Carry On Wayward Daughter

di ShinigamiGirl
(/viewuser.php?uid=321892)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

Le strade di Los Angeles avevano molte sfaccettature. Le vie principali erano piene in ogni periodo dell'anno, di turisti provenienti da tutto il mondo, senza alcuna eccezione. Le folle animavano le strade principali, costringendo chiunque a scegliere le vie secondarie. C’erano persone che si spingevano persino nella periferia.
Le vie residenziali erano frequentate solo da persone anziane e famiglie di operai. Eppure, nei sobborghi di questa meravigliosa metropoli, i quartieri malfamati erano numerosi. Erano luoghi che davano sensazione di viscido, pericolo e desolazione, anche se paradossalmente erano estremamente frequentati. Semplicemente, negozianti e clienti erano sempre stati eccelsi nel muoversi con attenzione, senza lasciare tracce. Ma anche se si fossero fatti vedere, la polizia non avrebbe fatto nulla a riguardo. Il mercato nero corrompeva chiunque, ed era sempre stato in grado di mettere abbastanza paura da tenere lontano i curiosi.
Tuttavia, Kira era riuscito a decimare le persone che facevano parte di quello scenario. Non tutti se la cavarono, ma Charlie fu una di loro. Forse perché i suoi servigi giravano molto alla larga da droga, traffici illegali e furti.
Nessuno dava peso ai cacciatori. Anzi, per essere più precisi, molti non sapevano nemmeno della loro esistenza. L’apertura del caso Kira, tuttavia, diede alla loro carriera una specie di svolta. In America c'erano religioni di vario genere, ma la cultura sugli dei della morte aveva fatto il suo scalpore, e i casi di possessione venivano presi più sul serio, così come la necromanzia e l'esoterismo.
Charlie aveva avuto a che fare con moltissimi tipi di entità, molto diverse e lontane dai comuni Shinigami, non ne aveva mai visto uno, anche se sapeva della loro esistenza.
In quel momento Charlie stava guardando dritta davanti a sé, camminando svelta verso i vicoli sinistri della città degli angeli. Come accennato prima, non erano strade raccomandabili, ma lei si muoveva in quei posti con estrema disinvoltura. I suoi passi riecheggiavano negli angoli dei vicoli; non c’era anima viva.
Aveva indosso dei jeans usurati, una larga maglia a maniche corte con sopra una camicia a quadri neri e rossi. Il volto era coperto da un enorme paio di occhiali da sole. Aveva sul fianco una tracolla abbastanza pesante, che a ogni passo sbatteva contro la sua coscia, facendo risuonare un clangore metallico.
Svoltò a destra, in un vicolo cieco dove un barbone stava dinnanzi a una porta malandata, che sembrava l’uscita sul retro dell’enorme edificio abbandonato.
Il barbone si voltò di scatto, come allarmato, incrociando lo sguardo della ragazza. Lei si fermò a squadrarlo, ma poi decise di continuare ad avvicinarsi per accovacciarsi alla sua stessa altezza, guardandolo dritto in faccia.
-Sto cercando Mello- disse, con voce tranquilla ma decisa.
Il senzatetto assunse un’espressione inacidita: -Chi lo cerca?
-Winchester- rispose lei, levandosi gli occhiali che le coprivano il viso pallido. Aveva degli occhi castani, con delle ciglia lunghissime, ma poco memorabili.
-La prova?- Insistette lui, impassibile.
Charlie aprì la tracolla, piena di cianfrusaglie e armi. Estrasse una collana d’argento, il cui pendente era una croce tirata a lucido, impreziosita da un rubino centrale e diamanti incastonati sui lati. Girando il ciondolo, si potevano vedere chiaramente delle lettere incise nel metallo prezioso, le quali erano “D. W.”. Al che, l’uomo si alzò in piedi, aprendo la porta alle sue spalle e rivelando delle scale che portavano nel seminterrato dell’edificio.
La ragazza si alzò ed entrò senza esitazione, scendendo i gradini sino alla stanza illuminata da una luce giallastra. Appena si affacciò nella sala, tre uomini le puntarono contro altrettante pistole. Alzò le mani, sospirando.
-Lascia a terra la borsa- ordinò una voce giovane, da dietro gli uomini.
Lei obbedì, sporgendosi incuriosita mentre si chinava a poggiare la tracolla. Vide un ragazzo biondo seduto comodamente su un divano rosso, che ricambiò l’occhiata incuriosita. Fece poi un gesto con la mano e due uomini vicino a lui superarono i compagni armati, avvicinandosi alla ragazza. Uno allontanò la borsa col piede, l’altro strattonò Charlie, girandola e mettendola al muro per perquisirla. Nascosto nella cinta dei jeans, tirò fuori un coltello con strane incisioni, ma non le trovò altre armi addosso. Una volta allontanati coltello e tracolla, gli scagnozzi abbassarono le armi e finalmente Charlie fu libera di voltarsi e vedere in faccia tutti quanti senza la minaccia di una pallottola in fronte.
-Era proprio necessario?- chiese, alzando un sopracciglio.
-Siediti- le ordinò il ragazzo biondo, addentando una tavoletta di cioccolato fondente -sono io che faccio le domande, qui.
La ragazza, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans, si avvicinò a un divano libero, lasciandosi cadere in maniera molto spartana. Il divano era morbidissimo, nuovo di pacca.
Nel mentre tutti gli uomini nella stanza se ne andarono e al loro posto fece ingresso nel salottino un ragazzo magro, strano, con dei capelli rossi scuro, tenuti sulla fronte da un paio di goggles gialli. Si chiuse la porta alle spalle, isolando i tre da tutti gli altri.
-Chi di voi due è Mello?- chiese Charlie, ignorando l’ammonimento di poco prima.
-Vedo che non ci senti da quell’orecchio, mocciosa- la fulminò il biondo -Sono io Mello.
Lei fece spallucce, sollevando le sopracciglia: -Ditemi per cosa sono qua.
-Come ti è già stato anticipato, ci serve indagare sulla scomparsa di alcuni membri dell’organizzazione. Abbiamo il sospetto che si tratti di qualcosa di sovrannaturale, e qui entri in gioco tu, o no?- fece Mello, con tono quasi di scherno.
-Sì… Certo. E in cambio mi offrite un lavoro retribuito… Giusto?- domandò Charlie, come a confermare quello che era stato già deciso. Aveva ricevuto una chiamata misteriosa al numero di cellulare del lavoro solo una settimana prima. Una voce disturbata le aveva descritto il problema in maniera molto chiara: sei uomini, addetti al traffico illegale di organi e sangue umano, spariti nel quartiere di Pico Union. Sembrava che i clienti si fossero indispettiti dell’aumento di prezzo e avessero iniziato a fare strage di chiunque fosse il corriere di quella merce. Tuttavia, spariva solo il sangue, e i corpi dei poveri malcapitati.
-Sarai parte dell’organizzazione. In quanto tale, sarai sotto mio comando, e dovrai fare quello che ti dico- rispose il biondo, con aria quasi minacciosa.
-Altrimenti?
Il ragazzo dai capelli rossi, rimasto silenzioso tutto quel tempo, si era avvicinato a lato della ragazza. Estrasse una pistola, fece per puntarla alla ragazza ma lei scattò, e con un colpo secco fece cadere l’arma. Gli tirò una ginocchiata nel basso ventre, facendolo accasciare dal dolore e guadagnando tempo per recuperare la pistola a terra. Si alzò in piedi e la puntò contro Mello, che nel mentre aveva estratto la sua, puntandola alla ragazza.
-Figlia di puttana!- esclamò il rosso, ancora a terra, mentre si rialzava.
-Molla la pistola- ordinò subito dopo Mello.
Lui aveva una smorfia di puro fastidio stampata in volto. Non poteva mandare a puttane l’unica via che poteva aiutarlo a capire la natura del quaderno citato negli appunti d’indagine di L. L’informazione era stata ovviamente rubata con le abilità di hacking di Matt dal computer dell’organizzazione SPK, della quale era a capo Near, suo acerrimo rivale.
Charlie però non accennava ad abbassare l’arma.
-Io non prendo ordini da nessuno- sibilò lei -e soprattutto non da una persona come te. Vi aiuterò in questo lavoro, perché so bene chi ci sta dietro, ed ero sulle loro tracce già da tempo, ma non mi immischio nei vostri affari, ho altro a cui pensare.
-Metti giù la pistola, o te lo do io un motivo per cui non immischiarti, i morti non danno fastidio a nessuno- minacciò Mello.
La ragazza lo guardò quasi incredula, poi inaspettatamente abbassò la pistola, ridacchiando sommessamente, da cui scoppiò una vera e propria risata come se lui avesse fatto la battuta più divertente al mondo.
Era evidente che i due ragazzi non sapessero nulla.
-D’accordo… Quindi voi chiamate una cacciatrice e vi aspettate che abbia paura di morire? Certo che siete proprio dei fenomeni! Secondo voi io non ho già contattato altri colleghi, informandoli sul mio attuale cliente?- domandò, sorridente.
I due amici si scambiarono un’occhiata rapida. Matt però non vacillò, era sicuro di averla pedinata in ogni movimento online. Charlie notò il loro scambio silenzioso, perciò aggiunse: -Ho sette telefoni cellulari diversi, di cui solo uno ha accesso a internet. E, guarda caso, avete chiamato proprio su quello. Sicuri di aver fatto bene le vostre ricerche precauzionali?
Il ragazzo dai capelli rossi arricciò il labbro superiore in una smorfia. Ne aveva tre sotto suo controllo, gli erano sfuggiti ben altri quattro. Chi se lo aspettava che una sprovveduta del genere avesse sette telefonini? Ma soprattutto, a che diamine le serviva averne così tanti?
-Ho i miei motivi per proteggermi, come voi avete i vostri- continuò Charlie -ma ci potrebbe essere qualcosa su cui possiamo collaborare.
-Definisci “collaborare”, ragazzina- sibilò Mello. Aveva ancora la pistola puntata contro di lei.
-Io vi aiuto con questo lavoro. E con gli altri a venire, se proprio ci tenete. Ma la mia famiglia ha la priorità, se vengo chiamata, io devo andare. E mi aspetto che mi procuriate una scorta, per proteggere la mia gente.
-Stai insinuando che potresti piantarci in asso in qualsiasi momento, e vorresti pure che mollassimo le nostre questioni per te?!- esclamò Matt, incredulo.
-Qua giochiamo col fuoco, piccola stronza. Questa è solo una prova, per vedere se sei all’altezza. Quello in cui ci aiuterai dopo è mille volte più pericoloso, offrire aiuto alla tua famigliola significherebbe esporla al peggio. Non ha senso- disse il biondo, con tono gelido.
-La mia famiglia è sempre esposta al pericolo. Vampiri, lupi mannari, fantasmi, angeli, demoni, dei di qualsiasi genere, mostri da ogni dove… I fucili della mafia non sono nulla in confronto! Ma non mi aspetto che possiate capire. Quel che non posso negare, è che ci servono persone- cercò di spiegare la ragazza.
Mello era rimasto impassibile davanti all’elenco di assurdità dette da Charlie. Era impossibile che esistessero tutte quelle cose, ne era certo. Kira era sicuramente un’eccezione, ma tutto il resto era davvero un’esagerazione. D’altro canto, non aveva tutti i torti a chiedere degli uomini, in caso quelle cose fossero state vere.
Dopo una lunga pausa, finalmente parlò: -Facciamo così. In base a come andrà quest’operazione, deciderò se coinvolgerti ulteriormente ai nostri affari. Ti fornirò già una scorta, se mi dimostrerai l’esistenza di questi mostri, accetterò la tua richiesta. Come ti suona?
-Non potevo chiedere di meglio- rispose subito lei.
-Matt... Dalle gli uomini che le servono- disse quindi, rivolgendosi all’amico dai capelli rossi.
-Serviranno anche dei machete. E volendo anche sangue di uomo morto!- avvertì la ragazza. -Mi servono almeno cinque persone. Cercherò di riportarvele tutte, ma dovete darmi quelli che se la cavano col combattimento corpo a corpo e non si spaventano di fronte a dei denti aguzzi. Ci muoviamo al tramonto.
-Io verrò con voi. Ci servono altri quattro uomini- decise improvvisamente Mello, alzandosi in piedi.
Charlie lo guardò sorpresa, ma apprezzò quella dimostrazione di coraggio. Si avvicinò a lui, superando quel metro che li divideva: -Sicuro di voler rischiare la vita così? Non assicuro protezione a nessuno, io.
La ragazza era più bassa di Mello, ma si era avvicinata abbastanza da costringerlo ad abbassare la testa per guardarla in volto, toccandogli quasi il mento con il naso.
Lui la guardò dritta negli occhi, improvvisamente infiammato da quell’affermazione. Chi si credeva di essere questa ragazzina? Sicuramente non aveva molti anni in più di lui. Anzi, forse erano addirittura coetanei. Ma lei si comportava come se fosse un’adulta, e soprattutto come se ne sapesse più di lui. E non c’era cosa che dava più sui nervi a Mello di chi si comporta in modo saccente. Gli ricordava l’atteggiamento superiore di Near. Le diede uno spintone alla spalla, allontanandola violentemente, ma lei, invece di spaventarsi come una qualsiasi ragazza della sua età, si lasciò cadere sul divano, scoppiando in una fragorosa risata.
-Cos’hai da ridere?!- esclamò il biondo, maggiormente innervosito.
Charlie si rialzò, ignorando la domanda: -Posso riavere la mia tracolla? Ho le mie armi lì. E molte cose importanti. E sarebbe gradito anche il coltello…  È molto importante per me.
Matt alzò gli occhi al cielo, vedendo Mello diventare rosso dalla rabbia per essere stato ignorato. Prese la tracolla sopra a un mobile vicino alla porta e la lanciò alla ragazza, che la prese al volo, nonostante il peso non indifferente. Se la mise addosso, e si avvicinò a prendere il coltello.
Lui nel mentre andò a chiamare alcuni uomini per la missione.
Charlie rimase sola con Mello, che aveva sfogato il nervosismo sul cioccolato, finendo la tavoletta che aveva ancora in mano mentre si avviava alla porta accanto alla ragazza.
-Quanti anni hai?- chiese lei.
-Non è cosa che ti interessi, Winchester- rispose lui, seccato.
-Preferisco che mi chiami Charlie- disse lei, avvicinandosi di nuovo al ragazzo, e chiese beffarda: -Ti intimidisce la vicinanza?
Mello rimase fermo, impietrito, ma era evidente che l’avesse presa sul personale: -Non mi intimidisce, mi da profondamente fastidio. Allontanati, non hai più il divano su cui atterrare.
Lei alzò le mani, facendo un passettino indietro, trattenendo un sorriso.
-Che ci fa un ragazzino come te a capo di uno squadrone mafioso? Hai dato il culo a qualcuno?- domandò.
E fu lì che Mello non ci vide più dall’ira. Si voltò di scatto, e facendo spinta col braccio contro il collo di Charlie, la sbatté al muro, levandole il fiato e sollevandola di almeno un centimetro da terra: -Queste insinuazioni non mi piacciono, specialmente dette da una mocciosa del cazzo come te!- esclamò -Vedi di cucirti quella fogna che ti ritrovi, o ti ammazzo con le mie stesse mani!
La lasciò andare, lei si appoggiò al muro tossendo, riprendendo a respirare. Non si aspettava un’impulsività tale da minacciarla in quel modo. Nonostante non le avesse dato una vera e propria risposta, sicuramente quel gesto le aveva fatto capire come quel ragazzo si fosse fatto spazio nella mafia. A gomitate, di prepotenza, finché non si era conquistato la fama.
-Non sono a capo solo di questi coglioni. Comando tutto. E sai perché? Perché ho sgozzato il capo- le confessò, con un sorriso beffardo stampato in faccia, chinato sopra di lei e fissandola con uno sguardo al limite della pazzia.
Charlie era frastornata, ma si sentì rabbrividire da capo a piedi. E lei doveva lavorare con quel pazzoide? In che diamine di guaio si era andata a cacciare?
-Mello, ci sono tutti- la voce di Matt interruppe quel momento terrificante.
Il biondo si allontanò dalla ragazza come se niente fosse successo.
Lei lo imitò, sistemandosi la camicia a quadri e facendo quasi istintivamente un passo verso l’uscita.
-Ci troviamo all’entrata del cimitero al tramonto. Stai attenta che nessuno ti segua, ragazzina- disse Matt, congedandola.
Charlie non se lo fece ripetere due volte, e si diresse alle scale. Salì due gradini alla volta, finché non raggiunse la cima e poté uscire dall’edificio.
Il mendicante davanti alla porta non la degnò di uno sguardo mentre lei si allontanava a passo svelto. Dopo aver svoltato due volte ed essersi sufficientemente distanziata, la ragazza frugò nella tracolla per prendere uno dei numerosi cellulari. Compose un numero frettolosamente, ma le tremavano le mani e sbagliò un paio di volte. Quando riuscì a fare la telefonata, era già arrivata alla fermata del pullman. Sbatteva il piede a terra ripetutamente, impaziente.
-Pronto?
-Alla buon’ora! Potevo essere già morta- rispose lei, seccata.
-Charlie, stai calma. Sei in pericolo?
-No. Non ancora. A che punto sei con lo zio?
-In che senso non ancora? Dov’eri fino a poco fa?
La ragazza alzò gli occhi al cielo. Non aveva chiamato per sentirsi fare una ramanzina: -Ero ad occuparmi del nido di vampiri a Pico Union. Il problema è che i clienti sono la mafia, quella vera.
-Charlie ma sei impazzita?! Non ti posso permettere di…
-Lo so!- lo interruppe lei -Me ne sono resa conto! Per questo ho chiamato. Se non ti dispiace, avrei bisogno che mi raggiungeste. Potete?
Ci fu un attimo di silenzio, rotto dal pullman che frenava davanti alla fanciulla per farla salire a bordo. Poi l’uomo dall’altro capo della cornetta fece un sospiro esasperato.
-Vedo cosa posso fare.
Charlie sorrise, mentre le porte della vettura si chiudevano alle sue spalle: -Grazie, Castiel.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


CAPITOLO UNO
 



L’Angelus Rosedale era l’enorme cimitero situato nel quartiere di Pico Union. In una giornata soleggiata sarebbe apparso come una verdeggiante distesa di lapidi, decorata alla buona con parecchie palme tipiche del posto. Tuttavia il sole stava per scomparire, motivo per cui il camposanto iniziava ad acquisire un’aria sinistra.

Charlie non aveva più ricevuto notizie dopo quella telefonata, ma non si era lasciata scoraggiare. Prima di partire aveva raccolto il suo machete, qualche siringa già pronta e riempita con sangue di uomo morto, il coltello e lo smartphone, dove avrebbe potuto richiamarla Castiel. Il motel dove aveva lasciato il resto dei suoi averi non distava moltissimo da Pico Union, perciò era uscita abbastanza tardi. D’altronde, il pullman fermava proprio dinnanzi all’entrata del cimitero. Non c’era più molta gente in giro, e i cancelli di ferro battuto erano chiusi, impedendo l’accesso a quel luogo deserto. La ragazza rimase lì ad aspettare e si strinse nella camicia a quadri. Iniziava a fare freschino. Rimpianse di non aver preso la sua giacca in pelle.

Non dovette attendere molto. Una decina di minuti dopo il tramonto completo del sole, apparve in lontananza una Chevrolet Camaro del ’68 tirata a lucido, seguita da un’enorme Jeep Gran Wagoneer. Le vetture si fermarono davanti a lei e dalla Chevrolet scese Mello. Il biondo fece un cenno di saluto all’autista e Charlie si sporse per vedere chi fosse. Era Matt, che aveva i googles a coprirgli gli occhi e una sigaretta accesa fra le labbra. Il ragazzo parve notare l’occhiata della fanciulla, ma la ignorò e rimise in moto per allontanarsi. Dalla Jeep invece erano scesi quattro uomini, uno dei quali aveva un enorme borsone.

Charlie posò lo sguardo su Mello. Aveva un cappotto lungo e appariscente, di colore rosso fiammeggiante, con un’imbottitura di pelo candido nel cappuccio. La ragazza alzò un sopracciglio.

-Qualcosa non va?- chiese lui, notando il suo sguardo di disapprovazione.

-Se volevi renderti fosforescente potevi chiedere alla pizzeria, sono sicura che l’effetto sarebbe stato lo stesso- rispose lei, indicando l’insegna luminosa della Thick ‘N Tasty Pizza dall’altro lato della strada.

Il giovane alzò gli occhi al cielo, decidendo di ignorare quel commento sarcastico e prendendo una tavoletta di cioccolato dalla tasca. Il suo giubbotto era fantastico, ed era sicuro di riuscire a riportarlo a casa intatto, quella notte.

-Lo scambio dovrebbe avvenire tra un paio d’ore all’angolo nord-ovest del cimitero, al muro confinante con l’edificio di servizi mortuari. Dirigiamoci sul luogo- decise Mello, scavalcando agilmente il cancello e lasciandosi cadere dall’altro lato.

I suoi guardaspalle lo seguirono, e Charlie notò con sollievo di essere stata ascoltata. Ognuno di loro, nessuno escluso, aveva un machete legato alla cinta. La ragazza si arrampicò sull’inferriata subito dopo di loro. Quando fece per buttarsi a terra, uno dei tre uomini le porse la mano, come ad aiutarla. Lei ignorò l’offerta e atterrò di fianco all’uomo: -Grazie, non ne ho bisogno. Piuttosto, preparate i machete.

-Perché proprio i machete?- domandò il biondo.

Sembrava che gli altri uomini avessero timore di aprir bocca, e che solo il ragazzo avesse diritto di parlare.

-È più semplice decapitare i vampiri col machete, piuttosto che con un taglierino. Quei viscidi muoiono solo se gli mozzi la testa, le pistole sono inutili- spiegò Charlie, con voce pacata. Le veniva istintivo tenere il tono di voce basso, in un luogo simile.

Dopo quella risposta nessuno parlò più. La via era asfaltata, ma attorno c’erano solo giardini pieni di lapidi, palme e qualche albero rigoglioso. Occasionalmente si potevano avvistare statue di angeli, che al buio risultavano inquietanti. Lì dovevano essere sepolte centinaia di persone.

Ad essere onesti, Charlie era più spaventata dai propri compagni di viaggio che dai mostri che dovevano affrontare. Ogni tanto guardava il telefono, sperando di vedere una chiamata in arrivo, ma ormai erano quasi arrivati al punto di scambio e non aveva ancora ricevuto nessun aggiornamento. Impostò la vibrazione e mise il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. Avrebbe affrontato la situazione da sola, anche stavolta.

-Tu!- fece Mello, rivolto al tizio che aveva cercato di aiutare Charlie a scavalcare il cancello: -Mettiti in posizione con il sangue a fare da esca. Noi staremo nascosti e pronti a intervenire.

Fu in quel momento che la ragazza si rese conto che il borsone che aveva appresso era pieno di merce di scambio. Il piano comunque aveva senso, anche se lo scagnozzo non sembrava molto contento del ruolo assegnato.

-I vampiri hanno una forza maggiore rispetto agli esseri umani. Un’iniezione di sangue dalle siringhe li rallenterà, ma non cincischiate. Dovete tagliare la testa a tutti quanti. Fate in modo di lasciarne uno vivo, dobbiamo scoprire dove sta il nido- aggiunse la fanciulla, che aveva preso il machete e ci stava giocherellando, facendolo dondolare tra le mani.

-Nido?- ripeté il biondo.

-Sicuramente ne hanno uno. Si comportano come una famiglia, una specie di clan. Se vuoi che nessuno ti dia più fastidio, devi sterminarli dal primo all’ultimo- disse Charlie.

Mello non sembrava averla presa molto sul serio, a giudicare dal mezzo sogghigno apparso sul suo viso.

-Innanzitutto vediamo se sono effettivamente vampiri… Poi parleremo di clan, tane e quant’altro- rispose lui.

Lei per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, avviandosi verso un enorme albero secolare dietro al cui avrebbe potuto rifugiarsi senza essere vista.

-Limitatevi a imitarmi, non muovetevi prima di me, e andrà tutto bene- ribadì, prima di accovacciarsi nel suo nascondiglio.

Mello addentò l’ultimo quadratino di cioccolata fondente, osservandola sparire dalla sua vista. Quella situazione era assurda, e si chiese come avesse fatto ad abbassarsi così tanto da tornare in prima linea. Per il caso Kira, però, avrebbe fatto questo ed altro. Si incamminò in cerca di qualche lapide abbastanza grossa che potesse trasformare nel suo luogo di posteggio, seguito a ruota dagli sgherri che dovevano guardargli le spalle. Si tirò su il cappuccio e si sedette dietro a un’enorme statua, dietro alla quale era abbastanza distante da non essere notato. Prese un'altra tavoletta di cioccolata da scartare e mangiare nell’attesa. Mancava ancora un’ora allo scambio.

Charlie, posizionata più vicina, poteva vedere sia l’uomo esca che Mello e i gli altri tre tirapiedi. Ovviamente non gliene aveva lasciato nemmeno uno come aiutante, e la trovò una cosa tanto insensata quanto egoista. Infastidita dall’atteggiamento del ragazzo, prese il cellulare e scrisse velocemente un messaggio destinato a Castiel: “Siamo all’angolo nord-ovest di Angelus Rosedale. Lo scambio avverrà tra poco meno di un’ora. Almeno venite a recuperarmi dopo l’operazione.”. Non voleva rimanere incastrata coi mafiosi. Se la faccenda si fosse complicata, sarebbe stata sicura di scamparla con loro al suo fianco.

Poi, attesero.

Un’attesa infinita, ma in religioso silenzio.

Erano quasi le otto e mezza di sera quando finalmente Charlie udì distintamente dei passi avvicinarsi al luogo che stavano sorvegliando. Fece un gesto agli altri nascosti, che avvertirono subito Mello facendolo sporgere per osservare la scena.

Due figure camminavano verso l’uomo con la merce. Erano due uomini, uno di mezz’età, massiccio e altissimo, l’altro più esile e giovane, ma comunque muscoloso. Non erano molto ben vestiti, avevano un che di rozzo.
-Allora, avete abbassato i prezzi di questa merda?- chiese il giovane, con tono di scherno.

-I prezzi sono sempre gli stessi, e dovete rimborsarci per i morti che avete causato- rispose lo scagnozzo.

I due scoppiarono a ridere, intanto Charlie si protese verso l’orlo del suo nascondiglio, con una siringa in mano e il machete nell’altra, pronta a scattare.

I loschi individui si avventarono sul malcapitato, gettandolo a terra senza dargli il tempo di dire altro. La ragazza stava per intervenire di soppiatto, ma si bloccò. Intravide con la coda dell’occhio Mello e i suoi incapaci tirapiedi uscire allo scoperto, con le armi puntate alle due figure e attirando completamente la loro attenzione.

I tre spararono tutti i colpi che avevano sulla coppia di sconosciuti, mentre il loro alleato indietreggiava, andando a ripararsi. Charlie rimase immobile, con la schiena contro all’albero, fissando ad occhi spalancati il ragazzo biondo e i suoi, che non accennavano a fermarsi. Le si era gelato il sangue nelle vene.

Finite le munizioni, cadde il silenzio.

Delle risate mostruosamente gutturali riecheggiarono per il camposanto dopo la sparatoria. Mello sembrava ipnotizzato dalla scena che aveva davanti a sé. I due uomini guardavano lui e i suoi sottoposti ridendo, con vari fori sparsi per il corpo a causa dei proiettili, ma rimanevano in piedi, vivi e vegeti. Il biondo era incredulo. Però… quella che fino a qualche ora precedente era solo una flebile incertezza, ora era innegabile: aveva fatto tombola prima di Near. Il sovrannaturale esisteva, e lui, Mello, aveva trovato gli agganci giusti per quell’indagine, ottenendo un grandissimo vantaggio sul rivale albino che aveva sempre odiato.

Forse troppo preso da quei pensieri, nemmeno si accorse che i due vampiri avevano squartato la gola dell’uomo vicino a loro, e stavano già correndo nella sua direzione. Si rinvenne improvvisamente quando il suo sgherro lo spintonò a lato, facendolo cadere a terra. Quando alzò il volto, schizzi di sangue caddero sulle sue guance e sui capelli biondi, macchiandogli anche gli abiti. Dove lui stava in piedi pochi secondi prima, ora stava l’uomo che gli aveva salvato la vita. Il vampiro alto e muscoloso aveva addentato il collo della preda, recidendogli l’aorta e causando quella pioggia di sangue. La sua vittima aveva ancora degli spasmi e il terrore dipinto negli occhi. Era spacciata.

Il sentimento di vittoria lasciò posto alla paura, e Mello cercò di trascinarsi indietro, ma il vampiro gli bloccò il cappotto col piede, inchiodandolo a terra. Il ragazzo sfilò il giubbino più velocemente che poteva. Il mostro mollò il tirapiedi e si chinò verso di lui, mostrandogli una chiostra di denti aguzzi che teneva nascosti nelle gengive, sopra alla dentatura umana.

Il biondo percepì un brivido lungo la schiena, tentando invano di allontanarsi.

Una lama apparve dal nulla, assieme a un grido soffocato. Il collo del vampiro fu reciso con un colpo netto. La testa cadde alla destra di Mello, che venne investito da altri spruzzi di sangue, mentre il corpo stramazzava esamine a terra. Alzò il capo e incontrò lo sguardo di Charlie, ansimante, col machete ancora sospeso in aria. Non essendosi esposta subito, la fanciulla aveva potuto aspettare il momento adatto per intervenire.

-Te l’avevo detto che le pistole non servivano a nulla, testa di cazzo!- disse lei, sprezzante, mentre abbassava l’arma.

Mello, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, non rispose al suo insulto. Scosse la testa, indispettita, e lanciò un’occhiataccia anche ai due uomini sopravvissuti allo scontro, mentre si dirigeva verso l’altro vampiro. Era accasciato al suolo, ma ancora cosciente. Aveva una siringa ancora conficcata nella spalla. La ragazza doveva averlo momentaneamente neutralizzato con il sangue di morto.

Charlie si posizionò a lato della creatura e calò il pesante coltello nel prato vicino al suo volto, a mo’ di minaccia.

-E ora dimmi dove sta il vostro nido, bastardo!- esclamò, mentre gli piantava il tallone sulla schiena.

-Tempo sprecato, cacciatrice- rise lui, con voce roca e visibilmente indebolita -non parlerò mai!

Lei rimase impassibile, mostrandogli l’altra siringa ancora piena di sangue scuro e viscoso: -Ah, vuoi farti un’altra dose? Ma certo. Ce n’è quanto ne desideri!

Stavolta gli piantò l’ago nel collo, premendo lentamente lo stantuffo. L’essere cacciò un urlo di pura sofferenza, che terminò in un colpo di tosse violento.

-Allora?!- insistette Charlie, tirandogli un calcio.

Non ricevette risposta.

Mello si era alzato, reggeva con la mano la testa mozzata del vampiro morto. Era bloccata a bocca aperta, coi denti aguzzi in bella mostra, e il ragazzo li osservava incuriosito. In parte non aveva ancora processato l’accaduto. Si voltò verso la ragazzina, impegnata a litigare con la creatura. Forse doveva rivalutare ancora una volta l’utilità di Charlie. Offrire un riparo alla sua famiglia non suonava più così male, se in cambio poteva avere accesso alle sue conoscenze nel campo e perché no, sfruttarla per proteggersi.

-Non c’è problema. Se non parli, lo farai sicuramente tra qualche ora- stava dicendo lei con una calma spiazzante, prima di voltarsi verso i due scagnozzi di Mello e ordinare: -Legatelo ben stretto e portiamocelo via.
Gli uomini si scambiarono un’occhiata, esitanti.

-Fate come dice- sentenziò il biondo, mobilitandoli all’istante.

La ragazza non si risparmiò un’occhiataccia al ragazzo, che stavolta le rispose con voce gelida: -Qui comando sempre io. Ricordatelo.

Charlie aprì bocca per rispondere a tono e ricordargli che se non fosse stato per lei, a quell’ora sarebbero stati tutti dei mojito per vampiri, ma una vibrazione alla tasca posteriore dei jeans la fermò. Prese al volo il telefono.

-Castiel?- disse, rispondendo subito, ma fulminando Mello con lo sguardo nel mentre.

-Charlie, abbiamo un problema. Non riusciamo a raggiungerti prima di domani mattina. Con i vampiri è tutto sistemato?

-Sì… Ne abbiamo preso uno. Ovviamente non vuole rivelare dove sta il nido, ci servirebbe davvero l’aiuto dello zio. È lì con te?- chiese, seria.

-Certo. Te lo passo.

Ci fu un po’ di silenzio, poi qualcuno afferrò il telefono.

-Charlie, sai già cosa sto per dirti.

-Che sono una sconsiderata, che devo smetterla di finire nei guai e che non devo cacciare da sola- replicò lei, abbassando la voce e voltandosi per non farsi ascoltare dagli altri.

-Esatto, e ti aspetti pure che io ti aiuti ora?

-Tu te la cavi mille volte meglio di me con la tecnologia, mi serve un’indagine su dove possa trovarsi il nido di vampiri a Pico Union. Dubito che sia troppo distante dal quartiere. Per favore…

-Domani mattina arriviamo al motel e ne parliamo. Ora sei al sicuro, vero?

-Più o meno… Ne ho fatto fuori uno, l’altro lo stanno portando via ora. È indebolito, e mi assicurerò che rimanga così. Penso lo rinchiuderanno nel loro covo, io cerco di tornare in motel e…

-Tu vieni con noi- sentenziò Mello, che si era avvicinato alla ragazza senza che lei se ne accorgesse, facendola sussultare.

-Ma che… Non posso!

-Tu vieni al covo, punto. Queste persone possono raggiungerci lì, se sono la tua famiglia- specificò il biondo.

Charlie rimase stupita della decisione del ragazzo, ma sembrava sincero.

-Che succede, Charlie?

-Nulla, mi correggo, io sarò già al loro covo. Vi lascio le chiavi sotto al tappeto della stanza, è la numero ventisette. Domani ti mando le coordinate del luogo.

-Per favore, sta’ attenta. Non fidarti.

Il tono di voce dello zio si era fatto rassegnato, forse un po’ deluso. Charlie si morse il labbro inferiore. Si sentiva in colpa. Ogni volta che cercava di far qualcosa di buono, finiva in quella fastidiosa situazione.

Mello la fissava con insistenza, come a dirle di muoversi. Lei sospirò seccata: -Starò attenta. A domani.

-Ti voglio bene, Charlie.

Alzò gli occhi al cielo. Perché lo zio doveva essere sempre così dolce e premuroso con lei, anche quando non se lo meritava per niente? E poi sapeva che si sarebbe offeso se non avesse risposto allo stesso modo.

Perciò, sebbene fosse davanti al biondo, si lasciò sfuggire tra i denti: -Anche io. Ti voglio bene. A domani.

Riattaccò, infastidita sia dai convenevoli sdolcinati, sia dall’averli fatti davanti a un ragazzino viziato e odioso. Era anche capo della mafia, ma rimaneva un moccioso con la pappa pronta.

Si recarono quindi all’uscita del cimitero, ripercorrendo la strada all’inverso. Il vampiro era stato legato a dovere e non profferiva parola.

Oltre al cancello trovarono tre automobili, delle quali Charlie riconobbe la Chevrolet e la Jeep.

-Sali là. Fatti portare al motel, prendi le tue cose e ti scorterà da noi- le disse Mello, indicando la terza vettura.

Si trattava di un’Opel Calibra. La ragazza non esitò e salì a bordo, sul posto del passeggero. L’uomo al volante era tozzo, calvo e vestito di tutto punto.

-New Seoul Hotel- disse semplicemente al tizio, che mise in moto senza rispondere.

Probabilmente appoggiarsi a un’organizzazione mafiosa non era stata la più grande delle idee. Non c’era da stupirsi se suo zio e Castiel fossero scettici. Tuttavia, più uomini potevano avere a disposizione, più avrebbe aiutato a indagare sulle colonie di vampiri, demoni e quant’altro. C’era un demone in particolare che stavano cercando ormai da mesi, senza aver ottenuto alcun successo. La mafia era l’opportunità adatta per scoprire qualcosa su di lui.

Le potenzialità di quella situazione erano enormi, ma suo zio non avrebbe mai accettato. Doveva escogitare qualcosa per sfruttare la situazione senza allarmare nessuno.

Il flusso di pensieri di Charlie si interruppe quando l’auto frenò davanti all’hotel. Una volta recuperato tutti i suoi averi, lasciò la chiave sotto allo zerbino della stanza per lo zio. Entrando, avrebbe trovato un biglietto con le coordinate del posto in cui era diretta.

L’autista senza nome la scortò nello stesso vicolo in cui quel pomeriggio era andata da sola. Davanti alla porta, il barbone stava ancora di guardia, ma stavolta la lasciò passare senza problemi. Scese le scale strette sino al salotto, dove Mello si era già accomodato. Aveva persino fatto un cambio d’abito.

-Quindi?- lo approcciò lei, con tono incalzante. Aveva gettato lo zaino pesante a terra, seguito subito dopo dalla tracolla.

-Siediti, Winchester. Come hai detto di chiamarti?

-Charlie- la ragazza non fu molto contenta di dover ripetere il suo nome, ma si mise sul divanetto zebrato davanti a lui.

-Sì, Charlie. Dimmi un po’, da quanto fai questo lavoro?

-Da quando sono nata- replicò lei, senza esitazione.

Mello si sporse verso di lei, interessato. Scartò una tavoletta di cioccolata fondente, con precisione millimetrica: -Sono disposto a offrirti un posto qua dentro. Ho bisogno delle tue conoscenze e della tua esperienza, e…

-La mia famiglia non deve essere coinvolta nei tuoi interessi- lo interruppe la ragazza.

-Non mi interessa della tua famiglia. A meno che vogliano vivere qui, in quel caso ci saranno delle regole.

-A proposito... Ho cambiato i miei piani riguardo la situazione. È possibile offrire una protezione ai miei famigliari senza che loro lo sappiano?

-Spiegati meglio, mocciosa- Mello aveva storto il naso. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quella conversazione.

-Si tratta di due persone. Teneteli d’occhio e informatemi se individui strani girano attorno a loro. Tutto qua.

Il biondo addentò la tavoletta di cioccolato. Roteò gli occhi al cielo: -La stavi facendo più complicata di quello che è. Ci sto. In cambio tu lavori per me.

-Nel mentre però devo continuare le mie indagini- lo avvertì Charlie.

Il ragazzo curvò le labbra in un sorriso, come se la frase appena sentita fosse molto divertente: -Ah sì? E su chi indaghi?

-Sto cercando un demone- rispose, indispettita dal tono canzonatorio usato da lui.

-D’accordo. Mettiamola così, siamo più o meno sulla stessa barca. Io aiuto te e tu aiuti me, troviamo i nostri demoni e siamo felici e contenti.

-Andata.

Ancora non capiva cosa Mello trovasse di divertente, ma sembrava che avessero raggiunto un buon compromesso.

-Cosa dirai domani ai tuoi famigliari, mocciosa?- le domandò.

-Che i nostri affari finiscono col nido del vampiro che avete tra le mani. Dove l’avete messo?

-Nei sotterranei, legato e imbavagliato. Ce ne occuperemo domani- si alzò, facendole cenno di seguirlo lungo i corridoi -Ti porto nella tua stanza. Muoviti.

Era evidente che Mello non avesse più voglia di stare lì a chiacchierare. Charlie percorse il corridoio angusto insieme a lui, giungendo a delle scale che presumibilmente portavano al piano terra. Salendo svoltarono a destra ed entrarono in una stanza.

-Questa sarà la tua dimora. Buoni incubi- le augurò, lasciandola sola nella camera.

Il biondo scese le scale, facendo schioccare la cioccolata che aveva in mano con un morso. Finalmente sembrava che la ruota della fortuna avesse iniziato a girare per lui, esattamente come avrebbe dovuto essere. Ora serviva solo un modo per ottenere il quaderno e farlo esaminare alla mocciosa, prima che finisse nelle mani di Near. In realtà, Mello sapeva che il rivale non avrebbe avuto facilmente accesso al Death Note, motivo per cui aveva deciso di batterlo sul tempo.

Fece ingresso nel salone pullulante dei suoi scagnozzi, ordinando: -Rapite la figlia di Soichiro Yagami.

Si entrava in scena.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


CAPITOLO DUE



Qualche raggio di sole trapassò la finestra, colpendo in pieno il volto di Charlie. La ragazza mugugnò, ancora assonnata, prima di aprire gli occhi e tirarsi su con una spinta.

Non doveva essere troppo tardi, massimo le nove e mezzo di mattino. La sera prima aveva faticato ad addormentarsi, era rimasta a rimuginare sull’accaduto per qualche ora. Si rivestì in fretta, indossando dei jeans puliti e infilandosi una camicia a quadri. Una delle tante, nella sua infinita collezione di flanella. Erano davvero troppo comode per rinunciarci.

Prese il telefono in mano e sorrise. Entro un’ora sarebbero arrivati Sam e Castiel, erano partiti attorno alle quattro da Phoenix, poco prima dell’alba. Charlie decise quindi di uscire dalla propria stanza per esplorare il covo, non prima di essersi messa il coltello nella cintura. La prudenza non era mai troppa, in quel luogo.

Aprì la porta, trovandosi in corridoio. C’era un odore di polvere quasi penetrante, era evidente che nessuno facesse le pulizie lì dentro. Passeggiando sul tappeto squallido che ricopriva il pavimento, sorpassò varie stanze chiuse a chiave, che non si disturbò di scassinare. Su quel piano non c’era nulla di interessante. Scese le scale, appiattendosi al muro per non farsi vedere dalle persone che si trovavano nel salottino d’ingresso. Le spiò da dietro l’angolo. Due uomini chiacchieravano rumorosamente, passandosi quella che aveva tutta l’aria di essere una canna. Sul tavolo, era sparsa della polvere bianca. Charlie storse il naso, schifata, poi sorpassò l’angolo e si infilò oltre la porta, riuscendo a passare inosservata. Il corridoio di quel piano era più pulito, sicuramente perché era più frequentato di quello dove era situata la sua stanza. Dietro una delle porte si poteva udire un distinto brusio, erano di certo almeno quattro persone. La ragazza provò a appoggiare l’orecchio sulla porta, ma non udì la voce di Mello, né quella di Matt. Proseguì quindi verso la stanza successiva, che trovò aperta. Dopo essersi assicurata che fosse vuota, entrò e si chiuse la porta alle spalle.

L’ufficio in cui si era infilata era pieno di scartoffie e cartacce di cioccolata.

Bingo.

Raggiunse la scrivania, iniziando a sfogliare freneticamente i documenti, in cerca di informazioni. Qualsiasi cosa poteva tornarle utile per rintracciare quel bastardo. Purtroppo, tutti quei documenti parlavano di ben altre cose, e man mano che Charlie se ne rendeva conto, rallentava sempre di più, come interessandosi a quegli appunti. C’erano interi identikit su alcuni membri della polizia giapponese. Soichiro Yagami, Touta Matusa, Kanzo Mogi, Shuichi Aizawa, Light Yagami… Cinque fascicoli completi, compresi di famigliari e legami affettivi secondari.

Normalmente avrebbe messo da parte tutti quei fogli, pensando che fossero poliziotti con i quali la mafia aveva accordi, niente di più, niente di meno.

Un dettaglio inquietante però aveva catturato la sua attenzione.

Sopra al nome di Light Yagami stava scritto, in matita e con dei punti di domanda: “Kira??”.

Un momento… Quel Kira? Quello che il presidente degli Stati Uniti si era rifiutato di combattere, e di cui tutto il mondo ormai parlava?

Charlie non aveva la minima idea di chi potesse essere, e in realtà non avevano nemmeno provato ad indagare a riguardo. Negli ultimi anni erano successe troppe cose.

-Ragazzina, non è più educazione bussare?- la voce dietro di lei l’aveva fatta sobbalzare.

Si voltò di scatto.

Matt, con le lenti arancioni dei googles sugli occhi e una sigaretta fra le labbra, la fissava con fare minaccioso.

Nonostante il cuore che le batteva all’impazzata, sorrise: -La porta era aperta, amico.

Il giovane la raggiunse, strappandole di mano i dossier e mettendoli a posto, prima di prenderle il mento tra pollice e indice.

-La curiosità uccide, te l’hanno mai detto, mocciosa?- disse, con tono quasi ammaliante -Ma fortunatamente per te, si tratta di informazioni di cui ti avremmo resa partecipe oggi. La prossima volta che ti becco curiosare, ti restituirò il calcio nei coglioni che mi hai dato ieri. E non solo.

-Quindi era questo il lavoro che volevate io facessi? Indagare su… Kira?

Lui sogghignò, lasciandole il volto per prendere la sigaretta che aveva tra le labbra ed espirare una nuvola di fumo.

-E quale sarebbe il problema? Non sai chi è Kira?- fece lui, con tono di scherno.

-Beh… Sono successe un po’ di cose in questi anni. Avevo ben altro per la testa.

E con “altro”, la ragazza si riferiva a Lucifero, tanto per cominciare, che quando era uscito dalla gabbia che lo teneva chiuso all’Inferno aveva quasi iniziato un’apocalisse. Suo zio era stato costretto a sacrificarsi per rinchiuderlo all’Inferno. Castiel l’aveva salvato dalla gabbia, ma Sam era tornato in vita senz’anima. Poi c’erano stati i leviatani, e la missione di richiudere il Purgatorio che si erano contesi Castiel e Crowley. In quel lasso di tempo avevano perso Bobby, mentore di suo padre e suo zio. Non c’era da stupirsi se i Winchester non avevano proprio avuto tempo per Kira.

-Poco importa. Ora avrai tutto il tempo del mondo per dedicarti alla causa Kira- sentenziò Matt, spegnendo la sigaretta nel posacenere vuoto della scrivania.

-Porca troia, Matt. Quante cazzo di volte ti devo ripetere che non sopporto il fumo nel mio ufficio?

Mello aveva fatto ingresso nella stanza, fulminando il collega con lo sguardo. Non ci volle molto perché notasse Charlie.

-Cosa ci fa la mocciosa qui?

-Curiosava. L’ho vista dalle telecamere dei corridoi. Dovresti dire a quei due scimuniti di Skye e Ratt di non drogarsi quando tengono d’occhio l’ingresso, o questi saranno i risultati.

Telecamere… Dannazione. Non ci aveva minimamente pensato che potevano esserci delle maledette telecamere. La ragazza roteò gli occhi al cielo, sospirando.

Mello sembrava più esasperato di lei quando a grandi falcate raggiunse la sedia della scrivania, dandole una spallata.

-Guarda dove cammini!- lo rimbrottò lei, impettita.

-E tu bada a come parli. Mi stai facendo girare le palle e sono solo le dieci di mattina. Vuoi una pallottola in bocca per colazione?- replicò Mello, alzando un sopracciglio.

Charlie decise di darsi una calmata. Non era semplice stare zitta per una dalla lingua lunga come lei, ma aveva già rischiato abbastanza.

-In tal proposito, esiste una cucina in questa fogna?

-Dopo Matt ti ci porterà, ora siediti, parliamo di affari- decise Mello, con chiaro disappunto del suo amico.

La ragazza prese posto sulla poltroncina di dubbio gusto, accavallando una gamba e senza dire una parola.

Mello la osservò qualche secondo. Poi disse: -Stiamo indagando su Kira. Quel che sappiamo è che uccide tramite un quaderno, perciò puntiamo a rubarlo. Devi scoprire di cosa si tratta, se ne esistono altri, ma soprattutto il modo esatto in cui funziona. Ogni informazione può tornare utile, avremo il quaderno tra le mani in qualche giorno, pensi di riuscire a cavarci qualcosa?

-Potrebbe essere un artefatto, un oggetto maledetto o qualcosa del genere… Troverò le informazioni. Inizio a cercare oggi stesso- rispose lei, annuendo.

Si sarebbe aspettata qualcosa di più complicato di un oggetto magico, ma tanto meglio, era fiduciosa di risolvere quel caso in fretta. Bastava contattare il mercato nero.

Mello, d’altro canto, fu soddisfatto di quella risposta. Era di buonumore nonostante tutto, era davvero davanti a Near in quel momento, e quella ragazzina insolente era la chiave per raggiungere il traguardo prima di lui. Ma prima…

-Ora risolviamo la questione fastidiosa. Chi sono i due che ci raggiungeranno a breve?

-Mio zio e un angelo.

-Prego?- ripeté Mello, inclinando la testa e guardandola molto male.

-Un angelo, ho detto. Come fai a stupirti ancora dopo aver visto dei vampiri?- chiese lei, come indispettita.

-Mi stai dicendo che esistono gli angeli, i demoni, il paradiso e l’inferno?- domandò il biondo, quasi ridendo incredulo -E soprattutto, che cazzo ci fa un angelo con tuo zio?

-È una lunga storia, comunque si, esiste tutto quello che hai elencato. Wow!- Charlie spalancò gli occhi, sorridendo come davanti a un bambino, disegnando un arcobaleno con le mani aperte davanti a lei. -Benvenuto nel mio mondo! Cioè, in realtà ci eri già. Ma non sapevi di esserci. Non lo trovi divertente?

Mello lo trovava tutto meno che divertente. Si mise le mani sul volto, massaggiandosi lentamente le tempie, chiudendo gli occhi. Ci mancavano solo gli angeli e i demoni.

-Che cos’altro esiste?- intervenne Matt, serio.

-Fantasmi, lupi mannari, banshee, poltergeist, medium, streghe, creature del folklore in generale, dei pagani, Lucifero… Dio stesso, immagino. Anche se gli angeli dicono di non vederlo da secoli e secoli- rispose lei, facendo spallucce.

-Ah, meraviglioso, quindi Kira potrebbe davvero essere un fottuto dio pagano!- esclamò il biondo, riaprendo gli occhi e guardando male la ragazza, come se fosse colpa sua.

-Se utilizza un quaderno ed è quella la sua unica e vera arma, non penso proprio sia un dio. Un dio non ha bisogno di oggetti da cui trarre poteri.- precisò la ragazza.

Matt era rimasto in silenzio, appoggiato col fianco alla scrivania e braccia conserte.

Mello se n’era accorto. Gli bastò guardarlo per farlo parlare.

-Queste cose si trovano facilmente in internet. Non tutte, chiaramente, ma per la maggior parte. Ho già provato a cercare informazioni sul quaderno, ma non ce ne sono. Come pensi di trovare queste informazioni, ragazzina? Hai dei contatti?- la domanda del ragazzo era più che lecita, in realtà.

-Esiste un mercato nero per questi oggetti. Ma non ci limiteremo a questo, ho un piano, per il quale mi servirete voi.- ammise Charlie.

-E il tuo piano sarebbe?- incalzò il biondo.

-Evochiamo un demone degli incroci.

Entrambi la guardarono, come per incitarla a fornire più spiegazioni.

Lei si schiarì la voce: -Sono dei demoni che offrono patti di ogni genere, offrono ricchezza, successo, cose così; in cambio chiedono l’anima. Generalmente sono ben informati.

Il pensiero di Mello volò subito agli accordi con il demone. Si sarebbe potuto catturare Kira chiedendolo a un demone? Scacciò quel pensiero dalla testa. Era un’idea succulenta, ma anche se fosse riuscito ad ucciderlo, o a catturarlo, doveva prima dimostrare concretamente che lui fosse il colpevole. E voleva trovarle con le sue pedine, non avrebbe mai venduto la sua anima per avere la pappa pronta. Quindi annuì: -D’accordo. Perché non puoi evocarlo tu?

Charlie dovette trattenere una risata mordendosi il labbro inferiore.

-Perché li abbiamo fregati così tante volte che ormai non si fidano più ad apparire davanti ai Winchester…- spiegò.

Il biondo abbassò gli angoli della bocca, alzando invece quelli delle sopracciglia, in un’espressione quasi vagamente ammirevole: -Non fa una piega.

Matt si scostò dalla scrivania, dirigendosi fuori dalla stanza. Quella situazione era assurda, e la cosa ancora più incredibile era che Mello la trovasse divertente. Mello, si, il suo migliore amico che era sempre stato famoso per essere simpatico come una scopa nel deretano. Aveva decisamente bisogno di una sigaretta.

-Ne parleremo più tardi, allora. Ragazzina, alza il culo, ti porto in cucina.- disse.

Charlie si affrettò a seguirlo, perfettamente conscia di avere addosso lo sguardo di Mello. Quegli occhi glaciali le mettevano i brividi, sembrava che riuscisse a leggerle attraverso l’anima ogni volta che la osservava anche per sbaglio. Rilassò le spalle non appena si trovò in corridoio. Il rosso la scortò in fondo ad esso, dove stava l’entrata a una cucina piccola e malmessa. C’era una macchina del caffè e dei fornelli invecchiati decisamente male, vicino a un frigorifero tirato a lucido. Il giovane lo spalancò, rivelando avanzi della sera prima, cartonati di latte e bottiglie birre. La ragazza fece un sogghigno, il contenuto di quel frigo era tale quale quello delle case dove aveva sempre vissuto con la sua famiglia.

-Chiedere una torta di mele è troppo, vero?- chiese.

-Non allargarti, è già tanto che ci sia del latte e del caffè. Qua l’unica cosa che non manca è il cioccolato, ma ti sconsiglio di toccarlo- la avvertì, con tono seccato.

-Ce l’avrai per sempre con me per quel calcio? Andiamo, mi stavi puntando una pistola addosso- gli fece notare.

Lui non rispose, lanciandole un’occhiataccia. Un po’ la divertiva che Matt fosse rancoroso nei suoi confronti. Ora che lo guardava meglio, anche lui non sembrava molto più grande di lei.

-Quanti anni hai?- chiese infatti, prendendo una cialda di caffè e inserendola nella macchinetta.

-Sei capace di stare zitta?- ribatté lui.

Charlie alzò le mani aperte davanti a lei, come a chiedere scusa in modo teatrale: -Non sapevo fossimo in chiesa.

-Tu hai diciassette anni, giusto?- chiese Matt dandole corda, ma sembrava più un’affermazione che una domanda.

Intenta a controllare che il caffè non traboccasse, lei annuì senza guardarlo.

-E allora rimani comunque una ragazzina, siamo più grandi di te.- concluse  lui -Com’è che i tuoi genitori ti fanno fare queste cose?

-Salvare la gente, cacciare i mostri… Sono gli affari di famiglia- rispose lei, con lo stesso tono in cui si direbbe un mantra.

-Tuo padre e tua madre cacciano mostri?

Matt continuava a fare domande. Charlie aveva una gran parlantina, e il ragazzo ne voleva approfittare. Bisognava essere avidi di informazioni, sempre e comunque.

-Mia madre non è una cacciatrice. La mia famiglia sono mio zio, mio padre e Castiel- disse, stavolta con un tono rancoroso.

Aveva toccato un tasto dolente, evidentemente. Il ragazzo era abbastanza intelligente da capire che su quell’argomento Charlie non avrebbe detto altro, perciò la lasciò bere il caffè in silenzio. Fece in tempo a finire la colazione, prima che apparisse Ratt sull’uscio.

-Sono arrivati due tizi, la ragazzina deve dirci se sono loro- disse.

A Charlie si illuminò il volto, un sorriso dolce apparve sulle sue labbra mentre sorpassava il mafioso per correre verso il salottino e le scale che portavano all’entrata del covo. Gli scagnozzi per i corridoi e nella stanza le lanciarono un’occhiata stranita, ma nessuno la fermò. Arrivata in cima alla gradinata, il suo sorriso si era fatto ancora più largo.

L’uomo più alto tra i due si fece largo per prendere la ragazza e stringerla in un abbraccio. Matt, che l’aveva seguita, rimase impassibile, ma non poté evitare di pensare che quel tizio fosse un armadio. Aveva anche dei capelli castani piuttosto lunghi che gli arrivavano al collo, dello stesso colore della chioma di Charlie. Dietro di loro stava un altro tizio, con un’espressione spaesata negli occhi celesti. Quest’ultimo indossava un cappotto beige lungo sino alle ginocchia e una cravatta blu sopra alla camicia candida.

-Charlie, non ti azzardare mai più- le ordinò imperioso l’uomo che la stava abbracciando.

-Sam…- lo chiamò l’altro individuo, notando che avevano addosso lo sguardo di tutti.

Lui si staccò dalla nipote, assumendo un’espressione seria e autoritaria.

-Che bel quadretto…- fece Matt, sorridendo ironico e lasciando cadere una sigaretta a terra, calpestandola con la suola della scarpa -Mello ci aspetta.

Il suo tono non ammetteva repliche. Charlie lo seguì subito, costringendo sia Castiel che Sam a fare lo stesso, sebbene i due fossero palesemente diffidenti e a disagio.

Quando rientrarono nell’ufficio di Mello, il ragazzo aveva indossato sopra al gilet di pelle nera un cappotto del medesimo colore, con un cappuccio decorato con della pelliccia. In mano aveva una tavoletta di cioccolata.

-Sei tu che comandi, qui?- chiese Sam, senza nascondere una lieve sorpresa nella voce.

Per tutta risposta, il biondo addentò la tavoletta di cioccolata, alzando un sopracciglio e socchiudendo gli occhi. Odiava essere preso poco sul serio.

-Dov’è il vampiro?- intervenne Castiel, come se volesse sbrigare la faccenda il più in fretta possibile.

-Voi sareste?- domandò il ragazzo, con della cioccolata ancora in bocca.

Sapeva perfettamente chi fossero, ma non li avrebbe certo portati in giro per il covo senza prima rivolgere loro la parola. Sam annuì, stringendo le labbra in segno di pacata approvazione.

-Giusto, io sono Sam, lui è Castiel. Sono lo zio di Charlie, e non vogliamo problemi, risolveremo la questione e ce ne andremo- calcò sull’ultima frase, sottolineando quanto volessero levare le tende.

Charlie, davanti allo zio, guardò Mello con occhi spalancati, serissima, cercando di fargli capire un muto: “Assecondalo”. Ovviamente al biondo non sfuggì quell’occhiata. In realtà si ricordava anche fin troppo bene il fastidioso accordo preso con la ragazzina. Rimase in silenzio qualche secondo, tornando a guardare Sam. Sembrava sincero, in quello che aveva detto.

-Seguitemi- esordì, incamminandosi e andando in direzione del corridoio. Dietro di lui andarono Charlie, Sam e Castiel. Matt chiudeva quella piccola processione, le mani nelle tasche dei jeans logori.
Scesero le scale, che rivelarono un secondo piano sotterraneo, piuttosto rudimentale. C’erano quattro porte in ferro pesante, con una finestrella poco più in alto delle maniglie, pratiche per passare il cibo. Mello raggiunse la più lontana, alla quale stavano un paio uomini di guardia. Uno dei due aprì la porta, permettendo loro di entrare.

Il vampiro stava seduto e legato a una sedia con catene di ferro pesante, e non appena scorse Charlie, ma soprattutto i due uomini dietro di lei, iniziò a sghignazzare: -Guarda guarda… I Winchester al completo! Dove avete lasciato Dean? Non mi aspettavo che lei potesse essere…

Non riuscì a finire la frase. La fanciulla si era avvicinata al vampiro e gli aveva tirato un gancio destro, abbastanza forte da fargli voltare la testa e tagliargli il labbro. Castiel si era fatto avanti a fermarla, prendendola dalle spalle.

-Charlie…- la ammonì lo zio.

-Ah, sta ancora in Purgatorio, eh?- aveva ripreso a ridere la creatura, facendosi beffa della combriccola.

Mello e Matt si lanciarono un’occhiata, come straniti. Purgatorio?

-Taci!- urlò la ragazza, strattonando Castiel per cercare di avventarsi di nuovo sul vampiro.

-Charlie!- esclamò l’angelo, avvolgendola con entrambe le braccia per impedirle ogni movimento.

-Ok, senti- fece Sam, avvicinandosi al mostro -non ci interessa cosa tu abbia da dire su mio fratello, la tua opinione proprio non ci serve. Piuttosto, dove sta il nido? Ho già qualche idea. Prima che ti uccida, hai intenzione di collaborare?

-Mi ammazzerete comunque. Arrivate tardi…- continuando a ridere, si sporse verso il cacciatore, come a sfidarlo -Saranno già scappati, quando non hanno visto me e il mio amico rientrare.

-Dobbiamo muoverci, Sam- disse Castiel, in tono concitato.

Charlie si era liberata dalla sua presa ed era andata con tutta la calma del mondo a recuperare un machete appoggiato a lato della stanza. Matt era pronto a intervenire, ma il biondo osservava la scena sgranocchiando cioccolato, ostentando tranquillità, perciò non si mosse.

-Ho già le coordinate, non c’è altro da aspettare. Charlie…?- Sam tese la mano, come a chiedere l’arma.

Lei ignorò la richiesta, si posizionò dietro al vampiro e alzò il pesante coltello. Lo zio sospirò, ma non la fermò. Recise il collo con un taglio netto, facendo prendere un colpo al povero ragazzo dai capelli rossi, che si voltò a guardare Mello con sguardo interrogativo.

-Non crepano se non gli tagli il collo, amico- spiegò semplicemente, prima di rivolgersi a Sam -Allora… Quanti uomini vi servono?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


CAPITOLO TRE
 
 

Charlie si trovava sull’Impala con lo zio e Castiel, seduta sul sedile del passeggero. Mello e altri tre scagnozzi, compreso di autista, li seguivano sulla Jeep che la ragazza aveva visto usare loro la sera prima per raggiungere il cimitero. Erano diretti a nord della città, verso il parco naturale di Santa Clarita. Non era esattamente l’orario adatto per un’intrusione, sotto al sole di mezzogiorno, ma non potevano aspettare oltre. Il rischio che l’intero nido di vampiri si fosse già spostato era reale e palpabile, ma ogni indizio che erano riusciti a reperire indicava una casa abbandonata proprio in quel parco.

-Come diavolo ti è venuto in mente che aiutare la mafia con un caso fosse una buona idea, Charlie?- aveva chiesto Sam alla nipote, mentre guidava.

-Pensavo potessero aiutarci a capire dov’è Crowley…- provò a giustificarsi lei.

-Crowley non si farà mai trovare, dopo tutti i demoni degli incroci che abbiamo evocato, è chiaro che ci stia evitando come la peste. Anche se fosse, non sarà la mafia a trovarlo per noi- sentenziò lo zio.

-Questa mafia… Sono criminali, ma di che tipo?- Castiel sembrava perso, e fissava gli altri due dai sedili posteriori.

-Cas, è criminalità organizzata. Non sono “solo” dei criminali, sono i peggiori in circolo. E non ho idea di cosa ci facciano quei due ragazzi li in mezzo, ma niente di buono, poco ma sicuro!- disse Sam, prima di tornare a rivolgersi a Charlie -Sterminiamo il nido e torniamo in Kansas. Sono stato chiaro?

La ragazza non era per niente d’accordo. E non poteva certo andarsene, non dopo aver fatto quel patto.

-Non possiamo!- esclamò.

-Charlie, so che vuoi provare a tutti i costi a riportare Dean qui… Ma non sarà la mafia a farlo, lo capisci? Non sono le persone giuste a cui chiedere aiuto- lo zio cercò di essere ragionevole con lei. Sapeva che non era una ragazza stupida, anche se era spesso testarda e arrogante.

-Ho degli indizi su Crowley. Era a Los Angeles! Datemi almeno un mese. Poi tornerò in Kansas, lo prometto- insistette lei.

-Hai diciassette anni, guidi a malapena e cacciare da sola è rischioso. Come se non bastasse, stai cercando il re degli Inferi…

-Che ci vuoi fare, sono una Winchester- lo interruppe la ragazza, con un’ironia pungente.

Castiel e Sam le lanciarono un’occhiataccia.

-Tuo padre ti avrà anche insegnato a cacciare, ma questo è troppo pericoloso!

-Papà ha fatto questo ed altro per te, sono certa lo farebbe anche per me e Cas! Noi dobbiamo riportarlo indietro, costi quel che costi- disse lei, con un tono che non ammetteva repliche.

Per un po’ calò il silenzio nella vettura. Era vero, Dean non si era mai tirato indietro in nessuna situazione, e se c’era una cosa di cui Samuel Winchester era certo, era che suo fratello avrebbe venduto la sua stessa anima per salvarli, se fosse successo loro qualcosa. Sua figlia era cresciuta con lo stesso modo di pensare, volente o nolente.

-Tre settimane- cedette infine lo zio -ma appena trovi qualcosa, ce lo fai sapere. Non prendere iniziative da sola, sono stato chiaro?

Charlie sorrise. Si sporse per dare un bacio sulla guancia a Sam, sebbene lui stesse guidando.

-Ti voglio bene, zio Sammy.

-Anche io. Proprio per questo sono preoccupato- precisò lui, con tono serio.

-Charlie, come sai che Crowley era a Los Angeles?- intervenne improvvisamente Castiel.

-Ho seguito delle tracce di alcuni suoi scagnozzi. Sembra stiano cercando qualcuno, o qualcosa… Non so ancora di che si tratta- ammise lei.

L’angelo si voltò a guardare Sam, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. La ragazza si allarmò subito, dando allo zio con un’occhiata interrogativa.

-Sono successe un paio di cose… Il motivo per cui abbiamo fatto ritardo.

-Avevo intuito, ma… Di cosa si tratta, esattamente?- incalzò Charlie. Sam aveva il brutto vizio di tergiversare, specialmente quando si trattava di pessime notizie.

-Mentre cercavamo indizi su Dean… E’ apparso un uomo a chiedere il nostro aiuto. A quanto pare si trattava del padre di John Winchester…

-Cioè, il mio bisnonno?- chiese Charlie, incredula.

-Precisamente. Lui è arrivato dal passato portandosi dietro Abaddon, un demone tanto antico quanto potente- si intromise Castiel, con tono grave -abbiamo dovuto fronteggiarla, ma non siamo sicuri di averla uccisa.

-Fatemi capire… Cosa vuole ora questa Abaddon? E in che senso non siete sicuri di averla uccisa?- domandò la ragazza.

-Ci è sfuggita… Il suo obiettivo è prendere il posto di Crowley, si suppone. Motivo per cui prima lo troviamo, meglio è. Gli scagnozzi che hai pedinato probabilmente stanno cercando proprio Abaddon…- spiegò Sam.

Charlie gettò un soffio d’aria fuori dalle labbra, alzando leggermente le sopracciglia. Era incredibile come le cose si complicassero sempre di più quando si trattava della sua famiglia. Si sporse ad alzare il volume della cassetta dei Led Zeppelin.

-Appena scopro qualcosa su Crowley vi chiamerò- promise ai due, decisa.

-Ora pensiamo a questo nido…- borbottò Sam, coperto dal volume alto della musica.

Dopo dieci minuti, frenò e parcheggiò al limitare di un bosco.

La Jeep dietro di loro li imitò, facendo scendere Mello e due tirapiedi, mentre il terzo rimaneva a bordo di pattuglia. Charlie scese dall’Impala e andò ad aprire il baule, sollevando lo scomparto segreto che nascondeva l’arsenale di armi. Estrasse tre machete, due dei quali passò a Castiel e allo zio.

-Seguiteci, non fate un suono e non usate le pistole, è inutile. Io, Charlie e Mello passeremo dal lato sinistro della casa, Castiel e i restanti dal lato destro. Pattugliamo l’edificio e cerchiamo di entrare dal retro- Sam fu molto specifico, ma il biondo alzò l’indice della mano destra.

-Capisco la tua idea di proteggere i ragazzini, ma me la so cavare benissimo con i miei due uomini. Dimentichi che non mi fido di voi, e voi non vi fidate di me- ricordò, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso.

-Castiel di accompagnerà il tuo gruppo. Io e Charlie faremo da soli. Non posso lasciarvi scoperti- decise  Samuel.

-Può andare- acconsentì finalmente il ragazzo, abbassandosi il cappuccio scuro e impellicciato.

Il biondo spostò lo sguardo sulla fanciulla, che stava reggendo il machete tra le ginocchia mentre si legava i capelli castani in una coda di cavallo. Charlie se ne accorse e ricambiò l’occhiata, alzando un sopracciglio, in un muto “Embè?”. Sotto al sole brillante, le iridi castane della ragazza sembravano essersi schiarite, lasciando intravedere delle pagliuzze verdi smeraldo. Tenendo le spalle ben ritte, impugnò l’arma e si avvicinò a Mello.

-Vedi di non fare una cagata come ieri sera- lo ammonì, seria.

-Ho afferrato il concetto. Più machete, meno pallottole. Non sono stupido- sibilò lui, guardandola dall’alto in basso.

-Charlie…- la rimproverò subito Sam, allargando le braccia e guardando il ragazzo con fare sconsolato, a mo’ di scuse. Si affrettò poi a seguire la nipote, mentre il ragazzo li guardava con irritazione malcelata nello sguardo.

Castiel era rimasto impalato, e si accorse solo in quel momento che i mafiosi lo stavano guardando, attendendo che facesse loro da guida. Si riscosse goffamente dai suoi pensieri.

-Ehm… Da questa parte- disse, incamminandosi.

Il biondo ancora non riusciva a capacitarsi che quello fosse un angelo. Era chiaramente fuori posto, si notava dal modo che aveva di comunicare. Non aveva ali, aureola o piume bianche, e tantomeno bella presenza, se non per gli occhi celestiali. Ma non era momento di concentrarsi su quei dettagli, dato che la sera prima aveva davvero rischiato la pelle. Ovviamente si mise alla fine del piccolo corteo, lasciando andare per primi i suoi uomini.

Perlustrando i lati dell’abitazione, si imbatterono in una porta che Castiel scoprì essere aperta. Fece un cenno silenzioso con la mano di attendere, mentre entrava lui per primo. Gli interni erano logori, ogni passo dell’angelo cigolava sul legno marcio. Quando fu il turno di Mello, storse il naso dall’odore di muffa, ma non solo; c’era un che di putrido nell’aria. Improvvisamente udirono dei rumori di combattimento corpo a corpo in fondo al corridoio. Il biondo si sarebbe aspettato di vedere Castiel correre, invece si avvicinò lentamente alla porta dalla quale provenivano i rumori.

-Rimanete di guardia alle scale- sussurrò, indicando la rampa che portava al secondo piano.

-Fate come vi dice. Vengo con te- decise Mello, impugnando saldamente il machete che si era portato appresso.

L’angelo non aveva tempo di perdersi in discussioni, perciò annuì e si voltò, aprendo di scatto la porta. La scena che si presentò davanti agli occhi dei due era più che macabra. A terra stavano tre cadaveri dalla testa amputata, Sam teneva stretta una figura esile, minacciandola alla gola col lungo coltello. Charlie era più vicina, sarebbe scattata alla loro gola se non avesse riconosciuto Castiel in tempo. Aveva la coda spettinata dal combattimento appena affrontato, e tossicchiava quasi ad ogni respiro, sembrava essersi appena rialzata dopo essere stata spinta contro la scrivania spezzata che stava dietro ai suoi piedi.

-Quanti siete?- grugnì Samuel, rivolto alla ragazzina che stava quasi strangolando.

-Charlie… Tutto bene?- l’angelo si era avvicinato, ma lei lo allontanò con un rapido gesto della mano.

-Sto bene- liquidò, ansimante, prima di guardare storto la giovane che suo zio stava tenendo in ostaggio.

La vampira era magrissima, dai capelli biondi tagliati a caschetto, visibilmente sporca e con qualche macchia di sangue addosso. Mello sorpassò i cadaveri per raggiungere Sam e la sua prigioniera.

Sembrava terrorizzata, infatti appena vide il biondo avvicinarsi cominciò a gemere disperata.

-Parla!- tuonò Charlie, passando oltre a Mello e piantandole un coltello nella coscia.

Che quel gesto fosse necessario o meno, funzionò.

-Mancano solo Gerard e Richie!- gemette la bionda, supplicando -Vi prego, lasciateci in pace, noi non…

Sam non la lasciò finire la frase, tagliandole di netto la testa. Il corpo stramazzò a terra, iniziando a tingere il legno marcio di un rosso denso e scuro.

-Altri due… Saranno di sopra?- domandò Castiel, e in quell’esatto momento udirono un grido provenire dal primo piano.

Mello lanciò un’occhiata alla rampa di scale, notando che uno dei suoi uomini li stava raggiungendo di corsa, l’espressione terrorizzata in volto.

-Capo, Williams è salito, temo sia…

-Vi avevo ordinato di rimanere di guardia!- tuonò il biondo, furioso.

Castiel e Charlie scattarono, seguiti a ruota da Sam, uscirono dalla stanza e corsero su per le scale, trovandosi di fronte la scena raccapricciante di due vampiri sul corpo esanime del mafioso. Il dettaglio più inquietante era l’aspetto dei due mostri: erano chiaramente giovani, probabilmente trasformati tra i tredici e i quattordici anni. Erano troppo presi a bere il sangue per accorgersi di loro. La giovane Winchester, a differenza dei suoi due compagni, non esitò. Si avvicinò e decapitò la testa di uno dei due ragazzini. L’altro a quel punto si accorse di loro, allontanandosi dal corpo e indietreggiando con le natiche a terra, osservando i tre con occhi spalancati e colmi di terrore.

-Vi prego, ho fame, non volevo fare del male a nessuno…- provò a dire, quando anche Mello raggiunse la sommità delle scale.

-Mi dispiace…- disse Sam, sincero, prima di calare il machete anche su di lui.

Castiel non distolse lo sguardo dalla scena, rassegnato. Il biondo, che nel mentre aveva estratto una tavoletta di cioccolata dalla tasca, aveva l’attenzione rivolta a Charlie, in piedi di fianco alla prima vittima. Stava fissando il vuoto, come ricordandosi qualcosa nel suo lontano passato, con un’espressione dura in volto. La fanciulla si era macchiata di sangue su braccia e spalle, ma non ne sembrava toccata.
-A questo punto, non avrete più magagne coi vampiri da queste parti- dichiarò Samuel, rivolgendosi al ragazzo.

Lui annuì lentamente, senza togliere lo sguardo di dosso a Charlie, che ora si era voltata e stava ricambiando l’occhiata.

-Mi dispiace per il tuo uomo…- aggiunse, notando che i due ragazzi si stavano fissando.

-Ha disobbedito- fece spallucce Mello, aggiungendo poi -Charlie deve recuperare i suoi bagagli al covo, suppongo.

-Ah, sì…- fece lei, con fare distratto.

Castiel si era avvicinato alla ragazza, le sollevò la manica della camicia. Scoprì una ferita, un taglio abbastanza profondo. L’uomo mise una mano qualche centimetro sopra di esso, e una luce candida apparve dal suo palmo. Quando la luce svanì, il braccio di Charlie era tornato normale e lei fece per scostarsi, ma l’angelo la trattenne per il polso.

-Hai una costola incrinata, aspetta- la rimproverò.

Ripeté l’azione di poco prima, stavolta posandole la mano appena sotto la spalla, sulla schiena. Mello era rimasto in silenzio, gli occhi glaciali spalancati a osservare la scena. Quelli sì che erano dei poteri da angelo. Non era scioccato, ma profondamente affascinato da tutte quelle novità. Una parte di sé continuava a chiedersi quanto in realtà non sapessero riguardo al sovrannaturale. Era come un mondo inesplorato, possibile che L non ne fosse mai stato a conoscenza? Alla Wammy’s House nessuno aveva mai ipotizzato che quel genere di cose potessero anche solo esistere.

-Beh, andiamo?

La voce di Charlie lo riscosse dai suoi pensieri, riportandolo alla realtà. Si era avvicinata, e stava visibilmente meglio, era solo sporca. Il biondo non rispose, si girò e scese le scale, raggiungendo lo scagnozzo rimasto in vita.

Una volta tornati alle automobili, Sam aveva fermato la ragazza per stringerla in un abbraccio.

-Sta’ attenta- le disse, prima che lei si staccasse dalla stretta.

-Vi chiamerò ogni sera- promise.

Si sporse a dare un pugno sulla spalla a Castiel, con un sorriso beffardo.

-Non fatevi prendere da Abaddon- disse loro, avviandosi verso Mello, che la stava aspettando con la portiera della Jeep aperta.

I due la osservarono salire sull’auto, che si mise in moto e sgommò via.

-Sicuro che sia stata la scelta giusta, Sam?- chiese Castiel, col volto corrucciato.

-Ho un pessimo presentimento, ma dobbiamo ancora sistemare il bunker…- rispose lui.

Si riferiva a una struttura sotterranea che il bisnonno gli aveva lasciato, nella quale erano conservati migliaia di libri sul sovrannaturale. Sicuramente c’erano buone probabilità di scovare qualcosa sul Purgatorio, in quel luogo. E magari avrebbero finalmente scoperto il modo di tirare fuori Dean da quel posto, se era ancora vivo.

-Chiederò a qualche angelo di tenerla d’occhio- decise Castiel, salendo sull’Impala.

Sam annuì, sospirando, prima di sedersi al volante.

Ormai erano passati quasi un anno e sei mesi dalla scomparsa di suo fratello, e immaginarlo nel Purgatorio a cercare di sopravvivere a mostri di ogni genere, leviatani compresi, non era divertente. Anche perché era molto probabile fosse morto. Sam però non avrebbe mollato, anzi.

I Winchester erano sempre stati duri a morire, al limite dell’assurdo. Forse fu proprio per questo che in un bosco non troppo lontano da Denver, in Colorado, successe qualcosa di strano e inusuale. In mezzo agli alberi alti, nel silenzio più totale, un ronzio fastidioso iniziò a farsi sempre più forte, sin quando una luce apparve dal nulla. Questa luce prese man mano ad allargarsi, creando un cerchio sempre più grande dai riflessi azzurrognoli, dall’aspetto etereo. Dal centro dell’accumulo energetico, un uomo apparve e cadde in avanti, col fiatone. Aveva indosso dei vestiti più che logori, scarpe in cuoio ormai quasi consumate e una giacca in pelle rovinata sui bordi. I capelli corti erano unti e sudici, la pelle chiara coperta da terriccio, sudore e sangue.

Quello che possiamo chiamare portale, si chiuse dietro di lui con un suono piatto. Ora l’unico rumore era il respiro affannato del tizio, che tese davanti a sé il braccio sinistro, scoprendo la pelle. Sotto la cute, una luce strana scorreva creando dei rigonfiamenti. Prese un coltello e si tagliò il braccio. Il sangue iniziò a scorrere, insieme ad esso la luce si liberò, assumendo accanto a lui una forma umanoide. Quando la luce si affievolì, svelò un uomo con una barba importante e in testa un berretto anni ’60, che sorrise guardandosi attorno.

-Ce l’abbiamo fatta, Dean…- disse il tizio, offrendo una mano al compagno accasciato a terra.

Dean Winchester, senza rispondere, afferrò la mano dell’amico.

-Non c’è di che, Benny- rispose, con aria profondamente sollevata.

Erano appena riusciti a scappare dal Purgatorio, dopotutto.

Ora doveva trovare assolutamente un telefono.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3946708