Whipstich

di Risa_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


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 RISA NOTEBOOK




*SPOILER ALLERT* SE NON SEGUITE LE USCITE GIAPPONESI DEL MANGA NON PROSEGUITE!!!
 



Per spiegare questa fanfiction basterebbe  ricordasi cosa accade nei capitoli  dal 371 al 374. La storia si inserisce in questo periodo della trama, in altre parole sono dei Missimg moment.
Ecco, quei capitoli sono tipo un sogno che si avvera, qualcosa che una fujoshi non potrebbe neanche immaginare, eppure ecco la lì, la "realizzazione" della OiHina. Alt, prima che parta il linciaggio, fatemi specificare che, Tobio-chan è l’unico e il solo per Sho e il cuore di Toruu appartiene a Iwa-chan. Ma davvero, questi capitoli non possono essere ignorati.
Non posso, mi spiace.
Scrivendo di personaggi che non mi appartengono, ed essendo da me interpretati, ci può essere il rischio di OOC, ma farò del mio meglio per rispettare l’anima di ogni personaggio.  Vi prego di tenere conto che ho scelto di mostrare un lato inedito dei personaggi.
Il titolo significa momento in uno slang americano.
 Vedi  in questo -----> link   
 Spero che la storia vi piaccia. Lasciatemi un commento sulle vostre impressioni, la vostra opinione è molto importante. <3

Kiss

Risa

Capitolo uno

 
 



«Nice Kill!»
 
La voce gli arrivò alle orecchie come in un’illusione creata dalla sua mente; si fece strada nella testa di Toruu pretendendo la sua attenzione.
Non aveva fatto caso alle persone che giocavano sulla spiaggia, troppo preso dalla conversazione con i suoi compagni, però bastò ascoltare quell’espressione a lui famigliare per fargli prendere coscienza di ciò che stava accadendo a torno a lui.
Oikawa si voltò di scatto all’indirizzo di quella voce arrestando il passo.

«Toruu?» chiese perplesso uno dei suoi compagni.

Il ragazzo dell’urlo era di spalle, i capelli al vento, decisamente una figura famigliare... Era la prima volta che gli capitava di incontrare un ragazzo giapponese come lui.

«Eeeh, ma sul serio?! Giapponese?» esclamò dalla sorpresa.

Che fosse giapponese era la cosa meno improbabile; lì davanti a lui, bello come il sole, c’era Hinata Shoyo.

«Il Grande Re?!»

L’abbronzatura risaltava il colore dei suoi occhi, nel viso era comparso un velo di lentiggini, a lui sconosciuto. Il resto dei dettagli, le labbra, i capelli scompigliati, l’espressione di pura determinazione, erano come li ricordava.
Era stato davvero una spina nel fianco durante le partite.
Gli avversari che avevano disputato qualche partita contro di lui, utilizzavano sempre gli stessi aggettivi, insopportabile, fastidioso, odioso; tutti giocatori che non riuscivano a staccargli gli occhi di dosso dentro o fuori dal campo.

«Cosa ci fai qui?» chiese Hinata.
«Questo dovrei chiederlo io…»
«Sono venuto qui per imparare a giocare a Beach volley,» rispose entusiasta.
Toruu sgranò gli occhi sorpreso poi rise: «Sei davvero spaventoso, Chibi-chan.»

 Per abbandonare tutto e ricominciare da capo dall’altra parte del mondo era necessaria tanta determinazione e spirito d’iniziativa: non poteva aspettarsi niente di meno da uno come lui.
Era la uan sua caratteristica, che attirava l’attenzione su di sé. Beh, oltre al sedere sexy che si ritrovava.
“Oh, davvero?” sussurrò una vocina nella sua testa.
Non poteva certo negarlo, no?
Da quel punto di vista era persino migliorato: era snello e atletico; era chiaro che stava seguendo un buon regime di allenamento e di alimentazione.

«Lo conosci, Toruu?» chiese un suo compagno.
«Sì, è un ragazzino delle medie del mio quartiere,» rispose.
«Beh, noi andiamo a cena.»
«Ok.»
Hinata gli sorrideva felice: «Perché sei qui, Oikawa?»
«Al momento sto giocando con la lega argentina» disse senza guardarlo in viso, temendo che il garbuglio che aveva nello stomaco potesse notarsi.
“O forse è solo fame!” cercò di convincersi.
«Figo! È qui accanto…»
Oikawa non ce la faceva a guardare quell’espressione di puro incanto senza che gli venisse l’istinto di baciarlo.
«…puoi smettere di fare quell’espressione?»
Shoyo sembrò non afferrare il concetto: «io…ti andrebbe di giocare?»
«Stavo giusto andando a mangiare, perché non mi porti in qualche posto carino?»
«Conosco un posto delizioso salutare e super economico!»
«Dell’ultima non ti devi preoccupare, offro io, mi sembra il minimo…»  cominciò a dire, «Che c’è?»
Le labbra rosee di Shoyo tramavano appena: «No, è che mi hanno rubato il portafoglio al lavoro part time.»
 Senza riuscire a trattenersi, Toruu scoppiò a ridere.
 
˜˜˜
 
Il ristorante proposto da Hinata era accogliente e informale; il chiacchiericcio sullo sfondo non era fastidioso o rumoroso, bensì, creava un’atmosfera piacevole.
Hinata era sempre esuberante e divertente; era fin troppo facile parlare con lui di tutto, dalla salsa di soia preferita a com’era l’argentina, o che tipo di giocatori aveva incontrato fino Kageyama Tobio.
«Hai visto qualche partita di Kageyama, ultimamente?»
«Ma figurati…» mentì.
Non voleva parlare del suo onnipresente, geniale Kohai. Non con Hinata Shoyo.
Hinata e Kageyama erano il duo della formidabile veloce stramba: avevano incantato gli spettatori e fatto incazzare i giocatori delle squadre avversarie.
Erano diventati due mostri dall’istinto imbattibile. Quando un idiota incontra uno ancora più idiota, la chimica e l’intesa è inevitabile.
  
Toruu aveva avuto, in campo, un’intesa simile con Iwazumi; la stessa fiducia ceca e la capacità di capirsi al volo, meno i benefici.
Oikawa ne era rimasto sbalordito la prima volta che lo aveva sentito, e si sconvolgeva ogni volta che gli era capitato di pensarci, eppure era un fatto nascosto in bella mostra.
 Lo sapeva la squadra del Karasuno e quelli un po’ più acuti, sebbene il duo strambo non fosse particolarmente bravo nell’arte del sotterfugio.
 In ogni caso, la relazione che il suo fastidioso Kohai aveva con Chibi-chan usciva decisamente dai canoni tipici di un’amicizia.
Parlare di Tobio-chan con Hinata gli faceva inevitabilmente pensare a cosa loro due avrebbero potuto fare insieme: decisamente preferiva non pensare a certi dettagli.

La ragione era ben diversa da come poteva apparire, non era bigotto, o biasimava certi rapporti, tutt’altro, anche a lui piacevano gli uomini.
Un altro fatto sconvolgente, se ne rendeva conto.
 Si diceva che Oikawa Toruu fosse un frivolo ragazzo che amava circondarsi da fan femminili tutte innamorate di lui.
Era una facciata da cui si era sempre nascosto anche da sé stesso: amare gli uomini non era facile in nessuna parte del mondo: eppure molti hanno continuato a farlo, anche in tempi peggiori. Perciò, all’età di sedici anni aveva iniziato a frequentare di nascosto ragazzi della sua età, sempre storielle senza importanza nel riserbo più assoluto.
In tutto quello, da quando riteneva Chibi-chan attraente?

Non poteva negare che aveva un certo fascino: il fisico asciutto, un bel sedere, gli occhi grandi dalla punta da gatto, di un marrone caldo e luminoso.  Hinata aveva l’assurda capacità di catturare l’attenzione su di sé grazie alla sua determinazione incrollabile e alla fame insaziabile di giocare, di colpire la palla.
Era davvero l’esca migliore, in tutti i sensi.

Quindi sì, aveva notato la bellezza di Chibi-chan, come per dire l’aveva notata in Tobio, ma, da questo, a desiderare di avere un incontro intimo del tipo: io, te, letto, nudi, ce ne passava di acqua sotto i ponti.
La vocetta dentro la sua testa obbiettò: “Neanche se ne presenti l’occasione?”
Sì, magari, se ci fosse un’occasione…

Hinata non staccava mai gli occhi dai suoi, sorrideva e parlava allegro incurante, del moto che gli procurava nelle viscere.
«Allora, perché sei andato in argentina?» chiese Hinata.
“Maniaco della pallavolo, come il tuo ragazzo, eh?” pensò sarcastico.

«Una volta andai vedere una partita con Iwa-chan,» iniziò a raccontare, «all’inizio l’asso della squadra argentina non era nella sua migliore forma; ad un certo punto fecero un cambio dell’alzatore.»
Quella partita era stato il suo momento di serendipidità in cui aveva capito che tipo di giocatore avrebbe voluto essere.

«Il nuovo giocatore senza nessuna azione spettacolare riuscì a ritirare su l’asso, portando la squadra vittoria. Tutti si focalizzarono sullo schiacciatore, ma a mio avviso, il vero protagonista fu quell’alzatore che nell’ombra riuscì a far brillare l’asso.»
Oikawa si appoggiò sullo schienale della sedia: «Ho potuto conoscerlo, perché venne ad allenare una squadra in Giappone; è diventato il mio mentore, la persona da cui andavo quando non sapevo che strada prendere.»

«Capiva subito che non ero serio, che non avrei mollato la pallavolo,» sorrise.
Avevano finito di cenare, e stavano lì seduti a farsi confidenze, stava per dire qualcosa, ma si trattenne perché lo sguardo di Hinata cambiò all’improvviso, divenne serio e più intenso del solito a tal punto che sentì un brivido passargli lungo la schiena.

Lo aveva guardato come spesso veniva guardato da…

“No, te lo sarai immaginato!” pensò.
Hinata tornò a guardarlo con quello stupido sorriso che gli faceva battere il cuore: «Perché non giochiamo? Da queste parti si gioca fino a tardi!»
«Sei diventato presuntuoso, chi ti fa credere di potermi sfidare?»
 
˜˜˜

Alla fine aveva fatto la figura del coglione.
Erano andati in spiaggia, per giocare un po’; Oikawa si era sentito come una balena finita sulla spiaggia. Il Beach Volley era completamente diverso dalla pallavolo, ma non si era pentito affatto.

“Vederlo sorridere in quel modo, fa valere la pena qualsiasi cosa.” pensò girandosi nel letto della sua camera d’albergo, in preda ad un’insonnia senza ragione.
Non riusciva a smettere di rivivere quella serata inaspettata, alle emozioni che aveva provato.

Si stava lamentando di quanto fosse difficile giocare sulla sabbia, quando Hinata gli confessò: «Oggi, per un momento, per un solo istante, mi sono sentito depresso.»
«Ma dopo averti incontrato mi sono sentito, davvero meglio!» finì con il sorriso sulle labbra.
Perché il cuore gli aveva battuto così forte?
Non sapeva neanche come fosse riuscito a mantenere un contegno; si strinse la mano sulla maglia, all’altezza del petto. Provò a cambiare nuovamente posizione cercando di scacciare i pensieri, ma niente loro prepotenti tornavano.

La situazione si stava facendo decisamente strana, l’impulso di afferrare l’altro per tenerlo vicino era così forte, ma Oikawa fu salvato in corner da due ragazzi che gli avevano sfidati ad una partita.
Nonostante l’impegno che ci avevano messo, persero e dovettero pagare ai vincitori da bere.

Si era fatto tardi, entrambi dovevano alzarsi presto la mattina ed  era un buon momento per separarsi. Invece rimasero ancora a parlare, perché una calamita invisibile li attirava l’uno vicino all’altro.

«Da quanto sei qui? Dove alloggi? Dammi il tuo numero di cellulare!» cominciò a bombardarlo Shoyo.
«Respira, sono qui da una settimana, alloggio qui vicino.»
«Vorrei colpire ancora le tue incredibili alzate, giochiamo un'altra volta?»
«Okay, se avrò tempo giocherò ancora con te…»
«Grazie!»
Si erano seduti sulla sabbia, uno accanto all’altro; con la mano quasi poteva sfiorarlo, e nonostante ciò che voleva chiedergli fosse un’altra, Oikawa optò per la loro passione comune: «Senti un po’, ma non sarà difficile tornare a giocare in palestra, dopo esserti abituato alla sabbia?»
«Ci ho pensato. È la mia preoccupazione più grande per questo ogni tanto vado ad allenarmi in palestra con dei ragazzi più giovani.»
Oikawa era seriamente colpito: «Non lasci niente al caso, eh?»
«Avevi raggiunto un buon livello, eppure hai deciso ugualmente di cominciare tutto da zero, non deve essere stato facile.»
«È vero. Mi piace molto salire di livello,» rispose Shoyo con lo sguardo puntato davanti a sé, «la sensazione che provi quanto ti rendi conto di riuscire a fare qualcosa è bella, non importa quanto tu l’abbia provata.»
«Sei sicuro di non star dicendo questo a te stesso?»
 Hinata gli sorrise: «certo che no.»

Afferrò il cuscino sbattendoselo dalla faccia in un moto di stizza. Non sapeva neanche quando aveva iniziato a provare, ciò che provava, per Hinata; però in una sera soltanto aveva compreso quanto valesse, di quanto poco lo aveva apprezzato in passato. Si era trovato a invidiare chi aveva avuto tanto tempo per stargli accanto.
 Era convinto che l’unica cosa che invidiava a Tobio-chan fosse il talento; invece ciò che possedeva era qualcosa di ancora più prezioso.
Più passava il tempo con Hinata Shoyo, più gli piaceva. Era l’innegabile verità.
Con il cuscino ancora dalla faccia, si preparò ad una notte insonne.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


 

Capitolo due

 
 
 
Il ritiro a cui i Juan Carols stavano partecipando in Brasile era simile a tanti altri che si svolgevano durante la stagione.  Solitamente passava tranquillamente, tra riscaldamento, allenamento individuale e amichevoli con le squadre più forti di Rio.  La sera era dedicata al relax: Oikawa usciva a cena insieme ai suoi compagni;  quando potevano andavano  in spiaggia per fare il bagno e prendere un po’ di sole.

Niente di speciale.

Toruu non si sarebbe mai aspettato di finire per giocare a Beach volley con il famoso numero dieci del liceo Karasuno, non una, bensì due volte.
Dopo il primo incontro, aveva rivisto Hinata per disputare una partita di rivincita con la coppia “delle bevute”, poi avevano passato il resto del pomeriggio a godersi il mare e il sole sulla spiaggia.

La routine di Toruu si era riempita di novità, di eccitazione che lo aveva rinfrescato, rinvigorito. Ed era soltanto grazie ad Hinata: parlare con lui lo aveva riportato alle basi della pallavolo, gli aveva ricordato che non era solo fatica e riunioni lunghissime, ma era anche divertimento, riuscire a provare quella gioia folle, esaltante di fare un punto, o di riuscire a superare un limite, superare un nuovo ostacolo.

Non solo quello, Hinata lo aveva investito di un altro tipo di calore, di un’energia selvaggia, di una libertà che non aveva mai provato prima.
Chibi-chan gli aveva promesso di fargli da guida nella città, portandolo nei posti più belli di Rio, appena avesse avuto un giorno libero dal lavoro.
Dunque, eccolo lì, in tenuta da turista, con la macchina fotografica, capelli perfettamente pettinati, aspettando la sua guida.
Oikawa ostentava calma e indifferenza, osservando le persone sulla spiaggia prendere il sole.

“A chi vuoi darla a bere? Se stai contando i secondi?” lo prese in giro la vocetta che da qualche giorno non voleva sapere di starsene zitta.
 
L’arrivo di Shoyo, lo distrasse da una conversazione imbarazzante con la sua coscienza; in realtà lo distrasse da tutto, quando era con lui, Toruu non riusciva a pensare a niente. Hinata invadeva ogni sua cellula.
 Visitarono la via da Rua Visconde de Piraja e suoi negozi, poi, raggiunsero l’Avenida Atlantica; l’ultima tappa fu il monte Pan di Zucchero.
«Nel punto più in alto c’è una vista meravigliosa!» spiegò Hinata pigiato dentro la funivia.
Il volto di Hinata era bellissimo, il corpo era allenato ma manteneva la sua struttura esile; provò l’impulso di afferrarlo e stringerlo contro di sé per istinto di protezione, quando si accorse che il diretto interessato si era accorto di essere guardato.
Oikawa cercò di concentrare l’attenzione sul panorama nonostante sentisse gli occhi di Hinata puntati a dosso. Era una sensazione piacevole e strana allo stesso tempo.
Quando azzardò a distogliere l’attenzione dal vetro, si accorse che l’altro aveva azzerato le distanze appoggiandosi completamente al corpo di Oikawa senza la minima vergogna. Shoyo teneva alzato il volto lasciando scoperto l’incavo del collo in uno strano invito.
 “Puoi appoggiarti se vuoi, fare qualsiasi cosa…” sembravano dire i suoi occhi.
«Non mi rompo mica, Oikawa-san.»
«Cosa?»
«Non importa, ora dobbiamo scendere.»

Il pan di Zucchero è uncolle su una penisola che si estende da un estremo della baia di Guanabra all’interno dell’oceano Atlantico. 
Attraversarono il livello intermedio per raggiungere l’altra funivia che li avrebbe portati, al secondo livello, quello più alto. Era immerso nel verde, e con grande sorpresa di Toruu, c’erano costruzioni con all’interno dei negozi in cui acquistare souvenir.
Ma lo spettacolo più bello era il livello più alto: le montagne, i grattacieli bianchi immersi nel verde e la distesa infinita dell’oceano.

Il suo accompagnatore era rimasto stranamente in silenzio accanto a lui, quando di solito era sempre rumoroso e allegro.

«Avevi ragione, è un bello spettacolo, Chibi-chan»
Hinata non sembrò ascoltarlo perché disse: «Non sono solo pallavolo, Oikawa-san.»
Toruu fu investito da una scarica elettrica, cos’era stato? L’atmosfera era cambiata di nuovo all’improvviso, senza che potesse fare nulla a riguardo.
Chibi-chan lo stava portando dove lui voleva, quando lui voleva, non importava quanto provasse ad alleggerire con frivolezze la tensione che c’era fra loro.
Credeva di essere lui il direttore di quel gioco; stava iniziando a credere che non fosse affatto così.

˜˜˜
 
Sulla spiaggia vicino all’albergo di Toruu di solito giocavano un gruppo di amici di Hinata. Erano le stesse persone con cui lo aveva visto la prima volta.
 Toruu li raggiunse dopo il suo allenamento con la squadra.
Quando finalmente si era riscaldato, Hinata guardò l’orologio e disse che era ora di andare. Lo prese per il braccio trascinandolo via.
«Dovremo cambiarci e fare una doccia o faremo tardi.»
«Per cosa?» chiese.
Negli occhi di Hinata poteva scorgere un luccichio pericolosamente vicino alla seduzione: «Ti voglio portare in un posto speciale, esci con me sta sera?»
«Se lo chiedi così, non posso dirti di no.»
 Shoyo volle mantenere il segreto nonostante i tentativi di carpirgli qualche cosa.
Presero un treno che lì portò nella zona portuale di Rio verso una piazzetta circondata da vecchi palazzi dalle pareti ricoperte da coloratissimi murales. Dovettero farsi strada nella folla trovare un posto abbastanza in alto per osservare quello che accadeva sulla piazza.
Stava per iniziare uno spettacolo musicale di qualche genere.
«Ogni sera qui ci sono spettacoli di Samba, mi hanno detto che sono bellissimi,» spiegò, «Qui si rispetta la samba.»
Capì il significato quando lo spettacolo cominciò: non era un concerto comune; non era la musica che si poteva sentire in un bar o in una discoteca.
Era musica che parlava della storia di chi tanto tempo fa fu trasportato lì con la forza e reso schiavo. La musica era un linguaggio universale ma allo stesso tempo era composta da un misto di lingue e voci che parlavano di disperazione ma anche di speranza e di bellezza.
Dopo lo spettacolo andarono a bere qualcosa in un locale lì vicino.
L’atmosfera tra di loro era decisamente cambiata, più intima, sedevano vicini sorseggiando un drink ghiacciato.
«Non avevo idea che ti piacesse questo genere musicale;» disse Oikawa.
Hinata scoppiò a ridere: «Non sono esperto, ma è una cosa che devi fare se vuoi conoscere Rio.»
«È piuttosto caratteristica, ne avevi già visti?»
«No, me ne ha parlato Boris,» rispose Hinata.
Nella testa di Toruu suonò un campanello di allarme: «Boris è…»
Hinata arrossì così tanto che il colore della pelle assomigliò pericolosamente al colore dei suoi capelli. Tuttavia aveva in mente qualcosa che doveva assolutamente fare perciò continuò.
«È un musicista che ho frequentato e mi ha consigliato cose da vedere.»
Hinata giocava con la cannuccia del suo drink muovendola su e giù, gli occhi fissi sul bicchiere.
«Sulla spiaggia, dopo gli allenamenti e le partite, incontri tanta gente; capita qualcuno che ti chieda di fare un giro con lui, soprattutto la sera.»
«E Boris ti ha chiesto di fare un giro con lui?»
«Sì,» Hinata si sporse oltre il bordo dello sgabello e gli sussurrò ad un orecchio, «ho accettato.»
Un tizio sconosciuto, si era guadagnato il primo posto nella sua lista di persone sgradite.
Già s’immaginava la scena: un tizio moro e abbronzato che si avvicinava a Hinata con un “Ciao! Te lo ha detto nessuno che sei carino? Ti va di fare un giro con me?”
Shoyo, però contrariamente alle sue aspettative, aveva capito le sue intenzioni ed aveva accettato. Sapeva cosa Boris voleva perché era quello che voleva lui.
Shoyo si era esposto in maniera inequivocabile, ma Toruu non voleva lasciarsi andare a quei sentimenti.
La conversazione tornò alla pallavolo e Kageyama, manco a farlo a posta.
Gli occhi di Shoyo brillavano quando discuteva di pallavolo…
«Adesso giochi con chiunque non solo con Tobio-chan?»
 Hinata annuì.
 «Ho deciso che voglio imparare a fare qualsiasi cosa,» spiegò, «è importante per me anche connettermi a più giocatori possibili, ecco perché gioco sempre con chiunque voglia giocare con me.»
…però brillavano ancora di più quando parlava di Kageyama.
«Ci siamo promessi di incontrarci quando saremo diventati entrambi più forti…» disse Hinata.
C’era qualcosa di speciale nel tono di voce, nell’espressione che Hinata aveva quando parlava del suo ex compagno. Era stato la sua unica possibilità per tanto tempo, il primo a capirlo, a condividere la stessa fame di imparare e di vincere.  D’altro canto Hinata era stato la luce dopo il tunnel per Tobio-chan.
 
Oikawa sapeva che nessuno avrebbe mai potuto prendere il posto di Kageyama.
Lo sapeva.
Neanche un cieco avrebbe potuto ignorare cosa erano l’uno per l’altro: era ciò che li spingeva a migliorare, a esprimere la parte migliore di sé.
Si stava cacciando in una situazione pericolosa: cosa gli avrebbe impedito di prendere un aereo, appena possibile, per correre da lui? Una volta provato cosa significava stringerlo tra le braccia, sentire il suo odore…non avrebbe potuto farne a meno.
Era entrato in un’aspirale e non sapeva come uscirne, no, non voleva uscirne, perché Hinata prendeva un pezzo di cuore a chiunque incontrasse. Se lo prendeva e se lo portava via.
Ed eri felice di donarlo.

“STUPIDO, STUPIDO!”

«Tobio-chan è proprio speciale per te,» disse Oikawa, sentendosi sconfitto per l’ennesima volta.
Hinata lo guardò curioso: «È un giocatore eccezionale ed è dannatamente figo ma…»
«Non intendo come giocatore, intendo proprio come persona speciale per te,» lo interruppe Oikawa.
«È diverso,» rispose Hinata guardandolo con gli occhi assurdamente profondi, e quell’espressione seria di pura determinazione, «È come per te, Iwazumi-san, no?»
«Iwa-chan ed io, siamo amici d’infanzia e abbiamo giocato per anni insieme…»
«Non mi riferisco alla pallavolo, ma avere una relazione, stare insieme.» 
Oikawa sgranò gli occhi dalla sorpresa: «Come te e Tobio-chan?»
«Sì certo, in quale altro modo vorresti intenderla?»

Era evidente che nessuno dei due aveva mai avuto l’intenzione di nascondere il fatto che uscissero insieme.

«Non abbiamo avuto nulla del genere.»
«Non è che lo stai raccontando a te stesso?» scimmiottò lui memore di ciò che Toruu gli aveva detto a proposito del suo passaggio al Beach volley.
«Nanerottolo impertinente!»
Shoyo alzò le spalle e sorrise malizioso: «Forse. Però è palese che Iwazumi-san sia innamorato di te.»
 
Questa, proprio non se l’aspettava.

 

RISA NOTEBOOK


Non sono mai stata in brasile  per questo h cercato informazioni su internet,  su siti di viaggi e su un video vlog di un ragazzo che ha visistato il Pan di Zucchero. Come scrivo al intenro del capitolo, sul livello intermedio, ci sono delle costruzioni ma non riuscindo a capire di cosa trattasse (i cartelloni in portoghese non auitavano :P), ho deciso di optare per la cosa che penso di più verosimile, ovvero negoz di suvenir. Anche nel percoso che fanno Toruu e Shoyo, sono stata volutamente  vaga: troppi dettagli possono stancare, ed essendo comunque informazioni di seconda mano.
 Spero che vi piaccia, e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!

Kiss
Risa

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo tre

 
 
 
 
 
Nel locale gli odori e suoni si confondevano, la musica, le voci risuonavano nella testa di Oikawa, l’unica cosa che era chiara era il volto di Hinata pericolosamente vicino al suo.
«Non so se è chiaro,» cominciò, «ma mi piaci Oikawa-san, mi piaci tanto!»
Era un ragazzo appassionato che metteva impegno in ogni cosa che faceva; aveva scelto con cura i luoghi da fargli visitare; si stava dando a lui nella maniera più spontanea e completa. In quei giorni gli aveva raccontato tanto di sé, lo aveva accolto nel suo personale spazio, il suo posto soleggiato.
Poteva solo essere grato di quel dono inaspettato, tuttavia…
«Cosa mi dici di Tobio-chan?» chiese non volendo cedere a quei sentimenti.
 «Quando sono partito per il Brasile ci siamo lasciati.»
Lasciati… si sono lasciati…
Nella sua testa quelle parole si ripetevano come un mantra, una preghiera di ringraziamento ai Kami che avevano voluto graziarlo.
Shoyo si sporse verso di lui tenendo i gomiti sul tavolo, le sue labbra d’un soffio dalle sue.
«Avevamo già deciso; sai, ci siamo detti: “Un a relazione a distanza è troppo complicata.”»
Il peso insopportabile che gli gravava sullo stomaco si sciolse completamente, non esisteva nessun impedimento, nessun amore del passato scomodo.
Toruu toccò il viso di Shouyou, e questi inclinò il capo per andare incontro alla sua carezza.
Le dita gli si movevano da sole, la mano salì intrecciandosi ai suoi capelli, era incantato da tanta fortuna.
Shoyo, a quel punto, si alzò leggermente dalla sedia per azzerare la distanza rimasta, appoggiò le labbra sulle sue, un tocco da prima leggero poi schiuse le labbra per chiedere di più.
Toruu gli afferrò il viso con le mani per tenerlo più vicino, assaporando ogni centimetro di pelle. Non ci credeva ma erano seduti ad un tavolo nascosto di un pub di Rio e si stavano baciando.
«Da te o da me?»
Hinata ridacchiò tra le sue labbra: «Dove vuoi…»
Durante il tragitto di ritorno rimasero in silenzio mano nella mano: Oikawa non credeva a quello che stava accadendo, eppure poteva stringer la mano di Hinata nella sua, forte e calda.
Finalmente suo.
Appena la porta della camera di Oikawa si chiuse dietro di loro, ripresero a baciarsi, le mani che vagavano sulla schiena, fermandosi sui fianchi.
Quando Hinata si staccò da lui per potersi togliere la maglietta sentì il cuore che gli rimbalzò in bocca; osservava il petto di Hinata alzarsi e abbassarsi, le labbra semi aperte, gli occhi lucidi.
Hinata spinse Toruu sul letto prima di iniziare a sbottonarsi i pantaloni senza smettere di guardarlo.
Poi toccò ai boxer.
 «Che fai, lasci fare tutto a me?» chiese Shoyo con lo sguardo più malizioso che gli avesse mai visto fare.
«No,» si schiarì la voce, «Certo che no!»
 
 ˜˜˜
 
 
Toruu accarezzava la schiena nuda di Hinata disteso supino con la testa rivolta verso di lui. Era bellissimo con gli occhi lucidi, le guance tinte di rosa, il viso sfatto e sorridente.
Da quando non faceva del buon sesso? Quasi si era dimenticato come fosse, troppo preso dagli allenamenti e le partite.
«Puoi rimanere a dormire?» 
«Lavoro nel pomeriggio, posso rimanere anche di più,» rispose Shoyo, «Se vuoi.»
Nella testa di Toruu si formarono moltissime idee su cosa avrebbe potuto fare quella notte e l’indomani.  Fare l’amore ancora, dormire, e di nuovo sesso, andare a correre insieme prima di fare la colazione, perché no, un'altra partita di beach volley, rilassarsi sulla spiaggia o fare un giro in centro, mano nella mano.
Oppure rimanersene a letto tutta la mattina, perché lui aveva un giorno di riposo dagli allenamenti.
“Viaggi con la fantasia, eh, Toruu-Chan?” disse la vocetta nella sua testa, cercando di ricordagli tutti i contro di quella relazione.
La stronzetta.
Non poteva stupirsene, d’altronde, lui era uno stronzo di prima scelta anche verso sé stesso.
Decise di non ascoltare quello che la testa gli sussurrava perché la felicità superava tutto anche gli aspetti più brutti come la sua partenza.
Non avrebbe permesso alla sua coscienza di rovinare il suo angolo di paradiso, non avrebbe rinunciato a quella sensazione di leggerezza e benessere che stava provando.
 
Hinata si girò in un fianco e si mise più vicino al suo corpo: «Cosa stai pensando?»
«Sto pensando che presto il mio ritiro finirà, e non ne ho nessuna voglia.»
 L’altro gli regalò un sorriso furbetto e un bacio sulle labbra.
«Non perdiamo tempo, allora, ci sono un sacco di cose che dobbiamo fare insieme!»
Toruu lo spinse gentilmente sul letto prima di farsi spazio fra le cosce dell’altro; Shoyo, in risposta, gli cinse il collo con le braccia e la vita con le gambe.
Risero spensierati prima di riprendere a baciarsi.
 
˜˜˜
 
Si lasciarono all’ultimo momento, solo quando Hinata non dovette correre a lavoro per non fare tardi.
Così Toruu fu lasciato ai suoi pensieri per il resto del pomeriggio; per lo più l’unico protagonista era Hinata il quale ormai aveva invaso e conquistato gran parte del suo cervello.

Shoyo era la cosa più bella che gli fosse capitata e più passava il tempo con lui e più ne voleva. Non gli importava più per quanto tempo, aspettava con ansia di poterlo riabbracciare il più presto.
La sera avrebbe lasciato il posto al mattino portandosi via i bei sogni, lasciandogli solo un ricordo. Nonostante ciò, vivere ogni opportunità che la vita dava era un obbligo. Non si può lasciare sprecare l’amore perché si sa che durerà quanto un’illusione.
 Hinata era stato capace di tranquillizzarlo con semplici parole: «Sono così felice di averti incontrato, anche se durerà poco, voglio vivere questa cosa con te.»

La grandezza di Chibi-chan non era il fisico prestante, non era una mente acuta, era il suo animo.
Oikawa lo aveva sempre saputo, tuttavia avendolo come avversario lo considerava fastidioso più che altro. Tutte le qualità che dimostrava, la concentrazione, l’energia abbagliante che sprigionava in campo, il desiderio di migliorarsi per poter vincere; l’umiltà che mostrava tutte le volte che riconosceva le capacità di altri giocatori. Sebbene potesse provare invidia per capacità fisiche superiori alle sue non era mai meschino; cercava di impegnarsi di più cercando di superare i suoi avversari con le sue forze; voleva abbattere il suo avversario al massimo delle sue capacità.  

Semplicemente odioso.

Nel frangente d’un un attimo, quando aveva stretto il suo corpo nudo a sé, aveva compreso che Il vero Re era sempre stato Shoyo.

Più di lui, di Ushijima, più di Tobio.

Shoyo era un Re conquistatore contro cui, prima o poi, chiunque si sarebbe dichiarato sconfitto, abbattuto.

Hinata non era il solo ad infestare la sua mente. L’altro suo pensiero fisso riguardava Iwa-chan.
Aveva escluso l’idea categoricamente, nessuno poteva conoscere meglio di lui cosa provava Hajime; si conoscevano da quando erano nati, non poteva sbagliarsi.
Tuttavia le parole di Shoyo gli erano sembrate così sincere a tal punto che avevano incrinato le sue certezze.

Toruu sospirò, guardò l’orologio del suo cellullare, chiedendosi se era troppo presto per chiamare:  Ore 21:00.

Era già a letto, perché il giorno dopo avrebbe ripreso gli allenamenti, ma sembrava non riuscire a prendere sonno.
Non sapeva bene neanche lui, cosa volesse sapere di preciso, sempre se fosse una buona idea tirare fuori il discorso.  Cosa ne sarebbe uscito fuori? Dolore, rassegnazione? Oppure sollievo perché nulla era cambiato tra di loro?
Doveva accettare il rischio di spezzare l’equilibrio perché non sapere era peggio di accettare una verità scomoda.
 
 Optò per un messaggio.
 
21:03
A: Iwa-chan
Sei sveglio?
 
09:05
A: Merdakawa
Certo, Idiota.
 
Al trillo Toruu sobbalzò, non credeva che il suo amico gli avrebbe risposto subito; di solito impiegava un po', se non gli ignorava del tutto, come, per esempio, i messaggi del Buon Giorno e della Buona notte con micini e cagnolini carini.
 
09:06
A: Merdakawa
Cosa vuoi?
 
21:10
A: Iwa-chan
Perché dovrei volere qualcosa? Magari volevo solo salutarti, sapere come stai….

09:12
A: Merdakawa
Spicciati, non ho tutto il tempo…

21:14
A: Iwa-chan
  Okay bruto… Non so se te l’ho detto, ma ho incontrato Hinata Shoyo….
 
Prima che potesse continuare con il racconto, cercando parole adeguate, il suo cellulare squillò.
 
Chiamata in entrata da: Iwa-chan

 «Ci sei andato a letto?» chiese la voce profonda di Hajime, all’altro capo del telefono.
Oikawa balbettò frasi sconnesse, improvvisamente incapace di parlare.
 Hajime non aspettò la risposta: «Ci sei andato a letto.»
«Tra tutte le cose che potevi chiedermi…»
«Ti conosco come le mie tasche, Idiota.»
“Questa è la ragione del perché ho inviato la foto sua e di Hinata a Kumini e Kindachi, e non a Iwazumi,” pensò allora.
«Non mi avrai chiamato per farmi il resoconto, vero?» chiese Iwa-chan.
Oikawa, a quel punto si alzò dal materasso indignato: «L’ho mai fatto?»
Poi si ricordò di quella occasione in cui, era uscito con un tizio ma le cose non erano andate come lui sperava, e si diede mentalmente del cretino.
«No, lascia stare.»

L’altro non rispose aspettando che Oikawa sputasse il rospo, perciò Toruu decise di buttare la bomba direttamente.
«Sei innamorato di me?»
Hajime tossì per qualche minuto prima di rispondere: «Come diavolo ti salta in mente?!»
Aveva evitato la domanda, questo gli bastava come risposta affermativa.
«Perché non me ne hai mai parlato?»
«Non …» Oikawa lo interruppe prima che potesse finire la frase: «anch’io ti conosco come le mie tasche.»
“Nonostante non abbia capito nulla dei tuoi sentimenti, troppo concentrato su me stesso, sulla pallavolo, per poter vedere il resto,” pensò.
Una mea culpa rimasta nei suoi pensieri, eppure Hajime lo sapeva lo stesso.
«Sarebbe cambiato qualcosa?» chiese Iwa-chan.
«Sarebbe cambiato tutto! Che idiota sono stato!»
Hajime rise: «Ci sei arrivato, grazie a Dio!»
 «Non fartene una colpa,» continuò, «è stata anche una mia scelta; ho preferito che la nostra amicizia rimanesse così com’è.»
«Perché?» domandò, sentendosi infinitamente stupido per non aver colto niente in tutti gli anni.
La voce di Hajime si fece più gentile: «Ci sono sentimenti che vanno tenuti nascosti, Toruu.»
«Non mi ha pesato perché avremmo potuto mandare tutto a rotoli, e non mi andava di perdere quello che c’è stato tra noi.»
Oikawa annuì sebbene l’amico non avrebbe mai potuto vedere il suo gesto.
La loro amicizia era importante tanto quanto la pallavolo, si poteva dire che per Toruu erano le due cose più importanti della sua vita. Non avrebbe mai e poi mai rinunciato a nessuna delle due.
Capiva perché Hajime avesse preferito rinunciare a qualsiasi velleità romantica in favore di qualcosa di infinitamente più importante, che sarebbe durato per sempre.
«Quindi goditi qualsiasi cosa ci sia tra te e Hinata, ma non voglio saperne niente, grazie tante.»
Fu il turno di Toruu di ridere: «Non sarai geloso, Iwa-chan?»
«Ma va! Ora fila a dormire, devi riposare!»
«Hai, Hai, Mammina! Buona giornata a te!»

Chiuse la comunicazione prima di farsi riempire di insulti da Iwa-chan.
 

Risa Notebook

 
Signori e signori ecco a voi il terzo capitolo!
Siamo entrati nel vivo della trama, e davvero spero che sia riuscita a renderla bene, non sta me giudicare, ma a voi. Spero che mi facciate sapere le vostre opinioni. Quello che posso dire è che la fan fiction si inserisce in un particolare momento del canon verse, ed è la “mia visione di cosa non abbiamo visto nel manga”.
Se negli altri due capitoli ho seguito la falsa riga del manga, in questo le vicende sono esclusivamente momenti mancanti. Oikawa e Hinata, nel canon verse, passano davvero molto tempo insieme, nonostante sia entrambi molto impegnati…  qui gatta ci cova, come direbbe mia nonna XD
Comunque, tornado al mio racconto, ai nostri due personaggi manca davvero poco tempo, e presto dovranno lasciarsi, si hanno deciso di viverla così com’è, ma si sa, un conto è dirlo e un conto a farlo…
Iwa-chan: visto che nel capitolo scorso avevo accennato ai sentimenti IwaOi, mi sembrava doveroso dare una spiegazione. Spero che sia passato il messaggio: Iwazumi ama Toruu ma ha preferito tenere i suoi sentimenti per sé, perché a volte è meglio lasciare le cose come stanno. Iwa-chan ritiene  la sua amicizia talmente preziosa che non ha voluto rovinarla facendo luce su sentimenti che avrebbero potuto essere non corrisposti, o   una relazione che avrebbe potuto guastarsi. Chiedo a voi: potrebbe essere il caso di ritornare sul argomento?
 
Ormai lo saprete: fatemi sapere cosa ne pensate, ogni vostra recensione è preziosissima per me.
Kiss
Risa

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Risa Notebook

Adesso ci si mettono anche le note di apertura! Lo so parlo troppo. Comunque, in questo capitolo c'è un cambio di Pov, sta volta seguiremo i pensieri di Shoyo.
Ci vediamo a fine capitolo.
Buona lettura!


Capitolo 4

 
 
 
Il conto alla rovescia era iniziato, Hinata non sapeva cosa avrebbe fatto poi.
Pochi giorni ancora e sarebbe rimasto di nuovo solo in un paese straniero.
Si certo, conosceva Coach Lucio, i vecchietti della spiaggia; c’era Pedro, il suo coinquilino con cui, dopo un muro insuperabile, era riuscito a stringerci amicizia.
L’illuminazione gli era venuta una sera tornato a casa: Pedro stava leggendo un manga e Shoyo era corso a prendere i suoi per mostrarglieli.  Un piccolo gesto che gli aveva permesso di rompere il ghiaccio, e da quel momento in poi le cose andarono meglio: Pedro aveva iniziato, perfino, a dargli lezioni di portoghese.
Era accaduto la sera stessa in cui aveva incontrato Toruu; secondo Shoyo non poteva essere un caso.
 
Sulla spiaggia il sole era cocente. 
Si sistemò il berretto e gli occhiali da sole prima di raggiungere la linea di bordo campo. Era alla battuta, vento a favore: si concentrò per prepararsi a saltare. Prese la mira sul punto del campo avversario in cui voleva colpire la palla.
 
Non poteva dire di essere solo ma non era comunque a casa.  Voleva essere lì, non si pentiva della sua scelta, ma non rendeva la solitudine più sopportabile.
La nostalgia era annichilente e spesso si era sentito scoraggiato: l’unica cosa che lo distraeva era la pallavolo e gli allenamenti.
Da quando aveva incontrato Oikawa Toruu il senso di solitudine era sparito, era come essere già tornati in Giappone.
 In un primo momento, trovarselo di fronte lo aveva lasciato spiazzato e felice   al tempo stesso.
Il grande Re era la figura mitologica di un Dio irraggiungibile, qualcosa che rasentava la perfezione. Non si sarebbe mai aspettato di trovarsi così a suo agio con lui, la soggezione che provava a liceo quando lo incontrava, era scomparsa.
 Erano due amici che si raccontavano di sé, che scherzavano, si divertivano.
 
Shoyo si era sentito subito attratto da Toruu, eppure tutto quello che era accaduto dopo, andava oltre l’immaginabile. Sentiva un moto di meraviglia se ripensava al giorno precedente, ai baci al sesso che era seguito.  Toruu lo aveva trattato come un prezioso tesoro da proteggere, lo faceva sentire importante, amato.
Hinata era rimasto sorpreso da sé stesso e da quello che si era scoperto a provare: a volte quando Oikawa gli sorrideva, o lo sfiorava per caso, sentiva un brivido piacevole passargli sulla schiena. Gli era successo solo con un'altra persona di provare quello stesso tremito intenso, quel malloppo che gli bloccava il respiro cercando di venire fuori.
 
Il fischio di inizio.
Hinata lanciò la palla, saltò e schiacciò.  Gli avversari riuscirono a ricevere la battuta, e toccò a Shoyo difendere il campo.  Era concentrato e calmo, senza fretta riuscì a mandare la palla al suo compagno.  Non aspettò oltre, prese la rincorsa e schiacciò,
 
Punto!
 
Quando era con Toruu non pensava più a Tobio. 
Bakeyama c’era sempre nei suoi pensieri, quando giocava, che schiacciasse, ricevesse o alzasse.
“Cosa direbbe se mi vedesse adesso?”
C’era quando correva sulla spiaggia, meditava o faceva gli esercizi in palestra.
“Tobio aspettami che presto tonerò.”
Oppure quando faceva la spesa, andava a lavoro, Shoyo aveva sempre davanti agli occhi il suo viso.
Era la sua fonte di ispirazione.

Eppure da quando aveva incontrato Toruu, se ne era dimenticato.
Nella sua immaginazione, non cercava più due occhi azzurri, bensì due marroni come le castagne mature.

Allora aveva capito.

Forse non era amore, ma non era neanche un’avventura di breve durata, non era solo attrazione, era di più.
Se avessero avuto più tempo di quello concesso da una trasferta forse sarebbe potuto diventare qualcosa di ancora più grande. Ma, Toruu sarebbe tornato in Argentina alla fine della settimana.
Aveva parlato troppo in fretta quando aveva proposto ad Oikawa di vivere quella relazione nella maniera più intensa, senza pensieri. Lasciarsi sarebbe stato più duro di quello che pensava.
Allo stesso tempo però non c’era molto che si potesse fare, e Shoyo era quel tipo di persona che sapeva cogliere tutte le opportunità; desiderava ottenere il più possibile dalla vita. Shoyo mostrava sempre chi era agli altri e dava ciò che poteva offrire e non si risparmiava mai. Neanche in amore.
 
 
La partita di allenamento si concluse con 2-1 set per la squadra di Shoyo, con punteggio 15-10.
Si stava sforzando di andare piano, di non volere tutto e subito, di darsi il tempo di affinare la tecnica e l’abilità.  Era fiducioso visti i risultati che stavano pian piano arrivando.
«Ottimo lavoro! Giochiamo un'altra volta, okay?» disse il suo compagno mostrando la mano chiusa.
Hinata fece scontrare il suo pugno con quello dell’amico: «Contaci!»
Prese la sua borraccia per bere l’acqua e riprendere un attimo fiato. L’allenamento finiva sempre con mezz’ora di stretching, prima di tornare a casa.
 
Stava pensando a come migliorare la precisione del tiro, e valutare alcune tecniche con il coach Lucio quando sentì una voce richiamarlo.
«Ehi, Shoyo!»
Il sangue gli si gelò nelle vene.
 Non si sarebbe mai aspettato di rivederlo, Il ragazzo alto e abbronzato, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia si staccò dal gruppo con cui era.
«Oi, Boris!»

Shoyo non frequentava ragazzi in quel modo, non si faceva rimorchiare o andava in cerca di facile compagnia. Aveva avuto una relazione di tre anni che non era mai davvero finita, ora frequentava Toruu ma non aveva avuto altre occasioni.
Boris era stato, l’attimo di debolezza? Non era tanto ipocrita da fare un’affermazione del genere.  Quel ragazzo era stato gentile e lo ascoltava, gli aveva parlato di sé e della sua passione con la stessa dedizione con cui lui parlava della pallavolo. L’ammirazione lo aveva spinto a dirgli di sì. Non era accaduto un granché e sapeva che non lo avrebbe più rivisto.

«Come stai? Ma vedo che sei in splendida forma» chiese Boris ammiccando.
Shoyo annuì non sapendo che pesci pigliare: «Sì, bene, mi alleno duramente, ma…»
«Tu cosa ci fai qui?» continuò.
“Domanda idiota, è una spiaggia pubblica!” pensò rendendosi conto di aver fatto una gaffe.
Shoyo arrossì fino alla punta dei capelli però Boris non sembrò essersi offeso, perché scoppiò a ridere.
«Sono qui con degli amici, non ti sto seguendo,» rispose.
La sua voce era calda e suadente, proprio come la ricordava. La prima volta che gli aveva rivolto la parola si era chiesto se tutti i jazzisti avessero quel tipo di timbro. Lo fece a voce alta, facendo sorridere l’altro. Boris era lusingato, aveva risposto che la sua voce non era nulla al confronto di tanti altri cantanti del passato.
«Certo che no, io…» cerco di blaterare qualcosa senza riuscirci.
Al contrario di Boris, che da seduttore consumato, aveva ottime capacità oratorie. Non si era accorto del disagio di Hinata, o forse lo aveva interpretato come un invito a proseguire la sua corte.
«Non posso negare che   desideravo incontrarti.»
Shoyo non era uno stupido, né uno timido sebbene gli capitasse di sentirsi in soggezione dai tipi più alti e grandi di lui. Era maturato abbastanza da riuscire a superare le sue paure.
Quelli come Boris non erano tipi disinteressati quando facevano amicizia con gli sconosciuti. Non erano neanche tanto ben disposti ai no; facevano leva sulle insicurezze e la poca esperienza dei ragazzi come Hinata, per ottenere tutto ciò che volevano. Non gli importava davvero come si sentiva, o cosa voleva davvero.
L’espressione di Hinata cambiò, divenne serio e determinato, l’altro sembrò accorgersi del cambiamento d’atmosfera. Se prima la postura di Boris era rilassata e lasciva, ora sembrava più rigida e indecisa.
«L’altra volta eri stato chiaro, hai detto, “Nessuna seconda volta, bellezza.”» disse Shoyo.
A pensarci era una frase talmente finta, che faceva ridere. Quella sera Hinata doveva essere parecchio disperato per accettare un corteggiamento tanto squallido. Lui conosceva il significato di sentirsi amato davvero, soprattutto se avevi l’amore di Kageyama Tobio.
Boris sembrò in difficoltà, ma si riprese subito: «Non ho fatto altro che pensare a te, sei speciale Shoyo, non te lo ha mai detto nessuno?»
Hinata inclinò leggermente la testa senza rispondere alla domanda patetica.
«Potremo fare un altro giro insieme…» sussurrò ammiccando seducentemente.
 Cercò di avvicinarsi ad Hinata, afferrandogli il braccio, ma qualcosa glielo impedì, una mano di ferro gli si era posata sulla spalla spingendolo lontano dalla sua preda.
Forse fu un bene, davanti a lui c’era un corvo che aveva abbattuto un’aquila, non un agnello pronto a farsi mangiare da un lupo. D’altro canto, Oikawa Toruu sapeva essere pericoloso quanto un serpente assonagli e Boris era spacciato.
«Toruu!» esclamò Hinata sorpreso.
Oikawa lasciò la presa dalla spalla del portoghese, sorpassandolo, afferrò la vita di Shoyo prima di baciarlo sulle labbra.
«Chibi-chan eccoti qui...»  salutò con voce allegra.
 Oikawa finse di non aver notato Boris: «Hai finito gli allenamenti?»
«Devo completare lo stretching.»
«Va bene ti aspetto!»
Si voltò verso per guardare il povero malcapitato dietro di lui: «Oh, che sbadato! non ti avevo visto.»
«Chi diavolo saresti?!» sputò Boris cercando di fare la voce grossa.
Oikawa porse la mano affabile: «perdona la mia maleducazione, mi presento.»
«Mi chiamo Oikawa Toruu, sono il ragazzo di Chibi-chan.»
Il tono di voce non ammetteva repliche; una lama affilata pronta a tagliare qualsiasi cosa si fosse scontrata con lei.
Boris rimase a bocca aperta dalla sorpresa, dicendo di non sapere nulla di nessun fidanzato; cercò anche gli occhi di Hinata, ma Toruu si frappose.  Finché lui era lì non avrebbe mai permesso a nessuno, neanche di guardarlo con un’occhiata di troppo.
«Beh, credo che per te sia ora di andare, non vorremmo mai trattenerti, vero Chibi-chan?»
Hinata si avvicinò: «Non posso venire con te, ho altri impegni.»
«Lo vedo.»
«Mi ha fatto piacere rincontrarti, ci si vede.»
Boris lo salutò scappando a gambe levate. Questa volta per sempre.

A quel punto calò un silenzio surreale. Toruu sembrò volere guardare da per tutto tranne che Shoyo. Quest’ultimo, non sapeva come reagire ad una situazione tanto insolita per lui.
«Quello è Boris, vero?» chiese improvvisamente Toruu.
«Come l’hai capito?»
«Ho sentito abbastanza,» finalmente lo guardò in viso, «Immaginavo fossi corteggiatissimo, ma non mi sarei mai aspettato di trovarmi in questa situazione.»
Shoyo allarmato si affrettò a precisare: «No, non mi succede mai una cosa del genere, te lo posso giurare!»
«Voglio dire, di solito i ragazzi non ci provano con me,» afferrò la maglia di Toruu per avvicinarlo sé, «Non pensavo di rivederlo, stavo per rifiutare.»
«Lo so, non sarei dovuto intervenire, scusami,» sussurrò.
«Non devi scusarti,» Shoyo pensò che la sua intromissione gli aveva fatto piacere; «non mi ha dato fastidio.»
Toruu sorrise mesto senza lasciare trapelare nessuna delle sue emozioni: era arrabbiato? Hinata non aveva fatto nulla di male, o almeno, era quello che pensava.
«Forse sono io che dovrei scusarmi con te…» disse abbassando gli occhi sulla sabbia riscaldata dal sole. Toruu lo costrinse a guardarlo di nuovo prima di baciarlo.
«No, non hai fatto nulla di male,» gli disse dolcemente.
Hinata gli sorrise prima di cambiare argomento: «Come mai sei qui così presto?»
«Sono uscito prima dagli allenamenti perché volevo darti questo…»  Oikawa gli porse un ticket.
«Cos’è?»  Hinata gli prese il biglietto dalle mani; quando lesse il nome dell’evento lanciò un urlo eccitato.
«Non ci posso credere! Grazie mille Toruu!» esclamò saltandogli letteralmente tra le braccia.

Era in programma una partita amichevole tra i Juan Carols e una squadra di Rio. Oikawa aveva riservato un posto per Hinata.
Avrebbe potuto vedere una partita dal vivo dopo parecchio tempo; osservare giocatori di alto livello giocare era un'altra opportunità per lui di crescere.
Oikawa gli baciò il collo, stringendolo ancora di più a sé, e Shoyo si abbandonò in quella stretta così forte e gentile, ispirò il suo profumo diventato così famigliare.
 
Si trovava sulla spiaggia tra le braccia di Toruu felice per un pensiero, un gesto che significava tutto.

«Farò in modo di esserci, te lo prometto!»
«Ci conto, Chibi-chan,» gli accarezzò il viso, «la partita è prevista per il giorno prima della mia partenza…» disse con una nota di tristezza nella voce.
Hinata gli prese la mano che si era fermata sul suo viso: «Lo so, ma non mi pento di niente.»
«Non si tratta di questo, è più sapere se tutto questo ti mancherà,» disse Toruu, «perché a me mancherà.»
Hinata annuì: «anche a me mancherà ma piuttosto che non vivere affatto preferisco farmi male.»
Gli strinse la mano con più forza, fissando il suo sguardo con quello di Toruu, sperando di trasmettere tutto ciò che provava anche attraverso il contatto fisico. Nessuna frase avrebbe potuto bastare.
«Devo ancora capire questa cosa tra di noi,» disse determinato, «ma vorrei che non finisse mai.»
Tra la realtà e i desideri poteva esserci un abisso insuperabile tanto che l’unica opzione possibile era arrendersi al destino. Potevi decidere di rischiare vivendo nonostante la sventura e la mala sorte, oppure fuggire sperando di non essere rincorsi dai rimpianti.
«Abbiamo avuto una possibilità, e voglio goderla fino in fondo, Toruu,» fece una pausa, ingoiò a vuoto, «se tu non vuoi, capirò.»
Gli occhi di Oikawa brillarono di una luce particolare: «Certo che voglio, Chibi-chan; non importa quanto durerà, quello che conta è che siamo in due.»
 Hinata annuì con convinzione: «Sì, sì!»
 
 
Gli addii era una brutta cosa, se avessero potuto gli avrebbero cancellati dalla faccia della terra. Però per ogni fine c’era un nuovo inizio, le partenze prevedevano anche ritorni. La vita non aveva un solo binario, quello che dovevano fare era saltare e prendere il treno.
Forse avrebbero dovuto lasciarsi, ma non era forse vero che, si erano incontrati dopo quattro anni quando meno se lo erano aspettati?
Sia Shoyo sia Toruu sapevano che, prima o poi, si sarebbero rivisti. E forse sarebbe stato per sempre.


Risa Notebook

 
Troppo triste? Troppo sdolcinato? Quello che spero di essere riuscita far passare il messaggio. Sia Hinata che Toruu provano qualcosa di più ma non hanno tempo per coltivarlo. Questo è di certo triste, ma le relazioni sono una cosa bella e importante, portano sia dolore che felicità.
 
Non è ancora finita qui, ci sono ancora un sacco di sorprese! Ho delle chicche in lavorazione. Perciò restate sintonizzati!
Spero vorrete lasciarmi le vostre impressioni,
 
Kiss
 
Risa

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo cinque


 
 
 
 
 
L’infrangersi dell’acqua sulla sabbia e il verso dei gabbiani, era la colonna sonora che accompagnava Toruu e Shoyo mentre camminavano in riva al mare.
Il cielo era tinto di una tonalità accesa di rosa che andava confondendosi con il blu, sempre più scuro, della sera che si stava avvicinando.
Toruu osservava la nuca rossa di Shoyo mentre camminava ad un passo davanti a lui fischiettando una canzone a lui sconosciuta.
I capelli di Hinata erano insoliti per un ragazzo giapponese perché erano chiari ed accesi.
Oikawa si ricordò di un commento che una volta aveva letto sbirciando uno dei manga di sua sorella: “desiderava ardentemente accarezzare i suoi capelli rossi come un tramonto estivo.”
L’aveva trovata la cosa più ridicola che avesse mai sentito, e ripensandoci non aveva cambiato idea. Era stupido perché i capelli di Shoyo non assomigliavano affatto ad un tramonto.
La tonalità di rosso di Shoyo era luminosa e virava verso l’arancio, molto simile al colore dei mandarini.  I capelli di Hinata non gli ricordavano un sole che moriva, ma il sole che picchiava nel punto più alto del cielo, nel giorno più lungo.
Poi di botto tornò alla realtà: “Cosa diavolo mi passa per la testa?”
 Rise beffardo il suo grillo parlante: “Da quando ti sei innamorato?”   
La risposta era così ovvia e chiara e non c’era nulla di cui stupirsi. Provare tanta gelosia qualche ora prima aveva acceso una nuova consapevolezza che Toruu aveva cercato di ignorare, tentando di trattenere l’inevitabile spegnendo le fiamme con una misera coperta. Prima cercando di mantenere le distanze facendo finta di non essere attratto da Hinata, poi, ripetendosi che presto sarebbe tutto finito e lui sarebbe stato bene.
Oikawa era un pessimo bugiardo e uno stupido.
Toruu non vedeva Hinata, lo scrutava cercando di memorizzare il più piccolo dettaglio, non lo sentiva ma lo ascoltava cogliendo ogni vibrazione della sua voce come mai prima di allora aveva fatto con qualcuno. 
«Che pensi?»
Hinata aveva reclinato la testa verso di lui quasi a sfiorargli la camicia azzurra; gli sorrise, «Ti piace il tramonto brasiliano?»
«È molto suggestivo.»
In realtà, in quel momento, il tramonto brasiliano era l’ultimo dei suoi pensieri. A lui importava solo tenersi Shoyo per sé per il resto dei suoi giorni.
Shoyo accordò il suo passo con il suo, affiancandolo e in silenzio, gli prese la mano.
Hinata limitava la calma al campo di gioco, nei momenti in cui la partita esigeva tutta la sua concentrazione; diveniva il predatore fermo nell’ombra che aspettava la sua preda.  Il resto del tempo era energico e vivace.
Toruu non sapeva cosa aspettarsi da quella calma improvvisa, una tempesta in arrivo? Un colpo basso che lo avrebbe fatto capitolare?
Arrivati in una insenatura costellata di scogli neri che assomigliavano a meteoriti, Shoyo sorrise: «Non so molto di te, raccontami qualcosa!»
L’attacco era iniziato veloce trovando Toruu, completamente impreparato.
«Di che tipo?»
«Il tipo di musica preferita, il genere di film, per esempio, ami i fumetti?»
Toruu senza pensarci troppo rispose: «Musica giapponese, amo molto la fantascienza, star teck, Star war…»
«Wow, sul serio?!» esclamò Shoyo con gli occhi che brillavano per il divertimento.
«Non è…» Toruu cercò di tirarsi fuori dall’imbarazzo, «mi piacciono non che impazzisca per loro.»
Non poteva certo raccontargli della sua piccola collezione di pupazzetti, o di navicelle che conservava insieme alle pile di riviste sulla pallavolo.
«È figo invece,» Shoyo rafforzò la stretta sulla sua mano, e gli occhi brillarono ancora di più sotto la luce del sole che moriva.
«Non ho mai visto nessuno film ma mi piacerebbe farlo,» continuò quasi sopraffatto dall’emozione, «potremmo guardarli insieme un giorno?»
Se avesse potuto gli avrebbe consegnato l’universo infiocchettato, con tutte le stelle e i pianeti, altroché.
 
Toruu si protese per baciarlo, Hinata ricambiò il suo bacio felice mordendogli il labbro inferiore, prima di approfondire il bacio.
Dapprima, cercava disperatamente un contatto più intimo, ma sfuggiva via quando Toruu cercava di accontentarlo. Giocavano acchiapparello: quando la lingua di Hinata toccava la sua, era lui che doveva rincorrerlo per avere il suo premio.
Un bacio lento, mille baci più brevi ed urgenti, poi di nuovo tornavano ad assaporare il gusto di una lenta agonia.
Il suo unico sole era un demone affamato travestito da angelo, pronto a mangiarsi la sua anima, a piccoli morsi, bacio dopo bacio.
 
«Ti va di dormire da me, sta sera?»
Toruu rispose leggermente stordito: «ok…»
 Cercò le labbra di Hinata, ma lui si spostò ridacchiando: «È ora di far festa!»
 
***
 
 Sulla spiaggia avevano allestito un gazebo di legno ricoperto da un sottile velo bianco e da rami d’edera come pista da ballo, la band suonava su un palchetto lì accanto e ovviamente un chiosco vendeva rum ed altri alcolici ai ballerini assetati dallo sforzo e dal caldo.
Le luci della città che si intravedevano sullo sfondo, il mare ormai scuro rendevano quel posto ancora più incantevole.
Rio sapeva accogliere nelle sue braccia amorevoli, scuotere con i ritmi incalzanti della musica, incantarti con le sue bellezze. Si era trovato più volte a pensare che, non gli sarebbe dispiaciuto viverci, magari trovarsi una squadra con cui fare un contratto…ma Oikawa era un tipo troppo fedele per lasciare i suoi compagni di squadra, abbandonare i legami creati in Argentina, là aveva trovato il modello di gioco a cui aspirare, quello che lo aveva fatto innamorare della pallavolo senza che questo amore si spegnesse mai.
Eppure lì, a Rio, aveva fatto tabula rasa un'altra volta, era stato di nuovo ricondotto alle basi della pallavolo e aveva trovato ancora di più.
 
Hinata cercò più volte di convincerlo a buttarsi in pista senza nessun risultato; decise quindi di provare con il rum.  
Neanche quello servì; dopo aver bevuto due bicchieri Toruu non voleva cedere alla richiesta.
«Il grande Re è uno timido!» lo prese in giro ghignazzando, felice di avergli trovato un punto debole.
«Non è quello!»
Hinata continuava a sostenere il contrario ma, ad un certo punto, venne colto da un dubbio a cui non aveva pensato.
«È perché siamo due uomini?» chiese prima di affrettarsi a rassicurarlo, «non è un problema, non ti avrei portato qui se non fosse sicuro.»
Nei suoi occhi poteva leggere il dispiacere di non aver riflettuto abbastanza dando per scontato qualcosa che, purtroppo ancora non lo era.
«Oh no, Chibi-chan, di quel che pensa la gente non m’importa,» Toruu si grattò una guancia, «è che non so ballare.»
La reazione di Shoyo fu fulminea, non gli diede tempo di rendersi conto, che già si trovavano in pista avvinghiati l’uno all’altro.
«Lasciati guidare, vedrai che è facile!»
Scoppiò a ridere cercando di imitare quello che l’altro faceva.
Il corpo rilassato, il busto leggermente proteso in avanti: un passo indietro, un passo di lato, un passo davanti, poi di nuovo da capo.
«Non guardarti i piedi, guarda me.»
Quello poteva farlo.
Un po’ goffo, non tanto sicuro come avrebbe desiderato, Toruu danzava lasciandosi guidare dal suo compagno e dalla musica.
Tra un riso e l’altro si muovevano sulla pista acquistando via maggiore scioltezza e minor imbarazzo.  Si divertirono così tanto che ballarono un altro pezzo e un altro, ogni tanto si riposavano preferendo osservare le altre coppie ballare prima di riprendere a scatenarsi.
  «Ti sta piacendo, eh?»
Toruu strinse la presa su Shoyo mentre ballavano: «E’ più facile di quanto pensassi e poi…»
«E poi?»
«Ho avuto un insegnante niente male!» disse Toruu.
Shoyo scoppiò a ridere fermandosi quando la canzone finì. Alcuni ballerini rimasero, altri si allontanarono lasciando il posto ad altre coppie che aspettavano a bordo pista.
«Ti va di andarcene?» chiese
«Sì, credo sia ora…»
Oikawa non si ricordava l’ultima volta che si era ubriacato, non pensava di esserlo mai stato.  Neanche quella sera aveva ecceduto con i bicchieri, ma non riusciva a trovare nessun’altra parola che descrivesse il suo senso di abbandono, l’euforia che aveva in corpo.
Ci si poteva ubriacare di felicità?
 
Arrivati alla porta dell’appartamento di Hinata, questo gli fece segno di non fare rumore. Non voleva disturbare il suo inquilino semmai fosse stato a casa.
Shoyo sbirciò dentro prima di fargli cenno di venire avanti; il salotto era buio, lo afferrò per il polso per guidarlo verso la sua stanza.
Durante il tragitto inciamparono nel divano, poi urtarono un tavolino facendo quasi cadere la grossa lampada posizionata sopra.
Scoppiarono a ridere rumorosamente dimenticandosi completamente che, in quel modo, avrebbero potuto svegliare Pedro se non tutta la palazzina.
«Forse è il caso di accendere le luci, Chibi-chan»
Hinata ridacchiò per l’imbarazzo: «Non ci ho proprio pensato.»
Un attimo dopo la stanza si riempì di luce.
Shoyo aveva le labbra turgide, gli occhi lucidi e i capelli scompigliati più del solito, sembrava malfermo nelle gambe, sebbene la colpa era imputabile al rum, preferiva dare la colpa a sé stesso e alla lunga pomiciata che avevano avuto fuori poco prima.
«Vieni, la mia camera è la seconda a destra.»
 
***
Il giorno dell’amichevole arrivò, Oikawa sarebbe partito il giorno dopo.
Hinata e Oikawa avevano passato ogni secondo del loro tempo libero insieme, giocando a beach volley, facendo l’amore, oppure ridere e parlare.
Shoyo sentiva che non poteva bastare.
Strani pensieri si stavano facendo strada nella testa di Shoyo, come calcolare la distanza tra Rio e San Juan.
Aveva anche cercato su Google Maps, “Siano benedetti gli smartphone”, talmente convinto che il Brasile e l’Argentina fossero vicine.
Pensieri che aveva deciso di condividere anche con Toruu mentre stavano cenando la sera prima dell’amichevole.
Oikawa sputò l’acqua che stava bevendo per evitare di strozzarsi: «Cosa hai detto?»
Hinata non si sentiva più sicuro di quello che stava dicendo ma continuò lo stesso: «Sono solo quattro ore di volo, potremmo organizzarci se vogliamo…»
«Non credo di aver compreso, Chibi-chan, di cosa stiamo parlando?»
Tutto di un fiato Hinata espresse il suo piano: «tra Rio e Buono Aires ci sono tre ore di volo, poi potrei prendere un altro che mi porterebbe a San Juan in un’ora, è fattibile.»
Toruu aveva capito benissimo il senso del discorso, ma qualcosa si era spento nel cervello, dovuto ad un’esplosione nucleare che aveva disintegrato i suoi neuroni.
Shoyo stava pensando di venirlo a trovare, di continuare quella relazione nonostante tutto?
 Doveva chiedere per esserne sicuro: «Vuoi venirmi a trovare?»
«Sì, No…» Shoyo sembrava nel pallone, si diede due schiaffi in faccia prima di proseguire, «Non è solo quello, penso che possa funzionare tra noi, non dobbiamo mollare!»
Toruu sorrise dolcemente, spostò una ciocca rossa dalla fronte di Hinata, felice e disperato al tempo stesso; avrebbe tanto voluto potersi illudere che quella bugia fosse la verità, ma davanti a lui vedeva solo un muro immenso. La sola forza di volontà, in quel caso, non sarebbe servita.
«Non sai quanto questo mi faccia felice,» disse Oikawa.
Hinata lo interruppe più entusiasta di prima: «Davvero? Perché io non voglio rinunciare a nulla, né alla pallavolo né a te!»
Aveva rinunciato a Tobio un anno prima convinto che avrebbe dovuto mettere tutto sé stesso per migliorarsi come giocatore.  Non avrebbe perso Tobio perché si erano ripromessi di rimanere insieme fino alla cima del mondo. Ma non erano stati codardi? Avevano lasciato da parte i loro sentimenti per eliminare una complicazione dolorosa.
Non sempre la strada più facile è quella giusta.
 «Lo so, ma non sempre possiamo scegliere.» disse il grande re.
«Non rimarrai a Rio per sempre, ma non è il punto più insidioso,» Toruu strinse con forza la bottiglietta che teneva in una mano, «gli allenamenti, i tornei impiegano la maggior parte del nostro tempo e delle nostre energie, ammesso di riuscire a vederci qualche volta, sarebbero incontri brevi ed insignificanti.»
Oikawa parlava senza prendere fiato arrabbiato con il destino perché gli stava togliendo una delle cose più belle della sua vita.
«Ne varrebbe la pena…» sussurrò Shoyo.
Con il cuore spezzato Toruu rispose: «Ogni secondo, ma finirebbe per farci ancora più male.»
Hinata non seppe ribattere.
 
 
***
 
Shoyo arrivò al palazzetto in largo anticipo; aveva chiesto un permesso al lavoro ed ora si trovava lì ad aspettare che la partita iniziasse.
 In passato aveva avuto il terrore di dover rimanere ad osservare il match da fuori campo.
Hinata aveva tante cose da fare e così poco tempo per farle. Perché andare a casa quando avrebbe potuto allenarsi fino a tardi? Perché poltrire sul letto anziché cercare di apprendere nuove tecniche per rimanere in campo? Doveva giocare il più possibile, fosse schiacciare, ricevere, murare, la sua fame era insaziabile.
Sottovalutava l’importanza di essere un raccattapalle fin a quando non vi era stato costretto.
Prendersi il tempo per osservare e decidere la strategia era la fondamentale regola che aveva appreso durante il campo di allenamento alla Shiratorizawa.
Osservare il campo da fuori gli aveva aperto un mondo nuovo davanti agli occhi, una fonte di informazioni preziose che, mentre era in campo aveva ignorato.
L’idea di fermarsi per giocare a beach-volley era nata grazia a quell’esperienza. Era andato in Brasile perché aveva sentito la necessità di dedicarsi al perfezionamento di ciò che aveva imparato al club di pallavolo senza andare di fretta.
 
Gustò ogni singolo minuto della partita di Toruu, prese appunti mentali sugli schemi e sulle tecniche utilizzate dai giocatori.
A fine partita scese dagli spalti e raggiunse il campo grazie ad un pass che Oikawa gli aveva dato la sera prima.
«Ecco, Chibi-chan,» lo accolse Toruu con un sorriso sornione facendogli segno di avvicinarsi, «non essere timido!»
Riuscì ad ottenere qualche autografo, parlare di pallavolo con diversi giocatori del Juan Carlos, prima di tornare a casa.
In mezzo a giocatori professionisti alti e grossi il doppio di lui, Shoyo era nel suo elemento naturale. Riusciva sempre a brillare più degli altri con la sua sola presenza.  Anche se non stava giocando ma chiacchierando allegramente come un qualsiasi fan di fronte al suo idolo.
Oikawa voleva ricordarlo così nella mente, vivace e sorridente come un bambino a natale. Niente espressioni tristi, niente addi, solo arrivederci.
Shoyo glielo aveva promesso.
***
 
 Le ruote della valigia facevano rumore mentre Toruu lo trascinava sulle pietre della strada.
Hinata camminava accanto a lui portandosi la sua bicicletta dietro: dopo aver accompagnato per un tratto Toruu, sarebbe andato diretto a lavoro.
 
Oikawa respirò profondamente prima di tendere la mano: «Va bene, prediti cura di te, Chib… Shoyo.»
Non aveva mai chiamato il ragazzo con il suo nome, uno stupido modo di rimanere impenetrabile, ma oramai era inutile.
Gli occhi di Hinata si riempirono di lacrime ricambiando la stretta: «Signorsì, grazie!»
«Sono io che ti ringrazio.»  
«Tornerai a casa tra due anni giusto?»
«Sì.»
«Io…» Oikawa cercò le parole per quell’addio ma si rese conto che non lo era per davvero, perciò concluse con l’unica verità che conosceva.
  «Vi batterò tutti, quindi preparati.»
«Sì!»
«Cerca di sembrare più spaventato, comunque ci vediamo!»
Toruu si voltò per proseguire ma un richiamo lo fermò sul posto; Hinata lasciò cadere la sua bicicletta e corse verso di lui, in mezzo alle strisce pedonali, un ultimo sfiorarsi delle labbra: «Non è la fine, te lo prometto.»
 
 
OLIMPIADI TOKYO 2021
 
Gino e Gabriel, meglio conosciuti come “I fratelli pagami una birra”, se ne stavano belli comodi, seduti ne loro salotto, guardando le olimpiadi di pallavolo.
Tutto il mondo aveva superato le difficoltà ed aveva vinto.
Prima del fischio d’inizio di Argentina- Giappone, la telecamera immortalò un abbraccio fra due giocatori ben conosciuti a i due fratelli.
«Guarda, è Ninja Shoyo, e quello è…» esclamò Gino.
 Però fu Gabriel a riconoscere Oikawa per primo: «Ken Wankenabe*!»
Nessuno poteva immaginare cosa significasse davvero quell’abbraccio.
 Stretti ‘uno all’altro, Toruu e Shoyo sorrisero.
 
 
*Oikawa si presenta così quando i fratelli delle bevute sfidando lui e Shoyo, nella ff non l’ho specificato, ma mi piaceva troppo la scena che c’era nel manga per modificarla. ^.- 

 Risa notebook

E finalmente siamo giunti alla fine di quest'avvetura; con un grande e imperdonabile ritardo, sono riuscita a scrivere la parla fine. Me ne scuso: purtroppo ho avuto un momento di crisi con la trama, tendo ad essere lenta ed incostante  e  come se non bastasse ,mi sono ammalata e non ho potuto scrivere per parecchio.  
Ala fine credo di essere riuscita a raggiungere l'obbiettivo finale, questa fine era l'unica sensata per me. Non è un lieto fine ma neache un finale triste. Forse è rimasto qualcosa in sospeso (mea culpa perchè faccio programmi, m'impongo una scaletta ma non rispetto mai), ma ho in mente di raccontavi un altra storia legata a Whipstich.
Perciò rimente sitonizzati!
Kiss
Risa



 

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