Il mio salvatore

di ballerina 89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Il mio salvatore
Fanfiction Natalizia 2020
Capitolo 1

Vivere a Storybrooke può essere complicato, tra sortilegi e cattivi di ogni genere non sembra mai esserci un minuto pace, ma c’è un periodo dell’anno in cui tutto questo sembra svanire e improvvisamente la città caotica e sfrenata che siamo abituati a conoscere, si trasforma in un posto magico, surreale, in grado di lasciare tutti a bocca aperta: gradi e piccini. Sto parlando del Natale. Il natale a Storybrooke è molto sentito e può essere paragonato un po’ ai Natali che di solito siamo abituati a vedere nei film: case addobbate con ogni genere di decorazione, strade illuminate da lucine colorate, canti e mercatini natalizi in ogni dove. Puoi trovare di tutto in città in questo periodo dell’anno ma la cosa che più sembra strana è che tutti i cittadini collaborano tra di loro affinché tutto sia perfetto. Sono i negozianti quelli che contribuiscono maggiormente a rendere perfette queste settimane di festa, ognuno di loro prepara uno stand e per ben un mese si impegna ad offrire un servizio extra rispetto a quello a cui siamo abituati tutto l’anno. C’è chi si occupa di prendere donazioni per i più bisognosi, chi allestisce posti di ristoro, chi si occupa di far giocare i bambini con piste di pattinaggio sul ghiaccio e chi più ne ha ne metta. Non è una gara a chi fa di più ma di sicuro c’è una classifica e in questo Natale la persona che più si è prestata a rendere tutto impeccabile è stata la cara e dolce Granny che insieme all’aiuto della sua Ruby, tornata appositamente per l’occasione, hanno messo su un vero e proprio mini villaggio di Babbo Natale, con tanto di fabbrica di Giocattoli con elfi a lavoro, finti elfi naturalmente, i nani si sono prestati a questo duro compito, per allietare tutti i bambini della città, bisognosi e non.
Come facilmente intuibile questa iniziativa fu molto apprezzata dai piccoli di Storybrooke i quali iniziarono a tartassare i propri genitori, i meno felici di ciò, affinché li accompagnassero a visitare la famosa fabbrica di giocattoli di Babbo Natale nella speranza di incontrarlo e avere un dialogo con lui. Tra tutti questi bambini naturalmente non poteva mancare di certo la piccola Hope Jones, figlia della tanto amata salvatrice e del suo irresistibile pirata.
La piccola, cinque anni compiuti da qualche mese, non appena appresa la notizia che nella sua città sarebbe approdato il tanto amato babbo Natale non fece altro che assillare i suoi due poveri genitori e suo fratello Henry affinché l’accompagnassero.
Nessuno avrebbe mai detto no alla piccola Hope, era una bambina dolcissima ed educata anche se molto scatenata come il suo papà, ma quello che proprio non volevano Emma e Killian era crescerla con il pensiero di poter ottenere tutto e subito con un semplice schioccare delle dita per cui le dissero che prima della fine delle festività, lavoro permettendo, se avesse continuato a comportarsi come una brava bambina, l’avrebbero sicuramente accompagnata ma non le dissero effettivamente quando così la piccina, non potendo aspettare, chi alla sua età sarebbe stata in grado di farlo, corse a chiedere aiuto a colui che mai e poi mai le avrebbe detto di no, nonno David e come facilmente intuibile, non appena la sua adorata nipotina aprì bocca eccolo infilarsi la giacca per accompagnarla nell’immediato da Babbo Natale.
  • Nonnino possiamo passare alla Jolly Rogers prima di andare da Babbo Natale? Ho fatto un disegnino bellissimo l’altro giorno quando ero sulla nave con papà e vorrei regalarglielo. – chiese con quegli irresistibili enormi occhi azzurri e David senza neanche pensarci annuì accompagnandola.
Sembrava la bambina più felice del mondo durante il tragitto verso il porto, non che ci volesse poi molto in realtà per rendere felice quella piccolina, ma quando tornarono in macchina per raggiungere il tanto atteso villaggio di babbo natale l’entusiasmo della piccola sembrava già essere svanito.
  • Cucciolina tutto ok? – Chiese David accorgendosi immediatamente di quel suo cambio d’umore. Non era da lei perdere il sorriso così. – Sei diventata improvvisamente silenziosa… non hai trovato il disegno? – fu la prima cosa che gli venne in mente.
  • Eccolo! – glielo mostrò non rispondendo alla sua prima domanda – Ti piace nonno? Sono io con il vestitino da principessa nel castello tuo e di nonna. – spiegò. A differenza di sua madre lei non aveva problemi ad ammettere la sua natura, era una principessina e le piaceva molto esserlo. Da quando poi i regni erano stati riuniti non mancava di certo occasione di passare delle serate a palazzo e la bambina aveva sempre dimostrato di amare quella vita. David adorava vederla piroettare su se stessa con quei vestitini e ridere quando perdeva l’equilibrio e cadeva a terra, ogni volta che l’ammirava pensava alla sua Emma, a come sarebbe stata la sua vita se solo Regina non avesse lanciato il sortilegio. Da quando è nata Hope ci pensa spesso in realtà, a parte il carattere e il colore degli occhi quella piccolina è la fotocopia della sua mamma, è impossibile non avere quei pensieri, ma a Natale però il pensiero si intensifica maggiormente fino a fargli male. Come sarebbe stata la loro vita se il sortilegio non fosse mai stato lanciato? Ad Emma sarebbe piaciuto essere una principessa? Come sarebbe stato il natale a palazzo con la loro piccola bambina? Quei pensieri oltre che a molta sofferenza gli portano rabbia nel cuore e questo sentimento lo porta a credere che in fondo, per quanto lui si sia sforzato di accettare e perdonare, non ha mai realmente perdonato Regina per avergli portato via la sua bambina. – Nonno?!? Perché non rispondi? Non ti piace? – si preoccupò subito Hope non vedendolo rispondere.
  • Non mi piace? Scherzi? E’ meraviglioso questo disegno amore! Sei sicura di volerlo regalare a Babbo Natale? Non so, magari possiamo metterlo sulla bacheca del mio ufficio alla stazione. – David è pieno di disegni della sua piccolina, Emma lo prende sempre in giro dicendogli che in quell’ufficio ci sono più disegni di Hope che foto segnaletiche. Non è poi una bugia in realtà, Hope adora disegnare, ogni scusa è buona per farlo e anche sua mamma come nonno David vanta di una svariata collezione di capolavori solo che a differenza sua non li espone tutti o il suo ufficio sembrerebbe più un asilo piuttosto che un commissariato.
  • Mi dispiace nonno ma questo è per Babbo Natale! Non posso non portargli nulla capisci? Non è bello… - si atteggia da grande.
  • D’accordo nipotina ma voglio un bel disegno per domani… domani è Natale e il voglio questo regalo da te. – gli scompigliò i capelli. La piccola annui regalandogli un piccolo sorriso. – Dai ora andiamo, Babbo Natale ci aspetta.
  • Nonno aspetta… pensi che babbo Natale, oltre ai regali della letterina che ho scritto mi porterà un altro regalino se glielo chiedo oggi?
  • Io penso proprio di si cucciola, dillo a nonno: cosa vuoi chiedergli? – domandò in modo da poter correre a comprarglielo quanto prima.
  • Non posso dirtelo nonno: è un segreto tra me e lui. – avrebbe dovuto aspettarsi una riposta simile da lei ma non era un problema… avrebbe chiesto all’uomo vestito in rosso cosa desiderasse la sua dolce piccolina.
Li attese una fila di un’ora e mezza abbondante ma alla fine ecco che Hope riuscì a visitare la fabbrica degli elfi, incontrare le renne di babbo Natale, dargli da mangiare e sedersi sulle ginocchia del buon vecchio. Come poco prima non rivelò il suo segreto ai quattro venti, confabulò nell’orecchio dell’uomo il quale una volta allontanata la bambina, Granny l’aveva portata con se per regalarle un souvenir, gli fece capire che pur volendo David non sarebbe stato in grado di realizzare il suo desiderio in una notte, non era una cosa materiale quella che aveva chiesto…
Riaccompagnata a casa la piccola corse subito dalla sua mamma per raccontarle dove l’avesse portata nonno David quel pomeriggio dopodichè andò in salotto per guardare il cartone animato a tema natalizio che Granny le aveva regalato proprio prima. Lo estrasse dalla bustina ma non fece in tempo a metterlo che il suo papà la raggiunse per darle un bacio e l’aiutò con quel marchingegno.
  • Il magico mondo di babbo Natale… - esclamò Killian leggendo la copertina del dvd – Wow… deve essere interessante, ti va di guardarlo insieme? – Ad Hope brillarono gli occhi a quella proposta ma poi le venne in mente un piccolo pensiero e il sorriso sfoggiato fino ad un secondo prima svanì di colpo lasciando posto ad uno sguardo del tutto contrariato.
  • Voglio vederlo da sola con mamma! -disse senza mezzi termini.
  • Ah si? E papà? Non lo vuoi? – chiese confuso. Sua figlia stravedeva per lui, come è possibile che non lo volesse con loro?
  • No! – rispose decisa
  • E come mai?
  • Perché sei cattivo!
  • Hope ma cosa dici è? Sono cattivo? Papà è cattivo? – chiese ancora una volta per cercare di capire quale fosse il problema.
  • Si! Sei cattivo!
  • Perché sono cattivo amore? – la bambina corse a prendere il suo zainetto e quando tornò estrapolò da esso un foglio ripiegato in quattro parti che consegnò a suo padre. All’interno vi era un disegno.
  • Perché hai sulla nave un disegno di un altro bambino! – spiegò il problema Hope - Solo io posso fare i disegni a te papà, no gli altri bambini. – Dire che Hope fosse gelosa di Killian era dire il nulla, tutti sapevano quanto fosse morbosa la piccola nei confronti del suo papà ma mai e poi mai Killian avrebbe pensato che sua figlia sarebbe stata gelosa di un semplicissimo pezzo di carta. Aveva ragione la bambina, quello che Killian stringeva tra le mani non era un suo disegno, non era stata la piccola Hope a disegnare quella piccola graziosa barca che era rappresentata sul foglio ma nonostante ciò Killian non ebbe mai il coraggio di sbarazzarsi di quello schizzo. Non era un semplice disegno quello che ora capeggiava davanti ai suoi occhi e a quelli della sua bambina, era più che altro un ricordo, un piacevole ricordo che forse era giunto il momento di condividere con qualcuno e perché non con sua figlia. La piccola Hope poi in quel periodo all’asilo stava affrontando il tema della gentilezza e di quanto sia importante aiutare il prossimo, aveva anche un piccolo compito di natale proprio su quest’ultimo argomento, doveva fare un’opera buona, quindi Killian pensò di farle capire meglio il concetto raccontandole la storia di quel disegno.
  • Vieni a sederti sul divano tesoro, devo raccontarti una storia. – gli disse afferrandole la manina
  • Non voglio ascoltare una storia, sono arrabbiata con te papà! Tu vuoi bene agli altri bimbi…
  • Amore ma cosa dici è? Papà vuole bene a te tesoro… ascolta, hai ragione su questo disegno, non è tuo ma c’è una storia molto bella dietro e io vorrei che l’ascoltassi. – oltre al suo papà, alla sua mamma e ai suoi disegni, Hope amava molto le storie, Henry gli trasmise questa passione già in tenera età raccontandogliele prima di andare a letto per cui non fu difficile, nonostante fosse ancora un po’ arrabbiata, accettare la proposta del suo papà. Con aria ancora un po’ sostenuta, per rimarcare il fatto che fosse arrabbiata, andò a sedersi sul divano e attese che suo papà iniziasse a raccontare. – vedi amore mio, tanti anni fa mentre ero in mare con il mio equipaggio mi capitò di approdare su Neverland, un posto a prima vista davvero carino e piacevole ma che nasconde in realtà molti pericoli… ero li per lavoro – evitò di raccontarle le vere motivazioni che lo spinsero ad andare li. – quando improvvisamente apparve davanti a me una bambina poco più grande di te, tutta infreddolita e spaventata. Era stata rapita da Peter pan sai? – Hope conosceva la vera indole di Peter pan, ha sempre saputo che fosse un cattivo e proprio per questo non ha mai voluto vedere il cartone animato. “In quel cartone papà è cattivo ma papà non è cattivo” ha sempre detto per cui nessuno l’ha mai spinta a guardarlo contro la sua volontà.
  • E tu l’hai salvata papà? – chiese già totalmente rapita dal racconto.
  • Non potevo lasciarla li, sono stato un tantino cattivo in passato è vero ma mai e poi mai avrei negato aiuto ad un bambino in difficoltà così L’ho portata sulla mia nave e si… l’ho salvata! Sono riuscito a riportarla ai suoi genitori che l’attendevano con ansia e lei per ringraziarmi mi ha voluto fare questo disegno. E’ per questo motivo che conservo questo disegno tesoro, per ricordarmi di questa bambina… anche se in realtà non è che ricordi poi molto… è passato molto tempo… - mentre parla con la sua bambina sente di essere osservato e voltandosi trova sua moglie sullo stipite della porta intenta ad ascoltare anche lei quel racconto. Sembra molto toccata dalle parole di suo marito e prontamente lui le fa cenno di raggiungerli.
  • Deve essersi spaventata molto… - commenta Emma andandosi a sedere -  se non fossi intervenuto per salvarla probabilmente la vita di questa bambina sarebbe stata un disastro… al mondo dovrebbero esistere molte più persone come te! – Killian sapeva bene cosa volesse dire la sua Emma, anche lei in passato è stata allontanata dalla sua famiglia, non si trattava di rapitori nel suo caso ma forse è anche peggio… vivere sapendo che i tuoi stessi genitori non ti hanno voluto con se deve essere orribile e nonostante adesso Emma conosca tutta la storia e sa che dietro al suo allontanamento dalla famiglia di origine c’è un valido motivo lei si sente ancora a tratti orfana e non poterla aiutare distrugge dentro il suo uomo. – Bel disegno comunque… - continua Emma osservandolo attentamente – mi sembra di averlo già visto sai? Forse rassettando il tuo disordine… non so… comunque, cambiando argomento: sai che anche io da bambina disegnavo navi?
  • Ah si? – commenta Killian sorridendo
  • Navi pirata per la precisione… per un periodo sono stata proprio fissata credimi…
  • Non mi dire… avevi una passione per i pirati già in tenera età? I miei complimenti Swan… - stava decisamente flirtando… peccato ci fosse la loro bambina li…
  • Amore, non mi sembra il caso… - gli fece notare Emma prima che se ne uscisse con qualche battutina non proprio adatta a delle giovani orecchie così tornarono a guardare il disegno nella speranza fosse stato almeno filmato. Tentativo inutile…
  • Peccato… mi sarebbe davvero piaciuto ricordarmi il suo nome… avrei potuto provare a rintracciarla, non mi dispiacerebbe vedere come se la passa, chiederle se si ricorda ancora di me… ne dubito però….
  • Fidati, si ricorda ancora di te! – lo rincuora Emma abbracciandolo.
  • Come lo sai mamma? – chiede curiosa Hope andando a mettersi nel mezzo tra i due, ormai non è più arrabbiata.
  • Perché da piccola, quando ero in orfanotrofio, spesse volte ho pregato di essere salvata e un giorno, anche se solo in sogno, è successo e io non ho mai dimenticato questa cosa. – tornò a guardare suo marito. – Sono più che sicura che quella “bambina” si ricorda ancora di te! Sei stato il suo salvatore dopotutto, non potrà mai dimenticarti, solo che magari, come è successo a te, anche lei non ricorda il tuo nome.
  • Lo spero… comunque, basta parlare di questa storia, è la vigilia di Natale, non possiamo rattristarci così!
  • Allora andiamo al negozio dei giocattoli papà? – propose Hope.
  • Al negozio di giocattoli? Che c’è.. hai paura che Babbo Natale non ti porti nulla? – intervenne Emma immaginando che sua figlia volesse comprare un nuovo giocattolo, non è la prima volta che azzarda richieste di questo genere.
  • No, non per me! Per la scuola, il mio compito… ricordi mamma? – Emma ricordava bene, eccome se non ricordava, quando sua figlia le disse che per compiere la sua opera buone aveva intenzione di comprare una nuova bambola per portarla in un orfanotrofio e rendere una bambina meno fortunata felice per poco non le scoppiò a piangere in faccia.
  • Ah è vero… la Bambola nuova. Ora è un po’ difficile amore andarla a comprare però: è quasi ora di cena, i nonni, Henry e gli zii stanno arrivando per festeggiare con noi la vigilia e noi non siamo ancora minimamente pronti ad accoglierli…
  • Ma natale è domani… e domai i negozi sono chiusi! – si rattristì
  • La compriamo questa sera va bene? Tanto dobbiamo andare in piazza a vedere la cerimonia dell’accensione dell’albero grande, ricordi che lo abbiamo fatto anche lo scorso anno? – era diventata ormai una tradizione assistere all’accensione del gigantesco albero di Storybrooke, tutta la popolazione dopo il cenone di natale si riuniva in piazza per festeggiare l’evento. – I negozi saranno tutti aperti tesoro e potrai scegliere la bambola che più ti piacerà.
  • Davvero? Allora va bene mamma! – esclamò tutta felice saltellando per la stanza.
  • D’accordo signorina, frena l’entusiasmo però adesso, devi andare a fare il bagno!
  • No… il bagno noooo!!!! – protestò la bambina. Hope non ama farsi il bagno, preferisce di gran lunga giocare… lavarsi è solo una perdita di tempo preziosa per lei.
  • Fila con papà a prepararti per la cena, non vorrai farti vedere da tuo fratello tutta sporca? – Emma sapeva quanto tenesse Hope a presentarsi in modo impeccabile per suo fratello.
  • Non sono sporca!
  • Ma se hai tutto il vestito macchiato di cioccolata calda. Nonna ti ha preparato la cioccolata per merenda vero? – annuì non sapendo di fare danno, Emma si era raccomandata di farle fare una merenda salutare visto il grande cenone della sera. – si vede cucciola! Vai dai, senza capricci, fila in bagno.
  • Ma viene anche Lucy stasera mammina? – chiese sperando che suo fratello portasse con se tutta la sua famiglia.
  • E certo! Ma a Lucy non piacciono le ziette piccole e sporche lo sai si?
  • E va bene vado a fare il bagnetto, ma uno veloce però!
Mentre la piccolina con il suo papà andarono di sopra a cambiarsi per la grande rimpatriata di famiglia Emma tornò in cucina a terminare il menù per la serata, aveva cucinato un’infinità di roba e quasi sicuramente ci sarebbero stati avanzi da consumare per almeno una settimana.
Quando gli ospiti iniziarono ad arrivare Hope corse ad accoglierli con entusiasmo e per tutta la cena non fece altro che attirare l’attenzione su di se raccontando tutto ciò che aveva fatto durante la giornata. Non tralasciò nulla al caso e raccontò con entusiasmo anche la piccola storiella che suo padre le aveva raccontato poche ore prima.
  • Voi pensate che quella bambina si ricordi ancora del mio papà? Lui pensa di no…
  • Mmh… sulla bambina non posso metterci le mani sul fuoco, quando si è piccoli si dimenticano molte cose purtroppo, ma una cosa è certa Hope: i suoi genitori si ricorderanno sempre di colui che ha riportato a casa la loro bambina e gli saranno per sempre riconoscenti credimi.- ad eccezione della piccola tutti in quella stanza riuscirono a percepire cosa ci fosse dietro le parole di David, ancora una volta stava ripensando al passato… - Fosse successa a noi una cosa del genere…
  • Mi avresti concessa in sposa al mio salvatore – disse Emma buttandola sul ridere e cercando di smorzare sul nascere un discorso che avrebbe potuto prendere una piega decisamente sbagliata. Lo sguardo di Regina parlava chiaro, si sentiva presa in causa e se David avesse continuato ad infierire probabilmente sarebbero finiti a litigare rovinando il Natale a tutti i presenti.  Chi più, chi meno, quella storia del loro passato purtroppo aveva profondamente segnato le vite di ciascuno di loro ma non si poteva continuare di certo a rivangare il passato all’infinito: tutto alla fine si era concluso nel migliore dei modi, Emma era tornata a casa e il sortilegio è stato spezzato. Contava solo questo.
  • Il nonno ne sarebbe stato capace – continuò Henry ridendo dando manforte a sua madre, anche lui aveva capito a cosa sarebbero potuti andare in contro se nessuno fosse intervenuto e come lui anche Snow lo aveva capito.
  • Non ci giurerei Henry… - disse proprio quest’ultima che nonostante la pensasse come suo marito non voleva più tornare sull’argomento - dubito che tuo nonno avrebbe promesso in sposa tua madre… geloso come è poi… avrebbe preferito rinchiuderla in una torre inespugnabile sorvegliata da eserciti di cavalieri, credimi.
  • Come Rapunzel nonna? – esclamò Hope citando uno dei suoi cartoni animati preferiti.
  • Proprio come Rapunzel amore… - concluse Snow e fu proprio Hope con la sua parlantina, iniziando a fantasticare su sua mamma con i capelli lunghi come quelli della sua beniamina, con il vestito viola e un geco come migliore amico, che fece tornare il sorriso a tutti i presenti.
Dimenticato il piccolo screzio e terminata la cena, come da tradizione l’intera famiglia, con indosso i loro cappotti, raggiunse la piazza principale di Storybrooke per assistere alla famosa cerimonia di accensione dell’albero. Hope li trascinò tutti in prima fila e saltellando qua e la, impaziente di vedere le lucine sull’albero, cercò di ingannare il tempo. Oltre al ricevere i regali quello era senza dubbio il momento che più preferiva della festa, sapeva che una volta accese le luci dell’albero bisognava esprimere un desiderio e questo le piaceva da impazzire. Quest’anno poi aveva un particolare desiderio da chiedere per cui non stava più nella pelle e tenerla ferma era pressoché impossibile. Corse a stringersi ai suoi genitori non appena le luci della piazza si spensero e pochi secondi dopo ecco la magia: il gigantesco albero si accese lasciando a bocca aperta tutti i presenti.
  • Vorrei che la bambina che ha salvato il mio papà si ricordasse ancora di lui! – esclamò la piccola a voce alta esprimendo il suo desiderio. Emma e Killian rimasero stupiti nel sentire quelle parole, non era da tutti, a cinque anni poi, esprimere un desiderio che non riguardasse se stessi e loro non potevano che essere orgogliosi della loro piccolina. – Vorrei che papà e questa bambina si incontrassero ancora in modo che lei possa ringraziarlo. – concluse poi.
  • Beh… questo non è che mi piaccia molto in realtà! – commentò Emma nell’orecchio di Killian.
  • Gelosa Swan? – ammiccò lui come al suo solito ma Emma non fece in tempo a rispondere nulla che qualcosa catturò la loro attenzione: in una nuvola di fumo Rosa apparse dal nulla Blue la quale, sorridendo, si avvicinò alla loro bambina.
  • Blue! Cosa… - provò a chiedere Emma, non era da lei apparire magicamente in quel modo, non da quando erano a Storybrooke almeno.
  • Ero nella mia stanza quando la polvere fatata ha iniziato ad illuminarsi e… eccomi qui! – spiegò per poi portarsi all’altezza della piccola e concentrarsi su di lei.
  • Hai espresso un desiderio bellissimo tesoro e sono qui per realizzarlo! – le sorrise dolcemente.
  • Ma io ho chiesto a Babbo Natale, non a te! – rispose Hope schietta come al suo solito mettendo le cose in chiaro.
  •  Hope ma che modi sono! – intervenne Emma – Chiedi subito scusa.
  • Ma mamma io…
  • Chiedi scusa avanti… - la incitò
  • Scusami, non volevo rispondere male. – disse abbassando il capo. – però è la verità che io ho chiesto a Babbo Natale…
  • Non scusarti tranquilla – le rispose Blue accarezzandole il viso – Ma ti svelo un segreto: Babbo Natale non è potente quanto me, non sa esaudire desideri così grandi.
  • E tu si? – chiese con gli occhi a cuoricino
  • Si, o non sarei qui adesso. - le spiegò -  Allora, vuoi veramente ciò che hai desiderato?
  • Si si siiiiiiii!!!!!!!
  • Ok, allora lasciami fare. – si alzò in piedi, prese tra le mani la sua polvere fatata e chiudendo gli occhi la lanciò in aria creando una piccola tempesta di brillantini. Hope che ama tutto ciò che brilla rimase incantata a guardare lo spettacolo ma il suo entusiasmò svanì non appena si rese conto che dopo quel piccolo atto di magia nulla era cambiato.
  • Ecco fatto piccolina! Buon Natale! – disse Blue sorridendole.
  • Mah non è successo nulla? – protestò.
  • Abbi pazienza tesoro, il tuo desiderio si avvererà presto!
  • Non è vero, sei bugiarda! Lo sapevo che dovevo chiedere a Babbo Natale. Tu non le sai fare le magie…
  • Hope mah… - provò ad intervenire ancora una volta Emma per nulla contenta del modo in cui si stesse comportando la sua bambina ma prima che potesse dire altro Blue la interruppe tornando a parlare con Hope.
  • Io forse non sarò magica ma Babbo Natale non è poi tanto meglio di me non trovi? Pensaci… lo scorso anno ti ha portato il fratellino che tanto volevi?
  • E tu come lo sai? – chiese Hope incuriosita mentre ad Emma e Killian per poco non prese un colpo. La loro bambina aveva desiderato un fratellino?
  • Io so tutto dei bambini bravi come te ma non mi hai ancora risposto… il fratellino che hai chiesto a babbo natale è arrivato?
  • No… - rispose rattristandosi.
  • Visto? Non è così potente… per portare i giocattoli è imbattibile ma per altro… - lasciò cadere la frase. - prova a fidarti di me Hope ok? Farò in modo che il tuo desiderio di questa sera si realizzi quanto prima.
  • Va bene…
  • Ora vai a farti scattare una bella foto vicino l’albero. È indubbiamente l’albero più bello mai fatto fin ora. – La bambina annui e dopo aver salutato Blue con un bacino insieme alla sua famiglia tornò a girovagare per la città. Il sorriso tornò a rallegrarle il viso ma lo stesso non fu per Killian e Emma i quali non fecero altro che pensare alle parole di Blue e a ciò che in passato aveva desiderato la loro bambina.
  • Dobbiamo parlarle… - fu Killian il primo a prendere il discordo rallentando il passo per non farsi sentire dagli altri. – Dobbiamo chiederle come mai non ci ha detto nulla. – Emma si limitò ad annuire ma come Killian aveva tutta l’intenzione di andare fino in fondo alla questione. Hope non ha mai avuto problemi a parlare con i suoi genitori, ha sempre saputo di poter contare su di loro per qualsiasi cosa, sapere quindi che la loro bimba non si sia confidata su una cosa così importante li fece riflettere e rattristare un po’.
Per tutto il tempo che girovagarono per la città lasciarono cadere l’argomento ma lo ripresero, insieme alla diretta interessata non appena tornarono a casa. L’aiutarono a vestirsi per la notte e una volta messa sotto le coperte, prima della favola e del bacino della buonanotte, provarono a parlarle.
  • Amore, ma è vero che hai chiesto a Babbo Natale un fratellino lo scorso anno? – Fu sempre Killian a prendere la parola per primo. – annuì – e come mai non era scritto sulla letterina che mi hai fatto vedere?
  • Perché sulla letterina vanno scritti solo i giocattoli… le cose quelle importanti non vanno scritte li, le possono leggere tutti poi…
  • Mmh… in effetti… - Killian amava quel suo modo da maestrina per spiegare le cose. Aveva fantasia da vendere e a lui faceva enormemente piacere ascoltarla. – E quindi hai chiesto un fratellino a Babbo Natale…
  • Si… in realtà gliel’ho chiesto anche oggi pomeriggio quando sono andata a trovarlo con il nonno ma non credo mi accontenterà. Lui non è così potente. – usò le stesse parole di Blue.
  •  Non è che non è potente amore, è solo che per avere un fratellino non devi chiederlo a Babbo Natale…
  • Ah no? E a chi devo chiederlo: a Blue?
  • Ma no sciocchina…
  • E allora a chi devo chiederlo?
  •  a chi pensi tu debba chiedere è? Ne abbiamo parlato proprio qualche mese fa, ricordi come “arrivano” i bambini si?
  • Si, da una mamma e un papà che si amano tanto! – rispose.
  • Brava, quindi la risposta alla tua domanda è semplice no? Avresti dovuto chiederlo a me e alla mamma.
  • Se lo chiedo adesso non arriverà per Natale però… vero? Ci vuole tempo prima che un bambino nasca… deve crescere nella pancia della mamma e poi… poi… beh… non sempre arrivano… delle volte non arrivano mai. – In passato chiese a Regina come mai lei, rispetto ai suoi compagni di classe, non aveva un cuginetto con cui giocare e di conseguenza dovettero spiegarle che delle volte, anche se lo si desiderano con tutto il cuore, i bambini non arrivano. Hanno sempre voluto essere sinceri con la loro bambina, inventarsi storielle per deviare le risposte più scomode non è proprio nei loro metodi di insegnamento anche perché a lungo andare, prima o poi, le cose andranno comunque spiegate e più un bambino cresce e più è difficile farlo.
  • Amore di mamma ma tu non devi pensare a questa cosa, perché non dovrebbe arrivare un fratellino?
  • La zia…
  • Quello della zia è un caso raro amore mio… non succede spesso. – cercò Emma di tranquillizzarla andando a sedersi accanto al lei sul suo lettino.
  • Quindi potrò averlo un fratellino un giorno? – domandò speranzosa
  • Lo desideri davvero tanto?
  • Tantissimo. Ho già un fratello ma Henry non vive più con noi… non gioca più con me tutti i giorni e io mi sento sola quando sono a casa… voglio giocare con un bambino… - Emma si commosse per quelle parole.
  • Amore se lo desideri così tanto allora ti dico una cosa: la mamma è..
  • La mamma è sana come un pesce piccolina e non avrà problemi un domani a regalarti un fratellino. – spiegò Killian prendendo nuovamente la parola e terminando il discorso di sua moglie.
  • Allora lo chiederò per il prossimo Natale! – esclamò contenta – Almeno un desiderio si avvererà. Quello di Blue non si avvererà mai mi sa… - ripensò al desiderio di poco prima.
  • Non possiamo saperlo questo ma una cosa è certa: non c’è bisogno che tu aspetti il prossimo Natale, puoi chiedere un fratellino in qualsiasi momento.
  • Va bene papà allora voglio un fratellino quanto prima! Forse in questo modo arriverà per il mio prossimo compleanno no?
  • Faremo del nostro meglio per esaudire il tuo desiderio ok? Ora però chiudi gli occhi, è tardi e se non ti sbrighi ad addormentarti babbo natale non può passare a portarti i regali. Buonanotte amore, mamma e papà ti voglio bene, non dimenticarlo mai.
  •  Vi voglio bene anche io. – e dopo averli baciati entrambi, immaginando il suo futuro fratellino andò a dormire felice dimenticando addirittura il desiderio chiesto in piazza poco prima.
Una volta rimboccate le coperte alla loro piccina Emma e Killian lasciarono la sua stanza per raggiungere la loro camera da letto. Erano entrambi stremati, tra lavoro e cenone era stata davvero una giornata intensa e di sicuro l’indomani non sarebbe stato da meno ma Killian, dentro di se, sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a dormire se prima non avesse affrontato con sua moglie un certo discorso, per cui aspettò che uscisse dal bagno per fra luce sulla questione.
  • Ho frainteso o prima stavi per farti sfuggire qualcosa di troppo… - chiese mentre metteva il pigiama.
  • Come scusa? – disse lei non capendo o meglio… facendo finta di non capire.
  • Avanti…sai di che parlo. Stavi per dirle la verità! Ammettilo.
  • Se lo sai già perché me lo domandi? Dovrei essere io in realtà a chiederti come mai mi hai interrotta, non eravamo d’accordo di essere sempre sinceri con lei?
  • Non era il momento perfetto per dirglielo e poi… non le abbiamo detto nulla per due mesi di comune accordo, ritardare ancora qualche giorno non dovrebbe essere un problema così grave. – La verità è che Emma neanche a farlo apposta è già incinta, di due mesi e mezzo per essere precisi, ed è proprio quello che stava per confessare a sua figlia se suo marito non si fosse messo in mezzo.
  • Sai bene perché abbiamo aspettato a dirglielo! – Il motivo era semplice: la gelosia di Hope. Avevano paura che la bambina potesse prendere male la notizia di un fratellino visto il rapporto di simbiosi che ha con i suoi, quindi prima di dirglielo volevano prepararla psicologicamente in modo da farglielo accettare senza rancore. Non avrebbero mai accettato di farla soffrire. – Però visto che a quanto parte non c’è più motivo di tenerglielo nascosto perché sembra desiderarlo sul serio, pensavo che magari parlargliene subito non sarebbe stata poi una brutta cosa.
  • No che non sarebbe stata una brutta idea tesoro, ci mancherebbe altro, anche io non vedo l’ora di dirglielo credimi, soprattutto adesso che so che la notizia la renderebbe felice ma appunto perché lo desidera così tanto credo sia meglio aspettare il momento giusto.
  • E quale sarebbe il momento giusto secondo te?
  • Magari domani… pensaci, sono due Natali che chiede a babbo Natale di accontentarla, potremmo essere noi a farle questo regalo speciale in un giorno così importante non credi? -propose dandole un bacio. In effetti l’idea di Killian non era niente male, la stessa Emma se ne rese subito conto.
  • Non so come fai ma riesci sempre a stupirmi… hai ragione, domani sembra proprio il giorno perfetto! – fu lei questa volta a baciarlo. – Scusa se ho tentato di sabotare la sorpresa.
  • Non è colpa tua… è che questa gravidanza ti rende particolarmente emotiva e gli occhioni tristi di tua figlia hanno fatto il resto. Ora che è tutto risolto andiamo a dormire però, domani mattina dobbiamo alzarci prestissimo per sistemare i regali sotto l’albero.
  • Tu ti alzerai prestissimo, io non posso fare sforzi! – scherzò Emma mettendo la scusa della gravidanza.
  • Solo quando ti pare a te non puoi fare sforzi è! – l’abbracciò per poi farle il solletico. – Domani mi dai una mano signorina o niente regalo per te!
  • Mi hai preso un regalo? – domandò una volta essersi liberata dalle grinfie del suo uomo.
  • Perché, tu non me lo hai fatto? – domandò lui facendo finta di essere indignato?
  • Credo di avertene fatti abbastanza non credi? – lo prese in giro riferendosi ai loro bambini… “bambini”… al plurale ormai. – Dai che scherzo… certo che ti ho fatto un regalo idiota! - rise
  • Idiota? Idiota a me? Comincia a correre che se ti prendo… - partì una lotta di solletico che andò avanti per svariati minuti, poi passarono ad un approccio decisamente più romantico per poi cadere tra le braccia di morfeo, incuranti che da li a poco sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
Note dell'autore:
Sperando che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia suscitato un minimo di curiosità, vi do appuntamento a domani con il secondo capitolo :) Un bacio e buon proseguimento di giornata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***












Il mio salvatore
Fanfiction natale 2020
Capitolo 2
Boston, molti anni fa…
Dire che sia una bambina tranquilla è un eufemismo, la piccola Emma Swan, sei anni appena, è tutto tranne che tranquilla, eppure nel vederla li, su quella pista di pattinaggio, pronta a ripassare il suo assolo per la consueta recita di Natale che si sarebbe tenuta da li a due settimane, non sembrerebbe affatto di avere a che fare con una piccola selvaggia. Povera piccola, non è colpa sua in fondo, non vuole essere cattiva, il suo volersi mettere spesso nei guai ed essere la capobanda di ogni marachella avvenuta in orfanotrofio è solamente una disperata richiesta di aiuto. Non ha mai superato il trauma dell’abbandono, è in continua ricerca di affetto e nonostante sia alla ricerca di una famiglia che la porti via da quella che per lei con gli anni è diventata una vera prigione, il suo desiderio più grande è quello di incontrare i suoi veri genitori… spera un giorno di vederli apparire davanti la porta dell’istituto pronti a portarla via con loro. Le istitutrici hanno provato di tutto per aiutarla ad affrontare i suoi scheletri nell’armadio ma lei sembra non voler collaborare in alcun modo, anzi… si sfoga combinando disastri e considera nemici tutti coloro che intendono darle una mano. Forse è anche vero, non tutti in quel luogo si approcciano con i bambini nella maniera più corretta, molti sono severi con loro, rigidi forse fin troppo nel rispetto delle regole, ma nessuno di loro si permetterebbe mai di trattare male, come invece sostiene Emma, un bambino. Ha solo una figura di riferimento, oltre ai bambini “teppisti” più grandi da cui prende esempio per combinare guai… Savannah, l’istitutrice più giovane dell’istituto, 21 anni appena compiuti, l’unica persona con cui Emma sentiva di avere un legame. E’ stata proprio Savannah, nel vederla bisognosa di trovare una valvola di sfogo a iscriverla in una scuola di pattinaggio artistico, la bambina non era molto entusiasta della cosa, al massimo avrebbe voluto imparare a fare a pugni, ma una volta indossati i pattini e iniziato a prendere confidenza con quella superfice fredda e scivolosa è stato amore a prima vista, non ha più voluto smettere e nel giro di un anno e mezzo è diventata la più brava del suo corso tanto da ricevere una parte nello spettacolo di Natale come solista. Chi lo avrebbe mai detto che sotto l’aspetto mascolino con cui si ostinava a presentarsi in ogni occasione in fondo vi fosse una bambina dai dolci lineamenti e dalla delicatezza innata, la stessa Savannah se ne meravigliava ogni volta eppure era proprio lei, la sua Emma.
  • Oggi proverò un doppio axel! – esclamò Emma prima di una delle consuete prove dello spettacolo mentre Savannah l’aiutava a sistemare i pattini. – Secondo me sono capace. Ieri l’ho anche provato sul letto. – disse orgogliosa.   
  • Te lo ha detto l’insegnante che puoi provarlo? – domandò Savannah immaginando già la risposta. Anche se Emma amava il pattinaggio il pericolo la appassionava comunque di più per cui sarebbe stata in grado di mettersi nei guai anche facendo qualcosa che le stava a cuore.
  • No! – come volevasi dimostrare.
  • E allora non dovresti farlo.
  • Ma io sono pronta! – protestò. – E poi Brianna già lo fa!
  • Brianna ha quattro anni più di te signorina! – le fece notare. – Ha studiato di più ed è normale che lo faccia. – mise il broncio. Non le piaceva essere contraddetta. - Tranquilla però, sono più che sicura che quando avrai la sua età anche tu lo saprai fare. – cercò di farla ragionare, ma far ragionare una testolina così dura non era affatto semplice.
  • Io lo so fare già e oggi lo farò! – Senza aggiungere altro si alzò dalla panchina dello spogliatoio e da sola e arrabbiata raggiunse la grande pista.
Savannah la lasciò andare, sapeva che non sarebbe servito a nulla seguirla, ma andò comunque ad osservarla dagli spalti in modo da essere presente in qualsiasi evenienza. Era preoccupata, dentro di sé sentiva come un cattivo presagio, ma cercò di allontanare la mente da quei brutti pensieri pensando fosse semplicemente paranoia. Guardò le prime prove del pezzo di Emma con agitazione assurda, temeva che quel salto sarebbe arrivato presto ma grazie al cielo non arrivò. A quanto pare la bambina per una volta le aveva dato retta, o almeno così credeva…
  • Brava, brava, brava!!!!! Hai fatto un ottimo lavoro e per premiarti, visto che per una volta mi hai dato retta, ti porterò a prendere una bella cioccolata calda con tanto di cannella come piace a te. Sei contenta?
  • Si ma non adesso. Ora c’è la prova quella vera, quella con le luci e io proverò finalmente il mio salto. – ecco… come non detto.
  • Mah… Emma…
  • Ora vado! Guardami è!!!!! – si raccomandò correndo in postazione. Doveva aspettarselo in fondo, non è da Emma essere ragionevole.
Ormai consapevole che la piccola avrebbe provato una nuova peripezia, contro ogni volere degli adulti, Savannah provò a rilassarsi sperando per il meglio ma nel mezzo dell’esibizione, proprio quando ormai era sicura che Emma fosse in procinto di agire, fu altro a catturare la sua attenzione. A bordo pista vi era una donna, una giovane mamma, intenta ad aiutare la propria bambina ad allacciare i pattini. Era molto amorevole nei confronti della piccola e gli occhi della bambina rispecchiavano lo stesso sentimento. Era una scena davvero carina vista dagli occhi di una persona con alle spalle una famiglia ma in quel momento, in quella struttura, vi erano anche persone che non avevano mai avuto una famiglia accanto, persone che non avevano mai conosciuto e provato l’affetto di una mamma. Il suo sguardo si spostò immediatamente su Emma e lo vide…vide esattamente quello che non avrebbe mai più voluto vedere…. Vide lo sguardo di una bambina sofferente.
Tutta  l’eleganza dei movimenti, la leggiadria, la passione che Emma emanava al pubblico durante un’esibizione aveva lasciato improvvisamente spazio a due occhioni lucidi in procinto di piangere. Cercando di trattenersi il più possibile, lei non è la classica bambina che ama far vedere le sue debolezze, continuò la sua prova come se nulla fosse ma Savannah poteva vederlo, non stava affatto pensando al suo assolo, i suoi occhi puntavano quella coppia madre figlia come fossero calamite attratte da una forza opposta e questo suo perdere di vista ciò che stava realmente facendo la portò a perdere l’equilibrio durante un salto e a cadere di testa sul ghiaccio.
Incurante di non avere le calzature adatte per poter entrare in pista Savannah corse a più non posso, con il cuore in gola, verso la bambina che nel mentre era già stata raggiunta dalla sua allenatrice e dal personale medico. Piangeva disperata ma secondo il medico era un buon segno, il fatto che fosse cosciente in primis lo era, ma per sicurezza, visto che aveva sbattuto la testa, decise comunque di portarla in ospedale per scongiurare qualcosa di più grave impossibile da vedere ad occhio nudo.
Fortunatamente anche la visita in ospedale andò bene, Emma non aveva riportato nulla di grave, ma per essere tranquilli il medico si raccomandò con Savannah di tenerla sveglia almeno altre tre o quattro ore nonostante la piccola avesse potuto manifestare prima sintomi di sonnolenza. Decise dunque di portarla a cena fuori, in uno dei fast food che sapeva quanto lei amasse dopodichè, dopo aver fatto una passeggiata e mangiato un dolcetto extra, si misero in macchina per tornare in istituto. Emma non è mai stata un gran chiacchierona, soprattutto con gli adulti, ma quando era da sola con Savannah non mancava mai occasione di parlare di qualcosa. Quella sera però non sembrava intenzionata a parlare, anche a cena era stata parecchio silenziosa e Savannah senza chiedere conferma sapeva già cosa frullasse nella sua testolina.
  • Vuoi parlarne tesoro? – le disse intenerita nel vederla così triste. Lei scosse la testa, sapeva che Savannah avesse capito ma non era pronta a parlare di come si sentisse. – Molto presto arriverà una fantastica famiglia che vorrà averti con se non preoccuparti… - disse ugualmente cercando di rincuorarla - bambine speciali come te difficilmente rimangono a lungo in istituto credimi… – Fosse stato per Savannah l’avrebbe adottata ad occhi chiusi lei stessa ma nessuno le avrebbe mai concesso la custodia della piccola senza aver contratto matrimonio o quanto meno avere una relazione stabile con un compagno da almeno tre o quattro anni.
  • Possiamo non dire alla signorina Parker cosa è successo stasera? – domandò cambiando totalmente discorso.
  • Non credi voglia sapere che hai avuto un piccolo incidentino? – scosse ripetutamente la testa spaventata dalle possibili conseguenze.  Non era di certo la prima volta che Emma si faceva un giretto in ospedale, in istituto hanno decisamene perso il conto di quante volte Emma ha rischiato seriamente di farsi male: risse con i coetanei, tentatiti vi evasione andati male e una volta addirittura ha rischiato di perdere un occhio giocando con i petardi rubati a ragazzi più grandi. Ognuna di queste vicende ha portato naturalmente ad una punizione e ora la piccola è spaventata che possa succedere ancora. Ha solo sei anni in fondo, non capisce che la si mette in punizione per il suo bene, per farle capire che con i suoi comportamenti ha rischiato di farsi seriamente del male, no… lei associa l’ospedale alla punizione e naturalmente adesso è in pensiero per le possibili conseguenze che possano esserci non capendo che questa volta lei non ha nessuna colpa. – D’accordo non le dirò nulla ma sappi che non devi temere nulla stasera, io ero con te e so che non hai fatto nulla di male, quello di oggi è stato semplicemente un incidente. – Naturalmente Savannah fu costretta a comunicare quanto accaduto al suo superiore, vi era una documentazione medica da tenere nei registri ufficiali dopotutto ma come promesso ad Emma, non vi furono conseguenze per quell’incidente e la piccola non venne messa in punizione. Giocò a lungo con Savannah quella sera dopodiché, passate le quattro ore raccomandate dal medico, visto che ormai iniziava ad essere anche un po’ tardino, venne messa a letto con la promessa di vedersi l’indomani. Emma chiuse subito gli occhi subito, abbracciata come di consueto alla sua inseparabile copertina bianca e viola, l’unica cosa lasciata dai suoi genitori, ma il suo sonno durò giusto qualche minuto perché alla mente le tornarono le immagini di quel maledetto pomeriggio. Si svegliò di soprassalto e inevitabilmente tornò a piangere. Non era la prima volta che si svegliava nel mezzo della notte pensando e piangendo per il suo senso di abbandono ma questa volta era diverso. Di solito piangeva arrabbiata verso i suoi genitori, incapace di capire il perché del loro gesto, ma questa volta, forse complice anche il natale alle porte pianse per altro… pianse per quel vuoto mai colmato all’interno del suo cuore, pianse per la mancanza di una mamma e di un papà.
Cercò di calmarsi da sola, non voleva che qualcuno dalle altre stanze la sentisse piangere, si vergognava, ma non ci riuscì, anzi… si agitò ancora di più quando il vento che soffiava forte a causa di un possibile temporale in arrivo spalancò i vetri della sua finestra. Si strinse forte alla sua copertina e al suo cuscino impaurita, non le piaceva il brutto tempo, ma sapeva che se non voleva congelare doveva farsi forza e chiudere la finestra, nessuno lo avrebbe fatto al suo posto.
Tenendo sempre saldamente la sua copertina come scudo, scese dal letto e si avvicinò a piedi scalzi alla finestra. Il vento come per magia cessò improvvisamente di soffiare ma al suo posto comparve una sagoma nera che si avvicinò ad Emma accarezzandole il viso.
  • Ehi Emma… non avere paura, sono io: Peter… ti ricordi di me vero? – disse la figura vedendola indietreggiare spaventata – Sono qui per portarti via da questo inferno!
  • Vai… vai via o mi metto ad urlare! – disse con finto coraggio nonostante dentro di se la paura la stava divorando. Cos’era quella figura davanti a lei… un fantasma?
  • No, non urlare, non voglio farti del male te lo giuro, voglio solo aiutarti a scappare da questo posto! Lo hai detto tu stessa che non ti piace dopotutto no? Beh… se vieni con me ti porterò in un luogo incantato, dove tutto è possibile, anche volare. Un posto magico, un posto per bambini speciali come te!
  • Guarda che io non sono scema! Le persone non possono volare! Vattene. – disse facendosi coraggio con la sua copertina.
  • Nel mio mondo si può e tu lo sai bene… ci sei già stata non ricordi già più? I falò intorno al fuoco, la polvere magica, i dolci a volontà… dai Emma, sono Peter, il tuo amico Peter. – improvvisamente le sembrò di ricordare qualcosa simile alle parole appena dette dalla figura davanti a se. Qualcosa accaduto in sogno, un sogno meraviglioso, il più bello mai fatto in tutta la sua vita.
  • Peter… quel Peter?
  • Proprio lui!
  • Mah… quello era… quello era un sogno! I sogni non sono veri. Sto sognando anche adesso? – chiese rilassandosi un pochino, nei sogni in fondo non può succedere nulla di brutto no? Al massimo ci si sveglia.
  • Non stai sognando e no, non era un sogno. Era tutto vero Emma, sei stata seriamente in quel posto magico e voglio portartici ancora una volta, per sempre questa volta.
  • Per… per sempre?
  • Per sempre si, o almeno finché vorrai restarci tu. Dai afferra la mia mano, ci divertiremo un mondo insieme, gli altri bambini ti stanno aspettando impazienti per giocare insieme a te. – l’idea di avere dei veri amici con cui giocare non le dispiaceva affatto, qualche amicizia nell’istituto l’aveva già ma non erano di certo paragonabili agli amici che fino al giorno prima credeva di aver solo sognato. C’era qualcosa che però la tratteneva dal dire di si…
  • Io… io non… non lo so se voglio venire.
  • Ma come, non ti faceva schifo questo posto? – domandò
  • Si mah… Savannah? Lei mi vuole bene… io non voglio lasciarla da sola.
  • Ah Savannah… beh… Savannah cosa ti ha sempre detto? Che vuole vederti felice no? – La piccola annuì – Beh allora non credi che sapendoti felice in un posto che ti fa stare bene e non ti rende triste e spaventata come la maggior parte delle volte che sei qui dentro sarebbe felicissima anche lei? Dai andiamo… ti prometto che ti farò scrivere una letterina dove le spiegherai tutto.
Ed è così che Emma si fece convincere da quella strana figura ad andare con lei, strinse la sua mano e tenendo con l’altra la copertina a cui mai e poi mai avrebbe rinunciato si lasciò accompagnare dal suo nuovo amico in quel posto che aveva sempre creduto di sognare, un posto che però non era affatto come lo ricordava lei. La figura stessa con cui aveva parlato in realtà non era chi in teoria pensava che fosse, o meglio… era la persona che aveva conosciuto durante i suoi “sogni” ma questa persona non aveva affatto voglia di salvarla come le aveva fatto credere, anzi… l’aveva rapita per uno scopo decisamente meno nobile: per assicurare a se stesso e alla sua isola un futuro.
Sembrerà strano da credere ma quella figura altri non era che Peter Pan, il vero Peter Pan, non quello delle favole, l’unico e solo, malvagio e crudele come pochi. La sua esistenza e quella della sua isola sono strettamente legate alla magia, una magia che con gli anni se non si interviene per tempo è destinata a svanire. Non può assolutamente permettere che questo accada se vuole rimanere in vita ed è proprio per questo motivo che è andato alla ricerca di Emma. Dopo svariate ricerche è giunto alla conclusione che per salvare l’isola, e se stesso, ha bisogno del cuore del vero credente, ed Emma, insieme ad un altro bambino, che dovrà riacciuffare perché scappato, sono le chiavi per arrivare a questo cuore. Loro saranno i genitori del custode del cuore del vero credente, per cui vuole tenerli entrambi sull’isola in modo che il destino non faccia scherzi e che gli dia ciò che vuole. Solo dopo aver ottenuto il bambino che gli spetta, se vorranno li lascerà liberi, fino ad allora resteranno sull’isola con lui.
Una volta approdati sull’isola che non c’è Emma viene immediatamente portata in una casetta di vimini veramente minuscola, una sola stanza e un piccolissimo bagno, per così chiamarlo, non ha minimamente l’aspetto di un bagno. sarà quella la sua casa. Ha osservata a lungo quella bambina, conosce il suo carattere ribelle e di conseguenza sa che non può permettersi di tenerla libera di scorrazzare qua e là per l’isola… e poi il suo secondo prigioniero è già evaso, vuole evitare che anche la piccolina segua le sue orme. La leggenda parla chiaro: sarà l’unione della salvatrice, il frutto del vero amore, assieme al figlio del signore oscuro più potente mai esistito a generare il bambino che serve a lui quindi non può permettersi che Emma scappi, è lei la salvatrice, anche se ancora non lo sa.
Riesce a tenerla prigioniera per quattro lunghissimi giorni, portandole da mangiare tre volte a giorno solo per paura che possa morire di fame, ma il quinto giorno, dopo aver pianto tutte le sue lacrime e aver maledetto se stessa per aver infranto la promessa fatta a Savannah, quella di non fidarsi mai degli sconosciuti, Emma decide che è tempo di agire. Si prepara psicologicamente a sferrare un attacco e quando uno degli scagnozzi di Peter pan, il più tonto a parere di Emma, apre la gabbia per darle da mangiare, ormai ha imparato la routine e sa benissimo chi ci sarà dietro la porta, ecco che lei come un piccolo felino, saltandogli addosso, gli morde a sangue il naso facendolo cadere a terra dal dolore. E’ il momento perfetto per scappare e senza esitazione, la sua copertina è già stretta tra le sue mani, corre alla velocità della luce alla ricerca di un riparo.
Vaga senza meta povera piccola, è spaventata a morte e infreddolita. Ha sempre desiderato scappare dall’istituto in cui si sentiva prigioniera ma solo adesso si rende conto che forse è stata una cattiva idea farlo: le prigioni sono altre…  adesso lei lo sa.
Sta per farsi sera e lei ha paura del buio, non vuole restare nel bosco da sola, ha paura che qualche animale possa mangiarla, ma non può neanche tornare indietro e farsi trovare da Peter… di sicuro non la tratterebbe con i guanti bianchi. Si accascia così a terra, non potendo fare altro, tra le folte piante e stringendo la sua copertina spera con tutto il cuore che questo sia solamente un brutto incubo. Mai come quel giorno Emma Swan voleva tornare a “casa” e per casa intendeva l’istituto.
Rimase in assoluto silenzio per ore, cercando di respirare e piangere il più piano possibile per non farsi sentire da nessuno, animali compresi, ma quando sentì dei rumori provenire verso di lei si spaventò e per paura di essere mangiata, forse aveva letto troppe storie di paura, iniziò a correre a più non posso per scampare al pericolo. Non sapendosi orientare però sbagliò via di fuga e piuttosto che scappare dai rumori andò in contro ad esso finendo sfortunatamente, o fortunatamente in questo caso, davanti a quello che aveva intercettato come pericolo. Non era un animale feroce come pensava lei e non era neanche un bambino sperduto della cerchia di Peter… era un adulto quello con cui si scontrò cadendo a terra, un adulto vestito in modo bizzarro e con uno strano aggeggio al posto della mano.
  • Attenta a dove metti i piedi piccola selvaggia, mi sporchi il vestito! – esordì l’uomo ripulendosi alla meglio, quella piccola furfante gli aveva maccato il suo prezioso panciotto di fango.
  • Tu… tu sei un adulto! – esclamò lei sorpresa, non aveva mai visto adulti su quell’isola, ne da prigioniera ne quando Pan la portava li per giocare.
  • Che scoperta avvincente! Si sono un adulto ragazzina, problemi? Lasciami passare adesso, sto lavorando…
  • Che lavoro fai? Posso venire con te? – non avrebbe dovuto fare quella domanda, già una volta era finita nei guai per questo, ma non voleva di certo restare tutta la notte da sola nel bosco. Anche se pericolosa quella era l’unica sua chance.
  • Non si vede? Sono un pirata e no, non puoi venire con me.
  • Ti prego… io… io ho paura! – iniziò a piangere. – non voglio stare qui…
  • No, non frignare ti prego, risparmiamelo… - a quell’uomo a quanto pare i bambini non piacevano… -  Se ti sei persa ti dico la strada per tornartene da quel babbeo del tuo capo e da quella mandria di marmocchi fastidiosi ma tu in cambio smetti di piangere immediatamente! Mi farai diventare sordo così! – esclamò – Ah… e dirai a Pan che sono stato un ottimo pirata e che come minimo, per aver riportato la sua pecorella all’ovile mi deve un favore. – Prima regola del pirata: mai fare niente in cambio di niente.
  • No no no non ripotarmi da Peter ti pregoooo!!!! Non voglio tornare là. – disse cercando di smettere di piangere, anche se inutilmente… voleva aggraziarsi quell’uomo e a quanto pare piangere non l’avrebbe aiutata.
  • Mmmh… interessante… - non capitava spesso che un bimbo sperduto volesse scappare dall’isola, anzi… erano più quelli che arrivavano che quelli che andavano via. Solo uno che lui ha memoria è riuscito a scappare, o meglio, lo ha aiutato lui stesso a scappare, anche se poi scoprendo la verità sul suo conto ha preferito tonare sull’isola, scappano con le sue sole forze anni dopo: Bae… il suo Bea… il figlio della sua donna, della sua Milah… la donna della sua vita… l’unica e sola. A ripensare a Bae il suo cuore da duro vacilla un po’, voleva seriamente salvarlo, voleva farlo per l’amore che provava per sua madre, ma non è riuscito nell’intento. Non si è mai perdonato di ciò e ancora adesso che sa che non è più sull’isola riesce a farlo, non sa se ha trovato la sua strada o se è ancora in pericolo e questo lo fa star male. Sarà anche il figlio dell’uomo che lo ha fatto diventare quello che è oggi, ma è anche figlio di colei che ha amato come mai nessun altra prima ed proprio il pensiero verso di lei che non lo fa dormire se pensa a Bae… ha paura che la sua donna, ormai passata a miglior vita, possa essere in collera con lui per non essere riuscito a salvare il suo bambino. Gli occhi di Emma poi in un momento come quello non aiutano di certo anzi, lo portano a fare qualcosa di cui sa che potrebbe ampiamente pentirsi. C’è un accordo tra lui e Pan, il pirata può girare liberamente sull’isola alla ricerca di ciò che gli serve per sconfiggere il suo acerrimo nemico, senza ricevere attacchi dai bambini sperduti, solo se lui a sua volta non tenta di sabotarlo come in passato. Fare quello che la sua mente gli sta suggerendo lo porterebbe ad avere dei problemi ma una voce dentro di se gli sta gridando di fare la cosa giusta e la cosa giusta è quella di prendere quella piccolina e strapparla dalle grinfie di Pan… in questo modo forse, salvando almeno lei, riuscirà a perdonarsi di non essere riuscito a salvare Bae.
  • Sei sola? – le dice improvvisamente guardandosi attorno con sospetto assicurandosi che nei dintorni non ci sia nessuno, conosce pan, potrebbe essere una sottospecie di prova.
  • Si… - era troppo spaventata per non essere sincera, tremava come una foglia e quegli occhi erano occhi di una persona che anche se piccola aveva già sofferto troppo. Conosceva bene quello sguardo, anche Bae lo aveva… lui stesso in passato lo aveva avuto.
  • Sicura che non ti abbia seguito nessuno? – annuì ancora. – Ahhhh… - sospirò rassegnato - so già che me ne pentirò –  senza aggiungere altro le tese la mano affinché lei potesse afferrargliela e insieme, stando attenti a non farsi beccare, quella sottospecie di giungla era piena di occhi indiscreti, raggiunsero la nave dell’uomo.
  • Questa è casa tua? – chiese non appena mise piede sulla passerella.
  • Già! Benvenuta sulla Jolly Roger Ragazzina piagnucolosa.
  • Mi chiamo Emma!!!! – precisò indignata, non le piaceva affatto quel soprannome.
  • Ragazzina piagnucolosa ti sta meglio però!
  • Prrrrrr – non sapendo come altro rispondere per farsi rispettare gli fece una sonora pernacchia. – Tu ce l’hai un nome? – chiese subito dopo.
  • Sono Capitan uncino! Il temibile capitan uncino!
  • Come quello del cartone animato? – chiese meravigliata. Non aveva collegato che Peter fosse in realtà Peter pan, lei lo chiamava semplicemente Peter. – Ma non hai i baffi… E neanche i capelli ricci lunghi.
  • Cos’è un cartone animato? E perché dovrei avere i baffi e i ricci? – chiese non capendo cosa volesse dire.
  • Il vero capitan uncino ce l’ha!
  • Attenta a come parli! Sono io il vero capitan uncino, non dire fesserie marmocchia!
  • Mi chiamo sempre Emma io! – incrociò le braccia al petto.
  • Si ok, va bene, va bene, va bene… ho capito. Hai fame? – chiese cambiando argomento – Questa mattina io e Spugna, il mio fidato scagnozzo, abbiamo pescato moltissimi pesci, ti concedo l’onore di assaggiarne uno.
  • Blaaaaaaaaaa…. Che schifo! Non mi piace il pesce.
  • Ma lo hai mai assaggiato? – la guardò sconvolto.
  • Si ma fa schifo, dove abito io non lo mangia mai nessuno!!!! Non hai delle patatine fritte, del gelato, i biscotti… qualcosa di buono insomma.
  • Posso assicurarti che il pesce è ottimo e molto salutare, soprattutto per una bambina della tua età.  A parte le patate, che è cibo assai raro da queste parti, non so neanche cosa sia tutto il resto che mi hai elencato ma ti suggerirei di fidarti di me e farti un bel pasto come si deve, sei troppo magrolina.
  • Ma sei sordo allora? Non mi piace il pesceeeeee!!!!
  • Tu aspetta di assaggiare la mia ricetta segreta e poi vedrai, ti leccherai i baffi!
  • Non ho i baffi!!!!! – al temibile capitan uncino venne da ridere, doveva proprio ammetterlo, quella piccoletta sapeva già il fatto suo.
La portò sotto coperta dove le diede una copertina per stare più calda dopodiché le cucinò la sua specialità. Emma era un po’ titubante sul da farsi, guardava il piatto parecchio schifata ma dopo averlo assaggiato, non dopo parecchi incoraggiamenti, ci mise poco a spazzolarsi il restante e si, come aveva detto il pirata, si leccò anche i baffi che non aveva.
  • Allora dimmi: da dove vieni? Come sei arrivata fin qui.
  • Da Boston…
  • Bo.. boston? Che posto è Boston? – chiese non avendo mai sentito in vita sua quel nome.
  • È una città! Tutti conoscono Boston. Non hai studiato geografia a scuola?
  • Geografia? Ma come parli bambina? – scosse la testa.
  • Se sei un asino che non conosci la geografia non è colpa mia!
  • Farò finta di non aver sentito. – le disse – Comunque se non mi dici qualcosa di più concreto io come faccio a riportarti dai tuoi genitori?
  • Io… io non ho dei genitori… - abbassò il capo. – Loro… loro mi hanno abbandonata appena nata…
  • Ah! E dove vivi?
  • In una casa famiglia.
  • In una che?
  • In un posto dove ci sono altri bimbi come me.
  • Un orfanotrofio insomma. – annuì. – Ora capisco perché sei qui! Non ti piace quel posto è?
  • No… solo Savannah mi piace. Lei mi capisce.
  • Non so chi sia questa Sa… savannah? Beh, comunque sia sono intenzionato a riportarti da lei quindi mentre finisci di mangiare pensa a come farmi capire dove diavolo vivi. - Per gentil concessione, visto la fame che aveva la piccola, Pan a quanto pare non era stato molto scrupoloso nel controllare che mangiasse, le preparò un altro piatto e mentre lei finiva di spazzolare con voracità anche quest’ultimo lui ne approfittò per andare a controllare se spugna fosse rientrato, era tardi ed era strano che ancora non fosse sceso a reclamare cibo. Lo trovò a prua, era appena tornato a quanto pare, stavo poggiando a terra alcune provviste raccolte strada facendo.
  • Alla buon’ora Spugna, credevo proprio ti fossi perso questa volta. – disse il suo capitano vedendolo finalmente rientrare.
  • Mi scuso per il ritardo signore ma ho ottime notizie darle! Non ci crederà ma ho trovato un modo per convincere Pan ad aiutarci a sconfiggere il signore oscuro. – non era la prima volta che spugna esponeva piani contro Tremotino al suo capitano ma nessuno di essi era mai risultato idoneo. Killian non aveva dubbi che anche quest’ultimo sarebbe stato fallimentare ma lasciò comunque che il suo scagnozzo parlasse. In fondo il suo era un modo per dimostrare rispetto e dedizione al suo capitano. – Mi sono imbattuto in dei bimbi sperduti, mi sono nascosto, non mi hanno visto non si preoccupi, ma li ho sentiti parlare. Sono alla ricerca di una bambina che è scappata dalle grinfie di Pan. – la bambina in questione di sicuro era Emma
  • E allora? Come potrebbe aiutarci questa cosa?
  • Pan la sta cercando disperatamente, dice che la bambina è la chiave per la sua sopravvivenza. Ha promesso ai bimbi sperduti una ricompensa assai sostanziosa per chi la riporterà a lui.
  • Non capisco ancora dove tu voglia arrivare.
  • Capitano dobbiamo cercare quella bambina e consegnarla a Pan. Sarà talmente devoto nei nostri confronti che ci concederà l’aiuto necessario per sconfiggere Tremotino! Lui sa come muoversi in questa isola, lui sa dove si trova il rubos noctis.  Dobbiamo solo trovare quella bambina! Sarà un gioco da ragazzi per lei capitano. Lei conosce perfettamente come muoversi qui. È un piano perfetto non trova?
  • Penso che dovremmo attenerci ai piani originali Spugna, non avere rapporti con lui e andare per la nostra strada.
  • Ma perché capitano? Le sarà riconoscente...
  • Non voglio la sua riconoscenza a maggior ragione se dovrò condannare una persona che non c’entra nulla. Non è la prima volta che Pan vuole un bambino da imprigionare.... sai come la penso.
  • Mi... mi scusi signore non... non volevo rattristarla facendola pensare a Bae.... sono desolato però questa bambina.... – si guardò attorno come se da un momento all’altro potesse arrivare qualcuno - ho sentito dire che è la salvatrice capisce? La salvatrice capitano! La figlia di Biancaneve e del principe, la bambina messa nella teca per rompere il sortilegio.
  • Sortilegio mai scagliato oserei dire quindi non è la salvatrice Spugna! È semplicemente una bambina come tutti gli altri.
  • Lui pensa sia ancora la salvatrice però, senza di lei lui un giorno potrebbe addirittura morire! Ha bisogno di quella bambina.
  • Mmmh.... morire è?!?! Questa non sarebbe una cattiva idea....
  • mah signore... senza Pan come potremo sconfiggere....
  • TI HO GIA’ DETTO CHE NON HO BISOGNO DI PAN OK??? - disse alterandosi con il suo scagnozzo. Non amava particolarmente ripetersi.
  • S…Si signor capitano, mi… mi scusi ancora.
  • Comunque dicevo… non mi dispiacerebbe indebolirlo.... - ci pensò su. - Hai detto che la bambina fuggita alle grinfie di Pan è la salvatrice giusto?
  • Si signore! Proprio lei.
  • Bene bene bene... caro Spugna so bene come utilizzare quella bambina.
  • vuoi... vuoi riportarmi da lui? – una vocina ormai familiare lo fece voltare - Ma tu... tu hai detto che... io non voglio tornare li.... - la piccolina avendo finito la sua cena e non volendo stranamente restare da sola si mise alla ricerca del pirata ma trovandolo in compagnia di un uomo a lei sconosciuto pensò bene di nascondersi e origliare, non ha capito molto in realtà, solo l’ultima parte. L’uomo che l’ha salvata vuole usarla.
  • Capitano... lei... lei chi è?!?!
  • Spugna, ti presento piagnucolosa e nanerottola Emma! Lei sarà nostra ospite per un po’. Avanti pulce vieni a salutare...
  • Nooo! Io non ci vengo lì, tu vuoi riportarmi da quello.
  • No che non voglio portarti lì, lo sapresti se avessi origliato bene. – le fece notare
  • Non ti credo!
  • - Ascolta, tu forse conoscerai anche il significato di parole strambe come geo… geo e qualcosa e roba simile…
  • Geografia! – ripeté lei
  • Si ok quella, ma il punto è che io sono un uomo d’onore e mantengo sempre la parola data e se ti ho detto che non ti riporterò da lui è così! Punto. Ora ti è venuto in mente qualche dettaglio più preciso per farmi capire dove si trova la tua casa o devo buttarmi ad indovinare?
  • Ti ho detto tutto quello che so, però se non conosci Boston puoi sempre usare il navigatore. – disse con saccenza.
  • Cos’è un navigatore capitano? - chiese spugna anche lui totalmente impreparato a quello strano linguaggio.
  • Non chiedermelo, ci vorrebbe un decodificatore per capire di cosa parla. – rispose al suo ufficiale per poi tornare a rivolgersi alla piccola. – Ascolta… non conosco questa Boston ma mi è appena stata detta una cosa importante proprio su di te e posso dirti quasi con assoluta certezza che conosco i tuoi genitori, i tuoi veri genitori. – la piccola sgranò gli occhi incapace di credere ad una cosa del genere. – Vorresti incontrarli?
  • D… davvero? Tu… tu conosci i miei genitori?
  • Non li conosco proprio bene, non siamo amici ma so dove abitano quindi, se vuoi, posso portarti li, di sicuro loro sapranno come mettersi in contatto con questa Savannah.
  • P… posso chiamarla? – chiese ancora incredula.
  • Chi?
  • Savannah? Mi dai il tuo telefono?
  • Il mio cosa?
  • Il telefono! Non… non  hai un telefono?!? – sgranò gli occhi ancora di più se possibile. – tutti i grandi hanno il telefono.
  • Io no nanerottola sapientona ma forse i tuoi genitori ne hanno uno e possono aiutarti. Se mi dici che per te va bene posso provare a portarti li.
  • Si, voglio andare da loro, voglio conoscerli. – disse con decisione senza neanche rifletterci su e l’uomo davanti a se annuì. Non era riuscito a portare Bae in salvo ma costi quel che costi avrebbe riportato quella bambina a casa.
Salparono quella stessa sera e giunsero a destinazione solamente sei giorni dopo. Un’infinità di tempo per la piccola Emma che oltre ad annoiarsi, non si poteva fare molto in mare aperto, per i primi giorni soffrì addirittura di mal di mare. Killian inizialmente cercò di mantenere le distanze verso quella piccola creatura indifesa, non era pratico di bambini e non voleva neanche diventarlo, ma più i giorni passavano più fu indispensabile avere a che fare con lei: punto primo Spugna era una vera frana con lei, non sapeva farsi rispettare, punto secondo Emma come punto di riferimento cercava solamente lui. “Solo pochi giorni… altri pochi giorni e poi sarò nuovamente libero” si ritrovava a pensare nei giorni in cui Emma ne combinava una delle sue, ma ogni sera, quando la bambina dormiva e lui saliva sul ponte ad ammirare le stelle, ripensando alla giornata appena trascorsa, non poteva fare altro che sorridere. Per quanto volesse in ogni modo negare ciò, quella bambina aveva portato serenità e spensieratezza in una nave ormai carica solo di risentimento, odio e rancore. Emma è senza dubbio la prima boccata d’aria fresca dopo tanto, troppo tempo, non ricorda neanche più quando è stata l’ultima volta che qualcuno lo ha fatto sorridere. La sua Milah era tutto il suo universo, avevano grandi progetti insieme tra cui quello di mettere su famiglia non appena le cose con il suo ex marito si fossero un tantino sistemate. Purtroppo non hanno mai avuto modo di esaudire questo desiderio e se per anni ha sempre cercato di nascondere anche a se stesso la fragilità che questo ricordo gli provoca, con Emma sulla nave non riesce a non pensarci; quella piccola dentro di se ha la stoffa del pirata ed è esattamente come lui e la sua milah, nelle notti tempestose, stretti l’un l’altro, immaginavano il loro bambino. Non poteva andare avanti così, doveva allontanarsi da quella bambina prima che quei ricordi dolori lo mandassero al manicomio, ma come spesso accade non sempre ciò che si desidera fare è possibile farlo e proprio quando ormai credeva di essere arrivato alla fine di quella tortura, l’indomani avrebbero attraccato al porto reale consegnando la bambina ai suoi genitori, ecco che ancora una volta quella piccola aveva un disperato bisogno del suo aiuto.
Si era da poco addormentato, la giornata appena trascorsa lo aveva distrutto, quando un paio di piedini scalzi raggiunsero la sua stanza.
  • Dormi?!? – chiese una vocina proprio accanto al suo letto.
  • No… perché dovrei! Mica è notte! – rispose sarcastico mettendosi a sedere.
  • Io ho paura!
  • Ancora? Te l’ho già detto nanerottola, – ormai quel nomignolo era il suo soprannome ufficiale – è solo spugna che russa! Ignoralo…
  • Non ho paura di Spugna… - ammise – non più…
  • E cos’altro è che ti mette paura è? – di quel poco che ricorda lui da bambino non era mai stato così pauroso. Emma sembrava una dura ma sotto sotto non lo era affatto.
  • E se non gli piaccio? – domandò con gli occhi lucidi.
  • A chi? – il pirata era troppo assonnato per capire al volo.
  • A loro! Ai mei… ai miei… - non riusciva a dirlo ancora. Era partita decisa che avrebbe voluto incontrarli, era il suo sogno da sei lunghi anni infondo, ma ora che era così vicina da realizzarlo la paura di essere rifiutata ancora una volta giocava brutti scherzi. Come darle torto, chi non avrebbe avuto paura a presentarsi al cospetto di coloro che già una volta ti hanno allontanato dalla propria vita?
  • Ah… ho capito… - le fece segno di sedersi sul letto accanto a lui. – Non credo sai che tu debba avere queste paure. Loro saranno felicissimi di rivederti credimi.
  • Come lo sai? Io non sono così sicura.
  • Lo so perché conosc… - non spettava a lui raccontarle come erano andate le cose – Lo so e basta. Gli piacerai credimi.
  • Tu dici?
  • Guarda… stai simpatica anche a me quando non frigni ed è tutto dire quindi… a loro piacerai moltissimo.
  • Se però non dovessi piacergli? – in fondo una remota possibilità poteva esserci - Posso restare con te fin quando non troverò Savannah? – Uncino dubitava fortemente che la famosa Savannah sarebbe mai tornata nella vita della piccola. Se le voci sulla salvatrice erano vere significava che Emma fino ad allora era vissuta in un mondo senza magia e di conseguenza anche la donna in questione. Nessun individuo non magico ha mai attraversato il portale che separa i due mondi, di conseguenza le due probabilmente non si sarebbero mai più riviste. Dirlo ad Emma non era affatto la scelta migliore in quel momento, non con tutta l’ansia che aveva già indosso quindi si limitò ad annuire consentendole di restare con lui nel caso i suoi genitori l’avessero nuovamente rifiutata. Se qualcuno avesse assistito a quella conversazione avrebbe di sicuro riso di lui dicendo che si fosse rammollito ma la verità era un’altra: le disse di si solo perché era più che sicuro che i suoi genitori l’avrebbero riaccolta a braccia aperte. Non era la prima volta che sentiva parlare della famiglia reale, lui stesso in passato aveva fatto parte della marina militare di quel regno, sapeva benissimo tutta la storia. Biancaneve e il principe azzurro contro la Regina cattiva, tutto ha inizio da qui, una guerra senza fine che non portò mai ad un vincitore, anzi… fu senza dubbio l’unica guerra che portò solo sconfitte in entrambi i fronti. Nessuno, tantomeno Biancaneve e il principe, pensavano ci fosse un modo per bloccare gli effetti del sortilegio, non avrebbero messo la loro bambina nella teca se ci fosse stata anche solo una possibilità, eppure un modo c’era e quando la Regina venne privata dei suoi poteri, fu solo in questo modo che l’effetto del sortilegio si bloccò, orami era troppo tardi: La bambina era in un mondo senza magia pressoché impossibile da rintracciare. Perdere la principessina fu un lutto per tutta la comunità reale, un lutto talmente grave da cui i due sovrani non si ripresero mai. Tutte le cerimonie, festività e gli eventi che erano già segnati in calendario vennero immediatamente annullati e non ne vennero mai più presentati degli altri. Sono sei anni ormai che neanche si hanno più notizie dei sovrani stessi. Si vocifera che siano caduti in depressione e che vogliano addirittura lasciare il palazzo per rifugiarsi in qualche posto sperduto, lontano dai ricordi di una vita che ormai non esiste più.
Il pirata spera con tutto il cuore che questo non sia ancora accaduto, spera di trovare ancora i sovrani nel loro tradizionale castello ma non solo per riconsegnare loro la bambina, lo fa anche per ricavare da questo gesto, tanto di quell’oro da non dover più muovere un solo dito in tutta la sua vita. Ha già iniziato a fantasticare su cosa accaparrarsi con il ricavato della ricompensa ma quello che di sicuro farà sarà aggraziarsi Pan donandogli dell’oro per poi ricevere in cambio l’arma per sconfiggere il signore oscuro. E’ vero l’obiettivo principale non è esattamente questo, ha promesso a se stesso e alla sua Milah di rimediare all’errore fatto con Bae salvando quella bambina, ma chi ha mai detto che oltre a rispettare questa promessa non possa aspirare a desiderare anche altro?
Con questo pensiero riaccompagnò Emma nella sua stanza, non dopo pochi capricci, sperando vivamente che spugna o altri brutti pensieri non la tormentassero e una volta rimasto solo, dopo un bicchierino di rum per conciliare il sonno tornò anche lui nella sua cabina sperando che l’alba di un nuovo giorno arrivasse presto. L’indomani sarebbe stato il giorno in cui sarebbe diventato il pirata più ricco mai esistito.
La notte passò tranquilla e dopo essersi rimessi in marcia, la notte preferivano attraccare in qualche porto per riposare, non ci misero molto a raggiungere il regno. Come immaginavano vennero fermati dalle guardie non appena giunsero a destinazione e dopo aver spiegato brevemente loro i motivi che li spingevano ad essere li, colloquio urgente con i sovrani, vennero immediatamente accompagnati a palazzo. Non avevano chiesto udienza, Biancaneve e il principe non erano al corrente di questo colloquio straordinario quindi una volta giunti a destinazione avrebbero potuto anche essere rifiutarli. Fortunatamente questo non accadde e nonostante entrambi non fossero dell’umore adatto per ricevere visite, non ne ricevevano da tanto ormai, decisero comunque di ascoltarli.
Killian decise di entrare da solo, voleva spiegare ai sudditi la situazione senza che la bambina fosse presente, non era sicuro che i due avrebbero creduto subito alle sue parole, chi lo avrebbe fatto infondo senza uno straccio di prova tra le mani; lasciò quindi la piccola con Spugna sperando riuscisse per una volta a tenerla a bada e senza esitazione si presentò al cospetto dei due. Aveva già avuto modo di incontrarli in qualche occasione, persone umili e poco egocentriche nonostante la loro ricchezza,  ma mai e poi mai avrebbe pensato di incontrarli un giorno nelle condizioni in cui versavano in quel momento: la tristezza e il dolore era palesemente dipinto nei loro volti e nei loro occhi.
  • Mi scuso per il mancato preavviso ma sono qui oggi per comunicarvi una notizia che rallegrerà sicuramente i vostri cuori. – esordì sorridendo loro. Ne Biancaneve né tantomeno il principe commentarono le parole del pirata, David in particolar modo si trattenne dal farlo o lo avrebbe preso a calci nel sedere prima ancora che terminasse la frase, come si permetteva di parlare loro in questo modo sapendo sicuramente che nulla al mondo dopo la perdita di loro figlia li avrebbe fatti nuovamente sorridere? Avrebbe voluto farlo uscire da quella porta nell’immediato ma decise di non farlo e come solo un bravo sovrano sa fare, decise di non dire nulla e fece al pirata il cenno di continuare. – Vi sembrerà strano, impossibile addirittura da credere, anche io prima di venire qui ho valutato bene se fosse il caso o meno di presentarmi al vostro cospetto, ma sono arrivato alla conclusione che se il destino mi ha scelto per questo compito chi sono io per ignorarlo?
  • Ti ascoltiamo… cos’è che devi comunicarci? – chiese il principe.
  • Vede maestà, non so come dirvelo in realtà senza che abbiate uno shock ma vedete, non sono solo qui oggi, ho portato con me una persona, una bambina per la precisione… una bambina che sembrerebbe essere… beh ecco… vostra figlia. – disse senza girarci intorno. Non si era preparato un discorso, solo in quel momento si rese conto di essere stato un vero stupido a non pensarci prima, ma forse andare dritti al sodo non era stato poi un male, in fondo nessun giro di parole avrebbe mai potuto attutire il colpo di quella notizia.
  • Nostra figlia è? Tze.. eccone un altro… - commentò letteralmente schifato – Ma come vi permettere di venire qui e affermare una cosa così  grave solo per ottenere dello stupido oro?!?! – al principe bastò vedere il suo vestiario per capire che aveva a che fare con uno stupido pirata affamato di ricchezza. In tutti quegli anni molti hanno cercato di ottenere una ricompensa con lo stesso ignobile piano dell’uomo che ora aveva difronte. – Volete l’oro? Prendetevelo! Prendetevi anche il castello se proprio ne sentite la necessità ma sparite dalla mia vista seduta stante e non azzardatevi mai più a mettere in mezzo mia figlia nei vostri luridi scopi. – gli disse con occhi iniettati di sangue. Nessuno aveva il diritto di parlare della loro bambina, nessuno doveva neanche osare nominarla.
  • Maestà credetemi, quel che dico è la verità! So che sembra surreale, anche io avrei dei problemi a crederci, ma è così.
  • La mia bambina è stata catapultata in un mondo senza magia, non vi è alcun modo di riportarla qui.
  • Mah…
  • Niente mah! Non credi che se fosse stato possibile sarei corso io stesso a riprenderla?
  • Ha trovato il modo, o meglio… qualcuno ha trovato il modo. Peter pan…
  • Peter pan? – chiese scettico. Aveva già sentito parlare di quel piccolo demonietto ma non credeva di certo che potesse essere così potente da viaggiare attraverso i mondi.
  • Già… proprio lui! l’ha rapita per i suoi scopi diabolici, a quanto pare vostra figlia ha dei poteri che potrebbero aiutarlo, ma fortunatamente la piccola è riuscita a liberarsi dalla sua prigionia e ha trovato me. E’ una ragazzina molto sveglia devo dire. – aggiunse sorridendo.
  • Ma che coincidenza… guarda un po’! Ha trovato proprio te! Tra tante persone sulla faccia della terra ha incontrato proprio un lurido pirata. – Il principe non credeva ad una sola parola dell’uomo.
  • David amore… - Biancaneve a differenza sua invece stava già fantasticando su un possibile ritorno della sua bambina. Sono sei anni che aspetta un miracolo per riabbracciarla.  – se è vero quello che quest’uomo dice allora lei...
  • Amore mio non… non è possibile capisci? – cercò di farla ragionare - Per quanto vorrei anche io che fosse così non… non può essere vero.  La nostra bambina può essere ovunque a quest’ora, ovunque… ma non qui. Ricordi le parole di Blue vero? Non potrà più fare ritorno.
  • Mah se…
  •  No… mi dispiace. Perché non mi aspetti fuori… non ti fa bene ascoltare queste idiozie. Finisco con questo impostore e ti raggiungo subito.  – La donna abbassando il capo, ferita per essersi illusa ancora una volta; prese le sue cose, un orsacchiotto bianco probabilmente destinato a quella che sarebbe stata la loro bambina, e a lenti passi fece per uscire. – Non azzardatevi mai più ad illudere mia moglie in questo. Mi sono spiegato?
  • Aspettate prima di giudicare vi prego! Anche lei maestà, aspettate un momento… – si rivolse a Biancaneve – Aspettate di vederla almeno prima di giudicare, ha i vostri stessi occhi – si rivolse a Biancaneve -  e il vostro colore di capelli – continuò catturando lo sguardo del principe.  – Vi somiglia molto credetemi… si chiama Emma e…
  • Sai quante bambine bionde con gli occhi verdi di nome Emma ci sono in questo mondo? Troppe… la bambina di cui mi parlate potrebbe essere chiunque e io non voglio crescere chiunque… l’unica persona che desidero crescere è mia figlia! Ma purtroppo non si può.
  • Mio marito ha ragione, per quanto mi dispiaccia devo ammettere che sarebbe davvero impossibile anche solo riconoscerla, se solo avesse qualcosa con se per verificare la sua identità…
  • Io… io ho questa! – una vocina alle loro spalle li interruppe e nel voltarsi verso di essa il principe e la principessa Biancaneve si ritrovarono faccia a faccia con una piccola creatura tutta occhi che teneva stretta tra le mani, come fosse la cosa più preziosa di questo mondo, una copertina bianca con ricami viola a loro molto familiare. Quella copertina era stata cucita a mano per una bambina davvero speciale, era un pezzo unico e introvabile in zona visto che svanì insieme alla sua piccola padroncina… come era possibile che ora campeggiava proprio davanti ai loro occhi?
  • David quella è… quella copertina è…. – lasciò la frase in sospeso incredula di ciò che le mostravano i suoi occhi e senza dar modo al suo compagno di commentare si rivolse direttamente alla diretta interessata. – Piccolina ciao, posso… posso vedere cortesemente quella copertina? – la bambina strinse l’oggetto che teneva tra le mani con più forza timorosa di cederla a mani sconosciute. In sei anni nessuno aveva mai avuto il privilegio di toccarla, solo Savannah ogni tanto aveva il permesso, ma solo per lavarla. – Per favore…
  • Me la ridai dopo? – chiese con gli occhioni lucidi.
  • Certo che si, non avere paura. – La piccola ci pensò qualche minuto, non era molto convinta, ma alla fine decise di comportarsi come una brava bambina e si avvicinò alla donna per poterle porgere la coperta in questione. Snow la osservò attentamente girandola e rigirandola più volte tra le mani per cercare un qualche particolare che la differenziasse da quella che conosceva ormai a memoria ma nulla di differenze sembrava esserci… la copertina con cui sua figlia era stata avvolta e quella che stringeva tra le mani in quel momento erano a dir poco identiche.
  • Come... come hai avuto questa copertina? – le domandò la donna guardandola negli occhi. Il pirata aveva ragione: gli occhioni di quella bambina erano così simili ai suoi…
  • È la copertina con cui sono stata trovata… i miei… i miei genitori mi... mi hanno abbandonata da piccola e… e… e avevo solo questa addosso… è l’unica cosa che mi rimane di loro ecco perché voglio che me la ridai. - le uscì una lacrima nell’ammettere ancora una volta di essere solo una povera orfanella. – Me la ridai adesso vero???
  • Quanti anni hai piccola? Che giorno sei nata? – le coincidenze erano troppe, doveva assolutamente indagare.
  • Ho sei anni. Il mio compleanno è il 23 ottobre. -  Biancaneve nel sentire ciò non ebbe più dubbi e desiderosa ormai da sei anni e due mesi di riabbracciare la sua Emma corse verso la piccola e la strinse a se con una forza tale da lasciarla quasi senza respiro. Emma non capì bene cosa stesse succedendo e quando anche il principe si aggiunse all’abbraccio lei rimase ancora più titubante. Erano loro due quindi i suoi veri genitori?
  • Emma sei… sei davvero tu piccolina? – continuò Biancaneve con le lacrime agli occhi – Non.. non posso crederci, sei… sei tornata a casa! Abbiamo provato in tutti i modi a riportarti qui da noi in questi anni, scusaci se non ci siamo mai riusciti.
  • Voi… voi siete… voi siete i miei… i miei…
  • Si, siamo i tuoi genitori tesoro.
  • Quelli veri? Quelli che mi… quelli che mi hanno abbandonata? – come era possibile che i due adulti che l’avevano rifiutata ora erano li davanti a lei in lacrime, felici e increduli di rivederla? Era solo una bambina, non era in grado di formulare discorsi così complessi, ma la perplessità di vederli così felici nel rivederla la lasciarono comunque un po’ titubante.
  • Mai… mai ti avremmo abbandonata tesoro, è stato un incidente, un brutto incidente. una persona cattiva voleva farti del male cosi…
  • Così siamo stati costretti a metterti in salvo tenendoti distante da noi. – proseguì il principe ormai in lacrime come la sua consorte. – Emma ci sei mancata terribilmente in questi anni… non è passato un solo giorno in cui il nostro pensiero non è stato rivolto a te. Sei sempre stata in cima ai nostri pensieri e averti qui adesso è un sogno che si avvera. Non riesco ancora a crederci. – la prese tra le sue braccia stringendola anche lui. – Potrai mai perdonarci?
  • Io… io credevo che voi non mi voleste bene… ho pianto tanto per essere stata abbandonata…
  • Noi ti vogliamo più che bene, ti amiamo tesoro, sei la nostra unica ragione di vita… da quando siamo stati costretti a mandarti via non… non abbiamo più avuto una vita. Ci dispiace veramente tanto… non volevamo farti soffrire. – le disse Biancaneve. – Siamo pronti a rimediare e a darti tutto l’amore e l’affetto che ti abbiamo negato se solo sei disposta a darci una possibilità.
  • Voi… voi volete tenermi con voi? – chiese meravigliata. Non le era mai capitato che una famiglia volesse prenderla in affido, era troppo vivace e in cerca di perocolo dicevano le istitutici, ma le sarebbe piaciuto. Vedeva gli altri bambini andare a “casa” con le loro nuove famiglie ed erano tutti felici… anche lei desiderava questa felicità e adesso finalmente anche lei l’aveva trovata… con i suoi veri genitori.
  • Certo tesoro, la tua cameretta è pronta dal giorno che sei nata. Questo posto ti sembrerà che cada a pezzi, non era così prima, ma la tua cameretta è in perfetto stato pronta ad accoglierti.
  • Veramente?!?!? – ed ecco gli occhi della piccola Emma illuminarsi come mai in vita sua. Non aveva mai avuto una sua cameretta, tutta sua… era sempre stata costretta a dividerla con qualcuno.
  • Si… devi solo dirci di volerlo anche tu.
  • Voglio stare con voi! – ammise annuendo ripetutamente senza pensarci due volte. – mah… posso dirlo a Savannah prima? Posso dirle che può venirmi a trovare qui qualche volta?
  • Chi è Savannah amore? – chiese Biancaneve preoccupata. Di sicuro in quegli anni la bambina era stata cresciuta da qualcuno e probabilmente quella donna di cui parlava era di sicuro la sua madre adottiva e se questo era vero allora avevano un grave problema da risolvere: quella donna non sarebbe stata affatto felice del loro ritorno.
  • La mia istitutrice… - Biancaneve non capì
  • Scusala, parla in un modo davvero bizzarro! – la giustificò Killian ridendo – Viene da un orfanotrofio… la donna di cui parla si occupava di lei. – semplificò il concetto in modo da rendere più semplice il tutto.
  • In un orfanotrofio?!?!? – Biancaneve si sentiva sempre più in colpa, sperava per lei in un futuro migliore, voleva salvarla, ma non voleva di certo farla crescere orfana in un istituto.
  • Già, un orfanotrofio in un mondo…. Avete capito no? – non voleva essere diretto dicendo apertamente “senza magia”, la bambina non sapeva ancora nulla di tutto questo.
  • Emma ascolta… proveremo in tutti i modi a rintracciare Savannah va bene? Così potrai parlarle e dirle che stai bene.
  • Può venire qui a trovarmi qualche volta? – chiese ancora una volta.
  • Certo tesoro, tutte le volte che vorrai. – non sarebbe stato possibile ma non poteva di certo spaventarla dicendole che non l’avrebbe più rivista, ci sarebbero arrivati piano piano a spiegarle e farle accettare tutto. Ora era con loro, con la sua vera famiglia, anche se inizialmente sarebbe stato difficile, strano… presto, molto presto sarebbe diventata la bambina più felice sulla faccia della terra.
Mentre Biancaneve continuava a spupazzarsi la sua Emma, felice a sua volta i ricevere per la prima volta questo genere di attenzioni, il principe si avvicinò al pirata che gli aveva appena restituito la felicità.
  • Devo scusarmi con te ma sai… non è certo la prima volta che qualcuno si presenta a palazzo decantando di aver ritrovato la mia bambina. Sono partito prevenuto e mi dispiace… - il pirata si limitò semplicemente ad annuire – Per scusarmi, ma per ringraziarti soprattutto, ti chiedo di dirmi con tutta sincerità cos’è che vorresti in cambio. Puoi chiedermi tutto, anche la corona guarda… mi hai fatto, ci hai fatto, un regalo inestimabile e sono pronto a ricompensarti in qualsiasi modo tu voglia. – Quelle parole Uncino le aveva sempre sognate, quale pirata si sarebbe fatto sfuggire un’occasione del genere? Nessuno, ma lui, contro ogni aspettativa, diede al principe una risposta che sorprese addirittura se stesso.
  • Non mi dovete nulla maestà! – esclamò guardandolo dritto negli occhi. – La mia ricompensa l’ho già ottenuta credetemi…
  • Mah…
  • dico davvero… Ho già avuto la mia ricompensa. – Il principe non riusciva a capire e così il pirata fu costretto a dare spiegazioni. - Anni fa ho avuto l’occasione di salvare un ragazzino in difficoltà ma purtroppo non ci sono riuscito, era un ragazzo per me importante con un’altrettanta importante storia dietro… mi sono tormentato per anni per non essere riuscito a portarlo in salvo ma oggi, grazie alla vostra Emma sono riuscito a redimermi e credetemi, nessuna ricompensa ora come ora sarebbe paragonabile alla felicità che provo. – Il mancato salvataggio di Bae lo aveva portato a sentirsi per anni in colpa nei confronti della sua Milah, l’unica che aveva sempre creduto in lui, ma finalmente sentì di poter tirare un sospiro di sollievo. Quella bambina, caduta così dal cielo, era un segnale mandato dalla sua Milah, era stata lei che li aveva indirizzati ad incontrarsi, voleva che lui la salvasse, voleva fargli capire che credeva ancora in lui.
Il principe naturalmente davanti a quelle parole non disse nulla, si stupì ma accettò di buon grado le parole dell’uomo di fronte a se. Lo ringraziò ancora una volta dopodiché gli fece strada per accompagnarlo alla porta. La piccola Emma vedendolo andare via sgattaiolò dalle braccia della sua mamma e corse per il corridoio fino a raggiungerlo.
  • Te ne vai? – chiese parandoglisi davanti.
  • Già! Ti ho riportata a casa ma ora devo tornare in mare, è quella casa mia. – la vedeva ancora leggermente spaventata. – Starai bene vedrai… - la rassicurò. –
  • Verrai a trovarmi qualche volta? – stava per risponderle che questo non sarebbe potuto accade, lui era li solo per fare un favore alla sua donna, non avrebbe più messo piede nelle foresta incantata ma il principe, vedendo sua figlia sbattere gli occhi in quel modo nel tentativo di convincerlo, anticipò le parole dell’uomo prima che quest’ultimo potesse in qualche modo ferirla.
  • Ma certo che verrà a trovarti piccola, potrà farlo ogni volta che vorrà. E’ il benvenuto in questa casa. – pirati e principi non erano mai andati d’accordo eppure David decise di ignorare questo principio. Lui era stato il salvatore di sua figlia, non poteva non essergli riconoscente.
Il distacco da Killian per Emma fu un po’ difficile, dopo Savannah lui era il primo con cui sentiva di avere un legame di affettività per cui non fu semplice per lei, dopo giorni sulla sua nave, separarsi da lui. Pianse un po’, ebbe qualche incubo la notte, ma poi grazie all’aiuto della sua mamma e del suo papà riuscì a riprendersi e iniziò ad adattarsi a quella che era ormai la sua nuova vita. Piano piano, la sera prima di addormentarsi, i suoi genitori le raccontarono, sotto forma di favola, tutta la verità sulla sua vita e i veri motivi che li spinsero ad allontanarla. Apprese molte cose: che era una principessa, che la magia esisteva per davvero… tutte cose che difficili da comprendere per chi non conosce quel mondo ma per una bambina come lei fu tutto tranne che difficile. Rimase spiazzata solo per Savannah, a lungo andare furono costretti a dirle che la sua ex “dama da compagnia” non viveva in quel mondo, ma per il resto più passava il tempo più sembrava diventare giorno dopo giorno una bambina serena.
Al palazzo tornò l’allegria e come prima cosa, subito dopo aver rimesso a nuovo il castello, venne celebrata una festa in onore della piccola principessina per presentarla a tutta la comunità. Non ebbero mai modo di presentare la piccola Emma al regno era quindi giunto il tempo di rimediare.
Presenziarono tutti a quell’evento, tutti… e come ogni cerimonia, svolta da loro, se ne parlò per giorni e giorni. Tutti nel regno iniziarono a parlare della principessina Emma e molto presto queste voci raggiunsero anche un pubblico meno devoto ai sovrani in carica. Da quando la Regina cattiva era “stata sconfitta” nessuno aveva più visto ne lei ne i suoi inseparabili cavalieri neri. Si erano dissolti nel nulla, avevano battuto la ritirata, eppure qualcuno era rimasto e da sei anni a questa parte svolgeva il ruolo della talpa camuffandosi tra la gente in cerca di notizie che avrebbero potuto stuzzicare l’interesse di una Regina ormai priva di speranza nei confronti di una possibile vendetta.
La notizia del ritorno della piccola principessina, per la talpa, era sicuramente la scintilla che avrebbe riacceso il fuoco interiore della Regina cattiva e aveva ragione… non appena la donna prese atto che i Charming erano nuovamente felici da dare il voltastomaco si riprese da tutti quegli anni di letargo che l’avevano tenuta lontana dal pericolo e dal commettere catastrofi e iniziò a pensare ad un nuovo piano per distruggerli. Non aveva la magia purtroppo, non più, per cui non poteva tentare un nuovo sortilegio… cosa fare allora? Beh… dopo aver passato giorni e giorni a pensare ad una possibile vendetta decise di lasciarsi aiutare da qualcuno che di magia e crudeltà sapeva il fatto suo… Tremotino. Non scorreva più buon sangue come un tempo tra di loro ma di una cosa era sicura: davanti la possibilità di rimettere in piedi il sortilegio oscuro o fare qualcosa di ancor più crudele non si sarebbe di certo tirato indietro. 
Insieme avrebbero ottenuto i loro scopi, quando collaboravano sapevano essere un’ottima squadra ma c’era un problema… lui non era a piede libero… era imprigionato nelle segrete del castello reale. Era un suicidio tentare di entrare al castello senza magia ma decise comunque di tentare… in fondo cosa aveva da perdere? Aveva già perso tutto, non poteva andare peggio di così.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





Il mio salvatore
Fanfiction natalizia 2020
Capitolo 3
Passò giorni a pianificare il piano perfetto per raggiungere indisturbata le segrete del castello dei suoi più acerrimi nemici. Studiò tutto nei minimi dettagli e alla fine conoscendo a memoria il palazzo, per anni aveva vissuto li, una volta aver capito la postazione delle guardie non fu per nulla difficile per lei riuscire ad intrufolarsi. Camuffò alla meglio le sue sembianze con vestiti larghi e sciarpe in modo da non farsi riconoscere da possibili guardie inattese e attenta a non far scattare meccanismi di allarme, in quell’ala del castello ve ne era più di uno, raggiunse la prigione di colui che per anni era stato il suo mentore… il suo maestro.
  • Ma guarda guarda chi si vede da queste parti… - esclamò l’uomo ancor prima che la donna mostrasse a lui la sua vera identità. L’aveva riconosciuta a distanza nonostante tutti quegli strati di tessuti addosso. – Non mi dire… sono riusciti a buttarti qui dentro? – rise con quella sua solita risata da brividi.
  • Ti piacerebbe è? No… non mi hanno acciuffata, non sanno neanche che io sia qui in realtà! – rispose a tono.
  •  A no? E dimmi, cosa ti porta da queste parti allora? Non credo possa definirsi posto da una regina questo…
  • Ho bisogno del tuo aiuto! – disse senza girarci attorno.
  • Ma davvero???? – fece finta di essere stupito. – Non eri tu che dicevi con convinzione che l’allieva, in questo caso tu, aveva superato il maestro? Ora vuoi il mio aiuto?
  • Sono senza poteri…
  • Mmh… vero… Ne ho sentito parlare… - sogghignò. – Non so se voglio darti una mano comunque… dipende… cosa mi daresti in cambio?
  • La liberà! – rispose semplicemente credendo fosse la cosa a cui ambisse di più.
  • Senza magia? Impossibile cara e comunque se volessi potrei liberarmi anche da solo credimi.
  • E perché non lo fai?
  • Sono esattamente nel posto in cui vorrei essere quindi se non hai altro da offrirmi ti pregherei di…
  • La figlia di Biancaneve e del suo fedele cagnolino è tornata in questo mondo! – buttò fuori il sacco. – E’ qui, in questo castello, con loro…
  • E a te da fastidio immagino… interessante… molto interessante.
  • Non posso permettere che siano felici, non dopo tutto ciò che mi hanno fatto!!!! Mi hanno portato via l’amore della mia vita, mi hanno privato non so come della mia magia… devo vendicarmi capisci?
  • E perché ci pensi solo adesso? Sono stati sull’orlo di morire per mal d’amore dopo la perdita della piccola erede al trono, perché non attaccarli prima?
  • Perché io volevo che soffrissero… ero felice che stessero morendo dentro ma ora, con quella bambina di nuovo qui… io non posso non fare nulla!
  • E quindi hai bisogno di me. Dimmi… hai già in mente qualcosa di preciso?
  • Il sortilegio oscuro! Se solo tu conoscessi un modo per farmi tornare i poteri potrei… potrei riattivare il sortilegio che è magicamente scomparso nel nulla e agire prima che la salvatrice possa essere nuovamente tirata in salvo. In questo modo…
  • Alt… ti stoppo subito. Se rivuoi i tuoi poteri forse potrei avere qualcosa che fa al caso tuo ma per il sortilegio… non ci contare. E’ andato ormai... perso per sempre.
  • Non… non c’è nessun modo per riattivarlo? - domandò – Dai, un essere potente come te?
  • Vedo che sei di complimenti maestà, sei disperata eh? Comunque… Un modo ci sarebbe ma è pressoché impossibile recuperare tutto il necessario per rievocarlo. Ci vorrebbe la bacchetta che ha creato il sortilegio, quella della fata nera, ma è andata persa secoli fa ormai. Puoi tentare un nuovo sortilegio però, ci sarà qualcun altro che ami da sacrificare per i tuoi sporchi comodi no? – disse come fosse la cosa più normale del mondo. Anche se non dava a vederlo Tremotino era molto felice della visita della Regina e i suoi intenti, erano sei anni che aspettava un segnale da lei e finalmente quel giorno era arrivato. Il sortilegio oscuro purtroppo come aveva accennato anche a lei non poteva più essere rievocato ma sperò con tutto il cuore che dentro di lei ci fosse ancora tanto odio da poterne lanciare un altro. Non per lei, di lei non gli importava nulla. Lui lo faceva per se stesso, per tirare l’acqua al suo mulino… lui voleva struttarla per mettere a punto il suo piano.
  • A causa di quella principessina da quatro soldi non ho più nessuno, amo solo me stessa ormai. – rispose con astio.
  • Allora ti conviene trovare una soluzione alternativa mia cara…
  • Tze… ma che sono venuta a fare è?!? – sbuffò - Almeno per la magia puoi fare qualcosa però vero? Hai detto di si prima mi sembra…
  • Si posso…
  • E cosa vuoi in cambio?
  • Mmh… fammici pensare… niente! – esclamò convinto.
  • Seriamente? Non vuoi nulla? Tu… tu non vuoi nulla? – sembrava surreale.
  • Sembra strano ma si. Non so perché… diciamo solo che spero che le tue azioni in qualche modo mi portino ciò che mi serve sul serio. - Senza aggiungere altro si allontanò dalle sbarre per raggiungere un angolino buio della sua prigione. Estrapolò da una minuscola fessura una piccola pergamena e tornò dalla regina  per poi consegnargliela. – Ecco a te! – le disse porgendogliela. La donna l’aprì l’oggetto curiosa di leggere l’incantesimo che le avrebbe restituito i poteri ma davanti a se trovò solamente un nome inciso più e più volte a caratteri cubitali: “Emma”
  • Mi prendi in giro per caso? – iniziava seriamente ad alterarsi – Questo stupido pezzo di carta dovrebbe restituirmi i poteri?
  • Non è uno stupido pezzo di carta. Quella pergamena è impregnata di magia, lo stesso inchiostro è magico… ti basterà soffiarci sopra per ottenere almeno una parte dei tuoi poteri. Lo so… non è molto ma è pur sempre meglio di niente no? – la vide pensarci sopra.
  • Io non riesco a capire… cos’è che non mi dici? Se questa pergamena è così potente perché la stai dando a me, perché non la usi per te stesso? Tu non sei una persona altruista…
  • No, non lo sono, ma voglio che l’abbia tu! Io non ne ho bisogno e comunque in caso di emergenza ne ho sempre un’altra. – le rivelò. – Prendila e fai tutto ciò che è in tuo potere per raggiungere il tuo obbiettivo. Fammi vedere che la vera Regina cattiva è tornata.
Nascondeva qualcosa, Regina se lo sentiva, ma evitò di indagare oltre e una volta presa la pergamena si dileguò a passi svelti per tornare nel suo rifugio segreto. Non viveva più nel suo castello purtroppo, non poteva visto che era ricercata, ma aveva tutta l’intenzione di tornarci una volta riacquistato il pieno dei suoi poteri. La pergamena di Tremotino li avrebbe rievocati solo in parte ma non era un problema per lei, sapeva bene che anche con un pizzico di magia sarebbe riuscita a fare tante cose. E poi parliamoci chiaro… avrebbe sempre potuto lavorare a incantesimi che in un modo o nell’altro l’avrebbero riportata al suo splendore iniziale. Seguì alla lettera le istruzioni di Tremotino e una volta aver preso con mano che quello che diceva era veritiero, aveva nuovamente parte dei suoi poteri, iniziò ad elaborare un piano per poter portare la sua acerrima nemica al tappeto in men che non si dica. Tante idee le passarono alla mente ma nulla la appagava. Doveva scavare più affondo, ucciderla non era sufficiente, e trovare qualcosa che portasse la cara Biancaneve alla pazzia.  Per due giorni ne mangiò ne dormì per pensare al piano perfetto ma poi dal nulla ecco arrivare l’idea geniale. Era la più scontata di tutte, come non ci fosse arrivata prima era un mistero, ma era quella perfetta. Biancaneve era una combattente si diceva in giro ma come tutti anche lei aveva il suo punto debole. Regina sapeva bene quale fosse il punto debole della sua figliastra e aveva deciso dunque di giocare quella carta per toccarla nel profondo: avrebbe rapito la figlia appena ritrovata della donna.
Una volta aver messo a punto il piano decise di passare all’attacco; mandò la sua talpa più fidata a spiare la  famigliola reale per capire i loro vari spostamenti e una volta capito quale fosse il momento migliore per agire prese in mano le redini del piano e si impegnò affinché riuscisse.
Scoprì che la piccola Emma era solita ogni giovedì mattina, quando i suoi genitori erano in riunione con i regnanti dei reami vicini, accompagnare la cara Granny, la cuoca del castello, al mercato per acquistare cibarie varie per il pranzo. Ogni giovedì era la stessa storia: facevano le loro compere dopodiché durante il tragitto di ritorno si fermavano nella foresta per fare merenda. La bambina adorava sedersi sull’erba e mangiare le prelibatezze che Granny le preparava e con la scusa di respirare un po’ di sana aria fresca ne approfittava per giocare un po’ tra la natura rincorrendo farfalle e raccogliendo fiori. Naturalmente Granny la controllava a vista ma approfittava comunque del momento di svago della piccola per svolgere altre attività come lavorare a maglia o raccogliere more e lamponi e tutto ciò che la natura aveva da offrire. Quale altro momento avrebbe potuto essere più redditizio di quello per mettere in atto il piano? Nessuno, così, anche se dovette attendere qualche giorno prima della sua vendetta, aspettò l’arrivo del Giovedì seguente per poter agire.
Si nascose nel bosco e pazientemente attese che le due arrivassero. Come un orologio svizzero alle 11.00, dopo le consuete compere, eccole arrivare nella foresta e come da copione, mentre Granny iniziò a raccogliere frutti tra i cespugli ecco la piccola principessina, con in mano un tramezzino, iniziare a correre tra le margherite raccogliendone qualcuna.
  • Ciao piccolina – le si avvicinò Regina assicurandosi di rimare in postazione strategica in modo da non farsi vedere da Granny. – Cosa sta facendo? – chiese in toni gentili, doveva guadagnarsi la sua fiducia.
  • Raccolgo le margherite per la mia mamma. – rispose senza nemmeno alzare lo sguardo.
  • Ma che brava bambina che sei! Come ti chiami?
  • Emma!
  • Ciao Emma, carino questo posto vero? Vieni sempre qui? – domandò per cercare di creare un legame con la bambina.
  • Sempre… alla mia mamma piacciono i fiori
  • E tu vieni qui a raccoglierli per lei?
  • Si! – ammise.
  • Sai, questi fiori sono bellissimi ma posso assicurarti che non poco distante da qui ce ne sono altri di più belli. Ce ne sono di tutti i colori: gialli, rosa, arancioni… ce ne sono anche alcuni molto particolari blu! Ti piacerebbe vederli? Potresti coglierli per la tua mamma, ne rimarrebbe sorpresa non credi?
  • Davvero ci sono dei fiori blu? Alla mia mamma piace il blu. – la piccolina alzò per la prima volta lo sguardo verso la donna con cui stava parlando.
  • Si ce ne sono, ma non sono molti… se vuoi posso accompagnarti a prenderli ora,prima che qualcun’altro li colga. Non ci metteremo molto, è proprio qui vicino. – le fece segno di avvicinarsi.
  • Vado a dirlo a Granny! Torno subito.
  • No Emma aspetta! Facciamo una sorpresa anche a lei, prenderemo dei fiorellini anche per lei. Ne sarà contenta vedrai.
  • Ma se non mi vede si spaventa!
  •  Non staremo via molto tranquilla e poi se ti chiamerà riuscirai a sentirla tranquilla. Dai andiamo… - ingenuamente la piccolina lasciò andare le margherite finora raccole e senza pensare alle possibili conseguenze si avvicinò alla donna. La vide porgerle la mano ma prima di riuscire ad afferrarla la bambina la riconobbe.
  • Tu! Tu sei la regina cattiva! – esclamò sbarrando gli occhi. I suoi genitori raccontandole la sua storia furono costretti a parlarle anche di lei e non contenti, non sapendo che fine avesse fatto la donna le fecero vedere alcuni quadri che la ritraevano in modo che avrebbe sempre potuto riconoscerla e quindi starle alla larga. Nessuno credeva che la piccola si sarebbe mai imbattuta in lei, molti dicevano che la regina fosse emigrata in un altro reame, eppure fu proprio quello che successe. – Tu sei quella che mi ha allontanato da mamma e papà! – disse minacciosa.
  • Io ho fatto cosa? No Emma, ti sbagli io… io non conosco neanche i tuoi genitori. Dai vieni con me, andiamo a fare una sorpresa alla mamma!
  • NO! Io non ci vengo con te! Tu sei brutta e cattiva! – le fece una sonora pernacchia e dopo averle tirato anche un calcio corse a gambe levate verso Granny la quale lasciò stare tutto ciò che stava facendo vedendola in lacrime e con il fiatone per la corsa appena fatta.
  • ho visto la Regina cattiva - raccontò sia alla cara e dolce Granny che hai suoi genitori non appena tornarono a palazzo, ma i presenti non diedero molto peso alle parole della piccola. Erano convinti che si fosse confusa, che avesse scambiato la donna che l’aveva avvicinata con la donna rappresentata nel quadro. 
  • ma no amore, stai tranquilla, non era lei. Non è qui ora. – la rassicurarono vedendola spaventata –non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti ok? – erano convinti di questo ma sbagliavano…eccome se sbagliavano, cera da preoccuparsi eccome perché la bambina aveva ragione, quella donna era proprio lei, Regina la quale, dopo aver  fallito il primo tentativo, era più intenzionata che mai a portare a termine il suo piano.
La donna infatti fece passare qualche giorno dopodiché tornò all’attacco più agguerrita di prima.  Emma conosceva la sua identità ormai, l’aveva riconosciuta anche se non si erano mai viste e di sicuro la sua famiglia ne era a conoscenza… doveva assolutamente avvicinarla con l’inganno. Fece ricorso a quel poco di magia che Tremotino le aveva concesso e mutò le sue sembianze prendendo quelle della fedelissima Granny, la bambina si fidava ciecamente di lei per cui non vi erano dubbi che il piano funzionasse questa volta. L’unica cosa a cui doveva stare attenta era non farsi beccare dalla vera Granny ma anche li non vi erano poi grossi problemi: essendo la cuoca di quella tenuta l’ora di pranzo sarebbe stata sicuramente perfetta per agire.
Si avvicinò alla residenza reale sotto mentite spoglie e attese il momento in cui la piccolina scendesse in giardino per giocare. Le sue fonti le avevano rivelato che quella piccola peste passava almeno un’oretta nei giardini reali a giocare da sola prima di pranzare, per cui non le restava che attendere che la principessina si presentasse. Quando la vide non volendo perdere ulteriore tempo fu subito da lei e con la scusa di essersi dimenticata di comprare degli ingredienti per il pranzo del giorno le chiese se volesse accompagnarla a prenderli. La risposta di Emma naturalmente fu affermativa e mano nella mano a colei che credeva ormai essere di famiglia ecco che venne attirata nel covo del nemico. Ce l’aveva fatta, era riuscita nel suo intento, aveva rapito la figlia di Biancaneve e ora non restava che comunicare la notizia alla sua cara e dolce mammina.
  • Ha ragione la mia mamma a dire che sei una brutta cattiva! Fammi tornare subito a casa mia! ORAAAAA!!!! – Le gridò Emma non appena vide la sua vera identità. Inizialmente era rimasta scioccata nel vedere la sua fidata granny trasformarsi davanti ai suoi occhi in un’altra persona, la magia non era ancora argomento ben chiaro nella sua testa, era difficile da credere nonostante la sua giovane età, ma c’è da dire che si riprese subito e dopo un piccolo pianterello iniziale, dovuto probabilmente anche allo spavento oltre che allo shock eccola tirare fuori gli artigli come una vera combattente.
  • La tua mamma non ha ragione proprio su niente! Smettila di piagnucolare e fai la brava! Ho del lavoro da fare, non posso perdere tempo con te.
  • Io faccio quello che voglio e non voglio rimanere qui un minuto di più!!! – senza aggiungere altro si alzò dalla sedia dove era seduta e provò a raggiungere la porta. Naturalmente non ci riuscì: Regina con un semplice gesto della mano bloccò le porte e le finestre della casa in modo che la piccola non avesse scampo. Anche questa magia la spaventò parecchio, forse anche più della prima e zitta zitta, per paura che la donna facesse del male anche a lei, ne sarebbe stata capace visto i racconti ascoltati quando origliava in cucina, tornò a mettersi seduta.
  • Brava… vedo che iniziamo a ragionare. – le disse la donna vedendola tornare indietro con la coda tra le gambe. – Ora però mi serve il tuo aiuto. Devo mandare un messaggio alla tua mammina adorata e ho bisogno del tuo aiuto. – La piccola credette che la donna volesse farle parlare al telefono con Biancaneve ma la realtà dei fatti era ben differente. Regina non aveva nessuna intenzione di comunicare con Snow verbalmente, voleva semplicemente recapitarle un messaggio forte e chiaro che le facesse capire chi è che comandava. Prese un paio di forbici, tagliò una piccola ciocca di capelli alla piccola Emma che mise un sacchettino e poi chiuse in uno scatolone, che fece recapitare davanti la porta del palazzo dei Charming, l’orsacchiotto che Emma aveva con se, da quando i suoi genitori glielo avevano regalato non se ne separava mai, aveva preso il posto della sua copertina e una mela rossa come firma del mittente del pacco.
I Charming invece, nel mentre la regina elaborava tutto ciò, erano scesi giù in giardino con a seguito i nani e parte della servitù per cercare la piccola principessina che a quanto pare si era persa. Era da poco che viveva li con loro, il castello era grande, per quanto ormai fosse diventata una routine giocare fuori non era ancora in grado di orientarsi bene per tutta la tenuta da sola. La cercarono ovunque, ispezionarono ogni ettaro in loro possesso ma nulla, della piccola Emma nessuna traccia.
  • David ma dove può essere? Inizio ad essere seriamente preoccupata! Non è che… che le sia successo qualcosa? – chiese Biancaneve al suo uomo preoccupata.
  • Ma no amore, non temere. Si sarà semplicemente allontanata, è nuova di qui.
  • Sono ore che la cerchiamo, non pensi che si fosse semplicemente allontanata l’avremmo già ritrovata? Quanto può andare lontano, senza mezzi, una bambina di sei anni?
  • E’ qui tesoro, me lo sento, se fosse uscita dalla tenuta la popolazione l’avrebbe vista, riconosciuta e portata già a casa, sai che il nostro popolo ci ama… vedrai che è qui! Magari è tornata a palazzo da sola: andiamo a dare un’occhiata ok? – Biancaneve avea un brutto presentimento ma cercò di credere con tutto il cuore alle parole del suo uomo, non avrebbe mai e poi mai accettato che alla sua piccola potesse essere successo qualcosa.
Tornarono al castello, mentre i nani continuavano imperterriti le ricerche e quando arrivarono davanti il portone principale ecco che davanti ai loro occhi apparve uno scatolone con su scritto “le mie più sincere felicitazioni per il ritorno della piccola principessina”. Portarono il pacco in casa ma non lo aprirono subito, avevano altro a cui pensare in quel momento. Emma era scomparsa nel nulla e nessuno riusciva a capire dove fosse. In casa non c’era, controllarono da cima a fondo chiamandola ripetutamente piu e piu volte, controllarono anche i sotterranei nel caso, incuriosita, si fosse spinta oltre… ma niente, non vi era da nessuna parte. Anche David iniziò a sospettare che forse sua moglie non avesse poi tutti i torti, forse alla loro piccolina era per davvero accaduto qualcosa.
Cercò di non farsi sopraffare dalle emozioni per non spaventare ulteriormente sua moglie la quale con la testa stava già pensando agli scenari più tetri, ma più provava a pensare a cosa potesse essere realmente accaduto alla sua piccolina e più prendeva coscienza che qualsiasi cosa fosse non poteva averlo di certo architettato da sola. non era possibile un allontanamento volontario, non lo aveva mai fatto dopotutto e anche l’essere magari caduta e ferita, cosa che avevano pensato durante le ricerche all’esterno, non sembrava essere un qualcosa di sensato… in quel caso l’avrebbero già ritrovata. Una persona esterna doveva essere il responsabile, non poteva essere altrimenti e il pacco ricevuto poco prima, trovato davanti la porta di casa, iniziò ad essere per David sospetto. Vi era stata un festa per la principessina, i regali da parte dell’intero regno erano già stati tutti consegnati… cosa rappresentava dunque quel pacco? Senza esitazione corse a più non posso seguito da sua moglie e in men che non si dica raggiunsero il grande salone principale dove poco prima avevano riposto quel grande pacco.
  • David che ti prende?!? Hai sentito qualche rumore? Pensi sia Emma. – la donna non riusciva a connettere.
  • Il pacco… questo pacco… perché inviarci un pacco di bentornato proprio ora! La festa è stata giorni fa!
  • Cosa centra adesso… nostra figlia… - nel mentre Biancaneve cercava di trovare due parole di senso compiuto da mettere l’una accanto all’altra, David aprì lo scatolone e per poco non gli prese un coccolone. All’interno dello scatolone, proprio sotto i loro occhi campeggiavano evidenti prove che la piccola Emma era stata presa in ostaggio. – O MIO DIOOOO!!!!  - esclamò Biancaneve portandosi una mano alla bocca. Un oggetto in particolar modo non era sfuggito al suo sguardo: la mela. Sono una persona poteva firmarsi in quel modo, una persona a lei molto familiare, una persona che le aveva causato enormi dispiaceri, una persona che non avrebbe mai più voluto vedere ma che soprattutto che credeva scomparsa per sempre. – E’… è stata lei! Lei ha… Lei ha… o mio dio… David!!!!! Emma aveva ragione, l’aveva vista, quell’arpia l’aveva già avvicinata.
  • Non posso crederci… sul serio? Ma allora vuole la guerra?!?! Non le è bastato rovinarci la vita portandoci via per sei anni nostra figlia… no… vuole continuare? Bene… l’accontenteremo subito! Se pensa di poterci privare di Emma ancora per un solo giorno si sbaglia di grosso! Aspettami qui: vado a chiamare rinforzi. – fece per allontanarsi, non aveva tempo da perdere, ma la sua consorte lo fermò prima che potesse oltrepassare la porta.
  • Fermati David! Non possiamo combatterla. – Disse spaventata, non era da lei essere spaventata in quel modo, lei era la prima che di solito combatteva per far si che il suo regime di terrore finisse.
  • Cosa dici amore, non possiamo non combatterla… ha nostra figlia, ha preso la nostra Emma…
  • Lo so mah… - gli consegnò un foglio, un bigliettino trovato all’interno di quel tetro scatolone.
“Come immaginerete la vostra bella principessina è mia gradita ospite e credo che lo rimarrà per molto… moltissimo tempo. Come ci si sente mia cara Biancaneve quando ti viene portata via la persona a cui tieni di più al mondo? Non bene vero? Non preoccuparti, non è che l’inizio questo… andrà molto, molto peggio con il tempo credimi, desidererai morire per quel peso lancinante che ti attanaglierà il cuore. E’ questo che ho provato quando a causa tua mia madre ha schiacciato il cuore del mio Daniel portandolo via da me per sempre e se non vuoi che tua figlia faccia la stessa fine ti conviene non farmi arrabbiare: quello che cora ha fatto a lui sarà niente a ciò che potrei farle io. Addio…”
Mai messaggio fu più tetro, Regina l’aveva già minacciata in passato, più di una volta, ma mai e poi mai era stata così diretta. In altre circostanze avrebbe ignorato le minacce della donna e avrebbe tentato il tutto per tutto per avere la meglio ma adesso si sentiva bloccata, paralizzata dalla paura. Per cercare di recuperare Emma sarebbe disposta a correre fino in capo al mondo, non le importerebbe nulla se nel tentsativo di salvarla dovesse perdere lei stessa la vita, lo farebbe per sua figlia ma le cose sono un tantino diverse: Regina ha minacciato di uccidere quella piccola creatura innocente e Biancaneve non può permettere che questo avvenga, sua figlia non merita di morire per una stupida faida familiare iniziata a causa di un semplice malinteso.
  • Amore io capisco che hai paura ma non possiamo permettere che quella pazza psicopatica tenga nostra figlia in ostaggio. – cercò di farla ragionare David. Lui anche era spaventato e schifato da quel messaggio ma a differenza di sua moglie non voleva arrendersi. Nessuno avrebbe toccato la sua piccola Emma, l’unica che avrebbe fatto una brutta fine, solo per aver osato tagliare quella piccola ciocca di capelli alla sua bambina, era proprio la regina. – Emma non  merita di crescere senza di noi, non un’altra volta.
  • Lo so mah… io… io non voglio che…
  • Ascoltami! Non le succederà nulla te lo prometto, studieremo un piano per portarla in salvo senza che le venga torto un capello ma devi essere con me, devi crederci Biancaneve! Dobbiamo lavorare insieme per il bene della nostra famiglia.
  • Non sappiamo neanche dove siano in questo momento, potrebbero essere ovunque. – ormai la speranza, la stessa speranza che l’aveva contraddistinta per anni, aveva abbandonato il suo corpo.
  • Non ha importanza, che siano dietro l’angolo o dall’altra parte del mondo noi ci riprenderemo Emma! Glielo dobbiamo Biancaneve, non merita di crescere con accanto una belva simile.
Biancaneve sapeva bene che suo marito avesse ragione e dopo aver buttato fuori, tra pianti e urla, gran parte del dolore e della paura che provava, si fece forza e chiamando a rapporto i loro fedeli suditi tentarono di lavorare ad un piano che permettesse loro di riportare la piccola principessina a casa senza che la regina potesse in alcun modo farle del male.
La verità, quella che loro non sapevano ancora, è che Regina in realtà non aveva nessuna intenzione di uccidere la piccola Emma, tutt’altro… il suo piano prevedeva altro, qualcosa che fino al giorno prima neanche lei stessa era arrivata a pensare. Biancaneve le aveva tolto ogni possibilità di costruire una famiglia da amare spifferando uno stupido segreto, nessuno dopo le atrocità compiute a causa di quella morte improvvisa avrebbe voluto instaurare un rapporto con lei, lei stessa non voleva altri oltre al suo Daniel quindi, non potendo ottenere una famiglia, perché non costruirne una improvvisata? Il suo piano originale era dunque rapire la piccola per crescerla come una figlia e indirizzarla verso il male, in questo modo non solo avrebbe avuto qualcuno da amare ma avrebbe distrutto definitivamente Biancaneve. Nella sua testa sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe stata Emma a dichiarare guerra ai suoi genitori biologici e Regina fantasticava già all’idea di vedere le facce dei due sovrani di fronte alla loro figliola adorata completamente malvagia.
Per ottenere questo però doveva riuscire però ad entrare nelle grazie di Emma non era per nulla facile riuscirci, non dopo quello che le aveva appena fatto tagliandole una ciocca di capelli e strapparle dalle mani il suo preziosissimo orsacchiotto. Doveva quindi assolutamente rimediare e per riuscire nell’intento provò, per ben due giorni, a tempestarla di attenzioni e regali. Le preparò la torta di mele, le fece trovare milioni e milioni di giocattoli in quella che aveva deciso sarebbe stata la sua stanza ma niente, la bambina non sembrava voler cedere. Guardava Regina in malo modo anche se dentro di sé era spaventata a morte e non faceva altro che ripeterle quanto fosse “brutta e cattiva”. Emma voleva tornare a casa dalla sua mamma e dal suo papà ma se questo non fosse stato possibile sarebbe stata disposta e ben felice anche di tornare in orfanotrofio. Tutto sarebbe stato meglio di quella prigionia.  
Era un piccolo osso duro la nostra salvatrice ma Regina non era da meno e continuò imperterrita a cercare di trovare con la piccola un punto di incontro. Le provò tutte e quando credette di aver trovato un buon compromesso ecco che le cose peggiorarono a dismisura. Regina aveva notato una cosa prima di inviare quel famoso pacco a palazzo e anche le voci dei suoi fedeli cavalieri avevano riportato la stessa cosa: la piccola principessina era legata particolarmente al peluche che la donna le aveva strappato consapevolmente tra le mani. Per Emma quel peluche significava tanto, era il primo oggetto regalatogli dalla sua vera famiglia e per lei aveva un valore inestimabile. Se lo portava ovunque, anche in bagno per cui dopo un’accurata riflessione Regina pensò che forse, restituendoglielo, le cose sarebbero potute cambiare, L’orsacchiotto sarebbe stato il loro trattato di pace. 
La raggiunse in quella che ormai era etichettata come la sua cameretta e dopo averle chiesto, con modi gentili, di sedersi fece comparire tra le mani l’orsacchiotto che tanto le era mancato.
  • Tieni, spero che possiamo fare pace. – quale bambino non avrebbe apprezzato un gesto del genere? Nessuno eppure Emma anche questa volta riuscì a contraddistinsi dai suoi coetanei. Non che non le piacesse il dono che Regina le aveva appena mostrato, tutt’altro, ma il modo in cui fece apparire quell’oggetto la spaventò a morte. Non le piaceva la magia, la terrorizzava. Come darle torto, in fondo prima che venisse rapita ne aveva solo sentito parlare, non aveva mai toccato con mano la cosa; invece da quando era stata rapita non aveva fatto altro che vedere cose brutte associate ad essa e la cosa non le piaceva per niente. Aveva visto quella che credeva essere la sua fidatissima balia trasformarsi in un essere spregevole, aveva assistito a Regina che con il solo gesto della mano aveva chiuso porte e finestre per paura che scappasse, aveva visto il pacco contenete il suo adorato orsacchiotto sparire davanti ai suoi occhi senza spiegazione logica… non era affatto bella la magia per lei e più veniva usata davanti a lei e più lei aveva paura. Iniziò a piangere disperata cercando di allontanarsi dalla donna che vedendola in quello stato tentò di consolarla, non voleva che le si avvicinasse, aveva paura che potesse essere vittima anche lei di qualche suo gioco di prestigio. Essendo seduta sul letto però non aveva altro modo per allontanarsi se non indietreggiare e ad un certo punto ecco arrivare a toccare con le spalle il muro: era in trappola. Regina riuscì a prenderla tra le sue braccia e ci provò seriamente a calmarla, le mise il suo orsacchiotto tra le braccia e la strinse a se sperando di riuscire a rincuorarla.  Ogni tentativo fallì, Emma non sembrava volersi calmare, stava desiderando con tutta se stessa di andare via da li, tornò a pensare a quanto era stata bene quel giovedì mattina nel bosco con Granny a raccogliere fiori per la sua mamma. Voleva tornare li, a giocare libera e spensierata, senza quella pazza che tentava in ogni modo di essere simpatica con lei. Il suo desiderio venne preso in considerazione e senza che se ne rese conto eccola svanire in una piccola nuvola di fumo bianca e comparire direttamente nel campo di fiori che tanto aveva desiderato fino all’attimo prima.
Si guardò attorno spaesata, stupita, cosa era successo? Come era arrivata li? Non le vennero risposte in un primo momento ma poco importava, quel che più aveva importanza era essere riuscita ad allontanarsi da quella donna. Tenendo saldamente l’orsacchiotto tra le braccia, anche lui era riuscito ad evadere, provò ad orientarsi cercando di ricordare qualche piccolo dettaglio per poter tornare a casa. Non ci riuscì, La foresta era ancora luogo inesplorato per lei e soprattutto era tutta uguale. Le venne da piangere ancora una volta, lei non era una mai stata bambina piagnucolosa eppure ora non riusciva a fare altro. Perché la vita per lei doveva essere sempre così dura? Perché per una volta non poteva essere come tutti i bambini della sua età? Felici, spensierati e amati? Pensava che questa volta sarebbe stato per sempre, che non avrebbe più rivissuto il senso di abbandono eppure eccola soffrire ancora. Non era colpa dei suoi genitori questa volta, da quando si erano rincontrati la trattavano con i guanti bianchi, ma lei si sentiva ancora una volta a fare i conti con la solitudine… in quelle 48 ore si era sentita nuovamente un’orfana.
Presa a piangere non si rese conto inizialmente di essere osservata ma presto si rese conto di non essere da sola, c’era qualcuno con lei in quella foresta, un’entità che a tratti la spaventava ma a tempo stesso le metteva sicurezza.
  • Tu devi essere Emma!
  • Co… come conosci il mio nome? – chiese cercando di asciugarsi le lacrime
  • Io conosco molte cose sai? Mi chiamo blue e sono una fata.
  • Una fata? – ripetè non capendo. Lei conosceva la fatina dei dentini, quella che ti porta un piccolo dono quando un dente cade giù, ma non ha mai creduto fosse reale, è sempre stata convinta che fosse Savannah ha lasciarle i regali quando questo accadeva. In realtà non aveva neanche tutti i torti, nel mondo dove aveva vissuto per sei anni queste cose non esistevano ma ora… beh ora tutto era decisamente diverso e abituarsi non era affatto facile.
  • Si una fata… una fata buona! – le sorrise dolcemente. – Ti manca casa non è vero?
  • Tu… tu come lo sai? – non era da Emma dare tutta questa confidenza, non riusciva a spiegarselo neanche lei in realtà ma quella figura le trasmetteva tranquillità.
  • Perché conosco la tua mamma e il tuo papà e sono disperati credimi. Ti cercano da due interi giorni.
  • Loro mi stanno cercando? Davvero? – le fece molto piacere ascoltare quelle parole, si sentì amata.
  • Si e non vedono l’ora di abbracciarti sai? Vieni con me, seguimi… ti porterò da loro. – si alzò di scatto, convinta a seguirla, ma improvvisamente si fermò tornando sui suoi passi. L’ultima volta che si era fidata di qualcuno non era finita proprio così bene, chi le assicurava che la fata in questione in realtà non fosse la stessa persona che l’aveva imbrogliata la prima volta? Aveva visto cosa facesse la magia, tutto era possibile quindi perché fidarsi?
  • Io non vengo con te! Non lo so se sei una fatina buona! – le disse mettendosi sulla difensiva.
  • Sei spaventata non è così? Hai passato due giorni un po’ turbolenti misà. – le sorrise ancora. – Emma tesoro, non ho nessuna intenzione di costringerti a venire con me se non vorrai ma credo tu debba provare a fidarti, non tutti sono cattivi, ci sono anche persone di buon cuore in questo mondo.
  • Io l’altro giorno pensavo di uscire con la mia tata e invece… la magia mi ha imbrogliata… la magia è brutta e io non voglio più cascarci.
  • La magia può essere anche buona però e la mia lo è…. Prova a fidarti, cosa può succedere di brutto? Al massimo se le cose non andranno come desideri puoi sempre scappare come hai già fatto no?
  • Io… io non sono scappata… era tutto chiuso… non lo so come sono arrivata qui. – disse onestamente.
  • Con la magia piccolina, con la magia. Magia buona, quella che c’è dentro di te.
  • Io ho la magia? – chiese a bocca aperta.
  • A quanto pare si ma non me ne stupisco sai? Sei il frutto del vero amore. Dai ora seguimi, ti porto a casa prima che inizi a fare freddo. E’ dicembre non puoi gironzolare solo con quel vestitino addosso.
Neanche lei si capacitò come riuscì a fidarsi di quella fata ma lo fece e finalmente eccola giungere a casa tra le braccia dei suoi genitori. Gli corse in contro felice come non mai ma dopo aver ricevuto una degna dose di coccole eccola tornare a piangere in maniera agitata. Era lo spavento che la portò a reagire così ma non solo, l’idea di avere dentro di se la magia, anche se in realtà era magia buona, non la faceva stare tranquilla. La sua testa ormai associava la magia a qualcosa di brutto e nonostante Blue le avesse dimostrato che non sempre è così lei non riusciva a cambiare la sua opinione.
Biancaneve provò a starle vicino il più possibile rassicurandola che non è la magia a far diventare buone o cattive le persone, tutto dipende dal cuore e da quello che si ha dentro di esso e la sua mamma sa bene che in quello di sua figlia, oltre alla sofferenza, che poverina non può cancellare dall’oggi al domani, c’è solo bontà.
Emma accanto alla sua mamma sembra tranquillizzarsi subito e come se nulla fosse eccola iniziare a fantasticare su come le piacerebbe trascorrere il natale. Manca pochissimo ormai, una settimana o poco più e Emma è entusiasta di questa cosa: è il primo Natale che festeggia in famiglia, è il primo Natale che festeggia in generale e vorrebbe che sia perfetto.
  • Mi piacerebbe mangiare nel salone della festa, con tutte quelle cose buone che Granny sa cucinare. Voglio decorare l’albero, fare lavoretti di Natale da potervi regalare e poi vorrei preparare i biscotti con te mamma…
  • Regali non ne vuoi tesoro? – tutti i bambini associano il Natale ai regali dopotutto e Biancaneve sarebbe disposta a svaligiare l’intero reame se solo sua figlia glielo chiedesse.
  • Ho già ricevuto il regalo più bello che possa esistere: ho ritrovato voi. – Come Biancaneve riuscì a trattenersi dal piangere davanti a sua figlia fu un mistero ma fortunatamente non dovette trattenersi a lungo perché poco dopo suo marito venne a chiamarla per una questione urgente. Diede un bacio alla sua piccolina e le augurò la buonanotte dopodiché seguì suo marito nella sala delle riunioni. Odiava quella sala, aveva dei ricordi bruttissimi, era li che appresero che Emma doveva essere portata in salvo prima del lancio del sortilegio. Ora che sua figlia era li quella sala continuava a non piacerle e a quanto pare non aveva poi tutti torti… proprio in quel preciso momento si stava parlando di qualcosa di analogo a quello già successo in passato.
  • Dobbiamo trovare una soluzione, non si fermerà questa volta! – esclamò uno dei nani riferendosi alla Regina cattiva che nel mentre aveva già fatto recapitare un nuovo messaggio. Era guerra aperta ormai, di nuovo… ma questa volta a farne le spese e a soffrire non sarebbero stati solo loro. Anche Emma avrebbe potuto risentirne anche perché ormai lo sapevano anche i muri: per ferire Biancaneve l’unica chiave era Emma e Regina li aveva appena minacciati che l’avrebbe ritrovata anche in capo al mondo. Biancaneve come immaginerete ebbe un crollo emotivo ma cercò di rivelarsi utile anche lei perché in ballo c’era il futuro della loro bambina e non poteva permettere che a causa di una povera pazza venisse rovinato. Lei era sua madre, costi quel che costi l’avrebbe salvata.
  • Non vedo via d’uscita! – prese parola David più sconvolto che mai, neanche per lui era semplice questa situazione. L’ha avvicinata una volta sotto mentite spoglie, potrebbe farlo ancora… non voglio assolutamente essere costretto a tenerla segregata in casa senza la possibilità di conoscere il mondo, non se lo merita.
  • Possiamo trasferirci… - tentò sua moglie.
  • Lo capirebbe, è furba… molto furba. – intervenne uno dei nani.
  • Beh qualcosa bisognerà pur fare!  Non le permetterò di far del male alla mia bambina.
  • Un modo ci sarebbe ma aimè… è un po eccessivo. Potremmo vagliare altre ipotesi ma nel caso in cui nulla dovesse funzionare potremmo utilizzare questa cosa come ultima chance. – fu blue ad intervenire questa volta.
  • Parla, esponici il tuo piano. – la incoraggiò David.
  • Il sortilegio oscuro! – nella stanza regnò il silenzio più assoluto. – Lo so… è un gesto disperato ma potrebbe essere indispensabile. Non calcoliamolo come piano principale ma non escludiamolo neanche: prepariamo il tutto in modo da essere pronti, solo per precauzione… non è detto che dovrà essere necessariamente lanciato.
  • Vo… vorresti dire che dovrei rinunciare a mia figlia una seconda volta? – intervenne Biancaneve per nulla felice della cosa. – No, non me la sento, non dopo aver conosciuto le circostanze in cui è cresciuta mia figlia in questi anni. In questi sei anni mi sono auto illusa che almeno lei stesse bene, che rispetto a noi avesse una vita decisamente felice e invece… per sei anni è stata chiusa in un istituto dove non le hanno mai fatto sentire cosa significa essere una famiglia. Rispedirla li non mi sembra la cosa migliore per lei e visto che la priorità è il suo bene dobbiamo assolutamente pensare ad altro. Giusto David? – l’uomo ci ragionò su ma non sembrava intenzionato a rispondere. – David?!?! – lo richiamò sua moglie.
  • Non voglio separarmi da lei, mi farei torturare piuttosto ma abbiamo bisogno di più piani per essere pronti ad affrontare Regina. Farò tutto ciò che è in mio potere per difendere nostra figlia e tenerla al sicuro Biancaneve ma dobbiamo prendere coscienza che nel caso non ci riuscisse il sortilegio forse sarebbe la scelta migliore… per lei.
  • La scelta migliore? La scelta migliore David? La scelta migliore è far crescere nostra figlia con la sua famiglia, starle accanto, rassicurarla, proteggerla da possibili pericoli… non spedirla chissà dove ad occuparsi di se stessa da sola. E’ questo che è successo la prima volta se non te lo ricordi. – non riusciva a credere che suo marito potesse pensare ad una cosa simile, era inammissibile…
  • Non fraintendermi amore, non sto dicendo che dobbiamo necessariamente portarla via da questo mondo; dico solo che bisogna essere pronti a questa eventualità. Pensaci… ci saranno battaglie a non finire e noi saremo sempre in prima fila per proteggerla. Cosa succederebbe se uno di noi due o entrambi venissimo a mancare a causa di uno di questi scontri? Sai che potrebbe succedere, non è la prima volta che Regina prova a farci fuori. Emma rimarrebbe da sola e se piccola non avrà la forza sufficiente per difendersi. Nel caso in cui questo non avvenga, se regina non riuscisse a farci fuori potremmo continuare a proteggerla… ma fino a quando? Ad un certo punto crescerà e sarà lei a dover combattere in prima linea per difendersi… se non dovesse farcela? Lo so, sto pensando in maniera troppo negativa ma essere positivi, conoscendo la persona che ci ha praticamente dichiarato nuovamente guerra, non è la cosa giusta.
  • E pensi che lontano da noi starebbe meglio? Avrebbe altri problemi da affrontare David… e sarà da sola.
  • Non è sempre stata sola, aveva qualcuno a guidarla… Savannah! Ricordi quanto l’ha cercata per i primi giorni? E’ una figura positiva per lei, potrebbe esserlo ancora e aiutarla a crescere secondo buoni principi finchè questa storia non sarà finita e tornerà a casa. Perché tornerà a casa prima o poi vero? – chiese a blue. – L’altra volta dicesti…
  • Si, tornerà a casa o meglio… vi ritroverete, non so esattamente dove questo accadrà. Al compimento dei suoi 28 anni succederà qualcosa per cui sarà costretta a combattere una battaglia che porterà fine al sortilegio e finalmente vi ricongiungerete.
  • Ne sei sicura? – chiese ulteriore conferma. La fata annuì.
  • E’ scritto nel destino! – David non aggiunse altro ma guardò sua moglie come a dire “a te la scelta cara.”
Biancaneve continuò ad essere contraria ma poi, ragionandoci attentamente pensò che come ultima scelta forse avrebbe potuto anche accettare la cosa… in fondo meglio una figlia lontana che una figlia morta no? Iniziarono dunque a parlare del sortilegio, come ricostruire la teca, dove trovare alberi incantati in grado di riprodurre una magia simile e cose di questo genere. Con un po’ di impegno tutto si sarebbe potuto recuperare ma improvvisamente ad uno dei nani partì una domanda che in effetti nessuno di loro aveva calcolato.
  • Scusate mah… chi lancerà il sortilegio? Cioè, mi spiego… per lanciarlo bisogna sacrificare la persona che più si ama al mondo, se per Biancaneve e il principe la persona che più amano è colei che vogliono salvare, chi lancerà il sortilegio al loro posto? Io non so se sarei in grado di rinunciare a chi amo…
  • Beh… neanche io on realtà – rispose un altro dei nani presenti.
  • Non vi permetteremmo mai di sacrificarvi per noi, state anche facendo troppo per aiutarci a proteggere la nostra bambina, non vi chiederemmo mai una cosa del genere.
  • E come farete allora?
  • Non lo so… Blue hai un’idea?
  • Ho quello che fa al caso vostro – sorrise – Si pensa che sia andata persa da secoli ormai ma non è così… so dove è tenuta nascosta la bacchetta della fata nera e con quella potremmo rievocare il sortilegio che non è mai stato lanciato senza necessariamente sacrificare qualcuno.
  • Sarebbe magnifico! – rispose David tirando un sospiro di sollievo. – Questo significa che se si dovrà arrivare a tanto almeno nessuna vita sarà crudelmente sacrificata.
Una volta messi a punto i vari piani la riunione venne sciolta e ognuno tornò nelle rispettive postazioni. Il palazzo venne rimpinzato di guardie, ve ne erano due o tre in ogni area del castello e nessuno, dico nessuno, dall’esterno, ebbe il più il privilegio di poter presenziare a corte. Tutti pensavano a proteggere la principessina e per farlo la piccolina dovette interrompere i rapporti anche con coloro a cui aveva iniziato ad affezionarsi. Granny, Leroy ad esempio dovettero a malincuore decidere di non passare da lei neanche più per un saluto, gli unici che potevano passare del tempo in sua compagnia erano i suoi rispettivi genitori i quali pur di non farle percepire nulla non fecero altro che riempirla di attenzioni.  Emma naturalmente lo percepì eccome questo cambiamento e anche se provava a non darlo a vedere soffriva, soffriva molto. Ormai aveva preso delle abitudini e doverle lasciare le causava sofferenza. A tutto questo si aggiunsero poi anche svariati attacchi da parte dei cavalieri neri che tornarono all’attacco, tali attacchi causarono molte morti all’esercito dei nostri sovrani e a quel punto, capendo che era impossibile garantire per sempre l’incolumità della bambina, prima o poi qualcuno sarebbe riuscito ad intrufolarsi nel castello, decisero di comune accordo, marito e moglie, non dopo aver pianto le peggio lacrime, di attivare il famoso piano B. Sarebbe stato un inferno doverle dire addio per la seconda volta ma non potevano permettere che le venisse fatto del male. La sua vita prima di tutto per il resto, prima o poi questa angosciante storia sarebbe finita.
Lavorarono in prima fila per garantire al piano di riuscire, costruirono insieme a Geppetto la nuova teca e seguirono blue in ogni passaggio per il recupero della bacchetta della fata nera. Furono giorni difficili ma decisero, per non far capire nulla alla piccola, di ricontattare un amico per lei speciale. Inviarono un piccione viaggiatore al capitano più temuto dei sette mari dicendogli che la missione “Salviamo Emma” non era ancora terminata. David aveva dei dubbi che Uncino si sarebbe presentato, conosceva bene la vita dei pirati, ma per sua figlia fece un’eccezione e gli diede fiducia. Risultato? Il mattino seguente Uncino era già li pronto a prendere servizio come protettore della principessina. Le raccontarono di dover partire per un viaggio di lavoro molto importante e che per alcuni giorni, non molti, il suo amico pirata l’avrebbe portata con se sulla Jolly Roger per un’indimenticabile gita in mare aperto.
  • Voi tornerete presto vero? – Biancaneve era già sull’orlo di scoppiare a piangere.
  • Prestissimo amore… tra cinque giorni abbiamo un appuntamento speciale ricordi? E’ natale e come promesso passeremo questa meravigliosa festa insieme. – Non era una bugia quella, Biancaneve era stata chiara: il sortilegio si sarebbe lanciato ma solo dopo aver realizzato il desiderio di Emma di passare il suo primo Natale in famiglia.
  • Allora va bene, potete andare! – diede il suo benestare e dopo averli abbracciati e baciati come se stessero per partire per un viaggio interminabile si strinse alla mano di Killian e insieme a lui raggiunse la jolly.
Passò una settimana in sua compagnia e per tutto il tempo la piccola non fece altro che stressarlo in ogni modo possibile immaginabile. Correva a svegliarlo ogni mattina all’alba, lo tempestava di domande durante tutta la giornata e anche in piena notte, se non riusciva a prendere sonno andava a disturbarlo riempiendolo di chiacchiere inutili come solo lei sapeva fare. Si fece spiegare i segreti della navigazione, non capì molto in realtà, non era affatto portata secondo lui e quando si stufava di girovagare e fare casini si metteva seduta e disegnava.  Immaginare uncino in versione baby sitter non è affatto facile, viene quasi da ridere conoscendo il soggetto, ma con Emma quel ruolo sembrava calzargli a pennello. Per quanto faceva vedere agli altri, a spugna ad esempio, che la piccola lo disturbava e gli urtava il sistema nervoso la verità era ben diversa: quella piccola ragazzina gli stava simpatica, molto e anche se faceva fatica ad ammetterlo anche a se stesso si era affezionato alla sua compagnia... riconsegnarla ai suoi genitori sarebbe stato difficile… avrebbe sentito la sua mancanza. Anche per Emma la cosa non era a meno, quel piccolo terremoto si era affezionata molto al pirata e quando i suoi genitori andarono al porto a riprenderla lei cecò più di una volta di convincere sia i suoi che il pirata a trovargli un posto a palazzo. 
  • amore di papà, se il tuo amico vuole unirsi al nostro esercito non ho assolutamente nulla da obiettare, nella nostra Marina militare ci sarà sempre posto per colui che ti ha riportata a casa piccola. - le disse stringendola a se per abbracciarla. In quei giorni gli era mancata terribilmente, il solo pensiero di doverle dire addio da li a poche ore lo stava uccidendo ma doveva far finta di nulla, Emma non doveva assolutamente accorgersi di ciò che stava succedendo. 
  • Hai sentito???? - disse la piccola rivolta verso uncino - puoi venire a vivere al castello! Papà ha detto che va bene… sei contento? Potremmo giocare insieme tutti i giorni!!!! - c’era euforia nei suoi occhi, un’euforia che Killian fu costretto a spegnere. La sua vita era in mare aperto, la sua nave era la sua casa, non sarebbe mai riuscito a vivere in condizioni come quelle appena offerte. La Marina militare poi gli ricordava la prematura scomparsa di suo fratello Liam quindi....
  • Non credo sarà possibile piccola nana dai mille capricci, la mia casa è la Jolly Roger, non posso abbandonarla. 
  • Mah io non voglio che vai via.... dopo che mi hai riportato a casa non ci siamo visti per tanto tempo.... mi sei mancato! – ammise. Non era da lei aprirsi in questo modo, non dopo le batoste subite nella sua vita.
  • Anche a me sono mancate le tue urla credimi - disse ironicamente – ma non temere, non andrò via... sarò sempre nei paraggi quando avrai bisogno di me ok? - era una bugia quella, lui stava per intraprendere l’ennesimo viaggio verso la sua vendetta personale ma decide comunque di dirgli quella piccola balla solo perché sapeva che presto anche lei sarebbe andata via da quel luogo dunque non era necessario farla intristire inutilmente. - quando vorrai vedermi il tuo papà mi scriverà e io accorrerò subito. È una promessa questa. 
  • Ok va bene! - corse ad abbracciarlo - Ci vediamo prestissimo allora! Hai promesso che mi insegnerai a duellare.
  • Ci conto. - gli fece un sorriso e poi mano nella mano ai i suoi genitori, i quali ringraziarono Killian ancora e ancora per averli aiutati in quel momento di estrema difficoltò si incamminarono verso casa.
  • Mamma, papà… aspettate! - gridò improvvisamente Emma tornando sui suoi passi e correndo nuovamente verso il pirata - Questo è per te! - gli consegno un foglio di carta - l’ho disegnato per te, per non farti dimenticare di me. - tra i mille disegni che aveva fatto in quel periodo per passare il tempo uno era per lui, per il suo amico pirata. – Ho disegnato la Jolly Roger - una Jolly Roger rosa.... ma pur sempre una Jolly Roger. - non perderlo ok? 
  • Non lo farò! Lo costudirò con cura! Grazie.... 
  • prego! Buon natale - gli diede un altro abbraccio poi torno dai suoi e questa volta si allontanarono sul serio. 
Quando arrivarono a casa tutto era già stato addobbato a festa: lucine colorate e decorazioni natalizie splendevano in ogni angolo della casa. Sembrava una di quelle scende da film natalizi che era abituata a vedere in tv e la cosa la lascio letteralmente senza parole. 
  • ti piace tesoro? Sei pronta per la tua prima festa di Natale ufficiale? - le chiese sua madre portandosi alla sua altezza e sorridendole dolcemente. A Biancaneve veniva da piangere al solo pensare cosa sarebbe successo da lì a poche ore ma voleva esaudire il desiderio della sua bambina e per farlo non poteva permettersi di cedere alle emozioni.
  • Mi piace moltissimo mammaaaaa! È meraviglioso!!!!! L’albero dove è? - chiese non vedendolo. 
  • È proprio lì, - le indicò un punto ben preciso - ma bisogna ancora decorarlo. Ti andrebbe di addobbarlo insieme a noi? - neanche la fece finire di parlare che eccola correre verso il grande albero dove si mise a frugare nella cesta lì vicino per iniziare a scegliere le decorazioni che più belle con le quali iniziare. 
Si diverti moltissimo a decorare l’albero con la sua mamma e il suo papà, la cosa che pelle piacque di più di mettersi sulle spalle di papà David per mettere il puntale, ma anche la cena non le dispiacque affatto. Granny cucinò tutti i suoi piatti preferiti e come gran finale, visto che aveva mangiato proprio tutto tutto e senza capricci le venne concesso di mangiare più di una porzione di dolce. 
Non avrebbe potuto chiedere festeggiamenti migliori e li ringraziò ancora e ancora per questo fantastico regalo. Andarono avanti ad oltranza ma poi, verso mezzanotte la stanchezza iniziò a prendere il sopravvento sulla piccola e fu tempo per mamma e papà di metterla a nanna. Per Biancaneve e David fu difficile portare la piccolina nella sua camera per metterla a letto, sapevano bene a cosa stavano andando in contro: quella sarebbe stata l’ultima buonanotte che le avrebbero dato, una volta nel mondo dei sogni sarebbe stata spostata nella teca e avrebbero dovuto lasciarla andare. Non ebbero mai il coraggio di dirle cosa stesse per succedere, avrebbe sofferto moltissimo quel secondo abbandono, per cui optarono per fare tutto in gran segreto mentre era addormentata. La fata poi gli aveva promesso che Emma avrebbe dimenticato di essere stata li per cui non vi era alcun bisogno di farla soffrire inutilmente.
Provarono a ritardare quel momento il più possibile, raccontandole più di una storia e coccolandola più del solito ma presto la piccola, ormai stremata, si lasció rapire da Morfeo e non ci fu altro da fare se non mettere in atto quell’odioso piano. 
Con le lacrime agli occhi David la prese in braccio e insieme a sua moglie la portarono nella stanza delle riunioni dove era stata sistemata la teca. La adagiarono li attenti a non svegliarla ma non chiusero subito le ante di quell’armadio magico subito: decisero di restare ancora qualche minuto in sua compagnia cercando di immortalare il più possibile i suoi lineamenti delicati e perfetti.  Era stato un duro colpo doverla abbandonare non appena nata ma adesso, farlo per una seconda volta, dopo aver imparato anche a conoscerla un pochino, sarebbe stato deleterio al massimo. Anche loro secondo la fata avrebbero perso la memoria con il lancio del sortilegio ma Biancaneve non ci credeva… non avrebbe mai potuto dimenticare quel visino e l’amore che provava per lei.
  • è ora! - intervenne proprio la fata facendo il suo ingresso nella sala - è arrivato il momento di lasciarla andare. 
  • Non… non ci riesco, - esclamò Biancaneve ridotta ormai uno straccio - è così piccola, indifesa.... io... io non voglio che cresca senza di me... di noi....
  • Lo so, posso capirlo ma dovete avere fede, lei vi troverà. Un giorno questo sarà solo un lontano ricordo.
  • La ritroveremo ma non sarà più lo stesso… Lasciandola andare oggi perderemo tutto di lei.... tutta la sua infanzia, la sua adolescenza.... non saremo presenti quando avrà bisogno della sua mamma e del suo papà.
  • se dovesse rimanere qui non è comunque detto che potrete vivere questi momenti: la regina non scherza, vi ha dichiarato guerra e non si fermerà lo sapete. 
Biancaneve ragiono ancora una volta sulle parole della fata e se per un momento aveva pensato di mandare all’aria il piano, comprese che la scelta migliore per sua figlia era quella allontanarsi da lì. Si prese ancora qualche minuto per poterla ammirare ancora una volta dopodiché posizionandole accanto la sua copertina, nonostante non la cercasse più come agli inizi l’avevano conservata e il suo ormai inseparabile amico di peluche, le baciò la fronte e le augurò buon viaggio. 
Fu David a chiudere la teca dopo averla salutata a sua volta e stringendo tra le sue mani, la mano di sua moglie attese che la fata avvio il sortilegio. 
Una nuvola di fumo li avvolse imprigionandoli al suo interno e da lì.... il nulla. 
 
****
Voci confuse e un forte mal di testa disturbarono il suo sonno, era stanca, stanchissima, non ricordava cosa avesse fatto il giorno precedente ma di sicuro si era strapazzata più del solito perché non riusciva neanche, per quanto volesse, ad aprire gli occhi. Ci provò, si sforzò con tutta se stessa e alla fine, anche se solo un minimo, perché la luce della stanza l’accecò costringendola a richiudergli, riuscì a farlo.
  • Emma… Emma tesoro!!! Sei sveglia. – conosceva quella voce, ricordava perfettamente a chi appartenesse ma cosa ci faceva li? Era Savannah, la sua ex istitutrice: come aveva fatto a raggiungerla? E soprattutto: da quando era arrivata? Ancora una volta si sforzò per aprire gli occhi ma questa volta la luce sembrò essere più sopportabile e quindi riuscì, anche se con un po’ di sforzi, a tenerli aperti. Se la ritrovò davanti, a pochi centimetri dal viso e non potè non sorriderle. Le era mancata moltissimo, era felice che fosse finalmente venuta a trovarla. – piccolina mia come ti senti è? Ti ricordi chi sono vero? – le chiese accarezzandole dolcemente il viso.
  • S… sa… Savannah… - cercò di rispondere ma anche la voce sembrava non voler collaborare. Aveva la gola secca e irritata… le faceva un gran male.
  • Si tesoro, sono io. Mi hai fatto preoccupare sai?
  • Come… come sei… come sei arri…
  • Shhhh. Non sforzarti, riposati… - disse per poi prendere del ghiaccio e poggiarlo delicatamente sulle sue labbra. Solo in quel momento la piccola si guardò in torno: non era casa sua quella, non era la sua stanza… dove si trovava? Che posto era quello?
  • M… mamma?!!? – chiamò iniziando a guardarsi attorno alla ricerca della sua adorata mamma. – Ma… mamma?!?!? – la chiamò ancora. Savannah le si avvicinò ancora una volta e le mise una mano sulla fronte per sentire se avesse la febbre. Da quando l’aveva conosciuta non aveva mai pronunciato la parola mamma, non era una cosa normale che improvvisamente avesse iniziato a farlo.
  • Tesoro perché non riposi un pochino? Sarai stanca… - la esortò la donna vedendola agitarsi sempre di più.
  • La mia mamma… dov’è la mia mamma? E il papà? – niente, non c’era verso di calmarla anzi… più non le si rispondeva e più la piccina si agitava. Savannah cercò di farsi forza, odiava vedere Emma in quello stato, e avvicinandosi a lei le strinse la manina con forza e con l’altra mano le accarezzò il viso ancora e ancora nella speranza di riuscire quantomeno a farla rilassare un po’.
  • Ricordi cosa è successo tesoro? – le chiese la donna sperando che la risposta della bambina potesse aiutarla. Non era sola in stanza, con lei vi era anche un’altra donna, una dottoressa per l’esattezza, la quale, non conoscendo a pieno la storia della piccola non potè dire nulla inizialmente.
  • Ero con la mamma ed il papà… stavamo festeggiando il natale, abbiamo fatto l’albero, messo il puntale in cima, cantato le canzoncine e mangiato i dolcetti… - raccontò i suoi ultimi ricordi. Savannah sbiancò a quelle parole, nulla corrispondeva alla realtà e non aveva la più pallida idea di come spiegarglielo. Non vi era nessuna mamma e nessun papà purtroppo, lei era l’unica figura più vicino alla famiglia che avesse. – Dove… dove sono la mia mamma e il mio papà? Perché non sono qui? Che posto è questo? – troppe domande a cui la ragazza accanto a lei non aveva forza di rispondere.
  • Il fatto che parli così bene è già un buon segno! – disse la dottoressa che stava osservano la situazione in un angolino della stanza. – Spesso ci vogliono settimane… anche mesi. – Savannah non sembrava sollevata però; non che non le importasse, era felice che la piccolina non avesse riportato danni sulla sfera del linguaggio ma aveva altro a cui pensare…. Doveva capire come dirle la verità senza frantumarle il cuore. La dottoressa capì subito il problema della donna accanto a se, aveva visto il suo sguardo incupirsi non appena la bambina aveva raccontato il suo ultimo ricordo e così provò a tranquillizzarla. – Per i ricordi, la memoria e tutta la sfera emotiva è naturale che sia confusa, anche fisicamente potrebbe avere qualche problemino in questi giorni, ma nulla che non sia risolvibile mi creda. Cerchi di essere il più sincera possibile con lei, è la cosa migliore che possa fare per il suo bene.
  • Non voglio ferirla. -ammise con le lacrime agli occhi…
  • Mentirle la ferirebbe di più mi creda.-   Prese un respiro Vi lascio sole… le racconti la verità.
Aspettò che la dottoressa fece un ultimo controllo alla piccola dopodichè lasciò loro un po’ di privacy.
  • Savannah dove… dove sono loro? – chiese ancora.
  • Amore ricordi il saggio di Natale che stavi preparando? Quello di pattinaggio? – le domandò cambiando argomento.
  • Si mah…
  • Ricordi di essere caduta?
  • Si, sono stata anche all’ospedale dove mi hanno fatto una lastra alla testa! – non era cosciente quando era stata portata in ospedale, aveva perso i sensi una volta caduta e fino a quel momento non aveva più ripreso conoscenza. Era stata in coma per ben 15 gg, i medici iniziavano quasi a pensare che non ce l’avrebbe fatta quindi non poteva ricordarsi di essere stata li.
  • Ti sei fatta molto male tesoro, hai battuto forte la testa e hai dormito per ben 15 gg. Mi hai fatto preoccupare moltissimo sai? – la bambina sembrò non capire. – Ho avuto paura di perderti.
  • Ma siamo tornate subito a casa… - i suoi ricordi erano altri, non aveva dormito, anzi… il medico le disse che doveva rimanere sveglia più a lungo addirittura. – Abbiamo giocato tanto e poi… poi non so come sono finita in un posto dove ho incontrato un pirata che mi ha portato dalla mia mamma e dal mio papà… io voglio vederli: dove sono…. – i suoi occhi iniziarono a farsi lucidi e non passò molto che il pianto prese il sopravvento. – Voglio la mia mammaaaaaaaaa….. chiama la mia mamma ti prego Sav…
  • Amore mio non… non fare così ok? Ci sono io qui con te, calmati… calmati ti prego….
  • M… mamm… mammaaaa! Mamm…mammaaaa!!!! Chiamala, falla venire qui!
  • Amore mio hai sognato… non… non… la tua mamma e il tuo papà non sono qui adesso… loro… cucciolina mia, era solo un sogno. Mi dispiace dovertelo dire. – Savannah fu costretta a chiamare il personale addetto per calmare la piccola, non prese affatto bene la notizia e rischiò quasi un attacco di panico. La sedarono per cercare di calmarla un po e solo quando i medicinali fecero effetto Savannah riuscì ad avere un dialogo con lei.
  • S…sono sola?!? Di nuovo??? – chiese tristemente. Ci aveva creduto… credeva di aver scontato la pena… dopo sei anni credeva che l’incubo era finito invece a quanto pare era appena ricominciato.
  • Non sei sola piccola mia, non lo sarai mai. Ci sono io con te: sempre e comunque: ricordi la nostra promessa vero? Non ti lascerò mai, ti sarò accanto fin quando ne avrai bisogno.
  • Era… era molto bella la mia mamma… aveva gli occhi verdi e i capelli neri e lunghi. Papy anche aveva gli occhi verdi ma lui era biondo come me. Mi mancano… sono stata bene con loro in questi giorni… - ammise con le lacrime agli occhi. Fortuna che era sedata altrimenti come minimo si sarebbe sentita male di nuovo. – Mi piacerebbe tornare li, vederli ancora.
  • Non sarebbe una cosa bella amore, significherebbe che saresti ancora in pericolo di vita.
  • Non mi importa, se posso stare con la mia mamma e il mio papà allora voglio dormire per sempre.
  • Scherzi amore? Non dirle neanche queste cose. Come farei io senza di te è? – le fece notare di aver appena detto una cavolata. – Io lo so che per te è molto difficile ma credimi, io non ti ho mai mentito: presto troverai una famiglia che vorrà passare con te tutto il tempo del mondo bambina mia. Devi solo avere fede e aspettare.
  • Allora voglio dormire fino a quel giorno! – disse decisa.
  • Non si può purtroppo ma se me ne darai modo posso essere io la tua famiglia fino a quel giorno.
  • Vuoi adottarmi? – chiese e per la prima volta da quando si era svegliata i suoi occhi brillarono.
  • Non sai quando mi piacerebbe cucciolina mia ma non è possibile… non temere però: non serve una carta per dimostrare che siamo una famiglia… finchè non arriveranno i genitori che tant meriti io sarò la tua famiglia.
  • Come una sorella maggiore?
  • Perché no? posso essere qualsiasi cosa vorrai: una mamma, una sorella, una zia, un’amica… tutto! Ti voglio un gran bene Emma e voglio solo vederti felice. – la bambina fece per sporsi verso di lei ma i 15 gg di coma non glielo permisero. Savannah capì il suo intento e fu lei ad avvicinarsi e stringerla a se. La tenne stretta tra le sue braccia e la coccolò come meglio potè fin quando per la stanchezza la bimba non crollo addormentata di nuovo. Ci sarebbe voluto del tempo prima che uscisse da quell’ospedale, la convalescenza sarebbe stata lunga e una volta ripreso il suo via, conoscendo il carattere vivace di quella piccola, le cose non sarebbero state affatto facili. Si era presa un impegno troppo grande con quella promessa? Forse ma poco importava, quello che le aveva detto era vero… voleva solo vederla felice.  
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***







Il mio salvatore
Fanfiction natalizia 2020
Capitolo 4 – epilogo

 
Era sempre stato un mattiniero Killian Jones ma quella mattina, nonostante sapesse che la giornata che lo avrebbe atteso sarebbe stata a dir poco meravigliosa, era Natale dopotutto, maledì di essersi svegliato come al solito all’alba. Aveva fatto un sogno davvero molto intenso quella notte, emozionante… e anche se era semplicemente frutto del suo subconscio, complici probabilmente tutte le chiacchiere del giorno precedente, si ritrovò a rimuginare dentro di se ammettendo a se stesso che sarebbe stato davvero un colpo di scena se una cosa del genere fosse stata vera.
Non gli capitava spesso di sognare e quelle poche volte che lo faceva il sogno, al risveglio, diventava confuso, sbiadito… non riusciva mai a ricordare con esattezza tutto, era sempre molto superficiale il racconto ma questa volta ogni minimo dettaglio era impresso nella sua mente come un ricordo indelebile e non riusciva a capacitarsi di ciò.
Rimase ancora un po’ sotto le coperte a pensare e a rivivere passo dopo passo tutti i momenti di quel sogno così meraviglioso ma surreale allo stesso tempo, poi però decise di tornare con i piedi per terra e approfittando che sua moglie stesse ancora dormendo beatamente scese giù in cucina a preparare una ricca colazione per lei e la loro dolce bambina.
Preparò tutto con amore: fece i pancakes, litri di cioccolata calda e toast di ogni genere nel caso la sua donna quella mattina avrebbe preferito il salato, con la gravidanza le capitava spesso e non contento, visto che a quanto pare ancora nessuno aveva voglia di svegliarsi, decise di finire di sistemare i regali sotto l’albero sia per Hope ma anche per la sua bella. Il loro regalo Emma e Killian se lo erano dati già un paio di mesi prima in realtà, l’arrivo di una seconda gravidanza fu motivo di vera gioia per entrambi, ma lui decise comunque di farle un secondo regalo nonostante avessero pattuito insieme di non farsi nessun dono e prendendolo dal suo nascondiglio andò a sistemarlo sotto l’albero insieme agli altri.
Finito di sistemare tutto e vedendo che iniziava ad essere tardino per Emma, a quell’ora è già sveglia di solito, decise di tornare in camera da letto per controllare che tutto fosse ok… la trovò sveglia ma capì subito dallo sguardo assente che qualcosa non andava.
Le si avvicinò piano per paura di spaventarla, era totalmente in un altro mondo, si sistemò accanto a lei e solamente quando la vide incrociare il suo sguardo si permise di dirle qualcosa.
  • Buongiorno amore mio… tutto bene? – chiese gentilmente andandole a baciare con dolcezza la fronte.
  • Buongiorno… Buon Natale! – rispose lei al saluto per poi annuire – Sto bene non preoccuparti… - cercò di tranquillizzarlo. Lo conosceva bene… se aveva pronunciato quella domanda era perché evidentemente aveva notato in lei qualcosa di differente dal solito.
  • Nausee? – continuò imperterrito lui cercando di individuare il punto, ok… forse stava bene come diceva, ma qualcosa non lo convinceva comunque.
  • Stranamente no, non ancora almeno.
  • Cattivi pensieri allora? Hai un viso un po’ troppo cupo perché sia tutto ok! – le fece notare. – Sicura che non ci sia nulla?
  • Ma no amore, è tutto ok davvero, solo che ho fatto un sogno… tutto qua. Evidentemente mi ha scossa un po. Non preoccuparti, adesso mi passa. – confessò. Aveva avuto un sonno agitato per tutta la notte ma non si era mai svegliata nonostante avesse voluto. Non era un incubo il suo, nessun mostro volante o lotte con qualche cattivo di turno come spesso capitava visto la frenetica vita che faceva… aveva sognato qualcosa di assurdo, improbabile ma che allo stesso tempo la lasciava tramortita.
  • Hai avuto un incubo? Mi dispiace love… mi dispiace davvero… quasi quasi mi sento in colpa per aver avuto a differenza tua un sogno davvero dolce.
  • Wow… il tremendo capitan Uncino ha fatto un sogno dolce? – le venne da sorridere ma ne approfittò per tergiversare – E dimmi: che cosa succedeva in questo sogno? Qualche bella donna ti faceva il filo?
  • Scema… no, nessuna donna ha rallegrato la mia notte, ma non stavamo parlando del mio sogno…
  • Ma io voglio sapere, sono curiosa lo sai…
  • Te lo racconterò ma prima devi raccontarmi il tuo. Se qualcosa ti ha turbata voglio saperlo, magari posso provare a dargli un significato differente da quello che hai in mente in questo momento.
  • Mah… il significato è uno solo in realtà, non credo che ve ne siano altri… diciamo solo che tutte le chiacchiere di ieri hanno influito a farmi sognare qualcosa che nella mia vita mi è sempre mancata. – prese un respiro. – Faccio veramente fatica a tirare fuori questo sogno credimi, è una cosa che per anni mi ha tormentata…
  • Se… se non vuoi parlarne ok non… non insisto però forse condividerlo con qualcuno potrebbe farti bene… scegli tu, non voglio fare peggio. – lasciò a lei la decisione finale. se non se la sentiva ok… non l’avrebbe costretta.  
  • Ho sognato me quando avevo all’incirca sei anni. Ho sognato di aver passato il natale con i miei veri genitori per la primissima volta. – raccontò in grandi linee. – Non immagini neanche quante volte io abbia desiderato una cosa del genere da piccolina, ogni festività: natale, pasqua o anche feste più piccoline io ero sempre li, in quella buia camera di un orfanotrofio a fantasticare su come sarebbe stato bello se. La mia famiglia era in cima ad ogni pensiero nonostante non avessi la più pallida idea di chi fossero in realtà i miei genitori, li immaginavo a modo mio, erano completamente differenti da quelli che sono in realtà e dentro di me fantasticavo su come sarebbero andate le cose se solo loro non avessero deciso di abbandonarmi. L’immaginazione era l’unica cosa che avevo di loro e soffrivo, soffrivo terribilmente di questa cosa. In quegli anni però mai un solo sogno su di loro, mai… mi fa strano quindi aver sognato proprio adesso il mio passato, proprio ora che la mia famiglia si è finalmente ricongiunta. La cosa che mi fa più strano poi è aver associato alla me bambina non i genitori che avevo costruito nella mia mente, sarebbe stato più logico come sogno, ma bensì i miei veri genitori. E’ questo che mi crea… non lo so, tristezza forse… tristezza di sapere che in realtà non è vero nulla. Cioè… io Credo di aver superato abbondantemente ormai questo trauma ma non so… forse in cuor mio il non aver passato con loro la mia infanzia mi fa in qualche modo soffrire ancora e immaginarmi questa cosa mi ha spiazzato un po’. – sospirò.
  • Possibile… se questa cosa ti è mancata non è perché ora tutto si è sistemato non debba più farti effetto. La bimba che sei stata ha sofferto molto per questa cosa ed è normale che rivivere determinate situazioni ti porti a riflettere…
  • Già… c’è da dire però che il contorno di questo sogno, per quanto triste la mia situazione, è stato davvero bizzarro. C’eri anche tu sai? – rise ripensando a tutto il contesto di quello strambo sogno – ma ti rendi conto? Ho sognato di averti incontrato che avevo sei anni!!! Ma ti immagini?  – Killian che fino ad un attimo prima era tranquillo e rilassato iniziò a sentire il suo cuore battere in maniera più accelerata a quell’ultima affermazione. Anche lui aveva sognato il natale di Emma e la sua famiglia, anche lui aveva sognato di averla conosciuta da bambina.
  • Non… non ho capito bene… hai sognato me? – chiese conferma.
  • Si… credo di aver fatto un miscuglio nella mia testa non indifferente: ho associato il racconto che hai fatto ieri pomeriggio a Hope con la mia situazione personale e ne è venuto fuori un sogno da fumi allucinogeni…
  • Emma puoi… puoi essere più precisa per favore? – non riusciva a comprendere cosa accidenti stesse succedendo. Avevano sognato cose simili?
  • No dai… non ha importanza, era solo un sogno dopotutto, adesso mi riprendo! – cercò di concludere la cosa sul nascere onde evitare altri brutti pensieri. Quel sogno l’aveva tramortita bene bene, voleva cercare di dimenticarlo non di riviverlo.
  • No aspetta un secondo!!!! Raccontamelo ti prego… è importante….
  • Importante adesso, va bene che mi ha scossa ma era solo un sogno amore. Tranquillo sto bene.
  • Insisto… per favore love.
  • Ok… Ho sognato che mi hai tratta in salvo dal malvagio Peter pan e mi hai riconsegnata ai miei genitori con i quali ho passato un Natale meraviglioso. Detta così sembra un sogno davvero magnifico vero? Peccato che poi, dopo i festeggiamenti, mi hanno nuovamente messa in quella maledetta teca.  – cercò di riassumere in grandi linee quel sogno.
  • N.. non… non è vero, non è possobile… seriamente tu hai sognato questa cosa? – domandò con uno sguardo a dir poco scioccato.
  • Purtroppo si mah… perché sei così agitato amore? Era solo un sogno, sto bene… avrò mangiato pesante ieri sera. Sai che mi capita…
  • Per caso in questo sogno facevi anche pattinaggio artistico? – chiese ricordando dettagli più piccoli del suo sogno.
  • Io facevo seriamente pattinaggio artistico da piccolina ma ora che mi ci fai pensare si… ho sognato anche questa cosa- ammise per poi guardarlo negli occhi in maniera fin troppo seria: come faceva lui a conoscere questo piccolo dettaglio? – Amore come…
  • E sei caduta battendo la testa…
  • finendo in coma per ben 15 gg… Killian seriamente… mi stai spaventando… nessuno sa di questa storia a parte la mia ex istitu…
  • A parte Savannah… - finì lui la frase lasciandola parecchio disorientata.
  • C... conosci Savannah? – era l’unica ipotesi possibile. – Hai avuto modo di conoscerla? Come sta? È qui? Vive a Storybrooke? – iniziò a tempestarlo di domande a raffica non riuscendo a capire come stessero le cose.
  • No, no calmati per favore – rispose lui cercando di tranquillizzarla, si stava agitando troppo e non faceva bene ne a lei ne al bambino questo suo stato d’animo. – Non conosco Savannah ma ho avuto modo di… beh si… di vedere parte della tua vita… - cercò di spiegare ma in realtà quelle parole la mandarono ancora di più in confusione: cosa voleva dire con “ho avuto modo di vedere parte della tua vita? – Ho fatto il tuo stesso sogno amore questa notte…
  • C… cosa? – domandò lei incredula di ciò
  • Già… ho sognato le prove di pattinaggio, la caduta, il rapimento… il doppio rapimento, anche quello da parte di Regina e poi il Natale con i tuoi, i viaggi in nave con me… eri una teppistella nel sogno lasciatelo dire…
  • Non solo nel sogno, ero proprio così da bambina mah… come è possibile che tu abbia sognato le mie stesse cose? Non… non ha senso…
  • Non lo so ma devo ammettere che sarebbe stato bello conoscerti seriamente da piccina… di sicuro non ti avrei sposata sappilo. – cercò modo e maniera per farla ridere, ne aveva bisogno. A lui quel sogno non aveva causato problemi, gli era piaciuto sognarla anche se non ne le vesti in cui di solito accadeva ma per lei… beh… per lei era diverso, in qualche modo le sue vecchie paure erano riaffiorate. – Dai… non pensarci, era solo un sogno… forse il vero amore può fare anche questo.
  • Può farci sognare le stesse cose? E’ inquietante…
  • Perché mai?
  • Perché non vorrei mai sognare tutte le donne nude che sicuramente a mia insaputa sogni di notte. – fu lei questa volta a fare una battuta, aveva bisogno di staccare la mente da quei pensieri che la stavano turbando troppo.
  • L’unica donna nuda che di solito sogno sei tu comunque non volevo dire questo. Dico solo che magari, visto il vero amore che ci unisce, siamo in grado di immedesimarci nei panni dell’altro quando questo ne ha bisogno…
  • È inquietante ugualmente…
  • In effetti… dai, non pensiamoci più… ti ho preparato la colazione: andiamo ad iniziare questa nuova giornata, a breve quel terremoto di Hope scenderà a fare casini.
Si lasciò convincere e con ancora il pigiama addosso scesero al piano di sotto. Decisero di aspettare per la colazione, era Natale dopotutto, sarebbe stato carino farla tutti e tre insieme così andarono a sedersi sul divano del salotto e attesero la loro piccolina, che stranamente stava dormendo più del solito, facendosi reciprocamente delle coccole.
Da quando è nata Hope fanno fatica a ritagliarsi momenti tutti per loro durante la giornata, di solito riescono solo di sera dopo averla messa a letto… con un secondo bimbo in arrivo le cose non sarebbero state sicuramente diverse, ragion per cui, se si ha un momento a disposizione come quello che stavano vivendo in quel preciso istante era giusto approfittarne il più possibile. Si, approfittarne sarebbe stata la cosa migliore, peccato che loro, oltre alla loro prole, hanno a che fare anche con una mandria di parenti super invadenti, per cui, se non c’è Hope a interromperli, ci sono loro. Quella mattina le cose non furono da meno e mentre erano intenti a coccolarsi l’un l’altra ecco arrivare sul telefono di Emma un sms da parte di suo padre.
“ Non voglio allarmarti ma è appena successa una cosa a dir poco strana! Stiamo venendo da voi…”
Neanche il tempo di leggerlo che ecco l’intera famiglia Charming, Neal compreso, Henry con la sua famiglia e Regina presentarsi a casa dei due coniugi.
  • Che succede? Come mai ci siete proprio tutti… tutti?!?! – non che non fosse felice di vederli, adorava la sua famiglia ma il messaggio di suo padre e il trovarseli li in todos la fecero preoccupare un pochino. – Devo allarmarmi?
  • No, non lo so in realtà ma la cosa è assai bizzarra…- iniziò suo padre per poi cedere la parola a Regina.
  • Credo che si sia innescato uno strano meccanismo magico questa notte perché tutti, tutti noi, abbiamo fatto lo stesso identico sogno. Per carità, niente catastrofi, niente premonizioni future o apocalissi in arrivo, non agitarti quindi… - la vedeva dal viso che stava iniziando ad entrane nel panico - Diciamo che abbiamo sognato una specie di… realtà alternativa chiamiamola così, qualcosa riguardante il passato, un passato mai esistito e… e niente, ci sembra strana come cosa.  Pensiamo possa esserci qualcuno dietro tutto questo e volevamo cercare di capire insieme a voi chi possa essere.
  • Cos… cosa…
  • Si è Natale lo so, ma magari possiamo vagliare qualche ipotesi prima di iniziare i festeggiamenti. – replicò Regina pensando Emma non fosse d’accordo nel parlane proprio in quelle circostanze. – Non è normale aver fatto tutti lo stesso sogno… quel sogno poi… secondo me è qualcuno che vuole in qualche modo indebolirci…
  • Dopo questa premessa deduco che il sogno di cui parlano è esattamente quello che abbiamo fatto noi Love… - intervenne Killian nella conversazione andando ad abbracciarla da dietro. – Avete sognato anche voi il passato di Emma? Il suo rapimento, i viaggi in nave con me e il Natale con  David e Snow?
  • Visto? C’è qualcosa sotto… - continuò Regina confermando che stessero parlando della stessa cosa. - qualcuno vuole metterci l’uno contro l’altro per indebolirci.
  • Metterci l’uno contro l’altro? – ripeté Emma non capendo.
  • Beh si… io nel sogno ti ho rapita, i tuoi per colpa mia ti hanno spedita in questo mondo dopo averti conosciuta…
  • Che centra, era solo un sogno… non sono mai accadute queste cose, ce ne saremmo ricordati no?
  • E allora perché sognare?!?!? Perché fare lo stesso identico sogno tutti quanti senza nessun fine? E’ impossibile ma non lo capite? – per Regina doveva esserci assolutamente qualcosa sotto, ne era più che convinta, sentiva puzza di magia e neanche a farlo apposta ecco intromettersi in quella conversazione proprio un essere magico a loro famigliare, l’unico a cui non avevano ancora pensato. Erano tutti giunti a casa Jones preoccupati per una possibile minaccia: ma se il sogno in realtà non avesse nulla a che vedere con la magia oscura? Se fosse opera di magia di luce?
  • Fosse posso delucidarvi io su questa piccola situazione…
  • Piccola? Non… non mi sembra tanto piccola- commentò Regina con toni leggermente scontrosi verso la figura che si era appena materializzata davanti a loro.
  • Regina calmati…. Blue Sai qualcosa di questa situazione? cosa… cosa accidenti sta succedendo? Dobbiamo forse preoccuparci? – chiese Emma interrompendo le battutine della sua amica, non era tempo per mettersi a fare ironia, bisognava andare in fondo a quella questione il prima possibile.
  • No, non dovete preoccuparvi, non vi è nessuna minaccia in arrivo, sono… sono stata io a far si che tutti voi “sognaste” questa cosa…
  • Tu? E perché mai?!?!?!? – Emma era sempre più confusa ma anche gli altri sembravano non capirci molto…
  • Ricordate il desiderio espresso dalla piccola Hope proprio ieri sera? Beh… ho fatto semplicemente in modo che si realizzasse. – Ammise come se fosse una cosa da tutti i giorni. – Non avete sognato in realtà, avete semplicemente viaggiato nel tempo fino al giorno in cui Killian non salvò quella bambina di cui parlava.
  • Viaggiato nel tempo? – fu regina a commentare questa volta – Questa si che è bella… e in che tempo ci hai mandati? In quello della fantascienza?! Non è mai successo nulla di quello che ci hai mostrato… - Lei ricordava benissimo come fossero andate le cose: era stata lei ad aver lanciato il sortilegio che li portò a Storybrooke, nessun piano era andato fallito ed Emma era stata messa in quella teca che aveva si e no mezz’ora di vita. Nessuno da quel giorno aveva più messo piede nella foresta incantata, se ne sarebbe ricordata in caso visto che era l’unica a conservare ricordi originali e non fittizi, dunque quello che diceva la fata altro non era che una patetica menzogna.
  • Vi sono stati cancellati i ricordi e ve ne sono stati dati di nuovi, era l’unico modo per garantire alla piccola Emma di proseguire la sua vita e diventare un giorno la salvatrice. Conservando i ricordi Biancaneve e David una volta approdati in questo mondo avrebbero fatto di tutto per riprendere la loro bambina con se e questo non era possibile. Emma non è mai stata chiamata solo a spezzare il sortilegio che ci ha portati qui, ha combattuto anche l’origine del male se ricordate… era destino che dovesse crescere lontano da voi… non sarebbe mai diventata potente abbastanza in caso contrario.
  • Qui.. quindi ci stai dicendo che anche se per poco noi… noi abbiamo avuto seriamente il privilegio di passare del tempo in sua compagnia e essere i suoi genitori? – David si era tormentato per anni, così anche la sua consorte, di non aver mai avuto modo di passare del tempo con la loro Emma bambina, sapere che per poco il loro desiderio più grande era stato in qualche modo realizzato li rendeva felici e appagati. Sarebbe stato bello poterla continuare a crescere ma le emozioni provate in quella specie di sogno erano comunque state forti e giunsero entrambi alla conclusione che era meglio aver vissuto un solo momento ma intenso piuttosto che nessuno.
  • Si, avete avuto modo di trascorrere dei giorni insieme a lei. Quello che avete visto nel sogno è esattamente ciò che è successo…
  • Se… se è così come dici allora non è che… che possiamo… riavere i nostri ricordi indietro? E’ vero che abbiamo visto dall’esterno come sono andate le cose mah… si beh… vorrei riuscire a ricordare anche le emozioni provate in quei momenti.
  • Potrei David mah… non sono state poi tutte emozioni piacevoli, c’è stato un nuovo allontanamento, la sofferenza di doverle dire nuovamente addio… non so se il gioco varrebbe la candela… - spiegò la fata.
  • Lo so ma anche che siano solo cinque i minuti belli quelli vissuti voglio ricordarli a pieno… sapere di averla stretta tra le braccia e coccolata prima di addormentarsi almeno una volta è il regalo più bello che io possa ricevere in tutta la mia vita, non voglio assolutamente privarmene…
  • Lo stesso vale per me. – continuò Snow guardando Emma negli occhi. – Ti vedo e ogni giorno mi maledico per essere stata una pessima madre per te. Ho vissuto tutti questi anni con il rimorso di non averti mai visto giocare, ridere, correre per i corridoi immensi del nostro castello. Ho sempre conosciuto Emma, la mia adorata figlia, in veste di giovane donna, in veste di madre… una donna a tutti gli effetti che non ha bisogno certamente della sua mamma che la indirizzi verso la strada giusta. Il sogno di questa notte non ti nego che mi ha causato una forte sofferenza non appena mi sono svegliata, ho rivissuto esattamente le mie paure più grandi: il doverti abbandonare, ma ho vissuto allo stesso tempo la cosa che più di tutte mi è mancata : il viverti da piccola. – si voltò verso Blue – Anche se il mio cuore si riempirà ancora una volta di sofferenza nel ricordare il dolore di averle dovuto dire addio anche io voglio ricordare… un momento di spensieratezza con la mia giovane figlia, come una vera famiglia, vale mille volte di più che un triste ricordo.
  • Va bene, se proprio ne siete convinti… riacquisterete tutti la memoria. – prese la bacchetta dalla tasca della sua uniforme e con un gesto deciso del polso fece un piccolo incantesimo che donò a tutti i presenti i loro originari ricordi, a tutti… tranne che a Emma. – Lo so cosa ti stai chiedendo ma su di te non è stato fatto nessun incantesimo.
  • Non… non capisco…
  • Quando sei tornata in questo mondo ricordavi tutto e hai anche raccontato tutto solo che non ti hanno creduta. Hanno dato la colpa delle tue parole al coma per cui…
  • Per cui a lungo andare mi sono illusa anche io che ciò che avevo vissuto non fosse vero. – terminò la frase arrivando da sola alle conclusioni. – In parte ricordo ancora qualche piccola sfaccettatura di quello strambo sogno ora che ci penso… non era un sogno dunque… - si sentì sollevata di sapere questa cosa, ricorda di aver impiegato mesi ad accettare di aver vissuto una realtà purtroppo non veritiera. Non ricordava esattamente nei dettagli cosa avesse sognato durante quei quindici giorni di coma prima del sogno di quella notte, ma ora, piano piano, i ricordi le tornano nuovamente alla mente come se li avesse appena vissuti.
Avrebbe voluto abbracciare i suoi, Killian… ma fu costretta a rimandare in un secondo momento in quanto in casa, proprio tra i suoi genitori e Regina stava per iniziare una line senza fine. David e Biancaneve iniziarono ad inveire contro la donna per la sofferenza inflittagli, le dissero di tutto e se Killian e Henry non fossero intervenuti a dividerli probabilmente si sarebbero presi anche a pugni. Aveva ragione Blue a dire che non era il caso di ricordare i tempi ormai andati: purtroppo a fare da contorno ad un momento bello come quello vissuto vi era un’innumerevole sfilza di momenti poco piacevoli.
Fu Killian a provare a farli ragionare ricordandogli la bella famiglia che sono diventati nonostante tutto ma non ci riuscì a pieno, il risentimento da entrambe le parti era davvero molto forte. Solo la piccola Hope, la quale li interruppe entrando in stanza, riuscì con il suo solito entusiasmo a rallegrare i loro animi di tutti i presenti.
  • Mamy… papy… è… è vero quello che ha detto Blue? Non era un sogno quello che ho fatto? La mamma è stata salvata da te papà? – chiese la piccolina stropicciandosi gli occhietti ancora frastornata dal sonno.
  • Amore mio anche tu hai…. – Killian si voltò verso Blue – Anche lei ha fatto quel sogno? – chiese prima di rispondere alla piccola. La fata annuì.
  • E’ lei ad aver espresso il desiderio infondo… - giustificò la cosa.
  • Allora papy?!?!? – insistette Hope, nonostante il sonno era sempre la stessa curiosona di sempre.
  • A quanto pare si mia piccola peste, è proprio la tua mamma la bambina che salvai tanti anni fa. Hai visto come è piccolo il mondo? – le sorrise.
  • Sei un eroe papino! Hai salvato la mia mammaaaaa! Sei un eroe super super super speciale! – diede un sonoro bacio sulla guancia del suo papà facendolo letteralmente sciogliere.
  • Tu sei una piccola eroina principessa, non io… se non fosse stato per te e per il tuo desiderio non avrei mai ricordato questa meravigliosa storia. – fu lui a darle un bacino questa volta. – Grazie, grazie per questo bellissimo regalo di natale! – Hope si strinse tra le sue braccia poi corse ad abbracciare anche la sua mamma.
  • Ho deciso che il disegno della barca che hai fatto a papà possiamo metterlo nella parete dove ci sono tutti i miei disegnini: sei contenta mamma?
  • Cosa? Mi dai l’onore di appendere al muro un disegno non tuo? – non era mai accaduta una cosa del genere prima. Emma conserva di nascosto tutti i disegni che lucy e Neal le hanno fatto nel corso degli anni, se solo sua figlia sapesse….
  • Si! Ma solo perché sei tu e perché la nave che hai disegnato è molto bella!
  • Bella? – intervenne Killian – E’ rosa?!?!?!?!
  • Quando una cosa è bella è bella sempre. – lo prese in giro Emma – Comunque visto che avevo ragione? C’e stato un periodo dove ero andata in fissa per le navi… ora capisco il perché!
  • Non erano le navi tesoro… era il mio fascino ad averti mandato in tilt.
  • Idiota!
  • Hope hai sentito? – disse killian facendo il finto indignato - Tua madre mi ha detto una brutta parola! Diglielo anche tu che dovrebbe ringraziarmi invece... – fece l’occhiolino a sua figlia la quale gli resse il gioco all’istante.
  • Si mamma, papà ha ragione, dovresti dargli un bacino sulla bocca! Dai cosa stai aspettando: bacio bacio bacioooo – iniziò a canticchiare saltellando qua e la.
  • Vedi? Anche nostra figlia la pensa allo stesso modo – la prese in giro – Grazie amore mio per avermi salvata. E’ semplice no? – naturalmente scherzava, non voleva essere affatto ringraziato, ma si divertiva a prenderla in giro.
  • Ti ho ringraziato se ben ricordi, quel giorno… e ora che ci penso… sai che forse ne ho le prove? – killian la guardò non capendo cosa volesse dire e anche gli altri, che stavano assistendo a quella comica scenetta, si incuriosirono. – Ho un ricordo di quel periodo… del periodo in cui disegnavo navi… - ci ragionò su – venite con me –  con la magia teletrasportò tutti loro sulla jolly Roger.
  • Perché siamo qui mammina? – chiese Hope mentre Emma camminava avanti e indietro per la nave alla ricerca di qualcosa.  – Cosa stiamo cercando? E’ una caccia al tesoro? – disse già entusiasta dell’idea.
  • Una specie tesoro, devo solo ricordarmi il posto preciso. – le rispose Emma continuando imperterrita a cercare.
  • Love ma cosa….
  • Eccola qua! Trovata! – esclamò dopo essersi accovacciata a terra in un punto nascosto della nave. – Sapevo che era tutto vero, avevo ragione. La prova è sempre stata qui.
  • Emma amore, inizi a spaventarmi lo sai si?   
  • Guarda! – disse la donna alzandosi in modo che tutti potessero vedere cosa avesse appena trovato. Su un lato della nave, nascosto tra i vari barili di rum vi era una piccola frase incisa nel legno probabilmente con un taglierino o un coltello. La calligrafia era indubbiamente di una bambina e la frase citava le seguenti parole.
“ Grazie per avermi riportato a casa. Ti voglio bene… Emma Swan”
  • Allora? Cosa ne pensi? Bastano come ringraziamento queste parole? – domandò Emma verso un Killian ormai rimasto a bocca aperta.
  • Tu… tu… - non aveva parole per dimostrare la gioia provata nel leggere quella piccola frase ma nonostante ciò tentò di buttarla sul ridere: non era da lui mostrare i suoi veri sentimenti. – Tu hai avuto il coraggio di imbrattare la mia nave? Comincia a correre che se ti prendo non so cosa ti faccio. – tutti iniziarono a ridere, Hope in particolar modo e non contenta aiutò il suo papà a placcare la sua mamma la quale per punizione ricevette un romantico e passionale bacio.
  • Cosa hai da dire a tua discolpa amore mio? – chiese Killian tenendola stretta a se come una prigioniera.
  • Che sei stato il primo in assoluto a cui ho detto ti voglio bene! – rispose con sincerità, quelle parole per Killian furono la musica più bella mai sentita in tutta la sua vita. Conosceva Emma, conosceva il suo passato, sapeva che la frase ti voglio bene è sempre stata merce rara nella sua vita. Prendere coscienza di essere stato il primo di cui si sia fidata, il primo a cui ha dato fiducia non sapendo neanche chi avesse davanti lo ripagò di tante sofferenze avute nella vita e come già fatto qualche minuto prima non poté far altro che baciarla ancora una volta.
  • Si ok ok ok, abbiamo capito…  possiamo tornare a casa adesso? – chiese Neal per nulla contento di assistere a quelle smancerie. Più cresceva e più la gelosia nei confronti di sua sorella diventava più grande, nonostante sapesse che il pirata era a tutti gli effetti suo marito. – Non vorrei essere il solito guasta feste ma ho visto che a casa vostra ci sono molti regali da scartare. – sapeva bene che l’unico modo per andare via da li era convincere Hope e quindi giocò l’unica carta con cui di sicuro non avrebbe fallito.
  • Regaliiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!! – ripeté Hope tutta felice – Voglio aprire i miei regaliii  Andiamooooooo! Andiamo adesso!!!!
Tornarono a casa in men che non si dica e la piccola Hope non perse tempo a prendere i suoi regali, alcuni… erano talmente tanti che in una volta non riuscì a stringerli tutti tra le braccia. Ne scartò un paio e tutta felice mostrò ai presenti ciò che le era stato donato, era entusiasta dei suoi regali ma quando scartò il terzo pacchetto improvvisamente si intristì.
  • Amore qualcosa non va? – chiese Emma vedendo lo sguardo triste della sua bambina. Teneva in mano quello che Emma credeva essere il regalo per eccellenza, quello che più desiderava in assoluto dopo la storia del fratellino e per un attimo pensò di aver combinato un disastro. Aveva impiegato più di un mese per entrare in possesso di quella bambola che ora sua figlia stringeva tra le mani, era praticamente andata a ruba… e se non fosse la bambola che in realtà desiderava? – Babbo Natale ha sbagliato regalo tesoro? – chiese sperando non fosse così, non se lo sarebbe mai perdonato.  La bimba fortunatamente scosse la testa. – E allora cosa c’è che non va amore?
  • Non… non abbiamo più comprato la bambola per la bambina della casa famiglia. Il compito della scuola mamma! Dovevamo comprarla ieri ma poi ce ne siamo dimenticati.
  • Uuh, vero… la bambola. – accidenti come le era potuto passare di mente? – Hope amore scusami hai ragione, ieri mi è proprio passato di mente. – la piccola scrollò le spalle, non era colpa della sua mamma, anche lei aveva dimenticato questo particolare. - Però possiamo provare a vedere se  c’è ancora qualche negozio aperto. – cercò di rincuorarla Emma
  • Ma è Natale oggi mamma! A Natale i negozi sono tutti chiusi – non aveva poi tutti i torti.
  • Già… allora vediamo un attimo, se per te va bene possiamo dare a questa bambina una tua bambola o un tuo peluche, in buone condizioni, che non usi da un po. Nella tua cameretta ci sono una montagna di giocattoli amore.
  • Voglio dargli un giochino nuovo… - ci ragionò su – Voglio dargli questa bambola.
  • Questa? Ma amore, è la bambola che tanto volevi? – non le piaceva l’idea che sua figlia a causa di una svista rinunciasse ad una cosa che desiderava da mesi.
  • Non fa niente, io ho tanti giochi mentre quella bambina non ha nulla. Voglio farle un bel regalo di Natale mamma.
  • E il tuo regalo di natale? Anche tu ne meriti uno speciale no?
  • io il mio regalo ce l’ho già: ho voi. Lei non ha nessuno. – A quelle parole Emma non riuscì a trattenersi e complici anche gli ormoni della gravidanza eccola commuoversi  facendo preoccupare la sua bambina. – Mammina che succede? Perché piangi? – si preoccupò.
  • Sono lacrime di gioia amore tranquilla! – cercò di spiegarle - sei speciale piccolina mia, non cambiare mai. – si abbracciarono commovendo anche il resto dei presenti.
  • Basta piangere mammina! Dobbiamo andare a trovare i bambini della casa famiglia. – la esortò asciugandole lei stessa le lacrime con le manine e facendole un sorrisone. – Dai andiamo!!!!!
  • Aspetta nanerottola! – la trattenne il suo papà prima che uscisse da sola dalla porta di casa, era impaziente di compiere la sua buona azione. – Prima di andare mamma e papà hanno un altro regalo per te.
  • Un altro? Ma nella mia lista dei regali non c’era altro, mi ha già portato tutto babbo natale!
  • Lo sappiamo, non è un regalo che è sulla lista infatti…
  • E cos’è allora? Dove sta? Voglio vederlo!!!! E’ un cagnolino? Mi avete comprato un cagnolino? – Hope adorava gli animali, in particolar modo cani e gatti ma non aveva scritto nulla su di loro nella sua letterina perché sapeva che la sua mamma e il suo papà non la consideravano ancora grane abbastanza per prendersene cura da sola.
  • Non esattamente ma richiede le stesse cure diciamo…
  • Un gattino allora?!?!?
  • No…
  • Non sarà un criceto vero? Non mi piacciono i criceti. – la sua espressione era alquanto schifata al solo pensiero.
  • Amore vieni qui – disse Killian sedendosi accanto a sua moglie e prendendola sulle sue ginocchia – Papà e mamma ti regalerebbero mai qualcosa che non ti piace? – scosse la testa – ecco quindi non temere, ti piacerà! – le sorrise
  • Ditemelo! Ditemelo adesso!!!!! Per favoreeeeeee
  • E va bene! Dammi una manina – fu Emma a prendere la parola. La bimba obbedì e Emma la portò sul suo ventre – è qui dentro il tuo regalo, ci vorrà un po’ prima che sia visibile a tutti gli effetti ma la cosa importante è che ci sia già.
  • Avrai il fratellino o la sorellina che tanto desideravi. – concluse Killian dandole un bacino e lasciandola letteralmente a bocca aperta.
  • D…davvero???? – erano i suoi occhi ad essere lucidi per via della gioia adesso ed era la prima volta che questo capitava, era la prima volta che la piccolina si commovesse. – Nella pancia della mamma c’è il mio fratellino??????
  • Si amore…
  • Mah… mah…. Ma è meravigliosoooooo – si buttò tra le braccia di Emma e si ancorò saldamente a lei come a non volerla più lasciare andare.
  • Sei felice amore mio? – le chiese
  • Felicissima!!! Grazie!!!! È la cosa che più volevo al mondo, è il regalo più bello mai ricevuto mamma!!!! – la strinse ancora più forte. – Avete sentito? Avrò un fratellino o una sorellina!!!! – si rivolse al resto del gruppo i quali però erano già stati informati un mesetto prima, Emma era troppo raggiante per poterlo nascondere a tutti, se ne sarebbero di sicuro accorti da soli.
  • Spero che io rimanga comunque il tuo fratello preferito piccola peste che non sei altro! – intervenne Henry prima che madre e figlia allagassero casa a suon di pianti.
  • Sempre! Tu sei il numero uno Henry! – corse ad abbracciare anche lui.
  • Bene, ora che abbiamo appurato questa cosa direi che possiamo incamminarci verso la nostra meta non trovate? non è carino presentarsi in ritardo proprio oggi che è Natale!
  • Giusto zia Regina hai ragione! Dobbiamo andare dai bimbi bisognosi!
Si misero in viaggio ma per tutto il tragitto Emma rimase in disparte. Non che non fosse felice, anzi… quella giornata era senza dubbio la miglior giornata mai vissuta dopo la nascita della sua Hope e la scoperta della nuova gravidanza, ma dentro di se il dover entrare in una casa famiglia, anche se non la stessa in cui aveva vissuto, dopo diversi anni le faceva uno strano effetto. Si ritrovò a pensare a quando era lei la bambina che viveva in quelle condizioni, priva di tutto, anche di sentimenti e involontariamente il suo pensiero tornò a lei, a Savannah, la quella ragazza che per gran parte della sua permanenza in quella struttura le aveva dato una grande mano per resistere a tutto quello strazio. Il giorno che si risvegliò dal coma Savannah le fece una promessa, che sarebbe rimasta fin quando ne avesse davvero avuto bisogno. Emma credeva nelle sue parole ma aimhè anche lei come gli altri ad un certo punto della sua vita l’aveva tradita. Una mattina alzandosi per affrontare una nuova giornata non la trovò più li. Ai tempi non capì cosa volessero dire le parole licenziamento e taglio del personale che le diedero come motivazione per quell’assenza improvvisa, ricorda solo di avercela avuta a morte con lei e che nonostante la ragazza avesse chiamato più di una volta per sentire la sua voce e provare a mantenere comunque un legame anche se a distanza Emma si è sempre rifiutata.
Solamente ora capisce che Savannah non ha mai avuto colpe e le piacerebbe rimediare, se ha imparato almeno un minimo a conoscerla di sicuro neanche lei deve aver accettato che le cose tra loro fossero finite in quel modo.
Senza pensarci ulteriormente si allontanò momentaneamente dalla struttura lasciando la sua piccolina con il papà e provò a fare un paio di chiamate per cercare di rintracciare il contatto telefonico della donna. Niente, le sue conoscenze di Boston non riuscirono ad aiutarla su due piedi, avrebbero dovuto lavorarci un po’ su, così si fece forza e provò a fare una cosa che mai avrebbe pensato di riuscire a fare: chiamò l’istituto in cui aveva vissuto la sua infanzia e provò ad ottenere informazioni.
Era passato molto tempo, gran parte del personale non lavorava più li da anni ormai ma in qualche modo riuscì comunque ad ottenere qualcosa. Dopo aver parlato con ben sette persone le venne passata al telefono una donna molto anziana, l’unica che ai tempi in cui Emma era stata li lavorava già lavorava nella struttura.
  • Emma Swan… come dimenticarsi di te è? – le disse la donna dall’altro capo del telefono quando Emma cortesemente si presentò – La fuggitiva più scaltra mai avuta in tanti anni di onorata carriera. Cosa ti porta a contattarci? Credevo che non volessi più avere niente a che fare con noi visto il modo in cui sei scappata. Abbiamo rischiato una denuncia a causa tua lo sai si? Perdere un minore non è cosa da poco sai?
  • Me ne rendo perfettamente conto ma non sono qui per parlare di questo. Volevo chiederle se lei ricorda una certa Savannah. Ha lavorato nel vostro istituto per anni, lei…
  • La tua istitutrice? O certo che me la ricordo. Una litigata assurda quando le dissi di dover andare via, non voleva lasciarti… si propose anche di lavorare qui a titolo gratuito pur di restarti vicino – per Emma fu una coltellata in pieno petto ascoltare quelle parole dopo il modo in cui l’aveva trattata. A sempre creduto che Savannah l’avesse tradita come tutti quelli incontrati nel suo cammino…
  • Per caso siete ancora in contatto? Ha il suo numero? La prego mi dica di si…
  • No, non la sento da una vita in realtà, ha continuato a chiamare assiduamente per anni, qui in istituto, anche dopo aver saputo che eri scappata ma non la sento da tantissimo tempo ormai.
  • Ah…
  • Mi ha lasciato però un numero di telefono da recapitarti in una delle tante chiamate fatte, era convinta che tornassi prima o poi…
  • Seriamente?!!?!? Le ha dato il suo numero? Savannah ha…. E lei lo ha ancora vero?
  • Non ci crederai ma non ho mai buttato quel pezzo di carta. Era una bravissima ragazza quella Savannah, intelligente e di gran cuore. Per quanto non capissi cosa ci vedeva in te, scusa la franchezza, ho sempre creduto che avesse le sue buone motivazioni. – non le era mai piaciuta quella donna ma a quanto pare la cosa era reciproca.  - Se hai carta e penna posso dettartelo ma non illuderti, risale a più di venti anni fa questo contatto telefonico… probabilmente sarà inattivo ad oggi.
Anche se le costò non mandarla a quel paese buttandole addosso tutta la sofferenza vissuta in quegli anni ringraziò cortesemente la donna e dopo aver salvato il numero sul suo cellulare provò a far partire la chiamata. Il numero di cellulare era ancora attivo… squillava. Avrebbe dovuto essere felice no? Si lo era ma non aveva il coraggio di affrontare la donna a cui lei stessa aveva voltato le spalle. Riagganciò prima ancora che l’interlocutore dall’altra parte potesse rispondere e rimettendo il telefono in tasca provò a tornare dalla sua bambina.  
  • Che stavi facendo?!? – le chiese Killian che nel vederla uscire fuori dalla struttura la raggiunse, lasciando la piccola ai nonni, per paura che il rivivere determinate emozioni potesse causarle qualche mancamento.
  • Ho fatto una stronzata… ho chiamato l’istituto dove sono stata da piccola per…
  • Ho ascoltato la conversazione… è un po’ che sono qua fuori che ti osservo… Ti sei fatta lasciare un numero no? Perché non chiami?
  • Dopo tutto ciò che ho fatto? Non vorrà sentirmi, mi odierà e poi… poi potrebbe essere stato riassegnato a qualcun altro questo numero ormai. E’ una cosa che avrei dovuto fare molti anni fa, non adesso… ormai…
  • Ormai cosa? Emma… quella donna è stata importantissima per te, lo so, ho visto con i miei occhi il vostro legame. E’ la cosa più vicina ad una madre che tu abbia mai avuto, ti ha aiutata a diventare un po’ quella che sei oggi… non credi che un tentativo è giusto che tu lo faccia?
  • Tu nel sogno hai visto solo una minima parte di ciò che lei è stata per me…. Lei è stata fondamentale
  • E allora perché non tentare è?
  • Perché l’ho trattata malissimo… l’ho completamente ignorata per anni, una volta per telefono, non so se lei mi sentì, stava parlando con un’altra istitutrice, voleva parlarmi ma io non avevo alcuno intenzione di ascoltarla e le gridai che per me era morta ormai… non… non posso…
  • Oh si che puoi e se questa donna è davvero così in gamba come mi è sembrato di vedere in quel poco che ho visto beh… di sicuro capirà i motivi che ti spinsero a dire quelle brutte parole.
  • Non riesco a chiamarla, ci ho provato ma…
  • Scrivile un sms… nelle peggiori delle ipotesi non risponderà o qualcuno magari ti dirà, se non è lei, che hai sbagliato numero. – cercò di convincerla. – Sei cambiata tanto amore mio, non credi che lei meriti di sapere come è diventata quella bambina per cui avrebbe dato anche l’anima?
Ci pensò su ma era inutile ragionare, Killian aveva ragione su tutta la linea, si era comportata male è vero, non avrebbe dovuto dirle quelle brutte parole ma è altrettanto vero che lei a quei tempi era una semplice bambina, tante cose non le capiva purtroppo. Prese il cellulare, compose il numero nella casella destinatario e come un fiume in piena scrisse in quell’sms tutto ciò che il cuore in quel momento le stava urlando.
 
“ Non so se questo numero appartenga ancora  a te ma un tentativo voglio farlo ugualmente…
Ciao Savannah, sono Emma… Emma Swan… immagino che nonostante gli anni tu sappia benissimo chi sono, come dimenticare quella piccola ribelle che ti ha letteralmente gridato di volerti vedere morta? Solo ad oggi mi rendo conto di quanto la mia reazione sia stata sbagliata, avrei dovuto quantomeno cercare di ascoltarti, sentire ciò che avevi da dirmi, ma niente… non ho fatto nulla. Ero piccolina, avevo solo sette o otto anni quando svegliandomi non ti trovai più in quel luogo che per me era da incubo… ho vissuto questo tuo allontanamento come l’ennesimo abbandono, il più brutto visto che sei stata una delle poche con cui ho avuto il privilegio di riuscire ad instaurare un profondo rapporto. A mia discolpa ho solo questo punto purtroppo, il fatto di non essere stata grande abbastanza per poter capire, ma spero che tu possa comprendere la sofferenza di una povera bambina triste e sola e perdonarmi.
Era da un po’ che non pensavo più a te devo essere onesta ma questa notte ti ho sognata e da allora non faccio altro che pensarti…  vorrei poterti incontrare per farti vedere come è cambiata la mia vita dall’ultima volta che ci siamo viste. Ho ritrovato i miei genitori sai? I miei genitori biologici e loro mi Hanno accolta in famiglia a braccia aperte come se non fossi mai andata via. Sono stati costretti a darmi via, non era una situazione facile la loro. Ho anche un fratellino più piccolo… si chiama Neal e poi ho… beh… nell’adolescenza a causa di una mancata figura genitoriale mi sono messa in parecchi guai che mi hanno portato addirittura a diventare mamma molto giovane… 18 anni. Eh si… ho un figlioletto già grande, si chiama Henry, è la ragione della mia vita ma anche con lui ho fatto molti errori tra cui quello di fare la stessa cosa che i miei fecero con me… l’ho dato in adozione ma prima che tu dica qualsiasi cosa sappi che ora è nuovamente con me e che siamo una famiglia unitissima. Non è finita qui, mi sono sposata… già… incredibile vero? Chi lo avrebbe mai detto? Eppure è così e con il mio compagno, che adoro pazzamente abbiamo una piccola signorina di appena cinque anni e una nuova creaturina che è in arrivo. Sembrerà strano sentirlo dire proprio da me ma non posso astenermi dal farlo: Sono felice Savannah. Sono finalmente felice.
Detto questo spero che tu possa leggere questo sms chilometrico e possa perdonarmi per non essermi fatta viva prima…
Nonostante non te lo dico da secoli ormai: Ti voglio bene Savannah.”
 
Senza rileggere premette invio e rimise il cellulare in tasca.
  • Sono orgoglioso di te amore mio! – le disse Killian abbracciandola.
  • Spero solo non sia troppo tardi.
Tornarono dalla loro piccolina la quale stava dando spettacolo raccontando storie a tutti i bambini li presenti ma dopo una ventina di minuti eccoli nuovamente uscire fuori. Emma aveva ricevuto un sms di risposta dal numero a cui aveva appena scritto e non aveva il coraggio di leggere.
  • Vuoi che lo legga io? – suggerì suo marito per aiutarla, non aveva una bella cera, temeva potesse sentirsi male.
  • No… ora mi passa, ho solo paura che sia l’ennesimo buco nell’acqua. La mia vita è stata piena di fregature dopotutto no?
  • Non sempre, guarda cosa hai costruito intorno a te love, sei una persona nuova ormai, un po’ di positività!
  • Ho paura che non sia più suo il numero… mi dispiacerebbe davvero molto…
  • Se non leggi non potrai mai sapere no? Dai avanti, ci sono io qui con te. – annuì, si strinse a lui in modo che anche Killian potesse leggere e premendo un pulsante aprì il messaggio incriminato.
“ Tu non ci crederai ma sono più di venti anni che aspetto questo messaggio. Emma… la mia piccola Emma… piccola, non più ormai, sei una giovane donna adesso se la mente non mi inganna… che piacere risentirti tesoro mio e che emozione sentirti dire che sei finalmente felice.
Hai avuto una vita per nulla facile tesoro mio, sempre in salita e piena di difficoltà, la mia assenza è stato solo l’ennesimo ostacolo che hai dovuto affrontare alla tua giovane età e immagino sia stato per davvero uno dei più difficili da superare. Non devi assolutamente chiedermi scusa per come sono andate le cose, forse il contrario, ma cosa ne potevi saperne tu in fondo? Eri solo una bambina dopotutto, non potevi capire quindi non farti paranoie inutili e parliamo di cose serie. Dove vivi adesso? Spero vicino a Boston perché io vivo ancora li e non vedo l’ora di rivederti e conoscere la tua spendita famiglia. Mamma mia, ti ho lasciato che eri piccolissima e ora ti ritrovo sposata e mamma di ben tre splendide creature. Avrò uno shock nel vederti con il pancione credo ma non vedo l’ora che questo sia possibile. Ho intenzione di strapazzarti di baci, ora che ci siamo ritrovare non ho nessuna intenzione di lasciarti andare. ti voglio bene anche io piccola mia, mi hai fatto un regalo si natale meraviglioso. Il più bello che potessi mai ricevere”
 
Nonostante fossero passati molti anni Savannah non aveva mai dimenticato Emma e in cuor suo sperava che prima o poi quella piccola ragazzina ribella si sarebbe fatta nuovamente viva nella sua vita.
 
  • Visto? Tutto bene quel che finisce bene! – le disse Killian vedendola finalmente sorridere.
  • Non… non mi ha mai dimenticata…
  • Nessuno potrebbe mai farlo fidati, sei la luce in una notte buia e tempestosa per tutti noi amore mio. Sei indispensabile, saremmo tutti persi senza di te.
  • Scemo…
  • Non stavo scherzando, che tu ci creda o no è così! Se non ti avessi conosciuta dove pensi che sarei adesso? molto probabilmente in qualche taverna a crogiolarmi nel rum…
  • E con qualche donnaccia….
  • Vero, invece grazie a te ho avuto la fortuna di conoscere il vero amore e non ho più bisogno di donnacce… le mie due uniche donne le ho sempre accanto a me, siete tu e hope.
  • Le uniche? Attento a come parli… al 50% forse qui dentro c’è un’altra signorina.
  • In quel caso sarei super felice di avere tre donne speciali al mio fianco. – la baciò per poi baciare il suo ventre ancora piatto. - Grazie per avermi reso l’uomo che sono ora love, grazie per avermi regalato una vita meravigliosa...  dei figli meravigliosi – la baciò ancora una volta.
  • E tu grazie per essere il mio salvatore! Ti amo Killian Jones…
  • Ti amo anche io Emma Swan.
- FINE -

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