Il tatuaggio

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** .5. ***
Capitolo 6: *** .6. ***
Capitolo 7: *** .7. ***
Capitolo 8: *** .8. ***
Capitolo 9: *** .9. ***
Capitolo 10: *** .10. ***
Capitolo 11: *** .11. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


“Ehi?? Qualcuno qui ha decisamente un morale nero!!”
“Nero è niente, Jensen.” replicò, decisamente infastidito il giovane, al compagno appena rientrato in casa.

Jensen, 31 anni, restauratore con un laboratorio ben avviato. Castano tendendo al biondo , capelli corti non per moda ma per comodità, come diceva lui. Occhi verdi brillanti , pieni di vita, il più delle volte ..impertinenti. O come gli ripeteva spesso il suo compagno, strafottenti. Amava la storia dell’arte, i musei e poi quasi come un paradosso, il rock classico a tutto volume che ascoltava soprattutto mentre lavorava.
Jared, 28 anni, laureato in architettura. Profondamente appassionato di ogni ambiente potesse essere costruito o riportato in vita. Al contrario di Jensen, i suoi capelli arrivavamo quasi alle spalle, più castano del primo. Gli occhi di un colore indefinito, quasi ambrato. Di un’espressione dolce, a tratti fanciullesca, da cucciolo.
Occhi che erano stati la rovina di Jensen!

Si erano conosciuti tre anni prima, quando il Comune di Austin li aveva richiesti per riportare ai fasti della sua gloria il vecchio teatro della città. I loro sguardi si erano incrociati, si erano capiti immediatamente. Si erano avvicinati uno all’altro, comunque, con cautela. Ma quando, una sera, a causa di una cena di lavoro, Jensen aveva riaccompagnato Jared a casa perché la sua macchina lo aveva mollato, tutto era scoppiato. L’incantesimo dell’amore li colpì in pieno.
Le mani si sfiorarono. Le labbra ne seguirono l’esempio subito dopo.
Da quel bacio a tanti altri e oltre , fu un battito di ciglia.
Da quell’ “oltre” di quella notte, il passo a vivere insieme, fu breve.
E da vivere insieme a quello che stava per accadere, lo fu ancora meno!!

“Come mai?!” chiese con aria innocente il maggiore.
“Come mai????….mi hai dato buca e non solo per l’appuntamento di ieri sera , ma per tutta la giornata e credimi, le scuse che mi propinavi al telefono sapevano di stronzate anche senza guardarti in faccia!!” lo ammonì il più giovane.
“Senti...non è come...”
“Se ti azzardi a dire “non è come credi” giuro che ti prendo a pugni.” lo mise in guardia , Jared, furente.
“Ok! Non è come credi!” ribattè impertinente, comunque, Jensen, che adorava indispettire il compagno.
“Jensen!!” lo richiamò minaccioso. “Lo sai che non sono un tipo ossessivo o possessivo, ma purtroppo per te e sfortunatamente per me, sono maledettamente geloso e...”
“E spiegami la differenza qual’è?!” continuò ironico.
“Ackles, stai rischiando!!”, replicò minatorio, sforzandosi di rimanere seduto a quel divano per non peggiorare la situazione. “Quindi dimmi perché mi hai piantato in asso ieri per tutto il giorno, così mettiamo fine alla storia. Che sia nel bene o nel male.”
Jensen si alzò dalla sedia su cui si era messo e iniziò a sfilarsi la cinta dei pantaloni.
“Forse non ci siamo capiti. Non mi serve questo….e poi non è nemmeno aria, Ackles.”
“Sicuro?!” azzardò facendo oscillare lievemente il bacino.
“Sicuro, quanto è vero che….” ma Jensen non si fermò e iniziò a sbottonarsi i jeans e ad aprirli lentamente fin quando al di sotto non fu possibile intravvedere l’intimo di cotone. “Jensen...smettila. Non è così che risolveremo tutto!”
“Hai detto che vuoi delle risposte e qui sotto ho la risposta a tutti i tuoi dubbi!” ammiccò malizioso, il biondo.
“Una battuta volgare e un improvvisato spogliarello è la soluzione a tutto?” domandò sarcastico Jared.
“Credimi...lo sarà!!” convenne convinto, l’altro.
“Jensen, falla fin...” ma non finì la frase poiché il pantalone di Jensen cadde lungo le sue gambe , lasciandole scoperte e lasciando un punto ben preciso in bella mostra.
Jared spalancò la bocca dalla sorpresa.
Alzò lo sguardo su quello soddisfatto e sorridente del compagno. “Ma che hai…..fatto??!” quasi balbettò.
Jensen, per comodità, si scalciò via i pantaloni e si avvicinò all’altro. Si sporse appena verso di lui, solo con il bacino , quasi come a mettersi in mostra.

Sul lato destro, appena sulla linea iliaca, tra inguine e ventre, una scritta campeggiava nera ma con i bordi ancora appena arrossati: Jared

“Che ti è saltato in mente, Jensen??!” esclamò , sporgendo le dite timorose di toccare quel nome.
“In effetti, nello studio del tatuatore in cui sono andato, lui stesso non era molto convinto di assecondarmi. Continuava a dirmi che i nomi dei partner sono facili da tatuare , difficili da togliere se qualcosa dovesse andare male.”
“Non ha tutti i torti. Se noi dovessimo, un giorno….”
“Mai. Jared, mai!” lo fermò deciso. No, decisamente, serio, Jensen.
“Jensen!” colpito da quella convinzione. Bellissima dolcissima convinzione.
“Ti amo talmente tanto, in un modo talmente assurdo che so per certo che se un giorno, il destino, dovesse dividerci, per me , non ci sarà nessun altro. Ti ho dato tutto e continuerò a farlo finché potrò. Quindi ...che altro potrei dare a chi dovrebbe o potrebbe esserci dopo di te.”
“Io….” decisamente e meravigliosamente confuso.
“Ti piace?!” fece poi Jensen, per spezzare la palese e forte emozione che stava investendo il giovane compagno in quel momento.
“Io...sì..sì...ma perché qui?!” fece sfiorando appena e con delicatezza quella piccola porzione di pelle quasi diafana.
“Non mi serviva un tatuaggio per far sospirare chiunque lo vedesse o per sentirmi dire “oh che romantici, oh che dolci!!”, volevo qualcosa che solo tu potessi vedere. Qualcosa che ti facesse capire il modo in cui ormai ti appartengo, in cui ti amo. In cui voglio appartenerti e in cui voglio amarti. Completo, indelebile, resistente al tempo!”
Jared lo guardò. Incapace di dire qualsiasi cosa.
“Ti prego, dì qualcosa!!” fece, un attimino in ansia, Jensen.
Le lacrime questa volta riempirono gli occhi di Jared, quasi senza che lui se ne rendesse conto.
“Non….non ci riesco….mi dispiace...non ci riesco.”
“Jared!!!” sussurrò il biondo pensando di aver sbagliato sia nel gesto che nelle parole.
“Dio, Jensen….come posso dirti solo “ti amo anche io!” dopo….questo. Dopo quello che mi hai detto. Non so...non so cosa dire perché so che, almeno per il momento, non esistono parole per eguagliare il modo in cui io amo te e in cui ti sto amando in questo momento.”
Jensen si illuminò di gioia e gli sorrise sollevato e felice.
“Allora non dire niente. Vieni qui e baciami!!”

Amarsi quella notte, fu intenso, profondo. La manifestazione dell’amore più vero, sia di quello fisico che mistico.
Jensen lasciò che Jared si prendesse cura di lui, baciandolo, carezzandolo, lasciando che le sue mani esplorassero il suo corpo con cautela e gentilezza su ogni parte di lui e quando quelle mani raggiungevano posti bollenti, il corpo del biondo reagiva esattamente come Jared voleva. Si inarcava meravigliosamente, spingendosi contro il proprio di corpo eccitato.
Jensen lo abbracciò , stringendoselo vicino, perché tutto quello che voleva era sentire Jared vicino a lui, su di lui e il più presto possibile, dentro di lui. Ne aveva bisogno. Un disperato bisogno. Perché solo con Jared accanto alla sua anima, Jensen si sentiva completo, al sicuro. In Paradiso.
“Ti prego...ti prego...Jared...finirò per bruciare….se tu...tu….”
“Mi vuoi, amore mio?!” azzardò ansimante ma malizioso, l’altro, che non smetteva di accarezzarlo e lambirlo nella sua più segreta intimità.
“Non c’è niente e nessuno che io voglia quanto te. E mai ci sarà!” disse tutto di un fiato perché aveva paura che un solo movimento di dita di Jared, gli avrebbe spezzato il fiato. Cosa che accadde quando, compiaciuto, Jared flettè appena le dita che stavano docilmente lavorando dentro il corpo di Jensen.
“Dio!!!!” esclamò ansimante il biondo. Spingendo la testa contro il cuscino.
“Non essere blasfemo!!”
“Ti odio!” sibilò tra i denti , Jensen, ormai al limite della sopportazione.
“Non è vero. Tu mi ami!” replicò convinto Jared e stava per “infierire” di nuovo quando, un movimento di Jensen, lo colse di sorpresa.
Il biondo lo afferrò per le spalle e lo spinse contro il materasso. Un secondo dopo, Jensen gli si sedette a cavalcioni, stringendo le cosce ai fianchi del giovane e muovendosi in modo preciso così da far combaciare bacino contro bacino, mentre la virilità di Jared si arrischiava pulsante tra le natiche del biondo e quella di Jensen, vibrava mentre il ventre caldo di Jared la carezzava sensualmente.
“Ora sono io ad odiare te!!” scherzò Jared, bloccato in quella maniera erotica dal compagno.
“Non è vero. Anche tu mi ami!” e con un leggero movimenti di fianchi e lasciando che le sue mani lavorassero dietro la sua schiena, Jensen fece in modo che Jared potesse conquistarlo.
Si issò appena, inarcandosi appena, sussultando appena, scendendo lentamente , di nuovo verso il corpo bollente e tremante dell’amante.
“Dio!! Jensen…..cosa...cosa sei!!!” ansimò sopraffatto dal piacere, Jared, mentre Jensen, che in quei gesti aveva gettato la testa indietro per godersi la loro unione fisica, riportò lo sguardo sul compagno.
“Sono solo uno che ti ama e che vuole essere amato da te!” sussurrò, ansimando affannato a causa della presenza cocente dentro di lui, che richiedeva ogni parte del suo corpo.
“Ti amo!” allora disse Jared, in un sussurrò, ma con una tale convinzione e forza, che a Jensen tremò il cuore.
Non servì altro perché quella danza d’amore avesse inizio. Jared poggiò le proprie mai sui fianchi ben torniti e muscolosi di Jensen, così da poter accompagnare e assecondare i movimenti del compagno. Jensen con movenze lente e meravigliosamente sinuose per un fisico maschile , muscoloso come il suo, ondeggiava il corpo così da permettere a Jared di conquistarlo completamente , profondamente.
E andò avanti così, fin quanto i loro ansimi, i loro affanni, divennero dei veri e propri gemiti di piacere e fu in quel momento che la romantica dolcezza si unì alla più mera e cocente passione.
I movimenti divennero più concitati, più ritmici, a volte scoordinati , a seconda del piacere che li attraversava da fin dentro le viscere e fu quando tutto divenne insopportabile , che Jared, con un colpo di reni, si issò a sedere e si strinse forte al corpo lucido di sudore di Jensen. Si abbracciarono, forte, fin quasi a farsi male. Si scambiarono un bacio quasi disperato quando capirono che non sarebbero andati oltre l’ennesima spinta. Jensen allacciò le sue braccia al collo di Jared; Jared strinse le sue di braccia attorno al busto di Jensen e in quell’abbraccio che sapeva tanto di “non lasciarmi mai”, i due raggiunsero l’acme di quel piacere. Respirando a fatica uno il respiro dell’altro. Sussurrando flebilmente uno il nome dell’altro. Cedendo con una pacata dolcezza uno nelle braccia dell’altro.
Fin quando non si ritrovarono di nuovo sdraiati uno accanto all’altro. Sorridenti, appagati. Innamorati. In Paradiso.


Passò quasi un anno da quella dichiarazione. Un anno fatto di amore, litigi e riappacificazioni. Anche piuttosto passionali riappacificazioni.
Ma quel loro vivere amandosi come sentivano di doversi amare, li legò ancora di più. Il loro non sembrava essere solo un amore idilliaco, ma una simbiosi chimica difficile da controllare. Doveva essere così.
Jensen si divideva tra il suo lavoro di restauratore e il dare una mano, specie nel periodo delle dichiarazioni, nell’ufficio contabile del padre. Jared invece aveva ingranato con il suo lavoro di architetto.
Stavano bene. Davvero bene.

 

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Capitolo 2
*** .2. ***


E un pomeriggio , dopo che la passione era scattata, vissuta e poi spenta, come a volte accadeva, Jared e Jensen erano ancora uno tra le braccia dell’altro, nel loro letto.

Il biondo, poi, all’improvviso, accortosi dell’ora, era scattato in piedi, rivestendosi in fretta.

“Ehi??!” lo richiamò stranito Jared. “Che succede? Dove vai?”

“Devo andare in città. Devo lasciare la mia macchina al meccanico e poi passare ad un negozio per una commissione.”

“Ma se lasci la macchina come torni? Devo venirti a prendere?” fece mettendosi seduto al centro del letto.

“No, mi riaccompagnano i miei. Devono andare qualche giorno fuori città e passano di qui, quindi...tranquillo!” lo rassicurò, mentre si riallacciava i jeans.

“Che commissione devi fare?!” chiese poi curioso.

“E’ un segreto!” rispose, facendogli l’occhiolino.

“Ma dai, Ackles!! sai che ora che mi hai detto così, ti darò il tormento fin quando non sputerai il rospo!” lo minacciò bonariamente, l’altro.

“Sì, lo so. Ma sarà divertente vederti provare!” ghignò Jensen.

“Oh andiamo….smettila e dimmi tutto. Risparmieremo tempo ed energie entrambi!!” replicò convinto.

“Ok! Ma ad una condizione!” si arrese Jensen.

“Quale?!” concesse il giovane, incrociando le braccia al petto.

“Che tu rimanga lì, dove sei.”

“Ok!”

“Nel nostro letto.”

“Ok!”

“Nudo!” precisò Jensen, molto poco malizioso.

“O..k!” sospirò il compagno.

Jensen si avvicinò ai piedi del letto e si chinò appena verso il volto di Jared che lo guardava rapito.

“Devo andare a ritirare il tuo anello di fidanzamento e quando tornerò ti chiederò di sposarmi!” disse sottovoce, come se volesse che quella rivelazione rimanesse segreta tra loro due.

Gli occhi di Jared si fecero grandi e stupiti. La bocca si schiuse appena per la sorpresa. Il suo cervello andò in panne per infiniti secondi, poi ritornò lucido e mise a fuoco quello che Jensen gli aveva appena detto.

“Tu vuoi...”

“..sposarti?...Sì. Da quando ti ho conosciuto e mi sono innamorato!” confessò dolcemente.

“Ci siamo conosciuti 5 anni fa!” sembrò ricordare ad entrambi, Jared.

“ Sì, quindi immagina quanto tempo ho avuto per pensare al tuo anello e alla proposta che ti farò quando tornerò.” disse, baciandolo prima che l’altro potesse rispondere qualcosa e poi andando via.

Jared rimase per lunghi minuti a fissare la porta di casa loro e da cui Jensen era uscito sorridendogli. Un sorriso quasi ebete sulle labbra, nel cuore una gioia immensa. Nella mente la consapevolezza dell’amore infinito che provava per Jensen.

“Ogni storia ha un inizio, un mezzo e una fine. Così come la nostra. Ma anche se è così che vanno tutte le storie, io so, io so..” ribadì con decisione. “..che non è così che andrà la nostra. La nostra non avrà mai fine, Jared. Ed è per questo che ora esco e vado a prenderti il tuo anello di fidanzamento” e andò via , non prima di averlo baciato, lasciandolo definitivamente senza parole, al centro del letto, a causa dell’emozione che ormai aveva bloccato la gola del più giovane.

Si riprese un secondo dopo e..

“Ti dirò di sì, Ackles!!” gridò sapendo che Jensen era ancora nel corridoio.

Infatti…

“Lo so!” arrivò la risposta.

 

Quando ormai si erano fatte le nove di sera, Jared iniziò a preoccuparsi, anche perché Jensen non rispondeva al telefono.

All’improvviso , qualcuno bussò al loro appartamento. Jared andò ad aprire pensando che fosse finalmente Jensen e che come spesso accadeva, avesse dimenticato le chiavi.

Sorrise.

“Hai dimenticato di nuovo le…..” disse mentre apriva la porta, ma quelli che si trovò di fronte non furono gli occhi verdi di Jensen, ma quelli seri e scuri di un agente di polizia. Il sorriso sparì immediatamente dalle sue labbra. “Che succede?!” chiese già in ansia.

Il poliziotto con movenze caute lo spinse in casa e fece cenno al collega di chiudere la porta.

“Jim...ma cosa?!” chiese spaesato, Jared, all’agente che conosceva da anni, ormai. Vecchio amico di famiglia.

“C’è stato un incidente Jared!” fece Jim, mesto.

“Oddio….i miei genitori….mio fratello o mia sorella….cosa...cosa è successo?!” domandò mentre il panico si faceva sempre più pesante nel suo stomaco.

“No, no, no...non si tratta dei tuoi genitori o di Jeff o Meggie.”

“E allora? Chi?”

“Donna e Alan Ackles!” rivelò dispiaciuto.

Jared sgranò gli occhi dal terrore. “Mio Dio!!!” esclamò affranto passandosi la mano fra i capelli. “Ecco perché Jensen non mi rispondeva al telefono. Ecco perché stava facendo tardi!” riflettè ad alta voce.

“Jared...”

“Jensen doveva tornare a casa, ma evidentemente lo avete chiamato per comunicargli….”

“Jared….”

“Oddio! dov’è adesso? All’ospedale ? E’ da solo?” fece allarmato.

“Jared!!!” e questa volta non sembrò un richiamo , ma un rimprovero per avere silenzio.

“Cosa c’è? Non perdiamo tempo. Portatemi in ospedale...” fece infilandosi la felpa della tuta il cui pantalone già indossava.

“Jared, ascoltami. Vieni qui, un attimo!” fece Jim, portandosi dietro Jared, fino a raggiungere il divano. “Siediti!”

“Jim, non voglio sedermi. Voglio raggiungere Jensen e stargli vicino. Avrà bisogno di me. Per favore, andiamo!!” fece con forza, mentre la mano di Jim , lo spingeva comunque a sedersi. “Ma cosa...”

“Jared...” e poi passandosi la mano sul viso con un gesto frustrato. “Cazzo...odio fare queste cose!” imprecò.

“Ma ...” fece Jared realmente confuso.

“Mi dispiace...sul serio, Jared. Ma... Jensen era sulla macchina dei genitori quando è avvenuto l’incidente.”

“No!” si rifiutò di accettare. “Per l’amor del Cielo…..è ferito? E’ in ospedale anche lui?? Cazzo, Jim!! alziamoci da qui e portami da Jensen….e..” decisamente irato e preoccupato.

“Ascoltami, Jensen era con loro. Seduto dietro.” iniziò a dovergli spiegare, cercando di tenere la voce calma il più possibile dato che , molto probabilmente, Jared, inconsciamente, aveva già intuito tutto.

“No, no, no...lui è venuto in città per lasciare la macchina da Matt e poi avrebbe preso un passaggio dai….” e tutto esplose in quel momento nella mente sempre più sconvolta di Jared.

“...dai genitori. Ero con lui quando Alan lo ha preso a bordo.” concluse amaramente Jim.

“Ma lui...” sussurrò appena.

“Mi dispiace, Jared. Mi dispiace infinitamente.”

“No!”

“Purtroppo...nessuno dei tre è... sopravvissuto!”

“No, no!” negò con forza. “Lui sta per tornare. Lui doveva prendere l’anello…..lui, lui... deve chiedermi di sposarlo….”

“Oh Gesù!!” si ritrovò a sospirare sconvolto e addolorato l’amico poliziotto. “Jared...”

“Non dirmi “Jared!” in quel modo. Jensen non è morto. Vedrai che tra un po’ entrerà da quella porta e io dovrò stargli accanto. Lui non ….”

“Jared, fatti forza!”

“Lui non può...”

“Vieni qui , ragazzo!!!” provò a confortarlo , cercando di abbracciarlo.

“No, no. No!” iniziò a ripetere con tono quasi isterico e disperato.

“Jared, ti prego!” cercò di chetarlo l’amico. Ma Jared era rigido e continuava solo a ripetere che Jensen stava per tornare, che non era morto.

E quando alla fine , il vecchio poliziotto riuscì a stringerlo tra le braccia, la tempesta esplose.

“Nooooo!!!!!!” gridò Jared scoppiando in un pianto doloroso che a stento Jim riusciva a confortare.

 

Il giorno dei funerali degli Ackles, l’intera città di Austin, si strinse intorno ai parenti che avevano subito la perdita. C’erano anche i genitori di Jared, naturalmente, sia come supporto al figlio oramai distrutto dal dolore, che come amici delle vittime.

Jared era come un fantasma. Stava in piedi perché il padre e il fratello gli erano accanto. Respirava perché non ne poteva fare a meno. Rispondeva telegrafici “grazie” a chi gli porgeva le condoglianze. Ma mai, mai una volta, aveva spostato gli occhi dalla foto su quella bara posta al centro tra le altre due.

Quel sorriso luminoso, quegli occhi che brillavano di un verde bellissimo, quello sguardo tanto impertinente quanto dolcissimo.

Non riusciva.

Jared non riusciva a smettere di guardare la foto di Jensen che sembrava guardare solo lui e nessun altro in quella chiesa.

Per quanto la cosa fosse concretamente dolorosa, Jared, non riusciva ad accettare la morte di Jensen. L’idea e la prospettiva di non vederlo più, di non poter più sentire la sua voce, la sua risata. Di non vedere più quella luce smeraldina che brillava nei suoi occhi sempre fissi su di lui. L’assurda certezza di non poter avere più la possibilità di poterlo amare ed essere amato da lui.

“Ti ho dato tutto!” si ritrovò a sussurrare vicino a quella cassa quando la cerimonia ebbe fine. “Cos’altro ho da dare a chi potrebbe o dovrebbe venire dopo di te!”, disse ancora , usando le ultime parole di Jensen. “Come faccio senza di te, Jensen? Come vivo, ora, senza di te?”

 

Quando lo riportarono a casa, Jared era svuotato di ogni emozione. Spento. Senza vita.

Si sedette da solo nell’angolo del divano dove di solito si sedeva Jensen e da cui, abbracciati, guardavano la tv. Passò in quella sorta di posizione fetale, parte della serata e di certo avrebbe passato così anche la notte.

In quel mentre, alla televisione, che il padre aveva acceso solo per spezzare il silenzio dell’appartamento, passò lo spezzone di un film. Le parole della canzone che la famosa interprete stava cantando, non potevano che descrivere al meglio quello che stava provando Jared, ma al tempo stesso, quelle stesse parole, il tono, la melodia, arrivarono al cuore del giovane come una impietosa pugnalata.

 

Vorrei aver potuto dirti addio...Ti avrei detto cosa volevo dire...
Se avessi saputo che sarebbe stata l’ultima volta...

 

Non voglio sentire un altro tocco
Non voglio iniziare un altro fuoco
Non voglio conoscere un altro bacio
Nessun altro nome pronunciato dalle mie labbra
Non voglio dare il mio cuore
Ad un altro sconosciuto
Non amerò mai più

 

Quando ci siamo incontrati la prima volta
Non avrei mai pensato che mi sarei innamorat
o
Non avrei mai pensato che mi sarei trovato tra le tue braccia
E voglio fingere che non sia vero

che tu te ne sia andato.
Perché il mio mondo continua a girare
e girare e girare

e io invece non mi muovo ?….

Non voglio più amare..a meno che non sia tu.


Jeff scattò immediatamente quando , venendo fuori dalla cucina dove era andato per prendere dell’acqua, si rese conto di quello che stava andando in onda. Quasi corse verso la televisione e la spense.

“Penso che possiamo evitare!!” sussurrò, lanciando su una poltrona il telecomando.

I genitori andarono via, dopo mezzanotte, sfiniti, portandosi dietro la figlia. Il fratello maggiore rimase con Jared.

“Non credo sia il caso di lasciarlo solo. Voi andate. Io resto e vi chiamo domani!” disse ai genitori mentre andavano. La mamma per un attimo, prima di uscire, si volto verso il figlio: “Jared...tesoro. Chiama o facci chiamare da Jeff se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa.”

“Quello che mi serve è Jensen. Voglio Jensen, qui. Con me. Vivo. Puoi farlo? Puoi darmi Jensen, mamma?!” sussurrò quasi crudele senza nemmeno guardarla, chiuso nel suo dolore.

“Amore mio...no. Non posso!” rispose triste la donna mentre la mano del marito le carezzava la schiena, confortandola.

“Allora non mi serve niente da voi e non mi serve che Jeff stia qui a farmi da cane da guardia!”

“Io non me ne vado, fratellino!” asserì deciso il maggiore.

“Tranquillo...non ho intenzione di compiere un qualche gesto insano...”

“Oddio Jared non dire così!!” si allarmò la madre al solo pensiero.

“Mamma sto male, sto malissimo, il dolore che provo è qualcosa che non auguro al mio peggior nemico, vorrei svegliarmi e rendermi conto che è stato solo un incubo. Vorrei Jensen qui che mi prende in giro per aver fatto un sogno simile. Ma so che non accadrà, so che lui è morto, lui che amava la vita in un modo meraviglioso e so che se solo pensassi di mettere fine alla mia per raggiungerlo , lui mi odierebbe per l’eternità e io non posso accettarlo. Quindi mi limiterò a stare qui, in questo che era il suo posto preferito, a piangerlo, a rimproverarlo per avermi lasciato dopo che...che….” stava per confessare la proposta che Jensen avrebbe dovuto fargli. I genitori e il fratello lo guardarono straniti, in attesa di sentire il seguito che però non arrivò. “Voglio solo provare dolore adesso, mamma. Voglio solo piangere fin quando riuscirò a piangere. E quindi , anche tu, Jeff, ti prego….ti prego, vattene via.”

Jeff guardò la famiglia e lo sguardo affranto e comunque terrorizzato della madre.

Poi si rivolse al Jared.

“Ascolta, Jared. Starò qui solo stanotte. Perché sono un rompipalle, lo sai. Domani andrò via.”

Jared lo guardò, voleva stare solo, ma vedeva decisione sul volto del fratello e si arrese. Si rituffò nella sua posizione sul divano e borbottò uno stanco: “Fa’ come vuoi!”

 

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Capitolo 3
*** .3. ***


Da quel triste giorno, e quella notte che divenne poi un altro giorno e poi un’altra notte e poi ancora e ancora a pensare a Jensen, alla sua mancanza, ai loro progetti, le loro litigate, i ricordi, i viaggi... tutto, passarono 4 anni.

Quattro lunghissimi anni.

Anni che Jared, una volta superato la fase più acuta del dolore, anche subendone effetti fisici, passò sommergendosi nel lavoro. Lavorava quanto più poteva e a volte quando non aveva incarichi ufficiali, si offriva di ristrutturare edifici che nessuno voleva o aveva interesse a rimettere in sesto.

Dare nuova vita ad una casa era facile.

Dare nuova vita alla sua stessa vita, era impossibile.

Ancora impossibile.

Misha, il suo socio in affari, e caro amico sia suo che del compianto Jensen, un giorno , vedendo la massa di lavoro del più giovane, gli comunicò senza possibilità di replica, che gli avrebbe affiancato un assistente, se pur solo svolgere i lavori più semplici come la burocrazia per i documenti edili o la posta o fosse solo per prendergli un caffè.

Jared lo lasciò fare. Anche perché aveva imparato a conoscere il socio e non era uno che cambiava idea facilmente.

“Ok! Ma farai tu i colloqui e che sia uno che non abbia voglia di parlare tutto il tempo o come me lo mandi te lo rimando indietro!!” fu il consenso.

“Te lo trovo sveglio ma muto, ok?!” scherzò.

“Perfetto!” e si chiuse nel suo ufficio.

 

Circa una settimana dopo, Jared era sul cantiere di un antico casale che stavano restaurando, quando Misha lo raggiunse.

“Ehi, Jared...ti ho portato il tuo nuovo assistente. Fresco fresco di assunzione!”

“Decido io se verrà assunto!”

“Ok! Ma vedrai che è in gamba. Non vorrai fare più a meno di lui!!” e così dicendo si spostò appena per dare la visuale sul ragazzo che aveva alle spalle.

Jared per un attimo restò senza fiato.

Il ragazzo aveva gli occhi scuri eppure anche se appena nascosti da un paio di occhiali spessi dalla montatura di osso, sembravano comunque brillare del colore vivo della terra appena arata. I capelli erano castani e incorniciavano il viso mascolino e una morbida frangia copriva la fronte. La barba era abbastanza lunga da coprire il volto, un fisico possente ma asciutto, decisamente muscoloso, specie le braccia.

Eppure quei lineamenti...quello sguardo…il profilo del viso…

Erano così...

Ma non poteva essere.

 

“Salve Jared! Piacere, io sono Alex!” si presentò il neo assistente porgendo la mano all’altro.

E ora aveva sentito anche la voce. Bassa, calda, appena appena rauca.

Qualcosa gli strinse lo stomaco. Una sensazione violenta. Inaspettata!!

“Io...” fece ignorando quella mano ancora tesa verso di lui.

“Piacere!!” insistette Alex senza sembrare offeso di quella titubanza. Il nuovo, lanciò uno sguardo veloce a Misha che sembrò perplesso almeno quanto lui.

“Jared?” lo richiamò il bruno. “Tutto bene, amico?!” chiese poi quando vide Jared sbiancare.

Infatti Jared, fissandoli come stranito balbettò un : “Scusate...io..io.. scusate...mi sento poco bene!” e corse letteralmente verso il suo trailer che fungeva da ufficio sul cantiere.

Misha gli andò dietro , pregando Alex di aspettare fuori dal camper.

Quando entrò nel mezzo, sentì chiaramente Jared stare male nel piccolo bagno. Si avvicinò alla porta.

“Ehi? Jared ...posso?…stai male? Posso aiutarti?” chiese preoccupato.

“No...no...dammi solo un minuto. Arrivo...subito!” lo rassicurò Jared, dopo qualche altro colpo di tosse rauca.

Misha si allontanò e preparò un bicchiere di scotch all’amico. Lo aspettò seduto al piccolo divano. E quando Jared lo raggiunse si stava ancora passando un asciugamano umido sulla faccia.

“Bevi!” sembrò ordinargli il più grande.

“Non penso sia...”

“Bevi e sta’ zitto. Servirà almeno a toglierti quel saporaccio dalla bocca!!!” lo spronò ad obbedirgli e Jared obbedì.

“Grazie!” sussurrò poi, mandando giù qualche sorso.

“Ok! Mi dici che ti è preso lì fuori….con Alex?!” chiese poi.

“Oddio..Misha!! E’...assurdo, per non dire imbarazzante!” rispose ancora a disagio.

“Prova a spiegarmelo!”

“Per un attimo, non appena Alex si è fatto più vicino, io...cioè...insomma…..io...”

“Tu, cosa?!”

“Mi è sembrato di vedere….” e negò con forza il capo, come a convincersi di star impazzendo. “..io ho pensato di vedere…. Jensen!” ammise poi a capo basso.

“Jared!” sospirò Misha, dispiaciuto. Era stato vicino a Jared dopo la morte di Jensen e sapeva dell’amore che li aveva legati. Del dolore che aveva provato Jared quando Jensen era morto in quel maledetto incidente stradale. “Senti… confesso che forse, e dico forse , qualche somiglianza fisica con Jensen possa esserci, ma Jared.. Alex non è... non...”

“Lo so, lo so, amico... Alex non è Jensen. Non può esserlo. Ma quando l’ho visto è stato come un flash. Gli somiglia o... almeno credo!!” ammise con frustrazione. “Qualcosa nei suoi lineamenti, nel suo sguardo….E’ assurdo. Assurdo!” fece passandosi la mano tra i capelli umidi di acqua. Poi si tirò su. “Dov’è adesso?”

“Gli ho chiesto di aspettare fuori!” rispose e poi: “Senti...se averlo intorno ti crea questo disagio, io posso dirgli che non se ne fa niente , che...”

“No, no, no...ci mancherebbe che una mia ossessione “mentale”..” fece convinto. “...costi il posto di lavoro a qualcuno!” e così dicendo andò verso la porta del camper, l’aprì e quando vide Alex, lo richiamò. “Ehi! Alex...puoi entrare per favore?!”

 

Il ragazzo entrò nel camper, lo sguardo appena a disagio o forse in imbarazzo. Guardò Misha che gli sorrise tranquillo. Jared, visibilmente ancora un po’ scombussolato che sorseggiava un qualche liquore dal suo bicchiere.

“Sta’ bene signor...”

“No.. per favore!!” lo fermò Jared. “Chiamami Jared e ..grazie, ora sto meglio. Deve essere stato qualcosa che ho mangiato ieri sera, tranquillo. Sto bene!” fece con più convinzione.

“Ok! Mi fa piacere!” convenne il neo assunto.

“Bene. Ora credo che sia il momento di dirti quali saranno i tuoi compiti, va bene?!”

“Per me va benissimo.” fece contento Alex.


Le cose andarono avanti così.

Misha alla contabilità. Jared che si occupava dei progetti e Alex che svolgeva per Jared tutte le commissioni di cui poteva alleggerirlo.

Un giorno, approfittando del fatto che era stata richiesta la presenza di Jared su un cantiere e Alex doveva sistemare alcune pratiche nell’ufficio, l’assistente azzardò a fare alcune domande a Misha.

“Posso chiederti qualcosa….su Jared?” fece con timore.

“Dipende da cosa vuoi sapere!”

“Oh..beh….io...insomma….a volte entro nel suo ufficio e lo trovo a fissare quella foto che nasconde sempre nella scrivania e….”

“Che occhio!” fece Misha, prestando più attenzione a quello che diceva il ragazzo.

“Io...io non lo stavo spiando ma è che….che ogni volta che è da solo e mi capita di doverlo chiamare….lui...lui...fa quella cosa e poi...sembra sempre ….”

“Sembra cosa?!”

“..così triste. Lui sembra sempre triste!” disse senza esitare. Questa volta.

Misha chiuse la pratica che aveva davanti e posò la penna. Si appoggiò allo schienale della poltrona e sospirò profondamente.

“Hai ragione!” confessò.

“Ohw!”

“Ok! Lavori con lui e..voglio fidarmi, ma deludimi e..”

“Mi licenzi.”

“ Ferisci Jared e ...”

“Fammi indovinare: mi licenzi?!” azzardò il ragazzo.

“Sì, ma prima ti farò del male! Molto male!! Del male fisico! Chiaro?”

“Cristallino!”

Misha sospirò e poi : “Jared era fidanzato. Lui si chiamava….”

“Lui?!” fece sorpreso Alex.

“Sì. Lui. E’ un problema per te!?” domandò un attimino in apprensione per la risposta che avrebbe avuto.

“Cosa?….no, no, no. E’ che io.... Lo sospettavo ma non ne avevo la certezza!”

“Davvero?!”

“Sì..beh!..vedi...anche io ho, come dire, i suoi stessi gusti in fatto di compagnia!”

“Ohw!! questa volta sono io a sorprendermi. Non lo avevo capito!”

“E ora sono io a chiederlo: è un problema!?”

“Affatto!” rispose subito. “Affatto!!”

“Allora ….mi stavi raccontando di Jared!”

“Sì. Lui si chiamava Jensen. Vedi...loro avrebbero dovuto sposarsi”

“Sul serio?!”

“Sì.. ma Jensen..”

“Si sono lasciati?!” lo interruppe Alex.

“In un certo senso!” convenne amareggiato Misha.
"Non capisco...in che senso "in un certo senso"?"
Jensen morì in un incidente stradale insieme ai suoi genitori oltre quattro anni fa!” e quella rivelazione Alex stralunò gli occhi, dispiaciuto.

“O mio Dio!….è terribile e deve essere stato terribile per Jared.”

“Lo è stato e credo...anzi, so che lo è ancora.” ammise triste. “La foto che guarda sempre e che nasconde, credendo che nessuno lo noti, è la foto di Jensen. Lui non riesce a dimenticarlo. Sono passati oltre quattro anni ma lui ancora non riesce a lasciarsi alle spalle quella parte della sua vita.”

“E’….triste!” riflettè Alex.

“Sì, lo è. Soprattutto perché Jared è giovane e ha….” e poi riflettendoci bene: “..avrebbe tutta una vita davanti se solo volesse concedersi di viverla di nuovo!”

“Jared è una brava persona. E per quello che ho potuto vedere, con un gran cuore!”

“Hai ragione, Alex. Hai ragione!”

 

Da quella confessione, Alex iniziò a guardare con occhi diversi Jared. Ora sapeva che cosa era quella tristezza, quel suo estraniarsi, quei suoi silenzi.

E anche Jared aveva notato che Alex lo guardava in modo diverso e a volte quando capitava che i loro sguardi si incrociavano, l’assistente gli sorrideva sincero e Jared, senza spiegarsi il perché, non riusciva a non ricambiare quel sorriso.

Un giorno, dovettero recarsi insieme a controllare come procedevano i lavori del vecchio teatro che Jared aveva deciso di ristrutturare convincendo il comune a partecipare ai lavori. Quel teatro!

Quando entrarono nella sala principale, Alex esclamò di meraviglia , osservando gli affreschi riportati ai vivi colori originali, agli ornamenti in marmo delle balconate. Ai fregi di legno che di lì a qualche settimana sarebbero stati riverniciati in oro.

“Mio Dio!! è bellissimo!” fece l’assistente. “Sapevo di questo ...lavoro, ma non pensavo che i lavori fossero a questo punto.”

“Il restauro è stato fermo per qualche anno.” rispose, ricordando purtroppo , il motivo del fermo lavori. “Ma..sì, sta venendo proprio bene. I restauratori stanno facendo un magnifico lavoro. Come tutti gli altri, in fondo. Ma vieni...andiamo di sopra.” lo invitò con entusiasmo.

“Dove?!” domandò sorpreso, seguendolo comunque.

“Il capo mastro mi ha detto che ha notato una crepa in uno dei palchetti. Devo controllare se è un danno strutturale o solo una crepa nell’intonaco.”

“Non sarà pericoloso?” chiese perplesso.

“No!” rispose sorridendo a quella paura ingenua. “O forse ….sì!”

“Cosa??!” fece. Alex acuendo la voce , preoccupato.

“Tranquillo. Ti stavo prendendo in giro. Non ti avrei mai portato qui , con me, se non fossi stato sicuro. È di certo solo una questione di intonaco. Tengo questo teatro sotto stretto controllo e sono certo che non si tratta di danni alla struttura portante.” spiegò mentre entrava nel piccolo loggione in questione.

Alex lo vide chinarsi verso la crepa incriminata. Lo vide osservarla con attenzione. Grattarla appena e annotare poi le sue conclusione sui documenti dei lavori.

“Allora dottore, qual’è la diagnosi!?” fece Alex.

“Come pensavo. È solo una questione di intonaco.” fece mentre l’assistente gli si fece vicino.

Erano vicino alla parete del palchetto ed erano vicini. Tanto. Vicini al punto che le loro spalle si toccavano con decisione.

Jared non appena si rese conto di quel contatto, si girò verso Alex.

Non capì se fu la luce riflessa sul viso dell’altro, se fosse la sua mente a giocargli brutti scherzi facendogli vedere persone che non potevano essere lì.

Ma , senza rendersene conto, si ritrovò con la mano di Alex poggiata tra la guancia e il collo. Come era familiare quel gesto.

Alex non si ritrasse. Rafforzando dolcemente quel tocco.

Jared tremò appena, fissando quasi con timore i lineamenti del viso che lo stava fissando in quella maniera così intima. Gli occhi lucidi e dolci del ragazzo di fronte a lui. La sua mano ancora ferma sul viso. Quei lineamenti, che in quella penombra continuavano a confonderlo.

Lentamente, Jared muovendosi piano, poggiò la sua mano su quella dell’altro. Chiuse gli occhi sospirando. Infilando le dita tra quelle dell’altro.

“Jared...” sussurrò.

“Io...forse non dovrei….”

“Ssh!!” lo fermò l’assistente. “Va’ tutto bene!” e a Jared non servì altro.

Il baciò arrivò subito dopo. Prima timido, accennato. Quasi casto.

 

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Capitolo 4
*** .4. ***


Dio!! da quanto tempo Jared non baciava o veniva baciato. E come era bello riprovare quella sensazione. Anche se per un attimo, con gli occhi chiusi, fu un altro viso che la sua mente vedeva.

Voleva allontanarsi, voleva smettere, ma il modo in cui Alex stava rispondendo al bacio, lo sopraffece completamente e Jared si lasciò andare.

Gli portò le mani ai fianchi per avvicinarselo quanto più poteva, lo strinse subito dopo in un abbraccio deciso.


Alex gemette in quell’abbraccio. Dio!! Jared lo stava baciando. Non lo stava respingendo.

Sapeva, poteva immaginare che magari Jared stesse pensando ad un altro , ma quando si sentì stretto così tra le sue braccia, si convinse che, se pur quel pensiero era esploso nella mente dell'altro, ora Jared stava baciando….lui. Solo lui!

E si lasciò andare.

Le mani cominciarono a vagare sulle schiene forti e protese uno verso l’altro. I corpi sempre più vicini.

I baci sempre più bagnati e intimi. I loro sapori ormai uniti.

Quelle stesse mani ora, sempre più audaci.

Sulla cinta di Alex.

Ad arrischiarsi ad aprire la cerniera dei jeans di Jared.

Impavide ad oltrepassare quello strato di cotone intimo.

Le menti ormai spente. Pronte ad ignorare quello che stava accadendo e a registrare solo le sensazioni che stavano provando.

E poi il tocco. Quello più intimo. A volte lento. A volte più deciso. Attento ad accompagnare i gemiti e il piacere dell’altro.

Le gambe sul punto di cedere. Una preghiera di ringraziamento a Dio per il muro appena dietro la schiena di Jared.

E poi ancora, ansimi, affanno, carezze voluttuose, respiri spezzati, movimenti dimentichi dell’imbarazzo iniziale, ora , decisi ed erotici.

E poi, alla fine, il piacere. Intenso, caldo, appagante.

Per Jared...un ricordo ritrovato.

Per Alex...una sensazione che difficilmente avrebbe dimenticato.

Per un po’ fronte contro fronte, poi la realtà ritornò a scuoterli.

 

Si riassettarono i vestiti, senza guardarsi, vergognandosi del disagio che provavano. Jared ancora poggiato alla parete del palchetto.

Pura follia. Nelle menti di entrambi era quella la giustificazione che si stavano dando. Pura follia.

“Credo ….credo sia meglio che io...io torni a piedi..in...in ufficio!” azzardò Alex.

Jared alzò solo per un attimo lo sguardo sul ragazzo. Avrebbe voluto dirgli “Ma no! Torneremo insieme. Potremo parlare!” invece dalla sua bocca uscì solo un timoroso e imbarazzato: “Sì…Ok!...Credo sia meglio.”

E mentre Alex guadagnava velocemente l’uscita dal teatro, Jared restò ancora lì. Vergognandosi di quello che era appena successo, di quell’assoluta e inappropriata perdita di controllo. Sentendosi in colpa verso Alex e traditore verso Jensen.

Cercando una giustificazione a ciò che aveva permesso accadesse. La luce, il posto, la sensazione di essere baciato e baciare ancora. Di quel tocco di mani. Quel calore al basso ventre. Il desiderio puro e semplice. La voglia di appagare e appagarlo.

“Dio..che ho fatto!” si rimproverò alla fine.

 

Nei giorni successivi, un certo imbarazzo aleggiava tra i due e Misha non potè non notarlo, ma fraintendendo quelle distanze o quegli sguardi sfuggevoli tra Jared e Alex, agì d’istinto.

Un pomeriggio che Jared non c’era, prese da parte Alex, tirandolo con decisione nel suo ufficio. Si chiuse la porta alle spalle e guardò torvo il ragazzo che guardava stranito lui.

“Che ho fatto?!” chiese Alex.

“Dimmelo tu. Che hai fatto a Jared? Che gli hai detto?”

“Cosa?..io..io non ho ...non ho...” balbettò in imbarazzo.

“Sono giorni che vi osservo e quello che vedo non mi piace.”

“Misha, io non….”

“Se solo hai osato dirgli qualcosa che lo ha fatto star male più di quanto già non stia….”

“NO!!!! io non...”

“Ti giuro che adesso ti prendo a pugni!!” fece minaccioso.

“No, no….non è come credi.”

“E’ com’ è, Alex? Dimmelo tu!!” ringhiò alzando perfino il pugno. “Dimmi cosa devo credere!!!”

“Siamo stati insieme!” disse velocemente Alex, prima che quel pugno venisse sferrato.

Misha si gelò sul posto. “Cosa?” sussurrò allibito.

“Siamo stati...insieme insieme.” e poi riflettendoci meglio. “Per lo più!”

“Che significa per lo più!”

Alex sentì le sue guance andare a fuoco ma se non voleva prenderle sul serio, doveva spiegarsi con Misha. Il moro era fisicamente più piccolo di lui, ma in quel momento era decisamente infuriato.

“Il giorno che siamo andati al teatro in ristrutturazione...eravamo sul palchetto da controllare….e io e Jared...sì, insomma...noi..noi abbiamo….” ed era sicuramente in imbarazzo e il rossore sul suo viso ne era la conferma.

“Avete fatto...sesso??!” azzardò sorpreso ma anche curioso.

“Beh!...no. Noi...senti, è imbarazzante...”

“Ascolta, sei grande grosso e vaccinato e credo che tu sappia la differenza tra fare sesso e sbaciucchiarsi con la lingua!” asserì apertamente.

“Diciamo che il risultato è stato quello del sesso, ma avevamo ancora i vestiti addosso!” tentò di spiegare altrettanto apertamente.

Misha lo fissò un attimo interdetto. E poi….

“Ohw!!! ho capito...ho capito. Quindi è stato una cosa di….” stava per dire “di mani”, ma solo per non spingersi con la mente in uno scenario più “peccaminoso” e Alex lo fermò, vergognandosi.

“Ti prego , ti prego...non dirlo. Qualunque cosa tu stia per dire o qualunque immagine ti sia fatta. Non...dire niente. E’ già abbastanza imbarazzante così. Non c’è bisogno che tu rimarchi il concetto!”

“Imbarazzante? Perchè?” domandò.

“Perchè??” chiese ironico. “Perchè Jared è il mio capo e so cosa è successo nella sua vita e quello che magari può aver significato quello che è successo in quel teatro e io mi sento uno schifo...”

“Uno schifo? Cos’è...non credi che Jared sia alla tua altezza?!” domandò stizzito.

“No. Io non lo sono!” rispose immediatamente Alex, spiazzando Misha.

“Alex….” lo richiamò addolcendo il tono di voce. “Perchè pensi questo?”

“Jared è una persona fantastica. Intelligente. Dolcissima. Con una storia triste alle spalle, ma con un futuro che, e me lo auguro con tutto il cuore, può ancora sorridergli. Io ...non ho niente da offrirgli.” Fece mesto. “Non con la mia vita attuale e con quella che ho avuto!” ammise quasi sottovoce, come se non volesse essere sentito.

“Alex ascoltami.” gli disse, amichevolmente Misha. “Tu non sai una cosa.”

“Cosa?”

“Jared fece una promessa dopo la morte di Jensen. “Ma più nessuno”.” rivelò.

“Ma...” e rimase decisamente senza parole a quella rivelazione assurda.

“E così è stato fino a qualche giorno fa. Quindi...” e sul suo viso si dipinse una sorta di entusiasmo. “...se è successo quello che è successo tra di voi, in quel teatro, vuol dire, amico mio, che stai compiendo un miracolo. Perciò, per favore...se ci tieni a lui, non arrenderti.”

“Misha...non posso.”

“Dimmi che Jared non ti piace, che non è il tuo tipo, che quello che è successo è stato un errore, un mero istinto e io lo accetterò e la smetterò qui.”

Alex stava per rispondere , pronto a mollare tutto, ma non ci riuscì.

Come non poteva piacergli Jared? Come non poteva sentirsi attratto da lui ? E quello che aveva provato in teatro , non lo aveva provato da tempo. E sospirò sconsolato.

“Farò un casino, Misha. Ne ho già fatti di enormi in vita mia. Ma Jared….Jared non lo merita. Io sbaglierò. Ancora!”

“E chi non sbaglia, Alex?! Chi non commette mai errori?!” domandò retorico. “Lascia che le cose vadano da sole con lui. Datevi una possibilità e se qualcosa deve accadere, che accada. In caso contrario, non avrete rimorsi.”

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Capitolo 5
*** .5. ***


Da quel discorso chiarificatore con Misha, Alex prese coraggio e quando , in serata, Jared fece ritorno in ufficio, bussò alla porta della sua stanza.

“Posso?”

Jared lo guardò e deglutì. Anche lui sembrava nervoso, nonché leggermente in imbarazzo.

“Certo, vieni pure!” lo invitò comunque.

Alex entrò e si chiuse la porta alle spalle.

Si fermò un attimo a guardare Jared che guardava lui. Forse sul volto del castano , la stessa ansia del biondo.

“Possiamo parlare?!” fece timoroso , Alex.

“Sì, credo che dovremmo!” convenne Jared.

Alex sospirò a fondo e avanzò verso la scrivania, così da sedersi di fronte all’altro. “Riguardo quello che è successo in teatro!” confessò , appena in imbarazzo.

“Lo immaginavo!” e sul volto di Jared , la stessa emozione. Poi cercò di prendere in mano la situazione. “Senti, so che non avrei dovuto...che forse tu...insomma...che noi non avremmo...”

“E’ questo il problema, Jared!” lo bloccò, Alex.

Jared lo fissò interdetto. “Non capisco.”

Alex inspirò forte come a prendere coraggio.

“Non mi è dispiaciuto!” ammise , guardando Jared dritto negli occhi come a mostrare decisione e verità per quella sua confessione. “E non me ne pento!” rafforzò subito dopo.

“Alex?!...Davvero?!” chiese sorpreso.

“Sì!” e poi: “Jared, tu sei una persona fantastica, bellissima, intelligente e generosa. Non posso che ringraziare la vita che sto vivendo adesso e che mi ha concesso di essere qualcosa per una persona come te!”

“Alex non dire così….anche tu sei una bella persona. Mi trovo bene con te, davvero tanto, e anche io dovrei ringraziare perché tu...” rimarcò lasciando in sospeso la frase, senza capirne il motivo.

Cosa voleva dire a Alex? Cosa stava per dirgli?

“Jared?!...cosa?” infatti chiese l’altro.

Jared prese coraggio. Alex non meritava quel suo silenzio. Doveva dirgli quello che sentiva e poi...come finiva , finiva.

“Anche a me non è dispiaciuto.” ammise. “Non mi accadeva da tanto e il fatto che con te sia stato così facile...naturale….insomma….io credo...cioè...” iniziò ad agitarsi.

Che l’assenza di Jensen, stesse diventando troppo pesante da portare ancora?

“Ok! Non dire altro. Non ce n’è bisogno.” disse. Alex alzandosi dal suo posto. Fece il giro della scrivania e raggiunse Jared alla poltrona. “Facciamo una cosa!” iniziò come proposta.

“Cosa?”

“ Che ne dici di andarci piano?….usciamo qualche volta insieme, parliamo di qualcosa che non siano soffitti, architravi, strutture portanti o cose del genere. Facciamo in modo di conoscerci. Voglio sapere cosa ti piace, cosa ti fa felice e cosa ti rende triste. Voglio conoscere i tuoi gusti musicali, o che film ti piace guadare o quello che odi, cose così!!” propose.

Jared ci pensò su. Gli sorrise sincero e poi gli poggiò una mano sul viso esattamente come Alex aveva fatto con lui, in teatro.

“Ci sto!” convenne dolcemente Jared, anche se in cuor suo, si sentiva colmo di ansia e paura.

 

Era giusto tentare di ricominciare? Era giusto mettere da parte quello che avrebbe sempre provato per Jensen? Era giusto rompere quella promessa fatta davanti alla bara di Jensen?

Poi , improvviso, un nuovo pensiero: Jensen avrebbe voluto per lui, tutta quella solitudine di cui si era circondato?

 

Sapeva che non avrebbe mai avuto una risposta all’ultima domanda, ma Alex era lì, davanti a lui, con la mano che gli carezzava ancora il viso, con le dita che sopportavano pazientemente il delicato solletico della barba.

Non poteva fare altro che provare.

“Allora posso invitarti a bere qualcosa con me?” fece leggermente divertito, Alex.

“Accetto volentieri!” acconsentì Jared, mentre lo sguardo di Alex, a quel punto, diventava appena appena più malizioso. “Che c’è?!” gli chiese infatti Jared.

“Posso….baciarti?!” azzardò , sporgendosi appena verso il volto dell’altro.

Jared deglutì. Nella sua mente il ricordo di quei baci che già aveva assaporato dalle labbra di Alex. Ed era un ricordo più che piacevole. E decisamente ancora molto vivido.

Non rispose , comunque.

Si limitò ad imitare il ragazzo di fronte a lui. Si sporse e raggiunse piano le labbra dell’altro. Fu un bacio gentile, lento. Quasi adolescenziale.

 

E così le cose iniziarono a prendere un’altra strada. Una che sembrava portare fuori da quel tunnel in cui Jared si era costretto a vivere. Una strada che Alex, in svariati modi, sembrava saper affrontare. Con calma, pazienza. Dolcezza.

Iniziarono con dei semplici appuntamenti. Qualche incontro al bar, a volte, anche in compagnia di amici, tra cui anche Misha , che non si risparmiava di osservare come l’amico e collega, in questa nuova situazione sentimentale. E dovette ammettere a sé stesso, che Alex, sembrava davvero essere la persona giusta a far “rinascere” Jared. Lo vedeva approcciarsi a Jared con discrezione, lo vedeva sfiorargli la mano senza arrecargli disagio dato che erano in pubblico e magari Jared non era ancora pronto a mostrare “loro due”, lo sentiva parlargli dolcemente e mai aveva lo aveva visto richiedere a Jared di mostrare in pubblico certe effusioni. E Jared sembrava sereno, tranquillo. E soprattutto sembrava pronto a lasciarsi andare ad una nuova relazione.

Che Alex avesse davvero compiuto il miracolo?

 

Una di quelle sere, Alex accompagnò Jared a casa sua.

“Ti va di salire per un caffè?!” chiese tranquillo Jared. “Sono appena le dieci. Domani lo studio è chiuso. Potremmo vederci un film e stare un po’ da soli, che ne dici?”

Alex gli sorrise e dopo essersi guardato cautamente in giro, si sporse per baciargli dolcemente le labbra. “Dico che è una splendida idea.” rispose.

Salirono nell’appartamento di Jared e mentre Alex, invitato dall’altro, si accomodava al divano, Jared preparava il caffè e qualche snack.

Mentre era al bancone della sua cucina, ad un tratto si sentì abbracciare da dietro. Sussultò appena, non più abituato a quel tipo di effusioni intime.

“Ti dà fastidio se ti abbraccio così?!” chiese a bassa voce Alex.

Jared scosse il capo e poi sentì di doversi comunque giustificare. “Scusami, ma non sono più abituato a...”

“Va’ tutto bene!” lo rassicurò l’altro, stringendo appena la presa. Le sue mani, sul torace leggermente affannato di Jared. “Il tuo cuore sta battendo forte!”

“Io...” e poi: “Lo so. Credo….credo che sia colpa tua!” rispose e Alex capì che stava sorridendo proferendo quelle parole.

“Davvero?!” con un tono ancora un po’ più basso. Con un tono che a Jared fece tremare cuore e stomaco.

Quello stesso tono che anche Jen….No!!! fermò quel pensiero. Non doveva pensare a lui. Non poteva farlo.

Era ingiusto verso sé stesso e verso Alex e così quando proprio Alex domandò: “Posso fare qualcosa per farmi perdonare?!”, Jared si girò in quella sorta di abbraccio in cui l’altro lo aveva bloccato e quando si ritrovò faccia a faccia con il ragazzo, sorrise. E sulle sue labbra un sorriso malizioso.

“Potresti baciarmi. Vediamo se funziona e cosa succede!!” propose, passandogli le mani intorno ai fianchi per tirarselo più vicino. Voleva svuotare la mente da ogni altro ricordo, ma diamine!, come era simile anche fisicamente a Jensen.

Come con Jensen, i loro corpi, sembravano combaciare alla perfezione.

Alex assecondò i movimenti di Jared e gli si fece talmente vicino che sembrava quasi stessero respirando al sincrono.

“Vediamo se riesco a farmi perdonare!” e così dicendo iniziò a baciare Jared. Sensualmente, iniziando dal collo, mordendogli delicatamente la pelle tra collo e spalla. Risalì, poi verso il profilo della mandibola, stuzzicando piano a fior di labbra quella piccola porzione di pelle dietro l’orecchio. Sorrise soddisfatto , quando sentì Jared gemere sommessamente e percepì la pelle dell’altro rabbrividire.

“Spero che siano brividi di piacere!” gli sussurrò suadente all’orecchio.

Jared sospirò. “Oddio, sì!!”

E così, Alex riprese il suo dolce tragitto. Le guance, gli zigomi, dolcemente gli baciò gli occhi chiusi. E poi piano fino a quando , finalmente, si fermò per qualche secondo , a respirare sulle labbra di Jared e quando questi si rese conto di quel meraviglioso contatto morbido e caldo, spense tutto e rispose al bacio.

Ma lo fece con ardore, con decisione decisamente con passione.

Strinse la presa attorno al corpo di Alex, e con un rapido gesto, capovolse le posizioni e con decisione e forza, imprigionò il compagno al bancone della cucina. Gli divaricò le gambe gentilmente con il suo ginocchio, così da potergli aderire addosso e rinsaldò la passione con cui lo stava baciando.

Sembrava che nemmeno la necessità di respirare riuscisse a mettere fine a quel bacio. A quei baci! Le mani non facevano altro che stringersi intorno alle spalle così da tenersi vicini. Le bocche si cercavano appassionate. E quando anche le lingue iniziarono a danzare tra loro, sensuali e voluttuose, tutto sembrò esplodere.

Alex, agevolato dalla posizione che aveva, allacciò una gamba attorno ai fianchi di Jared. Jared spinse il bacino verso quello dell’altro. Il desiderio iniziò a diventare più che palese sui loro corpi e quell’erotico pulsare, divenne eccitante , imprigionato tra i due corpi vicini.

“Jared...” sussurrò Alex, riportando la gamba di nuovo a terra, affannato ed eccitato, fermandosi con difficoltà e poggiando la fronte a quella di Jared, e non rendendosi conto che l’altro gli aveva sbottonato i jeans e li aveva aperti leggermente.

“Ti prego...ti prego...se vuoi fermarti, devi...devi dirlo adesso!” sembrò supplicarlo Jared, fermo anche lui contro la fronte del ragazzo. “ Devi farlo adesso!”

“Io...è che io….io dovrei….noi dovremmo...vorrei...” balbettò Alex, che però non riusciva a staccarsi da quel corpo così caldo.

“Anche io...anche io voglio farlo...con ...calma...” fece Jared, credendo che quello che voleva l’altro, fosse calma e in quel pensiero, abilmente, infilò una mano nei pantaloni e li spinse verso il basso, cercando di agevolarne la caduta.

Solo allora, solo quando Alex sentì un leggero brivido di freddo al basso ventre, capì quello che stava succedendo.

“Nooooo!!!” gridò improvvisamente, mettendo le mani al petto di Jared e spingendolo via.

Jared strabuzzò gli occhi dalla sorpresa. Si allontanò come scottato dal corpo di Alex.

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Capitolo 6
*** .6. ***


Alex davanti a lui, teneva una mano sul lato del fianco scoperto e con movimenti veloci e a tratti isterici, cercava di tirarsi su i jeans.

“Ma cosa….”

“Non...ti prego...non guardarmi!!” fece decisamente in panico Alex.

“Io..io non...non capisco….” fece decisamente stranito Jared e poi i suoi occhi non riuscirono a non fissare quella mano ferma sul fianco.

Cosa non doveva guardare? E perché quella mano invece di aiutare l’altra a sistemare i pantaloni, restava ferma su quel lembo di pelle??

 

Il suo respiro si fermò allarmato. La mente iniziò a lavorare di dubbi e paure. Inspiegabilmente l’immagine di Jensen che si sfilava i jeans davanti a lui per mostrargli il tatuaggio, si sovrappose a quella di Alex che, invece, cercava di tirarseli su, per coprire qualcosa.

 

“Leva la mano!” sibilò e in quel momento Alex sembrò congelarsi sul posto.

“Cosa?!” chiese spaurito.

“Leva ...la ...mano!” ripetè avvicinandosi solo di un passo.

“No...no...io non...”

“Sposta ….la mano!” proferì con decisione a questo punto.

“Non volevo...non così...non avrei dovuto...voluto...” sembrava terrorizzato Alex vedendo Jared ormai ad un solo passo da lui. Sul volto l’aria quasi feroce.

“Ti ho detto sposta questa cazzo di mano!!!!” e questa volta gridò decisamente.

Alex esalò un respiro, sopraffatto da quel grido rabbioso.

“Ti prego….ti prego….no.” supplicò Alex, che ormai aveva gli occhi lucidi di colpa. “Non volevo che...accadesse così!” sembrò confessare.

Jared non capì più niente. Nemmeno si rese conto di aver afferrato la mano di Alex dal polso e di averla strattonata via. Nemmeno si rese conto di star vedendo ciò che credeva non avrebbe mai più visto.

Jared


Con un gesto sconvolto, si portò una mano alla bocca. Guardò stralunato il volto altrettanto sconvolto del ragazzo di fronte a lui che ormai piangeva. Singhiozzi sommessi. Respiro spezzato. Lacrime dolorose e amare, copiose sul tutto il viso.

“No...no...no...” balbettò Jared, camminando piano all’indietro, come ad allontanarsi da un qualcosa di assurdo e pericoloso. “Non può essere….non puoi essere….tu sei...tu sei…..” e a quel punto impattò alla parete che fortunatamente si ritrovò alle spalle. Si appiattì contro di essa. Lo stomaco gli tremò dal panico. Gli occhi si riempirono di lacrime cocenti. La mente si rifiutava di accettare quello che quegli stessi occhi continuavano a mostrargli, impietosi.

“Per favore….lascia che ti spieghi...lascia che….”

“Nooo!” urlò Jared arretrando ancora, o meglio, scivolando lungo la parete contro cui poggiava. Come chi si ritrova a dover affrontare un fantasma. Corse, quasi verso il soggiorno. Fuggendo dal ragazzo e da quello che aveva visto. Si allontanò dalla persona che credeva aver riconosciuto. Una persona che sembrava essere tornata dal mondo dei morti.

“Jared...ti prego.”

“Tu sei morto….tu sei morto….tu non puoi essere qui….non puoi essere vivo….” continuava a ripetere, passandosi le mani isteriche tra i capelli. “Sto diventando pazzo. Io...io sto impazzendo...”

“No, Jared. No!” sembrò volerlo rassicurare l’altro. La voce ancora spezzata dal pianto. “Sono io.” e si avvicinò. “Sono Jensen!” ormai alle spalle di Jared.

 

Jared a sentire proferire quel nome, si fermò sul posto. Respirò a fondo. Cercò di drizzare meglio poteva le spalle , contratte dallo choc. Si voltò piano e si ritrovò a fissare il ragazzo.

Come per una crudele magia quegli occhi sembrarono di nuovo quelli di Jensen, benchè ancora castani. Le labbra, l’espressione del viso, i lineamenti del viso e del corpo intero, sembrò sparire per mostrare di nuovo ciò che era Jensen. Era come se quella nebbia che avvolgeva sempre Alex si fosse finalmente dissolta , lasciando che Jensen fosse , di nuovo, ben visibile.

Poi, quasi spinto da una forza invisibile e viscerale il suo pugno andò ad impattare in pieno sulla mascella di Jensen che accusò il colpo, fece qualche passo indietro per tenere l’equilibrio ma...cavolo! se Jared aveva colpito duro.

Jensen si portò una mano alla guancia, massaggiandosi, ma nemmeno ci pensò a prendersela, anzi sapeva che meritava di peggio. Jared invece si guardava la mano che aveva sferrato il pugno. Vide le nocche arrossarsi, la sentì pulsare dal dolore.

Allora… allora capì che l’uomo davanti a lui era vero. Non stava impazzendo. Non stava sognando. O peggio, avendo un incubo crudele.

“No..no...no….” sussurrò Jared, incredulo.

“Ti supplico, lascia che ti spieghi, che ti racconti tutto.”

“Com’è possibile? Come fai ad essere ….”

“Vivo?!” finì per lui, quello che ormai era di nuovo Jensen. Redivivo. Incredibilmente.

“Jim ...Jim quella sera mi disse che tu...”

“Gli era stato ordinato di farlo, Jared!” riferì giustificando l’agire dell’ufficiale di polizia e in quel momento Jared ricordò quella frustrata imprecazione da parte di Jim: “Odio fare questa cose!

Ma ancora non riusciva a crederci: “Non è possibile….ho visto il tuo corpo all’obitorio...”

“No, hai visto un corpo coperto da un telo bianco, Jared!” gli ricordò Jensen.

“No..io...ho assistito al tuo funerale, ho pianto sulla tua bara….”

“Una bara sempre chiusa!” continuò Jensen, cercando di trovare dei modi per iniziare il suo racconto. La sua giustificazione. Se di giustificazione poteva parlarsi per una cosa del genere.

A quelle frasi, Jared rimase per un attimo in silenzio. Era come se stesse facendo mente locale, come se si stesse auto convincendo di non essere pazzo. Jensen era lì davanti a lui. Vivo.

“Ma cosa….com’è possibile? Cosa è successo?”

“Protezione testimoni!” fu la risposta criptica e breve da parte dell’altro.

Jared stralunò.

“Jensen!” pronunciò finalmente.

“Sì, sono io!”

“Jensen!” ripetè come per rendersene davvero conto.

“Lascia che ti racconti tutto!” provò allora, Jensen, e dicendo così allungò una mano, intenzionato ad accarezzare il volto di quello che era sempre stato ed era ancora, l’amore della sua vita.

Ma quello che successe, non se lo sarebbe aspettato. Non in quel modo.

Jared non gli diede nemmeno tempo di toccarlo, o solo sfiorarlo. Si voltò di scatto e velocemente, afferrando al volo il suo giacchetto, corse fuori dal suo stesso appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Jensen rimase fermò al centro del soggiorno.

La mano ferma a mezz’aria. A carezzare quel volto che non c’era già più.

Il giorno in cui decise di ritornare alla sua vita, per riprendersela, per riprendersi Jared, aveva messo in conto che non sarebbe stato facile. Specie quello che riguardava Jared. Ed era per questo che aveva deciso di entrare di nuovo nell’esistenza dell’altro, sotto mentite spoglie. Era passato tanto tempo e aveva messo in conto che Jared poteva essere cambiato, che avesse trovato un altro, che avesse un’altra vita. Una vita felice, finalmente completa, come meritava. Ma quando poi, aveva capito, grazie al racconto di Misha, in quale situazione Jared viveva, aveva deciso di fare le cose con calma.

Forse aveva sbagliato. Forse presentarsi come Alex era stato un passo falso, una sorta di presa in giro….forse...forse aveva solo combinato l’ennesimo casino che altro non aveva fatto che causare sofferenza a Jared.

Si passò le mani tra i capelli e poi sul viso, con un gesto frustrato, per schiarirsi le idee e l’unica cosa a cui riuscì a pensare fu: “Non posso andare via. Dovrà pur tornare a casa. Non posso lasciare le cose così! Non posso fargli ancora del male. Poi….che accada quel che deve accadere!” e così fece.

Con un movimento quasi forzato, si costrinse a sedersi al centro del divano. In attesa. Di Jared.

 

Per la strada, Jared, camminava ignorando qualsiasi cosa. Luci, negozi, persone e ogni tanto aveva rischiato perfino di finire sotto ad un taxi.

Nella sua mente la confusione più totale. Quattro anni! Quattro anni a struggersi per la morte di Jensen e lui , invece, era vivo e vegeto, da qualche parte. Aveva passato quattro anni a soffrire, a cercare di non far finire in polvere un cuore già fatto a pezzi. E ora? Ora Jensen era di nuovo lì, vivo, nella sua vita.

E perso in questi pensieri assurdi, una rivelazione gli si fece presente. “Protezione testimoni”

Che cosa aveva voluto dire Jensen con quelle due parole? Che cosa gli era successo? Da chi doveva nascondersi per finire nella protezioni testimoni?

Riflettendo su questo, si sedette ad una panchina di un viale alberato illuminato solo dai lampioni notturni.

“Che devo fare...che devo fare...che devo fare...” continuava a ripetersi, con la testa tra le mani. Avrebbe voluto avere qualcuno con cui confidarsi, qualcuno che gli dicesse cosa fare, come comportarsi, come affrontare Jensen e il suo ritorno. Avrebbe voluto chiamare Misha, ma si convinse che avrebbe solo sconvolto un’altra persona che, anche se in modo diverso, amava Jensen. “Dio aiutami!!” ripetè guardando il cielo sopra di lui.

Le stelle che brillavano circondate da un buio terso. Ed era così che adesso si sentiva: doveva decidere se continuare a brillare o farsi inghiottire dal buio.

 

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Capitolo 7
*** .7. ***


Erano quasi le cinque del mattino, quando Jensen sentì la porta dell’appartamento di Jared aprirsi. Scattò in piedi e restò in assoluto silenzio, mentre l’altro , entrando in casa, lo vedeva ancora lì, e rimaneva immobile all’uscio di casa.

Non disse niente, ma notò che Jared aveva in mano un sacchetto di carta.

“Non sei andato via!” sussurrò , forse sarcastico Jared.

“Credo di essere stato via già per troppo tempo!” si ritrovò a rispondere d’istinto Jensen, che abbassò immediatamente lo sguardo, quando gli occhi accusatori di Jared lo fulminarono.

“Bene!” fece poi, il più giovane e porse a Jensen il sacchetto che aveva in mano. “Qui o da un’altra parte non è importante!”

Jensen, sorpreso, prese il sacchetto e lo aprì. All’interno, una tinta per capelli , delle forbici e un rasoio nuovo presi in uno di quei Market sempre aperti.

“Ma cosa….”

“Hai detto che vuoi parlare, che vuoi spiegarmi.”

“Sì!” fece Jensen, rincuorato da quelle parole.

“Ma io ho bisogno che sia tu...il vero tu a dirmi tutto.” e Jensen capì.

“Posso usare il tuo bagno?!” chiese. L’altro annuì solamente.

 

Circa un’ora e mezza dopo, Jared sentì la porta del bagno aprirsi.

Era nervoso. Pochi istanti e avrebbe rivisto Jensen, il vero Jensen. Il suo Jensen.

Ma era ancora suo? Lo avrebbe saputo presto.

Jensen aveva ancora un asciugamano tra le mani quando si fermò davanti all’altro che lo osservò di nuovo con un certo terrore. Come si guarda un fantasma. Il viso di nuovo glabro. I capelli, anche se non con un taglio perfetto, di nuovo corti.

“Io...io credo di averti macchiato un paio di asciugamani ...di là!” fece Jensen, con un tono misto tra la colpa e l’imbarazzo.

“Io credo che tu abbia cose più importanti di cui preoccuparti al momento!” replicò con un tono stranamente gelido, Jared.

Ma poi , il giovane si stranì!

“Jared ?” lo richiamò Jensen, per destarlo da quel suo stato di giustificata confusione.

“Tu hai...hai ancora...” fece incerto Jared indicando all’altro, gli occhi.

In un primo momento Jensen non capì, si guardò nello specchio dell’ingresso credendo di avere della schiuma da barba ancora sul viso, ma quando si ritrovò a fissarsi, capì. Avevo tolto gli occhiali, ma aveva dimenticato altro. Aveva ancora le lenti a contatto colorate che gli rendevano gli occhi castani. Piano, le tolse. Per un po’ sentì gli occhi bruciargli, li strinse, ma poi sentì che tutto tornava a posto.

Si voltò piano verso Jared che inspirò profondamente quando si rese conto che di fronte a lui c’era di nuovo Jensen.

“Ok! Ti ascolto!” si costrinse a dire andandosi a sedere sul divano.

Jensen prese un respiro, pronto ad iniziare e andò a sedersi sul piccolo puff che era di fronte al sofà su cui era Jared.

“Ricordi che tre giorni a settimana lavoravo da mio padre all’ufficio contabile?” iniziò.

“Sì.”

“Durante una revisione contabile a cui lavoravamo entrambi, ci accorgemmo di alcune irregolarità. Papà chiamò il responsabile della società esaminata, la Turner Inc. e…” ma Jared lo fermò, stranito.

“Un attimo. La Turner?”

“Sì!”

“La Turner Import Export di Rufus Turner ?!” sottolineò. “La società che controlla quasi tutto il commercio del Texas!?”

“Sì.” convenne ancora Jensen. “Papà gli comunicò quello che aveva scoperto. Solo qualche ora dopo , un paio di associati, o almeno loro si presentarono come tali, vennero allo studio. Con poche ma chiare minacce, ci fecero capire che ogni cosa doveva restare esattamente così com’era. Diplomaticamente ci fecero capire che se avessimo provato a far presente alle autorità competenti del “fraintendimento finanziario”, non sarebbe stato facile, per noi, andare avanti.” riferì, ricordando gli eventi , senza sentire il bisogno di fare troppi nomi e Jared ascoltava ogni parola con attenzione.

“Che avete fatto?!”

“Ricordi come era papà!” rammentò amaramente il biondo. “Prima di tutto si spiegò come mai una società di tale portata si serviva di un piccola società contabile come la sua e poi… lo sai, lui era ligio al dovere e alla giustizia. Non esitò e il giorno dopo quella visita, chiese un colloquio con un agente federale.”

“Siete andati all’FBI?!” domandò sorpreso Jared. “Quando? Perché non mi hai mai detto niente?”

“Mancai un week end. Ricordi? Ti dissi che portavo papà a fare un esame clinico fuori città.” gli fece fare mente locale e Jared annuì.

Ma poi, insistette: “Ma perché non me ne hai mai parlato?”

“Perchè dopo che parlammo con l’agente Sheppard, quello preposto al caso, mi convinsero, soprattutto per il tuo bene e la tua sicurezza, che tenerti fuori era la cosa migliore da fare. Meno persone erano al corrente di quell’affare, minori sarebbero state le possibilità di coinvolgerti direttamente a tutto. A noi. A me.”

“Non pensi che avrei potuto e dovuto scegliere io?”

“Sì, certo e so che avresti scelto di starmi accanto!”

“Come minimo, Jensen!” fece offeso.

“Lo so, ma quando Sheppard mi disse che c’era la possibilità di un trasferimento per sicurezza testimoni, insomma….non volevo gettarti in mezzo a tutta quella merda. Stavo già tentando di tirarmene fuori io, e non potevo di certo….”

“Aggrapparti a me!?” domandò sarcastico.

“Non potevo farti una cosa del genere!” cercò di giustificarsi Jensen.

“No, ma è stato più facile farmi credere di essere morto.” replicò secco.

Jensen accusò il colpo, ma ribattè subito.

“Quello non era previsto.”

“No?!”

“No. Quella sera, la sera dell’incidente, dovevo vedere Sheppard e i miei genitori, per dire loro che io non sarei partito con loro, che avrei affrontato tutto da Austin, che non potevo lasciarti. Promisi loro che sarei stato attento e Sheppard mi assecondò dicendo che ci sarebbe stata una pattuglia a tenermi sotto controllo. Ma quello che nessuno di noi immaginava è che i mastini della Turner avrebbero agito nel modo in cui hanno fatto.” proseguì nel racconto.

“Cioè?” fece ansioso del racconto.

“Fecero qualcosa alla macchina e in una curva della Oak Hill, papà perse il controllo. Sia lo sterzo che i freni non erano più controllabili e la macchina volò dritta nella scarpata!”

“Oddio!!” sussurrò Jared, immaginando quello che era successo. “I tuoi ? Dove sono adesso? Sono ancora sotto protezione? Stanno bene?” domandò pensando che anche per i genitori valesse la stessa menzogna occorsa a Jensen.

Ma il maggiore a quella domanda, abbasso lo sguardo e a Jared parve di percepire un’immensa tristezza in quel gesto. “Jensen...” lo richiamò e quando il biondo alzò lo sguardo aveva gli occhi immensamente tristi e lucidi.

Jared non riuscì a dire niente altro se non un affranto: “O mio Dio!”

“No, Jared. Loro non stanno bene. Non stanno affatto bene.” asserì con amarezza.

“Cosa...”

“Quando la macchina uscì fuori strada, miracolosamente, io fui sbalzato fuori. Mentre mamma e papà rimasero intrappolati all’interno. Mi risvegliai dopo più di tre settimane. Sheppard e i medici mi dissero che ero stato in coma, che papà era morto sul colpo e che mamma , purtroppo , era morta poco dopo l’arrivo in ospedale. Disperavano di salvare anche me a causa delle ferite che avevo riportato, ma , a detta di Sheppard, ho lottato con le unghie e con i denti. Due arresti cardiaci e tre operazioni alla schiena per diminuire una compressione spinale hanno dato un bel da fare ai medici che facevano di tutto per tenermi in vita!” tentò perfino di sembrare ironico.

“Dio...Jensen. Mi...mi dispiace così tanto!” fece Jared rattristato e dolorosamente colpito da quella parte di racconto. Jensen annuì a quel dispiacere che sapeva essere sincero da parte dell’altro e non solo di circostanza. “Come stai!?” si ritrovò a chiedere data la questione del coma. “Hai detto che sei stato in coma, che la tua schiena...”

“Beh!! di tanto in tanto ho ancora problemi con la schiena, ma niente di insopportabile!” lo rassicurò.

Jared sospirò profondamente e in quel sospiro Jensen potè scorgere tutta la profonda frustrazione che il ragazzo provava.

“Perdonami. O almeno spero che un giorno tu possa perdonarmi. Pensavo di fare la cosa giusta e invece ho perso i miei genitori, sono quasi morto anche io, e ho fatto soffrire te in un modo che di certo non meritavi.” fece il biondo.

“Jensen...”

“No, merito il tuo astio, il tuo odio. La tua rabbia.” fece massaggiandosi la mascella arrossata. “Perché ricordo benissimo quali sono state le mie ultime parole, quella sera, prima che andassi via per incontrare Sheppard e i miei. E posso solo immaginare quello che hai passato e dovuto passare tu, quando ti dissero che ero morto. Ma credimi quella sera volevo davvero...”

“Ti prego possiamo non parlarne adesso?!” fece il più giovane, alzandosi dal divano e raggiungendo il centro della stanza, dove forse aveva più aria con cui respirare.

“Ok!” continuò, invece, Jensen. “ Ma voglio che tu sappia che quella sera, l’inferno, non è iniziato solo per te.” e a quell’affermazione, Jared deglutì, e si girò verso Jensen, che lo guardava dal suo posto. “Anche io ti ho perso. E perdendo te, ho perso tutto.”

Jared si muoveva nervosamente nella stanza. Nella mente ancora mille e mille domande. Una fra tutte….

“Perchè ti sei riavvicinato a me in quel modo?”chiese. “Come... Alex?!” precisò comunque.

Jensen sapeva che quella domanda sarebbe arrivata prima poi.

“Qualche mese fa ho testimoniato davanti al Gran Giurì. Ormai, nomi, date , conti esteri...tutto è nelle mani dell’FBI e della Giustizia. Ero finalmente, di nuovo, libero di riprendermi la mia vita e puoi immaginare quale fosse il mio primo pensiero.”

“Ok! Ma non mi hai risposto….perchè presentarti come Alex!?” rinsaldò, Jared. Deciso a sapere davvero tutto. “Perchè non ritornare e basta?!”

“Jared, erano passati oltre quatto anni e io non potevo ripiombare nella tua vita come se niente fosse. Bussare alla tua porta e dire: “Ciao Jared. Sono vivo, mi sono solo finto morto ma ora sono tornato. Riprendiamo da dove abbiamo lasciato!”, tu non lo avresti accettato. Io stesso non avrei accettato una cosa del genere.” spiegò Jensen. “Tu potevi avere qualcuno con te, ne avresti avuto tutto il diritto e io non ne avevo nessuno per mandare in frantumi la tua vita. Di nuovo.”

“E allora cosa?, quando hai capito che ero da solo , ti sei divertito a fare l’agente sotto copertura?” domandò sarcastico.

“No!!” rispose offeso Jensen. “Non è come pensi. Tu non hai idea di quante volte stavo per rivelarmi, ma ogni volta...non lo so...qualcosa mi fermava. Avevo paura!”

“Paura?!”

“Se ripresentandomi a te, tu mi avessi messo alla porta? Se non avessi accettato quello che era successo? Se ...” ed erano talmente tanti i “se”, e tutti plausibili, che non poteva elencarli tutti. E così: “Alex invece poteva stare con te, parlarti, accompagnarti in giro, uscire con te la sera, vedere dei film con te...e allora io...io...” disse in colpa.

“E fin quando credi avresti potuto essere lui?” lo accusò. “In quel teatro qualcosa è scattato, e poi ieri sera..qui, se non ti fossi fermato, se fossimo arrivati alla camera da letto, come credi avresti potuto evitare che io vedessi il tatuaggio?!” gli fece presente.

“Non lo avrei permesso!” sussurrò Jensen.

“Cosa non avresti permesso?!” ribattè.

“Non sarei mai venuto a letto con te come “Alex”, sarebbe stato ingiusto verso di te. Verso quello che provo ancora per te.”

“Quello che provi ancora per me?!” chiese incredulo Jared, come se non fosse possibile una cosa del genere.

Jensen lo guardò – ferito – dopo quella domanda. Ma poteva capirne comunque , il senso.

“Che tu ci creda o no, ti amo ancora esattamente come ti confessai quella maledetta sera: in un modo assurdo con cui so per certo che non ci sarà nessun altro dopo di te. Ti ho dato tutto e continuerò a farlo finché potrò. Quindi ...che altro potrei dare a chi dovrebbe o potrebbe esserci dopo di te.” gli ricordò con quello stesso tono con cui Jared, ricordò, Jensen gli aveva parlato quella sera. “E questo tatuaggio serve ancora a ricordarmi il modo in cui ti appartengo, in cui ti amo. In cui ho sempre voluto appartenerti e in cui ho sempre voluto amarti. Completo, indelebile, resistente al tempo!”

Jared ricordò ogni parola, ogni sensazione, ogni magnifica emozione che aveva provato quando Jensen gli si era dichiarato. Ma non poteva fare finta che una parte della sua mente, forse quella ancora razionalmente lucida, gli stesse gridando di sbatterlo fuori di casa e rifarsi finalmente una vita.

Oh se lo avrebbe voluto! Una, se pur minima, vendetta per quello che aveva dovuto patire.

Ma poi, si ritrovò a guardare di nuovo quegli occhi verdi, quasi imploranti, non di perdonarlo ma almeno di credergli.

Esasperato , si passò le mani sul viso, cercando disperatamente di vedere un po’ di luce in quello che lui credeva essere l’ennesimo tunnel oscuro.

 

In quel momento, Jensen lo raggiunse al centro del soggiorno. Vide la confusione sul volto di quello che era stato il suo compagno. Si maledisse, rendendosi conto, di essere la causa dell’angoscia e il dolore che vedeva brillare in quegli occhi, mai visti così tristi.

Lo aveva fatto di nuovo. Aveva fatto soffrire Jared in un modo che non sapeva di poter fare e si odiò profondamente. Capì che il ragazzo aveva bisogno di tempo per pensare, riflettere e di sicuro per prendere una decisione.

“Si è fatto tardi..” disse, così e poi guardò distrattamente l’orologio. Appena le quattro di mattina. Sorrise ironico. “O forse dovrei dire che è troppo presto. Dopo quello che è successo, quello che hai saputo...penso che tu abbia bisogno di tempo e spazio. E anche di riposare. Vado via. Chiamami quando e se vorrai rivedermi, quando potrai di nuovo sopportare la mia presenza. E tranquillo...” disse poi, prendendo il giubetto. “Capirò se non vorrai avere più niente a che fare con me.” e fece per andare via. “Domani in mattinata chiamerò Misha e comunicherò che Alex deve partire per improrogabili urgenze familiari e che quindi si licenzia.”

Andò verso la porta, aprì, sperando in un richiamo. Sperando sperando sperando.

Ma quel richiamo che tanto aspettava non arrivò.

Uscì dall’appartamento e si chiuse la porta alle spalle.

Proseguì come un automa fin verso il portone principale e poi arrivò alla macchina e nemmeno si rese conto come e quanto tempo ci mise per arrivare a casa sua. O per lo meno quella casa che aveva affittato a nome di Alex Cordell. Si chiuse la porta alle spalle. Andò fino al piccolo divano del soggiorno. Si sedette. Gomiti alle ginocchia. Viso tra le mani. Lo aspettava una lunga lunga giornata.

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Capitolo 8
*** .8. ***


Nell’appartamento di Jared, il ragazzo, era ancora fermo al centro della soggiorno, con lo sguardo fisso sulla porta di casa chiusa. I suoi occhi vedevano ancora la sagoma di Jensen, la sua mente continuava a gridargli “Muoviti, lui non è più su quella porta!E’ andato..., devi respirare di nuovo. Devi muoverti di nuovo!
Non seppe quanto tempo passò, ma ad un certo punto diede retta a quella voce interna e quasi con fatica, raggiunse il divano. Si sedette, poggiò la testa sul cuscino dello schienale.
Completamente vuoto, completamente svuotato. Decisamente confuso.
Senza motivo il suo sguardo si posò sul cellulare poco distante da lui. Sbuffò quando si rese conto che erano passate ore. Erano circa le otto di mattina. Lo afferrò e digitò dalle chiamate rapide, il numero di Misha.
Ehi, ragazzone? Come mai a quest’ora?”
Jared , sapeva di non avere forza nemmeno nella voce e cercò di schiarirsela tossendo appena.
“Sì...ecco...”
Wow!! che voce. Cosa c’è? Ti sei fatto beccare dall’influenza?!”
Jared colse la palla al balzo per creare la sua scusa.
“Sì...sì...credo di essermi beccato qualcosa. Sentì...credo che per qualche giorno me ne starò a casa. Ci sono problemi per te?!” e tossì, mentendo.
Assolutamente. Riguardati.”
“Grazie, amico.”
Hai bisogno di qualcosa?!”
“No, no, no...ho tutto grazie!” e poi un flash gli balenò nella mente. “Misha...senti!!”
Cosa?!”
“Sai che io...io e Alex...si, insomma...”
Sputa il rospo!”
“Ascolta è possibile che forse...io ..insomma...forse anche lui...cioè potrei averglielo passato!” inventò dato che ormai Jensen si era sbarbato, tagliato e tinto i capelli, tolto le lenti...insomma era tornato ad essere Jensen e di certo non si sarebbe presentato a lavoro. “Quindi ...è probabile che nemmeno lui venga!”
Ok, chiaro!! E’ tutto ok! Riposa, ora!”
“D’accordo, grazie!”, e quando mise giù con Misha , mandò un messaggio al numero di Jensen, o meglio di Alex.
Non chiamare Misha. L’ho fatto io e gli ho detto che sei malato e non andrai a lavoro.” e inviò.
Decisamente freddo. Semplicemente delle parole messe insieme in una frase.

Nell’altro appartamento, quello stesso messaggio venne letto.
Decisamente freddo. Semplicemente delle parole messe insieme in una frase.

In quei giorni di completa clausura, Jared girava nel suo appartamento, che poi era ancora quello che aveva condiviso con Jensen. Aveva provato a venderlo ma quando aveva ricevuto un’offerta e il fatto di doverlo lasciare era diventata una cosa concreta, gli mancò il coraggio. Chiese scusa, pagò anche una penale per il mancato affare, e decise di rimanere lì. In quello che ancora considerava il loro appartamento.
Era da tempo che girovagando per casa, guardando oggetti o posti, o la semplice poltrona, o la custodia di un film o di un cd, i ricordi di lui e Jensen insieme non gli si palesavano davanti. Erano belli, erano dolci, erano malinconici, erano tristi.
Poi una sera, sentì bussare alla porta.
Circa mezzora prima aveva parlato con Misha che si era offerto con insistenza di portargli qualcosa di caldo anche se il ragazzo aveva gentilmente rifiutato.
Andò alla porta, sicuro che fosse l’amico e mentre apriva.
“Ti voglio bene, Misha...ma non la voglio la tua assurda zuppa curatutto della nonna russa!!, quindi….” ma il resto gli rimase in gola.
Non c’era Misha alla porta.
Ma Jensen.
Bagnato fradicio dato che era ormai quasi un’ora che pioveva a dirotto.
I due restarono come congelati a fissarsi. Mille parole da dire. In nessuno dei due il coraggio di dirle. Poi fu Jared a spezzare quel silenzio.
“Che ci fai qui?!” chiese senza sembrare troppo duro.
Jensen deglutì.
“Non potevo chiamare Misha per chiedere di te, così io...io andavo al tuo...insomma, io...” balbettò asciugandosi con una mano il viso grondante pioggia.
“Hai sorvegliato il mio studio.” asserì e Jensen annuì solo col capo, in imbarazzo, cercando di mantenere un certo contegno dato che i vestiti bagnati cominciavano a freddarsi addosso.
“Sì!” ammise con un filo di voce e poi come se si fosse reso conto che non aveva niente di cui vergognarsi, inspirò profondamente, si strofinò i capelli come a volerli tamponare e fissò gli occhi verdi in quelli più chiari del ragazzo che gli stava di fronte. “Non potevo fare altro che venire qui e vedere se stavi bene.”
“Sto bene. Mi sono preso solo qualche giorno e tu puoi ben capire perché!” fece Jared.
“Sì..sì..certo. Ok!” e poi si guardò in giro, sperando fortemente in un invito, ma come quella sera che andò via sperando nel richiamo di Jared, anche questa sera...niente. “D’accordo. Non ti disturbo oltre. Buonanotte Jared!” e si avviò veloce verso l’ascensore.
“Buonanotte Jensen.” sussurrò Jared ma non chiuse la porta di casa.
Si girò verso il suo appartamento. Fissò la poltrona dove Jensen si sedeva per guardare i suoi assurdi documentari di storia per poter riportare al massimo della gloria un mobile o una stanza o un qualsiasi decoro. Guardò il divano dove per infinite notti si tenevano abbracciati magari dopo aver fatto l’amore. Spostò lo sguardo alla cucina dove il più delle volte quello che cucinavano finiva nella spazzatura perché nessuno dei due era un gran cuoco. Senza rendersene conto si ritrovò a fissare la porta della camera da letto dove quell’amore che provavano l’uno per l’altro raggiungeva vette altissime.
“Che sto facendo!?” disse talmente piano che forse nemmeno lo disse sul serio, forse fu solo un pensiero. “Lui è vivo!! lui è vivo e io...io sto qui a fare il ritroso, l’offeso. Lui è vivo, abbiamo la possibilità di parlare , chiarire, ricominciare se Dio vuole e io me ne sto qui a fissare poltrone e divani vuoti. Che sto facendo? Che sto facendo???!” e questa volta lo disse decisamente a voce alta. Afferrò le chiavi di casa e andò verso l’ascensore, ma Jensen stava già scendendo. Allora decise di fare le scale. Le scese di corsa, a volte saltando più gradini alla volta. Tre piani. Doveva correre o si sarebbe ritrovato a dover rincorrere Jensen per strada e data la situazione di Jensen, dato che il vicinato era ancora “attivo” voleva evitare di attirare l’attenzione su di loro.
Corse veloce giù per le scale e finalmente arrivò al piano terra e fece appena in tempo a raggiungere le porte dell’ascensore prima che queste si aprissero.
“Ma che...” sobbalzò Jensen vedendoselo di fronte, accaldato e affannato.
Jared poggiò entrambe le mani sull’apertura meccanica per evitare che le porte si chiudessero di nuovo.
Jensen rimase basito nel vedere il ragazzo. Si sporse appena per vedere se c’era gente, se c’era un qualche motivo per giustificare quell’azione.
“Jared , ma….”
Jared respirò affondo per riprendere fiato, almeno quanto poteva. Deglutì.
“Te ne sei andato, l’altra sera. E sei andato via anche stasera!” disse solo, fissandolo quasi con aria di rimprovero.
Jensen, tirò indietro le spalle, ma non come gesto di superbia , ma solo per riuscire a respirare meglio. Cercando di aprire la cassa toracica il più possibile così da dare più spazio possibile al suo cuore che batteva talmente veloce che sembrava non avesse più spazio per pompare.
Guardò dolcemente Jared.
“Non mi hai fermato, l’altra sera. E non lo hai fatto nemmeno stasera!” rispose senza ammonimento nel tono di voce.
Jared stava per controbattere ma si fermò. Si fermò perché Jensen aveva ragione.
“Lo sto facendo adesso!” asserì deciso.
Jensen sorrise impercettibilmente. “E io non sto andando via!” rispose.
In quel momento si accostò il nuovo inquilino che molto probabilmente voleva usare l’ascensore.
“Ehm...ragazzi….sono fradicio.. e io vorrei..” azzardò dato che Jared aveva ancora le mani messe in modo da bloccare l’ascensore.
“Prendi le scale Rob!” fece Jared senza guardarlo, senza spostare lo sguardo da Jensen che non spostava lo sguardo da Jared.
“Ma sto al quarto piano e ...”
Jared alzò gli occhi al cielo, spazientito da quell’interruzione e si voltò verso l’uomo che abitava in quel palazzo da meno di un anno. Quindi non conosceva Jensen. “Rob?...sai..stai mettendo su peso….ti conviene prendere le scale, amico! Ti farebbe bene!!” fece, fulminandolo con lo sguardo.
Il povero Rob, imbarazzato, si guardò la maglietta un po’ stretta sul giro vita. “Ma io...”
“Prendi quelle cazzo di scale, Rob!!” sbottò alla fine.
“Che palle!!” sbuffò l’inquilino capendo che non ci sarebbe stato verso di averla vinta e andò verso le scale. Conosceva abbastanza Jared da sapere che se il ragazzo si era comportato così, era una cosa seria, perché , mai, in quell’anno di vicinato, una sola parola sgarbata era mai stata usata dal giovane nei confronti di nessuno degli inquilini del palazzo.
Jared, tornò a fissare Jensen che dopo pochi momenti, si spostò così che anche Jared potesse entrare in ascensore.
Il più giovane lo fece e schiacciò il pulsante del terzo piano.
Occhi negli occhi.
Nessuna parola.
Non ancora.

Quando arrivarono al piano e le porte si aprirono , uscirono insieme e Jared fece strada. Aprì la porta e fece entrare l’altro, che una volta dentro, restò fermo al centro del soggiorno.
Jared dopo aver chiuso la porta, tornò a fissarlo e solo allora tornò di nuovo a notare che Jensen era completamente bagnato e tremava appena.
“Ti prendo qualcosa di asciutto. Sei fradicio. Va’ in bagno ad asciugarti. Ti porto tutto di là!” fece con un’insolita indifferenza.
“Mi basta un asciugamano, non ti preoccup...”
“Non mi serve che ti ammali. Va’ di là!” e lo precedette per andargli a prendere qualcosa di asciutto.
Jensen tacque. Non voleva rovinare quel piccolo primo passo che avevano fatto. Jared lo aveva richiamato. E se assecondarlo era il secondo passo, lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto di tutto.

Jared, in camera da letto, nel suo armadio, frugò in un angolo. In una scatola che teneva ben nascosta. Tirò fuori una maglietta e dei pantaloni di tuta.
Si accostò alla porta del bagno, sentì che Jensen stava usando l’asciugacapelli. Bussò e gli disse che gli aveva lasciato i vestiti sulla piccola panca accanto alla porta e poi andò via, verso la cucina.
Jensen lo sentì e poco dopo essersi asciugato, aprì la porta e prese i vestiti.
Ciò che non si sarebbe mai aspettato è che avrebbe riconosciuto quegli indumenti. Pensava che Jared gli avrebbe dato qualcosa di suo invece…
Invece erano i suoi. La maglietta era una maglietta con l’immagine del Texas che Jared gli aveva regalato e che lui usava spesso per dormire. Lo stesso per quei pantaloni.
Jared aveva tenuto i suoi vestiti. Chissà cosa altro , di suo, aveva tenuto, credendo che quelle cose gli avrebbero fatto sentire meno la mancanza.
Un groppo in gola gli impedì di respirare. Gli occhi iniziarono a bruciare e per qualche momento tutto divenne sfocato.
Si passò velocemente la mano sugli occhi e poi se l’asciugò sul telo di spugna.
“ok...ok..ok...” sussurrò cercando di ritornare lucido.
Si vestì, riordinò il bagno e infilò i suoi abiti nell’asciugatrice.

Quando raggiunse di nuovo il soggiorno, Jared stava accanto al piano cottura intendo a preparare del caffè. Jensen si schiarì solo un po’ la voce per annunciarsi e quando il più giovane si voltò verso di lui, Jensen lo vide deglutire nervosamente.
“Mi vanno ancora bene!” cercò di spezzare quel disagio.
Jared lo intuì. E cercò di non farsi prendere dall’emozione nel rivedere quei vestiti indossati dal legittimo proprietario.
Arricciò appena le labbra. Fissandolo. “A quanto pare non è solo Rob ad aver messo su peso!” lo provocò.
Jensen strabuzzò gli occhi, fissandosi immediatamente lì dove la maglietta stringeva appena. Braccia e torace, solo accennato sul girovita.
Fulminò il più giovane con lo sguardo. “Rob non ha mesi di riabilitazione alle spalle. Ma solo mesi di ciambelle e divano, immagino!” si giustificò rassettandosi i vestiti che indossava.
Jared sorrise anche se un secondo dopo si ritrovò a pensare a ciò che Jensen aveva detto senza alcun rancore nei suoi confronti: “Mesi di riabilitazione alle spalle...”
Jensen aveva avuto dei danni alla schiena e di sicuro la riabilitazione che aveva dovuto sopportare alla colonna vertebrale, alle braccia o forse all’intero busto, doveva essere stata davvero pesante.
Ecco il perché del suo fisico decisamente diverso. Più irrobustito, non appesantito.
Ma vedendo che il biondo non era offeso, gli indicò la tazza di caffè sul bancone della cucina.
E mentre Jensen lo raggiungeva, lui girò dall’altro lato per andare verso il divano.
Jensen bevve e quel calore fu corroborante per tutto il fisico, perfino per la mente.
“Grazie...mi ci voleva! Stavo gelando.” disse senza rendersene conto.
Jared non disse niente.
Jensen a volte lo vedeva fissarlo, a volte lo vedeva distogliere lo sguardo.
Era frustrante anche se non poteva non considerare lo stato d’animo del più giovane.
“Jared….”
“Mmmhh...” ricevette solo, in risposta.
“Mi hai fermato. Sono qui. Ma stare così...in silenzio...non ci servirà a nulla. Ma posso capire e se vuoi, se hai bisogno ancora di tempo, io posso andare via. Lo capisco. Te lo giuro. Non te ne farò nessuna colpa.” lo rassicurò e non ricevendo risposta, sospirò. Annuì alla situazione silenziosa. Poggiò la tazza mezza piena sul bancone. “Ok!, tranquillo. Recupero i miei vestiti dall’asciugatrice e vado via. Tu...puoi chiamarmi quando e quanto puoi!” e così dicendo andò verso il bagno, ma dovette per forza di cose passare nel soggiorno, accanto a Jared.

Nella mente di Jared, in quel momento, mentre Jensen gli passava accanto, mille pensieri. Mille dubbi. E mille e mille domande. E poi, improvvisa, una solo una certezza: Jensen era vivo. Jensen era di nuovo con lui. E forse, solo forse, per loro c’era una, se pur minima , possibilità di trovare una sorta di riscatto a quello che il destino aveva avuto in serbo per loro.
Agì d’istinto.
Mentre Jensen stava per andate verso il corridoio, la sua mano scattò al polso del biondo, fermandolo.
Jensen si bloccò sul posto e guardò il giovane.
“Cosa….” cercò di chiedere, mentre vedeva Jared spaesato e sentiva la sua voce che, tremante, continuava a ripetere: “che sto facendo, che sto facendo, che sto facendo...”
“Jared?!” lo richiamò cercando di destarlo da quella sorta di impasse, quando, all’improvviso, l’altra mano di Jared, si poggiò, cauta e meravigliosamente gentile sul suo viso.
Esattamente l’immagine speculare di quel pomeriggio a teatro, quando fu Alex ad accarezzargli il viso.
Jensen trasalì, emozionato, da quel contatto inaspettato e si ritrovò a balbettare un timoroso: “Io...forse non dovrei….”
“Ssh!!” lo fermò Jared esattamente come Alex aveva fermato lui ed esattamente come Alex, lo rassicurò: “Va’ tutto bene!” e a Jensen non servì altro.

 

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Capitolo 9
*** .9. ***



“Ti prego...” sussurrò supplichevole e con un filo di voce, Jensen. “...ti prego, baciami!”
Jared acconsentì e si sporse verso il volto emozionato dell’altro. Non disse niente. Poggiò solo le sue labbra su quelle di Jensen e piano iniziò a baciarle, a carezzarle, a conquistarle gentilmente.
Quel bacio sembrò riportar alla memoria la dolcezza, il timore, l’ansia del loro primo bacio.
Jared anche se razionalmente sapeva di star baciando di nuovo Jensen, non riusciva ancora a crederci e il fatto che sentiva Jensen stesso tremare contro di lui, sulle sue labbra, rendeva le sue sensazioni ancora più confuse.
Jensen, allo stesso modo, anche se esitante, cercava di aggrapparsi a quel bacio e a quelle sensazioni da tempo non più provate, con tutte le sue forze. Stava riassaporando il sapore di Jared, stava sentendo di nuovo il tocco delle sue mani, sentiva di nuovo il rassicurante calore del suo corpo.
Poi, però, il giovane si staccò e si allontanò piano.
Jensen riaprì gli occhi e si vide specchiato in quelli lucidi di lacrime di Jared.
Non seppe spiegarsi se quello che sentì esplodergli nel cuore fu infinita felicità o profonda tristezza.
Jared stava soffrendo? O era felice quanto lui per essersi ritrovati?
Perchè quelle lacrime?
“Jared?!” lo chiamò, passando il pollice sullo zigomo per asciugare una lacrima.
“Sei vivo!” disse solo Jared.
“Sì!”
“Non sto sognando o peggio avendo un incubo?!”
“No!”
“Non mi ritroverò da solo quando riaprirò gli occhi domani?!”
“Solo se sarai tu a mandarmi via per restare da solo!”
Poi Jared gli sfiorò di nuovo le labbra con le proprie.
“Queste sono davvero le tue labbra sulle mie!?”
“Sì!”
E poi incrociò le dita della sue mani con quelle di Jensen.
“Queste sono di nuovo le nostre mani strette insieme?!”
“Sì!” e strinse più forte come a dare conferma di quella realtà di cui Jared sembrava aver bisogno.
“Posso davvero toccarti di nuovo?!” e Jensen prese le mani di Jared e se le mise sul cuore, mettendo le proprie sui fianchi del più giovane.
“Posso parlare di nuovo con te ?!”
“Fino a sfinirmi!”
“E tu mi risponderai davvero?!”
“Fino a sfinirti!” scherzò sorridendo e rubando un sorriso anche all’altro.
“Posso di nuovo ….” e tacque, forse timoroso. Forse in imbarazzo.
“Cosa Jared?...cosa vuoi fare?!” lo incoraggiò Jensen.
“...fare l’amore con te?!” e questa volta Jensen non rispose.
Si limitò a prendergli di nuovo le mani ancora ferme sul suo cuore che batteva incredibilmente forte.
Fece un passo solo verso la stanza da letto. Solo per capire se anche Jared era pronto a quel passo, nonostante quella sua domanda.
E il suo cuore accelerò ancora quando Jared non si irrigidì, ma assecondò il suo passo.
Rincuorato da quella complicità Jensen riprese a camminare verso la stanza e quando ne oltrepassarono la soglia, mille e mille ricordi, riaffiorarono alla mente di entrambi. Quel letto, quella penombra che li teneva al sicuro dal mondo fuori, le notti passate ad amarsi, quelle a parlare del loro futuro insieme e anche quelle passate a discutere per quello stesso futuro.
Jensen si voltò verso il compagno, dietro di lui. Lo guardò con infinita dolcezza.
“Possiamo ricominciare se vuoi o possiamo fermarci se hai ancora dubbi su tutto.” e poi: “Farò tutto quello che mi chiederai!” sembrò giurare.
La risposta di Jared fu chiara e decisamente…..appassionata!
Annullò lo spazio tra loro con un passo veloce, quasi felino e baciò con passione Jensen che si ritrovò quasi a perdere l’equilibrio a causa dell’abbraccio improvviso del ragazzo.
Jared sembrava volerlo divorare. Lo baciava con una passionalità di cui Jensen si beò immediatamente, poiché era da anni che ne sentiva la mancanza. Ricambiò immediatamente. Con lo stesso impeto, lo stesso entusiasmo.
Arrivare al letto fu facile.
Ritrovarsi a volersi spogliare velocemente ancora di più. Ritrovarsi a sorridersi mentre lo facevano, inciampando nei loro stessi passi, sembrò renderli dimentichi di quel passato così presente.
Jared spinse letteralmente Jensen verso il letto e Jensen, velocemente si spostò verso il centro del materasso invitando Jared a seguirlo.
Il più giovane lo sovrastò immediatamente, imprigionandolo tra le sue braccia e per Jensen, mai prigionia fu più bella. Le loro gambe trovarono , o meglio, ritrovarono il perfetto intreccio. I loro muscoli anche quelli più intimi e virili, godettero di quella ritrovata eccitante umida frizione.
“Mi sei mancato così tanto!” sussurrò Jensen, aggrappato alle spalle del suo amante ritrovato.
“Mi mancava il fiato senza di te.” fu la risposta di Jared. “Non respiravo.” continuò baciandolo ancora con un delicato vigore. “Era come se vivessi in apnea!” e lo baciò ancora.
“Mi...mi dispiace...così tanto!” rispose Jensen, emozionato e al tempo stesso rattristato da quella confessione.
“Baciami ancora. Di nuovo. Fammi respirare. Di nuovo.” richiese il più giovane.
Jensen lo baciò. Lo baciò con decisione. Con fermezza. Con dolcezza. Sperando di riuscire ad esaudire quella richiesta.
E spinti da quelle parole e da quello che stavano provando in quel momento, ogni barriera e ogni titubanza o tentennamento da parte di entrambi sembrò polverizzarsi.

Fu estasiante stare di nuovo così, ad accarezzarsi, a respirarsi addosso, a procurarsi piacere, a ritrovare quei piccoli punti deboli sui propri corpi, che facevano ridere o rabbrividire di piacere. Le bocche che baciavano ogni lembo di pelle raggiungibile, il loro sapore che esplodeva di nuovo sulle loro lingue, il sudore che li faceva brillare nella penombra della stanza. Poi quando quella piacevole sensazione di esasperazione li fece tremare, una mano di Jared scese sul corpo del maggiore, carezzandolo, stuzzicandolo, lambendolo poi con gentilezza, nella sua intimità più nascosta.
E sorrise appena quando a quei suoi tocchi, vide il corpo di Jensen inarcarsi per il piacere provato e di conseguenza anche lui sentì una scarica appagante, attraversargli il corpo, lungo la spina dorsale.
Dio!! da quanto non provava quelle sensazioni. Quante volte aveva sognato di fare l’amore con Jensen e aveva pianto al risveglio scoprendo che era stato solo un sogno e ora...ora Jensen, era di nuovo tra le sue braccia, stretto a lui, che lo baciava e si lasciava baciare.

E per Jensen era lo stesso. Aveva disperato per giorni, settimane , mesi di poter rivedere Jared , di ritornare da lui. Nonostante Sheppard lo rassicurasse, tutto sembrava sempre troppo lontano e poi...poi era successo. Era diventato Alex, si era avvicinato a Jared, avvicinato anche in una maniera che non sperava accadesse. E poi ancora si era rivelato, aveva spiegato quello che gli era successo e Jared lo aveva accettato. E soprattutto aveva accettato di nuovo lui nella sua vita.
E ora, in quel letto, si stavano amando di nuovo, si stavano appartenendo di nuovo, nella maniera più profonda, più fisica. Perché avevano bisogno anche di quello.
Le gambe di Jensen , con movimenti lenti e mirati, lasciarono spazio al corpo di Jared e il più giovane, dopo aver carezzato e stimolato fino al giusto punto il corpo di Jensen, si issò piano su di lui. Dentro di lui.
Entrambi gemettero per quella ritrovata unione intima. Jensen si inarcò alla ricerca di più contatto, Jared si contrasse contro di lui cercando di rendere il più tangibile possibile la loro unione.
Restarono fermi un attimo, uno contro l’altro. Dentro l’altro. Fronte contro fronte.
Nello stesso istante, entrambi aprirono gli occhi e si ritrovarono a fissarsi. Occhi negli occhi. Il verde brillante di Jensen nell’oro di quelli di Jared.
“Ti amo!” sussurrò il biondo al colmo dell’emozione. Poggiando una mano sul viso accaldato ed altrettanto emozionato di Jared. “Non ho mai smesso!”
“Ti amo!” e per Jared quella era l’unica risposta a quella dichiarazione. “Non ho mai smesso!”
Poi la danza, la loro danza d’amore riprese, prima lenta, delicatamente cadenzata, ritmicamente appassionata. I corpi che si spingevano vicini. Le mani che si cercavano, le bocche che giocavano con baci a volte delicati a volte più irruenti. Il piacere che cresceva di pari passo alla loro ricerca di quello stesso piacere fin quando tutto non divenne troppo caldo, troppo eccitante, troppo estasiante. I gemiti sommessi divennero ansimi carichi di godimento, i movimenti divennero a tratti scoordinati e più decisi, il calore tra loro divenne insopportabile e straordinariamente avvolgente. La vetta del Paradiso sembrava essere sempre più vicina, sempre più raggiungibile e quando niente sembrò poter ritardare quel momento di pura estasi, i due si lasciarono andare e tremarono uno contro l’altro. Stringendosi forte. Le braccia strette attorno ai loro corpi sudati e ansimanti.
Come a non volersi lasciare mai più andare.

Non si dissero niente. Non ce n’era bisogno.
Si baciarono ancora una volta, con dolcezza, con amore.
Rimasero per un po’ così, uniti, fronte contro fronte.
Poi Jared scivolò accanto al corpo del compagno, senza mai lasciarlo con le braccia e lo stesso fece Jensen. Le loro mani ancora strette insieme.
E in quella nuova posizione, si rilassarono uno accanto all’altro e lasciarono che il sonno e la pace li avvolgesse con il loro calore.

Quando Jared riaprì gli occhi, ancora beatamente assonnato e appagato, si rese conto di essersi abbracciato a Jensen, come a non volerlo lasciare andare via. E come biasimarsi!?
Alzò di poco la testa e si accorse che Jensen , appoggiato con la schiena alla testiera del letto, lo stava guardando.
“Buongiorno splendore!” fece il biondo sorridendogli e abbassando la testa così da poterlo baciare.
Jared sorrise in quel bacio, memore di un tempo lontano.
“Dio!! quanto mi è mancato un risveglio del genere!” confessò facendosi più vicino al corpo del compagno ritrovato. “Che ore sono?!”
“L’una passata!” rispose Jensen dopo aver dato un’occhiata all’orologio sul comodino.
“Cavolo!! Misha mi darà per disperso!! e chissà che film si farà!!”
“Se pensa che io , o meglio Alex, stia passando questa influenza con te...di sicuro è un film porno, conoscendolo!!” scherzò Jensen. “Sai che mi ha...o meglio che ha spinto Alex a farsi avanti con te?!”
“Cosa??!” esclamò sorpreso Jared mentre si tirava su a sedersi. “Mi ha messo su piazza?!”
“Decisamente!!” convenne il biondo. “E ha fatto bene, credimi!” con un tono divertito.
“Ma sul serio?!” replicò l’altro, indispettito.
Jensen rise di gusto, allungò una mano e si tirò addosso, di nuovo, Jared, che cercò di divincolarsi dal suo abbraccio, con molta poca convinzione.
E quando smise di lottare, sospirò rilassato come non faceva da tempo, con la testa sul petto del compagno.
“Mi sei mancato Jensen. Mi sei mancato ogni giorno, ogni ora, ogni maledetto momento che siamo stati lontani!” confessò , di nuovo stretto tra le braccia forti di Jensen.
“Anche tu, amore mio. Anche tu, non puoi sapere quanto!” ammise il compagno. “Ma c’è una cosa devo chiederti. Che devo sapere, capire!” fece preoccupato se pur con calma.
“Cosa!?”
“E’ una cosa che mi ha detto Misha.” e a quel punto Jared, piano, si tirò di nuovo su a sedersi in modo da poter guardare Jensen in viso e anche Jensen si mise meglio contro il legno del letto.
“Cosa ti ha detto?!”
“Lui..beh!, insomma lui parlava ad Alex e ha detto che tu avevi promesso “nessun altro dopo Jensen” e allora...”
Ma Jared lo fermò: “E’ così. Ho solo fatto una promessa per una promessa che mi era stata fatta!” rispose il più giovane e Jensen ne rimase profondamente stupito.
“Jared ...tu non hai mai...”
“Da quando tu sei andato via , non ho mai voluto nessuno al mio fianco.” disse sereno anche se triste. “Specie nel mio letto.”
“Jared, ma...” sussurrò Jensen prendendogli le mani tra le sue.
“Jensen tu eri morto...” asserì con amarezza e decisione. “… e io, anche se continuavo a respirare, mi sentivo comunque morto, come te!”
“No, no, no...” ne soffrì Jensen. “Tu non dovevi...non dovevi...non...” ripeteva in colpa. Ora, aveva un senso di colpa in più a causa di quella sua scelta.
Jared gli carezzò il viso. Sorrise appena. “Ora, stai per dirmi che tu, invece , ti sei dato alla pazza gioia!?” chiese con tono retorico.
“Nessuno, Jared! Nessuno!” disse immediatamente, Jensen, guardandolo dritto negli occhi. “Ti feci una promessa. Ho mantenuto quella promessa. Solo tu. Solo...tu!” disse con decisione e poi si sporse per abbracciarlo forte. Quasi con disperazione.
Jared respirò il suo profumo. Lo respirò fin dentro l’anima. Lo respirò perché , dopo anni di lacrime e dolore, ora, tornava a respirare.
Sentì Jensen tremare contro il suo corpo.
“E in teatro, allora?!” domandò, sperando così, di spezzare quel momento di ritrovata disperazione.
Jensen tornò a guardarlo in viso. Vide che Jared era rilassato, ma comunque quella domanda aveva colpito. “Eri tu, eri...tu. E io non avrei mai potuto farlo se tu...se non fossi...” fece agitandosi.
“Ehi!..no!” allora provò a tranquillizzarlo.
“E’ che c’eravamo io e...te. E io stavo impazzendo dalla voglia di sentirmi di nuovo come mi sento adesso. Adesso che sono di nuovo con te. Vicino a te. Impazzivo dalla voglia di sentire le tue mani su di me, il sapore dei tuoi baci, il tuo odore. E così, quando in quel teatro tutto è iniziato, io non ho avuto la forza di fermarmi!” sembrò volersi giustificare.
Jared sentì il suo cuore battergli forte nel petto. Poi, un sottile pensiero si fece largo nella sua mente.
“Allora, a quanto pare sono io quello che ha infranto la promessa!” azzardò.
“No, Jared. No!” fece allarmato Jensen.
“Ma a mia discolpa vorrei solo dire...”
“Nessuna colpa, Jared. Nessuna!!!” asserì risoluto Jensen.
“Vorrei solo dire..” riprese, tranquillo. “...che in quel teatro per un attimo, se pur breve e bellissimo, era il tuo viso che vedevo. Non so se fosse stata colpa della penombra, o della tua espressione in quel momento, o se entrando in quel teatro, il nostro teatro, dopo tanto tempo, la tua mancanza si è fatta sentire forte e dolorosa più del solito. Ma quando ci siamo avvicinati...toccati e poi baciati...è te che ho visto, Jensen. È la tua voce che ho sentito, il tuo odore, il modo in cui solo tu mi toccavi...Che stupido a non capire che eri tu, a non dare ascolto a quella voce dentro di me che aveva già gridato il tuo nome la prima volta che ti ho visto quando Misha ti ha assunto. ” ricordò ricordando quel momento di mera passione. “ E poi, quando tutto è finito, mi sono sentito in colpa!”
“In colpa?!” domandò stranito, Jensen.
“Nei confronti di ...Alex!” ammise in imbarazzo, dato che ormai sapeva che Alex non esisteva.
Jensen ne fu intenerito perché comprese alcuni comportamenti successivi di Jared.
“E’ per questo che nei giorni successivi, mi evitavi o meglio, evitavi Alex. O se lui..io.. arrivavo , tu uscivi. E le riunioni sempre alla presenza di Misha….”
“Sì, sì e ancora sì!” ammise Jared.
“Non sei cambiato affatto.” convenne Jensen, orgoglioso del compagno. “Bellissimo come sempre!”
“Credimi, in quei giorni , mi sentivo tutt’altro che bellissimo.” fece Jared e poi facendosi serio: “Ok! Ora veniamo al presente e al reale….Come intendi muoverti?!”
A quella domanda, Jensen fece un movimento repentino e sovrastò il corpo dell’altro.
“Ehi!!” fece sorpreso Jared, che per quanto volesse mostrarsi indignato, non esitava a sistemarsi contro il corpo di Jensen. "Non intendevo in questi senso!!"
“Io , in effetti, avrei uno o due movimenti che vorrei provare o….riprovare!!” fece malizioso, strusciandosi contro il fisico già in tensione del più giovane.
“Interessante, ma io intendevo come vuoi ritornare dalle ceneri. Hai ancora degli amici qui, che ti credono morto, e nuovi amici a cui piacerebbe conoscerti!” lo ammonì, Jared.
“Ho qualche idea anche su questo!” lo tranquillizzò. “Ma ora...ora voglio solo te. Ho bisogno solo di te e di me insieme.” e la prima cosa fu detta con una maliziosa ironia, la seconda fu confessata come il più dolce dei desideri.

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Capitolo 10
*** .10. ***


La mattina dopo, Jared chiamò Misha e disse che per qualche giorno lui e “Alex” non sarebbero andati in ufficio.

Ancora non se la sentiva di rivelare tutto all’amico, ma si era ripromesso di convincere Jensen a fare una sorta di festa a sorpresa per il suo ritorno. Avrebbero prima messo al corrente la famiglia di Jared e quella di Jensen stesso e poi, il biondo si sarebbe rivelato agli amici.

“Davvero vuoi dare una festa e poi cosa?? vuoi farmi uscire da una torta gigante??!” scherzò Jensen, mentre a letto, si gustava la colazione che Jared aveva preparato per loro.

“Niente torta gigante anche perché saresti inquietante in bikini e lustrini!!” replicò il più giovane sorridendo.

“Sono d’accordo sul bikini...ma ammettiamolo , i lustrini mi darebbero quell’aria alla Twilight!!” affermò convinto Jensen, divertito.

“Ma davvero?!” esclamò sorpreso , Jared, dato che Jensen aveva odiato quel film - “hanno rovinato l’idea tosta e dark che avevo di Dracula!”, si era lamentato alla fine del film, o meglio a meno della metà! -

“Ehi!! in fondo sono un morto non morto!!” convenne arricciando le labbra, in un modo che tentarono Jared. Infatti , non resistette.

Si sporse immediatamente verso il compagno ritrovato e lo baciò. I loro sapori e quelli delle cose che stavano mangiando si mischiarono in un unico sapore inebriante. Jared vezzeggiò le sue labbra fino a sentire Jensen sospirare appagato. Ma quando si staccò da lui e dalla sua bocca, Jensen, potè scorgere un’improvvisa serietà sul volto del compagno.

“Cosa c’è?!” sussurrò come a non voler disturbare le meravigliose sensazioni che quel bacio avevano scatenato.

“Non dirlo mai più!” rispose in un sussurro Jared. “Non dire mai più che sei morto!”

Jensen deglutì. Sì!, in effetti dato quello che era successo alla loro relazione, al modo in cui era successo, quella battuta era stata decisamente di pessimo gusto.

“Scusami. Hai ragione. Ti prego perdonami!” fece sinceramente pentito, il biondo.

Jared senza dire altro, scostò il vassoio che li divideva e lo abbracciò. Lo abbracciò forte, quasi come , se nonostante i momenti d’amore che avevano vissuto e condiviso in quelle ore, volesse ancora convincersi che Jensen era davvero vivo ed era di nuovo tra le sue braccia.

“Non lasciarmi mai più. Non andare mai più via.”

“Jared...”

“Non sopravvivrei!”

“Amore mio.” fece Jensen, stringendolo forte. Rassicurandolo. Carezzandolo con decisione per convincerlo che i suoi tocchi, le sue carezze, i loro corpi vicini, erano reali. “Non ti lascerò mai più. Per nessun motivo al mondo. Non ho mai voluto farlo. Ma ora siamo di nuovo insieme e se una festa è quello che vuoi per rendere tutto ancora più reale, allora festa sia.” gli disse ancora, per rassicurarlo.

“Davvero?...daremo la festa?!” domandò sorpreso Jared , guardandolo innamorato.

“Ho tanto da farmi perdonare e se una festa per il mio ritorno può essere un passo per quel perdono, allora...”

“Jensen , niente perdono, niente sensi di colpa. Mi hai raccontato tutto. Ho capito e soprattutto ho compreso cosa puoi aver passato, ed eri solo. Quindi, ricominciamo da qui. Da noi. Riprendiamoci la nostra vita insieme.”

“Tutto quello che vuoi, Jared! Tutto quello che vuoi.” convenne Jensen, raggiungendo il materasso con la schiena e tirandosi dietro anche Jared, così da poterselo tenere abbracciato, stretto. Vicino. Così da poterlo accarezzare , sentire.

 

 

Dopo qualche giorno, come da programma, l’incontro con le due famiglie famiglie fu di un’emozione molto forte. Alla felicità di rivedere Jensen sano e salvo, naturalmente non potè non mancare la tristezza e la malinconia per i suoi genitori che non erano sopravvissuti. Come, naturalmente, non mancò, l’incredulità per la verità raccontata da Jensen. I genitori di Jared erano al settimo cielo, anche perché rividero sul viso di loro figlio quella luce che da anni non vedevano più, ma prima di tutto, vollero assicurarsi che davvero il compagno del figlio fosse fuori da quell’incubo.

“Jensen, ragazzo, non sai quanto siamo felici di riaverti con noi. Ma ti prego...” fece il padre di Jared. “..ti prego, sii sincero e dicci che sei davvero fuori da tutta quella storia assurda e terribile!”

“Ne sono fuori, Jerry.” lo rassicurò Jensen. “O non sarei tornato nella vita di Jared. Non avrei mai potuto metterlo a rischio!”

“Non è quello che intendeva mio marito, tesoro!” si intromise la donna. “Non ti ha chiesto se ne sei fuori per paura che qualcosa possa accadere a Jared, ma perché se c’è qualcosa che possiamo ancora e comunque fare per te, devi solo chiedere!”

“Esatto!” confermò il padre.

“Mamma….papà!” sussurrò emozionato e grato, Jared, colpito da quelle parole.

“E’ tutto finito. Credetemi!!” fece ancora Jensen. “Chi doveva finire in galera , ora lo è. Tutta l’organizzazione è stata smantellata. Il processo c’è stato e io ho testimoniato. Il procuratore Morgan ha fatto tabula rasa di quella società e di chi ne faceva parte. Quindi….ne sono fuori.” riassunse in breve. “Credetemi...credetemi. È tutto finito!” disse con forza.

“E allora riprendetevi la vostra vita, ragazzi!” esclamò la donna, abbracciandoli insieme. E poi, quando si scostò, rimase con una mano sul volto di Jensen. “Ho pianto tanto per te, tesoro mio. Per i tuoi genitori.”

“Anch’io!” confessò con gli occhi lucidi, Jensen, prontamente stretto in un abbraccio da Jared. “Non posso riaverli con me, ma almeno ho dato loro giustizia!”

“E loro ne sarebbero, anzi no, ne sono fieri!” lo rassicurò Jerry. “Noi tutti ne siamo fieri!”

 

E poi, come Jensen aveva promesso, aveva lasciato che Jared organizzasse la festa per il suo ritorno.

Jared aveva chiamato Misha per primo. E poi tutti gli altri loro amici, vecchi e nuovi. Quelli che Jensen non poteva aver conosciuto.

“Misha?”

Ehi!! chi si sente??” esclamò scherzoso, Misha. “Allora come vanno le cose con il tuo...” e poi pensò di doversi frenare. Dire “fidanzato” forse era troppo presto. Ma lui non sapeva. “...con Alex?!

“E’ per questo che ti chiamo. Senti...sabato do’ una festa, qui a casa mia!”

Cosa??!!” fece decisamente sorpreso. “Tu?….sabato?...una festa?

“Sì. Lo so che è strano e che non è da me. Ma ci saranno i nostri amici, anche qualcuno di vecchia data e ci terrei tanto se ci fossi anche tu.”

Certo. Certo che ci sarò. Non mancherei per nulla al mondo.” lo rassicurò Misha.

“Ok! Ne sono felice!”

Posso chiederti come mai questa festa?!” domandò decisamente curioso.

“Ho un annuncio importante da fare!”

E c’entra Alex?!” azzardò.

“In un certo senso, sì!” lo spiazzò Jared, sapendo che Misha avrebbe pensato a tutt’altro.

Ohw!! Ok! Ok!! non voglio sapere altro o non mi gusterò la sorpresa!

“Perfetto, anche perché non ti avrei detto altro!” scherzò Jared. “D’accordo. Ci vediamo sabato!!” decisamente entusiasmato.

Ci sarò e ….Jared?!” lo richiamò prima che la telefonata finisse.

“Sì?”

Ti sento...felice, amico!

“Credimi, Misha, lo sono. Lo sono come non lo ero da tempo!!”

Mi fa piacere sentirlo. Davvero!” replicò sincero.

“Lo so. Ci vediamo sabato!”

Contaci!” e mise giù, sospirando sollevato. Che Alex avesse fatto davvero il miracolo ??, si ritrovò a pensare senza sapere che anche non “esistendo”, Alex, lo aveva fatto quel miracolo.

 

La sera del sabato arrivò e Jared accoglieva con entusiasmo chiunque entrasse in casa sua. Vedeva che su alcuni volti c’era incredulità per quella festa, curiosità e su molti una strana perplessità.

Jared sorrise mentalmente!!

Di certo qualcuno si aspettava un annuncio tipo “Voglio farmi prete!!”

Quando si rese conto che tutti i suoi ospiti erano arrivati, soprattutto Misha, fu proprio quest’ultimo che raggiunse.

“Finalmente!! finalmente sei arrivato!!” lo accolse, salutandolo con un abbraccio caloroso.

“Wow!!! che accoglienza. Quasi quasi esco e rientro così...”

“Andiamo..smetti di fare lo scemo e seguimi!!” lo tirò in casa portandolo verso la cucina che era priva di ospiti.

“Jared...Jared….ma che hai?, che ti prende??!” gli chiese vedendolo agitato o forse….emozionato.

“Ok! Ascoltami, fra un po’ farò un annuncio, ma ho bisogno che tu….” e deglutì decisamente agitato.

“Jared ma che succede?!” e questa volta era serio.

“Quello che sta per accadere è tutto vero, Misha. E io ho bisogno che tu mi appoggi, che non ti arrabbierai per non avertelo detto subito. Ma non è stato per mancanza di fiducia, ma solo...”

“Jared!!”

“...solo priorità!!” precisò.

“Ok! Ok!!” lo rassicurò Misha. “ Se ci saranno domande da fare, le farò dopo. Quando saremo soli. Niente corte marziale!”

“Era quello che volevo sentirti dire. Grazie amico!!” fece, avviandosi all’uscita della cucina.

“Di niente. Ma ascolta...”

“Sì?!”

“Dov’è Alex?!”

“In un certo senso….si sta preparando.” disse solo, facendogli l’occhiolino e andò via.

 

Misha rimase decisamente spiazzato e ora, assurdamente, nella sua mente l’idea che stava vorticando furiosamente era: questi due stanno per sposarsi.

Il che era un’assurdità dato il poco tempo che si conoscevano. Ma Misha aveva anche promesso niente corte marziale.

E quindi, cosa? Doveva accettare quello che stava per accadere? Alex gli piaceva. E Jared sembrava di nuovo pieno di vita, entusiasta della vita e di vivere.

Ma sposarsi ? Ora? Così?

Si passò una mano sul viso. Il suo quasi un gesto frustrato. Sul bancone una birra. L’aprì e ne bevve un sorso generoso.

“Ok! Niente paranoie. Vediamo cosa ci riserva la serata!” si disse e raggiunse il soggiorno e gli altri ospiti.

 

Qualche minuto dopo, Misha vide Jared ritornare dal corridoio che portava alla sua camera da letto. Il ragazzo oltrepassò tutti e fece in modo che i suoi invitati dessero le spalle al corridoio.

Lui nel frattempo si fermò accanto a dei loro amici e attese con curiosità e anche un po’ di ansia quando il giovane amico richiese l’attenzione di tutti i presenti.

“Ok! Lo so che molti di voi, se non tutti, vi state chiedendo come mai questa festa. E soprattutto che cosa possa essere successo perché la festa sia io a darla!!” iniziò facendo sorridere tutti.

“In effetti siamo molti curiosi!” fece Rich, poggiato ad un angolo della stanza.

“Già.” convenne Jared. “D’accordo...” e fece un profondo respiro. “Tutti voi sapete che cosa è successo più di 4 anni fa e sapete come quell’evento mi abbia cambiato. Ma devo confessare che in quest’ultima settimana, qualcosa è cambiato ancora. Decisamente cambiato!” precisò con entusiasmo.

“Oddio Jared , tu...sei...sei di nuovo...” fece una sua cara amica, sperando che ciò che Jared volesse dire fosse “sono di nuovo innamorato”

“Lasciatemi finire, vi prego. Perché alla fine so che ci saranno domande, tante domande. Anche io ne ho fatte tante e vi giuro...vi giuro, che tutto questo mi sembra ancora un sogno. Un magnifico miracoloso sogno!”

“Jared ma che stai cercando di dirci, amico?!” si fece avanti Rich, al cui fianco si posizionò Misha, ora decisamente incuriosito da tutto e da quel preambolo, soprattutto.

“La settimana scorsa ho incontrato qualcuno...o meglio sarebbe dire...ho rivisto qualcuno che non pensavo di poter mai rivedere.”

“Ma non eri con Alex in questi giorni?!” si intromise Misha.

“Sì….no...cioè..Oddio, pensavo sarebbe stato più semplice da spiegare!” sospirò frustrato, Jared.

 

“Vediamo di renderlo semplice, Jared.” fece una voce alle spalle di tutti quelli che stavano ancora fissando l’imbarazzo di Jared.

 

Tutti si voltarono di scatto a quella voce.

Qualcuno strabuzzò gli occhi, alcune ragazze si portarono la mano alla bocca per la sorpresa o forse per una sorta di spavento. Rich fece letteralmente cadere il bicchiere che aveva tra le mani ed esclamò un sibilato “Cazzo!!”

L’unico che sembrò voler reagire fu Misha. Il moro avanzò tra gli invitati che sembravano essersi congelati al solo vedere quella nuova presenza.

Lo raggiunse, gli si fece di fronte. Lo guardò, anzi, no. Lo scrutò minuziosamente.

“Come puoi... essere tu?!” sussurrò tentennante.

“Ciao, Misha!” fece Jensen sorridendogli.

“Jensen?!”

“Sì, amico.”

“Ma tu...tu eri…. morto!!” disse ancora, interdetto, mentre Jared li raggiungeva ignorando il brusio sconvolto di tutti i presenti.

“Beh!! che dire?? Sto una favola per essere uno zombie!!” provò perfino a scherzare Jensen.

“Jensen!!!” lo riprese Jared, ormai vicino ai due. Misha si voltò verso il giovane, stranito, confuso.

“Ma cosa…..come...quando...”

“Aggiungi anche perché?” si accodò Rich. Ora anche lui , loro vicino.

“Gliela racconti tu o ci penso io?!” fece Jared.

“Beh! Vedendo come hai fatto la mia presentazione , credo che sia meglio la racconti io!!” lo prese in giro, Jensen.

“Ehi!! ero nervoso!” fu la giustificazione.

“Quando avete finito, noi siamo qui e avremmo decisamente bisogno di capirci qualcosa!” fece Rich. “Anche perché...”

“Anche perché c’è gente qui che ha pianto al tuo funerale, che ha maledetto Dio per la tua morte, che ha maledetto l’intero universo perché non riusciva a trovare una spiegazione ad una simile ingiustizia! Che passava intere notti a sentire la tua mancanza!!!” fece quasi rabbioso Misha e Jensen capì che quelle emozioni che l’amico ritrovato stava riportando alla memoria non erano altro che le sue.

Così agì d’istinto. Fece un passo verso Misha e lo abbracciò. Forte. Stretto.

Misha per un attimo rimase impietrito da quel gesto, le braccia tese lungo il busto, i pugni stretti, gli occhi sbarrati dalla confusione. Ma poi quando Jensen gli sussurrò all’orecchio: “Mi sei mancato anche tu. Ed è così bello rivederti, Mish!!”….Mish, solo Jensen lo chiamava così e solo a Jensen era permesso chiamarlo così ed erano anni che non sentiva quel nomignolo. Solo allora qualcosa si sciolse nel moro e finalmente ricambiò l’abbraccio.

“Jensen??”

“Sì, amico. Sì!!”

“Jens...sei davvero tu??!” fece , rendendo ancora più concreto la stretta tra loro.

“Sono io. Sono io!!” lo rassicurò Jensen, massaggiandogli la schiena che sentiva ancora contratta ma sempre più rilassata nel loro abbraccio.

“Oddio….oddio….sei vivo!! sei vivo!!!” e poi accadde. Misha scoppiò a piangere. Ma erano lacrime di gioia miste ad un dolore che andava via via scomparendo.

Jensen lo strinse ancora. Più forte, cercando di consolarlo il più possibile.

Alle loro spalle, anche Rich , aveva le lacrime agli occhi e quando Jared se ne rese conto, gli mise una mano intorno alle spalle che singhiozzavano appena e portò anche a lui, conforto.

“Ma che è successo? Come è possibile?!” chiese il barista.

A quella domanda, Jensen si scostò piano da Misha che si asciugò gli occhi e cercò di ricomporsi.

“Vi devo una storia!” fece il biondo.

 

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Capitolo 11
*** .11. ***


Jensen senza lasciare la presa intorno alle spalle di Misha, così come Jared con Rich, si fece più spazio e si avvicinò agli altri amici che, chi più, chi meno, avevano sul volto un misto tra incredulità e commozione.

I due ragazzi raccontarono tutto. Specie Jensen.

Raccontò del reato scoperto, delle minacce subite, dell’incontro con l’FBI voluto dal padre, la richiesta proprio da parte del bureau di allontanarsi da tutto e tutti fino a fine indagini, del suo rifiuto per non lasciare Jared, del tragico incidente e di tutto quello che ne seguì. La morte dei suoi. La sua, per forza di cose, finta morte compresa.

Alla fine, anche se ancora giustificatamente confusi e sorpresi, tutti furono ben lieti, però, di riabbracciare il loro amico redivivo e dopo aver risposto a quante più domande potevano, Jensen e Jared, benchè esausti arrivarono alla fine di quella serata.

 

Erano seduti sul divano quando vennero raggiunti da Misha che si sedette loro di fronte.

“Ultima birra?!” fece il moro offrendone anche a loro.

“Con piacere, amico!” fece Jensen, mentre Jared invece rifiutò cordialmente.

“Ok!” e poi rimase perplesso come se volesse fare una domanda ma non aveva il coraggio di farla.

“Sputa il rospo, Mish!” lo incoraggiò Jensen.

“Hai detto che sei qui da qualche mese. Perché ti sei fatto vivo solo una settimana fa?!”

“Sono qui da qualche mese, ma sono sempre stato con voi!” lo spiazzò Jensen sorridendogli. “In un certo senso!!”

Misha spostò, sorpreso, lo sguardo sul giovane amico seduto accanto a Jensen.

“Che significa?!” domandò perplesso.

Jensen si alzò e andò ad aprire un cassetto della scrivania del soggiorno. Ne prese qualcosa e poi tornò a sedersi.

Inforcò quegli spessi occhiali di osso, cercò di scompigliarsi un po’ i capelli che erano decisamente più corti di come li aveva portati in quel periodo e poi si passò una mano sulle guance e sul mento.

“Beh!! Una buona tinta e ...per la barba dovrai aspettare che mi ricresca!!”

Misha lo fissò. Strabuzzò gli occhi. Rivide davanti a lui il ragazzo con gli occhi castani, gli occhiali di osso, la barba folta e lunga e capelli ..anche quelli decisamente più lunghi.

“Oh….mio...Dio!!”

“E già!!” esclamò Jared.

“Alex?...tu eri….Alex??!” quasi balbettò.

“Sì!” e per la seconda volta in quella stessa sera, Jensen si ritrovò a dover dare le più che dovute spiegazioni.

“Assurdo!! Assurdo!!” esclamò confuso, Misha. “Come ho fatto a non riconoscerti?!”

“Beh! Non fartene una colpa. Nemmeno io l’ho fatto!” provò a consolarlo Jared.

“Ma...ma..” balbettò, comunque.

“Ascolta. La cosa era così impensabile che la nostra mente non ci ha mai pensato sul serio ad una eventualità simile. Sono cose che accadono solo nei film romantici o nelle storie scritte male!!” fece ancora Jared.

“No..no...no… tu, tu...” disse Misha poi, puntando il dito verso di Jared. “Il giorno che te l’ho presentato. Ricordi la tua reazione? Tu...” fece ricordando quel giorno.

Jared strabuzzò gli occhi. Era vero.

In un certo senso, quel giorno lui “vide” Jensen invece che Alex. Anche se per poco, Jensen tornò da lui per sparire subito dopo dietro una spessa montatura di osso, una fitta barba, degli occhi marroni e dei capelli troppo lunghi.

Anche Jensen a quel punto guardò stupito Jared. “E’ per questo che sei scappato via quella mattina!” affermò , forse in colpa. Forse romanticamente colpito dal fatto che Jared , nonostante tutto, riuscisse a rivederlo in altre persone.

Jared arrossì. “Non potevi essere tu. So che assurdo dirlo adesso, con te qui seduto accanto a me. Ma quel giorno...mesi fa...non poteva essere vero! Non potevi essere vero.” ammise il più giovane, mentre Jensen gli poggiava una mano sul ginocchio, quasi a voler rendere tutto ancora più reale.

 

Quando anche Misha, quella sera, andò via, non senza aver abbracciato forte ancora una volta l’amico ritrovato e aver sussurrato qualcosa a Jared. Gesto che non sfuggì allo sguardo di Jensen, soprattutto perché aveva scorto anche quello che il moro aveva detto e il modo in cui il compagno lo aveva guardato, annuendogli.

In piedi , in parti opposte della stanza, ma non troppo lontani, i loro sguardi si scontrarono. Quello di Jensen stranito, quello di Jared conscio di dover delle spiegazioni.

“Che cosa voleva dire Misha?!” chiese il biondo senza voler sembrare preoccupato.

“Jensen….niente. È una cosa che ormai non esisterà più!” cercò di sviare il più giovane, mentre raggiungeva il divano.

Jensen raggiunse lui e gli si sedette accanto. “Ok! Dato che è passata non avrai problemi a dirlo, no?”

“Possiamo evitare? Non vorrei rovinare questa magnifica serata con qualcosa che non ha più senso!” provò ancora, ma questa non fece altro che incuriosire e , anche un po’, preoccupare Jensen che si fece decisamente serio, anche nello sguardo.

“Dimmi che è successo. O meglio ...che cosa ti è successo mentre io non c’ero.” fece deciso.

Jared lo fissò e vide che c’era talmente fermezza nello sguardo dell’altro che sarebbe stato inutile tentare di lasciar correre.

Si passò le mani sul viso, per potersi schiarire le idee e trovare un modo per riassumere im breve quello che era successo.

“Ho avuto qualche problema...qualche mese dopo che tu….insomma quando tu eri morto!”cercò di ironizzare.

La mente di Jensen scattò immediatamente. “Problema di che genere? Con il lavoro?” poi, per un attimo andò nel panico e pensò che anche Jared fosse stato contattato da qualcuno degli “assistenti” della Turner. “O mio Dio, Jared...sei stato avvicinato da qualcuno della Turner?”

“Cosa? No...no...niente del genere. Tranquillo, Jensen. Nessuno di quei tipi mi ha avvicinato, anche perché , ora, sapendo come stavano le cose, penso di essere stato sotto controllo. Non credo che lo sceriffo Jim o anche quelli che proteggevano te, avrebbero permesso una cosa simile!” e Jensen sospirò.

“Allora cosa significa che hai avuto problemi?”

“I miei problemi riguardano...la salute!” e solo dopo un solo secondo si rese conto di come l’aveva detto e del vero vero panico che vedeva sul volto del compagno.

“Salute?...Jared ma cosa...” balbettò Jensen.

“Ascolta. Ora sto bene. Non ho più niente. Ma se mi prometti di non farti venire un attacco di panico come già vedo ti sta accadendo, ti spiego tutto, ok!?” fece Jared carezzandogli le cosce in tensione, anche se stava seduto. “Jensen sei un fascio di nervi!” asserì a quel contatto e rinforzando la carezza per cercare di rilassarlo.

“Tu...tu mi dici che sei stato male e vuoi che mi rilassi?”

“Sì, se vuoi che ti dica tutto!”

Jensen deglutì, fece un respiro profondo e annuì. “D’accordo. Va’ avanti. Che cosa ti è successo?”

A quel punto anche Jared respirò profondamente.

“Dopo il funerale, si può dire che io abbia affrontato le classiche fasi del lutto. Ma quello che non mi aspettavo, beh!, che nessuno di noi si aspettava è che prima della classica accettazione, il mio fisico cedesse.” raccontò e non appena Jensen stava per allarmarsi, gli mise un dito sulle labbra e lo zittì così che lui potesse continuare il suo ricordo. “Ebbi una specie di collasso. Fortunatamente ero con con Misha quando mi sentii male. Da come crollai, pensò che avessi avuto un infarto e...”

“Cazzo, Jared!!” non riuscì ad evitare Jensen, decisamente allarmato. “Ed era così? E’ stato un infarto?!”

“Quando mi portarono in ospedale, il dott. Benedict mi fece tutti i controlli, mi sottopose ad ogni tipo di esame cardiaco e quello che ne risultò fu...beh!!...qualcosa che qualcuno potrebbe perfino definire romantico da un certo punto di vista.” scherzò Jared, ripensando alla diagnosi.

“Ma cosa...”

“Sindrome da cuore infranto.” disse.

 

Jeff e Misha erano a casa di Jared, come spesso accadeva in quei mesi ancora così vicini alla morte di Jensen. Lo avevano convinto a farsi seguire da una terapista del lutto perché i due si erano accorti della perdita di peso del ragazzo e del fatto che nonostante la loro presenza e i continui incoraggiamenti, Jared era diventato apatico verso tutto. La cosa li spaventava. La terapista era riuscita ad abbattere qualche muro, a farlo parlare di lui, di Jensen, del dolore che provava. Provava a mostrare al ragazzo quel piccolo spiraglio di luce che comunque c’era alla fine di quel tunnel doloroso. Gli prescrisse degli esami e alcune analisi così da potergli somministrare dei farmaci, ma non aveva previsto, non poteva, l’ennesima crisi del suo paziente.

Qualche giorno dopo quell’ultimo incontro, Misha era con Jared, come al solito. Gli stava dicendo che sarebbe passato a prenderlo la mattina per portarlo in ospedale, o meglio, stava cercando di convincere l’amico a fare quei controlli prescritti, quando si rese conto che Jared stava sudando. Sembrava assente, pareva non lo stesse nemmeno ascoltando.

Jared...che hai?”

“…..”

Ehi, amico??” lo richiamò avvicinandosi.

“….”

Gli mise una mano sulla spalla per palesare la sua vicinanza. Jared alzò lo sguardo verso il vuoto prima, e poi verso il viso dell’amico al suo fianco.

Jared...rispondimi...”

Gli occhi lucidi, liquidi. Le labbra che tremavano appena. Il volto che andava via via impallidendosi.

Il sudore sempre più evidente.

Io...” esalò il giovane mentre una sua mano si stringeva al petto.

Misha andò in allarme e fece appena in tempo ad afferrare Jared per le braccia che al ragazzo gli si piegarono le ginocchia e crollò verso il pavimento. Il moro lo sorresse e accompagnò la discesa , continuando a richiamare l’amico. E non appena riuscì a sdraiarlo a terra, una mano la mise al collo per controllare il battito. Con l’altro afferrò il cellulare e chiamò il 911 comunicando un sospetto infarto. L’ambulanza arrivò in cinque minuti e in quei minuti, Misha non lasciando mai Jared, avvisò Jeff.

All’ospedale mentre era in attesa di qualcuno che gli dicesse cosa aveva avuto Jared, Misha fu raggiunto sia da Jeff che dai genitori in evidente apprensione.

I signori Padalecki?” fece un medico appena giunto.

Sì….come sta nostro figlio? Che cosa è successo?” chiese Jerry, mentre la moglie gli si stringeva vicina.

Ora è stabile. Sotto controllo costante. Ma per favore ...seguitemi nel mio ufficio!”

Il gruppo seguì senza altre domande e quando furono davanti l’ufficio del medico esitarono, spaventati: “Dr. Robet Benedict, Capo di cardio chirurgia”

Cardio chirurgia?!” azzardò Misha.

Venite, prego. Vi spiegherò tutto.”

Una volta dentro, i due genitori si sedettero alle sedie mentre Misha e Jeff, restarono in piedi alle loro spalle.

Allora dottore, ci dica. Cosa è successo al mio Jared!?” chiese apprensiva la madre.

Voglio iniziare dicendovi che Jared ora è stabile, sta bene. Ha superato lo scompenso che ha avuto e che gli basterà seguire una semplice terapia farmacologica per qualche mese per ritornare ad essere quello che era.”

Scompenso? Terapia ?” replicò Jeff.

Ma che cosa gli è successo?” fece Misha.

Allora...non che conoscessi Jared prima di oggi, ma ho riconosciuto il suo nome dalla cartella e mi sono ricordato di quello che gli è successo qualche mese fa.”

Qualche mese fa?” si stranì il padre credendo in un altro malore che il figlio gli avesse tenuto nascosto.

L’incidente in cui è morto il compagno!” e dicendo questo, il medico vide i suoi interlocutori rattristarsi e incupirsi.

Ma cosa...” sussurrò con la voce spezzata , la madre.

Posso permettermi di chiedere quanto fossero legati i due? La mia non è curiosità ma vorrei solo capire se è ciò che ha scatenato tutto.”

Molto legati.” fece Jeff.

Molto innamorati.” convenne il padre.

E’ successo qualcosa prima dell’incidente che possa aver ….”

No!!” esclamò la donna. “Jared e Jensen erano felicissimi. Sereni.”

Forse...” si intromise Misha attirando su di lui lo sguardo degli altri.

Che è successo?” chiese stupito Jeff.

Mi dispiace non avervelo detto, ma ...insomma...avete visto Jared in che condizioni era subito dopo l’incidente, per non parlare del dopo funerale. Spiccicava a malapena qualche parola...”

Misha , tesoro, che stai cercando di dire?!” lo incoraggiò la madre di Jared.

La sera, dopo il funerale , alla veglia a casa vostra, ho parlato con Jim, lo sceriffo Beaver. Sapete che è stato lui ad avvisare Jared di quello che era successo e quella sera mi ha detto che ..Jensen...sì...insomma...” tentennò sapendo di star per infrangere una promessa a Jared stesso.

Cosa?...cosa ti ha detto?” lo spronò Jeff.

Quella sera, la sera dell’incidente, Jensen avrebbe dovuto ritirare l’anello di fidanzamento per Jared...”

Oddio!!!” esclamò addolorata Shelly.

Jensen gli aveva chiesto di sposarlo e Jared aveva detto di sì. Doveva ritirare solo l’anello, ma ….ma non ha potuto mai darglielo!” finì triste.

Povero tesoro. Povero il mio bambino!!” piagnucolò la donna.

Jared mi ha sentito parlarne con Jim e mi ha chiesto di non dire niente. Mi disse che se non lo avesse saputo nessuno, poteva convincersi che non fosse mai successo e che forse, solo forse, tutto quel dolore poteva diminuire.” spiegò, in colpa.

E’ assurdo...doloroso..ma questo? Questo cosa c’entra con quello che ha avuto mio fratello?!”

La patologia che ha colpito Jared si chiama “Sindrome del cuore infranto”. Per chi non la conosce , i sintomi possono sembrare quelli di un infarto. Ma non lo è. E’ solo un forte scompenso cardiaco, causato da una importante aritmia. Può essere pericolosa se diventa persistente, ma con Jared, lo abbiamo preso in tempo e capito cosa gli fosse successo. Per questo vi dico che con un’adeguata terapia, ritornerà tutto a posto. Almeno fisicamente.”

Almeno fisicamente?!” domandò apprensivo Jerry.

Posso curare il cuore di suo figlio dal punto di vista fisico, muscolare. Ma non posso curare il dolore che prova per la perdita che ha subito. Una volta fuori di qui, convincetelo a continuare gli incontri con la terapista. Questo e le medicine che gli prescriverò, dovrebbero portarlo verso la fine del tunnel. Il dolore che deve aver provato e che sta, evidentemente, ancora provando devono averlo definitivamente sopraffatto. Se forse non avesse già iniziato gli incontri di sostegno, forse…tutto questo sarebbe capitato prima.”

 

 

“Sindrome da cuore...infranto.” fece eco Jensen completamente sconvolto.

“L’averti perso mi aveva spezzato il cuore.” spiegò quasi con un sorriso ironico.

Jensen, invece, trasalì. Letteralmente. Un singhiozzò silenzioso e doloroso lo fece tremare, salendogli dallo stomaco fino alle labbra che strinse contro un pugno.

“Che cosa ho fatto...che cosa ti ho fatto!!???” iniziò a sussurrare contro quello stesso pugno ancora stretto alla bocca. “E’ stata colpa mia….tutta colpa mia….”

“No..no...no...Jensen. Non è stata colpa tua.” cercò di rassicurarlo Jared dopo aver visto gli occhi verdi del compagno farsi profondamente liquidi. Vedendo la colpa più evidente dipingere l’espressione di Jensen.

“No? E di chi pensi possa essere la colpa di quello che ti è successo?!” fece arrabbiandosi con sé stesso.

“La colpa è di quello che è successo. Di coloro che l’hanno causato. La colpa è della Turner. Hanno fatto del male ai tuoi genitori. A te. A me. Ai nostri amici. Alle nostre famiglie. Non è colpa tua!!” tentò di spiegargli con decisione.

Jensen lo guardò e in quelle parole trovò conforto ma ritrovò anche quella rabbia furiosa che aveva provato verso tutto quel caos giuridico che aveva affrontato.

“Non lo so...non lo so...” ebbe ancora dubbi , il biondo.

“Ascoltami!” lo incoraggiò Jared vedendo che il compagno aveva ancora lo sguardo basso. “Jensen , ascoltami!” e solo allora Jensen alzò il viso e lo guardò. “Guardami...sto bene. Quello che ho avuto è stato causato dallo stress e lo choc subito. Il dolore della separazione, della perdita..ma ora...”

“Ma io potevo...dovevo...” cercò di dire , Jensen.

“Ma ora...” rinsaldò Jared. “Ora non c’è quello stress, quello choc. E quel dolore e quella separazione non hanno più motivo di essere. Sto bene. Jensen, sto bene!!” fece deciso.

“Sicuro?!” esitò l’altro.

“Sì, anzi sai cosa facciamo. Domani, se vorrai , ti porterò dal dottor Benedict e lo sentirai dalle sue parole.”

“Lo faresti sul serio? Cioè...non che non ti creda ma so che a volte tu tendi ad addolcire la pillola!” asserì quasi in imbarazzo.

“Si, lo so, lo so. Ma andremo dal medico e sentirai che questa volta non ho addolcito nessuna pillola, d’accordo?” fece sorridendo.

“D’accordo.” convenne l’altro, abbracciandolo di slancio.

Jared e Jensen, per un po’ rimasero in silenzio, seduti sul divano.

Poi, piano la mano di Jensen cercò quella di Jared. Intrecciò le dita insieme. Strinse piano.

“Penso che ora possiamo riprenderci davvero la nostra vita.” disse guardando davanti a lui, ma sentendo comunque la complicità del compagno in quella semplice stretta di mano.

“E recupereremo quella che ci è stata portata via!” convenne Jared.

 

Quella sera, Jared lasciò che Jensen guidasse quel loro fare l’amore.

“Ho bisogno di te!” gli disse mentre il biondo lo spogliava piano. “Ho bisogno che tu ti prenda cura di me, stanotte!”

Jensen si sentì profondamente colpito da quella sorta di preghiera. Ma ne capì il significato. Ora, ogni segreto era stato portato alla luce. Jared aveva smesso di soffrire, lui aveva smesso di nascondersi. Quella notte era davvero la notte che avrebbe portato ad un nuovo giorno di una nuova vita insieme.

Il maggiore gli sorrise, lo baciò piano. “Lascia che mi prenda cura di te allora. Lascia che stanotte ti dimostri tutto l’amore che provo per te! Lascia che dimostri al tuo cuore che non deve più soffrire.”

E lo fece. Nel modo più dolce, più profondo, più completo. Risanò ogni pezzo infranto.

Baciando ogni parte di Jared provasse un brivido al passaggio di una carezza. Soffiando delicatamente in quei punti che ricordava essere più sensibili sul corpo del compagno. Carezzando con devozione il profilo del viso, la piega delle braccia e delle gambe, la muscolatura definita del torace. Portando sollievo all’intimo piacere.

Jensen lo amò. E amò amarlo.

E Jared si lasciò coccolare da ogni tocco dell’altro. Ansimando il suo nome, tremando alle sue carezze, sussultando ai suoi tocchi intimi. Offrendo il suo corpo alle premure che Jensen offriva in ricambio.

Jared si lasciò amare. E amò farsi amare.

 

Unire i loro corpi nel modo più fisico, unì le loro anime in quello più mistico. Era una magia che si compiva ogni volta. Era la strada che portava ogni volta al traguardo. Era l’acqua che dissetava dopo un lungo viaggio. Era….era sentirsi completi. Sentirsi felici. Sentirsi innamorati.

Sentire e vedere i loro corpi di nuovo muoversi e andarsi incontro in un perfetto sincrono. Sentire riecheggiare nelle loro orecchie e nelle loro teste gli ansimi del piacere, i loro nomi quasi chiamati con disperazione. Godere perfino della vista dei loro muscoli in tensioni e madidi di sudore. Le braccia che si abbracciavano con vigore, le gambe che si avvinghiavano con tenacia. Le bocche che richiedevano baci su baci.

Il piacere sempre più crescente. La magia della semplice lussuria sempre più potente, sempre più sfiancante fin quando la scarica del puro godimento non li fece tremare uno tra le braccia dell’altro.

 

Quando l’estasi di quella passione li abbandonò dolcemente, lasciandoli di nuovo alla realtà di quel letto e della loro casa, Jensen, dopo aver ripreso fiato, si mosse piano e si mise seduto accanto al compagno ancora leggermente affannato.

“Che c’è?!” chiese Jared, guardandolo dal basso.

“Vieni qui!” lo invitò Jensen, chiedendogli di sedersi come lo era lui.

Jared lo assecondò e gli si mise seduto di fronte. “Jensen, che hai?” chiese stranito da quella situazione.

“Quella sera...” e poi rimase un attimo in silenzio.

“Jensen...quale sera?!”

“Quella in cui io...insomma...quando tutto è successo!” gli ricordò.

“Ohw!! sì!” fece con amarezza. “Perchè stai pensando a quella sera? Adesso?!”

Jensen respirò affondo come a prendere coraggio. “Abbiamo detto che dobbiamo riprenderci la nostra vita e quella che ci è stata portata via!” ripetè.

“Sì, certo e lo rifaremo!” lo rassicurò Jared, posandogli con amore le mani sui fianchi, per abbracciarlo.

“Allora voglio ricominciare da quella sera!” affermò con decisione e sorrise alla confusione che vide sul volto del compagno.

“Jensen, non riesco a capire cosa tu ….” ma Jensen non gli permise di finire.

“Vuoi sposarmi!?” disse tutto d’un fiato Jensen, sorridendo di un sorriso nervoso sia per la proposta fatta che per la risposta che ancora doveva avere. “Jared?” lo richiamò rendendosi conto che Jared lo guardava allibito, quasi assente.

“Io...io non credo di aver …..di aver capito!” balbettò Jared, mentre sentiva che il suo cuore stava decisamente per fare le valigie e abbandonarlo.

Jensen , con gesti gentili si sciolse dalle mani di Jared ancora bloccate sui suoi fianchi, si sporse oltre il bordo del letto e grugnì appena , dovendosi piegare verso il basso per recuperare qualcosa da sotto il letto. O meglio dalle tasche del suo jeans, finito sotto il letto.

“Ma cosa...” fece Jared, ancora confuso da tutto quello che stava accadendo.

“Solo un po’ di pazienza….” fece sotto sforzo Jensen, tirandosi su e ritornando di fronte a Jared. “Quella sera dovevo uscire per prenderti qualcosa, ricordi?!” fece sorridendo.

Jared invece tremò, perché ricordava, anzi non aveva mai dimenticato quegli ultimi minuti felici di quella maledetta sera. “Jensen, tu...tu mi avevi...io...”

Jensen sorrise con dolcezza all’espressione turbata ma dolce di Jared. Aprì la scatolina non troppo grande che aveva tra le mani e dall’interno brillò un delicato cerchietto di oro bianco , appena intarsiato. “Non l’ho mai lasciato. L’ho portato sempre con me. Era come averti sempre con me!”

“Ma ….”

“Lo avevo addosso al momento dell’incidente. Sheppard sapeva di me e di te e deve aver immaginato quello che significava questo..” disse mostrando l’anello. “Lo ha tenuto e quando mi sono ripreso dopo il coma, quando ha visto che ero spaventato, furioso...sconfitto..” ammise. “...Me lo ha messo davanti, me lo ha ridato e tutto ha ripreso a vivere. Tu sei diventato l’unico traguardo da raggiungere. Dovevo concludere quella storia e tornare da te!”

“Jensen, mio Dio!!” sussurrò emozionato, mentre una sua mano andò ad accarezzare dolcemente il viso del biondo.

Jensen , con la sua di mano, raggiunse quella di Jared, poggiata tra di loro. La strinse piano, sollevandola appena un po’. “Jared, amore mio, mai perso e comunque ritrovato. Non ho mai smesso di amarti. Ti sentivo con me anche quando non eravamo insieme. Eri al mio fianco anche quando al mio fianco non c’era nessuno. Ti promisi che ti avrei chiesto di sposarmi. Ora, oggi, posso mantenere quella promessa.” e in quel momento sfilò l’anello dalla scatolina, che finì dimenticata tra le lenzuola. “Vuoi sposarmi?!”

Jared deglutì. Il cuore che gli rimbombava nelle orecchie. L’amore che provava per Jensen che lo investì come un treno in piena corsa. Forte e potente come lo era prima di quell’incubo. La mano in quella di Jensen che tremava appena. Gli occhi che gli bruciavano per l’emozione che gli stava attanagliando lo stomaco.

“Jared..ti prego...dì qualcosa!”

“Sì!” fece sottovoce, talmente bassa, che Jensen non fu sicuro di aver capito.

“Cosa hai detto?!”

“Sì...sì...sì...ti dico di sì, Jensen. Ti sposo. Ti voglio sposare. Voglio passare con te il resto della mia vita. Sì...sì...sì!!” e questo invece, Jared, lo disse con entusiasmo. Talmente tanto entusiasmo che i due si ritrovarono uno sull’altro, o meglio Jared su Jensen, che lo baciava al colmo della felicità, mentre accettava la sua proposta. Poi all’improvviso, tutto quell’entusiasmo sembrò gelarsi.

“Che...che c’è?!” chiese stranito Jensen.

“Ad una condizione!” fece severo, Jared.

“Ti ascolto!”

“Facciamolo subito!” esordì Jared con tono decisamente serio.

“Subito?...vuoi dire…..cioè….ci vestiamo e ….” azzardò un attimino nervoso Jensen.

“No. Voglio che le cose siano fatte per bene, ma non voglio nemmeno metterci secoli. Tra meno di un mese ti voglio in questo letto come mio marito!” dichiarò con convinzione.

“Un mese??...e io che pensavo volessi fare una fuga romantica!!” lo prese in giro Jensen.

“Possiamo sempre farla!” lo sfidò Jared.

Jensen sembrò pensarci su davvero.

“E’ quello che vorresti Jensen?!” domandò sorpreso l’altro.

Jensen sorrise e poi addolcendo il viso in quel modo che Jared non aveva mai dimenticato e che sognava quasi ogni notte: “Non che non mi piacerebbe, ma abbiamo passato già tanto tempo a nasconderci, tu nel tuo dolore, io per quella testimonianza….Basta così. Da oggi per noi, solo tanta luce. Lo faremo all’aperto. Su una delle rive del fiume Colorado o sulle sponde di un lago di Austin o...”

“Ovunque ci sia il sole!!” finì per lui Jared, consapevole del vero senso della richiesta del compagno.

“Ovunque ci sia il sole!” convenne , compiaciuto, infatti, Jensen.

 

Un mese dopo, esattamente come avevano stabilito, i due ragazzi, in un bellissimo parco in riva al fiume, durante una bellissima giornata di sole, uno di fronte all’altro, giuravano di amarsi per sempre con le promesse che solo due cuori innamorati come i loro potevano farsi.

“L’amore che provo per te...”

“...è un amore che non conosce confini.”

“Nei giorni pieni di gioia come in quelli più tristi...”

“..in salute e in malattia...”

“Io ti amerò come mio pari...”

“..e ti proteggerò da ogni male.”

“Aprirò a te il mio cuore, senza vergogna...”

“..e quando parlerai, io ti ascolterò.”

“Quando cadrai sarò al tuo fianco per rialzarti..”

“...e quando vorrai spiccare il volo io ti sarò accanto per raggiungere con te le vette più alte.”

“Jensen Ross Ackles...”

“Jared Tristan Padalecki...”

“Io sono e per sempre sarò il tuo marito devoto!” recitarono , infine, all’unisono, tenendosi le mani.

 

Sorridente , il giudice di pace che celebrava il rito concluse con un soddisfatto:

“E d’ora in poi voi sarete un’anima sola!”

Le loro famiglie, i loro amici ne furono entusiasti testimoni e il calore dell’applauso che fece da sottofondo al bacio che i due neo sposi si scambiarono ne fu la prova.

 

La sera, nel segreto della loro camera da letto, vicini e abbracciati, cullati dalla delicatezza delle lenzuola che li avvolgevano, Jensen, scoprì qualcosa che Jared aveva definito come un regalo di nozze da parte sua.

“Oddio!!” esclamò il biondo. Sorpreso. Decisamente senza parole.

 

Momento speculare di quello avvenuto quasi 5 anni prima.

Sul lato destro, appena sulla linea iliaca, tra l’inguine e il ventre di Jared, una scritta campeggiava nera ma con i bordi ancora appena arrossati:               
                                                                                  Jensen

“Ma quando….cosa….ma...” balbettò il biondo, spostando lo sguardo tra quel nome e il volto sorridente e soddisfatto per la sorpresa riuscita del compagno. No, del marito!!

“L’ho fatto ieri sera, quando sei andato da Misha per le ultime cose da organizzare!” rivelò Jared.

Jensen passò piano le dita sull’inchiostro, quasi sfiorando il suo stesso nome.

Poi guardò malizioso l’altro.

“E se noi, ieri avessimo….insomma...sai ...la notte prima delle nozze!” azzardò facendogli l’occhiolino.

“Avrei simulato un mal di testa o che ero stanco morto!!” rispose ridendo Jared.

“Ma che bravo!!” esclamò Jensen, compiaciuto della furbizia del giovane e tuffandosi con entusiasmo su di lui, per rubargli un bacio colmo d’amore e felicità.

 

Poi quando gli si sdraiò di nuovo accanto per riprendere da dove si erano interrotti prima che il tatuaggio fosse rivelato, chiese: “Perchè?!”

Jared, gli incorniciò il volto con le mani. Gli sorrise innamorato, sereno.

“Perchè anche io volevo qualcosa che ti facesse capire il modo in cui ormai ti appartengo, in cui ti amo. In cui voglio appartenerti e in cui voglio amarti. Completo, indelebile, resistente al tempo!” rispose , ripetendo le esatte parole con cui Jensen gli giustificò il suo di tatuaggio.

Jensen , per la seconda volta quella sera, rimase senza parole. Ma al tempo stesso capì in che modo Jared lo amava. Nel suo stesso identico modo.

 

Completo, indelebile, resistente al tempo!

 

 

 

 

 

N.d.A.:
Punto uno: https://www.youtube.com/watch?v=9hrt_XDrgh4 per chi volesse ascoltare la canzone che purtroppo si ritrova ad ascoltare Jared nella storia. Naturalmente la canzone fa parte della colonna sonora di un film che non sapevo mi avrebbe colpito fino alle lacrime. “A star is born” con Lady Gaga e Bradley Cooper. Magnifico film!
Punto due: se volete farvi un'idea di come fosse Jensen/Alex vi basti vedere le ultime foto postate da Jensen in quarantena e aggiungetegli un bel paio di occhiali d'osso!!

Punto tre: le promesse nuziali dei J2 sono spudoratamente copiate da quelle della coppia Malec nella serie tv Shadowhunters ( genere simile: cacciatori, demoni , angeli, nephilim, Azazel, Asmodeus, Lilith, Amara, lame angeliche, lupi mannari, vampiri, streghe e stregoni...). Ho visto questa serie quando il nostro amato show ha calato il sipario. Dovevo disintossicarmi dai Winchester e darmi il tempo di accettare il “The end”.

Non odiatemi.

 

Spero che la storia vi sia piaciuta come a me è piaciuta scriverla.

Baci, Cin.

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