The Part of Me you Do not Know

di Schmetterlinge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Darkside ***
Capitolo 2: *** Let's Begin ***
Capitolo 3: *** Ten Seconds ***
Capitolo 4: *** Need to forget ***
Capitolo 5: *** Please Don't Go ***
Capitolo 6: *** Coming Home ***
Capitolo 7: *** Liar ***
Capitolo 8: *** Stay ***
Capitolo 9: *** The choice ***
Capitolo 10: *** Rebirth ***
Capitolo 11: *** Starting Over ***
Capitolo 12: *** Exercising ***
Capitolo 13: *** Followed ***
Capitolo 14: *** Past ***
Capitolo 15: *** Back ***
Capitolo 16: *** Beyond ***
Capitolo 17: *** Fooling you ***
Capitolo 18: *** Peace ***



Capitolo 1
*** Darkside ***


Fin da piccola Juvia aveva avuto soltanto un amico.

 

 

 

 

[Gajeel]

 

 

 

Per lei era sempre stato un punto fermo, un riferimento in una vita che le si era dimostrata subito ostile.

Questo prima di Fairy Tail.

Quando era entrata a far parte di quella Gilda aveva finalmente compreso cosa significasse avere una famiglia [una vera famiglia] cosa volesse dire avere degli amici [dei veri amici].

Non era stato facile, aveva dovuto in qualche modo violentare [se così si può dire] la propria personalità.

Era riuscita, poco a poco, ad aprirsi, a lasciare andare tutta quella timidezza e quell’apatia che l’avevano sempre contraddistinta.

Aveva imparato a sorridere, giorno dopo giorno.

Aveva imparato a fidarsi e ad affidarsi agli altri, certa che non l’avrebbero mai abbandonata.

Aveva imparato cosa volesse dire combattere non solo per sé stessa ma anche [e soprattutto] per la vita di qualcun altro.

Aveva imparato cosa significasse donare ogni singola parte di se stessi, sacrificarsi per qualcuno che non avrebbe esitato a fare stesso.

Era cresciuta, passo dopo passo, cadendo e rialzandosi.

Certe volte era stato doloroso; altre ancora di più.

E lo stesso era accaduto a Gajeel.

Entrambi, seppur probabilmente in maniera e con tempi diversi, grazie a quella Gilda, grazie a quei ragazzi, erano tornati [lentamente] alla vita.

Eppure si sentiva ingrata, Juvia.

Sentiva di aver tradito, in più di un’occasione, l’amicizia nonché la fiducia riposta nei suoi confronti.

E sempre per la stessa ragione.

Perché troppo impegnata a pensare a Lui.

 

 

 

[Gray]

 

 

 

 

L’ultima persona a cui rivolgeva le proprie preghiere prima di addormentarsi e la prima a cui sorrideva la mattina, appena sveglia.

Sapeva che avrebbe potuto fare di più, molto di più.

Tuttavia, con l’andar del tempo, sentiva di essersi adagiata.

Se si fosse scatenata, avrebbe potuto tranquillamente superare Erza.

Avrebbe potuto mettere in difficoltà Natzu.

Avrebbe potuto battere persino Mira.

Più di una volta, nei suoi confronti, lo stesso Master aveva utilizzato la parola “potenziale”.

Un potenziale che non aveva voluto sviluppare, non pienamente almeno.

Era un lato di se stessa che l’aveva sempre attratta ma, soprattutto, spaventata.

Soltanto Erza era riuscita a vederla totalmente fuori controllo.

E aveva tremato.

 

 

 

Che fosse questa la vera ragione 

per cui avesse deciso di non oltrepassare i limiti?

 

 

 

 

Però …

Se si fosse maggiormente concentrata su se stessa [forse] avrebbe potuto evitare di mettere in pericolo la vita degli altri.

Non che fosse successo spesso ma quelle poche occasioni erano state più che sufficienti.

Una in particolare.

 

 

 

Quella in cui Lucy aveva quasi rischiato di perdere la vita.

 

 

 

Ricordava quell’episodio come fosse ieri.

Tutti avevano scommesso su di lei.

Tutti sapevano quanto fosse forte e quanto potesse esserlo, soprattutto se in acqua, il suo elemento naturale.

Come avrebbe potuto uscirne sconfitta?

Peccato che si fosse distratta [troppo preoccupata a mettersi in mostra perché Lui la notasse], lasciando Lucy totalmente indifesa di fronte alla cattiveria [e alla furia] di Minerva.

Non che la Maga degli Spiriti Stellari fosse debole ma [ne era certa] se fosse rimasta al suo fianco l’avrebbe protetta [non avrebbe esitato neanche per un solo istante] e forse [insieme] avrebbero potuto anche aggiudicarsi la vittoria.

Invece era accaduto esattamente il contrario.

Lei, colta di sorpresa, prima ancora che potesse fiatare, si era ritrovata fuori dai giochi e Lucy, umiliata di fronte al pubblico, era stata sbattuta a terra, in fin di vita.

Questo era il pensiero che più la tormentava e che ogni tanto, prepotente, tornava ad intristire le sue giornate.

Non aveva mai parlato dell’accaduto con la diretta interessata, non ne aveva avuto il coraggio.

 

 

 

 

Si vergognava troppo.

 

 

 

 

Ricordava ancora le parole di Gajeel.

“Non è stata colpa tua, Juvia”.

Si era rinchiusa in una stanza, ai piedi del letto, a piangere come una bambina.

“Minerva ha oltrepassato i limiti, non è stata colpa tua.”

La ragazza si era limitata a stringersi contro il suo migliore amico, cercando di ricacciare le lacrime, anche se con scarsi risultati.

Ed erano rimasti lì, abbracciati uno all’altra, per un tempo che le era parso infinito.

Nessuno era mai venuto a sapere di quel “momento.”

Lucy era diventata la sua migliore amica.

Era dolce, solare, l’aveva accolta e fatta sentire amata fin dal primo loro incontro.

Per questo soffriva ancor di più.

Perché sentiva di averla tradita.

 

 

 

 

 

[Se solo avesse potuto tornare indietro nel tempo]

 

[Se solo avesse potuto tornare a quel momento]

 

 

 

 

 

La maga dell’acqua sospira, passandosi una mano sul volto.

Si guarda attorno, fino a quando non scorge l’oggetto dei suoi pensieri venirle incontro.

“Tutto bene, Juvia?

Sembri preoccupata, di solito non sei così taciturna.”

La ragazza cerca di smorzare, un flebile cenno della mano, un sorriso tirato [falso].

“Non è niente, sono solo un po’ stanca.”

La biondina la osserva, fissa.

“Hai usato la prima persona singolare.”

 

 

 

 

[Aveva dimenticato quanto Lucy fosse acuta]

 

 

 

 

Juvia trattiene il fiato, distogliendo lo sguardo.

“E tu usi sempre la terza singolare.”

La maga dell’acqua si appoggia al bancone, in difficoltà.

Inspira ed espira.

Il cuore le batte a mille.

Inspira ed espira.

Sente che potrebbe scoppiare da un momento all’altro.

Poi, si arrende.

“Mi dispiace Lucy.”

La bionda la guarda sorpresa, con aria interrogativa.

“Ricordi lo scontro con Minerva?”

Continua, Juvia, dando libero sfogo a quanto trattenuto fino a quel momento.

“Non ne abbiamo mai parlato, non ne ho mai avuto il coraggio, non sono mai riuscita a trovare le parole giuste, ammesso che vi siano.

La verità è che mi vergognavo, mi vergognavo troppo.

Se non fossi stata troppo presa a guardare Gray [come sempre] forse le cose sarebbe andate diversamente.

Avrei potuto combattere al tuo fianco, avrei potuto proteggerti e invece quella strega ti ha quasi ucciso.

Non hai idea di quanto mi sia detestata, di quanto mi sia sentita responsabile.”

Ricaccia le lacrime, la turchese.

“Sei la mia Rivale in Amore …”

Sorride nel dirlo, la voce roca, le guance rosse, gli occhi lucidi.

“Sei la mia migliore amica, non avrei mai dovuto permetterle di farti del male.”

Si nasconde, lasciando ricadere il volto lungo il bancone del Bar.

La voce è sommessa, non ha il coraggio di guardarla negli occhi.

“Mi dispiace tanto.”

Non sa cosa aspettarsi; l’unica cosa che sente sono le braccia di Lucy avvolgerla con tutto il loro calore umano.

“Non hai niente di cui scusarti e di cui farti perdonare, Juvia.”

Trema, la maga degli Spiriti Stellari.

“Non è stata colpa tua, mi hai sentita?”

La stringe a sè, mentre l’amica si arrende al pianto.

“La verità è che non ero abbastanza forte per Minerva; la verità è che non ero abbastanza forte in generale.

La colpa è solo mia, della mia debolezza, del mio non essere all’altezza.

Non tua.”

La prende per le spalle, assicurandosi di essere guardata.

Non è stata colpa tua e, francamente, non voglio che tu possa anche solo lontanamente pensare una cosa simile.

E questa conversazione finisce qui, intese?”

Sorride la biondina, guardando con fare tenero l’amica.

Si asciuga gli occhi, Juvia, scuotendo la testa.

“D’accordo.”

Si passa maldestramente una mano sulle guance, tutte rosse e paonazze.

“Grazie, Lucy.”

Si guardano e sorridono, si sistemano nel tentativo [poco elegante] di riassumere un aspetto normale.

“Per colpa tua mi si è rovinato il trucco.

Stupida che sei.”

Gajeel, in compagnia di Erza e Natsu, le guarda poco distante e sorride, felice che l’amica sia riuscita [finalmente] a liberarsi di quel peso.

Anche Gray, dall’altra parte della sala, è riuscito a cogliere buona parte di quella conversazione; rimane assorto.

Non aveva capito quanto Juvia stesse male.

Non aveva immaginato quanto potesse star soffrendo, quanto si sentisse in colpa.

Non aveva capito nulla.

Troppo impegnato a snobbarla, a concentrarsi su se stesso.

Continua a guardarle, fino a quando vede Makarov dirigersi verso le due ragazze.

Il Master si affianca proprio a Juvia.

“Avrei bisogno di parlarti.”

La turchese cambia espressione, sotto lo sguardo preoccupato di Lucy.

Si sforza di sorridere, fingendo un fare rassicurante, per poi incamminarsi dietro all’uomo che, tempo addietro, l’aveva accolta come una figlia.

Tutti i presenti osservano la scena.

La guardano [pensierosi] fino a perdere di vista quella schiena sinuosa e quella folta chioma.

 

 

 

 

 

 

 

 

Makarov si appoggia alla scrivania, lo sguardo cupo.

Juvia cerca di immaginare quale possa essere la ragione di una simile preoccupazione e [soprattutto] cosa possa avere a che fare con lei.

Peccato che la risposta non tardi poi molto ad arrivare.

“Minerva ha espressamente chiesto di combattere contro di te.”

Una sfida amichevole, in memoria dei vecchi tempi, nulla di particolarmente impegnativo, così ha detto.”

Le si avvicina, fissandola [dritta] in quei profondi occhi color cobalto.

“Anche se entrambi sappiamo fin troppo bene che non è affatto così, vero Juvia?”

La ragazza non ribatte, si limita a sostenere lo sguardo con aria di sfida.

Sente la rabbia scorrerle nelle vene, il sangue bollirle.

“Sai che non posso tirarmi indietro e, francamente, credo non possa farlo nemmeno tu.”

La Water Maker continua a non ribattere; i muscoli del volto contratti in una smorfia.

“E’ una provocazione, lo sappiamo tutti e due.”

Il Master le si affianca, prendendola per mano.

“Non voglio che tu ti faccia male, Juvia.”

La ragazza lo guarda, in attesa che finisca.

“Ma ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita, siamo intesi?”

Lo osserva, incerta di aver afferrato pienamente il significato di quelle parole.

“Ti do dieci secondi per terminare l’incontro, d’accordo?”

Juvia non era mai stata un tipo vendicativo ma quella poteva essere [davvero] l’occasione per restituire a Minerva il favore di qualche mese prima.

Non si sarebbe di certo comportata nello stesso modo [lei era una persona completamente differente] ma avrebbe comunque fatto in modo che la Regina di Sabertooth si ricordasse di quell’incontro per tanto [tanto] tempo.

“D’accordo Master.”

Si abbandona contro la parete, sguardo fermo.

“Dieci secondi.

Non di più.”

 

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Capitolo 2
*** Let's Begin ***


[Dieci secondi.
Non di più]
 
 


Juvia poteva giurare di aver visto il Master con quell’espressione soltanto in rarissime occasioni.
Sapeva che non l’avrebbe mai costretta a fare qualcosa contro la propria volontà, a meno che non vi fosse stata una ragione più che valida.
 


 
E quell’incontro lo era

 
 
 
Lo era per tutto quello che aveva rappresentato quel maledetto giorno di qualche mese prima.
 


 
Che Minerva avesse calcolato tutto?
 


 
La ragazza scuote la testa, poco convinta.


 
 
La [triste] verità era un’altra.

 
 
 
Quando Minerva decideva di impegnarsi in qualcosa [solitamente] lo faceva  per mettersi in mostra oppure [peggio ancora] per divertimento.
Si poteva dire che non avesse uno scopo in particolare, un obiettivo vero e proprio.
Qualcuno da proteggere.
O da vendicare.
 


 
Al contrario di lei.
 


 
Pensava, la Water Maker.
 


 
Ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita
 
 


Non amava particolarmente quella parte di se stessa, a volte faceva paura persino a lei.
Ne aveva parlato, tempo addietro, con Gajeel ed il ragazzo ne era rimasto profondamente colpito.
Sapeva quanto la sua migliore amica potesse essere forte, conosceva il suo potenziale ma non immaginava che ci potesse essere dell’altro.
Solo Erza [in via del tutto casuale] aveva avuto l’occasione di vederla per quello che era veramente.




 
E ne era rimasta alquanto turbata




 
Tempo addietro si sarebbe preoccupata di quello che avrebbero pensato gli altri.
In quel momento, invece, l’unica cosa che le importava era concludere quella vicenda quanto prima.
E non si sarebbe risparmiata, anzi.
Non sarebbe stata particolarmente plateale  ma abbastanza discreta e sufficientemente letale.
 
 

 
Poi, avrebbe pensato agli altri.
 



 
Avrebbe affrontato  i  loro sguardi ed, eventualmente, i  loro giudizi.
Solitamente [così si dice] un vero amico non giudica ma se [mai] i suoi compagni l’avessero fatto  non li avrebbe di certo biasimati.
Percorre il corridoio [dirigendosi verso il salone] quando scorge Erza venirle incontro [decisa].
 “Cos’hai intenzione di fare?”
Juvia la osserva con aria [falsamente] interrogativa.
Finge un certo stupore, cercando di mostrarsi quanto più possibile disinteressata.
“Sai già tutto?”
“Le voci corrono e questa è una notizia cha fatica ad essere ignorata.”
Sospira, la Water Maker.
“E’ una sfida amichevole, nulla di più.”
Titania prende atto, abbassando lo sguardo.
“Sei sicura?”
Juvia incrocia le braccia, quasi sulla difensiva.
“Me la caverò.”
La rossa alza gli occhi, penetrandola con lo sguardo.
“Veramente io ero preoccupata per lei, non per te.”
 
 
 
Titania era indubbiamente un pubblico difficile da ingannare
 
 






 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Aveva appena messo piede in salone.
Non aveva fatto in tempo a varcare la soglia che si era ritrovata letteralmente circondata.
Sentiva le voci squillanti [fin troppo] di Natsu e Gajeel sovrapporsi una all’altra, quella dolce [e preoccupata] di Lucy, persino quella distaccata [che in quel momento non lo era poi così tanto] di Gray, per non parlare di Cana, Wendy ed il resto della Gilda.
Le sentiva ma non le ascoltava davvero.
Lasciava che le parole fluissero senza freno certa che [prima o poi] avrebbero smesso.
Guardava dritto davanti a sé, nel vuoto.
“Andrà bene.”



 
 
[Silenzio]



 
 
 
L’aveva detto con una tranquillità disarmante.
Impassibile.
Apatica.
C’era qualcosa di diverso, qualcosa che nessuno sapeva spiegarsi.
 



 
Era evidente
 lo sarebbe stato a chiunque
[persino a Natsu]
che quella che avevano di fronte
non era Juvia.
 
 
 
 
 
 
 
 











 
Lo stadio era gremito.
La folla incalzava, strepitante per l’attesa.
La Regina di Sabertooth contro una della ragazze più promettenti della Gilda più forte di Magnolia.
Juvia se ne stava ai piedi dell’arena, in prossimità di una delle arcate [in ombra].
Sentiva la gente urlare [urlare a squarcia gola] trepidante.
Riusciva a vederli.
 



 
[I propri compagni
I propri amici]
 
 




Li vedeva tutti.
Schierati in prima fila.
Negli ultimi giorni Lucy aveva provato più volte ad avvicinarla [così come Gajeel e lo stesso Gray] ma senza successo.
Ogni volta [ogni singola volta] aveva sempre trovato un muro.
Perciò era diventata la sua ombra.


 
Un ‘ombra silenziosa.
 



Non l’aveva mai lasciata sola.
Soltanto Erza aveva rispettato il suo silenzio e [a dir la verità, a modo proprio] anche Natsu.
Da quando si era chiusa in se stessa [a parte scrutarla da lontano] non le aveva chiesto più nulla.
 Il giorno dell’incontro [poco prima che si separassero]  si era limitato a salutarla con uno dei suoi calorosi sorrisi.
Gajeel [che non l’aveva mai persa di vista]nel vederla scomparire dietro l’angolo, aveva sentito quasi un peso e non riusciva a capirne il perché.
Gray si era reso conto di quanto tenesse a lei, di quanto fosse stato stupido, di quanto avrebbe voluto proteggerla e di quanto la vedesse inavvicinabile.
Perché lo era.



Mai come in quel momento,
mai come negli ultimi giorni,
mai come nelle ultime settimane.
 


Juvia respira.


 
Inspira ed espira.
 


Poi la vede.
 

 
Inspira ed espira.
 



La vede entrare nell’arena.



 
Inspira ed espira.



 
Viene annunciato il suo nome.
La folla esplode.
Tutto è esattamente come allora, stesso campo di battaglia, stesse modalità di gioco.
 



 
Inspira ed espira.
 



 
“Bene.”
 



 
Inspira ed espira.
 



Si guardano dritte negli occhi.
Cominciamo.”
 
 

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Capitolo 3
*** Ten Seconds ***


Lucy si appoggia alla balconata, lasciando ricadere tutto il proprio peso in avanti.
Lo sguardo è rivolto di fronte a sé, al centro dell’Arena.
La postura è rigida, le labbra in continuo movimento, stuzzicate in maniera instancabile, senza tregua.
Pensa e prega.
Prega, mentre percepisce la mano [dolce] di Erza accarezzarle la testolina bionda.
“Andrà bene.”
Abbassa gli occhi, la maga degli Spiriti Stellari.
“Dopotutto parliamo di Juvia.”
Abbassa gli occhi ma non risponde.
 





 
[Non una parola]
 
[Non un cenno]





 
 
Riesce a sentire la presenza [imponente] di Gajeel dietro di sé.
Le braccia [conserte] tese, il volto contratto in una smorfia.
Natsu [in silenzio] era rimasto accanto a Gray, in disparte, con le spalle contro il muro.
Persino il ragazzo dal sorriso facile, dall’animo allegro, dal carattere esuberante sembrava aver perso ogni entusiasmo.
Pareva pervaso da un certo nervosismo.
Trattiene il fiato, Lucy, non appena le vede.
 
 




 
 
Una di fronte all’altra [immobili] al centro dell’Arena
 




 
Stringe i pugni, fino a sentire le unghie affondare nella pelle di velluto.
Stringe forte, incurante del dolore.
Poi, per un attimo [solo uno] sente il cuore venirle meno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 









 






Juvia guardava Minerva senza lasciar trasparire alcuna emozione.
La scrutava, la osservava come se volesse penetrarla nel profondo.
Si fissavano l’una con l’altra, si studiavano.
“Ho una proposta da farti.”
Minerva la guarda con aria perplessa.
“Se combattessimo in acqua non sarebbe [di certo] uno scontro alla pari, dato che è il mio elemento naturale.”
Sospira, la Water Maker.
“Ed io non voglio alcun tipo di favoritismo.
Perciò vorrei proporti il terreno.”
Accenna un lieve sorriso, la Water Maker.
“Solo se sei d’accordo.”
Minerva non ribatte, non subito; lascia schioccare le labbra, con aria compiaciuta.
“Per me va bene.”
Le si avvicina.
“Ma te ne pentirai.”
Solleva [appena] gli occhi la Water Maker, rivolgendo la propria attenzione all’imponente sfera d’acqua al centro dell’Arena.
Era di un colore blu intenso [il suo colore preferito], intenso come il mare.
Quel mare che aveva amato fin da bambina [più di ogni altra cosa] e che avrebbe tanto voluto rivedere.
Accarezza col palmo della mano l’acqua [fresca] trasparente, limpida.
La folla, dapprima incontenibile, sembrava aver placato ogni entusiasmo, incuriosita e rapita da quel gesto [apparentemente] così insignificante.
 
 
 



 
Poi

qualcosa si smuove
 



 
 



 
L’acqua evapora
 
 
[la forma muta]

[le dimensioni cambiano]

[la consistenza svanisce]

 
 
 dissolvendosi  nel  nulla più totale.
 




 
 
Non un boato, non un rumore.
Tornano a scrutarsi, occhi negli occhi.
Il pubblico mormora, spaesato.
 
 





 
 
[Ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita]
 
 
 





 
Porta una mano all’altezza del cuore, la ragazza dal carattere dolce.
 
 




 
 
[Ti do dieci secondi per terminare l’incontro, d’accordo?]
 
 




 
 
Li percepisce.
Percepisce gli sguardi dei propri compagni su di sé.
Li sente tutti.
Inspira ed espira.
 




 
 
[I’m not holding back]
 
 
 




Schiocca le dita delle mani, occhi chiusi.
“Bene.”
Inspira ed espira.
 




 
[Cominciamo]
 
 




Inspira ed espira.
Il terreno trema, l’aria si smuove.
Trattiene il fiato.
E’ un movimento rapido, quasi impercettibile.
Non ha bisogno di vederla.
 
 




 
Le basta sentirla.
 




 
 
Il boato è assordante,


i muri si crepano,


la terra si incrina.
 
 



 
Le urla del pubblico si confondono.
Solleva [di poco] lo sguardo, la Water Maker, scrutando [con sguardo impassibile] la propria mano stritolare [letteralmente] il pugno di Minerva rivolto a pochi centimetri dal proprio volto.
Stringe, aumentando la presa.
Stringe, facendo pressione contro il polso.
Stringe, concentrando la propria forza contro le falangi.
 





 
 
 
Uno
 
 




 
 
Spinge, la Water Maker, senza mai distogliere lo sguardo dalla Dama di Sabertooth, visibilmente irritata.
“Capirai cosa significa avere paura.”
Minerva sgrana gli occhi.
“Capirai cos’è il terrore.”
 





 
 
 
Due
 
 





 
 
“Capirai cosa significa essere torturati per divertimento.”
 La Regina di Sabertooth digrigna i denti [adirata].
 
 




 
Tu non sai con chi hai a che fare
 
 
 




Minerva cerca di liberarsi ma qualcosa pare bloccarla.
 
 





 
Non riesci a muoverti vero?
 
 
 





E’ un attimo [impercettibile] quando la Dama di Sabertooth, sotto gli occhi inquisitori della turchese, viene [violentemente] sbattuta contro il terreno duro [sporco].
Fa per respirare ma qualcosa le blocca la gola.
 
 





 
Tre
 
 





 
Si sente sprofondare [sprofonda nel terreno] senza mai fermarsi.
Vede l’Arena allontanarsi e il cielo divenire [sempre] più piccolo.
 





 
 
 
[Le urla del pubblico paiono quasi un ricordo lontano]
 
 





 
 
Juvia l’aveva [letteralmente] sbattuta sotto terra.
Continua a sprofondare, la Regina di Sabertooth, quando percepisce un colpo [secco] alla colonna, testimone della fine di questa sua [folle] caduta.
 





 
 
Quattro
 
 
 





Minerva cerca di incamerare quanta più aria possibile ma Juvia la tiene ferma.
La blocca contro il fango, impedendole qualunque movimento.
Continua a tenerla per la gola, con sguardo impassibile.
Le sente appena, le grida del pubblico.
 
 





 
Cinque
 
 





 
Per la prima volta vedeva negli occhi di Minerva uno sguardo spaventato.
 





 
Spaventato perchè impotente.

Spaventato perché in gabbia.
 





 
“Non mi serve un campo di battaglia fatto d’acqua per batterti.”
La regina di Sabertooth la fissa [la bocca spalancata] alla ricerca disperata d’aria.
Vorrebbe dire qualcosa ma le parole non escono.
Riesce ad emettere [giusto] qualche rantolo.
 





 
 
Sei
 
 





 
La pelle di Minerva pare [poco a poco] disidratarsi.
“Tu stessa [come ognuno di noi] sei fatta d’acqua.”
 
 
 





 
Sette
 
 
 





 
Sembra quasi rugarsi, sotto lo sguardo [fermo] della Water Maker.
Il colore dell’incarnato cambia [lentamente] lasciando posto ad un grigio innaturale.
 





 
 
Otto
 
 





 
“Mi basta anche solo starti accanto per prosciugarti fino a ridurti in polvere.”
Aumenta la presa, la Water Maker.
“Non riesci a muoverti vero?”
Minerva sembra quasi rantolare, un leggero cenno delle dita della mani, rivolte verso l’alto.
“Questo non è niente paragonato a quello che avrei potuto farti davvero.”
Si accosta, la Water Maker.
“Ma io non sono come te.”
La osserva, mentre scruta [con aria minacciosa] gli occhi increduli [quanto terrorizzati] della Regina di Sabertooth.
 
 





 
Nove
 





 
 
Juvia [finalmente] lascia la presa, lasciandola tossire senza alcun contegno.
 





 
[Il respiro affannoso]


[L’incarnato pallido]
 





 
“L’incontro finisce qui.”
 
 



 
Dieci
 






 
 
Gli occhi sbarrati, le labbra secche; ansima la Regina di Sabertooth.
Mormora qualcosa [appena impercettibile].
Sorride Juvia [consapevole] con sguardo fermo.
“Mai quanto te.”
Solleva gli occhi verso l’alto, la Water Maker, fissando il cielo che [mai come in quel momento] le era parso così piccolo.
Osserva lo spettacolo intorno a sé.





 
 
 
[Fango ovunque]


[La terra incrinata]


[Le pareti in procinto di franare]


[L’Arena divisa a metà]


Lei ad una decina di metri sotto il livello del mare.





 
 

 
Inspira ed espira.
Inizia a rilassare le spalle, poi le braccia fino arrivare alle gambe.
Rotea [di poco] la testa [occhi socchiusi] incamerando quell’aria che, mai come in quel momento, sembrava così rarefatta.
Rivolge un ultimo sguardo a Minerva [ancora a terra].
Poi la afferra per le spalle, portandosi  in superficie.
Anche se per poco, aveva dimenticato come potesse essere accogliente la luce [confortante] del sole, il suo calore.
Le urla del pubblico tornano [assordanti] a riecheggiare con sfacciata prepotenza.
E’ un tripudio, un’esplosione di vibrazioni.
Si accosta a Minerva, posandole una mano sul petto.
Il colore dell’incarnato muta, tornando [poco a poco] a rasentare il pigmento roseo.
La osserva con sguardo compassionevole.
“Io non sono come te.”
Percepisce i passi [pesanti] di Sting e Rogue avvicinarsi, accompagnati dall’Arbitro di gara.
Li osserva mentre [con fare preoccupato] accorrono verso la propria Dama.
Rogue si limita a scrutare la turchese senza emettere alcun suono.
“Non c’è da preoccuparsi, si riprenderà.”
Fa per allontanarsi [dando  le spalle con innata eleganza] avviandosi verso i portici [in ombra].
Sta per scomparire dalla vista della folla quando ferma il proprio passo.
 
 
 




 
[Ora sarebbe iniziata la sfida più difficile]
 






 
 
Si volta in direzione della prima Fila del Settore Est.
Ora avrebbe dovuto affrontare tutti loro.






 
 
 
I loro sguardi

e

[probabilmente]


i loro giudizi.
 





 
 
Avrebbe potuto fare di peggio [ne era sicura] ma osservare gli occhi di Minerva perdere [lentamente ed inesorabilmente] vigore e vita  [vederla spegnersi poco a poco] era stato uno spettacolo raccapricciante.






 
 
 
[L’aveva fatto per il Master]


[Per Lucy]



[ed in fondo anche per Minerva stessa]
 
 
[ Perchè capisse ]
 





 
 
Sospira la Water Maker.
Perché [ne era certa] Minerva poteva ancora essere salvata.
 
 






 
Proprio come era accaduto a lei e a Gajeel con Fairy Tail
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






























 
Eccomi!
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto!
Juvia ha sempre avuto un enorme potenziale, poco sviluppato a mio avviso, perciò ho deciso (volevo farlo già da un po') di dedicare una Fic a questa sua forza nascosta
Mi piacerebbe poter sentire una vostra opinione a riguardo ^.^
Alla prossima!
Schmetterlinge

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Capitolo 4
*** Need to forget ***


Lucy guardava la scena senza proferire parola.

 

La ragazza dalle forme sinuose e dai profondi occhi blu che aveva conosciuto molto tempo addietro sembrava essere svanita nel nulla.

 

 

 

 

 

Quella non era Juvia

 

 

 

 

La terra si incrina, l’aria si smuove.

 

Il boato è assordante, il pubblico urla [lo sente strepitare] 

 

Sgrana gli occhi nel constatare il terreno in frantumi, l’Arena divisa a metà.

 

La cerca ma non la vede.

 

 

 

 

 

Non vede nessuna delle due

 

 

 

 

 

Di scatto volge lo sguardo al Monitor.

 

 

 

 

 

 

Ed è lì che trattiene il fiato

 

 

 

 

 

 

Vede Minerva soccombere lentamente [inesorabilmente] sotto lo sguardo fermo [freddo] della Water Maker.

 

Scuote [appena] la testa [basita] quando scorge la sua migliore amica porre fine all’incontro.

 

L’arbitro decreta la fine del Match.

 

 

 

 

 

Dieci secondi

 

 

 

 

 

Si volta giusto in tempo per osservare Gajeel, Gray e Natsu con un’espressione indecifrabile in volto.

 

Membra tese, sguardo apparentemente assente.

 

Wendy era rimasta immobile, labbra appena socchiuse, una mano all’altezza del cuore.

 

L’unica impassibile era Erza.

 

Titania pareva tutto fuorché stupita.

 

 

 

 

Oltre al Master

 

 

 

 

La biondina inizia a scuotere la testa, mormorando una serie di parole incomprensibili.

 

Scorge la Water Maker allontanarsi dal campo [quello che ne era rimasto] dopo un’occhiata fugace a Rogue.

 

 

Quella era una Juvia totalmente diversa da quella che aveva conosciuto.

 

 

La osserva camminare con passo strascicato [lento] disinteressato.

 

 

Sapeva quanto fosse forte ma mai avrebbe immaginato potesse essere così devastante.

 

 

Muove un passo.

 

 

 

 

Poi un altro.

Poi un altro ancora.

Ed un altro ancora.

 

 

 

 

Lascia che le dita scorrano lungo la ringhiera in legno massiccio.

 

 

 

 

Inizia a correre

 

 

 

 

 

Le sente, sente le grida di Natsu e Gajeel, li sente mentre la chiamano, invano.

 

Percorre le scalinate dell’Arena mentre prega di riuscire a raggiungerla.

 

Corre fino a quando la vede camminare nella sua direzione.

 

Juvia ferma il proprio passo [sorpresa].

 

Non parla, si limita a fissare la maga degli Spiriti Stellari piegata sulle ginocchia, intenta a riprendere fiato.

 

La osserva, mentre sente un groppo alla gola e un macigno [pesante] all’altezza del cuore.

 

 

 

 

 

Ha paura

 

 

 

 

 

 

Paura di essere giudicata.

 

Paura di essere giudicata da tutti ma sopratutto da lei.

 

Scuote la testa, nel tentativo di ricacciare le lacrime.

 

Cerca di mostrarsi forte, quasi indifferente.

 

Fa per parlare quando sente due braccia [esili] cingerle il collo longevo.

 

Percepisce i capelli color del grano dell’amica solleticarle il volto.

 

 

 

 

 

 

Si sente stringere

 

 

 

 

 

 

“Sei una stupida.”

 

Lucy piange, nascondendosi contro le spalle [forti] della sua migliore amica.

 

Strizza gli occhi, già chiusi.

 

Stringe i denti, mordicchiandosi il labbro.

 

Juvia ricambia la stretta, accarezzandole la testolina bionda, mentre fissa un punto indefinito di fronte a sé.

 

“L’ho quasi uccisa.”

 

Deglutisce, non appena percepisce Lucy aumentare la presa.

 

“Ma non l’hai fatto.”

 

Ride, alzando lo sguardo verso il cielo.

 

“Non avrei mai voluto mi vedessi così.

 

Tu e tutti li altri.”

 

Inspira ed espira

 

“E’ una parte di me che ho sempre cercato di nascondere e che [ancora] mi terrorizza.”

 

Inspira ed espira.

 

Lucy la scosta, fissandola in quei bellissimi occhi color cobalto.

 

“No.”

 

La Water Maker continua a guardarla.

 

“Tu sei forte, Juvia.”

 

Scuote la testa la biondina, marcando bene le parole.

 

“Sei forte e quello che hai fatto oggi ne è la prova.

 

Hai saputo controllarti, ti sei fermata.”

 

Trattiene le lacrime, la maga degli Spiriti Stellari.

 

 

 

 

 

La voce rotta

 

 

 

 

 

 

“Perché tu non sei come lei.”

 

Abbassa il capo la Water Maker, un sorriso flebile agli angoli della bocca.

 

“Ma questo non cambia quello che sono.”

 

Si allontana dall’amica che la guarda con fare sorpreso.

 

“Ed io sono anche questo.”

 

 

 

 

 

[E mi faccio paura]

 

 

 

 

 

 

Ho bisogno di restare sola per un po’.

 

“Juvia!”

 

Solleva appena lo sguardo, giusto in tempo per scorgere il suo migliore amico, Gray e Natsu venirle incontro.

 

Fa per parlare quando si sente travolgere da Wendy.

 

La  piccola la abbraccia forte [in vita] nascondendosi contro il suo addome.

 

La sente piangere, mentre recepisce il bagnato inzupparle il corpetto verde.

 

La stringe a sè con tutta l’intenzione di non volerla lasciare andare.

 

Non parla, si limita a stringerla, scuotendo le spalle, presa dai singhiozzi.

 

Così, la Water Maker le accarezza la testolina folta fino a scendere lungo le spalle, nel tentativo di calmarla.

 

Continua a cullarla, sotto gli sguardi dei propri amici.

 

“Va tutto bene Wendy.”

 

La Dragon Slayer si limita ad annuire senza, tuttavia, sollevare lo sguardo.

 

Sorride Juvia, mentre continua a cullarla con delicatezza.

 

Sente tutti gli occhi dei propri compagni puntati addosso.

 

Incrocia, fin da subito, il volto di Gajeel per poi passare a Natsu, Erza ed infine Gray.

 

Fa per parlare quando scorge Makarov superare gli amici di Gilda per venirle incontro.

 

Persino Wendy, che si era leggermente scostata, osservava con fare titubante il proprio Master.

 

“Mi hai preso alla lettera.”

 

Un mormorio generale, gli sguardi confusi dei propri amici.

 

“Mi ha chiesto dieci secondi e questo è ciò che le ho promesso.”

 

Gajeel, che fino a quel momento non aveva fiatato, si avvicina all’amica, incredulo, rivolgendosi a Makarov.

 

“Gliel’ha chiesto lei?”

 

La Water Maker si accosta al suo migliore amico, rientrando nel suo campo visivo, assicurandosi di essere guardata davvero.

 

“Gajeel.”

 

l’Iron Maker la fissa, perplesso.

 

“Va bene così.”

 

L’amico trattiene il fiato non appena Juvia rivolge i propri occhi oltre le sue spalle.

 

"Ho bisogno di restare un po’ da sola.

 

Scusatemi.”

 

Nemmeno il tempo di un cenno che la figura della ragazza dalla folta chioma e dalle linee sinuose svanisce, dissolvendosi nel nulla più totale.

 

 

 

 

Ho bisogno di restare sola

 

 

 

 

Poco prima di sparire, riesce a cogliere appieno 

 

 

 

 

l’immagine di Gajeel sul punto di urlare, 

 

Natsu che allunga un braccio nella sua direzione, 

 

le grida di Wendy e Lucy 

 

nonché gli occhi lucidi di Gray

 

 

 

 

 

 

Ho bisogno di dimenticare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi!

Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto!

Mi piacerebbe poter sentire una vostra opinione in merito ^.^

Ad ogni modo, grazie ancora a chiunque abbia deciso di dedicare il proprio tempo alla lettura di questo capitolo!

Alla prossima.

Schmetterlinge 

 

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Capitolo 5
*** Please Don't Go ***


Ci sono dei momenti nella vita in cui vorresti soltanto scappare, nasconderti, diventare invisibile.

 

Subentrano diversi sentimenti, a volte anche contrastanti tra loro.

 

 

 

 

Rabbia 

delusione

vergogna

impotenza.

 

 

 

 

 

Juvia camminava, passo dopo passo, calpestando i sottili fili d’erba di un immenso prato verde.

 

Camminava [imperterrita] guardando fisso di fronte a sé.

 

Di lì a poco avrebbe potuto godere appieno della magnifica vista di un imponente lago cristallino.

 

Acqua chiara, azzurro cielo, tanto da arrivare a confondersi con l’orizzonte.

 

Un posto sperduto nel mondo di cui pochi [pochissimi] conoscevano l’esistenza.

 

Quel luogo così incontaminato era diventato il suo rifugio.

 

Quando era bambina, ogni volta che si sentiva triste, ogni volta che aveva bisogno di stare un po’ da sola, lontano da tutto e da tutti, si recava in quell’angolo divino.

 

A dire la verità, era stato Gajeel a mostrarle questo paradiso.

 

Era stato tanti anni addietro, in un giorno di pioggia grigio, cupo, tetro.

 

L’aveva seguito senza farsi notare, pedinandolo fino a quando non si era accovacciato su una roccia ai piedi del grande lago blu.

 

Spalle incurvate, sguardo rivolto verso il basso, mani incrociate l’una all’altra.

 

Quel gigante, apparentemente così burbero e scontroso, non le era mai parso tanto vulnerabile.

 

Un sentimento tra la tenerezza e la pietà l’aveva completamente invasa da capo a piedi, provocandole una [leggera] fitta all’altezza del cuore.

 

Quel giorno Gajeel, tanto per cambiare, si era cacciato nei guai, finendo con l’essere quasi espulso dalla Gilda.

 

Erano entrambi ancora a Phantom Lord.

 

Se ne stava seduto, immobile; così gli si era avvicinata, lentamente.

 

Aveva calciato qualche sassolino, un leggero brusio; sentiva la pioggia batterle con violenza contro la schiena, sulle spalle, lungo il volto, impregnandole i vestiti, i capelli, le scarpe.

 

Ma in quel momento non le importava poi molto.

 

Si era avvicinata, poco a poco, con le braccia lungo i fianchi, gli occhi lucidi.

 

Lui non aveva battuto cenno, era rimasto fermo nella sua posizione, quasi non l’avesse nemmeno notata.

 

Si era, semplicemente, lasciata cadere sulle ginocchia, arrivando alla sua altezza, circondandogli il collo in un abbraccio.

 

Non l’aveva respinta, non l’aveva rifiutata o cacciata.

 

Aveva ricambiato la stretta, nascondendosi contro la sua spalla.

 

Ripensando a quel momento le veniva quasi da ridere.

 

Ora era lei quella in fuga, quella accovacciata su quella vecchia roccia.

 

Era talmente persa tra i ricordi che non si era nemmeno resa conto della presenza di qualcuno.

 

Si volta appena, guardando [di striscio] il grande gigante buono accovacciarsi al suo fianco, proprio come aveva fatto lei [con lui] tanti anni addietro.

 

Respira ed espira [lentamente] guardandolo negli occhi.

 

Si passa maldestramente una mano sulle guance, lasciando ricadere il volto lungo il proprio braccio.

 

“Volevo restare sola.

 

Speravo avresti capito.”

 

Il ragazzo continua a fissarla.

 

“Non mi sembra una buona idea.”

 

Continua, l’Iron Maker, imperterrito, calmo, rassicurante.

 

“Perché stai scappando?”

 

Juvia sgrana gli occhi, quasi incredula.

 

“E me lo chiedi anche?”

 

Scuote la testa, la Water Maker, massaggiandosi le tempie.

 

“Tu pensi davvero di aver fatto qualcosa di male?” 

 

Juvia continua a scuotere la testa, lasciando ricadere i lunghi boccoli lungo le spalle larghe.

 

“Tu non mi conosci, Gajeel, pensi di conoscermi ma non è così.

 

Non mi hai mai vista perdere il controllo.”

 

Si volta di scatto, penetrandolo con lo sguardo.

 

“Pensi veramente che sia stato Sol a farti quella?”

 

Juvia lascia scorrere le dita lungo il collo del ragazzo, fermandosi poco sotto la clavicola.

 

 

 

 

Ricorda [ancora] come se fosse ieri.

 

 

 

 

 

“Quel giorno ti ho quasi ucciso, Gajeel.”

 

La cicatrice era ancora ben visibile, datata ma ben presente.

 

“Sol si è solo preso la colpa per proteggermi.”

 

Abbassa lo sguardo, incapace di guardarlo in faccia.

 

“Non ti sei mai chiesto perché la gente mi chiamasse mostro?”

 

Il ragazzo la afferra per le spalle, strattonandola con forza.

 

“Non mi interessa quello che eri o hai fatto in passato; io so solo che sei stramaledettamene forte e che sei la mia migliore amica.

 

So che per gli altri sei sempre pronta ad esporti, anche a sacrificarti se necessario.

 

So che qualunque cosa accada tu ci sei e ci sarai sempre.

 

E se mai dovessi cadere, io sarei lì, pronto a prenderti.

 

Io e tutti gli altri.

 

Persino quell’idiota di Gray.”

 

Si morde il labbro, nervosa; chiude gli occhi, accostando la fronte a quella dell’amico.

 

 

 

 

 

Inspira ed espira

 

 

 

 

 

Sorride [appena] nel momento in cui sente la mano di Gajeel accarezzarle il capo.

 

“Ha ragione.”

 

Rogue se ne stava in piedi, non molto distante dai due vecchi compagni.

 

La ragazza lo fissa, sorpresa.

 

“E tu che ci fai qui?”

 

Sorride, appena, il Mago d’Ombra.

 

"Se ripenso a quello che hai fatto a Minerva non faccio di certo salti di gioia ma non hai fatto nulla di male, Juvia.

 

Ero uno scontro in piena regola e hai solo dato prova di quanto tu possa essere veramente forte, tutto qui.

 

Non è qualcosa di cui dovresti aver paura.”

 

Si avvicina ai due amici di vecchia data, inginocchiandosi dall’altro lato, accanto all’amica.

 

“Ora riesci a controllarti, vero?”

 

La Water Maker non ribatte, persa nei meandri della propria mente, nel turbinio incessante dei pensieri.

 

“Non deve piacerti per forza ma adesso puoi decidere liberamente fino a che punto spingerti, giusto?

 

E comunque il fatto che tu sia una forza della natura non fa di te un mostro.”

 

Juvia, con le lacrime [ancora] agli occhi, lo scruta, come se volesse leggergli dentro.

 

“Non mi odi?"

 

Rogue scuote la testa, lasciandosi scappare un risata appena accennata.

 

“Direi proprio di no, stupida.”

 

La Water Maker si lascia andare, nascondendosi contro le ginocchia.

 

Non solleva il volto, sente soltanto le braccia dei suoi vecchi compagni di Gilda circondarla con tutta la loro forza.

 

Rimangono così [avvinghiati per un po’] incuranti del leggero scroscio dell’acqua, della brezza del vento e dello scorrere del tempo.

 

 

 

 

 

 

Il tempo

 

 

 

 

 

 

 

Quel ticchettio continuo d’orologio che fatica [anzi, non può] arrestare la propria corsa.

 

E’ una bella sensazione.

 

Sentirsi protetta, amata incondizionatamente in tutto il proprio essere, senza giudizio alcuno.

 

Dopo un tempo quasi infinito, i ragazzi si scostano l’uno dall’altro senza tuttavia lasciare andare la presa.

 

Rimangono in silenzio per un po’, in attesa che sia lei la prima a parlare.

 

“Grazie.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Camminavano l’uno accanto all’altra.

 

Rogue si era separato da loro non molto tempo prima.

 

Gajeel, di tanto in tanto, lanciava qualche occhiata fugace all’amica, quasi per assicurarsi che fosse davvero lì con lui e non decidesse di darsi nuovamente alla fuga.

 

“Non ho intenzione di sparire un’altra volta, quindi non continuare a tenermi d’occhio come se fossi una bambina, d’accordo?”

 

Si mette a ridere, l’Iron Maker, quasi divertito.

 

Quella era la Juvia che aveva sempre conosciuto.

 

Dolce, timida ma anche determinata, schietta, senza troppi giri di parole.

 

“Ti conviene Ameonna. 

 

Non vorrai costringermi a prenderti a sberle.”

 

Sorride appena, la ragazza dai grandi occhi blu.

 

“Come sei drastico.”

 

E continuano così [per tutto il tragitto] a punzecchiarsi l’un con l’altro, tra risate e finti sguardi di offesa.

 

Camminano l’uno a fianco all’altro, fino a quando Juvia non scorge una figura [che riconoscerebbe ovunque] venirle incontro con fare affannato.

 

Capelli corvini, camicia slacciata, una croce sul petto ed una cicatrice in pieno addome.

 

Trattiene il fiato, arrossendo fin sopra i capelli.

 

Per quanto lo conoscesse ormai da tempo, quel ragazzo [di cui si era perdutamente innamorata] non avrebbe mai smesso di farle quell’effetto.

 

L’Iron Maker non sembra poi così stupito della presenza del compagno di Gilda; si limita ad andargli incontro, lasciandosi l’amica alla spalle.

 

Un flebile cenno, all’altezza dell’orecchio.

 

Un leggero soffio d’alito.

 

“Prova a farla soffrire e ti spezzo in due, intesi ghiacciolo?”

 

L’Ice Maker trattiene appena il fiato, un sorriso [tirato] stampato in volto.

 

Gajeel si volta verso l’amica, con sguardo dolce, come se niente fosse.

 

“Ci vediamo dentro, d’accordo?”

 

Juvia socchiude appena gli occhi, ricambiando il sorriso.

 

Se ne stava in piedi, impalata, senza né parlare né fare cenno alcuno.

 

Gray fa per avvicinarsi, passo dopo passo, fino ad arrivarle di fronte.

 

Abbassa di poco il volto, così da poterla guardare [dritta] in quegli occhi color cielo.

 

La ragazza giura di poter sentire le guance bruciare, il battito accelerare, il respiro aumentare, la temperatura salire.

 

Lo fissa in quegli occhi scuri, pieni di malinconia.

 

I lineamenti dolci, le labbra carnose, i muscoli scolpiti, i capelli mossi al vento.

 

E per la prima volta, dopo tanto tempo, nota qualcosa di diverso.

 

Gray non l’aveva mai guardata in quel modo.

 

 

 

 

 

Davvero?

 

 

 

 

 

 

O forse non si era mai realmente accorta del fatto che avesse iniziato a guardarla così già da un po’ di tempo.

 

E lei, semplicemente, si perde in quelle iride così scure e profonde.

 

Schiude le labbra, fa per parlare quando si blocca alla vista di lui che la spinge contro di sé.

 

Inspira ed espira, assaporandone il profumo agrodolce.

 

 

 

 

 

Pelle contro pelle

 

 

 

 

 

Quella soffice [calda] di lei.

 

Quella ruvida [fredda] di lui.

 

Si aggrappa al ragazzo, lasciando scorrere le proprie dita lungo le sue spalle ampie.

 

Sente la mano di lui arrivarle alla schiena e stringerla contro il proprio corpo.

 

I respiri si mischiano, si confondono [in sincronia]

 

 Si volta appena, ritrovandosi a pochi centimetri dalle sue labbra.

 

Riesce a sentire il suo respiro solleticarle le guance.

 

Si guardano, si scrutano, parlandosi con il solo dono dello sguardo.

 

Chiude gli occhi, Juvia, non appena sente le labbra di lui risalire lungo le linee, sinuose, del proprio volto fino ad arrivare alla fronte, dove arrestano la propria corsa.

 

E’ un bacio a stampo, lento, dolce.

 

Sente le labbra di lui premere con forza.

 

 

 

 

 

 

 Caldo contro Gelo.

 

 

 

 

 

 

Inspira, prendendo quanto più fiato in corpo, incredula che lui la stia davvero abbracciando in quel modo.

 

“Non andartene più.”

 

Rimangono così, avvinghiati l’uno all’altra, petto contro petto, fronte contro fronte.

 

“Ti prego.”

 

Sorride appena la Water Maker, mentre vede la mano di lui accarezzarle le guance, raccogliendo una dopo l’altra le lacrime che a poco a poco avevano finito con l’inondarle il viso.

 

Ride.

 

Ride e piange allo stesso tempo, come colta da un’insana follia.

 

Ride e piange, scuotendo la testa, sotto gli occhi [in allarme] di lui.

 

“Non hai paura di una pazza psicopatica come me?”

 

Solleva lo sguardo verso l’alto [verso il cielo] per poi riportarlo su quello che era sempre stato l’oggetto dei suoi pensieri.

 

Lo osserva guardarla con uno dei suoi sorrisi schivi.

 

“Vuoi dire una dolce pazza psicopatica?”

 

Con aria compiaciuta la stringe più a sé, provocandole un ulteriore colorito rosato in volto.

 

“No.”

 

Rimangono aggrappati ancora per un po’.

 

Gray sembra addirittura restio a lasciarla andare.

 

"Gli altri ti stanno aspettando.

 

Sono tutti preoccupati per te.”

 

Juvia spinge il proprio sguardo oltre le spalle del ragazzo, scorgendo la Gilda [la sua Gilda] non molto distante da loro.

 

Le mura bianche, l’immenso portone in legno.

 

“Andiamo a casa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Coming Home ***


Juvia appoggia delicatamente la mano [pallida] contro il [pesante] portone di fronte a sé.

 

Osserva le proprie dita premere contro la dura superficie legnosa; le scruta spingere senza [tuttavia] riuscire a creare alcuno spostamento.

 

Percepisce lo sguardo fermo di Gray alle proprie spalle; ne sente il respiro pesante.

 

Inspira ed espira, [incerta].

 

Abbassa di poco le spalle, rendendosi conto solo in quel momento di quanto sia tesa.

 

Inspira ed espira, trattenendo di colpo il fiato nel percepire la mano di lui prenderla per un fianco.

 

“Andrà bene.

 

Sono qui con te.”

 

Lo guarda dolce, riconoscente.

 

Sorride, spalancando l’immenso portone; inizia a varcare la soglia, guardandosi attorno, spaesata.

 

Fa per parlare quando si sente travolgere dalle braccia di Lucy e Wendy; la stringono a sé talmente forte da sentirsi quasi soffocare.

 

Vorrebbe dire qualcosa ma la voce le muore dentro non appena percepisce Natsu e Gajeel circondarle il collo, attirandola a loro.

 

Ridono, coccolandola con affetto, soprattutto l’anima delle feste, il ragazzino dal carattere solare, dallo spirito indomito.

 

Natsu le sorride [ride] felice di riaverla con loro, mostrandole tutta la sua contentezza.

 

“Sei un portento Juvia.”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

“Ti andrebbe un incontro amichevole?”

 

La Water Maker scoppia [letteralmente] a ridere nel vedere i propri amici cercare di soffocare il compagno di Gilda.

 

 

 

 

 

Quel ragazzo era irrecuperabile.

Sempre voglioso di combattere,

di misurarsi con gli altri.

 

 

 

 

 

“Non hai paura che ti affoghi?”

 

L’amico la scruta con aria di sfida, sogghignando.

 

“Vedremo.”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

Torna seria, anche se per poco.

 

“Non hai paura di me, Natsu?”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

“Non potrei mai averne, Juvia.

 

Nessuno di noi potrebbe.”

 

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

“Sei mia amica, non dimenticarlo mai.”

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

Tutto il loro affetto, 

il loro calore umano.

 

 

 

 

 

 

Levy le si avvicina, con le lacrime agli occhi, una mano sul viso, intenta a sfregarsi gli occhi.

 

“Fatti abbracciare, stupida.”

 

Cana solleva il calice verso l’alto, in segno di trionfo, facendole l’occhiolino.

 

Laxus la osserva, un sorriso [appena] accennato sulle labbra, sguardo fermo, compiaciuto.

 

Mira le viene incontro, passo dopo passo, posandole una mano sulla testolina folta.

 

Inizia ad accarezzarla, un movimento leggero, lento, cadenzato.

 

Il Master osserva la scena da lontano, in disparte ed in totale silenzio, con aria serena.

 

Le parole si mischiano, si confondono tra loro.

 

Le voci si sovrappongono una all’altra.

 

Alcune più squillanti, altre più pacate, alcune stridule altre invece profonde.

 

Finalmente era a casa, era a casa in tutti i sensi.

 

Gray la osservava da dietro, appoggiato al muro.

 

La guardava mentre era intenta a parlare e a ridere con i propri compagni.

 

La scrutava e pensava.

 

Pensava a quanto, quella ragazza, fosse entrata a far parte delle loro vite in maniera così predominante.

 

Nel farlo non era stata per nulla plateale, a differenza di Laxus e Gajeel ad esempio, ma al  contrario si era unita a loro quasi in punta di piedi.

 

Eppure, nonostante i suoi silenzi, la sua riservatezza [a parte quando si trattava di lui] aveva finito col diventare uno degli elementi chiave di quella grande famiglia.

 

Con la sua dolcezza, la sua grinta aveva [poco a poco] sfondato le pareti altrui, conquistando tutti, senza tuttavia lasciare che gli altri si avvicinassero alle proprie.

 

Una forma di difesa contro quel lato oscuro col quale aveva convissuto fin da piccolissima e di cui aveva sempre avuto paura.

 

Una parte di se stessa che aveva imparato, col tempo, a controllare ma di cui continuava a non fidarsi.

 

Una parte di se stessa che l’aveva sempre fatta sentire sbagliata.

 

Ripensandoci, la sua storia non era poi molto diversa da quella di Mira.

 

Solo nelle ultime settimane si era davvero reso conto di quanto fosse matura, di quanto fingesse nel mostrarsi sempre allegra e sorridente.

 

Di quanto stesse male e di quanto cercasse di nasconderlo, mettendo sempre al primo posto gli altri.

 

 

 

[Questo era Juvia]

 

 

 

La guardava e pensava.

 

Era stata sua nemica.

 

Poi alleata.

 

Ed infine

 

La guardava e pensava.

 

 

 

 

 

 

Ed infine?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Juvia fissava, nel cuore della notte, il soffitto della propria stanza.

 

Una mano sulla fronte, l’altra lungo la vita, la testa affondata nel cuscino.

 

Percepiva il proprio respiro [inquieto] riecheggiare nella stanza.

 

Si alza, incapace di riposare, accostandosi alla finestra lì vicino.

 

Sospira, mordicchiandosi le labbra.

 

Reclina la testa, abbandonandosi contro il vetro opaco.

 

Fuori pioveva, il cielo era grigio, cupo, triste.

 

Proprio come lei.

 

Si porta una mano all’altezza del cuore.

 

Prende un paio di respiri profondi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Polushka la guarda dritta negli occhi.

“Non sto scherzando Juvia.”

 

 

 

 

 

 

 

 

La carnagione pallida [troppo pallida] risalta di fronte alla luce soffusa proveniente dalla finestra lì vicino.

 

 

 

 

 

 

La Water maker si appoggia allo sgabello lì accanto.

“Lo so.”

Sospira, incupendosi.

“Nessuno deve sapere, nemmeno il Master.

La responsabilità è solo mia."

 

 

 

 

 

 

 

Gli occhi sono un poco arrossati, [umidi] le labbra secche, il respiro veloce, la fronte imperniata di [piccole] goccioline di sudore.

 

 

 

 

“Gli effetti collaterali sono incontrollabili, possibile che non te ne renda conto?”

 

 

 

 

Respira ed inspira, cercando di calmare i battiti del proprio cuore.

 

 

 

 

 

 

 

“Ti sta uccidendo, Juvia.”

La turchese arresta il proprio passo, fermandosi di fronte al portone dell’infermeria.

Ti sta divorando, giorno dopo giorno.

E’ davvero questo quello che vuoi?”

 

 

 

 

 

 

 

Ricaccia un leggero singhiozzo, senza mai distogliere il proprio sguardo dall’orizzonte di fronte ai propri occhi.

 

 

 

 

 

 

 

La responsabilità è solo mia.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Liar ***


I giorni si susseguivano e sentivo che qualcosa non andava.

Il pallore innaturale.

Il battito accelerato.

La fronte imperniata di sudore.

La temperatura corporea in costante calo.

Più i minuti passavano e più il mio corpo si indeboliva.

Più le ore scorrevano e più perdevo sensibilità, lucidità. 

Continuo a fissare i palmi delle mie mani appoggiate, inermi, sulle gambe.

Ero seduta sul lettino dell’infermeria dove Poluska mi aveva letteralmente rinchiusa da qualche giorno.

Anche volendo, non avrei potuto fare nulla per andarmene e tornare in camera mia: le gambe mi avevano abbandonata già da un po’.

Non avere più alcuna sensibilità dalla vita in giù era qualcosa di spaventoso.

Fisso le mie mani e continuo a vedere la stessa immagine davanti ai miei occhi: io che, nel cuore della notte, trattengo il più possibile le urla soffocando il viso contro il cuscino.

Urlo, urlo dalla rabbia, dal nervoso, dalla frustrazione di essere impotente quando non lo sono mai stata.

Cerco di respirare, lentamente, inspiro ed espiro, nella speranza di riuscire a riprendere il controllo di una situazione che mai avrei pensato potesse sfuggirmi di mano.

Ero sopravvissuta a casi ben peggiori, la mia resistenza fisica lo aveva sempre dimostrato: persino Gilarts, quanto a stamina, aveva pubblicamente ammesso quanto fossi di gran lunga superiore a chiunque della Gilda.

Questa volta però era diverso e, a pensarci, mi veniva quasi da ridere.

Non riuscivo a credere di aver oltrepassato il limite.

La verità era che mi stavo lentamente spegnendo, me ne stavo andando poco a poco e sembrava che nemmeno le vaste conoscenze mediche di Poluska avrebbero potuto aiutarmi.

Ero diventata il mio peggior nemico, stavo morendo per colpa di me stessa.

Perché, 

 

Perché, 

 

Perché?

 

Ero davvero arrivata ad un punto di non ritorno?

 

 

 

Poluska viene a farmi visita quasi ogni due ore.

La osservo mentre mi prova la febbre, tamponandomi la fronte imperniata di sudore.

La guardo accarezzarmi la testolina blu, mentre controlla la mobilità [quasi nulla] delle mie gambe.

La vedo affaccendarsi, quasi disperata, nella speranza di trovare una soluzione che non c’è.

All’improvviso le prendo una mano, come a volerne richiamare l’attenzione; si blocca, di colpo, fissandomi con fare interrogativo e preoccupato.

“Juvia, tutto bene? Ti fa male qualcosa?”

Le sorrido, dolce.

A dire il vero il mio corpo è un dolore unico ma l’ultima cosa che desidero è preoccuparla ulteriormente.

“No, non è quello…”

Mi si siede accanto, sul bordo del lettino, in attesa che continui.

“Nessuno si era mai preso cura di me, nessuno si era mai interessato tanto a me fino a quando non sono arrivata a Fairy Tail.

Qui ho imparato cosa significa contare per qualcuno.”

Vedo le iridi scure assottigliarsi e farsi lucide.

“Perciò, comunque vada …”

Trattengo il fiato.

“Grazie.”

Abbasso lo sguardo, imbarazzata.

Inizio a giocherellare con una ciocca di capelli, quando mi sento stringere contro la sua spalla.

E’ raro vedere una donna così autoritaria, apparentemente fredda, sicura di sé e spesso impassibile, completamente inerme e sconfitta.

“Non parlare come se fossi già morta, Juvia.

Non te lo permetto.

Ce l’hai fatta prima e ce la farai anche adesso, chiaro?”

Poluska non è mai stata brava a mentire, come non lo sono mai stata io.

Non dico nulla, consapevole, mi limito soltanto ad affondare il viso contro la sua spalla.

Mentre mi lascio cullare dalla sua dolce stretta, come farebbe un bambino nelle braccia di una madre, lascio che i miei pensieri vadano a loro.

 

A lui.

 

 

“Come stanno gli altri?”

Poluska si passa nervosamente una mano sul volto, pensierosa.

“Come sta il Master?”

“Pensano che tu abbia una grave polmonite, al momento non credo sospettino altro ma sai bene che non riuscirò a mentire ancora per molto.

Continuano a chiedermi di te, vorrebbero vederti.”

Mi irrigidisco, preoccupata.

Da una parte ho una paura [folle] che possano scoprire la verità; dall’altra vorrei tanto poterli riabbracciare.

Uno ad uno.

I loro volti scorrono nella mia mente, radiosi e sorridenti, fino ad arrivare a quello di Gray.

Quel ragazzo riusciva a farmi sentire come una ragazzina adolescenziale alla sua prima cotta.

Completamente persa e stupida.

“Stai tranquilla, per ora sono riuscita a dissuaderli.”

Le membra si rilassano.

 

 

Non voglio mi vedano così.

Non voglio che lui mi veda così.

 

 

“Ho detto loro che non è il caso, hai bisogno di riposo.”

 

 

[Il che in effetti è vero]

 

 

Continuo a fissarla perché intuisco che c’è dell’altro.

“Natsu e Gajeel hanno tentato di sfondare il portone dell’infermeria.”

Spalanco gli occhi dalla sorpresa, piacevolmente allibita.

“Insieme a Gray.”

La mia espressione deve essere incomiabile.

“E … ?”

Inizia a ridere di gusto, quasi divertita.

“E niente, per evitare che ci riprovino, ho posto un sigillo sull’intera stanza, in questo modo non entrerà nessuno.”

Rilasso le spalle, rassicurata ma al tempo stesso neanche troppo.

Mi viene da ridere, scuoto la testa al pensiero di quei tre.

Saluto Poluska mentre la osservo chiudersi la porta alle spalle, lasciandomi in balia di me stessa, nella più totale solitudine.

Mi abbandono contro il cuscino, freddo.

Lo sento gelido ma probabilmente è colpa della febbre alta.

Fisso il soffitto bianco, alto, fino a quando avverto dei passi veloci, leggeri e furtivi avvicinarsi all’infermeria.

Trattengo il fiato non appena li sento fermarsi di colpo davanti alla porta.

“Juvia, riesci a sentirmi?"

Soffoco un singhiozzo non appena riconosco la voce di Wendy, seguita da quella di Lucy.

“Juvia siamo noi, puoi sentirci?”

Affondo i denti tra le labbra, aumento la stretta per sentire dolore, nella speranza di non scoppiare in lacrime.

Schiarisco la voce con un colpo di tosse, cercando di sembrare il più convincente possibile.

“Ragazze …”

Le sento ammutolirsi di colpo.

Che abbiano intuito quanto stia male?

Lo so, non sono mai stata brava a mentire ma devo comunque provarci.

 

Non devono sapere.

 

Nessuno deve sapere.

 

 

“Juvia … ?”

E’ sempre la piccola Wendy a parlare.

Questa volta il tono è decisamente più teso, preoccupato, allarmato quasi.

Wendy era specializzata in arti curative.

Era tanto piccola quanto sveglia, sapeva riconoscere quando qualcosa non andava.

Ho il volto inondato di lacrime, non riesco a parlare e mi manca il respiro.

Mi porto una mano davanti alla bocca, piegandomi su me stessa.

Ricaccio i singhiozzi, schiarendo la voce roca.

So già che me pentirò ma decido di fregarmene.

Faccio per scendere dal letto, aggrappandomi al comodino lì accanto; faccio forza sulle braccia, sui gomiti, trascinando le gambe inermi lungo il pavimento in marmo.

Avanzo, lentamente, mentre sento le voci di Wendy e Lucy agitarsi.

Nel muovermi ho causato un po’ di frastuono ma nulla di che.

Striscio, come un serpente, fino ad arrivare alla porta.

Mi aggrappo alla maniglia, tossendo convulsamente; accosto la fronte contro il legno.

“Ragazze …”

Ho la voce rotta dal pianto, sembro tutto fuorché convincente ma non importa.

“Sono qui.”

Le sento appoggiarsi, dalla parte opposta, premendo i palmi contro la superficie ruvida.

Non parlano più, aspettano che sia io a continuare.

Tossisco nel tentativo di schiarire nuovamente la voce.

Mi concentro, devo apparire rassicurante, convincente.

“Sto un po’ meglio …”

 Soffoco qualche singhiozzo, ho il volto paonazzo e bagnato, è una fortuna che non mi vedano.

Sembro un mostro.

“Poluska ci impedisce di vederti…”

E’ Lucy a parlare questa volta.

“Ti aspettiamo tutti, Juvia.”

Scuoto la testa, quanto vorrei urlare, quanta rabbia.

“Perciò …”

Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando quanta più aria in corpo.

“Torna presto.”

Proprio quello che non avrei mai voluto sentirmi dire.

Sorrido, rassegnata, sconfitta.

“Promesso.”

E rimaniamo lì, in silenzio, in ginocchio, divise soltanto da una vecchia porta in legno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Era trascorsa una settimana dal mio imminente ricovero, se così si può chiamare, e Poluska iniziava ad abbandonare ogni speranza.

Ormai avevo imparato a riconoscere i passi leggeri di Wendy, quelli cadenzati di Erza e quelli scricchiolanti di Lucy.

Venivano a farmi visita ogni mattina e ogni pomeriggio, raccontandomi quanto accaduto nell’arco della giornata, le missioni da preparare, i litigi tra compagni e le risate.

Ed io ascoltavo, in silenzio, lasciandomi scappare qualche risatina e fingendo un tono rassicurante, mentre dentro di me avrei solo voluto piangere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fisso con finto interesse la finestra lì accanto quando dei passi pesanti, lenti richiamano la mia attenzione.

Si dirigono verso la mia stanza; Il respiro mi si mozza, riconoscerei quell’andatura ovunque.

 

 

 

Ti prego, no.

 

 

La maniglia si agita, qualcuno cerca di aprire la porta ma inutilmente.

 

 

Ti prego, non farlo.

 

 

Confido nel sigillo di Poluska.

“Juvia, apri.”

Rimango impassibile, anche perché non ho nemmeno la forza di muovermi.

“Juvia, mi senti?”

Continuo a non ribattere.

“Apri questa porta.”

Trattengo il fiato.

“Gajeel …”

Cala il silenzio.

“Wendy dice che non stai bene.”

Rimango pietrificata.

“Non so cosa abbia in mente Poluska ma è evidente che qualcosa non va, perciò apri questa porta.”

Mi si stringe il cuore al pensiero di ferirti, di mentirti ma so che, al mio posto, faresti lo stesso.

“Vai via Gajeel, sto bene.”

Lo sento esplodere, d’altronde non era mai stato bravo a controllare le emozioni.

“Piantala, lo so che non stai bene, lo sento, dannazione!”

Per un momento temo che con i suoi pugni possa davvero sfondare la porta.

“Se non apri vorrà dire che entreremo con la forza, al diavolo Poluska.”

Mi sollevo sui gomiti, spaventata.

Aveva parlato al plurale.

“Gajeel per favore, no!”

Inizio a tossire, mi manca il fiato, cerco di parlare ma invano.

Vorrei poterli fermare ma è tutto inutile.

D’altronde stiamo parlando di Gajeel e probabilmente anche di Natsu e Gray.

Le mura tremano, il cemento si crepa e il legno si sgretola.

Riesco a scorgere i ragazzi entrare di corsa nella stanza.

Wendy e Lucy sono subito dietro di loro.

Non riesco a muovermi, mi limito a fissarli, inerme.

Gajeel si blocca appena mi vede.

Mi si accosta, prendendomi per le spalle.

Mi accarezza il volto, cerca di richiamare la mia attenzione.

La sua espressione è un misto tra lo sgomento e lo spaventato.

“Juvia …”

Natsu mi si avvicina, Gray rimane poco più dietro.

Tremo, sono pallida e inizio a vedere sfuocato.

In quel momento vedo crollarmi tutto il mondo addosso.

 

 

All’improvviso, tutto smette di avere importanza.

 

 

Così, semplicemente, mi lascio andare.

Mi sento cadere, inerme, senza forze.

L’ultima cosa che vedo è l’immagine di Gajeel chiamare Wendy, Natsu che mi prende al volo, Gray che corre verso di me e Lucy che urla.

Poi, il buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Stay ***


Lucy camminava avanti e indietro per il corridoio.

 

Il volto serrato in una smorfia, gli occhi lucidi, l’incarnato pallido.

 

Alle fine si arrende e sotto gli occhi di Natsu e Gajeel, superando il Master, entra con poca delicatezza nella camera di Juvia.

 

La Water Maker giaceva, incosciente, sul lettino bianco e spoglio dell’infermeria; al suo fianco Wendy, con l’aiuto di Poluska, cercava di stabilizzarne i parametri vitali.

 

Non aveva [ancora] ripreso conoscenza.

 

 

 

 

Stay with me

 

 

 

 

Ricorda perfettamente il momento in cui Gajeel sfonda la porta.

 

Natsu che lo segue, Gray che li spintona come a voler passare per primo per poi arrestare la sua corsa, pietrificato, sulla soglia.

 

Wendy che porta una mano all’altezza del cuore, Gajeel che prende Juvia tra le braccia, le accarezza il volto, Natsu che le si accosta.

 

E lei, immobile, troppo paralizzata per poter fare qualunque cosa, esattamente come Gray.

 

Si passa maldestramente una mano sul volto; ha pianto fino a qualche minuto fa, è sicura di essere tutta paonazza e rossa.

 

Si accosta al bordo del lettino mentre scorge Erza, appoggiata alla parete in fondo, spalle al muro, una mano sul mento, sguardo serio e preoccupato.

 

Era raro vedere Erza così assorta.

 

Titania era forte, sicura di sé, fiera; invece mai come in quel momento sembrava tanto fragile.

 

Butta un occhio sia a Wendy sia a Poluska in cerca di una rassicurazione che non c’è.

 

Juvia era bella persino quando dormiva.

 

I capelli lungo le spalle esili, le braccia abbandonate accanto al corpo scolpito da ore di allenamento, il volto disteso, le labbra carnose.

 

Le prende una mano, nella speranza che lei possa sentirla.

 

Quella dolce pazza psicopatica era come una sorella; dolce, comprensiva, credeva in lei come nessun altro.

 

Era protettiva, divertente, ironica, forte, determinata e sapeva che, per quanto si ostinasse a chiamarla rivale in amore, le voleva un gran bene.

 

Non si era resa conto che aveva iniziato a parlare a voce alta.

 

“Lucy-san …”

 

La dragon slayer la osservava preoccupata.

 

Abbassa lo sguardo, la maga degli spiriti stellari; le sembrava di vedere se stessa dopo lo scontro con Minerva.

 

Alza lo sguardo non appena percepisce qualcun altro entrare nella stanza; Natsu si avvicina, fermandosi davanti alla finestra lì vicino.

 

Le dà le spalle, non sembra volersi voltare; sa di essere osservato [da lei] ma continua a non fare alcun cenno.

 

Ne percepisce il respiro pesante, cadenzato e un po’ irregolare.

 

Ha le braccia abbandonante lungo il corpo; stringe i pugni con forza, continuando a fissare l’orizzonte di fronte a sè.

 

Anche Natsu voleva bene a Juvia; forse il loro rapporto non era del tutto paragonabile a quello con Gajeel ma quei due avevano legato molto negli ultimi tempi.

 

A rompere quel clima così tetro è Wendy.

 

“Dove è Gray?”

 

L’unica risposta è il silenzio.

 

Nessuno l’aveva più visto.

 

Sembrava essere scomparso nel nulla.

 

Di primo acchito il suo atteggiamento avrebbe potuto essere considerato fuori luogo.

 

Ma chi lo conosceva bene sapeva che svanire era il suo unico modo di affrontare il dolore.

 

Isolarsi, chiudersi in se stesso.

 

 

 

 

Gray l’aveva sempre fatto.

 

 

 

 

Preferiva diventare invisibile, irraggiungibile.

 

Lucy ritorna a fissare il volto pallido e sofferente dell’amica.

 

Sente un magone salirle in gola, le lacrime sfondano ogni barriera, tornando ad inondarle il volto.

 

Si mordicchia il labbro, arrabbiata.

 

Anche Wendy, incapace di parlare, si limita a guardare, impotente, la compagna di Gilda.

 

E rimangono lì, in silenzio, sperando in un miracolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gajeel osserva, in silenzio, prima Lucy e poi Natsu scomparire dietro la porta dell’infermeria.

 

Vorrebbe seguirli ma non crede di riuscirci; vedere la sua migliore amica in quello stato l’aveva profondamente turbato.

 

Era spaventato.

 

L’aveva sempre vista forte, fiera, indistruttibile, senza rendersi veramente conto di quanto anche lei avesse le sue fragilità.

 

L’idea di perderla lo terrorizzava; Juvia era la sua famiglia, il suo punto fermo e, se non fosse stato per lei, non si sarebbe mai unito a Fairy Tail, non avrebbe mai avuto una famiglia, conosciuto  Levy, l’amore vero.

 

Lei, testarda, gli aveva donato una nuova vita.

 

E lui non era ancora riuscito, in qualche modo, a sdebitarsi.

 

Sente di aver bisogno di un po’ d’aria; si avvia verso l’uscita quando, sulla soglia, scorge una figura familiare venirgli incontro.

 

A giudicare dal suo stato deve essere rimasto parecchio tempo sotto l’acqua battente; i vestiti completamente fradici mettono in risalto gli addominali scolpiti, il corpo sinuoso.

 

Ha gli occhi rossi, gonfi, le labbra sottili, serrate, il volto contratto.

 

Non parlano, non subito almeno; poi, l’ice maker, muove qualche passo in direzione dell’amico che continua a tacere.

 

Gajeel lo osserva mentre gli si ferma proprio davanti, col capo basso, come se si vergognasse a guardarlo negli occhi.

 

Gray inizia a tirargli un pugno contro l’addome scolpito, poi un altro e un altro ancora fino a quando, con un solo colpo, Gajeel lo prende e lo scaraventa a terra, sbattendolo [letteralmente] contro il pavimento.

 

L’Iron maker lo fissa dall’alto al basso, spento.

 

“Prendermi a pugni non servirà a niente.”

 

Lo supera, lasciandolo ancora contro il suolo.

 

“Va da lei.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entra nella stanza, senza essere visto da nessuno.

 

Gli altri erano rientrati ai propri appartamenti già da un po’.

 

Si avvicina all’amica con passi cadenzati; gli occhi sono ancora lucidi, arrossati e sa perfettamente non essere colpa della pioggia.

 

Inizia ad accarezzarle il capo, poi il mento,  accostando la propria fronte a quella di lei.

 

E’ così fredda, ne sente il respiro [debole], contro le proprie gote.

 

Inizia a sentire le lacrime inondargli il volto, fino ad inumidire anche quello di lei.

 

La chiama, sommessamente, la schiena scossa dai singhiozzi, il fiato corto.

 

Inspira ed espira, cercando mantenere la calma.

 

“Ti prego …”

 

Piange, nel cuore della notte.

 

“Ti prego.”

 

Piange, come un bambino.

 

“Resta con me.”

 

Piange.

 

“Apri gli occhi.”

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** The choice ***


Stringo i pugni, lasciando che le unghie affondino nella carne fresca, morbida.

 

Fisso il cielo, limpido, ergersi in tutta la sua maestosità; le nuvole [bianche e soffici come cotone] si susseguono, lentamente, una dopo l’altra, in un moto continuo, incessante.

 

Mi lascio cullare dalla corrente, l’acqua è così piacevolmente fresca, mi sento leggera, quasi inconsistente.

 

Inspiro ed espiro.

 

 

 

 

Tutto è silenzio intorno a me.

 

 

 

 

Inspiro ed espiro.

 

Socchiudo [appena] gli occhi, inarco [senza fretta] la colonna, reclinando il capo all’indietro; lo sterno si apre, i muscoli si tendono, le spalle accompagnano la schiena che, lentamente, si appresta a raggiungere la verticalità.

 

 

 

 

 

Tutto è pace.

 

 

 

 

Inspiro ed espiro.

 

Abbasso le spalle, [contratte] rilasciando ogni parte del mio corpo tenuta in tensione fino a quel momento.

 

 

 

 

 

Tutto è calma.

 

 

 

 

Inspiro ed espiro.

 

Porto una mano all’altezza del cuore, rimanendo [assorta] ad ascoltarne il battito incalzante, irregolare.

 

Inizio a guardarmi attorno nel tentativo di capire da dove provenga tutto quel silenzio, quella pace, quella tranquillità tanto piacevoli quanto poco familiari.

 

Avvicino [di poco] le ginocchia al petto, lasciandovi ricadere i gomiti.

 

Solo in quel momento mi accorgo di trovarmi su un immenso specchio d’acqua cristallina; riflette la mia figura, così pallida, così sciupata.

 

Scruto l’immagine riflessa, la guardo, ne osservo le movenze, i gesti, gli sguardi, facendo fatica a riconoscervi me stessa.

 

 

 

Cosa ero diventata?

 

 

 

Chi era quella ragazza?

 

Inspiro ed espiro.

 

 

 

Come potevo essere io?

 

 

 

Inspiro ed espiro.

 

All’improvviso scorgo delle increspature, inizialmente leggere, poi sempre più consistenti; l’acqua si smuove perdendo quella immobilità quasi innaturale.

 

Sollevo [appena] lo sguardo portando l’attenzione alla figura comparsami davanti.

 

 

 

 

 

Una bambina dai grandi occhioni azzurri.

 

 

 

 

 

Ha lo sguardo fermo, fiero; continua a fissarmi e non favella.

 

Sembra così sicura di sè, forse anche troppo per una bambina di quell’età.

 

Tiene [stretta] tra le mani una strana bambolina.

 

La osservo mordiccharsi il labbro, indecisa sul da farsi; mi è impossibile non provare tenerezza nel scrutare quel musino così corrucciato, imbronciato [quasi contrariato].

 

Mi avvicino con quanta più delicatezza possibile, per timore di spaventarla, inginocchiandomi alla sua altezza.

 

Tengo le mani sulle gambe; sento i palmi sudare, percepisco un certo nervosismo pervadermi e [francamente] continuo a non capirne il motivo.

 

Mi sento quasi a disagio.

 

 

 

 

Perché ho la sensazione di conoscerla?

 

 

 

 

Continua a guardarmi, in attesa di qualunque mio gesto.

 

Vuole che sia io a prendere l’iniziativa.

 

Le sfioro, appena, le dita piccole [vellutate] incerta.

 

Temo un qualunque suo rifiuto.

 

Invece [lentamente] la sento ricambiare la stretta; scruta la mia mano avvolgere la sua, tanto piccola, tanto fragile.

 

La stringe senza dire nulla; così cerco di richiamarne l’attenzione accarezzandole una guancia.

 

Le gote sono rosse, morbide; gli occhioni [belli] vispi, furbi.

 

Abbasso [di poco] il volto, concentrandomi sulla bambolina in suo possesso.

 

Ed è lì che viene meno ogni mia difesa; rimango pietrificata, il respiro mozzato, il battito fuori controllo, le membra rigide.

 

Quella bambolina …

 

 

 

 

Tero Bozu

 

 

 

 

 

Tutti gli adulti sono stati bambini e pochi di loro se ne ricordano, diceva qualcuno.

 

 

 

 

[Che quella bambina fosse …]

 

 

 

 

I grandi occhioni blu.

 

Lo sguardo fermo, determinato.

 

 

 

Il lungo cappottino azzurro cielo.

 

 

 

Inizio a sentire gli occhi pizzicare; la gola è secca e la voce sembra essere venuta meno.

 

 

 

 

 

[Quella bambina … ]

 

 

 

 

 

“Cosa hai intenzione di fare?”

 

Sollevo di colpo lo sguardo, spiazzata.

 

“Ti arrenderai o continuerai a combattere?”

 

Inspiro ed espiro.

 

Sorride [appena] consapevole.

 

 

 

 

[Quella bambina … ]

 

 

 

 

Mi lascio scappare un singhiozzo, poi un altro e un altro ancora.

 

Porto una mano all’altezza del mento, accostandola alle labbra.

 

Inizio a vedere sfuocato, credo che le lacrime abbiano già iniziato ad inondarmi il volto.

 

Sorride [appena] consapevole.

 

Continua a stringere la sua mano [così piccola] nella mia.

 

La guardo, senza parole, chiedendomi come sia possibile una cosa del genere.

 

“Non abbiamo molto tempo.”

 

La scruto, interrogativa, in attesa che continui.

 

“Dipende tutto da te.”

 

Mi irrigidisco, appena, perplessa.

 

 

 

[Solo da te]

 

 

 

“Dove sono?”

 

Scuote [appena] la testa, contrariata.

 

“Non è importante.”

 

Trattiene appena il respiro.

 

“Quale sarà la tua scelta?”

 

Parlare con la me stessa di tanti anni addietro era sicuramente un fatto tanto straordinario quanto scioccante.

 

Mi si avvicina, accostando la sua fronte alla mia; percepisco le sue dita, così piccole, aggrapparsi al mio collo; mi sento inondare dal suo profumo agrodolce.

 

“Me lo avevi promesso, tanto tempo fa.”

 

I ricordi ritornano, prepotenti, nella mia mente; si susseguono, uno dopo l’altro, incessanti, senza tregua.

 

 

 

“L’avevi promesso.”

 

 

 

 

Istintivamente, senza rifletterci troppo, la stringo a me con fare protettivo.

 

Inspiro ed espiro.

 

Sorrido [appena] consapevole.

 

L’acqua inizia a tremare, il cielo a incupirsi, l’aria a smuoversi, farsi violenta.

 

Tutto intorno a me cambia, si trasforma; una luce [accecante] pervade ogni angolo di quel paradiso, cancellandone [lentamente] i contorni definiti.

 

Prima che tutto diventi bianco, prima di perdere coscienza di me e del mio corpo, mi accosto lasciandole sulla fronte, ampia, un piccolo bacio a stampo.

 

Chiudo gli occhi, consapevole.

 

“Grazie.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un boato [assordante] rompe il silenzio in quella notte così buia.

 

Lucy si alza di scatto, spaventata.

 

Corre alla finestra, qualcosa non va.

 

Lo spettacolo è raccapricciante; fiamme alte, si ergono, indomate, sulla Gilda.

 

Bruciano, consumano, divorano qualunque cosa incontrino lungo il cammino.

 

La Maga degli Spiriti Stellari porta una mano all’altezza della bocca, incredula.

 

Il suo primo pensiero va a Natsu e agli altri ragazzi.

 

Corre, senza fiato, fuori dalla stanza, piombando letteralmente addosso ad Erza.

 

Si guardano, consapevoli sul da farsi, cercando di raggruppare e portare in salvo quante più persone possibili.

 

Wendy e Levy le seguono con fare deciso; corrono, senza risparmiarsi, fino ad incontrare i compagni sul piazzale di Magnolia.

 

Sono affannati, gli sguardi ancora increduli.

 

Si cercano con gli occhi, per assicurarsi che non manchi nessuno all’appello.

 

L’Ala Ovest era completamente in fiamme.

 

All’improvviso, qualcosa sembra attraversare la mente di tutti presenti.

 

Wendy sgrana gli occhi, pallida.

 

“L’infermieria è …”

 

A Lucy si mozza il fiato.

 

“Juvia … ”

 

Fa appena in tempo a scorgere Gray e Gajeel correre in direzione del portone quando un’esplosione, più violenta, distrugge in solo colpo la Torre Ovest dell’edificio. 

 

Il boato è assordante, tutti rimangono allibiti.

 

La fiamme bruciano, il legno cede e con esso [sotto gli occhi increduli dei presenti] l’intera struttura collassa [letteralmente] come un castello di carte al vento.

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Capitolo 10
*** Rebirth ***


Lucy continuava a fissare la gilda, in fiamme, davanti a sè.

 

 

Le macerie, 

 

 

Il fumo, 

 

 

La polvere.

 

 

 

Piangeva, continuava a piangere.

 

Piangeva e tremava.

 

Tremava dalla rabbia, 

 

 

 

Tremava dalla disperazione,

 

 

 

 

Tremava perché impotente.

 

 

 

Tutti osservavano [impotenti] la propria casa andare a pezzi.

 

 

 

 

Tutti guardavano senza poter fare [più] nulla per impedirlo.

 

 

 

 

Wendy si era abbandonata sulle ginocchia, lasciandosi cadere conto l’asfalto, duro.

 

Lo sguardo perso, l’incarnato pallido.

 

 

 

 

Come avrebbero potuto prevedere …?

 

 

 

Erza e Natsu erano poco più dietro, sgomenti, increduli.

 

Gray si lascia cadere contro il suolo, il volto rivolto verso il basso; stringe i pugni, sentendo il terriccio penetrargli nelle dita.

 

Gajeel e il Master rimangono immobili, gli occhi sgranati.

 

 

 

Pietrificati.

 

 

 

Un urlo riecheggia, improvviso, per la strada.

 

La maga degli spiriti stellari si abbracciata il ventre, piegandosi su sé stessa.

 

Respirava a fatica, la voce era flebile, le parole sconnesse.

 

Soltanto una era risultata chiara a tutti.

 

 

 

 

[Juvia]

 

 

 

 

L’ala ovest della gilda era stata completamente rasa al suolo.

 

Lucy continuava a premere una mano sulle labbra, trattenendosi con tutta se stessa dall’urlare oltre.

 

Natsu le si era avvicinato, l’aveva presa per le spalle e l’aveva abbracciata.

 

 

 

 

Senza mai guardarla negli occhi

 

 

 

Non ne aveva il coraggio.

 

 

 

 

Quella notte avevano perso tutti quanti.

 

 

 

 

Avevano perso su tutta la linea.

 

Le fiamme continuavano ad ergersi [sempre più violente] su quella che era sempre stata una delle gilde più forti di Magnolia.

 

Il cielo aveva di gran lunga abbandonato il suo [solito] color cobalto lasciando spazio ad un intenso rosso fuoco.

 

Natsu si volta appena in tempo per scorgere una figura, in ombra, poco distante da loro.

 

Si trovava sulla scalinata principale, non molto lontano dall’entrata della Gilda.

 

Era una figura incappucciata, impossibile individuarne [o definirne] i tratti.

 

Bastava soltanto la sua presenza per infondere tra i presenti un profondo senso di inquietudine.

 

 

 

Che fosse l’inizio di una [nuova] guerra?

 

 

 

 

L’incappucciato si volta [lentamente] in direzione dei ragazzi.

 

Erza e gli altri si irrigidiscono, mettendosi in posizione di difesa.

 

Tutto è silenzio intorno a loro.

 

Poi, all’improvviso, qualcosa cambia.

 

Un sigillo compare in tutta la sua imponenza, schiarendo quel cielo così cupo, così infuocato.

 

L’aria si smuove, le fiamme vengono inghiottite da qualcosa che pare essere …

 

 

 

 

 [Acqua]

 

 

 

 

La polvere si assottiglia fino a scomparire del tutto, mentre il fuoco, dapprima padrone incontrastato, soccombe.

 

L’acqua fa da padrona, domina gli spazi, le macerie, colonne portanti accerchiano la gilda, soffocando con facilità l’inferno di pochi minuti prima.

 

L’aria si fa più leggera, più respirabile e il sole [pallido] torna a splendere sulla città di Magnolia.

 

Tutti i presenti si guardano [perplessi].

 

L’incappucciato pare un poco contrariato per quel cambio [improvviso] di programma; si appresta ad andarsene quando arresta [di colpo] il proprio passo.

 

Si volta appena, giusto in tempo per scorgere [alle sue spalle] una ragazza dai lunghi boccoli blu e dai profondi occhi azzurri.

 

Lucy soffoca un rantolo, portandosi una mano alla bocca, incredula.

 

Natsu e Gajeel sgranano gli occhi, allibiti quanto l’amica.

 

Gray trema [appena] senza parole.

 

La figura incappucciata fissa la ragazza, immobile; poi, poco a poco, si dissolve, scomparendo dalla vista dei presenti.

 

 

 

 

[Ci rivedremo]

 

 

La Water Maker si limita ad osservare la scena [seria].

 

 

 

 

[Molto presto]

 

 

 

 

Wendy si alza, facendo qualche passo in direzione dell’amica.

 

Un passo, poi un altro, poi un altro ancora, fino ad arrestarsi [non molto distante] dalla compagna di Gilda.

 

Le ciocche [morbide] lungo le spalle, 

 

 

le membra tese, 

 

gli addominali scolpiti, 

 

 

i muscoli ben delineati, 

le labbra carnose,

 

 

i grandi occhioni blu.

 

 

 

Un’aurea completamente nuova, più forte, più potente [spaventosamente potente] avvolgeva la ragazza dalle profonde iridi azzurre.

 

Juvia sorride, appena.

 

“Sono a casa.”

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Capitolo 11
*** Starting Over ***


Continuavo a rigirare, tra le mani, l’anello che mi aveva lasciato mia madre quando ero piccola.

 

Era l’unica cosa che che avevo di lei.

 

Lo guardavo e pensavo.

 

Pensavo agli avvenimenti degli ultimi giorni, delle ultime ore.

 

Alla reazione del Master e dei miei compagni.

 

Al volto esterrefatto di Gray, che mi credeva morta.

 

 

 

[Come tutti, del resto]

 

 

 

Mi passo maldestramente una mano tra i capelli, stanca.

 

Avevo [finalmente] accettato quello che ero veramente.

 

 

 

E questo mi aveva riportato alla vita.

 

 

 

Non sapevo cosa sarebbe accaduto in seguito, cosa mi sarebbe capitato.

 

Mi sentivo incredibilmente forte.

 

 

 

Forte come non lo ero mai stata.

 

 

 

Completamente rigenerata.

 

Poluska aveva insistito perché si occupasse personalmente di tutti gli accertamenti necessari.

 

Mi aveva, letteralmente, segregata nel mio appartamento [una delle poche aree della Gilda a non essere andata a fuoco] e mi ci aveva rinchiusa per un paio di giorni.

 

Ancora non riusciva a credere come fossi riuscita a riprendermi così, dal nulla, e come fosse stato possibile avere un recupero cosi straordinariamente rapido. 

 

In effetti, non sapevo spiegarlo nemmeno io.

 

Parlare con la me bambina era stata sicuramente un’esperienza al di là del possibile, oltre ogni comprensione.

 

Un leggero, timido bussare alla porta mi distoglie, all’improvviso, dal turbinio [continuo] dei miei pensieri.

 

Scorgo una testolina dai lunghi capelli corvini sbucare da dietro lo stipite.

 

Mi osserva incerta, tanto desiderosa di entrare quanto intimorita.

 

Le sorrido, gioiosa di vederla, invitandola a venirmi incontro con un piccolo cenno.

 

Non si fa pregare molto e, in men che non si dica, la osservo fiondarsi, letteralmente, tra le mie braccia.

 

Si nasconde contro la mia spalla, stringendomi i fianchi fino [quasi] a stritolarmi.

 

Le accarezzo la testolina folta, massaggiandole le spalle esili.

 

Le prendo il volto, costringendola a guardarmi negli occhi.

 

Mi sorride, palesemente felice.

 

“Mi sei mancata, Juvia.”

 

Le lascio un buffetto [affettuoso] sulla guancia morbida, color pesca.

 

“Anche tu, Wendy.”

 

La stringo a me, ricadendo [a peso morto] sul materasso, iniziando a tormentarla con un po’ di solletico.

 

Ride, ride di gusto, sguaiatamente.

 

Voglio che sorrida.

 

Voglio che rida.

 

Voglio che sia spensierata, come è giusto che sia una bambina della sua età.

 

Perché, dopotutto, Wendy è ancora una bambina.

 

Una bambina che ha dovuto crescere in fretta, troppo forse.

 

 

 

 

Come me

 

 

 

 

Prende un cuscino, gettandolo verso di me, nel tentativo di liberarsi dalla mia presa, dando così inizio ad una vera e propria lotta di fodere e piume.

 

All’improvviso, sulla soglia, notiamo le figure di Lucy ed Erza fissarci con sguardo apparentemente imperturbabile.

 

Rimango incerta sul da farsi; non so bene come comportarmi.

 

Da un lato vorrei correre loro incontro ed abbracciarle, dall’altro ho paura che la mia possa essere una reazione esagerata.

 

Poi, le vedo sorridermi con sguardo malizioso, furbesco e, ancor prima di rendermene conto, me le ritrovo addosso.

 

Mi sommergono con tutto il loro peso, costringendomi a ricadere poco elegantemente su quello che rimaneva del mio letto.

 

Mi abbracciano, tenendomi stretta, con tutta l’intenzione di non volermi lasciare andare.

 

Non parliamo, semplicemente ridiamo.

 

 

 

Ridiamo

 

 

 

 

La piccola Dragon Slayer ci osserva [felice] senza aggiungere altro.

 

Ero finalmente a casa, con la mia famiglia, al sicuro.

 

Avrei tanto voluto che questo momento durasse in eterno.

 

Un momento di pace, di serietà ritrovata, di pura e autentica felicità.

 

Un voce, profonda e rauca, ad un tratto, interrompe le nostre risate, riportandoci sull’attenti.

 

Poluska ci fissa con aria interrogativa; un sopracciglio alzato, uno spigolo delle labbra leggermente curvato all’ingiù.

 

“Cosa state facendo?”

 

La guardo con occhi dolci, rassicuranti.

 

“Sto bene, Poluska, davvero.

 

 Molto meglio di te e loro messe insieme.”

 

In tutta risposta mi lancia un’occhiataccia.

 

“Tutte fuori, devo visitarla”.

 

Faccio per ribattere ma il suo sguardo minaccioso non ammette repliche.

 

Le ragazze si defilano, una dopo l’altra, lanciandomi occhiate consapevoli.

 

“Ci vediamo domani.”

 

Annuisco, sorridente.

 

Ancora qualche giorno e sarei potuta tornare alla normalità, rivedere i miei amici e ricominciare una nuova vita assieme.

 

Almeno così speravo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ quasi l’alba e il silenzio fa da padrone.

 

Ho passato tutta la notte in bianco, incapace di prendere sonno.

 

Guardo [continuamente] fuori dalla finestra; tutto è pace e tranquillità.

 

Inspiro ed espiro, battito dopo battito.

 

Ascolto il mio addome alzarsi ed abbassarsi con ritmo regolare.

 

Inspiro ed espiro, pensando a lui.

 

Non avevamo ancora avuto occasione di parlare; il Master e Poluska mi avevano letteralmente trascinata via.

 

Ricordavo soltanto il suo sguardo, allibito [sconcertato] e nient’altro.

 

Faccio per schiarirmi la voce quando scorgo l’oggetto dei miei pensieri manifestarsi proprio davanti a me. 

 

Con mia grande sorpresa, osservo la porta del mio appartamento aprirsi, quasi timidamente, rivelando la figura di Gray.

 

Mi scruta, rimanendo sulla soglia, incerto sul da farsi.

 

Attende una mia qualunque reazione, una parola qualsiasi.

 

Lentamente mi metto a sedere; lo invito ad avvicinarsi, accennando ad un timido sorriso.

 

Mi viene incontro, finendo col sedermisi accanto.

 

Tiene lo sguardo rivolto verso il basso, sembra quasi non abbia il coraggio di guardarmi negli occhi.

 

Poco a poco, inizia a giocherellare con le dita della mia mano, in una danza immaginaria; si lascia andare, accostando la sua fronte alla mia.

 

Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando profondamente.

 

Riesco ad assaporarne il profumo, dolce-amaro.

 

Riesco a sentirne i battiti, veloci ed irregolari.

 

Sento le sue labbra poco distanti dalle mie, il suo respiro caldo sul mio volto.

 

Inizio ad accarezzargli il mento, risalendo lungo gli zigomi, per poi riscendere lungo lo sterno.

 

“Stai bene?”

 

Sorrido, nella penombra del mattino.

 

“Adesso si.”

 

Annuisce, non molto convinto della mia risposta.

 

Poi, prima ancora di rendermene conto, mi prende il volto tra le mani, obbligandomi ad incatenare  i miei grandi occhi azzurri alle sue iridi color pece.

 

Mi scruta, mi osserva come a volermi leggere dentro, col semplice dono dello sguardo.

 

Di fronte a Gray mi ero sempre sentita vulnerabile, fragile.

 

 

 

Con lui era sempre stato così

 

 

 

Faccio per parlare ma mi si mozza il respiro non appena percepisco le sue labbra sulla mie.

 

Lo sento premere, quasi con disperazione.

 

E’ un bacio lento, profondo.

 

Si stacca appena, per riprendere fiato.

 

Ansima, esattamente come me.

 

Non credo di aver realmente compreso quanto appena accaduto.

 

Gray mi aveva baciata.

 

Il ragazzo di cui mi ero perdutamente innamorata, l’oggetto dei miei sogni e dei miei risvegli mattutini mi aveva appena baciata.

 

Ansimo, incredula, basita.

 

Lo fisso, come a volermi accertare di non star sognando.

 

Mi sorride, palesemente imbarazzato; chiude gli occhi tornando ad accostare la sua fronte alla mia.

 

E rimaniamo così [aggrappati l’uno all’altro] ancora per un po’, senza fretta.

 

Rido, con gli occhi lucidi, accarezzandogli il mento spigoloso.

 

“Colazione?”

 

Lo vedo mordicchiarsi le labbra, gli occhi vispi, un sorriso accennato.

 

“E colazione sia.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Exercising ***


“Non credo sia una buona idea.”

 

Juvia aveva accennato un flebile sorriso, una mano dietro la nuca, l’altra intorno al fianco.

 

“Non preoccuparti, in fin dei conti è un allenamento.”

 

Erza la fissava divertita, quasi non vedesse l’ora.

 

“Non avrai paura, Ameonna?”

 

Gajeel sapeva essere insopportabile quando ci si metteva, godeva nel stuzzicarla.

 

“Ci andremo piano, promesso.”

 

Anche Natsu si stava trattenendo dallo scoppiare in una risata indelicata, elettrizzato da quella situazione piuttosto singolare.

 

“Se proprio non te la senti puoi tirarti indietro.”

 

Juvia aveva abbassato il mento, nascondendo un sorrisone di fronte allo sguardo provocatorio di Gray.

 

“Visto che insistete.”

 

Schiocca le dita la Water Maker, mettendosi in posizione, pronta a dare inizio a uno spettacolo che in molti avrebbero ricordato per decenni.

 

“Tutti e tre assieme, quindi?”

 

Sospira sconsolata la ragazza dalle grandi iridi blu.

 

“Mi pare un po’ esagerato.”

 

“Vediamo come va, d’accordo?”

 

Erza moriva davvero dalla voglia di dare una lezione a quei tre scapestrati.

 

 

 

Natsu, Gray e Gajeel da una parte

 

Juvia e Titania dall’altra

 

 

 

“Ricordi lo scontro contro Melody?”

 

Quello della rossa è poco più di un sussurro.

 

 

 

Come avrebbe potuto dimenticarlo

 

 

 

“Vorresti che facessi qualcosa di simile?”

 

“Più o meno.”

 

“Ero convinta nominassi quello con Minerva.”

 

Silenzio.

 

“Aiuterebbe.”

 

“Va bene, ho capito.”

 

“Però non tiriamola molto per le lunghe.”

 

“D’accordo.”

 

Scoppiano a ridere mentre si affiancano, spalla contro spalla.

 

 

 

 

Juvia ed Erza erano sempre state affiatate e - soprattutto - avevano molto in comune

 

Più di quanto si potesse immaginare

 

 

 

Le regole erano semplici.

 

 

 

L’ultimo a rimanere in campo avrebbe vinto

 

 

 

“Quindi è sufficiente scaraventarvi oltre la linea bianca?”

 

Gajeel era sempre così delicato.

 

 

 

Scaraventare addirittura

 

 

 

“Già.”

 

Titania ride nel rivolgere un’occhiata eloquente alla compagna di squadra.

 

“Pronta?”

 

“Quando vuoi.”

 

Chiude gli occhi Juvia, prendendo un respiro profondo non appena avverte il terreno smuoversi.

 

 

 

Stavano arrivando 

 

 

 

Sentì la forza scorrerle nelle vene, così grande e tumultuosa, tanto da mozzarle il fiato.

 

 

 

Un potere di cui ora sapeva essere padrona incontrastata

 

 

 

Sorrise non appena si ritrovò i volti di Gajeel e Gray a pochi centimetri dal proprio.

 

 

 

 

Prevedibili

 

 

 

 

I ragazzi erano indubbiamente temibili e non sarebbe stato semplice portare a casa il risultato.

 

 

 

Però …

 

 

 

Si sentì affondare nel terreno, spinta violentemente all’indietro, tanto da ritrovarsi a bordo campo, al pari di Titania che sembrava stesse faticando con Natsu.

 

“Tutto qui, Ameonna?”

 

L’Iron Maker stava sorridendo.

 

“Saremo delicati.”

 

“Ma che gentili.”

 

Persino Gray la scrutava malizioso, convinto di avere la vittoria in pugno.

 

 

 

 

Ma Juvia non era più la nemica che aveva combattuto un tempo

 

 

 

Mancava poco, pochissimo.

 

 

 

Quella volta aveva perso perché si era lasciata condizionare

 

 

 

Rilassa le spalle mentre sorride a Titania, al suo fianco e anche lei apparentemente sul punto di perdere.

 

 

 

Ma questa volta …

 

 

“Pronta?”

 

“Pronta.”

 

Tutto avvenne veloce.

 

 

 

Era giunto il momento

 

 

 

 

Fu eccitante contemplare il terreno frantumarsi e l’aria smuoversi violenta.

 

 

 

 

 

Era giunto il momento di lasciarsi andare 

 

 

 

 

Juvia si sporse in avanti, incastrandosi alla perfezione tra i volti delle due persone a lei più care  e mozzando loro il fiato mentre fulminea andava a scaraventarli contro il suolo, facendoli sprofondare verso il basso.

 

“Mi dispiace, ragazzi.”

 

Fu un boato assordante e fragoroso, per non parlare del polverone che andò a sollevarsi, oscurando il cielo.

 

Quando la luce tornò a fare da padrona, la dominatrice dei mari scorse i volti di Gajeel e Gray osservarla senza parole.

 

 

 Erano a terra

 

Poggiati sui gomiti

 

 I capelli scompigliati

 

 

 

“Ma cosa …”

 

“Tutto bene Erza?”

 

Titania le era accanto, precisamente sopra Natsu.

 

 

 

 

Anche lui al suolo

 

 

“Tu?”

 

“Sembrerebbe di si.”

 

Abbassano il mento sorridenti, consapevoli di avere ancora gli occhi dei ragazzi su di loro.

 

“Bene, direi che abbiamo finito.”

 

“Hai ragione.”

 

“Merenda?”

 

“Volentieri.”

 

I ragazzi si guardarono l’un l’altro.

 

“Non può essere…”

 

Erza li squadrò scettica.

 

“E perché mai?”

 

“La linea …”

 

Bastò abbassare lo sguardo per farli ammutolire.

 

 

 

Le ragazze a bordo campo.

 

 

 

 

Gray e Natsu sbiancarono.

 

 

I ragazzi decisamente oltre

 

 

“Ma come diavolo ..?”

 

“Invece di attaccarci come dei forsennati avreste potuto rendere la cosa un po’ più interessante, no?”

 

 

 

 

Silenzio

 

 

 

 

“Vi siete volutamente lasciate spingere al confine per poi …?”

 

Juvia nascose le labbra tra le dita.

 

“Con voi tre assieme la forza bruta non basta.”

 

 

 

 

Ma l’astuzia forse si

 

 

 

 

“E poi non potevamo perderci la merenda.”

 

Per poco Gajeel non capitolò a terra.

 

“La merenda?”

 

Erza battè le mani entusiasta, due occhi sognanti.

 

“Già, la torta alle fragole!”

 

Natsu e Gray rimasero teneramente allibiti, non riuscendo a ribattere in alcun modo, così Juvia prese a braccetto la propria compagna di team, avviandosi tutta sorridente alla hall della Gilda.

 

“Forza pigroni, andiamo!”

 

Risero come delle adolescenti, soddisfatte di aver portato a casa il risultato per non parlare delle espressioni esilaranti dei ragazzi.

 

 

 

Difficili da dimenticare 

 

 

 

Juvia sollevò il mento quando scorse Gray e Gajeel affiancarsi.

 

“Fatto male?”

 

“Spiritosa.”

 

“Non farete gli offesi?”

 

L’Iron Maker sbuffò, il volto fintamente imbronciato.

 

“E’ stato imbarazzante.”

 

“Puoi dirlo.”

 

“Ameonna!”

 

Juvia rise come poche volte, contagiando anche Gray e Natsu mentre si avviavano uno accanto all’altra, spalla contro spalla, come erano sempre stati soliti fare.

 

“La prossima volta non sarò tanto benevolo.”

 

Quello di Gray è un sussurro appena accennato.

 

“Ma davvero?”

 

Sentì la mano di lui carezzarle la testolina folta, delicato e dolce.

 

“Vedremo.”

 

“Già.”

 

 

 

Era bello essere a casa

 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Followed ***


Camminavo per la stanza, irrequieta.

 

Irrequieta perché negli ultimi giorni avevo avuto la sensazione di essere osservata.

 

 

 

Spiata

 

 

 

E non da Gray, né da Gajeel o dalle ragazze della Gilda ma da qualcuno decisamente a me estraneo.

 

Avevo provato una sensazione sinistra all’altezza dello sterno, una fitta dolorosa che sembrava non volermi abbandonare e proprio non riuscivo a comprenderne il motivo.

 

“…”

 

Sospirai quando mi ritrovai a sobbalzare nel sentire la voce di Gajeel oltre la porta.

 

“Ameonna, apri!”

 

Inarcai un sopracciglio.

 

 

 

 

Che fosse successo qualcosa?

 

 

 

 

Gli sorrisi non appena mi specchiai nei suoi grandi occhioni scuri, accostandomi allo stipite.

 

“Ti ho spaventata?”

 

“Poco.”

 

Lo vidi sorridermi, scompigliandomi con fare affettuoso la testolina folta prima di superarmi ed entrare in camera mia.

 

“Gajeel …”

 

Avevo incrociato le braccia, seguendolo silenziosa, fino ad accostarmi al tavolino accanto.

 

“Devo preoccuparmi?”

 

“Dimmelo tu.”

 

Aveva scosso la testa, avvicinandosi al mio volto con fare minaccioso.

 

“Quindi non ti saresti accorta di nulla?”

 

Lo fissai provocatoria, un sorriso sulle labbra.

 

 

 Avrei dovuto immaginarlo, dopotutto stavamo parlando di Gajeel

 

 

“Illuminami.”

 

“Credo che qualcuno ti stia seguendo.”

 

“Davvero?”

 

“Non scherzare, Juvia.”

 

Lo vidi accostarsi alla mia spalla.

 

 

Mi sentivo sempre tanto piccola accanto a lui

 

 

Non volevo si preoccupasse ancora, non più di quanto avesse fatto negli ultimi mesi.

 

“Terrò gli occhi aperti, d’accordo?”

 

 

Fingere e cambiare argomentazione sarebbe stato inutile ormai

 

 

Mi sporsi oltre la sua spalla, costringendolo a guardarmi negli occhi.

 

“Vediamo come va.”

 

Gajeel continuò a fissarmi.

 

“Magari non è nulla …”

 

Forse le nostre erano davvero paranoie, alcune delle tante.

 

 

O forse no

 

 

Sorrisi quando lo sentii cingermi il collo con le braccia, stringendomi a sé.

 

“Il ghiacciolo …”

 

“Non potresti semplicemente chiamarlo Gray?”

 

“Quell’idiota? No, grazie.”

 

Mi nascosi contro la sua spalla, soffocando una risata sguaiata quando mi sentii mozzare il fiato.

 

“Credo sospetti qualcosa …”

 

Questo spiegava perché negli ultimi giorni mi fossero stati tanto accanto.

 

 

 

Erano ovunque andassi

 

 

 

“A proposito del ghiacciolo …”

 

Gajeel non rispose, accostando il mento alla mia fronte.

 

“Devo incontrarlo a breve, mi accompagni?”

 

“Non vorrai farmi fare il terzo incomodo?”

 

Gli carezzai la spalla, lasciandogli un bacio sulla guancia, sorprendendolo come poche volte.

 

“Una camminata col mio migliore amico è chiedere troppo?”

 

Mi fissò con due occhioni sgranati, le gote rosse, felicemente contento di quel gesto, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

 

“Quando fai così …”

 

“Lo prendo per un si.”

 

Si allontanò, invitandomi a seguirlo, un’occhiata veloce ed eloquente ed io non me lo feci ripetere due volte.

 

Finsi di non accorgermene ma fece l’intero tragitto scrutandomi di nascosto; era sempre stato protettivo nei miei confronti, come io con lui, e questo non poteva che farmi piacere ma non gli avrei mai permesso di correre dei rischi, specie a causa mia.

 

“Ecco l’idiota.”

 

“Gajeel…”

 

Gray mi fissò intensamente, salutando entrambi con un flebile sorriso.

 

“Ehi …”

 

Si avvicinò, solleticandomi la guancia.

 

“Tutto bene?”

 

“Non mi lamento, tu?”

 

“Ghiacciolo, la stai mangiando con lo sguardo, potresti smetterla?”

 

 

Certe cose non sarebbero mai cambiate

 

 

Inutile dire che in quel momento mi sentii avvampare, fulminando Gajeel con un sorriso pronunciato sulle labbra.

 

“Fate i bravi, per favore.”

 

Se non fosse stato per me avrebbero iniziato a fare a pugni.

 

 

Due bambini

 

 

Sollevai il mento, sentendo il sorriso morirmi sulle labbra non appena scorsi qualcosa dirigersi a grande velocità verso Gajeel.

 

I ragazzi mi guardarono straniti quando mi apprestai a scaraventare il mio migliore amico dall’altro lato della strada, facendogli da scudo.

 

“Juvia!”

 

Il boato fu assordante, l’impatto notevole ma quando schiusi le palpebre notai con piacere di essere tutta intera.

 

“Giù le mani.”

 

Gajeel era ancora inginocchiato a terra, i palmi al suolo, lo sguardo stranito, al pari di Gray.

 

 

Non credo avessero realizzato quanto accaduto

 

Non ancora almeno

 

 

Rilassai le spalle nel scorgere la stessa figura incappucciata di qualche mese addietro, il giorno dell’incendio, quando ero tornata alla vita, non potendo fare a meno di scuotere la testa.
 

 

Che fosse lui lo stalker di questi giorni?

 

Evidentemente …

 

 

“Non lo ripeterò ancora.”

 

Assottigliai le iridi, squadrandolo seria.

 

“Giù le mani.”

 

Nessuna risposta, nessun cenno.

 

 

Chi diavolo sei?

 

 

Non riuscivo a vederlo in volto ma mi decisi a fare qualcosa di folle, ritrovandomi a pochi centimetri dal suo viso in uno scatto fulmineo.

 

“Juvia!”

 

La voce di Gajeel risuonò alta e forte insieme a quella di Gray, squarciando il silenzio.

 

 

 

Non avrei aspettato ancora

 

E lui parve intuirlo

 

 

 

Proseguii imperterrita, letale, scaraventandolo contro il muro lì vicino, frantumandolo come un castello di carte al vento quando mi afferrò la mano, trascinandomi in un’altra dimensione.

 

 

 

Quello che volevo

 

 

 

Rivolsi un’occhiata fugace ai ragazzi prima di scomparire nell’oblio, ai loro volti straniti e spaventati, mentre mi apprestavo ad andare chissà dove.

 

 

 

Gajeel mi avrebbe preso a sberle.

 

Gray anche.

 

 

 

Ma sarebbero stati al sicuro, almeno per il momento, e questo era tutto ciò contava.

 

Quanto a me …

 

 

 

Avrei cercato di fare ritorno a casa

 

 

 

Sorrisi prima di venire inghiottita dall’oscurità, pregando potessero perdonarmi un giorno.

 

 

 

Viva

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Past ***


Sentivo la pelle aderire contro una superficie fredda e marmorea.

 

“Ma cosa …?”

 

“Ben svegliata.”

 

Mi sollevai lentamente quando scorsi qualcuno venirmi incontro con andatura rilassata.

 

“Potrei sapere con chi ho il piacere di parlare?”

 

“Davvero non mi riconosci?”

 

Inarcai un sopracciglio, serrando le labbra; che fosse qualcuno di insospettabile, legato ad uno dei tanti volti del passato?

 

“…”

 

Abbassai il mento, concentrandomi sul suo respiro corto e irregolare quando mi sentii mancare al solo pensiero

 

“Non può essere …”

 

“Ne sei sicura?”

 

Dovetti fare uno sforzo immane per non capitolare a terra nel momento in cui si decise a mostrarmi i lineamenti del suo volto, rimasti all’oscuro per troppo tempo.

 

 

Il sorriso maligno

 

La pelle giallastra

 

 

 

Gli occhi neri, color della pece, malevoli

 

 

 

Ero convinta di aver chiuso con quella parte della mia vita, sicura fosse un ricordo lontano e invece …

 

“Master Porla?”

 

Portai una mano alla bocca, quasi a impedirmi di dare di stomaco.

 

“E’ uno scherzo?”

 

“No, Juvia.”

 

Da quando Phantom era stata rasa al suolo non avevo avuto più notizie nè di Sol, nè di Aria o Totomaru, tanto meno di lui.

 

 

 

Soprattutto di lui

 

 

 

“Così adesso faresti parte di Fairy Tail?”

 

Colsi del sarcasmo nelle sue parole ma finsi di non accorgermene; Porla non solo non aveva mai sopportato Fairy Tail ma aveva fatto di tutto per distruggerla.

 

 

 

Quanto odio

 

 

 

“Hai convinto persino Gajeel.”

 

 

 

Per cosa poi?

 

 

 

Mi si avvicinò, penetrandomi con lo sguardo.

 

“Complimenti.”

 

“Cosa ti aspettavi?

 

Rise.

 

“Traditori.”

 

“Fairy Tail vale molto più di Phantom.”


Seguì un silenzio di tomba.

 

“Sei cambiata.”

 

Aveva ragione, ero cambiata ma in meglio e ne ero estremamente felice.

 

“Cosa vuoi?”

 

“Vorrei ti unissi a noi.”

 

Mi ci volle qualche secondo per registrare quelle parole; che Porla fosse una pedina nelle mani di una mente più pericolosa l’avevo compreso ma mai mi sarei aspettata una simile proposta.

 

“Per chi lavori?”

 

“Vedo che ti interessa.”

 

“Ho solo chiesto per chi lavori.”

 

Sorrise, le mani conserte, i muscoli del volto contratti in una smorfia quando scorsi un’ombra alle sue spalle.

 

 

Pareva quasi …

 

Uno scheletro?

 

 

 

“Keith, mio mentore.”

 

Schiusi le labbra, incredula; avevo già sentito quel nome, riconducibile a una Gilda soltanto …

 

 

 

Tartaros 

 

 

 

“Ti sei venduto a quell’essere informe?”

 

“Non essere tanto sorpresa, dopotutto hai fatto lo stesso con Fairy Tail.”

 

“Non è la stessa cosa.”

 

 

 

Avevo una brutta sensazione

 

 

 

 

Schioccai le dita, rilassando le spalle.

 

“Non accetterò mail la tua offerta, lo sai vero?”

 

Non rispose, lasciando ondeggiare i polsi lungo i fianchi, un cenno di disapprovazione.

 

“E’ un vero peccato.”

 

Ricorse a un tono più sinistro del consueto e la cosa non mi piacque affatto.

 

“Avresti potuto risparmiare una grande sofferenza alla tua amata Gilda.”

 

“Che intendi dire?”

 

Schiusi le labbra, sentendomi morire al solo pensiero, pregando di sbagliarmi.

 

“In questo momento saranno già arrivati.

 

Sentii la paura attanagliarmi lo stomaco, gli occhi inumidirsi.

 

“Porla ..”

 

“Credo proprio li raggiungerò.”

 

Iniziò a dissolversi, un ghigno malefico in volto, due occhi iniettati di sangue.

 

Tienila d’occhio.”

 

“Porla!”

 

A nulla valsero i tentativi di raggiungerlo, ritrovandomi sbattuta a terra, bloccata chissà dove, in una dimensione a cui non ero ancora riuscita a dare un nome.

 

“Ne è passato di tempo, Juvia.”

 

 

 

 

Quella voce

 

 

 

 

“Ti prego, no…”

 

Strinsi i pugni, convinta di trovarmi in un incubo non appena mi specchiai nelle iridi di Sol, poco distante.

 

“Non anche tu …”

 

“Mi spiace deluderti.”

 

Lo penetrai con lo sguardo; potevo aspettarmi una cosa del genere da Porla ma non da lui.

 

“Perché?”

 

“…”

 

“Perché Sol?"

 

“E me lo chiedi anche?”

 

“Cosa …?”

 

“Hai sempre tenuto solo a Gajeel, a lui e a nessun altro.”

 

Mi si stinse il cuore al suono di quelle parole.

 

“Sol …”

 

Mi fissò sprezzante, il fato corto e le spalle tremule.

 

“Il Master mi ha offerto una seconda occasione.”

 

“Sei dalla parte sbagliata.”

 

“Pensi di sapere sempre tutto?”

 

Non volevo litigare, non con lui, non in quel momento.

 

“Lasciami andare.”

 

“Illusa.”

 

“Non voglio farti del male.”

 

Scoppiò a ridere, guardandomi dall’alto al basso.

 

“Dovrai uccidermi.”

 

“No.”

 

Gli occhi iniziarono a pizzicare, la vista a farsi sempre più annebbiata, la schiena a tremare.

 

“Nel frattempo …”

 

Prese un respiro profondo, schioccando le dita.

 

“Vedrai la tua Gilda andare in frantumi.”

 

“Fairy Tail non cadrà.”

 

Pensai a Gajeel, Gray e a tutti i miei compagni, un magone in gola mentre mi preparavo ad affrontare l’inevitabile.

 

“Se è questo che vuoi.”

 

Sol non rispose, non subito almeno, fissandomi dritta negli occhi.

 

“Non riuscirai a salvarli, Juvia, non questa volta.”

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Capitolo 15
*** Back ***


Gajeel era ancora a terra, le ginocchia al suolo, le labbra schiuse e un’espressione indecifrabile in volto, osservato da un Gray altrettanto basito, poco distante.

 

“Juvia!”

 

“…”

 

Il Dragon Slayer aveva alzato la voce, squarciando il silenzio; ancora una volta era stata lei a fargli da scudo, ancora una volta era stata lei a proteggerlo e lui non aveva saputo fare altrettanto.

 

“Gajeel…”

 

“Non è possibile…”

 

Quella ragazza era incredibile, di una cocciutaggine inaudita, intrepida e temeraria ma soprattutto una vera incosciente, specie quando si trattava di lui o Gray.

 

“Non posso crederci …”

 

L’ice maker si era appoggiato al muro lì vicino, lo sguardo basso, livido dalla rabbia e profondamente impensierito.

 

“Dobbiamo trovarla.”

 

“Potrebbe essere ovunque.”

 

Gray rilassò le spalle, chiudendo gli occhi, i muscoli del volto contratti in una smorfia, immaginando come dovesse sentirsi l’amico.

 

“Non è stata colpa tua, Gajeel.”

 

Silenzio.

 

“Sai come è Juvia.”

 

Lo sapevano loro e il resto della Gilda; la dominatrice dei mari aveva spesso anteposto la propria vita a quella dei compagni e senza esitazione alcuna, incurante delle conseguenze, diventando una belva se necessario, una vera e propria furia.

 

E quando Juvia si intestardiva su qualcosa, non vi era nessuno in grado di farle cambiare idea, neanche Gray.

 

“Ha sempre fatto così, anche quando eravamo piccoli.”

 

Gajeel digrignò i denti, assottigliando le iridi scure.

 

“Non so come ma riusciva sempre a proteggermi.”

 

Sorrise triste, pensando a come quelle parole non potessero essere più vere; Juvia gli era stata accanto di continuo, anche nei momenti più bui, l’aveva accettato come amico quando era stato lasciato solo, deriso e abbandonato da tutti.

 

Nessuno aveva mai fatto tanto per lui, non si era mai sentito così benvoluto da nessuno se non da lei.

 

E in cuor proprio sapeva che non sarebbe mai stato in grado di ripagare quel debito, nonostante lei gli avesse detto più volte di togliersi certe idee dalla testa.

 

“Bene.”

 

Gray lo squadrò serio, restando in attesa.

 

“Torniamo alla Gilda, dobbiamo avvisare gli altri.”

 

“Gajeel …”

 

L’ice maker gli andò incontro, spalla contro spalla.

 

“La riporteremo a casa.”

 

“…”

 

Si scrutarono assorti, tesi in volto e con un insopportabile macigno all’altezza del cuore, quando un boato ne richiamò l’attenzione.

 

“Cosa …?”

 

Il cielo cambiò colore, facendosi infuocato.

 

 

 

 

Uno spettacolo apocalittico

 

 

 

“Viene dalla Gilda.”

 

Gray fu certo di aver smesso di respirare, le labbra pallide e smorte, intuendo quanto Gajeel aveva compreso prima di qualunque cenno.

 

“Non c’è tempo da perdere.”

 

Nonostante le gambe tremule, il fiato corto e la vista annebbiata iniziarono a correre con quanta  più forza, pregando di arrivare in tempo.

 

Corsero come dei forsennati, imbattendosi in Erza e Natsu, Lucy e Wendy poco distanti; gli abitanti di Magnolia erano in fuga, gli edifici in fiamme, la Gilda sotto attacco e l’aria irrespirabile.

 

“State bene?”

 

“Voi?”

 

Lucy si guardò attorno.

 

“Juvia?”

 

“…”

 

Gajeel non rispose, restando in silenzio.

 

“Che sta succedendo?”

 

“Non adesso, Lucy.”

 

“Cosa …?”

 

Natsu squadrò Gray, sperando di strappargli una confessione, quando una voce ne catturò l’interesse.

 

“Ne è passato di tempo, Gajeel.”

 

L’iron maker si sentì morire.

 

 

 

Porla

 

 

 

“Non è possibile.”

 

Non avrebbe mai pensato di dover tornare a fare i conti col passato, specialmente con quella parte di vissuto che per anni si era sforzato di dimenticare e di cui non andava molto fiero.

 

“E’ buffo, pensa che Juvia mi ha detto la stessa cosa.”

 

L’iron maker serrò le labbra.

 

“E’ opera tua?”

 

Gray lo afferrò per il gomito, trattenendolo dal fare una sciocchezza; se Gajeel avesse perso il controllo sarebbero stai guai e quello era il momento meno opportuno per fare stupidaggini.

 

“Dov’è lei?”

 

Erza strinse i pugni, iniziando a capire.

 

“Non lo ripeterò una seconda volta.”

 

Gajeel fece uno sforzo immane per non scoppiare, il respiro affannato e le membra tese.

 

“Dov’è lei?

 

 

 

Silenzio

 

 

 

 

“Dove diavolo è, Porla?!”

 

“Adesso calmati, Gajeel!”

 

Wendy gli si avvicinò, i polsi lungo i fianchi, i grandi occhioni blu sgranati; aveva paura, paura di sentirsi dire quello che non avrebbe mai voluto udire.

 

“Non tornerà più se è questo che mi stai chiedendo.”

 

Lucy dovette soffocare un rantolo, al pari di Natsu e Gray.

 

“Stai mentendo.”

 

Porla sorrise.

 

“Avrebbe dovuto darmi ascolto quando le ho chiesto di unirsi a Tartaros.”

 

Nessuno parlò più, lasciando calare il silenzio.

 

“Farete la sua stessa fine.”

 

Gray scrutò l’iron maker visibilmente provato, lo sguardo spento e sofferto, l’incarnato pallido, pregando di reggere.

 

“Soli e senza l’aiuto di nessuno.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Juvia scosse il volto, le lacrime agli occhi.

 

“Non voglio farti del male, Sol.”

 

“Dovrai, invece.”

 

“No.”

 

“Pensi di incantarmi?”

 

La ragazza fece per avvicinarsi ma si ritrovò a terra, soffocando un rantolo.

 

“Sei una stupida.”

 

“Puoi ancora salvarti, non è tardi.”

 

“Smettila!”

 

Sol la colpì violento, scaraventandola poco distante, lo sguardo acceso, il cuore carico d’ira.

 

“Smettila, dannazione!”

 

Sollevò lo sguardo, deciso a porre fine a quella sofferenza, quando si sentì afferrare per la gola e sprofondare verso il basso.

 

“Basta, Sol!”

 

 

 

Quella forza

 

 

 

 

Juvia si mosse veloce, frantumandolo contro il suolo, lo sguardo apparentemente vitreo.

 

 

 

 

Così devastante 

 

 

 

 

Quando si specchiò negli occhi di lei non disse nulla; schiuse le labbra, soffocando il dolore, ansimante, incapace di muoversi.

 

 

 

 

Conosciuta molti anni addietro

 

 

 

“Non …”

 

Tossì, il respiro affannato; Juvia gli era ancora sopra, rossa e paonazza, le lacrime agli occhi, i pugni schiusi.

 

“Non …”

 

“C’è sempre …”

 

La ragazza si chinò, nascondendosi contro la sua spalla, in lacrime.

 

“C’e sempre una scelta, Sol.”

 

Aveva la schiena scossa dai singhiozzi, le mani tremule e faticava a parlare.

 

 

 

Quella ragazza 

 

 

 

“Non …”

 

Juvia continuò a piangere neanche fosse stata una bambina, urlando quanto trattenuto fino a quel momento, quando il giovane riuscì a sollevare le dita della mano, sfiorandole il mento.

 

“Non piangere …”

 

“Torna a casa, ti prego.”

 

“…”

 

“Torna a casa con me.”

 

Lei lo osservò triste, stringendogli la mano; avrebbe voluto dirgli molte cose, avrebbe voluto scusarsi per non essergli stata accanto, per non averlo convinto a unirsi a Fairy Tail, per averlo abbandonato e lasciato solo.

 

“Torna a casa con me e Gajeel.”

 

Sol sorrise.

 

“Mi dispiace.”

 

Juvia abbassò il mento, sul punto di scoppiare nuovamente in pianto, quando si accorse di avere Keith accanto, pronto a colpirla; sapeva essere troppo tardi per difendersi ma  - ancor prima di rendersene conto - si sentì afferrare per le spalle e scaraventare lontana.

 

“Sol!”

 

Il ragazzo la scrutò, un sorriso triste in volto.

 

“Vivi, Juvia.”

 

Lei lo fissò spaventata, allungando la mano nella sua direzione quando si ritrovò contro il terriccio duro e granuloso.

 

“Ma dove …”

 

Si mise in ginocchio - stanca - soffermandosi sul cielo infuocato di Magnolia, sugli edifici in fiamme e sulle urla dei passanti.

 

 

 

 

 

Era tornata a casa

 

 

 

“Sol …”

 

 

 

Era tornata a casa grazie a lui

 

 

 

 

Sentì gli occhi pizzicare nel ripensare allo sguardo del suo compagno di team.

 

 

 

 

 

L’ultimo

 

 

 

 

 

Contro ogni previsione Sol l’aveva salvata, come tanti anni addietro a Phantom, quando era solito prendersi la colpa perché lei non subisse le angherie di Porla, tremende per una ragazzina di quell’età.

 

“Sol …”

 

Portò la mano al petto, rivedendo il volto dell’amico.

 

Andrà bene.”

 

Lo sguardo fermo, gli occhi ancora lucidi.

 

“Te lo prometto.”











































Ci tengo a ringraziare - e non smetterò mai di farlo - coloro che si sono soffermati e continuano a soffermarsi su questa fic, incentrata su uno dei miei personaggi preferiti in assoluto!

Nella speranza che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, grazie ancora e alla prossima! ^.^

Schmetterlinge 



 

 

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Capitolo 16
*** Beyond ***


Presi un respiro profondo, asciugandomi il volto con le mani, la rabbia in corpo.

 

 

 

 

Sarebbe dovuta andare diversamente 

 

 

 

 

Abbassai il mento nel ripensare a Sol, al suo sguardo triste e malinconico - l’ultimo - quando un volto familiare mi indusse a sgranare gli occhi; rilassai le spalle, dandomi la spinta necessaria per arrivare a lei prima che fosse troppo tardi.

 

Mi librai leggera, i capelli svolazzanti e le membra tese, trascinando Levy dall’altra parte della strada non appena vidi l’edificio accanto collassarle addosso come un castello di carte al vento.

 

“Cosa …?”

 

Abbassai le spalle - ancora tesa - quando la vidi scrutarmi spaventata.

 

“Juvia!?”

 

“Stai bene?”

 

Sorrise, scuotendo la testa.

 

“Grazie a te.”

 

“Gajeel e gli altri?”

 

“Sono alla Gilda.”

 

La vidi stringermi le dita.

 

“Vengo con te.”

 

“No, Levy.”

 

Per quanto le sue parole mi facessero piacere, non potevo permetterle di seguirmi, avrei finito solo col metterla in pericolo.

 

“Ho bisogno che tu stia lontana da questo posto il più possibile.”

 

“Ma …”

 

“Fidati di me, Levy.”

 

Mi guardò seria.

 

“Non fare scherzi.”

 

“Anche tu.”

 

Mi alzai velocemente, scompigliandole la testolina folta, quando mi chiamò di nuovo. 

 

“Juvia …”

 

Mi fissò maliziosa.

 

“Che fine hanno fatto i tuoi vestiti?”

 

“Di che …?”

 

Schiusi le labbra, inarcando un sopracciglio, quando mi resi conto di essere in pantaloncini e canotta; evidentemente qualcuno un nome a caso - aveva finito col contagiarmi.

 

 

 

 

Imbarazzante

 

 

 

 

“Sono comodi per combattere.”

 

“Certo …”

 

Scoppiammo a ridere - consapevoli - quando mi decisi a darle le spalle e a correre in direzione della Gilda, pregando di arrivare in tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Conscia di avere il suo sguardo ancora addosso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Wendy, tu ed Erza andrete a Nord.”

 

La dragon slayer sgranò gli occhi.

 

“Ma …”

 

“Il master e gli altri hanno bisogno di voi.”

 

Natsu non era mai stato tanto categorico.

 

 

 

 

Un tono che non ammetteva repliche

 

 

 

 

“Non …”

 

Wendy aveva abbassato lo sguardo, poco convinta.

 

“Vi raggiungeremo appena finito. Promesso.”

 

“State attenti.”

 

Erza sorrise, fiduciosa nei confronti dei suoi più cari amici, quando rivolse uno sguardo eloquente alla maga dai lunghi capelli corvini, invitandola a seguirla.

 

“A dopo.”

 

“….”

 

Gajeel schioccò le dita, seguito da Natsu e Gray.

 

“Lucy …”

 

La biondina smise di respirare, restando in attesa.

 

“Pronta a guardarci le spalle?”

 

Lei abbassò il mento, l’espressione di chi la sa lunga.

 

“Sempre.”

 

 

 

 

Quattro contro uno

 

 

 

 

 

Gajeel scrutò Porla con occhi pieni d’ira.

 

 

 

 

 

 

Sarebbe dovuto bastare 

 

 

 

 

 

“Ti prego …”

 

Lucy strinse i pugni, il fiato corto e le membra tese.

 

“Fa che sia abbastanza.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sentivo le gambe farsi sempre più pesanti, il respiro accelerare e la testa dolere; una di quelle emicranie massacranti che ultimamente si divertivano ad arricchirmi le giornate.

 

 

 

Anche se questo era decisamente il momento meno opportuno per averne una

 

 

 

Continuai a correre, una morsa all’altezza dello stomaco.

 

 

 

Avevo una brutta sensazione 

 

 

 

Che fosse giunto il momento di mettermi davvero alla prova?

 

Strinsi i denti quando, nel svoltare l’angolo, quello che vidi ebbe la capacità di mozzarmi il fiato.

 

 

 

 

Lucy sui gomiti, dolorante e malamente ferita.

 

 

 

 

Gajeel e Gray a terra, altrettanto malconci e accanto ad un Natsu sanguinante.

 

 

 

 

 

Porla li guardava con aria di sfida, convinto di avere la vittoria in pugno.

 

 

 

 

Adesso basta

 

 

 

 

 

Fu un attimo ma sufficiente per rivivere alcuni dei momenti più sofferti della mia esistenza, tutti riconducibili a Phantom.

 

 

 

 

Le torture

 

Gli insulti

 

Le umiliazioni

 

 

 

 

La morte di Sol

 

 

 

 

Sentii le lacrime inondarmi il volto, lo sguardo fermo di chi sa cosa deve fare.

 

 

 

 

 

 

A qualunque prezzo

 

 

 

 

Chiusi gli occhi, lasciando che la rabbia prendesse il sopravvento, decisa a porre fine a quella sofferenza.

 

 

 

 

 

 

Una volta per tutte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucy dovette soffocare un rantolo alla vista di Natsu e dei ragazzi a terra, distanti e piuttosto malconci.

 

Avrebbe voluto essere più forte; se solo lo fosse stata, forse non sarebbero arrivati a quel punto.

 

“Tutto qui?”

 

Gajeel tossì violento contro il terriccio duro e granuloso.

 

“Non …”

 

“Con Juvia è stato decisamente più divertente.”

 

Gray fece per alzarsi -  furibondo - ma il dolore lo costrinse a terra, una smorfia sofferente in volto.

 

“Finiamola qui.”

 

Porla sollevò la mano quando qualcosa gli mozzò il fiato; sentì le ossa frantumarsi, scaraventato contro le macerie lì vicino.

 

La terra si incrinò, l’aria si smosse violenta, sollevando un polverone che andò a oscurare il cielo, tanto che Lucy dovette coprirsi il volto con le braccia, respirando a fatica.

 

“Cosa..?!”

 

Quando aprì gli occhi si sentì morire.

 

 

 

 

 

 

Juvia

 

 

 

 

 

 

Gajeel e Gray osservarono la water maker con espressione indecifrabile mentre Natsu non potè non abbandonarsi a un sospiro di sollievo, seppur impensierito.

 

“Come diavolo …?”

 

Porla digrignò i denti, imbestialito da quel cambio di programma, scrutando la ragazza quasi a volerle estorcere una confessione che non avrebbe mai ottenuto.

 

“…”

 

Gli occhi di lei erano inondati di lacrime, lo sguardo apparentemente vitreo tanto che Lucy si sentì mancare.

 

 

 

 

 

Quello sguardo

 

 

 

 

“Sol è sempre stato un debole.”

 

“Non azzardarti a nominarlo, Porla.”

 

 

 

 

 

 

Che Juvia volesse …?

 

 

 

 

 

 

 

 

Schioccò le dita, incurante delle espressioni spaventate dei ragazzi.

 

“Juvia, no!”

 

Gray fece per alzarsi ma - ancora una volta - si sentì male, capitolando a terra; anche Gajeel urlò ma invano.

 

 

 

 

 

Juvia parve non udirli nemmeno

 

 

 

 

“Hai intenzione di …?”

 

Abbozzò un flebile sorriso, specchiandosi nelle iridi del suo mentore.

 

“E’ giunto il momento di superare i limiti.”

 

 

 

 

 

Tanto ora riusciva a controllarsi, no?

 

 

 

 

 

Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni.

 

“Questa volta per davvero.”





















 

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Capitolo 17
*** Fooling you ***


Inspirai profondamente, serrando le labbra; Porla mi fissava incuriosito, in attesa.

 

Da una parte avrei voluto correre lontano, scappare da quell’inferno di cui io stessa - seppur nolente - ero stata artefice mentre dall’altra fremevo di impazienza tanta era la voglia di chiudere quel capitolo del mio passato.

 

“Juvia!”

 

“…”

 

Mi rivolsi a Lucy, sorridendole; mi guardava spaventata, piagata da tagli e solchi che poco si addicevano al suo bellissimo incarnato.

 

“Non farlo, Juvia!”

 

Nonostante le urla dei ragazzi, nonostante le suppliche di Gray e le preghiere di Gajeel, mi avvicinai al mio mentore, carezzandomi il polso.

 

“Juvia!”

 

Silenzio.

 

“Diamine, Juvia!”

 

Inspirai, lasciando che la rabbia prendesse il sopravvento, decisa a risvegliare il mostro che ero sempre stata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucy chiuse gli occhi, portando una mano alla bocca non appena si sentì afferrare per la vita e scaraventare poco distante, soffocando un rantolo alla vista di Natsu accanto a lei, ansimante e sofferente.

 

“Natsu!”

 

“Stai bene?”

 

“Stai sanguinando…”

 

“Non è nulla…”

 

Gli carezzò il volto pallido e sciupato, incastonando la mano sotto l’attaccatura dei capelli mentre andava a specchiarsi in quelle iridi che avevano sempre avuto la capacità di farle palpitare il cuore.

 

“Devi smetterla di farmi da scudo.”

 

“Parli tu?”

 

“Gray e Gajeel?”

 

Sollevò lo sguardo, sentendosi morire quando li vide ancora a terra; se solo Wendy fosse stata lì con loro…

 

“Juvia …”

 

Tentò di mettersi in ginocchio, andando alla ricerca di colei che, negli ultimi tempi, era stata l’oggetto principe dei suoi pensieri quando strinse i pugni, mordicchiandosi le labbra.

 

“Non …”

 

Scrutò la desolazione attorno a sé, soffermandosi su quella che era stata una delle strade principali di Magnolia.

 

 

 

La stessa dove ora regnava il nulla

 

 

 

“Juvia …”

 

Finalmente la vide; aveva il mento abbassato, respirava a fatica e Porla non faceva eccezione.

 

“Dio mio….”

 

Le era capitato di rado di assistere a uno scontro di una simile portata e - a pensarci bene - Juvia non le aveva mai fatto tanta paura; sorrise - sul punto di precipitare in una crisi di isteria - nel ripensare allo scontro con Minerva che, in confronto, non era stato niente.

 

“Juvia …”

 

Pensò alle volte in cui l’amica si era confidata, confessandole di come fosse stata spesso bistrattata e rifiutata perché ritenuta un mostro; lei, d’altro canto, non aveva mai voluto crederle, le sembrava impossibile che quella ragazza dai profondi occhi azzurri potesse essere davvero tanto spaventosa.

 

 

 

Fino a quel momento

 

 

 

 

Portò una mano al ventre, trattenendosi dal dare di stomaco, quando quello che vide ebbe la capacità di ghiacciarle il sangue nelle vene.

 

“Juvia!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevo i polsi lungo i fianchi, il respiro corto e irregolare, le membra doloranti e un’emicrania galoppante; nonostante potessi ancora combattere, iniziavo a sentirmi spossata e Porla sembrava non fare eccezione.

 

“Stai male, vero Juvia?”

 

Assottigliai lo sguardo, lasciandolo proseguire.

 

“Non ti sei chiesta da dove venga tutto quel dolore?”

 

“Che intendi dire?”

 

Mostrò il polso, soffermandosi su un piccolo sigillo.

 

“Credo tu ne abbia uno uguale.”

 

Rilassai le spalle quando i miei occhi incontrarono lo stesso marchio poco sopra la caviglia, inducendomi a scuotere il volto e a dare sfogo a una risata liberatoria.

 

 

 

 

Isterica 

 

 

 

 

“Come ci si sente a perire per mano di se stessi?”

 

“Sarei legata a te?”

 

“Proprio così."

 

“E credi sia un problema?”

 

Feci per avvicinarmi quando dovetti inginocchiarmi dal dolore; portai una mano allo stomaco - iniziando a tossire  - quando vidi le mani tingersi di rosso.

 

“Juvia!”

 

Gray e Lucy mi fissarono spaventati, gli occhi sbarrati e i muscoli del volto contratti in una smorfia, al pari di Gajeel; in quel momento - non che vi fosse altro da fare - mi decisi a rischiare, confidando nella mia forza fisica e nella mia resistenza, pregando fossero abbastanza.

 

 

 

 

Ancora una volta

 

 

 

“Cos- …?”

 

Afferrai Porla per le spalle, piantandogli un pugno nello stomaco fino a frantumargli il bacino, desiderosa di trascinarlo a fondo come con Minerva.

 

“Juvia, no!”

 

Sentii Gray urlare.

 

“Sei …”

 

Quello di Porla fu un rantolo.

 

“Sei una stupida!”

 

Sorrisi - costretta a terra e schiava del dolore - quando venni incuriosita da una voce familiare.

 

“Che tristezza…”

 

 

 

Che fosse?

 

“Keith, mio…”

 

 

 

 

Tutto accadde veloce 

 

 

 

 

Porla allungò la mano, bisognoso di aiuto, quando si vide trafiggere da chi chiamava mentore senza alcuna pietà.

 

“Non ho più bisogno di te.”

 

“…”

 

Abbassai il mento, iniziando a sentirmi meno; sapevo che avremmo rivisto Tartaros, sapevo che quella battaglia altro non era che il preludio di qualcosa di infinitamente più grande e spaventoso.

 

Tuttavia, non volevo che quell’essere informe se ne andasse indisturbato.

 

“Aspetta …”

 

“Non penserai di potermi fare del male, non in quelle condizioni?”

 

“Dici?”

 

Mi alzai di scatto, piantandogli un pugno sul mento tanto da frantumargli il volto.

 

 

 

 

 Fu un urlo spaventoso

 

 

 

“Piccola …?!”

 

Fece per ribattere ma non ne ebbe il tempo, scaraventato dai ragazzi a metri di distanza per poi scomparire, dissolvendosi nel nulla.

 

“…”

 

“Juvia!”

 

Sentivo la ferita aprirsi incontrollata, tingendomi la maglia di rosso.

 

“Sto bene …”

 

Mi lasciai scivolare verso il basso quando sentii Gray afferrarmi per la vita, facendomi poggiare contro la sua spalla.

 

“Guardami.”

 

Lo fissai triste.

 

“Sono stanca.”

 

“Non dormire, guarda me.”

 

Gli sorrisi, la vista sempre più annebbiata.

 

“Andrà bene.”

 

Gray mi fissò impotente, le lacrime agli occhi, quando scorsi Lucy capitolare al mio fianco, Gajeel dietro di lei, Natsu accanto.

 

“Juvia …”

 

“State bene?”

 

“Sei la solita impulsiva!”

 

La sentii nascondersi contro la mia spalla.

 

“Mi dispiace, Lucy.”

 

“Dobbiamo chiamare Wendy.”

 

“Non c’è tempo..”

 

Presi un respiro profondo, sbalordendo tutti.

 

“Lasciate stare…”

 

“…”

 

“Juvia…”

 

Sorrisi.

 

“Va bene così…”

 

 

Ero stanca

 

 

“Resta sveglia!”

 

 

 

Ero tanto stanca

 

 

 

 

Mi guardarono allibiti quando mi decisi a lasciarmi andare, schiudendo le labbra.

 

“Juvia!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucy fissava la water maker con il volto paonazzo, gli occhi arrossati e inondati di lacrime; mise la mano su quella di Juvia, volgendo uno sguardo spaventato a Gray.

 

“Resta sveglia!”

 

Se solo Wendy fosse stata con loro.

 

“Non dormire!”

 

“…"

 

Lucy la guardò terrorizzata.

 

“Va tutto bene …”

 

 

 

 

In realtà non andava bene per niente

 

 

 

 

“Non ti azzardare, Juvia!”

 

 

 

 

 

C’era troppo rosso

 

 

 

 

 

Iniziò a piangere quando scorse l’amica schiudere le labbra e addormentarsi.

 

 

 

 

Troppo 

 

 

 

“Juvia!”

 

Persino Gajeel aveva sbarrato gli occhi, troppo pietrificato per fare qualcosa.

 

“Non può essere…”

 

“…”

 

Quello che seguì ebbe la capacità di mozzare il fiato a chiunque; Gray dovette trattenere un gemito nel scorgere Juvia venire loro incontro con una mano sul fianco, piena di tagli e sorridente.

 

“Cosa …?”

 

Lucy ebbe appena il tempo di abbassare lo sguardo per osservare quella che avevano ritenuto essere la loro migliora amica tramutarsi in acqua e dissolversi nel nulla.

 

“…”

 

“Non …"

 

“Era un clone.”

 

Cos-…?”

 

La Water si fermò poco distante, scrutando gli sguardi impietriti dei ragazzi.

 

“Come si dice …”

 

Abbassò il mento, stanca.

 

“Per ingannare i nemici bisogna ingannare gli amici, giusto?”

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Peace ***


Sorrisi mesta, specchiandomi negli occhi dei miei più cari amici, l’espressione di chi la sa lunga; non avrei mai voluto ingannarli, sapevo di averli impensieriti e, probabilmente, spaventati ma non avevo avuto altra scelta.

 

“Juvia …”

 

Lucy pareva quasi una bambina, i grandi occhioni scuri, le labbra corrucciate, le gote rosse e la schiena scossa dai singhiozzi; mi fissava come se non avesse visto nulla di più bello in tutta la sua vita, imbarazzandomi come poche volte.

 

“Mi dispiace …”

 

Avrei voluto aggiungere altro ma la vidi travolgermi e farmi capitolare a terra, nascondendosi contro la mia spalla e solleticandomi il mento con i suoi lunghi boccoli color del grano.

 

“Sei una stupida …”

 

“…”

 

Sorrisi stanca, stringendola a me, lo sguardo rivolto al cielo, soffermandomi sul dolce cinguettio degli uccellini e sulla tiepida brezza primaverile quando scorsi delle figure familiari venirmi incontro.

 

“…”

 

“Non posso crederci…”

 

Natsu scosse la testa, fiero; non credo di averlo mai visto tanto raggiante ma, soprattutto, senza parole.

 

“Sorpresi?”

 

Qualcosa mi diceva che avrei ricordato quell’espressione per molto, molto tempo.

 

“Avrei voglia di …”

 

“Fammi indovinare.”

 

Gajeel sbarrò gli occhi.

 

“Prendermi a sberle?”

 

Dovetti impegnarmi seriamente nel trattenermi dal scoppiare a ridergli in faccia quando lo vidi fissarmi allibito.

 

 

 

 Era così prevedibile

 

 

 

“Adesso fai anche la spiritosa?”

 

Reclinai il capo all’indietro quando vidi il volto di Gray rientrare nella mia visuale, oscurando il sole; nonostante avesse due profondi solchi violacei sopra gli zigomi, gli occhi arrossati e l’incarnato pallido, nonostante fosse sciupato, rimaneva sempre bellissimo.

 

 

 

Dannatamente bellissimo 

 

 

 

 

 

Lo scrutai a lungo, quasi a volerlo tranquillizzare, e - diversamente dagli altri - non fece nulla.

 

Restò immobile, a guardarmi e a fissarmi come se volesse leggermi dentro, incredulo nel vedermi ancora viva.

 

“Ehi …”

 

“…”

 

Sapevo avrebbe voluto parlarmi ma sapevo anche quanto gli fosse difficoltoso; Gray non era come Natsu, vivace a scoppiettante, espansivo e - a volte - teneramente casinista.

 

Tuttavia, nonostante fosse sempre stato chiuso in se stesso, nonostante la timidezza e il suo carattere introverso era cresciuto, aprendosi più di quanto avessi mai potuto immaginare; aveva imparato a lasciarsi andare, a sorridere e a ridere, a imbarazzarsi per le piccole cose e a piangere senza nascondersi.

 

“Gray ..”

 

Mi si inginocchiò accanto.

 

“Ciao…”

 

Sorrisi, le gote arrossate e Lucy ancora sopra.

 

“Ciao …”

 

Fu poco più di un sussurro.

 

“Ragazzi!”

 

“…”

 

Mi voltai giusto per scorgere Erza e Wendy correre nella nostra direzione, il fiatone e i volti impensieriti; quando arrestarono il passo si guardarono attorno con sguardo confuso.

 

“Qui cade tutto a pezzi…”

 

Titania inarcò un sopracciglio.

 

“Cosa ci siamo perse?”

 

“Ecco …”

 

Portai una mano alla bocca, trattenendo una risata mentre Lucy, Gray e gli altri si impegnavano a fare lo stesso.

 

“Perché …?”

 

Fu una risata liberatoria - limpida e cristallina - e mai come allora mi sentii tanto leggera, libera da un peso sopportato troppo a lungo.

 

“Ma…?”

 

Mi specchiai nelle iridi di Lucy, malandrina.

 

“Andiamo a casa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto mi sforzassi, proprio non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di Keith; avevo avuto la sensazione che sapesse più di quanto volesse far intendere ma, soprattutto, che volesse dirmi qualcosa, qualcosa che faticavo anche solo a immaginare.

 

 

 

 

Qualcosa che avrei compreso poco tempo dopo

 

 

 

 

“Sei preoccupata?”

 

“No …”

 

“Sicura?”

 

“Potresti non farmi gli agguati? Mi spaventi.”

 

“Dubito vi sia qualcosa in grado di spaventarti, Juvia.”

 

Mi avvicinai a Gajeel, un sorriso sulle labbra.

 

“Stai bene?”

 

“Tu?”

 

Gli tirai un pugno sul petto.

 

“Rispondi a domande?”

 

Non disse nulla, scrutandomi a lungo, quando mi prese per la nuca; era strano vedere quel gigante, all’apparenza scontroso, mostrarsi tanto tenero.

 

“Ehi …”

 

Aumentò la presa.

 

“Vado da Levy, ci vediamo dopo?”

 

“D’accordo.”

 

Gli lasciai un bacio sulla guancia, furtiva, imbarazzandolo furiosamente; era sempre divertente stuzzicarlo.

 

“Fai la brava.”

 

“Anche tu.”

 

“Io sono sempre bravo.”

 

“Certo.”

 

“Spiritosa.”

 

Mi incamminai verso i giardini di Fairy Hills, sedendomi sulla prima panchina utile, quando scorsi l’oggetto delle mie fantasie venirmi incontro a mani conserte, lo sguardo serio.

 

“Ehi …”

 

“…”

 

Che fosse timido non era una novità ma quel silenzio iniziava a impensierirmi.

 

“Stai bene?”

 

“…”

 

Feci per avvicinarmi quando mi sentii abbracciare, finendo con sprofondare nel prato lì vicino; sentivo il corpo di Gray aderire al mio, costretta a terra.

 

“Sono felice …”

 

Schiusi le labbra, in attesa, il suo volto nell’incavo del mio collo.

 

“Sono felice di saperti al sicuro, qui con me.”

 

Qualche mese addietro mai mi sarei aspettata simili parole, specie da parte sua; quanto era cambiato …

 

 

 

 E non solo lui

 

 

 

“Anch’io …”

 

Lo vidi sollevarsi, un sorriso dolce; conoscendomi dovevo essere arrossita e molto anche.

 

 

 

Era pericolosamente vicino

 

 

 

“Gray …”

 

Dovetti soffocare un rantolo nel vederlo poggiarsi alla mia fronte.

 

“Avrei voluto proteggerti …”

 

“…”

 

Chiusi gli occhi, inebriandomi di quel profumo che aveva la capacità di mandarmi in estasi, pensando a quanto fosse lontano dalla verità.

 

“No, Gray …”

 

Iniziai a carezzargli il mento, fissandolo dolce; aveva gli zigomi arrossati.

 

“Non hai nulla da rimproverarti.”

 

“Juvia …”

 

“Nulla.”

 

Mi scrutò a lungo quando mi ritrovai a sgranare gli occhi nell’assaporare le sue labbra; lo sentii spingere, carezzandomi la bocca con la propria, per poi staccarsi e affondare nel mio petto.

 

“Gray …”

 

“…"

 

Mi ci volle qualche secondo per elaborare quanto accaduto anche se - in cuor mio - sapevo che non mi sarei mai abituata a certe cose.

 

“Quanto durerà?”

 

“Questa tranquillità, intendi?”

 

Non sapevo dargli una risposta anche se avrei tanto voluto illudermi e dirgli “per sempre”; erano stati mesi sofferti, stancamente dolorosi e avevamo tutti bisogno di una vacanza.

 

 

 

 Specialmente la sottoscritta

 

 

 

“Spero molto.”

 

“Dici?”

 

Gray mi stava ancora sopra, scrutandomi con sguardo malandrino.

 

“Non credo ne godremo a lungo.”

 

Su questo mi trovava pienamente d’accordo ma confidavo comunque in un periodo di vacanza.

 

“Ragazzi!”

 

Dovetti soffocare una risata nel scorgere Lucy fissarci paonazza, poco distante.

 

“Non volevo disturbare, o meglio …”

 

Portai una mano alla bocca, intenerita.

 

“Va tutto bene, tranquilla.”

 

Questo lo vedo.”

 

Adesso faceva anche dell’ironia.

 

“Abbiamo un problema, ci stiamo radunando nella hall.”

 

Quel tono di voce non faceva presagire nulla di buono.

 

“Arriviamo.”

 

Sorrisi nel vederla allontanarsi, per poi volgere lo sguardo a Gray.

 

“Tranquillità, eh?”

 

Scoppiai a ridere, e lui con me, quando sentii il sorriso morirmi sulle labbra.

 

“Non ho una bella sensazione.”

 

“Sono qui con te.”

 

Ed io non avrei potuto essergliene più grata; gli carezzai le guance purpuree, invitandolo ad alzarsi, quando mi prese per la vita.

 

“Andiamo?”

 

“Dopo di te.”

 

La verità era che nessuno di noi avrebbe mai conosciuto la tranquillità ma andava bene così.

 

 

 

 

 

Perché questo era Fairy Tail 

 

ed io 

 

non avrei potuto esserne più orgogliosa 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ finita, dopo un paio di anni questa long è giunta al termine!

Anche se ci saranno altre occasioni per scrivere di Juvia, chiudere questo “capitolo” non può che rattristarmi!

Grazie infinite a coloro che hanno continuato a seguire capitolo per capitolo, non mi stancherò mai di ripeterlo!

A questo punto, non mi resta che dire alla prossima avventura!

Schmetterlinge! ^.^

 

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