Nato
servo
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Versailles no
Bara non mi appartengono.
2 - L'amore è follia
Da quando ho fatto ciò che ho fatto, Oscar, i miei
occhi
guardano il pavimento quando ti incontro.
Non ti giro più intorno, ne ho perso il diritto.
Stamattina ti sei diretta alle stalle sellando da sola il tuo cavallo.
Era mio compito - il mio lavoro - ma non sono neppure più
degno di servirti. Hai lanciato il tuo destriero al galoppo; sono
sicuro
che neppure per un secondo tu mi abbia guardato. Ti disgusto,
preferiresti dimenticare che esisto.
... dovrò lasciare casa Jarjayes?
Di certo non sarò più il tuo
attendente. Non lo ero già da prima, tu
avevi preso una decisione che adesso io avrò sicuramente
rafforzato. Ti ho umiliato, ti ho ricordato a cosa viene sottoposta una
donna in questo mondo di violenza. Ora più che mai vorrai
solo essere un uomo. Mi piacerebbe darmene la colpa, ma
sarebbe
superbo da parte mia, nonché falso.
Senza nulla da fare, sosto nei pressi della casa e nutro le
colombe
con molliche di pane. Sono animali bianchi e candidi, puri - come te.
Spero di non averti lasciato con la sensazione di aver perso
la purezza che ti contraddistingue. Tu rimarrai delicata e
limpida come un giglio, per sempre.
Il padrone viene fuori a cercarmi.
«Andrè!» tuona.
«Dov'è andata Oscar?»
Gli riferisco che mi hai detto di voler fare una lunga
cavalcata in solitaria. Non mi hai parlato in
verità, ma ti conosco e so
perché sei salita in groppa al tuo cavallo, scappando via
appena ti
sei alzata.
Il padrone non è soddisfatto della mia risposta.
«Di certo tu saprai cosa passa per la testa
a mio figlio! Ha detto alla Regina di voler lasciare la Guardia Reale.
Parla, dimmi ciò che sai!»
Non spetta a me rivelare ciò che tu vuoi tenere
nascosto. Svicolo, affermo di non sapere nulla delle tue motivazioni.
«Non sai nulla? È per questo che ti ho
messo al suo fianco!»
Per controllarla, per custodirla, proteggerla. A volte mi
chiedo se non sia stata tu, Oscar, a fare tutto questo per me. Adesso
ne sarai pentita. «A me ha detto che non
dovrò più occuparmi di lei» rivelo,
«e che posso ritenermi libero di fare ciò che
voglio.»
Libero di non averti più al mio fianco.
Libero di avere una vita che non desidero.
La confessione sbalordisce e irrita il padrone, che torna in
casa stringendo i pugni.
Non potrà fare nulla per fermarti, Oscar. Nessuno
può prendere delle decisioni per te.
Nel corso della giornata mi rendo conto di comportarmi da
codardo. È giusto che tu non voglia più vedermi,
Oscar, ma devo di nuovo presentarmi a te, per darti la
possibilità
di redarguirmi e sfogarti. Devo permetterti di dirmi ciò che
ieri sera non eri in grado di elaborare.
Oltre a ciò che ti ho fatto, avrai odiato anche che
io ti abbia vista piangere. Non può essere questo il modo di
salutarmi, devi vincere tu.
Mi dirigo a Versailles. Dopo essermi accertato che tu sia
coi soldati, recupero il tuo cavallo, attendendoti con
pazienza
all'uscita.
Esci dal porticato, altera e sicura di te. Intravedo il tuo
arrivo e per un momento dimentico me stesso: ti osservo, certo che
sarà una delle ultime volte che potrò farlo.
Capisco che sei tornata la Oscar di sempre quando non distogli lo
sguardo. Ugualmente, non mi azzardo a parlarti e mi allontano quando ti
avvicini, lasciandoti spazio per salire in sella.
Mi ignori, non conto più nulla. È giusto
così.
«André?»
Solo ora che ti sei voltata, offrendomi la schiena, mi stai
parlando.
«Sì?» offro.
«Manca una settimana al mio nuovo
incarico.»
La tua voce è lapidaria. «Andrò nella
villa di famiglia in Normandia. Non dovrai
più occuparti di me.»
Non mi aspettavo nulla di diverso. Chino la testa e chiudo gli
occhi, come il servo che sono. «Bene.»
«Per quello che è accaduto l'altra
sera...»
Di scatto fisso il pavimento.
«Non ce l'ho con te» asserisci,
«ma preferisco
dimenticare.»
Come me, Oscar, proprio come me. Mi sono accanito contro la
donna
fiera che ora siede a cavallo, le cui spalle disegnano la figura di un
condottiero. Ho sparso violentemente sul letto la massa di capelli
biondi che per anni ho sognato di sfiorare, sentendomi indegno di
osare. Come
ho potuto?
Come ho potuto?
Il tuo cavallo si gira di scatto e ritrovo fisso su di me il
tuo sguardo adirato. Hai un'accusa pronta sulle labbra, una
recriminazione
incredula, ma d'improvviso scuoti la testa e parti al galoppo.
Volevi dirmi qualcosa, ma hai ritenuto che non ne valesse la
pena.
Resto fermo fuori da Versailles, solo.
André Grandier è l'attendente
che mi è stato imposto da quando avevo quattro anni.
Ho faticato a lungo a comprendere che era questa la sua
funzione e la ragione per cui gli veniva concesso di giocare con me -
di studiare e di allenarsi con me. Veniva addestrato per essermi
di supporto e aiuto, qualora ne avessi avuto la necessità.
Non sapevo nulla di tutto questo la prima volta che lo vidi.
Ricordo solo la mia gioia nel trovarmi davanti un bambino
maschio - un bambino che non portava la gonna e che aveva tutta l'aria
di poter giocare con me in una maniera che alle mie sorelle non veniva
concessa.
Aveva perduto la madre alla nascita e di recente il padre
aveva deciso di partire in cerca di fortuna. Era un bambino senza
genitori e, benché sua nonna gli avesse raccomandato di
tenere gli occhi bassi in mia presenza, in segno di rispetto, lui non
faceva che alzarli e guardarmi. Era confuso, mentre io ero deliziata
dalla sua presenza.
«Costei è Madamigella Oscar,
André.» Nanny lo aveva tenuto per una
spalla, per controllare la sua irruenza di bambino di cinque
anni. «Offri un inchino, su, come ti ho insegnato.»
Lui aveva piegato il torso di malavoglia. «Ma
è una femmina o un maschio, nonna?»
Si era beccato un colpo in testa da Nanny.
«È una femmina!»
«Sono un maschio» l'avevo contraddetta io,
entusiasta. «Sai giocare a nascondino? Puoi sporcarti i
pantaloni, vero?»
Lui si era già ripreso dal rimprovero; era un
bambino testardo. «Certo che posso! Ma perché
porti anche tu i pantaloni?»
Io ero scappata via. «Se vuoi scoprirlo,
prendimi!»
Ricordo il rumore delle nostre risate, nonché la
felicità che mi aveva invasa mentre finalmente trovavo il
mio primo vero amico.
Non so che cosa dica questo di me, ma negli anni
André Grandier è stato il mio solo amico.
Forse dipende dal ruolo di capitano delle guardie che ho
assunto in giovane età, ma con nessun altro mi sono
confidata come ho fatto con lui.
Ero abituata a trattare gli uomini
come dei sottoposti o dei superiori, a partire da mio padre. Solo
con André ero libera dalle gerarchie. Con
nessun altro ho giocato e bevuto come ho fatto con lui. Da ragazzini ci
picchiavamo e tiravamo insieme di spada. André non si
risparmiava - gli avevo tolto quell'idea dalla testa a otto anni,
quando mi aveva fatto male causandomi una ferita alla guancia. Per il
terribile sgarbo le aveva prese dalla nonna e per un po' non mi aveva
più guardato come un maschio con cui azzuffarsi. Ma io,
ancora prima di essere guarita, mi ero avventata contro di lui come una
furia, per fargli capire che ero poco più di un animale
quando si trattava di fare a botte. Ci eravamo tremendamente divertiti.
Non mi ricordo quando sia cambiato questo stato di cose -
quando abbiamo smesso di picchiarci.
È forse accaduto dopo che mi sono sacrificata per
lui davanti al Re, salvandogli la vita?
Da quel che ricordo, da allora André mi ha portato
maggior rispetto. Credevo che fosse dovuto al fatto che eravamo
diventati entrambi adulti. Era tempo di smettere di giocare come
ragazzini. Ormai assistevamo insieme a intrighi di palazzo che
rischiavano di destabilizzare l'equilibrio della nazione. Invece...
era forse perché si era innamorato di
me?
Com'è stato possibile, quando è iniziata?
Con quale diritto lui si è permesso di pensare a me
in quel modo?
Eri mio amico, André. Eravamo amici.
Era il tuo consiglio che attendevo, quando l'orgoglio e l'ira
mi offuscavano il giudizio. Mi irritavi con la tua
razionalità, ma sapevo che tu solo eri in grado di gestire
il mio umore, lasciandomi in pace al momento giusto o al contrario
trovando un momento di confronto risolutivo, per aiutarmi a
controllarmi.
Cosa ne è stato di quel ragazzo? Che cosa
è scattato nella sua testa la scorsa notte, quando...
quando...?
Schiaccio gli stivali sulle reni del cavallo, imponendogli di
aumentare il ritmo nella strada verso la Normandia.
L'amore - se era di questo che si trattava - rende delle
simili bestie? O accade solo agli uomini?
È un'altra prova che io non sono un uomo, giusto?
Provo un brivido di paura al pensiero del tuo peso sopra di
me, dell'impotenza delle mie braccia nel momento in cui cercavo di
liberarmi.
Provo odio per te, per avermi ridotto a ciò che non
avrei mai voluto essere.
Ma trent'anni di amicizia non si possono dimenticare.
«Per vent'anni ho guardato solo te, e amato solo
te...»
Alzo la testa mentre risento le tue parole, comprendendo.
È un indizio? Vent'anni fa avevamo tredici e quattordici
anni.
Quindi André mi amavi già, quando ancora
ce le davamo di santa ragione e cercavo di infilzarti con la spada?
È ridicolo.
Non mi amavi, hai passato troppo tempo insieme a me. L'assenza
di altre donne nella tua vita ti ha confuso.
Quante volte ti ho detto e ripetuto di trovarti una ragazza?
È un invito che ho lasciato perdere solo negli ultimi anni,
convinta che di nascosto da me tu stessi avendo le tue storie. Proprio
come mi sembrava che facessi da giovane.
«Sei mai stato con una donna?» ti ho
chiesto quando avevo diciassette anni.
Tu eri appoggiato accanto a me contro il tronco di un albero.
Ho percepito il tuo respiro bloccato e la tensione nel tuo corpo.
«Perché lo chiedi?»
«Perchè sono curiosa. Dal momento che
dubito che vivrò mai questa esperienza, pretendo di avere
delle informazioni da te.»
«'Pretendi'?»
Mi ero alzata, avanzando con un piede fino a
incontrare la tua coscia, bloccando una tua possibile fuga.
«È assurdo che io rimanga innocente come
una damigella che non verrà mai toccata da
nessuno.»
Ti eri adombrato, André. «Che significa?
Che cosa hai intenzione di fare?»
«Proprio niente, per questo domando. So come
è fatto il corpo di un maschio anche se non ne possiedo uno.
Abbiamo fatto il bagno insieme abbastanza volte quando eravamo bambini,
no?»
«Oscar!»
«Cos'è, ora ti scopri
pudico?» Avevo riso del tuo imbarazzo, ad alta voce.
«Su, poche chiacchiere! Mi interessa solo un dettaglio: fa
male?»
Spingendomi via tu ti eri alzato, cercando una distanza tra
noi. «Perché vuoi saperlo?»
«Perchè provo sempre più pena
per le dame che mi trovo a difendere, a partire dalla
principessa. Non sai quanto sono felice di non essere cresciuta come
una donna. Devono portare corsetti, essere morigerate, non
possono correre, non possono mai dire quello che pensano... vivono di
sotterfugi e richieste agli uomini che si occupano di loro.
È insopportabile! Mi chiedo quindi se la natura le abbia
condannate a soffrire anche durante l'atto amoroso. Non riesco a
concepire come possano non provare dolore.»
«Quando?» Tu avevi chinato la testa.
«Durante l'infilzata, André! Eri con me
quando osservavamo gli animali della nostra fattoria ad
Arrais!»
Tu avevi deglutito. Dopo aver molto tentennato, avevi detto,
«Può far male, ma non è sempre
così.»
«Cosa cambia da una volta all'altra?» Il
fatto che mi stessi rispondendo mi aveva fatto capire che avevi eccome
esperienza.
«Io... tu... Dobbiamo davvero fare questo
discorso?»
«Sì! Se vuoi che lo interrompiamo, basta
che mi rispondi. Ti ho chiesto un'unica cosa.»
Tu avevi alzato gli occhi al cielo. «Le donne si
bagnano, okay? Quando le si tratta bene, ecco tutto. E non chiedermi
cosa voglia dire, perché sei una donna pure tu. Scoprilo per
conto tuo!»
Te n'eri andato scappando, lasciandomi sulla cima della
piccola collina, ancora più curiosa.
Allora pensavi già a me in quella maniera,
André?
Perciò ti avevo imbarazzato?
Com'era accaduto? Come?
Sei un pazzo, André. Noi siamo amici da tutta la
vita. Non ti ho
concesso contatti intimi che possano averti fatto equivocare le mie
intenzioni - neppure ti ho mai tenuto la mano. Ti ho sempre trattato da
pari e per te ero un uomo - credevo che lo pensassi. Come si
può amare qualcuno e non fare nulla in merito per tanti
anni? Come ci si può illudere tanto?
... dovrei essere la prima a saperlo, mi rispondo.
Io mi sono innamorata di un uomo irraggiungibile - un uomo
che ama follemente una donna straordinaria con la quale non
potrò mai competere.
Mi spengo.
Tutto ciò che mi rimane è l'agonia del
mio amore disilluso - e la consapevolezza che ho creato lo stesso
dolore in una persona a me molto cara.
«Ti amo, Oscar.»
Mi sveglio con queste parole stampate in testa, da un sogno
inquieto che svanisce coi primi raggi del sole.
Non posso dire che mi portano gioia, André. Non
posso. Non ti ricambio ed è... doloroso.
Mi alzo dal letto, mi vesto. Chiedo che mi sia portata la
colazione in camera.
Preferisco stare per conto mio, in silenzio.
Provo pena per il dolore che ti ho causato, amico. Per quanto
odi ciò che mi hai fatto, credo di smettere di odiarti un
poco di più ogni volta che penso a cosa tu abbia provato.
Quello era il culmine, vero? Di anni di sentimenti repressi.
Anche io per amore ho commesso una pazzia - vestirmi da donna,
nel vano tentativo di farmi notare dall'uomo di cui ero innamorata.
Tu invece... no, tu non stavi cercando di confessarmi
ciò che provavi.
Mi rendo conto solo ora che ho spezzato qualcosa dentro il tuo
animo quando ti ho detto che non ti volevo più accanto.
È meglio così, non capisci?
Ti ha fatto male starmi vicino per tutti questi anni. Era una
pazzia, André. È una pazzia.
A cosa speravi di arrivare?
Anche se ti avessi notato, non avremmo avuto un futuro. Anche
se tu fossi stato nobile come me, io non sono una donna comune.
... ma dovevo ribadirlo per prima a me stessa, giusto? Ancora
oggi
non so che cosa pensassi quando mi sono presentata da Fersen vestita di
seta azzurra. Da quel che rammento, sognavo che lui mi
toccasse - come un uomo fa con una donna. Sognavo che mi
baciasse. Sognavo di perdermi tra le sue braccia, diventando l'oggetto
di quell'amore puro e folle che lui provava per la Regina.
Io ero
libera, a differenza di lei. Io potevo dargli una piena
felicità. In seguito... in seguito avrei
continuato ad essere capitano delle guardie. Lui non solo me
lo avrebbe
permesso, ma sarebbe stato fiero di avere una compagna unica come me.
Mentre ci penso, mi compatisco da sola.
Io più di tutti dovrei capire che l'amore non ha
nulla a che fare con la logica.
Tra me e Fersen non c'era alcun futuro, così come
non ce n'è mai stato uno per me e te, André.
Questo non ha impedito a me o a te di innamorarci delle
persone sbagliate.
... faccio la cosa giusta lasciandoti alle mie spalle.
Forse avrei dovuto dirtelo con più delicatezza - e
non avrei dovuto confidarmi con te sulla mia delusione amorosa - ma ora
più mai è la cosa migliore che possa fare te.
Hai trentaquattro anni, André. Mi sono azzardata a
chiederti una volta, tempo fa, se non fosse il caso per te di sposarti.
Già allora pensavo che, a questo scopo, avrei dovuto
lasciarti maggiore libertà, accettando che non facessi
più ruotare la tua vita intorno a me.
La tua scusa era stata, «Il matrimonio non fa per
me.»
Il matrimonio con una donna che non fossi io, capisco ora.
Oh, André, André. In nessun piano
dell'esistenza io e te potremo mai sposarci - neppure se,
impossibilmente, io ti ricambiassi.
So che lo sai e soffro al pensiero di quanto questa
consapevolezza ti abbia fatto stare male.
Non l'ho fatto apposta. Non ne sapevo niente.
Avresti dovuto dirmelo anni fa, quando ancora potevo
risparmiarti una decade di agonia.
Sorseggio il mio té, addentando a piccoli morsi la
sfoglia del croissant che stringo tra le mani.
Sarà una giornata infinita.
Nella settimana in cui sei stata via, Oscar, è
entrato nel
mio corpo più alcool di quanto io ne abbia mai ingurgitato
nella mia vita.
Ormai non cammino più, barcollo in maniera costante.
Per non costringere mia nonna a vedermi in questo stato, sono
andato via di casa, rifugiandomi a Parigi. Ho affittato una stanza
piccola e sporca, in cui smaltire la sbornia durante le giornate, solo
per ricominciare a bere col calare del sole.
Di notte vago per la città. La miseria della
popolazione accompagna adeguatamente la mia.
Ho fatto a pugni un paio
di volte con dei disperati che cercavano di derubarmi. Sono stato quasi
accoltellato
quando qualcuno si è accorto dello stato più che
decente dei miei abiti - almeno a paragone con quello del resto dei
parigini. Sono riuscito a difendermi, ma c'è
stato un istante
in cui mi sono chiesto se ci fosse un motivo per cui non dovevo
lasciare
che la lama affondasse nel mio stomaco.
Dopotutto, per cosa dovrei vivere? Sarò presto
cieco e non vivrò più accanto alla donna che amo.
Dovevo stare zitto,
cosa mi costava?
Pensavo davvero di convincere te, Oscar, a cambiare idea sulla
tua
vita? Forse, se non ti avessi detto nulla, ora conserveresti ancora
un po' di affetto per me. Saprei di avere ancora la tua
pietà nel momento in cui diventerò un infermo,
costretto a vivere delle cure di sua nonna.
Non voglio.
Non voglio che la mia vita finisca così.
Anche da servo, mantengo una mia dignità.
Non so come maturi in me una decisione egoista, che so che
ti turberà. Non ti credo incapace di difenderti,
così come di
sopravvivere senza di me. Ma l'unico senso che riesco a trovare a
questa mia vita sei tu - forse insieme a quel poco di gloria
che mi
sono guadagnato servendo la Francia al tuo fianco.
Mi sembra giusto continuare su questa strada e, magari, fare
quel poco che
è in mio potere per proteggerti, ora che stai per
addentrarti
in una situazione che va oltre qualunque cosa tu abbia mai affrontato,
Oscar.
I soldati della Guardia sono gente del popolo, sai? Non ti
rispetteranno, per loro sei il nemico. Credo che riuscirai a domarli -
riesci sempre a dimostrare il tuo valore -
ma ci vorrà tempo e sarà dura. E con i tumulti
che
stanno avvenendo a
Parigi... mi chiedo se tu non ti stia mettendo in un pericolo
più grande di quello che comprendi.
Vorrei esserci per te. Vorrei dare la mia vita per te.
È questo il modo più giusto di
trascorrere i miei ultimi giorni da abile. Morire eroicamente per te,
Oscar; sarebbe un modo di fare
ammenda per ciò che ti ho fatto e soprattutto per non
terminare i miei giorni da infermo.
Mentre l'idea prende corpo nella mia mente, mi sembra sempre
più una possibilità concreta.
Anche io, come te, devo rinunciare alle comodità da
damerino di casa Jarjayes. Forse tra i soldati della guardia mi
ricorderò di essere un uomo del popolo, identico a loro.
Ma come fare ad arruolarmi proprio nella tua compagnia?
E come convincerti poi a non cacciarmi?
La speranza giunge a me sotto forma di Alain, il soldato della
guardia che ho conosciuto bazzicando per Parigi.
Quando mi conferma di far parte proprio della compagnia B, lo
prendo come un segno del destino.
Non esito oltre e gli chiedo di portarmi con sé.
Il giorno dopo sono un soldato, Oscar. Ho mentito sulle mie
origini -
non potevo fare altrimenti. Passo le notti nelle brande della caserma,
circondato da un olezzo persistente di sudore - corpi maschili
ammucchiati nello stesso stanzone.
La sera gioco a carte con i miei commilitoni. Bevo poco, ho a
malapena toccato un bicchiere.
Voglio essere sobrio per quando ti rivedrò.
Accade con puntualità dopo due mattine. Sei tu a
scendere negli alloggi dei soldati, con indosso un uniforme blu che
rende vivido il biondo dei tuoi capelli. Ti presenti, sorreggi gli
sguardi ostili che vengono lanciati nella tua direzione. Avanzi nella
stanza, cercando qualcuno che osi sfidarti apertamente.
Io sono in seconda fila, ma non mi nascondo. Ti affronto
mentre mi fissi attonita, collerica.
Sei costretta a stare in silenzio
per non rivelare il rapporto che ci lega.
Mezz'ora dopo, mi mandi a chiamare nel tuo ufficio.
Non mi sono arruolato perché ti considero una
bambina
indifesa, Oscar. Sono qui perché la mia esistenza non ha
altro scopo che non sia tu.
Di fronte a te mento nonostante
tutto.
«Che significa?» protesti. «Ti
ho detto che non avevo più bisogno di te!»
«Infatti sono semplicemente un soldato
qui» rispondo. «Ho un amico in questa compagnia, mi
sono arruolato tramite lui.»
Mi fissi con astio, ma non ne rimango ferito. Ormai sono
rassegnato. «Io poi io sono l'unica persona in grado di
proteggerti, Oscar.» Mi sembra una buona scusa. Unisco i
piedi e porto la mano alla fronte nel
saluto militare. «Questo è tutto, mio
signore!»
Ammetto di andarmene velocemente, come se stessi cercando di
dileguarmi.
Non mi fermo quando mi chiami pronunciando il mio nome. Lo
hai detto in un tono più dolce, esasperato. Forse in una
parte del tuo animo mi consideri ancora un amico. E se è
questo che pensi di me, so che non mi tratterrai con un ordine,
perché
preferisci lasciarmi fare quando non capisci cos'ho in mente.
Va così anche questa volta.
Ed ecco come sono diventato un soldato
della guardia, di
nuovo al tuo servizio.
Ora, proprio come durante il resto della nostra
vita, Oscar François de Jarjayes:
se
mi impartisci un ordine, io devo eseguirlo.
Sei sempre stata magnanima con questo
potere, imponendoti raramente su di me quando discutevamo.
Un'altra delle mille ragioni per cui sono innamorato di te.
E ti amo, Oscar, ti amo ancora.
Di te posso avere solo l'immagine che mi presenti quando
impartisci comandi all'intero plotone. Le tue urla imperiose, i capelli
che si agitano al vento inclemente. I tuoi occhi celesti, sereni e
cauti. La luce del tramonto che ti accarezza la pelle.
Sono felice, Oscar.
Per quel che conta, questo tuo servo innamorato ha ritrovato
la felicità.
2 - L'amore
è follia - FINE
NdElle: innanzitutto, grazie a tutti per l'accoglienza.
Oggi ho provato a rimettere mano a questa storia, cercando di
capire cosa ne sarebbe venuto fuori. Ebbene, le parole sono defluite da
me, il capitolo si è praticamente scritto da solo
(riguardando i passaggi riportati dall'anime, lo ammetto).
Come dicevo in alcune risposte alle recensioni, non era mia
intenzione riscrivere la scena dello strappo della camicia dal punto di
vista di Oscar. Mi sembra ripetitivo e come narratrice è un
espediente che non mi piace. Ma potevo eccome dare il suo punto di
vista sull'accaduto.
Ho espresso in pensieri ciò che l'episodio 29 ci
diceva in merito ai sentimenti di Oscar tramite la voce narrante.
Questo capitolo di fatto racconta gli eventi dell'episodio 29
- con l'aggiunta di mie invenzioni relative al passato di Oscar e
André.
Ora, questa storia avrà un seguito? Sì.
E dal prossimo capitolo inizierò a discostarmi ancora di
più dalla linea originale degli eventi, inventandomi
interazioni tra Oscar e André (qui ne ho inventata una
piccola; nella storia originale quando lei lo informa delle sue
intenzioni di andare in Normandia, non si volta, non ne ha il coraggio
o la forza; io invece qui l'ho fatta voltare, per rabbia).
Nell'anime Oscar è scritta in maniera
deliziosamente coerente. Aveva senso che non chiedesse conto ad
André dei suoi sentimenti; è testarda e
riservata. Eppure, a me sarebbe piaciuto che ad un certo punto, proprio
perché erano amici, sorgesse in lei la voglia di comunicare
con lui in merito a ciò che provava - forse per tentare di
riportarlo alla ragione o per assicurarsi che lui stesse superando la
sua 'cotta'.
Il mio scopo è sempre quello di mantenermi il
più possibile IC, dandovi la sensazione di leggere proprio
dei personaggi che abbiamo visto in TV. Ho già abbozzato una
prima scena di dialogo tra i due, completamente inventata, ma a parte
voler scrivere di quando il povero André scopre che Oscar
potrebbe maritarsi, non ho idea di dove mi porterà la mia
stessa trama. Lascerò che si dipani da sola nella mia testa.
Grazie di aver letto, sarei curiosa di sapere che pensate di
questo capitolo.
Elle