il corsetto a causa delle dimensioni che aveva raggiunto per via della gestazione.

A quanto era arrivata? Ventiseiesima settimana, o qualcosa del genere, fatto sta che era decisamente lievitata! Represse un riso dispettoso nel pensare come sarebbe ingrassata a fine gestazione, inoltre c’era anche la possibilità che il mostriciattolo dentro di lei potesse crescere fino a sformarle completamente il corpo, proprio come le aveva fatto quell’egoista di sua figlia.

Anche se per via delle sue condizioni le era stata offerta una posizione di prestigio quale stare accanto al Delfino e Madame Royal, e seguire la loro educazione assieme a madame Guéméné, quella megera!
"Vous avez fait  très bien Emilie! Andiamo nella stanza dei bambini mes dames.”
Audrey alzò gli occhi al cielo particolarmente seccata, non le erano mai piaciuti troppo i bambini, infatti non né aveva voluti altri.

Si alzarono tutte per recarsi nella stanza dei bambini, assottigliò gli occhi adirata nel vedere la regina a braccetto con quella strega: “Avete un tocco magico con i bambini madame, infatti vostro figlio è un giovane così a modo.” – “Oui, sono stata fortunata ad avere Adrien.”

‘Sono stata fortunata ad avere Adrien.’ Ripetè canzonatoria nella sua mente, la sopportava veramente a fatica quando si vantava così della sua progenie, e non osava immaginare quanto sarebbe diventata irritante una volta avuto il bambino.

Una parte di lei ancora sperava celatamente che capitasse qualcosa, almeno avrebbe smesso di fare la smorfiosa esibendo senza ritegno la deformità che stava assumendo il suo corpo.

Quando varcarono la soglia della nursery reale dove ad attenderle c’erano appunto madame Guéméné e la piccola Maria Teresa.
“Maman, maman!” – “Mousseline ma chèrie.” Non fecero nemmeno in tempo ad entrare che la bambina saltò giù dalle ginocchia della principessa de Guéméné per lanciarsi tra le braccia della madre.

Assurdo come Madame Royale fosse priva di disciplina, insomma, una figlia di Francia avrebbe dovuto essere più posata di quanto non lo fosse quella bambina.
Pensò la donna mentre si sedeva con le altre nel bovindo.

La regina fece volteggiare la figlia in aria un paoi di volte prima di rimetterla a terra e avvicinarsi alla culla del bambino che emetteva versetti.
Ressemble à un ange, lasciamolo dormire un altro pò, Emilie ma chere restategli voi accanto. – “Oui majestè.Emile si sedette accanto alla culla del bambino e la regina tornò a sedere vicino a loro.  

Allor mes dames, il Natale è alle porte e domani sceglieremo le decorazioni per…” la regina non fece in tempo a finire la frase che i gorgoglii del marmocchio ripresero.
“Non vi preoccupate Madame, ci penso io.” Disse Audrey, voleva far vedere alla regina che anche lei era in grado di occuparsi di un bambino, e che non era necessario farsi appositamente ingravidare.
Si alzo e si diresse verso la culla dove quell’inetta di Emilie si era piegata a sistemare le copertine calciate via dal Delfino.


“Emilie cara, spostati, ci penso io.” Si rivolse alla donna con un finto sorriso sulle labbra.
Lei si ritrasse e si rimise a sedere con un sorriso e senza fare commenti: ‘Strano, ma evidentemente sa che io sono la migliore!’ pensò con un pizzico d’orgoglio.

Cominciò a dondolare energicamente la culla, un bel movimento deciso, ecco cosa ci voleva per far star zitto un bambino.
Ma quell’esserino non sembrava intenzionato a smettere, anzi i suoi gorgoglii sembravano aumentare, non solo di frequenza ma anche d’intensità: “Tutto bene Audrey?” - “Oui majestè…
“Audrey cara, non si calmerà mai così.” Disse quella vipera di Emilie – “Dovete fare più piano. State cullando un bambino, non producendo il burro.” Non l’aveva detto davvero! Quell’insolente non aveva davvero osato dire quello che le era parso di sentire.
E invece sì, l’aveva sentita lei ed anche le altre nobildonne che immancabilmene scoppiarono a ridere, facendo sentire Audrey terribilmente umiliata.
 
Si girò verso Emilie che rideva più giuliva di tutte, quella strega! Ma ora basta, gliene avrebbe cantate quattro! Ma mentre rideva come un’oca d’improvviso si fermò e la guardò con occhi sbarrati, poi senza troppe remore e ritegno la vide infilare una mano sotto le gonne.
‘Cosa diavolo fa? È impazzita per caso?’  pensò la donna, ma quando la estrasse questa era completamente sporca di sangue e a quella vista raccapricciante Audrey lanciò un urlo inorridito.
 
 
 

****

 
Tutto era iniziato quella mattina con dei fastidiose fitte all’addome, ma niente le aveva dato da pensare che tutto sarebbe finito così… nell’agonia e nel sangue.
Quando aveva percepito il caldo fiotto colarle lungo le gambe, aveva sbarrato gli occhi e infilato senza troppi pensieri, solo d’istinto, una mano sotto le gonne, e quando l’aveva tolta per esaminare quanto successo questa era completamente rossa.
Questo cattivo segno voleva dire solo una cosa.
 
Di quanto le era accaduto in seguito non ricordava onestamente molto, aveva solo delle immagini, sfocate per lo più di una corsa disparata e dolorosa fino ai suoi appartamenti, in cui era giunta, presumibilmente sorretta dal personale di servizio, ricoardava appena di aver sentito la voce di Gabriel che urlava, sotto shock, cosa stesse succedendo poi più niente. L’incommensurabile dolore fisico dovuto alle feroci contrazioni che erano sguite era pari solo a quello emotivo, dovuto da quell’ennesima perdita senza senso.
 
Aveva avuto altri aborti in passato ma mai a gestazione così avanzata.
Cos’aveva sbagliato?
Cos’era andato storto questa volta?
Chi aveva offeso inconsapevolmente? Perché non poteva aver offeso Dio fino a quel punto. E allora per quale ragione la puniva in questo modo a dir poco crudele.
 
Perché?
Perché?
Perché?
 
Non se ne capacitava, non capiva per quale motivo l’Onnipotente si accaniva così tanto su di lei.
Guardò la levatrice avvolgere con un panno il piccolo corpicino esanime della sua povera creatura.
Emilie che credeva di aver esaurito le lacrime quel giorno, scoppiò nuovamente a piangere, disperata nel vedere la donna portare via, in un fagottino insanguinato quello che restava della sua bambina.
 
“Dove… dove state andando? Dove la state portando!?” – Urlò disperata e con uno scatto cercò di lanciarsi verso la donna, ma Gabriel, che le era affianco si parò prontamente davanti e la trattenne per le spalle – “Ridatemi la mia bambina! Laisse-moi, laisse-moi Gabriel!” Urlava disperata mentre graffiava distrutta emotivamente e fisicamente, e nonostante questo si dimenava contro le spalle di suo marito che la tratteneva nel letto.
 

“No…ridatemela, ridatemi la mia bambina… ridatemi la mia piccola Emma…” ripeteva convulsamente tra un singhiozzo e l’altro, ormai la sua vista era completamente offuscata dai grossi lacrimoni che le rigavano copiosi il viso. Si strinse maggiormente alla camicia di lino del marito ormai sgualcita e strappata, strinse i pugni e stropicciandone ulteriormente la stoffa. 
Maman! Maman!” Quando la levatrice uscì dalla stanza la voce di Adrien raggiunse le sue orecchie, Emilie si riscosse parzialmente aprendo istintivamente gli occhi ancora offuscati dalle lacrime cominciò a cercare in direzione di suo figlio.
Adrien, vattene! Non è il momento di…” – “No! Gabriel ti supplico, lascialo… lascialo entrare.”    

Implorò la donna con voce tremante e rotta dal pianto, Gabriel guardò la moglie, vederla in quelle condizioni gli provocava una stretta al cuore immensa, non se la sentì di negarle la presenza del figlio specialemnte dopo quanto accaduto.
“Lascialo entrare.” Sentenziò infine l’uomo con un sospiro affranto, fece cenno al loro gigantesco valletto che era li, impiantato davanti alla porta della loro stanza da letto, e quando questi si finalmente si scostò rivelandone la figura del figlio, che mostrava un’aria preoccupata.
 
Alla vista del suo dolce bambino li, fermo sulla soglia della porta fecero tornare nuovamente ad Emilie le lacrime agli occhi, ma cercò di essere forte e di ricacciarle indietro: Adrien, vien…”
Lo vide avanzare incerto nella stanza “Maman… ma cosa è capitato? Perché…” Lo vide guardarsi intorno con lo sguardo sconcertato, a quella vista Emilie non riuscì a trattenersi, riprese a singhiozzare covulsamente scossa dal dolore.
Si portò le mani al volto e si rannicchiò nel letto cominciando a piangere disperatamente: “Maman!” Adrien le fu subito vicino, e lei lo abbracciò con decisione.
 
Lo strinse a se più che potè, non lo avrebbe lasciato andare, non voleva, lui era il suo unico figlio.
Il suo minou, anche la sua gravidanza non era stata esente da problemi, ma lui era li. Era vivo e godeva di ottima salute nonostante il parto prematuro di quattro settimane, per non parlare dello splendido giovane uomo che stava diventando.
Lui si strinse più a lei, abbracciandola, sentiva tutto l’affetto che le trasmetteva, lei affondò istintivamente le sue mani nei suoi lunghi capelli biondi: Mon minou.” Iniziò a cullarlo dolcemente e baciargli il capo, come quando era neonato.

Inspirò il suo profumo e quel semplice gesto così familiare, confortante e materno, sembrò giovarle, trascorsero qualche minuto in quello stato, poi fu la stessa Emilie a staccarsi per rannicchiarsi nuovamente sotto le coperte del suo letto, prese nuovamente Adrien tra le sue braccia.  
Mon bijou ti lasciamo riposare.” Gabriel appoggiò una mano sulla spalla del figlio per sollecitarlo ad andarsene.
“No, lascialo qui con me.” Lo supplicò la moglie, l’uomo assertì senza proferire parola lascò Emilie mentre coccolava dolcemente il suo bambino.
 
Lui si alzò e si diresse verso la porta, con il cuore infranto da quell’ennesima perdita irrazionale e dallo sconforto nel vedere sua moglie, la donna che tanto amava distrutta da un ennesimo dolore, volse un’ultima volta lo sguardo a quella dolce scena prima di uscire dalla stanza per lasciare a sua moglie un po’ di spazi.
Chiamò a se un valletto con un cenno: “Prepara i bagagli, partiremo entro domani mattina.”      
 
 

****

 
Allor monsier, vogliamo riprendere?” – “Oui mademoiselle Sancoeur.” Disse un Adrien un po’ infiacchito, erano circa le tre del pomeriggio e quel giorno non si era fermato un attimo.
Tanto per cominciare quella notte era rientrato davvero tardi - ancora non capiva come avesse fatto Nino a coprirlo, ma non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza, pur conoscendone il rischio – a causa di una mano molto sfortunata a Ramino, a casa di Marinette, più precisamente nella sua camera.
 
Era diventata davvero brava, come poteva essere altrimenti, considerato che la sua attuale abilità era merito suo che le aveva insegnato qualche trucchetto di quelli che giravano a corte.
Le serate che riusciva a trascorrere in sua compagnia erano ormai diventate i suoi momenti preferiti, non solo perché erano momenti in cui era completamente se stesso, senza la maschera del ricco rampollo di nobili origini, ma con lei, se pur con una vera maschera mostrava veramente il suo io.
Ed anche la giovane sembrava apprezzare questa sua sfaccettatura.
Da quando la conosceva e aveva cominciato a farle visita – una casualità molto piacevole sotto diversi aspetti invero – si sentiva più libero, come solo con Nino si era sentito fino a quel momento.
 
Poi a causa del sonno mancato aveva fatto nuovamente tardi agli allenamenti di scherma dove, non era andata esattamente per il meglio, Nino era riuscito non solo a tenergli testa, ma tra un affondo e una botta dritta l’aveva canzonato abbondantemente: “Battiamo la fiacca amico, cos’è? Una certa coccinelle  ti ha per caso sfinito troppo la scorsa notte?”l’occhiataccia che gli aveva riservato diceva tutto, fare battute simili su una fanciulla tanto a modo era quanto di meno inappropriato.
Sapeva che lo punzecchiava così solo per farlo reagire, ma non ci era di certo andato per il sottile quella mattina, e questo lo stava già infastidendo.

Dovresti mangiare dieci gâteaux prima di osare rivolgerti così a lei, cette une délicieuse jeune fille.Délicieuse è proprio quello che sembra, chissà se lo è davvero.” A quel punto non ci vide più - “Non azzardarti!” – Aveva contrattaccato con doppio flèche e un fouet, continuò imperterrito finchè non sfilò di mano la spada da allenamento al suo amico.  
Detestava davvero quando parlava così di lei - “Accidenti Adrien, quando t’infervori tiri davvero fuori gli artigli!” – I due si erano seduti uno accanto all’altro, a parlare semplicemente - “Sai che non mi piace quando ne parli così.” – “Mon amie lo sai che scherzo, non oserei mai toccarla, è graziosa certo, ma è la prima fanciulla a cui ti vedo prestare interesse.”

Quelle parole lo avevano riscosso, era vero in effetti, non sapeva il perché ma con lei era semplicemente così. Aveva sorriso a quella considerazione: “Però dovresti darmi retta per quella questione, credimi se ti dico che è un’esperienza da provare.” – “Ovvero?” Nino l’aveva guardato sornione – Coucher avec une femme.

A quell’assurda asserzione aveva risposto tirandogli una pacca ma Nino proseeguì: “Immagina, sentire il suo morbido e caldo corpo sotto di te, sentirla gemere il tuo nome con fare voglioso, le douce chaleur entre ses …” - “Va bene, j’ai comprì!” – L’aveva bruscamente interrotto per evitere di sentire altri indecenti dettagli – “Piuttosto, torniamo ad allenarci invece di proferire assurdità.”

Doveva ammettere con se stesso, però, che effettivamente Marinette non gli era affatto indifferente e intravedere costantemente il suo corpo efebico coperto solo dal peignoir e chemise de nouit…. No! Doveva smetterla di pensare a lei in quel modo, non era né decoroso né ossequioso verso di lei, specialmente considerando che lui s’introduceva sistematicamente in casa sua, e nell’ultimo periodo nella sua camera da letto.

Finita la lezione e la chiacchierata, era andato nelle scuderie a vedere come si sentiva il suo cavallo, aveva timore si fosse preso un’infreddatura a causa sua. Voleva assolutamente evitare che gli capitasse qualcosa.  

Dopo pranzo, quando dormire sarebbe stato il suo solo desiderio, aveva dovuto invece preparasi per la lezione con mademoiselle Nathalie Sancoeur, la sua istitutrice.

Ed ora stavano studiando – discutendo della funzionalità dell’enciclopedia e della sua storia, dai greci alla publicazione ufficiale dei volumi nel 1751, l’anno di nascita di sua madre ora che ci pensava.

“Come e quando si è evoluto il concetto di Encyclopédie?” – “Le opere enciclopediche esistono da circa 2000 anni, la più antica che si è tramandata, è la Naturalis historia, scritta nel I secolo da Plinio il Vecchio.”
 
“L'enciclopedia odierna invece si è evoluta dai dizionari, durante lo scorso secolo. La più nota e importante della Storia attuale è l'Encyclopédie di Diderot et d'Alembert, pubblicata qui a Parigi.” – “Molto bene Adrien.”
Mademoiselle Sancoeur annuì compiaciuta della risposta del ragazzo che abbassò appena la testa sotto lo scrittoio, dove tra le mani teneva un nastrino di seta di un rosa delicato, rubato qualche sera prima dalla camera di Marinette, così poteva, in qualche modo, averla sempre vicino.
Non sapeva nemmeno lui perché l’aveva fatto, era stato un gesto istintivo.
 
Inaspettatamente un fragoroso vociare interruppe bruscamente ogni cosa, a cominciare dai suoi dolci pensieri alla sua lezione: “No, no, no, non di nuovo, no!” Era la voce di sua madre e questo bastò a farlo saltare dalla sedia s’infilò rapidamente il nastrino nella tasca della marsina e corse verso le stanze dei suoi genitori: “Dove andate monsieur!?”
Sentì a stento la voce della sua istitutrice che lo richiamava, e percorse a grandi falcate la distanza che lo separava dai suoi genitori, ma quando fu davanti alla porta della camera da letto la trovò sbarrata: “Padre! Maman che succede?” urlò battendo furiosamente i pugni sulla porta, ma non ebbe risposta, anzi, nessuno parve udire davvero la sua voce.
 
Quando abbassò lo sguardo sul pavimento scorse una scia di sangue che seguiva il percorso fatto da sua madre: ‘Ma che diavolo…?’ Nulla di buono poteva essere successo, ma cosa? Perchè tutta quella agitazione? E quel sangue, Adrien sentiva la tensione che crescere dentro di se, in più nessuno voleva dirgli niente, perciò decise di fare da sé ed entrò.
Purtroppo la scena che gli si parò davanti agli occhi fu straziante.
 
Sua madre nel suo letto che urlava di dolore e una donna che… “Adrien! Che diavolo ci fai qui!? Esci subito! TU!” - disse rivolgendosi al loro enorme valletto – “Portalo fuori e fa che ci resti!”
Questi gli si parò prontamente davanti e lo fece uscire dalla stanza, impedendogli di entrare ma non di restare li.
I minuti che seguirono furono strazianti, sentiva le urla di dolore della madre e lui non sapeva né poteva fare niente, si sentiva impotente, inutile.
Una lacrima di frustrazione gli rigò il viso.
 

Un urlo straziante proveniente da dentro la stanza squarciò il relativo silenzio che si era creato in quei momenti di tensione. Un’altra lacrima gli rigò il viso, non poteva fare niente per sua madre, ma voleva comunque andare da lei per capire.
“Lasciatemi entrare, voglio vedere mia madre.” Disse al valletto che si parava tra lui e la stanza dei suoi genitori, ma questi rimase impassibile: “Maman!” niente, solo rumori di pianti e grida.

Dopo alcuni minuti la porta si aprì e la levatrice uscì con un fagottino parzialmente insanguinato ‘Ma che diavolo…?’
Lanciò uno sguardo all’interno della stanza e la scena che vide gli spezzò il cuore, sua madre rannicchiata tra le braccia di suo padre che piangeva disperata: “Maman! Maman!”  riprovò a chiamarla nuovamnete e questa volta lei lo guardò:Adrien, vattene! Non è il momento di…” – Tuonò suo padre - “No! Gabriel ti supplico, lascialo… lascialo entrare.”   

A quella suppilca vide distintamente suo padre cedere come solo in poche occasioni.
“Lascialo entrare.” A quelle parole il valletto si fece da parte e gli consentì di passare, se avesse seguito il suo istinto si sarebbe corso dentro abbracciando forte la madre come era già successo in altre occasioni quando l’aveva vista piangere.

Questa volta però c’era qualcosa di diverso, quando entrò nella stanza la scena che gli si presentava era agghiacciante, si rese conto che la scia di sangue presente sulla soglia era poca cosa. Nella stanza infatti erano presenti oltre a diverse pezze inzuppate e le lenzuola buttate in un angolo alla bell’e meglio, tutto era macchiato di liquido ematico.

Lo shock dovuto alla vista di tanto sangue lo fece tremare leggermente, guardò quei cenci imbrattati: Adrien, vien…”  la sentì dire.

La guardò con gli occhi sbarrati: “Maman… ma cosa è capitato? Perché…” si pentì immediatamente di quanto stava per enunciare nonappena vide sua madre sciogliersi nuovamente in lacrime.

“Maman!” Per rimediare le andò vicino e non appena le fu attiro lei lo prese tra le sue braccia, possessiva e protettiva come solo lei sapeva essere. Lui con una stretta al cuore ricambiò il suo abbraccio, sentiva la disperazione di sua madre come se fosse la sua.

“Mon minou.”  Continuava a ripetere il vezzeggiativo con cui era solita chiamarlo come un mantra e cullarlo dolcemente, lui cercò di assecondarla senza fare niente.
Tutto ciò sembrò giovarle il che alleggerì appena il peso nel suo cuore.
Mon bijou ti lasciamo riposare.” Disse suo padre poggiando una mano sulla sua spalla per sollecitarlo a seguirlo fuori dalla stanza per lasciarla riposare.
“No, lascialo qui con me.” Lo supplicò lei, e quel pomeriggio per la seconda volta Gabriel Agreste cedette alla richiesta della moglie, e lei lo attirò a se, rimase li buono buono tra le braccia della sua mamma.

“Prepara i bagagli, partiremo entro domani mattina.” Sentì dire a suo padre: ‘Non ci voleva.’ Pensò immediatamente, come avrebbe giustificato quella sua ennesima sparizione di Chat Noir alla sua Marinette?
Però non poteva neanche sopportare di vedere sua madre in quelle condizioni e se allontanarsi per un po’ dalla corte le avrebbe giovato alora era quello che andava fatto.
Decise in un lampo, non appena sua madre si fosse addormentata avrebbe scritto una lettera alla ragazza solo per spiegarle della sua futura assenza senza entrare troppo nei dettagli. A chi affidarla ci avrebbe pensato poi.
   

****

 
 
*Il comune Machiavelli
 
**Splendida pietra preziosa chiamata anche “Occhio di falco, da non confondere con il supereroe >.<
 
 
Considerazioni finali:
 
Ben ritrovati a tutti voi eccoci finalmente arrivati al giorno della pubblicazine, come sempre ringrazio chiunque sia arrivato fin qui, confido abbiate apprezzato questo nuovo capitolo emotivamente tosto e spero di non aver turbato i lettori più sensibili con descrizioni troppo crude, visto il tema affrontato lungo l’elaborato.
Piccola parentesi, tenete bene a mente la collana di cui si è parlato nel POV di Audrey perché più avanti la ritroveremo, e gli appassionati sicuramente avranno già compreso di cosa parlo >.<
 
Concludo qui le mie considerazioni e vi auguro una spledida e lunga giornata!!!
A presto
       Starfallen

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Pensées ***


 

Gennaio 1782
 
 
Stava passeggiando distrattamente intorno ai mobili nella sua stanza, era vestita semplicemente, un semplice abito da casa, - se così si poteva definire il palazzo reale –  un robe a l’anglaise in broccato bianco con dei piccoli fiorellini blu ricamati in filo di seta, un semplice fichù in pizzo belga le avvolgeva il collo accompagnato da cinque file di perle. I lunghi capelli biondi erano raccolti comodamente in una cuffietta, solo qualche ricciolo scivolava biricchino al di fuori.    
Adorava stare a corte, era un luogo davvero bellissimo, e chi meglio di lei poteva saperlo?
Mentre passava vicino ai vari mobili, lasciava scorrere la mano lungo il prezioso legno di ciliegio intarsiato della chaise longue, sullo schienale della sedia con fodera di velluto, sullo scrittoio in frassino laccato d’oro o il ripiano di marmo dell’enorme camino il cui fuoco riscaldava quell’immensa stanza così… così… così vuota.
Infatti, gli unici occupanti erano lei, il suo orsacchiotto monsieur Carly e occasionalmente anche Juliette.
 
Quelle settimane trascorse alla reggia con lei erano state fantastiche e notevolmente liberatorie, le giovava proprio l’ambiente di corte.
L’unica pecca era stata la totale assenza di Adrien, non lo vedeva dall’estate passata e rivederlo, ballare con lui, scoccargli anche solo un timido bacio sulla guancia alla mezzanotte del primo gennaio come buon auspicio, magari accompagnato da una pioggia trionfale di fuochi d’artificio.
Sarebbe stato tutto molto romantico.
Peccato che ogni cosa si fosse ridotta a mere fantasie, perché il suo promesso sposo aveva trascorso le festività lontano dalla reggia.
 
Aveva chiesto il perché di quell’assenza ma sua madre non le aveva dato una vera risposta, e col tempo aveva imparato che le chiacchiere che sentiva a corte non sempre erano affidabili e col tempo aveva imparato a dare il giusto peso a ciò che sentiva, perché tante volte si trattava solo di dicerie che le malelingue mettevano in giro, e lei lo sapeva bene perché l’aveva fatto lei stessa.
E una volta scoperta la vera ragione dell’allontanamento della famiglia Agreste si era adoperata e aveva scritto diverse lettere sia ad Adrien che ad Emilie per sincerarsi della buona salute di entrambi e le sporadiche volte che riceveva una missiva di risposta si sentiva meno in apprensione, entrambi però davano risposte molto sbrigative, ma poteva comprenderlo e capire che non erano in vena di grandi chiacchiere.
Magari per loro rientro si sarebbe adoperata per portare loro un delizioso cadeau, e magari pensare a questo le avrebbe dato una scusa per impegnare la mante in altre faccende all’infuori delle sue solite attività. Era sinceramente dispiaciuta per lui, per sua madre che era una donna adorabile che non aveva affatto meritato quella fatalità, non conosceva i dettagli, ma sapeva che aveva avuto uno spiacevole incidente con la gravidanza. Lei era ingenua certo, ma sapeva che poteva succedere ad ogni donna e il pensiero che potesse capitare anche a lei la spaventava.
 
Mentre pensava e girava in tondo dei leggeri colpi alla porta, la richiamarono sull’attenti: Avant!” - La figura di Sabrina si materializzò sulla soglia – Mademoiselle” – fece una profonda riverenza – “Mademoiselle De Claujère è qui per vederla, la faccio accomodare?”
Chloé si arrestò prontamente e i suoi occhi s’illuminarono, per poi riacquistare il suo solito umore.
 
“C’è anche da chiederlo?!? Che stai aspettando? Falla entrare!” – “Oui mademoiselle.” Disse remissiva Sabrina per poi sparire dietro le porte, per poi riapparire qualche istante dopo preceduta da Julliette, che portava con sé un panier, come quelli che usavano quando andavano a fare merenda sul prato: “Ma chèrie, perdonami ho fatto più in fretta che ho potuto, piuttosto come stai?”
A causa di un lieve malanno non adeguatamente curato la bionda si era sentita poco bene durante i festeggiamenti, rischiando di esporre la propria famiglia al ridicolo, ma fortunatamente lei era forte e le cose si erano svolte per il meglio.
“Meglio, decisamente meglio.” – “Lo vedo sai? Dai solchi che hai lasciato sul pavimento.”. - Ironizzò la ragazza – “In ogni caso, ti ho portato una cosina.” Alzò il panno rivelando il contenuto del cesto, gli occhi di Chloé s’illuminarono, Juliette aveva portato delle confetture sicuramente provenienti dalle sue piantagioni in Linguadoca.      
 
Ne me dis pas ça” – “E invece te lo dico eccome! Sono arrivate questa mattina molto presto, in più ho mandato Jean nelle cucine a dire di farci portare delle crêpes con cui assaggiarle.”
Chloè sbarrò gli occhi a quella notizia, crêpes: Crêpes, co… come mai, non siamo ancora nel periodo di Caldelora…” non poteva rischiare così, avevano appena passato le feste di Natale, e lei aveva faticato tanto per evitare d’ingrassare durante quei giorni, aveva appositamente camminato per diverse ore sotto la neve cercando volutamente di prendersi un’infreddatura pur di non ingozzarsi nel periodo di feste…

“Vero, ma possiamo fare una piccola eccezione per una volta.” - La mora le strizzò un occhio complice – “In realtà ho finito poco fa le petit déjeuner quindi…” – “Chloé.” – la ragazza si addentrò nella stanza della sua amica e appoggio il cesto sul tavolo vicino al caminetto – “A si? E come mai non ho visto nessuno deio domestici portare via le vettovaglie?” – Chloé esitò e Juliette colse al volo l’opportunità – “Potrai trarre in inganno chiunque ma non me. Avanti che succede?”
La bionda distolse lo sguardo, ora che stava meglio era tornato anche il sentore di appetito e cercava di reprimerlo con tutte le sue forze, visto che aveva portato a buoni risultati, infatti pochi giorni prima la sarta le aveva preso le misure per i nuovi corsetti si era complimentata con lei per aver perso dieci centimetri durante le feste.
Rien, il ne se passe plus rien Juliette.” – “Tesoro, ho visto quanto sei smagrita durante le feste. Non credere che non ci abbia fatto caso! Quindi ora, per il tuo bene ti siederai qui con me, e insieme mangeremo quelle crêpes, lo dico per te.”
A quel punto tutta la tensione accumulata dalla ragazza la fece scoppiare a piangere e tutto il senso di insoddisfazione che le cresceva dentro dall’inizio di quelle vacanze parve momentaneamente attenuarsi, avvertì Juliette prenderla per i gomiti e trascinarla al tavolino.
“È che… è che…” disse tra un singhiozzo e l’altro – “Niente, sta andando per il verso giusto. Era tutto programmato per questo natale, avrei dovuto ricevere la proposta da Adrien.” – disse guardando di sottecchi il suo anulare sinistro ancora vuoto – “E questo non ha affatto migliorato le… le cose in famiglia.”

Ed era vero, la situazione nel loro nucleo familiare era sempre più tesa, sua madre diventava sempre più nervosa e nelle sporadiche occasioni che avevano trascorso tutti insieme, i suoi genitori non avevano fatto altro che discutere, inoltre secondo sua madre il ritardo nel fidanzamento era innanzitutto colpa sua: “Per forza non si è ancora proposto. Monsieur Agreste non può avere interesse per una marmocchia. Regardez - vous, alla tua età ci sono misere popolane che sono già madri, ma tu ancora niente!”
E quando aveva replicato che ormai aveva quasi quattordici anni e che quindi non era più una bambina, aveva ricevuto – per tutta risposta – un bel malrovescio: “Tu non sei più adulta della principessa Anna Maria di Spagna*, se anche il figlio di Gabriel ti sposasse adesso saresti inutile per lui perché non saresti in grado di dargli un erede!”
Quel giorno aveva trattenuto le lacrime ma oggi dinanzi a Juliette sapeva di potersi permettere di piangere davanti a qualcuno che non l’avrebbe giudicata, le raccontò tutto – o quasi – confessandole anche ciò che non avrebbe mai potuto svelare alla madre, ovvero che non aveva idea del perché la ritenesse ancora una bambina.

Cercava sempre di comportarsi al meglio, non si esponeva mai troppo né al sole né tanto meno al ridicolo, molti membri della corte si erano spesso complimentati con i suoi genitori per la sua conversazione brillante, i suoi modi raffinati e la sua eleganza sia nella danza che nel canto, oltre a dire che sembrava più matura per la sua età, per questo non comprendeva le insinuazioni di sua madre.  
“Oh chèrie.”Disse Juliette rammaricata da tutta quella situazione, prese il suo fazzoletto di lino dalla tasca del vestito e glielo porse, la bionda lo prese ringraziandola e si asciugò le lacrime – “Quindi tua madre non te ne ha ancora mai parlato?” – “Di grazia, si può sapere di cosa si tratta?” In quel momento bussarono alla porta.
“Avant!” – “Mesdamoiselles, sono arrivate le crêpes” – “Portatele pure, ci serviranno ora più che mai!” Sabrina si scostò dell’ingresso e lasciò entrare il maggiordomo seguito dalle cameriere che allestirono il tavolo su cui vennero poi servite una pila di fumanti crêpes.
Juste à temps, fidati ci serviranno per digerire la faccenda.” Le pese una mano come a volerla sostenere e iniziò a parlare.


 

****

 
Era trascorso  più di un mese ormai da quando erano partiti per Le Havre dopo la tragedia, Adrien era stato molto vicino a sua madre, anche suo padre che normalmente impegnava le sue giornate immerso nel lavoro aveva accantonato tutti i suoi soliti carteggi per trascorrere il tempo a confortare la moglie, tenendola impegnata nelle più disparate attività, Gabriel Agreste non avrebbe mai trascurato i suoi affari per nessun motivo al mondo che non fosse il benessere della donna che amava.
Andavano molto spesso a cavallo sulla spiaggia, attività che sua madre adorava, consumavano regolarmente tutti i pasti insieme, come una vera famiglia e, anche se Adrien trovava insolito tutto ciò doveva ammettere che era piacevole quell’intima atmosfera familiare che si era creata li, nella loro tenuta estiva e ora che ci rifletteva, in rare occasioni avevano abitato in periodi differenti.
 
Avevano trascorso il periodo delle feste distanti dalla corte, nella loro residenza estiva per permettere a sua madre di riprendersi ma in realtà avevano tutti loro avevano bisogno di pensare ad altro, se così si poteva dire, purtroppo quella tragedia aveva annientato emotivamente tutti quanti.
Nonostante il terribile momento la sera quando era solo nelle sue stanze, la sua mente tornava a Parigi, pensava a quanto vuote fossero le sue giornate a causa dell’assenza di Nino – sebbene si scrivessero regolarmente - pur con tutte le sue inzaccherate battutine gli mancava terribilmente, e poi vi era colei che occupava gran parte dei suoi pensieri, non passava giorno in cui non le rivolgesse almeno una riflessione, stava bene per fortuna, ma si rammaricava di non aver potuto trascorrere i festeggiamenti di capodanno insieme a lei.
 
 “Adrien, sei qui? Ti disturbo?” Una figura femminile incredibilmente somigliante, almeno nell’aspetto a sua adorata madre si palesò si palesò sulla soglia della stanza del salone della musica, dove si era recato per trovare conforto quel pomeriggio, sua zia Amelie: “Ho bussato cinque volte, che stavi facendo?” – Adrien scosse la testa – “Niente zia, riflettevo. Voi piuttosto? Vedo che siete appena rientrata dalla passeggiata, com’è andata?” - Sapevano entrambi a cosa alludeva. – “Bene, siamo rientrate da circa tre quarti d’ora.”
Adrien inarcò un sopracciglio: “Allora perché indossate ancora la mantella?” – “Mi sono attardata nelle stalle, ora vado a sistemarmi, piuttosto, tua madre ti manda a chiamare, ci aspetta nella sala al piano inferiore per il .”
Il giovane si scostò al bovindo in cui era rintanato per guardare meglio sua zia, la donna indossava ancora la mantella e su una sedia poco distante s’intravedeva il manicotto di volpe che aveva indossato per la passeggiata.
“Precedetemi pure, vi raggiungo subito.” – “D’accord.”
In quel momento sentirono bussare alla porta: “Avanti.” – una domestica fece capolino nel salone e s’inchinò -Monsieur, sono arrivate delle missive per voi.”
La donna porse le tre lettere al giovane, Adrien ringraziò e congedò la ragazza che uscì dalla stanza preceduta da zia Amelie: “Non fare tardi mi raccomando.” Adrien sorrise ed annuì.
 
Appena le due donne furono uscite concentrò la sua attenzione sulle missive, una lettera da Nino, bella corposa, sicuramente un resoconto dettagliato di quello che era successo nell’ultima settimana, l’avrebbe sicuramente letta ma in serata, voleva dedicargli la giusta attenzione non solo, sapeva quali contenuti potevano esserci all’interno, e voleva evitare di prendere il thè con la sua famiglia con un’espressione sconvolta in viso.
Mise la lettera in tasca e proseguì, vi erano ben due lettere che dalla grafia e dal sigillo oro splendente riconobbe immediatamente che si trattava di Chloé, una per lui ed una seconda indirizzata a sua madre, sorrise dolcemente nel vedere la premura e l’abnegazione che la giovane dimostrava nei loro riguardi, in quelle settimane era stata davvero dolce, si ripromise che al suo ritorno le avrebbe fatto visita.
 
Mise in tasca una delle lettere e passò all’ultima, come vide il sigillo lo riconobbe subito, era di un delicato rosa confetto con incisa un D.
Sapeva a chi apparteneva  e doveva ringraziare il suo amico per averla fatta giungere a lui.
Una lettera da parte sua era l’unica cosa che riusciva a fargli passare la malinconia che accompagnava costantemente le sue giornate, non smetteva di rigirarsela tra le mani, quando uscì dalla sala della musica in direzione del salottino al piano inferiore, passando davanti all’enorme ritratto di famiglia esposto sulla parete al fianco dello scalone. In cuor suo non vedeva l’ora di leggerla così da potersi abbandonare a pensieri più piacevoli, cercando per quanto possibile di distrarsi dal dolore che da quel giorno tremendo, il cui ricordo era purtroppo marchiato a fuoco nel suo cuore.
 
Era stato un Natale molto triste quello appena trascorso, con sua madre nella disperazione più nera per l’atroce e insensata perdita subita, infatti i festeggiamenti erano stati ridotti all’osso, semplicemente perché nessuno possedeva lo spirito adatto.
Nemmeno la presenza di zia Amelie, che era venuta appositamente da Londra per dare conforto alla sorella era riuscita a portare la gioia sperata che, da quel maledetto giorno si era dissolta nel nulla.
Egli stesso non aveva inizialmente compreso l’entità della perdita subita non solo dalla madre, ma da tutta la famiglia e quel periodo trascorso lontano e solo con i suoi pensieri gli avevano dato modo di riflettere. Quando i suoi genitori gli avevano comunicato lo stato della madre ne aveva sinceramente gioito, nel periodo precedente aveva notato un cambiamento nella madre, ma non aveva detto nulla per non sembrare villano, e apprendere la novità lo aveva reso immensamente felice.
 
La consapevolezza di poter finalmente avere un fratellino, o quella che poi si era tragicamente scoperto essere la sua sorellina, con cui condividere la vita, nonostante la differenza d’età. E averla persa prima ancora di conoscerla lo aveva devastato, in cuor suo non vedeva l’ora di tenerla tra le braccia e successivamente le avrebbe insegnato a cavalcare, a suonare, non l’avrebbe lasciata un attimo e l’avrebbe protetta da tutto e tutti.
Ma non solo il destino aveva deciso di portasi via lei, non contento si era ulteriormente accanito, ricordava perfettamente le parole pronunciate dal dottor Lassons quel maledetto giorno: “Purtroppo madame sono sopravvenute alcune complicazioni e, con sommo rammarico a causa di ciò non vi sarà più possibile concepire nuovamente.”    
Un’ennesima coltellata ricevuta pochi istanti dopo una tragedia familiare.
 
A questo pensava mentre si dirigeva in direzione del salone con ancora le missive di Chloé e Marientte tra le mani, passò per l’ennesima volta il dito sul contorno del sigillo e la D in rilievo, sorrise spontaneamente e infilò la lettera nella tasca opposta, ci avrebbe pensato dopo.
Bussò alla porta e dopo pochi istanti in d’attesa di un ‘avanti’ pronunciato dalla dolce voce della madre entrò.
“Adrien tesoro, ben arrivato, vien t’asseoir ici.” La madre lo accolse calorosamente, e gli indicò un divanetto accanto a loro.

Le due donne erano sedute su delle poltroncine, il giovane si avvicinò alle due donne e prese dolcemente la mano della madre e la salutò con unaffettuoso baciamano: Comment ve sens-vous aujourd'hui maman?” - le chiese mentre si sistemava sul divanetto senza distogliere gli occhi dalla donna – “Molto bene tesoro, questa passeggiata mi ha davvero rinvigorita.” Adrien sorrise apprensivo, nelle ultime settimane si erano visti dei significativi miglioramenti, ma il ragazzo poteva ancora scorgere i segni del dolore sul suo viso.
“Madre è arrivata questa per voi.” Adrien porse la missiva alla madre – “È da parte di Chloé.” – “Oh che cara ragazza. Dovremmo andare a trovarla ” – Disse la donna mentre prendeva tra le mani i fogli di pergamena.
 
“Perdonate il ritardo, sono stato trattenuto.” Gabriel Agreste si palesò nella stanza, dirigendosi dalle due donne e rivolgendo un cortese baciamano alla zia per poi salutare affettuosamente la moglie con un dolce bacio.
Adrien distolse lo sguardo a disagio e si scostò per fare posto al padre sul divanetto: Si vous avez finì.” – disse zia Amelie facendo cenno al servitore di avvicinarsi, e una volta che vi fu vicino cominciò a disporre sul tavolo le preziose porcellane – Allor ma chère soeur, beau – frére, petite fils, la merenda è servita.”
Zia Amelie servì il thé, ma prima di sorseggiare la calda bevanda Adrien prese un macaron serviti assieme al resto e lo addentò di gusto, sentì sua madre ridacchiare, alzò lo sguardo verso di lei: “Vedo che questi dolcetti sono di tuo gradimento mon choux.” – “Lo credo bene.” Intervenne la zia entusiasta – “Arrivano direttamente da quella nuova panetteria che ha aperto giù in città. Duchien, Deuxiem…” – “Dupain!” Disse prontamente il biondo.
 
“Exactly! Grazie Adrien!” – Emilie prese un sorso di thé, poi ripose la tazzina nel piattino e poggiò tutto sul tavolino difronte a loro: “Tesoro.” – disse rivolgendosi al figlio – “Non è forse il nome di quella tua amica?”
Adrien che in quel momento stava sorseggiando la bevanda sgranò gli occhi ed improvvisamente il sorso gli andò di traverso e prese a tossire.
Quando si riebbe notò che tutta la sua famiglia lo stavano fissando interrogativi, suo padre lo fissava accigliato a differenza di sua madre che invece era leggermente in apprensione: “Mon cher tutto bene?” – “Oui maman, et elle.” Vide la madre lanciargli un’occhiatina scaltra e per evitare sue ulteriori intrusioni distolse lo sguardo, ma la sua azione non sortì l’effetto sperato.
 
“Sembra una fanciulla così a modo, devi assolutamente presentarmela quando torneremo a casa la prossima settimana.” Adrien che nel frattempo aveva preso dal piatto e addentato un nuovo macaron, ed anche questo gli andò di traverso: “Torniamo a casa? Non ne sapevo niente.” – “È stato deciso tutto deciso stamattina, io e tua madre ne abbiamo parlato, ed entrambi siamo concordi nel decretare che ormai è nelle condizioni per poter rientrare in società.”
Vide i suoi genitori prendersi per mano e guardarsi intensamente.
 
“Oh ma che splendida notizia, questo vuol dire che potrò rientrare a Londra in tempo per poter vedere Felix tornare ad Oxford.” – “Non sai quanto sono desolata Amelie, per non averti fatto trascorrere il Natale con i tuoi figli.” – “Non dirlo nemmeno honey**, sei parte di me e starti vicino è stato davvero il minimo che potessi fare.” Emilie sorrise e le mise una mano su un ginocchio e la sorella ricambiò la stretta.
Very good.” – Disse la donna alzandosi dal divanetto – “Con permesso, è il caso che informi mio marito del mio rientro.” – “D’accod, immagino che Richard sarà felice di riaverti sotto il suo tetto.”
Amelie si limitò a sorriderle per poi prendere congedo, annunciando che si sarebbero  rivisti per il pasto serale.
 

****

 
“Cher journal, è passato più di un mese da quando l’ho visto per l’ultima, le giornate alla reggia si sono fatte incredibilmente tediose da allora, certo la presenza di Alya a casa e delle altre ragazze mi è molto di conforto.
So che questa mia infatuazione è irragionevole, considerando che lui è promesso ad un’altra – cette saloppe de m.lle Bourgeois – ma sfortunatamente al cuore non si comanda, so che lui non potrà mai considerarmi nello stesso modo in cui lo faccio io.
Ho provato a spedirgli una missiva qualche giorno fa, - Alya mi ha rassicurata dicendomi che sapeva a chi consegnarla per fargliela avere – ma non so nemmeno se mi risponderà, perché non penso mi riterrà mai degna, anche solo della sua amicizia, nonostante sia sempre cortese con me sono cosciente del fatto che mi veda solo come una semplice fanciulla sicuramente non degna dei privilegi che ha ottenuto, e rivelargli ciò che provo per lui è un rischio troppo grande.
Non penso che uno come lui potrà mai provare vero interesse nei miei riguardi, nonostante si sia sempre comportato da gentiluomo devo cercare di restare con i piedi per terra perché potrebbe sfruttare ciò che provo per secondi fini.
Anche se dubito lo farebbe, pur essendo un principe di sangue*** lui è diverso da... 

 

Il rumore della porta che si apriva interruppe il flusso dei suoi pensieri era Alya che le portava il servizio da thé con la teiera fumante e dei pasticcini: Perdonami, ai-je interrompu quelque chose?” – “Niente, veni pure.” Disse riponendo la piuma nel calamaio, sistemò le pagine già asciutte e le ripose insieme alle altre.
Si alzò e si avvicinò alla sua amica aiutandola a sistemare i piattini sul tavolino vicino al caminetto, in cui crepitava arzillo il fuoco. “Siedi pure.” Disse Marinette ad Alya mentre si sistemava sulla sedia rivestita di broccato rosa, la mora spostò la sedia e ci si stese: “Uff… questi occhiali sono così fastidiosi!” – “Ti ci devi solo abituare, vedrai che tra qualche settimana non ti daranno più noie.” – “Stai alludendo ai tuoi crampi?” Marinette che stava versando il thè si distrasse, rovesciando parte del liquido sulla tovaglietta, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della corvina: “Finiscila! È solo una banale infreddatura. Non dovevo vestire leggera per recarmi al mercato l’altra settimana.” Si versò il thè e prese il vasetto di miele.

“Sarà.” Rispose allusiva, dal canto suo Marinette la ignorò, e dopo essersi sistemata meglio sulla sedia non ed soffiò sulla bevanda e la sorseggiò appena.
“Sei ancora in pena per lui?” – La corvina annuì, non aveva senso negarlo, tanto Alya se ne sarebbe accorta comunque – “Un po’, infondo è lontano da così tanto tempo. ” Si portò nuovamente la tazzina alle labbra, sospirò, era sincera pur non conoscendo i dettagli del suo allontanamento si era informata, le avevano detto che avevano trascorso il natale in Inghilterra dalla sorella di madame Agreste per un motivo non meglio noto.

Stava di fatto che da un giorno all’altro e con una certa fetta tutta la famiglia era partita, e nessuno sapeva quando sarebbero rientrati.
A parte ciò lei stessa non poteva però lamentarsi di aver trascorso delle brutte feste, au contraire se mai.

Quello che avevano trascorso era il più bel Natale che ricordasse, non avevano mai festeggiato in maniera così ricca e sfarzosa, e il tradizionale ballo a corte era stato, come sempre, un momento magico. Purtroppo però non era riuscita a godersele come desiderava a causa dell’assenza di una persona, anzi di due, Adrien in visita ai suoi parenti oltre manica e il suo chevalier en noir lontano anch’egli nel nord. Solo lei era rimasta li, da sola, se pur relativamente invero, perché i suoi affetti le erano sempre rimasti accanto senza farle mancare mai niente.

Avevano trascorso un natale fantastico lei, la sua famiglia e tutto il personale di servizio che infondo altro non erano che una grande famiglia. La mattina di Natale, Alya l’aveva svegliata e insieme erano scese nel salone principale per scartare i regali posti vicino al caminetto, neanche a dirlo, Ella ed Etta le avevano precedute aprendo in anticipo i loro regali. Marinette era scesa in salone ancora in chemise e robe de nuit incurante di tutto e aveva scartato i regali insieme alla sua amica, poi era entrata sua madre con un pacco di dimensioni notevoli che aveva attirato subito l’attenzione di tutte e quattro: “Questo bambine mie è un regalo speciale.” Aveva detto la madre con il suo solito tono dolce e amorevole, e quando un volta adagiato il pacco a terra tutte e quattro avevano immediatamente circondato il pacco: “Che cos’è? Che cos’è?” avevano chiesto in coro le gemelle.

Senza troppe cerimonie Alya aveva scoperchiato il regalo - insolitamente non chiuso dal nastro -  e subito un vivace latrato aveva rotto il silenzio della stanza, sul fondo dello scatolone vi zampettava un piccolo e vivace cagnolino: Oh mon Dieu, c'est tres adorable.Marinette aveva preso in braccio per prima quella che si era poi rivelata essere un’adorabile cagnolina: “Maman, è bellissima! Grazie!” – “È stata un’idea di tuo padre, ti ha vista giù di morale e ha pensato che una cagnolina potesse allietarti ulteriormente le giornate. È una di quelle razze che dovrebbero restare piccoline, così potrete badare a lei più facilmente, e mi sembra superfluo dire che potrete giocarci tutte. Ma dovrete anche educarla.” Le bambine esultarono, mentre le due giovani annuirono più coscienziose: “Ora tesoro mio vatti a vestire, tuo padre ci attende per la colazione, così potrai ringraziare anche lui.”     

Sorrise ripensando a quella mattina e alla cagnolina che al momento si trovava in giardino assieme a Mylène, sorseggiò dalla tazzina era felice in tutta onestà sarebbe stata un’ipocrita nel dire il contrario, ma quella era l’unica piccola ombra: “Piuttosto, col tuo spasimante come sta andando?” Alya sorrise maliziosa a quella domanda: “Molto bene, è spesso alla locanda e…” -  “E?” – “E niente, parliamo molto ed è sempre tanto galante.” Dalla tasca estrasse un braccialetto in doppio filo di perle e lo mostrò alla sua amica.

“Ma è meraviglioso!” – “Lo so, me lo ha regalato dopo capodanno, non lo indosso mai per sicurezza e perché non è esattamente l’ideale per fare le pulizie e portare i vassoi.”
Touché  pensò Marinette sorridendole: “È davvero stupendo.” Era contenta che la sua amica sperimentasse il corteggiamento di un uomo, però era giusto che fosse a conoscenza dei potenziali rischi, ma lei come amica poteva solo augurarle il meglio e qualche piccolo accorgimento.
Al resto ci avrebbe pensato sua madre.

 

****

 
Con un fluido movimento del braccio Luka fece scivolare l’archetto sulle corde perfettamente tese del suo fidato violino.
Quello era il momento della giornata che preferiva, il tempo che trascorreva in compagnia del suo strumento a esercitarsi con le arie e le scale musicali mentre fuori la neve scendeva copiosa in quella fredda giornata di Gennaio.
 
L’unico altro suono in quella stanza era il crepitio del fuoco nel camino, che diffondeva un soffice tepore intorno a lui, cosa che lo aiutava a concentrarsi nell’esecuzione di quel brano.
Anche se si trattava di una melodia piuttosto semplice e che aveva già eseguito decine di volte necessitava comunque di concentrazione perché sapeva che se si fosse distratto la sua mano avrebbe mosso l’archetto e la melodia sarebbe cambiata.
 
Da quasi un anno ormai nella sua vita era entrata una persona speciale che aveva dato nuova linfa al suo estro musicale, infatti da allora si sentiva diverso, e di conseguenza anche la sua musica era cambiata, parimenti il padre ci aveva fatto caso durante il concerto di capodanno quando avevano suonato - come da tradizione – alla festa per l’inizio del nuovo anno.
Questi infatti non l’aveva ammesso, ma lui sapeva che era grazie alla sua esibizione che il padre l’aveva congedato in anticipo, ma quello che l’uomo ignorava era che il merito era da attribuire ad una tanto piccola quanto graziosa nuvola di taffetà verde, che aveva avuto l’immenso piacere di osservare mentre volteggiava per tutto il tempo in cui era stato sul palco, non le aveva staccato gli occhi di dosso e, non appena ne aveva avuto l’opportunità si era totalmente dedicato a lei.
 
Sfortunatamente quel nanerottolo viziato di Agreste non era presente, sapeva che l’avrebbe infastidito molto vederlo danzare con mademoiselle Dupain, sapeva bene infatti quanto quel ratto fosse in realtà invaghito della giovane, non gli erano infatti sfuggiti gli sguardi di fuoco che il biondo gli aveva riservato nei mesi estivi, ogni volta che vedeva la bella moretta trascorrere del tempo con lui.   
Ma se trascorreva del tempo con lei non era solo per infastidire quello sbrindellone, che doveva ammettere gli dava una certa soddisfazione, ma provava un sincero interesse per la fanciulla, e da quanto gli sembrava anche lei gradiva la sua compagnia, e lui ne era sinceramente affascinato e piacevolmente intrigato da lei.
I suoi profondi occhi blu rivelavano un animo puro e sincero, in poche parole cristallino così come i suoi splendidi occhi.

Il suo era un spirito vivace e spensierato oltre ad essere un’ottima compagnia, non solo per se, ma innanzi tutto per la sorella che al contrario aveva un tendenza ad incupirsi, Marinette era una delle poche che riuscivano nella non facile impresa di farla sorridere.

Da quando la loro madre li aveva abbandonati, ormai otto anni addietro Juleka si era chiusa a riccio e per un lungo periodo di tempo, rifiutandosi totalmente di proferire parola, inoltre l’eccessiva rigidità di loro padre non le aveva di certo giovato.
Lui le era stato accanto durante i momenti più bui, confortandola, seguendola e cercando di contenere i suoi attacchi di melanconia, che fortunatamente stavano diventando sempre più sporadici, comportandosi da bravo fratello maggiore, e fortunatamente anche la presenza costante di mademoiselle DeLavillant aveva agevolato la ripresa di Juls.
 
Ed ultima, ma non per questo meno importante, la dolce Marinette aveva portato l’allegria nel loro delizioso gruppetto.
Era sinceramente contento di quella loro amicizia, la spensieratezza e l’allegria che traspariva dalla bella moretta ridava colore non solo alle giornate di sua sorella, ma anche alle sue.
Ne era rimasto incantato già durante il loro primo incontro, nei giardini della reggia al suo ritorno da Salisburgo, quasi un anno addietro e da allora era stato un crescendo, avevano trascorso degli splendidi momenti assieme, tra conversazioni e piacevoli passeggiate nelle oasi della reggia, in cui l’aveva scrutata giocare nelle fontane in estate assieme alle sue amiche.
 
L’aveva osservata a lungo in ogni momento che avevano trascorso assieme,  i capelli neri come il cielo prima di una perfetta tempesta, la risata cristallina e spontanea, i suoi grandi occhioni azzurri ridenti e gioiosi che si stupivano anche solo delle piccole cose:Regardez monsieur, non è meraviglioso?” gli aveva domandato un giorno mentre osservavano un timido arcobaleno che faceva capolino dalle acque gettate in alto da una delle fontane della reggia.
Ma per lui lo spettacolo più bello non era il gioco di luce e acqua ma le scintille che sprigionavano i suoi occhi. La porta si aprì e Luka interruppe la sua esercitazione: “Vedo con piacere che ti stai esercitando.” – “Oui père.” Disse laconico il giovane in risposta al genitore: “Ora vieni, tua sorella sta arrivando, prenderemo il thè con il duca di Compiegne per trattare gli ultimi dettagli del suo fidanzamento.”
 
‘Cos…?’
“Ma padre…” – “Niente ma, ti aspetto tra meno di cinque minuti nell’anticamera della mia stanza, non mi aspetto di sentire una tua opinione, voglio solo la tua presenza.”
Il padre si congedò, lasciando il ragazzo amareggiato.
 

****

 
 
*La principessa Anna Maria di Spagna fu la prima promessa sposa di Luigi XV, a soli quattro anni venne spedita a Versailles per sposare il futuro re, ma a causa della sua giovane età venne rimandata a casa in breve tempo.
 
** Honey in inglese ha una doppia valenza, indica sia il miele ma è usato anche per dire semplicemente “tesoro” in senso affettuoso.
 
*** Principe di sangue - prince du sang - = uno dei titoli più alti utilizzati nella gerarchia sociale francese di Ancien regime, si fregiavano di questo titolo i discendenti di linea maschile del re, che però non rientravano nella cerchia ristretta dei parenti e infatti nella scala gerarchica venivano subito dopo i fratelli/sorelle e cugini di primo grado del sovrano.
 
Convenevoli finali:
 
Eccomi qui, dopo mesi di silenzio sono resuscitata, se siete arrivati a leggere fino a questo punto vuol dire che vi ricordate ancora della vostra Starfallen e siete rimasti con me nonostane la mia luuuunga assenza.
Con questo nuovo capitolo dal sapore post natalizio - anche se un po’ malinconico che non ha esattamente il sapore estivo, altro motivo per cui ho deciso di aspettare a pubblicare, l’altro è che sto continuando la stesura degli altri capitoli per portarmi avanti e alcuni mi stanno davvero richiedendo tanto impegno – e nel mio periodo di pausa non ho praticamente toccato il pc e anche ricopiare le cose da carta richiede tempo e soprattutto un computer disponibile.
 
Ma bando alle ciance, spero di essermi fatta perdonare per la lunga e interminabile attesa con un capitolo bello ricco se non di novità almeno di sentimenti e di pensieri dei nostri amati protagonisti, tra cui come avete notato c’è una new entry nei POV, che prossimamente ci renderà nuovamente partecipi della sua vita.
Fatemi sapere cosa ne pensati nei commenti, ringrazio chiunque arriverà fin qui e recensirà.
Io vi abbraccio tutti dal primo all'ultimo e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Joyeux carnaval ***


Giorno di Carnevale 1782

 
‘Che incanto! Sto tornando a casa per la festa più bella dell’anno!!!’ Chloé non riusciva a pensare ad altro da quando la carrozza di Juliette era giunta al convento a prenderle per condurle a palazzo.
Quella sera si sarebbe tenuto l’annuale ballo in maschera di carnevale, erano entrambe così emozionate, soprattutto la bionda considerato che l’anno passato non vi aveva potuto partecipare perché i suoi si erano scordati di dirle il giorno, farle prendere le misure per il vestito e di mandare la carrozza al convento per portarla a destinazione.
Ma quest’anno le cosa sarebbero andate diversamente, e sicuramente meglio! 
Man mano che la carrozza percorreva le vie della città verso la loro meta, la bionda sentiva al contempo la gioia crescere dentro di lei e lo stomaco chiudersi: “Ehi, tutto bene?” Juliette le mise una sulle sue che teneva strette in grembo, a quel contatto si riscosse: “Oui mon amie!Stavo solo pensando a quanto ci divertiremo stasera!!” – rise euforica la ragazza, seguita a ruota dalla sua amica – “Vedrai stasera brilleremo alla festa, aspetta di vedere il tuo abito!” – “Oh Juliette, non so davvero come ringraziarti.” – “E per cosa?” le strizzò un occhio complice.
Le era infinitamente grata di averla fatta chiamare il giorno in cui erano state mandate le sarte della modista a prenderle le misure per il suo abito e per decidere le stoffe.
Insieme avevano deciso tutto del suo vestito, dal modello agli accessori più adeguati, poi Juliette aveva esordito: “Ora ma chérie, è il tuo turno. Sceglieremo insieme Ogni. Singolo. Dettaglio.” A quelle parole entrambe avevano gioito pienamente in quel momento.  
E doveva dire che visto il risultato finale poteva ritenersi davvero soddisfatta!
Ora il risultato dei loro sforzi erano pronti e attendevano solo il loro arrivo a palazzo.
“Non vedo l’ora di essere a casa, una volta a casa ci prepareremo per una delle serate più fenomenali dell’anno!” – “E l’aspetto migliore è che questa volta ci sarà anche Adrien!”A Chloé scappòuna risatina eccitata, finalmente avrebbe rivisto il suo promesso fuori da quel penitenziario religioso, avrebbero potuto passeggiare insieme da soli e magari anche amoreggiare un pochino senza l’ingombrante presenza di qualche suora, non come  era successo qualche settimana prima, quando lui e sua madre erano andati a farle visita.

Emilie li aveva lasciati soli a passeggiare nel chiostro, mentre lei si era recata nella cappella presumibilmente a pregare, così da poter lasciare loro un po’ di tempo da trascorrere insieme. Avevano chiacchierato, tanto, troppo per i suoi gusti e Adrien si era comportato da vero gentiluomo passeggiando con lei a braccetto, ma poi si era stancata di quelle effimere prudenze e aveva preso l’iniziativa.   
In meno di un istante gli aveva gettato le braccia al collo, lui per la sorpresa aveva indietreggiato di qualche passo ritrovandosi con le spalle al muro, mettendole audacemente le mani sui fianchi e quando aveva provato a baciarlo e proprio sul più bello: Mademoiselle Bourgeois! Per l’amor di Dio un po’ di contegno!”l’irritante voce di suor Suzanne li interruppe bruscamente, Chloé si staccò riservando  un’occhiata di fuoco a quell’irritante di suor Suzanne: “Siamo in un luogo sacro, e voi lo state profanando con il vostro comportamento da peccaminosi fornicatori!” – “Sorella non è come sembra…” – “Silance!” –aveva detto quella nevrotica finta moralista – “Mi meraviglio di voi monsieur, discuterò con vostra madre del vostro comportamento da immorale scostumato.Con voi mademoiselle faremo i conti dopo.” E così dicendo si era allontanata, ormai l’atmosfera l’aveva rovinata, in più come punizione le erano toccate dieci bacchettate e pulire la mensa per una settimana.
 
Ma quella sera sarebbe filato tutto liscio, sorrise rigirandosi tra le mani i foglietti che, come avevano segretamente concordato lei ed Emilie, sarebbe passata a prendere nel pomeriggio per consegnarli a chi di dovere, così quella sera Adrien – oltre a godere di tutte le mirabolanti stravaganze che sarebbero state sicuramente presenti alla festa – avrebbe anche ricevuto un premio speciale.
Era al settimo cielo: “Juliette, mi terresti questi?” – Disse porgendo i foglietti alla sua amica per abbassare il finestrino dell’abitacolo per cambiare l’aria - “Cosa sono?” – “Un gioco speciale, ideato apposta per Adrien, una caccia al tesoro per la precisione.” – “E come funziona?” – “Semplice, comincerà con un indizio che lo condurrà da una dama che gli consegnerà l’indizio successivo. E se mi troverà entro mezzanotte avrà il suo premio.” - “E quale sarebbe” Chiese alzando un sopracciglio, un sorriso furbo e allusivo si dipinse sul volto della bionda che cominciò a ridacchiare, seguita a ruota dalla sua amica. 
“Sua madre si è offerta di aiutarmi con la distribuzione, ma vorrei che fossi tu a consegnarli l’ultimo indizio amica mia.” Estrasse l’ultimo biglietto del mucchio e lo diede a Juliette: “Sarà un vero onore per me majestè!”Disse accennando una riverenza, che fece ridere entrambe 
Per una volta le cose stavano andando per il meglio, si sporse dal finestrino felice di poter respirare l’aria della libertà quando d’un tratto scorse una figura che, se pur lontana riconobbe essere quella smorfiosa finta nobile di mademoiselle Dupain, vestita come una sguattera che passeggiava assieme a un’altra poveraccia sicuramente amica sua. In un lampo ebbe un’idea, rientrò nell’abitacolo chiudendo il finestrino e aprì lo sportellino per dare direttive al cocchiere: Monsieur, spostatevi più sulla destra per cortesia, c’è una cosa che voglio vedere meglio.” – “Oui mademoiselle.”
 
La bionda richiuse il portellino e cominciò a sogghignare.
“Perché stai ridendo?” – “Tra poco capirai.” Rispose la bionda con un sorriso furbo stampato sul viso, mentre la carrozza oscillava a ritmo delle buche, poi dopo un paio di metri presero una buca più profonda e degli schizzi di fango si alzarono insieme ad un vociare di due fanciulle. 
Chloé rise trionfale, con estrema velocità abbassò il finestrino e si sporse: “Ecco l’unico posto adatto a quelle come te Dupain, vedi di non dimenticarlo!” urlò velenosa mentre si allontanavano, lasciando le due giovani zuppe di fango.
 
 

˜

 
Finalmente era a casa sua, nelle sue stanze e nella sua vasca, con solo parte dei soi lunghi capelli biondi immersi, anche se l’acqua stava cominciando a freddarsi nonostante il camino acceso, si strinse nella chemisee suonò il campanello poggiato sul tavolino lì accanto a lei. Dopo una manciata di secondi entrarono Sabrina e altre due domestiche che portavano il telo, Chloé allungò semplicemente un braccio e Sabrina la fece uscire aiutandola a non scivolare mentre le altre due l’avvolsero nel telo per non farle prendere freddo. 
Si sedette vicino al fuoco per riscaldarsi, e lasciò che le domestiche preparassero a dovere l’abito che avrebbe indossato.
Emilie sarebbe arrivata a minuti, perciò intimò alle domestiche di sbrigarsi a renderla presentabile nel più breve tempo possibile.
Una di loro la spogliò della camiciola bagnata usata per il bagno, tamponò ancora il suo corpo con il telo di lino per poi fargliene indossare una di seta, mentre un’altra si adoperava per asciugarle i lunghi capelli biondi spazzolandoli per poi asciugarli, mentre Sabrina le infilava le calze di raso e le scarpette di satin con fibbia in madreperla.   
 
“Sei davvero sicura che questo sia ciò che vuoi? Non vorrei essere indiscreta ma non credo sia una buona idea, soprattutto nella tua condizione.” Le parole di Juliette rimbombavano solerti nelle sue orecchie, forse aveva fatto male a condividere con lei le sue intenzioni di giacere con Adrien al termine di quella sera. Si era confidata sperando che la sua amica fosse contenta per lei e che oltre al suo supporto le avrebbe dato qualche consiglio sul come comportarsi in modo opportuno con Adrien dato che la ragazza aveva un po’ più di esperienza, se pur non completa, ma a quanto pare avrebbe dovuto fare da se e improvvisare. 
In fondo di che si stupiva? Non poteva mica aspettarsi davvero che Juliette la capisse, nonostante lei fosse ormai una fanciulla pronta per il matrimonio, i suoi genitori non avevano ancora scelto un partito per lei.
In fondo, non si dice mica che chi possiede il pane sia solitamente sprovvisto di denti?’ ridacchiò appena per quel suo innocente pensiero perfido, anche se le dispiaceva fosse rivolto proprio a Juliette, ma né lei né nessun altro l’avrebbe distolta dai suoi intenti.
“Mademoiselle.” - Jean Michelentrò nella sua stanza mentre era dietro il paravento – “Madame Agresteè qui.” – “Bene, le dica di aspettare un minuto, finito di vestirmi potrò riceverla.” 

Dépêchez-vous! È irrispettoso far attendere una dama del lignaggio di madame Agreste.

Intimò alle sue domestiche di far presto: “E Sabrina! Prendi i bigliettini che sono nello scrittoio.” Si slaccio il collarino a cui teneva legata la chiave dello scrittoio e la consegnò a Sabrina che eseguì il suo ordine.
Quando finalmente Sabrina sistemò l’ultimo spillone sulla sua acconciatura, decise di che era ufficialmente pronta: “Basta così.” Disse alzandosi dalla sedia davanti al tavolo da toletta: Vous pouvex aller, dite amadame Agreste che sarò subito da lei!” 
Le domestiche presero congedo da lei, che restò ancora per qualche secondo a fissare la propria immagine riflessa nello specchio poi lanciò una rapida occhiata all’armadio, in cui era chiuso il suo prezioso vestito, sorrise poi prese i bigliettini con su gli indizi e si incamminò verso l’anticamera, dove l’attendeva madame Emilie. 
 
         

˜

 
Tutto era pronto, la serata si illustrava una delle più spettacolari serate dell’anno. Eccezion fatta per le feste natalizie e il suo compleanno, quella di carnevale era la sua preferita!
La serata era ricca di lusso e mistero dato che chiunque poteva essere chi voleva. Un personaggio del passato, l’ultimo oggetto di un pettegolezzo o qualche re dell’oriente.
Lei aveva optato per una cosa semplice – ovviamente il suosemplice – era un modello à la française in broccato di seta color dente di leone, le rouches in satin nero incorniciavano il pettino color bombo decorato con splendidi decori sempre neri, per ostentare la sua ricchezza.
Ridacchiò appena nel pensare a quanto fossero ridicoli certi nomi che la modista Bertin dava ai colori del suo campionario, ma dopo il “color pulce” nessun altro l’avrebbe più stupita.
 
Mademoiselle,per cortesia non muovervi troppo o rischierete di farvi male.” Sabrina le stava sistemando la splendida aigretteregalatale da suo padre per Natale, un sottile filo d’argento che s’incastrava tra i capelli, con al centro un topazio grande quasi quanto il Bleu de France*,e sulla parte alta svettava una finta piuma in ossidiana che si diramava perfettamente, dando quasi l’impressione di sostenere la sua acconciatura .
Sorrise ammirandosi allo specchio, era splendida, ma voleva l’approvazione dell’unico uomo che sapeva, non l’avrebbe mai delusa.
Quando Sabrina terminò il suo operato, la bionda allungò elegantemente un braccio: Masque.”– disse semplicemente, ma ciò bastò affinché Sabrina eseguì il suo comando.
Non appena fu pronta si diresse negli appartamenti dei suoi genitori, voleva sentirsi dire quanto fosse bella da suo padre, sapeva che lui non le avrebbe mai mentito. 
Era nei loro appartamenti, loro erano li, sentiva chiaramente il loro vociare e i toni le erano parsi particolarmente accesi.
Si stava apprestando a bussare quando udì distintamente le parole del padre: “Cercate di limitarvi al tavolo da gioco. A causa di questo vostro viziaccio risciamo la rovina!” – “Non è certamente mia la colpa, siete voi che state dilapidando il nostro patrimonio per accontentare i ridicoli e pacchiani capricci della vostra maîtresse!”– “Le spese per i capricci di Margrethe mi costano un decimo del vostro mantenimento madame! Per non parlare di quelle del vostro sigisbee**!
Chloé rimase basita nel sentire quella discussione, con la mano a pochi centimetri dal pomello, non riusciva a toccarlo perché quella rivelazione l’aveva colta totalmente alla sprovvista.
Era a conoscenza che i rapporti tra i suoi non erano idilliaci, il loro non era certo un matrimonio d’amore, quanto più di convenienza, ma credeva che con quasi vent’anni di matrimonio una scintilla d’amore fosse zampillato. Ma a quanto pareva le cose erano molto diverse non riusciva a credere quanto fossero ai ferri corti.
In cuor suo si chiedeva se questo era il destino che attendeva lei e Adrien.
Non ebbe modo di rischiarare i suoi dubbi, perché la porta della stanza si aprì, e vi apparvero i suoi genitori: “E tu che diavolo ci fai qui Colette? Origliare è da volgari villani, in che lingua…” – “Vedete di tacere madame.” –suo padre intervenne più imperativo che mai, tanto che la sua stessa madre tacque all’istante e si scostò per far passare l’imponente figura di Andrè Bourgeois– “Chloé, sei assolutamente deliziosa, sarai senza dubbio la più bella questa sera.” 
Disse monsieur Bourgeois:“Ora andiamo, non tergiversiamo oltre.”  
 
 

˜

 
Qu'est-ce qu'il fout?Perché non cerca gli indizi che gli ho lasciato?’ Chloè sventolava nervosamente il ventaglio mentre sbirciava il suo innamorato che si guadava intorno come alla ricerca di qualcosa, ma cosa di grazia? 
Era circa un quarto d’ora che aveva deciso di fermarsi, aveva ballato molto  - e non solo -, quella sera nell’attesa che Adrien la raggiungesse. Sperava che riuscisse ad individuarla già verso metà della serata, quando si trovava al tavolo a giocare al faraone*** con Juliette e alcuni giovanotti che avevano rivolto avancesmolto audaci sia a lei che a mademoisellede Claujère, inutile dire che erano stati prontamente respinti, anche perché lei quella sera sarebbe stata di un solo uomo. 
 
Poi lei aveva deciso di abbandonare il tavolo, un pò per noia e soprattutto dopo la quarta mano sfortunata aveva ritenuto opportuno alzarsi, lasciando l’amica che aveva preferito trattenersi al tavolo da gioco visto che la fortuna era dalla sua parte.
Lei invece aveva preferito dilettarsi con altro, aveva cambiato più tavoli da gioco, passando dalla rouletteal machiavelli vincendo una piccola fortuna, osservato estasiata i giocolieri russi che erano stati invitati a corte.
Adrien ora stava finalmente parlando con mademoiselle De Moralle, che gli avrebbe dato il primo indizio, trasse un sospiro di sollievo, decise di fare un giro della sala e di godere ancora un pò delle stravaganze che la festa offriva.
Mancavano circa quaranta minuti alla mezzanotte, e visto che Adrien stava tardando poteva concedersi un’ultima piccola evasione, tra le mille maestose distrazioni l’istinto la condusse alla stanza che era stata riservata alla cartomante da cui si sarebbe fatta predire il futuro, sicuramente si sarebbe stupita anche lei della radiosità che questo emanava.
“Bonjour medamoiselle.” – disse la donna, era una vecchia, probabilmente una zingara racimolata da chissà dove, la stanza era stata oscurata e satura di fumo dall’odore di quella che pareva salvia, solo una candela su di un piatto coperta solo da un coperchio forato faceva luce nella stanza creando una piacevole atmosfera.
“Immagino che siate qui per conoscere le sorti del vostro imminente matrimonio.”La bionda sbarrò gli occhi stupita e annuì incredula: “Oui madame, vorrei sapere quanto presto avverrà, e quando finalmente il mio fidanzato... sarà ufficialmente mio marito.” 
 
Vide la donna corrucciare la fronte, prese un enorme mazzo di carte e le mescolò. Dopo alcuni secondi stese davanti a lei tre care coperte, non stava più nella pelle per la curiosità, chissà quali sorprese le avrebbe riservato il destino. Per l’impazienza afferrò una carta, stava per girarla quando la donna colpì appena la mano malandrina: “Ma come osa? Lo sa chi sono io?” – “So chi voi siete mademoiselleBourgeois! Ma è bene che impariate ad aspettare.– la bionda si bloccò e ritrasse la mano leggermente intimorita.
Vide la donna accendere dei rametti di salvia, l’aria stava diventando irrespirabile si portò il fazzoletto al naso per cercare di filtrare l’aria: Allor, voyons ce que les cartes ont à nous dire! Girò la prima carta che raffigurava una giovane coppia che veniva presumibilmente unita in matrimonio e in alto un cupido: “Gli amanti.” Disse la cartomante, ma era girata al contrario.

“Bisogna raddrizzarla, non ha senso che stia così.” – “Mi permetta mademoiselle, le carte hanno tutte un loro significato, anche nel modo in cui escono durante la stesa.” – “E dunque? Messa così cosa predice?” – “Un’unione infausta, in cui non sono da escludere infelicità delle parti, tradimento se non persino la rottura del legame.” Chloè estrasse il ventaglio e cominciò a sventolarsi: Il nes pas possible! Mon fiancé…” S’interruppe da sola, non credendo possibile una cosa del genere e al contempo sentendo un peso non indifferente al cuore che non la rassicurava affatto.
D’accord, procediamo!” disse tentando di mascherare la sua angoscia spostando l’attenzione sulla seconda carta che rivelò le parve meno nefasta.

Una figura di donna alata che ergeva con un braccio uno scettro, troneggiava su di una ruota che per quanto statica portava sia in alto quanto in basso.
“La roue de la fortune mademoiselle, indica che la fortuna non è casuale e che una situazione si può sbloccare, che non tutto è perduto e che c’è un progresso in corso; può anche significare che esiste una novità, un’occasione per cambiare le cose, per ricominciare. Può suggerire di essere decisi nel cogliere al volo l’opportunità che si presenta oppure un’avventura alle porte o ancora una vincita.” – Chloè quasi scoppiò a ridere in faccia alla cartomante, ma con chi credeva di avere a che fare? Sapeva chi era e chi erano i suoi genitori? “Cos’altro può migliorare? Dovrebbe saperlo anche lei che la mia vita è perfetta!” – “Mademoiselle, rammentate che la fortuna gira, e ciò che sta in alto prima o poi deve scendere.”
Il perché quella frase le mise le mise addosso una sensazione angosciante ed opprimente Chloé non seppe spiegarselo, per scacciare quel senso d’inquietudine ordinò alla cartomante di proseguire con la lettura dell’ultima carta.
Ormai quella ridicola sessione di lettura era – fortunatamente – quasi terminata, ben presto sarebbe uscita da lì per recarsi dal suo Adrien che ormai doveva essere sulle sue tracce e lei diventava sempre più impaziente, lo voleva.
Quando la donna girò la carta la raffigurazione le parve molto inquietante, un teschio rosso, come un demone dell’inferno, falciava il terreno su cui passava, ove erano riverse teste, mani e piedi di chissà quali sventurati individui: “Non temete mademoiselle, per quanto inquietante questa carta è positiva. Specie perché non è rivolta al contrario.”
 
Chloé deglutì a vuoto: ‘Qual giubilo, la morte una carta positiva!’ pensò nervosa ricominciando a sventolarsi: “Questa carta indica una prova iniziatica, un cambiamento mediante cui avverrà una conseguente rinascita.” – “Ma di grazia, tutto questo cos’ha a che fare con la mia situazione sentimentale? Vuol dire che il mio fidanzamento è imminente?” – la cartomante esibì una faccia che non le fece presagire bene. – “ In amore si traduce con un drastico cambiamento .” – “QUANTO DRASTICO?! ME LO DICA IMMEDIATAMENTE!”Sbraitò tanto seccata quanto contrariata.
La donna però restò impassibile e proseguì con la sua spiegazione sulla carta: “Può indicare una rottura, una separazione o un cambiamento di vita che magari è già in atto e che trova il suo apice.”
Chloè si sedette di peso sulla sedia quando udì quelle ultime parole e cercò di ridarsi un contegno e quando si riebbe ringraziò la cartomante e uscì dalla stanza amareggiata e per niente soddisfatta di quell’esperienza.
E la cosa non migliorò quando tornò in sala perché di Adrien non vi era la ben che minima traccia, ora alla mezzanotte mancavano appena una decina di minuti, ormai non né poteva più, decise di prendere la situazione in mano e di andare a cercarlo. A costo di battere a tappeto l’intero perimetro della reggia e sollevare ogni maschera l’avrebbe trovato.
“Dix, neuf, huit, seept, six, cinq, quatre, trois, deux, uuune!! Minuit! Baisse les masques!” 
Mezzanotte, il momento in cui le maschere cadono era arrivato, e di Adrien nemmeno l’ombra, Chloé si slego la maschera tentando di trattenere le lacrime, dove diavolo si era cacciato? 
Stava per entrare nell’ennesima stanza messa a disposizione per la festa quando Juliette la bloccò: “Juliette, quest – ce que vous faites?” –“Ti… ti devo parlare.” – “Non ho tempo sto cercando Adri…” – “Adrien è con un’altra.” 
Chloé sbatté le palpebre a ripetizione una decina di volte come a cercare metabolizzare le parole di Juliette, che non era del tutto certa aver udito: “De quelle manière? ” – “Nel senso che l’ho visto, era appartato sulla terrazza, con qui connaissez-vous.” La bionda ci mise qualche istante a realizzare ma quando nella sua testa si palesò la soluzione cominciò a sentire dentro di se la rabbia che montava.

“Hai… hai visto cosa stavano facendo…?” chiese a fatica, tremante e livida di rabbia, non solo Adrien non si era preoccupato di cercarla, ma aveva preferito passare la serata con quella poveraccia: “Non né ho idea, ero distante ma ho visto distintamente Adrien mostrarle l’anello di sua madre e lei indossarlo.”   
A quelle parole la compostezza a cui la ragazza aveva tanto disperatamente fatto appello crollò, come un castello di carta, le lacrime cominciarono a rigarle copiose il viso, creando solchi nella patina di cerussa che si era fatta applicare con meticolosità ore prima.

In un impeto di rabbia buttò a terra il ventaglio e corse via in direzione dei giardini ignorando apertamente Juliette. 
 

˜

 
Quando rientrò nei suoi appartamenti era ancora in lacrime, quello che aveva fatto l’aveva fatta sentire meglio, ma non a sufficienza da farle dimenticare il totale fallimento di quella sera. 
Adrien non si era minimamente interessata a quello che lei aveva preparato, preferendo le moine di quella sciacquetta, almeno si era potuta vendicare in qualche modo. Si gettò sul letto incurante sia del trucco che del vestito, si addormentò quasi subito, tra le lacrime.
 
Qualche ora più tardi quando cominciava ad albeggiare Chloé venne svegliata da delle grida:“Siete una sciagurata! Avete idea di quanto avete perso questa sera con il vostro maledetto vizio?” – “Siete solo un ipocrita! Accusate me quando voi stesso avete fatto di peggio!”
Erano i suoi genitori, probabilmente stavano rientrando in quel momento: “Non osate madame! Vi siete giocata alla roulettetutti i terreni nei pressi di Agen!” 
Suo padre era furioso lo avvertiva distintamente: “Suvvia, quanto la fate tragica monsieur, quei terreni erano oramai a un decimo del loro rendimento.” – “Quelli erano gli appezzamenti nella Linguadoca stupida oca!” – “Come osate…” – “Oso, mia cara, perché se dovesse fallire l’affare americano, che vi ricordo non essere una questione ancora in corso, e Dio solo sa se ne vedremo la conclusione, rischiate di dover vedere tutte le vostre belle cose messe all’asta! Non solo vi consiglio, visto quanto amate gli abiti della Bertin, di cercare un posto come sarta, nonostante le vostre abilità siano alquanto mediocri. Perciò da oggi vi proibisco di sedervi al tavolo da gioco”  
 
A quelle parole sua madre s’indignò: “Voi non potete…” un colpo secco seguito da un tonfo sordo spezzò le urla isteriche della donna. 
“Sapete che odio farlo, ma madamevoi state tirando troppo la corda, e prima o poi si spezzerà.”
Chloè, precedentemente alzatasi dal letto per origliare meglio la conversazione sbarrò gli occhi incredula. Non aveva mai visto suo padre alzare le mani in quel modo e ne fu spaventata, dopo che lo vide – e sentì -  chiudersi la porta alle spalle si scostò dalla sua porta si slacciò alla bell e meglio il vestito e la biancheria, abbandonandoli poi sul pavimento, si sciacquò il viso, si risistemò nel letto e tornò a dormire. 
 
 

**** 

 
Quella mattina si era svegliato particolarmente tardi, perché era nuovamente rincasato a tarda notte a causa del suo rendez-vousgiù in città, anche se andare a trovare Marinette la sera era un piacevole momento di evasione i chilometri che separavano la reggia da casa della giovane purtroppo gli facevano perdere diverso tempo.
“Di che ti lamenti amico? Certo devi farti un bel viaggetto tutte le volte, ma per quel bocconcino ne vale la pena no?”– A quell’affermazione Adrien aveva fatto roteare gli occhi, aveva deciso di parlarne con Nino, magari insieme avrebbero trovato, se non una soluzione, qualcosa di molto simile – “Non è questo il punto Nino. Solitamente trascorro da lei non più di un paio d’ore a sera, perché tra andare e tornare ci metto quasi un’ora e mezza.”Scartò un tris di carte dal suo mazzo.
“Dico solo che se vivesse qui potrei farle visita più facilmente.” – “Certo, potresti introdurti più facilmente nelle sue stanze, mentre si fa il bagno o si sveste per indossare la chemise, oppure la notte per…” – “La vuoi finire con queste allusioni!?” 
Adrien era visibilmente imbarazzato, perché ai suoi occhi non erano di certo sfuggiti i cambiamenti che aveva subito la giovane, e poteva dirlo in tutta franchezza, sembrava più matura di quando l’aveva vista prima di partire, oltre ad essere diventata più graziosa.
“Adrien tesoro.” – la voce di sua madre lo riportò alla realtà, nelle sue stanze e stava provando l’abito che avrebbe indossato quella sera al ballo in maschera organizzato per il carnevale – Monsieur Lefebvreti ha chiesto di voltarti perché così può finire di sistemare l’orlo.” 
Je souis desole monsieur!” Disse il giovane voltandosi sul piedistallo su cui era salito, si guardò allo specchio e ammirò la sua immagine riflessa con il suo nuovo vestito di seta broccata verde acqua, doveva ammettere che nonostante quel colore non lo esaltasse particolarmente, il modello lo risaltava parecchio.
 
Mon choux, questo taglio ti dona veramente molto, peccato che non si possa dire lo stesso del colore…”Disse la donna arricciando le labbra, Adrien la conosceva e quell’espressione significava che non era del tutto convinta dalla sua scelta. 
Ma il suo intento era quello di mandare un messaggio, senza essere riconosciuto era ovvio, era curioso di scoprire se la sua demoisellel’avrebbe distinto con un colore differente dal noir.

La fanciulla era arguta e non dubitava che l’avrebbe riconosciuto: “A cosa stai pensando mon minou? Sei costantemente sovrappensiero oggi.” – “Ma cosa dite maman? Ce n'est pas vrai.” La madre esibì un sorriso furbo e lui decise di abbassare lo sguardo evitando il suo, perché sapeva essere impossibile mentire alla madre.
Monsieur Lefebvreaveva finito con le misurazioni e permise ad Adrien di saltare giù dal piedistallo, quella prova d’abito l’aveva sfiancato e onestamente non aveva voglia di affrontare l’ennesima noiosa giornata: Mon amour, ora purtroppo devo andare. Le mie amiche mi attendono, poi nel pomeriggio passerò da Chloé.” – Emilie si avvicinò lasciando un affettuoso bacio sul capo del figlio. – “Ti lascio alle tue lezioni. A stasera.”

Emilie uscì dalla stanza e Adrien la guardò uscire con un affettuoso sorriso sul volto, sapeva quanto sua madre adorasse passare il tempo con lui, ma non poteva trascurare i suoi impegni con le dame della cerchia della regina, inoltre Sua maestà stravedeva per lei, e come non darle ragione? Sua madre era straordinaria. 
 
La guardò uscire nei giardini, aveva indosso il soprabito per coprirsi dal freddo e salire in carrozza per dirigersi al Trianon.
L’enorme orologio in stile Luigi XV posto sul caminetto cominciò a suonare la sua melodia, segnava le undici.   
‘Miseriaccia! Sono in ritardo per la lezione!’
Non si era reso conto dell’orario. Si era completamente scordato delle lezioni di mademoiselle Sancoeur,difatti era in ritardo per la sua lezione di giurisprudenza. Recuperò infretta la marsina ed il giletper fiondarsi nelle sue stanze sperando di non incorrere nelle ire di suo padre.
 
 

˜

 
Era tornato soddisfatto da quella lezione di scherma, lui e Nino quel giorno  avevano fatto da esempio alle nuove reclute, l’unico suo dispiacere era non essersi potuto rifare la lama su quel viscido di monsier Couffaine.
Il signorino aveva il congedo per le prove, vista la festa imminente considerando che quella era la sua mansione, nonché l’unica ragione per cui si trovava a corte. Quel viscido serpente.  
Ogni volta che lo vedeva in compagnia di Marinette gli montava la rabbia nel petto, infatti si risistemava gli artigli nelle ore di scherma, anche se quel pagliaccio sapeva tenergli testa. Quella sera però mentre quello sarebbe stato impegnato a sviolinare da mediocre menestrello qual era, lui si sarebbe divertito a ballare con lei
Entrò nella sua stanza, le cameriere che attendevano il suo ritorno fecero un profondo inchino al suo arrivo. In una frazione di secondo si alzarono e, operose come le api ognuna fece il proprio dovere, due di loro lo aiutarono a sfilarsi i vestiti mentre le altre si occuparono delle altre mansioni quali, preparargli la brocca per le sue abluzioni dietro al paravento, rigorosamente posizionato nei pressi del caminetto, mentre un’altra di loro posizionava con cura il vestito che avrebbe indossato quella sera, finalmente ultimato e perfetto. ‘Miao Mylady, stasera vedremo se mi riconoscerai.’ Era piacevolmente intrigato da ciò, erano secoli che non andava ad un ballo in maschera. Complice la sua lontananza fisica ed emotiva da svaghi di quel tipo e l’incendio che aveva distrutto il Palays Royal nell’ottobre dell’anno appena concluso, non aveva avuto molte occasioni di prendere parte a balli in maschera.
Perciò quella sera si sarebbe svagato come si conviene, in più la corte sarebbe stata sicuramente ricca delle più svariate forme d’intrattenimento.
 
Si spogliò della camicia girando dietro il paravento, prese la spugna e se la passò sul viso, fronte e sul petto, tutta la spossatezza che provava gli pizzicava piacevolmente sotto la pelle, sì aveva voglia di dormire ma nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione di vederla nell’abito che aveva scelto per la serata, era stata molto misteriosa su cosa avrebbe impersonato quella sera. Ma era certo che sarebbe riuscito a riconoscerla.
Un sorriso gli scappò mentre si asciugava con una pezza di lino: “Monsieur, mi perdoni, tra quanto volete cominciare a vestirvi?” Adrien fissò la cameriera come stupito dalle sue parole, erano ormai le sei e la festa sarebbe iniziata di li a qualche ora: “Ora no, andate pure vi farò chiamare io quando sarà il momento.” Sorrise cordialmente alla ragazza e congedò lei e tutto il personale, voleva stare solo. 
Monsieur.”La vocina di una di loro attirò la sua attenzione: “Vostra madre vi ha lasciato un biglietto.” Adrien guardò il vassoio d’argento su cui vi era un messaggio lasciato da sua madre: “Merci Gaëlle. Lo leggerò quanto prima.”Gaëlle s’inchinò rispettosa, appoggiò il vassoio sul tavolo ed uscì.
  
Solo dopo che cameriere e valletti furono usciti, si allontanò dal paravento e andò a prendere la missiva di sua madre per poi distendersi sul letto ancora a torso nudo, cominciava a sentire le palpebre pesanti, perciò decise di leggere il biglietto lasciatogli dalla madre, poteva essere una comunicazione importante per quella sera o chissà cos’altro:    
 
 
‘Chloé ha in serbo qualcosa di speciale per te, scoprirai di più stasera alla festa, presta attenzione alle stelle in questa magica notte.

                                                                                                                         Bisous maman’ 

 
 
Choé, cosa mai si sarebbe inventata quella sera? Sorrise al pensiero delle sue mille idee, quando erano bambini era sempre lei ad inventare i giochi, con le loro madri – o meglio sua madre – che li guardavano mentre si divertivano. Lui l’aveva sempre assecondata perché, beh erano bambini e in più lui non era mai stato bravo ad inventarsi storie, mentre la ragazza aveva un’inventiva notevole.
Stanco e con le palpebre pesanti poggiò il braccio sulla fronte fissando il vuoto sul soffitto del baldacchino, gli occhi cominciarono a farsi pesanti, magari chiudere gli occhi due minuti gli avrebbe giovato.
 
Stava salendo da uno degli scaloni della reggia, in direzione della Galerie de Glasse. I suoi passi risuonavano ovattati e non riusciva a capirne il motivo, le luci erano fioche e stranamente non vi erano cortigiani che girassero per la reggia.
Arrivò nella galleria anch’essa inspiegabilmente vuota, tranne che per una persona, una gentildonna che si aggirava solitaria al centro della sala, avvolta in un abito rosso che risaltava magnificamente sotto la luce degli immensi candelabri.
Adrien la vide non appena fece il suo ingresso e ne rimase folgorato. Era lei, ed era lì, ormai non sperava più di poterla rivedere.
Si diresse subito verso di lei, deciso più che mai a scoprire chi ci fosse sotto la maschera, dopo che i suoi propositi di scoprire se si trattasse o meno di Marinette erano passati in secondo piano rispetto al voler approfondire il rapporto con la giovane, a discapito del suo progetto iniziale.
 
Più si avvicinava più realizzava che sì, si trattava di lei.
Aumentò subito il passo per raggiungerla facendo aumentare l’echeggio di sottofondo, tant’è che anche la giovane si accorse della sua presenza.
Si voltò a guardarlo con i suoi splendidi occhi azzurri ridenti che si celavano dietro la maschera rossa con decori neri, quando lo vide un sorriso le illuminò il viso e ad Adrien si fermò il cuore per l’emozione.   
La vide voltarsi e cominciare a correre, in direzione degli appartamenti reali, il giovane ne rimase per un istante interdetto ma non esitò ad andarle dietro, era una vita che sperava di rivederla, non se la sarebbe fatta sfuggire tanto facilmente. 

Arrivato nell’anticamera della stanza della regina – anch’essa misteriosamente vuota - lei era lì, adagiata sulla chaise lounge che si sventolava distrattamente col ventaglio, non seppe dire nemmeno lui quale impeto lo colse, mandò al diavolo il suo buon senso e non solo le si avvicinò senza ritegno ma la sovrastò, cominciando ad accarezzarle spudoratamente una gamba: “Non, pas comme ça. Disse suadente come una sirena, gli mise una manina sul petto per scostarlo appena: “Séduit moi.” – ‘Che cosa?’ pensò Adrien del tutto colto alla sprovvista.

Lei si alzò, lasciandolo lì come un allocco: “Scrivetemi lettere, poesie. Oh j’adore les poèmes. Incantatemi con le parole.” Proseguì lei cominciando a spostarti nella stanza, fino a dirigersi verso la porta della stanza da letto - “Seducetemi.” - Continuò sempre più sensuale: “E trovami presto, chaton.” Si chiuse dietro la porta, Adrien disperato si precipitò per riaprire la porta, ma quando l’aprì rimase sconvolto da quanto vide.

Al posto della giovane mascherata vi era una giovane con lunghi capelli neri sciolti lungo la schiena.
‘Marinette’ fu il suo primo pensiero, ma non si sarebbe mai immaginato di avere ragione. Quando la giovane si voltò sbarrò gli occhi e avvampò rendendosi conto che la sua chemise aveva i cordini slacciati: “Adrien?” disse suadente, ma non fece in tempo a voltarsi completamente, perché le porte della camera si sprangarono.

Il biondo cominciò a battere forte i pugni sulle porte per poter entrare, ma nulla.

Adrien si svegliò di soprassalto sentendo i colpi provenire dalla porta, la sua porta, era nella sua stanza sdraiato nella stessa posizione in cui ricordava di essersi appisolato, si mise a sedere e si ricompose:“Avanti.” – “È permess…ma amico, ancora non sei pronto?” – Nino fece il suo ingresso nella camera del ragazzo, Adrien si era completamente dimenticato di avergli promesso che sarebbero andati assieme - “Mi.. mi sono appisolato, ma evidentemente ho dormito troppo.” – poco male, vorrà dire che stasera sarai bello arzillo, e potrai sempre trovare un modo per stancarti.” Ammiccò allusivo il ragazzo, Adrien fece una smorfia, e tirò un cuscino in direzione del moro.
“Manda a chiamare Gaëlle,così mi aiuterà a prepararmi, aspettami di la, ci vediamo tra qualche istante.”  
 
 

˜

 
Quella era davvero una delle più belle serate dell’anno, le maschere che affollavano la sala rendevano l’atmosfera carica di magia e mistero.
La reggia era gremita di cortigiani, che festanti ed ubriachi caricavano l’atmosfera con le risate e flirt più o meno innocenti, lui e Nino erano entrati nel vivo della festa decisi, ognuno a modo proprio, a lasciarsi andare alle più raffinate frivolezze, con contegno, considerando che gli era stato imposto dai suoi genitori – specie suo padre – di partecipare al gioco organizzato da Chloé appositamente per lui, e come gli aveva rivelato sua madre, al termine del quale avrebbe dovuto ufficialmente chiedere la sua mano, donandole l’anello che era stato di sua madre.
In realtà le sue intenzioni erano sì quelle di trovare una fanciulla, ma non si trattava di Chloé, infatti erano ore che si rigirava tra le mani il foglietto contenente un fantomatico indizio che la madre gli aveva consegnato ad inizio serata, infatti il foglietto era tutto stracciato: “Adrien, la smetti? È chiaro che l’unicao cosa che t’interessa veramente questa sera non sono né i giochi da tavola, né gli acrobati, né tantomeno partecipare a questa stupida caccia al ‘tesoro’”. 
Adrien guardò l’amico e si portò l’ennesima coppa alle labbra e bevve un lungo sorso: “Traspare così tanto?” – “Lo vedrebbe anche un mendicante cieco.” Rispose sarcastico Nino.
 
Adrien spostò nuovamente lo sguardo, da dietro la sua maschera i suoi occhi svettavano di continuo in un’unica direzione, verso un punto preciso che non aveva perso di vista per tutta la sera, ma che ancora non aveva avuto il coraggio di avvicinare. 
Marinette aveva appena terminato di danzare una pavane, era incredibilmente graziosa nel suo abito grigio e rosa. Quando diverse ore prima lei e la sua famiglia avevano fatto il loro ingresso in sala, ad Adrien l’aveva riconosciuta subito e nel vederla gli era mancato un battito nel vederla indossare quel vestito, con quel particolare taglio.
Era un abito grigio con i decori del pettino e dei pizzi in rosa, ma la scelta più audace si nascondeva nel modello, infatti anche il suo vestito riprendeva in maniera incredibile lo stile del XVII secolo, l’aveva intuito sia dall’assenza di strutture nella gonna, che dalle spalline basse che si univano deliziosamente al centro del suo petto con quell’intrigante rosa. 
Quando la vide infatti ne rimase folgorato, se avesse ragionato solo con l’istinto sarebbe andato immediatamente da lei per invitarla a ballare, infischiandosene delle regole, delle convenzioni sociali e degli stupidi ed insensati desideri di suo padre, ma sicuramente avrebbe creato non poche polemiche, rischiando di esporla alle malelingue, per tanto si era limitato ad osservarla da lontano.
 
E ora che era finalmente trascorso un lasso adeguato di tempo e le rispettive famiglie sembravano essere adeguatamente distanti, infatti vedeva la madre avvolta in uno splendido abito di raso blu che conversava allegramente con qualcuno dei loro amici, assieme a suo padre. 
‘Bene.’ Pensò nel vedere quella scena: “Allora amico mio, è il momento di cambiare un po’ la musica.” – “Così ti voglio amico. Va e falla tua!” 
Inarcò un sopracciglio contrariato, ma comunque era deciso a trascorrere del tempo con lei, si stava dirigendo verso la sua meta che in quel momento era impegnata a ridere serena con il suo gruppetto di amiche, l’aveva scrutata danzare quasi ammaliato, ma ora era arrivato il suo turno di rubarle un ballo, oppure due. Avrebbe danzato con lei tutta la notte, purtroppo anche in questa circostanza le convenzioni sociali diventavano noiose. Per non sottoporre i due danzatori a pettegolezzi – o peggio all’ira funesta di suo padre -  non erano consentiti più di due balli con la stessa dama, a meno che non si tratti di due amanti conclamati.
La seguì senza perderla di vista, si stava allontanando insieme al suo gruppo di amiche:‘Dove si starà recando? Ha danzato tutta sera, forse sarà stanca.’ Purtroppo, la malasorte gli venne incontro, venne letteralmente intercettato e fermato da mademoiselle De Moralle lo trattenne finché purtroppo non la perse del tutto di vista.
 
Il monologo di Adélaïde durò una quantità di tempo inesorabile, ne era uscito esausto e come se non bastasse non aveva più vistomademoiselle tornare in sala, forse si era recata in qualche altro salone a vedere chissà cosa o perché no, magari si era appartata con qualcuno o le sue amiche l’avevano trascinata chissà dove.
Si diresse verso la scalinata, voleva scendere a prendere un po’ d’aria fresca, e quando fu finalmente solo si sfilò la maschera per riprendere fiato.
Strinse i pugni nervoso e incredibilmente frustrato, incurante di star stropicciando il foglietto datogli da Adélaïde su cui vi era scritto qualcosa, o meglio, sapeva che si trattava dell’indizio della caccia al tesoro organizzata da Chloé, l’ultima cosa che aveva voglia di fare quella sera, specialmente in quel momento.
Non poteva credere che ormai la serata fosse trascorsa per ben oltre la sua metà e ancora non era riuscito ad avvicinarla, invero non sapeva nemmeno se fosse ancora alla reggia o se fosse rincasata, osservò il panorama, lo splendido spettacolo idrico delle fontane si ammirava meravigliosamente anche nel buio della notte, le ombre di qualche audace che si addentrava nella natura a quell’ora si stagliavano nel chiarore delle acque illuminate dalla luna.
Udì una porticina aprirsi in lontananza e un ticchettio di scarpette che man mano si avvicinavano a lui, non ci badò temendo di vedere troppo, ma evidentemente la dama non l’aveva notato - e si che il portico era illuminato – tant’è che cacciò un piccolo urlo dallo spavento. 
Si voltò di scatto per lo spavento, e tentò di rassicurare la fanciullaMademoisellestate calma, sono io, monsieur Agreste.”Quando la videAdrien sorrise non poteva credere alla sua fortuna, sì era lei.
cercò di tranquillizzarla con sorriso cordiale, anche se in realtà avrebbe voluto evitare di agitarla dal principio.
“Désolé monsieur, non vi avevo proprio visto.”Leisi prese appena un attimo per ricomporsi al meglio sistemandosi i capelli e coprendosi meglio. 
 
“Non vi crucciate mademoiselle Dupain, piuttosto voi come state? Non era mia intenzione farvi spaventare.” Lei gli si avvicinò ulteriormente mentre lui dal canto suo la osservò risistemandosi lo scialle che si era nuovamente allentato, ora che ci faceva caso faceva fresco quella sera: “Come avete fatto a riconoscermi monsieur? E non ditemi che il mio travestimento non è buono come credevo.” – “La vostra maschera è divina mademoiselle.” Avrebbe voluto dirle che ormai la conosceva al punto che nessun artificio gli avrebbe impedito di riconoscerla, ma dovette trattenersi: “Vi siete calata la maschera quando eravamo nel salone, subito dopo il minuetto.” – “Ma… ma è stato solo un costante… istante, istante si. Come ve ne siete accorto?”L’ultima frase fu appena un sussurro in cui si leggeva una nota d’imbarazzo ingiustificata: “Semplicemente perché vi stavo osservando mademoiselle.Era mia intenzione invitarvi a ballare, ma non conoscendo la vostra maschera, e sapendo della vostra passione per il ballo ho ipotizzato foste lì. E sono lieto di averci preso.” Le sorrise.
Lei lo guardò fugacemente negli occhi ricambiando il suo sorriso: “In realtà non è una vera e propria passione, quanto più un piacevolissimo passatempo, quando mi trovo in queste occasioni.” Confessò timida.
“Mi aiuta a sentirmi a mio agio, qui dentro, in questo ambiente…” – “Cosa intendete? C’è qualcosa o qualcuno che vi mette a disagio?”
 
Sperava di non essere lui la causa del suo malessere, per il nervoso cominciò a giocare con la scatolina dell’anello che aveva messo nella tasca del vestito, notò una certa curiosità nel suo sguardo, la guardò sorridendo inconsciamente. 
“Non monsieur, assolutamente, - tranne qualcuno – qui sono tutti così gentili, e le mie nuove amiche deliziose, solo che alle volte mi sento fuori posto.”
D’improvviso la sentì starnutire e subito da bravo gentiluomo quel eraestrasse dalla tasca un prezioso fazzoletto di seta, ma inavvertitamente gli scivolò la preziosa custodia di velluto, abbellita da finissime decorazioni, la vide chinarsi per raccoglierla senza pensare al vestito, tant’è che    
Soltanto quando le loro reste si scontrarono: “Pardonez – moi monsieur.” – “Pardonez – moi mademoiselle.” Dissero contemporaneamente guardandosi negli occhi, per poi scoppiare a ridere insieme, finché non distolse lo sguardo per recuperare il piccolo scrigno: “Che graziosa scatolina, deve contenere qualcosa di molto prezioso monsieur.” Un meraviglioso scintillio illuminò i suoi occhi color del mare quando questi si posarono sul piccolo cofanetto in velluto.

Un soffice tepore gli scaldò il petto a quella sua affermazione e senza proferire una parola sganciò il bottoncino che teneva sigillata la scatolina aprendola.
Quando rivelò il contenuto del cofanetto i suoi occhi brillarono distintamente: C'est… C'est merveilleux. Posso?” Chiese timorosa, lo guardò per un’istante ma il momento fu davvero fugace.
“Certamente mademoiselle.”Disse senza alcuna esitazione, forse con troppo zelo,solo dopo aver avuto il suo permesso vide distintamente la sua mano guantata sfiorare il monile:“È incantevole, ha l’aria di essere molto antico.” – “Lo è, appartiene alla famiglia di mia madre da generazioni.” 
La vide arrossire appena e la trovò adorabile.
“È incantevole.” – ripeté nuovamente, quasi come se si fosse intristita all’improvviso e Adrien non né comprese i motivi – “Peccato solo che non sia adatto a me, troppi fronzoli.” 
“Io non credo. Provatelo, c’è un solo modo per scoprirlo!” Esordì con audacia, estrasse l’anello e con garbo le prese la mano sinistra, le avrebbe anche sfilato il guanto se lei non l’avesse fermato. 

Una volta che fu libera con un rispettosissimo gesto le prese la mano e le fece scivolare l’anello al dito, che la giovane alzò alla luce delle torce per vedere come le calzasse. E tutto successe in un baleno, l’anello – che le si adattava alla perfezione sul suo dito – brillava alla luce delle fiaccole, e le stava d’incanto. Subito avvertì una forte sensazione farsi strada dentro di se, come la consapevolezza di qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Il suo sguardo si muoveva da solo, dalla giovane all’anello, come se non avesse mai visto nessuno dei due e lei se parve accorgersene, infatti si sfilò frettolosamente il gioiello: Exactement comme je le pensais, trop de fioritures.”

‘Non, ne’est pas ici.’ Avrebbe certamente replicato così se lei gliene avesse dato modo, ma lei gli rese l’anello e con un semplice: “Con permesso monsieur.” Prese congedo da lui dileguandosi in direzione dei giardini.

 

˜

 
‘Ma dov’è finita?’ erano trascorsi più di quaranta minuti da quando mademoiselle Dupain erafuggita da lui, non l’aveva seguita per il semplice fatto che non se la sentiva di turbarla ulteriormente dopo quanto era accaduto. Lui stesso era rimasto sconcertato quando le aveva visto indossare l’anello della madre, non sapeva bene nemmeno lui come descrivere quella senzazione. Era come se ogni cosa fosse al posto giusto. Sorrise a quel pensiero, non poteva ignorare quella sensazione, cosa che mai gli era capitato di provare quando si trovava in compagnia di Chloé, delle sue sensazioni avrebbe certamente parlato con la madre.
 
E gli sarebbe tanto piaciuto presentarla alla madre, aveva il forte presentimento che loro due sarebbero andate molto d’accordo, e se i ciò si fosse dimostrato corretto avrebbe avuto ancora più occasioni per vederla.
Ma prima doveva trovarla.
Per sua fortuna il suo gruppetto di amiche era riunito non molto distante da lui, le intercettò e chiese loro – discretamente s’intende – su dove fosse finita la giovane:“Credo si sia recata a casa monsieur, l’abbiamo vista dirigersi alle carrozze.” – “E per quale ragione?!” 
Ci mise un po’ troppa enfasi, ma se ne rese contro troppo tardi: “Credo sia caduta nella fontana.” – “Tipico di mademoiselle.”Le ragazze ridacchiarono a quel commento e anche a lui scappò un lieve risolino, ricordandosi di una scena analoga a cui gli era capitato di assistere.
 
Senza pensarci due volte si congedò dalle fanciulle e si diresse verso le scuderie, direzione casa Dupain. 
 
Quando giunse alla dimora dei Dupain passò davanti al cancello, sbirciando dentro e constatando che la carrozza con cui Marinette era scappata dalla festa fosse arrivata. Decise di entrare, non dal cancello, ma dalla porticina del giardino, sistemò il suo cavallo nel vicolo nascosto dalla penombra ed entrò, chiudendo accuratamente la porta dietro di se.
Si addentrò nel giardino attraversandolo a grandi falcate, nella speranza di poterla confortare e capire cosa le fosse successo. Quando finalmente fu sotto il suo balcone vi si arrampicò senza incertezza, fino al suo balcone, ma quando si trovò lì si bloccò di colpo.
 “Come ha osato quella…” – “Dillo! Dillo senza remore! Une conne, c'est ce que c'est mademoiselle Bourgeois!” Sentì distintamente Marinette e la sua domestica parlare di Chloé, ma non furono le parole a farlo restare immobile come uno stoccafisso.

“Guarda come ti ha conciata! Tesoro sei tutta fradicia, non potevi trascinarla nella fontana con te?” – “Mi ha colta di sorpresa. La prossima volta vedrò di essere più accorta.”
Si stava spogliando, incurante del fatto di non essere dietro il paravento ma davanti alla finestra, certo era che lui non avrebbe dovuto essere lì, in casa sua, sul suo balcone e davanti alla sua finestra mentre lei si stava facendo sfilare prima il vestito, poi la gonna e gli innumerevoli strati di tessuto che stava via via sfilandosi, fino a rimanere in sottoveste e corsetto.

Adrien sentì il volto accendersi e il respiro farsi pesante nel vederla in biancheria, resa peccaminosamente aderente e trasparente dall’acqua, evidenziando ogni suo punto. Cosa che incoraggiò in lui pensieri non propriamente innocenti che operosi gli attraversarono la mente, e quando la vide sciogliersi i capelli e portarseli su di un lato, inconsciamente si avvicinò di qualche passo alla finestra.
Ne seguì i movimenti fino a soffermarsi con lo sguardo senza ritegno sul suo petto, non particolarmente florido ma non per questo meno stuzzicante, perfettamente in linea col suo fisico. Assottigliò lo sguardo con fare quasi famelico.
Un brivido gli attraversò la schiena nel vederla slacciare una spallina dell’indumento, si riscosse, scrollò la testa vergognandosi di se stesso e dei propri pensieri, decise che era arrivato assolutamente il momento di andarsene da lì prima che si accorgesse della sua presenza.

Senza troppi indugi si precipitò oltre il parapetto che superò con uno slancio, aggrappandosi alla pianta, scese e attraversò di corsa il giardino, rigorosamente senza voltarsi.  
Montò a cavallo e lo spinse al galoppo il cavallo nella notte, cercando di non fare altrettanto con i suoi pensieri, scacciando dalla mente - con non poca difficoltà – le immagini della scena a cui aveva assistito.

 
 

****

 
“Questa mattina io ed Alya vorremmo uscire in città per andare a ritirare gli ultimi accessori per il ballo in maschera di questa sera.” Così aveva esordito Marinette quella mattina a colazione con i suoi genitori: “Sicura sia una buona idea tesoro? Fa un tale freddo, perché non prendete la carrozza visto che oggi non devo recarmi a palazzo.” Le rispose il padre, trangugiando la sua seconda fetta di torta quella mattina.
“Purqua – pas ce la devrait – il être un problème?” chiese servendosi un’altra briochee del thè con infuse delle foglie di eucalipto provenienti da una qualche colonia inglese. 
 
“Non è un problema, tuo padre non vuole – giustamente – che ti affatichi.” – “Beh, se non mi affaticava correre su e giù per diversi isolati con le ceste piene di pane quando avevo cinque anni, come potrebbe stancarmi una passeggiata mattutina?” 
I coniugi Dupain si guardarono scettici e Marinette non riusciva a comprendere i motivi della loro apprensione, secondo lei ingiustificata: “Cos’è che vi preoccupa? Non vi fidate di me?” – “Tesoro, noi ci fidiamo ciecamente di te.” Esordì amorevole suo padre: “Purtroppo c’è il rischio che tu possa essere presa di mira quando esci.”
Marinette abbassò lo sguardo, effettivamente non ci aveva mai pensato ma infondo si trattava sempre dei loro vecchi amici, del loro vecchio arrondissement.

Je sais que vous êtes inquiet, ma vi prometto che non succederà niente, Alya verrà con me e giuro che saremo a casa entro un paio d’ore, solo il tempo di predere i vestiti e saremo di ritorno.”

Sperava con tutta se stessa di essere riuscita a convincerli, anche perché aveva voglia di uscire e tornare alla normalità. Osservò la madre mentre sorseggiava la sua cioccolata, in attesa di una sua reazione.

“Tom, se è solo per un paio d’ore penso che gliele si possano accordare.” I suoi occhi svettarono sul padre che consumava la colazione, non le parve di vedere un’espressione convinta sul suo volto tant’è che cominciò a paventare l’idea di far mandare Alya sola all’atelier di mademoiselle Bertin.
Guardò nuovamente in direzione di suo padre che aveva assunto la sua espressione riflessiva, lei lo guardava di sottecchi sperando non notasse la sua espressione impaziente.
“Va bene tesoro mio, puoi andare, a condizione che però torniate presto.” – Marinette lanciò un gridolino, ed entusiasta si alzò dalla tavola facendo quasi rovesciare la sua tazza con la cioccolata, andò ad abbracciare il padre gettandogli le braccia al collo e lasciandogli diversi baci sulle enormi guance.
“Grazie papà! Grazie, grazie, grazie!” L’uomo rise e quando lei si staccò le prese le mani tra le sue: “Fai solo attenzione bambina mia.” Lei annui prontamente: “Certamente papà!”    

 

˜

 
Mylene rovesciò una brocca d’acqua tiepida sulla testa di Marinette , che si trovava immersa nella vasca da bagno, portata appositamente nelle sue stanze per permetterle di lavarsi via il sudiciume di dosso.
Doveva ringraziare quell’oca bionda di mademoiselle Bourgeoische avevano avuto la sfortuna di veder passare in carrozza, era stata tanto simpatica da far investire sia lei che Alya con i liquami presenti in strada, per tanto una volta rientrate aveva dato disposizioni per farsi preparare un bagno caldo per pulirsi e rigenerarsi.
Aveva avuto bisogno di diversi risciacqui prima di sentirsi davvero pulita e solo adesso riusciva davvero a godersi quella coccola: “Volete uscire mademoiselle? vado a prendervi il telo?” – “Certo Mylene, ma dammi prima altri cinque minuti.” – “ Come desiderate mademoiselle!” 
 
La ragazza uscì lasciandola sola con i suoi pensieri, nonostante l’euforia per la festa imminente, qualcos’altro occupava i suoi pensieri, non sapeva nemmeno lei quali fossero precisamente tutti i suoi sentimeneti, ma su uno in particolare non indugiava. 
Provava un po’ di gelosia, e si sentiva in colpa specie per la persona verso cui era rivolta. Alya, la sua migliore amica.
Infatti proprio quella mattina, quando erano andate a ritirare gli abiti dalla modista le aveva confidato che la sua assenza da casa Dupain di qualche settimana prima era stata causata dalla fantomatica visita del marquis.
Lì per lì Marinette non aveva subito compreso, confondendosi col giovane che era solita vedere ogni tanto, ma quando comprese ne rimase sia stupita che gelosa?
Invero non né era certa nemmeno lei, però sicuramente era curiosa, tantè che aveva sommerso Alya di quesiti sul come ci si sente quando… si presenta.
“Oh amica mia, è quasi come stare su una di quelle ruote dove solitamente finiscono i condannati.” – “Santo cielo, è davvero così brutto?” - Marinette era sconcertata da quelle parole – “Sicuramente non è piacevole, il bassoventre in subbuglio, l’umore pessimo, i forti crampi. Ma fortunatamente col passare dei giorni tutto migliora, anche…” Si limitò a fare un gesto con la mano, ma bastò quello per farle capire.
“Mon Dieu…e… e quello come si previene, o meglio, come si evita?”
A quelle parole Alya scoppiò a ridere divertita: “Quello mi dispiace ma è inevitabile.” Marinette sbarrò gli occhi sconvolta, quando ciò sarebbe toccato a lei in quei giorni non avrebbe messo piede fuori dalla sua stanza.

“Però non devi peroccuparti perché è una faccenda gestibile, e quando sarà il momento anche per te, mia madre ha pronti tutta una serie di trucchetti per aiutarti a gestite il problema, come ha fatto con me.” – “Ce serait, de grâce?
Purtroppo i loro discorsi erano stati brutalmente interrotti da quella conne di mademoiselle Bourgeois che le aveva investite facendo schizzare i liquami della strada con le ruote della carrozza e sporcandole tutte.
Fortunatamente almeno gli abiti erano salvi, perché mandati a casa in carrozza. Si adagiò ulteriormente nella vasca da bagno, godendo ancora un po’ del piacevole tepore dell’acqua sulla pelle, abbassò lo sguardo su di se ma lo rialzò subito vergognandosi di se stessa, sapeva che non doveva guardarsi specialmente in quei momenti quando era  più… esposta, per non rischiare di - citando testualmente suor Claris – ‘Cedere alle sue debolezze!’ .

Ma lei non capiva a cosa si riferisse, anche se doveva ammettere che ultimamente però le capitava spesso di indugiare, non capiva nemmeno lei il motivo, capitava soprattutto la sera nel momento del cambio, e nei momenti come quello, quando era sola nella vasca, sola con i suoi pensieri, per scacciare ogni forma di tentazione cominciò a giocare con la manica della chemise, facendola fluttuare distrattamente nell’acqua tendo l’altra mano su una gamba, cercando con tutte le sue forze di desistere.

Dopo pochi istanti decise di smettere, portò entrambe le braccia sotto il petto cercando di distendersi e rilassarsi. Inconsciamente mosse alcune dita sfiorandosi il seno, percepì attraverso la camiciola una sensazione strana ma piacevole, tant’è che decise di riprovarci, chiuse gli occhi e trattenne il respiro intensificando appena il contatto spostando appena la traiettoria, spostandosi col dito seguendone la curva. La sensazione divenne più intensa e piacevole, Marinette non se lo aspettava e per la sorpresa si morse d’istinto il labbro inferiore e subito la sua mente scivolò all’impudico pensiero dell’essere sfiorata così da monsieur Agreste. Poi accadde in un istante altre sensazioni s’impadronirono di lei, prime tra tutte colpa e disagio.

Prontamente riaprì gli occhi di scatto vergognandosi da morire e ritrasse subito la mano che usò per suonare la campanella sul tavolino adiacente alla vasca, per far sapere che era pronta per uscire dalla vasca, s’immerse ulteriormente fino a che non rimasero solo i suoi occhi a pelo dell’acqua.

“Marineeette, sono io. Ma, ma dove sei?” – riemerse per  farsi vedere dalla sua migliore amica che nel frattempo aveva evidentemente finito di lavarsi - “Sono qui Alya.” Alzò un braccio per farsi vedere: “Cosa stavi facendo?” – “Niente, mi godevo il tepore dell’acqua.” – “Mi sembra giusto, considerato che mademoiselle può permetterselo.” La punzecchiò la mora, che in tutta risposta si beccò un’occhiataccia, Alya l’aiutò ad uscire e a coprirsi il corpo col telo di cotone, poi con un secondo le avvolse i capelli.
“Pronta per stasera?” Gli occhi della corvina s’illuminarono, era pronta come non mai per quella che si, era la serata più magica che si poteva trascorrere a Versailles: “Assolutamente sì! E ti prometto che al prossimo ballo in maschera, farò venire anche te, così potrai incontrare il tuo spasimante. Sempre se mi dirai di chi si tratta.” – “Questo mai!” – “Oh andiamo, sono la tua migliore amica o sbaglio?” – “È vero, allora, facciamo così, stasera o quando ci vedremo gliene parlerò, e, se mi darà il consenso te ne parlerò!”

Marinette inarcò un sopracciglio interrogativa: “E da quando Alya Césaire necessita del permesso di qualcuno per parlare?” – “Da quando lo decido io!” puntualizzò la mora dandole un pizzico sul fianco ed entrambe risero.


“Ora però mi devo spicciare!” – disse la corvina guardando l’orologio – “C’è la lezione con madame Mendeleiev, e quella donna è inflessibile.”

 

˜

 
“Amica mia devo dire che questa volta ti sei davvero superata! Ma toglimi una curiosità, come mai hai optato per un modello così… datato? Vi è una particolare ragione o..?” Marinette arrossì appena a quella allusione: “In verità sì.” 
Confessò senza provare minimamente a negare, mentre la sua amica le sistemava il corsetto che si era fatta confezionare appositamente, aveva avuto bisogno anche di un corsetto apposito oltre all’abito, purtroppo quel tipo di moda era caduto in disuso da oltre un secolo, ma lei lo trovava estremamente affascinante.
Era uno splendido abito in seta grigia, con pizzi e ornamenti rosa, 
lo scollo a barca - in stile XVII, di quelli usati dalle gran dame alla corte del Re Sole - era decorato con deliziosi fiorellini, e al centro dello scollo una rosa di satin che copriva decorosamente l’attaccatura del seno, il tutto arricchito da una perla a goccia al centro del fiore.
 Si era ispirata ai bellissimi ritratti delle regine e soprattutto delle amanti che in precedenza avevano avuto l’onore di passeggiare per i corridoi della reggia, prima di tutti loro.
Più volte aveva ammirato i volti di quelle donne appesi nei corridoi della reggia mentre passeggiava con le sue compagne, inoltre non poteva negare a se stessa la ragione più importante: “Diciamo che potrebbe essere un piccolo omaggio a, tu sais qui.”  Alya ridacchiò appena alla sua confessione.
“Sbaglio o ne sei innamorata?” chiese indagatrice la mora rivolta alla sua amica mentre le allacciava la gonna e le infilava il vestito per poi chiudere i lacci del corsetto: “Assolutamente no! Sai che è una sola la persona che mi fa battere il cuore.”Sentì le guance arrossarsi, chissà lui cos’avrebbe pensato nel vederla in quelle vesti, chissà se l’avrebbe riconosciuta o se lei avrebbe riconosciuto lui.
Si era posta quella ed altre mille domande mentre era nella carrozza con i suoi genitori, più li guardava più le ricordavano i protagonisti di una delle storie di Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve****, le scappò un risolino beffardo che cercò di non farsi accorgere nascondendosi con il ventaglio.
 
Quando finalmente giunsero alla reggia sgranò gli occhi per la meraviglia, la già di per se il ballo in maschera di carnvale era uno dei più belli oranizzati durante l’anno, ma questa volta si erano superati, già nel cortile d’ingresso c’erano acrobati, giocolieri e un mangiatore di fuoco. 
Affascinata. Ecco come si sentiva, in tutto e per tutto, e doveva ancora recarsi ai piani superiori dove si trovava la vera festa, non vedeva l’ora, avrebbe sicuramente danzato per buona parte della serata.
Infatti era esattamente così che aveva speso le prime ore, danzando. Aveva eseguito nell’ordine una courante, una gavotte, un minuetto e per ultima la pavane, era arrivato decisamente il momento di fermarsi, i suoi piedi imploravano pietà, non appena i violini cessarono la loro vivace melodia e quindi lei ne approfittò per congedarsi il suo cavaliere e recarsi ai margini della sala per bere qualcosa: Mademoiselle! Mademoiselle venite siamo qui!” 
La voce squillante di mademoisellede Lavillantattirò la sua attenzione, arraffò un calice da uno dei camerieri di passaggio e prese a dirigersi verso il gruppetto, c’erano presenti all’appello mademoiselleCouffaine e mademoiselle deLavillant,mademoiselleBoureal stava flirtando affabilmente con un giovane qualche metro più in là. Marinette rise guardando il vestito scelto dalla fanciulla, a suo dire era orrendo, ma non l’avrebbe detto ad alta voce. Raggiunse le sue amiche e dopo essersi scambiate i saluti, la conversazione prese da subito una piega molto più intrigante:Mesdemoiselles, j’ai une proposition!” Mademoiselle deLavillantperse prontamente la parola: “Vi andrebbe di sfidare la sorte?” – “Che cosa intendi Rose?” gli occhi azzurri dietro la maschera rosa di mademoiselleRose brillavanodi una luce particolare:“Intendo ma chère,nel salone accanto agli appartamenti del re è stata situata la zona del gioco! Non so voi ma io fremo dal voler fare una partita al faraone.” Disse euforica la giovane. Marinette e Juleka la guardarono stranite: Mademoiselle da quando siete così audace? Sapete vero che il gioco crea vizi?” – “Mademoiselle Dupain suvvia, non siate lassista! Avete mai goicato una mano?”     
Marinette sgranò gli occhi, aveva ancora il divieto di approcciarsi a questi passatempi perché a dire di sua madre era troppo giovane: “In realtà no, non ho mai giocato…” - Confessò – “Allora dobbiamo rimediare!” Rose prese euforica per mano di entrambe per trascinarle nella sala: “In realtà non mi sarebbe permesso….”Tentò inutilmente di dire, ma ormai la bionda era decisa nei suoi intenti, e la mancanza di reattività da parte di mademoiselleCouffainenon agevolava i suoi tentativi di rimostranza.  
“Solo qualche mano, e poi torneremo qui, nessuno se ne accorgerà, e se i vostri genitori faranno delle domande, potrete dir loro di aver chiesto il consulto della cartomante.” – “C’è anche la cartomante?”MademoiselleCouffaine parve riaversi: “OUIII!!” – “Allora magari potrei provare a chiedere un consulto per… quella questione.” 
Marinette alzò un sopracciglio, stava per chiedere delucidazioni ma mademoiselledeLavillant le spinse dentro la sala.
 
‘Just une coup.’ Aveva iniziato con questo intento una partita al faraone, peccato che si fosse accanita e le partite in un baleno erano diventate 5, e tutte le sue mani erano state più che fortunate: “Siete veramente fortunatamademoiselle, avete vinto una piccola fortuna.” – “Seulement fortune mademoiselle.”Ribattè onesta, infatti lei non aveva mai giocato, la sua si poteva senza dubbio definire la fortuna del principiante. 
“A differenza mia, che questa sera sembra avermi abbandonata.” Disse la giovane sconsolata: “Non dite così mademoiselle, la sorte può sempre cambiare.” – “Ma non per me, o almeno non questa sera mademoiselle.” – la giovane si alzò dal tavolo da gioco – “Comunque mi avete vinto talmente tanti soldi questa sera mademoiselle, che mi sarebbe scortese da parte mia non presentarmi. Je souis Juliettede Claujère.” – “Ravi de vous rencontrermademoisellede ClaujèreJe souis mademoiselle Dupain.” Si presentò alla fanciulla che aveva un delizioso vestito color malva che ricordava una bellissima farfalla, le due si scambirono ancora qualche parola di comvenienza poi mademoiselleprese congedo e Marinette iniziò una nuova partita.  
Quelle belle fleur et très chanceux je vois. Uno sgadevole gentiluomo panciuto e con una maschera che a lei rammentava il volto tumefatto di uno scarafaggio e visibilmente ubriaco aveva preso a corteggiarla con insistenza: “Quella del principiante monsieur, nulla di più.” Cercò di allontanarlo non dandogli attenzioni o motivi per ronzarle intorno, ma questi insistette inesorabilmente tornò all’attacco sfacciato: “Suvvia mon fleur, non siate impertinente.” – “E voi non siate insolente, je ne souis pas votre fleur!” – “Avete carattere belle fleur, mi piacete.

Voi no viscido serpente!’ pensò Marinette visibilmente seccata.

Un’altra mano ed un’altra vittoria, esultò festante ed anche il suo viscido corteggiatore che non accennava a demordere, ma al contrario la sua vincita l’aveva reso ancora più molesto: “Un’altra manomademoiselle?” Le domandò il banchiere: “Certo che mademoiselle desidera fare un’altra mano, non vedete quant’è chanceux?” Quella sua insistenza era a dir poco iritante, inoltre lo vide chiaramente indugiare con lo sguardo sul suo petto, e no questo non lo tollerava. Si alzò di prepotenza dalla sua sedia, “Nomonsieur, per me basta così.” 
Salutò il banchiere e senza degnare d’attenzioni quell’essere insolente con destinazione ovunque, fuorchè fosse fuori dalla portata di quel maiale, ma egli non demorse e quel verme si alzò per andarle incontro: “Non pensate di sfuggirmi tanto facilmente bellefleur, siete davvero troppo allettante.” La braccò e lei tentò di divincolarsi, ma la presa di quell’uomo era salda e non sembrava intenzionato a lasciarla andare.
Monsieur, lasciatemi!” – “Non è affatto mia intenzione, avete destato il mio interesse, sarebbe da maleducata lasciarlo insoddisfatto.” Marinette era a dir poco schifata dai suoi modi e ancor di più dai suoi intenti. Decise per tanto di giocare d’astuzia: “E se, rendessimo la cosa pù interessante, con un altro gioco?” disse con il fare più suadente che le riuscì– “Direi tressette, ma non ho le carte.” – Finse di ridere a quella squallida battutta - “Allora vi propongo il nascondino, voi vi andrete a nascondere ed io vi cercherò.” – “Così mi piacetebellefleur. E come mi troverete? Non ho le molliche di pane da lasciare come indizi.” 
Afferrò parte della sua marsina: “Potrete lasciarmi degli indizi con questi.” Lui la guardò carico di ardore: “Sono morto e qusto è il Paradiso.” Disse viscido, si sfilò il fazzoletto che teneva legato al collo e glielo consegnò andando a nascondersi.   
Si chiuse frettolosamente la porticina alle spalle, finalemente era riuscita a scrollarsi quel viscido di dosso, si voltò verso il porticato decisa a far ritorno in sala dallo scalone. 
Prese a camminare, sistemandosi al meglio lo scialle sulle spalle, era stanca si, ma voleva continuare la serata. L’unica cosa di cui si rammaricava era di non aver né visto né potuto scambiare due parole con monsieur Agreste, le sarebbe sicuramente piaciuto ballare con lui.
Alzò lo sguardo dal pavinmento, e solo in quel momento notò una figura avvolta dall’oscurità. Non aspettandosi di vedere nessuno cacciò un piccolo urlo dallo spavento. 
Mademoisellestate calma, sono io, monsieur Agreste.” - “Désolé monsieur, non vi avevo proprio visto.” Disse seriamente dispiaciuta, era talmente presa dal levarsi di torno quell’impiccio che stava prestando poca attenzione a dove si stesse dirigendo, in più non si sarebbe mai aspettata di vederlo in quelle vesti. 
Indossava una marsina verde vetro, lunga e svasata con i decori argentati e un gilet di una tonalità appena più scura decorata riccamente, anche se questi le ricordavano quasi le squame di un serpente, ma conservava intatto il suo inconcepibile fascino.
 
“Non vi crucciate mademoiselle Dupain,piuttosto voi come state? Non era mia intenzione farvi spaventare.” Quelle parole la riscossero, si era nuovamente incantata a guardare quei magnetici occhi verdi, gli si avvicinò ulteriormente sistemandosi vestito e scialle, faceva davvero fresco quella sera: “Come avete fatto a riconoscermi monsieur? E non ditemi che il mio travestimento non è buono come credevo.” – chiese incuriosita, non le era parso che altri la riconoscessero tanto infretta - “La vostra maschera è divina mademoiselle. Ma vi siete calata la maschera quando eravamo nel salone, subito dopo il minuetto.” – “Ma… ma è stato solo un costante… istante, istante si. Come ve ne siete accorto?”Sussurrò l’ultima frase leggermente in soggezione, se lui aveva notato quel suo gesto che a lei era parso tanto rapido e quasi inconscio, voleva dire che la stava osservando, ma per quale ragione? Che motivo avrebbe mai avuto: “Semplicemente perché vi stavo osservando mademoiselle.Era mia intenzione invitarvi a ballare, ma non conoscendo la vostra maschera, e sapendo della vostra passione per il ballo ho ipotizzato foste lì. E sono lieto di averci preso.” Le sorrise.
Lo guardò fugacemente negli occhi ricambiando il suo sorriso, un pochino imbarazzata ma anche compiaciuta: “In realtà non è una vera e propria passione, quanto più un piacevolissimo passatempo, quando mi trovo in queste occasioni.” Confessò timida.
“Mi aiuta a sentirmi a mio agio, qui dentro, in questo ambiente…” – “Cosa intendete? C’è qualcosa o qualcuno che vi mette a disagio?”
“Non monsieur, assolutamente, - tranne qualcuno – qui sono tutti così gentili, e le mie nuove amiche deliziose, solo che alle volte mi sento fuori posto.”Ed era vero, da quando l’anno passato Sua maestà aveva mostrato interesse per lei molte cose erano cambiate, in meglio inquanto aveva trovato delle ottime compagne per trascorrere le sue giornate alla reggia, ma insieme alle attenzioni gradite erano arrivate anche quelle indendesiderate, prime tra tutte quelle di mademoiselle Bourgeois.
Ma ora non voleva pensare a lei.
 
Per quelche arcano motivo avvertiva del nervosismo da parte dimonsieur Agrestelo osservò e notò che giocherellava con qualcosa presente all’interno della tasca del suo soprabito, non poteva negare di esserne incuriosita, ma non voleva risultare inopportuna o sfacciata chiedendogli cosa nascondesse. Come se l’universo l’avesse ascoltata, starnutì appena e subito monsieur Agreste estrasse dalla tasca un prezioso fazzoletto di seta, ma fece scivolare una preziosa custodia di velluto, abbellita da finissime decorazioni, lei si chinò per raccoglierla senza pensarci, solo che monsieurebbe la stessa idea.

Soltanto quando le loro reste si scontrarono: “Pardonez – moi monsieur.” – “Pardonez – moi mademoiselle.” Dissero insieme guardandosi negli occhi, per poi scoppiare a ridere insieme, si guardarono negli occhi per un istante finché non fu lui a distogliere lo sguardo per recuperare il piccolo scrigno  
“Che graziosa scatolina, deve contenere qualcosa di molto prezioso monsieur.”Un meraviglioso sorriso illuminò i suoi incantevoli occhi verdi e senza proferire una parola lo vide sganciare il bottoncino e aprire la scatolina.
Quando rivelò il contenuto del cofanetto non poté credere alla piccola meraviglia che conteneva. Un anello di fattura antica, completamente in oro
composto da una corona di piccole foglie per la cui realizzazione erano stati usati piccoli smeraldi e i fiori in diamanti, che circondavano un cuore composto da una parte in diamante e l’altra in rubino. 
C'est… C'est merveilleux. Posso?” Chiese esitante, lo guardò per un’istante negli occhi ma se ne pentì immediatamente perché come incrociò i suoi occhi smeraldini si sentì avvampare. 

 
“Certamente mademoiselle.” Solo dopo aver avuto il via libera da ragazzo osò sfiorare delicatamente il monile, era stupendo. Lo ammirò estasiata non credendo a come fosse possibile che la mano umana potesse creare tali meraviglie: “È incantevole, ha l’aria di essere molto antico.” – “Lo è, appartiene alla famiglia di mia madre da generazioni.” 
Sollevò lo sguardo dal gioiello per guardare il giovane negli occhi incrociandone lo sguardo, arrossì appena cercando di non darlo a vedere, si sventolò per scacciare quell’improvvisa ed ingiustificata sensazione di calore che aveva iniziato a provare, pertanto guardò di nuovo il gioiello: “È incantevole.” – ripeté come un automa, probabilmente quell’anello aveva già una destinataria, per di più si trattava di un’odiosa noiosa vipera. – “Peccato solo che non sia adatto a me, troppi fronzoli.” Mentì spudoratamente, la verità era che il suo cuore finiva regolarmente in frantumi ogni volta che pensava al giovane tra le braccia di quella: “Io non credo. Provatelo, c’è un solo modo per scoprirlo!” 
Lo vide estrarre il gioiello dalla sua custodia per porgerlo a lei.
In risposta lei lo fissò inebetita, come quel giorno al Grand Trianon. Ed esattamente come allora lo fissò senza dire una parola, prima lui, poi l’anello e nuovamentemonsieur Agreste, avvampò e ritrasse lo sguardo: “Davvero monsieur non penso sia il caso di…”– lui le prese la mano sinistra facendole trattenere involontariamente il fiato: “Autorisez – vous?” le chiese con dolcezza. Si limitò ad annuire col capo perché in quel momento non era in grado di formulare parole di senso compiuto: “Aspettate!” lo fermò un solo istante per impedirgli di sfilarle il guanto - cosa che fece da se -, il suo cuore non avrebbe retto una cosa simile, per non pensare a che spiegazioni avrebbe dovuto dare se qualcuno li avesse visti mentre le sfilava il guanto impudentemente. 
Erano soli, ma era meglio essere prudenti perché non poteva permettersi di far scoppiare uno scandalo che certamente non era nelle sue intenzioni, le era bastata già un’umiliazione, non avrebbe rischiato anche di compromettere il nome della sua famiglia. 
 
Una volta libera dall’impiccio del guanto monsieur Agreste,nonostante le avesse preso la mano con il massimo rispetto, sentì improvvisamente il fiato mancarle, trattenendo quasi inconsciamente il respiro mentre egli le faceva scivolare l’anello al dito che le calzò perfettamente.
Lo osservò per qualche istante prima di osservarlo meglio alla luce delle torce, era meraviglioso, le aderiva perfettamente e il suo cuore, martellava nel petto con tanta foga che sembrava pronto ad uscirle dal petto.
Il suo sguardo cadde sul proprietario dell’anello, la guardava in un modo strano, quasi come se avesse intuito qualcosa, d’improvviso un’amara sensazione le chiuse lo stomaco e e fece salire le lacrime agli occhi.

Si sfilò frettolosamente il gioiello, come se il metallo fosse diventato rovente: Exactement comme je le pensais, trop de fioritures.” Doveva congedarsi e alla svelta, gli rese l’anello e con un semplice: “Con permesso monsieur.” Prese congedo da lui dileguandosi velocemente in direzione dei giardini.  
Era lì ormai da diversi minuti, ferma dietro il getto della fontana, le immagini di lei e monsieur Agresteche la guardava in quel modo con indosso il suo anello le correvano davanti agli occhi, e il suo cuore ancora batteva all’impazzata.
Immerse le mani nell’acqua gelida per riaversi, doveva assolutamente smetterla di fantasticare su di lui.
Nelle sue fantasie aveva già organizzato tutto, loro due sposati, una splendida residenza di campagna al sud, magari in Provenza, con dei graziosi pargoletti ad allietare le loro giornate. Ma erano solo fantasie, e tali sarebbero restate perché lui era già promesso ad un’altra e sicuramente né lei né nessuno che non fosse il re, avrebbe impedito questo. 

 
“Chi è la?” – e non ottenendo risposta aggirò la fontana per vedere di chi si trattava, sperava solo non fosse quell’essere molesto di prima, anche se si era assicurata di metterlo fuori gioco chiudendolo su di un baconcino.
Sul lato opposto del monumento, fortunatamente vide solamente un’altra fanciulla seduta sul bordo della fontana con la maschera ai piedi della fontana e le mani sul volto ed il petto squassato dai singhiozzi, si sentì stringere il cuore e le si avvicinò: “Tutto bene mademoiselle?” 
Ma quando questa sentì la sua voce alzò lo sguardo verso di lei e Marinette la riconobbe. Mademoiselle Bourgeois.   
Si ritrasse appena, vedendo lo sguardo truce che la bionda le rivolse, se i suoi occhi avessero potuto lanciare freccie Marinette era certa che una sarebbe stata riservata a lei. Désolé mademoiselle, non volevo…” – “Non volevate cosa?” – Berciò acida mademoiselle Bourgeois – “Siete un’insolente e una scostumata, l’etichetta impone che una come voi, non rivolga la parola ad una persona di rango superiore, salvo che non venga interpellata!” – “Ma voi lo state facendo,mademoiselle.” Puntualizzò irriverente: “Che razza d’insolente! Se foste una delle mie domestiche vi avrei già fatto tagliare la lingua!” 
“Quante storie, e quante vuote parole.” La sbeffeggiò apertamente la corvina.
 
Ma la bionda reagì prontamente utilizzando parole pungenti.
“Il vostro problemamademoiselle, uno dei tanti almeno, è che non conoscete il vostro posto nella scala sociale! Ma come potreste, voi, venuta dal niente, senza un passato che conti.
A differenza vostra io e monsieur Agreste non siamo solo prossimi al fidanzamento, ma siamo cresciuti insieme, abbiamo un passato, e se vi considera, lo fa solo perché siete una novità, vedrete che presto perderà interesse, è come se foste la sua opera di carità.” Marinette avrebbe tanto voluto schiaffeggiarla in quel momento, ma si trattenne dal fare sciocchezze: “Chi vi credete di essere mademoiselle? Di grazia, chi vi ha eletta reine des abeilles?” Replicò fermamente, cercando di risultare più minacciosa possibile.

Ma la bionda le si avvicinò arrivandole ad un palmo dal viso: Une abeille? È così che credete di offendermi? Dimostrate ancora una volta che vi sono superiore, e che io occupo un posto di rilievo a differenza vostra petite rat. E inquanto tale meritate solo di stare in basso rispetto a me!”
E così dicendo, senza che Marinette se l’aspettasse, senza darle il tempo di reagire, con un solo spintone ben assestato la face cadere all’indietro nella fontana.

  

˜

 
 
“Come ha osato quella…” – “Dillo! Dillo senza remore une conne, c'est ce que c'est mademoiselle Bourgeois!”Marinette era livida di rabbia per quanto accaduto, ancora non poteva credere che quell’arrogante avesse avuto il coraggio di buttarla nella fontana per poi andarsene così, come se non fosse successo niente.
Fortunatamente era riuscita a trascinarsi fino a casa ed ora Alya le stava slacciando velocemente tutti gli strati del vestito fradicio, di modo da salvare il salvabile e toglierle in fretta quegli abiti fradici per evitare si prendesse un malanno: “Guarda come ti ha conciata! Tesoro sei tutta fradicia, non potevi trascinarla nella fontana con te?” – “Mi ha colta di sorpresa. La prossima volta vedrò di essere più accorta.”
Pronunciò quella frase totalmente inviperita, e più ci pensava più la rabbia montava, quell’inconveniente le aveva decisamente rovinato la serata che fino a quel momento era stata magica, le sarebbe piaciuto restare fino a fine serata, anche se non era certa avrebbe retto fino all’alba, anche se la prospettiva di godersela con monsieur Agreste l’allettava non poco. Inconsciamente si morse il labbro inferiore pensandoci: “Tesoro slacciami le spalline del corsetto per cortesia.”Senza pensarci troppo Marinette fece come la sua amica le aveva chiesto, non vedeva l’ora togliersi quegli abiti fradici per entrare in una calda e confortevole camicia da notte, era molto stanca e avrebbe solo voluto andare a dormire ma in realtà sperava che quella sera il suo Chatvalier venisse a trovarla.
 
Rise appena a quello stupido gioco di parole che le era balenato in testa, era proprio una delle classiche facezie tipiche del suo compagno di serate, tirò su le braccia per consentire ad Alya di sfilarle la camiciola, si coprì prontamente sentendosi sia troppo esposta che ancora più infreddolita di prima: “Alyaaa! Ti prego sbrigati, che è freddo!” – Si lagnò con la sua amica per incitarla a muoversi – “Arrivo, arrivo, un po’ di pazienza.” – “Vorrei vedere te al mio posto, in déshabillé e completamente zuppa.”La rimbeccò Marinette tremante, ma quando venne avvolta prima dal telo che tamponò il suo corpo ancora umido, poi finalmente s’infilò la camicia da notte che le scivolò dolcemente addosso.
Finalmente coperta si andò ad accoccolare vicino al fuoco per scaldarsi: “Vai subito a dormire?” – Domandò Alya mentre riempiva lo scaldaletto con i tizzoni e lo posizionava sotto le coperte – “No, aspetto cinque minuti per… vedere se questa sera verrà.” – “D’accordo, ci pensi tu a rimuoverlo?” 
Marinette annuì silenziosa: “Cerca solo di non bruciare nuovamente le lenzuola.” – La prese in giro appena – “Oh andiamo, è successo solo una volta.” – “Si, ma stava per scoppiare un incendio.”Una seconda liguaccia rivolta alla mora, che rise di gusto: D’accord, ti lascio sola mon amie, buona notte.” -  “Buona notte ma belle, a demain.”
 
Ma quella notte Chat Noir non si presentò.
 
 
 
 

****

 
 
*Il blu di Francia =  Ad oggi conosciuto come Diamante Hope, è uno splendido dimamante blu acquistato da Luigi XIV che si dice essere maledetto per via del fatto che pare essere stato rimosso dalla statua di una divinità pagana orientale, infatti chiunque ne sia entrato in possesso pare essere morto di una morte violenta o impazzito, quali gli stessi sovrani di Francia.
Il diamante è presente anche nella pellicola “Titanic”con il nome di Cuore dell’oceano, e guarda caso la nave su cui è in viaggio cola a picco nel suo viaggio inaugurale, coincidenze? 
 
**Sigisbee = in italiano cicisbeo, era una figura maschile che accompagnava la nobildonna nei suoi momenti durante la giornata, oltre a presenziare con lei in svariate occasioni pubbliche. In Italia nel ‘700 era diventata prassi includere questa figura nei contratti matrimoniali, il che ha inciso nel dare un'immagine negativa della morale italiana.
 
***Gioco del faraone = Gioco di carte d’azzardo la cui popolarità esplose nelle corti europee già durante il barocco, si trattava di un gioco assai rischioso con alte vincite o pesanti perdite infatti molti esponenti dell’alta nobiltà europea si rovinarono ai tavoli di questo gioco, tant’è che presto vennero emanate leggi che ne regolamentavano la durata del gioco e l’altezza delle puntate.
La stessa Maria Antonietta non fu immune al fascino esercitato da questo gioco, tant’è che pare che in un’occasione s’intrattenne ad un tavolo da gioco per ben trentasei ore consecutive.
 
****Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve = scrittrice francese che visse tra il XVII e il XVIII secolo è ricordata per aver scritto una delle prime versioni de La bella e la bestia”  pubblicata in “La jeune américaine, et les contes marins”.  
 
 
 
Considerazioni finali
 
Eccomi qui finalmente riapparsa, vi chiedo di perdonarmi ma ho finalmente terminato un corso che ha letteralmente esaurito ogni mia energia, sia fisica che mentale a causa di… motivi, inoltre il capitolo ha richiesto più revisione del previsto, tanti tagli e tante modifiche anche radicali.
Ma alla fine ce l’ho fatta e quindi ora siamo qui, con un nuovo capitolo di questa avventura, questa volta siamo alla festa di carnevale, quindi cos’è più carnevalesco di una festa in maschera? Lo so, è abbastanza scontata come scelta, ma nel ‘700 questi balli erano molto in voga, oltre ad essere una splendida scusa per esibire spelndidi vestiti ed intrecciare intrighi. 
 
Ovviamente non essendoci il suo POV voi lettori non potete sapere che  Emilie non era a conoscenza delle intenzioni di Chloè e le offre aiuto nel suo gioco perché sotto sotto le vuole bene un po’ come se fosse sua figlia.
Spero davvero che abbiate gradito il capitolo, fatemi sapere la vostra nei commenti e scusate il solito ed infinito ritardo nella pubblicazione, se il lavoro lo garantirà spero di riuscire ad aggiornare quanto prima.
Un abbraccio e ci vediamo presto!
Starfallen 

 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** L'heure du thé ***


Marzo 1782
 
“Benvenuti miei diletti ospiti! Prego accomodatevi pure.” Esordì Athenaïs, la giovane marchesa de Chartesseaux, Audrey le andò incontro              e si salutarono da buone amichequali erano. 
La giovane marchesa aveva indossato il suo nuovo abito celeste per accogliere i suo amici nel suo sontuoso salone per un piccolo rinfresco prima di recarsi all’Operà tutti insieme. Da dama elegante qual era aveva fatto imbandire la tavola con ogni ben di Dio, biscotti caldi, panini al burro, ottimo vino proveniente che con ogni probabilità proveniva dai suoi vigneti e tortini al formaggio. Il tutto servito su deliziosi piattini in finissima porcellana di Sèvres, compratole da suo marito, il marchese, pochi giorni prima.
Infatti Audrey era sicura che Athenaïs li avesse invitati solamente per pavoneggiarsi, perché i commensali – lei compresa – erano più avidi di pettegolezzi che di cibarie.
 
“Allora diteci chére Audrey, sono vere le voci secondo cui vedremmo presto vostra figlia maritata al giovane Agreste?” – “Absolutment!Ormai è arrivato il suo momento.” – “Perdonatemi madame, ma da quello che sappiamo vostra figlia non è ancora in grado di generare un erede, quindi conoscendo Agreste dubito abbia dato il suo consenso, inoltre la fanciulla ha un corpo troppo secco, non credo sia adatto a sopportare una gravidanza.” 
A quelle insolenti parole del duca di Dairrent la donna si accigliò: “Giudicate quel corpo esile perché voi non siete quasi morto nel metterla al mondo! E credetemi, alla nascita era tutt’altro, persino le anatre che nuotano nelle fontane della reggia erano di dimensioni inferiori.” 
Quella sua osservazione aveva fatto calare il gelo nella stanza, ma fortunatamente intervenne con un escamotage che si rivelò vincente: “Non vedo la cioccolata!”
 
Esclamò con contrariata sorpresa, quasi a scusarsi con i presenti per l’assenza della bevanda più in voga.
Con lo sguardo severo si girò verso la cameriera che abbassò prontamente lo sguardo mortificata: S'il vous plaît excusez-moi madame. – “Non annoiarmi con le tue scuse, sciocca.” – la rimproverò severa la marchesa, alzando superbamente il mento – “Piuttosto sbrigati a rimediare al tuo errore e portala subito!” Mortificata, la cameriera si affrettò ad uscire alla sala per rimediare al suo errore.
Poco le importava sia della cioccolata che di quella cameriera, l’importante era che avessero smesso di parlare di quella viziata ingrata di sua figlia, se solo il suo primogenito non fosse venuto a mancare in maniera tanto ingiusta avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsi quella vana sofferenza che era stata la nascita di sua figlia.

Ma chi ne aveva davvero colpa? 
Di quella stupida domestica che non aveva fatto il suo dovere e che il mattino dopo era stata prontamente frustata e licenziata prontamente?   
O del vento che ululava talmente forte in quella tragica notte d’inverno che aveva fatto spalancare la finestra facendo entrare il gelo che le aveva portato via il suo povero piccolo Sébatien? 
O sua, che non si era premurata che tutto fosse al proprio posto prima di prendere parte a quella festa?
Quale che fosse la risposta giusta oramai non aveva più importanza, ormai erano passati quasi diciassette anni da quella tragedia insensata, ma una madre non dimentica mai, soprattutto queste cose: “Non siate tanto severa con quella servettamadame.” – le parole del conte De Linvorenne la distolsero dai suoi pensieri – “Fa del suo meglio, ma se la natura ha fatto di lei una serva non è di certo per le sue doti intellettuali. Io stesso sono circondato da domestici tanto ossequiosi quanto stupidi.” 
Tutti i presenti scoppiarono a ridere compresa lei, per non dare a vedere i suoi pensieri.
 
Poco dopo la domestica riapparve con un vassoio d’argento su cui vi era una graziosissima teiera di porcellana in abbinamento perfetto con il vezzoso servizio di tazzine. 
La ragazza versò velocemente la bevanda fumante a tutti i commensali, il dolce profumo della bevanda salì dritto alle narici di Audrey, fece per portarsi la tazzina alle labbra, ma ci ripensò dato che era bollente peccato che monsieurDe Linvorenne non fu altrettanto accorto, non appena si portò la tazzina alle labbra emise un lamento.
Come lei aveva giustamente previsto la cioccolata era rovente e il conte la lasciò cadere istintivamente la tazzina che finì in pezzi sul lungo strascico della marchesa: “Santo cielo! Ma nouvelle robe est ruiné à jamais!”
Le urla disperate di Athenaïs riempirono la stanza e tutti gli ospiti mimarono un dispiacere di circostanza.
“Che peccato, che disgrazia.” Disse Audrey ridacchiando sotto i baffi mentre si portava alle labbra la tazzina soffiandoci su, alzò lo sguardo e vide distintamente la domestica uscire dalla stanza sorridendo.
 
      

****

 
Adrien sorrise cordialmente alla cameriera che gli stava versando il thè nella tazzina, era proprio ciò di cui necessitava dopo l’estenuante cavalcata che si era protratta fino a mezz’ora prima.
Non era un’amante della caccia, anzi, la considerava vile e crudele, ma per sua sfortuna essendo uno dei passatempi prediletti da Sua maestà era stato obbligato da suo padre a prendervi parte, nella speranza che re o dal Duca D’Orléans rivolgessero lui il privilegio di una o più parole. 
Ma più estenuante di quella pantomima c’era solo la conversazione che aveva avuto con Nino al loro rientro nei suoi appartamenti, sulla solita dolce questione: “Nino, non so cosa fare. Da quella sera ho difficoltà a parlarle, guardarla, m’imbarazza persino pesare a lei. Davvero non so più come comportarmi.” – “È più che normale, soprattutto la prima volta che una donna ti si spoglia davanti, l’unico modo per farti passare il prurito è farla tua immediatamente. È sottinteso che serva il benestare della ragazza, ma in questo caso, bhe, tu non avresti nemmeno dovuto trovarti li.”
 
Per la prima volta l’espressione di Adrien fu si di sorpresa, ma dovuta al fatto che condivideva appieno il parere del suo amico, aveva sbagliato ad aver involontariamente spiato Marinette mentre si spogliava delle vesti bagnate, ma era rimasto impietrito, paralizzato, ammaliato da quella scena.
 
“Infatti non era mia intenzione spiarla e… vedere quello che ho visto.” – “Ma non ti è dispiaciuto farlo, ammettilo, adesso non ti viene poi così difficile immaginarla, nuda. ” Nino calcò volutamente sull’ultima parola, e il biondo distolse lo sguardo colpevole, da quella aveva colpevolmente osservato Marinette con più interesse di prima, quel tipo d’interesse.
Se ne vergognava e molto, non riusciva a comprendere cosa gli fosse capitato, mai aveva anche solo pensato ad una fanciulla in questo modo, era irrispettoso e poco cristiano desiderare una giovane su cui non aveva alcun diritto e che probabilmente mal tollerava la sua presenza, invece di pensare a Chloé che al contrario un giorno sarebbe stata sua moglie.
 
Ma Marinette, lei aveva risvegliato qualcosa in lui che non sapeva descrivere, l’unica cosa che sentiva era un fuoco che gli cresceva dentro quando lei gli era vicino, e tutto era iniziato da quella sera.   
“Ma lei non è mia, e non lo sarà mai perché il mio destino è già segnato ricordi? Si chiama Chloé Bourgeoise non merita tutto questocosì come Marinette non merita di essere compromessa per un mio capriccio. Vedrai che quando mi sposerò questa storia passerà in secondo piano.” – “Non sai quanto ti sbagli, è nella natura umana anelare sempre ciò che non si può avere.” – prese un sorso della calda bevanda che aveva di fronte – “E tu lo sai perché quella giovane ti sta facendo sudare più del previsto?” 
 
Lo sbeffeggiò appena, sapeva dell’interesse di Nino per una domestica, ma la ragazza era furba e teneva il suo amico al lazzo, e lui non riusciva a togliersela dalla testa: “Già, non ho mai dovuto faticare tanto, ed è diventato anche piuttosto frustrante perché….” – “Perché…?” Incalzò ulteriormente Adrien – “Hai presente Pauline?” – “Mademoiselle de Forneau?” – “Elle, exactement! Insomma noi due eravamo, bhè, presi dal momento, ma…” – “Ma?”

Nino lo guardò imbarazzato: “Non so cosa mi sia successo, ma… mi sono inceppato.”
Adrien scoppiò a ridere a quella confessione: “Non ci credo Nino Lahiffe che manca il colpo?” – “Suvvia, tu sei l’ultimo che può canzonarmi, fanciullino.” Rise sadico ed Adrien arrossì

“Sai.”- riprese poi Nino – “Solo a titolo informativo, le donne sono creature tanto meravigliose quanto complicate, ma non è necessario comprometterle per dare loro piacere. Bisogna solo conoscerne i segreti.” 
Sorrise beffardo il moro guardando il suo amico che di contro lo guardò sconcertato, ma con un interesse mal celato. 
Finse totale disinteresse per la questione – ringraziando mentalmente di aver ereditato le doti d’attrice della madre – e sorseggiando la sua bevanda calda: “E sentiamo,  o gran rubacuori quali sarebbero questi arcani misteri?” Ovviamente era ironico, sicuramente non si sarebbe mai aspettato un discorso del genere.  
 
 

****

 
 
“Ma Gaston tutto questo non ha alcun senso! È solo un libro perché non mi permettete di acquistarne una copia? ” – “Non esiste che io venda ad una donna un libro del genere. È fuori discussione, se il vostro padrone lo vuole può venire ad acquistarlo da se. ” – Alya si parò davanti al libraio, erano venti minuti che stavano discutendo perché questi si ostinava a non volerle vendere il manoscritto fresco di stampa ‘Les liaisons dangereuses’ che Marinette l’aveva mandata a comprare, ma le cose avevano preso una piega inaspettata.
 “Il mio padrone mi frusterà se mi presento a mani vuote.” – Non era vero ma le restava solo quella carta da giocare: “Non è affar mio mademoiselle. Buona giornata.” 
Alya uscì frustrata come non mai dalla bottega del libraio senza aver concluso l’acquisto che Marinette le aveva chiesto di fare per lei. 
Quel libro che aveva creato tanto scandalo ai piani alticome li definivano sempre lei e Nora, ora i librai si rifiutavano quasi di parlarne, tantomeno venderne delle copie. E ne aveva appena avuto la prova, Gaston, che pur di vendere qualcosa si sarebbe inventato le storie più assurde adesso non osava, quasi timoroso di essere trascinato sul patibolo. 
Doveva però ammettere che tutto quel clamore aveva incuriosito anche lei, infatti quando la sua amica aveva invitato a casa le sue ‘amichette’ altolocate per un pomeriggio di giochi e pettegolezzi, avendo lei udito parte dei loro discorsi a riguardo mentre serviva la merenda al tavolino si era inevitabilmente incuriosita.
 
Infatti non appena avevano avuto modo di stare sole era partita all’attacco: “A quanto pare le tue ‘amiche’ sembrano parecchio sconvolte da questo nuovo libro.” – “Ho notato, ma dubito lo abbiano letto per davvero. Stando a quanto dice mademoiselle Beauréal, suo padre gliel’ha strappato davanti agli occhi per poi buttarlo nel camino.” – “Che razza di bruto!” Dallo sguardo che le rivolse capì che anche lei era d’accordo con quell’affermazione.
“Però se ha avuto quella reazione deve aver avuto una motivazione valida.” Aveva ribadito la corvina mentre sorseggiava il restante del thè insieme alla sua amica: “Mi pare di averla sentita affermare una cosa del tipo ‘Monsieur de Laclos l’ha combinata grossa questa volta!’” – “Ci stavi spiando per caso?”- “Jamais chéri. Ma sai, non è colpa mia se l’udito umano percepisce i discorsi fino a certe distanze.” Aveva ribattuto furba come una volpe.
“E ti dirò di più.” – aveva affermato probabilmente con quella che Marinette definiva ‘luce malandrina’ nello sguardo, perché vide distintamente la corvina prestarle un’attenzione particolare – “In verità sono assai curiosa di leggerlo!”Ammise ridacchiando, seguita a ruota dalla sua amica: “E se ti dicessi che anch’io muoio dalla voglia?” 
Vide distintamente un lampo di malizia attraversare gli occhi azzurri di Marinette: “Però se i miei lo scoprissero…” – “Non ti preoccupare, a quello ci penserò io!”
 
E così si era giunti a quel freddo pomeriggio di metà Marzo, in cui Alya si era recata in città con la scusa di prendere latte e uova si era recata anche alla bottega del libraio per ritirare il famigerato libro.
Ora che la missione principale era stata abortita non le restava altro che cominciare ad incamminarsi per andare a ritirare le uova per poi avviarsi tristemente verso casa, dove lei e Marinette avrebbero pranzato insieme quel giorno, data l’assenza dei genitori della giovane. 
Si strinse nella mantella di lana sorpresa da un gelido alito di vento, per quanto adorasse la magia dell’inverno proprio non sopportava il gelo, ma c’era di positivo che spesso e volentieri Marinette metteva la sua carrozza a  disposizione sua e della sua famiglia, ovviamente quando vi era la possibilità.
Cosa che quel giorno non era stato possibile, visto che madame Dupain si era recata a casa di una marchesa per il pranzo, con sommo dispiacere di Alya.
Le strade in quella stagione erano impraticabili, tutto quel nevicare aveva reso gran parte del terreno una poltiglia di fango e i suoi piedi affondavano ad ogni passo, rovinando irrimediabilmente scarpe e l’orlo dell’abito, meno male che non aveva indossato quelle ad casa. Era talmente concentrata sull’affrettarsi per raggiungere la locanda di Nora che non si accorse di un cavallo che la stava affiancando: Avez-vous besoin d'aide mademoiselle?” Quella voce, sapeva chi era, non lo guardò subito in volto fingendo di fare la sostenuta: “Siete un maleducato, un gentiluomo che si approccia ad una fanciulla per prima cosa le rivolgere un saluto.”
“E se al posto di un saluto le offrissi un mezzo di spostamento più confortevole.” Lei lo guardò e le ammiccò seducente, in quello stesso istante ad Alya venne in mente un’idea .
 
“Devo ammettere che sapete usare argomenti convincenti monsieur
Lahiffe” – 
Il giovane le tese una mano ed Alya l’accettò, con un rapido movimento la ragazza si ritrovò in sella al destriero. 
Il giovane si fece più indietro permettendole di accomodarsi davanti
“E credetemi mademoiselle, non sono bravo esclusivamente con le argomentazioni verbali.”La ragazza avvertì distintamente una mano del giovane stringerle audacemente la vita e scendere, corrucciò lo sguardo e si scansò appena da lui: “Questo è ciò che dite. Ma io non vi credo.” – voltò lo sguardo di modo da non farsi accorgere da lui ed esibì un sorriso furbo – “Cosa intendete mademoiselle?” – “Dite di essere bravo a parole, quindi dimostratemelo!” – “E come?”
Alya si voltò a guardarlo dritta negli occhi, sfoderando i suoi occhioni da cerbiatta: “Ho avuto una discussione col libraio. Si è rifiutato di vendermi un libro, vista la vostra bravura con le parole, non vi sarà difficile aiutarmi.” – “Un momento mademoiselle,io cosa ne avrò in cambio?” – “Beh, dopo avermi aiutata con questa puriginosa faccenda e le altre commissioni, una volta a casa saprò ricompensarvi adeguatamente.” Allargò il suo sorriso, pregando che lui si convincesse, così finalmente sarebbe riuscita nella sua missione.  
 
Il giovane parve pensarci un po’ su, poi rise di gusto e a quel punto Alya temette di aver fallito nei suoi intenti: “Sapete davvero come convincere un uomo. Petite renan.A quelle parole la giovane dentrto di se scoppiò dalla gioia, uno a zero per Alya– “Su forza allosì, dopo devo recarmi da mia sorella, poi a casa. Mademoiselle attende il mio ritorno.” – “Faccende urgenti?” – “Niente che vi riguarda.” 
Il giovane rise e diede di speroni per indurre il cavallo a muoversi.
 
   
 

˜

 
Quando finalmente rientrò a si spogliò rapidamente della mantella senza fare caso a dove realmente la appoggiava, ripose frettolosamente le uova sul ripiano della cucina e si precipitò in camera di Marinette, facendo particolare attenzione a tener nascosto il contenuto del panier. Infatti sotto un semplice panno di cotone aveva nascosto il prezioso manoscritto. 
Quando fu dinanzi alla porta semplicemente bussò, attese solo un istante: “Avanti.” -  “È permesso mademoiselle?” Chiese con finta sottomissione, non sapeva se Marinette fosse sola o meno: “Devi, è tutto pomeriggio che ti aspetto! Dov’eri finita?” – “Poco importa, ho il bottino.”
Marinette la guardò confusa: “Il libro.” Puntualizzò.
“L’hai trovato!?” Chiese eccitata, il gridolino che emise fece capire a Marinette che la missione era ultimata e le due si presero per mano cominciando a saltellare insieme: “Oh no…” – “Cosa succede?” all’improvviso Marinette si gelò, s’immobilizzò come se avesse appena visto un fantasma: “E se i miei genitori dovessero trovarlo?” Chiese tremante, a quelle parole la mora esibì il suoi solito sorriso furbo: “A questo ha già provveduto la tua migliore amica.” 

Disse tronfia, estraendo dal panier il manoscritto: “L’ho fatto rilegare con una copertina anonima, senza menzione del titolo né tanto meno dell’autore.”
 Lo mise nelle mani della sua amica che lo prese tra le sue mani, Marinette fece svettare i suoi occhi azzurri colmi di gioia da lei al libro: Tu es absolument génial!”
Le gettò le braccia al collo e per poco Alya non fece cadere sia il libro che il cesto.
Merci ma chère, ora dimmi qualcosa che non so.”– “Che sei un’insolente lo sai?” Chiese con una punta d’ironia.
“Forza ora mettiamoci al tavolo.”

 
 
 

****

 
 
Chloé si rigirò sotto le coperte in quel letto dal materasso duro come il marmo, ma non se la sentiva di lagnarsi troppo dato ciò che aveva passato quella notte. 
Fortunatamente al suo fianco c’era stata Juliette ad assisterla ed aiutarla, anche quella stessa mattina quando le aveva prima imposto di restare a letto a riposare per poi portarle la colazione direttamente dalla mensa comune. 
La notte appena trascorsa era stata atroce, dalla sera prima sicuramente non immaginava un esito così… così.
 
Il giorno precedente nel primo pomeriggio aveva avvertito un lieve mal di testa, ma non ci aveva dato troppo peso credendo che presto sarebbe passato, invece era aumentato nel corso della serata tant’è che prima di dormire aveva chiesto un decotto di melissa per poi coricarsi. Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Nel cuore della notte si era svegliata con un dolore lancinante al capo, sentiva come se la testa stesse per scoppiarle da un momento all’altro e un fortissimo senso di nausea, si era messa a sedere sperando che si attenuasse ma invano.
Così, dopo un’imprecisata quantità di tempo decise di alzarsi e camminare, nella speranza che facendo altro quelle orribili sensazioni svanissero, purtroppo anche quella decisione si rivelò fallimentare, dato che dopo appena pochi passi un forte capogiro che la fece vacillare, tanto da urtare il tavolino al centro della stanza e rovesciare il vaso, che cadde al suolo frantumandosi.
 
Tutto quel trambusto destò Juliette:“Chloé ma chère, che succede?” Le aveva domandato con la voce impastata di sonno. Nel frattempo lei si era accucciata a terra tenendosi convulsamente la testa tra le mani, aveva udito appena le parole della sua amica e il dolore era talmente straziante che faticava a risponderle.
“Chloé?! Chloé tesoro rispondimi!” Con la voce incrinata dalla preoccupazione Juliettesi affrettò ad uscire dal letto e in un lampo le fu affianco: “Che ti succede?” -Le chiese mentre le cingeva le spalle – “Ho un’emicrania… forte… molto forte.” Disse a fatica mentre continuava a stringersi il capo, le lacrime cominciavano ad appannarle quel poco di vista che le restava. 
Juliettel’aiutò ad alzarsi, tenendola per le spalle e la mise a sedere sul letto, le diede un bicchiere d’acqua per aiutarla a riprendersi e un poco funzionò: “Resta qui un minuto, vado a prenderti della menta dall’orto.” Accese il lumino che avevano per la notte e si coprì bene per poi uscire.
Non seppe dire quanto tempo trascorse lì, seduta sul letto con i pugni stretti sulle ginocchia, l’unica cosa che avvertiva era il senso di nausea diventare più insistente finché degli spasmi allo stomaco la colsero di sorpresa e, quale fu la forza che la mosse in quel momento non lo seppe neanche lei, con un gesto rapido prese il vaso da notte sotto il suo letto e vi si piegò per rigettare quel poco che aveva in corpo. 
 
Uno. Due. Tre spasmi, poi così come tutto era arrivato se ne andò e la bionda si accasciò esausta ai piedi del letto e con a fianco del vaso da notte, con la fronte imperata di sudore e il fiato corto come dopo una stancante corsa. Fu lì che Juliette la trovò, con la testa appoggiata al materasso e un braccio a fasciarsi lo stomaco, non era sola, ma era tornata insieme a suor Marie, la sorella che si occupava dell’orto:“Chloé! Cos’è successo?!” –Chiese allarmata la giovane mentre la bionda si mise a sedere più composta, fece per parlare ma sentiva la gola graffiare: “Aspettate mademoiselle.” Disse con dolcezza la suora, poi appoggiò il lumino vicino alla brocca con l’acqua fresca, ne versò un bicchiere e vi aggiunse qualcosa che la bionda non distinse troppo bene date le sue condizioni.
Quando le porse il bicchiere lei lo accettò e con le poche forze che ancora possedeva la ringrazio. Si portò il liquido alla bocca e subito avvertì una dolce nota, era miele che ridiede alla ragazza un minimo di energie: Mademoiselle,se la sente di dirmi cosa è capitato?”Con fatica Chloé spiegò alla suora quello che le era capitato. 
 
“E adesso come vi sentite?” Il tono amorevole e materno con cui Sorella Marie le porse la domanda fece quasi commuovere Chloé: “Stanca, e mi gira ancora forte la testa. Non so cosa mi sia successo, non era mai accaduto…” Si sentì patetica mentre piagnucolava, ma quando vide la suora che la guardava comprensiva si rasserenò, poi estrasse dalla sacca due piccole ampolle contenenti del liquido, una venne poggiata sul comodino mentre capovolse l’altra bagnandosi appena un dito con il contenuto.
Subito si sprigionò dalla boccetta un odore di menta che riempì l’aria della stanza: “Con permessomademoiselle.”Suor Marie le applicò il liquido sul sopracciglio e dietro la nuca, poi appoggiò la boccetta affianco all’altra e l’aiutò ad alzarsi e a rimettersi nel letto: “Vi lascio qui le ampolle con l’essenza di menta e lavanda, quest’ultimo ve lo lascio da applicare sul ventre e da aspirare, non troppo s’intenda. Domattina resterete a letto per riposarvi, vi farò portare una colazione leggera e avviserò le altre sorelle della vostra indisposizione. Ora riposate mademoiselle,passerò per un controllo.” Così dicendo si alzò dal letto per tornare nella sua stanza: “Suor Marie, vi prego ditemi la verità, sto per morire non è così?” – Chiese con titubanza, a quelle parole la suora le sorrise dolcemente per rassicurarla – Absolutment non! Avete solo avuto un brutto episodio di cefalea, nulla di grave. Ora riposate, domani ci occuperemo del resto.”
 
Ripensava a quelle parole mentre si rigirava insistentemente nel letto, guardò il vassoio che era stato riposto sul tavolino, non aveva toccato nulla di quello che sorella Marie le aveva fatto portare. 
Latte di capra con due fette di pane e uova, si era fatta portare anche della frutta, inutilmente perché non era nelle sue intenzioni toccare cibo.
Era dalla festa di carnevale che avvertiva del malessere, ma non si aspettava di certo questo e la cosa che più l’atterriva erano le visite che l’attendevano nel pomeriggio, non aveva voglia di sentire quelle disgustose sanguisughe sul corpo, l’unica cosa che avrebbe voluto sentire erano le mani di Adrien che l’accarezzavano ovunque, come avrebbe voluto da principio.
Il solo pensiero però le diede nuovamente la nausea, si alzò e sgattaiolò fuori dal letto, si alzò e si coprì bene per andare a sistemarsi nel bovindo della finestra e vi guardò fuori, la neve cadeva a fiocchi e non accennava a voler smettere.
Fuori faceva freddo, come nel suo cuore, sentì bussare: Mademoiselle Bourgeois, è permesso? – Suor Marie è già arrivato il momento? Non sono presentabile…”- disse cercando di coprirsi il più possibile con lo scialle che si era messa sulle spalle – “Non si preoccupi, sono venuta solo a rassicurarla e a dirle che non sarà il medico a visitarla.”- La suora si addentrò nella camera -“Ma io, così non s’imbarazzerà troppo quando verranno effettuate certe verifiche.” 
Chloé non comprese cosa intendeva la suora quando parlò di ‘certe verifiche’ ma era felice che ci fosse lei e non un viscido vecchio a visitarla:“Però ho bisogno che siate totalmente onesta con me, mademoiselle.” – “Certo che lo sarò, vi fornirò una dettagliata descrizione dei miei sintomi, non vi è problema alcuno. Rammento ogni cosa.”
 
“Spero lo sarete onesta non solo sui vostri sintomi, ma anche sulle reali cause.” Chloé guardò stranita la suora, non capendo l’allusione di suor Marie, lei era stata male davvero e la stessa Juliette si era seriamente preoccupata, ma sperava fosse la suora a fare chiarezza: “Io non ne conosco la causa, so solo che non mi aspettavo questo esito da una semplice emicrania.”     
Suor Marie la guardò indagatrice, cercava di studiarla per cercare di carpirle qualcosa di cui invero non sapeva niente nemmeno lei: “Perché voi cosa credete che possa essere?” – “Non voglio offendervi mademoiselle, ma suor Suzanne ha ipotizzato che visti i vostri comportamenti lascivi, possiate esservi concessa impudentemente a qualcuno.” 
Pettegola insolente! Ma come osa affermare cose simili?’  
Chloé era sgomenta per ciò che era stato insinuato, certo i suoi intenti con Adrien erano ben composti nella sua testa, ma non era accaduto nulla, e soprattutto l’unica a sapere di quella questione era Juliette elei sapeva tutto e non l’avrebbe mai tradita.
“Ma è ridicolo! Je… je suis innocent… non ho fatto niente di ciò di cui mi si accusa.” Suor Marie parve crederle, voleva ben vedere! Non stava mentendo, stava dicendo il vero, stavano perdendo di vista il vero problema per inseguire una falsa diceria messa in giro probabilmente da quella intrigante di Alphonsine de Vaudreuil con la complicità di suor Suzanne, si doveva per forza essere così.
“Mademoiselle?”  La bionda si riscosse sentendo la suora che la chiamava, la guardò interrogativa e pazientemente ripeté quanto aveva appena detto: “Il mio istinto mi suggerisce che ci sia del vero nelle vostre parole mademoiselle, ma purtroppo c’è bisogno che io mi accerti della cosa.” – “E come?” Disse con una punta di acidità: “Dovete solo stendervi e rilassarvi. Io penserò al resto.” Le disse con una dolcezza a cui non era abituata: “Poi una volta esclusa questa possibilità le prometto che cercheremo una soluzione.”

Se pur con estrema riluttanza Chloé acconsentì, sapeva di star dicendo il vero e sentiva che si poteva fidare di suor Marie, lei non aveva niente da nascondere, era forte e con il tempo avrebbe superato anche questa umiliazione.
 
 

****

 
 
 
Considerazioni finali:
 
Salve a tutti e tanti auguri di buon Natale!
Anche se con due guorni d’anticipo questo è il mio regalo personale, oltre che un sincero augurio di buone feste anche se in questa Time Story il periodo di Natale è già trascorso da un bel pezzo, ma confido che apprezzerete ugualmente.
Come sempre all’interno sono inserite delle piccole chicche e curiosità, come il rimedio per il mal di testa di cui io stessa usufruisco spesso, o la citazione al capolavoro diLaclos che posso dire essere uno dei libri che più mi ha illuminata da ragazzina, oltre ad aver consentito l’omonimo film del 1988 con Glenn Close e John Malkovich – e non solo -  che vi consiglio caldamente di recuperare. 
Detto ciò spero di avervi allietato queste feste.
Vi auguro un buon Natale e un felice inizio 2022!
Un abbraccio a tutti.
Starfallen 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3952385