Figli della Luna Nuova

di Red Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un pianeta azzurro ***
Capitolo 2: *** 2. I profughi di Yuba ***
Capitolo 3: *** 3. Le tre Sapienti ***
Capitolo 4: *** 4. La legge di Huim ***
Capitolo 5: *** 5. Tre giorni ***
Capitolo 6: *** 6. Il segno del sangue ***
Capitolo 7: *** 7. Storia di un ragazzo stupido ***
Capitolo 8: *** 8. Sulla pelle ***



Capitolo 1
*** 1. Un pianeta azzurro ***


Fuori dall’oblò il panorama sta cambiando. Il nero infinito dello spazio esterno è ora quasi completamente inghiottito dall’abbagliante verde-azzurro del pianeta verso il quale stanno scendendo.

Nantos-A, ricorda Annabel, in onore di un qualche sconosciuto dio antico di cui ignora l’origine. Distrattamente si chiede se esista anche un Nantos-B o C, o quello che è. Il monitor posto davanti al suo sedile le segnala che tra meno di due ore giungeranno alla piattaforma di atterraggio e, benché non sia una sorpresa, quell’informazione le genera uno strano senso di vuoto all’altezza dello stomaco. Tra meno di due ore inizierà la sua nuova vita e non è certa che quell’idea le piaccia.

Accasciato sul sedile alla destra del suo, Seth dorme tranquillo, apparentemente senza una preoccupazione al mondo. Annabel aggrotta le sopracciglia, mentre qualcosa - invidia o irritazione, non saprebbe dirlo con certezza - le stringe la gola. Il suo fidanzato è sempre così rilassato. Non che sia un male, ma a volte si chiede se quella rilassatezza non nasconda in realtà un certo grado di superficialità.

Annabel sta ancora fissando il giovane semisdraiato accanto a lei, quando una figura occupa il corridoio tra le due fila di sedili, attirando la sua attenzione. “Tè, signorina?” le chiede la hostess, un’incantevole giovane donna fasciata in un’uniforme rosso ciliegia e con i capelli ramati raccolti in uno chignon raffinato.

Annabel scuote appena il capo, consapevole del fatto che sul suo volto si sta disegnando un’espressione ostile. Non le piacciono le ragazze carine. È più forte di lei. 

La hostess contrae appena le labbra a cuore in un’espressione dispiaciuta. “Sicura?” insiste con un sorriso gentile. “Questo è l’ultimo giro che faccio, poi saremo troppo vicini all’atterraggio per potervi servire altro.“

Annabel sa che quella ragazza sta solo facendo il proprio lavoro, ma non riesce comunque a reprimere un moto di fastidio. “A posto così, grazie” mormora tra i denti, più che mai consapevole del suo accento dei bassi fondi, così orribilmente in contrasto con la dizione precisa della hostess.

La ragazza annuisce e passa oltre, spingendo davanti a sé il carrello carico di cibi e bevande e riuscendo comunque a mantenere quella sua aura di grazia ultraterrena. Annabel torna a guardare fuori dal finestrino, lasciando che la luminosità del pianeta sotto di lei le si imprima nella retina e acquieti un poco i suoi pensieri. Odia quella nave e odia quel viaggio che lei e Seth hanno iniziato da ormai tre settimane, un susseguirsi infinito di porti e stazioni, passando da una nave passeggeri a un’altra, separandosi man mano dai pochi amici che conosce da tutta una vita.

Sarah è stata la prima ad andarsene, diretta a una base scientifica alla quale il suo QI sopra alla media le permette di accedere. Michael è stato l’ultimo: andrà a lavorare in una fabbrica sul pianeta industriale QZ-3, un inferno di fumo e metallo che è però ricco di possibilità di arricchirsi in fretta, se uno sa dove guardare.

Anche lei e Seth sarebbero finiti lì, se non avessero annunciato in tutta fretta la loro volontà di sposarsi. Quando il terremoto aveva colpito Yuba, danneggiando l’enorme stabilimento chimico che sorgeva lungo il perimetro sud della città, l’intera area era stata evacuata. Quando gli agenti delle Forze Speciali erano venuti a bussare alla sua porta, avvolti nelle loro tute arancioni e nascosti dietro a dei caschi che celavano i loro lineamenti, Annabel si era sentita morire. Non aveva mai amato particolarmente Yuba, in verità, né aveva mai apprezzato il pianeta su cui sorgeva, un’immensa distesa di pianure, campi di soia e città che esistevano esclusivamente per garantire manodopera agli enormi stabilimenti industriali che fornivano materie prime all’intero sistema solare. Però era casa sua. Lì era nata da genitori ignoti, lì era stata cresciuta dalla Previdenza Sociale, lì aveva conosciuto Seth e si era innamorata di lui. 

Annabel non ha mai avuto la pretesa di conoscere o capire le logiche che sostengono le decisioni governative, ma quando si era trovata di fronte quegli uomini vestiti di arancione era stata ben consapevole di una cosa: la sua vita stava per cambiare.

Sulle prime aveva creduto che le avrebbero semplicemente chiesto di abbandonare la città, resa ormai inabitabile dai fumi tossici che l’avevano invasa, ma lo sguardo preoccupato che aveva letto negli occhi scuri di Seth le aveva fatto capire che le cose avrebbero potuto essere anche peggiori di quello che si era aspettata. Potrebbero anche chiederci di lasciare il pianeta, le aveva detto il giovane tra i denti, ed erano bastati un paio di giorni per confermare i timori di Seth.

Il problema era che Epona era un pianeta che poteva ospitare solo un numero limitato di abitanti e il fatto che Yuba, una delle sue città più popolose, fosse improvvisamente avvolta da fumi tossici significava che un gran numero di persone rischiava di riversarsi in metropoli già sovraffollate. 

Se ai pochi dirigenti e ai membri delle classi più agiate della società era stato permesso, in virtù della loro posizione, di stabilirsi in altri insediamenti su Epona, la quasi totalità degli operai era stata reindirizzata verso altri pianeti.

Per alcuni di loro il cambiamento era stato in meglio, ma per molti altri no: ad Annabel era bastato uno sguardo al volto di Seth per capire che QZ-3, il pianeta a cui erano stati destinati e di cui non aveva mai sentito parlare, non era meglio di Epona.

Passeremo la vita sommersi dal fumo delle ciminiere, le aveva confidato il ragazzo, guardando con aria rassegnata fuori dalla finestra dell’anonima camera d’albergo che era stata loro assegnata. Se avessimo un bambino, potremmo evitarlo, aveva aggiunto lanciandole uno sguardo in tralice e rispolverando quello che era stato un argomento di discussione per l’ultimo anno e mezzo. Non mandano i bambini in un posto come QZ-3.

Annabel aveva storto il naso. Aveva ventitré anni e nessuna voglia di diventare madre, e a poco servivano le sempre più frequenti frecciatine del suo ragazzo. 

Immerso nella luce giallognola delle lampade appese alla parete, Seth l’aveva guardata in silenzio per qualche istante e poi aveva aggiunto, quasi sovrappensiero: probabilmente potremmo evitarlo anche se fossimo sposati, in effetti.

Annabel aveva riflettuto in fretta e poi si era detta: perché no? Del resto vivevano sotto lo stesso tetto da tre anni e un matrimonio non era poi diverso da una convivenza.

Dici? Aveva chiesto con leggerezza. Quando Seth aveva annuito, lei aveva scrollato le spalle. E va bene, aveva detto. Allora sposiamoci.

E così avevano deciso e avevano comunicato la loro decisione all’ufficiale che gestiva il loro piccolo gruppo di profughi. 

Ancora una volta, l’intuizione di Seth si era rivelata corretta: la loro intenzione di formare una famiglia legalmente riconosciuta li aveva trasformati da due operai qualsiasi a soggetti giovani e sani adatti a colonizzare un territorio ancora poco abitato. Nantos-A, aveva decretato l’ufficiale, un mondo fertile, benché ricco di paludi, abitato solo dai discendenti di alcuni antichi coloni che erano atterrati lì alcuni secoli prima. Serviva del sangue nuovo e le giovani coppie erano le benvenute. Si sarebbero sposati una volta arrivati in quella che sarebbe stata la loro nuova casa, perché la cerimonia e la festa che l’avrebbe seguita li avrebbero resi benvoluti agli occhi degli abitanti del posto.

In un primo momento, Annabel aveva amato l’idea di vivere tra erba, alberi e acqua, ma via via che la nave su cui viaggiavano si avvicinava a Nantos-A, la ragazza aveva sentito montare in sé l’inquietudine.

Adesso che sono tanto vicini da riuscire a distinguere le foreste, i fiumi e le praterie che ricoprono la superficie del pianeta, le sue mani sono umide di un sudore nervoso. Nata e cresciuta nei bassifondi fuligginosi di Yuba, non ha la benché minima idea di come sopravvivere in un mondo così poco industrializzato; e Seth non ha certo più esperienza di lei. Avranno l’aiuto degli abitanti del villaggio nel quale si stabiliranno, ma Annabel non si fida degli estranei. Non ama i loro sguardi carichi di pietà o di disgusto, e ancor meno ama il modo in cui gli occhi di alcune persone scivolano via dal suo volto, quasi incapaci di sostenere la vista dell’enorme macchia violacea che da sempre le copre la metà sinistra del viso, estendendosi dalla fronte alla gola.

Il solo pensiero la spinge a fissare il proprio riflesso evanescente nel finestrino, pelle chiara - dove non è rosso-viola - occhi pallidi e sottili capelli biondi che restano appiccicati alla testa. Labbra fini, perennemente piegate in una curva severa. Lentiggini che si vedono solo a destra. La ragazza distoglie lo sguardo.

Due file più avanti, sul lato opposto del corridoio, una ragazza che deve avere più o meno la sua età si contorce sul sedile. Lei e il giovane che la accompagna sono tra i pochi passeggeri rimasti. La sua spessa treccia nera ondeggia a ogni suo movimento e ha un vago effetto ipnotico. Annabel si scopre a fissarla con troppa insistenza.

Sentendosi forse osservata, la giovane si volta e la fissa a sua volta. Sul suo volto dai lineamenti delicati si disegna l’ombra di un sorriso timido e nei suoi grandi occhi neri Annabel legge il tentativo di stabilire un primo contatto, di cercare quel qualcosa in comune che può unire due sconosciuti.

Annabel distoglie lo sguardo e torna a studiare la terra che, al di là del finestrino, si fa sempre più vicina.

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Capitolo 2
*** 2. I profughi di Yuba ***


Seth si è svegliato solo pochi minuti prima dell’atterraggio ed è ancora un po’ instabile sui piedi. Quando si affacciano alla scaletta che permetterà loro di scendere a terra, Annabel è tentata di afferrarlo per il retro della felpa per evitare che le sue gambe cedano e che lui ruzzoli indecorosamente fino allo spiazzo di terra battuta che li aspetta qualche metro più in basso.

Il giovane si aggrappa saldamente al corrimano e inizia la sua discesa. La ragazza tira un sospiro di sollievo e poi, in maniera inaspettata, incrocia lo sguardo della hostess dai capelli rossi. “Buona fortuna” le dice la donna con un sorriso, e Annabel deve impedirsi di rispondere con una smorfia irritata. Per qualche motivo, quell’augurio le pare di cattivo auspicio.

Appena mette piede a terra, Annabel viene investita da una folata di aria umida e carica di un odore che non conosce, dolce e penetrante. Accanto a lei, Seth sorride e le passa un braccio attorno alle spalle. “Senti”, le dice, “non c’è odore di smog! Questo posto già mi piace!”

Annabel annusa ancora l’aria e poi si concede un sorriso piccolo, ma che Seth sa come intercettare. “È vero” riconosce. Non è una brutta sensazione, quella di essere in grado di respirare dell’aria pulita, ma la ragazza ha imparato con l’esperienza che spesso la prima impressione non è quella più corretta. Le servono almeno un paio di giorni per stabilire se quel nuovo pianeta sia migliore o peggiore di Epona, per capire se quel villaggio che l’aspetta e di cui ancora non conosce il nome possa rivelarsi una casa migliore di Yuba.

Il rumore metallico della scaletta che inizia a ritirarsi nella pancia della nave attira la sua attenzione e Annabel si volta verso l’uomo in uniforme militare che sta scambiando un ultimo saluto con il pilota: si tratta del Maggiore Nelson, l’ufficiale che li ha accompagnati per l’ultima tratta. L’uomo fa scorrere gli occhi chiari sullo sparuto gruppetto di persone che gli sta davanti. Oltre ad Annabel e a Seth, ci sono la ragazza dalla treccia nera e il suo compagno e una famiglia composta da due genitori sulla trentina e tre bambini piccoli, due femmine e un maschio. C’è anche una donna sola, con brillanti occhi neri e lineamenti duri, da falco. Non per la prima volta, Annabel si chiede che cosa ci faccia lì: non è giovane, deve avere almeno sessant’anni, ed è vestita con abiti semplici. 

Prima che la ragazza possa porsi troppe domande, il Maggiore Nelson inizia a parlare. “Vi do il benvenuto su Nantos-A” dice, e malgrado le sue siano indubbiamente parole di rito, Annabel crede di scorgervi un calore e una sincerità che calmano un po’ l’inquietudine che le fa ribollire lo stomaco. “Come voi, anch’io sono nativo di Yuba. L’ho lasciata molti anni fa per viaggiare nello spazio e per servire la nostra Patria, ma il mio cuore è sempre rimasto lì. Yuba è casa. Non è perfetta, ha molti problemi, ma è casa, e ciò che le è successo fa soffrire me quanto fa soffrire voi. Il fatto di viaggiare così tanto mi ha però insegnato che la casa non è solo un luogo fisico, ma anche qualcosa che vive dentro di noi e che ci portiamo nel cuore.”

Accanto a lei, Seth annuisce appena e anche la ragazza con la treccia sembra convinta di ciò che dice il Maggiore. Annabel è più incerta: non sa se nel cuore ha Yuba o solo la paura di averla persa per sempre.

La città non è perduta” continua Nelson, quasi le avesse letto nel pensiero. “Ci vorranno anni e molto impegno, ma rinascerà. Io spero che rinasca migliore di prima, più sicura, più pulita, più luminosa. Lo spero davvero, anche se so che non tornerò mai più ad abitarvi. Lei, però, vivrà per sempre in me ed è questo ciò che vi auguro: che possiate portarla sempre nel cuore e che la sua presenza in voi vi dia la forza e la serenità per iniziare una nuova vita, come è stato per me. Ricordate ciò che in bene e in male vi ha insegnato e mettetelo in pratica qui per creare delle vite migliori di quelle che avete lasciato.”

Annabel si morde le labbra, divisa tra la disillusione e la speranza. Non ha mai apprezzato particolarmente i discorsi e quello del Maggiore la mette un po’ a disagio. Vorrebbe dire a qualcuno - almeno a Seth - che non è il caso di spendere tante parole per un ammasso di ferro e mattoni, che è praticamente impossibile che qualcuno che è cresciuto com’è cresciuta lei ami veramente Yuba. Una vocina nella sua testa le suggerisce però di stare zitta, perché un commento troppo spavaldo rischierebbe di mettere a nudo i suoi sentimenti e di far capire alle persone che la circondano quanto profonda sia in realtà la sua sofferenza. 

Quindi Annabel tace e annuisce quando annuiscono gli altri.

Nelson sorride. “Bene. Detto questo, alcuni dettagli.” L’uomo consulta rapidamente il palmare che tiene tra le mani e poi lo ripone nella tasca della giacca. “Il villaggio in cui abiterete si chiama Huim e conta al momento circa duecento abitanti, bambini compresi. La gente coltiva principalmente l’orzo, ma gli orti rendono bene ed è possibile farvi crescere un po’ di tutto, dalle carote, ai pomodori, alle patate. L’attività principale, però, è la pesca, che la gente pratica soprattutto utilizzando delle imbarcazioni allungate che chiamano frecce. Il pesce non manca mai.”

Annabel aggrotta la fronte. Lei non l’ha mai provato, il pesce, e non può che sperare che le piaccia. Non che sia schizzinosa, comunque.

La struttura sociale è… piuttosto particolare. Diversa da quella che conoscete voi, indubbiamente. Come scoprirete, la comunità è molto unita: in un certo senso, si potrebbe dire che non esiste l’individuo, ma che l’unità minima è il gruppo famigliare. L’unica eccezione è costituita dalle Sapienti del tempio, un gruppo di donne anziane che fungono da ago morale per l’intera comunità.”

Gli occhi di Annabel scorrono verso la donna che viaggia da sola, cercando di valutarne la reazione. Il suo volto rimane però impassibile, le rughe profonde come scolpite nella pietra, e la giovane torna a concentrarsi sul Maggiore: sono informazioni importanti, quelle. 

Per quanto riguarda il potere politico…” Nelson esita, e i suoi occhi incrociano quelli della giovane madre. “Signore, temo purtroppo che tutto l’universo sia paese: come su Epona, anche qui il potere politico è nelle mani degli uomini. In maniera esclusiva, direi, ma la cosa non deve preoccuparvi, dal momento che dubito che qualcuna di voi ambisse a diventare capo villaggio o qualcosa del genere.“

Annabel è percorsa da un tremito di irritazione. Di certo lei non ha né l’ambizione né la voglia di buttarsi in politica, ma che ne sa il Maggiore Nelson? Pensa forse che le sue umili origini la rendano una stupida?

Una mano calda e asciutta le avvolge il polso in una stretta rassicurante. Istintivamente la giovane alza lo sguardo e incrocia quello di Seth, che la sta osservando con un’espressione carica di affetto. Lascialo perdere, sembra dirle il suo sorriso gentile, e Annabel prova un improvviso moto di gratitudine nei suoi confronti. A volte si dimentica di quanto ami Seth, ma basta un solo gesto per ricordarglielo. Stringendogli a sua volta la mano, la ragazza sposta il peso verso il suo fidanzato, appoggiandosi al suo fianco alla ricerca di calore e di sicurezza. Il contatto la rasserena all’istante.

Nelson sta ancora parlando. “... ma ne parleremo più tardi, non voglio confondervi con troppe informazioni non fondamentali” dice, e Annabel si chiede se si sia persa qualcosa di importante. “In ogni caso”, continua il Maggiore, “sappiate che non siete soli: Epona non vi abbandona. Io non sarò qui con voi tutto il tempo, ma il Governo effettuerà delle verifiche periodiche per accertarsi del fatto che vada tutto bene. Abbiamo a cuore la salute dei nostri concittadini. Se dovessero emergere delle serie problematiche, verremo immediatamente a riprendervi.” 

E quel dettaglio, Annabel deve ammetterlo, è davvero confortante.

Ora”, continua il Maggiore, “un rapido accenno a ciò che vi aspetta. A livello abitativo, intendo.”

Così dicendo, l’uomo estrae nuovamente il palmare dalla tasca e Annabel ne approfitta per stringersi un po’ di più a Seth, mentre un brivido di eccitazione nervosa le scorre lungo la schiena. Nonostante tutto, non può negare di essere curiosa di scoprire dove andrà ad abitare: non può essere tanto peggio del monolocale in cui abitavano a Yuba, incastonato in un vecchio palazzo che conteneva centinaia di appartamenti identici al loro. A meno che non la costringano a vivere in una capanna, ovviamente.

Dunque” fa Nelson, distogliendo gli occhi dall’apparecchio elettronico e portandoli sulla sua piccola platea. “Noah e Holly Gower: a voi e ai vostri bambini verrà immediatamente assegnata un’abitazione nella zona centrale del villaggio, nell’area dedicata alle famiglie con dei figli piccoli. In questa comunità non esiste il concetto di educazione come lo intendiamo noi, nel senso che non si va a scuola: la maggior parte della gente non sa leggere né scrivere. Voi sarete naturalmente liberi di continuare a educare i bambini come meglio credete, ma ci si aspetterà che Conor impari presto a pescare, diventando apprendista su una freccia. Grace dovrà invece imparare a riconoscere le erbe commestibili e quelle con virtù medicinali. Lily, infine, è ancora piccola e la sua educazione non inizierà prima dei quattro anni. Hai ancora tempo per giocare, piccina” aggiunge, rivolgendo un sorriso alla bimbetta bruna che lo guarda con gli occhi sgranati.

Di tutto quel discorso, l’unica informazione che penetra nella mente di Annabel è che la gente del posto non sa leggere: per la prima volta nella sua vita si sente culturalmente superiore a qualcuno.

Kabir Emami e Kalika Sharma. E anche voi, Seth Rivera e Annabel Jensen. Voi vi sposerete presto, nel giro di una settimana al più tardi.” Il Maggiore si interrompe per un istante e incontra gli occhi dei quattro giovani, rivolgendo loro un sorriso incoraggiante. “Ne approfitto per farvi i miei migliori auguri. Fino al giorno delle nozze vivrete nella casa comune dedicata agli ospiti. Quando vi sarete sposati vi verranno subito assegnate delle case nella parte più esterna del villaggio. Quando e se avrete dei figli, infine, vi sposterete nella stessa zona in cui vivranno i signori Gower.”

Infine, l’attenzione del militare si sposta sulla donna con il volto da rapace. “Signora Becker… lei sa già tutto.” La donna annuisce e i suoi occhi neri - che forse non sono affatto neri, a guardarli bene, ma che sono intensi come carboni ardenti - si puntano in quelli del Maggiore.

Ad Annabel non piacciono gli estranei, ma quella donna la affascina. Così come, tutto ad un tratto, la affascina l’idea di una casetta tutta per lei, ai margini del bosco, da condividere con Seth. E non lontano dalla ragazza con la treccia nera, che la sta ancora guardando con uno sguardo di vaga speranza e che, a pensarci bene, ha quasi un’aria simpatica.

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Capitolo 3
*** 3. Le tre Sapienti ***


Forse è un’osservazione un po’ stupida, ma la prima cosa che la colpisce è che in quel mondo c’è così tanto verde. Il Maggiore Nelson li conduce verso il villaggio e i profughi di Yuba lo seguono camminando in fila indiana. Quasi senza rendersene conto, Annabel si ritrova a tallonare Holly Gower, ascoltando ciò che la donna dice ai tre bambini che la seguono come anatroccoli, la piccola Lily attaccata all’orlo del suo cappotto e i due più grandi subito dietro.

La giovane indica di volta in volta un fiore o una pianta e spiega ai suoi figli che sono cose che non vedranno durante tutto l’anno, perché quello su cui si trovano è un pianeta che ha le stagioni. Annabel trattiene un’esclamazione di meraviglia. Sa cosa sono le stagioni, naturalmente, perché lo ha studiato a scuola, ma non ha mai avuto modo di vedere con i suoi occhi gli effetti di un asse inclinato e di un’atmosfera non del tutto artificiale. Su Epona non esistono le stagioni.

Se fosse solo un po’ più estroversa, chiederebbe a Holly come fa a sapere tutte quelle cose sul clima e sulla natura di Nantos-A. La sua innata ritrosia la porta invece a ignorare la propria curiosità e a camminare in silenzio, limitandosi ad assorbire le informazioni che le giungono alle orecchie.

Dopo dieci minuti, il gruppetto giunge sulle rive di un grande fiume che scorre placido e lento attraverso la pianura. Tutt’intorno a esso crescono degli alberi sottili, dal tronco chiaro e dalle foglie minute che vibrano sospinte da una bava di vento, diffondendo nell’aria un frinire come di campanelli.

Quelle sono le freccedice d’un tratto Nelson, indicando con un dito delle imbarcazioni lunghe e basse, dalla forma aerodinamica che ricorda effettivamente una punta di freccia. Sono tutte costruite con lo stesso legno chiaro, ma Annabel nota che sui fianchi di ciascuna barca è dipinto un simbolo colorato: un doppio cerchio rosso, una stella verde, due linee blu.

Di nuovo, la ragazza sarebbe tentata di chiedere spiegazioni e, di nuovo, abbandona quel proposito. 

La mano di Seth scende ancora una volta a stringere la sua. “Ci guardano come se fossimo degli animali esotici” le sussurra in un orecchio, prima di indicare con il mento un punto alla loro sinistra.

Solo in quel momento la ragazza si accorge con un sussulto che, seminascosti da un gruppetto di alberi bassi, ci sono tre uomini che li stanno fissando. Vestono abiti scuri e stivali alti, e tra le mani tengono i lembi di un’ingombrante rete da pesca. Pescatori, dunque. Quello più a destra è il più anziano, con capelli grigi e la pelle bruciata dal sole, ma i due che lo accompagnano sono piuttosto giovani, tra i trenta e i quarant’anni, e seguono il loro procedere con l’ombra di un sorriso meravigliato. Uno dei due, un ragazzotto biondo con un cappellaccio calato sulla fronte, abbozza un saluto che Seth ricambia con un cenno del capo. Ad Annabel non sfugge il modo in cui Kabir si frappone tra la ragazza con la treccia e gli altri uomini.

La giovane alza gli occhi al cielo, irritata da quella manifestazione di possessività.

Man mano che si avvicinano al villaggio, il numero degli spettatori aumenta. Annabel vede uomini, donne e bambini con i capelli scarmigliati e si chiede perché la nave sia atterrata così lontana da Huim.

Camminano per altri venti minuti e infine giungono a un piccolo abitato fatto di case dalle dimensioni modeste, interamente costruite con lo stesso legno chiaro utilizzato per costruire le barche. La maggior parte delle case - ammesso che si possano definire così - ha un solo piano, ma ve ne sono alcune più alte, a due piani. Ci sono fiori ai balconi, colorati e tutti diversi, e fili per stendere i panni tesi tra un edificio e l’altro.

Il tracciato di terra battuta sul quale hanno camminato fino a quel momento sfuma in un viottolo di ghiaia grigia che scricchiola e scrocchia sotto i loro piedi. Camminando con il passo sicuro di chi sa cosa sta facendo, il Maggiore Nelson li conduce verso il cuore dell’abitato. Infine giungono a una sorta di recinto circolare: la palizzata di legno delimita quello che dev’essere il cuore del villaggio, uno spiazzo privo di ghiaia e coperto di lastre di granito lucente. Al centro esatto della piazza sorge un edificio circolare grande come quattro o cinque delle case presenti nel resto del villaggio. Quella che si staglia davanti a loro è anche l’unica costruzione a non essere interamente in legno: il piano inferiore è di solida pietra, fatto di massi regolari accatastati con cura uno sull’altro, e il tetto è d’ardesia scura.

Nelson posa una mano sul cancello che permette di accedere all’area recintata, ma, prima di aprirlo, si volta verso le persone che lo seguono. “Questa è la casa comune” annuncia. “Qui incontreremo alcune delle Sapienti e alcuni degli uomini che siedono nel Consiglio del villaggio. Poi potrete sistemarvi.”

Annabel si mordicchia nervosamente il labbro inferiore e d'istinto si avvicina al fianco di Seth. Avverte che di lì a poco incontrerà della gente che potrà in una certa misura decidere del suo futuro e la cosa non le piace nemmeno un po’.

L’interno dell’edificio è luminoso e profumato di legno aromatico. Le dodici finestre alte e sottili disposte lungo le pareti inondano la sala di luci e ombre e Annabel ha quasi l’impressione di trovarsi ancora fuori, in mezzo agli alberi. È abituata a osservare l’ambiente che la circonda per identificare le eventuali insidie che vi si possono nascondere e anche in questa occasione avverte l’impulso di studiare l’arredamento, ma la sua attenzione torna inevitabilmente alle tre donne che si stanno avvicinando al gruppo dei profughi.

Sono anziane, di un’età indefinibile, e camminano curve, avvolte in abiti che sfiorano loro le caviglie e in scialli decorati da una miriade di frammenti di specchio. La prima ha la pelle scura, sul volto segni di tatuaggi ormai sbiaditi, occhi scuri come il carbone e ispidi capelli color antracite portati corti. La seconda è una matrona mastodontica, più alta della compagna di più di una testa, le gambe gonfie di grasso e di liquidi che si intravedono al di sotto dell’abito leggero che indossa. La terza, infine, è una donnina delicata, dalla pelle sottile come cartapesta, pallidi occhi lattiginosi e una treccia di capelli bianchi che le scende fino alla vita.

È la prima delle tre a parlare. “Benvenuti” dice, e la sua voce raspa come carta vetrata. “Io sono Nisha, loro sono Mada e Shiera. Vi aiuteremo durante i vostri primi giorni qui.”

Le parole dovrebbero essere incoraggianti, ma il tono in cui le pronuncia è sbrigativo e Annabel nota che, sebbene si stia rivolgendo a tutti loro, gli occhi della donna sono fissi sulla signora Becker. Sembra quasi che la stia studiando; e la sua espressione non è amichevole.

La donna più minuta - Shiera, apparentemente - si avvicina al gruppo con piccoli passi da uccellino. Si ferma solo quando è a poche decine di centimetri da Noah Gower, che si trova all’estrema sinistra della fila, e ne osserva minuziosamente il volto. Un passo di lato e la donna fa lo stesso con Holly. Poi sfiora i capelli rossi di Conor, il naso a patata di Grace. Allunga una mano verso i codini bruni di Lily, ma la piccola si scosta e corre a nascondersi dietro le gambe della madre. 

Shiera osserva Kabir, Kalika - e le tocca il vitino da vespa - e infine giunge ad Annabel. Le dita della vecchia, adunche come artigli, indugiano sui suoi capelli biondi e opachi, ma la ragazza sa che, in realtà, sta osservando la macchia che le deturpa il volto. Forse è solo una sua impressione, ma le sembra che la donna si soffermi sul suo aspetto più di quanto non abbia fatto con gli altri e il sentore dolciastro del suo fiato le si infila nelle narici.

L’esame sembra protrarsi all’infinito, ma alla fine Shiera non dice una parola e passa a osservare Seth. Pochi istanti e poi torna dalle altre vegliarde, ignorando completamente la signora Becker. 

Annabel si aspetta che qualcuno parli, ma le tre donne restano in silenzio e anche Nelson rimane assolutamente immobile, come in attesa di qualcosa. Passano parecchi istanti - minuti? - prima che la porta d’ingresso si apra, lasciando entrare due uomini.

Sono alti, entrambi di mezza età: uno è più scuro dell’altro, hai dei lineamenti più eleganti, ma i capelli pettinati alla stessa maniera e gli abiti di foggia simile li rendono piuttosto somiglianti l’uno all’altro.

Romed ed Elko” dice Nisha, a favore dei profughi. “Membri superiori del Consiglio.”

I due passano rapidamente in rassegna il gruppetto di estranei, ma è un’occhiata sbrigativa, come se non fossero veramente interessati a conoscere quelle persone che risiederanno nel loro piccolo villaggio. Ad Annabel la cosa sembra strana, oltre che scortese.

Maggiore Nelson?” Fa a mo’ di saluto l’uomo con gli occhi chiari; e il militare annuisce.

Sono io” conferma.

Gli uomini ci seguano nell’altra sala” dice l’altro uomo, quello dai colori più scuri. “Venga anche lei, Maggiore: abbiamo alcune cose di cui discutere.” Non dice cosa devono fare le donne e Annabel incontra gli occhi di Seth. Non è il tipo di donna che cerca costantemente il supporto del proprio compagno, ma in quel frangente si sente spaesata e pensa che forse l’eterna tranquillità del ragazzo può aiutarla a tenere a bada la tensione.

Un po’ funziona, perché sul viso del giovane c’è solo una blanda curiosità. Non sembra turbato e Annabel pensa che, forse, non c’è davvero motivo di allarmarsi. Quei due tizi vogliono parlare con gli uomini. Bene. Nulla di strano. L’aveva già capito, che sta per entrare a far parte di una società maschilista.

Tu con i bambini vieni con noi” dice Mada, e anche la sua voce è grassa, cavernosa. “Ti mostreremo la tua nuova casa e ti daremo alcune dritte che ti saranno utili. Tuo marito ti raggiungerà tra poco.” 

I Gower si scambiano un’occhiata, poi Holly prende per mano Lily e fa cenno a Grace e Conor di seguirla mentre si avvicina alle tre vegliarde.

Vedendosi abbandonata, Annabel fa guizzare gli occhi attorno a sé alla ricerca di qualcosa che le suggerisca cosa fare, ma Kalika è più veloce. “E noi?” chiede con una vocina sottile.

È Nisha a rispondere. “Voi potete andare di sopra. Troverete una stanza con la porta aperta: potete aspettarci lì.”

È la signora Becker a muoversi per prima e Annabel e Kalika la seguono in silenzio dopo aver rivolto un ultimo sguardo ai loro fidanzati. Le scale che percorrono sono strette e interamente di legno, i gradini scricchiolano sotto ai loro piedi e ogni passo risuona rumorosamente.

In cima alle scale c’è una porta aperta, come ha detto la vecchia Nisha, ed è una sorta di salotto. C’è un tavolo rotondo ricoperto da una tovaglia di pizzo e circondato da pesanti sedie di legno, e dei mobili bassi sono addossati alle pareti. Annabel adocchia la credenza con le ante di vetro che custodiscono dei bicchieri e si chiede che tipo di bevanda venga servita in essi.

Kalika si torce le mani e poi, quasi fosse imbarazzata dal fatto di starsene in piedi senza fare nulla, scosta una delle sedie e vi si siede, prendendo subito a giocherellare con l’orlo della tovaglia.

Annabel non ha voglia di sedersi e per questo raggiunge una delle due finestre che danno sull’esterno. Riesce a vedere il fiume, da lì, e la striscia di terra coltivata che si estende lungo la riva più remota, e i boschi al di là di essa. Sullo sfondo, delle montagne dolci e regolari - sono più colline, in effetti, che veri e propri monti.

Quando avverte una presenza alle proprie spalle, la ragazza ruota su se stessa, voltandosi quel tanto che basta per incontrare lo sguardo della signora Becker. Aveva ragione: i suoi occhi sono grigi, non neri come le erano sembrati in un primo momento, e alla luce della finestra i suoi lineamenti sembrano più delicati, meno da uccello rapace.

Io sono Elsa” le dice, come se l’informazione potesse essere di una qualche importanza per Annabel.

La giovane annuisce. “Hm-hm.”

Sta per girarsi nuovamente verso la finestra, ma la mano della signora Becker le afferra il mento in una presa sorprendentemente decisa. Ha le dita fredde e lisce come la pelle dei pesci. La donna la costringe a voltare il capo verso destra e Annabel sente i suoi occhi sulla macchia che le copre la parte sinistra del volto.

Cos’hai fatto in faccia?” le chiede, come se le stesse chiedendo come si è fatta un taglio su un dito o una sbucciatura sul ginocchio.

Annabel retrocede di un passo, bruscamente, e si libera dalla presa di Elsa. “È un angioma” ringhia, chiedendosi perché si stia degnando di risponderle. “Ce l’ho da sempre. Dalla nascita.”

Il volto della donna si contrae in un’espressione pensosa. “Hm” mormora a sua volta, e Annabel non sa come interpretarlo, quel suono.

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Capitolo 4
*** 4. La legge di Huim ***


Quando Seth e Kabir fanno il loro ingresso nella sala accompagnati da Nisha, Annabel tira un sospiro di sollievo. Dopo il confronto con Elsa l’attesa è stata carica di una tensione strana e la ragazza è ben lieta di avere un diversivo che le permetta di non pensare troppo a cosa volesse dire la Becker con quel suo hm.

Anche Kalika sembra sollevata e balza subito in piedi, raggiungendo a grandi passi il suo fidanzato. Annabel la imita, sebbene più lentamente, e si porta al fianco di Seth. Nisha le osserva e, ancora una volta, la giovane ha l’impressione che gli occhi della donna si soffermino su di lei, sul suo volto. Sto diventando paranoica? Si chiede quando vede che Seth sorride placido e senza dar cenno di preoccupazione.

Nisha sposta poi lo sguardo su Kabir. “Avete le chiavi, lascio che siate voi ad accompagnare le vostre fidanzate nelle vostre camere” gli dice, prima di fare un cenno a Elsa. “Signora Becker, se vuoi seguirmi…”

Annabel solleva appena un sopracciglio nel notare che la donna non si rivolge a Elsa con il lei di cortesia e poi segue Seth, che le sta già porgendo la mano. Quando lasciano la sala comune, il giovane si china sul suo orecchio. “Non so come sia questa stanza che ci hanno assegnato”, mormora con un sorriso, “ma di certo non può essere peggiore dell’ultima in cui siamo stati quando eravamo su Epona, no?”

Spero che sia migliore anche delle cabine delle navi che ci hanno portato qui” concorda lei con un cenno del capo. “Non ne posso più di pareti di metallo: le odio.”

Quando raggiungono la loro camera, che è prevedibilmente accanto a quella dell’altra coppia, Annabel si permette di rilassarsi un po’, lasciando che la tensione le scivoli via dalle spalle: non si era nemmeno accorta di aver irrigidito a tal punto i muscoli delle spalle. Il locale che si apre davanti ai suoi occhi non è nulla di eccezionale, ma se non altro è uno spazio che, almeno per l’immediato futuro, appartiene a loro due e a nessun altro. Annabel nota con un sorriso che è anche piuttosto accogliente, con le sue pareti e i mobili di legno profumato, il letto con il copriletto verde chiaro e il tappeto color nocciola, dall’aspetto morbido.

Che te ne pare?” le chiede Seth, guardando con aria soddisfatta la stanza.

La ragazza si stringe nelle spalle. “Non è malaccio. C’è il bagno?” Un dubbio terribile l’assale all’improvviso. “Oddio”, ansima, “dimmi che c’è il bagno. Non saremo mica finiti su uno di quei pianeti che non hanno l’acqua corrente, dove non esistono le tubature e dove la gente non ha mai sentito parlare di servizi igienici, vero?”

Per un istante sul volto del ragazzo si disegna un’espressione smarrita e le sue gote perdono un po’ del loro colore naturale. Seth si precipita verso una porta sul lato destro della stanza, la spalanca e poi esala un sospiro di sollievo. “Siamo salvi” la informa, con gli occhi scuri che brillano. “C’è tutto quello che serve.”

Annabel lo raggiunge e guarda con gratitudine il WC dall’aspetto familiare, il lavandino e la doccia piccola, ma apparentemente funzionale. “Meno male” sorride.

Seth allunga un braccio e glielo fa passare attorno alla vita, attirandola a sé. “Allora” le dice, chinandosi verso il suo volto. “Tre giorni e saremo sposati.”

Annabel indietreggia di un passo, stupita. “Tre giorni?” ripete. “Te l’hanno i due tizi con cui hai parlato?”

Il giovane annuisce. “A quanto pare sono tutti in subbuglio per il fatto che siamo arrivati qui. Romed ed Elko cercavano di mostrarsi indifferenti, ma in realtà era evidente che fossero ben felici del fatto che stiamo portando da queste parti un po' di sangue nuovo. Pare che abbiano bisogno di un po' di tempo per organizzare i dettagli della cerimonia e per questo dobbiamo aspettare tre giorni: anche loro hanno comunque fretta di vederci sposati e sistemati nelle nostre nuove case.”

Seth storce le labbra in una smorfia di insoddisfazione e Annabel abbassa per un attimo lo sguardo a terra. È evidente che il ragazzo pensava di potersi sposare prima e che non gradisce il fatto di dover aspettare qualche giorno più del previsto. Lei, invece, si era per qualche motivo prefigurata un’attesa molto più lunga. Ora che sa che tra tre giorni sarà la moglie di Seth, si sente invasa da una strana agitazione. Non sono pronta per sposarmi, pensa con una punta di panico. Non sono pronta per cambiare tutto!

Ma sono timori sensati, quelli? Ha appena lasciato il pianeta sul quale è nata e cresciuta in favore di un mondo alieno, completamente diverso da quello a cui era abituata. La sua vita può essere davvero sconvolta più di quanto non lo sia già stata? Lei e Seth vivono insieme ormai da anni: che differenza può fare essere marito e moglie anziché semplici compagni?

Con un sospiro, Annabel si costringe a sorridere, mentre i suoi dubbi si fanno un po’ meno pressanti. “Spero solo che la cerimonia sia in forma privata” dice, circondando con le braccia il collo del giovane. “La folla mi irrita e non mi piace essere al centro dell’attenzione.”

Ma dai?” sghignazza Seth. “Non l’avrei mai detto!”

Annabel sbuffa e scioglie l’abbraccio, colpendo senza troppa convinzione il compagno al centro del petto. Poi fa per allontanarsi, ma lui l’agguanta ancora per la vita e si preme contro la sua schiena, chinandosi per mordicchiarle giocosamente il collo. Non è un gigante, Seth, ma Annabel arriva appena al metro e sessanta e lui deve piegarsi un po' ogni volta che desidera baciarla. “Dove vai?” le dice. “Non ti ho ancora raccontato quello che mi hanno detto Romed ed Elko.”

Annabel indugia e reclina inconsciamente la testa di lato, permettendo alla bocca di Seth di percorrerle la pelle delicata della gola. “Ti hanno detto qualcosa di utile?” chiede dopo qualche secondo, schiarendosi la voce nella speranza che non suoni troppo roca. È sempre stato il suo punto debole, il collo.

Hm-hm” sospira Seth, distratto. Le sue mani salgono a stringerle i seni, ma dopo qualche istante la giovane si divincola.

Non qui!” sibila, voltandosi per fronteggiarlo.

Per nulla ferito dal suo rifiuto, il ragazzo inarca comicamente le sopracciglia scure. “Non qui?” ripete.

Annabel sbuffa. “Non adesso, intendo. Non di pomeriggio!”

Ok” concede Seth. “Per un attimo ho pensato che volessi arrivare pura al matrimonio, o qualcosa del genere.”

Lei gli rivolge un’occhiata piatta. “Per quello è un po’ tardi, non credi?”

Lui risponde con un gran sorriso che lo fa sembrare ancora un ragazzino, nonostante i suoi ventisei anni. “Lieto di sentirtelo dire!” ridacchia, prendendole il volto tra le mani e posandole un bacio sulla fronte.

Davanti a quel gesto affettuoso, Annabel si sente percorsa da un’ondata di tenerezza nei confronti del fidanzato. Aggrappandosi alle sue spalle, si alza sulle punte dei piedi e posa le labbra sulle sue, lasciandovi un bacio leggero. 

Allora?” gli dice, quando torna con entrambi i piedi a terra. “Che cosa ti hanno detto quei tizi?”

Seth si lascia cadere sul letto e molleggia un paio di volte. “Mi hanno spiegato un po’ come funzionano le cose da queste parti.” 

Annabel lo conosce bene ed è perfettamente in grado di capire quando è a disagio. L’espressione che si dipinge sul suo volto dai tratti regolari - non eleganti, ma così sinceri - è un chiaro segnale che c’è qualcosa che lo turba. “E…?” lo incoraggia allora, sedendoglisi accanto.

Seth storce la bocca e poi la guarda negli occhi chiari. “Be’, è inutile girarci attorno: queste persone ci hanno accolti nel loro villaggio perché sperano che nel giro di qualche anno sforniamo almeno un paio di bambini. A quanto pare il tutto qui gira attorno al concetto di famiglia e i bambini... non sono un optional, ecco.”

Ah.” Per qualche istante, Annabel è senza parole. Se deve essere del tutto sincera con se stessa, non può dire che la cosa la stupisca: è abbastanza logico che, in un mondo come quello, le coppie sposate abbiano dei figli. Il Maggiore Nelson gliel’aveva anche fatto capire tra le righe, in effetti. Ma il fatto che sia scontata non rende la prospettiva più piacevole: lei non vuole fare la mamma. Non ne aveva voglia su Epona; e non ne ha voglia nemmeno su questo nuovo pianeta.

Ma qual è l’alternativa? Si chiede, ben consapevole che non ne esiste alcuna. Se non altro, però, ha un po’ di tempo per abituarsi all’idea.

Ho capito” dice dopo qualche secondo, cercando di aggirare lo strano nodo che sembra essersi formato nella sua gola. “Però l’iniezione.. voglio dire, la mia iniezione contraccettiva scade tra un anno. Non mi sono fatta iniettare l’antidoto, prima di venire via da Yuba. Non pensavo… sarà un problema? Credi che faremmo meglio a procurarcelo?”

Seth scuote il capo. “No, no” la rassicura. “È vero che ci hanno detto che prima abbiamo un figlio e meglio è, ma ci hanno anche fatto capire che non c’è tutta questa fretta. Cioè: se tra qualche mese tu fossi incinta sarebbero tutti felici, ma se invece dovessimo aspettare un paio di anni prima di averne uno, non sarebbe comunque un problema. Non tutte le coppie riescono ad avere un figlio seduta stante.”

Annabel si studia le mani per qualche secondo. “Un paio di anni” ripete pensierosa. Magari in un paio di anni sarebbe successo qualcosa che le avrebbe fatto cambiare idea sul il fatto di avere un bambino. Magari non sarebbero stati necessari un paio di anni: magari un anno sarebbe stato sufficiente. “Va bene, allora. Posso… posso abituarmi all’idea.”

Oh, tesoro”, sospira Seth, guardandola con tenerezza, “non voglio che tu ti abitui all’idea: voglio che tu sia felice di avere un bimbo, che tu lo veda come una cosa bella, non come un obbligo.”

Lei gli posa la testa su una spalla. “Con il tempo” mormora. “Lo sai come la penso, ma sono sicura che con il tempo si risolverà tutto. In fondo, rispetto a Yuba, questo mi sembra un posto migliore per crescere un bambino.” Ora che non se la sente più incombere sopra la testa, la prospettiva le sembra più tollerabile. Magari un giorno riuscirò anche a farmela piacere, pensa speranzosa. 

Seth le passa un braccio attorno alle spalle e se la stringe al fianco. “Non dobbiamo pensarci adesso, comunque. Ci tenevo a dirtelo, ma abbiamo tempo.”

La giovane annuisce. “Quindi non mi cacceranno via a causa della mia incapacità di procreare, eh?” chiede, tentando di assumere un tono scherzoso.

Il ragazzo scuote il capo. “Ma certo che no! Anzi, Elko mi ha spiegato che le coppie anziane che non sono riuscite ad avere figli vengono comunque supportate dalla comunità, quindi suppongo che se non hai bambini ti guardano male e ti compatiscono, ma non ti cacciano via.”

Annabel annuisce. “La cosa è confortante. E… ti hanno per caso fatto cenno a quali sono invece le cose che potrebbero portarli a cacciarci via dal villaggio?”

Seth si scosta leggermente da lei. “Perché me lo chiedi? Hai in mente di darti alla fuga?”

Ma no!” sbotta lei. “Vorrei solo evitare di fare qualcosa di sbagliato. Non so praticamente niente di questo posto, come faccio a essere certa che non ci sia qualche strana legge assurda e assurdamente importante?”

Il giovane scrolla le spalle. “Va bene, hai ragione. Nemmeno io ne so molto, ma, stando a quanto mi hanno detto, le cose che non si possono fare sono le solite: rubare, ammazzare, far partire una rivoluzione e roba del genere… dovrebbe essere abbastanza intuitivo, credo. Ah, e divorziare, a quanto pare.”

Divorziare?” ripete Annabel stupita, cercando di capire come la rottura di un matrimonio possa essere messa sullo stesso piano dell'uccisione di un essere umano.

Seth annuisce. “Già. Cioè, per essere precisi, non è che il divorzio sia proprio proibito: è previsto, ma solo in alcuni casi limite.” Il ragazzo sorride e stringe un po' di più Annabel. “Ne consegue che non ti libererai di me tanto facilmente.”

Annabel leva gli occhi al cielo. “E quali sarebbero questi casi limite?”

Seth si scosta da lei e incrocia le gambe; una postura che è solito assumere quando deve concentrarsi. “La faccenda è complicata, ma fortunatamente Kabir sembrava per qualche motivo interessato all'argomento. Vado a memoria: se vuoi più dettagli, ti conviene chiedere a lui.” Annabel annuisce e il giovane prosegue nella sua spiegazione. “Dunque: innanzitutto la violenza” fa, spiegando l’indice come per contare. “Se un uomo picchia la moglie, la moglie può chiedere il divorzio. Suppongo che sia valido anche il contrario, chiaramente. La violenza dev’essere però dimostrata: da quanto ho capito, le tre megere che abbiamo incontrato prima esamineranno il coniuge maltrattato e stabiliranno se ci sono state delle violenze o meno.”

Annabel sbuffa. “Quindi se uno non ti picchia, ma ti tratta come la sua schiava non si divorzia, giusto?”

Il ragazzo storce la bocca. “Io non ho nessuna intenzione di trattarti come la mia schiava” mormora, e per una volta nella sua voce c’è una nota di incertezza che la fa immediatamente sentire in colpa.

Non mi riferivo certo alla nostra situazione! E magari, poi, sono io che ho intenzione di schiavizzare teribatte, cercando di sdrammatizzare.

Il turbamento del giovane svanisce come neve al sole. “Ma io sono già il tuo servo, tesoro mio” tuba con un sorriso decisamente esagerato.

Annabel gli stringe il naso tra indice e pollice. “Sì, come no.”

Comunque”, riprende Seth, liberandosi dalla sua presa, “un altro buon motivo per divorziare è la mancanza di compatibilità tra i due partner.”

Cioè?”

Seth sogghigna. “Compatibilità sessuale: se una o uno rifiuta di dormire con te o se fa veramente schifo a letto, nel senso che non è in grado di concludere, allora puoi chiedere che ti venga assegnato un nuovo marito o una nuova moglie.”

Quelle parole catturano subito l’attenzione di Annabel. “In che senso assegnato?”

Ah, giusto: la maggior parte dei matrimoni sono combinati, qui” spiega Seth.

Che posto di merda” sbotta lei, senza riuscire a trattenersi.

Lui si stringe nelle spalle. “Già. Per fortuna la cosa non ci riguarda. Come stavo dicendo, comunque, la cosa che secondo me è assurda è che non si fidano sulla parola: se dici che tua moglie non te la dà, per esempio, devi dimostrarlo.”

Annabel deglutisce. “In… in che senso?”

Il ragazzo sorride come se la cosa lo divertisse un mondo, ma la giovane scorge una nota di amarezza nella sua espressione. “Nel senso che le solite tre vegliarde, più le loro consorelle, ti convocano in una stanzetta e ti chiedono di fare sesso davanti a loro: se uno dei due si rifiuta, allora la richiesta di divorzio è valida.”

Oddio, che schifo” sibila la ragazza. “E se uno fosse a disagio? Se non ci riuscisse perché ci sono un mucchio di vecchiacce che lo guardano?”

Non per niente ci vogliono tre mancate performance prima che la corte deliberi, per così dire.”

Questi sono matti” borbotta Annabel, che inizia a preoccuparsi dei costumi della società di cui sta per entrare a far parte.

Assolutamente” concorda Seth. “E lo dimostra il fatto che il tradimento invece non è un buon motivo per divorziare: o meglio, lo è, ma deve protrarsi per ben dieci anni.”

Immagino che un marmocchio sia sempre un marmocchio, e chi se ne frega se è legittimo o meno” osserva la ragazza a denti stretti.

Suppongo di sì.”

Annabel si sente stranamente spossata, anche se tutte quelle strane regole che sul divorzio non riguardano lei e Seth. Non perché abbia qualche strana illusione sull’amore eterno, ma perché si conosce e sa che, prima di incontrare il suo fidanzato, non si era mai invaghita - né tanto meno innamorata - di nessuno. Era arrivata a diciannove anni senza aver mai vissuto una singola relazione romantica o sessuale. Sa bene che le possibilità di incontrare qualcun altro che la faccia innamorare sono pressoché nulle. Anche perché lei ama Seth, sebbene talvolta non sia bravissima a dimostrarlo. In certe occasioni è fredda e scostante, e ne è consapevole: fortunatamente lo sa anche Seth e l’accetta così com’è.

C’è altro?” chiede, reclinandosi sul letto.

Il giovane scuote la testa. “No. Be’, ovviamente puoi chiedere il divorzio se scopri che tuo marito è un assassino o se ti accorgi che tua moglie è una cleptomane. In quel caso, il coniuge colpevole viene allontanato dalla società.”

Annabel aggrotta la fronte. “È questa la punizione per i criminali?”

Seth annuisce. “A quanto pare sì. Cioè, non so se esistano anche altre punizioni, Elko e Romed non me l’hanno detto. Però pare che il massimo disonore da queste parti sia essere allontanato dalla società ed essere praticamente… cancellato dalla storia e dalla memoria collettiva.”

Come si chiamava quella cosa che facevano i romani?” chiede Annabel, cercando di ripescare dai confusi ricordi dei giorni passati sui banchi di scuola un aneddoto circa i costumi di un popolo vissuto millenni prima in un pianeta lontanissimo, culla dell’umanità.

Damnatio Memoriaeproclama deciso Seth, che è sempre stato bravo a scuola, sebbene la sua estrazione sociale non gli abbia permesso di andare oltre gli studi obbligatori.

Esatto, quella cosa lì” annuisce la ragazza.

In effetti qualche somiglianza c’è” commenta il giovane con un piccolo cenno del capo.

Annabel si lascia cadere del tutto sul materasso e chiude gli occhi, sentendosi sopraffatta dalla stanchezza del viaggio. La conversazione non le sembra più così importante, adesso. La mano di Seth le si posa delicata sullo stomaco. “Vuoi riposare un po’?” le chiede lui, sfiorandole con due dita la stoffa leggera della maglietta.

Senza aprire gli occhi, la ragazza annuisce. “Magari un pochino” sussurra. Del resto, non è che in quel posto ci sia molto altro da fare.

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Capitolo 5
*** 5. Tre giorni ***


I tre giorni che li separano dalla data del matrimonio sono frenetici. Appena arrivata a Huim la ragazza aveva temuto che le ore sarebbero scorse lente, quasi interminabili nell’attesa che il giorno delle nozze arrivasse, permettendo a lei e a Seth di iniziare una nuova vita lontano dalla casa comune.

La realtà si rivela ben diversa. La mattina del primo giorno, Nisha viene a bussare di buon’ora, chiamandola a gran voce. Quando Annabel rotola giù dal letto e apre la porta, quasi si scontra con la donna, che l’attende con il pugno alzato, in procinto di bussare di nuovo, e l’aria combattiva. Alle sue spalle Kalika si sta strofinando gli occhi, i capelli neri raccolti in una treccia approssimativa e un’espressione decisamente assonnata. 

Forza!” sbotta Nisha, senza nemmeno prendersi il disturbo di salutarla. “Basta dormire, che dobbiamo iniziare con i preparativi per il matrimonio!”

Annabel boccheggia, indecisa se mandarla al diavolo o se ubbidire come un bambino che riceve un ordine dalla maestra. Basta uno sguardo degli occhi infuocati della vecchietta per farla però desistere da ogni intento bellicoso, e Annabel incontra sconsolata lo sguardo di Kalika, che scuote appena il capo.

Non è il caso di protestare, dunque. La giovane azzarda soltanto un’occhiata in direzione di Seth, che la sta osservando con aria confusa da sotto le coperte. “Il mio fidanzato…”

Nisha la zittisce con un cenno imperioso della mano. “Ai giovanotti ci penserà Mada. Voi due venite con me.”

Pettinandosi come può i capelli con le dita, Annabel segue la donna al piano inferiore, con Kalika che le sta silenziosamente alle calcagna. Mentre scendono le scale di legno registra distrattamente che la giovane mora si muove senza fare il minimo rumore, quasi i suoi piedi non si posassero sui gradini di legno, ma li sfiorassero appena. 

Nisha le guida attraverso la stanza nella quale si sono radunati il giorno prima e le conduce in un locale piccolo, quasi interamente occupato da un tavolino quadrato. “Sedute” ordina loro, indicando con un dito gli sgabelli posti attorno a esso.

Le due ragazze obbediscono e la donna le lascia sole, uscendo con passi frettolosi dalla stanza. Appena la porta si richiude alle sue spalle, Kalika si sporge verso l’altra giovane. “Secondo te cos’è questa storia?” le chiede in un sussurro. È la prima volta che le rivolge la parola e Annabel nota che ha una voce sottile e un accento che ammorbidisce le consonanti.

Ad Annabel non piace parlare con gli estranei, quindi si limita a scrollare le spalle e a mormorare un non so volto a scoraggiare ogni altro approccio. Non che Kalika le sia antipatica: è solo che preferisce starsene sulle sue e non perdersi in discorsi inutili che non servono a nulla se non a far passare un po’ il tempo. Nisha tornerà presto e loro scopriranno perché sono state portate in quella stanzetta. A che serve fare congetture?

E, in effetti, la vecchietta ritorna una manciata di minuti più tardi, reggendo tra le mani un vassoio di legno su cui sono posate due tazze piene di un liquido denso e ambrato, due fette di torta e alcune zollette di zucchero. “La colazione” annuncia posando il vassoio sul tavolo.

Annabel prende una delle due tazze e se la porta al naso, annusandone il contenuto. “Cos’è?” chiede, rivolta a Nisha.

Latte con estratto di cicoria” replica la vecchia, e la ragazza posa immediatamente la tazza sul tavolo, trattenendo a stento una smorfia di disgusto.

Nisha nota però il suo gesto e spinge nuovamente la tazza verso di lei. “Bevi!” le ordina. “Qui non si spreca il cibo.”

Annabel la fulmina con lo sguardo. Non è abituata a sprecare il cibo, lei: sa che è prezioso, sa che anche il più misero filone di pane ha un costo e sa che il denaro è difficile da guadagnare. A Yuba, un’ora in fabbrica le fruttava quindici denari, un filone di pane abbastanza grande per sfamare lei e Seth per un paio di giorni ne costava otto: più di mezz’ora passata ad avvitare viti talmente piccole che a fine giornata gli occhi le bruciavano. Questo non significa però che sia disposta a mangiare qualsiasi cosa le venga messa sotto il naso.

Sta per replicare quando Kalika lascia cadere una zolletta di zucchero nell’altra tazza e poi ne sorseggia prudentemente il contenuto. “Non è male” dice poi, cercando i suoi occhi.

Annabel esala lentamente dal naso, poi prende tre zollette di zucchero - le piacciono i dolci - e le fa scivolare nel latte, sollevando dei piccoli schizzi di liquido ambrato. Malgrado l’idea di bere quella roba le dia il voltastomaco, riconosce che è troppo presto per intraprendere una battaglia sulle piccolezze.

Tutto sommato, la bevanda è meno terribile di quanto si aspettasse. Dolce - ma è colpa dello zucchero - e con un retrogusto amaro che ricorda vagamente quello del caffè. Ha bevuto di peggio.

Mentre le due ragazze sbocconcellano la torta che è stata loro offerta, Nisha spiega quale siano i preparativi per il matrimonio su cui si devono concentrare: è tradizione che durante la cerimonia nuziale gli sposi si scambino dei piccoli gioielli fatti a mano. Un ciondolo, un bracciale, degli orecchini.

La vecchia porta loro tutto il necessario - corda, spago, perline e ganci metallici - e le due giovani si mettono al lavoro. Kalika si affanna per creare un ciondolo appena dignitoso, ma Annabel trova che l’impegno non sia gravoso. Ha una buona manualità e il compito la diverte. Con dita abili, la ragazza assembla un braccialetto di cuoio e perline rosso corallo. Forse è una cosa sentimentale, ma il colore le ricorda i boccioli di giglio che Seth le ha regalato il giorno del loro primo appuntamento e le sembra giusto restituirgli il dono il giorno del loro matrimonio.

Annabel non si ferma spesso a riflettere sui sentimenti, ma le sembra che ci sia una strana poesia in quel gesto e quella notte permette a Seth di fare l’amore con lei, anche se la stanza di Kabir e Kalika è separata dalla loro da una parete sottile e lei non può fare a meno di pensare che, se non stanno attenti, gli altri due ragazzi potrebbero sentirli. Ma non è importante, alla fine dei conti: lei vuole bene al suo fidanzato e non ha ragione di vergognarsi di nessun aspetto dell’amore che li lega.

Il secondo giorno le due giovani lo passano in compagnia di Shiera. I suoi modi sono più delicati di quelli di Nisha, la sua voce è più sottile e meno rauca, eppure ad Annabel quella donna non piace. 

Si scopre a guardarla con sospetto, incapace di concentrarsi su ciò che la vecchietta sta cercando di insegnarle. Poiché in quel posto si vive di pesce e Annabel non sa come si faccia a pulire una trota o a cucinare un’anguilla, Shiera le mostra come incidere il ventre del pesce utilizzando un grosso paio di forbici dalla punta acuminata. La ragazza è però distratta: ha notato che i sorrisi incoraggianti che la vecchia le rivolge non raggiungono mai i suoi occhi, e la cosa la turba. La punta della forbice sfugge al suo controllo e Annabel si punge un dito: una ferita piccola, ma profonda, dalla quale zampilla un fiotto di sangue scarlatto. La giovane lo guarda scivolare sul ventre pallido e immobile del pesce, allargandosi su di esso fino a scivolare all’interno dello squarcio che lei stessa ha inciso nella sua carne. Quella commistione di vita e morte, di sangue umano e sangue animale tocca qualcosa nelle profondità del suo animo e Annabel sente che un presagio le serra la gola.

D’istinto, la ragazza lascia cadere il pesce sul tavolo, resistendo a stento alla tentazione di scagliarlo lontano da sé. 

Non è niente” le dice Shiera, avvicinandosi a lei con un rotolo di garza. “Basterà fasciarlo, poi potrai tornare a lavorare.”

Annabel lascia che la donna le medichi la ferita, ma si rifiuta di riprendere in mano la trota. “Mi fa schifo” dichiara, scegliendo di non parlare della strana sensazione che l’ha assalita quando ha visto il suo sangue scivolare nel corpo morto del pesce. Sa che è solo suggestione, un’ombra nata dallo stress e dai molti cambiamenti che stanno avendo luogo nella sua vita: non vale la pena spenderci troppi pensieri, ma, decide Annabel, il pesce lo può preparare Seth. A lei nemmeno piace cucinare.

Shiera non è della stessa idea. “Devi imparare” le dice con una ruga profonda che si disegna tra i suoi occhi sbiaditi e già pesantemente segnati dall’età. “Come farai a dare da mangiare a tuo marito, se non sei capace di pulire il pesce?”

Lei scrolla le spalle con noncuranza. “A Seth non dispiace cucinare. Può pensarci lui: io mi occuperò del resto.”

La vecchia la osserva per una manciata di secondi e poi scuote il capo, ma non insiste, concentrandosi invece su Kalika, che sta giudiziosamente seguendo le sue istruzioni.

Il resto della mattinata va meglio: le due ragazze sono già in grado di cucire e rammendare, anche se Kalika, che a Yuba era una sarta, è ancora una volta più abile di Annabel. Annabel ha un buon occhio sulle erbe e una buona memoria che le consente di imparare i nomi delle piante officinali, entrambe sanno fare di conto e non sono inclini a sprecare la moneta e nessuna delle due è dotata di una vanità eccessiva, anche se Kalika tiene molto ai suoi lunghi capelli neri. 

Shiera pare soddisfatta, ma l’umore di Annabel è rovinato e quando, nel pomeriggio, Mada le prende in carico e mostra loro quelli che saranno i loro abiti da sposa, la ragazza non riesce a emozionarsi alla vista della veste azzurra che la donna le posa tra le mani. È graziosa, confezionata con più cura di quanto si sarebbe aspettata e impreziosita da dei ricami floreali, ma ogni volta che chiude gli occhi Annabel rivede la pelle del pesce e il sangue che la ricopre.

Quella sera ne parla con Seth, sperando che la presenza del ragazzo la aiuti a placare la sua mente agitata. E un po’ funziona, perché Seth la rincuora, dicendole che deve solo riposarsi un pochino. “Quella vecchia non piace nemmeno a me” le confessa avvolgendola nel lenzuolo e poi stringendosela al petto. “Sembra tutta carina e gentile, ma scommetto che sotto sotto è una strega.”

Con le labbra del ragazzo sulla fronte e le sue mani sulla schiena, Annabel sente che la tensione le abbandona le membra, ma una piccola parte di essa rimane aggrappata alla sua mente. C’è un pericolo, lì da qualche parte: non è ancora in grado di identificarlo, ma sa che c’è. Il che forse non è un male: almeno adesso sa che deve tenere alta la guardia. 

Il terzo giorno Annabel teme di incontrare di nuovo Shiera e i suoi occhi pallidi, ma Nisha - è sempre lei che viene a bussare alla sua porta di mattina - scuote la testa davanti alla sua domanda diretta. “No”, le dice, “oggi non tedierete me e le mie sorelle: tu e l’altra signorina passerete del tempo in compagnia di Romed, che vi educherà sulle regole del villaggio. Vedete di impararle bene e di non diventare degli animali notturni.”

La giovane aggrotta la fronte, senza riuscire a trattenersi. “Animali notturni? Cosa vorrebbe dire?”

Nisha sbuffa, apparentemente irritata dalla sua ignoranza. “È solo un modo di dire” spiega comunque. “Vuol dire… vivere come animali notturni’ vuol dire essere dei criminali, della gente che è incapace di vivere all’interno della società e che deve quindi essere allontanata da essa.”

Ah…” Annabel annuisce, ricordando ciò che Seth le aveva spiegato qualche giorno prima. “Il mio fidanzato mi ha accennato qualcosa a proposito del fatto che chi fa qualcosa di sbagliato viene praticamente cacciato dal villaggio.”

La vecchietta le pizzica un braccio con le dita ossute, facendola trasalire. “Non basta fare qualcosa di sbagliato per venire mandati via dal villaggio” le dice con sdegno. “Occorre fare qualcosa di molto, molto sbagliato, tipo ammazzare qualcuno.”

Annabel si strofina con vigore il braccio per disperdere il dolore e fulmina la donna con gli occhi. “Io non ho nessuna intenzione di ammazzare qualcuno” sibila, prima di aggiungere: “Credo.”

Non fare la spiritosa, ragazza” la rimbecca Nisha. “Non è davvero il caso.”

E comunque è un modo di dire stupido” continua la giovane, incapace di tenere a bada la propria irritazione. “Non ce li avete i ratti o i pipistrelli? Gli animali notturni vivono nel villaggio, quindi il paragone è idiota.”

Gli occhi neri di Nisha si puntano nei suoi. “Vengono nel villaggio, sì, ma non sono i benvenuti. Di loro non sappiamo nulla, le loro vite sono segrete, ignorate, e dimenticate quando sorge il sole.”

Oh, pensa Annabel. Damnatio memoriae, ricorda, riportando ancora alla mente la conversazione avuta con Seth. L’arrivo provvidenziale di Kalika la risparmia dal dover rispondere e la ragazza lascia cadere la conversazione. Per diversi minuti, però, sente su di sé gli occhi di Nisha, che la osservano e giudicano.

Diversamente da quanto si sarebbe aspettata, il colloquio con Romed è individuale ed è Kalika a entrare per prima. Per un tempo che le pare interminabile, Annabel siede nella stanza in cui Nisha l’ha lasciata in compagnia di una brocca d’acqua e fissa le gocce di pioggia che scivolano lungo la finestra. Non l’è mai piaciuta, la pioggia. Odia l’umidità che le gela la pelle e le si insinua nelle ossa, ma ancor più odia la luce grigiastra che le preme sugli occhi e sulla mente, la cappa funerea delle nuvole che le pesa sull’animo, come per sprofondarlo nel fango.

Quando finalmente la porta si apre, Annabel è talmente assorta nei propri pensieri che si accorge della presenza di Kalika solo quando la ragazza le sfiora la spalla con i polpastrelli. “Puoi andare” le dice con voce gentile.

Per una frazione di secondo è tentata di chiederle cosa deve aspettarsi dall’incontro con Romed, ma poi decide che è inutile crearsi dei preconcetti e si allontana da lei con un cenno del capo.

La stanza in cui l’uomo l’attende è in tutto e per tutto simile a quella in cui ha passato i due giorni precedenti. Solo l’arredamento è diverso: il tavolo qui è piccolo e basso e non ci sono sedie, ma due divani in legno massiccio ricoperti da cuscini foderati da una stoffa ruvida.

Romed è seduto su uno di essi e ad Annabel non serve che si alzi in piedi per notare che è eccezionalmente alto: le sue gambe sono talmente lunghe che, per non urtare il tavolino posto di fronte a lui, l’uomo deve tenerle piegate di lato.

Distrattamente Annabel pensa che da giovane deve essere stato piuttosto attraente. Ancora adesso le sue spalle sono larghe e dritte, il suo viso ha dei tratti decisi, ma non sgradevoli, che le rughe dell’età rendono ancora più incisivi. Dei baffi curati, neri e sottili, incorniciano le sue labbra asciutte donandogli un’aria da condottiero di altri tempi. Ha degli strani occhi scuri, allungati e sprofondati nelle orbite, e i capelli, pettinati all’indietro e fissati sul cranio con qualche tipo di olio, devono essere stati neri, un tempo: ora sono di un grigio scuro sulle punte e argentei alla radice.

Quando la vede comparire sulla soglia, l’uomo le sorride - Annabel nota i canini appuntiti - e le fa cenno di accomodarsi sul divano ancora libero. “Annabel, giusto?” le dice a mo’ di saluto.

Lei annuisce. “Annabel Jensen.” Ci tiene a specificare il proprio cognome, anche se non è collegato a nessuna famiglia reale: è solo un nome assegnatole in maniera casuale dall’addetto della Previdenza Sociale che per primo ha preso in mano la sua pratica, ma la ragazza ci è affezionata. È parte di lei e della sua storia, così come quel nome, Annabel, con il quale è stata battezzata in onore della vecchietta che l’ha trovata accanto a un cassonetto della spazzatura, mezza morta di freddo e con ancora il cordone ombelicale attaccato, e l’ha portata in ospedale. La sua salvatrice è una donna senza identità e senza volto, ma non c’è giorno che la ragazza non le rivolga un pensiero grato - anche se è probabile che sia ormai morta da tempo.

Jensen” ripete Romed, annuendo come se quel cognome avesse un qualche significato particolare. “Dovrei spiegarti come funzionano le cose qui al villaggio, ma sospetto che il tuo fidanzato ti abbia già detto tutto. Non è così?”

La giovane annuisce. “Sì: Seth mi ha riferito quello che gli è stato spiegato il giorno in cui siamo arrivati qui.”

L’uomo pare approvare. “Benissimo: non amo ripetermi o perdere tempo.” 

Il suo volto mantiene un’espressione gentile, ma le sue parole sono secche e Annabel aggrotta la fronte, incerta su come interpretare lo stato d’animo del suo interlocutore.

Romed pare accorgersi della sua confusione e i suoi occhi studiano i lineamenti di lei. Dopo qualche secondo, l’uomo si sporge leggermente verso la ragazza. “Quindi dimmi solo una cosa, Annabel: hai intenzione di causare problemi?”

La giovane si sente avvampare. “Io… no, signore” sbotta dopo qualche istante, offesa da quell’insinuazione. “Perché dovrei causare problemi?”

Non lo so” replica l’uomo. “Però sei giovane e vieni da un posto molto diverso da questo. Ci si aspetta che tu segua delle regole e delle convenzioni sociali che ti sono estranee e personalmente non mi stupirei se dovessi sentire un certo desiderio di ribellione.”

La ragazza affonda gli incisivi nel labbro inferiore, incerta su come replicare a quell’osservazione. Romed non ha modo di saperlo, ma in passato lei ha effettivamente avuto qualche problema a sottostare alle regole che le venivano imposte. Ma era giovane e idealista: adesso le cose sono cambiate. Adesso è cresciuta e ha la testa sulle spalle: sa di non avere un carattere facile, ma ha imparato a controllarlo e a tenere a bada i propri scatti d’ira e insofferenza. 

Il mio unico desiderio è quello di vivere in pace” dice allora. “So che è probabile che ci saranno delle cose che non mi piaceranno, ma so anche che sarò capace di accettarle e di conviverci. Ho imparato da tempo a scendere a compromessi con la realtà, signore.”

Romed la osserva in silenzio per qualche istante, poi annuisce. “Mi fa piacere sentirtelo dire” dice in quello che ad Annabel pare un tono sincero. “Non sei una che accetta passivamente le cose, non è così?”

Annabel è presa in contropiede da quella osservazione. “Non saprei, signore” replica incerta. In tutta sincerità non è certa di conoscere la risposta a quella domanda.

Mh.” L’uomo inclina la testa di lato e per qualche istante i suoi occhi indugiano sull’angioma sul volto della ragazza. “Una volta anch’io mi sono ritrovato in una situazione simile alla tua, sai?”

La giovane incontra i suoi occhi. “Sì?”

Lui annuisce. “Anch’io vengo da un altro pianeta. Sono stato costretto a lasciarlo quasi vent’anni fa e non è stato facile ricominciare una nuova vita in questo posto; anche perché io non avevo il conforto di una moglie con cui condividere le difficoltà.”

Oh.” Come d’abitudine, Annabel limita al minimo le proprie risposte. Sarebbe quasi tentata di chiedergli se non ha mai preso moglie, ma la cosa non le interessa davvero. 

A differenza tua, io sono venuto qui di mia spontanea volontà e non perché non avevo altre alternative”, continua l’uomo, “ma ho dovuto affrontare comunque molte difficoltà. Le cose non sono sempre andate come avrei voluto che andassero, ma con il tempo ho imparato che dagli imprevisti non vengono per forza solo cose brutte. Se sei abbastanza intelligente, puoi imparare a sfruttarli a tuo favore. Tu sei intelligente, Annabel?”

È uno strano discorso e la ragazza desidera sottrarvisi, ma non può certo infilare la porta e scappare nella camera che divide con Seth. “Non lo so, signore. Non particolarmente, credo.”

La risposta sembra divertire il suo interlocutore. “Io invece credo di sì” la contraddice. “Sono certo che saprai ottenere il massimo dalle cose che troverai qui. Magari sulle prime non ti piaceranno, ma poi capirai come trarne vantaggio.”

Annabel contrae nervosamente le mani. Romed la sta lodando, in un certo senso, eppure ha l’impressione che l’uomo stia cercando di metterla in guardia nei confronti di qualcosa. Ci saranno difficoltà lungo la sua strada? È probabile, si risponde, ma c’è da aspettarselo, tutto considerato. E allora da dove nasce quel senso di disagio che le striscia nel petto? Di nuovo, la sua mente le ripropone l’immagine del sangue che si espande sul ventre della trota. Basta! Si impone, scuotendo leggermente la testa per allontanare quei pensieri.

Va tutto bene?” le chiede Romed, forse confuso da suo silenzio.

Annabel incontra i suoi occhi. “Sì, signore. Non sono certa di capire cosa intende, ma immagino che dovrò prendere le cose come vengono e affrontare una difficoltà alla volta, non è così?”

Esattamente” conferma lui. Quando la giovane non aggiunge altro, si reclina nuovamente sullo schienale del divano. “Hai domande? Qualcosa in particolare che desideri chiedermi?”

La ragazza ci riflette per qualche istante, poi scuote il capo. “No, signore.” Forse sarebbe meglio approfittare di quell’occasione per chiarire ogni possibile dubbio o perplessità, ma la sua mente è stranamente vuota. Grazie a quello che ha appreso negli ultimi giorni, Annabel sa cosa aspettarsi dalla sua vita futura, almeno a grandi linee: affronterà i punti poco chiari man mano che emergeranno, come è sua abitudine fare.

Un angolo della bocca di Romed si solleva in un sorriso storto. “La tua amica aveva un sacco di domande” commenta.

Annabel si stringe nelle spalle. “Io invece no.” E Kalika non è mia amica, aggiunge silenziosamente.

L’uomo annuisce e poi si alza in piedi. “Meglio così, allora. Suppongo che puoi andare: ci vedremo domani, in occasione del tuo matrimonio.”

Anche Annabel si alza dal divano, sollevata dal fatto che quell’incontro sia giunto al termine. “A domani, signore.”

La ragazza fa per girarsi, quando l’uomo socchiude la bocca come per aggiungere altro. Annabel si interrompe a metà movimento e corruga la fronte, invitandolo a continuare. Lui però richiude la bocca e scrolla il capo: qualsiasi cosa stesse per dire, ha rinunciato a pronunciarla.

Romed le passa accanto ed esce dalla stanza prima di lei. Quando la porta gli si richiude alle spalle, Annabel la fissa per qualche istante, incapace di scacciare il sospetto che quelle parole soffocate fossero importanti..

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Capitolo 6
*** 6. Il segno del sangue ***


Piove per tutta la notte e poi, poco prima dell’alba, un vento impetuoso che spira dal punto in cui sorge il sole spazza via le nuvole. Annabel non sa se sia l’est - non è sicura che i punti cardinali che conosce siano validi anche su quel pianeta - ma quel vento forte le pare di buon auspicio. Incapace di continuare a dormire, la ragazza spalanca la finestra e annusa l’aria, lasciando che le raffiche decise spazzino via i timori e le incertezze del giorno prima.

Questo è il giorno del suo matrimonio. Lei non è mai stata una di quelle ragazzine che sognavano delle nozze da fiaba con il principe azzurro, ma poco importa. Seth non è un principe né un cavaliere e lei non è una dama o una principessa, ma il sentimento che li lega non è per questo meno forte o importante.

Non ci sono molte smancerie nel loro rapporto, e i momenti di tenerezza nascono quasi sempre da un’iniziativa di Seth, ma nel suo futuro marito Annabel ha trovato un punto fisso, un qualcosa su cui costruire il resto della propria vita. A parer suo, non c’è nulla di più importante.

L’ululato del vento sveglia il ragazzo, che si mette a sedere con un gemito. “Che fai?” le chiede, strofinandosi gli occhi per allontanare il sonno.

Annabel non risponde, ma si stringe nelle spalle, tornando a guardare fuori dalla finestra. Ci sono dei movimenti dietro di lei, dei passi leggeri e poi le mani di Seth attorno alla sua vita. “Sei nervosa?” le chiede ancora, piegandosi per posarle un bacio sulla tempia.

La giovane sorride. “No” replica piano, sentendosi stranamente rilassata. “Questo vento mi piace.”

Seth ridacchia. “Parli del vento per non pensare al fatto che prima di sera sarai mia moglie?” la prende in giro.

Lei alza gli occhi al cielo. “No, ormai il pensiero non mi fa più nessun effetto: mi sono rassegnata.”

Il ragazzo lascia cadere la provocazione e la abbraccia un po’ più stretta, attirandola contro il proprio petto. Annabel sorride e si lascia stringere, rilassandosi contro il corpo solido del suo fidanzato. Andrà tutto bene, nonostante le difficoltà con cui lei e Seth dovranno fare i conti: se lo sente. 

La cerimonia si svolge nel primo pomeriggio, immediatamente dopo un pranzo leggero a base di insalata e formaggio di capra. I fidanzati sono stati separati già a partire dalla colazione: ancora una volta, le donne vengono seguite da Nisha, gli uomini da Mada.

La vecchietta è insolitamente taciturna e Annabel si chiede se sia infastidita dal fatto di dover perdere ancora del tempo con lei e Kalika. Ha l’impressione che sopporti poco la loro inesperienza e che abbia una gran fretta di lasciarsi alle spalle quel giorno e di tornare alla sua vita abituale.

Nemmeno a me piace passare del tempo in tua compagnia, non credere, pensa, lanciandole un’occhiata obliqua mentre Nisha pettina i capelli neri di Kalika, sciogliendoli dalla treccia in cui è solita raccoglierli. Il costume prevede che le spose si presentino al tempio con i capelli sciolti, fermati sul capo da una corona di fiori bianchi.

Quando ha finito di pettinare Kalika, Nisha passa ad Annabel. Le sue dita tra i suoi capelli sono inaspettatamente delicate, ma nella donna la ragazza avverte una strana tensione. Seduta sullo sgabello con le mani raccolte in grembo, la giovane la osserva con la coda dell’occhio: ha la distinta impressione che ci sia qualcosa che non va, ma la vecchietta non dice una parola e Annabel sente crescere in sé l’inquietudine. Cosa sta succedendo?

Una volta che la corona è fissata anche ai suoi capelli, Nisha fa cenno alle due giovani di seguirla. Come ha già spiegato loro, la cerimonia non si svolgerà nella casa comune, ma nel tempio che si trova al limite del villaggio.

Annabel pensa che lei e Kalika incontreranno i loro fidanzati solo una volta giunti nel luogo in cui verranno celebrate le nozze ed è quindi sorpresa quando vede che Seth e Kabir le stanno in realtà aspettando all’esterno dell’edificio. Non sono soli: con loro c’è l’imponente Mada e anche il Maggiore Nelson, che Annabel non ha più visto dal giorno in cui sono arrivati su Nantos-A.

Pensavo che se ne fosse tornato su Epona, pensa con una punta di sorpresa. Meglio così, però. Anche se non può certo dire di conoscerlo bene, la presenza del militare le dà un certo conforto. Le sue sono probabilmente paure irrazionali, vaghe angosce causate dallo strano atteggiamento di Nisha, ma Annabel non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione che qualcosa sia fuori posto. Il Maggiore ha promesso di proteggerla. O, meglio, ha detto che il Governo di Yuma non abbandonerà i suoi cittadini dispersi per la galassia. Anche se cerca di non dare troppo peso a quei pensieri, la ragazza ha il sentore che presto quell’aiuto le servirà.

Quando la vede comparire, Seth fa per avvicinarsi a lei, ma Mada e Nisha si frappongono tra di loro, costringendoli a mantenere una distanza rispettabile. Il giovane alza gli occhi al cielo e le rivolge un sorriso complice al quale Annabel risponde a fatica.

Le sembra quasi di avvertire nell’aria l’odore del pericolo. Inconsciamente la ragazza raddrizza la schiena e allarga le spalle. Non è una codarda. Se qualcuno cercherà di farle del male, di fregarla in un qualsiasi modo, è pronta a dare battaglia e a difendersi con le unghie e con i denti. Che ci provino! Pensa, stringendo rabbiosamente i pugni.

Quando il loro piccolo corteo raggiunge il tempio - una sorta di piccola cappella circondata da salici piangenti - l’umore di Annabel è ormai burrascoso. Seth se ne è accorto e continua a lanciarle occhiate preoccupate, e anche Kabir la guarda con insistenza.

Per la prima volta da quando hanno iniziato il viaggio che da Yuba li ha portati lì, la giovane gli dedica un’occhiata un po’ più approfondita. Aveva già notato che era un bel ragazzo, con la pelle scura come quella di Kalika, occhi e capelli neri e una barba curata che gli copre la parte inferiore del volto, ma solo ora scorge in lui una sorta di tensione vibrante, come un’energia contenuta a stento che gli fa brillare gli occhi e che dona ai suoi passi la grazia elastica di un predatore. All’improvviso, Annabel si sente messa a nudo e, cosa per lei assai insolita, si scopre a cercare di avviare con lui una conversazione silenziosa. Aggrotta la fronte e scuote impercettibilmente il capo come per chiedergli ‘Che c’è? Perchè mi stai guardando?’

Il volto del giovane rimane però impassibile, come congelato in quel suo sguardo intenso che, almeno per una volta, non è concentrato sulla macchia che ha in faccia. Annabel ha l’impressione che Kabir possa leggerle nel pensiero, se lo desidera, e non sa se la cosa l’affascina o le fa paura.

Perplessa, la ragazza gli lancia un'ultima occhiata e poi si concentra sulle persone radunate nello spiazzo davanti al tempio: non sono gli ospiti e i curiosi di cui Seth le aveva parlato giorni prima, ma c’è comunque una discreta folla.

Si tratta prevalentemente di donne anziane e tra di esse Annabel scorge Shiera, ma anche Elsa. È per questo che è venuta qui? Si chiede stupita. Per unirsi a queste tizie? 

La cosa non dovrebbe sorprenderla più di tanto, dal momento che è evidente che la signora Becker non si è trasferita su Nantos-A per creare una nuova famiglia. Ma cosa la distingue dalle migliaia di anziani che vivevano a Yuba e che sono stati rinchiusi in strutture protette in orbita attorno a Epona? Cos'ha di tanto speciale Elsa? Si è guadagnata quel trattamento particolare grazie a una qualche conoscenza altolocata o in virtù di qualche abilità che Annabel non conosce?

Sono domande a cui non può trovare una risposta e quindi accantona la curiosità, almeno per il momento, spostando lo sguardo su un altro dei presenti, un bambino che si aggrappa alla sottana di una delle donne. Ha quattro o cinque anni - Annabel non è brava a giudicare l'età dei ragazzini - ed è assolutamente fuori posto tra quelle vegliarde. D'istinto la ragazza osserva la donna che più gli sta vicina, cercando di capire se possa essere una parente, magari una nonna. Ma no: la pelle della vecchietta è ambrata, mentre il bambino è pallido come uno straccio e ha grandi occhi chiari, in netto contrasto con il lucido caschetto di capelli neri che gli incornicia il viso.

Strano, considera Annabel. La presenza di quel piccolo è oggettivamente una sciocchezza: ci sono innumerevoli ragioni per cui può trovarsi lì. Ma quel fatto rappresenta comunque un'anomalia agli occhi della ragazza, quasi una conferma che c'è davvero qualcosa che non va in quella che dovrebbe essere una cerimonia semplice e senza grossi scossoni.

La giovane lascia scorrere lo sguardo tutto attorno a sé per verificare che non ci siano altre stranezze ed è in quel momento che si accorge che c’è una terza coppia in attesa di venire unita in matrimonio. Nessuno gliene aveva parlato, Nisha non aveva mai fatto cenno al fatto che dei locali si sarebbero uniti alla cerimonia, ma Annabel suppone che la cosa non sia poi così strana: da quello che le è stato raccontato, i matrimoni a Huim sono una faccenda comunitaria.

I due promessi sposi sembrano un po’ più vecchi delle altre due coppie. La donna deve avere qualche anno in più di Seth ed è di una bellezza austera: indossa un sobrio abito grigio-verde che mette in risalto la sua carnagione lattea, i lunghissimi ricci neri e i grandi occhi verdi dall’espressione seria. Il suo viso ha dei tratti solenni, eleganti e immobili come se fossero scolpiti nel marmo. La sua postura parla di un animo fiero, la sua schiena dritta e il capo portato alto sono agli occhi di Annabel segno di una grande forza interiore. Inaspettatamente la mente della giovane corre alla riproduzione di un antico dipinto che ha visto anni prima su qualche libro di testo: una Madonna dipinta da un artista morto da tempo, vestigio di una delle antiche religioni che gli uomini avevano portato con sé dalla Terra originaria. 

Il suo fidanzato è decisamente meno interessante. All’apparenza più vecchio di lei, è grande e grosso, ma sembra quasi ripiegarsi su sé stesso, il capo chino e le spalle ricurve come se il fatto di stare in piedi in mezzo a tante persone gli risultasse penoso. Ha un viso dai tratti affilati e tutto sommato ordinari, gli zigomi sporgenti e il naso a becco, occhi scuri quasi a mandorla, dal taglio vagamente famigliare, e capelli castani portati alla moda degli uomini del posto, pettinati all’indietro e fissati sul cranio grazie all’ausilio dell’olio.

Spero che Seth non decida di farsi crescere i capelli, perché starebbe malissimo, considera la giovane.

Dei passi risuonano alle sue spalle e Annabel si riscuote dai suoi pensieri, ruotando su se stessa appena in tempo per vedere che cinque uomini si stanno avvicinando al tempio. Tra loro riconosce Elko e Romed, ma il suo sguardo è immediatamente attirato dall’uomo di testa, che veste un abito scarlatto.

Gli uomini, così come gli abitanti del villaggio che la giovane ha avuto modo di incontrare fino a quel momento, sembrano prediligere i vestiti di colori naturali. A Huim la gente veste nei toni del marrone, del grigio, del beige, talvolta del verde, del bianco o del nero, ma i colori più vistosi sembrano essere quasi del tutto banditi: il suo abito azzurro e quello di Kalika, color zafferano, sono le uniche eccezioni in cui si è imbattuta sino a quel momento.

Le vesti rosse di quell’uomo sono impossibili da ignorare e Annabel lo squadra da capo a piedi, cercando di capire quale posizione ricopra all’interno delle gerarchie del villaggio: sicuramente è qualcuno di importante. A vederlo così non sembrerebbe un granché: è anziano e piuttosto in carne, di statura media. Ha un volto largo e apparentemente gioviale, con le guance rosse e piccoli occhi chiari dalle palpebre pesanti. Potrebbero essere le rughe che gli circondano la bocca, ma le sue labbra sembrano piegate in un sorriso placido. 

Annabel è immediatamente sospettosa: non si fida della gente che sorride senza avere un buon motivo per farlo. 

Gli uomini si posizionano a sinistra dell’entrata del tempio - le donne sono sulla destra - ma il vecchietto vestito di rosso si avvicina alle Sapienti e tra le vegliarde serpeggia un mormorio di eccitazione.

È Shiera a farsi avanti e a posare le mani sulle spalle dell’uomo in quello che è evidentemente un gesto di saluto. “Benvenuto, Mastro Leron” gli dice chinando il capo.

L’uomo ricambia il gesto, serrando le mani paffute sulle spalle ossute della donna. “Un matrimonio è sempre motivo di gioia, Shiera”, replica con voce morbida, “sebbene quest’oggi le circostanze siano piuttosto particolari.”

Quel termine, particolari, attira l’attenzione di Annabel. Anche Kalika pare allarmata, e le due ragazze si scambiano un’occhiata silenziosa. La giovane mora sembra sul punto di chiedere spiegazioni a Nisha, ma quella la precede, voltandosi verso di lei e sussurrando: “Mastro Leron è il capo del nostro villaggio. Siate rispettose.”

Ecco spiegati gli abiti rossi, pensa Annabel, mentre l’uomo si muove verso di loro con passi lenti. Fa per avvicinarsi a Kalika, ma esita, fermandosi invece davanti a Nisha. “Sono già al corrente della situazione?” chiede; e Annabel sente il cuore balzarle in gola. Quale situazione?

La vecchietta scuote il capo, le labbra raggrinzite piegate in una smorfia di sdegno. “No. Abbiamo pensato che fosse meglio che glielo spiegassi lei. Meno problemi.”

Gli occhi di Mastro Leron si spalancano in un’espressione scettica. “Meno problemi per lei, Nisha. So che lei era contraria, è corretto?”

La donna scrolla le spalle. “Ho votato contro, sì. Ma non importa, visto che la proposta è comunque stata approvata.”

Kalika pare incapace di trattenersi oltre. “Quale proposta?” chiede con voce tremula.

Il capo villaggio si volta per osservarla. “Come ti chiami, mia cara?”

La giovane arrossisce. “Kalika Sharma, signore.”

Mastro Leron” la corregge benevolmente l’uomo. “Il modo corretto per rivolgersi a me è Mastro Leron.”

Lei annuisce. “Mastro Leron” ripete.

Bene, Kalika. Tu e il tuo fidanzato potete entrare nel tempio. Prendete posto sulle sedie poste davanti all’altare, per favore.”

Mada, che ha seguito quello scambio di battute, allunga una mano e tocca l’avambraccio di Kabir, facendogli segno di seguire Kalika. Pur rivolgendo un’occhiata incerta a Nisha e ad Annabel, la giovane fa come le è stato chiesto, dirigendosi verso la piccola cappella.

Annabel la segue con gli occhi per qualche secondo, poi si rivolge a Mastro Leron. “Possiamo andare anche noi?” gli chiede.

Lui la guarda e il sorriso che ancora aleggia sulle sue labbra sembra svanire. Senza chiedere il permesso, le sue dita si posano sulla guancia sinistra della giovane. “Tu sei Annabel” le dice. Non è una domanda.

Troppo stupita per scostarsi, la ragazza cerca di incrociare lo sguardo di Nisha, ma la donna tiene gli occhi puntati a terra, come se tutto d’un tratto non avesse il coraggio di guardarla in faccia.

La giovane deglutisce a vuoto, mentre qualcosa di terribile spiega le ali nel suo petto. “Sì” conferma. Ha la bocca secca e parlare è difficile.

Questo è il segno del sangue” mormora l’uomo, facendole scorrere i polpastrelli lungo l’arco dello zigomo. “Tu puoi aver dimenticato le tue vite passate, ma l’Universo non dimentica: questo marchio è un promemoria.”

Annabel boccheggia, lottando per trovare le parole. Di cosa diavolo sta parlando?

Cosa succede?” Anche Seth si è ormai reso conto che c’è qualcosa che non va e cerca di raggiungerla, ma Mada gli sbarra la strada, frapponendosi tra lui e la ragazza. Per una frazione di secondo, il giovane sembra sul punto di spingerla via, ma poi serra i pugni come per dominarsi. Kalika e Kabir, fermi sulla soglia del tempio, osservano la scena con gli occhi sbarrati.

Apparentemente indifferente a ciò che sta succedendo attorno a lui, Mastr Leron continua. “Devi aver compiuto un crimine, in una delle tue vite precedenti. L’omicidio di un innocente, forse, o un tradimento che ha portato molti alla rovina: solo una colpa assai grave può averti procurato un segno simile.”

Annabel trova le parole. “Questo è un angioma, razza di somaro ignorante!” ringhia, ignorando il mormorio scandalizzato che si leva dalla folla. “È una malattia, un difetto dei vasi sanguigni, non una maledizione o un… un souvenir di una vita precedente!” Non contenta, rincara la dose: “Vita precedente che per altro non esiste, come dovrebbe essere evidente a ogni persona dotata di un minimo di buon senso.”

Forse non sono le cose migliori da dire al capo del villaggio nel quale si è appena trasferita, ma la ragazza si sente più leggera, quasi soddisfatta. Quella soddisfazione dura poco, però, perché sul volto del vecchio si disegna un’espressione che è quasi di compassione. “Non pretendo che tu capisca” sospira, togliendole la mano dal viso. “Non ancora, per lo meno. Sta a noi guidarti verso la retta via.”

Istintivamente Annabel si porta una mano al volto, spalancando le dita per coprirne quanto più possibile la parte sinistra. “Cosa vorrebbe dire?” chiede con voce tesa. 

L’Universo ti ha portato qui” afferma l’uomo, e lei si chiede se l’universo sia, nella loro concezione distorta della realtà, un’entità senziente. “È evidente che questo è avvenuto per una ragione precisa: perché tu possa fare ammenda dei tuoi errori passati e ripulire la tua anima da ogni colpa. Solo così potrai iniziare in purezza il tuo nuovo ciclo vitale.”

Alle orecchie di Annabel quelle parole suonano minacciose e la giovane cerca di ricordarsi ciò che Seth le ha spiegato a proposito del sistema penale di Huim. Per quanto assurdo possa sembrare, quel vecchio pare ritenerla colpevole di chissà quale crimine e, a questo punto, la ragazza non si stupirebbe più di tanto se il capo villaggio decidesse di infliggerle qualche punizione. 

Esilio? Pensa, sbiancando. Non possono certo cancellare il ricordo della mia esistenza, visto che sono appena arrivata. Non avrebbe senso.

Questa cosa è assurda!” protesta Seth, sporgendosi per superare almeno con lo sguardo la sagoma imponente di Mada, ma Annabel gli fa cenno di tacere.

Con un respiro profondo, la giovane cerca di parlare con voce chiara e precisa. “E cosa dovrei fare per espiare queste mie fantomatiche colpe?”

Mastro Leron la guarda negli occhi. “Devi sposare l’uomo giusto e vivere con lui una vita pia e irreprensibile. Dimostra di essere capace di vivere secondo le leggi del villaggio, da’ il tuo contributo per renderlo migliore e, alla fine, ogni colpa ti sarà perdonata.”

Annabel è certa di aver capito male, perché ha intuito quello che l’uomo sta dicendo, ma non può essere.E Seth è l’uomo giusto, vero?” chiede, indicando il giovane che ora pare pietrificato al fianco di Mada. Vorrebbe pronunciare quelle parole nel tono di un’affermazione, ma non ci riesce: il dubbio e l’incertezza le plasmano in una forma interrogativa. 

Il vecchietto scuote il capo e l’espressione dolce con cui la guarda è quasi grottesca. “Seth è un bravo ragazzo che non ha colpe da espiare” sospira. “Tu devi sposare qualcuno che sia nella tua stessa situazione. Un tuo pari.”

Mentre pronuncia quelle parole, gli occhi di Mastro Leron corrono alla coppia che Annabel non conosce. La donna vestita di verde rimane perfettamente immobile, inscalfibile nella sua bellezza altera, ma l’uomo al suo fianco solleva il capo e, per una frazione di secondo, incontra lo sguardo della giovane. 

Quando lo vede sussultare e abbassare di nuovo gli occhi a terra, Annabel capisce di essersi sbagliata. Quei due sono in effetti lì per celebrare il proprio matrimonio: i loro futuri sposi, però, non sono quelli che aveva creduto lei.

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Capitolo 7
*** 7. Storia di un ragazzo stupido ***


Annabel scuote più volte il capo. “No” dice, cercando di scrollarsi di dosso la sensazione di essere finita in una specie di incubo. “No, no, no.”

Mastro Leron le posa una mano sul braccio, forse nel tentativo di rassicurarla. “Annabel…”

La ragazza si ritrae come se fosse stata scottata. “Ho detto di no!” tuona, contraendo i pugni. Una rabbia famigliare le divampa nel petto, infiammandole il volto e mozzandole il respiro. “Non sposo un tizio che nemmeno conosco solo perché voi vi siete messi in testa che ho ammazzato qualcuno in una vita precedente! Questa è una cosa da matti!”

Il capo villaggio sembra preso in contropiede dalla sua reazione e retrocede di un mezzo passo, guardandosi attorno come in cerca d’aiuto. I suoi occhi cadono su Nisha, che però scrolla il capo come per dirgli di arrangiarsi.

Seth scatta in avanti. Mada lo afferra per le spalle, ma il ragazzo è più giovane e veloce e si divincola dalla sua presa. Immediatamente le sue braccia circondano Annabel e la stringono a sé, tenendola al sicuro contro il proprio petto. “Voi siete completamente pazzi” sibila in un tono che la ragazza non gli ha mai sentito usare.

La sua rabbia non le permette però di restare ferma in quella posizione passiva, lasciando che sia Seth a difenderla. La giovane solleva il capo e allontana gentilmente il ragazzo da sé, poi si volta per fissare Mastro Leron. “È fuori discussione” ringhia, puntandogli un indice al petto. “Potete anche scordarvelo.”

L’uomo sembra senza parole, ma al suo fianco Nisha sospira. “Non è che tu abbia tante alternative, ragazza” dice con una voce che sembra ancora più ruvida del solito.

Seth le stringe una mano e Annabel scopre i denti in un ringhio. “Piuttosto che sposare qualcuno che non conosco”, scandisce, “dormo nella fabbrica di Yuba. Anche all’interno del reattore principale, se è il caso.”

Un’ombra si materializza ai margini del suo campo visivo e la giovane si volta verso la Signora Becker. “Lei lo sapeva” la accusa, puntando gli occhi in quelli della donna. “Lei lo sapeva fin da subito: è per questo che il primo giorno mi ha chiesto che cosa mi ero fatta in faccia!”

Elsa scuote il capo. “Non sapevo che ti avrebbero chiesto di sposare Janus. Immaginavo però che il tuo aspetto avrebbe potuto essere un problema.”

Per una frazione di secondo, Annabel si chiede chi diavolo sia Janus, poi capisce che è il nome dell’uomo che vorrebbero farle sposare. Non gliene frega niente. 

Seth fa un passo in avanti, cercando forse di fare scudo alla ragazza. “Il suo aspetto non è un problema” dice con voce ferma. “Siete voi ad avere un problema!”

Elsa chiude gli occhi e sospira. “Forse è meglio se ne discutiamo un attimo con calma e privatamente. È importante che abbiate ben chiara la situazione in cui vi trovate.”

Annabel gonfia il torace. “La situazione è chiarissima…”

Annabel”, la interrompe la donna, “parliamone.”

E dove?” chiede Nisha, introducendosi nella conversazione. 

Il volto della Signora Becker si contrae in un’espressione grave. “Nel tempio. È l’unico posto che garantisca un minimo di privacy.”

Nisha annuisce. “Mastro Leron”, dice, rivolta al capo villaggio, “le dispiace se parliamo un attimo con i due ragazzi?”

Direi che è decisamente il caso di farlo.” La voce del Maggiore Nelson li fa sussultare e Annabel lancia un’occhiata al volto grave del militare, cercando di capire se anche lui fosse al corrente di quello sviluppo inatteso. L’espressione cupa del suo volto le suggerisce però che l’uomo è sorpreso quanto lei da quell’inaspettato cambio di programma; e quel particolare le dà un po’ di fiducia.

D’accordo” sospira Elsa. “Andiamo.”

Ancora fremente di rabbia, Annabel sente su di sé gli sguardi dei presenti, ma non vi bada. L’unica cosa importante è la mano di Seth, che è scesa nuovamente a stringere la sua. Tutto il resto può andare al diavolo. Vorrebbe che scomparissero tutti e che li lasciassero in pace: se avesse il potere di ridurli in cenere con la sola forza del pensiero, lo farebbe. 

Quando arrivano alla porta del tempio, la giovane non ha il coraggio di incontrare lo sguardo di Kalika. Sa che nei suoi occhi neri leggerebbe pietà e compassione, ma in quel momento vuole tenersi stretta la rabbia e l’indignazione, evitando di cadere nelle spire dell’autocommiserazione. 

Ma non vi vergognate?” 

La voce di Kabir è un colpo di frusta, e sulle prime Annabel pensa che stia parlando con lei e Seth, ma basta un’occhiata per capire che la domanda era rivolta a Nisha. Gli occhi del giovane sono fissi sulla donna e sembrano ardere come carboni ardenti.

La vecchietta lo ricambia con un’occhiata altrettanto bruciante. “Fatti gli affari tuoi, ragazzo” gli intima. 

Le labbra del giovane si ritraggono sui denti, in una smorfia che sembra quasi il ringhio di un lupo. “E se invece non avessi voglia di farmi gli affari miei?” la provoca. “Non potete rovinare così la vita di questi due ragazzi!”

Se fosse  in un altro stato d’animo, Annabel lo ringrazierebbe. Durante il tempo che hanno trascorso insieme non si sono mai scambiati che pochi convenevoli e adesso lui la sta difendendo: la cosa è commovente, anche se piuttosto sorprendente.

Nisha non sembra però essere della stessa idea. Anche se è molto più bassa di lui, si erge in tutta la sua statura, come se intendesse sovrastarlo. “Stai forse dicendo che le nostre leggi e le nostre tradizioni sono sbagliate? Per caso non ti stanno bene?”

Esattamente!” ribatte lui, ma le mani di Kalika gli si stringono attorno alla vita.

Kabir” lo richiama la ragazza in tono sommesso. “Kabir.”

Annabel non riesce ad avercela con l’altra ragazza per il fatto che sta richiamando all’ordine il suo fidanzato. Malgrado la tempesta di pensieri ed emozioni che infuria dentro di lei, ha riconosciuto la minaccia nelle parole di Nisha. 

Anche Seth gli rivolge un gesto come per dire che è tutto a posto, e Annabel deve fare forza su se stessa per non urlare che non è così, che non c’è niente che sia a posto. 

Il Maggiore Nelson coglie la sua agitazione e le sfiora una spalla con le dita. “Andiamo dentro” le sussurra piegandosi sul suo orecchio.

Quando le porte della cappella si chiudono alle sue spalle, la giovane si posa le mani sui fianchi. “Adesso voglio capire cosa diavolo è questa storia” sbotta, facendo saettare lo sguardo sui presenti.

Non abbiamo nessuna intenzione di fare quello che ci chiedete” annuncia nello stesso momento Seth, risoluto.

Il Maggiore leva le mani e fa loro segno di calmarsi. “Andiamo con ordine” dice. “Perché è stato deciso che la Signorina Jensen - Annabel - debba sposare quell’uomo?”

La domanda sembra rivolta alla Signora Becker, ma Elsa si limita a fissare Nisha con aria interrogativa, lasciando che sia lei a rispondere. Annabel si impone di respirare lentamente, lasciando alla donna la possibilità di spiegare e di darle qualche elemento in più per capire come si sia arrivati a quella decisione. Non che lei abbia intenzione di accettarla, comunque. 

Nisha chiude gli occhi per un istante e poi esala con forza dal naso. Annabel non sa dire se sia stanca o solo irritata. “Volete la spiegazione ufficiale o quella ufficiosa?” fa, con voce asciutta.

Nelson non sembra intenzionato a perdere tempo. “Quella che corrisponde alla verità” replica in tono secco.

Benissimo” annuisce la vecchietta, apparentemente per nulla intimorita dall’atteggiamento del militare. “La verità è quella che ha illustrato Mastro Leron poco fa: la religione ci insegna che i segni come quelli che la ragazza porta in volto sono simbolo di gravi peccati commessi nelle vite passate. Quando un simbolo del genere si manifesta, la persona che lo porta è tenuta a espiare le proprie colpe nel modo più opportuno: considerate le dimensioni di quella macchia, un matrimonio non è nemmeno la punizione peggiore. Anzi!”

Annabel sbuffa sdegnosamente e fa per dire qualcosa, ma Nisha la interrompe. “La verità”, riprende, “è anche che Janus è il nipote di Romed che, nel caso non l’aveste capito, è la persona che ricopre la carica più alta qui al villaggio. Dopo Mastro Leron, chiaramente.”

Il Maggiore inarca le sopracciglia. “Ah” fa, e ad Annabel non piace il suono di quell’esclamazione.

Sedici anni fa, quando aveva quindici anni”, riprende la donna, “Janus ha ucciso suo padre e suo fratello.”

La ragazza strabuzza gli occhi davanti a quell’informazione. “Che cosa!?”

Nisha le fa nuovamente cenno di tacere. “Le circostanze sono poco chiare, anche perché si tratta di un fatto avvenuto prima che Romed e il ragazzo arrivassero sul nostro pianeta. Forse si è trattato di un incidente o forse di un’azione volontaria, ma quello che è certo è che all'epoca Janus non si è reso pienamente conto di quello che ha fatto.”

Stronzate!” sibila Seth. “A quindici anni uno non è un bambino: non è che uccide qualcuno per sbaglio e non si rende conto  di quello che fa. Se non si è trattato di un incidente, quel tipo è un assassino!”

La vecchietta lo fissa con il suo sguardo penetrante. “In linea di massima potrei essere d’accordo con te”, ammette, “ma Janus non è mai stato particolarmente percettivo da questo punto di vista. Ci sono cose che, semplicemente… sembra non comprendere, ecco.”

Annabel è sempre più inorridita. “Vorreste farmi sposare un idiota?” sbotta.

Preferiresti sposare un assassino capace di uccidere a sangue freddo e in pieno possesso delle proprie capacità mentali?” la provoca l’altra donna.

Preferisco sposare Seth!” ribatte lei alzando la voce.

Questo l’abbiamo capito” sbuffa Nisha, levando gli occhi al cielo. “Il problema è che Romed preferisce che tu sposi suo nipote e che, guarda un po’, ha convinto le altre Sapienti e tutti gli altri membri del Consiglio del villaggio che questa è la soluzione migliore per tutti! E non c’è proprio niente che tu possa fare per sottrarti a questa decisione, quindi ti conviene abituarti all’idea. Anzi”, rettifica, spostando lo sguardo su Seth, “vi conviene abituarvi all’idea, visto che, come avrai notato, c’è una sposa pronta anche per te!”

Annabel si sente sbiancare e la presa della mano di Seth si fa talmente stretta da risultare quasi dolorosa. 

Il Maggiore Nelson si schiarisce la voce. “Perchè Romed ha tanta fretta di trovare una moglie a suo nipote?”

Nisha si lascia sfuggire una risatina sarcastica. “Oh, non direi che ha fretta, visto che sono sedici anni che cerca di trovare una compagna al ragazzo. Quando sono arrivati al villaggio, erano accompagnati da alcuni soldati provenienti dal loro pianeta natio.”

Da quale pianeta ha detto che provengono?” la interrompe Nelson.

La donna schiocca la lingua. “Romed viene dalla base di Hesperia, ma da ragazzo Janus non veniva con lui: non ho mai saputo da quale pianeta o da quale base provenga. Romed non ama parlare della vita che conduceva prima di trasferirsi a Huim, ma sappiamo che lui e Janus vengono da una famiglia potente e che solo per questo motivo il ragazzo è stato condannato all’esilio e non a morte. Per questo e, suppongo, per il fatto che su Hesperia Romed era considerato un sant’uomo, un sapiente con molti seguaci.”

il militare annuisce. “Quindi gli è stato permesso di accompagnare qui il nipote e di iniziare una nuova vita con lui.”

Esatto” dice Nisha. “Naturalmente, dal momento che il ragazzo era a tutti gli effetti un assassino, non gli è stato concesso di vivere al villaggio. È stato esiliato, com’è giusto che sia, e da allora vive in una palafitta sul Lago della Luna.”

Da solo?” scappa detto ad Annabel, che, nonostante tutto, cerca di immaginarsi come sia possibile che un ragazzino non particolarmente intelligente e proveniente da un pianeta alieno abbia potuto sopravvivere tutto solo in mezzo a un lago.

Da solo, sì” conferma seccamente la vecchia. “Suo zio lo aiuta come può, ma Janus se la cava principalmente da solo. Non è annegato e non è morto di fame, quindi immagino che sia in grado di prendersi cura di te.”

Io non ho bisogno di nessuno che si prenda cura di me, pensa la giovane, mentre la rabbia torna a montare dentro di lei. Né tantomeno ho bisogno che sia quel tipo a farlo. Poi un pensiero attraversa la sua mente: se è davvero stupido come dicono, forse potrei trovare un modo per liberarmi di lui. Ma è un’idea che viene accantonata nel tempo di un battito di ciglia: lei non lo sposerà mai, quindi non deve preoccuparsi di come liberarsi di lui. 

Continuo a non capire perché Romed vuole che suo nipote sposi Annabel, però” insiste Seth, pallido in volto e con la voce strozzata di chi forza le parole attraverso una gola troppo secca. 

Come stavo dicendo, Janus è stato esiliato” riprende Nisha. “L’esilio però non dev’essere per forza a vita: se una persona dimostra di essere in grado di inserirsi nuovamente nella società e se il crimine di cui si è macchiata lo permette, è possibile che ritorni alla vita di prima.”

Nel caso di Janus”, continua la vecchietta, “la sua giovane età e il fatto che abbia commesso il suo crimine su un altro pianeta depongono a suo favore. La famiglia è molto importante per noi, per cui è stato deciso che, per interrompere il suo esilio, il ragazzo avrebbe dovuto dimostrare di essere cresciuto e di essere diventato un uomo per bene.”

E il modo migliore per dimostrarlo è quello di essere un buon marito” conclude per lei il Maggiore Nelson. Quando la vecchia annuisce, l’uomo sogghigna. “La mia ex-moglie avrebbe qualcosa da dire in proposito.”

Nisha scrolla le spalle. “Considerati i suoi trascorsi, non potevamo certo trovargli una moglie qualsiasi, però. Ci voleva una ragazza adatta. Una ragazza che fosse al suo stesso livello, che fosse stata condannata per un crimine simile. O che, come nel caso di Annabel, avesse un marchio che la condannasse al posto nostro.” Gli occhi della donna esaminano il volto della giovane con espressione imperscrutabile. “Abbiamo dovuto aspettare sedici anni, ma alla fine sei arrivata.”

La ragazza scrolla il capo, a corto di parole. “Voi siete pazzi” mormora, guardando Nisha con gli occhi sgranati. “Mi dispiace deludervi, ma dovrete aspettare ancora: io quello non lo sposo.”

Elsa sospira e fa per dire qualcosa, ma Nisha è più veloce. “Se contesti la decisione di Mastro Leron, del Consiglio del villaggio e di tutta la cerchia delle Sapienti, non ti verrà comunque permesso di sposare Seth: la punizione per questo tipo di insubordinazione è l’esilio.”

Annabel valuta brevemente quell’informazione. Per puro spirito di contraddizione sarebbe tentata di dire che le sta bene così, che preferisce vivere da eremita piuttosto che piegarsi a quella decisione, ma sa che è una risposta stupida. Lei non è in grado di sopravvivere in un ambiente così poco urbanizzato e, malgrado i suoi genitori l’abbiano abbandonata quand’era ancora in fasce, è sempre stata abituata a fare affidamento sugli altri. La solitudine la spaventa. E, al di là di tutto, lei vuole sposare Seth, anche se la decisione è nata all’improvviso e solo in seguito al disastro della fabbrica di Yuba. 

Lanciando un’occhiata di sfida alla vecchia, si volta quindi verso Nelson. “Non voglio più restare su questo pianeta” gli dice in tono imperioso.

L’uomo aggrotta le sopracciglia. “Come, scusa?”

La giovane scrolla impazientemente il capo. “Ho detto che non ho più alcuna intenzione di restare qui” ripete. “Maggiore, l’altro giorno lei ci ha detto che Yuba non avrebbe abbandonato i suoi cittadini e che, se le cose si fossero messe male, ci avreste portato via di qui.”

Giusto!” conferma Seth, annuendo con entusiasmo. 

Questa gente vuole farmi sposare un assassino” riprende la ragazza. “A me sembra proprio che le cose si stiano mettendo male, quindi voglio andarmene. Sono disposta… sono disposta anche a trasferirmi su QZ-3, se è il caso: va bene tutto, l’importante è che io non debba più sentir parlare di queste fesserie.”

Sul volto di Nelson si disegna un’espressione costernata. “Le cose non sono così semplici, purtroppo” sospira. “Per portarti via da Nantos-A devo avere in mano qualcosa di concreto, delle prove tangibili che dimostrino che la tua sicurezza è a rischio. Questo ragazzo, Janus, potrebbe essere un brav’uomo e un buon marito.”

Annabel lo guarda incredula. “Ha ammazzato suo fratello e suo padre” scandisce. “Come diavolo fa a essere un brav’uomo?”

Se si fosse trattato di un incidente…” azzarda il militare.

Lei però lo interrompe. “E, comunque, non è questo il punto: su Epona i matrimoni organizzati sono illegali. La gente si sposa perché lo vuole, perché è innamorata di qualcuno, e non perché una congrega di vecchi rimbambiti e superstiziosi decide che è giusto così!”

L’uomo sembra un po’ in imbarazzo. “Umanamente posso essere anche d’accordo con te”, mormora, “ma legalmente non posso aiutarti. Non ancora, almeno.”

Cosa significa non ancora’?” mormora Seth con un filo di voce. Il suo tono afflitto stupisce Annabel, che solo in quel momento si ricorda che anche lui deve sposare una perfetta sconosciuta. Sino a quel momento hanno parlato soltanto di Janus e il povero Seth non sa nemmeno come si chiami la sua futura moglie. Non è giusto, naturalmente, eppure Annabel non riesce a concentrarsi su di lui: la sua testa è tutta un susseguirsi di io-io-io che la fa vergognare.

Il Maggiore Nelson si passa una mano sul volto. “Un anno” dice. “Prima di intervenire, devo aspettare un anno: così dice la legge. Se tra un anno le cose andranno male e sarete ancora dell’idea di andarvene, vi aiuterò. Non prima, però: se accontentassimo tutte le richieste di questo genere, passeremmo il tempo a spostare la gente da un pianeta all’altro.”

La giovane si sente in preda a un capogiro e ha per un istante l’impressione che le gambe non la reggano. “Quindi non c’è niente da fare?” mormora, guardando gli occhi chiari del Maggiore come se in essi sperasse di trovare delle risposte diverse da quelle che le ha dato la sua voce. 

L’uomo socchiude le labbra e sul suo volto passa un’espressione strana. È velocissima e dura un secondo soltanto, eppure Annabel ha l’impressione che sia stato un guizzo volontario e rivolto a lei. Aggrotta la fronte, ma l’uomo ha già distolto lo sguardo, mimando un’indifferenza forse eccessiva. 

Una sottile spira di confusione si mescola allo smarrimento e allo sconforto e la ragazza si chiede se il militare stia cercando di dirle qualcosa. Oh, se solo fosse un po’ più brava a leggere le persone! “Quindi”, riprende dopo un istante di esitazione, “mi consiglia di sposare quell’uomo? O farei forse meglio ad accettare l’esilio?”

Sposalo” risponde prontamente Nelson. “Mi spiace dirlo, ma temo che da sola non sopravviveresti. Mi corregga, Nisha, ma credo che sia nell’interesse di Janus dimostrarsi un buon marito, giusto?”

La vecchietta annuisce. “Naturalmente sì. Romed ci dice che il ragazzo soffre la solitudine e che non desidera altro che tornare a far parte della società: ti tratterà come una principessa, credimi.”

Può anche andare a farsi fottere! Pensa furiosamente Annabel, animata da una rabbia cieca nei confronti di quello sconosciuto che le vogliono a tutti i costi spingere tra le braccia.

Non mi fido” dice scuotendo testardamente il capo. “E se invece mi trattasse male? Se fosse violento o fuori di testa?”

In quel caso mi contatterai immediatamente” replica subito il Maggiore Nelson. “Io verrò spesso al villaggio: una volta al mese, se mi sarà possibile. Anche quando sarò via, però, tu e Seth potrete contattarmi tramite la Signora Becker: se ci saranno dei problemi o se uno di voi dovesse sentirsi in pericolo, verrò subito qui.”

Annabel chiude gli occhi, consapevole che la strada è ormai tracciata. Vorrebbe che non fosse così, ma non è stupida e sa che la gabbia si è chiusa attorno a lei senza lasciarle possibilità di scampo. Sposerà Janus, perché non ha alternative. Ma gli renderò la vita un inferno. La ragazza stringe i pugni e fa un giuramento a se stessa: da quel momento in poi, ogni secondo della sua esistenza avrà il solo scopo di far pentire quell’uomo di aver incrociato il suo cammino. Sa essere cattiva, se vuole. Crudele, se l’occasione lo richiede. E Annabel prega soltanto che Janus le dia l’occasione di esserlo. 

E va bene” annuncia riaprendo gli occhi. “Facciamo come volete voi. Sposerò quel tizio.”

Seth la guarda come se l’avesse accoltellato al petto. “Cosa?” sussurra ferito.

Sostenere il suo sguardo le costa una fatica enorme, ma Annabel incontra i suoi occhi. “Non abbiamo altra possibilità, Seth. Io sposerò Janus e tu sposerai quella donna. E tra un anno ce ne andremo di qui, te lo giuro, e vivremo la nostra vita.”

Gli occhi marroni del ragazzo si specchiano nei suoi e la giovane vede l’istante esatto in cui Seth decide di assecondarla; probabilmente perché è anche lui consapevole del fatto che non esistano alternative. Il suo viso si contrae in una smorfia di determinazione. “D’accordo, facciamo così. Però prima di uscire e sposare quella donna, voglio parlare un attimo con Annabel. In privato.”

Mi sembra giusto” concede Elsa, conciliante.

Nisha tira un evidente sospiro di sollievo. “Molto bene” annuisce soddisfatta. “Questa è senz’ombra di dubbio la cosa migliore per tutti: evitiamo i drammi e prendiamo la strada più semplice, che non si sbaglia mai.”

Annabel la fulmina con lo sguardo, ma si morde la lingua per non risponderle male. 

Vi lasciamo soli dieci minuti” mormora ancora la Signora Becker, facendo danzare gli occhi tra i due ragazzi.

Annabel annuisce, ma Seth leva improvvisamente una mano in direzione di Nisha. “Un momento!” dice. “Chi è la donna che devo sposare? Vorrei almeno sapere il suo nome, prima di…”

Il giovane lascia sfumare la frase, ma la vecchietta capisce comunque quello che vuole dire. “Tua moglie si chiama Liri e ha ventott’anni, quindi è un po’ più grande di te. È una brava ragazza. È seria ed è una grande lavoratrice.”

Seth non pare convinto. “E perché si sposa adesso? L’altro giorno Elko mi ha spiegato che di solito qui i ragazzi si sposano che sono ancora adolescenti: non è un po’ troppo vecchia?”

Sul volto di Nisha passa un’espressione cupa. “Liri è vedova. Suo marito è morto in un incidente di pesca tre anni fa: ha cercato di salvare un amico che era stato trascinato in acqua da una rete e sono annegati entrambi. Era un brav’uomo, molto amato qui nel villaggio.”

Il giovane arriccia il naso. “E perché non s’è risposata prima?” insiste, evidentemente intenzionato a individuare subito un difetto nella sua promessa sposa.

Liri ha un bambino, Haken: il piccolo ha cinque anni ed è completamente sordo. Nessuno ha voluto farsi carico di un simile peso, sino a ora.”

Oh.” Seth sembra preso in contropiede da quell’informazione e Annabel sgrana gli occhi, sorpresa. Haken, pensa, e la sua mente le ripresenta subito l’immagine del bambino dai capelli neri che ha visto prima tra le Sapienti. Ecco chi era, dunque, ed ecco perché era lì.

Seth se ne sta in silenzio, la fronte aggrottata e lo sguardo a terra, e la giovane si sente percorsa da un brivido strano. Seth ha sempre voluto un bambino, pensa, e adesso se ne ritrova uno tra le mani.

Il pensiero la fa tremare.

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Capitolo 8
*** 8. Sulla pelle ***


I minuti che passano da quando Seth e Annabel vengono lasciati soli a quando i due giovani escono dal tempio sono venti, e non dieci come anticipato da Elsa, ma nessuno viene a disturbarli.

Annabel non ha pianto. Gli occhi di Seth si sono velati di lacrime, ma quelli di lei no. Non c’è motivo di piangere, pensa, perché quello non è un addio: è solo un maledetto incidente di percorso, un inconveniente che supererà e si lascerà alle spalle come ha fatto con tanti altri inconvenienti che ha incontrato lungo la sua vita. In fin dei conti, un matrimonio combinato non può essere peggiore del fatto di venire abbandonata in mezzo ai rifiuti un solo giorno dopo essere venuta al mondo, no? Se è sopravvissuta a quelle prime ventiquattro ore a Yuba, sopravviverà anche a quell’anno a Huim. Senza contare che, se ne avrà l’opportunità, intende accorciare sensibilmente il proprio soggiorno in quel villaggio: ha già un piano; deve solo trovare il modo migliore per metterlo in atto.

Seth posa una mano sulla maniglia della porta e con l’altro braccio la stringe un’ultima volta. “Troveremo un modo per parlarci” le dice affondando il viso tra i suoi capelli. “Tra un anno ce ne andremo da questo posto. Nel frattempo, però, troveremo un modo per stare insieme, che a loro piaccia o no.”

Certo” annuisce decisa la ragazza. All’improvviso ha una gran voglia di uscire fuori e di andare avanti con quella maledetta cerimonia. Prima inizia e prima finisce, pensa. La cosa è inevitabile, quindi è meglio affrontarla in fretta: sarà come strappare un cerotto. Una volta fatto, avrà tutto il tempo per leccarsi le ferite e meditare vendetta.

Allora andiamo?” le chiede Seth, con la voce tremula di chi vorrebbe fare di tutto, fuorché aprire quella porta.

Andiamo” conferma lei. “Non ha senso aspettare oltre.”

Il giovane spalanca la porta e, malgrado sia determinata ad affrontare ciò che l’attende a testa alta, Annabel vacilla nel vedere la gente radunata davanti al tempio. Non che si siano aggiunte altre persone rispetto a prima, ma ora gli spettatori le sembrano malevoli e minacciosi.

Mentre scende i pochi gradini che separano la cappella dal terreno sul quale sorge, passa accanto a Kabir e Kalika. Le basta voltare di un poco il capo per incrociare gli occhi neri dell’uomo, che la studiano con una strana espressione che non sa interpretare. Annabel leva fieramente il capo e sostiene il suo sguardo, sentendo la necessità di comunicargli un messaggio. Non ho paura, pensa, e spera che Kabir colga il suo pensiero. Forse pensano di avermi convinta a fare quello che vogliono loro, ma si sbagliano di grosso.

Kabir annuisce in modo quasi millimetrico e un angolo delle sue labbra si solleva in maniera pressoché impercettibile. Ha capito, pensa Annabel, e pare approvare. Anche se non si sa spiegare il perché, il fatto di avere il sostegno del giovane la rinfranca. 

Mastro Leron si fa avanti. Sul viso ha stampato un sorriso gioviale e nulla in lui lascia intendere che ciò che è accaduto abbia rovinato il suo buonumore. “Ottimo” dice, rivolgendo un sorriso a Seth e ad Annabel. “A questo punto, direi che possiamo procedere. Iniziamo con voi due, se non vi dispiace.”

Così dicendo, l’uomo rivolge un cenno a Kalika e a Kabir, che annuiscono e si dirigono verso il tempio. Quasi tutte le Sapienti si incamminano alle loro spalle; e lo stesso fanno gli uomini che hanno accompagnato il capo villaggio, Elsa e il Maggiore Nelson. Rimangono solo il bambino, due donne di cui Annabel non conosce il nome e Mada, che riprende il suo posto tra lei e Seth. E, naturalmente, Janus e Liri, che se ne stanno immobili a ridosso del muro del tempio: lo sguardo della donna è alto e perso nel vuoto, quello dell’uomo è fisso sulla punta dei suoi piedi. 

Mentre le sfila accanto, Romed si ferma per un istante accanto ad Annabel e lei viene assalita dalla voglia di sputargli addosso. Si trattiene a stento, quando già la saliva le si è raccolta dietro le labbra. Figlio di puttana, pensa stringendo i pugni. Adesso il discorso che le ha fatto il giorno prima assume un senso tutto nuovo e la giovane sente di odiarlo. Non ha mai odiato nessuno, non veramente, ma non ha dubbi su cosa sia il sentimento che le brucia dietro lo sterno.

Il suo volto deve tradire i suoi pensieri, perché l’uomo scrolla il capo e la fissa con un’occhiata di disappunto. “Ieri, quando abbiamo parlato, mi sei sembrata una ragazza intelligente” le dice in tono basso, parlando con una strana cadenza lenta. “Adesso è il momento di dimostrarlo, Annabel.”

La giovane si sente avvampare. Vorrebbe urlare, vorrebbe colpirlo, ma le parole le si bloccano in gola e, in realtà, non ha davvero il coraggio di aggredire fisicamente un uomo adulto. Romed la percorre da capo a piedi con i suoi occhi neri e poi sparisce anche lui dietro la porta del tempio, chiudendosela alle spalle.

Il silenzio nel piazzale è quasi totale e ad Annabel sembra di udire soltanto il sibilo del proprio respiro. Per qualche secondo non vede altro che il terreno sotto ai suoi piedi, poi i suoi occhi si alzano quasi senza il suo consenso e si posano sul bambino che ancora stringe tra le mani la gonna della vecchia che gli sta accanto. 

È oggettivamente un bel bambino, lo deve ammettere. Il visino pallido è contratto in un’espressione preoccupata e la giovane si domanda se si renda conto di cosa sta accadendo. Chissà se chiamerà Seth ‘papà’, si chiede, e il solo pensiero le fa venir voglia di vomitare. Non ha nessun diritto di farlo! Pensa, forse in maniera un po’ irrazionale, provando l’impulso di attraversare la piazza e spingere via quel ragazzino dai capelli neri. Vorrebbe allontanarlo, farlo sparire dalla sua vista, perché nel profondo del suo animo avverte che potrebbe essere lui il suo vero pericolo. C’è infatti un’altra domanda a cui non osa dar voce, ma che sta comunque piantando radici nei recessi della sua mente: chissà se Seth lo chiamerà figlio. 

Annabel non vuole pensarci - soprattutto non vuole pensare a come le cose sarebbero state diverse, se l’idea di avere un bambino non le fosse sembrata tanto sgradevole, quando ancora erano a Yuba - e allora segue lo sguardo di Haken fino ad arrivare inevitabilmente a Liri.

Dovrebbe odiarla così come odia Romed, eppure nei suoi confronti non prova altro che una bizzarra curiosità bellicosa. Forse è colpa di quel suo sguardo altero, caparbiamente perso nel vuoto, o dei suoi lineamenti così perfettamente privi di espressione. Quella donna è una fortezza di ghiaccio e Annabel prova una minuscola punta di ammirazione nei suoi confronti. Ha sempre desiderato raggiungere quel livello di indifferenza nei confronti del mondo, ma i suoi scatti d’ira e il suo carattere facilmente infiammabile non gliel’hanno mai permesso.

La donna deve sentirsi osservata, perché i suoi occhi incontrano brevemente quelli di Annabel. La ragazza sa che non è educato fissare la gente, ma si sente all’improvviso coinvolta in una sfida a cui non ha deciso di partecipare. Sostiene lo sguardo di Liri e ne imita la postura, cercando di ostentare la sua stessa fredda indifferenza. Non si illude di riuscirci: il battito accelerato che avverte alla base del collo e la tensione che le fa tremare lo stomaco le fanno capire che è ben lontana dal raggiungere la compostezza dell’altra giovane.

Non è poi così importante, però: anche se non la odia, avverte comunque la necessità  di sfidarla, di attirare la sua attenzione e di farle capire che Seth è suo e che ha ogni intenzione di lottare per lui. 

Non sentirti troppo tranquilla, bella mia, pensa, piegando le labbra in una smorfia.

Le sopracciglia di Liri si aggrottano per una frazione di secondo e Annabel pensa di essere riuscita a farsi notare, ma l’istante successivo la donna è già scivolata nell’indifferenza che ha ostentato fino a un attimo prima. La ragazza contrae la mascella, contrariata. Si crede forse superiore a lei? La giovane non riesce a spiegarselo: è possibile che quella donna sia felice di sposare un uomo che non ha mai visto prima di allora? Non può aver scelto liberamente di metterselo in casa, soprattutto perché ha anche un bambino a cui pensare. 

Annabel espira lentamente dal naso e poi, senza che riesca a evitarlo, i suoi occhi scivolano verso Janus. L’uomo sembra non essersi mosso di un centimetro anche se, ora che lo guarda meglio, vede che dei guizzi nervosi percorrono di tanto in tanto il suo volto. Patetico, pensa la giovane, sentendosi sopraffare dal disgusto. Nella sua volontà di evitare ogni forma di contatto non c’è nulla della gelida eleganza di Liri: Janus sembra quasi spaventato, il suo capo reclinato parla di timore e di desiderio di evitare i conflitti, non di un percepito senso di superiorità. La ragazza sente di disprezzarlo.

Il tempo scorre lento, quasi vischioso nell’immobilità dell’attesa, ma alla fine la porta del tempio si apre rivelando Kalika e Kabir, che si stagliano sulla soglia tenendosi per mano. Nulla è cambiato nel loro aspetto, fatta eccezione per dei lampi di colore dipinti sulle loro mani. Annabel non ha modo di esaminarli con più attenzione, perchè una delle Sapienti di cui non conosce il nome si frappone tra la coppia e la gente che attende nel piazzale. La vecchia si incammina verso la strada che Annabel ha percorso per arrivare lì e i due giovani la seguono senza una parola. La ragazza si sarebbe quasi aspettata di incontrare gli occhi di Kabir, ma l’uomo tiene lo sguardo basso, concentrato sul terreno. Non che questo impedisca ad Annabel di notare la tensione delle sue spalle.

Ferma all’entrata del tempio, Nisha si schiarisce la voce. “Seth e Liri: ora tocca a voi” dice, prima di aggiungere: “Liri, porta anche il bambino: è giusto che assista.”

A un cenno della donna che gli sta accanto, Haken trotterella verso la madre e Annabel si sente sopraffare da un’ondata di nausea. È tutto vero, pensa. Sta succedendo veramente. Qualcosa nel suo petto si contorce e la giovane prova l’impulso di scagliarsi in avanti e di avvinghiarsi a Seth, impedendogli di varcare la soglia della cappella.

Ma no, si impone, stringendo le mani in un pugno. Questo è il momento di tenere la testa bassa, di fingere una rassegnazione che in realtà non prova. Il momento di reagire verrà dopo. Lei e Seth ne hanno parlato come meglio potevano nel poco tempo che è stato loro concesso all’interno del tempio: hanno concordato che il modo migliore per uscire da quella situazione è dichiarare che i loro matrimoni non funzionano. 

La sua parte le è chiara: basterà far credere al Maggiore Nelson che Janus è una persona pericolosa. Annabel pensa che forse non ci sarà bisogno di mentire: non senza una certa preoccupazione, ricorda che l’uomo è un assassino e che, stupido o meno, potrebbe essere davvero uno squilibrato. Spera che non sia così, naturalmente, ma è pronta a tutto: è determinata a difendersi con ogni mezzo e a scoraggiare qualsiasi tipo di rapporto tra lei e lo sconosciuto con cui dovrà dividere una casa.

Seth si trova in una situazione un po’ più complicata: stando a quanto ha detto Nisha, Liri è una brava persona e le leggi di Huim non dovrebbero consentire il divorzio. Dopo averci riflettuto rapidamente, i due ragazzi sono giunti alla conclusione che dovrà essere Seth a farle desiderare di non avere nulla a che fare con lui. Come? Annabel non ha una risposta, ma solo un suggerimento: il ragazzo potrebbe trattare male Haken, portando Liri ad allontanarsi da lui per proteggere il figlio. Annabel non è un’esperta di relazioni madre-figlio, ma è abbastanza certa che l’istinto materno della donna possa giocare a loro favore.

Senza dire una parola, quasi senza nemmeno respirare, la ragazza guarda il suo fidanzato - il suo ex-fidanzato, ora - procedere verso la cappella, accompagnato da Liri, che continua a tenere lo sguardo fisso davanti a sé, e da Haken, che invece alza i grandi occhi chiari sul giovane, un’espressione di sgomento sul visetto pallido.

Quando la porta si chiude alle loro spalle, Annabel permette all’aria di defluirle dai polmoni in un sibilo lento. Ancora una volta, l’attesa le pare interminabile. Mentre aspetta che venga il suo turno, cerca di estraniarsi dal mondo. È più facile, così. Non studia più Janus e ignora l’ingombrante presenza di Mada che, ora che non c’è più Seth, le si è avvicinata, forse con l’intento di infonderle un po’ di coraggio. Non sa cosa farsene, della sua vicinanza: non ha paura, è solo arrabbiata.

I minuti scivolano via e si moltiplicano. Dieci, quindici, venti: Annabel non sa quantificarli, ma il tempo ha ormai perso importanza. L’esito non può essere che uno ed è irrilevante che l’attesa duri un minuto o un’ora.

La porta si apre, segnalando che la cerimonia si è conclusa. La ragazza sente un rumore di passi, ma non alza il capo per osservare ciò che sta accadendo. Forse è un errore di cui si pentirà, ma non desidera incontrare lo sguardo di Seth e vedere che il giovane è ormai legato a un’altra persona: anche se è consapevole che si tratta di qualcosa di temporaneo, Annabel sa che quella vista la distrarrebbe, proprio ora che invece ha bisogno di concentrarsi su se stessa.

Seth lo rivedrò a breve, si ripromette. Adesso vediamo di affrontare questa buffonata.

Annabel e Janus: è il vostro turno.”

La voce di Nisha non la sorprende e la ragazza alza per un attimo lo sguardo su di lei, sperando che la smorfia che le piega le labbra esprima appieno il disgusto che prova in quel momento.

Con la coda dell’occhio vede che Mada sta protendendo una mano verso di lei. Senza conoscere l’intento di quel gesto, Annabel scrolla bruscamente le spalle per sottrarsi al suo tocco e poi marcia verso Nisha e le scale del tempio. Non si prende il disturbo di guardarsi attorno: sarà obbediente, ma non compiacente.

Anche se avverte i suoi occhi su di sé, la ragazza torna a ignorare la vecchietta, tenendo invece lo sguardo fisso sulla porta chiusa. Quello che non può ignorare, però, è la presenza di Janus che improvvisamente si materializza al suo fianco: l’uomo è una massa scura e silenziosa, alto - Annabel ricorda improvvisamente le gambe lunghe di Romed - e con un corpo solido.

La sua vicinanza la opprime, simile a un mantello troppo pesante che preme sui suoi sensi e sulla sua consapevolezza. La giovane socchiude per un istante gli occhi nel tentativo di ritrovare il proprio equilibrio e il giusto livello di indifferenza.

Andiamo” borbotta Nisha, facendo loro strada verso l’interno del tempio. La donna li scorta sino alle due sedie poste davanti all’altare, un semplice pannello di legno dipinto di bianco sul quale spicca un sole dorato. I raggi dell’astro si allungano fino a lambire i bordi della tavola e la vernice è stata lasciata colare lungo lo spessore laterale fino a creare delle piccole pozze auree sul pavimento di pietra della cappella. È un simbolismo piuttosto semplice e Annabel si chiede per l’ennesima volta come abbia fatto a finire in un posto così primitivo: forse sarebbe davvero stato meglio andare a lavorare su QZ-3.

Gli spettatori si dispongono in semicerchio alle loro spalle e Annabel sente qualcuno mormorare più volte il nome del suo futuro marito. È una voce femminile e la giovane cerca di tendere le orecchie per cogliere il senso del discorso, ma la donna parla in un tono troppo sommesso perché lei possa distinguere le parole.

Prima che possa decidere di voltarsi per vedere almeno quale delle Sapienti stesse parlando, Mastro Leron si fa avanti e si pone di fronte all’altare, posando su lei e Janus uno sguardo al contempo solenne e compiaciuto. “Ed eccoci al terzo matrimonio della giornata” sospira come se la cosa lo rendesse infinitamente felice. “Il più importante, consentitemi di dirlo: oggi è il giorno del vostro riscatto.”

Annabel non riesce a evitare uno sbuffo sarcastico e anche Janus, ancora in piedi al suo fianco, si lascia sfuggire un’esalazione quasi impercettibile. Guarda un po’, pensa la giovane, con una punta di irritazione. Pare che anche lui abbia qualcosa da ridire su questa faccenda. Come se avesse il diritto di protestare, visto quello che ha combinato!

Il capo villaggio ignora l’evidente scetticismo dei due giovani e fa loro cenno di sedere. Annabel si lascia cadere pesantemente sulla sedia, ripiegando compostamente sotto sé le gambe e facendo sparire i piedi sotto l’orlo dell’abito azzurro che le hanno fatto indossare. 

Mastro Leron si avvicina e afferra loro una mano. Quando le dita della sua mano destra sfiorano il palmo caldo e ruvido del vecchio, Annabel è scossa da uno strano tremore. Non le piace che la gente le tocchi le mani: le sembra una cosa troppo intima, un gesto che sa quasi di fiducia e controllo.

Le sue dita hanno un piccolo spasmo involontario, ma l’uomo non vi bada e stringe un poco la presa. “Sarò breve” dice, il che, per quanto riguarda Annabel, è un’ottima cosa: malgrado stia cercando di estraniarsi quanto più possibile da quello che sta succedendo, l’atmosfera all’interno della piccola cappella le sembra farsi sempre più opprimente ogni istante che passa.

Normalmente”, riprende il vecchio, “il rito del matrimonio si basa su una benedizione. Nel vostro caso, però, dovrete prima dimostrare di meritarvela. Oggi ci limiteremo quindi all’aspetto legale della vostra unione: poi, se tra un anno le cose tra di voi andranno bene e avrete dato prova di essere bravi cittadini, completeremo la cerimonia e voi potrete ricevere la benedizione del Dio Sole.”

Il Dio Sole, pensa la ragazza con un fremito di disgusto. Può mai esserci qualcosa di più banale? Se le bestie fossero in grado di formulare un pensiero appena un po’ complesso, anche loro adorerebbero un Dio Sole: questa gente non è migliore degli animali.

All’oscuro dei pensieri che stanno passando per la testa di Annabel, Mastro Leron si avvicina ancora di un passo, fino a quando le punte dei suoi piedi, calzati in delle babbucce rosse, sfiorano quelle dei due giovani. Con un cenno del capo, l’uomo invita qualcuno ad avvicinarsi: un attimo più tardi, Shiera lo raggiunge con uno scalpiccio. Ha un’espressione solenne disegnata sul volto scarno e tra le mani regge un vassoio sul quale sono posate alcune ciotoline di bronzo.

Mastro Leron le sorride e poi unisce le mani dei due giovani, palmo contro palmo. La nuova posizione costringe la giovane a voltarsi leggermente verso il suo futuro sposo, ma lei si rifiuta di guardarlo in faccia. “Dita intrecciate, per favore” dice loro il capo villaggio.

Janus obbedisce e le sue dita scivolano tra quelle della ragazza. Ha le mani grandi, decisamente più massicce di quelle di lei, con dita spesse, con i polpastrelli più ruvidi anche di quelli di Annabel, che ha passato anni a stringere viti senza l’ausilio di guanti protettivi. La pelle del suo palmo è calda e asciutta, ma la sua presa è debole, quasi non avesse la forza o il coraggio di afferrarla più saldamente.

La ragazza potrebbe ritrarre la mano, se lo volesse, e per un istante è anche tentata di farlo. È un impulso istintivo e reprimerlo le costa fatica. Però lo fa perché, per ora, dimostrare di essere collaborativa è essenziale. Le sue dita rimangono però inerti, appena curvate in una piega naturale. Non intende toccare quell’uomo, se può evitarlo.

La verità, tuttavia, è che, almeno per il momento, non può evitarlo: senza una parola, Mastro Leron le serra delicatamente le dita attorno alla mano di Janus e poi le sorrise. Annabel irrigidisce la mascella e non dice niente. Sa di avere le dita fredde e sudaticce e la cosa la rallegra: il suo tocco dev’essere piuttosto sgradevole.

Benissimo” annuisce il capo villaggio, apparentemente soddisfatto di come stanno andando le cose. “Ora dovete impegnarvi a essere buoni sposi e membri produttivi di questa società.”

Janus”, continua, rivolgendosi all’uomo che siede accanto ad Annabel, “prometti di fare quanto in tuo potere per essere un buon marito?”

Con la coda dell’occhio, la ragazza lo vede annuire. “Lo prometto” mormora. Ha una voce bassa e un po’ roca e la giovane deve tendere le orecchie per sentirlo. 

E prometti”, prosegue Mastro Leron, “di impegnarti per rendere più prospero e sicuro il nostro villaggio? Porterai il pesce alle famiglie in difficoltà, aiuterai a riparare le case che hanno bisogno di essere riparate, lavorerai nei campi, se ti verrà richiesto?”

Prima di rispondere, questa volta l’uomo esita un attimo. “Lo prometto” ripete poi.

E Annabel”, fa il capo villaggio, rivolgendosi ora alla giovane, “prometti di fare quanto in tuo potere per essere una buona moglie?”

La ragazza stringe la mano sinistra in un pugno. “Lo prometto” proclama con voce squillante. Nella sicurezza della sua mano serrata, la punta di mignolo e anulare si incrociano: un piccolo gesto scaramantico che le dà sicurezza. Prometto di fare quanto in mio potere per essere una pessima moglie, si ripromette mentalmente.

E prometti di impegnarti per rendere più prospero e sicuro il nostro villaggio? Cucinerai per chi non può permetterselo, filerai e tesserai per chi ha bisogno di abiti, lavorerai nei campi, se ti verrà richiesto?”

Annabel storce le labbra e incontra lo sguardo del vecchio. “Non so tessere né lavorare nei campi; e la mia cucina è pessima” ammette, decidendo che la sua onestà sarà apprezzata. “Ma farò del mio meglio per imparare.”

E noi ce lo faremo andare bene” la rassicura Mastro Leron. “Le vostre promesse sono vincolanti” prosegue, afferrando tra due dita una delle ciotole che Shiera porta sul vassoio. “Come vi ho anticipato, oggi non pronuncerò alcuna benedizione, ma sulle vostre mani traccerò comunque i segni che ricorderanno a voi stessi e agli altri le vostre promesse.”

Così dicendo, l’uomo intinge l’indice destro nella ciotola e quando lo ritrae Annabel vede che il suo polpastrello è ricoperto da uno strato di pittura marrone. “Il marrone è per la terra che ci nutre e sostiene” dice, e la ragazza ha l’impressione che la spiegazione sia tutta a suo beneficio: Janus probabilmente conosce già il simbolismo di quel colore e di quel gesto. Il vecchio traccia una sorta di arco che parte dal polso della giovane - sotto l’attaccatura del pollice - e termina su quello di Janus, disegnando due mezzelune sui dorsi delle loro mani.

Mastro Leron intinge poi il medio in un’altra ciotolina, emergendone con il dito coperto di pigmento blu. “Il blu è per l’acqua che ci dà il pesce, che ci disseta e che irriga i nostri campi” spiega l’uomo, tracciando un tratto ondulato sui polsi uniti dei due giovani, a mo’ di bracciale.

Il verde”, prosegue il capo villaggio, intingendo l’anulare in una ciotola che contiene quel colore, “è per le piante che crescono sulla nostra terra, che sfamano noi e i nostri animali, che ci danno frescura e legna con cui costruire le nostre barche e le nostre case.” Partendo dal punto in cui le loro mani sono congiunte, sotto l’attaccatura dei mignoli, Mastro Leron traccia una spirale che copre le loro dita e arriva a sfiorare i loro polsi, sovrapponendosi ai simboli che ha tracciato poco prima e sfumandone un poco i colori ancora freschi.

Il mignolo dell’uomo si tuffa nella quarta ciotola, quella che contiene un pigmento rosso. “Il rosso è per il fuoco che ci scalda d’inverno e che ci permette di cucinare i nostri pasti” illustra, lasciando tracce di quel colore sulle loro nocche e sull’intera estensione dei loro mignoli.

Una volta completata la sua opera, l’uomo fa cenno a Shiera di allontanarsi. Annabel nota che sul vassoio c’è una quinta ciotola che non è stata toccata. Notando forse la direzione del suo sguardo, Mastro Leron scrolla appena il capo. “Oggi non dipingerò d’oro le vostre mani” spiega. “Se ve lo meriterete, tra un anno compiremo di nuovo questa cerimonia e allora potrete portare sulla vostra pelle anche il segno del sole.”

Ne faccio volentieri a meno, pensa la ragazza, osservando il miscuglio di colori e di simboli che il capo villaggio ha disegnato sulla sua mano. La sensazione della vernice - o quello che è - che si asciuga sulla sua pelle è aliena, sgradevole e appiccicosa: esattamente come il matrimonio a cui l’hanno costretta.

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