Mirai no Destiny

di StargazingMomo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Act I ***
Capitolo 2: *** Act II ***
Capitolo 3: *** Act III ***
Capitolo 4: *** Act IV ***
Capitolo 5: *** Act V ***
Capitolo 6: *** Act VI ***
Capitolo 7: *** Act VII ***
Capitolo 8: *** Act VIII ***
Capitolo 9: *** Act IX ***
Capitolo 10: *** Act X ***
Capitolo 11: *** Act XI ***



Capitolo 1
*** Act I ***


Una folata di vento improvvisa aprì un'anta della porta finestra socchiusa, facendo gonfiare anche le tende bianche, tirate, che scoprirono così in parte la visione della luna piena. Yume si passò entrambe le mani sulle braccia scoperte, constatando infastidita che per essere metà settembre l'aria era già piuttosto fresca. Allontanò, sbuffando, le lenzuola pastello e scese dal letto, dirigendosi verso l'infisso con l'intenzione di assicurarne la chiusura con la maniglia. Il tepore della moquette accolse i suoi piedi scalzi, accompagnandola fino a destinazione. Compiuto il suo intento, la ragazza si fermò un attimo ad osservare lo scenario sottostante, oltre il terrazzino, pensierosa.
Il riverbero degli alti lampioni si rifletteva sulla vetrata davanti a lei, squarciando l'oscurità che avvolgeva le nuovamente percorribili strade di Città dell'Ovest; unito a quello delle ipnotiche insegne intermittenti delineava un'atmosfera drastricamente differente da quella di paura e devastazione in cui era cresciuta. I fanali di aircar di passaggio illuminavano brevemente i lineamenti del suo viso, in direzione di nuove eccitanti avventure, pensò lei con un una punta di amarezza. Sì, se doveva essere sincera con sé stessa, doveva ammettere che provava una sorta di avvilimento rispetto all'idea che qualcuno stesse continuando a vivere la miglior vita possibile, supportato dalla nuova condizione di benessere in continua espansione.
Yume, quindi, tirò nuovamente le tende e si appoggiò di schiena alla porta finestra avvolgendo le braccia intorno al petto. Quelle aircar erano prodotte dalla Capsule Corporation, tra l'altro. Un profondo sospiro sfuggì dalle sue labbra. Ripensò al momento in cui anche lei aveva creduto fosse diventato tutto molto più facile, quasi automatico nel realizzare i suoi progetti di vita. Il suo sguardo malinconico cadde sulla t-shirt che indossava, decisamente troppo larga, su cui era stampato proprio il logo della Capsule Corporation.
Erano passati due anni da che Trunks aveva sconfitto gli androidi e poco dopo quell'evento lei il ragazzo avevano deciso di fare un passo avanti nella loro relazione, nel modo che si era rivelato loro più naturale, finalmente liberi e felici di potersi permettere una prospettiva. Avrebbe veramente voluto che quell'entusiasmo e quell'ingenuità, frutto di una visione un po' semplicistica, fossero durati di più, tendendoli avvolti in quel piacevole abbraccio inconsapevole ancora per un po'. Un sorriso triste si dipinse sul suo volto.

La sua mente balzò, allora, al loro primo incontro. Una tredicenne sola da poco, stupidamente sicura delle sue capacità e impaziente di mettere a frutto gli insegnamenti di suo padre maestro di karate, aveva cercato di sottrargli la spada con la sciagurata idea di trovare in qualche modo gli androidi e vendicare così la morte dei suoi genitori. Il ragazzo aveva evitato il suo attacco senza problemi e le aveva domandato che razza di problemi avesse; al che lei aveva risposto, offesa dal modo in cui l'aveva neutralizzata e per il naufragio del suo ingegnosissimo piano, che poteva andare all'inferno. Ne era passata così tanta di acqua sotto i ponti da allora.  
Grazie a lui aveva potuto contaminare il suo bagaglio di conoscenze basato sul karate più puro con tipi di tecniche differenti e lei non si era risparmiata mai negli allenamenti, voleva che Trunks non ci andasse leggero solo perché era una ragazza; voleva migliorare, voleva imparare, sapeva di poterci riuscire, voleva resistere agli androidi.
Comunque non era stato affatto facile essere all'altezza del giovane, anzi aveva dovuto accettare di avere parecchi limiti, visto aveva scoperto poi essere era mezzo saiyan, una razza aliena di guerrieri dalla forza portentosa di cui suo padre era il principe.
Trunks aveva cominciato a diventare una persona sempre più importante per lei, senza che nemmeno se ne rendesse conto.
Era l'unico che gli fosse rimasto, oltre a sua madre che l'aveva accudita come una figlia, ma non era certamente solo per questo. Con lui poteva parlare di tutto, cercare di metterlo di buon umore prendendolo anche un po' in giro, farsi forza l'uno con l'altra. Quindi, tra i suoi desideri si era fatto spazio quello di potergli essere sempre più vicina e il solo pensiero di un'altra ragazza che potesse stare al suo fianco le faceva venire un nodo allo stomaco.

Per questo non avrebbe immaginato sarebbe stato così diverso tra loro una volta dichiarati. Dopo l'euforia iniziale aveva veramente cominciato a fare fatica nel capire cosa Trunks si aspettasse da lei a un certo punto e che cosa fosse giusto che lei si aspettasse a sua volta. Aveva la costante paura di sbagliare, di rovinare tutto ed era come se non riuscisse più a dimostrargli quanto tenesse a lui. Il pensiero della ventunenne corse istintivamente al giovane guerriero, a come potesse stare, se stesse dormendo in quel momento...
Strinse ancor di più le braccia attorno sé cosicché il tessuto della maglietta aderisse ancora di più alla sua pelle; Trunks le aveva permesso di rubargliela dopo la prima volta che avevano fatto l'amore. Era un modo per sentirlo ancora vicino a sé, anche se riconosceva che, forse, era un po' egoista da parte sua. Era stata lei a prendere la decisione di lasciare l'edificio giallo che aveva considerato casa per quasi otto anni perché era giunta alla conclusione che, anche se questo le aveva spezzato il cuore e non avrebbe mai creduto di doversi trovare in una posizione simile, era l'unica cosa che le restava da fare, tutto era diventato così forzato. Per questo si rendeva conto che non aveva più il diritto di sentirsi così legata a qualcosa che gli era appartenuto o a preoccuparsi per lui, ma, d'altra parte, non riusciva a impedirlo. Continuava ad essere una parte importante di lei e quello che avevano condiviso, il loro legame, aveva lasciato un'impronta nella sua vita ben prima di diventare una coppia.
Gli occhi nocciola di Yume si spostarono indolentemente dalla t-shirt sui suoi piedi, sempre nudi sul pavimento ricoperto di moquette, e fece una smorfia constatando in quel momento che non si era ricordata di pulire le unghie dallo smalto sbeccato. Non poteva presentarsi così al dojo l'indomani mattina. Scosse la testa e si allontanò dalla porta finestra. Si avvicinò, quindi, al letto e si infilò le pantofole per dirigersi in bagno a prendere il solvente per unghie; un'occhiata furtiva all'orologio digitale la informò che erano le 3:32.
Bah. Aveva fatto proprio tardi. Si passò una mano sul viso e si riavviò i capelli biondo miele che ricaddero scomposti sulle sue spalle. Il suo sguardo indugiò su una foto incorniciata accanto all'orologio: vi era ritratta lei, in fasce, in braccio a sua madre sorridente mentre suo padre, che scattava la foto, con un mano stringeva la moglie e con l'altra teneva la macchina fotografica. Non era stata riservata loro una sorte molto clemente, dopotutto. Erano stati uccisi entrambi da C17 e lei era stata risparmiata solo perché creduta morta a sua volta. Nonostante questo, niente di quello che le avevano insegnato era stato disperso o sprecato; lo sperava perlomeno. Aveva resistito anche per loro.
Yume d'istinto prese la cornice in mano e si sedette sul letto, nella penombra della stanza, mentre osservava le sagome dei due genitori impressi sulla carta fotografica, accarezzandole con il pollice. Avvertì il pungere delle lacrime nel loro tentativo di affacciarsi ai suoi occhi, ma la ragazza le ricacciò indietro. Doveva ringraziare, appunto, suo padre per averle insegnato le basi del karate, lui che era sensei in un dojo e lo praticava sin da giovane. La sua filosofia , comune a tutte le arti marziali, era sempre stata molto importante per lui, la disciplina e il rispetto che instillavano nella persona che lo praticava, a trovare la propria fermezza nello spirito. Era convinto, insieme a sua madre, che avere un impriting di quel tipo potesse rivelarsi molto utile per lei, sopratutto nel periodo storico in cui era dovuta venire al mondo.
Erano due persone con la testa sulle spalle che avevano avuto la fortuna d'incontrarsi e non avrebbero certo voluto che la loro bambina nascesse in un mondo del genere, per questo avevano fatto di tutto per darle gli strumenti per affrontarl. L'unica costante per Yume, quindi, era sempre stata l'esercizio delle arti marziali e avrebbe provato a fare quello che suo padre aveva portato avanti con molta dignità e avrebbe trasmesso i suoi valori insegnando anche lei karate in un dojo, provando a scoprire le sue potenzialità da sola.
Esitò nell'afferrare una polaroid incastrata nell'angolo destro della cornice ma poi, lasciando quest'ultima nella mano sinistra,

istintivamente l'afferrò e si focalizzò sui due protagonisti di quell'istantanea. Erano lei e Trunks stavolta. Non era riuscita a separarsene. Chissà cosa avrebbero pensato sua mamma e suo papà di lui, di quello che avevano vissuto insieme... Il momento in cui avevano scattato quella foto si riaffacciò prepotentemente tra i ricordi di Yume.

«Trunks, dai, te lo chiedo per favore...! E' una giornata importante, questa vecchia macchinetta dovrebbe ancora funzionare e dovrebbe esserci ancora la pellicola, quale occasione migliore per sfruttarla?! Stai per concretizzare tutti gli sforzi fatti da tua mamma per costruire questa macchina del tempo...!»
Dicendo così la sedicenne si avvicinò al ragazzo dai capelli color lavanda, che stava ricapitolando mentalmente gli eventi che lo avrebbero atteso all'arrivo nel passato, mettendo su un broncio deluso e cercando, così, di attirare la sua attenzione.
«Yume, non ho tempo per questo adesso, lo sai.» rispose lui, un po' seccato dalla sua insistenza.
«Ironico detto da uno che ha una macchina del tempo a sua disposizione.»
Bulma si fece scappare una risata, per poi aggiungere:
«Non ha tutti i torti.»
«Visto?!» e così dicendo la giovane incrociò la braccia con aria soddisfatta.
«E va bene, mi avete messo all'angolo...!»
Con queste parole Trunks si avvicinò a lei e, mentre le posava la mano sinistra sulla rispettiva spalla, Yume domandò:
«Bulma non vuoi unirti alla foto? »
«No, mi basta vedere le vostre espressioni felici per una volta.»
La ragazza annuì in risposta e facendo una V, in segno di vittoria, con le dita, assicurandosi di inquadrare la parola 'hope!!' scritta sulla macchina del tempo alle loro spalle, scattò l'istantanea mentre un timido sorriso si affacciava sulle labbra del diciassettenne.

I contorni della polaroid si fecero sempre più sfocati, non riusciva più a trattenere le lacrime. La foto ancora salda nella mano destra. La strinse al petto per poi, d'un tratto, sentire l'istinto di raccogliervi anche le gambe e, premendo quindi la cornice tra le cosce e il petto, la posò contro le ginocchia mentre abbracciava queste ultime in silenzio.

                                                                                   ****

La luce, ancora accesa a quell'ora tarda, si proiettava fuori dalla finestra stretta e rettangolare dell'ufficio al primo piano del tondo edificio giallo che era la Capsule Corporation e la illuminava quasi come fosse un faro a confronto con le altre immerse nel buio.
Trunks passò una mano sugli occhi stanchi, sospirando. Era tutta la serata che stava lavorando su quei contratti, valutando le condizioni che quei nuovi fornitori gli stavano proponendo per fornire loro i materiali per assemblare una nuova linea di apparecchiature mediche e gli effetti dello schermo del computer cominciavano a farsi sentire. Si allentò la cravatta e si appoggiò all'alto schienale della sua sedia girevole da ufficio. La scadenza per concludere le pratiche non era così alle porte, in realtà, quindi avrebbe potuto evitare di fare le ore piccole per questo ma concentrarsi sul lavoro teneva la sua mente occupata ed era quello che voleva.
Ad ogni modo, non era solo con questo genere di motivazione che interpretava il suo lavoro alla presidenza dell'azienda fondata da suo nonno, ma anche, e soprattutto, perché non poteva permettere che quel retaggio andasse disperso. Quindi, da due anni a quella parte, si stava veramente impegnando per riportare la Capsule Corporation agli antichi splendori dell'era pre-androidi. Si guardò intorno, seduto in maniche di camicia alla scrivania, e considerò quanto quell'edificio avesse sempre rappresentato una certezza e anche in un periodo di disperazione come quello dell'assedio si fosse rivelato un rifugio sicuro, grazie alla presenza del livello seminterrato. Infatti non era solo l'epicentro delle decisioni che riguardavano la Capsule Corp. come compagnia, ma anche la loro residenza principale. Dopo la ristrutturazione, per l'appunto, il secondo piano era tornato al suo status originario, ovvero la loro casa.

Le iridi azzurre di Trunks si spostarono quindi su una foto, in una cornice a giorno, ancora presente sulla sua scrivania. Sullo sfondo la tonda costruzione gialla, appena ristrutturata, su cui troneggiava la rinnovata scritta blu e lui che stringeva sorridente due donne: una era sua madre Bulma e l'altra era... Yume. La sua espressione si rabbuiò di colpo. Con un gesto secco capovolse la cornice a faccia in giù; ne aveva abbastanza dell'espressione da ebete che aveva in quella foto. Non riusciva ancora a capacitarsi di essere stato così stupido a credere che sarebbe durata tra loro due. Eppure, una parte di lui sapeva di dover essere onesto con sé stesso ammettendo che non c'era proprio niente di insensato nell'aver desiderato che le cose andassero meglio.
Quello che avevano lui e Yume non era qualcosa che si prestava a meschinità o frivolezza. Gli tornò alla mente il modo in cui aveva genuinamente cominciato a tenere a lei, i suoi lucidi occhi nocciola nel momento in cui le aveva detto di aver sconfitto gli androidi, di aver così vendicato anche i suoi genitori, che quell'incubo era finito... Come la ragazza l'aveva abbracciato, tra le lacrime, mentre lui la stringeva forte accarezzandole delicatamente i capelli. La sua determinazione e la sua abilità nel riuscire a prenderlo in contropiede erano altrettando scolpite nella sua memoria, come il farlo sorridere quando meno se lo aspettava o prenderlo bonariamente in giro, qualcosa che aveva permesso solo a lei.
Trunks, allora, scosse la testa pensando che doveva tornare con i piedi per terra. Non era più qualcosa che avevano, ma che avevano avuto, ormai, e doveva ficcarselo bene in testa. Anche se non riusciva ancora a spiegarsi come tutto si fosse rivelato così fragile.
Era passato un mese dall'ultima volta che si erano visti e non aveva sue notizie da allora. Aveva rispettato la sua scelta di lasciare la Capsule Corp., non l'avrebbe mai obbligata a rimanere se non era più quello che sentiva di fare. Ultimamente era stato come se non avessero più niente da dirsi o non trovassero più il modo di sentirsi vicini; questo fatto era stato un peso non indifferente per il ragazzo che si sentiva come impotente rispetto a quel solco che si era delineato tra loro. Trunks portò all'indietro con entrambe le mani le ciocche glicine rimaste fuori dal codino in cui aveva legato i capelli, lunghi fino alle spalle, mentre chiudeva gli occhi. Trasse un profondo sospiro.

«Sei ancora sveglio?! Mi avevi promesso che non avresti più lavorato fino a quest'ora...!» La voce di Bulma, sua madre, lo fece trasalire.
«Dovevo assolutamente finire di controllare le condizioni di questi contratti con i nuovi fornitori, quindi...Piuttosto che cosa ci fai da questa parti tu, mamma?»
«Certamente non potevano aspettare domattina, vero? Hanno una scadenza così stringente, devono essere inviati alle prime luci dell'alba?!» lo incalzò.
Trunks imprecò mentalmente contro sé stesso, il suo tentativo di sviarla non era servito. D'altra parte doveva aspettarsi che sua madre non avrebbe mollato la presa. Era solo che non aveva nessuna intenzione di tornare sull'argomento con lei.

«Mamma, dai...»
«Tesoro, non voglio che ti strapazzi. Mi si stringe il cuore a vederti così, sapendo di non poter fare niente per aiutarti... »
Il ventitreenne si alzò, allora, dalla scrivania a cui era seduto per andare incontro alla donna dai corti capelli turchini; le posò entrambe le mani sulle spalle, che sembravano così minute rispetto a quelle del figlio, ed esclamò:
«Non devi stare così in pena per me. Ho affrontato di peggio e ho superato tutto, no?» un accenno di sorriso increspò le sue labbra nel tentativo di rassicurarla.
«E' solo che...» si interruppe, come ripensando alla risposta che voleva dare, per poi proseguire. « Sai che io non voglio essere invadente, vero? A volte l'insonnia colpisce ancora e quindi sono scesa per controllare i progetti per la nuova aicar, ho visto la luce dell'ufficio accesa e mi sono preoccupata... Non voglio certo dirti come affrontare questa situazione. A volte, però, non posso fare a meno di chiedermi come stai. E, forse non dovrei dirtelo, ma penso anche a Yume...»
A sentire nuovamente il suo nome Trunks sentì un nodo allo stomaco e, infatti, i suoi occhi azzurri tradirono questa sensazione, ma solo per un attimo.
«Starò bene, non devi stare in pensiero per me.»  dicendo così il ragazzo le stampò un leggero bacio sulla fronte.
Bulma sospirò e il figlio aggiunse:

«Dai, andiamo a dormire
Spense la luce e si avviò con la madre lungo l'ampio corridoio.

                                                                                      ****

«Yume...! Yume...! Cavolo... svegliati! L'appuntamento al dojo è alle nove!»
«Ev...Everett che succede?» chiese la ragazza con la voce ancora impastata dal sonno, gli occhi in due fessure.
«Devi essere al dojo tra mezz'ora! Ti sei dimenticata dell'appuntamento?!»
A quelle parole Yume spalancò le palpebre di colpo, sconvolta:
«Kami..! Perché non mi sono svegliata?! La sveglia è rotta...?» fece per alzarsi, di scatto, ma non si ricordò della cornice con cui si era addormentata che, di conseguenza, le cadde per terra. La ragazza, quindi, si precipitò a raccoglierla e la sistemò frettolosamente di nuovo suil comodino, risistemando anche la polaroid al suo posto.
«No, eri tu che dormivi come un sasso. Dovresti evitare di fare le ore piccole quando sai che non te lo puoi permettere.» il tono della voce di Everett tradiva decisamente la preoccupazione da "chioccia" che a volte aveva nei suoi confronti, pensò Yume. Ritrovarlo era stata davvero una bella sorpresa, dato che non aveva idea di che fine potesse aver fatto. Si erano conosciuti grazie, in un certo senso, alla condivisione di un bunker antiatomico, con altre tre famiglie, e all'epoca avevano entrambi all'incirca dieci anni. Questo prima che decidessero di spostarsi dopo una ricognizione di suo padre circa una nuova sistemazione più sostenibile.
La ragazza, quindi, gli aveva raccontato di Trunks, dei suoi genitori, e lui si era mostrato molto dispiaciuto, ma allo stesso tempo sollevato che avesse incontrato qualcuno come il giovane presidente della Capsule Corp., per questo, se fosse stato in lei, Everett non l'avrebbe lasciato andare in quel modo. Capì, però, che la cosa migliore per Yume fosse cambiare aria e quindi la invitò a stare a casa sua.
«Grazie mille del consiglio, apprezzo molto la tua premura, ma devo proprio scappare a farmi la doccia.»
Così dicendo lo oltrepassò velocemente mentre si spogliava della maglietta e, di schiena, la lanciò dritta sul viso del ragazzo, fiondandosi nel bagno attiguo alla camera.
«Questa t-shirt... Sei sicura che ti convenga indossarla ancora? Mi rendo conto perfettamente di che razza di bendidio debba aver ospitato, ma sarebbe il momento di riporla, non so. Io lo dico per te, altrimenti non chiuderai mai la storia.» esclamò il suo amico per poi aggiungere: «Ammesso che sia veramente questo quello che vuoi, Yume.»
La ragazza dopo poco fu nuovamente fuori dal bagno e concentrò la sua attenzione su cosa indossare, come se quelle parole non l'avessero toccata, completamente in pace con la sua coscienza. Anche se doveva ammettere che una parte di lei si era sentita punta nel vivo dalla sua osservazione, infatti non era facile constatare che qualcun'altro, oltre a sé stessa, avesse notato la discrepanza nel suo comportamento. Per questo, per quanto si sentisse vicina a Everett non era affatto facile gestire il fatto che i suoi lati più vulnerabili fossero allo scoperto, aveva sempre fatto decisamente fatica ad aprirsi in quel modo con una persona nuova. Cosa che, sostanzialmente, il suo amico era; erano due persone diverse da quei due ragazzini che si erano conosciuti dieci anni prima.
Si infilò in fretta una una felpa oversize verde acqua, l'abbinò a un paio treggings grigi che aveva trovato sulla poltrona accanto all'armadio e afferrò lo smartphone. Dopo essersi messa le scarpe, un paio di sneakers nere dalla suola alta, aver legato un foulard dello stesso colore a mò di fascia per tenere indietro i capelli biondo miele, la ragazza si avvicinò alla porta finestra ed esclamò, mandando un bacio al ragazzo:

«A dopo, Everett, fammi gli auguri.»
«Mi raccomando...!»
Yume, quindi, aprì l'infissò e uscì sul terrazzino per poi spiccare il volo verso il cielo terso di quella mattina.

                                                                                        ****

Forse quella era la volta buona, pensò Trunks mentre, guardandosi allo specchio, sistemava un'ennesima cravatta sotto il colletto della camicia bianca. Ne aveva cambiate almeno cinque, quella era la sesta; nessuna lo ispirava. Stava per lanciare una nuova campagna promozionale per la Capsule Corporation e quel giorno aveva una colazione di lavoro con il direttore di una delle più importanti agenzie di marketing di Città dell'Ovest e voleva decisamente dare l'impressione di essere perfettamente focalizzato sulla direzione che voleva avesse il progetto, nonché autorevole come presidente della compagnia. Non sarebbe mai dovuta trasparire una qualche vulnerabiltà di sorta, non poteva permetterselo.
Questa era una non facile verità che il ragazzo aveva imparato sul campo di battaglia, sia contro gli androidi nel suo tempo che grazie al suo viaggio nel suo passato, esperienza di cui aveva fatto particolarmente tesoro nella quale aveva anche conosciuto suo padre Vegeta, e si era rivelato altrettanto vero negli affari.
Trunks squadrò un'ultima volta la sua immagine riflessa nello specchio, si sistemò il nodo alla cravatta, alla fine avevo scelto la regimental, e riavviò i capelli stretti in un codino. Sospirò, corrugando le sopracciglia color lavanda. Chissà cosa avrebbe pensato Gohan, suo sensei e figlio di Goku, vedendolo tutto così azzimato, a parte, forse, per i capelli che aveva deciso di far crescere. Suo padre, poi...C'erano momenti in cui stentava a riconoscersi. Era proprio sicuro di sapere chi fosse l'uomo riflesso in quello specchio? Era lo stesso che aveva sconfitto gli androidi? Lo stesso di cui Yume si era innamorata?
Scosse la testa. Doveva smetterla di dubitare in quel modo di sé stesso. Sapeva che né Vegeta, né Gohan avrebbero mai pensato niente di male su di lui, era riuscito a rimettere in piedi l'azienda ed era sicuro che entrambi sarebbero stati fieri di lui. Solo il pensiero della ragazza l'aveva colpito come una stilettata allo stomaco. Forse lei pensava che fosse cambiato...
No. Era solo un pretesto per farsi del male.
Il ragazzo, quindi, uscì dalla camera da letto di fretta, diretto verso l'ascensore. Appena questo fu al piano entrò oltrepassando il varco delle porte automatiche e premette il tasto 0. Arrivato al piano terra stava per uscire dal tondo edificio giallo ma, d'un tratto, si ricordò di essersi dimenticato di passare dall'ufficio per recuperare il contratto per la collaborazione con l'agenzia di marketing. Questo lo riportò con la mente ad un altro periodo, non riuscì a sottrarsi stavolta.


«Aspetta, Trunks...! Ti sei dimenticato il fascicolo...!»  Yume cercò di richiamare la sua attenzione mentre correva più in fretta che potè cercando di raggiungere il ragazzo, che era già con un piede fuori dall'ingresso.
«Yume, che c'è?» domandò lui, un po' sorpreso.
«Hai dimenticato il fascicolo in camera, testa di cocco! Hai fatto le pulci a ogni riga della proposta di finanziamento fino a tardi e poi te la lasci qui.» rispose lei nel momento in cui fu davanti a lui, un po' a corto di fiato.
«Kami, grazie! Non so dove ho la testa...» ribattè allora il ragazzo, mentre afferrava la cartella con un espressione un po' delusa.
«Stai pensando a un sacco di cose, è comprensibile che qualcosa sfugga ogni tanto.»
Lo sguardo pieno d'amore che lei gli rivolse sembrò improssivamente placare i suoi dubbi e le sue preoccupazioni, ma ugualmente le chiese:
«Credi davvero che riuscirò a convincere gli investitori riguardo la solidità della Capsule Corporation come azienda?»
«Ma certo, tu puoi fare qualunque cosa Trunks. Hai sconfitto o no gli androidi?»  quindi le sue labbra si incresparono nel sorriso più caloroso che aveva.
«Grazie.»
Il ragazzo si fermò un attimo ad osservarla prima di uscire, con i capelli scompigliati e la lunga camicia da notte felpata ancora addosso. Per lui era bellissima. Istintivamente allungò la mano destra per afferrare quella della ragazza mentre indietreggiava,  lei strinse la sua con altrettanta intensità, e fu costretto a lasciarla solo quando dovette uscire dall'edificio.

                                                                                          ****

Yume atterrò in un vicolo proprio accanto al dojo, stando ben attenta a non farsi vedere. Di solito, infatti, non usava il terrazzino come "punto di decollo" ma era già ritardo, quindi decise di fare uno strappo alla regola per quella volta, sperando che nessuno la notasse nel ritmo frenetico cittadino.
Sentì il suo stomaco richiamare la sua attenzione; cavolo, non aveva fatto colazione quella mattina. Proprio ora che doveva essere in forze per l'incontro. La ragazza estrasse il suo smartphone dal tascone della felpa e controllò l'ora sullo schermo, che aveva un'evidente crepa sull'angolo sinistro in alto. Aveva ancora cinque minuti.
I suoi occhi nocciola indugiarono sullo sfondo di blocco che ritraeva Trunks intento a baciarla sulla guancia mentre lei immortalava la scena, sorridente. La sua tendenza al masochismo cominciava a preoccuparla. Sistemò di nuovo l'apparecchio nella tasca e si incamminò per svoltare l'angolo, notando poi la presenza di un konbini poco distante. Era solo che non era riuscita a troncare di netto tutto quello che lo riguardava e con quelle piccole cose era come se cercasse di rendere un po' meno traumatica una situazione che già lo era di per sé. Anche se continuava a sentirsi in colpa perché non aveva avuto tutta questa cura nel preservare la loro storia nel momento in cui avrebbe dovuto e si era sentita, invece, smarrita proprio dove avrebbe dovuto sentirsi più a casa.
Uscita dal konbini, Yume stringeva in mano un dorayaki e, dopo aver dato il primo morso, alzò lo sguardò di fronte a sé con noncuranza, concentrata solo sul gusto del dolce, ma quello che vide lo fece cadere a terra per lo shock.
Trunks era lì, a pochi metri da lei, accanto alla sua aircar, ferma al bordo della carreggiata., mentre parlava al telefono. Era sempre affascinante vestito con il completo scuro. La ragazza sentì il suo battito accelerare e le sue mani raffreddarsi sempre più, cosa che le succedeva di solito quando era nervosa. I capelli legati in un codino, li aveva fatti crescere anche perché lei gli aveva detto che lo avrebbe trovato ancora più sexy con i capelli più lunghi... Chiuse la telefonata. Si voltò e la vide. Il suo istinto fu quello di indietraggiare per rientrare nel negozio, ma quasi inciampò nel piccolo gradino rischiando di cadere.

«Yume....»
Al suono della sua voce il cuore di lei perse quasi un battito e non riuscì a trattenersi oltre davanti al ragazzo, fecendo per scappare in direzione del direzione del dojo, ma lui riuscì a fermarla afferrando la sua mano destra.
«Trunks...»
esclamò con un filo di voce, mentre cercava di razionalizzare le sensazioni contrastanti che quel contatto suscitava in lei.

                                                              ****

La serratura dello sportello della cella d'ibernazione, d'un tratto, si aprì. La data impostata come termine della crioconservazione era scoccata e, quindi, quella misura di auto confinamento che aveva scelto era terminata. Due occhi scuri si spalancarono dietro l'oblo della cella. Era tornato.

                                                                                     
                                    End of Act I 


* Se siete arrivati fino a qua vi faccio i complimenti e vi comunico che avete vinto un buono per un ordine su una famosa app per cibo a domicilio...! (Anche se non vi posso dire quale per evitare pubblicità U.U anche se so che avete capito^^) Scherzo, purtroppo non avete vinto niente^^'' , però avete la mia incondizionata gratitudine per essere arrivati alla fine di questo esperimento, diciamo. Spero di non avervi tediato troppo, fatemi sapere le vostre impressioni, suggerimenti, commenti se vi va. Anche se forse non avrete più voglia dato che vi ho detto che avevate vinto, invece non era vero. >.>  Comunque, un bacio virtuale! 
*StargazingMomo

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Capitolo 2
*** Act II ***


Dall'Act I:

La serratura dello sportello della cella d'ibernazione, d'un tratto, si aprì. La data impostata come termine della crioconservazione era scoccata e, quindi, quella misura di auto confinamento che aveva scelto era terminata. Due occhi scuri si spalancarono dietro l'oblo della cella. Era tornato."

"[...] Il suo istinto fu quello di indietreggiare per rientrare nel negozio, ma quasi inciampò nel piccolo gradino rischiando di cadere.

«Yume....»
Al suono della sua voce il cuore di lei perse quasi un battito e non riuscì a trattenersi oltre davanti al ragazzo, facendo per scappare in direzione del dojo, ma lui riuscì a fermarla afferrando la sua mano destra.
«Trunks...» esclamò con un filo di voce. "

                                                                                  ****


«Scusa, non avrei dovuto.»  
Nell'attimo in cui il ragazzo cominciò a far scivolare la mano di Yume lontano dalla sua, il ritmo forsennato e ipnotico delle aircar che saettavano lungo le corsie una dopo l'altra sembrò rallentare di colpo, come per rimanere sospeso nel tempo. Il vocio insistente dei passanti, che si intrufolava molesto fino a pochi istanti prima nelle sue orecchie, ammutolito in una dimensione lontana.
Anche il suo stesso cuore sembrava aver rallentato il suo incessante battito, quasi per provare a offrire il suo contributo nel prolungare il più possibile quei secondi preziosi. D'un tratto, gli occhi castani di lei si immersero timidamente nei suoi e Trunks sentì l'ossigeno riempire i suoi polmoni per la prima volta da quando si erano lasciati, ma le sue dita stavano per sgusciare via da lui nel giro di un battito di ciglia.

«Devo andare, sono già in ritardo.»
L'affermazione sommessa della ragazza s'incastrò perfettamente con il loro distacco definitivo. Distinse le aircar riprendere la loro velocità usuale, lo strepito della folla aumentare di volume; la bolla era scoppiata. Una nuvola di capelli miele l'accompagnò mentre si voltava e proseguiva per la sua strada.
L'aveva persa e, forse, era giusto così.
La suoneria del suo smartphone lo distolse dai suoi pensieri:

«Signor Brief, ma dov'è finito?»  una voce maschile spazientita lo apostrofò dall'apparecchio.
«Mi scusi molto del ritardo, Signor Nakama, ma la mia aircar si è guastata a pochi chilometri dal ristorante. Ho appena chiamato il soccorso stradale...» non poteva certo volarsene via come se niente fosse.

                                                            ****

Yume ebbe la sensazione che le sue sneakers quasi affondassero nell'asfalto del marciapiede, come se fosse di marmellata. Tutto sembrava come distorto intorno a lei, malfermo, dubitava quasi che le sue gambe riuscissero a condurla sana e salva al dojo.
Perché si era voltata? Si era sentita improvvisamente così coraggiosa da poter affrontare quegli di cielo senza provare nulla?  . Un nodo allo stomaco le aveva impedito di respirare. Per dei secondi che le erano sembrati eterni la sua mente le era parsa alla stregua di una scatola vuota capace solo di incamerare il suo sguardo e nient'altro. Poi aveva miracolosamente ripreso il controllo di sé ed era riuscita ad articolare qualcosa per poi allontanarsi.
Inspirò profondamente ed espirò, poggiandosi alla parete ingrigita del dojo che aveva finalmente raggiunto. Non avrebbe mai voluto deluderlo, ma purtroppo si rendeva di averlo fatto, invece.

«Trunks volevo ringraziarti.»
«Per cosa, scusa?»
«Per avermi mostrato che posso ancora sperare in un futuro senza androidi. Lo devo solo a te.»
«Io dovrei ringraziare te Yume, casomai, mi hai dimostrato che ci sono ancora persone disposte a lottare e a sperare in un domani migliore.»
«Farò di tutto per non deluderti.»
«Non potresti mai farlo.»
Quelle parole ancora risuonavano nelle sua memoria, come fosse appena successo. La ragazza si voltò appena per rubare un'ultima volta con lo sguardo la sua figura, a un centinaio di metri da lei, intenta a dare indicazioni al carro attrezzi per caricare la sua aircar in panne, a quanto pareva. Yume avvicinò una mano alle labbra e soffiò un bacio nella sua direzione, poi si obbligò a voltarsi per salire le scale del dojo.

                                        ****

Lo sportello della capsula criogenica volò via, sganciandosi dai cardini, a causa del potente colpo subìto. Una mano robusta avvolta da un guanto di pelle si aggrappò al suo bordo esterno in maniera tale da darsi lo slancio per uscire, mentre uno stivale combat color nero si apprestava a posarsi sul pavimento, vittima dell'incuria, del laboratorio sotteraneo.
Il suo esperimento era riuscito. Si era risvegliato dall'ibernazione e non aveva sofferto alcun danno; il meccanismo da lui messo a punto per la riattivazione cellulare aveva funzionato a dovere e si sentiva divinamente, come non mai. Con un pugno accese l'interruttore dell'illuminazione al neon della stanza che, dopo qualche capriccio, si avviò. Mosse i primi passi nell'ambiente abbandonato a sé stesso, la polvere si sollevava dal suolo ad ogni suo movimento dandogli così, a modo suo, quasi il benvenuto.
Anche il trattamento a cui si era sottoposto, in primo luogo, durante l'ibernazione aveva dato i suoi frutti, sentiva il peso della sua nuova struttura fisica ogni volta che metteva un piede davanti all'altro. Si stava decisamente ancora abituando, ma sarebbe stata solo questione di poco tempo. Si avvicinò al tavolo da laboratorio posto a ridosso della parete destra, allontanò con un gesto secco la polvere che si era accumulata in tutti quegli anni e, osservando con un sorriso sinistro l'immagine distorta che la superficie cromata restituiva di lui, esclamò:

«Bentornato, dottor Mesuzu.»

                                                               ****

Lo shoji del dojo Hirano si aprì, scorrendo verso destra, facendo comparire sulla soglia la sagoma di Yume che, dopo aver lasciato le scarpe nel genkan, si guardò intorno nell'ingresso immerso in un bagno di sole che filtrava da una finestrella alle sue spalle, sempre sulla destra.
Si diresse in calzini verso sinistra, alla ricerca dello spogliatoio, pregando in cuor suo di non aver fatto veramente troppo tardi. Aveva risposto a un'inserzione che aveva trovato sul giornale, al che Everett le aveva detto di provarci e sicuramente sarebbe stata la persona più indicata per ricoprire un posto vacante come sensei. Era un modo un po' peculiare, a suo avviso, per cercarne uno ma d'altra parte in quella società che si stava ricostruendo dalle sue ceneri c'era spazio per qualche strappo alla regola.
Una volta trovato lo spogliatoio vi si addentrò e, portando una mano sulla tasca destra dei suoi treggings, esclamò:

«Grazie kami...!» aveva lasciato lì l'astuccio con le capsule dall'ultima volta che l'aveva usato.
Non si era nemmeno ricordata di controllare di avere tutto con sé tra i vari voli pindarici a cui si dedicava; basta però. Prese l'astuccio, cercando di non pensare a chi le ricordava, e premette il pulsante posto sulla sommità della capsula n.5: in una nuvola di fumo ecco apparire il suo karategi bianco.
Quindi Yume si svestì e lo infilò di corsa, per poi dirigersi verso la washitsu, la stanza che ospitava il tatami. Il parquet le sembrò insolitamente freddo durante il tragitto, anche se forse era solo lei ad essere nervosa. Fece scorrere lo shoji e gettò la sua prima occhiata all'interno. Non c'era nessuno. Sospirò. Non è che le avevano giocato un brutto tiro...? Il dojo Hirano sembrava rispettabile così a vedersi, non credeva sarebbe stato il caso. Forse lei era arrivata troppo tardi...

«Hiya!!»
Voltandosi repentinamente verso sinistra tutto quello che riusciì a distinguere fu una macchia bianca che si stava avventando su di lei e il suo istinto fu quello di respingere l'attacco con un calcio. La macchia lo schivò e poggiò i piedi nuovamente sul tatami.
«Così sei tu la ragazza per il posto di sensei, giusto?»
Gli occhi nocciola della ragazza si soffermarono sulle rughe che parevano quasi una cartina geografica sul volto dell'uomo che l'aveva appena interpellata.
«Sorpresa? Io sono Hirano-sensei. Come puoi notare dal mio aspetto, ho molto esperienza e sono sopravvissuto agli androidi, esattamente come te. E' stato per via dei tuoi buoni riflessi?»
L'aveva colta veramente alla sprovvista. Non si sarebbe mai aspettata un attacco così a sorpresa.
«Mi perdoni per il ritardo, Hirano-sensei...! Non era mia intenzione mancarle di rispetto!» quindi congiunse le mani e si inchinò davanti al maestro.
«Posso vedere che il tuo cuore è turbato...»
A quell'affermazione Yume sgranò gli occhi. Era così evidente? Da quale particolare l'aveva notato? Eppure aveva cercato di  reagire in maniera più rapida possibile e, infatti, anche lui aveva sottolineato i suoi buoni riflessi.
Hirano-sensei scoppiò in una sonora risata.
«Una di quelle baggianate pseudo-mistiche?! Dai, seguimi in posizione e cominciamo il combattimento.» la ragazza, però, notò che l'uomo la stava osservando di sottecchi mentre si avviava al centro del washitsu, ma sul lato opposto del tatami rispetto a lei. La sua statura non gli permetteva di superarla in altezza, che già non era esattamente una spilungona, ma in compenso si era rivelato piuttosto agile.
Si esibirono entrambi nell'inchino rituale e, lo shomen, ovvero la parete cerimoniale, alla loro destra. Hirano-sensei esordì con un pugno che Yume parò senza difficoltà, al che lui esclamò:

«Come hai cominciato con il karate? Chi ti ha dato le basi?» mentre respingeva un calcio.
«Mio padre. Sfortunatamente non ho mai avuto la possibiltà di entrare nel suo dojo, anche lui era sensei, visto che è stato distrutto dagli androidi.» si scansò per evitare un colpo di gomito.
«Mi dispiace. E' ancora in vita o...?»
Perché tutte quelle domande? Stava perdendo la concentrazione; doveva rimanere focalizzata in modo da dimostrare le sue capacità, voleva impressionarlo. Pensò di non rispondere alla domanda e procedere con una finta per poi colpirlo con uno sgambetto, facendogli perdere l'equilibrio. Sperava così di guadagnare un vantaggio e dimostrare le sue doti tecniche.
«A cosa stai pensando? Non distrarti!» l'impatto con il tatami fu improvviso e deludente.
Yume rimase immobile, a terra, constatando la sua sconfitta. Lo sguardo perso nel vuoto. Cosa aveva creduto di dimostrare?

«Forza, dammi la mano, ti aiuto ad alzarti. Come hai detto che ti chiami?»
«Ancora non l'ho detto. Comunque sono Yume, anche se non credo farà molta differenza sapere il mio nome o no.» rispose lei, afferrando la mano tesa del sensei.
«Perché dici così? Dovrei conoscere il nome del mia nuova sensei.»
La ragazza lo osservò stralunata, come se avesse ricevuto un altro colpo inatteso.
«Ma io ho perso! Mi sono comportata peggio di una principiante, figurarsi insegnare!»
«Ascolta, eri troppo concentrata a voler far una buona impressione su di me e in più io ti ho giocato volontariamente qualche brutto tiro parlandoti e cercando di far diminuire la tua concentrazione.» 
«Appunto, non sarei dovuta cadere in tranelli così banali.» era convinta di poter fare meglio.
Hirano-sensei rise di nuovo. 
«Sei piuttosto severa con te stessa, il che può essere un bene, ma non esagerare. Proprio per questo sai benissimo quali sono le tecniche migliori per ottenere un certo tipo di risultato, devi solo riuscire a gestire meglio l'emotività. Ci sono passato anch'io, non siamo certo macchine. Poi se fossi stata un bluff l'avrei capito in trenta secondi.» quindi le sorrise e aggiunse:
«Allora, vuoi rimanere ad assistere alla prima lezione di oggi? Cominci domani


                                                                    ****

«Mamma! Sono tornato.»
La voce stentorea di Trunks echeggiò nell'ingresso del piano residenziale della Capsule Corporation. Si tolse le scarpe di vernice nera nel gekkan e si infilò le pantofole; avanzò di poco in direzione del salotto, quando pensò di controllare l'ora sullo smartphone. Si fermò accanto una delle finestre strette e lunghe del tondo edificio, estrasse l'apparecchio dalla tasca interna della giacca, uno spicchio di luna si riflettè sullo schermo. Lo accese, ormai erano le venti e trentuno.
I suoi occhi acquamarina si soffermarono sullo sfondo del lockscreen, che lo ritraeva mentre dava un bacio sulla guancia di una sorridente Yume. Avevano deciso di avere impostata lo stessa immagine, magari era una vera stupidaggine però in quel momento li aveva resi felici. Chissà se adesso lei l'aveva cambiata.
Gli era sembrata così distante quella mattina. Si erano incontrati per caso e il ragazzo non sperava neanche di riuscire a rivederla così relativamente presto dopo la loro rottura, ma forse sarebbe stato meglio non incontrarsi affatto.

«Trunks, tesoro! Sei stato impegnato tutto il giorno tra quel colloquio col direttore dell'agenzia di marketing, i fornitori... vero? Spero sia andata bene col signor Nakama, raccontami tutto! Ti ho lasciato la cena in caldo.»
Bulma si affacciò dal salotto, infagottata in una vestaglia lunga fino ai piedi, a braccia aperte pronta per abbracciare il figlio.
Il ragazzo si fece avvolgere dalle braccia materne, lasciandosi sfuggire un sospiro.

«Che succede, perché quel sospirone?» gli domandò la donna, una volta allontanato Trunks da sé.
«Ho fame, ti dispiace se te lo racconto dopo che ho messo qualcosa nello stomaco?»

Dopo che il ragazzo si fu rifocillato a dovere, la madre lo incalzò:
«Allora? Qualche brutta notizia?»
«No, non proprio. Con Nakama alla fine è andata bene, ha deciso di occuparsi della nuova campagna di marketing, anche se sono arrivato in ritardo perché l'aircar è andata in panne.»
L'espressione sorpresa di Bulma non fece che aumentare nel momento in cui lui le disse:
«Così ho incontrato Yume.»
«Come stava? L'hai trovata bene? Secondo te mangerà abbastanza?» non poteva trattenere quell'istinto materno che aveva sempre avuto anche nei confronti della ragazza, avendole messo un tetto sopra la testa da che era tredicenne, pensò Trunks.
«Non mi assillare di domande, ma! Credo di sì. Comunque è stato solo un attimo, non ci siamo detti nulla, praticamente.»
«Ma che faceva? Dove stava andando?»
Il ragazzo si passò due dita sulla base del naso e rispose:  
«Andava in direzione di un dojo poco distante.»
«Beh, avrebbe tutte le carte in regola per lavorarci. Potrei farle visita...!»
«Mamma!»
«Senti, io non le fatto niente, quindi potrebbe anche volermi vedere! Io sono la cosa più simile a una madre che ha, dopotutto.»
A seguito di queste parole, la donna raccolse le stoviglie sporche e uscì dalla sala da pranzo. Trunks si tolse del tutto la cravatta, che lanciò lontano, e accese la televisione. Chissà se davano qualcosa in grado di distrarlo.

                                                                                                                                End of Act II

 

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Capitolo 3
*** Act III ***


Dall'Act II:

"[...]Si avvicinò al tavolo da laboratorio posto a ridosso della parete destra, allontanò con un gesto secco la polvere che si era accumulata in tutti quegli anni e,osservando con un sorriso sinistro l'immagine distorta che la superficie cromata restituiva di lui, esclamò:
«Bentornato, dottor Mesuzu.» "

Ma io ho perso! Mi sono comportata peggio di una principiante, figurarsi insegnare!»
«Ascolta, eri troppo concentrata a voler far una buona impressione su di me e in più io ti ho giocato volontariamente qualche brutto tiro parlandoti e cercando di far diminuire la tua concentrazione.»  [...]  Allora, vuoi rimanere ad assistere alla prima lezione di oggi? Cominci domani» "

"[...] Gli era sembrata così distante quella mattina. Si erano incontrati per caso e il ragazzo non sperava neanche di riuscire a rivederla così relativamente presto dopo la loro rottura, ma forse sarebbe stato meglio non incontrarsi affatto. [...] Trunks si tolse del tutto la cravatta, che lanciò lontano, e accese la televisione. Chissà se davano qualcosa in grado di distrarlo. "

                                                                               ****

«Everett..!»
Yume chiamò entusiasta il suo amico nel momento in cui mise piede nell'appartamento illuminato a giorno. Era rimasta praticamente fino a sera al dojo con Hirano-sensei e aveva anche contribuito, poi, alle lezioni in veste di assistente del maestro nel mostrare le varie tecniche agli allievi e la loro esecuzione.
Schermandosi gli occhi, attraversò il soggiorno per posare sul tavolo basso tradizionale la busta con il sushi, che si era fermata a prendere per cena in un ristorante poco distante per festeggiare, e quindi afferrò il telecomando posto lì vicino per regolare la luminosità dei faretti a binario posti ai due lati opposti della stanza. Era troppo forte, caspita, come faceva a non dargli fastidio?! Il ragazzo aveva questa malsana abitudine si spararli al massimo.

«Yume, cara! Deduco dal tuo tono di voce che è andato tutto benone! Hai fatto quest'ora, infatti...!» nei suoi occhi neri, però, passò un lampo di delusione nel momento in cui, uscito dalla sua stanza, si accorse che lei aveva abbassato l'intensità della luce. «Perché l'hai fatto? Non ci si vede niente! Non siamo più in ristrezze, che per miracolo avevamo una lampadina...! Adesso la rialzo.»
Fece per prendere il telecomando ancora appoggiato sul tavolo, ma la ragazza fu più lesta.
«Non è così bassa..! Ti farà male agli occhi, Everett!»
«E sia. Ma almeno ho goduto!» si avventò sull'amica e fece per sfilarle l'oggetto dalle mani; nonostante i tentativi di lei per allontanarlo il giovane era un po' più alto e non ci mise più di tanto ad impossessarsene.
«Ah, ce l'ho fatta! Zac!» e così dicendo alzò nuovamente la luminosità.
«Everett non farmi arrabbiare. Lo sai che non scherzo.» quindi Yume incrociò le braccia e lo fissò con fare minaccioso.
Sapeva che non avrebbe retto il suo sguardo. Non le andava proprio di litigare per la luce. O forse non le andava di perdere per un motivo così stupido.

«No, non riuscirai a intimorirmi...! Scometto che questo trucchetto non funzionava con Trunks o sbaglio?»
Le braccia della ragazza ricaddero sui fianchi come se avessero improvvisamente perso la forza di rimanere intrecciate intorno al suo petto.
«Sai oggi l'ho incontrato, ora che mi ci fai ripensare.» esclamò quindi lei, mordendosi la parte interna della guancia destra.
Everett sgranò gli occhi. 
«Cavolo. Non potevo immaginarlo. Non volevo fare lo str...»
«Sì, un po' volevi. Volevi fare leva, comunque, su un mio punto debole, per il tuo stupido tornaconto. Ma nella mia immensa magnanimità ho deciso di perdonarti.» ribattè Yume con fare esageratamente melodrammatico.
«Grazie, la tua saggezza mi illumina sempre la via.» rispose con lo stesso tono il ragazzo. Poi aggiunse:
«Perché non andiamo a mangiare questo bel sushi in terrazza di sopra?»

Ogni volta che i due ragazzi salivano sulla cima del palazzo rimanevano sempre senza parole alla vista del panorama di Città dell'Ovest di cui si godeva da quell'altezza.
«Sai cosa stavo pensando? Anche se ultimamente mi è stato difficile sentirmi parte di questo fermento, noi non abbiamo veramente conosciuto altro durante la nostra vita a parte la devastazione e l'impoverimento di ciò che ci circondava, quindi, anche ora, come negli ultimi da due anni, tutti, compresa me, dovrebbero comunque continuare a preservare il valore e ciò che rappresenta il risveglio di questa città e del mondo perché abbiamo combattuto a lungo per ottenerlo.»
La ragazza esclamò queste parole di getto, dopo aver posato la lattina di birra sul cornicione accanto al vassoio monouso di sushi semi vuoto.
«Già, è vero. Per questo, da quando ci siamo rincontrati, ti dico che è questo il momento di vivere la vita, di lasciarsi finalmente alle spalle tutto quel dolore. Noi, tutti intendo anche chi non lo sa, dobbiamo molto a Trunks. Sono serio, non si prende abbastanza meriti per questo.» quindi Everett indicò lo scenario davanti a sé, ancora con la lattina in mano.
«No, non l'ha mai fatto.» gli occhi nocciola di Yume assunsero un'espressione trasognata, ripensando al modo in cui il ragazzo aveva sempre combatutto per quello che sentiva giusto, per dare speranza, non lasciare che tutto fosse inghiottito nell'oblio, non certo per il suo ego.
«Guarda la mia piccola Yume, tutta innamorata...! Che carina.» così dicendo il suo amico le avvolse un braccio attorno alle spalle e la scosse leggermente.
«Zitto...! Non è così.» le guance erano ormai in fiamme.
«E' andata così male oggi con lui?»
«Non ero preparata. E' diventato tutto così strano tra noi... Ma questo non per via della rottura. E' la causa della rottura.»
Everett si passò una mano sull'ombra di barba corvina. «Forse non è giusto che getti la spugna con lui. Non puoi mai saperlo, magari potreste avere un'altra possibilità. Adesso hai anche un buon lavoro...»
La ragazza mantenne lo sguardo fisso di fronte a sé, poi lo abbassò sulle sue unghie, soppesando le parole del ragazzo.
«Rimango sempre io quella che n'è andata. Non posso fare il bello e cattivo tempo. Tu, però, sei un buon amico, mi ascolti sempre.»  quindi accennò un sorriso.
«Lo so.»

                                                                 ****

Si era esercitato per tutto il giorno per prendere confidenza con la sua nuova fisicità e controllare i suoi nuovi poteri. Mesuzu stirò i bicipiti a fatica contenuti nelle maniche della giacca di pelle marrone. Il soffitto del laboratorio seminterrato aveva minacciato di crollare un paio di volte, ma alla fine aveva retto. Si sentiva potente come non mai. Finalmente aveva portato il suo corpo al livello della sua mente, niente e nessuno lo avrebbe più potuto fermare.
Con disprezzo pensò a Gero, il suo ex collega scienziato, ammazzato dalle sue stesse 'creature', quegli androidi. Solo un cialtrone come lui avrebbe potuto fare una fine tanto miserabile. Cosa aveva sperato, che quegli esseri avrebbe condiviso con lui il dominio sul mondo? Che patetico fallito!
Mesuzu era più che mai intenzionato a scoprire cosa ne fosse stato di loro. Aveva passato gli ultimi vent'anni in quella capsula criogenica a farsi somministrare quel trattamento anabolizzante ottenuto tramite una formula di sua invenzione che aveva messo a punto in dieci anni; a trent'anni aveva deciso di fare da cavia al suo stesso studio. Ed era rimasto fermo a quell'età praticamente, ma con un notevole miglioramento di forma.
L'uomo pensò che se fossero stati ancora in giro, li avrebbe terminati con le sue stesse mani, così non avrebbero intralciato i suoi piani. Lui era a conoscenza di qualcosa di cui quell'idiota di Gero non sospettava neanche l'esistenza. Sulla parete destra del laboratorio, poco lontana dalla capsula, vi era una cassaforte incassata che conteneva una vecchia cartella in cui erano appuntati i risultati dei suoi primi esperimenti per la sintesi delle formula chimica che lo avrebbero portato al conseguimento del suo distillato miracoloso; era la cosa più preziosa che avesse. Ruotò la rotella della cassaforte, inserendo la combinazione, e questa si aprì senza sforzo. Eccola, intatta, come non fosse passato neanche un giorno da che l'aveva riposta lì. La sfogliò rapidamente, ecco quello che cercava. Un articolo di giornale recitava:

" Capsule Corporation di nuovo azienda leader nel mercato tecnologico- Intervista esclusiva al suo fondatore, il Dottor Brief"

Già, Brief. Rivale di Gero, secondo quest'ultimo. Mesuzu credeva che quel placido uomo non aveva mai neanche minimamente percepito quello scienziato da strapazzo come tale. Ma quello che gli interessava non era questo; era qualcosa che era riuscito ad ascoltare, per puro caso, durante un convegno della Capsule Corp, ormai trent'anni prima, appena ventenne: Brief stava parlando al telefono con la figlia, durante una pausa, che lo informava di voler andare alla ricerca delle Sfere del Drago per realizzare il suo desiderio di avere un bel fidanzato. L'uomo l'aveva ripetuto tra sé e sé, come a voler realizzare la cosa, poi però non aveva battuto ciglio e aveva dato l'assenso alla ragazza.
Mesuzu osservò la foto del tondo edificio sulla pagina dell'articolo. Chissà se era ancora in piedi. Chissà com'era in superficie. Decise che era arrivata l'ora di fare capolino. Un fascio di luce si proiettò fuori dalla sua mano destra, calcinacci piovvero su di lui; si sollevò dal suolo e imboccò l'uscita appena creata.

                                                                  ****


La sua mano robusta scivolò languidamente sotto alla t-shirt che la ragazza indossava, quella che lui le aveva lasciato dopo la loro prima volta. Avvertì il calore della sua pelle morbida, accarezzò il suo addome snello, fece roterare il pollice intorno al suo ombelico.
«Trunks...» mormorò lei, la voce ancora impastata dal sonno.
«Buongiorno...» rispose lui, facendo scorrere la mano più su, fino a raggiungere le rotondità del suo seno sinistro. La sentì gemere piano sotto il suo tocco delicato.
«Trunks...»
Si abbassò per baciarla, mentre le dita di lei si avventuravano lungo la sua schiena atletica e disegnavano motivi incomprensibili, astratti ma che erano sufficienti a fargli scorrere brividi lungo la spina dorsale.
La ragazza si strinse forte a lui nel momento in cui si sistemò sopra di lei, i suoi grandi occhi nocciola, ancora un po' assonnati, nella penombra della camera erano come una calamita per lui. Afferrò con entrambe le mani il bordo della t-shirt per aiutarla a sbarazzarsene...

«Buongiorno ascoltatori di West City Radio, come state oggi?»
La voce dello speaker radiofonico proveniente dalla radiosveglia irruppe nelle orecchie di Trunks, distruggendo la sua illusione. Era stato solo un sogno. Allungò il braccio destro verso la metà del letto vuota. Era veramente patetico. Oltre che un egoista. Era facile compiacersi a quel modo, ma quanto era riuscito ad dimostrare a Yume quello che provava per lei nell'ultimo periodo della loro relazione? Aveva permesso che quella distanza tra loro divenisse sempre più incolmabile. Si passò una mano tra gli scompigliati capelli glicine che ricaddero incuranti sulle sue spalle massicce. Quindi si alzò dal letto, dirigendosi verso il bagno attiguo alla camera; aveva bisogno di una doccia fredda.

«Presidente Brief, ho firmato la bolla per la consegna di quei componenti per le nuove aircar, non mi faccia essere più specifica perché non so cosa siano.»
La voce di Doris, la segretaria, dall'interfono lo distrasse dalla compilazione del rendiconto finanziario al computer. Era simpatica, pensò, aveva più o meno l'età di sua madre, ma quasi ogni sera usciva per andare a qualche speed date organizzato dai vari locali in centro. Aveva detto che avrebbe trovato finalmente anche lei l'amore; kami sapeva dove trovava tutta quell'energia.
«Grazie, Doris. Avverto mia madre, così scende nel reparto ingegneria.»
Il tempo di lasciare il pulsante dell'interfono che una nuvola di polvere e detriti lo colpì. Trunks si schermò gli occhi con un braccio; ma che diamine stava succedendo?! Che cos'è era quell'improvvisa esplosione?! Appena la nube si diradò, una sagoma cominciò a delinearsi nel varco che aveva appena causato.
«E così eccola qua, la famosa Capsule Corporation. Anche questa ricostruita, infatti. Il tizio non mentiva.»
«Si può sapere di che stai parlando?! Chi diavolo sei?!»  lo apostrofò il ragazzo, stringendo i pugni fino a far diventate bianche le nocche.
«Oh, perdonami. Non mi sono presentato. Io sono il dottor Mesuzu. Sono una vecchia conoscenza di Gero, ma non ci tengo affatto ad essere accomunato a lui.»
Gero?! Trunks sgranò gli occhi azzurri. Cosa intendeva? La polvere, finalmente, si posò e potè osservare completamente la figura di quell'individuo: i suoi stivali combat neri non si fecero alcuno scrupolo a farsi largo tra le macerie di quella parete  del suo ufficio come arrogandosi il diritto di essere lì. L'espressione del giovane Brief s'inasprì nel momento in cui distinse le iridi grigie dell'uomo e il suo ghigno beffardo, mentre passava la mano destra, avvolta in un guanto di pelle, sulle mandibole coperte da lunghe basette color ruggine.
«Dottor Mesuzu?! Quale sarebbe il collegamento tra te e Gero?!»
«Mettiamola così, ero un suo allievo, diciamo. Ma ho capito subito che un fallito e non avrebbe mai ottenuto niente dai suoi esperimenti o almeno non quello che sperava.»
Trunks lo osservò addentrarsi nella stanza, guardarsi intorno, come a cercare di carpirne i segreti, l'essenza; non poteva sopportare oltre quella inaccettabile intrusione. Fece per parlare, ma l'altro lo anticipò:
«E così gli androidi hanno imperversato per circa vent'anni, eh? Stando a quello che mi ha detto il tizio a cui 'ho chiesto informazioni' in città. Abbastanza, peccato che Gero non ne abbia benificiato in alcun modo...! E sono stati sconfitti da un paio d'anni.»
Il suo sguardo si posò quindi sul ragazzo e continuò: «Tu sei il nipote del dottor Brief? Non puoi essere suo figlio, avresti la mia età...! Io non li dimostro solo perché ho passato gli ultimi vent'anni in ibernazione e mi sono sottoposto a un trattamento che mi ha donato questo fisico...! Comunque, non sono qui per parlare di me, non ora. Tu hai sconfitto gli androidi, vero? Non so come tu abbia fatto, guardandoti, ma non vedo altre alternative.»  una risata agghiacciante si diffuse nella stanza.
«Vieni al dunque, cosa vuoi? Non ho tempo da perdere con te!» lo incalzò, quindi, il ragazzo.
«D'accordo, neanche io ne ho...» si ammutolì per un attimo e i suoi occhi grigi come l'acciaio si posarono su un attestato appeso al muro di fronte a lui. «...Trunks. Voglio che tu mi dica come poter utilizzare le Sfere del Drago.»
Le Sfere del Drago ?!
«Sono inutilizzabili da tempo! Sono dei sassi, non servono a niente.»
Trunks notò lo smarrimento nei suoi occhi, evidentemente non si aspettava una risposta simile. Incrociò le braccia, avvolto nell'elegante completo scuro, e aggiunse:
«Sarà meglio che togli subito le tende o ti farò pagare cara la tua visita.»
«Tu la farai pagare cara a me? Divertente. Voglio sapere come riattivarle, perché presumo ci sia un modo, giusto?»
«Non è facile come credi. Comunque, non te lo dirò mai.»  rispose con voce ferma.
«Ne sei proprio sicuro? Forse un modo per convincerti lo trovo.»
Mesuzu in pochi passi fu vicino alla scrivania del ragazzo e afferrò la cornice ancora rivoltata in giù, dicendo:
«Cosa abbiamo qui? Vediamo. Era rivoltata in giù perché in questa foto c'è la tua ex ragazza, vero? Questa qui ovviamente.» e indicò la figura di Yume sorridente stretta a Trunks. Il giovane serrò la mandibola. «Non male, ma non è lei che mi interessa, non saprei neanche dove trovarla. Quest'altra, è tua madre, giusto?" Questa volta puntò il dito verso Bulma, dall'altro lato.
«Non ti azzardare!»
«Credo proprio di sì, invece. Posso andare su, vero? »
Un fascio d'energia saettò dalla sua mano destra, traforando il soffitto. In un attimo levitò dal pavimento e si diresse verso il piano di sopra
«Maledetto, non te lo permetterò!»
Trunks incrementò il suo ki e lo seguì attraverso lo squarcio.

                                                                                          ****


«No, guarda, adesso te lo spiego un'altra volta.»
Yume fece perno sulla gamba destra, mentre con l'altra si esibiva in un poderoso calcio.
«D'accordo, Yume-sensei, ci provo ancora.» la bambinetta di sei anni replicò con molta attenzione i movimenti della ragazza e, questa volta, riuscì a completare la tecnica senza cadere.
«Ce l'ho fatta! Voglio diventare forte come te, Yume-sensei!»
«Io sono sicura che ci riuscirai dovrai solo migliorare un po' la coordinazione.» rispose lei, con un sorriso. Caspita, le faceva un certo effetto essere chiamata maestra ed essere considerata un esempio. Senza contare che quella bambina le ricordava un po' sé stessa, anche se lei sarebbe potuta crescere in un mondo in pace, fortunatamente.
Percepì un'improvviso aumento del ki di Trunks; cosa stava succedendo?

«Hirano-sensei mi devo allontanare urgentemente! Tornerò presto, non si preoccupi, ad ogni modo la mia lezione è quasi finita! Mi scusi!»
Appena pronunciate queste parole la ragazza corse in direzione dello shoji che dava sul cortile interno e spiccò il volo in direzione della Capsule Corporation, notando con la coda dell'occhio lo sguardo stupito dell'anziano maestro.
                                     

End of Act III







 

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Capitolo 4
*** Act IV ***


Dall'Act III:

"
«Dottor Mesuzu?! Quale sarebbe il collegamento tra te e Gero?!»
«Mettiamola così, ero un suo allievo, diciamo. Ma ho capito subito che un fallito e non avrebbe mai ottenuto niente dai suoi esperimenti o almeno non quello che sperava.»  [...]  «Vieni al dunque, cosa vuoi? Non ho tempo da perdere con te!»
«D'accordo, neanche io ne ho...» si ammutolì per un attimo e i suoi occhi grigi come l'acciaio si posarono su un attestato appeso al muro di fronte a lui. «...Trunks. Voglio che tu mi dica come poter utilizzare le Sfere del Drago.»
«Sono inutilizzabili da tempo! Sono dei sassi, non servono a niente. [...] Non è facile come credi. Comunque, non te lo dirò mai.»
«
Forse un modo per convincerti lo trovo [...] Quest'altra, è tua madre, giusto?»
«Non ti azzardare!» "

"[...] Yume percepì un'improvviso aumento del ki di Trunks; cosa stava succedendo? [...] Appena pronunciate queste parole la ragazza corse in direzione dello shoji che dava sul cortile interno e spiccò il volo in direzione della Capsule Corporation."


                                                                         
****

I suoi passi pesanti ma rapidi echeggiavano sul pavimento dell'ampio corridoio del piano superiore del tondo edificio giallo,  un ghigno compiaciuto incurvava le sue labbra, mentre era alla ricerca della  madre dello sbarbatello che lo stava inseguendo.
«Non ti illudere di riuscire a farle del male, non te lo permetterò!»
«Tu non dovresti illuderti, mi darai le informazioni che mi servono.»
Appena scorse la fine del corridoio che si apriva nello spazioso salotto, Mesuzu si voltò per cercare di carpire dal grado di preoccupazione nello sguardo del ragazzo quanto fosse vicina la donna.
«Ci siamo quasi!»
Messo piede nell'ambiente, i suoi occhi grigi si posarono sulla figura femminile che se ne stava tranquillamente seduta al tavolo rettangolare, mentre sorseggiava da una tazza e leggeva una rivista. Si fermò. La donna lo vide, sgranò gli occhi azzurri. Bene. Un'espressione che non avrebbe ottenuto vent'anni prima, la paura che vi lesse stava a significare che la sua figura e l'impressione che dava, finalmente, corrispondeva a quella che aveva sempre agognato.
«Mamma, presto, vai a nasconderti!» esclamò Trunks, da dietro di lui.
«Ma si può sapere che diamine succede?! Chi è questo tizio? Come ha fatto a entrare?!»
«Mi scusi tanto, signora, non ci vorrà molto.» in seguito a queste parole, Mesuzu fece per avanzare in direzione di Bulma, ma il ragazzo glielo impedì librandosi sopra la sua testa e atterrando davanti a lui.
«Ti ho detto che non te l'avrei permesso.»
Quindi si tolse la giacca del completo e la cravatta, avvolse la maniche della camicia; al che il suo avversario non si fece sfuggire l'occasione di sbeffeggiarlo:
«Ne hai ancora per molto?»
A quell'affermazione Trunks si scagliò contro di lui con il primo pugno; lo scienziato lo parò senza scomporsi e rispose con un calcio diretto alle costole che il ragazzo schivò agilmente. E pensare che gli sarebbe bastato un piccolo calo di concentrazione da parte sua e avrebbe potuto facilmente arrivare alla madre che stava strillando come un'acquila contro di lui, invece di stare a sentire il figlio e a provare, quantomeno, a rendergli le cose un po' più difficili andando a cercare un nascondiglio.
«Yume...!»
D'un tratto lei esclamò, attirando l'attenzione di Trunks che rivolse lo sguardo oltre la sua spalla; Mesuzu non esitò un secondo e con un scatto repentino, scaricò un diretto sulla mandibola del giovane, che finì a terra.
«Non avresti dovuto guardare altrove!» l'uomo si voltò ,quindi, verso la ragazza ed aggiunse:
«Tu sei quella della foto? Sei qui perché avete ancora qualche tipo di legame mistico e ti sta ancora a cuore, vero?»
Una risata sguaiata esplose nella stanza.
L'espressione smarrita di lei fece comparire sul suo viso un sorriso sghembo, compiaciuto, ma non durò molto perché all'improvviso Mesuzu venne come accecato da un vivo bagliore e fu violentemente colpito all'addome, tanto da inginocchiarsi tenendo un braccio intorno allo stomaco dolorante.

«Anche tu non avresti dovuto guardare da un'altra parte.»
Ma che diavolo era successo?! Che era razza di trucco era? Questo non l'avrebbe potuto davvero immaginare e la cosa lo imbestialiva decisamente. Così quel fighetto nascondeva un'abilità del genere... Bastardo. Ma lui non aveva sfoderato ancora tutte le sue carte, aveva appena cominciato a scoprirle lui stesso.. Riuscì a distinguere, ancora ad occhi chiusi, un rumore leggero di passi e la ragazza che diceva all'altra:
«Andiamo Bulma, ti porto al sicuro, lasciamo che Trunks si occupi di questa seccatura.»
«Yume, posso chiederti di portarmi la mia spada? La trovi al solito posto.»
«Certo.»
Una seccatura. Pensava di potergli tagliare la testa come niente, magari? Già aveva deciso che quella ragazzina aveva la lingua troppo lunga.
«Non ne hai abbastanza? Se togli il disturbo ora non infierirò su di te, ma sono pronto a farlo nel caso tu non decida di seguire il mio consiglio.»
Mesuzu, non più preda del dolore ma ancora inginocchiato, lo osservò nella sua avvolgente aurea dorata:
«Ti senti molto magninimo da parte tua, grazie a questo trucchetto, non è vero? Beh, anch'io ne so usare qualcuno!»
In un balzo fu di nuovo in piedi e, dopo aver incrementato il suo ki, cominciò a generare una sfera d'energia nella sua mano destra, in un guanto di pelle, che sembrava emettere come delle scintille.
«Avrai compreso, ormai, che sono perfettamente in grado di utilizzare l''energia spirituale sotto questa forma, come credo anche tu sappia fare. Io ho passato a studiarla dieci anni della mia vita, cercando di capire se le voci che sentivo da sedicenti maestri d'arti marziali fossero vere e se fosse possibile massimizzare il suo potenziale senza sforzo. Così ho messo a punto una formula che mi permettesse di sviluppare il mio potenziale senza che io mi sprecassi in inutili ed estenuanti allenamenti, sapendo che con il tipo di fisico che mi ritrovavo non sarei mai riuscito ad ottenere un bel niente. Mi sono ibernato vent'anni fa, poco dopo l'eliminazione di Gero per mano degli androidi, e l'infuso miracoloso di mia invenzione si è instillato poco per volta nel mio corpo ed ha funzionato! Ho guadagnato due decadi di vita e non mi sono mai sentito più potente, più in grado di raggiungere i miei scopi.» si fermò un attimo, quasi come a gustare il senso di quello che aveva detto e poi riprese:
«Anche se ho ancora un ampio margine di miglioramento, non avrei dovuto farmi sorprendere da te. Comunque, la tua dolce Yume, giusto? Sta per tornare con la tua spada, sei pronto a rischiare la sua vita? E' ancora importante per te o sbaglio? Valgono più alcune banali informazioni sulle Sfere del Drago o la sua incolumità?»
Mesuzu constatò dalla sua espressione di essere riuscito a destabilizzarlo, ma Trunks ribattè:
«Yume sa benissimo difendersi da sola.»
«Non ne dubito, avete in comune questa passione per il combattimento, deduco. Ma lei resta pur sempre una ragazza, per quanto allenata può essere, non potrà sottrarsi agli effetti di questa piccola sfera. Devi sapere che non  ki blast qualunque, una volta colpito il suo bersaglio non si limita a questo, ma continua a emettere delle scariche, come piccolo elettroshock in sequenza. Questo potrebbe condurla a una morte lenta e dolorosa, una ragazza nel fiore degli anni, scometto che non potresti mai perdonartelo, non è così?»
Nel preciso istante in cui aveva finito di parlare così, la giovane comparve sulla soglia del salotto, alla destra di Mesuzu, con la spada, nel suo fodero, sotto il braccio sinistro e la mano destra posata sull'elsa.
«Trunks....?»
«Beh, tempo scaduto. Sono sicuro che se la vedrai soffrire un po' deciderai di collaborare.»
Fu questione di pochi secondi, lo scienziato vide rispedirsi al mittende la sfera energetica e non ebbe neanche il tempo di capire come avesse fatto che dovette già pensare a come schivare il colpo.
Il ki blast, quindi, si incastonò nella parete alla sua sinistra, accanto alla stretta e lunga finestra rettangolare, lasciando un piccolo buco nell'estinguersi spontaneamente.
Mesuzu si voltò verso Yume e vide che stava brandendo la spada come fosse mazza da baseball con cui aveva respinto la sua pallina elettrificata.

«Trunks, al volo!» con queste parole la ragazza lanciò l'arma al suo legittimo proprietario, che l'afferrò senza difficoltà.
«Mettiti al riparo.»
«Sarà meglio.» così scomparve di nuovo, imboccando il corridoio.
«Avevo detto che si sapeva difendere da sola.»
«L'avevo sottovalutata.»
Non ci fu altro tempo per le chiacchiare che sentì il freddo della lama sulla sua gola. Sapeva di essere in svantaggio. Il suo fisico non era ancora al massimo delle potenzialità e doveva ancora padroneggiare completamente le sue nuove abilità. Aveva creduto che quel livello bastasse, ma si era dovuto ricredere. Quel fighetto e la ragazzina erano due spine nel fianco. Avrebbe dovuto studiare un piano migliore per ottenere la sua "collaborazione" per l'utilizzo delle Sfere.
Respinse con fatica l'attacco di Trunks, spingendo con entrambe le mani la spada lontano da sé. Lo scienziato balzò all'indietro e in un istante fu fuori dalla finestra alle sue spalle.

                                      End of Act IV


 

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Capitolo 5
*** Act V ***


Dall' Act IV:

"Non ci fu altro tempo per le chiacchiare che sentì il freddo della lama sulla sua gola. Sapeva di essere in svantaggio. Il suo fisico non era ancora al massimo delle potenzialità e doveva ancora padroneggiare completamente le sue nuove abilità. Aveva creduto che quel livello bastasse, ma si era dovuto ricredere. Quel fighetto e la ragazzina erano due spine nel fianco. Avrebbe dovuto studiare un piano migliore per ottenere la sua "collaborazione" per l'utilizzo delle Sfere.
Respinse con fatica l'attacco di Trunks, spingendo con entrambe le mani la spada lontano da sé. Lo scienziato balzò all'indietro e in un istante fu fuori dalla finestra alle sue spalle."


                                                                                                       ****


Trunks rimase ad osservare per qualche istante la finestra frantumata davanti a sé, per poi abbandonare la trasformazione in Super Saiyan. Strinse forte l'elsa della sua spada, ancora nella sua mano destra. Quel Mesuzu era un folle. Corrugò le sopracciaglia color glicine. Pensare di poter utilizzare le Sfere del Drago... A che scopo? Che cosa aveva in mente?
«Trunks...? Il campo è sgombero?»
La voce di Yume lo distolse dai suoi pensieri. Si voltò immediatamente nella sua direzione ed esclamò:
«Sì... E' fuggito, dannazione...!»
L'espressione preoccupata negli occhi nocciola della ragazza gli procurò un nodo allo stomaco; era più forte di lui. Non riusciva a sopportare di vederla così, durante gli anni della supremazia degli androidi lo era stata fin troppo spesso, ed era l'ultima cosa che voleva trovarla ancora in quello stato.
«Tu stai bene?»
In un'altra circostanza lo avrebbe trovato normale, ma nella delicata situazione in cui erano quella premura da parte di Yume si rivelò del tutto inaspettata. Come la sua presenza lì, dopotutto.
«Tu, piuttosto. Sai cosa hai rischiato? Quello non era non un ki blast regolare. Comunque... Ti ringrazio per il tuo... intervento. Non eri tenuta.»
Lei non si doveva sentire in dovere di aiutarlo, di preoccuparsi per lui, solo per via dei loro trascorsi. Non avrebbe mai giocato quella carta.
«Lo so, ma non potevo rimanere con le mani in mano. Ho avvertito un incremento del tuo ki e mi è sembrato subito strano, dato che non succedeva da tanto tempo.» giocherellava con il fodero della sua spada, sembrava nervosa.
Beh, lo era anche lui. Non era sicuro di cosa dire, come dirlo. Ancora quella distanza tra di loro. Trunks, quindi, diresse i suoi occhi turchesi nuovamente fuori dalla finestra distrutta.
Dopo qualche istante che gli parve un'eternità, avvertì i passi leggeri della ragazza dirigersi verso di lui:

«Tieni.»  esclamò, mentre gli porgeva il suo fodero.
«Grazie.»
Lo riprese e rinfilò l'arma al suo posto, ma Yume, d'un tratto, lo apostrofò:
«Ma tu sei ferito...!»
«Dove, scusa?»
«Qui, quello stronzo ti ha spaccato il labbro.» così dicendo, la ragazza allungò la mano verso l'angolo sinistro della sua bocca posandola con delicatezza intorno alla ferita. Trunks deglutì rumorosamente, sentendosi teso come una corda di violino. Quant'era passato dall'ultima volta che le sue dita lo avevano sfiorato in quel modo?
«Scusa.» ritirò immediatamente la mano, distogliendo lo sguardo da lui, come se fosse in imbarazzo.
«Non c'è bisogno.»
«Spero di non aver interrotto nulla....!» sua madre aveva fatto il suo ingresso nel salotto.
«No, mamma. Per favore.»
Yume non riuscì a soffocare una piccola risata. Quel suono riportò il ragazzo ad un tempo che gli sembrava lontanissimo, quando erano una coppia felice, ma anche a tutti i momenti in cui lei, durante quegli anni infernali, aveva allietato il suo animo con la sua risata, magari mentre lo canzonava scherzosamente. Non credeva fosse più possibile sentirla ridere.
«Yume, cara...! Come stai? Fatti abbracciare!»
Bulma, quindi, l'avvolse tra le sue braccia, non dandole possibilità di scampo, ma alla ragazza non sembrò dispiacere.
«Come sei vestita? Oh, arrivi da quel dojo in cui lavori? Bello...! Ma stai attenta a quelle schegge per terra, visto che hai i piedi scalzi... Ma che è successo, qui?»
«Quel bastardo è scappato dalla finestra.» rispose, allora, Trunks.
«E tu che ti sei fatto? Vado a prendere il ghiaccio. Aspetta qui, Yume, ok?»
Così rimasero di nuovo da soli. Cosa poteva dire...? Non voleva che il silenzio calasse di nuovo tra di loro. Doveva pensare a qualcosa...
«Come faceva Bulma a sapere che lavoro in un dojo...?» chiese la ragazza, prendendolo in contropiede, guardandolo un po' perplessa.
«Ecco... Ieri quando ci siamo incontrati... Ho visto che andavi in direzione di un dojo poco distante...»
«E hai dedotto che avessi trovato lavoro lì. Potevo anche andarmi ad allenare, se è per questo.»
«Non l'ho dedotto io, comunque. Mia madre ha detto che viste le tue capacità avresti potuto lavorare lì.» si interruppe improvvisamente, per poi riprendere «E' quello che desideravi...?» Trunks si chiese cos'altro le fosse mancato nel periodo in cui erano stati insieme.
Yume fece per rispondere, ma Bulma entrò di nuovo nella stanza interrompendola:

«Ecco il ghiaccio.»  si avvicinò alla ragazza e lasciò la confezione di ghiacchio istantaneo nella sua mano destra, insieme al disinfettante e cotone. «Adesso devo proprio andare, però. Devo raccomadare un paio di cose in laboratorio che poi non ho mai tempo.»
Sorridendo, uscì dalla stanza.
«Beh... Siediti sul divano. Ti disinfetto la ferita.» esordì Yume dopo qualche attimo di silenzio, passandosi una mano tra i capelli biondo miele che ricaddero morbidamente poco sotto le sue spalle.
«Non sei obbligata. Dalli a me, ci penso da solo.»
«Non essere stupido, dai. Hai paura di un po' di bruciore?»
«Ma che dici? Che scemenza.»
«Allora lascia che ti medichi.»  disse lei, per poi aggiungere, «Così finalmente, con calma,  mi dirai quello ci faceva qua quel pazzoide.»
Trunks strinse con nervosismo la spada, ancora nella sua mano destra, riposta nel fodero; avrebbe dovuto rivelarle che era collegato a Gero...? Che quell'esaltato era riuscito a far germogliare in un altro il seme della follia, che l'aveva sfuttato come trampolino di lancio per la  sua visione delirante, imparando da lui quello che poteva tornare utile ai suoi scopi per poi sfuttarlo a favore delle sue ricerche? Considerandolo anche un fallito, tra l'altro, e facendosi beffa della disperazione causata dalle macchine di morte create da quello che era stato un tempo suo maestro. Avrebbe cercato di proteggerla da quel dolore.
«Perché non ti muovi? Siediti sul divano, dai, non perdiamo altro tempo.» la ragazza lo incalzò.
«Non credo sia importante che tu sappia chi fosse, dopotutto. Non proverà più ad azzardarsi a tornare.»
«Quel tizio sa usare l'energia spirituale...! Ho respinto all'ultimo secondo quel suo attacco con la tua spada, fortunatamente, anche perché non avrei avuto tempo di rispondere in altro modo! Penso di aver il diritto di sapere che volesse!»
Trunks la osservò accigliato e tentò di chiudere il discorso:
«Era solo un criminale come un altro, solo con delle capacità particolari. E si era sopravvalutato. Dai, vuoi medicarmi questo labbro o no?" fece per avviarsi verso il divano, ma lo fermò afferrandolo per un polso.
«Un criminale come un altro? Che voleva...? Era qui per una rapina? Ma che motivo avrebbe avuto? Sappiamo entrambi che è un periodo decisamente florido per la prima volta da tanto tempo e le persone vogliono solo starsene in pace. Dimmi la verità, Trunks, non sei bravo a mentire.»
«Basta, Yume, smettila. Non c'è niente da sapere.»
«Perché mi tratti da stupida?! Non credo di meritarmelo, sai?»
No, non se lo meritava. Era l'ultima persona che avrebbe voluto si sentisse così, ma non poteva permettere che l'identità di quell'uomo la turbasse. L'avrebbe allontanata anche in malo modo se questo fosse servito. Tanto non sarebbe più tornata comunque alla Capsule Corp.
Se la ritrovò, improvvisamente, davanti con un'espressione talmente scura in volto, come non la vedeva da tempo. In realtà, da tempo non si rivolgeva a lui più così direttamente.
"Perché pensi di poterti prendere gioco di me? Non so chi me l'ha fatto fare a venire qui. Non avrei dovuto. A volte penso che non avrei mai voluto incontrarti.
»
Voleva ferirlo,eh? Altro che medicare. Questo bruciava molto più del suo misero spacco sul labbro. Pensare che avrebbe solo voluta proteggerla. Forse, non aveva più bisogno che si preoccupasse per lei.
«Mi dispiace, sai, se è stato così spiacevole incontrarmi, ma sicuramente lo è stato di più incontrare un ex allievo di Gero.»
«Che c'entra adesso Gero?!" la sua espressione pietrificata lo colpì come avesse preso, sì, un pugno in pieno stomaco.
«Yume... Non volevo dirtelo così... dannazione!»
«Non volevi affatto dirmelo! E così quel maniaco aveva anche degli allievi... E' anche lui un androide, per caso?»
«No, questo posso assicurarlo, disprezza il lavoro di Gero. Quello che so è che è stato ibernato vent'anni e che si è sottoposto ad un trattamento che è il risultato di uno studio che ha condotto sull'uso dell'energia spirituale... In più, vuole usare le Sfere del Drago.»
Un violento brivido scosse il corpo della ragazza.
«Tu volevi veramente tenermi nascosto tutto questo? Io... Io... Noi non abbiamo più niente da dirci, ma questa non è una novità.» così dicendo  posò sul tavolo quello che sua madre le aveva portato per medicarlo e si dileguò dalla finestra distrutta.

                                                                                         ****


«Corri, Yume! Non dobbiamo rallentare!»
Vedeva sua madre davanti a sé, tenendola saldamente per mano, mentre i capelli neri si levavano nella violenta corrente d'aria generata da quelle esplosioni che si facevano sempre più vicine.  
«Papà? Perché non ci raggiunge?» avvertì la sfumatura di paura nella sua stessa voce.
Sentì la sua mano venire stretta ancora di più, mentre sua mamma non rallentava, però, nell'andatura.

«Sta cercando di fare il possibile per cercare di rallentare gli androidi, per questo... Mi devi promettere una cosa, tesoro: devi essere forte.»
D'un tratto un raggio energetico passò sopra le loro teste e si infranse su alcune rovine di un edificio poco distante da loro.
«Questo era solo un avvertimento. Il sacrificio di suo marito per cercare di farvi avere questo piccolo vantaggio è stato davvero encomiabile, ma non servirà a molto!»
«No! Papà!» lacrime copiose cominciarono a precipitare dai suoi occhi, incontrollabili.
«Yume! Non è il momento di farsi prendere dalla disperazione! Scappa il può veloce che puoi, ti prego!»
La voce rotta, ma ferma di sua mamma la fece improvvisamente fermare il suo pianto, mentre veniva praticamente lanciata lontano da lei.
«Vivi, devi farcela, io credo in te! Io e tuo padre ti vorremo sempre bene!»
«Mamma, no! Non voglio separarmi da te!»
«Vai, obbedisci!»
«No!»

La donna, quindi, la spinse violentemente mentre sentiva avvicinarsi la risata diabolica di C17; lo slancio datole sua madre la fece avanzare del necessario affinchè non venisse coinvolta nell'esplosione. Ma non riuscì bene a controllare i suoi passi, quindi, inciampò e, d'un tratto, tutto diventò nero.

Yume si svegliò di soprassalto, in un bagno di sudore. Era stato solo un'incubo. Le era sembrato veramente di avere di nuovo tredici anni e rivivere la morte dei suoi genitori. Si passò una mano sul viso, cercando poi di fare dei respiri profondi. Era da tanto che non aveva più incubi del genere, da almeno un anno.
Probabilmente, anzi sicuramente, l'avvento di quello che era stato un seguace di Gero aveva smosso quel trauma e riaperto la ferita, in un certo senso. Nel periodo immediatamente successivo alla sconfitta degli androidi era capitato ancora alcune volte, ma Trunks era sempre stato lì con lei per confortarla.
Già, proprio lui. Quello stesso Trunks che non avrebbe neanche voluto metterla al corrente della situazione. La ragazza non si capacitava di come avessero fatto ad arrivare a quel punto. Perché l'aveva trattata in quel modo? Nonostante quanto si fossero allontanati, lui avrebbe comunque dovuto immaginare che avrebbe voluto sapere chi fosse quel tizio sbucato dal nulla che aveva seminato scompiglio alla Capsule Corp.
Si strinse nelle ginocchia. Doveva ammettere che si era sentita presa decisamente in giro dalla maniera in cui il ragazzo aveva cercato di non farle sapere la verità, come se potesse evitarlo in qualche modo. Eppure inizialmente le aveva dato tutto un'altra impressione. Nonostante fosse la prima volta che rimetteva piede nel tondo edificio da quando si erano lasciati, Yume aveva lasciato da parte le varie implicazioni e si era concentrata solo sull'emergenza in corso, sorprendendosi anche un po' di quanto fosse stata quasi automatica quell'intesa con Trunks durante quella battaglia e le era quasi sembrato che non ci fosse più alcun divario tra loro.
Si era sentita, poi, nervosa nell'essere di nuovo così vicina a lui, non sapeva bene come comportarsi dopo, ma quando notò quella ferita sul suo labbro le era venuto spontaneo, senza pensarci troppo su, preoccuparsi per lui. La pioggia batteva forte alla porta finestra; che tempaccio. Anche se doveva ammettere che il suo animo era altrettanto inquieto. Si raggomitolò sotto le lenzuola.
Continuavano a rimbombarle per la testa le parole che gli aveva detto.... "A volte penso che non avrei mai voluto incontrarti."
Non riusciva a spiegarsi un motivo valido per cui il ragazzo volesse così ostinatamente tenerla all'oscuro, solo una considerazione le passò per la testa come un fulmine a ciel sereno: Trunks non sentiva più il bisogno del suo contributo nell'affrontare una nuova potenziale minaccia. Questo l'aveva fatta sentire come se avesse improvvisamente ridimensionato l'intero ruolo che aveva avuto nella sua vita, a prescindere dal fatto che fosse stata la sua ragazza. Non si sarebbe aspettata un atteggiamento simile da lui, non dopo quello che erano stati l'uno per l'altra negli anni. Possibile che non volesse più riconoscerne il valore una volta finita la loro relazione? 
Era qualcosa che Yume non avrebbe mai fatto, ecco perché non era riuscita a tenere per sé quell'uscita infelice e si era chiesta veramente cosa stesse facendo lì. Non contava più niente per lui, anche quell'ultima cosa che li legava, che lei continuava a considerare preziosa, era stata gettata al vento proprio da Trunks e quindi non c'era più ragione di farsi assalire dai dubbi o quant'altro. Di una cosa però era più certa che mai: avrebbe continuato a ostacolare i piani di quel pazzo di Mesuzu. Niente che fosse anche solo lontanamente collegato a Gero doveva passarla liscia. Doveva farlo per i suoi genitori.
Quindi, colta da un'ispirazione improvvisa, afferrò lo smartphone posato sul comodino e dopo averlo sbloccato aprì l'app di messaggistica istantanea e aprì la chat con Trunks. Sentì le mani congelarsi istantaneamente. Beh, lei era intenzionata a fargli avere una comunicazione di servizio, per così dire:

Trunks sappi che io non starò guardare mentre ti batti contro quel Mesuzu, io continuerò a fare la mia parte che tu lo voglia oppure no.

Terminata questa operazione, mise lo smartphone a faccia in giù sul comodino e si sistemò bene sotto le lenzuola, facendosi cullare questa volta dal ritmo incessante di quel temporale.

                                                                            End of Act V

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Capitolo 6
*** Act VI ***


Dall'Act V:

"
[...] Continuavano a rimbombarle per la testa le parole che gli aveva detto.... "A volte penso che non avrei mai voluto incontrarti."
Non riusciva a spiegarsi un motivo valido per cui il ragazzo volesse così ostinatamente tenerla all'oscuro, solo una considerazione le passò per la testa come un fulmine a ciel sereno: Trunks non sentiva più il bisogno del suo contributo nell'affrontare una nuova potenziale minaccia. 
Questo l'aveva fatta sentire come se avesse improvvisamente ridimensionato l'intero ruolo che aveva avuto nella sua vita, a prescindere dal fatto che fosse stata la sua ragazza. [...]   Di una cosa però era più certa che mai: avrebbe continuato a ostacolare i piani di quel pazzo di Mesuzu.  Doveva farlo per i suoi genitori. [...] aprì l'app di messaggistica istantanea e aprì la chat con Trunks.

Trunks sappi che io non starò guardare mentre ti batti contro quel Mesuzu, io continuerò a fare la mia parte che tu lo voglia oppure no. 

                                                                                                           ****

«Questo è quello che gli hai scritto?!» esclamò inebetito Everett, mentre teneva lo smartphone tra tre dita della mano destra, quasi a volerlo esporre come la prova di un delitto.
«Precisamente» rispose Yume senza scomporsi, per poi riprendere a sorseggiare la sua zuppa di miso. Erano seduti al tavolo basso in salotto per la colazione; visti gli impegni giornalieri, i due preferivano quella più abbondante e ricca della tradizione, se avevano tempo.
Quindi, dato che si erano svegliati entrambi con sufficiente anticipo quella mattina piovosa avevano optato per fare una bella colazione con calma e la ragazza ne aveva approfittato per sfogarsi con il suo amico circa l'incubo che aveva avuto quella notte, mettendolo, così, anche al corrente di cosa l'aveva causato.

«Non va bene. Comunque quel Mezusu, Mesuzu, come diamine si chiama, è un pazzo fulminato. Ma che cavolo vuole adesso?! Ci mancava solo lui. Avevamo appena cominciato ad avere tutti una vita un po' dignitosa e questo viene a rompere...» aggiunse il ragazzo, posando l'apparecchio nuovamente sul tavolo e afferrando le bacchette per mandare giù un po' di riso bianco. Il picchiettare sostenuto della pioggia alle grande finestra orizzontale alla sua destra sembrava quasi voler partecipare alla conversazione; la luce dei faretti a led accesa.
«Non trovi nessuno più d'accordo di me. Oltretutto, il fatto che Gero che l'avesse preso sotto la sua ala mentre muoveva i primi passi nell'ambito scientifico già è abbastanza per definire che razza di individuo sia. Niente che sia anche solo lontanamente collegato a quel maniaco deve scamparla." disse lei, mentre stringeva  i pungni pasati sul tavolo e ribadendo la promessa che aveva fatto tra sé.
«Mi pare ovvio, ma tu credi che Trunks intendesse proprio escluderti dalla faccenda? Non mi pare da lui, stando a quello che mi hai raccontato.»
«Eppure è così, se ne sarebbe voluto occupare da solo, come se fosse un problema suo.» quindi Yume prese un altro sorso di zuppa di miso, come mostrando un certo distacco.
«Sarà. Poi cos'è questa storia delle Sfere del Drago?» continuò, quindi, Everett puntando le bacchette contro di lei, mentre masticava il salmone che aveva appena preso.
«Non parlare con la bocca piena, grazie.» poi la ragazza aggiunse. «Mantieni il segreto...! Meno persone sanno della loro esistenza, meglio è. Trunks me ne aveva parlato tempo fa, quando è tornato dal passato e mi ha detto che è stato riportato in vita così. Sono un manufatto molto potente.»
Il ragazzo sbarrò i suoi neri e disse:
«Santa cacca.... Non me l'avevi detto che era morto durante il suo viaggio nel passato ed è stato riportato addirittura in vita da quegli aggeggi magici...! Ma come diamine funzionano? Perché non l'abbiamo più qui? Avremmo potuto sconfiggere gli androidi con uno schiocco di dita...!»
«Perché credo che chi ne gestisse il potere sia stato anche lui ucciso, no? Ad ogni modo, per me sono pericolose. Non so come facciano nel passato ad usarle con tanta leggerezza.» concluse lei, dando un morso al tamagoyaki.
«Dì un po'...» esordì d'un tratto Everett dopo qualche attimo di silenzio e facendosi pericolosamente vicino a lei. «Cosa avresti fatto se Trunks non fosse stato resuscitato da quelle sfere, eh? Se non fosse più tornato qui nel nostro tempo?»
Lì per lì Yume sembrò presa alla sprovvista, infatti non ci aveva mai pensato. Venne salvata, però, dalla notifica di un messaggio sul suo smartphone.
«Kami, ha risposto! Fammi leggere!» il suo amico, e a volte lei si chiedeva se fosse davvero tale, lo acchiappò con una mossa rapidissima anticipandola decisamente sul tempo.
«Dai, Everett, non fare lo stupido...! Ridammi subito il cellulare!» il tono della ragazza fu perentorio, mentre allungava le mani per strapparlo dalle grinfie dell' 'usurpatore' che faceva di tutto per tenerlo lontanto dalla sua portata.
«Santissima cacca...! Ma cosa vedono i miei occhi come sfondo del lockscreen? Siete tu e Trunks! Non l'hai affatto cambiato, vedo! Ma come siete carini!» esclamò il ragazzo non appena riuscì ad accendere lo schermo tramite uno dei tastini laterali. Si voltò, quindi, verso la sua amica con un sorriso da furfante.
«Che diamine...! Volevo cambiarlo oggi.Ho forse avuto tempo?»
«Come si sblocca?» ribattè lui, mentre la notifica push del messaggio di Trunks era ancora presente sul display.
«Perché dovrei dirtelo?»
«Ma c'è anche un cuoricino vicino al nome! L'ho notato solo adesso. Non ti ci facevo così romantica... Oltre alla storia della maglia non ti sei mai sbilanciata più di tanto e anche quello solo perché l'ho scoperto da solo. Allora... Quale può essere il codice...?»
Yume decise di desistere dai suoi propositi e finire la sua colazione, altrimenti sì che avrebbe fatto tardi al dojo e non poteva permetterselo. Tanto non avrebbe mai scoperto la combinazione.
«Ecco, sì! Tre zero e un'asterisco. Non metteresti mai una data importante, ma non riusciresti comunque delle cifre a caso ed ecco che il codice più stupido è l'ideale, perché insospettabile.»  infatti la schermata si sbloccò e comparve quella della chat.
La ragazza era senza parole; il riso che stava cercando di portarsi alla bocca cadde miseramente dalle bacchette.

«Finalmente... Dice: Ci mancherebbe, Yume. Io non ti ho mai impedito di fare niente. E' piuttosto tagliente anche lui. Aspetta... Adesso ci penso io.»
Lei si affrettò ad alzarsi per levargli l'apparecchio dalle mani una volta per tutte, essendo più alta in quell'unica circostanza avrebbe sicuramente avuto più possibilità. Non poteva proprio permettere che facesse qualche cavolata. Veramente, non si rendeva conto della situazione tra di loro.
«No, signorina. Lasciami fare, ti garantisco che dopo il mio intervento mi ringrazierai.» così dicendo Everett lo strinse al petto e poi aggiunse: «So benissimo che puoi riprenderti il cellulare in qualsiasi momento, ma per fare questo dovresti farmi male e non credo avresti il cuore di farlo. E poi io ci lavoro in ospedale, non mi ci posso fare ricoverare.»
E va bene. Tanto la ragazza aveva già pronta una contromossa nel caso il suo 'amico' l'avesse messa in ridicolo, avrebbe detto che lui le aveva rubato il telefono ed era la verità, quindi nessun problema.
«Si parte. Scusami, ma non ero in me quando ho scritto quel messaggio perché avevo appena avuto un incubo e credo tu possa immiginare su cosa. Poi ho pensato a quello che ti ho detto, a come mi sono sentita quando mi hai trattata in quel modo e non ho potuto evitarlo. Invia.»
Aveva esposto tranquillamente il contenuto del messaggio ad alta voce, mentre Yume se n'era rimasta come una statua di sale, per poi esplodere:
«Ma ti ha dato di volta completamente il cervello? Figuriamoci se ha tempo o voglia di rispondere a un messaggio del genere...! Cavoli secchi, Everett, stavolta hai davvero esagerato! Sarò costretta comunque a dirgli che non ero io a scrivere e che era un tuo scherzo stupido... Guarda, non vorrei più confidarti niente!»
«Che strano... Io leggo Trunks sta scrivendo... Visto? Ma non c'è bisogno che mi ringrazi, lo so già da me che senza di me il tuo cuoricino sarebbe in grossi guai.»
«Si può sapere che ti aspetti? Dirà qualche parola di circostanza per tirarsene fuori e finirà lì.»
«Hai sognato di nuovo la morte dei tuoi genitori?  Ed eri da sola.... Era sempre con te le volte che ti accadeva, giusto?»commentò indiscretamente il ragazzo, con un movimento eloquente delle sopracciglia.
«Ti dispiace? E' una conversazione privata...!» ribattè lei, riprendendosi alla fine lo smartphone.
«Ora è una conversazione privata... Che ho iniziato io! Vai a far del bene... Devo andare adesso, comunque. Altrimenti rischio di fare tardi per il turno. Poi mi racconti, però, eh?»
Everett prese il borsone poggiato sul divano, che era sistemato accanto alla porta, e lo sistemò a tracolla.
«Dicevo solo che il tono della conversazione era privato... Lui si stava aspettando di parlare con me.»
«Sì, certo. Buon divertimento, ma presentati in orario al dojo, okay? Ci vediamo per cena. E poi dovrò studiare per l'esame...» il ragazzo le sorrise mentre stava per metter piede fuori dalla soglia, ma lei lo fermò:
«Everett.. Che gli dico adesso...?»
«Quello che ti senti, davvero. Ho idea che voi non parliate da un bel po', vero? Da prima che vi lasciaste ufficialmente. Non faccio mica miracoli, ti ho dato solo una spintarella. Il resto sta a te, anzi, a voi. Scappo.»  
Così dicendo il ragazzo scomparve, chiudendo la porta di sé.
Yume fissò lo schermo dello smartphone per alcuni secondi, indecisa su cosa scrivere. Leggeva ancora la parola online sotto il nome di Trunks, forse stava aspettando che gli rispondesse. Era avanzata ancora un po' di zuppa di miso e un boccone di tamagoyaki, ma le si era chiuso lo stomaco.

Io... Senti, prima non ero io a scrivere. Era il mio amico Everett, mi aveva rubato il cellulare. Ma questo non significa che quello che ha detto non sia vero. Solo che si è preso qualche libertà nell'esporre i fatti, ecco. Quindi non potevo continuare a fingere fossi stata io a scrivere con tanta disinvoltura.

La ragazza premette allora il tasto invio non sapendo bene cosa aspettarsi. Le avrebbe risposto ancora?  O si sarebbe sentito preso in giro, magari? Kami, stava scrivendo...!

Ah... Effettivamente era un po' strano mi scrivessi un messaggio del genere rispetto al primo.

C'era stato un evidente cambio di tono tra i due, infatti. Nonostante questo Yume doveva pur considerare che non aveva esitato a risponderle e si era anche mostrato piuttosto attento nei suoi confronti. Cosa che decisamente non si sarebbe mai aspettata dopo quella sua presa di posizione. Questo, ad ogni modo, non cambiava le cose.

Sì, beh, nel primo volevo solo fosse chiaro che non me ne sarei stata con le mani in mano davanti a un altro pazzo e avresti dovuto sapere che non sarei fatta escludere dalla faccenda in quel modo proprio da te.

Invia e esci. Everett le aveva detto di dirgli quello che si sentiva, questo era quello che sentiva. Non riusciva a mandare giù il fatto che Trunks avesse agito in quel modo. Prese le bacchette in mano e cominciò a giocherellare distrattamente con gli avanzi della zuppa di miso, mentre con l'altra reggeva la guancia sinistra. La pioggia torrenziale si infrangeva sull'ampia finestra facendole compagnia. Una nuova notifica attirò la sua attenzione. Che voleva ancora?

Io non volevo escluderti. Stavo solo cercando di proteggerti. Sapevo che non sarebbe stata una notizia facile da mandare giù per te e avrei voluto evitare che si aprissero vecchie ferite, ma evidentemente non sono riuscito a farlo nel modo giusto. Non so più nemmeno più quale sarebbe stato quello giusto.

Yume si sentì improvvisamente molto stupida. Intendeva solo proteggerla. Questo era quello a cui aveva pensato. E adesso si stava anche addossando la responsabilità del suo tentativo fallito. Certo, quei tentativi di sviare la sua attenzione non erano stati particolarmente brillanti, ma Trunks non era bravo a mentire. Allora aveva cercato di farla desistere e lei si era chiesta la ragione di tanta veemenza, pensando quindi al peggio. E l'aveva spinto a confessare in quel modo dopo quel suo sfogo meschino. Non era stata solo colpa sua.

Siamo in due. Ero così presa dal far sentire le mie ragioni che non pensato ad altro. Mi dispiace per quello che ti ho detto e questa volta è la vera Yume a dirtelo.

Inviato. La ragazza prese un profondo sospiro e affondò il viso nelle mani. Si sentiva ancora un po' strana, ma le sembrò di provare come un senso di sollievo. Aprì l'app per acquistare il biglietto per la monarail sopraelevata che l'avrebbe portata al dojo quella mattina, ma un'avviso in una cornice rossa la prese in contropiede: la tratta che passava proprio nelle vicinanze del dojo era fuoriuso per un guasto. Ovviamente si scusavano per il disagio e sapeva non era per circostanza. Quella monorotaia era il fiore all'occhiello dei trasporti pubblici di Città dell'Ovest. Ma come poteva fare adesso...?

Dispiace anche a me, davvero. Devi scusarmi ma ora devo far partire gli ordini di certi materiali e altre scartoffie da sbrigare, roba del genere.

Un nuovo messaggio di Trunks; Yume sospirò leggendolo.

Beh, l'azienda non si manda avanti da sola. Io devo essere al dojo tra mezz'ora e la monorail si è guastata proprio nel tratto che percorro io. Con questa pioggia non so come fare! Volare in quella direzione è fuori discussione oggi.

Dopo aver posato di nuovo lo smartphone, la ragazza si passò le mani sugli occhi pensando a un modo di risolvere la situazione. Un nuovo trillo la sorprese.

Se vuoi posso essere lì da te in dieci minuti. Ti dò un passaggio con l'aircar.

Si portò nervosamente l'unghia del pollice alla bocca. Era stato molto gentile ad offrirsi. Aveva del lavoro da sbrigare anche lui e poi... Sarebbe stata la prima volta lì, al suo nuovo indirizzo.

Grazie, sono in debito. Abito vicino alla sala giochi Go Fun! hai presente?

Sì, so dov'è. Non mi devi niente, sul serio. Sto uscendo.


Yume si lasciò cadere sul pavimento ricoperto di moquette dopo aver letto il messaggio. Kami, stava veramente venendo lì.

                                                                                          ****

Mesuzu gettò il giornale per terra dopo averlo letto, lasciando che la pioggia lo facesse pian piano somigliare a una poltiglia informe. Lui rimase al riparo sotto la tettoia dell'ingresso alla terrazza di quel grattacielo su cui si trovava. Incrociò le braccia massicce nella giacca di pelle marrone. E così a quel fighetto piaceva fare l'eroe. Stava giusto prendendo forma nella sua mente il pretesto giusto per dimostrarlo.
Un sorriso sghembo si allargò sul viso, mentre i suoi occhi grigi come il cielo di quella mattina osservano Città dell'Ovest dall'alto, preda di quel temporale.

                                   End of Act VI





















 

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Capitolo 7
*** Act VII ***


Dall'Act VI:

"
Ci mancherebbe, Yume. Io non ti ho mai impedito di fare niente. "  

"[...] Io... Senti, prima non ero io a scrivere. Era il mio amico Everett, mi aveva rubato il cellulare. Ma questo non significa che quello che ha detto non sia vero. Solo che si è preso qualche libertà nell'esporre i fatti, ecco. Quindi non potevo continuare a fingere fossi stata io a scrivere con tanta disinvoltura. [...] Sì, beh, nel primo volevo solo fosse chiaro che non me ne sarei stata con le mani in mano davanti a un altro pazzo e avresti dovuto sapere che non sarei fatta escludere dalla faccenda in quel modo proprio da te."

"Io non volevo escluderti. Stavo solo cercando di proteggerti. Sapevo che non sarebbe stata una notizia facile da mandare giù per te e avrei voluto evitare che si aprissero vecchie ferite, ma evidentemente non sono riuscito a farlo nel modo giusto. Non so più nemmeno più quale sarebbe stato quello giusto."

"Siamo in due. Ero così presa dal far sentire le mie ragioni che non pensato ad altro. Mi dispiace per quello che ti ho detto e questa volta è la vera Yume a dirtelo. "

"Dispiace anche a me, davvero. Devi scusarmi ma ora devo far partire gli ordini di certi materiali e altre scartoffie da sbrigare, roba del genere."

"Beh, l'azienda non si manda avanti da sola. Io devo essere al dojo tra mezz'ora e la monorail si è guastata proprio nel tratto che percorro io. Con questa pioggia non so come fare! Volare in quella direzione è fuori discussione oggi."

"Se vuoi posso essere lì da te in dieci minuti. Ti dò un passaggio con l'aircar."

"[...]
Yume si lasciò cadere sul pavimento ricoperto di moquette dopo aver letto il messaggio. Kami, stava veramente venendo lì".

"Mesuzu gettò il giornale per terra dopo averlo letto, [...] E così a quel fighetto piaceva fare l'eroe. Stava giusto prendendo forma nella sua mente il pretesto giusto per dimostrarlo.[...]"


                                                                                                          ****

Trunks fermò l'aircar proprio sotto la palazzina accanto alla sala giochi Go Fun!, come lei gli aveva scritto, lasciando in funzione i tergicristalli. Pioveva ancora intinterrotamente, lasciò che quel tamburellìo sulla carrozzeria riempisse la sua mente mentre si sforzava di non pensare al fatto che, ormai, Yume viveva lì e quella rappresentava la sua nuova vita. Di cui lui non faceva parte. Loro avevano già avuto la loro occasione. A volte, però, si insinuava nella sua mente il pensiero che se si fosse comportato diversamente, se fosse riuscito a evitare che si allontanassero così tanto, forse non sarebbe finita in quella maniera. Aveva perso, oltretutto, il conforto che aveva sempre trovato in lei e di cui non aveva smesso di avere bisogno, anzi. Ora che sapeva cosa volesse dire sentire le braccia di Yume che lo stringevano la notte, quel letto ora sembrava più freddo che mai.
Il ragazzo
si passò una mano sul viso e ravviò le ciocche lavanda che ricadevano in avanti, incorniciando il suo viso, passandola fino a quelli legati in un codino. Menomale che non avrebbe dovuto pensarci. Estrasse, allora, lo smartphone dai pantaloni sportivi che aveva indossato in fretta, insieme a una felpa con cappuccio marchiata Capsule Corp, di modo da essere lì da lei il prima possibile, comunque.

Sono qui sotto, Yume. Quando vuoi, ti aspetto.

Inviato. Rilesse le ultime due parole. Forse non era appropriato dirle che l'aspettava, poteva sembrare che fosse troppo personale. Come se stesse lì a pensare tutto il tempo a lei in trepidante attesa, mentre voleva dare l'idea di essere più disimpegnato. Voleva solo dire che non l'avrebbe lasciata a piedi se tardava qualche minuto, che non si doveva preoccupare, in quel senso intendeva.

Perfetto, grazie infinite Trunks. Scendo subito.

Doveva ringraziare quel temporale e il guasto della monorail, in un certo senso, se aveva l'opportunità di rivederla di nuovo e di poter fare qualcosa per lei. Certamente si rendeva conto che poteva sembrare patetico, ma, a parte l'apparizione di Mesuzu, non è che avesse molti motivi per giustificare un incontro con Yume, ormai.
I suoi azzurri si lasciarono ipnotizzare dal ritmo regolare e continuo dei tergicristalli, ma catturando distrattamente una sagoma minuta con un grande ombrello rosso che comparve davanti al parabrezza, per poi avvicinarsi allo sportello del passeggero. Trunks sbattè le palpebre, allora, e si precipitò a sbloccarlo per permetterle di salire. La ragazza chiuse l'ombrello e si fiondò, quindi, all'interno dell'aircar, assicurando anche la chiusura della portiera accanto a sé e sistemando l'ombrello ai suoi piedi.

«Non so come ringraziarti, veramente, sarei stata spacciata senza il tuo aiuto. E' stato molto gentile da parte tua.» esordì lei, sorridendo, sistemandosi il foulard nero che aveva legato a mo' di fascia per tenere indietro i capelli biondo miele.
Era sempre decisamente molto bella. Aveva indosso un semplice impermeabile grigio, una salopette di jeans con sotto un lupetto nero, ai piedi degli stivali biker dello stesso colore, eppure a lui sembrava sempre che tutto le donasse in modo particolare.

«Non ti devi sentire in debito, ti ripeto. Potrei anche offendermi, sai? Dopotutto, posso anche permettermi di farti un favore quando capita o no?»
Yume lo guardò con quei suoi grandi occhi nocciola e annuì, un po' impacciata, quindi diresse lo sguardo di fronte a sé e prese a torturare il polsino sinistro dell'impermeabile. Sembrava tesa. Forse non avrebbe voluto trovarsi in macchina da sola con lui in quel momento, era stata costretta dalle circostanze.
«Sarà meglio andare, altrimenti farai tardi.»
L'aircar, quindi, ripartì, avventurandosi per le strade di Città dell'Ovest con quel temporale che non accennava a diminuire. Per qualche istante solo lo scrosciare della pioggia fu protagonista dell'abitacolo e Trunks poteva avvertire chiaramente il peso della tensione che si stava creando tra di loro, quando Yume esclamò:
«Allora, cosa hai intenzione di fare rispetto a quel pazzo di Mesuzu...? Intendo, hai già idea di che contromisure prendere? Forse è troppo presto, però non si è mai abbastanza previdenti, non mi pareva proprio che scherzasse..»
Si stava ancora accanendo contro il polsino dell'impermeabile e si era voltata verso di lui solo un attimo, nel momento in cui aveva concluso la frase. Il ragazzo stava cominciando a realizzare quanto gli fosse sembrato più semplice parlare via messaggio, nonostante quello che si erano detti non fosse cosa da poco, il fatto di essere dietro a uno schermo forse rendeva un po' più agevole il tutto. Certo, non avrebbe mai pensato che sarebbero andati incontro ad una situazione simile.
«Beh, no, non scherzava affatto. E' un fanatico, è decisamente pericoloso. Ha portato avanti uno studio di dieci anni sulla natura dell'energia spirituale e su come sfruttarla al meglio, secondo lui. E ' stato ibernato vent'anni. Ho fatto un rapido calcolo...»
«Scusa se ti interrompo, ma si è ibernato?! In una cella frigofera, diciamo?» la sua espressione era sbigottita.
«Sì, di sua invenzione, immagino. Ora dovrebbe avere circa cinquant'anni, ma il suo fisico è rimasto fermo a una trentina, potenziato da questo elisir sempre di sua creazione, che durante l'ibernazione ha fatto sì che il suo fisico si trasformasse in quel modo, come una sorta di doping. Poteva essere un genio, ma il suo studio è solo frutto di una visione delirante.»
«Puoi dirlo forte. Allenarsi non era nei suoi progetti. Comunque non so che tipo di padronanza del combattimento possa mai avere...» ribattè Yume, lasciando finalmente in pace il polsino per allargare le braccia con incredulità.
Trunks si chiese se si sentisse più a suo agio. Non era affatto qualcosa di scontato, in più era lo faceva sentire meglio l'idea di confrontarsi con la ragazza per una questione del genere, in realtà. Come quando condividevano le loro ansie, paure, ma anche speranze durante l'assedio degli androidi.

«Ad ogni modo, anche se non ho idea di cosa voglia fare con le Sfere del Drago, sono inutilizzabili, quindi non credo che dovremmo preoccuparci dei suoi progetti in merito. Ciò non toglie che debba essere fermato e, sì, per fare questo dovremmo avere almeno un indizio per capire come ha intenzione di agire...»
Trunks si interruppe nel momento in cui notò un'ombra improvvisa passare sul volto della ragazza.
«Yume... Tutto bene?»
Lei si scosse e rispose:
«Sì, non è niente.»
Ma si era reso conto che era cambiato qualcosa. Aveva ripreso a dare il tormento a quel polsino e aveva di nuovo lo sguardo fisso davanti a sè, sulla pioggia che si infrangeva sul parabrezza spazzata via senza sosta dai tergicristalli. Avrebbe dato qualunque cosa per riuscire a leggere i suoi pensieri, a capire cosa l'aveva turbata in quel momento. Una volta ci sarebbe riuscito senza troppa difficoltà, anche se non era stato comunque facile per lui riuscire a entrare in quella sintonia con Yume. Dopo che aveva cercato senza successo di rubargli la spada, Trunks aveva compreso il motivo per cui lei l'aveva fatto e l'aveva invitata a stare alla Capsule Corp. Comunque, rimanevano entrambi piuttosto chiusi per via dei rispettivi traumi, però poi grazie al legame che entrambi avevano con le arti marziali erano riusciti a stabilire un contatto.
Per questo, dopo quello che erano riusciti a costruire, era un duro colpo vederla così assente, sempre più distante da lui.

«Perché non cambiamo argomento? Mi racconti come hai incontrato quel tuo amico che ha scritto al posto tuo?»
La ragazza lo guardò sorpresa e quindi disse:
«Io ed Everett, in realtà, ci siamo incontrati per la prima volta quando avevamo dieci anni. A quel tempo condividevamo un bunker antiatomico con altre tre famiglie. Lui era con suo padre ed io con i miei genitori. Era simpatico, nonostante la situazione fosse drammatica mi faceva sorridere, andavamo d'accordo.»
Una fitta lo colpì allo stomaco. E così aveva conosciuto i genitori di Yume, cosa che lui non aveva potuto fare.
«Ha conosciuto tuo padre Soichiro e tua madre Ai, quindi.Interessante. E adesso vivete insieme.» per quanto sembrasse calmo, il suo tono di voce tradiva un certo fastidio, per così dire.
«Trunks...? Che c'è?» Yume, quindi, si sporse leggermente verso di lui e per poco il ragazzo non finì nella corsia opposta per l'agitazione.
«Niente. Continua.»
«Ti sei accorto che hai sbandato? Comunque, l'ho incontrato nuovamente un paio di mesi fa nella caffetteria dove lavora per mantenersi agli studi. Frequenta medicina.»
«Medicina, eh? Sembra un tipo in gamba.» le sua mani stringevano sempre più forte il volante.
«Trunks sei sicuro che sia tutto a posto? Mi sembri strano.»
Il ragazzo si voltò dalla sua parte e notò l'espressione accigliata di lei.
«Andate d'accordo, eh? Scrive anche i messaggi per te, chissà che aveva in mente...» aveva iniziato quel discorso senza malizia, ma adesso si stava ritorcendo contro di lui.
Yume scoppiò improvvisamente in una risata. Trunks si voltò di nuovo verso di lei e non riusciva a credere ai suoi occhi; stava veramente ridendo in sua compagnia....? Non era una risatina o altro, stava ridendo di cuore. Cosa aveva detto di così divertente?!

«Non è che sei geloso...? Non me l'aspettavo. Però la tua espressione mentre mi chiedevi di lui... E' stata impagabile.»
Perfetto. Si poteva essere smerdato peggio? Anche se il suo cuore si era sentito leggero per la prima volta dopo tempo nel vederla così distesa. Ora, però, si chiedeva ancora se veramente non ci fosse altro con quel tale.         
«Senti se c'è qualcosa tra di voi, io sono l'ultima persona a cui devi rendere conto...»
«No, non c'è pericolo che gli possa interessare sotto quell'aspetto.Everett è omosessuale.»
"Fantastico..!»Trunks si era fatto scappare di getto. «Intendevo dire fantastico per lui. Che non passi la vita a fingersi qualcosa che non è.»
«Certo.» quel sorriso non accennava a lasciare le labbra di Yume.
Era così bella. Avrebbe voluto che quel tragitto in macchina non finisse mai.

«Siamo già arrivati, temo.» aggiunse lei, indicandogli l'insegna del dojo. L'esclamazione della ragazza infranse le sue illusioni. Un attimo, però... Aveva capito bene? Anche lei avrebbe voluto non fosse finito così presto?
«E' stato... inaspettato. Trunks, grazie.»
Anche i suoi occhi cioccolato parevano sorridere dopo quello che gli era parso troppo tempo. Com'era difficile lasciarla andare via.
«Grazie a te. Anche per me vale lo stesso.»
«Allora... ciao.»
«Ciao.»
Sembrava stesse temporeggiando. Guardò, poi, un attimo oltre la sua spalla ed esclamò:
«Kami! Hirano-sensei...! Devo proprio andare!»
Afferrò al volo l'ombrello e si fiondò fuori dall'aircar, precipitandosi sulle scale dove s'inchinò davanti ad un anziano signore che l'osservò e le indicò di entrare, al che lei si voltò per l'ultima volta verso il ragazzo e lo salutò con la mano, saluto che Trunks ricambiò. Non riuscì, però, a scacciare la sensazione che gli occhi del maestro fossero su di lui, infatti l'ometto puntò l'indice nella sua direzione, come ad assicurarsi di qualcosa, quindi lo salutò per poi rientrare placidamente nel dojo.

                                                                                         ****

Era passata una settimana. Una settimana dall'ultima volta che aveva sentito Trunks. Una settimana dall'ultima volta che l'aveva visto. Pareva passato un secolo dall'ultima volta che aveva messo piede nella sua aircar. Ricordava ancora l'entusiasmo nei suoi occhi di cielo quando gliel'aveva mostrata appena collaudata, dicendole che la linea era pronta per il mercato.
Lui le era sembrato così... approcciabile. Forse non era il termine adatto, ma con quei pantaloni sportivi e la felpa blu non le aveva l'aria formale e di rappresentanza che aveva quando era vestito con uno dei suoi completi eleganti. Non che Yume non l'avesse mai trovato affascinante così, anzi, ma in quel momento aveva forse bisogno di un'altra parte di lui, quella che gli permettesse di mostrarsi senza tanti fronzoli ai suoi occhi. Sapeva, comunque, di non poter comportarsi come se fosse tutto normale, come se non ci fosse più nessuna sorta di disagio tra di loro, anche se quello scambio di messaggi aveva in qualche modo aiutato a facilitare la comunicazione tra di loro.
Contro ogni previsione, però, alla fine si era ritrovata a ridere con lui e aveva avuto uno strano tuffo al cuore nel vederlo, praticamente, geloso del presunto rapporto che aveva con Everett. Non credeva che potesse comportarsi così, in realtà. Lei non gli aveva mai dato particolare motivo di essere geloso, ma doveva ammettere che aveva provato un sottile piacere nel vederlo in quella veste e l'aveva trovato decisamente buffo.
Yume era appoggiata pesantemente sul tavolo basso tradizionale con la braccia distese davanti a sé e lo smartphone stretto tra le mani mentre rimirava lo sfondo del lockscreen che li ritraeva insieme. Appena il display si spegneva lei lo riaccendeva; era quasi ora di cena. Trunks non le aveva scritto più niente. Beh, non ce n'era stato particolare motivo, d'altra parte. Mesuzu non aveva più avuto nessuna iniziativa e doveva ammettere che la cosa non la faceva sentire molto tranquilla, in realtà, si aspettava che qualcosa potesse succedere da un momento all'altro. Il fatto era che non le piaceva essere in balìa dei capricci di quel pazzoide; non essere in grado poter anticipare in qualche modo la sua prossima mossa era frustrante.
Riaccese lo schermo.
Gli occhi nocciola e i pensieri della ragazza tornarono a rivolgersi a Trunks, per sempre impresso in quella foto mentre le dava un bacio sulla guancia. Forse aveva avuto paura di rovinare quel bel momento passato insieme e, quindi, aveva preferito non aggiungere altro. Non che lei potesse biasimarlo. Yume aveva avuto lo stesso timore.
Le tornò alla mente quando il discorso su Mesuzu aveva toccato l'argomento delle Sfere del Drago... Non era per via di quello che il ragazzo le aveva detto, ma il solo nominarle aveva fatto come scattare in lei il ricordo di quello che Everett le aveva detto in merito e di come Trunks fosse stato riportato in vita da quegli oggetti magici quando era tornato indietro nel passato per la seconda volta ed era stato ucciso in quell'assurdo torneo... Non sarebbe stata per nulla assicurata
, altrimenti, la sua sola presenza accanto a lei in quel momento. Quest'ultima realizzazione l'aveva destabilizzata improvvisamente.
«Ehi, ragazza innamorata, non le vuoi le uova nel ramen, giusto?»
Proprio la voce di Everett irruppe nelle sue riflessioni, facendola quasi saltare dallo spavento.
«Ti ho spaventato, eh?»
«Cretino, ero un attimo sovrappensiero.»
«Un attimo... Intanto dopo quel viaggio in macchina ti ho beccata più volte a fissare quel cellulare.»
Yume, quindi, si alzò e si diresse verso il divano, prese uno dei cuscini decorativi e glielo lanciò contro.
«Ah... dritto sullo stomaco! Fai così perché ho ragione. Altrimenti non te la prenderesti tanto!» il ragazzo, allora, afferrò il cuscino caduto a terra e lo rimise a posto.
Per tutto risposta lei si sdraiò sul pavimento ricoperto di moquette e infilò le gambe avvolte in un paio di treggings neri sotto il tavolo, senza dire niente, sistemando le braccia a mo' di cuscino, comoda nella sua felpa oversize rosa confetto.

«Comunque, sono contento di essere stato oggetto di conversazione. Anche se non immaginavo che Trunks sarebbe stato geloso di me...! Non ce lo facevo così complessato.»
La ragazza storse la bocca, ma non aggiunse nulla.
«Non posso dargli torto, però, sul fatto di essere un tipo in gamba. Non è mica facile desteggiarsi tra il lavoro in caffetteria, i turni in ospedale, lo studio... Sono molto impegnato e trovo anche il tempo di cucinare il ramen...!»
Yume gonfiò le guance e sbuffò.
«Bene, le uova finiranno nel tuo ramen.»
«No, aspetta, Everett...!»
Ma proprio nel momento in cui si stava per alzare, decisa a scusarsi con il suo amico, una strana voce proveniente dalla televisione attirò la sua attenzione:
«Buonasera a tutti, abitanti di Città dell'Ovest, sono il dottor Mesuzu. Mi dispiace turbare così la vostra cena, ma devo farvi un annuncio molto importante. Il presidente della Capsule Corporation, Trunks Brief, non vuole rivelarmi delle informazioni vitali circa la realizzazione di un progetto decisamente interessamente che vi coinvolge tutti, tutto il mondo, in realtà. Se lui non sarà qui nella redazione che trasmette questo telegiornale entro dieci minuti, comincerò ad uccidere questi ostaggi uno a uno. A partire da questo simpatico giornalista che ho qui. E mi auguro che voglia collaborare, altrimenti ci saranno altri morti. Aspetterò in onda finchè non arriverà.»
Yume rimase atterrita davanti allo schermo della tv, mentre osserva quel maniaco tenere stretto un braccio intorno al collo del povero giornalista, mentre con l'altro lo minacciava con uno di quei ki blast che aveva usato anche contro di lei. Non poteva restarsene a guardare. Si alzò immediatamente da terra, afferrò il cellulare e si diresse verso la porta finestra in camera sua, dopo aver preso al volo anche le sneakers. Avrebbe chiamato Trunks, anche se era sicura che l'avesse visto.
«Yume, sta' attenta contro quel pazzo, per favore!»
Sentì Everett strillarle dietro, mentre si infilava le scarpe e spiccava il volo fuori dal piccolo balconcino della sua camera.

                                  End of Act VII

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Capitolo 8
*** Act VIII ***


Dall'Act VII:

"
[...] «Siamo già arrivati, temo.» aggiunse lei, indicandogli l'insegna del dojo. L'esclamazione della ragazza infranse le sue illusioni. Un attimo, però... Aveva capito bene? Anche lei avrebbe voluto non fosse finito così presto?
«E' stato... inaspettato. Trunks, grazie.»
Anche i suoi occhi cioccolato parevano sorridere dopo quello che gli era parso troppo tempo. Com'era difficile lasciarla andare via.
«Grazie a te. Anche per me vale lo stesso.»
«Allora... ciao.»
«Ciao.»
Sembrava stesse temporeggiando. Guardò, poi, un attimo oltre la sua spalla ed esclamò:
«Kami! Hirano-sensei...! Devo proprio andare!» [...] "

"
Era passata una settimana. Una settimana dall'ultima volta che aveva sentito Trunks. Una settimana dall'ultima volta che l'aveva visto. [...] Forse aveva avuto paura di rovinare quel bel momento passato insieme e, quindi, aveva preferito non aggiungere altro. Non che lei potesse biasimarlo. Yume aveva avuto lo stesso timore. Le tornò alla mente quando il discorso su Mesuzu aveva toccato l'argomento delle Sfere del Drago... [... ]di come Trunks fosse stato riportato in vita da quegli oggetti magici quando era tornato indietro nel passato per la seconda volta [...]  Non sarebbe stata per nulla assicurata, altrimenti, la sua solo presenza accanto a lei in quel momento. Quest'ultima realizzazione l'aveva destabilizzata improvvisamente. [...]  
Ma proprio nel momento in cui si stava per alzare, decisa a scusarsi con il suo amico, una strana voce proveniente dalla televisione attirò la sua attenzione:
«Buonasera a tutti, abitanti di Città dell'Ovest, sono il dottor Mesuzu. Mi dispiace turbare così la vostra cena, ma devo farvi un annuncio molto importante. Il presidente della Capsule Corporation, Trunks Brief, non vuole rivelarmi delle informazioni vitali circa la realizzazione di un progetto decisamente interessamente che vi coinvolge tutti, tutto il mondo, in realtà. Se lui non sarà qui nella redazione che trasmette questo telegiornale entro dieci minuti, comincerò ad uccidere questi ostaggi uno a uno. A partire da questo simpatico giornalista che ho qui. E mi auguro che voglia collaborare, altrimenti ci saranno altri morti. Aspetterò in onda finchè non arriverà.» "
 

                                                                                    ****

Aveva evitato l'ingresso principale dell'edificio per puro buon senso. Troppi controlli, troppe luci, troppi curiosi. Certo, non avrebbe avuto problemi a far fuori chiunque gli avesse messo i bastoni fra le ruote, ma quello non era ancora il momento di attirare l'attenzione. Doveva introdursi il più furtivamente possibile all'interno dell'emittente televisiva di modo da evitare che la sua 'sorpresa' fosse rovinata.
Mesuzu aveva trovato solo una guardia a sorvegliare l'ingresso di servizio e non aveva esitato un secondo ad ucciderla. Non aveva avuto il tempo di difendersi e non l'aveva avuto di avvertire nessuno. Così si era introdotto indisturbato nella struttura e aveva trovato la piantina, per via di normative anticendio, fissata alla parete alla sua destra poco distante da dove era entrato, accanto ad un estintore. Indicava i diversi piani dell'edifico e quello che a lui più interessava, ovvero quello della redazione, si trovava al ventesimo piano. Quel quotidiano gli aveva dato proprio un'ottima idea. Prese l'ascensore con tutta calma e premette il tasto corrispondente al 20 del pannello di pulsanti.
Una volta sbucato dalle porte automatiche, Mesuzu potè constatare il terrore e lo sbigottimento impadronirsi di quelle persone appena realizzata la sua presenza. Era un qualcosa che lusingava sempre particolarmente il suo ego, come nell'istante in cui aveva notato la stessa nota di ansia e preoccupazione negli occhi della madre di quel fighetto. Non era più quello studente gracile, sostenuto solo dalle sue ambizioni, che Gero aveva dovuto prendere sotto la sua ala. No, gli era addirittura sopravvissuto.

«Non state ad affannarvi sul come o il perché io sia riuscito ad entrare, vi dico direttamente che ho ucciso la guardia che si trovava all'entrata di servizio, così già potete comprendere che avete a che fare con qualcuno che non scherza. Ma che maleducato sono, non mi sono presentato. Sono il dottor Mesuzu.»
Si erano levate delle grida orripilate e lui si era subito diretto verso lo studio dove stava andando in onda, proprio in quel momento, il telegiornale.
Aveva appena terminato il suo annuncio e stringeva il suo braccio possente avvolto dalla manica della giacca di pelle marrone attorno al collo di quel giornalista e aveva puntato contro di lui il suo micidiale ki blast elettrificante, effetto possibile solo grazie alla sua formula prodigiosa che era riuscita ad infondere al suo ki latente, in quei lunghi anni di somministrazione, quella caratteristica peculiare. Ora non gli restava che aspettare il degno presidente della Capsule Corp. nonché distruttore degli androidi. Un ghigno comparve sul suo volto.

                                                                                      ****

«Trunks...! Finalmente sei arrivato!»
Yume lo accolse andandogli incontro mentre lui atterrava, cercando di rimanere abbastanza lontano dalla folla di modo da non attirare l'attenzione sulla sua particolare modalità di arrivo.
«Ci sono ho messo solo tre minuti di orologio, appena ho visto mi sono precipitato. Tu abiti più vicino al centro, non è colpa mia.» disse il ragazzo, facendole quel piccolo appunto. Poi proseguì:
«Quel folle alla fine è ricomparso. E ha deciso di farlo in grande stile, a quanto pare.»
Lei lo guardò con quei suoi occhi color cioccolato, che con l'oscurità della sera avevano assunto quella sfumatura che li rendeva ancora più intensi, e vi lesse tutta la preoccupazione che provava in quel momento.
«Trunks... Non possiamo perdere tempo, ma.... Mesuzu ha già tolto una vita. Si trattava di un uomo della sicurezza.»
«Maledizione!»
«Non potevi saperlo! Nessuno poteva. L'ha ucciso per intrufolarsi nell'edificio dall'entrata di servizio.»
Il ragazzo strinse forte i pugni. Nessuno sarebbe più dovuto morire così. Non avrebbe permesso che il delirio di quel pazzo proseguisse oltre.
«Devo andare. Yume...» non riuscì a finire la frase.
«Vai, hanno bisogno di te. Vorrei riuscire ad aiutarti. Non mi piace stare con le mani in mano.»
«Lo so.»
Accennò un sorriso per poi correre verso l'ingresso principale e fiondarsi all'interno della sede dell'emittente televisiva principale di Città dell'Ovest. Sentiva l'obiettivo delle telecamere su di lui, mentre qualche giornalista, evidentemente non presente nella redazione, aveva carpito al volo l'occasione e aveva mollato quello che stava facendo per lo scoop in diretta proprio presso la sua sede di lavoro.
Qualcuno gli aveva gridato di salire al ventesimo piano e, quindi, Trunks si diretto in un lampo verso l'ascensore, attraversando a grandi falcate l'ampio atrio dell'edificio; era certamente il metodo più sicuro per non dare ulteriormente nell'occhio. Già tutti si stavano sicuramente chiedendo cosa volesse quel criminale da lui. Che mossa meschina farlo uscire allo scoperto in quel modo, tenendo in ostaggio degli innocenti.

«Mesuzu! Sono qui! Lascia andare quell'uomo, sono io quello che cerchi!» esclamò non appena fu nello studio da dove si stava mandando in onda il telegiornale.
«Ce l'hai fatta...! Sono colpito. Anche se manca veramente poco. Tu!» disse rivelgendosi al cameraman, «Continua a riprendere!»
«Devi smetterla! Sei andato troppo oltre con i tuoi deliri...! Andiamo a discutere sul tetto del grattacielo, dove non ci saranno vite in pericolo.»
«Perché mai, scusa?! Io voglio che ci siano vite in pericolo.»
D'un tratto il giornalista provò a divincolarsi, gridando in direzione di Trunks:
«Mi aiuti, la prego...!»
«Ma cosa diamine credi di fare, eh?» così dicendo, Mesuzu fece scaricare sul malcapitato il ki blast che ancora alimentava sul palmo della mano, ma il saiyan lo fermò, avvicinandosi rapidamente e sferrandogli un calcio dritto sulla mandibola, riuscendo ad allontanarlo, quindi, dal malcapitato.

                                                                                         ****

Yume si trovava ancora all'esterno del grattacielo, in mezzo al capannello di curiosi, addetti stampa, forze dell'ordine che si era creato; oltre che i parenti degli ostaggi che si trovavano lì in preda all'angoscia.
Avrebbe voluto sapere cosa fare, come poter agire senza far crollare quei fragili equilibri da cui dipendevano le persone tenute in ostaggio lì dentro.
Il vociare intorno a lei era insistente e fitto e chi era accorso lì cercava di capire cosa nei sarebbe stato dei propri familiari, non riuscendo a rimanersene a casa, aspettando il peggio. Da una parte non poteva biasimarli, a nessuno piaceva l'idea di sentirsi di nuovo preda delle manipolazioni di qualche esaltato e così, cercava di sconfiggere la paura provando a ottenere più informazioni possibile, cercando di rimanere vicino ai propri cari.
Dall'altra la ragazza avrebbe preferito di gran lunga non ci fosse tutta quella gente, stavano comunque correndo un grosso rischio e avrebbero potuto facilmente cadere vittime di Mesuzu a loro volta, dato che lei era già consapevole di cosa fosse capace. Se ne sarebbe dovuto rendere conto, ormai, però anche chi era lì e si era imbattuto in lui per la prima volta, dopo essere venuto a conoscenza del delitto di cui si era macchiato e avrebbe dovuto accantonare ogni dubbio, accettando che non era affatto un luogo dove rimanere.
Ad ogni modo, non poteva certo obbligare nessuno a tornarsene a casa; con quale autorità avrebbe potuto fare una cosa del genere?  Evidentemente per loro ne valeva la pena.
E valeva la pena anche per lei. Essere sopravvissuti all'imperversare degli androidi per tutti quegli anni doveva esser pur servito a qualcosa anche a loro, come era servito a Yume. Decise, allora, di provare a seguire la diretta streaming del tg dallo smartphone di un ragazzo poco distante da lei, quando sentì picchiettare sulla spalla destra:
«Signorina, mi scusi, posso farle qualche domanda?»
La ragazza si voltò, incuriosita dalla richiesta, e si trovò davanti la luce di una telecamera e il relativo obiettivo puntato addosso.
«Buonasera, volevamo solo sapere le sue impressioni circa l'accaduto. Stiamo raccogliendo qualche intervista da mandare insieme al servizio che stiamo preparando per fare un resoconto su questo terribile attentato. Abbiamo notato che stava parlando insieme al presidente Brief poco fa e ci chiedevamo, quindi, se fosse al corrente di cosa vuole quel criminale dal suo fidanzato. Posso sapere il suo nome?»
Sentì il cuore cominciare a battere con ritmo sempre più martellante e il viso avvampare, mentre guardava nervosamente in camera. Ma come diamine avevano fatto ad arrivare ad una conclusione simile?! Solo perché li avevano visti parlare un attimo...! Che doveva dire?! Non avrebbe voluto rispondere. Non era più la sua ragazza, ma... Non voleva dare l'impressione fosse una situazione strana tra loro. Anche se era una situazione strana. Non che gli altri dovessero saperlo, però. Stupidi servizi giornalistici.
«Signorina...? Tutto bene?»
«Y-Yume.» perchè balbabettava, che caspita...! Era solo una stupida telecamera e un tizio con un microfono. Doveva essere rimbecillita.
«Signorina Yume, sa quindi cosa ha da spartire il presidente Brief con quel deliquente?»
Sentiva lo sguardo indagatore e insistente su di sè, le stava mettendo veramente ansia. Non potevano avere il loro scoop sulle Sfere del Drago, non avrebbe mai lasciato che la loro esistenza trapelasse in quel modo. Fece dietro-front e si diresse di corsa verso l'ingresso dell'edificio, facendosi largo tra la folla. Le arrivarono, però, all'orecchie le parole del giornalista:
«La signorina Yume è entrata nel palazzo della West City TV perché evidentemente preoccupata per il fidanzato. La situazione è molto critica.» poi aggiunse «Questo mi pare buon materiale, teniamolo potrebbe tornarci utile in fase di montaggio.»

                                                                                          ****

«Cosa credi di aver risolto, eh?»
Le parole di Mesuzu erano affilate come rasoi diretti verso Trunks, che non poteva assolutamente permettere ci fosse altro sangue versato.
«Se mi segui sul tetto del grattacielo ti dirò tutto quello che vuoi sapere.»
«Credi veramente che io sia così ingeuo?! Non attacca. Tu non hai minimanente intenzione di collaborare. Vedrai, sarò costretto a sporcarmi di nuovo le mani»
Gli occhi celesti del ragazzo si annuvolarono di colpo, lasciando trasparire tutta la sua rabbia. Doveva aspettarsi che non ci sarebbe cascato così facilmente, ma questo non significava che avrebbe gettato la spugna. Non poteva ricorrere ancora alla violenza in diretta televisiva, non voleva dar soddisfazione a Mesuzu, ma doveva trovare un modo per non far rischiare la vita a quelle persone.
«Beh, io credo che tu non voglia far sentire a troppe orecchie quello che ti interessa sapere, giusto? Quindi dovremmo parlarne, comunque, in separata sede. L'importante per me è che tu lasci andare questi ostaggi.»
La risata raggelante di quel folle si diffuse nello studio ammutolito.
«Non lascerò andare proprio nessuno. Sono io che detto le condizioni, qui. Quello che dici può essere anche vero, ma ti darò solo cinque minuti per dirmi quello che mi serve sapere. Altrimenti farò saltare questo posto. Ovviamente voi non azzardate a muovervi mentre io non ci sono, intesi?»
Aveva una sola possibilità per metterlo fuori combattimento nel più breve tempo possibile: trasfomarsi in Super Saiyan e utilizzare un Burning Attack. Mesuzu, allora, con un fascio d'energia creò un varco nel soffitto e si sollevò dal suolo, diretto verso il tetto. A Trunks non rimase che seguirlo, suo malgrado, mentre il cameraman continuava a riprendere tutta la scena.

                                                                                              ****

Chissà cosa si sarebbe trovata davanti una volta arrivata. Yume era in ascensore diretta verso il ventesimo piano e, per ingannare il tempo, stava cercando di staccare con l'unghia dell'indice l'etichetta che vietava il fumo al suo interno. Chissà come se la stava cavando Trunks... Non aveva avuto modo di vederlo in diretta da quello smartphone. Il ding dell'ascensore la informò di essere arrivata al piano e, una volta che lo porte automatiche si furono aperte, la ragazza fece per uscire, ma quasi si bloccò, imbattendosi in uno spettacolo sconcertante.
Tutte le scrivanie erano rivoltate a terra, come a fare da scudo agli impiegati che, presumibilmente, vi si erano nascosti dietro.
Immaginò che ne avevano già viste abbastanza per quella sera.

«Salve, io sono Yume e sono qui per aiutarvi, non ho cattive intenzioni, non vi preoccupate.»
«E' della polizia?» esordì un uomo, uscendo timidamente da uno di quei rifugi improvvisati.
«Beh, in realtà... » cosa avrebbe dovuto dire? Che aveva delle particolari doti nel combattimento perché aveva lottato al fianco di colui che aveva sconfitto gli androidi e che, per questo, si sarebbero dovuti fidare di lei...? Era decisamente troppo lunga da spiegare, sopratutto perché alla maggior parte delle persone non era nota la vera identità di Trunks, se non come presidente della Capsule Corp e già il solo fatto che si fosse recato lì in quella circostanza aveva fatto fin troppo clamore.
«Certo, sì. Solo che sono in borghese per non dare troppo nell'occhio tra la folla, di modo da poter agire indistrurbata. Se volete indicarmi dov'è la scala antincendio, così potremmo tutti uscire con calma scendendo ordinati.»
Yume sperò di essere risultatata abbastanza convincente. C'era da dire che, forse, in quella particolare eventualità non avrebbero più di tanto badato alla forma, erano decisamente sconvolti, quindi forse si sarebbero affidati a qualcuno che, comunque, era lì per aiutarli.
«E' sola? Dove sono gli altri agenti?» domandò una donna.
«Stanno salendo. Non vogliono generare altro caos, quindi hanno mandato solo me per fare un sopralluogo e poter appurare quale era la situazione. Quel pazzo è ancora qui?»
«Non lo sappiamo, forse no. Abbiamo sentito uno boato arrivare dallo studio, ma noi non ci siamo mossi.» disse l'uomo che l'aveva interpellata all'inizio.
«D'accordo. Io vado a controllare.»
«Stia attenta!»
La ragazza si addentrò, quindi, dopo aver svoltato l'angolo e aver percorso un piccolo corridoio, nello studio e trovò un mucchio di detriti disseminati sul pavimento, i due presentatori del tg ancora in stato di shock alla scrivania, il cameraman e qualche altro assistente seduti a terra con le mani sul viso.
«Non vi preoccupate, sono della polizia. Quel pazzo dove è finito?»
«E' andato sul tetto insieme al presidente Brief. Non riesco ancora a credere ai miei occhi. E pensare che quel bastardo mi ha obbligato a filmare altrimenti mi avrebbe ucciso.» rispose quindi il cameraman, sbattendo ripetutamente le palpebre.
«Allora ce ne possiamo anche andare, seguitemi.»
Yume fece segno loro con la mano e quindi cominciarono, con difficoltà, a rimettersi in piedi e a procedere nella sua direzione. Guardò un'ultima volta verso il soffitto pensando che doveva confidare in Trunks, come, purtroppo, ultimamente non aveva fatto.
Radunò tutta la redazione e cominciò a farli scendere per le scale esterne antincendio. Piano piano riuscì a portare a terra tutti, sani e salvi, in un certo senso, liberi di abbracciare i loro cari.
La ragazza avvertì la polizia e i vigili del fuoco che Mesuzu era sul tetto e potenzialmente distratto; quindi entrambe le forze dell'ordine si organizzarono per permettere agli ostaggi ancora presenti nell'edificio di scappare, saltando dalle finestre e atterrando su morbidi cuscinoni concepiti apposta per quello scopo.

                                                                                            ****


«Bene, siamo qui. Adesso perché non ti decidi a vuotare il sacco?»
Mesuzu lo incalzò, mentre Trunks stava raccogliendo le idee, cercando di capire quale momento sfruttare per mettere in atto il suo piano. Doveva ammettere che non aveva ancora la consapevolezza precisa di quanto fosse potente, ma se non provava ad attaccarlo seriamente non l'avrebbe mai saputo. Certo, trasformarsi in Super Saiyan con tutta quella gente presente sotto al grattacielo... Già credeva di essersi fatto abbastanza 'pubblicità' levitando attraverso il soffitto divelto, ma non aveva potuto fare altrimenti. Ad ogni modo, avrebbe pensato dopo ad una soluzione e la cosa più importante è che fossero, comunque, a distanza di sicurezza, per così dire. Il ragazzo stava per mettere in pratica la sua strategia, quando il folle scienziato esclamò:
«Ma che sta succedendo là sotto?!» lo vide sbiancare e aggiungere «No, non è possibile!»
Trunks, allora, si affacciò a sua volta e notò le persone tenute in ostaggio fino a pochi minuti prima gettarsi dalle finestre per poi cadere senza rischi sui cuscini per evacuzione forniti dai vigili del fuoco. Sapeva che c'era lo zampino di Yume. Aveva trovato il modo di aiutare quelle persone e dare, così, un bello smacco a Mesuzu. Non avrebbe mai dovuto dubitare di lei. Dopotutto era una ragazza ricca di risorse. E lui non doveva essere da meno.
«Cos'è quel sorrisetto compiaciuto, bastardo? Scommetto che c'è la tua amichetta dietro tutto questo, vero? Beh, stavolta non avrà scampo e forse finalmente vorrai essere ragionevole. Sì, questa dev'essere lei, avverto la sua aura proviene da quella direzione.»
«Cosa vuoi fare?! Fermati!»
Ma il ragazzo non riuscì a impedirgli di colpire l'angolo sinistro del cornicione, che cadde rovinosamente giù dall'edificio. Trunks udì solo lo schianto e le grida.
Era paralizzato dal terrore. Gli occhi azzurri sbarrati, fissi nel vuoto. La leggera brezza accarezzava i suoi capelli glicine, dando solo a loro un accenno di movimento.

«Finalmente hai perso quella tua aria da fighetto, risolvo tutto io, il grande eroe che ha sconfitto gli androidi. Mi dirai il segreto delle sfere adesso?»
«Sei tu lo schifoso bastardo! Io non ti dirò proprio un bel niente! Devo andare a vedere come sta Yume e poi ti ucciderò! Fosse anche l'ultima cosa che faccio!»
Fece scendere dal palazzo, ma Mesuzu glielo impedì:
«Non hai ancora capito, vedo. Ti ripeto che io detto le condizioni, qui. Non ti lascerò andare da lei finché non mi rivelerai come si riattivano le Sfere del Drago, okay? E farai meglio a sbrigarti, ogni secondo può essere prezioso.»
I capelli di Trunks si tinsero in un istante di biondo e cominciò a colpire forsennatamente Mesuzu con calci e pugni, ma senza lucidità, era offuscato dalla rabbia e dalla paura. Il suo avversario parò i suoi colpi senza difficoltà, seppur potenti, erano scoordinati e il più delle volte non colpivano il bersaglio.
«Sei veramente ostinato. Ma non capisci che dipende solo da te? Tu hai la possibilità di salvarla, forse, invece decidi di non fare niente per lei, continui a perdere tempo così invece di collaborare. Sarà solo colpa tua se morirà, il modo per aiutarla lo avevi, ma hai scelto stupidamente di ignorarlo. La lascerai al suo destino?»
«E va bene, te lo dirò. Le sfere devono essere riattivate da un namecciano con particolari poteri, dato che non sono originarie della Terra. Adesso lasciami andare!»
«Vai pure, non ho più bisogno di trattenerti.»
Trunks si fiondò giù con il cuore in gola, la sua mente incapace di formulare qualsiasi pensiero. Eccola. Riversa a terra, priva di sensi, coperta di polvere e detriti. Un paio di barellieri fecero per avvicinarsi a Yume, provenienti dall'ambulanza che doveva essere lì per gli ostaggi, ma il ragazzo li fermò:
«Ci penso io a lei.»
Spazzò via con le sue robuste mani la polvere e i calcinacci che aveva addosso, abbastanza da causare danni. La prese in braccio e la strinse forte. Quel figlio di puttana gliel'avrebbe pagata cara.

                                 
                                End of Act VIII




 

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Capitolo 9
*** Act IX ***


Dall'Act VIII:

"[...]Yume fece segno loro con la mano e quindi cominciarono, con difficoltà, a rimettersi in piedi e a procedere nella sua direzione. Guardò un'ultima volta verso il soffitto pensando che doveva confidare in Trunks, come, purtroppo, ultimamente non aveva fatto. Radunò tutta la redazione e cominciò a farli scendere per le scale esterne antincendio. Piano piano riuscì a portare a terra tutti, sani e salvi, in un certo senso, liberi di abbracciare i loro cari. La ragazza avvertì la polizia e i vigili del fuoco che Mesuzu era sul tetto e potenzialmente distratto [...]"

" «Ma che sta succedendo là sotto?!» lo vide sbiancare e aggiungere «No, non è possibile!»
Trunks, allora, si affacciò a sua volta e notò le persone tenute in ostaggio fino a pochi minuti prima gettarsi dalle finestre per poi cadere senza rischi sui cuscini per evacuzione forniti dai vigili del fuoco. Sapeva che c'era lo zampino di Yume [...]
«Cos'è quel sorrisetto compiaciuto, bastardo? Scommetto che c'è la tua amichetta dietro tutto questo, vero? Beh, stavolta non avrà scampo e forse finalmente vorrai essere ragionevole. Sì, questa dev'essere lei, avverto la sua aura proviene da quella direzione.»
«Cosa vuoi fare?! Fermati!»
Ma il ragazzo non riuscì a impedirgli di colpire l'angolo sinistro del cornicione, che cadde rovinosamente giù dall'edificio. Trunks udì solo lo schianto e le grida.
«Sei veramente ostinato. Ma non capisci che dipende solo da te? Tu hai la possibilità di salvarla, forse, invece decidi di non fare niente per lei, continui a perdere tempo così invece di collaborare. Sarà solo colpa tua se morirà, il modo per aiutarla lo avevi, ma hai scelto stupidamente di ignorarlo. La lascerai al suo destino?»
«
E va bene, te lo dirò. Le sfere devono essere riattivate da un namecciano con particolari poteri, dato che non sono originarie della Terra. Adesso lasciami andare!»
[...] Trunks si fiondò giù con il cuore in gola, la sua mente incapace di formulare qualsiasi pensiero. Eccola. Riversa a terra, priva di sensi, coperta di polvere e detriti. [...] Spazzò via con le sue robuste mani la polvere e i calcinacci che aveva addosso, abbastanza da causare danni. La prese in braccio e la strinse forte. Quel figlio di puttana gliel'avrebbe pagata cara."

                                                                                      ****
 

Il suo mento scivolò sul palmo a cui era appoggiato, per questo Trunks aprì istintivamente gli occhi. Era mattina. Il sole filtrava dagli spiragli rimasti aperti delle tende bianche tirate. Seduto su una sedia accanto al letto, si era addormentato usando il braccio destro come trespolo; il gomito ancora puntato sul materasso.
Notò che anche Yume si stava per svegliare, anche se stava cercando di tenere ancora alla larga il riverbero della luce coprendosi con le lenzuola, quindi esclamò:

«Buongiorno, Yume. Come ti senti?»
La vide voltare la testa lentamente verso di lui, sollevare le palpebre, per poi domandare:
«Scusa, ma... che cosa ci fai qui?»
Il ragazzo la guardò per un attimo in silenzio, il suo cuore mancò un battito. Aveva un vuoto di memoria...? Era grave? Era stato così attento nel sorvegliarla, nell'assicurarsi di seguire le indicazione di Everett..
Un sorriso si dipinse, però, sul viso di lei che aggiunse:

«Ti stavo prendendo in giro. Come potrei dimenticare?»
«Beh, non dipende da te. Mi hai fatto preoccupare, ancora. Stai bene?»
«Sì.»

Qualche ora prima...

Il primo posto dove aveva pensato di portare Yume fu casa sua, la sua nuova casa. L'appartamento dove Trunks l'era venuta a prendere per portarla al dojo. Era riuscito ad allontanarsi in fretta sfruttando la confusione, non aveva tempo da perdere. Inoltre, Mesuzu non aveva più bisogno di far del male a nessun altro, per il momento. Appena arrivato sotto casa della ragazza, cercò la targhetta che riportava il suo cognome, Sato, oltre a quello suo coinquilino e citofonò per farsi aprire il portone, pregando lui fosse in casa.

«Sono Trunks.»
Everett, aprì immediatamente e gli disse di salire al quarto piano. Prendere l'ascensore era sicuramente la scelta più sicura, non voleva correre il rischio di scuoterla troppo durante la salita per le scale. Fortunamente era già a piano terra, quindi non appena le porte automatiche si aprirono il ragazzo era già al suo interno; una volta al piano trovò la porta aperta e l'amico di Yume sulla soglia, le braccia incrociate.
«Ho visto tutto in tv.»
Nei suoi occhi neri uno sguardo glaciale. Non poteva biasimarlo. Non era riuscito a proteggerla. Lei, evidentemente, non aveva avuto tempo sufficiente per reagire a quell'ultima minaccia inaspettata. Era stata sicuramente impegnata a dare una voce agli altri, di modo da farli allontanare, ma lei era rimasta coinvolta nell'impatto. Mentre lui era su quello stupido tetto, convinto di fare la cosa giusta.
«Entra.»
Trunks entrò in silenzio nell'appartamento, non cercò di giustificarsi. L'angoscia lo stava mangiando vivo. Yume non doveva trovarsi là sotto...! Anche se non sapeva con chi altro doveva prendersela, se non con Mesuzu. La fece stendere sul divano e Everett andò a prendere un piccolo astuccio in quella che presumeva fosse la sua camera ed estrasse una piccola torcia. Sollevò piano una palpebra della ragazza e diresse la luce sulla pupilla, poi la riabbassò e fece lo stesso con l'altro occhio.
«Non sembrano esserci danni cerebrali importanti. Ad ogni modo, ha battuto la testa quindi vedendo lo stato in cui è arrivata, non posso escludere una commozione cerebrale e delle possibili fratture. Comunque la cosa più importante ora è che si svegli. Non deve rimanere troppo in questo stato.»
Cominciò a darle dei piccoli schiaffetti sulle guance, mentre la chiamava. Dopo qualche tentativo, le palpebre di Yume diedero qualche segno di vita e cominciò lentamente ad aprirle. Trunks non riusciva a esprimere quanto fosse sollevato. Non avrebbe potuto sopportare di essere la causa di... non voleva neanche pensarci.
«Everett... Ma che succede?» si schermò gli occhi con una mano, poi il suo sguardo si posò su di lui e domandò:
«Trunks...?!»
«Bene. Ci riconosci entrambi. Sai che ti trovi a casa, giusto?» La ragazza annuì, ma poi si portò una mano alla testa. «Credo proprio si tratti di una commozione cerebrale. Ti fa male la testa?»
«Solo un po'. Più che altro mi sento stordita. Puoi abbassare la luce?»
«Faccio io.» rispose Trunks.
«Ti fanno male altre parti del corpo?»
«La caviglia.»
«Solo la caviglia?»
«Sì.»
Dopo qualche attimo di silenzio, Everett riprese:
«Ricordi cosa è successo?»
«Non proprio... Ricordo che le persone stavano fuggendo dal grattacielo e io ero lì, ma poi non ne sono più sicura, no.»
Trunks avrebbe voluto stringerla forte, dirle che il peggio era passato, che era stata veramente coraggiosa, come sempre, ma non lo fece. Non voleva sembrare inopportuno e, inoltre, non era sicuro che Yume volesse essere abbracciata da lui, dopotutto.
«Trunks... mi hai portato tu qui immediatamente, non è vero? Grazie.» le parole della ragazza lo rincuorarono istantaneamente. Tese la mano nella sua direzione, quindi lui si avvicinò e l'afferrò delicatamente, ma senza esitazione.
«Ti sei preoccupato per me? Sono sopravvissuta agli androidi, credevi davvero che una banalità del genere mi avrebbe messo fuori gioco...? Anche se so di non essere ancora diventata invulnerabile, ero consapevole che ci potevano essere delle conseguenze. Comunque ero lì per mia scelta, non mi ha costretto nessuno.»
Poi aggiunse:
«Everett... Perché stai fissando Trunks in quel modo? Fai il bravo. Non eri tu quello che faceva tanto il tifo perché io e lui ci parlassimo di nuovo, cominciando a colmare la distanza tra noi? Ecco, stiamo parlando. Gli sto anche tenendo la mano. Ti sto tenendo la mano...» arrossì improvvisamente, per poi esclamare «Perché ho detto tutte quelle cose?!»
«Non ti preoccupare, tesorina. E' normale straparlare un po' con una commozione.» la tranquillizzò, allora, l'amico. Trunks l'osservò di sottecchi, notando il suo sorriso imbarazzato.
«Una commozione?! Beh, è tutto chiaro ora. L'ho scampata bella, eh? Poteva anche andarmi peggio di così. Non è grave, vero?»
«Te l'ho già detto prima... Anche questo è piuttosto nella norma. Diciamo di no, se viene trattata nel modo opportuno. Non devi assolutamente stressarti, stancarti in nessun modo. Devi stare per un po' a riposo.»
Yume sospirò pesantemente.
«Suppongo di dover seguire le tue indicazioni di medico, anche se non mi piace. Però tu, anzi voi due, dovete fare una cosa per me... Fate pace, come due bravi ometti, dato che non mi devo agitare per nessun motivo... Adesso devo andare in bagno, però.»
Trunks la vide tentare di alzarsi, sorreggendosi alla sua mano, ma una volta in piedi notò che non si sentiva stabile sui suoi piedi e quindi, con il braccio libero, le circondò la vita e le impedì di cadere.
«Gira tutto... Che fastidio, mi sento così intontita.»
«Dovresti levarti la fascia.» esclamò allora Everett, avvicinandosi a lei e rimuovendo il foulard annodato a quel modo per tenere indietro i capelli color miele, che caddero in avanti. Si portò immediatamente la lunga frangia laterale dietro l'orecchio destro.
«Mi fa male un po' la caviglia.» esclamò lei, mentre la sollevava da terra e posava la testa sul suo torace, avvolgendo entrambe le braccia intorno alla sua vita.
«Trunks, ti batte forte il cuore... Rilassati, penso che me la caverò.»
«Non devi assolutamente darti pensiero per me, sei tu quella che non deve avere preoccupazioni. Sarà meglio che ti porti in bagno adesso.»
La prese di nuovo in braccio ed Everett si affrettò a dire:
«Dopo ti controllo la caviglia..!»
«Va bene.» rispose Yume, poi continuò «Potrei sbagliarmi... Non è che mi senta molto lucida, ma è in atto una sorta di strana competizione tra voi...? Vi avevo chiesto di fare pace, ma non mi sembra vogliate ascoltarmi.»
«Ti sbagli, è che siamo solo concentrati su di te, non c'è assolutamente nessun problema tra di noi.» ribattè l'amico della ragazza in tutta fretta.
«Anche per te è lo stesso, vero?» disse allora lei, rivolgendosi a Trunks.
«Ma certo.»
«Allora sono contenta.»
Era disposto anche a dire qualche piccola bugia per il suo bene e lui si sarebbe sforzato di mostrarsi conciliante nei confronti di Everett davanti a lei e, dopo le sue parole, sperava ci avesse provato anche lui, visto che sembrava tenere tanto alla ragazza.
«Il mio bagno è qui sulla sinistra, è attiguo alla mia camera. Qui, alla mia destra c'è il cucinino e accanto la camera di Everett con il suo.»
Quindi Trunks svoltò verso sinistra, portando Yume tra le braccia, e doveva ammettere che, dopotutto, si sentiva un po' nervoso ad entrare in quel suo nuovo spazio personale, senza che avere più quel livello di confidenza. Ma non doveva andare tanto per il sottile in quel momento, si trattava di un'emergenza.
Accese la luce, trovando l'interruttore nella semi-oscurità della stanza fianco alla porta, ma i suoi occhi azzurri non indugiarono sui particolari; quindi varcò la soglia del piccolo bagno e lasciò accanto ai servizi.

«Sei sicura di farcela?»
«Non ho bisogno di aiuto per andare in bagno, grazie. E poi non sono mica un ragazzo, non devo stare in piedi.» e poi scoppiò in una risata imbarazzata. «Scusa, non ho pensato molto prima di parlare.»
«Figurati, non mi formalizzo.»
«Beh, adesso puoi andare. Esci anche dalla camera, per favore. Ti chiamo io quando ho fatto.»
Trunks annuì e uscì rapidamente, chiudendo la porta dietro di sè.
«Senti, adesso che Yume non può sentirci, volevo farti sapere che io non ho niente contro di te, anzi ti sono riconoscente. So che sei tu ad averci liberato dagli androidi. Il punto è che lei è come una sorella per me e ora che ti ho davanti, in questa circostanza, l'unica cosa che mi preme sapere è se tu hai veramente a cuore il bene di Yume.»
«E' l'unica cosa che ha importanza per me.» rispose il giovane dai capelli lavanda, senza un minimo di titubanza.
«Mi basta questo. Qua la mano.»
Così Trunks la strinse energicamente.
«Trunks! Ho fatto!» la ragazza lo chiamò dal bagno.
«Arrivo!»
Dopo che Everett ebbe fasciato adeguatamente la caviglia, che stava mostrando tutti i sintomi di una distorsione, Yume sbadigliò, bofonchiando poi:
«Sono un po' stanca. Vorrei riposarmi un po'. E' pericoloso?»
«Beh... Non puoi andare a dormire come se nulla fosse. Le ore successive alla commozione sono le più delicate, sopratutto se si va incontro alla nottata. Ci deve essere qualcuno che ti sorvegli e che ti svegli ogni quarto d'ora per cominciare, per essere sicuro che la situazione non si aggravi.»
«Ci penso io. Veglierò io su Yume.» si propose subito Trunks, prendendo l'iniziativa.
Everett lo guardò attentamente negli occhi ed esclamò:

«D'accordo. Te l'affido, mi raccomando. Guai a te, però, se le succede qualcosa. Non mi importa di chi cavolo sei, te la farò pagare. Non esiste mica solo la forza bruta.»
«Trovo il vostro atteggiamento cambiato. Anche se avete cercato di fregarmi, ho capito che c'era qualcosa di strano, nonostante ragioni un po' a rilento.» la ragazza concluse la frase con un altro sbadiglio.
Trunks la prese per l'ennesima volta tra le braccia e le disse, sorridendole:

«Dovevamo solo mettere alcune cose in chiaro.»
«Se sta bene a voi. Sono sollevata di non dover ricorrere alle maniere forti per farvi ragionare, anche perché in questo momento non potrei...»
Yume si strinse a lui, affondando quindi il viso nella morbida felpa scura che aveva infilato in fretta quella sera, e il ragazzo in quel preciso istante non provò più nervosismo o quella cerimoniosa distanza che cercava di mantenere per rispetto nei suoi confronti, gli sembrò solo naturale. La cosa più naturale del mondo che si stringesse a lui e che volesse prendersi cura di lei.
«Si è addormentata. Tra un quarto d'ora la devo svegliare ? E poi?» bisbigliò il Trunks rivolgendosi a Everett.
«Questo per un paio d'ore. Poi ogni mezz'ora e dopodiché ogni ora. Sei molto premuroso. Farai meglio a continuare così. Io devo andare a ripassare un po' adesso, domani ho un esame. Pensa un po'»
«Allora in bocca al lupo.»
«A te. Se hai bisogno di qualcosa, puoi comunque bussare.» concluse, quindi, il medico tirocinante.
Il giovane saiyan, allora, le diede un piccolo bacio sulla fronte e la portò in camera sua dove la mise piano sotto le lenzuola.

                                                                                        ****

Aveva continuato a svegliarla sistematicamente quella notte, assicurandosi che si rendesse conto di dove si trovava, di chi fosse lui, lei stessa, per sincerarsi del suo stato, insomma.
Yume si era sentita per tutto il tempo al sicuro, non aveva dubitato per un secondo che Trunks non rimanesse lì con lei e, nonostante la commozione, le era risultato più chiaro che mai. Questo le aveva dato una serenità che non avrebbe provato se lui non ci fosse stato.

«Everett c'è?» domandò allora, stiracchiandosi.
«Aveva un esame.»
«Giusto...! Spero che vada tutto bene.»

Il ragazzo la guardò con quei suoi occhi che avevano assunto una tonalità azzurra come il cielo più terso e si sentì veramente grata per la sua presenza accanto a lei.
Non riuscì a trattenersi e lo abbracciò di slancio.Non sapeva bene che dire, sapeva solo che non voleva perderlo di nuovo.

                                        End of Act IX













 

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Capitolo 10
*** Act X ***


Dall'Act IX:

"[...]Yume si strinse a lui, affondando quindi il viso nella morbida felpa scura che aveva infilato in fretta quella sera, e il ragazzo in quel preciso istante non provò più nervosismo o quella cerimoniosa distanza che cercava di mantenere per rispetto nei suoi confronti, gli sembrò solo naturale. La cosa più naturale del mondo che si stringesse a lui e che volesse prendersi cura di lei."

"Aveva continuato a svegliarla sistematicamente quella notte, assicurandosi che si rendesse conto di dove si trovava, di chi fosse lui, lei stessa, per sincerarsi del suo stato, insomma. Yume si era sentita per tutto il tempo al sicuro, non aveva dubitato per un secondo che Trunks non rimanesse lì con lei e, nonostante la commozione, le era risultato più chiaro che mai. Questo le aveva dato una serenità che non avrebbe provato se lui non ci fosse stato. [...] Il ragazzo la guardò con quei suoi occhi che avevano assunto una tonalità azzurra come il cielo più terso e si sentì veramente grata per la sua presenza accanto a lei. Non riuscì a trattenersi e lo abbracciò di slancio, con sollievo. Non sapeva bene che dire, sapeva solo che non voleva perderlo di nuovo. "

                                                                                       ****

Yume si raggomitolò sotto le lenzuola, dando completamente le spalle all'ampia porta finestra, posando i suoi occhi nocciola
sulla porta, socchiusa, della sua camera. Trunks era appena uscito a prenderle la colazione; non doveva assolutamente fare sforzi e lui, beh, non è che sapesse proprio cucinare, quindi era sceso a comprarle qualcosa di più sostanzioso di un caffè che la rimettesse in forze.
Si strinse ancora di più nel letto, cercando di stare attenta a non sforzare la caviglia destra, mentre continuava ad osservare la porta. Sospirò pesantemente. Tutte quelle attenzioni da parte del ragazzo, la spontaneità nei suoi gesti, le davano quasi l'impressione di essere tornata indietro, di essere ancora in diritto di riceverle. Sapeva, però, che non era così semplice. Non era più come prima. Eppure, se si ritrovava a pensare a quella notte, non avrebbe voluto o cercato nessun altro di diverso da lui. Anche solo in nome del percorso che li aveva accomunati e che, comunque, aveva fatto la differenza in quella circostanza; si era affidata a Trunks senza pensare troppo.
Nonostante una parte di sé aveva creduto che stessero esagerando e che il suo sonno fosse stato interrotto anche fin troppe volte, si era sentita veramente rincuorata dalla presenza del ragazzo e aveva avuto la sensazione di non avere niente da temere, com'era sempre stato con lui, dopotutto.
Nel momento in cui si era svegliata, quindi, Yume l'aveva buttata sullo scherzo, ma quando aveva notato la paura che, per un attimo, aveva adombrato gli occhi celesti di Trunks, aveva capito di aver rischiato grosso.
Non aveva dato troppo peso, in realtà, al fatto di essere svenuta a causa di un impatto che, tra l'altro, non ricordava. Sapeva di non essere invulnerabile e c'erano sempre dei rischi in situazioni del genere, ma se la sarebbe cavata, come ricordava, invece, confusamente di avergli detto. Solo vedendo quella preoccupazione nel suo sguardo e sentendo le sue parole aveva capito quanto fosse stata in pericolo e quanto lui dovesse aver trattenuto il fiato mentre era priva di sensi.

Aveva avuto paura di perderla. Non credeva fosse ancora così atterrito da quella possibilità. Non vedeva quell'espressione  da tempo e non solo perché non rischiava più la vita dopo la sconfitta degli androidi, non l'aveva vista neanche quando gli aveva fatto sapere della sua intenzione di lasciare la Capsule Corp. Forse una parte di lei aveva sperato in una reazione diversa da parte sua, che malgrado la piega che avevano preso le cose non volesse buttare via tutto, ma il ragazzo aveva appreso la notizia e non aveva obiettato. Quindi, anche se l'addolorava, Yume si rendeva conto che quella relazione non aveva più senso, pur sapendo che anche lei aveva avuto le sue responsabilità, tra cui apporvi definitivamente la parola fine.

«Mi hai fatto preoccupare, ancora. Stai bene?»

Quelle parole dimostravano che non era riuscito a trattenere quello che sentiva in quel momento, era stato spontaneo. A ripensarci il battito della ragazza cominciò ad accelerare. Quel turbamento che avrebbe voluto vedere nei suoi occhi dicendogli che aveva deciso di allontanarsi da lui, si era manifestato, invece, in quel caso. Che cos'era cambiato...?
Avvertì l'impulso di sedersi e tirar via le lenzuola. Aveva improvvisamente caldo.
 Aveva ancora indosso, ovviamente, la felpa oversize rosa confetto e i treggings neri. Osservò la fasciatura che gli aveva fatto Everett alla caviglia destra. Non poteva cambiarsi da sola, doveva evitare di stressarla ulteriormente. Quando entrava nel mindset di medico era capace anche di tagliare degli indumenti per il bene del paziente, anche se in quel caso gli era bastato sollevare una gamba del pantalone.
Ma cosa si era messa in testa...?  Perché ora voleva cambiarsi?! Trunks sarebbe stato di ritorno da un momento all'altro. E con questo? Yume, quindi, ripensò al loro abbraccio. L'aveva accolta tra le sue braccia forti con calore, tra cui lei si era abbandonata, chiudendo gli occhi. Le era davvero sembrato che non ci fosse bisogno di aggiungere niente a quell'istante, perché non sapeva bene cosa dire in effetti, ma neanche la ragazza avrebbe più voluto perdere tutto quello che lui rappresentava per lei. Anche se si chiedeva...l'aveva veramente ritrovato...?

«Yume...! Sono tornato!.»
Eccolo. Gli aveva detto di prendere le sue chiavi così lei non si sarebbe dovuta alzare per aprirgli. Si coprì istintivamente con il lenzuolo fino agli occhi. Stava per entrare... Cosa doveva fare adesso?!
«Cosa stai facendo così...? Ti sei riaddormentata un pochino?.»
Yume non rispose.
Si avvicinò con un sacchetto di carta in mano e una bicchere da asporto nell'altra; aveva il cappuccio della felpa tirato su. Posò la colazione sul comodino alla destra della ragazza, quello con sopra un vaso di girasoli che le aveva regalato Everett, e si abbassò il cappuccio.

«Scusa, ma non volevo mi riconoscessero in caffetteria. Dopo ieri sera... Ma non è niente di grave. Non è certamente la mia priorità..»
Così dicendo Trunks la guardò intensamente. Si riferiva a lei...? Era lei la sua priorità? Improvvisamente fu come se le mancasse il respiro.
«Perché mi fissi? Ho qualcosa che non va?» chiese innocentemente.
La ragazza scosse la testa, ancora coperta fino sopra il naso.
D'un tratto il brontolìo del suo stomaco vuoto si intromise, reclamando il suo pasto. Effettivamente, la sera prima non aveva neanche cenato.

«Dai, mangia, devi rimetterti in forze.»
Yume, quindi, si mise nuovamente a sedere sul materasso, mentre lui le passava il sacchetto di carta. Lei lo aprì e vi trovò un bel dorayaki. La ragazza ne strappò un pezzo con le dita e lo mise in bocca, nascondendosi dietro al sacchetto con all'interno il resto del dolce. Non voleva che la guardasse mentre mangiava, non sapeva bene perché, ma la metteva a disagio.
«Perché ti nascondi mentre mangi, Yume?»
Lei ingoiò il boccone e rispose:
«Non lo so... Mi vergogno.»
«Ti vergogni di me..?» esclamò Trunks, calcando volutamente l'ultima parola.
«Proprio perché sei tu. Okay?»
«Che bisogno c'è di farsi tutti questi problemi adesso? Dai, dammi un pezzo di dorayaki.»
Così dicendo il ragazzo si avvicinò e fece per strappare un boccone del dolce, ma Yume si portò il sacchetto sopra la testa e si allontanò, trascinandosi all'indietro sul materasso verso la porta finestra, per poi aggiungere:
«Adesso lasciami mangiare, Trunks, ho fame. Scusa, l'hai comprato per me o no? Potevi prenderne uno anche per te.»
«Non ci ho pensato. E anch'io ho fame adesso. Tra l'altro, mangio più di te devo ricordertelo?»
La ragazza nascose il sacchetto dietro la schiena e disse:
«Tu mangi più di qualsiasi uomo, caro mezzo saiyan!»
«Okay, adesso te la faccio pagare..!»
Si arrampicò sul letto e allungò le mani per recuperare il bottino dietro la schiena di Yume, ma lei continuava ad allontanarlo, finché Trunks, che cercava invano di anticipare le sue mosse, in bilico sulle ginocchia, scivolò e le cadde sopra.
Si era ritrovata il viso del ragazzo a un palmo di naso dal suo, poteva sentire il respiro lieve accarezzarle una guancia. Si sentiva nervosa o, forse, era emozionata. Poteva specchiarsi di nuovo nelle sue iridi azzurre...
D'un tratto Trunks sfiorò le sue labbra con il pollice destro, esclamando:

«Hai un po' di marmellata qui...»
Lei chiuse gli occhi a quel contatto, quanto le era mancato il tepore della sua pelle. Non era riuscita a dirglielo quando stavano ancora insieme, che le mancava, che le mancavano quelle stronzate, scherzare insieme, sembrava non riuscissero più a trovare il pretesto per fare i cretini in quel modo.
Yume, allora, avvicinò una mano al viso di Trunks e lo accarezzò, come a dargli il consenso. Solo allora la ragazza lo vide abbassarsi su di lei e, timidamente, le loro labbra si unirono in un bacio. I giorni in cui lo sentiva così distante sembravano già un lontanissimo ricordo, tutto quello di cui aveva bisogno era sentire il suo sapore, cercarlo sempre di più, mentre scioglieva i suoi capelli glicine dal codino in cui erano legati...

«No. Non posso.»
D'un tratto il ragazzo interruppe bruscamente quel bacio e si sollevò sugli avambracci, allontandosi da lei.
«Perché? Cos'hai?» domandò allora Yume, cercando nuovamente di avvicinarsi a Trunks. 
«Non ho detto che non voglio... Non immagini quanto ti desideri Yume, ma non posso. Non posso rischiare che ti succeda qualcosa. Hai una commozione cerebrale. Devi stare a riposo.»
Era molto serio. La ragazza annuì e accarezzò il suo braccio sinistro. «Hai ragione.»
«Poi chi lo sente Everett... Direbbe che mi sono approfittato di te.» aggiunse il ragazzo, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi.
Yume si lasciò scappare una risata. 
«Non avere paura del suo giudizio. Faceva veramente il tifo per te, sai? E' solo che vedendomi arrivare in quelle condizioni si è chiesto se, dopotutto, meritavi la sua fiducia. Comunque ora avete chiarito.»
Poi si perse nei suoi occhi di cielo e aggiunse:
«Trunks...perché ti ho lasciato andare?»
«No, io ti ho lasciata andare.» ribattè lui, accarezzandole il viso.
Quindi si abbassò nuovamente su di lei e si baciarono un'altra volta. Sarebbe stato difficile aspettare...

«Vi ho stanati...! Sta' lontano dalla mia paziente!» la voce inattesa di Everett li fece saltare entrambi dallo spavento. Trunks si allontanò neanche avesse preso la scossa.
«Il gatto non c'è e i topi ballano, eh?» 
«Tu saresti il gatto?!» o apostrofò Yume.
«Certo. Ma so che Trunks non aveva cattive intenzioni... Tu sei una ninfetta, mia cara...!»
«Io?!» la ragazza si mise a sedere e rivolgendosi proprio a Trunks, disse:
«Dì qualcosa, difendimi...!»
«Beh...»
«Sei incredibile...! Subito a spalleggiarvi! Bene, via...! Dov'è finito il mio dorayaki?»
Il sacchetto di carta era finito per terra, fortuna che il dolce era intatto, a parte per il morso che aveva già dato.
«Comunque, per vostra informazione, l'esame è andato bene. Ora aspetterò un po' prima di dare il prossimo...» il suo amico si stiracchiò, rimasto sulla soglia della sua camera. "Non sei contenta, Yume dolce amichetta mia?»
La ragazza era concentrata sulla sua colazione e fece finta di non averlo sentito, come se se la fosse presa.
«Ma certo, solo che ha una piccola carenza di zuccheri al momento. Te lo posso dire anch'io che non studio medicina.» il robusto braccio di Trunks l'avvolse a tradimento e l'avvicinò a sè.
«Bella questa...! La nostra Yume è unica nel suo genere.»
«Sì, lo è.» così dicendo Trunks le sorrise. Lei ricambiò, mentre inghiottiva un boccone di dorayaki.
«Ho portato la colazione, anche se ormai sono quasi le undici. Fa lo stesso. Trunks la lasciamo riposare?»
«D'accordo.»
Fece per alzarsi dal letto, ma dopo che Everett si fu voltato per dirigersi verso il salotto, le stampò un veloce bacio sui capelli.
«A dopo.»
Yume sospirò, accompagnandolo con i suoi occhi nocciola mentre usciva dalla stanza. Afferrò il bicchiere da asporto che era rimasto sul comodino alla sua destra. Il cappuccino si era freddato. Pazienza.

                                      End of Act X

 

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Capitolo 11
*** Act XI ***


Dall'Act X:

[..]«Perché ti nascondi mentre mangi, Yume?»
Lei ingoiò il boccone e rispose:
«Non lo so... Mi vergogno.»
«Ti vergogni di me..?» esclamò Trunks, calcando volutamente l'ultima parola.  
«Proprio perché sei tu. Okay?»
«Che bisogno c'è di farsi tutti questi problemi adesso? Dai, dammi un pezzo di dorayaki.»
[..]Si arrampicò sul letto e allungò le mani per recuperare il bottino dietro la schiena di Yume, ma lei continuava ad allontanarlo, finché Trunks, che cercava invano di anticipare le sue mosse, in bilico sulle ginocchia, scivolò e le cadde sopra.
[...] «Hai un po' di marmellata qui...»
Lei chiuse gli occhi a quel contatto, quanto le era mancato il tepore della sua pelle. Non era riuscita a dirglielo quando stavano ancora insieme, che le mancava, che le mancavano quelle stronzate, scherzare insieme, sembrava non riuscissero più a trovare il pretesto per fare i cretini in quel modo.
Yume, allora, avvicinò una mano al viso di Trunks e lo accarezzò, come a dargli il consenso. Solo allora la ragazza lo vide abbassarsi su di lei e, timidamente, le loro labbra si unirono in un bacio.
[...]

                                                                                   ****

Mesuzu se ne stava in piedi sul cornicione di uno degli alti palazzi, freschi di costruzione, di Città dell'Ovest, osservando il panorama urbano che si stagliava sotto di lui. Erano passati due giorni dalla sua apparizione televisiva e tutto sembrava già essere tornato alla normalità per quegli insetti.
Era più che scontato, non c'erano state conseguenze dirette per la maggior parte di loro, quindi tutto era ripreso come se nulla fosse stato. Eppure, qualcosa lui aveva ottenuto. Era riuscito ad estorcere a quel fighetto l'informazione che gli serviva. Un ghigno si dipinse sul viso dai lineamenti aspri, ma si spense subito. In quei due giorni non era riuscito cavare un ragno dal buco circa quell'alieno, quel namecciano che quel bastardo gli aveva rivelato essere l'unico in grado di riattivare le Sfere. Aveva pensato di procedere ad esclusione, cercando di individuare l'unico ki che risultava essere diverso da quello di comune terrestre e, sopratutto, potente.
Non poteva essere un namecciano qualunque, infatti, che poteva padroneggiare il potere delle Sfere del Drago. Non aveva ancora trovato nulla, maledizione....! Doveva solo che ringraziare Gero se adesso si trovava in quella situazione. Quegli androidi avevavano sterminato buona parte dei terrestri e anche colui da cui dipendevano quei mistici manufatti; morto lui, scomparsi loro. Nel momento in cui si rinchiuso nella cella ibernante quello scienziato da strapazzo era stato eliminato dalle sue stesse creature, ma non avrebbe mai creduto che potessero seminare tanta distruzione. Il suo obiettivo non era mai stato quello, infatti Gero non capiva un accidenti di niente e non era consapevole neanche dell'esistenza delle Sfere, cosa che per Mesuzu, invece, era sempre stata l'incentivo a proseguire nelle sue ricerche, sapendo che dopo aver scoperto e potendo quindi sfruttare il segreto del ki, non avrebbe avuto rivali nell'anteporre sé stesso nell' utilizzarle per realizzare i suoi desideri più sfrenati. Fin da quando aveva visto quel ragazzino emettere quel fascio d'energia dalle mani con cui aveva disintegrato i robot del Red Ribbon, era stato determinato a trovare il modo di utilizzarla, sapendo che per lui non sarebbe stato così facile
disporne naturalmente.
Il Red Ribbon... Ne aveva fatta di strada da allora. Anche se non era andato tutto esattamente come aveva pianificato, infatti alcuni pezzi del puzzle non erano ancora andati al loro posto, era solo questione di tempo. Inoltre, il fatto che proprio quel fighetto avesse avuto l'ardire di frapporsi tra lui e le Sfere, in realtà, gli aveva dato poi degli spunti interessanti.
D'un tratto, Mesuzu avvertì un ki decisamente diverso rispetto a quelli che aveva analizzato fin a quel momento. Nuovamente, un ghigno incurvò le sue labbra e si diresse, in volo, verso quella direzione.

                                                                 
****

«Trunks, mi annoio.»
La voce di Yume si intrufolò nel orecchie del ragazzo mentre era intento a digitare velocemente sulla tastiera del pc, trascrivendo cifre dalle varie finestre di documenti aperti sul desktop, per completare il rendiconto trimestrale che non aveva ancora finito. Si era portato il lavoro a casa di lei, dato che il buzz intorno alla sua ultima apparizione televisiva non era ancora scemato, era passati solo un paio di giorni, era meglio stare lontani dalla Capsule Corp. Infatti sua madre Bulma l'aveva rassicurato, dicendogli che avrebbe pensato a tutto lei e che non doveva preoccuparsi.
Dopo l'apprensione iniziale circa le condizioni di Yume, che aveva potuto constatare anche lei dalla tv, era stata piuttosto indiscreta, poi, chiedendogli se ci fosse stato qualche sviluppo inatteso. Doveva aspettarselo. Trunks le aveva risposto che era troppo presto per dirlo e aveva tagliato la conversazione. Chissà quale sarebbe stata la reazione di sua madre se le avesse detto che si erano baciati e che erano stati a un passo da...

«Trunks, mi ascolti? Non posso leggere, non posso guardare la tv, ovviamente non posso uscire... Non posso fare niente.»
Il ragazzo, quindi, spostò l'attenzione dal computer verso di lei, distesa alla sua destra sul divano, con le braccia incrociate, l'aria imbronciata, avvolta in un completo tuta aderente color albicocca; i piedi posati sulle sue gambe accanto al portatile.
«Non devi sforzarti. Anche Everett ha detto che è meglio così.»
«Già, proprio lui...! Adesso è al lavoro in caffetteria, tu anche stai lavorando... E' giusto, non me la sto prendendo con te. E' solo che...»
I suoi occhi nocciola si rivolsero verso l'ampia finestra orizzontale sul lato opposto del salotto.
«Mi manca andare al dojo. Quando ho chiamato Hirano-sensei non ero sicura di cosa dirgli... Per fortuna che lui non guarda il telegiornale. Così ho potuto sorvolare sulla cosa, inventandomi una scusa, anche se poi mi sono sentita un po' in colpa. Lui mi risposto che non c'era problema e che gli incidenti capitano. Ora, però, mi sento inutile.»
Trunks la osservò attentamente mentre si confidava così con lui, nonostante lo sguardo della ragazza fosse ancora rivolto verso lo skyline cittadino, oltre la finestra. Era da tanto che non c'è quel dialogo tra loro, constatò. Cominciava a sentirla nuovamente vicina e l'ultima cosa che voleva era lasciare che si allontanasse un'altra volta. Non poteva non sentirsi responsabile di quella situazione che si era creata tra loro, forse troppo preso, oltretutto, dal rimettere in piedi la Capsule Corporation. 
«Yume, ascolta... Sentivi che ti mancava qualcosa quando stavamo insieme?» le chiese allora lui, mentre le accarezzava delicatamente la gamba destra, quella con la fasciatura, dopo aver posato il pc sul tavolino alla sua sinistra accanto al divano.
La ragazza prese un profondo sospiro. 
«...All'inizio no. Tu eri tutto quello che desideravo ed avevamo, finalmente, un futuro ad attenderci quindi non potevo immaginare niente di meglio. Poi... Durante il nostro secondo anno, io...»
Trunks notò la difficoltà nella sua voce. Non voleva che agitasse, non poteva permetterselo. Era questo di cui il ragazzo aveva ancora timore, di forzarla e di farle fare o dire cose di cui non era convinta pienamente. Anche se Yume fosse stata in piena forma, probabilmente, anche se non sarebbe stato facile, non avrebbe fatto l'amore con lei perché voleva essere sicuro che poi non dovesse pentirsene.
«Non sei obbligata a dirmi niente se non te la senti, non avrei dovuto chiedertelo. Abbiamo tutto il tempo per ritrovarci.»
«Sì, ma... sento che se non ti parlo di queste cose ora continueranno ad aleggiare su di noi e io non posso sopportarlo. Non sono sicura di cosa te l'abbia fatto venire in mente proprio adesso, però... Ti sono sembrata insofferente...? Anch'io ho bisogno che tu sia sincero con me.»
Trunks si passò una mano sugli occhi. «Ho solo realizzato quanto già ti mancasse il tuo lavoro al dojo e mi sono chiesto se anche durante la nostra relazione avresti voluto rendere le arti marziali la tua professione e non hai avuto il coraggio di parlarmene... Non lo so. Se ti ho fatto mancare qualcosa vorrei che me lo dicessi... Io credevo di poterti leggere nel pensiero invece non è stato così.»
Questa volta era lui a non guardarla negli occhi.
«Trunks, ascoltami tu adesso.» così dicendo Yume allontanò i suoi piedi dalle gambe del ragazzo e si accoccolò vicino a lui, posando la testa sulla sua spalla mentre con l'indice destro ripassava i contorni del marchio della CC sulla sua felpa, all'altezza dei suoi atletici pettorali. «Io non ti ho mai dato tutta la responsabilità... Anche se ci sono stati momenti in cui avrei voluto una reazione diversa da parte tua, dato che riuscivo più a capire se ero ancora importante per te. Essere impegnati nella ricostruzione è stato importantissimo e tra noi era tutto stupendo, però poi tu hai continuato con l'azienda mentre a me, poi, non è rimasto molto a cui dedicarmi. Non ero sicura di cosa fare, se è questo quello che vuoi sapere. Io penso che la nostra relazione abbia risentito anche di questo, perché ho cominciato a dubitare anche di noi due. Non riuscivo a capire cosa fare della mia vita, credo... Tutti andavano avanti e io cercavo ancora di rimettere insieme i pezzi. Non mi era stato tutto chiaro come avevo sempre pensato.»
La voce di Yume cominciò ad incrinarsi e quindi Trunks afferrò le sue gambe, questa volta, e se le mise bene in grembo, lasciando che i piedi poggiassero sul bracciolo, stringendola forte a sé.
«Perché non mi hai detto che ti sentivi così? Amore mio...» ci mancava poco che si mettesse a piangere anche lui.
«Non volevo che ti preoccupassi ancora per me. Abbiamo sofferto abbastanza, a mio parere, quindi ho cercato di dissimulare tutto e per un po' ci sono riuscita, pensavo che fosse normale un po' di smarrimento, ma poi ho comciato a sentirmi sempre più distante da te, da noi... » lacrime cominiciarono a rigare le sue guance.
«Amore... Scusami per non essere riuscito a starti vicino, forse proprio nel momento in cui avevi più bisogno di me. Tu mi hai sempre sostenuto...»
Yume si strinse più forte a Trunks, piangendo, e lui la baciò sui capelli biondo miele, mentre le accarezzava dolcemente la schiena.
«Sono qui adesso, ti sosterrò sempre. Non commetterò più lo stesso errore.»
Aspettò che finisse di sfogarsi, cullandola tra le sue braccia, non curante delle sue stesse lacrime.
«E io dovrei parlarti di quello che provo, per evitare di finire di nuovo così.» fece la ragazza, riprendendo fiato, mentre passava una mano su una porzione di stoffa umida della felpa. «Scusa, ora hai la felpa fradicia...»
Trunks afferrò il viso di lei tra le sue robuste mani e passò entrambi i pollici per asciugare un paio di ultime fuggitive.
«Sbaglio o ha gli occhi lucidi anche tu...?»
«Non sbagli.» Due stille scesero dai suoi occhi azzurri. «Mi sei mancata Yume.»
«Anche tu mi sei mancato davvero, Trunks.»
Quindi si avvicinò alla ragazza e posò la fronte sulla sua, mentre continuava ad accarezzarle le guance. Quindi le sue labbra furono su quelle di lei, che lo ricambiò appassionatamente, stringendo le braccia intorno al suo collo. Sentiva ancora il sapore salato delle sue lacrime, ma non importava perché le prometteva, in cuor suo, che avrebbe pianto solo di felicità da quel momento in poi.

                                                                  
****  

Doveva essere quello il posto. I piedi di Mesuzu erano tornati a posarsi a terra proprio di fronte a un dojo, il dojo Hirano, lesse sull'insegna. Quel ki sembrava provenire proprio da lì.
Salì le scale che portavano allo shoji che spalancò senza riguardo e si fiondò all'interno; con gli anfibi ancora ai piedi svoltò a sinistra. Notò un'ampio shoji in fondo al corridoio, quindi cominciò a correre nella sua direzione per poi farlo scorrere, con gesto secco, verso destra con noncuranza.

«Finalmente sei arrivato, ce ne hai messo di tempo.»
Furono le parole di un individuo alto e dalla carnagione verdastra, con un orecchie a punta. Indossava una specie di tunica viola e aveva due antenne sulla fronte, ora ci faceva caso. Non stava neanche guardando nella sua direzione, aveva le braccia incrociate sul petto e la sua attenzione era rivolta verso il cortile interno del dojo.
«Sei tu il namecciano?! Non m'importa niente da dove sei sbucato o come fai a conoscermi, voglio solo sapere se tu puoi riattivare le Sfere del Drago.»
«Certo, che posso. Il problema è che non ne ho la minima intenzione, sopratutto per uno come te.»
Mesuzu strinse forte i pugni, sbattendo con forza un un anfibio sul tatami
«Allora perché diamine hai voluto incontrarmi, eh? Vorrei ucciderti per questo affronto, ma non posso farlo...! Dovrei cercare di convincerti, allora, non credi?»
I suoi occhi grigi si posarono allora sulla sagoma di un vecchio distesa poco più in là.
«Ammazzerò quel vecchio...! Non lo permetterai, giusto? A meno che non l'abbia già fatto tu.»
«L'ho solo tramortito. Non volevo metterlo a parte di questa situazione. Devi sapere che io vedo tutto e ho scelto questo posto per un motivo. Non mi piace essere stato tirato in ballo in questa storia e non ho aspettato che tu ti stancassi di cercare, dato che ho intuito che non avresti mai mollato l'osso, quindi sono qui per dirti in faccia che effettivamente esisto, ma non ho alcuna intenzione di aiutarti E, poi, l'hai detto anche tu che non puoi farmi fuori, ma qualcuno deve far fuori te, anche se non sarò io.» esclamò, voltandosi per la prima volta verso di lui.

         
                                                       End of Act XI

                                                                                                         



                                                                         
     

 

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